Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
17 visualizzazioni20 pagine

1940 - Pagliaro - Lingua e Razza, in 'Razza e Civiltà', I, 8, 593-606 - Roc

Caricato da

Fabio Aprea
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
17 visualizzazioni20 pagine

1940 - Pagliaro - Lingua e Razza, in 'Razza e Civiltà', I, 8, 593-606 - Roc

Caricato da

Fabio Aprea
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 20

ANNO I - N.

8 OTTOBRE 1940-XIX

AZ

4M1NlSTERO DELL'INTERNO
ANNO I - N. 8 OTTOBRE 1940-XIX

RAZ Z A
E

RIVISTA MENSILE
DEL CONSIGLIO SUPERIORE
E DELLA DIREZIONE GENERAL E
PER LA DEMOGRAFIA E LA RAZZA

MINISTERO DELL'INTERNO
D1•.rroRE: ANTONIO LE PERA

11/1"1'1 I 0/fl/'I TI R ISF.R I 'A 11

Ln H.ivì!lln, pr,bb/icata a cura cl,./ ,\,fini.u ao dtdl'/ntrrno con la collahoraziont


<ftf /.[ i11is luo d,/la Cultura Po polart, vitne inviata a tutti 9/i Enti Pu~b/ici
------------------------
S O MM ARIO

.~. F10<0TT1: LIEO BIFRONTE

A. P,cu..o: LINGUA E RAZZA

F. L.soocN.: L 'INTEG RITA' DELLA RAZZA ITALICA A'f,


TRAVERSO IL MEDIO EVO (V. - L \ CONQUISTA
LO. COBARDA)

E. Z.\\-ATTsRt: DESERTO E POPOLI SEMITO-CAl,,ffJ"I

A. S,,oAToNo: REGRESSO OELLt NASCITE E TRAMONTO


D'IMPERI.

ATTR.'IVERSO LA ST,IMP.I

NO"f/Z/IIRJO .

DEMOGRAFIA 661

UiCISLAZIOt'ifò E GJURISPIWDEN7.A RA7.Zl,·IU::

INDICE GENERA LE ANNO l. 19;0-XVJJI


Una nazione esiste non solo come storia
o come territorio, · ma come masse umane
che si riproducono di generazione in ge-
nerazione.
(l' .eu e ml"c • A. VI)
ANTONINO PAGLIARO

LINGUA E RAZZA

Nel 1781 lo storico tedesco Schlozer diede per primo il nome di


«semitico>> al vasto dominio linguistico che ha il suo centro origi-
nario fra la Mesopotamia e il Mediterraneo, le montagne dcll'Arm<C-
nia e le coste meridionali dell'Arabia, e che per successive migrazioni
e conquiste si è allargato su una notevole parte del continente afri-
cano. Tale denominazione si richiama alla « tavola dei popoli,> tra-
mandata nella Bibbia (Genesi, X), nella quale si distinguono i popoli
discendenti da Scm, primogenito di Noè, dai popoli discendenti dagli
altri due fratelli, Cam ed lafct. La parentela linguistica fra l'arabo e
l'ebraico, le due lingue più vitali del gruppo, era già stata notata
nei secoli X e Xl dai grammatici ebrei di Spagna, ma la precisa no-
zione di unità semitica, concordante con quella che se ne ebbe nel
mondo ebraico all'epoca in cui fu redatta la Ge11esi (verso la fine del
2' millennio a. Cr. all'incirca), è ben più recente e, nella sua formu-
lazione scientifica, è un riflesso della precisa nozione di unità ario-
europea costituitasi nel nostro tempo. Oggi il gruppo semitico si
suole distinguere in semitico orientale che comprende il babilonese
e l'assiro, e in ~emitico occidentale. Quest'ultimo si distingue a sua
volta in semi!ico nord.occidentale (che comprende il gruppo aramaico,
di cui la più importante manifcstazio•ne è il siriaco, e il gruppo ca-

593
3
nanco, a cui appartiene l'ebraico), e in semitico sud-occidcntak, di
cui fanno parte l'arabo settentrionale e meridionale e l'etiopico.
Ad indicare la vasta unità lù1guistica comprendente quasi tutta
l'Europa e buona parte del continente asiatico, scientificamente accer-
tala per primo da Franz Bopp in uno studio comparativo sulla co-
niugazione (1816), appare per la prima volta nel 1823 nell'Asia poly-
g/0110 di F. von Klaproth il termine « indogcrmanisch ». Tale ter-
mine, divenuto usuale nella scienza germanica, intendeva riunire i
due punti estremi del dominio linguistico consideralo e si è affer-
mato in tedesco, nonostante che le più vaste conoscenze: posteriori
pongano come estrema zona ad Occidente quella del cdtico e ad
Oriente il tocario. Fra tulle le denominazioni aluovc usate, e cioè
indoeuropeo, ariocuropeo, ario, questa ultima è forse la più propria,
poichè, se non nome unitario di popolo, è certo una dcnominazion<
che parecchi popoli del gruppo usavano darsi nei confronti degli altri
popoli. Purtroppo, in linguistica l'uso di cc ario » in senso così vasto
può ingenerare confusione, essendo esso abitualmente riservato al
gruppo indoiranico. Noi tuttavia l'accogliamo come il meno impro-
prio e anche per avere una terminologia uniforme con altre discipline,
come la paletnologia e l'antropologia che l'usano già stabilmente
ncll'acce-zionc più vasta. L'unità linguistica aria comprende oggi i
seguenti gruppi storicamente accertati: in Asia l'indiano, l'iranico, il
tocarico, l'hittito, l'armeno, il traco-frigio; in Europa l'illirico, il
greco, lo slavo, l'italico, il baltico, il germanico e il celtico. In Asia
delle lingue arie sopravvivono soltanto l'indiano, l'iranico e l'armeno;
in Europa tutte le lingue oggi parlate sono di derivazione aria, lana
eccezione dell'ungherese, del finnico, dell'estone e del basco.
Nessuna scienza storica opera con metodo così sicuro come la
linguistica, la quale dispone di un materiale di osservaiione vastis•
simo, s,a attuale sia documentato nel tempo. L'unita linguistica aria
e quella semitica sono ,•crità acquisite, assolutamente inconuovcrti•
bili, anche se le lingue che ad esse partecipano siano ormai profon-

594
damente differenziate. Compito ddla linguis1ica storica è per l'ap-
punto, una volta riconosciu1a l'unir,, gcnc1ica originaria, di seguire
nel quadro di essa le modali1à e, vorremmo dire, !c leggi degli svi-
luppi e delle differenziazioni, che hanno determinato la fisionomia
delle singole lingue come noi oggi le conosciamo; compilo a v~he
arduo, specie quando dalla ricognizione dei fa1ti si voglia risalire alle
loro cause, cioè ai momenli umani che danno origine all'innovazione;
ma tuttavia ricco di risuhati grandissimi, i quali dal campo della
glottologia si cs1endono a tutte le altre discipline, che studiano l'u-
manità nelle manifestazioni concrete della sua storia. Il linguaggio
è una delle forme più importanti, anzi la più importante, in cui l'u-
manità realizza se stessa come realtà spirituale, e pnciò le lingue
costituiscono gli archivi, in cui si traducono con incomparabile ric-
chezza e fedehà gli eventi, 1c· csperirnze. k creazioni dei popoli at-

...
traverso i secoli cd i mi llcnni .

Le nozioni di raz7..a aria e di razza semitica, come nozioni scicn•


tifiche, sono certamente posteriori alle n<Y,ioni dell'unità linguistica
rispettiva.
Per quanto si riferisce agli Ari, prima della scoperta della loro
unità linguistica non si ebbe nemmeno la nozione empirica di una
parentela ctnic.1 fra i popoli che b compongono. L 'affini1à etnica è
grossolanamente intuita presso i Greci, soltanto in base alla comu-
nione linguistica per cui «barbari ,,, probabilmente •<balbuzienti»,
sono coloro che parlano· un'altra lingua. 1 Romani, che pure ebbero
così vivo il senso della loro stirpe, non ·e bbero mai la percezione che
quei Galli, Germani e Parti, contro i quali strenuamente combatte-
rono, discendevano dallo stesso loro ceppo. L'autorità della tradizione
biblica con la babelica confusione delle lingue tolse poi del tutto
la possibilità di pensare ad un legame linguistico fra popoli diversi
• ad un legame etnico che non fosse quello indicato nella Gene,i.

595
Tanta fu l'autorità delle Sacre Scritture, anche nel campo degli inte-
ressi linguistici, che, se tentativi si ebbero per ricercare la derivazione
di questa o quella lingua, furono sempre diretti a stabilire la priorità
e la paternità dell'ebraico, come avvenne nel corso del Seicento e dd
&ttccento; tentativi di nessun valore, al pari degli altri diretti alla
cre:izione di una « grammatica razionale», che valesse per le lingue
di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
Anche presso i popoli semitici, se se ne toglie il peso che la uadi-
zionc religiosa contenuta nella Bibbia potè avere nel mondo giudaico,
mancò il senso di una propria reciproca parentela, mentre fu quanto
mai ,·igoroso proprio presso gli Ebrei il senso della propria indivi-
duazione come popolo, legato alla coscienza di popolo eletto.
La scoperta e la fissazione in termini scientifici di unità lingui-
stiche originarie come quella aria e quella semitica, a cui seguirono
scoperte abbastanza numerose di altri gruppi linguistici, aprirono I.,
via al problema se a tali unità linguistiche rispondessero unità etniche
più o meno nettamente definite. In un primo tempo, com'è noto, ad
opera del De Gobineau, del Chambérlain' e di altri, si assunse senza
discus,ionc l'identità fra unità linguistica ed unità etnica, fra lingua e
razza, e si procedette alla ricerca delle caratteristiche differenziali fisi-
che e psicologiche, che potessero ancor meglio individuare sul piano
r:ozziale i diversi gruppi linguistici. Tale procedimento, ispirato in
genere a criterio polemico, è stato condannato come dilettantesco
e prescientifico tanto dai linguÌliti, quanto dagli anuopologi, asse-
rendo gli uni e gli altri che la lingua è patrimonio facilmente tra-
.smi«ibile da individuo ad individuo, da gruppo a gruppo e non può
essere quindi assunta a caratteristica ctniea preminente ed esclusiva.
A rinsaldare questa convinzione, contribuirono tentativi, come quello
fatto da Federico Miiller, di far coincidere una classificazione delle
lingue con una classificazione antropologica, destinati all'insuccesso,
anzitutto per l'incertezza delle classificazioni anuopologiche, poi per
l'intcn·ento dd fattore storico che fa talvolta assumere da individui
e da gruppi lingue di popoli etnicamente diversi. A questo riguardo,
si suole richiamare il classico esempio dei Bulgari, che dal punto di
vista etnico sono genti turaniche e dal pumo di vista linguistico sono
slavi, cioè ari.
D'altra parte, questo negare l'esistenza di ogni rapporto fra razza
e lingua con l'attribuire valore discriminante nella classificazione delle
razze ai soli caratteri strettamente hiologici, non soltanto è contrario
alle nostre reali esperienze, ma verrebbe a togliere ogni valore a
quelle distinzioni ormai acquisite come fra razza aria e razza semi-
tica, le quali, come si è visto sopra, hanno come precedente storico e
come fondamento il riconoscimento ddla rispettiva individualità lin-
guistica.
Dato ciò, sembra qui opportuno chiarire in quale misura si.,
possibile fare valere il criterio linguistico nella discriminazione
delle razze.
....
Esiste certamente una diilcrenza sostanziale e profonda fra I:,
linguistica e l'antropologia, sia nell'oggetto sia nel metodo, che n-:
rende difficile e poco proficua la collaborazione. La linguistica è di-
sciplina essenzialmente storica, tanto che le sue classificazioni hanno·
vero valore solo se abbiano fondamento genetico. Ciò si vede soprat-
tutto nel campo della linguistica aria, che fra tutte le discipline lin-
guistiche è certamente la più progredita. Qui dalla comparazione
fra le lingue storiche si riesce a postulare con sufficiente sicurezza la
struttura originaria della lingua comune da cui esse discendono; ,i
riesce a fissarne i caratteri propriamente genetici, liberandoli dalle
modificaz,ioni succes§.Ì"" detcrl'hinak •-<la molteplici cause, fra cui
principalissimi i contatti e le mistioni con popoli di altra lingua. Così
noi sappiamo con relativa sicurezza qual'er.ano la struttura fonetica e
morfologica e il patrimonio lessicale dcll'ario dell'epoca comune, ~1-
l'inc;rca come potremmo ricostruire dalle lingue romanze la lingua

597
btina, se non ravcssimo <locumcritata. E' una ricostruzione che ba
yuasi una realtà matematica, fon~_ata com'è su norme <li sviluppo
fonetico che, se non sono kggi ineccepibili, come si credeva alcuni
decenni or sono, hanno tutlavia una vastità e regolarità di applica-
z ione che non ha riscontri in altri campi <ldle creazioni umane.
L'antropologia, invece, per insufficienza e discontinuità del nu-
terialc d'osservazione, è costretta .a gravitare sul presente cercando di
classificare le razze umane in base ai 9raueri morfologici attuali, e
solo ecce-~ionalmcntc qualche importante travamento apre ad essa la
possibilità di rintracciare precedenti sporadici, generalmente assai di-
stanti, di questo o qud tipo umano. Il materiale antico rinvenuto
è così scarso e frammentario che le conclusioni che se ne possono
trarre sono molto tenui e malsicure. Così avviene che, mentre del-
l'unità aria <lai punto di \'ista linguistico noi abbiamo una sicura no-
zione, poichè la comparazione ci consente di risalire oltre i confini
della storia, della struuura somatica degli Ari nulla di sicuro sap-
piamo, poichè nell'osservazione delle caratteristiche somatiche degli
Ari attuali l'antropologia non è ancora in grado di distinguere i
caratteri geneticamente originari da quelli acquisiti in seguito a me-
scolanza. Oggi non si è davveT9· in grado di dire se gli Ari fossero,
ad esempio, dolicocefali e biondi o mesocefali e castani, a capelli lisci
o a capelli ondulati. La ragione di cjp è dovuta al fatto che non esiste
un'antropologia genetica, la quale consenta di chiarire, dato un tipo
capostipite, quali siano i canitt~ri . permanenti nel corso delle ge-
nerazioni e quali quelli che si wutano o si acquisiscono. Teorica-
mente, nel confronto fra i vari .tipi di probabile discendenza aria
dovrebbero potere risultare i car~ncri specifici da attribuire ad un
Ario astratto della preistoria; ,praticamente ciò non è possibile per la
insufficiente conoscenza che si ,ha. (\c)lc modalità con cui si traman-
dano i caratteri biologici, si~ :fi.i\ci. sia psichici.
Avviene così, ad esempio, .~be-.l'Europa, mentre è fondamental-
mente unitaria dal punto di ~iit..1 liflgu(stico. da quello antropologico

S98
annovera numerose razze, la mediterranea, l'alpina, la dinarica, la
nordica, nè le differenze, che carallerizzano tali razze, combaciano
con le diJfcrcnzc che caratlerizzano i vari gruppi linguistici determi-
natisi in seno all'originaria unità.
Nonoslanle questa mancala concordanza di dati fra la linguistica
e l'antropologia, le due disciplme maggiormente impegnate nella
definizione delle razze umane, è ceno che razze esistono con cara,-
leri ben precisi e differenziati e che, nella pratica, anche al più mo.
desto osservatore non sfugge l'esistenza di tipi umani diversi, i quali
assommano i caratteri di unità razziali diverse. Nell'ambito stesso
dell'unità aria, a nessuno sfuggirà l'esistenza d i una unità aria medi-
terranea e di un'unità aria nordica, e, a un più aucnto esame, nel~
l'ambito di queste unità, sarà possibile rintracciare altri tipi umani i
quali danno fisionomia ai diversi popoli che le compongono. Fuori
di ogni dubbio è poi, nell'ambi10 della razza bianca, la distinzione fra
razza aria e razza semitica, anche se, per la prima più che per la
seconda, non si riesca a individuare i caralleri biologici originari.
Questo fat10 è pro1•a che non il solo dato antropologico ha va-
lore nella determinazione della nozione di razza.

•••
Poichè, come sopra si è deuo, la nozione di razza aria e razza
semitica ha avuto come suo precedente la nozione di unità lingui-
stica aria ed unità linguistica semitica, è indubbio che il fauore lingua
deve avere un valore determinante nella costituzione dell'unità raz.
z,alc. Qual'è dunque il fondamento dell'obiezione in contrario, alla
quale si è sopra accennato, che la lingua, essendo facilmente domi-
nata da fauori storici e culturali, non sia elemento stabile nella conti-
nuità delle generazioni, per il fatto che può essere sostituita con
quella di altri popoli, e perciò sia inadeguata a fornire criterio nella
discriminazione delle razzel

599
Bisogna, anzitutto, tenere presente che dalla nozione di razza
come dalla nozione di lingua esula ogni idea di purezza in senso as-
soluto, specie quando si tratti di popoli di cultura che hanno dietro
a sè una storia lunga e complessa. Gli stessi Ebrei possono conside-
rarsi razza pura, e relativamente pura, solo dal momento in cui hanno
cominciato a volerlo essere deliberatamente, a tradurre il loro istinto
dell'isolamento come popolo in norma di carattere religioso. Tutti
i popoli ari dell'Europa e dell'Asia sono, senza eccezione, risultati
dalla mistione fra la minoranza dei conquistatori ari e la vasta massa
delle popolazioni preesistenti nelle zone occupate. Non è certo pre-
sumibile che gli Ari al loro arrivo nelle loro sedi storiche abbiano
distrutto le popolazioni preesistenti, le quali, ad esempio in Grecia,
in Italia e sull'altipiano iranico, erano in possesso di civiltà nolt'vol-
mente progredite. D'altra parte, d; tali mescolanze ci danno ,icura
testimonianza, oltre che i dati dell'archeologia preistorica, lo inte-
grarsi della lingua aria comune in nuove unità, che sono quelle a
noi storicamente note. I profondi rivolgimenti che alcune lingue
hanno subÌto anche nella struttura fonetica, ad esempio le rotazioni
delle consonanti in germanico, non si possono altrimenti spiegare ,e
non riferendole all'influenza di un sostrato alloglotto. E' noto che un.1
parte non trascurabile del lessico del latino e dei volgari romanzi
non si spiega nell'ambito dell'ario e deve essere riportato al fondo
linguistico non ario su cui il latino venne a discendersi.
Orbene, che un popolo, come è il caso di quello bulgaro, abbi~
assunto una lingua diversa non è altro se non un fauo di sincrec ism,,
in cui prevale la civiltà di maggiore prestigio. Quello che importa t,·-
nere fermo è per l'appunto che il sincretismo, cioè la creazione di
un risultaco nuovo non inferiore agli elementi che vi hanno concorso,
si ha solo quando la mescolanza sia guidata da un senso più o meno
vivo di affini1à elettiva.

600
•••
Ciò si può osservare con sufficienle sicurezza sia nel senso posi-
tivo sia in quello negativo. Nella penisola greca la civihà minoica si
è confusa con quella degli Ari sopravvenuti cd ha dato origine alla
meravigliosa civiltà ellenica. In Italia il senso di conquista degli Ari
nomadi e guerrieri si è trasfuso nell'ordine civile delle popolazioni
sunziali cd ha dato origine alla mirabile e grandiosa civiltà romana
che è poi la civiltà dell'Occidente. Evidentemente, fra le genti arie
sopravvenute e le popolazioni mediterranee si determinò una fac.ile
intesa, dovuta al fatto che non vi dovettero essere fra esse sostanziali
differenze di ordine fisico e spirituale e tali da produ.rrc una corru-
zione anzichè un miglioramento, dal punto di visu etnico e culcu-
ralc. In Italia, in Grecia, e dovunque si affermò la lingua aria, i ca-
ratteri dominanti furono indubbiamente dati dalla stirpe aria e per
questo, nonostante le diflerenze che si osservano fra i diversi popoli
di questo gruppo, è facile cogliere in numerosi e cospicui tratti gli in-
dizi della comune origine.
Vi sono invece casi in cui questa affinità elettiva che dà la premi-
nenza ai caratteri del tipo superiore non ha luogo, per motivi che
non è sempre facile individuare. La st~ria di alcuni millenni di-
mostra, per esempio, come fra gli Ari e i Semiti essa sia comple-
tamente mancata e che le due stirpi si sono sempre tenute in reciproca
difesa, quasi istintivamente conscie che da una fusione si dovesse
avere la perdita da una parte e dall'altra dei rispettivi caratteri dif-
ferenziali. Dovunque Semiti cd Ari si sono trovati in contatto si
sono sempr~ scèintr atiin lotta senza quartiere: gli Iran i cootro
l'impe~~ di Assiria, Roma contro Cartagine, il mondo cristiano con-
tro IJsJ!'..m. Sia ché vincessero gli uni, sia che vincessero gli altri
la barriera fra i due mondi non fu mai superata. Da una parte e
dall'altra, tranne sporadiche infiltrazioni, due mondi diversi hanno
conservato tenacemente la loro autonomia, e gli stessi apporti cultu-

601
rali che l'uno ha da10 all'altro sono stati da ciascuno svolti, interpre-
1a1i ed elaborati secondo la propria natura. 11 Cristianesimo è diven-
tatO universale nell'interpretazione romana. Il senso ario della con-
quista e dell'espansione assume nella coscienza e nella prassi giu-
daica aspetti e modalità, per cui non è quasi più riconoscibile.
Ed è certo bene che sia così, che cioè la barriera sussista, poichè
ti suo abbattimento non i:, come la storia categoricamente dimostra,
nella natura delle cose. Ciò si potrà rilevare in molti campi, ma a
noi preme rilevarlo proprio nel campo della lingua, che oggi è senza
dubbio uno dei più importanti fattori differenziali degli aggruppa-
menti razziali. Difatti, quando noi atuibuiamo questo o quel popolo
al gruppo ario o al gruppo semitico lo facciamo soprattutto in base
al criterio linguistico che è alla base di tali gruppi, e dove tale cri-
terio sia reso fallace, com'è il caso dell'elemento giudaico che ha
assumo a propria lingua la lingua nazionale dei popoli presso i quali
vi"e, vi si sostituisce un criterio pure di ordine storico, quello religioso.
Per l'appunto, nel campo linguistico la differenza costituzionale
fra il semitico e l'ario, sia dal punto di vista fonetico per il prevalere
in quello di suoni laringali ignoti all'ario, sia dal punto di vista mor-
fologico per la diversità sostanziale della rispettiva flessione, si rivela
così profonda da non consentire un sincretismo produuivo. L'elemento
:orabo, penetrato nel persiano in larga misura in seguito alla conver-
sione della Per sia zoroastriana all'islamismo, si è limitato al lessico e
non ha intaccato la struttura fonetiça e morfologica squisitamente aria
d i quella lingua; vi Ì: rimasto così estrinseco, che, a seguito della ri-
presa nazionale avutasi con la nuova dinastia, l'elemento arabo viene
progressivamente sos1i1ui10 con elemento propriamente iranico. Quan-
do poi una lingua semitica è stata assunta da popoli di stirpe aria i ri-
sultati che se ne sono avuti sono, nel loro aspetto negativo, profonda.
melllc significativi. Questo è, come è nolo, il caso di Malta in cui
il primitivo idioma romanzo venne per effctlo della lunga occupa-
zione musul m~na sostituito C<ln un dialetlo arabo magrebino: l'arabo.

1\112
forzato in una impostazione vocale completamente estranea, ne è
uscito così malconcio e così, come si suol dire, corrotto, da giustifi-
care quasi le interessate fantasie della pseudo-scienza linguistica bri-
tannica, che nel d ialetto maltese voleva riconoscere, anzichè un dia-
letto arabo storpiato da bocca romanza e sempre ricco di elementi
italiani, nientemeno che la sopravvivenza di un antico idioma fenicio.

•••
Se ora ci poniamo il problema concreto della formazione del-
l'unità etnica, ci appare chiaro che il processo non ì: diverso da quello
della formazione dell'unità linguistica. Per !"una e l'altra unità è er-
rore gravissimo partire dall"immagine dell'albero genealogico dal cui
ceppo, quasi per virtù interiore di linfa, si siano venuti staccando
tanti rami, integralmente fedeli alla natura e alla strullura di quello.
Niente di più falso, poichè se ciò fosse si dovrebbe avere, tanto nel
caso delle lingue quanto in quello delle razze, propagazione uniforme
e non formazione di nuove unità più o meno nettamente diifcren-
ziatc. L'albero genealogico sarebbe giustificato solo se in esso potesse
risultare il complesso degli apporti e delle cause che hanno determi,
nato la figura particolare di ciascuna unità.
Prendiamo il caso della lingua. Non esistono lingue, specialmente
a larga diffusione, che non siano cos1ituite da una più o meno grande
varietà di dialetti. L'unità neolatina, ad esempio, è divisa in tante
lingue, italiano, francese, spagnuolo, provenzale, rumeno, per dire le
maggiori, e quesle sono alla loro volta d istinte in varietà dialettali
più o meno nettamente individuabili. Qual'è il tnotivo di tanta dif-
ferenziazione, quando è noto che alla base di tante e cosl varie lingue
e dialetti vi è l'unità latina, cioè una lingua di cultura, a/fermatasi per
forza d'armi e prestigio di civiltà? Anzitutto, come causa di trasfor-
mazione appare la reazione del sostrato ,etnico-linguistico su cui il
latino si è venuto a sovrapporre, sicchè nom di latino volgare bisogna

603
parlare, bensì di tanti volgari, per quante sono le zone linguistica-
mente individuate in precedenza, di cui il latino s'impossessa. Inter-
vengono poi i contatti che ciascun gruppo già deljncato ha con popoli
di altra lingua, germani, slavi, ecc., e gli sviluppi particolari di eia.
scuna cultura che necessariamente si riAettono in ciascuna lingua, so.
prattutto attraverso il convergere delle varietà dialettali verso la lin-
gua comune, cioè verso una più piena e precisa unità. In altre parole,
il processo per cui le lingue si determinano non deve essere guardato
nel suo aspetto di disintegrazione di un'unità, bensì piuttosto in quello
integrativo che la nuova unità veramente determina. Ciò ha ancor
maggiore valore, quando non si tratti, come è il caso del latino, di
una lingua di cultura, quindi chiaramente unitaria, che si sovrappone
con il peso della civiltà di cui è espressione su lingue di minore pre-
stigio, bensì di unità linguistica naturale, in cui il processo integra-
tivo, lento e faticoso, costituisce la modalità stessa di essere della lin-
gua. Le unità linguistiche, come si è detto, non esistono mai interna-
mente indifferenziate e ciò deve essere inteso come il risultato di
quella necessità naturale per cui il comprendere, e perciò l'esprimersi,
avviene prima fra i membri di una famiglia; poi fra i membri di
una gente, di una tribù, di un popolo, d, diversi popoli, ed è questa
necessità sempre più vasta di esprimersi e di intendersi che costituisce
quelle vaste unità alle quali noi diamo il nome di unità aria e di
unità semitica. Da queste considerazioni deriva che nessuna teoria è
tanto assurda quanto quella della monogenesi del linguaggio, non
meno assurda, o almeno altrettanto poco giustificata, quanto quella
che volesse scientificamente riportare tutti i caratteri delle attuali
razze umane nella loro infinita varietà ai caratteri di una coppia
capostipite. Come per questa ~!tra realtà non si pu?> postulare se non
quella delresscre uomini, così per la lingua originaria altra qualità
non è possibile postulare se non quella di essere mezzo espressivo di
uomini.
Ora, identico processo integrativo è quello che dà origine alle

604
di,•erse unità razziali. Anche qui si ha uno slargarsi per accrescimento
e mistioni: dalla singola gente si arriva alla 1ribt1, al popolo, alla rta•
zione. E' chiaro che l'accrescersi naturale delle generazioni amplifica
al tempo stesso la natura del processo e fa che i caratteri dominanti
del nucleo più vitale guadagnino sempre più vasto spazio. Vi è certo
qualchr cosa di misterioso in questo propagarsi di caratteri superiori
per cui l'umanità ci appare in una continua ascesa, e ancor più grande
mistero è quello che avvolge l'occulta forza da cui ogni unità razziale
è guidata nella sua istintiva difesa da quei contatti e da quelle mi-
stioni che ne altererebbero la genuina struttura. Poichè l'uomo è
essere spirituale, tale modalità del suo divenire anche dal lato fisico
ha forse la sua ragione nell'esigenza di una maggiore spiritualità che
si riRetta anche nella struttura fisica, e in ciò è appunto il grande
mistero dell'uomo, nell'indissolubile legame che in lui si realizza fra
vil'a biologica e spirito.
• ••
Da quanto si è detto appare chiaro che il fattore ling11a concorre
in maniera dominante, almeno sino a quando le conoscenze antropo-
logiche non forniranno dati biologici più sicuri, a determinare la
nozione di razza ; anzi essa costituisce il mezzo principalissimo di
coesione per cui una comunità più o meno vasta di individui sente di
essere popolo e nazione. « Le caratteristiche spirituali e la struttura
della lingua di un popolo -- ha scritto Guglielmo v. Humboldt -
sono l'una con le altre in tale intreccio che posto l'un dato, l'altro si
dovrebbe poter derivare completamente da quello"· La lingua, in-
fatti, riRette anzitutto l'ambiente fisico e una maniera nativa, natu-
rale di sentire il reale e di esprimerlo. Essa è fatto fisiologico e psi-
cologico al tempo stesso e, come tale, è legata intimamente con la
struttura psicofisica del popolo che la parla, è anzi la modalità più
essenziale con cui tale struttura si manifesta. Il complesso dei costumi,
delle tradizioni che si tramandano di generazione in generazione,

605
tutto ciò insomma che concorre a dare a ciascun popolo la sua pro-
pria fisionomia, trova espressione fedele e categorica nel linguaggio.
Poichè la nozione di razza non è in sostanza altro se non la nozione
di un'appartenenza ad una determinata comunità genetica, la co-
sci~nza della razza trova nel linguaggio uno dei suoi più forti so-
stegni.
Non è senza significato il fatto che l'esigenza alla purezza,
quanto all'ethtios e quanto alla lingua, si manifesta presso i popoli
nei momenti della loro maggiore vitalità. Un popolo che ad un de-
terminato momento della sua storia voglia riconoscere i suoi carat-
rcri differenziali e voglia segnare una netta linea di demarcazione
fra sè ed altre unità etniche, portatrici di caratteri spirituali ed etnici
non congeniali ai suoi, altro non fa se non riportarsi coscientemente
alle sorgenti più genuine della sua vita. Un aspetto di tale esigenza
è il desiderio di tenere immune la propria lingua da influenze stra-
niere e di eliminare le infiltrazioni che .si sono verificate in momenti
di indebolita o d istratta coscienza.

606

Potrebbero piacerti anche