De Intellectus Emendatione
De Intellectus Emendatione
, il quale
3
) Si veda ad esempio quanto scrive M. Bert nella sua introduzione a Spinoza, Lemendazione
dellintelletto, traduzione, introduzione e commento a cura di M. Bert, Padova, 1966, pp.1-5.
4
) Autore di diversi articoli e saggi sul problema della datazione; in particolare si veda F. Mignini,
Introduzione a Spinoza, Roma-Bari, 1983, pp.5 ss.; Id., Nuovi contributi per la datazione e
linterpretazione del Tractatus de intellectus emendatione, in Spinoza nel 350 anniversario
della nascita, Atti del Congresso (Urbino 4-8 ottobre 1982), a cura di E. Giancotti, Napoli, 1985.
5
) Penso soprattutto a E. Curley in The Collected Works of Spinoza, vol.I, Princeton, 1985, ma
anche a W. Klever in Spinoza, Verhandeling over de verbetering van het verstand, Baarn, 1986.
6
) da notare che lo stesso Mignini, comunque, si richiama al precedente ottocentesco del primo
editore del Breve trattato, E. Boehmer, il quale aveva, gi nel 1852, messo in dubbio la posteriori-
t del D.i.e. Cfr. F. Mignini, Introduzione a Spinoza, cit., p.5.
7
) W. Bartuschat, Einleitung in Daruch de Spinoza, Abhandlung ber die Verbesserung des Vers-
tandes, neu bersetzt, herausgegeben mit Einleitung und Anmerkungen versehen von W. Bartu-
4
ultimo, rilanciando in altra prospettia l`approccio di Mignini, ha particolarmente in-
sistito sulla coerenza tra la concezione dell`ivtettetto presente nell`tbica e la sua eno-
menologia nel rammento, che risulterebbero incompatibili con la relatia interpreta-
zione nel rere trattato, e sull`intreccio tra qualita della conoscenza e elicita, centrale
nell`opera maggiore e chiaramente messa a tema nel D.i.e., per ribadirne la colloca-
zione tradizionale e dunque la posteriorita rispetto al rere trattato.
Per aere un quadro quanto piu possibile deinito della questione noi dobbiamo
tenere presenti alcuni dati oggettii che potremmo considerare indizi della elabora-
zione spinoziana.
Gli elementi
utili per la
collocazione
del testo
Intanto la lunga lettera VI del 1661, indirizzata a Oldenburg: dopo il lungo esame
del saggio di Boyle Det ^itro, aetta tviaita e otiaita, rierendosi a problemi solleati
dal proprio interlocutore, Spinoza concludea:
La lettera a
Oldenburg
Quanto poi alla nuoa questione che oi mi ponete, e cioe in che modo le cose ab-
biano incominciato a esistere e qual sia il nesso che le mantiene in dipendenza dalla
prima causa, intorno a questo argomento, oltre che intorno alla riorma dell`intelletto,
ho gia composto tutto un opuscolo, nella cui trascrizione e correzione sono attualmen-
te occupato. Ma ogni tanto sospendo il laoro, perch non ho ancora un`idea precisa
circa la sua edizione. Il atto e che temo di oendere i nostri teologi e di solleare con-
tro di me, che proprio non posso sopportare le polemiche, tutto l`odio di cui sono ca-
paci. Attendero un ostro consiglio in proposito. L perch sappiate che cosa si troa in
questo mio laoro che possa oendere la suscettibilita dei predicatori, dico che molti
ra gli attributi, che da costoro e da tutti quelli almeno che conosco sono attribuiti a
Dio, io li considero come creature. L al contrario, altri, che, a causa dei loro pregiudizi,
essi considerano come creature, io sostengo che sono attributi di Dio e che sono da es-
si male interpretati. Inoltre io non separo Dio dalla Natura cosi come anno tutti gli al-
tri di cui ho notizia
8
.
Il brano allude esplicitamente alla elaborazione corrente di una metaisica ,appros-
simatiamente quella dell`tbica ma anche del rere trattato, e di una evevaatio ivtettectv..
Il atto che enga utilizzata l`espressione ov.cvtvv e che si accenni alla sua reisione
a pensare a un laoro ancora iv fieri, su un materiale tutto sommato piuttosto limita-
to. Le dierse interpretazioni hanno sruttato la lettera per giustiicare rierimenti al
D.i.e., al rere trattato o alla stessa tbica. In realta, considerata la complessita redazio-
nale di queste opere, si potrebbe anche ipotizzare che, nel 1661, Spinoza aesse solo
abbozzato il materiale poi articolato, a piu riprese e quindi con ripensamenti e aggiu-
stamenti, nel trattato sul metodo e nell`tbica, e orse in una redazione del rere tratta
to: il rierimento distinto a metaisica e evevaaiove si potrebbe spiegare appunto con
l`intenzione di ar precedere la ito.ofia da una introduzione ,catartica e, metodologi-
schat, Hamburg, 1993, pp.vii ss. Si veda anche la posizione di H. De Djin in Spinoza, The Way to
Wisdom, West Lafayette, 1996, p.5.
8
) Baruch Spinoza, Epistolario, a cura di A. Droetto, Torino, 1974, pp.62-3.
5
ca, sul modello della posteriore organizzazione dei Privcii aetta fito.ofia ai Carte.io
9
. In-
somma, tenendo ermo come punto di arrio l`ov. vaiv., l`ov.coto potrebbe coincide-
re con un elaborato intermedio ,non identiicabile completamente con nessuna delle
opere successiamente siluppate,, risalente a un periodo di rilessione ancora mag-
matica, pronta a coagularsi e rideinirsi intorno a quei problemi che solo negli anni
160, dopo la originaria sintesi del rere trattato, arebbero inalmente troato siste-
mazione nell`ultima redazione dell`tbica. Di rilieo e comunque l`interesse espresso
per la problematica della evevaaiove e il rierimento all`esistenza di un materiale spe-
ciico, almeno all`interno di un progetto piu generale.
Il secondo dato da considerare e rappresentato dal contenuto e dalle indicazioni
della sintetica epistola XXXVII a Bouwmeester, dedicata interamente al problema del
metodo e in cui traspaiono la meditazione e il contributo tecnico del D.i.e. Nella parte
conclusia Spinoza propone quella che potremmo deinire una sinossi della sostanza
dell`inedito:
La lettera a
Bouwmeester
Di qui dunque appare chiaramente quale debba essere il ero metodo e in che cosa
sopra tutto essa consista, ossia nella sola conoscenza del puro intelletto, della sua natura
e delle sue leggi, e per acquistarlo e d`uopo distinguere anzitutto tra l`intelletto e
l`immaginazione, ossia tra le idee ere e le altre, e cioe le ittizie, le alse e le dubbie, in
una parola tutte quelle che dipendono dalla sola memoria. Per comprendere cio, alme-
no per quel che concerne il metodo, non e necessario conoscere la natura della mente
nella sua causa prima, ma e suiciente descriere della mente, o delle percezioni, una
storiella simile a quella che insegna Bacone. In queste poche parole, io credo di aer
dimostrato e indicato la ia per la quale possiamo acquistarlo. 1uttaia debbo ancora
aertiri che per tutto questo e necessaria un`assidua meditazione e un`intenzione e un
proposito ermamente costanti, e per ottenere questo e indispensabile prestabilirsi un
determinato tenore di ita e precostituirsi un chiaro scopo
10
.
La testimonianza e importante perch documenta, almeno a liello teorico, il
compimento del disegno espresso dal nostro testo: che, probabilmente, a quella data,
tenuto conto dell`indizio precedente, era gia stato composto secondo la scansione in-
terna conserataci. D`altra parte la lettera riela che, in ogni caso, tale stesura non era
disponibile nei circoli icini all`autore, n egli coglie l`occasione per rieririsi. Un
passaggio ,quello doe si accenna al nesso tra la causa prima e la mente,, come po-
tremo meglio cogliere nel commento, potrebbe addirittura alludere a una delle dii-
colta che condurra alla interruzione del laoro. Possiamo dunque ipotizzare che
quanto meno la struttura essenziale del D.i.e. osse gia abbozzata manoscritta prima
della meta degli anni 1660 ,quando era pure in corso la stesura dell`tbica,.
Un decennio dopo, nel 165, 1schirnhaus, interlocutore di rilieo negli ultimi anni
di ita di Spinoza, cosi esordia nella sua lettera del 5 gennaio:
La lettera a
Tschirnhaus
9
) Rousset, op. cit., p.17.
10
) Op. cit., p.186.
6
Distintissimo signore,
quando ci sara concesso di conoscere il ostro metodo di dirigere la ragione alla cono-
scenza delle erita ignote, nonch i ostri principi generali della scienza della natura So
che aete gia atto in questi studi noteoli progressi. Quanto al primo argomento ne ho
auto notizia, e quanto al secondo lo si ricaa dai lemmi annessi alla parte seconda
dell`tica, coi quali si risolono acilmente molte diicolta della isica
11
.
All`inito del conoscente il ilosoo rispondea riprendendo indicazioni solte nel
D.i.e. ,sul nesso tra adeguatezza e erita dell`idea,, pur senza mai citare l`inedito, a-
ermando erso la conclusione:
Quanto al resto, e cioe alla questione del moimento e del metodo, lo risero ad al-
tra occasione, perch non ne ho ancora ultimata la trascrizione
12
.
Lo scambio e interessante perch dimostra ancora una olta come il pur inedito
manoscritto dell`tbica osse in circolazione e oggetto di discussione tra gli amici,
mentre del nostro testo ,ma il discorso si dorebbe are a maggior ragione anche per
l`altra opera, il rere trattato, di cui non si ebbe addirittura alcuna notizia ino alla meta
del secolo scorso, si registraano solo aghe, generiche indicazioni. Nello stesso
tempo, pero, la risposta spinoziana ribadisce un interesse e una intenzione che ae-
amo gia riscontrato nella epistola a Oldenburg, segno di una costante attenzione per
la problematica metodologica e, probabilmente, anche delle intrinseche diicolta in-
contrate nello silupparla autonomamente.
In questo senso possiamo citare un ulteriore documento che puo aiutarci a mette-
re a uoco la questione. Si tratta di un passo della preazione all`edizione olandese cu-
rata da J. Jelles:
La prefazio-
ne olandese
alle Opere
postume
Il trattato sull`evevaaiove aett`ivtettetto e stato una delle prime opere dell`Autore, co-
me testimoniano il suo stile e i suoi pensieri. La dignita dell`argomento che egli i tratta
e l`utile scopo che in esso ha perseguito, cioe aprire la ia lungo la quale la mente potes-
se essere condotta nel modo migliore alla era conoscenza delle cose, gli hanno atto
continuamente considerare di condurlo a termine. Ma il peso della cosa, le proonde
speculazioni e la astissima conoscenza che erano richieste per completarlo imposero
all`opera una lentissima prosecuzione: questa u la causa per cui rimase incompiuta, non
solo rispetto alla mancata conclusione, ma anche rispetto a cio che manca qua e la. In-
atti l`Autore ammonisce spesso nelle note, che sono tutte sue, che cio che egli scrie
de`essere dimostrato piu accuratamente o spiegato piu ampiamente, o nella sua iloso-
ia o altroe, come da lui e stato detto o sara ancora detto. Ma poich contiene moltis-
sime cose eccellenti e utili, che susciteranno un grande interesse in un sincero indagato-
re della erita, e gli oriranno non poco aiuto nella sua indagine, non si e troato inutile
11
) Op. cit., pp.251-2.
12
) Op. cit., p.254.
7
pubblicarlo, come gia e stato detto nell`.rrerteva at tettore, premessa a questo scrit-
to
13
.
Il brano ore diersi spunti di rilessione per una alutazione inale: Conclusioni
provvisorie
comproa una datazione avtica per l`inedito, rielando la approssimazione con
cui gli stessi editori poteano issarne la collocazione, tra le rive oere
aett`.vtore,
conerma quanto gia emerso dalla collazione delle epistole, cioe il proponimen-
to del ilosoo di arriare a una pubblicazione delle proprie rilessioni sul me-
todo,
riela, d`altra parte, le strutturali diicolta incontrate nella realizzazione: come
abbiamo sopra anticipato, la iducia nella possibilita di portare a termine una ri-
cerca sulla vatvra aetta vevte autonomamente rispetto a una ondazione metaisi-
ca era destinata, in ultima analisi, ad aprire una tendenziale circolarita
nell`indagine ,come illustreremo nel commento,,
sottolinea la proisorieta della redazione del manoscritto, non solo per la con-
clusione mancante ma anche per altre lacune: cosi raorzando il sospetto di
qualche interento editoriale di sistemazione ,cui potrebbe implicitamente ar
pensare la stessa rassicurazione circa la genuinita delle annotazioni,,
attesta in ogni modo il alore del contributo del testo e la sua immanenza
nell`orizzonte dell`opera maggiore.
Il problema del metodo nella cultura del Cinquecento
Si e talolta interpretato il D.i.e. come il ai.cor.o .vt vetoao di Spinoza oero, me-
glio, come il corrispettio spinoziano delle Regvtae aa airectiovev ivgevii di Descartes
14
.
Non c`e dubbio, inatti, che, pur in un contesto improntato dalla esigenza etica di sal-
ezza, il concorso dell`inedito trattato era soprattutto metodologico, e originariamen-
te inteso come premessa, appressamento alla ito.ofia ,per cui costante e il richiamo
alla ria,. L quindi importante delineare sinteticamente il quadro teorico entro cui esso
interenia, recependone istanze e problemi, in qualche caso anche con eco diretta.
Procederemo dunque a una sommaria recensione delle tesi cinquecentesche in pro-
spettia piu interessanti, lasciando poi spazio all`esame dei maggiori contributi meto-
dologici secenteschi.
Si e spesso soliti associare la rilessione sul metodo ai nomi di alcuni dei maggiori
protagonisti della ita intellettuale del Seicento ,Bacone, Descartes, lobbes, Newton,
lo stesso Spinoza,, dimenticando o lasciando sullo sondo le premesse cinquecente-
sche del dibattito da cui in parte scaturi l`atteggiamento scientiico moderno. In real-
Il problema
del metodo
nel Cinque-
cento
13
) Cito da F. Mignini, Introduzione a Spinoza, cit., pp.6-7.
14
) Cfr. ad esempio F. Alqui, Le rationalisme de Spinoza, Paris, 1981, p.48.
8
ta, le ricerche a tema hanno da tempo chiaramente messo a uoco nell`opera metodo-
logica dei ilosoi secenteschi il ruolo di certi contributi o spunti del secolo preceden-
te, se non ancora pienamente consapeoli della rottura rappresentata dal matemati-
smo, almeno coscienti dell`interesse cruciale del problema. Puo sembrare sorpren-
dente, in questo senso, che proprio in seno alla tradizione aristotelica rinascimentale,
contro cui per molti ersi si riolse la polemica scientiica del XVII secolo, maturasse
una prima reisione o puntualizzazione della questione metodologica, nella quale si
cercaa di concentrare e disciplinare una dispersa pluralita di ricerche.
Partendo dalla autorita aristotelica degli .vatitici e tenendo soprattutto presenti le
esigenze dell`indagine della natura, si rispolero la distinzione tra aoaeii. tov aioti
,dimostrazione del perch di un atto, e aoaeii. tov oti ,dimostrazione del mero at-
to,: la prima muoea dalla causa prossima all`eetto, la seconda dall`eetto alla cau-
sa prossima. La consapeolezza che er voi ,in ordine alla nostra conoscenza, la con-
statazione degli eetti precede la conoscenza delle loro cause, spingea gli aristotelici
degli .tvaia italiani a teorizzare sistematicamente una combinazione dei due approcci
dimostratii per approdare alla aevov.tratio oti..iva, in grado di garantire una cono-
scenza assoluta. Uno schema ricorrente e il seguente
15
:
Il regres-
sus dimo-
strativo
per osserazione si ottiene una conoscenza conusa di un eetto,
componendo ivaviove e aivo.traiove fattvate si ottiene una conoscenza ancora
accidentale della sua causa,
attraerso veaitatio e cov.iaeratio ,globalmente riassunte nella vegotiatio, si rag-
giunge una conoscenza distinta della causa prossima, aerrando il suo nesso di
necessita con l`eetto,
con la aivo.traiove aet ercbe conseguiamo la covo.ceva a..otvta dell`eetto, cioe
la sua conoscenza tramite la causa che lo rende necessario.
1ra coloro che maggiormente si impegnarono in questa direzione troiamo un au-
tore noto a Spinoza, anche per l`ampia diusione dei suoi Oera togica ,158, negli
ambienti accademici olandesi, e rierimento anche per Galilei: Jacopo Zabarella. Nei
libri De vetboai. ,158, egli, dopo aer nettamente distinto tra oraive., procedimenti
adatti alla esposizione di conoscenze gia acquisite, e vetboav. in senso stretto, caratte-
rizzata dalla ri. ittatira, orientata, in altre parole, alla acquisizione di nuoe conoscen-
ze, issaa la dicotomia aristotelica in aevo.tratio roter qvia ,o vetboav. covo.itira, e
aevo.tratio qvoa ,o vetboav. re.otvtira,. Lntrambe erano suicienti allo scopo della
scienza, che era poi quello di arriare alle deinizioni delle affectiove., dei enomeni os-
serabili: esse, secondo tradizione, richiedeano la speciicazione del genere proprio
della qualita enomenica in oggetto e della sua causa prossima. Il primo doea essere
raecogvitvv, preentiamente conosciuto, per poter orire l`inquadramento logico nel
Ordo e me-
thodus in
Zabarella
15
) N. Jardine, Epistemology of the sciences, in The Cambridge History of Renaissance Philoso-
phy, edited by C.B. Schmitt, Q, Skinner, Cambridge, 1988, p.687.
9
quale inserire la seconda, di cui i procedimenti dimostratii arebbero eicacemente
assicurato la ricerca
16
.
In una scienza peretta, prospettata, secondo la ortodossia peripatetica, come rei
cogvitio er .vav cav.av, l`incidenza cognitia dei due percorsi metodici non era co-
munque equialente: la vetboav. covo.itira, da un punto di ista dimostratio, riesti-
a inatti, in irtu della capacita di ricostruire la cosa attraerso la sua causa immedia-
ta, una unzione priilegiata ,aevov.tratio oti..iva,. Nella misura in cui palesaa
l`essenza, il qvia e.t della cosa, essa ne maniestaa anche il qvoa e.t, le proprieta eno-
meniche: la cosa era cosi propriamente conosciuta solo attraerso al causa da cui essa
deriaa
1
. Inoltre la conoscenza delle cause sincolaa il sapere dalle incertezze e
dalla ipoteticita dell`esperienza, garantendogli la comprensione e vece..itate dei eno-
meni, i quali perdeano in tal modo il loro carattere contingente.
1uttaia, al di la di queste puntualizzazioni aristoteliche che rielano comunque la
nuoa disponibilita erso il mondo naturale, nella meditazione cinquecentesca sul
metodo si segnalano almeno altri due indirizzi destinati a pesare nella elaborazione
del secolo successio: quello matematico e quello dialettico.
Matematica
e dialettica
Il primo si delineo progressiamente, con la ripresa di interesse per le traduzioni
dei matematici alessandrini, ma soprattutto a seguito della edizione e del commento
degli tevevti di Luclide a opera del gesuita C. Claius ,154,. Se gia in precedenza il
rigore della geometria aea attirato l`attenzione come autonomo paradigma di razio-
nalita, cio non era comunque aenuto senza signiicatii ridimensionamenti, come
quello del gesuita B. Pereira, autore noto a Spinoza, il quale aea sottolineato ,156,
come la dimostrazione matematica non potesse essere considerata scientiica, dal
momento che si muoea in ambiti astratti, partendo da principi troppo generali e
non considerando la causa propria e speciica dei casi esaminati, come inece arebbe
douto la scienza peretta
18
.
Incidenza del
modello eu-
clideo
Claius, dal canto suo, potea opporre la certezza delle dimostrazioni matemati-
che alle conclusioni solo probabili dei aiatettici, per ribadire la scientiicita delle prime:
egli si soermaa appunto sulla struttura interna di tale sapere, per coglierne le ragio-
ni del primato tra le scienze e indiiduarne le modalita di operazione. La sua analisi
inia cosi per porre in primo piano la peculiarita dei rivcii a ondamento dei teo-
remi ,deinizioni, postulati e assiomi,, rimarcando il ruolo particolare delle deinizio-
ni, attraerso cui in geometria era possibile generare le igure e quindi ricaarne anali-
ticamente le proprieta. Attraerso tale processo si costituia di necessita la orma in-
trinsecamente cogente delle scienze matematiche.
Analogamente G.A. Borelli, le cui tesi sono discusse negli scambi epistolari di Spi-
noza ,epistole VIII e IX,, dopo aer rileato la trasparenza dei principi della geome-
16
) Op. cit., p.690.
17
)F. Biasutti, La dottrina della scienza in Spinoza, Bologna, 1979, p.105.
18
) Op. cit., pp.98-9.
10
tria, arebbe siluppato ,1658, proprio il nesso tra deinizione ,cui spettaa, secondo
tradizione, il compito di produrre una conoscenza scientiica certa e eidente, e co-
struzione dell`oggetto geometrico, per concludere che solo la deinizione genetica ga-
rantia la conoscenza indiscutibile delle proprieta del deinito
19
.
La lenta aermazione del paradigma geometrico potea ancora iscriersi latamen-
te nello sondo della lezione dimostratia degli .vatitici ecovai, almeno per quel che
riguardaa la intelaiatura ormale che Aristotele aea probabilmente ricaato proprio
dai modelli geometrici in uso nel suo tempo. Certamente critica nei conronti di tale
lezione era inece la aoctriva ai..erevai, la nuoa metodologia dialettica, elaborata da P.
Ramus a partire dalle Diatecticae iv.titvtiove. ,1543,, con la quale si reagia al ormali-
smo logico, proponendo un nuoo rapporto tra grammatica e retorica da un lato, e
dialettica dall`altro.
La dialettica
ramista
Inatti l`autore rancese muoea dalla coninzione ,maturata nell`analisi compara-
ta delle lingue latina, rancese e greca, della spontaneita delle strutture linguistiche e
logiche, per cui le regole iniano per essere subordinate alle esigenze del discorso, e
la grammatica dientaa strumento della retorica, intesa come tecnica del discorso. La
dialettica riestia in tale prospettia la unzione logica di rileare i principi e il pro-
cedimento argomentatio, attraerso i due momenti, della ivrevtio ,elaborazione degli
argomenti atti a risolere un certo problema, e della ai.o.itio ,organizzazione degli
argomenti in una era e propria concatenazione,, assicurando la omogeneita tra i di-
ersi ambiti di applicazione e dunque la possibilita di una uniicazione metodologica.
Ramus enia cosi, in orme almeno parzialmente originali, riproponendo la platoni-
ca subordinazione gerarchica delle scienze alla dialettica, sebbene non nel senso della
dipendenza dalla eccellenza di una ei.teve dei principi, ma in quello della incidenza
condizionante di una matrice logica costante nelle arie applicazioni.
Problema del metodo e progetto culturale in Bacone
La v.tavratio Magva, il grande progetto incompiuto che arebbe douto sintetizza-
re nella propria articolazione la rirotviove cvttvrate di lrancis Bacon ,1561-1626,, si
proponea programmaticamente una radicale re.tavraiove dell`uomo, quasi un riscatto
dalla corruzione originaria, in cui l`umanita, in analogia con il racconto biblico, era
caduta per un peccato di superbia. In questa prospettia, il ilosoo doea in primo
luogo impegnarsi a dissolere il sapere apparente, operare quella evrgatio ivtettectv. in
grado di trasormare la mente umana, scaduta a .eccbio ivcavtato, in un limpido ricetta-
colo delle strutture della realta naturale. In questo recupero dell`ivvoceva si delineaa
l`apertura di una nuoa epoca nella storia dell`uomo, in cui questi arebbe potuto
nuoamente esercitare il proprio patronato sulla natura.
La restaura-
zione
delluomo
19
) Op. cit., p.103.
11
Alla luce di queste esigenze Bacone esprimea il proprio giudizio sulla tradizione
ilosoica, che riiutaa la consolidata accezione dei compiti e delle unzioni della ilo-
soia, e si traducea in una condanna di ordine morale delle premesse storiche di una
parte consistente di quella tradizione. Lssa arebbe, inatti, ben presto rinunciato
all`impegnatio scandaglio della natura, imbastendo, a partire da Platone e Aristotele,
una strategia di ripiego erbale, disponibile, in altre parole, a sostituire le reali solu-
zioni, rutto di una ricerca aticosa, con soluzioni ittizie, aidate all`innata capacita
aabulatoria dell`uomo.
Condanna
della tradi-
zione
Sulla scorta di questo quadro, la riorma del sapere aanzata da Bacone muoea
dalla opinione che, per essere di beneicio agli uomini, per essere frvttifero, esso does-
se, in primo luogo, essere tvcifero, perseguire la rerita cosi come essa si ore nella crea-
zione. Il sapere potea essere utile in quanto sapere rero, e non ero in quanto utile: le
opere dientaano in questa prospettia egvi ai rerita. Per iv.tavrare il regvo aett`vovo,
ondato sulla scienza della natura, si doea sottostare ai medesimi requisiti richiesti
per accedere al Regvo aei Cieti: dientare anciulli di ronte alla natura, aperti e pronti
ad accogliere quanto essa ha da dirci. A questo scopo era indispensabile mettere in
atto una duplice strategia, di catar.i dai pregiudizi di ogni tipo che perturbaano il
rapporto con la natura, producendo la sterilita del sapere, di .occor.o alla mente, di
ronte alle .ottigtiee della stessa natura.
Riforma del
sapere e li-
berazione
dai pregiudi-
zi
Il primo aspetto, quello della evrgatio ivtettectv., impegno particolarmente Bacone
nel primo libro del ^orvv Orgavov, seconda parte della v.tavratio Magva ,1620,, doe
l`autore introdusse la propria teoria degli iaota, in cui classiico arie e diuse tenden-
ze dell`intelletto umano, alla base delle sue requenti cadute nell`errore. Gli iaota tribv.
rappresentaano i pregiudizi radicati nella natura dell`uomo, che lo portano sempre a
supporre un grado di ordine e eguaglianza nelle cose, a contemplare l`unierso nella
propria ottica semplicistica e antropomorica ,e avatogia bovivi.,, in termini teleologi-
ci. Gli iaota .ecv. erano inece le orme preconcette legate alla storia indiiduale, alla
ormazione amiliare, all`educazione riceuta, per cui si tende a perpetuare errori, a
agire acriticamente, a applicare a ogni cosa principi dettati dai propri interessi. Gli iao
ta fori costituiano inece le preenzioni che nascono nel commercio umano, nei rap-
porti sociali, attraerso l`uso-abuso del linguaggio. Gli iaota tbeatri, inine, erano le per-
turbazioni indotte dall`incidenza dei sistemi ilosoici, con il loro potere annebbiante
rispetto alla natura.
La teoria
degli idola
Bacone non era in ogni caso cosi ingenuo da non capire come non ossero solo gli
ostacoli d`ordine psicologico` a contrastare il progresso del sapere umano: la natura,
era interlocutrice dell`uomo, si dimostraa in realta piu complessa dell`intelletto che
cercaa di decirarla. Per questo un`indagine che intendesse eettiamente rispec-
chiare nel pensiero l`atfabeto riposto della creazione ,ivterretatio vatvrae,, in altri termi-
ni, le strutture a ondamento dei enomeni naturali, arebbe douto organizzarsi co-
me una grande impresa di esplorazione e scoperta, coinolgendo la collaborazione di
Lesigenza di
una nuova
organizza-
zione scienti-
fica
12
piu indiidui e di piu generazioni, in un costante conronto-dibattito pubblico ,se-
condo un modello siluppato nell`incompiuta ^er .ttavti.,.
Cosi, una olta ripulito per quanto possibile ,in ia approssimatia, lo .eccbio della
mente dalle illusioni pregiudiziali che ne appannano la supericie, una olta delimitato
chiaramente l`ambito vatvrate dell`indagine ,con esclusione dell`eentuale accesso ai
vi.teri airivi tramite la contemplazione della natura,, insomma, eliminati tutti i attori
perturbanti, si ponea il problema di arontare con eicacia l`impresa, nella consa-
peolezza, gia rileata, delle .ottigtiee dell`interlocutrice.
Complessit
della natura
e metodo
Non era dunque suiciente liberarsi dagli iaota per raggiungere la realta delle cose
in s considerate, che orono congiuntamente erita e utilita. La mente doea abi-
tuarsi a ar uso di tecniche speciiche di ricerca, capaci di assicurare, di ronte alla
complessita, l`oggettiita del risultato teorico e dunque la sua traducibilita pratica. La
ragione doea procedere pazientemente e sistematicamente all`indiiduazione della
cav.a di una certa proprieta enomenica, in modo da consentirne poi una manipola-
zione ,ad esempio traserendola da una certa base materiale a un`altra,. I due proce-
dimenti erano rigorosamente saldati, dal momento che la cav.a su cui conergea la
ricerca dientaa il mezzo dell`operazione.
Il percorso della ricerca doea, per poter co.trivgere la natura, prendere le mosse
direttamente dall`esame empirico della stessa, tenendo conto di un duplice liello, fi.i
co e vetafi.ico. Il primo corrispondea per Bacone sostanzialmente al campo della
complessa causazione eiciente-meccanica, il secondo al perimetro piu ristretto delle
cause ormali, strutture elementari delle cose. La complessita della fi.ica era progressi-
amente trascesa nella semplicita della vetafi.ica: in questa prospettia si esprimea la
ede nella sotterranea elementarita dell`ordine a ondamento della creazione, che a-
rebbe consentito di inquadrare il mondo enomenico alla luce di alcune costanti.
La ricerca
delle cause
L`approccio rigorosamente eiotogico, mentre conermaa il persistere di un oriz-
zonte qvatitatiro di marca aristotelica, imponea anche il conronto vetoaotogico con
l`epistemologia peripatetica, che Bacone siluppo sempre nel ^orvv Orgavov,
all`interno del gia citato progetto della v.tavratio Magva, sintetizzando elementi della
tradizione logica degli .vatitici con altri ricaati dalla retorica classica ,Quintiliano, e
dalla mnemotecnica.
In eetti la logica tradizionale enia prospettata come strumento tipicamente di-
sputatorio, per il prealere di un modello sillogistico incolato a premesse stabilite at-
traerso un`induzione sommaria. Bacone, come Galilei, stigmatizzaa la debolezza di
tale procedimento, che inia per priilegiare espressioni erbali oscure, incapaci di
rierirsi a aspetti deiniti della realta. I termini aeano signiicato solo nella misura in
cui designassero concetti ricaati dall`osserazione, le proposizioni uniersali, che
doeano ungere da premesse, aeano senso in quanto risultato di una precisa ge-
neralizzazione induttia. Consapeole di questi limiti della aiatettica tradizionale, che
ne aeano determinato lo scadimento, il pensatore inglese si impegno a ribaltarne gli
Critiche alla
logica aristo-
telica
13
equilibri, ridimensionandone la prealente impronta deduttia, a antaggio del pro-
cesso induttio con cui si risale ai principi della dimostrazione.
L`ivaviove doea realmente dientare la procedura per cui, a partire da una messe
osseratia suicientemente ampia, attraerso generalizzazione, classiicazione e con-
ronto dei dati, si perenia alla conoscenza degli a..iovi, dei principi uniersali a
ondamento dei atti osserati. In questa direzione era necessario integrare il laoro
empirico con un rigoroso controllo razionale. Rispetto all`ivaviove per mera evvvera
iove, Bacone sottolineaa la ri. iv.tavtiae vegatirae, l`esigenza del metodo per esclusio-
ne ,in realta gia praticato nel tardo medioeo,, piu eicace nel discriminare e quindi
piu adatto nell`analisi delle complessita enomeniche. Lsso preedea un primo sta-
dio di raccolta, aidato a accurate e complete storie naturali e sperimentali, rutto del-
la collaborazione tra centri di ricerca, che arebbe douto garantire una solida base
empirica al sapere scientiico, massima ipoteca per il successio interento operatio.
Linduzione
baconiana
Contro l`eccessia dispersione, si doea quindi procedere a distribuire il materiale
per l`indagine all`interno di grigtie di lettura, che Bacone chiamaa tabvtae, cosi da or-
dinarlo per acilitare il sondaggio dell`intelletto. Lgli ne preedea di tre tipi, recipro-
camente conergenti: re.evtiae ,della presenza, in cui si registraa la positia presenza
di un determinato aspetto enomenico,, ab.evtiae ,per registrarne inece l`assenza, e
graavvv ,per indicarne le ariazioni,. Lo scopo delle tarote era, insomma, quello di
preparare l`indiiduazione delle correlazioni tra enomeni, lungo le quali si sarebbe
snodato il procedimento induttio ero e proprio, che solo dopo tali preliminari po-
tea prendere le mosse.
Le tabulae
Secondo questo disegno metodologico, la ricerca scientiica si presentaa come
un`ascesa dalle osserazioni, attraerso correlazioni sempre piu inclusie, ino ai prin-
cipi. La progressia generalizzazione, controllata nei suoi passaggi essenziali attraer-
so l`uso incrociato delle tarote, doea consentire di inquadrare rigorosamente le pro-
prieta enomeniche ondamentali ,o vatvre .evtici: Bacone porta a esempio il calore,.
In tal modo, attraerso una progressia concentrazione e ocalizzazione dell`esame
dei dati, sarebbe stato possibile scoprire o ipotizzare nessi causali all`interno di gruppi
omogenei di enomeni ,sulla scorta dell`assunto che quando c`e la proprieta dee es-
serci anche la sua causa,, da eriicare eentualmente con esperimenti ,iv.tavtiae rero
gatirae,.
Le nature
semplici
Al ertice di questa piramide, risultato di un`analisi che era riduzione dei enomeni
complessi all`alabeto elementare della creazione, ocalizzazione delle premesse non
osserabili alla base dei enomeni stessi, staano, in qualita di principi, quelle che, con
linguaggio aristotelico, Bacone deinisce forve, cioe le cause strutturali di speciiche
qualita enomeniche. Sebbene il linguaggio del ilosoo in proposito lasci spazio a let-
ture molto tradizionali ,le deinisce inatti come fovti ai evavaiove, vatvre vatvravti,, la
pratica concreta del metodo nel caso speciico del calore mostra una interpretazione
meccanica:
Le forme
14
il calore e un moimento espansio che non aiene in modo uniorme nell`insieme
del corpo, ma che si espande attraerso le particelle piu piccole del corpo, ed e insieme
trattenuto, respinto, ricacciato indietro, in modo da acquistare un moimento alternati-
o, continuamente tremolante, che si sorza e si aatica ed e irritato dalla ripercussio-
ne.
Lssa rinia per un erso alla microstruttura delle articette, per altro alla loro dina-
mica reciproca, quasi si trattasse di un breetto costruttio. La procedura ivavttira
terminaa cosi con l`apprensione delle cause delle proprieta naturali, integrando con
l`ivvagivaiove e le iote.i i dati sensoriali, per scoprire le strutture latenti, diicili o
impossibili da osserare. 1ale apprensione doea preludere all`interento operatio,
che arebbe sruttato il quadro causale determinato per produrre eetti conormi
all`umana utilita, la cui eicacia risultaa, di conseguenza, rigorosamente incolata alla
bonta della ricerca e alla rerita dei suoi esiti.
La mathesis universalis in Descartes
Dell`ampia rilessione sul problema del vetoao portata aanti nelle gioanili Regvtae
aa airectiovev ivgevii ,1620-8,, il Di.covr. ae ta Metboae ,163,di Ren Descartes ,1596-
1650, riportaa poche, scarne indicazioni generali, pur conermandola nella sostanza:
La prima |regola| era di non accogliere mai nulla per ero che non conoscessi esser
tale con eidenza: di eitare, cioe, accuratamente la precipitazione e la preenzione, e di
non comprendere nei miei giudizi nulla di piu di quello che si presentaa cosi chiara-
mente e distintamente alla mia intelligenza da escludere ogni possibilita di dubbio.
La seconda era di diidere ogni problema preso a studiare in tante parti minori, quante
osse possibile e necessario per meglio risolerlo.
La terza, di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti piu semplici
e piu acili a conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza
dei piu complessi, e supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli uni non precedo-
no naturalmente gli altri.
L`ultima, di ar dounque enumerazioni cosi complete e reisioni cosi generali da esser
sicuro di non aer omesso nulla.
Come ribadia esplicitamente lo stesso autore, a suggerire il procedimento di
scomposizione e ricomposizione erano stati i geovetri: coloro, in altri termini, che pra-
ticaano una scienza dai risultati incontroertibili, il cui statuto epistemologico era
dunque incomparabilmente superiore, specialmente in termini di eicacia, a quello di
altre supposte orme scientiiche. In questo senso le matematiche oriano una pale-
stra ideale per rispecchiare l`eicienza logica della vev., e studiare, conseguentemente,
strategie metodologiche di supporto. Cosi la rilessione meta-matematica garantia
l`indiiduazione di un piano di conergenza tra le dierse applicazioni scientiiche,
analogo a quello che Ramus aea ritroato nella aiatettica.
15
Schematicamente possiamo indicare le stazioni cardinali della rilessione cartesia-
na:
Luso delle
matematiche
assoluto priilegiamento del modello matematico, in quanto indiscutibile nei
suoi esiti,
ocalizzazione delle modalita conoscitie intorno a cui esso si costruisce,
ulteriore determinazione della speciicita del loro oggetto,
indiiduazione degli strumenti atti a aorire la piena unzionalita della cono-
scenza, assicurando quel liello d`intelligibilita che identiica una scienza in
quanto tale.
Una conoscenza puo dirsi certa e eidente, secondo il ilosoo, nella misura in cui
consente di eitare l`errore, in orza della sua struttura concettuale: la meditazione sul
particolare statuto delle matematiche conduce Descartes a caratterizzarne l`oggetto
,semplice e puro da raintendimenti empirici, e, in relazione a esso, a issare le due
modalita gnoseologiche ondamentali ,ivtviiove e aeaviove,.
L`intuizione e l`atto puntuale con cui la mente illumina il dato elementare, sempli-
ce, irriducibile, che s`impone quasi ri.iravevte al suo occhio ,eriaeva,. La deduzione e
il lineare processo razionale i cui singoli momenti sono saldati intuitiamente
nell`eidenza ,come gli anelli di una catena,, per produrre mediatamente, nella con-
nessione complessia, la certezza.
Intuizione e
deduzione
Il criterio dell`eriaeva, che Descartes connotaa di una apparente ingenua ri.ibitita
,chiarezza e distinzione,, e il piu celebre residuo del trapianto, tentato dal ilosoo,
dell`ordine astratto che essenzia le matematiche in altri ambiti scientiici.
L`enucleazione di una vatbe.i. vvirer.ati. ,l`espressione enne utilizzata nella Regula
IV, recuperandola dalla tradizione enciclopedica-pansoica rinascimentale,, quale
nocciolo di ogni procedimento razionale capace di produrre certezza, comportaa,
inatti, l`estensione delle tecniche di iaeatiaiove, elaborazione matematica ,secondo
lo schema dicotomico .evtice-covte..o,, unzionali alle possibilita di comprensione
della nostra razionalita.
Metodo e
mathesis
universalis
In questo modo si delineaa un approccio metodologico scandito in due momen-
ti:
una progressia reavctio delle proposizioni ivrotvte e o.cvre a altre iv .evtici,
una ricostruzione del complesso, a partire dall`intuizione del piu semplice.
Concretamente questo signiicaa ridurre progressiamente una questione com-
plessa a questioni piu semplici, la cui soluzione osse presupposta, per poi ricostruire
concettualmente il problema originario. Oppure passare da problemi speciici a altri
piu elementari e ondamentali, per procedere inine, ripercorrendo a ritroso la serie,
alla sintesi garantita dalla combinazione di intuizione e deduzione.
Metodo e
ordine
Per questi aspetti Descartes si richiamaa all`esempio dell`avati.i robtevatica prati-
cata dai grandi matematici ellenistici ,Pappo, Dioanto,, il cui scopo era la determina-
zione di dati incogniti a partire da quelli conosciuti. Procedendo a sincolare il nume-
16
ro dalle intuizioni spaziali ,geometriche,, quindi a liberare l`algebra dalla interpreta-
zione rigorosamente numerica ,introducendo lettere al posto di cire,, il ilosoo rag-
giungea l`obiettio di una scienza cosi astratta da essere potenzialmente disponibile
alla traduzione in contesti non immediatamente matematici.
Non e diicile cogliere in questa strategia metodologica la centralita del tema
dell`oraive e della sua artificiatita, per cui la vatbe.i. vvirer.ati. si rielaa essenzialmente
scienza dell`ordine, analitico e sintetico, proiettato sull`oggetto d`indagine al ine di
renderlo traslucido alla mente. Un ordine logico, imposto arbitrariavevte, a prescindere
dal quadro ontologico della tradizione aristotelica. Se il rapporto tra vetoao e oraive
non era nuoo, a dierenza di quanto segnalato nel caso di Zabarella, in Descartes
noi registriamo la sorapposizione tra i due concetti, con la sostanziale riduzione del
primo al secondo.
L`oraive implicaa, nel progetto cartesiano, altri due concetti decisii: quello di e
vvveraiove e quello di vatvra .evtice.
Ordine e
enumerazio-
ne
Il primo e richiamato anche come quarta regola nella precedente citazione dal Di
.cor.o .vt vetoao: laddoe numerose sono le stazioni deduttie e necessaria una eriica
dei passaggi, per eitare distrazioni e dunque il rischio di dimostrazioni inconcludenti.
L`evvveraiove si presenta cosi caratterizzata da una duplice unzione:
di organizzazione, preliminare esplorazione del campo della conoscenza, per
l`ordinamento dei dati e delle condizioni da cui dipende la soluzione di un pro-
blema,
di reisione analitica e di ricostruzione sintetica dei passaggi della deduzione,
per accelerarne suicientemente il moimento, cosi da ridurne lo santaggio ri-
spetto all`immediatezza e eidenza della isione intuitia.
Ma all`ordine e strettamente connesso anche il delicato statuto delle vatvre .evtici,
che Descartes introduce in diersi passaggi delle Regvtae. Lsse rappresentano la trama
residua dell`analisi condotta sui diersi oggetti di indagine, l`alabeto intuitio da im-
piegare nella sintassi ricostruttia dei problemi. Lsse si presentano quali strumenti
concettuali primari, garantiti dalla eidenza e semplicita, come atovi ai rerita da cui
partire per la risoluzione di una questione o la comprensione di un oggetto. Su questo
terreno si acea chiaro il conronto con la tradizione aristotelica.
Ordine e
nature sem-
plici
La vatvra .ivtici..iva ,o re. .ivte, non era, inatti, n semplice, n propriamente
una vatvra. Inece della cosa considerata in se stessa, secondo la sua ov.ia o b,.i., essa
denotaa la cosa considerata re.ectv vo.tri ivtettectv., o iv oraive aa cogvitiovev vo.trav,
con l`esplicito rilieo della relatiita rispetto alle categorie della metaisica classica.
D`altra parte, esse non erano neppure .evtici nel senso in cui si diceano semplici
gli atovi o gli etevevti ,tradizionalmente intesi,: la semplicita era sempre relatia al no-
stro ivgevivv. Nell`esempio cartesiano e.tev.iove e figvra non sono reali elementi del
corpo, ma cio cui la nostra illuminazione intellettuale riduce il corpo: la loro semplici-
ta e, dunque, unzionale e epistemologica.
17
La matematizzazione, rigorizzazione del metodo scientiico, da applicare a ogni
ambito d`indagine, primo ra tutti quello isico, si aalea dunque:
Mathesis e
nature sem-
plici
della generalizzazione delle procedure algebriche, cosi da trasormare l`analisi
dei problemi a esercizio di ordinata disposizione di entita concettuali prime,
della loro traducibilita geometrica, della possibilita per l`immaginazione di tra-
durre quel linguaggio astratto in rappresentazioni spaziali, a loro olta applica-
bili a un mondo isico, come edremo, adeguatamente idealizzato.
Epistemologia e metodo in Hobbes
Uno degli aspetti piu originali del pensiero di 1homas lobbes ,1588-169, e quel-
lo legato alla sua concezione del sapere scientiico. Alla scienza era inatti attribuito il
compito di scoperta della natura, ma attraerso il iltro di modelli logico-linguistici
artiiciali, sorapposti alle modalita con cui essa si ore immediatamente
nell`esperienza.
Scienza, lin-
guaggio,
esperienza
Lrano le conenzioni prescritte dall`uomo alle cose, ricoprendole artiicialmente
con la tessitura dei nomi e delle deinizioni, a consentire l`interento calcolistico della
ragione, nel quale potea misurarsi la potenza umana sulla natura stessa.
L`elaborazione razionale del discorso scientiico presupponea senz`altro la serie di
concetti prodotti attraerso il senso, tuttaia, rispetto alle sequenze del mondo extra-
mentale, le connessioni istituite scientiicamente con la sintassi logico-linguistica re-
clamaano piena autonomia.
Al nominalismo vetafi.ico, per cui la realta si presuppone dominio di oggetti indi-
iduali, corrisponde il vovivati.vo tivgvi.tico, per cui la dimensione uniersale e propria
solo del linguaggio, grazie alla unzione dei nomi generali. L`adeguato esercizio razio-
nale, secondo lobbes, non e rutto spontaneo, n si acquisisce meccanicamente per
ia di esperienza: esso si consegue piuttosto per industria, imponendo i nomi in mo-
do adatto. La scienza non e allora immediatamente conoscenza di atti, ma conoscen-
za dell`uso dei nomi e delle conseguenze del calcolo attraerso i nomi: il problema
della sua erita e intrinseco all`uso sintattico-erbale. Anche se, per il nesso di signii-
cazione mediata del nome con l`oggetto, essa mantiene il rierimento alla realta extra-
mentale.
Nominalismo
metafisico e
nominalismo
linguistico
Cosi lobbes potra deinire la fito.ofia o .cieva come:
la conoscenza acquisita attraerso il retto ragionamento degli eetti o enomeni sul-
la base delle loro cause o generazioni, e ancora delle generazioni che possono essersi,
sulla base della conoscenza degli eetti.
Pur conserando da Bacone la coninzione per cui solo quando abbiamo cono-
sciuto il ercbe di un enomeno, ricostruendolo aa tibitvv dagli elementi costitutii,
possiamo sostenere di aerlo eettiamente compreso, lobbes emancipa tuttaia
Luso scien-
tifico del
linguaggio
18
l`indagine dai nodi dell`ontologia tradizionale, rinunciando a risalire a una gerarchia di
essenze e limitandosi piuttosto alle implicazioni di ordine logico e linguistico.
I nomi sono essenziali alla scienza come strumenti uniersalizzanti. lobbes indica
come i nomi uniersali debbano combinarsi, secondo erita, in proposizioni unier-
sali, e queste in .ittogi.vi: la scienza si raggiunge inatti come conclusione di un ragio-
namento strutturato sillogisticamente, cioe di una dimostrazione aerirata aatte aefiviio
vi ai vovi .ivo atta covctv.iove vttiva.
A essere utilizzati come rivcii della dimostrazione scientiica sono dunque le de-
inizioni di nomi che, quando si rieriscono a cose delle quali e concepibile la causa, la
esibiscono. In tal modo i principi si presentano come istruzioni per la riproduzione di
concetti complessi a partire da altri piu elementari, come schematizzazioni delle ope-
razioni razionali di costruzione dei concetti, secondo il modello oerto dalle deini-
zioni geometriche.
Carattere
costruttivo
della scienza
lobbes enia cosi a priilegiare una metodologia gia riscontrata in Descartes,
che combinaa risoluzione analitica e composizione sintetica. lacendo proprie le in-
dicazioni speciiche maturate all`interno della tradizione aristotelica padoana ,Zaba-
rella,, egli distinguea tra un approccio risolutio, che muoendo dagli eetti ,i e-
nomeni, risalia alle cause generatrici, e uno compositio, che procedea dalle secon-
de per produrre i primi. Sulla risoluzione si basaa la scienza ivaefivita che doea o-
calizzare le cause piu uniersali, garantendo l`inquadramento teorico di ondo per le
ricerche tivitate alla ricostruzione causale di enomeni determinati.
Risoluzione e
composizione
La prima direzione era imboccata da lobbes con il ricorso all`ipotesi avvicbitatoria,
che doea solgere una unzione metodologica analoga a quella riestita dal dubbio
metodico e iperbolico cartesiano. Supponendo la distruzione dell`unierso, si attri-
buia a un uomo sopraissuto la possibilita di costruire la scienza sruttando:
Ipotesi anni-
chilatoria e
filosofia pri-
ma
la disponibilita di immagini conserate nella memoria,
l`articolazione linguistica,
le procedure di calcolo sui simboli impiegati.
Il mondo era cosi ricostruito, dopo la catarsi della avvibitatio, a partire dalle coor-
dinate imprescindibili per la sua concepibilita: atta piazza pulita di quanto inessenzia-
le alla scienza, si procedea all`astrazione e deinizione ,puramente nominale o gene-
tica, secondo i casi, delle nozioni uniersali di .aio, tevo, e.tev.iove, vorivevto, figvra
ecc., che globalmente ormaano l`oggetto della fito.ofia riva. Nuoamente si sottoli-
neaa in tal modo come il sapere cominci a sussistere solo quando lo si ricostruisca
dagli elementi della nostra rappresentazione, attraerso un procedimento che si si-
luppa esclusiamente all`interno della sera mentale.
Un simile approccio scientiico apria un problema di ondo, riguardo alla prati-
cabilita di tali costruzioni deinitorie in ambiti come quello naturale. Se inatti il co
.trvttiri.vo era stato ritagliato su esempi geometrici, in cui la deinizione geverara di at-
Scienze ma-
tematiche e
scienze fisi-
che
19
to il proprio oggetto, comportandone la piena trasparenza intelligibile, dierso era il
discorso che inestia gli oggetti indipendenti rispetto all`arbitrio del soggetto.
I enomeni sensibili che si rielaano immediatamente nell`esperienza doeano
inatti essere analiticamente riaotti, con l`e.traiove degli elementi per noi piu semplici e
uniersali, in altri termini, alla luce dei presupposti materialistici, degli aspetti comuni
dei corpi cui quei enomeni riniaano. Dal momento che la realta era assunta come
corporea e estesa, quegli acciaevti uniersalissimi erano per lobbes dimensioni geo-
metriche, che la riduzione sottolineaa all`interno della conusione sensibile. Lra
quindi necessario procedere alla loro deinizione genetica, quando possibile, tenendo
conto che la causa piu uniersale, il moimento, era vatvrae vota. In conclusione, la
spiegazione del singolo enomeno si delineaa come una schematizzazione cinemati-
ca, capace di dar ragione, nell`intreccio meccanico, dei risolti essenziali del enome-
no stesso, con un`eco probabile dell`ivterretaiove aetta vatvra aanzata da Bacone sulla
scorta dell`intreccio di .cbevati.vo e roce..o tatevte.
Sebbene tentato dall`idea di disegnare un quadro puramente artiiciale e conen-
zionale del sapere scientiico, in cui tutto potesse essere risolto nella pura combina-
zione di nomi, sulla base delle loro deinizioni, rispondendo a mere esigenze di coe-
renza interna del discorso, lobbes mantenne, come gia rileato, la coninzione ba-
coniana che la conoscenza, per essere scientiica, doesse in ultimo rilettere la natura
dell`oggetto. Cio comporto, nel De Corore e nel De ovive, l`esplicita distinzione tra
un sapere orte in cui l`oggetto e costruito a nostro arbitrio ,come accade nel caso
della matematica, della morale o della politica,, e un sapere che, pur ormalmente ri-
goroso, si onda su una rico.trviove solo ipotetica ,come nel caso delle scienze isi-
che,, non essendone stato l`oggetto istituito per conenzione. Diaricazione solo at-
tenuata dall`omogeneo ricorso esplicatio al vorivevto.
Convenzione
e ipotesi
Il Tractatus de intellectus emendatione e il dibattito storico sul problema
del metodo
La lunga digressione storica e serita a ornire alcune coordinate essenziali per la
comprensione delle pagine spinoziane, come aremo modo di eriicare anche nel
commentarle. Introduttiamente possiamo solo indicare alcuni interessanti momenti
di tangenza tra il nostro testo e la tradizione appena eocata.
La lettura del D.i.e. a emergere limpidamente la distanza teoretica e anche, almeno
per certi aspetti, culturale tra Spinoza e Bacone, maniesta soprattutto laddoe
l`olandese aronta il problema della erita e della sua forva ,69,, rigettando ogni a-
lutazione estrinseca dell`iaea rera e riducendo la erita alla adeguatezza logica. Si tratta
di passaggi in cui e inequiocabile il raiovati.vo spinoziano, la piena iducia nella po-
tenza dell`ivtettetto e nella sua capacita di selare, attraerso il coerente solgimento
della propria ri. ivvata, l`impianto normatio del reale. Una posizione in netta antitesi
Spinoza e
Bacone
20
con l`atteggiamento di sospetto erso le pretese di autonomia della ragione rispetto
alla esperienza, reiterato dal ilosoo inglese nel corpo del ^orvv Orgavov.
Inoltre, pur non prio di un caratteristico alato etico-religioso ,di marca purita-
na,, il progetto baconiano pare estraneo alla dialettica intelletto-salezza-letizia che
Spinoza imposta nelle pagine del 1ractatv. per compierla poi nell`tbica. Alla restaura-
zione del biblico patronato dell`uomo sulla natura, che Bacone propugnaa nella pre-
sentazione del proprio disegno culturale, interpretandolo poi nel senso di un ero
dominio tecnico a antaggio dell`uomo, Spinoza, che ben conoscea le tesi del iloso-
o inglese, preeria la comprensione dell`ordine totale della ^atvra e la gioia che sca-
turia dalla potenza di tale esercizio e dalla conseguente consapeolezza del radica-
mento in un assetto eterno e necessario, nella certezza che ossero condiisibili e
quindi teoricamente estensibili a una comunita.
D`altra parte, preso atto di queste ondamentali dierenze, e comunque innegabile
la presenza di Bacone nel retroterra culturale del D.i.e., in primo luogo per la proble-
matica della evrgatio, nei suoi diersi aspetti: liberazione dai pregiudizi del rotgo, o-
calizzazione delle distorsioni empiriche, conseguimento di un quadro oggettio della
realta. Spinoza e il Lord Cancelliere condiidono il conincimento che la mente possa
essere specchio edele del mondo, puro da incrostazioni ideologiche, partendo tutta-
ia da punti di ista radicalmente dierenti. Nel caso dell`olandese ogni teraia e rigo-
rosamente intrinseca alla mente e radicata nella rerita che essa e in grado di ormare ri
.va ivvata. Per l`inglese, inece, la epurazione dai pregiudizi presuppone l`idea di una
opacizzazione dell`intelletto, letteralmente da rivtire, ma anche quella della adegua-
zione della mente a un ordine estraneo, epistemicamente impegnatio da dominare.
Cosi Spinoza potea rimarcare come izio della ilosoia baconiana proprio la suppo-
sizione che l`intelletto .i ivgavvi ai .va .te..a vatvra, e sia strutturalmente instabile e por-
tato alle astrazioni
20
.
Bacone nel
D.i.e.
Sicuramente ispirato a Bacone e anche il programma di studi di Meccanica, Medi-
cina e Pedagogia, cui Spinoza accenna introduttiamente ,15,, e che, come puntual-
mente ha rileato Koyr
21
, troaa eco anche nei progetti dei gruppi rosacrociani di-
usi nell`area tedesca e dei Paesi Bassi. Un programma di rinnoamento del sapere
che puntaa tra l`altro a rendere la ita dell`uomo meno aticosa ,Meccanica,, meno
dolorosa e piu lunga ,Medicina,, secondo lo spirito di carita richiesto dal ilosoo in-
glese allo scienziato.
La conergenza su quel programma ci consente di coinolgere anche Descartes, a
sua olta, orse anche per i gioanili contatti con gli ambienti rosacrociani ,attraerso
il matematico tedesco laulhaber,, estensore di una proposta analoga nelle pagine del
suo Di.covr. ae ta vetboae. Koyr ha, credo giustamente, parlato, in rierimento ai tre
principali interpreti della problematica metodologica presenti nel testo, di un rappor-
Spinoza e
Descartes
20
) Spinoza, Epistolario, cit., p.41 [Ep. II, 1661].
21
) Spinoza, Trait de la rforme de lentendement, Paris, 1994, p.99.
21
to di ispirazione-contrasto da parte di Spinoza
22
: il giudizio ale soprattutto nel caso
di Descartes.
L`epistolario nel 1661 ,come abbiamo documentato in nota, registra, su sollecita-
zione di Oldenburg, un sintetico interento critico a proposito di Bacone e Descar-
tes: in orme piu distese e meno esplicite esso prosegue e si articola nel corso della
stesura del D.i.e., proponendo il conronto con il secondo da dierse angolazioni e
suggerendone dunque una alutazione piu complessa.
Pur senza mai citarlo, Spinoza dedica la parte centrale del proprio inedito a una
serrata contestazione dell`approccio cartesiano alla certea e alla rerita, riiutando in
particolare:
la estrinsecita tra rerita e vetoao: questo non e un mezzo che conduca a un rervv
estraneo rispetto all`intelletto, semmai una ria dischiusa dalla erita stessa ,in
quanto rilessione sulla iaea rera aata,,
Le critiche
di conseguenza, il ricorso a un criterio ,chiarezza e distinzione, con cui agliare,
a posteriori, il bagaglio delle nostre idee: la rerita si aermera, inece, in orza
della sua trasparenza intelligibile, come vorva ai .e .te..a, imponendosi per la
propria qualita logica,
l`appello strumentale al avbbio ,come si registra nel Di.covr. e, sistematicamente,
nella prima delle Meaitatiove., come scappatoia per la certea: introdotto come
artiizio, e dunque estrinseco rispetto alla singola idea, esso e destinato a perdu-
rare di ronte a una ricerca condotta disordinatamente, non potendo di per s
ungere da certiicante,
la presenza ambigua dell`idea di Dio: qualora essa osse intesa adeguatamente
non arebbe inatti senso l`ipotesi del aio ivgavvatore, d`altra parte essa e tale da
non garantire la erita a una idea che non la maniesti logicamente, n le idee
ormate adeguatamente dalla mente necessitano ulteriore aallo eritatio.
La contestualizzazione delle critiche nel corpo del commento consentira di aer-
rare meglio il senso delle contestazioni. Dal sommario ,per altro non meticoloso, si
puo comunque cogliere come Spinoza arontasse aspetti critici della proposta meto-
dologica cartesiana, a testimonianza della proonda insoddisazione. Guardando pero
al complesso dell`inedito, e altresi ero che non possono suggire le permanenze car-
tesiane, che sono non solo esteriori, ma anche di sostanza, tanto piu se coinolgiamo,
al di la delle opere citate ,Di.covr., Meaitatiove.,, l`importante rammento cartesiano sul
metodo, le Regvtae aa airectiovev ivgevii, che Spinoza potrebbe aer conosciuto re-
quentando gli ambienti olandesi icini al ilosoo rancese.
Permanenze
cartesiane
Il primo elemento che possiamo indiiduare certamente come cartesiano e rappre-
sentato dal lessico impiegato dall`autore. Non si tratta solo di un aspetto esteriore, dal
momento che l`impiego tecnico di aggettii come cbiaro e ai.tivto, o di sostantii come
iaea, nel clima culturale europeo del Seicento sottintendea le precisazioni e la concet-
22
) Op. cit., p.98.
22
tualita dei testi cartesiani. Questa impronta linguistica e senza dubbio una delle piu
consistenti proe della maturita solo relatia dell`opera.
Un secondo momento ormale che possiamo senz`altro indicare come cartesiano
,sebbene si presti anche a una triavgotaiove con la lezione metodologica baconiana, e
quello che piu direttamente si riscontra nella organizzazione della terza e quarta se-
zione del testo: la disposizione e articolazione del materiale da esaminare e il suo si-
stematico sondaggio, che assicurano il rigore dell`analisi e la consistenza delle sue
conclusioni. Corrispondono in larga misura alla evvveraiove teorizzata nelle Regvtae e
nel Di.covr. e praticata nelle Meaitatiove..
Anche l`impianto etico dello sorzo spinoziano, espresso nel programma di studi
sopra citato, puo richiamare direttamente le pagine del Di.covr., e la interpretazione
del senso dell`enciclopedia ilosoica nelle lettere preatie alla edizione rancese dei
Privciia bito.obiae, doe Descartes proponea, alla principessa Llisabetta, l`ideale
della .age..e, e all`abate Picot, con la amosa metaora dell`atbero aette .cieve, il primato
della vorate. Sebbene, poi, qualcuno abbia atto notare come l`istanza etica si sostanzi
diersamente nei due ilosoi: Descartes dee risolere il problema del caos del mon-
do, e la soluzione prospettata e quella della concentrazione nell`ordine interiore, per
Spinoza e inece centrale il superamento del caos interiore, cui il ilosoo proede
appropriandosi dell`ordine dell`unierso
23
.
Lssenziale alla logica interna del D.i.e. e poi la premessa dell`innatismo che cultu-
ralmente aicina i due pensatori, anche se, eriicandone le modalita, non e diicile
riscontrare le dierenze, in particolare legate alla interpretazione logico-dinamica ,ri-
erimento alla capacita dell`intelletto di dischiudersi autonomamente l`orizzonte del
ero, presentata nel testo, rispetto all`innatismo dei contenuti che per lo piu caratte-
rizza la posizione cartesiana.
1uttaia, a eocare il ilosoo rancese e soprattutto la risoluzione analitica intro-
dotta nei paragrai centrali del testo, che con il nesso tra .evticita e rerita ricorda mol-
to da icino il dettato delle regole dell`inedito cartesiano. 1eoreticamente il momento
e interessante non solo perch piu sistematicamente coinolge lessico e concettualita
cartesiani, ma anche perch presuppone:
l`eidenza del .evtice, la sua ineitabile isibilita per l`ivtettetto: un tema su cui
Descartes aea ripetutamente insistito nelle Regvtae,
la conseguente operatiita della mente sul .evtice, per costruire il covte..o, teo-
rizzata esplicitamente nel corpo delle regole cartesiane.
Inine, non meno rileante la presenza, nell`impianto generale ma anche nel tessu-
to piu minuto del D.i.e., della rilessione metodologico-epistemologica hobbesiana.
Molti paragrai sembrano ritagliati sulle pagine del De corore, e, in particolare, quando
Spinoza e
Hobbes
23
) H. Frankfurt, Two Motivations for Rationalismi: Descartes and Spinoza, in Human Nature and
Natural Knowledge, edited by A. Donagan, A.N. Petrovich Jr. and M.V. Wedin, Amsterdam,
1986, pp.47-61. Cit. da De Djin, op. cit., p.31.
23
si tratta di arontare i passaggi piu delicati, quelli sulla forva aetta rerita e sulla aefiviio
ve, il trapianto del modello genetico dell`autore inglese appare eidente.
A parte alcuni spunti cartesiani, cui si accennaa sopra a proposito dell`operazione
di ricomposizione del covte..o dal .evtice, il tema della costruzione o forvaiove
dell`idea e quindi della sua intrinseca adeguatezza si appoggia ,anche per le esemplii-
cazioni matematiche, al precedente delle deinizioni genetiche, con le quali il ilosoo
inglese proponea le norme di produzione dell`oggetto ,geometrico,, cosi da proce-
dere analiticamente alla deduzione delle proprieta. In tal senso la geve.i - in primo luo-
go linguistica, operata cioe tramite i simboli che garantiscono ordine nel caos
dell`esperienza, issandone e uniersalizzandone i dati nelle trame sintattiche - acea
perno sul concetto di moimento che ungea da omogeneizzante capace di saldare
l`ambito isico e quello logico, eitando cosi una sterile diaricazione di piani.
La stessa lezione hobbesiana sembra ribadita poi laddoe Spinoza, nella terza,
quarta e quinta sezione del D.i.e., insiste sulla autonomia della attiita ormatia
dell`intelletto: non solo la costruzione logica consente la trasparenza dell`oggetto e
delle sue proprieta, ancora piu al ondo, l`intelletto dischiude a se stesso l`orizzonte
della erita, in orza della propria linearita e coerenza. Pur potendosi su questo punto
speciico contestualmente eriicare la distanza dell`originale innatismo spinoziano
rispetto all`empirismo dell`inglese, e possibile collegare il libero esercizio dell`intelletto
alla creatiita da lobbes riconosciuta all`esercizio logico-linguistico, esplicantesi so-
prattutto nella realizzazione dell`ordine artiiciale della scienza.
24
Notizie biografiche
1632 Il 24 noembre Bento,Baruch,Benedictus De Spinoza nasce a
Amsterdam, iglio di un mercante della comunita ebraica portoghese.
1639 Spinoza inizia gli studi nella Scuola della Comunita giudaico-
portoghese di Amsterdam: studia la lingua ebraica e i testi dell`.vtico
1e.tavevto e il 1atvva.
1649 A seguito della morte del ratello Jshac, Bento e probabilmente
chiamato dal padre a collaborare alla attiita commerciale.
1654 Alla morte del padre la attiita e continuata da Bento e Gabriel.
1655 Lntra in contatto con il ilosoo deista Juan de Prado.
1656 Sospettato di eterodossia, iene sottoposto a indagine e subisce un
attentato a opera di un anatico. Il 2 luglio iene scomunicato.
1656-58 Contatti con esponenti di ari gruppi settari cristiani. Lntra alla
scuola di l. an den Lnden, doe orse solge anche la unzione di ri-
petitore. Studio delle opere di Descartes.
1658-9 Aia probabilmente la stesura del Korte 1erbavaetivg ,rere trattato,.
1660-1 Si traserisce a Rijnsburg. Probabile stesura del 1ractatv. ae ivtettectv.
evevaatiove.
1662 Rielabora la prima parte del rere trattato, nell`ambito di una tbica
preista in tre parti. Il De Deo comincia a circolare tra gli amici.
1663 Pubblica Revati De. Carte. Privciiorvv Pbito.obiae ar. c e i Cogi
tata Metab,.ica. Ricee da de \itt l`oerta una pensione annua. Si tra-
serisce a Voorburg.
1665 Inizia la stesura del 1ractatv. tbeotogicootiticv..
160 Pubblicazione del 1ractatv. tbeotogicootiticv.. Spinoza si traserisce a
L`Aja.
163 Initato a insegnare a leidelberg, Spinoza riiuta per timore di e-
dere limitata la sua liberta di ricerca.
164 Condanna da parte delle Corti di Olanda del 1ractatv. tbeotogico
otiticv., insieme al eriatbav di lobbes.
165 Spinoza si reca a Amsterdam per curare l`edizione dell`tbica, ma
rinuncia a causa dell`odio teologico.
166 Composizione del 1ractatv. otiticv.. Visita di Leibniz.
16 Muore a L`Aja. Pubblicazione delle Oere o.tvve in latino e in ne-
derlandese, con le sole iniziali, senza indicazioni sull`editore e sul luogo
di edizione.
Bibliografia
Per la presente traduzione mi sono serito del testo latino proposto nelle edizioni
piu recenti del 1ractatv. ae ivtettectv. evevaatiove, mettendole a conronto nei passaggi
piu delicati e eriicandone l`approccio alle due prime edizioni, latina e nederalndese.
In questo senso particolarmente utile si e rielato il testo preparato da Rousset, che
richiama nel corpo le arianti. lo mantenuto la numerazione e paragraazione ormai
tradizionali ,doute al Bruder, e l`uso delle maiuscole in alcuni casi ,Metoao, ^atvra,,
come praticato per lo piu dagli editori. La titolazione dei capitoli e mia, quella dei pa-
ragrai e ripresa dalla edizione di Rousset.
"#$%$&'$:
Spinoza, 1raite ae ta reforve ae t`evtevaevevt, texte, traduction et notes par A. Koyr,
Paris, 1994 ,ed. originale 193,.
Spinoza, 1raite ae ta reforve ae t`evtevaevevt, introduction, texte, traduction et com-
mentaire par B. Rousset, Paris, 1992.
Baruch de Spinoza, .bbavatvvg vber aie 1erbe..ervvg ae. 1er.tavae., neu bersetzt,
herausgegeben mit Linleitung und Anmerkungen ersehen on \. Bartuschat,
lamburg, 1993.
l. De Dijn, ivoa. 1be !a, to !i.aov, \est Laayette, 1996 |contiene il testo la-
tino edito da L. Curley con la traduzione dell`autore e il commento|.
Una bella traduzione italiana commentata e quella curata da M. Bert, Spinoza,
`evevaaiove aett`ivtettetto, Padoa, 1966.
Della sterminata bibliograia spinoziana cito solo i testi di carattere generale classi-
ci e quelli dedicati al tema speciico del 1ractatv..
()**$+
l.L. Allison, eveaict ae ivoa: .v vtroavctiov, New laen, 198
2
l. Alqui, e ratiovati.ve ae ivoa, Paris, 1981
l. Biasutti, a aottriva aetta .cieva iv ivoa, Bologna, 199
G. Campana, iberaiove e .atrea aett`vovo iv ivoa, Roma, 198
R.J. Delahunty, ivoa, London, 1985
G. Deleuze, re..iovi.v iv Pbito.ob,: ivoa, New \ork, 1992 ,ed. originale
rancese1968,
S. lampshire, ivoa, London, 1951
M. Messeri, `ei.tevotogia ai ivoa, Milano, 1990
l. Mignini, vtroaviove a ivoa, Roma-Bari, 1983
ivoa vet :0 .vvirer.ario aetta va.cita, a cura di L. Giancotti, Napoli, 1985
26
1be Cavbriage Covaviov to ivoa, edited by D. Garret, Cambridge, 1996
M. \alther, Metab,.i/ at. .vti1beotogie. Die Pbito.obie ivoa. iv Zv.avvevbavg
aer retigiov.bito.obi.cbev Probtevati/, lamburg, 191
l.A. \olson, 1be Pbito.ob, of ivoa, Cambridge Ma, 1983 ,ed. originale 1934,
S. Zac, a vorate ae ivoa, Paris, 192.
Di grande rilieo la raccolta di saggi in Studia Spinozana, Volume 2 ,1986,,
ivoa`. i.tevotog,, lannoer, 1986.
27
Trattato sulla emendazione dellintelletto
e sulla via migliore per giungere alla conoscenza vera delle cose
Avviso al lettore
[presente negli Opera Posthuma, 1677]
Questo trattato incompiuto sulla emendazione dell`intelletto, che qui ti oriamo, bene-
olo lettore, u composto dall`autore gia molti anni a. Lgli ebbe sempre in animo di
completarlo: tuttaia, impedito da altri impegni e rapito inine dalla morte, non pot
condurlo al ine sperato. Dal momento che esso contiene molte cose importanti e utili,
che per il sincero indagatore della erita, come non dubitiamo, saranno di non poco
conto, non abbiamo oluto priartene, e ainch non ti sia di peso condonare anche le
molte cose oscure, talora grette e non adeguatamente riiste, che sono presenti qua e la,
abbiamo oluto metterti sull`aiso, perch ne ossi a conoscenza. Addio.
29
Esordio: il fine generale dellopera
[1] Dopo che lesperienza mi ebbe insegnato che tutte le cose che frequente-
mente accadono nella vita comune sono vane e futili, constatando che tutte le cose
da cui temevo e che temevo, nulla avevano in s di bene o di male, se non nella
misura in cui lanimo ne risultasse mosso, stabilii infine di ricercare se si desse
qualcosa che fosse un vero bene, comunicabile, e dal quale soltanto, rigettato tutto
il resto, lanimo fosse affetto; se si desse qualcosa che, trovata e acquisita, potessi
godere con continua e suprema letizia, in eterno.
Esperienza e
ricerca
[2] Dico, stabilii infine: infatti a prima vista mi sembrava inconsulto rinunciare
a una cosa certa per una ancora incerta. Vedevo i vantaggi che si acquisiscono con
lonore e le ricchezze, e dalla cui ricerca ero costretto a trattenermi se intendevo
occuparmi seriamente di qualcosaltro di nuovo: mi rendevo conto che, se per ca-
so la suprema felicit fosse posta in quelli, ne sarei rimasto privo; se, in vero, ci
non fosse stato e io soltanto a quelli mi fossi dedicato, anche in tal caso mi sarei
privato della suprema felicit.
Necessit di
una scelta
[3] Rimuginavo, dunque, se non fosse possibile pervenire a una svolta nella
mia esistenza o almeno alla certezza di essa, senza mutare lordine e landamento
comune della mia vita: cosa che spesso tentai in vano. Infatti le cose che pi spes-
so accadono nella vita e tra gli uomini, come si pu evincere dalle loro opere, e
che sono stimate sommo bene, si riducono a queste tre, vale a dire ricchezze, ono-
re e piacere sensuale. Da esse la mente a tal punto distratta da non poter quasi
pensare ad altro bene.
[4] Cos, per quel che riguarda il piacere, essa ne talmente assorbita come se
riposasse in qualche bene: il che le impedisce massimamente di occuparsi di altro.
Ma al godimento segue una profonda tristezza, che se non assorbe completamente
la mente, tuttavia la scuote e la inebetisce. Daltra parte la mente non meno di-
stratta dalla ricerca degli onori e delle ricchezze, soprattutto quando
a
queste sono
ricercate per se stesse, dal momento che in tal caso sono considerate il sommo be-
ne:
[5] in vero la mente ancora pi distratta dallonore, ritenuto infatti sempre un
bene per s e un fine ultimo cui diretta ogni cosa. Inoltre in questo caso non si
d, come nel piacere, pentimento; al contrario, quanto pi si possiede delluno e
dellaltro, tanto pi aumenta la letizia e dunque sempre pi siamo sollecitati ad
aumentarli. Se invece in qualche caso la nostra speranza frustrata, allora sorge
a
Ci si potrebbe spiegare pi diffusamente e distintamente, distinguendo in altri termini le ric-
chezze che si ricercano per s o per onore o per il piacere o per la salute, e ancora per laumento
delle scienze e delle arti; ma ci riservato per il luogo opportuno, giacch questo non quello
pi adatto a una indagine cos accurata.
30
una profonda tristezza. Infine lonore di grande impedimento per il fatto che, per
conseguirlo, la vita deve necessariamente essere condotta secondo le abitudini de-
gli uomini, fuggendo in altre parole ci che il volgo fugge, e inseguendo quanto
esso insegue.
[6] Vedendo, quindi, che tutte queste cose ostacolavano la mia intenzione di
operare una svolta nella mia vita, e che erano a tal punto contrastanti da costrin-
germi a rinunciare o alluna o alle altre, fui obbligato a indagare che cosa fosse
per me pi utile, sembrandomi, come dissi, di voler lasciare un bene certo per uno
incerto. Tuttavia, dopo aver un po meditato sulla questione, trovai, in primo luo-
go, che se, tralasciati tali beni, mi fossi accinto a un nuovo corso della mia esi-
stenza, avrei trascurato un bene per sua natura incerto, come si pu evincere da
quanto detto, per uno incerto non per sua natura (cercavo infatti un bene stabile),
ma solo quanto al suo conseguimento.
Gli elementi
della scelta:
certo e incer-
to
[7] Cos, con assidua meditazione arrivai a concludere che quando avessi potu-
to deliberare seriamente avrei lasciato mali certi per un bene certo. Mi rendevo in-
fatti conto di versare in grave pericolo, e di essere costretto a cercare con tutte le
forze un rimedio, sebbene incerto: come lammalato sofferente di un morbo letale,
il quale gi preveda una fine certa a meno di non ricorrere a un rimedio, costret-
to a ricercarlo con tutte le forze, dal momento che in esso riposta ogni sua spe-
ranza. Le cose che il volgo segue, comunque, non solo non offrono alcun rimedio
alla nostra conservazione, ma addirittura la impediscono e sono frequentemente
causa della fine di coloro che le possiedono
b
, e sempre causa della fine di coloro
che da esse sono posseduti.
[8] Rimangono in effetti molti esempi di coloro che per le loro ricchezze soffri-
rono la persecuzione fino alla morte, e anche di coloro che per accumulare ric-
chezze si esposero a tanti pericoli, da pagare alla fine con la vita la propria stol-
tezza. N meno numerosi sono gli esempi di coloro che, per conseguire onore o
difenderlo, hanno sofferto miseramente. Impossibile infine ricordare il numero
degli esempi di coloro che, per leccessivo piacere, affrettarono la propria morte.
Loggetto
delladesione
[9] Mi sembrava dunque che tali mali fossero sorti da ci, che tutta la felicit o
infelicit fatta risiedere nella qualit delloggetto cui aderiamo con amore. Infat-
ti, a causa di ci che non si ama non nasceranno mai liti, non ci sar mai tristezza
quando venga meno, nessuna invidia, se altri lo possieda, nessun timore, nessun
odio e, per dirla in breve, nessuna commozione danimo. Il che invece accade
nellamore di quelle cose che possono passare, come quelle di cui abbiamo appe-
na parlato.
[10] Ma lamore per una cosa eterna e infinita nutre lanimo di sola letizia pri-
va di ogni tristezza: questo deve essere sommamente desiderato e ricercato con
b
Ci deve essere dimostrato pi accuratamente.
31
tutte le forze. Non senza motivo quindi ho usato questa espressione: quando aves-
si potuto deliberare seriamente. In effetti, sebbene con la mente percepissi queste
cose chiaramente, non riuscivo comunque, in ragione di ci, a deporre ogni avari-
zia, piacere e aspirazione alla gloria.
[11] Questo solo vedevo, che quanto pi la mente rimuginava intorno a questi
pensieri, tanto pi li avversava e seriamente rifletteva sulla nuova vita: il che fu
per me di grande sollievo. Infatti vedevo che quei mali non erano di tale natura da
non voler cedere ai rimedi. E sebbene allinizio quegli intervalli fossero rari e du-
rassero per brevissimo spazio di tempo, tuttavia, dopo che il vero bene mi divenne
sempre pi chiaro, tali intervalli si fecero pi frequenti e pi lunghi. Soprattutto
dopo che compresi come lacquisizione di ricchezze ovvero il piacere e la gloria
tanto pi sono di ostacolo quanto pi sono ricercati per s e non come mezzi per
altro. Se sono invece cercati come mezzi, avranno un limite e saranno quindi mi-
nimamente di ostacolo, contribuendo semmai considerevolmente al fine per cui
sono ricercati, come mostreremo a suo luogo.
La scelta
[12] Qui dir soltanto che cosa intenda per vero bene e insieme che cosa sia il
sommo bene. Per intendere ci rettamente, si deve osservare che bene e male non
si dicono che relativamente; cos una stessa cosa pu essere detta buona e cattiva
secondo diversi rispetti: lo stesso vale per perfetto e imperfetto. Niente, infatti,
considerato nella sua natura, si dir perfetto o imperfetto; soprattutto dopo che a-
vremo appreso che tutto accade secondo un ordine eterno e secondo certe leggi
della Natura.
Vero bene e
sommo bene
[13] Tuttavia, dal momento che la debolezza umana non comprende con il pro-
prio pensiero quellordine, e intanto luomo concepisce una certa natura umana di
gran lunga pi eccellente della propria e nello stesso tempo non vede nulla che gli
impedisca di acquisire una simile natura, sollecitato a cercare i mezzi che a tale
perfezione possano condurlo. Tutto ci che pu essere mezzo per giungervi, si de-
finisce vero bene; invece sommo bene giungere a godere di tale natura, se possi-
bile con altri individui. Quale sia quella natura mostreremo a suo luogo
c
, princi-
palmente essa la conoscenza dellunione che la mente ha con tutta la Natura.
[14] Questo dunque il fine a cui tendo: acquisire, in altre parole, una tale na-
tura e sforzarmi perch molti con me la acquisiscano; allora conforme alla mia
felicit adoperarmi affinch molti altri comprendano quanto io comprendo, e il lo-
ro intelletto e il loro desiderio convengano con il mio intelletto e il mio desiderio;
perch ci avvenga
d
, necessario intendere della Natura tanto quanto basta per
acquisire tale natura; quindi formare una comunit quale desiderabile perch il
Il piano di
lavoro
c
Queste cose saranno spiegate pi diffusamente a suo luogo.
d
Osserva che qui mi do cura soltanto di enumerare le scienze necessarie al nostro scopo, non mi
curo invece della loro serie.
32
maggior numero possibile di individui possa nel modo pi facile e sicuro perveni-
re a quella perfezione.
[15] Inoltre ci si deve occupare di Filosofia Morale, cos come di Pedagogia;
dal momento che la Salute non mezzo da poco per raggiungere quello scopo,
anche lintera Medicina sar da coltivare; poich poi con arte molte cose difficili
sono rese facili, per cui possiamo guadagnare molto tempo e agio nella vita, non
si dovr neppure trascurare la Meccanica.
[16] Ma prima di tutto sar necessario escogitare un modo per emendare
lintelletto e purificarlo, per quanto possibile allinizio, per comprendere felice-
mente le cose senza errore e nel miglior modo possibile. Da tutto ci qualcuno po-
tr rendersi conto che intendo dirigere tutte le scienze a un unico fine e scopo
e
,
quello, in altri termini, di pervenire a quella suprema perfezione umana di cui ab-
biamo detto. Cos, quanto nelle scienze non contribuisce al nostro fine, andr ri-
gettato come inutile, cio, per dirla in breve, tutte le nostre operazioni e i nostri
pensieri sono da concentrare su quel fine.
[17] Ma, dal momento che, mentre curiamo di conseguirlo e ci occupiamo di
condurre lintelletto sulla retta via, necessario vivere, siamo costretti a porre an-
zi tutto alcune regole di vita e a supporle come valide:
Regole di
vita
I. Parlare alla portata del volgo e compiere tutte quelle azioni che non com-
portino impedimenti al conseguimento del nostro scopo. Infatti possiamo
acquistare non poco giovamento, se conveniamo con il comune intendi-
mento, per quanto possibile: si aggiunga che in tal modo troveremo orec-
chie disponibili allascolto della verit.
II. Godere dei piaceri per quel tanto sufficiente a conservare la salute.
III. Infine ricercare le ricchezze o qualunque altra cosa nella misura in cui so-
no necessarie alla vita e alla conservazione della salute, e per imitare i co-
stumi della comunit che non siano in contrasto con il nostro scopo.
Commento
Questa prima parte del testo doea, in origine, probabilmente ungere da proe-
mio generale all`ivtegrvv ov.cvtvv annunciato a Oldenburg nella i.tota VI ,1661,:
La solennit
del proemio
Quanto poi alla nuoa questione che oi mi ponete, e cioe in che modo le cose ab-
biano cominciato a esistere e qual sia il nesso che le mantiene in dipendenza dalla prima
causa, intorno a questo argomento, oltre che intorno alla riorma dell`intelletto, ho gia
composto tvtto vv ov.coto, nella cui trascrizione e correzione sono attualmente occupa-
to
1
.
e
Il fine nelle scienze uno solo, al quale tutte sono da dirigere.
33
Cio implicaa, secondo le ipotesi discusse nella nostra introduzione, presentare
un`opera dalla struttura agile ,ov.cvtvv, ma piu complessa rispetto al trattato incom-
piuto che ci apprestiamo a commentare, scandita da un momento catartico-
metodologico e da uno ontologico. Il respiro e la solennita delle prime pagine si giu-
stiicano in tale prospettia.
Alcune notazioni sono subito possibili. Intanto non puo non colpire il tono auto-
biograico dell`apertura
2
, anche, o orse soprattutto, per le assonanze cartesiane. Lp-
pure gia il rilieo e.i.teviate consente di marcare uno scarto rispetto al precedente del
Di.cor.o .vt vetoao. Inatti, mentre nell`operetta del 163, premessa di una pubblica-
zione scientiica, il senso del richiamo alla propria esperienza personale era da rin-
tracciarsi nell`esemplarita del passaggio attraerso alcune delle stazioni cardinali della
cultura a caaliere tra Cinquecento e Seicento, sia per ocalizzarne le insuicienze,
sia, conseguentemente, per mappare la propria ricerca nell`orizzonte intellettuale del
nuoo secolo, mettendone in alore il contributo, l`esordio spinoziano tende ad as-
sumere una orte alenza etica, coinolgendo appassionatamente la dimensione esi-
stenziale e la sua signiicazione, tanto da poter essere interpretato come testimonian-
za della conersione ilosoica che porto l`autore alla rottura con gli ambienti della
ortodossia ebraica
3
La diversa
funzione del
richiamo
biografico in
Descartes e
Spinoza
Cosi, al centro della ricostruzione dell`Olandese non troiamo la delusione per la
educazione riceuta all`interno di una istituzione scolastica prestigiosa, n un esame
delle incompatibilita delle arie discipline tradizionali o della loro sterilita: il De ivtettec
tv. evevaatiove si apre con una covfe..iove, quella dell`inconsistenza dei presunti bevi per-
seguiti nel corso di una ita, e con un ivegvo, quello di ricercare l`eentuale esistenza
di un rero beve ,rervv bovvv,, da godere iv etervo ,iv aetervvv,.
Limpronta
etica del
D.i.e.
Non che questo alato etico osse assente del tutto dai testi cartesiani: la sesta par-
te del Di.cor.o e la lettera all`abate Picot, che ungea da preazione alla traduzione
rancese dei Privciia bito.obiae ,164,, rielano, anzi, tanto una preoccupazione u-
manitaria quanto una inalizzazione morale del disegno scientiico. L`arbor .cievtiarvv
proposto esemplarmente per riassumerne la articolazione muoea da radici vetafi.i
cbe, si strutturaa su un tronco fi.ico per poi ramiicarsi eicacemente nella operosita
delle discipline dipartimentali ,da cui poteano cogliersi i rutti,, sorastate da Mecca
vica, Meaiciva e Morate. A cio potremmo anche aggiungere che in Descartes, come in
Spinoza, agia eidentemente un modello, quello baconiano ,cui i due autori si rap-
portaano in modo dierente,, che, con la sua stima del ruolo caritateole dello
scienziato in soccorso e a sostegno dell`umanita, aea concorso a rideinire le coor-
dinate dell`indagine scientiica all`interno di un orizzonte di senso etico e orse reli-
gioso, tenuto conto delle probabili implicazioni puritane
4
.
Dopo aer parzialmente richiamato la cornice culturale in cui l`esordio spinoziano
potrebbe inserirsi, bisogna subito ribadirne la peculiarita. Cio che in particolare risalta
sin dalle prime battute e il rilieo che per l`autore assume, nella rilettura della propria
Peculiarit
dellesordio:
lesigenza di
salvezza
34
e.erieva, la qvatita dell`esistenza. Da un lato si delinea cosi l`ambito della utilita e
ragilita degli accidenti quotidiani, caratterizzati dalla relatiita e dalla intrinseca insta-
bilita aloriale, dall`altro l`esigenza di orientare la propria ita su qualcosa di intrinse-
camente consistente, capace di assicurare .vvva taetitia: in questo senso, come ha pla-
sticamente sintetizzato un interprete autoreole, l`e.igeva fovaavevtate ai ivoa e e.i
geva ai .atrea
5
.
1uttaia, oggetto della lunga introduzione spinoziana non e il etusto tema del ae
rero bovo et ae covtevtv vvvai
6
, ma la disamina esistenziale della incertezza connessa ai
beni solo apparenti e della progressia emersione della decisione per l`eternita del
.ovvo beve. Lssa si traduce nella conessione delle proprie esitazioni, del drammatico
spessore temporale della interiore, indecisa meditazione, scandita nei suoi momenti
classici: la percezione della anita nelle ricchezze, nella gloria e nei piaceri, la presa di
coscienza del costante ondeggiare della ita tra uggeoli soddisazioni e .vvva tri.ti
tia. Da tale angolatura mi pare si possa istituire un accostamento, per altro gia pratica-
to
| 35|.
In questo senso la erita e segno di se stessa: dire erita equiale a dire iaea aaegvata,
in altri termini essenza oggettia ormata secondo il potere natio della mente ,si
parlera di iaea rera una olta considerata in relazione al suo ideato, | 36|.
Allora il vetoao non consistera, cartesianamente, nella ricerca aet .egvo aetta rerita dopo
la acquisizione delle idee, piuttosto coincidera con la ia lungo la quale la rerita ,cioe
l`e..eva oggettira o idea, e perseguita secondo l`oraive proprio della ri. vatira della
mente | 36|.
Lsso non si risolera comunque negli atti con cui le essenze oggettie sono ormate
dalla mente, rappresentando semmai il segnaia per la loro eicace e concentrata
realizzazione ,nel ragionamento e nella intellezione, | 3|.
In conclusione il vetoao non e altro che la rifte..iove sull`iaea rera ,dunque iaea iaeae,,
originariamente connessa con la capacita ormatia della vev., che rielandone la
struttura e l`ordine garantisce l`adeguato siluppo della erita stessa | 38|.
56
Cosi deinito il metodo, Spinoza prosegue precisandone la portata e la pere-
zione: presupponendo una struttura logica complessa, espressione della com-
plessita della realta, il vetoao, come rifte..iove sulla ri. dell`intelletto, risultera tan-
to migliore quanto piu attento alle implicazioni tra le idee, potendone aerrare
e siluppare ulteriormente l`ordine. Questa e la ragione per cui, in ultima anali-
si, la conoscenza rilessia dell`idea dell`v. erfecti..ivvv, cioe dell`idea che e in
s onte di tutte le altre, consentira alla mente di intendere, al massimo grado e
allo stesso tempo, se stessa ,nel pieno dispiegamento della propria capacita, e la
^atvra ,riprodotta integralmente a partire dalla propria origive,, riuscendole
quindi piu semplice dirigersi eicacemente | 38-41|.
Alla luce di quanto sostenuto, e in particolare dell`equazione tra bvov vetoao e ri-
lessione sull`iaea rera aata, l`autore puo, nella seconda parte del capitolo, aan-
zare alcune possibili obiezioni:
non risulta, inatti, contraddittorio doer argomentare tale posizione, nel momen-
to in cui si sono diese normatiita, eidenza e origivarieta dell`iaea rera In realta, se
si procedesse secondo la regola dell`idea era, ricaando le idee nell`ordine adegua-
to, mai si dubiterebbe, appunto perch la rerita vavife.ta .e .te..a ,e quindi anche il
also,. 1uttaia tale linearita e rara, dal momento che gli uomini sono per lo piu
assueatti ai pregiudizi, dunque immersi nelle socature della immaginazione e nel-
le illusorie certezze dei primi due generi di percezione. Sara allora necessario ri-
chiamare, deliberatamente e propedeuticamente, dalla dispersione, proponendo un
bvov ragiovavevto e la erita stessa: in altre parole, ragionando bene a partire
dall`idea era data | 43-46|.
L quale posizione assumere, poi, nella eentualita di una contestazione scettica, di
un disconoscimento di quella erita originaria e di ogni altra possibilita eritatia
Spinoza risponde in modo molto reciso, pescando ampiamente dalla tradizione.
Lo scetticismo, coerentemente portato aanti, condurrebbe, inatti, a insolubili
diicolta, paralizzando e ammutolendo il suo stesso sostenitore, rendendo impos-
sibile ogni tentatio di conronto | 4-48|.
In conclusione, il vetoao dora:
consentire di separare le idee ere dalle altre,
ornire la regola per procedere adeguatamente a nuoe scoperte,
garantire che cio aenga nel rispetto dell`ordine, cosi da non disperdere inutilmen-
te la orza del nostro intelletto | 49|.
Una eriica dei contenuti sinteticamente proposti eidenziera l`assoluta dominan-
za del tema della rerita e della sua vavife.taiove. Prendendo le mosse dalla conclusione
e insistendo sull`accostamento, gia in precedenza introdotto, a Agostino, potremmo
riscontrare nelle pagine spinoziane una ripresa del platonismo di ondo che aea
guidato la polemica antiscettica del Covtra .ccaaevico. , con la tesi essenziale del radi-
camento dell`anima nella erita ,in quel caso, teologicamente connotata,. L`Olandese
solge il tema in una prospettia razionalistica
8
che, accanto alla chiara iducia nelle
autonome possibilita dell`intelletto, presuppone il quadro metaisico ,cui l`autore si-
stematicamente rinia come alla via ito.ofia, che sara determinato nell`tbica.
Il manife-
starsi della
verit
In particolare non puo suggire che il rierimento alla ri. vatira della vev. implica
una attiita di ricostruzione delle trame logiche dell`ordine della realta che rispecchia
e presuppone le posizioni esplicitate in tbica, II, prop. VII: orao, et covveio iaearvv
Vis nativa e
verit
57
iaev e.t, ac orao, et covveio rervv. Cosi la concezione dell`idea come espressione, pre-
sentazione dell`oggetto nel linguaggio e nella sintassi del pensiero, che abbiamo ritro-
ata implicita in alcuni passaggi del testo, si inserisce all`interno della distinzione tra la
.o.tava ,unica e ininita, e i suoi attribvti ,che ne esprimono l`ininita essenza,, e del
cosiddetto ,impropriamente, aratteti.vo degli attributi ,per cui, nella loro espressione
che aiene attraerso i voai, ininiti e initi, essi si corrispondono, non rappresen-
tando che dierse traduzioni dello stesso ordine eterno e ininito,.
A queste due prospettie e strettamente connesso il tema della ivvaveva aetta reri
ta all`intelletto, oero, dell`ivvati.vo. In Spinoza non si puo parlare di innatismo nel
senso di una mente ricettacoto inerte di idee che abbiano altra origine da essa
9
,come
accadea nella 1era Meaitaiove cartesiana a proposito dell`idea di Dio,. Nelle pagine
appena lette non registriamo tanto innatismo nei contenuti della mente quanto auto-
nomia nella sua attiita. La ricerca del ero non conduce l`intelletto al di uori di s,
semmai lo riduce alla sua ri. vatira: l`iaea rera e il primo laoro orgiato dall`intelletto
10
.
Questo comporta anche che nel testo l`innatismo non sia incolato a una prospettia
teologica, imponendosi piu genericamente, per arriare solo in un secondo tempo
all`idea dell`v. erfecti..ivvv.
Linnatismo
Aidato al proprio intrinseco dinamismo e concentrato sulla propria logica im-
manente, l`intelletto e in grado di dischiudersi l`orizzonte della erita attraerso idee
logicamente necessarie, e di perseerare nella erita solgendone le implicazioni.
Come rielano i 39-41, Spinoza concepisce l`attiita ideatia della mente come di-
spiegantesi per rigorose concatenazioni, secondo un peretto isomorismo con le
complesse articolazioni del reale. Attendere alla conoscenza dell`Lnte perettissimo
signiica siluppare il reticolo logico ino alla condizione assoluta espressa da quella
idea: perch, anche in questo caso, non e l`esistenza di Dio a produrre nella mente
l`idea era di Dio, essa piuttosto non sarebbe possibile se non appartenesse alla natu-
ra dell`essere pensante ormare pensieri eri
11
.
Cio consente, tra l`altro, di puntualizzare un passaggio spesso rainteso del discor-
so spinoziano. Il vetoao, in quanto iaea iaeae, non richiede necessariamente l`idea
dell`ente perettissimo, ma puo istituirsi a partire da qualsiasi idea era: il bvov vetoao
scaturira appunto da tale rilessione, mentre solo il vetoao erfetto presupporra l`idea di
Dio. Il riconoscimento delle note intrinseche della erita consente un piu adeguato
rispecchiamento delle possibilita della mente e dunque un sistematico sceeramento
tra immaginazione e intelletto. Dal momento che la presa di coscienza da parte della
mente e tanto piu precisa quanto piu intensa l`applicazione eritatia, anche il vetoao
risultera tanto piu peretto quanto piu ampio lo spettro logico della conoscenza ,
39-40,. Come ha osserato Koyr, in questo passaggio e in gioco un principio on-
damentale del cartesianesimo: la perezione oggettia di una idea e una unzione della
perezione ormale del suo oggetto. 1uttaia esso iene utilizzato in unzione anti-
cartesiana: l`intelletto conosce e riconosce se stesso nell`esercizio cognitio, la sua e
una conoscenza di s conseguita rilessiamente e non intuitiamente
12
.
Metodo e
idea di Dio
Si instaura insomma un circolo irtuoso tra covo.ceva e avtorifte..iove da parte della
mente, che ede al centro il vetoao, in quanto consapeolezza delle proprie orze e
capacita di condursi secondo l`ordine proprio della erita, ma anche l`idea dell`v.
erfecti..ivvv, nella quale si saldano la massima potenza dell`intelletto, la sua massima
Conoscenza
e riflessione
58
trasparenza e la onte prima di ogni ordine, logico e ontologico. Ma questo indica, al-
lora, che il vetoao non e vva ormula, alida una olta per tutte, piuttosto un conge-
gno intellettuale che si adatta e applica ai piu diersi lielli della ricerca:
|Il metodo| e uno strumento che si siluppa e solge sottilmente, scoperto nella no-
stra rilessione sul progresso reale della comprensione, e che indirizza a ulteriore com-
prensione, in una sorta di gioco dialettico
13
.
C`e inine un ultimo punto del testo che e necessario riprendere in sede di com-
mento: il tema dell`oraive. Lsso concorre a rideinire anche i termini del rapporto con
Descartes. La polemica che abbiamo intraisto risulta globalmente attenuata in con-
siderazione della centralita che la rilessione sull`oraive ricopre per la determinazione
del vetoao. Il nesso ombelicale cosi istituito sembra inatti riprendere puntualmente le
tesi cartesiane delle Regvtae aa airectiovev ivgevii ,composte negli anni 1620-8 e per de-
cenni circolanti manoscritte,, doe la ria scaturia dalla meditazione della erita ma-
tematica, la quale consentia di cogliere in trasparenza le possibilita cognitie della
mente e dunque gli spazi e le modalita dell`assistenza. Spinoza non e cosi reciso
nell`indiiduazione del modello di erita ,sebbene gli esempi siano per lo piu mate-
matici, come e acile riscontrare,, ma ribadisce che nella considerazione della erita la
dimensione logica priilegiata e quella dell`ordine secondo cui si articola la originaria
attiita ideatia della mente. Il metodo dorebbe in eetti estrapolare tale ordine,
arne prendere piena coscienza, cosi che l`intelletto possa poi ulteriormente solgerlo
in nuoe scoperte. Inoltre, proprio come nelle Regvtae cartesiane, il tema, cosi ricco di
implicazioni ontologiche, era arontato nel 1ractatv. ae ivtettectv. evevaatiove in una
prospettia soprattutto logica, che riniaa ancora genericamente alla ito.ofia
dell`autore per il proprio inquadramento metaisico.
Metodo e
ordine
Scheda: il problema del metodo nei Principi della filosofia di Cartesio
I Revati De. Carte. Privciiorvv Pbito.obiae Par. c , pubblicati, con l`appendice
Cogitata Metab,.ica, e la preazione di L. Meyer ,che in un certo senso ne era stato an-
che curatore, aendo emendato il latino ancora incerto dell`autore e annotato a mar-
gine i Cogitata, nel 1663, riestono una certa importanza nel panorama della produ-
zione spinoziana dal momento che:
illustrano il cruciale conronto con la ilosoia e il metodo cartesiani,
anno intraedere gli interessi e la direzione della ricerca dell`Olandese,
testimoniano l`approccio di lettura a un classico del pensiero contemporaneo,
consentendo dunque di rilearne perspicacia e limiti.
Al di la dell`interesse speciico, il testo, unica opera pubblicata sotto il nome di
Spinoza, suscita curiosita proprio per la preazione di Meyer, approata dall`autore,
nella quale si aronta esplicitamente il problema del vetoao. Meyer, inatti:
delinea la ondamentale distinzione tra vetoao vatevatico, con il quale si dimo-
strano le conclusioni in base a deinizioni, postulati e assiomi, e un attro meto-
do, che solge il suo compito con deinizioni e diisioni concatenate, mescolate
a discussioni e spiegazioni ,un probabile rierimento alla dialettica ramista,,
sottolinea che ogni conoscenza certa e .ataa di una cosa sconosciuta puo essere
dedotta solo da precedenti conoscenze certe,
59
riconosce che la base per una solida impresa cognitia e rappresentata da aefivi
iovi, o.tvtati e a..iovi, che garantiscono una gestione chiara del linguaggio e la
perspicuita dei ondamenti della ricerca.
1uttaia, accanto al rilieo dato alla orza del vetoao vatevatico rispetto alla debo-
lezza dei tentatii dialettici, la preazione insiste anche su un altro aspetto, quello delle
dierse concezioni di tale approccio vatevatico gia rimarcate da Descartes:
una avatitica ,documentata nella esposizione cartesiana, che vo.tra ta rera ria er
veo aetta qvate vva co.a e .tata .coerta vetoaicavevte e qva.i a riori,
una .ivtetica che, attraerso le premesse sopra ricordate, costringe anche
l`interlocutore piu testardo all`assenso.
Secondo Meyer, sebbene in entrambi i casi la certezza assicurata sia uori discus-
sione, la ruibilita delle due rie e diersa: cosi, rispetto alla conusione e al disorienta-
mento regnanti tra i seguaci del rancese, il rigore e la cogenza dell`oraive .ivtetico sono
auspicati come eicace .occor.o.
1
) Spinoza, Epistolario, cit., p.186.
2
) De Dijn, op.cit., p.39.
3
) F. Biasutti, La dottrina della scienza in Spinoza, Bologna, 1979, pp.70-1.
4
) Op. cit., p.79.
5
) Spinoza, Epistolario, cit., pp.253-4.
6
) D. Garrett, Truth and ideas of imagination in the Tractatus de intellectus emendatione, in
<<Studia Spinozana>>, 2, 1986, pp.68-9.
7
) Annotazione di Bert in Spinoza, Lemendazione dellintelletto, cit., p.82.
8
) Una lettura dei paragrafi iniziali di questa sezione in chiave anti-scettica quella proposta da
R.J. Delahunty in Spinoza, London, 1985, pp.12 ss.
9
) Biasutti, op. cit., p.70.
10
) Ibidem.
11
) Op. cit., p.75.
12
) Spinoza, Trait de la rforme de lentendement, texte, traduction et notes par A. Koyr, Paris,
1994, p.104.
13
) De Djin, op. cit., p.87.
60
La prima parte del Metodo
[50] Cominciamo dunque dalla prima parte del Metodo, che , come abbiamo
detto, distinguere e separare lidea vera dalle altre percezioni, e trattenere la mente
cos che non confonda quelle false, fittizie e dubbie con le vere. comunque mia
intenzione spiegare qui diffusamente, per impegnare i lettori nella meditazione di
una cosa tanto necessaria e anche perch sono numerosi coloro che dubitano per-
fino del vero, dal momento che non hanno atteso alla distinzione tra una percezio-
ne vera e tutte le altre. Essi si presentano allora come quegli uomini che da svegli
non dubitavano di essere svegli; ma dopo che una sola volta, dormendo, come
spesso accade, ritennero in sogno di essere svegli, per accorgersi pi tardi che ci
era falso, finirono con il dubitare anche del loro stato di veglia. Ci accadde per-
ch non avevano mai distinto tra sonno e veglia.
La prima
parte del
Metodo
[51] Nel frattempo avverto che qui non intendo spiegare lessenza di ogni per-
cezione e illustrarla attraverso la sua causa prossima, dal momento che ci riguar-
da la Filosofia, piuttosto discuter soltanto su quel che il Metodo richiede, in altre
parole su cosa verta la percezione fittizia, falsa e dubbia, e sui modi per liberarci
da ciascuna di esse. Si esamini per prima lidea fittizia.
[52] Poich ogni percezione o di una cosa, in quanto considerata esistente, o
di una semplice essenza e dal momento che le finzioni pi frequenti riguardano le
cose considerate esistenti, parler in primo luogo di questa; quando cio si finge
la sola esistenza e la cosa che in tale atto si finge compresa o si suppone sia
compresa. Per esempio, fingo che Pietro, che conosco, vada a casa, mi venga a
trovare e cose simili
r
. Qui chiedo su che cosa possa vertere una tale idea. Mi ren-
do conto che essa pu vertere solo sulle cose possibili, non certamente sulle ne-
cessarie, n sulle impossibili.
Idee fittizie
riguardanti
lesistenza
[53] Chiamo impossibile una cosa la cui natura implichi contraddittoria la sua
esistenza; necessaria una cosa la cui natura implichi contraddittoria la sua non esi-
stenza; possibile una cosa la cui esistenza, per sua natura, non implichi contraddit-
torio, n che esista n che non esista, ma la necessit o impossibilit della cui esi-
stenza dipendano da cause a noi ignote, sin tanto che fingiamo la sua esistenza.
Dunque, se la sua necessit o impossibilit ci fosse nota, non potremmo fingere
nulla a suo riguardo.
Possibilit e
impossibilit
[54] Da ci segue che se ci fosse un qualche dio o un qualche essere onniscien-
te, non potrebbe affatto fingere alcunch. Dal momento che, per quanto ci riguar-
da, dopo aver conosciuto di esistere
s
non posso fingere n di esistere n di non e-
sistere; n posso fingere un elefante che passi per la cruna di un ago; n dopo aver
r
Vedi pi avanti quel che annoteremo sulle ipotesi che sono da noi intese chiaramente; ma la fin-
zione consiste nel fatto che affermiamo che esse esistano cos nei corpi celesti.
s
Perch la cosa si fa evidente da s, concesso che sia compresa, sar sufficiente un solo esempio,
senza altre dimostrazioni. Lo stesso vero della sua contraddittoria, che per risultare falsa baster
sia presa semplicemente in considerazione, come apparir subito, quando parleremo della finzione
riguardante la essenza.
conosciuto la natura di Dio
t
, posso fingere che esista o non esista. Lo stesso si de-
ve intendere di una chimera, la cui natura implica che non esista. Da ci risulta
quanto ho detto: che la finzione, di cui qui stiamo parlando, non tocca le verit e-
terne
u
. Mostrer anche subito che nessuna finzione coinvolge le verit eterne.
[55] Tuttavia prima di procedere oltre, qui si deve osservare che la stessa diffe-
renza che esiste tra la essenza di una cosa e la essenza di unaltra esiste anche tra
la attualit o esistenza di quella cosa e la attualit o esistenza dellaltra. Cos che
se volessimo concepire, per esempio, la esistenza di Adamo soltanto per mezzo
della esistenza generale, sarebbe come se, per concepire la sua essenza, attendes-
simo alla natura dellessere, cos da definire, in conclusione, Adamo un ente.
Dunque quanto pi generalmente si concepisce la esistenza, tanto pi confusa-
mente la si concepisce, e tanto pi facilmente si pu attribuirla fittiziamente a una
qualunque cosa. Per converso, quando la concepisce pi dettagliatamente, essa
allora concepita anche pi chiaramente, e pi difficilmente si pu riferirla fitti-
ziamente a qualcosa di diverso, anche quando accade che non attendiamo
allordine della Natura. Il che degno di nota.
Lesistenza
particolare
[56] Ora si devono considerare quelle cose che comunemente sono dette fin-
zioni, sebbene ci si renda conto che la cosa non in s come la fingiamo. Per e-
sempio, nonostante io sappia che la terra rotonda, nulla vieta comunque che dica
a qualcuno che la terra un emisfero, come una mezza arancia su un piatto, o che
il sole si muove intorno all terra, e simili. Se facciamo attenzione a ci, non trove-
remo nulla di incompatibile con quanto gi detto, ammesso che si sia consapevoli
del fatto che talvolta abbiamo potuto sbagliare e consci ora dei nostri errori; allora
possiamo fingere, o almeno ritenere, che altri uomini siano nello stesso errore o
possano cadervi, come noi in precedenza. Possiamo fingere ci, dico, nella misura
in cui non vediamo necessit o impossibilit alcuna. Perci quando dico a qualcu-
no che la terra non rotonda ecc., non faccio altro che richiamare alla memoria
lerrore che, forse, feci o in cui potei cadere, quindi fingo, o penso, che colui a cui
dico ci sia ancora o possa cadere nello stesso errore. Come ho gi detto, posso
fingere ci sin tanto che non veda impossibilit o necessit alcuna: se avessi com-
preso ci non avrei potuto ulteriormente fingere alcunch e soltanto si sarebbe
dovuto dire che avevo fatto qualcosa.
Le finzioni
[57] Rimangono ora da notare quelle cose che si suppongono nei problemi; il
che talvolta accade anche per le impossibili. Quando diciamo, per esempio: sup-
poniamo che questa candela ardente ora non arda, o supponiamo che essa arda in
qualche spazio immaginario, ovvero dove non si danno corpi. Cose del genere
qualche volta sono supposte, sebbene si intenda chiaramente che questa ultima
cosa impossibile; ma quando ci accade nulla propriamente si finge. Infatti, nel
Supposizioni
e ipotesi
t
Nota che sebbene molti sostengano di dubitare dellesistenza di Dio, essi comunque non ne han-
no che il nome, ovvero fingono qualcosa che chiamano Dio; ci non si accorda con la natura di
Dio, come mostrer a suo luogo.
u
Per verit eterna intendo quella che, se affermativa, non potr mai essere negativa. Cos la pri-
ma e eterna verit che Dio esiste, non invece verit eterna che Adamo pensa. Che la chi-
mera non esiste verit eterna, non invece che Adamo non pensa.
62
primo caso non ho fatto altro che richiamare alla memoria unaltra candela non
accesa
x
(o la stessa concepita senza fiamma), e ci che penso di quella candela in-
tendo anche di questa, nella misura in cui non faccio attenzione alla fiamma. Nel
secondo caso non si fa altro che astrarre il pensiero dai corpi circostanti, per con-
centrare la mente sulla contemplazione della sola candela, considerata solo in se
stessa, per concludere poi che la candela non ha causa per la propria distruzione.
Tanto che se non ci fossero corpi circostanti, questa candela, e anche la fiamma,
rimarrebbero immutabili o cose simili. Qui non c dunque finzione, ma vere e
pure asserzioni
y
.
[58] Passiamo ora alle finzioni che concernono le sole essenze oppure essenze
con qualche attualit o esistenza. La pi importante considerazione a riguardo
che quanto meno la mente intende e quante pi cose percepisce, tanto maggiore
la sua potenza di fingere; quante pi cose comprende, tanto pi quella potenza
diminuita. Per esempio, come abbiamo visto sopra, non possiamo fingere di pen-
sare e di non pensare, sin tanto che pensiamo, cos pure, dopo aver conosciuto la
natura del corpo, non possiamo fingere una mosca infinita; oppure, dopo aver co-
nosciuto la natura dellanima
z
, non possiamo fingere che essa sia quadrata, sebbe-
ne tutto pu dirsi a parole. Ma, come dicemmo, quanto meno gli uomini conosco-
no la Natura, tanto pi facilmente possono fingere molte cose; come che gli alberi
parlino, che gli uomini si trasformino improvvisamente in pietre, in fonti, che ap-
paiano spettri negli specchi, che il nulla diventi qualcosa, e anche che gli dei si
mutino in bestie e uomini, e infinite altre cose del genere.
Idee fittizie
riguardanti
le essenze
[59] Qualcuno, forse, penser che la finzione sia limitata dalla finzione, ma non
dalla intellezione; cio, dopo che ho finto qualcosa e ho voluto con una certa li-
bert ammettere che esista cos in natura, ci comporta che poi non si possa pen-
sarlo in altro modo. Per esempio, dopo aver finto (per parlare come loro) che la
natura del corpo sia tale, e aver voluto, nella mia libert, persuadere me stesso che
La finzione e
il suo limite
x
Dopo, quando parleremo di finzione che concerne le essenze, apparir chiaro che la finzione non
rende o presenta alla mente mai qualcosa di nuovo: ma che solo quelle cose che sono nel cervello
o nellimmaginazione sono insieme richiamate alla memoria, e la mente attende contemporanea-
mente a esse in modo confuso. Sono richiamati, ad esempio, alla memoria il linguaggio e lalbero:
dal momento che la mente attende a essi confusamente senza distinguere, ritiene che lalbero parli.
La stessa cosa si intende a proposito della esistenza, particolarmente quando, come abbiamo detto,
concepita generalmente come essere. Poich allora facilmente si applica contemporaneamente a
tutto ci che occorre nella memoria. Ci veramente degno di essere notato.
y
Lo stesso si deve intendere anche per le ipotesi che sono avanzate per spiegare certi moti, che
concordano con i fenomeni celesti; eccetto che quando si applicano ai moti celesti si ricava da essi
la natura dei cieli, che potrebbe tuttavia essere diversa, specialmente perch per spiegare tali moti
si possono concepire molte altre cause.
z
Accade spesso che un uomo richiami a memoria questo termine, anima, e allo stesso tempo
formi qualche immagine corporea. Ma dal momento che queste due cose sono rappresentate in-
sieme, facilmente concede di immaginare e fingere unanima corporea: perch non distingue il
nome dalla cosa stessa. Qui chiedo ai miei lettori di non affrettare la confutazione di queste cose;
il che, come spero, non faranno, ammesso che attendano il pi accuratamente possibile agli esem-
pi, e, contemporaneamente, alle cose che seguono.
63
realmente essa esista cos, non ulteriormente possibile fingere una mosca infini-
ta, e dopo aver finto lessenza dellanima non posso pi fingerla quadrata, ecc.
[60] Ma questo deve essere esaminato. In primo luogo: o negano o concedono
che noi possiamo comprendere qualcosa. Se lo concedono, allora necessariamente
quanto affermano a proposito della finzione dovr essere anche ribadito per
lintellezione. Ma se lo negano, spetta a noi, che sappiamo di sapere qualcosa, ve-
rificare che cosa abbiano da dire. Evidentemente, affermano che lanima possa
sentire e percepire in molti modi, non se stessa, n le cose che esistono, ma solo
quelle che non sono n in essa n in alcun luogo; in altre parole, che lanima possa
in virt della propria forza creare sensazioni o idee, che non sono delle cose; tanto
da considerarla in tal senso come Dio. Inoltre affermano che noi, ovvero la nostra
anima abbia una tale libert da costringere noi stessi, o se stessa e addirittura la
sua stessa libert. Infatti, dopo che ha finto qualcosa e le ha concesso lassenso,
non pu pensarla o fingerla in nessun altro modo, ed costretta da quella finzione
a pensare anche le altre cose in modo da non confliggere con la prima finzione.
Dal momento che qui sono costretti, per la loro finzione, le cose assurde che qui
riferisco, non ci affaticheremo a confutarle con alcuna dimostrazione.
[61] Ma lasciandoli nei loro deliri, avremo cura di ricavare dalle parole scam-
biate con loro qualcosa di vero per il nostro scopo, cio
a
: quando la mente attende
a una idea fittizia e per sua natura falsa, cos da considerarla attentamente e com-
prenderla, e ne ricavi in buon ordine le cose da dedursi, facilmente ne paleser la
falsit. E se la cosa fittizia vera per sua natura, allora quando la mente attende a
essa, cos da comprenderla, e comincia a dedurne in buon ordine le cose che ne
seguono, felicemente proceder senza alcuna interruzione, come abbiamo visto
che della falsa finzione, appena citata, lintelletto subito riuscito a mostrare
lassurdit sua e delle altre cose dedotte.
Attenzione e
ordine
[62] Non si dovr quindi temere di fingere qualcosa, se solo percepiamo chia-
ramente e distintamente la cosa: infatti, se per caso dovessimo sostenere che gli
uomini improvvisamente si sono mutati in bestie, ci si direbbe molto generica-
mente, tanto che non sarebbe dato alcun concetto, cio idea o coerenza di soggetto
e predicato nella mente. Se infatti fosse dato, la mente vedrebbe contemporanea-
mente il mezzo e le cause, per cui e perch tale cosa stata fatta. Perci non si at-
tende alla natura del soggetto e del predicato.
Idee chiare e
distinte
[63] Inoltre, ammesso che la prima idea non sia fittizia e che da essa si deduca-
no tutte le altre idee, a poco a poco svanir lurgenza di fingere; poi, dal momento
che lidea fittizia non pu essere chiara e distinta, ma soltanto confusa, e che ogni
confusione procede dal fatto che la mente conosce solo parzialmente un cosa inte-
ra, o composta da molte altre, e non distingue il noto dallignoto; e poi perch at-
Semplici e
composte
a
Sebbene possa sembrare che io ricavi ci dallesperienza e qualcuno possa dire che non nulla,
perch manca una prova, se ne vuole una pu invece ottenerla. Giacch non pu esserci nulla in
natura contrario alle sue leggi, e tutto accade piuttosto secondo certe sue leggi, cos che tutte le
cose producono i loro certi effetti secondo certe leggi, in una concatenazione irreversibile, ne se-
gue che quando lanima concepisce veramente una cosa, procede a formare gli stessi effetti ogget-
tivamente. Si veda sotto, dove parlo della idea falsa.
64
tende contemporaneamente, senza alcuna distinzione, ai molti elementi contenuti
in ogni cosa. Da ci segue in primo luogo, che se lidea di una cosa semplicis-
sima, non potr che essere chiara e distinta. Quella cosa infatti non potr essere
conosciuta in parte ma tutta intera, oppure per nulla.
[64] Segue, in secondo luogo, che se la cosa composta di molti elementi viene
divisa nel pensiero in tutte le sue parti semplicissime e si attende a ognuna di esse
separatamente, ogni confusione svanir. In terzo luogo segue che una finzione non
pu essere semplice, ma che risulta dalla composizione di diverse idee confuse,
che sono idee di diverse cose e azioni esistenti in Natura; o meglio dalla simulta-
nea attenzione
b
, senza assenso, a tali idee diverse. Infatti, se fosse semplice sareb-
be chiara e distinta, e conseguentemente vera. Se fosse il prodotto della composi-
zione di idee distinte, sarebbe chiara e distinta, e quindi vera, anche la loro com-
posizione. Per esempio, quando abbiamo conosciuto la natura del cerchio e anche
la natura del quadrato, non possiamo comporli e fare il cerchio quadrato o lanima
quadrata e cose simili.
[65] Concludiamo ancora brevemente e vediamo perch in nessun modo sia da
temere che la finzione venga confusa con le idee vere. Infatti, quanto alla prima di
cui abbiamo in precedenza parlato, cio quando si concepisce chiaramente, ci ren-
diamo conto che se quella cosa che concepita chiaramente, e anche la sua essen-
za verit di per s eterna, su di essa non potremmo fingere nulla. Ma se
lesistenza della cosa concepita non verit eterna, si deve solo aver cura di con-
frontare lesistenza della cosa con la sua essenza, e di attendere contemporanea-
mente allordine della Natura. Per quanto riguarda invece la seconda finzione -
che abbiamo detto essere simultanea attenzione, senza assenso, a diverse idee con-
fuse di diverse cose e azioni esistenti in Natura - abbiamo visto anche che una co-
sa semplicissima non pu essere finta ma intesa, cos come una composta, quando
si attenda alle parti semplicissime di cui composta. Infine non possiamo fingere
per le stesse cose alcuna azione che non sia vera. Infatti saremo allo stesso tempo
costretti a considerare come e perch un tal fatto accada.
Riassunto
[66] Cos comprese queste cose, passiamo ora allesame dellidea falsa, per ve-
dere su che cosa verta e in che modo da parte nostra si possa evitare di cadere in
false percezioni. Il che in entrambi i casi non sar ormai per noi difficile, dopo
lindagine dellidea fittizia. Infatti tra loro non data altra differenza se non che
questa suppone assenso, cio (come abbiamo gi notato) che non si mostri causa,
mentre se ne ha rappresentazione, da cui si possa ricavare, come fingendo, che es-
sa non sia sorta da cose esterne, e che non sia quasi altro che sogno a occhi aperti,
ossia da svegli. Dunque lidea falsa concerne o (per dir meglio) si riferisce
allesistenza della cosa, la cui essenza conosciuta, ovvero alla essenza, analo-
gamente alla idea fittizia.
Idee false:
definizione e
analisi
b
Nota che la finzione, considerata in se stessa, non differisce molto dal sogno, se non che nei so-
gni non si danno le cause che appaiono ai desti per ausilio dei sensi, e da cui deducono che quelle
rappresentazioni non derivano in quel momento da cose esterne. Lerrore invece, come sar subito
evidente, sognare mentre si veglia; e, se ci davvero manifesto, vien detto delirio.
65
[67] Quella che si riferisce alla esistenza si emenda allo stesso modo della fin-
zione: infatti se la natura di una cosa suppone lesistenza necessaria, impossibile
che ci sbagliamo sulla sua esistenza. Ma se lesistenza della cosa non verit e-
terna, come la sua essenza, e la sua necessit o impossibilit di esistere dipende
piuttosto da cause esterne, allora intendi tutto cos come abbiamo sostenuto trat-
tando della finzione. Si emenda infatti allo stesso modo.
[68] Per quanto riguarda laltra, che si riferisce alle essenze oppure alle azioni,
tali percezioni sono sempre necessariamente confuse, composte da diverse perce-
zioni confuse di cose esistenti in Natura, come quando gli uomini sono persuasi
che ci siano divinit nei boschi, nelle immagini, negli animali e in altre cose; che
ci siano corpi dalla cui sola composizione si costituisca lintelletto; che i cadaveri
ragionino, camminino, parlino; che Dio si inganni e simili. Tuttavia le idee che
sono chiare e distinte non possono mai essere false: infatti le idee di cose che sono
concepite chiaramente e distintamente o sono semplicissime, oppure composte di
idee semplicissime, cio dedotte da idee semplicissime. Che in vero una idea
semplicissima non possa essere falsa, ciascuno potr verificare, ammesso che sap-
pia che cosa sia il vero, ossia lintelletto, e insieme che cosa sia il falso.
[69] Infatti, per quanto riguarda ci che costituisce la forma del vero, certo
che il pensiero vero si distingue da quello falso non solo per una denominazione
estrinseca, ma soprattutto per una intrinseca. Infatti se qualche artigiano concep
ordinatamente una costruzione, sebbene tale costruzione mai sia esistita, e neppu-
re mai sia destinata a esistere, nondimeno il pensiero di essa vero, e il pensiero
lo stesso sia che la costruzione esista o no. Daltra parte se qualcuno afferma che
Pietro per esempio esiste, ma non sa che Pietro esiste, quel pensiero rispetto a lui
falso, o, se si preferisce, non vero, anche se Pietro esiste davvero. N questa
affermazione Pietro esiste vera, se non rispetto a colui che per certo sa che Pie-
tro esiste.
La forma del
vero
[70] Da ci segue che nelle idee si d qualcosa di reale, per cui le vere si di-
stinguono dalle false. Questo appunto sar ora da investigare, per avere la norma
pi efficace della verit (dal momento che abbiamo sostenuto di dover determina-
re i nostri pensieri secondo la norma dellidea vera data, e che il metodo cono-
scenza riflessiva), e per conoscere le propriet dellintelletto. N si deve dire che
questa differenza sorga dal fatto che il pensiero vero conoscere le cose attraver-
so le loro cause prime: in questo certamente differirebbe assai dal falso, come ho
spiegato sopra. Pensiero vero, infatti, si dice anche quello che implica oggettiva-
mente lessenza di qualche principio che non ha causa, e si conosce per s e in s.
[71] Perci la forma del pensiero vero deve essere posta nello stesso pensiero
senza relazione a altro, n riferimento alloggetto come causa, ma deve dipendere
dalla stessa potenza e natura dellintelletto. Infatti, se supponiamo che lintelletto
abbia percepito qualche nuovo ente, che non mai esistito, - come alcuni concepi-
scono lintelletto di Dio prima della creazione (percezione che non pu essere sor-
ta da alcun oggetto) -, e da tale percezione ne ricavano legittimamente altre, tutti
quei pensieri sarebbero veri e non determinati da alcun oggetto esterno, ma dipen-
derebbero dalla sola potenza e natura dellintelletto. Perci quanto costituisce la
La potenza
dellintelletto
66
forma del pensiero vero da ricercare nello stesso pensiero e da dedurre dalla na-
tura dellintelletto.
[72] Per investigare ci poniamo attenzione a una idea vera qualunque, il cui
oggetto sappiamo con massima certezza dipendere dalla forza del nostro pensiero,
e non avere esistenza in Natura. In tale idea, come risulta da quanto abbiamo gi
affermato, sar pi facile procedere allindagine secondo le nostre intenzioni. Per
esempio, per formarmi il concetto di sfera fingo a piacere la causa, cio che un
semicerchio ruoti intorno al centro e dalla rotazione abbia cos origine la sfera.
Questa idea certamente vera, e anche se sappiamo che nessuna sfera in Natura
sia mai sorta cos, questa comunque una percezione vera, e il modo pi facile
per formarsi il concetto di sfera. Ora si deve notare che questa percezione afferma
che un semicerchio ruota, la quale affermazione sarebbe falsa se non fosse unita al
concetto di sfera, ovvero a una causa determinante tale moto, e lo sarebbe assolu-
tamente se questa affermazione fosse isolata. Infatti la mente tenderebbe a affer-
mare il solo moto del semicerchio, che non contenuto nel concetto di semicer-
chio, n deriva dal concetto della causa determinante il moto. Perci la falsit
consiste solo in ci, che di una cosa si afferma qualcosa, che non contenuto nel
concetto che abbiamo formato della cosa, come il moto o la quiete di un semicer-
chio. Ne segue che pensieri semplici non possono che essere veri; per esempio,
lidea semplice di un semicerchio o di un movimento o di una quantit ecc. Qua-
lunque affermazione queste idee contengano, essa corrisponde al loro concetto, n
si estende oltre; perci per noi possibile formare idee semplici a piacimento,
senza alcuna tema di errore.
La definizio-
ne genetica
[73] Rimane quindi soltanto da indagare con quale potenza la nostra mente
possa formarle e fino a che punto tale potenza si estenda. Infatti, una volta scoper-
to ci facilmente vedremo a quale conoscenza massima possiamo arrivare. cer-
to, in vero, che questa sua potenza non si estende allinfinito: infatti, quando di
una cosa affermiamo qualcosa che risulti estraneo al concetto che di essa ci for-
miamo, si rivela un difetto della nostra percezione, sia che abbiamo pensieri o i-
dee per cos dire mutili e tronchi. In effetti ci rendemmo conto che il moto del se-
micerchio falso, quando isolato nella mente, ma vero se collegato al concetto
della sfera o al concetto di una causa determinante tale moto. Che se proprio
della natura dellente pensante, come appare a prima vista, formare pensieri veri o
adeguati, allora certo che le idee inadeguate hanno origine in noi solo da ci,
che siamo parte di un ente pensante, di cui alcuni pensieri costituiscono comple-
tamente la nostra mente, altri solo parzialmente.
I limiti della
potenza: idee
inadeguate
[74] Ma dobbiamo ancora considerare qualcosa che non valsa la pena notare
a proposito della finzione, e che origina il massimo inganno: quando accade che
alcune cose registrate nella immaginazione siano anche nellintelletto, cio che
siano concepite chiaramente e distintamente. Perch allora, nella misura in cui il
distinto non viene distinto dal confuso, la certezza, cio lidea vera mescolata
allindistinto. Per esempio, alcuni Stoici udirono per caso la parola anima e anche
che lanima immortale, immaginando ci in modo confuso. Essi immaginavano
anche, e nello stesso tempo concepivano, che i corpi pi sottili penetrano tutti gli
Intelletto e
immagina-
zione
67
altri, senza essere a loro volta penetrati. Immaginando tutte queste cose contempo-
raneamente e per la certezza che accompagnava questo assioma, essi si convince-
vano subito che quei corpi sottilissimi fossero la mente e che non potessero essere
divisi ecc.
[75] Ma ci libereremo anche da ci, nella misura in cui ci sforzeremo di esami-
nare tutte le nostre percezioni secondo la norma della idea vera data, facendo at-
tenzione, come dicemmo allinizio, alle percezioni che ricaviamo per sentito dire
o per esperienza vaga. Inoltre, tale inganno ha origine dal fatto che concepiscono
le cose troppo astrattamente: infatti sufficientemente chiaro per s che io non
posso applicare a altro ci che concepisco nel suo vero oggetto. Infine, origina
anche dal fatto che non concepiscono gli elementi primi dellintera Natura, per
cui, procedendo senza ordine, e confondendo la Natura con le astrazioni (seppur
veri assiomi), confondono se stessi e sconvolgono lordine della Natura. Da parte
nostra invece, procedendo il meno astrattamente possibile, e cominciando dagli
elementi primi, cio dalla fonte e dalla origine della Natura, il prima possibile, in
nessun modo tale inganno dovr essere temuto.
La conoscen-
za secondo
lordine del-
la Natura
[76] Per quanto attiene invece alla conoscenza dellorigine della Natura, non ci
si deve minimamente preoccupare di una sua possibile confusione con astrazioni;
infatti, quando qualcosa concepito astrattamente, come accade per tutti gli uni-
versali, questi sono concepiti nellintelletto sempre pi ampiamente di quanto in
vero possano esistere in Natura i loro particolari. Quindi, dal momento che in Na-
tura ci sono molte cose la differenza tra le quali cos minima da sfuggire quasi
allintelletto, pu facilmente accadere (se sono concepite astrattamente) che siano
confuse. Ma giacch lorigine della Natura, come dopo verificheremo, non pu
essere concepita n astrattamente n universalmente, e non si pu estendere pi
ampiamente nellintelletto che nella realt, n ha alcuna somiglianza con le cose
mutevoli, non si deve temere alcuna confusione a riguardo, ammesso che si abbia
la norma della verit. Si tratta certamente di un ente unico
z
, infinito, cio tutto
lessere e oltre esso
a
.
[77] Fin qui abbiamo parlato dellidea falsa. Rimane ora da indagare lidea
dubbia, cio da verificare quali siano quelle cose che possono indurci in dubbio, e,
allo stesso tempo, come si rimuove il dubbio. Intendo il dubitare vero nella mente,
non ci che comunemente vediamo accadere quando qualcuno dice a parole di
dubitare, sebbene la sua mente non dubiti. Non infatti compito del Metodo e-
mendare questa situazione; ma riguarda piuttosto lindagine della pertinacia e la
sua emendazione.
Lidea dub-
bia
[78] Non c dunque alcun dubbio nellanima a causa della cosa stessa di cui si
dubita; cio, se c nellanima soltanto una idea, vera o falsa che sia, non ci sar
n dubbio n certezza, ma solo tale sensazione. Infatti, in se stessa, questa idea
z
Questi non sono attributi di Dio che mostrino la sua essenza, come mostrer nella mia Filosofia.
a
Questo gi stato mostrato sopra. Se infatti un tale ente non esiste, non potr mai essere prodot-
to; perci la mente potrebbe comprendere pi cose di quelle che la Natura produce, cosa che sopra
abbiamo riconosciuto essere falsa.
68
non altro che tale sensazione: il dubbio sorger invece da unaltra idea, non cos
chiara e distinta da poterne concludere qualcosa di certo circa la cosa di cui si du-
bita. In altre parole lidea che ci ha gettati nel dubbio non chiara e distinta. Per
esempio, se qualcuno non ha mai pensato alla fallacia dei sensi, per esperienza o
per qualunque altro modo, mai avr il dubbio se il sole sia pi grande o pi picco-
lo di quanto appare. Cos i contadini sono generalmente sorpresi quando sentono
che il sole molto pi grande del globo terrestre. Ma il dubbio sorge riflettendo
sulla fallacia dei sensi. Cio si sa che i sensi talvolta hanno ingannato, ma lo si sa
solo in modo confuso. Infatti non si sa in che modo i sensi ingannano; e se qual-
cuno dopo il dubbio avr acquisito una vera conoscenza dei sensi e di come per
loro tramite le cose sono rappresentate a distanza, allora il dubbio di nuovo eli-
minato.
[79] Da ci segue che non possiamo revocare in dubbio le idee vere perch for-
se esiste un qualche Dio ingannatore, il quale ci inganna persino nelle cose assolu-
tamente certe, se non nella misura in cui manchiamo di una idea chiara e distinta
di Dio. Cio, se attendiamo alla conoscenza che abbiamo della origine di tutte le
cose e non troviamo nulla che ci insegni che quello non ingannatore - con la
stessa conoscenza con cui, attendendo alla natura del triangolo, troviamo che i
suoi tre angoli sono uguali a due retti - [allora il dubbio rimane]. Ma se abbiamo
una conoscenza di Dio quale abbiamo del triangolo, allora ogni dubbio tolto.
Come possiamo pervenire a tale conoscenza del triangolo, sebbene non sappiamo
per certo se qualche supremo ingannatore ci inganni, cos possiamo allo stesso
modo pervenire a una tale conoscenza di Dio, sebbene non sappiamo per certo se
ci sia un supremo ingannatore. Ammettendo che si abbia quella conoscenza, essa
sar sufficiente a togliere, come ho detto, ogni dubbio che possiamo avere sulle
idee chiare e distinte.
Dubbio e
verit
[80] Inoltre se qualcuno procede rettamente nellindagine di ci che si deve ri-
cercare per primo, senza interruzione nella concatenazione delle cose, e sa come
siano da determinare i problemi prima di accingersi alla loro conoscenza, non po-
tr avere che idee certissime, cio chiare e distinte. Infatti il dubbio non altro
che sospensione nellanimo riguardo a qualche affermazione o negazione, che af-
fermerebbe o negherebbe se non capitasse qualcosa la cui ignoranza renda imper-
fetta la conoscenza della cosa. Da cui si evince che il dubbio sorge sempre dal fat-
to che le cose sono esaminate senza ordine.
Ordine e
dubbio
[81] Queste sono le cose che promisi di discutere in questa prima parte del Me-
todo. Ma per non omettere nulla di quel che possa guidare alla conoscenza
dellintelletto e delle sue forze, discuter anche brevemente della memoria e
delloblio, dove massimamente da tenere in considerazione che la memoria
corroborata sia a opera dellintelletto sia senza il suo aiuto. Infatti per quel che ri-
guarda il primo aspetto, quanto pi una cosa intelligibile, tanto pi facilmente
viene ricordata; al contrario, quanto meno intelligibile, tanto pi facilmente
dimenticata. Per esempio, se rivolgo a qualcuno un gran numero di parole scon-
nesse, egli le ricorder con maggiore difficolt che se rivolgessi le stesse in forma
di narrazione.
Memoria e
oblio
69
[82] Ma la memoria corroborata anche senza il soccorso dellintelletto, in vir-
t della forza con cui limmaginazione o il senso che si dice comune sono affetti
da una cosa corporea singolare. Dico singolare perch limmaginazione affetta
solo da cose singolari. Infatti se qualcuno ha letto solo una storia damore, la ri-
corder molto bene, nella misura in cui non ne legga molte altre dello stesso gene-
re, in quanto allora essa presente da sola nella immaginazione: tuttavia se molte
dello stesso genere sono presenti, le immaginiamo tutte insieme e sono facilmente
confuse. Dico anche corporea perch limmaginazione affetta solo dai corpi.
Essendo dunque la memoria corroborata dallintelletto e anche senza lintelletto,
possiamo allora concludere che qualcosa di diverso dallintelletto, e che a ri-
guardo dellintelletto in s considerato non vi si possono trovare n memoria n
oblio.
[83] Che cosa sar allora la memoria? Nientaltro che sensazione delle impres-
sioni del cervello, insieme al pensiero di una determinata durata
d
della sensazio-
ne; il che mostra anche la reminiscenza. Infatti in essa lanima pensa a quella sen-
sazione, ma non con continua durata. Cos lidea di tale sensazione non la durata
stessa della sensazione, cio proprio la memoria. Se in vero le idee stesse soffrano
qualche corruzione verificheremo nella Filosofia. E se questo sembra a qualcuno
cosa molto assurda, sar sufficiente per il nostro proposito che egli pensi che
quanto pi una cosa singolare tanto pi facilmente viene ricordata, come
lesempio citato della commedia evidenzia. Inoltre, quanto pi una cosa intelli-
gibile, tanto pi facilmente viene ricordata. Per cui non potremo non ricordare le
cose massimamente singolari e analogamente intelligibili.
[84] Cos, dunque, abbiamo distinto tra lidea vera e le altre percezioni, e ab-
biamo mostrato che le idee fittizie, false e le altre hanno la propria origine dalla
immaginazione, cio da certe sensazioni fortuite e (per cos dire) slegate, che non
sorgono dalla stessa potenza della mente, ma da cause esterne, quando il corpo,
nel sonno o nella veglia, riceve vari moti. Ovvero, se si preferisce, si prenda qui
per immaginazione quel che si vuole, purch sia qualcosa di diverso
dallintelletto, donde lanima riveste un ruolo passivo. Lo stesso vale per qualsiasi
cosa tu scelga, dopo che si sappia che qualcosa di vago e indeterminato, da cui
lanima patisce, e contemporaneamente si sappia anche in che modo liberarcene
per opera dellintelletto. Perci nessuno si meravigli nemmeno che qui non provi
ancora che esiste un corpo e altre cose necessarie, e tuttavia parli di immaginazio-
ne, del corpo e della sua costituzione. Come ho detto, infatti, non importa che co-
sa prenda qui in considerazione, dopo aver saputo che qualcosa di vago e inde-
terminato ecc.
Immagina-
zione e intel-
letto
[85] Abbiamo comunque mostrato che lidea vera semplice o composta di
semplici, quel che essa mostra, come e perch esista o sia prodotto qualcosa, e che
i suoi effetti obiettivi procedono nellanima secondo la ragione formale del suo
Idea vera e
semplicit
d
Questo gi stato mostrato sopra. Se infatti un tale ente non esiste, non potr mai essere prodot-
to; perci la mente potrebbe comprendere pi cose di quelle che la Natura produce, cosa che sopra
abbiamo riconosciuto essere falsa.
70
oggetto. Questa la stessa cosa che sostennero gli antichi, cio che la vera scienza
procede dalle cause agli effetti; sennonch mai, per quel che so, concepirono, co-
me qui abbiamo fatto, che lanima agisca secondo certe leggi, quasi come un au-
toma spirituale.
[86] Di qui, per quanto fu lecito allinizio, abbiamo acquisito notizia del nostro
intelletto e una tale norma dellidea vera che ora non temiamo di confondere le
idee vere con le false o le fittizie. Neppure ci meraviglieremo del perch com-
prendiamo certe cose che in nessun modo cadono sotto limmaginazione, perch
altre sono nella immaginazione pur essendo in contrasto con lintelletto; perch,
infine, altre convengano con lintelletto. Infatti sappiamo che quelle operazioni da
cui sono prodotte le immaginazioni, accadono secondo altre leggi, assolutamente
diverse dalle leggi dellintelletto, e che nella immaginazione lanima ha solo un
ruolo passivo.
[87] Di qui risulta anche quanto facilmente possono cadere in grandi errori co-
loro che non distinsero accuratamente tra immaginazione e intellezione. In questi,
ad esempio: che lestensione debba essere in un luogo; che debba essere finita;
che le sue parti siano realmente distinte reciprocamente; che sia primo e unico
fondamento di tutte le cose; che occupi pi spazio in un momento che nellaltro e
molte altre cose del genere, che assolutamente contrastano la verit, come mostre-
remo a suo luogo.
[88] Inoltre, essendo le parole parte della immaginazione, cio fingendo noi
molti concetti in quanto sono composti nella memoria per qualche indeterminata
disposizione del corpo, non si deve allora dubitare che le parole come
limmaginazione possano essere causa di molti e grandi errori, se non ce ne guar-
diamo con grande attenzione.
Linguaggio e
immagina-
zione
[89] Inoltre sono costituite secondo arbitrio e capacit del volgo, cos che sono
solo segni di cose in quanto si trovano nellimmaginazione, non in quanto sono
nellintelletto. Ci chiaro per il fatto che alle cose che sono solo nellintelletto e
non nella immaginazione imposero nomi spesso negativi, come incorporeo, infini-
to ecc., e anche molte altre cose che sono in realt affermative esprimono negati-
vamente, e al contrario, come increato, indipendente, infinito, immortale ecc. Per-
ch immaginiamo molto pi facilmente i contrari di questi e quindi per primi essi
occorsero ai primi uomini, usurpando i nomi positivi. Affermiamo e neghiamo
molte cose perch la natura delle parole, ma non delle cose, consente di affermare
e negare ci. Cos, ci ignorando, assumeremo facilmente qualcosa di falso per
vero.
[90] Evitiamo inoltre unaltra grande causa di confusione che impedisce
allintelletto di riflettere su se stesso: quando non distinguiamo tra immaginazione
e intellezione, riteniamo che le cose che pi facilmente immaginiamo siano per
noi pi chiare, e pensiamo di intendere quel che immaginiamo. Per cui ci che
da posporre anteponiamo, pervertendo cos il vero ordine da seguire per progredi-
re, senza raggiungere alcun risultato legittimo.
Immagina-
zione e intel-
lezione
71
Commento
Il lungo capitolo, che solge la prima parte del programma metodologico, corri-
spondente approssimatiamente al punto ,2, della lettera ,10`6`1666, a Bouwmee-
ster, in precedenza esaminata, puo essere sommariamente sintetizzato nei seguenti
punti:
Sintesi del
capitolo
il primo compito del metodo dora essere quello di distinguere e separare l`idea
era dalle altre percezioni. Un compito che l`autore intende solgere con pun-
tualita a uso dei lettori, per sollecitare una considerazione attenta dei requenti
raintendimenti e dei pregiudizi | 50|.
Iniziando dalla iaea fittiia rierita alla esistenza, Spinoza sottolinea come tale
inzione possa silupparsi solo relatiamente alle cose o..ibiti ,la cui esistenza
quindi non e n necessaria n impossibile,: quando ci osse nota l`impossibilita
di una cosa, non potremmo a suo riguardo ingere nulla | 52|.
D`altra parte, anche quando si perde di ista lo scarto essenziale tra un ente e
l`altro e si tende indiscriminatamente a raccoglierli e poi acile attribuire itti-
ziamente all`uno e all`altro l`esistenza: quanto piu dettagliata e la nozione
dell`esistente, tanto piu diicile e il rierimento di quella esistenza a qualcosa di
dierso | 55|.
La inzione suppone dunque il disconoscimento della necessita o della impos-
sibilita, oero la socatura propria dell`astrazione o ancora, come accade in
ambito scientiico, una era e propria intenzione propositia, per cui inece di
iaee fittiie doremmo parlare di asserzioni o ipotesi | 56-5|.
Passando a considerare le inzioni riguardanti le e..eve, Spinoza sottolinea il
rapporto inersamente proporzionale tra intelligenza e potenza di ingere: que-
sta e tanto maggiore quanto meno la mente intende di ronte a un ampio cam-
pionario di percezioni. Come nel caso precedente, l`ordine e la necessita ,oppu-
re la impossibilita, azzerano tale potenza | 58|.
In questo senso non si dee credere che la inzione sia limitata da altra inzio-
ne: essa in realta termina laddoe inizia l`intellezione. Ogni inzione si dissole
in presenza di percezioni chiare e distinte. Cosi, applicando la mente a una idea
ittizia per sua natura alsa e solgendola con rigore, si potra acilmente pale-
sarne la alsita | 59-61|.
Dal momento che l`idea ittizia non puo che essere conusa, e che ogni conu-
sione segue a una conoscenza parziale dell`intero, l`idea di una cosa semplicis-
sima sara necessariamente chiara e distinta | 63|.
Spinoza puo cosi arriare a una prima, interlocutoria indicazione di metodo per
annullare lo spazio della inzione: per quanto riguarda le essenze, si dora ana-
lizzare la cosa composta nei suoi elementi semplici, per quanto riguarda le esi-
stenze, si dora inece cercare di ricondurre l`esistenza della cosa alla sua es-
senza e al complesso dell`ordine della Natura | 64-65|.
La trattazione delle iaee fat.e srutta i risultati della analisi precedente. Idea itti-
zia e idea alsa sono inatti accomunate dal atto di presentare le cose dior-
72
memente rispetto alla loro realta: tuttaia alla prima non diamo l`assenso che
inece non acciamo mancare alla seconda | 66|.
Di conseguenza gli accorgimenti da introdurre per salaguardarsi dalle idee al-
se sono gli stessi precedentemente delineati. Le idee chiare e distinte non po-
tranno mai esser alse: dunque e da escludere la alsita delle idee semplici e di
quelle da esse dedotte | 6-68|.
Il nesso tra semplicita e erita impone una approssimazione al problema della
erita, che riprende e approondisce quanto gia emerso nel capitolo precedente.
La cogitatio rera si distingue da quella alsa per una notazione intrinseca al pen-
siero stesso: la erita di una idea non dipende dalla sua corrispondenza
all`oggetto esterno, ma dalla qualita della sua produzione. a forva aet ev.iero re
ro aere aievaere aatta .te..a oteva e vatvra aett`ivtettetto | 69-1|.
A conerma di cio Spinoza introduce l`esempio del concetto di sera, prodotto
dalla rotazione di un semicerchio: l`ordine e la coerenza della costruzione assi-
curano la trasparenza razionale del concetto, quindi la sua erita, a dispetto del
atto che nessuna sera in Natura sia mai stata prodotta allo stesso modo | 2|.
La erita coincidera con l`attribuzione a una cosa di quanto contenuto nel suo
concetto: cio comporta oiamente che i pensieri semplicissimi siano necessa-
riamente eri, coincidendo in essi aermazione e concetto | 2|.
Un rischio di errore da cui Spinoza mette in guardia e quello rappresentato dal-
la combinazione di ivvagivaiove e intelletto, per cui ci sono cose contempora-
neamente percepite chiaramente e distintamente per un erso, ancora conu-
samente per altro: con il risultato di saldare distinto e conuso. L`antidoto del
caso e la condotta secondo la norma della idea era data, discernendo tra le
modalita percettie | 4|.
Anche l`astrazione e onte di errore, proprio in irtu della conusione che
comporta: essa potra incersi ricostruendo l`ordine della Natura a partire dai
suoi elementi primi, che non potranno mai essere astratti, per lo scarto che li
caratterizza rispetto alle cose muteoli | 5-6|.
Arontando inine il problema delle iaee avbbie, Spinoza rimarca come l`idea
singolarmente considerata non possa mai essere dubbia, il dubbio sorgendo so-
lo dal conronto con altra idea, conusa, da cui non si possa concludere nulla di
certo riguardo alla prima. Cosi, procedendo correttamente e ordinatamente,
senza interruzione nella concatenazione delle cose, si potra senz`altro eitare il
dubbio | 8-80|.
In conclusione del capitolo, l`autore breemente ne sintetizza l`esito principale
nella distinzione tra l`idea era e le altre percezioni in cui l`anima riesta un ruo-
lo passio, in altri termini tra intelletto e immaginazione. L`idea era e .evtice o
covo.ta ai ,dedotta da, .evtici. Qui Spinoza riconosce il proprio debito con gli
avticbi, nella riduzione, cioe, della scienza a conoscenza dei nessi tra cause e e-
etti, attribuendosi pero il merito di aere in cio indiiduato una piena autono-
mia della ragione, attia secondo una intrinseca normatiita | 84-85|. La di-
stinzione operata e dunque ondamentale per la ricerca, unitamente alla consa-
peolezza dei rischi legati agli abusi linguistici | 88-89|.
73
Se quella che abbiamo presentata e la intelaiatura iliorme del capitolo, la lettura
consente di rilearne acilmente la ricchezza delle articolazioni, che contribuiscono a
deinire le coordinate della sua collocazione teoretica e culturale. Anche in questo ca-
so possiamo tentare una preentia messa a uoco. Nel testo e inatti possibile indi-
iduare la combinazione di almeno tre diersi strati di senso:
Tre strati di
senso
a, la ripresa della preoccupazione baconiana per la evrgatio, da associare piu di-
rettamente, come abbiamo gia auto modo di notare, al tema di ondo della e
vevaatio, quello della liberazione dai pregiudizi e dall`errore,
b, il conronto piuttosto esplicito, e in taluni passaggi puntuale, con l`approccio
cartesiano
alla certea, cosi come era stato proposto soprattutto nelle Meaitatiove.,
alla avati.i, cosi come delineato dalle Regvtae,
c, il recupero di alcuni aspetti del co.trvttiri.vo geometrico hobbesiano, che aea
troato la sua espressione piu limpida nella Logica` del De Corore.
L`incidenza baconiana e orse quella piu generica, comunque trasparente laddoe
Spinoza, come nell`apertura , 50, e ancora nella conclusione , 88 ss.,, e impegnato a
stigmatizzare lo scarto tra intelligenza e immaginazione, tra una considerazione og-
gettia e le distorsioni soggettie, siano esse risultato di una acritica ricezione del dato
sensibile, oero delle ricadute di un costume linguistico poco consapeole. Sullo
sondo la teoria degli iaota e la pretesa baconiana di poter determinare gli ambiti della
arbitraria interpolazione della realta da parte della nostra natura, in modo da procede-
re a una liberazione della mente dal preconcetto e da trasormarla in un autentico
specchio del mondo. Una pretesa non ingenua, nella misura in cui il ilosoo, ricor-
rendo anche alla ricostruzione storica, si mostraa cosciente del radicamento
dell`umanita nel pregiudizio, della acilita con cui esso si perpetuaa attraerso
l`educazione e il commercio linguistico.
Motivi baco-
niani
Spinoza assume tale cura traducendola in un tessuto linguistico dierente da quel-
lo dell`inglese, in quanto imperniato soprattutto sulla dicotomia tra ivvagivaiove e iv
tettetto, a sua olta risolto di una alutazione della vev., della sua autonomia e eica-
cia, estranea alla prospettia teorica baconiana. Istanza prioritaria dienta allora quella
di marcare le arie modulazioni ,alsita, inzione, dubbio, della passiita dell`aviva
,termine che l`olandese impiega, nel contesto, proprio per connotare la stretta sinto-
nia con le modiicazioni della corporeita,, rispetto ai momenti in cui si esprime la o
teva aetta vevte , 84,, di contrapporre alla ragbea e indeterminatezza del suo patire
la deinizione e chiarezza dell`iaea rera, oggetto dell`intelligenza.
Limmagi-
nazione e
lintelletto
Inoltre, pur proponendo il compito della demarcazione come introduttio, Spino-
za continuamente richiama la necessita della corretta procedura inerenziale, secondo
la vorva della iaea rera aata, cosi come nel capitolo precedente aea sostenuto che e
solo ragionando adeguatamente che si proa il buon ragionamento. Lgli garantisce
logicamente la possibilita della evevaatio con la intimita tra ivtettetto e rerita, nella con-
inzione che non si dia altra strada per la dissoluzione di ogni appannamento che
quella rappresentata dalla rilessione sulla iaea rera aata.
Emendazione
intelletto e
verit
74
L in tal senso signiicatio l`esordio, che intende, con il minuzioso e sistematico
programma di indagine nell`ampia casistica della ivvagivaiove, denunciare proprio la
diusa acquiescenza nell`errore e l`urgenza di una presa di coscienza dello scarto tra
la erceiove rera e tvtte te attre. Spinoza richiama dunque a una meditazione sulla condi-
zione media di smarrimento della erita, interpretata non come sbandamento rispetto
a una meta estrinseca, piuttosto come ouscamento dell`originario orizzonte eritati-
o, dischiuso dalla potenza della mente. Cosi sono da leggere i rierimenti iniziali, poi
regolarmente ribaditi di passaggio, alla eglia, al sonno e al sogno, con i quali si ac-
centuano situazioni esistenziali e gnoseologiche di disorientamento. La loro risolu-
zione e rigorosamente incolata all`esercizio dell`intelligenza secondo la sua norma
intrinseca: l`autore anzi sottolinea , 61, come la stessa applicazione dell`ivtettetto a una
iaea fittiia sia suiciente a palesarne la eentuale natura alsa. Non sarebbe quindi
possibile una preentia politura della vev. prescindendo da ,e per garantire poi, la
sua corretta applicazione, e questa semmai a assicurare quella, in irtu appunto
dell`intimita tra erita e intelletto.
Lo smarri-
mento della
verit
L`altro tratto baconiano che il testo maniesta e la consapeole premura per
l`intreccio di ivvagivaiove e tivgvaggio, o meglio per l`eetto di trascinamento e distor-
sione che gli usi linguistici orgiati sui raintendimenti della immaginazione produco-
no sul piano della comprensione. Si tratta di una preoccupazione costante, che Spi-
noza conermera ancora nel 1ractatv. tbeotogicootiticv. ,160, e nella tbica ,16,. Nel
nostro contesto essa si presenta sotto due distinte ma connesse connotazioni:
Limmagi-
nazione e il
linguaggio
come rilieo della ineicacia euristica ,per la ricerca, delle astrazioni , 55,,
come denuncia della indeterminatezza concettuale del linguaggio ordinario ,
88-89,.
In entrambi i casi e possibile indiiduare un precedente nella battaglia culturale del
Lord Cancelliere: il secondo aspetto e inatti costitutio della ar. ae.trvev. del ^orvv
Orgavov ,1621,, doe si presenta tra gli iaota fori, collegandosi al primo nella polemica
contro la sterilita della ivaviove ,per mera enumerazione, di matrice aristotelica. In
realta, troiamo in Bacone una attenzione per la dimensione linguistica che Spinoza
orienta diersamente: egli, inatti, muoendo da dierenti coninzioni metaisiche e
gnoseologiche, risulta soprattutto interessato alla determinazione di concetti attraer-
so una loro costruzione mentale. Pur mantenendo una stretta relazione con la lezione
metodologica baconiana ,per il nesso tra deinizione e produzione,, quella spinoziana
si mantiene dunque in una dimensione contemplatia, si potrebbe dire vevtati.tica, e-
stranea alla rilessione del ilosoo inglese.
L`olandese e in eetti tutto inteso a rimarcare nella astrazione l`esito di una dei-
ciente intellezione delle essenze o esistenze: il concetto estratto da una molteplicita di
esemplari e tale in irtu della propria socatura, nel cui alone iniscono per perdersi i
dettagli che soli possono trattenere dall`arbitrio della fiviove ,55,. L inoltre eidente
che, secondo il ilosoo, la nozione astratta non sela una intelaiatura ontologica spe-
ciica, concorrendo semmai a ouscare la nostra apprensione dell`oraive aetta ^atvra.
Analogamente, nei riliei linguistici che chiudono il capitolo, dopo aer ribadito
l`origine gratuita di molti covcetti ,covcetv., nel commercio di sensazione e vevoria,
Spinoza ossera come tale attiita sia onte di errore, coniugandosi con la strutturale
debolezza del linguaggio comune e della sua produzione olgare. In tal senso esso
I limiti della
astrazione
75
non solge alcuna unzione rielatia rispetto alla realta da conoscere, che tende piut-
tosto a coprire nelle proprie approssimazioni, ingannando ,come risulta dalla esem-
pliicazione, sul alore degli strumenti espressii impiegati: le denominazioni dei eri
oggetti dell`intelletto risultano inatti per lo piu negatie, costruite cioe a partire dai
nomi positii orgiati sulla scorta della ordinaria esperienza. Con la conseguenza di
troarsi cosi suotate della propria intrinseca alenza aermatia ,reale, e quindi della
centralita epistemologica che l`ordine ontologico richiederebbe loro.
Lo sondo cartesiano del capitolo si impone a sua olta sin dalle prime battute: I motivi car-
tesiani
genericamente nell`inito alla rilessione, nel rilieo della necessita di una atten-
ta meditazione intorno alla enomenologia della ivagivatio, proposta esemplar-
mente dalla combinazione ,cta..ica in Descartes, di eglia, sonno e sogno: cosi
l`iaea fittiia corrispondera al sogno e alla accidentalita delle sue associazioni,
l`iaea fat.a al sogno a occhi aperti ,che aolge progressiamente nelle spire del-
la aia,, l`iaea avbbia al disorientamento della condizione intermedia tra sogno
e eglia
1
,
nello spazio riserato a un problema, quello del avbbio, che aea riestito una
unzione metodologico-catartica nella produzione del ilosoo rancese,
nel lessico dell`autore, che rispetto alla successia proa dell`tbica rimane qui
ancorato alla concettualita del Di.covr. e delle Meaitatiove.: cosi non si parlera
tanto di aaegvatea delle idee, ma della loro cbiarea e ai.tiviove, acendo per lo
piu prealere ancora, almeno a liello espressio, la metaora speculatia della
deinizione ottica su quella geometrica della coerenza interna nella costruzione
logica, che pure ritroiamo esplicitamente e consapeolmente impiegata,
nella centralita del nesso tra .evticita e rerita che Descartes aea in proprio si-
luppato nel gioanile progetto ,solo parzialmente condotto a termine, delle Re
gvtae aa airectiovev ivgevii.
Gli ultimi due punti sono tra loro strettamente legati, probabilmente proprio in
irtu del modello rappresentato dalla incompiuta operetta cartesiana. Ne e proa
l`indirizzo analitico della lezione metodologica proposta da Spinoza come risolutrice
degli equioci e delle alsiicazioni della ivvagivaiove, in altre parole, la esigenza di
procedere attraerso una progressia messa a uoco delle idee ,per cui l`impiego di
sostantii e aggettii che richiamano la deinizione e risoluzione delle immagini,, che
ne comporti la riduzione di complessita e la ricomposizione a partire dal .evtice.
Lindirizzo
analitico
Cio che e reale al ondo di ogni idea, anche delle piu conuse, si puo recuperare,
selando inganni e distorsioni, ricostruendone la intelaiatura logica, determinandone i
dettagli a partire dai componenti. Il presupposto cartesiano ,o orse, potremmo dire,
genericamente razionalistico, della strategia e quello della eidenza del .evtice, della
impossibilita di manipolarlo, quindi della sua rerita. Come riela un primo passaggio
, 63,, l`idea di una co.a .evtici..iva non potra che essere cbiara e ai.tivta: aermazione
che Spinoza sembra giustiicare sulla scorta di un altro assunto cartesiano, quello
dell`ivtvitv. come atto puntuale della vev. con cui questa aerra indiscutibilmente gli
atovi ai eriaeva. Inatti egli ossera come la apprensione della co.a .evtici..iva, se ha
La evidenza
del semplice
76
luogo, non possa essere parziale e dunque conusa - dal momento che non si tratta di
un intero di parti - ma esclusiamente integrale e quindi tale da sorprendere l`oggetto
elementare nella interezza della sua nota caratteristica.
La prescrizione analitica, come antidoto all`arbitrio della inzione e dell`errore, sot-
tintende dunque una attiita dell`intelletto - che noi abbiamo reso in termini di oca-
lizzazione - con cui esso, in orza della sua intrinseca potenza eritatia, pretende la
reisione della composizione di una idea. Spinoza presenta, analogamente al Descar-
tes delle Regvtae, anche se meno esplicitamente, tale riduzione come squisitamente
vevtate ,.e ta co.a covo.ta ai votti etevevti rieve airi.a vet ev.iero iv tvtte te .ve arti .evtici.
.ive,, cioe come operazione che rispetta soprattutto una articolazione logica, lascian-
do nel contesto impregiudicata la questione della alenza ontologica del .evtice. In
altre parole, egli non si impegna in alcuna orma di atomismo
2
, semmai e interessato
a determinare come l`intelletto possa risolere nella propria trasparenza una idea negli
elementi ,logici, che la producono, ricostruendone quindi la connessione ,si pensi
all`esempio della sera | 2|,.
Lanalisi nel
pensiero
Questa prospettia analitica comporta anche la centralita di un altro aspetto meto-
dologico ortemente sottolineato nelle Regvtae cartesiane: la centralita dell`oraive. Da
intendersi sia come sequenza logica di passaggi che eita la conusione e impone pro-
gressiamente la chiarezza, sia soprattutto come la esigenza logica, peculiare
all`intelletto per la propria initezza , 3,, per cui esso detta quelle sequenze secondo
il parametro della idea cbiara e ai.tivta, quindi, in primo luogo, a partire dalla idea sem-
plice. Metodo e erita si incontrano e intrecciano indistricabilmente appunto in irtu
della cogenza e coerenza della composizione, che, nel caso di una idea adeguata, di-
pende, come Spinoza sottolinea , 69-1,, dalla sola vatvra aett`ivtettetto. Per un erso,
allora, l`autore puo insistere sulla intrinseca necessita ,cioe eidenza, erita e incon-
troertibilita, del .evtice, dall`altro introdurre la ricostruzione come una era e pro-
pria eziologia, in cui gli elementi assunti come costitutii dientano le cause prossime
della essenza oggettia ,idea, presa in considerazione.
Centralit
dellordine
Anche in questo e possibile intraedere una ripresa cartesiana: come nella operetta
incompiuta sul metodo e nelle successie Meaitatiove. ,I,, la spirale analitica si arresta
di ronte a quanto e percepito come imprescindibile per la intelligibilita dell`intero.
Lsso, di conseguenza, iene a riestire una unzione gnoseologica e epistemologica
decisia, quale condizione trascendentale per la comprensione, e quindi costitutia
della essenza oggettia. Inoltre anche in Spinoza possiamo indiiduare due lielli di
condizioni: quelle speciiche e quelle generali, ondamentali nella misura in cui sono
all`origine di ogni ordine ,logico e, in questo caso, ontologico, ricostruttio.
Condizioni
specifiche e
condizioni
generali
Nel nostro testo cio puo ricaarsi dalla gia richiamata esempliicazione al 2, do-
e i ev.ieri .evtici ,.evicercbio, vorivevto, qvavtita ecc., - nella propria aermatia pun-
tualita concettuale disponibili, senza rischi di errore, per la vev. - dientano,
nell`esercizio dell`intelletto, matrici dell`idea di sera, parti costitutie della sua essenza
oggettia in quanto capaci, generandola, di dar conto della sua natura. Accanto a que-
ste e piu al ondo, pero, Spinoza si rierisce in altri passaggi , 5, a riva etevevta to
tiv. ^atvrae, cui attribuisce, proprio in relazione all`oraive, un ruolo incolante: non
coglierli signiica, inatti, straolgere ogni possibile comprensione del tutto, .covrotgere
l`oraive aetta ^atvra. Nel contesto immediato e diicile stabilire esattamente che cosa
Pensieri
semplici e
prima ele-
menta totius
Naturae
77
l`autore denoti con quella espressione, il successio , 6, richiamo alla origive aetta
^atvra sembra esplicitare che gli etevevti di cui qui si parla sono quelli che nel sistema
della tbica saranno deiniti .o.tava, attribvti e voai ivfiviti, strutturalmente alla base di
ogni realta singolare e quindi di ogni intellezione. Si puo di passaggio annotare come
dalla combinazione di questi due lielli di condizioni risultino ulteriormente stigma-
tizzate la eanescenza e la illusorieta delle astrazioni, incapaci di determinare, e quindi
distintamente ocalizzare, una idea nel dettaglio della sua singolare essenza.
Dunque, atteviove e oraive, cioe consapeolezza della potenza eritatia
dell`intelletto ,acquisita a partire dai suoi strumenti innati, ad esempio nella applica-
zione matematica, e della sua autonomia, si dimostrano nella disamina spinoziana i
mezzi necessari e suicienti per strappare la mente agli imbarazzi e ai miraggi della
ivvagivaiove, nella misura in cui sono in grado di esprimere la reale orza creatia
dell`intelletto ,dissolendo la illusoria coninzione che essa, inece, si possa saggiare
nelle fiviovi | 58-59|,, che e poi orza togica, necessita delle implicazioni tra .oggetto e
reaicato , 62,, tra parte e tutto. Proprio percio essa inisce per coincidere con la stes-
sa liberta della mente, intesa non come arbitrio ,che la arebbe ricadere nella illusione
del .ogvo,, ma come piena e indipendente capacita di determinare l`orizzonte della reri
ta ,ta forva aet rero ... aere aievaere aatta .te..a oteva e vatvra aett`ivtettetto | 1|,.
Attenzione e
ordine
A questi motii si ricollega anche l`altro tratto proocatoriamente cartesiano del
capitolo, quello riguardante il avbbio e la sua unzione in relazione alla certezza. Le in-
dicazioni dell`autore sono nello speciico molto recise. Il dubbio non ineste mai una
idea per s considerata, nella sua puntualita percettia, ma sempre il nesso tra quella e
un`altra, non percepita con chiarezza e distinzione. Nella esempliicazione spinoziana
, 8, e solo rilettendo sulla allacia dei sensi ,cioe solo acendo interenire un ele-
mento critico ulteriore rispetto al dato percettio diretto, che puo sorgere il dubbio
circa la reale dimensione del sole, di per s ,rimanendo cioe al dato immediato del
senso, altrimenti non problematizzabile. Nel momento in cui si conoscessero adegua-
tamente il come e il perch di tale allacia, e quindi si risolesse la conusione intorno
ai meccanismi percettii, quel dubbio a sua olta sanirebbe. Cio signiica allora ,
80, che il dubbio nasce da una ricerca condotta senza ordine, da accostamenti casuali:
il corretto e.erciio dell`intelletto, .ecovao ta vorva aett`iaea rera aata ,dunque la determi-
nazione delle singole idee e la eriica rigorosa dei passaggi,, e suiciente garanzia
contro l`iva..e e il disorientamento indotti dal dubbio. L bene sottolineare il termine
,nostro, di e.erciio perch e appunto l`attia estrinsecazione della potenza
dell`intelletto a escludere la incertezza.
Il dubbio
Spinoza puo in tal senso arontare Descartes in campo aperto , 9,, a proposito
di uno dei passaggi caratteristici della metaisica delle Meaitatiove.: l`appello alla ipotesi
di un Dio ivgavvatore puo aer luogo solo laddoe domini il malinteso circa l`idea di
Dio. Ma come nella percezione chiara e distinta della natura del triangolo ,i cui angoli
interni assommano a due retti, possiamo perenire a conoscenza senza il coinolgi-
mento di quella ipotesi ,non i e nulla, inatti, nell`idea che possa suggerire il dubbio,,
cosi siamo in grado, senza ricorreri, di procedere ino a una percezione chiara e di-
stinta dell`idea della origive ai tvtte te co.e. Il che sarebbe poi suiciente a annullare ogni
ulteriore possibilita di dubbio sulle idee chiare e distinte. Il cosiddetto avbbio ierbotico
Il Dio ingan-
natore
78
cartesiano sarebbe insomma uno strumento improprio e inutile, impiegato a prescin-
dere da una adeguata consapeolezza della intrinseca potenza della mente ,sottolinea-
ta inece dall`autore nell`ennesimo richiamo matematico,, con il quale si pretende di
raggiungere estrinsecamente quanto puo essere conquistato solo attraerso l`attia
costruzione delle essenze da parte dell`intelletto.
Il risolto hobbesiano che intendiamo rileare nel capitolo si lega direttamente alle
osserazioni appena proposte. Quello che piu sopra abbiamo deinito co.trvttiri.vo,
per il quale si danno importanti precedenti nelle pagine del De Corore ,che Spinoza
conoscea bene, come dimostrano anche i successii approondimenti sul tema della
aefiviiove,, si impone inatti nei paragrai centrali, doe l`autore si impegna a ripren-
dere e puntualizzare quanto anticipato nel capitolo precedente riguardo alla rerita, o
meglio al nesso tra ivtettetto e rerita. Sebbene il testo accia emergere il razionalismo al
ondo delle coninzioni spinoziane, la iducia nella sorgia capacita della mente di a-
prire l`orizzonte dell`essere, di ripercorrerne le articolazioni, e in questo senso non
possa accostarsi alla sobrieta empiristica di lobbes e alla sua concezione della scienza
come esercizio sostanzialmente linguistico, tuttaia il modello geometrico che
l`olandese srutta e aine a quello impiegato dall`inglese.
Il motivo
hobbesiano
L`archetipo matematico era stato d`altra parte centrale anche nella rilessione me-
todologica cartesiana, doe aea ricoperto ,soprattutto nelle Regvtae, la unzione di
palestra ideale in cui sorprendere la mente negli atti percettii produttii di eidenza
,ivtviiove, e certezza ,aeaviove,, e nelle operazioni ,riassumibili nella evvveraiove, at-
traerso le quali essa rendea a s ,alla sua logica intrinseca, conormi i propri ogget-
ti, analizzandoli nelle loro vatvre .evtici ,tali pero rispetto alla mente stessa, e ricom-
ponendoli da esse, cosi da ottenere in ogni ambito di applicazione quella trasparenza
intelligibile che indiscutibilmente caratterizzaa le scienze matematiche. Pur aendo
gia riconosciuto la presenza di questa lezione, mi pare comunque che anche i tratti
hobbesiani dei paragrai 69-2 siano chiari.
La rerita e posta , 1, nel pensiero, come eetto della vatvra e oteva aett`ivtettetto:
essa non scaturisce come registrazione da parte della mente di un interento causale
dell`oggetto e dunque nella corri.ovaeva tra quello e il pensiero. La rerita non si isti-
tuisce nel riferivevto all`oggetto. La sua essenza eritatia non ha a che are con deno-
tazioni estrinseche ,che risultano secondarie | 69|, ma con la coerenza, determina-
tezza, compiutezza e necessita ,caratteri che possono complessiamente sintetizzarsi
nella aaegvatea, intrinseche all`idea. Spinoza non interpreta quindi tali proprieta co-
me conseguenze del modellarsi del pensiero sul suo oggetto, quasi rilessi dei caratteri
ontologici di quello: al contrario, la aaaeqvatio e risolto esterno della interna adegua-
tezza dell`idea, rutto della autonoma capacita ormatia dell`intelletto. Le indicazioni
spinoziane in merito sono inequiocabili: la ordinata ideazione di una costruzione e
rera indipendentemente dalla sua realizzazione concreta e quindi dalla corrispondenza
con l`ediicio costruito, l`idea di un nuoo ente non e meno era, insieme ai pensieri
che da essa logicamente si possono ricaare, per il atto che esso non sia ancora esi-
stente ,come conermaa la tradizionale interpretazione teologica della intelligenza
creatrice di Dio,.
Verit e ade-
guatezza
79
L a questo punto che Spinoza incontra lobbes: l`inglese era ben lontano dal con-
diidere una simile isione delle innate possibilita della mente, che nel suo caso si li-
mitaa eettiamente alla registrazione delle modiicazioni, riducendosi anzi alla mo-
tilita della materia cerebrale ,in questo senso in continuita con il mondo corporeo e in
netta antitesi al dualismo cartesiano, a suo modo ripreso da Spinoza,. 1uttaia, quan-
do si era trattato di delineare le peculiarita della .cievtia, introducendo la discriminante
dimensione simbolica - nelle cui deinizioni conenzionali soltanto poteano sorgere
la uniersalita e la necessita proprie di un sapere forte - lobbes aea concesso spazio
alla creatia capacita ordinatrice che si esprime nel linguaggio, alla possibilita di istitu-
ire arbitrariamente un unierso segnico entro cui disporre il caotico o disomogeneo
materiale empirico, per trasigurarlo nella rigorosa sintassi della ragione.
Spinoza e
Hobbes
In tale prospettia la geometria aea assunto un ruolo particolare, dal momento
che in essa quella capacita si esprimea liberamente, generando il proprio oggetto at-
traerso procedimenti deinitori, al di uori, cioe, di ogni pressione empirica, di ogni
esigenza di corrispondere, con le proprie trame, a oggetti estranei e indipendenti. Cio
rappresentaa per il ilosoo una condizione limite della conoscenza, e appunto per
questo un modello: non a caso nei suoi testi ritorna insistentemente il rierimento alla
cosiddetta iote.i avvicbitatoria, con cui si postulaa una distruzione del mondo che a-
rebbe reso un eentuale superstite libero di ricostituirlo idealmente a partire dal
proprio patrimonio rappresentatio. Cio doea consentire al ilosoo di indiiduare
e determinare linguisticamente i ondamenti concettuali dell`impresa scientiica ,in
primo luogo spazio e tempo, e i corrispettii ontologici ,estensione e moimento,
senza condizionamenti precostituiti.
Il ruolo della
geometria
Spinoza pare mutuare tale paradigma ormatio, attribuendo all`intelletto una or-
za produttia di idee autonoma rispetto al dato sensibile e dunque espressia della sua
logica intrinseca. La erita dell`idea co.trvita dalla mente ,nell`esempio, per accentuar-
ne la liberta, un oggetto matematico | 2|, dipende dalla coerenza con cui gli ele-
menti costitutii sono siluppati nell`intero che ne risulta, come le dierse compo-
nenti di un progetto, per quanto immediatamente eterogenee, troano nel disegno
complessio la giustiicazione della loro unzione. L`autore rimarca addirittura che,
considerate parzialmente, le percezioni che conergono nella ormazione dell`idea
possono essere reciprocamente estranee da un punto di ista logico e quindi, prese
come aermazioni, potrebbero risultare alse: la erita si genera nel compimento del-
lo schema concettuale rispetto a cui quelle sono solo unzionali. Secondo le indica-
zioni del precedente hobbesiano, si propone cosi una alutazione delle idee connessa
alla loro determinatezza eziologica: l`intelligibilita sara proporzionale al grado di tra-
sparenza della loro composizione.
Verit e co-
struzione
Possiamo allora conclusiamente annotare come in tale direzione la disamina spi-
noziana della forva aet ev.iero rero inisca per saldarsi con la prospettia analitica gia
considerata, dal momento che riconosce un problema della rerita solo relatiamente
alle composizioni, escludendone di conseguenza i ev.ieri .evtici, i quali nella propria
puntualita implicano la coincidenza tra covcetto e affervaiove.
1
) De Dijn, op. cit., p.126.
80
2
) Rousset, op. cit, p.307.
81
La seconda parte del Metodo
[91] Quindi, per arrivare finalmente alla seconda parte di questo metodo
e
, pro-
porr in primo luogo il nostro scopo in questo Metodo, poi i mezzi per acquisirlo.
Lo scopo dunque avere idee chiare e distinte, tali cio che siano formate dalla
mente pura e non da moti fortuiti del corpo. In seguito, perch tutte le idee siano
ricondotte a unit, ci sforzeremo di concatenarle e ordinarle in modo tale che la
nostra mente, per quanto possibile, riproduca obiettivamente la formalit della
Natura, sia nella sua totalit, sia nelle sue parti.
La seconda
parte del
Metodo
[92] Quanto al primo, come abbiamo gi detto, si richiede per il nostro fine ul-
timo che la cosa sia concepita o per la sua sola essenza, o per la sua causa prossi-
ma. Cio se la cosa in s, ossia, come si dice volgarmente, causa di s, allora
dovr essere compresa per la sola sua essenza. Se invece la cosa non in s e ri-
chiede piuttosto una causa per esistere, dovr allora essere compresa per la sua
causa prossima. Infatti, in realt, la conoscenza
f
delleffetto non altro che acqui-
sizione pi perfetta della causa.
La conoscen-
za attraverso
lessenza o la
causa pros-
sima
[93] Perci non sar a noi mai lecito, finch prendiamo in considerazione la ri-
cerca delle cose, concludere qualcosa a partire da astrazioni, e avremo molta cura
di non mescolare ci che si trova soltanto nellintelletto con ci che nella realt.
Ma la migliore conclusione si dovr ricavare da una essenza particolare affermati-
va, ovvero da una vera e legittima definizione. Infatti dai soli assiomi universali
lintelletto non pu discendere alle cose singolari, dal momento che gli assiomi si
estendono a infinite cose, e non determinano lintelletto a contemplare un singola-
re piuttosto che un altro.
[94] Dunque la via corretta per lindagine formare i pensieri da una qualche
definizione data. Ci proceder tanto pi felicemente e facilmente quanto meglio
definiremo una certa cosa. Per cui il cardine di tutta questa seconda parte del Me-
todo consister solo in ci: nel conoscere le condizioni di una buona definizione e
quindi nel modo di trovarle. In primo luogo, quindi, tratter delle condizioni della
definizione.
La definizio-
ne
[95] Una definizione per dirsi perfetta dovr spiegare lintima essenza della co-
sa, e aver cura di non impiegare al suo posto qualche sua propriet. Per spiegare
ci, omettendo altri esempi affinch non sembri che io voglia scoprire gli errori
degli altri, porter solo lesempio di una cosa astratta, che vale sempre, comunque
venga definita, cio del circolo: se lo si definisce come una figura le cui linee con-
dotte dal centro alla circonferenza sono eguali, nessuno pu evitare di vedere co-
me tale definizione spieghi pochissimo lessenza del circolo, ma solo una sua pro-
priet. E sebbene, come ho detto, questo conti poco in riferimento alle figure e a
e
La regola principale di questa parte (come risulta dalla prima parte) verificare tutte le idee che
troviamo in noi originate dal puro intelletto, cos da distinguerle da quelle che immaginiamo. Ci
si dovr ricavare dalle propriet di ognuna, cio della immaginazione e dellintelletto.
f
Nota che da ci appare che non possiamo [legittimamente o propriamente] comprendere nulla
della Natura senza rendere contestualmente la nostra conoscenza della prima causa, ossia di Dio,
pi ampia.
altri enti di ragione, conta invece molto in riferimento agli enti fisici e reali, poi-
ch le propriet delle cose non sono comprese finch se ne ignorano le essenze. Se
invece le tralasciamo, necessariamente ribalteremo la concatenazione
dellintelletto che deve riprodurre la concatenazione della Natura, e ci allontane-
remo completamente dal nostro scopo.
[96] Per liberarci di questo difetto, si dovranno osservare nella Definizione le
seguenti indicazioni:
Indicazioni
per la defini-
zione
I. Se la cosa creata, la definizione, come abbiamo detto, dovr comprende-
re la causa prossima. Per esempio, secondo questa legge, un circolo dovr
essere definito cos: esso la figura che descritta da una qualunque linea,
di cui una estremit sia fissa, laltra mobile. Questa definizione comprende
chiaramente la causa prossima.
II. Si richiede un concetto o una definizione della cosa tale che tutte le pro-
priet della cosa possano essere dedotte da essa, mentre la si considera da
sola, e non piuttosto congiunta con altre, come si pu vedere in questa de-
finizione del circolo. Infatti da essa si deduce chiaramente che tutte le li-
nee condotte dal centro alla circonferenza sono uguali. Che ci sia un ne-
cessario requisito della definizione cos manifesto a chi vi attenda, che
non sembra valga la pena soffermarvisi per la dimostrazione, e nemmeno
mostrare per mezzo di questo secondo requisito che ogni definizione deve
essere affermativa. Intendo la affermazione intellettuale, curandomi poco
di quella verbale, la quale talvolta, per la scarsit di vocaboli, potr forse
esprimersi negativamente, sebbene intesa affermativamente.
[97] Questi sono invece i requisiti della definizione di una cosa increata:
I. Che escluda ogni causa, cio che loggetto non richieda altro che il pro-
prio essere per la sua spiegazione.
II. Che data la definizione di questa cosa non rimanga altro spazio per
linterrogativo: esiste?
III. Che, per quanto riguarda la mente, non abbia alcun sostantivo che possa
essere aggettivato, cio che non sia spiegata tramite qualche astrazione.
IV. In ultimo (sebbene non sia molto necessario notarlo) si richiede che dalla
definizione della cosa si deducano tutte le sue propriet. Tutto ci pure
manifesto a chi vi attenda con cura.
[98] Ho detto anche che la migliore conclusione dovr essere ricavata da una
essenza particolare affermativa. Quanto pi particolare lidea, tanto pi essa
distinta e quindi chiara. Ragion per cui da parte nostra dobbiamo massimamente
ricercare la conoscenza dei particolari.
Commento
Il bree capitolo si propone come .ecovaa arte di questo discorso sul vetoao, con-
centrandosi su un tema di grande rilieo per il disegno complessio del programma
spinoziano, come emerso anche nel nostro commento del capitolo precedente: il
problema della deinizione. Lsso ci consente cosi di tornare sul rapporto tra Spinoza
Il problema
della defini-
zione
83
e lobbes, che proprio intorno a questo tema sembra ,perch non tutti gli interpreti
sono concordi, arsi trasparente.
I primi due paragrai sintetizzano la questione, rielandone la centralita nella stra-
tegia metodologica dell`autore, ma soprattutto il nesso con la inalita complessia del
1ractatv.. Cosi Spinoza puo richiamare il vo.tro five vttivo e, in relazione a esso, lo .coo
del Metoao: se il fivi. vttivv., ricordiamolo, e gnoseologico e metaisico allo stesso
tempo ,cogvitio vviovi., qvav vev. cvv tota ^atvra babet,, certamente comportera la
comprensione della struttura, della e..eva delle cose, di conseguenza .cov. della ria
sara aere iaee cbiare e ai.tivte ,la quarta orma di percezione contemplata nella seconda
parte dell`opera,. In questo modo si rinnoa l`atto di ede nella oteva aetta vevte, la
quale, dopo aer adeguatamente prodotto tali e..eve oggettire, sara chiamata al compi-
to, squisitamente logico, di silupparle organicamente ,covcatevarte e oraivarte,, ma non
per realizzarne un sistema meramente logico, piuttosto per replicare obiettiamente
,obiectire, la forvatita ,in altri termini la realta essenziale, la struttura ontologica, della
^atvra, nel tutto e nelle parti. Dunque, non una ricostruzione ipotetica, solo probabi-
le, nella prospettia della diormita tra l`ordine artiiciale della mente e il mondo,
come registriamo in lobbes, semmai una riproduzione, nella sintassi logica
dell`intelletto, delle articolazioni della realta, muoendo dalla coninzione della on-
damentale coincidenza dei due ordini.
Fine ultimo e
scopo del
Metodo
Il problema della aefiviiove e introdotto in questo contesto, in cui eidentemente
esso assume una orte alenza speculatia, dal momento che l`intelligenza
dell`essenza richiede di tracciarne i contorni in modo netto, cosi da consentirne la i-
sibilita alla mente pura, escludendo qualsiasi contaminazione tra la concretezza della
ivqvi.itio rervv e l`astrattezza di una soluzione soltanto erbale: di qui l`insistenza sulla
necessita di partire da e..eve articotari affervatire e non da nozioni astratte o assiomi
uniersali, che precluderebbero la comprensione di quanto e speciico. D`altra parte,
la recta ria ivrevievai impone alla mente di procedere ormando i pensieri da una dei-
nizione data, cioe di solgere quanto implicitamente i e posto: questo nuoamente
esige una bvova aefiviiove. L come se l`autore esortasse alla ricerca acendo appello al
pieno dispiegamento della orza logica dell`intelletto, che si esprime appunto a partire
dalla deinizione.
La funzione
della defini-
zione
La esempliicazione matematica e preziosa per intendere correttamente questo a-
spetto della proposta spinoziana. Ritroiamo, inatti, il rierimento priilegiato alla
co.trviove di una igura piana, che consente di collegarne deinizione e ae.criiove gene-
tica, cosi che non siano le proprieta a contribuire alla determinazione dell`essenza, ma
piuttosto dalla sua ormazione esse possano essere dedotte. Spinoza rimarca proprio
questa esigenza ormatia, coniugandola con l`ordine e la sistematicita: la produzione
intellettuale della essenza attraerso la sua cav.a ro..iva garantisce allo stesso tempo
la covcatevatio logica e quella ontologica , 95,, e introduce in ultima analisi anche il ri-
erimento ,necessario come origine della serie causale, all`ente ivcreato. L`assunzione
del modello geometrico non distoglie dunque dall`impegno di rilettere nel pensiero
la impalcatura degli evti fi.ici e reati, prescriendo semmai di non risolere la covcateva
iove semplicemente in una coerente sequela deduttia, eicace nel caso di evtia ratio
vi., ma troppo astratta per aerrare le essenze particolari e le conseguenti proprieta
delle cose. In tal senso sono importanti i riliei di De Djin:
Definizione e
costruzione
84
Il metodo geometrico o ia della dimostrazione, che e il metodo della scoperta, non
dorebbe essere conuso con una deduzione puramente ormale o con un metodo as-
siomatico. Un metodo puramente ormale ,in senso contemporaneo, non tiene conto
dei contenuti. Il metodo geometrico e parte di un generale metodo rifte..iro, che pre-
suppone contenuti o la presenza di essenze oggettie e delle loro relazioni reciproche.
Si tratta di un metodo di deduzione causale`, in cui e indicato come, a partire dalla de-
inizione o intelligenza per mezzo della causa prossima`, possono essere dedotte pro-
prieta reali, e come dobbiamo procedere da una essenza reale all`altra, secondo le in-
trinseche relazioni causali che tra loro intercorrono
1
.
Spinoza, in eetti, distingue decisamente due situazioni ontologiche cui la deini-
zione puo rierirsi:
Tipi di defi-
nizione
il caso di un ente creato, di cui essa dora comprendere la cav.a ro..iva, in altre
parole indicare il processo genetico che consenta di ricaare tutte le proprieta,
il caso di un ente ivcreato, di cui essa dora inece mettere in rilieo l`essere,
bandendo ogni tentazione rerbifica, cogliendone il nesso immediato tra e..eva
,quel che l`ente e per s, e e.i.teva, cosi da escludere qualsiasi dubbio sulla esi-
stenza stessa.
Di atto, come dimostra l`impresa dell`tbica, anche nel secondo caso la deinizio-
ne ineste la dimensione eziologica, sebbene nella orma particolare del cav.a .vi. In-
somma, la distinzione operata in questo capitolo rispecchia una isione ontologica
che preede la dicotomia tra cio cbe e er .e e cio cbe e er attro, che erra issata proprio
nelle prime deinizioni dell`opera maggiore, mentre il costruttiismo logico esprime
non il gusto ine a se stesso della coerenza sistematica, bensi la dinamica causale che
impronta la realta. La nota