Giornale Fatto in Sicilia - Paolo Balsamo
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SOGGETTO:
TRV009110 VIAGGI / Europa / Italia
BUS023000 BUSINESS ED ECONOMIA / Storia Economica
DIGITALIZZAZIONE:
Ruggero Volpes
REVISIONE:
Giovanni Mennella,
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IMPAGINAZIONE:
Ruggero Volpes
PUBBLICAZIONE:
Catia Righi, [email protected]
3
Liber Liber
4
Indice generale
Liber Liber......................................................................4
Nota per questa edizione Manuzio..................................6
Giornale del viaggio fatto in Sicilia e particolarmente
nella Contea di Modica nei mesi di maggio e giugno
1808................................................................................9
Principali notizie, ed alcune interessanti riflessioni
sopra tutta la Contea di Modica..............................135
Appendice al giornale.................................................229
5
Nota per questa edizione Manuzio
6
Volume di fluidi
1 botte = 32 barili = 1097 L
1 barile = 40 quartucci = 34,3 L
1 quartuccio = 0,86 L
Volume di aridi
1 salma (generale) = 16 tumoli = 0,275 m3
1 tumolo = 0,0172 m3
Queste unità erano usate per i frumenti; per gli altri aridi
(orzo, legumi, frutti secchi, carbone, sale ecc.) i valori erano
differenti.
Peso
1 cantàro (o quintale) = 100 rotoli = 79,3 kg
1 rotolo = 30 once = 793 g
1 libbra = 12 once = 317 g
1 oncia = 66 g
Rese dei cereali
Per le rese dei terreni coltivati a cereali, l'autore esprime i
dati in salme (volume) per salma (superficie). Nel caso dei
frumenti una salma per salma equivale a circa 0,125 m 3/ha.
Oggi si usa denotare le quantità dei cereali mediante i
pesi, anziché i volumi. Per un grano avente peso specifico in
mucchio di 780 kg/m3 la corrispondenza è:
1 salma per salma ≡ 98 kg/ha
Moneta
L'unità monetaria in Sicilia nel 1808 era l'oncia divisa in
30 tarì, un tarì diviso in 20 grana, un grano in 6 piccioli. Era
usato nei conti anche lo scudo, equivalente a 10 tarì (3 scudi
= 1 oncia).
Stabilire un'equivalenza univoca con l'unità monetaria at-
7
tuale non è possibile, per la mancanza di un valido parame -
tro sintetico di riferimento. Volendo comunque trovare una
relazione tra l'oncia e l'euro, si può provare a fondarsi sul va-
lore attuale dell'oro. Il contenuto di oro fino della moneta di
1 oncia era di 3,8981 g; ponendo il valore attuale del metallo
uguale a 50 EUR/g, si trova:
1 oncia = € 195; 1 tarì = € 6,50.
Provando invece a basarsi sulla paga di un operaio, variabi-
le, secondo l'autore, fra 2 e 4 tarì al giorno – in media 75 tarì
(ossia 2 once e 15 tarì) al mese –, e supponendo tale paga
equivalente oggi a € 1500, si trova:
1 oncia = € 600; 1 tarì = € 20.
In base al prezzo del pane, allora di 7 grana al rotolo (ossia
0,0147 once al kilogrammo) e oggi intorno a € 4/kg, si trova
invece:
1 oncia = € 270; 1 tarì = € 9.
Ora
Per indicare l'ora, l'autore usa il metodo all'italiana o
d'Italia: il giorno è diviso in 24 ore di uguale durata, contate
a partire dall'Ave Maria (circa al tramonto). Tra maggio e
giugno in Sicilia l'ora zero all'italiana corrisponde circa alle
attuali ore 20.
8
GIORNALE
DEL VIAGGIO FATTO IN SICILIA
E PARTICOLARMENTE
9
che soavemente soffiavano, le fresche ruggiade, che
vezzosamente inargentavano le punte delle minute er-
bette, e l'armonioso canto, che per le macchie, i rivoli,
ed i canneti mandavano i francolini, gli usignuoli, i mer-
li, e moltissimi altri uccelli, parevano allora di abbigliar
con insolite, ed esquisite grazie la sempre bella campa-
gna.
Misilmeri, in mezzo alla quale passammo, è a nove
miglia dalla Capitale, e giace a piè di una catena di pic-
cole montagne; donde scaturiscono abbondanti acque,
che servono al comodo della popolazione, e all'irrigazio-
ne dei terreni. Non si può dir sudicia; il palazzo barona-
le sul dorso di una collina presenta un'idea di magnifi-
cenza: e destano il sentimento della venerazione gl'infe-
lici avanzi dell'Orto Cattolico, dove non volgare gloria,
e rinomanza si acquistò il chiarissimo Cupani. Ha titolo
di Ducato; il suo territorio contiene molti Orti, e Giardi-
ni, ed ascende a salme mille seicento trenta di Palermo:
e benchè sia stato da qualche tempo dato ad enfiteusi,
rende once seimila all'anno, inclusa in quest'entrata
quella, che si ricava dai livelli sopra le case, e dalle pi-
gioni dei molini di grano, e di olio, della Locanda, e del-
le fabbriche di sapone, e di polvere da schioppo.
Il numero degli Abitanti di questa Terra si computa
presso a sei mila; e consultatisi a mia richiesta, pochi
anni addietro, i libri della Parrocchia, fu trovato, che i
nati dal 1776 al 1795 furono 4670, ed i morti 3972: don-
de apparisce, che quella popolazione si accrebbe in ven-
ti anni di 698. Se ne rileva ugualmente, che quantunque
10
in quell'epoca non si fosse affatto praticata l'inoculazio-
ne del vajuolo naturale, o vaccino, uno solamente in 30
ne morì anno comune; il che mostra un grado di mezza-
na salubrità nell'aria, malgrado la vicinanza di un fiume,
e di molte terre irrigabili, la bassezza del luogo, e la sua
esposizione poco dominata dai venti settentrionali, che
dal volgo cotanto si teme, e si crede alla salute, e alla
vita oltre modo disfavorevole. Il suolo è per tutto ba-
stantemente pingue; vi si semina proporzionatamente
poco di Grano, e di altre biade, e legumi; ma vi si racco-
glie di vino, anno mezzano, più di sei mila botti, di olio
più di mille quintali, e di frutti di ogni sorte, e partico-
larmente di Nespole una quantità molto considerabile.
All'Agliastro ci fermammo, e mentre si cambiavano i
cavalli, passeggiammo per quel Villaggio nel massimo
incognito; e discorrendo co' Contadini fummo informati,
che la facoltà, della quale godevano quegli abitanti, di
vender vino, ed altri generi a minuto, era la principal ca-
gione di una certa loro agiatezza. Ci fu detto inoltre, che
il Marchese si portava verso la povera gente, come uma-
nissimo Signore, e che non era uomo di cattivo nome il
Proconservadore, sopra i costumi, e la condotta del qua-
le fece il Signor Tommasi sottili, e destre interrogazioni.
La popolazione di un tal Marchesato ascende a mille
e più anime; la sua campagna è ristretta, ma di una ra-
gionevole fertilità: e produce assai più di grano, che non
abbisogna per l'interno consumo del paese. È fama tutta-
via, che la principale industria rurale sia forse quivi la
vigna, la quale somministra un anno con l'altro circa due
11
mila botti di vino, ch'è molto spiritoso, e col quale fanno
quei Coltivatori un utilissimo commercio.
Tre miglia più innanzi sulla vetta di un aspro monti-
cello mirammo il torreggiante antichissimo palazzo del-
la Diana; e ci rammentammo della ferocia feudale dei
secoli di mezzo. E vedemmo a piccola distanza da que-
sto, e giusto allato alla strada i bagni di Cefalà; la cui si-
tuazione è cotanto trista, uggiosa, e malsana, che noi
scherzando avemmo occasione di osservare, che quelle
acque minerali, come tanti altri rimedj, cagionavano for-
se più malattie, che virtù non possedevano di guarirne.
Il territorio del Ducato di Cefalà è piccolo, ma di buo-
na qualità; e quel, che ne ricava in canoni il Principe di
Carini, eccede le mille once annuali. Ed ugualmente fe-
lici sono i vicini terreni dei contorni dei due Villaggetti
di Villafrati, i quali sono leggiadramente collocati in una
variata, e piacevole pianura, e godono di un incompara-
bile vantaggio, qual si è quello di un'aria secca, pura, e
veramente salutevole. Questa Baronia è assai conspicua,
e giusta la comune credenza, apporta al Conte di S.
Marco più di once ottomila all'anno; nè oltre di questo
mi è permesso di dirne altro: per ciò che alla fine del
viaggio avendo domandate su di essa alcune notizie eco-
nomiche al Padrone, che fu mio diligente Scolare in
Agricoltura, non potetti ottenerle, probabilmente per la
ragione che possibile non gli fu di applicarvisi, e racco-
glierle, attese le gravissime cure della sua alta Carica di
Capitano Giustiziere. Niente di meno ho saputo da lui
stesso, e da altri, che il Grano Paola, il quale provò qui-
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vi un tempo a maraviglia, è ora molto degenerato, e con-
taminatissimo di golpe, e che diecimila ulivi circa appe-
na producono ogni anno cinquanta quintali di olio. Que-
sto secondo fenomeno è certamente curioso, e singolare;
per lo che accettai ben volentieri il grazioso invito fatto-
mi dall'amico Conte, di andar secolui qualche giorno,
per esaminar quella riguardevole piantagione, e studiare,
e speculare qualche compenso, che potesse rimovere, o
minorare la sua sterilità.
Sino a Portella di Brasi il nostro Orizzonte fu piuto-
sto terminato da confini angusti; ma a questo punto lo
stesso vagamente si dilatò, ed offerse ai nostri sguardi
un'immensa valle, seminata alla rinfusa di colline, e cir-
coscritta avvenevolmente di Montagne. D'indi in poi, e
sintantochè non si scende alla fertile Pianotta, la strada
è con lodevole magistero tagliata, e disposta costante-
mente a lumaca; e per questo noi replicatamente, e da
più siti contemplammo Mezzojuso, che per buon tratto
fu da noi discosta non più di due miglia. Io era stato ivi
altre volte; avea con estremo piacere veduti i suoi bo-
schetti, e deliziosi castagneti: e mi era certificato di
quello, che l'occhio del Filosofo può di leggieri discer-
nere, cioè che l'aer suo è inferiore a pochi in finezza ed
in salubrità. Con effetto si rileva dai registri della Par-
rocchia favoritimi da quel cortese Paroco, che dal 1756
sino al 1795 nacquero lì 4472 persone, e ne morirono
3411; e che in 40 anni si aumentò la popolazione di
1061: come pure che nei primi venti anni un sì fatto ac-
crescimento fu di 526, e nei posteriori di 535. Se ne de-
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duce altresì, supposta la quantità degli Abitanti 5000,
che in 40 anni la mortalità fu presso a poco di 1 in 59;
ciocchè denota tanta perfezione nell'Atmosfera, che fa-
cile non è di ritrovarla in un'altra contrada, ed in qualun-
que si voglia latitudine.
A minore distanza, e con maggiore vantaggio vedem-
mo da quelle parti la Gasena, che si appartiene al Signor
Barone Vincenzio Palmeri, ottimo Agricoltore, onestis-
simo gentiluomo, e mio pregiatissimo amico. Il tempo,
secondo il proverbio, è un gran galantuomo; e quando
esso avrà vinte le aspre difficoltà, che sempre si parano
all'introduzione delle utili novità, quando avrà dissipato
il prestigio delle vecchie costumanze, ed avrà quindi fat-
to conoscere ed apprezzare l'importanza delle mie lezio-
ni di rusticale Economia, si ricorderanno i Siciliani con
gratitudine, e rispetto, che questo fu quel podere, dove si
sperimentarono la prima volta in grande gli stromenti
agrarj da me recati da Inghilterra, e si fecero i primi pra-
ti artificiali, e le prime stalle si edificarono a regola
d'arte pel mantenimento, e governo dei Bestiami bovini.
Cammin facendo, quest'idee nell'animo mio rivolge-
va, e con queste riflessioni intratteneva il Signor Con-
servatore; e poi tratto da tasca un quaderno delle mie
memorie mi posi a leggergli il seguente quadro del pro-
dotto in frumento per sei anni di quella possessione: la
qual notizia, e somiglianti altre servir possono per dare
un'idea delle qualità delle passate raccolte, ed in genera-
le dello stato attuale dell'Agricoltura di questo Reame.
Essa adunque rese di grano
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nel 1801 salme generali 296 3
nel 1802 dette 301 6
nel 1803 dette 460 10
nel 1804 dette 274 11
nel 1805 dette 307 3
nel 1806 dette 621 12
In anni sei dal 1801 al 1806 2261 13
Non è questo il luogo di far distese riflessioni, e co-
menti sopra l'anzi esposto calcolo; ma fo solamente os-
servare 1º, che essendo la stessa di 120 salme di Paler-
mo, e di queste seminandosene con bastante regolarità
salme 40 circa all'anno, ogni salma diede un anno per
l'altro nello spazio di anni sei salme 92/5 circa di frumen-
to. 2º Che tutte le 120 salme produssero un anno con
l'altro nell'istesso tempo un introito lordo di once 2140;
dappoichè
salme 376 di grano ad once cinque la sal-
ma1 once 1880
Orzo, e Fave, salme cinquanta circa ad
once due once 100
Erba delle terre non seminate once 120
Erba delle terre maggesate salme quaranta
ad oncia una salma once 40
In tutto once 2140
A S. Giuseppe presso il Ponte di Vicari ci arrestammo
per far colezione, e dar biada ai Cavalli.
1 Prezzo presso a poco mezzano in quegli anni sterili.
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Sin quà, o sia pel tratto di trenta miglia circa la cam-
pagna risente gradatamente la vivificante influenza della
diviziosa consumazione, e circolazione della Metropoli.
Di fatti si vede da pertutto ben coltivata, bastantemente
popolata, ed adorna in molti siti, e migliorata con vigne,
ulivi, ed altri albereti di più maniere. I terreni sino a Mi-
silmeri sono con piccole interruzioni rossicci, sabbiosi,
aridi, e magretti; s'incontrano quindi più comunemente
quei di color di nocciuola, e che hanno maggior corpo,
tenacità, e grassezza; ed il fitto mezzano dei campi, che
non sono irrigabili, nè con alberi, o in altro modo bonifi-
cati, si può per approssimazion estimare once quattro la
salma di Palermo.
L'Osteria di S. Giuseppe è spaziosa per l'alloggiamen-
to delle bestie, ma angusta, ed estremamente sconcia per
quello degli uomini. Non essendoci pertanto ita a san-
gue, in un prato, all'ombra di una vicina cappella, e se-
duti sopra due annose e traballanti sedie, mangiammo
certe semplici vivande, che belle e preparate avevamo
noi stessi recate da casa. Non si desiderò tuttavia nè ap-
petito nè allegrezza d'animo. L'innocente libertà, il roco
mormorar del vicino torrente, e la vaghezza e l'aroma
dell'erbe, e de' fiori, che in una prodigiosa copia, e va-
rietà quel suolo tapezzavano, pensar non ci fecero a
quelle dilicatezze e mollezze, che avidamente ricerca
l'uomo degenerato delle grandi città, e che spesso sono
il germe funesto di mille sue inquietudini ed affanni.
Alla fine del nostro parco rifocillamento, piacevol-
mente ci sorprese, e di una gradita visita ci onorò il co-
16
stumatissimo Principe di Fitalia. Festeggiammo il suo
arrivo, e bevemmo alla sua salute due bicchierini di
amabile Bordeaux; dicemmo varie piacevolezze; e da
ultimo si fece parola di alcune riforme, e miglioramenti,
che egli pensava di ridurre ad effetto nell'amministrazio-
ne e coltivazione di quella sua vasta, e ricca possessio-
ne, di circa due mila salme di Palermo, che ci era meno
d'un miglio lontana. Il Signor Conservadore approvò
sommamente cotali suoi lodevolissimi proponimenti;
ma io non contento di solamente commendarli, mi presi
la libertà di dirgli, che i medesimi non avrebbero avuto
giammai il desiderato compimento, sin tanto che non si
risolvesse di trottar meno in splendide carrozze, e livree
nella Marina, ed in Toledo, e a cavalcar più frequente-
mente in comode selle, e piani farsetti per quelle apri-
che, e deliziosissime piagge.
Nel rimetterci in calesse, lo sfasciume venerando del
Castello di Vicari, le sue case disposte in un bizzarro
gruppo, ed il sottoposto amenissimo colle facevano
un'assai leggiadra figura. Il Signor Tommasi fissò per
questo con compiacimento lo sguardo sopra quella Ter-
ra; ma io la guardai in cagnesco; perciocchè in quel pun-
to si ridussero alla mia memoria tutte le intollerabili
vessazioni, che mi fanno sofferire ogn'anno quei terraz-
zani, per motivo delle terze parti del mio podere della
Trinità. E procurai di allegerire questa malinconiosa ri-
membranza, con riflettere sopra l'alta prudenza, e cle-
menza del Re, che sotto alcune condizioni ne avea di già
comandata l'abolizione, e lo zelo del Signor Marchese
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Ferreri, che procurava di dar esecuzione a questo sovra-
no provvedimento nella maggior possibile estensione.
Vicari, che ho più volte veduta, contiene quattro in
cinque mila anime; e annoverar non si può tra le brutte,
e povere terre del Reame. La sua aria è senza dubio per-
fetta; ancorachè in linea retta sia appena un mezzo mi-
glio distante dal torrente di S. Leonardo, che rende in
estate pericoloso, e mortifero il soggiorno nell'adjacente
contrada, e specialmente nella Margana: ciocchè non
tanto procede dalla sua notabile elevazione sopra il li-
vello del mare, quanto dalla sua avventurosa situazione,
onde le malefiche esalazioni provenienti nella calda sta-
gione dall'acque stagnanti ad essa non giungono, e sono
altrove spinte dai venti, che spirano allora periodica-
mente nell'Isola.
La sua totale campagna è di 3400 salme circa di Pa-
lermo. La pastorizia non è in questa un'industria di veru-
na conseguenza, cosicchè non vi si ritrovano che poche
centinaja d'animali bovini di ogni sorte; e quantunque vi
si coltivi una certa quantità di orzi, di fave, di cicerchie,
e di lini, e se ne ricavi dell'olio, ed ancorpiù del vino di
una pessima condizione: pure le principali derrate che la
medesima somministra sono i grani, e le mandorle. Dei
primi, calcola qualche intelligente, che l'annuo ricolto
non è minore di 6000 salme; e quanto alle seconde
ognuno sa, che formano un capo non spregevole di com-
mercio per buona parte di quei proprietarj, ed agricolto-
ri.
Delle anzidette 3400 salme 1900 si appartengono alla
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Contea, della quale sono signori i Principi di Cattolica.
In qualunque paese si crede tanto terreno solamente ca-
pace di dare un riguardevole introito per l'onorato, ed
agiato mantenimento di una famiglia di gentiluomo, ma
in Sicilia cotali esempj sono piuttosto rari: ed i padroni
dei nostri latifondi persuadere non si vogliono, che sen-
za il dovuto travaglio, e prudenza i loro maggiori non
acquistarono, e non trasmisero loro a sufficienza di beni,
per fuggire l'istessa disavvenevole povertà.
Il suolo di Vicari è di buona qualità, inclina piuttosto
all'argilloso, e però è meglio che ad altra, adatto alla
produzione dei frumenti forti, o duri; e dell'istessa natu-
ra è in parte quello di Margana, ed Alcara, e di qualche
altra finitima contrada.
Terminata l'erta salita di Vicari, la strada si aggira, ed
avvenevolmente serpeggia lungo la cresta di alcune col-
line, e poggetti, donde per lo spazio di un miglio circa il
viaggiatore rimira con estremo piacere le tante belle sce-
ne campestri, che sorgono pomposamente da tutti i punti
di quell'immenso orizzonte. E come si scende da cotali
alture, e sino all'estremità di Rociura, e quasi al confine
di Alia sono frequenti i terreni poco sugosi, secchi, cal-
di, ghiajosi, e di color giallognolo, o rossiccio; i quali in
alcuni siti, e nominatamente sotto la portella detta della
Cerasa discuoprono dei ricchi filoni di eccellente mar-
na, della quale si potrebbe far uso pel miglioramento dei
vicini campi.
Roccapalomba, che vedemmo alla distanza di qualche
cosa più di mezzo miglio, è un villaggio di presso a
19
1200 abitanti; e la sua campagna è piccola, e, come si è
pocanzi accennato, non molto felice. Pochi anni addie-
tro io vi dimorai uno, o due giorni, e per conoscere
l'andamento della popolazione in un luogo, che passa
nella valle di Mazzara per povero, domandai, ed ottenni
da quel Curato la seguente nota dei battezzati, in due pe-
riodi, ciascuno di venti anni.
Nati dal 1755 al 1774 Maschi 450
Femine 443
In tutto nei primi venti anni 893
Nati dal 1775 al 1795 (manca nel li-
bro dei battesimi tutto l'anno 1779, e
del 1780 ve ne sono soli quattro
mesi, cioè da Settembre a tutto Di-
cembre) Maschi 567
Femine 523
In tutto nei secondi venti anni (con-
tando per un anno i quattro mesi del
1780) 1090
Dal che sembra, che la popolazione sia quivi ita cre-
scendo; dapoichè negl'ultimi venti anni il numero dei
nati relativamente agli anteriori venti anni, e non ostante
il mancamento di due terzi dell'anno 1780, fu maggiore
in 197. Se ne deduce parimenti, che in 40 anni vi nac-
quero 51 più maschi, che femine; quel che aggiunge una
prova alle molte altre, che hanno raccolto gli Eruditi per
dimostrare, che le donne, le quali vengono alla luce in
20
ogni paese, sono piuttosto meno che più rispettivamente
agli uomini.
I due borri dei Fiaccati sono profondi, tortuosi, solita-
rj, ed insidiosi; e gli fa parere maggiormente inospiti, ed
orridi la rimembranza dei tanti furti ed assassinj, che vi
sono stati commessi negli andati tempi. Quanto a noi,
non avremmo concepito il menomo timore, se non aves-
simo osservate certe mosse, ed atteggiamenti dei nostri
soldati, i quali sospettar ci fecero, che noi potevamo es-
sere in pericolo; perlocchè riflettemmo, che una troppo
sottile industria nel rimuovere, o prevenire i mali è tal-
volta madre di tribolazioni, ed ansietà di cuore, non al-
trimenti che l'istesso scioperío, e melensaggine. Ma que-
ste moleste idee, e questi morali concetti si dileguarono
alla vista degli aprichi, ed ampissimi campi di Alia; e
vagheggiammo accanto alla strada un dirupato, ed ispi-
do vallone, ingentilito da una villetta, e da un boschetto
di vivacissimi alberi, in mezzo ai quali s'innalza drittis-
simo un pino, che alla grandezza del suo tronco, ed alla
maestà de' suoi rami, par che vada superbo dei trionfi da
esso lui riportati per una lunghissima serie di anni con-
tro la furia sterminatrice de' venti, e delle altre meteore.
La Baronia di Alia è una delle riguardevoli di Sicilia,
e per quel, che ne ho inteso, dà ai Marchesi di Santa
Croce un annuo provento di sette mila, e più once. I ter-
reni suoi sono in generale buonissimi, ma inferiori in
qualità a quelli vicini di Gulfa, fondo ricchissimo di 900
salme della R. Commenda della Magione. Sono questi,
nella massima parte, dolcemente declivi, hanno opportu-
21
na compattezza, e tanto fertilizzante terriccio, che non
se ne vede il termine anche nelle più profonde fosse;
quel che non mi ricordo di aver altrove osservato, che
nelle Fiandre, ne' contorni di Beziers, ed in Terra di La-
voro. Io ľaveva visitata, e minutamente descritta dicias-
sette anni fà, prima che fosse stata distribuita ad enfiteu-
si, e con lodevole accorgimento a grandi, e piccoli agri-
coltori. Quale ammirevole cambiamento! E quale poten-
tissimo incitamento al travaglio, e all'industria non è
l'amore della proprietà! Di deserta, nuda, e squallida,
che allora era; è di presente divenuta piena di gente, ed
animata di case, di siepi, di piantagioni, e di altre utilis-
sime coltivazioni. Il Signor Conservatore la guardò, e
contemplò con attenzione, ed interesse; e poi con una le-
tizia, che da umanità, e generosità di animo procedeva,
mi disse “Concorsi anch'io coll'onesto Cavalier Lioy a
quest'atto di Sovrana beneficenza = Ed io gli replicai
“sene rallegri, e ne goda; e metta questa tra le migliori
operazioni di sua vita„
Il tempo era stato tutta la mattina bellissimo, ma dopo
il mezzogiorno divenne fosco, e caliginoso in alcune
parti dell'orizzonte; e nell'entrar in Fontana murata ac-
cortici di certi densi nuvoloni, che velocemente si mo-
vevano da ponente a levante tememmo con tutto il fon-
damento di un prossimo temporale. Il mio avviso fu
quello di tornare alquanto indietro, e cercar un asilo nel-
la più vicina casa; ma il Signor Tommasi animosamente
opinò di non doversi neppure un momento intermettere
il viaggio. Del rimanente vi fu pochissimo luogo a con-
22
sigli, e deliberazioni. In meno che non si pensava, l'aere
come si cinse di un nerissimo ammanto; si sollevò un
vorticoso vento, mugghiò replicate volte il tuono, fiam-
meggiò il baleno: ed in mezzo ad una folta nebbia venne
giù tanta copiosa acqua, e gragnuola, che rotte sembra-
vano in quel punto le cateratte del cielo. Il nostro cales-
se era chiuso solamente a metà; e non avemmo altro
compenso per ripararci dalla pioggia, che quello di ser-
rarlo alla meglio co' nostri pastrani, e qualche cappotto
somministratoci dalle nostre guardie. E fortunatamente
la burrasca fu di corta durata; tanto che, quando essa
cessò, noi eravamo ancora in Magasenazzo, e a poco più
d'un miglio da Valle longa.
La Baronia di Fontana murata è dei Principi di Bute-
ra, e comprende tre feudi; ed il Magasenazzo è di 600
salme circa di Palermo, e fu comprato ultimamente dal
Principe di Trabia. Ambedue queste signorie si riguarda-
no come di mezzana condizione; molto più che si ritro-
vano in una contrada, la quale è rinomatissima per la
sua eminente fertilità.
Alle ore venti in circa arrivammo a Valle longa.
Dall'Alcara a Valle longa si contano quindici o sedici
miglia; prendendo per tanto dieci miglia da una banda, e
dall'altra di questa linea, e riquadrando, si ha all'ingros-
so un'estensione di 30000 salme di Palermo. Tutta que-
sta campagna è sicuramente una delle più ubertose del
Regno; è friabile, ma ha bastante tenacità per produrre i
più eccellenti grani: ed il suo fitto si può calcolare in
monte once tre e qualche tarì prossimamente la salma. Il
23
Magasenazzo, del quale si è già fatta menzione, fu ven-
duto poco fa per once 38000; alla ragione cioè di once
63, e tarì dieci la salma: quel che al 5 per 100 indica un
fitto di tre once, e tarì cinque l'istessa misura. E perchè
un tale fondo, considerata da un lato la minor bontà del-
le sue terre, e dall'altro il vantaggio che gode della stra-
da carrozzabile, e la sua vicinanza a Valle longa, può
ben rappresentare, quanto al valore, gli altri di quel con-
torno; il sopra specificato suo fitto, e prezzo conferma
ciò che molti fatti dimostrano: ossia che le anzinominate
30000 salme di terre rapportano ai Proprietarj presso a
poco l'annua somma di 90000 once, e che il loro capita-
le giunge ad 1800000 once.
Il frutto lordo di questo tanto interessante tratto di
paese si può solamente congetturare. Ecco però quello,
che con effetto hanno reso in tre anni le 180 salme di
Palermo dei Friddicelli, dall'anno 1805, sino all'anno
1807, e che non è molto estrasse a mia richiesta dai suoi
libri tenuti con la massima accuratezza il cortese padro-
ne, e mio caro amico il Signor Antonino Chacon.
Nel 1805 Orzo salme 860,
che ad once 2 once 1720
Erba once 68
In tutto once 1788 once 1788
Nel 1806 Frumento sal. 693, once 2079
che ad once 3
Erba once once 265
24
In tutto once 2344 once 2344
Nel 1807Tumminia sal. 172,
che ad once 3 once 516
Erba once 309
In tutto once 825 once 825
In tre anni once 4957
E un anno per l'altro once 1652 10
Confesso, che i Friddicelli sono una porzione assai
piccola per far conoscere l'estesissima campagna, della
quale si tratta, e che tre soli anni di prodotto, e questi
presi al principio di un'amministrazione necessariamen-
te scompigliata di un novello Proprietario, sono insuffi-
cienti per dare una giusta idea della sua coltivazione, e
feracità. Niente dimeno il sopra riportato calcolo sterile
totalmente non è nelle mani dell'intelligente Economi-
sta, e può sempre condurlo a qualche utile conclusione.
Alloggiammo in Vallelonga nella casa del Barone, la
quale è ignobile, disadorna, e per ogni titolo sconvene-
vole ad un magnate, il quale a 58 miglia dalla Capitale
possiede un feudo, che rende once due mila circa
all'anno, e che ha una popolazione di 4000 anime pro-
sperata dalla strada consolare.
Questa terra è posta nel fondo di una valle; le strade
sono piuttosto larghe, ma sporche, e le case rozze, e mi-
serabili, all'eccezione di quelle del Governatore, e del
Proconservadore, le quali sono fabbricate e messe con
bastante lindura, e qualche grado di eleganza. Ed è da
25
notarsi, che una di queste fu dipinta da un dilettante del
paese, che non avea mai appreso da altri a maneggiare il
pennello.
Il suo territorio è piccolo, ossia di 240 salme di Paler-
mo; tuttavia si dice, che il frumento, il quale dentro, e
fuori lo stesso raccolgono ogn'anno quei coltivatori, non
è minore di dieci mila salme. V'ha delle vigne; ma il
vino, che se ne ottiene, riesce quasi tutto di cattivissima
qualità: e gli ulivi, che da quarant'anni in quà vi si sono
introdotti, e multiplicati, producono di presente tant'olio,
che questo si considera come una ricca derrata del luo-
go, ed in certi anni di poco inferiore a quella del grano.
Il Popolo è sovente simile a quei malinconici, i quali
non sanno vedere, nè di altro pascolare il loro cuore, che
di tristezze, e di sciagure; e frequentemente si dolgono,
e si rammaricano acerbamente, quando hanno le miglio-
ri ragioni di star contenti, e rallegrarsi. Magistrati, Preti,
Cittadini, e tutti quelli, co' quali discorremmo in Valle-
longa, affermarono con l'aria della più salda certezza,
che il numero di quegli abitanti, per gravi mortalità av-
venute, erasi in quest'ultimi anni notabilmente diminui-
to. Io proposi a ciò mie objezioni, e protestai, che non
l'avrei giammai creduto senza la fede di concludenti te-
stimonianze. Si esaminarono quindi i registri della Par-
rocchia con scrupolosa accuratezza, e se ne ricavò il quì
appresso risultato.
Nati dal primo Gennajo 1788 a tutto Dicembre
1797 1599
26
Morti 1949
Eccesso dei Morti sopra i Nati 350
Nati dal primo Gennajo 1798 a tutto Dicembre
1807 1971
Morti 1010
Eccesso dei Nati sopra i Morti 961
Dal che apparve un fatto di peso contrario alla comu-
ne credenza, cioè che, considerati gli ultimi venti anni,
nei dieci anteriori la popolazione scemò di 350, e nei
dieci posteriori all'opposto aumentò di 961. Sene con-
cluse inoltre, che quell'aria non è molto salubre; dappoi-
chè in venti anni ne morirono, anno comune, 148, che
sopra 4000 è 1 in 27 con piccolissima differenza.
Prezzi di alcuni generi.
Pasta tarì 1 Il rotolo di Palermo
Cacio non cotto 2 ”
Castrato 14 ”
Mercede della gior-
nata di un Muratore tarì 5
I Terrazzani di Vallelonga non mangiano quasi altra
carne, che quella di Castrato, e di Majale; e ben fondati
calcoli addimostrano che in un anno ne consumano 120
quintali, cioè rotoli tre per testa.
Il giorno 14, udita la messa di buon mattino, ci av-
viammo a Caltanissetta. Il movimento della Lettica si
crede da qualcheduno un miglior eccitante per il ventri-
27
colo, che quello della carrozza; quanto a me quello stra-
no barcollare, che provai nel salirvi sopra, non lo trovai
di buon gusto; e promisi, e giurai al Signor Tommasi di
non mettere più innanzi dubj, e difficoltà contro alcune
delle novelle ordinazioni emanate per la costruzione
delle strade carrozzabili del Regno, purchè queste con
effetto, e sollecitamente si costruissero.
All'uscire da Vallelonga, i suoi campicelli con dili-
genza lavorati, e seminati, e sparsi quà e là di ulivi, e di
differenti pomiferi alberi si presentano all'occhio in un
piacevolissimo aspetto; e per mezzo miglio circa Micci-
chè, voglio dire i suoi fecondissimi terreni, e le casette,
e le capanne del casale di Villalba attirano gli sguardi
del passaggiere, e particolarmente dell'intelligente Agro-
nomo. Fu esso comprato mezzo secolo addietro once
28800, ed il vicino Casabella once 18800. È il primo di
presso a salme 800, ed il secondo poco meno di salme
500 di Palermo: e l'uno e l'altro vale e rende presente-
mente al padrone il doppio, e forse il triplo di allora.
Questa, e somiglianti osservazioni si dovrebbero ben
ponderare da coloro, i quali avendo un temperamento
bilioso, ed ipocondrico sono inchinevoli a lodare, ed es-
saltare le passate, e a biasimare, e deprimere le attuali
generazioni; trovano mali, e calamità pubbliche dove
non sono: e straparlano, e declamano contro un non so
quale declinamento avvenuto nell'agricoltura nazionale
negli ultimi cinquant'anni.
Dal confine dell'anzidetta terra sino a Chibò, dove ci
riposammo per due, o tre ore, vedemmo ora a maggiori,
28
ed ora a minori distanze diverse egregie possessioni;
quelle però, la cui vista maggiormente ci interessò, furo-
no Vicaretto, Bilici, e Barbarigo. La prima di salme
1000 di Palermo, e propria dei Principi di Valguarnera è
di un rango inferiore a quello di Miccichè; ma Bilici di
1000 salme, e più, Barbarigo, e Chibò, di 1200 salme, si
stimano da molti di un'uguale, e forse di una superior
condizione. In esse tutte non vi sono nè sassi, nè soda-
glie, nè piantagioni, nè locande, nè popolazioni; presso-
chè i soli borri, e torrenti ne diversificano la superficie;
ed il rigoglio dell'erbe spontanee, e delle biade fa intera
fede dell'incomparabile ricchezza, e robustezza del loro
suolo.
Se s'immagina un rettangolo, la cui altezza di circa
undici miglia si estende da Vallelonga sino ai due terri-
torj di Caltanissetta, e di S. Caterina, e la cui base pren-
de dieci miglia a destra, ed altrettante a sinistra
dell'istessa Vallelonga, si avrà un'area prossimamente di
20000 salme di Palermo, la quale comprende trenta, e
più fondi feudali, ed allodiali di prim'ordine, i principali
de' quali, oltre i soprammentovati, si reputano Chiappa-
ría, Landro, Tuzia, Recattivo, Manchi, Scala, Scireni,
Susafa ec. Una tale nobilissima parte della valle di Maz-
zara, e di tutta l'Isola racchiude de' terreni, i quali posso-
no servire per modello, ed esempio di verace fecondità.
Sono gli stessi collocati, in generale, in agevoli collinet-
te; serransi acconciamente in primavera per la perfetta
granigione de' frumenti: e benchè contengano assai di
argilla, o allumine, possiedono niente di meno un pre-
29
zioso grado di friabilità. E questa è dovuta meno alla
quantità convenevole, che vi si racchiude di selce, o
sabbia, che alla copia di quelle molecole fertilizzanti,
che provengono dal disfacimento, o scomposizione del-
le sostanze animali, e vegetabili, e che pare di aver a
mani piene versato nel loro seno la generosa natura.
Il loro fitto mezzano si può, senza pericolo di grave
errore, stabilire ad once tre la salma di Palermo; ed il
prodotto lordo in qualche modo calcolare sopra quello,
che ricavò in quattro anni il Barone Signor Vincenzio
Palmeri da Tuzia, e da Landro, e che è come appresso.
Il primo, giusta la stima fattane due anni addie-
tro dal bravo Agrimensore Signor Giacomo Gu-
smano è salme di Palermo 1020
Il secondo 490
Tutte e due 1510
E resero
Frumento Orzo Fave
nel 1803 salme 2048 1505 114
nel 1804 1837 543 157
nel 1805 1778 635 202
nel 1806 2934 1227 165
Ed in quattro anni 8597 3910 638
Ed un anno per l'altro circa 2149 977 159
E valutando (stante la sterilità di alcuni dei sopraddet-
ti quattro anni, e la superior qualità delle anzi mentovate
30
biade) il frumento ad once quattro, e tarì quindici, e
l'orzo, e le fave ad once due per salma, l'annua entrata di
lordo di Tuzia, e Landro si può ridurre a quanto siegue.
Frumento once 9670
Orzo once 1954
Fave once 318
Generi ricolti dal fattore, e da altri; Lino,
Vino, ec. si pone once 200
Erba di ogni sorte si apprezza presso a
poco once 2400
In tutto once 14542
Una tale rendita di quasi once dieci a salma è minore
di quella di altri fondi della contrada; e di fatti sono sta-
to certificato, che la medesima è in Casabella once dodi-
ci, e più a salma: perciocchè vi si raccoglie all'anno
presso a due mila salme di frumento, orzo, e legumi, e
l'importo dell'erba ascende a due, o trecent'once. Il Ba-
rone Palmeri ha abbastanza di terreni, che non si posso-
no arare con utilità; ed inoltre ama di seminar compara-
tivamente poco, e mira con lodevole consiglio, e si dà
briga, più che di altro, del guadagno netto, che indica si-
curamente, e misura esattamente l'effettiva ricchezza.
Ad ogni modo mosso da diverse ragioni, che sarebbe
quì cosa lunga, e tediosa di esporre, oso di formare il
conghietturale giudizio, che la produzione brutta di Tu-
zia, e Landro possa servire di proporzionale norma, per
rilevare all'ingrosso quella non meno delle 20000 salme,
delle quali ora parliamo, che delle 30000, onde poco di
31
sopra abbiamo fatto parola, contenute tra Vallelonga, ed
Alcara. E secondo questa ipotesi tutte le 50000 mila sal-
me di terre comprese tra Caltanissetta, ed Alcara danno
in ogn'anno di frumento, ed orzo
Salme generali, tutte di 16 tumoli, circa 112000
Fave, ed altri legumi 8000
Biade, e legumi 120000
Ed il loro fitto è presso a once 150000
ed il prodotto lordo annuo once 500000
Questa felice porzione dell'Isola di cinquecento, e più
miglia quadrate non rapporta quasi altro, siccome appa-
risce da quanto sinora si è esposto, che Orzo, Legumi, e
soprattutto Grano, il quale ha meritata riputazione di ec-
cellente, e nella maggior parte, o si esita nella Capitale,
o si reca nel Caricatore di Termini pei mercati forestieri.
Non vi sono piantagioni da tenerne conto; nè altri be-
stiami, che quelli, i quali necessitano alla coltivazione, e
bastano al puro consumo dell'erbe naturali dei campi. E
dubio non vi è, che ella si convertirebbe in una dovizio-
sissima provincia, la quale per entrata, ed ubertà potreb-
be essere da pochissime pareggiata in Europa; se vi si
multiplicassero convenevolmente gli alberi, e gli anima-
li vaccini, e pecorini, vi s'introducessero opportune ruo-
te di raccolte, e macchine rusticali, vi si adoperassero
sufficienti ingrassi, e generalmente vi si facesse uso di
quelle pratiche, e generi d'industria, che si appartengo-
no, non dico, a raffinata, ma a ben intesa agricoltura, ed
32
economia. Ma torniamo alla nostra narrazione.
Il giorno, nel quale noi capitammo in Chibò, si cele-
brava una festa nella sua Cappella, e per la frequenza
della gente accorsavi dalle vicine terre, e campagne, vi
era una specie di piccola fiera di vettovaglie, e di talune
bagattelle. Noi fummo assai contenti dell'inaspettata av-
ventura di trovar in quei poggi solitarj, ed ermi questo
qualunque si fusse spettacolo; ed il fattore del luogo, e
tutta quella brigata si compiacque cotanto di vederlo av-
vivato dall'inaspettato arrivo di una splendida cavalcata,
e di uno de' primarj Magistrati del Regno, che tutta cor-
se in varj drappelli ad incontrarlo, e mostrò per la di lui
venuta sua special letizia, e gradimento, accogliendolo
al suono di pifferi, trombe, e tamburi, e salutandolo con
lo sparo di moltissimi mastj.
All'eccezione della gentile famiglia del Marchese dei
Manchi, tutta quella moltitudine era unicamente compo-
sta di villane, e di villani; i quali, terminate in Chiesa le
loro devozioni, si sparsero nel Cortile, e pel vicino pra-
to, in diferenti crocchi: e con piccolissimo chiasso, e
senza veruna confusione e cucinarono, e mangiarono, e
con spessi baci onorarono i loro fiaschi, e ballarono, e
fecero giuochi, e con altre piacevolezze procurarono di
darsi onestissimo bel tempo. Quanto poi a noi, in mezzo
a tanti complimenti, e divertimenti non ci scordammo
della solida, e gustosa nostra consueta colezione, e come
questa fu finita, osservammo minutamente ed attenta-
mente tutto quel grande edificio, che fu non ha guari
edificato, con disegno dell'insigne Architetto Signor
33
Giuseppe Marvuglia; e che quantunque potesse parere
troppo ricco per un padrone che porta il soprannome di
povero, qual si è l'Albergo di Palermo; niente di meno si
può considerar come decoro della campagna Siciliana, e
dall'altro lato dir non si può sconvenevole all'estensione,
ed alla speciale fertilità di Barbarigo, e Chibò.
Il cortile è veramente nobile, la Cappella a sufficienza
elegante, la scala molto decente; ed il quartiere dell'affit-
tatore, che è al piano superiore collocato, così pulito, e
quanto al comodo così ben ordinato, che mi richiamò
alla memoria le nette ed agiate abitazioni degli agricol-
tori, che si vedono per tutto nei poderi d'Italia, di Fran-
cia, di Fiandra, ed ancor più d'Inghilterra. I granai sono
ampj, e ben ventilati, ed illuminati; e si possono spedita-
mente far passare le biade dall'uno nell'altro per mezzo
di un buco, o sportello fatto nel comune muro. E la ca-
nova, e le stanze del forno, e dei due molini non lascia-
no nulla da desiderare, ed in tutte vi si entra, ed esce da
un medesimo uscio, per ragione d'una miglior econo-
mia, e custodia.
In somma per queste, ed altre fabbriche, e nominata-
mente per le belle, e spaziose stalle è quello un magnifi-
co rusticale casamento, e tale certamente da doversi col-
locare tra i più riguardevoli dell'Isola. Noi però altamen-
te lo lodammo, e fummo naturalmente sospinti a riflette-
re = Tutti dicono, che le manimorte non fanno nulla di
bene per l'agricoltura; ma che fanno per l'ornato, ed il
miglioramento della campagna le mani vive di tanti fa-
cultosissimi proprietarj? =
34
Domandammo, innanzi di partire, quanto grano maci-
nano in un giorno i due molini, che centimoli nel dialet-
to del paese appelliamo, e per i quali è necessaria la spe-
sa, ed il travaglio di quattro mule. Ed essendoci stato ri-
sposto, che tale quantità non oltrepassava quella di sal-
me due, e mezzo, ne deducemmo con un pianissimo cal-
colo, che gli stessi, anzichè apportare un considerabile
utile, potevano piuttosto servire al comodo del fittajuo-
lo. Questi è attualmente il Signor Giovan Battista
d'Agostino, e consuma quivi in un giorno spesso cinque,
e sei salme di frumento; perciocchè non solamente ali-
mentare deve i suoi proprj bifolchi, pecorari, vetturali
ec., ma di più i suoi contadini mezzajuoli, e le opere da
loro impiegate nella coltivazione di Barbarigo, Chibò,
Mucini, e Carisi: avendo da alcuni anni adottata la mas-
sima di non dar ad essi, per quanto è possibile alcun
sovvenimento in denari, o biade, e solamente di sommi-
nistrar loro del pane, a misura, che ne hanno di bisogno
pei differenti lavori campestri, che praticar deggiono
nelle rispettive loro tenute. Ognuno capisce di leggieri,
quanto una tale amministrazione, uopo è, che riesca fa-
stidiosa, imbarazzante, e complicata; questa tuttavia non
è difficoltà per un uomo, quale egli è, di gran cuore, ed
intendimento, il quale semina in un anno in differenti
parti quattro, e cinque mila salme di grano..... Possa ge-
neroso il cielo accordargli tanto buona ventura, che cor-
risponda al vasto cerchio delle sue idee, e delle sue spe-
culazioni!
Il dopopranzo c'indirizzammo a Caltanissetta.
35
Non ci eravamo ancora allontanati un miglio da Chi-
bò che il lamentevole squillo di una tromba, la quale
nelle solitudini sveglia sempre una certa sensazione di
orrore, attrasse l'attenzione delle nostre guardie; mag-
giormente che non è molto tempo certi audaci ed inge-
gnosissimi banditi erano stati soliti di assumere le divi-
se, e le forme di squadre di soldati destinati dalla pub-
blica autorità alla protezione delle strade, per l'oggetto
d'ingannar i passaggieri, e svaligiarli con maggior sicu-
rezza. Si fecero pertanto alcune mosse di difesa, e si
spedirono in un'altura, per spiare qual gente ella si fusse,
due dei nostri più coraggiosi armigeri; dai quali poi ci si
disse, che a tenore di certi segnali fatti, e ricevuti per via
della tromba, doveva ella essere la compagnia di Butera
chiamata volgarmente dei Barricelli.
Sotto la portella dei Mocini, mentre che l'occhio no-
stro spaziava con diletto per estesissime piagge, inciam-
pò uno dei nostri muli, ribaltò la lettiga, ed il Signor
Tommasi ne riportò una leggiera scorticatura nella co-
scia. Pochi momenti prima erano passate due irsute fi-
gure, che, giusta le arcane dottrine del mal d'occhio, o
gettatura, dovevano sicuramente farci temere, ed antive-
dere non so quali scompigli, e diavolerie. Il Tenente del-
la nostra squadra nell'accorgersene ci avvertì a non
guardarle; ma io vi sorrisi, e le mirai, e rimirai: ed il so-
noro capitombolo che femmo poco tempo dopo, ed il
bizzarro intrecciamento, e confusione di teste, e gambe
che soffrimmo, occasione ci diede a discorrere, e piace-
voleggiare sopra gli strani accidenti, che servono di fon-
36
damento, e prova alle malíe, ed a somiglianti fantasti-
cherie degli uomini.
Mocini, e Carisi sono di circa 1070 salme di Palermo,
passano per fondi di ragionevole condizione, e sono
compresi nel territorio delle Petralie, che in tutto è più
di 13000 salme. Quante di queste si appartengano al
Duca di Ferrandina non lo so, ma l'entrata totale, che
egli ricava da questi due vassallaggi, se non m'inganno,
giunge secondo l'ultimo affitto ad 8000 once all'anno.
Dai Scifitelli in là la campagna si può veramente de-
nominare deserta, e trista; e maraviglia non è se vi sieno
stati sempre dei tremendi passi, e gole per ladronecci,
tra i quali il più famoso, e pericoloso si è sempre riputa-
to quello del lupo. Per più di dieci miglia, e sintanto che
non si giunge a piccola distanza di Caltanissetta, non
s'incontra una popolazione, nè un albergo, nè una pian-
tagione, nè altro, che potesse adornarla, ed animarla. Ed
egli è solamente ad uno, o due miglia dalla Città che si
vedono villette, case da contadini, vigne ed alberi; ed è
da notarsi, che questi allignano, e prosperano in terreni
assai argillosi, che chiamano i Toscani mattajoni; ciò
che, oltre infiniti altri esempj, prova, che nulla resiste, e
tutto ubbidisce al travaglio, ed all'industria del coltivato-
re.
Il nostro arrivo in Caltanissetta fu verso le ore 23; e
come se non fussero bastati gl'incomodi di un molesto
caldo sofferti per 13 o 14 miglia, giusto fuori della città,
e per un buon quarto d'ora, io dovetti esser testimone, ed
il Signore Conservator sostenere un'aspra battaglia
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d'importuni ossequj, e complimenti col Proconservatore
Signor Morillo. Questo melato, ed urbanissimo genti-
luomo pregò, ed a tutto potere insistè, perchè il magi-
strato volesse accettare e la carrozza, ed il pranzo, e
l'alloggio, che egli avea già preparato in sua casa; ma
quegli fermo nel suo proponimento di non albergare, e
non ricever nulla da chicchesia, ricusò con la miglior
grazia tutte le di lui cordiali, e generose profferte: e
dopo un veemente contrasto, durante il quale una fila-
strocca di ragioni si addusse da una parte, e dall'altra, e
dopo il cambio, e ricambio di mille sdolcinati inchini, e
cerimonie, ordinò alla nostra gente, che procedesse ol-
tre, ed alla fine, grazie al Signore, smontammo alla lo-
canda. Quivi io ebbi subito uno di quei dilicati piaceri,
che sembrano unicamente riservati alla povera, e nuda
filosofia; mi vidi cioè, nel metter piede a terra, affettuo-
samente circondato da nove o dieci bravi scolari miei in
Agricoltura: ed in un punto non sentii più nè stanchezza,
nè noja, e mi scordai di malie, ed ammaliatori, di sec-
caggini, e seccatori, veggendo, che essi mi amavano, ed
apprezzavano gli ammaestramenti avuti in rurale, e pub-
blica economia così e più, che fatto avevano nel corso
delle loro istituzioni. Uno tra i medesimi per nome Gior-
dano mi mostrò un pezzo di castorino da lui stesso lavo-
rato, e tinto; e mi disse, che non vorrebbe se non se un
imprestito di once 400 per metter sù una fabbrica di così
fatti pannilani, dalla quale egli si riprometterebbe una
felice riuscita, e considerevoli vantaggi per se, e per
l'intiera nazione. Io lo lodai e lo confortai; e poi riflettei
38
tra me stesso, che i genj pur nascono tra noi, ma spesso
non fanno delle belle, ed utili opere, per mancanza dei
necessarj mezzi, ed incoraggiamenti.
La sera la conversazione col Proconservatore, ed altri
gentiluomini, e cittadini fu breve, e si aggirò, come è
naturale, sopra la città ed il suo contado; e noi ricevem-
mo diverse curiose, ed importanti notizie. Ad un'ora e
mezza desinammo, ed andammo a letto poco dopo le
ore due d'Italia. E benchè la stanza, che toccò a tutti e
due, fusse stata molto angusta, e posta in un sito, d'onde
s'udivano i rumori dei forestieri, che incessantemente
entravano, ed uscivano, noi passammo la notte ottima-
mente, e ci confermammo nella massima, che incerto è
il sonno, ed insipido il riposo per coloro solamente, che
vivendo in un ignobile ozio non vi si sono con le fatiche
del giorno preparati.
Nel dì vegnente impiegammo gran parte della mattina
nel veder la città, la quale è così grande, bella, ricca,
animata, che con piccole aggiunte, ed ornamenti potreb-
be riporsi nel numero di quelle d'un elevato rango d'Ita-
lia. Contiene essa non meno di 16000 abitanti; qualche
piazza, ed alcune strade, chiese ed altri edifizj hanno
della lindura, e della appariscenza; non vi mancano gen-
tili e benestanti famiglie: e la copia, e varietà delle natu-
rali derrate, la strada, onde una gran parte del Regno co-
munica colla capitale, l'industria, ed il lusso proveniente
da un certo grado di dovizia vivifica bastantemente il
commercio, e l'interna circolazione. L'acqua tanto ne-
cessaria alla nettezza, ed agli usi indispensabili della
39
vita vi è scarsissima; ciò toglie non poco alle sue laudi,
ed ai suoi pregi: e sia pregiudizio, o realità, l'epiteto di
baronale la deprime e come la confonde con le meno di-
stinte popolazioni di Sicilia.
La Chiesa principale, ed il Monastero dei Benedettini
sono due buonissime fabbriche. Nella prima il tetto non
è mal dipinto, e si ammira un quadro di S. Giovan Bati-
sta, il quale battezza Gesù Cristo, e che con poca ragio-
ne, sembra che si voglia attribuire al Monrealese. L'altro
presenta un aspetto di magnificenza; ed è così eminente-
mente, e con tanto vantaggio situato, che una miglior
aria, ed una più bella, e pittoresca veduta non si può al-
trove facilmente riscontrare. L'entrata di questa casa re-
ligiosa si crede di circa once 800 all'anno.
Pochi sono i paesi dell'Isola, dove si fa tanto conto
degl'ingrassi, quanto in Caltanissetta; e quindi maravi-
glia non è, che i suoi contorni sieno in biade, legumi,
lini, ed altri generi feracissimi. Non vi sono in questi, è
vero, molti alberi; è certo altresì, che le vigne sono pro-
porzionatamente al bisogno di una ristretta quantità:
nulladimeno gl'istessi non si possono dire nudi, e disa-
dorni, ed abbondano in diversi siti di Mandorli, e di utili
piante vivaci di più maniere.
Le manifatture di pannilini sono in buon stato; casa
non vi è, la quale non abbia un telajo: e le donne in tal
genere di lavori guadagnano da uno a due tarì il giorno.
Il loro prezzo è da qualche tempo notabilmente rincara-
to; e si vendono diciotto, o venti tarì la canna quelli, che
nel 1792, quando io vi fui un'altra volta, non valevano
40
più di tarì dodici.
Una tale arte è ivi antica, e dà lavoro a moltissime
persone; e ne impiega diverse l'altra recentemente intro-
dotta di fare i mussolini, e nella quale si consuma già
bastante cotone, e tutto di Sicilia, e specialmente di Ter-
ranova.
L'intiera Contea è presso di 20000 salme di Palermo,
delle quali 18000 circa appartengono ai Principi di Pa-
ternò. Tanta estension di paese si dovrebbe considerare
non già come il territorio di una sola città, ma bensì
come una provincia; di fatti, a fine di giudicarne con
qualche comparazione, è da rammentarsi, che forma
essa il doppio del Cortonese in Toscana, e più di quattro
quindi del Comasco in Lombardia. Di così fatti terreni
quelli del lato di mezzogiorno sono grassi, stritolabili, e
generalmente di eccellente qualità; ed al contrario gli al-
tri del lato di tramontana sono poco pingui, e nella mag-
gior parte troppo compatti, ed argillosi, e di una trista o
mezzana condizione. Qual sia poi l'attuale loro prezzo
facil cosa non è lo stabilirlo; dappoichè l'antico non si
può, almen per qualche tempo, sostenere, e qual sarà per
essere il novello, non si può con certezza determinare.
Del resto mi sembra, che di poco errar potrebbe chiun-
que affermasse che il fitto mezzano dei primi si possa di
presente valutare once due, e tarì dieci la salma, e dei
secondi oncia una, e tarì dodici, o quindici; e quello di
tutta la campagna della contea, esclusi sempre i terreni
migliorati, e bonificati, oncia una circa, e tarì ventiquat-
tro.
41
L'annua produzione dei principali generi delle anzi-
dette 20000 salme si calcola dagl'intelligenti del luogo
come appresso.
Grano salme 45000
Orzo 6000
Legumi d'ogni sorte 4000
Tutte Biade, e Legumi 55000
Mandorle salme, di quaranta tumoli colmi
ciascuna, forse 1500
Lino quintali 400
Cantaridi, che quei contadini vanno a rac-
cogliere nei boschi, ed a notabili distanze
quintali 50
Vino salme (la salma è di 16 quartare, e la
quartara di 10 quartucci di once 50) 8000
Buoi di ogni sorte numero circa 1500
Prezzi di alcune derrate.
Castigliona once 7 3 12 salma
Cannizzara once 7 3 4 salma
Pane grana 7 il rotolo
Vitella grana 36 il rotolo
Mandorle, o Intrita (40 tu-
moli colmi con tutte le
bucce danno sicuramente
100 rotoli di questa) once 8 il quintale
Cantaridi da once 40 in sù il quintale
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Prodotto lordo.
Da tutto quello che si è esposto di sopra, si può esso
per approssimazione calcolare, come appresso:
Grano salme 45000 ad once 3 once 135000
Orzo salme (di 20 tumoli ciascuna) 6000
ad oncia 1 15 once 9000
Legumi di più sorti salme (di 20 tumoli
colmi ciascuna) 4000 ad oncia 1 15 once 6000
Mandorle con le bucce salme (ciascuna di
40 tumoli colmi) 1500 ad once 8 once 12000
Vino salme 8000 ad once due salma once 16000
Lino quintali 400 ad once sei quintale once 2400
Erba, frutte di ogni sorte, ed altri generi
non specificati dianzi si pongono once 16000
In tutto once 196400
che sopra salme 20000 importa once nove e tarì venti-
quattro per salma.
Ruote di raccolte
Nei gran poderi lontani dall'abitato una ruota assai
comune si è
1 Erba naturale
2 Maggesi, e Tumminia
3 Frumento.
Un'altra, che non di rado si adopera
1 Erba naturale.
2 Maggesi di tre arature
3 Frumento.
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Una terza, della quale alcune volte si fa uso
1 Erba naturale
2 Frumento.
Nei piccoli poderi prossimi all'abitato la più frequente
si è
1 Fave, o altro legume, o lino con ingrasso
2 Frumento.
Le prime tre prevalgono in tutti i latifondi della Valle
di Mazzara, anzi di tutta l'Isola, e l'ultima nelle ristrette
possessioni vicine a tutte le popolazioni. E fa veramente
maraviglia come con tali viziosissime ruote, e senza
prati ed ingrassi, e con pochi bestiami, e macchine cam-
pestri, e malgrado altri rilevanti difetti di ben intesa ru-
rale economia le 70000 salme circa di campagna de-
scritte di sopra, e racchiuse tra Alcara, o Vicari ed il fiu-
me Salso possano somministrare un annua rendita di
lordo di once circa 700000, quella che è più di tre volte,
e mezzo maggiore dell'annuo loro fitto. E gli studiosi
della politica nazionale Aritmetica, senza far anche al-
cun caso delle speculative ragioni dei Chimici, e dei Fi-
sici, trovano nel sopraddivisato calcolo un bastevole ar-
gomento per certificarsi, e dimostrare l'esimia fertilità
del sicolo suolo celebrata presso tutte le nazioni, e sin
dalla più rimota antichità.
Specie, e varietà di Biade, e Legumi
Grani – La Castigliona, e la Cannizzara sono tra grani
quelle, che maggiormente quivi si seminano, si fa pure
uso di Tumminia, Turca, Paola, Cicirella, Giustolisa,
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che molti credono la Trentina, Farro, Garcia, e Majorca.
Orzo – Non vi si coltiva altra sorte, che la comune di
tutto il Regno, e che è la varieta jemale dell'Hordeum
vulgare di Linneo.
Legumi – Le Cicerchie, ed i Piselli sono i soliti di Si-
cilia; tra le Fave si preferiscono sempre quelle di mezza-
na grandezza; per le Lenti ve n'ha delle nere, e delle
bianche, e per i Ceci dei bianchi, dei rossi, e dei neri.
Tutte queste piante culmifere, e baccelline s'incontra-
no generalmente nella Valle di Mazzara, nella quale si
semina pure l'Avena bianca, e qualche altra sorte di fru-
mento diversa dalle soprannominate, come Oriana, For-
tereale ec.
Specie, e varietà di frutte.
Uve – Le principali, che si ritrovano in quelle vigne,
sono, e da quei contadini si denominano Nigrello, Sel-
vana, Vermuso, Cateratti, Vernaccia, Calabrese, Catane-
se bianco, e nero, Mantonico bianco, e nero, Moscadello
bianco, e nero, Toccarino, Vergastella bianca, Vespalora
bianca, Malvasia, Insolia bianca, e nera, Petrosella bian-
ca, e nera, Manentę ec.
Gran parte delle medesime sono comuni in tutte le vi-
gne della restante Valle di Mazzara, comechè nei diffe-
renti luoghi non di rado s'indichino con nomi differenti.
Pere d'inverno – Giardone, Angelico, Bergamotto,
Spinolo del Carpio, Aceto, Butiro d'inverno, Spinolone,
Brache di Tedesco, e qualche altro.
Mele d'inverno – Meladieci, di Maida, della Cattiva,
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Granito, d'Adamo, Appio, e qualche altro.
Susine di Autunno – Di Palma, di Faro, Gerosolimita-
no, Moscadello, Cordua, e qualche altro.
Albicocche – Nero, Doblone, Alessandrino, di Termi-
ni, Mandorlaro.
Pesche – Sanguigno, della Maddalena, del Rè, Doblo-
ne.
La nota di tutte queste frutte mi fu gentilmente data
dal Signor Morillo, e da qualche Scolare mio; ed è da
considerarsi, che le medesime, o almeno le più rare tra
loro, siccome avviene negli altri luoghi del Regno, si
possono unicamente rinvenire nei giardini, e poderi dei
ricchi, dei curiosi, e dei dilettanti.
Salarj in Agricoltura.
Per i comunali lavori grana 20, o 25 il giorno ed il
vitto, che consiste nel puro pane, e vino.
Un operajo fisso once nove all'anno, il vitto, e due tu-
moli di legumi, ed altrettanti di lino seminati, e coltivati
a di lui profitto, in tutto, o in parte a spese del Padrone.
Un Bifolco l'istesso che un operajo ad anno, e di più
il mantenimento di una Cavalla.
Un Pecorajo once sei, e tarì quindici all'anno, il vitto
senza vino, ed il mantenimento di una Cavalla,
Gli anzi descritti salarj sono comuni, con piccole va-
riazioni, ed eccezioni in tutta la Valle di Mazzara, e da
due anni in quà hanno sofferto un piccolo aumento.
Aspetto dei seminati.
Da Palermo sino a Caltanissetta pochi furono i campi,
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che si videro di grani buoni, e molti quelli di eccellenti
fave, ed altri legumi; e questa differenza è ben naturale,
ed attribuir si deve all'eccessiva umidità, che si speri-
mentò nell'inverno, e nella primavera, e che è assai di-
sfavorevole alla vegetazione dei primi, e piuttosto propi-
zia a quella dei secondi.
Il giorno 16 tre ore prima di mezzogiorno femmo no-
stre dipartenze, e sinceri ringraziamenti alle persone,
che onorati ci avevano della loro compagnia, ed assi-
stenza, e specialmente al Proconservadore, a Conti, ed a
tutti gli altri carissimi miei discepoli. Ed augurammo
tempi più belli, e più ridente fortuna alla ricca, salubre,
industriosa Caltanissetta, del cui territorio ci rincrebbe
altamente di sentire, che correva pericolo di rimanere in
buona parte sodo, ed incolto; perciocchè non era stato
possibile ancora di affittarlo: e dei così detti feudi appe-
na ven'era un nono maggesato, e preparato per la semi-
nazione del frumento nell'anno appresso.
I terreni sino al fiume salso sono molto magri ed ar-
gillosi, e la strada pericolosa, e cattivissima. Il Signor
Tommasi disse che essa non faceva onore al Comune di
Caltanissetta, ed io aggiunsi, che senza discapito del suo
decoro, ed interesse trascurar non la poteva quel Perso-
naggio, che ritraeva da quei fondi una rendita, che qual-
che cosa teneva del principesco.
Valicammo quell'orgoglioso torrente, che divide le
due valli di Mazzara, e di Noto, nell'istessa lettica e con
la direzione, ed assistenza di due robusti, e coraggiosi
marangoni, praticissimi di quei più agevoli o meno peri-
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colosi passi. L'acqua non era poca; e la nostra letizia
all'uscire ne fu proporzionata all'ansietà nell'entrarvi:
tantochè, ove fummo dall'altra sponda, e ridemmo, e
mangiammo dei biscotti, e trovammo assai arguta, e leg-
giadra la risposta fatta da una giovane, graziosetta, e vi-
spa contadina al Conservadore, il quale avendole detto,
che abbadasse bene a taluni dei nostri soldati, i quali ru-
bacchiavano dei baccelli, che ella custodiva, replicò
prontemente con amabile contegno = Oh! Ha egli forse
il Signore create queste fave, per doverle io sola man-
giare? =
Ad un miglio da Pietraperzia venne il Proconservado-
re di questa a complimentare il Signor Tommasi. Era
egli ben vestito, montato sopra un vistoso cavallo, ed
accompagnato da quattro cagnotti, i quali alla cera, ed al
portamento mostravano un non so che di quella nobile
audacia d'animo, per la quale l'uomo apprezza se stesso,
e sdegna di essere, qual vilissima pecora, da straniero
potere, qualunque esso sia, conquistato. Una tale costu-
manza, onde in Sicilia le persone d'una superior condi-
zione viaggiare non sanno senza un bastante apparec-
chio, e dimostrazione di armi, ed armati, procede in par-
te da necessità di difesa, e molto più da principj, ed idee
di decoro, e di grandezza; si è veduta in tutti i paesi in
una foggia, o nell'altra in voga in tempi di rozzezza, e di
barbarie: e comincia ormai a venir meno tra noi, e mag-
giormente in appresso minorerà, tostochè la civiltà farà
in provincia degli altri progressi, e vi s'introdurrà, ed ul-
teriormente diffonderà il gusto per il comodo, l'ornato, e
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l'appariscenza delle case, delle tavole, dei mobili, delle
vesti dei servidori ec. Taluni Sapienti dell'età nostra
hanno condannato, e declamato contra ogni lusso, ed il
raffinamento delle arti, come rea radice di mille disordi-
ni, e sciagure; ma senza entrare in un serioso esame di
questa, o di altre questioni, delle quali abbonda il vasto
e bisbetico regno delle metafisiche astrazioni, non vale
egli sempre meglio un ceto di pacifici artieri, che quello
di torbidi bravi e tagliacantoni? E non merita in ogni
caso di essere anteposta l'industria, alla pigrizia, la
scienza all'ignoranza, l'urbanità alla selvatichezza, la
mansuetudine alla ferocia?... Quello, che si chiama sem-
plice, puro, o primitivo stato dell'uomo, per esperienza
di tutte le epoche, e nazioni fomenta e sostiene gli anzi
accennati odiosissimi vizj, e l'amore del bello e del pia-
cevole, le rare opere dell'ingegno, le manifatture, il
commercio fanno nascere, ed alimentano le loro contra-
rie amabilissime virtù.
A due miglia presso a poco della soprannominata ter-
ra, il suolo per piccolo tratto è calcareo, e propriamente
tufaceo, e quindi sino a Briemi sciolto, ora nericcio, ed
ora biancheggiante, e sufficientemente grasso. A dir
vero, tutta questa campagna, la quale una buona parte
include del territorio di Barrafranca, non è particolar-
mente ferace, ma bella oltremisura di aspetto; il piano
da un lato, ed il poggio ed il monte dall'altro fanno per
molte miglia vaghissimo contrasto: e di distanza in di-
stanza le leggiadre fattezze della schietta natura sono ri-
levate, e nobilitate da vigneti, da pomarj, da boschetti, e
49
dalla frequenza di laboriosi lavoratori, e delle loro abita-
zioni.
I grani, che vi erano, promettevano un mediocre ricol-
to, e le fave un abbondante; e m'increbbe di vedere qual-
che campo di queste danneggiato dal succiamele, chia-
mato da Linneo Orobanche, e dai nostri contadini Lupa.
Interrogai un contadino, se mai esso abbondava in quel-
la contrada, e se si costumava di reciderlo prima della
maturità dei semi suoi, a fine d'impedirne la multiplica-
zione, e col tempo compitamente distruggerlo; e mi fu
risposto, che da alcuni anni in quà erane accresciuta la
quantità, e le devastazioni, e che qualunque compenso,
o rimedio per estirparlo, ed anche per minorarne la co-
pia, era inutile: con ciò sia che era la terra, ed i legumi
istessi, che lo generavano. Io vi sorrisi, e replicai, che
come uomo da uomo, cavallo da cavallo, pero da pero,
frumento da frumento, così lupa da lupa, ossia dalla sua
propria semenza nasceva, e si propagava, e pianamente
ne dedussi, che rimover questa da un terreno importava
tanto, che allontanarne quella con sicurezza, ed effica-
cia. Il buon villano a cotali mie astruse dottrine fece
muso torto, e capolino, ed io accorgendomi, che nulla
profittava, troncai sull'assunto ogni altro discorso; e de-
siderai in quel punto di far considerare a coloro i quali
apprezzando unicamente la scienza delle parole, e
degl'inintelligibili osano di parlare male, e dileggiare gli
studj geoponici, che ove un altro benefico Principe pri-
ma dell'Augusto Ferdinando III, avesse istituita in Sici-
lia una Cattedra di Agricoltura, non regnerebbero proba-
50
bilmente di presente così assurde, e perniciose massime
che queste presso i Coltivatori siciliani.
Smontammo a Briemi, per riposar qualche ora, e rifo-
cillarci con un poco di cibo. Domandammo ivi delle
seggiole, e ci si disse, che non ve ne erano; ricercammo
una tavola, e null'altro ci si offerse, che una sozza, e
puzzolente panca. Ci persuademmo allora, che le nostre
domande e ricerche erano indiscrete, ed irragionevoli;
avvengachè era quello un albergo di bestie, e non già di
uomini: e per questo senza chiedere, o pretendere veru-
na cosa ci sedemmo, e posammo le nostre vivande sopra
i nostri medesimi bauli, e ad un piacevolissimo rezzo
mangiammo con piacere, e bevemmo anche meglio.
L'oste, che secondo tutte le apparenze esser dovea
una di quelle tristi cornacchie, delle quali ogni terreno
abbonda, e che prendono diletto nell'annunziare, e pre-
dire più mali, che non si contenevano nella sciagurata
scatola di Pandora; nel rimetterci in viaggio, ci disse,
che il giorno precedente erasi in quelle bande fatto un
gran furto; e che andava per esse in ronda una numero-
sa, e disperata compagnia di ladri. Ciò bastò per farci
sospettare, e temere ad ogni passo quello, che realmente
non era. Appena di fatti avevamo fatte da quivi due, o
tre miglia, che mirando in distanza certe persone armate
a cavallo, le quali sfilavano per certi viottoli, inconti-
nente, dubitammo, che non potessero essere degli assas-
sini; e non s'acquietarono prima i sospesi animi nostri,
che fummo da spie spedite a bella posta certificati, che
erano degli onesti passaggieri, i quali ritornavano dalla
51
fiera. Poco appresso le sospizioni nostre di tal genere ci
parvero più fondate, e noi provammo una certa inquietu-
dine, ed ansietà di cuore. Dal fondo di una piccola valle
vedemmo spuntare, ed avanzarsi di trotto alla volta no-
stra sette uomini da capo a piè armati, sei a cavallo, ed
uno a piedi; ed agli abiti, ed ai movimenti piucchè con-
getturammo, che dovessero essere tristissima gente. Non
essendocene avveduti, che a due tiri di schioppo, noi
fummo in certa maniera sorpresi; ed in un istante sonò
la tromba, la nostra squadra si ordinò in battaglia, e noi
stessi, da bravi paladini, mettemmo mano l'uno alla pi-
stola, e l'altro alla carabina. Ma ben presto a tutti questi
perturbamenti successe la calma; e noi godemmo, e per
buona pezza ridemmo sopra i nostri marziali atteggia-
menti: subitochè d'indi a pochissimi minuti ci assicu-
rammo, che quelli erano la famiglia del Capitano di
Piazza, la quale andava in cerca di quei furfanti, che il
giorno prima commesso avevano il latrocinio.
Da Briemi, sino al confine di S. Michele, nel quale
tratto una buona parte si percorre del territorio di Piazza,
i terreni sono quasi tutti piani, e della classe degli areno-
si, e pingui; quelli, che nè in italiano, nè in francese si
possono con voce tecnica indicare, e che gl'inglesi con
molta proprietà denominano Sandy-loams. In essi più
che i grani, e gli orzi, provano a maraviglia l'erbe pra-
tensi, e soprattutto le perenni; se ne osservano con effet-
to per tutto delle più stimabili, delle più fitte, e delle più
rigogliose: e chiunque non ignora gli elementari principj
della campestre economia a colpo d'occhio concepisce,
52
che quei campi si renderebbero più fruttiferi, e più utili,
che ora non sono, se in una lodevole ruota di raccolte, e
giusta le migliori regole dell'arte vi si seminassero, e
coltivassero i più acconci artificiali foraggi.
Il nostro intendimento era quello di ridurci la sera a
Caltagirone; ma perchè l'ora era assai tarda, restammo
in S. Michele: e dopo alcuni consigli, e deliberazioni, e
diverse imbasciate e trattati albergammo per quella notte
nella casa del garbatissimo Governadore del luogo Si-
gnor Ignazio Aragona. Permise egli, secondo n'era stato
richiesto, che i servidori del Signor Tommasi pensassero
alla cena, ed ai letti: apprestò con estrema diligenza quel
tanto solo, che necessitava, non parlò, e non ci stette
d'intorno, che con dilicatissima discrezione. E con que-
sta prudente condotta, e costumato contegno nulla si de-
siderò, tutto andò a nostro genio, e non provammo pun-
to di quella pesantissima importunità, ed ostentazione,
che detesta il viaggiatore, e difficilissimo gli riesce di
fuggire in una famiglia di provincia.
Il Ducato di S. Michele è dei Principi di Montevago,
e rapporta loro in tutto once due mila circa all'anno. La
popolazione è poco meno di 3000, secondo tutti gli indi-
zj è povera, e vive sotto un cielo umido, e nell'estate non
molto salutevole. I contorni sono piuttosto piacevoli, e
ben coltivati; essendochè vi è bastante acqua, e diversi
orticelli, giardinetti, e piantagioni di più sorti, e princi-
palmente di vigne, e di ulivi. I grani che per tutta quella
campagna si seminano, sono Gurria, e Cicirello; ed in
diversi siti si vedono dei gelsi con frutto nero, i quali at-
53
testano, che quivi un tempo si praticò l'industria dei filu-
gelli, e della seta.
L'intiero territorio di questa terra si computa presso a
450 salme di Palermo; ed il Barone, o piuttosto il Go-
vernadore in nome, e con l'autorità sua impresta con il
solito interesse once 3000 all'anno a quegli agricoltori,
per l'oggetto di abilitargli alla coltivazione dei loro ri-
spettivi campicelli. Se si suppone con un conghietturale
calcolo, che i villani, e piccoli proprietarj di S. Michele
apprestano in travaglio, denari, e generi altrettanto pel
coltivamento delle anzidette salme 450; in questa ipotesi
vogliono esse la somma di once 6000, per essere nel
modo, che sono, annualmente coltivate; quel che impor-
ta once quattordici per salma, che è il capitale, il quale
si trova impiegato in diversi poderi dell'isola, e spezial-
mente della Valle di Mazzara.
La mattina seguente, nell'osservare minutamente la
gentile casa del Signor Aragona, diss'io al Signor Con-
servadore = questi stanzini, e queste volte, e queste ve-
trate, e queste pitture, e questi fregi, e questi rami.....
tanta lindura, ed eleganza, che non trovai in tali luoghi
diciassett'anni addietro, che indica ella rispetto alla ric-
chezza, ed all'ingentilimento del Regno? = Mostra, mi
rispose egli, che è migliorata, e che da quà a venti anni
sarà tutto altro paese, che or è, la nostra bella Sicilia =
Nel fare strada per Caltagirone vidi, che le viti non si
palano giammai, e che si tengono a due o tre spalle; e
provai nettamente ai cittadini di S. Michele, i quali ci
accompagnavano, che il primo è cattivo, ed il secondo
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lodevole costume. Gli stessi si lagnavano, che gli ulivi
loro producevano ordinariamente un incerto, e scarso
frutto; io domandai loro, se mai li potavano, e gl'ingras-
savano al pedale; ed essendomisi detto che nò, replicai
loro; che possibile non era senza tali diligenze ricavare
copioso olio da alberi piantati in un suolo tufaceo, arido,
di poco fondo, ed in qualche sito ingratissimo.
Scala è un fondo tramezzo i due territorj di S. Miche-
le, e Caltagirone, e nella massima parte infecondo, e ri-
coperto di sassi, e difformato da precipizj. Si computa
salme 300 circa di Palermo, ed è di presente affittato per
oncia una, e tarì due, o tre la salma. E di là sino a Calta-
girone i terreni nella maggior quantità sono piuttosto
magri, argillosi, disadorni, di color bianchiccio; ed
all'eccezione di qualche ottimo campo di fave, gli altri
seminati vi facevano una trista, o mediocre figura.
Ammirammo nel salire verso la città un ponte costrui-
to sopra di un vallone, che, per esser posato sù argilla
soggetta a smottare, sembra che volesse ad ogni istante
crollare; e non pertanto regge e si sostiene da moltissimi
anni. Le teorie nelle arti sono fallaci, e talvolta ridicole;
quel che vale si è l'uso, e l'esperienza maestra di tutte le
cose.
La nostra entrata in Caltagirone fu decentissima; es-
sendochè a mezzo miglio vennero ad incontrarci il Pro-
conservador Crescimanno, il Signor Antonino Gravina,
ed altri distinti gentiluomini, i quali accoltici nelle loro
carrozze ci condussero alla casa vota del Barone Perre-
muto, che era stata preparata pel nostro alloggiamento.
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Quì il Signor Tommasi, malgrado suoi proponimenti ed
inclinazioni, per necessità, ed urbanità dovette accettare
pranzo, e cena dal Canonico Crescimanno, che avea co-
nosciuto, e tra 'l quale e lui era passata molta familiarità,
e dimestichezza a' tempi del fù Presidente Perremuto. E
giusto è ch'io dica, che in tutti questi cortesi trattamenti
non mancò mai nulla di quelle cose, che desiderar suole
gentile persona; e si conobbe, che quel mercato sommi-
nistrava buone carni, pesci, paste, ortaggi, ma cattivi
vini: per ciò che di questi non altri ce sene apportarono
che gli abboccati, e dolci, i quali sembrano ormai unica-
mente destinati per le tavole delle vecchie donne, e delle
monache.
Caltagirone è una città di venti, e più mila abitanti, la
quale essendo nobilitata dal soggiorno di diverse illustri,
e ricche famiglie, avvivata bastantemente dal lusso, e
dalla consumazione, e ornata da qualche bella piazza, e
strada, e da diverse pubbliche Opere, ed edificj di più
sorti, con ragione ha il primato tra le mediterranee, ed è
una delle più distinte di tutto il Reame. L'aria, stante la
sua elevazione, e vantaggiosa esposizione, è perfetta; e,
come in Caltanissetta, rari non sono i robusti, e ben fatti
uomini, e di una florida carnagione. Il mercato, la novel-
la prigione, il teatrino fuori del paese destinato al pub-
blico passeggio, le due magnifiche strade incominciate,
l'una delle quali metterà nella Consolare, e l'altra con-
durrà a Terranova, l'abbondanza delle vettovaglie, due
ospedali, un Monte d'imprestito, che tiene in circolazio-
ne sette, o otto mila once, qualche appariscente tempio,
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e palazzo sono quivi tutti oggetti, che meritano l'atten-
zione del forestiere. Si loda in alcune chiese qualche
pezzo di belle arti; ma quello, che vince tutti gli altri in
eccellenza, e rinomanza, si è la statua di una Madonna
nella Chiesa dei PP. di S. Maria di Gesù, e che è uno dei
tanti egregi lavori del nostro celebratissimo Gaggino.
Non pertanto il viaggiatore non vi trova quel grado di
pubblica, e privata opulenza, e prosperità, che si aspette-
rebbe; considerando, che quei cittadini hanno un im-
menso, e ricco contado, e non pagano nè gabelle, nè al-
tri aggravj di qualunque siasi sorte. Di mendici, e poveri
se ne vede per tutto; diversi tra primarj nobili, e posses-
sori sono involti in aspri debiti; mancano coltivatori, e
negozianti veramente sustanzievoli; non vi è altra mani-
fattura, oltre le comunali, che quella delle corde, e dei
canapi; il commercio proporzionatamente alle circostan-
ze languisce; e l'agricoltura è in uno stato tanto poco fe-
lice, che appena vi è pastorizia, e le terre o si arano con
le mule, o con pochi buoi, che si noleggiano da certi di-
stretti al di là di Cesarò. Mi si nominò il Cavalier Apri-
le, come il solo tra quei proprietarj, ed agronomi, che
avesse un branco di Vacche; e fui informato, che il traf-
fico dei majali era quivi l'unico lucroso, così che taluni
avevano fatto con esso dei guadagni molto considerevo-
li. Con tutto questo io non intendo di deprimere, quanto
alle comodità, e ricchezze, Caltagirone al di sotto dei
luoghi di Sicilia dell'istesso rango; ma solamente di far
capire a miei leggitori, che, attesi i cospicui doni di na-
tura, ed anche di fortuna, ella non è quella, che potrebbe
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e dovrebbe essere. Oltre diverse generali cagioni, certis-
simo è, che cotali sue minori divizie, e grandezza sieno
in parte l'effetto delle tristi raccolte, che in questi ultimi
tempi hanno quella contrada sopra ogni altra dell'Isola
travagliata, e balestrata; ma vi ha pure contribuito, ed
ancora v'influisce l'esenzione da ogni peso ed imposta,
onde vanno lieti, e riguardano come il massimo bene, e
privilegio i suoi abitatori? Non valerebbe forse meglio il
rimettervi alcune moderate tasse, ed impiegare tutti gli
introiti del Comune in oggetti di solida utiltà, tra quali
indubitatamente le strade reclamerebbero la preferenza?
La plebe, e gl'indotti considereranno questi miei dubj, e
problemi come arditi, ed odiosi; i savj però, e gl'istruiti
si rammenteranno di quello, che dietro lo studio dei fatti
e del cuore dell'uomo hanno stabilito i più profondi Po-
litici: cioè che i dazj ben divisati, e col dovuto accorgi-
mento distribuiti, e riscossi, servono di potente stimolo
al travaglio ed all'industria, ed, in vece di diminuire, ac-
crescono in conclusione le facultà, ed il ben essere dei
contribuenti.
La comunità ricava da suoi proprj beni fondi 30000
once circa all'anno, ciò non ostante si odono quivi angu-
stie, e ristrettezze di finanze, come nelle altre: e feci le
più alte maraviglie del mondo leggendo un memoriale
ivi presentato al Signor Conservadore, nel quale le balie
dei bambini bastardi si querelavano, e sollecitavano il
pagamento dei modici loro stipendj, da qualche tempo,
per mancanza di denaro, arretrati. Tutti concordemente
affermarono, che tali disordini erano temporanei, e pro-
58
venivano dalla riscossione dei canoni e dei fitti dovuti
alla città impedita, o scompigliata dalla sterilità dei tra-
scorsi anni; e solo qualche malignetto (quel che raro non
è) aggiunse, ed accennò non so che... nominò con parole
tronche non so quali... che in paese, ed altrove non ama-
vano le sottigliezze, e gli scrupoli di Aristide.
Il totale territorio di Caltagirone è più di 21000 salme
di Palermo, 16000 e più delle quali appartengono alla
comunità, che ne riceve la suddetta annua entrata di
once 30000. Di queste, si può senza pericolo di notabile
errore affermare, che 13700 circa sieno state in varj
tempi concesse ad enfiteusi; cioè 3458 nel 1509 per li-
velli in frumento, 7337 nel 1791 per once 15980, e pres-
so a poco 2905 nel 1803 per once 5540. Quindi si com-
prende, perchè i Caltagironesi di qualunque condizione
possiedano tutti un pezzo di terreno, grande, o piccolo
in proporzione delle circostanze di ognuno; e quindi ri-
lucono pure mirabilmente le paterne cure del Re Signor
nostro nel promuovere la nazionale agricoltura: con ciò
sia che a beneficio sommo di questa divina arte, e nel
corto spazio di dodici anni, distribuì per canoni modera-
ti e giusti a quella popolazione più di 10000 salme di
terre, che nelle mani d'interessati fittajuoli erano con-
dannati a non dover ricever giammai verun migliora-
mento. Qualche mordace o troppo severo critico, anzi-
chè lodare, e saper grado ai Ministri da S. R. M. deputa-
ti all'esecuzione di un così nobile provvedimento, osa di
rimproverar loro, che non seppero in una tale bisogna
impedire qualche erroretto, e magagnetta; e predica, che
59
avrebbero essi potuto recarla ad effetto con migliori
modi, che di fatti non fecero. Io non crederò giammai
queste e somiglianti vaghe imputazioni; del resto guai,
dico, a quegli uomini, i quali nelle grandi, ed utilissime
operazioni di stato hanno sì fatto cuore, ed intelletto da
non sapere trovar altro che nei, e peccatuzzi: ed anche
peggio a quegli altri i quali vogliono giudicarne con cer-
te loro archetipe idee di una indefinita, o ideale perfe-
zione. Non si è essa partita, e diffusa la troppo cumulata
proprietà di una quantità immensa di fattorie, e poderi?
Non si è inanimata, ed aumentata l'industria ed il trava-
glio in quelle campagne? Non si son le medesime popo-
late, ed arricchite di Agricoltori, di case rurali, di chiu-
sure, di piantagioni, e di una infinità di altri migliora-
menti di ogni specie? Non si è accresciuto il pubblico
patrimonio di once 2600 annue, le quali sin dal 1802
son destinate alla costruzion delle strade? In vista adun-
que di tanti, e così nobili vantaggi non è ella indiscre-
zione, e malevoglienza il cercar finissimi peli nelle
uova, ed investigare, e menar rumore di sbagli, e colpe
di piccola, o di nessuna conseguenza?
Si crede che tutto il contado caltagironese abbia una
circonferenza di 40 miglia; senza che per tanto il dica
io, che altra volta in buona parte lo percorsi, ognuno può
immaginare, che debba contenere terreni di più spezie, e
qualità. Tutta via si può all'ingrosso affermare, che nelle
contrade vicine all'abitato, inclusavi la baronia di S. Pie-
tro, predominano i leggieri, e nelle rimote, ossia nella
Piana prevalgono i medj, i quali nella maggior quantità
60
sono assai grassi, e di un ottimo fondo. E per ciò, che ri-
guarda le sue produzioni, quella del grano è certamente
la più interessante; tanto che in un'epoca dalla presente
poco lontana, quando le stagioni, e le piogge erano quivi
più regolari, che da sette anni in quà non sono state, se
ne solevano seminare, giusta il conghietturale parere del
Signor Antonino Gravina, e di altri, salme generali 5600
circa, e raccogliere presso a 40000 all'anno. Il vino è
dopo il frumento la derrata territoriale più considerabile;
basta esso ai bisogni della popolazione, e se ne esporta
in copia nei finitimi paesi: e l'orzo, i legumi, la soda, la
canapa, il miele, la cera si possono mettere tra gli ogget-
ti di rusticale, e commerciale industria di una sufficiente
importanza. Gli Ulivi in fine non sono scarsi, e da qual-
che tempo vanno ivi sempre più multiplicando; ma il
loro frutto non è di gran momento, per ciò che sono
piuttosto pochi i siti nei quali prosperano, e rendono ab-
bondantemente: ed il mio buon amico il Barone di Ro-
sabia, per certificarmi maggiormente di questo, al ritor-
no mio nella capitale, mi addusse l'esempio di un suo
esteso uliveto ai Cappuccini vecchi, dal quale non si ri-
corda in venti anni di aver ricavato altro olio, oltre quel-
lo di quintali sette, che ne ricevette in un anno.
Prezzi di alcuni generi.
Vitella grana 40 Il rotolo di once 13, e mezza
Manzo 30 grosse.
Castrato 28
61
Majale 28
Cacio cavallo 50
Piacentino 50
Formaggio 40
Pasta fina 12
Il rotolo di once 12 grosse.
Pasta ordinaria 10
Vino 8 Il quartuccio di once sottili 24.
Un comune servidore un'oncia il mese, e la livrea.
Un cuoco due tarì il giorno.
Un buon muratore tarì cinque il giorno.
Un muratore ordinario tarì quattro il giorno.
I seguenti prezzi furono da me notati nel 1792, quan-
do vi soggiornai per alcuni giorni, e possono servire per
paragonar il valore attuale delle cose con quello di alcu-
ni anni addietro.
Prezzo di alcuni generi nel 1792.
Vitella grana 24
Manzo 16
Castrato 16 Il rotolo di sopra.
Majale 20
Cacio cavallo 30
Formaggio 26
Pasta fina 12
Il rotolo di sopra.
Pasta ordinaria 10
62
Vino 4 Il quartuc. di sopra.
Mercede di un muratore tarì quattro il giorno.
Mercede di un manuale tarì due, e grana dieci il giorno.
Caltagirone non ci parve allegra, ed io la trovai meno
vivace, e gioconda, che conosciuta l'avea diciassett'anni
prima. Tutti ne parlavano come di un luogo, dove raro
non era l'ozio, e nel quale di sovente regnava la diffiden-
zia, le gare, e le animosità tra alcuni primarj cittadini; e
non si nominò mai alcuna di quelle pubbliche, o private
conversazioni, le quali coltivano sempre gl'ingegni, in-
gentiliscono i costumi, inspirano la fiducia, fomentano
l'amicizia. È vero, che vi è la sera qualche particolar
crocchio di gentiluomini, e che noi fummo invitati ad
uno, nel quale si sonò, si cantò, si discorse piacevolmen-
te, e spiccarono le pulite, e svelte maniere di diversi ca-
valieri, e dame; ma il viaggiatore dovrebbe vedere, ed
ammirare più frequenti, e splendide compagnie in una
città, la quale, per le sue circostanze, e molti pregi della
natura, e dell'arte, può avere un nome, ed esser collocata
tra le distinte in qualunque stato di Europa.
Dopo due giorni di residenza in Caltagirone, il dì 18
continuammo il nostro viaggio alla volta di Monterosso.
I contorni di Caltagirone da questa parte sono sabbiosi,
rossicci, poco grassi, e molto simili a quelli di Palermo;
e quindi sino a Sciri i più comuni sono i terreni sciolti, e
bastantemente pingui, e le fattezze della contrada sono a
sufficienza abbellite, e rilevate da spessi albereti, e da
selve, e boschi, che vagheggiammo ora da presso, ed ora
63
alla distanza di uno, due, e tutto al più di quattro miglia.
Passammo vicino a Regalsemi, fondo di 380 salme
circa di Palermo, il quale essendo proprio della comuni-
tà di Caltagirone fu diviso ad enfiteusi, per ordine sovra-
no diciott'anni addietro, a molti piccoli agricoltori pel
canone di once 836 all'anno. Prima di una tale epoca era
esso ermo, e deserto, e quasi per un terzo sodo, ed incol-
to; e quindi cambiò tanto di aspetto, e divenne così ricco
di campestri abitazioni, e di alberi, ed arbusti di varie
sorti, che ormai si può denominare tutto un continuato
villaggio, ed il più bello, e delizioso nido di Pomona.
Tra le piantagioni quella delle viti è senza paragone la
più abbondante, e come l'unica; ed un migliajo di esse,
giusta le informazioni avute somministra frequentemen-
te cinque salme di vino, ossia 1440 quartucci di 24 once
sottili. Per lo che una salma di terreno, che ne contiene
prossimamente otto migliaja, rende annualmente 11520
quartucci di vino, il cui valore a grana 5 ascende ad
once 96. Qual'immensa differenza tra la produzione di
un campo puramente arabile, e quella di uno bonificato,
e particolarmente di un vigneto! La prima fu trovata di
sopra in una superficie di 70000 salme once dieci a sal-
ma di lordo, e la seconda, siccome si è dianzi dimostra-
to, è di questa nove volte, e mezza maggiore! E quanto
al profitto netto, dubio non vi è, che sia ugualmente in
una certa proporzione, più considerabile; e le sequenti
notizie possono servire di principali elementi per calco-
larlo.
64
Spesa per piantare, ed allevare il primo anno un migliajo
di vigna in Regalsemi.
once tarì
Diboscare il terreno 1 6
Due lavori con l'aratro 20
Un migliajo di magliuoli 3
Assestare 5
Piantare 15
Zappare prima volta 15
detto due altre volte 24
In tutto 3 28
Canone di due tumoli di terra 9
Totale 4 7
La vigna fruttifica a sette anni dacchè è piantata, e nei
sei anni, che sieguono quello della piantagione, la spesa
annua per allevarla, secondo il parere di quei vignajuoli,
potrà essere oncia una, e tarì quindici a migliajo; e poi
regolarmente once tre, e tarì dodici, tutto compreso, col-
tura, vendemmia, trasporto ec.
Laonde piantagione, e spesa del primo
anno 3 28
Coltura nei seguenti sei anni ad oncia
1 15 per anno 9
Canone in sette anni a tarì nove per anno 2 3
Spesa totale in sette anni 15 1
65
E però interesse di dette once 15 al 10 per
100 (stante che si tratta di un capitale, che
va continuamente diminuendo) 1 15
Erogazioni, come sopra, all'anno, dopo-
chè la vigna è formata, e già fruttifica 3 12
Canone 9
Tutte le annue erogazioni 5 6
Le quali diffalcate dall'annuo prodotto
lordo, cioè per quel che si è stabilito di
sopra, da 12
Resta l'annuo prodotto netto per migliajo 6 24
Quel che viene per salma di Palermo circa
once 54 12
E da questo risultato, il quale è bastantemente prossi-
mo al vero, ogni proprietario, ed agricoltore chiarire, e
convincere si può, che l'industria delle vigne è superiore
in effettiva utilità a quella delle biade, sempre che il ter-
reno, come lo è in Regalsemi, vi sia adatto, non costi
molto, ed il vino abbia delle richieste, e si venda costan-
temente ad un prezzo ragionevole.
Cotali conti nell'istessa lettica abbozzammo io, ed il
Signor Tommasi nel contemplare quei bellissimi recenti
vigneti; e ne tirammo l'incontrovertibile conseguenza,
che la Sicilia sarebbe più vaga non meno, che più ricca,
se gli albereti, come in alcune regioni di Europa, mag-
giormente vi abbondassero. E l'occhio quindi rivolgendo
alle deliziose selve di S. Pietro, Licodia, Graneri, e Fa-
vare non dubitammo, ulteriormente ragionando, di asse-
66
rire, che per sino queste apportavano talvolta un reale
profitto più considerevole, che non pochi dei terreni ara-
bili; per ciò che da una parte rapportano a sufficienza in
pascoli, frutte, e legna di ogni maniera, e dall'altra non
vogliono, starei per dire, il centesimo di quelle enormi
spese, che sono necessarie nella seminazione, ed econo-
mia delle piante cereali. Noi pertanto mirandole con
estremo compiacimento femmo ardenti voti al cielo per
la loro buona ventura, e lunga durata; e parlammo con
particolare interesse di quella di S. Pietro, della quale
giova sperare, che il Magistrato, ed i Cittadini di Calta-
girone vorranno sempre tenerne conto, e spingere innan-
zi, e con avvedimento, e gelosia conservare gl'incomin-
ciati innesti di quella prodigiosa copia, che vi è, di Oli-
vastrelli. È la stessa una vasta tenuta di 1800 salme, e
più di Palermo, ricca nella massima parte di Sugheri,
Peruggini, Ulivi, ed altri alberi, e quasi l'unica posses-
sione del comune dell'anzidetta Città, sopra della quale
esso ritiene ancora l'utile dominio; per ciò che il Senato,
ed alcuni principali gentiluomini del paese hanno sem-
pre rimostrato, e fatta aspra guerra a qualunque progetto
di dividerlo in moderate porzioni ad enfiteusi, per timo-
re, che non si distruggesse così il bosco, e non mancasse
al popolo, che vi ha il dritto di legnare il bisognevole le-
gno tanto per bruciare, che per gli altri usi della vita. Io
non dubito delle lodevoli mire, ed intenzioni di coloro,
che mettono avanti così fatti principi, e dottrine; son
però persuaso, che le abbandonerebbero, ove conside-
rassero il fatto, onde siamo in tutta Sicilia ammaestrati,
67
che in ogni luogo la più potente cagione dell'abomine-
vole devastamento delle foreste, e della penuria, e caro
prezzo delle legna è stato il singolar privilegio, o facoltà
accordata in tempi d'ignoranza e di barbarie ad ognuno
indistintamente degli abitatori di questa, o di quell'altra
Terra di tagliarne, e raccoglierne a sua posta, e senza al-
cun freno, o con tali regole, e restrizioni, che non si pos-
sono ridurre ad effetto, e che per una ferma esperienza
non si sono mai osservate. Le Querce di ogni sorte, i
Castagni, i Pini, i Faggi ec. sono come tutte le altre
piantagioni, le quali presto deteriorano, ed in fine peri-
scono, quante volte non si custodiscono efficacemente,
non si governano opportunamente, non si recidono, e
non si rinnovano a seconda delle migliori massime, e
pratiche di agronomia. Ed ognuno sa, quale pensiero si
danno di queste cose, o si possono dare contadini, peco-
rai, artieri, e persone di qualunque ceto, le quali hanno
molti motivi fondati nel loro privato, e presente utile per
guastare i boschi, pochissimi per preservarli dal declina-
mento, e rovina, e niuno per accrescerli, e recarli in mi-
gliore stato. Oltre di che 1800 salme di selve comuni
deggiono sembrar troppe anche a coloro, che le credono
vantaggiose, o necessarie; e chiunque intende, che tre o
quattro cento salme di loro bastevoli sarebbero per som-
ministrar legna non compre ai poveri, e lavoranti di Cal-
tagirone, e le restanti si potrebbero ad enfiteusi distri-
buire con notabile emolumento degli agricoltori, e del
pubblico.
Riposammo verso la metà del giorno poche ore nel
68
podere di Sciri.
Il caldo, ed il cocente sole ci obbligarono a ricoverar-
ci in una di quelle vecchie, smantellate, e sporche came-
re; ma finita appena la nostra colezione, ratti ne uscim-
mo, e durante tutto il tempo che la nostra gente mangiò,
ci mettemmo all'ombra distesi sopra la morbida, e fiorita
erba di un vicino prato. Quivi ci trastullammo a far cu-
riose domande, ed a sentir le argute risposte di un viva-
cissimo ragazzo di nove anni, che guardava un piccolo
branco di porci; ed udimmo con piacere uno, il quale
narrava, ed esaltava i benefici effetti della libera paniz-
zazione introdotta da qualche anno in Licodia. Costui
era fornajo di quella terra, ci mostrò una ben grossa, ed
eccellente pagnotta, che quivi valeva allora grana dieci,
e ci disse = ecco un pane, che per l'innanzi non si era
mai veduto in Licodia; noi lo facciamo bene, e lo ven-
diamo a buon mercato, perchè c'impegniamo a superarci
gli uni gli altri nel traffico, e guadagno proprio della no-
stra arte = Mille volumi sù questo argomento non posso-
no insegnare nella sostanza più che tanto; ed io amerei,
che lo ponderasse la plebe di quei pretesi Economisti, i
quali tengono per certissimo, che non dobbiamo, e non
possiamo con vantaggio comperar pane senza Terze par-
ti, senza Appalti, senza Magistrati di annona: in una pa-
rola senza disagi, e perniciosissimi vincoli di commer-
cio.
Sciri è un luogo piuttosto inospito, e tale, secondo che
affermavano taluni dei nostri soldati, da dovervi fare
buona guardia. Noi tutta via non concepimmo verun so-
69
spetto di che si sia, sino al punto che entrammo in letti-
ca; quando senza saper donde vedemmo ad un tratto far-
si innanzi un uomo, il quale, messo da parte lo schiop-
po, con franco, e presso che minaccevole contegno così
parlò al Conservatore = Se il caso, Signore, portasse di
sentir nominare L-i G-ni, rammentatevi di lui, ed ajuta-
telo, se potete = Era egli grande, robusto, e di figura an-
zichè no gentilesco; aveva torva la fronte, ed il ciglio;
ardito, furbo, mobilissimo l'occhio: e nel totale la fiso-
nomia, ed il portamento suo prenunziavano meno di
malvagità, e più di audacia, e di disperazione. Io dappri-
ma lo presi per un fittajuolo, alla cui maniera era com-
pletamente vestito, e gli domandai quali erano le specie
dei frumenti, che ivi si solevano seminare: ed allora du-
bitai di quel, che potesse essere, che lo vidi inquietarsi,
ed imbarazzarsi per le risposte, delle quali lo richiedeva.
Certi gesti, e gergo del nostro Caporale tennero ancor
sospeso per qualche minuto l'animo mio; ma chiaramen-
te compresi con quale persona noi discorrevamo, ed
avevamo a fare, subito che con aria di rispettosa amici-
zia, e di protezione intesi assicurare, e promettere repli-
catamente al Signor Tommasi, che non ci avrebbe per-
duti di vista nella Contea, e bisognando anche sino a Pa-
lermo. Noi non mancammo di fargli riverenze, e conve-
nevoli; e come ci fummo alquanto da lui allontanati, in-
terrogammo i nostri soldati sopra la sua cronaca: e nulla
da loro potemmo saperne, ancora che alcuno ve ne fus-
se, il quale conosceva in quelle bande molti di quelli,
che confessar si potevano al modo di ser Ciappelletto.
70
Ed egli fu alcuni giorni dopo che ci riuscì di essere in-
formati, che egli era un famoso F-te, il quale perseguita-
to dai Magistrati per certi gravi furti, e misfatti, che gli
erano stati apposti, se ne andò da principio ramingo per
le campagne, ed ora aveva assunto il sembiante, e carat-
tere, nel quale noi lo conoscemmo.
Da Sciri sino a cinque, e sei miglia il suolo prosiegue
ad essere arenoso, e piuttosto grasso; e al di là di questo
non posso quasi dir altro di campi, e di agricoltura: con
ciò sia che l'avventura di Sciri ci fece pensar poco, o
nulla alla natura, sin tanto che non ci distolse dai nostri
morali, e politici ragionamenti la presenza del Mazzaro-
ne. I rivoli piacciono sempre, e particolarmente nei cli-
mi caldi, ed in estate; questo però ci parve sopra molti
altri leggiadro. E veramente le sue limpidissime onde, il
suo con grazia volteggiante corso, le sue sponde ora
gaie per la verdeggiante macchia, ed ora tristi per la
squallida rupe; gli amabili pini, che pompeggiavano a
sinistra, le ruvide montagne che torreggiavano a destra:
tanta maestà, avvenevolezza, e varietà di oggetti solleti-
cava soavemente i sensi, e destava, e pasceva la fantasia
con gratissime immagini. Noi per tanto dall'una, e
dall'altra riva lo contemplammo con diletto, e lo lodam-
mo; ma poco dopo lo vituperammo, e ne concepimmo
orrore: avvenga che avendolo per buon tratto costeggia-
to, fummo astretti di camminare ad ogni passo sopra gli
orli di certi suoi tremendi precipizj, che cornicioni
nell'idioma del paese generalmente si denominano. Il Si-
gnor Tommasi, che nulla, o poco aveva veduto di sua
71
vita di cotali pericolose balze, se ne spaventò; nè valse a
calmare la sua perturbatissima immaginazione il farlo
andare a cavallo, e qualche volta a piedi: e si scosse
pure, e traballò la mia stessa filosofia. E a queste mole-
ste sensazioni altre se ne aggiungevano, che ci accom-
pagnarono, e non restarono di vessarci crudelmente sino
a Monterosso; un sole cioè bruciante, ed insopportabile,
una campagna uggiosa, e spopolata, ed una strada mala-
gevole, ed assai pietrosa, la quale in fine diviene ertissi-
ma, e conduce all'abitato per continue giravolte, ed andi-
rivieni.
Dal primo nostro ingresso nella città, e sino a tanto
che giungemmo alla casa destinata al nostro alloggio,
che fu quella del Segreto, noi fummo spettacolo a gente
di ogni condizione, sesso, ed età, la quale tutta ci faceva
lietissimo viso, e gridava, quanto più forte poteva, ac-
qua, Signore, Signore acqua. Noi non intendemmo alle
prime, cosa si volessero con quelle parole, e clamori
quei Montanari; e femmo, come suole intervenire, di-
verse ipotesi, e non so quanti almanacchi: e poi dal Pro-
conservatore, e da altri fummo informati, che null'altro
chiedevano, se non se che l'Amministrazione volesse
prestar loro qualche denaro, onde si potesse recar in
paese l'acqua di una vicina fonte, della quale avevano il
più premente bisogno.
Noi avevamo tanto sofferto nel viaggio, che nello
scendere dalla lettica eravamo lassi all'estremo, e nella
maggiore uggia del mondo. Niente di meno quel fresco,
e purissimo aere, il riposo, qualche ristoratrice bevanda,
72
le dolcezze della conversazione ricomposero ben tosto i
nostri affannati animi, e restituirono alle nostre stanche
membra il consueto vigore. La sera istessa, che arrivam-
mo, andammo a chiesa per compiere nostri doveri di re-
ligione, e femmo pure una piccola passeggiata; godem-
mo poi di una qualche compagnia, senza che però alcu-
no ci avesse seccato: e quindi mangiammo saporitissi-
mamente la nostra cena, o piuttosto desinare, e senza al-
tro indugio ci mettemmo a letto, e schiacciammo un
soave, e profondissimo sonno.
In due giorni, che ivi dimorammo, il signor Tommasi
applicossi quanto bisognava agli affari del suo ufficio;
ed udì tutti, e diede ordine a tutto con somma diligenza,
e pubblica soddisfazione. Quanto a me non mi diedi al-
tra briga, che di agricoltura, e di economia; e delle cose
dell'Amministrazione posso dire unicamente, che fui te-
stimone di una istorietta, dalla quale appresi più che
mai, che i Giudici non devono credere, nè preoccuparsi
giammai in favore di accusazioni di ogni sorte, ed in
qual si sia maniera presentate. Una sera mentre che a
casa ritornavamo, una donna vestita a lutto, co' capelli
scarmigliati, e tutta mesta e dolente si presentò al Signor
Conservatore, e chiese, e gridò giustizia contro di un
ricco del luogo, per aver fatto morire il suo marito, e
praticata iniquamente contro di lei un'estorsione di once
quattordici. Aveva essa molto coraggio, e buonissima
lingua; ed in mezzo ad una numerosa schiera di Magi-
strati, e Cittadini espose la sua querela con intrepidezza,
declamò con veemenza contro l'accusato, e sollecitò la
73
pronta protezione delle leggi con caldissime lacrime.
L'Amministradore l'accolse con umanità, e com'ebbe fi-
nito di perorare, senza cambiar contegno, o colore la
congedò con buona grazia, e con un secco m'informerò.
Io al contrario, il quale non ignorava, che sì fatti umori e
scherzetti andavano tal volta a genio a qualche despo-
tuccio di provincia, mi lasciai in qualche modo sorpren-
dere; vi prestai però una certa fede, sperimentai del
commovimento nel mio cuore, e dentro me stesso ripro-
vai un pochetto la stoica indifferenza, onde mostrava il
Ministro di ascoltare quell'infelice, e del suo caso inte-
ressarsi. Ma mi arrossii, e condannai il mio immaturo
giudizio il giorno appresso, quando si discuoprì dopo il
più maturo esame, che il denunziato era innocente del
delitto, che gli si voleva imputare.
Monterosso contiene meno di 4000 abitanti; si esten-
de sottilmente lungo la cresta di un monte: e rimirata dal
campanile di S. Giovanni, o da altro eminente sito par di
sedere nel foco di una nobile ellisse formata dalla catena
di altri monti di un'altezza molto considerabile. L'aria è
salutevole, e per la latitudine assai fredda; e le strade, le
case, i tempj, le botteghe, le piazze argomenti appresta-
no di poca coltura, e ricchezza. Pure non vi regna rispet-
tivamente povertà, e vi si trovano tre, o quattro gentili, e
benestanti famiglie. I corpi degli uomini, e delle femine
sono generalmente larghi, sodi, muscolosi; una vermi-
glia carnagione è piuttosto rara: e le fisonomie, seppur
danno qualche cosa a divedere, annunziano docilità, e
bontà di cuore, e poca vivacità, ed energia d'intendimen-
74
to.
I costumi non passano per depravati; ed i cittadini vi-
verebbero nella più dolce pace, e concordia, se non vi
fussero le vecchie, e scandalose gare tra le due chiese di
S. Giovanni, e della Madonna addolorata. I tempi, e la
civiltà le hanno, non v'ha dubio, moderate, e rese meno
frequenti; tuttavia non sono ancora estinte: e fummo as-
sicurati, che al sorgere di qualche lite di tal sorte, la po-
polazione si mette sossopra, la plebe come inferocisce, e
gl'istessi fratelli diventano, al bisogno, tra loro nemici, e
si dichiarano asprissima guerra. Vi si contano in tutto
trenta preti, e come Storico tacer non deggio, che i co-
stumi di questi si lodano in generale, meno di quelli dei
laici; ciò che, secondo dissero i più gravi, ed accreditati
tra quegli Ecclesiastici, in parte proviene dal loro ecces-
sivo numero rispetto a quello, che veramente necessita
per il servizio dell'altare.
La sua campagna si reputa più di 1260 salme di Paler-
mo, ed è divisa, e posseduta ad enfiteusi, con una infini-
ta varietà, da grandi, e piccoli proprietarj. È essa quasi
tutta arida, ripida, sassosa; non per tanto racchiude nel
suo seno tanto terriccio mescolato con calce, che con il
travaglio, e l'industria del coltivatore capace diventa di
rendere discrete, ed anche copiose produzioni. Questa
sino ad un certo punto non manca. Con effetto è un con-
solante spettacolo il vedere tutti quei campicelli contor-
nati di siepi di sassi, e sostenuti di tratto in tratto e ridot-
ti in piano da opportuni ciglioni, alla maniera di Lucca,
Samminiato, Genova, e Provenza; e desta la maraviglia,
75
come con questi, ed altri lodevoli compensi vengono ri-
gogliose le biade, e crescono robusti gli alberi in quelle
scoscese, e precipitose balze, che da principio si dovet-
tero credere solamente acconce a somministrare un mi-
serabile pascolo alle capre.
Opinano alcuni intelligenti, che delle anzidette salme
1260 ve ne sono
puramente pascolabili salme di Palermo 276
A vigne, ed alberi 208
A legumi, lino, maggesi, erba ec. 500
A frumenti 276
Tutte 1260
Credono similmente, che il ricolto mezzano dei fru-
menti sia salme generali 1500 all'anno; e che la città
consumandone salme 5000, ne abbia bisogno salme
3500 dal di fuori, e che ricavi queste dai campi di Lico-
dia, Giarratana, Buccheri, Ragusa, e Caltagirone, dove i
Monterossani affittano dei terreni per seminarli a grano.
Il Signor Giovanni Burgio fu quegli, il quale mi assicu-
rò, che questa Popolazione smaltiva annualmente salme
generali 5000 di frumenti; e benchè io non intenda
d'impugnare una tale sua calculazione, pure non posso
dispensarmi dal fargli considerare, che in Europa un
uomo si suppone mangiarne salma una generale, e che
in Sicilia, per le mie ricerche, ed osservazioni, ne man-
gia piuttosto meno, particolarmente nei luoghi poco ric-
chi per agricoltura, e commercio. In somma io inclino al
76
parere, che Monterosso o è più popolata, che comune-
mente non ha fama, o non vuole quella quantità di gra-
no, che si dice, pel sostentamento de' suoi abitatori.
Le sorti dei frumenti, che si usa quivi di coltivare, si
riducono alle seguenti; cioè Castigliona, Cicirello, Pao-
la, Tumminia, Majorca, e Trentina: e questa ultima or-
mai si apprezza molto, perchè è in buona riputazione per
le paste, e si vende con utilità in Catania. S'io dovessi
offerire un consiglio a quegli agricoltori vorrei confi-
dentemente raccomandar loro, che nel proprio territorio
seminassero poco di altro che Majorca bianca, e pelosel-
la; dappoichè, secondo ogni apparenza, il suolo, ed il
clima vi è specialmente favorevole.
La pastorizia comparativamente vi è in buono stato,
computandosi il numero dei buoi, e delle vacche, che vi
si ritrovano, tra 1300, e 1400, e quello delle pecore, e
delle capre 4000, e più. Tutta questa copia di bestiami, è
vero, che, una non piccola porzione dell'anno, vive nelle
straniere vicine campagne, delle quali si è fatta poco di
sopra menzione; ad ogni modo appartiene sempre a pro-
prietarj, e coltivatori del paese, e può servire di rimpro-
vero, e lezione a quelli di altri luoghi dell'Isola, i quali
con iscapito della nazionale, e loro ricchezza non man-
tengono degli utili animali in ragione della grandezza, e
qualità dei loro territorj.
Il grano adunque, ed i bestiami sono i primarj capi
dell'industria rusticale di questa piccola città; il vino è
pure relativamente di una certa importanza: e per la qua-
lità dei terreni si fa un qualche ricolto di Orzo, Legumi,
77
Frutte, e Canapa. Di questa se ne seminano diverse pic-
cole tenute lungo le rive fertili di quel piccolo fiumicel-
lo, le cui acque fanno andar dei molini, e s'impiegano
con ammirevole diligenza ad innaffiar quelle, non senza
un considerabile profitto dei loro padroni, e fittajuoli, i
quali le prendono con avidità a carissimo prezzo.
L'acqua è l'anima della vegetazione, e dell'agricoltura; e
l'irrigazione in un clima meridionale, ed in un suolo ro-
busto, e pingue, come quello di Sicilia, vale incompara-
bilmente più, che qualunque miniera d'oro, e d'argento.
Il metodo delle pubbliche imposizioni di Monterosso
ha del singolare, e meritò la nostra attenzione. Non si
conoscono ivi tasse di veruna sorte nè sopra i beni stabi-
li, nè sopra la consumazione dei generi; e si provvede a
quello, che abbisogna pei regj Donativi, e per le spese
comunitative con una capitazione proporzionata alle fa-
cultà di tutti gli ordini dei cittadini. Il Sig. Tommasi, a
mia istanza, e per esaminare con quanta giustizia era
questa bisogna maneggiata, fece venire a se il rollo dei
contribuenti: e dopo di averlo minutamente letto notam-
mo, che la somma in esso stabilita pel più povero era
tarì tre, e pel più ricco once due, e tarì ventiquattro.
All'ingrosso, ed in astratto, per questi due estremi par
che non vi sia nella distribuzione gran male; per ciò che
il benestante dà allo Stato 28 volte di più che il semplice
lavorante: e non sembra strano il supporre, che quivi gli
annui introiti del primo rispetto a quelli del secondo sie-
no presso a non molto nella medesima ragione. Del re-
sto, senza far qualche comento sopra questa specie di
78
tributo, che far potrei, dico da viaggiatore, che il popolo
si querelò pubblicamente nella piazza contro l'ineguale
ripartizione dello stesso: e quanto a miei principj, io non
loderò mai dazj di tal sorte, e perchè sono di lor propria
natura arbitrarj, e variabili, e perchè possono dare facil-
mente luogo ad ingiuste, ed invidiose parzialità, e ri-
guardi.
L'anzidetta capitazione dà once mille circa all'anno;
ove per tanto si volesse ricavare in Monterosso questa
somma per mezzo di una sola imposta sopra i terreni, si
dovrebbe addossare ai loro proprietarj il peso di presso a
tarì ventiquattro per salma di Palermo: ciò che bastereb-
be per disanimare non meno gli agricoltori, che per spe-
gnere l'agricoltura di quel paese, e convertire i suoi cam-
pi ricchi di tanti utili generi di coltivazione in orridi, e
sterili pruneti, e boscaglie. E siffatti esempj, e calcula-
zioni, più che certe loro abbaglianti ipotesi, e teorie,
amerei, che considerassero e ben ponderassero quei tra i
Politici, i quali ammirano la semplicità, e l'unità nelle
tasse, e le vorrebbero apporre, e dividere solamente tra i
possessori dei beni fondi; senza che si ricordassero, che
negli stati più felici, e fiorenti sono esse state sempre
multiplici, sparse voglio dire sopra i differenti rami della
pubblica entrata, e di piccolo aggravio alla proprietà del
suolo, e all'arte coltivatrice, che tra tutte merita di essere
la meno oppressa, e la più favorita, e promossa.
79
Prezzi di alcuni generi.
Castrato grana 28
Vitella 34 Il rotolo di once sottili 33
Formaggio 32
Vino 8 Il quartuccio di once sottili 27⅓
Olio oncia una il cafiso di sedici rotoli di sopra.
I migliori Buoi da once 40 ad once 50 il pajo.
Mercede di un Muratore tarì tre, ed il vitto.
Il dì 20 ci recammo a Chiaramonte.
Giusto prima di metterci in cammino, i PP. Reformati
ci onorarono di una visita, e ci dissero, che il corso di fi-
losofia ormai adottato da loro per l'istruzione dei Novizj
era quello di Soave. Questa notizia ci giunse inaspettata,
e ci fece una qualche impressione. La metafisica di Soa-
ve conosciuta, ed insegnata in Monterosso, ed in un
convento di Frati denota, e significa qualche cosa; mo-
stra cioè che da qualche tempo in quà si sono nel Regno
accresciuti i lumi, ed il gusto della buona letteratura.
Il contado di Monterosso da questa parte è assai più
piacevole, ed appariscente, che da qualunque altra. I
poggi alternano con vaga simmetria costantemente con
le valli; palmo di queste, e di quelli non vi è, che sia
greggio: e gli alberi sono tanto spessi, e vegnenti, e le
coltivazioni di ogni specie con sì fatta diligenza, ed ac-
corgimento ordinate, e condotte, che con ragione può
passare quel sito per uno de' più ameni, e fruttiferi di
tutto il contorno. Cotali deliziose, e consolanti scene du-
80
rarono per qualche tratto; e poi delle altre ne sopravven-
nero totalmente rozze e disadorne: avvengachè a metà
circa della strada da Monterosso a Chiaramonte la con-
trada è totalmente nuda, e come diserta, e presso che al-
tro non si vede, che qualche infelice macchia, e dei
spontanei pascoli, i quali sono però finissimi, e molto
sani, e nutritivi. Il suolo è per tutto l'istesso, sottile cioè,
secco, pietroso, calcareo; e se i campi del lato di Chiara-
monte sono men belli, ed utili degli altri, ciò principal-
mente proviene da difetto di fatica e d'industria, la quale
non è bastantemente eccitata, e promossa da un prossi-
mo mercato, il quale facesse valere, quanto dovrebbero,
i prodotti della terra.
Non si creda tuttavia, che noi sperimentammo noia, o
disagio nell'attraversare quei colli, e monti, i quali non
essendo stati in nulla dalla mano dell'uomo ingentiliti
rappresentavano i duri lineamenti della primitiva natura.
Anzi in alcuni loro punti, e specialmente sù per le loro
vette provammo dilicatissimi piaceri; dappoichè il no-
stro polmone sembrava quivi dilatarsi, e rinvigorirsi alle
impressioni di quella purissima, e vivificante aria; e la
fragranza esquisita delle alpine piante, ed il nobile pro-
spetto, che agli occhi nostri si offeriva, del mare Jonio,
ed Affricano, e delle spaziose, ed apriche campagne di
Giarratana, Noto, Palazzolo, Buscemi, ed altre suscita-
vano, cammin facendo, in noi le più gaie, ed animatrici
sensazioni. Ed egli fu in uno di questi eminenti, e deli-
ziosi luoghi, che incontrammo il Segreto di Chiaramon-
te con sua splendida cavalcata, e mirammo per l'ultima
81
volta Monterosso. L'Amministradore nel rivolgerle lo
sguardo = diamole, mi disse, un affettuoso addio; per
ciò che nel migliore stato di salute, ed in seno ad una
amabile semplicità, e ad una dolce quiete vi siamo di-
morati due giorni piacevolissimamente; ed inoltre siamo
stati ben trattati, ed onorati da tutti, e particolarmente
dal garbato, e discreto Segreto Burgio = Ed io gli risposi
= il farò e tanto più volentieri, che tra quei Montanari
non vi ho veduto se non se uno, il quale, giusta i princi-
pj, e le regole di Lavater, e de più accreditati fisonomi-
sti, avesse tale cera da prenunziar trista disposizion
d'animo; e quest'istesso, con mio sommo compiacimen-
to, non era un mio collega agricoltore =
Questo breve viaggio nostro di dodici miglia circa fu
assai dilettevole, e senza verun incomodo, o disagio;
salvo che in uno stretto, e dirupato passo precipitò la let-
tica, e noi buscammo una violentissima scossa. Pochi
momenti prima era di là passata una Signora di Noto, la
quale ci parve studiosa, ed amantissima della più vetusta
etichetta, e pompa feudale; essendo che tre, o quattro se-
coli addietro un ricco, e grave Barone non avrebbe potu-
to visitar suoi vassallaggi con più sgherri, e servidori,
con più murioni inargentati, con più livree ricamate, con
più gualdrappe fregiate, con più muli, e bauli, con più
coltri seminate di scudi ed armi di famiglia, quante ella
ne avea. E qualche fedele credente delle arcane dottrine
degli augurj pronunziò confidentemente, che un tanto
garbuglio, ed anticaglie dovettero influire sul nostro ac-
cidente della caduta: e noi considerando questa bizzarra
82
mascherata unicamente riflettemmo, che come ogni sta-
gion sue frutte, così ogni età ha sue particolari mode; e
che le arti, ed il gusto del decimonono secolo vogliono
altre dimostrazioni, che queste di grandezza, ed elegan-
za.
Sul far della sera entrammo in Chiaramonte tra la cal-
ca, e le grida di molto popolaccio, che comprendere non
si seppe cosa dicesse, e volesse.
Le apparenze di questa città non ci parvero le miglio-
ri, e le più consolanti; e comprendemmo, che essa era di
un rango più distinto di Monterosso, da non so che di
più cittadinesco, che quì presentavano gli oggetti, e dal
numero dei Crociati, e degli altri Gentiluomini, e Citta-
dini, che poco dopo il nostro arrivo vennero a compli-
mentar il Signor Conservatore, e si trattennero per qual-
che tempo con noi, per darci piacevole conversazione.
In questa si portarono essi tutti con quello ben composto
contegno, e pulite maniere, che si convengono a perso-
ne, le quali hanno ricevuta una civile educazione; e sola-
mente uno ve n'ebbe, il quale cicalò tanto, e sì forte, che
pareva di esser colà venuto a disegno di far prova, che
egli, e non altri, aveva lingua, ed orecchi per parlare, ed
udire. Al che, per compiere il genuino quadro del secca-
tore, si aggiungeva, che intendeva ad ogni modo di
comparir saccente; e nominò più volte, ed allegò certe
sentenzie di Montesquieu sopra la Sicilia, che non avea
neppure sognate mai l'illustre autore dello Spirito delle
leggi. Varj sono i caratteri, che vengono a mortale noia
nelle compagnie; ma niuno cotanto, che quello pesantis-
83
simo del pedante, e dottorello: conciossiachè provoca,
ed infastidisce estremamente il vedere in una brigata as-
sumere ad uno il tono di maggioranza, e trovar prediche,
e lezioni cattedratiche in quei luoghi, che ognuno fre-
quenta per alleggerire i guai della vita con oneste piace-
volezze, e divertimenti.
L'aria di Chiaramonte è fina, ed attivissima; e noi la
prima sera provammo tale fame, che giusta il proverbio
potevamo dire di vederla. Il sonno fu pure soavissimo,
se non se il mio fu alquanto interrotto, e perturbato da
un'avventura curiosa, che poteva cagionare qualche se-
rioso, e tristo accidente. Il Signor Tommasi, ed io dor-
mimmo nella medesima camera; e non era ancor tra-
scorsa un'ora da che ci eravamo addormentati, che un
certo calpestío mi destò; ed al barlume, che dalla prossi-
ma stanza procedeva, mi accorsi, che uno straniero pia-
namente si avvicinava al letto dell'amico. Temetti con
tutto il fondamento per qualche ladro; e però gli gridai,
e mostrai di metter mano alla pistola: ed egli subito se
ne partì senza però fare fretta, nè dar a divedere imba-
razzo, o paura di veruna sorte. E questo passo e modo
tranquillo, onde di là si allontanò, in un istante dissipò
ogni mio dubio, e sospetto; e di fatti fummo la dimane
certificati, che quegli era stato il padron della casa no-
stra, un vero babbione, il quale con un giudizio da Ca-
landrino era a quell'ora e per un privato uscio entrato in
camera nostra, per discorrere segretamente coll'Ammi-
nistradore, e domandargli giustizia contro la moglie, la
quale lo avea lasciato, ed abitava non so dove e con chi.
84
Soggiornammo in Chiaramonte meno di due giorni; e
tanto tempo bastò al Signor Conservatore, per trattar le
facende del suo ufficio, e a tutti e due, per farci acqui-
star le desiderate notizie sopra quegli oggetti, che sono
degni in essa della maggior considerazione.
Questa città per tanto è situata sulla cima di un'alta
collina; ed in inverno vi fa un freddo, che appena si può
immaginare nella nostra latitudine. La chiesa parroc-
chiale, e tre, o quattro case di gentiluomini hanno del
grande, e del nobile; ma nel rimanente le piazze, le stra-
de, gli edificj di ogni maniera, la copia, e qualità delle
vettovaglie, ed il vestire, e tutti gli andamenti degli abi-
tatori annunziano un grado ben mediocre di privata, e
pubblica ricchezza. Fummo assicurati, che vi sono pres-
so a 300 mendici, e noi fummo da questi in casa, e per
le passeggiate incessantemente assediati, ed importuna-
ti; ed alcuno non incontrammo, il quale non assicurasse,
che quivi non si conoscevano nè coltivatori, nè nego-
zianti sustanzievoli, e che poco pochissimo si compera-
va di carni, di pesce, di vino, e di ogni altro genere, che
non è di primiera, ed indispensabile necessità.
La sua popolazione si suppone di circa sette mila; e
calcolano molti, che da pochi anni in qua sia diminuita
di due mila. Questo mi sembrò troppo, ancora che il luo-
go offerisse segni sufficientemente chiari di decadenza;
per lo che m'indirizzai, ed ebbi dall'Arciprete una nota
dei battezzati, e dei morti anno per anno, in un periodo
di venti anni, e della quale i seguenti sono i risultati.
85
Nati in dieci anni dal 1788 al 1797 3000
Morti 2096
Eccesso dei nati sopra i morti 904
Nati dal 1798 al 1807 2675
Morti 2734
Eccesso dei morti sopra i nati 59
Dal che lucidamente si comprende, che nei primi die-
ci anni la popolazione si accrebbe notabilmente, e nella
proporzione di 90,4 per anno medio; e che nei dieci po-
steriori molto al contrario scemò, per cagione delle gra-
vi mortalità prodotte dall'estrema sterilità dei ricolti:
dappoichè i defonti furono in essi, anno comune, 273,4,
che sopra 7000 è 1 in 25,60, e sembra quasi incredibile
in una situazione così salubre, com'è quella di Chiara-
monte.
Si vede similmente, che nei primi dieci anni i nati fu-
rono, un anno coll'altro, 300, e negli ultimi 267,5: quel,
che, multiplicando per 26, giusta una formola di poco
differente da quella adottata da Mons. Necker, dà per il
primo periodo dal 1788 al 1797, una popolazione di
7800, e per il secondo dal 1798 al 1807 una di 6955.
In somma concludere da questi fatti, e calcoli proba-
bilmente si può, che la popolazione di questo paese è di-
minuita da dieci anni in quà di 845, e che tal diminuzio-
ne sia principalmente proceduta dalle mortalità generate
dalla tristizia delle raccolte, senza che vi fossero entrate
per nulla le emigrazioni, che si dicono avvenute per mo-
86
tivo dei gravi dazj, e di non so quali altre fantastiche ca-
gioni.
La carnagione dei Chiaramontani è vivace, e bella
nelle persone benestanti, e smorta, e brutta nelle povere;
tanto che tutte le contadine hanno l'apparenza di misera-
bili, e sconce creature. E questo appresta uno tra i tanti
altri argomenti, per dimostrare, che i colori, e le fattezze
in tutti gli animali, derivano dalla razza, e dal clima non
meno, che dai cibi, e dal governo.
Il territorio di Chiaramonte si computa 4150 salme e
più di Palermo, e non ha riputazione di molto fertile;
perciocchè è per modo arenoso, che nella maggior parte
non vi si seminano se non se grani gentili, o majorche,
ed orzi. Il Bestiame, che vi si contiene, è scarso, e si ri-
duce a 250 tra buoi, e vacche, a 300 mule, a 2000 peco-
re; e gli ulivi, e le vigne si annoverano tra le sue princi-
pali produzioni. L'olio, che gustammo nelle insalate, ci
diede presto a conoscere, che quivi prevalevano, come
altrove, i viziosissimi metodi di estraerlo da ulive fer-
mentate, e senza la dovuta nettezza; e quanto ai vini, ci
furono questi assai lodati, e noi ne bevemmo alcuni di
una eccellente qualità. Le uve, che più comunemente in
quei vigneti si trovano, sono calabrese, nerogrosso,
guarnaccia, e principalmente frappato; ed è una massi-
ma stabilita tra quei più bravi vignaiuoli, che senza cala-
bresi, e grossineri mai non si può fare buon vino.
87
Prezzi di alcuni generi.
Castrato grana 32 il rotolo di Palermo
Tinche 32 il rotolo detto
Vino 12 il quartuccio di once trenta sottili.
Neve 40 il carico, che è di 150 rotoli.
Quel, che paga Chiaramonte per regie imposizioni,
mi si disse, che ascende ad once 4000, e che questa
somma è esorbitante, ed ingiusta; dappoichè nell'estimo
del 1748, secondo si afferma, fu essa più del dovere ag-
gravata, ed oltre a ciò da quell'epoca in poi, per diverse
ragioni, ed eventualità, son venute meno le facultà degli
abitatori, e non per tanto è rimasta quale fu allora fissata
la porzione loro nelle pubbliche contribuzioni. Io non
oso di pronunziar giudizio sopra cotali asserzioni, per-
chè non ho nè la veste, nè i necessarj lumi per farlo; ed
accenno di passaggio, che cotali inconvenienti spesso
accompagnano tutti quei tributi, che cadono sopra terre,
e facultà, e sono regolati da estimi, o catastri; e che
l'opportuna, ed uguale distribuzione dei rispettivi pesi
delle comunità di tutto il reame merita le paterne cure
del Re Signor nostro, ed il più diligente esame de' suoi
illuminati Ministri.
Chiaramonte si suol chiamare il balcone della Valle di
Noto; essendo che, per l'altezza del sito, vi si gode la più
nobile, ed estesa vista, che mai. Il punto, dal quale me-
glio si vagheggia, si è quello dei Cappuccini; e noi, per
conoscerlo, e prenderne pienamente diletto, vi andammo
due volte. Qual magnifico quadro! E quanto concorre ad
88
amplificarlo, ed abbellirlo la copia, la varietà, e la leg-
giadria degli oggetti! Monti, colli, torrenti, boschi, terre,
ville, il mare co' suoi seni, e promontorj, alla distanza di
trenta e più miglia, si appresentano nobilmente
all'occhio, e formano i più pomposi, e gentili paesaggi.
Ed esso, ovunque si aggira, e spezialmente nella vasta
sottoposta pianura, rimane soavemente incantato dalle
vivaci, e dilettevoli impressioni del grande, e del bello,
che per tutto riceve.
Il giorno 22 femmo mossa per Vittoria, e lasciammo
Chiaramonte con sensi di riconoscenza per i favori fatti-
ci dal Segreto Cultrera, e da diversi altri gentiluomini.
Prima di sortire dalla Città guardammo per la seconda
volta con dispiacere la casa crollante, ed abbandonata di
Ventura, riguardevole, e benestante persona del paese,
che alcuni anni addietro fu rubato, ed ucciso con aperta
violenza da dieci, o dodici Banditi, a mezz'ora di notte,
ed al cospetto dei magistrati, e di tutta la popolazione. I
rei furono quindi scoperti, e puniti col rigor delle leggi.
Del resto chiunque si fa a considerare quest'orrendo mi-
sfatto quasi non sa cosa più condannare, o l'arditissima
malvagità dei furfanti, o l'opprobriosa viltà di cuore di
quegli abitanti, e sopra tutti dei gentiluomini, i quali,
sentito il fracasso, ed i tonfi delle archibugiate, si chiu-
sero nelle loro case, e per un ignominioso solipsismo
non respinsero con la forza una forza della loro cento
volte minore. Tutti parlano di questi, e di quegli altri re-
golamenti contro ladri e latrocinj; ma saranno mai di
molta efficacia le leggi senza i costumi?
89
La strada da Chiaramonte a Vittoria è bella, e sempre
in pianura, ed il suolo sabbioso, e più magro dalla banda
di questa, che di quella. Non s'incontra altra acqua di
qualche momento oltre quella di Cifali; si trovano pochi
alberi sino a due, o tre miglia da Vittoria: al qual punto
mira il viaggiatore con compiacimento un'infinità di viti,
di ulivi, di carubbi, ed altri alberi, che vengono, e cre-
scono lietamente nell'arido tofo, e arena per gli avventu-
rosi sforzi dell'industria. E dico tofo, per ciò che da
quella parte dei contorni della città esso è molto fre-
quente, e di quello se ne vede, che nel colore, ed in altre
proprietà è assai simile alla creta, a quella terra calcarea
cioè, che i Francesi chiamano craie, e gl'Inglesi chalk.
Fu giorno di Domenica, e poco prima del Mezzogior-
no, quando noi giungemmo in Vittoria; e però avemmo
l'opportunità di acquistare in un colpo d'occhio qualche
idea della popolazione, la quale nella massima parte ac-
corse, attratta dalla curiosità di veder la cavalcata, e di
conoscere l'Amministradore. E di fatti, senz'altre infor-
mazioni, dal vestire del popolo, e dalle altre esterne cir-
costanze subito giudicammo, che questa città era di gran
lunga più ricca di quella donde venivamo.
In Vittoria mi applicai più ad amplificare, e corregge-
re le notizie economiche quivi da me acquistate alcuni
anni fa, che a raccoglierne delle nuove.
È essa collocata in un piano; e perciocchè è moderna,
le sue strade e piazze sono abbastanza spaziose, e le
case disposte con buona regolarità. Contiene circa dieci
mila anime; e certi gentili tempj, ed altri edifizj, l'abbon-
90
danza dei viveri, un sufficiente grado di ricchezza, e di
lusso, che si osserva in tutte le classi degli abitanti suoi,
la fanno meritamente considerare per una città delle più
graziose tra quelle di secondo, o terzo ordine in Sicilia.
Le fattezze, ed il colore degli uomini, e delle donne non
sono certamente i più vantaggiosi, e la carnagione loro
anzi che no è grossolana, e certamente inferiore a quella
di Chiaramonte, e Monterosso. Nessuno, o pochissimi
hanno ivi ambizione, e pretensioni per grandezza, e no-
biltà, che si può denominare il dominante grillo delle
ricche, e primarie persone della Contea; sono quindi
rare e livree, e servidori, e titoli, e croci: e tutti quei più
distinti cittadini vivono con onore intenti all'agricoltura,
ed al commercio delle frutte della terra dentro, e fuori
del paese.
Domandammo ai Gentiluomini, e Magistrati, i quali
ci onorarono di spesse loro visite, quali fossero le fortu-
ne, e circostanze di quei cittadini, ed in particolar modo
dei contadini, e generalmente dei lavoranti. E la rispo-
sta, che tutti uniformemente ci fecero, si fu, che in Vitto-
ria non vi erano somme ricchezze, che regnava un'uni-
versale comodità, che non vi era un povero, che i villani
guadagnavano in tutto tre, e quattro tarì il giorno, e che
le persone di primo, e mezzano rango mangiavano la vi-
tella tutti i dì, ed il popolo tutte le feste. Il grande, ed
immortale Errigo IV di Francia dir soleva, che allora sa-
rebbe stato egli contento, che tutti i coltivatori sudditi
suoi potessero mettere la Domenica la gallina nel pento-
lo; e perchè la vitella del contado modicano vale altret-
91
tanto e più che la carne di qualunque specie di pollo,
può quindi il nostro umanissimo Monarca avere pei Vit-
toriesi quella nobilissima consolazione, la quale agogna-
va pei Francesi uno dei suoi più illustri Maggiori.
La campagna di Vittoria, giusta il parere dei più intel-
ligenti, è di dieci mila salme circa di Palermo; è nella
massima parte sabbiosa, calcarea, e poco pingue; produ-
ce proporzionatamente poco di frumenti, orzi, e legumi,
e molto di olio, canape, carubbe e sopra tutto di vino, il
quale ha molto credito, e si deve a parer mio riguardare
come il migliore tra quelli da pasto di tutta la Sicilia.
Il suolo, ed il clima è quivi adattatissimo alla vigna; e
questa con lodevole avvedimento non è composta quasi
di altre viti, che di grossonero, di calabrese, ed incompa-
rabilmente più di frappato, la quale produce un'uva con
acini neri, tondeggianti, difficili a sgrappolarsi, serrati, e
di sapore aspretto. Oltre di che tal prezioso arbusto si
tira sù costantemente a due pedali, o spalle, ed alla pota-
tura non gli si lascia che uno o due occhi; ed il mosto si
fa fermentare con le vinacce 48 ore, e si ripone in botti
perfette, ed in luoghi freschissimi. In somma la natura, e
l'arte, contribuiscono ugualmente a rendere i vini di Vit-
toria assai pregiabili, ed utilissimi a quei vignaiuoli, ed a
quell'intiera popolazione.
Un migliajo di vigna rapporta colà ordinariamente
quattro barili di vino, ciascuno di 76 quartucci, ed il
quartuccio di 40 once sottili, che ai prezzi attuali di once
due il barile sono un oggetto di once otto. Per lo che una
salma di terra di Palermo posta a vigna in Vittoria dà at-
92
tualmente di lordo da 60 a 70 once, e, comunque se ne
calcoli la coltura, e la spesa, un provento netto assai ri-
guardevole; ciò che conferma quanto provammo di so-
pra, cioè che questa specie di piantagioni è molto profit-
tevole, purchè il vino non manchi di un discreto valore,
come non di rado avviene in alcuni anni, ed in certi pae-
si del Regno.
Nel 1792, quando io fui un'altra volta in Vittoria, si
computava l'esportazione annua del suo vino per Malta,
ed altri luoghi più di 12000 Botti di Palermo; ed ora si
crede notabilmente accresciuta, dacchè gl'Inglesi stabili-
ti in quell'isola ne hanno aumentate le richieste. Tenen-
do per tanto conto della consumazione esterna, ed inter-
na di questa preziosa derrata, chiaramente si scorge, che
la stessa è per quei coltivatori, e generalmente per tutto
quel paese un capo interessantissimo d'industria, e di
ricchezza.
L'olio merita pure un distinto luogo tra le produzioni
di questa città; ma le olive innanzi di sottoporsi al fran-
tojo, con piccole eccezioni si fanno fermentare, ed infra-
cidare; ancora che quegli agricoltori non ignorino, che
in questo modo l'olio riesce grossolano, piccante, puzzo-
lente, e che le olive messe in monte a riscaldarsi, e a pu-
trefarsi si riducono a tre quarti del loro primiero volume,
e però somministrano meno olio di quel, che macinate
fresche, ed intere darebbero.
Le carubbe sono di presente un insignificante articolo
di campestre economia, essendo che, per le circostanze
del commercio, ne sono oltre misura venute meno le do-
93
mande, ed il prezzo; ma prima della guerra erano le me-
desime una delle più importanti produzioni di Vittoria, e
di tutta la Contea. A far discreti calcoli una salma di ter-
ra di Palermo può contenere 60 carubbi, e perciò a due
quintali per albero, può in un anno rendere 120 quintali
di silique, che al pristino lor valore di tarì 12 il quintale,
arrecano once 48 d'introito, dal quale dedurre altra spesa
non si deve, che quella di qualche zappatura, e del ricol-
to, e della conservazione delle frutte. Come è grande la
quantità delle carubbe, che ricavano i Vittoriesi dai loro
aridi campi, così notabilissima è stata la loro perdita ca-
gionata dal minoramento, o piuttosto avvilimento di
prezzo, che da pochi anni in quà hanno quelle sofferto; e
alla quale non è stato possibile di riparare, con farne
maggior uso, che prima non si soleva, per la nutrizione
dei majali, dei cavalli, e di altri animali.
Ho accennato poc'anzi, che il territorio di Vittoria non
è per natura molto ferace, non per tanto devesene eccet-
tuare quella porzione, che si appella la cava, e che risul-
ta dalle terre dell'isolette, e rive di un vicino suo fiumi-
cello. La sua estensione si conghiettura da 150 a 200
salme di Palermo, le quali per essere irrigabili, coltivate
a canape, e ad ortaggi, di una straordinaria. fertilità, ed
assai prossime all'abitato, si affittano comunemente ad
once quattro, cinque, e sei il tumolo. Più ricca, e più bel-
la campagna di questa ovunque con difficoltà si riscon-
tra; e noi vi andammo due volte per vagheggiarla dal più
acconcio punto, qual'è quello dei Cappuccini, e ne pi-
gliammo tanto diletto, che vi saremmo tornati la terza, e
94
la quarta volta, se il tempo ce lo avesse permesso. Nel
venire da Vittoria uno sperimenta la più dilicata illusio-
ne, avvengachè mirando verso la cava, non altro gli
sembra di vedere, che una non interrotta pianura, termi-
nata dalle colline del Comiso di varie figure, e grandez-
ze e vestite diviziosamente di carubbi, di ulivi, e di altri
alberi ora disposti in filari, ed ora collocati alla rinfusa,
e nel più amabile disordine. E come si appressa poi al
margine della medesima, un profondo, largo, e rovino-
sissimo vallone da una parte nobilmente lo raccapriccia,
e dall'altra soavemente l'incanta la gentilezza, la multi-
plicità, il rigoglio delle piantagioni, e coltivazioni, le
quali ora si spiegano in maestosi gruppi, ed ora insieme
col letto del rivolo leggiadramente serpeggiano, e fanno
mille ornate curve, e graziosi andirivieni, e de' quali ap-
pena può delinearne alcuno di più esquisito gusto la feli-
ce, e brillante immaginazione del Chinese.
Il mercato di Vittoria abbonda di buone vettovaglie, e
piacemi di riferire, che mentre io, ed il Signor Tommasi
guardavamo, e ci compiacevamo dell'eccellente pane,
che a discretissimo prezzo in una bottega si vendeva,
una donna arditamente si fece innanzi, ed accusò pub-
blicamente, ed altamente si querelò di quei Magistrati,
che, con grave danno dei poveri, lo facevano costar più
caro, che non portavano le circostanze del ricolto. Noi, e
tutti quei gentiluomini, e cittadini, che ci accompagna-
vano, sommamente di ciò ci maravigliammo; ed alcuno
non vi fu, il quale non dicesse, che le lagnanze del po-
polo sul punto di annona devono sempre udirsi con la
95
massima diffidenza, e circospezione: perciocchè, per
una generale osservazione, esso definir si può l'animale
della terra il più querulo, e della più difficile contentatu-
ra.
Prezzi di alcuni generi.
Vitella grana 36
Manzo 34 Il rotolo di 30 once
Vacca 32
Formaggio once 4 10 il quintale di 110 rotoli.
Vino 2 il Barile detto di sopra.
Detti nel 1792.
Vitella grana 18
Manzo 16
Il rotolo.
Vacca 14
Formaggio 30
Vino tarì 15 il Barile.
Era nostro intendimento di restar in Vittoria qualche
giorno di più, che non vi soggiornammo; ma l'eccessivo
caldo, che vi si sentiva, specialmente nella nostra casa,
che fu il convento dei PP. Reformati, qualche sospetto di
cattiva aria, ed i pochi affari dell'Amministradore ci de-
terminarono il dopo pranzo del dì 23 a continuare il no-
stro viaggio, ed a portarci in Ragusa. Io confesso di aver
detto addio a questa pulita, ed industriosa città con qual-
che dispiacere. Mi pesava il dipartirmi dal cortese mio
96
discepolo Scrofani, e dall'eccellente mio amico Signor
Giudice, in casa del quale era stato pochi giorni alcuni
anni fà; e mi cagionava del rincrescimento l'allontanar-
mi da un luogo, dove è in onore l'agricoltura, ed il trava-
glio, e dove le maniere sono semplici, e bastantemente
immuni dalla nequizia dei tempi. Domandai al Parroco,
come si stava per costumi in quel paese. Mi rispose, che
i Vittoriesi erano leali, e quietissimi sudditi, e poco in-
chinevoli alla superbia, alla vendetta, all'usura, all'estor-
sione, alla rapina; ma che bastantemente regnava in
loro, ed andava continuamente crescendo quella rea pas-
sione, che si orpella, e colorisce con la denominazione
di galanteria, e platonismo. Ed io gli replicai, che desi-
derava, che i popolani suoi fussero, come gli angeli, pu-
rissimi da ogni macchia; ma giacchè questo non era, mi
compiaceva per lo meno, che avessero le debolezze de-
gli uomini, e non già i vizj dei diavoli.
Comiso, per la quale passammo, è fabbricata in luogo
piacevole, e di buon'aria; ha l'aspetto di pulita, e genti-
letta: e per quanto vedemmo, e fummo informati, non
manca agli abitanti suoi un bastante grado di comodità,
e ricchezza. La popolazione, e le produzioni sue sono
presso a poco uguali a quelle di Vittoria; ma i suoi con-
torni sono certamente più fertili, ed ameni. In questi il
terreno è sciolto, grasso, e con finissima diligenza colti-
vato; ed i tanti campicelli chiusi, e l'abbondanza delle
vigne, e delle piante pomifere, e le nette case dei conta-
dini, e qualche villetta, e ruscelletto mi svegliavano
l'idee degli eleganti poderetti toscani, e particolarmente
97
di quelli assai pittoreschi del Chianti.
Le ristrettezze del tempo non ci permisero di fermarci
quivi qualche poco, e trattenerci con diletto ed appren-
dere molte cose dal Signor Ferreri, negli andamenti, e
discorsi del quale buona copia traluce di quella attività,
industria, e rari talenti, che hanno distinto l'illustre Pre-
sidente, ed Avvocato fiscale, il Marchese suo zio. Le lo-
devoli opere sono il miglior elogio degli uomini; e per
encomiare questo degnissimo giovane deggio unica-
mente accennare, che ha costruito presso alla città un
pezzo di nobile strada carrozzabile, ha formato un orti-
cello botanico, ha introdotta la piantagione delle canne
da Zucchero, e la manifattura del Rum, e che attende
con ottimo accorgimento al buon governo delle posses-
sioni di sua famiglia; e così anima il travaglio, e la cir-
colazione, e diffonde la gentilezza, e l'istruzione. Perso-
ne di rango, ben educate, e di considerabili fortune mai
non soggiornano in provincia senza fare un gran bene al
pubblico; ed egli è un seriosissimo male per la Sicilia la
loro frequente emigrazione dalle minori nelle maggiori
popolazioni, e da queste nella Metropoli.
Al di là di Comiso la strada è pessima, la campagna
orrida, ed infeconda, sintantochè non si arriva all'aprica
popolata, ed assai fruttifera pianura di Ragusa. È essa
molto spaziosa, e rappresenta forse meglio, che ogni al-
tra contrada di Sicilia, certe ben ordinate campagne fo-
restiere; avvengachè è divisa in poderi, o massarie di
venti, trenta, cinquanta e più salme: e queste sono parti-
te in campicelli di due, o di tre salme, chiusi con muric-
98
ciuoli di pietre soprapposte le une alle altre senza verun
cemento. Il suolo è sabbioso, e sassoso; ma le piante na-
turali da prato vi riescono assai saporite, e sostanzievoli:
e fa veramente piacere il mirare in tutte quelle utilissime
chiusure ora lussureggianti biade, e legumi, ed ora nu-
merosi armenti di pecore, di asine, di cavalle, e princi-
palmente di buoi, e di vacche di una maestosa statura.
Quel, che vi si ravvisa di tristo, e di vituperevole, si è
l'estrema scarsezza di alberi di ogni sorte; maggiormen-
te che quivi si sperimenta così incredibile, e vergognosa
penuria di legna, che quei coltivatori sono obbligati a
seminar buona quantità di lupini, per l'oggetto di ricava-
re dai loro fusti delle fascine per bruciare. Se per lo
meno le anzidette siepi fussero contornare di alberi o da
selva, o da macchia o di altro genere, e si provvederebbe
al mancamento delle legna, e si abbellirebbe il territorio,
e si procurerebbe una preziosa freschezza, ed ombra nel-
la calda stagione per gli uomini, pei bestiami, ed anche
per l'erbe, ed i seminati. Si dice, che non vi si piantano,
perchè non vi allignano; ma vi è egli terreno, che con la
dovuta intelligenza, ed industria non produca alberi? E
possono mai gli stessi non venire in un terreno sciolto, e
sufficientemente profondo, e sugoso?
Il Cavalier Tommasi, ed io avevamo un gran deside-
rio di vedere, ed informarci ocularmente dell'economia
di qualcheduno dei poderi di quella pianura; ed egli fu
per soddisfare a cotali nostre brame, e per farci riposare
dalle fatiche di un incomodo viaggio, che la nostra gente
ci condusse, e ci fece passar due ore circa in Robanova,
99
una di quelle più distinte possessioni, e propria del Si-
gnor Giorgio Bertini di Ragusa.
Trovammo tutti gli edifizj, cortili, stalle, cascina, gra-
nai ec. ben divisati e ben mantenuti; tali cioè, che face-
vano intera fede del senno, dell'attenzione, e delle ri-
guardevoli fortune del padrone. Il rimanente era
dell'istesso gusto, e tenore. Un cavallo, e due asini desti-
nati alla propagazione delle loro specie, e dei muli, era-
no degli stimabili animali; ma un toro, e ventiquattro
vacche si potevano senza dubio considerare, come mo-
delli delle più perfette di quelle dell'intiero contorno. Ce
ne rallegrammo col fattore; ed egli ci disse con lodevo-
lissimo orgoglio = Si vendono dal Signor Bertini cinque
quegli animali, che gli altri vendono quattro: mirate; il
compagno di quel toro, che vi sta sotto gli occhi, fu ven-
duto poco tempo addietro once cinquanta. =
Furono munte alla presenza nostra diverse delle anzi-
nominate vacche; e vedemmo, che talora ogni due, ed
alcune volte ogni tre riempivano un paiuolo, la cui capa-
cità si crede di dodici, o tredici quartucci. Apprendem-
mo inoltre dalle relazioni di quei boattieri, che di 24 se-
dici solamente n'erano figliate in quell'anno, e che tutte,
insieme con 100 pecore, rendeano allora 35 rotoli circa
di cacio il giorno. Noi guardammo, e sentimmo queste,
e somiglianti cose con molto compiacimento; e femmo
all'uopo molte considerazioni, tra le quali la più impor-
tante fu forse quella, che la ricchezza dei coltivatori fa
nascere la ricchezza dell'agricoltura.
Interrogai diversi villani, che quivi erano, sul sistema
100
di coltura, che in quella pianura generalmente si pratica-
va, e ne ottenni le quì appresso informazioni.
Si affittano ivi non di rado i terreni a due, o tre salme
di frumento per salma; e l'erba si vende frequentemente
cinque, sei, ed anche sett'once la salma.
La sorte del frumento, che più comunemente vi si se-
mina, si è Gurria, che rende dalle sei alle dieci salme per
salma, e fa pane assai bianco. E le ruote, che sono più in
uso, si riducono ad erba naturale, maggesi, grano; o pure
erba naturale, e grano; o finalmente fave, lupini, o altro
legume, e grano. Quest'ultima, che senza dubbio è la più
lodevole, è piuttosto rara; e vi fu chi mi assicurò, che
dodici salme di terra coltivate col seguente giro, fave,
cioè con ingrasso, gran duro, orzo, majorca o gran genti-
le, diedero in quella campagna un prodotto, ed un gua-
dagno molto considerabile. Io non pretendo di negare la
verità di questo fatto; ma dico, che avrebbero sommini-
strato un maggiore utile, se all'orzo nel terzo anno si
fosse sostituita una pianta baccelļina, o un foraggio arti-
ficiale.
I lupini si seminano in Settembre, e senza verun lavo-
ro; nè altrimenti si cuoprono che co' piedi dei bestiami.
Gli animali di ogni specie non mangiano, e non toccano
affatto una tale pianta; e le sue granella o si danno in
cibo agli animali, o si vendono per essere esportate in
stranieri paesi.
Contemplai innanzi di partire, attentamente, e minuta-
mente il toro di Bertini; e non ne restai, per le regole
dell'arte, molto contento. Conciossiachè era grande, e
101
membruto, ma avea il collo troppo grosso, troppo larga
la pancia, e troppo pesanti le ossa, ed i quarti anteriori;
che sono tutte qualità viziose nella specie bovina, e pe-
corina.
Entrammo in Ragusa sul far della notte, e però schi-
vammo in buona parte la noia, che risentono gli stanchi
dagl'importuni ossequj, e dalla moltitudine dei curiosi
spettatori. Ci fu assegnata per alloggio la casa disabitata
del Signor Filippo Nicastro, che trovammo comoda,
messa con decenti mobili, e con sopraffine candele di
Venezia illuminata; e ci apportò qualche maraviglia la
copia dei gentiluomini, che accorsero a visitare l'Ammi-
nistradore, la quantità dei dilicati sorbetti, che si distri-
buì a tutta la brigata, e la lauta, e ben ordinata cena, che
quindi appresso ci si apprestò. È vero, che così in que-
sta, come nelle altre cene, e pranzi il cuoco, ed i servi-
dori del Signor Tommasi furono quelli, che e cucinaro-
no, ed imbandirono; niente di meno spiccò sempre, ed
in tutto la diligenza, l'ospitalità, il buon gusto, e la
splendidezza del Signor Nicastro, che faceva allora le
veci di Regio Segreto.
Dimorammo in questa città circa tre giorni; ed il Con-
servatore attese, quanto fu necessario, ai negozj di sua
amministrazione, ed io, quanto potei a procacciarmi le
più interessanti informazioni sopra lo stato di quella po-
polazione, e della sua civile, e rusticale economia. Del
resto passeggiammo, visitammo, ci divertimmo, e qual-
che volta ancora onestamente folleggiammo rammen-
tandoci del gran principio, che troppo insipida, e pesante
102
è la vita, allora quando non si condisce in acconcia mi-
sura con certe innoccenti pazzie.
Fummo due volte invitati ad un crocchio, che si tiene
in giro dai principali del paese, che una sera si ragunò
dal Barone di Donnafugata, e l'altra dal Barone di S. Ip-
polito. Le case di ambedue questi gentiluomini sono
grandi, e decentissime; ma quella del primo, essendo più
moderna, ha tanto di lindura, ed anche di magnificenza,
che disdicevole non sarebbe a ricca, e distinta persona
per sino in una capitale. L'atrio, la scala, il salone sono
ivi veramente nobili; il teatrino, le camere, e certi stan-
zini sono ben disposti, e sopra modo gentileschi: e quan-
to ai mobili, se non sono i più rari, ed appariscenti, rac-
chiudono però il singolare, ed amabile pregio della net-
tezza, e della convenevolezza.
Tutti i quartieri dell'uno, e dell'altro edificio furono le
due sere con piacevole simmetria, e da candida, e puris-
sima cera rischiarati; intervenne all'una, e all'altra con-
versazione buon numero di dame, e gentiluomini: e così
in questi, che in quelle rifulse maggiormente la facilità,
la sveltezza, e la grazia delle maniere, che l'eleganza
delle vesti, o la multiplicità degli ornamenti. Si dispensò
parimente gran quantità di ottimi sorbetti di più sorti; e
si praticò quel che praticar si suole nelle numerose com-
pagnie, si giuocò cioè, e si ballò allegrissimamente. Da
principio non si fecero, che contraddanze, e quindi, per
amor della varietà, si diede di piglio a' tresconi, i quali
una sera riuscirono particolarmente sollazzevoli, per
certi umoretti, e bizzarrie delle dame, e specialmente
103
della Bar.a. Rub.o, che pareva di distinguersi tra tutte,
per agilità, e modesta leggiadria. Cotali balli, che per la
lor semplicità io chiamerei della natura, ivi si appellano
del genio, probabilmente perchè in essi gli uomini, e le
donne si richieggono a lor talento; e si reputa poca cor-
tesia per queste, ed ancor più per quelli, ove sieno ri-
chiesti il ricusare l'invito. Nel Zenit pertanto del brio, al
quale queste danze avevano condotte le Signore, e non
ritrovandosi elleno ancora nè sazie, nè stanche comin-
ciarono con mille onestissimi vezzi, e smorfie a doman-
dare indistintamente quanti più poterono, e giovani, e
vecchi, e laici, ed ecclesiastici; e la soprannominata gio-
vinetta non mancò di dirizzarsi con avvenentezza al
Conservatore, e neppure volle me stesso risparmiare.
Noi, come ognuno può figurarsi, con profonda riverenza
la ringraziammo; e la brigata tutta rise, applaudì, e pic-
chiò le mani a questa piacevolezza, e tratto di discreta
vivacità. Per altro cotali giovialità non sono rare in Ra-
gusa; e non ci fece maraviglia il vedere tra i convitati al-
cuni riguardevoli preti, e l'istesso Curato di lodevolissi-
mi costumi, perciocchè considerammo, che questi con la
santità, e gravità del loro carattere possono sempre trat-
tenere i meno savj nei dovuti confini della modestia, e
della decenza.
La lunga, e stretta figura di Ragusa fa che dentro
un'ampia circonferenza essa racchiuda diciassette mila
abitanti circa. Non merita affatto il nome di graziosa,
anzi la più parte delle strade sono così storte, anguste, e
rovinose, che non vi si può andar a cavallo senza disa-
104
gio, e pericolo. Nulladimeno la piazza è grande, anima-
ta, e copiosa di eccellenti vettovaglie; qualche via prin-
cipale è bellina, alcuni palazzetti sono vistosi, e le chie-
se di S. Giorgio, e S. Giovanni, ed il Nuovo Collegio di
Maria si possono annoverare tra gli edifizj pubblici, che
hanno un bastevole grado di grandezza ed appariscenza.
Quest'ultimo è veramente nobile, e vasto; e benchè non
sia ancora totalmente terminato, la spesa sinora erogata-
vi supera quella di 30000 scudi.
L'aria in estate passa in alcuni siti per poco perfetta;
tuttavia una vaga carnagione è molto comune, e le fat-
tezze tanto degli uomini, che delle donne hanno general-
mente del piacevole e del regolare. Vedemmo quivi tre
ragazzi totalmente albini, nati da un padre, e da una ma-
dre, che avevano buonissima complessione; come pure
uno sconcissimo nano, il quale da una moglie di ordina-
ria taglia aveva generati figliuoli di buona statura: e
fummo sospinti a concludere dal primo esempio, che
per cagioni a noi occulte avviene e negli animali, e nelle
piante un reale tralignamento; e dall'altro, che negli es-
seri viventi la grandezza della prole non di rado è dovu-
ta a quella della madre, donde essa proviene, particolar-
mente in alcune loro specie, e nominatamente in quella
dei cavalli.
Si vedono in questa città pochissimi poveri, si conta-
no cinque, o sei famiglie veramente ricche; e piani, e
numerosi sono gl'indizj, che si offrono anche al poco di-
ligente osservatore di una certa universale agiatezza in
tutta la popolazione.
105
I Ragusani si reputano assai proclivi all'ospitalità, non
meno che ad un fastoso tenor di vivere. Quel, ch'è certo,
si è, che sono urbani, e vaghi di trattar bene, e figurare
presso i forestieri; e fanno nelle loro case così copiose
provvisioni di mobili, di vettovaglie, e di ogni maniera
di comodi, che par loro familiare, ed abituale la vita ci-
vile, e splendida. Noi visitammo come per accidente il
Signor Giorgio Bertini, il Barone di S. Filippo, il Signor
Salvadore Bertini, e qualche altro; e trovammo nelle
loro abitazioni tanta pulitezza, e compostezza; e tanta
abbondanza di preziosi vini, e rosolii, di eccellente cioc-
colata, caffè ec., che ci persuademmo, che gl'istessi po-
tevano essere presti ognora al decente ricevimento di
qualsisia distinta persona. Ciò si chiama da tutti lusso, e
da tutti acerbamente si vitupera; quanto a me, mi dichia-
ro amico della frugalità, ma vorrei sapere, se non è esso
questo demonio di lusso quello, che indica più sicura-
mente, e misura più esattamente la ricchezza? I poveri
non consumano, perchè non possono; ed i ricchi, di po-
chissimi in fuori, consumano, perchè possono, ed amano
di approfittarsi delle loro facultà, per star bene, e gode-
re. Si parla quivi di non so quali immense divizie dei
trascorsi tempi, quando si spendeva con estrema parsi-
monia, ed era in uso, siccome si favoleggia, il Lardone
con la carrucola. Sono però da credersi queste pappola-
te, che ci si vogliono dare ad intendere, sopra le vaste
fortune dei nostri Padri, e di gran lunga superiori alle
nostre? Si dice inoltre, che da qualche tempo in quà
sono minorati i capitali degli agricoltori, e dei negozian-
106
ti; questo non si niega per le tristi sequele dei cattivi ri-
colti, e del perturbato commercio; ma non ha che far
nulla col lusso, ed è un effetto di temporanee circostan-
ze, ed un male pressochè passaggiero.
I costumi in Ragusa non hanno fama di purissimi;
certe brighe mantengono accesa la discordia tra alcune
delle primarie famiglie: ed oltre a ciò le antiche, ed
aspre emulazioni tra le chiese di S. Giovanni, e S. Gior-
gio non lasciano di fomentare in tutti i ceti mali umori,
ed inimicizie. Queste, non v'ha dubio, sembrano ora
quasi totalmente sopite, cosicchè quivi io udii riprovar-
le, e dileggiarle a' preti, e capi delle due fazioni; tuttavia
quello, che mostra di essere il fuoco coperto, anzichè
spento, si è l'entusiasmo veemente, e furibondo, che si
vede ancora regnare in ogni classe di persone, e mag-
giormente nella gentaglia, per l'una, o l'altra delle so-
prammentovate rivali parrocchie. L'Amministradore,
che per rispetto della vicinanza era ito sempre per le sue
divozioni a S. Giorgio, ad evitare invidiose parzialità,
volle pur visitare, e far sue orazioni in S. Giovanni; e
tale sua compiacenza, credibile non è, quali, e quanti
commovimenti, o piuttosto furie avesse eccitate in tutti
quei parrocchiani. Uomini, e donne di qualsisia età, e
rango accorsero in chiesa a festeggiare la venuta del Mi-
nistro; non si risparmiarono candele, organi, campane,
mastj; ed era curioso il mirare, come la minuta gente, al
togliersi il velo dalla statua del Santo, ed esclamava, e
piangeva, e saltava, e si contorceva, e con mille gesti, e
parole manifestava i suoi ferventissimi affetti. Io, che in
107
quel punto era lontano dal Cavaliere, e stava tornando
da una cappella, a tanto bisbiglio, e fracasso, non sapeva
cosa pensare; concepii una certa paura, e dubitando, che
non potessi esser preso per partigiano di S. Giorgio, che
aveva ogni giorno frequentata, mi ajutava, e gridava
pure, quanto meglio poteva, viva S. Giovanni.
La campagna di Ragusa è più estesa di quella di ogni
altra città della Contea; riputandosi la sua grandezza di
20000 salme circa di Palermo. Parte è posseduta dagli
esteri, e parte dai cittadini; e comecchè non manchino
terreni di differenti specie, quasi tutti però partecipano
più o meno degli asciutti, e degli arenosi. I migliori, tra
tutti, ed i più feraci sono quelli irrigati dal fiume Ragu-
sa, che tira la sorgente sua da Giarratana, ed alcuni altri
innaffiati da varj rivoli, e segnatamente da quelli, che
provengono da Canicarao, e Passolato, e che tutti insie-
me si possono calcolar prossimamente salme 300. In
questi si seminano grani, e poco di riso, e di piante ole-
racee, e nella maggior quantità si coltivano a canapa,
che rende sempre copiose, ed utilissime produzioni. Il
loro fitto medio si valuta once tredici o quattordici
l'anzidetta salma di Palermo, e quello dell'intiero territo-
rio, esclusi i vigneti, e gli albereti, si può da varie rela-
zioni avute conghietturare once quattro, e forse qualche
cosa di più.
Le grandi fattorie, o poderi quivi non sono molti; le
vigne, e gli alberi sono piuttosto scarsi, e le principali
derrate, che se ne ottengono, sono i grani, e le civaje, ed
i bestiami particolarmente vaccini. È una ricevuta opi-
108
nione tra quegli intelligenti proprietarj, ed agricoltori,
che l'annua seminazione dei frumenti, inclusovi qualche
poco di orzo, e di legumi, si aggira tra sei, e sette mila
salme generali, e che il corrispondente ricolto non è mi-
nore di trentamila. Quanto a me, mosso da diverse os-
servazioni, e calcoli inclino a crederlo di più; e dico sen-
za timor di sbaglio, che esso forma ad ogni modo un ar-
ticolo di entrata lorda, maggiore di cento mila once
all'anno.
Le sorti dei frumenti, che sono sopra le altre in voga
nel contado ragusano, sono Gurria nelle contrade alte, o
di montagna, e Russia in quelle basse, o marittime; e la
prima fa un pane assai bianco, e l'altra uno più scuro, o
rossiccio. E così l'una, che l'altra si semina, come rap-
portammo di sopra pei poderi della pianura, o dopo
Maggesi nette, o dopo fave, e simili piante, o dopo erba
naturale; e va soggetta, secondochè molti affermano, a
così malefica nebbia, che ne resta frequentemente dan-
neggiata non solamente mentre vegeta, ma anche quan-
do è già tagliata, ed abbicata. Io non sono stato mai di-
sposto a prestar fede a cotali misteriosi influssi; e dubito
forte, che i frumenti talvolta non graniscano ivi accon-
ciamente per motivo del suolo, il quale essendo poroso,
e sciolto non si restringe di primavera, e di estate tanto,
da condurre le loro granella alla dovuta perfezione e
maturità.
La pastorizia di Ragusa ha gran nome in tutta Sicilia,
sì per la copia, e qualità degli animali, come ancora per
la diligenza, ed industria, onde gl'istessi si allevano, e si
109
governano. Sono con effetto famosi i suoi muli, ed asini;
e di questi ultimi alcuni ve ne sono, i quali per la monta
delle cavalle si vendono 60, 80, ed insino 100 once
l'uno. Ci caderà più in destro di parlare in appresso, e
nominatamente quando della rusticale economia della
Contea faremo generalmente parola, della quantità de'
suoi buoi, e vacche; ed ora qualche cosa diremo sulle
loro proprietà, e pregi, e sul profitto, che ne sogliono, e
possono quegli agricoltori ricavare.
Le vacche per tanto, ed i buoi del distretto di questa
città si annoverano tra i migliori di quelli di tutta la
campagna modicana, i quali sono rinomatissimi, e diffe-
riscono dagli altri di tutta l'isola per la piccolezza delle
corna, e la nobile grandezza della statura, e delle mem-
bra. Con effetto comuni sono quivi i manzi di cinque, e
sei quintali e più, e rari non sono gli eccellenti tori, e
vacche, ancorachè ve se ne trovino non pochi, come no-
terò in appresso, che sono difettosi, e manchevoli nelle
sostanziali, ed importanti fattezze, e qualità. Domandai
a diversi, quale fusse di queste la fecondità in vitelli, in
latte, ed in cacio, e raccolsi i seguenti esempj, ed infor-
mazioni, che potranno ajutare l'istruito georgofilo in una
ricerca di tanto rilievo, qual si è quella della comparati-
va bontà, ed utiltà delle varie razze degli animali bovini.
Il Signor Crescione, che ha nome di grande, ed intel-
ligente agricoltore mi disse, che in quell'anno glien'era-
no di cinquanta figliate trentanove, ossia ⅘ circa.
Il Signor Barone di Donnafugata, che è senza dubio
uno dei più grandi, e ricchi proprietarj, e coltivatori di
110
tutta quella contrada, mi assicurò, che di diciotto
glien'erano figliate quindici, che è esattamente ⅚.
Il Signor Giorgio Bertini, che con tutta ragione passa
per uno dei più facoltosi possessori, e dei più bravi
agronomi del paese, mi confermò quello, che mi aveva
riferito il suo fattore in Robanova, cioè che di ventiquat-
tro glien'erano figliate 16, che precisamente importa ⅔.
Calcolando adunque sopra questi tre casi, che mi si
rappresentarono come ordinarj in quelle campagne, e fa-
cendone il medio, puossene con qualche probabilità con-
cludere, che delle vacche ragusane ne figliano prossima-
mente 77 per 100; che in Sicilia, ed altrove ancora non è
una spregevole proporzione:
Tanto poi questi gentiluomini, che altri padroni di be-
stiami, e boattieri mi certificarono, che raro non era il
vedere certune di quelle tali vacche, le quali dessero due
paiuoli di latte, o 25 quartucci il giorno; e neppure lo in-
contrare certe di quelle meglio ordinate, e disposte ca-
scine, nelle quali una vacca coll'altra rendesse in un
anno due quintali di cacio.
Così fatti riguardevoli prodotti mi fecero una viva im-
pressione, e mi diedero un'idea più vantaggiosa, che pri-
ma non aveva, del frutto che rendono le vacche di Ragu-
sa. E per maggiormente chiarirmene, pregai il sopram-
mentovato Signor Giorgio Bertini, che si fosse compia-
ciuto di esaminare i libri della sua piccola cascina per
tre anni, e di manifestarmi quanti vitelli, cacio, e ricotta
in quel tempo ne avesse ricavato; e ne ricevei in iscritto
con una obbligantissima prontezza la quì appresso ri-
111
sposta. Mi fece egli in primo luogo sapere, che di 20
vacche 45 gliene erano figliate in tre anni, e che dei vi-
telli, essendone morti 8, 37 solamente sene sono alleva-
ti, che è 12⅓ per anno.
Di più m'informò, che le predette 20 vacche resero in
tre anni 90 quintali di formaggio, e 45 di ricotta, e quin-
di un anno con l'altro 30 quintali del primo, e 15 della
seconda.
once tarì
Per lo chè 12⅓ vitelli ad once 8 l'uno once 98 20
30 quintali di formaggio ad once 4 il
quintale once 120
15 quintali di ricotta ad oncia 1, e tarì
venti il quintale once 25
Prezzo di vitelli morti si pone once 2 10
Totale prodotto di 20 vacche in un anno once 246
Quel che per vacca viene once 12 9
Un tale frutto di lordo non è certamente ignobile, e
prova di non essere spregevole nè la razza di quelle vac-
che, nè l'economia, onde le stesse si mantengono. Non è
poi da dubitarsi, che sarebbe di gran lunga maggiore,
che non è, se in quella, ed in tutte le altre cascine del di-
stretto, in vece di ricotta, e di comunale formaggio, si
fabbricasse burro, e cacio di tal condizione, che avesse
credito, e si spacciasse a prezzi più profittevoli nei mer-
cati stranieri.
Il dì 26 passammo in Modica, e ci dipartimmo da Ra-
gusa gratissimi per le cortesie usateci da Nicastro, S. Ip-
112
polito, Donnafugata, i due Bertini, S. Filippo, Arezzi, ed
altri gentiluomini, e Cittadini; ed affezionatissimi ad una
città, che chiamammo per ischerzo la nostra Capua, per-
ciocchè ci distolse dal nostro semplicissimo modo di vi-
vere, e viaggiare, e c'intrattenne con piacevolezze, e
passatempi, che provenire non possono se non se da una
raffinata civiltà, e da una bastevole affluenza di pubbli-
che, e private fortune. Io, che ho veduto a sufficienza di
Europa, e posso luoghi con luoghi comparare, ingenua-
mente confesso, che le provincie di Sicilia mancano di
quella ridente prosperità, alla quale compariscono dalla
natura destinate; vorrei tuttavia, che quei maldicenti na-
zionali, e forestieri, i quali ne amplificano la povertà, e
rozzezza conoscessero, e contemplassero bene Ragusa,
e somiglianti altre popolazioni, affinchè si divezzassero
da certi concetti, ed opinioni sullo stato dell'interno del
Regno, che hanno adottate per difetto di opportune noti-
zie, e per una immaturità, e precipitanza di giudizj.
La distanza tra Modica, e Ragusa non è più di quattro
miglia; e ciò non ostante noi compiere non potemmo
questo viaggio in meno di tre ore, per motivo della som-
ma malagevolezza della strada, e la frequenza dei diru-
pi, o piuttosto rompicolli. La campagna inoltre non è
particolarmente ferace, nè ornata; con effetto, passato il
fiumicello di Ragusa, che adacqua, come si è detto di
sopra, e con utile grandissimo molti terreni, e che alber-
ga copiose, e gustosissime anguille, e trotte, il suolo in-
sino a Modica è assai arido e sassoso; e mancano in quei
poderi siepi, abitazioni, ed albereti tali, che fussero ca-
113
paci di avvivarli ed abbellirli. Con tutto questo noi non
sperimentammo per istrada scomodo, o noja notabile;
perciocchè a seconda del bisogno e dell'inclinazione an-
dammo talora a cavallo, e qualche volta anche a piedi: e
trovammo un alleggiamento dei piccoli nostri guai nella
grata compagnia di alcuni gentiluomini modicani, che a
metà del cammino vennero a complimentare l'Ammini-
stradore, e nella contemplazione dilettevole, che di trat-
to in tratto ci si parò innanzi, di superbi animali vaccini,
i quali in buon numero pascolar si vedevano in quelle
pietrose, e verdeggianti praterie.
L'accoglienza fattaci al nostro arrivo in Modica ras-
sembrò ad un ossequioso tumulto. Giusto al comincia-
mento della città, e tostochè smontammo dalla lettica, si
presentarono al Conservatore, ed il Governadore ed i
Magistrati, ed i più cospicui gentiluomini, e cittadini, i
quali nulla omisero di quelle etichette, e formalità, che
dimostrar potessero riverenza, e rispetto. Una folla poi
di poveri ci circondò, e strettamente ci assediò; e la mol-
titudine, uomini cioè, donne, e ragazzi dell'infima clas-
se, che stavano agli usci, nelle finestre, nelle strade, e
pe' muricciuoli ci vessarono e ci strapazzarono gli orec-
chi con incessanti acclamazioni, e fortissime grida di
grazia. Io in mezzo a tanta calca, ed a così spaventevoli
rumori non potei tener dietro al Signor Tommasi, che
era cinto da Alabardieri, e Soldati, e corteggiato da To-
gati, Cavalieri, e gente assai di ogni condizione, e restai
imbarazzato, e confuso con tutta la canaglia; e perchè
incalzava già la notte, ed io era in tutte le direzioni urta-
114
to, e pigiato da questi, e da quelli, corsi pericolo in quel-
le vie, e viuzze alpestri, e bitorzolute di rompermi qual-
che osso, o di dinoccarmi qualche piede, se, Dio sa
come, non mi avesse conosciuto il Signor Tedeschi, e
condotto sano, e salvo alla casa del Cavaliere Signor Sa-
verio Nicastro, che era stata al nostro albergo preparata.
Non si desiderava in questa copia, e convenevolezza
di camere, di mobili, e di lumi; tantochè l'Amministra-
dore potette la sera onoratamente ricevervi tutti quelli,
che ci visitarono, e che furono i più ragguardevoli del
paese per nascita, per facultà, e per impieghi. Si presen-
tarono questi ben vestiti, ed usarono tutti e parlari, e
modi bastantemente cittadineschi; anzi raffinarono co-
tanto la loro urbanità, che in due ore ci fecero veder più
spade, più manichini, più ricci, più code, più cappelli o
montati, o a souffler, che non solevamo vederne in Pa-
lermo in uno, o due mesi. Ed a così fatta pompa corri-
spose armonicamente la splendidezza del Signor Nica-
stro, il quale trattò tutta la brigata con buonissime gelate
bevande, ed altre gentilezze di varie maniere; e quindi
ne' tre seguenti giorni, che avemmo l'onore di vivere in
un quartiere di sua casa, fece per rispetto del Cavalier
Tommasi, e disse, e pensò molte cose, che non possono
aver luogo in questa mia corta, e discreta narrazione.
Il genere di vita, e le occupazioni nostre in Modica
furono in generale quali erano state in Ragusa; e come
in questa, così in quella schivammo di fare i Cinici, vo-
glio dire i difficili e preziosi nell'accettare e godere di
quei convenevoli ed innocenti passatempi, che ci si of-
115
fersero.
Il Cavalier Rossi diede al Conservatore un pranzo, il
quale fu così magnifico, bene ordinato, ed allegro, che
quivi si poteva aspettare, e desiderare. Vivande, vini,
frutte, sorbetti, caffè, liquori fecero tutti bastante copia
di se per delicatezza, e varietà; non si notò sbaglio, o
imbarazzo di sorte alcuna, nel disporli, e dispensarli: e
spiccò nei convitati la più vivace giocondità, senza che
in venti, e più persone si fosse mai osservato gesto, o
sentita parola, la quale avesse potuto in loro annunziare
poco uso di pulite, e costumate maniere.
L'istesso Rossi inoltre, ed il Cavalier Ciaceri l'invita-
rono a due crocchi nelle proprie case, che in conclusione
poi presero tutte le forme di gaissime feste; essendochè
in essi si giuocò, si ballò, e si gareggiò in eleganza tra le
Dame, ed i gentiluomini, siccome erasi praticato in
quelli di Ragusa. Noi lodammo, ed ammirammo le con-
versazioni di Modica, siccome avevamo fatto per quelle
di Ragusa, perciocchè nelle prime, non altrimenti che in
queste e godemmo, ed avemmo buon saggio di quella
ricchezza, civiltà, gusto, ed eleganza, che regna in suffi-
ciente grado in queste due città. Niente di meno v'è da
dire, che le adunanze, ed i balli di Modica figurarono
più per la frequenza, ed il lusso della gente che v'inter-
venne; e quelle di Ragusa risplendettero maggiormente
per l'ampiezza delle stanze, e la vaghezza dei mobili: e
poi si ammirò negli uni, e negli altri certa facilità, e dol-
cezza di maniere, la quale quanto grata, e pregevole sia
si può piuttosto sentire, che esprimere.
116
Non si sa ben decidere dai conoscitori se mai Ragusa,
o Modica sia la più facultosa; e quel che pare di non am-
metter dubio si è, che nella prima abbondano forse più
quelli, che si chiamano capitalisti, e nella seconda quel-
li, che più apprezzar si devono in ogni stato, intendo i
ricchi agricoltori; e sembra altresì certo, che più in quel-
la, che in questa sono sparse, e comuni le mezzane for-
tune. Da ultimo il viaggiatore, senza che altri ne lo in-
formi, può per se stesso discernere, che i lavoranti di
Modica non stanno generalmente sì bene, che quelli di
Ragusa; essendochè presentano in tutto segni di una mi-
nor comodità, e più copioso si osserva tra loro il numero
dei bisognosi, e dei miserabili.
Ad ogni modo Modica, che è la capitale, e la residen-
za dei magistrati primarj di tutta la Contea, collocar si
deve tra le città più distinte di tutto il Reame. Il suo cir-
cuito è estesissimo, e la sua popolazione si suppone più
di diciotto mila abitanti; e benchè la situazion sua sia ol-
tre modo bassa, e con un assai ristretto orizzonte, pure
nella massima parte dei luoghi, e dell'anno il clima è
temperato, e salubre. Le strade sono tutte scabre, ed al-
pestri, all'eccezione delle principali, che costeggiano i
due borri, i quali attraversano la città, e danno co' suoi
ponti una qualche idea delle vie della famosa Venezia.
Le case della plebe, e dei poveri sono nel maggior nu-
mero vili, e sudice, e di quelle ven'ha (ugualmente che
in altri paesi della Contea, e di tutta la Valle di Noto)
che sono pure caverne incavate nel tofo; e non per tanto
vi si trovano quà e là edificate delle grandi, e vistose fa-
117
briche, come le due chiese di S. Giorgio, e di S. Pietro,
qualche convento di Frati, e di Monache, il Collegio dei
Gesuiti, e qualche gentile palazzetto di Nobili, o di Cit-
tadini. La gran piazza è pulita, ampia, e ricca di viveri
come, o più di quella di Ragusa; e fa veramente piacere
il vedervi buona quantità, e varietà di nutritive, e tene-
rissime erbe da orto.
La corporatura tanto degli uomini, che delle donne
tende al grande, ed al grossolano; e ciò non ostante rare
non sono le gentili, e piacevoli complessioni, e fisono-
mie, nelle persone particolarmente di distinta condizio-
ne.
Paragonando Ragusa, e Modica, il territorio di questa
è notabilmente minore, conciosiachè appena ascende,
secondochè si crede, a dieci mila salme di Palermo. La
natura più ordinaria de' suoi terreni si è quella dei sec-
chi, calcarei, sassosi, e negli strati superiori bastante-
mente grassi; e la più considerabile, ed utile produzione,
che gl'istessi somministrano, è senza dubio quella dei
grani, l'annuo ricolto dei quali, è opinione di taluni, che
giunga a 30000 salme generali. Del che alcuno non do-
vrà maravigliarsi, sempre che rifletterà, che i campi mo-
dicani sono nella massima parte arabili, e coltivati fre-
quentemente a frumento nelle due ruote 1 Legumi, 2
Frumento, e 1 Erba naturale, 2 Frumento. D'ingrassi poi
se ne fa molto uso; e da alcuni anni sonosi introdotte
con buon successo altre sorti di grani, oltre la Gurria, e
Russia, che sono le più stimate, e seminate da quegli
agricoltori.
118
Non mancano nella campagna di Modica le stesse
cave, o pinguissime isolette, e rive di fiumicelli, che in
quelle di Ragusa, e di Vittoria; ed al pari di queste sono
le medesime grasse, e profonde, e rendono, mediante
l'incomparabile beneficio dell'irrigazione, gran copia di
canapa, e di piante oleracee, con immenso profitto dei
proprietarj, ed anche dei fittajuoli. Il prezzo di questi
fertilissimi luoghi è presso a poco l'istesso, che quello di
somiglianti siti in Ragusa, ed in Vittoria; ed il fitto mez-
zano di tutti i poderi dell'intiero contado, esclusi i boni-
ficati, e considerati i soli lavorabili, e pascolabili si cal-
cola non so con quanto fondamento più di once quattro
la salma di Palermo.
I Bestiami, che quivi si trovano, sono della medesima
razza che quelli di tutta la Contea; e come per tutto in
essa, si tengono serrati con assai di risparmio, e di pro-
fitto in chiusure di pietre di una conveniente estensione.
Ragioneremo poco di sotto della loro quantità, per quan-
to ci è riuscito di saperne dietro le più diligenti ed accu-
rate investigazioni; e di presente solo avvertiamo, che la
pastorizia di Modica si stima per ogni rispetto inferiore
a quella, onde poco prima abbiamo fatto l'elogio, inten-
do parlare di Ragusa.
Benchè nei terreni di Modica si semini proporzionata-
mente molto di biade; tuttavia gli alberi piuttosto vi ab-
bondano, e specialmente i Carubbi, e le Vigne. I primi,
nei passati tempi allorchè tale frutta era richiesta, e vale-
va, apportavano a quei coltivatori un ragguardevole gua-
dagno; e le altre si sperimenterebbero assai più lucrose,
119
ed utili, che di fatti non sono, se il vino non riuscisse
quasi sempre aspro, ingrato, e difficilissimo a conservar-
si. L'ignorante volgo afferma, e pertinacemente sostiene,
che questo è il naturale, e ľinevitabile effetto del clima,
e della terra; ma basta di essere istruito nelle più ele-
mentari massime di agricoltura per credere tutto il con-
trario, e persuadersi, che dal suolo, e sotto il cielo modi-
cano si farebbero piacevoli, e durevoli vini quando nella
formazione delle vigne si adoperassero pochi, ed oppor-
tuni vitigni, l'uva si tagliasse ben matura, la fermenta-
zione del mosto si recasse a compimento prontamente, e
senza interruzione, ed il vino si riponesse, e governasse
giusta le più lodevoli regole dell'arte.
È opinione di molti dentro, e fuori Sicilia, che le viti
tocche dalla crudele gragnuola per tre anni non danno
alcuno, o piccolissimo frutto. Diversi esempj fanno ve-
dere la falsità di sì fatta credenza, e tra gli altri quello
della campagna di Modica nel 1805, che si fece una rac-
colta di vino forse la più copiosa a memoria d'uomo, an-
corachè l'anno precedente fussero state le viti danneg-
giate replicatamente, e pressochè distrutte da questa
sterminatrice meteora.
Modica non ha molto commercio, e si accordano tutti
nel dire, che l'agricoltura, comparativamente a qualche
altra popolazione della Contea, non è in quell'onore, e
perfezione, che potrebbe, e dovrebbe essere. Io non vo-
glio decidere, che ciò sia una conseguenza delle tante
preminenze, e privilegj, dei quali ha sin da tempi anti-
chissimi goduto in qualità di capitale di tutta quella ric-
120
ca Baronia; ma non posso tacere il fatto, che ivi non po-
che persone parlano, e si occupano meno di campagne,
e coltivazioni, e più di Grancorti, di cause, di giurisdi-
zioni, di toghe, di cappelle reali, di alabardieri ec. Dico
inoltre, che ad alcuni perspicaci osservatori i costumi
del paese sembrano alterati alquanto, e contaminati da
quello spirito contenzioso, torbido, e diffidente, ch'è
proprio della Curia, e che non va molto d'accordo con la
fatica, e l'industria. Alla verità vivono colà e sopra la
malvagità, e la discordia degli uomini più dottori, e cau-
sidici, che in una dozzina di altre somiglianti città
dell'Isola; e tanta, e cotale gente, possibile non è, che
non abbia una qualche influenza sopra le idee, gli anda-
menti, e le operazioni di tutti quegli abitatori. Del resto,
senza troppo moralizzare, interessandomi solamente di
quel che è, e che ho io stesso osservato, sinceramente
narro, che alle mie interrogazioni di agricoltura, e di
economia, quasichè potessero esser fatte a cattivo inten-
dimento, quivi si rispose da diversi con poca franchezza,
e con molta riserva, ed ambiguità; e che l'Amministra-
dore fu, più che altrove annojato, importunato, tormen-
tato da pretensioni, da brighe, da denunzie, e da memo-
riali, ed accusazioni anonime. Aggiungo poi di essere
stata buona ventura per qualcheduno, quella che il Ma-
gistrato, umano, e prudente qual'è, avesse lette, e trattate
cotali carte con quel disprezzo, e detestazione, che meri-
tavano; cosicchè un giorno, che una in mano ne teneva
piena di rabbiosa malevoglienza contro il Proconserva-
dore, rivolto a me disse = Tutto va bene in questo mon-
121
do ottimo; noi per questi tristi maldicenti, e raggiratori,
e per queste infami macchinazioni lasceremo Modica
con minor dispiacere, che altrimenti non faremmo, per
gli eccellenti, ed onestissimi uomini, che vi abbiamo co-
nosciuti, e gli egregi favori, dei quali siamo stati da tutti
ricolmati = Che che tuttavia affermar si potesse dei co-
stumi privati di taluni Modicani, è cosa indubitata, che i
pubblici non sono che poco biasimevoli; dappoichè, per
testimonianza dei Parochi, dei Magistrati, e dei più emi-
nenti Cittadini, il decoro e la decenza si rispetta, e si ap-
prezza; l'avarizia, la violenza l'oppressione non sono
molto frequenti: ed alberga bastante quiete, e pace tra le
famiglie di ogni ceto, e specialmente tra le nobili, e le
ricche, dacchè sono cessate, o almeno si è fatta tregua
tra le due fazioni di S. Giorgio, e di S. Pietro, le quali la-
ceravano un tempo tutta la Città; e la riempivano di dis-
sensioni, d'inimicizie, e di odj implacabili.
La nostra dimora in Modica fu di tre giorni circa, ed il
dì 29 ci accommiatammo, e femmo nostri ringraziamen-
ti al Signor Nicastro, ed a tutti gli amici, e conoscenti
per le tante gentilezze, che ne avevamo ricevute, ed a te-
nore del piano del nostro viaggio, procedemmo a Scicli.
La strada, e la campagna compresa tra Modica, e Sci-
cli è quasi dell'istessa qualità, e tenore, che quella di so-
pra descritta, e contenuta tra Ragusa, e Modica. Miram-
mo con effetto nell'una, e nell'altra vaghe piantagioni,
nobili e vistosi animali vaccini, e per la natura del suolo
appariscenti e ricchi seminati di ogni sorte; e solo a po-
che miglia da Scicli vedemmo con nostro dolore alcuni
122
campicelli di fave, non che danneggiate, ma inaridite to-
talmente, e morte dal reo succiamele. Domandai, se mai
nulla quivi praticar si soleva per rimovere, o minorare le
crudeli devastazioni di questa orribile erba; e non ne ca-
vai altre risposte, che quelle dei soliti errori, e pregiudi-
zj, salvo che intesi, che il Signor Pietro Polara un anno
salvò l'anzinominato legume dalle rovine della micidiale
Lupa per mezzo di non so quali insignificanti compensi,
e sopra tutto con averne ritardata la seminazione sino al
mese di Dicembre. Un tale esperimento, comechè man-
chevole, ed inconcludente, merita tuttavia buona consi-
derazione; ed io son persuaso, che ove si trovasse una
varietà di fave, la quale seminar si potesse in Sicilia di
Febbrajo, o di Marzo, si renderebbero queste immuni,
ugualmente che i Ceci, e le Cicerchie, dagli attacchi
dell'Orobanche: perciocchè pare ormai dimostrato, che
esso germogliare non può, che almeno due mesi appres-
so il nascimento della pianta baccellina, a spese della
quale viver deve; e quando la terra è molto inzuppata di
umidità, quel che possibile non è di verificarsi nel bel
mezzo della primavera.
Noi non eravamo presso che ancora entrati in Scicli,
che la lodammo = Mirate, mi andava dicendo nella letti-
ca il Cavalier Tommasi, queste belline casette, queste al-
legre, e ben selciate strade; guardate la lindura nel vesti-
re di questi uomini, e l'eleganza in quello di queste don-
ne: e più di tutto contemplate il giudizioso contegno, e
discrezione di questo popolo, che ci riceve, ed onora af-
fettuosamente, e senza quei fracassi, e schiamazzi, che
123
si son fatti in qualche altro luogo = Ma io gli feci consi-
derare, che in queste sensazioni poteva aver parte qual-
che cosa, che altrove non piacque, e che probabilmente
dava luogo a qualche odiosetta comparazione; e nel re-
sto fummo pienamente d'accordo, che un giudizio
schietto assolutamente, libero, ed imparziale è per
l'impero delle passioni forse la più difficile di tutte le
operazioni dell'umano intendimento.
Fummo albergati in Scicli in un quartiere voto della
casa del Segreto; e la conversazione che vi si raccolse la
sera, fece una vivace, e splendida comparsa, per la copia
delle ragguardevoli persone, che là si recarono a visitare
l'Amministradore, e che furono raccolte dal Barone Be-
neventano in pulite, e ben illuminate stanze, e convene-
volmente trattate con sorbetti, e piacevolissimi liquori di
più sorti. Erano esse tutte all'ultima moda, e dicevol-
mente vestite; parlarono poco, e sempre a voce bassa: e
nei loro portamenti nulla mostrarono di affettato, d'indi-
screto, e di provinciale. Io mi compiacqui di trovare tan-
to grado di lusso, o piuttosto di ricchezza, di educazio-
ne, di urbanità in una città dell'isola, che si considera
d'un ordine poco rilevato; ed abbracciai, e discorsi con
particolar diletto col modesto, e garbatissimo Cavalier
Penna, che aveva per lettere conosciuto, e col costuma-
to, e cortese Lucifora, che era stato in Agricoltura mio
affezionatissimo discepolo.
La cena poi fu pulitamente disposta, animata da calo-
rosi vini, ed abbondante di saporite vivande, tra le quali
finissimi pesci di fiume, e di mare. E malgrado questo il
124
Conservatore mangiò poco, e punto non si rallegrò, e
come ci ritirammo nella camera, che ci fu per dormire a
tutti e due assegnata, essa parve a lui, ed a me malagu-
rosa, e trista. Questi ovati padiglioni cremisi, che ricuo-
prono i nostri letti, non sono essi perfette immagini di
un avello?.... Queste finestre non ci rappresentano esse
qualche cosa di nicchie sepolcrali?.... E questa volta, e
questo smorto lumetto non ci dice di esser noi in una ca-
tecomba?.... E siamo noi quà venuti per far conoscenza,
e menar carole con le ombre di questi trapassati bambi-
ni, i cui ritratti spensolano sopra le nostre teste?.... Tali,
e somiglianti facezie, e piacevolezze noi ridendo diceva-
mo, senza che avessimo mai immaginato, che dovessero
essere funesti presagi di una notte infelice, che ci sopra-
stava; e nella quale il Conservadore ebbe cocente feb-
bre, ed aspre ansietà di stomaco, e convulsioni. A niuno
di noi, o della nostra gente fu concesso anche per un sol
momento di riposare; si temette una malattia più seriosa
di quella che per avventura era: e non si calmarono i so-
spetti, e le inquietudini nostre, che il seguente giorno,
quando ci fu annunziato dai due ottimi medici Signori
Peralta, e Polara, che il caso non era di alcun momento,
ma che la prudenza richiedea, che ci fossimo ridotti in
un luogo di miglior aria qual si è Modica, subito che lo
stato dell'ammalato l'avrebbe permesso.
Questo sciagurato accidente dispiacque acerbamente
a tutta la popolazione, e maggiormente ai gentiluomini,
ed alle dame, che per le feste, le quali si erano già dispo-
ste, avevano fatte loro provvisioni, per gareggiare in
125
pompa, ed in eleganza con quelle di Modica, e di Ragu-
sa. Il Cavaliere pertanto non uscì pressochè mai di casa,
ed a mala pena poco tempo impiegò per alcune più im-
portanti bisogne di sua amministrazione; ed io non sen-
za particolare industria, giunsi ad accrescere, e migliora-
re le notizie sopra quella città, e suo territorio che aveva
messe insieme alcuni anni addietro: ed a tal uopo e vidi
e m'informai con estrema diligenza di tanto, che ad ogni
modo mi riuscì possibile. Visitai pure qualche principale
casa, e nominatamente quella del Duca di S. Lorenzo,
che ha signorile aspetto, ed un vago giardinetto, nel qua-
le l'amabile Sorella del Duca la Signora Francesca mi fè
vedere una pianta di mortella, che era cresciuta e vivea
sopra il pedale di una vite; ed inoltre quella assai pulita
del Barone Penna, dove ed egli, e la colta, e costumata
Baronessa, e la loro scelta compagnia mi trattennero
piacevolmente qualche ora, e mi diedero sopra il paese
diverse utili relazioni.
Scicli nel totale è piuttosto graziosa, perchè cinta da
colline vestite leggiadramente di alberi, e la maggior
parte siede in pianura, ed è ornata da alcune strade, le
quali essendo bastantemente larghe, nette, ed acconcia-
mente selciate si possono dir belle in una città di provin-
cia. La piazza, o mercato dei bestiami, e la nobile strada
carrozzabile ivi incominciata, non meno che i prossimi
vivacissimi orti, e pomarj formano un prospetto vera-
mente delizioso; e dalle finestre de' Cappuccini un qua-
dro di tutti quei contorni si presenta all'occhio
dell'osservatore, che in punto di venustà può essere da
126
pochi in tutta quella contrada pareggiato. Oltre di che
non vi si desiderano, proporzionatamente al rango della
popolazione, alcuni notabili edifizj, e tempj, e partico-
larmente S. Bartolomeo, e S. Maria la Nova, che non ha
guari è stato ristorato, ed in più vago stato ridotto
dall'attuale Consultor del Governo Troysi. E quì non
posso, per amor della verità, e della giustizia passar sot-
to silenzio quello, che tutti quivi confessavano, e loda-
vano; cioè che questo intelligente, umano, ed onoratissi-
mo Ministro non solamente si è contentato di abbellire
l'anzidetta Chiesa, ma ha inoltre introdotti più lodevoli
modi nel governo, ed uso delle rendite dell'Opera; ed ha
voluto con savio provvedimento, che i legati pei matri-
monj nel luogo istesso si pagassero, onde fussero le le-
gatarie liberate dal peso di dar quelle gravose mance, ed
incerti, che erano obbligate prima di somministrare agli
ingordi agenti, allora, quando in Palermo si distribuiva-
no.
Si considera Scicli, come emula per ricchezza di Ra-
gusa; e tra gli ottanta preti, che vi si trovano, v'è tanta
copia di Canonici, di Proposti, e di altre dignità, che i
Forestieri, i quali colà si portano, sono avvertiti di chia-
mar Canonici tutti i Preti, che incontrano, per piena si-
curezza di non offenderne alcuno. I viveri vi abbondano,
e sono di buona qualità, specialmente le carni, i pesci, i
caci, gli ortaggi; ed il clima è dolcissimo, ma poco sano
in estate, per ragione di alcune acque stagnanti, e della
macerazione della canapa. I colori però, e le comples-
sioni degli abitanti non sono generalmente molto gentili;
127
al contrario degli occhi, che per lo più sono vivaci, e
delle fisonomie, che ordinariamente sono significative.
La città è piuttosto tranquilla da che cessarono, o alme-
no si sospesero le tremende liti, ed animosità, che arsero
una volta tra quelle due più distinte parrocchie; tuttavia
regnano nei primarj ceti tristi umori, e partiti o fazioni
tali, che può restarne alterato il pubblico costume, e per-
turbata la pace delle famiglie. Non intesi quivi parlare di
quelle conversazioni, e caffè di gentiluomini, che sonovi
in Ragusa, ed in Modica; e dubio non v'è, che la man-
canza di sì fatte pratiche, ed usanze non poco contribui-
sce a nudrire quelle interminabili dissensioni, che pre-
valgono tra alcuni dei più ricchi, e dei più potenti.
È fama, che la popolazione di Scicli ecceda i dieci
mila, e che da alcuni anni in quà abbia sofferto notabile
diminuzione. I registri tuttavia delle parrocchie sino al
1800 sembrano d'indicare tutt'altro di quello, che porta
la volgare credenza; dappoichè secondo gli stessi furono
i
Nati dal 1761 sin al 1780 7815
Defonti 6907
Aumento della popolazione nei primi venti anni 908
Nati dal 1781 sin al 1800 8859
Defonti 7898
Aumento della popolazione nei secondi venti anni 961
La popolazione adunque nei sopraddetti 40 anni co-
stantemente si accrebbe, e maggiormente negli ultimi
128
venti anni, che nei primi, quando vi fu la poco signifi-
cante differenza di 53. E contemplando tutte queste
somme, a colpo d'occhio si vede, che l'incremento della
gente è stato efficacemente promosso dall'industria, ed
incessantemente contrariato dalla poca salubrità
dell'aria; avvengachè il numero medio dei morti è stato
in 40 anni 370, che in una popolazione di 10000 è pros-
simamente 1 in 27.
Si può pretendere, che il creduto minoramento degli
abitatori sia avvenuto dal 1800 in poi in sequela delle
scarse raccolte. Ciò non è improbabile; ma è da rifletter-
si, che in qualunque luogo, e stato la spopolazione, la
quale succede per straordinarie cagioni, non è durevole,
e si rinfranca più presto, che non si immagina. Di fatti
furono in Scicli i
Matrimonj da Mag. 1804 a Mag. 1805 83
Detti da Maggio 1805 a Maggio 1806 56
Tutti nei due anni sterili 139
Matrimoni da Mag. 1806 a Mag. 1807 141
Detti da Maggio 1807 a Maggio 1808 156
Tutti nei due anni fertili 297
E però eccesso dei matrimonj nei due anni fertili
sopra quelli nei due anni sterili 158
che si può dire veramente maraviglioso.
Tutta la campagna sciclitana fu stimata poco tempo
addietro dal bravo agrimensore Casaceli salme di Paler-
mo 5378, e la sua rendita netta, quella cioè libera da tut-
129
te le spese di coltivazione, ed unicamente gravata dal
peso dei canoni, fu dal medesimo accuratamente, e pos-
sessione per possessione, valutata per once 22604. Un
tal apprezzamento della netta entrata di tutto il territorio,
per quanto posso giudicarne, dopo di averlo due volte
veduto, ed esaminato, mi sembra anzichè no fatto con
equità, e moderazione (appunto come esser deve qua-
lunque altro, che si intende di adoperare come fonda-
mento, e regola di una imposizione) e per chiarirsene
basta considerare, che il prodotto lordo delle sue quattro
principali specie d'industria, del frumento cioè, della ca-
napa, delle 3000 vacche, e delle 10000 pecore, che vi
sono, con un discreto grado di esattezza si può calcola-
re, e stabilire come siegue:
Frumento salme generali 5000,
che ad once tre sono once 15000
Canapa quintali 1400, ad once 6 once 8400
Una vacca in Scicli, giusta le re-
lazioni dell'egregio agricoltore, e
medico Peralta, e di altri dà l'una
con l'altra, ed un anno con l'altro
poco meno di un quint. di cacio-
cavallo, che si può mettere once 5
Di più ½ di vitello, che ad once
otto importa once 4
Di più ricotta ec. circa once 20
In tutto once 9 20
E quindi 3000 vacche once 29000
130
Per le 10000 pecore, il loro frutto
si può all'ingrosso calcolar così:
Cacio once 2400
Ricotta once 260
Lana once 630
Agnelli allevati once 660
Detti venduti lattanti once 400
Ingrasso, accresciuto valore delle
giovani pecore, e montoni ec. once 500
Annuo frutto lordo di 10000 pe-
core once 4850 4850
Annua produzione lorda del fru-
mento, della canapa, e delle vac-
che, e pecore di Scicli once 57250
Si badi, che le predette pecore, e vacche, ancorachè
appartenenti a Sciclitani, non vivono però totalmente nei
terreni di Scicli; ma qualunque sia la sottrazione, che a
tal effetto vorrà farsi, egli è indubitato, che le anzi ripor-
tate quattro derrate, o specie d'industria danno una gene-
rale idea bastantemente consolante dell'agricoltura di
questo paese. Dappoichè, quantunque il grano, la cana-
pa, i caci, le carni, e le lane sieno i primarj, e più utili
generi, che somministrano i campi suoi; pure sono
ugualmente oggetti di una sufficiente importanza gli
orzi, i legumi, i vini, le carubbe, il lino, gli asini, i muli,
l'olio ec. Che se saper si potesse con accuratezza l'effet-
tiva quantità di questi, e di tutti gli altri generi, che i me-
desimi annualmente rendono, si vedrebbe, che le 5378
131
salme di Scicli meritano sicuramente di essere collocate
tra le più diviziose di tutto il reame.
Della qual cosa niuno si farà maraviglia consideran-
do, che il suolo di Scicli è in generale più felice, ed al-
cuni capitali punti di campestre economia vi sono me-
glio intesi, e condotti, che nella maggior parte della
Contea. I terreni irrigabili delle cave sono quivi per co-
mun consentimento più ubertosi; e tutti gli altri, benchè
in buon numero, escluder non si possano dalla classe de-
gli sciolti, hanno però più di corpo, e di tenacità, e sono
più abbondanti di sughi, e materie vegetative, e fertiliz-
zanti. Oltre di che maggiore è per certi riguardi l'accor-
gimento, ed industria, che adoperar si suole nel coltivar-
li, siccome chiaramente ne fanno testimonianza le se-
guenti circostanze, ed osservazioni.
Primieramente si semina proporzionatamente poco
frumento, il quale vuol molte spese, e seminato frequen-
temente nell'istesso campo produce poco = Coltivo una
piccola quantità di frumento perchè, quando pur mi rie-
sce bene, mi apporta un insignificante profitto = Mi dis-
se enfaticamente il Signor Peralta, ed altri giudiziosi
Agricoltori.
In secondo luogo vi si fa conto, e si apprezza più che
in ogn'altro distretto la pastorizia, la quale è il fonda-
mento, e la verace misura di una perfetta, e ricca agri-
coltura. Apparirà in appresso, che oltre le pecore, i ma-
jali, i cavalli, ed altri animali, e malgrado i molti vigneti,
albereti, ed altre coltivazioni, vi sono nel contado di Sci-
cli dei bestiami bovini nella proporzione di un capo per
132
ogni salma di terreno di Palermo. Tanto numero di buoi,
e vacche relativamente all'estensione dei terreni è di
qualche considerazione in Sicilia, nella Contea, ed in al-
cuni paesi di Europa, e spiega come l'arte coltivatrice in
questa città è più fiorente, ed utile, che in molte altre fi-
nitime regioni.
In fine si raccolgono le acque, e si destinano all'irri-
gazione della canapa e degli ortaggi con maggior avve-
dimento, e diligenza, che altrove; ed al pari più spesso
che altrove si commettono alla terra le biade, anzichè
sopra maggesi, o erba spontanea, dopo legumi, o qual-
che altra pianta, la quale poco impoverendola, e ben di-
sponendola al ricevimento dei grani si chiama dai mo-
derni agronomi miglioratrice.
Due volte, che ho avuto il piacere di soggiornare in
Scicli, ho costantemente inteso nelle conversazioni, che
ivi i coltivatori sono più facultosi dei proprietarj, e dei
gentiluomini. E me ne sono sempre sommamente ralle-
grato, perciocchè ho riflettuto, che i capitali stanno me-
glio, e sono più fruttiferi nella prima classe di persone,
che nell'altra; e ne ho similmente conchiuso, che il tra-
vaglio, e l'industria sono nelle differenti coltivazioni ac-
compagnate, e coronate da un successo a sufficienza
prosperevole.
L'ultimo di Maggio portandosi già meglio il Conser-
vatore, ci licenziammo dal Segreto, e da tutti i gentiluo-
mini, e cittadini di Scicli con sentimenti di riconoscenza
per le tante gentilezze, che ci erano da loro state fatte;
ed io particolarmente ringraziai, e proffersi cordialmente
133
i miei servigi ai Signori Lucifora, Penna, e Peralta; nel
quale mi compiacqui di trovare candore, ed ingenuità
spartana, e lumi rispettabili, e fino giudizio in Medicina
non meno, che in Agricoltura. E ritornammo per l'istessa
via, onde eravamo venuti, in Modica, ove il Cavaliere
ricevette da tutti quegli abitanti pubblici applausi, e sin-
cere congratulazioni per il suo felice ritorno, ed il mi-
glioramento di sua salute.
Nel breve tempo, che quest'altra volta in Modica di-
morammo, mi applicai ad ordinare, e distendere le quì
appresso osservazioni generali sopra la Contea, che ora
sottoporrò ai miei leggitori; ed oltre a ciò non feci che
poche visite di complimento, le quali per altro non furo-
no affatto sterili; stante alcune non spregevoli notizie,
che in esse ebbi il piacere di spigolare.
Il Protomedico Papa mi mostrò nel suo vago giardi-
netto del bel lino di sorte autunnale, ch'era stato di pri-
mavera seminato; e mi disse, che gli era riuscito di chia-
rificare mirabilmente il vino col sangue di bue. Io non
gli feci veruna objezione per la verità di quest'ultimo
fatto, ma volli solamente osservare, che puossi ottenere
l'istesso intento col latte, co' bianchi d'uova, con la colla
di pesce ec.
In un crocchio al nobile Caffè intesi, che il peculio, o
capitale quivi destinato alla compra del pubblico fru-
mento, e che alcuni anni fa giunse alla rilevante somma
di 20000 scudi, era ormai totalmente spento; ed oltre a
questo trovavasi per esso gravato il comune di un debito
di sette mila once. Molti della brigata dissero sopra tal
134
soggetto molte cose, ed accennarono non so quali dila-
pidazioni, scioperaggini, e male arti; ma in vece di con-
dannare sì fatti stabilimenti come inutili, e per loro pro-
pria natura perniciosi, messero innanzi certi astratti pia-
ni, e teoretiche riforme, per ben regolarsi, ed impedirne
gli abusi. Pare, che l'uomo pigli più gusto all'illusione,
ed all'inganno, a misura che maggiormente n'è stato la
vittima: e mille esempj non bastano ancora per aprir gli
occhi ai Siciliani, e per persuaderli, che la pubblica au-
torità non si può in nulla dar brighe di annona senza gra-
vissimi inconvenienti; e che non si deve in altro modo a
tale importante bisogna provvedere, che con lo sponta-
neo interesse, e le libere speculazioni dei negozianti, e
dei consumatori.
Sito.
La contea di Modica è una delle provincie meridiona-
li dell'isola, e la differenza tra la sua latitudine, e quella
di Palermo, e di tutte le parti settentrionali si può con-
ghietturare circa un grado. È bagnata dal mare Africano,
ed è come circondata dalle vicine popolazioni di Spac-
caforno, Rosolini, Noto, Giarratana, Buscemi, Buccheri,
Licodia, e Biscari.
135
Aspetto.
Vi sono differenti pianure, così nell'interno, come an-
cora nella costa; e delle quali la maggiore, e più bella è
certamente quella di Chiaramonte, e di Vittoria. Il totale
di questa nobile pianura, che dicesi lunga 20, e larga
dieci miglia circa, si suppone presso a poco venti mila
salme di Palermo; ma ella è un'assai mediocre porzione
quella, che resta compresa nel territorio modicano.
Nulladimeno non si può nel totale altrimenti conside-
rare, che come un paese alpestre, e montuoso, nel quale
l'ineguaglianza, e la rozzezza della superficie spesso
concorre con la gentilezza, ed ornato delle piantagioni, e
coltivazioni alla formazione di vaghissimi paesaggi. Vi
sono quattro o cinque principali cave, o sponde di fiumi-
celli, le quali, come sopra si è esposto, per la singularità
delle loro naturali fattezze quasi non avrebbero prezzo
in Inghilterra, e nelle mani di quei ricchi Lords, and
Gentlemen potrebbero ridursi in tanti orti Esperidi, so-
pra le cui rare, e sopraffine bellezze ha menato tanto ru-
more la favola.
La Contea sarebbe più fruttifera, e più leggiadra, se vi
fussero dei boschi; maggiormente che il suo suolo vi è
adattatissimo. In nessun luogo di Sicilia si è forse tanto,
e così mal a proposito, quanto ivi dissodato, e le legna
vi sono di presente per modo scarse, e care, che si com-
mettono frequentemente dei furti di alberi di ogni sorte
da certi malvagi, i quali gli tagliano di notte, e gli ridu-
cono sollecitamente in carboni, per vendergli in Malta
136
ad altissimo prezzo.
Clima.
Ne' luoghi bassi, e prossimi al mare il clima è dolcis-
simo, ma in quelli assai elevati sopra il livello del mare
vi fa molto freddo, e vi nevica, e diaccia frequentemente
d'inverno; e rare non sono le brine di primavera, e per
sino in tutto il mese di Aprile.
Acque.
Benchè vi manchino de' fiumi propriamente detti, vi
sono però molti rivoli perenni, i quali fanno coltivare
molto di canapa, e di ortaggi, e rendono feracissimi, ed
utilissimi tratti considerabili di terreno. Nè v'è da dubi-
tare, che cotali preziose acque renderebbero più che non
fanno, se acconciamente in canali si raccogliessero, e se
ne facesse uso in campi ben livellati, e per altre piante,
che ora non si pratica, come lino marzuolo, cotone, ta-
bacco, canne da zucchero erba medica ec.
Estensione.
Nel corso della descrizione del viaggio si è parlato
della grandezza del territorio di ogni città della Contea a
seconda delle migliori informazioni, e delle più ricevute
opinioni. È da notarsi però, che giusta una misura fatta
di tutta la Contea nel passato secolo d'ordine, e a spese
del Conte di Modica, la medesima ascende a più di
55000 salme di Palermo, ossia a poco meno di 566 mi-
glia quadrate di Sicilia.
137
Volendo per tanto far qualche comparazione, si può
dire che la Contea di Modica è assai più grande della
provincia di Cremona in Lombardia, e prossimamente
uguale ad un terzo di quella di Milano.
Popolazione.
In tutti gli stati, e luoghi del mondo la popolazione è
la cosa più incerta, e più difficile a conoscersi con accu-
ratezza; e particolarmente in Sicilia, dove essa serve di
regola per la distribuzione di alcune imposizioni tra le
differenti Comunità. Nulla di meno la popolazione della
Contea di Modica, sembra, che non si possa stabilire
meno di 70000; che è 124 circa per miglio quadrato.
Il Pozzallo essendo uno dei piccoli caricatori del Re-
gno, ed acconcio al commercio conterrebbe di certo più
di 700, o 800 abitanti, quanti di presente ne contiene, se
i Conti di Modica non avessero sempre proibito di fabri-
carvisi delle novelle case, per timore che ingrandendo
non potesse aprire l'adito a certe fiscali speculazioni.
Motivi, e principj di tal sorte non possono ormai più
aver luogo; e giova sperare, che S. R. M. vorrà compia-
cersi di promuovere l'accrescimento di questo marittimo
villaggio, per l'utile della Contea non meno, che di tutta
la Valle di Noto.
Terreni.
La qualità, o specie di terreni, che a tutte le altre pre-
vale nella Contea, si è quella degli sciolti, sassosi, calca-
rei, ed aridi. Tuttavia non meritano in buona parte la de-
138
nominazione di magri, essendochè vi si ritrova a suffi-
cienza di humus o terriccio, specialmente nelle valli, e
lungo i rivoletti, e torrenti. Sono pure in generale di pic-
colo fondo; e tutto ponderato, non dubito di affermare,
che non darebbero la metà, e forse il terzo di quelle rac-
colte, che ora danno, se non fossero, sin da tempi anti-
chissimi, stati divisi ad enfiteusi; se l'industria cioè sti-
molata dall'amore della proprietà non avesse quivi fatto
trionfare l'arte sopra la natura.
Agricoltura.
La sua agricoltura è più diligente, ed industriosa, che
raffinata, e perfetta. Con effetto tutte le pratiche relative
alle ruote di raccolte, alle macchine agrarie, agl'ingrassi,
ai lavori, ai prati ec. non sono meglio intese, e più lode-
voli nella Contea, che in tutto il resto dell'Isola. E le
chiusure, e la coltivazione della canapa sono pressochè i
soli oggetti, per li quali la modicana agricoltura si di-
stingue da quella di tutto quasi il regno, e si parifica in
alcuni punti alla migliore di Europa.
Senza la divisione dei poderi in chiusure di due, o di
tre salme concepire in qualunque paese non si può per-
fetta agricoltura; e gli agricoltori di Modica sanno per
esperienza, che per es. se si difendono i seminati, e le
piantagioni dal guasto delle bestie, e degli uomini, si ri-
sparmia molta spesa nella custodia dei bestiami, si con-
suma da questi meno di foraggio, e quel che non è di
lieve importanza, si possono senza imbarazzo, o incon-
veniente destinare ai migliori, e più vantaggiosi usi le
139
differenti porzioni di qualunque possessione. E qual ric-
co capo d'industria sia per quelle campagne la canapa lo
prova il fatto, che un tumolo di terra ne rende da uno a
due quintali, il che significa per salma da cento a du-
gent'once di lordo. Tale prodotto è assai considerabile, e
poco differente da quello, che ottener si suole in Terra di
lavoro, voglio dire quattro, o cinque fasci per moggio; e
quanto al profitto netto, a tenore dei calcoli fatti, e delle
notizie avute sopra luogo, non è esso certamente sprege-
vole, e probabilmente si avvicina a quello, che ricavar si
suole da questa pianta in Inghilterra, cioè da cinquanta a
sessant'once per salma di Sicilia.
I Coltivatori per tanto della modicana campagna tener
deggiono nel massimo pregio, ed estendere per quanto è
possibile, e migliorare la pratica delle chiusure, e la se-
minazione della canapa; ed inoltre adottare più lodevoli
ruote di raccolte, ed adoperare una quantità maggiore
d'ingrassi. Le maggesi nette sono in ogni sito, e circo-
stanza vituperevoli, ma sono affatto intollerabili nei ter-
reni leggieri, ed arenosi della Contea, una buona parte
dei quali converrebbe metterli a prati o naturali o artifi-
ciali, e coltivare gli altri, ossia gli arabili, col seguente
giro di produzioni.
1 Legumi, o somiglianti erbe.
2 Frumento.
3 Legumi, o somiglianti erbe.
4 Orzo.
O pure, quando si volessero più frequentemente bia-
de.
140
1 Legumi ben ingrassati, e ben puliti dalle malerbe.
2 Grano.
3 Orzo: e questa è la famosa coltura della provincia di
Kent in Inghilterra.
Pastorizia.
Considereremo brevemente gli appresso quattro arti-
coli
1 Quantità di Bestiami.
2 Qualità degl'istessi.
3 Le Cascine.
4 La natura dell'erbe o pascoli.
Quantità – I buoi, e le vacche nei differenti luoghi
della Contea si credono dagl'intelligenti come siegue.
Monterosso 1400
Chiaramonte 250
Vittoria 830
Ragusa 5000
Modica 4200
Scicli 6000
Buoi, e vacche di tutta la Contea, 17680
ossia ½ circa per salma di Palermo.
Le pecore e capre si calcolano
in Monterosso 4000
in Chiaramonte 2000
in Vittoria 12300
in Scicli 10000
141
in tutte e quattro 28300
E si conghiettura, che in Ragusa, ed in Modica possa-
no esservene più di 20000, ed in tutta la Contea circa
50000; che è presso ad una pecora per salma di Paler-
mo2.
Di cavalli, asini, muli, majali ven'è buona copia; e
tutto considerato, il contado modicano si può riguardare
per l'articolo dei bestiami, come una delle più diviziose
provincie del Regno.
È da notarsi, che quivi abbondano gli animali bovini,
ancorachè si macellassero molti vitelli, e molti gioven-
chi si esportassero per Malta; ciò che c'insegna, che tutti
i regolamenti, e le restrizioni sopra gli usi, ed il com-
mercio dei bestiami sono perniciosi, ed inutili; concio-
siachè gl'istessi si multiplicano in ragione, che si consu-
mano. In una conversazione in Ragusa alcuni declama-
vano contro la pratica di ammazzar vitelli, e desiderava-
no su questo punto rigorose proibizioni; ma io rappre-
sentai loro, che per esse perturbandosi la proprietà, e li-
mitandosi la libertà del coltivatore, e vitelli, e buoi, e
vacche si sarebbero diminuite: ed il Barone di Donnafu-
gata aggiunse, che cotali odiosi divieti non potevano
giammai eseguirsi, e citò l'esempio di alcuni anni addie-
tro, quando essendosi tentato in forza delle nostre vec-
142
chie prammatiche d'introdurli in quei paesi, e procurarne
l'adempimento, gli agricoltori, che volevano vendere dei
vitelli, rompevano loro prima qualche gamba, onde ne
comparisse permessa l'uccisione, perchè erano di guasto
giusta l'espressione della legge.
Qualità – I buoi sono grandi, e di forma piuttosto van-
taggiosa, perciocchè hanno piccole ossa, e però son di-
sposti ad ingrassarsi con poco comparativo foraggio.
In Ragusa, secondo i rapporti del Signor Bertini, e dei
migliori macellai, un bue, che pesa di netto 444 rotoli,
contiene di ossa 80 rotoli circa; ed in Scicli, a tenore
delle informazioni avute dal Signor Peralta, in un bue,
che pesa di netto 400 rotoli, vi sono rotoli 40 circa di
ossa, e 360 di pura carne: e queste osservazioni fanno
vedere, che nei manzi della Contea la quantità delle ossa
rispetto alla pura carne è poco significante.
Di più non sono leggieri nei quarti di dietro; e però
somministrano a sufficienza della miglior carne. Il Si-
gnor Peralta fece, a mia richiesta, su di ciò le più sottili
ricerche, e mi certificò, che nei manzi di Scicli i due
quarti anteriori, supposto l'animale di quattro quintali,
ed incluso il collo, e fuori le ossa, pesano ordinariamen-
te rotoli 196, ed i due posteriori 166.
Con tutto questo uopo è confessare, che si conosce
poco la necessità, e non si adopera la dovuta diligenza
nello scegliere tali i maschi, e le femine per la propaga-
zione della specie, che sieno morbide al tatto, ed abbia-
no corpo rotondo, o cilindrico, sottile pelle, ed agevole
temperamento.
143
Le vacche danno in generale molto, e grasso, e zuc-
cheroso latte; cosicchè, per diverse esperienze fatte da
S. A. R. il Principe nostro Ereditario al pari del suo Au-
gusto Genitore delle cose della villa intendentissimo, su-
perano in questo l'istesse famose vacche di Lugano.
Le pecore non sono grandi, ma di buona forma, e co-
perte di lana piuttosto corta, e gentile; e gli asini, ed i
muli si reputano i più eccellenti tra i nostrali.
Cascine – Il burro, ancorachè da taluni si tenga in
pregio, riesce di pessima condizione; perchè non si fab-
brica da fior di latte, ma da ricotta prossima ad inacidi-
re; ed i formaggi, e caciocavalli non hanno veruna sin-
gularità, che gli raccomandi sopra quelli di tutto il resto
dell'Isola. Qual peccato che con una preziosissima sorte
di vacche, e di latte abbiano a farsi dei burri, e caci doz-
zinali, e niente paragonabili a quelli di Lombardia, e
d'Inghilterra!
Natura de' pascoli – S'immaginano non pochi, che la
bontà dei bestiami di Modica si debba al suo clima, al
suo suolo, e molto più a' suoi pascoli; ma questo è un er-
rore grossolano, essendochè la medesima è quasi unica-
mente l'effetto delle belle, ed utili razze. Tuttavia negar
non si può, che l'erbe da prato, come quelle che vegeta-
no in terreni sottili, asciutti, calcarei, pietrosi, sono quivi
assai nutritive, ed ingrassanti; valendo forse una libbra
di così fatti foraggi altrettanto che due di diversi luoghi
del Regno. E dico diversi, perciocchè, senza parlare del-
la Valle di Noto, s'incontrano nella Valle di Mazzara dei
terreni, e delle piante pratensi, che sono uguali, o supe-
144
riori in qualità a quelli della Contea, e particolarmente
nella contrada di Valledulmo, nel territorio di Corleone,
ed in S. Stefano la Quisquina immensa, e fertilissima
baronia del Principe di Belmonte. Io visitai questa atten-
tamente, e minutamente nel 1803, e rimasi tanto com-
piaciuto, ed incantato dell'abbondanza, rigoglio, dilica-
tezza, e copiosa sostanza dell'erbe de' suoi campi, che
mi parve di essere veramente in mezzo alle celebri pra-
terie del Lodigiano in Lombardia, del Pays d'Auge in
Normandia, e della provincia di Leicester in Inghilterra.
Non è questo il luogo opportuno di esporre le osserva-
zioni numerose, ed interessanti, che allora feci sopra le
pasture, e la pastorizia di una così egregia campagna; e
solo per dirne qualche cosa rapporto, che nel 1808, il
quale non fu uno degli anni più propizj pei bestiami, da
5000 pecore pascolate sopra salme 590 circa delle sue
terre si allevarono 1104 agnelli, e si ricavò
di cacio quint. 374, ossia quin. 748/100
di ricotta quint. 84 8 168/100 per centinajo.
di lana quint. 74 148/100
E questi prodotti di cacio, e ricotta, superiori, per
quanto io sappia, di cinquanta per cento ai comuni, e di
venticinque per cento ai migliori di Sicilia, mostrano, e
collocano nella maggior luce l'eccellenza di quei pingui,
ed incomparabili prati.
145
Rendita.
La seguente tavola di tutti i differenti proventi della
Contea, formata d'ordine del Signor Tommasi dal valen-
te Ragioniere Signor Giuseppe Contarini, dà un'idea ba-
stantemente completa, e distinta della totale rendita del-
la medesima calcolata sopra il medio degl'introiti di cin-
que anni.
DIMOSTRAZIONE SOMMARIA
DELLA RENDITA LORDA
DELLA CONTEA DI MODICA
SECONDO I RESULTATI DI UNA COACERVAZIONE DI CINQUE ANNI
DECORSI DA SETTEMBRE VI IND. 1802
(PRIMO ANNO DELL'ATTUALE POSSESSO DEL FISCO)
A TUTTO AGOSTO X IND. 1807.
146
di Monte-
rosso 205 9 3 2 12 3 2 2 217 13 2 . 5 11 . . 1160 20 16
Caricat. del
Pozzallo ... . . . 4 2 2 3 4 2 2 3 5 20 5 1 23 19 13
4602 14 1 2 197 7 3 3 4800 6 1 1 .. .. . . 26719 12 9
ANNOTAZIONI.
I censi, dovuti parte in frumento e parte in denaro, sono di
quantità certa, ed invariabile. Variabile però diviene il prodotto di
quelli, che si esigono in frumento secondochè sono sempre diver-
si i prezzi di questa derrata; onde per essi ha dovuto aver luogo la
coacervazione, che si è fatta sull'effettivo ritratto in denaro di cia-
scun anno.
Tutti gli altri introiti, che si esigono in frumento, ed in denaro,
inclusi quelli dei feudi, e delle terre, sono di quantità variabile;
sicchè per essi parimenti ha dovuto aver luogo la coacervazione,
in cui perciò si è computato quanto di anno in anno si è ritratto in
denaro dalle vendite, dagli affitti, e talvolta dalle amministrazioni
economiche.
Quando i prezzi dei frumenti decadano dallo stato, cui arriva-
rono nel sopraddetto quinquennio, che sempre sorpassò le cinque
once per ogni salma, il qual decadimento si è cominciato a verifi-
care nei due anni XI e XII. Ind. 1808 e 1809, allora per conse-
guenza diretta dovrà risentire una notabile minorazione la rendita
coacervata nel presente foglio.
Per li feudi, e le terre altri non s'intendono, che i seguenti
Appartenenti allo stato di Modica.
Feudi di Ciarbari, e Castelluzzo
posseduti in comune colla Com-
menda Gerosolimitana di Ran-
dazzo, per la porzione, che spetta
alla Contea once 245 11 18
147
Terre, e Torre di Sta in pace per
annue once 107 .. ..
once 352 11 18 once 352 11 18
148
Appartenenti al Caricatoio del Pozzallo.
Terre della Difesa per annue once 25 6 .
once 1315 17 3
149
so di anni più costanti in valore, e per l'esperienza degli
andati tempi più conformi agl'interessi dei padroni diret-
ti, che quelli in moneta; tuttavia sono sicuramente i pri-
mi più semplici, più facili a riscuotersi, e più favorevoli
all'industria, ed alla agricoltura. Per la qual cosa ove i
censi in frumento della Contea si convertissero in censi
in denaro, dubio non v'è, che cesserebbero e le variazio-
ni nella sua entrata, e gl'imbarazzi nella sua amministra-
zione; ed è inoltre incontrovertibile, che si libererebbero
quei proprietarj, e coltivatori da una contribuzione, la
quale è sempre aspra, e molesta, e può agevolmente di-
venire oppressiva, ed insopportabile.
Arti, e Commercio.
Non vi sono nella Contea manifatture propriamente
dette di qualsisia sorte; e potrebbero con utile sommo
introdurvisi quelle di cotone, e di seta, maggiormente
che il suo suolo, e clima è in diversi siti assai propizio
alla produzione delle loro materie gregge.
I principali articoli del suo commercio sono i grani,
gli orzi, i vini, la canapa, i bestiami, i caci, le carubbe.
ec., dei quali se ne manda buona quantità al di fuori
dell'Isola, e principalmente in Malta, con la quale fanno
tutte quelle popolazioni un ricchissimo traffico.
È cosa degna di considerazione, che i Maltesi, e
gl'Inglesi di rado comprano le derrate territoriali della
Contea con moneta, e quasi sempre danno in cambio per
esse dei generi coloniali, e dei mussolini, dei panni, e
delle altre manifatture. Questo, e cento altri esempj fan-
150
no conoscere, che le provincie, e gli stati tanto al far dei
conti vendono tra loro quanto comperano, che nelle loro
vendite e compre v'entra pochissimo denaro, e non si
barattano se non se le derrate degli uni con quelle degli
altri, e che le idee astratte di commercio attivo, e di bi-
lance favorevoli di commercio sono, di piccole ed insi-
gnificanti somme in fuori, quasi intieramente immagina-
rie.
Comodi, e piaceri della vita,
Le carni di vitella, e di giovenco sono comuni per tut-
ta la Contea, e veramente esquisite; le anguille, e le trot-
te assai dilicate, ed i pesci di mare molto copiosi, ed a
buonissimo mercato. I vini di Vittoria, e di qualche altro
distretto hanno meritata rinomanza di amabili; gli ortag-
gi, e le frutte piuttosto vi abbondano: e da Malta pronta-
mente, ed incessantemente vi si riceve quanto si richie-
de di zucchero, di caffè, di rum, di rosolj, di mussolini, e
di tutte quelle merci oltre marine, che necessitano al po-
polo, e servono agli agi, ed al lusso dei benestanti, e dei
grandi. Si comprende per tanto, che la Contea di Modica
appresta quello che fa mestieri per i bisogni, e le delizie
degli abitanti suoi così largamente, che qualche altra
parte di Sicilia bastantemente prosperata dalla natura, e
dalle circostanze.
Essendosi rimesso perfettamente in salute il Conser-
vatore, il dì 2 di Giugno ci avviammo di buon'ora ad
Avola. Noi fummo quella mattina più allegri, che non
eravamo stati per diversi giorni, forse perchè ci piaceva
151
il dipartirci dagli oggetti della Contea, i quali comechè
interessanti, e dilettevoli avevano or mai perduto il se-
ducente pregio, o orpello della novità; e forse anche per-
chè era l'imaginazione nostra di già accesa, e godeva
con anticipazione del piacere della vista dell'illustre pa-
tria di Archimede, e della bella, e magnifica Catania. Al
che inoltre si aggiungeva, che l'aria aveva allora una
gratissima temperatura, e spiravano da Greco gentilissi-
mi venticelli, i quali facevano graziosamente ondeggiare
le già biondeggianti spighe, ed il sole con discreti inter-
valli ora risplendeva, ed ora per metà si occultava sotto
certe bianche nuvolette, che in forma di bizzarri rabe-
schi una gran parte ricuoprivano del nostro Orizzonte.
Il suolo, e le coltivazioni di questa orientale porzione
del territorio di Modica sono assai simili a quelle di so-
pra descritte della occidentale; mi asterrò quindi dal far-
ne parola, ed unicamente esporrò le particolarità, che mi
furono date per istrada, di uno di quei poderi, e che pos-
sono sempre migliorare le idee sopra lo stato dell'agri-
coltura in questo cantone dell'Isola.
Estensione – Salme di Palermo 50
delle quali 30 con alberi.
Bestiami – Buoi 13
Vacche 5
Pecore 220
Cavalle 3
Asini 6
Principali prodotti – Frumento ed orzo
152
salme generali 100
Cacio quintali 12
Ricotta ec. once 8
Carubbe quintali 300
A cinque, o sei miglia entrammo nel territorio di
Noto, ed attraversammo Cammaratini, del quale con ti-
tolo di Principato ne ha la signoria il Principe di Fitalia.
La sua grandezza si dice salme di Palermo 750, ed il suo
fitto, tutto compreso, once 2400; e potrebbe senza esa-
gerar la bisogna, rendere due volte altrettanto, se vi si
praticassero le acconce piantagioni di ulivi, di vigne, di
sommacco, di alberi da frutta, o da legname, e diversi
altri utilissimi miglioramenti, dei quali esso è mirabil-
mente capace. Non si deve credere tuttavia, che sia to-
talmente negletto, o trasandato; essendochè v'ha a suffi-
cienza di carubbi, ed anche di ulivi, i quali ove fussero
convenevolmente potati, zappati, ed ingrassati sommini-
strerebbero molto frutto: e non vi si desiderano in alcuni
poggetti, e valloncelli delle folte macchie, e boscaglie,
le quali convertir si potrebbero in profittevoli selve, e
compartiscono ad alcuni di quei più avventurosi siti cer-
te forme, e fattezze dei deliziosi anglochinesi giardini. Il
Signor Tommasi, ed io, per meglio goderne, scendemmo
dalla lettica, e quindi osservammo con speciale compia-
cimento la nobile chiusura di pietre, e la scelta vigna di
35 migliaja postavi non è molto dal Principe con la dire-
zione, ed assistenza del pregiabile mio amico Cavaliere
Signor Luigi di lui fratello: e ci rallegrammo nell'udire,
153
che essa era ben riuscita, ed a sette anni aveva data la
sua prima produzione di cento e dieci salme di piacevo-
le vino.
Ci fermammo alcune ore, e facemmo la nostra cole-
zione nelle case di Gisira, che è un fondo assai esteso, e
vicino, e quasi dell'istessa qualità, ed aspetto che Cam-
maratini. Con effetto nell'uno, e nell'altro i terreni sono
leggieri e poco profondi, e grassi, non vi mancano natu-
rali boschetti, e vi prosperano maggiormente gli alberi e
gli arbusti, che le biade, e particolarmente i frumenti.
Discorrendo con quei coltivatori intesi, che in quella
contrada tutti i carubbi erano ermafroditi, ma che altro-
ve se ne trovavano di quelli, i quali avevano i due sessi
in due piante differenti. Appresi poi da loro qualche
lume, e circostanza, che mi necessitava per la dilucida-
zione delle seguenti notizie sopra il contado di Noto, e
parte delle quali aveva tempo fa io stesso in quelle cam-
pagne raccolte, e parte mi erano state gentilmente comu-
nicate dall'erudito Canonico Signor Luigi Astuto.
Noto adunque, che è una città di presso a dodici mila
anime, adorna di gentili strade, e belli edifizj, ed abitata
da alcune famiglie ragguardevoli, ed abbondanti dei
beni di fortuna. Noto, che fu completamente distrutta
dal terremoto del 1693, ed indi in altro miglior sito ri-
fabbricata; e che dà il nome ad una delle tre Valli, in cui
tutta la Sicilia è divisa, ha un amplissimo territorio, che
si computa di trentotto mila salme circa di Palermo.
Queste sono presso a poco per metà arative, e seminate
a biade, e coltivate ad alberi, ed erbe di più sorti, e per
154
metà sono sode, e boschive, e coperte in una considera-
bile estensione di lentischi, di peruggini, di ulivastrelli,
di ciafaglioni spinosi, di erica volgare ec.
I terreni della così detta piana sono grassi, ed argillo-
si, e tutti gli altri, che sono pure il maggior numero, al
contrario leggieri, asciutti, ed in più luoghi sassosi: e nei
primi si raccoglie tumminia, sambucara, castigliona,
paola, e russia, e nei secondi, tolti quelli destinati a
piantagioni, unicamente orzo, e majorca. Una porzione
poi non piccola dell'anzidetta pianura è irrigata utilissi-
mamente dalle acque dei due fiumicelli Eloro, ed Asina-
ro, e produce con ingente vantaggio dei proprietarj e de-
gli agricoltori canapa, ed ortaggi, non altrimenti che i
campi innaffiati della Contea, dei quali abbiamo di so-
pra replicatamente favellato.
Sonovi molti latifondi, tra quali Mancini di più di due
mila salme di Palermo; ed i conventi di monache, e le
altre case religiose, ed opere pie di Noto possiedono del-
le larghissime tenute, che, giusta il parere dei più savj, si
dovrebbero ad enfiteusi con lodevoli modi distribuire,
per migliorarne la condizione, ed il coltivamento.
Fa maraviglia, come in 38000 salme di terre ve ne
sieno 19000 incolte, e come in tutte non vi sieno più di
12000 abitanti: e si può domandare, se mai vi è poca
gente perchè vi è poca coltura, o vi è poca coltura per-
chè vi è poca gente? Diversi su di ciò diversamente opi-
nano; e dovendo anch'io sullo stesso argomento il mio
giudizio proferire direi, che in un paese nuovo, e disabi-
tato, quale fu un tempo, ed è ora in molti distretti l'Ame-
155
rica, può esservi molto di terreno greggio, ed infruttifero
perchè vi sono pochi uomini; ma in un paese antico, e
da remotissimi tempi popolato, qual'è la Sicilia, ciò non
si può verificare3: cosicchè il mancamento in questa di
uomini indica sicuramente difetto di coltura, ossia di
ricchezza, di capitali, d'industria, e di tutte le cose, che
la stessa promovono, e, principalmente di pronta, ed uti-
le consumazione.
Si fanno in Noto buonissimi vini, ed ognuno potrà
ben figurarselo riflettendo sopra la qualità di quei terre-
ni, i quali sono caldi, e sottili, e sopra la natura di quel
clima, il quale è così dolce, che per esperienza la Musa,
e l'Indaco vi vengono, senza veruna cautela, nella mag-
gior perfezione, ed il Termometro con la scala di Reau-
mur di rado segna cinque gradi sopra il diaccio nei più
aspri freddi dell'inverno. Si loda quivi assaissimo tra le
uve da tavola la Tiro, o Tirio, che è simile alla Corniola;
e tra quelle da vino l'Albanello, che porta acini bianchi,
con buccia sottile, callosetti, molto zuccherosi, e con la
quale si fabbricano soavi liquori.
Per le altre frutte, comechè delle pregevoli, e rare ve
ne sia scarsezza nei comuni giardini, se ne trovano però
le seguenti sorti in quello del Canonico Astuto, e di
qualche altro dilettante.
Meli – Vergato, Limoncello (Melocola di Catania), di
Genova, della Cattiva.
3 Gli uomini, e gli animali, tutti moltiplicano sempre, e con in-
credibile rapidità, quando hanno di che vivere abbondante-
mente.
156
Peri – Butiro, Bergamotto, Licciardone, Giallotto,
Butiro d'inverno, Burè salerno, e fastochino, la cui frutta
regge nell'albero per tutto Novembre, e colta, e conser-
vata matura più tardi di ogni altra pera d'inverno.
Le carni di Noto sono in venti anni, per quel che mi si
disse, raddoppiate di prezzo; per lo meno è indubitato,
che la vitella, la quale nel 1792 si vendeva un tarì il ro-
tolo, vale di presente tarì due. La mercede pure dei lavo-
ranti di campagna si è accresciuta nel medesimo perio-
do; e si paga ora per sarchiar grani trenta grana il gior-
no, quando nel 1790 se ne pagava prossimamente venti.
Verso le ore 19 ci rimettemmo in viaggio con sensi di
riconoscenza per le gentilezze, che ci aveva compartite
quel cortese, ed intelligente Fattore, e tutta la sua gente.
La campagna sino alle tristi, ed orride portelle di
Noto è sabbiosa, disadorna, e selvatica; quindi sino
all'Asinaro è più ferace, e più avvivata: e di là sino ad
Avola un aggregato non interrotto si può denominare di
ameni pomarj, nei quali trattengono maggiormente
l'occhio, e fissano l'attenzione i noci, le viti, gli ulivi, ed
i mandorli. A mezzo miglio dall'abitato venne ad incon-
trarci il Barone Greco con qualche altro ragguardevole
cittadino, il quale, accoltici in carrozza, ci condusse alla
casa del Proconservadore, nella quale fu il Cavalier
Tommasi astretto di alloggiare, perciocchè non fu possi-
bile di ritrovare a tal uopo nè una locanda, nè un con-
vento di Frati. Quivi ricevemmo la sera una graditissima
visita del Marchese di Terzana, il quale insieme col Ba-
rone di Trefiletti di Ragusa colà espressamente da Noto
157
si recò per salutare il Conservatore, e tenergli compa-
gnia per tutto quel tempo, che si fosse in Avola trattenu-
to. Ringraziò questi l'uno, e l'altro vivissimamente, e
particolarmente il Marchese, il quale supponendo, che il
Cavaliere dovesse quel giorno passare per Noto aveva
quivi messo in ordine, per quanto da tutti ce ne fu detto,
un pranzo così lauto, ed una festa tanto magnifica, che
desiderar si poteva per trattar bene, od onorare qualun-
que più illustre personaggio.
La cena fu abbondante di dilicate vivande, e di mae-
stosi ed imperiosi vini; e prima di essa godemmo della
grata, e colta conversazione dei due soprannominati
gentiluomini, e di quella del Barone Greco, e di alcune
primarie persone del paese, alle quali feci molti quesiti,
a fine di rettificare, e vie maggiormente accrescere le
note da me prese nel 1792 sopra lo Stato di quel paese, e
della sua agricoltura.
Riunendo per tanto insieme le mie osservazioni fatte
in due differenti anni sopra quel luogo dico, che Avola è
dei Duchi di Terranova, o Monteleone, poco discosta dal
mare, popolata di sette mila anime, abitata da alcune co-
mode, e rispettabili famiglie, ed abbellita dalla lindura,
ed acconcia disposizione delle strade, e degli edifizj. Vi
è una piazza assai ampla, e pulita; la via carrozzabile in-
cominciata dal lato di Noto è salda, spaziosa, piacevole;
e la popolazione non presenta generalmente segni di po-
vertà, o di poca laboriosità, ed industria.
Il suo territorio non oltrepassa forse le due mila salme
di Palermo; il clima è molto caldo: ed il suolo si può ap-
158
pellare in toscano pingue alberese, nel quale non prova-
no assai le biade, e vengono egregiamente gli alberi, e
gli arbusti. Di fatti sono assai più questi, che quelle, fon-
te di travaglio, e di ricchezza per gli abitanti suoi, sicco-
me rilevar si potrà dal quì appresso ristrettissimo quadro
delle sue rurali produzioni.
Frumenti – Se ne semina poco, ed il loro ricolto è or-
dinariamente cinque, o sei salme generali per salma di
Palermo. Le sorti, che più si coltivano, sono Russia
bianca, Majorca, Tumminia.
Ulivi – Ven'ha in una quantità molto considerabile;
questi alberi tuttavia non si potano opportunamente, e
l'olio nella massima parte riesce di trista qualità, perchè
si ricava da olive fermentate, e riscaldate.
Vino – È questa per Avola una importantissima derra-
ta. Le più stimate uve nere sono ossonero, nero campa-
nello, calabrese, mantonico, vernaccione nero; e le bian-
che caterratto bianco, caterratto rosso, vernaccia bianca,
albanello, passolara, zolia bianca.
Il mosto si fa sempre fermentare per qualche tempo
con le vinacce; tanto più che il color nero conduce nota-
bilmente alla buona riputazione, ed alto prezzo del vino.
Si computa l'annua produzione di questo 4000 salme,
ciascuna di 100 quartucci di 30 once, che costituiscono
un articolo di pubblica entrata di circa 20000 scudi.
Carubbi – Abbondano per tutti quei campi, ma il loro
frutto, come altrove, è presentemente un genere di pic-
cola utilità.
Mandorli – La mezzana annua raccolta delle mandor-
159
le si stima per approssimazione salme 1500, che vaglio-
no un anno con l'altro circa 12000 scudi.
I mandorli, che più si apprezzano in Avola sono quel-
li, che stanno poco tempo in fiore, ed il cui frutto allega
sollecitamente; similmente quelli, che provengono da
mandorle dolci, e che sono messi tra le vigne, percioc-
chè profittano della bontà, e frequenza dei lavori di que-
ste.
Si multiplicano o da piante spontanee che nascono
sotto i vecchi mandorli, o da sementi, sia che queste si
pongano in un semenzajo, o nel luogo istesso della pian-
tagione in Agosto o in Settembre.
Sogliono collocarsi a 60 palmi l'uno dall'altro per
ogni verso; e secondo questa distanza in una salma di
Palermo ven'entrano 80 circa, che quando sono adulti
rendono anno comune salme quaranta di mandorle, os-
sia da once 120 a 130.
Non s'innestano prima dei sei anni, cominciano a frut-
tificare a dieci, sono in pieno frutto a quindici o venti,
periscono prima dei 60. Si comprende per tanto, che vi-
vono poco, e sono tardetti a produrre; ma quale profitto
dà la terra in 60 anni ed in mandorle, ed in vino, e con
unica spesa di coltivazione?
Ad ogni modo per le anzidette osservazioni, e calcoli,
e per moltissimi altri, che mi è occorso di farne in varj
luoghi del Regno, non dubito di riputare il mandorlo,
come uno dei più utili, e pregevoli alberi tra quelli, che
vi sono in Sicilia; ed oso pronunziarlo uguale, o superio-
re in merito all'istesso ulivo. Certo che questo dura più,
160
e negli anni fertili dà assaissimo; ma quello è più presto
a dar frutto, lo somministra quasi regolarmente
ogn'anno, e chiunque sa che il ricolto delle mandorle è
incomparabilmente meno costevole, che quello delle
ulive.
Intesi in Avola, che i mandorli di tanto in tanto si po-
tavano, e che le fascine, che quindi se ne ritraevano, ap-
portavano un qualche guadagno. Questa pratica non mi
sembra decisivamente lodevole, avvengachè egli è un
principio pressochè generale, che gli alberi, i quali van-
no soggetti all'orichicco, o gomma, come mandorli, pe-
schi, ciliegi, albicocchi, susini non si devono quasi mai
toccar con ferro, altrimenti presto invecchiano, e muojo-
no.
Avola fu un tempo celebre per l'industria delle canne
da zucchero; e nel 1792 che io vi fui la prima volta si
coltivavano ancora nella quantità di circa una salma. At-
tualmente se ne piantano poche per farne del rum; e si è
per modo rinunziato alla fabbricazione dello zucchero,
che sonosi di già trasportati a Castelvetrano tutti gli or-
degni necessarj per una tale manifattura.
Come, e per qual cagione declinò, e quindi venne to-
talmente meno la coltivazione di sì fatte canne, che un
tempo fu assai estesa, e non lieve utilità apportò a tutta
Sicilia, è un problema, che incessantemente si propone,
e si procura di sciogliere nei crocchi più istruiti del pae-
se. Molti affermano, che ciò è avvenuto, perchè dopo la
scoperta del nuovo mondo lo zucchero nostrale non ha
più potuto sostenere la concorrenza con quello dell'Indie
161
occidentali; e perchè quivi una quantità di terra ne som-
ministra più, che tra noi, e perchè, impiegandovisi il tra-
vaglio dei Neri, viene a miglior mercato a quei proprie-
tarj, ed agricoltori, che ai siciliani.
Che una salma per esempio di terra messa a canne da
zucchero alla Giammaica dia, stante la differenza del
clima, più di questa preziosa droga, che nell'isola nostra
non è improbabile; ma dovrebbe tuttavia dimostrarsi
con esperimenti di paragone. Che poi il lavoro degli
schiavi, tutto calcolato, costi meno di quello degli uomi-
ni liberi, vi sono degli argomenti di fatto per negarlo; ed
Arthur Young ha fatto vedere con irrefragabili docu-
menti, che nelle colonie inglesi l'opera delle mani serve
è di quella delle libere spesse volte più cara. Del rima-
nente uopo è confessare, che lo zucchero così detto co-
loniale si può di presente consumare da noi a miglior
prezzo, che quello proprio di Sicilia, se non per le anzi
allegate ragioni, almeno per le quì appresso, che sono di
gravissimo peso.
1º Essendo l'interesse del denaro assai alto in questo
Regno, non vi s'impiegano quei grossi capitali, che ri-
chiederebbe questa coltura, e manifattura per il suo pro-
sperevole successo.
2º Per l'istesso motivo il coltivatore siciliano non può
contentarsi nella vendita dello zucchero dell'istesso pro-
fitto, che l'inglese, o quegli di altra nazione più ricca
della nostra.
3º Mancano in Sicilia quelle macchine, quei modi di
coltivazione, che nelle campagne dell'altro Emisfero ab-
162
breviano, e risparmiano il travaglio.
4º S'ignora l'arte di raffinarlo; tantochè quello, che a
tempi nostri si faceva in Avola era nericcio, e sopra
modo impuro.
Niente di meno la perdita, che ha sofferta la Sicilia di
questa abbagliante specie di coltivazione a me rincresce
meno, che a molti altri; dappoichè ho miei dubj, che in
varie circostanze possa essere meno utile di quella del
riso, della canapa, del lino marzuolo, dell'erba medica
ec., ed ho adottata la ferma massima, che le produzioni
tutte non si devono apprezzare in ragione della loro rari-
tà, e di non so quali loro intrinseci pregi, ma in propor-
zione del guadagno netto che apportano.
Prezzi di alcuni generi.
Manzo grana 32
Il rotolo di once 30.
Formaggio 40
Pane 4 once 13.
Mandorle once 3 6 salma.
Vino 2 8 salma, che è 100 quartucci di
once 30.
Salarj.
Giornata di un con-
tadino tarì 2 5 e tre quartucci di vino.
Giornata di un mu-
ratore once 3 10
163
Il colore degli abitanti di Avola ha un non so che del
lionato, o tanè; ed il clima vi è tanto caldo, che al co-
minciamento di Giugno le biade tutte erano quivi taglia-
te, e l'erbe dei prati così aride che di Luglio. A fine per
canto di schivare gl'incomodi di quell'ardentissimo sole,
la mattina del dì 3 partimmo per Siracusa più presto che
potemmo; e ringraziammo, e salutammo di cuore il ba-
rone Greco, ed il Proconservadore Guarino, che uomo
veramente da bene riputammo, avvengachè la fama, ed i
suoi patriarcali lineamenti per tale ad ogni modo ce lo
annunziavano
Sino al Cassibili i terreni, e le coltivazioni sono per-
fettamente simili a quelle descritte di sopra; e mirammo
con piacere questo fiumicello e per l'ornato delle sue
sponde, e per la chiarezza delle sue acque, e per la con-
siderazione, che le stesse utilmente, e lodevolmente
s'impiegavano all'innaffiamento, e fecondazione dei
campi. Stavano ivi allora a lavare i loro panni molte vil-
lanone, e pastoracce; e ci diedero da ridere, e divertirci i
goffi complimenti, che ci fecero, ed i rozzi dettati, co'
quali ci favellarono = Ecco le Najadi, rivolto a me disse
il Cavalier Tommasi, che quella mala lanuzza dei poeti
ci dipingono come amabili, vezzose, gentili, ed in con-
clusione sono quelle, che or voi vedete, sciatte cioè, e
brutte befane =
Dal Cassibili sino a Siracusa la campagna non è giuli-
va per gli sforzi felici dell'arte, ma ella è oltre misura
ricca per gli egregj doni di natura. È essa una larga, ed
aprica pianura, la quale ha da un fianco il mare, e
164
dall'altro varj monticelli, e colline, che ora più ora meno
dal lido si scostano: gli albereti, e le campestri abitazio-
ni piuttosto vi scarseggiano: il suolo però è nella mag-
gior parte fertile, ed in alcuni luoghi così nero, grasso,
profondo, e stritolabile, che mai si potesse vedere, o de-
siderare. Noi con effetto notammo in più siti segni di
una robustissima vegetazione, ed eccellenti buoi, che
giudicammo generati da tori modicani, e da vacche ordi-
narie del regno: e pronunziammo, che la naturale ubertà
di quei campi non poco dovette contribuire alla vasta
popolazione, e ricchezza di quelle regioni, che furano
una volta l'ammirazione dell'universo.
Nell'approssimarci ad una città, che fu emula in po-
tenza, ed in grandezza di Atene, e maestra in gentilezza,
e nelle arti di Roma; la vista dell'obelisco del foro, e due
superstiti scannellate colonne del famoso tempio di Gio-
ve olimpico mille idee ci fece in mente rivolgere sopra i
destini, e le vicende delle città, e delle nazioni, che ci ri-
cordano gli annali della terra, e che restano ancora asco-
se nel grembo impenetrabile del tempo. Sulle ali, dirò
così, della nostra immaginazione noi velocemente tra-
scorremmo per gl'immensi spazj di più di venticinque
secoli, e già pensavamo, e parlavamo di Archia, di Tra-
sibulo, di Dionisio, di Dione, di Timoleonte, di Agato-
cle, di Gerone, di Marcello.... quando la presenza di sen-
tinelle, di cannoni, di ridotti, di ponti levatoi, ed ancor
più di certa sospetta carrozza il filo recise di cotali nostri
pensieri, e ragionamenti, e ci obbligò ad occuparci degli
uffizj degli amici, e del nostro albergo in Siracusa.
165
Noi avevamo impiegata tutta l'opera, e diligenza no-
stra per non far sapere a chicchesia così fatta nostra gita,
ed a quest'uopo avevamo secretamente spedita colà la
sera innanzi una persona, coll'incarico di procurarci due
stanze in una locanda, o in un convento di frati, e di non
specificare in verun conto per chi dovessero le medesi-
me servire. Tutti questi progetti, e precauzioni però riu-
scirono di nessun effetto per la perspicace vigilanza, e
l'affezione, e l'urbanità del Marchese di Castellentini, il
quale spiò sì bene tutti i movimenti nostri, che seppe ap-
punto l'ora, nella quale dovevamo arrivare; e quindi pri-
ma del mezzogiorno si pose ad aspettarci fuori le mura
con la sua carrozza, e con ogni dimostrazione di riguar-
di, e cordiale benivoglienza fece profferta al Conserva-
tore di un comodo quartiere, e di un filosofico tratta-
mento in sua casa. Ma questi si scusò con mille ringra-
ziamenti di non poterla accettare, stante il genere di vita,
che ci eravamo ad ogni modo proposto di menare nella
nostra corta dimora in Siracusa; e quindi non restando il
Marchese di pregare, e sollecitare, si accese tra loro
amorevole, e calorosa pugna, nella quale i due coltissimi
campioni pompeggiarono in grazia, in sottigliezza, in
eloquenza: e della quale, con la mediazione dei due pa-
trini, voglio dire di me, e del saggio, e cortese Canonico
Scrofani, l'esito in fine si fu un accordo, per il quale per-
mise il Gargallo, che noi fussimo iti ad alloggiare ai
Teatini, e si obbligò il Tommasi di mangiare quel gior-
no, ed il seguente in casa di lui la zuppa in famiglia, e
senza alcuna formalità, ed ostentazione.
166
L'entrata di Siracusa per quattro ponti, e fossati ha ve-
ramente del grande, e la rendono ancor più nobile i due
porti, che le stanno da un lato, e dall'altro, ed i quattro
ordini di fortificazioni, che alla memoria mia richiama-
rono quelle di Cuneo, di Alessandria, di Lilla, di Valen-
ciennes, e di qualche altra celebre piazza d'armi di Euro-
pa. Con nostra sorpresa, e rincrescimento però presto si
accorgemmo, che ad un tanto magnifico esterno, punto
non corrisponde l'interno della città; avvengachè non vi
trovammo che poco di gente, e di ricchezza, ed ancor
meno di belle case e strade, cosicchè ci parve che il mi-
glior elogio, che se ne potrebbe fare, sarebbe l'iscrizione
quì fu l'antica Ortigia.
Quì non riferirò quel tanto, che vi sarebbe da dire di
Siracusa, ma quelle cose solamente, che noi stessi som-
mariamente vedemmo, ed udimmo di questa città, suo
contado, ed antichità. E giusto mi sembra di avvertire a
questo proposito il leggitore, che essendo noi colà anda-
ti col fermo proponimento di non rimanervi più di due
giorni procurammo di supplire alle ristrettezze del tem-
po con la nostra fatica, ed industria; cosicchè per osser-
vare, ed informarci di quanto ci fusse stato mai possibile
non ci concedemmo un momento di riposo, e realmente
correndo incessantemente per il paese, e pei contorni
stancammo noi, le nostre bestie, e le nostre ragguarde-
voli guide, tra le quali conviene particolarmente ricorda-
re il dotto nostro cicerone il Cavaliere Signor Saverio
Landolina.
La Città – Si considera Siracusa come la quarta in
167
rango tra le città di Sicilia, ancorachè oltre Palermo,
Messina, e Catania alcune oggidì ve ne fussero, le quali
per popolazione, e ricchezza potessero sopra di lei pre-
tendere maggioranza. Da qualche tempo in quà non
elegge, non manda il suo rappresentante ai generali par-
lamenti della nazione per meri puntigli, o etichette di
precedenza; e non pertanto si lagna quel Senato, e quei
cittadini, che la loro comunità è gravata oltre il dovere
di pubblici pesi, e che i suoi antichi privilegj, e franchi-
gie non sono abbastanza rispettate dalla Deputazione del
Regno. Questa loro condotta sembra veramente strana,
anzi ridicola; non sapendosi concepire, come per un
vano nome, ed una sterile preminenza possano essi vo-
lontariamente rinunziare alla sostanzievole prerogativa
di avere nei Comizj un membro, che potesse, e dovesse
mettere innanzi, e sostenere i legittimi dritti, e pretensio-
ni del proprio paese.
Il suo circuito, incluse le vaste fortificazioni, si crede
poco meno di tre miglia; e la popolazione per comune
opinione non è più di 14000. V'ha chi crede, che un se-
colo addietro essa ascendeva a 40000, e che da
quell'epoca in poi sia minorata di due terzi. Quanto a
me, io amerei di esaminare i documenti di cotale cre-
denza; perciocchè nè la capacità dell'abitato, nè l'istoria
del suo stato politico, nè la contemplazione de' suoi ma-
teriali edifizj possono indurmi a conghietturare un così
strabocchevole cambiamento avvenuto nel numero degli
abitanti suoi nel breve corso di cento anni.
Non mancano alcune case di gentiluomini, e chiese
168
pulite, ed appariscenti; e per le strade, all'eccezione di
due, Rua maestranza cioè, e Rua maestra, che sono ab-
bastanza vistose, tutte le altre sono generalmente angu-
ste, sporche, ignobili. Non vi è luogo, che meritar possa
il nome di piazza; ed il mercato è sconvenevole anche
ad una terra del regno di mezzana grandezza, e condi-
zione. Il porto maggiore, come ognuno sa, è amplo, si-
curo, magnifico, e rimirato dal castello si spiega
all'occhio nella maggior pompa, e leggiadria sotto la fi-
gura di una maestosa, e vaghissima ellisse. Gli manca
tuttavia il migliore ornamento, e la più significante bel-
lezza, che potrebbe, e dovrebbe avere, gran copia cioè di
barche, ed un considerabile traffico di merci; 4 e disgu-
sta, e fa compassione il vedere voto, e deserto, e senza
navigazione, e commercio un fortunato seno di mare,
che ricevette dalla natura singolari beneficj per essere
dell'una, e dell'altro sede prosperevole. Si son fatti, e si
fanno oggidì dei proggetti per rilevare questo famosissi-
mo porto dall'oscurità, ed abjezione vergognosa, nella
quale si ritrova; ma sì fatte speculazioni non si sono ag-
girate, ed estese ad altro, che nel proporre per esso qual-
che pubblico stabilimento, come potrebbe essere un laz-
zaretto, e qualche prerogativa, esenzione, o favore,
come sarebbe quello di porto franco, di regio caricatore,
di una più grande, e privilegiata segrezia ec. Quanto a
4 In Siracusa si fa la pesca del corallo, e le arreca qualche pro-
fitto il commercio del tonno salato, e del sale che si manda a
Ragusa, e Trieste, e che si stima buono per salamoje, e non già
per condire pesce, o carne.
169
me non biasimo in generale gli anzi accennati, e somi-
glianti compensi, semprechè non vi si oppongano
gl'interessi del Regio Erario, e delle altre popolazioni
dello stato, che hanno certamente tanto buon dritto alle
beneficenze del Principe, quanto vantar ne può Siracusa;
ma gli reputo da per se soli di pochissima efficacia per il
desiderato oggetto, e bramerei, che il prezioso ingrandi-
mento dell'esterno suo commercio si fabbricasse sopra
la ferma, e salda base della floridezza dell'agricoltura e
delle manifatture, non meno che quella dei grossi, e ri-
dondanti capitali.
Come tutte le minori città di Sicilia, ha perduto Sira-
cusa di tempo in tempo diverse delle sue più ricche, e
cospicue famiglie, che la decoravano, e promovevano la
sua industria, e travaglio. Nel corso di cento anni conta
essa l'emigrazione di sei delle principali, e nominata-
mente di quelle dei Principi di Cattolica, di Linguagros-
sa e di Rosalini, e dei Duchi di Belmurgo, di Verdura, e
di Floridia,5 le quali, dicesi, che abbiano sottratta alla
circolazione del paese la notabile somma di più di
70000 once annuali. Non per tanto ve ne rimangono an-
cora talune illustri, e bastantemente facultose; e queste,
ugualmente, che pochi benestanti coltivatori, e nego-
zianti, il vescovado, il seminario dei chierici, e la nume-
rosa guarnigione, che sempre vi stà, le danno del lustro,
generano lavoro, e facilitando lo spaccio delle derrate
ajutano, e sostengono in qualche modo le fortune dei
170
proprietarj.
Nulla v'ha di più comune nella bocca dei Siracusani,
quanto la gran povertà della loro patria, e la luttuosa de-
cadenza, che dicono di avere ella sofferto in ricchezza,
ed in prosperità da un secolo in quà. Io non ardisco di
dar parere sopra queste sconsolanti asserzioni, essendo-
chè non ho per farlo quei saldi pubblici monumenti, che
mi sarebbero necessarj. Ma non essendo disposto, come
ho altrove accennato, a prestar cieca fede a tutto quello,
che si mette innanzi rapporto alla supposta maggior feli-
cità degli avoli nostri; ed amando, per quanto è possibi-
le, di trovar negli oggetti il lato ridente, anzichè il ma-
linconoso; mi compiaccio in qualità di viaggiatore di
dire, che di presente è familiare la comodità, e non si
conosce affatto la mendicità in tutta Siracusa. Alcuno
non ignora, che tanto bene è dovuto in buona parte alla
presenza di due mila ben pasciuti, e ben vestiti soldati
inglesi; ma non vi è stato sempre un rispettabile presidio
di truppe nostrali? E quando vi fusse stata, come non
pochi affermano, un'estrema miseria, poteva mai esser
questa così di leggieri rimossa, e dissipata da quel grado
di maggior impeto, ed incremento, che ha avuto da tre
anni in poi la sua consumazione, e circolazione? Del re-
sto io son lontano dal credere, che la medesima sia una
città ricca, ma solamente manifesto i miei dubbj sul pre-
teso deterioramento delle di lei sostanze, ed inclino a ri-
guardarla come nè più, nè meno agiata di tutte le altre
del reame, proporzionatamente alle rispettive loro circo-
stanze.
171
Si contano in questa città 160, e più preti secolari, e
ve n'erano 200 nel 1790; donde apprendiamo, che così
nella capitale, come in provincia il numero degli Eccle-
siastici va da qualche tempo in quà diminuendo. Si tro-
vano poi dentro, e fuori il recinto della stessa 63 chiese,
tra le quali sette di Conventi di Frati, ed altrettanti di
Monasterj di Donne.
I Siracusani, come tutti i popoli della terra, si lagnano
della troppo durezza delle loro pubbliche imposizioni.
Io non so dirne altro, se non se che nel 1791 la loro
somma era di once 5470; e che divisa questa tra 14000,
viene per testa meno di tarì dodici, che in astratto, e fa-
cendo delle comparazioni con molti luoghi, e popoli di
Europa, non si può considerare, come un peso esorbitan-
te. Son persuaso, che d'allora in poi hanno avuto un
qualche aumento; ma pochi tarì di più per capo non pos-
sono sustanzialmente alterare la mia conclusione; tanto
che sospetto, che quegli abitanti abbiano minori motivi
di querelarsi della loro mole, che delle viziose maniere,
con le quali sono distribuite, e si riscuotono. In materia
di dazj il modo è spesso di una maggior conseguenza
della quantità, e siamo dall'istoria ammaestrati, che si
può pagar tre, e risentirne poco disagio, ed al contrario
contribuir due, e rimanerne sopraccaricati, ed oppressi.
La campagna – Quale sia l'estensione della campagna
di Siracusa non mi è riuscito di saperlo 6, e quindi rap-
6 Anticamente il territorio di Siracusa era di 6000, e più salme
di Palermo; ma dopo lo smembramento di S. Paolo Solarino,
di Cassibili, e di Floridia, secondo quel che posso conghiettu-
172
porto solamente quel che ne ho letto nelle pregiabili ed
eruditissime memorie patrie del Marchese Cav. Sig.
Tommaso Gargallo; cioè che essa abbraccia diverse te-
nute, e nove soli feudi, dei quali qualcheduno è così pic-
colo, che non giunge alla misura di cento salme, e qual-
che altro è stato dichiarato recentemente di nessun terri-
torio. Quel, che sembra indubitato si è, che i campi di
Siracusa non sono proporzionati per la quantità alla sua
popolazione; ma questo è un male comune in tutta Sici-
lia: e per poco che vi si rifletta, ben si concepisce, che
sarebbe cosa giusta ed utile il togliere, sino a quel punto
che riesce possibile, di mezzo le distinzioni e separazio-
ni, specialmente per ciò che riguarda dazj e produzioni,
tra i differenti distretti delle varie città, e terre dell'intie-
ro reame.
Il suolo, come si è narrato di sopra, è in buona parte
fertile, e tende al marnoso, e friabile; e nei contorni del
paese si ammirano dei terreni così pingui, e di tanto ec-
cellente fondo, che non mi ricordo di averne veduti dei
simili nei poderi suburbani di qualunque altra delle no-
stre popolazioni. Possono con effetto compararsi nella
tessitura, e nella copia delle putride fecondatrici parti-
celle a quelli del Mantovano, e dei quali fa l'elogio Vir-
gilio nelle sue immortali Georgiche; e consola, e sor-
prende la vigorosa, e lussoreggiante vegetazione, che vi
si osserva, dei frumenti, della canapa, degli ortaggi, e di
173
ogni sorta di erbe, o di alberi. Ma essi non sono affatto
quali dovrebbero essere, se si prosciugassero i pantani, i
quali nella quantità di più di salme 200 di Palermo cor-
rompono l'aria in estate, e sono pressochè del tutto inuti-
li alla produzione, e se il celebre Anapo, che è navigabi-
le per cinque miglia, e nel quale cresce spontaneo il pa-
piro, si destinasse all'irrigazione, e miglioramento dei
campi. Si sono letti ed uditi mille progetti per dar vita e
procurare il risorgimento dell'esanime e abjetta Siracu-
sa; ma la maggior parte o sono inetti all'uopo, o soffrono
insuperabili difficoltà nell'esecuzione: ed alcuno di certo
non ve n'ha, il quale in efficacia, ed importanza parago-
nar si possa con quello di prosciugare le sue malsane, e
sterili paludi, e di rendere capaci d'inaffiamento non po-
chi terreni della campagna sua, ad imitazione di quelli
feracissimi e doviziosissimi di Lombardia. Un campo, il
quale adacquare convenevolmente si possa, e nella lati-
tudine di 37 gradi circa, bisogna che sia strapazzato, e
non coltivato; quando in canapa, lino, cotone, erba me-
dica ec. non dà da cento a ducent'once di lordo: quale
immensa ricchezza adunque non si potrebbe sperare per
l'insigne Siracusa, ove le abbondanti e placide onde
dell'anzidetto fiume, per via di opportuni canali ed ac-
quidotti, e col mezzo di adattate macchine, si facessero
all'irrigazione servire di quelle nobili, e finitime tenute?
E potrebbe la stessa mai non dico essere superata o pa-
reggiata, ma anche comparata con quella, che sarebbe
intendimento di alcuni di procacciarle con un'infinità di
privilegj, immunità, preminenze, e di non so quali altri
174
compensi della medesima natura? Si dolevano un giorno
alla mia presenza alcuni molto istruiti gentiluomini delle
ristrettezze del loro territorio, e dell'ingiusta, barbarica,
ed alla ragione e all'umanità opprobriosa pratica dei così
detti peritori, pe' quali il Marchese di Sortino fa spro-
fondare, e perdere in voragini a bella posta scavate tutte
le acque, che a suoi usi sopravanzano, e che altrimenti
colerebbero nella campagna di Siracusa; ed io loro al-
quanto turbatetto risposi. = Voi, Signori, da eccellenti
cittadini desiderate più terre, e più acque; ma conside-
rando i pantani, e l'Anapo, dovete pur confessare, che
non ne siete molto degni, perchè non apprezzate, e non
tirate il convenevole profitto dalle une, e dalle altre =
I più ricchi prodotti di Siracusa sono il grano, l'olio, il
vino, ed anche la canapa; non vi mancano poi frutte, le-
gumi, lino, piante oleracee ec. La pastorizia però è assai
negletta, e di pochissima considerazione.
Di frumento, conghietturano alcuni, che se ne semini
ogn'anno più di 2500 salme generali e che se ne raccol-
ga comunemente più di 12000; perlochè negli anni di
mezzana fertilità, dicesi, che quel territorio renda presso
a poco in grano, quanto abbisogna al sostenimento di
tutta la sua popolazione.
L'olio è un capo molto rilevante d'industria, e di en-
trata per quei possessori ed agricoltori, giacchè negli
anni ubertosi se ne computa, per quanto dicesi, il raccol-
to nella quantità di 15000 quintali; ma la manifattura n'è
così barbara, che nulla più: dappoichè si estrae esso da
ulive tanto stramature e fradice, che se ne perde quasi la
175
metà, e quello che se ne ottiene, passa, e si vende come
uno di quelli della più cattiva condizione. Tuttavia co-
minciano già su di ciò ad aprirsi gli occhi di qualche
coltivatore; e fui informato, che si fabbrica ormai da
certi dilettanti qualche poco di pregiabile olio, con far
uso di una maggiore pulitezza, e con macinare le olive,
anzichè si riscaldassero, e si macerassero.
Quantunque si facciano ivi ottimi vini da pasto, pure i
più riputati sono i saporitissimi, ed odorati, che moscati
volgarmente si appellano. Si ottengono questi dall'uva
moscadella tagliata assai matura, e soleggiata; e cin-
quanta, trenta, venti anni addietro considerabili n'erano
le richieste per dentro, e fuori del Regno, e segnatamen-
te per Livorno, Genova, ed Inghilterra. Adesso però
sono le stesse notabilmente venute meno, per nes-
sun'altra ragione, per quanto io possa giudicarne, oltre
quella, che il gusto, e la moda dei vini zuccherosi è or-
mai passata, e quella generalmente prevale dei secchi, o
asciutti; i quali, per le ottime qualità del suolo, e del cli-
ma, e per mezzo di acconce specie di viti, ed una ben
condotta fermentazione, potrebbero aversi in quelle con-
trade assai spiritosi, e della più perfetta condizione.
Il frutto mezzano di un migliajo di viti in Siracusa è
di cinque salme, ciascuna delle quali è 86⅖ quartucci di
30 once. Per lo che una salma di terra di Palermo pianta-
ta a vigne ne somministra quaranta salme circa, le quali,
giusta gli attuali prezzi, importano una rendita lorda di
once 128. Si afferma da tutti, che le viti non rapportano
quivi di presente la metà del vino, che una volta produ-
176
cevano; e ciò non mi sorprende, dappoichè non si pian-
tano alla dovuta profondità, i loro capi alla potatura non
si lasciano dicevolmente lunghi, e non si rinnovano di
tempo in tempo con propaginarle, siccome si pratica con
tanta utiltà in Borgogna.
La coltivazione della Canapa, per l'incitamento del
vantaggioso prezzo, si è da alcuni anni in quà in quei
poderi molto accresciuta. Si semina tanto nei terreni irri-
gabili, quanto negli asciutti, purchè questi sieno natural-
mente profondi, freschi, e grassi; e vi è solo la seguente
differenza, che nei primi se ne effettua la seminazione
verso la metà di Marzo, e nei secondi un mese prima.
Negli uni, e negli altri si prepara la terra a questa lucro-
sissima pianta con sei, o sette arature, e delle quali tre
sicuramente basterebbero, quando si adoperasse per esse
un aratro con un orecchio, e co' buoni principj dell'arte
costruito; la sementa che se ne suol spargere si è di tre
tumoli ¾ generali colmi per tumolo di terra di 416 can-
ne quadrate: e le sue ricolte medie ascendono, secondo i
differenti terreni, da uno a due quintali l'anzidetto tumo-
lo.
Le Antichità – Noi le vedemmo rapidamente, e senza
alcun disegno di studiarle; trovandosi per altro descritte,
e spiegate in una infinità di libri, non farò che accennar-
le, a fine di dare una fedele, e completa idea di tutto il
viaggio.
Tempj – Oltre i vestigj, de' quali facemmo di sopra
qualche parola, del tempio di Giove Olimpio, in quello
di Minerva, che di presente trovasi ridotto in Chiesa cat-
177
tedrale, si ammirano superbe colonne; e gli Antiquarj
mostrano in una casa di là poco discosta dei frantumi di
colonne, le quali suppongono di appartenere al tempio
di Diana.
Latomie – Quella detta volgarmente l'orecchia di Dio-
nisio è la più famosa, perciocchè rende un curioso, e
maestosissimo eco; ve ne sono poi molte altre, e quivi
intorno, ed ai Cappuccini, le quali hanno tutte del pitto-
resco, e si possono come vivi monumenti riguardare
dell'antica siracusana grandezza. Tutto questo va bene;
ma quindi vorrei io come agronomo domandare: tante e
così ample prigioni in Acradina, incavate sù enormi sas-
si con stupendo lavoro, e magistero apprestano esse
consolanti argomenti di quella pubblica felicità, che si
suppone di aver goduto la Sicilia in quella, che si consi-
dera per lei come fortunatissima epoca?
Il Teatro – È in Napoli, e di esso quasi altro non resta,
che l'abbozzo della figura, ed i sedili formati sul vivo
sasso, i quali hanno dello ignobile. Richiesi il Cav. Lan-
dolina se mai poteva dirmi, di quante persone era capace
questo luogo destinato alle adunanze del popolo, ed alla
rappresentazione delle commedie, e delle tragedie; ed
egli mi rispose, che secondo i calcoli di un pazientissi-
mo viaggiatore inglese un tale numero poteva probabil-
mente ascendere a quaranta mila. Al che io replicai, che
ponderate tutte le circostanze delle greco-sicole republi-
che, una sì fatta capacità del teatro dava indizj di una
grossa popolazione, ma non già di quella mostruosa, ed
inconcepibile di milioni, che da taluni eruditi troppo va-
178
ghi del portentoso si vuole attribuire alle vecchie Siracu-
se?
L'Anfiteatro – È stato recentemente scoperto, ed è
stato bastantemente dalla forza consumatrice del tempo
risparmiato; cosicchè vi si possono distintamente osser-
vare i sedili, i quali sono simili a quelli del teatro, i vo-
mitorj, le porte, un intiero portico con la sua volta ec.
Noi lo contemplammo con attenzione, ed interesse, ma
senza compiacimento; avvengachè altre immagini non
destò nella nostra fantasia, che quelle spiacevoli, ed or-
ride della ferocia dei romani nei tempi meno felici della
loro republica.
Catecombe – Queste tetre, e spaventevoli caverne de-
stinate alla sepoltura dei cadaveri si sprofondano, e si
estendono per tal modo nelle viscere della terra, che tut-
te non si conoscono, e senza molta pratica facile non è
di trovar la via da uscirne. L'Eremita, ed altri assicuraro-
no, che di estate vi fa fresco, e d'inverno caldo; e questo
vuol dire, che quell'aria, pochissimo o nulla comunican-
do con l'esterna, conserva presso a poco tutto l'anno la
medesima temperatura, siccome è stato osservato nelle
rinomate cave di Parigi.
Le nicchie sono numerosissime, intagliate tutte nella
pietra, e di varie fogge, e grandezze, a tenore dell'età, e
per quanto pare del rango, e circostanze delle persone, i
cui cadaveri vi si dovevano conservare.
Bagni, ed altre curiosità – Un bagno domestico ulti-
mamente ritrovato ed elegante, ed intero in tutte le sue
parti, ci piacque estremamente, e ci diede occasione a ri-
179
flettere, che se la pulitezza del corpo è amabile ed utile
in qualunque luogo, e però necessaria in uno assai cal-
do, come Siracusa. La rogna infierisce oggidi meno in
essa, in Agosta, in Catania, perciocchè quella gente ap-
prezza più, e fa maggior uso di nettezza, e se questo lo-
devolissimo abito farà dei progressi, si giungerà col
tempo a spegnere questa schifosa malattia completa-
mente.
La Venere, rinvenuta non ha guari in mezzo a certe
antiche colonne, è un finissimo lavoro di scoltura; e
benchè non abbia testa, ciò serve, anzichè a degradarla,
per farla avere in maggior pregio dagli appassionati
amatori della reverenda antichità.
L'Aretusa, sopra la quale hanno molto favoleggiato i
poeti, è una fonte di piccolo momento, che presso al
mare scaturisce; e le di cui acque bevere non si possono,
se non se nei casi della più urgente necessità. Noi la vi-
sitammo in compagnia di diversi gentiluomini, e nel ri-
tornar di colà incontrandoci a caso con una graziosa ne-
reide, un giovanastro, che con noi si trovava, e che di
poetiche fantasticherie poco sembrava dilettarsi sorrise,
e disse, ed accennò qualche cosa, onde volle dare a co-
noscere, che alle ombre ed alle astrazioni si devono ad
ogni modo le realtà preferire.
Prezzi di alcune derrate, e lavori.
Vino once 3 6 la salma.
Canapa once 7 .. il quintale.
180
Carne di manzo con
l'osso once .. 2
il rotolo di 30 once.
Caciocavallo fresco once .. 3
Formaggio once .. 2
Giornata di un muratore once .. 3, colezione, e tre
quartucci di vino di 18
once.
Giornata di un contadino once 3 10, minestra e tre
per zappar vigne quartucci di vino.
Giornata per altri lavori once 1 10, e due quartucci di
campestri vino
I Siracusani di condizione, e che hanno ricevuto una
gentile educazione hanno fama d'ingegnosi, destri, gio-
viali, cortesi; ma il popolo si taccia da taluni, non so con
quanta ragione, come alquanto burbero, ed assai dispo-
sto all'infingardaggine.
Il dì 5 dirigemmo per la marina i passi nostri verso
Catania, e facemmo addio con Siracusa col desiderio di
poter studiare ad animo più riposato i nobilissimi rima-
sugli della sua pristina coltura, potenza, e magnificenza,
e riconoscentissimi per le grazie usateci dai Signori Ca-
stellentini, Landolina, e Canonico Scrofani.
Per 15 miglia circa, e particolarmente nel territorio di
Melilli, i terreni che più frequentemente s'incontrano
sono gli arenosi, i quali in certi siti sono neri, e grassi, e
coperti di eccellente erba, che in quel tempo bastante-
mente fresca, e verde ancor si manteneva. Vi si vedono
181
pure di tratto in tratto dei piccoli rivoletti, dei campicelli
di canapa, e delle piantagioni, le quali dalla banda di
Agosta sono più abbondanti, e fanno piacevolissima
comparsa. Nientedimeno questa non si può dire un'ame-
na contrada; e quello, che quivi arreca maggior sollievo,
e diletto al viaggiatore si è la continua prossimità del
mare, e certi oggetti, che ha egli il vantaggio di rimirare
da varj punti, e distanze, come la penisola, ed il rinoma-
to porto di Agosta, la graziosa isoletta di Magnisi, la
base di grosse, e ben commesse pietre quadrate di un
antico edificio, che in quel contorno si ritrova, ed i pog-
gi, e le colline di Melilli, le quali presentano tutte curio-
se, e pittoresche figure, e contenendo sparsa quà e là
qualche lava, e pomice, attestano di avere una volta sof-
ferta l'azione delle fiamme del poco discosto Mongibel-
lo.
Riposammo per due ore all'Agnone, ed all'uscio di un
granajo, e rimpetto un grazioso boschetto di ulivi del
Principe di Palagonia, ci ristorammo gustosissimamente
con una ben lauta colezione. Questa servì per mitigare al
Signor Tommasi un piccolo male, che lo molestava alla
bocca, e per rimuovere da tutti e due la mattana, che ci
aveva tutta la mattina balestrati; tantochè alzatici da ta-
vola allegramente errammo per quei campi, ed entram-
mo in una capanna, nella quale un'attempata contadina
c'intrattenne con qualche novelletta, ed un padrone di
feluca messinese ci fece spiritare per le molte, ed astruse
dottrine di navigazione, che diceva di sapere, e che in-
tendeva ad ogni modo di cacciarci in corpo. Noi telo
182
piantammo senza complimenti nell'atto, che andò a pi-
gliare non so che carte geografiche; e fuggendo escla-
mammo: anche Rodomonti, e pedanti all'Agnone!
Da questo luogo in là noi credevamo di dover godere
del consolante spettacolo di campi più belli, e più fecon-
di; ma per un considerabile tratto altro non vedemmo,
che brutte, sterili, e pestilenziali paludi. Valicammo
quindi giusto alla riva del mare, che è il più sicuro pas-
so, S. Calogero, e poco appresso nella solita barca il Si-
meto, il quale in quel sito ha tanto fondo, che non po-
temmo toccarlo con una lunga canna, che a tal effetto
adoperammo. E dalle sponde di questo, che solo può
pretendere in tutta l'isola il nome di fiume, cominciam-
mo a vagheggiare la superba pianura chiamata dagli an-
tichi campi leontini, e di presente denominata dal volgo
di Catania, che da quel punto si estende per trenta mi-
glia circa sotto le sembianze di maestosa, e nobilissima
valle; ed insino alla città rimirammo per tutto delle pos-
sessioni assai ubertose per natura, ma poco adorne, ani-
mate, ed arricchite da utili, ed industriose coltivazioni. Il
che ci cagionò dispiacere, e maraviglia; ed entrammo, e
discutemmo, per quanto mi ricordo, gli appresso astratti,
ma gravissimi argomenti. Il travaglio adunque, e la con-
sumazione di quarantacinque mila uomini, e le facultà,
ed il lusso di un considerabile numero di baroni, genti-
luomini, e cittadini non sanno esercitare una maggiore
influenza sul miglioramento della vicina ferace campa-
gna?... E non hanno più di quello che osserviamo allo
stesso oggetto contribuito e musei, e librerie, ed accade-
183
mie, e medaglieri, ed un'antica, e rispettabile università,
e la turba di tutti gl'insigni antichi e moderni professori
di Scienze, e di arti?... Non si è nelle passate epoche
spesso confuso il sapere delle parole con quello delle
cose?... E non tasseranno le future generazioni i padri
nostri, perciocchè più vaghi di pompeggiare, e divertirsi,
che di giovare a se, ed agli altri studiarono e si diedero
molta briga di ogni facoltà, fuori di quella, che vince
tutte le altre in reale eccellenza, e dalla quale massima-
mente procede la potenza e grandezza degl'imperi, ed il
ben essere e la felicità delle persone di ogni classe, e
qualificazione?
Arrivammo in Catania sul declinare del giorno, e tro-
vammo al primo suo ingresso il capitano Barone Signor
Paolo Perremuto, ed il Proconservatore Cavaliere Si-
gnor Francesco Paternò Castello; i quali, praticati i mag-
giori convenevoli col Conservatore, ci messero nelle
loro decentissime carrozze, e poi per farci un poco sol-
lazzare, ed insieme acquistare una prima grossolana idea
del paese, innanzi di recarci in casa, ci mostrarono fuga-
cemente qualche via, e piazza principale.
E l'impressione, che ricevemmo con questa rapida oc-
chiata della sua grandezza, e bellezze, fu superiore a
quella, che ci aspettavamo; ed a me parve di ravvisare
nelle sue generali fattezze un nonsochè di simile alla
gentile Firenze, ed alla leggiadra Bruxelles.
Albergammo per la seconda volta nel viaggio nostro
in una locanda; e scegliemmo come la migliore quella di
piazza del Duomo, o di S. Agata, nella quale ci fu dato
184
un quartiere comodetto, e l'oste aveva le apparenze di
discreto, e garbato uomo, ed in oltre, ciò che io sempre
valuto, mostrava d'intendere qualche cosa, ed amare
l'agricoltura. Non per tanto vi passammo costantemente
male la notte, per cagione dell'insofferibile caldo, che vi
sperimentammo; cosicchè io fermamente giudicai, e dis-
si, che malgrado qualsisia pregio, e vantaggio, non avrei
giammai potuto abitare Catania in tempo di estate.
La nostra intenzione era stata prima quella di rimane-
re ivi sei giorni, ma certi premurosi affari, ed incumben-
ze del Conservatore ci obbligarono a ridurgli a quattro; e
nel corso di questi non omettemmo nè fatica nè diligen-
za per vedere, col mezzo dei nostri intelligenti, ed ama-
bilissimi amici, ed istruirci quanto più potevamo; sicco-
me apparirà da quello, che quì appresso narrerò succin-
tamente di Catania: sotto i quattro capi di città, campa-
gna, letteratura, ed antichità.
La città – Si crede di presso a quarantacinque mila
anime; vi sono cinque strade principali veramente spa-
ziose, diritte, ornate: e v'ha così nobili piazze, e tanta
copia di sontuosi privati, e pubblici edifizj, che con ogni
titolo si può collocare tra le più gaje, e magnifiche di
tutta l'Italia. Tra questi ultimi si distinguono, e primeg-
giano il convento dei Minoriti, la Cattedrale, l'Universi-
tà, il collegio Cutelli, il palazzo del Senato, e sopra tutti
S Nicolò l'arena dei PP. Benedettini, nel quale levano il
viaggiatore in ammirazione la chiesa, i corridori, il re-
fettorio, il campanile, le stanze dell'abate, e varie altre
fabbriche, ed oggetti innumerevoli di rarità, gusto, e
185
splendidezza, tra quali un celebre organo, un piacevole
giardino fatto sopra adusta, ed infeconda lava con terra a
bella posta messavi con ingente spesa, ed industria, sen-
za rammentare la libreria, ed il museo, dei quali faremo
in appresso qualche parola.
E per case particolari di una splendida architettura ne
va ella tanto fregiata, che se ne vede proporzionatamen-
te una maggior quantità, che nell'istessa capitale; e quin-
di trae la sua origine la volgare sentenza, che i Catanesi
non sanno edificar altro, che palazzi, e che si contentano
meglio d'incominciar questi, e lasciargli a metà, che in-
traprendere e compiere delle abitazioni di una meno di-
stinta qualità.
Non ostante però tutte queste, ed altre egregie fabbri-
che, ed il buon lastricato delle strade, e la copia delle
carrozze, e l'abbondanza delle vettovaglie e delle merci
di ogni sorte, ed un certo traffico di naturali produzioni,
e di manifatture, ed il vivere assai gentilesco di quegli
abitanti; il colto forestiere vi scorge a colpo d'occhio de-
gli oggetti, e delle circostanze, le quali oscurano i rari
pregi suoi, e collocar la fanno tra le poco rilevate città di
provincia. Non vi sono per esempio, che soli quattro, o
cinque caffè, e questi sporchi, e mal forniti del bisogne-
vole; non vi si trova che io abbia saputo neppure un ca-
lesse d'affitto; tolte le cinque sopraccennate vie prima-
rie, le restanti tutte sono ignobili, senza gente, e diverse
nido di succidume, e di povertà: quasi tutta la campagna
suburbana è in buona parte per modo brutta, nera, e
nuda da far paura: la marina è stretta, informe ed orrida
186
a guardarsi, ed in fine, ciò che tiene dell'incredibile, fuo-
ri del paese nè anche s'incontra una canna di strada car-
rozzabile. Questo non è per Catania un neo, ma pretta
deformità; una persona con tutte le sostanze del mondo
si reputa in essa come detenuta: e tutte le volte che il
dopo pranzo ebbi colà il piacere di trottare nella carroz-
za del carissimo mio amico il Marchese di Sorrentino,
mi parve sempre cosa fastidiosa, e sconcia l'aver dovuto
andare costantemente in una via, e fermarsi inalterabil-
mente in una piazza, senza che avessimo potuto respira-
re giammai un'aria più pura, che nell'abitato, e pigliar
diletto delle incomparabili bellezze e delizie della villa.
Si sono erogati, o piuttosto perduti immensi tesori per la
costruzione di un molo; ed io non voglio mettere in du-
bio i supposti vantaggi di questa ardita, e gigantesca
speculazione, ed amo per sino di tacere il fatto delle vi-
cine Agosta, e Siracusa, il quale chiaramente ci ammae-
stra, che i migliori porti dell'universo non sono da se
soli di alcuna efficacia per lo stabilimento, e prosperità
dell'esterno commercio: ma non posso astenermi dal far
considerare, che l'interno commercio è di una importan-
za infinitamente maggiore dell'esterno, e che conveniva,
e conviene pensar prima a facilitar le comunicazioni col
contado, e con le diverse contrade dell'Isola, anzichè ca-
desse in animo di agevolar quelle con le straniere nazio-
ni.
Catania ha un ricco vescovado, ed un numeroso clero,
e non è superata che dalla sola Palermo pel numero dei
Principi, Duchi, Marchesi, ed altri Signori, e Gentiluo-
187
mini, i quali possiedono ampli feudi, e tenute, come
Carcaci, Biscari, S. Giuliano, Reburdone ec. Vi soggior-
nano pure non pochi cittadini assai cospicui per rendite,
e capitali; l'ambra appresta del guadagno, e del lavoro: e
si esportano dalla sua spiaggia per gli esteri paesi alcune
derrate sue proprie, e principalmente della soda. Si fa
inoltre un considerabile traffico tra lei, e tutte le vicine
piccole popolazioni, per mezzo di due mercati in ogni
settimana; e senza parlar di manifatture di minor conto,
quella della seta è in tale buono stato, che ve se ne con-
sumano cinquanta mila libbre di quella detta in frasca, o
greggia all'anno. La più rispettabile, ed estesa tra le fab-
briche di questa specie si è quella di Geraci, nella quale
mi assicurò egli di avere spesi sinora in edifizj, ordegni
ed altro presso a 30000 scudi; e tutte insieme sommini-
strano travaglio e donde vivere a cinque mila persone
circa, cioè:
Filatori, tintori, e tessitori 1500
Incannatori di lungo, e di tondo, Maestre di na- 3000
stri, e ragazze, che imparano quest'arte
Mercadanti, ed altri 500
In tutto 5000
Si capisce per tanto perchè in Catania vi è comparati-
vamente poca povertà, e l'industria, e la circolazione
non è molto languida, e vi regna bastante lusso, partico-
larmente nelle persone del più rilevato ordine. Del che
noi ne avemmo buonissime prove in più riscontri, e cir-
costanze, e sopra tutte in quella dei due pranzi, e delle
188
due feste, delle quali fummo ivi onorati. Ci furono dati i
primi dal Cavalier Paternò, e dal Barone Perremuto, e
risplendette in ambedue la varietà, ed esquisitezza dei
cibi, dei vini nazionali, e forestieri, dei rosolj, dei sor-
betti ec.; parimenti la lindura dei mobili, la destrezza dei
servidori, e la decenza nel vestire, e le urbanissime ma-
niere dei convitati, che non furono meno di venticinque
o trenta. In poche parole nulla vi si desiderò, salvo un
poco più d'allegrezza; che è quello, che sempre manca
nelle numerose brigate di questo genere, nelle quali uno
conversar non può, che con i due, che gli stanno dallato,
i quali se la mala ventura porta, che sieno o stupidi gufi,
o importune cornacchie, o garruli pappagalli, egli è per-
duto, ed ha una salsa, ed intingolo da far tristi bocconi, e
poi pessima digestione.
Quanto poi furon lauti i pranzi, altrettanto magnifiche
furono le feste, che ricevette il Conservatore dall'anzi-
detto Cav. Paternò, e dal Sig. Saverio Gravina. Mobili,
lumi, servidori, sorbetti, paste dolci, liquori, ed ogn'altra
cosa manifestò il buon gusto degli anzinominati due
gentiluomini, ed i loro abiti, ed idee di decenza, e di
splendidezza. La casa del Sig. Gravina era grande quan-
to bisognava; ma quella del Signor Paternò piuttosto ri-
stretta: ed egli vi riparò al meglio con un ingegnoso con-
cetto, che recò ad effetto in meno di due giorni, qual si
fu quello di ridurre in una specie di giardino un terrazzo,
o altro che fusse mai stato, e di aggiungerlo, per comodo
della gente, al quartiere della gran conversazione. Il
concorso delle dame, e dei Signori fu copioso nell'una, e
189
nell'altra festa oltre ogni nostra aspettazione; e noi, ed
alcuni altri forestieri che vi intervennero, lodammo alta-
mente, ed ammirammo la nettezza, ed eleganza delle
loro vesti, la vivacità, l'affabilità, non meno che la di-
screzione, ed il costumato contegno in tutti i loro porta-
menti. I balli riuscirono tutti sopra modo animati, e gio-
condi; ed una signorina cantò con maggior piacevolez-
za, e magistero, che non si avrebbe potuto pretendere da
una dilettante. Per esser breve tutto fu quivi piacevole, e
nobile; e ciò che poteva per avventura ritrovarsi di più
in una assemblea dell'istessa sorte in una capitale, si può
ridurre ad una più raffinata moda negli abiti, e nelle pet-
tinature, e ad una maggior copia di gioje, e di somiglian-
ti altri rari, e diviziosi ornamenti. Io da agronomo, ed
economista non notai più che tanto, per l'oggetto di co-
noscere, e misurare il grado della ricchezza, del lusso, e
della coltura di Catania; m'accorsi di più che la carna-
gione, e le fisonomie non erano generalmente irregolari,
e spiacevoli: ma altri fecero qualche più sottile osserva-
zione, e comparazione, e mi dissero, che v'erano tre ro-
mano-greche bellezze, le quali si disputavano il primato,
e che sotto qualunque cielo, facevano onore alla specie,
ed al sesso.
I costumi dei Catanesi sono, senza molta differenza,
gl'istessi che quelli degli abitanti delle grosse città, gen-
tili cioè, ma un poco alterati, e corrotti dalla mollezza, e
dal reo esempio. I nobili sono tacciati in provincia di al-
terigia; io trattai con loro, ed andai al loro caffè, ed al
loro pulito casino con quest'idea; ma nulla potetti giam-
190
mai discuoprirvi, che palesasse in loro un così oppro-
brioso, e ridicolo vizio. La plebe passa per inquietuccia;
ed io non me ne maraviglio: perciocchè so per esperien-
za, che in tutti i luoghi di manifatture il popolo non è
molto docile, e tranquillo, specialmente quando scarseg-
gia il lavoro nelle arti, quel che non di rado avvenir suo-
le per una infinità di cagioni.
La campagna – Quale sia la grandezza di quella pro-
pria effettivamente di Catania non mi è riuscito nè allora
che vi soggiornai, nè in appresso di saperlo. Una misura
fattane d'ordine del governo, e che si legge negli atti di
quella corte senatoria, lo porta a salme 2000, e più di
Palermo; ma tutti si accordano nel crederla erronea: ed
inoltre vi è la gravissima circostanza, che in essa non
sono inclusi i fondi del Vescovo, e generalmente delle
chiese, e degli ecclesiastici, che, per quanto mi si dice,
sono assai considerabili. Quello, che non va sottoposto a
dubiezza si è, che essa è ristretta, ed in nulla proporzio-
nata alla quantità della popolazione. Ad ogni modo la
qualità delle sue terre è generalmente buona, massima-
mente dal lato di quella famosa pianura, della quale fa-
cemmo di sopra menzione, e che minutamente descrive-
remo in un altro luogo.
È essa coltivata nella massima parte da piccoli fitta-
juoli, di salme 6, 10, 30, 40, i quali hanno tal volta dei
buoi proprj, e talvolta gli pigliano a nolo, con l'obbligo
in capo ad alcuni anni di restituirne il valore, e di pagare
un interesse ogni anno sopra del capitale. Io non sapeva
immaginare, che il prezzo dei terreni nel territorio di
191
Catania dovesse essere così alto, che effettivamente è; e
mi cagionò maraviglia, e piacere il sentire, che gli arabi-
li, e non beneficati si affittano comunemente once quat-
tro la salma di Palermo, ed assai più quelli migliorati
con ulivi, mandorli, fichi, ed altre frutte.
La pastorizia comparativamente ad altri siti di Sicilia
non sembra molto coltivata; dappoichè da alcune dili-
genti ricerche fatte a mia istanza sopra il numero dei be-
stiami, che ivi si trovano, rilevo, che i bovini ascendono
prossimamente a 1600, ed i pecorini a 6000. Nei contor-
ni di quasi tutte le grandi città di Europa i prati, e le vac-
che, e le pecore, ed altri animali sono la principale indu-
stria; in Sicilia però non è così: e la mania di non voler
raccogliere altro che frumento ce lo fa disdicevolmente
seminare sino alle porte di Palermo, e di Catania.
I più ricchi prodotti di questa contrada del Regno
sono i grani, i vini, gli olj, e la soda.
Le sorti, che dei primi, ordinariamente si coltivano,
sono semenzella, cannizzara, gurria, paola, castigliona,
scavuzza, majorca, cannamasca, tumminia; e tra queste
le più opportune per le paste si reputano la paola, la ca-
stigliona, e la scavuzza. Domandai, e vidi alcune loro
mostre; ma non le trovai pure: e concordemente affer-
marono quegli agricoltori, che la bontà delle semenze
poco si è apprezzata, dacchè si è loro tolta la libertà di
esportare i frumenti fuori caricatore. Quale stimolo può
aver uno a fargli eccellenti, se poi non può vendergli,
che confusi, e mescolati con i cattivi degli altri?
Il Barone di Pedagagi grande, ed intelligente coltiva-
192
tore in tutta quella contrada mi certificò, che quivi le
ruote di produzioni più comuni erano
1 Erba spontanea.
2 Frumento.
1 Maggesi nette, o di sole.
2 Frumento.
1 Legumi.
2 Frumento.
3 Frumento.
E da queste apparisce, che quegli agricoltori spossano
barbaramente la terra con la frequente seminazione di
una pianta, la quale per natura è molto dissugante; sen-
zachè potessero ottenerne giammai regolarmente una
larga fruttificazione = Chi troppo spesso mette frumento
in un istesso campo non può che poco raccoglierne = è
questo un assioma certissimo di pratica agricoltura.
Conversai replicatamente col Barone di Castellana in-
torno a pastorizia, ed ebbi sopra le sue vacche le se-
guenti informazioni.
Mi disse, che la buona razza è un oggetto essenziale
per l'utile delle vacche; che gliene figliavano un anno
con l'altro la metà, e rendevano l'una con l'altra mezzo
quintale di caciocavallo all'anno: ed aggiunse, che 500
di questi animali, dei quali 130 lattanti, volevano in un
anno salme 400 di erba. E queste, ed altre notizie mi fe-
cero concepire, che l'economia delle cascine è presso a
poco nel medesimo stato, che nella valle di Mazzara, e
di molto inferiore in eccellenza, ed in profitto a quella
della Contea di Modica.
193
Gli ulivi non sono scarsi nelle colline, ed in tutti i ter-
reni leggieri, ed apportano buon frutto. L'olio però, che
se ne cava, è di trista qualità, per gli stessi viziosi meto-
di, che si adoperano in Siracusa nel farlo; e giovami
sperare, che l'esempio del mio valente, e diligentissimo
scolare il Signor Nicolò Anzalone contribuirà a far adot-
tare ai suoi concittadini la lodevolissima pratica di man-
dar fresche, ed appena mature le olive all'infrantojo,
onde potessero così accrescere i piaceri della loro tavo-
la, ed i vantaggi della loro industria, e del loro commer-
cio.
Quel, che si è esposto degli olj, non si può in verun
modo affermare dei vini, i quali hanno in Sicilia fama di
grati, e generosi, ancorachè non si facesse uso di alcuna
particolar diligenza nella loro manifattura. Le principali
uve, che s'incontrano nelle vigne di Catania sono cate-
ratto bianco, neurello, mascalese nero, minnella bianca,
e caricante bianco; ed i terreni, dove esse fanno i più ro-
busti, e stimati vini, sono quelli che per un'opportuna
quantità di argilla e calce hanno corpo, e gli altri, che
volgarmente si denominano sciarelle, e che sono delle
antiche lave macerate, e rese col tempo capaci di vege-
tazione.
È singolare, che la distanza tra pianta, e pianta in una
vigna quivi non è più di quattro palmi, o quattro e mez-
zo, secondochè intendesi usar la zappa, o l'aratro nella
loro coltivazione. Io non fui nella circostanza di far sù
questo punto le dovute osservazioni; e ciò non ostante
son di parere, che tanta foltezza nelle viti solamente tol-
194
lerar si può nel caso che queste, per la natura del suolo,
e del clima, si vestano naturalmente di pochi tralci, e
pampani.
La soda è una ricchissima derrata pei Catanesi, mag-
giormente adesso, che avidamente si ricerca dai forestie-
ri, e si vende al prezzo di tre, o quattr'once il quintale. Si
semina in terreni putridi, e grassi, che per lo più si affit-
tano ad once due il tumolo di Palermo, e che sogliono
produrne da ottanta a novanta quintali per salma; cioè
once 300 circa di lordo. La coltivazione n'è molto coste-
vole; essendochè la semenza di questa diviziosa erba
non si affida alla terra, che dopo sei ben profonde aratu-
re; e nata che ella è, e per tutto il tempo di sua vita è ne-
cessario incessantemente di sarchiarla, e tenerla pulita
dalle malerbe. La spesa poi non è piccola nello svellerla,
ed abbruciarla, e nel portarne la cenere in Catania, a fine
d'imbarcarla pei mercati forestieri. Donde può ogni
istruito agronomo concluderne, che l'industria utilissima
della soda richiede molto travaglio, e denaro, e che si
potrebbe l'uno, e l'altro minorare, quante volte nella sua
coltura s'introducesse l'uso di più perfetti agrarj stro-
menti, come aratri con orecchi, erpici, cilindri ec.
Il territorio di Catania è nella maggior parte adattatis-
simo ai gelsi; e non si sa comprendere, come non fiori-
sca l'industria dei filugelli in un luogo, dove più che in
ogni altro di Sicilia prosperano le manifatture di seta.
Reca pure maraviglia, che non vi sieno dalla parte della
pianura quelle estese, e lucrosissime coltivazioni di Ca-
napa, che vi potrebbero essere, quando le acque, che vi
195
sono, s'incanalassero, e si dirigessero in modo da potersi
destinare all'irrigazione, e fecondazione di quei felicissi-
mi campi.
I salarj di campagna sono in Catania alquanto diversi
da quelli degli altri paesi del regno; come ognuno può
persuadersene dalla quì appresso relazione.
Bifolco tarì 24, o 26 il mese, pane, minestra, e tre
quartucci di vino al giorno di once 18.
Custode di buoi once sette all'anno, tre tumoli e poco
più di frumento il mese, tre quartucci di vino al giorno,
ed il mantenimento di una cavalla.
Custode di vacche once sei all'anno, frumento e ca-
valla come sopra, ed un quartuccio, e mezzo di vino al
giorno.
Per sarchiar grani tre carlini7, e due quartucci di vino
il giorno.
Per mietere tre tarì il giorno, e vitto di tutto punto.
Letteratura – Catania è degna di aver luogo tra le col-
te città di Italia, particolarmente per quel ramo di lette-
ratura, che riguarda le patrie antichità.
Ha essa avuto un'Università di studj sin dalla metà del
decimo quinto secolo, la quale pochi anni addietro fu ri-
formata, ed in migliore stato ridotta dalla beneficenza di
S. R. M. È retta da un Gran Cancelliere, che è sempre il
Vescovo, e da una Deputazione composta di questo, del
Patrizio, e del più antico Senatore; ed è decorata di ven-
196
totto cattedre, dodici cioè per la Filosofia, le Lingue, e
le Belle lettere, sette per la Medicina, e Chirurgia, sei
per la Giurisprudenza, e tre per la Teologia. Se pegli an-
dati tempi non può vantare celebri Professori al pari di
altri antichi Licei di Europa, ciò è avvenuto per difetto
di mezzi, e di premj, e non già per vizio del clima, che
da qualche ignorante, e mordace si vuol rappresentare
come poco fecondo di genj, e si osa compararlo a quello
della Beozia. La vivacità ed il talento sono comuni in
ogni classe di persone in questa città, come in ogni altra
di Sicilia; e sotto gli auspicj, e la protezione dell'attuale
glorioso regnante Monarca è l'Università assai frequen-
tata da Scolari, e va adorna di distinti Lettori di scienze,
e di arti. Io ebbi il piacere di conoscere, e conversare
con alcuni di loro, e nominatamente con Ferrara, Gam-
bino, Cantarella, Zara, Napoli ec.; ed ammirai la capaci-
tà, e le cognizioni loro nelle rispettive loro facoltà; ed
avrei ben volentieri voluto ascoltare le lezioni di qual-
cheduno, se, secondo gli antichi stabilimenti e di quella,
e delle più egregie Università di Europa, non fossero già
state cominciate le vacanze il dì primo di Giugno.
Fummo presenti alla collazione delle lauree, nella
quale il Signor Cantarella pronunziò un elegante discor-
so latino, ove fece a proposito onoratissima menzione
del Conservatore, e della sua magistratura. E sperimen-
tammo non piccolo compiacimento nel sentire, che per
l'erezione della novella Università in Palermo erasi di
poco, o di nulla diminuito il numero dei discepoli, e dei
dottorati.
197
Intesi, che questa Università intende di occuparsi di
alcuni pubblici istituti pel promovimento delle scienze.
Ciò è senza dubio lodevole; ma io desidero, che sopra di
ogni altro volesse pensare ad un Orto, o Podere speri-
mentale di agricoltura, il quale quando pure non operas-
se altro effetto, oltre quello di far parlare, e mettere in
onore la divina arte coltivatrice, un bene certamente
produrrà di considerabile momento.
Vedemmo le sue due librerie, le quali sono sufficienti
per l'istruzione della gioventù, ma non offrono rare ope-
re, e di quelle, che molto vagliano; e l'istesso dir si può
di quella dei Benedittini di S. Nicolò. Nientedimeno è
sempre da ammirarsi quella legata a Catania dal suo in-
comparabile Vescovo il fu Monsignor Salvadore Venti-
miglia dell'illustre famiglia dei Principi di Belmonte,
nella quale vi è poco da desiderare per eccellenti, e sti-
mabili libri di Letteratura sagra, e di Belle lettere. Io ri-
volsi in queste sopra tutto l'attenzion mia ai libri di Filo-
sofia naturale, che riguardo sempre come i più pregevo-
li, e feci su di questi alcune ricerche, ed interrogazioni a
quei bibliotecarj; ma eglino mi risposero, che io in que-
sto genere di opere letterarie mi aveva formato un palato
troppo dilicato, e raffinato con la preziosa privata libre-
ria del Re nostro Signore.
Oltre l'Università, e le anzidette librerie, i varj meda-
glieri, e le diverse collezioni di oggetti di storia naturale,
e di antichità, e sopra tutto i due famosi musei del Prin-
cipe di Biscari, e dei soprallodati PP. Benedettini, che si
ammirano in Catania, sono un ornamento della sua lette-
198
ratura, e stimolo, e fonte perenne di pubblica istruzione.
Di questi ultimi non posso quì rapportarne altro, se non
se che contengono abbastanza di naturali rarità, e sono
oltre modo ricchi di preziosi monumenti di antichità, e
di quelli specialmente, che hanno relazione, ed illustra-
no la vetusta patria coltura, e grandezza. Con effetto e
nell'uno, e nell'altro vasta è l'abbondanza di supellettili
di antiquaria siciliana, e particolarmente catanese, di ar-
gille cioè, bronzi, iscrizioni, medaglie ec., e nel biscaria-
no rilucono assai, e sono tra gli altri oggetti degni di
considerazione il Torso ritrovato nel foro, opera che si
reputa comparabile a quelle di Fidia, e Prassitele, la
base corintia con suo piedistallo di un sol pezzo figura-
to, i due pezzi di fregi dello stesso ordine parimenti fi-
gurati, e diversi altri pezzi, ed ornamenti: come pure i
frammenti della rispettabile iscrizione ritrovata nelle ter-
me prossime alla cattedrale, l'altra scoverta nel Teatro, e
la bilingue rinvenuta nella piazza dei Benedettini ec. E
per quello che riguarda i primi, dico, che sono molto
pregiabili le raccolte di medaglie del Marchese di Sor-
rentino, del Principe di Pardo, del Signor Giuseppe Zap-
palà Gemelli, del Barone di Bruca, dell'Abate Ferrara,
del Signor Domenico Gagliano, del Barone Signor Giu-
seppe Recupero, e di alcuni altri, non meno che quella
di naturali produzioni del Cavalier Gioeni.
Antichità – Non farò che accennarle; ed in ciò mi av-
valerò pure dei lumi somministratimi dal mio incompa-
rabile amico l'erudito Marchese di Sorrentino.
Tempj – Si additano dagli antiquarj gli avanzi di tre
199
tempj; quello di Cerere nella strada del bastione detto
degl'infetti, il secondo di Cibele nella contrada di Cifali,
ed il terzo di Vulcano nel fondo dei Peri del Cavalier
Gioeni; ma cotali rimasugli sono così insignificanti, che
quasi nulla si ravvisa della loro architettura, e sembra
non altro che una fondata conghiettura la loro esistenza
nei sopraspecificati siti. Si riguarda poi come tempio di
Lucina l'edificio antico e ben conservato nel luogo di
Licatía fuori della città.
L'Anfiteatro – Presso alla chiesa del Santo Carcere si
vedono tre archi tutti scoperti di questa gran fabbrica,
come pure la loggia esteriore, la quale s'interna sotto ter-
ra. Gli archi di una tale opera sono formati di solidi mat-
toni, e le mura rivestite di pietre quadre di lave dell'Etna
con buon magistero lavorate.
Il Teatro – Non è ancora tutto scoperto per varie diffi-
coltà, ed uno dei suoi ingressi è nella piazza di S. Fran-
cesco nell'angolo, che formano i due palazzi del Sig.
Gravina, e del Principe di Val di Savoja. Si vedono e si
mostrano dagli eruditi corridori, scale, una delle testate
del semicerchio, sedili, vomitorj, logge ec. Si osserva
quasi intiera una volta della loggia esteriore; e parte del-
la scena è scoperta, parte è coperta dalla strada, e parte
resta intiera nella casa del Sig. Corvaja. Porzione poi
dell'esterno di questo famoso teatro si ritrova nella casa
di Musumeci prossima a quella del Signor di Corvaja.
Del resto è un nobilissimo scheletro, di cui non se ne
può comprendere e gustar molto senza studio, e senza
essere un valente artista; e del quale i rimasugli meno
200
pregevoli non sono gli ornamenti suoi rammentati di so-
pra, e riposti nel Museo di Biscari, come pure i marmi, e
le grosse, e mezzane colonne impiegate dentro, e fuori
della Cattedrale.
In questo teatro perorò il celebre Alcibiade.
Le sue fondamenta sono formate di grosse pietre qua-
drate e senza calce.
L'Odeo – È uno dei meglio conservati monumenti di
antichità che vi sieno in questo genere, vedendosene
quasi tutta l'estensione da una testata all'altra. L'esterio-
re di questo piccolo teatro è nella strada, che conduce al
monastero dei PP. Benedettini, presso alla chiesa di S.
Agostino.
Bagni – Oltre gl'immensi pubblici bagni, dei quali se
ne ammirano alcuni avanzi nella piazza della Cattedrale,
e nei quali meritano tutta la considerazione gl'intonachi,
e le figure colorite, se ne vedono diversi privati, tra qua-
li uno al bastione degl'infetti, ed un altro assai più inte-
ro, ed elegante in casa del tenente Sapuppo.
Altre fabbriche, e monumenti – Il cortile di S. Panta-
leo di figura quadra si considera come l'antico foro; e
nel convento di S. Agostino, si vuole che fosse la Basili-
ca, la Curia, ed il Carcere. Da questo luogo furono leva-
te le colonne, che di presente sostengono le logge di
piazza S. Filippo; ed in esso fu ritrovato il Torso colos-
sale di Giove fulminante, che come si è detto di sopra si
conserva nel museo di Biscari. E l'obelisco di granito
rosso, che s'innalza sopra il dorso dell'Elefante posto so-
pra una botte marmorea, che dà acqua nella piazza della
201
Cattedrale, si crede fermamente un avanzo delle decora-
zioni del Cerchio.
Lungo, e tedioso sarebbe in un viaggio, come questo,
di cui il principale oggetto si è l'agricoltura, e la pubbli-
ca economia, il parlare delle tante nicchie sepolcrali, dei
maravigliosi pubblici acquedotti, delle varie conserve di
acqua, e di altre egregie antiche opere, che si conserva-
no, o ne restano i vestigj in Catania. Senza per tanto fa-
vellar più oltre di antichità, passerò a descrivere il no-
stro viaggio da questa a S. Filippo d'Argirò, ed a Paler-
mo, dopochè avrò esposto un'interessante circostanza
del suo interno commercio relativamente ai caci: la qua-
le si è, che i medesimi sono ivi sempre di buona qualità,
ed abbondano costantemente nelle botteghe dei pizzica-
gnoli, ancorachè punto non s'ingerisse nella loro vendita
nè il Senato, nè altro qualunque siasi magistrato. I prez-
zi poi, anzichè essere alti, ne sono invariabilmente dol-
ci, e ragionevoli, siccome dalla seguente tavola giudicar
potrà ogni intelligente, e discreta persona.
Caciocavallo vecchio tarì 3 10
Detto primintio 2 12
Formaggio vecchio 2 8
il rotolo
Detto primintio 2
Piacentino, o Incannestrato vecchio 3 10
Detto primintio 2 16
La nostra partenza da Catania, che avvenne la notte
del dì 9 di Giugno, fu così laboriosa, ed incomoda, che
202
non me ne ricordo la compagna di mia vita, comechè
avessi dentro, e fuori paese a sufficienza viaggiato. Il
giorno, come narrai di sopra, eravamo stati ad un lautis-
simo pranzo dal Barone Perremuto; e questo finito, ave-
vamo sino ad un'ora di notte consumato il nostro tempo
nel percorrere la città in tutte le direzioni lasciando bi-
glietti, e facendo visite di congedo. E quindi la sera, in-
vece di riposarci, e prepararci al viaggio, andammo allo
splendido ballo descritto dianzi in casa del Cavalier Pa-
ternò; d'onde verso le ore sei passammo nella lettica, e
ci avviammo a S. Filippo, senza punto veder letto, e col
solo conforto di una tazza di piacevole, ed esilarante
caffè.
I ringraziamenti, che facemmo a Perremuto, Paternò,
Gravina, Ardizzone, Sorrentino, Ferrara, ed alcuni altri,
per li loro generosi favori, furono molti, e cordiali; e ve-
ramente lasciammo Catania, compiaciutissimi dei suoi
pregi, bellezze, riconoscentissimi per le grazie ricevute,
e col fermo proponimento, che per altro è quello di tutti
i viaggiatori, di ritornarvi un'altra volta, per sempre più
vagheggiarla, e vedere le stupende maraviglie del rino-
matissimo Etna.
Vedemmo la consolante aurora giusto al Simeto, che
io fui tentato di cancellarlo dal numero dei fiumi, nel
quale prima l'aveva posto, perciocchè aveva in questo
sito acque così poche, che lo tragittammo senz'alcuna
paura, o imbarazzo nella medesima lettica. E sintanto-
chè non nacque il sole, il quale alleviò la torpidezza del-
le nostre membra, ed avvivò gli smorti spiriti nostri, noi
203
provammo delle angustie, avvengachè da una parte era-
vamo al dormire inchinevoli, e dall'altra volevamo schi-
varlo per paura della mal'aria. Cosicchè per mantenerci
sempre desti, mettemmo in campo idee, e discorsi viva-
ci, ed allegri; e ci costituimmo custodi a vicenda, e pro-
curatori a svegliarci: ed era curioso, e bizzarro il mirare,
come di tempo in tempo l'uno gridava, e scuoteva l'altro,
e come di quando in quando l'uno, e l'altro rubacchiava,
e gustava fugacemente qualche soave istante di deside-
ratissimo sonno. Ad ogni modo noi non chiudemmo mai
a segno gli occhi da poter paventare la malefica influen-
za di quel cielo, e vincemmo la natura con gli sforzi feli-
ci dell'industria, e della riflessione.
Dalle rive del Simeto sino a Catena nova percorrem-
mo l'anzimentovata pianura di Catania, la quale in una
piccola porzione è di questa città, ed il restante si appar-
tiene a diverse altre, e principalmente a Caltagirone.
Quanto sia l'effettiva estensione di una così fatta egregia
valle, per quante ricerche abbia fatte, non so dirlo nep-
pure per approssimazione; tuttavia avendola due volte,
adesso cioè, e nel 1792, contemplata da più punti, ed in
varie direzioni, e diligentemente calcolata sopra la me-
dia sua lunghezza, e larghezza oso di conghietturarla di
salme 40000 circa di Palermo. Il terreno non è in essa
totalmente costante, ed uniforme; ma quello, che più vi
abbonda, è il prezioso, il quale sta di mezzo tra il sab-
bioso, e l'argilloso, e non ha rigorosamente un proprio
vocabolo nella nostra lingua, e dai Francesi si denomina
terre franche, e dagl'Inglesi Loam. È poi tale, e tanta la
204
sua grassezza, che io non dubiterei di proporlo per
esempio, e campione dei fertili e diviziosi così per
l'acconcia coesione delle parti, come ancora per la copia
dei principj fertilizzanti; e tutto considerato, e valutato,
nessuna, o pochissime sono le contrade di Europa, le
quali possono gloriarsi di avere pel tratto di più di quat-
tro cento miglia quadrate una campagna, al pari di que-
sta, di maravigliosa fecondità, e ricchezza. Il colore di sì
fatto felicissimo suolo è nero-rossiccio, il sapore acre,
l'odore forte, si divide all'azione dell'aratro, e della zap-
pa in moderate zolle, e facili a stritolarsi; ed è in guisa
robusta la vegetazione delle sue erbe spontanee, che il
Conservatore prendeva per carciofi domestici quelli, che
crescevano nella strada, e che erano veramente salvatici.
Al quale proposito io gli dissi = Ritornava un giorno in
Inghilterra da Clare, il cui suolo è bastantemente felice,
a Bradfield in compagnia del celebratissimo Arthur
Young; e questi in discorso, per modo di espressione, mi
confessò, che tutte le volte che andava a quel cantone di
Essex non sapeva quindi rivedere il suo podere in Suf-
folk senza risentire grave malinconia; essendochè com-
parando rilevava, che quei campi erano una generosa
madre, ed i suoi al contrario un'aspra, ed avara matrigna.
Or quali fortissime sensazioni proverebbe egli il Colu-
mella dell'Isole britanniche, se per avventura facesse pa-
ragone tra le sue magre, ed ingrate terre, e quelle che
noi in questo distretto per tutto calpestiamo, e miriamo,
prodigiosamente pingui, e feraci? = Considerammo poi,
e ci accordammo in parere, che importa, e conduce assai
205
più alla felicità di un popolo, ed al potere di un Principe
il possedere un territorio naturalmente ubertoso e poco
esteso, che un altro in proporzione meno ricco, e di una
maggiore ampiezza8.
Spingendo quindi innanzi la nostra speculativa con-
versazione volemmo, per quanto il permetteva il poco
numero, e l'oscurità dei vecchi monumenti, rapportare
all'antico lo stato presente di una tale fortunatissima
campagna; ed io non presumendo altro più che con-
ghietturare affermai, che essa non era stata meglio colti-
vata, nè più fruttifera di quello che ora è in frumento, al
tempo dei Romani, e segnatamente nell'epoca di Cicero-
ne. Dappoichè giusta la testimonianza di questo immor-
tale Oratore, e Filosofo si riputava ľagro Leontino di
produrre bene, o con straordinaria larghezza in grano,
secondochè ne rendeva otto, o dieci sementi9: or qual è
oggidì quel podere nella pianura di Catania, nel quale
non se ne facciano a nostri giorni somiglianti, ed anche
più vantaggiosi ricolti?
Del resto non si può essa considerar di presente nè
come bella, e adorna, nè come con diligenza, ed indu-
stria coltivata. Da Catania sino a Catenanova non vi
s'incontra nè una terra, nè un villaggio, rarissimi sono
gli albereti, e poco frequenti, ed appariscenti le case da
contadini. Tranne i fondi caltagironesi, nei quali, dopo-
chè sono stati, come narrammo in un altro luogo, a varie
8 Le 40000 salme della pianura di Catania vagliono forse più
che 400000 di alcune provincie di Svezia.
9 In Verrem Act. II Lib. III. Cap. XLVII.
206
persone; ed in diverse porzioni censiti, si osservano in
certi siti delle siepi, degli alberi, e generalmente qualche
traccia di utile, e ben intesa coltura; in tutto il rimanente
altro non vi è da rimirare, che nude, diserte, piane, aper-
te tenute, nè alcuna altra pianta che frumento, il quale
quivi si coltiva generalmente con metodi meno lodevoli,
di quelli, che si praticano nella valle di Mazzara, ed in
diverse provincie di quella di Noto. Di soda tuttavia se
ne semina buona quantità, e noi ne vedemmo molti cam-
picelli, i quali promettevano un'abbondante raccolta.
La cenere di Soda di Catania si crede dagl'Inglesi la
migliore del Regno dopo quella di Ustica; e quegli agri-
coltori opinano, che sopra la bontà di questa influisca
assai l'abbruciar l'erba nè verde nè secca totalmente. Ad
ogni modo è certo, che la soda di Sicilia si apprezza, e si
vende per meno di quella di Alicante; ed il Signor More
Segretario dell'Accademia delle Arti, ed Agricoltura di
Londra mi disse, che tal differenza a parer suo proveni-
va da ciò, che nell'atto della combustione non si agita, e
dimena tanto, e così acconciamente, che il fuoco potesse
penetrare compiutamente tutte le sue parti.
Aveva cominciato a fare, durante il mio soggiorno in
Caltagirone, ed in Catania, alcune ricerche, per estimare
prossimamente il prodotto lordo di questa pianura; ma
ne abbandonai l'idea per cagione degli ultimi infelicissi-
mi ricolti, prodotti da straordinarie desolatrici siccità,
che mi avrebbero dati degl'infedeli, e falsi risultati. Ec-
covi, per chiarirsene, quelli negli ultimi sette anni in fru-
mento ed orzo del podere di Maglitta nella baronia di
207
Campopietro proprio del Barone di Perremuto, ed affit-
tato a Salvadore di Prima, che sempre lo coltivò con la
ruota 1 Erba. 2 Maggesi. 3 Frumento.
Seminato Raccolto
Nel 1803 Frumento sal. 36 sal. 85
Orzo 4 8 15
Nel 1804 Frumento 27 8 13 12
Orzo 2 8 6
Nel 1805 Frumento 30 22
Orzo 4 0
Nel 1806 Frumento 29 6 28 14
Orzo 5 6 6
Nel 1807 Frumento 30 90
Orzo 9 55
Nel 1808 Frumento 36 8 225
Orzo 13 8 70
La posterità stenterà a prestar fede ad un infortunio
tanto serioso, ed ostinato, qual si è quello avvenuto al
principio del decimo nono secolo a quella più ricca par-
te della Valle di Noto: e prova che vana è in agricoltura
ogni arte, ed industria, quando non è prosperata da pro-
pizie stagioni, e meteore. Che sarebbe poi il Messico, ed
il Perù rispetto alla pianura di Catania, quando essa po-
tesse ridursi irrigabile? Io non ho notizie, e lumi tali da
poter con certezza pronunziar nulla sù questo punto, ma
vi è chi opina, che le acque del Simeto, ed anche quelle
di Gurnalonga potrebbero farsi servire a questa utilissi-
ma, ed ammirevole operazione. I tanti professori di Ca-
208
tania di Fisica, e di matematica degli andati tempi non
hanno creduto mai cosa degna di loro il dipartirsi
dall'astratto poco concludente delle loro dottrine, per ap-
plicarle all'esame di questo nobile, ed importantissimo
problema?
Prendemmo qualche cibo, e riposammo qualche ora
in Catenanova piccola terra di mille anime circa appar-
tenente al Principe di questo nome; ed arrivammo in S.
Filippo prima delle ore 22.
Nei contorni di Catenanova v'ha delle colline, ed i
terreni sono leggieri ed alquanto sugosi, quindi sino a
tre miglia circa da S. Filippo anzi che nò compatti, e
grassi, e nelle vicinanze di questa città in buona parte
aridi, e poco pingui, e sparsi di vigne, di ulivi, di man-
dorli, e di altri alberi.
Alloggiammo nel convento dei PP. Agostiniani, e ri-
cevemmo molte gentilezze da quel Priore, dal Procon-
servadore, dai Signori Scavone, Bertòlo, Giuseppe
Mammano, e qualche altro che era stato mio scolare, o
uditore in agricoltura. Con la guida di questi cortesi gen-
tiluomini, noi osservammo subito dopo arrivati, e la
mattina appresso innanzi di partire la patria di Diodoro
di Sicilia; e dagl'istessi ricavai la sera quante più notizie
potei relativamente alla sua campagna, che ora compen-
diosamente esporrò.
S. Filippo d'Argirò è una città della valle di Noto di
6500 abitanti, per quanto si dice; e vi sono 70 preti,
quattro collegiate, e due parrocchie, che tutte ammini-
strano sagramenti. L'aria è salubre, e finissima, e noi ne
209
avemmo incontrastabile prova, perciocchè pranzammo
molto, dormimmo bene, e digerimmo nella maggior per-
fezione. Vi si vede qualche casa, e chiesa pulita; in ge-
nerale però gli edifizj, le strade, le botteghe, il vestire
degli uomini, e delle donne, e tutti gli altri oggetti con-
fermano la comune opinione della sua poca ricchezza.
Pochi paesi del regno, hanno una così eminente situa-
zione che questo; e pochi altresì racchiudono nel loro
ambito, quanto il medesimo, di orrendi dirupi, e di gros-
sissimi macigni; cosicchè noi dicemmo per ischerzo,
ch'erano alcuni di quei precipitosi siti solo acconcio sog-
giorno di capre, di lupi, e di diavoli.
I bestiami piuttosto scarseggiano nel suo territorio, e
vi si contano non più di 10000 pecore; e provai non pic-
cola compiacenza nel sentire, che l'innesto da me propo-
sto in una lettera stampata nel 1804 al Barone di Ficilino
per preservar queste dal micidiale vajuolo, fu praticato
in quelle campagne pochi anni addietro col più prospe-
revole successo.
I frumenti, che maggiormente si seminano, sono Se-
menzella, Re forte, Francisa, Napoletana, e Castigliona;
e di queste l'annuo ricolto si computa da qualcheduno
sei mila salme grosse, e dell'orzo due mila, e delle fave
tre mila.
In tutto il territorio i maggiori agricoltori sono quelli
di salme trenta circa di Palermo; e buona parte dello
stesso, la più prossima cioè all'abitato, è migliorata con
alberi, ed arbusti, e particolarmente con mandorli, e viti.
Noi bevemmo eccellenti vini del paese, ma in generale
210
sono essi di una mediocre qualità; e le uve più comuni,
con le quali si fanno, si riducono per le nere al neurello,
survana, zolia nera, e per le bianche al verdese, al chiri-
canico, al cateratto, ed alla zolia bianca. Il clima, non
v'ha dubio, non è quivi molto favorevole alle vigne;
nientedimeno tengo per fermo, che da quelle piantate
nelle valli, e generalmente nei siti bassi si potrebbero
perfetti vini ottenere, purchè i vitigni fussero pochi,
scelti, e nel maggior numero neri, e la vendemmia, e la
fermentazione, e la conservazione del mosto, e tutte le
altre faccende de' vignajuoli si effettuassero con dicevo-
le diligenza, ed accorgimento.
Di buone frutte ven'è poca copia; e tuttavia nei giardi-
ni di pochi dilettanti vi sono alcune stimabili sorti di
pere d'inverno, come l'angelica, la burè, la brutto buona,
la butira d'inverno, e la bergamotta.
Lo Zafferano di S. Filippo d'Argirò è stato in gran ri-
putazione sin da tempi antichissimi; ed oggidi è pure as-
sai stimato, e forma un certo articolo d'industria, e di
commercio per quella popolazione. Vuole esso terreni
sabbiosi; e si può piantare in tutti i mesi dell'anno, fuor-
chè in Novembre, e Dicembre. La distanza, alla quale si
colloca una cipolla dall'altra, si è circa di once quattro; e
non è necessaria altra coltura per questa pianta in un
anno, oltre quella di due, o tre zappature. Comincia a
fruttificare il primo anno, che si pone, e dura per tre
anni, anzichè avesse bisogno di essere rinnovato; i topi
gli cagionano non di rado gran guasto: e la sua ordinaria
produzione è tre libbre circa per tumolo di Palermo, e
211
quarantotto per salma, che importano presso ad once du-
gentotrenta.
Prezzi di alcuni generi.
Castrato grana 26
Formaggio 36 il rotol.
Pasta 12
Once 18 di pane comune 4.
Once 12 di pane di semola 4.
Salario dei lavoranti di campagna 20, e tutto vitto.
Il dì 11 c'incamminammo verso Alimena, ed innanzi
di montare in lettica, i Signori Mammano, Bertólo, e
Scavone mi dissero, che tutto il contado della città pote-
va essere 5300 salme circa di Palermo, e che tra buoi,
vacche, e vitelli v'erano presso a 1200 capi di questa
specie di bestiami. Affermarono di più, che, oltre le bia-
de ed i legumi, il commercio del paese consisteva in
mandorle, ed altre frutte, in sommacco, e talvolta pure
in vino, l'annua raccolta del quale si suppone salme
3000. E confermarono in quest'ultima nostra conversa-
zione quel tanto, che decisivamente avevano sostenuto
la sera precedente; cioè che la popolazione del luogo an-
dava continuamente diminuendo per le incessanti emi-
grazioni degli abitatori suoi, e che lo stesso era assai
meno ricco di quello che poteva essere, per mancanza di
capitalisti, e proprietarj, per il peso eccessivo dei dazj, e
per lo scarso numero dei lavoranti di campagna. Io non
replicai nulla per le prime due allegate cagioni; ma per
212
la terza proposi loro: come potete mai, Signori, deside-
rare altri contadini, se, per quanto voi stessi confessate,
quelli, che pur ci avete, non vogliono, o non possono
stare in S. Filippo, e vanno a cercare altrove patria,
pane, e lavoro?
La campagna di questa città dal lato della strada di
Palermo è amena, ed abbonda di alberi; ma sino al fiu-
me, che per quantità d'acqua è qualche cosa meno di un
rivolo, i terreni non sono assai felici, particolarmente
per grani.
Passammo per Nissuria piccola terra di circa mille
persone del Principe di Paternò, e che ha un territorio di
presso a 4900 salme di Palermo, e delle quali 1300 tro-
vansi distribuite ad enfiteusi a quegli abitanti. Noi non
ci fermammo, nè facemmo alcuna ricerca; ma per tutto
non potemmo vedervi altri segni, che quelli di povertà,
o almeno di pochissima comodità.
Ed a quattro, o cinque miglia più in là attraversammo
Lionforte, che io aveva visitata, e nella quale mi era fer-
mato alcuni giorni nel 1792. È la stessa una riguardevo-
le terra di più di 10000 anime, pulita, fabbricata con
qualche disegno, abitata da alcune ricche, e comode fa-
miglie, copiosissima in acqua, e cinta da una campagna
a sufficienza fertile per natura, e coltivata con lodevole
diligenza, ed industria.
Siccome la strada in mezzo all'abitato era cattiva, e
noi la facemmo a piedi, ebbi io l'occasione di domanda-
re dei prezzi del lavoro, e delle vettovaglie, e mi fu ri-
sposto in generale, che i primi in vent'anni avevano sof-
213
ferta piccola alterazione, ma che gli ultimi si erano au-
mentati all'ingrosso più di un cinquanta per cento. Ades-
so, sono questi, con poco rilevanti variazioni, come in S.
Filippo, e nel 1792 erano come appresso
Vitella grana 20
Castrato 18
Pecora 12
Il rotolo.
Caciocavallo 40
Formaggio 30
Pasta comune 12
Da Lionforte a Priolo i terreni, che sopra tutti gli altri
prevalgono per quella tal contrada sono i pingui, e che
inclinano al friabile; e vi osservammo dei superbi fru-
menti, che di già cominciavano ad abbassare le loro
onuste spighe, specialmente verso la Bozzetta apparte-
nente al Principe di Valguarnera. Una tale campagna è
poi bastantemente animata; perciocchè non sono in essa
rare le case, e qualche boschetto, e piantagione, e per
più miglia si mirano, e fanno vaga figura Castrogiovan-
ni, e Calascibetta, le quali siedono sulle cime di due
monti, o assai alte colline, discoste uno, o due miglia
l'una dall'altra,
Priolo, nel quale riposammo, è un piccolo villaggio
fabbricato da non molti anni in quà, e proprio dei Duchi
di Villarosa. È situato sotto un salubre cielo, ed in una
piacevole pianura; e comprendere non si sa, come anco-
ra non sia più grande, e più bello, maggiormente che gli
214
è cagione di un certo traffico, e guadagno la strada, che
da una porzione considerabile del regno conduce alla
capitale. Si dice, che l'istesso padrone non ha voluto
promuoverne ulteriormente l'accrescimento, e perchè è
ben prossimo a Villarosa, e perchè una nascente popola-
zione arreca sempre del dispendio, e del fastidio al baro-
ne. Ad ogni modo, vada pure questa facenda come si
voglia, noi contemplando i pregi del sito, ed i vantaggi
generali di una ben divisa popolazione in tutta Sicilia,
ardentemente desiderammo, che i Signori di Villarosa
volessero procurarne, senza scapito dei loro interessi,
anzi con utile loro, l'ingrandimento; ed edificarvi una
decente locanda in vece di quella, che ora vi è, la quale
è sconcia, e sudicia, come tutte le altre del Regno.
I terreni da Priolo ad Alimena partecipano più
dell'argilloso, che quelli i quali avevamo veduti la matti-
na; ma l'aspetto della contrada ci sembrò meno ridente,
perchè meno ricca di piantagioni, e frequentata di gente,
e particolarmente di agricoltori. Ci parve altresì, che vi
si desiderava un maggior numero di bestiami, senza i
quali, e specialmente i vaccini concepire in modo alcu-
no non si possono belle, ed utili campagne.
Alimena è dei Principi di Belvedere, ed ha un assai ri-
stretto territorio, nel quale la principale produzione è
frumento, e segnatamente castigliona. Domandai se mai
la volpe infestava quei grani, e mi fu assicurato, che il
male, il quale essa cagionava non era ancor notabile, ma
che andava sempre più facendo dei progressi. Proposi,
per allontanarla, di medicar le sementi con ranno, e cal-
215
cina, o con qualche altro bagno, del quale parlai nelle
mie memorie economiche, ed agrarie sopra i grani di Si-
cilia pubblicate nel 1803; ma questi consigli furono trat-
tati quivi, ugualmente che altrove, come meri teoretici
ghiribizzi.
La terra contiene più di tre mila abitanti; comparati-
vamente a molte altre è pulita, e sperimenta qualche
vantaggio da ciò, che vi passano molti forestieri
nell'andare, e ritornare dalla capitale. Vi sono con effetto
tre decenti locande; e noi ci compiacemmo di aver tro-
vate in quella, nella quale albergammo, stanze e comodi
tali da poterne restar contento in provincia qualunque
discreto viaggiatore.
In questa noi risolvemmo di giungere il dì seguente a
Palermo; e benchè a tal uopo avessimo dovuto fare in un
giorno circa 60 miglia, il progetto non aveva nulla di
difficile, per ragione della strada carrozzabile da Termi-
ni in là, la quale riduce quasi a zero la distanza di venti-
quattro miglia.
Il dì 12 per tanto partimmo assai di buon ora da Ali-
mena, e verso le ore 14 arrivammo a Caltavuturo. I cam-
pi prossimi alla prima sono assai piacevoli per l'abbon-
danza delle vigne, e delle piante pomifere, con le quali
sono abbigliati; e quindi, e sino ai contorni dell'ultima
sono totalmente nudi, ed offrono agli sguardi del pas-
saggiero poche biade, ma belle, e diviziose praterie, par-
ticolarmente verso l'abbeveratojo detto dei Gancitani.
La nostra dimora in Caltavuturo fu poco meno di tre
ore, ci ricoverammo in una stanza nera, e sozza, che ivi
216
chiamavano giuratoria, e mangiammo dell'ottima vitel-
la, che con nostra maraviglia si vendeva in quella piazza
a buonissimo prezzo. Il Conservatore ascoltò benigna-
mente certe querele di quel civico magistrato, e si inte-
ressò con somma umanità del compassionevole caso di
un vecchio, e cieco giurato, il quale per certe colpe di
officio, che gli erano state imputate, languiva da più
mesi in una prigione, ed era ridotto a vivere miserabil-
mente di elemosina. Ed io intanto mi adoperai con ogni
diligenza per procurarmi alcune notizie sopra l'agricol-
tura, e lo stato economico del luogo, che qui brevemente
noterò con quelle dilucidazioni somministratemi corte-
semente in appresso dal Proconservatore Cipolla.
È questo un paese di circa 4000 anime, sconcio di
aspetto, sucido, e tristo per un bruttissimo pietrone, che
gli soprasta, e che pare incessantemente di volergli crol-
lare addosso, e sepellirlo nelle sue rovine. Appartiene al
Duca di Ferrandina, ed in tutto presenta argomenti di
estrema rozzezza, e di non ordinaria povertà; ed a colo-
ro, i quali ci dissero che di là molti continuamente emi-
gravano, noi ridendo rispondemmo: che ci facevano mi-
nor maraviglia quelli, che l'abbandonavano, che gli altri,
i quali vi rimanevano.
Tutto il suo territorio è di 3460 salme circa di Paler-
mo, 60 delle quali sono piccole tenute, possedute ad en-
fiteusi, e migliorate con vigne, ed alberi, e 3400 sempli-
cemente arabili, proprie pel dominio diretto, ed utile del
Barone, e che si affittano l'una con l'altra presso ad once
due, e tarì dodici la salma anzidetta di Palermo. I fru-
217
menti, che generalmente vi si seminano sono Castiglio-
na, e qualche poco di tumminia; e le ruote, che vi si pra-
ticano 1 erba, 2 maggesi, 3 frumento, 1 erba, 2 maggesi,
e tumminia, 3 frumento, 1 erba, 2 frumento. E negli anni
di una regolare fertilità il frumento sopra maggesi suol
dare undici salme in una salma di terra, e sopra erba, o
terrozzo, non più di sette o otto salme.
Il soprannominato Signor Cipolla mi scrisse, che tutta
la popolazione consumava 1300 salme generali di grano
in un anno; io dubito, che egli intendesse di parlare di
quella quantità solamente che suole provvedere, ed in-
cettare la comunità pel bisogno del pubblico: dappoichè
non so credere, che 4000 persone mangiassero solamen-
te in un anno 1300 salme di frumento, ossia 5 tumoli e
⅕ per testa.
I cittadini, e magistrati locali, co' quali conversammo,
ci dissero, che la somma delle imposizioni, le quali pa-
gava Caltavuturo, ascendeva in tutto ad once 1468; e
che questo peso era assai gravoso per quella comunità.
Io, considerata l'apparente povertà di quella popolazio-
ne, non feci alcuna difficoltà a questa tale asserzione;
ma riflettei tra di me, che la sua industria, ed agricoltura
doveva essere in un assai poco felice condizione, perchè
con una campagna bastantemente fruttifera di 3460 sal-
me avessero a sperimentarsi oppressivi quei pubblici ag-
gravj, i quali in conclusione importavano non più di tarì
undici per persona.
Alle ore 17 c'indirizzammo verso Termini. La tremen-
da china all'uscir da Caltavuturo ci fece orrore; e sino al
218
confine di Cerda non vedemmo che terreni di una ben
mediocre qualità, argillosi dapprima, e poi sabbiosi con
macchie, e boscaglie di piccolissimo conto. Noi trovam-
mo questa piccola, ma leggiadretta terra tutta sossopra,
ed in grandi allegrezze; ed in essa non ci fermammo,
che un quarto d'ora, per divertirci con una pomposa ca-
valcata, che vi era, all'occasione dell'arrivo da Cefalù di
un novello prete. Per lo che poco ne potrei dire, se oltre
quel tanto, che vi aveva alcuni anni addietro osservato,
non mi avesse quindi sopra la stessa procurate gentil-
mente varie notizie il degnissimo mio collega, l'Abate
Signor Salvatore Cannella.
La campagna di questo marchesato è di salme 1210 di
Palermo, delle quali 170 sono censite, e bonificate con
piantagioni. L'ultimo suo fitto è stato di once 5320; ed i
terreni suoi hanno non volgare feracità, e nella maggior
parte abbondano di argilla, e però sono assai favorevoli,
ed adatti alla produzione dei grani, specialmente di
quelli, che si chiamano duri, o forti. La sua popolazione
si computa 1200, e più; e consuma in un anno salme ge-
nerali 1400 di frumento, inclusovi quello che smaltisco-
no i tanti forestieri, che vi passano, e che certamente è
una quantità considerabile.
Si esaminarono a mia istanza i registri di quella par-
rocchia per venti anni, e si trovarono gli appresso risul-
tati.
Nati in dieci anni dal 1787 al 1796 464
Morti 384
219
Eccesso dei nati sopra i morti 80
Nati dal 1797 al 1806 582
Morti 519
Eccesso dei nati sopra i morti 63
La popolazione per tanto si è nei trascorsi venti anni
aumentata, ma più nei primi dieci, che negli ultimi, per
motivo della grave sterilità delle raccolte avvenuta dopo
il 1800. Ed egli è inoltre chiaro, che l'aria non è la più
salutevole, se non nella terra, almeno in quei luoghi, ove
viver sogliono, e lavorare quei contadini; avvengachè in
venti anni, ne sono morti, anno comune, 45, ossia 1 in
29, supposto il numero degli abitanti qualche cosa mag-
giore di 1300.
Verso Fiumetorto ebbi il piacere di abbracciare una
truppa di miei parenti, ed amici, i quali, saputa la venuta
nostra, vennero quivi ad incontrarci, per complimentare,
ed onorare come meglio potevano il Signor Conservato-
re. E di là sino a Termini noi vagheggiammo con parti-
colar piacere una ricca, e ornata campagna, e soprattutto
quella piana, e fertilissima, che ci stava a qualche di-
stanza, e che resta compresa tra la così detta Tondarella,
e Fiumegrande. Di questa appena possono esser mai
troppi gli elogj in punto di fecondità; ed io facendola da
cicerone andava dicendo al Cavaliere = Guardi; quella è
la baronia di Brucato del Signor Salvo, la quale non es-
sendo più di 100 salme di Palermo, e non potendosene
irrigare ogni anno che sole circa dodici, si affitta niente-
220
dimeno once 1300... Miri quelle vigne chiamate della
majolina, dei bruni ec., esse sono così fruttifere, che
rendono quasi regolarmente 20000 quartucci di vino
all'anno per salma... Osservi quelle risaje, che si appar-
tengono al fittajuolo del Barone Salvo, mio Zio Signor
Gullo, esse sogliono dare di questa derrata da 60 a 70
quintali per salma... Contempli presso alla riva del mare
quei verdeggianti giardini: cotali terre proprie dell'istes-
so Signor Salvo, venticinque anni addietro erano sterili,
e malsane paludi, ed ora sono un divizioso pometo, il
quale, ancorachè non sia più di sette salme, pure dà in
uva, nespole, ed altre frutte oltre ad once 1000 all'anno
di lordo. =
Arrivammo in Termini prima delle ore 22, e riposam-
mo in casa dei miei parenti Gullo appena un'ora, e mez-
za circa, innanzi di metterci in calesse per Palermo. E
nonpertanto posso, e deggio dirne qualche cosa, concio-
siachè è essa mia patria, e conosco meglio quella città, e
campagna, che qualunque altra di Sicilia.
Siede presso al mare, ed è situata parte in pianura, e
parte in collina; e benchè vi sieno vie erte, sporche, an-
guste, pure ven'ha diverse piane, e spaziose, e qualche-
duna bastantemente gentile, ed ornata. Per piazze, ed
edificj vi è poco, o nulla da lodare, salvo gli acquidocci,
i quali da considerabile distanza, e per terreni assai ine-
guali, e sparsi di borri, e valloni trasportano le acque co-
piose, che servono ai bisogni di tutta la popolazione; ma
generalmente nelle case, e nei loro mobili regna quel
grado di decenza, e lindura, che non si osserva nei luo-
221
ghi del Regno, anche di una più rilevata condizione. I
bagni si tengono in pregio dai Medici, particolarmente
per il reumatismo, e tutte le malattie di nervi; sono però
così malamente disposti, sucidi, e trasandati da far ver-
gogna, e disonore a qualunque più rozzo, e miserabile
villaggio: ed un tempo fu molto alla moda, e si credette
assai giovevole ad alcuni morbi un'acqua, che ivi si ap-
pella del Bevuto, e che abbonda di petroleo. V'è qualche
pezzo di antichità, un riguardevole medagliere proprio
del Signor Gandolfo, poche regie scuole di belle lettere,
e scienze, ed una piccola pubblica libreria recentemente
fondata da un benemerito concittadino il Sacerdote Si-
gnor Giuseppe Ciprì.
Vi sono pochissime famiglie rispettabili per nascita, e
per benifondi; ed appena vi si contano dieci persone tra
negozianti, ed agricoltori, le quali hanno un qualche ca-
pitale, e si possono dire benestanti. Ciò non ostante vi si
trova rispettivamente una certa universale comodità,
specialmente da alcuni anni in quà, che si è accresciuto
il traffico, ed il prezzo della fatica dei lavoranti; e pochi
pochissimi sono i paesi del regno, dove, come in questo,
vi è sufficiente quantità di generi necessarj, o dilettevoli
alla vita, come carni, olj, pesci, vini, ortaggi, frutte ec., e
per sino di merci di lusso, stante la vicinanza, e le inces-
santi comunicazioni con la capitale per mezzo del mare,
e maggiormente dell'eccellente strada carrozzabile. Ed a
questo proposito tacere non deggio la vituperevole ma-
niera, con la quale si curano, e si mantengono le vie in-
terne dell'abitato, e particolarmente quella da calesse,
222
che riunisce la parte inferiore con la superiore della cit-
tà.
Termini si distingue tra le popolazioni marittime
dell'Isola pel numero considerabile delle sue barche de-
stinate alla pesca, e specialmente a quella delle sardelle,
ed acciughe, delle quali se ne sala buona copia pei mer-
cati stranieri, e sopra tutti per Livorno. E la sua indu-
stria, e circolazione è assai promossa, e vivificata dalla
vendita delle sue derrate territoriali, dalla truppa che vi
stà di guarnigione, dalla frequenza dei forestieri, che
vanno da Palermo a Messina, ed altrove, e dal caricato-
re, che per la bontà dei grani supera ogni altro in credi-
to, e che attira colà molti proprietarj, agricoltori, e vettu-
rali, i quali comprano di ritorno legname, ferro, botti,
cuoi, panni, e diversi altri generi, e manifatture. Si dice
da tutti, che in nessun altro caricatore sono forse gli offi-
ciali così discreti, e ragionevoli quanto in questo; ma
tutti si lagnano del regolamento ultimo, pel quale nè il
padrone del frumento, nè il suo commissionato può assi-
stere alla consegna, che se ne fa nei regj granai. E tutti i
coltivatori della contrada desiderano di avere dalla cle-
menza del Re Signor nostro la facoltà, della quale prima
godevano di poter estrarre i loro grani fuori caricatore,
mediantechè l'Erario nulla perderebbe, e l'agricoltura, ed
il commercio nazionale riceverebbe un notabile miglio-
ramento.
La sua campagna è circa 2600 salme di Palermo, e
nella maggior parte poco ferace; tantochè vi si raccoglie
poco di biade, e di civaje, e la pastorizia è tale da non
223
doversene nè anche far menzione. L'estimo ultimamente
fattone per la tassa delle strade porta la sua annua rendi-
ta calcolata con prudenza, e moderazione ad once
20978 29 6, cioè 13744 22 19 quella dei terreni arabili,
e 7234 6 7 l'altra delle piantagioni, o bonificazioni. E le
più ricche produzioni sue sono il vino, l'olio, ed in certo
modo l'uva greca dei pergolati, il riso, ed il Sommacco.
Di vino se ne raccoglie assai, ma generalmente è
aspro, e cattivo, principalmente perchè l'uva si taglia im-
matura; e di olio presso a 1900 quintali all'anno, che o si
smaltiscono nell'istesso luogo, e nella capitale, o si
esportano fuori del regno. La sua qualità, malgrado le
poche diligenze nell'estraerlo, non è assai trista, e di
quello se ne fabbrica, particolarmente dai Signori Gar-
gotta, Palmeri, ed altri, che di certo non è inferiore in
bontà al migliore di Lucca, e di Aix. Di ulivi poi se ne
pianta continuamente gran quantità; e gl'istessi si potano
regolarmente, e s'ingrassano al pedale: e fa dispiacere
una malattia, dalla quale sono stati da alcuni anni in più
siti assaliti, e per la quale perdono dapprima i rami, e
quindi gradatamente periscono.
Il sommacco di Termini vale 10, e forse 15 per cento
meno di quello di Carini, probabilmente perchè non si
falcia, e non si fa diseccare, innanzi di polverizzarsi, al
punto il più convenevole. Il riso poi viene di perfetta
qualità, e si vende sotto nome di quello di Roccella; e
l'uva greca si conserva fresca sull'istesse pergole sino a
Dicembre, ed anche a Gennajo, e si trasporta, e si esita
con notabile profitto in Palermo, ed anche in Messina,
224
ed in Trapani.
La popolazione di questa città è sicuramente più di
14000, e consuma in un anno presso ad 11000 salme ge-
nerali di frumento, cioè non più di tumoli 12,57 per
capo. E le seguenti note tratte dai libri di quella parroc-
chia mostrano l'andamento della medesima negli ultimi
due periodi ciascuno di 20 anni.
Nati dal 1768 al 1787 10222
Morti 6875
Eccesso dei nati sopra i morti 3347
Nati dal 1788 al 1807 10726
Morti 8990
Eccesso dei nati sopra i morti 1736
Donde si deduce, che negli ultimi venti anni, per mo-
tivo delle carestie, gli abitanti di Termini si accrebbero
in una assai minor quantità di quella, che fatto avevano
nei venti anteriori; e che la sua aria è assai salubre: per-
ciocchè in 40 anni i morti sono stati 39625/40 per anno,
nella proporzione cioè sopra 14000 di circa 1 in 35, e
più.
Dopo le ore 23 partimmo in calesse per Palermo.
Al sortire da Termini la strada carrozzabile, gli orti, i
giardini, e gli uliveti rendono quei contorni del paese
estremamente dilettevoli; e le vigne, gli alberi di frutte,
e le villette prima della Trabia compartiscono a quella
campagna prossima al mare non volgare amenità.
Trabia è una terra di mille, e più anime del Principe di
225
questo nome, e per quel che ne ho inteso, gli rende sei, o
sette mila scudi, ancorachè il territorio della stessa non
fusse più di 70 salme di Palermo. Del che alcuno mara-
vigliar non si deve, perciocchè sono i molini, la tonnara,
e le abbondanti acque, con le quali s'irrigano molti orti,
e giardini, quelle, che somministrano al Barone i più ri-
levanti proventi. Il Principe si porta in essa da amorevo-
le padrone; e larghe sono l'elemosine, che egli, e la Prin-
cipessa dispensano a quei poveri, specialınente negli
anni di sterilità, quali sono stati non pochi dell'ultimo
trascorso decennio.
Giusta il registro della parrocchia furono in essa
i battezzati dal 1756 al 1775 638
I morti 429
Eccesso dei nati sopra i morti 209
I battezzati dal 1776 al 1795 1104
I morti 675
Eccesso dei nati sopra i morti 429
Il che fa vedere un progressivo considerevole aumen-
to della popolazione di questa terra negli anzidetti 40
anni, e che, per quanto si suppone, principalmente è pro-
venuto dalle emigrazioni dei vicini paesi.
Al ponte detto della Trabia cominciò la vivificante
luce a disparire dal nostro orizzonte; ed io appena ebbi il
tempo di accennare rapidamente al Conservatore
nell'istessa carrozza i confini di S. Onofrio, ed i nobili
abbellimenti, e miglioramenti fattivi con lodevolissima
226
sagacità, ed industria dal pregevolissimo comune amico
il Presidente Marchese Artale. Gli additai per tanto fu-
gacemente la gentile villa, il comodo casamento, e la
strada da calesse fabbricatavi, certi paduli prosciugati,
molti campi ingombri, e deformati da scoparina resi to-
talmente arabili, la novella vigna tutta formata con scelti
vitigni, l'egregia chiusura di sei salme destinata ad alberi
fruttiferi di più sorti, e la montagna, nella quale tentò
egli per la via della seminazione di fare amplissimi bo-
schi artificiali. Il Cavaliere Tommasi mirò, ed intese tut-
te queste cose con particolar compiacimento; ed io con-
chiusi il mio discorso con dirgli, che se la Sicilia avesse
molti di quelli, i quali rassomigliassero a questo gran
Magistrato per talento, per facultà, e per genio, e gusto
in agricoltura, vedrebbe certamente sorgere nel suo seno
non poche di quelle coltivazioni, che potrebbero accre-
scere le sue naturali divizie, e bellezze.
Alle Torri sopravvenne la gravosa notte; e noi non
pensammo or mai più ad altro, che alle nostre famiglie,
ai nostri amici, ed alle nostre occupazioni, ed incumben-
ze.
Alle ore due, e mezza arrivammo in Palermo, alla
quale alcuno negar non potrà gli orrevoli titoli di gran-
de, bella, colta, ricca, e salubre, senza incorrere la nota
di uomo malevolo, o che non sa quel, che si dice, per
non avere a sufficienza letto, viaggiato, e comparato. Ed
ognuno di noi dopo l'assenza di un mese rientrò in sua
casa, contento di essere dalla provincia ritornato in città
con una copiosa messe di dilettevole istruzione.
227
Il dì seguente ci portammo a Solanto, e ricevemmo la
grazia di baciare la mano a S. S. R. M., la quale si beni-
gnò di accoglierci con la sua solita clemenza, ed umani-
tà; e da saggio, e benefico Principe qual'è, fece egli pru-
dentissime interrogazioni, ed ammirevolissime riflessio-
ni sopra la fertilità, l'agricoltura, ed i mezzi di condurre
a maggior prosperità questo suo prediletto dalla natura
fedelissimo regno. Si fece parola dalla M. S. tra gli altri
interessantissimi soggetti di pubblica Economia, della
somma utiltà di dividere, e spargere la proprietà dei ter-
reni; e rassegnandole a questo proposito il Conservatore
i vantaggi, che potrebbe ricavare l'amministrazione, e
gli abitanti della Contea, e particolarmente quelli di Vit-
toria dalla censuazione di Boscorotondo: la M. S. si de-
gnò di rispondere, ch'era stata sempre inclinatissima a
queste tali operazioni animatrici del travaglio, e
dell'industria dei popoli suoi, ed aveva adottata la massi-
ma degna della sua altissima saviezza, e generosità, di
non doversi stabilire altri canoni, che quelli regolati dal-
la moderazione, e dalla equità, avvengachè conveniva
ad ogni modo avere assai più in mira il bene dell'agri-
coltura, e dei suoi amatissimi Sudditi, che qualche diret-
to poco significante profitto delle sue regie finanze.
228
APPENDICE AL GIORNALE.
229
parlino poco della nostra isola i siciliani, e molto al con-
trario i forestieri; ed è intollerabile, che la più parte di
questi per ignoranza, e taluni per atra-bile, e rea malevo-
lenza non rilevino tutti i pregi suoi, mettano innanzi suoi
mali, e sconcezze immaginarie, e con ignobile industria
ne amplifichino qualche suo difetto, dipingendolo con
troppo carichi, e vivaci colori.
Ed eglino sono stati questi i motivi, che hanno mossa
la Maestà del Re nostro padrone a comandare la pubbli-
cazione del mio giornale, il cui abbozzo si degnò da
principio leggere, e mostrarmene il suo regal gradimen-
to.
Aspetto dell'isola.
La Sicilia, specialmente nelle due valli di Mazzara, e
di Demone, è un paese assai montagnoso; ma le colline,
e montagne sue, a differenza di quelle del continente
d'Italia, sono, di poche in fuori, fertili, e coltivabili sino
alle loro cime. Del resto non vi si desiderano nobili pia-
nure, ed oltre quelle descritte nel corso del viaggio, altre
ve ne sono, e segnatamente verso Trapani, Mazzara,
Girgenti, Terranova ec. Per vedute pittoresche pochi
luoghi si possono con la Sicilia comparare; e se essa in
certi siti è nuda, e squallida, in molti però è ridente ed
ornatissima. La mancanza dei fiumi, la rarità delle popo-
lazioni, e la poca vivezza dell'interno commercio sicura-
mente minorano non poco le bellezze delle nostre pro-
vincie; ma cotali mancamenti, e sconvenevolezze si pos-
sono almeno in parte rimuovere, e correggere con racco-
230
gliere, e fare un miglior uso dei nostri copiosi rivoli, con
dividere, e far nascere altre città, terre, e villaggi dai
quattrocento trenta circa, che di presente ci abbiamo,
con distruggere tutti gli ostacoli al traffico tra comune, e
comune del reame, e con ridurre sollecitamente a termi-
ne le incominciate strade carrozzabili,
Grandezza.
Ci mancano assolutamente gli elementi, co' quali po-
tessimo calcularla con esattezza, o almeno con soddisfa-
cente approssimazione. Tuttavia se mi fosse lecito di
proporre su di essa una qualche mia conghiettura, direi,
che non è minore di 1600000 salme di Palermo. Dappoi-
chè supponendola tutta piana si computa da nove a dieci
mila miglia quadrate geografiche, cioè da 1371789 a
1524209 salme; ed egli sembra molto verisimile, che le
sue tante montagne, colline, e valli l'accrescessero per lo
meno sino al compimento di 1600000 salme di Palermo.
Oltredichè si crede, che i fondi allodiali, e le così dette
migliorie ascendono a poco meno di 500000 mila sal-
me10; e perchè i feudali sono per comune opinione in-
comparabilmente di più, e formano una considerabile
quantità le possessioni degli Ecclesiastici, e delle Mani-
morte, non meno che le vie pubbliche, le rive dei fiumi,
e del mare, i luoghi abitati ec. pare, che l'anzidetta ipote-
si di 1600000 salme si potesse ammettere senza pericolo
di grave errore.
10 Così nel testo cartaceo; ma prob. "500 mila" [nota per l'edizio-
ne Manuzio].
231
Si pretende da alcuni, che i monti, e le valli di una
contrada non accrescano la sua reale, ed utile superficie;
e per sostenere questa loro opinione allegano certe sotti-
lissime ragioni ricavate dai principj astratti della geome-
tria, e da non so quali massime di fisica vegetabile. Ma
una tale quistione si deve esaminare, e decidere più con
le pratiche osservazioni, che con le teorie; e se tutto dì
vediamo, che un campo, il quale imita una porzione di
sfera, un cono tronco, una piramide ec. si veste tutto di
erba, si pascola tutto, e vuole in ragione della sua mate-
riale estensione tanta sementa, e piantar vi si possono
tanti alberi, quanti se ne potrebbero porre in una pianura
della stessa superficiale grandezza; vi è egli da dubitare,
che le parti convesse, e concave di uno stato aumentano
sicuramente il suo effettivo territorio?
La notabile montuosità adunque della Sicilia amplifi-
ca notabilmente la sua vera estensione; e facciansi pure
quelle ipotesi, e deduzioni, che meglio piaceranno, mi
pare assai probabile, che essa sia considerabilmente
maggiore di tutte le sette provincie unite di Olanda, le
quali malgrado gli svantaggi del suolo, del clima, e della
situazione per due secoli figurarono allato alle più di-
stinte potenze di Europa, e non sono più, secondo Pin-
kerton, di 8600 miglia quadrate, ossia di presso 1310820
salme di Palermo.
Clima.
Un Inglese di vasta erudizione, e di fino discernimen-
232
to afferma11, che i migliori climi del mondo si trovano
tra i gradi 35, e 40 di latitudine, e che in cotali paesi è
sopra modo delizioso il soggiornare nelle colline, e par-
ticolarmente in quelle, che siedono a piè delle grandi
montagne. Se così è, come vi sono molte ragioni per
credere, che di fatti sia, il cielo di Sicilia si deve riputare
per uno dei più felici di Europa. Gli esempj recati nel
corso del Giornale mostrano, che è molto salubre; e la
vegetazione è in generale maravigliosamente lieta, e ro-
busta, quando anche non è convenevolmente ajutata, e
promossa dal travaglio, e dalla diligenza dell'uomo.
L'inverno tra noi è quasi una continua primavera; gli at-
tivi calori dell'estate sono quasi regolarmente temperati
da freschi piacevoli marini venticelli: ed in questa sta-
gione nelle nostre alture, e monti un'aria si respira piace-
volissima, particolarmente quando vestiti sono di alberi,
i quali sono più necessarj, ed apportano un comodo
maggiore nei luoghi meridionali, che nei settentrionali.
È vero, che la nostra campagna sarebbe assai più bel-
la, e più fruttifera, se non mancassero quasi assoluta-
mente le piogge da Maggio sino a Settembre; ma a que-
sto si può in qualche modo riparare, con mettere a pro-
fitto le acque, ed estendere il più possibile le irrigazioni:
e poi questo inconveniente è compensato dal rilevante
vantaggio, che noi nella fredda stagione possiamo avere
facilmente, ed abbondantemente certe produzioni, le
233
quali non si possono ottenere, o almeno non senza gravi
spese, e fatiche, in tutte le regioni, le quali hanno rispet-
to alla nostra un'assai più fredda temperatura.
I sirocchi sono indubitatamente in Sicilia, e special-
mente nelle sue coste settentrionali, molestissimi; e ben-
chè sieno stati trovati un oggetto di grate sensazioni da
diversi forestieri di perfetta tempra, e salute, pure la co-
mune degli uomini non reputa cosa di buon gusto una
temperatura di 90, 100, ed anche 106 gradi.
Senza di che, come in Egitto, cagionano in questo Re-
gno quasi ogn'anno gravi danni alle biade, ed alle frutte,
e particolarmente ai grani, quando soffiano gagliarda-
mente al tempo della loro fioritura, e granigione. Ma
dall'altra parte poco si è il guasto, che arrecano alle no-
stre piante le brine, i diacci, i temporali, le gragnuole,
che sono il flagello di quelle di non pochi paesi, e parti-
colarmente dei settentrionali.
Popolazione.
La Popolazione di tutta Sicilia, per l'enumerazione
fattane, e pubblicata nel 1798 è di 1655536; in essa non
vi furono compresi i regolari, ed alcuni altri, e vi sono
gravissimi motivi per sospettare, che le varie città, e ter-
re abbiano voluto, come sempre hanno fatto, minorare il
numero dei proprj abitanti, anzichè ingrandirlo.
Per lo che son di parere, che la popolazione dell'intie-
ro reame non si debba stabilire per meno di 1700000
anime, quanta era precisamente secondo Sheffield (ob-
servations on the commerce of the american States p.
234
239) nel 1804 quella dei bianchi nelle provincie unite di
America. Supponendo per tanto la Sicilia 1600000 sal-
me circa12 la proporzione degli abitanti suoi è di presso
a 103 per miglio quadrato di Sicilia.
La popolazione, per le tristi ricolte, è venuta meno in
qualche parte dell'isola dal 1800 in quà; ma questo è un
male di lieve momento, e che il ritorno di migliori ricol-
ti farà ben presto disparire.
È fuor di ogni controversia, che la Sicilia considerata
fisicamente sia capace di un'assai maggior popolazione,
che di presente non ha; ma nello stato attuale di sua in-
dustria, e ricchezza dev'ella desiderarne di più? Devono
adoperarsi mai mezzi diretti o sforzati per accrescerla?
Quanto a me, senza dubio, o scrupolo alcuno rispondo
negativamente; e fo considerare, che uno dei più gravi
disastri, che possa accadere ad una nazione si è quello di
una sproporzionata, ed eccessiva popolazione. Riguardo
in fine, come una verità incontrastabile, questa, che
l'uomo di stato, il quale promuove l'industria, e la ric-
chezza di un paese, ottiene prontamente quell'aumento,
che vuole, della sua utile, e conveniente popolazione.
235
Come si può volere più gente in Sicilia, quando quel-
la, che ora vi è, non guadagna costantemente tanto col
suo travaglio da poter vivere comodamente?
Carattere degli abitanti.
Qualche sciocco, o maledico ha detto, che i Siciliani
sono poco laboriosi, ed industriosi, sopra tutto per
l'influenza del loro caldissimo cielo. Ma questo è attual-
mente quell'istesso, che fu ai tempi di Cicerone, e vedia-
mo quel, che ne pensò dei nostri maggiori questo in-
comparabile uomo. Dopo di aver egli chiamati i Sicilia-
ni pazienti, virtuosi, frugali, aggiunge13 = Non hanno
nulla di simile con gli altri Greci; non sono punto mac-
chiati d'infingardagine, e di lussuria: ed all'opposto rilu-
ce in loro un sommo amore del travaglio nelle cose pub-
bliche e private, una somma parsimonia, una somma di-
ligenza. =
È adunque pretta fandonia, che il clima di Sicilia fac-
cia gli uomini pigri, e melensi; e quando alcuno non
vorrà credere quello, di che io ammaestrato dall'istoria
sono pienamente persuaso, cioè che non si danno pro-
priamente caratteri nazionali, e che i vizj e le virtù dei
popoli sono nella massima parte solo effetto della pub-
blica, e privata educazione: fondato sulle mie più esatte
ricerche, e comparazioni dico, che i nostri lavoranti di
ogni sorte sono amanti della fatica, ingegnosi, industrio-
si egualmente, o più che quelli di qualunque altro stato
236
di Europa.
Terreni.
In una estensione di terra tale che quella di Sicilia, si
può ben concepire, che debbano ritrovarvisi terreni di
ogni maniera, appunto come nel restante di Europa, e
nelle tre altre parti del mondo. Non per tanto sembra,
che più che in molti altri luoghi vi abbondano i terreni
friabili o di mezzana compattezza, e che i forti, o gli ar-
gillosi, particolarmente nella valle di Mazzara, vi sono
più frequenti, che gli arenosi, e sciolti.
Per grassezza, il suolo di Sicilia non è inferiore nel
suo tutto ad alcun altro di Europa. Terreni veramente
calcarei ve ne sono ben pochi, e dei torbosi, di quelli
cioè, che gl'inglesi chiamano peats, appena se ne osser-
vano in alcuni siti dei ristrettissimi tratti.
Agricoltura.
La Sicilia ha pochissimi terreni sodi, o incolti, e le
selve, ed i boschi, tranne una parte della valle di Demo-
ne, sono più rari che non dovrebbero essere. Tuttavia la
sua agricoltura è suscettibile di molti, e sustanzievoli
miglioramenti; tantochè non dubito di affermare, che se
la campagna nostra fusse coltivata con quell'avvedimen-
to, e diligenza, che è coltivata quella d'Inghilterra, da-
rebbe certamente una produzione quattro volte maggiore
di quella, che presentemente somministra.
Le più importanti riforme, che desidera tra noi questa
divina arte si riducono alle seguenti.
237
1º Una maggior divisione di fondi, e di poderi.
2º La partizione dei poderi in chiusure sul piede di
quelli della Contea di Modica, di Lombardia, d'Inghil-
terra ec.
3º Più prati, e più bestiami, che non vi sono.
4º Migliori ruote di raccolte, badando sempre a non
far succedere gli uni agli altri i prodotti dissuganti, ed a
mettere nell'istesso campo le medesime piante co' mag-
giori possibili intervalli.
5º Più perfetti agrarj stromenti, quanto i lavori della
campagna si potessero effettuare più opportunamente, e
più speditamente.
6º L'uso di concimare in grande i terreni, e la pratica
di tutti quei metodi, co' quali può l'agricoltore multipli-
care, e procacciarsi buona copia d'ingrassi.
7º Introdurre nell'economia dei poderi una maggior
varietà di piante, e di coltivazioni.
8º Vestire di boschi le montagne, ed accrescere le
piantagioni degli alberi, per quanto lo permettono le lo-
cali circostanze dei differenti fondi.
9º Migliorare la qualità dei prodotti, e specialmente
del vino, dell'olio, del cacio, del lino, delle frutte ec.
10º Preservare i frumenti dalla volpe con adoperare
non infette, o medicate sementi; ed estirpare i succiame-
li, tagliandoli diligentemente, primachè fosse matura la
loro sementa.
Se quindi alcuno vorrà sapere, come si potrà promuo-
vere, e recare in migliore stato la patria agricoltura, re-
plicherò con l'istruzione dei coltivatori, col rimovimento
238
di ogni ostacolo all'industria, e sopra tutto col procurare
o dentro, o fuori paese una sicura, pronta, e profittevole
vendita alle derrate territoriali, cosicchè si animasse il
travaglio, e la diligenza dell'agricoltore, e si aumentas-
sero i capitali destinati alla coltura, che sono la base, ed
il sostegno di una prosperevole campestre economia.
L'amor della verità, e del pubblico bene mi obbliga ad
osservare, che i Padri nostri si diedero sempre nei pub-
blici regolamenti molto pensiero dei consumatori, e nes-
suno, o uno piccolissimo dei produttori; e s'ingegnarono
sempre di sagrificare gl'interessi di questi a quelli dei
primi, con avvilire per quanto era possibile il prezzo dei
tesori preziosissimi della terra. Cosa quindi ne sia avve-
nuta da questa loro condotta, e da questa loro massima,
persona mezzanamente informata non v'ha, che non lo
sappia; e nulla è tanto da desiderarsi, quanto che si al-
lontanassero cotali mal fondate idee, e principj, e si fa-
cesse con una perfetta libertà di commercio acquistare
alle produzioni il loro giusto, e naturale valore,
Non deggio altresì tacere, che furono ugualmente fa-
tali alla nostra agricoltura le infelici raccolte dei frumen-
ti prima del 1805, come i loro bassissimi prezzi dopo un
tale anno; essendochè si può dimostrare, che gli agricol-
tori perdono, quando nei mezzani ricolti non vendono i
loro grani posti nei proprj poderi ad once tre, e tarì venti
la salma generale.
Pastorizia.
La pastorizia non è in Sicilia fiorente, e mai essa non
239
sarà tale, sintantochè non s'introdurranno nelle sue cam-
pagne chiusure, stalle, e foraggi artificiali.
Il nostro paese non abbonda sicuramente di bestiami,
ma ne ha a sufficienza per la sua interna consumazione;
e sarebbe a parer mio una misura pericolosa quella di
farne venire da straniere contrade. L'importazione dei
caci forestieri avvenuta da uno, o due anni in quà ha fat-
to talmente soprabbondare, e rinviliare i nostrali, che or
mai i proprietarj siciliani di armenti ne risentono grave
detrimento, e cominciano a scoraggiarsi, ed a disgustarsi
dal multiplicarli; e l'istesso succederebbe per i buoi da
macello, se per avventura se ne introducesse una consi-
derabile quantità da' paesi forestieri. Il volgo non sa per-
suadersi, che noi non possediamo più di bestiami, per-
chè sinora la loro consumazione è stata incerta, langui-
da, e poco utile, e non vuol capire, che l'unica via per
accrescerli quella si è di consumarne assai, e di farli ra-
gionevolmente valere.
Imposizioni.
Non avendo io le dovute qualificazioni per poter di-
scutere, e dar giudizio sopra questo gravissimo argo-
mento dirò solamente un fatto attestato da tutto il regno;
cioè che si sperimentò assai pesoso e di difficile riscos-
sione il dazio antico sopra la proprietà dei terreni, ed
all'opposto molto più dolce, e di più facile esazione
quello recente del 1806 sopra la consumazione. Se poi,
dietro di questo esempio, e di differenti altri, volessi ar-
rischiare una mia generale opinione direi, che non con-
240
viene ricorrere mai ad imposizioni fundiali o territoriali,
semprechè quelle, che in loro vece si potrebbero gravare
sopra la consumazione, non riuscissero eccessivamente
pesose, ed oppressive; e che anche in questo caso do-
vrebbero essere estremamente leggiere, e moderate, pro-
porzionali al valore e frutto di tutte le possessioni, ed in-
variabili per qualunque loro sopravveniente migliora-
mento.
Manifatture.
Noi abbiamo manifatture di seta, di cappelli, di panni-
lini, di cotone ec., ma tanto poco considerabili, che si re-
putano piccolo oggetto tra le fonti della pubblica ric-
chezza. Nientedimeno da vent'anni in quà sono ite le
stesse sempre qualche cosa migliorando; ed è indubita-
to, che a cotali loro progressi abbia tra le altre cagioni
bastantemente contribuito l'abolizione ordinata da S. R.
M., è ora qualche tempo, delle corporazioni privilegiate,
ed esclusive degli artieri, le quali vincolavano, ed oppri-
mevano il genio, e l'industria, e sostenevano all'ombra
delle leggi un pernicioso monopolio.
Tutti desiderano l'accrescimento delle manifatture in
Sicilia, ed io accoppio ben volentieri il mio ai comuni
voti, perchè le medesime s'introducessero, o si aumen-
tassero spontaneamente, voglio dire per la sola forza del
privato interesse animato, e protetto da saggi generali
regolamenti di pubblica amministrazione, ed economia;
e senza favori, prerogative, e franchigie, le quali fomen-
tassero la pigrizia, o fussero di alcun aggravio agli agri-
241
coltori, ed ai consumatori.
Commercio.
Il commercio interno è sempre di un assai maggior
importanza dell'esterno14; e mi rincresce l'osservare, che
i nostri maggiori non l'apprezzarono, e non lo facilitaro-
no, e promossero quanto pur dovevano. Nel presente
Regno si sono emanate per rinvigorirlo, e prosperarlo
molte utilissime ordinazioni; tuttavia l'opera non si può
dire ancora finita: e meritano tutta l'attenzione della Su-
prema Autorità le Terze parti, gli Appalti, o Obbligazio-
ni, le Mete, i Dritti privativi, certe Dogane che si riscuo-
tono nelle campagne, i Vincoli, e Pesi apposti alle com-
pre dei beni stabili, e mobili, e le complicate, inestrica-
bili, eterne forme della nostra Curia, per le quali manca
non di rado quella, che è veramente la base e l'anima del
commercio, cioè una sicura, pronta, letterale, religiosa
esecuzione dei contratti.
La Sicilia ha bisogno di commercio esterno più che
qualche altra nazione; perciocchè senza di esso, non
consumando noi stessi molto, le nostre derrate non po-
trebbero avere giammai il loro giusto, e dicevole valore.
Consultando i libri doganali, son persuaso, che si rileve-
rà un considerabile incremento da 40, o 50 anni in quà
nelle importazioni, ed esportazioni nazionali; e tanto
serve per dimostrarci, che di presente abbiamo un com-
14 Nell'istessa Inghilterra l'annuo guadagno del commercio ester-
no si calcula 12 milioni, e quello dell'interno 33 milioni di lire
sterline. Annals of Agriculture V. XXXVIII. pag. 545.
242
mercio esterno più esteso, e più ricco di prima: dappoi-
chè le bilance di questo favorevoli, o contrarie rapporto
alla moneta, o a preziosi metalli sono più che altro cian-
ce, e l'istessa Gran Brettagna, che possiede un commer-
cio così ampio, e divizioso, che appena se ne può forma-
re un'idea, compra, e vende immensamente, senzachè
v'entrasse ne' suoi prodigiosi cambj se non se una spre-
gevole quantità d'oro, e d'argento.
Il commercio esterno di questa felicissima isola po-
trebbe essere indubitatamente il triplo, il quadruplo, e
più di quello, che adesso è; non pertanto è esso di qual-
che momento, ed un negoziante inglese reputa i seguenti
i principali articoli del nostro traffico attivo, o di vendita
co' forestieri15.
Soda16
Zolfo
Seta
Vino
Acquavite
Tartaro
Uve secche
Fichi secchi
Mandorle dolci
243
Piccole noci
Manna
Cantaridi
Sommacco
Pasta di regolizia
Semi di lino
Olio di lino
Olio di oliva
Cenci
Pelli di capre, e di capretti
Pelli di coniglio
Pistacchi
Limoni
Arance
Sugo di limone
Essenza di limone
Essenza di Bergamotte
Sale
Sapone
Pelo di coniglio
Acciughe
Tonno salato
Frumento
Orzo
Fave
Fagiuoli
Marmo ec.
244
Pubblica ricchezza.
Alcuni incontentabili uomini, o che trovano loro deli-
zie nel dir male, o che non hanno intendimento, e lumi
bastevoli per conoscere certe piane verità, compiango-
no, e riguardano la Sicilia come un paese, il quale da
quaranta, o cinquant'anni in quà è decaduto dalla sua
pristina prosperità, ed è andato sempre peggiorando nel-
la sua agricoltura, industria, e ricchezza. Costoro o non
vogliono, o quel ch'è più probabile, non sanno dedurre
le dovute conclusioni dai sequenti fatti, i quali sono no-
tissimi, e per ogni modo incontrastabili.
Il valore dei terreni nostri si è in 40, 50, o 60 anni al-
meno raddoppiato. Di presente è lo stesso l'un per l'altro
forse once due la salma di Palermo, e nel 1750, o 1760
probabilmente non era oncia una.
Il prezzo delle derrate, e della mercede dei lavoranti
si è pure proporzionatamente, e notabilmente accresciu-
to.
La moneta circolante, e quel che si appella lusso pri-
vato, e pubblico ha sofferto nell'istesso periodo di tempo
un considerevole accrescimento; ed il costume, l'educa-
zione, e la coltura degl'ingegni si è non poco migliorata,
e raffinata.
Si sono dissodati moltissimi terreni; e l'isola tutta è
stata adornata, ed arricchita in molti siti di novelle pian-
tagioni di ulivi, e di altri alberi; e si sono introdotte o
amplificate diverse lodevoli pratiche in agricoltura, e
specialmente quella impareggiabile delle concimazioni.
245
Le arti, ed il commercio (già si è notato di sopra) han-
no fatto qualche progresso, e si sono multiplicati i pro-
dotti territoriali, non meno che la popolazione, siccome
ce ne appresta sufficiente argomento la seguente tavola
dei nati, e dei morti in 40 anni di quattordici città, e ter-
re, prese, direi, a caso da tutto il Regno, e senza veruna
scelta.
Nati Morti
17
Caccamo dal 1756 al 1795 6182 5825
S. Stefano la Quisquina dal 1756 al 7659 5669
1795
Palazzolo dal 1761 al 1800 14016 9194
Montemaggiore dal 1756 al 1795 9084 7060
Gibellina dal 1756 al 1795 9160 7579
Cerami dal 1756 al 1795 5716 4662
Ciminna dal 1756 al 1795 10117 8524
Valledulmo dal 1756 al 1795 6410 4371
S. Catarina dal 1761 al 1800 10874 7981
Bavuso dal 1761 al 1800 809 485
18
Nicosia dal 1761 al 1800 9024 6824
Caronia dal 1756 al 1795 2945 2822
Ventimiglia dal 1756 al 1795 4156 3031
Cefalù dal 1756 al 1795 12902 8106
In 40 anni in 14 città, e terre 109054 82133
Onde nati in 40 anni 109054
17 La sola parrocchia.
18 La sola parrocchia della Collegiata di S. Niccolò.
246
Morti 82133
Aumento di popolazione 26921
Ora egli è chiaro, che tutti questi cambiamenti, e cir-
costanze non annunziano un peggioramento nel regno,
ma all'opposto un considerabile grado di suo avanza-
mento in industria, e facultà, e privata e pubblica felici-
tà.
Suppongo, che alcuno non vorrà alzarsi contro a que-
sta mia opinione, con allegare le affannose circostanze,
ed i seriosi disagi, dai quali sono stati in questi ultimi
anni travagliati, e non sono ancora totalmente emersi i
nostri agricoltori, e la nostra agricoltura; dappoichè,
come ho altrove accennato, nell'estimare gli andamenti
dell'industria, e della prosperità delle nazioni, valutare
affatto non si devono le corte epoche, nelle quali saran-
no state visitate, ed oppresse da straordinarie calamità, e
nominatamente dalla guerra, e dalle carestie. Se poi
qualche altro, a fine di sparger dubbj, o estenuare una
tale verità, vorrà far uso di un troppo astratto argomento,
e rammentarmi quel, che è, e quel, che potrebbe essere
la Sicilia; gli risponderò, che Stato non vi è al mondo,
nel quale proporzionatamente non si possa desiderar
sempre un ulteriore ben essere, e grandezza; che una
considerabile pubblica opulenza non si può ad un tratto,
ma col tempo, e gradatamente acquistare: e che un po-
polo, il quale ha avuto la buona ventura di veder miglio-
rata la sorte, e condizione sua dal suo Principe, senza
troppo indagare, e ragionare, deve mostrargliene since-
247
ra, e profonda gratitudine, e concepire conforto, e letizia
nella dolce, e ben fondata speranza di riceverne in ap-
presso più rilevanti vantaggi, e più segnalati beneficj.
F IN E .
248