Fiaba Mugnaini
Fiaba Mugnaini
Bella addormentata, di Adriana Novoa, Whose Talk is it? Almodvar and the Fairy Tale in Talk to her, Marvels &
Tales, n. 19/2, pp. 224-248, 2005.
2
Cfr. Pier Giorgio Solinas, L'acqua strangia. Il declino della parentela nella societ complessa, Milano, Angeli 2004
sull'industria culturale e sulla comunicazione di massa; dall'altro una pi ampia storia culturale e
sociale al tempo stesso, che deve fare i conti con l'avvicendarsi di idee e paradigmi, estetici e
politici, con il flusso universale delle culture umane cos come con il ruolo assunto da determinate
entit collettivit, stati, nazioni, regioni linguistiche, patrie culturali, secondo il grado in cui di
volta in volta, da questi soggetti di storia si fatto ricorso al deposito di immagini, significati,
metafore costituito dalle fiabe3. Parte di questa storia, peraltro, deve anche essere dedicata al
processo, consolidato nel tempo e localizzato in vari e precisi spazi socio-politici, che ha portato
alla centralit della fiaba - genere narrativo tra i tanti-
patrimonio di racconto di tradizione orale, in modo da aprire una prospettiva interna alla
fiabistica, che spieghi come e perch la fiaba stessa debba essere, a sua volta, assunta come il frutto
di una costruzione storicamente leggibile.
La storia delle storie che chiamiamo fiabe -ma che intendiamo debba essere aperta ad altri
sottogeneri ed alla stessa pratica della narrazione orale- gi configurata da una costellazione di
lavori che si situano pi vicini ora al primo ora secondo tipo di racconto storiografico, ma ogni
mutamento nel paradigma metodologico, ogni aggiornamento relativo alle modalit di esistenza e
di vita sociale della fiaba suggerisce un riorientamento e prospettive inusuali, quando non di volta
in volta inedite.
Un racconto semplificato della fiabistica potrebbe cominciare con il solito riferimento alla
notte dei tempi in cui si perdono le origine delle fiabe, testi di afflato poetico che, pur essendo
universali, vivono grazie al loro radicamento in luoghi e comunit sociali, accogliendo le nuove
generazioni e diffondendo indicazioni simboliche e morali utili a farne dei cittadini probi e
orgogliosi delle loro radici, appunto, e delle loro identit. In tal modo si potr rinviare
velocemente ai racconti che si fanno nelle giungle sperdute, per poi passare ai testi documentati
3
Data la sua centralit nelle pratiche scientifiche della maggior parte delle scuole di folklore in Europa,
l'impostazione degli studi di fiabistica rispecchiava, quando non orientava, i paradigmi teorici e metodologici vigenti
per l'intera disciplina; cfr. a proposito, V. T. Hafstein, Metafore biologiche nelle teorie del folklore. Un saggio di
storia delle idee, Lares, LXIX/2, 2003, pp. 391-422
dalla tradizione classica, che sarebbero sopravvissuti per secoli, presso i volghi analfabeti,
all'insaputa dei sapienti e dei dotti, trasformandosi e integrando via via altri temi e altri motivi, fin
quando, in epoca romantica, i fratelli Grimm ne avrebbero raccolto il fior fiore dalla bocca dei
contadini tedeschi, dando il via ad una stagione di grandi raccolte, ciascuna rivolta ad un preciso
territorio coincidente con lo spazio delle nazioni. Viventi nella tradizione orale, rivolte ai bambini
e pervase di valori della tradizione, le fiabe sarebbero quindi state esposte alla modernit come ad
un rischio letale, e solamente la sensibilit di alcuni benemeriti studiosi avrebbe avuto il potere di
salvarle dall'oblio, loro e tutto il mondo fiabesco e immaginifico che celavano come un tesoro. Su
questi testi, altri studiosi avrebbero sperimentato teorie e metodi di analisi di grande complessit,
facendone una vera e propria scienza, dei cui frutti oggi possiamo liberamente fare uso didattico,
sottoponendo agli alunni delle nostre scuole degli educativi esempi di analisi del testo.
Queste poche righe, che non traggo da nessun'opera edita in particolare, ma da un discorso
comune largamente diffuso, che si legge e si sente in giro, vagando tra depliants di corsi di
formazione e quarte di copertina di libri di fiabe illustrate, tra sommari di programmi per
bambini e abstract di didattiche alternative, vedono condensati molti degli stereotipi contro i
quali meriterebbe di essere ricostruita, oggi, una storia della fiabistica e degli studi di tradizione
orale. Il senso comune attorno alla fiaba e ai suoi studi associa verit parziali, omissioni, bugie
innocenti, che tutte insieme fanno corpo e danno vita ad una concezione della fiaba incoerente e
astorica quanto plastica e resistente alle considerazioni critiche che si sono sedimentate
nell'ambito degli studi specialistici, e che, se opportunamente divulgate e diffuse, restituirebbero
alla pratica del racconto orale ed al patrimonio di narrazioni che amministra e veicola, una
valenza ben diversa da quella consolatoria e strumentale che ci divenuta cos familiare.
Una storia integrale e critica, che dovrebbe certamente assommare competenze storiografiche,
antropologiche, letterarie e filologiche, non mi pare che sia al momento disponibile- almeno
come racconto unitario e come sintesi sistematica- se non in quel monumento che la
Enzyklopdie des Marchens, ovvero un vastissimo progetto enciclopedico, strutturato per voci, in
ordine alfabetico, affidate ad esperti di livello internazionale, ciascuno entro il proprio ambito
disciplinare4. L'iniziativa, espressione della centralit internazionale della scuola tedesca di
fiabistica, avviata nel 1977 e ormai in via di completamento, come la torre Eiffel, al momento
della conclusione, richieder i primi restauri, ovvero integrazioni e revisioni alle prime voci,
quelle che la collocazione alfabetica ha collocato pi lontane dal dibattito contemporaneo.
Offerta tuttavia agli studi internazionali in lingua tedesca, la EDM soffre di quella stessa
difficolt di circolazione che ha congelato per decenni 5 i preziosi apporti di Hermann Bausinger,
di Rudolf Schenda, di Heinz Rlleke, rendendo cos sbilanciato e parziale il panorama degli studi,
largamente transitato dagli apporti in lingua inglese, ma ha il pregio indubbio di aver raccolto nei
suoi fascicoli (e nella correlata rivista di studi, Fabula, pi accessibile perch multilingue) un
patrimonio di riflessioni e di informazioni che pu davvero costituire un punto di ripristino della
storiografia della fiabistica.
Un (impossibile) riassunto anticipato della storia di cui ho segnalato la mancanza, potrebbe
essere formulato ripercorrendo la linea del cattivo esempio ideale offerto sopra. La storia della
fiabistica dovrebbe dichiarare che si occupa di una produzione di carattere estetico, amministrata
nelle sue realizzazioni ottimali da individui di particolari doti espressive e comunicative, anche se
universalmente diffusa entro contesti sociali segnati dall'interazione diretta tra persone di diverso
In tal senso si esprime Dan Ben Amos, prefatore alla traduzione inglese del libro magistrale di Hermann Bausinger,
Volkskunde in der technologische Welt, apparso nel 1967, riedito con integrazioni nel 1971 e tradotto in inglese
solamente nel 1990; una sorte persino meno felice toccata ad alcune opere di Rudolf Schenda, quali Volk ohne
Buch (1970) e Vom Mund zu Ohr, (1993) che hanno a malapena valicato i confini della comunita di studiosi
germanofoni. Per un profilo biobibliografico di Rudolf Schenda, che era anche un affettuoso ricordo, si veda Luisa
Rubini, Rudolf Schenda, La Ricerca Folklorica, 2001, m. 43, pp. 103-116.
genere, ruolo sociale e anche di diversa generazione. Questa pratica si sarebbe storicamente
relazionata alla circolazione di idee e di informazioni provenienti dall'universo dei saperi scritti e
avrebbe via via incorporato i segnali del mutamento storico 6 nella misura in cui questo toccava il
vissuto dei ceti sociali che tramite la tradizione orale si rappresentavano e si riproiettavano nel
tempo. La via dell'estetica sarebbe quindi stata una risorsa per dare consistenza a valori ideali,
forma e risposta simbolica a bisogni e rivendicazioni di varia natura, voce a sentimenti e
continuit culturale a soggetti collettivi di rilievo identitario. Entro questo patrimonio ampio e
variegato, molte tradizioni diverse, per area e tempi di provenienza, sarebbero confluite ed a
questo patrimonio in molti esponenti della letteratura culta, per limitarci al mondo dell'arte della
parola, avrebbero attinto, riportando all'attenzione dei pubblici pi socialmente autorevoli
determinati filoni tematici, selezionati per genere, contenuti, stilemi, di volta in volta alla moda.
Con l'avvento dell'era dei nazionalismi, l'esigenza di costituire un corpus di riferimenti per l'intero
universo sociale delle erigende nazioni mono-culturali, avrebbe poi fatto rivolgere l'attenzione
degli studiosi al patrimonio di tradizione narrativa orale, per farne oggetto di un monumento
politico e culturale al tempo stesso. I fratelli Grimm, i primi a cimentarsi in una tale impresa,
avrebbero dato vita ad un vero e proprio paradigma, emulati poi per ciascuna nazione della
nuova Europa che si avviava sulla via delle individualit nazionali, da altri raccoglitori, mossi da
analoghe velleit e retti dai medesimi precetti: l'esaltazione di un popolo infantile che ai propri
bambini trasmetteva valori eterni in forme poetiche di incredibile poesia e di stupefacente
semplicit. La messe di testi raccolti presso i ceti contadini (molto spesso rappresentati se non
sostituiti da figure di mediazione con la citt e con il mercato del lavoro, quali domestici,
governanti, commercianti, ecc...) avrebbe poi costituito palestra per approcci comparativi e
scientifici, dando cos consistenza epistemologica ad un terreno di studio che si concentrava sulla
natura testuale della tradizione narrativa e sui alcuni dei generi che vi erano stati definiti o
identificati. Il paradigma centrato sul testo sarebbe entrato in crisi solamente nella seconda met
6
Si veda quando scrive Hermann Bausinger, in Cultura popolare e mondo tecnologico, Napoli, Guida 2005, pp. 156 e
segg.
del novecento, quando una rilettura in chiave storico-filologica degli studi di fiabistica, da un lato,
e una proposta maturata tra la linguistica e l'antropologia, dall'altro, avrebbero aperto nuove e
divergenti prospettive, dissolvendo la centralit del testo della fiaba nel triangolo che unisce il
materiale oggetto di racconto e di trasmissione narrativa, il narratore ed i suoi connotati, artistici e
sociali, il pubblico o i pubblici che alimentano con la domanda e l'attenzione la pratica narrativa 7.
La narrazione orale come pratica artistica socio-culturalmente connotata, apre cos nuove
possibilit di comprensione dei mondi sociali che si vi riconoscono, porta alla luce un ben pi
ricco panorama di temi, di valori artistici, di generi, di quanto il paradigma testuale aveva lasciato
intravedere. Soprattutto, direi, il nuovo modo di avvicinare la pratica della narrazione orale,
consente di seguirne le evoluzioni nei vissuti contemporanei, e di leggere da vicino il perpetuarsi
della sua necessit: il bisogno di racconto sopravvive e, se possibile, si rafforza, nell'era dei testi on
line, della nuova oralit della rete telematica e dei blogs, e l'antropologo che se ne occupa pu
farvi riferimento come ad una chiava privilegiata di comprensione di mondi altrui, o di rilettura
straniata- del mondo stesso cui appartiene e di cui narra.
In questo percorso si dovrebbe cogliere la decadenza del modello di una scienza della cultura
ricalcata sui confini di identit nazionali che, storicamente, sono poi state riassorbite da altre
configurazioni di interessi economici e di altre soggettivit politiche (penso agli orizzonti politici
transnazionali, ed ai flussi culturali globali, di cui parla Appadurai) 8; si dovrebbe mettere a fuoco
il transito dell'oggetto da un ambito di studio storico-letterario, ad una pi accogliente
ambientazione antropologica e, all'interno di questa, da un modello scientista, oggettivante e
normativizzante, ad un modus interpretativo che, quando non disgiunto da una accurata
etnografia delle pratiche pu aprire dei percorsi di comprensione e di documentazione in grado
di contemperare la necessaria sistematicit del fare disciplinare (e quindi disciplinato) e la
necessaria duttilit nei riferimenti che la vitalit dell'oggetto richiede a chi lo pratica e lo avvicina.
7
Cfr. Ruth Finnegan, Oral Tradition and Verbal Art. A Guide to Research Practice, London/Nw York, Routledge, 1992
Arjun Appadurai, Modernit in polvere. Dimensioni culturali della globalizzazione, Roma, Meltemi, 2001
Non risulterebbe quindi n arrogante n irrispettoso il ribaltamento delle priorit che si sono
storicamente consolidate: la pratica del racconto non solo tradizione orale, da quando la
scrittura e le scritture si sono impadronite dei suoi temi e li hanno rimessi in circolazione in forme
nuove9; la tradizione narrativa non solamente fiaba, anzi soprattutto molto altro e molto
diverso da quanto canonizzato come materiale, tono, sostanza e forma del fiabesco; la pratica
narrativa non rivolta n esclusivamente n prioritariamente ai bambini, ma la sua fortuna di
oggetto di studio, cresciuta parallelamente alla convinzione della sua destinazione infantile,
dovrebbe essere letta come il corollario necessario alla costituzione del bambino come soggetto
culturalmente e politicamente riconosciuto e definito 10. A sua volta la pratica narrativa non
scompare con la tecnologia, n con l'istruzione di massa, n con la dissoluzione delle forme del
vissuto comunitario delle societ tradizionali (ovvero arretrate e subalterne) ma si adatta ai ritmi
ed ai modelli dell'interazione sociale contemporanea, variamente formalizzata o istituzionalizzata,
facendo tesoro di risorse comunicative, immaginative e tecniche.
La tradizione narrativa, infine,
Cfr. Rudolf Schenda, Folklore e cultura di massa, in Pietro Clemente e Fabio Mugnaini, curatori, Oltre il folklore.
Tradizioni popolari e antropologia nella societ contemporanea, Roma, Carocci, 2001, pp. 73-88.
10 Cfr. Egle Becchi e Dominique Julia, Storia dell'infanzia, Bari, Laterza, 1996, oltre al testo spartiacque di P. Aris,
Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Bari, Laterza, 1981 (ed. or. 1960); per un bilancio infine sulle
caratteristiche di una specificit culturale qualificata come folklore infantile, per l'ambito statunitense, si veda Brian
Sutton-Smith, Jay Mechling, Thomas W. Johnson, curatori, Children's folklore. A Source Book, Logan, Utah, Utah
State University Press, 1999.
Ecco, messi a confronto, uno dopo l'altro due esempi che faranno inorridire gli storici: il
primo, sintesi di una congerie di racconti storici e di approcci analitici, improntato ad una presa
di distanza, il secondo, sintesi di cose fatte e di proiezioni, che mette insieme la rilettura in senso
critico di un secolo e mezzo di studi ed aperture di credito a novit di approccio pi vicine ad un
wishful thinking che non ad un severo e posato bilancio storiografico. Ma che la storia della
fiabistica non era una storia normale, lo avevo premesso, e adesso, a posizionamento avvenuto,
posso offrirne i punti a mio avviso- essenziali e condivisibili anche da chi si trovasse a non poter
consentire con me e con il bilancio che propongo: un bilancio parziale- lo premetto- e orientato a
convergere sul ruolo che nella storia della fiabistica hanno avuto autori e ricerche legate al
territorio senese. A questa piegatura del racconto, oltre che a elementari motivi di spazio, si
debbono alcune esclusioni, che non sono censure ma effetti di una visione prospettica molto
angolata, che comincia con i Grimm e finisce con Ciro Marzocchi e le storie dei montierini.
acquisizioni dell'antropologia evoluzionista, che leggeva nelle fiabe (Lang, Mannhardt, Hartland)
l'eredit di un sostrato rituale e mitico ora identificato nella ritualit agraria e precristiana ora in
un pi generico stadio selvaggio; fino alle teorie della cultura popolare ( e quindi anche delle
fiabe) come materia colta decaduta(secondo la traduzione che ne d Cirese) 12 o della fiaba come
materia inerte che il popolo riproduce meccanicamente, ma che l'artista ispirato, sa risvegliare
alla Poesia, secondo l'impianto idealistico crociano13.
La storia degli studi di Cocchiara, tuttavia, non essendo focalizzata sulla fiabistica, rende poco
visibile quella reazione alle ipotesi evoluzionistiche ed alle ricostruzioni congetturali, che matur
in particolare attorno alla scuola di folklore che era sorta in Finlandia e che aveva sperimentato
nell'ardua impresa di ricostruzione/ invenire/ inventare il patrimonio epico nazionale (il
Kalevala), un metodo fondato sullo studio sistematico delle varianti, tenendo insieme la
dimensione diacronica e la dispersione areale, per questo denominato storico-geografico, dal
quale emerger il pi potente strumento di classificazione e di ordinamento del patrimonio
fiabistico di matrice europeo/mediterranea ed -in parte- asiatica, che va sotto il nome di
Verzeichnis des Marchentypen, ovvero l'Indice di tipi fiabistici, elaborato da Antti Aarne nel
1910.14
Il metodo finnico era certamente poco significativo per l'impostazione idealistica del nostro
storico; non sar cos invece per l'altro autore cui si deve far ricorso per un aggiornamento,
almeno fino alla prima met del novecento: Stith Thompson, lo studioso che ha fondato negli anni
quaranta la scuola di folklore presso l'Universit dell'Indiana, a Bloomington, ad oggi, uno dei
punti di riferimento internazionale per gli studi sulla tradizione orale.
Stith Thompson costituisce uno dei capisaldi della fiabistica del novecento non solo per la
sintesi storiografica che ne produrr alla fine degli anni '40, ma per aver costruito un ponte tra la
scuola finnica e la folkloristica nordamericana, nata con la doppia anima letteraria e
antropologica, con la potente ispirazione boasiana, e destinata a costituire un punto di riferimento
internazionale nei decenni successivi.
Tra una revisione e l'altra dell'indice dei tipi fiabistici e le varie redazioni dell'indice dei motivi
fiabistici, Thompson pubblicher nel 1946 il saggio che rimane almeno fino agli anni '70, il
manuale di riferimento, inclusa, ovviamente anche la sintesi storiografica 15. La storia degli studi,
tuttavia, si fa pi convulsa nel secondo dopoguerra, quando a partire dagli anni '60, le differenze
tra gli impianti metodologici fondati sul testo (e vissuti all'ombra del paradigma letterario e delle
certezze filologiche) e quelli aperti alla matrice sociale della pratica narrativa, si fanno pi
evidenti, rendendo difficile una ricostruzione storiografica convergente e armonizzata.
Un aggiornamento recente, e tuttavia ancorato alla storia degli studi di fiabistica come testo,
quello proposto al pubblico italiano da Giuseppe Gatto 16, che fa il punto sulla stagione
morfologica, che ha monopolizzato gli anni '70 del novecento. Gatto ha il merito di valorizzare
alcuni altri autori (Holbeck, per esempio) meno presenti in una scuola italiana abbastanza pigra
in fatto di traduzioni.
15 Stith Thompson, La fiaba nella tradizione popolare, Roma, Il saggiatore, 1967, (ed. or. 1946)
16 Giuseppe Gatto, La fiaba di tradizione orale, Milano, Ed. LED, 2006
La storia degli studi, via via che ci si allontana dagli anni '70 si frammenta in vari rivoli. In
Italia la generazione di studiosi che si sono ritrovati attorno al racconto, ai suoi generi, ai suoi
problemi interpretativi, ha avuto indubbiamente come esponente di punta Aurora Milillo 17, a sua
volta sintesi e ponte con la scuola tedesca e con le svolte impresse alla fiabistica statunitense da
Linda Dgh18, orientate ad una vera e propria antropologia della narrazione, nutrita di senso della
storia e di sensibilit politica verso la dialettica tra egemonia e subalternit. Tuttavia l'oggetto di
studio torna a sviluppare delle pertinenze con il piano letterario 19, attira l'attenzione dei filologi
del testo20, ci sono autori che ne interrogano i rapporti con l'industria culturale e affrontano
criticamente la disneyzzazione delle tradizioni narrative (Jack Zipes) 21. Rimane operante, con
alterne fasi di visibilit, un approccio che alcuni studiosi hanno continuato a coltivare e raffinare,
17 Per i principali contributi di Aurora Milillo si rinvia a Narrativa di tradizione orale. Studi e ricerche, Roma,
Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, 1977, e La vita e il suo racconto. Tra favola e memoria storica ,
Roma/ Reggio Calabria, Casa del Libro, 1983.
18 L'amplissima produzione di Lind Dgh comincia con la pubblicazione in inglese della sua ricerca sulle pratiche
narrative nella nativa Ungheria, in Folktales and society : story-telling in a Hungarian peasant community ,
Londra, Indiana University Press, 1969 , e procede aggiornando gli oggetti della ricerca secondo il rapporto che si
stabilisce fra tradizione orale e nuovi media, in American Folklore and the Mass-Media, Blomington, Indiana
University Press, 1994, fino a tempi recentissimi con l'antologia di saggi sulle leggende, Legend and Beliefs:
perseguendo l'obiettivo di una ricerca di taglio comparativistico e impegnata sul piano dell'analisi
testuale e tipologica, come lo stesso Alberto Cirese 22, o Josiane Bru23, o come Hans Jrg Uther24, che
ha di recente rivisto, corretto nell'impianto classificatorio e aggiornato lo stesso Indice dei tipi
fiabistici, aggiungendo la sua iniziale nella sigla alfanumerica che identifica i tipi (da AT -Aarne e
Thompson- ad ATU -(Aarne- Thompson- Uther).
minoranza cui apparteneva in francesi ugonotti- almeno per quanto riguarda i suoi antenati.
Ma nella prima edizione delle fiabe curata dai Grimm, Dorothea Viehmann appariva come una
contadina da cui costoro dichiaravano di aver raccolto autentiche fiabe dell'Assia. Nella seconda
22 A. M. Cirese ha contribuito agli studi di folklore con un costante richiamo ai valori dell'approccio sistematico,
comparativista, impegnato nella ricerca formalizzata e molto critico nei confronti di alternative pi ingenuamente
olistiche e interpretative. Della sua ampia bibliografia, Scritti e altri lavori di Alberto Mario Cirese, a cura di Eugenio
Testa, 2006, accessibile via web all'indirizzo http://rmcisadu.let.uniroma1.it/glotto/
archivio/bibliografie/biblio_cirese.html, oltre all'opera maggiore di cui daremo conto qualche riga pi avanti,
possiamo segnalare la prefazione Qualcosa fiaba: ma cosa? Spezzoni di un discorso, in Giorgio Cusatelli et alii,
Tutto fiaba. Atti del Convegno Internazionale di studio sulla Fiaba, Milano, Emme edizioni, 1980, pp. V-XIX; Italo
Calvino studioso di fiabistica, in Delia Frigessi, curatrice, Inchiesta sulle fate: Italo Calvino e la fiaba, Bergamo, Pier
Luigi Lubrina, 1988, pp. 17-26. Un Repertorio informatico delle fiabe italiane (RidFI) , dal 2004 in fase di
realizzazione, con l'ausilio delle risorse informatiche, a ribadire il suo convincimento circa l'insostituibilit di uno
studio sistematico della fiabistica, cfr. Alberto M. Cirese, Le Catalogue des catalogues des contes italiens, Cahiers
de littrature orale, n. 57-58, 2005, pp. 279-301
23 Josiane Bru, Centre d'Anthropologie Sociale, LISST dell'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Tolosa, ha
raccolto l'eredit di Charles Delarue e Marie Louise Teneze, ed al momento responsabile del cantiere dedicato
al Catalogue du conte populaire franais. Gli atti del convegno del 2003, sono apparsi in J. Bru, A. Anglopoulos, M.
Bacou, et N. Belmont, Nommer/Classer les contes populaires, Cahiers de Littrature orale, nn. 57-58
24 Cfr. Hans-Jrg Uther, The Types of the International Folktales: A Classification and Bibliography. Based on the
system of Antti Aarne and Stith Thompson, Folklore Fellows Communication, n. 84, Helsinki, Suomalainen
Tiedeakademia, 2004
edizione del 1819, il riferimento all'autenticit delle sue fiabe scompare, come nota Heinz R lleke
25
, ma resta il profilo della Viehmann come una narratrice contadina, di mezz'et, brava e precisa
passaggi da un'edizione
27 Possiamo registrare un deciso ritorno dell'interesse su Basile, la sua opera e la sua stagione, a partire dall'edizione
del Cunto de li Cunti, Milano, Garzanti, 1988, a cura di Michele Rak, e aggiungendovi il saggio di Nancy Canepa,
From Court to Forest: Giambattista Basile's Lo Cunto De Li Cunti and the Birth of the Literary Fairy Tale, Detroit,
Wayne State University Press, 1999, l'edizione storico critica, in lingua tedesca, a cura di Rudolf Schenda, Das
Mrchen der Mrchen. Das Pentamerone Nach dem neapolitanischen Text von 1634/36, Monaco, C-H- Beck, 2000,
con i contributi di Hanno Helbling, Alfred Messerli, Iohann Pgl, Dieter Richter, Lusisa Rubini, Doris Senn, e infine il
volume a cura di Michelangelo Picone e Alfred Messerli, Giovan Battista Basile... cit., che raccoglie gli atti di un
convegno sul tema, dedicato alla memoria di Rudolf Schenda. Si veda, inoltre, di Michele Rak, Logica della fiaba:
fate, orchi, gioco, corte, fortuna, viaggio, capriccio, metamorfosi, corpo, Milano, Mondadori 2005.
all'altra, si fa sempre
28 Cfr. Rudolf Schenda, Raccontare le fiabe- diffondere le fiabe. Cambiamenti nelle forme di comunicazione di un
genere popolare, in Folklore e letteratura popolare: Italia- Germania- Francia, Roma, Istituto Enciclopedia Italiana,
1986, pp. 319-339. Il saggio era stato pubblicato anche nel numero de La Ricerca Folklorica dedicato alla fiaba,
dal titolo Il viaggio, la prova, il premio. La fiaba e i testi extrafolklorici, a cura di Lidia Beduschi, n. 12, 1985, pp. 7786.
Il narrare doveva essere stato storicamente una pratica libera e creativa, capace di integrare
via via come scriveva Hermann Bausinger- l'evoluzione sociale, culturale e tecnica delle societ
occidentali; solamente grazie ad un combinato tra congiuntura politica e dinamiche sociale e
culturali, quale quello che si produce con l'avvento degli stati nazionali, che la libert di essere
contemporanea o anche anacronistica, della cultura popolare- e della fiaba in particolare- viene
ad essere limitata dal valore del passato: i testi raccolti all'inizio dell'ottocento, magari gi espunti
da termini e figure percepite come troppo moderne, finiscono per assumere una funzione
normativa, e chi vuol essere riconosciuto come portatore di una cultura popolare autentica e
importante, deve adeguarsi alla riproduzione di stilemi, lessico, temi, modalit narrative, sempre
pi rigidi e sempre pi antichi29.
La conoscenza della fiaba deve, quindi, partire dalla sua rimozione in quanto monumento del
narrare popolare, e deve assumere una prospettiva risolutamente storica io aggiungerei anche
antropologica- fino a identificare i valori di cui la fiaba stata portatrice, ispirati a concezioni
conservatrici, permeati di ideologia cortigiana e certamente non adatti ad una moderna funzione
pedagogica o didattica. Alle fiabe selezionate e perennemente riproposte dal mercato editoriale,
occorrerebbe giustapporre le varianti raccolte presso i narratori di matrice popolare, che vi
integrano altre concezioni del mondo (connotandole, secondo la terminologia gramscianociresiana), e alla coazione a ripetere, in maniera edulcorata, che ha contraddistinto la tradizione
editoriale delle fiabe (all'ombra del monumento eretto dai Grimm), occorre contrapporre la
vitalit dei generi minori e collaterali (le barzellette, le storie di paura, le leggende, l'aneddotica),
oltrech rivendicare la legittimit di altri temi dominanti la pratica narrativa effettiva: quelli legati
alla sfera del vissuto: la povert, il conflitto e la violenza che segnano l'esistenza delle masse
popolari (da quanto tempo non si usa pi questo termine!) avevano riempito serate e sedute di
racconti non meno della sessualit, dell'erotismo (quelli che erano finiti nella semiclandestinit
della rivista
non riuscir a portare a compimento il proprio progetto: la terza fase rimane quindi solamente
enunciata in una delle lezioni che tiene nella sua patria russa e che saranno oggetto di traduzione
in italiano quando ormai, a stagione strutturalista tramontata, di Propp circolano pi solo le
sintesi nelle antologie per le scuole medie.
La svolta (annunciata) proppiana, andava a convergere, da lontano e per quanto ne sosenza contatti, con quanto era maturato nella scuola di folklore nordamericana. Esaurito il
modello comparativista,
generazione di studiosi che attinge alla linguistica (da Dell Hymes, a Gumperz a Austin) pi
vicina a letture antropologiche che letterarie, mette a fuoco un nuovo paradigma, centrato sul
concetto di performance35: lo studio della fiabistica non avr pi al centro la fiaba (intendendo
con ci quei testi classificati entro un preciso spazio della classificazione per tipi fiabistici), n il
testo indipendentemente dalla fedelt della trascrizione- potr pi essere assunto come perno
dell'analisi; si far strada il riconoscimento della pratica del racconto come pratica rilevante sul
piano estetico, e quindi artistica; si far posto alle figure dei narratori, alle loro interazioni con i
pubblici che ne costituiscono l'audience, polo di ricezione attiva e interattiva, agli eventi che
ospitano l'atto del racconto che, per la loro natura sociale, comportano una specifica attenzione ai
dati di contesto e quindi alla reintegrazione del racconto in un pi fitto tessuto di vita sociale. Con
la svolta in direzione della verbal art as performance lo studio della fiabistica esce dalle pieghe di
una letteratura in tono minore, e finir per alimentare un vero e proprio nuovo ambito del sapere
34 R. Dorson sar il successore di Stith Thompson all'Indiana University di Bloomington, il vero santuario del folklore
statunitense; pur aprendo a temi nuovi e contemporanei (cfr. R. Dorson, iI folklore in America, Chicago, Chicago
University Press, 1964. Dorson costituira il bersaglio ottimale, anche per rappresentativit e autorevolezza, delle
critiche mosse dai giovani studiosi che si richiamano al paradigma innovativo della performance.
35 Il testo di riferimento a cura di A. Paredes e R. Bauman, Toward new perspectives in Folklore, Austin, University of
Texas Press; ma la sintesi pi fortunata quella che ne produce, Richard Bauman, Verbal Art as Performance,
Rowley, Newbury House, 1977 e anche in Story, performance and event, Cambridge, Cambridge University Press,
1986. Storia ed esiti teorico metodologici di questa svolta sono stati narrati e identificati recentemente da Regina
Bendix, In search of Authenticity. The Formation of Folklore Studies, Madison, University of Wisconsin Press, 1997
umanistico, quello che trova nei dipartimenti di Performance studies, oggi, la collocazione pi
esemplare36.
E lItalia? E Siena?
Che cosa succede in Italia ce lo facciamo dire da uno dei fondatori dell' American Folklore
Society, tale Thomas Frederic Crane, che nella sua raccolta di racconti popolari italiani, nel
188537, giustificava il ritardo delle ricerche in Italia, rispetto a quanto accaduto in Germania e in
altri paesi europei, con l'ancora acerba unificazione nazionale:
Un popolo deve prima di tutto avere consapevolezza della propria nazionalit, perch si possa produrre sufficiente
interesse riguardo alla propria letteratura popolare, fino al punto di muovere i propri studiosi alla raccolta per il
bene della scienza, e non pi o non solo per un fatto di intrattenimento 38.
Ma subito dopo, l'elenco dei primi contributi contiene un impensato omaggio alla sede di
questa pubblicazione: infatti il senese Temistocle Gradi 39, ad essere indicato come l'apripista di
una tradizione di documentazione che dar vita, a livello nazionale, a un vero e proprio tesoro di
materiali narrativi.
Nel 1860, Temistocle Gradi, di Siena, pubblic nella sua Vigilia di Pasqua di Ceppo, otto
racconti popolari e, nel suo Saggio di Letterature [sic] varie, sempre nel 1865 [sic.], altri quattro,
tutti raccontati a Siena. Questi racconti furono raccolti senz'altro fine che il piacere
36 La parabola paradigmatica quella di Barbara Kirshenblatt-Gimblett, che attualmente membro di un
Dipartimento di Performance Studies (presso la New York University) da dove ha rilanciato con forza un
aggiornamento metodologico e tematico degli studi, in coerenza con quanto aveva sostenuto, in un intenso
confronto sul Journal of American Folklore: cfr. Barbara Kirshenblatt-Gimblett, Folklore's crisis, Journal of American
Folklore, vol. 111, n. 441, 1998, pp. 281-327.
37 Lo statunitense Thomas. F. Crane sar uno dei primi stranieri che, presenti per varie ragioni sul territorio italiano, si
dedicheranno alla raccolta di testi: cfr. Thomas F. Crane, Italian Popular Tales, Boston and New York, Houghton,
Mifflin and Company, The Riverside Press, Cambridge, 1885. Tra le raccolte pi ricche e significative si veda quella di
Laura Gonzenbach, Sizilianische Marchen, 1870, pubblicata in Italiano con un'ampia curatela filologica e
narratologica di Luisa Rubini, in Fiabe e mercanti in Sicilia. La raccolta di Laura Gonzenbach, la comunit di lingua
tedesca a Messina nell'ottocento, Firenze, Olschki, 1998.
38 Thomas F. Crane, Italian Popular Tales... cit, versione online http://www.gutenberg.org/files/23634/
39 T. Gradi ha pubblicato La Vigilia di Pasqua di Ceppo, Torino, Vaccarino editore, 1860; Saggio di Letture varie per i
Giovani, Torino, 1865, Sebastiano e Figli; Racconti, Firenze, Barbera, 1864
(entertainement) ma sono senz'altro attendibili per finalit comparative. Nessun altro sforzo di
raccolta scientifica di racconti fu prodotto fino al 1869, quanto il professor De Gubernatis
pubblic le Novelline di Santo Stefano [] divenendo il precursore di numerose raccolte dalle pi
varie provincie d'Italia...40
Nel volger di poco tempo la Toscana si riveler una regione tra le pi ricche di testimonianza
del patrimonio narrativo, e tra le pi documentate: lo riconoscer Italo Calvino, quando negli anni
'50 sar chiamato a selezionare l'antologia di fiabe italiane che tutti abbiamo conosciuto 41.
La Toscana sar presente nei lavori di Stefano De Gubernatis, Novelline di Santo Stefano, Santo
Stefano di Calcinaia, 1869), di Vittorio Imbriani ( La Novellaja fiorentina,
1871 e seguenti
riedizioni integrate con la novellaja milanese, a titolo comparativo, 1877), di Nerucci ( Sessanta
novelle popolari montalesi, 1880), dello stesso Giuseppe Pitr, uno dei fabbri degli studi di
folklore in Italia, che avvalendosi della collaborazione dell'avvocato Giovanni Siciliano, d alle
stampe la raccolta di Novelle popolari toscane, 1885, per non citare che le raccolte maggiori.
Entro questo elenco si nascondono, in realt, progetti molto diversi: al precetto del rispetto
assoluto della parola detta dal narratore, su cui Pitr aveva collocato il discrimine tra la ricerca
amatoriale e la documentazione scientificamente responsabile (la distinzione che Crane fa tra
intrattenimento e scienza), si risponde in tante e divergenti modalit. Vittorio Imbriani tester con
la stenografia il massimo strumento disponibile per catturare la parola detta alla sua stessa
velocit, e restituir cos dei testi molto vicini alla loro effettiva resa orale, con tutto quel che
comporta in fatto di difficolt di lettura; Gherardo Nerucci invece intender proporsi come un
sostituto della voce dei narratori: l'avvocato di Montale pistoiese, forte della sua familiarit con lo
stile orale, oltre che con la variante vernacola locale, decider di assumersi in proprio l'onere del
40 Thomas F. Crane, Italian Popular Tales... cit, versione online http://www.gutenberg.org/files/23634/
41 Cfr. I. Calvino, (a cura di), Fiabe Italiane, Roma, Einaudi 1956, in particolare la sua Introduzione, poi confluita
insieme agli altri contributi di Calvino -fiabista, nel volumetto a cura di M. Lavagetto, Sulla fiaba, Torino, Einaudi,
1988
ruolo di narratore, narrando per iscritto, in una lingua e in uno stile che emulano l'oralit della
parlata montalese, i testi che a suo dire circolavano nel territorio e nelle varianti che a lui
sembravano pi rappresentative. Giuseppe Pitr, invece, accetter di posizionarsi su un livello
molto pi sobrio: ci che passa nel testo certamente uscito dalla bocca dei narratori, e niente vi
viene aggiunto: ci forse all'origine del carattere essenziale e persino lacunoso di certi testi
presenti nella sua raccolta.
Ma resta da inserire in questa rassegna un'impresa che torna a riguardare da vicino il nostro
contesto locale: con il 1875, Domenico Comparetti, storico della letteratura, medievista,
germanista, di grande erudizione e di levatura nazionale, d il via al progetto di pubblicare le
Novelline popolari italiane, con la stampa del primo di tre volumi che avrebbero dovuto avvalersi
della collaborazione di tanti esperti raccoglitori dispersi in tutta la penisola, ciascuno operante nel
proprio territorio, ovvero nella propria patria locale. Per quanto riguarda Siena, il collaboratore
che si prester a tale impresa sar un giovane intellettuale, di modesta condizione sociale, ma di
grande passione stando al risultato- che metter nella disponibilit di Comparetti un
manoscritto ricco di ben centotrenta fiabe, raccolte nel senese. Ciro Marzocchi, questo il nome
del ricercatore di cui con ben maggiore competenza scriver Florio Carnesecchi, non vedr mai
pubblicata la propria ricerca, e non solo per via della sua morte prematura, nel 1881, ma per via
del fallimento del progetto comparettiano che non andr oltre il primo volume. Sospendiamo, per
brevit, la storia degli studi Italiani su questo ricercatore senese, che in realt ci serve per passare
direttamente agli '50 del novecento quando sembra farsi viva nuovamente un'istanza di tipo
nazionale, quasi una riconquista della cultura popolare, a cui il regime fascista aveva riconosciuta
una vasta, continua e interessata attenzione, alla nuova identit repubblicana e democratica.
Questo il segno di alcune iniziative sistematiche, quali l'antologia della poesia popolare curata da
Pier Paolo Pasolini42, e l'antologia delle fiabe italiane affidata al giovane Italo Calvino che riporter
all'attenzione di generazioni di lettori sempre pi lontani dall'esperienza dell'ascolto di narrazioni,
42 P.P. Pier Paolo Pasolini, Canzoniere Italiano, Bologna, Guanda, 1955
un vero e proprio tesoro che racchiude i destini degli uomini e delle donne su questa terra,
parafrasando la conclusione dello stesso Calvino 43. Gli anni cinquanta inoltre vedono il rilancio di
iniziative di ordinamento, che per la Toscana portano il nome di Gianfranco D'Aronco, autore di
un Indice delle fiabe toscane, edito dal fiorentino Olschki l'editore emblematico degli studi di
folklore in Italia- nel 1953 che, per quanto perfettibile, ha il merito di offrire uno strumento di
raffronto che accoglie quasi tutto il materiale edito proveniente dalla tradizione narrativa orale,
non limitato alla fiaba classica. Negli agili ed efficaci regesti che accompagnano una
classificazione talvolta incerta e contraddittoria, si rendono accessibili motti, facezie, barzellette,
storielle satiriche, storie di santi, aneddotica sacra e sacrilega: insomma, sebbene con la
perdurante esclusione del repertorio chiaramente osceno, ci si avvicina a quel mondo composito
che secondo Schenda44 andava riscattato dall'ombra in cui lo aveva sprofondato il monumento
costruito alla fiaba di magia. Gli anni sessanta vedono un rafforzamento di questo impegno
sistematico e con la fine del decennio prende l'avvio la pi importante impresa di documentazione
del patrimonio narrativo di tradizione orale che il nostro paese abbia conosciuto; la Discoteca di
Stato affida ad Alberto M. Cirese e ad Oronzo Parlangeli il compito di definire i parametri
metodologici di una campagna di rilevazione del patrimonio orale e di coordinare un team di
ricercatori che documentino su tutto il territorio nazionale i vari generi presenti nel racconto di
tradizione, mettendo capo ad un impressionante mole di materiali sonori- per la prima volta il
testo viene subordinato al nastro, alla documentazione del narrato- corredata da note di ricerca e
da diari di campo. L'impresa trov una prima e tempestiva sintesi nella pubblicazione
dell'inventario/catalogo di tradizioni orali non cantate , curato da Alberto M. Cirese e Liliana
Serafini45, collabor anche una giovane studiosa lucana, Aurora Milillo che abbiamo gi
43 I. Calvino, Fiabe italiane, op. cit..
44 R. Rudolf Schenda, Raccontare le fiabe- diffondere le fiabe e cit., p. 337-39
45 Alberto M.Cirese e Liliana Serafini, curatori, con la collaborazione di Aurora Milillo, Tradizioni orali non cantate.
Primo inventario nazionale per tipi, motivi o argomenti di fiabe, leggende, storie e aneddoti, indovinelli, proverbi,
notizie sui modi tradizionali di espressione e di vita ecc., di cui alle registrazioni sul campo promosse dalla Discoteca
di Stato in tutte le regioni italiane negli anni 1968-69 e 1972, Roma, Discoteca di Stato, 1975. La provincia senese
incontrato poco sopra in quanto portatrice di un approccio innovativo allo studio della fiabistica.
La stessa Aurora Milillo sar pi tardi, una infaticabile sostenitrice della pubblicazione dei
racconti di Ciro Marzocchi, e insieme a Gastone Venturelli 46, uomo della Garfagnana e docente di
storia delle tradizioni popolari a Firenze e Roberto Ferretti 47, ricercatore e operatore culturale
nella zona della grossetana, compone quel piccolo ma compatto pantheon di studiosi della
narrazione ai quali la generazione di chi scrive deve l'incontro e la scoperta con la magia del
racconto48.
Si chiude qui, all'incrocio con il saggio di Florio Carnesecchi, un tentativo di sintetizzare una
storia delle storie che si raccontavano a veglia, che ha inteso coniugare la storia universale della
fiaba con l'attenzione al dettaglio che portasse sul dato locale, quindi senese come si conviene alla
presente con due localit di rilevamento: Cetona e la sua frazione de Le Piazze, dove effettu le ricerche Salvatore
Barone, e Castelnuovo Berardenga, dove oper Maria Annunziata Gioseffi rispettivamente con 80 e 92 brani. La
persistenza del patrimonio narrativo nella zona di Castelnuovo Berardenga stata oggetto di una ricerca
etnografica che aspetta ancora la valorizzazione editoriale che merita. Cfr. Cristina Chiantini, Tra ricordo e racconto:
studio comparativo sulla tradizione orale nel Chianti senese, a.a. 1997-'8, relatore prof. Pietro Clemente. La
valorizzazione dei repertori documentati ne grossetano si deve al lavoro di edizione e trascrizione di Paolo Israel,
curatore, Voci della Maremma. Novelle e altri racconti dal Fondo delle tradizioni orali non cantate della Discoteca di
Stato. Castell'Azzara, Sorano e Sovana, Talamone, 1969, Grosseto, Biblioteca Chelliana/ Archivio delle Tradizioni
Popolari della Maremma Grossetana, 2001.
46 Di Gastone Venturelli oltre ai Leggende e racconti popolari della Toscana : storie inedite, novelle e magie nella voce
scanzonata e ironica del folclore di una terra di millenarie tradizioni, Milano, Newton Compton, 1983, e ai
Documenti di narrativa popolare Toscana, Lucca, Centro Tradizioni Popolari/ Amministrazione Provinciale di Lucca,
si veda il volume La gallina della nonna Gemma, Vigevano, Diakronia, 1994, dedicato al repertorio della narratrice
da lui prediletta, Gemma Frati Rigali.
47 Il ricco materiale documentario raccolto da Roberto Ferretti, pi che nei suoi lavori, stato reso disponibile dalla
trascrizione e dall'edizione critica a cura di Gabriella Pizzetti, Fiabe e storie della Maremma nel fondo narrativo di
tradizione orale Roberto FerrettiGrosseto, Archivio delle Tradizioni popolari della Maremma grossetana.
48 Il quadro della ricerca in Toscana, nell'ultimo ventennio del novecento, si arricchisce di altre raccolte, di taglio ed
impegno diverso, ma ricche di evidenze di quanto il patrimonio narrativo fosse variegato, aderente al vissuto, agli
stili di vita, ai principi etici e politici dei suoi animatori. Ne sono esempi i lavori Paola Tabet, C'era una volta.
Rimosso e immaginario in una comunit dell'Appennino toscano, Firenze-Rimini, Guaraldi, 1978, di Alessandro
Falassi, Folklore by the fireside, Austin, Textas University Press, 1980, di Maria Luisa Rossi, L'aneddoto di tradizione
orale nel comune di Subbiano. Novelle barzellette, bazzecole, Firenze, Olschki, 1987, il lavoro di chi scrive,
Mazzasprunigliola... gi citato, Marta Canestri, A veglia. Aneddoti, barzellette e novelle raccolte in val d'Ambra,
Firenze, Arnaud, 1993, A compimento di una lunga, vasta e approfondita indagine, si aggiunto, da poco, il volume
di Florio Carnesecchi, Le novelle de' montierini. I racconti sui paesi degli sciocchi: testi e classificazione, Pisa, Pacini,
2009.
sede che ospita il contributo; consapevole, quindi, delle lacune e delle omissioni, che una storia
degli studi come spero di leggere- non osando pensare di poterla scrivere- sapr ben colmare,
passo il testimone di questa staffetta a Florio Carnesecchi, che ha ricostruito pi dappresso le
vicende di Ciro Marzocchi, valorizzandone il lavoro, il ricordo e proseguendone l'appassionata
ricerca sui patrimoni fiabistici, dell'aneddotica locale e del paese degli sciocchi.