RINALDO COMBA
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI NELLITALIA
CENTRO-SETTENTRIONALE: FINE XII SECOLO INIZI XV
Beni comunali e beni comuni sono da ventanni al centro di un vivace
dibattito storiografico interessato soprattutto alle dinamiche sociali e isti-
tuzionali cittadine sviluppatesi per il loro controllo
1
. Non meno articolato,
ma forse pi sfuggente da un punto di vista generale, il panorama che
emerge dallo studio del mondo rurale non direttamente sottosposto a un
comune urbano. In montagna, soprattutto, alpeggi, boschi, pascoli, terre
di uso comune o ritenute tali, riferiti a luoghi a tutti noti e intensamente
vissuti
2
, celano i fondamenti della vita materiale delle collettivit, che, per
la loro importanza, sono spesso oggetto di rapporti conflittuali, prolungati
nel tempo. A conflitti e tensioni, dalla fine del XII secolo, non sfuggono
nemmeno le domus certosine sorte in Italia, ancora caratterizzate, come ai
tempi di Bruno di Colonia, dalla natura alpestre della loro forma di ere-
mitismo
3
.
Il tema della conflittualit fra tali domus e le comunit rurali insediate
nelle adiacenze dei loro patrimoni costituisce, per la natura e le finalit
stesse di questi ultimi, una specie di filo rosso della storia delle aree di pi
antico insediamento certosino, che, dal punto di vista economico-agrario,
sociale e istituzionale, appare caratterizzata da tratti peculiari. La specifi-
cit consiste in una diversa percezione e interpretazione che dello spazio,
o meglio degli alpeggi, dei luoghi, dei monti e delle loro funzioni, avevano
i due tipi di comunit a cui si accennato: quelle dei monaci-eremiti e
quelle dei rustici. Le tensioni che nascevano dallo scontro fra i due modi,
1
Per una prima, penetrante rassegna sui beni comuni: J. C. Maire Vigueur,
Premessa, in I beni comuni nellItalia comunale: fonti e studi, Mlanges de lcole
Franaise de Rome. Moyen Age Temps Modernes, 99, 1987, II, pp. 41-46. Degni di
attenzione, anche per gli ampi riferimenti bibliografici, due studi di R. Rao, I beni del
comune di Vercelli. Dalla rivendicazione allalienazione, Vercelli 2005; Id., Comunia. Le
risorse collettive nel Piemonte comunale, Milano 2008.
2
Per le tematiche inerenti allo spazio vissuto: R. Comba, Il territorio come spazio vis-
suto. Ricerche geografiche e storiche nella genesi di un tema di storia sociale, Societ e
storia, 11, 1981, pp. 1-27.
3
B. Bligny, Lglise et les ordres religieux dans le royaume de Bourgogne aux XI
e
et
XII
e
sicles, Paris 1960, p. 305.
Monique Bourin, Giovanni Cherubini, Giuliano Pinto (a cura di), Rivolte urbane e rivolte contadine
nellEuropa del Trecento : un confonto, ISBN 978-88-8453-883-3 (online) ISBN 978-88-8453-882-6
(print), 2008 Firenze University Press
per lo pi radicalmente antagonisti, di interpretare i ruoli dei luoghi, le di-
stinguevano sia da quelle che, normalmente, nelle campagne potevano op-
porre le collettivit degli homines e i loro domini
4
, sia da quelle che
nascevano dai rapporti fra le altre realt monastiche (talora patrimonial-
mente organizzate come vere e proprie signorie rurali) e le comunit con-
tadine con cui erano in contatto
5
.
La storia di tali tensioni costituisce cos unoccasione di approfondi-
mento, nel lungo periodo e con riferimento a luoghi precisi e a specifici
ambiti geografici e socio-istituzionali, del pi ampio tema della conflittua-
lit nel mondo rurale. Si tratta, in altre parole, di seguire un percorso di
indagine che, lungi dal privilegiare i momenti pi acuti del conflitto so-
ciale nelle campagne come ancora spesso avveniva alcuni decenni or sono
6
,
si dimostri in grado di seguire i tempi lunghi della storia
7
e di riconnetterla
al rapporto concreto con i luoghi in cui gli uomini vivevano. La proficuit
di simili accertamenti , fra gli altri, evidenziata, per gli aspetti socio-isti-
tuzionali, dagli studi ormai classici di Peter Blickle sulle rivolte contadine
218 RINALDO COMBA
4
Cfr. R. Rao, Risorse collettive e tensioni giurisdizionali nella pianura vercellese e no-
varese (XII-XIII secolo), Quaderni storici, 120, XL (2005), fasc. 3, pp. 753-776 (alle pp.
758-761).
5
Qualche considerazione preliminare sui rapporti fra montanari e certosini nel
primo secolo di vita delle certose italiane in R. Comba, La prima irradiazione certosina
in Italia (fine XI inizi XIV), Annali di storia pavese, XXV (1997), pp. 17-36 (alle pp.
29-33 sgg.). Tensioni meno drammatiche sembrano invece caratterizzare, per esempio,
le relazioni dei cistercensi con il mondo rurale circostante: Id., Contadini, signori e mer-
canti nel Piemonte medievale, Roma-Bari 1988, pp. 29 sgg.
6
Cfr. R. Comba, Rivolte e ribellioni fra Tre e Quattrocento, in La storia. I grandi pro-
blemi dal Medioevo allEt contemporanea, direzione di N. Tranfaglia e M. Firpo, II,
Torino 1988, pp. 673-692, ora, col titolo Le rivolte e i tumulti urbani, con qualche va-
riante e senza apparato bibliografico, in La storia, VI, Dalla crisi del Trecento allespan-
sione europea, Roma 2004, pp. 69-97.
7
Suggestioni in questo senso vengono anche dalle conclusioni dallopera, interes-
sante per le riflessioni di carattere metodologico suggerite, di H. Neveux, Les rvoltes
paysanes en Europe: XIV
e
-XVII
e
sicle, Paris 1997, p. 290: la notion de revolte pay-
sanne trouverait sa nouvelle acception dans celle dun sentiment de continuit, et ga-
lement souvent dans une continuit relle, dans le recours aux armes par des hommes
et des femmes qui sestiment tous des descendants ou des parents des anciens paysans
et qui pensent quil ny a pas de rupture, de cassure dcisive et irrmdiable, entre eux
et leurs prdcesseurs ou leurs confrres. Lo sguardo molto generale adottato dallau-
tore e lattenzione prevalente alle reprsentations paysannes qui prsident aux prises
darmes (a p. 113), cio alle interpretazioni contadine del conflitto, lasciano tuttavia
molto nellombra i contesti giuridici, sociali e spaziali concreti, spesso duraturi nel
tempo, in cui maturano sia la conflittualit, sia il senso della continuit di unapparte-
nenza. Alla base di questultimo c anche non di rado una continuit di relazioni, pur
in un quadro di metamorfosi, fra una comunit contadina, il suo territorio e leredit
dei rapporti socio-istituzionali locali lasciata dalle generazioni precedenti.
verificatesi nel basso Medioevo in alcune aree dellImpero tedesco
8
, da ri-
cerche assai pi recenti, fra le quali, per larea subalpina, a cui necessaria-
mente in questa sede si far spesso riferimento, si segnala il penetrante
lavoro di Alessandro Barbero sui rapporti, a Villafalletto nel Cuneese, fra
comunit, domini loci e stato sabaudo
9
e, per la difficile convivenza fra
una certosa e una comunit di rustici, da unindagine di Paola Guglielmotti
su Santa Maria di Pesio e i suoi vicini
10
. Sulle problematiche inerenti, in
modo specifico, alla conflittualit emergente nel concreto dallo sfrutta-
mento di unarea forestale di pertinenza certosina spunti degni di atten-
zione si trovano in alcune ricerche pionieristiche di Alfio Cortonesi
11
.
1. Spazi vissuti: la montagna degli eremiti e quella dei contadini
La storiografia monastica ha chiarito da tempo che lidea che delle-
remo (termine rievocativo dellesperienza, in Egitto, degli antichi padri del
deserto) avevano i certosini non coincideva n con quella di un qualunque
luogo appartato in cui realizzare una forma superiore di vita monastica, n
con quella che negli stessi anni ne avevano, per esempio, i cistercensi
12
.
Lelemento fondamentale di valutazione di questi ultimi era soprattutto la
distanza dalle citt o dai nuclei insediativi pi consistenti: in civitatibus,
8
P. Blickle, Die Revolution von 1525, Mnchen 1981, trad. it. col titolo La riforma
luterana e la guerra dei contadini. La rivoluzione del 1525, Bologna 1983; Id., Buerliche
Erhebungen im sptmittelalterlichen deutschen Reich, Zeitschrift fr Agrargeschichte
und Agrarsoziologie, 27, 1979, pp. 208-231 (= Peasant Revolts in the German Empire
in the Late Middle Ages, Social History, IV, fasc. IV, 1979, pp. 223-239), ora in Id.,
Studien zur geschichtlichen Bedeutung des deutschen Bauernstandes, Stuttgart New
York 1989, pp. 109-132. Nel corso del presente lavoro le citazioni si riferiranno a que-
stultima silloge. Lautore ritornato sulla guerra dei contadini con un volume ulteriore,
frutto di un ventennio di studi sullargomento: cfr. Id., Der Bauernkrieg: die Revolution
des Gemeinen Mannes, Mnchen 1998; Id., From the Communal Reformation to the
Revolution of the Common Man, Leiden Boston Kln 1998.
9
A. Barbero, Politica e comunit contadina nel Piemonte medievale, Studi storici,
XXXV, 1994, pp. 5-48 (= Id., Politica e comunit contadina nel Piemonte medievale. Il
caso di Villafalletto, in Villafalletto: un castello, una comunit, una pieve, a cura di R.
Comba, Cuneo 1994, pp. 113-157).
10
P. Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio: uomini e comunit di Chiusa fino alla
met del Trecento, in Allombra dei signori di Morozzo: esperienze monastiche riformate
ai piedi delle Marittime (XI-XV secolo), a cura di R. Comba e G. G. Merlo, Atti del con-
vegno: San Biagio Mondov Rocca de Baldi Mondov, 3-5 novembre 2000, Cuneo
2003, pp. 221-270.
11
A. Cortonesi, La silva contesa. Uomini e boschi nel Lazio del Duecento, in Il bosco
nel Medioevo, a cura di B. Andreolli e M. Montanari, Bologna 1988, pp. 303-319; Id.,
Rivendicazioni contadine e iniziativa antisignorile nel tardo Medioevo. Testimonianze dal
Lazio meridionale, Annali dellIstituto Alcide Cervi, XVI, 1994, pp. 157-172.
12
Per una messa a punto: Comba, La prima irradiazione certosina in Italia cit.,
pp. 27 sgg.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 219
castellis, villis, nulla nostra construenda sunt coenobia, sed in locis a con-
versatione hominum semotis recita la pi antica collezione di Statuta, non
sempre osservati, emanata dal capitolo generale di Cteaux
13
. Come hanno
dimostrato gli studi di Jacques Dubois
14
, il deserto certosino era invece
unarea montana dai limiti specificati con grande precisione, come quella
definita nel 1086 nel pi antico documento concernente la domus che oggi
chiamata la Grande Chartreuse
15
. I confini di ogni singolo eremo erano
tracciati non autour du terrain qui appartenait dj aux Chartreux, mais
autour des terres quils estimaient ncessaires pour se constituer un d-
sert
16
; soprattutto erano delimitati con molta precisione e dovevano com-
prendere tutte le terre possedute dalla domus certosina che vi era insediata.
Larea che essi racchiudevano costituiva uno spazio privilegiato, abitato sol-
tanto da membri dellOrdine e assolutamente vietato alle donne, che, al-
meno per tutto il XIII secolo, non potevano nemmeno esservi sepolte
17
.
Quando, nel 1259, attingendo a disposizioni anteriori emanate dalla met
del secolo precedente, furono compilati gli Statuta antiqua, si previde la
possibilit di modificarne i confini previa lautorizzazione del capitolo ge-
nerale
18
, cosa che talora avvenne con lapprovazione della Sede apostolica
19
.
220 RINALDO COMBA
13
Narrative and Legislative Texts from Early Cteaux, a cura di Ch. Waddell, Cteaux
1999, p. 325, cap. 1; Statuta capitulorum generalium ordinis Cisterciensis ab anno 1116
ad annum 1796, a cura di J. M. Canivez, I, Louvain 1933, p. 13, cap. 1.
14
J. Dubois, Les limites des chartreuses, Bulletin de la Socit nationale des anti-
quaires de France, 1965, pp. 186-197, ora in Id., Histoire monastique en France au XII
e
sicle. Les institutions monastiques et leur volution, London 1982.
15
Recueil des plus anciens actes de la Grande Chartreuse (1086-1196), a cura di B.
Bligny, Grenoble 1958, pp. 5-7, doc. 1.
16
Dubois, Les limites des chartreuses cit., p. 189.
17
Cfr. S. Beccaria, Scelte di perfezione: attrazione devozionale e sociale di Santa
Maria di Pesio fino alla met del secolo XIV, in Allombra dei signori di Morozzo cit., pp.
153-198 (a p. 186).
18
P. L., vol. CLIII, Statuta Antiqua, coll. 1135, cap. 16; Dubois, Les limites des char-
treuses cit., p. 188; Id., Linstitutions des convers au XII
e
sicle. Forme de vie monastique
propre aux laics, in I laici nella societas christiana dei secoli XI e XII, Atti della terza set-
timana internazionale di studio: Mendola 21-27 agosto 1965, Milano 1968, pp. 183-
261 (alle pp. 199 sgg.), ora in Id., Histoire monastique de France cit.
19
Dubois, Les limites des chartreuses cit., p. 188. Cfr. Comba, La prima irradiazione
certosina cit., p. 28. Interessante e abbastanza ben documentato il caso della certosa
di Trisulti, anche con riferimenti precisi allampliamento dei limiti del proprio desertum:
A. A. Strnad, Zehn Urkunden Papst Innozenz III. fr die Kartause San Bartolomeo zu
Trisulti: 1208-1215, in Rmische historische Mitteilungen, 11 (1969), pp. 23-58, alle
pp. 49-53, doc. 6 del 30 settembre 1211; A. A. Sechi, La certosa di Trisulti da Innocenzo
III al concilio di Costanza (1204-1414). Note e documenti, Salzburg 1981 (Analecta car-
tusiana, 74/1), pp. 79, reg. 6 del 30 settembre 1211; p. 95, reg. 39 dell8 aprile 1247; p.
141, reg. 136 del 24 settembre 1357. Breve sintesi di tali sviluppi in B. Castelli, La cer-
tosa di Trisulti. Cenni storici per un monaco benedittino, Tournai 1912, pp. 20-22.
Tanta attenzione alla delimitazione degli eremi dimostra limportanza
fondamentale loro attribuita da questi monaci che vi erano fuggiti alla
ricerca della solitudine, indispensabile compagna di una ricca vita inte-
riore di raccoglimento, di contemplazione e di preghiera, per la salute
eterna delle loro anime
20
. Il rilievo che, di conseguenza, assumevano in
tale contesto le domus certosine tuttavia non sugger per lo pi ai monaci,
n nelle Alpi occidentali n nel Lazio, di riqualificare in senso religioso i
nomi preesistenti dei luoghi in cui esse sorgevano: come dimostrano le ap-
pellazioni con cui fra XII e XIII secolo furono chiamate le certose di Pesio,
di Casotto, della Losa e di Trisulti
21
. Soltanto Montebenedetto, dove a fine
XII secolo furono costretti a spostarsi i monaci della Losa, sembrerebbe
gi recare un nome ideale per una comunit votata alla preghiera
22
, ma
molto probabile che tale nome, attestato inizialmente con riferimento
evidente ad altra localit prediale, sia stato auguralmente attribuito assai
presto al sito non lontano da Villar Focchiardo dove i monaci effettiva-
mente si trasferirono
23
.
In questi silenziosi spazi montani i certosini aspiravano a rinnovare
lesperienza dei padri del deserto e, facendo convivere eremitismo e ceno-
bitismo, vivevano da anacoreti nelle proprie celle riunendosi soltanto in
alcune occasioni fisse
24
. Inoltre, in piena sintonia con una delle principali
aspirazioni del movimento eremitico, intendevano, seguendo da vicino le
orme del Cristo povero, coniugare la loro specifica forma di ascetismo con
unesistenza modellata in ogni momento da un rigido ideale di povert per-
sonale
25
. La percezione che essi avevano del loro spazio vissuto quotidiano
sui monti, letta alla luce delle esperienze di ascetismo eremitico che ave-
vano fortemente connotato il monachesimo occidentale, si coniugava ov-
viamente sia con la memoria di tali esperienze e delle connesse aspirazioni
a riviverle in compagnia dei confratelli religiosi in attesa del ritorno del
20
Guigues I
er
prieur de Chartreuse, Coutumes de Chartreuse. Introduction, texte cri-
tique, traduction et notes, a cura di un chartreux [Maurice Laporte], Paris 1984
(Sources Chrtiennes, 313), p. 206, cap. 20: pro nostrarum sempiterna salute anima-
rum in huius heremi secessu aufugimus.
21
Comba, La prima irradiazione certosina in Italia cit., pp. 23 sgg.
22
P. Guglielmotti, Certosini in Piemonte: uninnovazione circoscritta, in Il mona-
chesimo italiano nellet comunale, Atti del IV Convegno di studi storici sullItalia be-
nedettina; Abbazia di S. Giacomo Maggiore, Pontida, 3-6 settembre 1995, a cura di G.
B. Trolese, Cesena 1998 (Italia benedettina, 16), pp. 139-162, qui a p. 146
23
Cfr. oltre, note 44-55 e testo corrispondente.
24
Cfr. D. Knowles, Il monachesimo cristiano, trad. it., Milano 1969, p. 66.
25
B. Bligny, Les premiers Chartreux et la pauvret, Le Moyen Age, LVII, 1951,
pp. 27-60 (alle pp. 32 sgg.), soprattutto con riferimento alle Consuetudines di Guigo.
Questi parle fort peu de la pauvret, ma essa est implicitement contenue dans les di-
verses partie du texte (p. 39).
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 221
Signore, per aprirgli appena avr bussato
26
, sia con momenti di sereno ap-
prezzamento estetico per le bellezze del paesaggio, che si sarebbe tentati di
dire frequenti nel mondo certosino. Come posso parlarti dellamenit di
questo luogo aveva scritto fra XI e XII secolo Bruno di Colonia allamico
lontano Rodolfo il Verde, prevosto del capitolo di Reims, per invitarlo a
raggiungerlo nel suo eremo calabrese -, della mitezza e salubrit del clima
e dellampia e bella pianura che si estende lontano tra i monti e racchiude
praterie verdeggianti e pascoli smaltati di fiori?
27
.
Per i conversi e i devoti, per lo pi illetterati, almeno nei tempi pi an-
tichi
28
, gli stessi spazi, pur vissuti in un quadro esistenziale di povert, di
silenzio e di ascetismo, pi che momenti di contemplazione, dovevano ri-
chiamare invece alla mente concrete attivit agricole o pastorali svolte in
luoghi specifici spesso distanti dal monastero, dalla correria o dalle grange;
luoghi resi familiari dalla consuetudine e spesso fissati nella memoria da un
toponimo che ne rievocava certe caratteristiche botaniche, la presenza si-
gnificativa di animali particolari, avvenimenti di cui nella memoria collet-
tiva si era forse gi persa la traccia. Toponimi come alpis Vacherii, alpis
Serpenterii, pratum Brunum, Clotum ursi
29
, vallis Orseria, Bech de Rocha
Male Noctis
30
, fons Malimacelli
31
, per non citare che il nome di qualche lo-
calit prediale soltanto ubicata nei deserta delle certose di Pesio e di Losa-
Montebenedetto, ancora dovevano rievocare a quanti le frequentavano
non soltanto ai conversi, ai devoti, ai monaci - precise caratteristiche dei
luoghi. Non mancavano localit, come lalpe del Belvedere
32
, il cui topo-
nimo, dal chiaro significato, rinvia alle emozioni estetiche suscitate dalla
vista del paesaggio circostante.
222 RINALDO COMBA
26
Come nota seguente.
27
Lettres des premiers Chartreux, Paris 1962 (Sources Chrtiennes, 88), p. 68 (p. 31
per la datazione), cit. nella traduzione di P. De Leo (Certosini e cistercensi nel Regno di
Sicilia, Soveria Mannelli 1993, p. 29).
28
Guigues I
er
prieur de Chartreuse, Coutumes de Chartreuse cit., p. 248 cap. 42.2.
Cfr. Dubois, Linstitution des convers cit., pp. 217, 239, 255; Beccaria, Scelte di perfezione
cit., p. 164.
29
B. Caranti, La certosa di Pesio. Storia illustrata e documentata, I, Torino 1900, p.
3, doc. 1dellanno 1173: alpes scilicet Vacherii et Serpenterii et pratum Brunum. In
attestazioni successive tali toponimi subiscono una metamorfosi: p. 110, doc. 106 del
13 febbraio 1320 dove si citano le alpes Serpenterie, Vacarilis et prati Bruni. Inoltre:
p. 111-112, doc. 107 del 25 maggio 1327: invenit ipsos cum una paria ovium et ca-
prarum in alpe Cloti ursi; fecerunt dampnum cum magna quantitate ovium et ca-
prarum in alpe dicti monasterii ubi dicitur in Belvero, ad Clotum ursi.
30
Cartario della certosa di Losa e Monte Benedetto dal 1189 al 1252, a cura di M.
Bosco, Torino 1974 (BSS, 195), p. 38, doc. 11 del 29 maggio 1197; p. 43, doc. 17 del 2
giugno 1200;
31
Cfr. oltre, nota 33.
32
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, p. 112, doc. 108 dell8 novembre 1337: alpes
dicti monasterii, videlicet alpem Serpenterie et alpem Belvedere et Clotum ursi;
Dal punto di vista materiale, con riferimento soprattutto a boschi e al-
peggi intensamente sfruttati dalle certose, lo spazio vissuto di monaci e
conversi si confondeva, o tendeva a confondersi e a scontrarsi, con quello
degli abitanti del luogo che, tuttavia, pur cresciuti a sperare nella salvezza
eterna, non avevano potuto fare, per raggiungerla, drastiche scelte di ascesi
in povert volontaria, semplicemente perch poveri erano gi. I luoghi a cui
si fatto riferimento, ai contadini che da generazioni sudavano su quegli
stessi monti per ricavarne frutti non certo abbondanti, vissuti giorno dopo
giorno nel corso di una faticosa vita di lavoro e, quasi sempre, di stenti, di-
cevano altre cose, come facile inferire dalle numerosissime attestazioni in-
dirette di cui sono ricche le fonti. Parlavano soprattutto, in tempi di carestia
o di pressione demografica, di una fame insaziabile di terra da disboscare
e da mettere a coltura
33
, e in tempi normali, dellopportunit di farvi legna
e di portarvi animali al pascolo, oppure di alpeggi inclusi nei deserta con-
trollati dai monaci, su cui sarebbe stato tanto bello condurre destate le pro-
prie greggi a pascolare
34
, esattamente come, nelle Alpi Marittime non
lontano da Pesio, facevano per esempio i montanari di Ormea
35
. La loro
percezione delle valli in cui vivevano, profondamente influenzata da una
povert non voluta finiva cos per confliggere con le interpretazioni che di
quelle stesse aree davano i pauperes monaci delle domus certosine, il cui
eremitismo ascetico, ispirato da una scelta netta di povert volontaria
personale, era garantito da patrimoni immensi e dal lavoro gratuito di do-
nati e conversi.
Archivio di Stato di Torino (dora in poi ASTo), Sezioni riunite, II archiviazione, capo 17,
n. 200/V: sentenza arbitrale fra la certosa di Pesio e il comune di Chiusa del 13 settem-
bre 1428: le localit prediali di Pulcrum videre e di Clotum ursi vi sono considerate come
pertinenze dellalpe Serpentera. La sentenza edita, da un originale non ben conser-
vato, in P. Camilla, La vicenda de La Chiusa di Pesio sino allo stato moderno attraverso i
suoi documenti, Cuneo 1985 (Biblioteca della Societ per gli Studi Storici, Archeologici
e Artistici della Provincia di Cuneo, 22), pp. 265 sgg. doc. 3. Cfr. sopra, nota 29.
33
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, p. 107, del doc. 105 del 12 febbraio 1320: alcuni
contadini furono accusati di essere entrati in quoddam territorium Sancte Marie val-
lis Pisii ordinis Cartusiensis, ibi nemora combusissent et ligonizassent circa locum ubi
dicitur fons Malimaceli, situm ultra rivum et pontem Alme. Cfr. A. Rapetti, Homines,
monaci e boschi nelle terre della certosa di Pesio, in Allombra dei signori di Morozzo cit.,
pp. 271-285. Cfr. oltre, testo corrispondente a nota 128.
34
Cfr. sopra, nota 29, e oltre, testo corrispondente alla nota 128.
35
R. Comba, Sources et problmes de lhistoire de llevage dans les alpes pimontai-
ses (XII
e
XV
e
sicles), in Llevage et la vie pastorale dans les montagnes de lEurope au
moyen ge et lpoque moderne, Clermont-Ferrand 1984 (Publications de lInstitut
dtudes du Massif Central, XXVII), pp. 7-14 (a p. 9).; R. Comba, A. Dal Verme,
Allevamento, transumanza e commercio del bestiame nel Piemonte occidentale: secoli
XII-XV, in Greggi, mandrie e pastori nelle Alpi occidentali: secoli XII-XX, a cura di R.
Comba, A. Dal Verme, I. Naso, Cuneo Rocca de Baldi 1966 (Da Cuneo allEuropa,
6), pp. 13-31 (a p. 18).
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 223
I deserta certosini appaiono, in sintesi, come luoghi privilegiati dello
scontro di principi ideali e di interessi materiali. Lungi dallessere un vuoto
deserto, erano infatti percorsi in tutti i sensi da uomini in primis dagli
stessi eremiti e dai loro conversi ben attenti alla tutela di rivendicazioni
economiche e di diritti sulla propriet, oltre che, naturalmente, allo sfrut-
tamento delle fondamentali risorse boschive
36
.
2. La specificit dei deserta certosini come generatrice di conflittualit con
il mondo rurale alla fine del XII secolo
Come fu possibile tale cortocircuito? Seguiamo da vicino nascita e
primi sviluppi delle pi antiche certose italiane. Fu larea che circondava la
Chartreuse, di circa tre chilometri per cinque a unaltezza variabile fra i
720 e i 1400 metri, con la disposizione caratteristica degli insediamenti sta-
bili destinati alla vita eremitica la casa alta (superior) per i monaci e la
casa bassa (inferior) o correria per i conversi a costituire un modello
per le certose fondate nel XII secolo
37
. Nelle zone alpine, come da noi av-
venne per le certose di Ardua-Pesio, Casotto e Losa-Montebenedetto, tale
bipartizione insediativa fu presa a modello nonostante che i singoli edifici
si componessero a quanto pare secondo combinazioni diverse
38
. Entro certi
limiti fu cos possibile, da questo punto di vista, avere come altrove
dexactes rpliques de la Grande Chartreuse en choisissant pour dsert
une valle en cul de sac
39
.
A dire la verit, i vari deserta in cui i seguaci di Bruno di Colonia cer-
carono di vivere la loro esperienza anacoretica, sui monti delle Alpi, del
Frusinate e della Calabria
40
, non sempre erano propriamente disabitati e in-
colti, come del resto stato osservato da tempo anche a proposito della
Grande Chartreuse
41
e ci poteva creare occasioni di conflitto con le co-
munit rurali. Fra i patrimoni delle certose piemontesi soltanto quello di
Pesio nei primi anni del Duecento appariva plasmato in senzo propria-
mente certosino, mentre i beni fondiari di Casotto e di Montebenedetto,
pur connotati dalla presenza di nuclei abbastanza compatti di beni e di
grange nei dintorni dei rispettivi monasteria, risultavano pi simili nella
loro struttura a quelli dei monasteri cistercensi
42
.
224 RINALDO COMBA
36
Rapetti, Homines, monaci e boschi cit., p. 284.
37
Cfr. Guigues I
er
prieur de Chartreuse, Coutumes de Chartreuse cit., pp. 200 sgg.,
capp. 16, 17, p. 238, cap. 36, 4. Per la situazione anteriore: Comba, La prima irradiazione
certosina in Italia cit., pp. 19-20.
38
Cfr. Comba, La prima irradiazione certosina cit., p. 27, nota 92.
39
Dubois, Linstitutions des convers cit., p. 200.
40
Comba, La prima irradiazione certosina cit., pp. 10-11, 27-29.
41
Bligny, Lglise et les ordres religieux cit., p. 262.
Alla fine del XII secolo lespansione fondiaria delle certose si caratte-
rizz talora per una politica di acquisti effettuati sia in pianura, sia entro i
confini dei singoli deserta, come richiesto dalla proibizione di acquisire
terreni allesterno, anche per evitare che sugli incolti che vi si trovavano
gravassero diritti duso o di pascolo. Tale espansione, tuttavia, per quanto
effettuata talora con cautela, non imped che, contrariamente a quanto ipo-
tizzato da Bernard Bligny
43
, i certosini entrassero presto in conflitto con le
comunit rurali.
Gli eremiti della Losa, nella alta valle della Dora Riparia, ebbero per
esempio, da subito, un rapporto conflittuale con i contadini che da tempo
abitavano, possedevano beni fondiari e sfruttavano le montagne che il
conte Tommaso I di Savoia aveva loro donato nel 1189 e nel 1191
44
. Non a
caso: la percezione che essi ebbero dellarea in cui avrebbero dovuto vivere
la loro esperienza ascetica fu del tutto negativa perch la situazione che la
caratterizzava era molto lontana dallidea che i monaci avevano del deser-
tum e della solitudo indispensabili a praticarvi il loro modello di vita mo-
nastica. Nel 1197, asserendo di essere disturbati da un insopportabile
tumultum secularium hominum, essi richiesero un nuovo eremo al conte,
tramite linfluente converso Thierry della certosa di Sylve-Bnite nellIsre
(Terricius de Silva Benedicta), parente del Barbarossa
45
. Ne ottenennero la
valle Orseria e una montagna chiamata Mons Benedictus dalla sommit dei
monti fino ai campi di Menolzio, oltre a omne dominium et iusticias che
a Tommaso spettavano, eccezion fatta per i diritti dei contadini che vi ave-
vano coltivato delle terre
46
. tuttavia evidente che larea in cui questa
42
Comba, La prima irradiazione certosina cit., pp. 27-29. Per Pesio v. ora la puntuale
ricostruzione di G. Coccoluto, Il desertum della certosa di Santa Maria di Val di Pesio.
Realt o programma?, in Allombra dei signori di Morozzo cit., pp. 137-152.
43
Bligny, Lglise et les ordres religieux cit., p. 298.
44
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., pp. 29 sgg., docc. 1 e 2. Buon esame delle
cause e delle vicende del conflitto in L. Patria, I certosini a Orgevalle, in L. Patria, V.
Coletto, P. Nesta, Storia della parrocchia di Chiomonte, I, Dal Medioevo al trattato di
Utrecht (1713), Borgone di Susa 1998, pp. 15-20.
45
Su di lui: K. Grich, Ein Kartuser im Dienst Friedrich Barbarossas: Dietrich von
Sylve-Bnite (c. 1145 1205), Salzburg 1987 (Analecta Cartusiana, 53), soprattutto alle
pp. 24 sgg. e 111 sgg.; U. Gherner, La comunit certosina del XIII secolo, in Guida alla
Certosa di Monte Benedetto e al parco dellOrsiera-Rocciavr, Torino 1995, pp. 17-21 (a
p. 21); A. Mounier, Un Hohenstaufen la chartreuse de la Sylve Bnite, Grenoble 1923;
L. Delisle, Notes sur quelques manuscrits du baron Dauphin de Verna, Bibliothque de
lcole des Chartes, LVI, 1895, pp. 645-690 (alla p. 660). Ringrazio Luca Patria per la
segnalazione. Sulla certosa di Sylve-Bnite cfr. A. Gruys, Cartusiana: un instrument
heuristique, II, Maisons, Paris 1977, p. 366, con riferimento alla bibliografia ivi citata.
46
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., pp. 38-40, docc. 11 e 12 del 29 maggio
1197. In particolare questultimo documento ricorda che i monaci richiesero di avere
la valle Orseria e Monte Benedetto: desiderio arcioris solitudinis postulaverunt a me
Vallem Orseriam et Montem Benedictum a summitate rupium, sicut dividitur comita-
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 225
montagna si trovava, fra il colle dellOrsiera a sud e i dintorni di Menolzio
a nord, ha ben poco a che fare con il sito attuale della certosa omonima, sul
rivo della Buggia a sud-ovest di Villar Focchiardo, presso la quale, fra laltro,
non si trova alcun Monte Benedetto
47
. Con ogni probabilit il nome della
domus de Monte Benedicto, che compare gi nel febbraio 1198 in una
donazione fatta in manu fratris Terricii de Silva Benedicta
48
, costitu la
ripresa del toponimo preesistente in chiave programmatico-augurale per la
domus Montis Benedicti de Losa
49
nel quadro di una specifica seman-
tica dello spazio monastico medievale
50
.
Il nuovo desertum concesso da Tommaso di Savoia, tuttavia, pur por-
tando un nome ideale per una comunit di religiosi, ancora non soddisfa-
ceva i desideri degli eremiti, che ne cercarono un terzo. Esso fu trovato,
sempre attraverso il potente Thierry, grazie alla donazione allOrdine cer-
tosino della montanea sopra Villar Focchiardo da parte dei visconti di
Baratonia e altri consignori, avvenuta il 2 giugno 1200 alla presenza di un
numero significativo di testimoni di rilievo provenienti da altre case cer-
tosine
51
. Nellautunno dellanno 1200 il trasferimento era in corso: il 15 ot-
226 RINALDO COMBA
tus meus a Gratianopolitano comitatu et sicut rivus dividit montem de Mathicis et de
Menons usque ad campos de Menons usque ad rivum de Iacernis, deinde sicut de-
scendit ipse rivus a summitate rupium predictarum, deinde sicut dividit comitatum
meum a comitatu Gratianopolitano et per sectam ipsarum rupium.
47
Si noti che le attestazioni pi antiche della presenza certosina in quellarea non
fanno riferimento ai monaci di Monte Benedetto, ma accennano pi semplicemente
agli heremitibus de montanea supre Villarium Fulchardum (Cartario di Losa e
Monte Benedetto cit., pp. 46-47, docc. 21 e 22 del 15 ottobre e 26 novembre 1200). Ecco,
lattuale Montebenedetto ancora semplicemente la montanea Villarii Fulchardi. Cfr.
L. Patria, In curia domini comitis. Conflitti giurisdizionali fra laici e monaci nella val
di Susa sabauda, relazione tuttora inedita al convegno Certose di montagna, certose di
pianura. Contesti territoriali e sviluppo monastico, svoltosi a Villar Focchiardo Susa
Avigliana Collegno dal 13 al 16 luglio 2000, i cui atti sono stati pubblicati a Susa nel
2002 per le cure di Silvio Chiaberto. Devo molte informazioni alla squisita cortesia di
Luca Patria, che ha discusso con me tutta la questione qui sviluppata.
48
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., p. 40, doc. 13 del febbraio 1198.
49
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., p. 41, doc. 14 del luglio 1198.
50
Di tale semantica Terricius de Silva Benedicta era egli stesso evidentemente
portatore, ma cfr., con riferimento allanno 1208, la menzione di una domina
Raimunda priorissa Vallis Benedicte quasi certamente coincidente con la priora del
non lontano monastero cistercense di Brione in Val della Torre: Cartario di Losa e
Monte Benedetto cit., pp. 148 sgg., doc. 119 del 16 aprile 1226. Cfr. A. DHaenens,
Quotidiennet et contexte. Pour un modle dinterprtation de la ralit monastique m-
divale (XI
e
XII
e
sicles), in Istituzioni monastiche e istituzioni canonicali in Occidente,
Milano 1980 (Atti della settima settimana internazionale di studio: Mendola, 28 ago-
sto-3 settembre 1977), pp. 567-598, trad. it. in Monachesimo e ordini religiosi del me-
dioevo subalpino. Bibliografia degli studi: 1945-1984, a cura del Centro ricerche e studi
storici, Torino 1985, pp. 17-56.
51
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., pp. 42 sgg., doc. 17 del 2 giugno 1200:
Enrico visconte di Baratonia, Palmerio di Reano e Bosone Carbonello fanno dona-
tobre una donazione di terre in Comboira, rogata nella chiesa della Losa
alla presenza di cinque monaci e sei conversi
52
, fu infatti destinata a Dio,
alla Chartreuse et servientibus de montanea Villarii Fulcardi. La sua con-
ferma, avvenuta il 26 novembre in questultimo villaggio nelle mani del
priore Guido, fu indirizzata allOrdine, alla domus della Losa e agli eremiti
che vi servivano
53
; poco dopo, una vendita nelle mani dello stesso priore,
fu infine destinata ordini de Cardusca et domui de Monte Benedicto et
heremittibus super montaneam Villarii Fulchardi
54
. Il 4 giugno dellanno
seguente una vendita di terre ebbe ormai come riferimento il priore de
Monte Benedicto supra Vilarium Fulchardum
55
. Il trasferimento di mo-
naci e conversi era quindi stato completato, come si legge anche in una
conferma delle concessioni precedenti fatta di Tommaso I di Savoia che
accenna pure ai nuovi termini della domus certosina
56
: termini che per noi,
oggi, appaiono di ardua identificazione.
Nella nuova sede di Montebenedetto, tuttavia, lo sforzo dei monaci di
crearvi un eremo abitato e sfruttato soltanto dai certosini e non frequen-
zione, fra le altre cose, a Dio, alla Madonna e allOrdine certosino de montanea una
que iacet supra Vilarium Foscardum, de fossato de Salbasino in sursum sicut aqua
pendet intus usque al Bec de Rocha Male Noctis in sursum. Limportanza attribuita
dai certosini allatto risulta chiaramente dal numero, dalla qualit e dalla provenienza
dei testimoni appartenenti allOrdine, che si aggiungono a una dozzina di religiosi e
personaggi locali: dalla domus di Pomiers nellAlta Savoia il priore Ugo del Bosco e il
converso Aimone, da quella di Reposoir nella stessa regione il priore Amblardo, da
quella della valle Pesio Bernardo. Conferme della donazione da parte dellabate di
San Giusto di Susa e del conte Tommaso I di Savoia nello stesso Cartario, pp. 44 sgg.,
docc. 18 e 19, rispettivamente del 10 e 18 giugno 1200. Sulle domus certosine men-
zionate nel documento cfr. Gruys, Cartusiana cit., II, pp. 342-343 (Pomiers), p. 349
(Reposoir). La conferma del conte indirizzata alla domus de Losa. Sui visconti di
Baratonia: A. Tarpino, Tradizione pubblica e radicamento signorile nello sviluppo fa-
miliare dei visconti di Baratonia (secoli XI-XIII), Bollettino storico-bibliografico sub-
alpino, LXXIX, 1981, pp. 5-65 (alle pp. 53-55) e, con riferimento specifico a Villar
Focchiardo, G. Chiarle, I visconti di Baratonia e di Villar Focchiardo, Segusium, 38,
1999, pp. 35-82; cfr. Id., La certosa e il villaggio: uomini, ambienti, luoghi nei primi
anni di Monte Benedetto, in Certose di montagna, certose di pianura cit., pp. 27-37
(alle pp. 32 sgg.).
52
Cfr. M. Bosco, La Certosa di Monte Benedetto dalle origini al declino, in Guida alla
Certosa di Monte Benedetto cit., pp. 27-47 (a p. 38), ma si trattava soltanto di una parte
della comunit certosina: il resto, difficile da quantificare, gi si trovava presso Villar
Focchiardo, in quella che divenne presto la domus di Montebenedetto.
53
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., p. 47, doc. 22.
54
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., p. 48, doc. 23 del 27 novembre 1200.
55
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., p. 49, doc. 24 del 4 giugno 1201.
56
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., p. 57, doc. 33 del 28 dicembre 1202: fir-
mavit quod dederat domui de Losa, videlicet quidquid habebat infra terminos loci,
culta et inculta, nunc manentibus religiosis in loco qui dicitur Mons Benedictus, et
quidquid infra terminos possent acquirere.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 227
tato dai montanari dei dintorni
57
ebbe un successo soltanto parziale per la
compresenza di non chiarissimi diritti duso sui comunia a cui accenna la
gi menzionata donazione dei Baratonia del 2 giugno 1200, che sappiamo
confermata pro iussu dominorum da tutti i boni homines de Vilario
Fulchardo
58
.
Rapporti conflittuali con gli abitanti del luogo ebbe pure sin dagli inizi
la certosa di Pesio, sorta nel 1173 nelle Alpi Marittime
59
, la cui vita mate-
riale fu garantita da una cospicua dotazione fondiaria pro alodio, effettuata
cum omni populo Cluse nelle mani del priore Ulrico dellordine certo-
sino, da un potente consortile di famiglie signorili, che si definivano com-
plessivamente domini de Morocio
60
. A redigerne latto per loro ordine fu
Giordano, giudice e notaio del Sacro Palazzo. Ne erano oggetto vasti beni
fondiari situati in montanis ville que dicitur Clusa nel tratto meridionale
della valle del Pesio, al di qua e al di l del fiume, fra i rivi Alma (ora
Paglietta) e Corverio e la sommit delle Alpi, con specifico riferimento a
due alpeggi (le gi menzionate alpes Vacherii et Serpenterii) e al gi citato
prato Bruno
61
.
Poich tale donazione alla base delle tensioni e degli scontri che, per
pi secoli, avrebbero caratterizzato i rapporti fra la certosa e gli homines
della Chiusa
62
, bene approfondirne per un attimo il significato, su cui pe-
raltro spesso ritornata la riflessione degli storici.
importante innanzitutto accertare lassenza dalla donazione stessa di
riferimenti a beni fondiari situati nellalta valle e non appartenenti ai domini
de Morocio o alla certosa stessa. Stefano Crivolo, un monaco, poi diventato
priore, che nel Quattrocento scrisse una Chronica bonorum immobilium
della certosa, lo esclude categoricamente
63
, ma smentito da certa docu-
228 RINALDO COMBA
57
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., pp. 76 sgg., doc. 48 e 49 dellagosto 1206.
Cfr. Chiarle, La certosa e il villaggio cit., p. 29.
58
Cartario di Losa e Monte Benedetto cit., p. 43, doc. 17: de via Male Noctis usque
ad Salbasinum est comunis sine facere exartum ac pratum et tota alia res vicine possunt
facere et tota paschua vicine de castaneretus in sursum; et de rivo Male Noctis in illuc
possunt facere folia, salvis beolis et salvis magnis arboribus incidere usque ad Claret.
Cfr. L. Patria, Le grange, in Guida alla Certosa di Monte Benedetto cit., pp. 30-35 (alle
pp. 34-35); Chiarle, La certosa e il villaggio cit., pp. 29-30.
59
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, p. 3, doc. 1.
60
P. Guglielmotti, I signori di Morozzo nei secoli X-XIV: un percorso politico del
Piemonte meridionale, Torino 1990.
61
Cfr. sopra, testo corrisp. alla nota 29.
62
Gi nel 1181 un documento ne ipotizz leventuale distruzione, evidentemente
da parte della comunit rurale del luogo: Cartario della certosa di Casotto (1172-1326),
a cura di G. Barelli, Torino 1957, p. 3, doc. 3. Cfr. Comba, La prima irradiazione certo-
sina cit., p. 24.
63
Chronica Stephani de Crivolo prioris Cartusie, anno MCCCCXXXC, in Caranti,
La certosa di Pesio cit., II, p. 10, dora in poi citata semplicemente come Crivolo,
Chronica. Su di essa: P. Guglielmotti, La costruzione della memoria di S. Maria di Pesio:
mentazione di fine XII secolo ancor oggi conservata riguardante terreni
che ai contadini del luogo spettavano allinterno dei limiti delleremo do-
nato dai signori di Morozzo con la carta di fondazione del 1173 e che ven-
nero ceduti alla certosa soltanto nel 1194
64
.
Con tale questione connessa quella del significato da dare al termine
allodio, usato dal giudice e notaio che stese latto per indicare beni, per lo
pi incolti o boscosi, situati in montanis ville que dicitur Clusa, dizione
che lascia agevolmente supporre una loro afferenza, almeno parziale, a beni
comuni di quel villaggio. Contesti analoghi, con riferimento allo sfrutta-
mento di aree forestali coeve nel Piemonte sud-occidentale, mostrano,
senza ombra di dubbio, che un bosco signorile considerato allodiale poteva
essere gravato da consuetudini duso riconosciute di fatto dai domini loci
alle popolazioni locali, mentre invece, per usufruire delle risorse forestali,
i forestieri pagavano un pignus. Lo dicono per esempio con grande chia-
rezza documenti relativi alla grande selva Bannale, situata nei dintorni del-
lattuale Bene Vagienna, e alla forse non meno estesa sylva Stapharda, a
nord di Saluzzo
65
. Il contesto cambia di poco anche qualora si voglia rite-
nere che con la dizione donacionem fecerunt supradicti domini meram et
liberam pro alodio il notaio abbia inteso riferirsi alla cessione della iuri-
sdictio sullarea offerta, cessione che dava indirettamente alla certosa anche
il diritto eminente sui comunia
66
.
La questione pi dibattuta in sede storiografica
67
, considerata la suc-
cessiva talora fortissima conflittualit fra le parti, concerne tuttavia la qua-
lit della partecipazione degli abitanti della Chiusa alla donazione. Alcuni
elementi del documento di fondazione inducono innanzitutto a ritenere
che, se davvero ci fu, il consenso degli abitanti del villaggio della Chiusa alla
donazione - appena accennato nel documento (cum omni populo Cluse)
- non dovette essere entusiastico, come sembra confermare la mancanza
vicende proprietarie e coscienza certosina nella Chronica quattrocentesca del priore
Stefano Crivolo, in Certose di montagna, certose di pianura cit., pp. 311-327.
64
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 8-9, doc. 8.
65
Il libro Verde della Chiesa dAsti, a cura di G. Assandria, vol. II, Pinerolo 1907,
p. 168, doc. 296; Documenti dellAbbazia di Santa Maria di Staffarda. Integrazione al
cartario, a cura di P. Merati, Cuneo 2007, p. 168, doc. 13. Sulla selva Bannale e sulla
sylva Stapharda cfr. rispettivamente R. Comba, Metamorfosi di un paesaggio rurale.
Uomini e luoghi del Piemonte sud-occidentale dal X al XVI secolo, Torino 1983, pp. 34-
36, 47-50; Id., In silva Stapharda. Disboscamenti, grange e borghi nuovi in un grande
complesso forestale (XI-XIV secolo), Rivista di storia dellagricoltura, in corso di
stampa.
66
Lucide considerazioni sul tema in Rao, Risorse collettive e tensioni giurisdizionali
cit., pp. 753-755. Cfr. P. Grossi, Il dominio e le cose. Percezioni medievali e moderne dei
diritti reali, Milano 1992, pp. 57-122.
67
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 51 sgg.; Camilla, La vicenda de La Chiusa
di Pesio cit., pp. XXXI sgg.; Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., pp. 227-229;
Comba, La prima irradiazione certosina cit., p. 24.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 229
di qualsiasi riferimento alleventuale pronunciamento in merito da parte di
istituzioni di tipo comunale (che quasi certamente ancora non cerano) o,
almeno, fra i testimoni e i garanti dellatto, a qualche personaggio influente
del luogo. Comunque siano andate le cose, al di l della presunta conti-
nuit giuridica dei diritti duso
68
, certo che per comprendere adeguata-
mente la conflittualit con la certosa, che rifletteva in chiave locale le forti
tensioni sulle terre di uso pubblico documentariamente ben percepite quasi
ovunque fra XII e XIII secolo, va fortemente sottolineata la nascita e
laffermazione della comunit rurale di Chiusa, la cui prima attestazione ri-
sale al 1209
69
.
Per altro verso lacutezza delle crisi che da tale conflittualit sarebbero
scaturite non pu essere compresa senza mettere in conto sia la percezione
netta che i certosini avevano della specificit ideale e tendenzialmente giu-
risdizionale del loro desertum che tendeva a essere presentato come un
territoriumin s compiuto, ma senza che i monaci vi esercitassero un pro-
prio potere di natura pubblica
70
, sia la loro sistematica messa in opera di
azioni indirizzate a difendere i propri interessi materiali
71
e a corroborare
le proprie pretese giurisdizionali, come lacquisto sistematico dei terreni
che ancora loro sfuggivano allinterno delleremo
72
, listituzione di un pro-
pro corpo di polizia campestre
73
, lattenzione alla delimitazione dei con-
fini, via via ampliati, del proprio eremo
74
.
3. Una forte conflittualit: i certosini di Trisulti e gli homines di Collepardo
nel Duecento
Sicuramente superiore a quella che segn la vita delle altre certose ita-
liane fu la conflittualit con le comunit rurali dei dintorni e soprattutto
con quella di Collepardo, sul cui territorio era insediata, che caratterizz da
subito e per tutto il XIII secolo la storia della certosa di Trisulti, situata a
230 RINALDO COMBA
68
Rao, Risorse collettive e tensioni giurisdizionali cit. pp. 753 sgg.
69
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, p. 17, doc. 19 del 18 ottobre 1209; Camilla, La
vicenda de La Chiusa di Pesio cit., pp. XXXI, LXIV e 221, doc. 2, p. 221.
70
Chiarle, La certosa e il villaggio cit., p. 29.
71
Rapetti, Homines, monaci e boschi cit., p. 84.
72
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 8-9, doc. 8 del 1194. Cfr. sopra, testo cor-
risp. alla nota 62.
73
Chiarle, La certosa e il villaggio cit., p. 29; Biblioteca Reale di Torino, Cartulario
della certosa di Pesio, ms. sec. XIV, St. p. 777, doc. 101, del 5 maggio 1314; Atti del
Comune di Cuneo (1230-1382), a cura di T. Mangione, Cuneo 2006 (Fonti, 8), p. 59,
doc. 46 del 17 luglio 1319: Ardicio de Pononasco, familiaris et camparius monasterii
valis Pexii. Cfr. Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., p. 265.
74
Chiarle, La certosa e il villaggio cit., p. 29; Coccoluto, Il desertum della certosa
cit., pp. 137 sgg.; Comba, La prima irradiazione certosina cit., p. 28. Cfr. sopra, note 19,
55, 56 e testo corrispondente.
circa 800 metri sul livello del mare non lontano da Alatri, ai piedi del
Rotonaria, nei monti Ernici, in una zona da oltre due secoli connotata da
frequentazioni e presenze eremitiche sfociate verso la fine del X secolo nel-
lavventura cenobitica dellabbazia di San Bartolomeo
75
. La svolta in senso
certosino, quanto mai drastica, avvenne nei primissimi anni del XIII se-
colo (probabilmente nel 1204) per volere di papa Innocenzo III, che dot
il nuovo insediamento dei vasti beni che avevano costituito il patrimonio
del vecchio cenobio
76
, fra cui la selva dEici, attentamente studiata qualche
anno fa da Alfio Cortonesi
77
, su cui gravavano evidentemente antiche con-
suetudini duso maturate nel corso dei secoli XI e XII: da quando cio, nel
1004, alcuni nobiles viri di Collepardo, con il consenso degli habitatores del
luogo, avevano donato a Domenico di Sora, abate di San Bartolomeo, la
grande selva dEici cum terris sementariciis et cum silvis, vallibus et col-
libus et cum aqua viva et cum aquiolis ac cum omnibus ad eam pertinen-
tibus
78
.
Fu evidentemente la messa in discussione di tali consuetudini non fis-
sate per iscritto e concernenti il diritto di pascolo e di legnatico da parte dei
nuovi venuti, affezionati al rispetto del loro eremo, entro cui si trovava il
bosco, a scatenare la reazione immediata dei contadini delle comunit con-
finanti, che, si legge in una lettera papale del 30 giugno 1206, gi avevano
avuto modo di dimostrarsi non soltanto graves e molesti, ma anche vio-
lenti, con i certosini per quanto riguardava i diritti signorili e la gestione dei
beni e delle selve
79
. Si avvi cos un periodo semisecolare di accesa con-
flittualit tra le parti, che sfoci da subito in una lite giudiziaria, parzial-
mente svoltasi alla presenza di papa Innocenzo III, in cui i Collepardesi
non furono in grado di dimostrare con prove scritte quelli che ritenevano
essere i loro diritti acquisiti
80
. La sentenza, emanata da Onorio III soltanto
nel 1220, ribad ovviamente il diritto esclusivo dei Certosini sulla selva
81
.
75
Castelli, La certosa di Trisulti cit., pp. 5-10; A. Taglienti, Il monastero di Trisulti e
il castello di Collepardo. Storia e documenti, Roma 1984, pp. 19 sgg.
76
R. Comba, Il difficile inserimento sociale di una fondazione certosina di papa
Innocenzo III: note sulla certosa laziale di Trisulti nel XIII secolo, in Certosini e cistercensi
in Italia (secoli XII-XIV), a cura di R. Comba e G. G. Merlo, Cuneo 2000 (Storia e sto-
riografia, 26), pp. 185-189; Id., La prima irradiazione certosina cit., p. 32.
77
Cfr. sopra, nota 11.
78
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 88-91; Cortonesi, La silva contesa cit.,
p. 307.
79
Strnad, Zehn Urkunden cit., pp. 23-58, alle pp. 45-46, doc. 1 del 30 giugno 1206:
in multis graves extitistis et molesti super possessionibus ac silvis ipsius et iustitiis aliis
violentiam exercentes. Sechi, La certosa di Trisulti cit., pp. 77 e 143, doc. 1.
80
Strnad, Zehn Urkunden cit., pp. 46-47, doc. 2 del 5 novembre 1208. Cfr. Sechi, La
certosa di Trisulti cit., pp. 143-144, doc. 2.
81
P. Pressutti, Regesta Honorii papae III, I, Roma 1888, p. 446, reg. 2691 del 10 set-
tembre 1220. Cfr. Sechi, La certosa di Trisulti cit., pp. 886 e 164, doc. 24.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 231
Il peggioramento dei rapporti evidenziato da una serie ripetuta di mole-
stationes, che si concretizzavano soprattutto in illeciti tagli di piante e in
ripetute azioni di pascolo abusivo, intervallate da iniurie e violenze che ac-
cendevano ulteriormente gli animi
82
, tanto che nel marzo 1220 un docu-
mento accenna a pericolose murmuraciones dei Collepardesi che
lamentavano di aver perso omne solatium pascuorum et lignorum
83
. In
una informativa di papa Onorio III al cardinale diacono di SantAngelo,
Romano Bonaventura, rettore di Campagna e Marittima, spedita da
Civitavecchia il 10 settembre 1220, latteggiamento dei Collepardesi, che
presumevano di contravvenire alla sentenza di Innocenzo III, era invece
qualificato senza mezzi termini come insolente rebellio, che doveva essere
assolutamente repressa
84
.
Il conflitto tocc il culmine alla met del secolo. A riacutizzarlo
85
fa-
cendo scoppiare una nuova rivolta fu molto probabilmente la palese in-
tenzione del vicario di Campagna e Marittima di mettere in pratica una
disposizione, rimasta fino a quel momento inapplicata, del defunto rettore
di quella circoscrizione amministrativa pontificia, che prevedeva di far pa-
gare un pegno di 10 soldi a ciascuno degli abitanti che pascesse animali o
tagliasse legna nella selva dEici
86
. Gli homines di Collepardo, si legge in
una lettera di papa Innocenzo IV scritta il 25 marzo 1250, monasterium
ipsum hostiliter invadentes et quosdam monachos et conversos eiusdem
turpiter pertractantes, cellam ipsius prioris frangere ac libros et alia bona
ibidem inventa, cum quibusdam animalibus eorum in predam adducere
232 RINALDO COMBA
82
Strnad, Zehn Urkunden cit., pp. 47-48, doc. 3 del 5 dicembre 1208; pp. 53-54, doc.
7 del 5 ottobre 1211;. Pressutti, Regesta Honorii papae III cit., I, p. 212, reg. 1286 del 5
maggio 1218; p. 329, reg. 1993 del 2 aprile 1219; p. 390, reg. 2350 del 6 marzo 1220.
Cfr. Sechi, La certosa di Trisulti cit., pp. 78 e 144-145, doc. 3; pp. 80 e 150, doc. 7; pp.
86-87, docc. 20, 21, 13.
83
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 449, doc. 10 del 20 marzo 1220.
84
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 463-464, doc. 20 del 10 settembre 1221:
procedas ... ad reprimendam eorum insolentiam, qui contra sententiam ipsam venire
presumpserunt, spiritualiter et temporaliter, prout expedire videris et rebellio eorundem
exegerit, appellatione postposita, processurus. Sul cardinale Romano Bonaventura: C.
Eubel, Hierarchia catholica Medii aevi sive summorum pontificum, s. r. e. cardinalium ec-
clesiarum antistitum series ab anno 1198 usque ad annum 1431 perducta e documentis
tabularii praesertim Vaticani collecta, I, Monasterii 1898, p. 47.
85
Il conflitto non si era in realt mai sopito del tutto. Poco prima della met del se-
colo i documenti accennano per esempio al taglio di una vigna della certosa effettuato
da ignoti: Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 471, doc. 27 del 2 marzo 1247.
86
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 472, doc. 29 del 22 marzo 1250: lettera del
vicario di Campania e Marittima Angelo Capoccia al balivo di Collepardo, per richia-
marlo allosservanza di un precedente ordine emanato dal fu cardinal Riccardo, rettore
di Campania e Marittima, di esigere un pignus di dieci soldi da tutti gli abitanti del
luogo qui pascunt animalia vel ligna incidunt in silva Eiici. Il balivo accusato di non
aver fatto rispettare lordine: ut intelleximus, facere non curasti.
nequiter presumpserunt. Inoltre, non contenti di ci, dopo aver ucciso le
api dei monaci e devastato le case, ruppero una loro gualchiera (balcato-
rium) e quamdam vineam ac nemus ipsorum loci eiusdem ausu temera-
rio destruxerunt
87
. Il risultato fu che, mentre le molestie e i danni alla
certosa subivano un incremento, lamministrazione pontificia, sollecitata
dalle reiterate querimonie dei monaci che richiedevano aiuto, si mise al la-
voro, provoc interventi in loro favore a tutti i livelli, spiritualiter e tempo-
raliter, e invest della questione i vescovi di Alatri e di Anagni, il rettore e
il vicario di Campagna e Marittima, il podest e il comune di Alatri, le co-
munit rurali di Vico e Collepardo il balivo di questultima. Infine, a ri-
chiesta dei certosini, papa Innocenzo IV viet ai Collepardesi la facolt di
deporre come testimoni in giudizio nelle cause vertenti contro la certosa
88
.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non potendo documentare per
instrumenta
89
quelli che ritenevano i loro diritti basati sulla tradizione,
privati della facolt di testimoniare nelle cause contro la certosa, nei primi
mesi del 1252 alcuni Collepardesi iniquitatis filii qui gerunt in vacuum
nomen Domini, per dirla con il linguaggio della querela presentata al papa
dal priore e dai monaci di Trisulti, si recarono presso certi possedimenti
della certosa, ne devastarono frutti ed alberi, distrussero macerias quibus
eedem possessiones cingebantur e fecero altri imprecisati danni
90
. Inoltre,
come se ci non bastasse, qualche mese dopo quidam homines castri
Collepardi, forse gli stessi, comunque non identificati nella documenta-
zione sopravvissuta, avrebbero a detta dei monaci illecitamente giurato di
distruggere la certosa (se ad invicem colligantes de ipso monasterio de-
struendo iuramentum illicitum prestiterunt)
91
, ricevendone conseguen-
temente minaccia di scomunica
92
.
La sentenza su tali avvenimenti, emanata da Stefano de Normandis,
cardinale prete di Santa Maria in Trastevere
93
, e confermata da papa
Innocenzo IV il 16 marzo 1254, riprese i contenuti di quella precedente di
Onorio III, imponendo perpetuo silenzio ai Collepardesi sulla selva
87
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 473, doc. 30 del 25 marzo 1250.
88
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 485-486, doc. 45 del 12 dicembre 1251:
auctoritate presentium districtius inhibemus ne homines de Collepardo contra vos et
monasterium vestrum super causis et controversiis, que hinc inde vertuntur, ad per-
hibendum testimonium admittantur. Cfr. Sechi, La certosa di Trisulti cit., p. 100,
doc. 50.
89
Cfr. Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 475, doc. 44 del 17 luglio 1251, let-
tera di Innocenzo IV agli homines di Collepardo: per instrumenta eadem non apparuit
vos habere in silva eadem aliquam rationem.
90
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 487, doc. 47 del 23 maggio 1252.
91
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 488, doc. 48 del 19 luglio 1252.
92
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 488-489, doc. 49 del 10 agosto 1252.
93
Cfr. Eubel, Hierarchia catholica Medii aevi cit., I, p. 43.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 233
dEici, ma al contempo mostr palesemente di non voler infierire sui ri-
voltosi, sia glissando sulla colligatio giurata, che non fu possibile o non con-
venne dimostrare, sia assolvendoli dalle ingiurie e dal pagamento dei danni
che, con ogni evidenza, i monaci non richiesero
94
. chiaro che, per quanto
i partecipanti alla rivolta non fossero stati identificati personalmente, il
punto di riferimento di ogni reazione allingombrante presenza patrimo-
niale della certosa di Trisulti e ai diritti che essa rivendicava era la comu-
nit rurale di Collepardo
95
.
Irritati per la conclusione negativa della causa, i rivoltosi avrebbero mi-
nacciato immediatamente di monasterium ipsum offendere graviter et
etiam personas existentes ibidem
96
, ma la sorveglianza della burocrazia
pontificia e le pressioni papali sul comune urbano di Alatri destinate a fre-
nare la loro insolentia
97
, forse non disgiunte dalla moderazione mostrata
nella sentenza citata, sembrano aver avuto ragione, infine, del loro scon-
tento: sedici anni dopo, la sentenza proferita dal cardinale Stefano de
Normandis fu infatti ratificata da un sindicus delluniversitas hominum di
Collepardo il 14 agosto 1280
98
.
A urtarsi con i monaci non furono soltanto i Collepardesi. Nel 1255 gli
abitanti di Vico rivendicarono non soltanto diritti duso sulla foresta, ma
anche vaste estensioni di arativo (giratae) coltivate ad vicendam, cio a ro-
tazione, che i certosini avevano conquistato con il disboscamento e il dis-
sodamento
99
. La tensione doveva essere alta ancora una decina di anni
dopo, se, ausu temerario, si legge in una lettera papale, gli homines castri
Vici emanarono uno statuto che vietava agli abitanti del luogo di andare a
macinare ai mulini dei monaci, di lavorare per loro gratis o a pagamento,
di far legati testamentari a favore della certosa e delle chiese esterne al ca-
strumdi Vico
100
.
234 RINALDO COMBA
94
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 493-496, doc. 55 del 16 marzo 1254 (a
p. 496): quia de damnis et iniuriis priori et conventui predictis illatis nobis non con-
stitit scrisse il giudice ipsos Collepardenses, et eorum procuratorem pro eis, a dic-
tis damnis et iniuriis duximus absolvendos.
95
Sul ruolo delle comunit rurali nelle rivolte contadine: Comba, Rivolte e ribel-
lioni cit., pp. 681-685. Cfr. oltre, testo corrispondente alla nota 117.
96
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 497-498, docc. 56 e 57 del 27 marzo
1254.
97
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 497 sgg., docc. 56 e 57 del 27 marzo
1254 e 58 del 4 gennaio 1255. Sugli interventi papali in favore della certosa cfr.
Cortonesi, La silva contesa cit., pp. 308 sgg.
98
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 501 sgg., doc. 61 del 14 agosto 1280.
99
P. Toubert, Les structures du Latium mdival. Le Latium mridional et la Sabine
du IX
e
sicle la fin du XII
e
sicle, Rome 1973, vol. I, pp. 250 sgg.
100
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., p. 499, doc. 59 del 31 marzo 1264.
4. La certosa di Pesio e gli homines Cluse nel XIII secolo: dal contenimento
delle tensioni alla rivolta
Diversamente da quanto avvenne per la certosa di Trisulti, nel primo
terzo del XIII secolo i rapporti fra i monaci e gli abitanti di Chiusa Pesio,
resi stabili dallo strapotere dei signori di Morozzo in loco, furono impron-
tati a una grande cautela, che si tradusse in unassenza pressoch totale di
transazioni fondiarie
101
. Tale cautela, appalesando lo sforzo di non turbare
lequilibrio assai precario su cui dalla fine del XII secolo si reggeva la con-
vivenza fra la comunit rurale e quella certosina, lascia trasparire una si-
tuazione di conflittualit latente, sia pure attutita dalle occasioni di lavoro
offerte ai rustici e dallemigrazione nel borgo nuovo di Cuneo di una parte
dei Chiusani. Le tensioni non nascevano pi prevalentemente dallinglo-
bamento nei limites delleremo di una parte dei possessi dei rustici del
luogo, ma dal fatto che il desertum della certosa, ormai consolidato ed
esteso sino ai confini con Briga e Tenda, era in gran parte costituito da bo-
schi, alpeggi, pascoli, corsi dacqua su cui gravavano antichi diritti duso,
anteriori alla donazione del 1173, pur avvenuta in accordo cum omni po-
pulo Cluse, che potevano essere rivendicati in qualsiasi momento
102
.
Negli anni Quaranta del XIII secolo, ridotti a un ruolo marginale i
Morozzo e altri signori da una alleanza di comuni del Piemonte sud-occi-
dentale
103
, la conflittualit fra gli homines della Chiusa e i certosini ri-
emerse, divenne esplicita, coinvolse inizialmente le due comunit di Briga
e Tenda e costrinse i monaci - pi volte danneggiati nei propri beni e ormai
di fatto privi dellimportante sostegno dei signori di Morozzo, fondatori
della certosa - a cercare appoggi di rilievo: nei marchesi di Ceva, nei vescovi
di Ventimiglia, nella Sede apostolica, nellImpero
104
. Assai pi significative
101
Comba, La prima irradiazione certosina cit., p. 31; P. Guglielmotti, Gli esordi
della certosa di Pesio (1173-1250): un modello di attivit monastica medievale,
Bollettino storico-bibliografico subalpino, LXXXIV, 1986, pp. 5-44 (alle pp. 14 sgg.).
102
Comba, La prima irradiazione certosina cit., p. 31.
103
P. Camilla, Cuneo 1198-1380, Cuneo 1970, p. 33. A partire dagli anni Quaranta
del XIII secolo infatti, i Morozzo furono marginalizzati politicamente e militarmente
dalla prepotente avanzata dei nuovi comuni di Cuneo e di Mondov in quella che era
stata la loro area di riferimento: Guglielmotti, I signori di Morozzo nei secoli X-XIVcit.,
pp. 199-202, 231.
104
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 66 sgg., doc. 67 dell11 novembre 1243,
salvaguardia dei marchesi di Ceva (quod non facerent nec dimicterent predicte domui
vallis Pisii facere nullum malum quod possent defendere); doc. 70 degli anni 1245-
1251, salvaguardia di Giacomo vescovo di Ventimiglia (si ad res illorum aufferendas
iniqui viri manus extenderint et dederint bona eorum in direptionem et predam...); pp.
69-70, doc. 71 del 17 marzo 1246, facolt accordata allabate di Susa da parte di papa
Innocenzo IV di scomunicare coloro che turbano la pace e violano i possessi dei cer-
tosini di Pesio; pp. 70-71, doc. 72 del giugno 1247 con cui limperatore Federico II ri-
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 235
furono per le violazioni dei confini del desertume gli scatti di rivolta, acu-
tizzati dalla fame di terre derivante dalla pressione demografica
105
, che dal
1260 opposero in forma intermittente la certosa agli uomini della Chiusa
interessati a far valere quelli che ritenevano i diritti collettivi di pascolo e
di legnatico, oltre che, probabilmente, di pesca nelle acque del Pesio.
Particolarmente importante, in un crescendo di tensioni non smor-
zate dalla conferma (nel settembre 1260) da parte dei domini di Morozzo
della donazione dellalta valle Pesio risalente al 1173
106
, fu la rivolta degli
homines di Chiusa contro i monaci avvenuta negli ultimi mesi del 60.
Come cani, con rabbia e furore, si legge nella cronaca quattrocentesca del
priore Stefano Crivolo
107
, essi assaltarono la certosa. Informazioni pi pre-
cise sono fornite da un documento del 30 gennaio 1261 con cui luniversitas
e gli homines della Chiusa si dichiararono responsabili di molte violenze e
promisero di accettare in merito la sentenza arbitrale del priore della cer-
tosa, Aimone: promiserunt stare in arbitrio et dicto et in misericordia et
in voluntate dicti domini Aymonis, prioris predicte domus, de omnibus
predictis damnis et iniuriis. In particolare, per quanto riguarda il tumulto,
riconobbero se male fecisse et offendisse in pluribus domum vallis Pesii in
iniuriis plurimis, in furtis, in rapinis, in percussione fratrum eiusdem
domus, in frangendo ostia et cellas predicte domus, in pascendo alpes et
prata predicte [domus] et in incidendo nemora et in multis aliis dampnis
et iniuriis...
108
. Da parte sua, continua il documento, il priore Aimone ri-
mise ai Chiusani omne damnum et iniuriam que predicte domui univer-
saliter et singulariter fecissent, li assolse sicut potuit e promise di far
revocare la scomunica inflitta in seguito alla sommossa dal vescovo di Asti.
Il documento stato analizzato da Paola Guglielmotti, la quale ha os-
servato opportunamente che, se lammissione e la promessa di riparare i
danni sono collettive, quelle azioni che rivelano una vera e propria ri-
bellione e uno sfruttamento non episodico dellalta valle, quasi a ripristi-
nare una consuetudine sono per attribuite in particolare a otto uomini
nominativamente citati, pi imprecisati multi alii e nessuno degli appar-
tenenti alla circoscritta frangia dei sostenitori del monastero compare in-
236 RINALDO COMBA
ceve la certosa sotto la sua protezione; P. Guglielmotti, Due bolle papali inedite (1246 e
1253) dal cartario della Certosa di Pesio, Bollettino storico-bibliografico subalpino,
LXXXVI, 1988, pp. 636-648.
105
Per un inquadramento generale delle dinamiche demografiche in area alpina
cfr. R. Comba, Forme e dinamiche dellinsediamento montano: le vallate tra il Colla e il
Casotto dallXI al XIII secolo, in Montaldo di Mondov. Un insediamento protostorico. Un
castello, a cura di E. Micheletto, M. Venturino Gambari, Roma 1991, pp. 35-45. Cfr.
oltre, nota 125.
106
Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., p. 247.
107
Crivolo, Chronica cit., II, p. 24; Guglielmotti, La costruzione della memoria di S.
Maria di Pesio cit., p. 320.
108
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 83-84, doc. 67.
vece tra i maggiori responsabili delle violenze. In altre parole: il conflitto
finisce per dirompere perch nel comune prevalgono gruppi opposti a
quelli che in precedenza hanno sostenuto la certosa
109
.
Meno condivisibile, dopo il richiamo alla novit rappresentata local-
mente dal governo angioino (presente a Cuneo dallestate 1259), la valu-
tazione eccessivamente positiva della capacit di questultimo di imporsi
quale potere forte, che pretende di intervenire a tutto campo riducendo
probabilmente i margini di informalit delle relazioni locali
110
. A ben
guardare, infatti, come si accennato, la composizione del conflitto non
avviene, come nel caso di liti di minore importanza, attraverso una sen-
tenza emanata da un giudice cuneese pro domino comite Provincie
111
,
ma attraverso un accordo privato tra le parti presentato come arbitrato del
priore della certosa su quanto accaduto. Laccordo stipulato nella chiesa
di SantAntonino di Chiusa da tutta luniversitas del luogo (in particolare
dai suoi sindici e dal suo sacerdos, il dominus Segnorinus), ed eviden-
temente promosso e garantito soprattutto da personaggi ecclesiasticamente
e religiosamente significativi, a livello locale, presenti allatto in qualit di
testimoni: frate Manfredo e frate Pietro dellordine dei Minori, un cui con-
vento documentato a Cuneo proprio da quegli anni
112
, ma che potrebbero
provenire anche da Mondov
113
, il gi menzionato sacerdos della chiesa in
cui rogato latto, dominus Segnoretus, e, per parte della certosa, frate
Pietro, converso. Lamministrazione regia presente allatto soltanto attra-
verso il suo rappresentante locale: Caminus, vicarius dicte universitatis
[Cluse]
114
. Il supposto potere forte di Carlo I dAngi, che di l a poco
emaner un ordine di non turbare i monaci nellesercizio del loro diritto di
109
Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., p. 247.
110
Atti del Comune di Cuneo cit., pp. 24 sgg., docc. 12-16 degli anni 1260-1267;
Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., p. 246. Sulla dominazione angioina
nellItalia nord-occidentale: Gli Angi nellItalia nord-occidentale (1259-1382), a cura
di R. Comba, Milano 2006.
111
Cfr. Caranti, La certosa di Pesio cit., I, p. 80, doc. 80 del 4 marzo 1260; p. 85, doc.
84 del 22 settembre 1261.
112
Cfr. R. Comba, I francescani a Cuneo nel Tre e Quattrocento: fra momenti di crisi,
processi di disciplinamento e aspirazioni di riforma, in Angelo Carletti tra storia e devo-
zione, Mostra a Cuneo in S. Francesco nel V centenario della morte: 15 dicembre 1995
-31 gennaio 1996, Cuneo 1995, pp. 29-40 (a p. 29). Sulla prima diffusione dei Minori
in Piemonte: G. G. Merlo, La prima diffusione dei frati Minori in Piemonte, in Forme di
religiosit nellItalia occidentale dei secoli XII e XIII, Cuneo - Vercelli 1997, pp. 177-194.
113
Sulla presenza dei Minori a Mondov: R. Comba, Francescani e societ comu-
nale a Mondov: tracce di un rapporto, in Storia di Mondov e del Monregalese, II, Let
angioina (1260-1347), a cura di R. Comba, G. Griseri, G.M. Lombardi, Cuneo-Mondov
2002, pp. 177-192.
114
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 83-84, doc. 83 del 30 gennaio 1261.
115
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 88-89, doc. 87 del 1 marzo 1267.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 237
legnatico e di pascolo
115
, evidentemente ancora in via di consolidamento
ed significativo che, per risolvere i propri problemi con la comunit lo-
cale, la certosa abbia cercato la via di un accordo con la controparte, ac-
cordo appena velato nella forma dal riconoscimento del proprio priore
come arbitro, ma con ogni evidenza raggiunto grazie alla mediazione in-
fluente di due frati Minori. Del resto, anche in anni di poco successivi (fra
il 1267 e il 1268) di recrudescenza della conflittualit per le iniurie appor-
tate dalle universitates di Chiusa e di Briga super terris, possessionibus,
nemoribus, pasquis et rebus aliis i monaci sembrano preferire lappoggio
papale e della gerarchia ecclesiastica che giungono a scomunicare alcuni
consiglieri della Chiusa
116
.
Alla base della rivolta, come si vede, c anche qui, in ultima analisi, la
comunit rurale. Vengono cos confermate alcune conclusioni della sto-
riografia tedesca, ormai consolidate dalle ricerche sulle ribellioni conta-
dine nei territori imperiali: Ohne Gemeinde keine buerliche Rebellion,
non c rivolta senza la partecipazione della comunit rurale
117
. Unultima
constatazione. Il pascolo sulle alpi e i prati della certosa e il taglio di le-
gname dei suoi boschi a cui i documenti degli anni Sessanta del secolo XIII
si riferiscono significativo. Essi illuminano lobiettivo dei rivoltosi: il ri-
pristino, di fatto, di quelli che ritengono essere i loro antichi diritti duso su
alpeggi e aree forestali. Come spesso succedeva e come per un periodo
successivo stato accertato per le insurrezioni verificatesi in certi domini
dellImpero obiettivo della rivolta era la soppressione di uninnovazione:
nel caso specifico la cancellazione dei rivendicati tradizionali diritti duso
dei rustici sui beni comuni. In altre parole, per prendere a prestito un con-
vincente e ormai consolidato schema interpretativo della storiografia te-
desca pi attenta agli aspetti istituzionali, quella attuata dagli homines della
Chiusa nel 1260 sarebbe stata una rivolta per il vecchio diritto
118
, per ri-
stabilire cio nelluso delle risorse silvo-pastorali
119
il ruolo decisivo della
consuetudine e della tradizione.
238 RINALDO COMBA
116
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 90 sgg., doc. 89 del 4 dicembre 1267, doc.
90 del 3 gennaio 1268, doc. 91 del 17 gennaio 1268; Guglielmotti, I vicini di S. Maria di
Pesio cit., pp. 247-248.
117
Blickle, Studien zur geschichtlichen Bedeutung cit., p. 123; cfr. Id., Peasant Revolts
in the German Empire cit., p. 235.
118
G. Franz, Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1975 (prima edizione Mnchen
1933), pp. 1 sgg. Cfr. Blickle, Studien zur geschichtlichen Bedeutung cit., p. 112: S.
Lombardini, La guerra dei contadini in Germania: punti di arrivo e punti di partenza nel
dibattito storiografico recente, Archivio storico italiano, CXL, 1982, pp. 355-442 (a
p. 357); Neveux, Les revoltes paysannes cit., pp. 112 sgg.
5. Le certose italiane dalla fine del XIII alla met del XIV secolo: fra croni-
cizzazione e diversificazione dei rapporti conflittuali
Le informazioni disponibili per lultimo ventennio del Duecento e per
la prima met del Trecento sulla conflittualit fra certosini e comunit ru-
rali non evocano, in genere, momenti di scontro acuto paragonabili a quelli
delle sommosse che riguardarono le certose di Pesio e di Trisulti nel corso
del XIII secolo.
Esplicita continua a essere la documentazione concernente Santa Maria
di Pesio, che sembrerebbe evidenziare, come nel XV secolo gi aveva os-
servato il Crivolo, un quarantennio di relativa calma nei suoi rapporti con
la comunit della Chiusa
120
, che sappiamo passata nel 1276, dopo la fine
della dominazione angioina, dal distretto di Cuneo alla signoria dei
Bressano sotto il controllo del comune di Mondov
121
. Forse, per, pi che
di calma, si tratt di una sorta di pace armata fra le parti: i Chiusani con-
tinuarono a guardare con cupidigia alle alpi dei monaci e, magari, a salirvi
occasionalmente per lalpeggio, per necessit sostenevano, in pieno ac-
cordo con lautorit signorile in loco e col tacito assenso dei monaci, evi-
dentemente desiderosi di evitare uno scontro aperto con la comunit e con
i suoi signori. Attorno al 1284, si legge infatti in una dichiarazione del ca-
stellano della Chiusa, il dominus Pietro Cavalerio, e di tutti gli uomini del
consiglio resa davanti al notaio della certosa, i Chiusani erano entrati in
alpo Serpenterie con i loro animali e senza, non per impadronirsi di tale
alpeggio (occaxione tenendi dictum alpum, nec occaxione accipiendi pos-
sessionem dicti alpi), ma per necessit, perch non osavano alpare in
alpis Clusie propter eorum inimicorum
122
.
119
Sullimportanza delle risorse silvo-pastorali nelle rivendicazioni degli homines
della Chiusa: Rapetti, Homines, monaci e boschi cit., pp. 271-285.
120
Crivolo, Chronica cit., p. 29: Post hec quieverunt patres annis quadraginta quia
usque ad annum 1310 non apparet ab ipsis hominibus Clusie nec a fratribus contra eo-
sdem aliquid fuisse innovatum.
121
Il Liber instrumentorum del comune di Mondov, a cura di G. Barelli, Pinerolo
1904, pp. 6 sgg., doc. 26 del 22 maggio 1276 e doc. 27 del 2 dicembre 1277; E. Morozzo
della Rocca, Le storie dellantica citt del Monteregale ora Mondov in Piemonte, II,
Mondov 1899, pp. 252, 258; Camilla, Cuneo 1198-1380 cit., p. 233.
122
Biblioteca Reale di Torino, Cartulario della certosa di Pesio, ms. sec. XIV, St. p.
777, doc. 147 del 20 maggio 1284: in Chiusa, alla presenza di Anselmo Galle e Giacomo
Baudana, dominus Petrus Cavalerius castellanus et omnes homines de cunsilio, scili-
cet Iacobus Alfardus, Bonifacius Paruia, Astessanus de Marsilia, Ramundus de Vineis,
Villelmus de Carle, Facius Canus, Michiellis (sic) Bossius, Guillelmus Carreta, Mateus
Cavalerius, Ruffinus Coterius, eorum nomine et nomine comunis Cluse, confessi fue-
runt et manifestaverunt coram me Vacantum (?) Lauretum notarium recipientem et
vice fratrum vallis Pexium (sic) quod non intraverunt in alpo Serpenterie cum bestiis
nec sine bestiis occaxione tenendi dictum alpum, nec occaxione accipiendi possessio-
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 239
Come si vede, non diversamente da quanto era avvenuto nel 1261, la
questione fu risolta in modo sostanzialmente informale e non ricorrendo
allautorit territoriale superiore, rappresentata dal comune di Mondov,
che, legato alla Chiusa da un patto di alleanza, aveva probabilmente diffi-
colt a intervenire con decisione nella confusa situazione politica e militare
evocata con chiarezza dalla dichiarazione appena menzionata
123
.
La situazione di incertezza dovette in quegli anni complicare anche le
normalmente pi pacifiche relazioni fra la Certosa di Casotto - per la prima
volta (che si sappia) oggetto di danni e ingiurie e i suoi vicini sotto-
posti allautorit spirituale e temporale del vescovo di Asti: vicini confi-
nanti probabilmente, in pianura, con la grangia di Consovero, non lontana
da certi beni di Pesio
124
. Il tutto quasi a sottolineare, certo, il vuoto di po-
tere creatosi con il crollo della dominazione angioina, ma anche, come con
maggiore chiarezza emerge dalla documentazione successiva, una perdu-
rante situazione di carenza di risorse, acuita dallincremento demografico,
che, come noto, tocc il suo culmine fra XIII e XIV secolo
125
.
Nella primavera del 1305, in un contesto politico-militare caratteriz-
zato nel basso Piemonte dal ritorno e da una presenza amministrativa an-
gioina pi strutturate che non nei primi anni della dominazione di Carlo
I, la documentazione, secondo Paola Guglielmotti, sembra restituire visi-
240 RINALDO COMBA
nem dicti alpi nisi pro necesitatem (sic) hominum Clusie ocaxione quia non audent in-
trare nec alpare in alpis Clusie propter eorum inimicorum. Diversa lettura del docu-
mento e diversa interpretazione in Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., pp.
252-253.
123
Cfr. Morozzo della Rocca, Le storie dellantica citt del Monteregale cit., pp. 248
sgg.
124
Cartario... di Casotto cit., pp. 397 sgg., doc. 670 del 16 settembre 1285: Oberto,
vescovo di Asti, ordina ai fedeli, ai rettori, ai ministri delle chiese della sua diocesi, non-
ch ai podest, castellani e officiali dipendenti dalla chiesa astese, di proteggere la domus
e i fratres della certosa di Casotto da coloro che, Dei timore posposito e diabolico in-
stigati furore, non temono di infliggere eisdem fratribus aut rebus dampna vel iniu-
rias, facendo ricorso, i primi, alla censura ecclesiastica, i secondi al remedium iusticie,
cio alla giustizia secolare. La situazione giuridica dal punto di vista ecclesiastico della
certosa di Casotto, chiaramente evidenziata in un documento del settembre 1325,
dove si afferma che, licet dictum monasterium pro parte sit in diocessi Albensi fun-
datum, anche pro parte situatum in dicta diocesi Astensi, dove possiede grangias,
administrationes, domos, predia et possessiones per le quali solito contribuire per il
pagamento delle tasse ecclesiastiche con il clero astese. Cfr. Comba, La prima irradia-
zione certosina cit., p. 33, nota 143. Sul potere temporale del vescovo di Asti nellantico
comitato di Bredulo: R. Bordone, Un tentativo di principato ecclesiastico fra Tanaro e
Stura. Le trasformazioni medievali del comitato di Bredulo, in Le strutture del territorio
fra Piemonte e Liguria dal X al XVIII secolo, a cura di A. Crosetti, Cuneo 1992, pp. 121-
140.
125
R. Comba, La popolazione in Piemonte sul finire del Medioevo. Ricerche di de-
mografia storica, Torino 1977, in particolare pp. 35-46.
bilit alla microconflittualit locale; nel contempo varia per, probabil-
mente in relazione con il variare della composizione dei gruppi dominanti,
il tipo di microconflittualit, che assume un regime stabile e tende a non
superare irreversibili punti di rottura
126
. A rimanere stabile il diverso
modo di vedere boschi, alpeggi e pascoli alpini da parte di monaci e con-
tadini, cosicch, sotto la forte spinta dellincremento demografico, essi di-
ventano i luoghi in cui si affrontano percezioni dello spazio e interessi
materiali diversi e concorrenti.
interessante, in questo senso, un documento del 1311 che mostra i
certosini, sostenuti dallapparato regio di governo a Cuneo nel cui distretto
Chiusa era tornata
127
, intenti a contrastare pratiche di disboscamento e al
tempo stesso animati dal desiderio di evitare lo scontro aperto contro i
Chiusani, sempre pronti a sfruttare ogni occasione che permettesse loro di
accampare diritti su boschi e pascoli
128
. Due anni dopo i Chiusani arre-
cano ai monaci nuovi gravi danni tagliando numerosi abeti nellalpeggio
della Serpentera, rubano tutti gli utensili di certi tornitori e ne costringono
altri, che lavorano in unaltra montagna, ad allontanarsi
129
. Qualche anno
pi tardi, nel 1318, la situazione si tende pericolosamente per lincendio
doloso appiccato alla grangia del Castellar, i cui danni, secondo una peri-
zia degli extimatores del comune di Cuneo, ammontano a ben 200 lire. Il
comune di Chiusa chiamato in causa, ma, a differenza di quanto era suc-
cesso nella ribellione duecentesca, non vi sono individuate persone re-
sponsabili
130
. Due anni dopo, nel 1320, un gruppo di undici Chiusani
accusati di aver arroncato e seminato cereali su quei monti, invece co-
stretto a cedere al priore di Pesio tutto il raccolto proveniente dai ronchi
abusivamente aperti nei boschi dellalta valle
131
. La sentenza definitiva su
tali arroncamenti, emanata nel 1320 dal vicario angioino di Cuneo
132
, ri-
badisce in merito la posizione, assai ferma, dellamministrazione regia, che
tuttavia si rivela incapace di mediare le esigenze delle parti. Paola
Guglielmotti parla cos di una cronicizzazione dei rapporti, che tuttavia
126
Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., p. 259
127
Atti del Comune di Cuneo cit., pp. 39 sgg., doc. 28 del 12 dicembre 1306.
128
Rapetti, Homines, monaci e boschi cit., p. 280.
129
Caranti, La certosa di Pesio cit., II, p. 232. Sulla percezione da parte dei Chiusani
delle autorizzazioni citate ai tornitori: Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., p.
264: le autorizzazioni ai tornitori sono percepite come vere e proprie provocazioni,
che riflettono oltretutto una diversa e in parte alternativa nozione di sfruttamento del-
lalta valle.... Per il lavoro dei tornitori: Rapetti, Homines, monaci e boschi cit., pp. 283-
284.
130
Atti del Comune di Cuneo cit., pp. 57-58, doc. 45 del 28 maggio 1318, ASTo,
Carte Vayra, mazzo 3, Sentenza del 21 agosto 1319.
131
Rapetti, Homines, monaci e boschi cit., p. 280, con riferimento a Caranti, La cer-
tosa di Pesio cit., I, pp. 107 sgg., doc. 105 del 12 febbraio 1320.
132
Cfr. nota precedente.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 241
sempre un regime di convivenza per quanto faticoso possa risultare
133
, e
che appare confermata da altre sentenze di condanna inflitte nel 1327
134
e
nel 1337
135
dal vicario di Roberto dAngi a Cuneo, mentre si moltipli-
cano i bandi pubblici che minacciano, inutilmente, pene severe contro i
trasgressori
136
. Che non si tratti, per, sempre e soltanto di semplici tra-
sgressioni, ma che queste siano talvolta associate a veri e propri episodi di
violenza appare chiaramente da un ordine indirizzato nel settembre 1343
da Nicol da Eboli, siniscalco angioino e capitano generale in Piemonte,
agli uomini della Chiusa di desistere dai furti, dalle violenze e dalle mi-
nacce ai monaci
137
.
Molto interessante e degna di approfondimenti ulteriori , nelle Alpi
Cozie, la situazione evidenziata dalla documentazione trecentesca relativa
alla certosa di Montebenedetto e ai suoi rapporti con le comunit confi-
nanti, soprattutto con Villarfocchiardo, dove la compresenza di incerti di-
ritti duso su comunia e alpeggi
138
, unita allincremento dei dissodamenti
139
crea fra XIII e XIV secolo situazioni di forte tensione con le popolazioni lo-
cali che, se non sempre in sommosse vere e proprie, sfociano in violenze,
ingiurie ed insulti ai monaci a cui partecipano, come a Villarfocchiardo e
a San Giorio, domini e comunit contadina
140
. Nel 1337-38, in una som-
mossa spontanea presso San Giorio, dove i monaci trovano una ventina di
uomini e donne del luogo al pascolo in un prato della certosa e non vo-
gliono allontanarsene, vari confratelli subiscono ferite gravi e viene ucciso
242 RINALDO COMBA
133
Cfr. Guglielmotti, I vicini di S. Maria di Pesio cit., p. 268.
134
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, p. 111, doc. 107 del 25 maggio 1327.
135
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 112-113, doc. 108 dell8 novembre 1337.
136
Camilla, La vicenda de La Chiusa di Pesio cit., p. XCIX.
137
Caranti, La certosa di Pesio cit., I, pp. 115 sgg., doc. 111 del 3 settembre 1343.
138
Cfr. sopra, testo corrispondente alle note 57-58.
139
ASTo, Corte, Regolari Certosini, Mombracco, serie I, vol. 9, n. 18, perg. originale
del 3 aprile 1307: i monaci di Montebenedetto informano il castellano di San Giorio de
insultis et iniuriis actis per quosdam dicti loci in boverium et duos religiosos monasterii
irruentes cum lapidibus desuper rupem montanee Montis Benedicti ad operandum et
laborandum in quodam essarto monasterii nostri.
140
Per Villarfocchiardo: ASTo, Corte, Regolari Certosini, Mombracco, serie I, vol.
21, Sentenza arbitrale del 22 giugno 1291 di Guglielmo Beroardi in una lite fra
Montebenedetto e la comunit di Villarfocchiardo: circa dampna data, iniurias et vio-
lentias et expensas, considerantes eciam quod homines Vilarii et domini Vilarii non
observent precepta eis super hoc facta, sed violentias et iniurias inferunt predictis fra-
tribus in predictis montaneis contra Deum et iusticiam; cfr. R. Del Giudice, Un car-
tulario medievale della certosa di Montebenedetto, Dattiloscritto presso il Dipartimento
di Storia, Sez. medievale, Universit di Torino, Relatore G. Tabacco, Anno acc. 1969-
1970, pp. 263 sgg. Un excerptum fu pubblicato da F. S. Provana di Collegno, Notizie e
documenti dalcune certose del Piemonte, I, Miscellanea di storia italiana, XXXII, 1895,
p. 247, doc. 91. Per San Giorio: Id., Notizie e documenti cit., II, Miscellanea di storia ita-
liana, XXXVI, 1901, p. 350, doc. 41 del 25 maggio 1294; cfr. M. Berarducci, Le carte
un famulus di Monte Benedetto
141
. Il fatto mette in evidenza la carenza nel-
larea di pascoli e boschi di uso collettivo, peraltro gi evidenziata nella se-
conda met del XIII secolo da molti documenti
142
. Anche in questo caso,
come a Pesio e a Trisulti, il diverso modo che certosini e montanari hanno
di vedere boschi
143
, pascoli, alpeggi, celle
144
, risorse si complica con inte-
ressi materiali contrapposti e i deserta diventano luoghi in cui questi si con-
frontano con percezioni dello spazio diverse: per i certosini assai idealizzate
ma al tempo stesso molto concrete.
A Trisulti tali dinamiche ridiventano leggibili, fra Due e Trecento, anche
per lo sfruttamento silvo-pastorale della selva dEici, sempre protetta dal-
lamministrazione pontificia e per lo pi insidiata da tagli di alberi e da
danneggiamenti delle semine ad opera di singoli Collepardesi
145
, quando
non interessata, come nei primi anni Quaranta del Trecento, da non me-
della certosa di Montebenedetto e gli usi notarili della valle di Susa tra il XIII e il XIV se-
colo, Dattiloscritto presso il Dipartimento di Storia, Sez. medievale, Universit di
Torino, Relatore G. Tabacco, Anno acc. 1969-1970, p. 40, doc. 16.
141
Provana di Collegno, Notizie e documenti dalcune certose cit., II, pp. 370-371,
doc. 61 degli anni 1337-1338 (per la datazione confronta ivi, p. 449): irruentes cum
armis videlicet lanceis, spletis, piolis et tavolaciis in dictos fratres et eorum familiares
ipsos fugaverunt usque dictam aquam Graviam, lapides proiicientes contra ipsos.
Mortifere vulneraverunt Vincentium, unum ex famulis dicti monasterii quinque vul-
neribus et ex inde fuit plene interfectus per Ioannem Gibarius (sic) cum quodam ve-
nabulo. Percussus fuit in crure cum quodam spleto monacus dominus Iohannes de
Rupecula nec non in manu sinistra que pene fuit abscissa, Aymo frater dicti monaste-
rii ictu lancee fuit percussus per filium Morini Thome. Dominus Petrus vicarius eiu-
sdem monasterii fuit in pectore percussus ex quodam grosso lapide in eo iniecto.
Similiter frater Ioannes clericus de lapidibus et baculis fuit graviter percussus. Item fra-
ter Ioannes de Allono vulnus accepit in pectore et ventre ex ictu magni lapidis ita quod
viscera apparent et fuit totus crepatus. Insuper frater Petrus de Ponte cum piolla seu se-
cure et duobus lapidibus fuit in capite et in costato graviter percussus et in terram
proiectus quasi mortuo.
142
La fame di terre ad uso collettivo emerge chiaramente nella fondazione della vil-
lanova di Borgone (odierna San Valeriano) da parte di Filippo conte di Savoia e
Borgogna: affinch essa potesse recipere incrementum, il conte concesse ai suoi abi-
tanti predia et silvas, pascua et nemora, venationes et piscationes et omnia que conti-
nentur a Petra Culeria usque ad Rivum Gravie et usque ad decursum aque que vocatur
Duria (L. Patria, Assetti territoriali e affermazioni signorili nel balivato valsusino nel
Duecento: la castellania sabauda di Susa, di prossima pubblicazione in Segusium,
testo corrisp. alle note 52-62 e Appendice, doc. 17 del 9 marzo 1277).
143
ASTo, Corte, Regolari Certosini, Mombracco, serie I, vol. 3, n. 17, denuncia del
16 ottobre 1332 al castellano di San Giorio di certi danni nei boschi: inciderunt,
estrompaverunt maliciose et minus iuste quercores folatas et alias arbores.
144
Provana di Collegno, Notizie e documenti dalcune certose cit., I, p. 249, doc. 93
del 13 ottobre 1291.
145
Castelli, La certosa di Trisulti cit., pp. 132-134; Taglienti, Il monastero di Trisulti
cit., pp. 247 sgg., con riferimenti a epidodi di danneggiamento riferibili ai primi anni
Venti del XIV secolo e assoluzione dalle censure ecclesiastiche in data 17 giugno 1322.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 243
glio precisati disordini con carattere generale
146
. Per quanto riguarda tale
selva, a partire dagli ultimi decenni del Duecento, come ha osservato Pierre
Toubert, fu tuttavia con ogni probabilit il controllo di piccoli giacimenti
ferrosi (ferrarie, minerie ferri, avene ferri) ubicati al suo interno ad ali-
mentare una nuova occasione di conflittualit che si estese al comune di
Alatri
147
. Nel 1294 gli homines di questa citt assalirono armata manu cum
balistis, ensibus et arcubus et aliis armis monaci e conversi che si reca-
vano ad mineriam ferri, seu ferreriam positam in silva Ecii per appro-
priarsene
148
. Le tensioni con il comune laziale per tali giacimenti, che
furono poi sfruttati in modo intermittente sino alla fine del Cinquecento
149
,
a quanto pare non durarono a lungo e si esaurirono probabilmente nel
terzo decennio del Trecento. Va da s che anche in questo caso Trisulti ebbe
lappoggio del papa e dellamministrazione pontificia, che sostennero la
certosa nei confronti degli Alatrini. Occorre tuttavia tenere presente che
la lontananza della sede apostolica, stabilmente insediata ad Avignone dal
1305, avrebbe reso difficoltoso per gran parte del secolo XIV ai monaci di
Trisulti il rivolgersi direttamente al papa e ad essa, come evidentemente
era stato fatto nel corso del secolo precedente anche grazie a uno specifico
privilegio pontificio rilasciato il 7 luglio 1268 da Clemente IV nonostante
le disposizioni contrarie emanate da un recente Capitolo generale
dellOrdine certosino
150
.
244 RINALDO COMBA
146
Castelli, La certosa di Trisulti cit., pp. 133-134: Fra tante angustie, pure lanno
seguente [1323] i ricorsi dei Trisultani furono accolti, ed ho trovato una nuova sen-
tenza, 30 aprile 1337, del Giudice Generale di Campagna e Marittima contro molti cit-
tadini di Collepardo condannati per tali delitti [usurpazione di beni della certosa,
danneggiamenti alle semine, taglio abusivo di alberi nel bosco]. Ma bene osservare
che la cosa non riguardava tutto il popolo e, con esso, le autorit municipali, ma fu-
rono delitti commessi isolatamente da un certo numero di sconsigliati. Invece cinque
anni dopo, altri disordini si rinnovarono e con un carattere generale. Nuovo pro-
cesso, nuova condanna ed un monitorio severissimo, con minaccia di pene corporali
e pecuniarie, in data del 2 settembre 1342, spedito da Anagni dal Giudice e Vicario
Generale.
147
Toubert, Les structures du Latium mdival cit., pp. 250 sgg.
148
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 235 sgg., e 504 sgg., doc. 63 del 5 aprile
1294, doc. 64 del 21 agosto 1294. Cfr. A. Pratesi, Un piccolo dilemma diplomatico, in
Studi sul Medio Evo cristiano offerti a Raffaello Morghen per il 90 anniversario
dellIstituto storico italiano, II, Roma 1974, pp. 861-872, ora in Id., Tra carte e notai.
Saggi di diplomatica dal 1951 al 1991, Roma 1992, pp. 565-577 (edizione di tre docu-
menti del 21 agosto 1293).
149
Cfr. G. Barbieri, Industria a politica mineraria nello Stato pontificio dal 400 al
600. Lineamenti, Roma 1940, pp. 73 sgg., 145 sgg.
150
Les registres de Clment IV: 1265-1268, I, Paris 1893, a cura di M. E. Jordan, p.
275, reg. 713; Regesta pontificum Romanorum ab anno p. Ch. N. 1198 ad 1304, a cura
di A. Potthast, II, Berolini 1875, p. 1642, reg. 20423. Cfr. Sechi, La certosa di Trisulti cit.,
p. 132, doc. 118; Castelli, La certosa di Trisulti cit., p. 123.
6. Fra depressione economica e crisi delle dominazioni regionali
Per la seconda met del secolo XIV mancano nelle opere a stampa su
Trisulti attestazioni di conflitti con gli homines di Collepardo e di Vico, ma
non occorre necessariamente dedurne lesistenza di rapporti pacifici: le due
comunit, unite a molte altre, appaiono infatti negli anni 1366-1372 so-
stanzialmente autonome e in aperta ribellione con la dominazione pa-
pale
151
ed difficile immaginare che tale situazione non abbia influito sui
loro rapporti con la certosa modificandoli sensibilmente. Nuovi elementi
di conflittualit sorsero comunque nei primi decenni del Quattrocento in
seguito allampliamento del tenimentumdi Tecchiena, situato fra le citt di
Alatri e di Ferentino, che i certosini avevano acquistato dalla Camera
Apostolica nel 1395 ma che, caratterizzato comera da incerti confini, tra-
scin la certosa in una serie di liti, relativamente ben documentate, con i
comuni di Alatri e di Ferentino
152
. La possibilit di osservare con atten-
zione questa nuova occasione di un duro confronto nulla toglie alla ne-
cessit di approfondire meglio, in futuro, se lo sar possibile, lo stato
effettivo dei rapporti fra la certosa di San Bartolomeo e il comune di
Collepardo per quanto riguarda la selva dEici.
Nonostante che gravi carenze documentarie caratterizzino anche la sto-
ria della domus certosina di Pesio, i suoi rapporti con gli homines di Chiusa
fra Tre e Quattrocento diventano comprensibili grazie alla cronaca, scritta
attorno al 1435, di Stefano Crivolo
153
.
Innanzitutto, riferisce il cronista, a causa delle guerre, delle carestie e di
una longa et desperata desolatio
154
, la certosa fu aliquotiens quasi de-
relicta
155
, tanto che, a fine Trecento
156
, non avendo di che vivere, i monaci
dovettero cum tota familia inde recedere et domum ipsam relinquere, vix
151
Taglienti, Il monastero di Trisulti cit., pp. 337 sgg.; A. Sacchetti Sassetti, Storia di
Alatri, Alatri 1967 (2
a
ediz.), pp. 123 sgg.
152
Castelli, La certosa di Trisulti cit., pp. 149-151, 154 sgg.
153
Crivolo, Chronica cit., per la datazione della quale cfr. Guglielmotti, La costru-
zione della memoria cit., p. 311.
154
Crivolo, Chronica cit., p. 39: religiosis dicte domus contigit gustare de flagello
impiorum. Decurrentibus enim hinc et inda cottidie in patria ipsa Anglicorum et
Armeniacorum similiterque potentium vicinorum gentibus ac armigeris, ipsarum for-
midine incole percussi, ad aliquam culturam peragendam exire non erat qui ausus esset,
et facta fuit fames in tota patria et victualium penuria maxima, etsi non statuta, tamen
longa et desperata desolatio.
155
Crivolo, Chronica cit., p. 13.
156
Un periodo di vero e proprio abbandono della certosa dovette verificarsi negli
ultimi anni del Trecento, durante lepiscopato monregalese di Damiano Zoagli: Cfr. A.
Lerda, Su Damiano Zoagli primo vescovo di Mondov, in La diocesi di Mondov: le ragioni
di una storia. Miscellanea di studi storici nel VI centenario: 1388-1988, Mondov 1989,
pp. 57-79.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 245
uno solo aut duobus remanentibus pro murorum custodia
157
. Questa si-
tuazione di abbandono facilit cos l usurpazione di beni e diritti della
domus di Santa Maria di Pesio, sia da parte dei signori del luogo, sia da
parte della comunit di Chiusa.
Negli ultimi anni del XIV secolo Girardo dei marchesi di Ceva, ipsius
loci Cluse dominus, vedendo dictum monasterium personis et bonis satis
attenuatum et penitus devastatum, si appropri di una sega idraulica (re-
sica) in rovina situata in Podio Nigro e la ricostru, avviando contempo-
raneamente unattivit sistematica di estorsione delle scarse vettovaglie
che si trovavano nella certosa, come il Crivolo seppe da testimoni, monaci
e conversi, bene informati: et dictum monasterium graviter angebat, prout
a personis domus qui viderunt et passi fuerunt propriis auribus ego frater
Stephanus ipsis narrantibus accepi
158
. In modo analogo rialzarono la testa
i Chiusani: insurrexeruntque et ipsi homines ipsius universitatis modoque
simili, predictum monasterium sencientes esse collapsum, adversus ipsum
in rebelionem versi sunt
159
.
La ribellione dovette toccare momenti di acuta tensione nei primi de-
cenni del Quattrocento, quando la certosa, ormai rivitalizzata ma pur sem-
pre indebolita dal lungo periodo di crisi, ricominci a rivendicare il pieno
e incondizionato rispetto del proprio desertum, cercando inizialmente ap-
poggio e protezione soprattutto nella Sede Apostolica e, negli anni 1408-
1409, trascinando come un tempo in giudizio gli homines della Chiusa,
questa volta davanti al tribunale romano della Sacra Rota
160
. Per il terzo
decennio del secolo indispensabile attingere al racconto del Crivolo, che,
monaco professo attorno al 1430
161
, con riferimento evidente a un periodo
del proprio noviziato anteriore a una sentenza arbitrale del 13 settembre
1428 (quam nullus ignorat perch, a parer suo, emanata in magnum
damnum della certosa) ricorda di aver visto con i propri occhi episodi in-
cresciosi: i famuli di questultima espulsi de finibus et territorio monaste-
rii, percossi, presi prigionieri; legname da opera gi lavorato devastato per
tre volte; trecento tronchi tagliati e distrutti in presenza anche di un com-
missario del duca, presente pro salvagoardia tuenda; il documento con-
tenente tale salvaguardia ducale gettato in segno di disprezzo nel fiume; il
festoso ballo successivo dei contadini a due a due in presentia ipsius com-
missarii. Poi, non sazi, i Chiusani pluries venerunt a furore populi in
manu armata in dicto territorio monasterii ad piscandum et alia exercenda
246 RINALDO COMBA
157
Crivolo, Chronica cit., p. 39.
158
Crivolo, Chronica cit., p. 43.
159
Crivolo, Chronica cit., p. 43.
160
Crivolo, Chronica cit., p. 17.
161
Chronica d(omini) Benedicti a Costaforti anno MDCLXXVII, in Caranti, La cer-
tosa di Pesio cit., pp. 97 sgg., qui a p. 288.
contro la volont del priore e della certosa, nonostante un divieto emanato
nel 1408 dal sommo pontefice sotto pena di scomunica e di 500 ducati pro
qualibet persona et qualibet vice
162
. Inoltre aggredirono e rapinarono dei
bovari (bifolchi) che portavano grano e vino al monastero, ruppero le botti
e ne versarono il vino, aggredirono con balestre, lance e spade i famuli che
seguivano il carico, li dispersero e ne ferirono gravemente uno con un col-
tello. La stessa cosa accadde a un converso, frate Stefano, durante un vio-
lento confronto svoltosi a furore populi presso la porta della casa alta
163
,
iuxta portam monasterii, dove fu duramente percosso anche un diacono
secolare appartenente alla famiglia dei Pagani di Mondov. Infine, un ve-
nerabile e anziano monaco, il dominus Alberto, fu percosso con lancia e
bastone e ne mor
164
.
In tutte queste azioni il Crivolo vedeva dipanarsi una specie di filo rosso
che portava alla distruzione del patrimonio monastico da parte dei
Chiusani, proprio come avevano fatto antiquitus patres eorum. Il risultato
era che i certosini non osavano pi stare, ire et redire neque in valli con-
versari, nisi bene provisi et fulti et cum armatis
165
. La soluzione del pro-
blema non fu trovata dalla certosa, come nellet angioina, nel continuo
ricorrere alla protezione papale o degli ufficiali del potere centrale denun-
ciando violazioni e ottenendone scomuniche o sentenze in proprio favore.
In modo non troppo dissimile da quanto era avvenuto nel 1261, si tenne in-
vece nel settembre 1428 un arbitrato, affidato a Luca, marchese di Ceva e
consignore della Chiusa, e a frate Andrea Bianchi, priore della certosa di
Casotto, che molto innov nei rapporti fra la certosa e gli homines del
luogo
166
: gli arbitri ribadirono s che lalta valle Pesio continuasse a spettare
pleno iure ai monaci quo ad dominium perpetuum et posessionem, ma
riconobbero agli abitanti del luogo la facolt di pascolare e tagliare legna
per loro uso personale, pur con limitazioni a vantaggio della correria e della
grangia di San Michele. I Chiusani riuscirono cos a far valere, almeno in
parte, i diritti di pascolo e di boscheggio che ritenevano di avere sul loro
territorio nulla impetrata licencia, col solo obbligo di versare ogni anno
ai monaci un canone ricognitivo di quattro libbre di cera nuova il giorno
della Candelora
167
.
Il motivo di tale riconoscimento era semplice, secondo il Crivolo: da
molto tempo (longe antea) essi erano riusciti a usurpare cio a ricreare
162
Crivolo, Chronica cit., pp. 16-17.
163
La casa bassa, o correria, era gi stata parzialmente distrutta alla fine del
Trecento: ne sopravvivevano soltanto la chiesa e il granaio: Crivolo, Chronica cit., p. 40.
164
Crivolo, Chronica cit., p. 17.
165
Crivolo, Chronica cit., p. 17.
166
La vicenda de La Chiusa di Pesio cit., pp. 265 sgg., doc. 3 del 13 settembre 1428.
Cfr. sopra, nota 32.
167
Camilla, La vicenda de La Chiusa di Pesio cit., p. 266.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 247
una consuetudine duso - una parte delle Alpes dellalta valle Pesio
168
. Va
per tenuto presente che tale indubbio mutamento era avvenuto in un con-
testo politico-militare assolutamente favorevole: la monarchia pontificia
messa in difficolt dal conciliarismo; i marchesi di Ceva, domini loci della
Chiusa vassalli dei Savoia dal 1373 e da poco battuti sul campo da Amedeo
VIII che aveva tolto loro il controllo delle valli Gesso e Vermenagna
169
, alla
ricerca di una conferma visibile del loro radicamento locale e della loro ca-
pacit di controllo del territorio in un quadro di maggiore autonomia; que-
stultimo, duca da poco pi di un decennio, degno erede di una dinastia
osannata dal Crivolo per aver riportato la pace nella regione mettendo in
fuga predoni e maligni, ma soprattutto conquistando nobilium et popu-
lorum corda
170
, reso prudente, forse, dal ricordo del tuchinaggio
171
.
* * *
E le altre domus subalpine? Per quanto manchino pubblicazioni speci-
fiche e soprattutto vada attentamente approfondita la storia della certosa di
Montebenedetto, pur oggetto fra Otto e Novecento dei robusti studi eru-
diti di Francesco Saverio Provana di Collegno
172
, per il periodo che va dalla
peste nera ai primi decenni del Quattrocento, allo stato attuale delle ricer-
che sembrerebbe di poter escludere che esse siano state interessate da ecla-
tanti momenti di rivolta. Le tensioni pi significative verificatesi nei
rapporti con le comunit rurali, accertate per la giovane fondazione di
Mombracco in valle Po (XIII-XIV secolo) e per la ben pi antica certosa di
Casotto, ebbero infatti per oggetto questioni di carattere fiscale. Soltanto
per Casotto, per, sfociarono in uno scontro armato. Mombracco ebbe in-
fatti nel 1384 con luniversitas di Envie, che pretendeva la corresponsione
da parte dei monaci delle imposte fondiarie al pari di qualunque altro con-
tribuente, una controversia che si risolse con un lodo arbitrale
173
. Casotto,
248 RINALDO COMBA
168
Crivolo, Chronica cit., p. 13.
169
P. Grillo, Let sabauda, in Storia di Cuneo e del suo territorio: 1198-1799, a cura
di R. Comba, Savigliano 2002, pp. 123-179, alle pp. 144-145; cfr. F. Gabotto, Storia di
Cuneo dalle origini ai giorni nostri, Cuneo 1898, pp. 96-97.
170
Crivolo, Chronica cit., p. 43. Cfr. Guglielmotti, La costruzione della memoria cit.,
p. 322.
171
Cfr., da ultimo, A. Barbero, Una rivolta antinobiliare nel Piemonte trecentesco: il
Tuchinaggio del Canavese, in questo stesso volume e Id., La rivolta come strumento po-
litico delle comunit rurali: il Tuchinaggio nel Canavese (1386-1391), in Linguaggi poli-
tici nellItalia del Rinascimento, a cura di A. Gamberini e G. Petralia, Roma 2007,
pp. 245-266.
172
Cfr. sopra, nota 140.
173
Provana di Collegno, Notizie e documenti cit., I, p. 288, doc. 128 del 26 marzo
1384. Cfr. L. Cuttin, Unesperienza eremitica nelle Alpi occidentali: la certosa di
Mombracco fra XIII e XIV secolo, tesi di laurea, Facolt di Lettere e Filosofia, Universit
quasi certamente per motivi analoghi, conobbe invece nel luglio 1396 un
attacco armato guidato dal castellano sabaudo di SantAlbano Stura a una
delle proprie grange di pianura pi importanti, quella del Consovero, a cui
partecip gran parte della popolazione di quella castellania
174
. Il fatto non
stupisce: alle soglie del XV secolo le comunit rurali cercavano di imporre
la propria autorit anche sugli enti monastici ed ecclesiastici che avevano
beni allinterno dei loro confini e che sino a quel momento avevano potuto
godere dei privilegi dellesenzione e dellimmunit
175
.
* * *
Le questioni connesse con lesenzione fiscale appena ricordate indiriz-
zano verso problematiche diverse rispetto a quelle che si sono volute af-
frontare nel presente lavoro, da cui innanzitutto emersa in modo
lampante la peculiarit dei deserta certosini come generatrice di conflit-
tualit con il mondo rurale. Gli eremi dei monaci sono apparsi infatti come
i luoghi privilegiati di scontri secolari con le collettivit contadine, in con-
testi storici via via cangianti, di modalit differenti di interpretare il proprio
spazio vissuto, influenzate a loro volta da principi ideali e da interessi ma-
teriali. Inoltre la conflittualit, osservata sul lungo periodo, appare in stretto
rapporto, oltre che con la memoria dei diritti collettivi su boschi, pascoli e
alpeggi, con il rafforzamento istituzionale delle comunit rurali e la loro
crescente coscienza della propria forza e dei propri diritti: senza dimenti-
care ovviamente le specifiche congiunture politiche ed economiche che co-
stituirono il quadro entro cui i fatti si svolsero.
Da un punto di vista storiografico pi generale, al di l della specificit
dei contesti socio-ambientali in cui le rivolte e i momenti di pi o meno
acuta tensione fra rustici e certosini si verificarono, come si vede, la ricerca
ha infine confermato ancora una volta il ruolo decisivo svolto, in ogni oc-
casione dai piccoli comuni di montagna a pi stretto contatto con i certo-
sini. In questo senso, se essa per un verso conferma ancora una volta
licastica affermazione di Blickle ohne Gemeinde keine buerliche
Rebellion
176
, per altro verso invita a studiare ulteriormente, in modo rav-
degli Studi di Milano, a.a. 1999-2000, app., doc. 15; A. Spelta, Una comunit eremitica
nelle Alpi occidentali: la certosa di Mombracco alla fine del Medioevo, tesi di laurea,
Facolt di Lettere e Filosofia, Universit degli Studi di Milano, a.a. 1999-2000, p. 89.
174
Originale pergamenaceo conservato in ASTo, Corte, Certosa di Casotto, m. 5.
fasc. 475. Lattacco frutt alla castellania 138 capalle messium a dimostrazione del
fatto che esso sarebbe avvenuto per ragioni fiscali: per certi carrichi pretesi dal sudetto
castellano, come si legge in un regesto del documento scritto sul verso delloriginale di
mano del XVII-XVIII secolo.
175
Cfr. G. Chittolini, La formazione dello stato regionale e le sue istituzioni del con-
tado, Torino 1979, pp. 309 sgg.
176
Cfr. sopra, nota 117.
BOSCHI E ALPEGGI FRA CERTOSINI E CONTADINI 249
vicinato, gli spazi vissuti, le risorse, la composizione sociale, le metamor-
fosi istituzionali, le forme di inquadramento politico-istituzionale, la cul-
tura prevalentemente orale delle comunit contadine, che, a quanto sin
dora si percepisce, appare in netto contrasto con quella, scritta, di cui erano
portatrici le comunit monastiche. Anche su questa contrapposizione
andr fatta chiarezza: basti, per il momento, laver suggerito da questo
punto di vista nuovi elementi di riflessione.
250 RINALDO COMBA