Cammarata - Raccontare Il Miracolo Italiano Nel 1994. The Italian Metamorphosis 1943-1968
Cammarata - Raccontare Il Miracolo Italiano Nel 1994. The Italian Metamorphosis 1943-1968
Venezia Arti
Nuova Serie 5 — Vol. 32 — Dicembre 2023
Abstract In 1994, The Italian Metamorphosis 1943-1968 opened at the Guggenheim Museum in New York presenting, in addition
to artworks, design, fashion and cinema fixed in the American collective imagination as typically Italian, even evoking clichés about
Italian style. The objects, the chronological span and the curatorial discourses were functional to an American narrative and resumed
choices and formulas used since the post-war period to promote Italian products in the United States. This article intends to give
an account of the exhibition and its feedbacks, contextualising it and hypothesizing the reasons for recalling narratives from almost
fifty years earlier, in 1994.
Keywords Germano Celant. The Italian Metamorphosis 1943-1968. Made in Italy. Guggenheim Museum. Arte povera. New Renaissance.
La sera del 25 luglio 1995 Rai Uno trasmise una l’armistizio dell’8 settembre, della radio, degli al-
puntata del programma televisivo Grandi mostre bori della Rai e dei primi film americani distribui-
live intitolata «Alla conquista dell’America» e de- ti allora nella penisola. Tra i manichini con le cre-
dicata principalmente alla mostra, ormai conclu- azioni degli stilisti italiani del dopoguerra, Enza
sa, al Guggenheim Museum di New York dal titolo Sampò raccontava le dive Mangano e Lollobrigida
The Italian Metamorphosis 1943‑1968. La condut- come ambasciatrici della moda italiana all’estero
trice Milly Carlucci passeggiava lungo la spirale di e mostrava Liz Taylor con indosso un abito delle
Frank Lloyd Wright con il curatore Germano Ce- Sorelle Fontana. In altri spezzoni della stessa tra-
lant che spiegava, a mo’ di sintetica visita guida- smissione, Pippo Baudo ricordava edizioni passa-
ta, alcuni dei passaggi più importanti della storia te del Festival di Sanremo, mentre un inviato Rai
dell’arte italiana del secondo dopoguerra, dall’op- a Genova intervistava Gino Paoli, rievocando la
posizione tra figurazione e astrazione alla fine de- mostra del settembre 1967 in cui esordì l’Arte po-
gli anni Quaranta fino all’esordio di quella che lui vera. Questi interventi erano inframezzati dalle
stesso aveva battezzato ‘Arte povera’ [fig. 1].1 sequenze del film di Alberto Sordi Vacanze intel‑
La trasmissione non era interamente ambienta- ligenti (1978), mentre le interviste a John Turtur-
ta nelle sale del museo, era anzi frutto di una serie ro e all’allora sindaco di New York, Rudy Giuliani,
di montaggi di interviste e filmati di repertorio. In a proposito degli stereotipi americani su italiani
uno studio televisivo, Enzo Biagi e Renzo Arbore e italo-americani si alternavano a Il padrino del
parlavano delle divisioni territoriali in Italia dopo 1972. Continuamente, si tornava alla mostra e si
Tengo particolarmente a ringraziare Vivien Greene e Anna Costantini per il tempo dedicatomi, le informazioni e riflessioni con-
divise nel corso di conversazioni che mi sono state preziose.
1 Grandi mostre live. The Italian Metamorphosis. «Alla conquista dell’America», programma televisivo andato in onda su Rai Uno
il 25 luglio 1995 e consultabile presso le sedi delle Teche Rai.
Peer review
Submitted 2023-09-14
Accepted 2023-11-02
Edizioni Published 2023-12-20
Ca’Foscari
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© 2023 Cammarata | 4.0
Citation Cammarata, S.M.S. (2023). “Raccontare il miracolo italiano nel 1994. The Italian Metamorphosis 1943-1968”.
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proponevano panoramiche dell’allestimento, com- Con la sensibilità di oggi, salta agli occhi la pre-
menti del curatore, dettagli di opere e montaggi di senza di due sole donne, Carla Accardi e Marisa
film, come una dissolvenza tra la celeberrima sce- Merz. Neppure la critica americana, che si sareb-
na di Roma città aperta del 1945, in cui Anna Ma- be supposta sensibile alla questione, almeno do-
gnani viene freddata, e la scultura di Leoncillo Ma‑ po le proteste suscitate nel 1984‑85 dall’eviden-
dre romana uccisa dai tedeschi, del 1944. te carenza di artiste in An International Survey of
La varietà della trasmissione rispecchiava alme- Painting and Sculpture, sembrò sottolineare que-
no in parte quella della mostra che, occupando qua- sto squilibrio.4 Stupisce, per esempio, l’assenza di
si l’intero museo, era articolata in sezioni dedicate, un’artista come Giosetta Fioroni, già molto affer-
oltre che all’arte, alla manifattura artistica (a sua mata negli ultimi anni presi in considerazione da
volta suddivisa tra vasi e gioielli), alla fotografia, al The Italian Metamorphosis.
cinema, alla moda, all’architettura, al design e alla Erano invece inclusi, in questo pur ristrettis-
letteratura artistica, curate da altrettanti esperti. simo gruppo, i dodici artisti che ancora oggi as-
La prima sala, corrispondente alla High Gallery sociamo comunemente all’Arte povera e che, già
del pian terreno, si configurava come una rappre- dalla metà del decennio precedente, Celant aveva
sentazione del dibattito tra arte astratta e figura- presentato come un gruppo chiuso e storicizzato
tiva e affiancava opere come Crocifissione di Re- in mostre come Coerenza in coerenza o The Knot.
nato Guttuso del 1941, Pomona di Marino Marini Arte povera at PS1, rivedendo la stagione poverista
del 1945 o il busto in ceramica Ritratto di Teresita in chiave celebrativa – italiana e non più interna-
di Lucio Fontana del 1949, ad altre come Comizio zionale – e modificandone lo spirito delle origini.5
di Giulio Turcato, sempre del 1949, una Scultura L’allestimento fu affidato a Gae Aulenti che do-
spaziale dello stesso Fontana del 1947 e altri lavo- vette misurarsi con lo spazio senza interruzio-
ri di Alberto Burri, Emilio Vedova e Fausto Melot- ni dell’«eroica rampa a spirale» di Frank Lloyd
ti [fig. 2]. Ma «l’inizio vero della mostra che si dipa- Wright, interpretando il rapporto tra la continui-
na sulla spirale – spiegava Celant – parte con due tà dello spazio e il ritmo cadenzato, richiesto in-
grandi protagonisti: da una parte Burri e dall’al- vece dalla mostra, con «un atto intenso ma non
tra Fontana, che per me sono le due grandi polari- mimetico»:6 l’intervento più evidente era la realiz-
tà della cultura italiana: la materia e il concetto».2 zazione di quattro spicchi appuntiti e vuoti che, ad
A eccezione della prima sala, che fungeva in qual- altezze differenti, partivano dai bordi interni per
che misura da premessa, le opere d’arte si tro- convergere al centro, in corrispondenza di opere
vavano nel corpo centrale del museo, mentre le di Burri, Fontana, Manzoni e Pascali:
altre sezioni erano ospitate nelle gallerie latera-
li del terzo, quarto e quinto piano del cosiddetto Celant mi disse che questa mostra doveva ave-
Annex, l’estensione costruita tra il 1990 e il 1992. re quattro punti forti, quelli che hanno messo
Percorrendo la spirale dal basso verso l’alto si in- in movimento le attitudini artistiche. Ho pensa-
contravano così Carla Accardi, Piero Dorazio, Le- to che bisognava trovare il modo di dirlo in ma-
oncillo, Ettore Colla, Giuseppe Capogrossi, Afro e niera non descrittiva ma riconoscibile. Facendo
poi Piero Manzoni, Enrico Castellani e Francesco partire dalla rotonda, in corrispondenza degli
Lo Savio ancora affiancati da Fontana e Burri, fi- spazi dedicati ai quattro artisti, delle stanze do-
no a Mario Schifano, Mimmo Rotella, Tano Festa, tate solo di pareti.7
Pino Pascali e Michelangelo Pistoletto, per arri-
vare all’ultimo tratto con alcune delle opere più Come emerge da alcuni progetti, e come scrisse la
rappresentative della stagione poverista [fig. 3]. Si stessa Aulenti, queste sporgenze sarebbero dovu-
trattava, in sostanza, di un percorso cronologico te servire per sospendere nel vuoto alcune opere;
sviluppato attraverso i lavori di pochi artisti – solo furono poi ragioni pratiche, di natura assicurativa,
trentadue – i cui nomi si ripetevano in quanto pre- a impedire che ciò accadesse [fig. 4].8 Infine, fuori
sentati con «compagnie e ambientazioni critiche»3 dal percorso cronologico, ma in una posizione di
differenti: Pascali, per esempio, si trovava sia ac- sicuro effetto e quanto più possibile rispondente
canto a Schifano e Festa sia tra l’Arte povera. al significato e alle esigenze dell’opera, il Socle du
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Figura 1 Fotogramma della trasmissione televisiva Grandi mostre live, puntata del 25 luglio 1995. © Archivio Teche Rai
Figura 2 Veduta della mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968. Prima sala del percorso espositivo, corrispondente alla High Gallery del pianterreno.
Fotografia di David Heald. © The Solomon R. Guggenheim Foundation
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Figura 3 Veduta della mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968. Fotografia di David Heald. © The Solomon R. Guggenheim Foundation
monde di Manzoni era stato allestito nell’atrio del li cronologici, le fotografie; valorizzati dalle teche
pian terreno, al centro della spirale [fig. 5]. i gioielli d’artista; indossate da manichini bian-
Gli oggetti esposti nelle altre sezioni della mo- chi, disposti su tre scalini, le creazioni di moda;
stra erano divisi per categorie e, pur non essendo posizionati in basso, per poter essere osservati da
tutti ugualmente noti al pubblico americano, do- ogni angolatura, i modelli architettonici; distan-
vevano essere in larga misura conosciuti almeno i ziati tra loro gli oggetti di design cui si intendeva
prodotti di moda e design. dare maggiore risalto [fig. 8].
Se i manifesti cinematografici e gli spezzoni di In alcuni casi commentatori restarono impres-
film, le fotografie e i progetti di alcune importan- sionati dalle opere esposte, stupendosi per esem-
ti architetture del periodo (dalla Torre Velasca di pio di quello che percepivano come Minimalismo
BBPR alle case per gli operai Borsalino di Ignazio ante litteram di Lo Savio,9 e non mancarono gli ap-
Gardella) potevano essere poco noti, certamente prezzamenti in relazione all’arte contemporanea
non lo erano i vasi di Venini, le macchine da scri- americana:
vere Olivetti, la Vespa o la Cinquecento, da tem-
po assurte a simbolo del Made in Italy e diventate The critique of Minimalism (and of American
veri e propri oggetti culto [fig. 7]. culture at large) remains a crucial lesson of Ar-
Come si vede dalle fotografie, gli ambienti e la te povera. Confronted with a work like Giovanni
natura degli oggetti dettarono le modalità di al- Anselmo’s Torsione (Contortion, 1968), one can
lestimento: assiepati e fitti i manifesti cinemato- only wish that Richard Serra had learned as much
grafici; ugualmente dense, ma suddivise in capito- from the Italians as they had learned from him.10
9 Kimmelman 1994.
10 Buchloh 1995.
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Ma le critiche a The Italian Metamorphosis, di pa- voluto ‘sfidare’ un gigante, spiegava di aver opera-
reri a volte opposti, si concentrarono soprattutto to con «segni eccentrici all’evidenza della sua for-
sull’allestimento e sulla presentazione di tanti e ma, ma coincidenti con la sua stessa genealogia».15
diversificati oggetti. Apprezzato in Italia, l’inter- L’altro punto sollevato da più parti riguarda-
vento di Aulenti venne giudicato come gratuito dal va l’esposizione degli oggetti e l’effetto generato.
New York Times, mentre Joseph Rykwert lo riten- Formatosi nella redazione di una rivista radical-
ne «una scelta pericolosa, ma riuscita».11 È curio- mente interdisciplinare come Marcatrè e allievo
so notare come il suo lavoro venisse – inopportuna- dell’eterodosso Eugenio Battisti,16 Celant non era
mente, diremmo oggi – sessualizzato, e con ragioni nuovo all’approccio pluridisciplinare e, da curato-
diverse: Furio Colombo, che ne apprezzava il risul- re ormai affermato, era rimasto colpito dalle tre
tato, scriveva che «non c’è nulla di femminile (nel mostre inaugurali del Centre Pompidou curate da
senso di cauto, di garbato, di discreto, di decoro- Pontus Hulten nel 1977‑79, tanto da citarle a più ri-
samente elegante) nel suo intervento»,12 mentre prese come modello per diversi suoi progetti suc-
Benjamin Buchloh vedeva «a spectacular vagina cessivi come Identité italienne, The European Ice‑
dentata motif inflicted on Wright’s conception of an berg o Arte italiana: Presenze.17 Esistono, tuttavia,
architectural void».13 Lei stessa ammetteva: «Co- almeno due importanti differenze, immediatamen-
raggio... ce n’è voluto tanto per intervenire sulla te percepibili, tra le tre mostre francesi e quelle re-
spirale del Guggenheim […]. Ma nel dividere so di alizzate da Celant nel corso degli anni successivi,
aver fatto bene»14 e, negando decisamente di aver fino a The Italian Metamorphosis: intanto, pur po-
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Figura 7 Veduta della mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968. Spazio riservato al design. Fotografie di David Heald.
© The Solomon R. Guggenheim
Figura 8 Veduta della mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968. Spazio riservato al design. Fotografie di David Heald.
© The Solomon R. Guggenheim
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stulando la centralità di Parigi nella vicenda delle l’arte era un vero e proprio stile di vita. Si ramma-
avanguardie storiche, Paris-New York, Paris-Ber‑ ricava però che gli oggetti di moda e design si tro-
lin e Paris-Moscou erano costruite attorno al con- vassero soltanto nelle gallerie laterali, senza che
fronto tra due Paesi, mentre le mostre di Celant fosse indagata la relazione tra le diverse arti.18 E
si concentravano solo sull’Italia; in secondo luo- anche altri notavano come la divisione per tipolo-
go, gli allestimenti al Beaubourg erano organizza- gie contraddicesse l’intento, enunciato nel catalo-
ti per sale tematiche e cronologiche che, insieme go, di mettere tutto «su uno stesso piano»19 e pro-
alle ricostruzioni di ambienti, permettevano di ac- porre un panorama culturale per intero [fig. 9].20
costare opere di natura diversa come oggetti d’ar- La netta divisione in sezioni era certamente do-
redamento, architettura, grafica e così via [fig. 6]. vuta alla struttura del museo e in particolare al
Le recensioni americane a The Italian Metamor‑ desiderio di sfruttare i nuovi spazi dell’Annex, for-
phosis sottolineavano come la presenza di media temente voluto dal direttore Thomas Krens a di-
diversi fosse importante per dare conto di un clima spetto delle critiche avanzate su più fronti. L’uso
fervente negli anni della ricostruzione postbellica. che Celant fece di quelle che chiamava le ‘costole’
Sul New York Times Michael Kimmelman commen- del museo sembrava una risposta operativa, pronta
tava che nell’Italia del secondo dopoguerra l’arte a dimostrare l’opportunità di avere altri spazi a di-
non riguardava soltanto la pittura e la scultura, ma sposizione nei quali potevano trovare posto docu-
permeava ogni aspetto della vita quotidiana, dalle menti, produzioni e discorsi, che tuttavia finivano
scarpe agli aspirapolvere fino all’illuminazione di per essere, letteralmente e metaforicamente, col-
una stanza, per concludere che, in quel contesto, laterali rispetto al percorso centrale della mostra.21
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Come l’esposizione, anche il catalogo è costru- Italian Metamorphosis questo non avviene, poiché
ito per categorie e accompagnato da saggi fir- l’arco cronologico preso in considerazione si ar-
mati dai responsabili delle diverse sezioni che, resta ventisei anni prima del 1994 e, nonostante
adottando un approccio divulgativo, fungono da il poco tempo trascorso, riguarda una fase stori-
inquadramento storico per le selezioni di oggetti ca ormai conclusa e lontana. Alla metà degli an-
allestiti nelle gallerie laterali. Al fondo, una cro- ni Novanta la mostra affronta quello che con una
nologia elenca mese per mese una serie di eventi fortunata formula retorica venne definito il ‘mira-
legati alle arti e alle produzioni esposte in mostra colo’ italiano, ossia la rinascita di un Paese dalle
insieme a vicende politiche, sociali ed economi- macerie della guerra e il boom economico, in po-
che, accostando senza soluzione di continuità che parole la sua metamorfosi.24
fatti di natura assai diversa. Spesso interpola- Particolarmente interessanti sono gli estremi
te da stralci di documenti, le cronologie costella- cronologici scelti. La mostra infatti non comincia
no gran parte del percorso di Celant, il quale già con il 1945 della Liberazione dal nazifascismo, ma
nel 1967 aveva teorizzato una «Critica acritica», con il 1943 dello sbarco degli Alleati: è lo stes-
compagna di strada degli artisti e capace di col- so curatore a spiegare nel saggio in catalogo che
lezionare documentazione in tempo reale.22 Su «tale data è preferibile alla classica del 1945»,25
questi presupposti si basavano il suo volume Pre‑ perché indicativa di un passaggio drammatico ma
cronistoria del 1976 e soprattutto il catalogo-cro- graduale, che comprende una serie di fermenti cul-
nologia di Identité italienne, con il quale nel 1981 turali – a partire da Ossessione di Luchino Viscon-
Celant aveva spinto questo approccio alle estre- ti del 1943, unanimemente considerato l’esordio
me conseguenze.23 Se però in questi casi la cro- del Neorealismo – che egli legge come segnali di
nologia voleva offrirsi come uno strumento fun- profondo riscatto.
zionale alla comprensione del presente, utile a Celant scrive di «una metamorfosi culturale che
trattare l’attualità con il metodo storico, con The si può datare già a partire dal 1943, con l’arrivo
18 Kimmelman 1994.
19 Celant 2021b, 502.
20 Rykwert 1995.
21 Colombo 1995.
22 Celant 1970; Dantini 2012, 143-66, Conte 2022.
23 Celant 1976; 1981; Messina 2014.
24 Per un inquadramento storico si veda Crainz 2005.
25 Celant 2021b, 503.
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Figura 9 Veduta della mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968. Spazio riservato al design. Fotografie di David Heald.
© The Solomon R. Guggenheim
degli alleati in Italia».26 Due volte soccorritori, gli rie americane in merito all’Italia del dopoguerra.
Stati Uniti contribuirono fortemente alla ricostru- Già nel 1949 il MoMA organizzò Twentieth-Cen‑
zione postbellica con il Piano Marshall, favorendo tury Italian Art che, concepita anni prima come
la posizione atlantista dell’Italia nel contesto della frutto delle politiche fasciste, servì poi la causa
Guerra fredda.27 E se il testo in catalogo sottolinea diplomatica delle democrazie occidentali nel con-
come l’arte italiana del dopoguerra sia stata frain- testo mutato del mondo diviso in due blocchi. Si
tesa o non giustamente apprezzata perché – stan- trattava di un’introduzione all’arte italiana moder-
do alle parole di Celant – troppo in linea con il pen- na, dalla Scuola metafisica e dal Futurismo fino al
siero di sinistra, ciò non di meno è evidente come più recente Fronte Nuovo delle Arti, che propone-
il punto di vista adottato sia quello dello spettato- va una lettura sostanzialmente formale delle ope-
re (americano), e non dell’oggetto (la cultura ita- re, mettendo in secondo piano i rapporti degli ar-
liana) della mostra.28 tisti con il regime, menzionato solo in quanto la
Oltre al periodo stesso preso in considerazione, sua caduta avrebbe reso l’Italia un terreno nuo-
indizio di questa prospettiva è una certa insisten- vamente fecondo per lo sviluppo delle arti.30 La
za su quella che viene definita new renaissance,29 storiografia successiva ha messo in evidenza l’ap-
che coinvolse la cultura in senso lato e che permise prossimazione ideologica di una simile posizione,
all’Italia di riprendersi dal fascismo e dalla guer- pur comprensibile in quel contesto. Anzi, la quali-
ra. Quello della ‘renaissance’, nella doppia e volu- tà della produzione artistica durante il ventennio
tamente ambigua accezione di rinascita e di Rina- è ciò che ha reso particolarmente complesso, nel
scimento, era diventato un vero e proprio refrain corso del tempo, allestire mostre con opere di que-
adottato da mostre, riviste e campagne pubblicita- gli anni, senza mettere in secondo piano la bruta-
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lità del regime.31 La rinascita su cui insiste il te- le architettonico scelto per la costruzione dei padi-
sto del catalogo del 1949 ha piuttosto a che vedere glioni temporanei alle Esposizioni internazionali e
con la ripresa di rapporti diplomatici e commercia- universali, a partire da quella londinese del 1851.38
li con gli Stati Uniti.32 Adottata in seguito dal fascismo, soprattutto nella
Ancor di più, e fin dal titolo, insistette sull’i- rappresentazione dell’Italia all’estero, questa ten-
dea di rinascita/Rinascimento Italy at Work. Her denza proseguì nel tempo, intensificando i richiami
Renaissance in Design Today, rassegna itinerante alla tradizione nel segno di una supposta continui-
promossa dall’Art Institute of Chicago, dal Brook- tà nazionale, tanto che Francis Haskell poté parla-
lyn Museum, dall’House of Italian Handicrafts e re di «Botticelli al servizio del fascismo».39
dalla Compagnia Nazionale Artigiana, allestita nel Tuttavia, il legame tra l’idea di Rinascimento
corso di tre anni in dodici musei e istituzioni sta- e quella di italianità si costruì con un processo
tunitensi.33 Nei comunicati stampa che la accom- ricco di contributi esogeni, provenienti soprattut-
pagnavano emerge l’intento di divulgare il lavoro to da oltreoceano e consolidatisi a partire dal se-
degli artigiani e dei designer italiani per contribu- condo dopoguerra. Già nel corso del XIX secolo,
ire alla ripresa economica di un Paese nel contesto le opere di studiosi come Burckhardt, Michelet,
postbellico34 e si fa esplicito riferimento a un re‑ Pater, Roscoe e Symond ebbero ampia diffusio-
birth spirituale e industriale dell’Italia,35 raggiun- ne tra il pubblico colto americano, contribuendo
ta sotto un governo democratico e grazie agli aiu- a formare un’idea dell’Italia come terra di bellez-
ti degli Stati Uniti. za ed eleganza. La passione per il Rinascimento
Si tratta di una raffinata operazione di promo- italiano da parte delle élite statunitensi incentivò
zione delle produzioni italiane, scelte da una com- il collezionismo di opere d’arte e diffuse un gusto
missione selezionatrice americana che, come già neorinascimentale anche in ambito architettoni-
aveva fatto la squadra del MoMA per la mostra co e di arredamento che proseguì nel nuovo se-
dell’anno precedente, aveva viaggiato per l’Italia colo, sopravvivendo indenne a guerre e stravolgi-
per individuare gli aspetti più caratteristici del si- menti politici.40
stema produttivo e gli oggetti più attraenti per un Dopo la caduta del regime fascista, lo stesso
colto pubblico americano, senza entrare in compe- topos del Rinascimento avrebbe veicolato, come
tizione con l’industria statunitense.36 Alimentando si è detto, messaggi analoghi con altri scopi, al
inveterati luoghi comuni, si celebravano l’ingegno servizio della causa democratica, di ricostruzione
italiano, l’innato senso di bellezza ed eleganza, il di un’identità nazionale italiana e di riabilitazio-
legame con tradizioni e saperi artigianali che per- ne del Paese nel consesso internazionale, in par-
mettevano alle produzioni italiane di ottenere in- ticolar modo agli occhi degli Stati Uniti del Pia-
credibili risultati partendo da materiali poveri e no Marshall.41
comuni.37 Per diversi canali, l’idea di Rinascimento diven-
Il Rinascimento era stato adottato dall’Italia ne così un ponte ideale tra Italia e Stati Uniti, uti-
stessa come stile unificante e distintivo ancora pri- lizzato per promuovere l’immagine del Bel Paese e
ma dell’effettiva unificazione del Paese, diventando di un popolo creativo, in anni in cui moda e design
via via un potente catalizzatore capace di veicola- italiani vedevano aumentare significativamente le
re l’immaginario collettivo: basti pensare allo sti- esportazioni.42
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È in questo frangente che i due concetti di Ri- tà e l’originalità dell’approccio al progetto italia-
nascimento e rinascita sembrano sovrapporsi: il no, di cui venivano fornite importanti coordinate
mito del Rinascimento come epoca d’oro italiana storiche e aggiornate disamine critiche, dall’Art
e l’uso del termine ‘renaissance’, tanto nell’am- nouveau fino al radical. A dispetto delle differen-
bito storico-artistico, quanto in quello commer- ze, la mostra del MoMA riconduceva ancora una
ciale, crebbe negli Stati Uniti proprio nel perio- volta all’idea di un’Italia creativa ma legata alle
do preso in considerazione nel 1994 da Celant tradizioni, come avvenuto negli anni Cinquanta.47
che scriveva di: Tra gli oggetti esposti da Celant al Guggenheim
nel 1994 è da rilevare la presenza del televisore
Un nuovo rinascimento che ha i suoi punti di Doney di Brionvega, progettato da Marco Zanuso
forza in Roma città aperta di Rossellini, […] il e Richard Sapper ed esposto un anno prima al Mo-
Monumento ai caduti del gruppo BBPR, il Ma- MA nella piccola ma curatissima mostra dedicata
nifesto del Formalismo del gruppo Forma, la ai due designer.48 The Italian Metamorphosis pre-
Superleggera di Giò Ponti, Ladri di biciclette sentava dunque oggetti che, dal vivo oppure tra-
di de Sica, Verso un’architettura organica di mite film e periodici, avevano contribuito alla for-
Zevi, la Vespa di D’Ascanio, il quartiere QT8 mazione dell’immaginario italiano, riproponendo
di Bottoni, il Politecnico di Vittorini e Il Mon‑ una narrazione già consolidata.
do di Pannunzio.43 L’arco cronologico preso in considerazione da
The Italian Metamorphosis si chiude significativa-
Il curatore sembrava dunque collocarsi – quasi mente con il 1968 e, come si legge, questo è do-
acriticamente – in questo solco, riprendendo so- vuto all’urgenza movimentista di mettere in di-
stanzialmente la stessa narrazione ed esponendo scussione i valori consumistici della società del
gli stessi prodotti, già così noti al pubblico ame- benessere, sintomo della fine di una fase storica.
ricano e, in qualche caso, anche presenti in colle- La conclusione al 1968 permette anche di esclu-
zioni importanti come quella di design del MoMA. dere la stagione della strategia della tensione,
Se alle produzioni Olivetti era stata dedicata una inaugurata il 12 dicembre 1969 in piazza Fonta-
mostra monografica nel 1952, 44 il caso più em- na e tanto difficile da affrontare, specialmente
blematico è forse quello della Vespa Piaggio. Già per un pubblico americano. Quel che è però più
esposta a Italy. The New Domestic Landscape nel evidente, e certamente più importante agli occhi
1972, 45 la Vespa era considerata il frutto dell’in- di Celant, è che il termine del 1968 permette di
gegno italiano (per il design, la funzionalità e l’e- includere nella mostra l’Arte povera (i cui artisti
conomicità), legata a un immaginario prima ro- sono presenti in numero assai cospicuo), presen-
mantico (dovuto al film Vacanze romane del 1953) tandola come il frutto più maturo e compiuto di
e poi glamour, grazie a una serie di campagne quel nuovo rinascimento che investì l’Italia del
pubblicitarie particolarmente riuscite, che porta- dopoguerra. Alcune delle opere più rappresenta-
rono all’apertura di una sede di rappresentanza, tive della stagione poverista come la Venere degli
la Vespa Distributing Corporation, a Long Island.46 stracci, l’Igloo di Giap o l’Italia d’oro furono espo-
Nonostante il curatore Emilio Ambasz avesse di- ste sotto la cupola del museo, così che anche fisi-
chiarato di voler utilizzare il caso italiano per al- camente il percorso ascensionale – un vero e pro-
largare la riflessione alla complessità della cultu- prio climax – terminasse con l’Arte povera alla
ra progettuale, guardando anche ad altre realtà, sommità della spirale di Wright.
Italy. The New Domestic Landscape fu recepita La prospettiva americana con cui è condot-
dalla stampa americana come una celebrazione ta l’operazione emerge, dunque, sia dalla scel-
del genio italiano. Patrocinata dall’Istituto Italia- ta dell’arco cronologico, sia dalla conferma della
no per il Commercio Estero, la mostra proponeva narrazione sull’Italia culla del bello e del saper
160 oggetti e 14 environments commissionati per fare che ha la propria epitome nel mito del Rina-
l’occasione. Il catalogo rispecchiava la profondi- scimento [fig. 10].49
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Figura 10 Veduta della mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968. Ultimo tratto del percorso espositivo. Fotografia di David Heald.
© The Solomon R. Guggenheim Foundation
La stagione della ricostruzione postbellica si pre- glorificazione della stagione postbellica argomen-
stava particolarmente a essere descritta nei ter- tata da una prospettiva più americana che italia-
mini di una rinascita e, con le produzioni di alto na sembra quasi far assurgere la ricostruzione a
livello, sembrava assecondare perfettamente i luo- mito fondativo del Paese. In questo quadro, an-
ghi comuni sull’Italia: terra di artisti e di creativi, che opere dal forte portato di contestazione co-
di poveri ma belli capaci di lavorare materie non me quelle appena citate vengono almeno in par-
pregiate per realizzare oggetti dalle fattezze stu- te disinnescate. L’Arte povera degli Appunti per
pefacenti, con un senso innato dello stile e dell’e- una guerriglia, 51 di cui Celant aveva indubbiamen-
leganza e una sapienza artigianale trasmessa di te già allora forzato l’interpretazione per esigen-
generazione in generazione, e che la vulgata face- ze comunicative, subisce qui un’altra metamor-
va risalire direttamente alle botteghe del Rinasci- fosi. Se a partire dal 1981 con Identité italienne
mento fiorentino del XV secolo.50 Celant aveva riproposto l’Arte povera come italia-
Lo stesso soggetto individuato da Celant per la na, con la mostra del 1994 intende coronare quel
propria mostra era però ugualmente funzionale a percorso, compiendo un passo ulteriore. Propo-
valorizzare l’importanza del ruolo che ebbero gli nendola come l’esito della stagione di ricostruzio-
Stati Uniti in quel frangente della storia italiana. ne postbellica, le assegna una genealogia che le
Nel discorso espositivo e nel testo di presen- è propria (in particolare con Fontana e Manzoni),
tazione della mostra, la Resistenza ha un ruolo ma la apparenta anche alla narrazione in chiave
marginale rispetto allo sbarco degli Alleati, e la americana, piegandola ai luoghi comuni sull’ita-
sparità culturale e di potere. Quattordici anni più tardi, Celant compie un’operazione più raffinata che poggia sui precedenti im-
portanti di cui si è detto, e non dissimile, nel funzionamento, da quello che gli studi culturali definiscono auto-orientalismo (si ve-
da Moceri 2002, 233-46).
50 Convenzionalmente si fa risalire la nascita della moda italiana alla sfilata organizzata da Giovanni Battista Giorgini a Palaz-
zo Pitti a Firenze nel 1951. Si veda Malossi 1992. L’idea dello stile innato degli italiani è almeno in parte riconducibile alla retori-
ca fascista, come ha dimostrato Fogu (2003, 203-6).
51 Celant 1967.
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lianità e riconducendola a quel nuovo rinascimen- La scelta di porsi in sostanziale continuità con il
to di cui si è detto. passato e con le letture americane dell’arte e dei
Il portato resistenziale delle opere non è cancel- prodotti italiani si evidenzia anche in questo: ac-
lato, ma sembra essere lasciato in secondo piano. costare le opere a oggetti di moda e design impli-
Queste contraddizioni non sfuggirono a un osser- cava tra l’altro privilegiare la lettura formalista
vatore attento come Buchloh che evidenziò come ed estetizzante, rispetto a quella storica e socia-
alcune delle opere più potenti ed emblematiche le, avallando l’idea che gli italiani posseggano un
dell’Arte povera stridessero, per loro stessa natu- innato senso dello stile. Questo è ciò che sembra
ra, con l’idea di eleganza trasmessa invece dal de- essere accaduto con The Italian Metamorphosis,
sign o dalla moda. con la complicità di un arco cronologico così ben
cesellato.53
Michelangelo Pistoletto’s Venere degli stracci Sul tono dell’intera operazione Buchloh chiosava:
(Venus of the rags, 1967) and Gilberto Zorio’s
astonishing sculpture Sedia (Chair, 1966) seem History does not seem to be the subject anyway:
to struggle almost explicitly with the strangle- how else would we explain the fact that a cat-
hold of fashion and design, and with art’s dead- alogue weighing eight pounds contains hard-
liest enemy: elegance. Thus the exhibition’s ly any younger (or older) Italian scholars’ and
unfortunate pretense to construct a cultural historians’ critical or scholarly work on the ex-
continuum between architecture and jewelry, traordinary history and art of postwar Italy, but
between product design and film, proves dou- endless pages of fashion and Ferragamo shoes?54
bly problematic.52
3 1994-1995
Dopo aver cercato di individuare le ragioni sotte- L’annunciata mostra presso la collezione Gug-
se alla scelta del soggetto, occorre contestualiz- genheim di Venezia alla fine non fu realizzata,
zare la mostra nel momento in cui ebbe luogo, sia mentre quella d’arte italiana sarebbe stata postici-
per quanto riguarda il percorso del suo curatore, pata di due anni per aprire nell’autunno del 1994,
sia più in generale rispetto al clima culturale nel attendendo solo in parte all’annuncio poiché, co-
quale si svolse. me si è visto, The Italian Metamorphosis non fu né
Quando, nel novembre 1988, il Guggenheim soltanto una mostra d’arte, né d’arte contempora-
aveva annunciato che Germano Celant si sareb- nea in senso stretto.
be unito allo staff del museo nel ruolo di curato- In quello stesso novembre 1988 si era chiusa
re d’arte contemporanea, lo aveva presentato co- presso il PS1 Michelangelo Pistoletto. Division and
me una figura di raccordo tra la cultura italiana Multiplication of the Mirror, con la quale Celant
e quella americana, anticipando che si sarebbe aveva portato nuovamente a Long Island opere co-
occupato di diversi progetti speciali, tra cui una me Concerto di stracci o Venere degli stracci che
mostra sull’arte contemporanea italiana a New il pubblico aveva visto tre anni prima, in occasio-
York e una sull’arte contemporanea americana al- ne di The Knot. Arte Povera at PS1.
la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, en- Se la mostra dedicata a Pistoletto – la prima
trambe programmate per il 1992.55 Un tale rico- monografica allestita nel così vasto spazio del
noscimento costituiva un traguardo significativo PS1 – suscitò pareri contrastanti,57 riscosse inve-
per il curatore italiano che, dalla fine degli anni ce grande successo la retrospettiva di Mario Merz
Settanta, si muoveva tra le due sponde dell’oce- con cui l’anno seguente Celant inaugurò la colla-
ano con l’ambizione di diffondere l’arte contem- borazione con il Guggenheim Museum. L’allesti-
poranea italiana – e l’Arte povera in particola- mento intervallava opere di stagioni diverse, dia-
re – negli Stati Uniti.56 logando in modo particolarmente suggestivo con
52 Buchloh 1995.
53 Cullinan 2010, 229.
54 Buchloh 1995.
55 GMA, Department of Public Affairs press releases, A0035, Box 576, Press release «Italian Curator Germano Celant Joins the
Guggenheim Museum», 29 novembre 1988.
56 Bedarida 2022, 175-95. Sulla figura di Celant e il suo percorso curatoriale si vedano anche Ungan 2018 e Studio Celant (c.d.s.).
57 Smith 1988.
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la difficile struttura a spirale del museo.58 Già in ni. Nominato Primo Ministro del governo italiano
quel frangente, il pubblico del Guggenheim poté e destinato a dimettersi e lasciare l’incarico pri-
conoscere lavori fondamentali degli albori dell’Ar- ma della chiusura al pubblico newyorkese, egli si
te povera come l’Igloo di Giap, che avrebbe rivisto era tempestivamente reso conto delle potenzialità
cinque anni più tardi. mediatiche e promozionali dell’evento, al punto da
Un anno prima di The Italian Metamorphosis far organizzare un incontro tra Celant, la sua as-
Celant aveva curato, presso la Murray and Isabel- sistente Anna Costantini e Davide Rampello, allo-
la Rayburn Foundation di New York, Roma-New ra direttore della società Grandi Eventi e respon-
York 1948-1964 che, nonostante le dimensioni ri- sabile della comunicazione del Gruppo Fininvest.61
dotte, richiese importanti sforzi di ricerca che sa- Accettare in corso d’opera il grado di spettacola-
rebbero poi stati funzionali anche alla mostra al rizzazione di The Italian Metamorphosis in seguito
Guggenheim. Essa non presentava particolari sfac- al cambio di governo – ricorda Costantini – è stato
cettature pluridisciplinari ed esponeva una mole un fatto nuovo e in certa misura sorprendente an-
considerevole di documenti, insieme alle opere di che per Celant, e finì col determinare un’immagine
Accardi, Afro, Burri, Capogrossi, Castellani, Col- più glamour di quanto egli stesso avesse previsto
la, Dorazio, Festa, Domenico Gnoli, Jannis Kounel- e desiderato. «La société du spectacle – scriveva
lis, Lo Savio, Manzoni, Rotella, Salvatore Scarpit- Umberto Eco sul catalogo della mostra stessa – in
ta, Toti Scialoja, Schifano, Tancredi Parmeggiani e Italia è diventata una forza di governo»:62 visti i
Turcato (i cui lavori si sarebbero rivisti a The Ital‑ tempi, il riferimento non sembra poter dare adito
ian Metamorphosis), accanto a quelle, meno nume- a fraintendimenti.63 Fu anche per questa via che
rose, di Willem De Kooning, Arshile Gorky, Franz The Italian Metamorphosis si trovò al centro della
Kline, Robert Motherwell, Barnett Newman, Cla- puntata di Grandi mostre live menzionata all’ini-
es Oldenburg, Jackson Pollock, Robert Rauschen- zio che, come si è visto, oltre a promuovere la mo-
berg, Mark Rothko, Cy Twombly e Andy Warhol. stra in sé stessa fungeva da pretesto per raccon-
Il catalogo era costituito in massima parte da una tare l’arte e la cultura italiane del dopoguerra nel
cronologia in cui le mostre e le notizie relative ad rapporto con il Nord America.
artisti, gallerie e musei erano alternate ad ampie A partire dagli anni Ottanta, il design e la mo-
citazioni e trascrizioni di documenti, circoscrit- da italiani riscossero nuovi e importanti consensi
ti all’ambito delle arti figurative, all’interno di un negli Stati Uniti, e a New York in particolare. Ba-
arco cronologico scandito dalle Biennali di Vene- sti pensare all’enorme successo di Giorgio Arma-
zia – dalla prima del dopoguerra a quella in cui il ni o alle quotazioni a Wall Street di aziende come
premio fu assegnato a Rauschenberg.59 Natuzzi. In appena dieci anni, tra il 1981 e il 1991,
Il successo oltre le aspettative della mostra di il cosiddetto Made in Italy cambiò completamente
Merz e le ricerche condotte per la realizzazione di assetto e dimensioni, moltiplicando esponenzial-
Roma-New York 1948-1964 sono dunque due imme- mente le proprie cifre di produzione e di giro di
diati precedenti per il lavoro su The Italian Meta‑ affari: una trasformazione che coinvolse imprese,
morphosis ed entrambi contribuirono a rafforza- mercati, designer, stilisti e dipendenti e che portò
re la posizione di Celant.60 questi settori, alla fine degli anni Novanta, a con-
Le energie e le risorse investite nella realizza- tare complessivamente più di un milione di addet-
zione della mostra sulla cultura italiana del dopo- ti, cioè un quarto di tutti gli occupati dell’intero
guerra al Guggenheim erano tuttavia molto più settore manifatturiero in Italia.64
consistenti, tanto da suscitare l’interesse di un Nel corso del decennio, inoltre, nella cornice
imprenditore e uomo di spettacolo con ambizio- di un ormai avviato processo di globalizzazione,
ni politiche ormai evidenti come Silvio Berlusco- si era consolidato quello che gli studiosi di mar-
58 Conversazione con Anna Costantini, 22 luglio 2021; Celant 1989; Smith 1989.
59 Celant aveva già cominciato a riflettere sul dopoguerra italiano nel volume L’inferno dell’arte italiana. Materiali 1946-1964,
pubblicato nel 1990 come raccolta di testi di e sugli artisti.
60 Conversazione con Anna Costantini, 22 luglio 2021.
61 Conversazione con Anna Costantini, 22 luglio 2021. Costantini ricorda che Rampello arrivò in ritardo perché aspettava l’e-
sito di alcuni sondaggi sulla popolarità di un nuovo eventuale partito: se il ricordo è corretto, e non ho ragione di dubitarne, que-
sto collocherebbe l’incontro circa al settembre 1992.
62 Eco [1994] 2022, 11.
63 La mostra resta aperta al Guggenheim dal 7 ottobre 1994 al 22 gennaio 1995 e certamente il testo doveva essere consegna-
to prima, mentre il primo governo Berlusconi restò in carica dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995, avendo il suo partito vinto
le elezioni del 27 e 28 marzo 1994 ed essendosi dimesso il 22 dicembre dello stesso anno, in seguito all’approvazione delle mo-
zioni di sfiducia.
64 Gianola 2001, 100.
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keting definiscono country of origin effect, che ha bly, Piet Mondrian, Jasper Johns), mentre rassegne
trasformato l’indicazione del luogo di fabbricazio- dedicate a singoli Paesi o aree geografiche erano in-
ne di un prodotto da semplice informazione a de- tese a colmare lacune, come quella sull’arte dell’A-
positaria di un insieme di riferimenti culturali as- merica Latina nel XX secolo, o ad approfondire sin-
sorbiti dall’immaginario collettivo, facendo quindi goli aspetti, in particolare il disegno, in mostre di
della dicitura ‘Made in…’ un vero e proprio mar- dimensioni più ridotte.67 Altro capitolo significativo
chio – un brand – latore di messaggi complessi, an- erano poi esposizioni dal taglio critico e trasversale
cor prima che promotore di merci. 65 Per come lo che trattavano temi declinati sui dibattiti culturali
conosciamo oggi, il Made in Italy si è consolidato contemporanei, ma comunque incentrate soprattut-
in questo frangente. to su pittura e scultura, come la celebre High and
Fu probabilmente anche grazie a questo trend Low. Modern Art and Popular Culture.68
che il successo delle celebri three C’s (Sandro Con il precedente immediato di The Great Uto‑
Chia, Francesco Clemente e Sandro Cucchi) all’i- pia. The Russian and Soviet Avant-Garde 1915‑1932
nizio degli anni Ottanta poté essere così repenti- (1992), allestita da Zaha Hadid, il Guggenheim
no. D’altro canto, la stessa ripresa dell’Arte povera portava avanti mostre concentrate su periodi par-
in chiave italiana negli anni Ottanta è chiaramente ticolarmente significativi di singoli Paesi, declina-
spiegata da Celant, in più occasioni, con la necessi- ti in diversi ambiti, dalla fotografia alla ceramica,
tà di far fronte a un mutato clima culturale 66 che si dai libri al design, con una preminenza dell’ar-
tradusse sovente nella ripresa di forme tradiziona- te visiva. Questo avveniva in accordo con part-
li d’arte (la cosiddetta Nuova Pittura), nel diffuso ner stranieri come il Museo di Stato russo di San
ricorso alla citazione di stili del passato (soprattut- Pietroburgo, la Galleria Tret’jakov di Mosca e la
to di marca postmoderna) e nella tendenza a valo- Kunsthalle di Francoforte nel caso di The Great
rizzare i caratteri nazionali del fare artistico. Ciò Utopia; e sarebbe dovuto accadere anche per la
che in Italia prese soprattutto le sembianze della mostra italiana, se si fosse organizzata una sua
Transavanguardia. È per queste ragioni – e sapen- corrispettiva sull’arte americana alla Peggy Gug-
do cogliere l’interesse generato dall’arte e dai pro- genheim Collection di Venezia. Tale sistema era
dotti italiani negli Stati Uniti – che con The Knot. funzionale alla politica di un’istituzione intenzio-
Arte povera at PS1 Celant propose un’Arte povera nata ad aprire sedi in altri Paesi e a creare e raf-
ormai francamente italiana, che aveva perso alcu- forzare una propria rete internazionale, per la
ni dei caratteri distintivi della fine degli anni Ses- quale è tuttora ricordato l’allora direttore Thomas
santa. La prima volta in cui New York vedeva l’Arte Krens. Pochi anni più tardi, nel 1997, sarebbe sta-
povera nel suo insieme, cioè, era portata a leggerla to inaugurato il Guggenheim Museum di Bilbao.
in chiave italiana: si affacciava forse già il portato Il progetto di Celant di promuovere l’arte e la
estetizzante di cui si è detto e che avrebbe trova- cultura italiane con particolare attenzione all’Arte
to compimento al Guggenheim nove anni più tardi. povera rispondeva quindi alla linea adottata dall’i-
Con gli anni Novanta, tuttavia, anche questa sta- stituzione ospitante. The Italian Metamorphosis fu
gione sembrava ormai terminata. Quando nel 1993 in ogni caso una mostra di grande importanza, che
il dipartimento di design del MoMA allestì due mo- sistematizzò la ‘seconda vita’ dell’Arte povera nel-
stre dedicate a prodotti italiani, una sulla collabo- la narrazione italiana e impose a lungo la propria
razione tra Zanuso e Sapper, cui si è accennato so- visione. Ancora nel 2008, introducendo un numero
pra, e l’altra conseguente a una donazione da parte monografico di October dedicato all’arte italiana
di Ferrari S.p.A., Designed for Speed, non c’era più del secondo dopoguerra, Claire Gilman (rimasta
enfasi sul carattere italiano di questi prodotti, il talmente colpita dall’Arte povera in mostra al Gug-
cui progetto veniva analizzato con le categorie del- genheim da dedicarle la propria tesi di dottorato) 69
la disciplina: il rapporto tra disegno e prodotto e confermava quanto l’impostazione critica di Ce-
tra prodotto e fruitore, in relazione alla storia del lant avesse influito sulla percezione dell’arte ita-
design e alla storia aziendale. In termini di esposi- liana del secondo dopoguerra negli Stati Uniti e
zioni temporanee, il MoMA profuse in questi anni come godesse ancora di un sostanziale monopolio
energie soprattutto nell’organizzazione di grandi sull’Arte povera. Gilman sintetizzava la posizione
retrospettive (Henri Matisse, Joan Mirò, Cy Twom- di Celant come frutto di due spinte contradditto-
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r ie: il desiderio di sostenere l’Arte povera sul pal- Il presidente dell’Istituto scriveva:
coscenico delle neoavanguardie internazionali da
un lato, e una certa spinta conservatrice di matri- Italy and art are synonymous. When either is
ce idealista, tipicamente italiana, che porta a pre- mentioned, images of Etruscan sculptures and
diligere un approccio formalista, dall’altro.70 Come Renaissance frescoes come to mind along with
si vede, le critiche sono analoghe a quelle mosse extraordinary architectural treasures that
già nel 1994 a proposito di un progetto espositi- bridge the centuries. Even today, these pow-
vo che comprende oggetti di così diversa natura. erful reminders of a distant past continue to
L’associazione dell’Arte povera con i prodotti del influence contemporary Italian art and design.
Made in Italy, punto di arrivo di questo percorso di […] The link between art and products in Ita-
Celant, non rimase un caso isolato. Nel 2001-03, la ly is profound, particularly in fashion and in-
mostra Zero to Infinity. Arte povera 1962-1972 viag- terior design. Italians bring a unique sense of
giò dalla Tate Gallery di Londra a Minneapolis, Los perspective and aesthetic appreciation to their
Angeles e Washington grazie all’Istituto Italiano work. The result of this ingenuity is an ongoing
per il Commercio Estero (ICE) che aveva nel tem- cultural metamorphosis.72
po sostenuto una serie di iniziative importanti, tra
cui Italy. The New Domestic Landscape e la stes- Non sappiamo se la ‘metamorfosi’ fosse una cita-
sa The Italian Metamorphosis. La campagna Life in zione consapevole o meno, ma sembra che l’idea
I’Style dell’ICE, che sosteneva la mostra all’inizio seminata da Celant di utilizzare quella che fu ef-
del nuovo millennio, era focalizzata – come si leg- fettivamente una metamorfosi del Paese per pro-
ge sul catalogo di Zero to Infinity – sulla combina- muovere l’immagine e la cultura italiana, in con-
zione vincente, tipicamente italiana, di creatività, tinuità con la narrazione consolidata, abbia avuto,
artigianato tradizionale e produzione industriale.71 per ora, almeno un seguito.
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