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ENCICLOPEDIA DANTESCA
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Db. G. A. SCARTAZZINI
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ENCICLOPEDIA DANTESCA
DIZIONARIO CRITICO E RAGIONATO
DI QUANTO CONCERNE
LA VITA E LE OPERE
ui
DANTE ALIGHIERI
Volume I
A-L
ULKIOO HOEPLI
EDITORE-LIBRAIO DELLA REAL CASA
MILANO
1896
PROPRIET LETTERARIA
436-96. - Firouze. Tip. di S. Laudi, direttore dell'Atte della Stampa
B TET? LIBRARY
1
BR&lfiS ?YOUNG
BRJGHAM UNI VERSITY
TC
PROVO, UTAH
AI LETTORI
Durante la oramai lunga serie di anni dedicati allo studio di
Dante e delle sue opere, sentii vivamente le centinaia e mi-
gliaia di volte il bisogno di un libro, che sino ad oggi mancava
sempre nella straricca letteratura dantesca. Ben avevamo gli
Indici ricchissimi del Volpi ed il Vocabolario Dantesco
del Blanc, lavori di gran pregio, anche oggigiorno utili e poco
meno che indispensabili allo studioso serio di Dante, quindi
naturalmente riprodotti pi volte con qualche mutamento e
variazione da chi vorrebbe farla da maestro, l dove dovrebbe
contentarsi di fare l' umile e diligente scolaro. Ricevemmo
poi il Manuale Dantesco del Ferrazzi, il voluminoso
Dizionario Dantesco del Poletto e la bella Concordanza
della Divina Commedia del Fay, lavoro che a nessun uomo
onesto lice censurare o criticare, a meno di contrappor-
gliene dal canto suo uno pi accurato e pi perfetto. Rico-
nosco con una gratitudine, che durer quanto Iddio vorr
ancora prolungare la mia povera vita, il pregio e l' utilit di
questi lavori, che io non sono di quelli, che si lusingano di
esaltare le cose proprie coli' abbassare le altrui. Se per i la-
vori menzionati non riuscirono a soddisfarmi pienamente, o io
B
vi Ai Lettori
mi sono illuso, o il presente libro ne mostrer ad evidenza la
ragione. Che il lavoro tutto ideato da me stesso ed ha ben
poco o nulla di comune coi menzionati, parmi cosa tanto evi-
dente, da poter dire tranquillamente, che nessuno, benevolo o
malevolo che sia, potr n vorr negarlo. Che esso le mille
miglia inferiore al mio ideale, non occorre nemmeno dirlo ;
quale scrittore serio vorrebbe mai lusingarsi, o magari vantarsi,
di avere raggiunto, e fosse puro approssimativamente, il suo
ideale? Per, comunque siasi, a me il lavoro sembra utile allo
studioso di Dante; se tale sembrer anche ad altri, ce lo dir
il tempo.
Non essendo mia intenzione di parlare qui della ragione del-
l' opera, ci che intendo di fare a lavoro compiuto, lasciando
per intanto che il libro parli da se, mi limito per ora ad alcuni
schiarimenti che mi sembrano indispensabili. Anzi tutto mi
corre l'obbligo di osservare, che non fu sin dal principio mia
intenzione di dare spiegazioni lessicografiche mie proprie, e
nemmeno di riprodurre quelle date dal dotto e benemerito
Blanc. Mi risolsi invece di attenermi ai Vocabolarii italiani pi
accreditati. La scelta non poteva essere difficile ;
vorrei quasi
dire, che non poteva neppur essere dubbia. Suppongo essere
universalmente noto che io non sono ligio alla Crusca: ma il
nuovo Vocabolario suo parmi, e in ci credo di non errare, di
gran lunga superiore per ogni verso a tutti quanti gli altri,
onde mi risolsi senza titubanza di seguire quello anche l, dove
la mia opinione individuale era un po' diversa. Sventurata-
mente il Vocabolario degli Accademici della Crusca non ter-
minato, e noi, che siamo gi un po' su negli anni, non possiamo
nutrire la speranza di vederlo terminato vita nostra durante.
Scelsi dunque per la continuazione in primo luogo il Dizionario
di Tommaseo e Bellini, detto comunemente il Gran Dizionario
di Torino, ricorrendo eccezionalmente alla vecchia Crusca, al
Manuzzi, al Fanfani e ad altri. Sappia quindi chi legge e con-
fronta questo libro, che la parte lessicografica, dall' A sino alla
voce Impiastro (il fase. II del voi. Vili venne in luce quando
Ai Lettori Vii
il presente volume era gi da un pezzo sotto i torchi), , con
poche eccezioni, tolta dalla nuova Crusca, dalla voce Impie-
trare in poi dal gran Dizionario Tommaseo-Bellini. Lo dico qui
una volta per sempre, poich il citare continuamente Crus., e
poi Tom.-Bell., mi parve e pare insopportabilmente noioso.
Nella parte etimologica ho seguito quando i due Dizionarii ci-
tati, quando il Diez (servendomi costantemente e con premedi-
tazione dell'ultima edizione curata dall'autore stesso), alle volte
lo Zambaldi e qualche volta il proprio cervello, facendo cio
tesoro di quel poco di cognizioni linguistiche che la somma
Bont mi concedette di appropriarmi. Tutto il rimanente
frutto del mio povero ingegno. Il mio sistema sempre il
medesimo invece di spendere parole proprie, preferisco di
:
riferire pi brevemente che far si possa le chiose altrui, prin-
cipalmente quelle degli antichi. Imperocch mia ferma con-
vinzione che i Trecentisti, pur non essendo infallibili, abbiano
inteso Dante in generale meglio che non lo intendiamo noi
altri moderni, e che pertanto le loro chiose abbiano un valore
le mille miglia superiore a quello delle infinite dissertazioni,
interpetrazioni, osservazioni ecc. de' moderni. Quindi sono
piuttosto largo nel citare gli antichi, parchissimo invece nel
citare moderni.
Le molte abbreviature saranno, credo, universalmente in-
tese. Alla fine del secondo ed ultimo volume dar natural-
mente la tavola completa delle medesime per intanto rimando ;
a quella che sta nel principio dell'edizione Milanese del mio
commento Divina Commedia. Alcune citazioni richiedono
alla
per una spiegazione anticipata. Inquanto al massimo Poema
si cita naturalmente la Cantica, il canto ed il verso ; ma con-
cernente le opere minori di Dante il citare soltanto il relativo
capitolo d troppo lavoro a chi vuol confrontare i passi rela-
tivi, e no faccio io stesso ogni giorno la dolorosa esperienza.
Adottai pertanto un metodo, che da quindi innanzi vorrei ve-
dere adottato da tutti, cio di citare ogni volta non soltanto il
relativo capitolo, ma anche la relativa linea. Inquanto alle edi-
ENCICLOPEDIA DANTESCA
A, prep. che serve principalmente e di sua natura a indicare ten-
denza o direzione verso un termine od oggetto qualunque, s nelle
locuzioni proprie come nelle figurate, e corrisponde a,\Yad lat. Serve
pure a moltissimi altri usi, nei quali VA non sempre corrisponde al
lat. ad, ma talvolta al lat. a, ed altres al lat. e prov. ad, nel signif. di
con. Come ogni scrittore, Dante adopera questa prep. centinaia e cen-
tinaia di volte, e non si notano in questo luogo naturalmente che i
principali usi e significati.
1. A
talora per sfuggire l' incontro delle vocali e per miglior
suono, prende la consonante d e diventa ad; Inf. il, 19; ix, 110, 112;
xvi, 132, ecc. - 2. Si unisce frequentemente agli articoli, e se ne for-
mano le prepos. articolate al, allo, agli, atti, ai, alla, alle; per es.
al, Inf.i, 31; ti, Inf n, 12.
68, 101, 131, 137; ni, 24, ecc. allo, all',
Par. ni, 84; xxvi, 37; xxvn, 1, ecc. agli, Inf.
62; in, 99, ecc.
i,
alli, Inf. vii, 55. ai, Inf. in, 63, 68. ecc. alla, all', Inf. i, 24, 42,
125; in, 19, 86, 114, ecc. alle, Inf. i, 121 II, 135, ecc. - 3. Talora la
;
prep. a si tralascia avanti alcuni pronomi personali, ove l'uso pi
comune la richiederebbe; Inf i, 81; xiv, 21; xix, 89, ecc. - 4. E pa-
rimente avanti gl'infiniti de' verbi, per propriet di lingua, talvolta
schivare il concorso delle vocali, e dare al verso una
si tace, affine di
migliore armonia; Purg. i, 69. - 5. A
indica il termine di movimento
e di direzione verso un luogo, o verso una persona o una cosa; e in
questo caso equivale talvolta alla prep. Verso, Fino a, tanto al pro-
prio, quanto in locuzioni figurate; Inf. n, 118; V, 79. Par. vi, 17. -
6. Posta dopo moltissimi verbi, che non hanno in s idea esplicita di
movimento, la prep. a serve a denotare l'oggetto, al quale si riferisce
ci che da essi verbi significato, e forma nel costrutto un reggi-
mento indiretto, equivalente per lo pi al dativo latino; Par. IV,
44; xxxi, 63. - 7. Lo stesso ufficio presta la prep. A dopo moltissimi
aggettivi. Inf. x, 47. Purg. xxvi, 104. - 8. Precedendo un nome o un
infinito, la prep. a serve spesso a indicare lo scopo, il fine d'una cosa,
1. Enciclopedia dantesca.
e in questo caso equivale a Per; Inf. xxvi, 119. - 9. E serve pure a
indicare l'effetto, la conseguenza di checchessia; Inf v, 3. - 10. Ado-
perata talvolta a denotare l'uso, l'officio, l'incarico, l'onorificenza o
simili, al quale una persona o una cosa qualunque destinata, ri-
serbata o serve, e sta in luogo di Per; Inf xxn, 49. Purg. vii, 42.
11. A
serve a indicare l'occasione immediata, la cagione, il mo-
tivo di checchessia; Purg. xn, 96. Par. xvi, 30. - 12. Serve ancora
a indicare l'istrumento o mezzo col quale si fa un'azione qualun-
il
que, e allora sta in luogo di Con; Inf ix, 50. - 13. E serve pure a
indicare le varie maniere onde altri sta, disposto, s'atteggia, opera
comecchessia; ed anche in questo caso per lo pi equivale alla prep.
Con; Inf. x, 93; xxin, 139. - 14. A serve pure a denotare i segni,
gl'indizi, e tutto quello da che si riconosce checchessia, o da che si
trae una congettura o un giudizio, ed allora spesso equivale alle prep.
Da o Con; Inf XVI, 8. - 15. Talora serve a qualificare o distinguere
persone o cose, al qual uopo pi comunemente s'adopra la prep. Da;
Inf 1, 42 ;36 xvi, 108. - 16. Talora si usa ad esprimere confronto, pa-
ix, ;
ragone, e vale lo stesso che A confronto di, In paragone di, Rispetto
a; Purg. xi, 107.- 17. A
serve a indicare il luogo dov' una persona
o una cosa, o dove si fa un'azione; ed in questo caso spesso equivale a
varie preposizioni, secondo la diversit della situazione, come In, Nel,
Sopra e simili ; Inf xiv, 123 (nel qual luogo per probabilm. da leg-
gere da questo, invece di a questo ). Purg. xxiv, 32. - 18. De-
nota altres la prossimit, ed allora sta invece di Presso, Vicino a, e
simili; Inf IX, 112, 113. Par. xxm, 2. - 19. Si trova anche usata
nella relazione opposta alla precedente, e le si potrebbe sostituire
Da; Par. xn, 49; xxi, 107. - 20. Talora s'adopera per denotare la
presenza d'alcuno a un fatto, o a un'azione qualunque, e in questo si-
gnificato sempre congiunta al verbo Essere, Trovarsi, od altro si-
mile; Inf xxxi, 119.
21. Accennando a persona o cosa, VA vale spesso Appresso a,
Dinanzi a, In faccia a; Inf. XX, 32. Purg. xxvil, 103. - 22. E talora
vale l' Essere esposto ad alcuna cosa, come al sole, alla pioggia, al
vento e simili; Inf. vi, 54. - 23. Serve altres a indicare la situazione
d'un oggetto nella direzione d'un altro, o l'esser rivolto, il guardare
verso alcuna parte; Purg. iv, 53. - 24. Si adopera eziandio a signi-
ficare il tempo, o la circostanza di tempo, in cui si fa una qualche
cosa, e allora spesso equivale a In; Purg. xn, 104. - 25. E si adopera
a denotare ordine, distribuzione di numero o di quantit; Purg. in,
80. - 26. A
ripetuta avanti ad uno stesso nome numerale, indica di-
visione e successione di cose, per numeri e per quantit eguali; cos
A uno a uno vale Uno per volta, l'un dopo l'altro due a due, Due ; A
per volta, ecc.; Inf. xxxm, 71. Purg. xxix, 81. - 27. Ripetuta insieme
A - A. bada 3
col nome a cui sta avanti, ancorch non esprima numero, serve a indi-
care successione, divisione, reiterazione; Purg. V, 24. Par. VI, 141;
xn, 121. - 28. E replicata in questa guisa medesima, serve qualche
volta a formare alcune locuzioni avverbiali, che hanno quasi forza di
superlativo; Inf. xiy, 12. xvn, 134.- 29. A, correlativa di Da, serve
a indicare intervallo, spazio, tratto di luogo e di tempo; Purg. v, 116.
Par. xxn, 153. - 30. Talvolta indica distinzione, differenza tra persona
e persona, o tra cosa e cosa; Inf. xix, 113.
31. A
preceduta dalle voci Fino, Insino, Infino, indica pi spe-
cialmente un termine di tempo e di luogo; Purg. i, 120; v, 53. Par.
i, 16. - 32. E serve allo stesso uso anco quando la voce Fino ta-
ciuta; Inf. xxix, 39. - 33. Adoperata in certe locuzioni ellittiche per
esprimere Avviso, Invito, Eccitamento a fare qualche cosa, Inf. vili,
61, o Augurio, Purg. vili, 3. - 34: Premessa a un infinito, forma tal-
volta una locuzione indicante la condizione o la ragione di checch si
faccia o sia per avvenire, e che potrebbe rendersi con un gerundio;
Inf. il, 22. - 35. Indica anche l'occasione, il motivo o il mezzo, per cui
un fatto avviene Purg. xxvi, 95. - 36. Premessa a un infinito, ed an-
;
che a un nome verbale, serve a denotare L'essere in atto di far quello
che il verbo o il nome significa Inf xxxiv, 13. - 37.
; A
per propriet
di lingua si premette in luogo di Da al nome che fa l'azione deno-
tata dall'infinito, quando questo dipende dal verbo Fare in signi-
ficato di comandare o di operare; Inf xxi, 55. - 38. Lo stesso avviene
col verbo Lasciare nel significato di Permettere o altro tale; Par.
xix, 15. - 39. E cos pure quando l'infinito preceduto dai verbi
Vedere, Udire, Sentire; Inf. vili, 59. Purg. xxxn, 37. - 40. A, pre-
messa a un infinito, e specialmente dipendendo dal verbo Essere,
forma una locuzione che ha forza di futuro, ed equivale alla prep. Da
o Per; Purg. i, 60.
41. A, dipendente dai verbi Avere, Reputare, Tenere e simili, e
premessa ad un adiettivo, ed anche a un sostantivo, serve a denotare
l'opinione, il concetto che si ha di checchessia, la stima in che si
tiene; e talvolta corrisponde a Per; Conv. i, 1, 20. - 42. Talora, per
propriet di lingua, viene usata invece della prep. Di, a dichiarare il
luogo, la cosa o la persona di che si tratta; Canz. Le dolci rime
d'Amor, ch'io solia, v. 19. - 43. Si pone anche dopo alcuni avverbi,
formati da un aggettivo denotante qualche relazione; Inf. xiu, 113.
Par. ir, 148. - 44. E posta dopo alcune preposizioni, serve a indicare
il termine delle relazioni espresse da quelle; Purg. xxix, 151.
Abada, da badare, onde Stare a bada di una cosa, vale Stare
attendendola, stare in aspettazione di quella: stava a bada di ve-
derlo, Inf. xxx r, 139.
:
Al) antico-Albati
Ab antico, avverbiale, vale Anticamente, In antico, Nel tempo
antico: QuelV ingrato popolo maligno, Che discese di Fiesole ab
antico, Inf. xv, 62.
Abate, dal lat. e grec. abbas, derivato dal siriaco abb, padre.
1. Abate in San Zeno a Verona, Purg. xviit, 118. Di questo
personaggio non sappiamo pi quello che ne dice Dante. Ai tempi
di
di Federigo Barbarossa imperatore era abate di San Zeno in Verona
Gherardo II, morto nel 1178; cfr. Biancolini, Notizie storiche delle
Chiese di Verona, lib. V, 1, pag. 60 e seg., e di questo Ghe-
rardo II, investito dal Barbarossa della giurisdizione di molti villaggi
del Veronese, credono i moderni che parli il Poeta (Pelli, Biag., Ces.,
Tom., Br. B., Frat., Cam., Corn., Filalete, Franche, Plump., ecc.).
I Commentatori antichi non ne dicono nemmeno il nome (Pan.,
Ott., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, Buti, Serrav., ecc.). Benv.
Bamb. lo chiama Albertus, vir bonus moribus et vita, e lo stesso
ripetono altri (Land., Veli., Dan., Portir., ecc.). L'iw. Fior, dice
che costui fa Giovanni figliuolo non legittimo di messer Alberto
della Scala Sciancato, et poco sano d'anima et di corpo (!). Tal.
Fuit vocatus Joseph. Il Belviglieri, nell' Albo Dantesco Vero-
nese, Verona, 1865, p. 156: Il personaggio che parla, per quanto
n'abbiano detto, non si pu accertare chi fosse.
2. Il calabrese abate Gioacchino, Par. xn, 140; cfr. Gioac-
chino.
3. Per similit l'andare al chiostro, nel quale Cristo
abate del collegio, Purg. xxvi, 128 e seg. dove il Buti osserva: Lo
paradiso chiusura de' beati, come lo chiostro de' religiosi chiusura
consolatoria e refrigeratoria.... Come l'abbate padre e signore dei
monaci; cos Cristo via maggiormente padre e signore de'beati.
Abati (Bocca degli), Inf. xxxn, 106; cfr. Bocca (degli Abati).
Abati (Buoso degli), Inf. xxv, 140; cfr. Buoso (degli Abati).
Abati, antichissima famiglia del primo Cerchio di Firenze, ebbe
le sue case presso Or-Sanmichele, e tenute e castella nel contado, e
consoli ed anziani innanzi l'istituzione del priorato. Trae l'origine e
il nome da Abbate d'Ildebrandino della Lombarda, di cui si hanno
carte del 1173, e memorie del Consolato tenuto nel 1176. Ricorda
molte sventure nella storia di Firenze, delle quali fu cagione prin-
cipalissima e scellerata (cfr. Bocca, Buoso). Nel 1301 un Neri degli
Abati, essendo soprastante delle carceri dei Magnati, uccise col ve-
leno alcuni dei Cerchi che, come prigionieri di Stato, erano affidati
alla sua custodia. Nel 1304 un altro Neri degli Abati, priore di
Abbagliare-Abbaiare
San Piero Scheraggio, appicc il fuoco alle proprie case, a quelle
de' Macci e ad altre dei Cavalcanti, onde quasi mezza la citt ne
rimase distratta. Un Lamberto di Ruffino di messer Abbate Abati
si adoper a inalzare il Duca d'Atene e fu perci fatto morire da
Gualtieri. Nel secolo XV questa famiglia sparisce di Firenze, pro-
babilmente perch estinta. Cfr. G. VlLL., Cron. 1. v, 39; vi, 33, 65, 78;
vili, 39, 59. Del Lungo, Dino Comp. n, p. 220, 287, 289. Vernon,
Inf voi. il, p. 399 e seg.
Abbagliare, att. Offuscare gli occhi con soverchio lume ; e
dicesi propriamente dell' effetto che fa il Sole od altro corpo molto
luminoso, quando gli ferisce s che non possono sostenerne la luce, n
distinguere gli oggetti; Inf. xxiii, 64. Purg. xv, 28. Figuratam. Purg.
xxxiii, 75. Neut. e Neut. pass. Restare abbagliato, Par. xxv, 122.
Abbagliato. Inf. xxix, 132 i pi e pi autorevoli codd. ed
ediz. leggono : E V Abbagliato
suo senno proferse; alcuni pochi
il :
E V Abbagliato {abbagliato) suo senno proferse. Parecchi antichi
tirano via da questo verso (Bamb., Iac. Dani., Petr. Dant., Falso
Bocc, Tal., ecc.). Il Land, inintelligibile dopo aver parlato ;
di Caccia Sanese, continua Che il suo senno proferse manifesto
:
(? proferse, manifest?), et disse ironice, quasi dica, dimostr la sua
vanit. Benv. Ramb., ed altri dopo di lui (Barg., Dan., Lomb., ecc.),
prendono abbagliato per aggettivo da attribuirsi a senno, riferentesi
a Caccia d'Asciano. Secondo i pi Abbagliato nome proprio di un
cittadino di Siena ( Vern. Anon., Sei. Anon., Dan Ott., Post. Cass.,,
Buti, An. Fior., Serrav., Veli., Voi., De Boni., Biag., Ed. Pad.,
Wagn., Ces., Tom., Frat., Boc, Poi., Filai., Bl., ecc.), nobile (Vern.
Anon., Sei. Anon.), povero, ma saputa persona (Dan., Ott.), che non
avendo da potere mettere in corpo di compagnia avere, che gli mancava,
missevi il senno (An. Fior.). Secondo altri Abbagliato soprannome
di un
tal Meo di Ranieri de' Folcacchieri sanese (Carpellini, Br.
B., Camer., Corn., ecc.), o di Folgore da San Gemignano (Borgo-
gnoni, ecc.). Bartolommeo o Meo dei Folcacchieri fu multato nel 1278
perch trovato a bere in una taverna, ma in seguito ebbe ufzi onore-
voli nella sua patria, fu ripetute volte dei consiglieri del comune di
Siena, gonfaloniere d'esercito nel 1278 e 1280, cancelliere nel 1279, ecc.
Era detto V Abbagliato, onde pare che questo sia il personaggio men-
zionato nel verso citato; Mazzi C, Folcacchiero Folcacchieri rima-
tore sanese del secolo XIII; Firenze, 1878, p. 9 e seg. 21 e seg. ecc.
Abbaiare, neut., dal lat. ad e baubari, grec. (3asiv, dicesi del
modo con che cane manda fuori la voce Inf. vi, 28. E in forza d' Att.
il ;
Esprimere, Manifestare urlando, quasi a modo del cane; Inf. Vii, 43.
6 Abbandouare-Abbicarsi
Abbandonare, 1. Att. Lasciare in abbandono, lasciare affatto
checchessia, Allontanarsene per sempre, e per lo pi di proposito de-
liberato; Purg. ni, 20; vi, 97; IX, 23. Par. v, 117. - 2. Per lasciare
semplicemente; Inf. i, 12; vili, 109; xvn, 107. Purg. xxv, 12.-
3. Figuratam. s'appropria anche alle cose, sien fisiche o morali;
Inf. V, 105. Par. vili, 66. - 4. Per Desistere da fare o di dire,
Lasciar di fare o di dire checchessia; Par. xviii, 9, - 5. Abban-
donarsi a checchessia vale Lasciarvisi andare senza ritegno, Dar-
visi ed anco Affidarvisi interamente; Purg. xvn, 136. - 6. Vale
anco Lasciarsi andar gi, Calarsi gi senza ritegno Par. xxxi, 75. ;
- 7. Nel passo Par. xvn, 108: .... per colpo darmi Tal eh'
pi grave a chi pi s' abbandona, la Cr. spiega: Si perde <T animo,
Si sbigottisce, Si sgomenta. JButi: A colui, lo quale pi s'ab-
bandona e non si provede, che a colui che si provede e rime-
diasi. Land.: Si lascia atterrar dal dolore. Dan.: A chi pi
si perde et teme che l' offenda. Bl. : Si lascia andare senza pre-
videnza.
Abbarbaglio, sost. masc. (dal ver. Abbarbagliare abba- =
gliare), Barbaglio, Abbarbagliamento, Porte offuscazione di vista ;
Par. xxvi, 20.
Abbarbicato, partic. pass, di abbarbicare, detto per similit.
dello attaccarsi di alcuna pianta sopra altra pianta; Inf. xxv, 58.
Abbasso, avverb. In basso luogo ; e figuratam. In bassa con-
dizione; Par. xiii, 115.
Abbattere, att. Gettare abbasso, Gettar gi, Atterrare; Inf.
ix, 70. Par. vi, 106.
Abbellare, att. Far bello, Adornare, Piacere, Parer cosa bella;
Par. xxvi, 132.
Abbellire, 1. Far bello, Adornare; Conv. II, 7: Pensiero a
questa nuova donna commendare e abbellire.... commenda e abbel-
lisce la memoria di quella gloriosa Beatrice.
2. In forza di Neutro e di Neutr. pass. Divenir bello, Farsi
bello; Par. xxn, 24; xxxu, 107.
Abbicarsi da Bica, Inf. xxix, 66, Mettere la bocca in terra;
Inf. ix, 78. Semplicemente vuol dire si riducono o si ammassano,
e a dir nostro si ammucchiano ; Borghini, p. 231.
Abbisognare-Abbracciare
Abbisognare, Aver di bisogno; Inf. ir, 98, dove del resto
sembra che sia da leggere col pi dei codd. e colle migliori edi-
zioni Or ha bisogno.
:
j Abbo, per ho, forma che occorre non di rado nelle scritture an-
tiche, usa Dante una volta in rima, Inf. xxxn, 5. Fuor di rima alcuni
leggono abbo Inf. XV, 86; ma pare che qui la vera lez. sia abbia,
Abborrare e aberrare, verbo antico, di etimologia e di
significazione incerte, usato da Dante Inf. xxv, 144; xxxi, 24 e Par.
xxvi, 73. L' abborre di quest'ultimo passo potrebbe derivare, come
vuole la Cr. da abborrire, nel signif. di Avere in avversione, Schi-
vare checchessia, Avervi repugnanza (dal lat. abhorrere). Cosi in-
terpretano JBenv. Uamb., Serrav., Tom., ecc. Al. diversamente: Lan.
e An. Fior. non distingue, od avviluppa; Falso JBocc. non pu
guardare nel raggio Buti e Dan. teme e non pu sostenere ci
;
che vede. Nei due altri passi la Cr. spiega: Aberrare, Errare, Smar-
rire, Confondersi (dal lat. abhorrere, che trovasi presso Catullo e
Cicerone in un significato somigliantissimo). Veramente V abborri
nel passo Inf. xxxi, 24 pu appena avere altro senso, e cos inten-
dono Lan., Ott., Buti, Serrav., Barg Tal., Veli., Dan., Lomb., Biag.,
,
Tom., Corn., ecc. Anche nel primo passo, Inf. xxv, 144, che il pi
controverso dei tre, molti prendono colla Cr. il vb. abborrare nel
senso di Aberrare. Cos Falso Bocc, Benv., Serrav., Dan., Cast.,
Vent., Lomb., Pori., Biag., Tom., Filai., Br. B., Frit., Bl., Witte,
Benn., ecc. Ma dopo essersi vantato nel medesimo canto, v. 94-102,
di voler superare Lucano ed Ovidio, non sembra probabile che Dante
volesse continuare confessando di aver forse alcun poco errato. Altri
intendono: abborrisce dai fiori, dalle eleganze del dire; cos Barg.,
Ces., Boss., Corn., ecc. Ma lo stile del Poeta in questo canto non
certo meno fiorito che altrove. Altri prendono Abborrare nel senso
di Abborracciare, Acciabattare, spiegando che il Poeta si scusi
della imperfezione della sua descrizione. Cos Lan., Buti., An. Fior.,
Land., Tal., Veli., Cast., ecc. Ma la relativa descrizione per av-
ventura pi accurata che non siano molte altre. Osservando che
Dante ha dedicato due intieri canti alla settima bolgia, ci che fin
qui non aveva ancor fatto, pare che e' voglia scusare la prolissit e
non altro. Quindi abborrare avr in questo passo il valore di Metter
borra, per Usare superfluit di parole. Cfr. Blanc, Versuch i,
p. 233-35. Caverni, Voci e Modi, p. 7.
Abbracciare, Circondare con le braccia, Stringere fra
att.
le braccia il pi delle volte per cagione o a dimostrazione d' afFetto ;
Inf. xvi, 51; xvn, 93 (dove abbracce desinenza anticamente assai
Abbruciare-AMto
in uso, cfr. Nannucci, Voci usate da Dante, p. 10-13); Purg.u, 77;
iv, 107; vi, 75; vii, 15; xv, 101; xxi, 130;xxxi, 101. Par. xxiv, 149. -
Parlandosi di spazio vale Circondare, Circonscrivere, Occupare, e
anche semplicemente Stendersi da un limite all'altro, Inf. xn, 53.
Abbruciare, Consumare col fuoco, rdere; Purg. xxv, 137.
Abbruciato, Part. pass, di Abbruciare, per Incotto, Abbron-
zato; Inf. xv, 27.
Abbuiarsi, Farsi sera, Avvicinarsi la notte; Purg.xvu, 62.
Per similit. Oscurarsi, Farsi di colore oscuro; Par. ix, 71.
Abel (7D1, fiato, di breve vita), nome del tglio secondogenito
di Adamo, ucciso da suo fratello Caino ; cfr. Genesi iv, 2-8. Dante
lo ricorda tra coloro che Cristo trasse dal Limbo ; Inf. iv, 56.
Abelir, verbo provenzale, Piacere, Essere grato; cfr. alla voce
tan m'abelis.
Abte, dal lat. abies, Albero di alto fusto, di quei che produ-
cono ragia, colle foglie sempre verdi, piccole e strette, e le fronde
disposte a croce ; Purg. xxn, 133.
Abido, sponda dell'Elle-
"A(3o5os, piccola citt dell'Asia sulla
sponto, patria di Leandro, che anneg traversando a nuoto lo stretto
per recarsi a Sesto ove dimorava Ero sua amante. Serse, tglio di
Dario re di Persia, cui successe nel regno l'anno 485 a. C, costrusse
tra Abido e Sesto il ponte di barche per invadere l' Europa cfr. ;
Herodot. vii, 34, 43. ThuMd. vili, 61. Purg. xxvm, 74. De Mon. n, 9.
Abisso, dal gr. a(3oaaos, lat. abyssus, propriamente Profondit
immensa d'acque. Dante chiama cos: 1. l'Inferno e le Regioni in-
fernali; Inf. iv, 8, 24. Purg. - 2. La pi profonda e pi oscura
i, 46.
parte del baratro infernale; Inf. xi, 5; xxiv, 100. - 3. L'infinita su-
periorit che la Divinit ed i suoi attributi hanno sulla ragione e
sull'intendimento nostro; Purg. vi, 121. Par. vii, 94; xxi,94. De Mon.
li, 8.-4. La parte pi interna e profonda della terra, piena d'acqua,
giusta l'opinione platonica; Cam. Io son venuto al punto della rota,
st. 5, v. 3.
Abitante, sost. per Abitatore, lat. habitans, Chi ha stanza
in alcun luogo ; Inf. xx, 84.
Abitatore, verbal. masc. da abitare, lat. liabitator, Chi abita;
Purg. xiv, 41.
Abito, dal lat. habitus, 1. Vestimento, Veste; Purg. xxix, 124.
-2. Foggia, Modo di vestire; Inf. xvi, 8. -3. Parlandosi di Ec-
Abituato-Accampare
clesiastici, cos secolari come Or-
regolari, o di persone addette a
dini civili o militari, pel nome
Vestimento, o
abito s'intende il
Distintivo di ciascun ordine o regola; ed anche l'Ordine o la regola
stessa Par. ili, 104. - 4. Disposizione, Inclinazione a far chec-
;
chessia, V habitus operativus degli scolastici, quella qualit che
rende acconci ad operare bene o male, come la virt o il vizio ;
Purg. xxx, 116. - 5. Cognizione di una data cosa, acquistata con
l'uso continuo, Pratica, Esperienza; Par. xm, 78. Conv. I, 6; iti, 13.
Abituato, 1. Vestito dello stesso abito, alla stessa foggia;
Purg. xxix, 146.-2. Assuefatto, Che ha preso o acquistato qualche
abito o uso Conv. i, 6.
;
Aborrire e Abborrire, Par. xxvi, 73; cfr. abbokkake.
Abraam (OflISK = t t :
padre di moltitudine), il patriarca, ceppo
della stirpe ebrea, menzionato da Dante tra que' che Cristo trasse
dal Limbo ; Inf. iv, 58.
Abbaine (0V?tttotf
t ~ :
= padre della pace), che gli antichi sole-
vano scrivere Ansalone e Assalone, nome del terzogenito figlio di
Davide re d'Israele, ribelle al padre suo; cfr. n Beg. e. Xiii-xviu ;
Inf xxvi il, 137.
Acam (DDV
T T
= affliggente), giudeo, rub una parte del bottino
di Gerico, onde, scoperto il furto, fu lapidato nella valle di Acor
assieme con tutta la sua famiglia, cfr. Giosu vi, 17-19; vii, 1-26;
Purg. XX, 109 ricordato tra gli esempi di turpe avarizia.
Accademico, sost. masc. dal lat. academicus, Filosofo se-
guace della scuola accademica. E questi furono Accademici chia-
mati, siccome fu Platone e Speusippo suo nipote; chiamati per lo
luogo cos, dove Platone studiava, cio Accademia; Conv.w, 6, 92 e seg.
Accaffare, Acchiappare, Pigliare; dal lat. captare, pre-
att.
messavi la preposiz. ad; Inf. xxi, 54. Btjti: Accafft, cio pigli,
come se' usato nel mondo di pigliare li moccobelli occultamente.
Accampare, ad campus, Porre a campo, Ratinare in
dal lat.
campo. Purg. gran maggioranza dei codd., delle ediz. e
vili, 80 la
dei comment. legge: La Vipera che i Milanesi accampa, onde ac-
campare avrebbe qui il senso di Condurre in guerra. Lan.: E dice
che i Milanesi accampa perch si giurisdizione di quella arma
che sempre quando li Milanesi vanno in oste, dove si pone quella
insegna si pone il campo: e fnech quella bandiera non posta,
grande bando a ponere altra insegna. Benv.: Quam mediolanenses
10 Accapricciare-Acceffare
portant in campo. Serrav.: Cum qua vadunt ad campum. Alcuni
ottimi codd. (S. Cr., Beri., Caet., Anta!.,
ecc.), parecchie ediz. e qual-
che commentatore leggono: la Vipera che il Milanese accampa, che
il Buti spiega: Che quelli di Melano tegnano per maggiore insegna,
quando s' accampano in nessuno luogo per cagione di guerra. La Cr.
con Br. B., Bennas., ecc.: La Vipera che il Visconti porta nel campo
del suo Scudo.
Accapricciare, lo stesso che Baccapricciare, Esser preso da
capriccio, in significato di Arricciamento de' peli e tremito, cagio-
nato da paura o simili. Dante l'usa figuratami. Inf. xxn, 31, nel
qual passo i pi leggono il cor me n' accapriccia (cos col Land.,
S. Cr., Vat., Beri., Cass. e molti altri codd. Falso Bocc, Buti, a
Colle, Land., Dan., Cast., ecc. Prime 4 ed., Aid., Witte, Moore, ecc.),
la comune il cor mi s' accapriccia (Cr., Com., Quattro Fior., ecc. con
pochissima autorit di codd. e nessun comment. antico), alcuni il
cor mi raccapriccia (Caet., Benv., ecc.); il Barg. il cor me ne ca-
priccia, ecc. Il senso resta sempre lo stesso la memoria me ne:
spaventa; lo cuore si piglia qui per la memoria; capriccio signi-
fica paura, e per capricciare, o vuogli raccapricciare, cio spau-
rire ; Buti.
ccarnare, dal lat. caro, Ferire addentro nella carne ; e
figuratala, per Penetrare addentro, Addentrarsi ; Purg. xiv, 22.
Accasciare (da quassus, Diez, Wrt. i 3
quassare ? cfr. ,
p. 116, s. v. cass), Infiacchire, Spossare, Abbattere, Prostrare per
vecchiaia, malattia, stanchezza e simili Inf. xxiv, 54. - Acca-
;
sciare ottima voce e molto propria, nostra da 300 anni in qua,
stata sempre in uso, e chiamasi una pecora accasciata quando per
vecchiezza o infermit molto mal condotta e quasi non si regge ;
e si dice tutto il gioruo il tale molto accasciato
: Bokghini, ;
Studi, p. 238. - . Accasciarsi frequente, in questo significato pro-
prio, sulla bocca del popolo toscano; dal lat. cascus, che il popolo
stesso traduce in cascante; Caverni, Voci e Modi, p. 7.
Accattare, dal lat. captare, propriam. Mendicare, Pigliare in
prestanza, e simili. Dante l'usa (con altri antichi) nel senso di Pro-
cacciare, Acquistare ; Inf. xi, 84.
Accedere, dal lat. accedere, Accostarsi, Appressarsi ; Purg.
xxx, 74.
Accettare, da ceffo, Prender col ceffo, Afferrar co' denti; ed
proprio delle bestie ; Inf. xxtit, 18.
Accendere- Acciaiuoli 11
Accendere, 1. Appiccar fuoco, Far ardere,
dal lat. accendere,
Infiammare, nel signif. morale: Inf. TI, 75; IX, 119; xix, 25;
fisico e
xxm,39;xxiv, 101; xxv, 83. Purg. v, 37; xxni, 29;xxvi, 28; xxvn, 18;
xxix, 34. Par. 1, 79.
2. Riscaldare eccessivamente: Inf. xiv, 38.
3. Illuminare, Rendere luminoso, Far lucente: Par. li, 101;
ni, 10; v, 129; XI, 19; xix, 5; xx, 4, 85; xxvii, 11.
4. Riferito alle passioni, agli affetti dell'animo, come Accen-
dere amore, oppure, d'amore, d'ira, d'odio, di fu-
ira, odio, furore,
rore e simili, vale Muovere, Risvegliare, Eccitare in uno questi e
simili affetti: Purg. vili, 78; xv, 106; xvm, 71; xix, 111; xxn, 11
xxiii, 67; xxv, 13; xxvi, 29. Par. i, 83; il, 40; v, 9; x, 83; xiv, 50
xvm, 115; xx, 115; xxi, 8 xx, 47; xxiv, 82; xxvn, 110;xxix, 113
;
xxxiii, 99.
5. Nascere, Sorgere, Cominciar a vivere : Purg. iv, 6.
Accennare, da cenno, Far cenno; Purg. xxxiii, 14. - Accen-
nare ad uno, in forza di Neut.; ed anche Accennare uno, in forza
d'Attivo, vale Far cenno ad uno, Avvisare uno col cenno; Inf. in, 110;
xvn, 5. Par. xxxiii, 49. - Per Dare a divedere, Dimostrare Par. xxi,45. ;
Accento, dal lat. accentus, Tono di voce esprimente i diversi
affettidell'animo; Inf. in, 26. Accento il profferere,
il quale
facciamo alto o piano, acuto o grave o circunflesso ma qui dice :
che erano accenti d'ira, per la quale si sogliono molto pi impe-
tuosi fare, che senza ira parlando non si farieno; Bocc.
Accertare, att. Fare, Render certo alcuno di checchessia, Cer-
tificare;Par. xxn, 58. - E in forma di Neut. pass. Certificarsi, As-
sicurarsi, Rendersi certo; Purg. xn, 130; xvn, 1.
Acceso, poeticam. anche accenso, Part. pass, di accendere,
e
ne' varj Par. i, 79.- Che arde o splende vi-
significati del verbo;
vamente Purg. xxix, 34. - Acceso di una cosa, vale Desideroso,
;
passionato di farla, o conseguirla; Par. xxxiii, 99. - Cfr. accendere.
Accettare, dal lat. accentare, Ricevere con aggradimento una
cosa, Acconsentire a ci che ne vien proposto o dimandato; Inf.
xxvi, 71. Par. in, 101.
Accetto, dal lat. acceptus, Caro, Grato, Gradito; Par. xiv, 93.
Acciainoli, Famiglia guelfa di Firenze. Dante accenna Purg.
xn, 105 a messer Niccola Acciaiuoli, famoso per le sue frodi al tempo
della Potesteria di messer Monfiorito da Padova (1299); cfr. Dino
Comp. Cron. i, 19. Del Lungo, Dino Comp. u, p. 78 e seg.
12 Accidente-Accidia
Accidente, lat. accidens, termine scolastico ondo si determina
ci che inerente ad una sostanza, senza che faccia parte della sua
essenza; quale ad esempio la bianchezza, la scienza, ecc. Onde
detto: Accidens est entis ens; e: Accidentis esse est inesse; Par.
xxxiii, 88. De Mon. in, 4. Cfr. Thom. Aq. Sum. theol. i, 5, 5; 90, 2.
ae
i2 , 53, 2. Nella Vit. Nuova e. 25: Amore non per se siccome
sostanza, ma un accidente in sostanza.
Accidia, dal gr. xvjSia, Avversione all' operare, accompagnata
da tedio; Pigrizia: si dice particolarmente dell'avversione a ope-
rare bene, ed uno dei peccati capitali; Purg. xvm, 132. Nel
il
Purgatorio (xvin) gli accidiosi corrono frettolosamente attorno al
quarto girone, in opposizione alla loro inerzia; piangono, cantano
e si esortano a fretta, per iscontare con gentili entusiasmi l'antica
fredda indifferenza delle loro anime. La questione poi, dove sia pu-
nita l' accidia nell'Inferno dantesco non pur difficile, ma poco
meno che insolvibile. I pi si avvisano che gli accidiosi siano da
cercarsi nel Cerchio quinto, e siano que' che, immersi nel fangoso
pantano, sospirando fanno pullulare l'acqua al sommo; Inf. vir,
118-126. Cos Bambgl., Jac. Dant., Ott., Petr. Dani., Cass.,
Bocc, Falso Bocc, Benv., Put, An. Fior., Serrai?., Barg., Land.,
Tal., Veli., Cast., Boi., Tom., Br. B., Frat., Andr., F. Lanci,
Bennas., Cam., Poletto, Fioretto (Quadri sinottici, Treviso 1888),
Cipolla (Il passo dello Stige, Verona 1891), Del Lungo (Nuova
Antolog. aprile 1883), Berthier, Boghen-Conigliani (La D. C. Scene
e Figure, Torino 1894), Filomusi Guelfi (Giorn. Dant. i, p. 341-57
e 429-47), Kanneg., Streckf. Graul, Blanc, Witte (nelle sue due
ediz. della D. C. e nelle tre ediz. della sua traduz. con commento),
Hetting., Lord Vernon, Butl., ecc. L' accordo degli antichi sino
alDan. (che il silenzio dell' An. Sei., ed il menzionare che fa il
Lan. i soli iracondi, non pare che voglia dire discordanza) parla
assai in favore di questa opinione. Ma Dante dice (Inf. xi, 70-90)
che nei primi cinque Cerchi sono puniti i peccati d' incontinenza,
e l'accidia per l'appunto il contrario dell'incontinenza. E Vacci-
dioso fummo (Inf. vii, 123) non basta veramente a persuaderci, che
il Poeta abbia posti gli accidiosi cogli iracondi, egli che usa sempre
designare chiaramente i peccati puniti nei diversi Cerchi del suo In-
ferno. Quindi molti si avvisano che nello Stige, cio nel quinto
Cerchio, si trovino i soli iracondi. Cos Dan., Vent., Lomb., Port.,
Pogg., Biag., Ces., Di Siena, Corri., Bartoli (Lett. it. vi, 1, p. 53-70),
Filai., Paur, Witte (in uno de'suoi ultimi lavori, Jahrb. iv, p. 373-403
e Dante-Forsch. II, p. 121-60), Franche, Gildem., Gietm., Bertr..
Basserm., ecc. Di questa seconda serie di interpreti alcuni non si
Accidioso-Accisinare 13
curano di dirci dove siano da cercare gli accidiosi nell'Inferno
dantesco; i pi seguono il Dan. il quale scrive (p. 54): Se il
Poeta ha posto in questo suo Inferno gli Accidiosi, gli pone ove
sono gli sci aurati, che mai non fur vivi. Or se veramente gli ac-
cidiosi sono da cercarsi nel vestibolo dell' Inferno, la loro pena
analoga a quella onde sono puniti gli accidiosi nel Purgatorio. Ta-
luno si vanta di avere dimostrato all' evidenza quale sia, nel-
l' Inferno dantesco, la vera sede degli accidiosi. Ma questa evidenza
e rester per molti ben poco evidente, e V Edipo si aspetta an-
cora, che sciolga definitivamente questo enigma forte.
Accidioso, dal gr. xTjSVis, non curans, Add. usato da Dante
nel suo Poema una sola volta, Inf. vii, 123. Coloro che nello Stige
credono punita anche l'accidia (cfr. la voce accidia) spiegano colla
Cr.: Appartenente ad accidia, Che viene da accidia. Altri diversa-
mente. Dan.: Accidioso altro che lento e tardo non significa.
Lan.: Accidioso fummo, cio smisurato e oltraggioso volere; e
questo ira. Salv. Betti Accidioso, credo derivi da acido....
:
Nelle Marche e nel ducato di Urbino la voce accidioso frequen-
tissima sulle bocche del popolo, in significato di stizzoso, acre, bi-
lioso, collerico. In questo senso l'ha certo usata Dante.
Acciocch, che anche disgiuntamente si scrive acci che, con-
giunzione, denotante la cagione e '1 fine della cosa; Affinch; Inf.
i,132; xiv, 35; xvn, 37; xxi, 58;xxv, 44;xxvi, 109; xxxi, 30. Purg.
x, 54; xvir, 139; xxvi, 64. Par. xin, 96; xxxi, 94. Nelle Op. Min.
Dante usa acciocch come Avverb. =
Perciocch, Perci che Vit. ;
N. e. 14: Non bene a me dichiarare cotale dubitazione, acciocch
lo mio parlare sarebbe indarno. Ivi e. 29: Conviensi qui dire al-
cuna cosa, acciocch pare al proposito convenirsi. Conv. i, 1 :
Onde acciocch la scienza l'ultima perfezione della nostra ani-
ma, nella quale sta la nostra ultima felicit, tutti naturalmente al
suo desiderio siamo suggetti. E nello stesso senso spessissimo
nel Conv.
Accismare (dal provenz. acesmar, antico frane, acesmer, la cui
radice il gr. xoa|j,ev ornare, abbellire), Acconciare, aggiustare,
usato figuratam. Inf. xxviii, 37. Secondo altri vale Dividere, Se-
parare, Tagliare, e deriverebbe da Scisma, quasi Ascismare, come
hanno Beri., Caet. ed altri codd.; Buti, Serrav., Barg., ecc. Cfr.
3
Diez, Wrt. i 164. - Galvani, Lez. Accadem. n, 31-50. - Nel
,
'popolo vivo cisma per scisma, e da cisma s' fatto il verbo ac-
cismare ; Caverni, Voci e Modi, p. 8. Buti Che n'accisma, cio :
che divide e taglia noi. Dan.: Ne accisma, ne fende et divide.
14 Accline-Acclo
Accline anche acclino, dal lat. acelinis, Che a scesa, De-
e
clive; e fguratam. per Inclinato, Proclive; Par. I, 109.
Accoccare, da cocca, propriam. Annodare il filo a una delle
cocche o capi del fuso; e per Menare, Trarre, Avventare; e dicesi
per lo pi del colpo, e anche talvolta dell'arme o dello strumento
qualunque con cui si tira o si avventa il colpo medesimo. Modo
dell'uso famigliare ; Inf. xxi, 102. - Accoccarla a uno, modo basso,
Fargli qualche danno, dispiacere o beffa; onde l'adagio: Tal ti ride
in bocca, che dietro te l'accocca; cio: Ti fa l'amico in faccia e
dietro t'inganna e opera contro di te; Fanf.
Accoglienza, l'atto e il modo d'accogliere alcuno; e per lo
pi con una certa dimostrazione d'affetto; Purg. vii, 1; xxvi, 37.
Accogliere, per sincope Accorre, dal lat. ad colligere. -
e
1. Mettere insieme, Eaccogliere, Adunare, cos in senso proprio come
figurato; Inf. vili, 24. xiv, 114.- 2. Per Contenere, comprendere,
avere in s, tanto al proprio quanto al figurato Inf. iv, 9. - 3. Per ;
Cogliere, Sorprendere, Inf. xxx, 146 Se pi avvien che fortuna:
V accoglia, Ove sia gente in simigliante piato, cio: se fortuna ti
trovi, oppure: ti faccia capitare. - 4. Per Kicevere alcuno con dimo-
strazione d'affetto, e anche semplicemente Riceverlo; Purg. xiv, 6;
xvin, 66. Par. xxv, 23. E cos pure Accolto per Ricevuto; Purg.
Vii, 90.Par. Neut. pass, per Unirsi insieme, Adunarsi;
XI, 12. - 5.
Inf. xx, 89. Purg. xxv, 46. Par. xiv, 122; xxxin, 104. - 6. Per Esser
contenuto, Trovarsi dentro certi limiti determinali; Inf. xxvin, 15.
Purg. i, 14. - 7. Accogliersi a un luogo, per Adunarsi in un luogo;
Inf. xx, Accogliersi a uno, per Farglisi appresso, Accostar-
89.
gli ; 8. Par. xxn, 99 leggendo col S. Cr., Cass.,
Inf. xxix, 100. -
Cr., Codi. Quattro Fior., ecc. tutto in su (in su tutto) s' accolse,
:
il vb. accogliersi vale Sollevarsi, ed
il senso : Si sollev tutto insuso,
ritornando nell'Empireo. Leggendo invece col Vat., Beri., Caet., Bati,
prime 4 ediz. ecc. tutto in se (in s tutto) s'accolse il vb. acco-
:
gliersi vale Adunarsi, Mettersi insieme, Concentrarsi. Alcuni leggono
con parecchi codd., Benv. ecc. s' avvolse. - 9. Par. xxx, 53 Acco- :
glie in se, leggendo coi pi con s fatta salute, il vb. Accogliere
:
vale Ricevere leggendo invece cos fatta salute, il vb. accogliere
; :
vale Contenere, Comprendere.
Accoglitore, verbal. masc. da accogliere, Chi o che acco-
glie; Inf. iv, 139.
Accolo, Purg. xiv, 6: E dolcemente, s die parli, acculo,
dove secondo i pi accolo forma contratta per accoglilo, cfr. Inf.
Accompagnare-Accorare 15
xviii, 18. Nannuc, Anal. crit. p. 44 e seg., 789 e seg. Alcuni pochi
leggono a colo, spiegando: Parli a perfezione (Post. Cass., Petr.
Dani., Put, Land., Costa, ecc.), o: parli amorevolmente (Veli.,
Bovili., ecc.), oppure parli con riverenza (Boi.). Ma non si hanno
:
esempi di a colo in cotali sensi. Acculo potrebbe derivare dal-
l'antico accollere (dal provenz. acuelhir) =
Accogliere. Cfr. Crus
Gloss. 14 a.
Accompagnare, andar con uno, Seguire alcuno, per lo
1.
pi a fine d'onorarlo o di scortarlo, Tener compagnia ad alcuno,
andando e anche stando con esso; Purg. vi, 114, dove accompagno
desinenza ovvia in Dante e negli antichi per accompagni ; figu-
ratane V. N. Ball. Pallata, io vo' che tu ritrovi Amore li, 13. -
2. Accompagnar uno ad altro, o d'altro, o con altro, vale Darglielo
per compagno, Farglielo compagno. Figuratane Vit. JV. vi, 4. - 3. Per
Accozzarsi, Combinarsi, Accoppiarsi, s al proprio come al figurato ;
Par. ix, 49.
Acconciare, 1. Mettere in sesto e in buon termine, Eidurre
a buon essere, Accomodare; Par. xxxi, 98: Che veder lui f accon-
cer lo sguardo. Cos, con pressoch tutti i codd., prime 4 ediz.,
Vind., Aid., Sessa, Dion., De Boni., Sicca, 4 Fior., Fosc, Witte,
Fanf., ecc. Cos pure Benv. ( lo sguardo, idest, habi-
t' acconcer
litabit et acuet tuam speculationemButi, Land., Wagn., Triss.,
),
Bl., ecc. Altri leggono (con quali codd.?) t'accender lo sguardo;
cos Bovil., Crus., Missir., Comin., Pezz., Giul., ecc. Veli., D'Aq.,
Vent., Lomb., Port., Pogg., Biag., Borg., Br. B., Giob., Greg., Andr.,
Cam., Coni., De Gub., ecc. Altri: t'acuir lo sguardo; cos Dan.,
Costa, Ces., Frat., Mauro Ferr., Frane, Cappel., ecc. - 2. Per In-
dursi, Adattarsi, Accomodarsi a checchessia; V. JV. e. 8: Udendo
la cagione perch piange, si acconcino pi ad ascoltarmi.
Accoppiare, dal sost. coppia, Mettere insieme due persone
o due cose, Appaiare, Accompagnare ed in pi largo significato
;
Unire, Confrontare Inf. xxm, 8. Purg. xvi, 57.
;
Accorare e Accnorare, dal sost. cuore. 1. Produrre nel-
l'animo un sentimento di dolore e di pena; Addolorare, Affliggere;
Inf. xui, 84; xv, 82. Purg. v, 57. - 2. E pi in generale Stringere
il cuore gagliardamente, eccitandovi dolore, ira, disperazione e si-
mili; Par. vili, 73.-3. E Neutr. pass. Addolorarsi grandemente,
affliggersi; Purg. x, 84. - Il Buti spiega il passo Inf. xm, 84:
m' accora, cio mi trafigge il cuore, e l' altro Purg. x, 84 m'ac- :
coro, cio m'uccido (?); negli altri tre passi egli prende acco-
rare per Kincorare, Dar animo, Incitare; Inf. xv, 82: m'accora,
16 Accorciare- Accorrere
cio m'invigorisce e conforta; Purg. v, 57: ne accora, cio ci
conforta e ranoveci a desiderare di veder lui, cio Iddio; e Par.
Vili, 73: accora, cio fa gagliardi li populi subietti. La Cr.
(Gloss. 15 b) osserva: 11 senso che il Buti d a questi passi di
Dante sembra assolutamente falso; tuttavia si pu credere che ai
tempi suoi il verbo accorare avesse veramente, almeno in alcuni
luoghi, il significato d' incuorare.
Accorciare, dal lat. ad curtus, Neut. e Neut. pass., Di-
venir corto, Farsi corto; ed anche Contrarsi, Eitirarsi in s; Inf.
xxv, 114.
Accordare, dal lat. ad chorda, 1. per Conformare, Far cor-
rispondere, Porre in accordo; Vurg. xvn, 61, dove il Buti spiega:
Moviamo li nostri piedi insieme, tu ed io. Land.: Andiam
dove egli ci invita a salire. Tom.: Andiamo secondo l'invito.
Bl.: Facciamo per modo che i nostri piedi vadano d' accordo con
questo invito, cio, obbediscano a
Accordarsi, per Conformarsi, Corrispondere; detto del canto,
Vurg. vii, 112; e delle cose, Par. I, 127; xxvm, 8.
Accorgere, ad
corrigere, Venire al conoscimento di
dal lat.
una da un'altra; Apprendere una cosa per
cosa, congetturandola
indizio che altra ne dia; e anche semplicemente Avvedersi, Avvi-
sarsi. Accorgersi di checchessia, Scorgere, Discernere checchessia;
Inf. ix, 85: x, 70; xiv, 84; xv, 57; xvn, 54, 116; xix, 106; xxm, 114
(a ci s' accorse =
per il mio parlare interrotto si accorse. Cast.:
Al soffiare, che faceva il confitto in croce, il frate s'accorse che
Dante lo guardava e desiderava di conoscerlo. Di' dunque: a ci
s'accorse del mio desiderio; ovvero s'accorse a ci, al mio parlare
interrotto, o al mio parlare interrotto ed al soffiar del confitto in
croce ). xxv, 36; xxvi, 32. Purg. iv, 102; v, 25; vi, 123; vii, 65; x,
124; xvn, 14; xvm, 7, 68; xix, 128; xxn, 43. Par. Ili, 19; vili, 13; x,
35 ; xiv, 85, 124 ; xv, 27 ; xvm, 60, 61 xxvi, 53 ; xxxu, 46. - In forma
;
di sost. per Accorgimento; Purg. vi, 123.
Accorgimento, 1. capacit d' accorgersi, di comprendere,
Intelletto; Par. iv, 70. - 2. E per Accortezza, Sagacit, Astuzia, ed
anche Divisamento ingegnoso, Accorto provvedimento; e si usa cos
in buona come in mala parte; Inf. xxvn, 76.
Accorrere, dal lat. accurrere, in signif. di Correre al soc-
corso; tanto al proprio quanto al figurato; Inf.xiu, 118. Nota che
anticamente chiamavasi in soccorso gridando: Accorr' uomo Bl. !
Accorso-Accostare 17
Accorso (Francesco <P) figlio del celebre giurista fiorentino
Accorso da Bagnolo che visse nella prima met del sec. XIII e
venne in gran fama per le sue Chiose alle leggi. Francesco nacque
in Bologna nel 1225 e fu professore di Diritto civile in quell'uni-
versit. Invitato dal re Edoardo I si rec nel 1273 in Inghilterra,
dove fu professore di leggi a Oxford. Eduardo re d' Inghilterra lo
colm di favori, onde nel 1281 ritorn ricco a Bologna e vi mor
nel 1293. Cfr. Sarti M. De claris Archigymnasii Bononiensis pro-
fessoribus; Boi., 1769. i, 176. - Fantuzzi, Scrittori Bolognesi, i, 141.
Tirab. Lett. it. IV, 279-83. Dante lo pose nel suo Inferno tra' so-
domiti, Inf. xv, HO. An. Sei.: Spregi i santi sacramenti e le
cose divine. Lan.: Fu un gran legista bolognese. Benv.: Fuit
etiam famosissimus doctor legum, qui laborabit morbo peioris et
ardentioris febris, quam pater suus. An. Fior.: Fue messer Fran-
cesco, cittadino di Firenze, maculato ancora di questo vizio della
Sodomia. Serrav.: Fuit civis Florentinus; stetit diu Bononie,
legens in scholis leges et iura; valde valens fuit; glossavit leges ;
fecit additiones; ultra glossas, fecit multa opera. Tirab. 1. e,
p. 283 Dante lo ha dannato all' inferno per troppo sozzo delitto,
:
di cui per giova il credere, che contra ragione ei fosse dall'altrui
invidia gravato. Si dovr invece credere che Dante fosse ben in-
formato della cosa.
Accorto, partic. pass, di Accorgere; Inf v, 16; xiv, 49;
1.
xxx, 19. Purg. 126; n, 67; v, 16. Par. xvn, 79. - 2. E in forma
i,
d'Add. per Sagace, Avveduto, Attento, Destro, Sollecito; Inf. ni, 13;
Vili, 41; xn, 26; xxi, 130; xxxiv, 87. Par. xiv, 61. - 3. Figuratam.
detto di tutto quello in cui s'adopera o apparisce accortezza; Inf
xiii, 120. - 4.
Accorto di checchessia, per Esperto, Informato, Co-
noscente di checchessia; Inf. xn, 80. Purg. ix, 88; xxiv, 6. - 5. Fare
accorto, vale Fare che altri s'accorga, Avvertire, Far conoscere;
Farsi accorto, vale Accorgersi; Purg. v, 54; IX, 131; xxx, 4.
Acconciare, Neut. pass. Piegarsi sulle cosce abbassandosi;
Cadere colle cosce sulle gambe Inf. xviii, 132. - Benv.: Tangit
;
morem meretricis quae unmquam quiescit in loco, imo est semper
in continuo motu. - Land.: Che ora s' accosciasse, e ora stesse
in pie, ha la sua allegoria; ma meglio lasciare inviluppato nella
sua oscurit quello che onestamente non si pu esplicare.
Accostare, 1. in forma di Neut. pass, vale Avvicinarsi, Ap-
pressarsi, Porsi accosto; Inf X, 29; XXI, 97; xxn, 46. Purg. vili, 41;
Par. xxi, 57 (dove per probabilmente da
x, 11; xvi, 9; xxiv, 127.
leggere mi t'ha posta, col S. Cr., Vat., Beri, Caet., Cass., Fram.
2. Enciclopedia dantesca.
18 Accrescere-Acerbo
Fai., Vien., Stoec, Corton. e molti altri codcl., prime 4 ediz., Viri-
de!., Witte, ecc.). - 2. E per Essere o Stare accosto; Par. xx, 44.
- 3. Accostarsi ad uno o con uno, vale Unirsi, Accompagnarsi;
Purg. VII, 42. E flguratam. Par. xxix, 93.
Accrescere, Neut. e Neut. pass., Aumentarsi, Farsi maggiore,
Aggrandirsi; Par. vili, 47; xiv, 46. Conv. i, 13: Se l'amist s'ac-
cresce per la consuetudine. (E per Aggiungere, Cred. 190: Ira
all'irato sempre accresce pena).
Accumulare, Att. Adunare in copia, Ammassare, dal lat.
accumulare; figurat. Inf. xxviii, 110.
Accuorare, cfr. Accorare.
Accusa, 1. propriam. Quello che detto o scritto dall'accu-
satore davanti al giudice, Querela; e in pi largo significato, In-
colpazione, Imputazione qualunque Purg. xxxi, 76. - 2. E per
;
Dichiarazione, Confessione della propria colpa ; Inf. xxviii, 45 ;
xxxi, 5. 41.
Accusare, lat. accusare, Att.
1. Manifestare in giudicio le
altrui colpe o misfatti,Denunziare con querela; Inf. xxx, 97. - 2. Per
semplicemente Incolpare, Imputare, Accagionare Par. vi, 98. - 3. Per;
Kimproverare, Biasimare; detto cos di cosa come di persona; Purg.
xx, 112. - 4. E in forma di Neut. pass, per Dichiararsi, Confes-
sarsi colpevole di checchessia; Par. xiv, 136. - 5. E per Manifestarsi,
Darsi a conoscere; Inf. xxxr, 76.
Accusatore, lat. accusator, Chi o Che accusa; Incolpatore,
Accagionatore; Conv. i, 10: Mostrare il difetto e la malizia del-
l'accusatore pu. esser cosa virtuosissima nella intenzione.
Acerbo, lat. acerbus, Non condotto a maturazione, Immaturo.
- 1.Detto delle piante ancor tenere, e del legno verde, non sta-
gionato; Purg. xi, 117. - 2. Per estensione, del corpo umano non
pervenuto al suo pieno sviluppo Purg. xxvi, 55. - 3. Per Imperfetto,
;
Incompiuto, Non formato appieno; Par. xix, 48. - 4. Non disposto,
Eesistente a checchessia, detto figuratane Par. xt, 103. - 5. Per si-
milit. Acre, Pungente, Spiacevole, Molesto; Inf. ix, 75. - 6. Kiferito
all'aspetto, agli atti, ai modi e al discorso, ed anche al naturale
delle persone, vale Austero, Severo, Duro, Truce Inf. xxi, 32 xxv, 18
; ; ;
Purg. xxx, 81. - 7. Per Oscuro, Difficile da concepirsi; Par. xxx, 79.
- 8. E a modo di sostantivo, per Acerbit, Cosa o Sentimento acerbo;
Par. xviii, 3.
Aceste-Achitofel 19
Aceste, 'Attsax^c;, Troiano, figlio di Egesta o Segesta(Fm;. En.
i, 550), nato in Sicilia, ospit Enea e dette sepoltura ad Anchise.
Durante la guerra troiana si rec a Troja per prendervi parte. Ki-
torn in Sicilia dopo la distruzione di Troja e fond ivi una citt.
Cfr. Dion. Hai. i, 52. Virg. En. v, 718. Conv. iv, 26: Enea.... la-
sci li vecchi Troiani in Sicilia raccomandati ad Aceste.
Aceste, nutrice d'Argia e di Deifle, figlie d'Adrasto rege, le
men dinanzi agli occhi del cauto padre nella presenzia delli due
pellegrini, cio Polinice e Tideo; Conv. iv, 25; cfr. Stat. Theb.
1. i, v. 529-39.
Aceto, lat. aeetum, Purg. xx, 89, alludendo alla passione di
Cristo.
Acheronte, gr. 'Axspwv, Acheron (o /soe wv
lat. =
il fiume
del lutto), presso gli antichi nome di un fiume delPAverno; cfr.
Virg. En. vi, 295; vii, 312. Om. Odis. x, 513. Dante chiama con que-
sto nome il primo dei fiumi infernali; Inf. in, 78; xiv, 116. Purg.
il, 105.
pure detto il mal fiume, Purg. i, 88, e la riva malvagia
Che attende ciascun uom che Dio non teme, Inf. in, 107 e seg.,
V onda bruna, ibid., 118, ove d'ogni paese convengono coloro che
muoiono nell'ira di Dio, ibid. 122 e seg. Cfr. Purg. xxv, 86.
Achille, 'Ax^sc; e 'AxtXsc;, il principale eroe della leggenda
Omerica, Conv. iv, 27 (onde i soprannomi IIyjXsiSyjs,
figlio di Peleo,
IiYjXT/taSYjc;, IlTjXstoov) e Purg. xxn, 113, veduto da Dante nel-
di Teti,
l'Inferno tra' lussuriosi, Inf. Y, 65, la sua passione amorosa per Polis-
sena ( Inf. xxx, 17) essendo stata causa della sua morte (cfr. Eur. Hec.
in princ. Ovid. Met. xiit, 448 e seg.)..Fu nudrito dal gran Chirone,
figlio di Saturno, Inf. xn, 71 (cfr. Hom. II. ix, 444; xt, 832), abban-
don Deidamia sua sposa per prender parte alla guerra di Troja,
Inf. xxvi, 62. Purg. xxti, 114; aveva ereditato da Peleo suo padre
una lancia miracolosa, le cui ferite non si sanavano che colla rug-
gine della lancia medesima raschiata dal ferro e sparsa sulla piaga,
Inf. xxxi, 5 (cfr. Ovid. Met. xni, 171 e seg. Trist. v, 2 e seg.
Rem. Am. 47 e seg.); trafugato dormente da Teti sua madre al-
l'isola di Sciro, al suo primo risvegliarsi col rimase assai stupefatto
della novit del sito, Purg. ix, 34 e seg. (cfr. Stat. Achil. j, 247 e
seg.) fu cantato da Stazio, Purg. xxt, 92.
;
Achitfel (STVTIK^ fratello della stoltezza), da Gilo nelle
regioni meridionali della trib di Giuda, ond' detto il Gilonita
(n Beg. xv, 12), famoso consigliere del re Davide, il cui consiglio
era stimato quasi si quis consuleret Deum (n Beg. xvi, 23) in- ;
20 Acmenide-Acqua
fedele a Davide promosse la ribellione di Absalom, del quale si fece
consigliere, suo consiglio non essendo seguito dal figlio ribelle,
e, il
si strangol per dispetto (li Beg. xvn, 23). Dante lo ricorda tra' pi
infami seminatori di discordie, Inf. xxviii, 137.
Aditemele, Achaemenides, Greco da Itaca, accompagn Ulisse
nel suo ritorno da Troja. Ulisse lo lasci in Sicilia, dove Enea pi
tardi lo trov e lo prese seco (cfr. Virg. Aeneid. ni, 414); Ecl. li, 82.
Acone, piviere o plebanato nella Val di Sieve, fra Pistoia e
Lucca; cfr. Eepetti i, Cerchi vennero verso la met
37. Di l i
del secolo xil ad abitare in Firenze; Par. xvi, 65.
Acqua, lat. aqua, liquido notissimo, formato dalla combina-
zione dell' idrogene con l'ossigene, che per accrescimento o dimi-
nuzione di calore passa allo stato di. vapore o di gelo.
1. Nel signif. proprio, per ogni sorta d'acqua naturale, pota-
bile o no: Inf. vii, 103, 118, 119; vili, 16, 30; IX, 77; xiv, 134;
xv, 3; xvi, 2, 92, 104; xvn, 20; xx, 66, 76; xxn, 24, 25; xxm, 46;
xxiv,51; xxx, 63; xxxn, 24,32. Purg. n, 42, 101; v, 110,118; vii, 98;
xiv, 2; xv, 16; xvn, 33; xx, 3; xxn, 146; xxni, 36, 62, 116; xxvi, 21,
135; xxviii, 28, 36, 85, 98; xxix, 67; xxx, 73; xxxi. 12, 96, 102;
xxxiii, 116, 123. Par. n, 15, 35; ni, 124; ix, 47,
11, 123; v, 75; vii,
82, 114 x, 90; xiv, 2; xxiv, 57; xxv, 134; xxix, 109; xxx, 73, 109.
;
2. Acqua d'Elsa, Purg. xxxiti, 67, per il fiume dell'Elsa in
Toscana, la cui acqua ha la propriet d'incrostare i corpi che vi
s'immergono; cfr. Targioni, Viaggi nella Toscana, v, 103. Loria,
L'Italia nella D. C. l, 424. All'acqua d'Elsa, che ricopre di un
tartaro petrigno ci che vi s' immerge, paragona Beatrice i vani e
mondani pensieri che impediscono Dante di riconoscere chiaramente
ci che gli mostrato nella sua visione.
3. Acquatinta, Inf. vi, 10, pu essere pioggia nerastra, di
che si forma poi la sozza mistura accennata nel v. 100 (cosi Benv.,
Land., Veli., ecc.), onde Pute la terra che questo riceve; o potrebbe
anche essere il nevischio, che i Senesi chiamano tuttora acquatinta
(cos Fanf., Caverni, Br. B., Berth., ecc.). Ma il v. 12: Pute la
terra che questo riceve non parla certo in favore di questa inter-
pretazione. 11 nevischio n pute n ingenera puzza.
4. Acqua, per qualunque Kadunamento d'acqua; come Mare,
Fiume, Lago, Fosso e simili; Inf. i, 24; xix, 107; xxvi, 139. Purg.
i, 131; v, 95; vili, 57; xxviii, 121. Par. xi, 43.
5. E in senso figurato, Purg. i, 1. Par. il, 7, dove la visione
della Commedia paragonata ad un viaggio sul mare; Purg. xv, 131,
nel qual passo le acque della pace figurano i sentimenti e le opere
Acquacheta-Acquasparta 21
di carit, che spengono l'ira come l'acqua il fuoco; Purg. xxi, 2,
dove l'acqua il simbolo della scienza del vero (cfr. Conv. I, 1:
Coloro che sanno porgono della loro buona ricchezza alli veri po-
veri, e sono quasi fonte vivo, della cui acqua si rifrigera la na-
turai sete, cio il desiderio di sapere. Cfr. Ev. Joh. iv, 13, 15),
6. E per Umor lacrimale, Lacrima; Purg. xv, 94; xx, 98.
7. Al plur. ACQUE, per Sorgenti, fonti, polle; Inf. xiv, 98.
8. Acqua, termine de' medici, dicesi degli Umori del corpo ani-
male, simili all'acqua; e tanto dei naturali, quanto di quelli pro-
dotti da malattia; Inf. xxx, 122.
9. Le acque del caos, sopra le quali si moveva lo spirito di Dio
prima della creazione; Par. xxix, 21 (cfr. Genesi I, 2).
Acquacheta, nome del fiume Montone nel suo corso superiore
prima digiungere a Forl. Il Montone il primo fiume dell'Appen-
nino, che dopo il Po vada direttamente al mare; Inf. xvi, 97.
Acqnasparta, villaggio nel contado di Todi nell'Umbria. Nel
passo Par. XII, 124 Dante accenna al cardinale Matteo d'Acqua-
sparta, come rilassatore della disciplina nell' Ordine de' Minori
Francescani del quale egli fu generale. Lo dicono molto stimato
per la sua dottrina e mirabile ingegno, e scrisse molte opere degne
sopra la S. Scrittura, sopra il libro delle Sentenze, e molti Sermoni
di eloquenza piana (Ghirardacci, Istor. di Bologna, i, 415; cfr.
Serrav. ad Par. xn, 124). Venne a Firenze fra il 1297 e il 98 a
chiedere al Comune che aiutasse papa Bonifazio nella guerra Colon-
nese, e n'ottenne l'invio di cento militi sotto il comando di Inghi-
ramo da Biserno (Del Lungo, Dino Comp. il, 95). Nel giugno
del 1300 Bonifazio Vili lo rimand a Firenze in qualit di paciaro,
e da' Fiorentini fu ricevuto a grande onore. E lui riposato in Fi-
renze, richiese bala al comune di pacificare insieme i Fiorentini;
e per levare via le dette parti bianca e nera volle riformare la terra,
e raccomunare gli ufici, e quegli dell'una parte e dell'altra ch'erano
degni d' esser priori, mettere in sacchetti a sesto a sesto, e trargli
di due in due mesi, come la ventura venisse ;che per le gelosie
delle parti e sette incominciate, non si facea lezione de' priori per
le capitudini dell'arti, che quasi la citt non si commovesse a so-
buglio, e talora con grande apparecchiamento d'arme. Quegli della
parte bianca che guidavano la signoria della terra, per tema di non
perdere loro stato, e d'essere ingannati dal papa e dal legato per
la detta riformazione, presono il peggiore consiglio e non vollono
ubbidire; per la qual cosa il detto legato prese sdegno, e tornossi
a corte, e lasci la citt di Firenze scomunicata e interdetta ;
G. Vill. vili, 40. Ci avvenne per l'appunto durante il priorato di
22 Acquattare-cro
Dante, il quale fu senza dubbio uno di quelli che non vollono ub-
bidire. Il cardinale d'Acquasparta torn a Firenze nel novembre
del 1301, dopo gli orrori commessi da Carlo di Valois, in qualit
di legato del papa, per pacificare i cittadini insieme, e fece fare
la pace tra que' della casa de' Cerchi e gli Adimari e loro seguaci
di parte bianca co' Donati
Pazzi e loro seguaci di parte nera, or-
e
dinando matrimoni tra loro; e volendo raccomunare gli ufcii, quegli
di parte nera con la forza di messer Carlo non lasciarono, onde il le-
gato turbato si torn a corte, e lasci interdetta la cittade. E la detta
pace poco dur; G. Vill. vili, 49; cfr. Del Lungo, Bino Comp.
i, 1, p. 296 e seg. L'Acquasparta mor poco tempo dopo, nel 1302.
Acquattare, Neut. pass., dall' add. quatto, Chinarsi a terra
il pi basso che F uomo pu, per non esser visto, senza per porsi
a giacere; Inf. xxi, 59.
Acquietare e Acquietare, Neut. pass. Farsi quieto, Cal-
marsi, Placarsi, Trovar la pace dell'anima; Purg. xix, 109 (dove
per da leggere col pi dei codd. e delle ediz. non si quetava
il core, come lessero Benv., Buti, ecc.), Bar. i, 86 (dove per in-
vece di Ad acquetarmi i pi leggono A quietarmi).
Acquistare, dal partic. lat. acquisitus, formatone quasi acqui-
sitare, 1.Venire per qualunque modo in possesso di ci che si cerca;
Purg. xv, 42; xxn, 147; xxvin, 123. Par. xm, 81; xiv, 117; xxn, 122;
xxiv, 79; xxxi, 18; xxxii, 81.-2. E usato assolutamente, Inf. i, 55. -
3. E per Conseguire, Ottenere, Guadagnare, Procurare a s o altrui,
checchessia; Inf. IV, 78; xxvin, 60. Purg. vili, 60;xvn, 131; xxvi, 59.
Par. ix, 70, 123; xi, 111 (dove forse da leggere merit invece di
acquist), xx, 144; xxiif, 134; xxxn, 129. - E riferito ad alcun che di
male, in significato di Tirare addosso, e Tirarsi addosso; Inf. xr, 22;
xxvil, 136.-5. Kiferito a spazio ed usato per lo pi assolutamente, per
Avvantaggiarsi, Avanzarsi, Inoltrarsi, Procedere Inf. xxvi, 126. ;
Purg. iv, 38.
Acquisto, 1. l'Acquistare, Acquistamento; Par. xxvn, 42, 43. -
2. E per la Cosa acquistata; Purg. xx, 57. - 3. Per Accrescimento, au-
mento; Par. xxix, 13.
Acri, citt di Siria, altrimenti detta Aera, San Giovanni d'Aeri
e Tolemaide, fu l'ultima possessione dei Cristiani in Palestina, e
cadde in mano ai Saraceni nel 1291; Inf. xxvn, 89.
Acro, comune acre, dal lat. acer, Agro, Pungente, Pic-
pi
cante ; propriamente del sapore. - 1. Per similit. detto di suono
e dicesi
acuto e penetrante; Purg. x, 136.-2. E detto delle parole, e anche
degli atti, per Aspro, Pungente, Mordace e simili Purg. xxxi, 3. ;
Acume- Adamante 23
Adirne dal lat. acwmen: 1. Figuratam. per Vivezza, Forza pe-
netrante di luce; Par. XXY1.II, 18; xxxiii, 76.-2. E pure figuratam.,
riferito alle facolt dell'intelletto ed agli affetti dell'animo, per
Desiderio intenso Par. i, 84. - 3. Il primiero acume, Par. xxxri, 75,
;
per La prima grazia comunicata da Dio all'uomo. Buti: Ne la prima
grazia, che Iddio dona a l'anima, quando la crea.
Acutamente, Con acutezza, Con finezza, Sottilmente, Con pre-
cisione; Par. xxiv, 95.
Acnto, lat. Appuntato, Aguzzo, Pungente; e riferen-
acutus: 1.
Ben affilato; Inf. xiv, 53; xxvn, 59, 132;
dosi al taglio, vale Sottile,
xxxiii, 35. Purg. xxix, 140. - 2. Dicesi di tutto ci che termina in
punta, e anche in qualche canto o spigolo, che abbia la figura d'an-
golo acuto; Inf. xxi, 34. - 3. Per similit. detto di checchessia, che,
per l'impressione che fa sui sensi, sembri pungere come cosa acuta;
Par. xxvni, 17. -4. Appropriato alla vista, all'udito, alla luce, ecc.
serve a denotarne la squisitezza, la forza, ecc. Purg. xvin, 16. Par.
xxvi, 70. - 5. Detto d'occhio o d'orecchio, vale anche Fisso, Intento;
Par. xxu, 126. - 6. Figuratam., riferito alle facolt della mente ed
affetti dell'animo, vale Sottile, Ingegnoso, Perspicace, Forte, Vee-
mente; Purg. xvin, 106; xxiv, 110; xxv, 84.
Ad, lo stesso che A preposizione, aggiuntavi la lettera d per
isfuggire l'incontro delle vocali e per miglior suono; lat. ad. Dante
l'usa sovente, e sarebbe superfluo il registrarne i passi. Per singole
locuzioni cfr. la voce relativa, p. es. ad imo cfr. imo, ecc.
Adagiare, Neutr. pass. 1. Porsi a sedere, Coricarsi, Riposarsi.,
Indugiarsi, Fare adagio; Inf. Ili, 111 Batte col remo qualunque
:
s'adagia, che quasi tutti intendono col Buti, qualunque non va
tosto, ossia s'indugia; alcuni, men bene, intendono che Caronte
battesse le anime entrate nella barca, perch lasciassero posto alle
altre. G. Sene poi (Giorn. Dani, i, 334 e seg.) punteggia: Batte
col remo; qualunque s' adagia, e spiega: Batte col remo le onde;
ognuna di esse si pone a sedere. Ma qualunque vale ognuno che,
e non equivale mai, mai al semplice pronome ognuno. - 2. Figuratam.
per Appagarsi, Acquietarsi, Purg. xxv, 28, dove adage (per adagi)
desinenza usata anticamente eziandio in prosa.
Adamante, voce poet., propriamente metallo, o qualsivoglia
altra materia durissima; e nell'uso prendesi pi comunemente per
quella Pietra preziosa che si chiama Diamante. Dal gr. Sajias, lat.
adamas Purg. ix, 105 (dove per invece di pietra di adamante
;
i pi hanno di diamante); Par. il, 33.
24 Adamo
Adamo (D1K
T T
= uomo, dal verbo Q1&
-T
= rosseggiare, essere
rosso), primo uomo, nominato cinque volte nel Poema sacro
il
(Inf. 115. Purg. ix, 10; xi, 44; xxix, 86; xxxn, 37), ripetute
Ili,
volte nel Conv. e De Vulg. et, le allusioni a lui sono frequenti e
nel Par. (xxvi, 82 e seg.) Dante fnge di avere avuto con lui un
lungo colloquio. Le dottrine essenziali del Poeta concernenti il primo
uomo sono quelle degli scolastici del Medio evo, specialmente di
San Tommaso.
1. Creazione, Adamo V anima prima (Par. xxvi, 83), o V anima
primaia (Par. xxvi, 100), cio la prima anima razionale creata da
Dio che prima di Adamo furono bens creati gli Angeli e gli ani-
;
mali, ma i primi sono spiriti e gli animali non hanno anima ra-
zionale. Creato immediatamente da Dio, Adamo fu il solo uom che
non nacque (Par. Vii, 26), Vir sine matre, Vir sine lacte, qui
neque pupillarem astatem, nec vidit adultam (Vulg. el. I, 6), creato
in tutta 1' animai perfezione (Par. xm, 83), in et perfetta (Par.
Vii, 145 e seg.), il pomo che solo fu prodotto maturo (Par. xxvi, 91
e seg.).
2. Adamo
ed Eva. La bella Eva fu formata da una costa di
Adamo (Par. xm,
37 e seg. Cfr. Genesi il, 21, 22). Adamo ed Eva
furono la prima gente (Purg. i, 24), dai quali discende tutta l'uma-
na famiglia (Conv. IV, 15). Essi furono l'umana radice (Purg.
xxvin, 142), onde ciascuna sposa ad Adamo figlia e nuro (Par.
xxvi, 93).
3. Prima dimora. I primi uomini furono posti nel Paradiso
terrestre, dato loro per arra d'eterna pace (Purg. xxvin, 93), dove
vissero vita felice ed innocente, e videro quella che Poeti chiama-
i
rono l'et dell'oro (Purg. xxvin, 142 e seg ); ma per loro colpa poco
tempo vi dimorarono (Purg. xxvin, 94), soltanto Dalla prim'ora
a quella che seconda, Come il sol muta squadra, l'ora sesta (Par.
xxvi, 139-142), cio circa sette ore (come avevano affermato Ire-
neo, Cirillo, Epifanio, ecc., mentre altri de' SS. Padri si avvisarono
che i primi parenti dimorassero nel Paradiso terrestre 8 giorni,
40 giorni, 7 anni, 34 anni, ecc).
4. Sapere di Adamo. Dio infuse ad Adamo quantunque alla
natura umana lece aver di lume (Par. xm, 37-45), ond'egli fu in
possesso di tutta l'animai perfezione (ibid. 82 e seg.).
5. La favella dei primi parenti. Subito che l'ebbe formato,
Dio diede ad Adamo la favella, e la prima voce dell' uomo pronun-
ziata fu El o Eli, il sacrosanto nome di Dio ( Vulg. el. i, 4 cfr. Par. ;
xxvj, 133 e seg.), o invocandolo, o rispondendogli. Alla domanda,
quale si fosse il linguaggio primitivo parlato da Adamo, Dante d due
diverse risposte: 1. Vulg. el. i, 6: Dicimus, certam formanti locu-
Adamo 25
tionisaDeo cum Anima prima concreatam fuisse; dico autem formam,
et quantum ad rerum vocabula, et quantum ad' vocabulorum con-
structionem, et quantum ad constructionis prolationem, qua quidem
forma omnis lingua loquentium uteretur, nisi culpa prsesumptionis
humanai dissipata fuisset.... Hac forma locutionis locutus est Adam,
hac forma locuti sunt omnes posteri ejus usque ad sedificationem
turris Babel, qua? turris confusionis interpretatur hac formam lo-
;
cutionis hereditati sunt Heber, qui ab eo dicti sunt Hebrsei.
fllii
Iis solis post confusionem remansit, ut Eedemptor noster, qui ex
illis oriturus erat secundum humanitatem, non lingua confusionis,
sed grati* frueretur. Fuit ergo Hebraicum idioma id, quod primi
Loquentis labia fabricaverunt. - 2. Par. xxvi, 124 e seg. La :
lingua ch'io parlai fu tutta spenta Innanzi assai ch'all'ovra incon-
sumabile Fosse la gente di Nembrot attenta, cio, la lingua par-
lata da Adamo fu tutta spenta lungo tempo prima della confusione
babilonica. Il voler metter d'accordo queste due risposte contrad-
dienti (Giuliani, Opp. at. di D. i, 98 e seg.) fatica gettata (cfr.
Comm. Lips. in, 714). Cfr. linguaggio.
6. Il peccato di Adamo. Sedotto da Satana per invidia {Par.
ix, 129) e dalla propria superbia {Par. vii, 25), che Non sofferse
di stare sotto alcun velo {Purg. xxix, 27), il primo uomo pecc, e,
Dannando s, dann tutta sua prole {Par. vii, 27). Il suo peccato
consiste non gi nel gustare del frutto proibito, ma nella trasgres-
sione del divin precetto; fu dunque un peccato di disubbidienza e
insieme di superbia {Par. xxvr, 115-117; cfr. Thom. Aq. Sum. ti.
li, li, 9, 163, art. 1 ad 1 Primum autem, quod inordinate voluit,
:
fuit propria excellentia, et ideo inobedientia in eo causata fuit ex
superbia ).
7. Conseguenze del primo peccato. Per lo peccato dei primi
parenti l'Immanit perdette il terrestre Paradiso {Purg. xxix, 28
e seg.); tutti i suoi discendenti peccarono in Adamo
{Par. vii, 85),
ond'egli fu causa e radice della dannazione di tutti i suoi discen-
denti {Par. vii, 27), e della depravazione dell'umana natura {De Mon.
il, 12), onde il Cielo sarebbe eternamente chiuso all'uomo {Purg.
x, 36), se Cristo non lo avesse aperto {Par. xxni, 38). Adamo stesso,
oltre all'essere discacciato dal Paradiso terrestre, fu punito col dover
sospirare 4302 anni nel limbo la pace del Paradiso, dopo aver vis-
suto 930 anni sulla terra {Par. xxvi, 118 e seg.). Tratto da Cristo
dal limbo {Inf. iv, 55), Adamo ottenne nel Cielo Empireo il suo
posto alla sinistra della B. Vergine, propinquissimo ad Augusta
{Par. xxxn, 118-123).
8. Adamo figura dell'umanit, onde quel d'Adamo {Purg.
x, 10) vale II corpo umano.
26 Marno- Addare
Adamo (maestro) da Brescia, falsificatore di metalli il quale
a richiesta dei conti di Romena falsific il fiorino d' oro di Firenze,
per la qual cosa fu preso ed arso vivo nel 1281 Inf. xxx, 61. Fuit
;
de Casentino, et stabat in loco qui dicitur Komena, et ibi falsifi-
cava florinos et aliam monetam Bmbgl. - Fu bolognese, e seppe
;
molto d'alchimia e d'ogni metallo, e istette a Romena in Casentino
con uno conte, nome Guido, e l'altro fratello Alessandro de' conti
di lass, e fals molti fiorini, e infine fu preso a Firenze e arso;
An. Sei. - A posta del conte Guido e del conte Alessandro da
Romena, de' conti Guidi, fiorini d'oro falsi coniando produsse, per
li quali finalmente in Firenze fue arso; Iac. Dant. - Falsific li
fiorini facendoli pure apparenzia pareano cos buoni
di xxi caratti,e in
come li giusti Lan. - A posta del conte Guido, del conte Aghi-
;
nolfo, del conte Alessandro fratelli, conti da Romena, de' conti Guidi,
coni e fece fiorini d'oro falsi, per lo qual fallo finalmente in Firenze
fu arso; Ott.- Petr. Dant., Post. Cass., ecc. ripetono brevemente
le stesse cose. - JBenv. : Fuit lombardus de civitate opulenta Bri-
xiae.... Qui magnus monetarius cum venisset Florentiam, ubi fabri-
catur moneta aurea, quse inde appellatur florenus, ad persuasionem
et promissionem quorumdam nobilium de comitibus Guidonis venit
Romenam in Casentinum, et ibi cudere coepit florenos falsos ad si-
militudinem verorum florenorum de Florentia, quse moneta ccepit
expendi et seminari per regionem cum praejudicio multorum et in-
famia dictorum comitum; et in brevi fraude detecta, magister Adam
fuit captus, et ductus Florentiam, fuit publice combustus. - Buti
non aggiunge nulla di nuovo.- An. Fior.: Questi fu maestro Adamo
da Brescia, grandissimo maestro di monete fu tirato in Casentino
:
nel castello di Romena al tempo che i conti di quello lato stavano
male col comune di Firenze. Erono allora signori di Romena, et d'at-
torno in quello paese, tre fratelli: il conte Aghinolfo, il conte Guido,
et il conte Alessandro: il maestro Adamo, riduttosi con loro, costoro
il missono in sul salto, e feciongli battere fiorini sotto il conio del
comune di Firenze, eh' erono buoni di peso ma non di lega; per
ch'egli erano di xxi carati, dove elli debbono essere di xxnu: s
che tre carati v'avea dentro di rame o d'altro metallo: venia Tuno
a essere peggio il nono o circa. Di questi fiorini se ne spesono assai:
ora nel fine, venendo un d il maestro Adamo a Firenze spendendo
di questi fiorini, furono conosciuti essere falsati fu preso et ivi :
fu arso.
Addare, Neut. pass., dal lat. dare se ad, Accorgersi, Avve-
dersi; Purg. xxi, 12; quando addentino non sia sincope, in vece
di avvedemmo; >> Voi.
Addentare-Additare 27
Addentare, dal lat. dens ; 1. Prendere co' denti, Mordere;
Inf. xxv, 54. - 2. Per similit. Afferrare, Stringer fortemente; Inf.
xxi, 52.
Addentro, che anche a denteo disgiuntamente si scrive, In-
teriormente, Internamente, Nell'interno, A fondo; usato figuratali!.
Inf. li, 85. Par. x, 116.
Addietro volgarmente per metatesi addreto e adrieto),
(e
lat. ad de adopera a indicare Luogo pel quale alcuno sia
retro, si
passato, o che gli sia situato a tergo, ovvero Tempo anteriore, de-
corso. Lo stesso che indietro; Purg. xxn, 119; xxm, 63; xxvnr, 145.
Addimandare e Addomandare, lo stesso che Diman-
dare, premessavi la prep. a; Chiedere; Par. xn, 94.
Addio, locuz. ellitt. Modo di salutare nel licenziarsi, bene au-
gurando a chi resta o a chi parte, quasi dica: Ti raccomando a Dio.
Laonde, Dire addio, vale Accomiatarsi; Purg. vili, 3.
Additare, da dito; 1. Mostrar col dito, accennando; e anche
Mostrare a dito; Purg. iv, 47. xxm, 131 (nel qual passo da leggere
E additarlo, cio Additailo, Lo additai); xxvi, 116. - 2. Figuratam.
per Indicare, manifestamente; e anche semplicemente Mostrare;
Purg. xvi, 61. Par. xxv, 89. Il senso di quest'ultimo verso con-
troverso e dipende essenzialmente dalla interpunzione di tutto il
passo (cfr. Com. Lips. ili, 680-83). Gli antichi, inquanto non osser-
vano silenzio (come Lan., Petr. Dant., Fram. Pai., Falso Bocc,
An. Fior., ecc.), fanno dire al Poeta che il Nuovo e l'Antico Te-
stamento pongono in riguardo il termine cui tende la speranza delle
anime predestinate, cio il Paradiso; e ch'esso Paradiso di per s
medesimo gli addita quel termine (OH., Post. Cass., JButi, Land.,
Veli., Dan., Vent., Lomb., Pori., Pogg., Biag., Costa, ecc.). JBenv.
pone il punto fermo dopo amiche del v. 90, facendo dei vv. 88-90
una sola proposizione, e spiega: Le scritture nuove e le antiche,
sicut evangelistarum prophetarum, pongono il segno, scilicet,
et
quod spes promittit mihi; et, supple scriptum, delV anime, scilicet,
sanctorum doctorum, che Dio s'ha fatte amiche, e lo m' addita
esso, idest, ditat mihi ipsum signum. Serrav.: Nove et antique
Scripture ponunt signum, et ipse michi digito monstrant (idest Te-
stamentum novum et vetus, iste Scripture, indicant) scilicet pre-
mium, bravium, quod expecto, animarum, quas Deus sibi fecit
amicas. Secondo il seguito da Ces., Com. ed altri, la
Parenti,
frase lo mi addita sarebbero
parole di S. Iacopo, onde il senso:
Le nuove e le antiche Scritture pongono il segno dell'anime che
28 Addivenire- Addosso
Dio s' ha fatte amiche. Ed esso (ripigli) Additami questo segno
: !
Io soggiunsi: Dice Isaia, ecc. Il Pederzini, seguito da molti mo-
derni, tra' quali Todesch. e Witte, legge e punteggia: Ed io: Le
nuove e le Scritture antiche Pongono il segno. - Ed esso Lo mi :
addita. - Dell'anime, che Dio s'ha fatte amiche Dice Isaia ecc.
Lelio Arbib (Studi ined. su D. Al., Fir. 1846, p. 189) legge e
punteggia : Ed io: le nuove e le scritture antiche Pongono il
segno, ed esso lo m'addita. Dell'anime che Dio s'ha fatte amiche
Dice Isaia ecc. spiegando: Ed io (risposi): le scritture antiche
e le nuove pongono il segno (l' indizio) ed esso segno m'addita lo
;
(mi significa quello che mi promette la Speranza), interpretazione
accettata da quasi tutti i moderni. Noi intendiamo: Le Scritture del-
l'antico e del nuovo Testamento pongono il segno al quale tende
la speranza, e questo segno mi mostra ci che tu domandi (lo), cio
quello che la speranza mi promette (v. 87).
Addivenire, Neutr., dal lat. devenire, aggiuntavi la prep.
ad, Avvenire, Accadere; Par. iv, 100; vili, 130. V. N.c. 6, 16, 25.
Addobbare, Abbigliare, Adornare, Guernire ornatamente. Dal
ted. ant. dubban, che primitivamente significava battere, colpire;
e si disse in particolare di quel colpo che davasi al nuovo cavaliere;
onde poi pass a significare armare o vestir cavaliere, e pi ge-
nericamente ornare; cf. Diez, Wrt. r3 p. 7. Zamb. Voc. 11. Nel
,
suo Poema Dante usa questa voce una sol volta fguratam. o per
similit. Par. xiv, 96.
Addolciare, da dolce, Addolcire, Far dolce. Voce pi propria
della poesia; Inf. vi, 84: Se il ciel gli addolcia, cio, li consola
colle sue dolcezze. Buti : D loro dolcezza.
Addolcire, lo stesso che addolciare, Far dolce; e fguratam.
Render soave, piacevole; Par. vi, 121.
Addomandare, efr. Addihandare.
Addormentare, dal lat. dormitare, premessavi la prep. ad;
Indur sonno in alcuno, Far dormire. E neut. pass. Esser preso dal
sonno, Purg. xxxn, 77. V. N. e. 12.
Addossare, da dosso, Porre addosso. E neutr. pass. Porsi
addosso, Stringersi addosso, appoggiarsi al dorso altrui; Purg. ni, 83.
Addosso, prep. usata talvolta a modo di avv., che anche a
dosso disgiuntamente si scrive, vale Sopra al dosso; Purg. x, 137.
E in pi largo significato, Sopra la persona; Inf. xxi, 68; xxn, 41;
xxx, 35.
Addotto-Adhiesit pavimento anima mea 20
Addotto, partic. pass, di addurre, lat. adductus, Arrecato,
Portato ; Inf xxxm, 44.
Additare, da due, Porre insieme due cose, Accoppiare, Ad-
doppiare e in forma pure di Neutr. pass. Par. vii, 6. Buti: Doppio
;
lume s' addua ; cio doppio splendore s' addoppia.
Addurre, dal lat. adducere ; 1. Arrecare, Portare; Inf x, 98;
xxxm, 44. Par. xxn, 4L- 2. E figuratam. Produrre, Cagionare; Inf.
xiv, 129.
Adempiere e Adempire, dal lat. adimplere; 1. Mettere
ad effetto cosa debita o comandata, Compiere, Soddisfare; Purg.
xn, 131. - 2. Neutr. pass. Appagarsi, Saziarsi, Soddisfarsi, Conten-
tarsi; Par. xv, 66. xxu, 62, 63.
A dentro, cfr. Addentro.
Adergere, in forma di Neut. pass., da ergere premessavi la
prep. ad, Inalzare; usato figurat. Purg. xix, 118.
Adescare, dal lat. ad esca, vale propriam. Allettare coll'esca;
ma si usa per lo pi figuratam. in signif. di Tirare uno alle vo-
glie sue con lusinghe, con allettamenti, e per inganno. Dante l' usa
in buona parte, per semplicem. Allettare, Invitare; Inf xin, 55,
Buti : Mi adeschi, cio m 1
induci al tuo volere, come 1' uccello
per l' esca s' induce a fare quel che l' uomo vuole.
Adesso, dal lat. ad ipsum tempum, ads o adez.
ant. frane,
provenz. ads, Ora, Presentemente, In questo stesso tempo; Purg.
xm, 106; xxiv, 113, nel qual passo per la Cr., Serrav., Fosc, ecc.
leggono ad esso, cio ad esso albero, dimenticando che esso si ri-
pete al v. 118, e che Dante non ripete le stesse voci in rima, se
non quando le ripeta tutte, come Par. xn, 71 e seg. xxx, 95 e
seg. Purg. xx, 65 e seg.
Adhaesit pavimento anima mea, Purg. xix, 73, =
L' anima mia attaccata alla polvere, parole del Salmo cxvin, 25,
sospirate, cio proferite con sospiri dagli avari nel quinto Cerchio
del Purgatorio. Nel Salmo citato a queste parole succedono imme-
diatamente le altre: Vivifica me secundum verbum tuum, onde il
prego pone in bel raffronto le ricchezze della terra e quella del
cielo; la morte e la vita dell'anima, la ruggine del basso metallo
e la luce del Verbo divino. L''aderire dell'anima esprime accon-
ciamente la sede del peccato, che nell' affetto e non gi nella
ricchezza: e insieme accenna la quasi materiale tenacit di quel-
1' affetto. Pavimento pare
ivi parola ancor pi bella che terra, se
30 Adice-Adimari
si riguardi alla sua origine dal verbo pavire o calpestare; che ve-
ramente cosa degna d'essere calpestata s'offre adesso a que' contriti
il tesoro ove posero il cuore; Perez, Sette Cerchi, p. 213.
Adice o Adige, notissimo fiume d'Italia che nasce nelle Alpi
del Tirolo, e bagnando le citt diTrento e di Verona, viene a scari-
Purg. xvr, 115. Par. ix, 44. Per il
carsi nell'Adriatico; Inf. Xii, 5.
primo passo, dove si accenna ai cos detti Slavini di Marco cfr.
ruinaj nel secondo passo la Lombardia, intesa nel modo antico,
detta il paese ch'Adige e Po riga; nel terzo passo P Adice no-
minato come confine occidentale della Marca Trivigiana.
A
dimare, dal lat. ad imus : 1. Abbassare, Volgere a basso,
Chinare; detto della vista, Par. xxyn, 77. - 2. Neut. pass, ed anche
in forma di Neut. Discendere, Andare a basso; Purg. xix, 100, dove
si parla della Lavagna, il pi ragguardevole dei torrenti che discen-
dono dalla Riviera di Levante, onde i Fieschi presero il nome di
Conti di Lavagna.
Adimari, famiglia delle pi antiche e pi rinomate che abi-
tassero il primo Cerchiodi Firenze; fu potentissima di consorterie
e di aderenze; ricca di torri, castella e casamenti, che si disten-
devano lungo la via la quale si disse, e tuttavia si dice, Corso degli
Adimari. Discesa dagli antichi marchesi di Toscana, pare si sta-
bilisse in Firenze nel secolo XI, e si divise nelle famiglie Cavicciuli,
Alamanneschi, Accorsi, Roberti, Boccaccini, Franceschi del Corso,
della Trita, Rnieri, Bonaccorsi di San Cristofano e Boccacci. A questa
famiglia guelfa apparteneva quel Tegghiajo Aldobrandi, che Dante
pose neir Inferno tra' sodomiti Inf. xv, 41
; cfr. Aldobrandi. Il
;
Villani annovera gli Adimari tra le case de' nobili del
(iv, 11)
quartiere di Porta San Piero, e dice che furono stratti di casa i
Cosi che oggi abitano in Porta rossa, e Santa Maria Nipotecosa
feciono eglino; e bene che sieno oggi il maggiore legnaggio di
quello sesto e di Firenze, non furono per in quelli tempi (nel
sec. XI) de' pi antichi. Si crede che Dante intenda di questa fa-
miglia nei terribili versi Par. xvi, 115-120. Ma questa opinione
poco probabile, perch la schiatta degli Adimari non venne su di
piccola gente, ma
famiglia antica e potente Lokd Vernon, Inf.
di ;
voi. il, 402. Eppure questa l'opinione del pi degli antichi commen-
tatori, o veramente di tutti (che i Cavicciuli nominati qui da Lan.,
Buti, ecc. erano un ramo della famiglia degli Adimari, nominati
come V oltracotata schiatta dall' Ott., Petr. Dani., Post. Cass.,
Falso Bocc, Benv., An. Fior., Serrav., Land., Tal., ecc.), onde
essa piuttosto assai probabile. Benv.: Isti vocantur Adimari, et
Adirare-Adombrare 31
alio nomine Caviccioli, ex quibusunus nomine Boccaccinus,
fuit
quem Dantes offenderat tempo qno era
Quare ille post exi-
in statu.
lium autoris impetravit in communi bona eius, et semper fuit sibi
infestus, et totis viribus semper obstitit cura consortibus et amicis,
ne autor reverteretur ad patriam. E il Land.: Era irato a questa
famiglia il Poeta, perch Boccaccio Adimari occup i suoi beni, poi-
ch fu mandato in esilio, e sempre gli fu avversario acerrimo, che
non fusse revocato nella patria. Lo stesso ripetono Veli, ed altri.
Adirare, Neut. pass, e anche in forma di Neut., Muoversi ad
ira, Sdegnarsi; Inf. vili, 121. Par. xvm, 121.
Attizzare, e pi comunem. aizzaee, da izza, german. ant.
hetzen, propriam. Incitare il cane, ed anche altro animale, a mor-
dere, o ad offendere comecchessia. Dante 1' usa per Stimolare, In-
citare lnf., xxvn, 21, nel quale
; passo la gran maggioranza dei
codd. legge t'adjzzo, e cos Lari., Falso Bocc, JBenv., Buti, An.
Fior., Serrav., Barg., Lomb., Witte, ecc., mentre i moderni sogliono
leggere con Land., Veli., Dan., Aid., Cr., Cast., ecc. t'aizzo.
Adocchiare, Affissar l'occhio inverso checchessia, Mirare
1.
con occhio attento; anche semplicemente guardare; Inf. xv, 22;
e
xvm, 123. Purg. iv, 109; xxi, 30. Par. xxv, 118; xxviii, 15. - 2. E
per Discernere, .Riconoscere, Ravvisare; Inf. xxix, 138.
Adolescenza, che gli antichi solevano scrivere adolescen-
zia, dal lat. adolescentia, Et intermediaria tra la puerizia e la
giovent. Secondo Dante la prima et dell'umana vita, accresci-
mento dura infino al venticinquesimo anno, e perocch
di vita,
infino a quel tempo l'anima nostra intende al crescere e allo ab-
bellire del corpo, onde molte e grandi trasmutazioni sono nella
persona, non puote perfettamente la razionai parte discernere per- ;
ch la Ragione vuole che dinanzi a quella et l'uomo non possa
certe cose fare senza curatore di perfetta et.... E venticinque anni
che procede montando alla gioventute.... Non comincia dal principio
della vita...., ma presso ad otto mesi dopo quello, ecc. Conv. iv, 24 ;
cfr. Conv. IT, 25 e 27.
Adolfo (di Nassau), imperatore germanico dal 1292 al 1298
(successore di Rodolfo d'Absburgo padre di Alberto d'Austria, chia-
mato da Dante Alberto Tedesco). Per non essersi curato delle cose
d'Italia il nostro Poeta non lo mette nel numero degli imperadori
de' Romani ; Conv. v, 3.
Adombrare, dal lat. adumbrare, vale Coprire d'ombra, Oscu-
rare, Circondare e simili, e vale pure Rappresentare, Figurare, Si-
32 Adonare
gnificare, Simboleggiare. 1. Nel difficil passo Purg. xxxi, 144: L
dove armonizzando il t'adombra,
ciel i pi, in quanto non osser-
vano silenzio (come Lan., Petr. Dant., Post. Cass., Falso Bocc,
An. Fior., ecc.), o si esprimono in modo assai oscuro (Ott.: Quasi
dica, per le armonie e sonoritadi de' cieli passando ), o prendono il
verbo adombrare nel primo senso, differendo poi nell'interpreta-
zione del verso. Gli uni, riferendosi alla dottrina platonica sull'ar-
monia delle sfere, spiegano L dove le sfere, risuonando colle loro
:
usate armonie, facevano coperchio, ti circondavano. Cos Buti,
ti
Land., Veli., Dan., Voi., Vent., Biag., Cost., Ces., Br. B., Greg.,
Cam., Filai., Bl., Witte, Eitn., Krig., Nott., Franck., Has., Gild.,
Ozan., P. A. Fior., Briz., Batisb., Ed. Dan., Longf., Sanj., ecc.
Benv. con poca chiarezza: l dove, idest, in ilio loco ubi, il ciel
f adombra, sub nube florum, armonizzando, cum eius dulci har-
monia, quam sequuntur angeli cantando. E Andr. : Il cielo con
bell'armonia di fiori, fa campo alla tua figura, fa spiccare sull'az-
zurro suo fondo le tue forme divine. Molti invece per lo cielo in-
tendono il coro degli angeli, per V armonia il canto angelico, per
V adombrare lo spargere fiori; quindi spiegano: L dove gli an-
geli, cantando, ti coprono di fiori. Cos Serrav., Torell., Lomb.,
Pori., Pog., Wagn., Tom., Frat., Brunet., Bennas., Frane, Corn.,
Kanneg., Streckf., Gus., v. Hoff., Aroux, v. Mijnd., ecc. Alcuni
pochi prendono il vb. adombrare nell'altro senso di Figurare, ecc.,
onde gli uni spiegano: L dove il cielo, col volgere armonioso
delle sue ruote, effigia e rappresenta tutto il corpo della scienza,
della quale tu sei il simbolo; cos Dion., Ed. Anc, Ed. Pad.,
Borg., Tris., ecc. Altri L dove il cielo, armonizzando con la
:
terra dell'innocenza, appena con la sua bellezza rende imagine di
tue bellezze divine; cos Antonel., Scart., Bertr., ecc.
2. Adombrare, Neutr. pass. Oscurarsi, Offuscarsi, tanto al pro-
prio che al figurato Purg. Ili, 28, dove per alcuni leggono FA
;
ombra. Buti : Se inanzi a me nulla s' aombra ; cio se io sono
trasparente e non adombro niuna cosa.
Adonare, forse dal lat. domare premessavi la prep. ad, e per
lo scambio non inusitato della m in n; prov. adonar, spagn. ado-
narse, frane, s'adonner. (Cfr. Diez, Wrt. n 3 3). La Cr. (Gloss. 24 a):
,
Si noti che in inglese il verbo down, derivato dal sassone aduna,
ha lo stesso significato del nostro adonare. In provenz. si ha adomniu
in significato di Sommesso. - 1. Att. Abbattere, Prostrare, Domare;
Inf. vi, 34. Bocc. : prieme e macera; Buti : fa stare gi e doma ;
Cast.: raccoglie dentro da questo terzo cerchio e contiene, ed
detto adona per aduna per servire alla rima (?). Cfr. Borghini
Adontare-Adornamento 33
ap. Gigli, 257-59. - 2. Neut. pass. Cedere, Venir meno, Lasciarsi
abbattere; Purg. XI, 19. Lan.: si piega conforma a chi, e per
e
chi la tenta. Benv.: inclinatur et comprimitur ad terrara. Buti:
si vince. Tom.: doma. Br. B.: resta abbattuta.
Adontare, Neut. pass., e talora anche Neut. Recarsi ad onta,
Sdegnarsi, Crucciarsi; Inf. vi, 72 (Buti: n'abbi onta e dispetto;
meglio B. : se ne vergogni, o sdegni ) Purg. xvn, 121. ;
Adoperare, adoprare, e poeticam. anche adovrare; 1. Att.
Mettere in opera, Fare, Agire; Purg. xvn, 102.-2. E per Fare ef-
fetto, Avere efficacia; Purg. xxvin, 131. - 2. Neut. Fare opera, Ope-
rare, Agire; Inf. xxiv, 25.
Adorare, dal lat. adorare, Att. 1. Venerare con atti d'umilt
e di devozione Iddio ; Inf. iv, 38. - 2. Fare orazione, Orare, Pregare
per.... Purg. v, 71. Par. xvm, 125.
Adorezzare, Far ombra. Da orezzo e
Neut. Esser rezzo,
dallo prep. a. Cos la Cr. che del verbo adorezzare arreca il solo
esempio Purg. I, 123, dove veramente quasi tutte le edizioni e quasi
tutti i commentatori (Buti, An. Fior., Serrav., Land., Tal., Veli.,
Dan., Voi., Vent., Lomb., Port., Pogg. e gi gi sino al Corn., mentre
i pi antichi, Lan., Ott., Petr. Dant., Post. Cass., Falso Bocc, ecc.
non accennano alla lezione da loro seguita) lessero il verso: Dove
adorezza poco si dirada, spiegando: Dove fa rezzo, cio ombra. Cos
spiega anche Benv., bench legga ad orezza. Il solo Veli., pur leg-
gendo ove adorezza, spiega: nel qual venteggia, perch ora vento;
e siccome dal vento diciamo venteggia, cos da V ora diremo ado-
rezza et adorezzare. Veramente, se la rugiada pugna col sole,
v. 122, il luogo non pu essere ombroso. Probabilmente da leggere:
Quando noi fummo dove la rugiada
Pugna col sole per essere in parte
Ove, ad orezza, poco si dirada....
Ad orezza (che alcuni leggono anche ad aurezza e ad orez) vale
Al vento, All'aria fresca (cfr. orezza, e Purg. xxiv, 150), ed il senso
Dove la rugiada resiste ai raggi del sole per essere in parte dove,
:
al venticello o all'aria fresca ed umida del mare, pu mantenersi pi
a lungo. Cfr. C. Eicci, Ad orezza. Nota dantesca. Estratto dal
giornale Lettere ed Arti N. 19 (s. 1. et a.).
Adornamento, l'Adornare, Ornamento; Purg. xn, 51. Conv.
i, 10, 66, 70.
3. Enciclopedia dantesca.
I
34 Adornare-Adriano
Adornare, dal lat. adomare; 1. Att. Ornare, Abbellire
Par. i. 63. ix, 106. x, 106. - 2. E figuratam. Cam. Le dolci rime
d'amor, ch'io solia, v. 121 L'anima, cui adorna est bontate;
:
Purg. xii, 82. - 3. E Neut. pass. Purg. xxvn, 103, 107. Par. xxxi, 10.
Adornezza, astratto di adorno, Ornamento, Leggiadria, Bel-
lezza; Canz. Voi che, intendendo, il terzo ciel movete, v. 50.
Adorno, Add. Adornato, Ornato, Bello, Leggiadro; ed usasi
cos nel senso propriocome nel figurato; Purg. ix, 54; x, 31; xxv, 93;
xxx, 24, 110. Par. xvm, 63; xxvn, 70.
A dosso, cfr. ADDOSSO.
Adovrare, cfr. adoperare.
Adrasto, "ASpaaxoc;, figlio di Talao e di
Lisimaca, re degli
Argivi; discacciato da Anfiarao ricover presso Polibio, suo nonno
(Herod. v, 67. Pind. Nem. ix, 14), fece poi accordo col nemico, cui
diede Erifle sua sorella in moglie. Le sue due figlie, Deifile ed
Argia, andarono spose l'una a Tideo, l'altra a Polinice, due dei sette
che assediarono Tebe, del cui numero fu pure Adrasto; cfr. Hom.
II. iv,382 e seg. xxm, 346. Aeschyl. Sept. e. Theb.; Apollod.
in, 6, 7.Dante ricorda Adrasto e le sue figlie Conv. iv, 25; cfr.
Stat. Theb. i, 395-681. Vedi gli art. Argia, Deifile, Diomede,
Tideo.
Adriano, forma antica e poetica per adriatico. La casa di
Nostra donna in sul lito Adriano, Par. xxi, 123, potrebbe essere,
come intendono quasi tutti g' interpetri, il chiostro e chiesa di
Santa Maria in Porto o di Classe presso Kavenna. Ma questa casa fu
fondata da Pietro Peccatore degli Onesti nel 1096; dunque Pier Da-
miano, morto nel 1072, non pot mai esservi. Forse v'era per gi
prima nel luogo stesso una qualsiasi casa o chiesa di nostra Donna.
Altre interpretazioni, secondo le quali la casa di nostra Donna in
sul lito Adriano sarebbe la Santa Casa di Loreto (Mon. Leo-
pardi, Autobiografia, p. 392 e seg.), o Maria di Portonovo sotto il
monte Coner presso Ancona (V. Cotini, S. Pier Damiani, ecc.,
Ancona 1865) sono inammissibili; cfr. Eicci, Bifugio, p. 124 e seg.
Vedi gli art. Damiano e Peccatore, Pietro.
Adriano Ottobone Fieschi dei conti di Lavagna, genovese,
;
nepote di papa Innocenzo IV, nel 1264 legato di Clemente IV in
Inghilterra, eletto papa il 12 luglio 1276. Si chiam Adriano V,
ma non tenne la S. Sede che 38 giorni, essendo morto a Viterbo
il 18 agosto 1276 cfr. Potthast, Regest. Pont. Bom. Beri., 1874,
;
Adriatico-Adultero 35
p. 1709 e seg. Gregorovius, Boni, v, p. 464 e seg. Dante lo pone
nel quinto girone del Purgatorio a purgarsi dall'avarizia, Purg.
xix, 84-114. Sic Adrianus papa V, dum fuit cardinalis et in mi-
noribus constitutus, fuit avarissimus, avaritia plenus, et semper
congregava, divitias composuit, nec poterat satiari; Serrav.
Adriatico, il mare che riceve i fiumi del sinistro lato d'Italia;
Vug. El. i, 10.
A tiro, ordinariamente atro, dal lat. ater, per Lurido, Sozzo;
Purg. xxx, 54.
Aduggiare, propriam. Far uggia, Far ombra, Adombrare ;
Inf. xv, 2; e figuratam. Purg. xx, 44.
Adulatore, adulator, chi parla od opera secondo il genio
lat.
d'alcuno, a fine di piacergli; chi loda alcuno non per coscienza, ma
per gratificarselo, ed anco affatto fuor di ragione. Dante pone gli
adulatori nella seconda bolgia dell'ottavo Cerchio infernale, dove
giacciono nello sterco, indizio dello sporco servilismo al quale si ab-
bandonarono, e si rammaricano sommessamente; Inf. xytii, 100-136.
Et hoc est quod bene advertendo et moraliter contemplando, vere
ili stercore possunt adaptari esse hujusmodi adulatores et in fcetore,
alienum plerumque petendo, id dicendo et asserendo quod non sit
Tamen distingue inter adulatores; nam non omnis adulatio est pec-
catum mortale. Nam, cum quis attribuit alicui bonum quod non
habet, vel nimis extollendo bonum quod habet, peccat venialiter;
sed cum, adulando, quis approbat malum quod quis habet et facit,
peccat mortaliter. Et de talibus hic loquitur auctor. Petr. Dant.
Adulterare, lat. adulterare, Contaminare con adulterio, Al-
terare, Falsare, Profanare; Inf. xix, 4.
Adultero, lat. adulterium, Violazione della fede coniugale.
Dante l'usa figuratam. Par. ix, 142, dove parecchi codd. ed alcune
ediz. leggono adulterio. Adultero per adulterio si us anticamente
anche in prosa. Con questa voce Dante significa il mal governo dei
papi. Il passo citato spiegato diversamente 1. Presto morir :
papa Bonifacio Vili che adltero cos Ott., Cass., Benv., Serrav.,
;
Land., Tal., Biag. (il quale vuole che adultero stia qui per adl-
tero), Greg., Corn., ecc. - 2. Dante allude qui al trasferimento della
sede pontificia in Avignone per Clemente V cos Buti, Lomb.,;
Benncs., Witte, ecc. - 3. Dante allude alla venuta in Italia di Ar-
rigo VII imperatore; cos Veli., Vent., Frane, ecc. -4. Il Poeta esprime
anche qui, come tante altre volte nel Poema, la sua speranza in un
futuro liberatore d'Italia; cos Tom., Br. B., Trai., Andr., Cam., ecc.
36 Adulto-Affannare
Adulto, lat. adultus, Cresciuto, arrivato al debito compimento
del crescere. Figuratam. Par. vii, 60.
Adunare, lat. adunare, 1.Unire insieme, Ragunare, Congre-
gare, Accumulare, Raccogliere; Purg. n, 125. Par. xni, 58; xxvir, 94.
- 2. E
figuratam. Inf. vii, 52. Purg. xv, 60.-3. Adunare in se, o in
se stesso alcuna cosa, vale Concentrarla, Condensarla, Tenerla in-
sieme; Par. i, 117. -4. Neut. pass. Radunarsi, Raccogliersi insieme;
Inf. in, 120; iv, 94; XXVIII, 7. Par. xxxni, 20. V. N. xvm, 3.
Adunque, dal lat. ad tunc, Particella congiuntiva, che infe-
risce conseguenza e conclusione; lo stesso che Dunque. E spesso an-
che s'adopera cominciando a parlare di cosa proposta, o ripigliando
il discorso; Inf. xvm, 7; xxiit, 133; xxxi, 82; xxxm, 118. Purg. i, 81.
Aere, precedendo le consonanti semplici Aee, lat. aer, gr. V)p,
e
Sost. masc. e talora anche fem., Aria. Voce oggigiorno adoperata pi
comunemente nel verso, mentre Dante l' adopera anche nella prosa
(Conv. n,5 ecc.). Nella Div. Coni, questa voce occorre sovente, ma da
avvertire che in qualche passo alcuni testi hanno aura, od aria in-
vece di aere; Inf. i, 48; II, 1; ni, 23; v, 47, 51, 84, 86, 89; vi, 11
vii, 122; vili, 14; ix, 6, 82; xn, 96; xvi, 180; xvn, 105, 113; xxiv, 51
xxix, 60, 113; xxxi, 36, 37. Purg. i, 15; n, 35; v, 109, 118; vili, 49, 106
xin, 43;xiv, 131 ;xv, 145; xvi, 13; xxiv, 65; xxv, 91, 94; xxviu, 104
107 xxix, 23, 35, 74 XXXI, 145. Par. vii, 125 Vili, 126 x, 68 xm, 6
; ; ; ; ;
xx, 73; xxn, 117; xxvn, 68; xxvni, 80.
All'abilit e AffaMlitade, lat. affabilit^, l'ottava delle
undici virt nominate da Aristotile, la quale fa noi ben convivere
cogli altri; Conv. iv, 17, 40, e si conviene specialmente ai vecchi,
Conv. iv, 27, 105.
Affamare, dal lat. fames, Ridurre alla fame, Far patir la
fame; Purg. xxm, 37. -Affamato di checchessia, vale Grandemente
bramoso, Agognante; Conv. i, 1.
Affannare, lat. mediev. affannare e ahanare, Lavorare con
le mani, prov. e spagn. afanar, frane, ant. ahaner, d'origine incerta;
cfr. Diez, Wrt. i 3 p. 8 e seg. 1. Neut. e neut. pass, per Durar fa-
,
tica, Darsi travaglio, affaticarsi; Par. xn, 82.- 2. Travagliarsi, sfor-
zarsi, col fine di conseguire checchessia; Purg. xi, 15. - 3. Part. pass,
in forma d'Add. Affaticato grandemente fino a respirare con affanno,
Ansante, Travagliato; Inf. v, 80. Purg. li, 111.-4. E per affannoso,
detto della stessa respirazione ; Inf. i, 22.
Affanno-Affetto 37
Affanno, da afa, vampa, fastidio, tedio, inquietudine, prove-
niente da eccessivo calore. Salvin., Annot. Tane, 530; Cr. 1. Fre-
quenza di respiro, che nasce per lo pi da soverchio affaticamento,
Anelito, Ambascia; Purg. IV, 95.-2. Per Fatica, Travaglio; Purg.
xiv, 109 ; xviii, 136. Par. xvn, 84. - 3. Per Molestia, Afflizione, Dolore ;
Inf. Vi, 58. Purg. xxvm, 95.-4. E per Danno, Disgrazia; Par. iv, 111.
Affaticare, lat. 1. Travagliare cagionando o impo-
fatigare,
nendo fatica, stancare; Purg. Vi, 50. Par. xiv, 58. - 2. Figuratam.
per Agitare gagliardamente; Inf. xxvi, 87.-3. In forma di Neut. e
di Neut. pass., vale Durar fatica, Esercitarsi in alcuna cosa, Dare
opera intensa a checchessia; Purg. xxvi, 39. Par. xi, 9. -Nel passo
Purg. xvi, 76 il Cass., JButi, Land., Lomb., ecc. leggono se affatica,
oppure s'affatica; ma senza dubbio da leggere coi pi: se fatica
Nelle prime battaglie col del dura. Cfr. la voce Fatica; Blanc,
Versuch, n, 61-62.
Affatturare, dal sost. fattura, e dalla prep. a; Ammaliare,
Stregare, Far malie; Inf. xi, 58.
Affermare, lat. affirmare; 1. Dare per certo, Asserire, As-
verare Par. ini, 116. - 2. Per Assicurare, Sostenere Inf. xxvm, 98.
; ;
Purg. xix, 50. - 3. E in forma di sost. Il protestare, L'asseverare, Il
giurare, ecc. Purg. xxvi, 105. Buti: Co l'iuramento, che affer-
mare che fa credere. Biag. : Con parole impresse
della stampa
di verit. Il v. 109: se le tue parole or n ex giurar o conforta
l'interpretazione del Buti e dei pi. -4. Partic. pass. Affermato, lat.
affirmatus ; da vilt d'animo affermato e fortificato; Conv. IV, 2.
Afferrare, dal sost. ferro, quasi Pigliare con grappa, o ta-
naglia, di ferro, o altro strumento simile, vale Pigliare e tener con
forza; figuratam. Inf. xx, 36.
Affetto, sost., dal lat. affectus ; 1. Passione dell'animo, Sen-
timento interno onde siam mossi ad amare, a odiare, alla piet, al-
l' ira e simili ;Purg. xvn, lll;xxv, 107. Par. in, 52; vi, 122;xiii, 120;
xviii, 14, 23; xxvi, 127; xxix, 140. - 2. Per Affezione, Amore, Bene-
volenza; Purg. ii,77. Par. vi, 87; vili, 45; xv, 43, 73; xvi 3;xxii, 52. ;
xxiii, 125 xxiv, 29 xxvi, 98 xxix, 66 xxxi, 141. - 3. E per Desiderio,
; ; ; ;
Voglia; Inf. v, 125. Purg. xviii, 57; xxix, 62. Par. in, 52; xxiii, 8;
xxxiii, 36. - Nel passo Par. xx, 41 dove parecchi testi leggono af-
fetto, pare che la lezione effetto, che dei pi, sia la vera.
Affetto, pronunziato coli' e larga ; dal lat. affectus. Add. Im-
pressionato, Modificato, ecc. Dante l'usa per Intento con affetto;
38 Affettuoso-Afflitto
Par. xxxit, 1, nel qual passo i pi leggono Affetto al suo piacer,
alcuni invece L'affetto, altri L'effetto ed alcuni Befetto ; cfr. Com.
Lips. ili, 841 e seg. Com.: Affetto, applicato, intento a vagheg-
giare Maria ch'era il piacere del contemplativo Bernardo.
Affettuoso, lat. affectuosus, Pieno d'affetto; Inf.Y,87.
Affezione, lat. affectio, Affetto, Passione, Disposizione del-
l'animo. - Per Sentimento affettuoso, Amore, Benevolenza; e anche
1.
semplicemente Propensione o Inclinazione ad amare; Inf. xvi, 60.
Purg. xx, 119; xxn, 15. Par. iv, 98; xxxu,149. - 2. Per similit., detto
degli animali, Par. xxv, 21. - 3. Per Desiderio; ma in questo senso
non ora molto usato; Par. iv, 121; xxiv, 7.
Affibbiare, dal lat. fiba per fbula, Congiungere insieme e
fermare con fibbia; e anche con aghetti, stringhe, bottoni, gangheri
e cose simili; Inf. xxxi, 66.
Affiggere, e anche Affjgere, specialmente presso i poeti, dal
lat. affggere, Fissare, Fissamente collocare, Attaccare.- 1. Per Fer-
marsi, Posarsi; Inf. XII, 115; xviii, 43 (dove per alcuni testi invece
di i piedi affissi hanno gli occhi affissi, accettando la qual lez. il vb.
affiggere sarebbe qui da prendersi nel senso n. 3); Purg. xr, 135;
xin, 33; xvn, 77; xxv, 4; xxx, 7; xxxiii, 106. Par. xxv, 26. - 2. Ap-
plicarsi, Fermar l'attenzione; Paf. xxxm, 133. - 3. E per Affissarsi,
Fissar lo sguardo, Guardar fiso, intentamente, con occhio fermo ;
Par. i, 48. - 4. E per Impressionare, Modificare, dal lat. affcere;
Purg. xxv, 106, dove i pi leggono: Secondo che ci affiggon li di-
siri, cio Secondo che i desiderii e gli altri affetti ci impressionano,
movendoci ad allegrezza, oppure a tristezza. Parecchi testi ed al-
cune ediz. hanno invece affliggono ; ma l'afflizione non sembra poter
indurre le anime purganti a ridere, v. 103. Cfr. Monti, Prop. i, 2,
p. 18. Blanc, Versuch n, p. 100.
Affigurare, da figura e dalla prep. a. Discernere, Ricono-
scere, Vedere distintamente ; Inf. xxiv, 75.
Affiliare, da fino e dalla prep. a, Purificare, Ridurre a per-
fezione; Purg. xxvt, 148. Par. xx, 137.
Affissare, dal lat. fixus, Guardar fisso, cio intensamente e
con occhio fermo. E in forma di Neut. pass., e talvolta anche di
Neut., Fissare lo sguardo; Purg. il, 73.
Afflitto, lat. afflictus, Part. pass, di Affliggere. - 1. In forma
d'Add., Addolorato, Pieno d' angoscia; Purg. xxx, 45. - 2. E in forza
di Sost., Tormentato; Inf. xxvn, 10.
Affocare-Aforismo 39
Affocare e Affuocare,
da fuoco e dalla prep. a. - 1. Met-
tere o Appiccar fuoco, Abbruciare, Incendiare; Inf. xxv, 24.-2. Far
diventar come fuoco, Infocare, Arroventare; Inf. Vili, 74. Par.
xxviii, 17.
Affocato, Partic. pass, di Affocare, e anche in forma d'Add.
- 1. Infuocato, Splendente, Fiammeggiante, Rosseggiante come
fuoco; Purg. vm, 26. Par. xiv, 86.-2. Pieno d'ardore, di pas-
sione, d'impeto; Par. xxviii, 45.
Affollare, da folla, propriam. Concorrere in folla; e Neut.
Ansare, Eespirare con forza e prestezza; Purg. xxiv, 72.
Affondare, dal lat. fundus, Mandare a fondo, Sommergere.
Usato figuratam. Canz. Cos nel mio parlar voglio esser aspro,
v. 20, e Par. xxvn, 121, dove affonde desinenza antica per af-
fondi.
Affrangere, ed anche Affrangere, dal lat. frangere, ag-
giuntavi la prep. Abbattere, Spossare; usato figuratam. Purg.
a,
xxvn, 74: Ci affranse la possa, ci ruppe, o tolse la potenzia;
Buti. Partic. pass. Affranto, rotto, detto dell'animo Purg. xxx, 36. ;
Affreddare, da freddo, Far divenir freddo, Indur freddo in
checchessia; Conv. ni, 9, 115.
Aftrenare, dal lat. frenum, Eaffrenare, Governar col freno.
E figuratam., detto di persone e di cose, Reprimere, Moderare;
Inf. xxvi, 21.
Affrettare, da fretta e dalla prepos. a, Accelerare. E in si-
gnific. diNeut. pass, e anche Neut., Darsi fretta, Accelerarsi. Usato
figuratam. Purg. x, 87: Come persona in cui dolor s'affretta,
quia dolor faciebat eam impatientem morae Benv. - Come per-
;
sona addolorata che desidera vendetta; Buti. - In cui il dolore
rende l'anima impaziente del conforto che spera; Br. B.
Affricano, soprannome di Publio Cornelio Scipione, il vin-
citore di Annibale ; Purg. xxix, 116. Cfr. Scipione.
Affrontarsi, dal lat. frons, usato per Presentarsi, Porsi a
fronte o davanti ad alcuno; Par. xxv, 40.
Aforismo, dal gr. cpoptqis, Sentenza espressa in brevi pa-
role, epi specialmente d'argomento scientifico. Per Aforismi in
antico pi specialmente intendevansi gli Aforismi d'Ippocrate;
Par. xi, 4. Conv. i, 8. Cfr. Ippocrate.
40 Agamennone-Agevolezza
Agamennone, il gran duca dei Greci, Par. v, 69. Cfr.
Duca.
Agapito, che alcuni scrivono Agabito, lat. Agapetus, figlio
di Gordiano sacerdote romano, eletto papa il 3 giugno 533, dopo
la morte di Giovanni II, si chiam Agapeto I. Teodato, re degli
Ostrogoti, lo invi nel febbraio del 536 a Costantinopoli, dove mor
il 22 aprile dello stesso anno, dopo aver fatto deporre il patriarca
eutichiano Antimo ed eleggere in sua vece Mennas. Cfr. Ada Sanct.
Sept. tom. vi, p. 163 e seg. Anelli, Stor. della Chiesa i, p. 456 e
seg. Mansi, Collect. Conc. vili, 873. Agapito ricordato Par. vi, 16.
Nota quod Justinianus, antequam poneret manus ad leges, erat
hereticus, quia non credebat in Christo esse nisi unam naturam,
scilicet humanam. Agapitus tamen Papa convertit eum, qui ostendit
sibi quomodo in Christo sint due nature, scilicet divina et humana;
qui audiens informationem Pape Agapiti, conversus est, et recte ac
fideliter credidit, sicut credere tenebatur. Serrav.
Agatone, 'Ayd&wv, poeta tragico greco, figlio di Tisameno,
nato l'anno 448 a. Cr., morto verso il 401 a. Cr. Scrisse sette tra-
gedie, e forse pi, ma nessuna giunta a noi. Aristotile (Poet. 9,
15, 18, ecc.) lo ricorda con molta lode, vantando specialmente la
tragedia intitolata "Av&os (= il fiore). Cfr. Aristoph. Thesm. 59 e
seg., 106 e seg. Plat. Symp.,\>. 198. Dante lo ricorda Purg. xxn, 107.
Agente, dal lat. agens, in di Sost. per Tutto ci che
forza
agisce, che opera, o che ha in spotenza di operare alcuna cosa.
L'atto dell'agente si prende nel disposto paziente; Conv. n, 10.
Le cose convengono essere disposte alli loro agenti, e ricevere li
loro atti ; Conv. iv, 20. Cfr. Aristot. De An. n, 2.
Agevolare, da Agevole, Kendere agevole, facile Facilitare. ;
Agevolare alcuno in una cosa o per una cosa, vale Kendervelo
atto, spedito; Purg. ix, 57.
Agevole, dal lat. ago, o dal basso lat. agibilis ; Comodo, Che
non ha difficolt. E detto di Strada, Salita e simili, vale Comoda,
Non faticosa; Purg. in, 51.
Agevolemente, nella prosa di solito agevolmente, Avverb.,
Con agevolezza, Con facilit, Senza difficolt; Purg. xn, 93.
Agevolezza, astratto d' agevole, Facilit, Agio, Vantaggio,
Comodo; Purg. xxxi, 28. E riferito alle parole e alle sillabe, per
Scioltezza, Scorrevolezza; Conv. i, 10, 71.
Aggelare-Aggiustare 41
Aggelare, dal lat. gelu, Indur gelo, Eaffreddare, Agghiac-
ciare. Neut. e Neut. pass. Inf. xxxiv, 52.
Agghiacciare, e talvolta Addiacciare, dal lat. glacies,
Congelare, Divenir freddo come ghiaccio; Purg. ix, 42.
Aggi, Aggia, cfr. Avere.
Aggirare, dal lat. gyrus ; 1. Girare intorno, Percorrere in giro,
Circondare; Inf. vi, 112. - 2. Muovere in giro, Condurre in giro, Far
girare ; Purg. iv, 130. - 3. Neut. pass. Girare, Andare attorno, Muo-
versi in giro, Eavvolgersi; Inf. ili, 28; vii, 120; Vili, 123.
Aggirata, Aggiramento, Eivolgimento, Giro; Inf. vili, 79.
Aggiungere e Aggiugnere, dal lat. adiungere; 1. Fare
aggiunta, Por d'avvantaggio, Accrescere; Inf xi, 62.-2. E per
Soggiungere, Seguitare un discorso facendo altre parole Inf. ;
xxvni, 109. - 3. Neut. pass. Congiungersi; Inf. xxiv, 80; xxxi, 56;
xxxn, 129; xxxiv, 40. Par. i, 62.
Aggiustare, da giusto e dalla prep. a, Eidurre le cose al
giusto e debito termine; cos al proprio come al figurato. - 1. Neut.
pass. Aggiustarsi ad alcuno, per Stargli o Adagiarvisi d'appresso;
Par. xxxn, 121. - 2. Aggiustare, detto delle Monete, vale Foggiarle
in modo che, sia nella forma, sia nel peso, corrispondano alla giu-
sta misura; Par. xix, 141, dove la Cr. con parecchi codd., Nidob.,
Aid., Burgofr., Gio., Bovili., Sessa, Comin., Dion., De Bom.,
Fanf., Giul., ecc., e coi commentatori Lan., Benv., An. Fior.,
Land., Veli., Dan., Dol., Voi., Veni., Lomb., Port., Pogg., Biag.,
Cosi., Borg., Tom., Br. B., Frat., Giob., Andr., Bennas., Frane,
Com., ecc. legge: Che male aggiust 'l conio di Vinegia. Ma si
aggiusta la moneta, non il conio, e Urosio I (cfr. Tartic. Eascia)
falsific la moneta, cio i grossi Veneziani, ma non ne falsific il
conio. Sembra dunque che sia da leggere col pi dei codd., prime
4 ediz., Da Colle, Ed. Padov., Viv., Sicca, Quattro Fior., Fosc,
Witte, ecc., e coi commentatori Olt., Buti, Serrav., Ces., Greg.,
Triss., Cam., ecc. Che mal ha visto, cio per lo suo male, con
suo danno; cfr. Inf. ix, 51; xn, 66. Purg. iv, 82. Secondo il Mooee
(Criticism, p. 471) questa seconda la lezione di 118 codd. da lui
esaminati. Ma sventuratamente i pi hanno aniisto, e non facile
decidere se si debba leggere visto, oppure aiust. Cfr. Gherar-
dini, Voci e Maniere i, 848; n, 843 e seg. Parenti, Annotai, al
Diz. ii, 131 e seg. De Batines, i, 367-68. Ferrazzi, iv, 424-25.
Nannucci, Anal. crii. 40; Moore, 1. cit. Com. Lips. in, 532-33.
42 Aggradar e -Aggueffare
Aggradare e Aggratare, Essere a grado, Piacere, So-
disfare; Inf. il, 79; xi, 93.
Aggrappare, dal sost. grappa; 1. Att. Afferrare, Tener forte
con gli artigli, e in pi largo significato, con le mani. E per si-
milit. parlandosi di strumenti o cose simili; Inf. xvi, 134. - 2. Neut.
pass. Attaccarsi, Appiccarsi a qualche cosa; Inf. xxiv, 29; xxxtv, 80.
Aggrato, nel Gloss. (32 a) la Cr. registra questo add. per
Grato, Aggradevole, citando poi l' unico passo Par. xxm, 6, dove
il S. Cr., Vat., Cass. e parecchi altri codd., Folig., Nap., Aid.,
Cr. e pi degli edit. e comment. moderni leggono gli sono ag-
i
guati. E veramente aggrati potrebbe essere formato sulla locuzione
avverbiale a grato, o a grado; cfr. Par. xxi, 22; xxv, 86. Ma il
Mani., Nidob., Benv.,
Beri., Caet., Filipp. e molti altri codd., Iesi,
Serrav.f ecc. leggono gli SON grati, lez. accettata da Lomb., Port.,
Fosc, Br. B., Frat., Corn., ecc. E non trovandosi in verun luogo
altro esempio dell' add. aggrato pare che questa sia la lezione da
preferirsi. Da Colle, Buti, Land., ecc., leggono gli sono agiati.
Aggravare, Render pi grave e pi pesante.
dal lat. gravis,
1. Per Spingere in gi con peso, cos al proprio come al figurato;
Inf. vi, 86. - 2. Per Rendere torpido, detto delle membra prese da
gelo, da malore, e simile; Purg. xix, 11. - 3. E per Piegare; Purg.
xv, 110.
Aggroppato e Aggrappato, Partic. pass, di Aggroppare
e Aggruppare. In forma d'Add., Avviluppato, Avvolto come in
gruppo, Raccolto in gruppo, Annodato; Inf. xvi, 111; xxiv, 96.
Agguagliare, dal lat. cequalis; 1. Att. Fare eguale, Pareg-
giare,Adeguare; Inf. xxvin, 20. Par. xxn, 105. - 2. In forma di
Neut. pass, e anche talvolta di Neut., Farsi uguale, Pareggiarsi;
Par. xxv, 126.
Agguatare, cfr. Guatare.
Agguato, e anche Aguato, dal ted. ant. tvahten o wahtan,
far la guardia; Insidia o Inganno che si tende al nemico per coglierlo
alla sprovvista; e pi specialmente dicesi delle insidie militari;
Inf. xxvi, 59.
Aggueffare, dal ted. weifen, che vale Dipanare, Agguindo-
lare. Att. Aggiungere, Soprapporre, e dicesi pi specialmente del
filo che annaspavasi; onde in qualche Statuto dell'Arte della Seta
trovasi Gueffa per una certa misura di filo di seta e di oro filato.
i
Aghinolfo-Agli 43
Neut. pass. Aggiungersi, Soprapporsi Inf. xxiii, 16. Aggueffare
;
filo a filo aggiungere, come si fa ponendo lo filo dal gomito alla
mano, o innaspando con l'aspo; Buti.
Agliisiolio, conte di Romena, figlio di Guido I, e fratello di
Guido II e di Alessandro I, marito di Idana di Euggero da Ba-
gnacavallo, cugina di Caterina moglie di Guido Novello da Polenta
che ospit Dante a Ravenna. Viveva ancora nel 1338, nel qual anno
fece il suo testamento. Dante lo accusa di aver avuto parte coi due
fratelli nel persuadere maestro Adamo a falsare il fiorino d' oro di
Firenze; Inf. xxx, 77.
Agio, Comodo, e altres lo stato in cui uno trovasi piacevol-
mente; Purg. xiv, 109. - Probabilmente questa voce ha un'ori-
gine comune col lat. ago; Cr. Lat. habeo, aggio, altri lo de-
rivano dal got. azls, comodo, facile; B. - Etim. ignota. Il
Mnage da otium ; il Ferrari da ad-aptare ; il Frisch dal ted.
be-hagen, benessere; ilPrion dal gr. oloioq, propizio, opportuno;
il Grimm da una delle forme germ. osi odi azts, facile. Forse il
lat. asa per ausa, cfr. mese da mensem, ebbe il significato di oc-
casione, e da quella poterono derivare le forme asia, da cui il frane.
aise, e asium da cui agio; Zamb. Cfr. Diez, Wrt. i 3 10-11. ,
Agiografo, dal gr. ytypacpo^, Add. Aggiunto dei Libri della
Bibbia non scritti da Mos, n dai Profeti ;come pure Aggiunto
di Libri, ove trattasi di cose sante. E sostantivam. Termine ec-
clesiast., Scrittore di cose sante. - Scrissero per ispirazione dello
Spirito Santo, onde la S. Scrittura d'ineffabile Verit; Mon. iu,15.
Epist. vii, 3. Mori, i, 7. Cfr. Somm. II, li, 174, 2; Poh
Aglauro, figlia di Cecrope, re d'Atene, convertita da Mercurio
in sasso per essersi opposta agli amori del Nume
per la di lei so-
rella Erse, della quale Aglauro era invidiosa; cfr. Ovidio, Metani.
li, 708-832. ricordata nel secondo girone del Purgatorio qual se-
condo esempio d'invidia punita; Purg. xiv, 139.
Agli, antica e nobile famiglia Fiorentina di parte guelfa, tenne
parte nera ed alcuni de' suoi membri furono fatti popolani ; cfr.
Vill., Cron. v, o9; vi, 33, 79; vili, 39; xn, 23. Messer Rinieri degli
Agli Giurisperito, nel 1269 fu Sindaco del Comune di Firenze ed
intervenne a far la pace in Pistoia co' Pisani. Nel 1304 Messer Ceffo
d'Ugolotto degli Agli, uomo illustre per valorose azioni, fu sindaco
de' Fiorentini, ed in Empoli tratt con altri Sindaci di varie citt
per rinnovare la lega per la pace comune della Toscana; anche
nel 1312 fu ambasciadore della Repubblica per trattare de' modi di
44 Agnl
resistere all'imperadore Arrigo VII. La famiglia si spense in An-
tonio di Francesco nel 1652. Cfr. Lord Vernon, Inf., voi. n, 403-04.
Secondo molti comment. antichi (Bambgl., Lan., Cass., Falso Bocc,
An. Fior., Serrav., Tal., ecc.) quel Fiorentino innominato, posto da
Dante tra' suicidi, Inf xill, 130-151, fu
il giurista Lotto degli Agli,
qui secundum quod ex dolore pernimio cuiusdam sententie
fertili
sive (saevse) quam protulerat - in domo sua cum quodam corigia
eius dicto loco (se) ipsum suspendit; Bambgl. Altri invece (An.
Sei., Barg., ecc.) dicono che costui fosse Kocco de' Mozzi,
Ott.,
il quale fu molto ricco, e per cagione che la compagnia loro fall,
venne in tanta povert, ch'egli stesso s'impicc per la gola nella
sua casa; An. Sei. Di nuovo altri (Benv., Buti, Land., ecc.) ri-
feriscono le due opinioni, senza voler decidere quale sia la giusta.
Finalmente altri o non dicono nulla (Iac. Dant., ecc.), oppure os-
servano che il nome del personaggio non si conosce (Petr. Dant.,
Bocc., Veli., Dan., Cast., ecc.). N costui dell'autor nominato,
credo per l'una delle due cagioni, o per riguardo de' parenti che
di questo cotale rimasero, i quali per avventura sono onorevoli uo-
mini, e perci non li vuole maculare della infamia di cos disonesta
morte; ovvero perciocch in que' tempi, quasi come una maledizione
mandata da Dio nella citt nostra, pi se ne impiccarono; acciocch
ciascun possa apporlo a qual pi gli piace di que' molti Bocc. ;
Loquendo uctor hic a communiter accidentibus. Nam sa?pe ac-
cidit in illa ci vitate homines se ipsos suspendentes; Petr. Dant.
Lo stesso dicono Veli., Cast., ecc.
Agnl 9
nome
un Fiorentino posto da Dante nella bolgia dei
di
ladri; Inf. xxv, 68. Alcuni antichi o non si fermano su questo per-
sonaggio (Barg., Land., Dan., ecc.), oppure si contentano di osser-
vare che fu un gran ladro, senza dire a quale famiglia appartenesse
(Bambgl., Ott., ecc.). Secondo i pi (An. Sei., Iac. Dant., Lan.,
Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, Benv., Buti, An. Fior., Serrav.,
Tal., Veli., Cast., ecc.) costui fu Agnolo de' Brunelleschi, nobile
famiglia fiorentina, il quale, salito ai primi onori della repubblica,
ne distrasse le rendite a proprio vantaggio. Questo Agnello fu
de' Brunelleschi di Firenze; e infino picciolo votava la borsa al
padre e a la madre, poi votava la cassetta e la bottega, e imbo-
lava. Poi da grande entrava per le case altrui, e vestiasi a modo
di povero, e faciasi la barba di vecchio, e per il fa Dante cos tra-
sformare per li morsi di quello serpente come fece per furare;
An. Sei.
Agnl, e Agnello, dal lat. agnellus : 1. Il parto della pe-
cora, che non ancora uscito dall' auno ; Par. v, 82; xvi, 71, 117. -
Agno-Agoguare 45
2. figuratam., detto di persona mansueta; Par. xxv, 2. - 3. Agnello
E
e Agnello di Dio, in senso scritturale (secondo Isaia lui, 7. S. Giov.
i, 26, 39. 1 Petr. i, 19. Avocai, v, 6; vi, 1, 16; vii, 10, 14, 17; xu, 11;
xin, 8; xiv, 1, 4; xv, 3; xvn, 14; xix, 7, 9;xxi, 14, 22, 23; xxn, 1, 3)
significa Ges Cristo, il Verbo incarnato, Y Agnus Bei; Purg. xvi, 18.
Par. xvn, 33; xxiv, 2.
Agno, lat.agnus, voce poetica per Agnello.- 1. In senso propr.
Par. iv, 4. - 2.In locuz. figurata, Membro d'un ordine religioso;
Par. x, 94. - 3. Gli agni, nel linguaggio biblico (cfr. Isaia v, 17;
xi, 6; xl, 11; lxv, 25. S. Giov. XXI, 15) per I cristiani, Gli eletti
di giovane et; Par. ix, 131.
Agnns Dei,
Agnello di Dio; parole della preghiera che suolsi
ripetere tre volte nella Messa, come pure tre volte nelle litanie,
tolte da S. Giov. i, 29, 36. Le cantano gli Iracondi purganti, Purg.
xvi, 19. - Cantavano li tre Agnus Dei che si cantano alla messa;
cio Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis. Agnus
Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis. Agnus Dei, qui tollis
peccata mundi, dona nobis pacem ; sicch li due primi dimandano
misericordia, e il terzo pace; JButi.
Ago, ed in poesia anche Aco, dal lat. acus, il noto strumento
che serve per cucire. - 1. Figuratam. per l'Arte, o l'Esercizio del
cucire e del ricamare; Inf. xx, 121.- 2. Per il Pungiglione delle
api, vespe e altri insetti; Purg. xxxn, 133.-3. E per Quel piccolo
ferro calamitato posto nella bussola, che si volge verso tramontana;
Par. xu, 29.
Agobbio o Agubbio, oggi Gubbio, citt antichissima del-
l' Umbria Camignano, VIguvium o Ylginium dei Ro-
sul Torrente
mani, a 48 chilom. da Urbino e 36 da Perugia. Si vuole che Dante
esule vi si rifugiasse in casa di Bosone dei Eaffaelli (Troya, Veltro
de' Ghib., p. 174. Pelli, Mem., p. 136. Balbo, Vita di D., p. 391
e seg. Fratic, Vit., p. 217 e seg.), dove dicono che insegnasse greco
e francese ai figliuoli di Bosone. Ma come tante altre, anche questa
una di quelle ipotesi fondate per lo pi sopra alcuni versi della
Comm. o sopra tradizioni vaghe, e fors' anche relativamente mo-
derne Ricci, Bifug., p. 37. Cfr. Bartoli, Lett., v, 267-71. Il nome
;
di Agobbio apparisce Purg. xt, 80, ove si parla del celebre minia-
tore Oderisi, che vi ebbe i natali.
Agognare, e talvolta poeticam. Agognare, dal gr. ytovtqcv,
lottare, e in generale desiderare con ansiet, essere ansioso.- 1. Bra-
mare ansiosamente alcuna cosa, e intendere ad essa con avidit; Inf.
46 Agosta-Agrume
xxvi, 9; xxx, 138. - 2. E in forma di Neut. Inf. vi, 28. - 3. E per
Esprimere gran brama, desiderio intenso; Purg. xin, 66.
Agosta e Agosto, cfr. Augusto.
Agostino. 1. Sant'Agostino, il celebre Padre della Chiesa, fon-
datore della teologia cristiana scientifica, nacque a Tagaste nella Nu-
midia l' anno 354, morto vescovo di Ippona il 28 agosto 430. Fu figlio
di Patricio, pagano, e della pia Monica, che con amorevolissimo zelo
lo educ nel cristianesimo. Cadde poi nelle reti de' Manichei, si de-
dic allo studio dei Classici greci e latini, fu scettico, e poi, con-
vertito da S. Ambrogio, si fece cristiano zelante ed uno dei massimi
teologi del cristianesimo antico. Nelle sue Confessioni raccont egli
stesso la storia della sua vita. Cfr. Ponjoulat, Hist. de St. Aug.,
a
Parigi, 1844 3 ediz.,
; 1852. Naville, St Aug., Ginev., 1872. Baehe,
Bni. Lit., Suppl. il, p. 222-307. Dante lo ricorda due volte nella
Comm., Par. x, 120; xxxiii, 35; loda sue Confessioni, Conv. i, 2,
le
e lo cita ripetute volte; Mon.
Conv. i, 4; iv, 9, 21. Oltre le
in, 4.
Confessioni primeggia tra le sue opere il libro Della citt di Dio.
2. Il monaco Agostino, nominato Par. xn, 130, fu uno dei primi
seguaci di San Francesco, e nel 1216 eletto Ministro dell'Ordine in
Terra di Lavoro. Fuit primus magister Provincialis in Frantia, et
habuit multas visiones de Sancto Francisco; Serrav.
Agosto, lat. augustus, Nome dell'ottavo mese dell'anno, cor-
rispondente al sesto dei Komani; cos detto da Cesare Augusto, in
onor del quale fu consacrato un tal mese; Purg. v, 39, sul qual passo
cfr. Calare e Solcare.
Agricola, lat. agricola, voce poet., Agricoltore. Cos detto
per similit. S. Domenico, Par. xn, 71.
Agro,dal lat. acer, Add. Aggiunto di uno dei sapori contrarj
al come quello dell'arancia forte, del limone, e simili. -
dolce,
Figuratam. per Aspro, Forte, Pungente, Grave; Inf. xxiv, 147.-
2. E per Malagevole, Difficile; Purg. xxv, 24.
Agrume, da agro, Nome generico che si d a' limoni, cedrati,
aranci, e simili piante della famiglia delle auranziacee, ed altres
a' loro frutti. E presso gli antichi era nome generico di alcuni or-
taggi che hanno sapore forte o acuto, come di cipolle, agli, e simili,
che oggi diciamo Fortumi. E figuratam. detto di cosa, ed anche di
persona, noiosa e rincrescevole; Par. xvn, 117. molti fi' sapor A
di forte agrume; cio, a molti dispiacer, come dispiacelo sapore
molto agro Buti.
;
Aguatare-Aguglionc 47
Aguatare, cfr. Guatare.
Agnato, cfr. Agguato.
Agubbio, cfr. Agobbio.
Agnglia, cfr. Aquila.
Agnglione. 1. Castello posto nel piviere di S. Pietro in Bos-
solo in ValPesa, anticam. chiamato Aquilone. - 2. Famiglia Fio-
di
rentina, che dal detto castello desunse il cognome. Guglielmo
d'Aguglione parteggiava in Firenze per i Ghibellini, per lo che
nel 1268 fu dichiarato ribelle insieme con Puccio suo figlio. Al
contrario Baldo altro suo figlio fu guelfo; forse postosi da questa
parte quando vide volgere al peggio le cose dei Ghibellini. Ebbe
costui gran nome tra i giuristi dei giorni suoi; e s'incontra per la
prima volta il suo nome compi-
nel 1293 quando ebbe mano alla
lazione degli Ordinamenti di giustizia contro i Magnati. Per tali
leggi divenne accettissimo alla fazione democratica, per opera della
quale ebbe incarico, nel 1295, di correggere gli Statuti del Potest.
Figur tra i pi acerbi nemici di Giano della Bella nel 1295: ot-
tenne il Priorato nel 1298: e fu mandato a Bologna nel 1299 per
aggiustare le differenze di quel Comune con il Signore di Ferrara.
Dino Compagni lo rammenta come uno dei pi perversi cittadini
che avesse ai suoi tempi Firenze; e narra le frodi e le baratterie
che, intorno al 1300, gli fruttarono condanna di 2000 lire. Esul
allora da Firenze ma eravi tornato nel 1302, allorquando per opera
;
di Carlo di Valois furono espulsi i Bianchi dalla citt; ed egli che
fin allora erasi mostrato di parte Bianca, rinneg la sua bandiera e
si f' seguace della parte vittoriosa. Dopo quest'epoca esercit grande
influenza nel Comune; a tale che volendosi nel 1311 sopire ogni seme
di discordia nella citt, perch i cittadini tutti fossero uniti a resi-
stere ad Arrigo VII imperatore, fu a lui affidata la riforma degli
Ordinamenti di giustizia che mitigasse alquanto la severit delle
leggi controi Magnati. Da questo incarico egli raccolse grande odio,
perch adoper l' ingegno per far s che le mitigazioni fossero ap-
parenti e non venisse distrutta V opera sua del 1293. Ad alcuni ma-
gnati, cio ai pi poveri, fu concessa l'abilitazione agli onori; per
i pi potenti fu tenuta ferma l'esclusione: taluni dei cittadini esuli
per le passate vicende poterono far ritorno alla patria; altri, e tra
questi Dante Alighieri e Giano della Bella, ebbero confermata la
condanna di esilio. Preso da paura fugg da Firenze quando si av-
vicinava l'esercito di Arrigo VII, per il qual fatto fu dichiarato ri-
belle ed ebbe confiscati i beni: l'avarizia lo costrinse allora a tornare,
is Aguiriiiire-Aiin
e pot ottenere pienissima assoluzione. Mori poco dopo, lasciando pi
figli; ma la sua famiglia presto si estinse, essendo mancata nei suoi
nipoti intorno al 1368; LORD Ykuxon, Inf. t voi. n, 405-6. Danto
chiama questo Baldo il villan d'Aguglione, SN Par. \\l, 57 ed ac-
cenna al delitto per cui fu condannato Puro. XII, 105 (cfr. QUA-
DERNO). La cosi detta Riforma di Baldo d'Aguglione del 3 set-
tembre Ioli, in Pel LUNGO, DeVesil. di Ih, 107 e seg. Cfr. Manni,
Osserva*, stor. sopra i sigilli, xvni, 77-88.
Agognare, cfr. Agognare.
Agni'are, forma antica per AUGURARE. Far. XYlll, 102 la (V.
legge sogliono agurarsi col Beri., Cass., Land, ed altri codd., colle
prime 1 ediz., Vind., Aid. e moltissime altre. Ma i migliori codd.,
5. Or., Vat*i Caet., ecc. hanno augurarsi, e cos lessero, per quanto
si pu rilevare da' loro commenti, tutti gli antichi (Benv., Bufi,
Serrav., Da Colle, Veli., ecc.).
Agnto, cfr. Acuto.
Aguzzare, dal hit. acuere. Rendere aguzzo, cio acuto, Appun-
1
tare. Detto de sentimenti del corpo, e de' loro organi, tanto al pro-
prio che al Figurato: Inf XV, 20; xxjx, 134. Purg. vili, 19; xxxi, 110.
A ii zzo, lat. aeutus, dd. Acuto, Appuntato; Inf. XVII, 1. E
figuratane Por. XVI, 57.
Ali, e Ahi, gr. ai, lat. ah, Interiezione e Esclamazione, che
serve ad esprimere diversi affetti e movimenti dell'animo. - 1. In
segno di ammirazione e di meraviglia; Inf. VII, 19; IX, SS: XVI, 118;
XVIII, 37. Purg. XII, 112. - 2. In segno di aborrimento, ribrezzo, or-
rore e simili: Inf. XXI, 31 In segno di lamento, ram-
: xxn, 1-1.- 3.
marico; Inf. xix, 115; xnxiii, Par. ix, 10: XXV, 136.-4. In segno
(36.
di dolore, tristezza; Inf. i, 4 (dove per alcuni testi hanno eh, altri
E, altri et, n facile decidere quale sia la vera lezione). - 5. In
segno di sdegno, ira, corruccio; Inf. xxxm, 79, 151. Purg. vi. 76,91.-
6. Come espressione di dolore, che si riferisce al pronome personale
non espresso ma sottinteso: Inf. XXVII, 84.
Aiace, &ia, tglio di Telamone, prese parte giovanetto alla
guerra contro Troia, e fu il primo e pi forte eroe dei Greci dopo
Achille: cfr. HOM., II. li, 557: in, 225; vii, 206: XV, 545; XIV, 204;
xv, 415 xml Odis. xi, 541. PlND., Xeni. 7. Soph., Aias. OviD., Metani.
;
xin, 1-398. Dante lo menziona Conv. IV, 27, 145.
Afille o Ahim, dal lat. heit me, sottint. miserimi o sim.. In-
teriezione di dolore o di compassione : Inf. XVI, 10.
;
Aitare-Ala 49
Aitare, Provenz. e Catal. aidar, Dare aita, cio aiuto, o soc-
corso; figuratam. Purg. iv, 133; XI, 34, 130.
Aiuola e Aiol, lat. areola, Diminut. di aia, lat. area. Pic-
colo spazio, detto per similit. Par. xxn, 151 ; xxvir, 86. Mon. in, 16.
L'aiuola, cio la piccola aia, cio la terra che appare fuor del-
l'acqua; Buti.
Aiutare, dal lat. adjuvare, e adjutare : 1. Att., Dare aiuto, Soc-
correre ; lnf il, 7, 69 xiv, 57
; ; xxxn, 10,68 V, 87
1 1 ; xxxiii, 69. Purg. T, ;
xxix, 41. Par. in, 62; x, 105; xxm, 58; xxxit, 148.-2. Per Accrescere,
Render maggiore; Purg. xxvi, 81.-3. Aiutare uno da alcuna cosa,
vale, Difendernelo, Salvamelo; lnf. I, 89. - 4. E per Salvare, detto
dell'anima; Par. xx, 114.- 5. Neut. pass. Dare aiuto a s stesso, va-
lendosi delle proprie forze, cos fisiche come morali; figuratam. Purg.
xii, 130.- 6. E per Adoperarsi, Ingegnarsi, Sforzarsi; Purg. xxxiii,84.-
7. Nel passo Par. xn, 72:
che Cristo Elesse all'orto suo per aiu-
tarlo, non chiaro se si deve intendere (con Pogg., Ces., Borg., Tom.,
Br. B., Andr., ecc.) per aiutare Cristo, nel qual caso il vb. aiu-
tare varrebbe qui Prestare aiuto, oppure (con Ott., Buti, ecc.) per
aiutar Z'orto, ed allora il vb. aiutare vale Ravvivare, Rinvigorire.
I pi non si degnano di dare una interpretazione qualunque. Lomb.:
per aiutar V orto, e varr Ripurgarlo, o per aiutar Cristo, e
varr Cooperare con esso nella coltura dell'orto.
Aiuto, lat. adjutus, Mezzo per lo quale si agevolano le ope-
razioni, e si alleggeriscono o si scampano i mali Purg. xxi, 82.
;
Par. v, 39.
Aiutorio, lat. adjutorium, Aiuto; Par. xxix, 69, dove parecchi
testi leggono Aiutoro.
Aizzare Adizzare, da izza, ted. hetzen, vale pro-
e talvolta
priamente Incitare il cane, ed anche altro animale, a mordere, o ad
offendere comecchessia. E per Stimolare, Incitare; lnf. xxvn, 21, nel
qual passo i testi leggono quale t'adizzo, e quale t'aizzo (Viv. t'at-
tizzo. De Bat., Cod. 489: t'adrizzo).
Ala, lat. ala, Sost. femm. che al plur. fa Ale, e pi comune-
mente Ali dal disusato sing. Ale. 1. Membro per mezzo del quale
volano gli uccelli ed altri animali, attribuito ancora a molti esseri
ideali, o personificati dalla fantasia; lnf. v, 40, 83; xin, 13; xvi, 87;
xxi, 33; xxn, 127, 144; xxm, 35; xxv, 23; xxxiv,46, 72. Purg. n, 26,
33, 103; in, 54; vm, 106; ix, 21 ; XII, 91, 98; xvn, 67; xix, 46; xxv, 10;
xxix, 94, 109. Par. ix, 78, 138; xix, 1, 35, 95; xxxi, 141, xxxn, 96.-
2. E per similit., detto delle vele o del remeggio, che spinge in-
4. Enciclopedia dantesca.
50 Alabastro-Alagna
nanzi la nave; Inf. xxvi, 125. - 3. E figuratam. Purg. iv, 28; ix, 9.
Par. il, 57 xv, 72, 81 xxv, 50 xxxiii, 15. - 4. E pur figuratam. per
; ; ;
Volo; Purg. XI, 38. Par. xxn, 105; xxxn, 146.-5. E pur figuratam.
per Favore, Protezione; Par. vi, 95. - 6. Aprir l'ali, figuratam. per
Allargarsi; Purg. xxn, 43.-7. Batter l'ali, vale Moverle per vo-
lare; Inf. xxu, 115; e figuratam. Inf. xxvi, 2. Par. xi, 3.-8. Star
sull'ali, vale Volare, Aggirarsi per l'aria; Inf. xvn, 127.-9. Trar
d'ale, detto dell'occhio, vale Arrivare collo sguardo, Distendersi la
veduta; Purg. x, 25.
Alabastro, alabastrum, Pietra calcarea
gr. Xpaaxpog, lat.
della natura del marmo, ma alquanto trasparente e pi tenera. Or-
dinariamente bianca, ma ve ne ha della macchiata di varj colori;
Par. xv, 24. - Alabastro spezie di marmo bianchissimo e pu-
rissimo; e posto dentro in uno vasello d'alabastro un lume, riluce
come una lanterna d'osso; Put.
Alagia, figlia di Niccol di Telisio di Ugone dei Fieschi, Vi-
cario imperiale d'Italia, nipote delpapa Adriano V e moglie di Mo-
roello Malaspina (cfr. Malaspina). Ebbe due sorelle Fiesca, mari- :
tata ad Alberto Malaspina, marchese di Valditrebbia, e Giacoppina,
maritata ad Obizzo II da Este, signore di Ferrara (cfr. Fedeeici,
Stor. della famiglia Fiesca, p. 59. Pelli, Mem., p. 119). La dicono
madre di tre figli Manfredi, Luchino e Fiesca (cfr. Studi ined.,
;
Fir., 1846, p. 197 e seg. Balbo, p. 280 e seg. Fkatic, Vita di B.,
p. 326 e seg. Fosc, Disc, lxxv, p. 170. Troya, Velt. Ghib.,
p. 136. Bartoli, Leit., v, 185 e seg.). Dante la nomina con lode;
Purg. xix, 142. - Ista domina multum complacuit Danti. Unde qui-
dam volunt, quod poeta loquatur de ea ubi dicit (Purg. xxiv, 43-45),
quod una mulier faciet sibi piacere civitatem Lucanam sed non :
credo Benv. - Questa era santa e buona donna, nipote di papa
;
Adriano dal Fiesco; Buti. - Questa fu nipote d'Adriano papa, et
fu moglie del marchese Moroello de' Malaspini: ebbe nome la gran
donna, di gran valore et di gran bont et l'Auttore, che stette pi
;
tempo in Lunigiana con questo Moroello de' Malespini conobbe que-
sta donna, et vidde che continuamente faceva gran limosine, etfacea
dire messe et orazioni divotamente per questo suo zio; et per l'Aut-
tore, come uomo che l'ud et vedea, et sapea la fama buona ch'ella
avea, gli rend questa testimonianza; An. Fior. - Non pare lo-
data se non perch risalti maggiore il vituperio della sua fami-
glia; Fosc.
Alagna, oggi Anagni, V antica Anagnia capitale degli Ernici,
citt della Campagna di Roma a 22 chil. da Frosinone. Fu residenza
Alardo-Alba Lonsra 51
di molte famiglie antiche, dodici delle quali si chiamavano le do-
dici stelle d'Anagni, e fra queste vi la famiglia dei Caetani o
Gaetani, alla quale appartenne papa Bonifacio Vili, detto perci
quel d' Alagna; Par. xxx, 148. Il 7 settembre 1303 Bonifacio Vili
fu schiaffeggiato e fatto prigione in Anagni da Nogaret e Sciarra Co-
lonna, generali di Filippo il Bello re di Francia, al qual fatto si al-
lude Purg. xx, 86; cfr. Bonifazio Vili. Invece di Alagna qualche
testo ha Anagna; ma gli antichi dissero costantemente Alagna ;
cfr. G. Vill., Cron. v, 8; vili, 63, 64. Dino Comp., li, 35. Machiav.,
Istor. Fior, i, 25. Del Lungo, Bino Comp. n, 252 nt. 3.
Alardo il vecchio, o Erardo di Valry (Valleri), contestabile
di Sciampagna, ai cui consigli Carlo d'Angi and principalmente
debitore della vittoria riportata a Tagliacozzo nel 1268 sopra Cor-
radino degli Hohenstaufen (cfr. Carlo d'Angi, Coeeadino, Taglia-
cozzo). - Il buono messer Alardo di Valleri, cavaliere francesco di
grande senno e prodezza, il quale di quegli tempi era arrivato in
Puglia tornando d'oltremare dalla Terra Santa, s disse al re Carlo,
se volesse essere vincitore gli convenia usare maestria di guerra pi
che forza: il re Carlo confidandosi molto nel senno di detto mes-
ser Alardo, al tutto gli commise il reggimento dell'oste e della bat-
taglia, il quale ordin della gente del re tre schiere, ecc. G. Vill.,
Cron. vii, 26-27 cfr. Saba Malasp. iv, 3 e seg. Salimb. 248 e seg.
;
Dante dice che a Tagliacozzo lardo vinse senz'arme, avendo la
terza schiera, posta in agguato, riportato la vittoria quasi senza
combattimento; Inf. xxviii, 18. Vinse, cio oper col suo con-
siglio, non combattendo egli, che il re Carlo ebbe la vittoria contra
Corradino Cast.
;
Alba, biancheggiante, onde venne
dall' addiet. lat. abus, bianco,
albescere, farsi giorno. - Quel primo imbiancarsi del cielo, che ap-
1.
parisce tra il cessare della notte e il comparire dell'aurora; Purg.
i, 115; xix, 5. Par. xxm, 90. - 2. Per l'Ora, il Tempo in cui l'alba
apparisce: onde i modi All'alba, Nell'alba, Sull'alba e simili, che
vagliono Quando spunta l'alba; Purg. IX, 52.
Alba Longa, nel Lazio, citt fondata secondo la tradizione
da Ascanio, figlio di Enea, considerata come la madre di Eoma. Se-
condo la tradizione i discendenti di Enea vi regnarono per oltre
tre secoli. Fu distrutta sotto il regno di Tulio Ostilio, n pi ri-
sorse che per essere una colonia romana; Par. vi, 37. Mon. u,
3. Cfr. Liv. I, 3, 30-33. VmG., Aen. i, 271; ni, 393 et al. Le fa-
vole, ai tempi di Dante credute storia, vedile in G. Vill., Cron. i,
24 e sesr.
52 Albani-Alberigo
Albani, cittadini di Alba Longa, discendenti di Lavinia, Al-
banorum Romanorumque mater, Mon. il, 3; cfr. ibid. li, 10; per
opera di Dio vinti dai Romani Conv. IV, 5 in fine. ;
Albergare, da albergo; 1. Per Accogliere, o Ricevere in s,
detto di cosa; Purg. xxvr, 62. - 2. E per Abitare, Dimorare; Inf.
xx, 48. Purg. xxvn, 82, 111.
Albergo, dall' ant. ted. hariberga, che propriamente valeva ri-
paro o alloggiamento d'esercito (Harji, mod. Heer esercito, e =
bergen
ricoverare, riparare); propriam. quella Casa in cui per
denaro si ricevono ed alloggiano pubblicamente i forestieri. E per
Casa, Abitazione, luogo qualunque ove si dimora; Par. xxti, 105,
dove seno della Vergine cbe port
il il Salvatore detto figurata-
mente Albergo.
Alberichi, o Alberighi, antica famiglia nobile di Firenze,
nel quartiere di Porta San Piero; Par. XVI, 89. - Fu loro la chiesa
di Santa Maria Alberighi da casa i Donati, e oggi non n' nullo;
G. Vili,., Cron. iv, 11. - Le sole memorie autentiche che di loro
ne restino sono un contratto del 1147, rogato da Iacopo giudice, in
cui nominato un messer Ugolino Alberighi; e la fondazione di
una chiesuola dedicata alla Vergine Madre di Dio che, da essi eretta
tra le loro case, port il nome di S. Maria degli Alberighi. Quando
fosse edificata s'ignora: vi soltanto certezza che esisteva nel 1210.
Il Del Migliore parlando di questa Chiesa dice gli Alberighi spenti
durante la pestilenza del 1348; ma una famiglia di questo nome,
che us eguale lo stemma e si disse della stessa agnazione, dur fin
presso al fine del secolo decimosesto Lord Vernon, Inf., voi. Il, 407
;
e seg. Secondo la testimonianza del Villani per gli Alberighi erano
spenti gi prima del 1348.
Alberigo, della famiglia dei Manfredi di Faenza, dove fu uno
dei capi di parte guelfa, fece uccidere a tradimento il 2 maggio 1285
i suoi parenti Manfredo e Alberghetto dei Manfredi. Fu Cavaliere
Gaudente (cfr. Gaudente, Godente) sino dal 1267, onde fu chiamato
Frate Alberigo; Inf. xxxni, 118. - Vocatus est frater Albericus
de Faventia civitate de Manfredis nobilibus et potentibus, qui ssepe
habuerunt dominium illius civitatis; et fuit de fratribus Gaudenti-
bus....Fuerunt autem in dieta domo tres consanguinei eodem tempore,
scilicet Albericus prsedictus, Alberghettus et Manfredus. Accidit au-
tem, quod in MCCLXXXVI Manfredus, juvenis animosus, cupiditate
regnandi, struxit insidias fratri Alberico; et cura devenissent ad
graves contentiones verborum, Manfredus ductus impetu irse, dedit
Albero-Albertini Niccol 53
fratri alapam magnani, scilicet fratri Alberico. Sed ipse frater Al-
bericus sagacior aliquandiu rem dissimulanter tulit; et tandem cum
credidit iniuriam excidisse a memoria illius, finxit velie reconciliare
sibi dictum Manfredum dicens, quod parcendum erat calori juvenili.
Facta igitur pace, Albericus fecit convivium, cui interfuerunt Man-
fredus et unus filius eius. Finita ccena cum magna alacritate, dixit
Albericus: Veniant fructus; et subito eruperunt famuli armati, qui
latebant ibi post unam cortinam, qui crudeliter trucidaverunt ad
mensam patrem et filium, Alberico vidente et gaudente; Benv. -
Mortui fuerunt Manfredus et Alberghetti^ de Manfredis de Fa-
ventia, ab Ugolino et Francisco de Manfredis, presente Alberico de
Manfredis, et ideo dicitur proverbium de le frutta di Fra Albe-
rigo ;Matt. de Grifon. in Murat., Script, xvm, 131. Cfr. G. Vill.,
Cron., x, 27. Ferrazzi, v, 368-71.
Albero, dal lat. arbor; 1. Nome
generico di quelle piante che
hanno lungo e grosso fusto, e spandono rami; Inf. xiii, 15; xxv, 59.
Purg. xxii, 131, 139; xxix, 43; xxxiit. 72. - 2. E figuratam. Il Para-
diso, che Dante paragona ad un albero, dal quale ogni grado di
beati sia come un ordine di rami, ma con tre differenze dagli alberi
nostri, iquali vivono delle radici, non fruttano sempre ed ogni anno
si sfrondano; Andr. Secondo il Buti quest'albero la croce di
Cristo ossia la croce luminosa formata dagli spiriti beati nel pianeta
di Marte (cos pure Cass., Land., ecc.); secondo Benv. quest'albero
il Cielo di Marte. - 3. Per lo Stile che regge le vele delle navi;
Inf. vii, 14; xxxr, 145.
Albero (secondo alcuni testi Alberto) da Siena, personaggio
del resto quasi ignoto, forse quel medesimo di cui parla il Sacchetti
nov. xi e xiv. I pi lo dicono figlio del vescovo di Siena, altri
benvoluto dal vescovo, ma figlio di un Bernardino del popolo di
S. Martino. Se ne hanno notizie dal 1288 al 1294; cfr. Aquarone,
Dante in Siena, p. 59 e seg. Fece ardere GrifFolino d'Arezzo alchi-
mista; Inf. xxix, 109. Cfr. Griffolino.
Albertini Niccol, conosciuto sotto il nome di Cardinal da
Prato, vescovo d'Ostia e di Velletri, e prima di Spoleto, e procu-
ratore generale dell'Ordine de' domenicani. Ebbe gran parte nelle
cose pubbliche duranti i pontificati specialmente di Benedetto XI
e di Clemente V, e mor nel 1321 in Avignone. Nel marzo del 1304
papa Benedetto XI lo mand suo legato in Firenze per pacificare
la citt partita, ma non ne ebbe che onta e vergogna; G. Vill.,
Cron. vili, 69, onde ord tradimento ai Fiorentini ibid., 72. Fu poi
;
consigliere di papa Clemente V e di lui legato all' imperatore Ar-
54 Albertino Mussato-Alberto della Scala
rigo VII, cui coron a Roma; ibid.viu, 80,81, 85,91, 101; ix, 22,43.
Cfr. P. Colzi, Vita del Card. JSic. da Prato nel Calend. Pra-
I.
tese 1848-51. Del Lungo, Dino Comp. i, 544 e seg.; ir, 260 e seg.
Tra le epistole attribuite a Dante se ne trova una diretta al Car-
dinale di Prato, la quale non ha la data n il nome di Dante, e che
difficilmente pu credersi roba del Poeta. Cfr. Todeschini, Scritti
dant. i, 230 e seg. Bartoli, Letter. it. v, 142 e seg.
Albertino Mussato, celebre scrittore, poeta ed uomo di
Stato, nato a Padova nel 1261, morto a Chiozza il 31 maggio 1330;
cfr. Tirab., Lett. ital. v, 433 e seg. menzionato, o piuttosto
adombrato nel nome di frigio Musone da Giovanni del Virgilio,
Ed. il, 88.
Alberto degli Alberti, conte di Mangona vissuto nella
prima met del secolo XIII, avendo fatto testamento nel 1250.
nominato come padre dei due fratelli che cozzano insieme nella
ghiaccia del primo giro del nono cerchio infernale; Inf. xxxn, 57.-
Questi furono de' conti Alberti, e fratelli, l'uno nome Alessandro,
l'altro Napoleone. E sempre trad l'uno l'altro; e uccise l'uno l'altro
a tradimento ; An. Alesandro e conte Alberto, fra-
Sei. - Conte.
tegli, del conte Alberto; Iac. Dant.
- Insieme moltissimi tra-
dimenti s'usarono. E nota, che questa casa di Mangona l'ha innato
il tradimento, sempre uccidendo l'un l'altro; Ott. - Comes Na-
poleo expulit proditorie ejus fratrem de eorum communibus castris;
unde Alexander proditorie eum occidit postea; Cass. - Venien-
tes ad discordiam propter hereditatem, se invicem interfecerunt;
Benv. - Cercando d'uccidere l'un l'altro a tradimento, s'uccisono
insieme; Buti. Furono di s perverso animo che, per trre l'uno
all'altro le fortezze che avevono in vai di Bisenzio, vennono a tanta
ira et a tanta malvagit d'animo che l'uno uccise l'altro, et cos
insieme morirono An. Fior. Il fatto si crede avvenuto dopo
;
il 1282. Napoleone era ghibellino, Alessandro guelfo; si odiarono
per pi per interessi privati che per ragioni politiche.
Alberto della Scala, signore di Verona e grande tiranno
in Lombardia (G. Vill., Cron. vili, 47), morto vecchio il 10 set-
tembre 1301. Ebbe tre figli legittimi che l'uno dopo l'altro gli suc-
cessero nella signoria: Bartolommeo, morto il 7 marzo 1304; Al-
boino, morto il 24 ottobre 1311 e Can Francesco o Can Grande,
l'ospite di Dante. Oltre questi ebbe un figlio illegittimo di nome
Giuseppe, che fa Abate di San Zeno a Verona dal 1291 al 1314.
Dante biasima Alberto per aver fatto Abate quel bastardo mal del
corpo intero, E della mente peggio; Purg. xviii, 121 e seg. Cfr.
Alberto di Cologna-Albia 55
G. Vill., 1. e. Biancolini, Notiz. istov. delle chiese di Verona, 1. v,
p. 210. Dalla Corte, Ist. di Verona, lib. ix; Dionisi, Prep. il, 112.
Pelli, Mem ,
p. 121. Troya, Veltro di B., p. 49, 127 e seg.
Alberto di Cologna, detto comunemente Alberto Magno,
doctor universali^, dei conti di Bollstaedt nella Svevia, nato pro-
babilmente nel 1193 (secondo 1205) a Lauingen nella dio-
altri nel
cesi di Augusta in Baviera. Si dedic in Padova (alcuni dicono anche
a Parigi ed a Bologna) allo studio delle Arti liberali e della me-
dicina; ma nel 1222 o 1223 una predica del Padre Giordano, che
era succeduto nel reggimento dell'Ordine a S. Domenico, lo indusse
a farsi frate Domenicano. Ritorn alcuni anni dopo nella Germania,
dove nel 1229 insegnava filosofia a Cologna e dove S. Tommaso gli
fu discepolo prediletto che nel 1245 lo accompagn a Parigi. Da
Parigi, Alberto ritorn a Cologna, fu eletto nel 1254 Provinciale del-
T Ordine a Worms, nel 1260 vescovo di Ratisbona, e mor a Cologna
il 25 novembre 1280. Fu uno dei pi dotti filosofi e teologi del suo
tempo. Dett una gran quantit di opere (nell'edizione del Lammy,
Lione, 1651, esse sono comprese in 21 voi. in fol.) che abbracciano
l'intiera cerchia della scienza filosofica e teologica del secolo, tra
le quali la pi celebre il commento delle Sentenze di Pietro Lom-
bardo. Dante lo ricorda Par. x, 98 e lo cita Conv. il, 2; ili, 2, 5, 6, 7.
La migliore biografia di Alberto sitrova in Quetif-Echard, Script,
ord. prcedic, Parigi, 1719, i, p. 162-71. Cfr. Potjchet, Hist. des
sciences nat. au moyen-dge, ou Albert le Grand et son epoque,
Par., 1853. Sighart, Albertus Magnus, Ratisb., 1857. D'Assailly,
Albert le Grand, Par., 1870. Hertling, Albertus Magnus, Co-
logna, 1880. Anon., Albertus Magnus in Geschichte und Sage,
ibid., 1880.
Alberto Tedesco, d'Austria, figlio dell'imperatore Rodolfo
di Absburgo, nato nel 1248, eletto imperatore nel 1298, ucciso pro-
ditoriamente da suo cugino Giovanni di Svevia il 1 maggio 1308.
Cfr. Kopp, Koenig Albrecht und seine Zeit, Berlino, 1862. Muecke,
Albrecht I, Gotha, 1866. Preger, Albrecht von Oesterreich und
Adolf von Nassau, 2 a ediz., Lips., 1869. Non si occup mai delle
cose d'Italia, avendo anche troppo da fare in Germania, di che Dante
lo biasima, accennando alla sua morte in forma d'imprecazione;
Purg. vi, 97 e seg. E lo biasima pure per la sua invasione della
Boemia nel 1304; Par. xix, 115 e seg. Cfr. Palacky, Stor. della
Boemia, 1. iv, e. 7. E non vuole annoverarlo tra g' imperadori
de' Romani, sebbene eletto Conv. iv, 3.
;
Albia, lat. Albis, ora Elba, fiume della Germania; Purg. vii, 99.
56 Alboino della Scala-Alcuno
Alboino della Scala, figlio secondo di Alberto. Successe
nel marzo 1304 a Bartolommeo suo maggiore nella signoria
fratello
di Verona, si associ nel governo minore Can Grande
il fratel
nel 1308, e mor il 24 ottobre 1311. Dante lo ricorda Conv. iv, 16
con parole che suonano dispregio, bench lo si sia negato (Del Lungo,
Bino Comp. Il, 583 e seg.). Secondo alcuni (Veli., Boi., Veni., Velli,
Tirab., Pogg., G. Maffei, Arrivab., Bel Lungo, Kop., Ginguen,
van Mijnd., ecc.) Alboino il gran Lombardo, presso il quale
Dante trov lo primo suo rifugio; Par. xvn, 70 e seg. Ma tale opi-
nione non sembra accettabile. Cfr. Lombardo, gran.
Albre, dal lat. albus; 1. Quello splendore bianco del cielo,
che apparisce quando cominciano a dileguarsi le tenebre della notte;
Purg. xxiv, 145. Par. xiv, 108. - 2. Per Semplice biancheggiamento
di luce; Purg. xvi, 142. - 3. E per Chiarore di luna, di stelle e del
crepuscolo ; Conv. il, 15, 55.
Albi! massai*, lat. Albumasar, Ab Mascir, celebre astro-
nomo arabo, nato nell' 806, morto a Bagdad, nell' 885-86 d. Cr. In
molti aneddoti si parla della sua arte astrologica, colla quale di-
cono che sapesse scoprire le cose arcane ed invisibili. Dett molte
opere, di alcune delle quali non si conosce che il titolo. Dante, il
quale lo cita, Conv. II, 14 in med., pot conoscere le seguenti opere,
che sin dai suoi tempi si avevano tradotte in latino: Introductorium
in astron. (stamp. Ven., 1489); Be magnis conj unctionibus (stamp.
1489) Tract. florum astrologia (stamp. Ven., 1488, 1495, ecc.). Cfr.
;
Casiri, Bibliotheca i, 351, 412. Ibn Khallikan trans, by de Slane,
i, 325 e seg. Wolf, Gesch. der Astronomie, p. 71.
Alchimia, dall'arabo al e Mmia, e questa probabilm. dal
gr. x^sta, infusione, mistura: Arte vana degli Antichi di raffinare
i metalli, e trasmutarli di ignobili in nobili, e di compor medica-
menti, atti a guarire ogni malattia; Inf. xxix, 119, 137. -Come
scienza occulta, e producente fatti che a que' miseri tempi avevano
del portentoso, l'alchimia cadde in sospetto di arte diabolica, e come
tale (fu) proscritta dalle leggi ecclesiastiche e civili ; Poi.
Alcide, dal gr. <%X%Vj = forza, nome di Ercole, dal suo nonno
AlJcaios; Par. ix, 101.
Alenilo, aliquis unus, Add. partitivo di quantit indeter-
lat.
minata Qualche, Qualcuno, Qualcheduno;
di persone o di cose; e vale
e si usa anche a modo di Sost. In questo senso la voce occorre assai
di spesso nella Biv. Comm. e nelle Opp. min. di Dante. Presso gli
antichi trovasi talvolta per nessuno, anche senza la particella ne-
Alcuno 57
gativa, ed alcuni dicono che anche Dante l'usasse quattro volte in
questo senso, cio Conv. Ili, 12, 39; III, 15, 24; Inf. ili, 42 e Inf.
xn, 9. Veramente V alcuno nei due passi citati del Conv., che si
legge nelle ediz. Yen., 1529 e 1531, non potrebbe avere altro senso
che di nessuno. Ma in ambedue i passi tutte le ediz. moderne leggono
coi codd. Nullo invece di alcuno, ed essendo questa senza dubbio la
vera lezione, i due passi del Conv. non hanno qui che vedere. Il
verso Inf. ni, 42: Che alcuna gloria i rei avrebber d' elli, del
quale alcuni (An. Sei., Iac. Dant., Lan., OH., Petr. Dani., Cass.,
Falso Bocc, Cast., Pori., ecc.) non credettero necessario di dare
spiegazione, interpretato dai pi (Bambgl., Bocc, Benv., Buti, An.
Fior., Serrav., Barg., Land., Tal., Veli., Gelli, Dan., Vent., Ces.,
Tom., Br. B., Andr., Corn., Berth., Lord Vern., Bl., ecc.) : I dan-
nati avrebbero qualche gloria del vedere g' ignavi in pari pena, e
dell' esser stati men Bambgl. : Alij angeli tenebrosi qui fue-
vili. -
runt expresse voluntarieque rebelles maiestatis domini aliqualiter
gauderent si viderent eos tormentari simul cum eis in profundo in-
ferni cum ipsi maiori pena sint digni cum ipsi gravius delinque-
rint. E Gelli (p. 252) N manco gli ricevette ancora il profondo
:
Inferno, acci che i demoni, i quali son dentro a quello, non aves-
sero questo contento di veder dannati insieme con loro in un luogo
medesimo di quegli che non peccarono come loro. Primi il Lom.
e il Monti (Prop. i, 2, p. 79) s'avvisarono che alcuna abbia qui
il senso di nessuna, onde l'interpretazione: I rei del profondo
Inferno non li vogliono tra loro, quasi fossero dalla loro compagnia
avviliti (cos De Bom., Biag., Betti, Ed. Pad., Wagn., ecc.).
Hanno i rei del profondo Inferno qualche gloria? Ed hanno essi la fa-
colt di scegliersi i compagni a loro beneplacito? La prima interpre-
tazione senza dubbio la vera. - Anche dall'altro passo, Inf. xn, 9:
Ch'alcuna via darebbe a chi su fosse, alcuni tirano via (Bambgl.,
An. Sei., Iac. Dant., Lan., Ott., Petr. Dant., Falso Bocc, An.
Fior., Vent., ecc.), mentre i pi interpretano Che a chi fosse su
:
presenterebbe una qualche via, bench malagevole, da potere scen-
dere al basso (cos Cass., Bocc, Benv., Buti, Serrav., Barg., Land.,
Tal., Veli., Gelli, Dan., Cast., Ces., Tom., Br. B., Frat., Andr.,
Cam., L. Vent., Corn., Berth., Lord Vern., Bl., ecc.). Altri s'av-
visano invece che alcuna valga anche qui Nessuna (Lomb., Monti,
Prop. Append., p. 271 e seg., Port., Pog., Betti, Biag., Ed. Pad.,
Parenti, Annot. i, 156 e seg.; in, 411 e seg.; Wagn., ecc.), inter-
pretazione che guasta la similitudine, facendo dire a Dante che per
discendere dal sesto al settimo cerchio c'era una qualche via, come
per discendere dalla smotta del monte presso Trento non ve n'
nessuna. Cfr. Blanc, Versuch i, 34 e seg. Gelli, ii, 6: A questa
58 Aldighieri-ldobrandi Tegghiaio
rovina assomiglia dunque il Poeta questa scesa dal sesto al settimo
cerchio dell'Inferno, dicendo che come in quella la parte, che si
mosse e spicc da quella che rimase, ha la roccia s discoscesa, cio
piena di rotture (e di morse, diremmo noi, o di bozzi), ch'ella da-
rebbe via e facult a chi fusse nella cima di scendere in gi nel
fondo; cos darebbe ancor similmente la scesa di questo burrato e
di questa profondit la facult a chi vuole scendere da ove ella co-
mincia in questo sesto cerchio a ove ella finisce nel settimo. Dante
non disse dunque mai Alcuno per Nessuno.
Aldighieri e Aldigliiero, cfr. Alighieri e Alighiero.
Alderotto, Taddeo d'Alderotto da Firenze, tradusse in ita-
liano V Etica d'Aristotile, la qual traduzione biasimata da Dante,
come sconcia e deforme; Conv. i, 10, 52. Cfr. Taddeo.
Aldobrandesco o Aldobrandesclii, conti di Santa
Fiore, i cui possessi erano propinqui a Siena, adeo potentes in
Tuscia, quod solebant gloriari quod poterant omni die anni mutare
locum et stare in loco tuto, tot castella fortia habebant; sed habue-
runt diu bellum cum dieta civitate (Siena), per quod jam tempore
nostri poetae erant in magna
ruina et hodie sunt quasi omnino exter-
minati ; />> Guglielmo Aldobrandesco, menzionato Purg.
Benv. - 1.
xi, 59, vissuto nella prima met del secolo XIII, fu nel 1227 sei
mesi in prigione in Siena; cfr. Murat., Script, xv, 23. Appena li-
berato, continu la guerra contro i Sanesi, favorito sotto mano dalla
Curia Eomana; cfr. Murat., ibid., p. 25. Mor tra il 1253 e 1256,
dopo essere stato nel 1250 in bando dell'impero, non si sa bene
perch. - 2. Omberto Aldobrandesco, suo figlio; cfr. Omberto.
Aldobrandi Tegghiaio, della nobile famiglia degli Adi-
mari, nemica di Dante, cavaliere savio e prode in armi e di grande
autoritade G. Vill., Cron. vi, 77. Era de' migliori cavalieri di
;
Toscana; An. Sei. Fu valorosa e savia persona; Lan. Uomo
di pregio e di valore; Ott. Cavaliere di grande animo e d'ope-
razion commendabili, e di gran sentimento in opera d' arme : e fu
colui, quale del tutto sconsigli il comun di Firenze, che non
il
uscisse fuori a campo ad andare sopra i Sanesi; conoscendo, sic-
come ammaestratissimo in opera di guerra, che danno e vergogna
ne seguirebbe, se contro al suo consiglio si facesse dal quale non ;
creduto n voluto, ne segu la sconfitta a Monte Aperti; JBocc. Lo
stesso raccontano Benv., An. Fior, ed altri; cfr. Vill., 1. e. Del
brutto vizio appostogli da Dante tutti gli antichi taciono. Inf.
VT, 79; xvi, 41.
Aleppe-Alessandro 59
Aleppe, cfr. Pape.
Alessandria, citt fra il Tanaro
Bormida, detta della
e la
Paglia, fondata dalla Lega Lombarda nel 1168
e cos denominata
in onore di papa Alessandro III. Per vendicare la morte di Gu-
glielmo VII suo padre (13 febbr. 1292; cfr. Guglielmo), Giovanni I
marchese di Monferrato mosse guerra ad Alessandria; ma gli Ales-
sandrini, unitisi a Matteo Visconti, invasero il Monferrato, et dopo
molta guerra et molti affanni, tutto quello paese mut signoria, et
vennono sotto tiranni; che parte ne presono i Melanesi, parte i mar-
chesi da Esti et altri signori: onde di quello che feciono quelli
d'Alessandria tutto il paese ne pianse gran tempo; An. Fior. Cfr.
Murat., Script, xi, 169 e seg. A questi fatti si allude Purg. vii, 135.
Alessandro. Alessandro Magno, figlio di Filippo re di Ma-
1.
cedonia, nato il a. Cr., educato da Aristotile, m. 11 giu-
21 luglio 356
gno 323. E chi non ha ancora nel cuore Alessandro, per li suoi
reali beneficj ? Conv. IV, 11, 89, nel qual passo non v'ha dubbio
che si parla di Al. Magno, de' cui grandi e splendidi beneficj fa
cos bella menzione Quinto Curzio; e Dante pur lo rammenta come
uno di quei magnanimi che pi si accostarono a conseguire il prin-
cipato del mondo; Man. Il, 45; Giul. Ricordando la sua spedi-
zione nelle Indie orientali, Inf. xiv, 31, Dante ebbe forse sott' oc-
chio la pretesa epistola di Alessandro ad Aristotile, nella quale si
racconta che, dopo una terribile tempesta la neve cadde in modum
vellerum, onde Alessandro dovette farla calpestare dai soldati, e che
poco dopo cadde una gran pioggia di fuoco, contro la quale ordin
ai soldati di difendersi opponendovi lo loro vesti cfr. Alex. M. ;
epist. de situ Indice et itinerum in ea vastitate ad Aristot., Gies-
sen, 1706, p. 42 e seg. Dei due fatti Dante ne fa un solo, seguendo
forse qualche altra tradizione; cfr. P. Meyee, Alex, le Grand dans
la lite'r. frane, du moyen dge, Par., 1886. G. Favre, Mi. d'hist.
Ut., Ginevra, 1856, voi. li.
2. Tra' tiranni Dante nomina un Alessandro accanto a Dionisio
il vecchio, tiranno di Siracusa, Inf. xn, 107, e non certo di quale
Alessandro intenda parlare. Alcuni credono che parli di Alessandro
re di Gerusalemme, bisavolo di Erode, che regn dal 104 al 77 a. Cr.
Bambgl. Iste fuit Alexander rex ierusalem et tirannus erudelis-
:
simus de quo dicitur quod octingentos viros cum uxoribus et filijs una
vice necari fecit. Il Lan. Questo Alessandro fu un tiranno il quale
:
vinse tutto il mondo, f' molte crudelitadi, com' scritto nella sua
vita; fra le quali n' scritta una che sofferse a far morire di quelli
di Ierusalem ad uno tratto LXXX milia uomini colle sue famiglie.
I pi intendono di Alessandro Magno, re di Macedonia, chiamato
60 Alessio Interininei da Lucca
da Lucano (Phars. ix, 19) felix prcedo. Cos An. Sei., Iac. Dant.,
Ott., Petr. Dant., Cass., Bocc, Falso Bocc, Benv., Serrav., Land.,
Tal., Cast., D'Aq., Lomb., Port., Betti, Tom., Bl., ecc. Secondo
altri il personaggio invece Alessandro di Ferea, che faceva sep-
pellire vivi gli uomini, o vestirli di pelli ferine per farli divorare
ai cani; cfr. Diod. Sic, 1. xv e xvi. Plut., Pelop., e. 29. Questa
opinione, ricordata gi dal Buti (i, 336 Qui si dubita di quale
:
Alessandro l'autore intendesse, o d'Ai. Magno o d'Ai. Fereo ), fu
accettata e difesa da Veli., Dan., Vent., Dion., Pogg., Biag., Giul.
(ap. Betti i, 70), Frat., Bennas., Com., Berth., Franche, ecc. Altri
non decidono tra le due interpretazioni; Buti, An. Fior., Barg., Gelli,
Boss., Wagn., Br. B., Cam., Lord Vem., Filai., Plum., W. W.
Vern., ecc. Dice bene il Koss., Com. n, 9: Non sappiamo se questo
Al. sia il Macedone o il Fereo. Se rammentiamo del primo la ro-
vina di Tebe, la morte de' prigionieri di Persia, l'assassinio di Me-
nandro e di Efestione, e del filosofo Callistene suo condiscepolo, e
del guerriero Olito suo amico, con altro ebe fa fremere la natura,
vedremo che starebbe assai bene qui; come colui che die nel sangue
e nell' aver di piglio; onde Lucano lo appell felix pr cedo. Se ri-
cordiamo del secondo le nefande atrocit di seppellir vivi gli uo-
mini, o di vestirli di pelli ferine per farli divorar dai suoi mo-
lossi, ecc. scorgeremo ancora che non vi starebbe male. Ma non
meno giusta e calzante l'osservazione di Benv.: Cum dicimus
Alexander debet intelligi per excellentiam de Alexandro Magno.
3. Alessandro degli Alberti, cfr. Alberto degli Alberti.
4. Alessandro conte di Romena, figlio di Guido I, fratello
di Guido II e di Aghinolfo, marito di Caterina dei Fantolini di
Faenza, secondo alcuni documenti ancor vivente nel 1316; indusse
coi fratelli Maestro Adamo di Brescia a falsare il fiorino d'oro fio-
rentino; Inf. xxx, 77. Cfr. Adamo da Brescia, Komena, ecc.
5. Alessandro Novello, vescovo di Feltre, cfr. Pastore.
Alessio Interinine! da Lucca, trovato dal Poeta nella
bolgia degli adulatori, Inf. XVIII, 122. Intorno alla famiglia degli
Interminei o Interminelli, alla quale apparteneva, cfr. Interminei.
Alessio, contemporaneo di Dante, comparisce in varj strumenti,
l' ultimo dei quali una cartapecora per ser Bartolommeo di Lu-
pardo Guidolini de' 27 di dicembre 1295; Minutoli in Dante e il
suo sec, p. 209. Mor prima del 1300, lasciando pi figliuoli, l'uno
dei quali, Antelminello, fu ambasciatore a Clemente V. Del re-
sto questo Alessio non lasci nome di s, n forse sarebbe stato
mai pi ricordato senza i versi dell'Alighieri; Minutoli, 1. e, 210.
Di lui Bambgl.: Ex multis blanditiis coloratis et verbis ipsius
:
Aletto-Algente 61
multas mulieres decepit. - An. Sei.: Tenne bordello di put-
tane.-Lan.: Meravigliosamente fu grande lusinghieri. -Benv..
Ex prava consuetudine tantum delectabatur adulatione, quod nul-
lum sermonem sciebat facere, quem non condiret oleo adulationis :
omnes ungebat, omnes lingebat, etiam vilissimos et mercenarios
famulos; et ut cito dicam, totus colabat, totus foetebat adulatione.
Altre notizie di costui non si trovano nei commenti antichi.
Aletto, gr. 'AXyjxxo) = che
non riposa mai, lat. Aecto, nome
dell'una delle tre furie; Inf. ix, 47. Cfr. Erine.
Alfa, Xcpa, primo elemento dell'alfabeto greco, e vale Principio,
secondo quel dell'Apocalisse : Ego sum Alpha et Omega, Princi-
pium et Finis, dicit Dominus, ecc., i, 8. Par. xxvi, 17.
Alfarabio, Al-Farabi, e propriamente Abu Nasr Ibn Tar-
chn El-Fdrbi, arabo del secolo decimo, morto a Damasco
filosofo
nel 950 in et di 80 anni, celebre come commentatore di Aristotile.
Cfr. Alphaeabii Opera omnia quce latina lingua conscripta re-
periri potuerunt, ed. Camerarius ; Par., 1638. Citato Conv. in,
2, 27, dove alcune ediz. leggono erroneamente Alpetragio.
Alfergano, Alfraganus, e propri am. Muliammed Ibn Kethir
Al-Fergani, celebre astronomo arabo, commentatore di Tolommeo,
morto nell'830. Abbiamo di lui: Rudimenta astronomica (Norim-
berga, 1537) e El ementa astron. arab. et lat. (ed. Golius, Amster-
dam, 1669). Cit. Conv. li, 14, 70.
Alfesibeo, Alphesibceus, menzionato Ed. n, 7, dove VAn.
Trecentista nota: Magister Fiducius de Milottis de Certaldo me-
dicus qui tunc morabatur Ravenna. Sulla credibilit di questa
notizia cfr. Pasqualigo, Egl., p. 68 e seg.
Aitine, Avverb., che anche scrivesi disgiuntamente Al fine,
Finalmente, Alla fine; Inf. xxiv, 41. Cfr. Fine.
Alfonso III re d'Aragona, cfr. Giovinetto.
Alfonso X re di Cartiglia, cfr. Quel di Spagna.
Algazel, Abu Hamed Mohammed Ibn Mohammed Ibn Ach-
med Al-GliazzM, celebre filosofo e medico arabo, nato nei 1059,
morto nel 1111; cfr. Gosche, TJeber GliazzWs Leben und Werlce,
Berlino, 1858. Cit. Conv. il, 14, 24; iv, 21, 11.
Algente, lat. algens, propriam. Partic. pres. di Algere; ma si
adopera come Add. in signif. di Freddo, Gelato; Canz. Amor, tu
-
62 Ali-Alighieri
vedi ben, che questa donna, v. 25, nel qual passo per il Giul.
col cod. Pai. legge Ingente.
Ali, Ali Ebn Ahi Talid, cognominato Assad Olah el Ahalib
(= Leone del Dio vincitore), e Murtadhi ( grato a Dio), cugino
e genero di Maometto ed uno dei primi suoi seguaci, nato nel 597,
ucciso nel 660. Discordando in alcuni punti dalla dottrina di Mao-
metto, fond la setta degli Sciti, onde ha fessa per 1' appunto quella
parte del corpo che Maometto ha ancora intiera; Inf. xxviii, 32.
Alidi ino (da chinar
le ali ? Infatti si mostra troppo pronto
a chinarle), nomeuno dei dieci dimoni della bolgia dei Barat-
di
tieri, dati da Malacoda a guida di Dante e Virgilio; Inf. xxi, 118;
xxu, 112.
Alighieri, nome della famiglia alla quale apparteneva Dante.
1. Forma del nome : Secondo la testimonianza del Poeta, Par.
xv, 138, soprannome si fece dalla moglie di Cacciaguida, che fu
il
una donna di vai di Pado, probabilmente una Alighiera di Ferrara,
ed ebbe molti figliuoli, in uno dei quali, siccome le donne sogliono
esser vaghe piacque di rinovare il nome de' suoi passati
di fare, le
e nominollo Aldigliieri ; come che il vocabolo poi, per sottrazione,
di questa lettera d corrotto, rimanesse Alighieri ; Bocc, Vit. D., 2.
Dunque ai tempi del Bocc. si diceva e scriveva generalmente Ali-
ghieri. I codd. danno Allaghieri, Alaghieri, Aldighieri, Allighieri,
Alighieri, ecc. Alighieri o Allighieri hanno quasi tutti i codd. del Vil-
lani, YAn. Vern. (cio il Bambgl.), Iac. Dant., Lan., Ott., Buti, ecc.
Invece Petr. Dant. ha, Allegherii ; il Falso Bocc, Benv., ecc. hanno
Aldighieri. La forma Alighieri oggi comunemente accettata, e
lo scostarsene sarebbe una pedanteria tanto pi inescusabile, in-
quanto, mancandoci la firma autentica del Poeta, non sappiamo
con certezza approssimativa quale si fosse la forma da lui stesso
adoperata. Che se nei documenti suole leggersi Alaghieri o Alla-
ghieri, i letterati, vale a dire gli storici, biografi e commentatori
del Trecento meritano tanto pi di essere seguiti, in quanto troppo
noto come i notai solevano pur troppo storpiare i nomi. Cfr. Sco-
lari, Del doversi scrivere e stampare costantemente D. Alligh. con
due l, Venez., 1841. Torri, La grafia del casato di D. Alligh.,
Witte, Dante-Forsch.
Pisa, 1853. Trova, Veltro de 7 Ghib., p. 369.
il 22 Bartoli, Lett. it. v, 2 e seg.
e seg.
2. Nobilt del casato. Il Balbo affermava senza addurne al-
cune prove, che Dante era di un casato di nobili o Grandi (Vita
di D., p. 117 e passim), deducendo da questa ipotesi conseguenze
importanti. Gli antichi poco si curarono della qualit del casato al
Alimento 63
quale il Poeta apparteneva, e se alcuni lo dicono nobile (Lan., Ott.,
Bocc, FU. Vili., ecc.), non facile decidere se prendevano la voce
nobile nel senso civico, o nel morale ed intellettuale. Combattendo
il Balbo, Todeschini (Scritti su D. i, 263 e seg., 344 e seg.)
il
volle provare, che Dante fu di famiglia popolana. La questione
ben lungi dall'essere decisa. Da Dante udiamo che il trisavolo Cac-
ciaguida ebbe dall' imperatore Corrado il cingulum militici, Par.
XV, 140 (cfr. Cacciaguida), ci che voleva dire nobilt personale
ed ereditaria, ma che si spegneva, se per il corso di venti anni la
famiglia non avesse avuto verun cavaliere attivo, il che potrebbe
essere avvenuto appunto nella famiglia degli Alighieri; cfr. Par.
xvi, 1 e seg. Secondo Inf. xv, 73 e seg. Dante sembra essersi cre-
duto discendente dagli antichi Eomani che fondarono Firenze. Da
Par. Vili, 55 e seg. risulta che, essendo a Firenze, Carlo Martello,
re titolare d'Ungheria, fece attenzione al Poeta (cfr. Carlo Mar-
tello), n probabile che il principe si sia curato di un giovane
popolano, non ancora per altro noto, che per le sue poesie erotiche.
Dall' altro canto il cronista G. Villani non ricorda mai gli Ali-
ghieri suoi vicini n tra' Grandi, n tra* nobili, n tra le principali
famiglie popolane, fatto che d da pensare. Inoltre, secondo gli Or-
dinamenti di giustizia e. 24 nessuno di famiglia grande o nobile
poteva in verun modo essere membro di uno dei Consigli della re-
pubblica, mentre abbiamo da documenti che sin dal 1295 Dante fu
ripetute volte membro de' Consigli, il che prova provata che, al-
meno ufficialmente, non era considerato come nobile. Bellincione,
nonno di nominato nei documenti come popolano, il padre
Dante
ed il Poeta presero popolane in moglie, la sorella spos
fratello del
un popolano. Sembra pertanto che la nobilt acquistata da Caccia-
guida fosse andata, almeno giuridicamente, perduta. Che poi gli
Alighieri fossero consanguinei, o magari un ramo della famiglia
degli Elisei possibile, ma le prove autentiche mancano. Cfr. Tode-
schini, 1. e. Scartazzini, Abhandlungen, p. 1-53 e Bante-Handb.,
p. 37-42. Witte, War Dante adeliger Herknfl ? nella Beilage zur
Allg. Zeitung, Augusta, 1880, num. 140-142. Bartoli, Ze^.^.v,8-19.
3. Alighieri Dante, cfr. Dante.
4. Alighieri, Consanguinei di Dante, cfr. Antenati di Dante,
Discendenti di Dante.
Alimento, dal lat. alimcntum,
chiamasi generalmente
cosi
ogni cibo di che l'animale si nutre; Inf. xxv, 86. Purg. xxv, 39. -
Nel passo Par. xxix, 51 la Or. ed i suoi seguaci leggono alimenti ;
ma la vera lezione fuor di dubbio elementi, come hanno quasi
tutti i codd. (Witte 4, Cass., Pah, Land., Vien., Cori., ecc.), le
64 Alito-Allegoria della Divina Commedia
prime quattro ed., la Nidob., Vind., Aid., Burgofr., Gio., Rovil.,
Sessa, Missir., ecc. e tutti i commentatori antichi senza eccezione.
Nella quinta impressione del suo Vocab. la stessa Or. non adduce
questo esempio. Del resto gli antichi dissero qualche volta Alimento
invece di Elemento, pel solito scambio dell' e in a; cfr. Voc. Cr.
Gloss. 40 b .
Alito, dal lat. halitus; 1. Fiato, Eespiro; usato figuratami. Par.
xxiii, 114. - 2. E per Vapore, Esalazione, Effluvio, Inf. xvm, 107.
Alla, dalTingl. eli, Nome di una misura inglese, che circa
due braccia fiorentine; cos Voc. Cr. Invece Bh: impossibile
determinare qual dimensione Dante dia a questa misura. Ant.:
L'alia, che credesi Y aune di Parigi, braccia fiorentine, 2,064.
Inf. xxxi, 113.
Allagare, da lago, Coprir d'acqua un luogo s che facciasi
come un lago; Inondare. Neut. e Neut. pass. Diventare come un
lago, Distendersi a guisa di lago; Par. xit, 18.
Allargare, da largo, Fare, Eendcre largo o pi largo, Am-
pliare. Allargare il freno, vale Allentarlo, cio Dare maggior
bala, libert; cos al proprio come al figurato; Purg. xxn, 20.
Allato, che anche a lato disgiuntamente si scrive Avverb. ;
A fianco, fianco, Accosto, Accanto; ed usasi sovente a modo di
Di
Preposizione; Inf. xxn, 46; xxx, 145. Cfr. Lato.
Alle, cfr. Alla.
Allegato, Partic. pass, di Allegare, in significato di Citare,
usato in forma d'Add. Vit. N., 31. Conv. ut, 15, 40.
Alleggiare, dal lat. levis, lo stesso che Alleviare, di cui
forma varia; Render lieve, o pi lieve, cio leggiero, Mitigare;
Inf. xxn, 22. Purg. xn, 14.
Allegoria, voce composta dall'add. neut. ccXXo
gr. XXvjyopca, =
altra cosa, e dal vb. fopooo =
dire Concetto nascosto sotto velame di
;
parole o di figure, significanti cosa diversa da quella che esprimono
o rappresentano. E dicesi anco quella figura rettorica, che consiste
in una continuazione di metafore, colle quali si esprime altro da
quello che letteralmente suonano le parole; Conv. i, 2, 94; cfr.
Conv. li, 1, 16-31, ecc.
Allegoria della Divina Commedia. Ripetute volte
Dante rende attento il lettore, che il suo Poema che
allegorico e
Allegoria della Divina Commedia 05
sotto il velame degli versi strani si nasconde una dottrina che
tocca al lettore di investigare (cfr. Inf. ix, 61 e seg. Purg. Vili, 19
e seg., ecc.). NlVEpist. a Cari Grande, 15 leggiamo Finis:
Totius et Partis esse posset multiplex, scilicet propinquus et re-
motus. Sed omissa subtili investigatione, dicendum est breviter,
quod finis Totius et partis est, Removere viventes in hac vita de
statu miseria?, et prducere ad statum felicitatis. Se l'autenticit
della detta epistola fosse provata, si avrebbe qui una testimonianza
autentica ed indiscutibile concernente il concetto fondamentale del
Poema Ma quand'anche l'epistola non fosse roba di Dante,
sacro.
il passo citato esprime brevemente in qual modo oltre cinque secoli
intesero l'allegoria della Div. Com. Tutti gli antichi senza ecce-
zione credettero che la Div. Com. sia Poema morale e religioso,
il quale voglia mostrare per qual via l'uomo possa sfuggire al pec-
cato ed alle sue triste conseguenze, e conseguire la pace con Dio
e V eterna salute. Verso la fine del secolo XVIII si cominci in-
vece ad affermare, e fors' anche a credere, che il concetto fonda-
mentale del Poema fosse politico. Si hanno quindi due sistemi d'in-
terpretazione, il morale-religioso ed il politico, mentre alcuni non
a torto s'ingegnano di mostrare che il Poema mira ad ambedue
fini, il politico ed il morale-religioso. Per le particolarit cfr. gli
art. Selva oscura, Via diritta, Lonza, Leone, Lupa, Virgi-
lio, Beatrice, ecc. La letteratura sull'allegoria della Div. Com.
straricca; cfr. De Bat. i, 467-84. Ferraz. iv, 266-79; v, 185-206.
Ne diamo qui una piccola scelta, osservando che lo studioso non
dovrebbe trascurare la lettura almeno di alcune delle opere qui re-
gistrate.
1. Sistema morale-religioso. Karl Witte, Dante-Forschun-
gen 1-65 e 141-182. F. Perez, Discorso sulla 'prima Allegoria e
i,
sullo scopo della Div. Com., Palermo, 1836. M. G. Ponta, IXuovo
esperimento sulla principale alleg. della Div. Com., Roma, 1843.
j. Picchioni, Del senso alleg., pratico e dei Vaticini della Div.
lom., Basilea, 1857. V. Borghini, Introduz. al Poema di Dante
)ev V alleg., negli Studi ined. del Gigli, Fir., 1855, pag. 149-226.
>.Bongiovanni, Prolegomeni del nuovo Comento storico-morale-
estetico della Div. Com., Forl, 1858. Fr. Berardinelli, Il Concetto
della Div. Coni., Nap., 1856. D. Mauro, Concetto e forma della Div.
Com., Nap., 1862. V. Barelli, L' Alleg. della Div. Com., Fir., 1864.
F. Scolari, Il vero ed unico intento della Div. Com., Ven., 1864.
Franc. Berardinelli, Ragionamento intorno al vero senso allegor.
della Div. Com. nel voi. Omaggio a Dante, Eoma, 1865, p. 1-60.
P. V. Pasquini, La principale Alleg. della Div. Com., Mil., 1875.
Ant. Franco, Esposizione dell' Alleg. della Div. Com., Palermo, 1875.
5. Enciclopedia dantesca.
66 Allegorico-Allelujare
H. K. Hugo Delff, Die Idee der Gtti. Komdie, Lips., 1871. Rugg.
della Torre, Scopo del Poema Dantesco, Citt di Castello, 1888.
2. Sistema politico. G. G. Dionisi, Anedd. n e Preparai,
istor. e crit. il, 111-121 e 186-208. G. Marchetti, Della prima e
principale Alleg. del Poema di Dante, Bologna, 1819. Questo la-
voro del Marchetti il Vangelo dei commentatori politici; ristam-
pato pi volte; facilmente accessibile nell' ediz. Padovana della
Div. Com. v, 395-415. H. Grieben, De variis quibus Dantis Ali-
gera Div. Com. explic. rationibus, Breslavia, 1845. Gabr. Ros-
setti, Disamina del sistema alleg. della Div. Goni, nel suo Com~
mento analitico i, 331-405 e il, 349-556. Ejusd., Dello spirito
antipapale che produsse la Riforma, Lond., 1832. Ejusd., Il mi-
stero dell'amor platonico, Londra, 1840. Gius. Ricci, L' interpre-
tazione storica della prima e principale alleg. della Div. Com.,
Pad., 1847. Teod. Ricci, Proposta di una nuova interpretai, della
princip. alleg. del Poema di Dante, Rimini, 1861. G. Graziani,
Interpretazione dell' alleg. della Div. Com., Bologna, 1871. I. Cal-
VORT, La Selva, le Belve e le tre Donne nella Div. Com. Idea di
un nuovo commento, Torino, 1874. G. Coltelli, Modo nuovo
d'intendere Dante, Bologna, 1875. Aug. Ronzi, Nuova esposiz.
della Div. Com., Ven., 1877.
Allegorico, dal gr. XXYjyopixs , di allegoria, che contiene
allegoria; Conv. I, 1, 95; II, 1, 17, ecc.
Allegrare, da allegro, Rendere, far diventare allegro, Ralle-
grare; ed anche Allietare. Neut. pass. Rallegrarsi; Inf. xxvi, 136.
E figuratam. Inf. vii, 122.
Allegrezza, L' essere allegro, Stato di chi allegro ; Par.
Vili, 47,48; xvi, 19; xxi, 88; xxv, 29 (nel qual luogo per vera la
lezione senza dubbio larghezza, non gi allegrezza); xxvii, 7;
xxx, 120; xxxn, 88.
Allegro, dal lat. alacer, Prov. e Spagn. algre, Dicesi di chi ha
nell'animo una contentezza, che pi o meno manifestasi all'esterno,
e specialmente in una certa serenit o giocondit di aspetto. E vale
pure Che apporta, Che infonde allegrezza; Inf. xiv, 60.
Alleluja, ebr. nti_?lS^n- :
= lodate il Signore, d'onde i Greci
fecero XXvjXouia ;espressione che ritenne anche la Chiesa latina, e
che per noi voce d'allegrezza; Inf. xn, 88.
Allelnjare, dal lat. alleluiare, usato dalla Chiesa nei bassi
tempi; Cantare Alleluja; Purg. xxx, 15, passo del resto assai con-
Allentarc-Allevare 67
troverso. Nei codd. leggiamo alleluiando ed allentando, la qual
ultima forma pu essere alleviando per alleluiando, e pu anche
essere alleviando. Sino al Buti pare che gli antichi leggessero
La rivestita voce alleluiando, o alleuiando che lo stesso.
Il Buti legge invece La rivestita carne alleviando, lezione ac-
cettata da Land., Veli, Dan., Boi., D'Aq., Veni., Bornh., Port.,
Pogg., Biag., Fosc, Tom., Mari., Brunet., Giober., Greg., ecc.;
mentre Benv., Serrav., Tal., Bion., Monti, Parenti, Ces., Wagn.,
Borg., Br. B., Frat., Andr., Triss., Bennas., Cam., Frane, L. Vent.,
Corn., Bl., Witte, ecc. hanno alleluiando. La lezione carne una
correzione, o piuttosto corruzione arbitraria. Il Lomb. ed il Barlow
(Contrib., p. 280) confessano di non averla trovata in veruno dei
molti codd. da essi veduti; il Moore (Criticism, p. 429) non la
trov che in 15 degli oltre 200 codd. da lui veduti. Or se VOCE
senza dubbio la vera lezione, ne segue di necessit che s'ha da leg-
gere alleluiando, e Dante mir probabilmente a quel dell' Apo-
calisse xix, 1 : Audivi quasi vocem magnam tubarum multarum
in cselo dicentium Alleluja. Come da Osanna egli fece osannare,
Par. xxviii, 94, cos da alleluia Dante fece alleluiare, Cfr.
Moore, Criticism, p. 429 e seg. Com. Lips. n, 659 e seg.
Allentare, dal lat. lentus, Diminuir la ten-
Eender lento,
sione. - 1. In locuz. figurata, Per Kender pi lento
Par. XV, 6. - 2.
o pi tardo, Ritardare, Purg. v, 11. - 3. Neut. pass. Farsi, Dive-
nire pi lento. E detto di luogo ripido, vale Farsi meno erto, Purg.
xii, 106.-4. Per Eimettere, Scemare d'intensit, di vigore e simili,
Purg. xxxi, 21. Par. xxxi, 129.
Allettare, dal lat. allectare, frequentativo di allicere, Invi-
tare, Attirare alcuno a s, o a far checchessia, per mezzo di pia-
cevolezze, lusinghe e simili. Dante l'usa due volte, Inf. IT, 122
(dove allette desinenza antica per alletti) e Inf. IX, 93, ambedue
volte con ardita figura volendo dire : Perch inviti da te stesso la
vilt? Onde invitate, attirate voi questa oltracotanza? - La Cr., col
Parenti, Gherardini, ecc., ammette invece due verbi allettare,
derivante l' uno dal lat. allectare, V altro da letto, quest' ultimo
usato da Dante; Inf. n, 122 figuratam. per Accogliere, Albergare
in s; Inf. ix, 93 pure figuratam. per Accogliersi, Annidarsi.
Allevare, dal lat. allevare, dicesi di tutte insieme quelle cure
che si adoperano verso i piccoli fanciulli, e specialmente dell'allat-
tarli e del custodirli. Dante l'usa figuratam. parlando della Chiesa,
Par. xxvii, 40.
68 Alleviare-Allungare
Alleviare, dal lat. alleviare; 1. Kender lieve o pi lieve, cio
leggiero; Purg. xxx, 15 (? cfr. Alleluiare). - 2. Per Scemare di
pregio, di valore, Conv. i, 4, 74. - 3. Neut. pass, per Sgravarsi, Par-
torire; Par. xvi, 36.
Allighieri, cfr. Alighieri.
Allodetta o Allodoletta,
Diminutivo vezzeggiativo di
Allodola, lat. alauda, Uccello con macchioline pi
di color grigio,
cupe nel collo e nel petto, e ve ne ha di pi specie. Dicesi anche
Lodola, onde la diversit di Lez. nel passo Par. xx, 73. Hanno Al-
lodetta i quattro codd. del Witte (che Valloletta del Vat. senza
dubbio un lapsus calami per allodetta), Cass., Pai., Vien., Stocc,
Trivulz. e molti altri codd., mentre la comune ha lodoletta.
Allora, dal lat. ad illam horam, Avverb. di tempo, In quel
tempo, in quel punto, in quell'istante; ed usasi non tanto col pas-
sato, quanto col presente e col futuro. Occorre centinaia di volte
nella Div. Com e nelle Op. min.
Alloro, dal lat. laurus, Albero sempre verde, di bellissima
forma, e media grandezza. Dall' uso di cingere ai vincitori la
di
fronte con una corona d'alloro, questa voce si adopera anche figu-
ratamente per Vittoria, Trionfo, e per il Premio o l'Onore concesso
ai Poeti; Par. i, 15. Cfr. Ovid., Metam. i, 452-567.
Allotta, dal sost. otta = ora, stesso che
voce ri-
lo Allora ,
masta al contado e anche alla poesia; Inf. v, 53; xxxi, 112; xxxiv, 7.
Purg. in, 86; XX, 103; xxvn, 85, sempre in rima, ma non per la
rima, che si usava anticamente e fuor di rima e nella prosa.
Allumare, dal lat. lumen lume 1. Dar lume, Illuminare; = ;
Par. xx, 1.-2. E figuratam. Purg. xxiv, 151. Par. xv, 76.- 3. Per
Accendere, usato figuratam. Purg. xxi, 96. - 4. Neut. pass., e anche
in forma di Neut., Illuminarsi, Splendere; Par. xxvni, 5.
Alluminare, dal lat. lumen; 1. Dar lume, luce, splendore a
checchessia, Illuminare. Figuratam. Purg. xxn, 66. - 2. In signi-
ficato del frane, enluminer, per Miniare, quasi Ornare alcuna cosa
di vivaci e splendenti colori; Purg. XI, 81.
Allungare, dal lat. longus ; 1. Far lungo o pi lungo chec-
chessia, Accrescere la lunghezza, Inf. xxv, 114, dove Allungare
usato per Allungarsi. - 2. Neut. pass., Disccstarsi, Dilungarsi, Al-
lontanarsi Purg. vii, 64; xm, 32; e figuratam. Par. Vii, 32.-
;
3. Detto degli occhi, vale Vedere, o Guardare pi lontano che si
pu; Purg. xv, 140.
Alma-Aio 69
Alma, dal lat. anima fem. anima ?), lo stesso che
(o dall' add.
anima; ma voce per lo pi poetica. - Per l'uomo in generale,
l'uomo vivente; Inf. vili, 44. Par. n, 133; xxxn, 110.-2. Per
l'Anima genericamente; Purg. xxr, 63; xxv, 96.-3. Per l'Anima
separata dal corpo dopo la morte; Purg. vili, 8. Par. IV, 52, 75, 95;
ix, 119; xviu, 50; xxi, 91 xxx, 136.-4. Alma sola, Purg. xxv, 74,
;
detto contro l' opinione dei Platonici che insegnavano la triplicit
dell'anima umana (cfr. Aristot., De An. in. Thom. Aq., Sum. Th. P. I,
qu. cxvni, art. 2), come pure contro la dottrina dei Manichei, che
professavano l' esistenza di due anime. Cfr. Purg. iv, 5 e seg. Thom.
Aq., 1. e, i, 76, 3. Ozanam, Purg., p. 94. Delff, D. Aligli., p. 96 e seg.
Almeno, dall' avveri), meno e dalla prep. a, Avver, che co-
stituisce termine nel meno, che restringe minimi ter-
la cosa ne'
mini; Purg. xvi, 96; xix, 34; xxxiii, 76. La frase almen tre nel
passo Purg. xix, 34 una delle solite licenze poetiche, come Inf.
vii, 28, ecc. Sennonch la lezione dei relativi versi tutt' altro che
accertata. I pi leggono: Io volsi gli occhi, e il buon Virgilio :-
Almen tre voci t'ho messe (dicea), surgi e vinci. Cos, con lievi
ed irrilevanti differenze {Maestro invece di Virgilio, ecc.), Mant.,
Nap., Aid., Cr., ecc., Buti, Land., Veli., Boi., Dan., Voi., Vent.,
Dion., Lomb, e quasi tutti i moderni sino al Corn. Altri leggono
invece Io volsi gli occhi al buon Maestro e mentre Voci come
:
dicesse: Surgi e vieni, ecc. Cos, di nuovo con alcune differenze
irrilevanti (mossi per volsi, Virgilio per Maestro, voco, voce, ecc.),
Folig., Iesi, Benv.-, Serrav., Viv., ecc. Coli' autorit dei codd. ap-
pena possibile di decidere quale sia la vera lezione ; cfr. Moore,
Criticism, p. 393. Vedi vociare.
Almeone, 'A/bqioacov, figlio di Anfiarao e di Enfile (Hom.,
Odys. XV, 248). Erifile trad il marito, scoprendone il nascondiglio,
onde Anfiarao mor nella guerra contro Tebe, alla quale, scoperto,
fu costretto di prendere parte. Almeone vendic il padre uccidendo
la madre (cfr. Apollod. ih, 6, 2. Diod. Sic. iv, 67. Hygin., Fab. 30.
Virg., Aen. vi, 445 e seg.), onde nominato come esempio di amor
filiale, riverente, ma disordinato, Par. iv, 103. pur nominato
Purg. xn, 50. Cfr. Anfiarao, Erifile.
Almi, cfr. Eafel.
Almo, dal lat. almus, Che d anima e vita; e quindi fguratam.
Sacro, Santo, Divino, Eccellente ; Inf. il, 20 (nel qual luogo pa-
recchi testi hanno alta invece di alma); Par. xxiv, 138.
Alo, dal gr. cXoos (= aia, cerchio), Quella ghirlanda di luce,
che vedesi talvolta intorno alla luna, o ad altro pianeta, per la re-
70 Alodoletta-lterazione
frazione de' raggi loro nell'aria vaporosa, o in qualche nuvoletta
sottile frapposta tra quelli ed i nostri occhi; e dicesi comunemente
Alone; Par. xxviii, 23, dove i pi hanno Alo, altri Allo, al. Halo,
al. Al, al. Allor, al. Ad lo; cfr. Com. Lips. m, 751 e seg. Moore,
Criticism, p. 493 e seg.
Alodoletta, cfr. Allodoletta.
Alpe, dal lat. alpes, adoperasi comunemente al plur., mentre
Dante l'usa sempre al sing. 1. Quella Catena di montagne, che fa-
scia l'Italia a settentrione e a ponente; le Alpi; Inf. xx, 62. Purg.
xxxiii, 111.-2. E per Montagna qualunque; Inf. xiv, 30. Purg.
xvn, 1. - 3. San Benedetto Dell'Alpe Inf. xvi, 101, cfr. Be-
;
nedetto.
Alpestro e Alpestre, D'alpe, Di qualit di alpe, Montano,
Aprico; Inf. xn, 2. Purg. xiv, 32. L'alpestre rocce, Par. vi, 51,
sono le Alpi dalle quali discende il Po, come intesero tutti gli an-
tichi, n pare sussistente il dubbio del JBl., se Dante abbia inteso
dire Rocce discoscese e selvatiche, oppure Rocce delle Alpi. Buti:
L'alpestre rocche, cio l'altezza de l'alpi, unde si comincia il
monte Appennino che viene per mezzo d' Italia, stendendosi infine
a la Sicilia; rocca tanto a dire, quanto luogo alto che per la sua
altezza sigura dai nimici.
Alpetragio, cfr. Alfarabio.
Alquanto, dal lat. aliguantus, esprime generalmente una
quantit indeterminata; 1. Alcun poco, Un poco; Inf. xvm, 45;
xxv, 146 xxvil, 22 xxxi, 27 xxxn, 40 xxxiii, 103 Purg. i, 9
; ; ; ; ; ;
li, 109; in, 91; v, 20. Par, xxiv, 8; xxix, 43; xxxiii, 73, 129. -
2. Alcun tempo, Qualche tempo Inf. iv, 97 xxvn, 58. Purg. xxxn, 12.
; ;
Par. il, 52; xvni, 27. - 3. Alcuni passi, Qualche passo; Inf. xvi, 113.
Purg. xin, 98.
Altaforte, castello del Pe'rigord in Guascogna, provincia che
nel secolo XII apparteneva all'Inghilterra. Colui che gi tenne
Altaforte, Inf. xxix, 29, Bertrando dal Bornio. Cfr. Bertram
dal Bornio.
Altamente, Con voce alta, Con alto suono; Parg. xm, 29.
Alterazione, dal basso lat. alteratio, Cangiamento nella na-
tura, o nella forma o qualit di una cosa; Purg. XXI, 43: Libero
qui, cio in purgatorio, da ogni alterazione, cio da ogni mu-
Alternare-Alto 71
tamento che proceda per via di natura; e questo , secondo la let-
tera,... ma, secondo l'allegoria, chi ne lo stato de la penitenzia, o
vero ne l'atto, libero da ogni mutamento e da ogni turbazione
di mente: s'elli si conserva ne la grazia di Dio pu bene avere
mutamento di bene in mellio ma non per contrario Buti.
; ;
Alternare, dal lat. alternare, Avvicendare, Mutare a vicenda.
E per Cantare vicendevolmente, come si usa ne' cori delle chiese;
Purg. xxx ni, 1.
Altero e Altiero, dal lat. altus; Che ha alterezza, Su-
1.
perbo; Purg. xn, 70. -2. E si prende anche in buona parte, e vale
Nobile, Dignitoso; Purg. vi, 62.
Altezza, astratto di Distanza da basso ad alto; Di-
alto;
mensione di un corpo considerata rispetto alla sua elevazione sopra
la base; Purg. xxvin, 106; xxxn, 42. Par. xxv, 31; xxx, 118;
xxxii, 90. - 2. Per Cima; Inf. i, 54. - 3. Per Grandezza di stato,
di condizione Inf. xxx, 14. - 4. Riferito ad animo, cuore, ingegno
;
e simili, prende il significato di Magnanimit, Fortezza, Generosit,
Eccellenza e simili Inf. x, 59. Par. x, 47.
;
Altiero, cfr. Altero.
Altissimo, superlat. di alto, per Eccelso, Sublime e simili;
Inf. iv, 80, 95. Par. xxxn, 71.
Alto, dal lat. altus, Elevato dal piano, Eccelso, Eminente; il
contrario di Basso; e si dice pi specialmente di luoghi, monti,
Questa voce occorre, o come add. o come avv.,
edilzi, piante, ecc.
146 volte nella Div. Com., cio 43 volte nelVInf., 46 nel Purg.
e 57 nel Par. L' enumerare tutti questi 146 passi non avrebbe
veruno scopo; basta registrare i diversi sensi in cui Dante prende
la voce, rimandando a qualche esempio.
1. Nel signif. proprio, Contrario di Basso, Inf. IV, 107, 116;
xi, 1; xv, 11, ecc. Purg. ni, 71; iv, 40, ecc. - 2. Per Fondo, Pro-
fondo, Di molta profondit; Inf. vili, 76; xn, 40; xvi, 114; xxvi,
100, ecc. - 3. Figuratam. per Profondo, Grave, detto del sonno; Inf.
IV, 1, ecc. - 4. E pur figuratam. per Profondo, Imperscrutabile;
Purg. xxx, 142, ecc. - 5. Per Molto grande Inf. vili, 99 xxvin, ; ;
11, ecc. - 6. Per Sublime, Elevato; Inf. xxvn,*lll. Par. xxxm,
2, ecc. E nello stesso significato, detto dello stile e anche dei com-
ponimenti Inf. xxvi, 82. - 7. Per Potente; Par. vi, 108. - 8. Per
;
72 Altoviti-Altri
Celeste, Divino; Inf. in, 4. Par. 106; xxvn, 61.-9. Kiferito a
I,
suono, tuono, voce, vale Forte, Acuto, Sonoro; Inf. in, 22, 27; xn,
102; xxxr, 12. - 10. E riferito a istrumento, significa Che manda
un forte suono; Inf. xxxi, 12.
11. Kiferito a giorno, significa Che la luce del giorno ben
chiara, ed il sole sta per mostrarsi sull'orizzonte; Purg. xix, 38.
- 12. Detto del sole, vale Elevato sull'orizzonte; Purg. ix, 44. -
13. Eiferito al mare, vale Lontano dal lido; Inf xxvi, 100. Par.
xi, 120. - 14. Andare a
testa alta, a capo alto e simili, vale Pro-
cedere con alterezza, Diportarsi superbamente; Inf. i, 47. Par. ix,
50. - 15. In forza di Sost., per II cielo; Inf.YU, 11. Purg. i, 68;
Vili, 25. - 16. In alto, vale In luogo eminente, Nella parte pi
elevata, e anche Ins; Inf. i, 16. Purg. vili, 112; xxi, 124.- 17.
Gallare in alto, vale Montare in superbia, Divenire orgoglioso;
Purg. x, 127; cfr. Gallare. - 18. Avverb., detto di voce o di
suono, vale Fortemente, In tuono elevato; Inf. ix, 50. Purg. xx, 118.
Nel luogo Purg. xxx, 60, la vera lezione probabilmente altri.
Sul luogo Inf. xvn, 95 Ad altro (alto?), forte (forse.9 ), cfr. Forte.
:
Altoviti, nobili guelfi di Firenze, furono capi del popolo e con-
giurati contro il duca d'Atene; cfr. Vill. vi, 79; vili, 12; xn, 16
e seg. Messer Palmieri di messer Ugo degli Altoviti, che fu uno
dei congiurati contro Giano della Bella, nell'adunanza in Ognis-
santi per fare le leggi (cfr. Dino Comp. i, 14), fu de' Priori nel bi-
mestre aprile-giugno 1301, mentre Leonardo Bruni lo dice erro-
neamente collega di Dante nel Priorato. Con Dante ebbe solamente
comune, nel 1302, la iniqua condanna per baratteria. Cfr. Del Lungo,
Dino Comp. n, 113.
Altres, Avverb. (dal lat. alterum e sic P), Prov. atressi, ant.
frane, altressi, catal. altres; Similmente, Parimente, Cos; Inf.
xix, 76.
Altrettanto, alterum tantum, prov. atretan, ant.
dal lat.
un correlativo che denota egua-
frane, e catal. altretant; 1. Add.
glianza di quantit e di misura, e vale Quanto l' altro, Eguale ;
Par. xx, 42.-2. Avverb. N pi n meno, Tanto quanto, in ragione
del correlativo; Purg. ni, 93. Par. Il, 69.
Altri, dal lat. alter, Pronome di terza persona indeterminata,
che pi comunemente si usa al caso retto del numero del meno ;
Altr'uomo, Altra persona; e trovasi anche usato nei casi obliqui:
ma talvolta non ben si discerne se questa voce appartenga al nu-
Altrieri-Altro 73
mero del meno o del pi; Inf.33; x, 56, 104; xxi, 14; xxn, 63;
il,
xxvi, 9; xxviii, 42; xxxn, 118; xxxm, 24. Purg. v, 89; vii, 96;
xvn, 119. Par. xvtii, 12; xx, 93; xxiv, 105; xxix, 100. -E si usa
pure per indicare persona che non si vuol nominare; Inf. v, 81;
ix, 9. - E seguito dal Che, vale Niun' altra persona che, Fuorch ;
Canz. Io sento s d'Amor la gran possanza, v. 65.
Altrieri, che scrivesi anche separatamente Altr'icri, dal lat.
alterum heri Avverb. di tempo, usato in forza di Sost. Ier l'altro,
;
L'altro giorno, Il giorno innanzi ieri; Purg. xxiii, 119.
Altrimenti e Altramente, Avv. In altro modo, diversa-
mente. Seguendo una frase negativa, accenna per modo ellittico mu-
tazione d'un consiglio, di un'opinione o di un ordine anteriore, ecc.
E talora particella che afforza la negativa, ed equivale a In nessun
modo, Punto, Affatto; Inf. ix, 67; xvn, 49; xx, 98; xxt, 49, 55;
xxn, 130; xxviii, 60; xxxn, 130. Purg. ix, 34; xvn, 3; xxvi, 67;
xxviii, 56; xxx, 134; xxxi, 121. Par. xxviii, 89; xxx, 10.
Altro, dal lat. alter, Add. che si trova naturalmente centinaia
di volte nelle opere di Dante. Si notino i seguenti significati: 1. Di-
verso, Differente, Che non lo stesso ma si riferisce a persona o
;
cosa di un medesimo genere; Inf. i, 91; in, 91, ecc. -2. Per Nuovo,
Aggiunto, Di pi Par. I, 63. - 3. E pure in questo significato, ma
;
indicante reiterazione; Purg. il, 91; xx, 88.-4. Per Rimanente, Re-
stante; Jw/". xvn, 12.-5. Per Susseguente, Successivo; Inf. xxxm, 65.-
6. Come correlativo del primo termine espresso o sottinteso; Inf.
ni, 86 ; xvni, 80. Purg. in, 30. - 7. E come disgiuntivo, o termine
di distinzione; Purg. iv, 10, 11. -8. In forza di Sost. vale Altra
cosa, Cosa diversa; Par. xxin, 15. -9. E nel significato di Altra per-
sona; Inf. xxviii, 64, 68. - 10. Per la Rimanente, la Restante parte
del corpo; Par. xxxi, 14. - 11. E per Differenza, Diversit; Inf.
xix, 113.
Qualche volta Dante usa Altro per indicare una persona che non
vuol nominare. Purg. vi, 15: L'altro che anneg correndo in caccia
Guccio (o Zutius, come lo chiama Benv., mentre Buti, Land.,
Veli., Dan., ecc. lo chiamano Ciaccio o Ciacco, Serrav. Curtius, ecc.)
della nobile e potente famiglia dei Tarlati da Pietra Mala nel ter-
ritorio aretino, zio di Guido vescovo d'Arezzo. Mor nella seconda
met del sec. XIII. Sulla sua morte gli antichi non vanno d'ac-
cordo, affermando gli uni (Lan., Ott., Petr. Dant., Cass., Falso
Bocc, Buti, Serrav., ecc.), che mor fuggendo e perseguitato da' ne-
mici, gli altri (Benv., An. Fior., Land., ecc.) che mor persegui-
tando uno dei Bostoli suoi nemici. Gi il Veli, non seppe decidersi :
74 Altrove-Alzare
Costui, secondo che s'accordano tutti gli espositori, fu Ciacco
de' Tarlati, e dicono che s'anneg in Arno; ma del modo si discor-
dano, perch alcuni dicono cacciato da' nimici dopo certa rotta se-
guita a Bibbiena, altri dopo quella di Monteaperti, et altri, traspor-
tato dal cavallo nel perseguitar i Bostoli suoi nemici.
Purg. xx, 79: L'altro, che gi usc preso di nave, Carlo II
re di Puglia; cfr. Carlo II d'Angi.
Altrove, dal lat. alter ubi; 1. Avverb. di moto a luogo, e
vale In o Ad altro luogo, In o Ad altra parte; Inf. xi, 78. Purg.
vi, 120. Par. IV, 66. - 2. E come Avverb. di stato in luogo, vale
In altro luogo, In altra parte ; Inf. vii, 25 ; xn, 45. Purg. xvi, 57 ;
xxxin, 99. Par. i, 3.
Altrui, dal lat. alterius, prov. e frane, ant. altrui, catal. al-
truy ; Pronome che vale lo stesso che Altri; ma non si riferisce
che all'uomo, e non s'adopera che nei casi obliqui. Nella Div. Coni.
si trova 54 volte, cio 16 volte neWInf., 23 nel Purg. e 15 nel Par.
Di solito Dante l'usa senza le prepos. Di ed A, di rado colle prepos.
per es. Ad altrui, Inf. xxxi, 81. Con altrui, Inf. vili, 30. D'altrui,
Purg. vii, 51. In altrui, Inf. xn, 48. Purg. xv, 96. Par. xxv, 45, 78.
Inverso altrui, Par. xxn, 19. Per altrui, Par. vili, 80.
Come Altri Dante usa qualche volta Altrui in luogo di un nome
che non vuole esprimere; Inf. xxvi, 141: com' altrui piacque, cio
come piacque a Dio; Purg. i, 133: Come altrui piacque, cio come
piacque a Catone.
Altura, dal lat. altum, Luogo alto, elevato; Purg. ix, 69. In
altura trovasi usato avverbialm. per In alto, Purg. xvm, 28.
Alvernia, (Alvernus mons, detto anche Verna e Pietra
Verna), monte Pernice del Casentino, fra le fonti del Sieve e
quelle del Sette, dove S. Francesco fond (nel 1215?) un oratorio e
ricevette (nel 1224) le sacre stigmate. Il monte ricordato con pe-
rifrasi Par. xi, 106.
Alvo, dal lat. alvus, propriam. Basso ventre. E figuratam. per
Seno, Parte intima di alcuna cosa; Purg. xxvn, 25.
Alzare, dal lat. altus, prov. e catal. alsar, spagn. alzar; 1. Le-
vare o Sollevare checchessia da basso, e mandarlo e porlo in alto;
detto delle mani, Inf. xxv, 2. Purg. xxiv, 106; del capo, Purg.
iv, 118; xxxi, 68 (dove detto con amara ironia la barba, la parte
per il tutto); della fronte, Purg. n, 58; delle ali, Inf. v, 83.-2. Per
Amno-Amaro 75
Sollevare, Vlgere in su, detto degli occhi, Purg. iv, 56. - 3. Detto
delle vesti, vale Tirarle su, Par. xxi, 132 ; onde alzato per Suc-
cinto, Colle vesti alzate, Purg. x, 65. - 4. Riferito alla voce, vale
Mandar fuori la voce, Profferir le parole, in tuono alto o pi alto;
Purg. xx, 123. - 5. Alzar le ciglia contro di alcuno, vale Rivoltar-
glisi superbamente Inf. xxxiv, 35. - 6. Alzar le vele, vale Mettere,
;
Spiegare le vele, e figuratami. Partire, Mettersi in viaggio; Purg. i, 1.
Amano, JJOJl
1
T T
(= che fa fracasso), nome del principale ministro
del re Assuero, fiero nemico dei Giudei, che fin miseramente su
quello stesso legno che aveva fatto apprestare per impiccarvi Mar-
docheo, cfr. Esther, e. m-vii. ricordato come esempio d'iracondia
punita, Purg. xvn, 26.
notabile che Dante, sempre ligio a ri-
trarre anco le pi minute circostanze accennate dalla Bibbia, faccia
crocifisso Amano, mentre il sacro Testo lo dice impiccato; Poi.
Dante lesse nel testo della Volgata, Esther, V, 14 : Et iussit ex-
celsam parari crucem ; quindi dice che Amano fu crocifisso.
Amante, propriam. partic. pres. di Amare, lat. amans ; Che
ama. Usato in forza di Sost. Colui o Colei che ama d'amore; Inf.
V, 134. E figuratami. Par. xi, 74. Il pmmo amante, Par. IV, 118, Dio.
Amanza, dal lat. amantia, prov. amansa; Donna amata; voce
antiquata; Par. IV, 118.
Amare, amare, Voler bene, Portare affezione o amore, Es-
lat.
sere affezionato ad una persona od a checchessia, ecc. Nel suo mas-
simo Poema Dante usa questo verbo 36 volte; nelYInf., nel regno
dell'odio, tre sole volte, cio Inf. n, 104 e due volte in un sol verso
Inf. v, 103, parlando dell'amore appassionato fra persone di diverso
sesso; nel Purg. la voce occorre 17 volte: i, 19; n, 88, 89; VI, 115;
Vili, 73; xm, 36, 146; XV, 74 (due volte), 105; xvi, 47;xvn, 113,
120; xviii, 19, 33; xxm,
92; xxxi, 23; nel Par. 16 volte: i, 15;
Vili, 55; x, 11, 84, 141; XI, 63, 114; xm, 54; xvn, 105; xxiv, 40;
xxvi, 35, 65; xxvn, 133; xxvm, 72, 111; xxxm, 126. In quest'ul-
timo luogo parecchi testi hanno te A me arridi (invece di te ami
ed arridi), lezione che non sembra accettabile, sebbene sia di
molti codd. Cfr. Moore, Criticism, p. 502 e seg.
Amaro, amarus, Add. Aggiunto di sapore acre, pun-
dal lat.
gente, e per lo pi dispiacevole, come quello dell'assenzio, dell'alo
e simili. Contrario di dolce. Dante usa questa voce quasi sempre
in senso figurato, per Cosa che arrechi dispiacere o dolore, Severo,
Aspro, Crudo, Doloroso e simili ; Inf. i, 7 ; ix, 117; xxvm, 93. Purg.
76 Amata-Ambascerie di Dante
i, 73; ili, 9; vili, 99; xm, 118; xvi, 13; xix, 117; xxx, 80; xxxi, 31.
Par. vi, 54; Vili, 93; xvn, 112; xxxn, 123.
Amata, moglie di Latino re del Lazio e madre di Lavinia, la
quale ella aveva promessa a Turno, onde si fece nemica ad Enea.
Credendo Turno ucciso da Enea, si impicc per ira disperata; cfr.
Vieg., Aen. vii, 341 e seg.; xn, 54; 593 e seg. Ricordata come
esempio d'iracondia, Purg. xvn, 34-39.
Ambage, dal lat. ambages, propriamente Circuito di strade,
Giravolta; ma usasi comunemente per ogni avvolgimento di parole,
di pensieri, di argomenti o di altro che generi dubbiezza; Par.
xvn, 31.
Ambascerie di Dante. Il cronista Villani ricorda una sola
ambasceria del Poeta, cio a Venezia nel 1321, in servigio de' si-
gnori da Polenta, con cui dimorava; Cron. ix, 136. Di questa am-
basceria parla un po' pi diffusamente Filippo Villani nella Vita,
ed il Manetti ripete le stesse cose. I documenti di questa ambasceria
mancano, ne a Venezia si trovato nulla. Pare nondimeno che di
questa ambasceria non si abbiano motivi di dubitare sul serio cfr. ;
Ricci, Rifugio, p. 145 e seg. - Secondo un documento pubblicato
prima dal P. Ildefonso da San Luigi (Delizie, xn, 257), andato
quindi smarrito, ma di nuovo scoperto e ripubblicato da G. Mila-
nesi (Rivista crii, della Leti, ital., gennaio 1885) nel maggio
del 1299 Dante fu spedito ambasciatore al comune di San Gemi-
gnano, col quale stabil un accordo concernente alcuni particolari
riguardanti la Taglia guelfa. Anche questa ambasceria, del resto
di poca importanza, si pu considerare come un fatto accertato. -
Leonardo Bruni racconta che nell'ottobre del 1301 Dante and am-
basciatore a Bonifazio Vili e eh' egli era ancora ambasciatore a
Roma quando nel gennaio del 1302 gli fu lanciata contro la prima
condanna, e lo stesso si legge pure nella Cronaca attribuita a
Dino Compagni (il, 25). Dai seguenti argomenti risulta che questa
ambasceria da ritenersi favolosa: 1. Il Villani non fa menzione
di un' ambasceria mandata allora dal Comune di Firenze a Boni-
fazio Vili; non avendola potuta n ignorare n omettere, il suo
silenzio vuol dire che queir ambasceria non fu mai mandata. -
2. Dante dice che part da Firenze per l'appunto come Ippolito da
Atene, Par. xvn, 46 e seg. Dunque era a Firenze, non a Roma. -
3. Il Bruni e la Cronaca attribuita a Dino Compagni fanno andare
Dante ambasciatore a Bonifazio Vili a Roma; ma nel 1301 Bo-
nifazio Vili era colla sua corte in Anagni, non a Roma. Dunque
Ambascerie di Dante 77
l'ambasceria a Roma non era possibile. - 4. Anche dato, che nel-
l'autunno del 1301 i Bianchi di Firenze mandassero ambasciatori
a Bonifazio Vili, se non erano balordi del tutto non potevano man-
darvi Dante, tutt' altro che persona grata nella Corte papale. - 5. Il
Boccaccio afferma e nella Vita e nel Commento (ed. Milanesi, il, 129
e seg.) che al tempo della catastrofe, Dante era a Firenze e se ne
fugg coi Bianchi, invocando la testimonianza di Leon Poggi, figlio
della sorella del Poeta. Non essendo in verun modo ammissibile n
che il Boccaccio o il Poggi mentisse, n che il Poggi non fosse ben
informato dei fatti accaduti nel gennaio del 1302, dobbiamo di ne-
cessit ammettere che Dante era a Firenze, non a Roma. - 6. Nella
prima condannagione pronunciata contro il Poeta dalla Potesteria
fiorentina il 27 gennaio 1302 si legge che Dante ed i suoi compagni
di sventura citati et requisiti legittime per nuntium Communis
Florentice caddero nel bando se contumaciter absentando, cio al-
lontanandosi da Firenze; dunque nel gennaio del 1302, come pure
nel novembre e decembre del 1301 Dante non era ambasciatore a
Poma. Cfr. Dante in Gemi., u, 341 e seg. Pasq. Papa in Bartoli,
Lett. ital., v, 337 e seg. Diaconis, Nuova ricognizione, p. 228 e seg.
Imbruni, Studi Dant., p. 148 e seg.
Quell'impostore di Giovan Mario Filelfo scrive : Quatuor ac
decem legationibus (Dante) est in Republica sua functus: ad Se-
nenses pr fnibus, quos suo nutu composuit; ad Perusinos pr ci-
vibus quibusdam Perusii detentis, quos secus reduxit Florentiam;
ad Venetorum Rempublicam pr iungendo fcedere, quod effecit, ut
voluit; ad Regem Parthenopseum cum muneribus contrahendse ami-
citia? gratia, quam contraxit indelebilem; ad Estensem Marchionem
in nuptiis, a quo prsepositus est legatis reliquis; ad Genuenses pr
finibus, quos composuit optime ad Regem Parthenopseum rursus
;
pr liberatione Vanni Barduccii, quem erat ultimo affecturus sup-
plicio; liberavit autem Dantis oratio egregia....; ad Bonifacium Pon-
tificem Maximum quarto fuit orator, semperque impetravit quse vo-
luit, nisi ea legatione, qua nondum erat functus cum exul factus
est; ad Regem Hunnorum bis missus exoravit omnia. In Galliam
ad Regem Francorum orator seternum amicitiae vinculum reportavit,
quod in hodiernum usque diem radices habet. A queste quattor-
dici ambascerie di Dante credettero il Pelli, il Balbo ed il gran
numero de' loro seguaci. Ma oramai non giova pi discuterne, non
essendovi pi uomo sensato che invochi il Filelfo come autorit in
fatto di storia; cfr. Todeschini, Scritti su D. t, 375 e seg. Bartoli,
Lett. ital. v, 114 e seg.
Due adunque le ambascerie esercitate da Dante che possono con-
siderarsi come fatti acquisiti dalla storia: al Comune di San G-
78 Ambascia-Ambrosia
mignano nel maggio del 1299 ed ai Veneziani negli ultimi di agosto
o nei primi di settembre del 1321.
Ambascia, forse dal basso lat. ambactia, frali, ant. ambacsia
(cfr. Diez, Wrt. i 3 18 e seg.; secondo il Bl. dall' ant. ted. Alli-
,
bali! =servizio, impiego; Cr. e Zamb. tacciono); 1. Travaglio, An-
goscia, Dolore; Inf. xxxiii, 96.-2. Le pene dell'Inferno sono dette
infernale ambascia; Purg. xvi, 39. Par. xxvi, 133. - 3. E per
Difficolt di respirare, unita a un senso di oppressione; Inf. xxiv, 52.
Ambe, cfr. Ambi.
Ambedue, Ambedui, Ambeduo, Ambidue, Am-
bi dui, Amendne, Amen duo e Amendui, dal lat. ambo,
ambce e duo; i mss. e tutte le ed. della D. C. variano al-
tutti
l'infinito, nell'uso di queste varie forme che tutte significano: tutti
e due; la Cr. preferisce quasi sempre la forma meno corretta di
Amen-due, Amenduo o Amendui, secondo che richiesto dalla
rima; Bl. Inf. i, 69; n, 139; ix, Q6; xvn, 14; xx, 125; xxn, 140
xxiii, 130; xxv, 56, 101; xxix, 92. Purg. iv, 52, 70; x, 19; xn, 11
xv, 40; xix, 54; xxn, 115. Par. i, 17; vii, 105; xi, 40; xm, 17
xxix, 1.
Ambi, Ambe, Ambo, Adcl. plur., il primo di gen. masc,
l'altro fem., e il comune; dal lat. ambo e ambce ; L'uno e
terzo
l'altro, L'una e l'altra; Entrambi, Entrambe; Inf. vili, 40; xm, 58;
xiv, 82; xix, 120, 124; xxi, 35; xxv, 56; xxxi, 48; xxxn, 52;xxxm, 58.
Purg. i, 124; vili, 10, 37; ix, 103; XXXII, 131. Par. il, 99;xxm, 91;
xxx, 96.
Ambra, dall'arabo anbar, Materia bituminosa, di colore pi
o meno giallo, trasparente come che per distinguerla da
cristallo,
altra materia dello stesso nome dicesi anche Ambra gialla, Succino,
Elettro, Carabe; Par. xxix, 25.
Ambrogio (Sanf), dottore della Chiesa, nato verso il 340 a
Treviri, eletto nel 374 vescovo di Milano, dove mor nel 397; cfr.
G. Hermant, Vita di S. Ambr., Mil., 1750. Baunard, Hist. de
S. Ambr., Par., 1871. Parecchi interpreti si avvisano che Sant'Am-
brogio sia V avvocato de tempi cristiani ricordato Par. x, 119. Cos
7
Pan., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, Benv., An. Fior., Serrav.,
Veli., Boi., ecc. Pi probabile per, e poco meno che certo, che
Dante intende di Paolo Orosio; cfr. Avvocato.
Ambrosia, gr. |ifpoata, lat. ambrosia, propriam. Quella so-
stanza, la quale, secondo la Mitologia, serviva di cibo e anche di
Amedi-Amico 79
bevanda agli Dei. Per Qualunque profumo o fragranza squisita e
quasi divina; Purg. xxiv, 150.
Ani celi, cfr. Eaphl.
Amendne, cfr. Ambedue.
Amerigo ; 1. Aimeeic de Belenoi, poeta provenzale del se-
colo XIII, autore di parecchie poesie erotiche, ricordato con onore,
Vulg. El. ii, 6, 48. - 2. Aimeeic de Peguilain, poeta provenzale
del sec. XIII assai celebre, ricordato, egli pure con onore, Vulg.
a
El. il, 6, 50. Cfr. Diez, Leben und Werke der Troubadours, l ediz.,
p.423 e seg., 556 e seg. Eaynouard, Chox des Posies des Trouba-
dours, v, p. 5 e seg.
Amica, cfr. Amico.
Amici di Dante. Tra gli amici del Poeta si nominano:
Guido Cavalcanti, uno dei pi celebri poeti e filosofi italiani del
secolo XIII, creduto da' suoi contemporanei ateo ed epicureo; Gino
da Pistoia, celebre poeta e giurisperito, ghibellino, che ebbe co-
mune con Dante l'esilio dalla patria e V entusiasmo per Arrigo VII;
Lapo Gianni, notaio e poeta del dolce stil nuovo; Giotto da ton-
done, il pi celebre pittore del tempo; Casella (da Pistoia? o fio-
rentino?), celebre cantatore e musico; Forese Donati, parente di
Dante, non per altro noto, che per la sua ghiottoneria. Cfr. i singoli
articoli Guido, Cino, Gianni, ecc.
Amicizia, lat. amicitia, Consuetudine di benevolenza scam-
bievole; Conv. li, 16; in, 1, 3, 11, 12; iv, 1, 25. Vit. N., 22.
Amiclte, lat. Amiclas, povero pescatore dell'Adriatico, il
quale anche durante le scorrerie dei soldati di Cesare e di Pompeo
dormiva ad uscio aperto e rimase imperturbato dinanzi a Cesare, che
fece paura a tutto il mondo; cfr. Ltjcan., Phars. v, 521 e seg. Par.
xi, 68. Conv. iv, 13.
Amico, lat. amicus ; 1. Colui che ama d'amicizia; e si usa tanto
al propr. che figuratam. Inf. n, 61. Purg. vili, 3; XI, 136; XX, 57;
xxn, 19, 21; xxxni, 114. Par. XVII, 118. Conv. in, 10.- 2. E per
Amante, anche in mal senso; Inf. xxx, 39. Purg. ix, 3. - 3. E Add.
per Caro, Diletto, Accetto, Affezionato, Benevolo e simili; Inf. v, 91 ;
xxv, 4. Purg. xxvi, 37. Par. ni, 66; xn, 132; xxv, 90. Nel luogo Purg.
xxn, 97 Bovil, Ott., Buti, Da Colle,
la Cr. legge col Cass., Aid.,
Land., nostro amico, lezione accettata da Dol., Voi.,
Veli,, ecc.
Veni., Dion., Pogg Biag., Cosi., Ces., Quattro Fior., Fosc, Greg.,
,
80 Ami dei-Amman tare
Fanf., Frane, Corn., Filai., ecc. Sembra per preferibile l'altra
lezione nostro antico, che della gran maggioranza dei codd.,
4 prime ediz., Benv., Nidob., Serrav., Dan., Lomb., Fort., Viv.,
Tom., Br. B., Fral., M. Ferr., Triss., Andr., Bennas., Cam.,
Witte, ecc. Cfr. Blanc, Versuch u, 84 e seg. Moore, Criticism,
p. 410 e seg.
Amidei, antica, grande
potentissima famiglia in Firenze.
e
Gli Amidei, consorti dei Gherardini, si dissero di Capo di Ponte,
perch ebbero, oltre possedimenti numerosi di castella in Val di
Greve, palagi e torri in quel tratto della via Por S. Maria che si
accosta al Ponte Vecchio, e delle quali rimangono tuttavia le ve-
stigia. Figurano gli Amidei nelle prime crociate; un messer Bon-
gianni sed console di Firenze nel 1182; un Amideo fu uno de' sette
Fondatori dell'ordine de' Servi di Maria; un Gianni di M. Oddarigo
si trov alla battaglia di Montaperti nel 1260, e co' suoi Ghibellini
trionf. Ma nel 1268 fu con tutti i suoi cacciato di Firenze, e da
quell'epoca incominciarono le sventure degli Amidei, che andarono
dispersi. Dante parl di essi per bocca di Cacciaguida, Par. xvi, 136
e seg. Cos ricord l'origine delle maledette parti che afflissero per
s lunga pezza Firenze, e nelle quali ebbe tanta parte questa fa-
miglia; avvegnach una figlia di Lambertuccio Amidei avesse a spo-
sare un Buondelmonti, il quale ruppe fede a colei per la figlia di
Forese Donati; fatto che cost la vita al Buondelmonti, e produsse
guerre e stragi cittadine infinite per moltissimi anni, a cagione delle
parti che presero nome di Guelfa e Ghibellina ; Lord Vernon,
Inf., voi. il, p. 413 e seg.; cfr. Buondelmonte.
Ammaestrare, dal lat. ad-magister, Fare altrui da maestro,
Addottrinare, Istruire; Inf. xn, 20.
Ammalato, dal sost. male, Che ha perduto la sanit; usato
in forma di Sost. Inf. xxjx, 71.
Ammaliare, da malia, Affatturare; e figuratane, riferito allo
spirito o alle sue facolt, vale Eendere stupido, Accecare, Travol-
gere e simili; Bar. xxx, 139.
Ammaiuiare, da manna, propriam. Far manne, o mannelli,
o manipoli di biade. Evale anche Ammannire, Apparecchiare; Burg.
xxiii, 107; xxix, 49.
Ammantare, da manto, propriam. Coprire con manto, o con
qualsisia veste, Vestire ; e dicesi tanto Ammantare uno di una veste,
velo e simili, quanto Ammantare ad uno una veste, ecc. Figuratam.
Ammanto-Ammiraglio 81
Par. 138; xxi, 66. - Neut. pass. Coprirsi con manto o
vili, altra
veste, Vestirsi; figuratam. Par. xx, 13.
Ammanto, lo stesso che Manto; ma voce pi solenne e
quasi poetica; Inf. Il, 27, dove per lo papale ammanto s'intende
tutta l'autorit papale; poich fino a Bonifacio Vili V imman-
tatio, che tenea dietro all'elezione, era invece dell'incoronazione
inventata posteriormente ; Bl. Cfr. Manto.
Ammassicciare, Render massiccio, Far massa solida e com-
patta; e per Ammassare, Neut. pass. Purg. ix, 100. Buti : S'am-
massiccia, cio posto come d'una massa.
Aitimeli, e in rima Amme, ebr. *"]DK = in verit, certo,
cos sia; gr. |j,V)v; lat. amen; voce ebraica, con la quale si con-
ferma il detto; Inf. xvi, 88. Par. xiv, 62.
Ammenda, dal lat. emendare; 1 Rifacimento di danno, Ri-
parazione, Compensazione; Inf. E per Emenda, Cor-
xm, 53. - 2.
rezione, Espiazione; Inf xxvn, 68. Purg. xx, 65, 67, 69, dove per
ammenda ripetuto tre volte per dare all'ironia maggior forza e
pi fiera eloquenza.
Ammendare, dal lat. emendare, Riparare, Risarcire, Rime-
diare; detto dei costumi e dell'uomo, vale Emendare, Correggere;
Purg. vi, 41.
Ammentare, dal lat. ad mens, Ridurre a mente, Rammen-
tare; e Neut. pass. Ridursi a mente, Rammentarsi; Purg. xiv, 56;
xxv, 22.
Ammiccare, dal lat. micare, Neut. Accennare, Far cenno,
propriam. con gli occhi, o con certi movimenti del viso Purg. ;
xxi, 109. - Solemo ancora, quando volemo essere intesi con cenni
senza parlare, chiudere un occhio, il che si chiama far d' occhio,
ovvero fare V occhiolino ; che i Latini dicevano nictare, cio accen-
nare cogli occhi il che leggiadramente diciamo ancora noi con una
:
voce sola, usandosi ancora oggi frequentemente il verbo ammiccare
in quella stessa significazione che l'us Dante; Vaechi, Ercol., 86.
Ammiraglio, dal lat. barb. admiralius ; e questo dall' arab.
emir al bacher =
signore del mare, trascurata di una tal frase l'ul-
tima voce; Titolo di capitano d'armata di mare; Purg. xxx, 58. Nel
luogo Purg. xm, 154 i pi prendono Ammiragli nel senso proprio
di Comandanti dell' armata navale, intendendo chi di uomini che
6. Enciclopedia dantesca.
82 Amiuirare-Aminutare
speravano di diventar ammiragli (Petr. Dant., Buti, Land., Veli.,
J)an., Voi., Lomb., ecc.), chi dei capitani e direttori dei la-
Veni.,
vori del porto, che morirono a Talamone per il cattivo aere (Cass.,
Serrav., Cos., Tom., Br. B., Frat., Andr., Corn., Filai., Witte, ecc.).
Invece alcuni antichi (Lan., Ott., Falso Bocc, ecc.) intendono per
gli Ammiragli gli appaltatori o impresari, e Benv. osserva: Isti,
quos vocat hic admiralios, ut audivi a quodam senensi viro magno
autorista et Dantista, erant quidam, qui volentes lucrari conduce-
bant a communi tot cannas vel perticas ad cavandum pr certo pretio;
quorum aliqui consumti sunt. - Sul luogo Purg. xxvil, 105, dove la
Cr. legge Ammiraglio =
Specchio, cfr. Miraglio.
Ammirare, dal lat. admirari; 1. Guardare o Considerare con
maraviglia; Inf. iv, 133 (nel qual luogo parecchi testi hanno tutti
lo miran, invece di tutti l'ammiran) Purg. x, 68; xxni, 20 ;
xxxn, 42. - 2. Neut. Stupire, Eestar maravigliato; Purg. IV, 14, 56
vii, 61 xxni, 37 xxv, 76, 108 xxvm, 89. Par. i, 98, 136 xm, 46
; ; ; ;
xx, 87; xxvm, 137; xxxm, 96. - 3. E Neut. pass, per Istupirsi,
Maravigliarsi; Purg. XV, 47. Par. il, 17; vi, 91.
Ammirazione, dal lat. admiratio, L'ammirare; Purg. xxi,
123; xxiv, 5; xxix, 55. Par. i, 98; il, 56; xxxn, 92.
Ammogliarsi, dal lat. ad e mulier, pigliar moglie ; e per
similit. Congiungersi; Inf. i, 100.
Ammonire, dal lat. admonere, Avvertire, Avvisare altrui con
.
una certa autorit, Correggere, Kiprendere; Inf. xvn, 77. E in forma
di Sost., Purg. xn, 85. Molte volte avviene che l'ammonire pare
presuntuoso; Conv. li, 12, 28. Cfr. Conv. ni, 10. Mon. in, 4.
Ammortare, ad e mors ; 1. Spegnere; Inf. xiv, 90.-
dal lat.
2. E figuratam. Io son venuto al punto della rota, v. 35. -
Cam.
3. E per Fare appassire, Disseccare ibid., v. 47. ;
Ammorzare, altra forma per Ammortare, Estinguere, Spe-
gnere. Neut. pass., cos al proprio come al figurato, Inf. xiv, 63.
Par. iv, 76.
Ammusare, da muso; Neut. pass. Eiscontrarsi muso con muso,
e Darsi di muso; Purg. xxvi, 35. Buti: S' ammusa, cio tocca lo
muso dell' una lo muso dell' altra.
Ammxitare, dal lat. mutus, e dicesi pi comunemente Am-
mutire, Divenir muto, Perdere la parola per qualche passione del-
l'animo, ed anche semplicemente Tacere; Purg. xxvi, 68.
Amo- Amore 83
Amo, dal lat. hamus, propriam. Piccolo strumento di metallo,
uncinato, con punte a guisa di raffio, che serve a pigliar pesci. Usato
figuratali!. Purg. xiv, 145.
Amomo, dal gr. au-cou-ov, lat. amomum, Arbuscello aromatico^
i cui frutti si usano ne' medicamenti e ne' profumi, e ritengono
l'istessonome; Inf. xxiv, 110; cfr. Ovid., Met. XT, 394.
Amre ?
dal lat. amor; parola usata da Dante nelle diverse sue
opere forse pi di qualsiasi altra. Fil. Mariotti (Dante e la sta-
tistica delle lingue, p. 56 e seg.) afferma che nella Div. Coni, la
parola amore usata 153 volte, cio 17 volte weWInf, 49 nel Purg.
e 87 nel Par. Queste cifre non sono esatte; la parola amore usata
157 volte, 19 neVInf, 50 nel Purg. e 88 nel Par. Citiamo i passi
eYInf. dove la differenza di due Inf. i, 39, 83, 104; n, 72; ni, 6;
:
128 (9 volte, non solo 8 come dice
V, 66, 69, 78, 100, 103, 106, 119, 125,
il Mar.); xi, 56, 61 xn, 42; xxvi, 95; xxx, 39 (dopo Inf V, il Mar.
;
numer solo 4 volte, ma sono 5). Il citare gli altri 138 luoghi non
avrebbe veruno scopo, onde riferiamo i diversi sensi nei quali Dante
usa la parola amore, aggiungendo ogni volta soltanto un paio di
citazioni.
1. Per Dilezione, Benevolenza, Affetto in generale; Inf. i, 83.
Purg. vili, 4 e spessissimo.
2. Per Carit, ossia Quell'affetto acceso che portiamo a Dio,
ovvero, per rispetto a Dio al nostro prossimo; Par. v, 1, 105; xiv, 38;
xv, 2, ecc.
3. Affetto paterno, materno, figliale, coniugale e simili ; Inf.
xxvi, 95. Purg. vili, 120, ecc.
4. Per quell'Affetto intenso che lega l'uomo alla donna, e que-
sta a quello; Inf. v, 103. Purg. xxiv, 51, ecc.
5. E preso in mala parte significa Desiderio libidinoso, e Ap-
petito disonesto; Amor carnale; Inf. v, 128.
6.Per Quel principio che informa e attrae verso il centro tutte
le parti dell'universo; Inf. xn, 42.
7. E per La persona amata; onde l'espressione di tenerezza
Amore, Amor mio. che dicesi alla persona amata, al fgliuolino
e simili; Conv. in, 11, 126: E '1 padre dice al figliuolo: Amor
mio.
8. Personificato, per lo Dio dell'antica Mitologia, detto anche
Cupido; Inf. v, 66, 69, 100, 119.
9. Amore per Angelo, o per Anima beata, della quale vita
l'amore; Par. xix, 20; xxiv, 82; xxxn, 94.
10. L'eterno Amore, il primo Amore, il sommo, il divino, il su-
premo Amore, e simili, valgono Iddio; Inf i, 39. Par. xxix, 18;
xxxin, 145.
84 Amor che nella mente mi ragiona-Anagogia
E per lo Primo Amore Dante intende alle volte lo Spi-
11.
rito Santo; Inf. ni, 6. Par. VI, 11; x, 1; xm, 57.
Concernente le dottrine di Dante sull'Amore cfr. Vita N., e. 20,
25, ecc. Conv. i, 10, 12; IT, 2, 6, 16; III, 1, 2, 8, 14; iv, 1, 2, ecc.
Vulg. JEl. Il, 4, ecc.
Per il Rossetti ed i suoi seguaci Amore nelle opere di Dante e
degli altri poeti italiani antichi l'affetto per l'Impero! Que-
sta parola offriva loro due propriet: s' tronca e s' inverte dice
Roma; se intera, dice amo re; ed un re supremo in Roma era
appunto ci ch'essi amavano ; Ross., Com. u, 355.
Amor die nella mente mi ragiona, il principio
di una Canzone di Dante, composta verso il 1294 e commentata nel
trattato ni del Conv. citata Purg. n, 112, dove si dice che Ca-
sella cominci dolcemente a cantarla. Lan., Ott., Benv. ed altri di-
cono che Casella l'avesse messa in musica.
Amoroso, Pieno d'amore, Che sente amore; Inf. v, 61. Par.
XII, 55. - E per Amabile, Soave, Piacevole e simili, Purg. il, 107.
Par. XVIII, 7.
Ampiezza, astratto di ampio, Larghezza; Inf. v, 20. Par.
xxxii, 52.
Ampio, dal lat. amplus, Largo e grande per ogni verso; Inf.
il, 84 ; XII, 52; xix, 16. Purg. xxi, 31 ; xxvi, 63, 127. Par. xxvm, 64. -
E in forza di Sost., per Ampiezza; Par. xxx, 118.
Anacreonte, 'Avcocpwv, celebre poeta lirico greco, nativo di
Teo, citt Jonia dell'Asia minore, morto verso l' anno 478 a C.
in et di 85 anni; cfr. Suidas s. v. 'Avaxpswv; Strabo, lib. xiv,
p. 644.Lucian. in Macrob., c. 26. Plin., Hist. Nat. vii, 7. Val. Max.
ix, 12.Nel passo Purg. xxn, 106 alcuni leggono Anacreonte, altri
Antifonte; quest'ultima probabilmente la vera lezione. Cfr, An-
tifonte.
Anagni, cfr. Alagna.
Anagogia, dal gr. vaywYY), e questo da vyw, condurre, ti-
rare di basso in alto; Termine teologico: Riduzione del senso let-
terale della Sacra Scrittura a senso sublime e divino; ed anche Ele-
vazione della mente a Dio, mediante le parole della Scrittura, ridotte
dal senso letterale al senso mistico; cfr. Senso. Da Anagogia de-
riva l'add. Anagogico, gr. vaYwytxG, lat. anagogieus, che
il quarto senso per lo quale, secondo Dante, si possono intendere e
debbonsi sponere le scritture; Conv. l, 1, 40 e seg.
:
Anania-Anastasio 85
Anania, marito di Safra, cristiano di Gerusalemme nel tempo
degli Apostoli; d'accordo colla moglie vend una possessione e frod
del prezzo, portatane soltanto una parte per consegnarla agli Apo-
e,
stoli, nascose il rimanente, onde ambedue i coniugi, rimproverati di
ci da S. Pietro, morirono improvvisamente; cfr. Act. Apost. v, 1-11.
ricordato con Satira tra gli esempi d'avarizia, Purg. xx, 112.
Anania, cristiano diDamasco che per ordine divino restitu
la vista a S. Paolo, ponendogli le mani sopra gli occhi; cfr. Act.
Apost. 10 e seg.
ix, ricordato Par. xxvi, 12. Il nome Anania,
ebr. rTOJJ/> gr. 'Avavtag, significa II protetto da Dio.
t :
Anassagora, 'Avagaypas , celebre filosofo greco dell'antica
scuola Jonia, nato nel 500 a. C a Clazomene nella Lidia, si rec
dopo lunghi viaggi nel 456 ad Atene, dove divenne famigliarissimo
di Pericle, e maestro di Euripide e di Tucidide. Accusato di ateismo,
Pericle gli salv la vita, ma dovette abbandonare Atene, e mor a
Lampsaco in et di 72 anni nel 427 a. C. Hemsen, Anaxagoras
Clazomenius, Goetting., 1821. Alexi, Anaxagoras und seine Phi-
osophie, Neu-Euppin, 1867. Ritter-Preller, Ilist. Phil., ediz. 6%
p. 79-87. Ricordato Inf. iv, 137. Conv. il, 15, 43.
Anastagi, nobile e potente famiglia di Ravenna, gi spenta
da buon tempo quando Dante vi and; cfr. Ricci, Rifugio, p. 122.
Ricordati Purg. xiv, 107. Isti fuerunt magni nobiles et potentes,
a quibus una porta in Ravenna usque hodie denominatur porta Ana-
stasia. De ista domo fuit nobilis miles dominus Guido de Anasta-
siis, qui mortuus est per impatientiam amoris cuiusdam honestis-
simse domina, quam numquam potuit flectere ad eius amorem;
JBenv. - Furono antichissimi uomini di Ravenna, ed ebbero grandi
parentadi con quelli da Polenta ma, perocch discordavano in vita
;
ed in costumi, li Polentesi, come lupi, cacciarono costoro come agnelli,
dicendo che avevano loro intorbidata l'acqua; Ott.
Anastasio, papa, secondo di questo nome, succedette a Ge-
lasio II il 24 novembre 496 e fu pontefice sino alla sua morte, av-
venuta il 19 novembre del 498. Al tempo del suo pontificato ferveva la
lotta tra le due chiese, orientale ed occidentale, lotta che dur 35 anni,
dal 484 al 519, nata dalle contese monofisitiche e dal decreto di con-
danna lanciato dal papa Felice II (483-492) contro Acacio, patriarca
di Costantinopoli. Uomo amante della pace, Anastasio invi nel 497
due vescovi legati all'imperatore greco, offrendo di voler ricono-
scere per legali le consecrazioni sacerdotali eseguite da Acacio, ma
pregando nello stesso tempo l' imperatore di far cancellare dai sacri
86 Anca-Anche
Dittici il nome di Acacio, eretico. Verso lo stesso tempo venne a
Roma Fotino, diacono di Tessalonica e seguace di Acacio Ana- ;
stasio II lo accolse amorevolmente, comunic secolui, anzi dicono
gli promettesse di desistere dalla sua istanza concernente la can-
cellazione del nome
Acacio dai sacri Dittici. Secondo il liber pon-
di
tificais il clero romano non and in questo d'accordo col papa e
si separ da lui. Graziano, Decret. I disi, xix, 8, 9, lo dichiar
falsamente condannato dalla Chiesa come eretico, onde tutti quanti
gli scrittori ecclesiastici del medio evo e sino al secolo XVI lo dis-
sero eretico, ci che, come tutti i suoi contemporanei senza un'unica
eccezione, anche Dante credette, onde lo menziona bona fide tra gli
eretici, Inf. xi, 8, 9. In faccia a questo fatto storico le intermina-
bili discussioni ed ipotesi sul passo dantesco citato sono oziose ed
hanno la loro origine nell' ignoranza dei fatti. Sulla favola del-
l' eresia di Anastasio II cfr. Doellinger, Die Papstfabeln des Mit-
tealters, Monaco, 1863, p. 124 e seg. Sul papa Anastasio cfr. Bower,
Unpartheisclie Geschichte der rmischen Paepste, 2 a ed., Lips., 1770,
ni, p. 149 e seg. Baxmann, Die Politile der Paepste, Elberfeld, 1868,
i, p. 20 e seg.
Anca, = gomito, o da dyxv = piegatura del brac-
dal gr. yxv]
cio dal ted. ant. ancha =
(o coppa? dal ted. hanke = femore,
nucca,, o
coscia? o dal ancus, a = curvo?
lat. Diez, Wrt. 20
cfr. seg. i
3
, e
Zamb. 45); 1. L'osso, che tra il fianco e la coscia dell'uomo e pren-
desi eziandio per ci che al di fuori corrisponde al detto osso, ed an-
che per il fianco e la coscia medesima; Inf. xix, 43; xxi, 35; xxiii,
72; xxxiv, 77. - 2. Ad ogni muover d'anca, vale Ad ogni passo;
Inf. xxiii, 72. - 3. Battersi l'anca, si dice per Mostrare dolore o
dispiacere d'alcuna cosa; Inf xxiv, 9.
Ancella, e poeticam. anche Anelila, dal lat. ancila;
1. Fante,
Serva, Servente; Purg.x, 44; xxxi, 108.-2. E
per similit. delle Ore,
dette ancelle del giorno; Purg. xn, 81; xxiii, 118.-3. E pure per
similit., detto di esseri mitologici o personificati dalla fantasia, come
dell'Iride, detta Ancella di Giunone; Par. xn, 12 (cfr. Ovid., Met.
i, 270. Virg., Aen. IV, 693 e seg.) e dell'Aurora, detta Ancella del
Sole; Par. xxx, 7.
Anche e Anco, dal lat. ac, o atque (o dal ted. auch), con-
giunzione copulativa, che importa continuazione o accrescimento,
o vale Pure, Eziandio. Questa congiunzione adoperata sovente da
Dante, e nel senso di Eziandio, Inf. vi, 67, 117; xn, 2, ecc.; e come
Avverb. di tempo, per Ancora, Tuttavia, Inf. xxn, 31, ecc.; e per
Di nuovo, un'altra volta, Inf. xxxiv, 81, ecc.
-
Anchise-Ancra 87
Anchine, 'AyxfoYjg, troiano, padre di Enea, il quale, quando
Troia fu distrutta, lo salv portandolo sulle proprie spalle. Accom-
pagn Enea sul mare e mor in Sicilia; cfr. Virg., Aen.
il, 707
e seg. in, 710. Inf. i, 74. Purg. xviii, 137. Par. xv, 25; xix, 132.
Conv. iv, 26, 55. Movi, n, 7, 47.
Ancidere, dal lat. am = intorno, e coedere, = tagliare; e forse
i Latini stessi avevano tutta intiera la voce ancidere, come ci fa
supporre il partic. ancisus ; 1. Lo stesso che Uccidere, ma e voce
poetica; Purg. xiv, 62, 133; xv, 107; xvi, 12; xvn, 37; xx, 90, 115;
xxxni, 44. Par. xvn, 32. - 2. Neut. pass. Uccidersi; Inf. V, 61. -
3. E fguratam. per Tormentare, Straziare; Canz.: Amor, dacch
convien pur ch'io mi doglia, v. 45. - 4. Anciso, per Ferito, Pia-
gato; Canz.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro, v. 77.
lucilia, cfr. Ancella.
Anco, cfr. Anche.
Anco Marcio, Ancus Martius, probabilmente nepote di Numa
dal lato materno, fu ilquarto dei sette regi che prima governarono
Eoma; Conv. iv, 5, 67. Regn dal 640 sino al 616 a. C; fond Ostia,
fortific Eoma e conquist parecchie citt dei Latini. Cfr. Tit. Liv.,
i, 32 e seg. Cic, De Bepubl. il, 18.
Ancoi, dal lat. hac hodie, frane, ant. ancui e ancoi, Oggi, Og-
gid; Purg. xiii, 52; xx, 70; xxxiii, 96.
Anconitani, incolas Anconitana Marchia? decerpamus, qui
Chignamente sciate state loquuntur; Vulg. JEl. i, 11, 13; cfr. ibid.
i, 12, 44; i, 19, 13. Cfr. Marca Anconitana.
Ancora, dal gr. trpopa, lat. ncora, Istrumento di ferro con
raffi uncinati, col quale, gittato ne' fondi dell' acque, legato ad una
gomena, si fermano i navigli ; Inf. xvi, 134.
Ancora, dal lat. liane horam, Avverb.
tempo, che significa di
Anche ora, Tuttora ed occorre spesso nella Div. Com. e nelle altre
opere di Dante. Notiamo le seguenti significazioni nelle quali il
Poeta adopera questo avverbio: 1. Per Nuovamente, Di nuovo; Inf.
XI, 94, ecc. - 2. Per Fin qui, Fino ad ora; Canz.: Io sento s
d'Amor la gran possanza, v. 71.-3. Colla particella negativa vale
Non per anche Inf. xviii, 77, ecc. - 4. anco Particella copula-
;
tiva, che vale Parimente, Altres, Eziandio; Inf. xix, 103, ecc.
5. E per Ancorch, Quantunque, Sebbene, Inf. vili, 39, ecc.
88 ncorach-Andata
Ancorach, Ancora clic, Ancorch e Ancor che,
Congiunzione contrariante; e vale lo stesso che Bench, Quantunque
e simili. E manda per lo pi al Soggiuntivo, anzi, nella Div. Com.
non trovasi mai all'Indicativo; Inf. i, 70; xxiv, 67; xxx, 106. Purg.
in, 137; vili, 60; xvm, 39. Par. V, 53.
Anemie, poeticam. per Ancudine, dal lat. incus, Strumento
di ferro, sopra il quale i fabbri ed altri artefici battono il ferro ed
il metallo per lavorarlo, e che pi comunemente dicesi Incudine.
In locuz. figur. Par. xxiv, 102, nel qual luogo per alcuni testi in-
vece di Ancude hanno Incude.
Anelalo, cfr. Loderingo.
Andare, dal lat. barb. andare, derivato forse da anditus, cor-
ruzione di aditus ; prov. anar, spagn. andar, arab. nada = andar-
sene, partire: Neut. Muoversi da luogo a luogo, proprio degli animali
che vanno co' piedi; contrario di Stare. Questo verbo, difettivo d'al-
cune voci, si supplisce con quelle, o distese o accorciate che siano,
dell'antico verbo Vadere, essendosi di questi due verbi formato dal-
l'uso uno solo; presso gli antichi per trovansi parecchie uscite
regolari di questo verbo, dove ora userebbonsi piuttosto quelle del
verbo Vadere, come in Dante andi (Inf. iv, 33) per vada. Nella
Div. Com. il verbo andare o vadere adoperato non meno di
276 volte, cio (fatto che non sembra potersi attribuire semplice-
mente al caso) 97 volte neWInf, 142 nel Purg. e soltanto 37 volte
nel Par. Si notino i significati: 1. Andare per semplicemente Cam-
minare; Inf. x, 124. Purg. i, 118, ecc. - 2. Detto di cose inanimate;
Par. vii, 138, ecc. -3. Detto degli occhi, che si volgono a una cosa;
Inf. yiii, 3, ecc. - 4. E figuratam. dicesi della mente, del pensiero
e delle parole; Purg. vii, 124, ecc. - 5. Per Procedere oltre, Spin-
gersi innanzi, Prolungarsi, cos al proprio come al figurato; Par.
ix, 86; xxix, 132, ecc. -
6. Per Trascorrere, Passare, detto del tempo;
Purg. iv, 9; 140, ecc. - 7. E per Partirsene, Andar via; Inf.
xi,
IV, 22, ecc. - 8. Per Sparire, Dileguarsi; Purg. IX, 63, ecc. - 9. Di-
cesi anche delle cose, quand'elle mancano o finiscono; Inf. Il, 1, ecc-
10. E per Durar poco, Dileguarsi in breve tempo Purg. xi, 116, ecc. -
;
11. E per Far che altri passi innanzi, Rimanersi indietro ad altri;
Purg. xxiv, 71, ecc. - 12. Aggiunto a' participi de' Verbi ed agli
Aggettivi, significa Essere; ma ordinariamente con pi d' efficacia;
Vit. N., 34. Canz.: Quantunque volte, lasso, mi rimembra, v. 3. -
13. In forza di Sost. L'atto dell'andare; Inf. v, 22; vii, 10, ecc.
Anelata, l'andare; Inf. n, 25. Purg. xn, 99.
Andrea de' Mozzi-Andrea Poggi 89
Andrea de' Mozzi, al quale si allude, senza nominarlo,
Inf. XV, 112-114; fu fatto canonico di Firenze nel 1272; vescovo
ivi nel 1287; trasferito a motivo de' suoi vizi dal vescovado di Fi-
renze a quello di Vicenza nel 1295; morto a Vicenza il 28 agosto 1296.
Cfr. Ughelli, Italia sacra, v, 1057. Lampertico, nel voi. Dante e
Vicenza, p. 62 e trasmutato d'Arno in Bachi-
seg. - Que' che fu
gliene fu, a cui papa Inocenzio avia data una chiesa molto ricca in
Firenze, in su l'Arno. Il detto papa il trasmut, e diegli una chiesa
a Vicenza. E questo procacciaro i Mozzi suoi consorti, per levarsi
dinanzi il vituperio suo della soddomia per non vederlo ogni d;
An. Sei. - Dicesi costui essere stato un messer Andrea de' Mozzi,
vescovo di Firenze, il quale e per questa miseria (sodomia), nella
quale forse era disonesto peccatore, e per molte altre sue sciocchezze
che di lui si raccontano nel vulgo, per opera di messer Tommaso
de' Mozzi suo fratello, il quale era onorevole cavaliere, e grande nel
cospetto del papa, per levar dinanzi dagli occhi suoi e de' suoi cit-
tadini tanta abominazione, fu permutato dal papa di vescovo di Fi-
renze in vescovo di Vicenza; JBocc. - Iste quidem vir simplex
et fatuus, sa3pe publice prsedicabat populo dicens multa ridiculosa;
inter alia dicebat, quod providentia Dei erat similis muri, qui stans
super trabe videt qusecumque geruntur sub se in domo, et nemo
videt eum. Dicebat etiam, quod gratia Dei erat sicut stercus ca-
prarum, quod cadens ab a]to ruit in diversas partes dispersum. Si-
militer dicebat, quod potentia divina erat immensa; quod volens
demonstrare exemplo manifesto, tenebat granum rapse in marni et
dicebat: bene videtis, quam parvulum sit istud granulum et mi-
nutum; deinde extrahebat de sub cappa maximam rapam, dicens:
ecce quam mirabilis potentia Dei, qui ex tantillo semine facit tan-
tum fructum. Iste ergo magnus bestionus a natura, laborabat isto
vitio bestialitatis contra naturam.... Semel, cum prsedicasset egregie
populo suo, dixit in fine: o Domini et Dominse, sit vobis recommen-
data monna Thessa, cognata mea, quse vadit Komam nam in ventate ;
si fuit per tempusculum satis vaga et placibilis, nunc est bene
emendata; ideo vadit ad indulgentiam. Hoc scito, dominus Thomas
de Modiis frater eius, magnus jurista, non volens ulterius ferre
ineptias eius, et quia crescebat infamia vitii, dedit operam pru-
denter quod transmutaretur in episcopum vicentinum per papam Ni-
colaum de Ursinis Benv. E Serrav. ripete, ampliando, le stesse cose.
;
Andrea Poggi, figlio di una sorella di Dante, del quale il
Bocc. (Comm. il, 129) racconta: Dante ebbe una sua sorella, la
quale fu maritata ad un nostro cittadino chiamato Leon Poggi, il
90 Andrea
quale di lei ebbe pi figliuoli, tra' quali ne fu uno di pi tempo
che alcuno degli altri, chiamato Andrea, il quale maravigliosamente
nelle lineature del viso somigli Dante, e ancora nella statura della
persona, e cos andava un poco gobbo, come Dante si dice che facea,
e fu uomo idioto, ma d'assai buono sentimento naturale, e ne' suoi
ragionamenti e costumi ordinato e laudevole; dal quale, essendo io
suo dimestico divenuto, io udii pi volte de' costumi e de' modi di
Dante. Tra altre cose il Bocc. dice che Andrea Poggi gli raccont
il ritrovamento dei primi sette canti dell' Inferno; cfr. Genesi
DELLA DlV. COM.
Andrea (Iacopo da Sant'), padovano, posto da Dante nel se-
condo girone del settimo cerchio tra' violenti contra s, Inf. xiii, 133.
Fu figlio di Odorico da Monselice e di Speronella Delesmanini, la
quale lo lasci erede del patrimonio di due ricchissime famiglie,
impareggiabile scialacquatore; fatto uccidere nel 1239 da Ezzelino;
cfr. Gennaei, Intorno a Giac. da S. Andr. Memoria, Padova, 1831.
Salvagnini, nel volume Dante e Padova, Pad., 1865, p. 29-74. Ba-
eozzi, nel voi. Dante e il suo sec, p. 796 e seg. - Dissipavit
omnia bona sua, et inter alias prodigalitates eius de ipso fertur
quod videre desiderans quemdam pulcrum et magnum ignem dictus
dominus Iacobus fecit quandam villani comburi in totum Bambgl. - ;
Avia un podere chiamato Santo Andrea, e per questo avia il sopra-
nome. Questi giuc il suo e scialacquollo in mal disordine, e venne
in tal povert, che mor a lo spedale in Ferrara; An. Sel.- Fusis
omnibus suis bonis ut desperatus obiit; Petr. Dant. - Deductus
de divitiis ad inopiam dedit causa sue morti Cass. - Ut audivi a
;
fide dignis de terra sua, fecit multas ridendas vanitates. Semel cum
non posset dormire, mandavit, ut portarentur plures petia? pignolati
cipriani facti cum colla, et lacerarentur a familiaribus in camera,
ut ad illum stridulum sonum provocaretur sibi somnus.... Alia vice
cum iret de Padua Venetias per flumen Brenta? in navi cum aliis
juvenibus sociis, quorum aliqui pulsabant, aliqui cantabant, iste
fatuus, ne solus videretur inutilis et otiosus, coepit accipere pecu-
niam, et denarios singulatim deiicere in aquam cum magno risu
omnium.... Cum semel esset in rure suo, audivit, quemdam ma-
gnatela cum comitiva magna nobilium ire ad prandium secum; et
quia non erat provisus, nec poterat in brevissimo temporis spatio
providere, secundum quod sua? prodigalitati videbatur convenire,
subito egregia cautela usus est; nam fecit statini mitti ignem in
omnia tuguria villa? sua? satis apta incendio, quia ex paleis, stipulis
et canulis, qualia sunt communiter domicilia rusticorum in terri-
torio paduanorum et veniens obviam istis, dixit, quod fecerat hoc
;
Andrea III re d'Ungheria-Anfesibena 91
ad festum et gaudium propter eorum adventum, ut ipsos magnifi-
centius honoraret; Benv.
Andrea III re d' Ungheria nel Par. xix, 142, Dante
t
scrive : beata Ungaria, se non Pi malmenare! Nel 1300,
si lascia
epoca fittizia della visione, era re d'Ungheria Andrea III, l'ultimo re
della stirpe di Santo Stefano incoronato il 28 luglio 1290, morto
il 14 gennaio 1301. Ma quando il Poeta dettava il Par. regnava
in Ungheria Carlo Roberto d'Angi (1310-42) che il Vill. xii, 6
chiama signore di grande valore e prodezza, e che anche Dante
nel passo citato sembra voler lodare. Cfr. Ungheria.
Andromaca, moglie del troiano Ettore e figlia
'Av8pojio&xv],
di Etione una
re di Tebe, donne e pi fedeli spose
delle pi nobili
troiane. Dopo la distruzione di Troia, Neotolemo, figlio di Achille,
la men seco nell'Epiro e, dopo che ella gli ebbe partorito tre figli,
la cedette a Eleno, figlio di Priamo. Mor nell'Asia, dove aveva se-
guitato il di lei figlio. Cfr. Hom., II. vi, 395, 414. Virg., Aen.
in, 294 e seg. Ricordata Mori. Il, 3, 75.
Aneddoti Danteschi s Come intorno alla vita di quasi
tutti grandi uomini medievali and grado a grado formandosi una
i
saga, cos anche nella vita di Dante penetrato qualche cosa che
somiglia ad un elemento leggendario (Baktoli, Leti. ital. v, 325).
Abbiamo quindi una bella serie di aneddoti, che incominciano col
sogno della madre del Poeta, narrato e commentato dal Bocc, e
continuano sin oltre la sua morte. Questi aneddoti danteschi furono
raccolti con diligenza ed illustrati da G. Papanti, Dante secondo
la tradizione e i novellatori, Livorno, 1873.
Anello, dal lat. anellus, Cerchietto d'oro o d'altro metallo,
che porta in dito per ornamento. Al plur. Dante usa Anella in-
si
vece di Anelli; Inf. xxviii, 11. Purg. xxm, 31. Par. xxxn, 57.
Anelo, dal lat. anhelus, Che respira affannosamente, Anelante,
Ansante ; Par. xxn, 5. Buti : Anelo, cio angoscioso per lo bat-
tere del pulmone.
Anfesibena, che dicesi pure Amlesibena, Anfisibena
Anfisbena, dal
ed anche gr. d|icpiopaiva (= che va da ambe le
parti), lat. am^hisomna, Piccolo serpentello, creduto dagli antichi
con due teste. Amphisbana consurgit in caput geminum, quorum
alterum in loco suo est, alterum in ea parte qua cauda; Solin..,
e. 40. Plin. vili, 23. Inf. xxiv, 87.
92 Anfiarao-Angelo
Aiifiarao, da Argo, figlio di Oicleo e di Ipermne-
'Ajxcpidpaos,
stra (Apoll. i, Paus. il, 21. Pind., 01. vi, 20), discendente
8, 2.
dall'indovino Melampo (Hom., Od. xv, 244), ed egli pure sommo
indovino, spiegatore di sogni e grande eroe, che prese parte alla
spedizione degli Argonauti e fu uno dei sette re che assediarono
Tebe per rimettervi il re Polinice. Da quell' indovino che era aveva
preveduto, che andando all' assedio di Tebe vi sarebbe morto, onde
si teneva nascosto per non essere indotto ad andarvi. Ma Erifle sua
moglie, sorella di Adrasto re d'Argo (Apollod. i, 9, 13. Paus. il, 6),
sedotta da Polinice per mezzo della collana dell'Armonia, rivel il
suo nascondiglio, onde dovette prender parte alla spedizione. Mentre
combatteva, Giove aperse la terra con un fulmine, ed Anfiarao ne
venne inghiottito (Apollod. ih, 6, 8. Pind., Nem. ix, 51 e seg. Paus.
ix, 8. Stat., Theb. Vii, 690 e seg. Ovid., Met. vili, 316; ix, 407, ecc.).
Inf. xx, 34.
Anfione, 'Ajicpiwv, figlio di Giove e di Antiope, figlia di Nicteo,
re di Tebe. Esposto con Zeto, suo fratello gemello, fu educato da
pastori. Fu sommo cantore e musico. Nella edificazione di Tebe fa-
ceva discendere i sassi da s gi dal monte Citerone al suono della
sua lira, e formarne da s le mura (cfr. Hom., Odys. xi, 280 e seg.
Apollon., Bhod. i, 740 e seg.; iv, 1090. Horat., Ars Poet. 394 e seg.
Prop. ni, 2, 2. Ovid., Met. vi, 110, 178, 271, 402). Inf. xxxii, 11.
Angelico, dal gr. ccyysXixs, lat. angelicus; 1. Di Angelo, Ap-
partenente ad angelo; Inf. vi, 95. Purg. xxx, 29, 65. Par. x, 117;
xx, 18; xxiii, 103; xxvm, 126; xxix, 71.-2. Per Simile ad angelo,
a guisa d'Angelo; e per lo pi si prende figuratane in signifi-
cato di Sommamente bello e grazioso; Inf. il, 57. Purg. xxxi, 132;
xxxri, 33. Par. xxvm, 53. - 3. L'angelica farfalla, Purg. x, 125;
cfr. Farfalla.
Angelo, Angiolo e anche Agnolo, dal gr. ayysXos (= nun-
zio), lat. angelus; 1. Creatura incorporea, intellettuale, e Nunzio di
Dio. I movitori di quello {terzo cielo) sono Sustanze separate da
materia, cio intelligenze, le quali la volgare gente chiama An-
geli; Conv. li, 5, 4 e seg. Purg. Il, 29; iv, 129 (nel qual luogo
sembra per che la vera lezione sia l'uccel, o l'augel di Dio);
Vili, 26, 107 ix, 104 x, 34 xi, 10 xn, 79 xv, 34 xvi, 144 xix, 54
; ; ; ; ; ; ; ;
xxi, 23; xxn, 1,2; xxvn, 6; xxx, 82; xxxn, 74. Par. vii, 130; x,53;xiv,
36; xx, 102; xxu, 72; xxix, 38, 50; xxxi, 131; xxxn, 103,110. Sulle
dottrine di Dante concernenti gli Angeli cfr. Conv. n, 5 e 6; IV, 19.
Vedi pure Gerarchia. - 2. Angeli neri, Angeli d'Inferno sono detti
i Diavoli; Inf. xxitt, 131. Purg. v, 104. -3. Angeli neutrali sono
Angi-Aiigue 93
quelli che, come raccontano alcuni scrittori ecclesiastici, nella lotta
tra gli angeli buoni ed i cattivi, rimasero indifferenti, e non vol-
lero prendere le parti n di Lucifero n di Dio; Inf. in, 38 e seg. -
4. Pane degli Angeli, figuratamente detto per la Scienza e contem-
plazione delle cose celesti; Par. Il, 11. Conv. i, 1, 39.
Angi (Carlo d'), cfr. Carlo d'Angi.
Angiola, femm. di Angiolo, dal basso lat. angela, detto di
donna, che per bellezza o per virt paia degna d' esser paragonata
agli angeli; Cam. Voi che, intendendo, il terzo ciel movete, v. 29.
Vit. N. i, 32.
Angioletta, diminut. di Angiola, Ball.: Io mi son pargo-
letta bella e nuova v. 19.
Angiolell da Cagnano, invitato insieme con Guido del Cas-
sero da Malatestino, signore di Rimini e fratello del marito di
Francesca, a venire a parlamento con lui alla Cattolica, borgo sul-
l'Adriatico tra Rimini e Pesaro, ambedue furono annegati dai ma-
rinai, per ordine di Malatestino. Ci avvenne poco dopo il 1312.
Inf. xxvin, 77. - Esendo da lui Adatti e faciendogli ritornando
achompagniare imare sopra la Catolica tra Pesaro e Forl afogare
finalmente gli fecie; Iae. Dant. - Malatestinus tyrannus in ci-
vitate Arimini.... ordinavit fallaciter unum parlamentum in vico,
qui dicitur Catholica; ad quod invitavit duos praecipuos cives de
civitate Fani. Qui cum venirent per mare in navi, et pervenissent
ad plagiam juxta montem, qui vocatur Focaria, fuerunt precipitati
in mare, et suffocati ab iis, qui erant in navi, sicut praeordinatum
erat per dictum Malatestinum ; JBenv.
Angoscia, dal lat. angustia, prov. e ant. catal. angoissa;
1
1. Grave travaglio, specialmente dell animo; Forte angustia; Inf.
IV, 19; vi, 43. - 2. E per grave dolore, travaglio, anche del corpo;
Inf. IX, 84; xxiv, 116; xxxiv, 78. - 3. E per Grande difficolt di re-
spiro, accompagnata da oppressione o palpitazione; Purg. iv, 115;
xxx, 98.
Angosciato, partic. pass, di Angosciare, Travagliato, Tor-
mentato; Purg. xi, 28.
Angoscioso, Che d angoscia; Par. v, 111. - 2. E per De-
1.
rivante da angoscia, Che dimostra angoscia; Inf. XX, 6.
Angue, dal lat. anguis, Serpe; ma voce pi propria della
poesia; Inf. vii, 84.
94 Anguilla-Animale
Anguilla? dal lat. anguilla, Pesce apparentemente senza sca-
glia, di forma simile all'angue, cio serpente, da cui ha preso il
nome; sta volentieri in luoghi motosi; Inf. xvu, 104. Purg. xxiv, 24.
Anguinaia-, inguinali a, plur. neut.
dal lat. d' inguinalis i
Quella parte del corpo umano che tra la coscia e il ventre, al-
lato alle parti vergognose; Inf. xxx, 50.
Angusto, dal lat. augustus, Stretto; Par. xxvi, 22.
Anima, dal lat. anima, voce adoperata da Dante 114 volte
nella Div. Coni., cio 44 volte nelYInf., 46 nel Purg. e 24 nel Par.
Sensi : 1. Per La parte immateriale dell' uomo, Quel principio per
cui egli sente, pensa, ragiona, vuole, che anche dicesi Anima ra-
zionale o ragionevole, per distinguerla da quella dei bruti e delle
piante; Inf. il, 45; in, 88 e sovente; vedi principalmente Purg.
xvi, 85 e seg. - 2. E per il Principio della vita e del sentimento
negli animali, detta altres Anima sensitiva; Inf. xin, 39. Par.
vii, 139, ecc. - 3. Dicesi per estensione anche il Principio, in virt
del quale si nutrono e detta altres Anima ve-
crescono le piante ;
getale, vegetabile, o vegetativa; Par. vii, 139. - 4. E per lo Spirito
umano quando separato dal corpo; Inf. I, 122; il, 58; ni, 84 e
sovente. Sulle dottrine di Dante concernenti l' anima umana cfr.
Conv. il, 9; ni, 2, 6, 8; iv, 7, 12, 21, 25, 28, 30.
L'Anima prima, Purg. xxxin, 62. Par. xxvi, 83, o Anima
peima.ta, Par. xxvi, 100, Adamo, la cui Anima razionale fu la
prima creata da Dio, che gli Angeli, creati prima di Adamo, sono
Spiriti, e gli animali, creati anch'essi prima di Adamo, non hanno
anima razionale, ma soltanto sensitiva.
L'Anima ria, Inf. xix, 96, Giuda Iscariotte, il traditore di
Cristo; cfr. Giuda Scariotto.
L'Anima santa, Par. x, 125, Boezio, 1' autore del De Con-
solatione Philosophia ; cfr. Boezio.
Anima fuja, Inf. xn, 90; cfr. Fuja.
Animale, dal lat. animai; 1. Essere dotato d'anima sensi-
tiva; Inf. n, 2.-2. E per il feto umano, prima che Dio gli ahbia
infusa -l' anima ragionevole, secondo le dottrine scolastiche ; Purg.
xxv, 61 cfr. Aristot., De an. in, 3. Conv.
; pro- IV, 7. - 3. Dicesi
priamente a quelli esseri che mancano della facolt razionale, chia-
mati anche Animali bruti; Inf. i, 100; xxix, 61. Par. vili, 54;
xxvi, 97.-4. Trovasi detto anche assolutamente dell'uomo; Inf.
v, 88. Purg. xxix, 138. - 5. E detto degli uomini per cagione delle
loro tendenze terrene, Par. xix, 85.
Animale-Animo 95
6. Animale, detto Gerione ; Inf. xvn, 70 ; cfr. Gerione. -
7. E animali sono detti i giganti della mitologia antica; Inf.
xxxi, 50.
8. Il freddo animale nel passo Purg. ix, 5, secondo l'in-
terpretazione concorde di tutti gli antichi e della gran maggioranza
dei commentatori moderni lo Scorpione, segno dello Zodiaco. Ma
come Dante avrebbe detto freddo animale lo scorpione, chiamato
invece ardeus da Virgilio (Georg, i, 35)? N lo scorpione percuote
colla coda, ma ferisce coli' estremit di essa. N sappiamo figurarci
una ghirlanda di gemme in figura di scorpione ornante la fronte
di bella donna. Quindi alcuni pochi (Rosa Morando, Ces., Ponta,
Frat., Greg., Mossotti, Bennas., Cam., Frances,, Della Valle,
Corn., ecc.) per lo freddo animale intendono la costellazione dei
Pesci. Ma i pesci non percuotono la gente colla coda, e Dante parla
di un solo, due o pi animali. Fortunato Lanci poi (Spi-
non di
ritali tre regni il, 15 e seg.) vuole che per lo freddo animale
s'abbia da intendere la balena! Meglio forse s'intende (con Anto-
nelli, Br. B., ecc.) della costellazione del Serpente; cfr. ViRG., Ed.
ili, 93; vili, 71. Vedi del resto l'art. Concubina.
9. I quattro animali, coronati di verde fronda, pennuto ognuno
di sei ali dalle penne piene d'occhi (Purg. xxix, 92 e seg.), figurano
non gi i quattro Evangelisti (nel qual caso si avrebbe nella gran
visione del Purg. un S. Luca duplicato ed un S. Giovanni tripli-
cato!), ma i quattro Vangeli canonici personificati. Dante attinse
senza dubbio in questo passo a S. Geronimo (Hieron. Paulino in
Biblia sacra lat. Vet. Test., ed. Tischendoef, Lips., 1873, p. xxxn):
Matthuaus, Marcus, Lucas et Ioannes, quadriga Domini et verum
Cherubini, quod interpretatur scienti multitudo, per totum corpus
oculati sunt, scintilla? emicant, discurrunt fulgura, pedes habent
rectos et in sublime tendentes, terga pennata et ubique volitantia,
tenent se mutuo, sibique perplexi sunt, et quasi rota in rota vol-
vuntur, et pergunt quocumque eos flatus sancti Spiritus perduxerit.
Cfr. Processione nel Paradiso terrestre.
L'animai binato, Purg. xxxn, 47,
10. il Grifone, simbolo
di Cristo; cfr. Binato e Grifone.
Animale, Add., dal lat. animalis, Di animale, Appartenente
ad animale; Par. xni, 83.
Animato, lat. animatus, propriam. Partic. pass, di Animare;
e in forza d'Add. Che ha anima, Dotato di anima; Conv. ni, 2, 80;
in, 3, 16, ecc.
Animo, dal lat. animus; 1. L'anima umana, inquanto la si
considera come principio attivo della volont e degli affetti; Inf.
96 Aniinoso-Annegare
i,25; xni, 70; xvi, 3i; xxni, 83; xxv, 146. Purg. v, 10; x, 127
xu, 75; xvn, 93; xvm, 19, 24, 31. Par. i, 86; xvu, 128, 139; xxi, 2
xin, 90, 123. - 2. E per Ente dotato di animo, ossia l'Uomo stesso
Inf. xni, 67. - 3. Per Coraggio, Ardimento Inf. xxiv, 6. - 4. E per
;
Attenzione, Intendimento; Inf. xxiv, 131.
Animoso, dal lat. animosus, Pieno di bravura e di ardire,
Coraggioso; Inf. x, 37.
Anitra, che anche dicesi Anatra, dal lat. anas, anatis,
Uccello acquatico, che anco domestico e di cui si hanno varie
specie; Inf. xxn, 130.
Anna, la prima e pi antica delle 57 sante di questo nome,
nativa da Betleemme, figlia del sacerdote Mattan e sorella di Eli-
sabetta, nonna di S. Giovanni Battista cfr. Mcnologium Basilia-
;
num Assemani, Caend. Ecces. univ., tom. vi al 25 luglio e
in
Bonavent., Opp. Vi, 324. Anna and sposa a Giovacchino i coniugi ;
abitarono a Nazarette, rimasero 20 anni senza prole quindi Anna ;
partor Maria, la Beata Vergine cfr. Evang. de nativitate Marice
;
e Protevang. Iacobi in Fabric, Cod. Apocr. N. T. i, 19 e seg., 67
e seg. Secondo un' altra tradizione Anna ebbe tre mariti, ad ognuno
dei quali partor una Maria, cio la S. Vergine, la madre di S. Gio-
vanni e di S. Andrea, e la madre di S. Giacomo e di S. Giuda.
Quindi il distico:
Anna tribus nupsit: Ioachim, Cleophse Salomaeque
Ex quibus ipsa viris peperit tres Anna Marias,
Quas duxere Ioseph, Alphseus Zebedaeusque, ecc.
Cfr. Ioh. Gersonii, De
nativ. Virg. Marice; Opp. in, 59. Ioh. Eccii,
Opp. homil. ni, Par., 1579. Epiphan., Hceres. 78 e 79. Ioh. Damasc.,
De fide orth. iv, 14. Dante la ricorda Par. xxxn, 133. Conv. il,
6, 9 e seg.
Anna, "Avva, sommo sacerdote dei Giudei al tempo della vita
pubblica di Cristo e suocero del sacerdote Caifasso cfr. Lue. ni, 2.
;
Giov. xvni, 13, 24. Fatti iv, 6. Ricordato senza nominarlo Inf.
xxiii, 121.
Annegare, dal barb. negare, derivato da necare, premes-
lat.
savi la prep. a; 1. In forza di Neut. Perder la vita nell'acqua;
Inf. xix, 20. Purg. vi, 15. - 2. Att. Dar morte altrui col sommer-
gerlo, Affogare; Inf. xxxm, 84. - 3. Neut. pass. Togliersi la vita
col sommergersi, Affogarsi; Inf. xxx, 12.
L'altro che anneg correndo in caccia, Purg. vi, 15,
Guccio dei Tarlati d'Arezzo; cfr. Altro.
Annerare-nnuale 97
Annerare, da nero ; Neut. e Neut. pass. Parsi nero, Divenir
nero, Annottare; Purg. Vili, 49; xxvu, 63.
Annibale, Amilcare Barca, nato a Carta-
'Avvila?, figlio di
gine l'anno 249 accompagn giovanetto il padre nella Spagna,
a. Cr.,
combatt valentemente contro i Romani, che egli vinse nel 218 sulla
Trebbia, nel 217 presso il lago di Trasimeno e nel 216 a Canne. Ri-
tornato nel 203 in Africa, fu sconfitto il 19 ottobre 202 da Scipione
e Masinissa re di Numidia presso Naragara (secondo altri presso
Zama). Dopo la pace prese parte al governo di Cartagine, ma l'odio
dei Romani lo costrinse nel 195 ad esiliare e rifugiarsi presso An-
tioco re di Siria e poi presso Prusia re di Bitinia. Ovunque fiera-
mente perseguitato dai Romani, per non cadere nelle loro mani
volle morire di veleno nell'anno 183 a. C. Cfr. Corn. Nep., Hannib.
T. Liv., lib. xxi e seg. xxvn, 28; xxx, 35, 37; xxxiv, 60; xxxv, 13;
;
xxxvi, 7 e seg.; xxxvn, 23; xxxix, 56. Polyb. ih, 11 ix, 22; xv, 15. ;
Dante lo ricorda pi volte; Inf. xxxi, 117. Par. vi, 50. Conv. IV, 5,
121 e seg. Mon. il, 4, 44; ir, 11, 42.
Annidare, da nido, Neut. pass., propriam. Farsi il nido, Porre
il nido o nidio. - 1. In signif. di Eleggersi luogo per abitare, Po-
sarsi e Fermare sua stanza; Inf. xi, 57. Par. xxix, 118. - 2. E per
Invilupparsi, Nascondersi; Par. v, 124. - 3. E fguratam. detto del
Coricarsi del sole; Purg. vii, 85.
Anno, dal lat. annus, 1. Quel tempo (cio 365 giorni, 5 ore,
48 minuti e 51 secondi) che la terra consuma nel compiere il suo
giro intorno al sole, e durante il quale pare a noi che il sole ri-
torni allo stesso punto della eclittica; Inf, xv, 38; xviii, 29; xix,
19, 54; xxi, 114; xxiv, 1, 108;xxvi, 92; xxvn, 40; xxx, 83;xxxiii, 137.
Purg. x, 35 ; xi, 106 ; xiv, 65 ; xxi, 68 ; xxm, 78 xxvn, 26
; ; xxxiii, 62.
Par. iv, 33; 38;vi, 4, 108; xv, 92; XVI, 23; xvn, 80;
ix, 40; XI, 65,
xxv, 3; xxix, 104; xxxn, 33.- 2. Anni, per Un certo spazio di tempo;
Inf. xn, 108. Par. ix, 4.- 3. E per II corso della vita; Purg. xm, 114.
Annodare, dal lat. nodus, Legare con nodo, Unire insieme
facendo un nodo. Neut. pass. Unirsi, Congiungersi Inf. xxiv, 99. ;
Annottare, da notte, Neut. e Neut. pass. Farsi notte, Divenir
notte; Inf. xxxiv, 5; Purg. xx, 101.
Annoverare, dal sost. novero, Numerare, Contare; Inf xxix, 8.
Annnale e Annoiale, dal basso lat. annualis; 1. Sost. masc.
per Anniversario; Vit. N. xxxv, 11. - 2. Add. Che si fa, Che si rin-
nova, Che si ripete ogni anno; Par. xvi, 42.
7. Enciclopedia dantesca.
98 Annumerare- Antandr
Annumerare, dal lat. annumerare, Annoverare; Conv. n,
14, 115.
Annunziare e Annunciare, dal lat. annunciare, Far sa-
pere, Dare altrui notizia di checchessia. E vale anche Predire, Far
presentire; Inf. xxxiii, 41.
Annunziatrice, lat. annunciatrix, Donna che annunzia ;
Purg. xxiv, 145.
Annunzio, dal lat. barb. annuntium; 1. Ambasciata, Novella,
Notizia che si d altrui d'alcuna cosa; Purg. xii, 94; xiv, 67.- 2. E
per Predizione, Vaticinio; Inf. xin, 12; xxiv, 142.
Ansatone, cfr. Absalone.
Ansare, dal lat. anxiare, Eespirare con affanno, ripigliando
il fiato frequentemente, Anelare Inf. xxxiv, 83.;
Anselmo, Sant Ansemus Cantuariensis, cos chiamato da
1
Cantorberv, dove fu arcivescovo dal 1093 al 1109, nato in Aosta
da nobile famiglia lombarda nel 1033. Grazie alla piet di sua
madre Ermerberga voleva farsi monaco sin da giovinetto, ma ne
fu impedito dal padre Gondulfo. Mortagli la madre, men alcun
tempo vita mondana, s'inimic col padre, fugg dalla casa paterna
ed and errando alcuni anni per la Borgogna e per la Francia, fin-
ch, attirato dalla fama di Lanfranco, entr nel 1060 nel monastero
di Bec nella Normandia, del quale nel 1063 fu fatto priore, e nel 1078
abate. Successe a Lanfranco nell'arcivescovado di Cantorbery nel 1093,
e mor nel 1109 in et di 76 anni. La pi celebre delle sue opere il
Cur Deus homo ? il cui primo libro fu da lui scritto nel 1094, il
secondo nel 1098. Il suo motto era: Credo ut intelligam. Delle sue
opere si hanno sette edizioni, la prima Norimberga, 1491, l'ultima
forma il voi. clv della Patrologia del Migne (Parigi, 1852-54).
Vedi le monografie del Feanck (Tubinga, 1842), dello Hasse (2 voi.,
Lips., 1843-52), del Kemust (Parigi, 1854; 2 a ediz. 1858) e del
Eule (2 voi., Londra, 1882). Dante lo nomina Par. xn, 137.
Anselmuccio, nipote di Ugolino, figlio del costui figlio,
conte Lotto Murat., Script, xxiv, 655). Fu imprigionato e
(cfr.
mor coli' avo nella torre della fame a Pisa; Inf. xxxiit, 50. Cfr.
Ugolino.
Antandro, yj "Avxavdpoc;, citt marittima della Frigia minore
(Herod., 7, 42; 5, 26. Thuc., 8, 106), d'onde Enea si part colle
sue genti per venire in Italia (Virg., Aen. in, 6). Par. vi, 67.
Ante-Antenati di Dante 99
Ante, voc. lat., Avanti, Prima di, ecc. Purg. viti, 13; cfr. Te
LUCIS ANTE.
Antecessore, dal lat. antecessor, Colui che stato avanti
ad altri nel medesimo grado pi immediatamente;
o ufficio per lo
opposto a Successore; Inf. xxvn, 105, dove Bonifazio Vili parla di
Celestino V. Cfr. Celestino.
Antelucano, dal lat. antelucanus, Add. Che Viene avanti il
d, Che precede il d; detto dello splendore che si vede apparire
avanti l'aurora; Purg. xxvit, 109.
Antenati di Dante. I Maggiori di Dante furono di Fi-
renze di molto antica stirpe, intantoch lui pare volere in alcuni
luoghi i suoi antichi essere stati di quelli Komani che posero Fi-
renze. Ma questa cosa molto incerta, e, secondo mio parere, niente
altro che indovinare; L. Bruni, Vita di D. in princ. Il pi an-
tico degli antenati del Poeta che si trova nominato quel Caccia-
guida del quale si parla Par. xv e xvi. Dante afferma che gli antichi
di Cacciaguida avevano le loro case nel centro della citt, cio nel
sesto di Porta san Piero, dove erano pure le case degli Elisei, il
che indicava antica origine Fiorentina (Par. xvi, 40 e seg.). In un
altro luogo (Inf. xv, 73-78) Dante sembra veramente menar vanto
di discendere dagli antichi Komani che, secondo la tradizione, fon-
darono Firenze. Ma forse quelle parole alludono a discendenza di
virt, anzi che di sangue. L'osservazione, che le parole onde venner
quivi (Par. xvi, 44; cfr. Com. Lips. ni, 428. Bartoli, Lett. ital.
V, 4 nt. 2) escludono il vanto di discendenza romana, non regge,
potendo il Poeta voler dire, che quei tali suoi maggiori furono di
quei Romani che vennero da Roma alla cittade che Cesare edi-
ficava (Vill. i, 28), cio a Firenze, oppure di quegli altri Romani
che vennono da Roma a Firenze quando questa citt fu redi-
flcata colla potenzia di Carlo Magno e de' Romani (Vill. in, 1),
nel qual caso le parole di Dante suonerebbero modestia di chi non
vuol menar vanto di alta discendenza, - modestia veramente un
po' strana appunto l dove e' confessa di essersi gloriato della sua
poca nobilt di sangue (Par. xvi, 1 e seg.). Inattendibile sembra
l'opinione, che per vergogna Dante non abbia voluto parlare dei
maggiori diCacciaguida, essendo stati ignobili e vili. Comunque
siasi, il fatto , che dei maggiori suoi, anteriori a Cacciaguida, il
Poeta non dice nulla affatto, che nulla affatto ne sa la storia, e che
per conseguenza nulla affatto ne sappiamo noi.
Sopra Cacciaguida, la cui esistenza storicamente accertata e che
nel dicembre del 1189 non viveva pi, cfr. l'art. Cacciaguida; sui
100 Antenati di Dante
suoi due fratelli, nominati Par. xv, 136, cfr. gli art. Eliseo e Mo-
ronto. Ebbe Cacciaguida due figli Preitenitto ed Alighiero I. Del
primo di essi non si ha memoria che in un documento del 1189
(cfr. Frullani e Gargani, Bella Casa di Dante, p. 29), n altro
ne sappiamo se non che ebbe un figlio di nome Bonareddita, ricor-
dato in un atto del 1215. Alighiero I, che figura qual testimone
in un documento del 14 agosto 1201 (cfr. Passerini in Lord Ver-
non, Inf., voi. in, p. 12), e che Dante fa stare oltre cento anni nel
Purgatorio a nettarsi dalla superbia (Par. xv, 91 e seg.), ebbe,
come pare, due figli: Bello e Bellincione. Bello trovasi qualificato
col titolo di messere nelle carte che lo rammentano; ond' che con-
viene ritenere che fosse giudice, come allora dicevansi li esercenti
la legge, ossivvero decorato del grado equestre. Sed nel consiglio
degli Anziani, nel 1255; ma nel 1260 dov esulare dopo il trionfo
dei Ghibellini a Montaperti perch egli con tutti quei del suo ramo
era guelfo. Non ho altre notizie di certamente era morto
lui; e
nel 1268 quando a Geri suo figlio si compenso per una casa
die
che i ghibellini vincitori avean guasta dopo la cacciata del padre
(Passer., 1. e, p. 13). Costui quel Geri del Bello ricordato Inf.
xxix, 27 (cfr. Ger del Bello). Bellincione fu egli pure guelfo,
per ci fu tratto alle curali quando i guelfi pi ne poterono dei
ghibellini, perci prov le pene dell'esilio allorch nel 1248 questi
preponderarono in modo da rendere incomportabile ai loro avver-
sari di restarsi pi a lungo nella citt. Kimesso in patria nel 1251,
fu nell'anno istesso assunto al consiglio degli Anziani, e vi sedeva
quando fu ratificato il patto e l'alleanza che a danno dei Pisani con-
trasse per dieci anni il Comune fiorentino con quei di Lucca e di
Genova. Viveva tuttora nel 1260 allorch la sua famiglia dov ri-
tentare la via dell'esilio; nella quale occasione ebbe ancora dalla
rabbia ghibellina guasti i possessi e le case; e si pu ritenere con
certezza che protraesse la vita fino al 1268 almeno, vedendolo ram-
mentato in quell'anno nell'estimo dei danni patiti dai guelfi; e che
per conseguenza gli fosse dato di morire in patria, dove forse ritorn
insieme coi compagni di sventura nel 1267 (Passer., 1. e, 14 e seg.).
Bellincione fu padre di quattro figli Burnetto, che combatt a
:
Montaperti e nel 1278 sedeva nel consiglio del Comune; Gherardo,
ricordato come vivente in un documento del 1269; Bello, del quale
si ha notizia in un documento dell' 11 settembre 1277, dove ram-
mentato insieme con Gherardo tra' principali della parrocchia di
S. Martino; Alighiero II, il padre di Dante, il quale sembra fosse
un uomo di poco valore e di nessuna importanza. Lo dissero uomo
di legge, giureconsulto di professione; ma non si hanno documenti
per provare che veramente fosse tale. Tra le varie carte relative
Antenati di Dante-ntenora 101
ai suoi figli passate tra le mie mani, nelle quali nominato qual
lor padre, giammai trovasi disegnato colla qualifica di messere in-
separabile a quei tempi dal nome di un giureconsulto (Passer.,
1. e, p. 15). Il Bocc. dice di lui, che pi per la futura prole, che
per s dovea essere chiaro, il che avrebbe appena detto di un uomo
valente. E come un dappoco qualificato in uno dei sonetti burchiel-
leschi di Forese Donati. Dante avealo detto figliuol di non so cui,
e Forese gli risponde in sostanza: Inquanto a te, la tua vilt e
codardia mostra troppo bene che sei figliuolo di Alaghiero. Pare
che Forese non avrebbe usato questo linguaggio, se Alighiero II
non avesse avuto fama di essere stato un dappoco. Del resto sui so-
netti burchielleschi scambiati tra Dante e Forese si possono appena
fondare congetture storiche. Fatto per, che di tutti gli antenati
del Poeta sino a Cacciaguida, Alighiero II suo padre quello di
cui sappiamo il meno e di cui il meno ci dicono i documenti. Se
ne ignora l'anno della nascita, come quello della morte, che sembra
essere avvenuta dopo il 1270 e prima del 1283.
Alighiero II ebbe due mogli: donna Bella, di famiglia scono-
sciuta, madre di Dante, e Lapa di Chiarissimo Cialuffi, madre' di
Francesco Alighieri e di una figlia che and sposa a Leon Poggi
(cfr. Bella).
Cfr. P. P., Notizie genealogiche della famiglia Alighieri estratte
dal Litta ed altri, Fir., 1865. Frullani e Gargani, Della Casa
di Dante, Fir., 1865, p. 57. L. Passerini, Della famiglia di Dante,
in D. e il suo sec, p. 33-78 e in Lord Vernon Jnf, voi. ni, p. 1-32.
L. N. Cittadella, La famiglia degli Alighieri in Ferrara, me-
moria, con documenti e note, Ferrara, 1865. Beumont, Dante's Fa-
milie nel Jahrbuch der deutschen Dante -Geselschaft, voi. n,
Lips., 1869, p. 331-53. G. Poletto, Alcuni studj su D. Aligli.,
Siena, 1892, p. 263-69.
Aiiteiior, nome del secondo dei quattro spartimenti della
ghiaccia di Cocito, dove sono i traditori Inf. xxxn, 88. Lo spar-
;
timento cos denominato da Antenore, "AvxYJvcop, principe troiano,
che nei poemi omerici descritto come uomo savio ed eloquente,
il quale consigliando di restituire Elena ai Greci, procacciava la
salvezza della patria; cfr. Hom., II. ni, 148 e seg., 203 e seg., 262
e seg.; vii, 345 e seg. Secondo un'altra tradizione, seguita da Dante,
Antenore fu un traditore della patria, che consegn ai Greci il Pal-
ladio (cfr. Serv. ad Aen. i, 242. Suid. ad v. Ua.\ldiov), diede loro
il segno con una lanterna ed aperse il cavallo di legno; cfr. Tzez.
ad Lycophr., 340. Strab. xiii, 1, 53. Paus. x, 27. Vikg., Aen.
i, 242 e se.
102 Antenori-Antico
Antenori chiama Dante i Padovani, la loro citt essendo stata
fondata, secondo la tradizione, da Antenore troiano; Purg. v, 75.
Cfr. Virg., Aen. i, 242 e seg. Pomp. Mela il, 4. Tit. Liv. I, 1.
Tacit., Annoi, xvi, 21.- E dice Antenori per due ragioni; l' una
che Antenor di Troia fu edificatore di Padoa, s che i padoani puonno
aver nome Antenori quindi in le braccia, nel grembo, cio nel di-
;
stretto. L'altra cagione si che il predetto Antenore fu traditor di
Troia; e per Antenore quasi con atto di traditore, e perch l'as-
sassinatico modo con prodizione, ed elli per assassini fu morto,
si pu dire in grembo olii Antenori, cio padovani Lan. Lo
: ;
stesso ripete V Ott. - Antenori i. paduanus ab antenore qui pa-
duam hedificavit. vel anteriori i. proditoribus quia antenor fuit pro-
ditor; Coss. Il Falso Bocc, Benv., Buti, An. Fior., Serrav.,
Land., Tal., Veli., Dan., ecc. non vedono nelle parole di Dante
allusione a tradimento, contentandosi di interpretare che e' chiama
i padovani Antenori dal fondatore di Padova.
Anteo, 'Aviaog, gigante alto sessanta braccia (cfr. Philostr.,
le. il, 23), tglio di Nettuno e della Terra (Apollod. li, 5, 11. Hygin.,
Fab., 31). Aveva la sua spelonca nella valle di Bagrada presso Zama,
dove si nutriva di carne di leone (cfr. Lucan., Phars. iv, 590 e seg.)
e dormiva sulla nuda terra, dalla quale, come da sua madre, rice-
veva sempre nuove forze, finch fu ucciso da Ercole; Inf. xxxi,
100, 113, 139. Cfr. Vjrg., Aen. i, 181, 510; xn, 443.
Anteriore, dal lat. anterior, Che nella parte dinanzi; Inf.
xxv, 53.
Anticamente, dal lat. antiquus, Nel tempo antico, In an-
tico; Purg. xxviit, 139.
Antico, e poeticam. anche Antiquo, dal lat. antiquus;
1. Che stato gran tempo innanzi o Che ha origine da molto tempo;
Inf. i, 116; il, 102; v, 71; x, 121; xvin, 54; xxix, 62; xxx, 37.
Purg. vi, 140; vili, 6; xi, 61; xx, 53; xxn, 97, 145; xxiii, 99;
xxx, 52. Par. vi, 93; Vili, 6; xvi, 91; xvn, 120; xxvi, 92. - 2. Si
usa anche a significare un tempo non molto remoto in s stesso,
quantunque possa considerarsi come tale rispetto alla cosa di che
si parla; Inf. xvi, 20. Purg. xxvi, 124; xxx, 39, 48; xxxi, 83;
xxxn, 6. - 3. Usasi anche, parlando di cosa passata da pi tempo,
per opposizione a Nuovo; Purg. xvi, 122. Par. xv, 97; xxiti, 138;
xxiv, 97; xxv, 88; xxxi, 26. - 4. E per Vecchio, detto di persone
e di cose; Inf. in, 83; vili, 29; ix, 74; xxvi, 85. Purg. vili, 119;
ix,1; xi, 20; xiv, 62, 146; xix, 58; xx, 10; xxi, 122; xxvin, 23.
Par. xv, 134; xxxi, 105. - 5. E usato al plur. per Gli antenati; Par.
Antictona- Antivedere 103
xvi, 23, 40. - 6.L'antico che Lavinia tolse, Par. vi, 3, Enea
che visse circa 1200 anni a. C. e spos Lavinia, l'unica figlia di
Latino, re del Lazio; cfr. Enea, Latino, Lavinia. - 7. Ab antico,
Inf. xv, 62, per Anticamente, In antico, Nel tempo antico.
Antictona, dal gr. vxtx&rv, antipodi
la terra degli
cfr. ;
Aristot., De Gazi, et mund. n, 13. Dante
usa questa voce Conv.
in, 5, 13, nel qua! passo parecchi testi hanno erroneamente An-
tiscona.
Antifonte, 'Avit/vpW, tragico greco, visse prima in Atene, poi
alla corte di Dionisio il tiranno che lo fece uccidere per aver cen-
surato le miserabili tragedie composte dal tiranno. Secondo Aristo-
tile ed i Grammatici Antifonte scrisse tre tragedie, Meleagro, An-
dromaca e Giasone, le quali per non sono giunte a noi. Aristotile
lo nomina con lode tra' poeti, e Plutarco lo annovera tra' migliori
tragici. Nel passo Purg. xxn, 106 la gran maggioranza dei codd. ha
Antifonte, e cos lessero Lan , Petr. Dant., Cass., Jenv., Buti,
Serrav., ecc. Altri invece (OH., Land., Veli, Aid., Bovil., Gr.,
Boi., Dan., ecc.) leggono Anacreonte. Ma
non sembra probabile
che Dante nominasse in questo luogo Auacreonte, poeta tutto mol-
lezza, e il mettesse in mazzo co' grandi trattatori della drammatica,
dell'epica e della lirica poesia. Del resto la lez. Antifonte ha per
s l'autorit dei codd. Cfr. Gigli, Studi sulla D. C, p. 342. Blanc,
Ver sudi, p. 86.
Antigone, Edipo (nata dalla costui in-
'Avayvy}, figlia di
conscia unione colla propria madre Giocasta), sorella di Ismene, di
Eteocle e di Polinice, accompagn l' infelice padre nell'Attica, ri-
mase presso di lui sino alla sua morte, quindi ritorn a Tebe, dove
Creonte la fece chiudere e morire in una caverna sotterranea, per
aver ella dato sepoltura al corpo del fratello Polinice. Cfr. Peop.
ii, 8, 21. Apollod. hi, 5, 8, 9. Nominata Purg. xxn, 110.
Antioco^ quarto di questo nome, detto 'Avxtoxos 'ErcupavVis,
figlio diAntioco il Grande, re di Siria dal 176 al 164 a. C, famoso
per aver perseguitato i Giudei, suoi sudditi. Dante accenna a lui
senza nominarlo Inf. xix, 87 per aver egli venduto a Giasone per
danari la dignit di sommo sacerdote; cfr. II Macca. iv, 7-27;
v, 5-10. Vedi all'art. Jason.
Antivedere, dal lat. ante e videre, Vedere avanti, Prevedere;
Par. vili, 76. - E come sost. per l'Antiveggenza; Inf. xxvm, 78.
Purg. xxiil, 109; xxiv, 46.
104 Antonio-Anziano
Antonio (Sant') ? il fondatore del monachismo (da non con-
fondersi con Sant'Antonio di Padova), nato verso il 250 a Coma
nell'alto Egitto, perdette ancor giovinetto i genitori che lo lasciarono
erede di grandi ricchezze. Avendo udito (verso il 270) una predica
sulla storia del giovine ricco (S. Matt. xix, 16-22) don tutti i suoi
beni ai poveri e si ritir nella solitudine, dove dovette sostenere
lotte terribili contro il tentatore che gli si accostava ora in forma
di bellissima donna, ed ora in forma di animale e di bestia feroce.
Nel tempo della persecuzione dei cristiani (311) lasci la solitudine,
cercandosi invano il martirio. Ritiratosi di nuovo nella solitudine,
mor nel 356 in etc di 105 anni senza figli, padre di una gene-
a
razione infinita (Hase, Kirchengesch., 9 ediz., Lips., 1867, p. 100).
Cfr. Athanasius, Vita S. Ant. Opp. n, 450 e seg. Sozom., Hist.
eccl. i, 13. Hieron., Catal., e. 88. Nominato Par. xxix, 124; cfr.
Ingrassare e Porco.
Anzi, dal lat. ante, prov. anz, ant. frane, ainz, catal. ans ;
1. Prep. che si riferisce a tempo, e vale Innanzi, Avanti; ed ora
regge direttamente il suo oggetto, ora le si soggiunge la prep. a;
Inf. Vili, 33; xv, 47. Purg. xvi, 43; xxx, 92. Par. x, 36; xxv, 41.-
2. E riferito a persona o cosa, vale Davanti, Alla presenza; Purg.
xxxi, 30. - 3. Anzi che, che pur trovasi scritto congiuntamente,
Anzich; Avv. di tempo, e vale Prima che, Avanti che; Inf. xv, 9.
Purg. x, 92; xxvil, 93. Par. Xiv, 66; xvn, 17; xxiv, 6; xxv, 57;
xxix, 39. - 4. Particella avversativa, e vale Ma piuttosto, Ma invece,
All'opposto; Inf. i, 35; xvm, 59; xxiv, 45; xxv, 89. Purg. ix, 128
xxix, 148. Par. ili, 79; xix, 65; xxvi, 53.-5. Come particella con-
giuntiva, in significato di Inoltre, Di pi; Inf. xvm, 135.-6. Anzi
che, che pure si scrive congiuntamente, Anzich, vale Piuttostoch
e spesso fra V Anzi e il Che si pone qualche parola; Purg. xx, 26
Anziano, dal lat. ante, prov. ancian, frane, ancien, spagn
anciano, Titolo dato in molte citt italiane, rette a comune, a co-
loro che componevano il supremo consiglio della repubblica; Inf.
xxi, 38. - qui da sapere che costui che non nominato, altri
voglion dire che fosse Martino bottaio il quale mor nel MCCC, l'anno
che l'autor finge che avesse ^questa fantasia, il venerd santo la
notte sopra il sabbato santo, intendendosi del primo venerd di
marzo e fu costui un gran cittadino in Lucca nel tempo suo, e
:
concorse con Bonturo Dati e con altri uomini di bassa mano, che
reggevano allora Lucca. Onde andato una volta ambasciadore al
Papa per lo suo Comune, ragionando un d col papa di sua con-
dizione disse Grollami, grollami, santo Padre, che mezza Lucca
:
grollerai, quasi volesse dire eh' elli era uno de' due che reggevano
Ape-Aperto 105
Lucca, e Bonturo Dati era V altro et allora che mor era anziano;
;
Buti. Un Martino Bottaio, notaio, viveva a Lucca nel 1325. Cfr.
Minutoli in Dante e il suo sec, p. 211 e seg.
Ape, dal lat. apis, Insetto alato che produce il miele e la cera;
lo stesso che Pecchia; Purg. xviii, 58. Par. xxxi, 7. Cfr. Perez,
Fragrarne, p. 51 e seg.
Apemiiiio, Apennini, cio quella lunga catena di monti,
gli
formata da un prolungamento delle Alpi occidentali, che traversa
la penisola italica in tutta la sua lunghezza; Inf. XVI, 96. Purg.
v, 96. Vulg. El. i, 10, 30 e seg. Accennato per circonlocuzione Inf.
xxvn, 29. Purg. xiv, 92; xxx, 86. Par. xxi, 106. -Intorno al passo
controverso Purg. XX, 65 il Cast, osserva Questo testo si leggeva
:
scorrettamente: Evai camonica Apennino ; ne se ne poteva trarre
sentimento niuno ragionevole. Alessandro Vellutello, o per sua in-
dustria o per l'altrui, l'ha ammendato, ecc. Infatti il Veli, nota:
Qui tutti gli espositori ingannati dal corrotto et falso testo.... hanno
inteso Apennino monte.... per Pennino. Veramente Apennino
lezione della gran maggioranza dei codd. (Witte 4, Cass., ecc.; cfr.
Moore, Criticism, p. 144), delle prime 4 ediz., Nidob.,Benv., Buti,
Da Colle, Serrav., Barg., Land., Aid., Dan., Gelli, ecc. In nessun
commentatore anteriore al Veli, troviamo la lezione Pennino, tranne
nel Dan. ediz. Bolognese, dove essa fu probabilmente introdotta dal-
l'editore. Sembra quindi che Apennino sia la vera legione, cio che
cos abbia scritto il Poeta. verissimo che egli intende del Pen-
nino, e non della catena degli Apennini-, ma il Pennino si diceva
pure Apennino, onde non vi motivo di lasciare l'antica universal
lezione Apennino per la correzione posteriore Pennino.
Aperta, Sost. da aprire, Apertura per dove si pu passare,
Valico; Purg. iv, 19; xix, 36 (nel quale ultimo luogo pare per
che si debba leggere coi migliori codd. la porta, invece di l'aperta.
Possono per stare ambedue le lezioni, n si tratta che dello scam-
bio di e con o ; laporta - laperta).
Aperto, propriam. partic. pass, di aprire, dal lat. apertus ;
usato in forma di Add. - 1. Dischiuso, Disserrato, Non impedito da
cosa alcuna; Inf. vili, 130; xxx, 55. Purg. IX, 62; xvi, 7;XXin, 108;
xxviii, 126; xxxn, 141. Par. ix, 67, 113; xxn, 56. - 2. Detto di una
strada, di un passo, un vano qualunque, vale Non chiuso, Non tu-
o di
rato, Non impedito da
cosa alcuna Purg. in, 51. - 3. Detto di fiori, vale
;
Sbocciato; Inf. n, 129. - 4. Per Disteso, detto di ali, braccia e simili;
Inf. v, 83; xxi, 33; xxv, 23; xxxiv, 72. Purg. ix, 21 xjx, 46. Par.
;
106 Apocalissc-Appaiare
xix, 1. - 5. Aggiunto di paese, luogo o simile, vale Libero da in-
gombri, Non riparato da monti o da altro; e per estensione Alto
Ampio, Spazioso; Inf. iv, 116. Purg. x, 17. Par. xxin, 7.-6. Detto
dell'aria, vale Libero, Scoperto, Non rinchiuso; Purg. xxxi, 145. -
7. Figuratam. per Palese, Chiaro, Manifesto, Noto; Inf. xi, 33. Purg.
vi, 101 xvii, 88 (avv.) xvm, 85 xxn, 1 54. Par. v, 52 XI, 23 XIII, 1 24
; ; ; ; ;
;
xxix, 06.-8. Mare aperto, vale Vasto, Spazioso; Inf. xxvi, 100, cfr.
Virg., Georg, iv, 527 e seg. - 9. A viso aperto, vale Coraggiosa-
mente, Arditamente, Senza riguardo; Inf. x, 93.-10. E come sost.
per Apertura; Purg. xix, 36 (dove la Crus. con poche autorit legge
l'aperto; cfr. aperta).
Apocalisse, gr. 'AuoxaXucjxg, titolo dell'ultimo libro del Nuovo
Testamento, scritto dall'apostolo S. Giovanni tra il 64 e il 69 del-
l' ra volgare. Dante accenna a visioni descritte in questo libro Inf.
xix, 106 e seg.- Purg. xxix, 105, e personifica il misterioso libro
Purg. xxix, 143 e seg.
Apollo, "AtcXcov, figlio di Giove e di Leto, o Latona (Hesiod.,
Theog., 918. Hom., II. i, Delo ad un parto
21, 36), nato nell'isola di
con Diana, Dio della poesia, inspiratore dei Poeti; Par. i, 13; il, 8.
Sull'invocazione di Apollo nel principio del Par. cfr. Invocazioni.
Vedi gli art. Delo, Delfico, ecc.
Apostolico, dal gr. TzooxoXwc,, basso lat. apostolicus, D'Apo-
stolo,Appartenente ad Apostolo o agli Apostoli, Par. xn, 98; L'apo-
stolico lume, Par. xxiv, 153, San Pietro.
Apostolo, dal gr. nozoXoc, (= Inviato, Messo), basso lat. apo-
stous ; Apostoli diconsi propriamente
1. dodici discepoli che
i
Cristo invi a predicare il Vangelo alle genti; Conv. Il, 1, 36, chia-
mati perci il primo convento di Cristo; Par. xxix, 109. Degli Apo-
stoli o di alcuni di essi Inf.xix, 90 e seg. Purg. xi, 102. Par.xxi, 129;
:
xxn, 78; xxiii, 74; xxiv, 106, 137; xxv, 17-42; xxvi, 43; xxxn, 76, ecc.
Cfr. i nomi dei singoli Apostoli. - 2. L'Apostolo (anche L'Apostolo
delle genti) dicesi per antonomasia San Paolo; Conv. IV, 21, 42.
Mon. ii, 11, 48; ir, 13, 10; in, 10, 34, ecc. Cfr. Paolo (S.) e Polo.
Appagare, da pagare, Render pago, Contentare, Sodisfare;
Purg. xv, 82 (dove appaghe desinenza antica per appaghi); xix, 24;
xxiv, 42; xxvn, 108. Par. in, 32; xxxi, 29. - Neut. pass. Eimaner
pago, sodisfatto, contento; Par. xxiii, 15.
Appaiare, da paio, Formare un paio, Accoppiare. Neut. pass.
Accoppiarsi, Accompagnarsi; Par. xxix, 138.
Apparare-Apparsione 107
Apparare, dal prov. amparar (che oltre il significato di
prendere aveva anche quello di studiare, apprendere), Imparare;
Purg. xin, 93.
Apparecchiare, dal lat. adparare, prov. aparelhar o apa-
reillar, catal.aparellar ; 1. Mettere in ordine, in punto, Preparare,
Apprestare. Figuratami. Purg. xxvi, 188.-2. Usato assolutami, vale
Preparare il convito, o simile, Porre in ordine le cose necessarie
al convito. Figuratami. Conv. I, 1, 59. - 3. Neut. pass. Mettersi in
ordine, Prepararsi; Inf. ir, 4; xxn, 93. Par. xvn, 45; xix, 31.-4. E
costruito per eleganza con la preposizione Di ; Par. xxvn, 59.
Apparenza, dal lat. apparentia; 1. La Sembianza
checches- di
sia, Quel che apparisce e pu anche non essere in realt; Par. vt, 85.
Conv. ni, 10,6. 18.-2. Per Pompa, Comparsa onorevole, Par. xxix,
87. - 3. Per l'Apparire, il Mostrarsi sensibilmente; Par. xiv, 56.
Apparere e Apparire, adparere ; Neut.- 1. Farsi
dal lat.
vedere, Presentarsi, Mostrarsi; ed anche Esser palese, manifesto,
chiaro; Inf. i, 45; xiv, 123, 128; XV, 53; XX, 11 xxv, 71; xxvi, 133
;
XXXII, 34; xxxiv, 126. Purg. il, 22, 26, 38, 127; III, 58; IT, 39
xv, 94, 125; xvi, 144; XVII, 21, 72; XYIII, 34, 37; XIX, 26; xxi, 8, 10
xxii, 28; xxv, 5; xxvi, 27; xxvn, 6; xxviii, 37; xxx, 32,64; xxxn, 150
Par. il, 16, 59; ni, 7; iv, 32; vili, 28; xiv, 95, 121; xv, 74; xix., 49
xxn, 72, 145, 153; xxm, 117; xxviii, 75; xxx, 51. Il perf. talora
apparve e talora apparse, onde in alcun luogo (per es. Purg. xxvi, 27)
qualche testo ha l' una, qualche altro l' altra forma. - 2. Per Far bella
comparsa, Mostrarsi orrevole, Pompeggiare; Par. xxix, 94.
Appartiene, per Apparizione, dal lat. appariiio, Appari-
mento, Comparsa. Il Bl. dice che di questa voce non si ha altro
esempio; uno almeno ce n, Speron., Op. i, 114: Veramente
questa diabolica apparsione. Ma nel luogo Purg. xxxi, 78 non
sembra doversi leggere apparsion anzi aspersion, sebbene la le-
zione sia controversa e l'autorit dei codd. basti appena a decidere
quale sia la vera. Col Vat. ed altri codd. leggono appaesion Benv.,
Aid., Bovili., Crus., Com., Land., Veli., Dan., ecc., ma da questa
lez. non facile ricavare un senso che regga. I pi leggono col
S. Cr. f Beri., Caet., Vienn., Stocc, e moltissimi altri codd. asper-
sion, onde il senso sarebbe: Come alzai il viso, vidi che gli Angeli
avevano cessato di spargere fiori (cfr. Purg. xxx, 20 e seg.). Le va-
rianti apersion, OPErazion, apprension, ecc. non sembrano atten-
dibili. In quanto al senso Lan., Petr. Dani., Falso Bocc, ecc. tac-
ciono. Ott. : Si posarono da pi dire in favore di Dante. - Cass. :
Apersion, quam faciebamt de floribus. -Benv.: Apparsion, idest,
108 Appastare-Appetibile
apparitione. - Buti: Apprension, cio riposarsi e non stare pi
attenti ad udire Beatrice, e cos si riposavano da l'apprensione
loro, che prima avevano avuto in udire Beatrice; e questo fu segno
all' autore che Beatrice non dovea pi parlare allora. - An. Fior. :
Dice che vidde posare {da che ?) le prime creature. - Serrav. :
De earum aspersione, idest non plus cantaverunt, nec proiece-
runt amplius lilia nec flores. - Land.: Di loro apparsione, cio,
da l'udire pi Beatrice, il che fu segno che essa non havesse pi
a parlare. - Tal. tira via. - Veli. : Quetarsi da udir Beatrice
ch'era loro prima apparsa, perch havea finito di dire. - Dan.:
Posarsi di loro apparsion, cio di lor dimostrarsi. - Veni.: Ces-
sare dall' apparire su alzati nel Carro, essendo in quel punto scom-
pariti, e ritiratisi dentro. - Dal Lomb. in poi i pi leggono ASPEE-
siON e intendono: L'occhio mio vide che gli angeli cessavano dallo
sparger fiori.
Appaltare, da pasta, Neut. pass, e talvolta in forma di
Neut. Addensarsi, Appiastricciarsi come pasta su checchessia; Inf.
xvin, 107. - Appastare e impastare, essendo la pasta il glutine
pi ordinario, e che pu essere alle mani di tutti; significa nel
linguaggio popolare appiccicare una cosa all'altra, bench le si pos-
sano tenere anche insieme per altro glutine che per la pasta. Anche
di fogli appiccicati con la colla o con la gomma, si dice impastati,
e impastato un bando, appiccicato alla colonna anche con gli sputi
o con la mota; Caver.
Appellare, dal lat. Appellare; 1. Att. Nominare, Dare un
nome; Inf. xx, 93; xxxm, 90.- 2. E in forma di Neut. pass. Chia-
marsi, Aver nome; Inf. xiv, 95. Par. xxvi, 134.
Appena, dal pcena e ad, Avv. che anche talora disgiun-
lat.
tamente scrivesi A pena; 1. A fatica; Inf. Vili, 6; xxvi, 123.-2. Pi
spesso ha forza di limitazione, o di approssimazione, e vale Non in-
teramente, Non compiutamente; Purg. iv, 118; xi, 111; xxvin, 54.-
3. Vale pure A stento, Con difficolt; Inf xvi, 93; xx, 109;xxiv, 32;
xxv, 48. Purg. xix, 75; xxix, 123; xxxi, 32.-4. E Avverb. di tempo,
per indicare azione allora allora compiuta, vale Tostoch, Subito
che, S tosto come; Inf. xxin, 52.
Appendere, dal lat. appendere, Appiccare una cosa a chec-
chessia perch vi stia sospesa, Sospendere ; Inf. xin, 107.
Appennino, cfr. Apennino.
Appetibile, dal lat. appetibili^, in forza di Sost., termine
scolastico, Le cose che l'uomo desidera, Purg. xvin, 57. L'affetto
Appetito- Applaudire 109
de primi appetibili, vale quelle primitive inclinazioni, quegli ap-
petiti primigenii da cui null'uomo va esente; come l'amor del vero,
della felicit, del bello, del bene, la curiosit, la simpatia, e tutti
i movimenti, gli effetti estetici, e morali, che formano la parte ef-
fettiva dell'anima; Gioberti.
Appetito, dal lat. appetitus, Inclinazione, o Facolt naturale,
per cui l'anima si muove a bramar checchessia per sodisfazione
de' sensi ; Purg. xxn, 41 ; xxvi, 84. Par. xvi, 5. Conv. iv, 21, 22. 26.
In questi tre cap. del Conv. si trovano brevemente esposte le dot-
trine di Dante sui diversi appetiti, naturale, sensitivo, ecc.
Appianare, dal lat. planus, Render piano, Spianare, Abbat-
tere, Atterrare. E figuratam. per Abbassare, Deprimere; Purg.X, 119.
Appiattare, checchessia alla vista
dall' add. piatto, Sottrarre
di alcuno, Occultare, Nascondere. Neut. pass. Inf. xni, 127.
Appiccare, dal lat. picare (= impegolare), premessavi la prep.
ad (?), Attaccare, Congiungere, Unire una cosa all'altra. Neut. pass.
1. Attaccarsi, Congiungersi, Unirsi; Inf. xxv, 61, 107. - 2. Allignare,
Barbicare, Germogliare, detto per similit. Inf. xxix, 129.
Appi, che anche scrivesi disgiuntamente A pie, Avv. Nella
parte inferiore di checchessia; Inf. vii, 130; xx, 62; xxiv, 21;xxix, 25.
Purg. ni, 46; V, 94; vili, 57; xn, 34. Par. IV, 131. Cfr. Pie.
Appieno, dal lat. ad plenus; Avv. Pienamente, Compiuta-
mente; Inf. iv, 145; xxviii, 2.
Appigliare, dal verbo pigliare, premessavi la prep. a; 1. Neut.
pass. Attaccarsi,Aggrapparsi, Stringersi addosso; Inf xxv, 51 ;xxxiv,
73. Purg. vii, 15.-2. Detto delle piante, vale Attaccarsi, Abbarbi-
carsi, Radicare; Purg. xxvin, 117.
Applaudire e Applaudere, dal lat. appaudere, Neut.
Par plauso, Dar segno di favore o approvazione ad alcuno con batter
le mani, o con altri atti consimili. Per similit. Par. xix, 35, nel
qual luogo la Cr. legge col Caet. e con qualche altro codd. s'ap-
plaude, come hanno pure le prime 4 ediz., Aid., Serrav., Land.,
Dol., Dan., Vent., Lomb., Port., Pogg., Biag., Tom., Frat., ecc.
Ma il pi dei codd. ha si plaude, e cos lessero Pan., Cass., Falso
Bocc., Benv., Buti, An. Fior., Da Colle, possiam dire tutti quanti
gli antichi sino al Serrav. ed al Land., che in verun commento del
Trecento trovasi la lez. s'applaude. Veramente la lez. si plaude
(accettata dai Quattro Fior., Br. B., Corn., De Gub., Witte, Bl., ecc.)
-
110 Appo- Appostare
non dovrebbe esser dubbia, il siplaude essendo l'oraziano sibiplau-
dere, per Compiacersi. Gfr. Plaudere.
Appo, dal lat. apud, Appresso, In vicinanza, Accanto; e appo
alcuno, per Nell'animo, Nel concetto, Nel giudizio di alcuno; Inf
xvnr, 135.
Appoggiare, lat. barb. appodiare, derivato dal lat. po-
dal
dium = parapetto;Accostare una cosa all'altra per il ritto, al-
1.
quanto a pendo, acciocch stia sostenuta; e anche in pi largo
significato Posare una cosa sopra o accanto ad un'altra che le sia
di sostegno; Inf xxix, 73, 74 dove la Or. legge: Io vidi duo se-
dere a s appoggiati, Come a scaldar s'appoggia tegghia ategghia.
Altri leggono nel v. 73 colla Nidob. a s poggiati, ed altri
col S. Cr., Vat., Beri., Cass., ecc.: a s poggiati, Come a scaldar
si poggia.... La differenza, non essendo che di sinonimi irrile-
vante; per nella Div. Com. sarebbe questo l'unico luogo dove
Dante invece di Poggiare avrebbe adoperato il verbo Appoggiare ;
cfr. Poggiare. - 2. Neut. pass. Posarsi, Mettersi accanto o sopra a
checchessia per Sostenersi, Eeggersi su checchessia; Conv. i, 11, 21.
Appoggio, dal lat. podium =
parapetto, premessavi la prep.
ad, Qualunque cosa che serve di sostegno a checchessia. Per similit.
Purg. in, 18.
Apporre e Apponere, dal lat. apponere; 1. Porre accosto
o sopra, Aggiungere una cosa ad un'altra; Par. xvi, 8; IL CIBO che
s'appone, Par. xvi, 69, il cibo che s'aggiunge a quello che
mangiato prima: imper che impaccia la digestione, e cos fa cor-
rompere lo cibo che era incominciato a smaltire, e convertirsi in
mali amori; unde poi si generano le infermitadi e seguitane alcuna
volta la morte; e cos addiviene nelle cittadi per li nuovi uomini
che vi s' appongnano, che mettono divisioni e discordie, e guasta-
nosi le cittadi, et alcuna volta si disfanno Buti. - 2. Apporre ad
;
alcuno un mancamento, una colpa, un delitto e simili, vale Attri-
buirglielo, Imputarglielo; e dicesi per lo pi d'imputazioni a torto ;
Inf. xxiv, 139.
Apportare, dal lat. adportare; 1. Arrecare; Par. xxvn, 138.
2. Per Rapportare, Riferire, Annunziare; Inf. x, 104. Par. xxv, 129.
Apposito, lat. appositus, Apposto, Messo innanzi; Conv. i, 2, 2.
Appostare, dal sost. posta, propriam. Tener d'occhio alcuno,
postandosi in luogo opportuno per ispiarne gli andamenti, tendergli
insidie e simili. E per Indagare, Penetrare, Scuoprire figuratam. ;
Conv. il, 1, 33.
1
Apprendere-Appresso 1 1
Appr ender e, dal lat. apprehendere, che poeticam. si con-
traeva in apprendere =
afferrare, stringere, pigliare; 1. Compren-
dere, Percepire, Intendere; Purg. xvi, 23. Par. xi, 21.-2. Per Im-
parare, al propr. e figuratam. Inf x, 51, 77. Par. in, 95; v, 5, 6;
xx, 92.- 3. Per Scorgere, Discernere, Conoscere; Purg. xvn, 127;
xxix, 50. Par. IV, 41; xvn, 116; xix, 30.-4. E per Eiconoscere,
Trovare; Purg. xiv, 133, nel qual luogo qualunque m'apprende
traduzione del biblico: Omnis qui invenerit me, Genes. iv, 14.-
5. Neut. pass. Appigliarsi, Aggrapparsi, Attenersi; Inf xxxiv, 107. -
6. E figuratam. detto della passione amorosa, per Attaccarsi; Inf.
v, 100. - 7. Appreso, in forza di Add. per Ammaestrato, Addottri-
nato; Inf. xviii, 60.
Apprensiva, Potenza o Facolt d'apprendere; Termine delle
scuole; Purg. xviii, 22.
Appresentare, propriam. Eecare alla presenza d' alcuno, Pre-
sentare. - Per Metter davanti agli occhi d'alcuno, Mostrare; cos
1.
al proprio come al figurato; Purg. xxxr, 49. - 2. Per Dimostrare,
Manifestare; Par. vii, 107.- 3. Neut. pass. Recarsi alla presenza
d'alcuno, Presentarsi; usato figuratam. Par. xxn, 131. - 4. Per Mo-
strarsi, Apparire; Par. x, 33.
Appreso, Partic. pass, di Apprendere; in forma d'Add. per
Inteso, Compreso, Imparato; Par. v, 6, nel qual luogo per invece
di Appreso molti ottimi codd. hanno Appresso, che probabilmente
la vera lezione, accettata dal Buti, Serrav., Witte, ecc.
Appressare, 1. Far che una cosa
Att. Accostare, Avvicinare,
sia presso ad un'altra; J^/".xxxi, 38.Purg. xx vili, 59. - 2. E figuratam.
Inf. xxvin, 129. - 3. Neut. pass, ed anche in forma di Neutro, Ac-
costarsi, Avvicinarsi; Inf. x, 103; xu, 76; xvn, 126; xxn, 29, 131 ;
xxiii, 134; xxiv, 108. Purg. ix, 73; x, 9; xvi, 120; xxn, 139; xxvi, 102.
Par. i, 7; xxiv, 117. - 4. E figuratam. Par. xvn, 26. - 5. E detto del
tempo, Inf. xxxm, 43. - 6. Detto poeticam. di luogo, cui altri si
reca, vale Esser vicino; Inf. vili, 68.
Appresso, dal lat. appressum, partic. di apprimo, o da pres-
sum, partic. di premo, premessavi la particella ad; Prepos. che
serve a denotare vicinanza o prossimit, e riferiscesi a persona ed
a cosa ; si usa col regime diretto, ed altres colle preposizioni A
e Di. Questa parola adoperata nella Div. Cam. 39 volte, 12 nel-
1
l'In/ ., 11 nel Purg. e 16 nel Par.-. Presso, Accanto, Allato, Vi-
cino; Inf. vili, 26. Purg. iv, 50; xxv, 127. Par. iv, 96; ix, 113;
x, 106, 115; xxiii, 120; xxvm, 22.-2. Per Dietro; Inf. xvi, 40.
-
1 12 Apprestare-Approdare
Purg. in, 92; xxm, 8; xxix, 65. -3. Per Dopo; Inf. ni, 113; ix, 105;
Purg. xxn, 66; xxix, 92, 133. Par. i, 100; ni, 26; xxv, 97. -
xviii, 127.
4. Ein forza d'Avverbio, vale Poscia, Dipoi, In seguito; Inf. vi, 67;
x, 133; xxn, 98; xxm, 145; xxix, 13; xxxiv, 87. Purg. iv, 23;
xviii, 104; xxx, 12. Par. iv, 119; v, 6; xix, 22; xx, 85; xxiv, 70, 88. -
5. Ellitticamente in forza d'Aggiunto, per Veniente, Seguente; Inf.
xxxni, 53. - 6. Poco appresso, posto avverbialm., vale Poco tempo
dopo, Indi a poco, Quasi subito dopo; Par. xvn, 65.
Apprestare, dall' add. presto = pronto, preparato; Apparec-
chiare, Preparare, Mettere in punto. Neut. pass. Apparecchiarsi, Pre-
pararsi, Mettersi in punto; Purg. xn, 79.
Apprezzare, dal basso lat. apprettare, e questo dal lat. pre-
tium, propriam. Dare, Assegnare il prezzo a una cosa, Valutarla.
E per Aver in pregio, Tenere in istima, Far conto di checchessia;
Par. v, 21.
Approbare, dal lat. approbare, Approvare; Par. xxn, 136.
Approcciare, dal prov. apropchar, o apropjar, che vengono
dal basso lat. appropiare ; Neut. pass, e anche in forma di Neut.
Appressarsi, Avvicinarsi; Inf. xn, 46; xxm, 48. Purg. xx, 9.
Approdare, verbo neut. che pu derivare da proda ed allora
significa Accostarsi alla proda, Venire a riva; opu derivare da pr',
prode, e vale Par prode o pr, Kecar utile, Giovare. Dante lo adopera
nella Div. Com. due volte ed in ambedue luoghi i commentatori non
vanno d'accordo se l'abbia usato nel primo significato o nel secondo.
Inf. xxi, 78 Che gli approda? Questa senza dubbio la vera lezione
:
che ha per s la gran maggioranza dei codd. (altre lezioni che ti :
approda? chi t'approda? ch' egli approda?). Il senso sembra chiaro
e semplice: i Malebranche si accingono ad arroncigliare i due Poeti,
e Virgilio: Adagio un po'! Venga prima uno di voi ad udirmi, e poi
arroncigliatemi pure se volete. I Malebranche vi mandano Mala-
coda, il quale se ne va di mala voglia, ed andando mormora: che
gli approda? ci che non pu avere altro senso che: Cosa gii
giova ? cio quel farmi andare da lui. Dei Commentatori Bambgl.,
An. Sei., Iac. Dani., Lan., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc.
non danno veruna interpretazione; Ott.: che ti approda? cio
Che ti giova, ch'io vegna qua? Questo piccolo ritardare d'andare
alla pena ti ria di piccolo pr. -Benv.: Che gli aproda, idest,
quid prodest isti id quod petit, scilicet quod unus veniat qui audiat
eum? quasi dicat: nihil; satis enim poterit adulari et perorare cum
Approdare 113
tota eloquentia sua quod evadat a manibus nostris, certe lacerabitur
et submergetur sicut et alii; ergo bene che gli monta, che gli vaie
:
perch'io vada?... Aliqui tamen textus habent, che (chi) V apro da
in secunda persona, est tamen eadem sententia. - JButi: che gli
approda, cio che cagione che lo fa venire a questa proda della
Bolgia? - An. Fior.: Ci che tu dirai sar un perdere di pa-
role. - Serrav. : quid tibi approdat ? idest, quid tibi placet? quid
vis? -JBarg.: Che li approda? In un modo possiamo intendere,
che queste parole dicesse ai compagni, e vuol dire, che li approda?
Quid prodest ? che gli giova a questo spirito ancor ch'io vada;
perocch ei pur non potr fuggire i nostri uncini. In altro modo
possiamo esporre: e venne colui a Virgilio dicendogli, che li ap-
proda ? che cagione lo fa approdare a quel luogo? - Land. tace. -
Tal. : Quasi dicat: nihil rogare proderit, nec preces dare, quia la-
cerabitur. - Veli. : Che gli accomoda, o gli giova il mio andar
a lui? - Dan. riferisce le due interpretazioni, senza decidersi. -
Gelli: Che ti approda? cio, che pr per farti questo? quasi
mostrandogli che ei si affaticava invano; o veramente dicendo a' com-
pagni, secondo un altro testo: che gli approda?- Cast.: Alcuni
leggono queste parole in atto domandante, rivolgendole a' dimoni,
e vogliono che questo sia il sentimento: Io andr solo a parlargli;
perciocch nulla gli giover, o gli pargli io solo o tutti insieme.
Adunque la mia solitudine che gli giova, non essendo egli per ot-
tener da me pi che s'otterrebbe da tutti? Ma queste parole pos-
sono ancora riguardar Virgilio, e che, come cortese, gli dicesse che
cosa gli approda, ci , gli giova e desidera da lui. - Che gli
giova ? spiegano pure Voi., Vent..j Pogg., Betti, Tom., Bennas.,
Corn., ecc. Altri: Che lo mena qui? o che vuole egli? Cos Ces.,
Br. B., Lord Vernon, ecc. - Il Lomb., Pori., ecc. leggono ch'egli
approda, interpretando: Che arriva egli di nuovo 1-Biag.: che gli
approda? formula equivalente all'una delle seguenti: che gli ac-
casca ? che gli accade ? che gli occorre ? - Boss. : Pari alla frase:
Qual vento ti ha fatto qui approdare? cio, qual uopo ti spinge,
qual cagion ti mena? -Alcuni, come Frat., Cam., ecc. riferiscono
semplicemente le diverse interpretazioni senza decidersi. Cfr. Blanc,
Versuch, i, 195 e seg.
Purg. xin, 67: Agli orbi non approda il sole, alcuni spiegano:
Non giova, Non fa verun pr; cos Lan., Ott., Benv., Tal., Vent.,
Andr., ecc. Altri: Non s'approssima, Non arriva a farsi vedere;
cos Buti, Serrav., Voi., Lomb. e quasi tutti i moderni. Il verso 69
parla in favore della seconda interpretazione. Il Bl. accett nel Voc.
e Versuch i, 195 la prima, in seguito, Versuch il, 47, prefer la
seconda.
8, Enciclopedia dantesca.
Ili Appropiare-Appmito
Appropiare, cfr. Appropriare.
Appropinquare, dal lat. appropinquare; 1. Neut. pass.
Appressarsi, Avvicinarsi; Vit. N. 16, 12. - 2. E figuratam. Par.
xxxin, 47. - 3. In forma di Neut., cos al proprio come al figurato;
Conv. iv, 28, 13.
Appropriare e secondo alcuni testi Appropiare, dal
basso appropriare, Far proprio, Recare in propriet, Attri-
lat.
buire Par. vi, 33. 101. Il primo luogo spiegato dal Buti: E
;
colui che fa proprio suo lo gonfalone e lo sengno dell'aquila: im-
per che nessuno singnore e nessuno comune dovrebbe appropriarsi
lo sengno dell'aquila per riverenzia de lo imperio, se non l'avesse
gi di grazia dallo imperadore. Il secondo: Appropria la insegna
dell'aquila a la parte sua, pigliando l'aquila per sua insegna che
nolla debbe pigliare; ma sotto essa obediendo, seguire debbe lo im-
peradore e obedire.
Approvare, dal lat. approbare, vale: 1. Tenere, Ammettere,
Accettare per buono, o per vero. - 2. Convalidare, Ratificare, detto
di leggi, ordinamenti e simili. -3. Confermare, Comprovare, Rico-
noscere per prova checchessia. - 4. Accettare, Ammettere. Ma nel-
l'uno dei due luoghi dove nella Div. Com. questo verbo adoperato,
Par. xxiv, 48, esso sembra avere il signif. scolastico di Addurre le
prove, gli argomenti pr e contra, Discutere e simili.- Lan.: Per
dire sua opinione e tenere. - Tom. : Non sentenzia, ma dice le
prove. - Br. B.: Per esser discussa e sostenuta con prove, non
per esser decisa. - Buti legge: per aiutarla. - Nel senso ordi-
nario: Par. xxiv, 121.
Appulcrare, dal lat. pulcher, Abbellire, Aggiungere orna-
mento Inf.; vii,Geli : Senza che io lo abbellisca e lo ac-
60.
cresca con le parole. - Boss. : Non uopo eh' io tei descriva con
belle ed ornate parole.
Appuntare, Neut. pass.; 1. per Arrivare con l'estrema punta;
Par. ix, 118. - 2. E figuratam. Raccogliersi, Fermarsi, Far capo in
un punto; Par. vi, 28; xxi, 83; xxix, 12. - 3. E pur figuratam. per
Rivolgersi e affissarsi ad un punto; Purg. XV, 49. Par. xxvi, 7.
Appunto e A
punto, Avverb.; 1. Esattamente, Puntual-
mente, Precisamente, N pi n meno; Inf. xix, 9; xxiv, 77. Purg.
ix, 142. Par. xiit, 73. - 2. E detto del tempo vale In quell'istesso
momento, Nel medesimo istante; Par. XII, 25.
e
Appozzare- Aquila 111
Appozzar ?
dal lat. putere, Empir di puzzo, Infettare col
puzzo, Render puzzolente, fetido; Inf. xvir, 3.
Aprire, dal lat. aderire. Nella Div. Com. questo verbo nelle
diverse sue forme adoperato 88 volte, 25 nelYInf., 37 nel Purg.
e 26 nel Par. Notiamo i seguenti significati:
I.Disgiungere e Allargare le imposte degli usci e delle finestre
in guisa, che sia dato l'entrare e l'uscire; e dicesi pure d'ogni
altra cosa che non si vuol pi chiusa. Contrario di serrare; Inf.
ix, 90 xxxin, 149, ecc. - 2. Riferito a un luogo qualunque chiuso,
;
o vietato, Renderne libero a tutti l'andito e l'uso; Purg. x, 36, ecc. -
3. Per Dilatare, Allargare, Distendere; Purg. xn, 91, ecc. -4. Detto
delle piante, vale Far germogliare; Par. xu, 46.- 5. E detto di
tinte o di colori, vale Mandarli fuori, o Farli venir fuori; Purg.
xxxn, 59. - 6. Figuratane per Dichiarare, Spiegare, Esporre; Conv.
i, 8, 3. - 7. E pur figuratam. per Scoprire, Palesare, Manifestare;
Inf. il, 81 x, 44. - 8. Neut. pass. Detto della terra, vale Fen-
;
dersi, Spaccarsi, ed anche in modo da formar voragini; Inf. XX, 32;
XXXIII, 66. - 9. E per similit., detto di aria, acqua, mare; Purg.
XVlir, 134. - 10. Aprirsi nelle braccia, vale Allargare e stendere le
braccia per far checchessia; Purg. xxxi, 100.
II. Aprir la bocca, vale Rompere il silenzio, Mettersi a par-
lare; Par. xxvn, 65.-12. Aprir la bocca ad alcuno, vale Farlo
parlare, Dargli facolt di parlare, Concedergli il dono della favella;
Par. xxiv, 120. - 13. Aprir l'intelletto, V ingegno o la mente a o
verso checchessia, vagliono Considerare con attenzione checchessia,
porvi mente; Par. v, 40. - 14. Aprir gli orecchi, vale Ascoltare
attentamente; Inf. xxiv, 142.- 15. Aprire il petto, o V animo, alla
verit, alla speranza, e simili, vale Accoglierla in s; Purg. xxv, 67. -
16. Aprir la strada, la via, il passo, il sentiero, vale Sgombrarlo,
Renderlo libero; Par. xxm, 38. - 17. Aprire gli occhi ad una cosa,
vale Starvi attento, Farvi attenzione; Par. xill, 49. - 18. Aprir
Vocchio ad alcuno, vale Renderlo abile a vedere; Par. xx, 122. -
Cfr. Aperto.
Apnlia, cfr. Puglia,
Aquario, dal lat. aquarius, Uno dei dodici segni dello Zo-
diaco; Inf. xxiv, 2.
Aquila e Aguglia,
dal lat. aquila; 1. Grosso uccello di
rapina, che ha becco adunco in punta, le unghie grandi e infe-
il
riormente solcate, e la vista acutissima; vola altissimo, e vive per
lo pi nelle alte montagne: Inf. IV, 96. Purg. TX, 20. Par. t, 48;
116 Aquileiesi-Aquino (S. Tommaso d')
xviii, 107; xx, 26, 32. - 2. E per Quella insegna dei Eomani, per
lo pi di rame indorato o d'argento, che portavano sopra un'asta
alla fronte delle legioni, e che poi rest come segno e simbolo del-
l'impero; Purg. x, 80. Par. vi, 1.-3. E figuratam. per L'impero
Eomano, Gl'imperatori di Eoma; Purg, xxxit, 125; xxxiu, 38.-
4. L'aquila di Cristo, Par. xxvi, 53, l'Apostolo S. Giovanni, del
quale i SS. Padri credevano che l'aquila menzionata Apocal. iv, 7
fosse il simbolo; onde S. Agostino (in Ioan., Traci. 35): Aquila
ipse est Joannes sublimium praedicator. E un inno antico, par-
lando di S. Giovanni :
Yolat avis sine meta
Quo nec vates nec propheta
Evolavit altius.
Tarn implenda quam impleta
Nunquam vidit tot secreta
Purus homo purius.
5. L'aquila da Polenta, Inf. xxvir, 41, per L'arme dei Po-
lentani, che era un'aquila vermiglia in campo giallo Si allude in
questo luogo a Guido Novello di Polenta, figlio di Ostasio e padre
di Francesca da Eimini, che nel 1300 era signore di Eavenna. Di
questo Guido cfr. Eicci, Bifug., 3 e seg.
Aquileiesi, mare Adriatico; menzio-
abitanti di Aquileja sul
nati Vug. Eh Del loro volgare ibid. i, 11, 28: Aqui-
i, 10, 51.
lejenses et Istrianos cribremus, qui Qes fasta, crudeliter accen-
tuando, eructant.
Aquilone, dal lat. aquilo, aquilonis ; 1. Vento di tramontana,
detto anche Borea, Eovaio e Ventavolo; Purg. xxxu, 99. - 2. Per
la parte settentrionale; Purg. iv, 60.
Aquino (Rinaldo <P), poeta italiano del sec. XIII, rammentato
da Dante, che ne reca un verso; Vug. Eh il, 5, 36. Di lui cfr.
Nannucci, Man., 2 a ediz. I, 94 e seg.; 525 e seg.
Aquino (S. Tommaso gran Dottore della Chiesa e gran
d') ? il
filosofo del medio evo, alle cui opere Dante attinse quasi tutta la
sua teologia e buona parte della sua filosofia. Nacque nel 1227 nel
castello Eocca Sicca presso Aquino in Terra di Lavoro da parenti
nobilissimi. Il conte Landolfo d'Aquino suo padre si credeva con-
sanguineo delT imperiai Casa degli Hohenstaufen, e la contessa Teo-
dora da Chieti sua madre si dice che discendesse da Tancredi duca
di Normandia; i due fratelli maggiori di Tommaso combatterono
nelle file degli eserciti di Federigo II. Il papa Onorio III gli fu
patrino; fu educato dapprima nel chiostro di Montecassino, dal 1239
Aquino (S. Tommaso d>) 117
in poi a Napoli, dove Pietro Martino e Pietro Ibernese gli furono
maestri. A sedici anni si frate domenicano contro il volere
fece
che fecero ogni sforzo per sottrarlo alla
de' suoi genitori e fratelli
vita monastica n cederono finalmente che per l' intervenzione di
papa Innocenzo IV. Fece la professione a Napoli nel 1244, quindi
fu inviato nel 1245 a Cologna ed ivi affidato ad Alberto Magno. I
suoi condiscepoli facevano poca stima di lui che chiamavano per
dileggio bos mutus Sicuus ; ma il gran maestro Alberto si dice
che osservasse: Nos vocamus istum bovem viutum, sed ipse talem
dabit in doctrina mugitum, quod in toto mundo sonabit. Col mae-
stro Alberto, Tommaso si trasfer nel medesimo anno 1245 a Pa-
rigi, dove nel 1248 ottenne il grado di Baccalaureo di teologia. Ri-
tornato col maestro a Cologna vi si ferm quattro anni (1248-52)
come secondo insegnante e Magister studentium. Ricevette gli or-
dini sacri nel 1251; l'anno seguente i superiori lo rimandarono a
Parigi ad acquistarsi il grado di dottore in teologia, il che non
ebbe luogo che il 23 ottobre del 1257, grazie alle lotte letterarie che
Tommaso e 1' amico suo Bonaventura sostennero in difesa de' due
nuovi Ordini monastici contro gli attacchi della Sorbonna (cfr. Bu-
LiEUS, Hist. univ. Paris, in, 240, 345, ecc. Hist. liti, de la France
xix, 197). Dal 1257 al 1261 insegn a Parigi, dove predicava pure nei
tempi di quaresima nella chiesa di S. Iacopo. Papa Urbano IV lo
chiam nel 1261 in Italia, dove insegn a Roma, Bologna, Pisa,
Viterbo ed in altri luoghi. Morto Clemente IV nel 1269 e rimasta
vacante la S. Sede, Tommaso ritorn a Parigi, e vi stette finch
nel 1271 papa Gregorio X lo richiam in Italia. Dal 1272 in poi inse-
gn a Napoli, ma, volendo recarsi al Concilio di Lione, mor pel
viaggio il 2 marzo 1274 nel chiostro di Fossa Nuova presso Terra-
cina. Intorno alla sua morte Tolommeo suo discepolo scrive (Murat.,
Script., xi, 1168 e seg.): Vocatus ad Concilium per Dominum Gre-
gorium, ac recedens de Neapoli, ubi regebat, et veniens in Campa-
niam, ibidem graviter infirmatur. Et quia prope locum illum nullus
Conventus Ordinis Praedicatorum habebatur, declinavit ad imam so-
lennem Abbatiam, quse dicitur Fossa-nova, et quse Ordinis erat Ci-
sterciensis, in qua sui consanguinei Domini de Ceccano erant patroni:
ibique sua aggravata est segritudo. Unde cum multa devotione, et
mentis puritate, et corporis, qua semper floruit, et in Ordine viguit,
quemque ego probavi inter homines, quos umquam novi, qui suam
ssepe confessionem audivi, et cum ipso multo tempore conversatus
sum familiari ministerio, ac ipsius auditor sui; ex hac luce transiit
ad Christum. Secondo questa testimonianza autorevolissima S. Tom-
maso sarebbe dunque morto di morte naturale. Ma secondo altri mor
di veleno per opera di Carlo d'Angi. Il Villani, ix, 218: Nel detto
118 Ara-Arabi
anno 1323, all'uscita di luglio, per lo sopradetto papa Giovanni e per
gli suoi cardinali appo Vignone, fu canonizzato per Santo frate Tom-
maso d'Aquino dell'ordine di San Domenico, maestro in divinit e in
filosofia, e uomo eccellentissimo di tutte scienze, e che pi dichiar
le sacre scritture che uomo che fosse da santo Agostino in qua, il
quale vivette al tempo di Carlo I re di Cicilia. E andando lui a
corte di papa al concilio a Leone, si dice, che per uno fsiziano del
detto re, per veleno gli mise in confetti, il fece morire, credendone
piacere al re Carlo, perocch' era del lignaggio de' signori d'Aquino
suoi ribelli, dubitando che per lo suo senno e virt non fosse fatto
cardinale. Anche Dante accusa senz'altro Carlo d'Angi di tal de-
litto,Purg. xx, 69, e lo stesso ripetono naturalmente gli antichi
commentatori, aggiungendo alcuni particolari, attinti probabilmente
alla tradizione popolare.
Tra le molte opere di S. Tommaso (edite pi volte, recentemente
Tarma, 1852-71; una nuova ediz. si sta pubblicando sotto gli au-
spici di papa Leone XIII, Eoma, 1882 e seg.) primeggia la Summa
totius theologice, che ebbe centinaia di edizioni (la pi recente cu-
rata dal Billuart, 1884-86) e fu si pu dire il Manuale teologico
del quale si serv Dante Alighieri. 11 Poeta lo ricorda Purg. xx, 69.
Par. x, 99. Conv. il, 15, 95; iv, 8, 2; IV, 15, 91; iv, 30, 20. Moti.
n, 4, 4.
Sulla vita di S. Tommaso cfr. Ada Sanct. Martii i, 655 ad
VII Mart. A. Thouron, Vie de St. Thomas d'Aquin avec un expos
de sa doctrine et de ses ouvrages, Parigi, 1737. G. de Rubeis, De
gestis et scriptis ac doctrina S. Thomce Aq., Venet., 1750. Qutif
et Echard, Script. Ord. Prced. i, 271-83. Carle, Hist. de la vie
et des crits de S. Thom., Par., 1846. Bareille, Hist. de S. Thom.,
a
ibid., 1846, 4 ediz., 1862. Vaughan, St. Thomas of Aquin, 2 voi.,
Lond., 1871-72. Cicognani, Sulla vita e sulle op. di S. Tom.,
Ven., 1874. Principalmente: Karl Werner, Der heil. Thomas voti
Aquino, 3 voi., Regensb., 1858-60. Vedi pure Fr. Palermo, S. Tom-
maso, Aristotile e Dante, Fir., 1869. A. Conti, S. Tom. e Dante,
nella sua Stor. della filosofia il, 132-243. J. Frohschammer, Die
Philosophie des Thomas von Aquino, Lipsia, 1889.
Ara, voce provenz., Ora, Adesso ; Purg. xxvi, 145.
Arabi per Arabi sono chiamati da Dante i Cartaginesi, Par.
Vi, 49. Imper che Dido.... fu educatrice di Cartagine, venuta da
Sidonia in Africa.... E perch Siria a tempo dell'autore gi era ve-
nuta sotto il nome d'Arabia, alla quale vicina, per chiama li Si-
doni Arabi e li Fenici; Buti. - Et licet Arabia multum distat
a Cartagine, tamen plures Arabes venerunt cum Hannibale.... Modo
Aragna -Arare 119
auctor volendo laudare signum aquile, dicit quod cum ilio pugnave-
runt illi Romani, qui expugnaverunt arrogantiam illorum Arabum,
qui venerunt cum Hannibale; Serrav. - Mand a terra, questo
segno de l'aquila, l'orgoglio, e la superbia de gli Arabi, che con
diverse altre Barbare nationi passaron dietro ad Annibale; Vell.-
Il nome Arabi s'adopera dal Poeta, com'era in uso antico, ed
pur oggi, qual nome generico e significare qualsivoglia abitatore del-
l'Affrica settentrionale, e massime delle genti mercenarie, le quali
componevano gli eserciti di Cartagine; Biag. - Arabi, chiamati
cosi gli africani, perch erano nomadi. Virgilio dice nel iv del-
l' Eneide, in bocca di Didone Nomadumque petam connubio, sup-
:
pex ? volendo intendere de' principi africani suoi vicini, che tante
volte aveano richiesta la sua mano. Il qual passo di Virgilio cos
tradotto dal Caro: Pro ferir ommi per consorte io stessa - D' un
zingaro, d'un moro, o d'un arabo ? Ecco chi son gli Arabi in am-
plissima significazione. Ed in fatti gli uomini del deserto, anche
in Africa, si chiamano arabi beduini; Betti. - Dante con questo
nome volle designare gli Africani o meglio i Cartaginesi a cagione
della origine loro, poich si vuole siano venuti dall'Arabia Felice;
Bocci.
Aragna, dal gr. pd/^vyj, lat. aranea, Insetto che forma una
tela sottilissima da prendere altri insetti di cui si nutre; pi comu-
nemente si dice Ragno ; Purg. xit, 44.
Ar agne, 'Apa^wj, Arachne, figlia del tintore Idmone da Co-
lofone, tessitrice rinomata in tutta la Lidia. Insuperbita sfid Pallade
a chi tessesse meglio. Minerva le si present travestita da vecchia,
per esortarla a moderare il suo orgoglio; ma Aragne si rise di lei
e rinnov la sfida. La dea, scopertasi, accett. Ed allora Aragne si
mise al lavoro e lo esegu in modo, che Pallade non pot non darsi
per vinta. Indispettita, la dea stracci la tela e colp colla spola
il capo di Aragne, la quale poi, disperata, s'impicc. Impietositane,
Pallade le conserv la vita e la convert in ragno cfr. Ovid., Met.
;
vi, 5-145. Inf. xvn, 18. Purg. xn, 43.
Aragona, provincia nel Regno di Spagna; Purg. in, 116 (sopra
questo luogo cfr. Onore) cfr. Federigo, Pietro di Aragona, Ia-
;
copo, Giovinetto (= Alfonso di Aragona).
A randa, cfr. Randa.
Arare, dal lat. arare, usato a modo di Neut., Lavorare la terra
coir aratro; Inf. xxvi, 30.
20 Arbia-Arca (dell')
Arbia, piccolo fiume presso Montaperti nel Senese, dove
il 4 set-
tembre 1260 fu data sanguinosa battaglia nella quale i guelfi di
la
Firenze furono sconfitti in modo che, al dire del Vill. vi, 79, sen-
z'altro commiato o cacciamento, colle loro famiglie piagnendo usci-
rono di Firenze e andarsene a Lucca; Inf. x, 86. - E morivvi
tanta gente, che parecchi d (!) fu l'acqua de FArbia rossa; An.
Sei. - Per la qualle schonfita a uno fiumiciello della detta chon-
trada nominato Arbia per lo sangue si vole dire che laqua in rosso
cholore si turbase; Iac. Dant. - Appresso lo detto Monte Aperti
un fiume, che appellato Arbia, lo quale, quel die che fue la rotta
e '1 fracasso de' fiorentini, per la moltitudine del sangue l sparso,
si tinse tutto di rosso Lan. - Molta gran quantit di loro (dei
;
Fiorentini) e di loro amici furono in questa sconfitta uccisi; il sangue
dei quali n'and infino in un fiume ivi vicino chiamato Arbia;
JBocc. - Ove essendo morti.... pi che quattromila Fiorentini, si
tinsero e fecer rosse de '1 lor sangue 1' acque di esso fiume d'Ar-
bia ; Gelli.
Arbitrio, dal lat. arbitrium ; 1. Potenza che l'uomo ha di
determinarsi ed operare, secondo il giudizio della propria ragione,
che anche dicesi Libero arbitrio; Purg. vili, 113; xvi, 71; xvin, 74;
xxvn, 140.- 2. Per Volont, Talento, Voglia; Par. v, 56.
Arbore, dal lat. arbor, lo stesso che Albero; ma voce pi
propria della poesia; Inf. xxv, 59. Purg. xxn, 131, 139; xxm, 73;
xxiv, 113; xxix, 43; xxxn, 46, 113; xxxm, 72. Par. xvin, 29. In
taluno di questi passi qualche testo ha Albero invece di Arbore;
cfr. Albero.
Arboscello e Arbuscello, dal lat. arbuscula; Diminut.
di Arbore; Piccolo albero; Purg. xxvn, 134. Par. xn, 105.
Arca, 1. Propriamente Cassa, commessa a doghe
dal lat. arca;
incastrate una nelF altra e fermate con chiodi di legno Par.
l' ;
xn, 120, nel qual luogo Arca vale il Cassone da riporvi le biade;
cfr. Caverni, Voci e Modi, p. 19. - 2. Per Cassa da morto, Feretro,
Deposito mortuario; Inf. IX, 125; x, 29. - 3. Per similit., trovasi
detto per la Cassa del carro; Purg. xxxn, 125.-4. Arca, e anche
Arca del patto, dell'alleanza, del testamento, si disse quella ove
Mos fece riporre le tavole della legge Purg. x, 56. Par. xx, 39. -
;
5. Mettere in Arca, detto per Accumular danaro; Par. vili, 84. -
6. Arche sono detti gli Spiriti beati; Par. xxm, 131.
Arca (dell'),nome di una nobile famiglia fiorentina, la cui
origine si perde nei remotissimi tempi. I cronisti e gli storici an-
Arcanamcnte-Architettura della Divina Commedia 121
tichi fiorentini la dicono discesa da Roma. Ebbe tenute ampie e
castella in contado, casamenti e torri in citt. Un Tano dell'Arca
fu creato cavaliere da Carlo Magno; un altro si chiam Filosofo,
anch'esso cavaliere, e fu dei Crociati nella impresa di Terra Santa
al tempo di Onorio III. Pare che questa famiglia si spegnesse negli
antichi tempi, non trovandosi ricordata dopo il 1300, perch non
credonsi usciti di tale stirpe Pietro e Francesco di Andrea dell'Arca
che furono squittinati nel 1381. Lord Vernon., Inf., voi. n, p. 415.
Dante ricorda questa famiglia per bocca di Cacciaguida Par. xvi, 92.
Arcanamente, da arcano, Misteriosamente, In modo arcano;
Purg. xxix, 120.
Arcangelo e Arcangiolo, dal gr. px.YY ^S (= principe
degli angeli), lat. archangelus, Angelo di ordine pi elevato, il se-
condo nella terza gerarchia degli angeli; Par. xxvm, 125. Conv.
il, 6, 32.
Arcano, dal lat. arcanum, Cosa segreta, Mistero; Par. xxvi, 44.
Archemoro, figlio di Licurgo re di Nemea; si chiamava Ofelte.
Dato fanciulletto in custodia a Isifile, ella lo depose un d sull'erba
per mostrare ad Adrasto la fonte Langia, ed il bambino, morso da una
serpe, fin miseramente! brevi suoi giorni. Anfiarao vaticin ai sette
re che marciavano contro Tebe la medesima sorte, onde questi lo
chiamarono Archemoro (= precursore nel destino) ed istituirono in
memoria di lui i giuochi nemei. Conv. in, 11, 123. Cfr. Stat., Theb.
v, 678.
Archiano, oggi Archiana, torrente che si forma da due rivi
negli Apennini sopra l'rmo di Camaldoli, forma il confine tra Bib-
biena ed il Casentino e si versa nell'Arno appi del poggio setten-
trionale di Bibbiena; cfr. Eepet. I, 105. Purg. v, 95. 125.
Archimandrita, da p^wv if\c, {avSpag, Prcefectus ccenobii
(jiavopa si conventuali come pecore di Cristo xaTf
chiamarono i
;ox^v), titolo che la chiesa greca d a quegli abati che sono pre-
posti a pi monasteri. Dante lo d a S. Francesco; Par. XI, 99. -
Archimandrita vocabulo di Grammatica che si diriva da Archos,
quod est princeps, et mandrita quod est pastor ; lo qual nome ben
si conviene a santo Francesco, ch'elli fu pastore sopra tutti li suoi
frati e sopra li pastori de loro, cio sopra li ministri delle Pro-
vincie Buti.
;
Architettnra delia Divina Commedia. Omnia in
mensura, et numero, et pondere disposuisti, suona una sentenza
scritturale (Sapient., xr, 21). Anche il Poema sacro nel suo tutto
122 Arcione
e nelle singole sue parti accuratamente disposto in misura, numero
e peso. La norma fondamentale per l'architettura del Poema il
simbolismo dei numeri, per il quale gi nella Vita Nuova Dante
mostra tanta predilezione. Significanti sono specialmente per lui il
numero perfetto, cio il dieci, il tre ed il nove (cfr. Numero), ed
appunto questi tre numeri dominano tutta l'architettura del Poema.
Esso consta di tre Cantiche, tre essendo i regni dell' eternit. 11 tre
domina la rima, tutto il Poema essendo dettato in terza rima. Ogni
Cantica ha trentatre canti: il tre elevato alla dignit del numero
perfetto ed unito con s medesimo. Alla prima Cantica precede un
canto di proemio generale, onde tutti i canti sono cento: il numero
perfetto moltiplicato per s medesimo. Ognuno degli spiritali tre
regni ha nove regioni: il tre per s medesimo moltiplicato; cio
VInf. nove cerchi, il Purg. un Antipurgatorio, sette Cerchi ed il
Paradiso terrestre, il Par. nove cieli. Nello stesso tempo domina
pure nell'architettura dei tre regni il dieci, il numero perfetto : ai
nove cerchi dell'Inferno si aggiunge un Vestibolo; nel Purgatorio
abbiamo un' isoletta prima di entrare nell'Antipurgatorio ed ai
nove Cieli si aggiunge V Empireo. Il tre, il nove ed il dieci si fanno
valere anche in cose di importanza secondaria: tre fiere che si op-
pongono alla salita di Dante al monte tre donne benedette che ;
hanno cura di lui nella Corte del Cielo; tre guide nel mistico viag-
gio (Virgilio, Beatrice, S. Bernardo); tre faville che hanno i cuori
accesi; ire furie infernali, tre facce di Lucifero, ecc. (Cfr. tre).
L'architettura accuratamente premeditata si mostra anche nella
partizione dei versi e delle parole. Veramente
cento canti sono di i
vario numero di versi, cio 2 di 1 15 124; 4 di 130; 4 di 133; 13
; 1 di
di 136; 16 di 139; 16 di 142; 13 di 145; 13 di 148; 9 di 151; 7 di 154;
1 di 157; 1 di 160. Ma in ogni Cantica si ha, ragguagli ataraente,
un eguale numero di versi: neWInf. 4720, nel Purg. 4755, nel
Par. 4758, che insieme fanno 14,233. Ed in ogni cantica si ha pure,
ragguagliatamente, un eguale numero di parole: nelF Inf. 33,444; nel
Purg. 33,379; nel Par. 33,719, che insieme fanno 99,542, onde man-
cano 458 parole per 100,000, corrispondenti ai 100 canti, cio a 1000
parole per canto. Il minimo delle parole adoperate in un canto 802,
il massimo 1107. Tenuto conto delle ripetizioni, le 99,542 parole si
riducono a 5860, non compresi i nomi propri delle persone e de' luo-
ghi, che sono 1615. Cfr. Mariotti, Dante e la statistica delle lingue,
p. 25 e seg. ;57 e seg. Sull'architettura delle singole parti cfr. In-
ferno, Purgatorio, Paradiso, ecc.
Arcione, prov. arson, catal. arso, frane, argon, spagn. arzon
(dal lat. arcus ? cfr. Diez, 3
Wrt. i , 29), quella parte della sella
Arcivescovo-Ardere 123
o de' basti, fatta a guisa d'arco, che sta dinanzi e di dietro al ca-
valcatore. Inforcare l'arcione o gli arcioni, vale Montare in
sella; Purg. vi, 99.
Arcivescovo, dal gr. pyj.nioY.ono<z archiepiscopus, ti-
, lat.
tolo di dignit ecclesiastica, che si d a colui il quale governa una
chiesa metropolitana; Inf xxxm, 14. Cfr. Ruggieri.
Arco, dal lat. arcus; 1. Strumento piegato a guisa di mezzo
cerchio per uso di tirar freccie, palle o altro; Inf. xn, 60, 63. Purg.
xxxi, 17. Par. i, 119; xxix, 24. - 2. E fguratam. per Attenzione,
Desiderio e simili; Purg. VI, 131; xvi, 48; xxv, 18. Par. IV, 60;
vili,103; xv, 43; xxvi, 24. Conv. IV, 22, 17. - 3. E pure fguratam.
l'arco dell'esilio; Par. xvn, 57.-4. La curvatura dei vani, for-
mata a guisa di qualsivoglia parte di cerchio, e dicesi anche di qua-
lunque tratto o linea curva; Inf. vii, 128; xn, 52; xvm, 102; xix,
128; xxiv, 68; xxvn, 134; xxxiv, 15. Purg. xm, 6; xxxn, 30. Par.
xvm, 62; xxvn 80.-5. Dicesi anche la curvatura del sopracciglio;
Par. xx, 50, 61.-6. E detto della curvatura della schiena; Inf.
xxn, 20. - 7. E della curvatura di un ponte; Inf xvm, 111; XXI, 108.
Purg. xix, 42.-8. Arco degli anni, detto fguratam. del corso della
vita che rappresentasi a guisa d'una curva; Purg. xiii, 114. Conv.
iv, 23, 48 e seg.-9. Per Arcobaleno, Iride; Purg. xxix, 78. Par. xn, 11.
Arco (de), cfr. Moronto.
Ardente, da ardere, lat. ardens ; 1. Che abbrucia, ed anche
Che infuocato, tanto al proprio che fguratam. Purg. xxn, 120.
Par. x, 76; xxi, 14; xxm, 83.-
Per Lucente, Risplendente, Scin-
2.
tillante; Par. x, 130; xx, 14.-3. Per Pieno d'ardore, d'animo, e
simili; Purg. xxvn, 96. Par. xv, 43; xxm, 8; xxiv, 29, 138; xxv, 108.-
4. Ardente di fare una cosa, vale Fortemente desideroso di farla, Ane-
lante a quella; Par. xxxi, 142.
Ardere, dal lat. ardere; 1. Abbruciare, Essere infuocato; Inf.
xm, 40; xiv, 141; xxiv, 101; xxix, 107; xxx, 75. Purg. IX, 31;
xxvi, 15; xxix, 150. Par. xvm, 100. - 2. E in forza di Neut. Essere
in fuoco; Purg. xvm, 78. - E fguratam., usato per elissi nel signi-
ficato di Ardere d'amore, d'ira, di sdegno, di desiderio e simili; Inf.
xxvn, 24. Purg. xv, 57; xxix, 61. Par. vii, 65; ix, 97; xv, 76;
xxm, 22; xxvi, 90; xxvn, 90; xxxm, 28. - 4. E per Risplendere,
Mandar luce molto viva; Pur. vili, 90. Par. xix, 5. - 5. Detto anche
degli occhi, dello sguardo, del riso Par. in, 24 xv, 34. - 6. Rife-
; ;
rito ad affetti, passioni, ecc., come Ardere d' amore, di sdegno, di
rabbia, di desiderio, ed anche nell'amore, nel desiderio e simili, vale
;
124 Ardimento-Ardore
Sentire gagliardamente quei dati affetti o passioni; Purg. xxvi, 18.
Par. in, 69; xXn, 32; xxvi, 15; xxxi, 100. - 7. Ardere di far chec-
chessia, vale Averne ardente desiderio; Inf. n, 84.
Ardimento, l'essere ardito, ardire, Purg. xxix, 24.
Ardinghi, antica famiglia di Firenze, del quartiere di Porta
San Piero; Vill. iv, 11. Iacopo Ardinghi cavaliere sedeva nel
cfr.
consiglio nel 1215 quando vennero ratificate alcune convenzioni con
i Bolognesi. Nel ruolo dei soldati che combatterono a Montaperti
rammentato un Ardingo di Pegolotto tra i consiglieri del Gonfa-
loniere dei balestrieri del suo sestiere. Tenne questa famiglia a parte
guelfa, e nel 1246 combatt contro le famiglie ghibelline di Por
San Piero. Nel 1280 segnarono la pace coi ghibellini, Puccio e Fa-
rinata di messere Ardingo e Lotto figlio di Puccio. Questo Lotto
fu uomo assai distinto, e dopo di avere per sette volte tenuta la
dignit Priorale tra il 1300 ed il 1324, govern la repubblica come
Gonfaloniere di giustizia nel 1318. Difese inoltre Firenze contro
Arrigo VII, motivo per cui fu da quel monarca dichiarato ribelle
dell' impero, nella celebre sentenza del 1313. Gli Ardinghi si estin-
sero nel secolo XIV, ed assai probabilmente in Antonio di Niccol
di Lotto, morto il 23 agosto 1383. Lord Vernon, Inf. voi. n, p. 417
e seg. - Questi sono al presente in bassissimo stato e pochi; Ott.
Dante li menziona per bocca di Cacciaguida Par. xvi, 93.
Ardire, dal longobardico ardire o adardire, venire a tenzone,
e questo probabilmente dal ted. kart, duro, fermo, vigoroso (o forse
dal lat. audere =
osare?); prov. ardir, enardir; frane, enhardir
cfr. Diez, Wrt. i 3 , 29 e seg. 1. Avere ardire, Arrischiarsi; Par.
xxxi, 137. - 2. Ardire una cosa, in forza di Attivo, vale Avere
ardimento di farla; Inf. xxx, 14.
Ardire, sost.Prontezza d'animo nell' intraprendere cose diffi-
cili e pericolose, Coraggio, Ardimento; Inf. il, 123, 131. Purg. xvin, 9.
Ardito, Add.
partic. pass, di ardire, usato in forza di semplice.
1. Che ha Animoso, Coraggioso; Inf. xvn, 81; xvin. 89;
ardire,
xxiv, 60. Purg. xv, 100. - 2. E tguratam. Par. xxm, 68. - 3. Vale
pure Che mostra ardire; Purg. xm, 121.-4. Per Temerario, Inso-
lente e simili; Inf. vili, 90; xix, 99; xxvin, 102. Par. xxxn, 122.-
5. Ardito a fare una cosa, vale Che ha l'ardimento di farla; Par.
xxxiii, 79. - 6. Detto di salita, e in generale di ci che si solleva,
vale Erto, Eipido, Quasi perpendicolare; Purg. xn, 103.
Ardore, dal lat. ardor ; 1. Calore che arde, Arsura, Arsione;
Inf. xiv, 37; xxv, 64. Purg. xxv, 122. - 2. E per Caldo intenso;
Arduo-Aretino 125
Inf. IX, 68 (cfr. Vento). -3. E per Passione ardente d'amore; Purg.
xv, 70; xxi, 94. Par. xi, 37; xiv, 40, 41, 50, 92; xxn, 54 ; xxxi, 17. -
4. E per forte e vivo Desiderio; Inf xxvr, 97. Par. xxix, 48;
xxxiii, 48. - 5. Ardore santo, divino o divo, poeticam. detto del
santo Spirito o del divino Amore; Par. vii, 74.
Arduo, dal lat. arduus ; 1. Malagevole a salirsi, Erto, Elevato;
e figuratane per Difficile, Malagevole a farsi o a intendersi o a con-
seguirsi; Par. xxx, 36.-2. E per Grandioso, Magnifico, Operato
con grande travaglio; Par. xxxi, 34.
Ardura, Arsura, Bruciore. Nel luogo Inf. xiv, 42 alcuni testi
hanno ardurA; la vera lezione pare per che sia arsura, come
hanno la gran maggioranza dei codd., delle ediz. e dei corani, ant.
Arena, dal lat. arena, Terra arida, trita, infeconda che tro-
vasi per lo pi sul lido del mare, nel greto dei fiumi, e ne' deserti;
Inf. ni, 30; xiv, 13, 38, 74, 81; xvi, 40; xvn, 33, 35; xxiv, 85.
Purg. xxvi, 44. In taluni di questi passi molte edizioni leggono
rena invece di arena. Coli' autorit dei codd. non si pu decidere
quale sia la vera lezione; che il larena, snllarena, suarena dei
codd. pu essere l'arena, sull'arena, su' arena ( sua arena), e
pu anche essere la rena, sulla rena, sua rena. Cfr. rena.
Aretino, 1. Abitante di Arezzo; Inf, xxn, 5. Purg. xiv, 46
(cfr.botoli): Vulg. FI. i, 10, 56; i, 13, 22.-2. L'Aretin che ri-
mase, Inf xxx, 31, Griffolino d'Arezzo (cfr. Griffolino).- 3. L'Are-
tino ricordato Purg. vi, 13 Benincasa da Laterina, giudice d'Arezzo,
uomo dottissimo in iure civile (lan.) e dottore eccellente (Serrav.),
valentissimo in ragione, compagno di messer Accorso da Firenze
che chios le leggi (An. Fior.). Essendo Vicario d'Arezzo condann
a morte uno (Ott., Petr. Dani., Cass., Falso Poco., An. Fior.,
Serrav.) o due (Lan., Buti, Land., Veli., Dan.) stretti parenti di
Ghino di Tacco, chi dice un suo fratello Cervo (Lan.), o Tacco
(Ott., Dan.), o Turino (Petr. Dant., Buti, An. Fior., Land., Veli.)
ed un suo zio (Lan., Buti, Land., Veli.), chi dice un altro suo
fratello (Ott., Dan.), oppure suo padre Tacco (Aquarone) essendo
essi rubatori et omini violenti, aveano tolto al comune di Siena
uno castello che era in Maremma, e quive stavano e rubavano chiun-
que passava per la strada Buti. Andato Benincasa a Roma come
ufficiale (An. Fior.), o vicario di papa Bonifacio (Lan.), o giudice
del tribuno (Buti), Ghino transvestitus et simulatis vestibus, venit
ad curiam romanam (Serrav.) ed uccise Benincasa sulla sala dove
si tiene la ragione (Lan.) e se ne fugg portando seco la testa
126 Aretnsa- Argento
dell'ucciso (Buti, Land., Veli., Dan., ecc.). Cfr. Giglt, Diario Sa-
nese li, 312 e seg. Bocc., Decani, n, 8; x, 2. Manni, Stor. del
Decam., p. 211 e seg., 541 e seg.
Aretusa, 'Aps&ooaa, nome di una delle ninfe Nereidi, della
comitiva di Diana. Invaghitosene Alfeo la perseguit, onde Diana
per salvamela la trasform in fonte; Inf. xxv, 97. Cfr. Ovid. Met. v,
572-671. Vieg. Georg, iv, 344 e seg.
Arezzo, citt di Toscana a 55 chilom. da Firenze; Inf. xxix,
109. Cfr. Gkiffoltno.
Argenti (Filippo), Fiorentino iroso e bizzarro; Inf. viti, 61.
- Fuit unus ex potentibus popularibus Civitatis Florentie ;
Bambg. - Fu degli Adimari; An. Sei. Cos pure lac. Dani. -
Non ebbe mai alcuno atto di vertude nella sua prima vita, ma sem-
pre fu superbo et arrogante; Dan. - Degli Adimari di Firenze,
cavaliere di grande vita, e di molta spesa, e di poca virtude e va-
lore Ott. - De Adimaribus de Florentia, hominem multiim jam
;
superbii m et arrogantem; Petr. Dani. - Divitis fortis et pul-
chri qui equum ferris argenti ferrari fecit; Cass. - De Cavicciuli,
cavaliere ricchissimo, tanto che esso alcuna volta fece il cavallo,
il quale usava di cavalcare, ferrare d' ariento, e da questo trasse il
soprannome. Fu uomo di persona grande, bruno e nerboruto e di
maravigliosa forza, e pi che alcuno altro iracundo, eziando per
qualunque menoma cagione; Bocc. Cfr. Bocc. Decam. ix, 8.- Ni-
mico didante perchera diparte nera edante era diparte biancha;
Falso Bocc.- Vir quidem superbissimus, iracundissimus, sine vir-
tute vel civilitate, displicentissimus, quia erat de stirpe numerosa
valde, et pulcer et fortis corporeet dives valde, quae omnia sibi
materiam arroganti ministrabant, habebat summe odio populum
florentinum, habebat unum equum quem vocabat equum populi Fio-
rentine, quem promittebat omnibus petentibus eum mutuo; de mane
equus erat paratus tempestive et dabatur primo venienti; postea
aliissupervenientibus dicebatur: tarde, tu fuisti praeventus, et sic
eludebat spes multorum, et de hoc habebat solacinm et risum;
Benv. - Una volta, avendo questione con Dante, diede uno schiaffo
a Dante perch erano di diverse e contrarie parti. E sempre fu ini-
micizia massima fra loro due; An. Laur. XLTi, 14.
Argento, dal lat. Argentimi; 1. Metallo di colore bianco lu-
cido, malleabilissimo, duttilissimo, ed il pi prezioso dopo l'oro
ed il platino; Inf. xiv, 107; XIX, 4, 95, 112. Burg. vir, 73; ix, 118.
Bar. xvn, 84; xvm, 96; xxn,88. - 2. Per Moneta d'argento, e anche
per ogni sorta di moneta (come il frane, argent); Inf. xxxn, 115.
Argia -Argomentare 127
Argia, Adrasto, re degli Argivi, sorella di
'ApysJa, figlia di
Deifile e sposa di Polinice; xxit, 110. A quest'Argia appar-
Purg.
teneva lo sventurato adornamento; Purg. XII, 51, cio l'infausta
collana che piacque tanto ad Erifile, da indurla a tradire il ma-
rito Anfiarao. Cfr. Adornamento, Adrasto, Deifile, Polinice.
Argine, lat. arger per agger ; Rialto continuato di
dal prisco
terra posticcia, per tenere a freno le acque dei fiumi, dei
fatto
laghi ecc.; per estensione si d questo nome anche a un riparo con-
simile fatto di materiali o di legname ecc. Inf. xv, 3. 17; xvni,
17. 101; xix, 40. 129; xxi, 136.
Argo, "Apyoc;, figlio di Agenore, o Arestore, o Inaco ecc. Il sno
corpo era pieno d'occhi, onde fu nominato 7iav7iTYj, cio onniveg-
gente. Giunone gli commise la custodia della povera Io, trasfor-
mata da Giove in giovenca; ma Mercurio addorment Argo per
ordine di Giove col suono del flauto, quindi gli tagli la testa. Giu-
none raccolse allora gli occhi dell'ucciso e ne orn la coda del
pavone, suo uccello favorito ed a lei sacro ; Ovid. Met. i, 568-
cfr.
747. Nominato Purg. xxix, 95; cfr. Purg. xxxn, 65 e seg.
Argo, 'apY,= veloce, nome della nave degli Argonauti, la
quale fu la prima nave che solcasse il mare, onde fu cagione di
maraviglia a Nettuno; Par. xxxtit, 96; cfr. Catul. Epith. Pel. 14.
Argolico, oriundo o abitante dell'Argolide nella Grecia. Gente
argolica chiama Dante i Corsali greci Inf. xxviii, 84. Alcuni an-
;
tichi {Lan., But., ecc.) si avvisano che per gente argolica siano
da intendere naviganti in generale, cos chiamati da Argo, che fu
la prima nave de' Greci che and per mare.
Argomentare, dal lat. argumentari ; 1. Addurre argomenti
o ragioni, Dimostrare per via di argomenti Purg. ivi, 130. Par.
;
il, 63 (nel qual luogo Argomentare usato come Sost. per Argo-
mentazione). - 2. E per Pensare, Ragionare, Divisare Purg. xxv, ;
15. Par. iv, 49. - 3. In forza di Att. vale Inferire, Dedurre per via
d'argomenti; Purg. xxxin, 97. Par. iv, 19; v, 25; vii, 145; XI,
138 (sul qual luogo cfr. Correggier). - 4. E in forza di Neut. pass,
vale Adoperarsi, Travagliarsi, Studiarsi; Inf. xxn, 21. Par. xxv,
118. - 5. Nel luogo Purg. vi, 129 il significato di Argomentare di-
pende dalla lezione la quale i codd. non raffermano, il sargomenta
o siargomenta potendosi leggere s'argomenta (si arg.), o s argo-
menta. Leg gendo s'argomenta (col Buti, Da Colle, Serrav., Land.,
Veli., Rovil., Lomb., Betti, Dion., Torell., Ces., Cost., Sicca, Wagn.,
Mauro Ferr., Frat., Andr., Bennas., Corn., Bl., Witte, ecc.) il
128 Argomento
senso : Si provvede, s' ingegna di non meritarsi tali rimproveri.
Leggendo invece s argomenta (col Benv., Crus., Dan,, Voi., Veni.,
Pori., Pogg., Biag., Fosc, Viv., Torri, Quattro Fior., Tom., Giob.,
Br. B., Em. Giud., Brunet., Greg., Fanf., Frane., ecc.) il senso :
Pensa, Ragiona per l'appunto come faccio io. - Benv.: Providet sibi
tamquam populus sagax, cum tamen ab antiquo vocetur csecus, quasi
dicat, per contrarium, ista digressio principaliter tangit te. -Buti:
non pillia argomento contro
Si de' intendere per lo contrario, cio che
la tirannia deigrandi de la citt, come dovrebbe fare ogni virtuoso
e vigoroso populo. - Land.: Per ironia, perch danna il popolo,
che non s'argomenta a insurgere contra alle tirannidi de' potenti.
- qual si sollecita e sprona, ma intende nel mal ope-
Veli.: Il
rare. -Dan.: Che si fa cos audace, che vuol reggere et gover-
nare il tutto, et havrebbe bisogno d'esser retto et governato.
-Veni.: S'ingegna s bene di mantenersi in splendore, delibera s
bene ne' pubblici consigli. - Lomb.: Che s'ingegna, che si studia
(ellissi), intendi, di farti essere di condizione diversa dalla de-
scritta comune ad Italia tutta. - Biag.: Adopera s che questa
digressione non ti pu toccare. - Tom.: Argomenta s bene.
- Betti.: Argomentarsi qui chiaramente (?) per Provvedersi, pa-
rola della bassa latinit, di cui abbiamo non pochi esempi nel vol-
gar nostro.
Argomento, e anche Argumento, dal lat. Argumentum ;
1. Ci che si adopera per provare una cosa di un'altra, Eagiona-
mento, Raziocinio, Dimostrazione; Inf. xxvu, 106. Purg. xxxi, 75.
Par. iv, 89; xxvi, 25. - 2. Argomento, e Argomento della mente,
per Facolt di argomentare, di ragionare, Ingegno, Accorgimento ;
Inf. xxxr, 55. Par. xv, 79. - 3. E per Espediente, Provvedimento,
Rimedio; Purg. xxx, 136.-4. E per Prova, Indizio, Segno, Ri-
prova; Inf. xix, 110. Par. xvn, 135, 142; xxiv, 65, 69, 78 ( Per
argumentum intellectus inducitur ad inh?erendum alicui vero; unde
ipsa firma adhassio intellectus ad veritatem fidei non apparentem
vocatur hic argumentum.... Per hoc enim quod dicitur argumentum
distinguitur fdes ab opinione, suspicione et dubitatione, per quae
non est adhsesio intellectus firma ad aliquid; Thom. Aq. Sum.
Il 2 iv, 1). - 5. E per Strumento, Arnese; Purg. li, 31. - 6. E per
,
Cagione, Motivo, Subietto; Par. In questo luogo il signi-
iv, 68.
ficato di Argomento per Alcuni
incerto. interpretano: Che la
divina giustizia in qualche caso particolare sembri ingiusta prova
di fede in essa divina giustizia in generale. Cos Ott., Buti, Land.,
Dan., Voi., Vent., Greg., Bl., Witte, ecc. -Altri: Che la divina
giustizia sembri qualche volta ingiusta, quistione di fede, un pr-
Argonauti -Arguto 129
blema da non gi dalla ragione umana. Cosi
sciogliersi dalla fede,
Torel., Ces.,Kanneg., ecc. -Altri: Che la divina giustizia ci sembri
ingiusta, un motivo per noi di credervi. Cos Lomb., Port., Pogg.,
Biag., Cost., Tom., Br. B., Frat., Bennas., Cam., Frane, Filai., ecc. -
Per che ad alcuno paia, che la giustizia di Dio sia ingiusta,... non
argomento eh' elli erri in fede, anzi argomento ch'elli crede che
Iddio sia (poich'elli lo fa alcuna volta) meno
come se io
giusto;
dico quelli uomo rigido io non dico per eh'
: ; non sia uomo
elli ;
Ol. - Quia bonus homo credit firmiter Deum esse semper justum,
licet videat ssepe aliqua opera iniustissima; et sic credit quod non
videt, quod est argumentum fidei; Benv. - E prova di fede;
Buti. - Apparere iniustam nostram iustitiam in oculis mortali-
bus, est argumentum fidei, idest [argumentum] cum aliqua falsi-
tate arguens contra fdem, et non heretice pravitatis (idest non
induceret in heresim), voi iniquitatis; Serrav. - Dubitando, che
non sia giusta cosa questo, che tiene la nostra fede, afferma la fede
essere. Adunque questo dubbio argomento, cio dimostrazione di
fede; Land.- Quamvis non cognosceres que esset causa quia
minueretur meritus alicuius, hoc est signum fidei et bone credu-
litati et non erronee credulitatis Tal. - Io spiegherei cos in
;
tanta lite de' comentatori, e forse oscurit del poeta: Che agli occhi
umani sembri talora ingiusta la giustizia divina, ci segno d'una
gran fede che abbiamo nella giustizia medesima di Dio, quando
crediamo ch'ella tuttavia non sia ingiusta; e non punto un segno
di nequizia ereticale. Ovvero: Essendo Iddio giustissimo, il parere
agli occhi umani ingiusta
la sua giustizia, dee esser motivo d'aver
sempre pi fede, e non di divenire eretico, facendosi ardito d'in-
vestigare i divini segreti; Betti. - S'intenda giustizia per il
luogo assegnato da Dio ai beati, e sar facile la spiegazione. fede
che la violenza altrui non impedisce la salvazione dunque Dante :
lo credeva: vede quella Piccarda che fu per violenza tolta di mo-
nastero, e che tuttavia rilegata gi basso nella luna per non
avere adempiuto in tutto il suo voto: ci gli pare contro a quel
che insegna la Fede e domanda come ci. Non questo dubbio
;
argomento di fede? Fanf.
Argonauti, 'ApYovaxat, celebri eroi della mitologia greca
che passarono a Colchide per conquistare il Vello d'oro. Cfr. Hom.,
Od. xii, 66. Hesiod., Theog. 992. Pind., Pyt. 4. Apoll., Ehod., Argon.
Apollod. i, 9, 16 e seg. Ovid. Met. vii, 1-158. Eicordati Par. li, 16.
Cfr. Colco, Jason, ecc.
Arguto, dal lat. Argutus; 1. Detto del parlare, vale Acuto,
Pronto, Vivace; Purg. xin, 78 - 2. E detto di faccia, ch'esprime
;
9. Enciclopedia dantesca.
130 Aria-Aristotele
nell'atteggiamento l'acume e la penetrazione della mente; Pur.
xxix, 144.
Aria, dal gr. y)p, lat. aer, Quel fluido elastico e diafano, che
avvolge da ogni parte la terra; necessario alla respirazione e alla
vita degli animali. Nel suo complesso dicesi atmosfera, e dagli an-
tichi fu considerato come uno dei quattro elementi Inf. in, 29 ; ;
xvii, 105. Cfr. Aere, Aura.
Ariadne o Arianna, figlia di Minos e di Pasife. Amante di
Teseo, insegn il modo d' introdursi sicuro nel Laberinto ed uc-
g'
cidere il Minotauro; menzionata Inf. xn, 20. Cfr. Minos, Mino-
tauro, Teseo.
Arido, dal lat. aridis, Mancante d' umore, Asciutto; Inf. xiv, 13.
Ariete, dal lat. aries, in poesia ordinariamente coli' accento
sulla penultima (propriam. maschio della pecora o Montone); la
il
prima delle dodici costellazioni dello Zodiaco Par. xxviii, 117.
;
Conv. in, 5, 58. Cnz.: Io son venuto al punto della rota, v. 41.
Aringo e Arringo, mod. Wn#.
dell'ant. ted. hring,
cerchio =
o giro, Il luogo, o II campo chiuso, dove si usava far giostre e
tornei Lizza, Steccato. Detto figuratam. Par. i, 18. - Aringo
;
lo spazio da correre; ma qui si pone per la materia che ha a trat-
tare 1' autore, cio la gloria dei beati; quasi dica: Infino a qui abbo
trattato la mia materia co le scienzie pratiche; ma da quinci inanti
m' mestieri d'usare e le pratiche e le teoriche: imper che sono
contemplative et anco attive; Buti.
Aristotele o Aristotile, 'ApioxoxXvjs, celebre filosofo greco
da Stagira (onde soprannome Stagirita, SxocYeipxTjc;) figlio del me-
il ,
dico Nicomaco, nato il 384 a. C, pel corso di venti anni discepolo
di Platone, fu dal 343 al 340 il principale maestro di Alessandro
Magno, insegn la filosofia in Atene, dove sofferse molte persecu-
zioni, e mor nel 322 a. C. - Commentationum suarum artiumque,
quas discipulis tradebat, Aristoteles philosophus.... duas species ha-
buisse dicitur: alia erant quse nominabat ^ompota, alia quae appella-
bat xpoocxtxd. 'EgtoxspLxd dicebantur quae ad rhetoricas meditationes
facultatumque argutiarum civiliumqne rerum notitiam conducebant,
&xpoocxtxoc autem vocabantur in quibus philosophia remotior subti-
liorque agitabatur quseque ad naturae contemplationes disceptatio-
nesve dialecticas pertinebant. Huic disciplina quam dixi ctxpoaxix"??
tempus exercendse dabat in Lycio matutinum, nec ad eam quem-
quam temere admittebat nisi quorum ante ingenium et eruditionis
Aritmetica-Armare 131
elementa atque in discendo stndium laboremque explorasset. Illas
vero exotericas auditiones exerciciumque dicendi eodem in loco ve-
speri faciebat easque vulgo iuvenibus sine delectu prsebebat; atque
eum SetXivv rceptaxov appellabat, illuni alterum supra o)xkvv; utro
que enim tempore ambulans disserebat. Libros quoque suos, earum
omnium rerum commentarios, seorsum divisit, ut alii exoterici di-
cerentur, partim acroatici Gell., Noct. Att. xx, 5. Cfr. Dionys.
;
Hal., Epist. ad Ammceum i, 5. DiOG. Laert. v, 1-35. Buhle, Vita
Aristot. per annos digesta, Zweibr., 1791. La migliore edizione
delle opere complete di Aristotile, delle quali lo studioso di Dante
non pu assolutamente far senza, quella curata dal Bekker e con-
tinuata dal Brandes, dal Kose e dal Bonitz, 5 voi., Beri., 1831-70.
Altre edizioni Lips., 1831-32, 16 voi., Lips., 1843, 1 voi. in-fol.,
:
Parigi, 1848-69, 5 voi., ecc. - Nella Div. Com. Dante nomina Ari-
stotile una sola volta, Purg. ni, 43; un'altra volta parla di lui chia-
mandolo Il maestro di color che sanno Inf iv, 131. Nel Conv.
;
lo cita 53 volte, chiamandolo per antonomasia Il filosofo (i, 1,
1, ecc.), e Il maestro della umana ragione (iv, 2, 105), degnis-
simo di fede e d'obbedienza, le cui parole sono somma e altis-
sima autoritade (ix, 6, 37 e seg.), le cui sentenze sono divine
(iv, 17, 17), quindi la somma autorit. E nel De Mon. lo cita
41 volta e qualche volta eziandio nelle altre sue opere, chiaman-
dolo il Magister sapientum (Vul. ET. il, 10, 7), ecc.
Aritmetica, ed anche Arimmetica, dal gr. pifru/yjuxY),
lat.arithmetica, la scienza de' numeri, la quarta delle sette arti e
prima del Quadrivio, comparata al Cielo del Sole; Conv. il, 14,
90 e seg.
Arli, lat. Areate, oggid Ares, citt della Provenza, su la
sponda sinistra del Eodano. Presso Arli ebbe luogo nel settimo se-
colo una gran battaglia tra Saracini e Cristiani I^/". IX, 112. ;
Arma e Arme, dal plur. lat. arma; 1. Ogni arnese o stru-
mento, per lo pi di ferro, d'acciaio o di bronzo, per uso di di-
fender s od offendere altrui; Inf xvn, 2; xxviii, 18. Purg. xx, 73;
xxn, 55. Par. xvi, 47. - 2. E figuratam. Purg. xxxi, 117.-3. Armi,
nel numero del pi, dicesi per Gente armata, Milizia, Esercito; Par.
vi, 25. - 4. Uomo d'arme, vale uomo che attende al mestier del-
l'arme; Inf xxvil, 67.-5. Per Insegna di citt o di popolo, ed
anche Stemma gentilizio di una famiglia; Par. vi, 111.
Armare, dal lat.armare; 1. Guernire d'armi, Vestire l'ar-
matura; Inf iv, 123; xn, 56; xvn, 27. Purg. xn, 32.-2. Armarsi
132 Armento- Armonizzare
di una cosa, dicesi per Provvedersi, Fornirsi, Farsi forte di quella.
Ed usasi pure al figurato; Inf. xx vili, 55; xxxiv, 21. Par. xvn, 109;
xix, 144. - 3. Armarsi, per Disporsi, Apparecchiarsi, Mettersi in or-
dine per fare una cosa; Par. xxiv, 46, 49.
Armento, dal lat. armentum, Branco d'animali grossi dome-
stici, come buoi, cavalli e simili; Inf. xxv, 30.
Armonia, dal gr. p|xovioc, che propriam. vale Giuntura,
Unione;
lat. harmonia; Consonanza e concento s di voci, s di strumenti
1.
tanto a corde quanto a fiato; Par. vi, 126; xvn, 44.-2. Per similit.
Par. i, 78.
Armonizzare, Rendere armonia; Purg. xxxi, 144, sul qual
verso abbiamo diverse interpretazioni. Alcuni antichi, Lan., Petr.
Dant., Cass., Falso Bocc, An. Fior., Land., Tal., ecc., tirano via su
questo verso. Ott.: Quasi dica, per le armonie e sonoritadi de' Cieli
passando. - Benv. : Cum eius dulci harmonia, quam sequuntur
angeli cantando. - Buti : Cantando e sonando dolcemente, cio in
quello luogo dove tratti de le cose del cielo dolcemente e dilettevil-
mente. - Serrav.: Armonizando, idest cantando. - Veli.: L
dove '1 cielo col dolce suono, che secondo i Platonici fa nel moto
(ilqual dicono esser soavissimo) ti copre. - Dan.: L dove il cielo
col dolce suono et armonia, che nasce dal moto di quello, ti vela
et cuopre. Cos in sostanza anche Voi., Veni., Biag., Cosi., Ces.,
Br. B., Greg., Cam., Filai., BL, Wit., Eitn., Krig., Nott., Ozan.,
P. A. Fior., Briz., Batisb., Longf., zzo,. - Lomb.: Pel cielo in-
tende gli Angeli, che gittando fiori adombravano, non lasciavano
intieramente veder Beatrice (Purg. xxx, 28 e seg.) ed aggiunge
:
armonizzando, inerentemente ad avere dichiarato che i medesimi
Angeli sempre armonizzano (Purg. xxx, 92 e seg.). - Portir. : In
quel luogo, dove il del, il coro degli angeli, armonizzando, can-
tando sempre dietro all'armonia delle celesti sfere, t' adombra, in-
tendi, gittando fiori per ogn' intorno. Cos in sostanza anche Pogg.,
Wagn., Tom., Frat., Brunet., Bennas., Frane., Corn., ecc. - Dion. :
Il Poeta dice, che il cielo col volgere armonioso delle sue ruote
adombra, cio effigia e rappresenta tutto il corpo della Sapienza,
o della gloriosa Beatrice che togliendosi il velo si fece manifesta
agli occhi dell' intelletto di Dante. Cos pure Ed. dell' Anc., Ed.
Pad., Borg., Triss., ecc. - Betti : L dove il cielo t' irraggia della
sua luce in mezzo alle armonie angeliche. -Antonelli: L dove
il cielo armonizzando con la terra dell'innocenza, appena con la sua
bellezza rende imagine di tue bellezze divine.
Arnaldo Dani elio- Arno 133
Arnaldo Daniello, Amante Daniel, celebre Trovatore pro-
venzale. Fior nella seconda met del secolo XII e pare che fosse
tuttora vivente nel 1200. Di lui si hanno scarse notizie e delle sue
opere poche sono giunte a noi. Cfr. Diez, Leben nnd Werlce,
ediz., p. 279-92. Canello, La vita e le op. del tro-
a
p. 344-60; 2
vatore Arn. Dan., Halle, 1883. Dante lo trova tra' lussuriosi pur-
ganti, Purg. xxvi, 136 e seg. e lo ricorda Vnlg. El. ir, 6, 46; II,
10, 20; il, 13, 7.
Arnese, dal prov. arnes o arnei, e questo, secondo alcuni, dal
ted. hamisch = armatura ; secondo altri, dal celt. harn = ferro. Nome
generico di tutte masserizie, guernimenti, fornimenti. 1. Per Stru-
le
mento, Ordigno che si adopera a checchessia Pnrg. xxix, 52. - 2. E ;
per Fortezza o altro Edilzio; Inf. XX, 70. Invece Bnti : Arnese
tanto a dire, quanto adornamento quello castello adornamento
;
di quella contrada.
Arnia, dal celt. arn = incavato, Cassetta da pecchie, Alveare;
Inf. xvi, 3, nel qual luogo per VOtt. con alcuni codd. legge arme,
lez. difesa dalloZani de' Ferr., Varie lez., p. 94 e seg., il quale
afferma che molti testi e il Land, hanno arme. I testi hanno in
generale arme, che si pu leggere arme o arnie, e il Land, scrive :
Qual' il rombo, cio il confuso strepito, lo quale fanno V arnie,
cio li vasi dove sono le api, overo pecchie. Anche il Gelli legge
arme, indotto dall' autorit dell' Ott. e dal non aver mai trovato
in paese alcuno che le cassette delle pecchie si chiamino arnie.
L' autorit dell' Ott. pi che contrappesata da quella del Bambgl.,
An. Sei., Lan., Cass., Bocc, Falso Bocc, Benv., Bnti, An. Fior.,
Serrav., Land., Tal., Veli., Dan., Cast., ecc., e di arnia per al-
veare la Cr. arreca quattro altri esempi di scrittori antichi ed un altro
arrecato dal Cast. - Iac. Dani, legge api, come hanno parecchi
codd. Barg. ha arvie, ma potrebbe essere un errore dell' editore che
non lesse bene l' amie del manoscritto (amie invece di amie). Vedi
pure Moore, Criticism, p. 312 e seg.
Arno, fiume principale della Toscana, che nasce nel pendio me-
ridionale della Falterona nell'Appennino e mette foce nel Medi-
terraneo ; Inf. xiii, 146 xxm, 95; xxx, 65; xxxni, 83. Pnrg. xiv, 24.
;
Par. 106; coli'
xi, articolo Pnrg. v, 126; per Firenze, situata sulle
:
rive dell'Arno: Inf. xv, 113. Il corso dell'Arno descritto Pnrg.
xiv, 16-54. Chiamato Sarno, Vnlg. FI. i, 6, 14; fiume reale,
Purg. v, 122. Cfr. Vill., Cron. t, 43.
134 Aronta-rretrare
Ar onta. 'Appovg (voce etnisca
cos erano chiamati i figli mi-
;
nori, mentre maggiore si chiamava Pars o Lar), famoso indo-
il
vino etrusco, che ai tempi delle guerre civili tra Cesare e Pompeo
abitava i monti della Lunigiana e presag la guerra civile e la
vittoria di Cesare; Inf. xx, 46; cfr. Lucan., Phars. i, 586 e seg.
Arpa, dal basso lat. harpa, e questo dall' ant. ted. harpha,
moderno Harfe; Strumento musicale a forma triangolare con molte
corde, la maggior parte di minugia, che si suona pizzicando colle
dita; Par. XIV, 118.
Arpie, dal gr. fiprcoiai, lat. harpym, le dee della tempesta, in
forma di uccelli con viso e collo di donna; Inf. xiii, 10, 101. Cfr.
Hom., II. xvi, 150. Od. i, 241. Hesiod., Theog., 267. Virg., Aen.
ni, 209 e seg. Vedi pure Strofade.
Arra, dal lat. arrha, Pegno in danaro, o in altra cosa di va-
lore, che in un contratto di compra, o di opera convenuta, si d
per sicurt dall'una delle parti contraenti, e che si perde non
istando ai patti. Oggi pi comunemente: Caparra. Figuratam. Purg.
xxvni, 93. Par. xix, 145. E pur figuratam. per Vaticinio che pre-
nunzia e garantisce 1' evento; Inf. xv, 94. - Gelli: Egli dice eh' ei
non cosa nuova agli orecchi suoi tale arra, cio tal parte di pa-
gamento (che cos significa arra), che si riporta dal bene operare
per salute del publico (?).
Arrabbiato, dal lat. rabies ; propriam. Preso da rabbia o
idrofobia. E figuratam. per Irato, Infuriato, Inferocito; Inf. xxx, 79.
Arredo, secondo alcuni dal got. raidijan, o dal ted. reiten,
Fornimento, Suppellettile; e detto specialmente della suppellettile
sacra; Inf. xxiv, 138. Cfr. sacrestia, Fucci.
Arrestare, dal lat. restare, premessavi la prep. ad; frane, ant.
arrester ; Fermare per forza, Trattenere, Soprattenere. 1. In forza
di Neut. pass. Fermarsi, Trattenersi; Inf. xm, 24; xv, 38; xxi, 69;
xxnr, 40; xxvin, 53. Purg. n, 87, 90; in, 83; V, 51; vi, 7; Vili, 139;
xxv, 85 (nel qual luogo per molti testi hanno senza restarsi invece
di senza arrestarsi. 11 senzarrestarsi e senzarestarsi dei codd.
si pu leggere nell'uno e nell'altro modo); Par.x, 80;xvm, 81.-
2. E per Indugiare, Perder tempo; Purg. xix, 139; xxvn, 62.
Arretrare, dal lat. retro; Neut. pass. Farsi indietro, Tirarsi
addietro, Ketrocedere; Par. xxxn, 145.
Arricciare-Arrigo 135
Arricciare, da riccio (e dal lat. erectus ?), Avvolgere in ricci,
Inanellare. E in forza di Neut. pass, dicesi del pelo o dei capelli,
quando si rizzano per subitaneo spavento e orrore di checchessia;
Inf. xxiii, 19.
Arridere, dal lat. arridere; Neut. Mostrarsi altrui sorri-
1.
dente, benigno, piacevole ; Par. xxxiii, 126. - 2. In forza
Sorridere ;
di Att. Fare un cenno sorridendo; Par. xv, 71. Arrisemi un cenno
leggono in questo luogo con molti codd. (Cass., Vien., Stocc, Cori,.,
2 Patav., ecc.) Mani., Cr., Com., Dion., Viv., Fosc, Quattro Fior.,
Fanf., Giu., ecc.; Benv., Buti, D'Aq., Vent., Lomb. e quasi tutti
i moderni. Molti codd. (Witte 4, Palat., Chig., 1 Patav., ecc.) hanno
invece arrosemi un cenno, e cos leggono Folig., Iesi, Nap., Vindel.,
Aid., Burgofr., Da Colle, Gio., Bovili., De Bom., Witte, ecc.; Falso
Bocc, Serrav., Land., Tal., Veli., ecc. Areosemi sarebbe da arro-
gere, onde il senso: E mi aggiunse un cenno; cfr. arrogere. N
questa lezione ed interpretazione merita l'epiteto di enorme be-
stialit datole dal Betti.
Arrigo (l'alto),Henricus, l'imperatore Enrico VII di
lat.
Lussemburgo, sul quale Dante aveva fondate le sue pi belle spe-
ranze di vedere ordinate le cose d' Italia e di poter dal canto suo
ritornare a Firenze; Par. xvn, 82; xxx, 137. - Arrigo, nato nel 1262,
era figlio di Enrico II conte di Lussemburgo. Dopo la morte di
Alberto d'Austria fu eletto imperatore il 27 novembre 1308. Salito
appena sul trono, ferm la risoluzione di calare in Italia e, data
l'autenticitc dell'epistola diretta all'imperatore, Dante fu uno di
quelli che andarongli incontro ad inchinarlo (dove ci avvenisse,
se a Losanna, a Milano o altrove, incerto). Disceso in Italia nel
settembre del 1310, Arrigo si cinse a Milano della Corona di Ferro
il 6 gennaio 1311, conquist nel seguente aprile Vicenza e Cremona,
e mosse quindi all'assedio di Brescia, che pot espugnare soltanto
nel settembre 1311, dopo aver sofferto gravi perdite durante il lungo
assedio. Da Brescia, si rec a Genova, da dove mand ambasciatori
ai Fiorentini, i quali non vollero riceverli. Essendo ancora a Ge-
nova, Brescia, Parma, Keggio, Cremona e Padova, istigate dai Fio-
rentini, gli si ribellarono. Egli and da Genova a Pisa, dove si
ferm sino all'aprile 1312, e di l a Roma, dove fu coronato im-
peratore nell'estate del 1312. Venne quindi ad assediare Firenze,
senza verun successo. Ammalatosi ritorn a Pisa, dove fece molti
processi contro a' Fiorentini e contro Eoberto re di Napoli. Ap-
parecchiandosi d' andare con tutto il suo sforzo sopra il re Ro-
berto e torgli il regno, ricadde ammalato e mor a Buonconvento
136 Arrigo- Arrigo d'Inghilterra
il 24 agosto 1313. And voce che un frate dell'Ordine de' Predica-
tori lo avesse avvelenato nel dargli la santa comunione; ma tal
voce non sembra avere verun fondamento storico. - Cfr. F. Bonainj,
Ada Enrici VII, Boman. Imperat., Fir., 1877. Kob. Poelmann, Der
Bmerzug Kaiser Heinrichs VII. und die Politile der Curie, des
Hauses Anjou und der Welfenliga, Norimberga, 1875. Del Lungo,
Dino Comp. i, 3 e seg. 608-638.
Arrigo (de' Fifanti personaggio nominato da Dante una
2),
sola volta, come uno di coloro che a ben far poser gl'ingegni,
Inf. vi, 80, ma del quale non fa poi pi un cenno nel Poema. Non
certo chi costui si fosse. Bambgl., An. Sei., Iac. e Petr. Dant.,
Lan., OH., Falso Bocc, ecc. non ne dicono nulla, probabilmente
perch nulla ne sapevano. Cass. : De Ariguciis. -Bocc.: Gian-
donati.... furono questi cinque onorevoli e famosi cavalieri e citta-
dini di Firenze. - Benv.: Istum numquam nominabit amplius,
sed debet tacite poni cum Musca, quia fuit secum in eadem culpa;
fuit enim nobilis de Sifantibus. - Buti tace. ~ An. Fior.: Mes-
sere Arrigo Giandonati.- Serrav., Barg., Dan. tirano via.- Land.:
Fu nobil cavaliere de' Fifanti, famiglia antica et honorata. - Tal.:
Nobilis de Sifant.- Veli.: Dicono essere stato in Firenze della
nobile famiglia de' Fifanti, cavaliere magnifico, del quale non si fa
pi mentione in alcun luogo. - Gelli, Cast., ecc. non ne dicono
nulla. I moderni s' ingegnano d' indovinare. Ma il fatto , che non
sappiamo di quale Arrigo il Poeta abbia voluto far menzione.
Arrigo d'Inghilterra, il re della semplice vita, Purg.
Vii, 130, 131, Enrico III re d'Inghilterra, figlio di Giovanni Sen-
zaterra, nato il 1 ottobre 1206, succeduto al padre il 18 ottobre 1216,
morto il 16 novembre 1272. Di lui Hume (ap. Lonf. e W. W. Ver-
non) This prince was noted for his piety and devotion, and his
:
regular attendance on public worship; and a saying of his on that
head is much celebrated by ancient writers. He was engaged in a
dispute with Louis IX of France, concerning the preference between
sermons et masses; he maintained the superiority of the latter, and
affirmed that he would rather have one hour's conversation with a
friend, than hear twenty of the most elaborate discourses pronounced
in his praise.E il Dickens (Child's Hist. of England, eh. xv):
He was as much of a king in death as he had ever been in
life. Nella Div. Com. avrebbe meritato un posto tra gli sciau-
rati che mai non fr vivi ma Dante non ne sapeva probabilmente
;
pi del cronista Villani, il quale si contenta di osservare (v, 4) che
Arrigo fu semplice uomo e di buona f' e di poco valore. Cfr.
Arrigo di Lusigiiano-Arrigncci 137
Stubbs, Fpochs of modem History. The early Plantagenets,
Lond., 1876. Pauli, Simon von Montfort, Tubing., 1867.
Arrigo di liiisignaiio, secondo
di questo nome, nel 1300
re di Cipro, uomo dissoluto grandemente sospetto di
e crudele,
avere avvelenato il proprio fratello. Aveva per insegna un leone.
Cfr. Giblet, Istoria dei Me Lusignani di Cipro, lib, ni-v. Dante
lo nomina velatamente Par. xix, 147. - Ott.: L'autore pone e de-
scrive la vita bestiale del re di Cipri, il quale dovrebbe essere
tutto santo, per che dinanzi alla fronte li siede la terra dove il
suo Creatore il sangue sparse. Continuo sta sotto le minacce del
Soldano.... E bene dice bestia, per che tutto dato alle concupi-
scenze ed alle sensualitadi, le quali debbono essere di lungi dal re.
Arrigo (Maliardi), cfr. Manardi.
Arrigo di Navarra, detto il Grasso, fratello del buon re
Tebaldo {Inf. xxu, 52) e suocero di Filippo il Bello, al quale
aveva dato in moglie Giovanna, sua figlia ereditaria. Mor nel 1274
a Pampelona, soffocato nel grasso del proprio corpo. Dante lo men-
ziona senza nominarlo Purg. vii, 104, 109. Molti si avvisano che
in questo luogo non di Arrigo parli il Poeta, ma di Guglielmo di
Navarra (Lan., Benv., Buti, An. Fior., Land., Tal., Veli., Dol.,
Dan., Tom., ecc.). Ma se pel mal di Francia s' ha ad intendere,
come tutti poi intendono, Filippo
il Bello, il suocero di Filippo il
Bello, ossia padre di Giovanna di lui moglie, fu Arrigo, e non
il
Guglielmo; Lomb. Veramente Arrigo fu di natura tutt' altro che
benigna; ma Dante non parla che dell'asceso, cio dell'apparenza
esteriore, come Inf. xvn, 10 e seg. Un antico storico di Navarra:
Et combien que la commune opinion soit, que les hommes gras
sont volontiers de douce et benigne nature, si est ce que celui fut
fort aspre. Serrav.: Ille, qui habet ita benignum aspectum fuit
rei Theobaldus rex Navarre, genitor regis Guillelmi, qui dedit filiam
suam in uxorem Ludovico regi Frantise, ex qua Ludovico natus fuit
Philippus rex Frantise, malus homo. Ma poco dopo: Pater et socer,
scilicet Guillelmus, rex Navarre, et Ludovicus rex Frantie, fuerunt
boni; licet Philippus, filius Lodovici, qui habuit filiam regi Guil-
lelmi, fuerit valde malus.
Arrigo (di Riccardo di Cornovaglia), cfr. colare, colere,
grembo, Guido di Monforte.
Arriguccio antica e nobile famiglia di Firenze, nominata Par.
xvi, 108. Venuti a Firenze, si posero ad abitare nel primo cer-
chio, verso il mercato nuovo, e v'ebbero torri; le loro tenute fu-
138 Arrio
rono nel Poggio di Fiesole, e pi specialmente alla Lastra. Hanno
gli Arrigucci avuto Consoli, e tra questi un Compagno di Arri-
guccio nel 1197, ricordato nella compra del castello di Montegros-
soli, e poi di nuovo nel 1204. Trovaronsi alla battaglia di Monta-
perti nel 1260, nella persona di Neri Bordello, figlio di messer Sovelo
degli Arrigucci; quello stesso che segn poi la pace coi Ghibellini
nel 1280. Le loro case furono malconcie dagl'imperiali, quando il
costoro partito per alcun tempo prevalse, e le loro castella in con-
tado distrutte. Un Alessandro di Daniello Arrigucci fu nel 1389
mandato ambasciatore al pontefice per far lega con la repubblica
fiorentina. Per essere stati gli Arrigucci molto potenti, tardi furono
ammessi al godimento de' supremi onori della magistratura nella
Kepubblica, dalla quale furono anche talvolta resi incapaci (ammo-
niti), e talora relegati fuori della citt e dominio de' Fiorentini.
Figurarono nel secolo XV nel partito contrario ai Medici e a Mi- ;
chele Arrigucci tocc di assaporare l'amaro pane dell'esilio, e di
esser poi fatto ribelle per aver impugnate le armi nel 1434 per
impedire il ritorno alla patria a Cosimo il vecchio dei Medici. Si
spense questa famiglia per la morte di Luigi di Andrea Arrigucci,
avvenuta a Roma 1' 11 novembre 1656. Lord Vernon, Inf., voi. il,
p. 419 e seg.
Arrio, il famoso fondatore della setta degli Ariani; Par. Xin, 127.
Secondo Epifanio (Haer. lxix, 1) era oriundo dalla Libia, e fu di-
scepolo del celebre presbitero antiocheno Luciano. Fu Diacono in
Alessandria nell' Egitto, dove si era recato al tempo del vescovo
Pietro (300-311) in et gi avanzata (Epifanio lo dice ypcov^ vec-
chio), e dove nel 313 fu eletto Presbitero. Mor improvvisamente
a Costantinopoli nel 336. Cfr. G. M. Travasa, Stor. della vita di
Ario, Ven., 1746. Insegnava che Cristo non eterno e consostan-
ziale al Padre, essendo spiritualmente generato dal Padre. La sua
dottrina era: "Ozi ulbc, oux saxiv GcyvTjxog, oSs \ispoc, ysvvVjxou
xax"" ouSsva xprcov, XX' ouxs s uTcoxstjisvou xtvg, XX' zi -9-sXY)[i,ax(.
xa, (touX^ Tzazr} np xpvcov xa Tipo atveov, rcXVjpTjc; Q-sc;, [iovoysvvjs
vaXXowxos, xa Ttpv ysvvyjSyj y\zoi xxia&'fl y\zoi opio%-% v\ O-sjJLsXta)^,
oux yjv
yvYjXOg yp ox yjv; Arti epist. ad JEuseb. Nicom. in
Epiph. Haer. lxix, 6. Ox s fretc, Tcaxvjp vjv, aXX' uaxspov ys-
yovsv
ox s yjv oig, o yp yjv rcpv ysvvyjfryj ox saxiv sx xo
Traxpg, aXX' s ox vxwv TcaxY] xa azc, '
oux axtv ioc, xyjs
oolccc, zo rcaxpc;. Kxajia yp sazi xa uotTjjia, xa oux axtv dcXyj-
%-ivc, %-sc, Xpiaxg, XX \izzoy$ xa axg s^sotcoiy^yj. Ox os
xv Ttaxspa xptpwg utg, ouxs pqc Xyoc; xv rcaxpa xsXsooc; '
xal ouxs auvisi, ouxs yivcaxst xpt(3)c; Xyog xv Ttaxspa oux axiv
Arringo-Arrostare 139
lyi&ivc, %<xi jjtvog axg xou Tcaxpg Xyog, XX' vjxaxt. jjivov
Xysxac Xyog xal aocpia, xai x^P 111, Xysxca ulte, xai Svafug, oux
eaxtv xp7txo d)$ TcaxYjp, dcXX xps7ix axc cpasi, d) x xxtajiaxa,
xa Xsitcsi axq) eie; xaxccXyj^iv xo yveovat, xsXsttoc; xv uaxpa; Athan.
contra Arian. Orat. I, 9. Etxa &eXY]ca 5p,ag ( -9-$) 6vj[icoup-
Y^aat, xxs hi tcstcocyjxsv va xtv xal (vjiaasv axv Xyov xat ao-
cpav xa ucv, iva vjfi Sf axou Sy]|icoupy^a7j ;
ibid., 5.
Arringo, cfr. Aringo.
Arrivare, dal 1. Neut. Propriamente Giun-
lat. ripa, riva;
gere alla riva ; ma comunementeusa per Giungere ad un luogo si
qualunque; Inf. XIII, 1; xiv, 8; XV, 90; xxiv, 72. Purg. V, 98.-2. E
fguratam. Par. xxxi, 15. - 3. Per Accadere, Avvenire, Succedere;
Par. xxiv, 45. - 4. Per Approdare, Purg. xvn, 78. - 5. In forza
d'Att. vale Condurre, Accostare alla riva; Inf. xvn, 8.
Arrogante, dal lat. arrogans, Che ha arroganza, Presuntuoso,
Insolente; Purg. XI, 62.
Arroganza, dal lat. arrogantia, Il presumere di avere quelle
cose lodevoli che altri non ha, o maggiori di quelle che si hanno;
Prosunzione, Insolenza; Conv. IV, 8, 16: Arroganza e dissoluzione
se medesimo non conoscere; cfr. Conv. iv, 15, 86 e seg.
Arrogere, dal lat. arrogare, Aggiungere. Verbo difettivo ed
antiquato; Par. XV, 71 dove per in luogo di arrosemi probabil-
mente da leggere arrisemi; cfr. Arridere 2.
Arroncigliare, da ronciglio, e questo dal lat. runco, Pi-
gliare col ronciglio; e per estensione, Afferrare con qualunque stru-
mento ricurvo; Inf. xxn, 35.
Arrossare, da rosso, e questo dal lat. russus; 1. Neut. Farsi
rosso in viso, per vergogna, sdegno o altra passione; Par. xxvn, 54.-
2. E
per semplicem. Vergognarsi; nel qual significato si usa anche
a modo
di Neut. pass. Pi comunemente Arrossire; Par. xvi, 105.
In questo luogo quei che arrossan per lo stajo non sono i To-
singhi, come dicono Pan., Palai., Buti, ecc., ma i Chiarmontesi,
come giustamente dicono Ott., Petr. Dani., Cass., Benv., An. Fior.,
Serrav., Land., Tal., ecc. Sul fatto al quale vi si allude cfr. Chiar-
montesi, doga.
Arrostare, dall' ant. ted. rost, rosta = farsi vento (cfr. ro-
sta; Diez, Wrt. 3
li , p. 59), vale propriam. Scacciare con rosta
140 Ar sena -Arso
le mosche; in forza di Neut. pass. Volgersi in qua e in l e colle
braccia e colle altre membra, schermendosi e difendendosi Inf. ;
xv, 39, nel qual luogo alcuni leggono senza rostarsi in vece di
senz'arrostarsi. I codd. non decidono, i pi avendo senzarostarsi,
che pu leggersi nell'uno e nell'altro modo; cfr. Moore, Criticism,
p. 311 e seg. Le lezioni senza restarsi, ristarsi, arrestarsi sono
inattendibili. Lo stesso vale delle lezioni senza rizzarsi (Viv.) e
senza rotarsi (Sorio). - Bosta significa ramo o schidone arro- ;
stire significa cuocere carne fitta nella rosta, o nello schidone; ar-
rostare s' girare la rosta o lo schidone. Dice adunque
intorno
ser Brunetto, che postapena di giacere cento anni qualunque volta
altri s'arresta e non camina senza mutar lato e girarsi, come fa lo
schidone, perch la carne non arda stando ferma; Cast. Vedi pure
Caverni, Voci e Modi, p. 21 e seg.
Arsen, per Arsenale, dall'arabo sanat = lavorio e luogo ove
si lavora, e dall'articolo al, cambiato in ar ; Quel luogo nelle citt
marittime, dove si fabbricano i navigli e tutto quello che ne-
cessario ad armarli e guernirli; Inf. xxi, 7. In questo luogo abbiamo
variet di scrizione piuttosto che di lezione arsen, arzan, ar-
:
senal, arsan, ecc. Betti: Arzan una voce da usarsi, siccome
quella che viene da arzanar, che in veneziano vuol dire arginar.
Onde si fatto V arzan, cio 1' arginato. La parola arsenale non
che una corruzione di chi volle ingentilire la lingua, senza ba-
dare alle ragioni delle etimologie. E la Cr.: Arzan era forma
propria del dialetto veneto. Infatti le undici ediz. venete antiche
che abbiamo sott' occhio hanno tutte arzan. Ma il Barozzi (in
Dante e il suo sec., p. 801): Che debba dirsi arsen e non ar-
zan, lo si rileva da molti documenti e dall'antica pianta di Ve-
nezia.... ov' scritto chiaramente Arsen.
Arsiccio, da arso, ardere; 1. Alquanto arso, Abbruciacchiato;
Purg. ix, 98. - 2.
Per Kiarso, Adusto; Inf. xiv, 74. - L' usano ora
i contadini del Valdarno di sopra, sostantivato, nella frase fare V ar-
siccio o V arsiccia; per la quale significano quell'opera, insegnata
pure e descritta nella Georgica, del riardere le stoppie e le piote,
a correttivo e ingrasso de' campi, ma pi spesso delle piaggie e
de' boschi Caverni.
;
Arso, dal lat. arsus, Abbrucciato; 1. Partic. pass, di Ardere;
Inf. xin, 40. Purg. xxvi, 15.-2. E in forma d'Add. Inf. xiv, 141;
xxx, 75. Par. xvm, 100.
Arsura- Arti gli are 141
Arsura, l'effetto, e anche Fatto dell'ardere. 1. Per Materia
ardente; Inf. xtv, 42. Purg. xxvi, 81. - 2. E per quel Senso mo-
lesto di bruciore, che cagionato da febbre, da sete, da eccessivo
calore di temperatura e simili; Inf. xxx, 127.
Arte, dal lat. ars, artis ; 1. Abito acquistato coli' esperienza
di poter operare con ragione intorno a qualsivoglia materia; Inf.
IV, 73; 120 ;x, 51, 81 XI, 103, 105; xni, 145; XXIX, 115; XXXI, 49.
IX, ;
Purg. ix, 71, 125; x, 10; xi, 80; xv, 21; xxvi, 123; xxvn, 130;
xxviii, 15;xxxi, 49; xxxni, 141. Par. i, 128; il, 96, 128; x, 43; xin, 78,
123; xxvn, 91; xxix, 52; xxxi, 132.- 2. Per similit. dicesi Arte
il sapientissimo Magistero, col quale Dio opera nella natura, e an-
che l'Operare della natura stessa; Inf. XI, 100; xix, 10; xxi, 16.
Par. vili, 128; ix, 106; x, 10. - 3. E per L'effetto o II prodotto
dell'arte, sia dell'uomo, sia della natura; Purg. xxv, 71. Par.
vili, 108. - 4. E per II modo di fare o esercitare checchessia; Inf.
x, 51, 77; xiv, 6.-5. E per Artificio, Accorgimento, Astuzia; Inf.
xxvi, 61 xxvn, 77. Purg. x, 10. Par. vi, 103. - 6. E per Mala,
;
Incantesimo, Sortilegio; Inf. XX, 86. - 7. Arte prima fu detta la
Grammatica, perch prima nell' ordine di quelle arti che formavano
la compiuta istruzione o enciclopedia dei mezzi tempi Par. xn, 138. - ;
8. E per La scienza in generale; Purg. iv, 80. Par. xiv, 117. - 9. E
per Intenzione, Mira, Proposito; Purg. i, 126.- L'arte Natura;
Mon. i, 3, 12. - Ars in triplici gradu invenitur, in mente scilicet
artificis, in organo, et in materia formata per artem Mon. l, 2, 8 ;
e seg. - Certe cose sono s proprie dell'Arte, che la Natura stru-
mento dell'Arte.... E cose vi sono dove l'Arte istrumento della
Natura.... Altre cose vi sono, che non sono dell'Arte, e paiono avere
con quella alcuna parentela; e quinci sono gli uomini molte volte
ingannati; Conv. IV, 9, 84 e seg.
Artefice, cfr. Artista.
Altezza, dal lat. arctus, Astratto di arto nel significato di
stretto, Strettezza; Purg. xxv, 9.
Articolare e Articulare, dal lat. articuare, Organare,
Formare le membra; Purg. xxv, 69.
Artificio e Artifizio, dal lat. artificium, Operazione fatta
con Arte, Maestria in operare checchessia; Purg. xn, 23.
Artigliare, da artiglio, Prendere o Ferire coli' artiglio; Inf.
xxn, 140.
142 Artiglio-Ascella
Artiglio, dal lat. articulus ; 1. Unghia adunca e pungente
d'animali rapaci, cos volatili come terrestri; Inf. xiit, 14. Par.
vi, 107.-2. E fguratam. detto d'un demonio, Inf. xxn, 137; e
d'un uomo, Inf. xxx, 9.
Artimone, dal gr. pT|jtcov, pTfiovog; 1. Vela, che nelle navi
del medio evo stava sull' albero maggiore posto innanzi agli altri ;
ora sta su quello di dietro, e pi comunemente dicesi Vela di mez-
zana; Inf. xxi, 15. - 2. E fguratam. Conv. li, 1, 4.
Artista (e Artefice), dal lat. artifex; 1. Colui che eser-
cita un'arte liberale, come le arti del disegno, la musica e simili;
Par. xin, 77 xvm, 51 xxx, 33. - 2. E per Colui che esercita
; ;
un'arte manuale o meccanica, Artiere, Artigiano; Par. xvi, 51.
Conv. i, 11, 66. - 3. Iddio detto Artista o Artefice eterno, so-
vrano, allorch si considera come creatore e ordinatore dell' uni-
verso; Mon. il, 2, 8-26.
Arto, dal lat. arctus, Stretto; Inf. xix, 42. Purg. xxvn, 132.
Par. xxvni, 33, 64.
Art, Arthurus (da Art-ur =
Orsa, maggiore?), re leggendario
della Brettagna. Lo si dice morto nel 542 dell'era volgare in con-
seguenza di una ferita ricevuta nella lotta con Mordarette, suo
figlio o nepote. Dal VI secolo in poi egli il pi celebre eroe dei
famosi romanzi della Tavola Botonda. Cfr. San Marte, Die Ar-
thur-Sage, Quedlimburg, 1842. Fontan, Arthus, le roi-chasseur,
Par., 1874. Nominato Inf. xxxn, 62. Cfr. Mordaeette, Omb-ra.
Arzan, cfr. Arsen.
Ascanio, Ascanius, figlio di Enea e di Creusa, cfr. Virg.,
Aen. il, 666. I Eomani
chiamarono Giulio e lo dissero caposti-
lo
pite della famiglia dei Giulii. Secondo alcuni fu re di Troia, se-
condo altri accompagn il padre Enea in Italia e gli successe nel
regno di Albalonga e del Lazio; cfr. Liv. I, 3. Alcuni lo dicono
figlio di Lavinia, onde si ammisero due Ascanii figli di Enea, da
Creusa l'uno, l'altro da Lavinia. Ricordato Conv. IV, 26, 72. Mon.
il, 3, 75.
Asbergo, cfr. Usbergo.
Ascella, dal basso lat. ascella o ascilla, e questo da axilla,
Concavo che sotto il braccio nell'appiccatura di questo con la
spalla; Inf. xvn, 13; xxv, 112.
Ascendere- Asciutto 143
Ascendere, dal lat. ascendere, Neut. Andare in su, Salire ;
Purg. xi, 129.
Ascesi, oggi Assisi, citt nella provincia di Perugia, sul pendo
del monte Asio Subasio e tra i fiumi Tupino e Chiassi, patria di
S. Francesco. Sulle pie memorie di Assisi cfr. Barlow, Contri-
butions, p. 404 e seg. Ricordata con un giuoco di parole. Par.
xi, 53. Cfr. ORIENTE.
Asciano (Caccia d'), della casa degli Scialenghi, nativo
d'Asciano, borgata nel territorio di Siena, uno dei membri della bri-
gata godereccia in Siena; Inf. xxix, 131. - Caccia consumpsit
omnes possessiones et alia bona in dieta brigata; Bambgl. - Avea
una maravigliosa vigna e di grande frutto e anche altre grandi pos-
sessioni assai, le quali tutte consum in essa brigata; An. Sei.
Di pi non ne dicono Iae. Dant., Pian., Ott., Petr. Dant., Cass.,
Falso JBocc, Benv., Buti, ecc. Sembra quindi che il personaggio
fosse ignoto anche agli antichi. Cfr. brigata e Cacciaconti.
Asciolto, da asciogliere, Liberato, Francato; Par. xxvn, 76,
nel qual luogo leggono asciolto col Cas., Stocc. ed altri codd.
Da Colle, Aid., Burgofr., Gio., Rovil., Or., Miss., Comin., Pezz.,
4 Fior., Fanf., Giul., ecc. Benv., Dan., Boi., D'Aq., Veni., Pogg.,
Biag., Cosi., Ces., Br. B., Andr., Bennass., ecc. Altri leggono in-
vece col S. Cr., Vat., Beri., Paat., Vien., Cori., Landian., 4 Patav.,
e molti altri codd. assolto (o absolto). Cos le prime 4 ediz., Nidob.,
Sessa, Dion., De Bom., Ed. Pad., Sicca, Viv., Fosc, Witte, ecc.
Buti, Land., Veli., Lomb., Port., Wagn., Borg., Tom., Greg., Triss.,
Cam., Frane, Corn., De Gub., ecc. Altri col Caet. e qualche altro
cod. sciolto (cos Mauro Ferr., Frat., Cappel., ecc.). Il Betti:
Restituisco asciolto, in vece di assolto, vera parola dantesca
usata pure da Gio. Villani. E assolto non dunque vera parola
dantesca?
Ascisso, abscisus, Privo, Spogliato, Separato, Di-
dal lat.
sgiunto; Purg. vi, 123, nel qual luogo sembra per che non ascisso
ma scisso sia la vera lezione. Cfr. scisso.
Asciugare, dal lat. exsugere; 1. Toglier via l'umidit, Sec-
care; detto figuratam. per Tormentare accendendo vie pi la sete;
Inf. xxx, 68. - 2. E per Attrarre l'umidit; Purg. xiv, 35.
Asciutto, dal lat. exsuctus ; 1. Privo di umidit o di umore,
Secco; Inf. ix, 81 ; xvm, 121. Purg. xxm, 49. - 2. Aggiunto di viso,
occhio, ciglio, vale Non bagnato da lacrime; Inf. xx, 21.
144 Ascoltare-Asdente
Ascoltare, dal lat. auscultare ; 1. Stare a udire con atten-
zione, Porgere attentamente l'orecchio; Inf. ix, 4; XVI, 60; xx, 57
(nel qual luogo, come pure Purg. xv, 124, ascolte desinenza re-
golare antica per ascolti); xxx, 130. Purg. IV, 10; v, 45; xv, 124;
xvi, 14; xxn, 128; xxvi, 51; xxix, 15; xxxi, 46; xxxiii, 21. Par.
vii, 23; x, 80; xvm, 20; xix, 32.-2. E per semplicemente Udire,
Sentire; Inf. iv, 25; vili, 22; xv, 99; xxix, 71. Purg.xi, 73;xiv, 68;
xix, 129; xxiv, 144; xxxm, 5. Par. il, 2; xxiv, 148; xxvn, 33, 133. -
3. Per Prestare attenzione, Considerare; Purg. xxvi, 123; Par. n, 62;
xxxn, 48. - 4. E in forma di Sostant. per Attenzione, Considera-
zione; Purg. vili, 9.
Ascondere, dal lat. abscondere, Sottrarre checchessia alla
vista altrui; lo stesso che Nascondere. Figuratam. Sottrarre al-
1.
l'altrui conoscenza, Celare; Purg. xxn, 95. Par. xix, 68.-2. E per
Tacere; Par. xxvn, 66. - 3. Neut. pass. Sottrarsi all'altrui vista;
Inf x, 121. Purg. xxvi, 148. Par. xxn, 115.-4. E figuratam. Ce-
larsi; Inf ix, 62.
Ascoso, Partic. pass, di ascondere, e in forma d'Add. 1. Na-
scosto, Celato, Occulto ; Inf. xxvi, 27; xxxiv, 133. - 2. E figuratam.
Purg. xx, 90; xxn, 80. Par. il, 27; xxiv, 72.
Asciente, il calzolaio di Parma, visse al tempo di Fede-
rigo II e fece molto parlare di s per l'arte, ond'egli si vantava,
di sapere antivedere il futuro; Inf xx, 118. Conv. iv, 16, 53.-
Asdente fu bolognese (?), e indivinava le venture che altri dovia
avere, e in questa maniera ingannava uomini e femmine schiocchi;
An. Sei. - Esendo chalzolaio per simigliante chagione molta giente
grossa gi corsse; Iac. Dant. - Fu uno calzolaio che cuciva
scarpe ab antiquo ; venne auguro e predicea de futuris, e disse
molte fiate di grandi veritadi Lan., Ott., ecc. - Credo, quidam
;
Parmensis Petr. Dant. - Cerdonem de ci vitate panne; Cass. -
;
Asdente da parma uomo noliterato edera chalzolaro edisse diquesta
arte dastrologia emagicha; Falso Bocc. - Iste fuit quidam cal-
cifex de Parma, qui dimissa arte sua dedit se totum divinationi,
et ssepe multa ventura prsedixit, quse ventura erant, cum magna ho-
minum admiratione; credo ego potius a natura, quam a literatura,
cum esset literarum ignarus; nam aliqui habent a coelo, quod sint
astrologi et divinatores, quales multos ssepe vidi. Asdente ergo visus
est in aliquibus esse propheta; unde inter alia audivi, quod prse-
dixit, licet obscure, qualiter Federicus II debebat facere civitatem,
quse dieta est Victoria, contra Parmam, ubi erat debellandus, sicut
fuit de facto Benv. - Asdente fu calzolaio e fu fiorentino (?), e
;
-
Asia- A spettare 145
lass l'arte delle scarpette e diedesi all'arte dell' augurio; .Bufo*.
Asdente fuit Ciardo de Parma, qui solebat suere sotulares et scar-
pas cum spacliu ; fuit etiam propheta Frederici ; Serrav.
Asia, una delle cinque parti della terra; Vulg. Eh i, 8, 15.
Mon. li, 3, 46, 47, 72.
Asina di Balaam, alla quale
Signore aperse la bocca, il
onde ebbe un colloquio in linguaggio umano con Balaam, figliuolo
di Beor, il profeta da Petor Numeri, xxn, 28-30. Eicordata Vulg.
;
El. i, 2, 33 e seg.
Asopo, fiume della Beozia meridionale (cfr. Hom., II.
"Acwtcc;,
iv, 383. Herop., vi, 108; ix, 51. Thuctd., iv, 96), lungo il quale
gran turba di gente, per farsi propizio Bacco, nume di Tebe e della
Beozia, correva con facelle accese invocandone ad alte grida l'aiuto
(cfr. Stat., Theo, ix); Turg. xvm, 91.
Asperges me, parole scritturali, Sahn. l, 9: Aspergimi con
isopo e sar netto; lavami, e sar pi bianco che neve; Turg.
xxxi, 98. - Questo Asperges si dice quando per lo prete si gitta
1
I acqua benedetta sopra il confesso peccatore, il quale elli as-
solve; Ott.
Aspersione, dal lat. aspersio, L'aspergere; Purg. xxxi, 78.
In questo luogo leggono aspersion col S. Cr., Beri., Caet., Vien.,
Stocc. e moltissimi altri codd. Ies., Nidob., Serrav., Dion., Viv.,
Corri., ecc. Il senso Vidi che gli Angeli avevano cessato di spar-
:
gere fiori. APERSION (Cass., Eolig., Mani., Nap., ecc.).
Altre lezioni :
operazion (Falso Bocc.y Da Colle, ecc.), apparsion (Vatic, JBenv.,
Land., Aid., Veli., Movili., Dan., Cr., ecc.), apprension (Buti, ecc.).
Buti, Land., Veli., Dol., ecc. intendono che gli angeli cessassero di
fare attenzione a Beatrice e d'ascoltarla. Altri che gli angeli cessas-
sero di apparire sul mistico Carro. Ces.: Io vidi gli Angeli po-
sarsi da loro apparsione; cio dall'opera nella quale m'erano ap-
pariti che era del gittar -fiori in alto, che poi ricadevano cos
; :
spiego io questa apparsion, senza aver ricorso ad aspersion. Per-
ch non ricorrere ad aspersion, se cos hanno i pi e pi autore-
voli codd.?
Aspettare, dal lat. aspectare o exspectare; 1. Attendere per-
sona o cosa, che deveo si crede dover giungere; Inf.Yin, 11; xvm,39;
xxiii, 80; xxix, 77; xxxn, 69, 82. Purg. iv, 95; vili, 24; x, 85; xm,
10; xvn, 59; xxiii, 89; xxvn, 139; xxvin, 4; xxxi, 59, 61. Par.
VITI, 60; x, 75; xv, 89; xtx, 48; xx, 25, 81 XXII, 34; XXXI, 124. - ;
10. Enciclojtedia dantesca.
146 Aspetto-Aspirare
2. Per Attendere, sperando temendo, alcun fatto o effetto, che pu
o
o dee sopravvenire; Inf. vi, 111 xxxi, 128. Purg. in, 75; xm, 100;
;
xiv, 122. Par. vii, 54; xx, 30; xxi 46; xxn, 18; xxm, 8; xxvil, 145. -
5
3. In forma di Neut. Indugiare, Trattenersi Inf. xvi, 14; xxn, 32.
;
-
4. Aspettarsi ad alcuno, usato ellitticamente per Serbarsi ad esso,
ripromettendosi di conseguirne checchessia; Purg. xvin, 47. Par.
xvit, 88.
Aspetto, dal lat. adspectus ; 1. Propriam. Quell'essere e sem-
bianza della faccia umana, onde s'argomentano in parte gli affetti
dell' animo, Sembiante Inf. x, 74 xvi, 30 xvm, 85 xxi, 31 xxv, 76
; ; ; ; ; ;
xxxui, 57. Purg. vii, 104; vili, 83; xv, 114; xxxm, 19. Par. ni, 58;
xxxn, 64.-2. E semplicemente per Faccia, Volto; Inf. xv, 26. Purg.
il, 79; in, 107; xxm, 45; xxiv, 142. Par. IV, 46; xxm, 4, 60; xxvin,
104; xxx, 44. - 3. E figuratam., detto delle cose s materiali che
morali; Purg. I, 14; xxvi, 6; xxvit, 71. Par. in, 3.-4. Per Vista,
Veduta, il Vedere; Purg. xxv, 110; xxix, 58, 62, 149. Par. i, 67;
il, 111; xi, 29; xx, 131; xxi, 20; xxn, 21, 142; xxv, 110; xxvn,
137; xxxm, 81, 101.-5. Nel luogo Purg. xxxm, 105 il senso
controverso. I pi intendono: Il qual cerchio meridiano non un
medesimo a tutti ma fassi diverso qua
gli abitatori della terra,
e l, da un luogo secondo gli aspetti, cio secondo gli
all'altro,
orizzonti, o circoli limitatori della vista, ciascun dei quali ha il
suo meridiano. Buti legge come la spera (invece di come gli
aspetti, che di quasi tutti i codd.), e spiega: Seconda che la
spera del sole si muta. Antonelli : Il quale meriggio si fa in
questo o nell'altro emisfero secondo le relazioni di posizione. -
6. secondo aspetto, Par. xvm, 18, pare che sia la sembianza
Il
riflessa. Lan.: La riflessione delli divini radii, che a me venia
dagli occhi tanto mi contentavano quanto io dico. - Benv.: Hic
nota quod homo non potest videre immediate divinam lucem, sed
mediante Beatrice, sicut gratia exempli homo non potest videre
lumen solis in ipso sole, sed videt ipsum per refractionem radio-
rum, et reverberationem in superficie terra? vel muri; ita a simili
intellectus humanus non potest comprehendere lumen divinum in
ipso Deo, sed in sacra scriptura, ubi relucet et reprsesentatur.
Buti legge col sereno aspetto e spiega: Col chiaro vedere; e
cos legge pure Da Colle. - 7. L' uno e l' altro aspetto della
fede, Par. xxxn, 38, il Guardare della fede a Cristo venturo ed
a Cristo venuto, ossia la fede dell' antico e la fede del nuovo Patto.
Aspirare, dal lat. aspirare, propriam. Spirare, Soffiare. Aspi-
rare ad una cosa, vale Anelare ad essa, Desiderare vivamente di
conseguirla; Purg. xxxi, 24.
Aspro-Assannare 147
Aspro, dal lat. asper ;1. Per Scabro, Irto, Selvaggio; Inf. i, 5.
Purg. il, 65; xi, 14. - 2. Per Ispido, Pungente; Inf xm, 7. - 3. E
dicesi per similit. anche che fanno spiacevole sensazione
de' suoni
sopra l'organo dell'udito; Inf. xxxn, 1.-4. Per Mordace, Che usa
asprezza nel parlare, o nel riprendere Cam, : Cos nel mio parlar
;
voglio esser aspro, v. 1. - 5. Detto di lingua, parole, motti, ri-
prensioni, e simili, vale Acre, Duro, Mordace, Pungente; Inf. xi, 72.-
6. Per Penoso, Tormentoso; cos al proprio come al figurato; Inf.
xvi, 6. Purg. xvi, 6.
Assaggiare, dal lat. exagium, Gustare, Prendere alcun poco
di ci che serve di cibo o di bevanda ; e fguratam. detto di chec-
chessia; Purg. il, 54.
Assai dal lat. ad satis, voce adoperata nella l)iv. Com. 71 volta,
cio 30 volte nelVInf, 17 nel Purg. e 24 nel Par.- 1. Per A suf-
ficienza,Abbastanza; Inf. VII, 43; xxxiv, 72. Purg. v, 35; xxvm, 134.
Par. i, Per Molto; Inf iv, 100; vili, 1; xi, 68 e sovente
17. - 2.
(60 volte). - 3. E in correlazione di poco; Inf. xxvi, 81.-4. D'as-
sai, lo stesso che Assai, Di molto, Di gran lunga, A gran pezza;
Inf xxix, 123. - 5. Pi assai, per Molto di pi; Purg. iv, 41. -
6. In forza d'Acid, vale Molto, Molti, Parecchio, Parecchi Inf. ;
xn, 123; XXlll, 143. Par. xxix, 125. - 7. Nel luogo Inf. xxm, 85
il senso dipende dall'interpunzione; ponendo coi pi la virgola dopo
giunti, Assai vale Molto, ponendola in vece dopo assai, questa voce
vale Abbastanza ed il senso : Quando furono arrivati abbastanza
vicini, mi rimirarono con l'occhio bieco senza far parola.
Assalire, dal lat. barb. assalire, e questo dal lat. salire, pre-
messavi la prep. ad; propriam. Andare con impeto alla volta di
una persona per farle offesa. 1. Figuratam. Inf vi, 63; xi, 27.
Purg. li, 129. - 2. Detto delle passioni; Inf. n, 93.-3. Detto delle
malattie e in generale di ci che offende il corpo; Inf xxv, 90.
Ansalonne, cfr. Absalone.
Assalto, dal lat. barb. assaltus, e questo da assalire, L' as-
salire,Assalimento, Affrontamento, tanto al proprio quanto al figu-
rato; Inf. ix, 54. Purg. vili, 110. Par. ix, 30.
Assimilare, da sanna o zanna, propriam. Pigliare e strin-
gere colle saune o zanne. 1. Per Addentare, Mordere Inf xxx, 29. - ;
2. E figuratam. Inf. xvili, 99. Purg. xiv, 69.
148 Assaraco-Asscmprare
Assaraco, Assaracus, re di Frigia, bisavo di Enea; cfr. Hom.,
Il xx, 215-40. Virg., Georg, iti, 35. Aeri. I, 284; vi, 779. Ovid.,
Met. xi, 756. Eicordato Mon. li, 3, 46.
Assassino, dall'arabo hasciscin, nome dato ai seguaci del
Vecchio della montagna, per l'uso eh' e' facevano d'una bevanda
inebriante, tratta dall' hascisc o hasciscia, canapa; Colui che as-
salta, aggredisce a mano armata per uccidere o tor la roba ; Inf.
xix, 50. In questo luogo Dante allude al supplizio della propaggi-
nazione, che consisteva nel sotterrar vivo alcuno a capo all' ingi.
A tale supplizio si usavano condannare gli assassini. - Assassino
colui che uccide altrui per danari, et comunemente condannato in
ogni luogo del mondo a tal pena: cio trapiantato in terra; Buti.
A ssedere, anche Assiedere, dal lat. assidere, Neut.
ed
pass. Mettersi a sedere. Alcune uscite di questo verbo prendono la
loro forma dall'inusitato Asseggere ; cos il m'asseggia, Inf xv, 35,
che il Bl. dice forma poetica per mi sieda o assegga.
Assegnare, dal lat. assignare, propriam. Dare
in assegna-
mento, in propriet, Costituire in dote, in rendita, in stipendio, e
simili. E per Dare, Consegnare, Eimettere; Par. vi, 138.
Assegnato, dal lat. assignatus, per Addotto, Allegato; Conv.
il, 7, 38.
Assembrare, dal prov. asemblar, frane, assembler, Unire,
Mettere, Raccogliere insieme; usato figuratam. Cam. .-Quantunque
volte, ahi lasso! mi rimembra, v. 4.
Assembro, Add. Assembrato, Radunato, Raccolto; Canz.: Do-
glia mi reca nello core ardire, v. 132.
Assemprare, la Cr. spiega: 1. Esemplare, Copiare; 2. Ri-
trarre, Rappresentare; cos al proprio come al figurato; Inf. xxiv, 4,
nel qual luogo il evidentemente: Quando la brina ritrae,
senso
copia l'imagine della neve (assembrare da exemplare). E Vit. N.
Proem., 4, pare anche che il senso sia: Intendo di Copiare, Ri-
trarre, ecc. Alcuni vogliono invece che Assemprare sia sinonimo
di Assembrare, ci che potrebbe stare per il passo della Vit. N.
ma non per quello delVInf, che la brina ritrae s, ma non Unisce,
Raccoglie insieme l'imagine della neve, a meno di intendere col
Geli : Rassembra e rassomiglia la imagine di essa neve (?).
Betti Assembra, cio esempia, ritrae.
:
Assennare-Assicurare 149
Assennare, dal sost. senno, Fare avvertito, Far cauto; Inf.
xx, 97.
Assenso, dal lat. assensus ; 1. L'assentire, Consenso, Appro-
vazione; Par. ix, 17. - 2. E figuratane Purg. xviii, 63. - 3. Dare
l'assenso, vale Assentire; detto della matrina; Par. xn, 64.
Assentire, Neut. Consentire, Acconsen-
dal lat. assentire; 1.
Attivam. per Approvare; Purg. xix, 86.-
tire; Inf. xviii, 45. - 2.
3. E per Esser contento; Purg. xxi, 101. - 4. E in forma di sost.
per Assentimento, Assenso; Purg. xxn, 126.
Assenzio, dal g. d^atvxkov, lat. absinthium, propriam. Erba
amarissima, di foglie molto intagliate e bigiastre, usata frequen-
temente come medicinale; quindi II succo estratto dall'assenzio,
o La bevanda fatta col succo d'assenzio. Detto figuratam. Purg.
xxiii, 86.
Assetare, da sete, propriam. Indur sete, Far venir sete. E
figuratam. Accender di brama, di desiderio; Purg. xxxi, 129. Par.
i, 33; in, 72; xv, 65; xix, 121.
Assetato, Partic. pass, di Assetare, e anche in forma d'Add.
Che ha sete, Che patisce sete; detto delle vene, Purg. xxv, 38.
Assettare, da assetto, e questo probabilm. dal lat. sedes ;
1. Mettere in assetto, Disporre ordinatamente; Par. i, 121.-2. Neut.
pass. Apprestarsi, Apparecchiarsi, Mettersi in punto, in ordine; Inf.
xvn, 22. - 3. Per Assidersi, Sedere; usato anche in forma di Neut.
Conv. i, 1, 63. - 4. Per Porsi, Accomodarsi sopra checchessia; Inf.
xvn, 91.
Assettatore, dal lat. assectator, Seguitatore, Seguace, Set-
tatore; Conv. i, 1, 65, nel qual luogo Frat., Giu., ecc. leggono
Settatoee, mentre quasi tutti i codd. e le ediz. antiche hanno
assettatore, della qual voce veramente non si ha esempio, n la
Cr. arreca che quest'unico.
Assicnrare, da sicuro, propriam. Kender sicuro, Mettere in
sicuro; Per Inspirar fidanza, sicurezza; Inf. xxviii, 115. Par.
1.
IV, 133. - 2. Assicurare una persona, vale Eenderla persuasa a te-
nere checchessia per certo, a prestarvi piena fede; Par. xxiv, 103.-
3. Neut. pass, per Essere sicuro, Levarsi di timore o di paura, Pi-
gliar sicurt, fidanza, ardire, baldanza; Purg. xxv, 34.
150 Assidere-Assonnnre
Assidere, dal lat. assidete, usato per obsidere, Assediare;
Inf. xiv, 69.
Assidere, dal lat. assidere ; 1. Neut. pass, e talvolta in forma
di Neut. Porsi, Mettersi a sedere; Inf. xxiv, 45.- 2. In forma di
Neut. per Sedere, Star seduto; Par. 1, 140; xxxn, 23.
Assiepare, dal lat. siepes, Cingere, Chiudere di siepe; detto
figuratam. Inf. xxx, 123.
Assiri, discendenti di Assur (cfr. Genes. x, 11. 21. I Paralip.
i, nemici degl'Israeliti, cacciati in fuga ed uccisi sotto la citt
17),
di Betulia dopo l'uccisione di Oloferne (cfr. Iudith vii, 1, 2; xm, 6;
xv, 1); Purg. xn, 59.
Assiso, Part. pass, di assidere; e in forma d'Add. Seduto;
Purg. iv, 124; xm, 45.
Assolto, sincope di Assoluto, e questo dal lat. absolutus ;
1. Libero, Esentato, Liberato; Par. xxvn, 76 (sul qual passo cfr.
asciolto) - 2. Sciolto dal corpo; Par. xxxn, 44.
Assoluto, dal lat. absolutus, per Sciolto, Libero da condizione,
da relazione o da limite; opposto di Relativo, Limitato, Condizio-
nato; Par. iv, 109, 113.
Assolvere, dal lat. assolvere; 1. Per Dare l'assoluzione sa-
cramentale, Prosciogliere dai peccati; ed anche Prosciogliere dalle
censure; Inf. xxvn, 101, 118. - 2. E, alla latina, per Compire, Dar
compimento ; Par. xxv, 25.
Assomigliante e Assimigliante, propriam. Part. pres.
di Assomigliare e Assimigliare ; usato in forza d'Add. Somigliante,
Simile; Conv. iv, 23, 46 (nel qual luogo Giul. vuol leggere assi-
migliate).
Assomigliare e Assimigliare,
dal lat. assimulare o as-
similare, Paragonare, Agguagliare Neut. e Neut. pass. Esser
; 1.
simile, Rassomigliare; Par. xxxn, 86 (nel qual luogo per alcuni
testi invece di s'assomiglia hanno si somiglia). - 2. Per Farsi, Ren-
dersi simile, Essere paragonato; Par. xxi, 141.
Assommare, dal lat. summa e dalla prep. ad, Finire, Com-
pire, Ridurre a termine; Purg. xxi, 112. Par. xxxi, 94.
Assonnare, dal lat. somnus e dalla prep. ad; 1. Att. Indur
sonno, Fare addormentare; e anche Tenere assonnato o addormen-
Assottigliare-Asticcinola 151
tato; cos al proprio, come al figurato; Par. xxxn, 139.-2. In forza
di Neut. Neut. pass. Pigliar sonno, Addormentarsi; cos al proprio
e
come al figurato; Purg. xxxn, 64. Par. vii, 15.-3. E in forma di
Sost. L' addormentarsi, La sensazione dej sonno Purg. xxxn, 69. ;
Assottigliare, dal lat. subtilis e dalla prep. ad, propriam.
Fare, Kender sottile; 1. Neut. pass. Farsi, Divenir sottile, magro;
Purg. xxiii, 63 (nel qual luogo per parecchi codd. ed ediz. hanno
mi sottiglio invece di m'assottiglio). - 2. E per Adoperare tutto
l'acume dell'ingegno, detto assolutam. Par. xix, 82, e Assottigliarsi
intorno da alcuna cosa, Par. xxviii, 63.
Assuero. t^lTit^ntf ,
gr. 'ApxagpgYjs, lat. Assueros, re di Per-
sia, marito in seconde nozze di Ester, il quale fece impiccare il
malvagio Amano ed innalz il giusto Mardocheo; re della leggenda
biblica (cfr. Liber Esther, cap. i-Vil)> ignoto alla storia. Alcuni lo
ritengono identico con Serse che regn in Persia dal 485 al 465 a. C.
Ricordato Purg. xvn, 28.
Assumere, dal lat. assumere; 1. Prendere, Recare a s; e
riferiscesi pi comunemente a uffici, incarichi, dignit, e in gene-
rale a cose morali Par. xxxn,
; 2. - 2. Per Inalzare, Sollevare come ;
a dignit, a grandezza, a beatitudine; Par. ix, 120.-3. E per Ac-
cogliere, Ricevere in s;Par. xxi, 102 (nel qual luogo assuma
il congiuntivo di assumere. La Cr. lesse ASSUMMA, da assummare,
verbo del quale non si ha verun esempio e che nella 5 a impress.
la Cr. stessa non registra pi. Cfr. Parenti, Annoi, al Diz. iv,
348 e seg.).
Assunto, lat. assumptus ; 1. Partic. pass, di Assumere; Purg.
xxv, 66. - 2. E in forma d'Add. Preso; Par. vii, 41.
Asta, dal lat. hasta, propriam. Legno sottile e lungo, e polito,
per diversi usi. Per Lancia, Picca, Par. xvi, 153. -
1. 2. Per Gia-
vellotto da scagliarsi con balestra; Purg. xxxi, 18.
Astallare, dal lat. stabulare e dalla prep. ad, Neut. pass.
Avere stanza; Purg. vi, 39.
Asticciuola, diminut. di Asta, Verghetta che si adopera a
diversi usi ; detto per Piccola asta armata di punta, da lanciare sia
con mano sia con balestra-; Inf. xit, 60,
152 Astio- Astuto
=
Astio (dal got. haifst-s contesa, discordia? o dat ted. hass =
odio? o dal lat. astus == malizia, astuzia? Cfr. Diez, Wrt. li 3 , 6).
Kancore, Odio contro alcuno, propriamente cagionato da invidia;
Purg. vi, 20.
Astioso, add. Pieno d'astio; Cam. Quantunque volte, lasso!
mi rimembra, v. 13.
Astore, dal lat. astur, Specie di Falco della famiglia degli
Sparvieri, che un tempo adoperavansi assai nella caccia. Per similit.
sono detti astoe celestiali gli Angeli che scendono a difendere
le anime purganti contro gli assalti del serpente; Purg. vili, 104.-
Angeli merito assimilantur avibus, quia sunt alati et velocis-
simi.... et precipue asturibus, quia sunt aves fortes multum;
Benv. - Chiamali astori, perocch lo astore inimico del ser-
pente ; Ott.
Astrarre e Astraere, dal lat. abslrahere, in forza di Neut.
pass. Separarsi, Segregarsi, Distaccarsi ; detto della nobile Anima,
che dalle cose terrene si toglie per rendersi a Dio, Conv. iv, 28, 81.
Astrea, figlia di Giove, la dea della giustizia; cfr. Hesiod.,
Theog., 901. Ovid., Met. i, 150. Eicordata Mon. i, 13, 6.
Astro, dal gr. aaxpov, lat. astrum, Nome generico che si d a
tutti i corpi celesti. Cos chiamata per similit. un'anima risplen-
dente Par. xv, 20. astro congregazione di molte stelle, ma
;
qui si pone per una stella, cio per uno di quelli beati spiriti,
che stavano in quella croce, come le stelle stanno in cielo ; Buti.
Astrologia, dal gr. axpoXoyca, lat. astrologia, Quella falsa
scienza, che dall'osservazione degli astri pretendeva indovinare il fu-
turo; che anche dicesi Astrologia giudiciaria. Presso Dante, come in
generale presso gli antichi, Astrologia significa pure la vera scienza,
che ora chiamasi Astronomia; Conv. il, 14, 164-85; IV, 15, 123.
Astrologo, dal gr. czpolyoq, lat. astrologus, Chi fa profes-
sione di Astrologia; Dante l'usa per Astronomo; &m.;Da quella
luce, che il suo corso gira, v. 4.
Astato, dal lat. astutus, Che ha astuzia, cio queir acume
della mente che rende atto cos ad ingannare, come a schivare gl'in-
ganni, Scaltro, Sagace, Scaltrito; Conv. IV, 27, 36 e seg.: Non
da dire uomo savio chi con sottratti e con inganni procede, ma
da chiamare astuto.
Atamante-Atropos 153
Atamaiite, Athamas, figlio di Eolo re di Tessaglia,
'A-8-otjiag,
marito di Ino, figlia di Cadmo. Avendo Ino educato Dionisio, figlio
di Semele, Giunone si vendic col rendere Atamante furibondo, ondo,
acciecato dal suo furore, egli uccise Learco, l'uno dei figli parto-
ritigli da Ino. Costei fugg coli' altro figliuoletto, Melicerte, e si
gitt con esso nel mare. Cfr. Hom., Od. v, 333. Apollod., i, 9, 1, 2.
Ovid., Met. IV, 416-562. Dante rammenta il mito Inf. xxx, 1-12,
attenendosi ad Ovidio e quasi traducendone i versi.
A tanto, posto avverbialm. vale A questo punto, Qui ; Inf.
IX, 48; cfr. TANTO.
Atare, sincope di aitare, Aiutare, nei suoi vari significati ;
Purg. qual luogo la Cr. ed altre ediz. leggono con al-
XI, 34, nel
cuni codd. atar, mentre i pi hanno aitar che pare la lezione
genuina.
Atene, la notissima citt della Grecia, capitale dell'Attica;
Purg. Par. xvn, 46. Conv. iv, 27, 118 e seg. Il duca d'Atene,
vi, 139.
Inf. xn, 17 Teseo (cfr. Teseo); I'Atene celestiale, Conv. in,
14, 101, il Paradiso, forse perch in Paradiso per l'arte del-
l'eterna Verit i contemplanti filosofi d'ogni setta si accordano tutti
nel volere della Prima Volont (Giul.), e forse semplicemente
perch Atene fu a tutto il mondo esempio e modello di sapienti
leggi civili, cfr. Purg. vi, 139, e perch da Atene si diffuse la luce
delle scienze ad illuminare altre nazioni.
Atlante, Re d'Africa, dal cui nome si chiam una catena di
montagne; Mon. ir, 3, 53 e seg. Cfr. Virg., Aen. i, 741 e seg.; iv,
481; vi, 797; vili, 134 e seg. Ovid., Met. iv, 628 e seg.; vi, 174.
Atleta, dal gr. frXYjTyjs , lat. athleta, Colui che, presso gli an-
tichi, combatteva nei pubblici giuochi, alla lotta, al pugilato, al corso,
al salto, ecc.; e in generale Lottatore, Campione; detto figuratam.
Par. xn, 56.
Atro, e anche Adro, dal lat. ater ; 1. Aggiunto di colore
scuro, che ha del tetro Inf. Vi, 16. - 2. E per Lurido, Sozzo Purg.
; ;
xxx, 54. - 3. Figuratam. per Crudo, Atroce Par. vi, 78. ;
Atropos, dal gr. axporcos =
immutabile, invariabile, Quella
delle tre Parche (Cloto, Lachesis, Atropos) che recide il filo della
vita; Inf. xxxn, 126.
154 Attaccare-Attenere
Attaccare, forse dallo spagn. atacar, frane, attacher, il cui
radicale il tach
celt. =
arpione, gancio (cfr. Diez, Wrt. I 3 406, ,
s. v. TACCO), Unire, Congiungere Neut. pass. Attaccarsi in fare
;
qualche cosa, vale porsi a farlo con calore, con applicazione Inf. ;
xxviii, 28.
Atteggiato, propriam. Partic. pass, di atteggiare (d'ori-
gine incerta); e in forma d'Add. Atteggiato di dolore, di lacrime,
vale Esprimente nel gesto, nella movenza, Mostrante nella sem-
bianza dolore, pianto e simili Purg. x, 78. - Cio ne lo intallio
;
del marmo, bene scolpita, che parea che si dolesse e piangesse;
Buti. - Vuol dire, che in quella vedovella, negli occhi, nelle lab-
bra, e in ogni altro atto della faccia, si vedea il pianto e il dolore
bello e miniato; Ces.
Attempare, dal lat. tempus, Neut. pass. Procedere oltre nel
tempo, Invecchiare; Inf. xxvi, 12.
Attendere, dal lat. attendere; 1. Fare attenzione, Stare at-
tento, Ascoltare, Considerare, Osservare attentamente; Inf. x, 129;
XI, 97; xiii, 109; xix, 122; xxn, 39; xxvi, 46; xxix, 14,24; xxx, 60.
Purg. x, 109; xn, 76; XXII, 116; xxvi, 26. Par. i, 77; xxvn, 77.-
2. Usato nel medesimo significato con la preposiz. A; Inf. xxv, 96;
xxix, 24. - 3. Per Aspettare; Inf. ni, 108; T, 107; vili, 106; x, 62;
xiii, 79; xvi, 122; xvm, 75 (nel qual luogo per bisogna probabil-
mente leggere non attendi ma ATTIENTI, come hanno i pi); Purg.
IV, 125; vii, 69; xi, 127; xiii, 77; xvn, 79; xx, 41. Par. Vili, 71;
ix, 80. - 4. Attendere vale anche Mantenere, Osservare, Attenere,
e si usa cos in forza d'Att. come di Neut, Inf. xxvn, 110.-5. In
forma di Neut. pass. Attendersi ad una cosa, vale Rivolgere l'at-
tenzione, e anche le proprie cure a quella; Inf. XVI, 13. Par. xiii, 29;
XV, 31.- 6. In forma di Sost. L'aspettare, L'aspettazione, L'atto
dell'aspettare; Inf. xxvi, 67; xxviii, 99. Par. xxm, 17; xxv, 67. -
Nel luogo Inf. xx, 119 invece di atteso da leggere inteso coi
pi e migliori codd. e comment. ant.
Attenere, dal lat. attinere, Neut. pass.; 1. Tenersi attaccato
ad una cosa, per sostenersi Inf. xxxiv, 82. - 2. Nel luogo Inf.
;
xvm, 75 i pi spiegano attienti per Fermati; ma di attenersi
usato in tal senso non si ha altro esempio. Si potrebbe preferire
la lezione attendi (con Buti, Barg., Land., Viv., Cost., 4 Fior., ecc.),
ma questa lezione troppo sprovvista di autorit. Benv. : Attende,
idest firma te in medio huius pontis. - Veli. : Attienti, cio fer-
mati. - Cast. : Attienti, acciocch non cadi gi dal ponte. - E Fosc.:
Attentare-Attignere 155
Virgilio raccomanda a Dante di attenersi saldo con le mani a un
de' rottami dei macigni.
Attentare, dal lat. attentare, Neut. pass. Arrischiarsi, Aver
ardire, Pigliar animo di fare una cosa; Purg. xxv, 11; xxxiii, 23.
Par. xxii, 26.
Attento, dal lat. attentus ; 1. Add. Che tiene l'animo o i sensi
rivolti fissamente ad una cosa, Che usa attenzione, Diligente; Inf.
ix, 4; xxv, 44; xxvn, 31. Purg. il, 118; IX, 139; xv, 139; xvm, 2;
xx, 17; xxn, 116; xxv, lll;xxvi, 51;xxvn, 56. Par. xi, 134; xix, 31;
xxill, 11; xxv, 116; xxvi, 3; xxvni, 44; xxxiii, 98.-2. E Partic.
pass, di Attendere, Rivolto con attenzione verso checchessia; Purg.
xv, 139; xxxn, 1. Par. vi, 13; xxvi, 126; xxxi, 140.-3. E figuratam.
Purg. xxxiii, 99. Si potrebbe chiedere, se siasi da attribuire al caso
che l' usar attenzione nell' Inf. non occorre che tre volte, e invece
12 volte nel Purg. e 10 volte nel Par.
Attergare, dal lat. tergus e dalla prep. ad, Neut. pass. Vol-
gere, o tener volto tergo a checchessia; Inf. XX, 46. - Gli s'at-
il
terga, cio oppone dosso al ventre di Tiresia; Buti. - Appressa
il
e accosta al ventre di esso Tiresia le sue reni Gelli. - Aronta;
avvicina il tergo suo al ventre di Tiresia; cio prossimamente, senza
che niuno sia tra loro trasposto in mezzo, lo seguita; Cast.
Atterrare, da terra e dalla prep. a; 1. Gettare a terra, Ab-
battere Par. i, 135 (nel qual luogo parecchi ottimi codd., Veli.,
;
Viv., Witte, ecc. leggono l'atterra, trto invece della comune
A terra torto, la quale ultima lezione sembra da preferire). -
2. E figuratam. Conquidere, Distruggere, e simili; Par. Vi, 49. -
3. Per Chinare a terra, Abbassare; Purg. in, 81. -4. Neut. pass.
Prostrarsi, Stendersi a terra, e anche Inginocchiarsi; Purg. IX, 129. -
5. E per Stare, Sedere, Essere steso a terra Purg. vii, 133. - 6. Per
;
Scendere, Venire a terra; Par. xxm, 42.
Atterzare, Neut. Condursi, Giungere al terzo o alla terza
parte; Vit. N. in, 42.
Atteso, Partic. pass, di Attendere; 1. Per Attento, Intento;
Inf. xxvi, 46. - 2. Per Guardingo, Avvertito, Sollecito; Purg. xn, 76.
Cfr. ATTENDERE.
Attignere e Attingere, dal lat. attingere toccare, detto =
figuratam. per Arrivare a toccare; Inf. xvni, 129, nel qual luogo
attingile desinenza antica per attinga.
156 Attila-Atto
Attila, re degli Unni dal 433 al 454 dell'era volgare; cfr.
a
A. Thierey, Histoire d'A. et de ses successeurs, 4 ediz., Par., 1874.
Le leggende italiche del medio evo, confondendo Attila re degli
Unni con Totila re dei Goti, raccontano che nel 450 Attila venne
con 20,000 uomini a vendicar la morte di Catilina, che distrusse
Firenze, e riedific Fiesole, tradizione alla quale anche Dante pre-
stava fede; Inf xn, 134; xm, 149.
Attivo, dal lat. aciivus ; 1. Che ha potenza d'operare, Che
opera; Purg. xxv, 52, 73. - 2. Vita attiva si dice presso gli Asce-
tici quella che esercitasi in operare, a differenza della contempla-
tiva; onde Uomo attivo, per Uomo dedito alla vita attiva, opposto
di Contemplativo; Par. vi, 113.
Atto, dal lat. actus ; 1. L'operare, Operazione, detto pi spe-
cialmente delle azioni degli uomini, Purg. ni, ll;xvin, 21; xxv, 84;
xxvi, 88. Par. i, 52; v, 30; Vii, 33, 46; x, 39; xvm, 35; xix, 73;
xxviii, 110; xxix, 139; xxx, 48.-2. Termine filosofico, si distingue
da Potenza o Virtualit, e vale II punto nel quale la potenza si
esplica ed opera; Par. xm, 62; xxix, 23, 35.-3. Atto dicesi anche
un'azione qualunque, per cui si manifesta una qualit o disposi-
zione dell'animo; Purg. iv, 121. Par. xiv, 21.-4. Per Esercizio d'un
ufficio, Funzione; Inf. v, 18. - 5. Per Atteggiamento, Piglio, Sem-
bianza; Inf. ix, 39; xxi, 32. Purg. vii, 88; x, 38, 43, 138; xn, 82;
xm, 56; xv, 88; xxm, 29; xxv, 14; xxix, 48, 135; xxx, 70; xxxi, 131.
Par. in, 94; xvm, 54; xxx, 37; xxxi, 51, 62. - 6. Per Movimento
qualunque della persona, del braccio, della bocca, e simili, Gesto;
Inf. xxm, 29, 88. Purg. xxiv, 27. Par. xx, 7. - 7. Atto puro, si
disse nelle scuole Iddio, e talvolta anche gli Angeli, consideran-
doli come affatto scevri da materia; Par. xxtx, 33. - Actus purus
est ille qui est sine aliqua materia, nec impotentia, ut fiat aliud
quia non est aptus pati, ideo est incorruptibilis; et in tali estmaior
bonitas Benv.
;
Nella Din. Com. la voce atto, nelle diverse sue significazioni,
adoperata 45 volte, 6 nell' Inf, 19 nel Purg. e 20 nel Par. Questa
voce occorre sovente anche nelle Opp. min., per lo pi come ter-
mine scolastico, per cui giova conoscerne l'uso ed il significato sco-
lastico,che esponiamo succintamente riproducendo quanto ne dice
il Die. tomistico e scolastico (di Franc. Dini) p. 9 e seg. : Actus
si denomina talora l'esistenza dell'ente. Per il che esse actu o in
actu, ens actuale, actuaitas, habere actum significano esistere.
Per siffatta guisa il mondo gi prodotto dicesi avere actum, che
non aveva quando era puramente possibile. Si prende pure talvolta
Atto 157
per attributo dell'ente, da cui gli altri attributi di esso ente si in-
tendon derivare. Cos la razionalit nell'uomo dicesi actus, ri-
spetto agli altri attributi, che da quella derivano. - Actus essen-
tialis , secondo i comune alle tre persone divine,
Teologi, l'atto
a cui correlativo Actus rationalis.- Actus elicitus si dice l'atto
l'
che si emette dalla volont e in lei rimane, come V amore, Vodio, ecc-
Actus imperatus quello che dalla volont pure comandato, ma che
per l'esecuzione vien fidato ad altra potenza, come il camminare. -
Actus humanus, o libero, o morale quello che si emette dietro
prescrizione della ragione, come il fare una elemosina. -Actus ho-
minis o naturalis quello fatto dall'uomo senza avvertenza della
ragione, come il fregarsi la barba. - Actus formalis, o semplice-
mente Actus, si dice la forma substantialis o accidentalis, perch
essa che determina la cosa affinch sia ci che , anzich altro.
Cos la forma sostanziale del fuoco determina il composto nel quale
sta V esser fuoco e non altro. Parimente la forma accidentale Hai
calore determina il corpo adnon caldo. Actus in tal
esser freddo,
senso ha correlativo Potentia, ossia la materia del composto in
quanto capace della forma. - Actus informativus la forma, o ci
che in qualche composto sta per forma, come V anima nell'uomo, la
cognizione nV anima intelligente. Correlativo ad esso la Potentia
informabilis, che la materia del composto, come il corpo. - xVctus
substantialis che insieme colla materia prima costituisce di per s un
solo ente; come V anima informa l'uomo e l'attua. - Actus acci-
dentalis quello che attua la cosa gi costituita nell'essere suo,
come il colore.- Actus purus si prende spesso per la forma sostan-
ziale, come l'anima rispetto al corpo, in quanto lo informa e lo
compie, e non gi in quanto informata e compita. Cos la materia
spesso detta Pura
potentia, in quanto l'essenza di lei consiste
nel poter ricevere la forma, ed esser da essa determinata. - Actus
primus per antonomasia la stessa potenza, per es. di vivere, di
intendere. - Actus secundus l'azione emessa dalla potenza; onde
dicesi che uno opera in actu primo quando ha potenza di operare;
in actu secundo quando opera di fatto. - Actus primus remotus
la causa destituita di qualche condizione o prerequisito per ope-
rare. Actus primus proxim,us la causa che possiede tutti i
prerequisiti ad emettere l'azione. Cos il fuoco non applicato alla
stoppa in actu primo remoto di bruciare; quando per ap-
plicato in actu primo proximo. - Actus signatus l'atto ac-
compagnato da segni, parole, gesti, od altro. - Actus exercitus
l'atto emesso senza segni, come il silenzio, quando sta in luogo
di assenso; V astensione dal fare una cosa, e simili.- Actus respec-
tivus l'ente incompiuto, qual la materia mancante di forma. -
-
158 Attorcere-Attristare
Actus absolutus l'ente compiuto, come V uomo, V Angelo. - Ac-
tus absolutus simpiciter l' atto puro, nel quale non si pu
concepire ragione di potenzialit, o che non abbisogna di nissun
altro per essere, ed esistere, quale il solo Dio. - Actus vitales
son quegli atti del vivente, immanenti, e, per virt propria, eliciti
dal vivente istesso, come gli atti dell' intendere, volere, vedere, ecc.
I moti locali ad perch non immanenti non son vitali, e in
es.
genere nissun movimento dei corpi inanimati fatti per ottenere o
conservare il loro stato connaturale, a cui son estrinsecamente de-
terminati. Laonde gli atti vitali diconsi pure actus ab intrinseco
e in intrinsecum, cio debbon provenire dal vivente istesso, ed es-
sere immanenti.- Actus prior, sive, melior est quam potentia. As-
sioma: significa che per qualsiasi cosa meglio l'essere attualmente,
che il poter essere soltanto od anco che la potenza col suo atto
:
migliore della potenza che ne priva. Cfr. potenza.
Attorcere, dal lat. attorquere ; Avvolgere, e propriam. con
forza e a spira,una cosa in s stessa, o pi cose insieme, o una
ad un'altra; Inf. xx vii, 124.
Attorto, Partic. pass, di Attorcere; in forma d'Add. Avvolto
strettamente insieme, e quasi a spira; Inf. xxv, 115.
Attoscare e Attossicare, dal lat. toxicum e dalla prep.
ad, propriam. Dare altrui il tossico, Avvelenare; e figuratam. per
Amareggiare, Tormentare; Inf. vi, 84.
Attraversare, dal lat. transversus e dalla prep. ad, Porre a
traverso.- Per Passare attraverso, Traversare; Inf. xxv, 81.-2. E
1.
Neut. Camminare o Andare attraverso ad un luogo; Infxxxi, 9.
3. E figuratam. Opporsi, Fare ostacolo; Par. iv, 91.
Attraversato, Partic. pass, di attraversare; in forma d'Add.
Posto a traverso; Inf. xxm, 118. Purg. xxxi, 25. - Quali rom-
pimenti di vie per traverso de la via: imper che li fossi da lato
a le vie non rompeno le vie; ma s quelli da traverso; Buti.
Attribuire, dal lat. attribuere, Riconoscere, Reputare una
cosa come propria di chicchessia o di checchessia; Appropriare;
Par. iv, 45.
Attristare, dal lat.
; 1. Att. Render tristo; e per
tristis
Render malvagio; Inf. 104.-2. Neut. pass. Divenir tristo,
xix,
Farsi malinconico, Affliggersi; Inf. I, 57; vii, 124. Purg. xvn, 120.
Attuale-Audire 159
Attuale, dal lat. actualis, Che in atto, Effettivo, Beale;
contrapposto di Potenziale e Abituale; Conv. Ili, 13, 40.
Attualit e Attualitade, Astratto di attuale, Virt at-
tiva, Attivit, Lo esser attuale; Conv. Il, 4, 53.
Attuffare, da tuffo, e questo dal gr. xcpos, frane, touffer,
port. atufar Diez, Wrt. i 3 434 s. v. Tufo; 1. Immergere
(cfr. ,
sotto l'acqua, o altro liquido, Tuffare; Inf. vili, 53; xxi, 56.-2. E
Neut. pass. Immergersi, Tuffarsi; Inf. XXI, 46; xxn, 131. - 3. Partic.
pass. Attuffato, in forma d'Add. Inf. xviii, 113.
Attuiare, forma varia di Atturare, e questo dal lat. obturare
38), voce adoperata da Dante una sola volta,
3
(cfr. Diez, Wrt. i ,
Purg. xxxin, 48. La Cr. spiega: Turare, Chiudere; e figuratam.
Offuscare, Oscurare. - Lan., Ott., Petr. Dant., Cass., ecc. non
danno veruna interpretazione. - Benv. : Attuia, idest, obturat et
obscurat. - Buti legge acuia e spiega: assottillia et oscura. -
Serrav. : Actuiat, idest obsc*urat et obumbrat. - Land, legge AC-
cuia e spiega: s'assottiglia e fa assottigliar l'intelletto. - Tal.:
Attuia, idest obscurat et obturat. - Veli. : Attuia, cio of-
fusca. - Dan.: Attuia, oscura et offosca. - Tom.: Attuia,
confonde. - Ces.: Attuia spiegato intenebra, o simile; forse
fu scritto abbuia, e tutto era chiaro. Ma abbuia non si trova in
verun cod. Nel Quadrir. del Frez. n, 9 E perch ogni uomo vo-
:
lentier s' attuia Gli occhi per non vederla, attutare vale eviden-
temente Chiudere; ma l'esempio non prova nulla, non essendo che
un'imitazione del luogo dantesco come lo mostra la rima con futa.
Altro esempio di attuiare non si conosce. Il Fosc. ha abbuia, ma
non adduce per questa lez., che veramente torrebbe via ogni diffi-
colt, veruna autorit.
Attutare, dal lat. tutari nel signif. di remuovere, tor via, vale
Calmare, Acquistare, Mitigare; e Neut. pass, per Venir meno, Cal-
marsi; Purg. xxvi, 72. - Buti: S'attuta, cio si spegne e vien
meno.
A udienza e Audi Clizia, dalaudientia, propriam.
lat.
L'atto dell'udire, Ascoltamento. 1. sentimento dell'udito, La
Per II
facolt dell'udire; Par. xi, 134, nel qual luogo invece di Audienza
parecchi testi hanno udienza. - 2. Per Moltitudine di uditori, Udi-
torio; Conv. li, 7, 42.
Audire, dal lat. audire, Udire; Inf. xxvi, 78,
160 Augelletto-Aulieo
Augelletto, Diminut. e vezzeggiat. d'Augello; Purg. xxviii,
14: xxxi, 61.
Angeli (Augel), dal basso lat. aucellus, lo stesso che Uc-
cello; voce pi propria della poesia che della prosa; Inf. in, 117
(cfr. kichiamo). Nel plur. fa Augelli, Purg. xvm, 73; xxin, 3;
xxtiii, 14, ed anche Augei, Purg. xxiv, 64.
Augosta, in rima, per Augusta; Par. xxx, 136. Cfr. Augusto.
Augurare, cfr. aguraee.
Angnre, dal augur, Colui che presso gli antichi, osser-
lat.
vando il volo e canto degli uccelli, il beccare dei polli, ecc., pro-
il
nosticava il futuro; Inf. xx, 110.
Anglista, Augusta, Titolo che si dava alla imperatrice.
dal lat.
Dante d questo Vergine; Par. xxxn, 119. - Ad Au-
titolo alla B.
gusta, cio alla trionfatrice, che nostra Donna; Lan. -Ad Au-
gusta, cio alla Imperadrice di vita etrna; Ott.- Augusta, idest,
Imperatrix huius seternse Roma. Sicut enim Octavius summus et prse-
clarissimus imperator vocatus est Augustus, quia consecratus, sub
cuius imperio incarnatus est Christus; ita per quamdam similitu-
dinem quamvis indignarci, ipse beatissimus et divinissimus impe-
rator Christus, qui interpretatur unctus, potest dici Augustus. Et
sicut Livia summa et prseclarissima imperatrix appellata est Au-
gusta, quam summe delexit vir suus, ita Maria beatissima et di-
vinissima imperatrix appellata est Augusta, quam summe dilexit
ipse sponsus Christus; Benv. - Come lo imperadore si chiama
Augusto e la imperadrice Augusta, che viene a dire accrescitrice,...
maggiormente questo nome si conviene a Cristo et a la Vergine Maria,
che hanno accresciuto et accresceno lo regno di vita eterna; Put.
Augusto, dal lat. Augustus:
Titolo solito darsi agl'Impe-
1.
ratori Eomani, da Ottaviano in poi. Dante l'usa come nome proprio
di Ottaviano; Inf. i, 71. Purg. xxix, 116. Conv. il, 14, 128. Mon.
i, 16, 7; li, 9, 77. - 2. E per Imperatore semplicemente, Inf. xm, 68.-
3. E come Add. Insignito della dignit imperiale; Par. xxx, 136.
Aula, dal gr. cXVj, lat. aula; Stanza o Sala di palagio o di
reggia; detto per similit. Par. xxv, 42.
Aulico, dal lat. aulicus, Di Corte, Addetto alla Corte. Volgare
aulico trovasi usato per linguaggio nobile, illustre, differente a
quello che parla il volgo Yug. Et. i, 16, 43 i, 17, 2; i, 18, 12 e seg.
; ;
Aulide-Anstro 161
Aulide, AXCg, citt e porto della Beozia, dove Agamennone ra-
dun l'armata greca e d'onde essa part per Troia; Inf. xx, 111.
Cfr. Hom., II. il, 304, 496, ecc. Vikg., Aen. IV, 426. Ovid., Met.
XII, 10; xili, 182.
Aura, dal gr. aopa, lat. aura; 1. Leggiero e piacevole venti-
cello; Purg. xiv, 142; xxiv, 146; xxviii, 7. - 2. Per Aria, Aere; Inf.
IV, 27, 150; v, 51 (dove per alcuni testi invece di AURA nera hanno
aer nero), xxiii, 78; xxviii, 104; xxxi, 37. Purg. i, 17; xxviii, 110.
Aurora, dal lat. aurora, Splendore vermiglio, indi rancio, che
apparisce in oriente prima che spunti il sole; figuratam. Purg. il, 8.
Ausare e Adusare,
da usare, premessavi la prepos. a, As-
suefare, Avvezzare; e Neut. pass. Assuefarsi, Avvezzarsi a chec-
chessia o con chicchessia; Inf. xi, 11. Purg. xix, 23. Par. xvn, 11.
Auso, dal lat. ausus, lo stesso che Oso, Ardito. Voce poetica;
Par. xxxii, 63.
Ausonia, nome antico dell'Italia meridionale, da Ausone, figlio
di Ulisse; Par. vili, 61. - Ausonia fuit olim pars Latii, ubi fuit
Roma et tot populi latini vicini, sicut patet per Livium et Plinium;
sed Ausonia ponitur pr Italia, sicut et Latium ssepe apud poetas;
Benv. - Mon. n, 13, 45.
Austerich leggono alcuni testi nel luogo Inf. xxxii, 26. La
voce deve di necessit essere il ted. ant. Oesterrich, mod. Oester-
reich =
Austria. Sembra pertanto preferibile la lez. Ostericch, come
hanno Petr. Dani., Land., ecc. e come scrive il Villani (vii, 27,
29, 42 e sovente). Il Betti afferma anzi che Osterieh la vera
lezione antica. Sventuratamente non si pu dire con certezza ap-
prossimativa quale sia la vera lezione antica, troppo discordanti
tra loro essendo codd., ediz. e commenti. Nei codd. abbiamo Osterie,
Osterlichi, Osterlicchi, Ostericchi, Austerich, Auster ricchi, Asterlic-
chi, Astarlichi, Esterlichi, Isterlicchi, Istralichi, Ostorichi, ecc., ecc.
Neicomm. ant. Esterlicchi (Bambgl.), Ostericchi (An. Sei., Ott., Buti),
Austericch (Lan., Veli.), Osterrich (Petr. Dant., Land.), Osterlicchi
(Cass.), Ausciericchi (Falso Bocc), Osterlich (Benv.), Austerich
(Dan). Quale dunque la vera lezione antica? -In ogni caso l'ul-
tima sillaba non da leggersi n -ichi n -icchi, ma -ich o -icch,
oppure ic o ice, che il suono del ghiaccio non cricchi ma cricch.
Cfr. CRICCH.
Austro, dal lat. auster, Vento che spira da mezzogiorno; Purg.
xxxii, 99.
11. Enciclopedia dantesca.
162 Autore-Aranti
Autore, dal lat. auctor ; 1. Colui che genera, che produce, che
prima origine, Inventore, Ritrovatore, Promotore principale di alcuna
cosa, onde Dio detto il verace Autore; Par. xxvi, 40, essendo
egli F ispiratore della S. Scrittura. - 2. Colui che produce alcuna
opera in materia di scienze, lettere ed arti; per ci Dante chiama
Virgilio: il mio autore, cio scrittore prediletto, maestro e mo-
dello. Cfr. Conv. IV, 6, 11 e seg., dove tra l'altro si dice che Autore
si prende per ogni persona degna d'essere creduta e obbedita.
Autorit, Autoritade e Autoritate, dal lat. aucto-
ritas ; 1. Potere, Facolt, Diritto, che uno pu avere di fare o dir
checchessia; Conv. IV, 6, 35: Autoritade vale tanto, quanto atto
degno - 2. Per Testimonianza autorevole
di fede e d' obbedienza.
che induce credenza; Par. xxvi, 26. 47.-3. Per Maest, Gravit
di contegno, che si concilia rispetto e venerazione; Inf. IV, 113.
Autorit Imperiale, Diritto di comandare, Imperio, Po-
test. Le dottrine di Dante relative all' autorit Imperiale sono
svolte ampiamente Conv. IV, 4-7, dove si tratta della relazione tra
le due autorit, Imperiale e Filosofica, e De Mon. in, 1-16, dove
si espone che 1' autorit Imperiale dipende immediatamente da Dio
e non dal Papa. Cfr. Politica di Dante.
Autunno, autumnus, Una delle quattro stagioni del-
dal lat.
l' anno, che comincia quando il Sole entra in Libra, cio verso
il 22 di settembre; Inf. in, 112. Corrisponde alla senettute; Conv.
IV, 23, 97.
Avacciare, dall' avverb. avaccio, Affrettare, Accelerare; Purg.
IV, 116. Neut. pass. Affrettarsi; Purg. vi, 27.
Avaccio, Avverb. (Forse dal lat. ocyus, convertita Vo in a,
e premessavi come da ante si fece abante; o da abac-
la prepos. ab,
tus [abigere, abactus, abactiare, cfr. Diez, Wrt. li 3 6]; o da vi- ,
vacem, vivacius, avvivacciare ?), Sollecitamente, Prontamente; Inf.
x, 116; xxxiii, 106. Par. xvi, 70.
Avanti e poeticam. Avante, dal basso lat. abante; Preposiz.
significante Anteriorit, Precedenza di tempo, e riceve dopo di s
anche altre preposiz.: Prima; 1. In forza d'Avverb. di tempo, In
prima, Dapprima; Par. xi, 14. - 2. E in forza di Avverb. di luogo,
Innanzi, Dinanzi; Inf. vili, 66; xni, 31; xvm, 128. Purg. xxix, 73.
Par. in, 22.-3. Tanto avanti, vale Tant' oltre, Talmente oltre mi-
sura; Purg. xi, 64.-4. Pi avanti, vale talora Pi oltre, Ulte-
riormente; Inf. v, 138; xxxi, 29, 112. Purg. xm, 49; xxi, 52. Par.
xni, 88; xxvn, 75. - 5. Andare, Tirare avanti, vale proseguire il
Avantich-Avellana 163
cammino; Inf. xxi, 109.-6. Farsi, Trarsi avanti, vale Procedere,
Avanzar nel cammino, Inf. xxxiv, 16, ed anche Venire incontro ad
alcuno, Presentarsi ad alcuno ; Inf. xxi, 74, 92, 118. Turg. xxvm, 46;
xxxt, 131.
Avantich che pure Avanti che disgiuntamente si scrive,
Avverb. Primach, Innanzich ; Inf. in, 119 vili, 55 xv, 51 XVI, 97.
; ; ;
Purg. Vii, 32; ix, 125; xxvn, 78.
Avanzare, spagn. avanzar, frane, avaneer, da ante (cfr. Diez,
3 propriam. Tirare, Condurre, Spingere avanti o in-
Wrt. I , 27),
nanzi. 1. Per Proseguire, Far proseguire, ed anche Far progredire:
Purg. ix, 91.-2. Per Ingrandire, Accrescere, Avvantaggiare; Inf.
iv, 78; xix, 71. Purg. Ili, 145. - 3. E Neut. Avvantaggiarsi; Inf.
xi, 108.-4. Per Inviare, Mandare; Vit. N. xix, 71.-5. Per Supe-
rare, Vincere, in senso figurato; Inf xxv, 12. Purg. xxvi, 120. Par.
xiir, 24. - 6. Per Precedere, Andare avanti ad altri o a checchessia;
Inf. xxn, 128. - 7. Per Andar crescendo, Farsi maggiore, Aumen-
tarsi; Par. xviii, 60.-8. Per Venire, Sporgere in fuori; Purg. xu, 24.
Avanzo, propriam. Il residuo di checchessia, Il rimanente, Il
restante. Per Acquisto, Guadagno, Proftto, Vantaggio; Purg.xj.xi, 28.
Avarizia, dal lat. avarita, Amore
disordinato del danaro e de-
gli averi; Inf vi, 74; vir, 48; xix, 104. Purg. xix, 115, 121, 130 xx, ;
82; xxn, 23, 34, 53. Conv. i, 9, 11; iv, 13, 98.
Avaro, dal lat. avarus; 1. Add. Che ha il vizio dell'avarizia;
Inf xv, 68; xviii, 63. Purg. 113; xx, 106; xxn, 32. Par.
xix,
Vili, 77. - 2. E in forza di Sost. Conv. Ili, 15, 66. Canz. : Doglia
mi reca nello core ardire; v. 67. 69. 126.
Ave, voce latina che vale Ti saluto, Dio ti salvi; prima parola
del saluto angelico, Lue.
i, 28 x4.ve, gratia piena; dominus tecum
:
;
benedicta tu in mulieribus; Purg. x, 40. Par. in, 121. xvi, 34.
Ave Maria (Avemaria e Avemmaria), principio della nota
orazione alla Vergine; Par. xxxu, 95.
Avellana (Fonte), nome di un monastero sotto il Catria (cfr.
Cateia) nell'Appennino, tra Gubbio e la Pergola nel ducato di Ur-
bino. Secondo una tradizione (la quale per non sembra risalire oltre
al Cinquecento) dopo la morte di Arrigo VII Dante si ritrasse per
alcun tempo in quel monastero dell'Ordine camaldolense, e secondo
una iscrizione del 1622 (cfr. Pelli, Mem., 135. Featicelli, Vita
di D., 218 e seg.) vi avrebbe scritto buona parte del Poema sacro.
I biografi antichi non ne dicono nulla, ed anche gli antichi com-
164 Avellana
mentatori, interpretando i versi' Par. xxr, 106 e seg., dove si parla
del monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, non fanno verun
accenno alla dimora di Dante in quel convento. Ma il Troya che
visit il luogo: Aspra e solinga via tra le foreste conduce al-
l'ospizio antico di solitarii cortesi, che additano le stanze ove i loro
predecessori albergarono l'Alighieri. Frequente sulle pareti si legge
il suo nome; la marmorea effigie di lui attesta l'onorevole cura che
di et in et mantiene viva in quel taciturno ritiro la memoria del
grande Italiano. Moncone priore lo ricev nel 1318 (?) e gli An- ;
nali Avellanesi recansi ad onore di ripetere questo racconto (Veltro
aleg. di D., 165 e seg. Cfr. Veltro alleg. de' Ghibel., 175). Ma gli
Annales.... dicono che Dante mori nel 1321; aggiungono ch'egli
abit Fonte Avellana, ma (si badi bene) desumendolo solo dai versi
del Par. xxi, 106 e seg.... citano Jacobillius (uno scrittore del
sec. XVII); e citano poi la vita di Bosone del Baffaelli. Ed ecco
tutto! (Bartoli, Lett. tal., v, 272; cfr. Annales Camaldulenses,
Ven., 1760; v, 316 e seg.). Il Teoya (loc. cit.) aggiunge che ba-
sterebbe aver visto il Catria e leggerne la descrizione di Dante
(Par. xxr, 106-111), per accertarsi ch'egli vi ascese. -Ma quella
descrizione dov' mai? Essa si riduce tutta ad un verso solo: gli
Appennini, dice il Poeta fanno un gibbo che si chiama Catria;
e di sotto c' il monastero di Santa Croce di Fonte Avellana. Questa
non una descrizione; Dante dice che gli Appennini fanno un gibbo;
ma ch'egli sia salito su quel gibbo non lo dice altri che il Trova
(Bartoli, loc. cit.). Del soggiorno di Dante in Fonte Avellana nel 1318
non dubita punto il Balbo (Vita di D., P. II, e. 14), il quale ne dice
antichissima la tradizione. Fratic. (Vita di D., 219) trova que-
sto soggiorno molto probabile, ma lo pone negli ultimi mesi
del 1313, o ne' primi del 1314. Secondo il Bartoli (loc. cit.) il
soggiorno di Dante a Fonte Avellana pi che dubbio, ed il
Diaconis (Nuova ricognizione, 428) afferma che questo soggiorno
una di quelle asserzioni che si elicono dietro i compendii delle
vite degli antichi, delle quali non giova occuparsi. Invece Plumptre
(Comm. and Canzoniere i, p. ex e seg.): The vividness of the de-
scription of the monastery of Santa Croce di Fonte Avellana, in
the territory of Gubbio, in Par. xxi, 106, gives some colour to the
tradition, also attested by an inscription, dated 1557 (?), in what is
pointed out as his celi in the monastery, that he took refuge in
the wild solitude of these regions and there composed no small
portion of his great work. Il fatto semplicemente che non vi
sono documenti autentici n argomenti stringenti per provare i
soggiorno di Dante nel monastero di Santa Croce di Fonte Avellana,
n vi sono decumenti autentici n prove indiscutibili per negarlo.
Avello-Avere 165
Avello, dal lat. barb. lavellum, e questo da labellum, che va-
leva anche piccola conca o catino, Arca o Cassa sepolcrale, Sepol-
tura, Tomba; Inf. IX, 118; XI, 7.
Aventino, Mons Aventinus,
pi meridionale dei sette colli
il
di Roma, situato fra Tevere, Celio e
il Palatino, sul quale sor-
il il
gevano il tempio e l'atrio della Libert ed il tempio di Diana detto
comune. Caco vi aveva fermato la sua stanza per rubare i passeg-
gieri e involare gli armenti Inf. xxv, 26. Cfr. Caco.
;
Avere, dal lat. habere, verbo ausiliare che si trova centinaia di
volte nella Div. Comm. (secondo nostro calcolo, fatto su due canti
il
per ogni Cantica 6 l
j z volte per canto, dunque in tutto ca. 650 volte)
come pure nelle altre opere di Dante. Registriamo prima le forme
o antiquate o del linguaggio poetico, quindi i principali sensi di-
versi, nei quali Dante adopera questo verbo.
I. Forme. 1. Al Presente dell' Indicativo : Abbo; Inf. xv, 86;
xxxn, 5. Avem, Avemo; Inf. xxn, 70; xxm, 23 e sovente. Le quattro
forme ho, hai, ha e hanno vogliono alcuni che si debbano scrivere
, i, , anno. - 2. All'Imperfetto: Avei Inf. xxx, 110. Par. ;
xxxi, 87. Avieno Inf. xxxn, 82. 3. Al Perfetto : Ei Inf. i, 28 (? le-
;
- ;
zione controversa). -4. All'Imperativo: Aggi; Purg. xxxiii, 55 (? lez.
contr.).-5. Al Congiuntivo: Aggi; Par. v, 127. Aggia; Purg. vj, 102.
Aggiate; Canz.: Doglia mi reca nello core ardire; v. 129. Haia;
Inf. xxi, 60. Par. xvn, 140 (alcuni scrivono aja).-6. Al Condizio-
nale: Averei; Inf. in, 56 (? lez. contr. Alcuni testi invece di non
averei creduto hanno non avrei mai creduto). Averebbe Inf. xm,49. ;
Purg. xxx, 117. Averiano; Inf. xix, 27; xxxi, 64.
IL Sensi. 1. Possedere, Tenere in sua propriet, riferito alle
qualit dell'animo o del corpo; Canz. Donna pietosa e di novella
etate v. 69. - 2. Usato assolutane, riferendosi sempre a qualunque
causa che travagli l'animo o il corpo; Inf. xxxiii, 51. - 3. Detto
di regni, provincie, citt, vale Tenerle sotto
proprio dominio; il
Purg. vii, 119. - 4. Per Portare Tenere presso di
allato, addosso,
1
s Inf. xvi, 106. -
; 5. Avere un
arte, una professione, una lingua
e simili, vale Conoscerla, Saperla; Conv. i, 5, 65.-6. Congiunto ad
un Infinito per mezzo della preposiz. A o Da, accenna tempo futuro
nell'azione significata da quell'Infinito; Purg. xxiv, 90. - 7. Neut.
pass. Aversi una data cosa a un'altra, vale Stare quella in propor-
zione a questa; Vit. N., 42, 19.-8. Avere animo, ardire, coraggio,
vale Essere animoso, ardito, coraggioso; Inf. n, 123.-9. Aver cura,
vale Curare, Aver pensiero, diligenza; e con la negativa vale Trascu-
rare; Inf. xxm, 41.- 10. Aver fine, termine, vale Finire, Terminare;
Par. xvi, 78.- 11. Avere a memoria, a mente, vale Tenere a mente,
Avero-Averso
a memoria. Rammentarsi, Ricordarsi: Purg. XIII, 127; xvin, 75.-
12. Avere a sdegno, a disdegno, a dispetto, vale Disdegnare, Dispet-
tare. Dispregiare: Inf. x. 36. 63.- 13. Avere in cara, in custodia, in
governo, vale Custodire. Governare: Purg. XIII, 87; xvi. SI.- 14. Avere
in,seguito da nomi esprimenti alcun affetto o disposizione dell'animo,
prende il significato del verbo, cui quei nomi appartengono: come
per es. Avere in dispregio = Dispregiare, Avere in ira, in odio, in
pregio, in onore, ecc. Inf XIII, S: XXIII, 03. Purg. v, 77; xi, 74.-
l. Avere sopra, sotto, dietro, accanto, ecc. una persona o una cosa,
significa che quella persona o cosa, resta, sta, sopra, sotto, ecc. al
soggetto del discorso: Inf. xxnr, 23.- 16. Aver luogo, per Esser ne-
cessario. Far di bisogno. Occorrere: Por. XXIV, 81.-17. Avere tro-
vasi usato come sinonimo del verbo Essere; Inf. vii, 118.- 18. Oltre
al servireregolarmente d'Ausiliario nelle coniugazioni dei verbi At-
tivi. Avere serve anche ad alquanti Neutri e Neutri passivi, sosti-
tuendosi al verbo Essere. Per es. a. Cogli Attivi, Inf. xxxni, 33.-
b. Co' Neutri, Inf. xx. 79.
Avere. Sosi Facolt. Possessioni, Ricchezze Inf. : xi, 35 xn, 105;
;
\:\. 55, 72.
Averrois. Averro's. chiamarono i filosofi e gli scolastici del
lio evo il celebre filosofo arabo Abul-Velid Mohammed ibn
Ahmed ibn Mohammed ibn Porcini el-Maliki, commen-
il celebre
tatore di Aristotile, il cui commento [Averrhois Commentarius in
^Lristotelis libro*. Yen.. 1500 e sovente) fu tenuto per pi secoli
in sommo pregio. Nacque nel 1126 a Cordova da parenti cospicui.
Studi prima la teologia positiva e la giurisprudenza, quindi la me-
dicina, le matematiche e la filosofia. Fu giudice a Sevilla ed a Cor-
.. e dopo il 1163 protomedico del Califfo Abu Jacub Jusuf e del di
lui tglio Jacub Almansnr, succeduto al padre nel governo l'anno 1184.
Dopo il 1195, accusato di coltivare la filosofia e la scienza antica
a danno della religione maomettana, fu bandito ed i suoi scritti
di logica e di condannati ad essere abbruciati
metafisica furono
pubblicamente per mano del carnefice. Mor nel 119S e la sua morte
segna il principio della decadenza della filosofia raba. Cfr. E. Ke-
hak, et VAverroisme, Par., 1852; 3* ediz., 1869. Lasinio,
s
Studi sopra Averroe. Fir.. 1875. M. J. BfUBLLEB, Philosophie und
gi von .iverrhoes. Monaco, 1859. Dante lo chiama colui
v.che il gran commento feo, Inf. iv, 144, e il Commentatore
per antonomasia. Conv. IV, 13, 50, e lo cita Jfon. i. 3. 52.
Averso. Pardo, pass, di avertere, dal lat. avermi* (da non
confondersi con Avverso), Volto al contrario. Volto a ritroso: Par.
Ticenna-vvallare 167
xxxiii, 78. In questo luogo molte edizioni (dalla Cr. del 1595 sino
a quella del Witte) leggono avversi con doppia v. Ma, osserva il
Parenti (ap. Ed. Pad. ad loc.) era ben naturale che il verbo aver-
tere dava il Partic. averso. Questa voce tutto l'opposto d' av-
verso; imperciocch quando io sono averso, mi distolgo, volgo le
spalle, recedo dalla cosa. Cos il lat. aversus si spiegherebbe popo-
larmente col vertere se a re. Quando poi sono avverso, come dice-
vano gli antichi adverso, io vado contro, mi oppongo, mi rivolgo
alla cosa. Cosi il lat. spiegherebbe col vertere se ad
adversus si
rem. In somma, la contraria forza delle due particelle e ed ad.
La prima mi diparte dall'oggetto, e la seconda mi vi spinge. Il
dantesco occhi aversi del resto il virgiliano riversi tenuere facem
(Aen. vi, 224).
Avicenna, cos nominarono gli occidentali il filosofo rabo
Abu Ali Al Hosain Ibn Abd allah Ibn Sina, autore di una En-
ciclopedia scientifica e di parecchie opere medicinali e filosofiche,
le quali nel medio evo si avevano in gran pregio. Nacque nel-
l'anno 980 a Afsciena nella provincia di Bochhara in Persia (onde
il soprannome Avicenna). Si dedic allo studio delle scienze giu-
ridiche e teologiche, quindi alla fisica e metafisica, e finalmente alla
medicina. Si dice che in giorni 41 imparasse a mente tutta quanta
la Metafisica di Aristotile. Fu protomedico del Sultano Muh' ben
Mansur, la cui ricca biblioteca gli diede agio di perfezionarsi ne' suoi
studi. Viaggi quindi la Persia e poi ferm sua dimora a Gorgnia,
dedicandosi all'insegnamento della medicina, al vino ed alle donne.
Dopo essere vissuto alcun tempo alla corte della principessa di Raj
e del figlio di lei Megd ed-Daula and nuovo errando per la
di
Persia, sempre dedito al vino ed agli amori, e mor nel 1037 a
Ispahan dopo avere scritto oltre cento opere sopra quasi tutti i rami
della scienza del tempo. La sua opera principale il Kanun (4 voi.,
Roma, 1593). Il suo Poema de Logica fu pubblicato dallo Schmoel-
ders nei Documenta philosophica Arabum (Bonna, 1836). Un ca-
talogo delle sue opere si trova nella liogrophie mdie, i, 436 e seg.
Cfr. Bitter, Gesch. der Phil. vii, 633 e seg. Dante lo nomina Inf.
iv, 143, e lo cita Conv.u, 14, 24; n, 15, 59; ni, 14, 31; iv, 21, 11.
Avoe Avolo, dal lat. avus, Il padre del padre o della madre,
che volgarmente dicesi Nonno; Par. xvi, 63.
Avvallare, dal lat. ad propriam. Far ire a valle,
vallis ; 1.
ma
ossia abbasso, detto per Abbassare, Chinare, Mandar gi; Purg.
xiii, 63. -2. Detto degli occhi, vale Volgerli a terra, Inchinarli;
Purg. xxviii, 57. - 3. Avvallarsi, per Scendere a basso, in piano;
168 Avvalorare-Avvenire
Inf. xxxiv, 45. - 4. E figuratami, per Piegarsi, Umiliarsi, Avvilirsi
e simili; Purg. vi, 37. - 5. Avvallare, per Scendere in valle, An-
dare in basso, Calare ; Purg, vili, 43.
Avvalorare, Render valoroso, Dar valore, vi-
da valore; 1.
gore, forza; Par. x, 93. - 2. Neut. pass. Prender valore, Prender
forza, Rinvigorirsi; usato anche figuratami. Par. xxxiii, 112.
Avvampare, da vampo, Levare, Mandar vampo, e anche sem-
plicemente Infiammarsi; detto figuratami. Avvampar di zelo, Purg.
vili, 84. Avvampar d' amore, Par. xxv, 82.
Avvantaggiare, da vantaggio, Far progredire, Aumemtare,
Accrescere. Neut. pass. Avere o Pigliar vamtaggio, Aver premimemza,
Sopravamzare ; Par. vii, 76.
Avvantaggio, dal prov. avantage, framc. avantage, Ci che
utile, o profittevole, Vamtaggio ; Par. xxvi, 31, mei qual luogo
alcumi testi hanno Avvantaggio (S. Cr., Vat., Pai, Vien., ecc.
Folig., Iesi, Nap., Aid., Cr., Benv., ecc.), altri vantaggio (Beri.,
Caet., Cass., Stocc., Cort., Vicent., Cagliar., 2 Biccard., Fruii., ecc.
Da Colle, Mant., Nidob., Buti, Viv., ecc.), lezione che sembra me-
ritare la preferenza.
Avvedere, dal lat. videre, antepostavi la prep. ad, Neut. pass.
Comprendere checchessia, specialmente a certi segni esteriori, Ac-
corgersi, Addarsi; Purg. IV, 9, 58. Par. xn, 118; xiv, 133; xxix, 42.
Avvegnach e Avvengacli, scrivono anche dis- che si
giuntamente Avvegna che, Avvenga che;
Congiunzione per lo 1.
pi avversativa, o di contrapposizione, che si adopera col modo sog-
giuntivo. Comecch, Bench, Quantunque, Sebbene; Inf. xxv, 145;
xxxiii, 100. Purg. in, 1; xn, 8; xm, 109; xxvni, 31, 134. Par.
xvi, 31; xvit, 23; xx, 60, 79. - 2. Trovasi pur talora coli' Indica-
tivo; Canz. .-E m' incresce di me s malamente, v. 54. Son. :
Onde venite voi cos pensose v. 9. - 3. Talora fra Avvegna e
;
Che frapposta qualche altra voce, per la figura detta dai gram-
matici diacope o tmesi; Vit. N., 25, 18 e seg. - 4. Trovasi amche
Avvegna senza aggiunta della particella Che, per figura di ellissi ;
Ball.. Poich saziar mom posso gli occhi miei, v. 13.
Avvenente, Add. Che ha forme o maniere aggraziate e gen-
tili; Vit. N., 8, 25.
Avvenire, dal lat. advenire; 1. Accadere, Succedere, e ordi-
nariamente per caso; Purg. xxiv, 60; xxxiti, 28. Par. ti, 83. -
-
Avventare-Avvisare 169
2. Imperson. Accadere; Inf. xxx, 146; xxxt, 24. Par. in, 91; xm, 70.
Son. : Spesse fiate venemi alla mente, v. 4. - 3. Per Derivare,
Provenire, Nascere; Inf. iv, 28.
Avventare, frequentativo di avvenire, propriam. Scagliare
con violenza, Lanciare. 1. Neut. pass. Scagliarsi, Lanciarsi con im-
peto; Inf. xxiv, 98. Purg. xxxn, 118. - 2. E figuratam. Inf. xv, 5.
Avverare, dal lat. verum,
premessavi la prep. ad; 1. Per
Affermare per vero, Asseverare come vero; Purg. xviii, 35. - 2. Per
Kender certo; Accertare; Purg. xxn, 31.
Avversario e Av
ver sar, dal lat. adversarius ; 1. Colui
che contrario ad un altro, che gli si oppone, che gli contrasta;
e anche dicesi per Nemico; Inf. vili, 115; xxn, 45. Purg. xm, 116.
2. Avversario d'ogni male, detto poeticam. per Iddio; Inf. n, 16.-
3. Avversario dicesi in modo assoluto II diavolo, considerandolo
come nemico naturale dell'umana generazione; Inf. viit, 95; XI, 20;
xiv, 146.
Avverso, dal lat. adversus ; 1. Add. Che si oppone, Che con-
traria, Che nemica; Inf. x, 46. Par. xxvn, 28.-2. Per Opposto,
Contrapposto; cos al proprio come al figurato; Inf. ix, 68 (nel qual
luogo qualche testo ha diversi invece di avversi). - 3. Preposiz.,
dal lat. adversum, Contro, Contra; Par. il, 63.-4. Sopra il luogo
Par. xxxiii, 78, cfr. averso.
Avvicinare, dal lat. vicinari, premessavi la prepos. ad, Far
vicino, Appressare, Accostare. Neut. pass. Per Istare o Esser vicino;
Purg. xiv, 5.
Avvincere, dal lat. vincire, antepostavi la prep. ad; 1. Le-
gare strettamente, Stringere intorno; Inf. ix, 42; xvn, 96; xxv, 52;
xxxi, 88. - 2. E per Avvolgere una cosa intorno ad un'altra; Purg.
li, 80.
Avvinghiare, intensivo N Avvincere; 1. Cingere strettamente
intorno, Abbracciare; Inf. xxiv, 70. -2. E per Avvinghiarsi =Cin-
gersi intorno; Inf. V, 6.
Avvisare, dal lat. barbaro avisare, o advisare, e questo pro-
babilmente dal sassone wisan, mostrare, ammonire; propriam. Dare
avviso ad uno di checchessia; Farlo avvisato; Fargli sapere una
cosa. 1. Per Osservare, Considerare; Purg. x, 71. Par. xxin, 90.-
2. Per Adocchiare, Appostare; Inf. xvi, 23; xxiv, 28.-3. E figuratam.
Purg. xix, 84. - 4. E in forma di Neut. per Reputare, Stimare, Cre-
dere; Purg. v, 35.
170 Avviso-Avvocato
Avviso, da avvisare, propriam. Annunzio, Novella. 1. Per Opi-
nione, Credenza, Parere; Par. vii, 19.-2. Esser avviso ad uno, vale
Parergli, Credere, Sembrargli; Inf. xxvi, 50; xxvn, 107.-3. A mio
Avviso, Per mio avviso e simili, vale A mio parere, Per quanto io
penso, Secondo la mia opinione; Purg. xm, 41; xxix, 80.
Avviticchiare, Cingere intorno a quel modo che fanno i vi-
ticchi. E per Avvolgere intorno strettamente una cosa a checchessia;
Inf. xxv, 60.
Avvivare, dal lat. vivus, antepostavi la prep. ad; 1. Eendere
o Far vivo, Dar vita; Purg. xxv, 50 (nel qual luogo la Cr. con pa-
recchi codd. legge ravviva, lezione evidentemente falsa, che Eav-
vivare vale Far tornare in vita, n si pu Far tornare in vita ci
che non fu ancor mai in vita). - 2. Figuratami, per Invigorire, Ria-
nimare, Dar vivacit e brio; Par. v, 120. - 3. E per simil. Dar vita,
Rendere vivo e splendido; Par. n, 140; xm, 5.-4. Neut. pass. Farsi
o Divenir vivo; cos al proprio come al figurato; Purg. xvm, 10.
Par. xvi, 28; xxm, 113; xxxi, 128.
Avvocato, dal lat. advocatus, propriam. Dottore in diritto,
abilitato a difendere nelle cause cos civili come criminali, che si
agitano dinanzi ai Tribunali. E per simil. Difensore, Protettore,
Apologista; Par. x, 119. L'avvocato de' tempi cristiani nomi-
nato in questo verso secondo gli uni Sant'Ambrogio (Lan., Petr.,
Dan., Cass., Falso Bocc, JBenv., An. Fior., Serrav., Veli., Boi.,
V. Botta, ecc.), secondo altri Paolo Orosio (Palai., Buti, Dan.,
D'Aq., Voi., Veni., Dion., Lomb., Pori., Pogg., Biag., De Rom.,
Ed. Pad., Ces., Wagn., Borg., Br. B., Frat., Brunet., Triss., Cam.,
Frane, Cappel., Corn., De Gub., Kanneg., StreJcf, Filai., Gus.,
Kop., Bl., Witte, Eitn., v. Hoffmg., Nott., Krig., Bartsch, Fran-
che, Hasencl., Gildem., Hetting., P. A. Fior., Briz., Batisb., v.
Mijud., Sanjuan, Plumptre, ecc.). L'Ott. riferisce le due opi-
nioni, senza decidersi; e indecisi restano pure Land., Tom. ed
altri. Carlo Fea in una dissertazione letta all'accademia romana
d'archeologia (Nuova interpr. di un verso di D., Poma, 1829) volle
provare che quest' avvocato de' tempi cristiani Lattanzio, e la sua
opinione fu accettata dal Betti, Andr., Bennas., Settembr. ed altri.
difficile dire con certezza approssimativa quale sia il personaggio
chiamato da Dante avvocato de' tempi cristiani. Per Sant'Ambrogio
sta il fatto che di lui intesero quasi tutti gli antichi sino al Buti.
Ma avendo il Poeta detto piccioletta luce, non sembra probabile che
Dante intendesse parlare dell'arcivescovo di Milano, dicendolo con
Avvolgere-Azzo d'Este 171
ci inferiore a Graziano, Beda, Dionisio, Isidoro, ecc. Inoltre non
noto che Sant'Agostino si giovasse del latino di Sant'Ambrogio.
Di Lattanzio si poteva dire che fu una piccioletta luce, intendendo
della sua povert; adeo in hac vita pauper, ut plerumque etiam
necessariis indiguerit, nedum eliciis (S. Hieron. Chron. ad ann.ix).
E l'opera principale di Lattanzio, Di vinarum Institut. lib. vii,
essendo una magnifica apologia del cristianesimo, ben si poteva chia-
marlo avvocato de' tempi cristiani. N si pu negare che S. Ago-
stino si giovasse del latino, cio delle opere di Lattanzio. Ma ap-
punto perch il Poeta menziona espressamente questa circostanza,
mettendo cos il personaggio circoscritto in relazione diretta con
S. Agostino, pare pi probabile che egli intendesse di Orosio, che
scrisse l'opera sua principale (Histor. lib. VII adversus Paganos)
confortatone da S. Agostino (cfr. Baehr, Gesch. des rm. Litt.,
a
4 ediz., il, 315 e seg.), il quale nel De Civitate Bei si provvide
veramente molto del latino di Orosio (cfr. Baeiir, C liristi. -rm.
Theol., 260 e seg.). Convien del resto confessare, che non abbiamo
argomenti indiscutibili per provare che dell'uno piuttosto che del-
l'altro Dante abbia voluto parlare. Cfr. Lattanzio, Orosio.
Avvolgere, dal lat. advolvere ; 1. Volgere una cosa intorno
ad un'altra o in s,ordinariamente a pi doppi; come si fa con
fasce, funi, fili, e altre cose simili; Inf. xxxn, 103.- 2. Per Con-
durre in giro, Fare aggirare Inf. xxxiv, 132. - 3. Neut. pass. Av-
;
volgersi in se, ed anco Pticingere una cosa, avvolgendosi; Inf. xxv, 5.
Avvolto, Partic. pass, di Avvolgere; in forma d'Add. Avvilup-
pato in se o con altra cosa; Inf vii, Gambe avvolte,
14; xx, 44.
Purg. xv, 122, vale Gambe mal sicure, vacillanti.
Azziniare, dall' ant. frane, acesmar, acesmer, e anche assey-
mer, e questi dal gr. xoafio); Acconciare con soverchia squisitezza,
Raffazzonare; Conv. ni, 4, 60.
Azz d'Este, Azzo o Azzone VII marchese d'Este, signore
di Ferrara, Modena Eeggio, figlio di Obizzo o Opizzone II, tenne
e
il governo dal 1293 al 1308, nel qual anno cess di vivere. Lo si
credette uccisore del proprio padre, cui dicono soffocasse con un
piumaccio; Inf xn, 112 (cfr. Figliastro, Obizzo). Fece uccidere
proditoriamente Iacopo del Cassero da Fano, chiamato da Maffeo Vi-
sconti a podest di Milano; Purg. v, 64 e seg. (cfr. Cassero). Gi
avanti negli anni spos in seconde nozze (alcuni dicono nel 1300,
altri nel 1305) Beatrice, figlia di Carlo II, il Ciotto di Gerusa-
172 zzo-Azzolino
lemme, la quale era ancor giovanissima e che egli compr dallo
snaturato padre per denari; Purg. xx, 80 (cfr. Carlo II). Dante lo
menziona con disprezzo Vulg. El. i, 12, 30. Altrove, Vulg. El.
il, 6, 31 e seg., sembra lodarlo, ma in quel luogo Dante riferisce
semplicemente una proposizione in esempio di Lingua, n sappiamo
se la proposizione sia roba sua o tolta da altri. Ed anche quando
quella proposizione fosse sua propria, potrebbe essere amaramente
ironica.
Azzo (Ugolin d') ? nominato Purg. xiv, 105, personaggio d'al-
tronde ignoto e del quale anche gli antichi non avevano a quanto
sembra notizie positive. Lan.: Questo fu da Faenza, probissima
persona. Lo stesso ripetono Ott., An. Fior., ecc. Petr. Dant. lo dice
de Ubaldinis, identificandolo forse, come pi tardi fecero altri, con
quell'Ugolino degli Ubaldini ancor vivente nel 1306 (cfr. Vill., Cron.
mentre questo Ugolino si suppone morto prima del 1300 (cfr.
ViiT, 86),
G. B. Ubaldini, Storia della famiglia degli Ubaldini, Fir., 1588,
p. 57 e seg.). Il Cass. non dice nulla di questo personaggio; anche
il Falso Bocc. Benv.: Iste fuit nobilis et curialis de Ubal-
tace. -
dinis, clarissima stirpe in Romandiola, qui fuerunt diu potentes in
alpibus citra Apenninum et ultra, prope Florentiam.-J3^: Guido
da Prata da Forl et Ugolino d'Azzo da Faensa, li quali funno valo-
rosissimi gentili omini. - Serrav.: Hic fuit de Ubaldinis, nobili
domo de Alpibus. Fuit nepos domini Frederici cardinalis de Ubal-
dinis. Fuit etiam virtuosus et dignus magna fama. -Land.: Fu
costui degli Ubaldini. Questi possederon assai circa il monte Ap-
pennino, et in Mugello. - Tal. : Ex terra vili nascitur Ugulinus
de Azzo de Ribaldino, et nepos Cardinalis Octaviani. - Veli.: , Di-
cono essere stato de gli Ubaldini, - Dan.: De gli Ubaldini.
Queste chiose mostrano che il personaggio nominato da Dante era
ignoto agli antichi.
Azzolino, Ezzelino III da Romano, della famiglia dei conti
di Onara, genero di Federico II imperatore, ai suoi tempi capo dei
ghibellini d'Italia. Nacque il 26 aprile 1194 in Onara nella Marca
Trivigiana, spos Selvaggia, figlia naturale di Federico li, il quale
nel 1236 lo fece Vicario in Padova. Mor in prigione il 27 set-
tembre 1259. Cfr. Verci, Storia degli Ezzelini, Passano, 1779 e
Ven., 1844. Zamboni, Gli Ezzelini, Dante e gli schiavi, 2 a ediz.,
Vienna, 1870. Dante lo pone nell'inferno trai tiranni, Inf. xn, 110. -
Fu il pi crudele e ridottato tiranno che mai fosse tra' cristiani,
signoreggi per sua forza e tirannia (essendo di sua nazione della
casa di Romano gentile uomo) grande tempo tutta la Marca di Tre-
Azzurro 173
vigi e la citt di Padova, e gran parte di Lombardia; e' cittadini
di Padova molta gran parte consum, e acceconne, pur de' migliori
e de' pi nobili in grande quantit, e togliendo le loro possessioni,
e mandogli mendicando per lo mondo, e molti altri per diversi mar-
tini e tormenti fece morire, e a un'ora undicimila Padovani fece
ardere, e per la innocenza del loro sangue, per miracolo, mai poi
in quello non nacque erba niuna; e sotto l'ombra di una rudda e
scellerata giustizia fece molti mali, e fu uno grande flagello al suo
tempo nella Marca Trevigiana e in Lombardia, per pulire il pec-
cato della loro ingratitudine. Alla fine, come piacque a Dio, vil-
mente da men possente gente della sua fu sconfitto e morto, e tutta
la sua gente si sperse, e la sua signoria venne meno e suo li-
gnaggio; G. Vill., Cron. vi, 72. - Crudelissimo tiranno a' suoi
nemici, del quale si tratta pi novelle, fra l'altre, l'una che '1 f' ar-
dere a una ora xv milia uomini padovani. Era uomo di rustica per-
sona, faccia orribile e pilosa; Lan. - Questi fu quello che'l po-
polo di Padova, retto da lui con rigide leggi, fece ragunare di fuori
dalla terra per via di parlamento, e ripreseli di lui dolersi a torto,
in ci che le giurate leggi elli osservava in loro; usc del parla-
mento, che era chiuso di legname; giudicandoli al fuoco, gli fece
tutti ardere Ott. - Avendo egli un suo notaio o cancelliere che
;
fosse, chiamato ser Aldobrandino, il quale ogni suo segreto sapea,
e avendo preso tacitamente sospetto di lui, e volendolo far morire,
il domand sapeva chi si fossero quelli che nel palancato
se egli
erano legati gli rispose ser Aldobrandino, che di tutti aveva or-
:
dinatamente il nome in suo quaderno, il quale aveva appresso di
s: adunque, disse Azzolino, avendomi il diavolo fatte molte grazie,
io intendo di fargli un bello e grande presente di tutte l'anime di co-
storo che legati sono, n so chi questo si possa far meglio di te, poich
di tutti hai il nome e il soprannome; e per andrai con loro, e nomi-
natamente da mia parte gliele presenterai; e fattolo menar l col suo
quaderno, insieme con gli altri il fece ardere; Bocc. - Scribunt
aliqui, quod Eccirinus fuit corpore mediocris, niger, totus pilosus;
sed audio, quod habebat unum pilum longum super naso, qui sta-
tini erigebatnr, quando excandescebat in iram, et tunc omnes fu-
giebant a facie eius ; JBenv.
Azzurro, dal pers. lazur ; 1. Add. Aggiunto di colore alquanto
pi pieno del cilestro, e alquanto meno del turchino; Inf xvu, 64.-
2. E in forza di Sost. per Colore azzurro; Inf. xvu, 59. Cfr. GiAN-
FIGLIAZZI.
174 B e Ice-Baccelliere
B e Ice,
cos hanno parecchi codd. ed ediz. nel luogo Par.
Vii, mentre i pi autorevoli codd. hanno per Be e per ice.
14,
Vuol dire il Poeta che una sola sillaba del nome di Beatrice basta
gi a commuoverlo ed a raccoglierlo in s. Dice per Be e per ice
toccando causa eufonico, cio per buona sonoritade, pure le estreme
sillabe di tal nome; Lan. - Pone lo nostro autore la prima sil-
laba con parte delle due ultime, a significare tutto '1 nome, facendo
sincopa dell'altro e per poterlo mettere in verso ; Buti.
Babbo, padre; voce per lo pi dei fanciulli, e, scrivendo, dello
stile famigliare e giocoso. Eaddoppiamento della sillaba ha, eh'
uno de' primi suoni che con facilit articoli il fanciullo e che ha
analogia in quasi tutte le lingue; Inf. xxxn, 9. - Babbo nome
preso dalle nutrici che dicono, quando insegnano favellare al fan-
ciullo ha, ba ; Buti. - Babbo, voce degl'infanti, dicesi anco dai
non fanciulli; e dai vecchi si sentiva dire: La buon'anima del mio
povero babbo. Non solo in francese, ma in pi dialetti italiani, che
di l tolto, dicesi papa; senonch scompagnato dall'ar-
non l'han
ticolo, anco nel dialetto mi sa di francese. I greci dicono pappos
l'avo, il grand pere; e queste voci, e babbo e lo slavo babba, per
vecchia, come per dir nonna, sono il medesimo suono pi o men
fortemente espresso dalle labbra; Tom., Diz. sin. s. v. padre.
Babel, ^D3
T V
= Confusione, nome della gran citt sull'Eufrate
e dell'alta torreche gli uomini incominciarono ad edificare, ma non
compierono a motivo della confusione delle lingue; cfr. Genes. XI, 1-9.
Vulg. El. i, 6, 38 i, 7, 22. Cfr. Nembrotto.
;
Babilon e Babilonia, che Babe, nome della gran
lo stesso
citt sull'Eufrate, come pure della provincia
e del regno, durante
settant'anni (605-535 a. C.) luogo d'esiglio del popolo ebreo, onde
la vita umana detta un esiglio di Babilonia; Par. xxm, 135. Per
quod quidem exilium figuraliter designatur peregrinatio huius mundi
in quo sumus exules; Benv. La citt fu distrutta da Ciro; Mon. li,
9, 30 e seg.
Baccelliere, dal basso lat. baccalareus, formato da bacca
lauri; oppure da baculus, onde la voce bacularius ; Colui che ha
ottenuto il primo grado accademico nello studio delle scienze o delle
Bacchi glione-Bada 175
lettere. E Baccelliere dicevasi anticamente quello Scolare che avea
terminato il suo corso e poteva aspirare alle dignit accademiche
d'ordine superiore, come il dottorato; era cio un che di mezzo tra
lo scolare e il dottore Par. xxiv, 46. - Nel primo senso bacca-
;
larius indic il proprietario d'un fondo rustico detto baccalaria ;
poi vassallo che militava sotto le insegne altrui; poi cavaliere gio-
vine che seguiva l'insegna d'un altro; all'universit indic il gio-
vine che studiava per ottenere il detto grado accademico e finalmente
quello che gi l'ottenne. L'etim. controversa. Alcuni spiegano bac-
calaria col lat. medioevale bacca per vacca, sicch baccalator sa-
rebbe stato in origine guardiano di buoi, poi proprietario d' una
mandria e quindi vassallo superiore al servo. Altri spiegarono ba-
clieier con bas-cavalier, con vassallo, con baculus, col celt. badi,
3
giovine piccolo ; Zamb. Cfr. Diez,, Wrt. i , 42 e seg. s. v. Bac-
calare.
Bacchigliene, fiume dell'Italia settentrionale che scende
dalle Alpi, passa per la citt di Vicenza e quindi presso Padova ed
entra nell'Adriatico a Brondolo rimpetto a Chioggia. Dante nomina
il fiume per indicare la citt di Vicenza, Inf. xv, 113. Cfr. An-
drea dei Mozzi.
Bacco, =
rumoreggiante, Divinit dell' antica mi-
Baxxoc; il
tologia, che facevasi nata da Giove e da Semele, e dio del vino;
Purg. xviii, 93. Par. xin, 25. Non si cant Bacco, cio le lode
di Bacco, come si soleva cantare dai Tebani nel monte Citerone,
quando facevano la sua festa e li suoi sacrifici; Put. Cfr. Virg.,
Georg, il, 2, 243. Aen. vi, 657.
Baciare, dal lat. bastare, Applicare le labbra a checchessia,
e distaccarle per modo che, aprendosi alquanto, facciano un certo
scoppio ; e ci in segno amore, di riverenza, di venerazione
d' ; Inf.
v, 134, 136; vili, 44. Purg. xxvi, 32; xxxn, 153.
Baco, lo stesso che Bacco. La citt di Baco, Inf. xx, 59,
Tebe, dove Semele partor Bacco.
Bada, da badare, Indugio, Ritardo. Stare a bada di una cosa, vale
Stare attendendola, Stare in espettazione di quella; Inf xxxi, 139.
Bada non s'usa che in modo avverbiale: Stare, Tenere a bada; e
indica quella tardanza che viene dal troppo dar retta a cosa estra-
nea all'affare nostro, non degna d'attenzione; Tom., Diz. Sin. s. v.
Tardit.
176 Badare-Bagnoregio
Badare, dal provenz. badar, badeiar, frane, badauder, che
probabilmente ha l'origine nella voce lat. patet ; giacch il primo
significato della voce badare quello di essere aperto; e il signi-
ficato di osservare attentamente non che un traslato, quasi stare
a guardare a bocca aperta; il che i Latini esprimevano col verbo
inhiare. Cos la Cr. Invece Zamb. : Etim. ignota. Potrebbe sup-
porsi un vb. baare, dalla sillaba ba, frane, bayer, anelare, o ri-
correre all'antico ted. baidn, indugiare, aspettare; Caix inclina il
a derivarlo da un lat. pandare, Stare aperto, da pandus. Cfr. Diez,
Wrt. i 3 44. Propriam. vale Stare attento, Riflettere, Aver cura, Cu-
,
stodire, Indugiare, Guardarsi e simili. E posto assolutam. per At-
tentamente considerare; Purg. iv, 75. Par. vii, 88.
Badia, Aferesi della voce Abbadia (e questa dal basso lat.
abbatta), ma pi usitata; Monastero, Luogo ove stanno i monaci ;
Par. xxn, 76.
Bagnacavallo, l' antico Tiberium Gabeum, o ad caballos,
ora citt, ai tempi di Dante castello, tra Senio ed il Lamone, a
il
sei chilometri da Ferrara. Aveva conti propri, i Malavicini, verso
la met del sec. XIII, assai potenti; Purg. xiv, 115. Cfr. Bacco-
lini, Osserv. sopra un luogo di D. ove si nomina Bagnacavallo
nella Bomagna, nel Giorn. Arcad. xxn, 316 e seg. - Magnum
castrum est inter Imolam et Ravennani, quod habuit olim comites
nobiles, curialitate plenos, che non rifiglia, idest, non gignit am-
plius dulces filios suos, quia jam sui nobiles tempore autoris pr
magna parte defecerant; JBenv.
Bagnare, lat. balneare, da balneum, e questo derivato dal
gr. paXavsov = bagno; 1. Sparger acqua o altro liquido sopra una
cosa, ovvero Tuffar questa nell'acqua o in altro liquido; ed anche
semplicemente Umettare, Inumidire Inf. in, 132 xx, 6, 24. Purg.
; ;
ni, 130; xin, 84; xxxi, 103. Par. xxxni, 108. -2. Detto di mari,
fiumi, laghi e simili, vale Toccare o Circondare un luogo colle pro-
prie onde Inf. ix, 114; xx, 64; xxvi, 105; xxvn, 52. Purg. xxvni, 62.
;
Pag. ix, 47. - 3. Neut. pass, per Stare immerso in acqua, in ghiaccio
o simili; Inf. xxxiii, 156.
Bagnato, Partic. pass, di Bagnare. E in forma d'Add. Tuf-
fato nell' acqua, Sparso d' acqua o d' altro liquido, Inumidito ; Inf.
xxx, 92.
Bagnoregio, adesso Bagnorea, nome di una borgata nei din-
torni del lago di Bolsena, paese natale di San Bonaventura; Par.
xn, 128. Cfr. Bonaventura.
Bailo-Balbo 177
Bailo,
dal lat. baiulus, prov. baile e bailo, frane, ant. bail,
Grado d'onore e di dignit, come Governatore, Castellano e simili,
che anche dicevasi Balio. E per Aio, Custode, Balio; Conv. iv, 5, 68,
nel qual luogo si hanno le lezioni baili, balj, bajuli. Pare che balj
sia la vera lezione.
Baialo, dal lat. baiulus, Colui che porta, Portatore; Par. vi, 73.
Connumera le cose che il segno dell' aguglia fece in mano del se-
condo imperadore, cio Ottaviano Agusto. E chiamalo baiulo, da
baiulo, baiulas, che sta per portare; e cos sono chiamati in Francia
gli officiali del re, ed in certi altri luoghi, che sono detti baiuoli, o
balii, in ci che portano li pesi del signore; Ott. - Baiulo si dice
da baiulare, cio da portare e cos si chiama lo bailo, perch porta lo
;
fanciullo, e cos si chiama ora baiulo Ottaviano Augusto, perch port
la detta insegna, e bali e govern lo imperio di Koma; Buti. - 11
Monti (Saggio dei molti e gravi errori trascorsi in tutte le ediz.
del Conv. di I)., p. 135 e seg.) voleva che si leggesse non baiulo
ma bailo. Ma il Betti: Augusto non fu il bailo, cio l'aio, di
quell'aquila, di quell'insegna; ma s il baiulo, il portatore, colui
che la condusse a Filippi, a Modena, a Perugia, ad Azio, ecc. Cfr.
Mazzoni-Toselli, Dizion. Gallo-ital. s. v. Baiulo. Diez, Wrt.
3
i 46 s. v. Bailo.
,
Balaam, D>? 72, Inghiottitore, Intrecciatore, gr. Bococap., Pro-
t
:
feta pagano chiamato da Balac, re di Moab, per distruggere il po-
polo israelitico con maledizioni e scongiuri e che per via ebbe un
colloquio in lingua umana Signore aperse la
colla sua asina, cui il
bocca; Numeri xxn, 5 e seg. Cfr. Asina. Dante lo ricorda per dire,
che non l'asina, ma un Angelo parl in lei; Vulg. El. i, 2, 33 e seg.
Baiaselo,
da una provincia dell' Indostan, che gli antichi chia-
mavano Balassia, Sorta di pietra preziosa di color rosso paonazzo,
che una variet di Bubino; Par. IX, 69.
Balbo, dal lat. balbus, Balbettante, Che per difetto di lingua
pronunzia male'le parole. La femmina balba apparsa in sogno a
Dante, Purg. xix, 7, il simbolo dell'avarizia (Lan., Ott., An. Fior.,
Voi., ecc.), o meglio di tutti e tre i vizi che si purgano nei tre ul-
timi cerchi del Purg., avarizia, gola e lussuria, cio di quei beisi
fallaci che l'uomo va cercando nelle ricchezze, nei piaceri della
gola e nei diletti della carne. Cos Petr. Dant., Cass., Falso Bocc,
Benv., Buti, Serrav., Land., Tal., Veli., Dol., Dan., Vent., Lomb.
e tutti i moderni sino al Corn., al Gildem., al Vern., ecc. Ava-
12. Enciclopedia dantesca.
178 Balbutire-Balenare
rizia, gola e lussuria, que sunt tria vitia corporalia in quibus hu~
mana sensualitas delectatur, figurantur per feminam, cum femina
generet generalem complacentiam Serrav. ;
Balbutire, e anche Ballmzzire. dal lat. balbutire, Pro-
ferir male
parole per difetto di lingua, Frammettere, in favel-
le
lando, la lingua, Non proferire le lettere pi forti o scambiarle
colle labiali; il che proprio specialmente de' fanciulli; Par. xxvu,
130, 133.
Balco, cfr. balzo.
Balcone, forse una forma varia di palco; o dal ted. balkP
o dall'arabo balachanah
casa elevata? Finestra, ma intendesi
pi specialmente di Finestra pi grande delle ordinarie, e talvolta
aperta fino al pavimento, con sporto e ringhiera. Figuratam. gli
occhi e la bocca sono detti balconi dell'anima; Conv. ili, 8, 56.
Baldanza, da baldo, Ardimento e sicurt d'animo con una
certa alacrit, che si dimostra negli atti e nelle parole; ed anche
semplicemente ardire; Inf. vili, 119.
Baldanzosamente, In modo baldanzoso, Con baldanza;
Son. : Per quella via che v. 3.
la bellezza corre,
Saldezza, dal provenz. baudeza, Astratto di baldo, L'esser
baldo; Par. xvi, 17; xxxn, 109. E per Vanto, Gloria esimili, Conv.
IV, 5, 30, dove la B. Vergine detta la Baldezza e l'Onore del-
l'umana generazione.
Baldo, dal provenz. band, baut, bautz, che da alcuni vuoisi
derivare dal lat. validus, da altri dal ted. bald, onde l'antico frane.
bald ; Fiero, e anche pieno d'alacrit e d'esultanza; Par. xv, 67.
Baldo d'Aguglione, cfr. Aguglione, 2.
Balena, dal lat. balama, Pesce della specie de' cetacei, di smi-
surata grandezza, che si trova specialmente nei mari settentrionali ;,
Inf. xxxi, 52.
Balenare, da baleno; 1. Venire o Apparire il baleno; ed an-
che Mandar baleni Purg. ; xxix, 18. - 2. E nello stesso significato
in forma di 19. - 3. Per Kisplendere a modo di
Sost. Purg. xxix,
baleno; Par. xiv, 108. - 4. E in forza d'Att. Mandare splendore a
modo di baleno Inf. ni, 134. - 5. In men che non balena, modo
;
che vale In un attimo, e che anche dicesi in un baleno; Inf. xxn, 24.
Baleno-Balzo 179
Baleno cpdco, donde cpaXg
(dal gr. =
splendido, lucente? Zamb. :
Etim. ignota. proposto il gr. blemnon, dardo, ma regolar-
Fu
mente dovrebb' essere baenno. Lo Schuchardt lo riferisce ad un
tema bai, vibrare, da cui trae anche ballare, traballare. Il Caix
10 crede una formazione analoga a barlume, da lucin derivato da
luce, col prefisso bar per bis, che trova nel toscano baluginare e
balecenare, apparire e disparire di persona e cosa come baleno.
3
11 Diez, Wrt. il 9, lo fa derivare dal gr. pXsjivov, pur ammet-
,
tendo che regolarmente dovrebb' essere belenno), Quella luce viva
e istantanea che risplende nell'aria nell'istante dell'esplosione elet-
trica, ed accompagnata per lo pi dal remore del tuono e dallo
scoppio del fulmine; Par. xxv, 81.
Balestrare, da balestra, e questo dal lat. ballista, derivato
dal gr. (MXXcd, propriam. Scagliare colla balestra; 1. E per similit.
Avventare, Gettare; Purg. xxv, 112.-2. E figuratami. Inf. xni, 98.
Balestro, che pi comunemente dicesi Balestra, dal lat. bal-
lista, Strumento antico da guerra per uso
di saettare, fatto d'un fusto
di legno curvo che chiamasi teniere, con arco d' acciaio in cima, e ca-
ricavasi con arnese detto lieva, o martinello, ed anche in altri
modi, come nelle balestre dette a staffa, a tornio^ ad arganello, ecc.
Inf. xxxi, 83. Purg. xxxi, 16.
Bala, dal lat. baiulus, Colei che allatta gli altrui figliuoli;
Par. xxx, 141.
Balia, dal lat. valeo, potere; oppure da baiulo ; 1. Potest, Au-
torit, Signoria; Purg. 66.-2. E per Potere; onde Avere, Essere,
I,
Tenere in balia e simili, per Avere, Essere, Tenere in potere, cos
al proprio come al figurato; Inf. xix, 92.
Ballare, dal basso lat. ballare, gr. (BaXXgo); 1. Muovere i piedi,
andando saltando a tempo di suono o di canto; Purg. xxvin, 53. -
e
2. E per semplicemente Muoversi, Agitarsi, detto in ischerzo o per
ischerno; Inf. xxi, 53.
Ballata, frane, ballade, da ballare, Specie di Canzone che dagli
antichi italiani, francesi, ecc. si cantava ballando; Vulg. El. IT, 3,
6. 21. 23. 25. 29; II, 4, 8, ecc. Vit. N. xn, 57. 61. 99.01, ecc.
Ballo, L'azione e l'arte del ballare; Par. x, 79; xxv, 103.
Balzo, frane, ant. baus, da balzare, e questo probabilmente
dal gr. paXXgetv (cfr. Diez, Wrt. i 3 49 e seg. s. v. balzare); 1. Luogo
,
scosceso o dirupato, Pendice alquanto ripida; Inf. xt, 115; xxtx, 95.
180 Banco-Baratta
Purg. iv,47; Vii, 88; ix, 50, 68. - 2. E per similit. Quell'estremo
1
limite dell orizzonte a oriente e a occidente, dal quale pare che il
sole sorga e che ne discenda; Purg. x, 2, nel qual passo per pa-
recchi ottimi codd. hanno balco che probabilmente la vera le-
zione. Cfr. Blanc, Versuch, n, 33 e seg.
Salico, dal lat. planca = tavola piana; oppure dal ted. banch,
bank = scanno, Arnese composto d'una o pi assi messe in piano,
e sorrette da quattro o pi piedi, coi lati o in parte o del tutto
chiusi con altre assi o sportelli, del quale fanno uso gli uomini di
molte arti e professioni. E si usa pure per Panca da sedere, Sedile,
Scanno; Par. x, 22; xxxi, 16.
Banda, dal ted. binden = legare, o band = legame, nastro,
usasi comunemente a denotare Una delle parti, a destra o sinistra,
o dinanzi o di dietro, di un corpo o di un luogo; Inf. xvill, 80.
Purg. xni, 79.
Bando, dal ted. bann, basso lat. bannum, Decreto, Ordine; e
propriamente quello che era notificato pubblicamente a suon di
tromba dal banditore. 1. Per Intimazione, Annunzio fatto al suono
di tromba; Purg. xxx, 13. - 2. E per L'atto del divulgare, del ce-
lebrare, e anche Suono, Grido Par. xxvi, 45; xxx, 34.- 3. Condanna
;
all'esilio, e anche per l'Esilio medesimo. E figuratam. per Allon-
tanamento, Lontananza, Separazione, e simili; ma usato per lo pi
nel modo avverbiale In bando, coi verbi Andare, Mettere, Porre,
Tenere e simili; Inf. xv, 81. -4. Uscir di bando, vale Essere ri-
chiamato, liberato dall'esilio; Purg. xxi, 102.
Bara, dal ted. bahre, Arnese di legname, fatto a guisa di letto,
avente quattro piedi e due stanghe, e per lo pi con rete di corda
nel fondo, dove si mette il cadavere per portarlo alla sepoltura;
Feretro; Par. xi, 117.
Baratro, dal gr. pdpafrpov, lat. barathrum, Luogo profondo,
oscurissimo e cavernoso. Pigliasi eziandio per l'Inferno; Inf. xi, 69.
Questo baratro, cio questo luogo cupo et oscuro ; Put. - Ba-
ratro una parola greca, che vuol dir profondit e voragine, come
propriamente l'inferno; e cos scrive il Celio nelle sue lezioni
antiche, che chiamavano gli Ateniesi una buca e un luogo, ov'ei
gittavano i malfattori e gli scelerati, il quale era tanto profondo,
ch'ei non si sentiva pi di loro cosa alcuna; Geli.
Baratta, da barattare, Contrasto, Contesa; Inf. xxi, 63, detto
forse con qualche allusione al luogo ove sono puniti i barattieri, e
Barattare-Barba 181
ai diavoli che vi stanno a guardia. Baratta, cio contrasto e ba-
ratteria; Geli.
Barattare, in forza di Neut. Usar baratteria, Far il barat-
tiere; Par. xvi, 57. Questa voce d'origine non peranco chiarita,
quantunque comune a tutte le lingue romanze, sembra avere affinit
col gr. Ttpoaio) e 7tapaXXdrua). Alcuno la deduce dal lat. periture,
3
altri dal celt. barad, astuzia. Cfr. Diez, Wrt. i 52 e seg. s. v. ,
baratto.
Baratteria, La mala arte del barattiere; Inf. xxn, 53. - Ba-
ratteria per altro nome si chiama moccobellaria ; e moccobellaria
vendimento, o vero comperamento di quello che l'uomo tenuto
di fare per suo uficio o in cose publiche o private, per danari o
per cose equivalenti. Et ha questo peccato due spezie: imper che
elli si vende o si compra quel che si dee fare secondo debito di ra-
gione, e questo men grave, siccome s' io giudice a una corte, do
una sentenzia pi tosto che non farei per alcuno prezzo eh' io ricevo
della parte; l'altro modo si , se si vende o compera quello che
centra ragione, siccome se io arbitro debbo dare la sentenzia per
te, et io ingiustamente la do per altra parte, corrotto per prezzo
o per doni eh' io n' abbia ricevuti. E questa spezie molto pi grave :
imper che si fa contra giustizia per avarizia; et ecci duppio il
peccato d'ingiustizia e d'avarizia; e similmente se io sono anziano
e debbo dare l'ufizio a chi lo merita, et io lo dar a chi lo com-
pera, e se addiviene che traili compratori io lo dia al meno rio,non
perci minore la baratteria, ch'io non ho guardato quello perch
io l'avrei dato a chi pi me n'avesse dato; Buti.
Barattiere e Barattiero, Colui che traffica i pubblici
uffici, o, come dicesi, ne fa bottega; Inf. xxi, 41; xxn, 87. 136. Nel-
l'Inferno dantesco i barattieri piangono e zufolano, immersi in un
vallone di pece bollente, attaccaticcia, simbolo delle frodi e degli
inganni segreti.
Baratto, da barattare, Baratteria, Fraude, Inganno. E per Ba-
rattiere, Fraudolento, Ingannatore Inf. xr, 60.;
Barba, dal lat. barba; 1. I peli che l'uomo ha sulle guance
e sul mento; Inf. xn, 78; xx, 107; xxm, 113. Purg. i, 34.- 2. Per
similit. dicesi anche dei peli lunghi del muso di alcuni animali, come
di cani, becchi e simili; Inf. vi, 16. - 3. E detto figuratami, per
Tutto il volto, ma parlando con intenzione di pungere e di ram-
pognare; Purg. xxxt, 68, 74. - Alza la barba, cio il volto, il
182 Barba-Barbagia
viso, dicevano gli antichi ad un adulto, per farlo vergognare de' suoi
errori, pi dicevoli a fanciullo che ad uom fatto Papin., Lez.
;
Burch., 157.
Barba, dal basso lat. barba, barbanus, Zio, pi specialmente
paterno; Par. xix, 137. In questo passo Dante intende dello zio di
Federigo li, re di Sicilia, Don Giacomo, re delle Baleari, figliuolo
di Giacomo I, re d'Aragona, nato nel 1248 a Montpellier. Rice-
vette da suo padre nel 1262 sotto il nome di reame di Maiorca le
isole Baleari, la signoria di Montpellier e la contea del Rossiglione.
Forz suo fratello maggiore Pietro III a confermarlo in questa do-
minazione, ma fu sempre in guerra con lui come con i due suoi
nipoti Alfonso III e Giacomo II figli e successori di Pietro III. La
storia lo dice principe poco guerriero, e racconta che il fratello una
volta gli port guerra tale da privarlo della sua isola, che poi gli
restitu come per compassione; Bocci.
Barbagia, nome d'un luogo montuoso nella Sardegna, dove
dicono che gli uomini e le donne andassero quasi ignudi. Dante usa
questo nome a significar Luogo disonesto, quasi Chiasso e Bordello;
Purg. xxiii, 94. 96. - Barbagia uno monte che in Sardigna,
suso il quale abita gente molto disfrenata e senza legge circa lo
vizio venereo, e sono tanto trascorsi in esso, che tutte le loro fem-
mine sono comuni; Lan. - Locus Sardinia, qui dicitur Barbasia,
ubi vadunt nudse mulieres; Petr. Dani. - Est quedam contrata
insule Sardinee, in qua mulieres vadunt seminude; Cass. - In
sardignia e unamontagnia la quale e isola appellata barbagia abi-
tata da giente barbera evennonvi adabifcare quando i romani pre-
sono la barberia. Questa giente nona neleggie nechostumi esono
divisi i loro modi da ogni gienerazione di giente leloro femmine
sono disoneste isfacciate intanto che in quelluogo nonsi osserva
matrimonio veruno ne veruna altra buona usanza; Falso Bocc-
Montanea est altissima in insula Illa, in qua habitat gens silvestris
sine lege, sine religione vera; quae dicitur remansisse ibi, quando in-
sula fuit recuperata de manibus barbarorum de Africa, quorum mu-
lieres sunt nimis lubrica et impudica, permittentibus viris. Nam
pr calore et prava consuetudine vadunt indutse panno lineo albo,
excollatse ita, ut ostendant pectus et ubera; Benv. - Sardinia
insula fuit habitata per Saracenos et infedeles, et Saraceni ibi do-
minabantur; tamen Ianuenses expugnabant Saracenos, et acquisie-
runt eamdem Sardiniam, expellentes inde gentem barbaram. In aliqua
tamen parte Sardinie, in Barbagia scilicet, remanserunt gentes bar-
bare et impudice; quarum mulieres incedunt inhonestissime, por-
Barbariccia-Barbarossa 183
tando pectora discooperta, ostendentes mammillas; Serrav.- Bar-
baricini omnes ut insensata animalia vivunt; S. Greg., Fp. ih, 26.
Barbariccia, nome di uno dei diavoli custodi della quinta
bolgia dell'ottavo cerchio infernale; Inf. xxi, 120; xxn, 29, 59, 145.
Nomen quarti dsemonis, et est inveterata dierum nequitia nani ;
crispedo barbse et capillorum signum est malse malitise; >> Benv. -
Barbariccia ponitur hic quasi Inveterata consuetudo, ci usato
et invecchiato a fare male, et barbuto in quell'arte; An. Fior. -
Quella astuzia con la quale si va cercando di ricoprire quelle
azioni, che sarebbero riprese e biasimate, per ci che la barba ar-
ricciata, appresso ai fisionomisti, significa fraude e malizia; Gelli.
Barbaro, dal gr. pappapoc;, lat. barbarus, Add. che
si usa spesso
a modo di Sost. Aggiuntopopolo che in materia di istituzioni,
di
di costumi e di cultura, sia assai poco progredito; ed l'opposto
di Civile o Incivilito. Presso i Greci e i Latini si dicevan barbari
tutti i popoli stranieri, molto ad essi inferiori di civilt; e in senso
analogo si adopr spesso dai nostri scrittori la voce barbaro, par-
lando dei popoli oltramontani o oltramarini; Purg. xxiii, 103. Par.
xxxi, 31.
Barbarossa, soprannome di Federigo I, il primo imperatore
della casa degli Hohenstaufen, nato nel 1121, regn dal 1152 al 1190,
distrusse Milano nel 1162. Cfr. H. Prutz, Kaiser Friedrich I, 3 voi.,
Danzig, 1871-73. Scheffer-Boichorst, Friedrichs letzter Streit mit
der Curie, Berlino, 1866. Karl Fischer, Ber Kreuzzug Friedrichs I,
Lips., 1870. Dante lo chiama il buon Barbarossa, Purg. xviii, 119, ed
i commentatori non vanno d'accordo, se e' lo chiamasse buono sul se-
rio o ironicamente. I pi antichi (Lan., Ott., Serrav., Land., Tal.,
Veli., Dan., ecc.) tacciono, ed il loro silenzio sarebbe inesplicabile se
in quel verso avessero veduto un'ironia qualunque. - Petr. Dant.:
Fuit magnus in probitate, sed parvus Comes natione, et electus fuit
per Electores imperator, omnibus aliis discordantibus; et dum coro-
natus est argentea corona ab Archiepiscopo Coloniensi in civitate
Aquisgranae, venit Mediolanum ut assumeret coronam ferream ab eius
Archiepiscopo in Ecclesia sancti Michaelis, deinde in Koma in Eccle-
sia Sancti Petri ad altare Sancti Mauritii auream coronam a Papa:
qui Mediolanenses sibi denegaverunt introitum. Quare dictus Frede-
ricus dictam terram obsedit, et ibi devictus et vulneratus, rediit fu-
gatus in Alamanniam cum propria camisia sanguinolenta super ha-
stam pr suo vexillo. Unde commovit totam Alamanniam ad suas
vires, et redit, et obsedit et vic.it dictam terram Mediolani, et eam
fecit arari et seminari sale, ad ostendendum quod sicut sai semenatum
184 Barbato-Bardi
non nascitur, ita nec illa gens, nec civitas. - Benv.: Vocat Fri-
dericum bonum, quia fuit vir virtuosus, strenuus, largus trinmphator
et corpore puleer. - Buti: Ben dice buono, imper che tra l'altre
buone cose, eli' elli ebbe in s, fu che non fu avaro di pecunia. N
gli altri antichi (Cass., Falso Bocc, An. Fior., ecc.) videro ironia
nelle parole del Poeta. Primo a vedervela fu il Vent., seguito da
Lomb., Bor., Biag., Costa, Ces., Wagn., Br.B., Giober., Frat., Greg.,
Frane, Bl., Witte, ecc., mentre Pogg., Tom., Andr., Triss., ecc. si
attengono, senza dubbio a ragione, all'opinione degli antichi, che
Dante parli sul serio. Infatti il sistema politico del Poeta non gli
avrebbe mai permesso di inveire contro un imperatore e deriderlo
a motivo delle sue lotte coi pontefici e del severissimo castigo in-
flitto ai ribelli. Bennas.: Questo imperio (del Barbarossa) ebbe
tre epoche: la prima buona dal 1152 a tutto il 1155; la seconda
rea dal 1156 al 1177 anno della sua sommessione al papa in Ve-
nezia; la terza buona dai 1177 al 1190 in cui mor nella crociata
di Terra Santa. Ebbene Gherardo fu Abate nella terza epoca, la
qual sola posteriore alla distruzion di Milano, avvenuta nel 1162,
circostanza notata dall'Abate per precisare l'ima delle due epoche
buone. Il Corn. accetta questa.... interpretazione.
Harbato, Partic. pass, di barbare, Abbarbicato, Kadicato;
Sest.: Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra, v. 5.
Harbnto ; 1. Che ha barba, Barbato; Conv. i, 12, 48. - 2. E
dicesi anche di Uno che gi sia nomo fatto; ma per lo pi coli' in-
tento di mostrare che dovrebbe operare, e non opera, nel modo che
ai suoi anni e alla sua barba si converrebbe; Purg. VII, 102.
Barca, dal basso lat. barca; Naviglio di non molta gran-
1.
dezza, e per lo pi da carico o da traghetto Inf. vili, 25. - 2. E
;
in locuzione figurata; Purg. xn, 6. Par. ir, 1; vili, 80; xvi, 96;
xxiii, 67. - 3. Barca di Pietro, o di San Pietro, ed anche Santa barca,
dicesi fguratam. per significare la Chiesa cristiana, per allusione
alla barca del pescatore di Galilea; Par. xi, 119.
Hardi (Simone dei), figlio di Ger dei Bardi, cavaliere fio-
rentino e marito di quella Beatrice figlia di Folco Portinari, che
1' opinione comune crede fosse la Beatrice di Dante (cfr. Beatrice).
Nel 1290, durante la guerra guelfa contro Arezzo, era Consigliere
del Comune presso messer Amerigo di Nerbona condottiero della
Taglia in nome del re Carlo d'Angi. E nel giugno del 1301 par-
tecipava, mediante certe mene guerresche coi conti Guidi, a un ten-
tativo dei Neri per sormontare, come poco dopo venne lor fatto, sui
Bari -Barone 185
Bianchi, onde fu messo in bando insieme coi due conti Guidi. Cfr.
Del Lungo, Bino Comp. i, 68, 194. Beatrice, 57 e seg., 97 e seg.
Ferd. Gabotto, Il marito di Beatrice, Bra, 1890.
JSari, marittima con porto nella Puglia, a 225 chilom.
citt
all' il nome.
E. N. E. di Napoli, e capoluogo della provincia a cui d
Non si hanno notizie precise della sua origine, e i Romani la ram-
mentano solo dopo la conquista della Puglia, di cui era municipio.
Caduto l'impero di Occidente, Bari fu dominata ora dai Bizantini,
ora dai Longobardi, e nel secolo IX fu saccheggiata dai Saraceni
chiamati da Rachis duca di Benevento contro il conte di Salerno
suo rivale. Fu in seguito dall'imperatore Greco dichiarata capitale
della Puglia, e passata verso il 1100 ai Normanni, segu le sorti
del regno di Napoli Bocci.
;
Barone, dal basso lat. baro, baronis, di cui probabilmente
radice il lat. vir, eche dapprima signific signore, grande, ministro
di principe, e quindi fu un titolo speciale di signore con giurisdi-
zione. Dagli antichi il titolo di Barone venne dato anche ai Santi
e talvolta pure a Cristo, onde Barone chiamato San Pietro, Par.
xxiv, 115, e San Iacopo, Par. xxv, 17. -Il gran bar one, Par. xvn, 128,
il marchese Ugo, vissuto nel X secolo, ai tempi dell'imperatore Ot-
tone III. Col detto Otto terzo venne in Italia il marchese Ugo;
credo fosse il marchese di Brandimborgo, perocch in Alamagna non
ha altro marchesato. A costui piacque s la stanza di Toscana, spe-
zialmente della nostra citt di Firenze, eh' egli si fece venire la
moglie, e in Firenze fece suo dimoro, siccome vicario d'Otto im-
peradore. Avvenne, come piacque a Dio, che andando lui a una caccia
nella contrada di Bonsollazzo, per lo bosco si smarr da sua gente,
e capit, alla sua avvisione, a una fabbrica dove s'usa di fare il
ferro. Quivi trovando uomini neri e sformati che in luogo di ferro
parea che tormentassono con fuoco e con martella uomini, domand
che ci era: fugli detto ch'erano anime dannate, e che a simile
pena era condannata l'anima del marchese Ugo per la sua vita mon-
dana, se non tornasse a penitenzia; il quale con grande paura si
raccomand alla Vergine Maria, e cessata la visione, rimase s com-
punto di spirito, che tornato in Firenze, tutto suo patrimonio d'Ala-
magna fece vendere, e ordin e fece fare sette badie la prima fu
:
la badia di Firenze a onore di Santa Maria; la seconda fu quella
di Bonsollazzo, ove vide la visione; la terza fece fare ad Arezzo;
la quarta a Poggibonizzi; la quinta alla Verruca di Pisa; la sesta
alla citt di Castello; l'ultima fu quella di Settimo; e tutte queste
badie dot riccamente, e vivette poi colla moglie in santa vita, e
186 Bartolommeo della Scala-Baschiera della Tosa
non ebbe nullo e mor nella citt di Firenze il d di
figliuolo,
Santo Tommaso anni di Cristo 1006, e a grande onore fu sep-
gli
pellito alla badia di Firenze. E vivendo il detto marchese Ugo, fece
1
in Firenze molti cavalieri della schiatta de' Giandonati, de Pulci,
de' Nerli, de' conti da Gangalandi, e di quelli della Bella, i quali
tutti per suo amore ritennero e portarono 1' arme sua addogata rossa
e bianca con diverse intrassegne; G. Vill., Cron. IV, 2. - Et
quia decessit in festo sancti Thomae, omni anno fit solemnis me-
moria de eo, et in tali die fit eius anniversarium Benv. ;
Bartolommeo della Scala, figlio di Alberto, fratello di
Alboino Canfrancesco o Can Grande, successe al padre nel 1301
e di
nella signoria di Verona, ma la tenne soltanto tre anni, essendo
morto nel marzo del 1304. Fu probabilmente l'ospite cortese, presso
il quale Dante, sbandito da Firenze, trov lo primo suo rifugio ;
Par. xvn, 70 e seg. Cfr. Lombardo (il gran).
larncci, antichissima famiglia nobile di Firenze; Par. xvi, 104.
Ebbero i Barucci le case e le torri nel popolo di S. Maria Maggiore
nel chiasso Padella; e talvolta trovansi nelle vetuste carte appellati
Palermini e Guittoni. Kammentano le istorie Ubaldo console di Fi-
renze nel 1195; Uberto che la stessa dignit riteneva quando giur
la lega col papa e con molti Comuni Guelfi della Toscana nel 1197;
Aldobrandino che, essendo console nel 1202, guid l'oste in Val di
Marina, dove espugn il castello di Cambiate; Pietro che ascese al
seggio patriarcale della citt d'Aquileia. Al suscitarsi delle fazioni
aderirono Barucci a parte ghibellina e con questa ebbero comuni
i
i E per conseguenza, se dopo la battaglia di
trionfi e le sventure.
Montaperti e la cacciata dei Guelfi si trovarono cos potenti da figu-
rare tra i primi in Comune, scontarono peraltro amaramente questo
momentaneo trionfo, quando tornati i Guelfi pi potenti di prima
nella citt si vendicarono senza misura dei loro nemici. Nella qual
circostanza troviamo messer Guittomanno Barucci cavaliere coi fra-
telli Filippo e Bindo, con Guittone ed Abate di Guido di Uberto
e coi figli di Dino di Baruccio dichiarati ribelli con confisca dei
beni, mentre a Neri ed a Filippo di messere Aldobrandino asse-
gnavasi come pena minore il confine nel contado Fiorentino. La
pace del 1280 riapr ad essi le porte della citt, e tra i principali
ghibellini che la firmarono leggonsi Guittone di Guido e Tegliaio
di Filippo Barucci. Le memorie di questa casa non oltrepassano la
met del secolo XIV Lord Vernon, Inf., voi. II, p. 421 e seg.
;
Baschiera della Tosa, cittadino di Firenze, della nobile
famiglia dei Della Tosa o Tosinghi, tenne da' Cerchi e fu dei con-
Basilica-Basso 187
finati del 1300, durante il priorato di Dante, e poi degli esiliati
da Carlo di Valois. E fu uno de' capi de' fuorusciti fatti venire in
Firenze per la pace dal Cardinale da Prato. Capitano nel tentativo
de' fuorusciti radunati alla Lastra (luglio 1304) precipit l'impresa,
alla quale si crede dai pi che Dante prendesse parte. Cfr. G. Vill.,
Cron. vili, 39, 41, 42. 49. Dino Comp., Cron. n, 24; ni, 10.
ISasilica, dal gr. paaiXixV) = casa regia, lat. basilica, Sorta di
Edilizio antico, grande e sontuoso. Ed usasi oggi comunemente per
Chiesa, Tempio principale, onde figuratam. detto del Paradiso;
Par. xxv, 30.
ISassare, lo stesso che Abbassare, ma meno usato ; Inf. xvm, 47.
bassissimo, Superlat. di Basso; Inf. xxiv, 38. questo uno
dei pochi superlativi usati dal Poeta dal quale se ne fa cos pic-
colo uso, che fra 6215 aggettivi ho trovati soli 17 superlativi (e tanti
ne abbiamo trovati noi pure nella Div. Com.). Se Dante potesse
vedere i corazzieri reali non direbbe: altissimi, bellissimi ; ma, per
significare la misura e la bellezza, farebbe il paragone di quelli
con qualche cosa vera o creata dalla fantasia. Quando vide Anteo
lo paragon alla torre di Bologna, chiamata la Carisenda. Sicch
17 superlativi sono posti di necessit, quando i paragoni non pos-
sono farsi o non sono sufficienti Maeiotti, D. e la statist. delle
;
lingue, 43.
Sasso, dal lat. bassus, che trovasi spesso usato come sopran-
nome. Nella Div. Com. questa voce adoperata 36 volte, cio
17 volte nell'In/", (i, 30, 61; in, 47, 79; v, 110; vili, 75, 108
ix, 28; xit, 35, 124; xvi, 98; xx, 10; xxm, 61; xxvi, 128; xxx
13, 148; xxxn, 17), 15 volte nel Purg. i, 114; in, 55; iv, 55, 108
v, 90; vii, 133; vili, 92; xi, 54; xn, 62; xvn, 12, 117; xx, 118
xxv, 129; xxvn, 66; xxx, 5), e soltanto 4 volte nel Par. (x, 46
xi, 3; xiv, 109; xxi, 108). Dante l'adopera nei significati seguenti
A, come Add. 1. Per Che ha poca altezza, Che poco si solleva ri-
spetto a un oggetto o punto preso per termine di paragone Inf. ;
i, 30. Purg. i, 114, ecc. - 2. E figuratam. Par. x, 46, ecc. - 3. Per
Chino, Chinato, Volto verso la terra; Inf. in, 79, ecc. -4. Aggiunto
d'acqua, fiumi e simili, per Che ha poca profondit; Inf. xn, 124, ecc. -
5. Detto di persona che canti o parli, per In voce o In tuono som-
messo; Purg. xxv, 129.- 6. Detto d'Animo, Cuore, Voglia, Senti-
mento o simile, per Abbietto, Vile contrario di Generoso, Nobile
; ;
Inf. in, 47; xxx, 148, ecc. B, in fokza di Sost. masc. 1. Per
Parte bassa o inferiore di checchessia; Par. xiv, 109, ecc. - 2. E
188 Bastanza-Battere
fguratam. coi verbi Volgere, Spingere, Mettere e simili, per In basso
stato, In simile condizione, in scadimento e mina; Inf. xxx, 13. Purg.
xvii, 117, ecc. C, come Avveeb. per Con voce sommessa, In tuono
basso; Purg. XX, 118, ecc.
Bastanza, da bastare, L'esser sufficiente, Bastevolezza, Suf-
ficienza; Conv. iv, 12, 31. 35.
Bastardo, dall' ant. frane, bastarci, oggi bdtard, Nato fuori
di legittimo matrimonio, Spurio; e fguratam. per Degenerato, Tra-
lignato, Corrotto; Purg. xiv, 99.
Bastare, dal lat. bene stare ? 1. Essere assai, Essere abba-
stanza, a sufficienza; e pi propriamente si riferisce alla quantit
o grandezza delle cose o delle persone; Inf. iv, 35; xi, 20; xviii,
98, 109 ; xxiv, 56 xxxn, 107. Purg. i, 93 xix, 61 xxn, 60 xxviii, 84.
; ; ; ;
Par. i, 71; iv, 122; v, 78; xm, 8; xvi, 43; xxi, 75; xxn,86; xxv, 136;
xxxn, 66, 76; xxxiii, 123. - 2. E nel significato di Durare, Conser-
varsi, Mantenersi (dal lat. perstare ?) Inf. xxix, 89.
;
Basterna, dal lat. basterna, Sorta di carro coperto o lettiga,
che presso i Romani serviva specialmente alle matrone. Detto per
similit. del Carro mistico, simbolo della Chiesa; Purg. xxx, 16.
Batista, cfr. Battista.
Batisteo, cfr. Battisteo.
Battaglia, dal basso lat. battualia = esercizi militari, deri-
vato da batuere, propriam. Affrontamento di due eserciti o di ar-
mate nemiche, o di una gran parte di essi. E fguratam. tanto nel
significato di Combattimento, quanto di Assalto, detto di Combat-
timenti interni o spirituali; Purg. xvi, 77. Vii. N. xxxix, 17; e
del combattimento contro la debolezza del corpo; Inf. xxiv, 53; e
della fatica che durano gli occhi a sostenere soverchia luce; Par.
xxin, 78.
Battere, dal lat. batuere; 1. Dar percosse, busse, picchiate,
per fare altrui male; Inf. in, 111; xviii, 36.- 2. Per semplicemente
Percuotere; Purg. xn, 98. - 3. E fguratam. per Gastigare, Punire;
Purg. xiv, 151. - 4. Per estensione dicesi anche delle cose inani-
mate, che cadono o si gettano con forza sopra checchessia; Inf.
XI, 71. - 5. E parlandosi di mare, o di lago, Battere vale Arrivar
coli'acqua in un luogo, comunemente Bagnare Purg. i, 101. - ;
6. Detto di grano o di altre biade, vale Cavarle dalla paglia o dal
guscio percotendole; fguratam. Par. xiii, 36. - 7. Detto dei me-
Battesimo-Battezzatori 180
talli, vale Lavorarli percotendoli col martello; figuratala. Par. xxiv,
102. - 8. Batter moneta, vale Fabbricarla nella zecca; Coniarla; e an-
che Farla coniare con la propria impronta; Inf. xsx, 89. - 9. Batter
gli occhi, e anche le ciglia o le palpebre, vale Congiungere insieme
le palpebre dell'occhio, serrandolo e riaprendolo immediatamente;
Par. xx, 147. - 10. Batter Tali, le penne, ecc. vale Muover l'ale per
volare; Inf. xxn, 115; xxvi, 2. Par. XI, 3. - 11. Battersi l'anca, il
petto, la zucca, ecc. dicesi per percuotersi l'anca, il petto, ecc. in
segno di dolore, di rincrescimento, di pentimento e simili; Inf.
xvin, 124; xxiv, 9. Purg. vii, 106. - 12. Battere in forma di Neut.
pass., vale Battere s stesso; Inf. ix, 50.
Battesimo, e poeticam. per sincope Battesimo, dal gr.
baptismus, Il primo dei Sacramenti della Chiesa,
parcTiaug , lat.
che consiste ordinariamente nel versare dell'acqua sopra il capo di
chi si battezza, pronunziando le parole sacramentali; Inf. IV, 35.
Purg. xxn, 89. Par. xx, 127; xxv, 9; xxxn, 83.
Battezzare, dal gr. powcieiv, lat. baptizare, Dare il bat-
tesimo. Dante l'adopera come Sost. Dinanzi al battezzar, Par.
xx, 129, cio prima dell'istituzione del battesimo, prima dell'era
cristiana.
Battezzato, Partic. pass, di Battezzare ; 1. In forma d'Add.
non battezzato, per Che non ha ricevuto il battesimo, Pagano ;
Par. xix, 76. - 2. E in forma di Sost. per Cristiano; Par. xxvn, 51.
Battezzatori, voce che occorre un'unica volta, Inf. xix, 18;
secondo gli antichi il plur. di Battezzatore, Chi o Che battezza;
invece il Dion., seguito da parecchi moderni, si avvisa che debbasi
scrivere Battezzatorii o Battezzatorj, plur. di Battezzatorio, Il
recipiente che contiene l'acqua battesimale. La prima interpreta-
zione senza dubbio la vera. - Dice che sono tutti simili a quelli,
che sono nella pila del battesimo di San Giovanni da Firenze, nelli
quali sta lo prete che battizza. Circa la qual comparazione da sa-
pere che sono molte cittadi che non v' battesimo se non in una
chiesa in la terra, e molte ne sono che ogni chiesa ha battesimo.
Or Firenze di quelle che vi ha pur uno ed nella chiesa prin-
cipale che edificata a nome di San Ioanni Battista, ov' avvenne
che per alcune costituzioni della chiesa vaca lo battesimo per alcun
tempo dell'anno, come nella quaresma, salvo in caso di necessi-
tadi; e tutti quelli che nasceno sono servati al sabato santo a bat-
tezzare. Sicch in quelle terre dov' osservata tal costituzione, e
non hanno se non un luogo da battezzare, quando vien lo sabato
190 Battifollc-Battista
santo s v' grande moltitudine di gente per quella cagione ed ;
avvenne gi che v'era tal calca, che '1 prete a ci deputato fu spinto
a tal modo e soppressato, che vi misvenne molte creature. Siche per
voler schifare tal pericolo fanno li fiorentini fare una pila di pietra
viva grande con otto cantoni, ed era ed s massiccia che nella
sua grossezza sono foramini, nelli quali s'entra per di sopra; ed
in quelli entra lo prete battezzatore, e stavvi entro fino la cor-
regia, s eh' elli sicuro da ogni calca e spingimento, e qui entro
entra al tempo della grande moltitudine a battezzare Lan. - Cum
;
in ecclesia praedicta circa Baptismum colluderent quidam pueri, ut
est de more, unus eorum furiosior aliis intravit unum istorum fo-
raminum, et ita et taliter implicavit et involvit membra sua, quod
nulla arte, nullo ingenio poterat inde retrahi. Clamantibus ergo
pueris, qui illum juvare non poterant, facta est in parva hora ma-
gnus concursus populi et breviter nullo sciente aut potente suc-
;
currere puero periclitanti, supervenit Dantes, qui tunc erat de Prio-
ribus regentibus. Qui subito viso puero, clamare coepit: Ah quid
facitis, gens ignara ! portetur una securis et continuo portata
;
securis, Dante manibus propriis percussit lapidem, qui de marmore
erat, et faciliter fregit ex quo puer quasi reviviscens a mortuis
;
liber evasit; Benv. Cfr. Migliore, Fir. illustr., 1684, p. 98 e seg.
Dionisi, Anedd. v, 120 e seg. -11 Fonte battesimale co' fori fatti
per luogo de' battezzatori pi non esiste.... fu distrutto quando fu
preparato il tempio al solenne battesimo del principe Filippo figlio
di Francesco I e di Giovanna d'Austria, nel 1577; Lord Vernon,
Inf., voi. ili, p. 137; vedi ivi le tavole 53-56.
Hattifblle, contessa, che gli uni dicono fosse Caterina moglie
di Guido Salvatico, gli altriGherardesca di Donoratico, moglie di
Guido di Battifolle, figliuolo di Simone. Si hanno di questa donna
tre lettere, o piuttosto biglietti, dirette a Margherita di Brabante,
moglie dell'imperatore Arrigo VII. E trovandosi questi tre biglietti
in un codice Vaticano in mezzo ad altre lettere attribuite a Dante,
si creduto che essi fossero scritti da lui, il quale sarebbe dimo-
rato nel 1311 a Poppi, ospitato dal conte Guido Salvatico, alla cui
moglie avrebbe fatto da segretario. Ma la cosa assai incerta. Cfr.
Bartoli, Lett. Hai. v, 229 e seg.
Battista, dal gr. paixxiax^s, lat. baptista, soprannome di S. Gio-
vanni, precursore di Cristo, il quale predicava nel deserto di
il
Giudea e battezzava nel Giordano a penitenza. Avendo rimproverato
al re Erode il suo matrimonio con Erodiade, rapita al fratello, il
re lo fece incarcerare e poi decapitare in prigione per donarne il
Battisteo-Bentitudini evangeliche 191
capo alla figliuola di Erodiade in premio del suo ballare; cfr. S. Matt.
xiv, 3-12. Al martirio del Battista si accenna Par. xviii, 134
e seg. ricordato il suo nudrirsi nel deserto di locuste e miele
selvatico, Purg. xxn, 151 e seg. cfr. S. Matt. in, 4. S. Marc, i, 6.
Plin., Hist. nat. i, 29. il patrono di Firenze cristiana, invece
di Marte, patrono di Firenze pagana; Inf. xiu, 143, onde il forin
d'oro fiorentino detto la lega suggellata del Battista, Inf.
xxx, 74, perch da una faccia avea l'impronta di S. Giovanni Bat-
tista. E Dante usa pure Battista per denotare il suo bel San Gio-
vanni, Par. xvi, 47, nel qual luogo tra Marte e il Battista
detto per Tra la statua di Marte sul Ponte vecchio e il Batti-
stero di San Giovanni, ai tempi di Cacciaguida i limiti della citt
di Firenze ; cfr. G, Vill., Cron. iv, 8, 14. Borghini, Orig. di Fir.,
304 e seg.
Battisteo, forma poetica per Battistero e Battisierio, dal lat.
baptisterium, Quel luogo in una chiesa dove si battezza, e anche
L'edilzio sacro dedicato a San Giovanni Battista, dov' il fonte
per amministrare il battesimo; Par. xv, 134.
Battuto, Part. pass, di Battere; cfr. Battere. E in forma
d'Add. per Picchiato, Percosso; Vit. N. xn, 8.
Bava, frane, bave, spagn. bab (dal gr. pocf3stv? cfr. Diez,
Wrt. i
3
, 60), Umore viscoso che esce per s medesimo come schiuma
dalla bocca degli animali. Voce di cui suoni labiali esprimono la i
formazion della bava sulle labbra; Inf. xxxiv, 54.
Beatanza, che Beatitudine; Conv. n, 5, 64, nel qual
lo stesso
luogo per alcuni codd. invece di beatanza hanno beatitudine.
Il vocabolo Beatanza deve importare il medesimo che Bont, in
cui la infinita Virt beatrice degli Angeli, quella che li fece e
conserva beati; Inf. iv, 63 (?). Giul.
Beatitudini evangeliche, s chiamano quelle sentenze
colle quali Cristo esord la sua predica sul monte, S. Matt. v, 3-7.
All'uscire da ognuno dei sette cerchi del Purgatorio per salire pi
in su odesi cantare una di queste beatitudini. Salendo dal 1 al
2 cerchio la prima: Beati i poveri di spirito: perch di questi
il regno dei cieli; Purg. xn, 110. I poveri di Spirito sono se-
condo S. Ambrogio {De Semi. Dom. in monte, 1), S. Tommaso
(Sum. th. il, 2 3e lxix, 3) ed altri molti gli umili, e l'umilt la
,
virt opposta al vizio della superbia che si purga nel primo cer-
chio. Uscendo dal cerchio degl' invidiosi si ode cantare la quinta :
192 Beatitudini evangeliche
Beati i misericordiosi: perch questi troveranno misericordia;
Purg. XV, 38, colle quali parole si accenna a uno degli atti pi
cari e squisiti della carit, alla compassione de' mali altrui, che
dirittamente opposta all'invidia; cfr. ClC, Tusc, 10: Quemad-
modum misericordia segritudo est ex alterius rebus adversis, sic in-
videntia segritudo est ex alterius rebus secundis. - Tiiom. Aq.,
Sum. li, 2*, xxxvi, 3: Invidia opponitur misericordia? directe, se-
cundum contrarietatem principalis objecti; invidus enim tristatur
de bono proximi misericors autem tristatur de malo proximi unde
; ;
invidi non sunt misericordes nec e converso.
All'uscire dal cerchio degl'iracondi odesi cantare la settima bea-
titudine: Beati i saranno chiamati figli di Dio;
pacifici: perch
Purg. xvii, 68, e si aggiunge: che son senza ira mala, distin-
guendo l'ira peccaminosa dall'ira giusta e santa, differenza spie-
gata a lungo da S. Tommaso, Sum. Il, 2% clviii, 1-3. .Lasciando
il cerchio degli accidiosi risuona il canto della terza beatitudine:
Beati coloro che piangono, perch questi saranno consolati ;Purg.
xix, 50. Probabilmente questa beatitudine cantata in questo luogo,
perch gli accidiosi del quarto cerchio vanno piangendo tra il cor-
rere ed il meditare. Alla salita dal quinto al sesto cerchio odesi
cantare la quarta beatitudine: Beati quelli che hanno fame e sete
della giustizia: perch questi saranno satollati; Purg. xxu, 4, 5,
la sete della giustizia essendo il rovescio della sete delle ricchezze.
Ubi intelligatur de iustitia spiritualis, quod est quod homo reddat
unicuique quod suum est, convenienter dicitur: Beati qui esuriunt
et sitiunt justitiam; quoniam esuries et sitis proprie avarorum est,
quia nunquam satiantur qui aliena injuste possidere desiderant. Et
vult Dominus quod ita anhelemus ad i stani justitiam, quod nun-
quam quasi satiemur in vita nostra, sicut avarus nunquam satiatur;
Thom. Aq. in Matt., e. v. La stessa beatitudine si canta pure al-
l'uscita del sesto cerchio, che dei golosi; Purg. xxiv, 151 e seg.
Ma qui il Poeta circoscrive la sentenza evangelica dandole il senso:
Beati coloro che serbano giusta misura nel cibo e nel bere, con-
servandosi mondi dal peccato della gola. Finalmente all'uscita dal
settimo cerchio odesi cantare la sesta beatitudine: Beati coloro
che hanno il cuor puro, perch questi vedranno Dio; Purg. xxvn, 8.
La seconda beatitudine: Beati i mansueti, perch questi possede-
ranno la terra, non poteva naturalmente applicarsi agli abitatori
del mondo di l, dove il possedere la terra non pu pi aver luogo.
Nei luoghi Purg. xix, 50 e xxvn, 8 detto espressamente che
la beatitudine si canta dall'Angelo guardiano del rispettivo girone.
Anche Purg. xv, 38; xvn, 68 e xxiv, 151 fuor di dubbio che la
beatitudine si intende cantata dal solo Angelo che sta all'uscita
Beatitudo-Beato 193
del relativo cerchio. Sembra quindi che anche nei due altri luoghi
si debba di necessit ammettere, avere il Poeta inteso che la bea-
titudine fosse cantata dal solo Angelo guardiano. N sta contro que-
sto modo di intendere il plurale voci cantaron, Purg. xn, 110. Ili,
che indusse alcuni ad intendere che cantassero le anime purganti
(Ott., Veli., Br. B., ecc.) le quali non cantano, ma curvate sotto
enormi massi piangono e pregano; mentre altri vollero intendere che
qui il canto fosse intuonato da pi Angeli (Lomb., Tom., Cam., ecc.)
dei quali non si fa verun cenno, oppure dagl'invidiosi del secondo
cerchio (An. Fior., Bennas., ecc.). Dante usa anche altrove il plur.
per il sing. es. appunto nell' altro passo controverso Purg.
come per
xxii, 4 edove da leggere:
seg. E
quei e' hanno a giustizia il
lor disiro Detto n' avea beati, e le sue voci Con sitiunt senz' altro
ci fornir, cio L'Angelo (nominato v. 1 e 2) ci aveva detto: Beati
qui esuriunt et sitiunt justitiam e le sue voci (per la sua voce)
non continuarono oltre, non cantarono il quoniam ipsi saturabuntur
della vangelica benedizione, oppure omettendo V esuriunt, cantato
senza il sitiunt all'uscita del cerchio sesto; Purg. xxiv, 154.
Beatitudo e Beatitudine, dal lat. beatitudo; 1. Nella
Div. Com. Beatitudine non si trova adoperato mai, e Beatitudo
un' unica volta, per Moltitudine, Schiera di spiriti beati Par. ;
xviii, 112. - 2. Nelle Op. min. troviamo Beatitudine per Stato di
perfetta felicit una cinquantina di volte, detto e della felicit del
Poeta all'aspetto ed al saluto di Beatrice, Vit. N. Il, 10; v, 3; ix, 9;
x, 11; xi, 14, xii, 1; xviii, 25, 31, 38, ecc , e della duplice felicit
umana, temporale ed eterna, come pure dello stato degli Angeli e
dei beati; Conv. Il, 5, 49 e seg.; in, 15, 29 e seg. Mon. i, iv, 12;
in, xvi, 30 e seg. Difficilmente da attribuirsi al caso che nella
Div. Com. Dante non adopera mai la voce Beatitudine, che gli era
tanto famigliare.
Beato, dal lat. beatus, Felice, Contento appieno, detto di chi
felice nel pi specialmente di coloro che godono in cielo
mondo, e
la beatitudine eterna, come pure per estensione di Cosa appartenente
a chi beato. Nella Div. Com. questa voce adoperata 42 volte,
cio 7 volte nell'In/: (i, 120; II, 53, 112; IV, 50, 61; vii, 94, 96),
due volte 7 nel Purg. (Il, 44; XII, 110; xv, 38; xvil, 68; xix, 50;
xxi, 16; xxii, 5; xxiv, 151; xxvi, 73; xxvn, 8; xxix, 3; xxx, 13;
xxxi, 97; xxxn, 43) e tre volte 7 nel Par. (i, 23; li, 129; in, 50,
51, 79; iv, 95; IX, 20, 74; x, 102; xi, 44; xviii, 2, 31; xix, 142, 143;
xxi, 20, 55; xxv, 127; xxvn, 17; xxvm, 110; xxxn, 98; xxxiu, 38).
Queste cifre sono parlanti da s. NelYInf. non si parla che delle
13. Enciclopedia dantesca.
194 Beatrice
beate genti, alle quali il Poeta potr salire, i, 120; della donna
beata discesa dal cielo e del suo beato scanno lass, ir, 53. 112,
di coloro che Cristo liber dal limbo e fecegi beati, iv, 50, 61 e
dell'Intelligenza beata che beata si gode, vii, 94, 96. Dal quarto
cerchio in gi la voce beato non pi adoperata. Nel Purg. e nel
Par. la voce sempre pi frequente quanto pi si sale.
Beatrice (I) ; nome che Dante d alla fanciulla da lui amata
prima dopo essergli stata rapita
eh' egli fuor di puerizia fosse e che,
dalla morte sul fior degli anni, egli divinizz, facendone il simbolo
supremo del Poema sacro. Dante ne parla e nelle Rime, e nella
Vit. N, quasi tutta a lei dedicata, e nel Conv. Nella Div. Com.
il nome di Beatrice occorre 63 volte, 2 nelYInf., 17 nel Purg. e
44 nel Par. L'enumerare tutti quei passi nei quali Beatrice ri-
cordata, o per nome (tre o quattro volte Bice, sinc. di Beatrice;
cfr. Bice), o con perifrasi sarebbe fatica gettata. Ma l'intelligenza
dell'allegoria di Beatrice e la conoscenza di quanto a Beatrice si
riferisce essendo una conditio sine qua non dell'intelligenza della
Div. Com., necessario esporre colla maggior possibile brevit e
ci che ne dice il Poeta, e ci che ne dissero i suoi espositori.
I. Notizie su Beatrice che si trovano nelle opere di Dante
1. Nella Vita Nuova. La sua Beatrice gli prima
apparve la
volta quasi dal principio del suo nono anno ed e' prima
la vide la
volta prima di aver compiuto il nono anno dell'et sua; era dunque
non del tutto un anno pi giovine di lui. Gli apparve vestita d'un
nobilissimo colore umile ed onesto, sanguigno, cinta ed ornata alla
guisa che alla sua giovanissima etade si convenia; dunque era di
famiglia, se non ricca, almeno benestante. Dante se ne invagh subito
e d'allora in poi fu servo d'Amore. La and molte volte cercando
nella sua puerizia e, vedendola di portamenti tanto nobili e lauda-
suo amore andava ognor crescendo, senza indurlo per mai ad
bili, il
oltrepassare i confini della ragione; era quindi un amore non sensuale
ma tutto ideale, o platonico che dir si voglia. A diciotto anni Dante
ud la prima volta la voce della fanciulla diciassettenne, la quale,
incontratolo per via, lo salut cortesemente, onde gli parve allora
vedere tii^ti i termini della beatitudine. Standogli assai a cuore
di tener celato alla gente, non gi il suo amore, ma l'oggetto di
esso, s'infinse di essere innamorato di altre donne e questi finti
amori lo fecero bersaglio ai pettegoli a segno, da indurre Beatrice
a negargli il suo saluto. Intanto egli dettava componimenti poetici
Beatrice 195
e per Beatrice, e per le due donne dello schermo, e per un' amica
di quella, morta in verde et, da lui gi veduta vivente in com-
pagnia della sua donna, e poi morta in mezzo di molte donne
piangenti, segno che egli non le era del tutto estraneo. Einunzia
poi agli amori fittizi per non occuparsi che delle lodi di Beatrice,
della quale non pu sostenere la presenza; onde le donne il deri-
dono, ed anche Beatrice si gabba di lui con essoloro. Quel suo tre-
mare in presenza della sua donna fece s, che molte persone com-
presero lo segreto del suo cuore (e. 18): fatto assai importante, se
il senso di queste parole , che quelle molte persone indovinarono
chi si fosse l'oggetto dell'amor suo. Singoiar cosa poi, che il suo
amore turbato sin dal suo nascere da un presentimento di morte
immatura della fanciulla amata, della quale si propose sin d'allora
di parlare in un lavoro poetico che doveva descrivere una qualche
discesa nel regno della seconda morte. E il suo presentimento si
avvera. Muore prima il padre di Beatrice, quindi (dopo un tempo
indeterminato, mache non sembra fosse soltanto di alcuni mesi)
Beatrice stessa il 19 giugno 1290 in et di circa ventiquattro anni.
Dante la pianse, afflitto sino alla morte, oltre un anno, finch gli
sguardi compassionevoli di una gentil donna giovane e bella molto
incominciarono a poco a poco a piacergli forse un po' troppo (cfr.
donna gentile). Durante il suo lutto un suo intimissimo amico, il
quale fu tanto distretto di sanguinit con questa gloriosa, che
nullo pi presso l' qualche componimento
era, lo invit a dettare
poetico per la defunta, ci che egli fece con fina arte.Dopo molte
lotte interne la bella consolatrice incominci ad impossessarsi del
luogo tenuto gi nel cuor suo da Beatrice, finch una visione lo
ricondusse pentito al culto della memoria della defunta ed un'altra
visione matur in lui il proponimento di dedicarsi con fervore agli
studi e di non parlare pi di Beatrice finch i suoi studi non lo
avrebbero reso abile a pi degnamente trattare di lei, dicendone
quello che mai non fu detto d' alcuna.
2. Nel Convivio. Anzi tutto notabile il fatto, che, mentre
Dante in questo lavoro allegorizza si pu dire ogni cosa, a segno,
che molti si avvisano, aver egli voluto protestare anche la donna
gentile della Vit. N. altro non essere che una mera allegoria, il
simbolo o la personificazione della filosofia, egli non dice mai, mai
una sillaba dalla quale si possa inferire, che anche Beatrice sia
la personificazione di un'idea, un simbolo qualunque, anzi ne parla
pur come di donna reale da lui amata. Ricordando la Vita N.
dichiara che non intende a quella in parte alcuna derogare
(i, 1, 83), mentre invece si propone di interpretare allegoricamente
le sue canzoni; dalla quale dichiarazione formale pare doversi in-
196 Beatrice
ferire che la Vit. N. non contiene allegorie. Parla del suo amore
per quella Beatrice beata, che vive in cielo con gli Angioli, e in
terra colla sua anima, ma senza il pi lieve accenno che ella fosse
altra cosa che una donna col sangue suo e con le sue giunture
(ir, 2). Parla del suo amore per Beatrice, lei morta, il quale era
soccorso dalla parte della memoria o di dietro (n, 2, 25), ma senza
aggiungere una sillaba che alluda ad altro amore che naturale.
Dichiara quindi di voler terminare lo parlare di quella viva Bea-
trice beata, della quale pi parlare in questo Libro non intende
(il, 9, 38), bench poi nel libro egli parli assai e della teologia,
e delle Intelligenze, e della Chiesa e di ideali. Sembra quindi po-
tersi concludere, che quando dettava il Conv. Beatrice non gli era
n un simbolo n un ideale.
3. Nella Commedia. L'amore per Beatrice guidava il Poeta
nella sua giovent sulla buona via (Purg. xxx, 121 e seg.) ed
all'amore del Sommo Bene (Purg. xxxi, 22 e seg.). La di lei bel-
lezza gli era il sommo piacere (ibid., 49 e seg.). Beatrice mor
essendo sulla soglia di sua seconda etade (Purg. xxx, 124) e la-
sci le belle membra in terra (Purg. xxxi, 51). Lei morta, l'amore
di Dante s' intiepid, ond' egli si tolse a lei e diessi altrui, e, se-
guendo false imagini di bene, volse i passi suoi per via non vera,
e cadde a segno, che non v' era pi altro mezzo di salvarlo, fuor
che mostrargli le perdute genti; quindi la donna beata gli mand
in soccorso Virgilio, il quale lo guid sino al Paradiso terrestre,
dov' ella, venutagli incontro, lo men prima alla penitenza e poi
in cielo; Purg. xxx, 121 e seg.
II. I Commentatori antichi
1. La Beatrice reale. Di essa pi non si curano, n facile
i
sapere, se lae. Dant., Lan., Cass., Falso Boce., Tal., ecc. ammet-
tessero accanto all'allegorica anche una Beatrice reale. Lo nega
senz'altro il Buti (n, 740): Crederebbe forse altri che Beatrice
fusse stata una donna di carne e d'ossa, come sono le altre; ma
non cos. Altri ammettono la realt di Beatrice, ma senza darne
particolari notizie. Bambgl. : Ipsa domina erat olim [anima] gene-
rosa domine Beatricis et domini.... (?) - An. Sei. : L dove Dante
parla di Biatrice, avvegnach fosse una donna fiorentina, non
Biatrice di cui Dante sent gi corale amore; egli ne parla qui pure
per quella virt che fa biate le - Ott. (Purg. xxx, 121)
cose. :
Questa lettera ha due sposizioni: l'una puoi riferire, ch'elli parli
di Beatrice, in quanto ella fu tra' mortali corporalmente, che aveano
Beatrice 197
tanta forza le sue bellezze in Dante, che toglievano di lui ogni malo
pensiero, e inducevano e cercavano ogni pensiero buono, secondo che
appare in sue Canzoni, e in suoi Sonetti, e ancora di messer Gino
da Pistoia, dove elli disse di lei e qui cadrebbe una lunga dimo-
;
strazione, la quale per brevitade da lasciare. - Secondo il Bocc,
il quale nel Comm. si riferisce alla relazione di fededegna per-
sona, la quale la conobbe, e fu per consanguinit strettissima a
lei, Beatrice fu figlia di Folco di Ricovero di Folco dei Portinari
e di madonna Cilia dei Caponsacchi, andata sposa a Simone dei
Bardi (cfr. Bardi), ricordata nel testamento di Folco del 1288 come
madonna Bice, figliuola sua, e moglie di messer Simone dei Bardi.
Lo stesso si legge anche nel cod. Ashburnhamiano del Com. di Petr.
Dani. (cfr. Rocca, Comm. della Div. Com., p. 403 e seg.), ma que-
sta testimonianza assai problematica, il Com. di Petr. Dant. non
conoscendo secondo gli altri codd. che la Beatrice allegorica (cfr.
Dantologia, p. 76 e seg.). - Benv. Bamb. ammette la realt sto-
rica di Beatrice, ma non dice chi ella fosse Ista Beatrix realiter
:
et vere fuit mulier fiorentina magnse pulcritudinis, sed maximse ho-
nestatis. L'An. Fior, sta col Bocc: Fue questa giovine figliuola
di Folco Portinari, et moglie di messer Simone de' Bardi. Lo stesso
ripetono Serrav., Voi., Veni, e quasi tutti i moderni. Barg. non parla
che della Beatrice allegorica. Land., Veli., Dan., Cast, sembrano
ammettere la realt storica di Beatrice, ma non dicono che fosse
la Portinari nei Bardi n che fosse altra donna.
2. Allegoria di Beatrice. Nel testo lat. edito dal Fiammazzo
non troviamo che il Bamb g. dichiari il significato allegorico della
Beatrice di Dante; invece nel volgarizzamento ital. {Com. alla, Can-
tica delVInf. di D. Al. di autore anon., ed. Vernon, Fir., 1848,
p. 31) si legge: Questa donna si fu Beatrice, e come detto a
dietro parla di lei Dante, avegna che fosse una donna di cui esso
Dante gi sent amore ora ne parla in questo libro per quella
;
vert che fa beate le cose. Anche VAn. Sei. la dice quella virt
che fa biate le cose (p. 11), ma subito dopo la chiama grazia
di Dio (p. 12) e la sapienza (p. 13). Iac. Dant. dice che per
Beatrice nella Div. Com. la divina scritura sintende sicome pre-
fetta e beata. Secondo i pi Beatrice il simbolo della teologia,
ossia della scienza sacra; cos Dan., Ott., Petr. Dant., Cass., Falso
Bocc, Benv., Buti, An. Fior., Serrav., Barg., Land., Tal., Veli.,
Dol., ecc. Il Gelli dice prima (i, 29) che Beatrice intesa dal Poeta
per la teologia e per la sacra scrittura; ma pi tardi (i, 174)
non parla che della sola teologia. Per il Bocc Beatrice simboleggia
la grazia salvificante, e per il Dan. la grazia perficiente e la
teologia.
198 Beatrice
III. Fu la Beatrice di Dante persona reale ?
Il Buti fu il primo a negare categoricamente che la Beatrice
dantesca fosse donna vera e reale. Se gli altri antichi, i quali si
occupano soltanto della significazione allegorica di Beatrice, fos-
sero del medesimo parere, non si pu decidere. N sappiamo con
certezza, se il Buti intendesse soltanto della Beatrice del poema,
o anche di quella della Vit. N. e del Conv. Ma gi per la Bea-
trice della Div. Com. il Buti si accorse delle difficolt dell' inter-
pretazione puramente allegorica, onde si avvis che la Beatrice di
Dante potrebbe essere letteralmente la madre della contessa Ma-
tilde. Invece Giovan Mario Filelfo nella sua sedicente Vita di
Dante (Fir., 1828, p. 20) neg recisamente la realt corporea della
Beatrice s della Vit. N. e del Conv., come della Div. Com. Lo stesso
fece il Canonico Anton Maria Biscioni (nelle Prose di Dante,
Fir., 1723), il quale primo ridusse il puro simbolismo di Beatrice
a sistema. E il Filelfo e il Biscioni trovarono seguaci. Famoso tra
questi Gabriele Bossetti, il quale, dopo avere scritto che la Beatrice
di Dante fu la fanciulla Beatrice Portinari, di cui s' invagh prima
che ancor di puerizia uscisse; ma la morte gliela rap, ed ei la
pianse amaramente (Com. anal. I, p. xx), aggiungendo ch'ella
era di nobile stirpe, come quella che vantava in sua famiglia un
ammiraglio dell' Ordine Gerosolimitano (ibid. i, 44), continu poi
(nelle sue opere posteriori, Spirito antipapale, Lond., 1832. Mi-
stero dell amor Platonico, ibid., 1840. La Beatr. di D., ibid., 1842)
3
coli' insegnare che la Beatrice dantesca non ha nulla che fare con
una donna reale qualsiasi, non essendo altro che il simbolo della
Monarchia Imperiale, la Donna o Madonna degli altri poeti an-
tichi, chiamata da Dante Beatrice in contrapposto di suono e di
senso con Meretrice, che, al dire del Ross., simboleggiava la Corte
di Eoma. Francesco Perez afferm non solo la Beatrice di Dante
essere un ente impersonale, una pura astrazione, ma difese anche
la sua tesi con gran corredo di erudizione, non risparmiando lo
scherno ai credenti nella Beatrice reale (La Beatr. svelata, Pa-
lermo, 1865). Adolfo Bartoli, non l'ultimo, ma il pi forte cam-
pione della Beatrice puramente astratta ed ideale, trov non pochi
seguaci, come il Benier, il Gietmann ed altri. Ma i pi continuarono
e continuano a credere nella realt corporea di Beatrice, tra' quali
primeggia Alessandro D' Ancona, che pu considerarsi come il
capo dei Eealisti, come il Bartoli degl' Idealisti.
L'esporre, anche succintamente, le ragioni e gli argomenti ad-
dotti per l' una e per 1' altra opinione oltrepasserebbe di gran lunga
Beatrice 199
i limiti di un articolo enciclopedico, per tacere che vogliono asso-
lutamente essere studiati nei lavori originali, tanto pi che la lite
ancor pendente, n vi per intanto speranza di vederla decisa.
Per l'opinione degl' Idealisti sono da consultarsi, oltre il lavoro
gi citato del Perez, principalmente A. Baetoli, Stor. della lett.
:
ita. IV, 185-232; v, 52-81. E. Kenier, nel Giorn. stor. della letter.
Hai., voi. il, Gietmann, Beatrice, Geist
Tor., 1883, p. 379-95. G.
und Kern der Dante Dichtungen, Freib. i. Br., 1889. Per
'sclien
il sistema dei Realisti Al. D'Ancona, La JBeatr. di Dante,
:
Pisa, 1865, ristampato nelle sue due ediz. della Vii. N., Pisa, 1872,
p. xix-lx, ibid., 1884, p. xxiii-lxxxviii. R. Renier, La Vit. N. e la
Fiammetta. Studio, Tor., 1879. A. D'Ancona, Beatrice, Pisa, 1889.
Scartazzini, Proleg. della D. C, Leipz., 1890, p. 165-189. I. Del
Lungo, Beatrice nella vita e nella poesia del secolo XIII, Mil., 1891.
R. P. Berthier, Beatrice Portinari, Fribourg (Suisse), 1893 e seg.
IV. Fu la Beatrice di Dante la Portinari?
I sistemi simbolici del Biscioni, del Rossetti, del Perez, ecc. si
possono oramai considerare come antiquati; il sistema idealistico del
Bartoli ha trovato pochi seguaci, i quali per giunta sono discordi
tra loro. E quindi presumibile che anche il nuovo sistema sar an-
tiquato e pressoch dimenticato in non molti anni, tanto pi che
le opere di Dante, chi le legga senza pregiudizio, sembrano vera-
mente escludere ogni dubbio sulla realit corporea di Beatrice. Un
ideale circa un anno pi giovine di Dante (Vit. N. i), che saluta
prima il Poeta e poi gli nega il saluto, che ha un'amica la quale
muore in verde et (Vit. N. vili), alla cui presenza Dante trema
(Vit. N. xiv e seg.), che ha un padre il quale muore ed dal-
l'ideale pianto amaramente (Vit. N. xxn), - un ideale che veduto
per via ed ammirato da tutti, - un ideale che muore in un dato
giorno e in una data ora, e in un dato luogo della citt, dove visse
e nacque, - un ideale che ha un fratello, il quale va a pregar Dante
di alcun componimento poetico sulla morte di esso, -un ideale che,
morto, ha sua sede in cielo dove era desiderato, -un tal ideale sem-
bra veramente una specie di aborto, al quale non si possa profe-
tizzare lunga vita. Ma se dunque la Beatrice di Dante fu donna
reale, chi fu ella nel secolo? La figlia di Folco Portinari e moglie di
Simone dei Bardi? Lo afferma il Bocc. e lo ripetono sino a quest'ora
i pi: quest'opinione ha quindi per s la tradizione costante di oltre
cinque secoli. Tutti coloro che ammisero l'esistenza reale della Bea-
trice dantesca la credettero la Portinari nei Bardi, e pu darsi che
200 Beatrice
tutti abbiano attinto direttamente o indirettamente al Bocc; ma
certo altres che ilBocc. non invent di sua fantasia, anzi attinse
egli pure alla gi vivente tradizione. E chi pu sapere se Fautore del
Comm. di Petr. Dant., quale si legge nel cod. Ashburnh., abbia at-
tinto al Bocc, o, indipendentemente da lui, egli pure alla tradizione?
Ma questa tradizione essa fondata sui fatti? Si sapeva ancora chi
fosse stata l'amante della giovent di Dante, dopo che egli fu sban-
dito e maledetto dalla patria? Lo si sapeva prima, se egli si dava
tanta premura di non rivelare il suo segreto? Quando si comin-
ci a chiedere, chi fosse stata nel secolo la donna divinizzata da
Dante? Senza dubbio soltanto dopo la sua morte, quando la Div.
Com. cominci a salire in fama. Ma allora, chi poteva ancora sa-
perlo, gli attori della scena non essendo pi? Non potrebbe la sor-
gente della tradizione essere semplicemente il vanto infondato di chi
voleva trovare nella propria famiglia la donna, della quale Dante
disse quello che mai non fu detto d'alcuna? E nelle opere di Dante
abbiamo noi qualche indizio che serva a rendere verisimile la tra-
dizione? Viceversa! Se non avessimo che le opere sue, certissimo
che nessuno avrebbe mai sognato di identificare la sua Beatrice
colla Portinari nei Bardi. Dalla Vit. JSf., dalle Poes. Tir., dal Conv.
e dalla Com. sembra risultare fuor d'ogni dubbio che la donna
della sua mente non era, come i Portinari, vicina di casa di Dante;
che egli fu da lei riamato (se cos non fosse, come mai avrebbe
egli scritto il verso Inf. v, 103, la cui sentenza dimostrata fal-
sissima dall'esperienza?); che ella non mor appena qualche mese
dopo la morte del padre; che non and mai a marito, ma mor nu-
bile ;finalmente, che nella vita reale poteva avere qualsiasi altro
nome, eccettuato quello di Beatrice. Ad onta della tradizione pare
quindi doversi concludere, che la Beatrice di Dante fu una fan-
ciulla fiorentina, della quale s'ignora il vero nome di battesimo,
il casato, le condizioni di famiglia, tutto insomma che non si trovi
accennato nelle opere di Dante. Cfr. i nostri lavori Abhandl. uber
D., Frankf., 1880, p. 127 e seg. Convivio di Siracusa num. 4 del
30 marzo 1883. Dante in Germ. il, 326 e seg. Proleg., 191 e seg.
D.-Handb., 184 e seg. Giorn. dant. i, 97 e seg. Inoltre: A. D'An-
cona, Vit. N., 2 a ediz., Pisa, 1884, p. 77. M. Scherillo, Quat-
tro saggi di critica letteraria, Nap., 1887, p. 61 e seg. Diconis,
Nuova Udine, 1887, p. 70 e seg. E. Koeppel, Ist
ricognizione,
Bice Portinari Dante s Beatrice ? nella Zeitschrift fiir rom.
}
Philol., 1890, xiv, p. 169 e seg. I. Sanesi, La Beatr. di D. nel
Giorn. Dant., i, 289 e seg. F. Ronchetti, Beatrice Portinari nei
Bardi, ivi, i, 330 e seg. A. S. Kok, Dante's Beatrice, estratto dal
giornale olandese De Gids, 1894, num. 4 (opusc. di 20 pag.).
Beatrice 201
V. L'ALLEGORIA DELLA BEATRICE DELLA DIVINA COMMEDIA
Cogli antichii pi continuarono e continuano a ravvisare in Bea-
trice ilsimbolo della teologia, ossia della Scienza sacra. Invece
secondo il Biscioni, ella simbolo della Sapienza; secondo il Ros-
setti ed i suoi seguaci, della Monarchia Imperiale; secondo il Perez,
dell'Intelligenza attiva; secondo il Galanti (Let. V su Dante Al.,
Ripatr., 1875), della Rivelazione; secondo altri, di altre cose. Il Giet-
mann, al quale non mancano seguaci, s'ingegna di provare con grande
erudizione che Beatrice il simbolo della Chiesa, come se la Chiesa,
per tacer d' altro, fosse stata circa un anno pi giovine di Dante !
Le relative discussioni sembrano superflue. L'uffizio di Beatrice
nella Div. Coni, consiste essenzialmente nel guidare Dante dal Pa-
radiso terrestre, simbolo della felicit di vita terrestre, al Paradiso
celeste, simbolo della felicit di vita eterna. Ora, secondo le dottrine
di Dante, uomo abbisogna di due direzioni secondo i due fini,
l'
cio del sommo pontefice, il quale secondo le rivelazioni dirizzasse
la umana generazione alla felicit spirituale, e dello imperadore,
il quale secondo gli ammaestramenti filosofici alla temporale feli-
cit dirizzasse gli uomini (Mon. ni, 15). Pare quindi fuori di
dubbio che Dante divinizz la fanciulla fiorentina, da lui amata
nella sua giovent, facendola simbolo della suprema autorit ec-
clesiastica, spirituale. Ed essendo quest' autorit in pari tempo la
somma rappresentatrice della Scienza sacra, ne segue che Beatrice,
appunto perch simbolo della suprema autorit spirituale, pure
simbolo della teologia, come affermano gli antichi.
Beatrice (II) ; nel luogo Purg. vii, 128 menzionata una
Beatrice insieme con una Margherita, n si pu dire con certezza
chi siano queste due donne. Tutti gli antichi, dal Lan. al Dan.
intendono le Zoppo, nepoti del vecchio Carlo,
figliuole di Carlo lo
la prima moglie di Giacomo, la seconda di Federigo d'Aragona (il
solo Benv. conosce un'altra interpretazione : Alii tamen dicunt,
quod istae duae fuerunt sorores Constantise, quod non credo ); e cos
intendono pure Voi., Fosc, Tom. ed altri. E dennosi ordinare le
parole in questa forma: tanto pi sono stralignati li flliuoli di
don Piero dal ditto don Piero, quanto pi si vanta Gostanza, donna
del ditto don Piero, di marito che Beatrice e Margarita, donne dei
ditti suoi flliuoli, dei lor mariti; Buti. Ma la moglie di Gia-
como si chiamava Bianca, non Beatrice, e la moglie di Federigo
si chiamava Eleonora e non Margherita (cfr. Zurit^:, Indie, p. 205.
202 Beatrice
Nicol., Spec. in Murat., Script, x, 958 e seg. Mariana, Hist. in, 257.
Sismondi, vili, 501 e seg., ecc.). Accortosi di questa difficolt, il Vent. :
Intende dunque Dante di Margherita e Beatrice figlie di Rai-
mondo Berlinghicri V conte di Provenza, la prima a suo tempo,
l'altra poco avanti quella maritata a S. Luigi re di Francia, e que-
sta al di lui fratello Carlo I re di Sicilia, e dice essere stato migliore
il re Pietro di Aragona di questi due; intendendo forse ancora la
casa aragonese di quella di Francia, per isfogare la sua bile contro
di questa. Ma comprende come mai c'entri qui S. Luigi!
non si
Stanno commentatori, Lomb., Port Pogg., Biag.,
col Vent. molti ,
Cost., Borg., Arrivabene (Sec. di D., 96 e seg.), Cam., Wagn.,
Kanneg., Streckf., Filai., ecc. Nella sua Lez. l a sulla Div. Com.,
Roma, 1842, p. 9 e seg. FU. Mercuri fu il primo ad intendere delle
due mogli di Carlo I d'Angi, Beatrice, figlia del conte Raimondo
di Provenza, morta nel 1267, e Margherita, figlia di Eude duca di
Borgogna, sposata nel 1268. Quindi la comparazione (1. e, p. 10, 12):
Tanto Carlo II inferiore a Carlo I, quanto Pietro III mag-
giore di Carlo I, ossia quanto Pietro III marito di Costanza mag-
giore di Carlo I marito di Beatrice e di Margherita (nominando con
istrano modo di dire le mogli per i loro mariti). Questa inter-
pretazione divenuta la comune, accettata da Br. B., Frat., Greg.,
Andr., Bennas., Frane, Com., Plumpt., Vcm., ecc., ed essa ha
il vantaggio di andare d' accordo colla storia, onde sembra meritare
la preferenza. Per, se tutti quanti i commentatori antichi sbaglia-
rono i nomi delle mogli di Giacomo e di Federigo d'Aragona, non
potrebbe averli sbagliati anche Dante? Intendendo di queste due,
la comparazione pi semplice e pi chiara.
Beatrice (III); figlia di Carlo II d'Angi, venduta dal padre
per denari al gi vecchio marchese Azzo VIII d' Este Purg. xx, 80. ;
Cfr. Azzo d'Este.
Beatrice (IY)> figlia del marchese Obizzo da Este, moglie di
Nino Visconti e madre di Giovanna; Purg. vili, 73 (cfr. Giovanna,
Nino Visconti). Nel luglio del 1300 si rimarit a Galeazzo Visconti;
cfr. Murat., Script, xv, 348: MCCC. de mense Iulii in die S. Io-
hannis Baptist. Desponsata est Domina Beatrix soror Dominorum
Marchionum Aczonis, Aldovrandini, et Francisci Fratrum Estensium
a Domino Galeatio de Vicecomitibus de Mediolano in civitate Mu-
tine et magna Curia facta est ibi super pratum Lentisonis. Tunc
;
Dominus Aczo Marchio sui manibus fecit XXXVIII. milites de Fer-
rarla, de Mutina, de Regio, et de aliis partibus Lombardia? ad hono-
rem dietse Domina? Beatricis. Era stata promessa ad Alberto Scotto,
Beccaio-Beccheria 203
signore di Piacenza; ma Matteo Visconti, padre di Galeazzo, volendo
ad ogni costo imparentarsi colla casa d'Este, che dominava in quei
tempi su Ferrara, Modena e Eeggio, seppe trovare il modo di so-
verchiare il Piacentino. Lo Scotto non dimentic l'offesa, n tard
molto a vendicarsi. Galeazzo fu, per opera sua, cacciato da Milano
nel 1302; e andato quindi ai servigii di Castruccio mor nel ca-
stello di Pescia scomunicato, assai poveramente e vilmente soldato
alla merc di Castruccio; Yill. x, 86. Pare che Beatrice fosse
tutt' altro che felice col secondo marito, nove anni pi giovine di lei;
Purg. vili, 75. Azzo di lei figlio le fece erigere un sontuoso mauso-
leo; cfr. Murat., Aniiq. Estens. il, 65, onde alcuni osservano non
essersi avverata la profezia di Dante Purg. vili, 79 e seg. Ma non
pare che Dante parli di mausolei e di titoli ed onori mondani. Lo-
quitur subtilius, et vult dicere: maior honor erat huic illustri mu-
lieri dici uxor unius viri tantum, scilicet primi, quam secundi; ita
quod tacite tangit eam, quod nupsit secundo; Benv. Cos inten-
dono pure Serrav., Tal., Lomb., Biag., Ces., Tom., ecc.
Beccaio, da becco, capro, Colui che macella e vende animali
quadrupedi per uso di mangiare Purg. xx, 52, dove Ugo Capeto
;
detto figliuol d'un beccaio di Parigi, mentre invece discendeva
dai conti di Parigi e duchi di Francia. Ma Dante segu la leggenda
popolare. Per li pi si dice, che '1 padre fu uno grande e ricco
borghese di Parigi di nazione di buccieri (= beccaio di nascita),
ovvero mercatante di bestie; Vill. iv, 4. E il poeta Villon{\ 1483)
canta: Si fusse des hoirs de Huc Capet Qui fuit extrait de bou-
cberie. La stessa leggenda si legge nella Chanson de Geste de
Hugues Capet, antico poema francese (ed. De la Grange, Par., 1864)
ed in antichi romanzi. La tradition sur l'origine des Capetiens
s'tait si bien rpandue en France, la fin du treizime sicle, que
vers 1294 le moine Iperius, dans la cronique de saint Bertin, se
croyait oblig de combattre l'opinion des ignorants et roturiers qui
faisaient venir Hugues Capet de souche plbienne. Cette croyance
devait s'accrditer au dehors; Ozanam, Purg., 236. Cfr. Chron.
Sith. Seti. Bertini, x, 297. Pasquier, Bech. de la France, 1. vi,
e. 1. G. Paris, Bitter, frane, au moyen dge, Par., 1888, p. 44. Coni.
Lips. il, 365 e seg.
Beccheria (o secondo altra lezione Beccaria), nome di una
famiglia di Pavia. Quel di Beccheria, Inf. xxxn, 119, Tesauro
dei Beccheria, abate di Vallombrosa, generale dell' Ordine, Legato
per papa Alessandro IV in Firenze. Nel settembre del 1258 il po-
polo di Firenze fece pigliare l' abate di Valombrosa, il quale era
204 Beccheria
gentile uomo de' signori di Beccheria di Pavia in Lombardia, es-
sendoli apposto, che a petizione de' ghibellini usciti di Firenze trat-
tava tradimento, e quello per martiro gli fecero confessare, e scel-
leratamente nella piazza di Santo Apollinare gli feciono a grido di
popolo tagliare il capo, non guardando n a sua dignit, n a or-
dine sacro; per la qual cosa il comune di Firenze e' Fiorentini dal
papa furono scomunicati; e dal comune di Pavia, ond'era il detto
abate e da' suoi parenti i Fiorentini che passavano per Lombardia
ricevevano molto danno e molestia. E di vero si disse che '1 reli-
gioso uomo nulla colpa avea, con tutto che di suo legnaggio fosse
grande ghibellino; Vill., vi, 65. Ponendolo nell'Antenora Dante
mostra di averlo creduto colpevole, e tale fu creduto dai commen-
tatori antichi. Voluit per prodictionem sub vertere statum Civitatis
Florentise; Bambg. - Trattava in Firenze certi tradimenti. E i
Fiorentini presere l'Abate e tagliargli il capo; An. Sei. E nei
codd. P. e S. 160 dello stesso Coni. An. si leggono queste particola-
rit: Egli con Gioanni Soldanieri da Fiorenza fecero fare chiave
false, e di notte tempo, essendo essi in Fiorenza, aprir la porta e
miservi dentro e Bianchi con molti Ghibellini di Toscana, e anco
co' gl'Aretini. Avengna che male gliene colse, in per che per forza
tosto ne furono cacciati; e molti ne furono morti, e i Fiorentini per
questo presono esso Abate e tagliargli il capo. - Essendo abatte
di Valinbrosa chol seguito dalchuno Fiorentino la parte guelfa di
Firenze tradio per lo quale tradimento la testa finalmente in Fi-
renze per giustizia gli fu tagliata; Iae. Dant. - Essendo per la
Chiesa in Firenze, volle tradir Firenze e trarla dalle mani de' guelfi,
e darla ai ghibellini; per lo quale tradimento gi contratto, quei
di Firenze, che avean lo reggimento in mano, s lo espionno, e ta-
glionno la testa al dito abate Lan. - Avea trattato con li Ghi-
;
bellini di Firenze di tradimento della citt; onde in Firenze gli
fu tagliata la testa, nonostante ch'elli fosse religioso: e qui aggrava
il peccato per la dignit della persona; Ott. - Prodere voluit Flo-
rentiam, quae erat ejus patria ratione proedietse eius Abbatiae, licet
esset Papia sua originalis patria, et decapitatus fuit Fiorenti;
Petr. Dant. Lo stesso affermano Cass., Falso Bocc, Buti, Land.,
Tal., Veli., Dan., ecc. E Serrav. : Fuit magnus proditor patrie
sue. Ma Benv.: Aliqui dixerunt, quod iste abbas non fuerat con-
scius, et quod propter istud peccatum, et intollerabilem, superbiam
florentinorum, habuerunt postea conflictum ad Montem Apertum....
tamen autor ponit eum culpabilem, ut patet. L'iw. Fior, copia
ilVill. E il Barg.: A cui fecero i parziali, che signoreggiavano in
Fiorenza, tagliar la testa, imputandogli, che trattava introdurre la
parte fuoruscita.
Becchetto-Beda 205
Becchetto, si disse la Fascia del cappuccio, che usavasi an-
ticamente. Forse un Diminut. di becca, che vale Banda o Striscia
di seta, o d'altro, che portavasi al collo, o attraverso al petto, a
modo di ciarpa; e si disse cos anche una cintola, per lo pi di
taffett,da legare alla vita le calze all'antica, ossia i calzoni. Forse
dal lat. vitta. Nel luogo Par. xxix, 118 pare che per becchetto
s'abbia da intendere la punta del cappuccio. All'et del Poeta il
cappuccio finiva in punta, detta becco per alcuna similitudine col
rostro degli uccelli; che anche al giorno d'oggi si chiamano Tre-
beccanti que' Kegolari che hanno il cappuccio a tre becchi ;Dion.-
Questo becchetto s'intende l'ultima e suprema parte della imagi-
nazione umana che si leva in su per superbia, pensando et estimando
da s dire quello che dice, e reducendo quella gloria a se e non a
Dio; Buti. - In bechecto, idest, sub cappa; Serrav.
JBeccio da Caprona, fu, secondo alcuni commentatori (Petr.
JDant., An. Fior., ecc.), V uccisore di Farinata figlio di Marzucco degli
Scornigiani di Pisa, del quale si fa menzione Purg. vi, 17. Cfr. Pisa,
QUEL DA.
Becco, da bec, antichissima voce celtica, come attesta Svetonio,
la quale significava il rostro de' gallinacei (il Diefenbach lo rac-
costa a picco) 1. La parte ossea della bocca degli uccelli, detta
;
anche Eostro Inf. xv, 72. Purg. xxxn, 44. Par. xx, 29, 44. Anche
;
nel luogo Inf. xvn, 73 la voce becco da prendersi in questo senso,
come fanno Lan., Buti, ecc., mentre Petr. Dani., Cass., Benv., ecc.
danno qui a becco il significato di capro; ma l'arme della famiglia
Buiamonti portava tre teste d'aquila, non gi tre capri; cfr. BuiA-
monti. - 2. Dar di becco in checchessia, vale Batterlo col becco, e
anche Divorarlo col becco; Purg. xxiii, 30.
Becco, dal lat. barb. buccus (e questo d'origine incerta; cfr.
Diez, Wrt. 3
il , 9 e seg.), Il maschio della capra domestica, Capro;
Inf. xxxn, 50.
Beda, soprannominato Venerabilis, celebre teologo e filosofo
del medio evo, nominato Par. x, 131. Nacque l'anno 674 a Northum-
berland e fu educato nel monastero di Weremouth, nel quale entr
a sette anni. Da Weremouth si trasfer al vicino monastero di Girvy,
dove nel 693 fu fatto diacono e nel 702 presbitero. Pass la sua vita
nel chiostro, dedicandosi con zelo indefesso agli studi ed a lavori
letterari. Mor 26 maggio 735 e fu sepolto a Girvy; ma pi tardi
il
le sue ossa furono trasportate a Durham. Scrisse commenti di quasi
tutti i libri della S. Scrittura, che furono tenuti in gran pregio nel
206 Beffa-Bella
medio evo, Omilie, Vite Epigrammi, lavori gramma-
di Santi, Inni,
ticali e di cronologia, ecc. La sua opera principale la Historia
ecclesiastica gentis Anglorum in cinque libri, la fonte principale
per la storia d'Inghilterra sino all'anno 731 (ediz. principe, Strass-
burgo, 1500; ottime ediz. curate da I. Smith, Cambridge, 1722, dallo
Stevenson, Londra, 1838, dal Molesly, Lond., 1869). Le sue Opere
complete vennero in luce: Parigi, 1521 e 1544, Basilea, 1573, Co-
logna, 1612 e 1688, ultimamente a Londra 1843-44 in 12 voi. per cura
di A. Giles. Cfr. H. Gehle, Be Bedce Ven. vita et scriptis, Lugd.
Bat., 1838. K. Werner, Beda der Ehrw. und s. Zeit, Vienna, 1875.
Beffa, forma varia di buffa e dello stesso significato, Burla o
Scherzo fatto con arte, per modo che chi burlato non se ne ac-
corga; Inf. xxiii, 14.
Belli, Bei e simili, cfr. bello.
Belacqua, personaggio che Dante trova tra' negligenti nel-
l'Antipurgatorio, Purg. iv, 123, del quale si hanno scarse notizie.
Lan. contenta di dire che fu una pigrissima persona. Ott.,
si
Petr. Dani., Falso Bocc, ecc. non ne dicono nulla. - Cass. : Fuit
optimus Magister chitararum et leutorum et pigrissimus homo in
operibus mundi sicut in operibus anime. - Benv. : Iste fuit de
Florentia, qui faciebat citharas et alia instrumenta musica, unde
cum magna cura sculpebat et incidebat colla et capita cithararum,
et aliquando etiam pulsabat. Ideo Dantes familiariter noverat eum,
quia delectatus est in sono.... Cum Dantes aliquando in vita incre-
paret eum de pigritia sua, iste erat solitus respondere quod anima
sedendo et quiescendo fit sapiens. - Buti: Fu molto negligente
in tutte le cose e cos nell'atto de la penitenzia; ma pur al fine
si pent. - An. Fior. : Questo Belacqua fu uno cittadino di Fi-
renze, artefice, et facea cotai colli di liuti et di chitarre, et era il
pi pigro uomo che fosse mai; et si dice di lui ch'egli venia la
mattina a bottega, et ponevasi a sedere, et mai non si levava se
non quando egli voleva ire a desinare et a dormire. Ora l'Auttore
fu forte suo dimestico; molto il riprendea di questa sua negligenzia;
onde un d, riprendendolo, Belacqua rispose colle parole d'Aristo-
tile Sedendo et quiescendo anima efficitur sapiens ; di che l'Aut-
:
tore gli rispose: Per certo, se per sedere si diventa savio, niuno fu
mai pi savio di te. Altre notizie di questo personaggio non si
rinvengono n presso gli antichi n presso i moderni.
Bella, nome della madre di Dante, della quale non si conosce
il casato, n si sa altro, se non che fu una delle due mogli di Ali-
Bella (della) 207
ghiero, padre del poeta, e che nel maggio del 1332 era passata ai pi.
La si suppose figlia a messer Durante di messer Scoiaio degli Abati
(Passerini, in Lord Vernon, Inf., voi. in, p. 16); ma tale ipotesi
priva di fondamento (cfr. Imbriani, Studi Dant., p. 20 e seg.).
Da tutti i genealogisti (ed anche dai biografi, Pelli, Balbo, Mis-
sirini, Fraticelli, ecc.) stato detto che Bella fu la seconda con-
sorte di Alighiero: io invece sono di contrario avviso, e ritengo che
Francesco nato da madonna Lapa fosse a Dante minore di et, e
perch gli sopravvisse di molti anni, e perch, ancora negl'istru-
menti nei quali trovansi insieme rammentati, il nome di Dante pre-
cede il suo; Passerini, loc. eit. Infatti dall' istrumento di divi-
sione del 16 maggio 1332 tra Francesco e i suoi nipoti risulta che
Lapa era tutt'ora vivente, a meno di voler ammettere che, parlando
di Lapa, il notaio omettesse V olim, che non omise parlando di Bella.
dunque probabile e poco meno che certo, che Bella fu la prima
moglie di Alighiero II; e che mor poco dopo la nascita di Dante,
e forse per 1' appunto nel donarlo al mondo. Cfr. M. Scherillo, La
Madre e la Matrigna di Dante (dalla Nuova Antologia, voi. xlix,
serie in), Roma, 1894.
Sella (della), la famiglia della Bella noverasi da Dante, Par.
xvi, 127, e dai pi antichi cronisti tra quelle che da Ugo marchese
della Toscana ebbero milizia e privilegio di portare la bella insegna
di lui. Cinque ne annoverano gli storici; ma io ritengo che fosse
una sola famiglia, dal cui tronco diverse casate ne diramarono; e
me ne convince il vederle tutte venute a Firenze dal luogo istesso,
cio dai contorni di Settimo. Ranieri della Bella sedea tra i Con-
soli nel 1201 Cione, nato da Accorri suo figlio, era tra i consiglieri
;
del Potest che nel 1255 ratificarono alcune convenzioni con i Se-
nesi. Al suscitarsi delle fazioni aderirono i della Bella alla fazione
dei Guelfi e ne furono tra i principali di Por San Piero, perciocch
aveano le torri nel popolo di S. Martino; le quali furono dall'ira
di parte rase al suolo dopo il 1260, siccome ancora le case che pos-
sedevano nel popolo di S. Ilario a Gangalandi. Fatti poveri, furono
senza difficolt ammessi alle Magistrature per la riforma democra-
tica del 1282; ed infatti Giano di Tedaldo e Taldo suo fratello con-
seguirono il Priorato nel 1289 e nel 1293. Era Giano uomo di smo-
data ambizione, per cui mandato a reggere come Potest il Comune
di Pistoia, vi si rese talmente odiato da esserne cacciato a furia di
popolo. Offeso da Berto Frescobaldi, con cui venne a contesa nella
Chiesa di S. Piero Scheraggio, sentendosi impotente a cozzare contro
quel magnate pi potente di lui, si die a blandire il popolo e lo
commosse contro dei grandi (cfr. Par. xvi, 131 e seg.). Fu tutta
208 Belletta-Bellezza
opera sua la riforma del 1293; da lui furono ispirati quei severi
Ordinamenti di giustizia, che fecer quasi delitto Tesser nato nella
classe dei nobili. Divent per questi fatti onnipossente nella citt,
ma ben poco dur il prestigio del nome suo; perch il popolo fa-
cilmente si muove a tumulto, ma non da tutti il poterlo a sua
voglia frenare. Infatti sollevatasi la plebe nel 1295, a lui si volse
perch la guidasse contro la Signoria; ma egli si rifiut, tentando
nel tempo istesso di suggerire pi miti consigli. Il popolo non gli
die ascolto, anzi assalito il Palagio del Potest, se ne fece padrone
e lo pose a sacco. I Grandi e la Signoria, ch'era nemica a Giano,
a lui attribuirono questo delitto, e lo citarono perch ne desse ra-
gione; ma egli prefer di partirsi volontario per l'esilio a fine di
non piombare la patria nella guerra civile, perch il popolo, al
primo sapersi del suo pericolo, erasi sollevato offerendosi pronto a
difenderlo ad ogni costo.
Alcuni storici narrano che andato in Francia si adoperasse di
continuo ad avvantaggiare gl'interessi della sua patria; ma i do-
cumenti vi contrastano, perch restano alcune sentenze del 1302 che
lui con Taldo e Comparino suoi fratelli e Giano e Marignano figli
di Comparino condannano alla pena del fuoco e della confisca dei
beni per esser venuti in armi contro Firenze. Di pi abbiamo la
testimonianza di Baldo d'Aguglione suo compagno nelle riforme go-
vernative, fatte nel 1293, il quale lo volle escluso dal perdono con-
cesso ai ribelli nel 1311, quando si cerc coi beneficii d'estendere
il numero dei cittadini che potevano difendere Firenze contro gli
eserciti di Arrigo YII imperatore.
I della Bella sono spenti da molti secoli, perch nulla hanno
con essi di comune altre famiglie omonime sorte in epoca pi a noi
vicina, e molto meno poi gli Stacchini, che volendosi far nobili, si
son detti derivare dalla casata di Giano; Lord Vernon, Inf. voi. il,
p. 223 e seg. Cfr. G. Vill., Cron. iv, 11; v, 39; vi, 79; vili, 1, 7.
Del Lungo, Bino Gomp. i, cap. vi e vii, voi. n, p. 46-78.
Belletta, forma varia di Meletta, forse dal gr. tcyjXs, propr.
Posatura che fa l'acqua torbida, specialmente di fiumi. E pi ge-
neralmente per Fango, Melma, Mota, Pantano; Inf. vii, 124.
Bellezza, astratto di Bello, L'esser bello, Qualit di bello.
Questa voce adoperata 12 volte nella Biv. Com., 4 nel Purg.
(xiv, 149; xxix, 87; xxx, 128; xxxi, 138) e 8 nel Par. (vii, 6Q;
xiv, 134; xxi, 7; xxiv, 19; xxvm, 84; xxx, 19. 32; xxxi, 134). Nel-
l' inferno non vi bellezza, onde la voce non mai adoperata nella
prima Cantica. - Nel luogo Purg. xxxr, 138 pare che per seconda
Bellincion Berti 209
bellezza s' abbia da intendere la bocca, mentre la prima bellezza
sono gli occhi cfr. Conv. ni, 8, 48 e seg. Cos Cass., Serrav., Biag.,
;
Ces., Tom., Filai., ecc. Altri diversamente. Petr. Dant. attenendosi
all'allegoria: Tres virtutes theologicse deprecata sunt ipsam Bea-
tricem ut aperiat os, ut auctor videat secundam eius pulcritu-
dinem; hoc est, quocl postea inductu dictarum trium virtutum theo-
logicarum auctor vidit secundam pulcritudinem theologiae in visu,
idest habuit intellectum de secunda eius parte, scilicet de pagina
novi Testamenti. E JBenv.: Beatrix habet duplicem pulcritu-
dinem; nam primo tractat de rebus humanis, scilicet de vitiis et
virtutibus, et istam primam pulcritudinem iam vidit poeta descri-
bendo infernum et purgatorium: secundo tractat de divinis et al-
tissimis sicut de Deo et angelis, et istam pulcritudinem secundam
statim ostendit hic Beatrix in confuso, quam paulo post videbit
specialiter et gradatim semper crescentem in paradiso. Il Buti:
Quanto a la lettera si pu intendere: Scuopreli lo volto tuo, cio
la bocca per lo tutto, cio per lo volto che sta appiattato sotto il
bianco velo, acci eh' elli vegga lo volto tutto, che non ha veduto
infine a qui se non li occhi tuoi. E potrebbe essere in queste pa-
role questa allegoria: Manifesta a lui la intenzione tua litterale e
morale che sta appiattata sotto lo velame della fede per s fatto
modo, che elli comprenda la intenzione allegorica et anagogica, la
quale intenzione la seconda bellezza de la Teologia. Cos pure
Land., Veli., ecc. Primo il Dan. intese per la prima bellezza di
Beatrice la terrena, per la seconda la celeste, opinione accettata da
Voi., Boi., Vent., Lomb., Port., Pogg., Cost., Wagn., Borg., Br. B.,
Frat., Greg., Andr., Triss., Cam., Frane, Corn., ecc. Secondo il
Dionisi (Prepar. ist. e crit. li, 59 e seg.) la prima la bellezza
naturale, che dal lume della ragione riluce nelle Fisiche, e Meta-
fisiche, e Morali dimostrazioni e persuasioni la seconda la
;
bellezza teologica, vale a dire tutto ci che pu vedersi della ve-
rit per lume della fede colle dimostrazioni e persuasioni teolo-
giche.
Dell'essenza della bellezza Conv. i, 5, 67 e seg.; iv, 8, 7 e seg.;
iv, 25, 86 e seg.; della bellezza del corpo Conv. ni, 4, 45 e seg.;
della bellezza dell'anima Conv. ni, 15, 103 e seg.
Sellincion Berti, padre della buona Gualdrada (cfr. Gual-
drada), della nobile famiglia dei Kavignani (cfr. Ravignani), visse
nella seconda met del sec. XII; Par. xv, 112; xvi, 99. Fu ca-
valiere notabilissimo, e fu de' Kavignani, a cui succedettono in re-
ditaggio li conti Guidi per madonna Gualdrada; Ott. -Iste fuit
nobilis miles, et bene moratus de Eavignanis; Benv. - Fu uno
14. Enciclopedia dantesca.
i -
::." Bellisar
-ile UOl -
:
sono a quella porta che s chiam
San quali ggio della contessa Gualdrada sua
figliuola - lei primo conte Guido, rimasono ai conti
ereh li ; di lui e : : b rtadini di Fiorenza: * Itoti*.
Beili!* a r ibbU . >lav. Belitsmr = principe bianco,
te in gran p u gloria, nato Terso il 5C dne ignota.
a combatte] sopra : }uali riport la vittoria a Trica-
merou nel h amato nel 534 dal sospettoso Giu-
ri lo mand non lungo tempo dopo contro i Goti. Bel-
lisar: .- "t ia ->i:ilia. ziri c> . i
:
: ;. . i: - li zia. ::el : ; r
Hai fida: niano lo richiam nel 540 a
Bizanzio, torn a mandarlo in Ita - e lo richiam di nuovo
a Bizanzio nel
mi p alcuni nir
. sua innocenza, fu ri- :a la
me^ il 15 marze De bello gothico :
ana del. stessi autore. Il f Lond., 1848. :
Dar rdaJ . rimare ali" ingratitudine di Giu-
er avventura non sapeva nulla, come sembra
averla ignorata anche il 1 scrive (n, 6): Belisario fu uomo
._-.... ir - -
:. e it: .le: fi": :
..".::
di C zopoli per mare valic in Affrica, e con vittoria ne cacci
..ndali paese occupavano, e poi simile fece ir.
che "1 -
cilia, e io venne nel Begno e assedi la citt di Napoli, che
.-: : . r : :: :'.:::. i r :: .:: -:'.:<: .-~~
ermi lenir, ma quasi tutti gli Napoletani piccoli e
grandi, ma: .'... -.ri:
I poi ne orna la quale era occu-
pata da Goti, i quali sentendo la venuta di Belisario patrie e,
par:: Itoma e ridussonsi con tutta loro forza a Ravenna. Be-
lisario raddirizzato lo stato di Berna e dello "niperio. perseguit i
enna, e ivi ebbe con loro grande battaglia, e vinseli e
1
i" Italia; e poi n and in Al amagna,
s sogna. atti quegli paesi e province rec al-
l' ut ione dello 'mperio di Boma, e molto ricover
lo 'm buono e bene avventurosamente e con
in tatti ::we e soggiog i ribelli dello "imperio, e
a buono stato mentre viverre, infino agli anni di Cristo 565.
ziperadorr e 1 rlisario morir bene avventurosa
3 rosi
Bello-B'-l] 211
Bello. A
::r.j n m -ili ir. :;"''. ma in f? "?'. tei, e be'; lai I fc bdlus; ' .-
di quelle opere di na~ -
rispondenza di parti, orre a. per un certo co-
d ammirai Snella cosa dice Fuone le cai parti
debitamente rispondono, p armonia resulta piaci-
mento. Onde pare l'uomo essere bel
bitamente si risponde il canto, quando
di quello, secondo rispondenti :
- :A. :=:::.:: - ii" eli., nel -.-ile ;
i ;
'
: : lebmament .
le parole ri-
z im 1 :. :
r : ' v. :. '. 11 e ri*. 7. ~ i re ~:
A": nelle li~e: ;
e me forme
adoperata nella Z>\ Oomm. r. rotte, 1" aell I *'. :_ ael P me. e
Par. - 1. Detto della vita, e del tempo o del luogo, in eoi
Inf. xv
Purg. vii. 45. J -2-B i naie detti
nel suo in qualche modo perfV~
In/", i. 87. P>v,r<7. un. II" - Ti Idire chee-
:.
farlo o il di: Tnf.T Par. XYII, 68. - -nche Mostrare
un certo brio e una e nel sembiante, I
galluzzarsi; Par. i
Bello idei \ : . tna. I del Bello sono consorti di
I'i7.~e. ini -.-..: -~:e"i 117.ri~rr.ti, perch leriTati la meseer Bel]
gi Bellincione avo suo. }ue ta
rimirili i: '-relfa. e m: : ir: mentri m\-. : elle ile rV'.eri in-
terrate le case ael 12 dopo la tta "inerti.... Per le
dirisioni di Firenze i i Bianca e Nera, i Del Bello ade-
rirono alla prima; laonde furono indonare la pa-
li loro esiliodurava tuttora nei 1311, e fu confermato per sempre
nella famosa riforma dr. menti di giusti:, i tta per opera
di Baldo d'A.- gii E i allora qnesi -entata da Lapo
e dagli altri figli di m ente rim
estinta; L
Bello (Ger de] .
.
..
"A?::--.
nelii "riA'ii lei =eminateri li liscordj :
Inf. ii'x. 87. C ngiunto
risorto di Darre li jualc ri morte e quegli che rima
al mondo acchn li era l'uno Dante,
nollo fecero mai Per - Queste Seri fu figli' lime
lei Bell:, il i/iil- z:\-.~~. Amigli la nnc ii ;
:.r . il }uale ha nrrie
in Firei i-remei [ms. . e ruesta ebbe per suo riportare
212 Bello (Filippo ili-Belva
di parole sconcie. Questi leggiadro propuose di far vendetta, e nulla
via seppe trovare di poterla fare se non in questo modo: questi si
vest a modo dipingere si che parea lebroso:
di barattieri e fecesi
and questi a casa dei nimici suoi, e vide il maggiore, e disseli:
messere, la famiglia dello podest viene per questa via, se voi avete
lo coltello riponetelo. Questi li credette, entr in casa, e gitt giuso
lo coltello; come riusc fuori dell'uscio, questo Ger cos alterato
li diede d'un coltello nel petto, ed ebbelo morto; levossi di quel
luogo e scamp. In processo di tempo uno de' detti della casa Ge-
remei fu podest di Fucecchio, e men per suo famiglio uno suo
nipote nome Geremia, il quale facea l'uffizio della berrovaria; con
li altri and il detto Ger a Fucecchio per sue vicende. Un die la
famiglia andava cercando il ditto Geri, li fu per mezzo e cercollo,
vide che non avea arme, battelli un coltello per lo petto, ed ebbelo
morto; Lan. - Era stato morto a Ghiado; Ott. - Iac. e Petr.
Dant. non ne danno particolari notizie. - Mortuus fuit per illos
de Sacchettis de Florentia; Cass. - Era stato morto in Firenze
per la sua mala lingua e pel commettere male; Falso Boce. -
Gerius iste vir nobilis fuit frater domini Cioni del Bello de Aldi-
gheriis; qui homo molestus et scismaticus fuit interfectus ab uno
de Sacchettis nobilibus de Florentia, quia seminaverat discordiam
inter quosdam; Benv. - Il Buti ripete all' incirca il racconto del
Lan., e lo stesso fanno pure An. Fior, ed altri. - Serrav.: Fuit
magnus seminator scandalorum, posuit et seminavit scandalum ma-
gnum inter duos fratres consobrinos, qui erant nati de duobus
germanis carnalibus, de domo Sachetti, nobili domo de Florentia;
unde ipse fuit frustatim truncatus et interfectus. - Land.: Fu
molto scismatico, e per tal vizio fu ucciso da uno de' Sacchetti, ne
se ne f' vendetta, se non dopo trenta anni, ed allora un figliuolo di
Messer Cione uccise uno de' Sacchetti su la porta della casa sua.
Bello (Filippo il), cfr. Filippo il Bello.
Belo, re di Tiro, padre di Didone; Par. ix, 97. Cfr. Virg.,
Aen. i, 621, 729 e seg.
Beltramo dal Bornio, cfr. Bornio.
Belva, dal lat. bellua, Bestia; e dicesi propriamente delle be-
stie feroci e assai grandi, come il leone, il lupo, la tigre e simili.
Nuova belva, cio belva strana, non mai vista, chiama Dante il
sacro mistico carro della chiesa dopo la sua trasformazione in mo-
stro Purg. xxxn, 160. - Il verso Purg. xiv, 62: Poscia gli an-
;
cide come antica belva di assai difficile interpretazione. I pi
4|
Belzeb-Benda 213
intendono: Come si uccide vecchia bestia da macello; cos Cass.,
Benv., An. Fior., Land., Vent., Lomb., Port., Pogg., Biag., Cost.,
Ces., Br. B., Frat., Greg., Andr., Triss., Cam., Frane, ecc. Il
Blanc (Versuch ir, 50 e seg.) obbietta che, volendo dir questo,
Dante invece di antica belva avrebbe scritto come vecchia bestia,
oppure come vecchie bestie, la voce belva non trovandosi mai usata
in altro senso che in quello di bestia feroce, selvatica. Ma YAn.
Fior.: Belva propriamente ogni animale che vive in acqua et
in terra. - Ott.: Come antica fiera crudele, vaga di sangue umano,
molti n'uccider. - Petr. Dani.: Crudelizzavit ut bellua inter
illos lupos. - Buti : Come fa l'antica bestia, che intra ne la
mandra, strossa or l'uno, or l'altro dei castroni, cos fece questo
messer Fulcieri dei Fiorentini, essendo gi antico. Ma dopo aver
chiamato Fulcieri nel v. 59 Cacciator di quei lupi sembra strano
che tre versi dopo Dante lo dica antica belva. Per anche le belve
danno la caccia agli animali, e il Poeta non chiama Fulcieri an-
tica belva, ma paragona semplicemente il suo fare a quello di an-
tica belva.
Belzeb, che ordinariamente dicesi Behebub, voce ebraica,
D13* Sy3> dio delle mosche, Deus averruncus muscarum, divi-
nit nazionale degli Ecroniti, simile al Zsg "AK\xmoc, dei Greci
(cfr.Pausan. v, 14, 2), o al Deus Myiagros (cfr. Solin., c. 1). Nel
nuovo Testamento Behebub detto il principe dei demoni; cfr.
S. Matt. xn, 24. 28. S. Marc, ni, 22. 8. Lue. xi, 15. 18; onde
Dante d questo nome all' imperador del doloroso regno Inf.
;
xxxiv, 127.
Reiico, Bencus lacus, nome che i Eomani davano pi
al
vasto dei laghi dell' alta Italia e della intera Penisola, detto oggi
Lago di Garda; Inf. xx, 63. 74. 77. Cfr. Virg., Georg, n, 160.
Bench, Congiunzione avversativa, equivalente a Sebbene,
Quantunque, Ancorch. Ama comunemente dopo di s il Congiun-
tivo, che talora per ellissi taciuto; Par. il, 103; xx, 72; xxv, 138.
Renda, dal ted. Binde, propriam. Striscia ovvero Fascia di
pannolino o d' altro, con cui si cuoprono gli occhi ad alcuno, perch
non vegga. 1. Nel significato di Velo o Drappo, che anticamente
portavano in capo le donne, pi specialmente le maritate, ed anche
le vedove, che lo portavano di color bianco; Purg. viii,74; xxiv, 43
(sul qual luogo cfr. Gentucca, e Galvani, Osservai, sulla poesia
de' provenzali, p. 473). - 2. Sacra benda, detto poeticam. per il
Velo delle monache; Par. ni, 114.
214 Bene
Bene, e, precedendo consonanti semplici, Ben, Sost., dal-
le
l' avv. bene usato sostantivam., se non dal sost. duenus o benus,
che pare esistesse nell'antica lingua latina; Quello che si desidera
in quanto conveniente alla natura umana, e che posseduto reca
contentezza all'animo; e Quello che per s stesso si deve eleggere
in quanto voluto da Dio, ed utile a noi e all'umano consorzio.
Bene, Ben sost. adoperato nella Div. Coni. 65 volte, 8 nelYInf,
28 nel Purg. e 29 nel Par. Notiamo alcuni significati: 1. Beni al
plur. per Facolt, Possessioni, Kicchezze Inf. vii, 62, 79; XI, 41.-
;
2. Beni, detto delle Opere buone, e delle Virt ;Par. IV, 137, ecc. -
3. Dio detto il Bene dell'intelletto, Inf. in, 18 (cfr. Conv. n,
14, 30 e seg.); il Bene che non ha fine, Par. xix, 50; il Bene infinito ed
ineffabile, Purg. xv, 67; xxxi, 23; il Sommo Bene, Purg. xxvin, 91.
Par. vii, 80 xiv, 47 xxvi, 134 il Bene di l dal qual non a che si
; ; ;
aspiri, Purg. xxxi, 23, 24. - 4. Per il Bene richiesto al vero ed al tra-
stullo, Purg. xiv, 93, Benv. intende i beni dell'anima e del corpo Buti
;
il Bene onesto ed il Bene dilettevole; cos pure Serrav., Land., ecc.
Veli, la virt ed i beni di fortuna. Dan. : Del ben richiesto al
Vero, che l' obbietto dell' intelletto, la cui propriet di ricercar
la verit delle cose, ed al Trastullo, cio al bene che l' obbietto
della volont, la quale altro non cerca che la pace e la concordia.
Biag.: Il Ben richiesto al vero si la scienza, considerata qual
mezzo di pervenire alla possessione del sommo vero colla perfe-
zione del giudicio nostro; il Bene richiesto al trastullo, sono le
arti nobili e le discipline, onde la seconda contentezza deve l'uomo
ricavare. Ces.: Del bene dell'intelletto, che la verit; e del
bene della volont, che il piacere. Br. B.: Il vero l'obietto
che segue l' intelletto, a raggiungere il quale ci vuol la scienza per
cui si perfeziona il nostro giudizio, e questa scienza appunto il
bene richiesto al vero. Il bene richiesto al trastullo, sono le arti
ingenue e le discipline, che ben dirette tanto contribuiscono ai buoni
costumi per la via del diletto, che qui il Poeta chiama trastullo,
cio sollievo dell'animo.
lease e Ben, Avverb. che assume molti e vari significati, se-
condo verbi e gli addiettivi coi quali s'accompagna; dal lat. bene;
i
trovasi nella Div. Com. e nelle altre opere volgari di Dante quasi
in ogni pagina. - 1. Aggiunto a verbi che esprimono un'azione del-
l'uomo in quanto egli opera come essere razionale e morale, vale
Secondo ragione, Eettamente, Virtuosamente; Puf. xv, 64. Par.
xxiv, 40. - 2. Aggiunto a verbi che esprimono un'altra azione qua-
lunque, sia dell'uomo, sia degli animali, sia degli oggetti inanimati,
vale In modo da ottenere il proprio fine, Acconciamente, Compiu-
Benedetto-Benedetto (San) 215
tamente, Perfettamente, e simili; Inf. i, 10; xxn, 139. - 3. Bene
serve anche a dinotare La forza, L'intensit, La copia, L'eccellenza
di un'azione qualunque o di una qualit, espressa da certi verbi,
da certi addiettivi, o da altri avverbi; e spesso vale Molto, Assai,
Abbondantemente ; Par. V, 103. - 4. Riferito a fatti o azioni, che
si considerano secondo un concetto di diritto, di legalit, ecc., vale
Giustamente, Debitamente, Rettamente e simili; Inf. xix, 97. -
5. Bene talora Particella riempitiva, che, acconciamente collocata,
d forza ed Per certo, Assolutamente,
efficacia al discorso, e vale
Nientemeno che e Par. xn, 73. - 6. Di bene in meglio,
simili ;
modo che significa il procedere verso un bene maggiore; Par. x, 38. -
7. Ben nato, Ben creato e simili, vale Nato, Creato per la pro-
pria felicit, per il proprio bene; Purg. v, 60. Par. in, 37; v, 115
(opposto di Mal nato, Inf. xvin, 76; xxx, 48, e Mal creato, Inf.
xxxii, 13). -8. Nel luogo Purg. xxviii, 92, le lezioni sono varie (cfr.
Barlovv, Contributions, p. 269 e seg.). La comune ha: Fece l'uomo
buono, a bene, e questo loco; il Cass. : Fece l' uom buono e ben di
questo loco. Il Caet., Viv., ecc.: Fece l'uom buono e '1 ben di
questo loco. Pare che sia da leggere (col S. Cr., Beri., Vien.,
Stocc, ecc.): Fece l'uom buono, e a bene, e questo loco, cio:
Cre l'uomo buono ed atto ad operare il bene ed a conseguire il
Sommo Bene. Ott.: Iddio, che sommo bene, fece Adamo buono,
siccome buono artefice e fecelo a buono fine, cio a fine di dargli
;
luogo glorioso ed eterno. - Benv.: Buono, simplicem et rectum
in statu innocentise, a bene, idest, ad fnem beatitudinis. - Buti:
Fece l'omo buono, e questo seguita: imper che '1 Sommo Bene
non pu fare se non bene ogni opera che fa lo Sommo Bene
;
buona altramente non sarebbe sommo bene e fecelo a bene, cio
; ;
a fine che avesse Lui, che sommo bene, e cos avesse beatitu-
dine. - Dan.: Cre l'uomo innocente senza alcun vizio, ed atto
a bene operare. Cfr. Parenti, Esercitai, fllolog. vii, 26.
Benedetto, Partic. pass, di benedire, dal lat. benedictus ; cfr.
benedire. - 1. anche aggiunto di riverenza che si d agli An-
geli, ai Santi o a ci che loro appartiene; ed equivale a Beato,
Sacro, Divino; Inf. n, 124. Purg. xv, 34; xxxn, 26. Par. vi, 16;
X, 64; xn, 2; xix, 95; XX, 9, 86, 146; xxiv, 2, 31.-2. Si dice an-
che per Glorificato, Esaltato; Inf. vili, 45. Purg. xxix, 85, 86.
Benedetto (San), il fondatore della vita monastica attiva,
nacque a Norcia nell'Umbria l'anno 480. A quattordici anni abban-
don il mondo e si ritir nella solitudine. Nel 510 fu eletto abate del
Monastero di Vicovaro presso Subiaco. Nel 528 fond il monastero
216 Benedetto
di Monte Cassino. Mor nel 543. Cfr. Ada Sanct. mens. Mari.
ni, 274-357. Mabillon, Ada SS. ord. S. Bened. i, 3 e seg. Anna-
les Ord. S. Bened. i, 1-117. Mege, Vie de S. Benoist, Par., 1696. -
Benedictus, Nursise nobili genere ortus, Borace liberalibus disci-
plinis eruditus, ut totum se Tesu Christo daret, ad eum locum, qui
Sublacus dicitur, in altissimam speluncam penetravit; in qua sic
per triennium delituit, ut unus id sciret Romanus monachus, quo
ad vitse necessitatem ministro utebatur. Dum igitur ei quodam die
ardentes ad libidinem faces a diabolo subjicerentur, se in vepribus
tamdiu volutavit, dum, lacerato corpore, voluptatis sensus dolore
opprimeretur. Sed jam erumpente ex illis latebris fama eius sanc-
titatis, quidam monachi se illi instituendos tradiderunt; quorum
vivendi licentia cum eius obiurgationes terre non posset, venenum
in potione ei dare constituunt. Verum poculum ei proebentibus, Cru-
cis signo vas confregit, ac relieto monasterio in solitudinem se re-
cepit. Sed cum multi ad eo quotidie discipuli convenirent, duodecim
monasteria sedifcavit, eaque sanctissimis legibus communivit. Postea
Cassinum migravit, ubi simulacrum Apollinis, qui adhuc ibi coleba-
tur, comminuit, aram evertit, et lucos succendit; ibique sancti Mar-
tini sacellum, et sancti Ioannis sediculam exstruxit; oppidanos au-
tem et incolas Christianis prseceptis imbuit. Quare augebatur in
dies magis divina gratia Benedictus, ut etiam prophetico spiriti!
ventura prasdiceret. Quod ubi accepit Totila Gothorum rex, explo-
raturus, an res ista esset, spatharium suum, regio ornatu et comi-
tat prsemittit, qui se Regem simularet. Quem ut ille vidit: Depone,
inquit, fili, depone quod geris; nam tuum non est. Totilse vero prse-
dixitadventum eius in Urbem, maris transmissionem, et post novem
annos mortem. Qui aliquot mensibus, antequam e vita migraret,
prsemonuit discipulos, quo die esset moriturus ac sepulchrum, in
;
quo suus corpus cond vellet, sex diebus, antequam eo inferretur,
aperiri iussit, sextoque die deferri voluit ecclesiam, ubi, sumpta
Eucharistia, sublatis in coelum oculis orans, inter manus discipu-
lorum efflavit animam quam duo monachi euntem in coelum vide-
;
runt pallio ornatam pretiosissimo, circum eam fulgentibus lampa-
dibus, et clarissima et gravissima specie virum stantem supra caput
ipsius dicentem audierunt: Haec est via, qua Dilectus Domini Be-
nedictus in coelum ascendit; Brev. Rom. ad 21 Mari. Dante lo
nomina Bar. xxxn, 35; cfr. Bar. xxn, 28 e seg.
Benedetto, Badia di San Benedetto in Alpe nell'Appennino,
presso fiume Acquacheta; Inf. xvi, 100. e La Badia di San Be-
il
nedetto in Alpe situata sulla schiena della montagna presso il
luogo ove il torrente Acquacheta dopo serpeggianti giri fra ripide
Benedetto XI papa 217
balze di macigno schistoso si precipita, e l si congiunge ai tor-
renti del Rio-destro e di Troncalosso, che tosto mutata indole e
nome diventano tutti insieme il Montone. Poco sotto monastero,
al
e presso alla congiunzion dell'Acquacheta e del Rio-destro il vil-
laggio di San Benedetto ove ebbero signoria un tempo i nobili della
Rocca San Casciano, e i conti Guidi; onde nascerebbe il dubbio se
la Badiao il villaggio sia il luogo che il Poeta dice destinato a
mille; Br. B. - Quidam comes regnans in montibus illis decre-
verat facere ibi unum castrum si ve fortilitium, ad quod reduceret
omnes habitantes loci habentes domos suas et habitacula dispersim,
quod tamen non effecit Benv. - Aliqui dicunt, quod Dantes ivit
;
semel ad conducendum mille homines armorum, ita quod ipse erat
pr mille ad recipiendum mille ad stipendium Florentinorum. Hanc
opinionem non puto esse veram, nec certe [est]. Alia opinio est
quod illa aqua cadens facit bene mille partes de se in cadendo.
Nec ista opinio michi placet. Alia opinio est quod illa aqua per
rusticos dividitur in mille partes ad irrigandum prata, ut plus
de feno habeatur per mille rivulos; sicut fit in Ytalia: intra montes
adaquantur prata ut uberiora sint ad fenum producendum; et sic
fit in Alamania montana. Alia opinio est, quam credo esse veram,
quod unus nobilis homo de partibus illis, voluit in ilio loco facere
unum furtilitium, unum bonum castrum, ad quod reducerentur ho-
mines rurales, qui erant inter illos montes habitatores; et voluit
quod omnes i Ili rustici, qui erant bene mille, reducerentur ad habi-
tandum in ilio castro; quod facere incepit. Demura post prepeditus
morte, opus remansit incompletnm; sed sic debebat fieri, et sic
fuerat ordinatum. Et Dantes erat amicus istius nobilis viri, quia
erat unus de comitibus de Dovadula; Serrav. Cfr. G. M. Bertini in
Atti delV Aecad. delle Scienze di Torino, 1871, voi. v, p. 525-34.
Benedetto XI papa, Niccol Boccasini di Trevigi di pic-
cola nazione, che quasi non si trov parente (Vill. viii, 66), nacque
da un povero notaio nel 1240, fecesi frate domenicano nel 1257, si
dedic tutto agli studi e scrisse parecchi commenti di libri della
S. Scrittura. Fu eletto generale dell'Ordine nel 1296, cardinale
nel 1298, Legato in Ungheria nel 1302, e fu papa dal 22 ottobre 1303
sino alla sua morte, avvenuta il 7 luglio 1304. Uomo savio e di
santa vita,... cominci assai buone cose, e mostr gran volere di
pacificare i cristiani. E prima fece accordo dalla Chiesa al re di
Francia, e ricomunic il detto re, e conferm ci che papa Boni-
fazio avea fatto, e mand a Firenze frate Niccol da Prato cardi-
nale ostiense per legato, per pacificare i Fiorentini co' loro usciti
(Vill., 1. e). Mor nella citt di Perugia, e dissesi di veleno; che
218 Benedictus qui venis-Benedire
stando egli a sua mensa a mangiare, gli venne uno giovane vestito
e velato in abito di femmina come servigiale delle monache di
Santa Petronella di Perugia, con uno bacino d'argento, iv' entro
molti belli fichi fiori, e presentogli al papa da parte della badessa
di quello monastero sua divota. Il papa gli ricevette a gran festa,
e perch gli mangiava volentieri, e sanza farne fare saggio, perch
era presentato da femmina, ne mangi assai, onde incontanente
cadde malato, e in pochi d moro, e fu soppellito a grande onore
a' frati predicatori, ch'era di quello Ordine, in Santo Ercolano di
Perugia. Questi fu buono uomo, e onesto e giusto, e di santa e re-
ligiosa vita, e avea voglia di fare ogni bene, e per invidia di certi
de' suoi frati cardinali, si disse, il feciono per lo detto modo morire
(Vill. vili, 80). Cfr. Murat., Script ni, 672 e seg.; ix, 746 e seg.;
1010 e seg.; xi, 1224 e seg. Potthast, Reg. Rom. Pontif. Beri., 1875,
p. 2025 e seg., 2134 e seg. Dino Comp. tu, 1 e seg.; in, 9. Parecchi
interpreti opinano che Benedetto XI fosse il famoso Veltro vatici-
nato da Dante (cfr. Veltro); ma, sventuratamente, Benedetto XI era
morto gi da un pezzo quando Dante dettava la prima Cantica.
Benedictus qui venis, il principio del saluto: Bene-
dictus qui venit in nomine Domini (= Benedetto Colui che viene
nel nome del Signore), col qual saluto il popolo ebreo ricevette
Cristo nell' ultima sua entrata in Gerusalemme. Cfr. S. Matt. xxi, 9.
S. Marc, xi, 10. 8. Lue. xix, 38. S. Giov. xn, 13. Nel luogo Purg.
xxx, 19 pare che queste parole siano da riferirsi a Beatrice, ad onta
del benedictus invece di benedicta. Cos intendono Benv., Serrai).,
Veli., Dion., Wagn., Frat., Cam., Filai., Kanneg., Bl., ecc. Altri
opinano che le parole siano dirette al mistico Grifone, cio a Ges
Cristo (Buti, An. Fior., Land., Tom., Bennas., Corn., ecc.), ed
altrivogliono che siano dirette a Dante stesso (Lomb., Port., Pogg.,
Biag., Cast., Ces., Borg., Br. B., Greg., Andr., Triss.). Al plur. be-
nedicci, Purg. xxvn, 58, nel qual luogo il Venite, benedicti patris
mei sono le parole che Cristo dir agli eletti il d del giudizio finale:
Venite, benedetti dal Padre mio cfr. S. Matt. xxv, 34.
;
Benedir e, e Benedicere, dal lat. benedicere; 1. Pregar
bene da Dio a una persona o a una cosa; il quale atto per lo pi si
fa alzando la mano e movendola in segno di croce; Par. xxiv, 151. -
2. E per Lodare, Commendare, sia persone, sia cose, da cui ci sia
venuto alcun beneficio, o che ne richiamino alla mente la ricordanza
di cose grate Conv. iv, 28, 63, 64. - 3. Partic. pass, benedetto
; ;
Inf. il, 124; Vili, 45. Purg. x, 64; xv, 34; xxix, 85, 86; xxxn, 26.
Par. vi, 16; xi, 33; XII, 2; xv, 47; xix, 95; xx, 9, 86, 146; xxiv,
2, 31. Cfr. benedetto.
Benefattore-Beni guarnente 219
Benefattore, dal lat. benefactor, Chi o che benefica, fa altrui
bene o beneficio. Iddio detto universalissimo Benefattore, Conv.
I, 8, 13; cfr. Epist. Iacobi I, 17.
Beneficio e Benefizio, dal lat. beneficium, Opera fatta in
altrui servigio e vantaggio; Purg. V, 65. Par. XVII, 88. Conv. I, 13,
3. 6. 7; il, 7, 27; iv, 11, 83. 89; iv, 22, 1 e seg.; iv, 26, 6Q, ecc.
Benevento, Beneventum, antichissima citt del Sannio,
lat.
poi del regno di Napoli, ai tempi di Dante appartenente al papa,
Si chiamava in origine Maleventum, a motivo della mal' aria (cfr.
Liv. iv, 27); dopo la vittoria riportata ne' suoi pressi dai Romani so-
pra Pirro nel 275 a. C. il nome fu cangiato in Beneventum.. Questa
citt celebre per la battaglia del 26 febbraio 1266 tra Carlo d'Angi
e Manfredi, nella quale Manfredi perdette col regno la vita Purg. ;
in, 128. Nella sua fine, diManfredi si cerc pi di tre giorni, che
non si ritrovava, e non si sapea se fosse morto, o preso, o scam-
pato, perch non avea avuto alla battaglia in dosso armi reali alla ;
fine per uno ribaldo di sua gente fu riconosciuto per pi insegne di
sua persona in mezzo il campo ove fu l'aspra battaglia; e trovato
il suo corpo per lo detto ribaldo, mise traverso in su uno asino
il
vegnendo gridando Chi accatta Manfredi ? Chi accatta Man-
:
fredi ? quale ribaldo da uno barone del re fu battuto, e recato il
corpo di Manfredi dinanzi al re, fece venire tutti i baroni ch'erano
presi e domandato ciascuno s'egli era Manfredi, tutti timorosamente
dissono di s. Quando venne il conte Giordano s si diede delle mani
nel volto piagnendo e gridando Ome, ome signor mio ! onde molto
:
ne fu commendato da' Franceschi, e per alquanti de' baroni del re fu
pregato che gli facesse fare onore della sepoltura. Rispose il re:
je le fairois volontiers, s'il ne fut excommuni ; ma imper ch'era
scomunicato, non volle il re Carlo che fosse recato in luogo sacro;
ma appi del ponte di Benivento fu soppellito, e sopra la sua fossa
per ciascuno dell'oste gittata una pietra; onde si fece grande mora
di sassi. Ma per alcuni si disse, che poi per mandato del papa, il
vescovo di Cosenza il trasse di quella sepoltura, e mandollo fuori
del Regno eh' era terra di Chiesa, e fu sepolto lungo il fiume del
Verde a' confini del Regno e di Campagna; questo per non affer-
miamo; Vill. vii, 9. Cfr. mora, Verde, Manfredi.
Benevoglienza e Benvoglienza, dal lat. benevoentia,
Disposizione d'animo, che c'inclina ad amare alcuno, a desiderargli
bene, e a farglielo; Purg. xxn, 16.
Benignamente, dal lat. benignus, In modo benigno, Con
benignit; Purg. IT, 102.
220 Benignanza-Bergamasco
Benignanza, cfr. Beninanza.
Benignit, dal lat. benignitas, Astratto di benigno; L'esser
benigno; Par. xxxiii, 16.
Benigno, dal lat. benignus; 1. Disposto per natura a far bene
altrui,Amorevole, Affabile, Cortese; Inf. V, 88; xv, 59. Purg. vii,
104; xi, 18; xv, 102; xix, 44; xxxn, 138. Par. xn, 57. 88; xv, 1;
xvi, 60; xvn, 73; xxm, 85; xxxi, 62.-2. E figuratane Che di-
mostra o esprime benignit; Inf. xvu, 11.
Beninanza, ed anche Benananza, dal provenz. bena-
nansa, composto di ben = bene, e anar = andare; Godimento di
bene, Prosperit, Felicit, Benessere; Par. vii, 143; xx, 99. In am-
bedue i luoghi i pi e pi autorevoli codd. hanno beninanza, alcuni
invece benignanza. Vuole il Nannucci (Anal. crit., 37 e seg.) che
le due voci non abbiano lo stesso significato. Le voci beninanza
e benignanza non sono della medesima origine. Dal lat. benignitas
benignit, che si scrisse anche benignanza per la terminazione
in anza, diletta ai Provenzali e ai nostri antichi; ed l'abituale
disposizione dell'animo a far bene ad altri. Beninanza poi viene
dal prov. ben e anar, cio bene andare; benanan, ben andante,
cio felice, prospero; benananza, cio benandanza, felicit, prospe-
rit. Per altro il Nannuc. confessa che talvolta si sono confuse
tra loro queste due voci. Buti Par. vii,Be-143: La Somma
nenanza, cio la somma bont di Dio
imper che Iddio tutto ci,
:
che fa, fa per sua infinita bont. E Par. xx, 99 Con sua be- :
nenanza, cio co la sua bont; la sua bont infinita et avanza
tutte le cose, e per la sua bont vuole quello che vuole la virt e
lo bene operare.
Benvoglienza, cfr. Benevoglienza.
Bere e Bevere, dal lat. bibere; 1. Prender per bocca acqua,
vino, o altro liquido, principalmente a fine di levarsi la sete; Inf.
xxxiii, 141. Purg. xxi, 74; xxn, 65; xxm, 67, 86; xxiv, 124; xxx,
73; xxxi, 141; xxxiii, 96. Par. xxiv, 8; xxvn, 59; xxx, 88. - 2. Usato
in modo assoluto, vale Ber vino, o altri liquidi simili Purg. xxiv, 32. - ;
3. E
per similit. Assorbire; Purg. xxv, 37. - 4. Bere il sangue altrui,
vale figuratam. Spargerlo, Versarlo, e propriamente con una certa
compiacenza e ferocia; Par. xxvn, 59. - 5. Bere in forma di sost.,
Bevanda, Beveraggio, e anche Bevuta; Purg. xxn, 145; xxxiii, 138.
Bergamasco, di Bergamo; Inf. xx, 71. Il Volgare berga-
masco biasimato; Vulg. E. i, 11, 23 e seg.
Berlinghi eri -Bernardo 221
Berlinghieri o Beringhieri (Ramondo), Raimondo Be-
rengario IV, ultimo conte di Provenza; Par. vi, 134. Il conte Rai-
mondo fu gentile signore di legnaggio, e fu d' una progenie di
que' della casa d'Araona, e di quella del conte di Tolosa. Per re-
taggio fu sua la Proenza di qua dal Rodano; signore fu savio e
cortese, e di nobile stato, e virtuoso, e al suo tempo fece onorate
cose, e in sua corte usarono tutti i gentili uomini di Proenza e di
Francia, e Catalogna per la sua cortesia e nobile stato, e molte cob-
bole e canzoni provenzali di gran sentenzie fece; Vill., vi, 90. Mori
nel 1245. Ebbe quattro figlie, Margherita che and sposa a Luigi IX
re di Francia; Eleonora, maritata ad Enrico III re d'Inghilterra;
Sanzia, che fu moglie di Riccardo di Cornovaglia, eletto re di Ger-
mania nel 1257; Beatrice, promessa a Raimondo da Tolosa, ma an-
data poi sposa a Carlo d'Angi, l'usurpatore del Regno di Puglia
e di Sicilia. Per ulteriori notizie cfr. l'art. Romeo.
Bernardin di Fosco, da Faenza, di oscuri natali, ma chiaro
per magnanimit e per valore; Purg. xiv, 101. Questo messer Ber-
nardino figliuolo di Fosco, lavoratore di terra, e di vile mestiero,
con sue virtuose opere venne tanto eccellente, che Faenza di lui
ricevette favore; e fu nominato in pregio, e non si vergognavano
li grandi antichi uomini venirlo a visitare per vedere le sue orre-
volezze, ed udire da lui leggiadri motti Ott. Lo stesso ripete
;
Benv. - Fu questi nato di piccola gente, et fu cittadino di Faenza,
grandissimo ricco uomo, et tenea molti cavalli et molti famigli, et
avea imposto famigli suoi che chiunque chiedesse veruno de' ca-
a'
valli suoi, che a tutti gli desse. Avvenne che un d, volendo costui
cavalcare a' suoi luoghi, comand a' famigli che facessono porre la
sella a' cavalli: fugli detto che tutti erano prestati: mand richeg-
gendo perch erano in diverse faccende
de' cavalli de' cittadini, et
aoperati, veruno ne pot avere. Chiama uno suo famiglio, et fassi
recare un libro per giurare il famiglio, che il conoscea cortese,
:
perch egli non giurasse cosa ch'egli s'avessi a pentere, credendo
che del caso fosse irato, non gliele volea recare: nell'ultimo aven-
dogli recato il libro, giur che mai niuno cavallo gli sarebbe chiesto,
quantunque egli n'avesse bisogno, ch'egli non prestasse, per ch'egli
avea provato quanto altri avea caro d'essergli prestati, quando altri
n'avea bisogno; An. Fior. - Questi fu l'antico, di cui discese
Messer Bernardino, che signoreggi Faenza, huomo di bassa for-
tuna, ma di senno et di consiglio eccellentissimo, in forma che di-
venne in grande estimatione appresso de' suoi cittadini Land. ;
Bernardo, il venerabile, da Quintavalle, ricco cittadino di
Assisi e primo discepolo di S. Francesco. Vendette ogni suo avere
222 Bernardo (San)
e distribu il denaro tra' poveri Far. XI, 79. Gli molti beni che
;
ebbe non alli parenti, ma alli poveri diede, ed in santa vita e chiara
morte e' di miracoli risplend; Ott. - Primus sotius Sancti Fran-
cisco qui fuit doctor iuris civilis, discalciavit se, idest voluit ire
discalciatus, sicut Sanctus Franciscus. Vel sic distribuit omnia bona,
dans illa pauperibus; et sic discalciavit se prius, quia fuit primus
sotius Sancti Francisci ; Serrav.
Bernardo (San), abate di Chiaravalle, nato l'anno 1091 a
Fontane presso Dijon nella Borgogna da nobile famiglia, si fece
monaco cisterciense con 30 compagni nel 1113 e due anni dopo,
nel 1115, fu eletto abate del monastero di Chiaravalle. Dedic
la sua vita alla preghiera, alla lettura della Bibbia, ed al com-
porre lavori teologici, principalmente ascetici. Esercit grande in-
fluenza sugli eventi del suo secolo, e mor il 20 agosto 1153. Le
migliori ediz. delle sue opere sono quelle del Mabillon, Par., 1667,
1690, 1718 e 1839. Cfr. Neander, Der heilige Bernhard und sein
Zeitalter, Beri., 1813, 3 a ediz., 1865.
Ratisbonne, Hist. de S. Bern.,
Par., 1843. Morison, The life and times of S. Bern., Lond., 1863,
a
2 ediz., 1868. G. Hffer, Der hei. Bern. von Clairvaux, Miin-
ster, 1884. - Bernardus, Fontanis in Burgundia honesto loco natus,
adolescens propter egregiam formam vehementer sollicitatus a mu-
lieribus, numquam de sententia colenda castitatis dimoveri potuit.
Quas diaboli tentationes ut effugeret, duos et viginti annos natus
monasterium Cisterciense, unde hic Ordo incepit, et quod tum sanc-
titate florebat, ingredi constituit. Quo Bernardi Consilio cognito,
fratres summopere conati sunt eum a proposito deterrere: in quo
ipse eloquentior ac felicior fuit. Nam sic eos aliosque multos in
suam perduxit sententiam, ut cum eo triginta iuvenes eamdem re-
ligionem susceperint. Monacus jejunio ita deditus erat, ut, quoties
sumendus esset cibus, toties tormentum subire videretur. In vigiliis
etiam et orationibus mirifice se exercebat, et, christianam pauper-
tatem colens, quasi ccelestem vitam agebat in terris ab omni cadu-
carum rerum cura et cupiditate alienam. Elucebat in eo humilitas,
misericordia, benignitas; contemplationi autem sic addictus erat,
ut vix sensibus, nisi ad officia pietatis, uteretur: in quibus tamen
prudentiaa laude excellebat. Quo in studio occupatus, Genuensem ac
Mediolanensem, aliosque Episcopatus oblatos recusavit, professus se
tanti officii munere indignum esse. Abbas factu Claravallensis, multis
in locis sedificavit monasteria, in quibus prseclara Bernardi institutio
ac disciplina diu viguit. Romse sanctorum Vincentii et nastasii mo-
nasteri, ab Innocentio Secundo papa restituto, prasfecit Abbatem
illum, qui postea Eugenius Tertius Summus Pontifex fuit, ad quem
.
Bernardone (Pietro)-Bersaglio 223
etiam librura misit De Consideratione. Multa prseterea scripsit, in
quibus apparet eum doctrina potius divinitus tradita, quam labore
comparata, instructum fuisse. In summa virtutum lande exoratus
a maxiinis Principibus de eorum coraponendis controversiis, et de
Ecclesiasticis rebus constituendis, ssepius in Italiani venit. Inno-
centium item Secundum Pntificem Maximum in confutando schis-
mate Petri Leonis, cum apud Imperatorem et Henricum Angliae
regem, tum in Concilio Pisis coacto, egregie adjuvit. Denique tres
et sexaginta annos natus obdormivit in Domino, ac miraculis illu-
stris ab Alexandro Tertio Papa inter Sanctos relatus est. Pius vero
Octavus Pontifex Maximus ex Sacrorum Rituum Congregationis Con-
silio sanctum Bernardum universalis Ecclesia Doctorem declaravit
et confirmavit, nec non Missam et Officium de Doctoribus ab omni-
bus recitari jussit, atque Indulgentias plenarias quotannis in perpe-
tuum Ordinis Cisterciensium ecclesias visitantibus die hujus Sancti
festo concessit; Brev. Rom. ad 20 Augusti. Par. xxxi, 102. 139;
xxxiii, 49. Nella Div. Com. Bernardo, il contemplante per eccel-
S.
lenza, l'ultima guida del Poeta che lo accompagna sino alla vi-
sione del mistero della Trinit, sottentrando a Beatrice come Ma-
telda era sottentrata a Virgilio nel Paradiso terrestre. S. Bernardo
nel Poema sacro dunque il simbolo della contemplazione, me-
diante la quale l'uomo perviene alla visione della Divinit. Figura
est, quod per tlieologiam Deum videre et cognoscere non possumus,
sed per gratiam et contemplationem. Ideo mediante sancto Bernardo,
idest contemplatione, impetratur a Virgine gratia vivendi talia, quse
per scripturas percipi non possunt; Petr. JDant. Cfr. Barelli,
Allegoria della D. C, p. 223 e seg. Jacob, Die Bedentung der
Fuhrer Dante } s in der Div. Com., Lips., 1874, p. 80 e seg. Va-
catjdard, Le rote de S. Bernard dans la Div. Com., Rouen, 1883.
G. Eroli, Prose e versi, voi. i, Roma, 1885, p. 1-282.
Bernardone (Pietro), ricco mercatante d'Assisi, padre di
S. Francesco; Par.xi, 89. Fue ricco cittadino d'Ascesi; Dan. -
Cittadino d'Ascesi di non troppo grande affare, lanaiuolo; Buti.
Bersaglio, che alcuni colla Cr. scrivono Bersaglio, dal
lat. versare, donde sembra formasse versaculum, per il luogo
si
dove si volge la mira (cfr. Diez, Wrt. li 3 221), Quel segno dove
,
i tiratori dirizzano la mira per aggiustare il colpo. Detto figuratali]
Par. xxvi, 24. Chi dirizz la volunt tua, che gitta la saetta del-
l'amore, a tal bersaglio, cio a tale mischia e battaglia, chente d
lo mondo e la carne; sicch grande fatica dirizzare l'arco della
volunt che lassi le dette cose e perquota nel bene invisibile, e lassi
224 Berta-Bertram dal Bornio
li beni visibili che
sono obliqui, et ad essi per obliquo percuote
li
non dirizzato per mezzo della grazia
l'arco della volunt nostra, se
divina o co la santa Scrittura, o co la vera dottrina dei Filosofi
che fa cognoscere lo bene fallace Buti. - Chi ti die spinta a
;
Dio? Corn.
Berta, nome che ne' Romanzi di cavalleria si d alla madre
d'Orlando; e donde sembra si formasse il proverbio, Non pi il
tempo che Berta filava, che significa Non son pi i tempi dell'an-
tica semplicit e bonariet. Donna (Monna) Berta e Martino,
ser
voci usate a significare persone volgari e di poca levatura; Par.
xin, 139. Onde
ser Martino dell'aia e donna Berta dal mulino, pi
arditamente mettono ad interpretare i sogni, che non farebbe So-
si
crate ed Aristotile Passav., Specoli, di pen., Verona, 1798, p. 273
;
;
Fir., 1843, il, p. 400 e seg.
Berti (Bellincione), cfr. Bellincion Berti.
Bertrani dal Bornio, Visconte di Altaforte nella diocesi
di Prigueux in Guascogna, uno dei pi celebri trovatori provenzali ;
Vulg. El. il, 2, 59. Fior nella seconda met del sec. XII (secondo
il Diez, Leben und Werceder Troubadours,^. 179, dal 1180 al 1195).
Fu buon cavaliere, buon guerriero, buon amante, buon trovatore ;
ben istruito nell'arte del bel dire, sapeva sopportare la buona e la
malvagia fortuna (Raynouard, Choix v, 76). Poeta guerriero pi
che amoroso, nacque, prima del 1140, in Altaforte presso Pe'rigueux;
sempre, dice la biografia, guerreggiava tutti i suoi vicini, il conte
di Peiregors (Elia V, 1166-1205) e Riccardo fino che rimase conte
di Peitieus (dal 1169 all' 89). Buon cavaliere fu e buon guerriero,
e buon galante e buon trovatore, e dotto e ben parlante; e seppe
stare al male e al bene. E molto poteva su re Enrico d'Inghilterra
e sul figlio di lui {Enrico dal Cortomantello, n. 1155 m. 1183), ma
sempre voleva ch'essi avesser guerra insieme, il padre e il figlio
e '1 il re di Francia guerreggiasse quel
fratello l'un l'altro, e che
d'Inghilterra. E
aveano pace o tregua, e' si sforzava co' suoi
se
serventesi di disfar la pace. Tutta l'ardenza di questo accanito guer-
reggiatore nelle sue poesie; niuno meglio di lui che Dante chiam
illustre cantor d'armi, seppe esprimere l'ebbrezza della battaglia
e l'entusiasmo militare. Di lui ci rimane una quarantina o poco
pi di poesie. Come molti altri trovatori, anch' egli giunto a vec-
chiezza si sarebbe ritirato in un chiostro, a Dalon, dell'ordine ci-
sterciense. Mor d'et assai avanzata: probabilmente verso il 1207;
A. Restori, Lett. Prov., 72 e seg. Cfr. Diez, Leben und Werke,
a
p. 179-233, 2 ediz., p. 148-192. A. Stimming, Bertran de Born,
Berza-Bevero 225
sein Leben und seine Werlce, Halle, 1879. L. Cldat, Du rle his-
torique de Bertran de JBorn, Par., 1879. Mary-Lafon, Bertrand
de Born. Tableau historique militaire et Uttraire du 12 e siede,
LauRens, Le Tyrte du moyen-ge, ou histoire
2 voi., Par., 1838.
de Bertrand de Born, Par., 1863. Dante lo pone tra' seminatori di
discordie; Inf. xxviii, 134.
Berza, dal ted. Terse = calcagno ; La parte della gamba dal
ginocchio al pie, e pi particolarmente il Tallone, il Calcagno ; Inf.
xvin, 37.
Bestemmia, dal gr. pXaacpYjuia, lat. blasphemia, onde anticam.
si disse anche biastemma; Parola o Discorso ingiurioso a Dio, e
anche alla Vergine o ai Santi, col dar loro qualificazioni che non
si convengono, o negando quelle che loro si addicono. Bestemmia
di fatto si disse anche per Offesa fatta a Dio colle opere; Purg.
xxxiii, 59.
Bestemmiare, dal gr. pXaocpYju.sv, lat. blasphemare; 1. Dir
bestemmie; Inf. xxxn, 86.-2. E per Maledire, Imprecare; Inf.
in, 103; v, 36; xi, 47.
Bestia, dal lat. bestia; 1. Nome generico d'i tutti gli animali
bruti, e pi specialmente dei quadrupedi pi grossi; Inf. i, 58, 88,
94; 48; xn, 19; XIII, 114; xvn, 30; xxx, 24. Purg. vili, 102; xx,
il,
11; xxiv, 83, 85, 135; xxvi, 84. - 2. Bestia figuratam. dicesi per
ingiuria di Uomo stolido, irragionevole, o che abbia costumi di be-
stie; Inf. xv, 73; xxiv, 126. Par. xix, 147; xxi, 134.
Bestiale, dal lat. bestiais, Propriamente vale Di bestia, Ap-
partenente a bestia; ma s'usa per lo pi a significare Da bestia,
Degno di bestia, Irragionevole; Inf. xn, 33; xxiv, 124; xxxn, 133.
Bestialit, Bestialitate e Bestialitade, Astratto di
Bestiale; L'esser bestiale; ossia Qualit, Disposizione, Costume da
bestia; Inf. xi, 83. Par. xvn, 67.
Bevere, cfr. bere.
Bevero, dal lat. fiber, ted. Biber, onde alcuni testi hanno bi-
berO; Castoro; Inf. xvn, 22, nel qual passo Dante segue l'antica
volgare ma erronea opinione, che il Castoro si nutra di pesce. Cast.:
Il bevero non ha guerra con altri animali che co' pesci: adunque
sua guerra la pescagione. Boss. : Ponesi questa bestiuola astuta
col petto verso la riva, e col tergo dentro la corrente, ove diguazza
15. Enciclopdia dantesca.
226 Biacca-Bianchi
la larga sua coda; e siccome questa molto oleosa, cos ne ingrassa
l'acqua; i pesci vi accorrono ghiotti, ed ella gli afferra, e se gli
mangia.
Biacca, dal ted. Zetc/?. = pallido ; Carbonato di piombo o di
zinco ; Purg. vii, 73.
Biada, dal lat. barb. badum, ma questo d'origine incerta
(comun. dall'agi, baed = frutto prosperit; Diez propose
e il lat.
abietta = il ricolto, lat. barb. abladus Gejmm ; blawd =
il il celt.
farina; il BLANC il ted. blatt = foglia, o l'anglosass. blad = frutto,
onde barb. badum), Tutte le semente, come grano, orzo, vena
il lat.
e simili, ancora in erba, o non ancora mietute e battute. E si usa
anche per il Frutto di esse biade gi ricolto; Purg. xxxiii, 51. Par.
xni, 132.
Biado, voce antiquata, Lo stesso che Biada; Inf. xxiv, 109.
Purg. il, 124. Conv. i, 5, 4.
Biancheggiare, Apparire, Mostrarsi bianco; Inf xxiv, 9.
Purg. x, 72; xvi, 143. Par. xiv, 98.
Bianchezza, astratto di bianco, un colore pieno di luce
corporale pi che nullo altro ; Conv. IV, 22, 140.
Bianchi e ISTeri si chiamarono le due fazioni nelle quali era
divisa la citt di Firenze sul finire del XIII e sul principiare del
XIV secolo. Sull'origine dei nomi Vill., vili, 38: In questi tempi
(verso 1300) essendo la citt di Pistoia in felice e grande e buono
il
stato secondo il suo essere, e intra gli altri cittadini v' avea uno
lignaggio di nobili e possenti che si chiamavano i Cancellieri, non
per di grande antichit, nati d'uno ser Cancelliere, il quale fu mer-
catante e guadagn moneta assai, e di due mogli ebbe pi figliuoli,
i quali per la loro ricchezza tutti furono cavalieri, e uomini di va-
lore e dabbene, e di loro nacquero molti figliuoli e nipoti, sicch
in questo tempo erano pi uomini d'arme, ricchi e possenti
di cento
e di grande non solamente i maggiori di Pistoia, ma
affare, sicch
erano de' pi possenti legnaggi di Toscana. Nacque tra loro per la
soperchia grassezza, e per sussidio del diavolo, sdegno e nimist,
tra '1 lato di quelli ch'erano nati d'una donna e quelli dell'altra;
e l'una parte si puose nome i Cancellieri neri, e l'altra i bianchi;
e crebbe tanto che si fedirono insieme, non per di cosa enorme.
E fedito uno di quei del lato de' Cancellieri bianchi, que' del lato
de' Cancellieri neri per avere pace e concordia con loro, mandarono
quegli eh' avea fatta l'offesa alla misericordia di coloro .che l'aveano
Bianco-Biante 227
ricevuta, che ne prendessono l'ammenda e vendetta a loro volont;
i quali del lato de' Cancellieri bianchi ingrati e superbi, non avendo
in loro piet n carit, la mano dal braccio tagliaro in su una man-
giatoia di cavalli a quegli eh' era venuto alla misericordia. Per lo
quale cominciamentoe peccato, non solamente si divise la casa
de' Cancellieri, ma
pi micidii ne nacquero tra loro, e tutta la citt
di Pistoia se ne divise, che l'uno tenea coli' una parte, e l'altro
coli' altra, e chiamavansi parte bianca e nera, dimenticata tra loro
parte guelfa e ghibellina; e pi battaglie cittadine, con molti pe-
ricoli e micidii ne nacquero e furono in Pistoia; e non solamente
in Pistoia, ma poi la citt di Firenze e tutta Italia contaminaro le
dette parti.... I Fiorentini per tema che per le dette parti di Pi-
stoia non surgesse ribellazione della terra a sconcio di parte guelfa,
s'intramisono d'acconciargli insieme, e presono la signoria della
terra, e l'una parte e l'altra de" Cancellieri trassono di Pistoia, e
mandarono a' confini in Firenze. La parte de' neri si ridussono a
casa de' Frescobaldi oltrarno, e la parte de' bianchi si ridussono a
casa i Cerchi nel Garbo, per parentadi ch'aveano tra loro. Ma come
l'una pecora malata corrompe l'altra e tutta la greggia, cos questo
maladetto seme uscito di Pistoia, stando in Firenze corruppono tutti
i Fiorentini, e part prima tutte le schiatte e casate de' nobili, l'una
parte tenea e favorava l'una parte, e gli altri l'altra, e appresso
tutti i popolari. Per la qual cosa e gara cominciata, non che i Can-
cellieri per gli Fiorentini si racconciassono insieme, ma i Fiorentini
per loro furono divisi e partiti, moltiplicando di male in peggio.
Cfr. Stor. Pisto., e. i. Dtno Comp. i, 25. Del Lu*go, Dino Comp.
i, e. 10. Machiav., Istor. Fior., 1.a. 1300. Scacciati da Fi-
li ad
renze e sconfitti nella battaglia di Campo Piceno, i Bianchi furono
rovinati per sempre. Cfr. Campo Piceno. Inf. xxiv, 150.
Bianco, dal ted. blanlc. dd. 1. Di colore opposto al nero, come
quello della neve, del latte e simili quantunque per ;
estensione
spesso si dica di molte cose, le quali non sono di un tal colore, ma
pi o meno vi si accostano Inf. xvn, 63, 65 xx, 49 xxiv,
; xxv, 66 ; ; 5 ; ;
xxvn, 50; xxxiv, 43. Purg. i, 34; ri, 7; vili, 74; ix, 95, 119; xn,
89; xxvi, 6; xxix, 65, 114, 127. Par. i, 44; ni, 14; v, 57; xv, 51 ;
xviii, 65; xxir, 93; xxv, 95; xxvn, 136; xxx, 129; xxxi, 14. - 2. Per
Canuto, Che ha i capelli e il pelo bianco; Inf. in, 83.- 3. In forza
di Sost. masc, per II color bianco, e anche per F Oggetto colorito
in bianco ; Purg. n, 23, 26.
JBiante, nome dell'uno dei Sette Savi della Grecia che fiori-
rono circa 600-580 a. C Conv. in, 11, 30. Cfr. Sette Savi.
228 Biasimare-Bieco
Biasimare, e poeticam. Biasmare, dal lat. blasphemare,
onde l'antiquato basmare, Dir male di checchessia, Disapprovarlo,
Avvilirlo, mostrandone la sconvenevolezza o il difetto: contrario di
lodare; Par. xxui, 66.
Biasimo, e poeticam. per sincope Biasno ; 1. Nota o Mac-
chia che resulta dall' esser biasimato, ed anche L'atto del biasi-
.mare; Inf. v, 57; xr, 84. Purg. xvni, 60. Par. IV, 59.-2. Dar bia-
simo vale Biasimare; Inf. vii, 93.
Bibliografia dantesca, cfr. Letteratura dantesca.
Bica, forse dal lat. apex, apicis, se non piuttosto dall' ant. ted.
biga mucchio, per pi di covoni; propriam. Quella massa, di
lo
forma per lo pi circolare, che si fa sul campo o sull'aia, de' covoni
del grano mietuto. E per Mucchio, Gruppo o Ammassamento di
checchessia; Inf. xxix, 66.
Bice, sincope di Beatrice,
Son.: Guido, vorrei che tu e
Lapo ed io, v. 9; cfr. Vit. N. i, 24, 43. Dall'uso
Par. vii, 14.
che Dante fa di questo fiorentinesco vezzeggiativo non lecito de-
durre veruna conclusione concernente la questione della Beatrice.
Dopo aver dato tal nome alla Donna della sua mente, era troppo
naturale che il Poeta non rifuggisse dal servirsi pure del fioren-
tinesco vezzeggiativo.
Bieco, dal lat. obliquus
1. Travolto, Storto; e dicesi propria-
;
mente degli occhi quando volgono obliquamente per ira o per
si
minaccia; Inf. vi, 91; xxin, 85. - 2. E figuratali!, vale Pravo, Ma-
ligno, Disonesto, contrario di Retto, tanto parlando di persone,
quanto di azioni; Inf. xxv, 31. Par. v, 65; vi, 136. - 3. Al plur.
Dante usa. bieci {Par. v, 65) e biece {Inf. xxv, 31. Par. vi, 136)
per biechi {Inf. vi, 91) e bieche (manca), non gi in grazia della
rima, ma a motivo della parentela che v' avea anticamente tra eh
e e, per cui si disse fisice e metafisice, per fisiche e meta fisiche,
anche fuor di rima {Par. xxiv, 134), Antioccia per Antiochia, ci-
rurgia per chirurgia, sciarare per schiarare, scifare per schifare,
scifo per schifo, elenci per elenchi, ecc. Cfr. Nannuc, Voci, p. 54.
Anal. crit., p. 289. - 4. Nel luogo Par. v, 65 pare che bieci valga
Inconsiderati, Poco accurati nell' esaminare e ponderare le cose,
onde il senso : Siate fedeli, ma non inconsiderati e precipitosi nel
far voti, come fu che a motivo del suo voto precipitato si
Iefte,
priv dell'unica figlia Iepte). - Lan.: L'autore vuole dire:
(cfr.
Non correte voi uomini vivi o mortali a votare biegiamente come
f' Iefte di sua figliuola. - Benv. Bieci, idest, simplices, impro-
:
Bifolco-Bigio 229
vidi. - Buti: Non bieci, cio non torti, non iniusti, non stolti;
imper che stolto chi promette a Dio quel che dispiace a Dio.
Cos pure Land., Veli., ecc. Ma Iefte non aveva votato quel che
dispiace a Dio, aveva anzi votato precipitosamente; alla figlia non
aveva pensato. - Dan.: Ammonisce gli huomini, che innanzi che
facciano il voto, riguardino molto ben quel che fanno, et vedano di
non esser stolti. - Lomb.: Prima
badate bene ci
di fare il voto
che promettete, e non procedete da bieci, da loschi, da inconside-
rati. Cos quasi tutti i moderni.
Bifolco, dal lat. bubulcus, Quegli che ara e lavora il terreno
co' buoi; e anche Colui che gli ha in custodia e gli governa; Par.
li, 18. Cfr. Iason.
Biforme, dal lat. biformis. Che ha due forme, due sem-
di
bianze; Purg. xxxn, 96, nel qual luogo il mistico Grifone detto
biforme fiera, avendo esso due forme, cio di leone e d'aquila; cfr.
Grifone.
Biga,dal lat. biga. La Cr. spiega: Carro o Cocchio a due ca-
valli,usato dagli antichi, e che presso di noi si adopera talvolta
a certe corse che si fanno nei circhi per occasione di feste. Ma
la biga Par. xn, 106 un carro a due ruote. Lan. : Biga. Sono
carriole che hanno solo due ruote e sono appellate similmente bi-
rocci, e carreggiasi con esse legna. - Ott.: Biga si il carro di
due ruote. - Benv.; Biga, idest ecclesia, quae est currus habens
duas rotas. - Buti : Parla qui con quel colore che si chiama per-
mutazione, trasferendo questo nome biga, che viene a dire carro di
due ruote, a la virtuosa vita e religiosa dei due ordini, cio dei
frati minori e predicatori. - Serrav.: Biga est currus, habens
duas rotas. - Quasi tutti i commentatori antichi e moderni dicono
che la biga figura della Chiesa. Ma il dire: La Chiesa in che
la santa Chiesa si difese non pare locuzione dantesca; n pare
dantesco il chiamare S. Francesco e S. Domenico le due ruote della
Chiesa, come se dal primo al dodicesimo secolo la Chiesa fosse stata
un carro senza ruote. La biga piuttosto il simbolo dei due Ordini,
dei quali S. Francesco e S. Domenico, figurati per le due ruote, fu-
rono i fondatori.
Bigio, dal lat. bisius, che trovasi come soprannome nelle iscri-
zioni antiche; 1. Add. Aggiunto di colore, Simile al cenerognolo,
Che di mezzo tra bianco Inf. vii, 104. Purg. xx, 54.
il nero e il ;
In quest' ultimo luogo il Penduto in panni bigi interpretato dai
pi fattosi monaco (cos Lan., Ott., Cass., Benv., Buti, An. Fior.,
230 Bigoncia-Binato
Serrav., Land., Dan., Boi., Voi., Vent., Ces., Tom., Brun., Greg.,
Andr., Bennas., Corn., Filai., Bl., Witie, Franche, ecc.). Pare che
Dante scambiasse l'ultimo dei Carlovingi coli' ultimo dei Merovingi,
confondendo Carlo di Lorena, secondogenito di Luigi IV, morto in
prigione nel 991, con Childerico III, in cui si spense la dinastia
dei Merovingi, e che, deposto, si fece monaco nel 752. Alcuni in-
vece per venduto in panni bigi intendono spogliato della porpora
regale (cos Lomb., Pog., Biag., Borg., Wagn., Br. B., Triss., ecc.).
Il Betti: Non
vero che Carlo duca di Lorena, ultimo della stirpe
de' Carolingi, rendesse frate. Egli fu fatto prigioniero a Laon da
si
Ugo Capeto, e rinchiuso nella fortezza d'Orleans, dove mor. Credo
perci che ridotto (come hanno pochi testi, invece di renduto) in
panni bigi voglia significare ridotto in povera condizione, in mi-
sero stato. Ma troppo sprovvista di autorit, e
la lez. ridotto
in cose storiche Dante ha errato pi volte, come errarono pure i
cronisti suoi contemporanei. Cfr. Coni. Lips. Il, 367 e seg. - 2. Bigio
figuratam. per Oscuro; Purg. xxvi, 108.
Ili oncia, dallat. bicongius, onde Bigoncio e Bigoncia; Vaso
di legno, composto di doghe, senza coperchio, della tenuta per lo pi
di uno staio e mezzo o due staia; e serve principalmente ai vari
usi della vendemmia; Par. ix, 55.
Rilancia, dal lat. bilanx, fatto da bis e lanx; propriam. Stru-
mento da pesare, con due piatti appesi a due bracci eguali. 1.Per
similit. detto dei corpi dei dannati oppressi sotto al peso delle cappe
di piombo; Inf. xxm, 102. - 2. E figuratam. Par. v, 62.-3. E per
peso posto sulla bilancia; Par. xni, 42.-4. Le Bilance o Libra
chiamasi uno de' segni dello Zodiaco; Purg. il, 5.
ISienchi, Bindo di Donato, uno dei colleghi di Dante nell'uf-
fzio del priorato. Cfr. Priorato di Dante.
Rinato, un parto,
dal lat. bis e natus, vale propriam. Nato ad
Gemello. Dante chiama il mistico Grifone, figura di Cristo, animal
binato, Purg. xxxii, 47, che i pi intendono Composto di due na-
ture, divina ed umana, riferendosi al luogo Purg. xxxi, 81, dove il
Grifone detto sola una persona in due nature. Cos Pan., Benv.,
Buti, An. Fior., Dan., Torell., Lomb., Port., Pogg., Biag., Cost.,
Ces., Wagn., Br. B., Frat., Andr., Triss., Bennas., Bl., ecc. E cos
intende pure la Cr. che per per binato nel senso di Composto di
due nature non cita che il verso dantesco e la chiosa del Buti. Altri
intendono Nato due volte. Ott. : E dice binato, cio due volte
:
nato, una ante scecula, l'altra quando prese carne umana di Nostra
Bindi-Biografl di Dante 231
Donna. - Serrav.: Et animai binatura, scilicet Christus, qui ha-
bet binam nativitatem, unain eternam in celis de Patre sine matre.
aliam in terris temporalem de matre sine patre. Cos pure Veli.,
Voi., Vent., Tom., ecc.
ISiiMi, plur. di Bifido, da Ildebrando (cfr. Fanfani, Vocab.
dell'uso tose, p. 624), secondo altri da Albino, nome comunissimo
in Firenze ai tempi di Dante; Par. xxix, 103. Cfr. Lapo.
Biografi di Dante. Per conoscere l'Alighieri, il suo carat-
tere, le vicende della sua vita esteriore e lo sviluppo della sua vita in-
tima, le fonti primaie alle quali conviene attingere sono le sue opere,
i documenti autentici del tempo e gli antichi commentatori, dei quali
per da fare un uso cauto, non dimenticando mai la critica la pi cir-
cospetta. I biografi, gli antichi non meno dei moderni, occupano un
posto soltanto secondario. - 1. Giovanni Villani contemporaneo di
Dante e gi suo vicino, gli dedic un capitolo della sua cronaca (ix, 136),
un ricordo necrologico nel quale non mancano errori, ma che tutta-
via di somma importanza. Le notizie date dal Villani sono da con-
siderarsi come fatti acquisiti dalla storia, a meno che siano dimostrate
erronee da documenti autentici, o per prove che non ammettono
replica. - 2. Giovanni Boccaccio il primo biografo di Dante pro-
priamente detto. Egli chiama il suo lavoro modestamente un Trat-
tatela in laude di Dante (Com., ed. Milanesi I, p. 89); i posteri
10 battezzarono Vita di Dante. un elogio, scritto colla buona
fede dell'uomo sincero, incapace di inventare fatti di sua fantasia,
ma anche coli' ingenuit dell'uomo che della critica storica non sa
fare verun uso, che si diletta di aneddoti, di cose meravigliose, e
specialmente di lunghe digressioni e declamazioni rettoriche. Inol-
tre egli si attenne al metodo di induzione, in voga ai suoi tempi
appo i commentatori, raccontando per fatti ci che era semplice-
mente il risultamento del suo modo di intendere passi danteschi.
11 suo lavoro, indispensabile, ma da consultarlo facendo ampio uso
della critica, ci pervenuto in tre redazioni diverse e nel tentativo
di una quarta. A stampa se ne hanno due, cio della Vita intiera e
dell'una delle redazioni compendiate. Della Vita intiera si fecero
dal 1477 in poi una ventina di edizioni; la migliore, unica veramente
critica, : La Vita di Dante scritta da Giovanni Boccaccio. Testo
critico,con introduzione, note ed appendice di Francesco Macr-
Leone, Fir., 1888. Ivi, p. cxxiii-CL si trova pure la bibliografia
completa. Dell'una delle redazioni compendiate si hanno quattro
stampe, premesse alle ediz. della Div. Com. del Mussi, Mil., 1809,
della Minerva, Padova, 1822, del Ciardetti, Fir., 1830 e del Didot, Pa-
232 Biografi di Dante
ligi, 1844.L'opinione, che questo compendio sia una nuova edizione
curata dallo stesso Boccaccio (Scheffer-Boichorst, Aus Dante* s
Verbaunung, Strassb., 1882, p. 193 e seg.), gi combattuta da altri
(cfr. Dante in Germ. Il, 270 e seg.), fu dimostrata definitivamente
falsa dal Macr-Leonk (1. e, p. xvn e seg.). - 3. Le Vite di Dante
di Filippo Villani e di Francesco da Buti non sono che sunti
del lavoro del Boccaccio. - 4. Nel secolo XV Leonardo Bruni Are-
tino, segretario della repubblica di Firenze dett una Vita di Dante
nell'intenzione non tanto di contraddire al Boccaccio, quanto di of-
frir quasi un supplemento al lavoro del Certaldese, raccontando le
gravi e sustanziali parti della vita di Dante lasciate indietro e
trapassate con silenzio dal suo precursore. Anche questo lavoro non
esente da errori e di esso pure non si pu servirsi senza fare ampio
uso della critica. Ma tuttavia pi grave e pi coscienzioso di
quello del Boccaccio, dettato con intento scientifico e col proposito
di non narrare che fatti storici. Dal canto suo Giannozzo Marniti
non fa che ripetere le cose dette dal Boccaccio e dal Bruni. Le tre
biografie di Filippo Villani, del Bruni e del Manetti si trovano rac-
colte nel volume Philippi Villani liber de Civitatis Fiorentine
:
famosis civibus. Ex codice Mediceo Laurentiano mine primum
editum de Florentinorum litteratura principes fere synchroni
et
Scriptores denuo in luce prodeunt cura et studio G. C. Galletti,
Fir., 1847. TI lavoro del Bruni fu stampato la prima volta Pe-
rugia, 1571, ed premesso a parecchie edizioni moderne della Div.
Com., come a quelle assai diffuse col commento di JBr. B. Un'edi-
zione critica manca. Il lavoro del Manetti fu pubblicato la prima
volta dal Mehus, Fir., 1747. -
5. Le succinte biografie dei commen-
tatori Serrav., Land., Veli., Dan., premesse ai loro commenti, non
contengono, come pure quella di Maestro Bandino d'Arezzo veruna
notizia di qualche importanza, che non si legga nel Boccaccio o nel
Bruni. La breve notizia di Secco Polentone poi, appena da anno-
verarsi tra le biografie, non notevole che per i suoi errori e per
la freddura e mancanza di entusiasmo che vi dominano da cima a
fondo. - 6. Eicca di nuove notizie sarebbe la Vita di Dante di
Giovanni Mario Filelfo (edita dal Moreni, Fir., 1828), se fosse
altra cosa che un mero esercizio di rettorica. Tutto ci che essa
contiene di nuovo da considerarsi come un parto della fantasia
del Filelfo, e non ha il menomo valore storico e biografico. - 7. Nelle
sue Memorie per servire alla Vita di Dante Alighieri ed alla storia
della sua Famiglia (pubblicate prima nell'ediz. della Div. Com.,
Venez., Zatta, 1757-58; 2 a ediz. notevolmente aumentata, Fir., 1823)
il patrizio Fiorentino Giuseppe Pelli raccolse con molta diligenza,
ma con poca critica, quanti documenti erano conosciuti a' suoi tempi,
Biografi di Dante 233
ordinandoli in modo, da porre le fondamenta di una biografia scien-
tifica dell'Alighieri. Giovandosi di questo lavoro, e facendo un uso
alquanto pi largo della critica, Girolamo Tiraboschi dett una
breve e succosa Vita di Dante (inserita nella sua Storia della Lett.
a
ital., 2 cdiz., Modena, 1787-93, tomo v, p. 487-512), senza poter
per aggiungere nulla a quanto era gi noto. - 8. Coi famosi suoi
Veltri {Bel Veltro allegorico di Dante, Fir., 1826; Del Veltro
alleg. dei Ghibellini, Nap., 1856) il conte Carlo Troya inizi il
metodo delle ipotesi e delle congetture che si sostitu per alcuni
decenni al metodo storico del Pelli. Non si mir pi a raccoglier
fatti, che fosseso in qualche modo documentati, non si ebbe in mira
di sceverare il vero dal falso e dal dubbio ma anzi il dubbio, il
;
falso ed il vero furono come coagulati insieme; onde l'ipotesi pi
vaga, pi indeterminata, pi arrischiata si enunci colla stessa si-
curezza del fatto meglio comprovato dai documenti. Cos la vita di
Dante si ingross enormemente, ma si ingross pi che altro di
congetture. E queste andarono poi a poco per volta entrando come
fatti certi nella biografia dantesca (Bartoli, Lett. ital. v, 321 e
seg.). Tra i discepoli e seguaci del Troya primeggia Cesare Balbo,
la cm Vita di Dante (2 voi., Torino, 1839, e poi" pi volte ristam-
pato; ottima ediz., Fir., 1853), uno splendido romanzo dantesco, fu
per quattro decenni la fonte precipua alla quale si attingevano le
cognizioni di biografia dantesca. Meno attraente ed assai pi roman-
tica la Vita di DanteMelchiorre Missirini (4 a ediz., Mil., 1844).
di
Nella sua Storia della Vita di Dante Alighieri (Fir., 1861) Pietro
Fraticelli riprodusse i documenti gi pubblicati dal Pelli arric-
chendoli di altri inediti, camminando per sulle orme del Troya e
del Balbo, invece di ritornare al buon metodo storico del Pelli. -
9. Giorgio Giovanni Warren Lord Vernon inser nella sua opera
monumentale IJ Inferno cti Dante Alighieri disposto in ordine
grammaticale e corredato di brevi dichiarazini (3 voi. in fol.,
Lond., 1858-65) Memorie intorno la vita di Dante (il, p. 7-40),
lavoro accurato e diligente, ma tutto eclettico, che offre in bell'or-
dine e colle loro proprie parole la quint' essenza di ci che lasciarono
scritto i biografi di Dante, dal Boccaccio sino al Fraticelli. - 10. Giu-
seppe Todeschini da Vicenza inizi (co' suoi Scritti su Dante, rac-
colti da Bartol. Bressan, 2 voi., Vicenza, 1872) la scuola storico-
critica che non bada alle ipotesi gratuite ed alle congetture, ponendo
il principio, non doversi affermare nulla come fatto storico, che non
si possa dimostrare con documenti, o con argomenti indiscutibili. -
11. Adolfo Bartoli (Della vita di D. Al., Fir., 1884; forma il voi. v
della sua Storia della Lett. ital.) non intese di scrivere la Vita di
Dante, ma volle fare un lavoro pi negativo che positivo; un la-
234 Biografi di Dante
voro modestissimo che indichi quali sono i pochi fatti certi della
vita dell'Alighieri, quali i probabili, quali i dubbi, nello stato at-
tuale della letteratura dantesca. Acume critico, concisione e chia-
rezza distinguono questo libro, che, ad onta dello scetticismo alle
volte alquanto esagerato, occupa il primo posto tra i lavori biografici
su Dante Alighieri. -12. Anche Giovanni Diaconis (Nuova ricogni-
zione sulla vita, sulle opere, e sui tempi di D. Al., Udine, 1887)
volle fare un lavoro critico, ci che gli sarebbe riuscito assai me-
glio se prima di intraprenderlo egli avesse dedicato un paio di anni
allo studio della relativa letteratura. - 13. Oltre a questi lavori si ha
pure un bel numero di biografie popolari, succinte, pubblicate in forma
di opuscoli, o come capitoli di storie letterarie, introduzioni ad edi-
zioni e commenti di opere dantesche, ecc., come pure una sterminata
quantit di monografie biografiche, delle quali si dar qualche cenno
in altro articolo (cfr. Monografie biografiche). - 14. Le biografie
dettate da autori stranieri sono in generale attinte a fonti italiane
e non hanno naturalmente molto valore originale. Le principali sono:
a) Tedesche ; Bernardo Rodolfo Abeken nel suo libro Bei-
trge fr das Studium der Gttlichen Komdie Dante Alighieri' s,
Berlino e Stettino, 1826, p. 3-124. - L. G. Blanc, Dante Alighieri,
nella Allgemeine Encyclopdie fondata da Ersch e Gruber, sez. i,
voi. xxin (Lips., 1832, in 4 a due colonne), p. 34-79. - Emilio Ruth,
Dante' s Leben und Werke nella sua Geschichte der it al. Poesie,
344-425. -Francesco Saverio Wegele, Dante
voi. I (Lips., 1844), p.
Al.'s Leben und Werke, Jena, 1852, 1865 e 1879. - Hartwig Floto,
Dante Al. und seine Werke, Stoccarda, 1858. - J. A. Scartazzini,
Dante Al., seine Zeit, sein Leben und seine Werke, Biel, 1869.
a
2 ediz., Francof. s. M., 1879. Dante-Handbuch, Lips., 1892 e Lon-
dra, 1893.
b) Francesi : M. de Chabanon, Vie de Dante avec une notice
dtaille sur ses ouvrages, Par., 1773. - P. L. Ginguen, Le Dante
nella sua Hist. littr. d'Italie, Par., 1824, i, 428-77; il, 1-266.-
A. F. Artaudde Montor, Hist. de Dante Al., Par., 1841. -C. C. Fau-
riel, Dante et les origines de la langue et de littr. ital., 2 voi.,
Par., 1854; il pi bel lavoro di questo genere scritto da autore fran-
cese. - Henry Dauphin, Vie du Dante, Par., 1869.
e)Inglesi: Raymond de Vericour, The life and times of
Dante, Lond., 1858. - Marg. Albana Mignaty, An historical sketch
illustrative of the life and times of Dante Al., Fir., 1865. - Vin-
cenzo Botta, Dante asphilosopher, patriot andpoet, New York, 1865
e 1867.- Maria Francesca Rossetti, A shadow of Dante, Lond., 1871
e 1872, Boston, 1886, ecc. -John Addington Symonds, An introduc-
tion to the study of Dante, Lond., 1872. -Dante Gabriel Rossetti,
Biondo-Biscazzare 235
Dante and his circle, Lond., 1874, Boston, 1887, ecc.- M. 0. Oli-
phant, Dante, his youth, his public life, his exie, nel suo libro
The Maker s of Florence, 4 a ediz., Lond., 1883, p. 1-97. - May Alden
Ward, Dante, a sketch ofhis life and worlcs, Boston, 1887. -Phi-
lip Schaff, Dante and the Divina Commedia, New York, 1890. -
Edward Moore, Dante and his earler biographers, Lond., 1890. -
Oscar Browning, Dante, his life and writings, Lond., 1891.
Sulle fonti biografiche abbiamo due lavori assai coscienziosi ed
accurati : Theodor Paur, Ueber die Quellen zur Lebensgeschichte
Dante 's, Moore, Dante and his earler biogra-
Gorlitz, 1862. E.
phers, Lond., 1890. Vedi pure Bartoli, Stor. della lett. italiana
v, 307-23. Scartazzini, Dantologia, p. 1-22.
Biondo, basso lat. blundus, prov. blon, frane, blond, ted. blon
(origine ignota. Si pens al lt. apluda, loppa; al mlt. bladum, del
color di biada; all'ags. blondenfeax, capelli misti; cio grigi; al
nrd. bland, mite, molle; ma nessuna di queste derivazioni sodi-
sfacente; Zamb. Cfr. Djez, Wrt. i 3 , 68 e seg.); 1. Add. Aggiunto
di colore giallo non molto acceso, ma pendente al castagno chiaro;
e dicesi propriam. de' capelli e de' peli; Furg. vili, 34. - 2. Biondo
dicesi di chi ha i capelli biondi; Inf. xn, 110. Furg. in, 107.
Bis, voce lat. che vale Due volte; Far. xv, 30.
Bisavo, dal lat. bis e avus ; 1. Padre dell'avo o dell'avola,
Bisnonno; Par. xv, 94, nel qual luogo si parla di Aldighiero I figlio
di Cacciaguida e Popolano di San Martino, menzionato in un do-
cumento del 1189, nel quale legge: Preitenittus et Alaghieri
si
fratres filii olim Cacciaguide. Cfr. Uccelli, Badia Fiorentina,
p. 91. Pelli Mem., p. 30 e seg. Fratic, Vit. di D., p. 38 e seg.
Erellani e Gargani, Della casa di D., p. 29 e seg. Altre notizie
di questo antenato di Dante non si hanno, tranne in un documento
del 14 agosto 1201, in cui figura qual testimone ad una quietanza
che Iacopo di Eosa protomaestro di Venezia fece al Comune e ai
suoi consoli Passerini in Lord Vernon Inf., voi. in, p. 12.
; cfr.
Vedi pure 1' di Dante. - 2. Al fem. Bisava, Madre
art. Antenati
dell'avo o dell'avola; Par. xxxn, 11, nel qual luogo si accenna a
Kut, moglie di Booz e bisavola del re Davide. Cfr. il Liber Buth.
Biscazzare, da bisca, Luogo dove si tien giuoco pubblico, Dis-
sipare nelle bische, al giuoco; Inf. xi, 44. Biscazza, cio manda
male per mezzo del giuoco bruttamente, come voi avete sentito, _per
le bische il suo avere. 11 che non arebbe significato adir, giuoca;
236 Biscia-Bisenzio
con ci sia ch'ei si possa giucare, e per piacere, publicamente a
giuochi di passatempo, ove non corra molti danari, come facevan
gli antichi nostri per le loggie publiche, che voi vedete in Firenze,
a tavole e a scacchi e con persone onorate per le case a' tratte-
;
nimenti, dove gli uomini non si giuocon e mandon mai male tutto
il loro, come si fa in quei luoghi segreti, ove non si va, come si
detto, se non per giucare Gelli. ;
Biscia, specie di serpe; Inf. ix, 77; xxv, 20. Purg. viit, 98;
xiv, 38. Etimol. incerta. In spagnuolo bicha, verme e anche vipera;
in certi dialetti d'Italia becio lo stesso che baco, verme. Queste
voci insieme con biscia paiono avere una medesima radice col si-
gnificato di strisciare come fanno i Menage, seguito dal-
rettili Il
V Ascoli, lo deriva dal lt. bestia; il Muratori lo riferisce al ted.
biss, aat. morso, e il Diez cita btzo, bestia che morde. Altri lo
biz,
spiega da bycius aferesi di bombycius, da bombyx, verme; >> Zamb.
Cfr. Diez, Wrt. ir3 12. ,
Kiseiizio, fumicello che scende dalla Falterona, scorre vicino
a Prato e va a scaricarsi in Arno sotto Firenze dirimpetto alla La-
stra; Inf. xxxii, 56. Bisentius est quidam fluvius in districtu Flo-
rentie qui descendit de valle Feltronis quam tenent comites Al-
berti demangone de Fiorentino districtu ; Bambgl. - Bisentius
est fluvius parvulus qui oritur inmontibus in comitatu Florentia?,
qui labitur juxta Pratuin, castrum pulcerrimum inter Florentiam
et Pistorium, et longe a Florentia per sex milliaria cadit in flu-
vium Arnum Benv. - Bisenzio uno fiume, che discende e va
;
per la valle che si chiama Falterona; JButi. Cos pure Veli, e Dan.
Onde Bl. : <k da maravigliarsi che tutti i comentatori, eccettuato
il solo Beno., chiamano il Valdibisenzio Falterona : errore mani-
:
festo, perch Falterona il nome del monte e della valle ove l'Arno
ha la sorgente (v. Purg. xiv, 17). Per avventura hanno scambiato
la citt di Prato col borgo di Pratovecchio, che veramente situato
in Valdifalterona. I tutti sono tre. An. Sei., Iac. Dani., Lan.,
Ott., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc. non ne dicono nulla. An.
Fior.: Bisenzio uno fumicello che si muove da' monti Appen-
nini et viene verso Prato, et mette in Arno. - Serrav.: Nota
quod unus fluvius est qui fluit prope Pratuin, oppidum optimum
prope Florentiam per decem milliaria. Ille fluvius vocatur Bissen-
tium. In valle sua, dieta vallis Bissentii, isti duo fratres carnales
fuerunt flli eiusdem patris et eiusdem matris, et nati sunt in illa
valle Bissentii. - Land. Bisentio un fiume tra Firenze et Prato,
:
et mette in Arno lontano da Firenze sei miglia.
BismantoYA-Bizzarro 237
Bismantova, villaggio nel Modenese distante 34 chilometri
sud da Reggio. Giace sopra una montagna dello stesso nome. Nel
medio evo era un forte castello che dominava sul circostante paese
ed ebbe i propri signori. Nell'anno 1199 Guido Lambertini podest
di Reggio se ne impadron. Ora non appare vestigio del castello,
ma solo un nudo smisurato sasso detto Pietra Bismantova che er-
gesi sopra tutti i monti vicini; Loria, L'Italia nella Div. Com.,
a
2 ediz., il, 511. - Bismantova montagna di difficilissimo accesso,
perch da ogni lato ha pendici tagliate a picco, le quali terminano
una superficie tabulare di forma trapezoidale leggermente inclinata
verso settentrione, la quale costituisce di quella montagna il ca-
cume, a cui quasi non puoi giungere che per gradini e scalee in-
tagliati nella roccia; Pareto in Dante e il suo secolo, p. 553 e
seg. Cfr. Viani, Della Pietra di Bismantova e del suo cacume,
neW Album, 1861, num. 25. Veratti, Della Pietra di Bismantova,
negli Opusc. Bel. Lett. Mor., voi. x, 1861, p. 421 e seg. Dante ri-
corda Bismantova Purg. IV, 26. - Bismantoa una montagna al-
tissima nel contado di Reggio, in la quale grande briga a mon-
tare; Lan. Cfr. cacume.
Bisogna, forma varia di bisogno; 1. Affare, Negozio, Faccenda;
Inf. xxiii, 140. - 2. Per Bisogno, Necessit; Purg. xxxiii, 29. - 3. Per
Ci che fa di bisogno; Purg. xin, 62.
Bisognare, neut. Far di bisogno, Far d'uopo, Occorrere; Purg.
XI, 23; xxiii, 104. Par. vili, 79; xxix, 80.
Bisogno, dal lat. barb. bisonium, e questo dalla particella dis,
cambiata in bis, eda somnium, che nel basso latino valeva cura,
sollecitudine. Cos Cr. Ma Zamb.: Etim. ignota. Nel mlt. v' So-
nia, e in fr. soin, cura, e col prefisso bis parrebbe significasse in
origine triste cura, cosa fastidiosa, poi necessit o mancanza che
d pensiero. L'origine di sonia ignota. Il Grimm volle ricono-
scervi la parola franca syn, rifiuto ; il Ducange lo deriva dal lat.
somnium, sogno, che trovasi interpretato anche per cura; il Diez
ricorre all'aat. bi-siumgt, scrupolosit, da cui
una forma bisiuni.
Vale Mancamento di quella cosa, di cui in qualche modo si pu far
senza; e importa meno che Necessit, la quale mancamento di
quello di cui non si pu far senza in modo veruno; sebbene tal-
volta nell'uso comune l'uno si adoperi anche per l'altra; Inf. n, 98.
Purg. xxv, 6.
Bizzarro, da bizza, forma varia e intensiva di izza, Strava-
gante, Capriccioso, Fantastico, e dicesi propriamente di persona;
238 Blandimento-Bocca
Inf. vili, G2, nel qual luogo pare che bizzarro valga Stravagante-
mente orgoglioso, cfr. Inf. vili, 46. Superbiamm alia est interior,
alia exterior. Interior est quando homo putat habere in se bonum
quod non habet, ex quo vult praeferri aliis. Exterior est quando quis
in suo corpore, in divitiis, sedificiis, et in hujusmodi est superbus....
vocando ipsum bizzarrum, id est bis errantem in dictis duabus
speciebus superbia; Petr. Dant. Invece Bocc.: Bizzarro, cio
iracundo e credo questo vocabolo bizzarro sia solo de' Fiorentini,
;
e suona sempre in mala parte; perciocch noi tegnamo bizzarri
coloro che subitamente e per ogni piccola cagione corrono in ira,
n mai da quella per alcuna dimostrazione rimuovere si possono.
Cos pure Land., Geli, ecc.
Blandimento, da blandire, e questo dal lat. blandiri, Ca-
rezza, Lusinga; Par. xvi, 30. - Blandire adulare senza vizio.
Si blandisce e con carezze e con lusinghe e con vezzi. Blandire di-
mostra l' affetto o il riguardo con parole e con atti. Blandisconsi
quelli a cui vogliamo piacere, o per placarli, o per meglio disporli
a pr nostro; Tom., Diz. sin., p. 587, num. 2143.
Blando, dal lat. blandus ; 1. Carezzevole, Lusinghevole, Com-
piacente; detto tanto di persona, quanto dei suoi atti, parole, ecc.
Par. xn, 24. Blande, cio compiacenti l'uno a l'altro. - 2. E
per Arrendevole alle lusinghe; Par. xxu, 85.
Bobolce, di questa voce usata da Dante una sola volta, Par.
xxin, 132, si hanno due interpretazioni diverse: 1. Bobolce il
plur. di bobolca, fem. di bobolco, dal lat. bubulcus, Bifolco; onde
il senso Che furono buoni seminatori del seme santo del Vangelo
:
e della e bobolce femm. per aver dette nel verso antec. arche
Fede;
ricchissime quelle anime beate. Cos Ott., Benv., Buti, Land., Veli.,
Dan., Voi., Vent., Lomb., Pori., Pogy., Biag., Betti, Cost., Wagn.,
Tom., Br. B., Frat., Andr., Frane, Corn., Poh, ecc. - 2. Plur. di
bobolca, dal basso lat. bubulca, Misura di terra corrispondente al-
l' iugero de' Latini; onde il senso: Che furono buoni terreni da se-
menta, con allusione alla nota parabola del seminatore, S. Matt.
xin, 3-23. S. Marc, iv, 3-20. S. Ime. vili, 5-15. Cos Tassoni, Murat.,
Dion., De Bom., Ed. dell' Anc, Parenti, Ces., Manuzzi, Brunet.,
Triss., Bennas., ecc. Non facile decidere quale delle due interpre-
tazioni sia la vera.
Bocca, dal lat. bucca ; 1. La parte della faccia dell'uomo, o
del muso dell'animale, per la quale esce la voce e il fiato, e si
prende il nutrimento; Inf. vi, 23; xn, 79; xvn, 74; xxu, 55; xxv,
Bocca (degli Abati)-Bolgia 239
92; xxviii, 95; xxx, 125; xxxr, 68; xxxn, 38; xxxiii, 1; xxxiv, 55.
Pnrg. vi, 132; vii, 93; Vili, 14; xix, 25; xxn, 144; xxm, 108; xxv,
19; xxx, 99; xxxi, 14, 137; xxxn, 141. Par. i, 87; xx, 82; xxiv, 119;
xxvn, 65. Conv. ni, 8, 50 e seg.; ni, 8, 71 e seg. - 2. E per La
parte esteriore della bocca, ossia le labbra ; E per
Inf. v, 136. - 3.
Apertura, Imboccatura; Inf. xix, 22. La bocca di quel corno,
-4.
cio della costellazione dell'Orsa minore, la quale presenta la figura
d'un corno ricurvo'; Par. xm, 10, sono le sue due stelle pi ful-
gide, che formano come la bocca di esso corno.
Bocca (degli Abati), di famiglia antichissima tra quelle del
primo Cerchio di Firenze, militando nelle schiere dei Guelfi alla
battaglia di Monte Aperti, tronc il braccio a Iacopo Nacca de' Pazzi
che portava la bandiera de' Guelfi, e da qui ne venne il disordine,
lo scompiglio, la disfatta dei Guelfi nel 1260; Inf. xxxn, 106. Cfr.
G. Vill., Cron. vi, 78.
Boemia, cfr. Buemme.
Boezio, Manlio Severino, della nobile famiglia romana degli
Anicii, uno degli ultimi distinti rappresentanti della letteratura
romana e della filosofia pagana antica. Nacque a Roma, secondo al-
cuni verso il 470, secondo altri verso il 480 dell' ra volgare. Ebbe
a padre quel Flavio Manlio Boezio, che nei fasti capitolini si trova
essere stato console nel 487. Educato alle discipline greche e latine
sal alle pi alte dignit, e nel 510 fu eletto console senza com-
pagno. Ma venuto falsamente in sospetto di eongiura, Teodorico re
dei Goti lo fece imprigionare e condurre a Pavia, dove dopo sei
mesi di prigione fu fatto morire tra atroci supplizi l'anno 525. Nel
carcere dett la sua opera principale De consolatione philosophicc,
tanto studiata da Dante, il quale lo ricorda Par. x, 125 e lo cita
Mon. li, 9, 67; i, 9, 17. Conv. i, 2, 71 i, 11, 41; il, 8, 21; II, 11,13;
;
il, 13, 10 e seg.; n, 16, 3; ni, 1, 58; in, 2, 105; iv, 12, 25, 54; iv, 13,
97, 103, ecc. Cfr. Comi, Mem. stor. sopra Severino Boezio, Pavia, 1872.
"Reali, Ricordanze della vita e delle opere ecc. di Sev. Boezio, Pa-
via, 1841. Dell'Acqua, Sev. Boezio, profilo stor. biogr., Pavia, 1873.
Jourdain, De l'origine des traditions sur le christianisme de Bocce,
Par., 1861. G. Baur, Botius und Dante, Lips., 1873.
Bogliente ed anche Bollente, l.Che
partic. pres.di bollire;
bolle, Che xxn, 141. Purg. xxvn, 49. -
in fusione; Inf. xxi, 124;
2. E per Molto infocato, Eovente; Par. i, 60.
Bolgia, dal lat. bulga, tasca di cuoio, e questo probabilmente
ha l'origine nel celtico; propriam. Tasca grande, Bisaccia, Valigia.
240 Bolla-Bolsena
Bolge chiama Dante le dieci valli circolari in che diviso l'ot-
tavo Cerchio infernale, ove son punite dicci classi di fraudolenti
verso chi non si fida; Inf. xvm, 24, 104; xix, 6; xxn, 17; xxm,
32, 45; xxiv, 81; xxvi, 32; xxvin, 21; xxix, 7, 118.
Bolla, dal lat. bulla, Bigonfiamento o vescichetta che fa l'acqua
piovendo o bollendo o gorgogliando, e cos gli altri liquidi. Galloz-
zola, Sonaglio; Inf. xxi, 20. Cfr. Bulla.
Bollire, dal lat. bullire ; 1. Dicesi del rigonfiar dei liquidi
quando per gran calore levan le bolle; Inf. xxi, 8, 17; xxxiii, 143. -
2. E si riferisce anche a cose solide, immerse per qualsivoglia fine
in acqua o in altro liquido bollente; Inf. xn, 47, 102. - 3. Detto
del ferro, vale Essere arroventato; Par. xxvm, 90. - 4. Bollire dicesi
anche delle cose, che per qualsivoglia cagione mandano un suono
come di liquido che bolla; e pi specialmente del gorgogliare che
fa l'acqua rampollando; Inf. vii, 101.-5. Bollito, part. pass, di
Bollire, usato in forza di sost. Inf. xn, 102. Cfr. Bocciente.
Bollore; 1. Gonfiamento e gorgoglo che fa la cosa che bolle;
Inf. xn, 136; xiv, 134; xxi, 20. - 2. E per II liquido che bolle;
Inf. XII, 101 ; xxn, 30.
Bologna, celebre citt dell'Emilia con antichissima Univer-
sit, frequentata, come affermano il Bocc. da Dante, non
Vili, ed il
ben certo se prima o dopo l'esilio, oppure due volte (cfr. gli art.
Studi di Dante e Vocazione di Dante); Inf. xxm, 142. Purg.
xiv, 100. Vulg. El. i, 15.
Bolognese, cittadino di Bologna; Inf. xvm, 58; xxni, 103.
Bolognese (Franco)j celebre miniatore del secolo di Dante,
sul quale hanno scarsissime notizie; cfr. Vasari, Vite ed. Mila-
si
nesi, i, 384. Dante lo ricorda Purg. xi, 83. Anche i com. ant. mo-
strano di non saperne che poco o nulla. Dai versi di Dante alcuni
inferiscono che fosse discepolo di Oderisi {Veli., Dan., Tirab., ecc.);
ma deduzione non ha fondamento. Non possiamo a meno di non
la
dolerci, che diun miniator valoroso, qual doveva essere Franco, ap-
pena ci sia rimasta memoria alcuna; sicch forse ne sarebbe perito
lo stesso nome, se Dante col farne menzione non gli avesse assicu-
rata una durevole fama Tirab., Lett. it. v, 680.
;
Bolsena, Lago nella provincia di Viterbo, celebre ai tempi di
Dante per i pesci e le anguille squisite di cui abbondava ; Purg.
xxiv, 24. Cfr. Martino IV papa.
Bonaccia-Bonatti Guide 241
Bonaccia, dal lat. barb. bonacia, e questo da
bonus; propriam.
Lo stato del mare in calma ed in tranquillit. Usato per Bel tempo,
Buona temperatura d'aria; Purg. xm, 123.
Bonacossi o Buonacossi, cfr. Pinamonte.
Bonagiunta, cfr. Buonagiunta.
Bonafedi o Buonafedi, Noffo di Guido, uno dei colleghi
di Dante nel priorato; cfr. Priorato di Dante.
Bonatti,famiglia Fiorentina, che vuoisi discesa dal Valdarno,
mentre alcuni la dicono venuta dal Mugello, e precisamente dal
Borgo a San Lorenzo. Abitarono i Bonatti nel popolo di San Lo-
renzo in Firenze, e tuttavia vi si vedono accatastati nel 1531. Cfr.
Lord Vfrnon, Inf., voi. n, p. 227.
Bonatti, Guido, dottore e famosissimo astrologo del sec. XIII.
Era della famiglia dei Bonatti da Firenze, ma essendo fuoruscito si
fece chiamare Guido da Forl. Scrisse Decerti tractatus astronomia
che gli acquistarono il titolo di principe degli astrologhi. Cfr. Vill.,
vii, 81. Murat., Script, xxn, 150, 233 e seg. Dante lo pone tra gl'in-
dovini, Inf. xx, 1 18. - Fuit quidam qui in istis auguriis et supersti-
tiosis invocationibus insistebat; Bambg. - Fu fiorentino, e facea
molti inganni a le femmine e indivinanze e malie; An. Sei. - Da
Forl di Eomagnia il quale chol conte Guido vechio di Montefeltro
cossi operando lunglio tempo vetoriosso si resse; Jac. Dant. - Fu
indivino del conte da Montefeltro; e usava costui di stare nel cam-
panile della mastra chiesa, e facea armare tutta la gente del conte
predetto, poi quando era l'ora, e questi dava alla campana, e tutti
salano a cavallo e uscano verso li nemici; Lan., Ott. -Grande
astrolagho effu attempo del conte ghuido damonte feltro signiore
difrulli e ressesempre persuo senno econsiglio eisconflsse ibologniesi
perbuonconsiglio diquesto ghuido bonatti caltre vittorie assai glife
avere; Falso Bocc. - Iste fuit Guido Bonattus magnus astrologus
comitis Guidonis famosi de Montefeltro et cum ipse comes teneret
;
Forlivium, patriam ipsius Guidonis in Komandiola, ubi erat prin-
ceps partis ghibellina, utebatur Consilio istius astrologi in omnibus
agendis. Et satis constans opinio multorum fuit, quod ipse obtinuerit
multas victorias contra bononienses, et alios adversarios suos, opera
istius Guidonis. Iste Guido quamvis reputaretur a vulgo fatuus et
phantasticus, tamen saepe mirabiliter judicabat. Nana fecit dominem
Guidonem prsedictum exire contra gallicos, et ipse exiens simul
cum eo prsedixit se vulnerandum in coxa, et sic accidit de facto.
Unde statim medicavit se cum ovo et stuppa, quce portaverat secum,
10. Enciclopedia dantesca.
242 Bonaventura (San)
sicut ipsemet Guido scribit de se ipso. Nam Guido
opus pul-
fecit
crum et magnum in quod ego vidi, in quo tam clare
astrologia,
tradit doctrinam de astrologia, quod visus est velie docere feminas
astrologiam. Tamen iste tantus astrologus male scivit preservare
istum comitem in dominio suo, quia post annum perdidit totum....
Tamen cum tota astrologia sua fuit turpiter delusus ab ignorante
quodam rustico. Ees jucunda narratur: nam cum comes Guido prse-
dictus staret una die in platea Forlivii pulcerrima et magna, venit
unus rusticus montanus, qui donavit sibi unam salmam pirorum ;
et cum comes diceret sta mecum in ccena; respondit rusticus: do-
:
mine, volo recedere antequam pluat, qui infallibiliter erit hodie plu-
via magna. Comes miratus, statim fecit vocari ad se Guidonem Bo-
nattum, tamquam magnum astrologum, et dixit ei: audi quod dicit
iste? respondit Guido: nescit quid dicat; sed expectate modicum.
Ivit Guido ad studium suum, et accepto astrolabio consideravit di-
spositionem coeli, et reversus dixit, quod erat impossibile, quod
plueret die illa. Rustico autem pertinaciter affirmante dictum suum,
dixit Guido: quo modo scis tu? Respondit rusticus: quia asinus
meus hodie in exitu stabuli vibravit caput et erexit aures; et sem-
per, quando solitus est sic facere, certissimum est signum, quod
tempus cito mutabitur. Tunc replicavit Guido: posito quod sic sit,
quomodo scis tu, quod ista pluvia erit magna? Dixit ille: quia asi-
nus meus auribus erectis transvertit caput, et rotavit plus solito.
Rccessit ergo rusticus cum licentia comitis festinanter, timens mul-
tum de pluvia, quamvis tempus clarissimum esset. Et ecce post ho-
ram, ccepit tonare, et facta est magna effusio aquarum quasi diluvium.
Tum Guido ccepit clamare cum magna indignatione et risu: quis me
delusit? quis me confudit? et fuit diu magnum solatium in populo;
Benv. - Mirabilissimus astrologus, magnus phisicus, medicus ex-
cellens fecit optimum opus in astrologia, nec reperitur hodie opus
:
melius in astrologia; quam hoc opus suum; Serrav. Il Gelli ri-
pete il racconto del Benv. ed aggiunge La qual cosa veggendo
:
il Conte, lev tutta quella fede ch'egli aveva avuta fino allora a
l'astrologia, cominciando a dire, e cos seguit di fare poi sempre,
che dell'astrologia ne sapevano pi gli asini che non vi attende-
vano, che quegli che vi davano opera. E in questo modo cominci,
se bene ei non tolse al detto Guido Bonatti certa provisione ch'egli
gli dava, a tenerne tanto poco conto, ed a non far pi quella stima
ch'ei faceva di lui. Per il che egli cominci a sbigottirsi; e final-
mente si mor, secondo che si disse allora per molti, di dolore.
Bonaventura (San), il Doctor seraphicus, si chiam nel
secolo Giovanni Fidanza o- Fidenza. Nacque a Bagnoregio (oggi Ba-
Bonifazio Vili 243
gnarea) presso il lago di Bolsena nel 1221, si fece monaco france-
scano nel 1243, insegn a Parigi, dove fu ammirato non meno a mo-
tivo della severa sua moralit, che del vasto suo sapere. Fatto nel 1256
generale dell'Ordine, lo difese vittoriosamente contro l'Universit di
Parigi, esaltando sopra ogni cosa la spontanea povert. Nel 1273 fu
creato cardinale e vescovo di Albano. Mor nel 1274 durante il Con-
cilio di Lione e fu canonizzato nel 1482. La prima ediz. delle sue
Opere sipubblic a Eoma, 1588-96, ed in seguito pi volte. Cfr.
Hollenberg, Studien su Bonaventura, Beri., 1862. Richard, tud.
sur le mysticisme spcuatif de St. Bonav., Par., 1873. Borgognoni,
Dottrine filos. di Bonav., Roma, 1874. Da Vicenza, Vita di S. Bonav.,
a
2 ediz., Monza, 1879. Come autore scolastico Bonaventura inferiore
a S. Tommaso, come autore mistico inferiore a Riccardo ed Ugo
da San Vittore ; ma egli uno dei pochi che occupano posto di-
stinto e nella Scolastica e nella Mistica. Dante lo pone nel quarto
cielo, Par. xil, 127, dove egli racconta la vita di S. Domenico
e biasima i Francescani degenerati. - Bonaventura, Balneoregii
in Etruria natus, cum infans incidisset in vitae periculum, ma-
ter ejus vovit, si inde evasisset, se eum religioni beati Francisci
dicaturam. Itaque adolescens in Ordinem Fratrum Minorum ad-
scribi voluit: ubi, Alexandro de Ales magistro, ad eam doctrinae
perfectionem brevi pervenit, ut septimo post anno libros Senten-
tiarum Parisiis publice summa cum laude sit interpretatus: quos
etiam prseclariis postea commentariis illustravit. Post sex annos sui
Ordinis Generalis minister Romae factus, ea prudenti'. ac sancti-
tatis laude ministerium gessit, ut in omnium ore et admiratione
esset. Multa scripsit, in quibus, summam eruditionem cum pari pie-
tatis ardore conjungens, lectorem docendo movet. Quem Gregorius
Decimus, ejus sanctimonise et sapienti^ fama commotus, Cardinalem
et Episcopum Albanensem creavit. Eundem adhuc viventem beatus
Thomas Aquinas Sanctum appellavit. Cum enim vitam sancti Fran-
cisciscribentem comperisset: Sinamus, inquit, Sanctum pr Sancto
aborare. Migravit vita pridie Idus Julii, in Concilio Lugdunensi,
quinquaginta tres annos natus, multis editis miraculis. Quem Xystus
Quartus, Pontifex Maximus, retulit in Sanctorum numerum. Brev.
Bom. ad 14 Julii.
Bonifazio Vili, papa dal 24 decembre 1294 all' 11 ot-
tobre 1303. Fu della famiglia dei Caetani da Anagni, sua citt na-
tale. Sua madre era dei conti di Segni, alla qual famiglia apparten-
nero i papi Innocenzo III, Gregorio IX e Alessandro IV. Bonifazio,
o Benedetto de' Caetani, come si chiamava prima di essere assunto
al pontificato, si dedic prima allo studio del Diritto civile e ca-
244 Bonifazio YIII
nemico, fu poi avvocato e notaio della Curia romana, accompagn
parecchi Legati papali ne' loro viaggi, creato cardinale da Mar-
tino IV nel 1281,
fu Legato a Carlo re di Sicilia e nel 1290 a Fi-
lippo Bello re di Francia. Lo accusarono di aver promosso la ri-
il
nunzia di Celestino V, al quale successe nel pontificato. Mor in
seguito agli avvenimenti di Anagni, essendoch per la. ingiuria
gli surse, giunto in Roma, diversa malattia, che tutto si rodea come
rabbioso, e in questo stato pass di questa vita, VlLL., viti, 63.
Sul suo carattere cfr. VlLL., vili, 64. Hic longo tempore experien-
tiam habuit Curiae, quia primo advocatus ibidem, inde factus postea
notarius Papse, postea Cardinalis, et inde in cardinalati! expeditor
ad Casus Collegii declarandos, seu ad exteros respondendum. Nec
in hoc habuit parem, sed propter hanc causam factus est fastuosus,
et arrogans, ac omnium contemtiosus Ptolem. Lue,
; Hist. eccl.
xxiii, 36 in Murat., Script, xi, 1203. - Inccepit autem quadam
e.
singulari via suam potentiam et papalem magnificentiam dilatare.
Cuius prsedecessor Coelestinus miraculos operatus est in vita sua et
postmortem. Ipse vero Bonifacius fecit mirabilia multa in vita sua,
sed ejus mirabilia in fine mirabiliter defecerunt; Bern. Guido
in Vita Bonif. in Murat., Script, in, i, 670. Dopo la sua morte
si disse che Celestino V avesse predetto di lui: Vulpes intravit,
tanquam leo pontificavi!., Exiit utque canis, de divite factus inanis.
Cos racconta (verso il 1377) Matthzeus Westmonasteriensis, Flo-
res Mstoriarum, p. 447. Sulla vita e le gesta di Bonifazio Vili cfr.
J. Rubeus, Bonif. Vili e familia Cajetanorum principum Bo-
manus pontifex, Roma, 1651. L. Tosti, Storia di Bonif. Vili e
de' suoi tempi, 2 voi., Monte Cassino, 1846. Drumann, Geschichte
Bonif. Vili, Konigsberg, 1852.
L'Alighieri si mostra dall' un canto fiero nemico di Bonifazio Vili,
assegnandogli un posto tra' Simoniaci, Inf. xix, 53. Par. xxx, 148;
rinfacciandogli d'aver sedotto, abusando della sua autorit, il conte
Guido di Montefeltro, Inf. xxvil, 70 e seg., rimproverandolo aspra-
mente per bocca di S. Bonaventura, Par. xn, 90, di Cacciaguida,
Par. xvii, 49 e seg., e di S. Pietro, Par. xxvn, 22 e seg. Dall'altro
canto e' vede in lui il Vicario di Cristo ingiustamente oltraggiato,
alludendo alle sue contese con Filippo il Bello. L'odio ha sua ori-
gine nel fatto, che Dante vedeva in Bonifazio Vili la causa prima
della caduta dei Bianchi di Firenze e delle proprie sventure; l'in-
dignazione contro Filippo il Bello ha la sua origine nel fatto, che
anche nel nemico personale Dante non cessava di riverire il pon-
tefice, il Vicario di Cristo. Per comprender Dante quindi neces-
sario di fermarsi sui due punti.
Bonifazio Vili e Firenze 245
Bonifazio Vili e Firenze. Sin dai primi giorni del suo
pontificato, Bonifazio Vili, quale voleva fare della Toscana una
il
provincia della Chiesa (cfr. Levi, Bonif. Vili e le sue relazioni col
Comune di Firenze, Roma, 1882, p. 49 e seg.), incominci a porre
le mani nelle cose di Firenze. E quando, pochi mesi dopo l'esilio
volontario di Giano della Bella, i Fiorentini trattavano di richiamarlo
insieme co' suoi, Bonifazio Vili colla sua Bolla del 23 gennaio 1296
(Del Lungo, Dino Comp. n, 73 scrive 1295; ma cfr. Levi, 1. e,
p. 88. Bartoli, Leti. ital. v, 124) proib al Comune di Firenze di
rivocare il grande esule, minacciando la citt d'interdetto. In que-
sta Bolla si sente, non solo l'odio del pontefice contro l'uomo che
si fece capo e guida de' buoni cittadini popolani e mercatanti,
ma un'alterezza, una prepotenza di linguaggio, come di Signore a
sudditi; Bartoli, 1. e. Quattro anni dopo, nei primi del 1300,
Lapo Salterelli, Bondone Gherardi e Lippo di Ranuccio del Becca,
cittadini di Firenze, denunziarono un grave attentato contro la citt,
accusandone rei palesemente tre fiorentini che risiedevano a Roma,
i quali pare attentassero alla libert di Firenze, favorendo l'inten-
zione di Bonifazio di fare della Toscana una provincia della Chiesa.
I tre accusati, Simone Gherardi, Noffo Quintavalle e Cambio di
Sesto furono condannati a multe gravissime. Appena giusta la no-
tizia di ci in corte di Roma,papa scrisse alla Signoria, chie-
il
dendo l'annullamento del processo: d'un processo che colpiva in
qualche modo anche lui, come dice egli stesso: tais delatio que
nos etiam respicere videbatur. Ma riuscita vana la sua domanda,
torn a scrivere al Vescovo di Firenze, il 24 aprile 1300; e di nuovo
al Vescovo e all'Inquisitore, il 15 maggio successivo; Bartoli,
1. e, 127. Levi, 1. e, Docum. II e IV. Le sue epistole non avendo
ottenuto il bramato effetto, Bonifazio mand, sotto titolo di paciaro,
il cardinale Fra Matteo d'Acquasparta, il quale giunse a Firenze
nel giugno del 1300, e da' Fiorentini fu ricevuto a grande onore.
E lui riposato in Firenze, richiese bala al Comune di pacificare
insieme i Fiorentini.... Quegli della parte bianca che guidavano la
signoria della terra, per tema di non perdere loro stato, e d'essere
ingannati dal papa e dal legato.... non vollono ubbidire; per la qual
cosa il detto legato prese sdegno, e tornossi a corte, e lasci la citt
di Firenze scomunicata e interdetta; Vill., vili, 40. Bonifazio
mand quindi senza por tempo in mezzo per Carlo di Valois, dan-
dogli titolo di paciaro in Toscana, nell'intenzione di recare colla
forza dello straniero la citt di Firenze al suo arbitrio. Ci non gli
venne fatto. Ben gli riusc coli' aiuto del Valois di rovinare i Bianchi
e dare la citt in bala ai Neri, i quali pare cospirassero per Bo-
Bonifazio YIII e Filippo il Bell*
rifarlo e chiedessero quindi il Yalois come suo rappresentante. Per-
tanto Bonifazio MJl fa la causa prima della rovina de" Bianchi fi
zit e delle sventure di Dante. Quindi l'odio del Poeta e le in-
TettiTe coatro lo principe de* nnori Farisei : > Inf. xrn:. E
Bonifazio TI11 e Filippa il Bello. Puro. xx. 5-90.
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: 1: 7 : : I ; Ir. -
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. i - - : f : : :_ ":".::: ; : :
_ - : -
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i dne etendenti,
conforme le dottrine di Innocenzo IH. Bonifazio
mand nel 1293 suoi Legati ai due re per indurli rt saper knjnamodi
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:l! :.: i~ :-n ri: ::m -i. -
Bonifazio YIII e Filippo il Bello 247
in mortis arti culo, absqne sedis apostolica? auctoritate et licentia
speciali ; cfr. Tu. Rymer, Fccdera, ed. A. Clarice et F. Holbrooke
i, il, 836. Liber sextus decretali, lib. ili, T. xxnr, cap. 3. Filippo
rispose col divieto di esportare da' suoi Stati, oro, argento e simili;
cfr. Pierre Du Puy, Hist. du differenti entre le Pape Boni f. Vili
et Phil. le Bel, Boy de France, Par., 1655, preuves, p. 13. Le la-
gnanze del papa (cfr. Du Puy, 1. e, 15. Eayn. ad a. 1296, num. 25)
nulla giovarono; Filippo seppe resistergli in modo che Bonifazio
stim bene annullare la Bolla Clericis laicos con una interpre-
tazione di essa (Rayn. ad a. 1297, num. 49. Adrien Baillet, Hist.
a
des dmlez du pape Bonif. Vili avec Phil. le Bel, 2 ediz., Pa-
ris, 1818, p. 322), scrivendo a Filippo il 7 febbraio 1297: Quia
ejus est interpretari, cujus est condere, ad cautelam tuam - liumana
declaratione decernimus, quod si Pra?latus aliquis - voluntarie -
donum aut mutuum tibi dare - voluerit, dum tamen sub exactionis
nomine - hoc non fat generaliter, - licet ad id forsan tua - requisitio -
procedat, te, Pra?latos etc. ipsa constitutio non astringat; quodque
ad feuda sive regalia, qua? iidem Prselati -sub tuo dominio tenere
noscuntur, in his, qua? tibi de illis tenentur et debunt, et clericos
uxoratos, prout sani juris intellectus admittit, ac illos, qui in frau-
dem causa vitandorum munerum clericalem schema recipiunt, se
ipsius constitutionis sententia non extendat; et in necessitatis ar-
ticulo,- ubi evidens esset in mora periculum per te vel tuos nun-
tios adsedem apostolicam recurrendi, si a Prelatis -subsidium com-
petens petas et habeas, te ac ipsos ex ejusdem constitutionis verbis
vel sententia declaramus lucide non teneri. Nello stesso giorno
Bonifazio esortava Filippo in una lettera accompagnatoria (Eayn.,
1. e, num. 47) ad abolire il suo divieto e scriveva a' suoi legati
(Rayn., 1. e, num. 48) : Si forte - per Philippum - vel officiales
ejus - pecunia? de regno Francia? prohiberetur - extractio; vos eun-
dem Regem, officiales ipsius - denuncietis publice in sententiam
promulgati canonis incidisse: et nihilominus in eum et eos de novo
exeommunicationis sententiam proferatis. Ma poco tempo dopo
(31 luglio 1297; cfr. Du Puy, 1. e, p. 39. Rayn., 1. e, num. 50) Bo-
nifazio credette opportuno di revocare con una interpretazione
anche questo suo Breve. Adjicimus insuper hujusmodi declarationi
nostra?, quod si pra?fatis Regi et successoribus suis pr universali
vel particulari ejusdem regni defensionem periculosa necessitas im-
mineret, ad hujusmodi necessitatis casum se nequaquam extendat
constitutio memorata quia potius idem Rex ac successores ipsius
:
possint a Praelatis - petere ac recipere pr hujusmodi defensione
subsidium vel contributionem, - inconsulto etiam Romano Ponti-
fice - quodque necessitatis declaratio supradicta? ipsius Regis et
;
248 Bonifazio Vili e Filippo il Bello
successorum suorum conscientiis, dummodo suecessores illius vige-
simum setatis annum exegennt, relinquatur. Inoltre Bonifazio pro-
cur di cattivarsi il re con diverse concessioni e promesse (cfr. Vill.,
viit, 62. Baillet, 1. c p. 55), onde Filippo acconsent di eleggere
Bonifazio, non come papa, ma come persona privata, arbitro tra s
ed Edoardo I. Ma la decisione del papa, del 30 giugno 1298, non
corrispose alle speranze di Filippo (cfr. Kayn., ad a. 1298, num. 2
e seg. Rymer, 1. e, I, n, 894), e le trattative tra Bonifazio e Filippo
non ebbero l' effetto voluto (cfr. Rymer, 1. e, I, II,902 e seg.), onde
Bonifazio ricominci a lagnarsi di Filippo (cfr. Rayn., ad a. 1298,
num. 24; ad a. 1299, num. 23 e 25; ad a. 1300, num. 17, ecc.), e
quando questi accolse Stefano e Sciarra Colonna, e conchiuse un trat-
tato con Alberto I d'Austria (cfr. Murat., Script, ix, 745, 995; xi,
1204), Bonifazio si credette offeso, onde si lasci trasportare a com-
mettere diverse imprudenze, immischiandosi arrogantemente nelle
cose delta Gran Brettagna (cfr. Rymer, l. e, 897, 907, 926, ecc.) e della
Germania (cfr. Rayn., ad a. 1301, num. 2), con che s'inimic con
Edoardo e con Alberto, ed inviando poi a Filippo, per esporgli le
lagnanze papali, Bernardo di Saisset vescovo di Pamiers, il quale
era a Filippo tutt' altro che persona grata (cfr. Baillet, 1. e, 77.
Velly, Hist. de France vii, 150). L'impertinenza del Legato in-
dusse Filippo a mandarlo per i fatti suoi, quindi a farlo incarce-
rare (cfr. Du Puy, 1. e., p. 621 e seg. Martene, Thesaurus i, 1319,
1330, ecc.). Bonifazio, infuriato, lanci una serie di decreti contro Fi-
lippo, tutti del 5 decembre 1301, e convoc il clero francese ad un
concilio da tenersi a Roma nel novembre del 1302, per provvedere
contro gli abusi della Francia (cfr. BuLjEUS, Hist. Univ. Paris.
iv, 5 e seg. Rayn., ad a. 1301, num. 28 e seg. Du Puy, 1. e, p. 42
e seg. Preuves, p. 661. Baillet, 1. e, 103 e seg.). Dal canto suo
Filippo convoc gli Stati generali del regno (10 aprile 1302) per
assicurarsi di avere il suo popolo dalla sua. E che veramente i
Francesi erano per il loro re e contro il pontefice lo mostrarono
tosto e l'epistola dei baroni e cittadini ai Cardinali (cfr. Bul^eus,
1. e, iv, 22. Du Puy, 1. e, p. 60), e nell'ambasciata e lettera del
Clero francese a Bonifazio (cfr. Bulzeus, iv, 19. Du Puy, p. 66). Bo-
nifazio rispose colla famosa Bolla Unam Sanctam (cfr. Rayn. ad
a. 1302, num. 13. Omaggio a Dante, Roma, 1865, p. 555 e seg.),
nella quale rinnovava le pretese concernenti il potere temporale del
papa, gi avanzate da Gregorio VII e da Innocenzo III, e mand
quindi il cardinale Giovanni suo Legato in Francia, ad offerire al
re la grazia papale a condizioni insolenti (cfr. Rayn. ad a. 1303,
num. 34 e ad an. 1311, num. 36. Du Puy, 1. e, p. 89 e seg.). Filippo
non volle naturalmente accettare, onde il 13 aprile 1303 Bonifazio
Bonifazio (de'Fieschi^Bont 249
gli lanci contro la scomunica (cfr. Buljsus, IV, 38. Du Puy, p. 98).
Dopo aver conchiuso la pace con Edoardo I (il 20 maggio 1303, cfr.
Kymer, i, li, 952), Filippo convoc di nuovo ad 13 giugno 1303
i suoi Stati generali, accus davanti ad essi Bonifazio di eresia (cfr.
Bul^eus, iv, 41. Du Puy, p. 101) ed appell solennemente dal papa
ad generale Concilium, quod instanter convocari petimus, et ad
verum legitimum futurum summum Pontificem vel alios, ad quem
vel ad quos fuerit appellandum (cfr. Bul^us, IV, 45 e seg. Du Puy,
p. 107 e seg.). Quindi Filippo mand il suo guardasigilli Guglielmo
di Nogaret a Roma per pubblicarvi le decisioni della nazione fran-
cese. Dal canto suo Bonifazio, rifugiatosi in Anagni, lanci nuove
Bolle contro Filippo e la Francia (cfr. Rayn. ad a. 1303, num. 37
e seg. Buleus, iv, 54 e seg. Du Puy, p. 161 e seg.) e stava per
pubblicarne la sesta, colla quale deponeva Filippo, sciogliendone i
sudditi dal giuramento di fedelt (cfr. Rayn. ad a. 1311, num. 44.
Bul^ius, IV, 57. Du Puy, p. 181), allorch a d 7 settembre 1303
fu fatto prigione in Anagni da Nogaret e da Sciarra Colonna. I cit-
tadini di Anagni lo liberarono in capo a tre giorni, ma un mese
dopo Bonifazio cess di vivere.
Bonifazio (de' Fieschi), nepote di papa Innocenzo IV, arci-
vescovo di Ravenna dal 1274 sino alla sua morte, avvenuta il 1 feb-
braio 1295; Purg. xxiv, 29.- Pi agitatore politico che mite pa-
store d'anime appare per gli aiuti prestati a banditi ferraresi contro
Obizzo d'Este, ma la taccia di goloso fu procurata alla sua memoria
soltanto dal poeta (e da' suoi commentatori). Per il lusso so-
verchio ch'egli doveva avere nella sua corte provato da un do-
cumento col quale i suoi esecutori testamentari ai 28 di marzo
del 1295 consegnano ad Opizo di Lavagna siniscalco di San Martino
di Tours e scolaro in Bologna, fra molti mobili ed arredi, sei ba-
cili d'argento, candelabri ornati, vasi grandi, un infinito numero
di coppe d'argento, d'oro, smaltate e figurate, di stoffe d'ogni sorta,
ricamate, oltremodo preziose e adorne. Le sue ricchezze inoltre do-
veano essere notevolissime. Egli comprava castelli, possedimenti e
con larghezza li cedeva o donava alla Chiesa ravennate. Simile fatto
non poteva essere disgiunto da una grande vanit, da un vivo senso
di benessere materiale e dal bisogno di aver sempre vicino devoti
e adulatori; Ricci, Ultimo rifugio, p. 120 e seg.
Bonifazio (da Signa), cfr. Sicna.
Bont, Boutade e Bontate, dal lat. bonitas, astratto
di buono; 1. Il buono e La buona qualit che si trova in qua-
lunque cosa; Inf. xi,48; xix, 2. Par. Il, 136; 148; vii, 108; xxvi, 30;
250 Bonturo-Bordello
xxxiii, 21.-2. E per Quella qualit morale o virt che consiste nel-
l'amore e nella pratica del bene; Par. v, 20; xm, 58; xxvin, 67;
xxxi, 83. - 3. E per Fatto buono, Buona opera; Inf. vili, 47. Par.
xix, 128.-4. Per Senno, Scienza, Capacit; Par. xxv, 66.-5. Bont
infinita, Bont divina e simili, dicesi Iddio; Inf xi, 96. Purg. in, 122.
Par. vii, 64, 109; xxix, 59; xxxi, 6.
ISontnro, famiglia dei Dati da Lucca, nominato con
della
amara ironia come capo barattiere in quella citt; Inf. xxi, 41. Di
lui cfr. Murat., Script, x, - Temporibus suis
594; xv, 987 e seg.
fuit magnus popularis Bambgl. - Essendo
in civitate predicta;
richo mercatante per guadagniare nel presente mondo {modo) in
cliomune lesser mercatatesco dimise; Iac. Dani. - Fu lo maggior
barattieri di palagio che fosse o si sappia in quella cittade; Lan.
Fuit archibaratarius, qui sagaciter ducebat et versabat illud com-
mune totum, et dabat officia quibus volebat; similiter excludebat
quos volebat. Unde dum semel ivisset legatus ad papam Bonifacium,
Bonifacius, magnum marescalcus hominum, qui cognoscebat laqueos
eius, cepit eum per brachium, et vibravit. Cui ille respondit: tu
quassasti dimidiam Lucani ; Benv. - Questo fu Bonturo Dati
da Lucca, lo quale fu grandissimo barattiere e fu grande cittadino
di Lucca, et ogni baratteria fece per denari; Put. - Egli da
sapere che ser Bonturo Dati fu mercatante cittadino di Lucca, uomo
che in quella terra ebbe grande stato, tanto che i Lucchesi, avendo
mandato questo ser Buonturo imbasciadore a papa Bonifazio Vili,
il Papa, come quelli che volea pigliare la benivolenzia di tutti i
cittadini che poteano nella citt, per essere grande, et per avere
delle citt d'Italia la benivolenzia et la maggioranza, ognora che
veruno cittadino venia a lui per alcuna cagione, s'egli era grande
nella citt sua, egli, che '1 sapea troppo bene, 1' onorava et faceagli
festa et doni et promissioni. Ora un d, essendo ser Buonturo con
papa Bonifazio, et andando qua et l per uno suo chiostro, et
ser Bonturo appresso a lui il Papa, per dimesticarsi con lui, et
;
per mostralli amore, avendolo preso per lo braccio, et scotendolo di-
mesticamente e amorevolmente, ser Bonturo gli disse: Padre santo,
voi scotete la met della citt di Lucca; An. Fior. - Fraudavit
pluries suum Comune et Eempublicam sue civitatis; Serrav.
Boote, dal gr. (3oonv]c;, Costellazione del Polo settentrionale
presso all'Orsa Maggiore, camposta di parecchie stelle. Secondo la
mitologia Boote Arturo figlio di Elice; cfr. Elice.
Bordello, prov. e frane, bordel, spagn. burdel, diminut. di
borda, dal got. baurd, ant. ted. bord, tavola, onde pare che nel
Bordone-Borni 251
primo significato fosse capannuccia; Luogo pubblico, dove stanno le
meretrici; Lupanare, Postribolo, Chiasso. Dante chiama figuratam.
bordello V Italia, Purg. Vi, 78, quasi a dire Voi non siete abi- :
tanti che costituiate cittadi, n avete amore alla repubblica, ma
siete come quelle che stanno nel bordello, le quali solo alla lucra-
tiva hanno intelletto, e ogni vergogna in esse si trova priva;
Lan. - Et nota metaphoram pulcram sicut enim in lupanari ven-
;
ditur caro humana pretio sine pudore, ita meretrix magna, idest
curia romana et curia imperialis vendunt libertatem italicam. Sicut
etiam ad postribulum vadunt indiff'erenter omnes volentes cum de-
lectatione, ita ad Italiani concurrunt omnes barbara? nationes cum
aviditate ad ipsam conculcandam tamquam meretricem prostitu-
tam; Benv. Cos quasi tutti i comm. antichi e moderni. Invece
il Betti : Credo che qui debba intendersi non gran terra o regione,
ma divenuta miserabil tugurio. Ma ai tempi di Dante l'Italia non
era impicciolita, era, a giudizio suo, corrotta.
Bordone, dal lat. barb. burdo, burdonis, bastone; 1. Lungo
bastone che usano i pellegrini in viaggio per appoggiarsi; Purg.
xxxiii, 78. - 2. TenereFar bordone, vale Accompagnare
o colla voce,
facendo il basso ad una melodia; Purg. xxvm, 18.
Borea, dal lat. boreas, Vento di tramontana, Tramontano; Par.
xxvm, 81.
Borgo, dal lat. barb. burgus, e questo dal celt. borg, affine al
gr. Trp-ps;propriam. Kiunione di pi case lungo una strada, senza
recinto di mura, che formino come un Villaggio o una Terra. E per
Contrada di citt; detto particolarmente di alcune speciali contrade,
che in antico restavano fuori del cerchio delle mura; Par. xvi, 134,
nel qual luogo si parla di Borgo Santo Apostolo a Firenze, dove
abitavano i Gualterotti e g' Importuni.
Borni, plur. di bornio, voce che occorre una sola volta, Inf.
xxvi, 14. Etimol. incerta. Secondo alcuni dal frane, borne, onde
Borni = pietre sporgenti dallo scoglio; secondo altri dal frane, bor-
gne onde Borni varrebbe Ciechi. Icommentatori sembra non cono-
scessero il valore di questa voce. Bambgl., An. Fior., Iac. Dant.,
Petr. Dant., ecc. tirano via. Lan. e Cass. hanno iborni in una pa-
rola e spiegano Freddi e stanchi. L' Ott.
: : Li borni, cio li ladri.
Benv.: Borni, idest ablucinatos. Buti legge con qualche cod.:
Che il buior n'avea fatto scender pria. An. Fior.: Borni, ci
gombi et chinati. Serrav.: Borni, idest iniqui, scilicet de-
mones. Barg. legge il buior, come il Buti. Land, e Veli, inten-
252 Bornio-Borsiere (Guglielmo)
dono Abbagliati et di cattiva vista. Tal. tira via. Dan. : I Borni,
:
cio quelle pietre, che sogliono avanzar fuori d'alcuno muro, che si
lascia imperfetto, et non compito. Cos pure Cast., Voi., Vent.,
Lomb. e quasi tutti i moderni. Cfr. Parenti, Esercitai, filol.,
num. xn, p. 23.
Bornio (Bertram dal), cfr. Bertram dal Bornio.
Borsa, dal gr. ppaa, pelle; 1. Sacchetto di cuoio o d'altro, di
varie foggie, per uso di tener danaro; Inf. xvil, 59. Par. xvi, 117. -
2 Pregio della borsa, figuratam. per liberalit; Purg. vili, 129. -
3. Aver nella borsa, per Possedere realmente Par. xxiv, 85.-4. Borsa
;
detta per ironia la buca nella quale sta fitto capovolto papa Nic-
col III; Inf. xix, 72.
Borsiere (Guglielmo), cavaliere fiorentino, posto da Dante
tra' sodomiti; Inf. xvi, 70. Di lui il Bambgl. non dice nulla. An. Sei.:
Fu uno maestro dimorava a Eavenna e era morto
fiorentino, che
Dant.: Alchuno valoroso homo di chorte. -
di que' d. - Iac.
Al Lan., Ott., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc. pare che il
personaggio fosse ignoto, non facendo essi che parafrasare le pa-
role del poeta. - Bocc: Questi fu cavalier di corte, uomo costu-
mato molto laudevol maniera; ed era il suo esercizio, e degli
e di
altri suoi pari, il trattar paci tra"' grandi e gentili uomini, trattar
matrimoni e parentadi, e talora con piacevoli e oneste novelle re-
creare gli animi de' faticati, e confortargli alle cose onorevoli. -
Benv.: Guglielmus Burserius fuit quidam civis florentinus, faciens
bursas, vir secundum facultatem suam placibilis et liberalis ; qui
tractu temporis habens odio officium bursarum, quibus clauditur
pecunia, factus est homo curialis, et ccepit visitare curias domino-
rum et domos nobilium. Accidit autem, quod semel applicuit ad
civitatem Januse, ubi moram traxit pluribus diebus, retentus et ho-
norifice tractatus quibusdam nobilibus. Erat in diebus illis in
a
Janua quidam dominus Herminus de Grimaldis, qui in possessione
divitiarum non solum excedebat januenses, qui sunt ditissimi, sed
etiam omnes italicos; et sicutsuperabat omnes in opulentia, ita in cu-
piditate et miseria, ita quod non solum honorabat alios, sed pr se vi-
ve vat parcissime,cumtamen januenses communiter vivant parce; imo,
quod turpius erat, induebatur viliter cum tamen januenses generaliter
induantur splendide. Iste ergo Herminus, audita fama Guiglielmi, mi-
sit pr eo, introduxit eum in salam cuiusdam pulcrse domus, quam
fecerat noviter fieri. Et quia adhuc remanserat in eo aliqua scintilla
nobilitatis quam omnino avaritia non extraxerat, dixit Guiglielmo:
Deh domine Guiglielme, vos, qui multa vidistis, sciretis ne me docere
Bosco-Bostichi 253
aliquam rem peregrinarci numquam amplius visara, quam possenti
facere pingi in ista mea sala? Guiglielmus audens suum inconve-
niens loqui, respondit: Domine, non crederem posse vos docere, nisi
Iris. Sed si placet, docebo vos unam,
forte essent sternuta, vel similia
quam non credo vos vidisse unquam.Dominus Herminus factus avi-
dus, subito dixit: Deh! rogo vos, dicite mihi; non expectans ipsum
responsurum, ut fecit: cui Guiglielmus prasto dixit: Facite pingi
dominam Liberalitatem. Herminus tunc audito scommate mordacis-
simo, transfixus fuit tam forti telo verecundise, quod quasi mutavit
malignum morem avaritise in laudem largitatis: et dixit facie fiam-
mata rubore Ego faciam pingi talem, quod nec vos, nec alius po-
:
terit quod numquam viderim, vel noverim
rationabiliter dicere,
ipsam. Et ab illa die in antea tanta? fuit virtutis et efcacise ver-
bum Guiglielmi, quod postea fuit liberalior et gratiosior omnibus.
Cfr. Bocc, Decani, i, 8. Lo stesso ripetono il Land, ed altri. -
Buti: Questi fu ancor valoroso cittadino di Firenze, ed ebbe tutti
gli onori che dare si poteano alli valorosi cittadini, e fu del casato
de' Borsieri.
Bosco, dal basso lat. boseus, e questo probabilm. dal gr. poaxY],
pascolo, pastura; Luogo pieno di alberi salvatici, ed anche tutti
insieme essi alberi; Inf. xm, 2; xiv, 75, 140. Purg. xxv, 130;
xxxii, 42.
Bostichi, nobile famiglia fiorentina; Par. xvi, 93. - Era tra-
dizione ai tempi del Verino, che i Bostichi derivassero da qualche
Senator Eomano, qua venuto dopo che Koma fu occupata dalle armi
di Alarico re dei Goti. Ci prova che la famiglia era antica, e ne
abbiamo riscontro dal sapere che nel 1039 Guiduccio Bostichi fu
armato cavaliere da Arrigo I; Piero fu console nel 1186; Bostico
prese la croce per andare a combattere in Palestina nel 1217. -Al
suscitarsi delle fazioni tennero per parte guelfa; e combatterono
principalmente contro i Soldanieri; e notano le carte del tempo
come la rabbia ghibellina si sfog contro di essi nel 1260, distrug-
gendo i loro palazzi e le torri che aveano in Firenze e a Verzaia,
perch alla battaglia di Montaperti eransi trovati nelle file dei Fio-
rentini e messer Bianco, e messer Gherardo, e messer Fortebraccio,
e Tannuccio, e Bindo, e Carfagnino, e Pietro, e Pazzino e Baviz-
zino, tutti di questa famiglia Bostichi. - Quando poi stanche le parti
del guerreggiarsi vollero devenire ad una stabile pace, che fu com-
promessa nel papa Niccol III, tocc a messer Fortebraccio l'onore
di andare a Koma per pregarne il Pontefice e poi, allorch la pace
;
fu sottoscritta, egli stesso con Corteccione e messer Bindo vi prese
-
254 Botanica
parte a nome dei Guelfi. - Corteccione molto rammentato nei fatti
della spedizione contro gli Aretini del 1289; ed ancora nelle san-
guinose vicende che furono conseguenza della inimicizia dai Bo-
stichi contratta coi Foraboschi nel 1293. - Azzolino cavaliere a spron
d'oro fu destinato nel 1296 a trattare la pace tra i Bolognesi ed il
marchese di Ferrara: incarico nobilissimo, di cui seppe degnamente
disimpegnarsi. - Furono i Bostichi di parte Bianca quando la citt
fu nuovamente divisa dall'orrenda scissura nel 1300; poi, avendo
prevalso la fazione dei Neri, tocc ad alcuni di questa casa a par-
tirsi esuli dalla citt. La riforma del 1311 riapr a quelli le porte
della patria loro, e si mostrarono grati del beneficio allorch Ar-
rigo VII pose assedio a Firenze, imperocch alcuni valorosi giovani
di questa casa perirono valorosamente combattendo contro le ma-
snade tedesche in un fatto d'arme ch'ebbe luogo in Val d'Ema.
N mancarono al loro dovere quando l'oste dei Fiorentini mosse a
difendere Montecatini contro Uguccione della Faggiola, e nel corpo
dei feditori leggonsi i nomi di Albizzo, Alderotto e Gherardo ca-
valieri, e di Andrea, Spinello, Alessandro ed Uberto, tutti dei Bo-
stichi: anzi il nome di Alderotto figura tra quelli dei morti alla
famosa battaglia di Montecatini. - Taccio di altri fatti ai quali in-
dividui di questa casa parteciparono, e soltanto vo' notare che l'ul-
tima memoria che ne conservin le istorie di Doncione a cui la
morte di capestro fu giusta punizione della slealt con cui cede ai
Tarlati le castella che avea in custodia, all'epoca della cacciata del
Duca di Atene. - Non si ha pi notizia dei Bostichi dopo la prima
met del secolo XV; ed affatto da rigettarsi l'asserzione che disse
i Davanzati, i Eiccialbani e gli Stradi usciti con essi da un me-
desimo tronco, perciocch fu un atto di adulazione usato a queste
case di origine popolare quando furono elevate ad alto stato, e non
pi antico dei primi anni del secolo decimosesto; Lord Vernon,
Inf., voi. il, p. 429 e seg.
Botanica, dal gr. poxavvj, erba, pascolo; La scienza delle piante,
de' vegetabili. Che Dante, arguto e finissimo osservatore della natura,
non fu digiuno di cognizioni botaniche, si rileva dalle sue opere (cfr.
Ferrazzi, Man. Dani, n, 234 e seg. L. Venturi, Similit., p. 76
e seg.). Ma egli era pur sempre un figlio del suo secolo, ed il vo-
lergli attribuire, come un mal inteso entusiasmo taluna volta fece,
cognizioni che risultarono da scoperte e da studi posteriori, un
brutto anacronismo. Cfr. Ottaviano Targioni-Tozzetti, Delle co-
gnizioni Botaniche di Dante espresse nella Div. Com. Lezione
detta nelV adunanza della Crusca il d 9 maggio 1820, negli Atti
della Crusca il, 351 e seg. E. De Visiani, Accenni alle scienze
Botolo-Bozzo 255
botaniche nella Uiv. Coni, in Dante e il suo sec., p. 519-31. Stop-
pani, Il sentimento della natura e la Div. Coni., Mil., 1865.
Botolo, forse dal lat. putus in senso di piccolo, mediante la
probabile forma diminutiva putulus ; ma pi probabilmente dalla
radice bot, comune con botta e botte, significante gonfiezza; Cane
piccolo e ringhioso. E figuratam. per Uomo stizzoso e maligno, ma
impotente a nuocere. Onde Dante chiama Botoli gli Aretini; Purg.
xiv, 46. - Gli Aretini, dove Arno, ve-
de' quali parla l'Auttore,
nendo di Casentino, corre verso Arezzo presso a quattro miglia, sono
nominati Botoli, perch hanno maggiore l'animo che non si richiede
alla forza loro; et ancora perch scolpito nel segno loro: A cane
non magno scepe tenetur Aper ; An. Fior.
Sotto e Hutto, da botta, colpo, e questo affine al lat. batuo
e all'ant. ted. bozen, battere; onde Di posto
botto o Di butto,
avverbialm. per Di colpo, Di subito, Immantinente; Inf. xxn, 130;
xxiv, 105. Purg. xvn, 40.
ISozzaccliione, propriam. accrescitivo di bozzacchio, e que-
sto affine a bozza, dal basso lat. bocia ; Susina che siili' allegare
guasta dagl'insetti col deporvi le loro uova; onde intisichisce, e,
ingrossando fuori del consueto, divien vana e inutile; Par. xxvil, 126.
Bozzo, forse dall' ant. frane, bouz per bouc ;
propriam. Becco,
ma non trovasi usato che figuratam. per Colui, al quale la moglie
fa fallo; Par. xix, 138. - Bozze, idest, bastardas; Benv. -Bozze,
cio vituperate come vituperato l'omo quando la moglie li fa fallo; >
Buti. - Qui forse bello il traslato, che questi due tristi avevano
disonestamente vituperato la loro prosapia e le loro corone; Poi. -
Il popolo toscano usa bozza per cosa vieta e vana e anche trat- ;
tandosi di discorso, per fandonia o bugia, e io credo che sia un
adiettivo sostantivato, e eh' e' ci si sottintenda, al solito, cosa, come
in nuova per cosa nuova o novit, e altre simili. Sicch l'emistichio e
due corone han fatte bozze si dovrebbe intendere, secondo quest'uso,
che quelle due corone, per le sozze opere di que' due principi, non
vennero a perfezione di frutto maturo, ma
imbozzacchirono e rima-
sero vane, come pomo Far bozzo poi, se-
intristito nell' allegare.
condo l'uso popolare toscano, si dice pure de' coniugi quando uno
fa fallo all'altro, e secondo ci s'intenderebbe- che quelle due co-
rone furono dalle male opere di que' due principi vituperate. Adul-
terare e fornicare, in questo significato, l'usa altrove Dante e si
trova nelle Sante Scritture Caverni.
;
-
256 Brabante-Bratca
Brattante, una dello pi grandi provncia dei Paesi Passi,
oggi del Belgio. La donna di Brasante, Purg. vi, 23, la du-
chessa Maria, moglie di Filippo III l'Ardito, il quale fece uccidere
Pier dalla Broccia, ad istigazione, come credettero alcuni antichi,
della moglie. Cfr. BROCCIA. Maria mor nel 1821.
Braccio, al plnr. comunemente Le braccia, dal gr. Ppaj^wv,
lat.brachium; 1. Membro del corpo umano che va dalla spalla alla
mano; Inf. vili. 43; xiv. 107; IV, 25; XVII, 96; XII, 124; XXII, 59,71;
XHY, 22; XXY, 7, 53, 73, 112; xxvni, 128; xxx, 105, 108: xxxi, 48,
87, 96; xxxiv, 31. Purg. vi, 13; ix, 3, 38; xn, 91; xv, 100;xxiv.
22; xxxi, 100, 105. Par. xxm, 122.-2. Per II lato, onde In sul
braccio destro, per In sul lato destro, A destra; Purg. xxxn, 16.-
1
3. E fgnratam. Le braccia dell infinita Bont, per La divina mi-
sericordia: Purg. in, 122.
Brace e lira eia. cfr. Bragia,
Braco, cfr. Brago.
Bragia (Brachi, Brago, Braco), da bruciare. In gr. ?pa(o,
vale bollire: prov. e spagn. bratti, portog. braza, frane, braise, se-
condo Piez [Wrt. 3 80) dall' ant. nord, brasa
il i , saldare a fuoco, =
sved. brasas =
scintillare. 1. Carboni accesi, ma senza fiamma, che
restano delle legna abbruciate; Par. xix, 19.- 2. E per similit. Occhi
di bragia, per Accesi d'ira; Inf. ni, 109.
Brago e Braco, dal gr. ppoPfc, palude, stagno, prov. brac,
ant. frane, brai : Fango, Melma, Mota, Poltiglia; Inf. vili, 50.
Purg. v, 82.
Brama, dal verbo bramare;
Voglia intensa, Grande appe-
1.
tito, propriamente di cibo; Inf. , 49. Pura. XXIII, 35. Par. IV, 4.
'2. E pi comunemente per Qualsivoglia intenso desiderio; Inf. xv,
111; XXXII, 94. Purg. xv, 78. Par. xxvn, 9.
Bramare, dal lat. peramareP o dal gr. (j?;.uo, fremerei o
breman, gridare, muggire? Prov. e spagli, bramar;
dall' ant. ted.
frane, bramer. gridare (cfr. Diez, Wrt. \'\ 80): Grandemente de-
siderare, Avidamente appetire: Inf. xxx, 63; xxxi, 125. Purg. Vili,
75; xin, MS: xvn, 116; XXXIII, 63. Par. x, 45; XVII, 103.
Bramoso, Pieno di brama. Avido: Inf. I, 98; vi, 27: XIII, 125.
Purg. xxiv, 10S.
Branca, dal basso lat. braiea, affine a brachium. 1. Zampa
anteriore di animale con unghie da ferire, o Artiglio di uccello da
Branca (l'Oria-Branda (Fonte)
preda: Inf. xvu, 13, 105: xxu. 100 (cfr. Malebra: - 2. Per
similit. dicesi anco della Mano quando afferra, stringe checche-
onde Aver tra branche, per Avere in suo potere: Inf vii, 6
3. Le branche verdi sono Gli artigli verdi nello stemma degli Or-
delaffi. signori di Forl; Inf xxvn. 45.
Branca d/Oria. cavaliere genovese il quale assassin Mi-
chel Zanche suo suocero per torgli il giudicato di Logodoro in
Sardegna, onde messo nell'Inferno prima della morte del corpo;
Inf. xxxin, 137. 140. Cfr. Michel Zanche.
Brancolare, da branca. Andare al tasto, cio colle mani
avanti come si fa dai ciechi: Inf. xxxiii. 73.
Branda (Fonte), tre fonti esistono di tal nome: 1. La Fonte
Branda Borgo alla Collina nel Valdarno Casentinese: 2. la Fonte
di
Branda eh' a mezzod delle mura esteriori del castello di Eomena,
la cui fonte ora quasi inaridita; 3. la Fonte Branda in Siena,
molto abbondante e limpida; cfr. Lord Yeb>"0>", Inf., voi. ni, p. 215
e ivi le tav. xcv e xcvi. Or di quale Fonte Branda parla maestro
Adamo da Brescia nel luogo Inf. xxx. 7^ Iac. Dant., Lan.. Petr.
Dant., Falso Bocc, Dol, Ces., Corn... ecc. non danno veruna ri-
sposta a questa domanda. Gli altri antichi e molti moderni (Bambgl,
An. Sei., Oli., Cass Benv.. Bufi. An. Fior.. 5
, Baro.. Land.. .
Tal, Veli, Dan.. Voi. Veni.. Lomb., Port., Pog.. Biag.. Wagn.,
Bosset., Tom., Bl, Filai, ecc.) intendono di Fonte Branda di Siena.
Ma l'inglese Foesyth (Italy, p. 116) scoper-e la Fonte Branda di
Eomena, onde si avvis che di questa intendesse parlare maestro
Adamo, opinione accettata da Br. B.. Frat.. Binnas.. Camer.. Camp.,
Poi, Ampre (La Grece. Pome et Dante, p. 26S e seg.), Lord Ver-
non, Plumpt., TT. TT. Yernon, Butl, Kanneg., ecc. li Fratte, scrive:
Poich maestro Adamo dice, che, a tormentarlo maggiormente, la
giustizia divina tragge cagione dal luogo ov'egli pecc, ponendogli
innanzi alla mente le fresche acque del Casentino: cos nessuno vorr
pi credere che qui si parli della Fontebranda di Siena. Nei Capi-
toli della compagnia della gloriosa vergine Maria et di sanfFgidio.
advocati et protectori delli huomini del castello di Eomena, nuova-
mente fatti et ordinati per gli prudenti huomini Francesco, ecc.
Vanno del signore 3IDXXXIX. verso la fine del libro ove sono
stati presi vari ricordi, si legge :
'Lo spedale di santa Maria
Maddalena penitente da la parte verso Fonte Branda ecc. E il ,
Poi: Se da antichi documenti c' affermata l'esistenza d'una
fonte di tal nome, presso il castello di Eomena; se badiamo che il
Poeta fu a Eomena ospite di que' signori nei primi anni del suo
17. Enciclopedia dantesca.
258 Brandi zio-Brenta
esiglio (?) se teniamo conto della persona che parla, la quale prima
;
accenna sospirosa ai ruscelli freschi del Casentino, panni che tutto
convenga per poter affermare coll'Ampre, che la Fonte Branda,
nominata da Adamo, certamente quella fontana, che scorre tut-
tora non lungi dalla torre di Romena, fra il luogo del delitto e
quello del supplizio. Ma quella fonte presso Romena, portava il
nome di Fonte Branda gi ai tempi di Dante? (cfr. Ant. Benci,
Intorno alla Foniebranda nominata dall' Aligh. al C. del- XXX
l' In f., Fir., 1821. L. De Angelis, Sulla Fontebranda di Siena
rammentata da Dante nella Div. Com., Siena, 1823). E se gi lo
portava, come si spiega il fatto che non un solo degli antichi pens
alla Fonte Branda di Romena? Cfr. Blanc, Versuch i, 264 e seg.
Barlow, Contributions, p. 158 e seg. G. Tancredi, Di una nuova
interpretazione sulla Fonte Branda nominata da D. nel Buonar-
roti, 1872, xn, p. 421 e seg.
Ilraiiclixio, gr. BpsvTatov e BpsvxYJaiov, lat. Brundisium e
Brundusium, oggi Brindisi, citt marittima in Terra d' Otranto
nell'antico regno di Napoli, dove mor Virgilio l'anno 19 a. C. (cfr.
Donat., Vit. Verg., p. 62' e seg. Hieronym., Chron. 01. cxc, 2) e
d'onde il suo corpo fu trasportato a Napoli ed ivi sepolto ( Ossa
eius Neapolim translata sunt tumuloque condita, qui est via pu-
teolana intra lapidem secundum; Donat., 1. e, p. 63; cfr. Com-
paretti, Virgilio nel medio evo, Livorno, 1872, IT, 47 e seg.); Purg.
in, 27, il qual verso ricorda l'epitafio di Virgilio: Mantua me g-
nuit: Calabri rapuere: tenet nunc - Parthenope.
Brano, dal basso lat. brandeum, pezzetto di drappo, di seta,
o dipannolino Parte o Pezzo strappato con violenza dal tutto
; ;
detto specialmente di carne o panno. brano a brano, posto av- A
verbialmente coi verbi Dilacerare, Troncare, ecc. vale Ridurre in
pezzi, Lacerare; Inf. vii, 114; XIII, 128.
Brenno, capo de' Galli che verso il 390 a. C. invasero l'Italia;
cfr. Tit. Liv., v, 33-49. Pol., Dopo aver distrutto
i, 6. Just., vi, 6.
romano sull'Arbia, presa e distrutta Roma, fu finalmente
l'esercito
compiutamente vinto da Camillo; Par. vi, 44; cfr. Conv. iv, 5, 95
e seg. Mon. li, 4, 31 e seg.
ISreiita, presso i Romani Medoacus major, fiume dell'Italia
settentrionale che nasce nelle montagne di Chiarentana, passa per
Padova e sbocca nell'Adriatico; Inf. xv, 7. Par. x, 27. Cfr. Loria,
p. 179 e seg. Ai tempi di Dante la Brenta era uno dei confini della
Marca Trivigiana.
Brescia-Briareo 259
Brescia, citt d'Italia, detta Brixia dai latini, nella Gallio,
Cisalpina Transpadana sul fiume Garza, antico municipio con di-
ritti coloniali; cfr. Tit. Liv., v, 35, 38; XXXII, 30. Dante ricorda
un punto di confine della sua diocesi, Inf xx, 68. Cfr. Vulg. El.
i, 15, 8.
Bresciano, cittadino di Brescia; Inf xx, 71. Il Volgare bre-
sciano biasimato Vulg. El. i, 14, 19 e seg.
Brettinoro, ora Bertinoro, l'antico Forum Trutarinorum,
piccola citt della Romagna tra Forl e Cesena, patria di Guido del
Duca; Purg. Xiv, 112. La citt situata sopra una collina a manca
della Via Emilia, presso Forlimpopoli. Nel sec. XII era feudo della
contessa Aldrada, celebre nella gaia scienza per la sua corte d'amore,
la quale col suo coraggio impose a Federigo Barbarossa di togliere
l'assedio d'Ancona. Pass quindi ai Malatesta signori di Rimini.
Nel 1291 fu presa da Mainardo Pagano, e pass quindi sotto la si-
gnoria degli Ordelaffi. Nel 1300 Malatestino dei Malatesti volle ten-
tare di ricuperarla per tradimento ordito con Alberguccio dei Mai-
nardi. Vi and il 6 agosto con parte della milizia di Rimini, e con
tutta quella di Cesena, ed ebbe parte della terra, ma non il girone
e la torre. Giuntone l'avviso a Forl, Scarpetta delli Ordelafn, ca-
pitano di quella citt, marci in fretta contro Malatestino, lo scon-
fisse in battaglia e riprese la citt, la quale d' allora in poi segu
sempre la sorte di Forl; cfr. G. Vill., vili, 93. Loria, li, 490 e seg.
Breve, ed anco Brieve, dal lat. brevis ; 1. Add. Corto, di
non lunga durata, Caduco; e dicesi propriamente di tempo o di
cosa che abbia relazione a tempo; Purg. xm, 78; xxvi, 33; xxxi, 60.
Par. xm, 63. - 2. E detto dello spazio o di cose che si riferiscano
allo spazio, vale Di non molta estensione, Piccolo, Stretto, Non
lungo Inf. xxxiii, 22. Purg. xxi, 48. - 3. E per Poco, In piccola
;
quantit; Par. i, 95; xvm, 87; xxx, 56. - 4. In breve, posto avver-
bialmente, vale lo stesso che Brevemente, In poco tempo; Inf.
xxviii, 56.- 5. Avverb. Brevemente, Con brevit; Inf ni, 45.
Brevemente ed anco Brievemente, Con brevit; e per
lo pi si riferisce al favellare e allo scrivere; Inf. n, 86; xm, 93.
Briareo, uno dei tre Centimani, figli di Urano
ExaTyx^P *- o
e della Terra, nemici al padre,il quale perci li teneva legati nelle
profondit della terra. Nella lotta coi giganti furono sciolti ed ado-
perati in servigio degli Dei olimpici, quindi posti nel Tartaro come
guardiani de' giganti; cfr. Hesiod., Theog., 147,617,734. Secondo
260 Briga-Brigata godereccia
alcuni Briareo sarebbe personificazione dell'inverno; cfr. Creuzer,
SymboliJc und Mythol. n 2 429. Dante lo ricorda Inf. xxxt, 98, al-
,
ludendo forse alla descrizione fattane da Virg., Aen. x, 564 e seg.
e da Stazio, Theb. il, 595 e seg. Nel Purg. xil, 28 Briareo ricorre
tra gli esempi di superbia punita, secondo la mitologia posteriore
ad Esiodo, la quale fa di Briareo uno dei giganti fulminati da Giove
e sepolto sotto il monte Etna.
Briga, d'ignota etimol. Secondo la Cr. dal lat. barb. briga,
contesa, rissa, d'origine probabilm. celtica. Zamb.: Il celt. brig,
cima, vetta, troppo lontano. Lo Storm risale al got. brihan, ted. mod.
brechen, rompere, v. breccia, e avrebbe indicato chiasso, tumulto,
per la stessa affinit che ha fragore con frangere. Cfr. Diez, Wrt.
3
I, 85 e seg. - 1. Cura o Faccenda fastidiosa, Travaglio, Noia; Purg.
vii, 55.-2. Per Lite, Contesa, Contrasto; Purg. XVI, 117. Par.
xn, 108. - 3. E per Commozione, Agitazione; Par. vili, 69. - 4. E
per Ci che d briga o travaglio, agitando o in altro modo mole-
stando o tormentando; Inf. v, 49.
Brigare, propriam. Usar brighe, raggiri, Far pratiche oppor-
tune a fine di ottener checchessia. E per prendersi cura, Far opera,
Ingegnarsi; Purg. xx, 125.
Brigata, soprannome di Nino o Ugolino, figlio di Guelfo, pri-
mogenito del conte Ugolino della Gherardesca, e di Elena, figlia
naturale di Enzo re di Sardegna. Mor col nonno nella Torre della
fame; Inf. xxxin, 89. Cfr. Ugolino della Gherardesca.
Brigata, da briga, quasi compagnia di gente da far baccano;
Compagnia di persone, adunate specialmente a fine di divertirsi ;
Inf. xxix, 130. Purg. xiv, 106.
Brigata godereccia o spendereccia, Compagnia di
dodici ricchissimi giovani Sanesi, formatasi in Siena nella seconda
met del sec. XIII, nell'intento di vivere lietamente in conviti e
feste.Dante la menziona Inf. xxix, 130. - In civitate Senarum facta
est per tempora moderna quidam societas vanissima, quse voluit
appellari nobilis vel curialis, et vulgo vocata est Spendaritia. Fue-
runt enim, ut audivi, duodecim juvenes ditissimi, qui convenerunt
concorditer inter se de facienda re, de qua omnium lingua loque-
rentur cum risii, ad quorum notitiam perveniret. Posuerunt ergo
singuli decem et octo millia florenorum, videlicetin stimma dticenta
sexdecim millia in cumulum: et statuerunt, quod quicumque ex-
penderet aliquid parce, statim tamquam indignissimus expelleretur
de tam liberali sodalitio. Conduxerunt ergo datis legibus inter se
Brina-Brisso 261
pulcerrimum palatium, in quo quilibet habebat cameram commo-
dissimam cum ordinatissimis arnesiis, mensis, et suppellectibus;
ubi conveniebant omnes semel vel bis in mense epulantes splendide
et sumptuose; et, ut tangam breviter generales observantias, ad
omne convivium apponebant tria mensalia. Quorum primum colli-
gebatur per domicellos, discumbentibus conviviis nobilibus, et cum
omnibus jocalibus, vasis, cultellis aureis et argenteis, projiciebatur
per fenestram. Secundum mensale, in quo comederant epulas, con-
servabatur; similiter et tertium, quo tergebant manus. Faciebant
autem cibaria varia, insolita et incognita humanis usibus, numero
et qualitate quamvis audiverim narrari multa de eis, quse vel ficta
;
sunt, vel aliorum dieta fuerunt. Explorabant autem diligenter, quando
veniebat aliquis magnifcus dominus, vel vir magna? nobilitatis; et
euntes illi in occursum, deducebant illum cum magna celebritate ad
commune eorum palatium, et cum magna pompa honorabant eum,
donantes munera plura et cara. Et hoc unum potissime imposuit
finem insanissimo? vanitati eorum, qua? duravit solum per viginti
menses; nam cito devenerunt ad inopiam, et facti sunt fabula gen-
tium, paritura semper risum posteris audientibus. Unde factae sunt
duae cantiones placibiles de eis; quarum altera continet delicias et
delectationes eorum ; altera vero calamitates et miserias, quas ria-
bituri erant; nam de rei ventate aliqui eorum iverunt ad hospi-
tale ; Benv. - Questa brigata vivette molto lussuriosamente e
prodigalmente, stando in cene et in desinari, sempre cavalcando
bellissimi cavalli ferrati con ferri d' ariento, vestendo bellissime
robe, tenendo famigli vestiti a taglia e spenditori, facendo sempre
pi e pi vivande e di grande spesa; e tra l'altre pompe faceano
friggere i fiorini, e davansi per taglieri e succiavansi a modo di
calcinelli, e gittavansi sotto la mensa come si gittano li gusci de' cal-
faceano dell'altre simili cose a queste: Buti.- Le due
cinelli, e cos
canzoni delle quali fa menzione Benv. sono probabilmente le due
Corone di Sonetti di Folgore da San Gemignano, che fior nella se-
conda met del sec. XIII; cfr. Scrittori del primo sec. della lingua
ital, Fir., 1816, n, 171 e seg. Nannuc, Man.
341 e seg. Vedi i,
pure Acquarone, Dante in Siena, Siena, 1865, p. 45 e seg. A. Bor-
gognoni nel Propugnatore di Bologna, voi. i, p. 305 e seg. A. D'An-
cona, Studi di crit. } ecc., p. 206.
.Brina, dal lat. pruina; Kugiada congelata; Inf. xxiv, 4. Purg.
xxi, 47.
JBrisso, antico filosofo e matematico greco, secondo alcuni figlio
e discepolo di Stilpone da Megara, secondo altri discepolo della
262 Broccia (Pier dalla)
scuola di Socrate. Aristotile lo ricordacome matematico che cercava
la quadratura del circolo; cfr. Aristot., Sopii. Eh, e. XI. Forse
quel medesimo Brysn, dei cui Dialoghi dicesi che Platone si gio-
vasse molto. Dante lo menziona Par. xm, 125. Fu Brisso filosofo
al tempo di Ciro, - il quale con false dimostrazioni e vane volse del
circulo trarre proporzionalmente il quadro; Ott.
Broccia (Pier dalla), Pierre de la Brosse, chirurgo di bassi
natali che guadagn il favore di Filippo l'Ardito, re di Francia
si
(cfr. Nasetto), a segno che questi lo fece gran ciambellano. Quando
nel 1276 Luigi, figlio maggiore di Filippo, mor improvvisamente,
si sospett di veleno, e sembra che Pietro accusasse Maria, figlia
di Arrigo VI duca di Brabante e moglie in seconde nozze di Fi-
lippo, d'aver fatto avvelenare il figliastro per assicurare al proprio
figlio la successione sul trono di Francia. Purgatasi la regina, Dio
sa se con verit o con astuzia, dalla colpa appostale, ed ella ed i
di lei fautori presero fieramente in odio il povero Pietro, il quale
d'allora in poi and man mano perdendo il favore del re. E quando
poi Filippo aveva guerra con Alfonso X re di Castiglia, i nemici
di Pietro lo accusarono di tradimento e fecero consegnare a Filippo
lettere segrete ad Alfonso, che si vollero scritte da Pietro, onde
Filippo lo fece impiccare. Pare che Dante lo credesse innocente;
Purg. vi, 22. I corani, ant. sembrano aver ignorato il vero. Lan. :
Fu accusato al re eh' elli stava in fornicazione con la regina di
Francia; per la quale cagione elli fu appiccato per la gola. --
Petr. Dant.: Suspensus ad instantiam re gin se Francise, filise Ducis
Abrabantise, invidia potiusquam delieto. - Cass. : Ad instantiam
regine uxoris dicti regis de domo brabantie occisus fuit. - Falso
Bocc: E peraschio fu achusato aire efunne chagione lareina chera
di quelle di bramante e ilre per quella achusa glifecie tagliare la-
Benv. Quia omnia poterat in regem suum,
testa. - : incurrit
odium curialium ex invidia; et ipsa regina concepit grave odium
contra eum, quem vir suus tantum diligebat; unde falso accusavit
eum regi, quod scripserat sibi literas venereas; propter quod rex
nimis credulus, subito accensus ira et furore, fecit innocentem injuste
suspendi. Del resto Benv. dice erroneamente che Pietro fu intimus
consiliarius et secretarius Philippi Pulcri regis Francise -Buti:
Fu accusato, secondo che fnge Dante eh' elli dicesse, per astio e
per invidia; ma non perch vero fusse eh' elli avea adulterato co
la reina di Francia; unde lo re lo fece decapitare et accusollo la
duchessa di Brabante. - Serrav.: Nota quod quedam regina Fran-
tile fuit philocapta de quodam milite, qui stabat in cura regis, qui
miles vocabatur Pierus de Labroccia, et invitaverat eum de stupro,
Broda-Brollo 263
et noluerat consentire. Kegina sic scivit facere, quod de mandato
regis fuit suspensus, iniuste tamen. >->
Broda, dal basso lat. brodium, e questo dall' ant. ted. brod
che aveva lo stesso significato; propr. acqua dove hanno bollito certi
legumi, come fagiuoli, ceci, ecc. E per Acqua imbrattata di fango
e d'altre sporcizie, Pantano; Inf. vili, 53.
Brogliare, secondo la Cr. dal venez. brogiar ; secondo il Bl.
affine al frane, brouiller, e al ted. brudeln, broden, che indica il
movimento de' liquidi in ebullizione; prov. brohar, spagn. ant.
br oliar ; cfr. Diez, Wrt. i 3 88. La spiegazione data dalla Cr. Far
,
broglio, cio far pratiche ambiziose, Brigare per ottener checchessia,
non coglie il senso di Brogliare nel luogo Par. xxvi, 97, dove Bro-
gliare sembra piuttosto valere Agitarsi, Affaccendarsi, Brigarsi e si-
mili. - Lan. Qui esemplifica che s come per lo movimento estrin-
:
seco d'uno animale si estima lo vero di suo appetito, cos per lo
sfavillare e movimento de' radii del quarto lume estimava la be-
nevolenzia e la voglia, eh' avea l'alma, che v'era dentro, di compia-
cere a lui. - Benv.: Broglia, idest, vibrat, vel tremit. - - Ali-
quando unum aliquod animai fasciatura pelle sua indicat suam
affectionem interiorem per aliquem motum exteriorem, puta tre-
morem pellis; ita a simili Adam per vibrationem lucis, qua velatus
erat exterius, ostendebat lsetam voluntatem interiorem complacendi
autori. Cfr. Prose fiorentine II, II, p. 119.
Brollo e Brullo, affine al frane, bruler, che in antico si
disse anco bruller Spogliato, Privo di checchessia; Inf. xvi, 30;
;
xxxtv, 60. Purg. xiv, 91. I comment. non vanno d'accordo sul si-
gnificato di questa voce.
Inf. xvi, 30. Cass. Denudatus. - Bocc. : Cotti e disformati. -
:
Benv.: Spoliatus et depilatus capillis et barba. -Buti: Brollo,
perch siamo ignudi. - An. Fior. : Brollo cio povero. - Serrav. :
Brollus, idest depilatus, quia nullus capillus remanserat. Brollo
per dipelato intendono pure Land., Veli., Gelli, Dan., ecc. e il
v. 35 :Tutto che nudo e dipelato vada mostra che questa inter-
pretazione la vera. Il Bl. ed altri si avvisano che in questo luogo
Brollo valga Scorticato. Cfr. Caverni, Voci e Modi, p. 34 e seg.
Nei due altri luoghi, Inf. xxxiv, 60 e Purg. xiv, 91 quasi tutti
vanno d'accordo che Brullo vale Spogliato, Denudato e simili. Buti:
Tutta brulla, cio tutta netta, che ne la portavano gli unghioni. -
fatto brillio, cio privato e vano. - Nel linguaggio popolare
toscano brullo significa Spogliato, Ignudo, e si dice, per lo pi, degli
264 Brolo-Brullo
alberi che hanno perduto il decoro delle foglie e delle fronde, e
della terra non rivestita di verde alcuno o d'erbe o di piante. S'in-
1
tende perci bene da' toscani che cosa significhi ne due luoghi ci-
tati, rimaner brulla della pelle la schiena, e esser fatto brullo il
sangue di Eanieri da Calboli del ben richiesto al vero e al tra-
stullo Cavernj, 1. e.
;
Brolo, dal lat. barb. brogilus, broilus, brolius, broium, che
sembra d'origine celtica; Parco, Verziere; e figuratam. per Corona
di fiori,Ghirlanda; Pura, xxix, 147. - Brolo, idest, ghirlandanti;
Benv. - Brolo cio verdura brolo al modo lombardo orto dov'
:
verdura; e qui lo pillia per lo frontale e per la corona; Buti. In-
vece il Salvini (Annotaz. alla Perfetta Poesia del Murat. Ven., 1748,
I, 118) : Propriamente broglio vale giardino, da 7ispi(3Xio, dimin.
di TcsppoXog, luogo chiuso intorno intorno e da KspifoXog fu fatto
;
brolo, che us Dante Purg. xxix ma di gigli - Di sopra il capo
:
non facean brolo. Gl'interpreti spongono corona, ghirlanda: ma
questo il proprio; e qui Dante parla figurato, chiamando la co-
rona de' gigli un giardino. Cos pure Lomb., ecc. Dei sette per-
sonaggi che chiudono la mistica processione il Poeta dice che erano
abituati col primaio stuolo, colla sola differenza che di gigli -
Dintorno al capo non facevan brolo, - Ansi di rose e d'altri fior
vermigli. Dei ventiquattro seniori, che formavano il primaio stuolo,
Dante dice che Coronati venian di fiordaliso; v. 84. Quindi far
brolo sinonimo di venir coronato, e brolo vale Corona, Ghirlanda.
Bronco, dal lat. brocchus, che in alcuni codd. trovasi scritto
bronchus ( potrebb' essere brocco con n inserita, ovvero il ted.
bruch, cosa spezzata, Zamb.); Grosso sterpo, ed anche Tronco ra-
moso ed ispido; Inf. xm, 26. Il Bl. : Bronco per avventura una
variet di forma della voce tronco.
Bruciare, dal lat. perustus, onde pare si formasse perustiare,
come mostra l'ant. verbo spagn. ustar, e donde l'ant. frane, brusler;
Esser consumato dal fuoco, Ardere, Scottare; Inf. xvi, 49.
Bruggia, Bruges, dal ted. Bruche, ponte, citt capitale della
Fiandra occidentale nel regno del Belgio. Il suo nome fiammingo
Brugge - derivato dai molti ponti, che sono sopra i canali che la
traversano in ogni senso. citt molto antica, e fin dal VII sec. era
annoverata fra le pi grandi e pi rinomate; Bocci. - Inf. xv, 4.
Purg. xx, 46.
Brillio, cfr. BEOLLO.
Brunacci-Bninetto Latini 265
Brunacci ; Pietra di Donato Brunacci fu la moglie di Fran-
cesco Alighieri, fratello o piuttosto fratellastro di Dante. Non si
hanno di leiverune notizie. L'opinione che questa donna, la sua
cognata, fosse la Pietra menzionata da Dante nelle cos dette Can-
zoni pietrose, e che Dante facesse all'amore colla cognata (Imbruni,
Studi danteschi, 520 e seg.), inattendibile.
Brunetto Latini, uomo politico, nato a Firenze nei primi
decenni del secolo XIII (alcuni dicono nel 1210, altri nel 1220, altri
nel 1230), morto nel 1294. Esercit la professione di notaio, onde
il titolo di sere. Tra altri atti d'interesse pubblico rog nel 1254 le
convenzioni tra il Comune di Firenze ed i guelfi d'Arezzo. Nel 1260
ebbe parte nei preparativi della guerra contro Siena, quindi fu man-
dato ambasciatore ad Alfonso di Castiglia, che una parte degli elet-
tori della Germania aveva eletto all'Impero e nello stesso anno 1260,
dopo Monte Aperti, fu sbandito di Firenze e se n'and
la battaglia di
in Francia. Rimpatri quando tutti rimpatriarono i Guelfi, dopo la
battaglia di Benevento (22 febbraio 1266), occup alti uffici, tutto
ingolfato nella politica sino agli ultimi anni della sua vita. Fu can-
celliere di Guido di Monfort, vicario in Toscana per Carlo I d'Angi,
segretario fiorentino, sindaco nel 1284, priore nel 1287, arringatore
ne' consigli generali nel 1289, ecc. Di lui G. Vill. vili, 10: Fu
gran filosofo, e fu sommo maestro in rettorica, tanto in bene saper
direcome in bene dittare,.... e fu dittatore del nostro comune. Fu
mondano uomo, ma - cominciatore e maestro in digrossare i Fio-
rentini, e fargli scorti in bene parlare, e in sapere guidare e reg-
gere la nostra repubblica secondo la politica. Durante il suo esilio
in Francia dett in lingua francese la sua opera principale, il Te-
soro (Trsors, edito dal Chabaille, Par., 1863; cfr. Mussafia, Sul
Testo del Tesoro di Brun. Lat., Vienna, 1870). Scrisse inoltre II
Tesoretto ed II Favolello (ed. Zannoni, Mil., 1824 ediz. crit. del
;
Wiese nella Zeitschrift fiir roman. Philol., 1883, fase. 1 e 2) e
tradusse ed espose la Rettorica di Cicerone, ecc. Cfr. Sundby, Brun.
Lat. Levnet og Skriften, Kopenhagen, 1869; trad. ital. di B. Be-
nier, arricchita di molti documenti, Torino, 1884. V. Imbruni, Che
Brunetto Latini non fu maestro di Dante, Nap., 1878 e Studi
Dani., p. 331-80. Giordano, Studi sulla Div. Com., Nap., 1884-86,
voi. i, cap. 10. Nannucci, Man. i 2 p. 422 e seg. Bartoli, Letter.
,
ital. li, 291 e seg.; ni, 24 e seg. Dante ne parla con gratitudine
e riverenza figliale, ma lo pone, non si sa per qual motivo (che di
tal vizio non si trova altrove il menomo cenno) tra' sodomiti Inf. ;
xv, 22 e seg. Dai v. 55 e seg. di questo canto si inferisce che Bru-
netto facesse la pianta astronomica dalla nativit di Dante, e dai
266 Brunelleschi
v. 82 e Che Brunetto esercit una in-
seg. che gli fosse maestro.
fluenza di non lieve importanza sullo sviluppo intellettuale del-
l'Alighieri un fatto da non potersi revocare in dubbio; ma che
gli fosse maestro nel vero e proprio senso di questa parola assai
improbabile, sebbene lo affermino molti commentatori antichi. -
Fuit optimus astrologus phisyca et moralitate preclarus et inter
alia composuit quendam librum qui vocatur Thesaurus in quo multa
pulchra et utilia pertractantur; Bambgl. - Fu vicino di Dante,
e molte cose g' insegn a Dante. Questo ser Brunetto non cur del-
l'anima, fu uomo molto mondano; e molto pecc in soddomia, e
avilo molto le cose di Dio e di Santa Chiesa; An. Sei. - Fue
valorosso e naturale persona; Iac. Dani. - Fu un tempo maestro
di Dante, e fu s intimo domestico di lui, che li volle giudicar per
astrologia, e predisse per la sua nativit com'elli dovea pervenire
ad eccelso grado di scienzia; Lan. - Fu un valente uomo, e
scienziato di Firenze, e visse nella gioventute dello Autore.- Fu uno
ornato parlatore; seppe morale filosofia e liberali arti; -e grande
parte della vita fu onorato in tutti i grandi fatti del Comune di
Firenze; e, siccome appare, l'Autore prese da lui certa parte di
scienza morale; Ott. - Sulla scrizione del nome (Latini o Latino?)
cfr. Latini.
Brnnellesclil, famiglia antica e consolare, ricordata nelle
storie Fiorentine per uomini strenui nelle armi. Ebbe in contado
la signoria del castello di Petraia, in citt palagio e torri nella
piazza dei Marroni. Ader costantemente a parte ghibellina, onde
i nomi di moltissimi dei Brnnelleschi sono notati sul libro del
Chiodo per 1' furono dannati dopo il trionfo dei Guelfi,
esilio a cui
nel 1268. Alla pace del 1280 aderirono alcuni di questa casa, e tra
quelli che la segnarono pei ghibellini citansi Vanni e Becco di Bru-
nello, Bruno di messer Cambio, e messer Simone di Bruno. Uomo
principalissimo tra i Brunelleschi fu messer Betto, uomo assai pro-
vato nell' armi, il quale tenendo levata la bandiera di parte Nera
insieme con Corso Donati, la fece prevalere in Firenze. Kimasto ar-
bitro del potere, fu sdegnoso di doverlo dividere con il Donati laonde ;
si fece capo della congiura che port a morte quell'illustre magnate.
Allora divent onnipossente nella citt ma il suo carattere feroce
;
ed altiero lo fece odiare da molti, e fu causa della sua morte vio-
lenta nel 1311. - Tra gli uomini valorosi usciti da questa casa deve
citarsiBindo che combatt contro Arrigo VII, da cui fu dichiarato
rammentarsi e messer Brunel-
ribelle dell'impero; e dipoi possono
lesco e messer Ottaviano feditori alla battaglia di Montecatini
nel 1315, dove combatterono e valorosamente morirono. - - La fa-
Bruno-Bruto 267
miglia si estinse verso la met del secolo XVI. Secondo i pi ap-
parteneva ad essa quell'Agnello ricordato da Dante Inf. xxv, 68
(cfr. Agnl). A questo proposito vuoisi peraltro osservare, che
nessuno individuo di questa casa trovasi nelle antiche memorie
rammentato che portasse il nome di Agnello o di Agnolo; e che
se debba ritenersi per vero ci che i commentatori hanno detto,
convien credere che quello fosse piuttosto un soprannome che il
vero nome dell' individuo. Lord Vernon, Inf., voi. n, p. 431 e seg.
ISrnno, dal lat. pruna, brace, brun, ted. mod.
o dall' ant. ted.
braun ; 1. Di colore oscuro, che s'accosta al nero; Inf. ni, 118;
xin, 34; xx, 107; xxv, 65; xxvi, 133. Purg. xxvi, 34. Par. xxn, 93. -
2. E in forza di Sost., per Colore bruno, cio nereggiante; Par.
il, 73; xv, 51.-3. Per Adombrato, Oscuro, Con poca luce, tanto al
proprio quanto fguratam. Inf. n, 1 vii, 54. Purg. 19, 6. - 4. E
;
fguratam. per Turbato, Esprimente dispiacere, mestizia e simili;
Purg. xxiv, 27. - 5. Bruno bruno, cos ripetuto ha forza quasi di
superlativo, e vale Assai bruno ma spesso si usa per vezzo di
;
lingua; Purg. xxviii, 31.
Brusco^ etimol. ignota; la Cr. dal lat. bruscum, che origina-
riamente sembra avesse senso generico di aspro, duro; il Ferrari
dal lat. abruscus ; il Canello da rustico, rusV co ; il Bugge dal
lat. bruscum bulbo d'acero a crepature contorte, da cui dial. bru-
sco, fgnolo altri dall' ant. ted. bruttisc, tetro, rabbioso
; cfr. Diez,
;
Wrt. i 3 91. Propriam. Di sapore che tira a un aspro non dispia-
,
cevole al gusto; e dicesi specialmente del vino. E fguratam. Aspro,
Kigido, Severo, Torbido; detto dell'aspetto, delle parole, dei modi, ecc.
Par. xvii, 126.
Bruto; 1. Lucio Giunio Bruto, soprannominato Bruto da Tar-
quinio ilsuperbo perch s'infngeva mentecatto per sottrarsi alle
persecuzioni del sospettoso zio; cfr. Ci. ad Att. vr, 1, 22. Dion.
Hal., iv, 67, 77. Tarquinio lo mand come compagno de' suoi figli
a Delfi, d' onde ritornarono coli' oracolo, che la signoria di Roma
sarebbe un d di colui che primo avrebbe baciato la madre. Bruto
comprese solo che per la madre l'oracolo aveva inteso la terra; cfr.
CiC, Brut., 53. Liv., i, 56. La violazione e la morte di Lucrezia
lo indusse a sollevare il popolo, onde Tarquinio fu deposto e sban-
dito; cfr. Liv., i, 59. Essendo primo console (nel 509 a. C.) scoperse
una congiura alla quale avevano preso parte i propri suoi figli,
onde li condann a morte e li fece uccidere dinanzi agli occhi suoi;
Liv., ri, 5. Mon. n, 5, 78 e seg. Mor combattendo con Tarquinio
208 Bruto -Bruttare
cui trafisse a morte e dal quale fu trafitto a morte. Inf. iv, 127.
Conv. IV, 5, 73.
2. Marco Giunio Bruto, figlio del tribuno Marco Giunio Bruto
e di Servilia, sorellastra di Catone d'Utica, la quale fu accusata
di commercio illecito con Giulio Cesare, onde si disse pure che
Bruto fosse propriamente figlio di Cesare, sebbene questi non fosse
che 15 anni pi vecchio di lui. Dotato di talento non comune, edu-
cato ottimamente, di costumi severi ed irreprensibili, si guadagn
l'affetto e la fiducia dei Komani, bench non fosse scevro, almeno
alcun tempo, dall'amor del guadagno, malattia comune ai Romani
de' suoi giorni. Si occup nelle cose della repubblica, ma pi ancora
e con maggior amore negli studi e dett alcune opere filosofiche che
non sono giunte a noi. Congiur con Cassio ed altri contro Giulio Ce-
sare per amore della libert, ed uccise insieme con Cassio il creduto
tiranno il 15 marzo del 44 a. C. L'anno seguente, sconfitto nella
battaglia di Filippi, Bruto si diede la morte. Dante lo mette in bocca
a Lucifero, Inf. xxxiv, 65. Par. vi, 74, conforme al suo sistema che
al benessere del mondo sono assolutamente necessarie le due auto-
rit, papale ed imperiale; cfr. Mon. in, 16. Cristo, tradito da Giuda,
il fondatore e sommo rappresentante dell'autorit spirituale; Ce-
sare, tradito da Cassio e da Bruto, e che per Dante non era tiranno
(cfr. Inf. IV, 123), il rappresentante dell' autorit imperiale, come
la spirituale voluta ed ordinata da Dio. Giuda Scariotto il pro-
totipo dei traditori della somma autorit spirituale, Bruto e Cassio
sono i prototipi della somma autorit temporale, onde tutti e tre
sono posti sotto la maciulla di Lucifero. Secondo il sistema dan-
tesco tutti e tre furono traditori dell' umanit Giuda trad
: l' uma-
nit nell' interesse della felicit spirituale, Cassio e Bruto la tra-
dirono nell'interesse della felicit temporale. Quindi, come traditori
di tutta l'umanit, essi hanno posto cosi terribilmente distinto nel-
l'inferno dantesco, e Giuda in mezzo, come il pi colpevole, l'au-
torit spirituale essendo, come la spirituale felicit, pi eminente
della temporale.
Bruto, dal lat. brutum: 1. Animale senza ragione, Bestia; Inf.
xxvi, 119. Par. vii, 139. - 2. In forza d'Add. Aggiunto che tal-
volta si accompagna colla voce Animale per meglio distinguerlo
siccome irrazionale dall'uomo, animale anch'esso, ma ragionevole;
Conv. ili, 2, 83 e 111; in, 3, 23; IV, 22, 35 e seg. - 3. Si aggiunge
anche ad altre voci, e significa Privo d'Intelligenza, Irragionevole;
Conv. ni, 7, 92.
Bruttare, Far brutto, in senso di Sozzo, Lordo; Imbrattare,
Macchiare; usato in locuzione figurata Purg. xvi, 129.
Brntto-Biieinme 269
Brutto, dal lat. brutus nel senso di grave, tardo, inanimato;
perch le cose, nelle quali meno apparisce il moto e la vita, ci
paiono non belle; 1. Mancante di proporzione e di convenienza; e
quindi Spiacevole a vedersi o a udirsi; e dicesi tanto dell'opere
della Natura quanto di quelle dell'Arte; contrario di Bello; Inf.
xni, 10; xxxiv, 34. Purg. xiv, 43. - 2. E detto di persone, vale
talvolta Vituperevole, Infame o simile; Par. xxn, 84.-3. E per
Imbrattato, Lordo, Sozzo e simili; Inf. Vili, 35; xviii, 119.
Buca, dal lat. bucca, affine al frane, bouge ; 1. Luogo cavato,
o Apertura in checch si sia, comunemente pi profonda che larga
e lunga; Inf. xxxn, 125.- 2. E per Apertura stretta e profonda-
damente incavata da passarvi; Inf. xxxiv, 131. Purg. xviii, 119. -
3. Buca sepolcrale, e talora anche semplicemente Buca, vale la
Fossa dove si seppelliscono i morti; Sepolcro; Purg. xxi, 9.
Staccia, etimol. ignota; il Diez ( Wrt. n3 , 15) la suppone
un' aferesi di Job-uccio, dal gr. Xops o \gkoc,, scorza, guscio ; il
Caix ricorre a presputium, che nel tardo lat. avrebbe significato
buccia; propriam. Epidermide dei vegetali e specialmente dei frutti;
1. Per similit. La pelle degli animali; Purg. xxiii, 25. - 2. E per la
Parte esterna o la Superficie di checchessia; Inf xix, 29.
Ubico, buca, Apertura che ha del rotondo e non molto
affine a
larga, Pertugio, Foro; e per similit. Luogo angusto, ristretto, di
poco spazio Inf. xxxn, 2.
;
Bucolico ed anco Buccolico, dal lat. bucolicus, Apparte-
nente a buccolica, cio alla poesia pastorale; Purg. xxn, 57, nel
qual luogo Virgilio detto il Cantor de' bucolici carmi, come au-
tore delle Egloghe.
Bue, dal lat. bos ; 1. Toro castrato e domato; Animale da giogo;
Inf. xvii, 75. Purg. xxxn, 145. - 2. Al plur. Buoi; Purg. x, 56;
xn, 1.-3. Il bue CICIlian, Inf. xxvii, 7, il toro di rame costruito
da Perillo d'Atene Falaride tiranno di Agrigenti in
e regalato a
Sicilia (che gli antichi dicevano Cicilia), il quale era costrutto in
modo, che le grida degl'infelici, postivi dentro ad essere arrostiti,
si convertivano in muggiti di toro vivente. Falaride vi fece entrare
primo Perillo stesso a farne l'esperienza, onde il toro mugghi la
prima volta, e ben a diritto, col pianto di colui che lo avea co-
struito coli' arte sua. Cfr. Plin., xxiv, 8. Ovid., Ars Am. i, 653.
Bucinine, forma antica (usata anche da G. ViLL. e da altri)
per Boemia, regno che adesso forma parte degli Stati dell'impero
270 Bufera-Buffa
Austriaco, ma
indipendente sino alla morte dell'Imperatore Sigis-
mondo Lussemburgo. Quel di Buemme Vincislao IV;
della casa di
Par. xix, 125. Cfr. Vincislao IV.
Bufera, buffo di vento; Turbine divento, e pro-
da buffa o
priamente quando accompagnato da pioggia o da neve; Inf. v, 31.-
Bufera, se io ho ben compreso nell'usitato parlar delle genti,
un vento impetuoso qual percuote e rompe e abbatte ci
forte il
che dinanzi gli si para; e comprendo bene, chiama
questo, se io
Aristotile nella Meteora enepiias, il quale causato da esalazioni
calde e secche levantesi dalla terra e saglienti in alto: le quali
come tutte insieme pervengono in aere ad alcuna nuvola, cacciate
indietro dalla frigidit della detta nuvola con impeto, divengon
vento, non solamente impetuoso, ma eziandio valido e potente di
tanta forza, che per quella parte dove discorre, egli abbatte case,
egli divelle e schianta alberi, egli percuote e uccide uomini e ani-
mali. il vero che questo non universale n dura molto; anzi
vicino al luogo dove creato, a guisa di una striscia discorre, e
quanto pi dal suo principio si dilunga, pi divien debole, infno
a tanto che infra poco tempo si risolve tutto. Questo adunque mi
pare che l'autor voglia sentir per questa bufera: e bench nella
concavit della terra questo vento causar non si possa, deesi inten-
dere in questo luogo non causato, ma per divina giustizia esser
posto e ordinato perpetuo. Bocc.
Balta, voce fatta per onomatopea, probabilmente dal suono buf,
che in varie lingue usato come interiezione e significa soffio o
colpo, due concetti che si toccano, come in buffo o colpo di vento
e nel frane, souffler, soffiare e soufflet, schiaffo propriam. Soffio
;
impetuoso Folata di vento; 1. Figuratam. per Vanit, Instabilit,
o
come di un soffio di vento; Inf. vii, 61, nel qual luogo i primitivi
comment. non danno veruna spiegazione, mentre gli altri non vanno
d'accordo. Ott.: Or vedi come corta la bugia, che 'n s hanno
li beni temporali. - Cass. Brevem vanitatem. Cos pure Benv.
:
ed altri. - Buti: La corta buffa, cio la brieve derisione; e pu
dire, l'accorta buffa, cio la manifesta derisione. An. Fior.: Tu
puoi vedere di quanta potenzia sieno i beni temporali. - Serrav. :
Buffam, idest vanitatem. - Barg.: Il breve soffio. - Cast.:
Perch i beni della fortuna non sono altro che beni falsi e brievi
gli chiama corta buffa, cio inganno corto. Si pu ancora dire buffa
cio fiato e soffio, significando propriamente cos buffa, essendo le
ricchezze come un vento senza sodezza e durata e brevemente senza
vigore. - 2. Beffa, Burla, Buffonata; Inf. xxn, 133.
Bugga-Buio 271
Bugga, ora Bugia o Bggia, piccola citt marittima del-
l'Affrica settentrionale nell'Algeria, quasi sotto il medesimo meri-
diano di Marsiglia; Par. IX, 92.
Bugiardo, da buga, e questo dal lat. barb. bauxia, che de-
riva forse da vacuus, quasi vauxia (o dall' ant. ted. psi, vano,
3
cattivo? Cfr. Diez, Wrt. i , 93); 1. Add. Aggiunto di chi per abito
dice buge, e anche semplicemente di chi mentisce; Inf. xxiii, 144.-
2. Detto di ci che non risponde a quel che sembra promettere. Che
riesce vano e ingannevole; Purg. xix, 108. - 3. E per Vano e In-
gannatore ; Inf. i, 72. - 4. E per Traditore, Inf xxvui, 16. Questo
dice perch fuggirono, avendo promesso al re Manfredi d'essere con
lui fedelmente; Buti. Cfr. Ceperano.
Bugiare, Dir bugia o buge; Purg. xvin, 109.
Bugio, ha comune la sua derivazione con buco; Bucato, Fo-
rato; Par. xx, 27.
Buiamonti ; la famiglia Buiamonti, detta ancora dei Becchi,
fu signora di Torre Becchi, luogo assai forte nel contado Fiorentino.
A questa appartenne Buiamonte di messer Rota, uomo guelfissimo,
che con Palmiero, Becco e Visconte suoi figli combatt alla infausta
giornata di Montaperti. Dante ricorda un Giovanni Buiamonte ad-
ditandolo non pel nome, ma per lo stemma, Inf. xvil, 72 e seg. E
se Petr. Dant. dicendo : Ile a tribus hircis fuit dominus Joannes
Buiamonte de Biccis de Florentia, nota bene in quanto al nome,
erra per altro notando che l'arme della famiglia Buiamonti portasse
tre capri, mentre gli autentici documenti la danno con tre teste
d'aquila. Questo Giovanni, figlio del predetto Buiamonte, sed Gon-
faloniere di giustizia nel 1293, ed ebbe poi le case distrutte nel
famoso incendio suscitato dalla perfidia di Neri Abati nel 1304. Non
so poi se al medesimo ossivvero ad altro Giovanni Buiamonti debba
attribuirsi la gloria di aver combattuto tra i feditori alla battaglia
di Montecatini nel 1315 ed a quella dell' Altopascio nel 1325. Dei
Buiamonti pi non si trova notizia dopo la pestilenza del 1348.
Lord Vernon, Inf., voi. n, p. 433.
Buio, dal lat. burus, e questo dal gr. up, nupc, I, Sost. Man- ;
canza di lume, Oscurit, Tenebre; Purg. xvi, 1. - II, Add. 1. Senza
luce, Oscuro, Tenebroso; Inf. ni, 30; vili, 93; xn, 86; xvi, 82;
xxiv, 141. Par. il, 49, nel qual luogo le macchie lunari sono dette
segni bui. - 2. E figuratam. detto di Discorso, Narrazione e simili,
vale Difficile a intendersi, Inviluppato, Oscuro; Purg. xxxiii, 46. -
272 Balicaine-Bnoiiagiiinta
3. E riferito al colore di checchessia, vale Scuro, Vicino al nero;
Inf. vii, 103.
Bulicame, da bulicare,
e questo probabilmente da un lat.
bullicare, fatto da bullio; Vene d'acqua che scaturiscono bol-
1.
lendo; e questo nome ebbe pi specialmente un lago presso a Vi-
terbo Inf. xiv, 79. Bulicamen est fluminis sive fons aque bul-
;
lientis nascentis prope Civitatem Viterbj ex quo descendit quidam
rivulus qui dividitur in multa balnea ad que balnea peccatrices
morantur; Bambgl. - Apud civitatem Viterbii est qusedam mi-
rabilia aqua calida, rubea, sulphurea, profunda, de cuius lecto exit
quidam rivulus parvus, quem meretrices habitantes in illa planicie
dividunt inter se; nam in qualibet domuncula meretricis est bal-
neum ex ilio rivulo ordinatum; Benv. - A Viterbo uno lago,
la cui acqua sempre manda su bollori; e per si chiama Bulicamo
perch sempre bolle, quasi come bollicamento continuo; et tanto
calda, che gittandovi dentro una bestia, non se ne vedrebbe se non
l'ossa, e di quello lago esce uno fiumicello che passa per lo luogo
delle meretrici di Viterbo, et partito per le case d'esse meretrici
s,che quivi si possono lavare, perch l'acqua per lungo corso di-
venta temperata, s che si pu patire Buti. - 2. Per similit. Bu-
;
licame detta la riviera di sangue bollente, ossia il Flegetonte,
dove sono puniti i violenti contro il prossimo; Inf xn, 117, 128.
Bulla, dal lat. bulla, lo stesso che Bolla ; Purg. xvn, 32. Cfr.
Bolla.
Buonaccorsi o Buonaccossi, Pindemonte de', cfr.
PiNDEMONTE.
Buonafedi, Noffo di Guido, collega di Dante nel priorato;
cfr. Priorato di Dante.
Buon agitili t a o Bonagiunta, poeta del secolo XIII, figlio
di Eiccomo Bonagiunta degli Overardi da Lucca, morto poco dopo
di
il 1296, nel decembre del qual anno lo si trova menzionato come
operaio della Chiesa di San Michele. Si hanno di lui molte poesie
che lo mostrano servile imitatore dei provenzali, del tutto privo di
originalit, rozzo nella lingua e nello stile. Dante ne parla con bia-
simo Vulg. El. i, 13, 6. Purg. xxiv, 20, 35 e seg. Cfr. Nn nuoci,
Man. i 2 139 e seg. Lucchesini, Meni, e Docum. per servire alla
,
storia del ducato di Lucca, ix, 82 e seg. Minutoli in Dante e il
suo sec, 222 e seg. - Fue uno Bonagiunta da Lucca dicitore in
rima, e corrotto molto nel vizio della gola, e gi ebbe nella prima
Buonconte di Montcfcltro-Rnoiidelmonti 273
vita alcuna domestichezza con Dante e visitnsi insieme con so-
netti ; Lan. - Fu uomo rima canzoni e mo-
di valore; e disse in
tetti assai cortesemente; Ott. - Inventor maximus in materna
lingua; Cass. - Fu insua vita huomo gholoso efubeldicitore irima
in volghare eistato grande amico dellaltore insua vita; Falso Bocc. -
Vir honorabilis, de civitate lucana, luculentus orator in lingua ma-
terna, et facilis inventor rhythmorum, sed facilior vinorum, qui no-
verat autorem in vita, et aliquando scripserat sibi Benv. Fu noto ;
de l'autore, sicch l'uno mand sonetti all'altro; Buti. - Fu ot-
timo dicitore in sonetti et canzoni, et amico di Dante; Land.
Kj&onconte di Montefeltro, figlio di quel conte Guido
che Dante (Inf. xxvji, 67 e seg.) pone tra' consiglieri fraudolenti.
Nel 1267 Buonconte ebbe parte alla cacciata de' Guelfi d'Arezzo, per
la quale si cominci la guerra tra i Fiorentini e gli Aretini cfr. ;
G. Vill., vii, 115. Nel 1288 fu de' capitani che posero Pagliato ai
Senesi nel valico della Pieve del Toppo, dove i Senesi furono scon-
fitti; cfr. Vill., vii, 120. Nel 1289 capitan i Ghibellini d'Arezzo
nella loro guerra contro i Fiorentini e fu ucciso nella battaglia di
Campaldino FU giugno del detto anno;
Vill., vii, 131. Il suo
cfr.
corpo non si trov tra quelli degli altri uccisi, onde Dante ne fa
poeticamente la storia, Purg. v, 88 e seg. Fu valorosa persona,
and alla battaglia di Campaldino, e l fu ferito; non si seppe mai
che fosse di lui; Lan., Ott., ecc. - Juvenis strenuissimus anno-
rum, qui in conflictu aretinorum apud Bibenam, missus a Guilliel-
mino episcopo aretino ad considerandum statum hostium, retulit,
quod nullo modo erat pugnanclum. Tunc episcopus, velut nimium
animosus, dixit: tu numquam fuisti de domo illa. Cui Boncontes
respondit si veneritis quo ego, numquam revertemini et sic fuit
: ;
de facto, quia uterque probiter pugnans remansit in campo.- Corpus
ipsius numquam potuit inveniri Benv. ;
Buondelmoiiti, nobile famiglia fiorentina; Par. xvi, 66, 140.
Certo stipite dei Buondelmonti un Sichelmo, che visse al prin-
cipiare del secolo X, e che gener Azzo e Rinieri detto Pagano.
Azzo, signore di Petroio, ebbe un figlio chiamato Walberto o Gual-
berto, dal quale nacque Giovanni Gualberto, celebre fondatore del-
l'ordine Vallombrosano, nato nel 985, morto nel 1073. Da Rinieri
Pagano, signore di tutta la Val di Pesa, discendevano Uguccione
e Rosso, che nel 1137, dopo la distruzione del loro castello di Mon-
tebuoni, occupato dalle armi del Comune di Firenze, a ci spinto
dalle gelosie degli Uberti, vennero a stare in Firenze; e qui Uguc-
cione, per mezzo di Buondelmonte suo figlio, die l'origine ai Buon-
18. Enciclopedia dantesca,
274 Buono
delmonti. - Buondelmonte propag la sua casa per mezzo dei figli
Uguccione novello, Tegghiaio e Buondelmonte, l'ultimo de' quali fu
Console di Firenze nel 1214. Uguccione novello fa capo d'una branca
che produsse grandi capitani. La discendenza di Tegghiaio si spense
presto, cio nel 1215, nella fatalissima uccisione di Buondelmonte,
vittima degli Amidei per la fede mancata a una fanciulla di questa
famiglia; uccisione che fu causa di tanti mali a Firenze, ed alla
quale allude Dante Par. xvi, 136 e seg. - Un Einieri Zingano
(de' Buondelmonti) fu fatto prigione a Capraia da Federigo II
nel 1249 e acciecato in Puglia; da lui uscirono la fanciulla che
nel 1249 fu fidanzata a Neri Uberti, per pacificare le parti, e Cece
che fatto prigione da Farinata degli Uberti, fu messo a morte da
Piero Asino fratello di Farinata, mentre questi voleva salvarlo. I
Buondelmonti combatterono da prodi a Montaperti. Nel sec. XIV
celebre Cristofano ardito viaggiatore,autore del noto Portu-
e
lano. Ebbe questa famiglia due gonfalonieri, venti priori, e mol-
tissimi Ambasciatori. L'ultimo maschio di questa illustre prosapia
mor nel 1773; l'ultimo fiato si estinse nel 1845 nella Luisa Buon-
delmonti sposata a un Feroni. Lord Vernon, Inf., voi. ir, p. 435
e seg. Sull'assassinamento di Buondelmonte de' Buondelmonti nel 1215
cfr. Mosca. Vedi pure la Cronaca attribuita a Brunetto Latini in
0. Hartwig, Quelen und Forschungen, ti, 223 e seg. G. Vill., v, 38.
Del Lungo, Dino Comp. n, 12 e seg. Machiav., Ist. Fior., il, 3.
Buono, dal lat. bonus, Add. Questo aggiunto di larghissimo
significato, e nel senso suo pi generale si applica ad ogni cosa,
sia materiale o immateriale, che ha le qualit convenienti alla na-
tura sua, e al fine o all'uso cui destinata. Talvolta si usa pure
in forza di Sost. per Uomo dabbene. Nella Div. Com. la voce Buono
(Buon, Buona, Buoni, Buone) occorre 106 volte, 26 neWInf., 51 nel
Purg. e 29 nel Par. Va senza dire che i 106 luoghi qui non si re-
gistrano. - 1. Riferito agli Esseri intelligenti in quanto operano
secondo moralit, vale Che vuole e fa il bene; Inf. ili, 127. Purg.
xix, 143; xxviii, 91. - 2. Buono dicesi anche di Persona, la quale,
rispetto alla condizione, al grado, all' ufficio suo, adempie i doveri
che gli appartengono ; Par. xm, 108. - 3. E dicesi pure di Chi
destro, valente, esperto in una professione, arte, mestiere o eser-
cizio qualunque; Par. xx, 142. Conv. IV, 26, 34.-4. Dicesi pure
di Chi gagliardo e segnalato in fare checchessia, come Buon cam-
minatore, Buon mangiatore e simili; Purg. Ili, 69.-5. Vale anche
Affettuoso, Amorevole, Cortese; Inf. iv, 31, 85.- 6. Suole adope-
rarsi anche, parlando altrui, come Termine di amorevolezza e di ri-
spetto, e a fine di cattivarsi benevolenza; Inf. x, 19. Par. i, 13.-
Buonsignori 275
7. Eiferito a Qualit, Azione, Pensiero, Sentimento degli Esseri
intelligenti, vale Conforme all'idea del bene, Tendente al bene:
Purg. iv, 132. Par. xix, 73; xxn, 9. -8. Aggiunto a Disposizione
dell'animo, ovvero all'Animo stesso, al Cuore, alla Volont, ecc.,
vale talvolta Pronto, Volonteroso, Inclinato a far checchessia; Inf.
xvr, 50. Purg. xn, 124. - 9. Aggiunto di Sembiante, Maniere, Pa-
role, ecc., vale Sereno, Affabile, Che mostra amorevolezza, cortesia
e buon animo; Inf. xxi, 99. - 10. Detto d'Istituzioni, Ordini, Con-
suetudini, ecc., vale Diretto al bene e all'utile comune, Che ca-
gione o mezzo a conseguirlo; Par. Ili, 116. - 11. Riferito a Sta-
gione, Mare, Vento, ecc., vale Mite, Sereno, Tranquillo, Favorevole
e simili; Purg. xxiv, 3.-12. Detto di Odore o di Cosa odorifera,
vale Grata al senso dell'odorato; Purg. xxn, 132.- 13. Buono, ado-
perato in costrutto colla prep. A, Per, e talvolta anche Da, vale
Atto, Acconcio, Idoneo, Opportuno a checchessia; e dicesi tanto di
persone quanto di cose; Purg. xxxm, 30.- 14. Esser buono, vale
Essere atto, acconcio, opportuno, Giovare, Convenire e simili; Inf.
xn, 27; xv, 103. Purg. vii, 45. - 15. Anima buona, vale Predesti-
nata alla salute, contrario di Reproba, Prava, Dannata; Inf. ut, 127. -
16. Per ironia assai comune, Buono vale Tristo, Malvagio, ed in questo
senso prendono alcuni (come sembra a torto) la voce nel luogo Purg.
xviii, 119 (cfr. Barbakossa). - 17. In forza di Sost. per Uomo dab-
bene; Inf. xix, 105. Purg. xvi, 120.
Buonsignori : Vogliono alcuni espositori di Dante che ai
Buonsignori appartenga quel .... Niccol che la costuma ricca Del
garofano in prima discoperse (Inf xxix, 127) il quale facendo parte
della celebre brigata godereccia, istituita in Siena verso il cadere
del secolo XIII, invent molte nuove e ghiotte pietanze, e l'uso di
riempire di garofani e cannella i fagiani ed altri simili arrosti
(cfr. Niccol). I Buonsignori sono dell'ordine magnatizio: ed i loro
antenati ebbero palagi, torri, portici e loggie nella citt: signorie
di castella in contado, e pi specialmente di Potentino, Monte-
giovi e Monteantico. Die alto stato alla casa Orlando di Bonsignore,
quello stesso che avendo col commercio bancario ammassato grandi
ricchezze, fu dai Senesi deputato nel 1255 a trattare di varii in-
teressi del suo Comune col re Manfredi di Svevia. Niccol di Bo-
nifazio visse con isplendore pi dicevole a principe che a cittadino,
talch veniva considerato siccome il capo dei ghibellini di Siena;
e questo grado non solo gli avevano procurato le ricchezze, ma pi
ancora il molto valore nelle armi, spiegato nel 1280 quando guid
l'oste all'assedio di Castiglione in Val d'Orcia. Caduto in sospetto
di aspirare al dominio della patria, dov allontanarsene ;e dopo
276 Buoso-TSurlare
varie fortunose vicende, riparatosi in Germania, si fece dattorno ad
Arrigo VII istigandolo a venire in Italia per tornarvi in credito
la parte ghibellina ch'era depressa. Segu Arrigo nella sua spedi-
zione, il quale fecelo suo consigliere, e lo volle presente alla sua
coronazione: dopodich lo nomin suo Vicario e Capitano del popolo
milanese. Non meno di lui favor la parte imperiale Bartolommeo
suo figlio; il quale appena ud Lodovico il Bavaro calato in Italia,
corse a raggiungerlo a Como, dove ebbe da quel principe l'onore
di essere armato cavaliere a spron d'oro insieme con Niccol nato
da messer Filippo suo fratello. Questo Niccol, che fu detto No-
vello, fu uomo di gran piet, e venuto a morte nel 1348, ordin
che nel suo castello di Montegiovi si edificasse un monastero per
Cistercensi. Lord Veenon, Inf., voi. ir, p. 437 e seg.
Dnoso, uno dei ladri fiorentini, ricordato Inf. xxv, 140. Ap-
parteneva probabilmente alla famiglia degli Abati (cfr. Auati). -
Fu Buoso Abati di Firenze ; An. Sei., Lan., Petr. Dani., ecc-
Bosius de Donatis; Benv. - Questo messer Buoso Donati, et in
ufficio et altrove, avendo fatto dell'altrui suo, non possendo pi ado-
perare, o forse compiuto l'ufficio, misse in suo luogo (non per che
coli' animo non fosse sempre bene disposto; ma, come detto, non
toccando pi a lui) misse in suo luogo messer Francesco, chiamato
Guercio, de' Cavalcanti; An. Fior. Anche Serrar., Tal., ecc. lo di-
cono dei Donati.
Bnoso Donati, cfr. Donati.
Bnoso da Duera, cfr. Duera.
linrchio, d'incerta etim. Diez, Wrt. n 3 16); affine a
(cfr. ,
barca; Barca a remi e anche a vela, adoperata per lo pi nel ira-
sporto di merci nei fiumi e nei laghi; Inf. xvn, 19.
Burella, dall'antiquato buro per buio, Luogo oscuro, scavato
sotto terra in forma di carcere; e davasi questo nome specialmente
ai sotterranei dell'anfiteatro fiorentino, dove si custodivano le fiere
per gli spettacoli ; Inf. xxxiv, 98.
Burlare, dal prov. burlar, Esser largo, liberale; Gittar via,
e fguratam. Scialacquare; Inf. vii, 30. Quia deicis et dispergis
hoc est quia fuisti dispersor et dissipator honorum tuorum ;
Bambgl. - Perch burli, cio perch gittasti lo tuo inordinata-
mente; Lan. - Getti via; Bocc.- Perch getti le ricchezze;
Buti. - Burli, idest proiicis, et est vulgare lombardum Benv. - ;
Burli, cio bui; Biliare in lingua Aretina significa gettare;
Burnetto-Busto 277
Land. - Burlare si voltar e muovere, et vien da burella, la
qual in lingua Lombarda una palla di legno, che usano ad alcuni
giuochi, et soglionla legare alle parti di dietro della scimmia, acci
che tirandosela dietro non possa fuggire, onde nato un suo pro-
verbio, quando voglion significare che due persone si seguano et
vanno sempre l'una con l'altra, che dove va la scimmia va ancora
la burella. Adunque, s come la burella burla di mano di chi la
lascia andare, cos fanno senza alcun ritegno le facolt di mano
del prodigo, et tanto vien a dire perch burli, quanto perch getti
et spendi male; Veli. Cfr. Nannucci, Verbi, 610. Fanfani, Bor-
ghini, marzo 1865, p. 160. Blanc, Versuch i, 77.
Snrnetto, figlio di Bellincione, avo, e fratello di Alighiero II,
padre di Dante, prese parte alla battaglia di Montaperti, sed
nel 1278 nel consiglio del Comune di Firenze e fu padre di quel-
FUguccione, detto Cione, rammentato tra i cittadini destinati a ri-
partire la imposta ordinata per la guerra di Monte Accinigo nel 1306.
Cfr. Passerini in Lord Vernon, Inf., voi. in, p. 15.
Barrato^ da borro, affine a botro, e questo dal gr. p&pog;
Luogo scosceso, dirupato e profondo; Inf xu, 10; XVI, 114. Bur-
rati spesse volte si chiaman fra noi questi trarupi de' luoghi al-
pi gini e salvatichi; Bocc.
Burro, forma varia di butirro, e questo dal lat. butyrum, gr.
poxopov; La parte gi grassa del latte, separata dal siero e con-
densata col rimenare; Inf. xvn, 63, nel qual luogo per alcuni testi
invece di burro hanno ep.urro, avorio. Il clieburro del pi dei
codd. pu leggersi che burro e cW eburro. Ma pare che nessuno
degli antichi leggesse eburro. Molti, vero, o tirano via, o non
parlano che dell'oca bianca in campo rosso, arme degli Ubriachi.
Cos An. Sei., Iac. Dani., Lan., tt., Petr. Dant., Cass., Falso
Bocc, An. Fior., Land., Veli., ecc. Per tutti senza eccezione, dei
quali si pu accertare la lezione, non lessero eburro ma pi che
burro; cos Bambgl., Serrav., Barg., Tal., Dan., Cast., ecc. E
Benv. chiosa Plusquam butirus, et est vulgare de Apulia. E
Buti legge pilo che il burro, lezione che ricorre in alcuni codd. e
che esclude V eburro. Dicono che il burro non bianco, ma gial-
liccio; le oche sono pi bianche del burro, ma non pi bianche
dell'avorio. E poi, dove ci sono esempi di eburro per avorio? Non
ci venne mai fatto di trovarne un solo.
15 usto, dal lat. bustum, nel significato di quella mezza figura
che ponevasi sui monumenti - 1. Quella parte del corpo dell'ani-
278 Buttare-Ca 5
male, e pi specialmente dell'uomo, che dal collo al ventre; Inf.
xvii, 8. - 2. E per l'intiero corpo, toltone il capo; Inf. xxviii, 119.
Slittare, prov. e spagn. botar, frane, bouter, urtare, dal ted.
bzen, urtare, picchiare (cfr. Diez, Wrt. i 3 78); Gettare con forza,
,
e propriamente colle mani, Scagliare, Lanciare; Inf. xxi, 43.
Butto, Voce usata nel modo avverbiale Di butto, lo stesso che
Di botto, di cui forma varia; Inf. xxiv, 105. Purg. xvn, 40. Cfr.
Botto.
C% cfr. Ci.
Ca'j apocope come in gr. 865 per 85jia, d'uso generale
di casa,
nella Lombardia, secondo il Cayeeni, Voci e Modi, 39, d'uso
e,
frequente nel Casentino e nella Komagna Toscana; Inf. XV, 54, nel
qual luogo il riducenti a ca 1 diversamente interpretato. Parecchi
antichi (Bambgl., Iac. Dani., Ott., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc,
An. Fior., Barg., Cast.) non danno veruna interpretazione. Gli altri
[An. Sei., Dan., Bocc, Benv., Buti, Serrav., Band., Tal., Veli.,
Gelli) intendono: Mi guida al cielo, vera patria dell'uomo, secondo
Ep. ad Hebr. xni, 14. Dice che s' rivolto a tornare a Dome-
nedio; An. Sei. - A casa, cio in stato di salvazione; Dan. -
Ottimamente dice, e riducenti a casa, per farne vedere qual sia
la nostra casa, la quale quella donde noi siamo cittadini, e noi
siamo tutti cittadini del cielo; Bocc. - Ad ccelestem patriam;
Benv. - A
casa, cio alla contemplazione delle virt e delli loro
premi, che la casa ove si dee abitare mentre che siamo in questa
vita, operando in quello s che poi aviamo per premio l'abitazione
del cielo, che casa apparecchiata alli uomini virtuosi; Buti. -
Ad domum, idest ad beatitudinem Serrav. Ma questa inter-
;
pretazione non piacque ai moderni. Primo a scostarsene fu il Vent.
il quale spiega: Al mondo di sopra mi riconduce, passando per
questo tenebroso di quaggi. Al Vent. tennero dietro quasi tutti
i moderni; Domb., Port, Pogg., De Boni., Ed. Pad., Biag., Cost.,
Ces., Boss., Tom., Campi, ecc. Altri per la ca' intendono l'or-
dine e la virt (Br. B., Andr.), o la moral perfezione (Andr.).
Alcuni ritornarono all'interpretazione degli antichi, intendendo del
cielo (Camer., Poi., Berth., Filai., Graul, Lord Vern., ecc.), in-
-
Caccia 279
terpretazione che merita senza dubbio la preferenza. Infatti Virgilio
non aveva promesso a Dante di rimenarlo sulla terra, dov'esser
soleva (Boss.), ma fin l, donde, volendo, potrebbe salire alle beate
genti, cio al cielo (Inf. i,114 e seg.). N Virgilio lo ricondusse
in terra, ma
guid sino al limitare del cielo, cio sino al Para-
lo
diso terrestre. E
del suo ritorno in terra Dante non parla, il Poema
terminando colla visione della Divinit lass nell'Empireo
Caccia, da cacciare; propriam. Il cacciare gli animali salva-
tici; loche si fa in varj modi. - 1. Per gli Uomini e i cani che
cacciano; Inf. xni, 113.-2. Per l'Inseguimento de' nemici; Inf.
xxiii, 33. Purg. xm, 119. - 3. Andare a caccia, vale Inseguire le
fiere selvatiche per pigliarle; Inf. xn, 57. - 4. Mettere alla caccia
d'alcuno, vale figuratam. Mandare a perseguitare alcuno, come il
cane la fiera; Purg. ni, 124.-5. Correre in caccia, vale Correre
in fuga, fuggire davanti al nemico; Purg. vi, 15, nel qual luogo
per correndo in caccia potrebbe anche significare Inseguendo i
nemici, come intesero alcuni antichi. - Questo fu uno giovane
ch'ebbe nome Guccio de' Tarlati d'Arezzo, il quale alla sconfitta di
Bibbiena fu molto perseguito e cacciato da quelli da Eondine. Alla
fine fuggendo, e quelli perseguendolo, fugg nel fiume d'Arno, e in
esso s'anneg; Lan., Ott., ecc. L'An. Fior, ripete lo stesso, chia-
mando il personaggio Guccio da Pietramala, e cos lo chiama pure
Petr. Dant., che del resto conferma il racconto del Lan., come fa
il Cass. che sembra aver preso la sua chiosa da Petr. Dant. E il
Falso Bocc. Fu lo spirito dunguccio darezzo dunchasato chera
nimico debostoli e usciendo und darezzo questo ghuccio consua
compagnia and allaterina pertrovare i nimici suoi peroffendergli
enonpossendo percherano piuforti di lui simisse infugha e volendo
passare arno vannegho. Ma Benv.: In civitate Aretii ex nobi-
libus de Petra Mala fuit unus dominus Tarlatus antiquus, qui ge-
nuit Angelum primogenitum; ex quo natus est Guido episcopus
aretinus, famosus dominus Aretii, vir magnanimus et magnificus,
nihil habens clericale, qui Aretium patriam suam magnis honoribus
et multis commodis decoravit. Ex dicto Tarlato natus est alius filius
nomine Zutius patruus dicti episcopi, juvenis strenuus armorum.
Hic, cum Tarlati gererent bellum cum Bostolis nobilibus de Aretio,
qui exules recipiebant se in castello, quod dicitur Eondine in Valle
Arni, equitavit contra illos; et cum persequeretur quosdam, equus
fortis transportavit ipsum in Arnum, et suiFocatus est in quodam
pelago. Cuius corpus inde extractum Bostoli ludibriose sagiptasse
dicuntur; quapropter acerbum odium natum est inter partes.
Il Buti Questi fu uno giovano delli Tarlati d'Arezzo che ebbe
280 Caccia d'Asciano-Cacciagnidn
nome Giaccio lo quale a la sconftta di Monte Aperto, o di Cam-
paldino, fu perseguitato da quelli di Eondina; unde fuggendo, e
loro cacciando pervenne al fiume dell'Arno, e volendolo passare per
paura de' nimici che '1 perseguitavano, anneg nel detto fiume.
Cos pure Serrav., Dan., ecc., mentre Land., Tal., ecc. stanno con
JBenv. Il Veli, riferisce le due versioni senza decidere.
Caccia d'Asciano, cfr. Asciano e l'art, seg.
Cacciaconti gran dissipatore Senese, Caccia d'Asciano,
; il
rammentato dall'Alighieri nel C. xxix sAVInf., nacque da mes-
ser Trovato dei Cacciaconti di Siena. Questa famiglia d'ordine Ma-
gnatizio ebbe signoria di molte castella in contado; principali tra
queste Asciano, Rapolano, Scrofano e Trequanda, tutte rammentate
nei diplomi di Arrigo VI e di Federico IL I suoi maggiori furono
di origine Salica; ed il Tommasi nelle Storie Senesi rammenta
Conte, lo stipite della casa, che era tra i principali baroni di Siena
al tempo di Carlomagno. Venendo a date pi certe troviamo Sal-
vano di Tolomeo seduto Console nel 1213; un Aldobrandino di Guido
fatto Potest dei Senesi nel 1240, poi nel 1251 arbitro di pace tra
i guelfi e i ghibellini di Siena; un Guido di Ranuccio mandato dai
propri concittadini ambasciatore a Corrado re dei Eomani nel 1248.
Caccia d'Asciano nominato dall'Alighieri trovasi con molti altri di
sua casa presente all' atto con cui i Cacciaconti, probabilmente
astretti dalla forza delle armi, sottoposero le loro castella alla re-
pubblica, obbligandosi al pagamento di un annuo censo. con- A lui
temporanea fu Bonizzella moglie di Naddo dei Piccolomini, la quale
fu di tali e tante virt adornata, da meritarsi culto di Beata sopra
gli altari, subito dopo il suo transito, avvenuto nel 1300. Da molti
secoli affatto estinta questa famiglia. Lord Vernon, Inf., voi. ti,
p. 439.
Cacciaguida, pi antico de' suoi an-
trisavolo di Dante, il
tenati del quale abbiamo notizia, e pare che lo stesso Poeta non
conoscesse al di l di Cacciaguida nessuno dei suoi antenati. L'esi-
stenza di Cacciaguida accertata da un documento del 9 dicem-
bre 1189, nel quale sono ricordati Preitenittus et Alaghieri fra-
olim Cacciaguide. Cfr. Frtjllani e Gargani, Della casa
tres, flli
di Dante, p. 29. Passerini, La famiglia Alighieri, p. 8. Del resto
non ne sappiamo che quanto ne dice Dante stesso, Par. XV, 130-148,
cio che nacque a Firenze, che fu battezzato in San Giovanni, che
ebbe due fratelli, Moronto ed Eliseo, che spos una donna della
valle del Po, che and alla Crociata coli' imperatore Corrado e fu
fatto da lui cavaliere, e che poi mori per mano degl'infedeli. Da
Caccianimico 281
un calcolo fatto sopra Par. xvi, 34 e seg. arguirono alcuni che Cac-
ciagliela fosse nato nel 1106 (Crus., Vent., Pelli, Br. B., Frat.,
Andr., ecc.), altri nel 1154 (Benv.), altri nel 1160 (Lan., Ott., Falso
Bocc, Buti, An. Fior., Land., Veli,, Boi., Dan., ecc.), altri ancora
nel 1090 o 1091 (Lombi, Pori., Parenti, Biag., Ces., e quasi tutti
i moderni), la quale data sembra la pi probabile. Cfr. S. Scaetta,
Cacciaguida, Padova, 1894.
Caccianimico (Venedico, o secondo altri testi Vendigo, e se-
condo altri Ventico), Bolognese conosciuto personalmente da Dante,
non per altro noto che per aver venduto per denari la propria so-
rella; Inf. xviii, 50. Ebbe una figliuola (?) bellissima ch'ebbe nome
Ghisola, de la quale s'innamor Marchese Obizzo da Esti, e questi
per moneta la fece consentire a lui An. Sei. - Per cierta quan-
;
tit di moneta la sirocchia charnalle alla voglia del marchese Obizzo
da Esti charnalmente chonduse Iac. Dant. - Avea una sorella
;
nome Ghisola bella; rofianolla a messer Opizzo marchese da Esti
di Ferrara, promettendo a lei che l'arebbe signora e grandezza:
dopo lo fatto ella si trov a nulla delle promesse; Lan. - Le-
nociniando submisit domnam Ghisolam bellam ejus sororem et uxo-
rem Nicolai Clarelli de bononia Marchioni Aczoni da Este; Cass. -
Vir quidem nobilis, liberalis et placibilis, qui tempore suo fuit
valde potens in Bononia favore marchionis Estensis, qui fuit Azo III,
qui gessit magnum bellum cura Bononia - et tandem procuravit sibi
facere magnam partem in Bononia, qua? vocata est ob hoc pars Mar-
chiana. Iste ergo miles, nomine Veneticus, habuit unam sororem
pulcerrimam, quam conduxit ad serviendum marchioni Azoni de
sua pulcra persona, ut fortius promereretur gratiam eius; Benv. -
Con alcuni particolari l'in. Fior.: Fu provigionato uno tempo dal
marchese Azzo da Esti, signore di Ferrara. Avea messer Venedico
una sua sorella, bellissima donna, detta madonna Ghisola, et anto-
nomastice, per eccellenzia, per che avanzava in bellezza tutte le
donne bolognesi a quello tempo, fu chiamata la Ghisola bella. 11
marchese Azzo, udendo parlare della bellezza di costei, et avendola
alcuna volta veduta per l'amist di messer Venedico, ultimamente,
sotto questa fidanza, si part da Ferrara sconosciuto, et una sera
di notte picchi all'uscio di messer Venedico: messer Venedico si
maravigli, et disse che la sua venuta non potea essere senza gran
fatto. Il Marchese, sotto gran fidanza, et perch conoscea l'animo di
messer Venedico, gli disse ch'egli vulea meglio alla sua sirocchia,
a madonna Ghisola, che a tutto il mondo; et ch'egli sapea eh' eli' era
in quella casa: et pertanto, dopo molti prieghi, messer Venedico
consent et discese alia volont dei Marchese : partissi della casa
282 Cacciare
et lasci lui dentro onde il Marchese, giunto a costei, doppo al-
;
cuna contesa, ebbe a fare di lei; onde poi in processo di tempo
la novella si sparse et perch parea forte a credere che messer Ve-
:
nedico avesse consentito questo della sirocchia, chi dicea la novella
et apponevala a uno, et a chi a un altro. - La famiglia de' Cac-
1
cianimici stava a capo della fazione de Geremei o Guelfi di Bo-
logna, contro i Lambertazzi o Ghibellini. Venedico fu Potest di
Modena, d'Imola e di Milano, dove nel 1286 dovette difendersi dal-
l'accusa d'avere ricettato un malfattore. Sbandito dalla patria il
14 agosto 1289, non si hanno pi notizie di lui, che pare morisse
poco tempo dopo. Cfr. Gozzadini, Delle torri gentilizie di Bologna,
p. 212 e seg. Vedi pure l'art. Ghisola.
Cacciare, dal lat. barb. caciare, e questo dal lat. aureo cap-
tare, prov. cassar, frane, ant. chacier e cacher, spagn. ant. cablar ;
cfr. Diez, Wrt. i, 97. 1. Perseguitare gli ammali salvatici, o Ten-
dere loro insidie, a fine di prenderliInf. xxxm, 29. - 2. E detto
;
dell'inseguire che un animale fa dell'altro; Inf. i, 109.- 3. Tro-
vasi anche figuratam. per Andare studiosamente in cerca di chec-
chessia, Procacciar con premura; Conv. IV, 26, 27 e seg. (nel qual
luogo per il Giul. legge seguitare invece di cacciare). - 4. Per Dar
la caccia, Inseguire, Perseguitare, detto pi specialmente de' nemici
messi in fuga; Purg. xn, 48. - 5. Per Espellere, Bandire; Inf. ni, 40;
iv, 127; vi, 66; x, 49; xm, 11. Purg. li, 57; xi, 99.-6. Per Discac-
ciare, Mandar via; Purg. xxv, 131. - 7. E figuratam. Par. x, 127. -
8. E per semplicemente Mandare innanzi, Guidare; Inf. xxiv, 15.-
9. Figuratam. Affrettare, Sollecitare; Inf. iv, 146.- 10. Cacciar via,
vale Mandar via, Discacciare, Licenziare; Par.xxx, 141.- 11. Cacciare
innanzi, vale Avanzare, Spignere avanti Inf. xxv, 130. - 12. Al partic.
;
pass, cacciato; in forma d'Add. usato anche Sost. per Licenziato, Man-
dato via, Bandito e simili; Inf. ix, 91.- 13. Nel luogo Inf. in, 40 la
lezione disputabile. Di 318 codd. esaminati dal Taeuber (Capo-
stipiti, p. 26) 164 hanno cacciali, 66 caccianli, 67 cacciarli, 18 cac-
ciala, 3 chaccarli. Il pi delle ediz. cacciarli, parecchie caccianli.
Non si pu indovinare come leggessero JBambgl., Iac. Dant., Lan.,
Petr. Dant., Falso Bocc. Ma An. Sei., Ott., Bocc, Benv., An. Fior.,
Barg., Land., Tal., Veli., Cast, lessero cacciarli, e degli antichi
soltanto Buti, Serrav. e Dan. lessero caccianli. Pare che il pron. li
si riferisca agli Angeli, che volendo parlare delle anime triste Dante
avrebbe detto cacciarla, le riceve, come disse trista e mischiata.
Inoltre le anime triste non furono mai ne in cielo, ne alla porta
de' cieli; dunque i cieli non potevano n ponno cacciarle, come p. es.
Roma non caccia chi non nella citt, n alle porte. Ma gli Angeli
Cacciatore-Cadere 283
neutrali furono cacciati dal cielo coi ribelli : Diabolus - proiectus
est in terrarn, et angeli eius cum ilio missi sunt; Apocal. xn, 9.
Sembra quindi che cacciarli sia la vera lezione, poich i cieli gli
discacciarono una volta per sempre, mentre lo profondo inferno ri-
cusa continuamente di riceverli, che, essendo invidiosi d'ogni altra
sorte, vi andrebbero gi ogni momento, se vi fossero ricevuti.
Cacciatore, Verbal. masc. da cacciare, Chi o Che caccia; in
locuz. figurata Purg. xiv, 59.
Caco, personaggio mitologico, figlio di Vulcano, Virg. Aen.
Vili, 197, mezzo uomo e mezzo una
satiro, ibid., 194, che abitava in
grotta del Monte Aventino. Eub con astuzia quattro vacche e quat-
tro buoi della greggia di Ercole; ma i muggiti delle vacche avendo
servito di scorta ad Ercole, questi si rec alla grotta ed uccise il
mostruoso ladrone; cfr. Virg., Aen. vili, 193-267. Avendolo Virgilio
chiamato semihomo, ibid., v. 194, e semifer, ibid., v. 267, epiteti
dati alle volte ai Centauri, Dante lo pone tra questi, facendone un
Centauro; Inf. xxv, 25.
Cacume, cacumen, Sommit, Cima; Purg. IV, 26. Par.
dal lat.
xvn, 113; xx, 21. Nel primo di questi tre luoghi i pi leggono: Mon-
tasi su Bismantova in cacume e intendono: Montasi alla sommit
di Bismantova, monte altissimo nel Reggiano; cos Lan., Ott., Petr.
Dani., Falso Bocc, JBenv., An. Fior., Tal., Boi., Dan., Voi., Lomb.,
Pori., Pogg., Biag., Cost., Ces., Wagn., Tom., Br. B., Frat., Greg.,
Andr., Bennas., Cam., Frane, Corn., Campi, Poi., e quasi tutti gli
espositori stranieri. Alcuni pochi leggono invece: Montasi su Bis-
mantova e in Cacume, e per Cacume intendo di un monte altis-
simo in Calabria, o in Campagna o altrove. Cos Cass., Buti, Serrav.,
Land., Veli., Vent., ecc. Ma un monte di nome Cacume non lo si
ancora mai trovato in verun luogo. Non ergo dicas, sicut aliqui
ignoranter, quod cacume sit alius locus distinctus ab isto, scilicet
unum castellum altissimum, nescio ubi; quod totum est vanum et
prseter intentionem poeta?; Benv.
Cadere, dal lat. cadere. In alcuni tempi, come nel presente
dell'Indicativo, del Congiuntivo e nel Gerundio, talvolta, e special-
mente nella poesia, il d si cambia nel doppio g, e si dice Gaggio,
Gaggia, Caggendo, ecc. Questo verbo occorre nella Div. Coni. 66 volte,
28 nell' Inf., 27 nel Purg. e 11 nel Par. - 1. Venire da alto al basso,
tratto dal proprio peso Inf xxxn, 29. - 2. Per similit. Inf. xxvn, 26
; ;
xxxni, 125. Purg. xxv, 85. - 3. E figuratane Purg. Vi, 100.-4. Detto
della pioggia, della neve, e d'altre meteore che vengono a terra; Purg.
284 Cadmo
xxi, 47. Par. 133.- 5. Per Andare disteso a terra, Andar gi; Inf.
I,
in, 136; v, 142. Par. xvi, 70.-6. Per Kovinare; Purg.xx, 127.-7. E
figuratam. Andare in declinazione, Venir meno di forza, di potenza,
di grandezza, detto di citt, parti politiche, magistrati, religioni e
simili; Inf. vi, 67. - 8. Per Scender gi, Scorrere a basso; detto
di fluidi; Purg. xiv, 49. - 9. E per Formar cascata, detto di fiumi;
Inf. xvi, 2, 101. - 10. E pur detto dei fiumi, Metter foce, Sboccare;
Inf. xx, 78.-11. Per Calare rapidamente, quasi a piombo; detto di
ripe, balze o simili; Purg. xn, 106. - 12. Per Pendere, Discendere,
detto pi specialmente di vesti, capelli e simili; Purg. i, 36.-13. Per
Inclinare, Volgersi al basso; Purg. IV, 37.- 14. Detto degli astri, vale
Piegare verso l'occidente, Volgere al Tramonto, Tramontare; Inf.
Vii, 98. Purg. XVIII, 81. - 15. Per Andare a colpire, a parare; pi
specialmente in senso figurato; Par. vili, 104. - 16. Per Venir meno,
Mancare; Inf. xxi, 85. - 17. Per Scadere; Par. vir, 78. - 18. E rife-
rito a pericoli, disgrazie e simili, vale Incappare; Par. IV, 111. -
19. Riferito a colpe, falli, peccati e simili, vale Commetterli; Inf.
xxvn, 109. Conv. i, 2, 57. - 20. Cader gi, in gi, e anche giuso,
vale lo stesso che il semplice Cadere, cos al proprio come al figu-
rato, ma maniera che aggiunge forza all'idea; Purg. xvil, 43;
xxx, 136. - 21. Detto del volto o degli occhi, vale Chinarli gi, Ab-
bassarli, per vergogna, scoramento o simili; Purg. xxx, 76. -22. Ca-
dere sotto una cosa, vale Rimanere, Esser posto sotto a quella; Purg.
xxvn, 3, nel qual luogo il senso : Mentre l'Ebro, ossia la Spagna,
trovasi precisamente sotto il segno della Libra. -23. Cadere, usato
in forza di Sost., vale Caduta; Inf. xiv, 28. Purg. xxv, 117, nel
qual luogo per pare che la vera lezione sia: temea cadere in giuso,
o cadere giuso, invece dell'altra: temea il cader giuso, che di
pochi e poco autorevoli codd. - 24. E figuratam. Par. xxix, 55. -
25. Nel luogo Purg. iv, 37 la frase Nessun tuo passo caggia, pare
:
che il senso sia: Non far passo alcuno che non sia pur sempre
verso su, Non perdere passi, n a destra n a manca, Tieni dritto
innanzi. Cos Benv., Andr., Poi., ecc. I pi per intendono: Non dar
passo indietro (Buti, An. Fior., Land., Veli., Veni., Pogg., Biag.,
Tom., Greg., Campi, Corn., ecc.). Ma al tornare indietro Dante non
aveva certo pensato. - 26. Cadere a poco vento, vale Darsi per vinto
anche a difficolt non gravi, con allusione al racconto evangelico
S. Matt. xiv, 29 e seg. Purg. xn, 96. - 27. Il cader della pietra,
vale La perpendicolare; Purg. xv, 20.
Cadmo, Kd\xoc personaggio mitologico, figlio di Agenore e di
Telefassa, fratello di Europa, Cilice e Fenice. Il padre lo mand in
cerca d'Europa rapita da Giove, ingiungendogli di non ritornare a
Cadnco-Cflsrnazzo 285
casa senza la sorella; onde Cadmo, riuscite vane tutte le sue ri-
cerche, si ferm nella Tracia e fond poi la citt di Tebe. Andato
quindi nell'Illiria, dopo diverse vicende fu trasformato in serpente
assieme con Armonia sua moglie. A questa trasformazione, descritta
da Ovidio, Met. iv, 563-603, allude Dante, Inf. xxv, 97.
Caduco, dal lat. caditene, propriam. Che presto cade e perisce,
Che ha breve durata. Caduco dalla memoria, vale Che poco vi dura,
Che poco vi resta; Par. XX, 12, nel qual luogo caduci sta per
ca duchi.
Caduto, partic. pass, di Cadere; in forza di Sost. Colui che
venuto da alto a basso tratto dal proprio peso, o che andato
disteso a terra; Inf. x, 110.
Cagionare, da cagione; 1. Esser cagione di qualche cosa,
Produrre, Causare; Par. xtx, 90.-2. E in senso di Derivare, Trarre
come da cagione; Par. xi, 21.
Cagione, dal lat. occasio. Questa voce nella Div. Com. ado-
perata 48 volte, 12 eWInf., 20 nel Purg. e 16 nel Par.-. Quello
da.cui ha origine, motivo, occasione una cosa qualunque; Inf. I, 78.
Purg. xvtt, 99, ecc. - 2. E per Ci che di per s produce un effetto,
Causa; Purg. xvi, 67. - 3. Quindi Cagione prima dicesi di Dio,
come creatore di tutte le cose; Par. xx, 132.-4. E per Occasione che
muove a far checchessia, usato particolarmente coi verbi Avere, Dare,
Cogliere, Prendere, Trarre e simili; Inf. xxx, 71. Purg. xxvi, 10.-
5. Per Ragione onde si fa una cosa; Inf. x, 90.
Cagna, la femmina del Cane; Inf xin, 125; xxxiit, 31.
Cagnano, Angiolello da, cfr. Angtolello.
Cagnano, piccolo fiume dell'Italia superiore, affluente del Sile
o Sele che scorre tra la Brenta e la Piave; Par. ix, 49. Conv. tv,
14, 83. Cfr. Eambaldi, Considerazioni sulle prime notizie di Tre-
viso, Treviso, 1840, p. 246. Barlow, Contributi ons, p. 399. Fer-
razzj, Man. v, 436 e seg.
Cagnaia;, Simile a cagnazzo, ossia cagnaccio, Di cagnaccio.
1.
E fu anche aggiunto di colore, quasi simile al paonazzo. Quindi, ri-
ferito al color delle carni, si us per Livido; Inf. xxx, 70. Multas
facies caninas; Benv. - Cagnatios, idest rigidos vel asperos, et
videbantur potius canes, quam homines, factos propter frigus;
Serrav. - Fatti per soperchio freddo grinzi a modo de' mostacci
286 Caifas-Calare
di cane; Dan. Cos pure Vent., Filai., Bl., ecc. I pi spie-
Veli.,
gano cagnazzo = paonazzi.
Corn.: Di colore paonazzo o livido.
Il
Cos spiega la Crusca con questo unico esempio, che non prova
nulla: perch cagnazzo qui potrebbe prendersi per viso contratto
e simile al canino. - 2. Sost. Lo stesso che Cagnaccio, peggior. di
cane, nome di uno dei dieci demoni nella quinta bolgia di Male-
bolge; Inf. xxi, 119; xxn, 106.
Caifas, Kocc&pag, dall'aram. ft-^3
T T-
= oppressore, nome del sommo
sacerdote che consigli la morte di Cristo; cfr. S. Matt. xxvi, 3, 57.
S. Lue. Giov. xviii, 13, 24, 28. Act. Ap. iv, 6. Dante lo
ni, 2. S.
trova nella sesta bolgia, crocifisso in terra con tre pali; tutta quanta
la masnada degl'ipocriti deve passare sul suo corpo, ond' egli ha da
portare tutta l'ipocrisia del mondo; Inf. xxm, 110 e seg. Cfr. Mon.
il, 13, 34.
Caina, da Caino il Nome
primo dei quattro scom-
fratricida, del
partimenti concentrici dell'ultimo cerchio dell' inferno, dove sono pu-
niti i traditori del proprio sangue; Inf. v, 107; xxxn, 58.
Caino, TO = Guadagno, nome del primogenito di Adamo, che
uccise suo fratello Abele; cfr. Genes. iv, 1 e seg. E ricordato tra
gli esempi d'invidia punita; Purg. xiv, 133. Nei due luoghi Inf.
xx, 126 e Par. n, 51 si allude all'opinione volgare, che le macchie
della luna fossero il viso di Caino, e il lume una forcata di spine
accese che Caino innalza. Cfr. Vaechi, Lez. i, 471 e seg. Peschel,
Abhandlungen l, 327 e seg.
Calabrese e Calavrese, abitante della Calabria (o Ca-
lavra,come dicevano gli antichi); Vulg. E. i, 10, 48. Il calavrese
abate Gioacchino, Par. xn, 140, cfr. Giovacchino.
Calamita, dal lat. calamus, canna, perch anticamente si bi-
licava soprauna cannuccia od un gambo di paglia, affinch potesse
liberamente oscillare; Minerale di ossido di ferro, che ha propriet
di tirare a s il ferro dolce, e, posto in bilico, di volgersi ai poli;
Conv. in, 3, 14.
Calare, dal lat. chalare, e questo dal gr. x a ^<*v; propriam.
Mandar gi d' alto in basso una cosa, non abbandonandola al pro-
prio peso, ma sostenendola con la mano, con funi, od altri stru-
menti. - 1. Usato in locuz. figur. Inf. xxvn, 81. - 2. Per Abbassare,
Chinare; Purg. n, 28. - 3. Per Scorrere in gi, Scendere, detto pi
Calavrese-Calcabrina 287
specialmente dell'acqua; Par. x, 90. - 4. Neut. Scendere gi da luogo
elevato, Discendere a basso, detto di persona; Inf. xn, 58; Xiv, 126;
xxu, 113. Purg. il, 105. Par. xxn, 103. - 5. E figuratam. per Scadere
di grado, di potenza, di reputazione, Venir meno in ricchezze e si-
mili Par. xvi, 90. - 6. Detto dei volatili, vale Drizzare il volo
;
al basso; Inf. XVII, 129. Purg. IX, 21; xxv, 12; xxxn, 112. - 7. E
per Declinare, Discendere, detto di monte, pendice e simili; Purg.
ni, 52; xi, 42. -8. Detto degli astri e del giorno, vale Volgere al
tramonto, Declinare ali orizzonte; Purg. V, 39. - La lezione Gallare
1
nel luogo Par. xvi, 90 una falsificazione del Viv. Il cod. Bari.
ha calare non Gallare (cfr. Fiammazzo, I codd. Friulani della Div.
Coni., p. 57.
Calavrese, cfr. Calabrese.
Clboli, nobile famiglia guelfa di Forl. Kinier da Clbolt,
Purg. xiv, 88 eseg.,fu podest di Parma nel 1252 (cfr. Murat., Script.
ix, 776); uomo valoroso e di costumi gentili, morto nel 1295. - Fu avo
di Fulcieri da Calboli, e fu molto nominato; Lari., Ott., ecc. Fu zio
di Fulcieri da Clboli, podest di Firenze nel 1802. In MCCCII, cum
pars Nigra esset reducta in Florentiam per Carolum sine terra, -
principes partis ipsius Nigra? vivebant in magna suspicione, quia
sentiebant partem albam esse potentem in Florentia; et exules s3pe
scribebant civibus de parte sua. Ideo dederunt opera quod Fulcerius
de Calbulo, tunc potestas Florentiae, fultus favore eorum, subito ce-
pit quosdam cives de dieta parte Alba, inter quos fucrunt dominus
Bethus de Gerardinis, Masinus et Donatus de Cavalcantibus, Ner-
lus de Adimaris, Tignosus de Maccis, duo de Scholaribus; et obii-
ciens illis, quod tenebant tractatum proditionis cum exulibus albis,
sseva questione tormentorum, sive essent conscii sive non, fecit eos
confiteri, quod volebant prodere civitatem. Sed ille Tignosus ex ni-
mia corpulentia soffocatus est in tortura; cseteros condemnatos de-
capitavit. Et ad instantiam domini Musatti Francesii magni Capo-
ralis, voluit capere aliquos de Abbatibus inimici Musatti; sed illi
prsesentientes evaserunt. Ideo omnes de Abbatibus condemnavit pr
rebellibus, qui numquam fuerunt postea cives Florentise. Ex quo
magna turbatio nata est in civitate, et sequuta sunt multa mala
et scandala JBenv. Cfr. G. Vill., Cron. vili, 59.
;
Calca, da calcare, Moltitudine di gente stretta insieme; Purg.
Vi, 9; xviil, 92.
Calcabrina, nome di uno dei dieci demoni di Malebolge; Inf.
xxi, 118; xxn, 133. Est ille qui calcavit de duro et molli ; Benv. -
288 Calcagno-Caldo
Come suona il quanto Scalpitatola di
vocabolo, tanto vuol dire
brina, ci vizio invecchiato assai tempo et pratico; volgarmente
si dice quelli hae scalpitato quante nevi, ci , quelli pratico et
saputo; An. Fior. - Calcabrina, idest ille qui calcavit, idest diu
expertus est in baractaria; Serrav. - Calcante la brinata, la quale
nelle lettere sacre significa la divina gratia; Land.
Calcagno, dal lat. calcaneum, e questo da calcare. Al plur.
calcagni calcagna, e poeticam. calcagne. 1. Parte deretana del
e
piede, su la quale si aggrava maggiormente il peso della persona,
cos nell'andare come nello stare; Inf. xix, 30. Purg. xix, 61.-
2. Dare altrui delle calcagna, detto figuratami, per Stimolare, Spro-
nare; Purg. xit, 21.
Calcanta, KX^ag, da xocXxavw, comunemente Calcante, figlio
di Testore da Miceno o da Megara, sacerdote ed indovino greco al
tempo della guerra troiana, della quale predisse la durata; cfr. Hom.,
II. i, 68 e seg. n, 300 e seg. Ovid., Met. xti, 19 e seg. Viro., Aen.
;
it, 113 e seg. Di Calcanta per Calcante cfr. Nannucct, Teor. dei
nomi, 237 e seg. Dante lo pone nella quarta bolgia tra gl'indovini;
Inf. xx, 100.
Calcare, dal lat. calcare; 1. Premere, Aggravare coi piedi;
Inf. xxxtt, 20. Purg. xu, 69.-2. In senso figurato, Deprimere, Op-
primere, Conculcare; Inf. xix, 105. - 3. Neut. Far calca, Affollarsi;
Purg. il, 72. - 4. Calcare il suolo o le vie di alcun luogo, modo
poetico usato nel senso di Dimorare, Stare in quello, o anche An-
darvi Purg. xni, 149. - 5. Calcato, partic. pass, e in forma d'Add.
;
Detto di strada o luogo, vale pieno di gente affollata, Pieno di
calca; Purg. x, 79.
Calcina, dal lat. calx, Calce spenta con acqua e mescolata con
rena, che serve di cemento per murare; Canz. Al poco giorno, ed
al gran cerchio d'ombra, v. 18.
Calcio, dal lat. calx, calcis, propriara. calcagno, ed anche tutto
ilpiede; Percossa data colla zampa da cavalli, muli ed altri siffatti
animali; e si unisce comunemente coi verbi Menare, Tirare, Dare,
e simili; Purg. xx, 113.
Caldaia, Vaso grande di rame, da scaldarvi
dal lat. caldaria,
e bollirvi entro checchessia; ed di forma rotonda, pi largo or-
dinariamente alla bocca che nel fondo; Inf. xxi, 56.
Caldo, dal lat. calidus ; I, Add. 1. Che ha o Che produce ca-
lore; Inf. ix, 131 ; XXV, 61. Par. ti, 106. - 2. Detto di luogo, paese,
Calende-Caligare 289
suolo, e simili, vale Molto battuto dal sole, e dove per fa assai
caldo; e spesso si riferisce alla loro posizione verso le parti me-
ridionali; Inf xiv, 31; xvn, 48. Purg. iv, 84. Par. vi, 66.- 3. E
per Kiscaldato ; Par. ix, 93. - 4. Riferito ad affetti, passioni, e si-
mili, vale Forte, Gagliardo, Veemente Purg. xxxi, 118 Par. xtii, 79
; ; ;
xx, 95 xxi, 51 xxxi, 140. - 5. Detto di parole o preghiere, vale Molto
; ;
affettuoso, Efficace; Purg. xxx, 72. Par. iv, 12. - - II, in forza di Sost.
1. Quell'effetto o quel senso che prodotto dal fuoco, dal sole e in
generale dal calorico; Purg. in, 31. - 2. Per Luogo caldo, Stagione,
Temperatura, Ora calda; Inf ni, 87; xxn, 54. Par. xxi, 116. - 3. E
per Calore; Inf. XV, 9; xil, 142. Par. v, 134; xi, 46.-4. Figuratam.
ed anche in locuzione figurata; Par. v, 1 xv, 77 xxn, 47; xxxm, 8. ; ;
Calende, dal lat. calendce, e questo dal verbo calare, che va-
leva Chiamare, Convocare; perch appresso i Eomani il Pontefice
ogni d primo del mese chiamava il popolo a udire quanti giorni,
se cinque o sette, corressero alle none; Il primo giorno d'ogni mese;
Purg. xvi, 27, nel qual luogo calendi sta per colende (cfr. Nannucci,
Teor dei nomi, p. 266 e 753) e la frase Partire il tempo per ca-
lendi vale Dividere il tempo all' uso umano, cio per anni, mesi,
giorni, ore, ecc., divisione che non ha luogo nei regni dell'eternit.
Il senso della frase dantesca : Tu parli come se tu fossi ancora
nella prima vita, non ancor morto.
Calere, Neut. usato sempre im-
dal lat. calere, sentir calore ;
personalmente con la particella Di dopo
Premere, Impor- di s. 1.
tare, Curarsi Inf. xix, 67. Purg.
; xxx, 135. - 2. Calme per mi cale,
Vale Mi preme, M'importa; Purg. vili, 12.-3. Far calere, vale Ec-
citar cura o premura, Far pensare; Purg. xxv, 123. - 4. Il non ca-
ler, vale la Noncuranza, Distrazione, Sbadatezza e simili; Purg.
xxxn, 5. - 5. Essere in non cale ad uno, vale Essergli in noncuranza,
in dispregio Ganz. Tre donne intorno al cor mi son venute, v. 15.
;
Calfucci, antica famiglia fiorentina, consorte dei Donati, ai
tempi Dante gi spenta; Par. xvi, 106; cfr. G. Vill., IV, 11.-
di
Calfucci, Donati et Uccellini furono d'uno ceppo li Donati spensero :
li detti loro consorti Calfucci s che oggi nullo, od uno solo se ne
;
mentova, o pochissimi; Ott. - Isti sunt Donati, prseclara famiglia
olim et nunc ex quibus facta est alia familia, qui dicti sunt Cal-
;
futii Benv. - Calfucci fumo gentili omini, grandi cittadini et
;
abitorno nel sesto di porta Sampiero Buti. ;
Caligare, dal lat. caligare, Innebbiarsi, Offuscarsi per cali-
gine, Oscurarsi; Par. vili, 67.
19. Enciclopedia dantesca.
290 Caligine-Calla
Caligine, dal lat. caligo, Vapore denso e secco, che esala dalla
Nebbia; Offuscamento. Detto figuratam.
terra, e che offusca l'aria;
per l'Offuscamento, o I fumi della superbia; Purg. xi, 30.
Calisto, primo di questo nome, vescovo di Roma dal 217 al 222.
Ippolito lo dice vY]p sv xaxiq: rcavoopYos xal tioy.IXoc, npc, uXdvyjv; ma
le notizie biografiche date da Ippolito non meritano di essere cre-
dute, trattandosi diun avversario scismatico. Cfr. Hippolyti Romani
quce feruntur omniagrcece ed. P. de Lagarde, Beri., 1858. Baron.,
Anna. eccl., T. n, ad a. 220 e seg. Moretti, Calisto, Roma, 1752.
Doellinger, Hippoytus und Kallistus, Regensb., 1853. - Cal-
listus, Romanus, prsefuit Ecclesia Antonino Heliogabalo Imperatore.
Constituit Quatuor anni Tempora, quibus jejunium, ex Apostolica
traditione acceptum, ab omnibus servaretur. iEdificavit Basilicam
sanctse Marise trans Tiberim, et in via Appia vetus ccemeterium am-
pliavit, in quo multi sancti Sacerdotes et Martyres sepulti sunt: und e
ab eo Callisti ccemeterium appellato. Ejusdem pietatis fuit, quod
beati Calepodii Presbyteri et Martyris corpus jactatum in Tiberim
conquiri diligenter curavit, et inventum honorifce sepelivit. Pal-
matium Consulari, Simplicium Senatoria dignitate illustres, Feli-
cem ac Blandam, qui deinde omnes martyrium subiere, cum bap-
tismo lustrasset, missus est in carcerem ubi Privatum militem
;
ulceribus plenum admirabiliter sanitati restitutum Christo adjun-
xit: pr quo idem, recens adhuc a fide suscepta, plombatis usque
ad mortem csesus occubuit. Sedit Callistus annos quinque, mensem
unum, dies duodecim. Ordinationibus quinque, mense Decembri, crea-
vit Presbyteros sexdecim, Diaconos quatuor, Episcopos octo. Post lon-
gam famen crebrasque verberationes pra3ceps jactus in puteum, atque
ita martyrio coronatus sub Alexandro Imperatore, illatus est in cce-
meterium Calepodii via Aurelia, tertio ab Urbe lapide, pridie Idus
Octobris. Ejus postmodum corpus in Basilicam sanctse Marise trans
Tiberim, ab ipso aedificatam, delatum, sub ara majori, maxima ve-
neratione colitur. Brev. Bom. ad 14 Octob. Dante lo nomina Par.
xxvn, 44.
Calla, da calle, propriam. Grande apertura, munita di cate-
colmare o
ratta, per dare il passo alle acque, per lo pi a fine di
di prosciugare. Dante l'adopera per Passo angusto, Valico; Purg.
IV, 22; ix, 123. Nel primo di questi due passi i pi leggono LA
calla, parecchi LA calle ed alcuni pochi con Benv., Buti, ecc., LO
calle. poco meno che certo, che calla la vera lezione. Cfr.
Moore, Criticism, p. 375 e seg. Il Betti: La calla dee dirsi, se
vuoisi mantenere il paragone con aperta del v. 19.
Callaia-CamMare 291
Callaia, da calle, Passo angusto, Valico; e dicesi per lo pi
di quello aperto nelle siepi per potere entrare nei campi. E per
Sentiero angusto, Calle, che serve di passo da un luogo a un altro;
Purg. XXV, 7. - Callaia non propriamente via, n qui si piglia
per via, se gi non si dicesse che ovunque si pu ire o si va, si
chiami via. - Callaia significa passo stretto, - donde si passa da
un luogo a un altro, come sarebbe da una via in un campo: onde
son certe mette dette Caliamole, ed il proverbio aspettare alla
callaia ; Borghini, Studi, p. 249.
Callaroga e Calaroga, KaXdtyouppig, Calagurris, ora Ca-
lahorra, citt della Castiglia Vecchia, sulF Ebro, poco distante da
Osma; cfr. Forbiger, Handb. der alten Gcogr. in 2 , p. 59. Dante
la chiama fortunata per esservi nato San Domenico; Par. xn, 52.
Calle, dal lat. callis ; 1. Via, Strada; e intendesi per lo pi di
quelle anguste e campestri; Inf. i, 18 x, 1; xv, 54; xvin, 100;
;
xxv, 141 xxix, 69. Purg. vili, 40. - 2. E figuratam. Conv. IV, 1, 58;
;
IV, 7, 3. - 3. E per l'Atto dell'andare, Cammino; Inf. xx, 39. Par.
xvn, 59. - 4. E detto di fiumi, vale Corso; Purg. xiv, 45. Sul luogo
Purg. iv, 22 cfr. calla.
Calliope e Calliopea, la Musa della poesia epica; Purg.
i, 9. Cfr. ViRG., Aen. ix, 523.
Callo, dal lat. callum, Induramento della pelle che si fa per
lunga e forte pressione, specialmente nelle mani enei piedi; Inf.
xxxiii, 100.
Calo, da calare, detto figuratam. per Dechinamento, Abbassa-
mento, Diminuzione di potenza, di pregio e simili; Par.XY. 111.-
Calo, voce che adesso suonerebbe triviale, ma fa appunto al
Poeta; Tom.
Calore, Propriet del fuoco, dei raggi solari
dal lat. calor ; 1.
e simili, per la quale riscaldano e possono anche rice-
i corpi si
vere un'alterazione nel loro stato fisico, senza per variar di natura;
Purg. xix, 1; xxv, 77; xxviii, 99. Par. xix, 19. - 2. In senso figu-
rato, vale Amor fervente, Caldo fervore ; Par. xxxi, 140.
Calvo, dal lat. calvus ; Privo di capelli, ed anche per sempli-
cemente Privo, pur riferito a capelli; Purg. xxvil, 27.
Cambiare, dal lat. cambire o cambiare; 1. Mutare una cosa
con un'altra, per lo pi della stessa natura; Sostituire una cosa a
un'altra; Purg. xxviii, 96. Par. XXX, 94.-2. E per Trasmutare,
292 Cambio -Camicion de' Pazzi
Variare; Par. xvn, 90. - 3. Per Trasformare; Inf. xxv, 102, 123. -
4. Detto di abitazione, dimora, luogo qualunque, vale Lasciarlo, an-
dando in un altro; Par. xxix, 6.-5. Termine mercantesco, vale
Pagar denari in un luogo per esserne rimborsato in un altro; ed
anche Barattare moneta, dandone 1' equivalente con altra di diversa
specie; Par. xvi, 61.- 6. E pure per Barattare, detto di checchessia;
Par. xxvn, 15. - 7. Per Mutarsi da quel che una persona od una
cosa era od appariva, cos rispetto al morale come al materiale;
Purg. IX, 67. Par. v, 97.-8. Ed ellitticamente Cambiarsi, vale Al-
terarsi nella faccia, Mutar colore, per qualsivoglia affezione del-
l'animo o per malessere; Purg. xxxiii, 6. - 9. Cambiato, per Alte-
rato nella faccia, Mutato di colore, Turbato; Purg. xxiii, 47.
Cambio, Il cambiare, Il mutare una cosa con un'altra; cosi
nel proprio come nel figurato; Conv. iv, 11, 84. 86.
Camera, dal lat. camera, gr. xoqiccpa, che valeva stanza a volta;
1. Stanza, per uso principalmente di dormirviPar. XV, 108, nel qual
;
luogo pare che si accenni ad eccessi di libidine, forse con allusione
a quel di S. Paolo ad Rom. xni, 13: Non in cubilibus et impu-
dicitiis. Cfr. Virg., Aen. v, 4 e seg. Vedi l'art. Sardanapalo. -
2. E per Dimora, Ricetto, Ricovero detto figuratam. Conv. i, 2, 24;
iv, 5, 28.
Camicia, dal basso lat. camisia. Isidoro la spiega come ve-
ste da letto, cama; senonch la desinenza rimane oscura, nello stesso
modo che derivandola dall' aat. hamidi, mod. hemd. La forma c-
mice condurrebbe secondo il Mahn all'arabo qamig ch'egli deriva
dall'indiano Jcscliamma stoffa di lino: ma n una derivazione cos
antica n il modo di essa verisimile. Le lingue celtiche offrono
caimmse e camse, veste lunga; Zamb. Cfr. Diez, Wrt. i 3 102 ,
e seg. Quella veste bianca di panno lino o d'altra tela, lunga per
lo pi infino al ginocchio, che si porta in sulla carne; Inf. xxiii, 42.
Questo luogo prova che nel medio evo usavasi stare a letto affatto
ignudo, senza camicia; Bl. L'osservazione sembra giusta, essendo
pure confermata dal silenzio degli antichi, il quale vuol dire che
per essi la cosa s'intendeva da s. JBenv.: Sicut ego vidi in una,
absque accipere camisiam vel aliud velamen. -Buti: Anzi fugge
nuda. - An. Fior. : Chiaro appare, e questo chiaro appare esclude
ogni
'&' dubbio.
Camicion de' Pazzi, Alberto Camicione, dell'antichissima
famiglia dei Pazzi, nel Valdarno di sopra (cfr. Pazzi di Valdarno),
uccise proditoriamente un suo consanguineo, onde posto nella
Cammilla-Camniinare 293
Caina; Inf. xxxn, 68. - Iste occidit quendam dcmiimm Ubertinum
depazis decomitatu Florentie suum consortem ; Bambgl. - A tra-
dimento uccise un suo consobrino per aversi il suo An. Sei. - ;
Trad ed ucise alcuno suo consorto; Iac. Dant. - Uccise mes-
ser Ubertino de' Pazzi dello suo casato medesimo a tradimento, in
quanto colui che fu morto si fidava per vincolo naturale; Lan. -
Uccise il suo consorto messer Ubertino de' Pazzi; Ott. - Quem-
dam sibi sanguine conjunctum occidit; Cass. - Conunsuo fratello
chiamato charlno uccisono uloro zio charnale ilquale ebbe nome
messer uberto Falso Bocc. - Occidit proditorie dominum Uber-
;
tinum consanguineum suum Benv. - Uccise messer Ubertino suo
;
zio a tradimento, intanto che per parentado non si guardava da
lui Buti. - Andando un d a diletto messer Ubertino de' Pazzi
;
suo cugino ed egli, perocch avevono certe fortezze comuni come con-
sorti, Camicione pensa di pigliarle per s, morto messer Ubertino:
cos cavalcando gli corse addosso con uno coltello, et diegli pi colpi,
et finalmente l' uccise ; An. Fior.
Calumili a, e Camilla, figlia di Metabo, re di Priverno, tra
i Volsci, e della regina Casmilla. Il padre la dedic al servizio di
Diana e educ nella pi pura verginit. Nella guerra tra Enea
la
e Turno ella combatt per Turno, si distinse per il suo valore e
fu uccisa da Aronte; Inf i, 107; IV, 124. Cfr. ViRG., Aen. vii, 803;
xi, 432-867.
Cammilio e Camillo (M. Furio), patrizio romano, Cen-
sore nel 403 a. C, quindi sei volte Tribuno militare con competenze
consolari; cfr. Tit. Liv., V, 10. 14. Si segnal nelle guerre contro
i Falischi e conquist nel 396 la citt di Veij, che fu la prima con-
quista romana oltre i Nel 394 soggiog i Falerii
confini del Lazio.
(Liv., v, 19. 26), quindi, ingiustamente accusato di frode, and vo-
lontariamente in esilio. Quando poi nel 390 Poma era gravemente
minacciata, ritorn nel 390 a Poma, sconfisse i Galli e salv la pa-
tria (Lrv., v, 32. 46), dopo di che rinunci a tutti i suoi uffici che
gli furono di nuovo conferiti nel 389. Fu cinque volte dittatore,
vinse i nemici di Poma e mor di peste nel 364. Dante lo ricorda
con lode Conv. iv, 5, 98 e seg. Cfr. Liv., vi, 38. 42; vii, 1. Momm-
sen, Bmische Forschungen li (Beri., 1879).
Camminare, da cammino, propriam. Far cammino, Andare
da luogo a luogo, Percorrere uno spazio, per lo pi con le proprie
gambe. 1. Figuratam. per Governarsi, Comportarsi, Procedere in un
dato modo; Par. vi, 131. - 2. E Att. Percorrere, camminando, anche
294 Camminata-Cammino
in senso figurato; Par. vili, 106, nel qual luogo cammne desi-
nenza antica per cammini. Cfr. Nannucci, Anal. crit., p. 59-68.
Camminata, da camminare, Sala; detta cos perch vi si pu
comodamente andare, o passeggiar per entro Inf. xxxiv, 97. I si-
;
gnori usano di chiamare le loro sale caminate, massimamente in
Lombardia; e questo dice, perch le sale de' palagi de' signori so-
gliono essere ben piane e ben luminose, e quivi era lo spazzo di-
siguale et aspro, et eravi grande oscurit; Buti. Mail Caverni,
Voci e Modi, p. 40: Qui potrebb' essere camminata non in signi-
ficato di sala, come dietro il Buti spiegano i commentatori, ma in
significato di camminata da fuoco, come nel proverbio: Nuova cam-
minata presto affumicata. E a pensare alla condizione del luogo
ivi descritto, non pu non tornare alla mente la cappa e la gola di un
cammino per la quale dovette Dante arrampicarsi per uscir di lag-
gi dall'inferno, riportandone il viso, come gli spazzacammini, fu-
ligginoso. Quella cappa e gola poi di cammino non era neanco cos
comoda e larga, come nelle camminate che si vedono ancora ai pa-
lagi, ma pi che a camminata era simile, dice, a burella, non co-
struita di materiali ad arte, ma fatta cos da natura.
Cammino, dal lat. barb. caminus e chaminus; ted. kommen,
venire ; Ferrari lo deriva dal gr. xap-UTJ, gamba;
celt. cani, passo. Il
il Bapp dallo slavo kamenj, pietra; il Diez suppone cambe-menare,
menar le gambe; secondo V Ascoli da gamb-inare che ha riscontro
in ped-inare ; il Mdhn crede il lat. barb. caminus d'origine celr
tica; cfr. Diez, Wrt. r3 104 e seg. Zamb., 205.- 1. L'atto del
,
camminare, L'andare, il viaggio; Inf. i, 35; il, 5. 63. - 2. E per
il Luogo dove si cammina, Strada, Via; Inf. il, 142; IX, 30; xxi, 84;
xxvi, 122; xxxiv, 95, 133. Purg. n, 11; in, 56; iv, 66; vili, 132;Xin,
17; xiv, 129; xx, 142; xxn, 136; xxin, 17; xxvi, 28. Par. ix, 89; x,
95 xxxi, 95. - 3. E per II processo, Le operazioni della natura; Par.
;
vili, 133. - 4. Cammino della vita, vale II vivere, il tempo o corso
della vita; Inf. i, 1. Purg. xx, 38. Par. xxm, 75. - 5. Per Lo scor-
rere dei fiumi ; Inf. xvi, 94. - 6. Riferito agli astri, significa il loro
Movimento apparente Purg. xn, 74. - 7. E
o reale nell'orizzonte;
per Navigazione Par. xm, 137.
;
- 8. E in locuz. figurata Conv. ;
il, 1, 6.-9. Andare con alcuno per un cammino, vale Andare, Cam-
minare insieme cos al proprio come al figurato Inf. xxv, 28. Par.
; ;
xxx, 144. - 10. Fare il cammino, o un cammino, vale Camminare
per una strada, Passare per quella; cos al proprio come al figu-
rato; Inf. ix, 21; xx, 69. - 11. Mostrare il cammino, oltre al signi-
ficato proprio, vale anche poeticam. Condurre, Guidare altrui nel
Cammino, Gherardo da - Cammino, Riccardo da 295
viaggio; Inf. XV, 48. - 12. Pigliare o Prendere il buon cammino,
o il mal cammino, vale Incamminarsi, Avviarsi al bene o al male;
Par. xxiii, 63. - 13. Pigliar del cammino, per Procedere nel cam-
mino, Avanzarsi in cammino; Purg. XI, 109. - 14. Trarre alcuno dal
suo cammino, vale Fargli cambiar direzione, Stornarlo dalla sua
strada; Purg. xix, 22.
Cammino o Camino, Gherardo da, chiamato da Dante
buon Gherardo; Purg. xvt, 124, 133, 138, e ricordato come esem-
il
pio di vera nobilt, Conv. iv, 14, 81 e seg., gentiluomo di Trevigi
(Lan., Ott., Petr. Dani., Cass., Falso JBocc, JBenv., Buti, Avi. Fior.,
Serrav., Land., Tal., Vel., Dan., ecc.), eletto capitano di Firenze
nel 1283. Fu cortesissima persona e di grande magnificenzia;
Lan., An. Fior. - Si dilett non in una, ma in tutte cose di va-
lore, stando fermo a casa; Ott. - Valde gaius fuit; Cass. - Fuit
nobilis miles de Tarvisio, de nobilissima domo illorum de Camino,
qui ssepe habuerunt principatum illius civitatis. Hic fuit vir totus
benignus, humanus, curialis, liberalis, et amicus honorum: ideo an-
tonomastice dictus est bonus; Benv. - Erano i da Camino una
delle pi potenti famiglie della Marca Trivigiana, che ritiensi ab-
biano cangiato il primitivo cognome di Montanara in quello di Ca-
mino, per un castello di questo nome fatto fabbricare da Guecello
Montanara nel 1089; non si hanno per documenti certi intorno a
questa famiglia se non nella seconda met del secolo duodecimo.
Gherardo, figlio di Biaquino e d'India da Camposampiero fu il pi
illustre personaggio della sua stirpe. Conoscendo egli l'instabilit
del favor popolare che lo aveva condotto al dominio della sua pa-
tria, si content del titolo di capitano generale della citt di Tre-
viso.Le virt di Gherardo da Camino erano tali eh' egli veniva
temuto in guerra e rispettato in pace, e molte volte fu scelto ad
irbitro nelle differenze sorte fra i paesi vicini. agevole il rite-
iere che Danteabbia conosciuto di persona, tanto pi che Ghe-
lo
rardo fu protettore dei letterati e dei poeti; Barozzi in Dante
il e seg. Cfr. Mukat., Ann. d' It. ad a. 1295.
suo secolo, 803
G. B. Eambaldi, Dante e Trevigi, Treviso, 1865. Scolari, Delle
memorie Trivigiane che trovansi nella Div. Com., Treviso, 1841.
Cammino, Riccardo da, figlio del precedente successe;
al padre nel Capitanato di Trevigi, ebbe inoltre il carico di Vicario
imperiale e fu ucciso proditoriamente il 5 aprile 1312 (secondo al-
cuni 1313). Alla sua morte si accenna Par. ix, 50 e seg. Il fece
uccidere messer Cane della Scala per mano d'uno villano col trat-
tato di certi gentiluomini del paese. Alcuno dice che il trattato fu
296 Canimonica-Canipagna
solamente delli uomini di Trivigi, li quali fecero congiunzione col
villano d'uccidere messer Eiccardo; e come il villano fece mes-
ser Eiccardo, ed elli ch'erano quivi presenti uccisero il villano;
s che l'uno e l'altro fumorto, l'uno per la tirannia, l'altro perch
non palesasse i compagni Ott. Secondo il Cass., Eiccardo fu oc-
;
cisus proditorie per assesinos ad petitionem domni Altinerii de Cal-
zonis de triviso, la cui moglie Eiccardo avea disonorata; cfr. Murat.,
Script, xii, 783 e seg. - Chostui fu buono huomo edi buona condi-
zione evolendo togli isuoi confini lasignioria siebbono ulloro consorto
pazzo esigli dissono che uccidesse messer ricciardo. Costui tolse un-
coltello eandossene allui giuchando atavole messer ricciardo esigliede
perlopetto diquello choltello parecchi fedite mortali iconsorti suoi
facciendo vista di questo fatto essere dolenti trassono aromore esi-
presono questo loro consorto esilo uccisono eaquelmodo mori ilsavio
elmatto eloro consorti rimaxono maggiori econgrande verghognia;
Falso Bocc. - Quum una die luderet ad scacchos, subito transfixus
est gladio ab uno Eibaldo sicario desperato, prsesentibus fratre et
consanguineis eius. Et continuo sicarius trucidatus ab illis fertur
dixisse istud verbum: hoc non fuit in pacto. Ipse vero Eizardus mo-
riens dicebat manu et nutu ne occiderent eum, ut sciretur quare
hoc fecisset, cum tamen fratre et suis procurantibus hoc factum
esset Benv. - Per la sua superbia ed arroganza venne in odio
;
ai Trivigiani. Fu in allora che Altiniero degli Azzoni, uno dei prin-
cipali della citt, mosso dal desiderio di restituire la libert alla
patria, e forse anche da particolari motivi di vendetta, unitosi col
conte Eambaldo Guido Tempesta, con Pietro Bona-
di Collalto, con
parte, e con Tolberto Calza, deliber di ammazzare Eiccardo. Nel
giorno 5 di aprile del 1312 mentre questi giuocava agli scacchi, un
sicario compro dallo Azzoni si accost arditamente e lo percosse con
un'arma tagliente sopra il capo. L'omicida fu tosto ucciso, forse
a seppellire per sempre il nome dei congiurati; ma Eiccardo mo-
rendo sospett gli autori del colpo Barozzi in Dante e il suo
;
secolo, 805. Cfr. Muratori, Ann. d'it. ad a. 1312. Eambaldi, Dante
e Trevigi, p. 24 e seg.
Cammonica, cfr. Valcammonica.
Canio, dal lat. camus, gr. xYjfig o x^s, propriam. La museruola,
il Capestro; Dante l'usa nel significato di Freno; Purg. xiv, 143 cfr.
Pirg. xni, 40. Psal. xxxi, 9.
Campagna, dal lat. bass. Campania; 1. Pianura, Paese aperto
fuori di terre murate; Inf. ni, 130; xv, 123; xxiv, 8. Purg. in, 2;
Campagnatico-Campaldino 297
xxviii, 5, 118. - 2. E per Tratto, Estensione di luoghi aperti e piani;
Inf. xv, 123.
Campagnatico, forte castello situato sulla sommit d'un
poggio nella valle dell' Ombrone senese, posseduto sin dal X sec.
dai conti Aldobrandeschi di Saona e ceduto negli ultimi anni del
sec. XIII al comune di Siena. Ivi dai Senesi fu ucciso nel 1259
Omberto Aldobrandeschi dei conti di Santa Fiore, resosi intollera-
bile per la sua superbia; Purg. xi, 66. Cfr. Ombekto.
Camp aldino, piccola pianura nella prioria di Certomondo
presso Poppi nel Casentino in Valdarno di sopra, dove i Ghibellini
d'Arezzo furono vinti dai Guelfi di Firenze nella celebre battaglia
dell' 11 giugno 1289; Purg. v, 92. Sulla battaglia di Campaldino
cfr. Vill., vii, 131. Dino Comp., i, 10. Ammikato, Ist. Fior., lib. in.
Tkoya, Nella sua Vita di Dante
Veltro aeg. di D., 30 e seg.
Leonardo Bruni scrive In quella battaglia memorabile e gran-
:
dissima che fu a Campaldino, Dante giovane e bene stimato si trov
nell'armi combattendo vigorosamente a cavallo nella prima schiera,
dove port gravissimo pericolo. - Questa battaglia racconta Dante
in una sua epistola, e dice esservi stato a combattere, e disegna la
forma della battaglia. E appresso il Bruni cita un brano di una
epistola di Dante, per noi smarrita: Dieci anni erano gi passati
dopo la battaglia di Campaldino, nella quale la parte Ghibellina fu
quasi del tutto morta e distrutta, dove mi trovai non fanciullo nel-
l'armi, e dove ebbi temenza molta, e nella fine allegrezza grandis-
sima, per li varii casi di quella battaglia. E nella sua Historia
Fiorentina (trad. dal Sansovino) il Bruni racconta: Dante....
scrive in una sua epistola, che essendo giovane si trov in quella
zuffa; e narra come da principio i nemici furono superiori in tal
modo che i Fiorentini grandemente incominciarono a temere, ma
che in ultimo ottennero la vittoria. Della presenza di Dante a
Campaldino, confermata da una leggenda raccontata da Matteo Pal-
mieri (cfr. Papanti, Dante secondo la tradizione e i novellatori,
p. 98-109) non vi fu chi dubitasse sino al Bartoli (Lett. ital. v, 81
e seg.), il quale primo sollev dei dubbi che sembrano poco fon-
dati. 1.Che Dante abbia combattuto a Campaldino un fatto del
quale non fanno il menomo cenno n il Villani, n il Boccaccio, n
Filippo Villani, n veruno dei commentatori antichi. Ma nel 1289
Dante non aveva veruna celebrit, onde ben naturale non aver
nessuno preso notizia dell' esser egli ito con migliaia d' altri suoi
concittadini a combattere a Campaldino. Del resto abbiamo la te-
stimonianza di Leonardo Bruni che si riferisce ad epistole dello
298 Campana
stesso poeta. - 2. La Vita di Dante del Bruni un lavoro ten-
denzioso, onde lice dubitare delle verit di quanto egli afferma. Ma
la sua Historia Fiorentina non lavoro tendenzioso, e l il Bruni
ripete incidentalmente la stessa cosa. Che il Bruni sia stato vit-
tima di un falsario non credibile, che il falsario fosse lui stesso,
ancor meno. - 3. Kaccontando la vita di Dante il Bruni incaduto
in molti errori. S, vi incorso alla buona, come altri prima e dopo
di lui; ma nel dato casoinvoca la testimonianza di Dante
egli
stesso, e che il Bruni siasi lasciato gabbare da un falsario, o siasi
reso colpevole di falsificazione nessuno asser mai, n vi sar mai
chi voglia asserire. - 4. Il ripetuto parlare che il Bruni fa di Cam-
paldino rende sospetto il suo racconto. Ma il fatto era per lui assai
importante, e se, come pare, egli fu il primo a scoprire la relativa
lettera di Dante, quel parlarne e riparlarne troppo naturale. -
5. Nel brano dell' epistola recato dal Bruni e' un errore di cro-
nologia, dicendovi che dalla battaglia di Campaldino al suo Priorato
erano passati gi dieci anni, mentre dall' 11 giugno 1289 al 15 giu-
gno 1300 erano passati gi undici anni intieri. Ma dettando quel-
V epistola Dante non pens certo di fare un lavoro di storia o di
cronologia; egli si serv del numero perfetto dieci, come noi
diciamo tuttogiorno quindici d, quand' anche si tratti di uno o
due di pi o di meno. Del resto sembra che il Bruni parli non pur
di una, ma di due relative epistole dell'Alighieri. - 6. Dante non fa
mai un cenno di essere stato lui pure a Campaldino. Questo cenno
parecchi lo vedono tanto nel luogo Inf. xxn, 4 e seg., quanto nel-
1' altro Purg. v, 91 e seg. - 7. Eivedendolo (o vedendolo) nel Pur-
gatorio Dante non riconosce Buonconte da Montefeltro, uno dei su-
premi condottieri dell'esercito Ghibellino, e se non lo riconosce vuol
dire che non lo aveva visto mai, e se non lo aveva mai visto vuol
dire che non fu a combattere a Campaldino. Se Dante vi fu, non
siegue di necessit che egli vi vedesse e conoscesse il Montefeltrano,
e quand'anche lo avesse veduto e conosciuto, non ne siegue di ne-
cessit che dovesse riconoscerlo nell' altro mondo undici anni dopo,
egli, che nel mondo di l non riconosce Casella, Purg. II, 85 e seg.,
n Belacqua, Purg. IV, 106 e seg., e nemmeno l'amico e parente
Forese Donati, Purg. xxm, 43 e seg. Cfr. Scartazzini, Hat Dante
als Krieger und Gesandter gewirhtP nella Beilage zur Allgemeinen
Zeitung, num. 285, Monaco, 13 ottobre 1888. Del Lungo, Dante
ne } tempi di Dante, p. 133-95.
Campana, da Campania, poich si crede che da prima le
campane fossero fatte in Nola; Strumento di bronzo, fatto a guisa
di vaso arrovesciato, con un battaglio di ferro sospesovi entro; e si
Campare-Campo 299
suona per chiamare il popolo alle chiese e alle assemblee, i magi-
strati agli ufficj loro, o per altre occorrenze; Inf. xxn, 7, dove si
accenna probabilmente alla campana di guerra dei Fiorentini detta
Martinela, sopra la quale cfr. Vill., vr, 75. Machiavelli, Stor.
Fior., il, 5.
Campare, probabilmente da campo, quasi Togliere o uscire
dal campo della battaglia, ovvero Prendere
i campi, cio la cam-
pagna; 1. Liberare, Salvare, Trarre di pericolo; Inf. xxn, 21. Purg.
i, 62.-2. Neut. per Salvarsi, Fuggire, Scampare; Inf. xvi, 82;
xxn, 135. - 3. Campare da checchessia, e talvolta anche di chec-
chessia, vale Scamparne, Uscirne salvo; Inf. i, 93. Conv. ili, 7, 119.
4. E in forma di Sost. Il Campare, per II salvamento, La liberazione;
Inf. il, 68.
Campi, borgo nel Valdarno fiorentino, distante 12 chilometri
da Firenze, posto sulla sinistra del Bisenzio. di origine molto
antica, essendo segnato in una carta del 760. Ai tempi di Dante
era un castello; Par. xvi, 50.
Campidoglio, Capitoium, castello di Roma, centro della
lat.
vita politica e religiosa dei Romani, sul mons Capitolinus, il pi
piccolo dei sette colli di Roma; cfr. Righetti, Descrizione del Cam-
pidoglio, 2 voi., Roma, 1828-36. C. Re e G. B. de Rossi nel Bullet-
tino della comm. archeol. comun. di Roma, voi. x, 1882; Jordan,
Kapitol, Forum und Sacra Via, Beri., 1881. Secondo la tradizione
fu miracolosamente salvato, essendo assalito dai Galli Mon. il, 4, ;
31 e seg. Conv. v, 5, 120. Cfr. T. Liv., v, 47.
Campione, prov. campio, frane, champion, dal basso lat. cam-
pio, e questo da campus ; propriam. Difensore in campo, Colui che
combatteva in campo o in isteccato per la propria o per l'altrui
difesa. 1. E per estensione, Colui che difende in qualsivoglia modo
alcuna causa; onde i due sostenitori della Chiesa, S. Francesco e
5. Domenico sono detti Campioni; Par. xn, 44. - 2. E per Atleta,
Gladiatore, Duellante; Inf. xvi, 22.
Campo, dal lat. campus; 1. Spazio di terra, ordinariamente
piana, da seminarvi grano, biade e simili; Par. xin, 132; xxiv, 110. -
2. Per ispazio qualunque di luogo circoscritto, e per lo pi piano;
Inf. xviii, 4. - 3. Per il Luogo dove gli eserciti combattono, o dove
fanno giornata, tanto al proprio che figuratam. Purg. xin, 116. Par.
Xii,108; xxv, 84.-4. E per Esercito; Inf. xxn, 1.-5. Tenere il
campo, figuratam. per Portare il vanto, Superare altri in chec-
chessia ; Purg. xi, 95.
300 Campo Piceno Canaccio, Bernardo
Campo Piceno,
pianura nei dintorni di Pistoia, tra Serra-
valle e Montecatini, dove credesi che Catilina sia stato vinto e
morto; Inf. xxiv, 148, nel qual luogo Dante allude probabilmente
alla spedizione dei Neri Fiorentini e Lucchesi contro Pistoia nel mag-
gio del 1302, che fin colla presa di Serravalle; cfr. Vill., viii, 52.
Secondo altri accenna all'assedio ed alla presa di Pistoia nel 1305
e 1306; Vill., vili, 82. E di nuovo altri affermano che nel 1302
Moroello Malaspina marchese di Giovagallo combatt contro i Bian-
chi e li disfece nel Campo Piceno o Piscense. - Sopra Capo pi-
san (sic) fie conbactuto : pisan est quedam porta Civitatis pistorij
penes quam est campus ubi fuit exercitus et conflictus et expu-
gnatio civitatis predicte exquo pars bianca sive ghibellina fuit ab
eadem civitate depulsa ; JBambgl. - Campo Piceno si luogo,
ov' ora Firenze, che cos si sola chiamare, o faceavisi il mercato
e anche si dicea campo di Marte. E ivi combatt messer Carlo con
messer Corso Donati, e caccionne fuori i Cerchi, come Bianchi ;
Ari. Sei. - Capo picieno il qualle sitto Pistoia sintende; v> lac.
Dant. - Questo nome d un campo apresso a Pistoia dove fu la
1
predetta sconftta (dei Bianchi nel 1302); Lan. - Picenum ap-
pellabatur olim illa regio Italia?, quse nunc appelatur Marchia An-
conitana; et Picenum appellatus est ager apud Pistorium, in quo
olim fuit debellatus Catilina, ut patet apud Sallustium et, ut fer- ;
tur, ibi est hodie castellum, quod vocatur Picentium longe a Pistorio
per tria milliaria JBenv. L'Ari. Fior, copia a questo luogo, abbre-
;
viando, il racconto del Vill., viii, 82. Cos pure il Geli ed altri.
Camp di &iena, nome della Piazza pubblica di Siena; Purg.
xi, 134. In platea Senarum, quse vulgo appelatur ibi Campus: et
est pulcerrimum forum, quasi circumcinctum magnis pa-
circulare,
latiis, et in eius circuitu solent deambulare nobiles et honorabiles
cives, in medio vero negotiantes; Benv. - I Senesi chiamano
Campo o Piazza del Campo la loro principal piazza dove si corre
il palio; e per qui da porre lettera grande a Campo, e da no-
tare che la piazza senese detta Campo per antonomasia.... Il
il
chiamare eh' e' fanno i Senesi Piazza del Campo quella dove cor-
rono i cavalli, mi fa pensare che la origine di tal nome sia.... presa
dalla lingua degli antichi Siculi, dicevano xoc|jjigv alle
i quali....
piazze dove correvano i cavalli; Fanf., Stud. ed Oss., p. 100. Cfr.
Merula, Cosmogr., lib. il, Par. 4.
Canaccio, Bernardo, della famiglia dei Canacci bolo-
gnesi, amico e discepolo di Dante in Eavenna, il quale dopo la
morte del Poeta fece incidere nell'arca di Dante il celebre esastico
Canale-Candela 301
Jura Monarchia, ecc. che si legge ancora. Di lui cfr. Ricci, Ul-
timo rifugio, p. 237 e seg.
Canale, dal lat. canais ; propriara. Luogo per dove scorre
acqua, scavato per lo pi artificialmente a fine d'irrigazione o di na-
vigazione o altro uso. E per Letto di fiume o d'altra acqua cor-
rente; Inf. xxx, 66.
Canavese, regione dell'alta Italia, che dalle falde delle Alpi
Graie e Perniine si stende sino al Po. 11 nome di Canavese rimonta
ai primi secoli dopo il mille, e vien derivato da un antico luogo
detto Canava, i cui signori chiamati conti di Canavisio furono alla
testa di una lega stretta verso la met del XII secolo, e i paesi che
a tale lega si accostarono si disegnarono siccome posti in Cana-
visio, Canapasio o Canepicio. Ristretto primieramente il Cana-
vese in brevi confini and mano mano allargandosi, in guisa che
nel sec. XIII abbracciava quasi tutte le terre giacenti fra l'Amu-
lone e la Chiusella. I castellani del Canavese ebbero frequentissime
lotte col comune d'Ivrea, finch nel 1213 con un trattato ne otten-
nero la cittadinanza, ed il diritto di concorrere colla met dei voti
alle elezioni dei principali magistrati,
obbligandosi invece di tener
casa in Ivrea, e ad esser pronti alla difesa della citt. In seguito
i marchesi di Monferrato ed i conti di Savoia divennero a vicenda
signori di buona parte del suo territorio, e nel 1313 avendo questi
ultimi occupata Ivrea ebbero esclusivamente anche il dominio del
Canavese. Loria, L'Italia nella D. C. i 2 , 54 e seg. Dante ricorda
il Canavese Purg. vii, 136, sul qual luogo cfr. Guglielmo mar-
chese.
Cancellare, prov. chancelar, frane, chanceler, dal lat. cancel-
lare; Diez, Wrterb. i 3 107. - 1. Cassare una scrittura, e pro-
cfr. ,
priamente tirandovi sopra freghi per lungo e per traverso, in modo
da render figura d'un cancello; Par. xvm, 130.- 2. E figuratam.
per Annullare, Abolire, Togliere via; Par. v, 46.
Cancellieri, antica e nobile famiglia di Pistoia, sulla quale
cfr. Lord Vernon,Inf. n, p. 441 e seg. Le discordie di questa fa-
miglia furono l'origine delle parti dei Bianchi e dei Neri; cfr.
Bianchi e Neri; Focaccia. La famiglia si spense nel 1795.
Cancro, dal lat. cancer, Uno dei dodici segni dello zodiaco;
Par. xxv, 101.
Candela, dal lat. candela ; 1. Cera lavorata, ridotta in forma
cilindrica, o leggermente conica, con istoppino nel mezzo, al quale
302 Candelabro
s'appicca ilfuoco per uso di veder lume; se ne fanno anche di sevo
e di altre materie grasse e combustibili; Purg. xxx, 90. - 2. E per
Lume qualunque, detto figuratam. dei lumi della mente Purg. ;
xxn, 61.
Candelabro, dal lat. candelabrum, Candeliere grande a pi
rami o braccia, e di materia e lavoro pi raro del candeliere or-
dinario; Purg. xxix, 50. Secondo la gran maggioranza dei commen-
tatori i sette candelabri della visione finale del Purg. raffigurano
i sette doni dello Spirito Santo, cio, come sono enumerati nel passo
fondamentale Isaia, xi, 2: Sapienza, intelletto, consiglio, fortezza,
scienza, piet e timor del Signore. Alcuni enumerano i sette doni
in altro ordine ma nel vedere nei sette candelabri figurati i sette
;
doni dello Spirito Santo vanno d' accordo Lan., Ott., Cass., Falso
Bocc, Benv., JButi, An. Fior., Land., Veli., Dol., Dan., Pogg.,
Biag., Cost., Br. B., Frat., Greg., Andr., Cam., Frane, Giu., Zi-
nelli, Barelli, ed un nuvolo di altri commentatori, traduttori ed
illustratori della Div. Com. Alcuni pochi diversamente. Petr. Dani.:
Primo igitur fingit se vidisse per membra Ecclesia, in figura sep-
tem candelabrorum, septenum ordinem clericatus. Est enimrprse-
sbyteratus, diaconatus, subdiaconatus, et isti tres majores ordines
sunt, quia in sacris: exorcistatus, acolithatus, lectoratus, et ostiatus,
et isti minores. - Vel dicit secundum Ioannem in principio Apoca-
lipsis quod septem hsec candelabra septem sunt particolares ec-
clesia universalis ecclesia? militantis romana?, et qua? eam pra?ces-
serunt, scilicet: Ephesum, Smyrna, Pergamum, Tyatira, Sardis,
Phyladelphica et Laodicea. Quod etiam potest referri ad id quod
dicitur de arca sancta, cujus candelabrum septem habebat calamos. -
Vel figurat septem dona Spiritus sancti primum donum est timoris,
:
quod repugnat superbia?: item donum pietatis, quod repugnat in-
vidia?: item donum scientia?, quod repugnat ira?: item donum forti-
tudinis, quod repugnat accidia?: item donum consilii, quod repugnat
avaritia?: item donum intellectus, quod repugnat luxuria?: item do-
num sapientia?, quod repugnat guise. - Vel die, quod sunt septem
articuli spectantes ad humanitatem Christi quorum primus est,
;
credere ipsum conceptum de Spiritu sancto: secundus, credereeum
natum de Virgine; tertius est credere eum pr nobis mortuum:
quartus, ipsum in anima ad Limbum fuisse: quintus, eum resur-
rexisse: sextus, ascendisse in coelem septimus, ipsum descendere
:
nos judicaturum. Delle sette chiese dell'Asia (cfr. Apocal. i. 20)
intendono Costa, Borg., Triss., ecc., mentre Tom. ed altri inten-
dono dei sette sacramenti ed alcuni {Veni., Lomb., Pori., Campi,
Com., ecc.) non sanno decidersi. I sette candelabri ricordano e le
Candeliere-Candore 303
sette lampade del Candeliere del Tabernacolo (Exod., xxv, 37. Num.,
vili, 2; cfr. Thom. Aq., Sum. theol. i, II, 102, 4) e il settemplice
Spirito di Dio (Isai., x, 2). Dante prese probabilmente l'idea dei
sette candelabri dall'Apocalissi, dove S. Giovanni vede prima sep-
tem candelabro, aurea (i, 12) che sono septem Ecclesia (i, 20), quindi
septem lampades ardentes ante thronum, qui sunt septem spiritus
Dei (iv, 5). Dal primo di questi passi Dante prese il nome dei sette
candelabri, attribuendo loro la significazione delle sette lampade;
onde i sette candelabri simboleggiano il settemplice Spirito Santo,
che settemplice inquanto considerato non gi come egli in
Dio, ma come egli nel mondo qual organo del divin governo. Come
lo Spirito settemplice di Dio ferebatur super aquas (Genes. i, 2),
precedendo cos in certo modo l'opera della creazione, cos quel
medesimo Spirito precede nella visione dantesca la processione che
raffigura l'opera della salvazione. Ai sette candelabri tengono dietro
i ventiquattro seniori e la retroguardia dei sette biancovestiti, cio
le personificazioni dei libri sacri del Vecchio e del Nuovo Testa-
mento. Or i sancii Dei homines hanno parlato e scritto Spiritu
sancto inspirati (Ep. il, Petr. i, 21): dunque come essi seguirono
scrivendo l' impulso dello Spirito Santo, cos questo Santo Spirito
loro guida eziandio nella visione dantesca: essi seguono nella pro-
cessione la luce dei candelabri, come nei loro scritti seguirono l'il-
luminazione dello Spirito Santo. Cfr. Comm. Lips. il, 627-29. Po-
letto, Comm. il, 658 e seg. Vedi pure l'art. Processione.
Candeliere e Candelliere, da candela, Arnese per lo pi
di legno o di metallo, dove si ficcano le candele per tenervele ac-
cese; Par. xi, 15.
Candelo, forma antica e poetica di Candela; Par. xr, 15. E
figuratam. Par. xxx, 54.
Candente, dal lat. candens propriam. Infuocato, Arroven-
;
tato per modo che biancheggia; per lo pi di ferro o d'altro
e dicesi
metallo. E per Rilucente, Splendente di una luce molto viva; Par.
xiv, 77.
Candido, dal lat. candidus, Bianco in grado supremo; Purg.
x, 31; xxx, 31. Par. xxxi, 1.
Candore, dal lat. candor ; 1. Bianchezza in grado supremo e
con un certo splendore; Purg. xxix, 66. Par. xiv, 53; xvm, 68.-
2. E per Fiamma o altra cosa candida e rilucente; Par. xxm, 124,
nel qual luogo le anime beate sono dette Candori, cio Spiriti can-
denti, Candide fiamme; cfr. Par. xiv, 77.
304 Cane-Cangrande della Scala
Cane, dal lat. canis Noto quadrupede domestico Inf. vi,
; 1. ;
19, 28; xviii, 49; xxi, 68; xxm,
18; xxx, 20; xxxm, 78; Par. iv, 6.-
2. E detto per ingiuria a Persona irosa, iraconda, Inf. vili, 42, o a
Persona crudele, spietata, di mal affare e simili; Purg. xiv, 50.
Cangiare, lo stesso che Cambiare, di cui forma varia; ma
propriamente dicesi del Mutare una cosa, modificandone le qualit,
il modo d'essere, le condizioni e simili.- 1. Detto della proposta,
del parere, dell'aspetto, ecc., vale Mutare, Cambiare; Inf. Il, 38;
xin, 144; xxiv, 13.-2. E detto del colore, vale lo stesso; Inf.
ili, 101. - 3. Cangiar luogo, o di luogo, vale Passare da un luogo
in un altro; Inf. xxv, 80. Purg. xxi, 51. -4. E detto del colore
dell'acqua; Par. ix, 47. - 5. Per Permutare; Par. n, 78. - 6. E per
Rendere il cambio, Rimunerare, Ricompensare; Inf. xxxn, 138. -
7. Per Passare dalle mani dell'uno in quelle dell'altro; Par. vi, 9.-
8. E Neut. pass. Cambiarsi, Mutarsi, Trasformarsi ;Iw/". xx, 42.
Cangiato, Partic. pass, di Cangiare; e in forma d'Add. per
Trasfigurato; Purg. xxxn, 81.
Cangrande della Escala signor di Verona, mecenate e
probabilmente ospite di Dante, del quale il Poeta parla con gran
lode Par. xvn, 76 e seg. Fu figlio di Alberto e fratello di Barto-
lommeo e di Alboino (cfr. questi artic). Sull'anno della sua nascita
vi controversia. Alcuni lo dicono nato nel 1280 (cfr. Grion nel
Propugnatore di Bologna, iv, II, p. 395-427), altri nel 1279 (cfr.
Claricini Dornpacher, Quando nacque Cangrande, Padova, 1892),
i pi nel 1291. Un antico cronista veronese :Dominus Canis Grandis
natus fuit 1291 Nono Martii; Murat., Script, vili, 641. E Giro-
lamo della Corte (Istor., lib. xi) afferma che Cangrande mor
in Treviso il 22 luglio 1329 in et di 39 anni, la qual data con-
corda colla data della nascita fornitaci dal cronista. Se era nato
il 9 marzo 1291, il 22 luglio 1329 aveva 38 anni, 4 mesi e 13 giorni,
era dunque in et di 39 anni. Cfr. Dionisi, Prep. istor. e crit. il,
117 e seg. Comunque siasi, il passo Par. xvn, 71 e seg. esclude
qualsiasi ragionevole dubbio, che secondo Dante, Cangrande nella
primavera del 1300 era in et di nove anni, dunque nato nel 1291.
Le dispute sul senso delle parole Son queste ruote intorno di lui
:
torte, sono oziose; Dante dice nove anni, e nove anni non sono
eguali n a venti n a ventuno. Che poi Dante abbia sbagliato, e
non abbia conosciuto l'et di Cangrande, assai improbabile, n
si creder che quando sia dimostrato con documenti ineccepibili.
Cfr. Com. Lips. iti, 469. Poletto, Comm. in, 376 e seg. - Morto
Alberto nel 1301 e poi Bartolommeo primo de' figliuoli e successori
Cangrande della Scala 305
nel 1304, e succeduto in lor potenza Alboino il secondo figliuolo,
Cane il terzo de' fratelli gli era stato associato verso il 1308. Amen-
due nel 1811, alla venuta di Arrigo imperadore, n'avevano avuto
titolo ed ufficio di vicarii imperiali in Verona. Ma Alboino languiva
gi di mortale etisia, e Cane allor di 20 anni fu solo all'impresa
con che tolsero Vicenza alla vicina Padova, mal obbediente all' im-
peradore, e poi all'importante assedio di Brescia, e poi a Genova;
onde, per la morte del fratello Alboino a' 28 d'ottobre, ritorn a
Verona, rimanendo solo vicario imperiale e signore. Nel 1312, e pi
nel 1313 e nel 1314, dopo la morte d'Arrigo aveva avuto a difen-
dere la sua conquista di Vicenza e la sua invidiata potenza contra
Padova, Trevigi, il marchese d'Este e il vescovo di Feltre, aiutato
egli dal vescovo di Trento, e secondo le occasioni dagli altri Ghi-
bellini di Lombardia. Finalmente, l'ardire personale di Cane ter-
min a suo onore e pr quella lunga lotta. Nel settembre del 1314,
i nemici di lui raccolsero inattesi tutto il lor nerbo, campeggiarono
improvvisi contro la contesa Vicenza, presero, saccheggiarono il
Borgo San Piero, ed arrivarono alle mura. Ma avvisatone Can Grande
a Verona, con un solo famiglio cavalc rapido a Vicenza, penetrvvi,
rincor i cittadini e il presidio di Tedeschi e con subita sortita
;
ai 17 settembre, al grido inaspettato di Viva Cane, piomb su' Pa-
dovani, li disfece e sbaragli,, molti uccidendo, pi prendendone, e
tutto predando. Fra' prigioni eravi Albertino Mussato, scrittoi* la-
tino elegante per quell'et, e, come a quell'et, uomo di spada e
negozi non meno che di lettere. Questi ed altri fra' prigioni inco-
minciarono trattati onde segu, a 20 ottobre, la pace tra Padova
;
e Can Grande, a cui fu lasciata e confermata Vicenza. Signore cos
di due potenti citt, e Ghibellino costante, Can Grande con Passe-
rino de' Bonaccossi signor di Mantova e Modena, e Matteo Visconti
vicario imperiale e signor della principale Milano, formarono in
Lombardia come un triumvirato ghibellino; che, negli anni 1315
e seg., guerreggi e soverchi quasi sempre i Guelfi di Brescia,
Cremona, Padova, Treviso ed altre citt. Nel 1317, nella disputa
d' imperio tra Lodovico il Bavaro e Federigo d'Austria, sendo da
papa Giovanni ordinato che nessuno s'intitolasse vicario imperiale
senza licenza sua, il Visconti depose quel titolo, e si fece gridare
dal popolo signore generale della citt. All'incontro, lo Scaligero,
add 16 marzo, giur fedelt all'Austriaco, e n'ebbe conferma del Vi-
cariato in Verona e Vicenza. Finalmente, add 16 dicembre del 1318,
in parlamento a Soncino, fu Can Grande eletto a capitano generale
della lega ghibellina in Lombardia Balbo, Vita di D., 1. Il, e. 13.
;
Cfr. Vill., ix, 14, 20, 32, 63, 86, 88, 89, ecc. Il 25 agosto 1320 es-
sendo all' assedio di Padova, fu sconfitto e atterrato e fedito, e di
20. Enciclopedia dantesca.
306 Caniculare-Cansare
poco scamp la vita per soccorso di sua gente, e in su una cavalla
di Monselice scamp, e l' oste sua fu tutta isbarattata, e rimasevi
di sua gente morta e presa assai, e tutti i loro arnesi: e cos per
mala provvedenza, la fortuna di cos vittorioso tiranno si mut in
contrario; VlLL., ix, 121. Le vicende posteriori di Cangrande non
lianno che fare colle indagini dantesche. Sul tempo nel quale Dante
fu ospite di Cangrande non si sa nulla di certo. Alcuni ritengono
che non si tratti che di un' escursione fatta dal Poeta quando avea
dimora stabile a Eavenna. Del resto, la dimora di Dante nella corte
dello Scaligero a Verona, della quale i commentatori antichi (Lan.,
Ott., Petr. Dani., Cass., Falso Bocc, Benv., Buii, An. Fior., Serrav.,
Land., Tal., Veli., Dan., ecc.) non fanno menzione, non un fatto ac-
certato e molto meno tale la rottura che si dice avvenuta tra Dante
e Cangrande, il cui fondamento pare che sia soltanto un aneddoto
raccontato dal Petrarca (cfr. Papanti, Dante secondo la tradizione e
% nov., p. 31 e seg.). Sull'epistola dedicatoria a Cangrande, attribuita
al Poeta, cfr. Epistole di Dante. Vedi pure Belviglieri, Dante
a Verona, nell'Albo Dantesco Veronese, Verona, 1865, p. 147-64.
Giuliani, ivi, p. 285-345. -Smania, Di una iscrizione a memoria del
soggiorno dell'Alighieri presso la corte Scaligera, Verona, 1868.
Caniculare, dal lat. canicularis, Della canicula, che La
stella pi luminosa nella Costellazione del Cane maggiore, e che si
prende anche per la costellazione medesima, onde d caniculari si
chiamano i giorni d'estate, circa dal 21 luglio al 21 agosto, nei quali
la costellazione australe detta Canicola o Cane maggiore nasce col
sole; Inf. xxv, 80. Sono questi i giorni pi caldi dell'anno, ne' quali
i ramarri e le lucertole sogliono essere pi orgogliosi e vivaci.
Caninamente, a modo di cane; Inf. vi, 14. Perch dice
caninamente latra, mostra che sia fatto a modo di cane Buti.
;
Canna, dal lat. canna, gr. xvva; 1. per il Canale della gola,
per quale passa il cibo e la bevanda, detto propriamente Esofago
il ;
Inf. vi, 27. - 2. E per Quel canale, per cui passa l'aria nei polmoni,
e ne viene respinta fuori nella respirazione, detta altrimenti Tra-
chea e Aspera arteria; Inf. xxvin, 68.
Cannuccia, propriam. diminut. di canna ; e per Canna pa-
lustre o salvatica, Cannella, Canneto; Purg. v, 82.
Causare; dal lat. campso, e questo dal gr. xdjixxto, fut. xajicjjto;
1. Tirare da parte, Allontanare alquanto, Discostare, per lo pi a
fine di evitare impaccio o pericolo Inf. xn, 99. - 2. Neut. pass.
;
Cantare-Canto 307
Tirarsi da parte, Discostarsi, Ritirarsi, per lo pi a fine di evitar
pericolo; Purg. xv, 144.
Cantare, dal lat. cantare, propriam. Mandar fuori la voce con
certa regola emisura per modo che faccia melodia. Nella Div. Com.
questa voce adoperata 70 volte, 6 nell'T^f., 39 nel Purg. e 25 nel
Par. Nell'inferno non si canta, ma si stride; quindi non vi si parla
che dei gru che van cantando lor lai, Inf. v, 46, di tal che si part
dal cantare alleluia, Inf. xn, 86, e del cantare poetico, cio del no-
minare, raccontare in versi; Inf. i, 73; xx, 112; xxr, 2. Un'altra
volta, ed l'unica nel Poema, Cantare adoperato ironicamente,
per Rimproverare, Dire con forza e con libert, Inf. xix, 118. Nel
Purg. e nel Par. le anime purganti e beate cantano, onde la voce
vi occorre, come 64 volte, il pi nel senso proprio, sovente
detto,
anche nel senso poetico, per Poetare, Dire, Narrare in versi Purg. ;
i, 4; xxi, 92. Par. il, 3; v, 139; XXI, 62; xxtii, 59, ecc. Nel luogo
Par. XI, 96 il verbo Cantare vale Celebrare, Magnificare col canto,
ed il senso del passo controverso pare che sia: La cui vita mirabile
meglio che a gloria della sua persona, si canterebbe a gloria del
cielo, cio di Dio, che colla sua grazia rese quella vita s mirabile.
- Cantare in forza di Sost. per L' atto del cantare Par. xxx, 30. ;
Cante Gabrielli d'Agobbio, cfr. Gabrielli, Cante.
Cantica, dal lat. cantica, plur. di canticum ; Componimento
poetico, per lo pi in terza rima, e di genere principalmente nar-
rativo. Ed anche Parte di poema cos fatto, che comprende un certo
numero di canti, quali sono le tre parti della Div. Com., chiamate
Cantiche dallo stesso poeta; Purg. xxxiii, 140.
T
Cantico dei Cantici, D^TUJn *P$, gr. Aa[ia ^qiaToov,
lat. Canticum canticorum, Titolo di un poema erotico drammatico-
che uno dei libri del Vecchio Testamento attribuito al re
lirico,
Salomone, e nel medio evo creduto poema allegorico, raffigurante
le relazioni tra Cristo e la Chiesa. Citandolo, anche Dante lo at-
tribuisce con tutti i suoi contemporanei al re Salomone Conv. Il, ;
6, 25 e seg. ; 132 e seg. Mon. ni, 3, 52 e seg. ni, 10, 39
li, 15,
e seg. Nella gran processione della Chiesa figurato tra' venti-
quattro seniori Purg. xxix, 83 e seg.
;
Cantilena, dal lat. cantilena, Canto religioso; Par. xxxn, 97.
Canto, dal lat. cantus ; 1. Modulazione della voce umana con
certa regola e misura; Purg. Il, 107, 131; V, 27; vii, 93; xn, 113;
308 Canto-Canzone
xix, 23; xx, 140; xxyi, 47; xxix, 36, 128. Par. v, 16; ix, 77; x, 73
xxn, 10;xxiv, 23; xxv, 109; xxvi, 67
xii, 6, 7; xix, 39; xx, 11, 144;
XXVII, 3; xxxi, 133.-2. E Poema; Inf iv, 95; xxxin, 90
per Poesia,
Purg. i, 10. Par. I, 12; xx, 40.-3. E detto di quelle parti in cui si
divide un poema o altro componimento poetico di qualche lun-
ghezza; Inf. xx, 2. Par. v, 139.
Canto, dal gr. xdfxuxo), piegare; ( Il gr. kantlis, l'angolo,
dell'occhio, poi il cerchio dell'occhio; la forma lat. canthus, che
Quintiliano dice parola africana o spagnuola, era il cerchione della
ruota; la parola celtica cant ricinto, cerchio, e pass nel ted.
kante, canto, spigolo, margine. I successivi passaggi di significato si
potrebbero spiegare con la gradazione: cerchio, orlo, spigolo, angolo,
lato. Ma io credo che non s' abbia a trascurare come possibile eti-
mologia il gr. kampts agg. verbale di kmptein, curvare, inflettere,
che converrebbe perfettamente al significato italiano; Zamb. Cfr.
Diez, Wrt. i 3 108 e seg.); propriam. Quell'angolo, od anche Quella
,
curvatura che fanno due pareti, due assi o simili, o pi general-
mente, due lati o due linee che s'incontrano. - 1. Per Lato, Banda;
Inf. iv, 115; ix, 46; xxvi, 138. Purg. ni, 89; xxvm, 105; xxxn, 144.-
2. E per Parte in generale; Inf xii, 118; xvn, 126!. Par. ni, 57.
Cantore, dal lat. cantor, Chi o Che canta. - 1. Colui che eser-
cita l'arte del canto, Cantante; Par. xvin, 51; xx, 142. - 2. E per
Poeta: Purg. xxn, 57. Par. xx, 38; xxv, 72; xxxn, 11. - Cantor
de' bucolicicarmi detto Virgilio, come autore della Bucolica,
Purg. xxn, 57. - Il cantor dello Spirito Santo Par. xx, 38,
;
Davide re d'Israele che dett i Salmi sacri per divina ispirazione,
onde pur chiamato il sommo cantor del sommo duce, Par.
xxv, 72. Come autore del Salmo penitenziale (l): Miserere mei, dopo
il commesso adulterio con Batseba e l'assassinio del di lei marito,
Davide ricordato Par. xxxn, 11. 12.
Canzone, dal lat. cantio, cantionis, Sorta di poesia lirica,
composta di diverse stanze, che per lo pi serbano il medesimo or-
dine di rime e di versi. 1. Detto poeticam. per Cantica; Inf. xx, 3.-
2. E per Canto in generale; Purg. xxxi, 134; xxxn, 90. -Nel De
vulg. eh, e. v, e vin-xiv Dante tratta della struttura dei versi e
della articolazione della stanza e dell'allacciamento delle rime nella
Canzone, ed espone intorno a questo argomento le norme seguite
dai poeti d'allora e quelle seguite da lui stesso nelle sue Canzoni.
Sulla base di queste teorie si procur di decidere quali delle Can-
zoni attribuite a Dante siano autentiche, e quali apocrife. Cfr.
Ed. Boehmee, TJeber Dante 's Schrift De vulg. el. JSTebst einer
Canzoni pietrose-Canzoniere 309
Untersuchung des JBaues der Dante'schen Canzonen, Halle, 1867.
Fr. D'Ovidio, La metrica della Canzone secondo Dante ne' suoi
Saggi critici, Nap., 1878, p. 416-36. Ma se l'argomento deve va-
lere qualche cosa, bisogna dimostrare che Dante si era formata la
sua teoria sin dalla sua giovent, e ch'egli vi si attenne rigoro-
samente in tutte le Canzoni da lui dettate,
Canzoni pietrose la denominazione di un piccolo ciclo
di Canzoni dantesche, escogitata in questi ultimi tempi, alla quale
si grande importanza. Nelle quattro Canzoni Cos nel
attribu :
mio parlar voglio esser aspro, - Amor, tu vedi ben che questa
donna, - Io son venuto al punto della ruota - e Al poco giorno
ed al gran cerchio d' ombra la voce pietra adoperata in 260 versi
23 volte, cio 22 volte in rima, 1 volta fuor di rima (nella l a
a
Cos, ecc., versi 83, 1 volta in rima; nella 2 Amor, ecc., versi 66^
a
13 volte in rima; nella 3 Io son, ecc., versi 72, 2 volte in rima;
a
nella 4 Al poco, ecc., versi 39, 6 volte in rima ed una volta fuor
di rima). Questo frequente uso della voce pietra in quelle quattro
canzoni tanto pi sorprendente, se consideriamo che nei 14,233 versi
della Div. Com. la voce pietra non adoperata che 17 volte, sei volte
di meno che nei 260 versi delle quattro Canzoni in questione. Da
queste cifre evidente che non a caso il Poeta pose l tante volte
la parola pietra in quelle quattro Canzoni. Vogliono vedervi un'al-
lusione ad una donna da lui amata; chi dice a Pietra Scrovegni di
Padova, chi alla Gentucca Lucchese, chi alla Casentina gozzuta, e
chi a Pietra di Donato Brunacci, cognata del Poeta; cfr. Imbruni,
Sulle canzoni pietrose di Dante, Bologna, 1882 e Studi danteschi,
p. 425-538. S. de Chiara, La Pietra di Dante e la Donna gen-
tile, Caserta, 1888. Ma delle quattro canzoni le tre appartengono
al ciclo del Convivio, onde nella pietra sembra che sia da vedere
un'allusione alla Filosofia, non ad una amante naturale.
Canzoniere e Canzoniere, Raccolta di poesie liriche del
medesimo autore, come canzoni, sonetti, madrigali, ecc., onde il
canzoniere di Dante Alighieri chiamasi la raccolta di tutte le
poesie liriche da lui dettate e, finch manca l'edizione critica de-
finitiva, a lui attribuite. A diciotto anni Dante aveva gi veduto
per s l'arte del dire parole per rima; Vit. N. I, 3, 31 e seg., e
per conseguenza gi composto, ma probabilmente non pubblicato, un
numero qualunque di poesie, delle quali non sappiamo nient' altro
se non che bisogna ammettere la possibilit che alcuni di questi
suoi primitivi componimenti si trovino tra quelle rime che la cri-
tica giudica apocrife, perch non degne di tanto poeta. Il suo primo
310 Canzoniere
poetico saggio di non dubbia autenticit il primo sonetto della
Vita Nuova, dettato nel 1283, quando Dante aveva diciotto anni.
D'allora in poi egli continu a dettare sonetti e canzoni e in vita
e in morte della sua Beatrice, imitando sulle prime, come tutti i
poeti italiani prima di lui e suoi contemporanei, i trovatori pro-
venzali, per isciogliersi poi a poco a poco da questi legami, volgere
le spalle alle leggi poetiche di un amore semplicemente conven-
zionale e fare della poesia l'espressione genuina degl'intimi senti-
menti del cuore, onde trasse fuore le nuove rime, Purg. xxiv, 49
e seg., cio un nuovo genere di poesia ed un nuovo stile poetico
superiore di gran lunga a quello dei poeti che lo precedettero. Le
rime da lui in diversi tempi dettate trattano in generale dello stesso
argomento che l'Amore, poich secondo le teorie da lui abbrac-
ciate nella sua giovent egli credette lungo tempo non essere lecito
rimare sopra altra materia che amorosa; cfr. Vit. N, 25. Ma le di-
verse sue rime, come furono dettate in diversi periodi della sua vita
intima, cos appartengono in generale a due cicli ben distinti: le une
al ciclo della Vita Nuova, le altre al ciclo del Convivio. Nelle rime
appartenenti al primo ciclo, molte delle quali furono dall'autore rac-
colte, ordinate e commentate nella Vita Nuova, Dante pennelleggia
la sua vita d'Amore durante la vita di Beatrice e nei primi tempi
dopo la di lei morte. Le bellezze corporali e spirituali della donna
amata, le gioie e le speranze dell'amante, al quale nella bellezza
terrestre si rivelata la celeste, gli affanni di un cuore che ama
tenerissimamente e non palpita che per la donna amata, il presen-
timento affannoso che morte spietata sia per porre fine alle amorose
dolcezze e speranze, il profondissimo dolore cagionato dalla perdita
irreparabile dell'oggetto amato, tali sono gli argomenti di queste
rime, nelle quali spira l' aura del pi profondo affetto, intinto nelle
profondit del misticismo medioevale. Anche l'oggetto delle rime
appartenenti al ciclo del Convivio in generale l'Amore. Ma mentre
le prime sono erotico-mistiche, queste altre sono erotico-filosofiche.
E diverso come l'oggetto anche il carattere dell'amore descritto
nelle rime del secondo ciclo. Esso non pi un amore dimentico
di s medesimo, tutto puro e per conseguenza tutto sereno, ma un
amore irrequieto, mai soddisfatto, perch la donna amata, che la
scienza umana, non mantiene mai le sue promesse. Onde in queste
rime si specchia la inquietudine interna dell'uomo che va cercando
ansiosamente e non trova, anzi appunto allorch si lusinga di avere
conseguito lo scopo desiderato, si accorge di essere deluso; quindi
esse parlano quando il linguaggio entusiastico dell'uomo ebbro
d'amore, e quando il linguaggio acerbo dell'amante indispettito,
col quale la donna amata troppo aspra e troppo dura si mostra.
Caorsa 311
Tutte le rime di Dante poi, e specialmente quelle del secondo ciclo,
nascondono sotto il velame dell'amor naturale un senso allegorico
e morale, al quale il Poeta vuole che il lettore fssi anzi tutto la
sua attenzione. Il valore estetico e poetico delle rime dantesche
naturalmente diverso; ma certo, Dante sarebbe uno dei massimi
poeti, anche quando non avesse dettato che le rime. Cfr. Carducci,
Delle rime di D. A. in Dante e il suo sec, 715-59, e negli Studi
letterari, 139-237. - Quali e quante poesie liriche che vanno sotto
il nome di Dante siano veramente roba sua, quali e quante erro-
neamente a lui attribuite, questione s difficile, che non si pu
sperare di vederla decisa definitivamente. Ma quelle raccolte dal
Poeta nella Vita Nuova e nel Convivio, e quelle da lui come pro-
prie ricordate nel Conv., nel Vulg. el. e nella Div. Com., sull'au-
tenticit delle quali non pu cadere alcun dubbio, sono pi che ba-
stanti a farci conoscere la lirica di Dante. Le migliori edizioni del
Canzoniere di Dante sono quelle del Fraticelli, Fir., 1861 e del
Giuliani, Fir., 1885. Cfr. Fraticelli, Dissertazione sulle poesie
liriche, in Opp. min. di D. Al. i, 1-66. - Betti Salv., Intorno ad
alcuni studi sulle Rime di D., Koma, 1842. - V. De Amicis, Del-
l' amore e della lirica di Dante, Nap., 1865.- E.
Pantano, Della
lirica di D., Palermo, 1865. - Kannegiesser-Witte, Dante Al.'s
lyrische Gedichte, 2 voi., Lips., 1842. - Witte, Dante-Forschungen,
i, 418-60; it, 524-73. -Il Canzoniere di Dante fu tradotto in fran-
cese dal Zeloni, Par., 1844, dal Dlcluze, Par., 1847 e da F. Fer-
tiault, Par., 1854; in inglese da Carlo Ly eli, Lond., 1835, Dante
Gabr. Rossetti, Lond., 1874, Boston, 1876, ecc. e da E. H. Plumptre,
Lond., 1887; in tedesco da Kannegiesser e Witte, Lipsia, 1842, da
C. Krafft,Eegensburg, 1859 e da J. Wege, Lips., 1879; in boemo
da Jaroslav Vrchlicky, Praga, 1891.
Caorsa, lat. Cadurcum, oggi Cahors, citt principale dell'alto
Quercy in Francia, nel medio evo un nido di usurai, onde, come Dante
dice Sodoma per Sodomiti, cos egli dice Caorsa per Usurai; Inf.
XI, 50. - Usurarij qui Caursini dicuntur Bambgl. - Caorsa
;
una citt in Proenza, ovvero in Tolosana, secondoch si racconta,
s del tutto data al prestare a usura, che in quella non n uomo
n femmina, n vecchio n giovane, n piccolo n grande che a ci
non intenda e non che altri, ma ancora le serventi, non che il lor
;
salario, ma se d' altra parte sei o otto denari venisser loro alle mani,
tantosto gli dispongono e prestano ad alcun prezzo; per la qual cosa
tanto questo lor miserabile esercizio divulgato, e massimamente
appo noi, che come l'uom dice d'alcuno, egli Caorsino, cos s'in-
tende che egli sia usuraio Bocc. - Caorsa, idest usurarios. Ca-
;
312 Caorsini-Capano
turgium enim est civitas in Gallia, in qua quasi omnes sunt foene-
rantes; Benv. - Caorsa una citt nella Proenza ove sono molti
usurieri, e per li usurieri sono chiamati Caorsini; Buti. - Gli
usurai presono nome da Caorsa, che cos sono chiamati Caorsini;
An. Fior. - Caorsa est una civitas in Gallia, que vulgariter di-
citur Caturgium. In ista civitate omnes sunt usurarli, et cives fa-
ciunt maximas usurias; denominat usurarios Caorsos;
et inde autor
Serrav. - Caorsa citt di Provenza rinomata ai tempi di Dante per
i molti usurieri che racchiudeva; Barg.- Caorsa citt in Pro-
venza, gi lunghi secoli piena d'usurai; Land. Le stesse cose ri-
petono Tal., Veli., Dan., Cast., Gelli, ecc. Alcune opinioni moderne
divergenti sono inattendibili.
Caorsini, cittadini ed abitatori di Caorsa, nominati Par.
xxvn, 58 insieme coi Guaschi, probabilmente con allusione a papa
Giovanni XXII, di Caorsa e Clemente V di Guascogna. Gli antichi,
in quanto non tirano via da questo luogo (Petr. Dant., Cass., Palai.,
Falso Bocc, ecc.), intendono in generale: Delle nostre giurisdizioni
si pascono e quelli di Guascogna e quelli di Caorsa, i quali hanno
tra loro la maggior parte del collegio dei cardinali, s che altra ge-
nerazione non pu accedere all'ufficio del papato. Cos Lan., Ott.,
Buti, An. Fior., ecc. Ma Benv.: Hic Petrus praedicit duos pa-
stores futuros gallicos qui fuerunt summe rapaces, scilicet Johan-
nem XII et Clementem V; unde Caorsini, quia Johannes fuit de
Caturgio civitate Gallile, in qua sunt generaliter omnes usurari :-
et in hoc notat eum infamia cupiditatis avarse; iste enim vocavit
suos ad summa beneficia et ditavit; et Guaschi, quia Clemens V
fuit de Vasconia, et in hoc notat eum infamia rapacitatis. Cos
pure Serrav., Land., Tal., Veli., Dan., Vent., Lomb. e tutti i mo-
derni. Probabilmente il Poeta intende i due papi e nello stesso
tempo le loro creature di Caorsa e della Guascogna, onde le due
interpretazioni si riducono essenzialmente ad una sola.
Caos, dal lat. chaos, e questo dal gr. x^? ^o stato di con-
fusione e di disordine di tutti gli elementi, prima che la materia
fosse ordinata e se ne componesse il mondo; ed anche la Materia
stessa confusa e disordinata; Inf., xn, 43.
Capacit, dal lat. capacitasi Attitudine a capire, a contenere.
Detto figuratam. Conv. in, 13, 69.
Capano, Karcaves, figlio di Ipponoo e di Laodice, uno dei sette
re della Grecia confederati con Polinice contro Tebe e fulminato da
Giove Inf. xiv, 63
; ; cfr. Stat., Theo, x, 845 e seg. Apollod., iti, 7, 1.
Capello-Capo 313
Capello, Sost. masc. che al plur. fa Capelli e Capegli, e poe-
ticamente Capei; dal lat. capillus ; Quel pelo che nasce agli uo-
mini sul capo; Inf. xvm, 121; xxxit, 99, 103; XXXlll, 2. Purg. i, 35;
xxvu, 27. Par. xxxn, 70. In quest'ultimo luogo la metafora del
color dei capelli fu probabilmente suggerita al Poeta dal passo
scritturale Genes. xxv, 25, dove detto che Esa era rosso e tutto
peloso. Cfr. su questo passo l'art, incappellarsi.
Capere, dal lat. capere; 1. Aver luogo sufficiente, Entrare,
Essere contenuto; Par. ili, 76; xvn, 15; xxm, 41; xxviii, 68. -2. E
in signif. att. vale Esser capace, Eicevere, Ammettere, Avere in
s; Purg. xvm, 60. -3. Mi
cappia, per Mi sia contenuto, Purg.
xxi, 81, nel qual luogo Piacciati che io sappia chi tu
il senso :
fosti nel mondo, e che dalle tue parole io rilevi pure per qual mo-
tivo sei giaciuto qui tanto tempo. -4. Partic. catto, dal lat. captus;
Catturato, Preso, Fatto prigioniero; Purg. xx, 87.
Capestro, dal lat. capistrum; per similit. e poeticam. usato
per II cordiglio, onde usano cingersi a vita i Frati Francescani ;
Inf. xxvu, 92. Par. xi, 87; xn, 132.
Capeto, "Ugo, cfr. Ciapetta, Ugo.
Capire, dal lat. capere, Comprendere, Contenere; e Neut. Aver
luogo sufficiente, Entrare; cfr. Capere.
Capitolo, dal lat. capitulum adoperato nella bassa latinit
nello stesso senso della voce italiana; Una delle parti principali in
cui si divide un libro o una scrittura qualunque; detto cos, o per-
ch in esso si tratta di alcun punto capitale del soggetto, o perch
si ricomincia da capo a scrivere; Conv. i, 7, 81. - E Capitolo si
disse per Canto di poema in terza rima, come quelli della Dio.
Com., onde parecchi antichi (Bambgl., An. Sei., Iac. Dant., Lan.,
Ott., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc.) non dissero Canto, ma
Capitolo.
Capo, dal lat. caput, voce di diversi significati, onde la Cr.
le dedica 213 paragrafi. Nella Div. Com. Dante adopera questa voce
31 volte, 23 nelF Inf. (Canto i-xxvn 10 volte, C. xxvm-xxxiv 13 volte),
5 nel Purg. e 3 volte nel Par. Caso o premeditazione? - 1. La parte
superiore del corpo, dove sta il cervello ed hanno sede i principali
organi della sensibilit, la Testa; Inf. vii, 47; vili, 111; x, 88; XV,
44; xvin, 116; xix, 73; xxn, 107; xxiv, 96; xxv, 70; xxviii, 119,
121; xxx, 127; xxxn, 42, 64, 102, 126; xxxm, 3; xxxiv, 14, 63, 64.
Purg. xn, 128; xm, 63; xxix, 147; xxxn, 156. Par. in, 6, 114.-
314 Capocchio
2. Figuratam. per Memoria, Kitenitiva; Par. I, 24. - 3. E per l'Uno
T altro dei punti estremi della lunghezza od estensione di qual-
sivoglia cosa; Inf. xin, 41.-4. A capo chino, posto avverbialm.
vale Col capo piegato verso la terra, per abbattimento ci' animo, per
reverenza o per altra cagione; Vit. JSf. IX, 37. - 5. Dal capo a' pie,
posto avverbialm. vale Per tutta la persona; Inf. xxix, 75. - 6. Capo
ha cosa fatta, detto passato in proverbio, ordinariamente per accen-
nare, che Dopo il fatto ogni cosa s'aggiusta; Inf. xxviii, 107; cfr.
Vill., v, 38. Dino Comp., Machiav., Istor. Fior, n, 3. Giusti
i, 2.
e Capponi, Prov. tose, p. 411. Del Lungo, Dino Comp. n, 15. 11
Betti : Qualche volta non si trova chi voglia esser capo d'una
cosa, che dee farsi ma il capo si trova sempre di una cosa, che
;
gi si fatta. - 7. Nel luogo Purg. vili, 131 pare che il capo
reo sia quarto caso e lo mondo il soggetto della proposizione, onde
il senso: Bench il mondo, volgendo gli occhi alle cose transitorie,
vada per vie storte. Dan. : Perch il mondo reo torca il capo, et si
volga dalla verace via di virt. Cos pure Domo., Greg., Poi., ecc.
1 pi costruiscono in modo inverso, facendo lo mondo quarto caso
e il capo reo soggetto della proposizione, il qual capo reo secondo
gli uni il demonio {Dan., Benv., Serrav., ecc.), secondo altri il
dominio del mondo (Buti), il papa e l'imperatore (An. Fior.), Bo-
nifazio Vili (Biag., Costa, Borg., Wagn., Br. B., Bennas., Corn.,
Kanneg., FU., ecc.), Koma, capo del Guelfismo (Frat., Andr., ecc.
Capocchio, uomo di poco intendimento, scimunito, balordo;
Nome o soprannome di un Senese che fu arso vivo a Siena nel 1293.
Cfr. Acquarone, Dante in Siena, p. 49. Ferrazzi, Man. Dani.
IV, 398. Dante lo vede nella decima bolgia tra' falsatori; Inf. xxix,
136; xxx, 28. Fuit magnus alchimista et subtilissimus inventionis
et immaginationis artifex; Bambgl. - Molto fals i metalli con
alchimia, e per fu arso in Siena; e anche intendia in arte ma-
gica; An. Sei. - Per excellente operatione dalchimia finalmente
in Siena fue arso; Iac. Dant. - Semel die quodam Veneris sancti
cura staret solus abstractus in quodam claustro, effigiavit sibi totum
processimi passionis Domini in unguibus mira artificiositate; et cura
Dantes superveniens qusereret: quid est hoc quod fecisti? iste su-
bito cum lingua delevit quidquid cuna tanto labore ingenii fabri-
caverat De quo Dantes multum arguit eum Benv. - Fu di
;
grande ingegno, e studi con Dante in uno studio di filosofia na-
turale e valsevi molto, intanto che poi si diede all'alchimia, cre-
dendosi venire alla vera; ma mancando nelle operazioni, s'avvenne
alla sofstica; Buti. - Fu conoscente dell'Auttore, et insieme stu-
diorono; et fu uno che, a modo d'uno uomo di corte, seppe contraffare
Caponsacco 315
ogni uomo che volea, et ogni cosa, tanto eli' egli parea propriamente
la cosa ol'uomo ch'egli contraffacea in ciascuno atto: diessi nell'ul-
timo a contraffare i metalli, come egli facea gli uomini An. Fior.
;
Caponsacco, per Caponsacchi, nobile famiglia ghibellina di
Firenze, venuta da Fiesole; Par. xvi, 121. Die nome alla casa un
Gherardo, detto Capo in sacco, figlio di Fiorenzo, di cui si ha certa
notizia per una pergamena del 1086 gi pertinente al monastero di
S. Pier di Luco; quello stesso Gherardo che nel 1099 fu testimone
al placito col quale la marchesana Matilde aggiudic al Capitolo
Fiorentino i beni di Campiano. Da lui derivarono Donato e Capon-
sacco consoli di Firenze nel 1183 e 1187, ed anche messer Gherardo
che tenne grado di Potest nel 1193. Tennero poi i Caponsacchi a
parte Ghibellina, motivo per cui ne andarono disfatti e nel libro
;
del Chiodo leggiamo i nomi di Caruccio di messer Stoldo, di Bo-
verino di messer Ormanno e dei figli fatti ribelli, poi quelli di
Gherardino e Opizzino di Coppo, e di Caro, e Gianni di Caponsacco
puniti con minor pena nel 1268. La pace del cardinale Latino che
riapr le porte della citt a Kinieri e Zopparello di messer Ormanno,
a Caruccio di messer Stoldo, a messer Donato di messer Leone, a
messer Gherardo Rosso ed a Gianni, le volle per altro chiuse per
sempre ad altri non pochi di questa casa, e principalmente a Gio-
vanni di Leone ed a Francesco di Martello. Gherardo Rosso fu uno
dei quattordici buonomini nel 1282; ma nei nuovi ordinamenti de-
mocratici fatti in quell'anno vide chiusa a s ed ai suoi la via delle
magistrature, e pi ancora per la riforma che fu a quelli arrecata
per opera di Giano della Bella nel 1293. I Caponsacchi furono pi
tardi coi Cerchi e colla parte Bianca, motivo ad essi di nuovi guai,
avvegnach Tignoso di messer Ruggero con altri non pochi della
sua casa fu costretto a partir per l'esilio nel 1302. E siccome non
tutti sopportarono pazientemente la iniqua condanna, vediamo pi
tardi dichiararsi ribelli per esser venuti colle armi alle mani contro
alla patria, Tacco e Filippo di Gherardo Rosso, Neri di Didone di
messer Riccino, Busca di Masserino con Albizzo suo figlio, Donato
di Benedetto, Filippo di Bernardo e Scivolino di Bartolommeo. Nep-
pure la riforma del 1311, dettata dal timore delle armi di Arrigo VII,
bast a riaprire ai Caponsacchi le porte della citt. Vi tornarono s,
ma quando il partito popolare ebbe affatto posti abbasso i magnati,
e quando scemati di uomini e di averi non furono pi in grado
d' ispirare timore. Ora questa famiglia estinta tra noi da varii
secoli, ma difficile il rintracciare V epoca in cui fin, perch nei
pubblici libri non si tien conto di quei nomi che sono caduti af-
fatto nell' obblivione. Lord Veenon, Inf., voi. n, p. 443 e seg.
316 Cappa-Capraia
Cappa, dal basso lat. capa, propriam. Specie di sopravveste
non molto larga e con maniche, che si chiude dinanzi, per lo pi
con bottoni. E dicesi pure a una Sorta di veste usata dai frati di
alcune religioni; Inf xxm, 61, 100; xxiv, 31. Par. xi, 132. Cfr.
Diez, Wrt. i 3 110 e seg.
,
Cappelletti, nobile famiglia ghibellina di Verona. Alcuni la
dicono di Cremona (Lan., Ott., JButi, ecc.); Purg. vi, 106. Cfr. Ar-
rivabene, Sec. di Dante, Udine, 1827, p. 448 e seg. Scolaet, Su
la pietosa morte di Giulia Cappelletti e Romeo Montecchi, Li-
vorno, 1831. Loria, L'Italia nella Div. Com. i 2 143, e seg. ,
Cappello, da cappa, cfr. Diez, Wrt. i 3 , 110, Copertura del
capo, fatta di varie materie e di diverse foggie, ma oggi propria-
mente Quella che ha un cocuzzolo, e una tesa in giro nella parte
inferiore. - 1. Figuratam. Qualsivoglia altra cosa che cuopra altrui
il capo comecchessia; Inf. xxxn, 126.- 2. Il cappello cardinalizio,
cio quella forma di cappello rosso e con nappe dello stesso colore,
che sogliono portare i Cardinali; Par. xxi, 125.-3. E perla Co-
rona di alloro Par. xxv, 9.-4. E per Quella coperta di cuoio che
;
mettevasi in capo al falcone acci non vedesse luce, n si dibat-
tesse; Par. xix, 34.
Cappuccio, da cappa ; Quella parte di cappa, cappotto, man-
tello e simili, con cui si cuopre la testa; e particolarmente quella
che portano i frati; Inf. xxix, 117.
Capra, dal lat. capra; 1. Animale domestico, che appartiene
ai ruminanti, ed ha la fronte per lo pi armata di corna diritte e
alquanto rivolte in dietro dal quale si ritrae latte, cacio, pelo ed
;
altre utilit; e per lo pi si suol tenere in branchi; Inf, xix, 132.
Purg. xxvn, 77, 86. - 2. Capra del cielo, poeticam. per Capricorno,
uno dei 12 segni dello Zodiaco; Par. xxvn, 69.
Capraia o Caprara, non lungi dalla
isoletta del Tirreno,
foce d'Arno; Inf xxxm, 82. tutta montuosa e non conta che
2600 abitanti in gran parte pescatori e marinari. Vi un borgo, un
castello e un piccolo ma sicuro porto. Appartenne prima a un mo-
nastero, poi aiMusulmani e quindi ai Cibo, dai quali pass ai Maro
e da questi ai Genovesi. I Corsi se ne impadronirono, ma nel 1814
fu compresa fra gli Stati liguri, e ora aggregata alla provincia
di Genova; Bocci. SulT imprecazione di Dante nel passo citato
TAmpre, la Grece, Pome et Dante, 3 a ediz., p. 237: Cette ima-
gination peut paraitre bizarre et force si Ton regarde la carte; car
Capricorno-Carato 317
l'ile de la Gorgone est assez loin de l'embouchure de l'Arno, et j'avais
toujours pens ainsi jusqu'au jour o, tant monte sur la tour de Pise,
je fus frapp de l'aspect que, de l, me presentait la Gorgone. Elle
semblait fermer l'Arno. Je compri s alors comment Dante avait pu
avoir naturellement cette ide, qui m'avait semble trange, et son
imagination fut justifie mes yeux. Cfr. Gokgona.
Capricorno, dal lat. capricomus, Uno dei dodici segni dello
Zodiaco, posto tra il Sagittario e l'Aquario; Purg. II, 57. Altrove
Dante lo chiama la Capra del ciel; Par. xxvn, 69.
Caprona, castello dei Pisani sulla riva destra dell'Arno, preso
da' Fiorentini e Lucchesi nell'agosto del 1289; Inf., xxi, 95. Cfr.
Yill., vii, 137. Dal passo citato risulta ad evidenza che, per sua
propria testimonianza, Dante nell'agosto del 1289 prese parte alla
spedizione dei Fiorentini e Lucchesi, e fu presente quando il ca-
stello si arrese agli assedianti. L'opinione, che egli vi sia forse an-
dato per semplice curiosit (Bartoli, Lett. ita. v, 94 e seg..
inettendibile. Anno MCCLXXXIX lucani cum florentinis equitibus
et peditibus iverunt de mense augusti in exercitum contra civitatem
Pisarum, et obsederunt castellum, quod dicitur Caprona. Tandem fa-
muli manipulares, qui erant ibi deputati ad custodiam et defensio-
nem, dediderunt se salvis personis. Isti ergo recedentes, dum tran-
sirent per medium exercitum, videntes hostes armatos, ibant cum
raaximo timore et tremore ne trucidarentur quia multum offende-
rant lucenses.... Et hic nota quod autor fuit personaliter in isto
exercitu; Benv. - Dantes, quando erafc iuvenculus, fuit in illa
obsidione Serrav. Veramente gli altri antichi non dicono espres-
;
samente che Dante milit a Caprona; ma il dirlo non era neces-
sario; lo dice Dante, e basta.
Caramente, da caro, In modo caro, Affettuosamente., Di
cuore; Inf. xxxi, 28. Par. xvn, 56.
Carato, dal gr. xepxiov, che anche valeva la met d'un lupino
e pesava quattro grani d'orzo. Sorta di peso usato dai gioiellieri,
e anticamente anche nelle farmacie; equivale a quattro grani, ossia
alla sesta parte del danaro. Comunemente Carato prendesi per Cia-
scuna delle ventiquattro parti nelle quali si suppone divisa un'oncia
d'oro da coniar moneta o farne lavori; e il numero dei carati serve
a determinare il valore intriseco, cio a indicare quante parti di
metallo puro e quante di lega sieno contenute in un' oncia, Inf.
xxx, 90.
318 Carbone-Carco
Carbone, dal lat. carbo ; Avanzo nero, solido e leggero, delle
legne fatte abbruciare lentamente e poi spente, del quale ci ser-
viamo per combustibile. 1. Detto figuratam. Carboni speliti, di ar-
gomenti vani, non capaci di infiammare il cuore Inf. xx, 102. - ;
2. E per Pezzo o Cannello di carbone, acceso o no; Par. xiv, 52;
xvi, 29.
Carcare e Caricare, dal basso lat. carricare, e questo dal-
l'aureo earrus, Carro o Carretta; propri am. Porre sopra carri, navi,
animali ed anche persone una o pi cose, ordinariamente pesanti,
per essere trasportate da luogo a luogo. 1. Per Prendere, Togliere
checchessia a fine di trasportarlo; detto figuratam. Par. xi, 123.-
2. Per premere, gravare checchessia col proprio peso; Inf. xxi, 35.-
3. Neut. pass. Prendere addosso, Porre sopra s stesso gran quantit
o peso di checchessia; e in pi largo significato, Prendere seco in
gran copia checchessia a fine di trasportarlo; Par. xxiii,65. -4. Per
similit. Mettersi in dosso, Vestirsi detto per di cosa che pesi
; ;
Par. xxxti, 114.-5. Al partic. pass. Carcato, per Caricato; Inf.
xxx, 6. Par. vili, 81. - 6. E in forza di Sost. il Carcare, per II Ca-
rico, Il peso; Purg. xvm, 84.
Carcere, dal lat. career; 1. Luogo dove per ordine di magi-
strati o d'altra pubblica autorit sono chiusi i rei a scontare la
pena, o custoditi per alcun tempo gli accusati; Prigione; Inf.
xxxiii, 56. - 2. Carcere cieco detto poeticam. l'Inferno; Inf. x, 59.
Purg. xxn, 103.
Carco, sincope di Carico, Sost. masc. 1. Ci che si carica
sopra addosso
o a checchessia, ed anche il Peso delle cose stesse cari-
cate Par. vili, 81. - 2. Poeticam., detto di persona o cosa che sia
;
portata da alcuno; ed anche II peso stesso di quella persona o cosa;
Inf. xix, 130; xxm, 84; xxx, 12. Purg. xxxn, 26. Par. xxvn, 84.-
3. E figuratam., riferito a Sentimenti che opprimano e turbino
1' animo Purg. xxxi, 19. Par. xvm, 66. - 4. Dicesi anche di Qua-
;
lunque cosa che si sostenga e graviti sopra un' altra ed altres per ;
il Peso o la Pressione che fa quella su questa; Inf xn, 30.-5. Per
Incarico, Obbligo, Dovere, Ufficio di far checchessia; Par. v, 55. -
6. Carico di coscienza, o d' anima, e talvolta anche assolutamente
Carico, significa Quel peso che aggrava l'anima in conseguenza di
peccato; Aggravio di coscienza, Colpa; Inf xxvn, 136.
Carco sincope di Carico, Add. 1. Che ha sopra se o addosso
un carico di checchessia, Caricato di checchessia, Su cui stato
posto un dato carico, a fine per lo pi di trasportarlo; e in que-
sto significato si usa anche assolutam. Inf vili, 27. Purg. xu, 2;
Cardinale-Cardine 319
xxxn, 129. - 2. Per aggravato, detto figuratam. Purg. xix, 41. -
3. Per Pieno o Coperto di checchessia, Che ha o porta addosso o
sopra s gran quantit di checchessia; Inf. ix, 129. Par. xxn, 72. -
4. E figuratam. Inf. i, 50. Purg. xxix, 57. Par. xvi, 94.
Cardinale, dall' add. lat. cardinalis ; 1. Titolo di ciascuno
de' settanta prelati, tra vescovi, preti e diaconi della Chiesa romana,
i quali assistono il Pontefice, ed hanno voce attiva e passiva nel con-
clave; Inf. vii, 47. Par.
IX, 136.-2. Il Cardinale, assolutam., senza
l'aggiunta del nome, Ottaviano o Attaviano degli Ubaldini, ve-
scovo di Bologna dal 1240 al 1244, eletto cardinale nel 1245, morto
nel 1273; Inf. x, 120. Non credia che anima fosse; e quando
venne a morte, disse: se anima fosse, direi che per gli ghibellini
io l'avessi perduta; An. Sei. - Questi fu Ottaviano Cardinale
delli Ubaldini che stanno in Mugello, che un luogo su la mon-
tagna tra Firenze e Bologna; e fu un mondano uomo, lo quale ebbe
tanta cura di queste mondane cose, che non par ch'elli credesse che
altra vita fosse che questa: fu molto di parte d'imperio e fece tutto
quello che seppe in suo aiutorio. Avenne ch'elli avendo bisogno soc-
corso di moneta, dimandolla alla parte ghibellina, overo d'imperio
di Toscana: fulli vietato; siche costui lamentandosi, disse quasi con-
querendo d'essi io posso dire, se anima, che l'ho perduta per parte
ghibellina, e un solo non mi soccorre; Lan. Lo stesso ripetono
VOtt., Cass., Bocc, ecc. - Fuit vir valentissimus tempore suo,
sagax et audax, qui curiam romanam versabat pr velie suo, et ali-
quando tenuit eam in montibus Fiorenti} in terris suorum per ali-
quot menses; et ssepe defendebat palam rebelles ecclesia contra
Papam et Cardinales fuit magnus protector et fautor ghibelino-
;
rum, et quasi obtinebat quidquid volebat. Ipse fecit primum Ar-
chiepiscopum de domo vicecomitum Mediolani, qui exaltavit stir-
pem suam ad dominium illius civitatis, et altam potentiam in
Lombardia: erat multum honoratus et formidatus; ideo, quando
dicebatur tunc Cardinalis dixit sic; Cardinalis fecit sic; intelli-
:
gebatur de cardinali Octaviano de Ubaldinis per excellentiam. Fuit
tamen epicureus ex gestis et verbis eius; Benv. - Octavianus
de Ubaldinis fuit cardinalis, qui quasi regebat totam curiam roma-
: nam, qui favebat Imperatori et detrahebat Pape, favebat parti ge-
belline, et persequebatur partem guelfam. Habuit dicere: Si mille
animas haberem, omnes sponte perderem amore partis gebelline ;
Serrav. Cfr. Ubaldini.
Cardine, dal lat. cardo; Strumento di ferro o d'altro metallo,
in forma di arpione o di pernio, sul quale si sostengono e girano
le imposte degli usci, delle finestre e simili; Purg. ix, 133.
320 Cariatide-Carico
Cariatide, dal gr. xapuax^, lat. cariatis, propriam. Donna
della citt di Caria; Statua di donna destinata in luogo di piccola
colonna o di pilastro a sostenere intavolatura, architrave, cornice
o altro sopraornamento d'un edilzio. Vi si accenna nella similitu-
dine Purg. x, 130 e seg.
Caribo, da charivarium ? Cfr. Diez, Wrt. n 3 252; voce di ,
origine e di significato incerti, ma che nel Trecento doveva essere
conosciutissima, non avendo i primitivi commentatori, Lan., Ott.,
Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, An. Fior., ecc., stimato necessario
di darne veruna spiegazione a quel luogo Purg. xxxr, 132. Proba-
bilmente vale Canzone a ballo, come sembra risultare da Purg. xxix,
128 e seg.; xxxi, 134, e come pare che l'usasse gi prima di Dante
Giacomo Pugliese; cfr. D'Ancona e Comparetti, Antiche rime volg.
i, 388; V, 351. Benv.: Ad gratulationem et cantioncm angelicam
ipsarum, vel ad cantum angelorum, ita quod conformabant motum
suum voci suae, vel voci angelorum, sicut solent facere tripudiantes
et cantantes simul. Cos intendono pure Tal., Parenti, Biag., Co-
sta, Ed. Pad., Borg., Br. B., Frat., Brun., Greg., Andr., Triss.,
Cam., Frane, Poi., Filai., Bl., ecc. Invece il Buti: Al loro an-
gelico garibo ; cio al loro angelico modo; garibo a dire garbo,
e garbo lo modo. Stanno col Buti Land., Veli., Dan., Monti
{Proposta i, li, 142 e seg.; 166 e seg.), Tom., Fanf., Bennas., ecc.
La Cr. del 1595 legge (con pochissimi codcl.): Cantando al loro
angelico caribo invece di Danzando, ed osserva: Abbiam rimesso
cantando con l'autorit solamente di sette testi. E perch tegnam
per costante, che gli altri non intendessero ci che la voce Caribo
significasse. Noi crediamo che voglia dir ballo o ballamento, e che
derivi da Carybas, mutato Yo in a, s come pu credersi che sia
addivenuto a Carola, che secondo alcuni vien da Corea, significando
l'una e l'altra ballo e canto, e non sarebbe gran fatto, che Caribo
volesse dire il ballo tondo o ver rigoletto. Stanno colla Cr., che
naturalmente adott questa interpretazione anche nel suo Vocab.,
Boi., Voi., Vent., Lomb., Pori., Pogg., Viv., eco,. Gli editori fioren-
tini dell'Ancora, seguiti dal Betti, dal Witte e da altri, leggono
Garribo, spiegano per carro e intendono: Cantando si fero innanzi
al loro angelico carro. Il Ces., col Nardi, voleva che Caribo fosse
storpiatura di Quadrivio ed avesse tra altri anche il significato delle
Quattro Virt Cardinali. Campi sta col Parenti e Corn. tace.
Caricare, cfr. Carcare.
Carico, cfr. Carco.
Cariddi-Carlin 321
Cariddi, dal lat. Charybdis, e questo dal gr. xapop5t
vora- ;
gine nel Faro di Messina, incontro a Scilla; Inf. vii, 22. Cfr. Virg.,
Aen. in, 420 e seg., 558; vii, 302. Culex, 331.
Carisenda, torre inclinata di Bologna; Inf xxxi, 136. Fu
eretta nel 1109 da Filippo ed Oddo dei Carisendi o Garisendi, ri-
tornati che furono dalla crociata di Terrasanta. Verso
il 1356 fu
in parte demolita sotto tiranno Giovanni Visconti da Oleggio;
il
quel che ne rimane al presente ha tuttavia la pendenza di otto
piedi. Cfr. Inf., voi. in, p. 219 e ivi la tav. 98. - In
Lord Vernon,
Bologna suso una piazza detta Porta Ravignana, sono due torri l'una :
lunghissima ed appellata l'Asinella, perch d'un casale che ha
nome li Asinelli ; V altra torre non s lunga, ma pi grossa,
ed piegata e torta verso quella Asinella; per quando le nuvole
vanno all'opposita parte del piegare della torre, a chi riguarda par
ch'ella si chini; Lan.
Carit, Caritade e Maritate, dal lat. caritas, voce ado-
perata nella JDiv. Com. 15 volte, nelVInf, 3 nel Purg. e 11 nel
1
Par. 1. Diritta affezion d'animo, onde s'ama Dio per s e il pros-
simo per amor di Dio; ed una delle tre Virt teologali; Par.
xxvi, 57.-2. E per l'Amore fervente de' Beati verso Dio e tra loro,
o di Dio verso di essi, ed altres di Dio e de' Beati verso le crea-
ture; Purg. XV, 71. Par. ili, 43, 71, 77, 102; xv, 57; xxi, 70; xxn,
32; xxxr, 49, 110; xxxm, 11. Conv. in, 14, 100; iv, 21, 79 e seg. -
3. E per Quell' amore o affetto intenso, e per lo pi operativo, che
si prova per persona o cosa che ci sia molto cara; Inf. xiv, 1. -
4. Quindi Carit propria, per Amor proprio, Amor di s stesso;
Conv. i, 2, 44. - 5. E per Affettuosa compassione, Commiserazione,
Piet, e talvolta anche Misericordia; Purg. xin, 129. - 6. Per Ca-
rit, maniera avverbiale che si usa pregando ardentemente alcuno
di qualche grazia o favore; Purg. xiv, 12.
Carizia, dal lat. carere, Carestia, Penuria; Par. V, 111, cfr.
Purg. xxn, 141. Alcuni spiegano: Desiderio ardente (Benv., Buti,
Land., ecc.); ma Desiderare Difettare, Mancare di una cosa, dun-
que in sostanza Carestia, Penuria. All'idea di carestia congiun-
gendosi quella di pregio e di desiderio, come nel latino, la voce
propria, comech suoni strano Tom. ;
Carlin, Carlino de' Pazzi di Valdarno, il quale nel 1302 trad
per denari il castello di Piantrevigne ai Neri, e poi lo rivendette
ai Bianchi; Inf. xxxn, 69. Cfr. Vili,., vili, 53. Dino Comp., ii, 28.
Proditorie tradidit quoddam Castrum Civitatis Florentie, illudque
21. Enciclopedia dantesca.
322 Carlo Magno - Carlo I d'Angi
dedit rebellibus dicti Comunis, et in occupatione ipsius Castri mor-
tuj fuerunt unus frater pater fratris dicti Carlinj et unus consan-
guineus eius; Bambgl. Lo stesso ripetono Lan. ed altri. VAn.
Fior, copia il Vili. Vedi all'art. Pazzi.
Carlo Magno, figlio di Pepino il piccolo, nato il 2 aprile 742,
re dei Franchi dal 768 in poi, incoronato imperatore d'Occidente
il 25 decembre dell' 800, morto il 28 gennaio 814. Cfr. Eginhardi
Vita Caroli Magni ed. Ph. Jaff, Beri., 1867, 2 a ediz., 1876. Gail-
lakd, Hist. de Charlemagne, 4 voi., Par., 1784, 2 a ediz., 1819. Dante
lo pone nel cielo di Marte, Par. xviii, 43; accenna alla sua spedi-
zione contro i Longobardi ed alla sua incoronazione ad imperatore,
Par. vi, 96. Mon. in, 11, 1 e seg. ed alla rotta di lui a Koncis-
valle, Inf. xxxi, 17. Cfr. Gesta, Orlando, Eotta.
Carlo I d'Aiigi, figlio di Luigi Vili e fratello di Luigi IX
re di Francia, nato nel 1220, spos nel 1246 Beatrice, figlia di Kai-
mondo Berengario IV duca di Provenza, onde ottenne questo ducato,
e dal fratello la contea di Angi e Maine. Venne in Italia nel 1265,
fu incoronato re di Napoli e di Sicilia il 6 gennaio 1266 a Koma
dal papa Clemente IV, and quindi a combattere contro Manfredi,
il quale fu vinto ed ucciso il 26 febbraio 1266 nella battaglia di
Benevento, in conseguenza della quale Carlo ottenne il regno. In-
vano Corradino, l'erede legittimo, tent di riacquistarlo. Vinto a
Tagliacozzo il 23 agosto 1268 e preso, Carlo lo fece decapitare a
Napoli il 29 ottobre dello stesso anno; cfr. Corradino. In conse-
guenza dei Vespri Siciliani, incominciati a Palermo il 30 marzo 1282,
Carlo perdette la Sicilia, che egli cerc invano di riconquistare. Mor
nel 1285. Cfr. Vill., vi, 88 e seg.; vii, 1 e seg. Saint Priest, Hist. de \
la conqute du royaume de Naples, 4 voi., Par., 1847-48. Dante ri- (
corda la sua venuta in Italia ad occupare il regno di Napoli e di i
Sicilia, rimproverandogli l'assassinio di Corradino ed accusandolo
|
di essere stato autore della morte di S. Tommaso, Purg. xx, 67 I
e seg. Lo nomina pure Inf. xix, 99. Purg. xi, 137, e lo chiama il
Nasuto e Quel dal maschio naso, Purg. vii, 113, 124, perch ebbe
un grande naso,Zom. I contemporanei lo dissero non privo di virt;
cfr. Vill., vii, 1, 95, onde Dante, invece di porlo nel suo Inferno,
lo pose nella valle fiorita del suo Purgatorio. Ma sin dal 22 set-
tembre 1266 papa Clemente IV gli scriveva (epist., 380 ap. Mar-
tene et Durand, thesaur. nov. anecd. il, 406) Inhumanus diceris,
:
et ad nullum afficeris, prout dicitur, amicitia. - Addimus juxta fa- f]
mam communem, quod homines regni tui etiam videre contemnis,
et justitiam procrastinas; quibus si nec visibilis fueris, nec adi-
Carlo II d'Angi 323
bilis, sinec affabilis, nec amabilis, et eisdem volueris principari,
profecto in marni gladium et in dorso loricam, et a latere prsepa-
ratum exercitura habere te jugiter oportebit. - Nunc ad tuos digre-
dimur, illos scilicet, qui vel tuo assistunt lateri, vel ad terrarum
tuarum regimen destinantur: et de istis communiter dicitur, quod
tibi subtrahunt, et tuis auferunt, quidquid possunt. - Quodsi rapina
hujusmodi excusabilis esse posset, hoc solum videtur ad excusatio-
nem prodesse, quod tu fures videris facere, quibus non reddis debita,
nec assignata certa stipendia. Vedi pure ibid. il, 306 Vepist. 262
ad Caroum.
Carlo II d'Angi, figlio del precedente, nato nel 1243, dopo
la conquista del regno di Napoli ebbe il titolo di Principe di Sa-
lerno. Nel 1284 fu sconfitto e fatto prigione dall' ammiraglio Buggero
dell'Oria. Liberato grazie all'intervento dell'Inghilterra nel 1288,
fu coronato re di Napoli da papa Niccol IV in Eoma il 29 mag-
gio 1289; cfr. Vill., vii, 130. Kegn sino alla sua morte, avvenuta
il 3 maggio 1309. Ebbe in moglie Maria d'Ungheria, che lo rese
padre di nove figli cinque figlie. Fu uno de' larghi e graziosi
e
signori che al suo tempo vivesse, e nel suo regno fu chiamato il
secondo Alessandro per la cortesia; ma per altre virt fu di poco
valore, e magagnato in sua vecchiezza disordinatamente in vizio
carnale, e d'usare pulcelle, iscusandosi per certa malattia eh' avea;
Vill., viii, 108. - Costui sarebbe passato qual malfattore volgare,
se non fosse nato casualmente re. Degenere del padre, eh' quanto
dire, os venire a battaglia con Kuggiero Lauria, e fu disfatto e
imprigionato coi suoi capitani, e fu chiuso dapprima nella Eocca
Guelfonia di Messina, poi in questo e in quel fortilizio. Meritava
morire per mano del carnefice in espiazione di Corradino; ma i no-
stri principi sdegnarono di lordarsi nel sangue di un prigione. Fu
cotanto ipocrita da vestirsi canonico e cantare in coro F ufficio. S
vile che per danaro vend la figlia Beatrice al vecchio Azzo Vili mar-
chese d'Este; Vigo, Dante e la Sicilia, p. 41 e seg. - Dante ne
parla ripetute volte, sempre con biasimo. 1. Conv. iv, 6, 135 lo apo-
strofa, ponendolo tra' tiranni e nemici di Dio, e censurandolo acer-
bamente. - 2. Vulg. eh i, 12, 29, lo biasima pure fieramente, oppo-
nendolo con altri suoi pari agli illustres heroes Federicus Csesar, et
bene genitus ejus Manfredus. - 3. Purg. v, 69 lo nomina sempli-
cemente come re di Napoli. - 4. Purg. vii, 127 lo dice di molto
inferiore a Carlo I, suo padre. - 5. Purg. XX, 79 e seg. lo accusa
di aver venduto per denari la propria figlia, chiamandolo colui che
gi usc preso di nave, con allusione alla sua prigionia. Nel 1300,
o secondo altri e pi probabilmente nel 1305, Carlo II diede sua
324 Carlo Martello
figlia Beatrice ancor giovinetta in isposa al gi vecchio Azzo Vili
marchese d' Este, e tutti dicono che la vendette per denari. Questo
parentado fece per moltissima pecunia che '1 detto messer Azzo die
al detto messer Carlo Ciotto; Lan. - Diede, per moneta che
n'ebbe, la figliuola per moglie ad Azzo; Ott. - Beatricem ejus
filiam pr triginta millibus florenis concessit in conjugem Marchioni
Azzoni de Este; Petr. Dant. - Tradidit Beatricem filiam suam
in uxorem Marchioni Aczoni de Este pr triginta millibus florenis
quos habuit paciscendo a dicto Marchione; Cass. - Diegli il
marchese per averla per moglie ciento milia ducati; Falso Bocc. -
Tradidit filiam suam Azoni.... facta sibi magna donatione propter
nuptias; Benv. - S'arrec a maritarla al marchese Asso da Esti
per denari ch'elli ebbe da lui Buti. - Et chi dice ch'egli n'ebbe
;
xx mila fiorini, et chi dice di maggiore quantit; ma l'effetto fu
ch'elli gliele die per denari ch'egli n'ebbe; An. Fior. - Azzo....
emit uxorem suam pr ducentis millibus florenorum, et pater ipsius
domine Beatricis vendidit eam dicto pretio Serrav. - 6. Par. vi,
;
106 e seg. Carlo detto novello per rispetto al padre e biasimato
come nemico dell'impero. Di Carlo II intendono in questo luogo
quasi tutti i commentatori antichi e moderni. L'opinione che Dante
parli di Carlo I, non pi vivo nel 1300, inattendibile, e cos
pure l'altra, che parli di Carlo di Valois il quale nel 1300 non era
ancor venuto in Italia. - 7. Nel luogo Par. vili, 72 non certo se
si debba intendere di Carlo II padre, o di Carlo I avo di Carlo
Martello. Pare che debba intendersi di Carlo I, come intendono
Buti, Land., Tal., Vent., Tom., Br. B., Frat., Andr., Cam., Bennas.,
Cam., Corn., Campi, ecc. Di Carlo II intendono Cass., Biag., Betti,
Poi., ecc. Benv. sembra intendere di ambedue. Parecchi intendono
dei figli di Carlo Martello (Petr. Dant., Falso Bocc, Veli., Dan.,
Lomb., Pori., ecc.); ma Carlo Martello, morto immaturo a ventitr
anni, non lasci che un sol figliuolo e due figlie. -8. Par. xix, 127,
e seg. Dante dice, che Carlo II per una virt ha mille vizi ( ebbe
una virt cio di larghezza econquesta ebbe mille vizii Falso ;
Bocc). In questo luogo Dante lo chiama il Ciotto di Gerusa-
lemme: ciotto, perch era zoppo; di Gerusalemme, perch ai loro
titoli i re di Napoli aggiungevano anche quello di Ke di Gerusa-
lemme. - 9. Par. xx, 63 Dante dice che la Sicilia piange Carlo vivo,
essendo egli ingiusto e crudel tiranno.
Carlo Martello, figlio primogenito dell'antecedente, nato
nel 1271, spos nel 1287Clemenza figlia di Rodolfo d'Asburgo, fu
coronato re d'Ungheria dopo la morte di Ladislao IV suo zio, ma
il regno lo ebbe Andrea III, detto il veneziano. Fu a Firenze
Carlo di Valois 325
nel 1294 ed in questa occasione pare che contraesse con Dante
Mor nel 1295. Cfr.
una specie di amicizia; cfr. Par. vili, 55 e seg.
Todeschini, Scritti su D. i, 171 e seg. Del Lungo, Dino Comp.
il, 498 e seg. Schifa nelYArch. stor. napol., voi. xiv, 1889, p. 17
e seg., 204 e seg. Dante ne parla a lungo Par. vili, 40 e seg. e lo
nomina Par. ix, 1.
Carlo di "Valois, o Valesio, figlio di Filippo III l'Ardito
e fratello di Filippo IV il Bello, conte di Valois e d'Alencon, ca-
postipite della dinastia dei Valois, nato nel 1270. Nel 1284 papa
Martino IV lo invest del regno d'Aragona, al quale egli rinunzi
nel 1290 per sposare una figlia di Carlo II d'Angi, la quale gli
rec in dote le contee d'Angi e del Maine. Spos in seconde nozze
Caterina di Courtenay, e, fondato sui di lei diritti, veri o supposti,
assunse il titolo di Imperatore di Costantinopoli. In terze nozze
spos Matilda di Chtillon. Mor a Nogent nel 1325, lasciando pa-
recchie figlie e due figli, il maggiore dei quali, Filippo (VI) sal
sul trono di Francia nel 1328. Lo chiamarono il Senzaterra e dis-
sero di lui che fu figlio di re, padre di re e non mai re. Per la
storia di Dante, il quale ne parla con isdegno e disprezzo, Purg.
xx, 70-78, importante la sua missione a Firenze nel 1301. Per
riuscire nel suo intento di fare della Toscana una provincia dello
Stato della Chiesa, papa Bonifazio VIII lo invit a venire a Fi-
renze col titolo di paciere per recare con la sua forza la citt di
Firenze al suo intendimento; Vill., vili, 43. Avendogli il papa
promesso di eleggerlo Imperadore, Carlo accett l'invito, venne in
Italia ed entr in Firenze il 1 novembre 1301, dopo aver dato ai
Fiorentini le pi belle promesse di pacificazione. Il 5 dello stesso
mese ottenne la signoria della citt, dopo aver promesso con giu-
ramento di mantenerla in pacifico e buono stato. Appena ebbe la
signoria depose la maschera, favorendo la parte nera, e permettendo
ogni sorte di eccessi cfr. Vill., vili, 49. Frutto della sua nobile
;
missione fu la cacciata dei Bianchi e 1' esilio di Dante. Da Firenze,
Carlo and nell'aprile del 1302 in Sicilia per guerreggiare l'isola,
ma, fatta ontosa pace, il novembre vegnente si torn in Francia,
scemata e consumata sua gente e con poco onore.... E cos per con-
tradio si disse per motto: Messer Carlo venne in Toscana per pa-
ciaro, e lasci il paese in guerra; e and in Cicilia per fare guerra,
e reconne vergognosa pace; Vill., viii, 50. Cfr. Dino Comp., ii, 2
e seg.; 6 e seg.; 9, 13, 17 e seg.; 25 e seg. Del Lungo, Dino Comp.
i, cap. 9-13. - Alcuni vogliono trovare un'allusione a Carlo di Va-
loisanche nel luogo Inf. vi, 69; ma in questo luogo si allude pro-
babilmente a Bonifazio Vili. Cfr. Piaggiare, Tale.
-
326 Carme-Caro
Carme, dal lat. Carmen, Componimento
poetico, e pi parti-
ticolarmente lirico; Canto; ed al plur. anche per Versi o Parte
di poema. Voce, pi che altro, propria della poesia; Purg. xxn, 57.
Par. xvii, 111.
Carnale, dal lat. camalis, riferito a persona, vale Dedito ai
piaceri della carne, Lussurioso, Libidinoso; Inf. v, 38.
Carne, dal lat. caro, carni s ; 1. La parte muscolare degli ani-
mali che hanno sangue poi la parte esteriore del corpo rispetto
;
al colore, alla morbidezza, ecc. la pelle Inf. xxxiii, 63. Purg. v, 33;
; ;
xiv, 61 xxix, 124. - 2. In senso pi particolare Carne dicesi Quella
;
degli animali terrestri uccisi, la quale, comecchessia preparata, serve
di alimento ali uomo Inf. xxi, 57. - 3. Figuratam. prendesi per Corpo
1
umano, in quanto si contrappone all'Anima che lo informa; Inf. vi,
98; IX, 25. Purg.Y, 102; XI, 44, 104; XXIII, 51, 123; XXV, 80;xxxi,48,
Par. Vii, 147; xiv, 43, 56; xix, 66; xxvii, 93.-4. Carne, per lo pi
con l'aggiunta d'alcun pronome possessivo, vale Prole, Figliuolanza;
ed anche in generale Famiglia, Parenti; Purg. xx, 84. - 5. Carne,
poeticam. per Vita umana; onde i modi Essere nella carne, o asso-
lutamente In carne, per Vivere, In vita; Par. x, 116; xx, 113. -
6. Vale anche Natura umana, in quanto specialmente fragile e
mortale, o si contrappone alla divina o immortale; ed anche Condi-
zione, Stato dell'uomo in vita; Purg. ix, 17;xxx, 127. Par. xxn, 85.
7. Quindi le maniere Prender carne, Farsi carne, Vestirsi di carne e
simili, a significare l'Incarnazione del Verbo Divino; e In carne,
che vale Incarnato; Par. xxiii, 74.-8. Carne usasi pure figuratam
per Concupiscenza, Lussuria; Par. XI, 8. -9. Sul luogo Par.xxx, 15,
cfr. Alleluiare.
Caro, Add. dal lat. carus. Nella Div. Com., questo Add. ado-
perato 36 volte, 5 nell'Jw/1, 17 nel Purg. e 14 nel Par. - 1. Detto
di persona vale Teneramente amato, sia per spontanea affezione, sia
per pregi che uno abbia; Inf. vili, 97. Purg. xi, 20; xvin, 13. Par.
xi, 113; xiv, 65; xvi, 22; xvil, 13; xxiii, 34; xxiv, 62.- 2. Caro di-
cesi anche, cos nel fisico come nel morale, di tutto ci che si ri-
ferisce a persona comecchessia amata; Inf. xv, 83; xxiii, 148. Purg.
xiv, 127. Par. ix, 37. - 3. E per Gradevole, Accetto; Purg. x, 99;
xxii, 27; xxiii, 91; xxviii, 137; xxx, 129.-4. E per Grazioso,
Gentile, Amabile; detto tanto di persona quanto di cosa, ed usato
assolutam. Par. x, 71; xx, 16. - 5. E detto di cose e di fatti, cos
nel fisico come nel morale, significa Grato, Giocondo, Pregiato;
Purg. 71; xxvi, 114. Par. x, 17; xvn, 110; xxiv, 89. - 6. Aver
i,
caro, detto di persona, vale Amare, Avere in affezione; Purg. xxvi,
Caro - Carp gna, Guido di 327
111; xxix, 138. - 7. E detto di cosa, vale Tenere in molto pregio;
e se parlisi di cosa che ci sia offerta o donata, Ricevere volentieri,
Gradire; Inf. xxvn, 107. Par. vili, 89.-8. Esser caro, vale Essere
cosa accetta, gioconda, piacevole e talora anche vantaggiosa, perch
ci che utile, al tempo xxxu, 91. Purg. v,
stesso gradito; Inf.
36; xiii, 91. - 9.Detto di cosa venale, per Prezioso, Che si tiene
in grande pregio e stima; Purg. IX, 124; xxiv, 91.- 10. Costar cara
una cosa ad uno, detto figuratam. quando essa cagione a lui di
danno, di dolore e simili; Par. xx, 46. - 11. Far parer cara altrui
una cosa, vale figuratam. lo stesso che Fargliela pagar cara; Purg.
xii, 50.
Caro, Sost. Esorbitanza di prezzo, ed anche Penuria delle cose
necessarie al vitto. Detto figuratam. Purg. xxn, 141.
Caro, Avverb. Caramente, a caro prezzo; usato col verbo Co-
stare; Purg. xxxu, 66. Par. xn, 37.
Carola, frane, ant. querole, probabilm. dal lat. choraua, cfr.
Diez, Wrt. il 3 246 e seg. Il Bl. suppone dal gr. xpS; l a Cr. dal
,
lat. ehorea per mezzo di una probabile forma diminutiva, choreola.
Ballo tondo che facevasi pigliandosi pi persone per le mani, e for-
mando cosi di tutte un circolo; ed era comunemente accompagnato
col canto. Detto figuratam. di Spiriti carolanti, che danzano, ed ac-
compagnano la danza col canto; Par. xxiv, 16; xxv, 99.
Caroli, x^P wv > figlio di rebo, vecchio e lordo barcaiuolo del-
l'Averno, che trasporta le anime dei morti al di l dell'Acheronte ;
Inf. ni, 94. 109. 128. Cfr. Virg., Aen. vi, 295 e seg.
Carpare, dal lat. carcere, quasi Carpir la terra ; Andar car-
pone aiutandosi colle mani; Purg. iv, 50.
Carpiona, Guido di, figlio di Ranieri de conti del Mira-
1
tojo di Carpgna, fior nella prima met del sec. XIII; Purg. xiv, 98.
Fuquesto Guido di eccelso animo e valoroso Lan. - Fu da
;
Montefeltro; e perch quelle montagne hanno briga di producere,
fuori de' Conti, uomini virtuosi, l'Autore costui, come singulare in
cortesia et in dispendio, deduce qui per fare nota sua larghezza per
rinfrescata fama. Il pi del tempo stette in Brettinoro, e con lar-
ghezza vinse gli altri; am per amore, e leggiadramente vi vette;
Ott. - Iste fuit nobilis vir de Montefeltro, qui omnes sibi pares
liberalitate superavit: de quo audio quod, cum fecisset solemne con-
vivium in Bretenorio, deficiente pecunia, fecit vendi dimidium carae
cultrse quam habebat. De qua re increpatus a familiari, curialitatem
328 Carpire-Carta
suam condivit curiali scommate, dicens quod in sestate prse calore
:
tenebat pedes extra, et in hyeme vero prae frigore tenebat crura
contracta; Benv. - Fu questo Guido valoroso uomo; An. Fior.
Il Serrav. ripete, ampliandolo, l'aneddoto di Benv., e cos pure Tal.-
Fu nobile uomo da Montefeltro, al quale nessun fu pari in libe-
ralit; Land. - Nobilissimo uomo, e sopra tutti gli altri del suo
tempo libralissimo; Veli.
Carpire, dal lat. carpere, Prendere con violenza e all'improv-
viso, Afferrare; e detto di persona, vale Coglierla, Soprapprenderla,
Impossessarsene, sia con violenza sia con insidie; Par. IX, 51, nel
qual luogo il senso : Gi si sta congiurando per ucciderlo. Cfr.
Ricciaedo da Camino.
Carpone, dal lat. carpere ? o da carpus ? o da quadrupes,
quadrupedone, quadrupone ? Cfr. Diez, Wrt. n 3 18 e seg. Con le
,
mani in terra, a modo de' quadrupedi; quasi carpendo la via: ed usasi
coi verbi Andare, Camminare, Stare e simili; Inf. xxv, 141 xxix, 68.;
Carrarese, abitante di Carrara, nell' antico ducato di Modena,
dov'era l'antica citt di Luni; Inf. XX, 48.
Carreggiare, da carro; Portare, Trasportare con carro, o con
altro simile veicolo. E carreggiare una strada, un sentiero e simili,
vale Percorrerla col carro; Purg. IV, 72.
Carro, dal lat. carrus, che era un Veicolo a due ruote, col ti-
mone con piano e due alte sponde ai lati, tirato da buoi e
fsso,
adoperato pi specialmente dai contadini per uso di trasportar chec-
chessia. 1. Per Cocchio, Carrozza; Purg. x, 56; xu, 48. - 2. E figu-
ratamente detto del Sole; Purg. iv, 120. - 3. E pur figuratane del
carro di Elia, il profeta; Inf. xxvi, 35, cfr. IV Reg. Il, 11 e seg. -
4. Carro trionfale dicevasi quello sul quale i Capitani romani, dopo
avere ottenuta qualche insigne vittoria, si recavano in trionfo al
Campidoglio; Purg. xxix, 107, 115. - 5. Carro, e Carro di Boote
si chiama la Costellazione altrimenti detta Orsa maggiore, le cu;
stelle sono disposte in forma di un carro; Inf xi, 114. Purg. i, 30
Par. xin, 7. - 6. Il Carro mistico nella gran processione della Chiesa
simbolo della Chiesa universale, e nello stesso tempo della Sede Pon-
tificia, inquanto essa rappresenta la Chiesa; Purg. xxix, 107, 151
xxx, 9, 61, 101; xxxn, 24, 104, 115,126, 132; xxxm, 38; cfr. Proces-
sione della Chiesa. - 7. Carro della luce, per 11 Sole; Purg. iv, 59
Carta, dal lat. charta, propriam. Composto che si fa di cenci
macerati, battuti e pestati in modo da ridurli in pasta e quindi in
Cartaginesi-Casale 329
foglia sottilissima, o a mano macchina, per uso pi specialmente
o a
di scrivere e di stampare. Dante usa questa voce: 1. per Faccia,
Pagina di un libro; Inf. xi, 102. Purg. xxvi, 64; xxix, 103; xxxiii,
139. Par. Il, 78; XII, 122; XXII, 75. - 2. Al plurale, per Pergamena
miniata; Purg. XI, 82.
Cartaginesi, Didone fu ma-
cittadini di Cartagine, dei quali
dre e regina; Mon. il, vennero contro Roma, e, capitanati
3, 79,
da Annibale, fecero grande strage dei Romani nella seconda guerra
punica; Mon. li, 4, 44. Conv. IV, 5, 121 e seg. e furono finalmente
vinti da Scipione; Mon. il, 11, 41 e seg. Conv. iv, 5, 125 e seg.
Casa, dal lat. casa, che per valeva Casuccia, Capanna; 1. Edi-
ficio da abitare, Dimora, Abitazione in genere; Inf.viu, 120; xiii,
151; xxiv, 10. Par. xv, 106; xvi, 102. Conv. iv, 4, 9 e seg. - 2. E
per Famiglia religiosa, Convento, Monastero; Par. xxi, 122, nel
qual luogo si parla del convento di Pomposa, situato in riva al-
l'Adriatico in una isoletta formata dalle foci del Po appresso Co-
macchio, dove S. Pier Damiano, ancora semplice monaco, fu dietro
preghiera di S. Guido, mandato dall'abbate dell'Avellana, e vi dimor
circa due anni. Cfr. Giov. Mercati, Pietro Peccatore, Eoma, 1895,
p. 3 e seg. - 3. E per Famiglia, Schiatta, Legnaggio, Stirpe; Inf. vili,
124; xiv, 89, 107; xix, 143. Par. xvi, 136, nel qual ultimo luogo si
accenna alla famiglia degli Amidei.
Casale, no-
antica citt del Piemonte nel basso Monferrato.
m
minata Par. 124 come patria di Fra Ubertino da Casale, o de
xii,
t
Italia,' il quale, entrato nella Regola dei Francescani, si distinse
per -la sua austerit e per il suo fanatismo. Fu discepolo di Pietro
Giovanni Olivi, capo dei Zelatores ed autore della famosa Postilla
super Apocalypsi (cfr. Oudinus, De Script, eccles. in, 584. Wad-
ding, a. 1282 n. 2, 1283 n. 3, 1285 n. 5, 1290 n. 11, 1292 n. 13, ecc.).
Morto l'Olivi nel 1297, Ubertino gli successe qual capo degli Spi-
rituali e scrisse un'Apologia del suo maestro, a motivo della quale
fu processato nel 1317 da papa Giovanni XXII (cfr. Baluz., Misceli.
i, 293). Dett pure altre opere, come YArbor vitce crucifxi, Ve-
nezia, 1485 ed il Tractatus de septem statibus ecclesice, Venez., 1516.
Mor dopo il 1330. - Composuit libellum vocatum Prloquium de
potentia Papce, coarctando scripturam. Dicendo quod ad hoc ut Papa
esset, Papa vere debeat habere quse Petrus habuit; Petr. Dant. -
Iste siquidem nimius stringebat scripturam sacram in exponendo;
scripsit enim super librum Apocalypsis, ubi fecit fructissimas ex-
positiones, et multa et magna mala dixit de ecclesia, sive de pasto-
ribus ecclesia?; propter quod liber eius damnatus est et prohibitus
330 Casalodi
saepe in omni capitulo; Benv. Lo stesso racconta il Serrav., chia-
mando Fra Ubertino magister in Theologia, valens homo....magnus
sillogizator, subtilis sophista. Alcuni, mal intendendo le parole
di Dante, affermano erroneamente che Fra Ubertino allarg troppo
la regola di San Francesco; cos Buti, Land., Veli., Dan., ecc.
Casalodi, castello nei dintorni di Brescia dal quale i Conti
di Casalodi, antica e potente famiglia, traevano il nome; Inf. xx, 95,
nel qual passo si allude alla cacciata del conte Alberto da Casalodi
da Mantova nel 1269, per opera di Pinamonte. Cfr. Murat., Script.
xx, 722 e seg. Casalodi est castellum in territorio brixiensi, unde
fuerunt nobiles comites, olim dominatores civitatis mantuanae, quos
Pinamonte de Bonacosis, civis mantuanus, fallaciter et sagaciter se-
duxit. Erat siquidem Pinamonte magnus et audax, habens magnani
sequelam in populo. Et cura Mantue esset multa nobilitas odiosa
et infesta populo, Pinamonte persuasit corniti Alberto tunc regenti,
ut mitteret certos nobiles, praecipuos suspectos, extra per castella
ad certum tempus, et ipse interim placaret furiam plebeiorum ira-
torum. Quo facto cum magno tumultu et plausu populi, ipse in-
vasit dominium Mantuae; et continue crudeliter exterminavit quasi
omnes familias nobiles et famosas, ferro et igne, doinos evertens,
viros mactans et relegans, etc. Benv. - Nella citt di Mantova
ne' tempi passati, reggendo i Gentiluomini lo Stato, fu un Conte,
nominato Alberto, della nobile parentela de' Casalodi, il quale, es-
sendo in reggimento, si lasci ingannare da un sagacissimo citta-
dino, chiamato Pinamonte de' Bonacossi, e tal fu l'inganno. Avendo
i popolani molto in odio la Nobilt, e stando il popolo in commo-
zione contro i Gentiluomini, Pinamonte astutissimo, e molto amato
dal popolo, confort il conte Alberto, sotto specie di buon consiglio,
che trovando escusazioni e cagioni oneste, mandasse per alquanti
giorni fuora della citt, alcuni in un luogo, altri in un altro, i pi
nobili della terra, fintantoch fosse pacificato alquanto il popolo, ed
egli stesso, perch fossero mandati fuora, nomin quelli per consiglio
ed aiuto de' quali era per aver pi fermezza lo Stato, se nella citt
fossero rimasti. Diceva costui, che non dubitava, se pure il popolo
vedesse quegli altri di fuori, che ei col credito che aveva, facilmente
lo quieterebbe, in modo che gli altri pacificamente potrebbero ri-
tornare. A tal consiglio dando fede il Conte, e mettendolo in esecu-
zione, quando apparve il tempo a Pinamonte, commosse il popolo ad
arme, in modo che, non essendo nella citt quelle che solevano essere
per defension dello Stato signorile, fu privato di sua signoria il detto
Conte, ed esterminata la parentela de' Casalodi con molte altre nobili
parentele di quella citt; onde rimase assai spopolata; Barg.
Cascare-Casentino 331
Cascare, sincope del lat. cadescere ? o dal lat. casare, am-
3
pliato in casicare? Cfr. Diez, Wrt.
Venire da alto a
il , 19. 1.
basso, tratto dal proprio peso lo stesso che Cadere, ma denota al-
:
quanto pi d'intensit, ed pi dell'uso famigliare; Inf. xvn, 53;
xix, 76. - Riferito a pioggia, o qualsivoglia meteora; e poeticam.
anche a luce Purg. xxxn, 52. - 3. E per Andare disteso a terra,
;
Andar gi di colpo riferito a persona; Inf. xxiv, 102. - 4. Figuratam.
;
Rimanere estinto, Morire; e per lo pi repentinamente, o per qual-
che violento accidente; Inf. xxix, 62; xxxnr, 71. - 5. Per Rovinare;
detto di edifizi o simili; Inf. xn, 36. - 6. Detto di fluidi, per Con-
correre, Affluire, Raccogliersi in un punto pi basso; Inf. xx, 73.-
7. Figuratam. per Andare a finire, a terminare, a riuscire, e simili ;
e pigliasi in senso non buono Par. xxvu, 60. - 8. Lasciarsi ca-
;
scare una cosa, e pi distesamente Lasciarsi cascare una cosa di mano,
vale Esser preso da sbigottimento, stupore e simili, per modo da
non aver pi forza di reggere quella data cosa; Inf. xxi, 86.
Casella, musico e cantante italiano, contemporaneo di Dante
e suo amico; Purg. il, 76-117. Nella Vaticana trovasi un madri-
gale di Lemmo da Pistoia, che fior circa il 1300, con questa inti-
tolazione Casella diede il suono; il che vuol dire che le parole di
:
Lemmo erano state messe in musica da Casella. Ma chi fosse questo
Casella non ne abbiamo altre notizie Quadrio, Poes, in, 321. - Fu
;
nel tempo dell'autore finissimo cantatore, e gi inton delle parole
dell'autore ;Lan., OH., ecc. - Fuit florentinus et optimus intonator
Cantilenarum qui pluriens intonavit cantillenas auctoris et fuit opti-
mus cantator; Cass.- Era istato finissimo maestro dichanto e di-
suono intanto che assai volte diede adante di granpi aceri e diletti;
Falso Bocc. - Fuit famosus cantor tempore suo, vir quidem curialis,
affabilis, ad quem Dantes ssepe solebat accedere in vita ad recreandum
spiritum cantu illius, quando erat fatigatus studio, vel stimulatus
passione amoris JBenv. - Fu fiorentino, e fu buono cantore et into-
;
natore di canti, sicch alcuno de' sonetti, o vero cansoni dell'autore in-
ton.... e fu omo di diletti e tard a venire a lo stato de la penitenzia
quando fu nel mondo, occupato da vani diletti infine a l'ultimo;
Buti. - Questi, del quale si parla, fue Casella da Pistoja grandissimo
musico, et massimamente nell'arte dello 'ntonare; et fu molto dime-
stico dell' Auttore, per che in sua giovinezza fece Dante molte canzone
et ballate, che questi inton; et a Dante dilett forte l'udirle da lui,
et massimamente al tempo ch'era innamorato di Beatrice; An. Fior.
Casentino, provincia del Valdarno di sopra, nell'Appennino,
fra il torrenteDuccaria e l'Arno, sino ai confini del territorio di
Arezzo; Inf. xxx, 65. Purg. v, 94.
332 Casino, Monte -Cassino
Casino, Monte, cfr. Cassino.
Caso, dal lat. casus; 1. Avvenimento fortuito e inopinato, Ac-
cidente; Inf. xxv, 41.-2. Dal volgo e dai poeti chiamasi Caso
Quella irrazionale cagione alla quale, quasi personificandola, si ri-
feriscono gli avvenimenti; Inf. iv, 136.-3. Per Condizione acci-
dentale, Termine, Stato; costruito coi verbi Essere, Trovarsi, e si-
mili, espressi o sottintesi; e dicesi pi specialmente di persona;
Purg. x, 66. - 4. Far caso nella mente, detto fguratam. per Cadere
in mente; Par. xtv, 4.
Casoli, nome proprio di luogo che sta nelTAbbruzzo Citeriore;
Vulg. el. i, 11, 21, nel qual luogo tutte le ediz. anteriori a quella
del Giu. hanno cascoli, lezione dalla quale difficile ricavar senso
che regga.
Cassare, dal basso lat. cassare, propriam. Toglier via dalla
carta, o da altro, ci che vi era stato scritto o disegnato; eanche
Cancellare. E
per Distruggere col discorso, Confutare, riferito ad
argomenti, ragioni e simili; Par. il, 83; iv, 89. Cfr. casso.
Cassero, del, cfr. Guido del Cassero e Jacopo del Cassero.
Cassino, Kaalvov, Strab., v, 237; Casinum; cfr. Forbiger,
2
ih 480; Celebre monte in Terra di Lavoro o Campania nell'an-
,
tico regno di Napoli, sulla cui cima v'era un tempio sacro ad Apollo
e a Diana, dove traevano le genti circostanti per fare i loro sacri-
fici. San Benedetto distrusse il tempio ed edific nello stesso luogo
il celebre monastero del suo Ordine; Par. xxn, 37. Cfr. Greg. Magn.,
Dial. ir^ 2: Castrum, quod Casinum dicitur, in excelsi montis la-
tere situm est (qui videlicet mons distenso sinu hoc idem castrum
recipit, sed per tria milia in altum se subrigens velut ad aera ca-
cumen tendit), ubi vetustissimum fanum fuit, in quo ex antiquorum
more gentilium a stulto rusticorum populo Apollo celebrabatur. Cir-
cumquaque in cultu dsemonum luci excreverant, in quibus adhuc eo-
dem tempore infdelium insana multitudo sacrificiis sacrilegis in-
sudabat. Illuc itaque vir Dei perveniens contrivit idolum, subvertit
aram, succendit lucos, atque ipso in tempio Apollinis oraculum Ma-
rise Virginis, ubi vero ara ejusdem Apollinis fuit, oraculum S. Joannis
construxit, et commorantem circumquaque multitudinem prsedica-
tione continua ad fidem vocabat. Cfr. Tosti, Storia della badia
di Montecass., 3 voi., Nap., 1841-43. Gattula, Hist. Abbatice Ca-
sinensis, Venet., 1733-34. D. Bartolini, L'antico Cassino, Mon-
tccassino, 1880.
Cassio -Castello, Guido da '333
Cassio, Caius Cassius Longinus, dell'antichissima famiglia
romana dei Cassii. ebbe gran parte nella guerra contro i Parsi
(Plut., Crass., 27), i quali nell' anno 51 a. Cr. furono da lui intie-
ramente sconftti (Dio Cass. xl, 28 e seg. Vell., il, 46. Just.,
xlii, 4. ClC, Phi. xt, 14, 35). Nel 49 a. Cr. era Tribuno del po-
polo, comand l'armata navale di Pompeo e sconfisse quella di
Giulio Cesare (CiRS., Bel. civ. Ili, 101). Eiconciliatosi con Cesare,
che lo fece suo legato (Dio Cass. xlii, 13. Cic, Ad fam. xv, 15, 2),
si ritir dopo alcun tempo a Roma, dove strinse amicizia con Ci-
cerone (Cic, Ad fam. xv, 16 e seg.). Congiur poi con Bruto contro
Cesare (Plut., Brut, vili, 10), che essi uccisero nel marzo del 44,
onde Dante pone ambedue nel suo Inferno in bocca a Lucifero; Inf.
xxxiv, 67. Par. vi, 74; cfr. Bruto. Sulle ulteriori vicende di Cassio
cfr. Vell., ii, 69. App., iv, 60-62. Floe., iv, 7. Plut., Brut., 30
e seg., 39 e seg. Do Cass. xlvii, 47.
Casso, Sost. masc , dal lat. barb. capsum, derivato da capsa ;
I. La parte concava del corpo, circondata dalle costole, che comu-
nemente dicesi Busto; Inf. xn, 122; xx, 12; xxv, 74.- 2. E poeticam.,
per Petto, in quanto la sede dei polmoni ; Purg. xxiv, 72.
Casso, Add., dal cassus ; 1. Per Annichilato, Spento, detto
lat.
2. Per Cassato, Cancellato; Inf. xxv, 76.-
della luce; Inf. xxvi, 130.-
3. E riferito ad argomento, ragione e simili, per Confutato, Di-
strutto col discorso; Par. IV, 89.-4. E per Distrutto, Annichilito;
Inf. xxx, 15.
Castella, oggi Castiglia, provincia della Spagna; Conv. iv,
II, 91, nel qual luogo per il buon Be di Castella sembra doversi
intendere Alfonso X, soprannominato il Savio, che regn dal 1252
al 1284.
Castello, dal lat. castellum, fa al plur. Castelli e Castella ;
1. Rocca, Fortezza, Cittadella; Inf. xvm, 11 xxn, 8; xxxiii, 86. -
;
2. Per antonomasia, Il castello Sant'Angelo o Mole Adriana; Inf.
xvm, 32. - 3. Per Edifizio vasto e ordinariamente munito a modo
di castello, ad uso d'abitazione di gran signori; per lo pi in con-
tado: e dicesi per similit. di Qualunque grandioso edifizio che serva
d'abitazione; Inf. iv, 106. - 4. Quantit di case circondate da mura,
Piccola terra difesa da mura; Inf. xv, 8.
Castello, Guido da, dell' uno dei tre rami del casato de' Ro-
berti da Reggio; Conv. iv, 16, 55. Purg. xvi, 125. Fu padre e
conservatore d'ogni nobilitade, e sempre vedea (volentieri P) ogni
buona persona che passasse per quel paese; e per prerogativa d'esso,
334 Castigare-Castrocaro
parlando francescamente, che diceno ad ogni citramontano Lom-
bardo, II semplice Lombardo, quasi unico in tale probitate;
Lan. - Iste florebat in Regio tempore nostri poetss, cum civitas
illa esset in magno flore et regeretur libere. Fuit autem vir pru-
dens et rectus, sani consilii, amatus et honoratus, quia zelator erat
reipublicse, et protector patria?, licet tunc alii essent in terra illa:
fuit liberalis; cuius liberalitatem poeta noster expertus est semel,
receptus et honoratus ab eo in domo sua. Fuit etiam Guido pulcer
inventor in rhythmo vulgari, ut pulcre apparet in quibusdam dictis
eius Benv. - L'Arrivabene, Sec. di 1)., p. 255, racconta che
;
Can Grande invitava talvolta alla propria mensa Dante e Guido
da Castello, esule dalla patria. Ma
secondo Dante, Purg. xvi, 121,
Guido era gi vecchio nel 1300, ed i Roberti furono bens cacciati
da Reggio, ma vi furono restituiti dagli Estensi sin dal 1289; cfr.
Murat., Script, vili, 1171 e seg.
Castigare, cfr. Gastigare.
Casto, dal lat. castus ; 1. Che si astiene dai piaceri illeciti
della carne, o Che
continente nei leciti; ed anche Che scevro
da pensieri disonesti; Purg. xxv, 134.-2. E figuratam. riferito a
cosa la quale abbia in s alcun che di castit, ovvero le servi, o
la rappresenti e dimostri, Purg. i, 78. - 3. E per Retto, Sincero,
detto dell'intenzione; Purg. xxxn, 138. -4. Per Temperante in ge-
nerale, Virtuoso; Inf. xiv, 96. - 5. Stare casto, vale Osservare ca-
stit, Vivere castamente; Conv. iv, 9, 51.
Castore, Kccaxcop, figlio del re Tindareo Leda, fratello di
e di
Polluce. I due fratelli si chiamavano Discuri Aipxoupot). Ca-
(oi
store, nato mortale, fu ucciso da Ida; ma Polluce condivise secolui
l'immortalit ed ambedue passavano d'allora in poi alternativa-
mente un giorno nel mondo di sopra, ed uno nell'Averno. Coi nomi
di Castore e Polluce Dante indica la costellazione dei Gemini; Purg.
IV, 61.
Castra, quale a deridere i rozzi dialetti
poeta Fiorentino, il
dei Romani, Marchigiani aveva composto una Canzone
e Spoletini,
recte, atque perfecte ligatam, che incominciava Una ferina vosco :
poi da Casoli; Vulg. el. i, 11, 19. Ma di questo poeta non ci
rimasta alcun' altra notizia.
Castrocaro, al presente villaggio, ai tempi di Dante forte
castello nella valle del Montone a poca distanza da Terra del Sole.
Nel sec. XIII aveva i suoi propri Conti, essendo ghibellini,
che,
nel 1282 si sottomisero alla Chiesa. Ad essi sottentr dopo il 1300
Casuale-Catalogna 335
la famiglia degli Ordelaffi di Forl, quindi Castrocaro fu comperato
dai Fiorentini; Vurg. xiv, 116. - Castrocaro, nobile castrum, et
vere carum, supra Forlivium in Valle Montorii; cuius comites hodie
defecerunt. Sed tunc adhuc vigebant, sed degenerabant a nobilitate
vicinorum; Benv.
Casuale, dal lat. casualis, Che si fa o Che viene per caso;
Accidentale, Fortuito; Par. xxxn, 53.
Catalano, Malavolti da Bologna, frate gaudente e guelfo,
de'
eletto assieme col suo concittadino Loderingo di Liandolo, ghibel-
lino, nel 1266 a podest di Firenze; Inf. xxm, 104. Cfr. ViLL.,
vii, 13. - Isti duo fuerunt fratres gaudentes de magnis domibus
Civitati Bononise viri utique magne scientie et industrie quibus atri-
buta fuit potestas pacificare populum et Civitatem Florentie - cum
autem Florentiam pervenissent ibidem recepti cum honore maximo
ut per eos tamquam per forenses et mediatores remotos discordie
Civium sedarentur Bambgl. - Aviano tanto atto e abito di buoni
;
uomini, che i Fiorentini gli elessero, ch'eglino racconciassero Fi-
renze, e recasserla in pace; per ch'era in quello tempo molto di-
visa, e molti si fidavano di loro bont, e l'uno era guelfo e l'altro
ghibellino. Frate Catalano fu cavaliere de' Catalani di Bologna, e
frate Loderingo fu cavaliere degli Arbonesi di Bologna. E ognuno
di costoro si diede in sul guadagnare. Unde che frate Catalano in-
gann frate Loderingo, e cacciollo di Firenze, con tutti i ghibel-
lini An. Sei. - Per chonservamento dalcuna pace che tra Ghi-
;
belini e Ghuelfl di Firenze gieneralmente alcuna volta si fece per due
buoni huomeni chavalieri ghodenti di Bolognia luno guelfo e laltro
ghibelino per lo chomune si richiesse dando loro albitrio e signioria
sicome a potest di ciascuno regimento de quali per guelfo fue
fratte Catalano de Chatalani e per ghibelino frate Loderigho de
Charbonessi di Bolognia per le chui operationi falsamente per parte
insieme disposte il detto fratte Loderigho con suoi seguaci dal
fratte Chatalano di fuori di Firenze sichome rubello fue chaciatto;
Iac. Dant.
Catalogna, provincia orientale della Spagna, confinante con
la Francia, da cui divisa per i Pirenei. Ai tempi di Dante essa
apparteneva al regno d'Aragona; Par. vili, 77, nel qual luogo si
allude, secondo i pi, a quei Catalani che Roberto, re di Napoli,
teneva al suo servigio, mentre alcuni pochi (Lan., Falso Boec, An.
Fior., ecc.) vi vedono, senza dubbio erroneamente, un'allusione alla
cupidigia ed avarizia di esso re Roberto, stato, con Luigi e Gio-
vanni suoi fratelli, ostaggio in Catalogna dal 1287 al 1295. Rex
336 Catellini da Castiglione -Catenella
Robertus, quando stetit in Aragonia, cuius pars maritima vocatur
Cataonia, obses pr patre suo, acquisivit amicitias et familiaritates
multorum, quos postea in Italia promovebat ad officia, qui noverant
bene accumulare. Ad quod duo impellebant eos, scilicet, paupertas,
qua3 suadet homini furtum et rapinam; et avaritia, quse reddit ho-
minem ingeniosum ad omnia illicita lucra. Unde bene Africanus
minor consultus in senatu, uter duorum deberet mitti ad regendam
provinciam, respondit: neuter, quia alter nihil habet, alteri nihil
sufficit. Et vere catalani reputantur homines cordati et sagaces inter
liispanos Benv.
;
Catellini da Castiglione, antica nobile famiglia di Fi-
renze e primo cerchio, restando tuttora
di quelle che abitarono nel
il loro palazzo in Mercato, non lungi da via del Fuoco; Par. xvi, 88.
Messer Alberto Catellini era uno dei senatori del Comune nel 1197;
e Donzelletto lo era nel 1215 quando fu fatta la lega coi Bolognesi.
Nella grande scissura dei guelfi e ghibellini furono i Catellini con
i secondi, e dalle torri di messer Lancia dei Cattani da Castiglione
di Cercina combattevasi contro gli Agolanti, gli Arrigucci e i To-
singhi. Costretti cogli Uberti a partirsi di Firenze nel 1258, vi tor-
narono trionfanti dopo due anni ma poco dur la gioia, perch
:
nel 1268 doverono partire di nuovo per la terra d'esilio. Anzi con
decreto del Vicario di re Carlo d'Anjou furono dichiarati ribelli con
confisca dei beni, Donzello e Ceffo di Stoldo, Bertino di messer Al-
bertino Malacresta, Stoldo e Bindo di Guido, Lapo e Lancia di An-
tonio, Berardo di Cambio con Ugolino, Nuccio ed Alberto suoi figli,
e Donato di Folcherino. La pace del 1280 che per i suoi segn mes-
ser Stoldo di Donzello riapr alla famiglia le porte della citt, ma
ne fu escluso Ceffo con tutti quelli del ramo suo. Nella riforma
del 1282 fu questa casa esclusa dalle Magistrature, poich essendo
magnatizia sdegn di ascriversi alle arti venne questa esclusione
:
confermata nel 1293; pi ancora nella riforma del 1311, in cui si
fecero dichiarazioni di pene pi speciali contro Vanni e Neri di
Bernardo. Lokd Vernon, Inf., voi. il, p. 445 e seg.
Catena, dal lat. catena; 1. Legame per lo pi di ferro, fatto
d'anelli passati l'uno dentro all'altro; Inf xm, 126; xxxi, 88. -
2. Catena chiamavasi Qualunque impedimento posto a traverso vie,
fiumi, porti di mare e simili, fatto o di catene propriamente o di
travi o di sbarre o d' altro, a fine per lo pi di chiuderne il passo.
Detto figu ratam. Purg. xxxi, 25.
Catenella, Diminut. di catena; Piccola catena. E per Collana,
e per Braccialetto, fatti amodo di catena; Par. xv, 100.
Catilina-Catone d' Utica 337
Catilina, Lucio Sergio, nato 108 a. Cr., fiero assassino sin dalla
sua giovent (Sall., Cat., 5), assassin il fratello, la moglie ed il
figlio e fu schiavo delle pi infami passioni. Congiur nel 63 a. Cr.
contro Koma, ma Cicerone rese vani tutti i suoi intrighi e Catilina
fu ucciso nella battaglia presso Pistoia il 6 gennaio del 62 a. Cr.
Cfr. Sall., Catti. Cic, Orat. in Cati. Vell., ir, 35. Dio Cass.,
xxxvii, 20. Dante lo ricorda Conv. IV, 5, 129.
Catona, cfr. Crotona.
Catone il Vecchio, Marcus Porcius Caio superior, o pri-
scus (Horat., Od. in, 21, 11), o Censorius (Tacit., Annal. ni, 66),
nato a Tuscolano nel 234 a. Cr. (Plut., Cat. maj., 1), combatt pi
volte per la patria (Plut., 1. e, 2. Corn. Nep., Cat., 1), and con
Scipione in qualit di Questore in Sicilia (Liv., xxix, 25), fu pre-
tore in Sardegna nel 198 a. Cr., Console nel 195, Censore nel 184,
e mor ottuagenario nel 149. Dett parecchie opere, il pi delle
quali fu distrutto dal tempo. Cfr. Plut., Cat. maj. Corn. Nep., Cat.
Tit. Liv. xxix, 25; xxxn, 43; xxxm, 62; xxxiv, 17 e seg.; xxxix,
40, 42; xlv, 25. Cic. de Or. il, 64. Off. n, 25. De orat. n, 12.
Brut., 23. Horat., Sat. i, 2, 32. Dante lo ricorda Conv. iv, 21, 61
e seg.; iv, 28, 34 e seg.
Catone d' Utica, Marcus Porcius Cato Uticensis, pronipote
di Catone Vecchio, nato nel 95 a. Cr. (Plut., Cat. min., 2. Sall.,
il
Cat., 54), combatt contro Spartaco e in Macedonia, quindi si ritir
a Roma per dedicarsi tutto agli studi. Fu Questore nel 65 a. Cr.,
e, dopo un viaggio in Asia, Tribuno nel 62, Pretore nel 54 (Plut.,
Cat., 42 e seg. CiC, Vat., 16). Essendo scoppiata la guerra civile,
Catone si accost a Pompeo, e dopo molte vicende, non volendo so-
pravvivere alla rovina della repubblica, si uccise in Utica li 8 aprile
del 46 a. Cr. Dante lo ricorda sovente con ammirazione; Inf. xiv, 15.
Conv. ni, 5, 89; iv, 5, 103 e seg.; v, 6, 71; iv, 27, 24; iv, 28, 77
e seg. Mon. il, 5, 94, 110 e seg. Come pagano avrebbe dovuto tro-
vare il suo posto nel limbo, come suicida nel secondo girone del
settimo cerchio dell'Inferno dantesco. Ma Dante, che con tutta l'an-
tichit e con molti Padri della Chiesa aveva Catone in grande ri-
verenza, non volle metterlo nel suo Inferno, non sofferendolo il cuor
suo; non volle passarlo sotto silenzio, non sofferendolo la sua am-
mirazione non volle metterlo nel suo Purgatorio, non essendovi l
;
un cerchio dei suicidi n sapendosi che Catone fosse macchiato del-
l'uno dei sette vizi che si purgano nei sette cerchi; non volle met-
non sofferendolo il dogma della Chiesa. Lo
terlo nel suo Paradiso,
mise dunque come custode all'ingresso del Purgatorio (cfr. Purg.
22. Enciclopedia dantesca.
338 Catria-Cattolico
i,28 e seg. II, 118 e seg.), condannandolo ed in pari tempo assol-
;
vendolo. Tutte quante le altre anime non dannate ponno ire a farsi
belle e salire quindi alle beate genti mentre dura tuttavia il tempo.
Catone invece, egli condannato a stare l, all'ingresso del
solo,
Purgatorio, sino alla consumazione dei secoli, cio sino al d del
giudizio finale. E allora, ma pur allora e non prima, la sua veste
sar chiara sopra altre e Catone potr entrare nelle gioie del Pa-
radiso. Cfr. G. Wolff, Cato der J'ungere bei Dante, nel Jahrbueh
der deutschen Dante- Gesellschaft, voi. u, Lips., 1869, p. 225 e seg.
J. Della Giovanna, L allegoria di Catone, nei suoi Frammenti
}
di Studi Danteschi, Piacenza, 1886. Olivo Vannucchi, Catone, nel
suo Nuovo Commento ai passi pi oscuri della Divina Com.,
Lucca, 1886. A. Bartoli, Il Custode del Purg. nella sua Stor. della
lett. ital. vi, t, Fir., 1887, p. 193 e seg. Crescimanno, Catone, nelle
sue Figure Dantesche, Venez., 1893, p. 96 e seg.
Catria,dirupo o rialto nell'Appennino centrale tra Gubbio e
la Pergola, sotto il quale fabbricato il Monastero di Santa Croce
di Fonte Avellana dell'Ordine Camaldolense, dove fu monaco S. Pier
Damiano; Par. xxi, 109.
Cattivello, propriam. Diminut. di cattivo, Alquanto cattivo.
E figuratami. Pietoso, Lacrimoso; Vit. N. xxxn, 9.
Cattivo, dal lat. captivus, Schiavo, Prigione; 1. Prigioniero,
e anche Schiavo, conforme al significato proprio della voce latina;
Inf. xxx, 16. Conv. il, 13, 12. - 2. E per Vigliacco, Codardo, Pol-
trone o Dappoco, riferito specialmente a genti di guerra; ma si
disse in generale di persona qualunque; Inf. in, 37.-3. Inforza
di Sost., e usato pi particolarmente al plur., vale Persona cattiva,
cio trista, malvagia, disonesta, sciagurata, abietta, ed anche ignava
o codarda; Inf. in, 62. Conv. i, 11, 107.
Catto, cfr. Capere.
Cattolica, borgo sull'Adriatico tra Rimini e Pesaro; Inf.
xxvni, 80. Cfr. Agiolello, Guido del Cassero.
Cattolico, dal gr. xafroXixg, lat. catholicus, Universale; 1. Per
Universale, in senso di Tenuto per vero, Accettato e seguito dai pi,
detto di opinione o dottrina; Conv. iv, 6, 111.-2. Detto di persona,
o di un aggregato di persone, vale Che professa la religione catto-
lica, Seguace della fede o della dottrina cattolica; Par. xn, 104.-
3. E in forza di Sost., vale Chi professa la religione cattolica; Conv.
il, 4, 10.
Causa-Cavalcanti 339
Causa, dal lat. causa, Ci, onde una cosa ha tal origine da
esser propriamente prodotta da essa e dipenderne nel suo Essere
e nel suo Esser fatta, a differenza di Principio che Ci, onde un
che ha origine senza "bisogno che ne dipenda. Nel volgare Dante
usa sempre Cagione invece di Causa (cfr. cagione e Conv. il, 9, 21),
e non adopera questa voce che in latino Vug. e. i, 9, 38. Mon.
;
i, 11, 87 e seg.; Il, 1, 5 e seg. in, 13, 11 e seg. Par. xxxn, 59
pure in latino Sine causa, per Senza cagione.
Canto, dal lat. cautus, Che procede con accorgimento o av-
vedutezza nel far checchessia, acciocch gli riesca hene, o non ne
incolga male a s o ad altri; Guardingo, Circospetto, Prudente;
Inf. xvi, 118.
Cava, Sost. dal basso lat. cava, che propriam. valeva Fossa;
Luogo cavo, o scavato nella superficie della terra; Buca, Fossa. Detto
poeticam. delle Bolge infernali ; Inf. xxix, 18.
Cavalcanti, antica e celebre famiglia nobile di Firenze, alla
quale appartenevano Guido, l'amico di Dante Guido Caval- (cfr.
canti) ed il di lui padre Cavalcante Cavalcanti, che Dante trova
tra gli Epicurei nel sesto cerchio dell'Inferno; Inf. x, 52 e seg.
Poche famiglie hanno nella storia fiorentina celebrit pari a quella
dei Cavalcanti. Originari di Fiesole, signori del castello delle Stin-
che in Val di Greve, di Montecalvi in Val di Pesa, di Luco e di
Ostina nel Val d'Arno superiore, e di molte altre castella di minor
conto, si trovano potentissimi in Firenze fino dal sec. XI. Cavalcante
fu Console della citt nel 1176, Aldobrandino suo figlio nel 1204.
Quando in Firenze si Cavalcanti si schiera-
suscitarono le parti, i
rono sotto le insegne dei Guelfi. Cacciati da Firenze nel 1245, vi
rientrarono mettendo fuori a loro volta i nemici nel 1258: e dopo
due anni trovaronsi a combattere sui campi di Montaperti, e mes-
sere Amadore, e Aldobrandino di Schicchi, e Sangallo. Seguirono
le sorti dei guelfi nell'esilio, e rientrarono nella citt nel 1266....
Molti dei Cavalcanti sono segnati tra i guelfi che giurarono l'os-
servanza della pace del 1280. Al suscitarsi delle fazioni dei Bianchi
e dei Neri, i Cavalcanti per la inimicizia che avevano con i Do-
tumulti ebbero pi volte
nati si posero dal lato dei Bianchi, e nei
arsi saccheggiati i palazzi. Nella pace che il cardinale Matteo
e
d'Acquasparta tent di mettere tra i due partiti, molti di questa
casa furono confinati, tra i quali fu Guido il poeta, a cui l' insa-
lubrit del luogo assegnatogli per confine fu cagione di morte. Nulla
si ottenne dalle premure del cardinal d'Acquasparta, e presto si torn
alle offese; e perch Masino dei Cavalcanti fu il primo ad infran-
1
340 Cavalcare-Cavalleria
gere la pace, fu decapitato per consiglio di Pazzino dei Pazzi.
Nel 1304 sorsero novelli guai per i Cavalcanti, perch costretti ad
abbandonare Firenze per l'incendio delle loro case, si fortificarono
nelle loro castella, e di l facevano frequenti incursioni nel terri-
torio del Comune, dove prevaleva la parte ad essi nemica. Si mos-
sero Fiorentini per isnidarneli, e loro tolsero le Stinche e Mon-
i
tecalvi,dopo una disperata difesa. Fatti pi mansueti dalle sventure,
chiesero i Cavalcanti ed ottennero nel 1307 di poter far ritorno alla
patria: ma poco vi stettero perch vennero dalla furia popolare
costretti a partirne di nuovo,quando nel 1311 messer Paniera ebbe
vendicata la morte di Masino suo fratello nel sangue di Pazzino
dei Pazzi. Data da quell'epoca l'emigrazione della famiglia. Lord
Vernon, Inf., voi. ii, p. 447 e seg.
Cavalcare, dal lat. caballus, lat. barb. cabaicare e caval-
licare, cavalcar, frane, ant. chevalcher, spagn. cabalgar ;
prov.
1. Stare, Andare, Far cammino a cavallo; Purg. xxiv, 95. Vit. N.
ix, 30. - 2. Figuratam. per Guidare, Governare, Moderare, a quel
modo che fa il cavaliere la cavalcatura; Purg. xvill, 96. Conv.
||
TV, 26, 32.
Cavalcatore, da cavalcare, Chi o Che cavalca; e detto fgu- |
ratamente per Moderatore, Eeggitore, Signore Conv. iv, 9, 76 e seg. ;
Cfr. Purg. vi, 97 e seg.
Cavaliere, dal basso lat. caballarius; 1. Colui che cavalca;
e specialmente Soldato a cavallo; Inf. xxn, 1, 11. Purg. xxiv, 95. -
2. Colui che insignito di dignit di cavalleria; e cos chiaman-|:
vansi nel medio evo gli eroi ed i soldati dell'antichit; Inf. v, 71.
Purg. x, 80.-3. E per Personaggio che viva cavallerescamente, alla!,
grande, con lustro, o che si comporti nobilmente, virtuosamente;
jj
Purg. xiv, 109. - 4. Il Cavalier sovrano, Inf. xvn, 72, Gio-
vanni Buiamonte, famigerato usuraio fiorentino del sec. XIII. Cfr.'
Buiamonti. - Sempre fece usura, e cos era chiamato cavaliere
d'usura, e fu de' tristi uomini del mondo; An. Sei. - Fu uno
grandissimo usuraio, ma insomma fu il pi tristo, vituperoso, cat-
tivo, con ogni scarsit che avesse mai uomo in lo mondo; Lan.-
Gianni Buiamonti fu molto ricchissimo d'usura, e fece miserissima
fine in somma povertade Ott. Parecchi commentatori osservano
;
giustamente che Cavalier sovrano detto per ironia.
Cavalleria, Milizia a cavallo. E per Servizio militare, Eser-
cizio dell'armi; Conv. i, 5, 15.
Cavallo-Cecilio 341
Cavallo, dal lat. caballus ; 1. Quadrupede domestico da sella
e da che appartiene a' mammiferi, ed ha criniera, coda lunga
tiro,
e grossa, e piedi terminanti in un sol dito o zoccolo; Inf xxvi, 36.
Conv. IV, 26, 33. - 2. E fguratam. detto dell'umana volont; Conv.
iv, 9, 77. - 3. E detto del cavallo di legno col quale i Greci per
tradimento entrarono in Troia; Inf. xxvi, 59; xxx, 118. - 4. I Ca-
valli del Sole; Conv. iv, 23, 102 e seg. Cfr. Purg. xxxn, 57.
Cavare, dal lat. cavare, Levare, Staccare e trar fuori, Levare ;
Purg. ix, 115.
Caverna, dal lat. caverna, propriam. Luogo cavo e sotterraneo,
Antro, Spelonca. 1. Poeticam. per Sepolcro; Purg. xxx, 14. - 2. E per
Eovine di edifici, che formano quasi caverne; Purg. xn, 61.
Caviccinli, ramo della nobile famiglia fiorentina degli Adi-
mari, che prese questo nuovo nome nei primi anni del sec. XIV
per ira di parte, onde commisero un anacronismo commentatori i
i quali affermarono che Filippo Argenti (cfr. Argenti) apparte-
nesse alla famiglia dei Cavicciuli. Sopra questa diramazione degli
Adimari, estinta verso la met del sec. XV, cfr. Lord Vernon, Inf.,
voi. il, pag. 449 e seg.
Cavo, dal lat. cavus ; Incavato, Scavato profondamente. E poe-
ticamente, Cavo negli occhi, vale Che ha gli occhi cavi, cio affos-
sati; Purg. xxiii, 22.
Ce, che ci, posta avanti all'articolo o alla
la stessa particella
particella ne; 1. Talora vale Noi, in regime dipendente da verbo
attivo; e quando sia affisso alla particella Ne, pu fare in poesia
Cen, in luogo di Ce ne ; Inf. xv, 1. Par. i, 125 l, 20. - 2. anche
;
Particella riempitiva, ma che pur d alcuna efficacia maggiore al
discorso; Purg. xxvi, 2.
Cecili, Statius drammatico, coetaneo di En-
Ccecilius, autore
nio e di Pacuvio, nativo della Gallia Insubrica, venne a Eoma come
schiavo, vi ottenne la libert, strinse amicizia con Ennio e scrisse
parecchie Commedie, delle quali non si conoscono che alcuni fram-
menti. Mor nel 167 a. C, un anno dopo la morte di Ennio. Sta-
tius Csecilius, comoediarum scriptor clarus habetur, natione Insuber
Gallus, et Ennii primum contubernalis, quidam Mecliolanensem fe-
runt, mortuus est anno post mortem Ennii, et juxta Janiculum se-
pultus; Euseb., Chron. ad a. 1838. - Csecilius ille comoediarum
poeta inclutus servus fuit et propterea noraen habuit Statius, sed
postea versum est quasi in cognomentum, appellatusque est Cseci-
342 Cecina-Celestino V
lius Statius; Gell., iv, 20, 13. Cfr. Cic, De opt. gen or. i, 2. Ad
Att. vii, Hoe., Ep. il, 1, 59. Quint., x, 1, 99. Baehr, Bni.
3, 10.
Lit. i4 307 e seg. Bernhaedy, Bni. Lit., 412 e seg. Teuffel, Barn.
,
Lit., 141 e seg. E nominato Purg. xxn, 98.
Cecina, piccolo fiume della Toscana che nasce dalle alture di
Volterra, scorre per la provincia volterrana e si getta nel Medi-
terraneo al mezzogiorno di Livorno. Dante lo nomina come contine
settentrionale della Maremma toscana e dello Stato della Chiesa;
Inf. xin, 9.
Cedere, dal lat. cedere, Ritirarsi, Indietreggiare.
1. Cedere ad
uno, vale Ritirarsi innanzi a Dargli luogo Inf. xxvi, 28. Par.
lui, ;
xx, 57.-2. Cedere a checchessia, vale Non reggere al paragone, Es-
sergli inferiore, detto cos di persona come di cosa Par. xxxni, 56, 57. ;
Celalo, KcpaXog, celebre cacciatore greco che uccise inavverti-
tamente la propria moglie; Conv. iv, 27, 117 e seg. Cfr. Ovid., Met.
ViT, 493 e seg., 661-865.
Ceifo, forse affine al frane, chef, dal lat. caput; ma cfr. Diez,
Wrt. il
3
muso del cane; Inf. xvn, 50. - 2. E dicesi anche
, 19. 1. Il
del viso assai deforme delTuomo e, per dispregio o in ischerzo, di
Qualunque viso umano Inf. xxxiv, 65. ;
Celare, dal lat. celare; 1. Far che una cosa non apparisca,
Remuoverla dalla vista altrui, Sottramela ed anche Nascondere ; ;
Inf. xiv, 101; xxn, 27; xxm, 21; xxv, 116; xxxi, 36. Purg. xvi, 43;
xvii, 57; xxxi, 138 (nel qual luogo cele desinenza antica per celi),
xxxui, 56. Par. vili, 52; xix, 63. - 2. E fguratam. Par. Ili, 48. -
3. E riferito a cose morali, Tener segreto, Occultare; Inf. x, 44.-
4. Neut. pass. Inf. xviii, 46. Purg. xxm, 112. Par. v, 133; xvi, 80;
xxix, 135.
Celato, Partic. pass, di celare. E in forma d'Add. Nascosto,
Occulto, Segreto; Conv. li, 3, 46.
Celeste, dal lat. codestis; 1. Di cielo, Che nel cielo, Appar-
tenente al cielo; Purg. xxxn, 54.-2. E detto di tutto ci che
appartiene al cielo, preso in significato di paradiso; Purg. XXXil, 22.
Par. vili, 34 xxi, 23. ;
Celestiale, Del cielo, Appartenente al cielo, nel senso di pa-
radiso; Purg. il, 43; vili, 104; XII, 29. Par. iv, 39.
Celestino V. Dopo la morte di Niccol IV, avvenuta il
4 aprile 1292, la sede papale rimase vacante oltre due anni. Fi-
Celestino V 343
nalmente, 5 luglio 1294, fu eletto papa l'eremita Pietro di Mo-
il
rone, che chiam Celestino V, ma, gi vecchio di 79 anni, non
si
pratico del mondo e bramoso di ritirarsi nel suo eremo, rinunzi
al papato dopo cinque mesi il 13 decembre 1294. Alcuni dicono che
vi fosse indotto da Bonifazio Vili suo successore, il quale lo tenne
poi prigione sino alla sua morte, avvenuta il 19 maggio 1296. Fu
canonizzato da Clemente V nel 1313. Il Brev. Bom. ad 19 Maji :
Petrus, a nomine, quo Pontifex est appellatus, Coelestinus dictus,
honestis catholicisque parentibus iEsernise in Samnitibus natus, ado-
lescentiam vix ingressus, ut animam mundi illecebras custodiret,
a
in solitudinem secessit. Ibi contemplationibus mentem nutriens, cor-
pus in servitutem redigens, ferream catenam ad nudam cameni
adhibebat. Congregationem, quae postea Ccelestinorum dieta est, sub
regula sancti Benedicti instituit. Hinc quasi lucerna supra cande-
labrum posita, cum abscondi nequiret (Eomana Ecclesia diu viduata
Pastore), in Petri Cathedram ignorans et absens adscitus, magna
novitatis admiratione non minus, quam repentino gaudio cunctos
afTecit. Cum autem in Pontificatus sublimitate collocatus, variis di-
stentus curis, assuetis incumbere meditationibus vix posse cogno-
sceret, oneri pariter et honori voluntarie cessit. Indeque priscam
vitse rationem repetens, obdormivit in Domino; ejusque pretiosam
mortem Crux prsefulgens in aere ante cubiculi ostium reddidit am-
plius gloriosam. Miraculis multis tam vivens, quam post obitum
claruit; quibus vite examinatis, Clemens Quintus, anno postquam
decessit undecimo, Sanctorum numero adscripsit. Dante lo ricorda
senza nominarlo, Inf. xxvn, 105. Il pi dei Commentatori si avvisa
che Celestino V sia Colui che fece per viltate il gran rifiuto,
Inf. in, 59 e seg., opinione che Benv. diceva communis et vul-
garis fere omnium. Infatti cos avevano inteso Bambgl., An. Sei.,
Iac. Dani., Lan. e Falso Bocc. L'Ott. riferisce dal canto suo questa
opinione con un Vuole alcun dire, ma senza decidersi. Petr.
Dant. intende pure di Celestino V, aggiungendo per un significan-
tissimo Ut credo. Il Postili. Cass., seguito da altri, intende di
Diocleziano che in vecchiaia rinunci all'Impero. Il Bocc. confessa
ingenuamente Chi costui si fosse, non si sa assai certo e rife-
:
risce quindi le opinioni a lui note senza decidere. Benv. fa un lungo
elogio di Celestino V, combatte la communis et vulgaris fere om-
nium opinio, ponendola tra le vanae voces vulgi che non sunt
audiendse ed intende di Esa che cedette i suoi diritti di primo-
genitura al fratello Jacopo per un piatto di minestra, Genes. xxv,
29 e seg. Buti non sa decidersi e YAn. Fior, sta, bench un po' dub-
bioso, con Benv. e cos pure, ma senza titubare Serrav., Tal., ecc.,
mentre Barg., Land., Veli., Dan., Cast., Gelli, ecc., ritornarono al-
-
344 Cei-Cennaiiella
l'opinione primitiva, accettata dalla gran maggioranza dei moderni
e che per il Betti cosa quasi fuor di dubbio. Alcuni vedono
nel vigliacco innominato Augustolo, altri Giano della Bella, altri
Vieri de' Cerchi, - opinioni che trovarono pochi seguaci. Pare che
avesse ragione il Bocc. quando scriveva che non si sa assai certo
chi costui si fosse. Cfr. Dionisi, Brep., cap. xxiv. Barlow, II gran
Rifiuto, Lond., 1862 e ital. Nap., 1864. Goeschel nel Dante-Jahr-
buch i, 103 e seg. Todeschini, Scritti Dant. i, 202 e seg.; il, 350.
Viani in Opusc. Bel., Mor. e Letter. di Modena, luglio e ago-
sto 1875, p. 3-47. Venturini, Colui che fece per viltate il gran
rifiuto, Eoma, 1875. Moore, Criticism, p. 278.
Cen, poeticam. per Ce ne; cfr. Ce.
Cena, dal lat. ccena, il pasto che si suol fare nella sera. Cena
del benedetto Agnello, detto con allusione ad Apocal. xix, Matt.
9. S.
xxn, 1 e seg. S. Lue. xiv, 15 e seg. per la Gloria dei beati; Bar.
xxiv, 1.
Cenare, dal lat. comare, Fare il pasto della sera, detto cena;
detto figuratam. con allusione ai passi scritturali citati nel prece-
dente art. per Partecipare alla celeste beatitudine ; Bar. xxx, 135.
Cener, dal gr. xsyxps, lat. cenchris, Specie di serpente ve-
lenoso, che ha la pelle picchiettata come di tanti grani di miglio;
Inf. xxiv, 87. La lez. centri inattendibile.
Cenere, dal lat. cinis, cineris ; 1. Quella polvere nella quale
si risolvono le legna e le altre materie combustibili consumate dal
fuoco; Burg. ix, 115.- 2. E per Quella polvere in cui si risolve
un corpo animale abbruciato; Inf. xxiv, 101, 104. Bar. xxi, 6.
3. E per Gli avanzi del corpo umano sepolto od abbruciato; Inf.
V, 62. - 4. E poeticam. per Le macerie e i rottami che rimangono
di una citt distrutta dall'incendio; Inf. xin, 149. Burg. xn, 61.
Cennamella, probabilm. dal lat. calamellus diminut. di ca-
lamus, prov. calamel e caramel, frane, ant. canimeaus e chalemel;
Istrumento musicale, che sonavasi col fiato, e che aveva presso a
poco la forma di clarinetto; Inf. xxn, 10. Bambgl. legge ciala-
mella, senza dare veruna spiegazione An. Sei., Iac. Dant., Lan.,
;
Ott., ecc., taciono. Bost. Cass. legge Cennamella, ma non si ferma
a spiegare la voce, e anche Benv., che legge Cenamella, non trova
necessario di spiegare il vocabolo. Buii : La cennamella uno
istrumento artificiale musico che si suona con la bocca. Serrav.:
Cialamella, vel busso, genus instrumenti est, quod cum ore pul-
Ceinio-Centesima 345
Cialamella legge pure Barg. Il Land.: Cennamella, cio
satin*.
suono, ponendo la spezie pel genere. Veli. : Cemmamella, cio
con s nuovo et inusitato suono. Dan.: Cemmamella, forse
quello stormento che usano de portare Turchi all' arcione, altra-
i
mente nacchere, over timpani chiamati; o veramente vien da quel
che cemmalo, o ciembalo si domanda, usato da le fanciulle quando
ballano o cantano. - Geli Cemmamella, cio suono e cenno,
:
pigliando Cemmamelle (che son certi bacinetti di rame, d'ottone o
d'altri metalli, che percotendosi l'uno ne l'altro rendono un certo
suono) universalmente per ogni suono. Cfr. Tav. Bitonda ed. Po-
lidoro i, 64, 517; il, 38. Nannucci, Man. i, 519. Mazzoni-Toselli,
Voci e passi, 132.
Cesino,, voce che potrebbe dedursi da cinnus, Sopracciglio e
Movimento dell'occhio, se fosse parola genuina, ci che non ac-
certato. Altrimenti pu anche derivarsi dal gr. xivw. Muovere; poich
il cenno non altro che un movimento fatto con qualche parte del
corpo; cfr. Diez, Wrt. i 3 121. Zamb., 275 a; 1. Segno che si fa o
,
con la mano, o con la testa, o con gli occhi, per fare intendere altrui
una cosa senza parlare; Inf. ni, 117; IV, 98; xvi, 116; xxi, 138.
Purg. i, 50; xix, 86; xxvn, 139. Par. xxn, 101.-2. E per Segno,
Indizio; Purg. vi, 141; XII, 129; xxn, 27. Par. xxn, 101. - 3. E
per Qualunque segno che si faccia, specialmente in guerra, o con
suono di qualche strumento, o con fuochi, o con sparo di artiglierie
o con altro mezzo, per dare avviso di checchessia; Inf. xxn, 8. -
4. Eender cenno o il cenno, vale Kispondere col cenno ad un altro
cenno; Inf. vili, 5. Purg. xxi, 15.
Centauro, dal gr. xsvmopos, lat. centaurus ; Animale favo-
loso che immaginavasi mezzo uomo e mezzo cavallo; Inf. xn, 56,
104, 115, 129; xxv, 17. Cfr. Ovid., Met. xn, 210 e seg. Eue., Herc.
fur., 181 e seg.
Centesima, e poeticam.Centesimi,, chiama Dante quella
piccola differenza di tempo che passava tra l'anno astronomico e
l'anno civile secondo il calendario di Giulio Cesare detta cos per- ;
ch nel corso di cento anni avrebbe aggiunto quasi un giorno al-
l' anno, onde coli' andar dei secoli il Gennaio sarebbe caduto non pi
in inverno, ma in primavera; il qual errore fu poi corretto da Gre-
gorio XIII nel 1582; Par. xxvn, 143. - Hic oritur dubitatio quod
autor videtur contradicere sibi ipsi ponens tam longum spatium
annorum, cum tamen dixerit finali capitulo Purgatorii hoc futurum
in brevi. - Dicendum breviter quod est usitatissimus modus loquendi,
nam tota die saspe dicimus: antequam transeat mille anni vel decem
346 Centesimo-Ceperano
milliaannorum ego faciam vindictam de tali; et tamen per istum
numerimi magnum ego intelligo et do aliis intelligi valde par-
vum Benv.
;
Centesimo e poeticam. Centesmo, dal lat. centesimus ;
1. Add. numerale ordinale di Cento; Par. ix, 40. - 2. In forza di
Sost. vale La centesima parte; Par. xxiv, 108. - 3. E per Cente-
nario, Secolo Purg. xxn, 93.
;
Cento, dal lat. centum; 1. Che contiene dieci diecine, o Che
formato di dieci diecine; Inf. xv, 38; xxv, 33; xxviii, 52;xxx, 83.
Purg. il, 45; xiv, 18; xxix, 10. Par. VI, 4; XI, 65; xv, 92; xxn, 23.-
2. E adoperato indeterminatamente per Numero grande di chec-
chessia; Inf. xvn, 131; xix, 114; xxi, 52. Purg. xv, 427; xxx, 17.
Cento milia per Centomila, Cento volte mille. E preso
indeterminatamente per Numero grandissimo di checchessia; Inf.
xxvi, 112.
Centro, dal lat. eentrum; 1. Quel punto d'un cerchio o di una
sfera, che ugualmente distante da tutti i punti della circonfe-
renza; Inf. xvi, 63; xxxiv, 107. Purg. iv, 42. Par. Xill, 51; xiv, 1;
xxi, 80; xxviii, 51. Conv. in, 5, 36, 49. - 2. E per similit. Purg.
xni, 14. Par. x, 65. - 3. Detto assolutam. per la Parto media e pi
profonda della terra, ove dagli antichi si poneva l'Inferno; Inf. il, 83.
Ceperano, piccola pianura del regno di Napoli sui confini dello
Stato della Chiesa verso Montecassino, dove il Conte di Caserta ca-
pitano delle genti di Manfredi abbandon proditoriamente senza com-
battere il ponte del Garigliano e il passo d'una gola di monti insu-
perabile ai soldati di Carlo d'Angi; Inf. xxviii, 16. Pare che Dante
supponga che ivi avesse luogo un combattimento con grande effu-
sione di sangue (cfr. Murat., Script, xi, 1284), mentre egli sa be-
nissimo che Manfredi non cadde a Ceperano, come credettero alcuni
(cfr. Murat., Script, xi, 158), ma a Benevento (cfr. Purg. ni, 124
e seg.). - Ceperanum est locus apulie qui derelictus fuit per apules
tempore conflictus regis manfredi et propterea dicit textus quod
ibi quilibet apolus fuit mendax quod ipsum locum reliquerunt-- in
quo loco Apulie tanta fuerunt hominum corpora, quod aduc ossa
eorum Coliguntur ibidem JBambgl. - Fu il Ke Carlo quando
;
combatt al ponte a Ceperano, con lo E e Manfredi. Allora conquist
lo Ee Carlo Puglia, per eh' e' Pugliesi tradirono lo Ee Manfredi
loro signore; An. Sei. - Ee Manfredi esendo ingannato da cia-
scuno Pugliese per loro false promesioni in alcuno luogo nominato
Cephas-Cerbero 347
Cieperano in Puglia da re Charlo di Francia finalmente combatendo
con sua giente fu morto; Iac. Dant. - Ed appellato quel luogo,
dove fu quella battaglia (di Benevento) Ceperano, perch vi nascono
molte cipolle Lan. Lo stesso errore commisero quasi tutti i com-
;
mentatori antichi, o confondendo insieme Ceperano e Benevento, o
parlando di due battaglie, l'ima a Ceperano, l'altra a Benevento.
Ma generalmente noto che a Ceperano non ebbe luogo verun com-
battimento tra Manfredi e Carlo d'Angi cfr. Vill., vii, 5. ;
Ceplias, Kyjcpag, Pietra, Nome dato da Cristo all'Apostolo
S. Pietro; Par. xxi, 127. Cfr. S. Joh. I, 43. I ad Cor. in, 22; IX, 5;
xv, 5. Ad Galat. li, 9.
Ceppo, dal lat. cippus, propriam. la Parte inferiore, o il Piede
dell'albero. E figuratane, vale Origine, Principio d'una famiglia o
di una gente; ed anche La famiglia o la gente medesima; Prosapia,
Lignaggio; Par. xvi, 106, nel qual luogo s'intende dei Donati, dai
quali discesero i Calfucci.
Cera, dal lat. cera; 1. Quella materia molle e molto fusibile,
che prodotta dalle api, e con la quale esse fabbricano i favi nei
loro alveari, o che si cava da certi vegetabili, e che serve pi spe-
cialmente a far ceri, candele, torcetti e simili; Inf. xvn, 110; xxv, 61.
Purg. 45; xvin, 39; xxxin, 79.-2. E figuratane per la cooperazione
x,
del libero arbitrio, il quale paragonato alla cera che riceve l'im-
pronta del suggello, cio della divina grazia; Purg. vili, 113.- 3. E
pur figuratane e poeticam., per La materia di che si compone il
mondo, ed anche per Quella di che composto il corpo umano, in-
quanto disposta a ricevere l'impressione e la forma dell'influsso
dei corpi celesti; Par. i, 41; vili, 28; xin, 67, 73.
Cera, dal basso lat. cara, e questo dal gr. xapa, Capo; Quel-
l'essere od espressione del volto dell'uomo, dalla quale simanifesta
la salute, ed altres la disposizione dell'animo; Aspetto, Sembiante.
E si us pure per Faccia, Volto; Ball. Fresca rosa novella, v. 23.
Cerasta, dal lat. cerasta, e questo dal gr. %pag, Corno; Sorta
di serpentello con due cornetti sulla fronte, e molto velenoso; Inf.
IX, 41. Cfr. Plin., Hist. nat., 1. 8.
Cerbero, gr. Kppepog, lat. cerberus; Animale favoloso in forma
di cane, con tre ed anche con pi teste, che stava a guardia della
porta infernale; Inf. vi, 13, 22. 32; IX, 98. Cfr. VlRG., Aen. vi, 417.
Georg, iv, 483.
348 Cerca-Cerchi
Cerca, da cercare, propriam. L' atto del cercare, e si us anche
per Questua, onde Andare alla cerca, per Questuare, Andare alla
questua, Andar limosinando e simili; Par. xvi, 63.
Cercare, dal lat. circus, donde il basso lat. circare,
Volgersi
attorno, e quasi in cerchio, come qualche cosa; 1. Stu-
fa chi cerca
diarsi di trovare ci, di che s'abbia d'uopo, o che si desideri, o che
sia smarrito; e dicesi cos di cosa come di persona; Inf. xxx, 85.
Purg. xv, 92. - 2. E riferito a cosa morale, vale Studiarsi di con-
seguirla, ed anche Procurarla, Procacciarla, sia per s, come per
altri; Purg. i, 71; V, 63; xxvn, 116. Par. xvn, 49. - 3. Detto di
luogo, vale Attentamente esaminarlo, percorrendolo a fine di trovare
checchessia, o prender notizia di alcuna cosa; Inf. xxi, 124; xxxn, 59.
Purg. vi, 85; xxvin, 1.-4. E figuratali!., riferito a cose morali, vale
Esaminare con molta diligenza; Purg. xvn, 139. Conv. i, 2, 47 e seg.-
5. E riferito a libro, volume e simili, vale Svolgerlo a parte a parte,
Studiarlo diligentemente; Inf. i, 84. Par. xn, 121.- 6. Per Girare,
Andar percorrendo; e trovasi anche con la prep. Per; Inf. xx, 55.-
7. E per Tentar con la mano, Tastare, a fine di trovare o verificare
qualche cosa; Inf. xxxi, 73. - 8. E nello stesso senso, riferito a
mano; Purg. xn, 131. - 9. E per Adoperarsi, Studiarsi, Procurare;
Purg. ni, 99.- 10. Cercar con l'occhio, vale Volgere attorno l'oc-
chio per iscoprire o ravvisare qualche cosa; Inf. xvm, 115.
Cerchi, nobile e potente famiglia fiorentina; Par. xvi, 65.
Questa famiglia discende da Acone, e pare venisse a Firenze per
esercitarvi la mercatura. La fortuna e la destrezza s fattamente la
favorirono che in breve sal a ricchezza e fabbric palazzi, torri e
case sontuose. Due strade ed una piazzetta conservano tuttavia il
nome di questa famiglia, imperciocch tutte quelle case formanti
un'isola dalla piazzetta di San Martino alla via degli Antellesi le
appartennero. Anche della loro Loggia si notano gli avanzi sull'an-
golo delle vie dei Cerchi e dei Giugni. Sono moltissimi gli uomini
illustri usciti da questa famiglia, ma una trista celebrit si acquist
nella storia, come quella che fattasi capo della fazione dei Bianchi,
fu sempre l'antagonista fatale della casa Donati. Cavalieri di sommo
valore furono un Gherardino, un Eicovero, un Torrigiano e un Con-
siglio de' Cerchi. Vieri di Consiglio ebbe nome di prode alla bat-
taglia di Campaldino, e fu quegli che, suscitatesi le fazioni de' Bian-
chi e de' Neri, si fece capitano di quella de' Bianchi. Allorquando
Bonifazio Vili chiam a Ptoma i capi dei due partiti per far prova
di pacificare Firenze, Vieri vi si rec seguitato da tal corteggio
di uomini risoluti che quel pontefice ne fu intimorito. La guerra
Cerchia-Cerchio 349
civile fuben funesta a questa casa che ne fu quasi tratta a ro-
vina; e tra le principali vittime conviene annoverare messer Nic-
col che fu ucciso da Simone Donati suo nipote; Eicovero che per
in una zuffa combattuta in Calen' di Maggio del 1300; Torrigiano,
che essendo prigioniero nella torre della Pagliazza, fu spento col
veleno da Neri Abati Carbone, Bonifazio e Gentile che doverono
;
assaporare l'amaro pane dell'esilio. Un altro Eicovero fu fatto ri-
belle nel 1351 perch venne a mano armata contro la patria; ma
pot poi ottenere il perdono a s ed a tutti i suoi quando i Fio-
rentini fecero la pace coli' arcivescovo di Milano.... La famiglia
si estinse il 29 luglio 1855 nel cavaliere Alessandro del Senatore
Vieri, il quale mor vittima del colra. Lord Vernon, Inf., voi. il,
p. 451 e seg.
Cerchia, dal lat. circulus, portato dal masch. al femmin.
1. Muro, o altra simile costruzione che circonda checchessia; Inf.
xvni, 3, 72; xxiii, 134. - 2. E detto particolarmente per Le mura
che circondano una citt o un castello, Inf. xxxi, 40. Par. xv, 97. -
3. E per Girone o Balzo del Purgatorio; Purg. xxn, 33.
Cerchiare, dal lat. circu are ; 1. Cingere, Circondare come
con cerchio, o a modo di cerchio; Inf. iv, 107. Turg. xxx, 68. Par.
xiv, 55. - 2.E per Attorniare, che pi comunemente dicesi Accer-
chiare Purg. xxxn, 38. - 3. E per Percorrere all' intorno, detto di
;
luoghi; Purg. xiv, 1; xxn, 93. - 4. E in forma di Neut. per Muo-
versi in giro; Purg. il, 4; xix, 69. Par. xxi, 26.
Cerchietto, diminut. di Cerchio, Piccolo cerchio; Inf. xi, 17.
Cerchio, dal lat. circulus, voce che occorre 52 volte nella
Div. Com., cio 18 volte nelVInf, 11 nel Purg. e 23 nel Par., ado-
perata in diversi significati. 1. Superficie piana, terminata da una
sola linea curva detta Circonferenza, i cui punti sono ad egual di-
stanza da un punto, che nel mezzo, e chiamasi Centro. E pren-
desi anche per la Circonferenza medesima. Oggi dicesi pi comu-
nemente Circolo; Par. xiv, 1; xxxiii, 134, ecc. Cfr. n, 14, 151
e seg. - 2. Per Tutto ci che ha forma circolare, e cinge ed attornia
qualsivoglia cosa; Inf. iv, 24; xxv, 13, ecc. - 3. E per i Circoli
della sfera armillare, i quali vengono specificati da qualche ag-
giunto oggi pi comunemente Circolo; Purg. il, 2; iv, 79; xxv, 2.
;
Par. x, 14, ecc. - 4. E per Euota dentata d' orologio Par. xxiv, 13. - ;
5. Il mezzo cerchio del moto superno ilCirculus medius, cio
il circolo di mezzo del cielo cristallino ; Purg. iv, 79. Conv. li, 4,
35 e seg.; nr, 5, 49 e seg. Il mezzo cerchio, cio l'equinoziale
350 Cerebro-Certificato
lo quale chiama mezzo, e perch dall'uno e dall'altro emisperio non
si vede se non mezzo, o perch veramente sta in mezzo tra du' poli,
cio artico ed antartico ; Buti. - 6. Il cerchio di merigge, Purg.
xxv, 2; xxxiii, 104, detto anche meridian cerchio, Purg. n, 2,
il Meridiano di un dato luogo. -7. L'obbliquo cerchio, Par. x, 14,
lo Zodiaco. - 8. Il CERCHIO CHE PI AMA E CHE PI sape, Par.
xxvni, 72, l'Ordine dei Serafini.
Cerebro, dal lat. cerebrum; 1. Il cervello; Purg. xxv, 69.-
2. La testa, il capo; La parte per il tutto; Inf. xxvin, 140.
Cerere, lat. Ceres, gr. AtjijlVtyjp, sorella di Giove, la Dea delle
biade; Conv. il, 5, 33.
Cerna, da cernere, propriam. Separazione che si fa di cose o
di persone, a fine per pi di scegliere o di escludere.
lo E sem-
plicemente per Divisione, Distinzione; Par. xxxn, 30.
Cernere, dal lat. cernere; 1. Separare, Distinguere una cosa
da un'altra, adoperato cos al proprio come al figurato; Par. in, 75;
xxxn, 2. E per Discernere, Scorgere, Intendere, cos
34. - al proprio
come al figurato; Inf. vili, 71. Par. xxi, 76; xxvi, 35.
Cero, dal lat. cereus, propriam. Cera lavorata e ridotta in forma
di grosso cilindro, con lucignolo nel mezzo, per uso di accendersi
nelle chiese durante le sacre funzioni. E figuratam. per Spirito lu-
minoso; Par. x, 115, nel qual luogo Dante chiama Cero S. Dionigi
l'Areopagita, creduto erroneamente autore dell'opera ILsp ifjQ opa-
vcas Eepapxtag, ossia De codesti hierarchia. Cfr. Dionigi Areopagita.
Cerro, dal lat. cerrus, Albero della specie della quercia, il cui
tronco per lo pi nodoso e di scorza molto scabra. Produce ghiande
assai grosse, che servono anche per la concia dei cuoi, ed la quercus
cerris de' Botanici; Purg. xxxi, 71.
Certaldo, piccola terra di Toscana nella Val d'Elsa alla base
occidentale d'un poggio sulla cui sommit risiede l'antico castello.
Da questo borgo vennero i Eena, i Boccaccio ed altre famiglie a
stabilirsi a Firenze; Par. xvi, 50.
Certamente, da certo, In modo certo, Con certezza, In guisa
da rimuovere ogni dubbio; Purg. xxxin, 40.
Certificato, partic. pass, di certificare, Eeso certo, Informato
con certezza di checchessia; Par. ix, 18.
Certo-Cesena 351
Certo, dal lat. certus ; voce che nella Div. Com. adoperata
50 volte, 20 nelYInf., 12 nel Purg. e 18 nel Par. 1. Fermamente
persuado di una cosa, Scevro di qualsivoglia dubbio intorno a chec-
chessia, Sicuro; Inf. Ili, 61; xxvi, 50. Par. XV, 118.-2. E detto
di affetti dell'animo o di atti interni, vale Fermo, Sicuro; Par.
XXV, 67.-3. Detto di argomento, autorit, prova, testimonianza, in-
dizio e simili, vale Che induce certezza; Inf. xx, 101.-4. Certo,
vale anche Vero, Beale; ed opposto ad Apparente; Inf. i, 66. -
5. Per Determinato, Speciale; Inf. xvn, 56. - 6. E per Distinto, Non
confuso Purg. xm, 56. - 7. Riferito a tempo ed anche a luogo, vale
;
Stabilito, Assegnato; Purg. vii, 40.-8. E poeticam., detto di fonte,
vale Indeficiente, Perenne Purg. xxviii, 124 - 9. Farsi certo di
;
checchessia, vale Certificarsene, Accertarsene; Purg. xxvi, 14. -
10. In forza di Sost., Ci che certo, Certezza, ed anche Cosa certa;
Conv. li, 3, 9. - 11. Al certo, Di certo, Per certo, ecc., posti avver-
bialmente, sono maniere affermative, e valgono Certamente, Con
tutta certezza; Inf. xxvm, 4. - 12. E in forza di Sost. detto di per-
sona, per Taluno, Alcuno; Inf. xvn, 52. Purg. xxvi, 14. - 13. Avverb.,
lo stesso che Certamente; Inf. x, 89; xn, 37; xiv, 133; xvi, 44 ecc.
Cervello, dal lat. eerebellum ; 1. Massa polposa, formata di
sostanza nervea, chiusa entro il cranio; che l'organo principale
della vita cos animale come intellettuale; Inf. xxxn, 129. - 2. E
figuratami., per Intelletto, Mente; Purg. xxxui, 81.
Cervia, piccola citt marittima d'Italia, circa dodici miglia
distante da Ravenna, sulla quale i Polentani estendevano la loro
giurisdizione; Inf. xxvn, 42. Cfr. Murat., Script. XXII, 161.
Cervice, dal lat. cervix, la parte posteriore del collo, la Nuca;
Purg. xi, 53.
/ Cesare, dal lat. 1. Nome pro-
Ccesar, e questo dal gr. Kaaocp;
! prio di Giulio Cesare, fondatore dell'Impero Romano; Inf. iv, 123;
il
xxviii, 98. Purg. xvm, 101 xxvi, 77. Par. vi, 57. - 2. Titolo dato
;
S agli Imperatori Romani, e dipoi anche a quelli dell'Impero Romano
(rinnovato nell' 800 nella persona di Carlo Magno, e che si disse
Santo Impero Romano, o Impero Germanico; Inf. xiii, 65. Purg.
vi, 92, 114. Par. i, 29; vi, 10; xvi, 59.-3. Il terzo Cesare, Par.
vi, 86, Tiberio, sotto il cui impero Cristo mor, fatto al quale
Dante attribuisce grande importanza; cfr. Mon. n, 13, 1 e seg.
Cesena, citt della Romagna, bagnata dal fiume Savio, la quale
nel 1300 si reggeva in forma di libero comune ed aveva ogni anno
un nuovo podest, non di rado anche due nello stesso anno, ma era
:
352 Cespuglio-Che
ci nonostante, relativamente pi libera delle altre citt della Ro-
magna, bandiva chiunque si fosse reso sospetto di voglie tiran-
e
niche; Inf. xxvn, 52 e seg. Cfr. Mueat., Script, xiv, 1121.
Cespuglio, dal lat. ccespes ; Cespo formato da virgulti. o pian-
ticelle; Inf xin, 123, 131.
Cessare, dal lat. cessare; 1. Aver fine, Terminare; Inf. xxv, 31.
Turg. xx, 141. Par. xxxiii, 61.-2. E per Desistere, Ristare, Smet-
tere; Conv. Il, 14, 139. - 3. E per Evitare, Scansare; Inf. xvn, 33.
Par. xxv, 133.-4. E per Allontanare, Ritardare; Inf. xix, 51.-
5. E per Abbandonare, Allontanarsi; Inf xxxnr, 102, nel qual luogo
Cessare stallo, vale Finire, Terminare di stare in un luogo, onde
il senso , Avvegna che ogni sentimento si fosse allontanato dal
mio volto.
Cesso, dal lat. cessatio, Cessamento, Allontanamento, Scosta-
mento onde Stare in cesso, pu valere Astenersi, Cessare dal far
;
checchessia, ed anche Allonta?*arsi, Scostarsi Inf. xxn, 100. In;
cesso, idest, in quiete, quasi dicat, faciant nobis modicum creden-
tiam Benv. - Scostati sieno li demoni Buti. - Pure che quei
; ;
diavoli stessino un poco discosti; Gelli. - Si tirino da parte;
Cast. Cfr Bocc, Teseid. iv, 54.
Cesto, dal lat. cespes (?), per Cespuglio; Inf. xm, 142.
Cetra, dal lat. cithara, Strumento musicale, usato dagli an-
tichi, e fornito prima di quattro e poi di sette corde, che perco-
tevansi o col pollice o col plettro ; Inf. xx, 22.
Che, Pronome relativo cos di persona come di cosa prossima-
mente nominata: si unisce con ambedue i generi e numeri, sia come
soggetto, sia come oggetto, ed anche in costrutto con preposizioni.
Il quale, La quale, I quali, Le quali. peraltro di uso assai pi
comune di questo pronome, e serve a certe maniere e costrutti, spe-
cialmente famigliari ed ellittici. Dai due casi del pronome relativo
lat. quem, accus. sing., e quce, neut. plur. donde probabilmente la
;
ragione della doppia relazione del Che a persona e a cosa, in am-
bedue i numeri. Come in tutte le opere di scrittori italiani, anche
in quelle di Dante questo pronome si trova pi volte ad ogni pa-
gina, nella Div. Com. in media 25 volte per canto, dunque circa
2500 volte. Bastano naturalmente alcuni esempi.
1. Relativo di persona; Inf. i, 22, 55, 124, 131; II, 10; .x, 7;
xxxii, 11.-2. Relativo di cosa; Inf. i, 6, 8, 9, 15, 18, 20, 21, 27, ecc.;
li, 89. Purg. xxv, 77, 78. - 3. In costrutto con preposizione; Purg.
Che 353
xxi, 107. 4. Con ellissi della prep. con, Col quale,
Par. xxx, 133. -
Colla quale, Coi quali, Colle quali; Inf. xxi, 68. - 5. Con ellissi
della prep. di, Del quale, Della quale, Dei quali, Delle quali, e si
riferisce anche a persona; Inf. xxvi, 48. - 6. Con ellissi della prep.
'per, Pel quale, Per la quale, ecc., Inf. li, 82. - 7. Con ellissi della
prep. in, quando si riferisce a tempo, stagione e simili, per Nel,
nella quale, ecc., ed anche per Durante il, la quale, ecc., Inf. xxvi, 26.
Purg. xn, 105. - 8. Tralasciato per propriet di lingua dinanzi al
verbo; Inf. xxvin, 87. - 9. Per pleonasmo, frequente nel parlar fa-
migliare, al Che, cos con prep. come senza, si aggiunge un pro-
nome o una particella pronominale, indicante la persona o cosa alla
quale il Che si riferisce Inf. v, 69. - 10. Usato in forza 'Add.
;
denotante qualit, per Quale; Inf vii, 38.
11. E nello stesso senso, in proposizione interrogativa; Inf.
Qual che, seguito dal verbo Essere, per Qua-
in, 33; xxxi, 21. - 12.
lunque, Qualsiasi, Qualsivoglia; Inf. i, 66; xv, 12. Par. xxn, 114. -
13. E nello stesso senso, con altri verbi; Par. xi, 41. - 14. In
proposizione interrogativa, o in costrutto che abbia forza d'inter-
rogazione, Che vale Che cosa, Qual cosa, e talora ripetuto per
maggiore efficacia; Inf. xxxiii, 51. Purg. xxvi, 110.-15. E in pro-
posizione non interrogativa, per Che cosa, in senso di Ci che, Quello
che; Inf. in, 129. Purg. xxvin, 48. Conv. ni, 2, 60. - 16. E costruito
colla prep. di, preceduta dall' artic. il; Conv. ni, 4, 67. - 17. Un
non so che, adoperato a significare Cosa,ovvero Qualit o Condi-
zione o Propriet, sia di cosa che di persona, la quale si vegga, si
senta, o si conosca, non per cos distintamente, o a fondo, da po-
terla specificare; Purg. il, 23. Par. ili, 59.-18. A che, interro-
gativo, col verbo conoscere, vale A o Da qual segno, A o Da quale
indizio; Purg. v, 119.- 19. E per A qual punto, A qual termine, A
qual trista condizione, usato assolutam. Inf vi, 60.
Clie ? particella congiuntiva, la quale serve all'unione di una pro-
posizione con un'altra che da quella dipende e ne il compimento.
Ha origine comune con Che relativo ed pure adoperata ad ogni
pagina; nella Div. Coni, in media 12 volte in ogni canto, dunque
circa 1200 volte.
1. Congiuntiva tra verbo e verbo, o tra verbo e soggetto di
verbo Inf i, 46, 48 xiv, 8. - 2. Tralasciata dopo il verbo temere
; ;
seguito da particella negativa; Inf. in, 80.-3. E congiuntiva tra
due proposizioni, a denotare una relazione di tempo fra le azioni
significate in quelle; Inf xxm, 53; xxxn, 125; xxxiii, 145.-4. Ed
pure congiuntiva tra gli Add. tale, s fatto e simili; Inf II, 92;
xxm, 15.-5. E congiuntiva tra un comparativo e il termine pro-
23. Enciclopedia dantesca.
354 Che
prio di esso; Inf. v, 122; IX, 15. - 6. E nel medesimo costrutto con
i comparativi formati mediante le particelle Pi o Meno; Purg.
xv, 36. Par. iv, 12.-7. E dipendente dalle particelle Pi o Meno,
Meglio o Peggio, usate in forza di comparativo per Maggiore o
Minore, Migliore o Peggiore; e talvolta anche di sost., per Cosa o
Quantit maggiore o minore: Purg. xxviii, 9.-8. Usasi pure in
dipendenza da certi Partic. pass., co' quali forma ellitticamente lo-
cuzioni avverbiali di senso talora condizionale, talora avversativo,
talora causale, od altrimenti, secondo i casi; Purg. xvi, 74.-9. E
pure congiunz. dipendente da avverbi che denotino qualit, quan-
tit, intensit, grado, misura e simili, d'una cosa o d'un' azione
qualsiasi; come Talmente, Tanto, Cosi, S, Siffattamente e simili;
Inf. i, 7. - 10. Talora in certe locuzioni ellittiche, proprie special-
mente del parlar famigliare, si tace l'avverbio denotante grado,
quantit o misura; Inf xxvi, 21, 22.
11. Dipendente dagli avverbi Cos, S, Tanto, Tale, Talmente,
denotanti cagione o ragione di checchessia: nel qual caso il Che
suole anche congiungersi con l'avver. che lo regge, scrivendosi Co-
sicch, Sicch, Tantoch, ecc., Inf. il, 54. Par. Il, 126.- 12. Trovasi
ripetuto, quando qualche inciso interrompa la proposizione, alla
quale il Che appartiene; Inf. xxvi, 23, 24.- 13. Dipendente da Av-
verbi o Maniere avverbiali significanti eguaglianza, somiglianza,
parit, conformit, o disuguaglianza, dissomiglianza, diversit, di-
stinzione; Inf. IX, 67. - 14. E dipendente da avverbio, maniera av-
verbiale, o preposizione, denotante limitazione, eccezione, esclusione
o simili, come Altro, Fuori, Meno, Se non, Salvo, Eccetto; Inf.
xix, 17; xxiii, 136; xxxi, 105. Purg. il, 79; xvj, 89.-15. Posto dopo
Pure, Sempre, Ognora, o simili, forma una maniera condizionale, che
scrivesi anche congiuntamente Purch, Semprech, ecc., Inf.xv, 92.
Purg. xviii, 110. Par. xvi, 113; xxix, 116.- 16. E dipendente da
avverbio, maniera avverbiale o particella, che denoti elezione, pre-
ferenza e simili; Purg. xx, 27.- 17. E dipendente da una particella
disgiuntiva, come 0, Ovvero, Ossia, serve a reggere, comunemente
al Soggiuntivo, proposizioni o contrarie l'una all'altra, od anche
semplicemente alternative; Conv. iv, 15, 57 e seg. - 18. Talora tra
la particella disgiuntiva e la congiunzione ponesi il soggetto della
locuzione: ma in tali costrutti il Che pu anche aver forza di re-
lativo, usato ellitticamente; Inf. xix, 119. - 19. E congiuntiva tra
un avverbio comparativo, anche composto con la particella Pi, e il
termine di esso; Inf. xi, 93. - 20. E dipendente da avverbio, preposi-
zione o maniera avverbiale di tempo; Inf I, 13, 101; v, 109; vili, 55.
21. Dipendente dalla particella Da, o dagli avverbi Poi, Da poi,
Poscia, e talvolta anche Gi, forma con essi una maniera causale; e
Checch-Chedere 355
scrivesi altres congiuntamente Dacch, Poich, Dappoich, ecc., Inf.
IT, 85, 124; xxv, 12. Purg. xxxn, 45. - 22. Dipendente dagli av-
verbi Dove, Onde e Donde, Come, Quando, e reggente un verbo
al Soggiuntivo, forma una maniera che vale In qualunque luogo o
Dovunque, Da qualunque luogo o parte o cagione, In qualunque ma-
niera o Comunque, In qualunque tempo; Inf. vi, 5, 6; xviii, 57.-
23. Dipendente da' medesimi avverbi, e reggente il Soggiuntivo del
verbo Essere, forma usa maniera assoluta che vale In alcun luogo,
Da qualche luogo o parte o cagione, In qualche maniera, In alcun
tempo: e scrivesi anche congiuntamente Dovecchessia, Comecches-
sia, ecc., Inf. i, 120. - 24. Posto dopo Acci, Affine, Perci, Per,
Con ci sia, e simili, forma una maniera avverbiale congiuntiva,
denotante cagione, ragione, fine, ecc., di checchessia; e scrivesi per
lo pi congiuntamente Acciocch, Affinch, Perciocch, ecc., Inf i
132; xvi, 126. Purg. x, 54; xvn, 139. Par. xm, 96; xxxi, 94. -
25. Posto dopo Ancora, Avvegna o Avvenga, Come, Tutto o Con
tutto, Non ostante, e talvolta anche Bene, forma una maniera av-
versativa, che per lo pi scrivesi congiuntamente Ancorch, Avve-
gnach, ecc., Inf. xxiv, 67 ; xxvn, 11 xxx, 106. Purg. vili, 60; xm,
;
109. Par. v, 50; xvi, 131; xx, 79. - 26. Come particella congiun-
tiva adoperasi in locuzioni interrogative a reggere la proposizione
con la quale si d ragione della domanda; ed ha forza di Cosicch,
Onde, Poich e simili; Purg. xv, 120. Conv. iv, 19, 48. - 27. E
usato come particella congiuntiva denotante la cagione o ragione
d'una cosa; e vale Perch, Perciocch, Poich, Imperciocch; e in
questo senso si suole accentuare; Inf. i, 3. - 28. Che se, maniera
condizionale, equivalente al semplice Se, ma fornita di maggiore
efficacia e pi atta a collegare la proposizione, in principio della
quale posta, con ci che precede; Inf. xxiv, 86; xxv, 98.
Checch, che pure scrivesi disgiuntamente Che che, Qualunque
cosa, Qualsivoglia cosa; Purg. xxv, 5. Vit. N. xxn, 57, nel qual luogo
per, invece di Echecch sia, pare che s'abbia da leggere quelE
che sia.
Cheti, forma particolare all' antico dialetto fiorentino, adottata
dalla Or. e da altre ediz. in alcuni luoghi della Div. Com. invece
di Che seguito dalla vocale e. Questa forma oggid comunemente
abbandonata.
Chedere, dal lat. qucerere, forma antica per Chiedere,
onde
derivano Cheggio Chieggio per Chiedo, Domando; Inf. xv, 120;
e
xxi, 129. Purg. xm, 148; xx, 48. Par. Vili, 117. E da Chedere de-
riva pure Cheggia per Chieda, Cerchi; Purg. xvi, 83.
Chelidro-Cherubino
Chelidro, lat. chelydrus, propriam. Testug-
dal gr. xXoSpos,
gine marina; ina design con tal voce, rimasta oggi solamente
si
a' poeti, Una specie di serpente anfibio e velenoso; Inf. xxiv, 86.
Cfr. Lucan., Phars. ix, 706 e seg.
Cherco, sincope di Cherico, dal gr. vtXvjpcxg, lat. cericus, Per-
sona ecclesiastica, Sacerdote cos secolare come regolare Inf. vii, ;
38, 46; xv, 106; xvm, 117.
Chercuto, sincope di Chericuto, Tonsurato, Che ha o porta
Cherica; Inf. vii, 39.
Cherere, dal lat. qucerere, forma antica per Chiedere, onde
deriva Chiere, per Chiede, Cerca, Kichiede, Domanda; Par. in, 93,
nel qual luogo per alcuni testi invece di si chiere leggono si
chiede.
Cherico, lo stesso che Cherco. E si us dagli antichi per Dotto,
come dissero Laico per Idiota; Conv. IV, 10, 45.
Cherso o Chersidro, dal lat. chersydrus, Specie di serpente
simile all'aspido, che vive anche in acqua e fa guerra a' ranocchi.
Nel luogo Inf. xxiv, 85 e seg. la Nidob., il Lomb., Portir., ecc.,
leggono Pi non si vanti Libia con sua rena, Chersi, chelidri,
:
jaculi e farce Producer, ceneri con amfesibena. Ma questa lezione
sembra piuttosto arbitraria non avendo per s alcun testo, oltrech
guasta la sintassi e convertisce i Chersidri in Chersi, apocope della
quale non si ha altro esempio. da leggere: Pi non si vanti Libia
con sua rena; Che, se chelidri, iaculi e fare Produce, e ceneri
con amfesibena. Cfr. Dionisi, Bandim. funeb., p. 74 e seg. Blanc,
Versuch i, 224 e seg. Barlow, Contributions, 146 e seg. La le-
zione Chersi difesa dal Campi, i, 589; ma il Pol., i, 521 dice che
gi stata sfatata.
Cherubico, proprio di Cherubino; Par. xi, 39.
Clier libino e poetic. Cliernlbo, dall'ebr. 31*13 plur. D'Q'nS,
di etimol. incerta; secondo alcuni lo stesso che 3*Hp, Appresso a Dio,
Servo confidente di Dio; secondo altri lo stesso che 3*0*1, Jwmentum
Divinum, altri diversamente: Cherubin interpretatur plenitudo
scienti^; Thom. Aq., Sum. th. i, 63, 7, e i, 108, 5; 1. Angelo
o Spirito celeste del secondo ordine della terza gerarchia; Par.
xxvni, 99. Conv. il, 6, 39, 61. - 2. Cherubino nero, detto poeticam.
per Diavolo; Inf. xxvn, 113.
Chetare-Clrianiare 357
Chetarle, dal lat. quietus, Far tacere, Calmare ; e Neut. pass,
per Appagarsi, Starsi contento; Conv. u, 15, 139.
Cheto, dal lat. quietus, Che non parla, Che non fa alcun ru-
more; quindi Star cheto, per Non parlare, Non fare alcun rumore;
Inf. ix, 87.
Chi, sost. Inf. il, 18 : il chi e '1 quale lo scolastico quis
et qualis ; Par. xxin, 92; xxx, 120. Considerato quis fuit ef-
cfr.
fectus in substantia, et qualis in potentia, quia scilicet sacerdotium
et imperium JBenv. - Pensando chi era, e qual era colui che do-
;
veva uscire di lui Buti. ;
Chi, dal Pronome, relativo e insieme dimostrativo, di
lat. qui,
persona. Usasi comunemente nel numero singolare, e cos nel ge-
nere mascolino come nel femminino. Nella Div. Com. occorre in
media 2 volte per canto, in tutto il Poema circa 200 volte. 1. Colui
o Quegli che, Colei o quella che; Inf. V, 107.-2. E pure per Colui
che, ma in senso meno determinato, ed equivalente a Uno che; Purg.
in, 72; vii, 49. - 3. E altres per Colui che, ma in senso generico,
per Chiunque; Inf. xi, 51.-4. In locuzioni condizionali, importanti
o circostanze d'un fatto o qualit d'una persona, necessarie perch
avvenga o si compia qualche cosa, Chi equivale a Se alcuno, Quando
alcuno; Purg. xxiv, 141. Conv. in, 8, 60. - 5. E per Alcuno che,
Persona la quale, Qualcuno che, e simili; Inf. vii, 90. - 6. E per
Un certo il quale, Un tale che; Inf. i, 63. Purg. XI, 99.- 7. In pro-
posizione interrogativa, vale Qual persona, e adoperasi in ambedue
i generi numeri; Inf. xxvm, 1.-8. E pure in senso di Qual per-
e
sona, riferito per al nome, alla condizione, alle qualit e simili,
di colui del quale o al quale si discorre, usasi cos in proposizione
interrogativa, o avente forza d'interrogazione; come in proposizione
affermativa, o esprimente dubbio, incertezza, ignoranza. E adoperasi
pure in ambedue i generi e numeri; Inf. xxxm, 10. Far. xix, 79.
Chiamare, dal lat. clamare, propriam. Gridare. Nella Div.
Com. questa voce adoperata 45 volte, cio 14 neWInf., 21 nel
Purg. 10 nel Par. - 1. Pronunziare, per lo pi ad alta voce, il
1
nome d'alcuno, nell'atto di rivolgersi a lui perch'e risponda, o si
.avvicini a noi, o simili; Inf. n, 53; xxn, 39.-2. Per Dire, Prof-
ferire un nome qualunque, per lo pi in modo esclamativo; Inf.
xxxn, 9.-3. E per Chiamare in aiuto, in senso figurato; Par. x, 43. -
4. E detto di strumenti o di suoni, che servono a dar cenno di adu-
nanza o riunione, o a far muovere o venir gente Par. x, 139. - 5. Per ;
Invocare; Vit. N. xxm, 85.-6. E detto di sentimenti o di affetti,
358 Chiana-Chiappa
cosi di benevolenza come di malevolenza, Suscitare, Destare, Far
nascere nell'animo di alcuno; Canz.: Amor che nella mente mi
ragiona, v. 46. - 7. Indicar per nome, sia proprio sia comune, Ap-
pellare, Nominare, Dare o Imporre un nome o titolo, riferito cos
a persone come a cose; Inf. vi, 52. Purg. xx, 49. - 8. E per No-
minare, Indicare, pel titolo di grado, condizione, ufficio; o Designare
per alcuna particolar qualit; Par. xvn, 120. Conv. Ili, 11, 77. -
9. Per Appellare, Denominare, persona o cosa, secondo un partico-
lare giudizio; Dire ch'ella cos o cos; Canz.: Amor che nella
mente mi ragiona, v. 76. Conv. ili, 10, 3.-10. Chiedere, Diman-
dare, e pi propriamente ad alta voce, o supplicando; Purg. xxix, 39.
Canz.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro, v. 38. - 11. Chia-
marsi, in forma di Neut. pass., vale Aver nome, Essere appellato,
indicato con questo o quel nome, cos proprio come comune; Inf.
xiv, 98; xvi, 97; xx, 77. Purg. iv, 80; xxvm, 131. Par. xxi, 109.
Conv. in, 3, 69. - 12. Neut. per Gridare, detto figuratam. Conv.
IV, 12, 64. - 13. E per Dire gridando, ed anche Esclamare; Purg.
vi, 113; xxn, 38 (nel qual ultimo luogo pare per che sia da pre-
ferire la lezione Esclame). - 14. Chiamare una cosa da alcuno, vale
Kiconoscerla da lui; Purg. vii, 123.
Chiana, fiume in Toscana nel compartimento di Arezzo, ora
detto Canale, per le nuove operazioni idrauliche che vi si sono fatte.
Questo fiume presenta un fenomeno singolarissimo, quello cio di
aver invertito a poco a poco la maggior parte del suo corso, perch
le sue acque che tutte si scaricavano al sud verso il Tevere, ora
per la maggior parte scorrono verso il nord nell'Arno sotto la citt
d'Arezzo. Ai tempi di Dante il suo corso era lentissimo; Par. xin, 23.
a
Cfr. Loria, L'Italia nella Div. Com., 2 ediz., 376 e seg.
Chiappa, da] verbo chiappare, e questo dal lat. capere o cap-
tare, detto per Cosa la quale uno possa chiappare per tenervisi, alla
quale uno si possa aggrappare e pi particolarmente per Roccia
;
o Pietra sporgente; Inf. xxiv, 33. -De lapide in lapidem. Et est
pulcra metaphora; chiappa enim est pars tegulae culmas, qua te-
guntur tecta domorum. iSicut enim qui vadit per tecta domorum
vadit valde lente et morose, quia de facili posset cadere et frangere
sibi collum ita hic autor ibat valde piane et commode, quia fa-
:
ciliterpoterat ruere deorsum propter asperitatem loci; Benv. -
Aggrappandoci e posando i pie di scheggia in scheggia, che uscisse
punto fuori de l'altre Gelli. - Nel pistoiese viva la voce stiappa,
;
che significa giusto scheggia.-- Stiappa poi lo stesso che schiappa
e chiappa, per il solito scambio dello schia in stia, come in tante
Chiara-Chiarentana 359
altre parole fa popolo toscano. - - Chiappe anche bassamente il
il
popolo chiama quelle sporgenze che fanno i muscoli glutei nel corpo
dell'uomo; Caverni.
Chiara (Santa), cfr. Donna pi su,
Chiaramente, da chiaro, In modo chiaro, evidente ; Conv.
in, 15, 58.
Chiarentana, nominata Inf. xv, 9, sulla quale si disput
lungamente e continua a disputare. Secondo gli uni Dante in-
si
tende della Carinzia, la Clarentana degli scrittori latini, che anche
il Vili, chiama ben undici volte Chiarentana. Altri intendono della
Carzana, o Carenzana, monte sul Trentino tra Vaivi gnola e Val-
fronte, che si protende lungo la riva sinistra della Brenta. Secondo
altri poi, Chiarentana deriva da chiaro, e Dante intende di una
parte del cielo da dove le nuvole siano scomparse lasciandovi il se-
reno. Cfr. Lunelli, Sulla voce Chiarentana, Ven., 1843, Pad., 1846
e Trento, 1864. Scolari, La
Chiarentana, Ven., 1865. Dalla Ve-
dova in Dante e Padova, Pad., 1865, p. 84 e seg., 94 e seg. Pa-
lesa, Dante. Raccolta, Trieste, 1865, p. 16. Lanci, Del Bulicame
e della Chiarentana, Roma, 1872, p. 23 e seg. De Bat., JBibl. i,
539 e seg., 724. Ferr., Man. IV, 383 e seg.; v, 329 e seg. An-
tequam liquefiat nix de alpibus Carintie; Bambgl. L\An. Sei. ri-
pete la voce, dicendo soltanto che la Brenta viene da Chiarentana.
Iac. Dani, parla delle parti fredde di Chiarentana, dalle quali
gi diriva il fiume Brenta. Lo stesso fanno pure il Dan., Ott.,
An. Fior., ecc. Petr. Dant. tace. Cass.: Antequam nives Carintie
dissolvantur. JBocc: Chiarentana- una regione posta nell'Alpi
che dividono Italia dalla Magna. Falso JBocc. non d veruna spie-
gazione. Benv.: Lungo la Brenta, idest prope fiumen ipsorum,
quod oritur in Alemannia in parte quae dicitur Carinthia, ubi re-
gnant quidam domini, qui vocantur duces CarinthiaB. Buti: Chia-
rentana una montagna di sopra a Padova la quale di verno sta
coperta di neve. Cos pure Serrav., Barg. Il Land.: Chiaren-
tana, montagna posta nell'Alpi che dividono Italia da Lamagna.
Tal. Brenta nascitur in partibus ubi dicitur Cantina (sic); vul-
:
gariter Chiarentana. Veli. Chiarentana Ducea, dalla quale sono
:
contenute parte delle Alpi che dividono Italia da Lamagna. Dan. :
Chiarentana, Monte sopra Bassano, ove nasce il fiume di
alto
Brenta. Cast, tira via. Gelli: Luogo delle Alpi che dividon la
Italia da la Magna. Cos pure Voi., Vent., Lomb., ecc. Riassu-
mendo diremo che quasi tutti gli antichi per la Chiarentana in-
tesero la Carintia, la quale, come si ha dal Vili, chiamavasi per
360 Chiarezza-Chiannontesi
l'appunto Cliiarentana dai Fiorentini, n pare che vi siano ragioni
da scostarsi da questa antica interpretazione. naturale che Dante
non intende la Carintia moderna, la quale non comprende pi le sor-
genti della Brenta.
Chiarezza, da chiaro; 1. L'esser chiaro, Lucentezza, Splen-
dore Par. xiv, 40, 67 xxiv, 21 xxxn, 86. - 2. E figuratam. per
; ; ;
Eivelazione, Manifestazione della divinit; Par. xxv. 33, nel qual
luogo per la met dei codd. Moore, Criticism, 482), Benv.,
(cfr.
Serrav., Land., ecc., hanno carezza invece di chiarezza. I tre qui
ricordati sono S. Pietro, S. Iacopo e S. Giovanni; cfr. Conv. IT, 1, 37.
Chiarire, dal lat. clarere, propriam. Far divenir chiaro; l.Per
Dimostrare chiaramente, Provare; Conv. IV, 21, 3.-2. Per Rendere
alcuno chiaro, certo di checchessia, Persuaderlo, Convincerlo; e usato
senza il compimento indiretto, Cavarlo di dubbio; Par. ix, 2. -3. E
per Eisplendere, Mandar luce; Par. IX, 15. - 4. Neut. pass. Farsi
chiaro; e figuratam. Accertarsi, Acquistar cognizione di checchessia;
Par. v, 120.
Chiarissimo, superlat. di Chiaro, lat. carissimus, Molto
lucente o risplendente ; Par. xxx, 7.
Chiarit, dal lat. claritas, Chiarezza, L' esser chiaro, Limpi-
dezza, Purezza, Splendore, Luce; Par. xxi, 90; Conv. in, 7, 22.
Chiarmontesi, antica nobile famiglia di Firenze, ricordata
da Dante senza nominarla, Par. x, 105; cfr. doga e stajo. Abi-
tavano in orto San Michele, erano molto antichi; Vill., IV, 11.
Le antiche carte ci fanno conoscere il nome di Chiaramontese di
Rinaldino di Malpiglio, il quale nel 1185 compr alcune terre nel
piviere di Ripoli da Ranieri, Rinaldo, Marismo e Rambaldo Ciu-
rianni. Di lui fa figlio quel Francesco che giur la pace coi Senesi,
essendo tra i Consiglieri del Comune nel 1201, e che fu console
nel 1202. Gherardo suo fratello sed console dei Mercanti nel 1212,
e dopo sette anni fu sindaco della sua repubblica per ricevere l'ac-
comandigia dei Conti Guidi per il castello di Montemurlo.- - Dante
li marca d'infamia, e dice che arrossan per lo stajo, per uno di
loro che essendo preposto alle pubbliche biade, lev una doga allo
stajo e fecelo minore; onde, scoperta la frode, fu punito di pena
capitale e lo stajo pubblico rifatto di ferro. Geri di ser Durante
rised tra i Priori nel 1301 ma non fu pi dato ai suoi posteri
;
di conseguire tal dignit, perch vennero esclusi per sempre dalla
capacit degli onori nella riforma del 1311 che prese nome da Baldo
Chiaro 361
d'Aguglione. Le memorie dei Chiarmontesi non oltrepassano il se-
colo XIV, durante il quale assai probabilmente questa casa si spense.
Lord Vernon, Inf., voi. n, p. 453 e seg.
Chiaro, dal lat. clarus, voce adoperata nella Div. Com. 41 volta,
cio 4 volte nelYInf, 15 nel Purg. e 22 nel Par. - 1, Add. 1. Scevro
di materie o sostanze che offuschino la trasparenza, Puro, Limpido,
Sereno; Purg. ix, 59; xm, 89; xxn, 137; xxx, 76. Par. xx, 20;
xxiii, 32; xxxiii, 115. - 2. Per Lucente, Che manda viva luce, Ri-
splendente ; Purg. i, 75 vili, 91 xxvi, 107 xxvn, 90 xxix, 53. Par.
; ; ; ;
v, 108; xxi, 26, 44.-3. Per Illuminato dal Sole; Inf. xxxiv, 134. -
4. Per Manifesto, Evidente, Non dubbio, Certo ; riferito cos a ra-
gioni, argomenti, prove, come a notizie, fatti e simili; Purg. xxiv, 89.
Par.' in, 88; xvn, 34; xxn, 146; xxvm, 86.-5. Riferito a occhio o
vista, vale Non viziato, Non offuscato, e quindi Atto a discernere bene
le cose, a vederle distintamente; ed usato al proprio e fguratam.
Par. Vi, 87; 106; xx, 140; xxi, 89; xxn, 126; xxiii, 102;
XIII, 79,
xxxiii, 45. - 6. Far chiaro alcunodi checchessia, vale Dimostrar-
glielo, Farnelo certo, Certificarglielo; Par. vili, 91.- 7. Veder chiara
una cosa, vale Vederla ben distinta, quale veramente ; cos in senso
proprio come figurato; Conv. in, 3, 83 e seg. -8. Riferito a discorso
o simili, Chiaro vale Franco, Libero, Senza riguardi n reticenze;
ed anche Aperto, Che non ammette dubbio; Inf. xvin, 53, il senso
del qual luogo peraltro controverso. Quia scilicet videris vivus;
Benv. - Questo dice o perch Dante l' avea nominato, o perch Dante
1
Buti.- Egli
parlava latino, eh parlare chiaro pi che l'altro;
qui da sapere che, se Iddio non mutasse nuovo uso, per che nulla
che sia impossibile a Dio, uno agnolo, uno spirito, uno dimonio,
quando, o per volont di Dio o per sua permissione, vengono a par-
lare ad alcuno uomo mortale, per che non hanno corpo, pigliano
un corpo d' aere, et di quello corpo esce la voce che non orga-
nizzata dal polmone, dalla concavit dello strozzule, dalla lingua,
da' quattro denti et dall'altre cose che hanno a formare la voce
umana voce contraffatta et la voce contraffatta non chiara n
;
sonora com' la propria voce, conviene che questo loro parlare sia
pi offuscato et meno chiaro che la voce viva; et pertanto mes-
ser Venedico, udendo parlare l'Auttore, che parlava come uomo pi
chiaramente che gli spiriti, dice che la sua chiara favella lo sforz
a manifestargli ci ch'egli volea udire; An. Fior. - Quia non
loqueris velate, sed aperte, et video quod tu me nosti Serrav. - ;
Il Barg. non d, come fecero gi i pi antichi, veruna spiegazione;
cos pure land., Tal., Veli., Dan., ecc. - La favella di Dante era
chiara e non fosca, n alterata, come era quella de' tormentati per
-
362 Chiassi-Chiavare
lo pianto. Riconobbe adunque Venedico alla voce chiara che Dante
era vivo; Cast. Cos pure Veni., Lomb., Port., Biag., ecc.- La
tua favella nobile, che mi fa sovvenire d'averti veduto nel mondo
antico. Dante riconobbe Venedico alle sue fattezze: e Venedico in-
vece lo riconosce a quella favella, che lo rend s famoso; Betti.
In generale la nobile favella italica, e pi particolarmente la men-
zione delle salse, per cui l'interrogante palesavasi a un tempo e
italiano e pratico di Bologna; Br. B. Cos pure Camp., Poi., ecc.
Corn., Berth. ed altri tirano via, come se il luogo fosse chiaro per se. -
II, Chiaro, sost., per Chiarore, Luce, ed anche Lume; Par. n, 148. -
III, Chiaro, avverb., Chiaramente, cio In modo chiaro, distinto,
evidente; Inf. vii, 43; xi, 67. Purg. il, 38; iv, 75, 77; xvin, 11;
xxxiii, 98. Par. vi, 20; xxxn, 67.
Cliiassi, lat. Classis (per trasformazione frequente, come chia-
mare da clamare, chiaro da clarus, chiave da clavis, chiostro da
claustrum, ecc.), nome d'un castello o citt che si stendeva sul porto
di Ravenna, cui era unito da una *via detta Cesarea. In Classe
erano editici e un vasto cantiere e chiese rimaste note, quantunque
scomparse da secoli. La rovina di quell'oppio, del quale si vanno
sempre trovando sotterra e mura e marmi e mosaici, risale a Liut-
prando. Non rimane oggi che la splendida basilica di S. Apollinare
detta appunto in Classe, presso la quale sorse anticamente un'abazia
di cui abbondano notizie nelle storie ravennati e nelle storie eccle-
siastiche. Fu abitata dai Cassinesi, ai quali nel 1138 successero i
Camaldolesi. S. Romualdo e Ottone 111, che vi pass diverso tempo
in penitenza, la fecero famosa; Ricci, Tilt. Bif, 117, nt. 1. In quel
sito, sulla riva dell'Adriatico al mezzogiorno di Ravenna, vi al
presente una selva di pini detta la Pineta di Chiassi, menzionata
da Dante, Purg. xxvm, 20, che l'avea senza dubbio gi veduta,
quando dettava gli ultimi canti del Purg. Cfr. Ricci, 1. e, 114 e seg.
Classis fuit terra extra Ravennani in litore maris; apud quam
Justinianus imperator dicitur fecisse ecclesiam sancti Apollinaris.
Leoprandus autem rex longobardorum cum obsedisset Ravennam
invasit Classem oppidum, atque destruxit. Ibi fuit olim portus Ra-
venna, ubi Augustus tenuit magnam classem ad defensionem maris
adriatici Benv., il quale osserva pure che Dante ssepe notaverat
;
istam resonantiam venti, cum deambularet solitarius speculando per
litus maris adriatici. Cfr. Pineta.
Chiavare, dal basso lat. clavare, e questo dal lat. clavus,
Chiodo, Inchiodare, Conficcar con chiodi; Inf. xxxiii, 46. Purg.
vili, 137. Par. xix, 105. Cfr. Mazzoni-Toselli, Voci e passi di D.,
Chiave-Chiavo 363
p. 45 e seg. Nel primo luogo alcuni spiegano chiavare per Serrare
con chiave ma probabilmente la porta dell' orribile torre, si
;
serrava ogni giorno ed ogni notte con chiave, onde Ugolino non
avrebbe avuto verun motivo di impietrare, se in quel giorno fa-
tale non avesse udito che il rumor delle chiavi dentro la serratura,
rumore che pi lune gi egli aveva udito ogni giorno o, se nel ;
suo breve pertugio non lo aveva potuto udire, non lo avrebbe
potuto udire nemmeno quel d. Veramente il Vill., vii, 128 scrive:
Feciono chiavare la porta della detta torre e le chiavi gittare in
Arno, e qui si potrebbe quasi credere che chiavare valga Serrare
con chiave. Ma che vieta che inchiodata la porta, gi prima chiusa
a chiave, que' feroci le chiavi gittassero in Arno per ultimo sfogo
di vendetta, a significare che Ugolino e i suoi di l non sarebbero
usciti pi mai ? Poi. Coni.
Chiave, dal lat. clavis, Strumento di ferro, con apposito in-
gegno, il quale, introdotto nella toppa, serve, girandolo, a fare scor-
rere la stanghetta, sia per aprire sia per chiudere la serratura. 1. In
locuz. figurata: Pura, x, 42. Par. il, 54. - 2. Avendo Cristo detto
a S. Pietro Tibi dabo claves regni cselorum, S. Matt. xvi, 18,
:
Chiavi, Somme chiavi, e simili, dicesi, in senso figurato, dall'Au-
torit sacerdotale, e quindi segnatamente della pontificale. E si sup-
pongono due chiavi, secondo il testo vangelico l'una per aprire,
l'altra per chiudere la porta del paradiso; Inf. Xix, 92, 101; xxvn, 104.
Par. xxin, 139; xxiv, 35; xxvil, 49; xxxn, 125. Cfr. Thom. Aq., Sum.
ih. in, Suppl. xvn, 3. - 3. Dante suppone che queste due chiavi del
Eegno dei Cieli siano affidate all'Angelo che sta all'ingresso della
porta del vero Purgatorio, l'una d'oro figurante l'autorit sacer-
dotale, l'altra d'argento figurante la scienza necessaria al buon
sacerdote; Purg. ix, 117, 121; xn, 135. Par.v, 57.-4. E in locuz.
figurata, contenente idea di bala, signoria sull'animo di alcuno;
Inf. XIII, 58.
Chiaveri, Chiavari, piccola citt sulla riviera ligure di Le-
o
vante, celebre per la sua cattedrale, ove si ammirano le pitture del
Carbone, e per la chiesa detta a Madonna dell'Orto, ricca di og-
getti di scoltura e di pittura. Segu sempre le sorti di Genova, solo
fu molte volte disturbata dai conti di Lavagna, i quali nel 1238
anche la saccheggiarono; Purg. xix, 100. Cfr. Celesia, Dante in
Liguria, Genova, 1865, p. 37 e seg.
Chiavo, dal lat. clavus, chiodo, voce adoperata anticamente
eziandio nella prosa; Par. xxxn, 129, nel qual luogo i pi hanno
chiavi (S. Cr., Vat., Caet., Cass., Vienn., Stocc, Land., 3 Patav.
364 Chiedcrc-Chiesa
Vicent., ecc.; Folign., Mani., Nidob., Aid., Burgofr., Gio., liovi.,
Cruz., ecc.), mentre alcuni leggono invece latinamente clavi (Beri.,
Palai., Corion., Antal., 1 Patav., ecc.; Jesi, Nap., Sess., Viv., ecc.).
Chiedere, dal lat. qucerere, da cui l'antico Cherere e Chedere,
raddolcito poi in Chiedere. Nel pres. dell' Indie, e Cong. fa anche
Chieggio, Chieggia, ecc. Kivolgersi altrui con parole a fine di
1.
ottenerne cosa di cui si abbia bisogno, o che si desideri; e riferi-
scesi a cose tanto materiali, quanto morali; Par. xin, 93;xvn, 74.-
2. Domandare, Cercar di sapere, Interrogare altrui di checchessia;
Inf. xiii, 81. Purg. xxvi, 74. Par. xxi, 54; xxiv, 129.-3. E riferito
specialmente a grazia, merc, misericordia, piet, perdono, vendetta
e simili, vale Domandar con preghiera. Implorare, Invocare; Purg.
ix, 107, 110; xiii, 148. Par. xm, 95. - 4. E per Richiedere, Esi-
gere; Inf. ix, 120; xix, 93, 94; xxi, 129; xxiu, 79 xxiv, 136 Purg. ;
xvi, 53 xxxi, 74. Par. xxi, 95. - 5. E per Consentire, Permettere
; ;
Purg. xiv, 47. - 6. E per Desiderare, Bramare; ed anche Agognare,
Volere; Purg. v, 112; xvi, 102; xix, 87. - 7. E per Cercare, Ri-
cercare, riferito a persona; Inf. xxvn, 94, 96. Par. xxi, 125. -8. E
poeticam. per Rivolgersi con la parola ad alcuno; Inf. il, 97.-
9. Chiedere, in modo assoluto, vale Domandare elemosina; Inf.
xxi, 69. Purg. xiii, 62. - 10. Chieder con mano checchessia, vale
Far segno con la mano che si desidera alcuna cosa; Purg. vili, 9.
Cliierere, cfr. Cheeere.
Cliiesa, dal lat. ecclesia, e questo dal gr. xxXvjaia = Congre-
gazione, Convocazione; 1. La congregazione di tutti i fedeli, che
professano la religione di Cristo, specialmente conforme agl'insegna-
menti e ai dogmi della chiesa romana o cattolica; e in questo senso
riceve diversi aggiunti, come Santa Chiesa, Santa madre Chiesa,
Chiesa di Roma, Chiesa Cattolica, Chiesa universale, ecc., Purg.
in, 137. Par. IV, 46; v, 35, 77; VI, 22; x, 108; xn, 107; xxn, 82;
xxxn, 125. Conv. li, 4, 22 e seg.; il, 7, 31. Mon. in, passim. - 2. Per
Il governo spirituale dei cristiani, esercitato dal Pontefice, dai Car-
dinali e dai Prelati; Purg. xvi, 127; xxiv, 22. Par. vi, 95.-3. E
per Quella congregazione di fedeli, che costituisce una diocesi, e
che retta da un Vescovo o da un Arcivescovo Come Chiesa fio- ;
rentina, ecc., Par. xvi, 113.-4. Chiesa militante (a differenza della
Chiesa trionfante), dicesi Tutta quanta la congregazione dei cri-
stiani viventi, poich nelle Scritture la vita terrestre alle volte
chiamata una milizia; Par. xxv, 52. - 5.
Chiesa dicesi pure Quel-
l'edilzio sacro, ove i raccolgono a pregare ed a com-
cristiani si
piere gli atti del culto; Purg. xn, 101, nel qua] luogo s'intende
-
Chilone-Chioma 365
di San Miniato in monte, che il pi antico tempio di Firenze. -
6. Spesso ellitticamente si .suole sopprimere il nome chiesa, ricor-
dando solo il Santo a cui dedicata; Inf. xix, 17. - 7. In chiesa
co' santi, e in taverna co' ghiottoni, Modo proverbiale il quale si-
gnifica Che bisogna adattarsi a quella compagnia che il luogo, ove
siamo, ci d; Inf. xxn, 14 e seg.
Chilone, uno dei sette Savj della Grecia; Gonv. in, 11, 29. Cfr.
Biante, Sette Savii.
Chinare, dal lat. clinare; 1. Volgere in basso o verso terra,
Piegare in gi, Abbassare; Inf. v, 110; vi, 92; xv, 29; xxi, 100.
Purg. il, 40; ni, 44; ix, 9; xi, 73; xn, 71. Par. xxx, 3.-2. Chi-
nare le ciglia, per Abbassarle in segno di rispetto e di reverenza;
Purg. vii, 13. - 3. Neut. pass. Volgersi in gi con la persona; Inf.
xxxi, 126. Purg. xv, 109; xxi, 130. Par. xxx, 86.-4. Neut. per
Curvarsi in gi, Piegarsi; Inf, xxxi, 140.-5. E pure Neut. per
Discendere, Calare al basso Par. xxxu, 138.
;
Chinato, dal lat. clinatus ; 1. Partic. pass, di Chinare, Pie-
gato in gi, Abbassato; Inf. n, 128. - 2. In forma d'Add., Piegato
della persona; Inf. xxxi, 144. Purg. xn, 69.-3. E figuratam. per
Umiliato, Sbaldanzito; Purg. xn, 9.
Chinato, Sost. La parte inclinata, La parte dalla quale un
edilzio pende; Inf. xxxi, 137.
Chino, sincope di Chinato, Piegato in gi, Kivolto in basso,
Abbassato; Inf. xv, 44; xxm, 139; xxvn, 31. Purg. xi, 78; xiv, 7.
Par. IV, 142.
Chioccio, da chiocciare, e questo dal lat. glocire; cfr. Diez,
3
Wrt. i 124. -
1. Rauco, Aspro, Di suono simile a quello che
,
manda la chioccia; e dicesi particolarmente della voce; Inf. Vii, 2.
2. E per similit. detto di rime o versi, vale Di suono aspro, o per-
ch il verso sia cos fatto a bella posta, oppure per non esser ben
modulato; e figuratam. Mal composto, Senz'arte; Inf. xxxn, 1.
Chioma; dal lat. coma; 1. Tutti insieme i capelli del capo;
Capigliatura; Inf. xxxi, 63. - E
usato al plur. nel senso stesso
2.
del sing. Inf. xxn, 35; xxvni, 121.- 3. E per similit. Tutte in-
sieme le frondi, o i rami fronzuti degli alberi; Purg. xxxn, 40.-
4. E detto poeticam. di fiore, vale Tutte insieme le sue foglie, La
corolla; Par. xxxn, 18. - 5. Riferito poeticam. a rocca o conocchia,
vale II pennecchio del lino, della lana e simili; onde Trarre la
chioma alla rocca o alla conocchia, vale Filare; Par. xv, 124.
366 Chiosa-Chi uderc
Chiosa, glossa; 1. Breve dichiarazione di una parola
dal lat.
o di un passo oscuro, che si fa ad alcun testo Conv. i, 9, 53. - 2. E
;
per sirnilit. Spiegazione di parole o discorsi di senso alquanto oscuro;
Purg. xx, 99. Par. xvn, 94.
Chiosare, da Chiosa, Dichiarare, Spiegare con chiose; E per
estensione, Dichiarare il senso alquanto oscuro delle parole altrui;
Inf xv, 89. Purg. XI, 141.
Chiosatore, da chiosare, Chi o che chiosa, Interprete, An-
notatore; Vii. N. xxix, 19.
Chiostra, dal lat. claustrum ; 1. Eecinto o Luogo chiuso, dove
abitano i religiosi e le religiose ; lo stesso che Chiostro Par. ni, 107. -
;
2. Per estensione, Luogo profondo e oscuro, Caverna, ed anche Cavit
infernale, Bolgia, ecc., Inf xxix, 40. Purg. vii, 21.
Chiostro, dal lat. claustrum; 1. Luogo chiuso da abitarvi
frati o monache;
ossia propriamente Monastero con clausura; Par.
xxt, 118; xxn, 50. - 2. E per sirnilit. La riunione, L'assemblea de-
gli eletti in paradiso; Purg. xv, Par. xxv, 127. -E pure per
57.
sirnilit. Il cielo, Il soggiorno del beati; Purg. xxvi, 128. Cfr. Abate 3.
Chiovo, dal lat. clavus, che dicesi pi comunemente Chiodo;
Piccolo arnese per lo pi di ferro, aguzzo da una parte, e con ca-
pocchia dall'altra, che si conficca per fermare due o pi pezzi in-
sieme, ed anche per appendervi checchessia; Purg. vili, 138.
Chirone, XsSpow, figlio di Saturno e di Filira, figlia costei
dell'Oceano. Saturno, ardendo di amore per Filira, e temendo la
gelosia di Kea sua moglie, si trasmut in cavallo, e sotto questa
forma gener Chirone, onde questi ebbe forma di Centauro. Secondo
la favola Chirone fu medico, indovino, astrologo e musico. Nudr
ed educ Achille, Esculapio, Ercole, ed altri Greci di gran fama.
Nell'In/", di Dante il capo dei Centauri; Inf xn, 65, 71, 77, 97.
Purg. ix, 37.
Chiudere, dal lat. eludere, che trovasi come forma varia di
claudere; Congiungere insieme, fermare, coprire comecchessia;
1.
detto delle imposte di porte, degli occhi, delle labbra, del viso, delle
mani; Inf. vili, 115; ix, 60; xvi, 125. Par. xxviii, 18; xxxui, 39.-
2. Kiferito a strada, ecc., vale Porvi attraverso alcun ostacolo che
valga a impedire l'andata, il corso, ecc. Detto figuratam. Canz.:
Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 7. - 3. Chiudere in car-
cere, ecc., vale Incarcerare, Imprigionare; Inf xxxm, 24. - 4. Per
C hi inique -Chi uso 367
Circondare, Cingere di mura, siepe, fosso o altro simile riparo; Inf.
xxxu, 11.- 5. E in senso generico, Intorniare, Circondare; Par.
xii, 15, 27.-6. Riferito a paese, provincia, possesso o simili, e detto
di monti, fiumi, fossi, ecc., vale Limitare, Terminare; Inf. ix, 1 14.
7. E figuratane, riferito a sentimenti od affetti, vale Contenere, Raf-
frenare; Inf. vili, 88. - 8. Neut. pass, figuratane per Celarsi, Oc-
cultarsi, Nascondersi; Canz.: Cos nel mio parlar voglio esser
aspro, v. 9.-9. E pur figuratane detto della mente, per Perdere il
senso delle cose esteriori; Inf. Vi, 1. - 10. Detto di cielo, figuratane
e in maniera poetica a denotare lo Sparir delle stelle da esso per
effetto della luce solare; Par. xxx, 8. - 11. Chiudere alcuno con le
braccia, vale Circondarlo e stringerlo con quelle, Abbracciarlo con
forza; Inf. xxn, 99.-12. Chiudersi in un chiostro, ed anche Chiu-
dersi in un abito religioso, o simili, valgono Vestire l'abito d'un
ordine religioso, Abbracciare la vita monastica; e dicesi pi spe-
cialmente di donna; Par. in, 104.
Chiunque, dal lat. quicumque, Ciascuno che, Ognuno che;
ed anche Qualunque persona, Qualsivoglia persona; Purg. in, 103.
Chiusi, lat. Clusium, gr. KXoaiov (cfr. Polyb., ti, 25. Strab.,
v, 226), anticamente nobile e potente citt, sede de' principi etru-
schi. VlLL., I, 54: La citt di Chiusi fu antichissima e potentis-
sima, fatta assai prima che Roma, e funne signore e re Porcena,
che col re Tarquinio scacciato di Roma fu ad assediare Roma. Oggi
una piccola citt di Toscana situata in colle nella valle di Chiana;
il torrente Astrone ed il fiume Chiana la lambiscono da due parti;
Par. xvi, 75. Loria, L'Italia nella Div. Com. 2 73 e seg. i ,
Chiuso, Sost., dal lat. clausum, Luogo chiuso; Spazio, per lo
pi angusto, circondato di muro, siepe od altro, che ne impedisca
l'entrata; Purg. ni, 79.
Chiuso, Part. pass, di Chiudere, lat. clausum; 1. Congiunto
insieme, Fermato, detto di porta; in locuz. figurata; Inf. x, 108.-
2. Detto di fiori, per Non sbocciati; Inf. il, 128. - 3. Chiuso ad altro
intendere, vale Occupato in maniera da non poter intendere altro;
Purg. xxxn, 93. - In forma d'Add., riferito a strade, fiumi, va-
4.
lichi e simili, Di cui impedito comecchessia l'adito ed il
vale
passo; Purg. xxn, 136.-5. Riferito a mani, braccia, labbra, pal-
pebre ovvero pugno, viso, vale Che ha le sue parti riunite insieme,
;
ripiegate, contratte, raccolte o simili; Inf. vi, 57; ix, 55. Purg.
xvn, 41. - 6. Poeticane, riferito a Persona la quale si studi di co-
prirsi o nascondersi comecchessia, a fine di non essere riconosciuta;
368 Ci-Ciacco
Inf. xxv, 147. - 7. E per Dissimulato, In segreto; Purg. xxu, 90.-
8. Figuratam. detto d'affetto, sentimento, pensiero e simili, vale
Occulto, Non
palese, ed anche Tenuto segreto, Non manifestato;
Purg. xv, 128 - 9. Per Che dentro od occultato in alcuna cosa,
o anche Coperto, Nascosto; Inf. xvi, 135.
al disotto di quella; ed
Purg. vir, 60. - 10. E
per Nascosto, Che non si mostra, Che non si
fa vedere; pur detto di persona; Par. xiii, 48; xvn, 36. - 11. Chiuso
chiuso, cos raddoppiato, ha forza intensiva e come di superlativo;
Par. v, 138. - 12. Chiuso in forza d'Avverb., vale in senso figurato
Oscuramente, In modo non chiaro o poco intelligibile; Purg. xn, 87.
Par. xi, 73.
Ci, particella avverbiale di luogo, che si adopera cos coi verbi
di quiete come con quelli di moto, e indica pi propriamente ov'
colui che parla. Dal lat. Me, hicce. Nella Div. Com. questa parti-
cella adoperata quasi in ogni canto. 1. Per Qui, In questo luogo;
Inf. iv, 53; xxi, 59. Par. xxu, 9, ecc. - 2. Adoperato coi verbi di
moto a indicare il termine dell'allontanamento, ed equivale a Da
questo o da quel luogo, Di qui, Di cost, Di l; Inf. IV, 55; xxm,
130, ecc. - 3. E per Al mondo, Nel mondo; Inf. vili, 96, ecc.
Ci, particella pronominale lo stesso che Noi, e serve al com-
;
pimento diretto. S'adopera anche come affisso del verbo, raddop-
piandosi la e quando le voci di esso sono monosillabiche, o hanno
l'accento sull'ultima sillaba. Serve ancora al compimento indiretto,
e vale A noi e si adopera anche come affisso del verbo, Occorre
;
quasi in ogni canto della Div. Com.; p. es. per Noi, compim. di-
retto, lat. nos : Inf. vi, 22; vii, 124. Purg. vi, 71; xn, 97. Par.
in, 72; xxi, 70, ecc. E per A noi, compim. indiretto, lat. nobis:
Inf. v, 108, 130, 131; vi, 23. Purg. vi, 64; vii, 40. Par. xxi, 43;
xxm, 3, ecc.
Ciacco, voce formata forse dal suono che fa
Maiale volto- il
landosi nel pantano, o nel mangiare le ghiande, propriam.
e significa
Porco; soprannome di un parasito fiorentino, famoso ai tempi di
Dante (cfr. Bocc, Decam. ix, 8), che il Poeta trova nel cerchio dei
golosi; Inf. vi, 52, 58. Fuit tempore suo vituperose vite et in-
famis gule; Bambgl. - Ciacco fu fiorentino, banchiere, e per
troppo mangiare e bere divenne s guasto degli occhi, che non co-
noscea le monete, e quasi divenne ritruopico, e era da le genti schi-
fato An. Sei. - Nel presente vizio fu molto corotto e per che
;
della memoria innove fantasie fue sottile prediciendo le chose fu-
ture pero qui per lui significando di Firenze cosi si predice; Jac.
Dani. - Fu molto corrotto in lo preditto vizio della gola, e fu al
Cialuffi-Cianfa 369
tempo Dante e cognoscevalo in Firenze; Lan. -
di Fu questo
Ciacco molto famoso in dilettazione dei ghiotti cibi; ebbe in se, e
secondo buffone, leggiadri costumi, e belli motti us con li valenti
uomini, e dispett li cattivi; Ott. - Homo di curia fuit et gulosus
valde; Cass. - Fu costui uomo non del tutto di corte, ma per-
ciocch poco avea da spendere erasi - dato del tutto al vizio della
gola. Era morditore di parole, e le sue usanze erano sempre co' gentili
uomini e ricchi, e massimamente con quelli che splendidamente e
dilicatamente mangiavano e beveano, da' quali se chiamato era a
mangiare v'andava, e similmente se invitato non v'era, esso me-
desimo s'invitava; ed era per questo vizio notissimo uomo a tutti
i Fiorentini; senzadio fuor di questo egli era costumato uomo, se-
condo la sua condizione, ed eloquente e affabile e di buon senti-
mento per le quali cose era assai volentieri da qualunque gentile
;
uomo ricevuto; Bocc. Lo stesso ripete JBenv., mentre Petr. Dant.,
Falso Boce., ecc., non danno veruna notizia del personaggio. Buti,
copiando il Bambgl. : fu infame del vizio della gola. I commen-
tatori successivi non fanno che ripetere il gi detto. Sul nome il
Buti osserva: Ciacco dicono alquanti, che nome di porco: onde
costui era cos chiamato per la golosit sua. Invece Fanf. (An.
Fior., i, 169 nt.): Questo nome di Ciacco par che fosse usitato a
Firenze, dacch non di rado mi capitato sott' occhio leggendo an-
tiche carte. In questo caso il nome non avrebbe che vedere col
sost. ciacco =
porco, ma potrebbe per avventura essere un'italia-
nizzazione del frane. Jacques, o un'abbreviazione del nome Giacomo.
Ma la frase: Voi cittadini mi chiamaste Ciacco, Inf. vi, 52, sem-
bra alludere piuttosto ad un soprannome, che all'accorciamento di
un nome proprio.
CialufJi, Lapa di Chiarissimo, matrigna di Dante, cfr. Lapa.
Ciampolo, cfr. Navakeese.
Ciancia, credesi comunemente voce onomatopeica; ma potrebbe
anche derivare dal lat. cantio, cantionis, che il Bocc. trasform per
giuoco in Ciancione. Corrisponde alla spagn. chchara, e al gr.
mod. T^x^aXa; cfr. Diez, Wrt. i 3 125. Si usa per lo pi al plur.
,
1. Parole, Discorsi o Cose vane, e senza sostanza; Par. xxix, 110. -
2. Prendere a ciancia una cosa, per Prenderla in ischerzo, in giuoco,
in burla, per cosa da nulla; Par. v, 64.
Cianfa, nome di un personaggio trovato da Dante tra i ladri
nella settima bolgia; Inf. xxv, 43. Bambgl. non ne d veruna no-
tizia. An. Sei.: Cianfa fu cavaliere de' Donati, e fu grande ladro
24. Enciclopdia dantesca,
370 Cianghella
di bestiame, e rompi a botteghe e votare le cassette.- Iac. Dani.:
Cavaliere -nominato rnesser Ciafa (sic) Donati. - Lem.: Questi
fue de' Donati di Firenze mirabile ladro. - Oif.: L'Autore --aveva
conosciuto un cavalier' de' Donati di Firenze, nome messer Cianfa, e
avevalo udito in fare di questo vizio. - Petr. Dani.: Dominus
Cianfa de Donatis. - Il Cass. tace. - Falso Bocc.: E glialtri due
limo fu messer buoso dedonati Ellaltro messer Canfa anchora dedo-
nati, questi furono nellaloro giovinezza pieni dogni tristizia eehat-
tivita. - Benv.: Erat de Donatis. - Buti: Questi fu mes-
ser Cianfa de' Donati da Firenze, lo quale fu diffamato del peccato
del furto; ma di quale spezie fosse non si dichiara per lo testo. . -
Anche YAn. Fior, lo dice dei Donati; invece Serrav. ; Cianfa
de Caligays. - Barg. : Costui era stato un Fiorentino di gentil
casa diffamato di furto. - Land.: Costui fu de' Donati, secondo
che molti scrivono. Ma nessun pone che furto egli facesse. Come
si vede, anche gli antichi non sapevano nulla di positivo intorno
a questo personaggio.
CI angli eli a, donna fiorentina resasi famosa per lusso, superbia
e licenziosit; Bar. xv, 128. Questa fue ed una donna di quelle
della Tosa, la quale per tutta questa etade stata la inventrice di
tutte le novitadi nelli abiti delle donne, stata molto bella donna
e l'altre credendo parer s belle, hanno voluto contraffarla, onde
sono venute in tanta incontinenzia, ch'elio gli perdenno le pub-
bliche e comuni ; Lan. - D'una casa detta li Tosinghi, donna
piena di tutto disonesto abito e portamento, e parlante senza alcuna
fronte, o alcuno abito o atto pertinente a condizione di donna;
Ott. - Fuit de tosinghis de Florentia olim dissolutissimam valde;
Cass.- Ista Cianchella fuit nobilis mulier fiorentina de stirpe ilio-
rum de la Tosa, quse fuit maritata in ci vitate Imola? quidam Lito
de Alidosiis, fratri domini Alidosii qui olim abstulit Imolam Bononiaa
cum Maghinardo Pagano. - - De ista possem multa et vera referre,
qua? audivi ab optimo patre meo magistro Compagno, qui din legit
tam laudabiliter, quam utiliter juxta domum habitationis prsedicta)
domina?. Ergo quia autor ponit istam pr prava muliere, dicam ali-
quid jocosum de ea. Hsec siquidem mulier fuit arrogantissima et
intolerabilis; ibat per domum cum bireto in capite more florenti-
narum et bacillo in marni, nunc verberabat famulum, nunc coquum.
Accidit ergo semel quod cum ivisset ad missam ad locum fratrum
pr&dicatorum de Imola, non longe a domo eius, quidam frater pra?-
dicabat a casu. Et cum nulla domina assurgeret sibi, Cianchella ac-
censa indignatione et ira ccepit iniicere manus atroces nunc in istam,
nunc in illam dominam, lacerando uni crines et trichas, alteri bindas
Ciapetta (Ugo) 371
et velamina. Aliquae non patientes, cceperunt recidere sibi vicem
suam. Ex quo orto magno strepiti cura clamore in ecclesia, viri
circumstantes audientes prsedicationem cceperunt omnes fortissime
ridere, et ipse proedicator similiter; et sic prsedicatio fuit soluta,
Quid ultra? Hsec mulier defuncto marito reversa est
et risii finita.
Florentiam, et ibi fuit vanissima, et multos habuit procos et mul-
timi lubrice vixit. Unde ipsa mortua, quidam fratrem simplex pra-
dicans super funere eius, dixit, quod invenerat in ista feemina unum
solum peccatum, scilicet, quod oderat populum Florentice; Benv. -
Fu una gentile donna di quelli de la Tosa, la quale fu molto
leggiadra e trovatrice di nuove foggie; Buti.
Ciapetta (Ugo), italianizzamento antico del nome francese
Capet, che oggi direbbesi Capeto; Purg. xx, 49, nel qual luogo gli
espositori non vanno d' accordo sul personaggio del quale Dante in-
tende parlare. La storia conosce due personaggi della famiglia dei
Capetingi di nome Ugo. Il primo Ugo il Grande, duca di Francia,
di Borgogna e di Aquitania, conte di Parigi e di Orleans, caposti-
pite dei Capetingi, morto nel 956. Il secondo il di lui figlio Ugo Ca-
peto, incoronato Ke
di Francia a Keims il 3 luglio del 987, morto
il 24 ottobre del 996. Di quale dei due intende Dante parlare? Gli
antichi sembrano aver confuso il padre col figlio, facendone una sola
persona. Lan. : Questo Ugo Ciapetta fu figliuolo d'uno beccaro di Pa-
rigi, e fu gentilesca e generosa persona, e sapeva tanto apparere tra le
persone, eh' elli era famigliare e camarlingo e del distretto consiglio
del re di Francia, quale fu 1' ultimo della casa antica e dritta di
il
Francia discendente di Carlo Magno e delli altri regi antichi. Avenne
a morte lo predetto re; non trovandosi alcuno della detta casa, que-
sto Ugo fece incoronare un suo figliuolo del detto reame di Francia,
e trovossi essere ben tanto ponderoso tra perch sapea li secreti
del reame, ed eziandio avea saputo trovare amici, eh' elli li venne
fatto. - Ott.: Era venuto di Normandia a Parigi, ed ivi acqui-
stata molta pecunia, e per quello fatto parentado con la detta casa
di Francia; ed essendosi fatto forte d'amici, fece fare il suo figliuolo
re di Francia. - Petr. Dani.: Fuit principium et radix hujus
praesentis genealogia? Francorum regum. - Cass.: Est sciendum
quod regnimi Francie primo cepit in persona Faramundi comitis a
quo descenderunt XXVII Keges. et dieta est prima genealogia fran-
corum regum predictorum qua deficiente venit secunda que incipit
in persona Pipini patris Caroli Magni in qua fuerunt XV reges
quorum ultimus fuit Loduicus flius Loctarii. quo Ludovico mortilo.
Franchi volentes eligere in regem quemdam fratrem dicti Lottarli,
deditum in vita religiosa et solitaria ut tangit textus de pannis
372 Ciapetta (Ugo)
bisgis quia differebat et distulit astutia et potentia hujus Ugonis
Ciapette existentis Marescalchi parisgiensis in anno domini 990. eli
gerunt in eorum regem Robertum flium majorem dicti Ugonis Za-
pette et sic in eo orta est tertia genealogia dictorum Regnm. - 11
Falso Bocc. qui assai confuso. - Benv.: Cum tandem remansisset
in regnum ex Ludovico rege solum quidam pupillus non idoneus
regno propter imbecillitatem setatis, Hugo, cognominatus Ciapetta,
magnus regni senescalcus, in cujus manibus rex praemortuus reli-
qnerat habenas regni, captus caeca cupiditate regnandi, pueri fata
prsevenit, et sic dolo malo pervenit ad sceptrum. - Buti: Questi
fu filliuolo d'uno tavernaio di Parigi, e fu s virtuoso eh' elli di-
venne conte di Parigi, maggiore siniscalco che avesse lo re di Fran-
cia, et era del suo stretto consillio, e questi tutto lo regno si go-
vernava per le suoe mani et essendo in quello stato, prese per
;
donna una de la stirpe reale; unde venendo a morte lo re di Francia,
non avendo filliuoli, e non essendo alcuno altro a cui cadesse l'ere-
dit del regno, se non ad uno ch'era fatto religioso et andava ve-
stito di panni bigi e non volse la corona, fu coronato uno filliuolo
che avea Ugo Ciapetta, nominato Roberto de la sua donna ch'era
de la stirpe reale, in re: e tanto seppe operare lo ditto Ugo coi
suoi denari e co la sua potentia e co la sua amist. Su per gi
le stesse cose dicono pure An. Fior., Serr., Land., Tal., ecc. Primo
il Veli, distinse i due personaggi, Ugo il Grande e suo figlio Ugo
Capeto, intendendo che di quest'ultimo voglia Dante parlare. Ru-
berto Duca di Aquitania fu padre del Magno Ugo Ciapetta, Conte
di Parigi, padre di questo Ugo Ciapetta, del quale hora parliamo.
Ma come poteva Dante far dire ad Ugo Capeto che il figlio suo fu
promosso alla corona di Francia (Purg. xx, 58 e seg.), mentre egli
stesso fu incoronato re? E come fargli dire che da suo figlio co-
minci la stirpe reale dei Capetingi, se egli stesso fu il primo re
di quella stirpe? I moderni intendono pertanto di Ugo il Grande,
Conte di Parigi (cos Lomb., Pori., Biaq., Costa, Ces Tom., Br. B.,
,
|
Frat., Greg., Andr., Triss., Bennas., Frane, Corn., ecc.); ma Ugo
il Grande non fu mai chiamato n Capeto n Ciapetta, ne poteva
parlare come fa (v. 53 e seg.) del venir meno della dinastia dei Car-
lovingi, lui morto trent'anni prima che morisse l'ultimo re della
dinastia dei Carolingi. Sembra che,come tutti i suoi antichi com-
mentatori. Dante confondesse i due Ughi facendone una sola per-
sona (cos Filai., Bl., Witte, Cam., Poi., ecc.), ignoranza o con-
fusione che non pu sorprendere in un tempo in cui mancavano
lavori storici e cronologici. Cfr. Zaccaria, Storia letteraria d'Ita-
lia, 1757; x, 346 e seg. Cancellieri, Osservazioni, Roma, 1814.
p. 6 e seg.
Ciascheduno-Cicilia 373
Ciascheduno, dal lat. quisque unus; l.Lo stesso che Cia-
scuno, se non che pare che abbia forza pi determinante Cam. : ;
Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 110. Par. xxviii, 34.-
Usato sostanti vam., vale Ciaschedun uomo; Inf. xx, 36.
Ciascuno, dal lat. quisque unus, Add. partitivo di quantit
indeterminata, cos di cose come di persone. Eiportasi all'idea di
unit in relazione a quella di un Tutto che si considera diviso nelle
singole sue parti; e si usa di solito al singolare. Trovasi sovente;
nella Div. Goni, circa 80 volte. - 1. Per Qualunque, Quasivoglia;
Conv. iv, 16, 4 e seg. - 2. In forza di Sost., per Ciascuna persona,
o Ciascuno dei ricordati nel discorso; Inf. i, 117, ecc. -3. E pure
in forza di Sost., per L' uno e l' altro de' due Cam. : Le dolci ;
rime d'amor, ch'io solia, v. 97.
Cibare, dal lat. cibare; 1. Dare altrui cibo, Nutrire, Alimen-
tare; in locuz. figurata; 2. - 2. E figuratam. Inf. vili, 107. -
Par. xxiv,
3. E figuratam., Cibar gli occhi, vale Sodisfarli con cose grate, e de-
gne di esser vedute; Conv. ili, 8, 32. -4. E poeticam., per Prendere
cibo, Mangiare; in locuz. figur. Inf. i, 103.- 5. Neut. pass. Nutrirsi,
Alimentarsi; Par. x, 25.
Cibo, 1. Tutto ci che serve al nutrimento del-
dal lat. cibus
;
l'uomo Alimento, Pasto; Inf. xxxiti, 44. Purg. vili,
e degli animali,
99; xix, 44; xxn, 141, 147. Par. ni, 91; iv, 1; xvi, 69; xxi, 115,
129; xxiii, 5; xxvn, 132. - 2. In locuz. figurata, per Tutto ci che
serve ad appagare lo spirito, l'intelletto, il cuore; Il cibo spirituale
o dell'anima; Purg. xxxi, 128. Par. v, 38; xix, 27; xxv, 24.
Cicerone, Marco Tullio, celebre oratore e scrittore ro-
mano, nato il 3 gennaio del 106 a. C, assassinato il 7 decembre
del 43 a. C. Cfr. Baehr, Bm. Liti, n 4 351-475. Messina, Apo- ,
logia di Cicerone, Nap., 1878. Nella Div. Com. Dante, qual ne fosse
il motivo, non lo nomina che una sola volta, Inf. iv, 141 mentre ;
invece nelle altre opere lo nomina e cita pi volte, parlandone con
encomio; Conv. i, 11, 68;.l, 12, 14; II, 9, 49; il, 13, 13; il, 16, 3;
IV, 5, 128; IV, 6, 81; IV, 8, 7, 12; IV, 12, 52; IV, 15, 90; IV, 21, 60;
iv, 22, 11; iv, 24, 46; IV, 25, 69; iv, 27, 13, 82, 99, 112; iv, 29, 54.
Vug. FA. il, 6, m. Mon. i, 1, 16; li, 5, 11, 38, 59, 99, 110; n,
8, 67; il, 10, 16, 25.
Cicilia, antica forma per Sicilia; Inf. xn, 108. Purg. ni, 116,
nei qnali due luoghi alcuni scrivono Sicilia, alla moderna; anche
Conv. iv, 26, 70, 102 alcuni leggono Sicilia invece di Cicilia; cos
374 Ciciliano-Cielo
pure Vulg. El. i, 8, 43. pur detta Trinacria, per i suoi tre pro-
montori!, cio Peloro, Pachino, e Lilibeo; Par. vili, 67. Ed detta
L'isola del fuoco, per il vulcano dell'Etna; Par. xix, 131.
Ciciliaii, di Sicilia; Inf. xxvn, 7; cfr. Bue 3. Alcuni scri-
vono siciliano alla moderna. Al volgare siciliano Dante dedica tutto
un capitolo; Vulg. El. I, 12.
Cicogna, dal lat. ciconia, che i Naturalisti chiamano ciconia
alba, Uccello assai grosso, con becco, collo e gambe molto lunghi,
di cui la specie pi nota quella bianca, che nidifica sull'alto degli
edilizi e sulle torri; Inf. xxxn, 36. Par. xix, 92.
Cicognino, diminut. di Cicogna; Il pulcino della cicogna, Ci-
cogna da nido; Purg. xxv, 10.
Cieco, dal lat. ccecus Privo del senso della vista; Inf. xxxiii,
; 1.
73. Par. xvi, 70, 71.- 2. E
Che non conosce il vero, il
figuratam.,
bene, o simili; Che come privo della luce della niente, o per di-
fetto di senno naturale, o di dottrina, o per eccesso di passione;
Purg. xvi, 66; xxvi, 58. - 3. E detto di passione, particolarmente
di quella dell'amore, dell'ira, della cupidigia, e simili, vale Srego-
lato, Non retto o Non contenuto dalla ragione, Eccessivo; Inf. xn, 49.
Par. xxx, 139. - 4. E pur figuratam., detto di luogo, aria, notte e si-
mili, vale Privo di luce, Oscuro; Inf. v, 13; x, 58; xxvn, 25. Purg.
xxn, 103. - 5. E detto di vita, vale Non guidata dalla ragione e
dalla virt, Non rischiarata dalla luce morale, e perci Ignobile,
Senza fama; Inf. in, 47. - 6. E per Non visibile, Avvolto nell'oscu-
rit, nelle tenebre Purg. i, 40. - 7. In forza di Sost. Chi privo
;
del senso della vista; Purg. xin, 61; xvi, 10.-8. E figuratam., Colui
che privo del lume della mente, che non conosce il -vero, o il
bene; Inf. vi, 93. Purg. xvin, 18.
Cielo, dal lat. ccelum e cozlum, voce adoperata nella Div. Com.
172 volte, cio 26 volte nell' Inf., 61 nel Purg. e 85 nel Par. -
1. Quella estensione che d'ogni parte vediamo sopra la terra in
forma di una gran volta, e dove risplendono il sole e gli altri corpi
siderei; Inf. ni, 85. Purg. Il, 57. Par. xxx, 8. - 2. E per Sfera secondo
il sistema antico astronomico si ; nel qual senso adopera al plurale,
ovvero riceve qualche aggiunto, come Primo, Secondo, Terzo, ecc.
Cielo, o Cielo della Luna, di Venere, di Giove, ecc., Inf. vii, 74.
Canz.: Voi che, intendendo il terzo ciel movete, v. 1. Conv. n,
4, 70; n, 6, 77, ecc. - 3. E per Tutti insieme i corpi celesti che si
muovono nello spazio Par. vi, 2. - 4. Cielo empireo, si disse II
;
Cieldauro-Ciglio 375
cielo pi sublime di tutti gli altri, per essere creduto luminoso e
come di fuoco; Inf. in, 21. Conv. Il, 4, 11 e seg. ; il, 15, 125, ecc. -
5. Cielo si dissero anche Tutti i corpi celesti, in quanto credevasi
che avessero influenza sulle cose terrestri, e singolarmente sul tem-
peramento, l'ingegno, la volont e la sorte degli uomini; Purg.
xvi, 68, 73. - 6. Cielo dicesi II luogo ove s' immagina la sede di
Dio, e degli Spiriti celesti; Paradiso; e in questo senso usasi anche
al 'plurale; Inf. Il, Purg. XI, 1. Par. xi, 96. - 7. E intendesi
94.
anche per Iddio e tutti insieme i Celesti e altres per alcuno degli
;
attributi della Divinit, come
provvidenza, l'onnipotenza, l'amore,
la
la giustizia, ecc.; e in questo senso adoperasi talora anche al plurale;
Purg. vi, 30. Par. vi, 26. - 8. Cielo prendesi anche per aria, atmo-
sfera, ove si formano le meteore; Purg. v, 117 (nel qual luogo per
parecchi ottimi testi hanno il giel invece di il del); Purg. ix, 20. -9. E
per Temperatura dell'aria, Clima; Inf. xxxn, 27; Purg. xxvin, 113. -
10. Occhi del cielo, vale poeticam. Gli astri, le stelle; e I due occhi
del cielo, il sole e la luna; Purg. xx, 132. - 11. Begno del cielo,
o de' cieli, vale II Paradiso; Purg. xx, 94.- 12. cielo! esclama-
zione di maraviglia, di spavento, ed anche di intenso desiderio ;
Purg. xx, 13.
Cieldau.ro, ora Cielaureo, o Cieldoro, nome della Chiesa di
San Pietro in Pavia; Par. X, 128. Cfr. Bocc, Decam. x, 9. -In
monasterio quod appellatur ccelum aureum, in quo quidem mona-
sterium est etiam corpus beatissimi Augustini in civitate Papise;
Benv. Si crede che ivi fosse sepolto Boezio.
Ciglio, dal lat. cilium, che vale propriamente i peli che ve-
stono l'estremit delle palpebre; al plur. fa Cigli e Ciglia; nella
Div. Com. si trova 15 volte ciglia e soltanto 4 volte cigli; 1. Quella
parte della fronte che sopra all'occhio, con un piccolo arco di
peli ; e pure cos l'Arco stesso vestito di peli Inf. x, 45
dicesi ; ;
xxvin, 65; xxxiii, 99. Purg. in, 108; xi, 107; xin, 70; xxvn, 37:
xxvin, 65; xxix, 150. Par. xx, 43, 100. - 2. E per Occhio, Sguardo;
Inf. iv, 130; XII, 103; xv, 20; xxi, 132; xxv, 49. Purg. xv, 14;
xxxn, 150. Par. xix, 94; xxm, 78; xxxn, 138.-3. E per esten-
sione, Fronte, Faccia; ed anche Aspetto, Sembiante; Inf. vili, 118;
xxxiv, 35. Purg. i, 51 vii, 13. Par. xi, 88. - 4. Da ciglio, modo
;
avverbiale, per Dinanzi, Di faccia; Par. vili, 12. - 5. Alzar le ci-
glia, cfr. Alzare 5. - 6. Chinar le ciglia, cfr. Chinare 2. -7. Levar
le ciglia, Atto di chi s'ingegna di richiamar checchessia alla me-
moria; Inf. x, 45. Sogliono fare questo atto gli uomini quando
odono alcuna cosa, la quale non si conformi bene col piacere loro,
376 Cienare-Cima
quasi in quello levare lo viso in su, di ci che odono si dolgano
con Domeneddio, o si dolgano di Domeneddio; Bocc.
Cigliare e Cinghiare, propriam. Stringere con cigna, Met-
tere le cigna. E Cinghiare detto per Circondare, Eicingere; Inf. v, 2.
Cignere, cfr. Cingere.
Cigno, dal lat. cycnus o cygnus, Uccello acquatico, assai grosso,
di collo molto lungo, e di penne copiose e per lo pi bianchissime;
Purg. xix, 46.
Cigolare, di etimol. incerta. Secondo la Cr. voce probabil-
mente formata per onomatopea; altri la deriva da sibilare; altri
da singultire ; altri da un verbo cicare, tratto dal lat. cir, ciere ;
cfr. Diez, Wrt. ir3 21.- 1. Stridere, e dicesi propriamente dei fer-
,
ramenti o dei legnami allorch si fregano o anche si premono insieme
nell' adoperarli; in locuz. fig. Inf. xxm, 102.-2. E dicesi anche
Lo stridere o sibilare che fanno le legna verdi quando ardono; Inf.
xin, 42.
Ciiestro, dal lat. cmlestis, lo stesso che Celeste, cio Eassem-
brante il colore di che si vede essere il cielo sereno; ed usasi anche
Sostantivam. per Colore cilestro; Purg. xxvi, 6.
Cilicio e Cilizio, dal lat. cilicium, detto cos dalla Cilicia,
ove credesi che fosse usata in principio; Veste tessuta di pelo di
capra, e quindi molto aspra e ruvida, che taluno portava sulle carni
a fine di mortificazione e penitenza; Purg. xin, 58. Ciliccio si fa
di setole di cavallo annodate; li quali nodi pungeno continuamente
la carne, et freddissimo a tenere in dosso imper che fatto a
:
mallie come la rete Buti. ;
Cima, dal gr. xOjicc, Cosa gonfia, quindi Onda, lat. cacumen e
cyma ; La parte pi alta di un monte, di un edifizio, d'una rupe;
1.
d'un albero e d'una pianta, d'una fiamma, ecc., Inf. vili, 3; ix, 36;
xxiv, 27; xxvi, 88; xxvn, 5. Purg. v, 15; xi, 92; xxvn, 78; xxvm,
14; xxxin, 66. Par. xiv, 109; xvm, 20; xxn, 38; xxm, 125.-2. E
assolutam. Luogo alto, Altura; Par. xvn, 134.- 3. Detto di fiore,
erba, ramo e simili, vale La parte pi alta, ed anche La parte pi
tenera di essi Par. xm, 135; xxvr, 85. -4. E assolutam. per Pianta
;
di arboscello, Fraschetta; Inf. xm, 44.- 5. E per la Parte pi alta
di checchessia, ed anche per la Parte estrema che vada a finire in
punta; Purg. xv, 13. - 6. E fguratam. detto di cosa, vale II pi
alto grado che essa tiene tra cose della medesima specie; Par.
Gimabne-Gingere 377
xxix, 32. - 7. Cima di giudizio, Yapex juris dei giuresconsulti,
l'Altezza del giudizio divino; Purg. vi, 37. -8. Da cima di un luogo,
vale Dalla Nella cima di esso; Inf. xu, 7. - 9. Far sua cima
cima o
di una cosa, vale Farne suo principal pregio, onore, grandezza e
simili; Purg. xix, 102.
Cimatone, Giovanni, celebre pittore del sec. XIII, della nobile
famiglia fiorentina dei Cimabue-Gualtieri, nato nel 1240, morto
verso il 1302. Vedine la vita nel Vasari, e Tirab. Lett. Hai. v, 518
e seg. Dante lo ricorda Purg. xi, 94. - Fu Cimabue nella citt di
Firenze pintore, nel tempo dello Autore, molto nobile, de' pi che
uomo sapesse; e con questo fu s arrogante, e s sdegnoso, che se
per alcuno gli fosse a sua opera posto alcuno difetto, o egli da se
l'avesse veduto,
immantanente quella cosa disertava, fosse cara
quanto si volesse; Ott. - Cimabue fu da Firenze, grande et fa-
moso dipintore, tanto che al tempo suo in Italia non si trovava
maggiore maestro di dipignere et fu maestro di Giotto dipintore;
;
et molte sue opere si truovono ancora in Firenze et altrove; et uno
palio fra gli altri notabile di maisterio in santa Maria nuova di
Firenze. Et ancora sono vivi suoi discendenti ; An. Fior.
Cimiteri e Cimitero, dal lat. ccemeterium, e questo dal
gr. y.<xfiY]TY)pE.ov, Luogo di riposo, Dormentorio ; Luogo consacrato, e
per lo pi chiuso da mura, innanzi o a lato della chiesa, ove si
seppellivano i morti, e che oggi suol essere lontano dall'abitato,
e dicesi pi comunemente Camposanto. 1. Poeticam. Luogo ove al-
cuno sepolto, Tomba; Par. ix, 140; xxvn, 25.-2. E per similit.
Inf. x, 13.
Cincinnato, Quinzio, il celebre dittatore romano tolto dal-
l'aratro, detto Cincinnato dal portare che faceva sempre arruffati
i capelli; cfr. Liv., in, 25 e seg. Par. vi, 46; xv, 129. Conv. ir,
5, 95 e seg. Mon. it, 5, 52 e seg. Cfr. Quinzio.
Cingere e Cignere, dal lat. e per
cingere; 1. Circondare,
lo pi con qualche cosa che in certo modo avvinca e leghi Inf. ;
xvm, 11 xxxi, 8, 85; xxxn, 49. Purg. i, 133. Par. xxm, 96; xxvn,
;
114; xxviii, 23, 27. - 2. E per Coprire; Purg. v, 129. - 3. Cingere
colle braccia, vale Abbracciare; Inf. vili, 43. Par. xxiv, 152. -4. E
detto di cosa che sta per ogni parte d'attorno a un'altra; Inf. iv, 24 ;
ix, 32.- 5. E per Essere circondato; Par. x, 67.-6. Neut. pass. Cir-
condarsi; Inf. v, 11. - 7. Cingersi la spada, vale Armarsi, Darsi alla
milizia: Par. vili, 146. - 8. Cingere alcuno della milizia, vale poe-
ticam. Farlo cavaliere, cingendogli al fianco la spada; Par. XV, 140.
(
Cinghiare. 'inqneeento dicco e cinque
Cinghiare. :::
C iugkio, da cingere, I
dell' Inferno, o balzi del Purg fa/l XYIU, 7;
73. Purg. it. 51: xm. 37; un, 1
Cino da Pistoia. bile famiglia dei SinibiUdi di Pi-
stoia, celebre giurista amico di I : nel 1_~ Studia
a F. fi a Be'. - fa quindi giudice nella sua | "alla
quale fu b: li altri Bianchi nel 1807
Francia, da d :rn in Italia alla nuova deli' imr
nij [] : >J jrrgo YJJ, Cino si
tante
si chiama con culi "amico Io ricorda sempre
i:<ie: Vnlff. _. . :. LI 2,7 3;
Cinquanta, n. card., dal lai. quinquap
formato di cinque diecine: In f. x
Purg. ir. 15. Pa
Cinque. I. indecl., dal lai fue; Inf. xn, 112;
in:. . 1 . 113. Pura. n. 12: xv. 80; xx::
Pa _ : xvill. SS : XX.
C inquecentesinio. Aid. num. ord. di Cinquecento: Inf.
Cinquecento, Aid. nun. he eoe: ntinaia.
68. Par. xv:.
Cinquecento diece e cinque chiama I ante, P wrg. xxxnr.
I qual luogo
fl nume ile a "l)r ITO, l . il ver.
liberatore d" Italia, da lui sospira* Alcuni, : ito.
invertono l'ordine delle cifre e leg-
gono DVX, Duce, Cai. ra l'ordine, convertendo
ramane in iniziai: .V. cio Z>
r
prende anche Puh per cifra, onde abbiamo
bri
: line IV
-
.^giungendo un'innocente t
e la parola IYDFX, Index. Giudice. .bbreviando il nome
Kan Grande de Scala Signore de Verona in K. 1 7, = =
d = 4, e = :. f. = .
- -
" "
"
- - .
-
IV in Domihub
X: - 1 .ppure Tm Vindex, dunqr^ 'ore,
intendendo che Dante parli della
Cinto-Cintola 370
venata di Cristo. Altri legge il DXV Domini Xkisti Vicakius, in-
tendendo di un Papa. I pi identificano, senza dubbio giustamente
il Cinquecento diece e cinque (cos scrisse Dante, non DXV) col
famoso Veltro del 1 Canto aWInf., onde, per evitare ripetizioni
inutili, rimandiamo all'art. Veltro, contentandoci di aggiungere
qui qualche chiosa degli antichi. Cinquecento descrive per D,
cinque descrive per V, lo dieci descrive per X; accoppiate queste
tre lettere insieme diceno dux, e perch nel verso elle siano altra-
mente ordinate, cio in prima D, secondo X, terzo V, non forza
che conceduta di licenzia poetica a potersi trasportare le di-
li
zioni; Lan. - Cos anche VOtt., il quale non d l'esposizione per
sua ( Questo testo spone alcuno cos, ecc.), ed aggiunge: Ma
l'Autore vuole dire d'alcuna grande rivoluzione del Cielo signifi-
catrice di alcuno giustissimo e santissimo principe, il quale refor-
mer lo stato della Chiesa, e de' fedeli cristiani. Peti: Dant. vuol
pur leggere il Cinquecento diece e cinque DVX, ma non d ve-
run' altra spiegazione; e il Cass. Hoc est dux de quo dixi supra
:
in inferno capitulo I. Cos pure Benv. Il liuti e YAn. Fior, leg-
gono pure, o piuttosto interpretano Dux, senza indagare di chi Dante
intendesse parlare. Serrav.: Auctor sperat, quod veniet ille Vel-
trus, - - et quod talis Veltrus erit Imperator.
Hic vocat eum
ducerti, et vult auctor quod stelle multum influent ut ipse dux,
Anche per Land., Tal., Veli.,
vel Veltrus, vel Imperator, veniat.
Dan., ecc., il Cinquecento diece e cinque un dux (DVX), onde
possiam dire che questa la comune interpretazione degli antichi.
Cinto, Sost., da cingere; 1. Per Quel cerchio che si vede ta-
lora intorno alla luna, detto pi propriamente Alone Purg. xxix, 78. -
;
2. E Cerchio dell'orizzonte,
per Fascia, Zona; in locuz. figur. per il
allorquando cuopre met del disco del sole o della luna; Par. xxix, 5.
Cinto, Partic. pass, di Cingere, e in forma d'Add., lat. cinctus ;
1. Figuratam. per Avviluppato, Ingombrato; Inf. in, 31. - 2. Detto
di persona, vale Circondato a' fianchi da qualche cosa che avvinca
e leghi; Inf. ix, 40; xxvn, 68. Purg. xxx, 31. Par.xv, 112.-3. E
pure per Circondato, detto di cosa; Purg. XXXIII, 78. -4. Detto di
cosa che avvinghi o che circondi, come catena, corda, veste e simili,
vale Posto, Avvolto, intorno ai fianchi o alla persona; Inf. xvi, 100.
Purg. vii, 114.- 5. E in forza di Sost., per Colui che cinto di
corda, cintura e simili; Inf. xxvn, 93.
Cintola, Quella parte della vita, dove l'uomo si cinge; Inf.
x, 33, nel qual luogo per alcuni ottimi testi non hanno Cintola,
ma Cintura.
380 Cintura-Cipri
Cintura, dal lat. cinctura; 1. Per Cinto fatto o fregiato d'oro,
d'argento o di gemme, che solevano anticamente portare per lo pi
le donne; Par. xv, 101.-2. E per similit. Fascia, Fasciatura; Par.
xxx, 105. - 3. E prendesi anche per II luogo della persona, ove si
cinge la cintura, Cintola; Inf. x, 33. Cfr. Cintola.
Ci, Pronome dimostrativo indeclinabile, dal hocce, o piut-
lat.
tosto da ecce hoc, e vale Questa cosa, Questo.
adoperato sovente
nella Div. Com. come nelle Opp. min. 1. Nel senso proprio, Inf.
I, 122; in, 96, ecc. - 2. Kiferiscesi anche a pi cosp, tanto di ge-
nere maschile, quanto femminile, abbracciate dalla mente come in
un sol tutto; Par. ili, 29.-3. Seguito dal Che relativo, vale Quella
cosa, Quello; Inf. Il, 8. - 4. Riferiscesi anche a qualit, e coi verbi
Essere, Divenire e simili, lo stesso che Tale, Cotale, Cos fatto
e simili; Conv. iv, 27, 31. - 5. Preceduto dalle preposizioni Di, In
e Per, e seguito dalla congiunzione Che, forma una maniera avver-
biale denotante, causa, cagione, fine od effetto Inf. xiv, 63. - 6. In
;
proposizione condizionale e quasi pleonasticamente dopo il Se; Purg.
xni, 127.
Ciocca, dal ted. Schock, Fascio, Mucchio (secondo la Cr. ana-
logo al lat. floccus), per Mucchietto, Gruppo, Fiocco di capelli; Inf.
xxxn, 104.
Ciocco, anche dal ted. SchocTc, grosso pezzo di legno, o Ceppo,
da ardere, Tizzo; Par. xvm, 100.
Cio, Avverb., dal lat. id est, o piuttosto hoc est; 1. Usato
per dichiarazione di ci che stato detto antecedentemente Inf. ;
xxxiii, 20. Conv. ili, 2, 74. - 2. Cio a dire, e trovasi anche Cio
dire, vale lo stesso che il semplice Cio; Conv. I, 8, 27; iv, 28, 99.
Cionco, Add. da cioncare (o dal lat. truncus ?), Manco, Scemo,
Privo per troncamento o amputazione. E figuratam. per Tolto via,
Spento, Annullato; Inf. ix, 18.
Ciotto, dal basso lat. coxus, Zoppo, il Ciotto di Gerusa-
lemme, Par. xix, 127, Carlo II re di Napoli, detto ciotto perch
era zoppo, e di Gerusalemme perch i re di Napoli s'intitolavano
pure Re di Gerusalemme. Cfr, Carlo II d'Angi. Ciotto viene a
dire sciancato o zoppo, et elli fu chiamato Carlo zoppo JButi. ;
Cipri, lat. Cyprus, l'isola pi orientale del Mediterraneo, della
quale nel 1300 era re Arrigo II di Lusignano Inf. xxviii, 82; men-
;
zionata Par. xix, 146 e seg. Cfr. Arrigo di Lusignano.
Ciprigna-Circondare 381
Ciprigna, Soprannome di Venere, nata secondo la mitologia
nell'isola di Cipro, e chiamata per questo KoTcpoyvsca o Krcpig; cfr.
Ovid., Mei. x, 270. Dante chiama cos il pianeta di Venere; Par.
vili, 2.
Circa, dal lat. circa, Prep. significante relazione di accerchia-
mento, aggiramento, sia totale sia parziale, di una cosa ad un'altra,
che serva a quella come di centro; Intorno; Par. xu, 20; xxn, 144.
Circe, KpxY], figlia del Sole e di Persa, terribile maga che di-
morava nell'isola Eea uomini in animali. Ulisse
e convertiva gli
si ferm da lei pi di un anno; cfr. Hom., Od. x, 210 e seg. Virg.,
Aen. vii, 10 e seg. Horat., Epod. xvn, 15 e seg. Nominata Inf.
xxVi, 91. Purg. xiv, 42.
Circolare, cfr. Circulare.
Circolazione e Cir colazione, dal lat. circulatio ; 1 . L'atto
e L'effetto del circolare, Movimento in circolo; Conv. u, 15, 74, 81
e seg.; iv, 2, 45, ecc. - 2. E per Corpo celeste circolante; Conv.
il, 5, 12.
Circolo, dal lat. circulus, Superficie piana, terminata da una
sola linea curva detta Circonferenza, i cui punti sono egualmente
distanti da un punto che chiamasi Centro. E
nel mezzo, e che
prendesi anche per la Circonferenza medesima; Vit. N. xu, 23. Conv.
iv, 16, 62 e seg. Mori. Ili, 3, 6.
Circoncidere, dal lat. circumcidere, che propriamente vale
Tagliare intorno; Tagliare il prepuzio; ed rito proprio dei Giudei
e dei Musulmani. Usato in forza di Sost. per Circoncisione; Par.
xxxu, 81.
Circoncisione, dal lat. circumcisio, L'atto e II rito del cir-
concidere. In senso Circoncisione del cuore frase scritturale,
fig.
che significa Purgamento del cuore, ossia dell'anima, dalla colpa e
da ogni affezione alla colpa; Conv. iv, 28, 59 e seg.
Circondare, dal lat. circumdare ; 1. Cingere da ogni parte,
Chiudere all'intorno, Accerchiare; detto cos di cose come di per-
sone; Inf. xxxi, 42. - 2. Per Stare attorno a persona o cosa, Farle
cerchio o corona; ed anche detto di moltitudine, Stringersi o Ses-
rarsi intorno, Accalcarsi Purg. xxxu, 88. - 3. E poeticam., alla
;
maniera latina, riferito alla cosa con che si circonda, in senso di
Porre, e anche Gettare, intorno o attorno; figuratam. Par. xxvill, 73.
nel qual luogo circonde desinenza antica, per circondi.
382 Circonfereiiza-Circulare
Circonferenza, dal lat. circumferentia
; 1. Linea che ter-
mina la figura circolare; Par.
113; xxx, 104. Conv. iv, 16, 67.-
XII,
2. Per similit. Giro o Circuito che termini un corpo o uno spazio;
Conv. in, 3, 8. - 3. Figuratam. e in modo poetico, per Accolta di
spiriti beati disposti in cerchio o corona; Par. xiv, 75; xxx, 104.
Circonfulgere, dal lat. circumfulgerc, Avvolgere da ogni
parte, Investire, di splendore; Par. xxx, 49.
Circonscrivere e Circoscrivere, dal lat. circumscri-
bere; Segnare intorno intorno, Limitare, Circondare ;Par. xxx, 66.-
1.
2. E figuratam. Chiudere in s, Kacchiudere, Contenere; Purg. xxv,
88. Par. xiv, 30. - 3. Partic. pass. Circonscritto e Circoscritto ; Li-
mitato, Contenuto; Purg. xt, 2. Par. xiv, 30. Cfr. Conv. iv, 9, 22 e seg.
Circonspetto, dal lat. circumspectus, Contemplato intorno
intorno ; Par. xxxui, 129.
Circonstante e Circostante, dal lat. circumstans,Che
sta intorno; e detto di luoghi, Che sta o Che giace intorno intorno
e a non molta distanza; Par. xxn, 44.
Circonvicino, dal lat. circum e vicinus, Che sta o che
posto intorno intorno e in una certa vicinanza ad un dato luogo,
Vicino intorno intorno; Conv. iv, 4, 15.
Circostanza, dal lat. circumstantia, Particolare condizione
o accidente che accompagna un atto o un fatto, e che conferisce
a determinare la natura, la gravit, l'importanza e simili; Purg.
xxxiii, 70.
Circuire, dal lat. circumire che anche scrivesi senza la m ;
propriam. Circondare, Attorniare, Comprendere nel proprio circuito.
1. Per Andar visitando di parte in parte e attentamente un luogo,
Girarlo attorno attorno, a fine di provvedere alla custodia di esso
e alle altre occorrenze Par. xn, 86. - 2. Per Assegnare, Determi-
;
nare intorno intorno, giro giro; Conv. ili, 15, 129. - 3. Neut. Vol-
gersi in giro, Aggirarsi in cerchio; Par. xxix, 54.
Circuito, dal lat. circuitus, Spazio contenuto dal perimetro
d'una data cosa; ed altres Spazio all'intorno d'una cosa, e appar-
nente ad essa. In circuito, posto avverbialmente, vale In giro, Cir-
colarmente; Purg. xxviii, 103.
Circolare e Circolare, Neut., dal lat. circolari =Andare
attorno, Vagare; 1. Muoversi in giro, Aggirarsi dentro un determinato
Circulare-Ciro 383
spazio, Descriveremovendosi una specie di circolo; Par. xm, 21. -
2. La circulata melodia, Par. xxm, 109, la melodia cantata
dall'angelo Gabriele nel girarsi intorno alla B. Vergine. - An-
gelus se circulariter girans et dulciter cantans; Benv. - La dol-
cezza del canto di quello Angelo che significava, e giravasi in cir-
culo, cio stava a modo di cerchio intorno a la Vergine Maria;
Buti. - Non n uno spirito che parla n un circolo che armonizza,
e una melodia che si gira; Tom. - Circulata melodia, perch
la facella, ond' essa perveniva, era formata in cerchio a guisa di
corona; v. 95; Betti.
eiaculare e Circolare,
Add., dal lat. circularis ; 1. Che
ha forma Simile a circolo, Tondo; Par. xxx, 103. -
o figura di circolo,
2. Che descrive un circolo, Che gira dentro un determinato spazio ;
onde LA circular natura, Par. vili, 127, per La natura dei cieli
circolanti.
Circolazione, dal lat. circulatio, lo stesso che Circolazione,
Movimento in circolo; Par. xxxiii, 127.
Circuncinto e Circoncinto, dal lat. circumcinctus, Cinto
intorno intorno, Circondato; Par. xxyiii, 28.
Ciriatto, forse dal gr. x ot ?S> Porco, cfr. Inf. xxn, 56; Nome
di uno dei diavoli di Malebolge; Inf. xxi, 122;xxu, 55. Congruum
nomen a cyros, manus, quasi, dicat, armatus manu ad rapiendum;
Benv. - . Ciriatto sannuto, cio porco che ferisce con due saune:
Tuna offende la persona, l'altra l'avere; e come noi diciamo al
porco cin cin, cos altri sono che dicono ciri ciri; e per Ciriatto
detto questo demonio, eh' figura et operazione di porco: imper
che ferisce e fa ferire; Buti.
Ciro, sanscr. Kuru, ebr. ^"fD che sembra valere Sole (cfr.
Ctesias in Plut., Artax. i, 1012), gr. Kupog, lat. Cyrus, nome
del fondatore dell'antico regno di Persia, quegli che permise ai
Giudei di ritornare dalla cattivit di Babilonia in Terra Santa. Lo
si dice morto nel 529 a. C. combattendo contro i Massageti e contro
la loro regina Tomiri. Di lui Erodoto, i, 107-30, 191 ili, 201, 204. ;
Nel luogo Purg. xn, 56 Dante allude alla tradizione ricordata da
Erodoto e ripetuta da Giustino (i, 8), secondo la quale Tomiri
fece ricercare il morto corpo di Ciro, e ritrovatolo, gli fece ta-
gliare il capo e quello un otre che di sangue
gettare dentro a
umano avea prima ripieno, amare parole: Saziati
dicendogli con
ormai di sangue, del quale avesti in vita tanta sete; Erodot.,
384 Cirra-Citerea
T,201, trad. del Boiardo. Il fatto , che siigli ultimi momenti di
Ciro non abbiamo notizie certe. Cfr. Xen., Anab. i, 10. Plut., Artax.,
10, 11. Ktes., Fragm. vi, Dante lo ricorda pure Mon. n, 9, 30 e seg.
Cirra, il nome di una
Focide vicina a Delfo ove
citt della
era un oracolo di Apollo, ed era pure, secondo alcuni (Acron. ad
Oeat., Od. i, 2. Isidok., Or. iv, 6), il nome di quello dei due gioghi
di Parnaso, che era dedicato ad Apollo. Nel luogo Par. i, 36 la
gran maggioranza dei chiosatori intende Cirra citt della Focide
alle radici del Parnaso, osservando che Dante pone il nome della
citt per lo nome di Apollo. Cos Cass. (i pi antichi taciono), Buti,
Land., Veli., Dan., Voi., Vent., Lomb. e gi gi, quasi tutti in
coro, sino al Corn., Campi, ed al pi degli stranieri. Ma come
c'entra qui la citt di Cirra? Non ha Dante parlato, v. 16 e seg.,
dei due gioghi di Parnaso, dicendo che per le due prime Cantiche
gli bast il soccorso delle Muse (rappresentate dall' un giogo di
Parnaso dove abitavano, chiamato Elicona), ma che per la terza
Cantica gli inoltre necessario il soccorso di Apollo (rappresentato
dall'altro giogo di Parnaso a lui sacro, detto Cirra) Sembra dunque
che non della citt, ma dell' un giogo di Parnaso debbasi intendere,
come in fatti intesero alcuni pochi (Ott., Benv., Tom., De Gub.,
Poi., ecc.). Perch Cirra risponda, cio tu, il cui tempio, dove
si viene a pregare, in sul giogo di Parnasso detto Cirra; Ott. -
Cirra, idest Apollo, qui colitur in Cirrha altero jugo montis Par-
nasi ; Benv.
Cirro, dal lat. cirrus, Ciocca di capelli inanellati, Kiccio; Par.
vi, 46, dove si parla di Cincinnato.
Cisterna, dal lat. cisterna, Ricetto a guisa di pozzo o di
stanza a volta, dove si raccoglie l'acqua piovana dei tetti, o quella
derivata da qualche sorgente. Dante adopera questa voce: 1. Per
similit., chiamando cisterna la ghiacciaia del nono cerchio; Inf.
xxxni, 133. - 2. E figuratane, per Fonte; Purg. xxxi, 141, nel qual
luogo alcuni codd., Aid., Or. e seguaci leggono Citerna invece di
Cisterna.
Citara, dal lat. cithara, e questo dal gr. xi&ccpoc, lo stesso che
Cetra; Conv. i, 8, 50.
Citarista, dal lat. citJiarista, gr. xi&apioTYJs, Sonatore di citara;
Par. xx, 142. Conv. i, 9, 16.
Citerea, dal lat. Cytherea, e questo dal gr. Kofryjpey], nome
dato al pianeta di Venere dal culto che si dava a questa Dea nel-
Citerna-Cittadino 385
V isola di Citer, oggi Cerigo, presso la quale secondo la mitologia
Venere nacque dalle spume del mare ; Furg. xxvn, 95.
Citerna, cfr. Cisterna.
Citt, dal lat. civitas ; 1. Luogo abitato, pi o meno ampio,
cinto ordinariamente di muri e di fossi, occupato da edifzi, e, se-
condo la disposizione di questi, distinto in piazze, strade, quartieri
e simili; Inf. vi,49; xx, 91. Purg. vi, 124. Par. xvi, 144. Conv.
iv, 4, 14; iv, 41.-2. Per Consorzio civile, Societ dei cit-
28, 27,
tadini medesimi; Inf vi, 61; xvi, 68. Conv. iv, 4, 14 e seg. - 3. Il
Paradiso detto la Citt di Dio, Inf. t, 126, 128; la Vera citt,
Purg. xni, 95; la Citt dei beati, Par. xxx, 130. -4. E per similit.
l'Inferno detto la Citt dolente, Inf. ili, 1; ix, 32; la Citt che ha
nome Dite, Inf. vili, 68; la Citt del fuoco, Inf. x, 22; la Citt rog-
gia, Inf. xi, 73. - 5. Roma chiamata la Citt santa, Conv. IV, 5, 39. -
6. La tua citt, Inf. vi,49 Firenze, detta pure Citt partita, Inf.
vi, 61, per essere divisa e lacerata dalla fazioni, e la Citt che nel
Batista mut il prima patrone, Inf. xm,
143, perch a Marte, an-
tico patrono di Firenze, fu sostituito S. Giovanni Batista. E perch
Marte, primo suo patrono, era per i SS. padri un demonio, come
tutte le divinit pagane (cfr. I ad Cor. x, 20), Firenze pur detta
Pianta del diavolo, Par. x, 127. -7. La Citt di Baco, Inf. xx, 59,
Tebe, sacra a Bacco, ivi partorito da Semole. -8. Le Citt di La-
mone e di Santerno, Inf. xxvn, 49, sono Faenza, sul Lamone ed
Imola presso il Santerno. - 9. La Citt a cui il Savio bagna il fianco,
Inf. xxvn, 52, Cesena, bagnata dal fiume Savio. - 10. La mia Citt,
Purg. xxiv, 45, Lucca, patria del poeta Bonagiunta degli Urbiciani.
Cittade, dal lat. civitas, forma antica e poetica per Citt;
1. Nel senso proprio; Par. xvi, 68, 78; xvm, 84. - 2. La vera cit-
tade, Purg. xvi, 96, il Consorzio dei veri cristiani, ossia il Regno
di Dio in terra.
Cittadina, fem. di Cittadino, Colei che ha cittadinanza, o sem-
plicemente che abita in citt. Detto figuratam. Purg. xm, 94. Vit. N.
xxxv, 2, nel qual luogo alcuni testi hanno delle cittadine, altri
delli (de') cittadini.
Cittadinanza, Titolo o grado di cittadino ; e per Ordine di
cittadino, Corpo o Adunanza de' cittadini, ed anche I cittadini stessi;
Par. xv, 131; xvi, 49.
Cittadino, da cittade; 1. Colui che legittimamente partecipa
ai doveri e ai diritti d'una citt, Abitatore della citt; Inf. vi, 52,
25. Enciclopedia dantesca.
386 Ciuffetto-Clemente IV
61; xni, 148; xxyi, 5. Par. xv, 131; xvr, 90, 123. Conv. v, 28, 28. -
2. Per Concittadino, unito ordinariamente con qualche adiettivo pos-
sessivo, Purg. vi, 81; xni, 115. - 3. Gravi cittadini sono chiamati i
demoni e reprobi di Dite ; Inf. vili, 69. - 4. E Cittadino del cielo,
per Beato; Purg. xm, 94, Conv. v, 28, 29.
Ciuftetto, diminut. di ciuffo, e questo dal ted. Schopf o Zopf,
Piccolo ciuffo, e semplicemente per Ciuffo, cio per Que' capelli in-
sieme raccolti che stanno sopra alla fronte, e che sono pi lunghi
degli altri; Inf. xxviii, 33.
Cive, lat. cives, lo stesso che Cittadino; Purg. xxxn, 101. Par.
vili, 116; xxiv, 43.
Civile, dal lat. civili s ;Che concerne l'universale de' citta-
1.
dini, Che risguarda la cittadinanza, Che ?i riferisce al viver comune
de' cittadini; Par. XI, 7. Conv. i, 1, 24. Conv. v, 27, 73. - 2. Che
passa, Che
agita tra cittadini e cittadini, detto per estensione
si
di dissidio religioso; Par. xn, 108. -3. Detto di vita, vale Eivolto,
Indirizzato ai maneggi pubblici o ai negozj in generale; nel qual
senso preso talvolta per Operativo, Attivo, contrapposto di Contem-
plativo. E detto di felicit, operazioni o simili, Derivante da essa
vita civile, Consistente in quella, Attinente a quella; Conv. il, 5
53 e seg. - 4. E per Che ha in s civilt, Dotato di civilt, Che
secondo civilt, Conforme a civilt, Che tende a civilt; Purg.
vi, 140. - 5. E per Sociale, Socievole; Conv. IV, 27, 21. - 6. Ter-
mine legale, aggiunto di Ragione, vale Che si riferisce alle leggi,
o tratta delle leggi, dalle quali regolato il consorzio dei cittadini,
nel qual senso si contrappone pi specialmente a Canonico e a Cri-
minale; Conv. v, 12, 74.
Civilt, dal lat. civilitas, Stato di societ civile, quale risulta
dalle istituzioni, dai costumi e dalla cultura di uno o pi popoli
in una data et. E per Societ civile; Conv. IV, 4, 2.
Claritas, voce lat., Chiarezza, Splendore; Par. vii, 2.
Classe, dal lat. classis, adoperato alla maniera latina, per Ar-
mata marittima, Carovana di navigli; Par. xxvn, 147.
Claustro, dal lat. caustrum, Chiostro; e poeticam. per Chiusa,
Chiusura, Cinta; Purg. xxxn, 97.
Clavo, cfr. Chiavo.
Clemente IV, papa dal 5 febbraio 1265 al 29 novembre 1268;
si chiam nel secolo Guido Foulquois le Gros, oriundo dalla Pro-
Clemente V 387
venza. Fu soldato, giurista, marito e padre di due figlie. Mortagli
la moglie si dedic tutto alla Chiesa, fu eletto vescovo di Puy, poi
arcivescovo di Narbona e nel 1262 cardinale. Creato papa dai car-
dinali francesi, ne adott la politica, continuando la lotta cogli Ho-
henstaufen. Chiam Carlo d'Angi in Italia, lo incoron il 6 gen-
naio 1266 e gli prest aiuto e contro Manfredi e contro Conradino,
che egli scomunic il 18 novembre 1267. Cfr. Murat., Script, ni,
i, 594 e seg.; m, 2, 421 e seg. Vill. v, 91; vii, 23, 28. Dante lo no-
mina come quegli che spinse l'arcivescovo di Cosenza a perseguitare
Manfredi oltre la tomba; Purg. ni, 125.
Clemente V ?
papa dal 5 giugno 1305 al 20 aprile 1314, il
trasferitore della sede papale in Avignone. Si chiamava Bertrand
di Got, nativo da Villandreau, diocesi di Bordeaux nella Gua-
scogna. Creato arcivescovo di Bordeaux da Bonifazio Vili, lo si ri-
teneva fedel seguace di Bonifazio e nemico di Filippo il Bello; ma
per amor della triplice corona mut bandiera, facendosi schiavo delle
voglie del re francese. Eletto in Francia, non vi fu mezzo d' indurlo
a venire a Koma, rimase anzi a Bordeaux ed e Poitiers, finch nella
primavera del 1309 trasfer la Sede in Avignone. Invit Arrigo VII
a venire in Italia, ma quando vi venne gli fece contro (cfr. Guasco).
Soppresse colla sua Bolla del 6 maggio 1312 l'ordine dei Templari,
abbandonandone i membri all'eccidio (cfr. Tempio). Di lui il Vill.,
ix, 59: Fu uomo molto cupido di moneta, e simoniaco, che ogni
benefcio per danari s'avea in sua corte, e fu lussurioso; che pa-
lese si dicea, che tenea per amica la contessa di Pelagorga, bellis-
sima donna, figliuola del conte di Fusci. E lasci i nipoti e suo
lignaggio con grandissimo e innumerabile tesoro: e dissesi che, vi-
vendo il detto papa, essendo morto uno suo nipote cardinale, cui
egli molto amava, costrinse uno grande maestro di negromanzia che
sapesse che dell' anima del nipote fosse. Il detto maestro fatte sue
arti, uno cappellano del papa molto sicuro fece portare a' dimonia,
i quali il menarono allo 'nferno, e mostrargli visibilmente uno pa-
lazzo, iv' entro un letto di fuoco ardente, nel quale era l'anima del
detto suo nipote morto, dicendogli, che per la sua simonia era cos
giudicato. E vide nella visione fare un altro palazzo alla 'ncontra,
il quale gli fu detto si facea per papa Clemente; e cos rapport
il detto cappellano al papa, il quale mai poi non fu allegro, e poco
vivette appresso: e morto lui, e lasciatolo la notte in una chiesa
con grande luminaria, s' accese e arse la cassa, e '1 corpo dalla cin-
tola in gi, anzi che persona se n'avvedesse. Cfr. Vill., vili, 80
e seg., 91, 102; ix, 22 e seg. Murat., Script, ni, 1, 673 e seg.;
ni, 2, 441 e seg. Vita Papar. Avenion. ed. Baluzius, Par., 1693.
388 Clemenza
Dante lomenziona senza nominarlo; lo accusa di simonia e di altri
delitti, Inf. xix,82 e seg. Purg. xxxu, 148 e seg.; gli rinfaccia
l'inganno fatto ad Arrigo VII, Par. xvn, 82; inveisce contro di
lui per bocca di S. Pietro; Par. xxvn,' 58 e seg., e per bocca di
Beatrice, Par. xxx, 142 e seg.
Clemenza, nominata Par. ix, 1: Da poi che Carlo tuo, bella
Clemenza. I commentatori non vanno d' accordo in merito a questa
donna, tanto pi perch Clemenza si chiamava la moglie di Carlo
Martello, figlia di Kodolfo I d'Asburgo, la quale sopravvisse sei anni
al marito e mor nel 1301, -e Clemenza chiamavasi pure la figlia
di Carlo Martello, moglie di Luigi X re di Francia, la quale nel 1328
viveva ancora; cfr. Vtll.,x, 106. Apostrofa Dante la vedova o la figlia?
Di settantasei espositori consultati, cinque non danno veruna risposta
(Gioberti, Mari., Febrer, Filai., P. A. Fior.). Due dicono sproposi-
tatamente che il Poeta volge la parola alla madre di Carlo Mar-
tello, la quale non si chiamava Clemenza, anzi Maria d'Ungheria,
morta nel 1323 (Ott., Bariseli). Ventisei si avvisano che Dante parli
alla moglie, cio alla vedova di Carlo Martello, Petr. Dani., Falso
Bocc., Benv. [ dirigens sermonem ad Clementiam uxorem Caroli ],
Serrav., Tal., Frat., Greg., Bennas., Cam., Frane., Cappel., Tode-
schini [i, 205 e seg.], De Gub., Poi., Guseck, Bl. [nella sua tradu-
zione], Witte, Eitner, Notter, Krigar, Franche, Hasenclever, Gil-
demeister, Longf., Plumpt., van Mijnden). Quaranta espositori cre-
dono invece che Dante parli alla figlia di Carlo Martello (Lan., Cass.,
Buti, An. Fior., Band., Veli., Dot, Dan., Voi., Veni., Lqmb., De
Bom., Port., Pogg., Biag., Ed. dell' Anc., Costa, Arrivabene (Sec.
di D., 177 e seg.), Ed. Pad., Ces., Wagn., Bettoni, Borghi, Br. B.,
Brunet., Andr., Triss., Bocci, Campi, Corn., D'Aquino, Kanneg.,
Strechf., Kop., v. Hoff., Aroux, Briz., Batisb., V. Botta, Sanjuan).
Tre non sanno decidersi (Tom., Bonchetti e il Bl. nel vocab.), pen-
dendo per tutti e tre piuttosto per la figlia. Veramente pare che
la questione non si possa mai decidere definitivamente. Tuo pu
ben dirsi anche ad una figlia; ma Carlo tuo, bella Clemenza tale
espressione, che a moglie si riferisce assai bene, a figlia assai male;
anzi scanserebbe appena la taccia di ridicolo chi, volgendo la pa-
rola ad una figlia, si esprimesse in tal modo. Ci voleva poco a scri-
vere: Da poi che l padre tuo, bella Clemenza. Per, se Dante
}
parla alla moglie, perch dice egli v. 3 la sua semenza, invece di
dire vostra semenza ? E come poteva Dante, dettando il Par., vol-
gere la parola alla vedova di Carlo Martello, morta sin dal 1301?
ben vero che la data fittizia della visione il 1300, e se il Poeta
avesse messo quel!' apostrofe in bocca ad uno spirito beato, o l' avesse
Cleobulo-Clima 389
riferitacome pronunziata durante la visione, la difficolt sarebbe tolta
di Ma Dante, che non confonde mai l'epoca fittizia della sua
mezzo.
visione col tempo in cui stava dettando il Poema (vedi p. es. Par.
xxv, i e seg. Inf. xxvi, 19, ecc.), racconta qui nel tempo passato,
racconta cose avvenute, parole udite durante la sua visione, prima
dunque che incominciassero quei pi anni che lo avevano gi fatto
macro quando egli dettava il Paradiso. Non sarebbero per avven-
tura i primi versi del e. IX del Par. stati dettati sin dal tempo in
che Dante meditava il Poema e ne adunava i materiali, quando la
vedova Martello viveva ancora, incorporati parecchi anni
di Carlo
pi tardi nel Poema
e rimastavi per inavvertenza l'apostrofe: Carlo
tuo, bella Clemenza ? A tale dimanda non si pu rispondere con cer-
tezza assoluta n s ne no, e l'enigma uno di quei non pochi nella
Div. Coni, che aspettano ancor sempre il loro Edipo.
Cleobulo, nome del quinto dei sette Savj della Grecia; Conv.
ni, 11, 50.
Cleopatra e Cleopatra^, nome
della regina d'Egitto, fa-
mosa per i suoi amori. Be amplessi prima Giulio Cesare,
de' suoi
quindi Antonio. Essendosi quest'ultimo ucciso dopo la battaglia di
Azio, Cleopatra, che aveva invano tentato di sedurre il vincitore e
temeva di cader viva in potere di lui, cerc e trov la morte nel
morso di un aspide; Inf. v, 63. Par. vi, 76. Cfr. Suet., Aug., 17.
Plut., Ant., 78-86. Vell. Pat., ii, 87.
Cleto, nome uno dei primi vescovi di Roma; Par. xxvii, 41.
di
Si disputa se succedesse immediatamente a Lino e fosse identico
con Anacleto, oppure se a Lino succedesse Clemente, a questi Cleto,
ed a costui Anacleto. Cfr. Iren. adv.licer, ni, 2. Euseb., Hist. Eccl.
Tertul., De prcescript., e. 32. Constitut. apostol. v, 46.
ni, 2, 13, 31.
Storicamente persino l'esistenza di Cleto dubbia. - Cletus Ro-
manus, patre emiliano, de regione quinta, e vico Patricio, Impe-
ratoribus Vespasiano et Tito Ecclesiam gubernavit. Is ex praecepto
Principis Apostolorum in urbe viginti quinque Presbyteros ordi-
navit. Primus in litteris verbis illis usus est: Salutem et Apo-
stolicam benedictionem. Qui, Ecclesia optime constituta, cum ei
praefuisset annos duodecim, menses septem, dies duos, Domitiano
Imperatore, secunda post Neronem persecutione, martyrio coronatus
est, et in Vaticano juxta corpus beati Petri sepultus; Brev. Boni,
ad 26 Aprii.
Clima, dal lat. clima, e questo dal gr. %Xiu.a, Ognuno di quelli
spazi terrestri e celesti che sono compresi tra due circoli paralleli
390 Climen-Cloto
all'equatore, e nei quali varia le temperatura, secondo la posizione
della terra rispetto al sole; Par. xxvn, 81. Conv. in, 5, 87 e seg.
(cfr. Giul., Conv., 325 e seg.). Mon. i, 14, 29. Scias quod qua-
tuor sunt climata cceli nostri ab sequinoctiali citra, secundum Pli-
nium. Secundum vero Isidorum sunt septem. Sunt enim climata
lineae ab oriente ad occidentem extensse, sub quibus homines, ani-
malia et mores diversificantur.
Et sunt septem, ut septem sunt
zonse huius quartoe habitabilis. Koma vero dicitur esse sub quinto,
in sexto Lombardia, in septimo Alamannia; Petr. Dant.- Clima
dimandano i geografi lo spazio della Terra compreso tra due cerchi
paralleli all'equinoziale, e tra di loro lontani Quanto importa il cre-
scimento del giorno massimo per mezza ora. Di tali climi Tolomeo
ne pose solamente sette, che tanti bastavan per comprendere le parti
della Terra allora pi conosciuta, non si essendo in quei tempi pe-
netrato molto verso il polo; ma ai tempi nostri quando le na-
vigazioni moderne si sono per grande spazio slargate verso il set-
tentrione, i moderni geografi hanno moltiplicato il numero de' climi
sino a 22; Gal. Galil., Tratt. della Sfera, e. 20. -Alcuni -- ve-
dendo che dall'Equatore fino alli circoli polari cresce il giorno 12 ore,
e che a ciascheduno clima si deve lo spazio di mezz'ora, segnarono
24 climi Buonav. Cavalieri, Sfera Astronom., Roma, 1690, p. 149.
;
Cliuien, Ko|jvyj, figlia di Ifide e Minia, moglie di Filaco,
madre d'Ificle e di Alcimede (cfr. Pausan., x, 29, 3. Hom., Od. xi, 326).
Amata da Apollo, questi la rese madre di Fetonte, il quale, giuo-
cando un d con Epafo figlio di Giove che estern dei dubbi sulla sua
discendenza da Apollo, corse tutto affannoso a Climene sua madre per
accertarsi della divinit della sua origine cfr. Ovid. et. i, 748-n, 328.
; M
Dante ricorda la favola paragonandosi a Fetonte, Par. xvn, 1 e seg.
La similitudine coglie l'ardore del desiderio e la veemenza della
fiducia figliale L. Vent., Simil., 562.
;
Clio, KXsit, nome della Musa della poesia epica e della storia,
invocata da Stazio nel cominciamento della Tebaide i, 41: Quem
prius heroum Clio dabis Purg. xxn, 58.;
divo, dal lat. clivus, Monticello, Collinetta; Par. xxx, 109.
Cloaca, Grande condotto sotterraneo e a volta
dal lat. cloaca,
per uso di ricevere e scaricare le acque piovans e le immondezze
d'una citt o d'un paese. Detto per similit. Par. xxvn, 25.
Cloto, KXto&a), quella delle tre parche, la quale al nascere di
ciascun uomo impose su la rocca di Lachesis la porzione di stame
che decide la durata pi o men lunga della vita; Purg. xxi, 27.
Clugni-Coda 391
Cingili, cfr. Cologna.
Co', da capo, alla lombarda; 1. Co' del ponte, per
accorciato
Capo del ponte; Inf. xxt, 64. Purg. ni, 128.- 2. Insino al co', per
Insino al capo, cio Sino alla fine; Par. iti, 96.-3. Metter co', per
Metter capo, Incominciare il corso; Inf. XX, 76.
Co', per Con i, Con li, occorre un centinaio di volte nella Din.
Coni. Cfr. Con.
Coagulare, dal lat. coagulare, Eaccogliere insieme e conden-
sare le particelle di certi liquidi, come latte, sangue, succo e si-
mili ; Purg. xxv, 50.
Coartare, dal lat. coarctare, Propriam. Stringere d'ogni parte.
E detto di scrittura, regola, legge o simili, vale Interpretarla in un
senso troppo rigoroso; Par. xn, 126.
Cocca, dal gr. xox^, Punta? dal lat. concita ? Il Menage
suppone una forma Cavica da Cavo; v' pure un add. gael. Coca,
Vuoto; Zamo. Cfr. Diez, Wort. i 3 130. 1. La tacca della freccia,
,
nella quale si adatta la corda dell'arco; Inf. xn, 77. - 2. E poeticam.
per la Freccia stessa; Inf. xvn, 136. Par. viti, 105, nel qual ul-
timo luogo per da leggere coi pi autorevoli codd. cosa, invece
della comune cocca.
Cocco, dal lat. coccum, e questo dal gr. xxxog, Specie di color
rosso, usato a tingere panni, che si cava dal corpo d'un insetto;
conosciuto pi comunemente col nome di Chermisi Purg. Vii, 73.
;
Cocente, coquens, Che cuoce. E detto di tormento, cos
lat.
fisico come morale, vale Forte, Gagliardo; Inf. vj, 105.
Cocito, cocythus, gr. Ktcxtrcs,
lat. Fiume d'Inferno; Inf. xiv,
119; xxxi, 123; xxxiti, 156; xxxiv, 52.
Cocolla, dal lat. cucullus, Parte di vestimento, a foggia di
manto o cappa, che i monaci portano sopra alla tonaca; Par. xxit, 77.
Cfr. Cuculla.
Coda, dal lat. cauda, Quel prolungamento della spina, che
pende dal corpo della massima parte dei bruti, e specialmente da
quello dei quadrupedi, nel lato opposto al capo, dove finisce la
schiena. 1. Detto di pesci e di rettili, L'estremit inferiore del
loro corpo, dove questo si ristringe, terminando quasi in punta;
Inf. xxiv, 95; xxv, 56, 104, 109. Purg. ix, 6; xxxii, 132, 134. -
392 Codici Danteschi
2. Attribuita ad esseri mitologici e mostruosi, quali Minosse e Ge-
rione; Inf. v, 11; xvn, 1, 9, 25, 84, 103; xxvii, 125. - 3. A coda
di bestia, col verbo Trarre, vale Attaccato e pendente di dietro alla
bestia; Purg. xxiv, 83.
Codici danteschi. Pel corso di un secolo e mezzo
opere le
di Dante non divulgarono che mediante libri manoscritti o testi a
si
penna. Questi libri manoscritti, chiamati ordinariamente Codici,
sono della massima importanza per la costruzione del testo possibil-
mente genuino delle opere del Poeta, tanto pi, che le edizioni antiche
non rappresentano in generale che la lezione di un solo codice scelto
a caso, e le moderne o sono ricorrette su pochi codici, o non of-
frono che una scelta pi o meno copiosa di varianti tratte da un
numero pi o meno grande di testi a penna. Cfr. Edizioni, Testo.
1. Codici della Div. Comm. Il loro numero da sei a sette
cento. Il De Batines ne annoverava 537, ma parecchi gli rimasero
sconosciuti. Il Carducci (Studi leti., 249) dice che se ne anno-
verano 510; il Negrotti (Sul testo della Div. Com., 7) osserva che
stando ad alcuni de' pi recenti, e anche pi autorevoli Dantisti,
il numero de' codici oltrepasserebbe i settecento ma pur volendo
;
evitare ogni pericolo di errore, e far calcolo solamente di quelli
de' quali si ha notizia sicura, i codici sono oltre a seicento. I pi
antichi risalgouo al terzo decennio del Trecento. L'autografo sven-
turatamente perduto pare che nessuno dei commentatori del Tre-
;
cento, tranne forse Petr. Dani, lo vedesse mai. Il valore dei codd.
assai diverso secondo la loro et e bont. chiaro che pochis-
simi sono i primitivi o capostipiti, i pi copie e copie di copie.
La genealogia dei codd. non ancora fatta. Celebri sono il Landiano
del 1336, il TrivuUiano del 1337, il Gaddiano del 1347 ed altri. Il
Witte scelse come i quattro pi autorevoli sui quali fond la sua
edizione critica il Santa Croce, il Vaticano, il Berlinese e il Cae-
tani (De Bat., n. 1, 319, 525 e 375). Tra i pochi codd. editi pri-
meggiano il Vaticano edito da Aloisio F Antoni La Div. Com. di
:
D. Al. manoscritta da Boccaccio. Roveta, negli occhi santi di
Bice, MDCCCXX; -Il cod. Cassinese della D. C. per la prima
volta letteralmente messo a stampa per cura deimonaci Bene-
dettini della Badia di Monte Cassino. Tipografia di Monte Cas-
sino, 1865; - Il Paradiso, riproduzione del cos detto Quinterno
attribuito al Petrarca nell'opera: I Manoscritti Palatini di Fi-
renze, ordinati da F. Palermo, voi. n, p. 557 e seg. - Descrizioni
di codici : De Batines,
Bibliografia Dantesca, n, 1-277. R. Fulin,
I codd. Veneti della D. C, Venezia, 1865. E. Moore, Criticism,
511-691. A. Fiammazzo, I codd. Friulani della D. C, Cividale e
Cogitazionc-Coglier 893
Udine, 1887-92. A. Fiammazzo, Coda. Veneti della D. C, Udine, 1889.
C. Negroni, Sul testo della D. C, Torino, 1890, 23-35. - Studi im-
portanti sui codici: A. Sicca, Rivista delle varie lesioni della D. C.
sinora avvisate, Padova, 1832. C. Witte, Prolegomeni critici alla
sua ediz. della D. C, Berlino, 1862, in-4, p. vii-lxxxii. H. C. Bar-
low, Criticai, historical and philo Sophie al contributions to the
study of the D. C, Lond 1864. C. Tauber, I Capostipiti dei Ma-
,
noscritti della D. C, Winterthur, 1889. E. Moore, Contributions
to the textual criticism of the D. C, Cambridge, 1889.
2. Codici delle opere minori. Sono relativamente pochi, visto
il gran numero di codd. della D. C. I codd. contenenti poesie li-
riche di Dante o a lui attribuite sono veramente molti, ma i pi
vanno appena annoverati tra i codici danteschi. Alcuni ne registrali
Fraticelli, Canzon., 69. Della Vit. N. il Witte, V. N., p.xxv-xxix
registra 22 codd., ma se ne conoscono una buona trentina. I pi an-
tichi sono il Chigiano L. vili. 305, il Magliabechiano vi, 143 e quello
della Biblioteca di casa Martelli a Firenze. Anche del Conv. si hanno
una trentina di codd. Cfr. il Catalogo nelle edizioni della Minerva,
p. xxix-xxxi, del Fraticelli, p. 51-53 e del Giuliani, p. xxvn-xxix.
1
Di uno dei pi importanti codd. della Vulg. El. abbiamo un ediz.
facsimile: Dante Al. Tr aite de Vloquence vulgaire. Manuscrit de
Grenoble publi par Maignien et Pkompt, Ven., 1892. Del De Mon.
il Witte nei Prolegomeni della sua ediz. p. lvii-lix, registra sol-
tanto otto codd. completi, tre del sec. XIV, quattro del XV ed uno
del XVI. Nove Epistole latine attribuite a Dante si trovano nel
cod. Palatino 1729, che faceva gi parte della biblioteca di Heidel-
berg e fu rubato dal Conte di Tilly nel 1622 e donato a Gregorio XV,
il quale lo colloc nella Vaticana ; cfr. Epistole di Dante. La fa-
mosa epistola ilariana nel solo cod. Laurenziano xxix, 8, cfr. Epi-
stola di Frate Ilario.
Cogitazione, dal lat. cogitatio, L' atto del cogitare, cio del
pensare, Pensiero, Meditazione; Inf. xv, 129.
Cogliere, e per sincope, propria pi che altro del linguaggio
Corre,
poetico, dal lat. colligere;1. Staccare dalla pianta, o Svel-
lere dal terreno, e propriamente con la mano: detto in ispecial
modo di erbe, fiori, frutti, fronde; Inf. xm, 32. Purg. n, 124;
xxvn, 99. - 2. E in locuz. fgur. Par. i, 28. - 3. Per Trovare, Sor-
prendere alcuno; Inf. xxiv, 133.-4. E per Soprapprendere, Soprag-
giungere, sia contro la nostra opinione ed aspettazione, sia per nostra
incuria; detto di tempo, stagioni e simili; Purg. xvu, 2. - 5. E per
similit. Purg. V, 111.-6. Per Prendere, Pigliare, in vari sensi figu-
394 Cognato-Cognizioni scientifiche di Dante
rati, servepi specialmente a formare maniere, di ciascuna delle
quali si dichiara
il valore e V uso sotto il sostantivo che il verbo
Cogliere regge; Inf. xvm, 30; xxn, 121; xxvn, 16.-7. E poeticam.
per Cominciare a far checchessia in modo conforme a quello tenuto
innanzi da altri, Accordarlo con quello; Par. xn, 6.
Cognato, dal lat. cognatus ; 1. Sost. Nome denotante la pa-
rentela che nasce per causa del matrimonio, fra ciascuno dei co-
niugi e i fratelli e le sorelle dell'altro; Inf. vi, 2, nel qual luogo
si parla di Francesca da Rimini e Paolo Malatesta.- 2. Add. Con-
giunto per cognazione, Consanguineo, Affine. E fguratam., riferito
a cose aventi, per cos dire, una certa parentela fra loro, a causa
della comune origine; Conv. iv, 15, 60.
Cognazione, dal lat. cognatio, Legame di parentela dal lato
di femmina. E per estens. Stirpe, Schiatta, Casata; Par. xv, 92.
Colui, unde detto lo cognome del tuo parentado, cio Allighieri;
e chi dice Aldighieri: questo fu lo comune nome della casa di Dante
poi: imper che tutti fumo chiamati Allighieri, o vero Aldighieri,
quelli del casato suo; Buti.
Cognizioni scientifiche di Dante. Come testimoniano
le sue opere, Dante erasi appropriato quasi tutto il sapere del suo
tempo. Nella Vit. N., dettata verso il ventesimosesto o ventesimo-
settimo anno della sua vita, il Poeta si mostra esperto nella poesia,
nelle lingue latina, volgare, provenzale e francese antica, nella let-
teratura classica latina, nella letteratura provenzale e negli antichi
poeti italiani, come pure nella rettorica, nella filosofia, nella teo-
logia scolastica, nell'astronomia e nelle scienze matematiche. Mem-
bro del governo di Firenze e autore del De Mon., certo che
Dante era pur di casa nelle scienze politiche. Senza farne un mu-
sico ed un pittore, convien pur ammettere senz'altro, che dalle sue
opere risulta che egli non era digiuno di cognizioni, qualunque si
fossero, della musica e delle arti del disegno. L'architettura del
massimo Poema, ed il fatto, che nel 1301 Dante fu eletto a sopra-
stante ed ufficiale del lavoro di Allargamento e Racconciamento della
via di San Procolo in Firenze, non lasciano verun dubbio sulle sue
cognizioni architettoniche. Il Conv. poi, il De Vidg. el. e sopra tutto
la Div. Coni., sono lavori di erudizione s stupenda, che si pu af-
fermare senza esitazione, essere Dante stato l'uomo il pi dotto del
suo tempo, senza volere con ci dire, che egli possedesse cognizioni,
che nel suo secolo incominciavano appena a nascere nell'Occidente.
Della lingua greca egli non conosceva che forse l'alfabeto ed il signifi-
cato di alcune singole voci. Omero ed Aristotile Dante li leggeva non
Col-Colei 395
nell'originale, ma avevano; cfr.
nelle traduzioni latine che allora si
Conv. il, 15, 45 e seg. L'ebraico ed altre lingue orientali gli erano
del tutto estranee; cfr. Malachoth. Nella Bibbia, nelle opere latine
dei SS. Padri, degli autori scolastici e mistici, e specialmente di
S. Tommaso, egli era versatissimo. Sarebbe difficile nominare una
sola scienza studiata ne' suoi tempi, della quale lo si potesse dire
del tutto digiuno. Cfr. C. Cavedoni, Saggio di osservazioni sopra
gli studi biblici di D. A., negli Opusc. rei. e mor. di Modena, 1861,
x, 61-88; xi, 3-21 e 321-38; xir, 161-84. Ferrazzi, iv, 100-175; v,
46-109. De Batines, i, 559-69. M. Scherillo, I primi studi di
Dante, Napoli, 1888.
Col, voce formata dalla prep. con e dall' arlic. il; occorre so-
vente. Cfr. Con.
Col, dal eccu e illac, avverb. che accenna a luogo distante
lat.
tanto dalla persona che parla, quanto da quella che ascolta. 1. In
quel luogo, L; e si usa cos coi verbi di stato come coi verbi di
moto; Inf. iv, 118; xvn, 30. Purg. vn, 67; xn, 79. - 2. Si unisce an-
che ad altri avverbj; e se ne formano varie maniere, come ad esem-
pio: Col dove, Col ove e Col 've; lo stesso che Dove, In quel luogo
nel quale; Inf. in, 95; iv, 105; v, 23; x, 41; xxvi, 30. Purg. i, 101;
in, 25. Par. x, 148; xxn, Per estensione trovasi
3. - 3. riferito anche
alle persone e alle azioni loro; Conv. in, 15, 111.
Colare, dal lat. colare, detto di liquido, vale Scorrere adagio
adagio, ed anche Gocciolare, Stillare; Purg. xxv, 78. Nel luogo
Inf. xii, 120 il si cola sta per si cole, cio Si venera. Cfr. Colere.
Coleo, o Colchide, KoXxts, Paese situato sul Ponto Eussino (cfr.
Kiepert, Alte Geogr., Beri., 1878, p. 87),dove andarono gli Argo-
nauti a rapire il Vello d'oro; Par. n, 16. E per Abitante di Coleo;
Inf. xviii, 87.
Colei, pron. fem. che al pi. fa Coloro, dal lat. ecce ille; 1. Serve
ad accennare la persona distante cos da chi parla come da chi ascolta;
Inf. li, 133; vili, 45, e sovente. - 2. Trovasi anche usato come pro-
nome dimostrativo di cosa, in senso di Quella; Inf.xiv, 14. - 3. Colei
che s'ancise amorosa, Inf. v, 61, Didone che, abbandonata da
Enea, si uccise per disperazione; cfr. Dido. - 4. Colei ch' tanto
posta in croce, Inf. vii, 91, la Fortuna, considerata come Dea,
o piuttosto come una delle Intelligenze celesti. -5. Colei che siede
sopra l'acque, Inf. xix, 107, la gran meretrice dell'Apocalisse
xvn, 1 e seg., simbolo di Koma, per Dante, come per tanti altri,
della Santa Sede. - 6. Colei che d e notte fila, Purg. xxi, 25
396 Colre-Cole
(nel qual luogo per invece di Ma per colei probabilmente da
leggere Ma perche lei; cfr. Moore, Criticism, 399 e seg.), la
Parca Lachesi, che fila lo stame della vita umana. - 7. Colei che
s' imbesti nell' imbestiate schegge, Purg. xxvi, 86, 87, Pasife,
che entr nella vacca di legno; cfr. Pasife. - 8. Colei ch'all'alto
volo le piume, Par. xv, 53, 54, Beatrice, che fece Dante
ti vest
- 9. Colei che aperse e punse la
abile a salire alle sfere celesti.
piaga, Par. xxxn, 6, la madre Eva, che prima pecc trasgredendo
il divin precetto, ed inaspr la piaga seducendo Adamo e precipi-
tando cos tutto il genere umano. - 10. Colei che fu bisava al
cantor, Par. xxxn, 10, 11, Eut bisava di Davide, il re poeta.
Colere, dal lat. colere, Onorare, Tenere in pregio; Inf. xn, 120,
nel qu,al luogo si cola sta per si cole. Sul fatto al quale si allude
cfr. Guido di Monforte. Anchora onorato chura; Iac. Dant. -
si
Idest colitur; Benv. - Si cola, cio onora, e viene da colo, colis;
e pertanto dice che egli s'onora, in quanto con reverenza e com-
passione, avendo riguardo alla benignit e alla virt di colui di cui
fu, da tutti quelli che per quella parte passano riguardato;
Bocc. - Si cola, cio s'onora: imper che tutti l'Inghilesi che vi
passano fanno onore a quella statua, et vocabolo grammaticale e
viene da colo, colis; Buti. Cos intesero tutti gli antichi. Di cola
da colere, usato anche da' provenzali, cfr. Nannuc., Verbi, 337. L'in-
terpretazione: Versa ancora il sangue agli occhi dei connazionali,
cio tien viva in essi la memoria del delitto e il desiderio della
vendetta, del tutto inattendibile.
Colla, Colle, voci formate dalla prep. con, e dall'art, la, le;
e si scrive di solito con la, con le; occorre sovente; cfr. CON.
Collaterale, da cum e lateralis ; Che o Che sta allato, Che
vicino ad uno dei lati di checchessia; Conv. iv, 17, 49 e seg.
Colle, dal lat. Collis; 1. Piccolo inalzamento di terreno, con
leggiero declivio verso la pianura; Inf. i, 13; xxn, 116; xxiii, 43,
53; xxx, 64. Purg. xxiv, 126. Par. ix, 28; xxu, 153.-2. Quel colle,
sotto il qual tu nascesti, Par. vi, 53 e seg., la collina di Fie-
sole, alle cui falde situata Firenze, dove nacque Dante. - 3. Il
colle eletto dal beato Ubaldo, Par. xi, 44, il monte Subasio,
sul cui pendio collocata la citt di Assisi, Cfr. Ubaldo.
Colle, borgata della Toscana situata sopra una collina presso
Volterra in Valdelsa a 18 chilometri da Siena, dove i Fiorentini
nel 1269 disfecero i Sanesi e gli altri Ghibellini guidati da Pro-
Collega-Colletto 397
venzan Salvani e da Guido Novello; Pure/, xiii, 115. Cfr. Mueat.
Script, xv, 36. Vill., vii, 31. Aquarone, D. in Siena, 123 e seg %
Collega, dal hit. collega, Compagno in alcuno uffizio, o nel-
l'esercizio di qualche nobile professione. E per estensione, Colui che
si adopera con altri nella stessa impresa e a un medesimo fine ;
Par. xi, 119.
Collegio, dal lat. collegium, Compagnia d'uomini uniti in par-
ticolar societ per un fine comune, o che, sotto una comune disci-
plina, attendono nel medesimo luogo all'esercizio di una nobile
professione. 1. Per Congregazione o Corpo di uomini investiti di
pari autorit, o della medesima dignit; Conv. iv, 27, 71.- 2. E
per Congregazione di persone, le quali conducono vita connine ih
un chiostro, secondo una certa regola; detto figuratam. degli eletti;
Purg. xxvi, 129. Par. xxn, 98. - 3. E per Qualunque riunione di
pi persone che hanno una qualit comune; Inf. zzili, 91. - 4. I
due collegi, Par. xix, 110, sono le due schiere, dei salvati alla
destra, e dei dannati alla sinistra di Cristo; cfr. S. Matt. xxv, 31
e seg. - 5. Nel luogo Par. vi, 45 disputabile se collegi sia il
plur. di Collegio o si riferisca alle repubbliche, contro le quali i
Komani dovettero combattere, oppure se collegi sia il plur. di Col-
lega, per Colleglli (cfr. Nannuc, Verbi, 289. Monti, Prop. i, 2, 168)
e si riferisca aire e principi collegati o confederati. I pi antichi
taciono. Benv. Duces et communitates. - Buti: Cittadini e co-
:
mitadi e gente collegate insieme. - Serrav. dice collegia senza
pi. - Land.: Contra varie nationi et popoli. - Dan.: Contra
i Principi assoluti, et contra Republiche. Cos pure Vent. ed
le
altri. - Tom.: Alleati, o Comuni.
- Br. B.: Pare voglia signi-
ficare federazioni, oppure governi rappresentati da collegi o senati. -
Campi: I Collegi sembra fossero segnatamente i popoli collegati
della Grecia.
Collerico, dal lat. cholericus, Inclinato alla collera, Facile
Detto di temperamento o complessione, vale Che
all'ira, alla stizza.
in esso abbonda la bile, Bilioso; Conv. in, 8, 118.
Colletta, dal basso lat. collecta, per Aggravio, Imposizione
che si esige dai cittadini, nel qual senso dovrebbesi prendere la
voce Collette, Inf. xi, 36 ma questa lezione probabilmente
;
falsa; cfr. Tolletta.
Colletto, dal lat. collectus, Raccolto, Riunito; Purg. zviii, 51.
Cam.: Le dolci rime d'Amor, v. 57.
398 Collo-Cologna
Collo, dal lat. collum; 1. La parte
del corpo dell'animale, che
unisce la testa col busto; Inf. vili, 43; x, 75; xm, 13; xvi, 26; xvn,
55; xxiv, 99; xxv, 5; xxx, 29; xxxi, 73, 89; xxxn, 44; xxxiv, 70.
Purg. xxix, 108. Par. il, 10; xvm, 107; xx, 27. - 2. Collo della cetra,
o simili strumenti, si disse per il Manico di essi; Par. xx, 22. -
3. Collo del monte, dell'argine, della ripa, si disse per la Parte pi
alta di essi; Cima, Sommit; Inf. xxn, 116 (nel qual luogo pa-
recchi testi hanno colle, invece di collo); xxnr, 43. - 4. E anche
assolutam. si disse per Altura, Giogo; Par. iv, 132.
Collocare, dal lat. collocare, Porre in un luogo opportuno,
conveniente; Par. xxvm, 21.
Colloquio, dal lat. colloquium, Il parlare insieme di due o
pi persone, e propriamente intorno a cose di qualche momento;
Conv. iv, 27, 114.
Colino, dal lat. cuhnen ; 1. La parte pi alta di checchessia,
dicesi specialmente di cose che abbianouna curvit, come arco, ponte
e Cima, Sommit; Inf. xix, 128; xxi, 3; xxxiv, 114. Par.
simili,
xvm, 98. - 2. Detto della vita o dell'et, vale II mezzo della vita
umana; Conv. i, 3, 18. - 3. Detto del giorno, vale il mezzo di esso;
Conv. iv, 23, 81.
Cologna e Colonia,dell'Allemagna sul Beno, dove
citt
insegn e mor Alberto Magno; Par.x, 99. -Nel luogo Inf. xxm,63
la lezione controversa. I pi leggono Cologna, col Vat., Caet., ecc.
Altri Clugn, Crugni, Colognin, Cologni, Colognia, Cligni, Co-
ligni, ecc. Non sembra facile il dire quale sia la vera lezione, cio
come scrisse il Poeta; pare per che egli intenda di Cologna in Al-
lemagna, come intesero gli antichi. Che incolonia perii monaci
fassi. Exemplificatione loquitur auctor dicens quod quidam pecca-
tores cruciati in isto lacu habentes cappas maximas Cohoperientes
usque ad pedes eorum que similes erant Capis et vestibus mona-
corum colonie Bamogl. - A Cologna una Badia di monaci molto
;
ricchi e nobili. E montaro in tanta superbia, che il loro Abate con
buona compagnia di monaci furono al Papa, e chiesono di potere
portare di scarlatto i cappucci orati e '1 Concestoro de' Cardinali
;
col Papa, vedendo questa arroganza, comandaro che portassero sempre
cappe di panno non gualcato, vilissimo, albago, e s corti, che non
toccassono terra. E tanto panno per uno in cappuccio, quanto co-
prisse il capo di quello medesimo panno. E cos fu loro fatto per
la loro ipocresia; An. Sei. Lo stesso ripete Lan., aggiungendo
espressamente In Cologna che in Alemagna. - Dice, ch'erano
:
Colomba -Colonna, Egidio 399
della taglia delle cappe che si fanno in Cologna per li monaci, le
quali sono smisuratissime di larghezza, e di lunghezza, e quasi nel
cappuccio ha una gonnella: questo fanno per onestade; Ott.- Petr.
Dant. e Cass. taciono. - Come portano imonaci incolognia che sono
i pi. isciocchi vestimenti cheporti veruna altra gi ente ; Falso
Bocc. - Specificat cappas istorum per comparationem capparum,
quibus utuntur monachi in Alemania qui portant habitum ita inep-
tum et informem, ut non videatur li abere aliquam formam vestis,
imo videtur quasi unus saccus. -- Colonia est civitas magna et for-
tissima in Alemannia bassa supra llhenum Benv. Lessero pure ;
Cologna o Colonia e intesero della citt tedesca sul Beno Buti,
An. Fior., Serrav., Land., Tal., Barg., Veli., Dan., -iusomma tutti
gli antichi senza una sola eccezione (che il silenzio di Iac. Dant.,
Petr. Dant., Cass., Cast., Gelli, non vuol certo dire un' eccezione),
onde pare alquanto ingenuo il volere leggere e spiegare dopo se-
coli in modo diverso, intendendo della celebre abbazia de' Benedet-
tini a Clugny nella Borgogna, o magari nella Cologna Veneta, dove
fioriva nel medio evo l'industria dei tessuti di lana. Prima di sco-
starsi dalla lezione ed interpretazione comune a tutti gli antichi
pel corso di oltre quattro secoli, bisogna spiegare il fatto di tanto
accordo. E spiegazione non pu essere che una sola: Andarono
la
tutti d'accordo, perch questa la vera lezione ed interpretazione.
Colomba, dal lat. columba. propriam. La femmina del co-
lombo, ma talora prendesi anche per il maschio stesso; Inf. v, 82.
Colombo, dal lat. Columbus, Piccione; Purg. n, 125. Par.
xxv, 19.
Colonia, cfr. Cologna.
Colonna, dal lat. eolumna, usato per Insegna di famiglia, e
poeticam. per la Famiglia stessa avente tale insegna; Par. xvi, 103,
nel qual luogo colla denominazione LA colonna del Vajo desi-
gnata la famiglia dei Pigli o Pilli, del quartiere di Porta San Bran-
cazio, nobile famiglia dell'antica Firenze. Cfr. Pilli.
Colonna, Egidio, detto comunemente Egidio da Eoma, da
Dante chiamato Egidio Eremita, Conv. IV, 24, 71, nato verso il 1247
della nobile famiglia romana dei Colonna, frate Agostiniano, disce-
polo di S. Tommaso, fu uno dei pi famosi Dottori del suo tempo
a Parigi, educatore di Filippo il Bello, eletto da Bonifazio Vili ar-
civescovo di Bourges nel 1295, morto in Avignone nel 1316. Dett
parecchie opere filosofiche, teologiche e Scritturali, la pi celebre
delle quali, De Regimine Principum, citata da Dante, 1. e. Cfr.
400 Colorare-Colpa
Trittenheim, Scriptt. Eccles., 121. Bul^us, Hisl. univ. Paris.
in, 671. Cave, Hist. liti. Script, eccles. n, 326. co
Colorare, dal lat. colorare; 1. Tinger di colore; Dar colore;
lo stesso che Colorire; Purg. xix, 15. - 2. E assolutali!, per Dipin- I ti
gere, Dare il colore alla pittura disegnata; in locuz. flgur. Purg. || ta
xxn, 75.
Colorato, dal lat. coloratus ; 1. Tinto di colore, Che ha co-
lore; Inf. x, 86. - 2. Riferito pi che altro al volto dell'uomo, vale
Che ha quel colore rosso, che manifesta salute, gagliardia; pi co-
munemente Colorito, Conv. in, 3, 55. - 3. E assolutane, detto di
persona, Acceso, Infiammato, in volto; Purg. xxxni, 9.
Colore, dal lat. color; 1. Quella varia modificazione che la
luce riceve principalmente riflettendosi dalla superficie de' corpi, e
producendo per tal modo una varia impressione nell'organo visivo;
Inf. in, 10; xin, 4; xvn, 16, 56; xvm, 2; xxv, 62, 65, 119. Purg.
i, 13, 129; vii, 77; ix, 77, 116; xi, 115; xm, 9, 48; xxv, 93; xxix,
77; xxxii, 56, 59. Par. il, 89, 108; x, 42; xx, 80; xxi, 28; xxiv, 27;
xxvn, 28; xxxin, 117, 130. Cfr. Conv. in, 9, 48 e seg.; in, 9, 71
e seg.; iv, 22, 140. Vul. eh i, 16, 11 e seg., ecc. - 2. Riferiscesi al
volto dell'uomo, in quanto manifesta i varj affetti dell'animo; Inf.
in, 101; iv, 16; ix, 1. Purg. v, 20; xix, 9.-3. Il color dei ca-
pelli detto con allusione a Giacobbe ed Esa, del qual ultimo
si legge che Rufus erat, et totus in morem pellis hispidus; Gen.
xxv, 25, volendo dire, che ciascun pargolo ha quel grado di gloria
che risponde al grado di grazia largitagli da Dio; Par. xxxn, 70.
Secondo che a Dio piacque di dare pi grazia ad Iacob, che fu
nero et ebbe li capelli neri, che ad Esa, che fu rosso, et ebbe li
capelli rossi; cio secondo che a Dio piacque di dare all'uno li ca-
li piacque di dare all'uno pi grazia
pelli neri, et all'altro rossi, cesi
che all'altro; Buti. - 4. Colori, detto poeticam. per Fiori; Purg.
xxvni, 68. - 5. E per Veste o Abito colorato, in contrapposizione
di Veste, Abito bianco o nero; Purg. xxx, 33.-6. E per Ornamenti,
Figure e simili, rettorici e poetici, Son. : Io maledico il d ch'io
vidi in prima, v. 6. - 7. Sotto colore, posto avverbialm. vale Sotto
specie, Facendo vista, ma senza alcuna idea d'infingimento; Conv.
in, 8, 149; in, 9, 11.
Coloro, plur. dei pron. Colui e Colei; occorre sovente nella
Div. Com. Cfr. Colei, Colui.
Colpa, dal lat. culpa, Atto della volont, col quale l'uomo of-
fende la morale o le leggi; e comprende cos l'idea di peccalo, come
Colpo-Colto 401
quella di delitto, il primo dei quali propriamente Mancamento
contro alla morale, l'altro contro alle leggi. Nella Viv. Coni, questa
voce adoperata 43 volte, 20 neWlnf, 14 nel Purg. e 9 nel Par. -
1. Nel senso proprio, per Peccato, Delitto; Inf. v, 5; Vi, 53, 57;
vii, 45, ecc. - 2. Per colpa di alcuno, vale Per cagion sua, congiun-
tavi l'idea di danno o di malizia; Par. xv, 144. - 3. E assolutami.,
Colpa di alcuno, vale Per colpa sua; Par. i, 30. -4. Cadere in colpa,
vale Eendersi colpevole, Commettere fallo o mancamento; Conv. i,
2, 57. - 5. Dar colpa, o la colpa, Porre la colpa di una cosa ad al-
cuno, vale Incolpamelo, e riferiscesi anche a cosa; Conv. i, 11, 55;
in, 2, 8.
Colpo, dal lat. colaphus, e questo dal gr. xXacpos, lat. barb.
col/pus ; Percossa
1. che si d o con mano o con arme o con altro,
a fine di offendere; Inf. xn, 23; xxvill, 13; xxxn, 62. Purg. in, 108.
Par. xix, 120. - 2. E in locuz. figur. Inf. xxiv, 120. Purg. xxxi, 59.
Par. xvn, 107. - 3. Per similit., detto di luce, vento e simili, vale
L'impressione che queste cose fanno, in specie quando operano ga-
gliardamente, o si muovono con un certo impeto Purg. xxvm, 9. ;
Par. il, 106. - 4. E per l'Impressione o il Segno che lascia il colpo
ricevuto, ed anche per Cicatrice; Purg. xxn, 3. - 5. Figuratam. per
Forte impressione che alcuna cosa fa sopra i sensi, o nell'animo;
Inf. xiii, 78. Purg. i, 12. - 6. Colpo di fortuna, e poeticam. di ven-
tura, vale Caso, Avvenimento sinistro, Infortunio, Avversit; Par.
xvn, 24. - 7. Di colpo, vale A un tratto, In un istante, o All'istante;
Inf. xxn, 124, nel qual luogo per molti ottimi testi invece di di
colpo hanno di colpa. Fu compunto di colpa, quasi dicat: do-
luit quod fuerat in culpa prestando incaute materiam evadendi illi,
vel secundum aliam literam, di colpo, idest punctura cordis; est
tamen idem effectus Benv. - Di colpa, - cio ciascun si riput
;
colpevole del suo fuggire ; Buti.
Coltello, dal lat. cultellus, forma diminut. di culter, Stru-
mento da tagliare; Inf. xxix, 83.
Coltivare, (Tal lat. cultura, partic. pass, di colere, per mezzo
di un add. verb. cultivus, di cui per non si ha alcun esempio;
Lavorare, o Far lavorare, il terreno a fine di renderlo fruttifero;
e usasi anche assolutam. In locuz. figur. Purg. xiv, 96. Conv. iv,
21, 87 e seg.
Colto, forma antica, usata anche in prosa per CULTO; Sost. dal
lat. cultus, Tributo di onore e di venerazione, che si rende alla Di-
vinit, in modi diversi secondo le diverse religioni; e propriamente,
26. Enciclopedia dantesca.
-
402 Colto-Colui
con atti esterni di adorazione e ne' luoghi sacri a ci destinati; Par.
v, 72; xxn, 45. Cfr. Culto.
Colto e Colto, Add., dall'add. lat. cutus, Coltivato, detto di
campo, terreno, e per estensione anche di paese, regione,
simili ; e
e simili. E talvolta vale, poeticam., Adorno, Ben tenuto, Abbellito,
e simili; Inf. xiii, 9. Purg. xxx, 119.
Colto, Partic. pass, di Cogliere; cfr. Cogliere.
Coltre, dal lat. culcitra, Coperta da letto ; Inf. xxiv, 48, luogo
di controversa interpretazione. I pi intendono Tra gli agi e nel :
dormire non si sale in rinomanza, ovvero: Coll'ozio e colla pigrizia
l'uomo non si rende celebre. Invece lo Strocchi, seguito da pochi,
prende coltre nel senso di baldacchino, trono, o altro simile orna-
mento di suprema podest, unisce l'espressione ne sotto coltre col
verbo si vien e spiega Seggendo in piuma non si diventa n fa-
:
moso n potente, - interpretazione che non sembra accettabile.
Coltura, dal lat. cultura, L'azione e L'effetto del coltivare,
Coltivazione. In locuz. fgur. Par. xn, 119.
Colubro, dal lat. couber, Serpe ; Par. vi, 77.
Collii, dal lat. ecce ille, pron. masch. che al plur. fa Coloro,
Serve ad accennare la persona distante cos da chi parla, come da
chi ascolta; ed lo stesso che Quegli, ma indica con maggior effi-
cacia; Inf. i, 86, 118, 129, 135; il, 52 e spesso, in media due volte
in ogni canto, in tutta la Div. Com. circa 200 volte, anche come
pronome dimostrativo di cosa, come Purg. IV, 74; vi, 56; xxni, 120.
Par. xx, 1, ecc.
1. Dio chiamato: Colui, lo cui saver tutto trascende, Inf.
Vii, 73, cio Quegli, il cui sapere superiore ad ogni cosa. - Colui,
che nasconde lo suo primo perch, Purg. vili, 68, cio Quegli, che
tiene occulta la prima cagione di ci che Egli fa. - Colui, che mai
non vide cosa nuova, Purg. x, 94, cio Quegli, cui nessuna cosa pu
essere nuova, vedendo Egli ogni cosa ab eterno. - Colui, che ti
fece, Purg. xvi, 32, cio Quegli, che ti cre, Il tuo creatore. -Colui,
che tutto muove, Par. i, 1, cio il Primo Motore dell'Universo.
Colui, che qui ne cerne, Par. ni, 75, cio Quegli che ci ha as-
segnato questo grado di beatitudine. - Colui, che ogni torto di-
sgrava, Par. xviii, 6, cio Quegli che ricompensa giustamente;
cfr. Deuter. xxxn, 35. Ad Bom. xn, 19. Ad Hebr. x, 30. -Colui,
che tutto vede, Par. xxi, 50, cio l'Iddio onniveggente. -E sem-
plicemente Colui, Purg. xiii, 108, cio Quegli xax' ox^ v -
Colui 403
Cristo detto Colui, che la gran preda lev a Dite, Inf.
2.
XII, 38, cio Quegli che trasse le tante anime dal Limbo. - Colui,
che il morso (della pianta mistica nel Paradiso terrestre) in s pu-
nio, Purg. xxxiii, 63, cio Quegli che sub la morte per espiare
il peccato d'Adamo, commesso mangiando del frutto proibito. - Co-
lui, che in terra addusse la verit, Par. xxn, 41, cio Quegli che
rec il Vangelo in terra. - Colui, che fu crocifisso, Conv. in,
7, 123, cio Quegli che sub la morte alla croce per redimere
F umanit.
3. Colui che fece per viltate il gran rifiuto, Inf. in, 59
e seg., secondo i pi papa Celestino V che rinunzi al papato;
cfr. Celestino V; secondo altri Esa, che vendette la primogeni-
tura al fratello Giacobbe, la qual vendita non si pu veramente
chiamare un rifiuto. Altri dicono che questi fosse Diocleziano, il
quale essendo vecchio rinunzi all' Impero, altri Komolo Augustolo,
altri Vieri dei Cerchi, altri Federico re di Sicilia che rifiut la si-
gnoria di Pisa (nel 1313, mentre Dante parla di un rifiuto avve-
nuto prima del 1300 e trova il personaggio nelYInf. gi nel 1300!),
altri Giano della Bella, altri altri ancora. Probabilmente non si ar-
river mai a stabilire con certezza assoluta chi sia il personaggio
in questione. Volendo accingersi a sciogliere V enigma forte, giova
tener presente alla mente: a, che il gran rifiuto anteriore al 1300;
b, che chi lo fece era gi passato ai pi nella primavera del 1300,
epoca fittizia della visione dantesca; e, che Dante conobbe perso-
nalmente in vita il personaggio, avendolo riconosciuto nel mondo
di l appena adocchiatolo.
4. Colui che tenne ambo le chiavi del cor di Federico,
Inf. xin, 58 e seg., il capuano Pier delle Vigne, poeta volgare
della Scuola Siciliana, cancelliere di Federico II imperatore ed un
tempo suo intimo confidente, finch, accusato a torto, come suppone
Dante, cadde in disgrazia, fu incarcerato e mor di propria mano
nel 1249. Cfr. Pier delle Vigne.
5. Colui che fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione, Inf.
xv, 112 e seg., Andrea dei Mozzi, il quale, essendo vescovo di Fi-
renze sin dal 1287, fu trasferito nel 1295 al vescovado di Vicenza.
Cfr. Andrea de' Mozzi.
6. Colui ch' io credea che tu fossi, Inf. xix, 77, papa Bo-
nifazio Vili, che il dannato suo precursore Niccol III credeva fosse
gi arrivato nel 1300 ad occupare il suo miserabile posto nella bolgia
dei simoniaci.
7. Colui che si vengi con gli orsi, Inf. xxvi, 34, il pro-
feta Eliseo, discepolo di Elia e suo successore, il quale, beffato dai
ragazzi di Betel, li maledisse nel Nome del Signore, in conseguenza
404 Colui
della qual maledizione egressi sunt duo ursi de saltu, et lacera-
verunt ex eis quadraginta duos pueros ; cfr. Lib. IV Regum n,
23 e seg.
Colui dalla veduta amara, Inf. xxviii, 93, Curio o Cu-
8.
rione tribuno romano, partigiano di Pompeo e poi vendutosi a
(il
Cesare), al quale la veduta di Kimini fu funesta. Cfr. Curio.
9. Colui che gi tenne Altaforte, Inf. xxix, 29, Bertram
dal Bornio, signore di Hautefort o Altaforte, che istig il primo-
genito di Enrico II re d'Inghilterra a ribellarsi al proprio padre.
Cfr. Bertram dal Bornio.
10. Colui che ha s benigno aspetto, Purg. vii, 104, Enrico
di Navarra, detto il Grasso, fratello del buon re Tedaldo, Inf.
xxii, 52, suocero di Filippo il Bello, cui aveva dato in moglie Gio-
vanna sua figlia ereditaria. Mor nel 1274 a Pampelona, soffocato
nel grasso del proprio corpo. Fu
natura tutt' altro che benigna,
di
ma Dante non parla che dell'apparenza esteriore per l'appunto come
l dove descrive l'apparenza di Gerione, Inf. xvn, 10 e seg. Cfr. Ar-
rigo di Navarra.
11. Colui dal maschio naso, Purg. vii, 113, Carlo d'Angi,
l'usurpatore del Kegno di Napoli e di Sicilia, l'assassino dell'in-
felice Corradino degli Hohenstaufen, l'ipocrita dal naso maiuscolo.
Cfr. Carlo I d'Angi.
12. Colui che fu nobil creato, Purg. xn, 25, Lucifero, del
quale S. Gregorio (cfr. Thom. Aq., Sum. th. i, 63, 7) dice Primus :
Angelus qui peccavit, dum cunctis agminibus Angelorum prasla-
tus eorum claritatem transcenderet, ex eorum comparatione clarior
fuit. E S. Bonaventura, Comp. n, 28: Dictus est autem Luci-
fer, quia prae cseteris luxit suseque pulchritudinis consideratio eum
exccecavit.
13. Colui che pria volse le spalle al suo Fattore, Par. ix,
127 e seg., Satanasso, che fu il primo ribelle a Dio suo creatore,
ed indusse ed induce altre creature a ribellarsi al loro Fattore.
14. Colui che a tutto il mondo f' paura, Par. xi, 69,
Giulio Cesare.
15. Colui che fascia col fregio la bella insegna del gran
barone. Par. xvi, 132, Giano della Bella, la cui arme era quella
di Ugo il Grande, contornata da un fregio d'oro. Cfr. Bella (della).
16. Colui che impresso fue, Par. xvn, 76, Can Grande della
Scala, signore di Verona. Cfr. Cangrande.
17. Colui che volle viver solo, Par. xvm, 134, S. Gio-
vanni Batista, che erat in deserto; S. Lue. i, 80.
18. Colui che tien le chiavi, Par. xxm, 139, S. Pietro, cui
Cristo diede le chiavi del Regno de' cieli; cfr. S. Matt. xvi, 19.
Colui 405
19. Colui che giacque sopra il petto, ecc. Par. xxv, 112,
l'Apostolo S. Giovanni, il quale era coricato in sul seno di Ges;
Ev. Joh. xni, 23; xxi, 20.
20. Colui che mi dimostra il primo Amore, Par. xxvi, 38,
uno sconosciuto, il quale ad alcuni interpreti mostr tutt' altro
che il primo Amore. 11 Buti chiosa: Quello savio Teologo, ma
non dice chi esso sia. Gli altri antichi intendono unanimemente di
Aristotile, il quale disse: Unus estprinceps ; e che nella Fisica e
Metafisica pone uno Iddio, e nel libro De Causis pone Iddio come
causa suprema, cio Bene sommo, ed insegna, le anime umane de-
Prima Cagione. Cos Lan.,
siderare naturalmente di riunirsi alla loro
Ott., Petr. Dani., Cass., Palai., Falso Bocc, Benv., An. Fior.,
Serrav., Land., Tal., Dan., Voi., Veni., Ed. delVAnc, Tom., Andr.,
Campi, Poi., Kop., Bl., ecc. Primo a scostarsi dalla comune inter-
pretazione fu Veli.: E questo Dionisio in libro de divinis no-
il
minibus. E
Dionigi Areopagita intendono pure Filai., Witte,
di
Noti., Krig., Bariseli, Pfleid, Franche, Gildem., ecc., appoggian-
dosi sul passo De coel. hier., e. il, 4 "Oxav xg vo|iooog \lo-
:
lxvjxag xolc, vospog rcepiti&vesg, ra&opiav axog uspntXocawfisv, spwxa
9-stov axyjv svvoYjaoa x.py] xr c,
t
tiyjp Xyov xa vouv lioLC, xa xyjv
cbc/Uvyj xa vvSoxov sepsatv xvjc; Kzpouaioc, yvyjs xa nad-oc, 0-sto-
pa xa xyj npbc, sxsvyjv xyjv xa-9-apv xa xpoxxYjv Siaysoav xa
xyjv vxwg xa voyjxyjg xoc-
TtXavyj xa xaXAorcoov sTtpTisiav aoovcag
vcovag. Per molti moderni il personaggio in questione Platone, il
quale dimostra nel principio del suo Simposio, amore (cio il Sommo
Bene in s diffusivo) essere la prima di tutte le sustanzie sempi-
terne. Cos Domb., Pori., Pogg., Costa, Ces., Borg., Br. B., Triss.,
Frane, Cappel., De Gub., Streckf., Guseck, v. Enc~k, Aroux, P.
A. Fior., Sanjuan, ecc. Dal canto suo il Biag.: Io intendo di Pi-
tagora, e fondo il creder mio in quel suo detto, che risponde al lat.
sequere Deum. E il Bennas.: S. Pietro, che nella sua prima let-
tera, i, 12, parlando dello Spirito Santo (primo amore) e degli an-
geli (sustanzie sempiterne) dice: Spritu Sancto misso de cado, in
quem desiderant angeli prospicere. E il Corn.: Si pu dire che
sia Ges Cristo il quale parlando degli angeli (detti da Dante so-
stanze immortali o sempiterne) afferma {Math. xvni, 10): Angeli
in coelis semper vident faciem Patris mei, qui in ccelis est. Alcuni
non sanno decidersi; Wagn., Frat., Greg., Camer., Kanneg., Eitn.,
v. Hoffing., Ratisb., Long., v. Mijud., ecc. Il Plumptre: What has
just been said is illustrated by the man}' names which commen-
tator have suggested for the teacher spoken of: Aristotle, Plato,
Pythagoras, Dionysius the Areopagite, St. Peter. It would be easy
to lengthen the list by adding the names of Augustine, or Aquinas,
406 Com'-Comfoattere
or Buonaventura, or St. Bernard, or Hugh or Kichard or Adam of
St. Victor. - Quando tutti gli antichi vanno d'accordo, da am-
mettere la loro sentenza, a meno che sia dimostrata falsa da argo-
menti indiscutibili. Nel presente caso poi, l'interpretazione degli
antichi confortata da quanto scrive il Poeta medesimo, Coni).
ni, 2, 18-51.
Com'j abbreviamento di Come, precedendo le consonanti sem-
plici; cfr. Come.
Comandamento, da comandare; 1. Il comandare, e La cosa
comandata, Ordine; Inf. ri, 79. Purg. xxxn, 107.- 2. Per Norma,
Regola, Precetto; Conv. iv, 22, 1.
Comandare, dal lat. commendare, e volgarmente anche com-
mandare, in senso di Affidare, Raccomandare; 1. Imporre come su-
periore, Commettere espressamente; Inf. li, 54;
128; xvi, 110.
x,
Par. xi, 114, 122. Conv. i, 7, 7, 16, 18, 21 e seg.; li, 6, 21; iv,
4, 52, ecc.; IV, 24, 98 e seg. - 2. Detto di legge, vale Prescrivere;
Conv. iv, 9, 61; iv, 24, 115. - 3. E vale pure Dar per regola o per
precetto, ed anche semplicemente Dar per consiglio; pi comune-
mente Raccomandare: detto per lo pi d'autori o libri didattici;
Conv. ni, 8, 79.
Comandato, Partic. pass, di comandare; e in forma d'Add.
Ordinato, Imposto, Prescritto; Conv. l, 7, 7, 26.
Comandatore, Verbal. masc. da comandare, Chi o Che co-
manda. E per Signore, Governatore; Conv. IV, 5, 47.
Comando, L'atto del comandare, ed altres Ci che si comanda
ad alcuno di fare; Purg. xxxi, 73. Par. xxiv, 153.
Combattere, dal lat. combatuere; 1. Far battaglia insieme;
Battersi che fanno insieme gli uomini guerreggiando. Riferiscesi
tanto ad eserciti e ad armate, quanto a schiere, e a due che pu-
gnino a corpo a corpo; Inf. xxiv, 148. Conv. ni, 3, 39. - 2. E in
senso figurato Inf. v, 66. Par. xil, 95; xxvn, 51. Conv. iv, 2, 106. -
;
3. E poeticam. detto di agnello, per Agitarsi, Saltellare, lascivamen-
te; nella maniera Combattere seco medesimo; Par. v, 84. - 4. Bat-
tere colle macchine, Assaltare colle armi, detto di citt Conv. il, ;
7, 64. - 5. E detto di nemico, esercito, schiera e simili, Assalirlo,
Attaccarlo, Dargli battaglia; Purg. xxiv, 123.-6. E figuratam. Mo-
lestare, Tormentare, Travagliare, detto di persona: e detto, pi che
altro poeticam., di cosa, Agitare, e anche Percuotere con impeto;
Inf. il, 107; v, 30.
Comburere-Come 407
Comburere, dal lat. comburere, Dare alle fiamme, Abbru-
ciare, Ardere; Inf. i, 75. Purg. xxix, 118.
Come, o dal lat.quomodo, cui pi analogo lo spagn. e ant.
ital. corno; o dal lat. quom, quum, mediante le nostre forme an-
tiquate, simili alle provenzali cum, com, co ; quando non si voglia
piuttosto opinare che ubbia avuto origine e dall'uno e dall'altro,
secondoch e' inducono a credere i varj sensi ed usi del come, dei
quali sarebbe difficile assegnare altrimenti la ragione. Come Par-
ticella che serve a reggere uno de' termini d' un paragone, e che
propriamente usasi in correlazione di Cos, espresso o sottinteso :
Nel modo stesso che, Nel modo o In quel modo che, Nella guisa
stessa che. Occorre centinaia di volte nella Dv. Com. e nelle altre
Opp. volg. di Dante. - 1. In signif. proprio, Inf. i, 22; n, 48; HI,
13, 112; V, 29, ecc. - 2. Usato a significare somiglianza, analogia,
o simili, fra due cose o persone, vale A guisa, A foggia, A modo
di, In forma di, o simili; per lo pi con ellissi del suo correlativo
Cos; Purg. xxi, 136; xxxiii, 130.- 3. E usato a significare rela-
zione fra un'azione e la qualit o lo stato di colui che la compie,
vale In qualit di, A modo proprio di, Da, e simili; ed anche Es-
sendo tale, quale dal contesto dichiarato; Conv. IV, 30, 16.-4. In
corrispondenza di S o Cos, le pi volte espresso, forma anche una
locuzione partitiva, che vale Egualmente che, Tanto quanto; Conv.
IV, 22, 36. - 5. In proposizione interrogativa, o che inchiuda inter-
rogazione, vale In qual modo, In che guisa, Per qual mezzo; Inf.
IV, 17. Purg. xin, 101. - 6. Vale altres Per qual motivo, Per qual
ragione o cagione, A qual fine, Perch Inf. x, 67. Purg. li, 93. -
;
7. E usato in proposizione non interrogativa, nel senso parimente
di In qual modo, Per qual via o mezzo, ed anche Per qual cagione
o ragione, Perch, ed altres Con qual nome; Inf. xxn, 39. - 8. In
proposizioni ammirative od esclamative, o aventi alcun che d'am-
mirativo, Come usasi in senso di Quanto, denotante grado o inten-
sit di qualche qualit od azione; Inf. xvni, 37. Conv. iv, 12, 78;
IV, 30, 46. - 9. Usato in senso di Comunque, In qualunque modo,
In qualsivoglia maniera; Inf. xv, 96. - 10. E in significato e forza
di avverb. di tempo, Nell'atto che, Mentre: nel qual senso comu-
nemente regge l'imperfetto del verbo, e trovasi spesso ad avere, in
modo per pleonastico, per sua correlativa la cong. E Inf. xxv, 49. -
;
11. E per Tostoch, Appenach; o semplicemente Allorch, Poich,
Quando; Inf. xxvi, 28. Purg. Vi, 25. - 12 Come ha anche forza di
Cong. e vale Che, cos nel suo senso pi semplice, come nel senso
di Qualmente, In quel modo, Per qual modo o ragione; Conv. rv, 6,
52; iv, 11, 1. - 13. In senso di Quale, congiunto con Che, forma una
408 Comeccli-Cominciare
maniera che significa Qualunque Conv. IV, 29, 13. - 14. Usato in
;
forza di Sost., vale Modo, Via, Verso, di fare una data cosa; ovvero
Modo, Cagione o Kagione, nel quale o per la quale una cosa av-
venuta; Purg. xxv, 36. Par. xxi, 46. - 15. Come se, locuzione con-
dizionale, equivalente a Come sarebbe se, Come farei o faremmo o
avremmo fatto seAl modo stesso che se, Quasi come, e simili. E
;
per ellissi suole anche tacersi il Se; Inf. x, 36; xxvi, 89.- 16. Come
che, Come va che, in proposizione interrogativa, sono maniere che
valgono In qual modo, Per qual ragione, Donde avviene che; pi
comunemente Come mai. E in proposizioni aventi forza d'interro-
gazione, il verbo Essere si pone anche all'Imperf. e al Pass. perf.
o piuccheperf., cos dell'Indie, come del Sogg.; Purg. xxvi, 22.-
17. Come quella cosa, equivale a Essendoch, Inquantoch, la tal
cosa, ecc., Inf. xn, 53.-18. Cos come, maniera ch'equivale al
semplice Come nel senso di Nel modo stesso che Conv. iv, 20, 25 ;
e seg. - 19. S tosto come, ed anche Cos tosto come, sono maniere
avverbiali di tempo che valgono Subitoch, Tostoch; Inf. v, 79.
Purg. xxx, 124. Par. xxviii, 134.
Comecch, e disgiuntamente Come che, Congiunzione av-
versativa, che adoperasi col modo soggiuntivo, talvolta sottinteso.
Quando disgiuntamente, e che regge due preposizioni, tal-
scritto
volta, e specialmente in poesia, si tace il Come innanzi alla se-
conda; Bench, Sebbene, Quantunque, Avvegnach; Inf. vi, 72. Purg.
xxiv, 45. - E in forza d'Avverb., In qualunque modo, Comunque; Inf.
VI, 5, 6; XVIII, 57.
Contento, cfr. Commento.
Cometa, dal lat. cometa e eometes, e questo dal gr. xo|,y)tyjs,
propriam. Chiomato: Corpo celeste che obbedisce alle leggi dell'at-
trazione universale, e che ha 1' aspetto di una nebulosit luminosa,
accompagnata spesso da una o anche da pi code; Par. xxiv, 12.
Comico, dal lat. comicus, e questo dal gr. xojiotc;, Di o Della
commedia, Appartenente a, o alla commedia. E per Poeta comico,
Scrittore di commedie; Par. xxx, 24.
Cominciamento, da cum e initium; 1. L'atto del comin-
ciare, e pi comunemente Principio; Par. xxn, 86. - 2. E per Prin-
cipio di libro, scrittura, discorso e simili; Conv. il, 14, 176; IV, 12, 77.
Cominciare, cum
indiare. Nella Div. Com. questo
dal lat. e
verbo adoperato 114 volte, 36 neWInf, 35 nel Purg. e 43 nel
Commedia 409
Par. Avviare checchessia, Porsi a far cosa che sia per aver con-
1.
tinuazione, Principiare, Dar principio; Inf. xxvi, 86. Purg. xx, 64.
Par. xi, 55; xxix, 52. Conv. ili, 15, 119, ecc.- 2. E in modo el-
littico, Avviare il discorso, Prendere a dire; Inf. ir, 10, 132; v,
73, 112. Purg. iv, 43, 123. Par. i, 103; ni, 35, ecc. - 3. Neut. Aver
principio, Prender principio; Inf. xxv, 21. Conv. iv, 24, 33.-4. E
nel medesimo senso talora usasi con le particelle pronominali Par. ;
xin, 11. Conv. IV, 14, 27. - 5. In forza di Att. come di Neut. co-
struiscesi con la particella A, reggente l'Infinito di alcun verbo,
e forma una maniera denotante il principio di un'azione, di un fatto,
e simili; Inf. il, 56. Par. xxx, 5. - 6. E usato come Sost. Inf. i, 31 ;
il, 39, 42; III, 24; ix, 11. Purg. IV, 89; xxx, 22. Par. xxi, 35.
Commedia, dal lat. comcedia, e questo dal gr. xwptcoSta, Sorta
di componimento drammatico in prosa o anche in verso, nel quale
si rappresentano per lo pi fatti e personaggi della vita privata.
Ha esito quasi sempre lieto, e intende, mediante il ridicolo, a cor-
reggere i vizj e i difetti degli uomini. Anticamente dicevasi Com-
media ogni componimento in lingua volgare, in quanto che questa
non si credeva atta a trattare se non soggetti umili e mezzani. Onde
Dante chiam il suo massimo Poema Commedia, Inf. xvi, 128; xxi, 2,
e perch dettato in lingua volgare, e perch ha principio spaven-
tevole e lieto fine. L'epiteto divina fu aggiunto dai posteri, e nelle
edizioni comparisce la prima volta sul frontespizfo di quella del
Dolce, Ven., 1555, dopo che il Landino nella sua ediz., Fir., 1481,
ebbe chiamato divino il Poeta stesso. - Libri titulus est: Incipit
CoM(EDiA Dantis Allagherii, Fiorentini natione non moribus. Ad
cujus notitiam sciendum est, quod Comcedia dicitur a comos, idest
villa, et oda, quod est cantus, unde Comcedia quasi villanus cantus.
Et est Comcedia genus quoddam poetica narrationis, ab omnibus aliis
differens. DifTert ergo a Tragcedia in materia per hoc, quod Tragoedia
in principio est admirabilis et quieta, in fine sive exitu est foetida
et horribilis. Comcedia vero inchoat asperitatem alicujus rei:
sed ejus materia prospere terminatili'. - - Similiter differunt in modo
loquendi: elate et sublime Tragoedia-; Comcedia vero remisse et hu-
militer.
Et per hoc patet quod Comcedia dicitur preesens opus.
Nani si ad materiam respiciamus, a principio horribilis et fcetida
est, quia Infernus ; in fine prospera, desiderabilis et grata, quia
Paradisus. Si ad modum loquendi, remissus est modus et humilis,
quia loquutio Vulgaris, in qua et mulierculse communicant;i^ns.
Cani, 10. - Iac. Dani, dice che Commedia uno stile sotto il
qualle gieneralmente e universalmente si tratta di tutte le chosse.
E quindi il titolo del presente vilume prociede. Negli altri an-
410 Commendare-Commenti della Divina Commedia
tichisi leggono le stesse cose in merito al titolo, come nlV Epist.
Cani. Cfr. Titolo del Poema dantesco.
Commendare, lat. commendare; 1. Approvare, Lodare,
dal
e per lo pi altamente
con efficacia; Par. iv, 9; xin, 85; xix, 18.
e
Conv. in, 15, 2.-2. E usato alla latina, per Affidare, Commettere;
Par. vi, 25. - 3. Commendare di checchessia una cosa, vale Lodarla
per cagione di esso; Conv. iv, 13, 82.
Commendazione, dal lat. eommendatio, L'atto del com r
mendare, Lode grande; Conv. Ili, 13, 65.
Commensurare, dal lat. cum e mensurare, Commisurare,
Ragguagliare, Confrontare una cosa ad un'altra, rispetto alla loro
misura; e per estens. anche semplicemente Confrontare, Parago-
nare; Par. vi, 118.
Commentare e Contentare, dal lat. commentari, Spie-
gare per via di commento o commenti, e riferiscesi a testi o passi
di scritture. E assolutane, Far commenti; Conv. i, 10, 6.
Commentatore e Comentatore, dal lat. Commentator,
Chi o Che commenta; Conv. iv, 13, 50.
Commento e Contento, dal lat. commentum, che valeva |
Finzione, Invenzione; Esposizione, Interpretazione, alquanto estesa
di un testo; Inf. iv, 144. Conv. i, 3, 7; i, 4, 77; i, 5, 27; i, 6, 1;
i, 7, 1 ; i, 8, 4, ecc.
Commenti della Divina Commedia. Il lavoro di
chiosare ed interpretare la Divina Commedia fu incominciato su-
bito dopo la morte di Dante e forse gi prima, continuato sino al
secolo decimosesto, interrotto del decimosettimo, ripreso nel deci-
mottavo e continuato nel decimonono con fervore ognor crescente.
Quindi il numero dei commenti assai grande il De Batines ne ;
registrava 125 a stampa e 136 inediti, contando per molti lavori
che non vanno annoverati tra' commenti propriamente detti. Nel
mezzo secolo scorso dalla pubblicazione della Bibliografia Dantesca
del De Batines furono stampati tutti, o quasi tutti i commenti an- ]
tichi di qualche importanza (tranne quello di Guido da Pisa, De Bat.,
n. 550) e pubblicati moltissimi nuovi commenti dettati non solo in
lingua italiana, ma in tutte quasi le lingue dei popoli civili. Ci
nonostante il numero dei Commenti originali non molto grande,
che parecchi non sono che estratti e compilazione di altri gi co-
nosciuti, alcuni, anche recentissimi, copie abbreviate di lavori co-
Commenti della Divina Commedia 411
munemente conosciuti. Sui commenti antichi cfr. Witte, Dante-
Forsch. i, 21-65 e 354-98. Karl Hegel, Ueber den historischen
Werth der lteren Dante- Commentare, Lips., 1878. Theodor Paur,
Das fruheste Verstndniss der Div. Comm., Goerlitz, 1888. Prin-
cipalmente Luigi Eocca, Di alcuni Commenti della Div. Coni, com-
posti nei primi ventanni dopo la morte di Dante, Fir., 1891. I
principali commenti a stampa, disposti possibilmente in ordine cro-
nologico, sono i seguenti :
I. Commenti del secolo XIV. 1. Il Commento air Inferno
di Graziolo de' Bambaglioli. Dal Codice Sandanielese, edito per
cura di Ant. Fiammazzo, Udine, 1892. Commento latino, non ricco
di peregrine notizie, ma da aversi in pregio per la sua concisione
e precisione. Dettato non pi tardi del 1324, questo probabilmente
il pi antico di quanti commenti danteschi si conoscono. Fu tra-
dotto nel sec. XIV in lingua volgare, il qual volgarizzamento fu
pubblicato da Lord Vernon Comento alla Cantica dell'Inferno
:
di Dante Al. di autore anonimo, ora per la prima volta dato in
luce, Fir., 1848. - 2. Chiose anonime alla prima Cantica della
Div. Com. di un contemporaneo del Poeta pubblicate per la prima
volta a celebrare il sesto anno secolare della nascita di Dante da
Francesco Selmi. Con riscontri di altri antichi commenti editi ed
inediti e note filologiche, Torino, 1865. Commento di carattere
popolare, il cui autore non pare fosse molto erudito. Alle volte le
interpretazioni non vanno d'accordo insieme, forse perch il chio-
satore le prendeva in parte da altri. L'editore ed altri lo credono
il pi antico di tutti i commenti danteschi, dettato vivente ancora
il Poeta, cio prima del 1320; come certo si pu ritenere che an-
teriore al 1337. - 3. Chiose alla Cantica dell''Inferno di Dante Al.
attribuite a Iacopo suo figlio ora per la prima volta date in luce
(per cura di Lord Vernon), Fir., 1848. Il pi breve di tutti i com-
menti antichi editi, dettato con disegno e scopo premeditato, ma di
non facile intelligenza, a motivo della lingua non bella e dello stile
scorretto. Fu dettato prima del 1333, secondo alcuni prima del 1325,
anno nel quale Iacopo figlio di Dante ritorn dall'esilio. L'auten-
ticit non elevata al disopra di ogni dubbio, ma assai probabile. -
4. Commento di Iacopo della Lana, Bolognese. Il pi diffuso di
tutti i commenti antichi, assai lungo, indispensabile nonostante i
non pochi errori genere che vi si trovano, si estende a
di diverso
tutto intiero il Poema
Sacro. Fu stampato la priva volta nell'ediz.
della Div. Com. di Vendelin da Spira, Venez., 1477, e poi nell'edi-
zione Nidobeatina, Mil., 1877-78; ristampato poi con poca coscien-
ziosit e meno esattezza ed acume critico per cura di Luciano Sca-
rabelli, Mil., 1865, 1 voi. in fol., e nuovamente Bologna, 1866-67,
412 Commenti della Divina Commedia
3 voi. in 8. Fu compilato tra il 1323 e 1328. Cfr. A. Gualandi,
Giacomo della Lana Bolognese, primo commentatore della Div.
Coni, di D. Al. Notizie biografiche con documenti, Bologna, 1865.
WiTTE, Dante-Forsch. n, 328-454. Bocca, l. e, 127-227. - 5. Com-
mento anonimo, detto 1' Ottimo, pubblicato per cura di Alessandro
Torri: L'Ottimo commento della Div. Com. Testo inedito d'un
contemporaneo di Dante citato dagli Accademici della Crusca,
Pisa, 1827-29, 3 voi. in 8. Commento non meno lungo del Laneo
e, quanto alla forma, molto simile ad esso, anzi, in gran parte, da
esso dipendente. Prende pure dal Bambagl. e da Iac. Dant. piut-
tosto compilazione di lavori precedenti che commento originale. Fu
scritto verso il 1334. Il compilatore fu probabilmente Andrea Lancia
Notaio Fiorentino. Cfr. Witte, Dante-Forsch. i, 399-417. Rocca,
l. e, 229-342. - 6. Commento di Pietro figlio di Dante. Fu pub-
blicato per opera di Lord Vernon Petri Alegherii super Dantis
:
ipsius genitoris comoediam Commentarium. Nunc primum in lucem
editum Consilio et sumtibus G. I. Bar. Vernon, curante Vincentio
Nannucci; Fir., 1845, 1 voi. in 8 gr. Questo commento, magro
di notizie storiche e pi ancora d'interpretazioni filologiche, ma di
molta erudizione classica, patristica e scolastica, fu composto tra
il 1340 e 1341. Lo si conosce oggi in due redazioni diverse, l'una
delle quali tuttora inedita. Cfr. Kocca, 1. e, 343-425. L'autenti-
cit del commento, fieramente impugnata dal Dionisi (Anedd. l,
Verona, 1785, ecc.) e da altri, non si pu anche oggi dire indiscu-
tibile, ma assai probabile. - 7. Chiose del Codice Cassinese. Pub-
blicate assieme col testo da Luigi Tosti, Andrea Caravita e Ce-
sare Quandel nel volume Il Codice Cassinese della Div. Com.
:
per la prima volta letteralmente messo a stampa per cura dei mo-
naci Benedettini della Badia di Monte Cassino; Monte Cassino, 1865,
1 voi. in 4 gr. Queste chiose (le sincrone, che le posteriori sono
estratte da Benv.) formano un discreto commento. Il chiosatore at-
tinse a lavori anteriori, specialmente a Petr. Dant. Le chiose fu-
rono dettate dopo il 1350 da autore ignoto. -8. Commento ^'Gio-
vanni Boccaccio. Eletto a spiegare la Div. Com. nell'agosto del 1373
il Boccaccio cominci la sua lettura in Santo Stefano al Ponte Vec-
chio in Firenze il 23 ottobre del detto anno, ma la morte lo im-
ped di condurla a termine, onde il Commento non arriva che al
v. 17 del canto xvn dell' Inf. E assai prolisso e contiene non poche
cose inutili, ma pur notabile per belle ed erudite esposizioni e
per preziose notizie storiche. Fu stampato la prima volta a Napoli
nel 1724 per cura di Anton Maria Salvini (colla falsa data di Fi-
renze, 2 voi. in 8), ristampato quindi pi volte. Migliore edizione:
Il Comento di Giovanni Boccacci sopra la Commedia, con le an-
Commenti della Divina Commedia 413
notazioni di A. M. Salvini; preceduto dalla Vita di D. Al. scritta
dal medesimo: per cura di Gaetano Milanesi; Fir., 1863, 2 voi.
in 12. -9. Falso Boccaccio. Commento volgare, da tenersi in conto,
bench importanza secondaria, attribuito, senza dubbio falsamente,
di
al Boccaccio. Edito per cura di Lord Vernon: Chiose sopra Dante.
Testo inedito, ora per la prima volta pubblicato; Fir., 1846, 1 voi.
in 8 gr. - 10. Commento di Benvenuto da Imola. Uno dei pi
vasti commenti della Div. Com., inapprezzabile per le molte e, ge-
neralmente parlando, preziose notizie storiche, onde pu dirsi che
Benv. il commentatore storico di Dante. Il Muratori ne pub-
blic principali passi storici nelle Antiquitates Italica; medii cevi,
i
Mil., 1738, i, 1027-1298. La confezione italiana: Benvenuto Barn-
baldi da Imola, illustrato nella vita e nelle opere e di lui commento
latino sulla Div. Com. voltato in italiano da Giov. Tamburini,
Imola, 1855-56, 3 voi. in 8 non ha verun valore. Cfr. Ch. El. Nor-
ton, A Bevietv of a translation irito Italian of the Commentare
by Benvenuto da Imola, on the Div. Com., Cambridge, Mass., 1861.
L'originale latino fu pubblicato per cura del figlio di Lord Vernon:
Benvenuti de Bambaldis de Imola Comentum super Dantis Al-
digherij Comcediam, nnnc primum integre in lucem editimi, sump-
tibus Guiltelmi Warren Vernon, curante Jacopo Philippo La-
CAITA, Fir., 1887, 5 voi. in 8 gr. Fu scritto verso il 1375-80. -
11. Commento di Francesco da Buti sopra la Div. Com. di D. Al.
pubblicato per cura di Crescentino Giannini; Pisa, 1858-62, 3 voi.
in 8 gr. Commento volgare, non meno vasto di quello di Benv.,
scritto verso il 1380. il commento anche
filologico per eccellenza,
oggi importantissimo ed indispensabile allo studioso di Dante. -
12. Commento alla Div. Com. d' Anonimo Fiorentino del se-
colo XIV, ora per la prima volta stampato a cura di Pietro Fan-
FANi; Bologna, 1866-74, 3 voi. in 8. Commento volgare di carattere
piuttosto problematico. Lo dissero scritto nel 1343, ma oggi nessuno
dubita che appartiene agli ultimi del Trecento o ai primi del Quat-
trocento. NeWInf. l'anon. commentatore attinge al Bocc. ed al Vil-
lani; nel Purg. attinge al Laneo, che egli va sempre pi copiando;
il commento del Par. poi quello del Lan., con alcune poche ad-
dirizzature.
IL Commenti del secolo XV. 13. Fratris Iohannis de Ser-
ravalle Ord. Min. Episcopi et Prindpis Firmani Translatio et Co-
mentum totius libri Dantis Aldigherii, cura textu italico Fratris
Bartholomaei a Colle ejusdem Ordinis, nunc primum edita (per cura
di Marcellino da Civezza e Teofilo Domenichelli), Prato, 1891,
1 voi. in 4 mass. Commento latino, dettato a Costanza durante il
concilio ecumenico (1414-22). Lavoro fatto in fretta e di importanza
414 Commenti della Divina Commedia
secondaria, ma non mancante di qualche notizia peregrina e di qual-
che interpretazione originale. - 14. Lo Inferno della Com. di D.
Al. col comento di Guiniforto delli Bargigi, tratto da due mss.
ined. del sec. XV, con introduzione e note dell' avv. G. Zaccheroni;
Marsilia e Fir., 1838, 1 voi. in 8 gr. Dettato verso il 1440. Quella
dello Zacheroni sventuratamente un' edizione castrata, poich,
dice l'editore (p. xxviii), riproducendo per le stampe il Comento, -
la sposizione testuale, storica, e filosofica intera conservando, tra-
lasciai ogni dottrina teologica per quanto la materia del testo, e
la connessione delle cose in esso spiegate me lo hanno permesso. -
15. Comento di Cristoforo Landino fiorentino sopra la Comedia
di Dante Alighieri Poeta fiorentino, Fir., 1481, 1 voi. in fol. Ri-
stampato Ven., 1484, Brescia, 1487, Firenze, 1487 (?), Ven., 1491,
due ediz., Ven., 1493, 1497, 1507, 1512, 1516, 1520, 1529, 1536, 1564,
1578, 1596, ecc. Il commento classico della Einascenza, tenuto in
gran pregio ed assai diffuso, come si vede dal numero delle edi-
zioni. Anche oggid indispensabile. - 16. La Commedia di D. Al.
col commento inedito di Stefano Talice da Kicaldone, pubbli-
cato per cura di V. Promis e di C. Negroni, Tor., 1886, 1 voi.
in fol., Mil., 1888, 3*vol. in 8. Breve commento latino, dipendente
in parte da quello di Benv., ma non senza qualche valore originale.
Appartiene a quelli di importanza secondaria.
111. Commenti del secolo XVI. 17. La Comedia di Dante
Alighieri con la nova esposizione di Alessandro Vellutello ;
Ven., 1544, 1 voi. in 4 picc. Eistampato nelle ediz. del Sessa,
Ven., 1564, 1578 e 1596, insieme col commento del Land. Bench
poco originale, il pi importante dei commenti del secolo. - 18. Com-
menti del Gelli. Il fiorentino Giovan Batista Gelli spieg nelle
sue Letture i primi 26 canti dell' Inf., il xvi e xxvn del Purg. e
parte del xxvi del Par. attingendo largamente ai suoi predecessori,
ma aggiungendo pure non poche fine osservazioni sue proprie. Le
antiche edizioni, venute in luce a Firenze dal 1551 al 1561 sono
rare e quasi irreperibili (cfr. De Bat. i, 656-60). Nuova ediz. com-
pleta: Letture edite ed inedite di Giovan Batista Gelli sopra
la Commedia di Dante, raccolte per cura di Carlo Negroni;
Fir., 1887, 2 voi. in 8. - 19. Dante con l'espositione di M. Ber-
nardino Daniello da Lucca, Sopra la sua Comedia dell'Inferno,
del Purgatorio et del Paradiso; nuovamente stampato, et posto in
luce; Vert., 1568, 1 voi. in 4 picc. Commento arguto ed utile, ma
alquanto magro. - 20. Sposizione di Lodovico Caslelvetro a
xxix canti dell' Inferno Dantesco, ora per la prima volta data in
luce da Giovanni Franciosi. Modena, 1886, 1 voi. in 4 gr. Non
senza pregj ; ma in sostanza piuttosto che un commento una
Commenti della Divina Commedia 415
critica, pedantesca anzi che no, del Poema dantesco. - 21. Discorso di
Vincentzio Buonanni sopra la prima Cantica del divinissimo Theologo
Dante d'Aleghieri del Bello nobilissimo Fiorentino intitolata Comme-
dia; Fir., 1572, 1 voi. in 4 picc. Oscuro, bizzarro, e ricco di paradossi.
IV. Nel Seicento lo studio di Dante fu negletto poco meno che
assolutamente. Della Div. Coni, non si fecero in tutto il secolo che
tre edizioni dozzinali, commenti non se ne scrissero, tranne quello
sui primi cinque canti dell' Inf. del conte Luigi Magalotti, piut-
tosto Annotazioni che Commento, pubblicate per cura del mar-
chese Gian Giacomo Tkivulzio; Mil., 1819, 1 fase, in 8 gr.
V. Commenti del secolo XVIII. 22. Indici del Volpi. Furono
pubblicati la prima volta nel voi. ni dell' ediz. Cominiana della
Div. Com., il quale s'intitola: Volume terzo che abbraccia i so-
liti argomenti, e le Allegorie sopra ogni Canto del Poema di D. Al.;
e di pi tre Indici ricchissimi, che spiegano tutte le cose difficili,
e tuttePErudizioni di esso Poema, e tengono la vece d'un intero
Comento Composti con somma diligenza dal sig. Gio. Antonio Volpi
; ;
Padova, 1727, in 8 picc. Commento discreto, ma propriamente piut-
tosto Dizionario, ed anche come tale poco comodo. - 23. Commento
di Pompeo Venturi: Dante con una breve e sufficiente dichiara-
zione del senso letterale diversa in pi luoghi da quella degli an-
tichi Comentatori; Lucca, 1732, 3 voi. in 8. Ven., 1739, 3 voi. in 8.
Verona, 1749, 3 voi. in 8; prima ediz. completa. Kistampata pi
volte, anche nel nostro secolo. Lavoro gesuitico; ci che contiene
di buono non nuovo, ci che contiene di nuovo non buono. -
24. Commento del Lombardi La Div. Com. novamente corretta,
:
spiegata e difesa da F. B. L. M. C. (Francesco Baldassabre
Lombardi, Minor Conventuale); Eoma, 1791, 3 voi. in 4. 1815-17,
4 voi. in 4. 1820-22, 3 voi. in 8. Padova, 1822, 5 voi. in 8. Fi-
renze, 1830-4 1, 6 voi. in 8. Fir. 1838, 1 voi. in 8 mass. Prato, 1847-52,
1 voi. in 8 mass. In quest'ultima edizione il nome di Baldassarre
mutato in quello di Bonaventura ; ma anche il Dionisi, che stava
col Lomb. in commercio di lettere, lo chiama Baldassarre (cfr.
Anedd. iv, p. 44, nt. 4). Lavoro assai diligente, bench poco ori-
ginale, ancor sempre uno dei migliori commenti della D. C.
VI. Commenti del secolo XIX. 25. Portirelli La Div. :
Com. di D. Al., illustrata di Note da Luigi Portirelli; Mil., 1804,
3 voi. in 8. E essenzialmente un sunto del comm. Lombardiano. -
26. Poggiali La Div. Com. gi ridotta a miglior lezione dagli
:
Accademici della Crusca, ed ora accuratamente emendata ed accre-
sciuta di varie lezioni tratte da un antichissimo codice, con Note
di Gaetano Poggiali; Livorno, 1807-13, 4 voi. in 8. Anche questo
commento essenzialmente estratto dal Lomb. - 27. Editori del-
416 Commenti della Divina Commedia
l'Ancora La Div. Coni, con tavole in rame Fir. nella stam-
: ;
peria all'Insegna dell'Ancora, 1817-19, 4 voi. in fol. gr. Il commento,
che sta nel voi. IV, estratto dagli antichi, Lari., Falso Bocc, Petr.
Dani, e Buti.-2S. Biagtoli: La Div. Com. col Comento di Gio-
safatte Biagioli; Parigi, 1818-19, 3 voi. in 8. Mil., 1820-21, 3 voi.
in 16. Nap., 1858, 1 voi. in 8^ecc. Commento grammaticale, me-
diocre. - 29. Costa: La Div. Coni, con tavole in rame; Bo-
logna, 1819-21, 3 voi. in 4. La D. C. con note di Paolo Costa;
Mil., 1827, 3 voi. in 12. Ristampato pi volte, e sempre con giunte
ed appendici. Breve, semplice, chiaro. - 30. Betti: Salvatore Betti,
Postille alla D. C. ora per laprima volta edite di su il manoscritto
dell'autore da Giuseppe Cugnoni; Citt di Castello, 1893, 4 voi.
in -12. Postille argute, da consultarsi con profitto. - 31. Cesari:
Bellezze della Div. Coni, di D. Al. Dialoghi d'Antonio Cesari P.
D. 0. ; Verona, 1824-26, 3 voi. in 8. Commento estetico. - 32. Wa-
gner: Parnasso Italiano, ovvero I quattro Poeti celeberrimi ita-
Il
liani: La C. di D. Al., ecc. Edizione giusta gli ottimi testi antichi,
1).
con note istoriche e critiche (per cura di Adolfo Wagner); Lip-
sia, 1826, 8 gr. Commento assai succoso, alle volte un po' biz-
1 voi. in
Rossetti La Div. Coni, di D. Al. con Comento analitico
zarro. - 33. :
di Gabriele Rossetti. In sei volumi (dei quali si pubblicarono sol-
tanto i due primi che abbracciano Ylnf.); Londra, 1826-27, 2 voi.
in 8. Da non trascurarsi, ad onta delle sue stravaganze. - 34. Bor-
ghi: La Div. Coni, con nuovi Argomenti e Note (di Giuseppe Bor-
ghi) e Indici delle cose notabili; Fir., 1827, 3 voi. in 32. 1828,
1 voi. in 8. Insufficiente. - 35. Tommaseo: La Com. di D. AL, col
Commento N. Tommaseo ; Ven., 1837, 3 voi. in 8. Ristampato
di
sotto il titolo: Com. di D. Al. con ragionamenti e Note di Niccol
Tommaseo; Mil., 1854, 1 voi. in 8 mass. 1865, 3 voi. in 4. 1865,
3 voi. in 4. 1869, 3 voi. in 12. Succoso, erudito, accurato. - 36. Mar-
tini: La Div. Com. dichiarata secondo i principj della filosofia da
Lorenzo Martini; Torino, 1840, 3 voi. in 8. Si pu farne senza. -
37. Brunone Bianchi: La Com. di D. Al. fiorentino, nuovamente
riveduta nel testo e dichiarata da Brunone Bianchi; Fir., 1854
e spesso; nona ediz. Fir., 1886, 1 voi. in 12. Il Bianchi cur prima
alcune edizioni del commento del Costa, continuamente aggiungendo
e migliorando, finch dal 1854 in poi chiam il commento senz'altro
roba sua. - 38. Fraticelli: La Div. Coni, di D. Al. col commento
di Pietro Fraticelli ;Fir., 1852, 1860, 1864, 1879, ecc., 1 voi. in 12.-
39. Gregoretti: La Com. di D. Al. interpretata da Francesco Gre-
goretti; Ven., 1856 e 1869, 1 voi. in 8 picc. -40. Andreoli: La
Div. Com. di D. Al. col comento di Raffaele Andreoli; Nap.,
1856, 1863, Fir., 1879, 1891, ecc., 1 voi. in 8. - 41. Trissino: La
Commenti della Divina Commedia-Commesso 417
Div. Com. illustrata dal conte Francesco Trissino col testo origi-
nale a riscontro ad utilit e comodo degli studiosi della sublime
poesia; Vicenza, 1857-58 e Mil., 1864, 3 voi. in 8. - 42. Came-
rini: La Div. Com. di D. Al. con note tratte dai migliori com-
menti, per cura di Eugenio Camerini. Ediz. illustrate, Mil., 1868-69,
3 voi. in fol. Mil., 1880, 1 voi, in 4. Ediz. economica, Mil., 1873, 74,
75, 76, ecc., 1 voi. in 12.-43. Lord Vernon: L'Inferno di D. Al.
disposto in ordine grammaticale e corredato di brevi dichiarazioni
da G. G. Warren Lord Vernon Londra, 1858-65, 3 voi. in 4
;
mass. - 44. De Mabzo: Commento su la Div. Com. di D. Al. pel
prof. Antonio Gualberto De Marzo ; e un altro titolo dice: Studi
filosofici, morali, estetici, ecc., su la Div. Com.; Fir., 1864-81, 3 voi.
in 4. -45. Bennassuti: La Div. Com. col commento cattolico di
Luigi Bennassuti, Arciprete di Cerea; Verona, 1864-68, 3 voi.
in 8. - 46. Gioberti La Div. Com. di D. Al. ridotta a miglior
:
lezione dagli Accademici della Crusca con le chiose di Vincenzo
Gioberti; Nap., 1866, 1 voi. in 8. - 47. Di Siena: Commedia
di Dante Al. con note di Gregorio di Siena. Inferno; Nap., 1870,
1 voi. in 8. - 48. Francesia: La Div. Com. con Note dei pi ce-
lebri commentatori, raccolte dal prof. Giovanni Francesia ; To-
a
rino, 1873, 5 ediz., 1880-81, 3 voi. in 16. - 49. Scartazzini: La
Div. Com. di D. Al. riveduta nel testo e commentata da G. A. Scartaz-
zini; Lipsia, 1874-90, 4 voi. in 12; e Edizione minore, Mil., 1893,
1 voi. in 12. - 50. Lubin Commedia di D. Al., preceduta dalla
:
vita e da studj preparatori illustrativi, esposta e commentata da
Antonio Lubin; Padova, 1881, 1 voi. in 8. -51. CoRNOLDi:La
Div. Com. di D. Al. col coraento di Giovanni Maria Cornodi D.
C D. G.; Roma, 1887, 1 voi. in 8.- 52. Campi: La Div. Com.
di D. Al. ridotta a miglior lezione con l'aiuto di ottimi manoscritti
italiani e forestieri, e soccorsa di note edite ed inedite antiche e
moderne per cura del cav. Giuseppe Campi ; Torino, 1888-93, 4 voi.
in 8. - 53. Berthier La Div. Com. con Commenti secondo la
:
Scolastica, del P. Gioachino Berthier, dei Pred.; Friburgo nella
Svizzera, 1892 e seg., 3 voi. in 4 gr. (in corso di stampa). - 54. Po-
letto: La Div. Com. di D. AL, con Commento del prof. Gia-
como Poetto ; Tournay e Roma, 1894, 3 voi. in 8.
Non minore di quello dei commenti italiani il numero di quelli
dettati in lingue straniere, sui principali dei quali cfr. Traduzioni
della Div. Com. Sui Commenti parziali, il cui numero legione,
cfr. De Batines, i, 702-66. Ferrazzi, iv, 353-427; v, 279-470.
Commesso, e poeticam. Commisso e Commino, pro-
priamente. Partic. pass, di Commettere. E in forma d'Add. 1. Dato
27. Enciclopedia dantesca.
418 Commettere-Compage
in cura, in custodia, Affidato, ed anche Assegnato Inf. vii, 62. Purg.
;
x, 57.-2. E per Congiunto, Unito insieme; Purg. xxvn, 16. - 3. E
per Fitto, Ficcato Inf. xix, 47. - 4. Detto di colpa, peccato, errore
;
e simile, vale Fatto; Purg. vi, 21. Gonv. iv, 25, 76.
Commettere, dal lat. committere ; 1. Affidare, Dare; detto
per lo pi di cura, ufficio, incarico e simili; Inf. xn, 89.-2. In
costrutto con la prepos. in anzich con a; Conv. IV, 27, 70. - 3. E
per Eaccomandare, Dare in custodia o in potere; Inf. vii, 62.
Commiso, cfr. Commesso.
Commisurato, Partic. pass, di Commisurare ; informa d'Add.
Conveniente, Proporzionato; Conv. i, 10, 9.
Commosso, Commuovere ; in forma d'Add.
Partic. pass, di
Mosso, Agitato, Sbattuto. E fguratam. riferito a persona, animo o
simili, vale Agitato o Turbato, e pi specialmente da qualche af-
fetto o passione; Par. i, 86.
Commoto, Partic. pass, di Commuovere, dal lat. commotus,
lo stessoche commosso ; per Destato, Suscitato; Par. xxxn, 69, nel
qual luogo si allude al passo biblico: Collidebantur in utero eius
parvuli Genes. xxv, 22.
;
Commuovere e Commovere, dal lat. commovere ; pro-
priamente Muovere gagliardamente l'animo di alcuno a qualche af-
fetto. 1. Per Agitare, Turbare l'animo o la mente di alcuno; Par.
IV, 64. - 2. Neut. pass., per Agitarsi, Turbarsi, detto di mente o di
animo; Par. xxv, 136.
Commutare, dal lat. commutare; Cambiare, Barattare una
cosa con un'altra di egual valore; e propriamente dicesi di mer-
canzie, ma riferiscesi pure a scambio di prigionieri di guerra od
ostaggi; Conv. iv, 5, 92.
Como, voce antica poetica per Come, usata da Dante soltanto
in rima; Inf. xxiv, 112. Purg. xxm, 36.
Compage, forma poetica per Compagine, dal lat. com-
pages ; Connessione, Aderenza, delle parti d'un tutto; e II complesso
medesimo di quelle. Compage dell'aria, fu detta da Dante la Den-
sit di essa ; Par. xm, 6. - Compage, ogni composizione ed ag-
gregato dell'aria, perciocch la foltezza e densit dell'aere non ci
vieta di poterle vedere; Dan. - Vincunt omnem aliam aggre-
gationem seteris, sive sit gallasia, sive qusecumque alia constel-
latio; Benv.
Compagna-Compagno 419
Compagna, per Compagnia, modo usato dagli antichi di levar
Vi a siffatte voci; Inf. xxvi, 101. Purg. in, 4; xxnr, 127. -
Nel
luogo del Purg. in, 4 Io mi ristrinsi alla fida compagna, non
sembra aver il signif. di compagnia, ma esser piuttosto la forma
femm. di Compagno, o sost. particolare come Scorta, che non si-
gnifica solo l'atto di far la scorta, ma spesso anco la persona che
accompagna un'altra come Inf. xn, 54; xx, 26, dove Scorta indica
sempre Virgilio; Bl. Ma di compagna per compagno non si hanno
esempi, mentre invece non mancano esempi di Compagnia per Colui
o Colei che accompagna, cio per Compagno.
Compagna, femm. di Compagno, Colei che accompagna al-
cuna o alcuno, o fa loro compagnia, anche in qualche impresa detto ;
figuratam. Purg. xxx, 111.
CompagneTole, di buona e gradevole compagnia, ed altres
Socievole; detto di persona; Conv. iv, 4, 7.
Compagnia, dal lat. cum-panis ? cfr. Compagno; 1. L'atto
o L' effetto dell'accompagnare, cio L'essere compagno ad alcuno o
L'avere alcuno per compagno, sia nell'andare sia nello stare; Conv.
IV, 4, 9. - 2. Per L'aver compagni, o colleghi, in checchessia; Purg.
xv, 50.-3. Per Coloro che accompagnano, Comitiva; ed anche sem-
plicemente Colui o Colei che accompagna, ovvero Alcuno o Alcuna
che accompagni; Compagno o Compagna; Inf. iv, 148; xxn, 14;
xxni, 1, 72. Purg. i, 54; xxxn, 88. Par. xn, 145; xvn, 62.- 4. E
figuratam. detto della coscienza; Im/". xxviii, 116.-5. Per Convivenza
o Comunanza degli uomini, per lo pi con l'aggiunta di Umana,
Civile, e simili; Conv. IV, 4, 61. - 6. In compagnia d'alcuno, vale
Con lui, Insieme con lui; e figuratam. per Di pari; Inf. vii, 104.
Purg. iv, 62.
Compagno, ant. frane, compain, compaing ; prov. companh,
compain, companho ; frane, moder. compagnoni ant. spagn. com-
pano: voci tutte formate probabilmente, al modo stesso del termine
marinesco compagna, dal lat. cum e panis, quasi Commensale o
piuttosto Partecipe dello stesso vitto sebbene alcuni le facciano
;
derivare dal lat. compaganus, Compaesano, lat. barb. compagus ;
ed altri da combennones, Compagni di vettura, e propriamente di
quella che chiamavasi benna; cfr. Diez, Wrt. i 3 135 e seg. 1. Que-
,
gli che fa compagnia ad alcuno, andando ed anche stando con esso;
Inf. iv, 121; xn, 80; xv, 102; XVI, 71; xxn, 137; xxm, 51; xxv,
149; xxvi, 106, 121 xxvm, 95. Purg. xxiv, 71. Par. xxv, 20. - 2. E
;
per Colui insieme col quale altri attende ad alcuna cosa, o si
unisce per farla; Purg. xxiv, 125.
420 Comparato-Compensare
Comparato, Partic. pass, di Comparare, lat. comparatus,
Posto a confronto con altro, Paragonato; Par. xxm, 100.
Comparazione, dal lat. comparatio ; 1. Il Comparare, Para-
gone, Confronto, fra due o pi cose, a fine di conoscerne il divario
o la somiglianza; Conv. IV, 19, 51.- 2. E per Riscontro, Rassomi-
glianza; Conv. il, 14, 36.
Compartire, dal lat. compartiri, che propri am. valeva Met-
tere a parte; Dividere in parti eguali, ovvero regolate secondo una
certa proporzione o misura; Distribuire, Dispensare, fra pi per-
sone in parti eguali, o secondo una certa proporzione o misura.
1. Riferito a qualit morali, a premj o gastighi, a onorificenze, a
ufficj, incombenze Purg. xxv, 126. Par. Il, 76;
e simili; Inf. Xix, 12.
xxvn, 16.-2. Riferito a tempo, vale Assegnare la debita parte a
ciascuna delle faccende od occupazioni che si abbiano; e parlandosi
d'una sola faccenda od occupazione, Adoperarlo, Passarlo, in quella;
Purg. Xxm, 6.
Compassione, dal basso lat. compassio, Sentimento pel quale
l'uomo addolora de' mali altrui, con desiderio d'alleviarli; Purg.
si
xiii, 54. - Nel luogo Inf xx, 30 difficile decidere definitivamente
quale sia la vera lezione. La gran maggioranza dei codd. e delle
ediz. ha passion comporta; non pochi passion porta; altri invece
COMPASSION porta; cfr. Moore, Criticism, 326 e seg. Del resto tutte
e tre queste lezioni danno lo stesso senso: Chi pi empio di chi
nel suo animo d luogo a movimento di compassione, osservando
la punizione dei dannati, che giustissimo effetto della divina Giu-
stizia? - Nota, lettore, che quelli eh' pietoso giusto; e giu-
stizia vole che, secondo che l'uomo aopera, abbia merito di bene o
di male. Adunque, non dee uomo esser pietoso di vedere punire i
malfattori de la giustizia che vuole Iddio; An. Sei. - Gli uo-
mini non deono avere compassione a coloro, che per divino giudicio ]
patiscono de loro peccati pena. Job dice, che nulla peggiore di
;
quello uomo, che ha pietade di cotali gente avere compassione
:
patire pena in parte con lui, che ha peccato; partecipare con li rei,
parte di reitade; Ott. Cfr. passione, piet.
Compatire, dal basso lat. compati, Aver compassione, Com- I
miserare. Neut. Avere, Provare compassione per alcuna persona, o !
per cosa relativa a persona; Purg. xxx, 95.
Compensare, dal lat. compensare, Dare una data cosa, ri-
cevendone, per contraccambio equivalente alcun' altra. E figuratami.
Compenso-Compiere 421
Risarcire, Ristorare, alcuno diun danno patito, con un vantaggio
equivalente; ovvero Risarcire un danno mediante alcun vantaggio;
Par. xxvi, 6, nel qual luogo compense desinenza antica per
compensi.
Compenso, Ci che serve a compensare; 1. Per Provvedi-
mento, Partito, Modo di conseguire il proprio intento Inf. xi, 13. - ;
2. Detto poeticam. per Appagamento; Par. IX, 19.
Comperare e Comprare, dal lat. barb. comperare, e que-
sto dal lat. class, comparare, che ebbe pure il senso di comprare ;
1. Acquistare la propriet di una cosa pagando un prezzo conve-
nuto; usato assolutam. Par. xvin, 122. - 2. E fguratam., riferito
a cosa, che si acquisti, si procacci, con altro che con danaro; Conv.
I, 8, 90, 92. - 3. E pur fguratam., riferito a persona, vale Acqui-
starne T amicizia, la benevolenza, con benefizi, liberalit e simili;
Conv. iv, 11, 88 e seg.
Compiacere, dal lat. compiacere
; 1. Neut. Far piacere al-
trui, Fargli cosa desiderata e grata; Par. xxvi, 102. - 2. Neut. pass.
Prender gusto e piacere, Dilettarsi, di checchessia o in checchessia;
Par. xv, 88.
Compiacimento, ed anche l'atto del compiacersi;
1' effetto,
e per Dilettazione peccaminosa della mente, specialmente in cose
sensuali Conv. IV, 25, 55.
;
Compiangere, dal lat. barb. compiangere, Esprimere altrui
il dolore che si sente pel suo male o sciagura. Neut. pass. Dolersi,
Lamentarsi, Rammaricarsi, di disgrazia propria o altrui, di danni,
dispiaceri e simili Inf. n, 94. ;
Compianto, sost. Propriam. Pianto di molti insieme dinanzi
al cadavere di alcuno. E poeticam. per Lamento, Rammaricho, di
molti insieme; Inf. v, 35.
Compiere e Compire, 1. Condurre al
dal lat. compiere;
debito termine, Finire; riferito cos a cosa,come ad azione, opera-
zione, e simili, gi cominciata; Inf. xxvn, 130. Purg. xx, 38, 141.
Par. xin, 28.-2. E fguratam. Conv. IV, 13, 49.-3. Per Adempiere;
Purg. v, 86; vi, 38. -4. Pure per Adempiere, nel senso di Mandare
ad effetto, Eseguire; Conv. iv, 5, 23; IV, 28, 98. - 5. E altres per
Adempiere, nel senso di Appagare, Contentare, Sodisfare; Conv.
IV, 12, 144 e seg. - 6. E riferito a bisogno corporale, per Saziare,
Sbramare; Conv. iv, 12, 48. - 7. Riferito a spazio, vale Percorrere
422 Compilare-Componente
interamente; Conv. Il, 14, 170; il, 15, 75.-8. Neut. pass. Condursi,
Giungere, al debito termine, Effettuarsi intieramente; Conv.n, 3,
33; ut, 9, 56. - 9. Per Avere il suo naturai termine, Finire; Conv.
IV, 24, 27. - 10. Neut. Finire, Terminare di far checchessia, ed anche
Cessare di far checchessia; Inf. xxiii, 34. - 11. Detto di un'azione
o avvenimento qualsiasi, ehe abbia una certa durata, vale Aver fine,
Giungere al suo termine; Par. xn, 61. - 12. E parlandosi di tempo,
vale pur Terminare, nel senso di Giungere al suo termine Par. ;
xxi, 114.
Compilare, dal lat. compilare, che valeva Saccheggiare, usato
per Ordinare, Raccorre, Unire; Purg. xxi, 27. Compila, cio in-
sieme raccollie Buti. - Due atti si fanno nel mettere sopra della
;
rocca il pennecchio: il primo di soprapporvelo largamente, facen-
dolo dall'aggirata rocca a poco a poco lambire, e questo appella
Dante imporre; l'altro di aggirare intorno al pennecchio mede-
simo la mano per unirlo e restringerlo, e questo appella compi-
lare; Lomb. - Compila, Qui usato propriam. dal mettere insieme
il filo, che sono peli; Tom.
Compito e Compiato; 1. Partic. pass, di Compire e Com- j
piere; Par. xxxi, 40; xxxn, 79. - 2. E in forma di Add., per Che |
ha tutte quelle parti o quelle condizioni che sono necessarie per
essere intero o perfetto, Cui nulla manca dell'esser suo; Par. xxvin,
69. Conv. IV, 23, 41. - 3. E per Condotto a fine, a termine, Finito,
Terminato; Conv. iv, 15, 99.-4. E figuratam. detto di qualit, sen-
timenti, azioni e simili, vale Intero, Perfetto, Assoluto; Inf. xiv, 66.
Compiutamente, in modo compiuto; 1. Per Interamente,
Del tutto, Affatto, ed anche Perfettamente Conv. Il, 4, 21 il, 6, 68;
; ;
in, 3, 94. Vit. N. i, 30. - 2. E per In modo amplissimo, Il pi lar-
gamente possibile, Pienamente, riferito allo scrivere o trattare di
checchessia; Conv. i, 5, 50; n, 4, 76; in, 12, 1.
Complessione, dal lat. complexio; 1. Per Natura, Indole,
Disposizione d'una cosa; Par. vii, 140. Di complession poten-
ziata, quia talis anima educitur de potentia materia, idest simul
cum corpore oritur, simul moritur; Benv. - Di composizione ma-
teriale, cio dementale imper che tale anima si dice fatta del
;
simplice formale degli elementi, deputato dalla virt e dalla in-
fluenzia dei corpi celesti; Buti. Cfr. Potenziato. - 2. E detto di
corpo vivente, vale Temperamento; Conv. ni, 8, 118; IV, 21, 27;
IV, 23, 51; iv, 24, 52.
Componente, dal lat. componens, Che compone ; Conv. ni, 1 5, 2.
Comporre-Conipungere 423
Comporre, dal lat. componere, per Dar forma, Formare, Fog-
giare; Conv. iv, 15, 61.
Comportare, dal basso lat. comportare ; 1. Usato poeticam.,
per Sostenere, Tollerare cosa men grata, per compiacenza o per de-
gnazione; Par. xxix, 88; xxxn, 100.- 2. Comportare una cosa ad
alcuno, vale concedergliela, Permettere che la faccia; ed altres Con-
donargliela, Menargliela buona; Par. xxv, 63. - Sul luogo Inf. xx, 30
cfr. Compassione, Passione, Piet.
Composizione, dal lat. compostilo; 1. Per II modo ond'
composta natura corporea dell'uomo; Conv. iv, 23, 86, nel qual
la
luogo il Giul. legge arbitrariamente Complessione invece di Com-
posizione, che di tutti i codd. e di tutte le altre edizioni. -2. E
per l'Atto del comporre, riferito a cose letterarie o musicali Conv. ;
IH, 9, 6.
Composto, dal lat. compositus o compostus, per Formato, Co-
stituito di pi parti o elementi; Conv. iv, 21, 7.
Comprare, cfr. Comperare.
Comprendere, dal lat. comprehendere ; 1. Abbracciare con
la mente, Cogliere, Afferrare, con V intelletto Intendere appieno ;
;
e in questo senso dicesi pure della mente stessa o dell'intelletto;
Inf. x, 106. Purg. Vili, 76; xvn, 103; xx, 137; xxi, 134. Par.xxx, 56
(E in forma di Sost. Par. xxix, 17); Conv. HI, 5, 152. Canz.: Amor,
che nella mente mi ragiona v. 11. - 2. Detto di occhio, vista e
simili, vale Scorgere, Discernere; Purg. xxxi, 78.-3. E detto di
persona Percepire per mezzo dei sensi; Conv. Ili, 9, 47.-4. E ri-
ferito a sentimenti, affezioni e simili, vale Eicevere, Accogliere in
s; non solo dell'uomo, ma anche delle facolt sue; Purg.
e dicesi
iv, 2. N. xxvi, 14. - 5. E per Contenere in s, Abbracciare,
Vii.
usato nel senso proprio come nel figurato Inf. xxvni, 6. Par.
;
xxvi, 30; xxvii, 112. Conv. iv, 18, 34, 39.
Compreso, Part. pass, di Comprendere; Par. xix, 9; xxxi, 53.
E in forma d'Add. per Eaccolto, Unito; Conv. iv, 19, 37.
Compresso, dal lat. compressus, Eistretto con forza, Pigiato,
Premuto da ogni parte; Inf. xxi, 21.
Compungere e Compugnere, dal lat. compungere; 1. Af-
Tormentare, nell'animo, Contristare; Inf.xxu, 124.-2. Poe-
fliggere,
ticamente per Angustiare, Travagliare; Inf. i, 15.
424 Coni punto -Con
Compunto, dal lat. compunctus ; 1. Profondamente afflitto,
Addolorato, Turbato Inf. vii, 36. -
; 2. Preso da pentimento di pro-
pria colpa; Inf. x, 109.
Comune, Add., dal lat. communis ; 1. Che appartiene o pu
appartenere a pi d'uno, a molti o a tutti; ed altres, Di cui pi
d'uno o tutti usano o hanno il diritto di usare; Conv. IV, 1, 14.-
2. Detto di persona, come amico, nemico, padre, madre, patria e
simili, vale Che non di un solo, ma di pi o di tutti coloro dei
quali si parla; Purg. xi, 63. -3. Detto di qualit, attributo, carat-
tere, natura, titolo, prerogativa e simili, vale Che proprio, Che
conviene, a pi oggetti o persone, ed contrapposto di particolare ;
Conv. in, 11, 48.-4. Detto di uffici pubblici, vale Cui tutti i cit-
tadini possono o debbono partecipare; Purg. vi, 133. - 5. Detto di
opinione, sentenza, giudizio, uso, consuetudine e simili, vale Che
i pi tengono, seguono Conv. iv, 7, 22. - 6. E detto di bene, uti-
;
lit,vantaggio, salute, gloria, piacere e simili o del loro contrario, ;
come male, danno, rovina, disonore, dispiacere e simili, vale Che
concerne pi d'uno o tutti, A cui pi o tutti partecipano; e par-
landosi di pubblica calamit o dei suoi effetti, vale Che colpisce
molti o tutti egualmente, Cui molti o tutti soggiaciono nella ma-
niera medesima; Inf. xm, 66. - 7. E per Che si fa o si pratica in
pi; Inf. xxix, 97. -8. Obbietto, Cosa o Sensibile comune, fu gi
Terni, delle scuole, a significare Quello che pu essere appreso da
pi sensi, come il Moto e la Figura, i quali si apprendono anche
dal tatto; Purg. xxix, 47. Conv. in, 9, 47, 50; IV, 8, 36.
Comunemente, In modo generale, in contrapposizione a Par-
ticolarmente, In modo speciale; Conv. ni, 5, 6; ni, 7, 1.
Comunicare, dal lat. communieare ; 1. Conferire a persona,
cosa, sostanza o simile, alcuna passione, qualit, condizione, pro-
priet, o simili, Trasfonderla in essa, Fare che essa ne partecipi ;
Conv. iv, 1, 6; iv, 26, 20.-2. Neut. pass. Trasfondersi, Trapassare
da uno in un altro; Conv. IV, 1, 10.
Con, Prepos. che di sua natura serve ad indicare unione o com-
pagnia, cos nelle locuzioni proprie come nelle figurate. Corrisponde
al lat. cum, donde deriva; il quale in altre lingue italiche era coni,
con, co; e nel lat. stesso, in composizione d'altre voci, diveniva
pure coni, con, co. Si trova ad ogni pagina. 1. S'unisce agli arti-
coli; e ci pi specialmente quando tale unione conferisca a ren-
dere suono migliore ; e cos se ne formano le prepos. articolate Col,
Collo, Colla, Cogli, Coi e per sincope Co', Colli, Colle; Inf. in,
Con 425
111; 57; x, 35, ecc. - 2. Talora poeiicam. fra la Con e la pa-
Vii,
rola che ne retta, se ne frappongono altre, che servono di com-
pimento, d'aggiunto, o simili ad essa parola; Inf. vi, 26.-3. Con-
formemente all'uso latino, affiggesi ai pronomi Me, Te, Se, e se
ne formano le voci, Meco, Teco, Seco, preponendovi poi alle volte
pleonasticamente la Con; Inf. xxxm, 39. Purg. xxn, 58, nel qual
luogo per alcuni testi invece di l con teco tasta hanno teco
L tasta. - 4. Serve a indicare il compimento o termine di unione,
congiunzione, aggregamento, accolta, e simili, detto di cose, di qua-
lit, di quantit, e anche di persone; Inf. xxi, 113. - 5. E serve
pure a denotare il compimento o termine di compagnia fra pi per-
sone nell'andare, nello stare, nell' adunarsi, nel fare o patire chec-
chessia; Inf. vii, 95; xxiv, 13, 15. Par. xvi, 131. - 6. E indicante il
termine, simultaneamente al quale altri compie una data azione;
Inf. i, 38. Purg. vi, 52. - 7. E indicante accoppiamento di pi per-
sone o cose, come termini ne' quali si compie, o avviene, un'azione
simultanea o identica; Inf. iv, 59; xm, 138; xxiv, 87. Purg. xx, 112.
- 8. Serve eziandio a denotare la circostanza, la particolarit, la
qualit, e simili, che accompagna un atto o fatto principale; Conv.
IV, 6, 92. - 9. E denotante l'effetto particolare che un atto o fatto
produce, sia rispetto a chi lo compie, sia rispetto ad altri e pari- :
mente il termine a che esso atto o fatto riesce Inf. vi, 66. - 10. De-
;
nota pure termine interiore di un' azione che non esce dal soggetto
che la compie: nella qual relazione usasi pi comunemente affissa ai
pronomi Me, Te, Se, ed equivale a Fra ; Inf. xxiv, 23.
11. Denotante la persona rispetto alla quale uno si trova, per
qualsivoglia ragione o vincolo, in una data condizione o stato; Purg.
xm, 124. - 12. E denotante il termine di contesa, guerra, o simili;
e di contrasto, urto, percossa, riferito a corpi. E in tali relazioni
equivale a Contro; Inf. vii, 23. Conv. iv, 27, 119. - 13. Con serve
a indicare il compimento o termine di accordo, conformit, concor-
danza, consentimento, od anche d'identit, o semplicemente somi-
glianza: parlandosi di pensieri, affetti, giudizi, sentenze, azioni e
simili; Par. xxix, 93. Conv. ili, 15, 59. - 14. E denotante il ter-
mine di analogia, corrispondenza, somiglianza, fra due cose; ovvero
di attinenza e convenienza fra esse; Purg. ix, 116. - 15. E indi-
cante termine di paragone, ragguaglio, proporzione; e in tal re-
il
lazione equivale spesso a Bispetto a, In confronto di, Appetto, ecc.
Purg. xxix, 117. - 16. Detto di qualsivoglia sorta di veicolo o di
naviglio, denota le persone o le cose in essi trasportate; Inf. vili, 30.-
17. E detto di luogo, denota coloro che vi abitano, che vi dimorano,
o che vi si trovano per qualsiasi ragione raccolti Inf. vili, 69.
;
Conv. iv, 15, 13. - 18. Serve pure a denotare propriet, ci che altri
426 Conca-Concedere
ha, possiede, gode, e simili; detto di persona, e riferito a famiglia,
beni, cose, qualit, ecc. Conv. iv, 14, 52. - 19. E riferito al modo
di essere, alle qualit fisiche, particolarit, e simili, ond' fornita
una persona o un animale; Inf. in, 109;
112; xvn, 1. - 20. E
iv,
riferito al modo di essere, alle particolarit, alle appartenenze, o
simili, di una cosa; Inf. xin, 6, 14.
21. E denotante ci che alcuno ha addosso, o porta presso di
se, tiene in mano, e simili; Inf. xn, 60; xvm, 85.-22. Serve pure
a denotare atteggiamento, contegno ed altres portamento della per-
sona, od altra particolarit di questa, nel fare checchessia; ed esten-
desi anche ad animali; Inf. i, 47; III, 79; v, 83. - 23. E denotante
affezione o disposizione dell'animo, sentimento o affetto qualsivoglia,
in fare checchessia, o per checchessia: e altres disposizione della
mente, o della volont, intenzione, nel far checchessia, Inf. i, 21;
xvi, 60. - 24. E denotante condizione fisica nella quale alcuno si
trova, o compie una data azione; ed anche la specie di malore, dalla
quale uno affetto; Inf. i, 22,47. - 25. Con serve spesso a denotare
lo strumento adoperato a far checchessia; Inf. in, 111; v, 11; vii,
112, 113, 114; ix, 89.- 26. E denotante modo, mezzo, espediente
che serve o che si adopera a conseguire un dato fine, ci che pro-
duce un dato effetto, ed equivale a Merc, Mediante, Per opera o
In virt di ; Inf. xin, 48. - 27. E denotante cagione, ragione, mo-
tivo di checchessia: ovvero, onde si fa, si pu fare o si deve fare
checchessia ed equivale a Per,
: A
causa di, In grazia o In virt
di; Inf. i, 53.
Conca, dal lat. concha, propriam. Vaso di terra cotta, di grande
concavit, assai pi largo alla bocca che nel fondo, e che serve per
fare il bucato. Per Cavit assai profonda, onde Trista conca detta
poeticam. La cavit dell'Inferno; Inf. ix, 16.
Concedente, Partic. pres. di Concedere. Dio concedente, ado-
perato in proposizione assoluta, ha del condizionale e insieme del de-
siderativo, e vale Se Iddio me lo conceda, come desidero; Conv. i,
5, 50 e seg.
Concedere, dal lat. concedere; 1. Dare liberamente, di buon
grado, Degnarsi di accordare checchessia; e riferiscesi a cosa chiesta,
desiderata o desiderabile. Regge anche altro verbo soggiuntivo me-
diante la particella Che, o all'infinito mediante la particella Di;
Inf. li, 31; ni, 72; v, 119; xxix, 11. Par. V, 116; vi, 89; xxi, 54;
xxv, 55 xxvii, 49. - 2. Riferito a persona, vale Darla, Cederla, in
;
bala; in potere di alcuno ; Par. xvi, 143. - 3. E per Consentire,
Permettere, che altri usi o si valga per sua utilit di cosa nostra;
Concepire-Concetto della Divina Commedia 427
Inf. xvn, 42. - 4. Detto anche per Ammettere come vero e proba-
bile; Par. xxix, 44. - 5. Neut. pass. Concedersi vinto, vale Dichia-
rarsi, Confessarsi tale ; Par. xxx, 22.
Concepire, e poeticam. Concpere, dal lat. concipere ;
propriam. Dare principio la femmina dei vivipari, nel proprio ventre,
ad un nuovo individuo della medesima specie, in virt del congiun-
gimento col maschio. - 1. In locuz. figur. Par. xxxiii, 127. Conv.
!, 3, 40. - 2. Att. Fare esistere; Dare la prima esistenza; riferito
al feto; Inf. xn, 13. - 3. E per similit. Purg. xxviii, 113.-4. Fi-
guratane e poeticam. Eicevere nella mente per mezzo dei sensi, detto
di cosa che su questi faccia impressione ed ellitticamente trovasi
:
senza l'oggetto espresso; Par. xvui, 86; xxix, 139. - 5. E parlan-
dosi figuratane di atti intellettuali, vale Cogliere, Afferrare con la
mente, Comprendere di una cosa la ragione, la cagione, la natura
e simili; ed anche semplicemente Capire, Intendere, e talvolta Co-
noscere; Inf. xxvi, 73. Par. Il, 37; xxxiii, 75.- 6. E per Imma-
ginare, Pensare, Credere, argomentando da checchessia; Conv. i, 2,87.
Concepnto, dal lat. conceptus, Formato nella mente, Ideato,
Immaginato; Conv. i, 10, 43.
Concesso, cfr. Concedere.
Concetto, dal lat. conceptus che nell'et aurea valeva Conce-
pimento, bassa latinit equivalse a cogitatio. 1. Ci che si
e nella
concepisce con la mente intorno a checchessia, Idea che ce ne for-
miamo; ed anche Modo o Forma, come ci rappresentiamo checchessia
nella immaginativa; Par. xxxiii, 68. - 2. Per L'atto del concepire,
ed altres La potenza del concepire; Par. xxix, 81, 132. - 3.
Per
L'effetto del concepire,Impressione di alcun oggetto ricevuta nella
mente; Par. ni, 60. - 4. Per Ci che l'intelletto nostro immagina
o inventa, Ci che la mente pensa, Pensiero Inf. xxxn, 4. Par. xv,
;
41; xix, 12; xxn, 33; xxiv, 60; xxxiii, 122. Conv. i, 5, 61; i, 12, 70.
Concetto della Divina Commedia. Dapprincipio
Dante non vagheggiava che un Poema in lode della sua Beatrice
(V. N. xliii), la cui forma esteriore doveva essere un viaggio nel
mondo di l (V. N. xix, 40, 41). Ma dopo aver fatto i vasti studi
da lui intrapresi dopo la morte di Beatrice (V. N. xliii, 4. Conv.
n, 13, 7-40; in, 9, 110 e seg.), il primitivo suo concetto si allarg
di modo che, pur conservando la forma esteriore ideata quando Bea-
trice viveva ancora, il Poema riusc non pure l'apoteosi di Beatrice,
ma la grande epopea della Redenzione. Finis Totius et Partis est,
removere viventes in hac vita de statu miseria, et perducere ad
428 Concetto della Divina Commedia
statum felicitatis; Ep. Kani xv. Se queste parole non furono
scritte da Dante stesso, esse furono in ogni caso dettate nello
spirito suo. La felicit dell'uomo , secondo Dante, duplice: cor-
porale e spirituale, temporale ed eterna. Duos fines Providentia
illa inenarrabilis nomini proposuit intendendosi beatitudinem sci-
licethujus vita, qua? in operatione propria? virtutis consistit, et
per terrestrem Paradisum figuratur; et beatitudinem vitce (Eterna,
qua) consistit in fruitione divini aspectus, ad quam propria virtus
ascendere non potest, nisi lumine divino adjuta, qua? per Paradisum
ccelestem intelligi datur. Ad has quidem beatitudines, velut ad
diversas conclusiones, per diversa media venire oportet. Nam ad
primam per philosophica documenta venimus, dummodo illa se-
quamur, secundum virtutes morales et intellectuales operando. Ad
secundam vero, per documenta spiritualia, qua? humanam rationem
transscendunt, dummodo illa sequamur secundum virtutes theolo-
gicas operando, Fidem, Spem scilicet et Caritatem. Has igitur con-
clusiones et media (licet ostensa sint nobis ficee ab humana ratione,
qua? per philosophos tota nobis innotuit; ha?c a Spiritu Saneto,
qui per Prophetas et Hagiographos, qui per coeternum sibi Dei Fi-
lium Iesum Christum, et per ejus discipulos, supernaturalem veri-
tatem ac nobis necessariam revelavit) humana cupiditas postergaret,
nisi homines tamquam equi, sua bestialitate vagantes, in camo et
freno compescerentur in via. Propter quod opus fuit nomini duplici
directivo, secundum duplicem finem: scilicet sunimo Ponti/ice, qui
secundum revelata humanum genus perduceret ad vitam a?ternam;
et Imperatore, qui secundum philosophica documenta genus huma-
num ad temporalem felicitatem dirigeret. Et quum ad hunc portum
vel nulli, vel pauci, et hi cum dimcultate nimia pervenire possint,
nisi sedatis fluctibus blanda? cupiditatis, genus humanum liberum
in pacis tranquillitate quiescat; hoc est illud signum, ad quod ma-
xime debet intendere curator orbis, qui dicitur Eomanus Princeps,
ut scilicet in areola ista mortalium libere cum pace vivatur; Mon.
in, 16.
Queste parole esprimono il concetto fondamentale del Poema sa-
cro. In esso vediamo Dante, cio l'uomo, che, abbandonato a s
stesso, si smarrisce in spaventevole selva n pu conseguire la fe-
licit di questa, n la felicit della vita eterna, impeditone dalle
proprie passioni, raffigurate nelle tre fiere, e dai disordini civili e
religiosi che lo circondano. Ma la divina Grazia gli viene in soc-
corso mediante il duplice direttivo. Attraverso gli orrori dell'In-
ferno e poi su per il monte della purgazione, egli stesso un pe-
nitente che va purificandosi, Dante arriva al Paradiso terrestre,
figura della felicit temporale. Se dunque l' uomo vuol conseguire
Conchhulere-Concilio 429
tale felicit, egli dee considerareil carattere essenziale e le con-
seguenze funeste del peccato e mondarsi dal vizio e dalle peccami-
nose passioni. Nel suo viaggio il pellegrino guidato da Virgilio
sino al terrestre, e da Beatrice al celeste Paradiso: cio l'uomo
guidato dall'autorit imperiale alla felicit temporale, dall'autorit
ecclesiastica alla felicit di vita eterna. La IHv. Coni, d pertanto
risposta alla dimanda: Per quali vie pu l'uomo conseguire la du-
E la risposta : Anzi tutto
plice felicit, alla quale egli creato?
vuoisi considerare peccato (nel pi ampio senso di questa voce,
il
che comprende anche i disordini di ogni genere) nel suo vero ca-
rattere e nelle sue conseguenze (viaggio per VInf.), il che fatto
bisogna purificarsi mediante la penitenza e le operazioni di virt
(viaggio su per il monte del Purg.); finalmente, conviene elevarsi
in ispirito alla contemplazione delle cose divine ed eterne (viaggio
di cielo in cielo sino all'Empireo). Cfr. Allegoria della Div. Com.
ed i singoli artic, come Leone, Lonza, Lupa, Virgilio, ecc.
Con chiuder e e Concludere, dal lat. concludere; 1. Per
Kaccogliere, Ristringere, Riepilogare in brevi parole, in una for-
mula o sentenza, il sunto di un discorso, di un' argomentazione, di
una dottrina, o simili; Par. xxx, 17. Vii. N. xxn, 37. - 2. E per
Stabilire checchessia come conseguenza, come verit o principio
cavato o dedotto da argomenti, da fatti, da discorsi, da ragionamenti
e simili; Par. vili, 122. - 3. E per Dedurre, argomentando, da una
data cosa; Conv. ili, 3, 79; in, 8, 149; IV, 10, 55; IV, 15, 114; iv,
21, 39. - 4.Dare a divedere, Arguire, detto di cosa; Purg. xxxin, 98. -
5. Per Provare, Dimostrar vero checchessia; nel qual senso era pi
che altro Term. delle Scuole; Par. xxiv, 94, 98.-6. E per Dedurre,
Inferire a modo di conclusione; usato anche in forma di Neut. Conv.
iv, 20, 5, 60.
Conciare, dal lat. barb. conciare, e questo probabilm. dal lat.
class,concinnare ; propriam. Mettere in sesto, in buon termine, Ri-
durre a buon essere, Accomodare. Figuratam. e con maniera ironica,
Conciare alcuno, vale Recargli danno, Sconciare, Bistrattare ; Inf.
xxx, 33.
Concilio, dalconciium, Adunanza di vescovi, di prelati
lat.
e di dottori teologi,legittimamente convocati per decidere questioni
spettanti la fede, i costumi e la disciplina. 1. Il consiglio che fu
per li Giudei mala sementa la radunanza dei sacerdoti ed anziani
del popolo giudaico, che decret la morte di Cristo; Inf. xxm, 122. -
2. Concilio chiamata per similit. e poeticam. l'Assemblea dei beati;
Purg. xxi, 16. Par. xxvi, 120. Concilio concordia di molte vo-
430 Concipere-Concordanza dantesca
lont, e per nessuno si pu chiamare pi degnamente Concilio che
quello di vita eterna, nel quale tutte le volont sono in concordia
et unite; Buti ad Purg. xxi, 16. - Concilio non altro che con-
venienza di volunt, e questa vita eterna; Buti ad Par. xxvi, 120.-
3. L'antico e il nuovo concilio sono detti i beati del vecchio e del
nuovo Testamento; Par. xxm, 138.
Concipere, dal lat. concipere, lo stesso che Concepire, per
Pensare, Credere; Par. xxvn, 63.
Concistoro, Concistorio e Concistoro, dal lat. con-
sistorium, Adunanza, Consiglio; propriam. Adunanza dei Cardinali,
convocati dal Sommo Pontefice per richiedere il loro parere su cose
di grande importanza. 1. Sommo concistoro, detto poeticam. perii
concilio degli Dei; Purg. ix, 24.-2. E per l'Assemblea dei beati
o degli Angeli Par. xxrx, 67. - 3. E per le tre persone della SS. Tri-
;
nit, quasi consigliatisi tra loro; Conv. iv, 5, 15.- 4. Coloro che
si fanno grassi stando a Consistoro, sono i Visdomini e Tosinghi;
Par. xvt, 114. I Visdomini sono padroni e defenditori del vesco-
vato di Fiorenza et hanno per usanza, quando vaca lo vescovato, di
stare nel vescovile a guardare, mangiare e bere e dormire infine
che entra lo vescovo.... mangiano e beano bene e di buono e dei
beni del vescovato, stando a consistoro, cio stando insieme a go-
vernare lo vescovato, come sta lo papa coi cardinali a consistoro
ad ordinare e disponere li fatti de la Chiesa; e con questi Visdomini
furono quelli de la Tosa, detti Tosinghi, d'uno lignaggio; Buti.
Conclnsione, dal lat. conclusio, termine de' Logici, La terza
proposizione del sillogismo, e pi generalmente La conseguenza e
illazione di ogni altra forma d'argomentare; Conv. IV, 15, 114. Mon.
i, 14, 39; li, 6, 10; ni, 4, 27, 113; III, 5, 13.
Concolore, dal lat. concolor, Delio stesso colore, Di color si-
mile; Par. xii, 11.
Concordanza, dal lat. concordano, Convenienza, Accordo. E
per Corrispondenza di suoni, per conformit di sillabe, nella desi-
nenza delle parole; Conv. iv, 2, 79.
Concordanza dantesca. Concordanze bibliche, o della
Bibbia, dicesi all'indice delle voci coi respettivi passi, le quali ri-
corrono nei varj libri della Bibbia. Concordanza dantesca dicesi
quindi all'indice delle voci coi respettivi passi, le quali ricorrono
nelle varie opere di Dante. Una Concordanza dantesca completa non
esiste ancora, ma soltanto una Concordanza della Div. Coni.: Vas-
Concordare-Coucorrere 431
sallo-Paleologo, Francesco: La Concordanza dantesca. Opera
necessaria a ritrovare qualsiasi concetto della Div. Com. Gir-
genti, 1886. Doveva essere un'opera di circa 2400 pag. in 8, ma
non se ne pubblicarono che i due primi fascicoli che vanno dal-
l' A sino ad Alc. - Edward Allen Fay Concordance of the Di-
:
vina Commedia, Cambridge Mass., 1888, 1 voi. di vi e 819 pag.
in 8 gr.; sinora l'unica Concordanza completa della Div. Com.
Concordare, Neut. ed anche in forma di Neut. pass., dal lat.
concordare; 1. Esser concorde, Andare d'accordo, Convenire con
altri in un' opinione, in un giudizio, in un volere o in altro atto
della mente o disposizione 22.-2. E poe-
dell'animo: Conv. il, 14,
ticamente Avvenire, Venir fatto in modo uniforme e simultaneo;
Par. xx, 147.
Concorde, dal lat. concors, concordis; 1. Che del mede-
simo animo o volere,Che del medesimo sentimento od opinione
che altri, ed anche Che si accorda con altri in far checchessia; Par.
xni, 31 XV,
; 9, nel qual luogo concorde desinenza antica per con-
cordi; Salviati, Avveri, il, 10. Nannucci, Nomi, 249 e seg. -
cfr.
2. Per Conforme, Uniforme; Par. xxvi, 47.
Concordevole, lo stesso che Concorde, e pi particolarmente
nel senso diunanime; Conv. iv, 1, 1. E per Concorde nel senso di
Conforme, Conveniente, Congruente e simili; Conv. iv, 21, 60.
Concordevolmente, In modo concordevole, D' accordo, e
anche Unanimemente; Conv. m, 14, 103.
Concordia, Unione degli uomini per
dal lat. concordia; 1.
conformit di voleri e di operazioni, ed anche semplicemente Vo-
lont conforme; Purg. xvi, 21. Par. xi, 76. - 2. E per Riconcilia-
zione, Pacificazione, ed anche Unione, Pace, usato figuratam. Conv.
iv, 5, 17. - 3. Detto di cose materiali, vale Corrispondenza e Re-
lazione fra esse; Conv. in, 8, 6.
Concorrere, dal lat. concurrere, Andare molti volonterosa-
mente e nel medesimo tempo a un luogo stesso, Convenirvi in gran
numero. 1. Per Cooperare, Prender parte al compimento o conse-
guimento di checchessia, ovvero a produrre un dato effetto; detto
di persona, e figuratam. anche di cosa; Par. xxvi, 57. Conv. i, 13, 48. -
2. Detto di qualit, condizioni e simili, vale Trovarsi, Riscontrarsi,
in una data persona o cosa; Conv. i, 9, 2.-3. Concorrere in un' opi-
nione, in un parere, in una sentenza, oppure in un volere e simili,
vale Unirsi a credere nel medesimo modo, o a volere la medesima
cosa; Conv. m, 14, 103.
432 Concreare-Concnbina
Concrearej dal lat. concreare, Creare insieme, nel medesimo
tempo; Par. xxix, 81.
Concreato, dal lat. concreatus, Creato insieme, Innato, Con-
genito ; Par. Il, 19.
Concubina, dal lat. concubina;
Colei che ha comune
1.
l'abitazione ed il letto con alcun uomo,
non essendogli moglie;
Conv. il, 15, 133. - 2. La Concubina di Titon (o Titan) antico,
una celebre donna, della quale si occuparono molti, onde sul re-
lativo passo, Purg. IX, 1, abbiamo tutta una letteratura, ma della
quale ci nonostante si pu dire che nessuno sino a questo giorno
la conobbe. Quasi tutti i commentatori si avvisano che questa con-
cubina sia l'Aurora, e il suo dolce amico il di lei marito Titone,
tiglio di Laomedonte (cfr. Titone). Gli uni, fondandosi sul fatto,
poco meno che indiscutibile, che nei relativi versi Dante parla della
sera, non della mattina, affermano che la Concubina di Titone
l'Aurora lunare, ossia l'Alba che precede il levar della luna sul-
l'orizzonte del Purgatorio la quarta sera dopo il plenilunio. Cos
Lan., Ott., Petr. Dani., Cass., Falso Bocc, Benv., Buti, An. Fior.,
Serrav., Land., Tal.. Dan., Mazzoni, Veni., Port Costa, Wagn., ,
Br. B., Antonelli, Carrier., Campi, Agnelli, Kanneg., Filai., Kop.,
Bl., Witte, Eitn., Krig., Noti., Long f., Ver non, v. Mijnd., ecc.
Ma, per tacere che dieci ore di sonno pare veramente un po' troppo,
la mitologia non conosce n l' esistenza n il nome di un' aurora
lunare concubina di Titone ed i versi di Dante escludono la pos-
sibilit di ammettere che si tratti di una invenzione o finzione del
Poeta. Altri si avvisano la Concubina di Titone essere l'aurora
solare nell'emisfero del Purgatorio (Veli., Voi., Posa Morando,
Lomb., Pogg., Biag,, Perticari, Tom., Mossotti. Emil.-Giud., Frat.,
v. Hoff., Franche, Barlow, ecc.), oppure nell'emisfero di Gerusa-
lemme (Perazzini, Dion., Ces., Borghi, Lanci, Greg., Andr., Bennas.,
Frane, Corn., Ponta, Della Valle, Aroux, ecc.). Ma l'Aurora la
moglie, non la concubina di Titone, e questi le marito e non amico,
e molto meno dolce amico, vecchio decrepito a segno che Aurora ne
era disgustata (cfr. Hesiod., Theog., 986). Secondo alcuni pochi mo-
derni la Concubina l'onda marina, ossia Tetis, moglie dell'Oceano,
Titone, o secondo altra lezione Titan, il Sole, e la frase Fuor
delle braccia del suo dolce amico accenna all' imbiancarsi del-
l' onda marina per lo sorgere dell'astro lunare (Antonelli, Scart.,
Gildem., ecc.). Cfr. Comm. Lips. il, 148-61. E vedi pure Carmine
Galanti, Lett. su Dante Al., Serie il, Lett. vi-ix, Prato, 1883. Po-
letto, Com. il, 219-21.
Concupiscibile-Condizioiie 433
Concupiscibile, dal basso lat. concupiseibilis, Atto ad ec-
citare la concupiscenza, Appetibile.Aggiunto di Appetito, Affetto,
Potenza dell'animo, o simili, vale Che fortemente desidera, Che
agogna, ci che all'anima par bene o piace; ed propriamente Ter-
mine delle Scuole; Conv. in, 10, 15; iv, 26, 35.
Condannare, dal lat. condemnare, Sentenziare alcuno come
reo, e imporgli pena o multa proporzionata a' suoi misfatti o tra-
sgressioni. 1. Usato assolutane, vale Dichiarare reo, ed in questo
senso contrario di assolvere; Purg. xv, 105.- 2. Detto di Dio o
della Giustizia divina, rispetto allo assegnare ai peccatori le pene
nell'altra vita; Par. XIX, 77.-3. Figuratane e poeticam., detto di
ci che sia, o possa essere, cagione o ragione perch alcuno sog-
giaccia a pena o gastigo; Inf. xvin, 95; xxvm, 70.
Condiscendere, dal lat. condescendere, Degnarsi di fare
una cosa; Par. iv, 43.
Condizionare, dal lat. conditio, Disporre, Render atto, ad
un dato fine checchessia, dandogli le condizioni o qualit necessarie;
Par. xiv, 48.
Condizione, dal lat. conditio, Ci che entra a costituir chec-
chessia, e lo dispone al compimento ed al fine proprio; ovvero Ci
che occorre, o dee procurare e osservare, affinch un dato effetto
si
succeda. 1. Per Qualit speciale, Propriet, Essere peculiare, o Na-
tura di checchessia; Inf. ix, 108. Purg. x, 115. Par. vi, 29. Conv.
iti, 10, 4; iv, 11, 18. - 2. E morale; e
riferito a persona, Qualit
usato assolutam. per Buona 10.-3. Per
qualit morale; Conv. Ili, 8,
l'Essere proprio e particolare di una persona, Quel che ella ; ed
altres lo Stato, nel quale una persona al presente si trova; Inf.
xvi, bd.Purg. i, 56; v, 30; XIII, 130; xx, 14. Par.Y, 113;xxiv, 142.-
4. Riferiscesi altres allo stato dell'animo o della mente, come pure
a quello del corpo dell'uomo; e trovasi riferito agli abiti morali e
insieme alle qualit fisiche di una persona; Vit. N. iv, 4; xiv, 47.-
5. Per Stato dell'uomo nella ci vii societ, rispetto all'origine della
famiglia, agli averi, agli uffici, alla professione e simili. E di qui
le maniere Di alta bassa condizione, od anche Di grande o Di
o di
piccola o vii condizione, a significare L'essere ricco o povero, no-
bile o ignobile, ecc., Par. xvn, 90. Conv. iv, 128. - 6. Riferito a
popolo, citt, paese e simili, indica cos L'essere morale e civile,
come lo Stato prospero o no di essi in un dato tempo ; ed altres
il loro Stato politico; Vit. N. xxxi, 5. - 7. Per Cosa chiesta, pro-
messa o voluta, dal cui adempimento debba dipendere un dato atto
28. Enciclopedia dantesca.
434 Condolere-Condurre
od effetto: ed altres, Ci che s'impone di osservare nel far chec-
chessia; Par. xxxn, 43.
Condolere, Neut. pass., dal lat. condolere, Eammaricarsi, Do-
lersi con alcuno di qualche disgrazia accadutagli. E semplicemente
Sentir dolore, Dolersi di checchessia, ed anche Aver compassione
de' mali altrui; Purg. xxi, 6.
Condotta, da condurre, L'atto del condurre, del guidare;
Guida, Scorta; usato fguratam. Purg. xvi, 103.
Condotto, dal lat. conductus ; 1. Partic. pass, di Condurre,
Guidato, Servito di scorta; Purg. xm, 139: xxm, 85; xxx, 140;
xxxn, 76. - 2. In forma di Add., per Ridotto, Pervenuto, e conse-
guentemente Che , Che si trova attualmente nella condizione, stato,
termini e simili, per lo pi non buoni, secondo che dichiarato dal-
l'aggiunto; Inf. v, 57. - 3. Nel luogo Purg. iv, 29 i pi prendono
Condotto per sostantivo, equivalente a Condottiere, Guida, e inten-
dono per quel condotto Virgilio, che conduceva il Poeta. Cos Benv.,
Put, An. Fior., Serrav., Land., Veli., Dan., Vent., Lomb., Pogg.,
Betti, Tom., Andr., Carrier., Corn., Poi., ecc. Di condotto, sost. per
Scorta, Guida, si hanno parecchi esempi (cfr. Betti il, 22), tra altri
uno di Dante medesimo, Conv. i, 11, 110. Alcuni moderni prendono
invece condotto per partic. pass, ed espongono: Tirato dietro a
Virgilio, che mi dava speranza e mi era guida. Cos Biag., Br. B.,
Frat , Greg., Bl., ecc. Tutti gli antichi (inquanto non tirano via
da questo luogo) andando d'accordo nel prendere condotto per sost.,
pare che sia da stare alla loro interpretazione.
Condurre e poeticam. Condncere, dal lat. conducere;
1. Menar seco, servendo altrui di guida; ed anche semplicemente
Guidare, Servir di Scorta, Dirigere l'altrui cammino; Purg. i, 69;
Vii, 71. Par xxvi, 11. - 2. Per similit Purg. xm, 17, 18. Par.
x, 86. - 3. In locuz. fgur. Par. il, 8.-4. E fguratam., Condurre ad
un luogo una persona, un esercito e simili, detto per Narrare come
ella andasse al tal luogo, come un esercito facesse una spedizione,
e simili, quasi Condurre narrando; Purg. xxn, 8. - 5. Riferito a
persona, e con un compimento significante stato, condizione, evento
e simili, per lo pi non buono, vale fguratam. Esser cagione che
essa persona si riduca a quella condizione o stato, ovvero che le
accada quel dato evento; detto tanto di persone quanto di cose mo-
rali Inf. v, 106. Purg. xxm, 85. - 6. E per Indurre, Persuadere
;
a checchessia; e dicesi anche di cose morali; Inf. xvm, 56.-7. Ri-
ferito a cose in movimento, vale Regolarne il movimento stesso;
Conduttore-Confessare 435
Inf. vii, 74. - 8. Poeticam. Condurre, riferito a stato, citt, popolo
e simili, vale Reggerlo, Governarlo; Inf. xxvn, 50. - 9. E figuratane,
detto di cose morali; Inf. xvi, 64. Conv. in, 6, 93. Cam.: Amor,
che nella mente mi ragiona, v. 32. - 10. Riferito a lume, detto
poeticam. per Diffondere, Spandere e simili; Purg. iv, 63.- 11. E
per produrre un dato effetto, od alcun che come effetto Conv. in, ;
13, 82. - 12. Neut. pass, per Andare, Camminare, Far cammino; Purg.
V, 6.-13. Riferito a cosa, termine, condizione e simili, per lo pi
grave, misera, dolorosa e simili, vale Ridursi ad essa; Purg. xi, 138. -
14. E per Indursi, Risolversi, Determinarsi Inf. xxxn, 6. - 15. Con- ;
durre ad onore alcuna persona o cosa, vale Fare che pervenga a
stato d'onore; Purg. xx, 33. - 16. Condursi bene, detto di cavallo,
per Andare come e dove deve andare; Conv. rv, 26, 34.
Conduttore e Conducitore, dal lat. conductor, Chi o
Che conduce, Guida; Conv. iv, 6, 112.
Conduttrice e Conducitrice, dal lat. conductrix, Colei
che conduce; Purg. xxxu, 83. Conv. iv, 17, 61.
Confare, Neut. pass., da con e fare; 1. Convenire, nel senso
di Star bene, Addirsi, Richiedersi, rispetto all'onest e al decoro,
o all'essere della persona o della cosa cui verbo si riferisce; il
Purg. E per Aver proporzione, Essere proporzionato,
xxi, 15. - 2.
parlandosi di misura; Esser paragonabile, Potere stare appetto, ecc.,
Inf. xxxiv, 33.
Conferire, dal lat. conferre, Comunicare; detto per Contri-
buire, Concorrere a checchessia, con la volont, col consentimento,
coli' opera e simili Par. IV, 74.
;
Confermare, dal lat. confirmare, che tra gli altri sensi aveva
anche quello di Affermare con tutta certezza; Detto figuratam. di
cose morali, vale Avvalorare, Corroborare che esse fanno checchessia;
Conv. in, 8, 145. - 2. E per Rendere maggiormente fermo, certo e si-
mili; riferito a cose morali; Conv. I, 13, 4.
Confessare, prov. confessar e cofessar ; spagn. confesar,
frane, confesser ; forme derivate, del pari che l'italiana, dal partic.
lat. confessus. 1. Dire una cosa tale quale in fatto, Dirne il vero,
Manifestare, Palesare, sia spontaneamente, sia costretto e propria- :
mente riferiscesi ad azioni comecchessia riprovevoli, delle quali al-
cuno chiamato a render conto o in giudizio o altrimenti; Purg.
xxxi, 38. -2. Per Manifestare, Palesare, Scoprire; riferito ad animo,
volont, intenzione, e simili Par. xvn, 30. - 3. E riferito alla per-
;
-
436 Confessione-Confine
sona stessa che confessa, con l'apposizione di qualche aggiunto, vale
Manifestare, Dichiarare, tale quale V aggiunto stesso significa o ac-
cenna; Par. in, 4.-4. E per Dichiarare, Attestare, a conferma di
checchessia; Purg. in, 94. - 5. E semplicemente per Dire, Affermare,
Asserire; Inf. xxiv, 106. - 6. E per Eiconoscere con aperta dichia-
razione, Conceder come vero; ed anche semplicemente Ammettere
come tale; Conv. iv, 8, 85. Cam.: Le dolci rime d'Amor, ch'io
solia, v. 64. - 7. Detto del sacerdote, nel sacramento della Peni-
tenza, vale Ascoltare il penitente eh' espone i proprj peccati, Stare
a udire peccati altrui per assolvermelo; Inf. xix, 49. - 8. Per Ac-
i
cusarsi delle proprie colpe, manifestandole ad un giudice; Inf. v, 8. -
9. E
per Dichiarare compiutamente e in modo solenne le proprie
opinioni o sentimenti in cose di fede, Fare la propria professione
di fede religiosa; Par. xxiv, 58.
Confessione, 1. L'atto del confessare, Af-
dal lat. confessio;
fermazione di quello di che domandato, con la quale si mani-
altri
festi, o spontaneamente o in altro modo, e per lo pi dinanzi ad
un giudice, alcun' azione comecchessia riprovevole; Purg. xxxi, 6.
2. Per Manifestazione o Dichiarazione del proprio sentimento o modo
di giudicare sopra checchessia, la quale alcuno faccia, anche non
richiesto, ad altri; Par. in, 9. - 3. E per Atto con che si riconosce
il vero; e pi particolarmente Sentenza o Dichiarazione con che si
riconosce vera alcuna cosa, o semplicemente si afferma checchessia;
Conv. iv, 8, 82.
Confesso, sincope di Confessato, partic. pass, di Confessare,
Che ha fatto la sua confessione; Inf. xxvii, 83.
Confidare, dal lat. confidere, portato dalla terza coniugazione
alla prima; 1. Aver fede, Aver fiducia, speranza certa, e per estensione
anche Tener quasi per certo, per sicuro e simili; Purg. xiv, 129. -
2. Unito, mediante la particella In e talora anche Di, con un ter-
mine esprimente persona, ovvero qualit, affetto, atto, potenza e
simili, vale Mettere, Eiporre, Avere in essi la propria fiducia o
fidanza; Par. xxn, 3; xxix, 120.
Confinare, dal basso lat. confinire, detto poeticam., per Avere
suo proprio limite o termine in alcun punto o cosa, Finire ivi;
Purg. x, 22.
Confine, dal lat. confine; 1. Linea che segna la fine di un
dato fondo o territorio o paese, dividendolo da quello o da quelli
che gli sono attigui Purg. xi, 142. Par. xvi, 54. - 2. E per similit.
;
Inf. xx, 124. - 3. Parte estrema di un territorio, di un paese, Parte
Confitto-Confortare 437
Purg. xxxn, 111. - 4. Per
assai prossima al confine; detto per similit.
Termine, Limite, e anche Punto estremo Par. xxviii, 54. Conv. in,
;
15, 131. - 5. Poeticam. riferito a persona, per Lato, Parte, Fianco;
Inf. xxx, 93.
Conftto, dal lat. conflctus, Conficcato, Tenuto fermo con chiodi,
o con altri strumenti atti a ci; Inf. xxill, 115.
Conflato, dal lat. conflatus, Congiunto insieme per modo cos
intimo e indistinto, da formare unit perfetta; Par. xxxiii, 89.
Confondere, confundere, Mescolare insieme senza
dal lat.
distinzione, o senz' ordine. Per Unire insieme, Accoppiare due o
1.
pi cose in modo innaturale o irragionevole; Purg. xvi, 128. - 2. Ei-
ferito a qualche particolare dottrina o alla verit di checchessia,
vale Insegnarla, Esporla, in modo non esatto, o insufficiente a farla
ben comprendere; Par. xxix, 74.-3. Eiferito alla mente, all'animo
o alla persona stessa, Turbare gravemente, Agitare, Mettere in in-
quietudine ; Inf. vi, 3. - 4. Detto di certe potenze o facolt sen-
sitive, vale Eimaner soverchiata dall'impressione ricevuta; Purg.
vili, 36.
Conformare, dal lat. conformare, Eender conforme, Fare che
una cosa concordi con un'altra, corrisponda pienamente ad essa;
Par. in, 102.
Conformato, conformatus ;
dal lat. 1. Conforme; Par. v, 21. -
2. Ordinato naturalmente; Par. il, 134.
Conforme, dal lat. conformis ; 1. Add., per Confacente, Con-
venevole, Adattato, Proporzionato, Acconcio e simili; Par. vii, 73;
ix, 60. - 2. Avverb. In conformit, Conformemente, Secondo Par. ;
il, 148.
Confortare, dal basso lat. confortare, che propriamente si-
gnifica Fortificare, ed anche Consolare, Eicreare. 1. Alleggerire con
parole il dolore altrui, Diminuire l'altrui sgomento, o altra grave
apprensione o preoccupazione dell'animo, Far coraggio; Inf. vii, 4.
Purg. vii, 97 xxvn, 52. - 2. Figuratam. detto di cosa ond' altri
;
prenda ragione di alleggerire la propria afflizione, farsi animo, ras-
sicurarsi; Inf. v, 44. - 3. Per Eistorare, Eicreare, Eifocillare; Purg.
xix, 10. - 4. Figuratam. riferito allo spirito, alle sue facolt, sen-
timenti, affetti o simili; ed anche ad atti od operazioni dell'uomo;
Inf. vili, 107. Par. xxv, 45. - 5. Pur figuratam. riferito a cose astratte,
come a fama, riputazione, ecc., Inf. xin, 77. - 6. Vale anche Esortare,
438 Conforto-Congaudere
Consigliare con preghiere o ragioni o suggerimenti a far checchessia,
Incorare; ed anche Incitare, Istigare; Gonv. IV, 11, 82. - 7. E per
Stimolare, Eccitare; Purg. i, 119. - 8. Neut. pass. Darsi pace, Farsi
coraggio; ed anche Rassicurarsi, Tranquillarsi, Kiprender fiducia o
speranza; Inf. ni, 20. Purg. x, 91.
Conforto, da confortare, propriam. L'atto, L' effetto, il Modo
del confortare o del confortarsi. Per Eistoro, Sollievo, in senso
1.
figurato Purg. xx, 40. Par. xi,
; 57.-2. Per Condizione o Stato di
animo confortato; Coraggio, Sicurezza; Purg. IX, 65.-3. Figuratam.
e poeticam., detto della Persona stessa che cagione di conforto;
onde Dante chiama Suo conforto Virgilio, Purg. in, 22; IX, 43, e
Beatrice, Par. xvm, 8.-4. E per Esortazione, Persuasione, Con-
siglio, Incitamento, Istigazione; Inf. il, 29; xxvni, 135. Purg. xxin,
124. Par. xvi, 141; xxv, 37. - 5. Per Aiuto, Soccorso; Inf. v, 18;
xv, 60.
Confusamente, da confuso, Senz'ordine e senza distinzione.
E per In modo non particolareggiato, ed altres In modo non chiaro,
o non determinato, Indistintamente; Purg. xvn, 127.
Confusione, dal lat. confusio ; 1. L'atto e L'effetto del con-
fondere, del mescolare insieme senz'ordine e senza distinzione; ed
altres Lo stato delle cose confuse insieme; Par. xvi, 67.-2. Figu-
ratamente, per Ci che cagione di disordine, pi che altro morale;
Conv. IV, 1, 46. - 3. Eiferito all'animo, Grande preoccupazione, Agi-
tazione, Turbamento, Travaglio per checchessia; Purg. xxxi, 13.-
4. A confusione di alcuno, vale A fine di confonderlo, di umiliarlo,
di svergognarlo; ed anche In modo da rimanere quegli confuso;
Conv. i, 10, 77; v, 14, 8.
Confuso, confusus, Mescolato senz' ordine e senza di-
dal lat.
stinzione; 1. Per Non Non distinto, Che non s'intende o
chiaro,
non si discerne bene; Inf. xxvn, 6. - 2. Riferito alla potenza in-
tellettiva, vale Che non comprende chiaramente le cose, o Che bene
non le ricorda; e riferito alla vista, vale Non atta per qualsivoglia
cagione a discerner in modo distinto gli oggetti; Inf. xxv, 145;
xxxi, 74.-3. Per Sopraffatto, Smarrito, Sbalordito, o semplicemente
Compreso da meraviglia, stupore, o altro moto dell' animo Purg. ;
xxxi, 7. - 4. Far confuso alcuno, lo stesso che Confonderlo, ossia
Umiliarlo, Mortificarlo, Deprimerlo; Purg. xix, 27.
Congaudere, lat. congaudere, Rallegrarsi insieme; Purg.
xxi, 78.
-
Congelare-Conio 439
Congelare, dal lat. congelare, in forma di Neut. pass., Kap-
pigliarsi per soverchio freddo, Agghiacciarsi; e riferiscesi pi pro-
priamente a liquidi ; Purg. xxx, 86.
Congiunger e e Congiugnere, dal lat. conjungere; 1. Met-
tere insieme, Accostare, Unire e simili, tanto al proprio che figuratam.
Inf. x, 111; Purg. xxxi, 6. Par. i, 41; II, 30; Vi, 26; IX, 116; x, 32;
xiv, 111; xvn, 19; xxi, 85; xxiv, 141; xxvm, 43; xxjx, 22. Conv.
IV, 1, 3. - 2. Neut. pass. Unirsi, Accoppiarsi; e poeticam. anche per
Accostarsi, Kecarsi presso ad un luogo; Inf. xxxi, 25. Conv. IV, 6,
126; iv, 13, 113.
Congiungitore e Congiugnitore, Chi o Che congiunge;
Conv. i, 13, 21.
Congiunto, conjunctus, partic. pass, di Congiungere (cfr.
lat.
Congiungere). In forma d'Add., per Prossimo, Vicino; Par.
1.
xxvm, 43. - 2. E per Unito, Accoppiato; Conv. n, 9, 33; iv, 1, 6.
3. E figuratam. Conv. in, 2, 68.-4. Congiunto con alcuno di san-
guinit, vale Unito ad esso per ragione di sanguinit; Vit N. xxiii,
62, nel qual luogo si crede che Dante parli di quella sua sorella,
o piuttosto sorellastra, il cui nome s' ignora, e che and sposa a
Leon Poggi, il quale nel 1298 era banditore o precone del Comune.
Congiunzione, dal lat. conjunctio, L'effetto del congiun-
gere, Ci che resulta dal congiungere; ed anche Stato, Condizione
di cose congiunte; detto figuratam. Conv. iv, 10, 58.
Congiurare, forma antica per Scongiurare ; Inf. ix, 23. Cfr.
Scongiurare.
Congratulare, dal lat. congratuari, Significare ad alcuno
qualche sua buona ventura; e detto poe-
la propria allegrezza per
ticamente per Mostrar gioia, ^Rallegrarsi per checchessia; Par.
xviii, 74.
Coniare, da conio, Improntar col conio monete o medaglie;
Inf. xxx, 111.
Conio, dal lat. cuneus, Pezzo d'acciaio nel quale intagliata
la figura che si ha da imprimere nella moneta, o in una medaglia;
Torsello, Punzone. 1. Per Impronta, riferito a moneta, in quanto
designa il valore di essa; usato in locuz. figur. Par. xxiv, 87. - 2. E
poeticam. per II metallo stesso coniato, Moneta; Inf. xxx, 115. Par.
xix, 141. - 3. Moneta senza conio, vale Moneta senza valore, Moneta
falsa; usato in locuz. figur. Par. xxix, 126.-4. Femmine da conio,
440 Conio
Inf. xvm, 66, frase assai disputabile. I pi intendono Femmine :
da prostituire per danaro, come infatti Venedico Caccianimico aveva
prostituito la propria sorella per denari. Pare che cos intendesse
gi Iac. Dant. il quale chiosa: Per cierta quantit di moneta la
sirocchia charnalle alla voglia del marchesse Obizzo da Esti char-
nalmente chondusse. - Lari.: Conio, cio moneta; quasi a dire:
tu non eri da altro se non da roffianare femine per moneta. - Cass.:
Apte ad emendum. - Benv.: Ad lucrum, ad denarios, ad pe-
cuniam. - Serrav.: Femine de conio, idest de denariis; idest hic,
in hoc loco, non sunt mulieres meretrices, que pr denariis, qui
cuniantur, etc. - Land.: Da pecunia, la qual si conia; et questo
dice, perch chi vuol corrompere la femina, non ha maggior mezo
che la pecunia. - Veli. : Femine da moneta coniata et stampata,
mediante la quale, leggiermente si corrompe la pudicitia delle fe-
mine. - Getti: Da esser corrotte con danari. - E cos intendono,
con qualche lieve modificazione, Dan., Cast., Voi., l'antica e la nuova
Or., Vent., Lomb., Port., Pogg., Biag., Ces., Wagn., Tom., Br. B.,
Frat., Andr., Cam., Bennas., Lub., Carnai, Poi., Migutini, Bl., ecc.
Ma madonna Ghisolabella de' Caccianemici non era femina da far
copia di s per denari ; fu anzi ingannata e tradita dal fratello, il
quale la moneta ricevuta tenne per s. Quindi altri intendono: Fem-
mine da ingannare. - Ott.: Quando uno inganna altro, quello si
dice coniare; mostra uno, ed altro. Coniare mutare d'una forma
ad altra forma, e viene a dire ingannare, fare falso conio, falsa
forma; trae il nome dalla moneta che piglia stampa. - Buti: Da
essere coniate et ingannate con le tue seduzioni. - An. Fior.: Qui
non ha femmine da poterle coniare, et ingannare per danari o per
altro illicito modo. - Betti: Da essere ingannate e sedotte, come
fu Ghisola bella; perciocch coniare nell'antica lingua toscana vuol
dire ingannare, sedurre. Accettando essenzialmente questa inter-
pretazione, alcuni, ricordando il senso dell'antico frane. Coigner,
vedono nella frase Femmine da conio una sconcia allusione, che in
bocca ad un demonio facilmente si comprende. Cos Mazzoni-To-
selli, Fanf., Scart., Berth., ecc. Alcuni poi (Bambgl., An. Sei., Petr.
Dant, Falso Bocc, Barg., Tal., Ross., Corn., ecc.) non danno ve-
runa spiegazione, ma pare che i pi antichi prendessero coi pi
Conio per Moneta coniata. - Su questo passo, uno dei pi con-
troversi della Div. Com., cfr. 0. Mazzoni-Toselli, Voci e passi
di Dante chiariti ed illustrati con documenti a lui contemporanei
raccolti negli antichi Archivi di Bologna, Bologna, 1871, p. 116
e seg. P. Fanf ani nell' effemeride II Borghini il, p. 264 e seg., 274
e seg., 311 e seg. Gr. Rigutini, Del vero senso della maniera Dan-
tesca Femmine da conio, Fir., 1876. Ferkazzi, Man. v, 336-40.
Conio-Conoscenza 441
Luri da Passano (= Ludovico Passarini), nel Propugnatore, xn, voi.
P. il (Bologna, 1879), p. 203 e seg. Bianco Bianchi nell'Archivio
glottologico dell'Ascoli, voi. vii, 1 (1880), p. 130 e seg. Del Lungo,
Dante nei tempi di Dante, Boi., 1888, p. 197 e seg.
Conto, detto anche Cunio, Castello della Eomagna, vicino a
Castrocaro, oggi distrutto. Ai tempi di Dante aveva proprj conti;
Purg. xiv, 116. - Istud fuit castellum longe ab Imola per sex mil-
liaria, quod hodie omnino non extat, sed multi comites eius erant
tempore autoris, et adhuc hodie sunt ; Benv.
Connaturale, dal basso lat. connaturalis ; 1. Proprio della
natura di un essere, Ingenito, Innato; Conv.n, 8, 19, 126.-2. Che
secondo la natura di checchessia, Conforme, Confacente ad esso;
Conv. li, 4, 71; ir, 6, 81.
Connesso, dal lat. connexus, Unito, Strettamente congiunto,
ed anche Eiunito per mezzo di checchessia; in locuz. figur. Conv.
i, 10, 63.
Conocchia, dal lat. barb. colucula, forma diminutiva di co-
lus, Bocca. Per La quantit del lino, della canapa, o simili, che si
mette in una volta sulla rocca per filare, Pennecchio; Purg. xxi, 26.
Perch Lachesi, l'una delle tre suore infernali, la quale dipu-
tata a filare la vita delli mortali, secondo li poeti, non ha ancora
filata la conocchia, cio la quantitade dello stame vitale; la quale
conocchia Cloto, l'altra sirocchia, ovvero sorella, impose a ciascuno
mortale; Ott. - Quella parte del pennecchio e de la roccata; Buti.
Conoscente, dal lat. cognoscens ; 1. Che ha cognizione, no-
tizia, contezza, di checchessia; Conoscitore di quello; Conv. Ili,
10, 43. - 2. E figuratane Conv. i, 6, 3, 29, 43, 55; i, 7, 2. - 3. E
per Biconoscente, Grato; Conv. Il, 7, 27.
Conoscenza, dal basso lat. cognoscentia ; 1. Potenza o Fa-
colt di conoscere, Virt conoscitiva; Inf. x, 107. Vit. N. xxm, 122. -
2. L'atto e l'effetto del conoscere, Cognizione; e propriamente Co-
gnizione intima o adeguata di checchessia; Par. xxvi, 61. Conv. il,
1, 70, 83; iv, 1, 62. - 3. E
per Scienza, Dottrina, e anche Sapienza,
Senno; Inf. xxvi, 120. Conv. IV, 13, 108. - 4. E per L'atto del ri-
conoscere, del raffigurare; Inf. vii, 54; xv, 28.- 5. Per Notizia, Con-
tezza, che si abbia di alcuna persona, della qualit o condizione, di
essa, per pratica, familiarit, fama, narrazione o simili; Purg. xxm,
47; xxx, 37. Par. XVII, 10.
;
442 Conoscere-Conquiso
Conoscere, dal lat. cognoscere, verbo adoperato nella Div.
Com. 55 volte, 15 neWInf., 22 nel Purg. e 18 nel Par. - 1. Ap-
prendere coli' intelletto l'essere degli obietti, Averne idea distinta;
Conv. ni, 6, 35; in, 15, 79.-2. E detto in particolare di Dio, vale
Aver non solo idea distinta degli attributi della Divinit, ma al-
tres riverirlo come 131.-3. E per Acqui-
solo e vero Dio; Inf. i,
star notizia vera, contezza, di checchessia; Arrivare a scoprirne la
cagione, la ragione, la qualit, la condizione o simili, e propria-
mente da qualche segno o effetto; detto tanto di cose materiali e
fsiche, quanto di cose morali; Inf. iv, 6: V, 120. Purg. xvi, 114.
Conv. IV, 16, 81.-4. E per Comprendere checchessia, Accorgersene,
Avvedersene Purg. xxxi, 75. Par. xiv, 92. Conv. Ili, 10, 44, 46. -
;
5. Saper fare stima o ragione di checchessia, Saperlo apprezzare se-
condo l'importanza, il valore, o simili, di esso; riferito tanto a cose
materiali, quanto a cose intellettuali o morali; Conv. iv, 2, 68.-
6. Per Apprendere o Sapere checchessia, Esserne ragguagliato o in-
formato bene; anche figuratam. Inf. v, 124. - 7. Riferito a persona,
vale Sapere chi essa , Avere o Acquistar notizia dell'essere o con-
dizione di lei, Esserci quella, o Divenirci, nota per pratica, per
nome, per fama e simili; Inf. ni, 59; xxv, 40. Purg. xvi, 139. -
8. E riferito a cose materiali, quanto a cose morali, usato figuratam.
per Provare, Sperimentare, Fare esperimento; Purg. xv, 47.-9. Ri-
ferito a certe qualit, regole, norme e simili, prendesi figuratam.
in senso di Osservare, Praticare, Avere in s medesimo; usato co-
munemente in locuzione negativa; Par. xix, 126. - 10. E per Ri-
conoscere, Ravvisare, Raffigurare, riferito a persone; Inf. vili, 39
xv, 23. - 11. Per Vedere, Scorgere; Purg. i, 117; vii, 89. Conv. i,
6, 32. - 12. E figuratam. Purg. xxxiii, 30. - 13. Far conoscere una
persona, riferito alle qualit dell'animo, all'ingegno, alla dottrina,
all'abilit in qualche arte e simili, vale Far s che quella venga
stimata, reputata e simili, convenientemente, rispetto ad alcuna
delle sue qualit, cos in buono come in mal senso ; Purg. xx, 72.
Conoscitore, Verbal. masc. da conoscere, Chi o Che conosce;
Inf. v, 9.
Conosciuto, cognitum; 1. Partic. pass, di Conoscere;
lat.
Conv. il, 13, 11. - 2. E in forma d'Add. Ben noto, Di cui si ha con-
tezza; detto cos di persona, come di cosa, di propriet, qualit e
simili; Vii. N. Vili, 54.- 3. Per Divulgato, Fatto pubblico; Par.
xvii, 85.
Conquiso, 1. Partic. pass, di Conquidere, Guastato, Grave-
mente turbato ; Purg. xxm, 45. Avea conquiso, cio guasto, cio
Conscienza-Consentire 443
la cognoscenzia; imper che non potea comprendere nel volto chi
elli era, e cos l' aspetto suo avea guasta la sua cognoscenzia; Buti. -
i lineamenti primitivi
Cancellati, Distrutti, tutti Br. B.-2. E ;
in forma Vinto da dolore, timore, stupore od altro
di Add., per
movimento dell'animo; Son. : Voi, donne, che pietoso atto mo-
strate, v. 10.
Conscienza e Conscienzia, cfr. Coscienza.
Consecrato, lat. consecratus, Sacro, Dedicato; Par. xxi, 110.
Conseguente, dal lat. consequens, Che consegue. Per con-
seguente, posto avverbialmente, vale lo stesso che Conseguentemente,
In conseguenza di checchessia; Conv. I, 6, 51; i, 7, 14.
Conseguire, dal lat. consequi, Giungere ad avere, Ottenere,
Acquistare. E
per semplicemente Avere, Venire ad avere, in sorte,
in conseguenza, in contraccambio; Inf. vii, 90. Egli pare questo
suo permutare vicendevolmente seguire, in quanto alcuna volta veg-
giamo uno medesimo uomo, di quale che stato si sia, essere e felice
e misero pi volte nella vita sua; Bocc. - Perch le vite degli
uomini sono brevi, e tali trasmutazioni e di ricchezze e di stati si
hanno a fare in loro, egli dice: Cos spesso vengono quegli che
hanno a conseguire queste vicende, cio questi scambiamenti, per-
dendo e acquistando la possessione di questi beni mondani secondo
questa divina disposizione; Geli. - Laonde avviene che s spesso
vediamo agli uomini subire i cambiamenti della fortuna; Betti.
Cfr. VICENDA.
Consentimento, da consentire, detto, con significato logico,
per II mente sopra un pensiero, aderendo ad
ripiegarsi della nostra
esso e quasi con esso compenetrandosi ed altres per La coscienza
;
continua del pensiero immanente; Qonv. Il, 7, 58; II, 8, 48.
Consentire, dal lat. consentire ; 1. Dare, Prestare il proprio
assenso a checchessia, Assentire, Acconsentire ; Purg. vii, 47. Par.
v, 27; xxxiii, 102.-2. E per Aderire a checchessia, Non opporvisi,
Non impedirlo; Par. iv, 109, 110. - 3. Consentire ad alcuno, vale
Kisolversi per la sua parte, Aderire ad esso; Goni), iv, 8, 106. -
4. Per Concedere, Permettere, dando il proprio assenso, Accordare;
detto figuratam. di cose morali; Inf. xxvn, 120. - 5. E per Eicono-
scere, Ammetter come vero checchessia, Concedere, Cam.: Amor,
che nella mente mi ragiona, v. 52. Cane. Le dolci rime d'amor
;
ch'io solia, v. 72. - 6. E per Credere, Menar buono, e simili; usato
nella maniera Consentire checchessia a s, o ad altri; Inf. xxv, 48.
444 Conserto-Considerare
Conserto, dal lat. consertile, Congiunto insieme, Unito, In-
sieme ordinato; Par. Xix, 3.
Conservare, dal lat. conservare; 1. Tenere, Mantenere, chec-
chessia nelP esser suo, preservandolo da alterazione o corruzione;
Purg. xxxii, 48. - 2. E per Fare che una cosa continui ad essere,
a sussistere, Far che duri; Inf. xxm, 107. - 3. E figuratane, detto
di cose tanto materiali quanto morali; Conv. IV, 17, 27.-4. E per
Mantenere a s il possesso di checchessia, usato in correlazione del
verbo acquistare, e riferito figuratam. anche a cose morali; Conv.
i, 10, 40. - 5. Kiferito a parole, precetti, avvertimenti,
esempj e si-
mili, vale Eitenerli nellamemoria, nell'animo, facendone suo pr;
Inf. x, 127. - 6. E per Mantenere in uno stato, in una condizione,
Fare che una persona continui ad avere una data qualit; Par.
xxxni, 35. - 7. E per Osservare, Seguire, riferito a regola morale,
dogma, comandamento e simili; Conv IV, 9, 57; IV, 15, 47.
Conservato, dal lat. conservatus, Mantenuto in essere; Conv.
li, 11, 61.
Conservatrice, dal lat. conservatrix, Chi o Che conserva;
Conv. i, 10, 35.
Conservazione, dal lat. conservatio, Il conservare e II con-
servarsi, ed anche Stato di cosa conservata; Conv. i, 13, 32; ili, 1, 42.
Conservo, Colui che serve insieme con
dal lat. conservus,
altri allo stesso padrone, CompagnoE per Colui che
di servizio.
insieme con altri sottoposto, suddito, a un medesimo signore;
Purg. xix, 134, nel qual luogo Dante traduce il biblico: Conservus
tuum sum, et fratrum tuorum; Apocal. xix, 10.
Considerare, considerare; 1. Esaminare attenta-
dal lat.
mente, Ponderar con la mente, una cosa risguardata in s o nelle
sue attinenze; ed usato anche assolutam. Inf. xxvi, 118. Par.
x, 132. Conv. il, 14, 105.-2. Usato con qualche compimento espri-
mente le relazioni che la cosa considerata ha, sia con altre cose,
sia con la nostra mente; Ei sguardare, Intendere; Conv. Il, 14, 111;
IV, 26, 15, 16, 18. - 3. E figuratam. detto della scrittura, del ragio-
namento o simili, fatto da colui che considera; Canz. : Amor che
nella mente mi ragiona, v. 82. Conv. Ili, 10, 5, 22.-4. E per Ei-
flettere, Avvertire, Osservare, Pensare e simili; Conv. il, 14, 107. -
5. Per Prendere ad esame, Trattare scientificamente; detto di scienza
o disciplina; Conv. IT, 14, 101. - 6. E per Pensare intorno a chec-
;
Considerato-Consiglio 445
chessia, Concepir pensieri sopra ad esso; Conv. Ili, 12, 19.-7. Per
Reputare, Giudicare, Stimare; Conv. ni, 1, 51.
Considerato, Partic. pass, di Considerare, lat. consideratus
Conv. ni, 11, 100.
Considerazione, dal lat. considerano; 1. La facolt del
considerare, La potenzastessa che considera; Conv. in, 4, 75. - 2. Per
L'effetto del considerare, Ci che si considera sopra checchessia;
Riflessione, Avvertenza che alcuno faccia o internamente o mani-
festandola con parole intorno a checchessia; Conv. Il, 14, 36.-3. E
semplicemente per Concetto, Idea, Pensiero; Conv. in, 4, 68; ih,
12, 16. - 4. Per Studio o Ricerca particolare intorno a un dato ar-
gomento ed anche per L'oggetto medesimo in esso studio o ricerca
;
preso a considerare, La cosa che si considera; Conv. Il, 14, 100.
Consigliare, dal lat. barb. consiliare, lat. class, consiliari;
1. Dare altrui consiglio o consigli, Soccorrerlo di consiglio, circa a
checchessia; Conv. IV, 27, 49.-2. E nel medesimo senso, usato
assolutam. Purg. XVin, 62. - 3. E per Mostrar con ragioni, Dar per
consiglio, costruito con altro verbo retto dalla cong. Che ; Inf.
xxin, 116. - 4. E in forma di Neut., per Esporre, in pubblica o so-
lenne adunanza, il proprio consiglio od avviso intorno a checchessia;
Conv. IV, 5, 94. - 5. Neut. pass., per Deliberare, Risolversi, Prender
partito, di far checchessia; Inf. xxi, 75,
Consigliativo, Che consiglia, o Che pu consigliare, Atto a
consigliare, Che ha per ufficio di consigliare; Conv. in, 2, 95.
Consigliere, dagli add. lat. consiliaris e consiliarius, Cia-
scuno di coloro che il capo di uno Stato ha eletti per consultare
insieme con essi intorno alle faccende di governo, e per mezzo loro
spedire i negozi e amministrare la cosa pubblica; Conv. iv, 6, 138.
Consiglio, dal lat. consilium; 1. Ponderato avvertimento che
si d altrui circa al fare o non fare alcuna cosa, o circa al modo
di comportarsi rispetto a checchessia; e anche semplicemente Pro-
posta di quel partito o regola che si stimi pi prudente che altri
seguiti in una data contigenza; Inf. xxvii, 98, 116. Par. xvn, 104;
xxin, 76. Conv. iv, 27, 48.-2. In senso speciale, Inculcamento, In-
sinuazione, diretti alla perfezione cristiana, di seguire un dato isti-
tuto di vita, di attendere a certe pratiche ed obblighi religiosi, e
simili; e si contrappone a Comandamento o Precetto; Par. xn, 75,
nel qual luogo per il primo consiglio che die Cristo i commenta-
446 Consistente-Coiisistorio
tori, riferendosi al passo evangelico, S. Matt. xix, 21, intendono in
generale il consiglio della povert, dato da Cristo al ricco giovane
che ambiva la perfezione. E cos fece santo Domenico, come ap-
pare nella sua leggenda che, essendo nella sua puerizia a studio,
vendette tutti li suoi libri e ci che aveva, e distribuitte il pregio
in sussidio de' poveri di Cristo, essendo una grande fame in quel
tempo; Buti. Essenzialmente cos Lari., Ott., Petr. Dant., Cass.,
An. Fior., Serrai)., Land., Tal., Veli., Dan. e quasi tutti i mo-
derni. Undiversamente Benv.: Quatuor sunt Consilia Domini:
po'
primum humilitas et mansuetudo; secundum castitas; tertium pau-
pertas; quartnm caritas erga inimicos et persecutores nostros. Modo
hic loquitur de primo. Quelli dell'umilt, della castit e del-
l'amor dei nemici sono comandamenti, non solo consigli. - 3. Per
Considerazione, Ponderazione, Kiflessione, e anche Avvedimento;
Inf. xxiv, 22. Purg. vi, 131. - 4. Per Pensamento, Avviso, circa al
da fare, o al partito da prendere Par. xxn, 136. - 5. Per Delibe-
;
razione, Risoluzione; Inf. xxiii, 30. - 6. Consiglio, parlandosi della
Divinit, vale Decreto, Volont, Provvidenza; Purg. i, 47; vi, 122;
xxiii, 61. Par.
95; xi, 29; xui, 141; xxi, 71; xxxiii, 3. Conv.
vi,
IV, 4, 70. - 7. Per Facolt di ben consigliare o di ben consigliarsi,
Prudenza, Senno; Conv. ni, 1, 19. - 8. Nel medesimo senso anche
Term. de' Teologi, e dicesi uno dei sette doni dello Spirito Santo;
Conv. iv, 21, 83. - 9. Figuratam. per Consigliere, detto di una sola
persona; Purg. xm, 75. - 10. Per Riunione di due o pi persone
che deliberano insieme; Purg. vii, 103. - 11. Dar consiglio, vale
Consigliare circa al partito da prendere, o al modo di effettuare una
cosa; Purg. ni, 62. - 12. Rendere tale o tal consiglio, vale Dare altrui
iltale o tale avvertimento o ammonimento; Inf. xxiit, 34. - 13. Nel
luogo Par. xx, 41, la significazione della voce Consiglio dipende dalla
lezione del verso. Leggendo con alcuni codd. ed ediz. In quanto af-
fetto fu del SUO consiglio, Consiglio vale Consigliere, come Purg.
Xili, 75, ed il senso Quanto fu amato dallo Spirito Santo che
:
glielo consigli. Leggendo invece coi pi effetto invece di af-
fetto, Consiglio vale Pensamento, Deliberazione, Volere ed il senso
Inquanto il canto di Davide fu effetto del suo proprio volere
:
(inquanto fu effetto dello Spirito Santo non fu merito, fu anzi
grazia). - 14. Al plur. Consigli, per Anime beate; Par. xix, 96. Da
tanti beati spiriti, quanti erano in quelle ali; Buti.
Consistente, lat. consistens, Che ha il suo essere in chec-
chessia, Che costituito da checchessia; Conv. iv, 17, 54.
Consistorio e Concistoro, cfr. Concistoko.
Consolare-Consorte 447
Consolare, dal lat. consolariIndurre con parole di con-
; 1.
forto, di speranza quiete nell'animo di chi travagliato
e simili,
da angoscia, afflizione o grave apprensione e simili Alleviare 1' al- ;
trui dolore, Tranquillare alquanto; Inf il, 69. Conv. il, 13, 9, 26.-
2. E Di reggente la cosa, e per ellissi
costruito con la particella
anche la persona, che
cagion del dolore, della afflizione o appren-
sione, che si vuol consolare o acquietare Par. xx, 45. - 3. E per ;
Acquietare con parole, suoni e simili; Purg. xxni, 111. Par. xv, 122. -
4. E per Appagare, Compiacere, Far contento; Purg. xiv, 12.-5. E
per Eistorare, Eicreare, Allietare e simili, Purg. il, 109. - 5. E poe-
ticamente in forma di sost., per Consolazione, Conforto; Purg. xix, 51
(sul qual luogo cfr. donna) Vii. N. xxxn, 65.
;
Consolazione, dal lat. consolatio, L'atto e L'effetto del con-
solare; detto figuratam. della cosa o persona che cagione altrui di
sollievo, ristoro, conforto e simili; Conv. in, 11, 124.
Consoniigliar e, Far consimile, Far conforme ; Conv. iv, 23, 79.
Consonante, lat. consonans, Lettera dell'alfabeto che ha d'uopo
di essere unita a una vocale, non facendo suono da per s Par. xvin, 89. ;
Consonanza, dal lat. consonantia, Accordo di suoni o di voci.
E per estens. Corrispondenza di suono nella terminazione delle pa-
role, costituente la rima, od anche Corrispondenza di ritmo fra pe-
riodi o tra membri del periodo; Conv. iv, 2, 79.
Consonare e Consuonare, dal lat. consonare, Concordarsi
in pi suoni o voci l'uno con l' altro. E figuratam., per Esser conforme,
Corrispondere, Accordarsi e simili; Purg. xxn, 80. Par. xjx, 88.
Consorte e Consorto, dal lat. consors;
Partecipe a chec- 1.
chessia; Inf. xxix, 33. - 2. E
poeticam. per Congiunto, Unito; Inf.
XII, 84. - 3. In forza di Sost., vale Colui che ha sorte, condizione,
qualit e simili, comune con altri Inf. xix, 32. Par. i, 69; xxi, 78. -
;
4. Che congiunto ad altri per comune stirpe; Purg. xi, 68. Par.
xvi, 139. - 5. E per Colui che compartecipa a checchessia, Socio;
Purg. xiv, 87; xv, 45. Sul primo di questi due luoghi Benv.: In
temporalibus bonis, quse simul a pluribus possideri non possunt,
quod non accidit in asternis ideo in possessione temporalium opor-
;
tet non habere consortem, idest, socium. - Buti: Di questi beni
temporali, che non si possono avere tutti da uno, se tutti li altri
non sono privati d'essi. E per ben dice Boezio nel secondo libro
de la Filosofica Consolazione angustas, inopesque divitias, quas
:
nec habere totas pluribus licei, et a quemlibet sine ceterorum pau-
448 Consorzio-Consmere
periate non veniunt -; e lo invidioso hae s posto l'affetto ai beni
temporali, che tutti li vorrebbe per se e che ogni nno ne fusse
privato, acci che li avesse tutti elli.
Consorzio, consortium, Unione, Societ; per Conver-
dal lat.
sazione o Commercio degli uomini; Inf. xx, 85.
Consperso e Cosperso, lat. conspersus, Sparso, Pieno,
Coperto o simile di checchessia; anche fguratam. Purg. v, 20. Par.
xxvii, 30.
Constare, dal lat. constare, Esser composto, formato, di tali
e tali, o tante, parti. E per Pigliar consistenza, Coagularsi e simili;
Purg. xxv, 51.
Constringere, cfr. Costringere.
Construtto, cfr. Costrutto.
Consuetudine, dal lat. consuetudo, Usanza, Costume, Abito;
1. Per Modo di procedere, giudicare, sentire, rispetto a checchessia,
generalmente e costantemente tenuto; Conv. Ili, 11, 127, 136. - 2. Ri-
ferito a linguaggio, vale L'adoperare che la universalit dei par-
lanti fa le voci in un dato senso, e che pi comunemente dicesi
Uso; Conv. IV, 16, 31. - 3. E per Usanza di conversare con alcuno,
Famigliarit, Dimestichezza; Conv. I, 12, 18; i, 13, 5.
Consumabile, dal lat. consummabilis, Atto a esser consu-
mato, Soggetto a consumarsi; Conv. IV, 24, 39.
Consumare, dal lat. consummare ; 1. Detto fguratam. del-
l'azione profonda e continua che gli affetti violenti o le passioni
hanno sull'animo umano; Affliggere grandemente, Travagliare e si-
mili; Inf. vii, 9. - 2. E pur fguratam. riferito a vita, vale Passare,
Trascorrere e simili ; Inf. xxiv, 49. - 3. Eiferito a impresa, per Ab-
bandonarla appena incominciata; Inf. il, 41.-4. Neut. pass., figu-
ratamente, detto di cosa non materiale, per semplicemente Aver suo
termine, Finire; Par. xx, 3. - 5. Detto di persona, Venir meno, Ri-
dursi a morte, e propriamente per malattia di consunzione; Purg.
xxv, 23. - 6. In forma di Neut., Cessar di essere; Purg. xxv, 23.-
7. Partic. pass. Consumato; V. N. xxm, 162.
Consmere, consumere ; 1. Consumare, Distruggere;
dal lat.
Par. xn, 15. - 2.
Per Uccidere con strazio, con tormenti; ed anche
Straziare, Tormentare; Inf. xi, 66; xxxiv, 114.-3. Riferito alla
vista, vale Stancarla, Rimanere abbagliato; Par. xxvi, 5. -4. Nel
Consuonare-Contegno 449
luogo Par. xxxin, 84, parecchi intendono Consumai, Stancai la vista
(Land., Biag., Tom., IBI., ecc.). Ma Dante dice il contrario, cio
che la sua vista and facendosi sempre pi acuta, onde quel LA
veduta vi consunsi deve valere Vi spesi tutta la forza della mia
vista. Cos Buti, Veli., Dan., Ces., Giul., Corn., Poi., ecc. 11 Betti:
Tanto, che consumai tutta la brama ch'avea di vedere; me ne ine-
briai. - Br. B.: Tanto che vi distesi, vi spiegai tutta quanta la
forza della mia
Dice consunsi, perch la sua vista era limi-
vista.
tata, e la luce per cui spaziava era infinita, onde la sua veduta vi
si consum, senza esaurire l'obietto. - Corn.: Vidi quanto era
a me visibile.
Consuonare, cfr. Consonare.
Consnrgere, dal lat. consurgere, Sorgere, Nascere, Avere ori-
gine; Conv. iv, 8, 1; v, 11, 27.
Contare, dal lat. computare, Numerare; 1. Per Calcolare, Com-
putare, nel senso di Valutare, Stimare, checchessia per una data quan-
tit o valore; Purg. xin, 22. - 2. Per Eeputare, Stimare, Avere o
Considerare checchessia per cosa di un dato valore o importanza,
od anche per cosa di una determinata spezie o qualit; Purg. XX, 78.
Conv. i, 2, 6. - 3. Pure per Eeputare, ed anche per Imputare; Cam.:
Tre donne intorno al cor mi son venute, v. 84. - 4. Per Rac-
contare, Narrare, Dire; Inf. xxvin, 114; xxxn, 112. - 5. E per Far
sapere, Manifestare, Far chiaro o manifesto; Dire come la cosa sta;
Inf. xiv, 120; xxm, 140; xxvn, 55. Conv. i, 2, 22.
Conte, dal lat. comes, comitis, che dal proprio suo significato
di compagno, divenne, prima nel basso lat., titolo di grado e di di-
gnit nella corte Imperiale; poi nel lat. barb., Titolo medesima-
mente di dignit cortigiana, e Titolo di giurisdizione nell'ordina-
mento feudale. - 1. Titolo di signore con giurisdizione; Inf. xxxin,
13, 85 (cfr. Ugolino); Purg. vt, 19 (cfr. Orso); xiv, 117. Par.
xvi, 64, 98 (cfr. Guido e Guidi). - 2. Poeticam. e per similit, presa
propriamente dalla Corte imperiale del Medio evo, detto dei Santi
o Beati del Paradiso; Par. xxv, 42.
Con teco, cfr. Teco.
Contegno, dal verbo Contenere, quasi Modo di contenersi;
1. Atteggiamento, Portamento; per similit. e poeticamente, detto
di animale; Inf. xvn, 60. - 2. Per Modo di essere, Condizione, Qua-
lit particolare; Inf. xxn, 17, nel qual luogo per i pi spiegano
Contegno per La cosa contenuta. Omnem continentiam, idest, quid-
29. Enciclopedia dantesca.
450 Contemplante-Contemporaneo
quid continetur in genere intra bulgiam; Benv. - Ogni conteni-
mento Buti. - Ogni cosa contenuta dalla bolgia Veli. - Tutto
; ;
quello che conteneva quella bolgia; Dan. - Contegno significa
tutto quello, che era contenuto dalla bolgia, e tutto quello, che era
contenuto dalla gente, ci dell'essere loro, e, non dicendo nulla
della bolgia, parla solamente della gente; Cast. Ma Dante dice:
Per veder della bolgia ogni contegno, E
della gente ch'entro v'era
incesa; dunque non volle vedere quello che conteneva quella gente,
ma lo stato, la condizione loro.
Contemplali te, dal iat. contemplans ; 1. Che contempla, Che
intento, o Che dato, alla contemplazione delle cose celesti o di-
vine; Par. xxn, 46. Conv. II, 6, 67. - 2. E nel medesimo senso, in
forza di Sost. Par. xxxit, 1.
Contemplare, dal lat. contemplare ; 1. Affissar la mente con
atto prolungato ed intenso in alcuna cosa; Considerarla attenta-
mente, pi delle volte con ammirazione, riverenza e simili; ed
e il
usato talvolta anche in modo assoluto; Par. xvm, 124; xxviii, 131.
Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 138. Conv. IV, 2, 119
e seg. - 2. Per Meditare con pio raccoglimento e con affetto, rife-
rito a cose celesti e divine;Par. xxix, 68; xxxi, 111.-3. Per Con-
siderare o Eipensare profondamente checchessia, e altres Porvi
mente, Kiflettervi; usato anche in modo assoluto: Purg. xxiv, 132.
Par. xxviii, 57. - 4. Contemplare di checchessia, vale, per ellissi,
lo stesso che Contemplarlo; Conv. Il, 6, 45. 48. 50. 55. 57, ecc.
Contemplativo, dal lat. contemplativus
; 1. Atto a contem-
plare, Che ha per obiettocontemplazione, e talora la specula-
la
zione; e altres Proprio di contemplazione o di contemplante; Par.
xxi, 117. - 2. Aggiunto di vita, vale Rivolta o indirizzata unica-
mente alla contemplazione, e pi particolarmente Che si passa o
si conduce nella meditazione delle cose divine o celesti: contrario
di Attiva; Conv. Il, 5, 53; iv, 17, 67. 81. 85.
Contemplazione, dal lat. contemplano ; L'atto del contem-
plare, Profonda Considerazione, Attenta osservazione; e nel lin-
guaggio de' mistici, Pia e affettuosa meditazione di Dio, o delle
cose sante; Conv. n, 6, 57; ni, 11, 109.
Contemporaneo, dal basso lat. contemporaneus, detto di
cosa, valeAppartenente alla stessa et, Fatta o avvenuta nel me-
desimo tempo, di un'altra; Conv. iv, 5, 39.
Contendere-Contentare 451
Contendere, dal contendere; 1. Per Contrastare, Ten-
lat.
zonare; in senso figur. Conv. Il, 9, 3. - 2. E alla latina, per Adope-
rarsi con ogni potere, Sforzarsi di fare, avere e simili, checchessia;
Purg. xvn, 129. - 3. Per Attendere, Por mente, Badare, Tendere
l'attenzione e simili; Purg. xxm, 49, il qual luogo diversamente
interpretato. Non tenere pur mente al mio viso s stramutato; v>
Lan. - Non stare pur a vedere la rogna asciutta ch'io abbo;
Put. - Non respicias ad macredinem meam, que mihi decolorat
pellem, nec ad defectum carnis quem ego habeam; Serrav. Cos
intendono pure Veli., Dan., Voi., Lomb., Portir., Costa, Tom., Br.
B., Frat., Bennas., Carrier., Campi, ecc. Altri prendono Contendere
nel senso di Kicusare, Negare, e spiegano: Non negarti al mio* de-
siderio, per quanto io abbia la pelle asciutta e scolorata come la
scabbia. Cos Vent., Pogg., Biag., Ces., Betti, Jndr., Giul., Poi.,
Bl., Witte, ecc. Cfr. Coni. Lips. il, 447.
Contenenza e Continenza, dal lat. continentia, Capa-
cit, Dimensione; Par. xxxiii, 117.
Contenere, dal lat. continere; 1. Comprendere entro un de-
terminato spazio, o giro; detto altres dello spazio e giro stesso;
Purg. xxix, 106. Par. xxvill, 33. Partic. pass. Contenuto ; Par.
li, 117. - 2. Detto di scrittura, discorso, argomento e simili, e rife-
rito alle cose che vi sono dette, vale Trattare di esse, Esserne esse
la materia, il subietto; Conv. IV, 24, 135.-3. Neut. pass. Starsi,
Tenersi, Rimanersi in mezzo o dentro a un luogo o spazio; Purg.
vili, 33.
Contentamento, l'atto e L'efftto del contentare e del con-
tentarsi; Soddisfazione, Appagamento; ed anche Contentezza, Alle-
grezza, Gaudio; Conv. in, 13, 82.
Contentare, dal basso lat. contentare, che vale Essere con-
tento, e questo dal lat. class, contentus; 1. Render contento, sodi-
sfacendo le altrui voglie o bisogni, appagando gli altrui desiderj, e
simili; Purg. xxiv, 63. Par. xvm, 18. - 2. E nel medesimo senso
costruito con la particella Di reggente la parola che esprime la
cosa desiderata; Par. ni, 40. - 3. E riferito a desiderj, voglie, pia-
ceri e simili, vale Sodisfarli, Appagarli; Conv. ni, 12, 81.- 4. E
pur riferito a persone, e detto di discorsi, ragioni, argomenti e si-
mili; ed altres detto di colui che discorre, e reca argomenti e ra-
gioni; vale Appagare la mente, l'intelletto, Sodisfarli, Acquetarli;
Inf. xi, 92. - 5. E per Render felice, beato Par. vili, 98. - 6. Neut.
;
pass. Tenersi contento, Rimaner pago, sodisfatto, sia per desiderj
452 Contento-Contezza
contentati, sia per atto di rassegnazione;Cam. : Amor, che nella
mente mi ragiona, v. 62. - 7. E
per Quietare e riposar l'animo in
cosa che lo renda beato, felice; usato anche assolutam. Conv. in,
8, 79, 81, 84.
Contento, dal lat. contentus, addiettivo adoperato nella Div.
Com. 27 volte, 2 nell'In/"., 11 nel 14 nel Par.-l. Che ha
Purg. e
l'animo appagato, Che sodisfatto, per voglie o desiderj contentati,
o per volont rassegnata a una data condizione, o a un tal quale
stato e simili; ed altres Lieto, Allegro; Inf. i, 118. Purg. il, 116;
xvin, 3; xxiv, 26. Par. xvm, 112; xxxn, 134. - 2. E costruito con
la particella Di reggente la cosa della quale o per la quale uno si
contenta; onde la maniera Essere o Star contento di checchessia,
che vale Contentarsene, Tenersene pago, sodisfatto; Purg. vi, 127;
xxit, 146. Par. xvn, 25. - 3. E costruito con la prep. A, onde la
maniera Essere o Star contento a checchessia, che vale Contentar-
sene, Appagarsene, Esserne sodisfatto; Purg. in, 37; x, 103. Par.
XV, 116. - 4. E per est. detto di animali; Par. xx, 74. - 5. E per
Pago, Sodisfatto, riferito a desiderj, voglie, bisogni e simili; ed al-
tres a facolt dell'animo, affetti, sensi e simili; Purg. ix, 120; XV,
58; xxvi, 33; xxvni, 58. Par. i, 97; vi, 15; xt, 136; xxi, 117. - 6. E
detto di sembiante, viso e simile, vale Che dimostra contentezza;
Inf xix, 122. - 7. Esser contento di fare una cosa, vale Acconsen-
tire volentieri di farla; per estens. riferito ad affetti, all'animo,
alle sue qualit e simili, in costrutto con la particella A; Conv.
li, 2, 15. - 8. Esser contento di far una cosa, vale anche Compia-
cersi, Degnarsi di fare cosa alla quale uno non sia obbligato; Par.
Vii, 111. - 9. Far contento alcuno, detto cos di persona come di
cosa, vale Contentarlo, Appagarne i desiderj, le voglie e simili, ed
altres Farlo lieto; Par. iv, 72; xxvi, 16. - 10. E riferito a desi-
derj, voglie, o a facoltmorale o fisica dell' uomo, vale Appagarli,
Sodisfarli; anche in costrutto con la particella Di; Par. vili, 42;
xxii, 30.
Contento, sost., dal lat. contentum, Lo contenuto, La cosa
contenuta; Inf il, 77. Par. II, 114.
Contenuto, cfr. Contenere.
Contesto, dal lat. contextus, Tessuto, Composto; Par. xix, 38.
Contezza, dall' add. conto, per Noto, Cognito; Notizia certa,
Cognizione di una cosa, o di un fatto. E
per Conoscenza di una
persona, della qualit e condizione di essa, per pratica, familiarit,
fama e simili; Purg. xx, 29; xxiv, 36.
-
Conti-Continuit 453
Conti, cfr. Conte.
Contigiato, Ornato di contigie, Che porta contigie; Par.
xv, 101. Contigia (dal lat. comptus, Adorno; onde poi si fece nel
lat. barb. comptare per Adornare, e comptor per Adornatore) si
disse Una specie di calza solata, e stampata intorno al piede, pro-
pria particolarmente delle donne. Cfr. Diez, Wrt. ir3 22. ,
Continenza, cfr. Contenenza.
Contingente, dal lat. contingens ; 1. Termine filosofico: Che
pu essere e non essere, Che non ha ragione necessaria di essere;
opposto di Necessario; Par. xvn, 16. - Contingens est quod po-
test esse et non esse; Thom. Aq., Sum. th. i, 86, 3; cfr. i, 19, 3.
2. Pure nel linguaggio filosofico, detto di condizione, proposizione,
o simili, vale Che contiene o significa cosa o fatto contingente; Par.
xni, 99.
Contingenza, dal basso lat. contingentia, Cosa contingente,
che pu essere e non essere, non necessaria; ed altres, poeticam., il
Complesso delle cose, o degli atti, contigenti; Par. xm, 63; xvn, 37.
Contingere, dal lat. contingere; Avvenire, Accadere; Par.
xxv, 1.
Continuamente, da continuo; 1. In modo continuo, Senz' in-
terruzione, Sempre; Inf. xiv, 24. Vii. 36.- 2. Per estensione,
N. i,
e in modo alquanto enfatico, usato per Frequentissimamente, Or-
dinariamente, Comunemente; Conv. IV, 1, 3.
Contiimanza, Continuazione; e per II perdurare di chec-
chessia o in checchessia, Perseveranza; Conv. ni, 3, 76.
Continuare, dal lat. continuare ; 1. Proseguire una cosa o un
discorso incominciato; Purg. xxiv, 7; xxx, 71. Par. v, 18; xxi, 113. -
2. Continuare alle, o con le parole, cose dette, o simili, vale Far
seguito, continuazione ad esse parole, o cose dette; Inf. x, 76. Purg.
xxix, 2. - 3. Neut. pass. Prolungarsi da un dato punto, ed altres
Congiungersi ad esso; Conv. in, 9, 63. - 4. Per Aver continuit di
essere, o Comporre serie graduata; Conv. nr, 7, 63. - 5. Neut. Du-
rare, Seguitare ad essere, ad operare, ecc. Conv. il, 16, 32.
Continuit, dal lat. continuitas, detto di corpi, significa Ee-
lazione o Stato di parti le une con le altre Qualit di
continue,
continuo, cio Lo aver le proprie parti continue; ed anche Coesione,
Compattezza; Conv. Il, 14, 99.
454 Continno-Conto
l'oii tiiiuo, dal lat. continuus ; 1. Che non ha interruzione,
Non intermesso, Che non cessa; e dicesi altres di ci che essendo
frequentissimo, pare quasi che non cessi mai Inf. xvi, 27. Par.
;
xxvii, 125. Conv. ni, 2, 55. - 2. E per Non interrotto, Continuato,
detto di cose che si succedono 1' una all' altra in una serie ordinata,
o di ci in che questa successione si opera Conv. in, 7, 52.
;
Conto, dal lat. cognitus; Noto, Ben conosciuto; Purg. n, 56,
1.
nel qual luogo i raggi del Sole sono detti saette conte Purg.
;
XV, 12. - 2. Per Palese, Manifesto; nel qual senso usato nelle ma-
niere: Essere conto ad alcune, per Sapersi o Conoscersi da esso;
Inf. in, 76. Fare conto, per Kiferire, Palesare, Far conoscere; Purg.
xni, 105. Avere checchessia conto, per Conoscerlo, Averne espe-
rienza; Inf. xxi, 62. - 3. E per Conoscente, Familiare, Amico; Par.
xxv, 10. - 4. Nel luogo Inf. x, 39, per parole conte i pi intendono
parole chiare, precise, e simili; altri Parole contate, numerate; altri
Parole ornate e cortesi (dal lat. comptus). I pi antichi (Bambgl.,
An. Sei., Iac. Dani., Lan., Ott., Petr. Dant., Cass.) non danno ve-
runa interpretazione. - Bocc.: Composte e ordinate a rispondere;
quasi voglia dire, tu non vai a parlare ad ignorante. - Falso Bocc.
tace. - Benv. : Quasi dicat loquere cum isto familiariter dare,
:
quia iste novit ea de quibus tu vis scire et facere memoriam. -
Buti : Parla apertamente e ordinatamente. - An. Fior. tace. -
Serrav.: Loquere modeste et honeste. - Barg. : Sian chiare, ben
intelligibili. Parlerai apertamente senz' alcun rispetto. - Land.:
<\ Chiare et aperte; perch chi vuol esser fuor d'eresia deve scrivere
et parlar senz' alcuna ambiguit. - Veli. : Manifeste et chiare, et
non confuse et oscure, essendo cos necessario di fare a chi desi-
dera et vuol avere della cosa perfetta, intera et vera cognizione. -
Gelli: Dicendogli che parlasse seco accuratamente, come si con-
veniva far con un uomo simile. - Dan.: Manifeste e chiare, e
non ambigue o dubbie, perci che a parlar con Heretici, bisogna
esser molto accorto e riguardoso. - Cast.: Virgilio dice questo
a Dante e perch avea detto Buon duca, non tegno riposto mio
:
dir, se non (per) dicer poco, e perch Virgilio aveva veduto che
temeva. (?) - Vent. : Manifeste e chiare. - Ces.: Alto e ri-
ciso.... E forse anche conte invece di contate, cio numerate; quasi
dicesse, Non le affastellare alla rinfusa, ma ben pesale per sin-
gula. - Betti : Dante usa qui un modo poetico per dire: fa ch'egli
sappia le tue parole, cio ci che tu vuoi. - Ross. : Fa che i sensi
tuoi sien noti. Conte sincope di cognite.- Tom.: Chiare e no-
bili. : Aperte e franche. - Andr. : Adorne (lat. comptce),
- Br. B.
nobili, com' degno di tanto collocutore. - Corn.: Siccome Fari-
Coiitra-Contradire 455
nata era personaggio illustre, vuole Virgilio che le parole le quali
dir Dante al medesimo, sieno nobili e degne di memoria. - Campi :
Parla chiaro e palesa liberamente le tue politiche opinioni. - Con
Farinata Dante parla un linguaggio franco, chiaro e preciso, ma n
particolarmente breve, n particolarmente ornato e cortese.
5. Le cagne conte, Inf. xxxiu, 31, sono Cagne ammaestrate,
assuefatte a simili cacce. Ammaestrate a s fatte cose fare; Buti.-
Avvezzate al mestiere; Barg.- Manifeste; Dan.~ Cognite per
la loro abilit di rintracciare la preda; Ross. - Acconcie, proprie
a siifatta caccia. Anche Frane, da Barberino, Docum. vii, 8, dice i
cavalli alti troppo pi conti a passare i fiumi, che i bassi; Andr.
Contra, cfr. contro.
Contra Ccentiles, propriamente Summa de veritate catho-
licce fldei contra gentiles, il titolo di una delle pi importanti
e pi perfette opere di San Tommaso d'Aquino, lavoro apologetico,
dettato probabilmente negli anni 1261-64 dietro i conforti di Rai-
mondo di Pennaforte. Scopo del lavoro, il quale compreso in quattro
libri, dall' un canto la confutazione dei gentili, cio dei maomet-
tani e della scienza incredula, dall'altro canto la difesa della dot-
trina cattolica contro tutti coloro che la pensano diversamente. La
migliore edizione quella di P. A. Uccelli, Roma, 1878. Dante si
giov assai di quest'opera dell' Aquinate, che egli cita espressamente
Conv. IV, 15, 92; IV, 30, 22. Mon. il, 4, 4.
Contrada, secondo la Cr. probabilm. dal lat. constrata, fem.
del partic. pass, di consternere, quasi via constrata, perdutasi per
eufonia la s, e addolcitasi la t in d, come accadde anche in Strada,
derivante dal lat. strata, partic. pass, di sternere; secondo altri dal
lat. contentata, sottinteso il sost. via (cfr. Dncange ad 1.); e di
nuovo secondo aggiuntole come termina-
altri dalla prep. contra,
zione, il intendendo Regione che si stende di contro
suffisso ata,
al nostro sguardo (cfr. Diez, Wrt. i 3 138); propriamente Strada
,
di luogo abitato, che si stende per molto spazio. 1. In senso pi
largo, per Provincia o Regione qualsiasi; e con un adiett. posses.
o simile aggiunto, anche per Patria; Inf. vili, 93. Purg. vm, 125.
Par. ix, 30. - 2. Figuratam. e poeticam. per Parte, Spazio di cielo;
Purg. xxt, 51.
Contradire e Contraddire, dal \&.t.contradicere; l.Dire,
Parlare contro, Rispondere alle affermazioni, alle opinioni altrui, con-
futandole; Conv. ni, 7, 78. - 2. E semplicemente Dir cosa contraria
a quella detta da un altro, Non accordarsi con esso in una sen-
456 Contradizione-Contrario
tenza; nel qual caso trovasi costruito con la particella Con reg-
gente persona; Par. iv, 99.
Contradizione e Contraddizione, dal lat. contra-
dictio, L'atto del contradire o del contradirsi. E terni, di Filosofia:
Contrariet assoluta ed intrinseca, che tra due giudizj, per la
quale se l'uno vero, l'altro falso, e viceversa; Inf. xxvn, 120.
Par. vi, 21.
Contrappasso, dal lat. contro, e passus partic. pass, di pa-
tior, La legge del taglione, ossia La pena consistente nell' inflig-
gere al colpevole il male stesso che egli aveva recato altrui; Inf.
xxviii, 142.
Contrappesare, pesare; propriam. Adeguare
da contra e
col proprio peso il peso di checchessia. Figuratane, riferito a cosa
morale, vale Ponderare, Valutare, mettendone specialmente a con-
fronto i varj aspetti, o confrontandola con altra; Par. xxi, 24.
Contrariet, dal lat, contrarietas, L'esser contrario, opposto.
Usato per Contradizione, Incongruenza o simile; Conv. in, 10, 34.
Contrario, dal lat. contrarius ; I. Add. 1. Che di sua na-
tura opposto ad altra cosa con la quale abbia alcuna relazione, Che
ha qualit opposte alle qualit di essa; Opposto; Inf. vii, 45;
xxxi, 138 (nel qual luogo per la vera lez. probabilmente che
ella in conteo penda); Purg. xin, 20, 40; xx, 102; xxviii, 87;
xxix, 139 xxxi, 47. Par. in, 17. - 2. E per Avverso, Sfavorevole,
;
Pregiudicevole, Nocivo e simili; Conv. IV, 22, 38.-3. E per Av-
versario, Nemico; detto figuratam. V. N. xn, 35.-4. Detto di cosa
che si muova con pi o meno impeto o forza, ed anche del movi-
mento, impeto o forza medesimi, vale Che viene ad opera della
parte opposta, o da parti opposte, oppure Che va, o rivolto verso
termini opposti; Inf. v, 30. - IL Sost. 1. Ci che contrario, ri-
spetto ad un altro termine, L'opposto di questo, La cosa contraria;
Inf. xxxn, 94. Purg. xvn, 120; xvm, 15; xxn, 54. Par. xix, 129.
Conv. IV, 29, 48. - 2. E in pi stretto significato, e propriamente
nel linguaggio delle Scuole, Ci che, in un dato genere o specie si
contrappone ad altra cosa del medesimo genere o specie; Par. il, 87. -
3. In contrario, usato avverbialmente, sia in costrutto con le parti-
celle A e Di, sia in modo assoluto, vale In direzione opposta, Per
altro verso, A rovescio, A ritroso; Inf. xv, 26. Conv. IV, 12, 145;
e figuratam. Conv. ni, 15, 60, 62. - 4. Per contrario, in forza o di
avverbio o di particella avversativa, vale Al contrario, All'opposto,
All' incontro Conv. IV, 14, 52.
;
Contrro-Contro 457
Contrro, lo stesso che contrario, ma forma antica, usata in
rima, fuor di rima ed in prosa. Dante Fusa in rima Purg. xvm, 15;
e, secondo alcuni testi fuor di rima Purg. xvn, 120.
Contrastare, Opporsi, Resistere a chicchessia, Armarsi con-
tro, Combattere; Inf. xxviii, 14.
Contrasto, L'atto del contrastare, Opposizione, Eesistenza.
Avere una cosa contrasto ad im' altra, vale Poterle quella con-
trastare ; Inf. vii, 85.
Contratto, Partic. pass, di Contrarre, lat. contractus ; 1. Per
Ristretto, Raccolto in s medesimo, Ritirato; Purg. x, 136. - 2. E
poeticam. e per estensione, per Raccolto insieme, Unito, Congiunto;
Par. vii, 45.
Contristare, dal lat. contristare; 1. Render molto triste,
Attristar gravemente, Addolorare, Affliggere; Purg. i, 18.-2. E per
Offendere, Danneggiare; riferito a persona; Inf. XI, 24.
Contro, ed altres, con forma oggi pi propria della poesia
che della prosa, Contra; dal lat. contra ; Preposizione che serve
di sua natura a indicare opposizione. Uniscesi direttamente col suo
termine, ovvero indirettamente per mezzo delle particelle e Di. A
Nelle opere di Dante questa preposizione adoperata, nell'una e
nell'altra forma, qualche centinaio di volte. Si notino i seguenti
modi: 1. Contro regge il termine di moto, e di direzione, cui una
persona, o una cosa, tende, volta, o simile; ed equivale a Verso,
In direzione opposta a, o simile; Purg. I, 40. Par. vi, 2. - 2. Regge
altresil termine di contrasto, contesa, guerra, battaglia, apparecchio
d'armi, spedizione e simili, cos nel senso proprio come nel figurato;
Purg. xx, 1. Par. xxvn, 51. - 3. Regge anche il termine s di persona
come di cosa, a danno, a carico, ad offesa, e simili, della quale si dice
o si fa checchessia; Conv. i, 3, 13. - 4. Figuratam., o in locuz.figur.,
indica il termine di avversione, di odio, di nimicizia, cruccio, o di
altro simile sentimento, ovvero di qualsivoglia azione comecchessia
dannosa o pericolosa; Inf. xix, 99; xxiv, 35. - 5. Reggente diret-
tamente o mediante la particella A alcuni sostantivi, come Cuore,
Genio, Grado e poeticam. Grato, Voglia, Volont e simili, compone
una maniera avverbiale significante Ripugnanza, o Contrariet alla
cosa di che si discorre; Purg. xi, 45. Par. in, 116; iv, 101. - 6. Par-
landosi di questioni, Controversie, dispute e simili, denota Confu-
tazione o Riprovazione; e in questo senso usasi anche in maniera
ellittica, come Parlar contro, Scriver contro, e simili; Conv. v, 11,7.-
7. Serve pure alla relazione di stato fra cose o persone che sieno o si
458 Contumacia-ConYenire
trovino opposte l'ima all'altra, ed equivale a Di fronte, Di faccia, Di
rimpetto, A rincontro e simili; nel qual senso uniscesi pi spesso col
suo termine mediante la particella A; Par. xxxn, 136.-8. Trovasi
anche per In presenza, In faccia; Purg. xxvi, 78. - 9. Frequente-
mente prepone la particella Di, dicendosi Di contro o Di
gli si
contra, e vale Dirimpetto, Di faccia, Di fronte e simili; Inf. xxu, 34
(nel qual luogo per alcuni ottimi codd. ed ediz. hanno d'incontra);
Par. xxxn, 133. - 10. E in forza di Avverb. Purg. x, 67.- 11. Esser
contro, detto di checchessia, e riferito a opinione, sentenza, dot-
trina, consuetudine, legge e simili, vale Esser contrario, opposto ad
esse, ed anche Valere in opposizione ad esse; Purg. iv, 5. Conv.
li, 5, 68; in, 9, 10.
Contumacia, dal lat. contumacia, Ostinata disobbedienza,
Stato di ribellione, verso qualsivoglia suprema potest, Stato di chi
ricusa di riconciliarsi colla Chiesa; Purg. in, 136.
Contuttoch, che anche scrivesi disgiuntamente Con tutto
che,Congiunzione avversativa, equivalente a Bench, Nonostantech,
Sebbene, e simili; Inf. xxvn, 11 xxx, 86. ;
Convegno, dal basso lat. convenium, e questo da convenire;
Convenzione, Patto; Inf. xxxn, 155.
Convenenza, astr. di Convenente (= Conveniente); 1. Patto,
Convenzione; Par. v, 45. -2. Proporzione, Conformit; Par. xxvm, 76.
Convenevole, Conforme alla convenienza, Opportuno, Quale
si richiede al caso, al bisogno; Conv. iv, 19, 26.
Convenevolmente, 1. In modo convenevole, Con convene-
volezza;Conv. i, 10, 60.-2. E per Opportunamente, Acconcia-
mente, Bene; ed anche Ragionevolmente, Meritatamente; Conv.
ni, 10, 4L
Conveniente, partic. pres. di Convenire, lat. conveniens. In
forma d'Add. Quale dev'essere, Quale occorre che sia rispetto ad
alcuna cosa o ad alcun fine od effetto, Dicevole; Conv. n, 15, 38.
Convenientissimo, Superlat. di Conveniente ; Conv. iv,
27, 11.
Convenienza, cfr. Convenenza.
Convenire, dal lat. convenire, Verbo neut. che per propriet
di lingua si usa, massime in alcuni significati, anche nella forma
Convenire 459
di Neut. pass. Dante usa questo verbo nelle sue opere volgari quasi
in ogni pagina; nella sola Div. Com. 127 volte, cio 44 nelYlnf.,
32 nel Purg. e 51 nel Par. Si notino i seguenti significati: 1. Ve-
nire da pi parti in un medesimo luogo, e per una medesima ra-
gione o fine, Eaccogliersi, Adunarsi; Inf. ni, 123.-2. Poeticam.
detto di acque correnti, vale Eaccogliersi, Far capo, Confluire, a
un dato luogo o punto; Purg. v, 121. -3. Esser conforme, Essere
nella medesima condizione di altri rispetto a checchessia; Accor-
darsi, Assomigliare; Inf. IV, 91. Conv. Il, 14, 7. - 4. Per Aver pro-
porzione con checchessia, Esser proporzionato a quello, Stare in
giusta proporzione con quello; Inf. xxxiv, 30. - 5. In locuz. figur.,
e intendendosi di quella unione delle due nature divina ed umana
in Cristo, che i Teologi chiamano Unione ipostatica, vale Adattarsi
e congiungersi l'una all'altra natura; Par. xxxnr, 137. - 6. Detto
di cosa, atto, qualit, condizione e simili, relativamente ad una per-
sona, ed anche a una cosa, vale Addirsi, Star bene, Non si disdire;
Inf. xxxi, 69. - 7. Esenza relazione espressa a persona, vale Esser
cosa lecita, buona; ed altres Esser ben fatto, Star bene; Purg. i, 97.
Par. xv, 95.-8. E per Esser dovuto, richiesto, rispetto ad una per-
sona o alle sue qualit, a una data condizione di cose, e simili; ed
anche per Esser secondo giustizia, dovere, ragione, natura, e simili;
Purg. x, 91. Par. xxvi, 136. - 9. Per Esser proprio, Essere inerente,
Appartenere; Par. v, 43. - 10. E per Esser debito ad alcuno di far
checchessia, Toccare, Incombere; Aver quegli il dovere di farlo,
Dovere; Inf. ix, 7. Par. xxvi, 23.
11. Per Essere ad alcuno necessario il far checchessia, Toccare
necessariamente; Esser quegli costretto, o Dovere necessariamente,
farlo; sia rispetto al conseguimento di un dato fine, sia come effetto
inevitabile d'una data causa o condizione di cose; Inf. xxxin, 117.
Par. xxiv, 76.- 12. E semplicemente per Occorrere, Far d'uopo, Ab-
bisognare; Inf. xx, 1. Par. ix, 111.- 13. Vale pure Esser utile,
Esser vantaggioso, Tornare o Metter conto, checchessia, o il far
checchessia; Inf. xxm, 116. - 14. E assolutane, cio senza relazione
espressa a persona o cosa, Bisognare, Far di mestieri, od anche sem-
plicemente Occorrere; detto di cosa da farsi rispetto a un dato fine
da conseguire; Inf. xxv, 129. - 15. E altres assolutane, per Esser
necessario, Esser di necessit, Esser forza; pur di cosa da farsi o
da avvenire, e rispetto sia a necessit naturale o di fatto, sia a ne-
cessit logica; Inf. vi, 67. Conv. ni, 14, 39, - 16. Convenire nel
senso di Esser necessario, Bisognare, Far di mestieri, si us co-
struire spesso con l'Infinito e personalmente, invece che col Con-
giuntivo retto dalla partic. Che, e impersonalmente; Purg. xxxi, 6.
Par. xix, 52. Conv. tv, 4, 20. - 17. E pure nel senso di Esser ne-
460 Convento-Convertere
cessarlo, Bisognare, Far di mestieri, ed anche Doversi, Toccare, si
us di costruirlo personalmente, sia rispetto al soggetto, sia all'og-
getto della proposizione; Conv. iv, 20, 44.
Convento, dal lat. conventus, Congregazione, Collegio ed an- ;
che semplicemente Accolta di persone, Eadunanza, Adunanza; Purg.
xxi, 62. Par. xxn, 90; xxix, 109; xxx, 129.
Conversazione, dal lat. conversatio, L'atto del conversare,
del trattenersi in amichevoli colloquj ; e per Familiarit, Dimesti-
chezza e simili; Conv. i, 4, 47; i, 6, 49.
Conversione, dal lat. conversio, Il convertire e II conver-
tirsi. 1. In senso particolare, Il ridursi da una falsa religione alla
fede di Cristo; Inf. xix, 116. Par. xi, 103.-2. E per Mutazione
della volont dal male al bene, e cos degli abiti morali e della
vita; Purg. xix, 106.
Converso, dal lat. conversus; 1. Aggiunto di Frate che in
un convento veste l'abito religioso, ma laico che serve alla chiesa,
e ai religiosi negli ufficj minori. E in forza di Sost. per Frate
converso; Inf. xxix, 41, nel qual luogo Dante chiama Conversi i
dannati dell' ultima bolgia, per aver chiamato chiostra la bolgia
stessa. - Juan.: Conversi, termini (?). Cos pure Cass. -
cio
Benv. : Conservat metaphoram quia enim locum appellaverat
:
claustrum, ideo habitatores talis claustri appellat conversos. Cos
Buti, Barg., Land., Veli., Dan., Cast., ecc. Il Serrav. : Loquitur
metaphorice, quia sicut in claustro stant Religiosi ad faciendam
penitentiam voluntariam: ita isti stant ad penam et tormentum con-
versi, idest in illam malam religionem falsificationis. Secondo al-
cuni moderni (Cosi., Tom., Andr., ecc.) Conversi varrebbe Trasmu-
tati; ma dannati della decima bolgia non sono trasmutati come
i
quelli della nona, che la scabbia e l'idropisia non sono una trasmu-
tazione. - 2. Partic. pass, di Convertere; cfr. Convertire e Con-
vertito.
Convertere e Convertire, dal lat. convertere; 1. Tras-
mutare, Trasformare, checchessia, Farlo divenire altro da quel che
, modificandone intrinsecamente la natura o le qualit, o sempli-
cemente la forma, la condizione, lo stato Purg. xxvni, 122. Par. ;
xxvn, 125. - 2. In senso particolare, riferito a cosa che serva a
nutrire cos gli animali come le piante, vale Mutarla per virt
naturale, in sostanza atta al nutrimento e alla vegetazione; Assi-
milare; Inf. xxx, 53. - 3. E figuratam. per Narrare come un essere
Convertito-Convito 461
si trasformi in un altro; Inf. xxv, 99. -4. Per Cambiare, Permu-
tare, sostituendo una cosa ad un'altra; e costruiscesi mediante la
particella Con; Par. v, 54. - 5. Neut. pass. Trasmutarsi checchessia,
Trasformarsi, Divenire altro da quel che , modificandosene la na-
tura, la qualit, la forma; ed altres Passare da un dato stato ad
un altro: Inf. xm, 92; xxvn, 15. Purg. v, 118. - 6. Per Volgersi
con lo sguardo, il viso e simili, verso una data parte; e dicesi anche
dello sguardo e del viso stesso; Par. ili, 127.
Convertito e Converso, Partic. pass, di Convertire e di
Convertere, conversus ; 1. Poeticam. per Ridotto, Ritornato e
lat.
simili, a una data condizione o stato anteriore; Inf. xn, 43. - 2. E
per Ridotto da mala vita a buona, ed altres da una religione, opi-
nione, credenza e simili, ad un'altra; Purg. xix, 116.
Convincere, dal lat. convincere, Ridurre alcuno, con prove
di fatto o con ragioni, ad ammettere o riconoscere checchessia; Ren-
derlo, per via di ragionamento o di fatti, certo o persuaso di chec-
chessia in modo, eh' e' non possa pi dubitarne o negarlo, non sappia
pi che opporre Conv. iv, 3, 53. Partic. pass. Convinto Conv.
; ;
iv, 2, 107.
Convitare, Chiamare a convito; in locuz. figurata, Conv.
f, 1, 98.
Convitato, Partic. pass, di convitare; e in forza di Sost.,
Persona che, chiamata, interviene al convito; Conv. IV, 27, 96. E
in locuz. figurata, Conv. i, 10, 3.
Convito e Convivio, dal lat. convvium; 1. Splendido e
lauto desinare, o cena, cui, invitate, intervengono pi persone, e
specialmente ragguardevoli. In locuz. figur. Conv. I, 1, 62, 73, 99;
I, 10, 2, ecc. - 2. Figuratam. talvolta usato a denotare la Mensa,
sopra la quale s'imbandisce il convito; Conv. IV, 27, 90. - 3. Ri-
ferito alle vivande imbandite, vale Apprestamento, Apparecchio, e
anche Imbandiglione: onde poeticam. Fare altrui convito di chec-
chessia, vale Darglielo per cibo, o in pasto. Figuratam. Conv. 1, 1, 60.
Convito, Convivio, oppure Amoroso Convivio il
nome della principale tra le Opere minori di Dante Alighieri, det-
tata in lingua volgare e rimasta incompiuta.
1. Titolo. I moderni scrivono ordinariamente Convito. Nel libro
stesso il nome occorre otto volte, ed in tutti questi .passi, venti-
quattro codici, tra trovano i pi antichi e pi autorevoli,
i quali si
leggono costantemente Convivio, non gi Convito. Nell'edizione
462 Convito
principe (Fir., 1490) il titolodel libro pure Convivio, mentre
tutt' e tre le edizioni del cinquecento s'intitolano Amoroso Con-
vivio. La differenza per altro di pochissima importanza; Convivio
locuzione antica, Convito forma moderna. Probabilmente il titolo
fu suggerito all'autore dal Simposio di Platone. Cfr. Witte, Dante-
Forschungen, n, 574-80.
2. Autenticit. Sull'autenticit di questo lavoro di Dante non
pu insorgere il menomo dubbio, bench Leonardo Bruni non ne
abbia fatto menzione. Il libro improntato dello spirito dell'autore
della Vita Nuova e della Commedia, la sua autenticit attestata
dal Villani, dal Boccaccio e da altri antichi, n fu mai impugnata
sul serio.
3. Generi. Sul tempo in che Dante scrisse il Convivio vi
grande discrepanza tra gli eruditi. I pi lo credono scritto verso
il 1308 o poco dopo; cfr. Ferrazzi, ii, 30-32; iv, 490 e seg. Alcuni
passi che si leggono nel libro stesso sembrano decidere la que-
stione. - A, Dante dice che scrive essendo gi trapassata la sua gio-
vent (i, 1, 92 e seg.), la quale nel quarantacinquesimo anno si
compie (iv, 24, 26). Se Dante era nato nel maggio o nel giugno
del 1265, la sua giovent era trapassata nel maggio o nel giu-
gno del 1310. Con questa data concorda quanto egli scrive (i, 3),
lamentandosi del suo esilio e delle lunghe sue peregrinazioni per
le parti quasi tutte dell' Italia. - B, Di Gherardo da Cammino si
parla (iv, 14, 81 e seg.) come di persona defunta; or questo Ghe-
rardo mor il 26 marzo 1307; dunque Dante scriveva il trattato
quarto dopo quest'epoca. - C, Altrove si parla di Carlo II re di Na-
poli come di uomo vivente (iv, 6, 135 e seg.); Carlo II mor il
5 marzo 1309; dunque il relativo capitolo fu dettato prima del
marzo 1309. - D, Un altro luogo, nel quale si parla di Federigo II
Imperatore e de' suoi successori (tv, 3, 29 e seg.), esclude ogni dubbio
che, dettandolo, Dante non sapeva ancor nulla dell'elezione di Ar-
rigo VII di Lussemburgo, incoronato il 6 gennaio 1309; dunque
Dante scriveva prima di quest'epoca. Le date B< C e D vanno d'ac-
cordo che il Convivio fu scritto tra il marzo 1307 ed il gennaio 1309.
Ma le date A riferendosi ad un tempo alquanto posteriore, si dovr
ammettere che l'Introduzione dell'opera, cio il trattato i, fu scritto
alquanto tempo dopo gli altri tre. - Alcuni poi, fondandosi sopra
alquanti passi, si avvisarono che i trattati il e IV fossero dettati
a Firenze negli ultimi del Dugento, dunque prima dell'esilio. E
veramente sembra non potersi negare che certi passi, contenuti
in quei due trattati, siano anteriori al 1300. Ma da ci non se-
gue di necessit che Dante dettasse quei due trattati prima del-
l'esilio. La genesi del Convivio potrebbe essere anzi la seguente *
ConTito 463
Allorch Dante negli ultimi anni del Dugento era tutto quanto oc-
cupato de' suoi studi filosofici, egli faceva, secondo l'uso del tempo,
quando l'una e quando l'altra chiosa alle sue Canzoni filosofiche ed
erotiche. Queste chiose si aumentarono di modo, che in capo a qual-
che anno il Poeta-filosofo si trov aver messo insieme una bella
copia di materiali utili ed istruttivi. Ripassando poi negli anni del-
l' esilio, cio verso il 1308 quelle sue Canzoni e chiose, egli si ri-
solse di ordinare i materiali raccolti e formarne un tutto organico.
Incominci adunque a scrivere i suoi trattati, dando al lavoro la
forma di commenti a sue Canzoni, tale essendone stata l'origine.
A lavoro gi un po' inoltrato dett poi il primo trattato, che do-
veva servire di introduzione al tutto. Nel tempo della discesa in
Italia di Arrigo VII il lavoro rimase interrotto. Morto Arrigo Dante
prese un altro indirizzo, onde invece di continuare il Convivio egli
dettava la Commedia. Diremo adunque che le tre Canzoni del Con-
vivio e parecchie chiose alle medesime furono dettate prima del-
l'esilio, ma il Convivio nella sua forma attuale non fu elaborato
che dopo il 1307.
4. Scopo. Dettando il Convivio Dante mirava a due fini di-
versi, l'uno morale ed universale, l'altro apologetico e personale.
Dall' un canto voleva dare dottrina ai suoi contemporanei (i, 2, 85),
compassionando coloro che non hanno la fortuna di sedere alla Mensa
ove il pane della scienza si mangia (i, 1, 41 e seg.). Dall'altro canto
voleva difendere s stesso dall'accusa di leggerezza e sensualit,
mostrando come le sue Canzoni erotiche avessero un senso profon-
damente filosofico, e come nei suoi giovani anni egli avesse fatto
ben altro ancora, che corteggiare belle ragazze, temendo l'infamia
di avere seguito tanta passione amorosa, della quale le sue Canzoni
sembravano mostrarlo signoreggiato (i, 2, 86 e seg.). Quindi la
Donna gentile, che nella Vita Nuova non sembra essere altra cosa
che una donna reale, si converte nella spiegazione allegorica delle
Canzoni nel simbolo della Filosofia (il, 16, 76 e seg.), quantunque
la di lei realt corporea nell'interpretazione letterale non sia mai
negata. Quindi il lavoro pieno zeppo della pi vasta erudizione,
la quale infatti era ed pi che sufficiente a provare senza replica,
che Dante fu tutt' altro che quel donnaiuolo quale lo dipinsero il
Boccaccio ed i suoi seguaci, quale probabilmente lo dipingevano
vita sua durante i suoi nemici fiorentini per iscusare l'ingiustizia
della quale loavevano fatto vittima. Come troppo naturale, il fine
autoapologetico prevale; ma ben di spesso l'autore si addentra tanto
nei concetti e nelle ricerche filosofiche e scientifiche, da dimenti-
care e la propria persona ed ogni altra cosa, non mirando pi che
alla scienza ed alla ricerca del vero.
464 Convito
5. Forma e Materia. Convivio doveva essere, oltre V intro-
Il
duzione che forma il primo trattato, il commento di quattordici
Canzoni erotiche-filosofiche dell'autore, premeditatamente scelte ed
ordinate secondo un piano premeditato. Dei quindici trattati non
furono compiuti che quattro, l'introduzione e il commento a tre can-
zoni, mentre i materiali raccolti dall'autore per comporne gli altri
undici trattati, le chiose alle undici Canzoni relative, che proba-
bilmente erano gi assai copiose sin da quando Dante intraprendeva
il lavoro, per noi pi non esistono. Nel primo trattato si espongono
i motivi che indussero l'autore a dettare l'opera, ed a dettarla non
in latino, ma in lingua volgare. Il commento alle Canzoni consta
di due parti ben distinte: l'esposizione letterale e l'esposizione
allegorica. Ma il Commento a sue Canzoni non che la forma
esteriore. L'opera stessa essenzialmente un'enciclopedia dello sci-
bile del tempo. Vi si discorre della Natura e dell'uomo, di quanto
concerne il tempo e 1' eternit vi si esaminano questioni e pro-
;
blemi di filologia, di metafisica, di politica, di morale, di astro-
nomia e di teologia, delle virt e dei vizi, del corpo e dell'anima,
di Dio e dell'uomo, del cielo e della terra. Ma quantunque ricco
di molte bellezze, il Conv. scrittura di occasione o sforzo di in-
gegno e non forse da lamentare che rimanesse imperfetto
: ;
D'Ancona.
6.Bibliografia. Sembra che il Conv. si divolgasse ben poco,
ed sorprendente che il Bruni non ne fa veruna menzione. Mentre
i codd. conosciuti della Div. Com. oltrepassano il mezzo migliaio,
del Conv. non se ne hanno che una trentina. Vedine i cataloghi
Edig. della Minerva, p. xxix-xxxi; Edig. Frat., p. 51-53; Ediz.
Giul., p. xxvn, 29. L'edizione principe la fiorentina del 1490:
Il Convivio di Dante Alighieri Fiorentino.- Impresso in Firenze
per ser Francesco Bonaccorsi, in 4. Nel Cinquecento se ne fecero
tre edizioni (Venez., 1521, 1529 e 1531). Tra le circa quaranta edi-
zioni del secolo decimonono sono degne di menzione Quella curata
:
dal Trivulzio, dal Monti e dal Maggi, stampata in poche copie
fuor di commercio, quindi Padova, Minerva, 1827; la Modenese
del 1831 le Fiorentine del Fraticelli, 18G5, e con vasto commento
;
del Giuliani, 1875. Per il solo testo la migliore e la pi accurata
ediz. quella del Moore : Tutte le opere di D. Al. nuovamente
rivedute nel testo, Oxford, 1894. Il Conv. fu tradotto in tedesco dal
Kannegiesser, Lips., 1845; in francese da Seb. Rheal., Par., 1852;
in inglese da C. Lyell, Lond., 1842, E. P. Bayer, Lond., 1867,
K. Hillard, ib., 1891, ecc. Fr. Selmi: Il Conv., sua cronologia,
disegno, intendimento, attinenge alle altre opere di Dante, To-
rino, 1865. V. Fornari, in Dante e il suo sec, 443-60. Vassallo,
Convivere-Coperto 465
II Conv. di D. Al., Fir., 1876. Poletto, Studi, Siena, 1892, p. 299
e seg. Cfr.Ferrazzi, iv, 490-500; v, 535-40.
Convivere, dal lat. convivere, Vivere insieme e in reciproca
relazione e commercio, Vivere in societ civile; Conv. in, 11, 105
(nel qual luogo per alcuni testi leggono convenire); iv, 17, 40.
Convolto, Partic. pass, di convolgere, dal lat. convolvere, con-
volutum; forma d'Add., poeticam. detto
in di persona, Avvolto in
s, Aggomitolato; Inf. xxi, 46.
Coperchiare e Coverchiare, Chiudere con coperchio. -
1. Detto di volta, e, per similit., anche di emisfero o volta celeste,
di meridiano, vale Chiudere superiormente, Stendersi sopra, Sovra-
stare; Inf. xxxiv, 114. Purg. il, 2. - 2. Pure per similit., detto di
ponte o di altra cosa somigliante, vale Passar sopra, Cavalcare ;
Inf. xxiit, 136. - 3. E per Chiudere, riferito agli occhi; Purg. xiv, 3.
Coperchio e Coverchio, dal lat. cooperculum ; 1. Arnese
con che cuopre un vaso o recipiente, come gli avelli nel cerchio
si
degli eretici; Inf. ix, 121; x, 9; xi, 6.-2. E per Ci che nasconde
checchessia; Velo, o simile; Purg. xxn, 94.-3. Coperchio piloso,
detto poeticam. per I Capelli che ricuoprono la parte superiore della
testa; Inf. vii, 46. - 4. Aver coperchio o coverchio di checchessia,
vale Kipararsi, Difendersi sotto a quello Inf. xxi, 47. ;
Coperta e Coverta, da coprire e covrire, Qualunque cosa
che serve a coprire o involgere checchessia a fine di difenderlo o
di nasconderlo. Detto figuratam. Par. xxvi, 101.
Coperto e Coverto, lat. coopertus, Partic. pass, di Co-
prire e Covrire, e in forma d'Add. 1. Occultato all' altrui vista da
checchessia; Ingomhrato, Avvolto, e simili, da cosa che impedisca
di vedere o discerner hene l'oggetto, o la persona di che si di-
scorre; Inf. i, 33; xxn, 68; xxxiv, l. Purg. xm, 58; xvi, 60. Par.
xxiii, 81; xxvi, 97; xxix, 2.-2. Figuratam. vale Celato, occulto,
Nascosto; Canz. : Le dolci rime d'Amor, ch'io solia, v. 144.-
3. Pure figuratam. riferito a parole, discorsi e simili, vale Oscuro
ad arte, Amhiguo, o solamente Indiretto; Inf. iv, 51.-4. Detto di
persona, vale Che ha veste, o altra simile cosa in dosso, la quale
ne avvolga le membra, Vestito; Conv. iv, 25, 45, 46.- 5. E asso-
lutamente detto di donna, vale Che per mezzo della veste occulta
agli altrui sguardi il proprio seno; Purg. xxiii, 104. - 6. Ed ellit-
ticamente detto di guancia, per Coperta del primo pelo, di lanugine;
Par. xxvn, 129.-7. E per Difeso, Riparato, Protetto, detto di luogo
30. Enciclopedia dantesca.
466 Coperto-Corata
o di persona; Inf. xvi, 46. - 8. Figuratam. e usato nel plur. per
Modo astuto, fraudolente; Inf. xxvu, 76.
Coperto e Coverto, Avverb. Copertamente, in modo da
non esser visto; e figuratam. In modo da non essere conosciuto,
avvertito; Inf. xxi, 53. Par. xxx, 143.
Copia, dal lat. copia, Gran quantit di checchessia, Abbon-
danza; e detto di persone, o di animali, per Quantit, Numero
grande, Calca, Moltitudine; Inf. xxiv, 91.
Coppa, dal lat. cupa, che trovasi anche scritto cuppa = botte,
o piuttosto caratello;propriam. Vaso concavo, d'oro o d'argento, o
di cristallo, quale usasi per bere alle mense dei Grandi. 1. Coppa
il
chiamasi la Nuca, o Parte di dietro del capo; Inf. xxv, 22.-2. Quindi
Da coppa, o Dalla coppa, si us in modo avverbiale per Di dietro;
Par. vili, 12.
Coppo, cupus e cuppus, propriam. Vaso di terra
dal basso lat.
cotta, che ha bocca e il fondo pi stretti del corpo, e serve per
la
lo pi a conservarvi l'olio; comunemente Orcio. Per simiiit. e poe-
ticamente, per la Cavit dov' l'occhio, Orbita; Inf. xxxm, 99.
Coprire e Covrire, dal lat. cooperire; 1. Porre, Stendere,
checchessia sopra o dintorno a una cosa, a fine di occultarla, d'im-
pedirne la vista, oppure di difenderla; Inf. xxvu, 135. Purg. iv,
139; v, 129; vili, 135; xvi, 5; xxxi, 105. Par. n, 31; xxi, 133;
xxxi, 32. - 2. Detto di cosa, vale Occultare, Nascondere Inf. xn, 125. - ;
3. Vale pure Esser cagione che cosa o persona non si vegga, Rendere
comecchessia invisibile; Par. xvi, 83.-4. Parlandosi di nebbia, ca-
ligine, ombra, fumo e simili, vale Avvolgere cosa o persona; Purg.
V, 116. - 5. Detto di persona, e riferito ad alcuna parte della me-
desima, come faccia, volto, occhi, orecchi e simili, vale Porre, Sten-
dere dinanzi ad essa alcunch^ a fine di non vedere, di non esser
veduto, di non udire; Inf. xxix, 45.-6. Poeticam., Coprirsi di chec-
chessia, vale Rimanere dietro ad esso; Purg. vi, 56.
Cor, Core, cfr. Cuore.
Corani, voce lat., Davanti, In persona, Al cospetto e simili.
1. Coram me, Davanti a me, Nella mia presenza; Par. xxv, 26. -
2. Coram patre, Davanti al padre, In presenza del padre; Par. xi, 62.
Corata, prov. corada, frane, ant. coree, che valevano Petto,
Viscere, Intestini; Il cuore con tutti insieme i visceri prossimi,
cio polmoni, milza e fegato; Inf. xxviit, 26.
Corcare-Corda 467
Corcare, contratto di coricare, e questo probabilmente forma
alterata di collocare, dal lat. collocare; 1. Neut. pass. Posarsi, Ada-
giarsi su checchessia, Distendersi a giacere; Inf. xvn, 30.-2. Usato
a modo di Neut. e detto figuratam. di stella, astro, e pi special-
mente del sole, vale Tramontare; Purg. xvn, 9; xxvn, 68.
Corda, dal lat. chorda, e questo dal gr. yp?^'h<> Quantit ed
unione di lunghe fila di canapa, di lino, di seta e simili, stretta-
mente rattorte insieme, a uso di legare, alzare, tirare, sorreggere
e simili.
I, 1.Figuratam. Purg. xm, 39. Par. xxviii, 12. - 2. E pur
figuratam. e poeticam. per Incitamento a far checchessia; Par.
xxvi, 49. - 3. Corda dicesi anche quella che, fatta di minugia, di
filo di Fiandra, o anche di refe, serve a tendere gli archi, le ba-
lestre e simili, per scagliare frecce, pallottole, o altro consimile
proietto; Inf. vili, 13; xvn, 136. Purg. xxxi, 17. Par. v, 92.-4. E
in locuz. figur. e poeticam. Par. i, 125.- 5. Filo, per lo pi di me-
nugia strumenti produce il suono,
o di metallo, che adattato a certi
posto che sia in vibrazione per sfregamento, per pizzico o per per-
cussione; Par. xiv, 119; xv, 5; xx, 143. - 6. Per similit. Linea che
s'immagina congiungere le due estremit d'uno spazio che abbia
tanto o quanto somiglianza con un arco, ed altres Quel tratto o
larghezza che fra le dette due estremit; Conv. in, 5, 75.
II, 1. Nel luogo Inf. xvi, 106 il senso letterale non offre ve-
runa difficolt, ma tanto pi il senso allegorico della corda che
Dante aveva intorno cinta e colla quale aveva pensato qualche volta
di prendere la lonza alla pelle dipinta. Gli antichi vedono general-
mente in questa corda un simbolo di qualche vizio affine alla frode,
i moderni di qualche virt alla frode opposta. Hoc est dicere quod
ipse Dantes aliquando voluit cum fraudulentia (accostarsi a lu-
xuria) - quod quemadmodum corda est nodosa et tortuosa sic frau-
dolenta que cum predictum et cogitatam malam sit adeo a ventate
remota a se ipsa non est recta sed potius tortuosa quod abilla summa
et divina regula omnia dirigente proculdubio est divisa - per lon-
zam vocatam que est variis colorata coloribus luxuria figuratur;
Bambgl. - Questa corda s si prende con essa la froda, con che
Dante gi pens con essa ingannare le femmine e lusingare, e forse
il fece. E pollo qui che la froda ha suo principio nel desiderio della
cosa, e scuopresi nel modo d'acquistare quella cosa, e perci dice,
che pens con quella corda ch'avia intorno cinta provare la lonza,
cio la volont de la lussuria; An. Sei - Alcuna significazione
dellotavo grado figurando si prende guatandovisi alcuna cintura per
segnio per lo qualle alcuno abitto di froda ilusuriosa operatione si
468 Corda
considera a dimostrare che ne frodolenti vizij senza alcuno segnio
di froda intrare non si possa; Iac. Dant. - Per questa corda in-
tende Dante la fraudolenzia, la quale aggroppata e involta di sa-
gacitade e di ingegni; e soggiunge che credette molte volte per
fraude prendere beni temporali, e vanagloriavasi d'acquistar quelli;
Lan.- Parlando per figura, gittandovi alcuna corda che l'Autore
avea cinta, segno di froda, per la quale alcuno abito di inganno in
lussuriosa operazione si considera, a dimostrare che ne' frodolenti
vizii senza alcuno segno di froda non si pu entrare; Ott. -Hoc
enim fgurat quod auctor, volendo contemplari et rimari circa ma-
teriam fraudum mundanorum, opus fuit quod reminisceretur ali-
cujus actus fraudis, quem ipse auctor operatus fuisset jam. Verum
quia fraudem solum commiserat circa deceptiones mulierum, idpo
fngit in chordula, hoc est quia zona luxuria figuratur; Petr.
Dant. - Lo stesso ripetono Cass. ed altri. - Questo non vuole dire
altro se non che l'autore alcuna volta con frode si volse accostare
a lussuria e lussuriare; Falso Bocc. - Una corda, idest unam
fraudem particularem, sive unam speciem fraudis, quam bene autor
repraesentat sub specie cordse, quia corda est fortis implicata ex
multis filis, ita fraus ex multis malitiis et fallaciis, intorno cinta,
quia erat munitus et armatu* corda ad fallendum et laqueandum
alios, ideo habebat cordam circa lumbos, ubi viget luxuria mu-
lieris; Benv. - Dice qui l'Auttore che colla corda, ci cogl' in-
ganni et frodolenza, pens alcuna volta ingannare alcuna giovane
ch'egli amava, per che le giovani sono assai credule et disposte
a essere ingannate; An. Fior. - Ista corda est quedam Venus,
idest luxuria, que maxime viget circa ilia, idest renes et lumbos;
Serrav. - Cos intendono in sostanza Land., Tal., Veli., Gelli,
Dan., mentre Barg., Cast., ecc. non si fermano a spiegare il
ecc.
diffidi passo. Secondo Biag. questa corda significa l'umilt con la
quale si dee l'uomo accostare alla scienza.... E questa corda se la
cinse il Poeta quando, accortosi d'esser nell'errore, si propose di
lasciarlo, e di sposarsi alla scienza. Per il Boss, la corda il sim-
bolo della giustizia e della buona fede, che sono il contrario del-
l'ingiustizia e della frode. Per il Tom. questa corda significa la
mortificazione con cui Dante sper vincere la lussuria.... E significa
la buona fede per cui sper trarre a se i Fiorentini, e ora spera
patteggiare con la frode, s che non gli possa far male. - Migliore
di tutte le altre sembra l'interpretazione del Buti Questa corda
:
ch'elli avea cinta significa ch'elli fu frate minore; ma non vi fece
professione nel tempo della sua fanciullezza.... Questa lonza significa
la lussuria, la quale l'autore si pens di legare col voto della re-
ligione di San Francesco. Seguono il Buti: Tiraboschi, Pelli,
Cordigliero-Cornice 469
Lomb., Pori., Lubin., Corn., Edit. del Serrav., W. W. Vernon, ecc.
Cfr. Comm. Lips. i, 167 e seg. W. W. Vernon, Inf., voi. i, p. 567-76.-
2. Purg. vii, 114: D'ogni valor port cinta la corda, vale Ebbe
cinti i lombi d'ogni valore, Fu valoroso re in ogni cosa; conforme
le sentenze scritturali: Accinxit fortitudine lumbos suos; Prov.
xxxi, 17. Et erit justitia cingulum lumborum eius; et fides cin-
ctorium renum eius; Isai. xi, 5. Il Buti La corda significa le-
:
gamento, sicch per questo si d ad intendere ch'elli era legato et
obligatosi ad ogni valore. - 3. Purg. xm, 39: Sono tratte da amor
le corde della ferza, vale Gli esempi coi quali si sferza, si pu-
nisce e corregge la colpa dell'invidia, sono tratti, ricavati, presi
dalla virt opposta, cio dall'amore, dalla carit versoil prossimo;
cfr. Conv. IV, 26. - 4. Cen
Par. porta
i, 125
la virt di quella
:
corda, Che ci che scocca drizza in segno lieto, vale La virt di
quell'istinto che drizza la creatura a fine sempre lieto, perch de-
stinato da Dio. Ad illum autem ad quod non potest aliquid vir-
tute suse naturse pervenire, oportet quod ab alio transmittatur, sicut
sagitta a sagittante mittitur ad signum ; Thom. Aq. Sum. tli.
I, 23, 1.
Cordigliero, Frate minore di S. Francesco, cos detto dal
cordiglio onde va cinto; Inf. xxvn, 67.
Core, cfr. cuoke.
Cornelia, cfr. Corniglia.
Corneto, piccola citt marittima presso Civitavecchia nella
Maremma romana; Inf. xm, 9.
Corneto, Rinier da, famoso assassino che infestava l'Agro
romano; Inf. xu, 137. Grande rubatore di strade; An. Sei. -
Molto famoso rubatore fu nel suo tempo, e molta gente sommesse,
e uccise; Ott. - Uomo crudelissimo e di pessima condizione, e
ladrone famosissimo ne' suoi d, gran parte della Marittima di Roma
tenendo con le sue perverse operazioni e ruberie in tremore Bocc. - ;
Prasdatus fuit Stratam Komanam; Benv. - Messer Kinieri da
Corneto di Maremma fu grandissimo rubatore, tanto che mentre
visse tenea in paura tutta Maremma, et in fine in sulle porti di
Roma; per ch'elli per s medesimo facea rubare in sulle strade,
et ancora chiunque volea rubare era da lui ricevuto nelle fortezze
sue et datogli ajuto et favore; An. Fior.
Cornice, probabilmente da coronis, coronidis, gr. nopoivc, (che
nel basso lat. si prese, invece di corona, corona, a significare ap-
470 Corniglia-Corno
punto Cornice), corrotta forse in coronix, coronicis ; propriam. La
pi alta delle tre parti che formano il Cornicione degli Ordini
d'Architettura. Per sirailit. Dante chiama Cornici i balzi o ripiani
circolari del monte del Purgatorio; Purg. x, 27; xi, 29; xm, 4, 80;
xvn, 131; xxv, 13. Par. xv, 93.
Corniglia, per Cornelia, figlia minore di Publio Scipione
Affricano il vecchio, moglie di Tiberio Sempronio Gracco, il quale
fu Console nel 177 e 168, e Censore nel 169 a. C, madre
la celebre
dei Gracchi. Sempronia sua figlia and sposa a Publio Scipioue Af-
fricano il giovane. Cicerone vanta le lettere di Cornelia per purit
di lingua.Dante la pone nel limbo, Inf. iv, 128, e la ricorda come
modello di donna virtuosa, Par. xv, 129. Cfr. Soergel, Cornelia,
die Mutter der Gracchen, Erlangen, 1868.
Corno, dal lat. cornu, Sost. masc. che nel plur. fa corni (Par.
xvni, 34) e pi comunemente corna, di gen. fem. (Inf. xix, 110;
xxv, 132); Ciascuno di que' due corpi duri, con punta pi o meno
acuta, per lo pi ritorti, e in alcune specie d' animali altres ra-
mificati, che sporgono dalla testa di alcuni quadrupedi, dell'ordine
dei ruminanti. -1. Per Ciascuna di quelle appendici che hanno sulla
testa le lumache; Inf. xxv, 132. - 2. Attribuisconsi le corna a numi
mitologici, al diavolo, o a bestie fantastiche immaginate poetica-
mente; Purg. xxxn, 146.-3. Per similit. detto di Estremit avente
forma di corno, ed altres per Punta estrema di una cosa; Inf.
xxvi, 85; xxvn, 132.-4. Poeticam., riferito alla croce, Ciascuno
dei due bracci di essa; Par. xiv, 109; xv, 19; xvm, 34.-5. Term.
Musicale. Strumento a fiato, e per lo pi fatto propriamente d' un
corno di bove, adoperato dai pastori, dai corrieri, dai cacciatori,
nelle antiche milizie, ecc. Inf. xxxi, 12, 71. - 6. La costellazione
dell'Orsa minore; Par. L'ardente corno, Purg. xxn,
xiii, 10. - 7.
120, la punta estrema del timone del Carro solare. - 8. Corno
d'Ausonia detta la punta, ossia 1' estrema parte meridionale del-
l' Italia; Par. vili, 61. - 9. Corno della Capra del ciel chia-
mata la Costellazione del Capricorno; Par. xxvn, 68, 69.-10. Le
diece CORNA, Inf. xix, 110, sono tolte dall' Apocalisse (xvn, 3),
dove detto decem cornua decem reges sunt (xvn, 12). Nel luogo
dantesco le dieci corna non sono evidentemente i dieci re elVApoca-
lisse, ma figurano probabilmente, come intendono i pi, i dieci co-
mandamenti decem hoc est per decem
del Decalogo. - Per cornua
prevaricationes sive decera precepta legis que decem prevaricationes
sunt Bambgl. - Le diece corna significano le diece comanda-
;
menta del Vecchio Testamento, che Dio die a Mois; An. Sei. -
Cornuto-Cro 471
Cos intendono pure Iac. Dant., Lan., Ott., Petr. Dant., Cass.,
Falso Bocc, Benv., Buti, ecc. VAn. Fior, intende dei dieci tra-
passamene contro a' dieci comandamenti della legge.- Corn.: Il
vaticinio dell'Evangelista Giovanni nell'Apocalisse riguarda certa-
mente Roma pagana, la grande meretrice ebbra del sangue dei mar-
tiri; ma trasfer Dante l'applicazione alla corte romana. Perci (nel
concetto di Dante) alla corte papale, che incominci nella citt set-
ticolle, dai dieci Eegni (dieci corna), trasse potenza, finch i Papi
(sposi della Chiesa Romana) fiorirono per virt. - Berth.: Si ca-
pisce senza difficolt a) Come Roma cristiana con le sette teste
nacque nel ooncetto divino; b) Come dalle dieci corna, cio da
molti re e sovrani vinti, secondo la comune interpretazione dell'-<4po-
calisse nel medio evo, ebbe argomento, ossia prova della sua pre-
destinazione. Cfr. Blanc, Versuch i, 179 e seg. - Boss.: Il poeta,
confondendo insieme la donna e la bestia, scorse nel loro complesso
una figura della chiesa ai re prostituita; e scorse nelle sette teste
i sette sagramenti, distintivo della religion Cristiana, e nelle dieci
corna i dieci comandamenti, distintivo della religione Mosaica, la
quale fa fondamento della nostra, ed argomento e pruova di quella
celeste derivazione di cui giustamente si vanta; onde sclam: Di
voi, pastori corrotti, l'evangelista Giovanni si accorse mirare un
simbolo, quando colei che siede sopra 1' acque fu da lui vista put-
taneggiare coi re: colei dico che pura nacque con le sette teste e
dalle dieci corna ebbe argomento di sua origine divina.
Cornuto, dal lat. cornutus ; 1. Che ha le corna, Che fornito
di Corna, o Che si rappresenta in tal forma; Inf. xvm, 35. Purg.
xxxn, 145. - 2. Per similit. detto di cosa le cui estremit o punte
abbiano la forma o la disposizione delle corna, Che termina in corna,
Distinto a maniera di corna; Inf. xxvi, 68.
Coro, dal lat. chorus, e questo dal gr. xP; 1- Concerto di per-
sone che cantano; Purg. x, 59.-2. Riferito ad angeli, spiriti, ecc.,
iccolti insieme, e come in cerchio, vale Stuolo, Schiera, Moltitu-
dine; Inf. in, 37. Purg. xxix, 41. Par. x, 106.-3. Quindi Coro
beato, celeste, divino, Coro de' celesti e simili, vale poeticam. l'Unione
de' beati spiriti ; Par. xiv, 62 xxvn, 17.-4. E Termine usato dai Teo-
;
logi, Ciascuno de' nove ordini degli Angeli; Par. xxvni, 94.
Cro ?
dal lat. corus e caurus, nome dato a quel Vento che
oggi chiamasi Ponente-Maestro, e che dagli antichi talora con-
fuso col Maestro stesso. E per La parte donde spira questo vento ;
Inf. xi, 114.
472 Corollario-Coronato
Corollario, dal lat. corolarium ; Conseguenza che si deduce
da una proposizione gi dimostrata. E per estensione, Aggiunta la
quale abbia comecchessia connessione con quello che stato detto
antecedentemente; Purg. xxviii, 136. Par. vili, 138.
Corona, dal lat. corona; 1. Ornamento del capo, fatto in forma
di cerchio, e composto di fiori intrecciati, o di frondi, o di un ra-
moscello di alcune piante, ovvero di preziosa materia; e usato, spe-
cialmente in antico, per segno di letizia, di onore, di preminenza;
Par. xv, 100; xxx, 134; xxxi, 71.-2. Figuratam. per Premio, Gui-
derdone, Eicompensa; Purg. xxiv, 15. Par. xi, 97. -3. In senso
particolare, Quell'ornamento di cui si cingono la testa in segno
d'impero i Monarchi; ed di materia preziosa e di fogge diverse;
Diadema. In locuz. figur. e figuratam. per Grado, Ufficio e dignit
di regnante; ed altres per Potest regia, Diritto ed atto di regnare,
Eegno; Purg. xx, 58. Par. Vili, 64; Xix, 138.- 4. E per Numero
di persone disposte in cerchio a fine di conversare tra di loro, o
per udire alcuno che parla, per assistere a qualche spettacolo; o
che stanno attorno ad alcuno per atto di onore o di affetto; Par.
xxni, 95. - 5. Onde Far di s corona, detto di pi persone, vale Di-
sporsi in cerchio; Par. x, 65.
Coronamento, L'atto e L'effetto del coronare; e propriam.
L'atto e cerimonia del ricevere i Principi la corona, e che di-
la
cesi comunemente Incoronazione; Conv. iv, 29, 16.
Coronare, dal lat. coronare; 1. Cingere altrui il capo di co-
rona, Porre altrui sul capo la corona, per segno di premio, di onore
e simili; figuratam. Conv. IV, 19, 49.- 2. In senso particolare, Porre
solennemente con certe cerimonie sulla testa di un Principe la
e
corona, a fine di conferirgli la potest regia; onde Coronare alcuno
re, o solamente Coronarlo, di una nazione, regno e simili, vale In-
vestirlo solennemente della dignit e del diritto regio sopra una
nazione, semplicemente Farnelo re, Dargliene la signoria.
ecc., o
Figuratam. poeticam. Purg. xxvn, 142 (cfr. mitriare). - 3. Neut.
e
pass. Cingersi la testa di corona, e in senso particolare, della co-
rona poetica; Par. i, 26. - 4. Per Fregiarsi, Adornarsi, anche figu-
ratamente Par. xxiii, 101. - 5. Per similit., Esser cinto, circondato
di checchessia, come di una corona; Inf. xxxi, 41.
Coronato, Partic. pass, di Coronare, coronatus ; 1. In
lat.
forma d'Add. Cinto di corona; e per estensione Fregiato, Adornato il
capo di checchessia; Inf. IV, 54. Purg. xxix, 84, 93. Par. xxiii, 119. -
2. Coronato di gloria, Coronato in cielo, o simile, vale figuratam.
Corpo-Corredare 473
Glorificato, che ha ricevuto la corona celeste; Cans.: Voi che in-
tendendo il terzo ciel movete, v. 29.
Corpo, voce adoperata da Dante sovente nelle
dal lat. corpus ;
sue opere volgari, nella Div. Com. 56 volte, cio 17 neVInf., 18 nel
Purg. e 21 nel Par. Si notino i seguenti significati ed usi.- 1. Ma-
teria che ha le tre dimensioni, cio lunghezza, larghezza, e altezza
o profondit, sia essa solida o limpida, o aeriforme; Par. il, 39.
Conv. li, 14, 152; in, 5, 28, 30. - 2. In senso speciale, e con l'ag-
giunto per lo pi di Celeste, od anche Superiore, usasi a designare
Astro, Pianeta, o Cometa; Par. li, 113; vili, 99. - 3. E col nome
espresso di alcun astro o pianeta, vale Globo, o Disco, di esso; Conv.
iv, 8, 41.-4. E per Sfera, secondo l'antico sistema astronomico;
Par. vili, 99; xxx, 39. - 5. In senso speciale, la Parte materiale,
organica, dell'uomo e degli animali; Inf. i, 28. Purg. I, 12. Par.
Il, 37. Conv. IV, 22, 57.- 6. Corpo morto, vale Cadavere, Salma;
Inf. v, 142. - 7. Per Alvo, Utero; Inf. xxxn, 58. - 8. Riferito al-
l'occhio, a denotarne la Palla, il Globo; Conv. in, 9, 116. - 9. E
figuratam. per il Complesso, l'Aggregamento, la Massa, il Conserto,
o simili, di quelle parti o cose, che unite insieme, o congiunte per
necessaria relazione, compongono un tutto; ed altres il Tutto stesso
che ne risulta. E riferiscesi tanto a cose materiali, quanto a cose
morali e ad opere letterarie; Conv. ni, 5, 16.
Corporale, dal lat. corporais, corporale, Del corpo, Proprio
del corpo, Che attiene al corpo umano, o Che da esso dipende co-
mecchessia. E per Che ha corpo, Materiale; Par. xxvni, 64. Conv.
ni, 12, 37; iv, 24, 85; IV, 25, 93.
Corporalmente, Col corpo, Mediante il corpo; e per Ma-
terialmente; Conv. l, 6, 115.
Corporeo, dal lat. corporeus, Di corpo, na-Che ha corpo o
tura di corpo, o Che comecchessia appartiene a corpo; Materiale;
Conv. li, 9, 79 e seg.; iv, 21, 55.
Corradino, cfr. Curradino.
Corrado, cfr. Currado.
Corredare, prov. conrear, frane, ant. conrer, da corredo
(cfr.Diez, Wrt. i 3 344 e seg.); Fornire checchessia di quanto gli
,
occorre per essere atto all' uso al quale deve servire. E Neut. pass,
per Abbellirsi, Adornare, Fregiarsi; Par. vi, 112.
474 Corredo-Correggere
Corredo, prov. conrei, fran. ant. conroi, spagli, correo, dal
lat. barb. conredum e conredium; Fornimento, Guernimento, Ar-
redo, Provvisione dell'occorrente, all'uso o fine, al quale una cosa
deve servire. E anticamente Corredo si disse per Convito, Ban-
chetto; e pi particolarmente, Convito sfarzoso e solenne, nel qual
senso si disse anche Convito bandito; Conv. i, 2, 6.
Correggere, dal lat. corrigere; 1. Fare che altri lasci alcun
vizio o difetto, Eidurre a ben fare, Emendare; Par. ili, 4. - 2. Per
Governare, Reggere, Aver sotto di s Inf. v, 60. - 3. Riferito a be-
;
stie, e pi particolarmente in quanto servono per tirare veicoli, vale
Guidare, ed anche Ptaffrenare, Moderare; nel qual senso riferiscesi
poeticara. al freno stesso Purg. vi, 95. - 4. Sul difficile luogo Par.
;
XI, 138 impossibile pronunziar sentenza definitiva, causa la gran
variet e di lezione e di interpretazione (cfr. Com. Lips. ni, 300
e seg.). Probabilmente da leggere Corregger o Correggir, come
hanno i migliori codd. (naturalmente per senza l'accento) ed ediz.
Il correggir o corregger il Frate domenicano, cos chiamato dalla
cerreggia onde cinto, come il Francescano dalla corda detto cor-
digliero; cfr. Inf. xxvn, 67. Quindi il senso: E vedrai ci che in-
tende dire il frate domenicano colle parole: U ben s' impingua se
non si vaneggia. Al. diversamente. Ott. : Vedrai la pianta, cio
l'albero onde si leva quello dire U ben s impingua, ecc.; e vedrai
1 }
il corregger d' esso. - Cass.: il corseggiar i. regulam meam. -
Benv.: E VEDR IL CORREGGIR CH'ARGOMENTA, idest, distinctio-
nem meam quse corrigit et restringit prsedictum dictum meum. -
JButi : vedrai 'l corregger, cio tu, Dante, santo Domenico lo
quale chiama corregger, perch port cinta la correggia, e volse che
li suoi frati portassono cinta come santo Francesco li suo' frati la
corda, che argomenta ; cio che prova con vero argomento ne le sue
costituzioni che li frati suoi debbiano studiare nella santa Teologia,
ne la quale studiando ingrasseranno l'anime loro di buona pingue-
dine, cio della grazia d'Iddio. - Serrav.: Videbis correctionem
(quia reduxit et restrinxit) que argumentat, scilicet illud dubium.-
Biag. : E vedr' che cosa s'argomenta [significa) il correggere (il
correggimene) inchiuso in queste parole: dove l'uomo s'impingua
bene, ecc. - Ces. : E vedr' il corregger che argomenta, cio
la trafittura data a' Frati con quell'argomento. - Tom.: Il Co-
reggier vale: Io parlante. - Andr.: E vedrai qual correzione in-
feriscano quelle mie parole U' ben s'impingua, ecc. - Com.: Ve-
:
drai qual' la causa del decadimento dell'ordine dei Domenicani,
ed ancora dalla fatta correzione argomenterai la significazione della
mia frase.
Corrente-Correre 475
Corrente, Fartic. pres. di correre, Che corre; lat. currens.
1. In forma d'Add., Che corre, che cammina frettolosamente; ed al-
tres Veloce al corso: detto tanto d'uomo quanto d'animale; Inf.
xill, 125. Par. Vili, 20. - 2. Detto di fiume, ruscello e simili, come
anche di acqua, onda e simili, vale Scorrente; Vit. N. IX, 14. Conv.
iv, 10, 89.-3. L'OPINION corrente, Par. xiii, 119, l'opinione
corriva, precipitosa, che non si ferma a distinguere. Cos i pi
(Benv., Buti, Land., Lomb., Pori., Ces., Tom., Br. B., Frat., Andr.,
Bennas., Corn., Poh, Filai., ecc.). Al. l'opinione volgare, che corre
per il mondo (Veli., Dan., Veni., Biag., ecc.). Ma nel luogo citato
l'opinione volgare non ha che vedere e Dante non us mai corrente
per Comune, o Volgare. - 4. Sost., Corso o Movimento dell' acqua
di un fiume, canale e simili, in una data direzione, determinato
dalla inclinazione del terreno; e poeticam. per L' acqua stessa che
corre, Fiume; Par. xvil, 42.
Correre, dal lat. currere, Verbo neutro adoperato sovente nelle
opere volgari di Dante; nella Div. Coni. 54 volte, 21 neWInf., 21 nel
Purg. 12 nel Par. - 1. Andare con grande velocit; e propriamente,
e
parlandosi di persone, alzando il piede fermo prima che l' altro toc-
chi terra; Inf. xn, 56: xvi, 5; xxi, 30; xxm, 78; xxiv, 92; xxv,
140; xxx, 26. Purg. n, 122; v, 29; vi, 15. - 2. Detto di animale,
vale Esser veloce al corso, Esser corridore; Conv. i, 12, 50.-3. Per
Eicorrere, riferito a persona, a fine di averne aiuto, conforto e si-
mili Purg. xxx, 44. - 4. Detto di cose inanimate, vale Muoversi
;
celermente, e riferiscesi a moto tanto progressivo quanto rotatorio;
Inf. in, 53; vili, 14. Purg. xvm, 79.- 5. E detto particolarmente
di veicolo; Par. xxvil, 147.- 6. Detto di acqua, fiume e simili, e
in generale di qualsiasi liquido, vale Scorrere, e propriamente con
qualche celerit; Inf. xx, 76, 79. - 7. Figuratam. Correre al cuore
o all'animo, detto di alcun sentimento, vale Destarsi nell'animo,
Comprenderlo da s, Essere l'animo commosso Inf. il, 131.-8. Cor-
;
rere una cosa all'occhio o agli occhi, alla vista, e simili, vale Farvi
essa subita impressione; Inf. xxiii, 110.-9. In senso morale, detto
sia di persona, sia di spirito, vale Tendere a una cosa, Esser natu-
ralmente ordinato, disposto, a quella; od anche Darsi ad essa, come
portato da naturale movimento; Purg. XV, 68. Conv. li, 2, 16. -
10. Detto di qualsivoglia relazione che passi fra due persone, vale
Intervenire, Darsi luogo a checchessia; Conv. in, 1, 31.
11. Correr dietro a cosa che sia o che si creda buona, utile,
dilettevole, vale Studiarsi di conseguirla, Cercarla con bramosia;
Purg. xvi, 92. - 12. Correre in guerra di alcuno, detto poeticam. per
Incontrare la inimicizia di quello, Venirne in disgrazia; Par. xi, 59.-
476 Corretto-Corrompere
13. Correre in un errore, o dentro a un errore, vale Incorrervi, In-
capparvi; Par. Ili, 17.- 14. Att. Trascorrere, Percorrere, sia a piedi,
sia su qualche veicolo, e per lo pi con una certa velocit; Inf.
Vili, 31. - 15. E in locuz. figur. Purg. i, 1. - 16. Correre il palio,
o, come anche si disse, il drappo, vale Gareggiare nella corsa a fine
di conseguire il palio o il premio promesso Inf. xv, 122. - 17. Correr
;
la giostra, vale Far la giostra, Giostrare, Correre giostrando; Inf.
xxn, 6.
Corretto, Partic. pass, di correggere; Purg. vi, 95. Par. in, 4.
Cfr. CORREGGERE.
Correttore, lat. corrector, Chi o Che corregge; Conv. iv,
24, 120.
Correzione, dal lat. correctio ; 1. L'atto, e L'effetto del cor-
reggere o del correggersi ; Il ridurre, o il ridursi, a ben fare, a
virt; Emenda; Conv. i, 2, 58; iv, 15, 102. - 2. E per Guida, Di-
rezione, Governo, ed anche Potest, Autorit; Conv. iv, 24, 110.
Corridore, Verbal. masc. da correre, Chi fa scorrerie; e si
disse propriam. per Soldato che precorreva l' esercito ad esplorare
le mosse del nemico, a riconoscere i luoghi, e a foraggiare o ad at-
taccare una zuffa Inf. xxn, 4. Corridori,
; o scorridori (che 1' una
e l'altra truova ne' nostri antichi) erano chiamati da loro
voce si
certi i quali andavano innanzi a la massa del campo, per scoprire
paese e per vedere se il cammino era sicuro, e parte anche per
saccheggiare e predare; Gelli. - Corridori sono i cavalli, che
scorrono avanti a spaventare le genti nemiche ed a spiare che cosa
facciano; Cast. Cfr. Vill., vii, 139.
Corrispondere, da con e rispondere, Avere relazione di so-
miglianza, uguaglianza, proporzione, armonia, convenienza e simili.
In senso pi largo, detto di cose che abbiano comecchessia rela-
zione l'una con l'altra; Par. xxviii, 71.
Corrompere, dal lat. corrumpere, Alterare, Viziare, nel pro-
prio essere, checchessia, Guastare. 1. Per Indurre con donativi, pro-
messe, o simili, a fare cosa contraria al proprio dovere, a mancare
al proprio ufficio; Conv. IV, 5, 82. - 2. Si us nel linguaggio delle
scuole per Disfare, Distruggere, Annientare e gli si contrapponeva ;
Generare; Conv. li, 9, 19. - 3. Neut. pass., Alterarsi, Viziarsi, nel
proprio essere, Guastarsi; Conv. iv, 10, 64.-4. Nel linguaggio delle
scuole si us per Disfarsi, Annientarsi, Cessar d'essere; Conv. n,
9, 13; in, 8, 130.
Corrompimento-Corsaro 477
Corrompimento, Il corrompere, e II corrompersi, Corru-
zione; Conv. IT, 27, 120.
Corrotto, Partic. pass, di corrompere, lat. corruptus ; 1. Al-
terato, Guastato; Purg. XVI, 105. Conv. IY, 1, 68.-2. In forma
d'Add. per Che contro natura, Che non
o non opera quale na-
turalmente dovrebb' essere od operare; detto cos di potenze e del
loro operare, come di moti dell'animo: Che fuor del vero, Che
contro verit; detto di atti dell'intelletto; Purg. xvu, 126.
Corrucci (dal lat. cruxP), Prov. corrotz, frane, courroux;
Sdegno, Adiramento, Eisentimento. Di corrucci, detto di persona,
vale Facile a corrucciarsi, Sdegnoso e violento; Inf. xxiv, 129.
Corruscare e Coruscare, dal lat. coruscare, propriam.
Balenare, Lampeggiare; ma per similit. vale anche Eisplendere vi-
vamente, e mandando come lampi di luce ; Purg. xxi, 50. Par. v,
126; xx, 84.
Corruscazione e Coruscazione,
dal basso lat. coru-
scatio, L'atto e L'effetto del corruscare; Balenamento, Lampeggia-
mento ; cos al proprio come per similit. Conv. in, 8, 72.
Corrusco e Corusco, dal lat. coruscus, Fiammeggiante,
Risplendente; detto propriam. del baleno o della sua luce; e per
similit. di cosa che mandi luce viva o rapida come quella del ba-
leno; Purg. xxxiii, 103. Par. xvu, 122.
Corruttibile, dal basso lat. corruptibilis ; 1. Che soggetto
a corrompersi od esser corrotto, Che patisce corruzione, Sottoposto
a guastarsi, andare a male, e simili cos nel proprio come nel figu-
;
rato; Conv. i,37; IV, 22, 123. - 2. In senso particolare, e pi
5,
che altro proprio del linguaggio degli Ascetici, detto dell'uomo, del
corpo, della carne o di ci che ad essa si riferisce, della vita umana,
e simili, vale Mortale, Caduco, Destinato a disfarsi e morire. Onde
anche si disse di uomo, per semplicemente Vivo, Che nella vita
mortale; Inf. li, 14.
Corruzione, dal lat. corruptio, L'atto e L' effetto del cor-
rompersi, del guastarsi, dell'alterarsi o viziarsi delle cose. E nel
linguaggio delle Scuole, vale Disfacimento, Distruzione, Fine di
checchessia, come contrapposto di Generazione; Par. vii, 126, 129.
Conv. iv, 14, 64.
Corsaro, dal lat. currere, Pirata, Ladrone di mare; Purg.xx, 81.
478 Corsiere-Corte
Corsiere e Corsiero, dal lat. cursorius, che nel medio evo
fu usato come aggiunto di equus, Cavallo generoso e di bella cor-
poratura; detto dei Cavalli del Sole, Purg. xxxit, 57.
Corso, dal lat. cursus; 1. Il correre, L'atto del correre; Inf.
xxxiii, 34. - 2. Figuratane per Direzione, Termine al quale son
rivolte le azioni, la vita e simili; Par. i, 130. Conv. iv, 27, 13. -
3. Moto o Giro, vero od apparente di alcun astro da oriente ad oc-
cidente, ed altres Moto di rivoluzione; e si disse anche del Movi-
mento delle sfere celesti da occidente in oriente; Purg. xv, 5. Par.
I, 40; vi, 2. - 4. Detto figuratam. di checchessia, vale II procedere,
e altres II modo di procedere, ordinario di esso, sia che dipenda
da leggi naturali, o dall'opera e volere dell'uomo; ed altres II vol-
gere alla sua effettuazione, al compimento, esecuzione o simile; Inf.
xi, 99. Purg. vili, 139. - 5. Per Moto, Scorrimento, detto dell'acqua
dei fiumi, torrenti e simili; ed altres per la Direzione stessa del
fiume o torrente; Inf. xiv, 115; xxxn, 25; xxxiv, 132. - 6. E per
Spazio o Tratto, per il quale scorre l'acqua di un fiume, Lunghezza
di un fiume; Purg. xiv, 18.-7. Con qualche aggiunto, come umano,
mortale, vitale e simili, ovvero anche assolutane, vale lo stesso che
Vita; Inf. xv, 88.
Corso, Partic. pass, di Correre; Inf. xix, 68; XX, 79. Purg.
in, 5; xxvn, 125. Cfr. correre.
Corso, Abitante della Corsica; Purg. xvm, 81.
Corso Donati, cfr. Donati.
Cortamente, usato come Avverb. di tempo, per Di corto, Da
poco tempo, Non ha guari; Vit. N. xxxm, 8.
Corte, dal lat. cors o chors; 1. Il palazzo dove risiede il Prin-
cipe e donde spedisce i negozj di Stato, Reggia. Per simil. vale
poeticam. il Paradiso; Inf. n, 125. Purg. xvi, 41. Par. x,70. - 2. Corte
dicesi parimente al Principe insieme con la famiglia, ovvero co' suoi
familiari, ufficiali, o col seguito; ed anche al Principe in quanto,
per mezzo de' suoi ministri e consiglieri, governa lo Stato. Ed al-
tres denota semplicemente Tutte insieme le persone aderenti alla
corte, il seguito del Principe; Inf. xm, 6Q. - 3. Per similit., e per
lo pi con l'aggiunto di Celeste, Beata, o simili, denota Tutti in-
sieme i comprensori, o spiriti che fruiscono della visione di Dio;
Gli angeli ed i Beati; Par. in, 45; XXI, 74; xxiv, 112; xxv, 43;
xxvi, 16; xxx, 96; xxxn, 98.- 4. Per Tribunale, Luogo ove si rende
Cortese-Cortesia 479
ragione, preso per i "Magistrati o Giudici stessi* Par. xi, 61. - 5. E
per similit. detto del Tribunale celeste; Purg. xxi, 17; xxxi, 41.
Cortese, 1. Che ha modi gentili, ed animo disposto a fare
altrui piacere e favore; Grazioso nel tratto, e compiacente. Dal sost.
corte, in quanto dette qualit fossero proprie singolarmente di co-
loro che frequentavano le corti; Inf. il, 58, 134; ni, 121;XVT, 15.
Purg. v, 70; ix, 92; XI, 85; Xin, 27. Par. XII, 111; xv, 43.-2. E
detto ironicamente a significare il contrario; Par. ix, 58.-3. Poe-
ticamente per Benigno, e altres Propizio, detto di Dio; Inf. n, 17. -
4. Detto sia di costumi, sia di atti, sia di atteggiamento, vale Pro-
prio di persona cortese, Che ha in s gentilezza, Che procede o
muove da nobilt di modi, o da benignit di animo, ovvero Che di-
mostra tali qualit; Conv'. iv, 26, 75. 77.-5. E figuratam. detto di
opinione, per Buona, Favorevole; Purg. viit, 136.
Cortesemente, Da persona cortese, Con cortesia, Secondo
cortesia, In bel modo, Graziosamente; Conv. IV, 25, 10. 11.
Cortesia, L'esser cortese. Dante definisce (Conv. it, 11, 43
e seg.): Cortesia e onestarle tutt' uno; e perocch nelle Corti
anticamente le virtudi e li belli costumi s' usavano, -- si tolse que-
sto vocabolo dalle Corti; e fu tanto a dire cortesia, quanto uso di
Corte. - 1. Per Tutte insieme le virt e gli atti convenienti a
persona ben nata, a gentiluomo; come nobilt d'animo, generosit,
lealt, liberalit, magnificenza e simili; in quanto tali doti fossero
proprie delle corti e de' cortigiani; Inf. xvi, 67. Purg. xiv, 110;
XVI, 116. Par. xn, 143; xvn, 71. Conv. IV, 26, 90.-2. E parlan-
dosi di Dio, o di Cristo, si us per Grazia, Benignit, Misericordia,
o simile; Par. Vii, 91. Vit. N. xliii, 8. -3. Per Atto o Tratto cor-
tese, gentile; Favore, Servigio, Benefizio o simile, fatto cortesemente,
o per animo benevolo; Inf. xxxiii, 150, il qual luogo diversamente
interpretato. I pi antichi (Bambgl., An. Sei., Iac. Dani., Lan.,
Petr. Dani., Falso Bocc, ecc.) tirano \ia..-Ott.: Dante avrebbe
fatto contra la giustizia di Dio, per lo cui dono egli andava visi-
tando questi dannati; sicch fu cortesia, cio gratitudine e cono-
scenza ad essere villano, cio non cortese a colui, che fu villano reo
e malvagio alli suoi osti, rompendo fede e confidanza. - Cass. :
Ad nostram moralitatem dicit auctor quod non debemus conver-
sari nec benivoli esse istis proditoribus etiam si eorum proditio
nobis profuerit nec eorum consortium habere. -Benv.: Per hoc
autor dat intelligi, quod nulla misericordia, nulla compassio est
praestanda ab extraneo homini tam crudeli, qui nullam habet pie-
tatem de sanguine suo, imo nulla fides servanda est proditori. -
480 Cortesissimo-Corto
Buti: Aprir gli occhi a colui era secondo la Azione di Dante fare
contro alla giustizia di Dio, la qual cosa sarebbe stato grande vil-
lania, e per non farlo fu cortesia: ancora mondanamente si pu
dire che cortesia non fare cortesia al villano che non la merita. -
An. Fior.: Questo si pu intendere in due modi, nell'uno che a
uomini s rei et s perversi villania a fare loro cortesia o cosa
che piaccia loro, et pi cortesia a fare loro villania che cortesia;
l'altro modo che, se l'Auttore avessi levate quelle lagrime ghiac-
ciate, a mano a mano sarebbono
nate l'altre et sarebbono ghiacciate
come quelle, et in quello ghiacciare dinuovo arebbe sentito mag-
giore pena. Questa seconda interpretazione fu accettata da pochi
moderni, mentre Serrav., Land., Veli., Dan., Barg., ecc., adottarono
quella data dal Buti e nuovamente difesa dal Boi. Ma il Tom. :
Aprirgli gli occhi era un fargli sentire pi fiero il tormento delle
lagrime che tornerebbero a congelarsi; un fargli vedere chi avrebbe
annunziata tra gli uomini la sua pena.
Cortesissimo, Superlat. di Cortese; Vit. N. il, 16.
Cortezza, Astratto di corto, L'esser corto, Il non avere la
necessaria lunghezza. E figuratam. riferito a ingegno, intelletto, fa-
vella e simili, vale Insufficienza, Difetto, Pochezza; Conv. in, 4, 28.
Cortigiani, nome di un ramo dei Visdomini, una delle tre
nobili famiglie fiorentine che avevano il patronato del Vescovado
di Firenze; Par. xvi, 112-114. Cfr. Lord Vernon, Inf., voi. ir,
p. 457 e seg.
Corto, dal lat. curtus ; 1. Che
lunghezza minore dell'oc-
di
corrente, ed altres Che di lunghezza non adeguata alla giusta e
conveniente proporzione. E in senso pi generale, Che ha poca lun-
ghezza; Inf. xxv, 113. Burg. xx, 38; xxu, 18. Bar. xiv, 114.-2. E
in locuz. fgur. Bar. ir, 57. - 3. E per Di non molta lunghezza, Di
non molta estensione, Breve, o Pi breve; detto di spazio, e special-
mente di via, strada, cammino e simili; Inf. IT, 120. Bar. IX, 89. -
4. E per Angusto, Di non sufficiente capacit; detto figuratam. Bar.
xix, 50.-5. E per Che ha poca altezza, basso; Inf. xxiv, 35.-
6. Detto di vista, o simili, vale Che mal discerne gli oggetti alcun
poco distanti; figuratam. e in locuz. fig. Bar. xix, 81; xx, 140.-
7. Detto del tempo, vale di breve durata, o Di durata minore del-
l'occorrente; Inf. xv, 105. Burg. xi, 106. Conv. iv, 24, 52.-8. E
detto di atti, fatti, discorsi e simili, in quanto si compion nel tempo;
ed altres di condizione morale, affetto o simili; Inf. vii, 61; xvn,
40. Burg. iv, 121. Bar. xxxin, 106. -9. E per Pronto, Celere; Canz.
Cosa 481
La dispietata mente, che pur mira, v. 66. - 10.
Poeticam. e figu-
ratamente riferito a decreto, per significare che il termine della
pena in esso decreto stabilito abbreviato; Purg. in, 141. - 11. E
per Insufficiente al bisogno, scarso e simile, in senso figurato Purg. ;
XXX, 137. Par. xxxm, 121.-12. E figuratane, detto di azioni, atti,
cose morali e simili, vale Poco, Scarso; Inf. xxvii, 110. - 13. Vita
corta, detto poeticam. a significar il Viver dell'uomo sulla terra,
in contrapposizione alla Vita eterna; Inf. xn, 50. Par. xvi, 81.-
14. Avver. In modo corto, Cortamente, Con coarta misura; Purg.
XI, 41. - 15. E per Insufficientemente, Inadeguatamente; Par. xt, 53.
Cosa, Nome di significato universale, e che perci riceve spe-
ciale determinazione dal senso del discorso. Da eausa, che nel lat.
barb. valeva Cosa, senso derivato dall'aurea latinit, nella quale
causa signific anche Subietto, Negozio, Stato. E in antico si disse
cosare per Causare, Cagionare. Nelle opere volgari di Dante questa
voce occorre quasi in ogni pagina. Nella Div. Coni, adoperata
124 volte, cio 30 nell'In/"., 45 nel Purg. e 49 nel Par. Notiamo le
eccezioni sue principali.
I. Ci che qualunque modo sia, Ci che esiste; Par. Vii, 72.
in
Conv. n, 15, 69. - Nel plur. usato a denotare un ordine di fatti,
2.
di oggetti, e simili, considerati nel loro complesso; Inf. in, 21. Purg.
xxxi, 34. - 3. Usato a denotare l'Essenza o la Natura od anche la So-
stanza di checchessia, Ci che lo costituisce, I caratteri essenziali
di esso, ecc. Canz. : Le dolci rime d'Amor eh'
v. 79. io solia,
Conv. iv, Oggetto ma-
19, 47. - 4. In senso particolare, vale Corpo,
teriale; Purg. xx, 127; xxi, 136.-5. E, per lo pi nel plur., per
Facolt, Beni, Patrimonio, Averi; Inf. xi, 32; xxn, 51. - 6. E ap-
plicato a Persona; Canz.: E m' incresce di me s malamente,
v. 91. - 7. Per Fatto, Avvenimento, Evento, Caso, Circostanza; Purg.
xxiv, 48. - 8. E per Opera dell'ingegno, Componimento; Conv. i,
7, 71; i, 10, 62.- 9. Coi verbi Dire, Scrivere, Soggiungere e simili,
per Parola, Discorso e simili e in senso pi determinato, per No-
;
tizia, Eagguaglio, Informazione; Purg. xxxm, 121.-10. E usato a
significare Ci che d materia al discorso, Punto che altri prende
a trattare, ed altres Argomento, Subietto; Inf. IV, 104.
II. Per Concetto, Idea, Pensiero, Sentenza Purg. e simili;
xxix, 42. - 12. Serve a denotare Ci che obietto della nostra
niente; ed altres la Materia delle cognizioni nostre, Notizia di
scienza, arte o simili; Purg. xvn, 24. Conv. ni, 4, 66.-13. Serve
anche a denotare Ci che obietto degli affetti, de' sentimenti del-
l'animo; ed altres Sentimento, Affetto e simili Purg. xvm, 33. - ;
14. Cosa entra come riempitivo nelle congiunzioni Conciossiacosach,
31. Enciclopedia dantesca.
482 Coscia-Coscienza
Conciofossecosach, Conciossiacosa, e nelle maniere congiuntive Con
ci sia cosa che,Con ci fosse cosa che; Conv. Ili, 1, 29. - 15. Cosa,
unita con gli adiettivi, serve come di predicato a significare Quello
stesso che tali adiettivi significherebbero Inf. i, 4. Par. xvi, 85. -
;
16. Che cosa, e anche .semplicemente Cosa, riferito a checchessia,
usato in proposizione interrogativa, od in costrutto che abbia forza
d' interrogazione, ed anche con le particelle prepositive, e vale Qual
cosa, Che; Purg. xxix,21. - 17. Che cosa , o sar, questa? od anche
Cosa , questa? sono maniere usate a significare meraviglia,
o sar,
stupore, udendo o vedendo alcunch di straordinario, di nuovo, e
simile Par. XX, 82. - 18. Cosa, si usa ellitticamente per Qualche
;
cosa; Purg. ir, 127. - 19. Cosa, preceduta o seguita dagli adiettivi
Alcuna, Nessuna, Niuna, Veruna, usato, in proposizione negativa,
ed anche in maniera avverbiale, per Nulla, Niente, Punto; Purg.
vi, 64. - 20. E con l'ellissi degli aggiunti Alcuna, Nessuna, Niuna,
e in proposizione negativa, vale Nulla, Niente; Purg. x, 94.
21. Cosa ch'io possa, vale, profferendo un servigio o rispon-
dendo a chi ce lo richiede, per significare che siam pronti a fare
tutto, quanto ne' termini della propria possibilit, ci che altri
domanda ; Purg. Ogni cosa, vale Tutto, e talora trovasi
v, 60. - 22.
accordato con adiettivo di genere mascolino; Par. vii, 74. - 23. Es-
sere una cosa, una cosa stessa, tutt' una cosa: detto s di oggetti
materiali, s di affetti, sentimenti, parole, fatti morali, condizioni,
e simili, vale Essere tra loro tale uguaglianza, conformit, affinit,
da poterli considerare non come varj ma un solo Son. : Amore
;
e '1 cor gentil sono una cosa, v. 1. - 24. Essere una cosa stessa,
Essere tutt' una cosa, o una cosa, con alcuno, detto di persone, vale
Essere fra due persone tale conformit di pareri e di affetti da do-
versi considerare come un solo individuo Conv. in, 2, 57. - 25. Cosa
;
fatta capo ha, cf. capo, 6.
Coscia, dal lat. coxa; 1. La parte del corpo animale dall'anca
al ginocchio; Inf. xxv, 55, 74, 106; xxxiv, 76. Purg. IV, 113.
2. Poeticam. e figuratam. per Sponda, Estremit laterale, detto di
Carro; Purg. xxx, 100.
Coscienza, dal conscientia; 1. Giudizio sulla moralit
lat.
delle proprie azioni, che fonda sull'interiore sentimento e cono-
si
scenza del bene e del male; Inf. xv, 92; xxvni, 115. Purg. xm, 89;
xix, 132; xxxiii, 93.-2. Con qualche aggiunto, come Buono, Eetto,
Dignitoso, Netto, o Cattivo, Fusco, ecc., significa Lo stato dell'anima,
La condizione nella quale l'anima si trova, rispetto al giudizio e al
sentimento intorno alle proprie azioni; ed altres L'anima stessa, pure
Cosenza 483
rispetto a tale giudizio e sentimento; Purg. Ili, 8.Par. xvn, 124.-
3. Contro coscienza, e Contro a coscienza, usato avverbialmente ed an-
che a modo d'aggiunto, vale Contro ci che la coscienza ci avverte
dovremmo fare, Non tenendo conto degli ammonimenti di essa; ed
anche semplicemente, In modo contrario o diverso da ci che uno
pensa, crede, e simili Purg. xxvn, 33. Conv. i, 3, 44 e seg. - 4. Ki-
;
mordere la coscienza alcuno, e Rimordere checchessia la coscienza
ad alcuno, sono maniere che si usano comunemente a significare II
rimproverar che l'uomo fa a s medesimo il suo male operato, e
Il tormentarsi di ci. E poeticam. Mordere la coscienza alcuno; Inf.
xi, 52; xix, 119. - 5. Nel luogo Purg. xix, 132. Leggendo Mia co-
scienza dritto mi rimorse, il senso, altrettanto chiaro che semplice
: La mia coscienza mi rimorse dello star diritto dinanzi a voi.
Leggendo invece, coi pi, Mia coscienza dritta mi rimorse, il senso
: La mia retta coscienza mi rimorse del non avervi fatto il debito
onore. Cfr. Fanf., Stud. ed Oss., 107. Coni. Lips. n, 354. Moore,
Crit., 394 e seg. I pi antichi (Lan., Ott., Petr. Dani., Cass., Falso
Bocc, ecc.) non dicono nulla. - Benv. : Mia coscienza dritta, cura
sim fidelis devotus militantis ecclesia, mi rimorse, quod fueram lo-
cutus ita nude et in singulari. - Buti : Mia coscienzia dritta
mi rimorse, di questo cio che prima non avea fatto la debita ri-
verenzia che si fa al papa nel mondo. - Serrav.: Ego habebam
conscientiam, si non exhibebam honorem condignum. - An. Fior.,
Land., Tal., Veli., ecc., tirano via. - Dan.: Pareva al Poeta discor-
tesia lo starsi egli dritto in piedi a ragionar col disteso spirito, et
spetialmente essendo egli qua gi stato vestito del gran manto. -
Vent. tace. - Lomb.: La mia coscienza rettamente, giustamente,
mi diede stimolo a questo doveroso atto. - Tom. : Rimorse di
non v' aver fatto onore. Dritta e rimorse, traslati che non si con-
vengono insieme. Dunque da leggere dritto. - Fanf. : Io direi
che la coscienza pu aversi cos del bene come del male, ma che
essa com'essa non pu dirsi propriamente n dritta n torta; ed
aggiungerei che dritto per avverbio calzerebbe ottimamente, e che
potrebbe anche intendersi per nome, e interpretarsi la mia co-
scienza mi rimorse dallo star dritto dinanzi a voi; e di fatto se-
guita: Drizza le gambe, ecc. Ergo? La lezione dritto senza fallo
la vera.
Cosenza, citt in Calabria, a 248 chilometri da Napoli, gi
capitale del Brutium. Il pastor dj Cosenza, Purg. ni, 124, il
cardinale Bartolommeo Pignatello, arcivescovo di Cosenza, il quale
ad istigazione di papa Clemente IV trasse il cadavere di Manfredi
dalla sua sepoltura appi del ponte di Benevento, e mandollo fuori
484 Cosetta-Cos
del regno ch'era terra di Chiesa, e fu sepolto lungo il fiume del
Verde a' confini del Regno e di Campagna; Vill., vir, 9. Cfr.
Manfkedi.
Codetta, Diminut. di cosa, Cosa tanto o quanto piccola, in
senso cos materiale come morale; Vii. N. v, 20.
Cos, vverb., secondo alcuni dal lat. ecce sic, secondo altri da
hoc sic, o da quo per quomodo e sic, o da co' per come e s; cfr.
Diez, Wrt i 3 141 e seg. Come nelle altre, cos anche nelle opere
,
volgari di Dante questa voce adoperata centinaja di volte. Si no-
tano qui le eccezioni sue principali.
I. In questo modo, In tal modo, In questa guisa, maniera, forma
e simili con relazione a ci che di detto modo, maniera, forma, ecc.,
;
significato innanzi, o si per significare subito appresso; Inf.
in, 118. Purg. xix, 82. - 2. Frapposto tra un verbo e la proposi-
zione che da quello retta mediante la cong. Che, usato pleona-
sticamente, e per un certo vezzo di lingua, e pi specialmente dopo
i verbi Dire e Rispondere; Conv. tv, 14, 38. - 3. Usato assolutami.,
con ellissi del verbo Dire, riferendo, o dopo riferite, le parole d'al-
cuno; Par. xxviii, 61. - 4. E pure assolutam. ed ellitticam., per In
cos dire, Dopo aver detto cos, Ci dicendo, Detto ci e simili; Inf.
IV, 23. Purg. i, 109. - 5. E per In cotesto modo, A cotesto modo ;
Inf. x, 23. - 6. Vale anche Per tal modo, Per tal guisa, A questo
modo, ovvero Mediante ci, In conseguenza di ci, Perci, e simili:
con relazione a cose esposte innanzi Inf. xxiv, 46. - 7. Vale altres
;
In tal modo e Per tal modo, nel senso di Pertanto, Adunque; Inf.
iv, 115.-8. E per Nello stesso modo che altra persona o cosa; ed
anche Parimente, Similmente; Par. iti, 113.-9. E pure per In
questo modo, Nello stesso modo, in locuzioni appartenenti a com-
parazione o similitudine; Inf. xxm, 102; xxiv, 16.- 10. Per Tanto,
Talmente, In modo tale, A tal segno, S Conv. ni, 8, 8.
;
II. Cos, in costrutto con alcuni verbi, come Essere, Parere,
Giudicare, Fare, Dare, prende talvolta una certa forza d'Add., e cor-
risponde a Tale; Conv. ili, 4, 36; ni, 9, 84.-12. Ed anche Par-
ticella che serve a reggere uno de' termini di un paragone, e che
propriamente usasi in correlazione di Come, S come, Siccome; e
vale In quello stesso modo, Nello stesso modo, Nel modo medesimo;
Inf. ix, 80, 116. Purg. xxx, 79, 91. - 13. Nello stesso senso ed uf-
ficio usasi in correlazione di Quale, preso avverbialmente per Come;
Inf. xvi, 25. - 14. Nello stesso senso, e pure in correlazione di Come
e Siccome, usato in locuzione esprimente conformit, correspettivit,
corrispondenza, proporzione, o simili ; e talvolta anche casualit; Inf.
Cosperso-Cospetto 485
il, 118.- 15. E pure in correlazione di Come e S come, in locuzioni
i cui termini denotino tempo o successione d'azioni; Inf. xxu, 137.
Par. xxx, 89. - 16. Pure in correlazione di Come, in locuzioni de-
notanti grado, quantit, misura, o simili, sia di azioni, sia di qua-
lit, propriet, sentimenti, e simili; ed anche denotanti circostanza
di tempo; ed equivale a Tanto, in correlazione di Quanto; Inf.
XVI, 89. - 17. Cos ha talora forma di esclamazione, ed usato in
locuzioni desiderative, esprimenti rammarico, di buon augurio, im-
precative, deprecative; Inf. xxu, 68; xxvi, 11.-18. Cos fatto, in
forza d'Add. per Tale qual , od era, In tale condizione o stato ;
Par. vili, 49. - 19. In locuzioni o costrutti significanti azione, atto,
operazione; e pi spesso, frapposto il Cos fra un verbo
e un av-
verbio o maniera avverbiale, denota modo
od azioni;
il di detti atti
Inf x, 124.-20. Cos come (o Cosiccome) sta talvolta pel semplice
Come o Siccome, nel senso di Nel modo stesso che; Inf. li, 118.
Purg. il, 88. Canz.: E m' incresce, ecc. v. 53; e in correlazione
con Cos; Conv. iv, 20, 25 e seg.; e nel senso di Come se; Inf. v, 141
(nel qual luogo per ottimi codd. hanno s com' io, che sembra es-
sere la vera lezione).
21. Cos e cos, o Cos o cos, maniera ellittica, che vale Nel
tale e tal altro modo, In vari modi, rispettivamente o secondo i casi
o i bisogni o simili; Par. xxvi, 131. - 22. E
cos, come maniera
congiuntiva, fu, in senso speciale, propria del linguaggio scolastico,
nel quale serviva al trapasso da una parte ad altra d'una argomen-
tazione, e valeva E perci, E E in conseguenza; od anche,
pertanto,
E nello stesso modo, E similmente; Conv. i, 6, 55; i, 7, 18; iv, 7, 91
e seg.; IV, 16, 70. Canz. : Le dolci rime d'Amor, v. 76. - 23. Nel
luogo Par. xxx, 53 parecchi ottimi codd. (S. Cr., Perl., Caei.,
Cass., ecc.) ed ediz. (Mani., Aid., Burgofr., Gio., Bovili., Sess.,
Crus., Missir., Comin., Dion., Viv., Pezz., Quattro Fior., Fosc,
Witte, Fanf, ecc.) e commentatori (Buti, Serrav., Veli., Vent.,
Com., ecc.) leggono: Accoglie in s cos fatta salute, cio tal co-
pia, tale abbondanza di grazia, di luce salutare. Altri invece, con molti
ottimi codd. (Vatic, Frani. Pai., Vien., Stocc, Cori., Antald., ecc.),
ediz. (Folig., Iesi, Nap., De Bom., Ed. Pad., Sicca, Mauro Ferr.,
Moore, ecc.) e commentatori {Benv., Land., Dan., Lomb., Com.,
Poi., ecc.), leggono: CON s fatta, e intendono: Con tale saluto di
fulgidissima luce. Cfr. Com. Lips. in, 807. Di salute per saluto
cfr. s. v. SALUTE.
Cosperso, cfr. consperso.
Cospetto, dal lat. conspectus, Presenza di colui che ci guarda,
o dinanzi al quale stiamo. 1. Nel mio cospetto, equivale a Dinanzi
486 Cosse-Costantino imperatore
a me, Nella mia presenza; Par. xxm, 127. - 2. Al cospetto di al-
cuno, per dinanzi ad alcuno; usato per similit. Conv. IV, 8, 68. -
3. Figuratam. per Dinanzi alla mente, o agli occhi della mente,
Nell'intelletto; oppure Nell'animo; od anche Nel concetto, Nel-
l'opinione, Nell'estimazione, Nel giudizio di chicchessia; secondo
che richiesto dal senso del discorso Purg. xxm, 98. Par. xvn, 39.
;
Cosse, Perf. di Cuocere; Inf. xvn, 108; xix, 79. Purg. ix, 32.
Cfr. CUOCEKE.
Costa, dal lat. costa; 1. Ciascuno di quelli ossi arcuati, i quali
dalla spina dorsale vengono al petto e compongono il torace; pi
comunemente Costola; Par. 37.-2. E per estens. prendesi per
xiii,
Lato o Fianco dell'uomo e di alcuni animali; Inf x, 75; xvn, 14;
xxvii, 32; xxxi, 48; xxxiv, 73. Purg. xxix, 68.-3. E per similit.
dicesi Ciascuno di quei grossi legni arcuati a somiglianza delle
coste nel corpo dell' animale, i quali prolungandosi dalla colomba
compongono 1' ossatura della nave e nel plur. prendesi anche per
;
Il corpo stesso della nave; Inf. xxi, 12. - 4. Indica pure direzione
o situazione, e vale Parte, Lato, Mano e simili; Inf. xni, 115; xxn,
146. Purg. x, 50. - 5. Di eosta, in forza di prepos., vale Da lato, e
regge il suo termine mediante le particelle A e da; Purg. xxxn, 152. -
6. Costa, propriam. Terreno che abbia del pendo, Salita, Piaggia;
e prendesi pure per Erta, Declivio, Pendice; Inf. li, 40; xvi, 96;
xxm, 138; xxiv, 35, 40. Purg. il, 131; in, 52; iv, 41; v, 22; vr,
56; vii, 59, 68; xxm, 89. Par. XI, 45, 49; xxn, 37. - 7. E per similit.
e poeticam. Argine, o Muro laterale, che abbia del pendo; Inf. xn,
62; xix, 13; xxn, 119; xxm, 31. - 8. Tentar di costa, vale Toccare
leggermente col gomito nel fianco; Inf. xxvii, 32, ed quel d' Orazio,
Sat. li, 5, 42: Aliquis cubito stantem prope tangens.
Cost, Avver, che accenna, in modo alquanto indeterminato,
a luogo vicino alla persona a cui si parla; in cotesto luogo; e si
usa coi verbi cos di quiete come di moto. Probabilm. dal lat. ecce
e isthac; Inf. vili, 42; xn, 65. Purg. vi, 104. Prepostavi la par-
ticella in, forma una maniera avverbiale, indicante moto a luogo;
Inf. xxn, 96.
Costante, dal lat. constans, Che sta saldo nel suo proposito,
Stabile, Fermo, Immutabile; Par. XI, 70.
Costantino imperatore, soprannominato il Grande. Gaio
Flavio Valerio Aurelio Claudio Costantino, figlio del nobile Co-
stanzo Cloro e della popolana Elena, nacque il 28 febbraio del-
l' anno 274 a Naissa nella Dardania e fu proclamato dal suo esercito
Costantinopoli-Costanza 487
nelle Gallie Augusto ed Imperatore il 25 luglio dell'anno 306. Nelle
guerre civili degli anni seguenti gli riusc, non sempre per vie
troppo oneste e leali, di impadronirsi dell'intiero impero romano.
Favor il cristianesimo ed i cristiani, indottovi da motivi piuttosto
politici che religiosi, ma non si fece battezzare che nel 337, essendo
gi in punto di morte. Ci nonostante si immischi dal 314 in poi
nelle dispute teologiche del tempo, onde lo si considera a ragione
per il padre del Cesareopapismo. Trasfer nel 330 la sede dell'im-
pero da Eoma a Costantinopoli. Mor a Nicomedia il 22 maggio
del 337. Cfr. Etjseb., Hisi. ecces. (ed. Schwegler, Tubing., 1852),
lib. ix e x. Eiusd., De vita Constant. libb. IV (ed. Heinichen,
a
2 ediz., Lips., 1869). De laudibus Constant, in Tzschirner,
Eiusd.,
Opusc. acad., p. Manso, Leben Constantins des Grossen,
233 e seg.
Breslavia, 1817. Burkhardt, Die Zeit Constantins des Grossen,
a
2 ediz., Lips., 1880. Nel medio evo si favoleggiava che Silvestro I,
papa dal 314 al 335, liberasse con sue preghiere Costantino dalla
lebbra, e che in ricompensa Costantino gli cedesse il dominio tem-
porale di Eoma, dell'Italia e di alcune isole del Mediterraneo. Cfr.
Constantini M. Imp. Donatio Sylvestro Papa? Bom.; Typis Got-
thardi Vcegelini (s. 1. et a.; la dedica datata del 1 marzo 1610).
La prima e pi antica menzione della favola si trova in una let-
tera di papa Adriano I a Carlo Magno del 778. Questa famosa Donatio
Constantini fu riconosciuta apocrifa sin dal 1433 da Niccol Cu-
sano, e provata falsa da Lorenzo Valla nella sua celebre Decla-
mano de falso eredita et ementita Constantini donatione, scritta
nel 1440. Cfr.DOELLiNGER, Die Papst-Fabeln des Mittelalters, 1863,
p. 52 Con tutti i suoi contemporanei Dante prestava fede alla
e seg.
favola,onde vi accenna pi volte; Inf. xix, 115; xxyii, 94. Purg.
xxxn, 124 e seg. Par. vi, 1 xx, 55 e seg. De Mon. n, 12; in, 10, 12.
;
Costantinopoli, basso impero fondata
Citt capitale del
nel 330 dall'imperatore Costantino sull'area dell'antica Bisanzio.
Ebbe dal suo fondatore, ma fu pure chiamata Nova Roma,
il nome
per avervi Costantino trasferito la sede dell'impero. Ai tempi di
Dante era tuttora la capitale dell'impero orientale: un secolo e
mezzo dopo, 29 maggio 1453 cadde nelle mani di Maometto II, e
divenne la capitale dell'impero Ottomano. Cfr. Dalaway, Constan-
tinople ancient and modem, Lond., 1797. Scarlatos Byzantios,
Konstantinopolis, 3 voi., Atene, 1851-62. Dante nomina questa
citt De Mon. iti, 11, 5, e la circoscrive Par. vi, 5 e seg.
Costanza, che alcuni scrivono Gostanza e Constanza,
il nome di due principesse nominate nella Div. Com. - 1. Costanza
488 Costare
imperatrice, figlia postuma di Ruggiero I re di Sicilia e di Puglia,
sorella di Guglielmo II ultimo re della casa Normanna, nata nel 1154,
fu sposata il 27 gennaio 1186 a Milano ad Arrigo VI di S ve via, figlio
di Federigo Barbarossa. Morto Guglielmo II, Arrigo avanz pretese
di successione nel regno di Sicilia, ma sulle prime combatt invano
contro Tancredi da Lecce, il quale prese Costanza e la tenne pri-
gioniera circa un anno, sino al 1192. Morto Tancredi, Arrigo e Co-
stanza s'impadronirono del regno di Sicilia nel 1194, e il 26 de-
cembre di quest'anno l'imperatrice partor l'unico figlio, che fu
l'imperatore Federigo II. Rimasta vedova il 28 settembre 1197,
prese le redini del governo nelle proprie mani e per raffermare nel
regno s ed il figlio si rappacific col papa Innocenzo III, al quale
affid la tutela del giovane Federigo IL Mor il 28 novembre 1198.
Si favoleggi che prima di andare sposa ad Arrigo VII si fosse fatta
monaca e violasse poi il voto, alla qual favola ai tempi di Dante
tutti prestavano fede; cfr. Vill., iv, 20; v, 16. Vigo, Dante e la
Sicilia, p. 14 e seg. Barlow, Contributions, p. 337-60. Coni. Lips.
ni, 76 e seg. Con tutti i suoi contemporanei anche Dante riteneva
la favola per fatto storico; Purg. in, 113. Par. in, 118; iv, 98. -
2. Costanza regina d'Aragona, figlia del re Manfredi, andata sposa
a Pietro III re d'Aragona, al quale partor tre figli: Alfonso, morto
adolescente nel 1291, Federigo che fu poi re di Sicilia, e Iacopo che
successe al padre nel regno d'Aragona. Mor a Barcellona nel 1302.
Fu avvenente della persona, bellissima d' animo, per le care virt
di donna e madre, e credente nel Vangelo. La fine di Manfredi av-
velen il fior degli anni suoi; poi, s'ella vide punito lo sterminator
del sangue svevo e libera la Sicilia, ebbe a tremare ad ogni istante
pe' suoi pi cari; pianger la morte di due figliuoli, la nimist di
altri due; n troppo la poteano far lieta le nozze della figlia nel-
l'abborrita casa d'Angi. Nacque e fu educata in Palermo; tornata
in Sicilia per s rare vicende, la govern dolcemente dopo la par-
tenza di Pietro; dett alcuna legge che non pervenuta a noi; fu
amorevole coi sudditi.... Non ebbe ambizione, lasciando prima a
Pietro, poi a' figliuoli, la corona di Sicilia, ch'era sua se si poteva
rivendicare per diritto; n tal moderazione nacque da pochezza
d'animo in costei, che ben seppe in pericolosissimi tempi provve-
dere alla difesa della Sicilia, e due volte con molta destrezza salvar
Federico da' partigiani di Giacomo; Amari, Vespro Sicil, n, 324.
Dante la menziona Purg. ni, 115, 143; vii, 129.
Costare, dal lat. constare; 1. Valere, detto di cosa che si
ma con
venda, relazione al pagamento del prezzo detto di qual-
;
sivoglia cosa od azione, nella quale occorrano spese, vale Portar la
Costei-Costo 489
spesa, Volerci una data spesa; figuratali]. Par. xxix, 91.-2. Detto
di cosa o di persona, e pi comunnemente costruito con un avverb.
di quantit, vale Esserci cagione di spese; e figuratam. di cure, di
travagli, di dolori, di danno e simili; Inf. xxix, 21. Par. xm, 39. -
8. Costar cara, salata, amara, una cosa ad alcuno, detto figuratam. per
Essergli essa cagione di dolore, patimenti, danni e simili; Purg.
xxxn, 66. Par. xn, 88; xx, 46.-4. Costar poco una cosa ad alcuno,
vale figuratam. Poterla esso fare senza veruno sforzo, e quando vuole,
Averla a sua posta; Inf. xvi, 79.
Costei, femm. di Costui, che nel plur. fa parimente Costoro.
1. Detto di persone, come della Fortuna qual Intelligenza beata,
Inf. vii, 83; di Beatrice, Par. xxvi, 110; della madre Eva, Par.
xxxn, 8. - 2. Ed usato per indicare cose, come l'Italia, Purg. vi, 98;
il pianeta Venere, Par. vili, 10. - 3. Dipendente da un sostantivo
ponesi talora fra esso e il suo articolo, senza per la particella Di,
che regolarmente dovrebbe avere Costei, se fosse posto dopo Canz. : ;
Amor che muovi tua virt dal cielo, v. 52. - 4. E detto di cosa,
in quanto si attribuiscono ad essa azioni o qualit umane, e vale
Questa, Quella, Essa; Conv. IV, 1, 70.
Costellato, dal lat. constelatus ; propriam. Sparso, Seminato
di stelle; usatoper similit. Par. Xiv, 100, nel qual luogo Costel-
lati vale Aggruppati, Disposti in forma di costellazione.
Costellazione, dal basso lat. constellatio ; Aggregato di pi
stelle, disposte in modo da comporre una figura immaginaria, in-
dicata con nomi di persone, di animali o di cose. Per similit. Par.
xm, 20; xv, 21.
Cost, dal lat. ecce e isthic ? In cotesto luogo, Qui, L; Inf.
in, 88; xix, 52, 53.
Costinci, da cost e il suffisso ci ; Avverb. che vale Di cost;
Inf. xn, 63. Purg. ix, 85.
Costituire, dal lat. constituere; Far sussistere, Formare chec-
chessa, secondo la natura, essenza, o sostanza propria di esso. E per
Stabilire, Determinare, parlandosi delle condizioni necessarie o es-
senziali a checchessia; Conv. iv, 9, 118.
Costituzione, dal lat. constitutio ; L'effetto del costituire.
E per Creazione, Fondazione; Conv. in, 11, 18.
Costo, dal vb. costare; propriam. Quel che costa una cosa,
Prezzo pagato per acquistarla, ecc. Figuratam. per Fatica, Cura;
490 Costoro-Costrutto
ed altres per Disagio, Difficolt, Pregiudizio e simili ; Purg.
xxin, 9.
Costoro, plur. di Costui e di Costei (vedi questi articoli); Inf.
v, 114; Xii, 123; xvi, 123; xvi, 15; xxi, 125; xxiv, 56;xxix, 88.
Purg. v, 90; Vi, 35, 108; VII, 87, 133; x, 82; xx, 60; xxn, 100. Par.
xin, 67; xx, 60; xxvn, 21.
Costretto, hit. constrictus, partic. pass, di Costringere e Co-
strignere. E forma d'Add. 1. Con relazione a pene, o a luogo di
in
pena, usato per Dannato ad essa pena, o a stare in quel luogo; Con-
dannato; Inf. xi, 21, nel qual luogo per alcuni riferiscono il co-
stretti non agli spiriti, ma ai cerchi, spiegando: Serrati l'uri dentro
l'altro. I pi antichi (Bambgl., An. Sei., Iac. Dant., Lan., Ott.,
Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc.) non danno qui veruna inter-
pretazione. Bocc: Perche son costretti, gli spiriti maladetti che
dentro vi sono. - Benv.: Quasi dicat: Considera causam et qua-
litatem, quare et quomodo isti spiritus sunt ita inclusi vel carce-
rati. - Buti: Quelli maladetti spiriti; cio vedi lo modo e la
cagione. - Cast. : Come e perch questi spiriti maladetti sono
costretti, incarcerati e puniti in questi cerchietti. ~ - 2. Per Stretto
o Premuto d'ogni intorno, Gravato, o simile; anche in senso figu-
rato; Par. xxix, 57.
Costringere, anche Costrignere, dal lat. Constrin-
e
gere; Mettere alcuno, con qualsivoglia modo, nella necessit di
dover fare suo malgrado checchessia; Forzarlo a checchessia; Inf.
xxiit, 131. Par. xxx, 15.
Costruire, dal lat. construere, Edificare, Fabbricare. Partic.
pass. Costrutto, lat.contructus ; 1. Ordinato, Stabilito; Par.
xxix, 32. - 2. In forma d'Add. Composto, Fatto di materie o parti
convenientemente disposte e collegate; Fabbricato, Edificato; Inf.
xi, 30.
Costrutto, Sost. masc, da costruire; Term. dei Grammatici:
Ordinamento e collegamento delle varie parti di una proposizione
o di un periodo, ovvero di una o pi parole nel discorso, secondo
le regole della grammatica e l'uso della lingua. Dante adopera
questo sost. tre volte nel suo massimo Poema, e tutte e tre le volte
il piuttosto dubbio. - 1. Udito avevan l'ultimo co-
significato
Purg. xxvi il, 147: la CV.:Per Intenzione, Concetto, Senti-
strutto,
mento, Conclusione o simile, di un discorso. Lan., Benv., Buti, ecc.,
intendono del corollario di Matelda, ma con ci la voce non spie-
gata. Probabilmente vale V ultima costruzione, nel senso gramma-
Costruzione-Costuma 491
ticale, cio leultime parole dette da Matelda al Poeta. - 2. E perch
fosse, quale era, in costrutto, Par. xn, 67 la Cr.: Detto poeticam.
:
per Struttura o Forma di una parola. - 1 pi intendono Nella co-
struzione del nome, Per il suo nome, cio: Affinch egli fosse anche
nella costruzione del nome qual era in effetto. Cos Benv., Veli.,
Vent., Ces., Tom, Br. B., Frat., Andr., ecc. Altri opinano che in
costrutto valga in chiaro, in palese, e spiegano: Ed acciocch fosse
in chiaro, in palese, quale era il neonato bambino. Cos Lomb.,
Fort., Cosi., Ed. Pad., ecc. Secondo altri in costrutto vale in ef-
fetto, in opera e simili; Buti, Dan., Voi., ecc. Gli antichi o ta-
ciono (Ott., Petr. Dant., Falso Bocc, ecc.), o si esprimono in modo,
da non poter indovinare come veramente intendessero la locuzione
(Lan., Cass., An. Fior., Land., ecc.). - 3. Che passar mi convien
senza costrutto, Par. xxin, 24, nel qual luogo costrutto vale L'atto
dell'esprimere o significare checchessia, ed il senso : Mi convien
tirar via senza parlarne.
Costruzione, dal lat. constructio ; termine de' Grammatici:
Riordinamento delle singole parti dell'orazione secondo il loro nesso
logico e grammaticale; ed altres Disposizione e collegamento di
esse nel discorso, secondo le regole e l'uso della lingua; Conv. Il,
12, 46. Vulg. El. n, 5, 14; il, 6, 12, 13, 24, 36, 62.
Costui, Pronom. masc. che nel plur. fa Costoro. Secondo al-
cuni deriva da ecce iste: ma, come tra le forme arcaiche d'ille si
ha illui, onde sembra che per aferesi sia nato lui, cos non im-
probabile che tra le forme d' iste ci fosse anche istui, e che perci
costui sia venuto, con leggiera metatesi nel primo elemento, da
huic istui; Cr. - Questo pronome, il quale serve ad accennare al-
cuno, che per lo pi sia alquanto discosto da chi parla, ovvero a
indicare persona antecedentemente nominata, adoperato spesso da
Dante nel suo massimo Poema- 28 volte, cio 10 nell' Inf, 10 nel
;
Purg. e 8 nel Par. - 1. Per Cotest' uomo, Cotesti, Quest'uomo; Inf.
Vili, 84; xxxii, 83, ecc. - 2. Come pronome dimostrativo sia di ani-
mali irragionevoli, sia di cose inanimate, per Esso, Quello, o Questo,
secondo che richiedesi dal senso del discorso; Purg. iv, 73. Par.
xxviii, 70. - 3. Dipendente da un Sostantivo o da un Infinito, po-
nesi talora fra esso ed il suo articolo, senza per la particella Di,
ehe regolarmente dovrebbe avere, se fosse posto dopo; Inf. v, 104.
Costuma, forma antiquata per Costume (vedi questa voce);
Inf. xxix, 127, nel qual luogo costuma ricca chiamata l'usanza
prodiga di mettere, in fagiani e pernici arrosto, garofani ; Lan.
Cfr. Niccol.
492 Costumanza-Cotale
Costumanza, Costume seguito da un dato ordine di persone
o da un dato popolo, e concernente pi che altro certi atti della
vita. E per Ci che ordinario, consueto Ball. : Fresca rosa no- ;
vella, v. 25.
Costumare, riferito a persona, per Avvezzare, Assuefare, Abi-
tuare; Stanz. S lungamente m'ha tenuto Amore, v. 2.
Costume, prov. e spagn. Costumbre, frane, coutume, portogli.
costume; dal lat. barb. costuma o constuma, custumia, cusdu-
nia, ecc., che propriamente significarono Tributo solito, consueto;
e sembrano derivate dal lat. consuetudo, o pi veramente da con-
sueiudinem, della quale l' antiquato costuma ritenne anche il ge-
nere cfr. Diez, Wrt. i 3 142. - 1. Modo consueto di operare o di
; ,
procedere; Usanza, Consuetudine; Inf. xv, 69; xxxill, 152. Purg.
xxviu, 66. - 2. Figuratam. detto d'animali, Par. xxr, 34. - 3. Ma-
niera di viver civile, Civilt, Purg. vi, 146.-4. Poeticam. per Or-
dine stabilito, Disposizione o Condizione di cose; ed anche in senso
pi particolare Prescrizione, Legge; Inf. in, 73.- 5. E parlandosi
di cose sia materiali sia immateriali, vale figuratam. anche Pro-
priet, Qualit, Natura, Carattere e simili; Par. xxxni, 88. - 6. E
detto di essere spirituale, poeticam., per Attributo di esso; Par.
xxiii, 114. - 7. Costumi usasi comunemente per Maniera o Modo di
trattare con altri, Creanza, Portamento; sia in buono sia in cattivo
senso; Conv. iv, 26, 77. - 8. E per L'abito morale di operare in un
modo o in un altro Conv. IV, 24, 64. - 9. E riferito a popoli, citt,
;
o a un dato ordine di persone; Purg. xxn, 86. - 10. E pi parti-
colarmente con l'aggiunto di Buono, od anche di Bello, per Abito
morale di operare rettamente; Conv. IV, 3, 34. - 11. E per Abito mo-
rale di operare, usato in modo assoluto e in buon senso Conv. ;
ni, 15, 106. - 12. E per L'operare stesso; Tenor di vita, Condotta;
Par. xxxil, 73. - 13. Essere costume, e anche Essere di costume,
vale Costumarsi, Usarsi; Conv. IV, 26, 86.
Costura, frane, couture, spagn. costura, prov. cozidura e co-
stura (dal lat. consuo, mediante il sost. consuntura ? Cfr. Diez,
Wrt. i
3
, 147 e seg. s. v. cucire); Cucitura, Purg. xm, 83.
Cotale, Add., che nel plur. fa Cotali<> e in poesia Cotai;
probabilmente dal lat. ecce e talis, o forse da hoc e tale; voce usata
da Dante sovente, tanto nella Div. Com. quanto nelle altre sue opere
volgari.- 1. Che della stessa forma, figura, modo, qualit e simili;
ed altres natura, carattere, costume e simili: e gli risponde Quale,
espresso o sottinteso, e talora anche Come; Inf. xn, 10. Purg. t, 135.
Cotanto-Cotenna 493
Conv. ni, 9, E pure usato in proposizione comparativa, ri-
66. - 2.
ceve un senso avverbiale, significando, Nello stesso modo, condizione,
stato; Siffattamente, Cos e simili; e gli corrisponde egualmente,
Quale, e talora anche Come; Inf. ri, 127; V, 82. Purg. xxx, 13. -
3. Vale anche Che del medesimo modo, forma, qualit, tenore, ed'
altres natura, indole, carattere e simili, che stato detto innanzi
o che dice dopo; Cosiffatto, Siffatto; Inf. xt, .23. Purg. x, 27. -
si
4. E per rispetto alle qualit gi descritte di persona o cosa, vale
Con tali qualit, Cosiffatto, Siffatto; e usasi come conclusione del
gi detto innanzi, e come trapasso vuol dire; Par.
a ci che si
xxx, 34.-5. E usato in senso di adiettivo dimostrativo, vale Questo;
e si riferisce a cosa detta o da dirsi; Inf. Il, 111.-6. Inforza di
Sost., vale Cotale persona, di cui siasi parlato innanzi usato per ;
lo pi con un certo dispregio, ed' preceduto da un adiettivo di-
mostrativo Inf. vii, 49. Par. vi, 97. Conv. in, 2, 113.-7. In forza
;
d'Avver, vale In tal modo, In tal guisa, Siffattamente, Cos; Inf.
xu, 25.
Cotanto, Add., probabilmente dal lat. ecce tantus, o forse da
hoc e tantum; S grande, detto di cosa sia materiale sia immate-
riale; lo stesso che Tanto. Voce usata sovente da Dante nelle sue
opere volgari. - 1. Detto di persona, spirito e simile, vale S eccel-
lente, degno, glorioso, possente, e simili Par. xxxi, 6. - 2. E anche
;
Adiettivo di quantit, e in tal senso usasi nel plurale; Inf. xxi, 96. -
3. In forza di Avver, vale Talmente, Tanto, e gli corrisponde la
particella Che; Inf. xix, 67.-4. Serve anche a significare compa-
razione, o proporzione, e vale S grandemente, Cos; e gli corri-
sponde Tanto, ed anche Come; Purg. xxxni, 89. Par. x, 57. 5. Ei-
feriscesi anche a tempo, e vale Per tanto tempo, Tanto tempo; e gli
corrisponde Quanto; e assolutamente, S lungamente, Cos a lungo;
Inf. xxxiv, 109. Par. xxix, 45. - 6. E usato fuori di comparazione,
per Talmente, Tanto, Cos, In siffatto modo, e simili; Inf. i, 135;
xxxn, 54. Par. xi, 12.
Cotenna, dal lat. cutis, mediante una forma diminutiva ;prov.
codena, frane, couenne; propriam. La pelle del porco. Figuratam.
e poeticam. per L'animale stesso, ricoperto di cotenna; Porco sal-
vatico; Par. xix, 120, nel qual luogo si parla di Filippo il Bello
re di Francia, che nel novembre del 1314 mor disavventurata-
mente, che essendo a una caccia, uno porco salvatico gli s'attra-
vers tra le gambe del cavallo in su che era, e fecelne cadere, e
poco appresso mor Vill., ix, 66 cfr. Hist. de Trance, n, 397.
; ;
Mizerai, Abrg Chron. n, 223. Funck Brentano, La mori de
494 Cotesto-Coto
Philippe le Bel, Par., 1884. Il Buti: Fu morto a la caccia da
uno porco salvatico, che lo percosse e stracciollo co la sanna.
Serrav. Dura iret venatura, fuit interfectus ab uno apro Sil-
:
vestro.
Cotesto, Cotesta, Cotesti, dal lat. ecce id istud, oppure
da hoc id istud, con leggiera metatesi nella parola hoc. 1. Add.
che serve a designare persona o cosa prossima a colui al quale si
parla, ovvero a indicare persona, o cosa, antecedentemente nomi-
nata; Inf. vii, 51; XI, 16; xxix, 90; xxxn, 55. Purg. vi, 40; Vili,
136; xxxin, 98. - 2. In forza di Pron. dimostrativo, lo stesso che
Costui o Costei; Inf in, 89. Purg. xi, 55.
Cotidiano, dal lat. quotidianus, Quotidiano, Di ogni giorno;
Purg. xi, 13.
Coto, pensiero; Inf. xxxi, 77. Par. in, 26. Dal lat. cogitare
deriv la voce cuidar (prov., spagn., portog.), o cuidier (frane, ant.),
o coitare (ital. ant.), oggi cogitare. E da questo verbo deriva il
sost. coto, prov. cuit, cuida, frane, ant. cude, spagn. ant. cuida,
portog. cuida. Cfr. Diez, Wrt. i 3 132 e seg. Asquini, Intorno al
,
vero significato della parola Coto usata da Dante, nel Giorn.
Arcad., 1834, lxi, p. 152-62. Nannucci, Sopra la parola Coto
usata da Dante, Fir., 1839. Verbi, p. 119, nt. 3. Fanfani, Lettere
precettive, p. 319, nt. 2. I pi antichi commentatori (Bambgl., An.
Sei., Iac. Dani., Lan., ecc.) non si fermano a spiegare questa voce,
segno che in quei tempi era generalmente nota. UOtt. sopra Par.
ni, 26, parafrasa semplicemente il tuo puerile pensiero. - Benv.:
:
Propter cuius malum cogitamen; e al luogo del Par.: tuam va-
nara cogitationem ad raodum pueri. - Buti nel passo cit. dell' Inf.
legge mal voto e spiega mal desiderio nel passo del Par. legge
;
quoto e chiosa: Cio lo tuo puerile iudicio; quotare iudicare in
quale ordine ogni cosa sia, e per quoto si pu pilliare per lo iu-
dicio. - An. Fior. : Coto, idest cogito, ci per lo cui mal pen-
siero nacquono i linguaggi nel mondo : et parlare sincopato, che
trae la lettera et la sillaba del mezzo il nome che dove doverebbe
;
dire cogito, et elli dice coto. - Serrav. : Cotum, idest cogitamen. -
Barg. legge come il Buti voto e spiega: per lo cui mal desio. -
Land.: Per il cui cattivo desiderio. E al luogo del Par. legge
quoto e spiega: giudicio; quotus in lingua latina significa il
quanto in ordine, et por la cosa in quale ordine si da giudicare. -
Veli. : Per lo cui mal coto, cio Per lo mal cogitato, e pensato....
Appresso '1 tuo pueril coto, cio Appresso il tuo imperfetto giu-
dicio. - Dan. Per lo cui mal coto, per la cui mala qualit....
:
Cotto-Crasso 495
Il tuo pueril quoto, la tua fanciullesca qualit. Cos gli antichi.
I moderni vanno d'accordo nello spiegare Coto per pensiero.
Cotto, lat. Per Offeso dal fuoco, Abbruciato, Scot-
coctus ; 1.
tato; Inf. xv, 25; xvi, 49; xxn, 150. - 2. Detto di terra o argilla,
vale Che stato sottoposto all'azione del fuoco nella fornace, ed
ha pertanto la durezza di un corpo solido; Inf. xiv, 110.
Covare, dal lat. cubare che propriamente valeva Giacere, e
che nel lat. barb. trovasi usato attivamente invece di fovere. In
locuz. fig. parlandosi di signoria oreggimento sopr' alcuna citt o
stato, Tenere sotto di s, Dominare, Signoreggiare; Inf.
significa
xxvu, 41. Vult enim dicere, quod iste Guido Novellus fovet et
protegit ravennates sub umbra alarum suarum, sicut aquila flios
suos Benv. - Sotto questa voce cova si comprende che Guido
;
Novello la tratta bene, e che la sua signoria buona; Cast.
Coperchiare, Covercliio, Coverta, Coverto, cfr.
Coperchiare, Coperchio, Coperta, Coperto.
Cozzare, urtare con impeto; ferire con le corna. E per similit.
ed anche figuratam., Percuotersi l'un l'altro, venendosi violente-
mente incontro; Inf. xxxn, 51. Etimologia oscura. ^..-Probabil-
mente d'origine affine al lat. quatto, e cutio, che sebbene si trovi
solamente in composizione con particelle, come concutio, decutio,
excutio, percuto, ecc., tuttavia verisimile che esistesse anche di
per s solo. Zamb.: Si propose: 1. co-icere, colettare, codiare:
2. ted. hutzen : 3. coccia nel senso di testa, e converrebbe con la
frase dar del capo. Vedi pure Diez, i
3
, 143 e seg.
Cozzo, Colpo dato, o ferita fatta, cozzando. 1. Per
Il cozzare,
Incontro, Scontro violento, di persone; Inf vii, 55.-2. Dar di cozzo,
per Contrastare; Inf. ix, 97.-3. E per Inciampare, Incontrare, Ab-
battersi, in cosa o persona; Purg. xvi, 11.
Crasso, Marco Licinio Crasso, nato l'anno 114 a. C., celebre
per le sue ricchezze e famoso per la sua avarizia, la fama della
quale era arrivata sino ai Parti (cfr. Plutar., Crass., 2. Cicer.,
De off. 30; il, 18, 57). Neil' 82 a. C. combatt sotto il comando
i,
di Sulla contro Koma (Plutar., Crass., 6), e nel 71 termin con
una vittoria decisiva la guerra contro Spartaco (Plutar., 1. e, 10).
L'anno seguente ebbe il consolato insieme con Pompeo, col quale
s'imbrogli e rappattum poi di nuovo (Plutar., Pomp., 23). Nel 65
fu eletto censore insieme con Lutazio Catullo, col quale non seppe
vivere in concordia. Sei anni dopo form con Pompeo e Cesare il
496 Crastino-Creatura
primo triumvirato, e, fattosi eleggere governatore della Siria, s'in-
caric della guerra contro i Parti (Plutar., Crass., 21). Vinto da
Surena, capitano degli eserciti del re Orode, si vide costretto a
ritirarsi con tutti i suoi soldati. Assalito e vinto nuovamente dai
Parti, si rec alla tenda di Surena per trattarvi la pace, ed ivi,
ad 8 giugno del 53 a. C, Surena lo fece uccidere (Plutar., Cras., 25
e seg. Justin., xlii, 4. Ces., De beli. civ. ni, 31). Si racconta, che
la testa di Crasso fosse portata al re Orode, e che questi gli fa-
cesse versare in bocca dell'oro liquefatto, dicendo: D'oro avesti
sete, bevi dunque dell' oro (cfr. Vellej., ii, 82. Flor., ih, 46; iv, 9.
Plin., vi, 16, 18). Nella Div. Coni. Crasso nominato qual tipo del-
l' avarizia superba, che viola il diritto comune di tutte le genti ;
Purg. xx, 116. pure nominato nella Canz.: patria, degna di
trionfai fama, v. 70.
Crastino, lat. crastinus, Del d seguente; Ci che accade il
d seguente. Par. xx, 54.
Creare, dal lat. creare, Fare checchessia dal nulla; Inf. ni, 7
xxxn, Purg. xn, 25; xvm, 19; xxxiii, 60. Par. i, 73; ni, 37, 87
13.
v, 20; vii, 36, 131, 135, 1,36, 137; xi, 30; xn, 58; xix, 89; xxi, 96
xxvi, 84; xxix, 38, 47; xxxn, 65, 90. Conv. in, 7, 123. Al partic.
creato, lat. creatus ; 1. In forma 'Add., Fatto dal niente, Che ha
ricevuto l'essere, Che ha avuto un principio; Par. vii, 131 ;xix, 89. -
2. E per Proprio di essere creato, di creatura; Par. xxi, 96.-3. Ben
creato, o Mal creato, poeticam. vale anche Felice, Avventurato, o
Infelice, Sciagurato, con relazione allo stato delle anime dopo la
morte quasi Creato, ossia Generato o Nato, per la propria salute
:
o dannazione; Inf. xxxn, 13. Par. in, 37.
Creatore, lat. creator ; 1. Verbal. masc. da Creare, Chi o Che
crea; Canz.: Amor, che nella mente mi ragiona v. 65. - 2. In
forza di Sost., e usato cos assolutamente, come con qualche ag-
giunto o con qualche compimento, detto per eccellenza Iddio;
Purg. xvn, 91. Par. xxx, 101. Cfr. Fattore.
Creatura, dal basso creatura; Ente creato Inf. vii, 70,
lat. ;
95; xxxiv, 18. Purg. XI, 5; xn, 26, 88; xvi, 31; xvn, 91; xix, 89;
xxxi, 77. Par. i, 106, 118, 131; V, 23; Vi, 77, 127; xvm, 76; xix,
47; xx, 119; xxx, 101; xxxin, 2, 21, 45.-1. Prime creature chiama
Dante gli Angeli, perch creati innanzi all'uomo; Inf. in, 95. Purg.
xxxi, 77. Conv. n, 5, 7, 67, 81; il, 6, 23, 28, 31, ecc. - 2. Creature
sciocche sono chiamati gli uomini a motivo della loro ignoranza
delle cose divine Inf. vii, 70. - 3. Sante creature sono detti i Beati
; ;
--
Creazione-Credere 497
Par. xviii, 76. - 4. La creatura ch'ebbe il bel sembiante, Luci-
fero, la sommapi nobile delle creature; Inf. xxxiv, 18;cfr. Purg.
e
xn, 26. Par. xix, 47. - 5. Sulla infinita gradazione che passa dalle
pi infime alle pi perfette creature cfr. Conv. ili, 7.
Creazione, dal lat. creatio, L'atto e L'effetto del creare;
Conv. IV, 28, Dante concernenti la creazione
118. Sulle dottrine di
cfr. Goeschel, Dante Alighieri' s Untenveisung uber Weltschp-
fung und Weltordnung diesseits und jenseits, Beri., 1842. Kuth,
Studi, i, 17 e seg. Hettinger, Die Gttliche Komdic, 2* ediz.,
p. 391 e seg. Feerazzi, ii, 205. Sulla creazione degli Angeli cfr.
Com. Lips. ni, 774 e seg.
Crebro, dal lat. creber, Frequente ; Par. xix, 69.
Credenza, L'atto del credere, Ferma persuasione intorno a
checchessia. - Per Fede religiosa, ed altres Dottrina concernente
1.
fede o religione; Conv. IV, 15, 37, 55. - 2. Vera credenza, vale Fede
di Cristo, Cristianesimo; Purg. xxn, 77.-3. Credenza, in senso teo-
logico, vale Ferma persuasione delle verit rivelate cos detta con ;
relazione alla virt teologale chiamata Fede; Par. xxiv, 73, 76, 123.
4. E per Opinione, Giudizio, Parere e simili; Conv. iv, 12, 111. - 5. E
figuratam. e poeticam. per Esperienza, Prova, a fine di accertarsi
che una cosa innocua; Purg. xxvn, 29.
Credere, dal lat. credere; Prestar fede; e riferiscesi a cose
che vengono comecchessia insegnate, o narrate, o dimostrate dal
ci
fatto. Nella Div. Com. questo verbo adoperato 135 volte, cio 44
weVInf., 38 nel Purg. e 53 nel Par.- 1. Eiferito ad alcunch sen-
sibile, onde si argomenta checchessia; Purg. xxvm, 44.- 2. E ri-
ferito a persona, vale Prestarle fede in ci che dice; Purg. xvi, 113.
Par. vi, 19. - 3. E vale altres Dare ascolto, Dar retta; Conv. iv, 6,44.
4. Kiferito in particolare alla Divinit, vale Kiconoscerne l'esistenza
e gli attributi; Par. xxiv, 130, 133, 139, 140.-5. Detto assolutam.,
e Tener la fede cristiana; Par. xxiv, 40.-
in senso particolare, vale
6. E
per Avere tale o tale opinione, Pensare; usato anche figuratam.;
Purg. iv, 5. - 7. Per Stimare, Giudicare, Pensare, usato anche asso-
lutamente, ed altres con la particella pronominale Purg. xxiii, 34. ;
Par. vili, 85. - 8. E
nello stesso senso, usato impersonalmente, con
la particella Si; Inf. xxxi, 120. Conv. ni, 6, 70.-9. Att. Tenere
per vero, Eeputar vero, riferito a cose che ci vengano comecchessia
insegnate, o narrate, o dimostrate dal fatto; Par. xx, 88. Conv.
IV, 6, 72. - 10. Credere alcuno, vale Keputarlo veridico, Prestargli
fede, Dargli ascolto; Conv. IV, 6, 33, 42. - 11. E riferito a comandi,
32. Enciclopedia dantesca.
498 Cremona-Crescere
per Obbedire, Eseguire e simili; Conv. iv, 24, 97.-12. E riferito
a fede religiosa, vale Tenerla per la sola vera, Professarla; Inf.
IV, 36. - 13. E per Giudicare, Reputare, Stimare, che una cosa od
una persona sieno tali quali vengono designati dall'aggiunto o com-
pimento; Inf. il, 33. - 14. E per Pensare, Immaginarsi, Figurarsi;
Purg. xxi, 127. - 15. In forza di Sost., La fede; Par. xxiv, 128. -
16. E pure in forza di Sost. per L'opinione, Il giudicio, La persua-
sione e simili; Inf. xxvn, 69. Purg. xxn, 31. Par. n, 62. - 17. Crese,
nel luogo Purg. xxxn, 32, forma dell'uso antico per credette; cfr.
Nanntjc., Verbi, 544 e seg.
Cremona, citt lombarda; il suo volgare ricordato Vulg. El.
i, 15, 8; i, 19, 4, 8.
Crepare, dal lat. crepare, detto di corpo animato, o di parte
di esso, e cos di uomo come Scoppiare; od anche
di bestia, vale
semplicemente Aprirsi, Spaccarsi, la pelle; Inf. xxx, 121.
Crepato, Partic. pass, di Crcpare; e in forma d'Acid. Spac-
cato, Fesso; Purg. ix, 99.
Crescere, dal lat. crescere, Aumentare; Inf. vi, 104; ix, 96;
xxni, 94; xxxi, 39; xxxn, 80; xxxin, 96. Purg. xv, 72; xxiv, 86;
xxvn, 12.3; xxx, 128. Par. V, 105; x, 84; XI, 94; xiv, 49, 50, 51;
xv, 72; xvii, 10; xvm, 62; xxix, 121. - 1. Detto di cose materiali,
rispetto ai loro effetti sensibili, vale Farsi maggiore, Aumentare
d' intensit, grado, forza e simili; Purg. xxiv, 86. Conv. ili, 15, 144. -
2. Detto di moltitudine, o di persone che si raccolgano, o accorrano
insieme ad un medesimo luogo, vale Aumentar di numero, Ingros-
sare, e simili Par. xi, 94. - 3. In senso ampio e indeterminato si
;
disse, nel linguaggio delle Scuole, delle cose in genere, per Ricevere
comecchessia accrescimento nel proprio essere Conv. iv, 13, 4, 7. -
;
4. Per estensione, detto anche di minerali, per Aumentarsi, com'
sola propriet de' corpi inorganici, mediante sovrapposizione di parti;
Conv. Ili, 3, 13.- 5. E in senso viepi speciale, detto dell'uomo,
tanto rispetto all'aumentarsi del corpo, quanto allo svolgersi e per-
fezionarsi delle sue facolt; Inf. xxin, 94.-6. Detto di sentimenti,
affetti, passioni, o dello stato dell'animo rispetto ad essi, vale Au-
mentare d'intensit; Inf. xxxin, 96. - 7. E detto di qualsivoglia
condizione, cos fsica come morale, nella quale si trovi l'uomo, vale
Aumentarsi di grado, od anche d'intensit, Aumentarsi, Accrescersi,
Farsi maggiore; Inf. vi, 104. - 8. Pure nel senso di Farsi maggiore,
detto di qualsivoglia ordine di cose immateriali, condizione, stato,
azione od operazione, modo d'essere o d'operare, qualit, disposi-
Cresta-Cricch 499
zione, fama e simili; Par.
opinione, xvn, 10; xxix, 121. Conv.
IV, 7, Detto di un determinato
18. - 9. spazio di tempo, vale Dive-
nire pi lungo; Conv. ili, 6, 15. - 10. Detto di numeri, serie, mi-
sure, e simili, vale Superare un dato termine o quantit; Conv.
il, 15, 29.
11. Att. Far divenire maggiore o in lunghezza o in larghezza
o in grossezza o in altezza o in estensione Aumentare, Aggran-
;
dire, Accrescere; detto figuratam. Par. xviii, 62. - 12. Kiferito a
sentimenti, affetti, passioni, o allo stato dell' anima rispetto ad essi,
vale Far divenire pi intenso, pi grave, o simili; Inf. ix, 96. Par.
V, 105. - 13. E riferito a qualsivoglia ordine di cose immateriali,
condizione, stato, azione od operazione, modo d' essere o di operare,
Far maggiore,
qualit, disposizione, opinione, fama, e simili, vale
Render pi grande, Aumentare, Accrescere; Inf. xxxn, 80. - 14. Nel
luogo Inf. xxxi, 39 pare che s'abbia da leggere crescnti paura,
cio La mia paura crebbe, si fece pi grande. La volg. legge giu- :
gnmi paura; ma la paura non giungeva pur ora al Poeta; egli
aveva paura gi prima, e questa sua paura cresceva alla vista dei
giganti; cfr. Zani de' Ferranti, 189 e seg. Sulla forma crescenti
cfr. Nannuc, Verbi, 140 e seg., 205, nt. 8.
Cresta, dal lat. crista, propriam. Quella carne molto rossa ed
a merletti, che hanno sopra
il capo i galli, le galline ed altri vo-
latili. La simbolo della superbia, onde Inf. xxxiv, 42 il
cresta
vertice, o il sommo del capo detto il loco della cresta. Ma Benv.:
Coniungebantur faciei mediai, quse erat rubea sicut crista, et su-
pereminens aliis in modum cristi quse stat alta in summitate.
Cretae Creti, KpVjxY), Kp-^xat, oggi Candia, isola del Me-
diterraneo; Conv. iv, 27, 119. L'infamia di Creti, Inf. xn, 12,
il Minotauro, il quale, frutto delle voglie infami della madre sua,
fu veramente infamia di tutta l'isola; cfr. Minotauro. - Il Veglio
di Creta, Inf. xiv, 95 probabilmente il simbolo della Monarchia,
o forse delle et del mondo; cfr. Veglio.
Creusa, Kpooaa, figlia di Priamo re di Troia, moglie di Enea;
Par. ix, 98. De Mon. n, 3, 72, 78. Cfr. Virg., Aevi, n, 562, 738
e seg., 772 e seg.
Criare, lo stesso che Creare, nei diversi suoi significati ; Inf.
xi, 63. Purg. xvi, 80. Par. in, 87.
Cricch, Crich, Cricche, Cricchi, Voce onomatopeica
imitante il suono che manda il ghiaccio, il vetro, le stoviglie, o le
ossa, quando si fendono, si rompono o si spezzano, certi corpi quando
500 Crine-Crisostomo
si urtano, o certe materie quando crepitano o scoppiettano; Inf.
xxxn, 30.
Crine, dal lat. crinis, Capello, Chioma.
Per Capello del-
1.
l'uomo; pi spesso, usato nel singolare, sta per Tutti insieme i
e
capelli, Chioma; Inf. vii, 57; ix, 41. Purg. xxn, 46.-2. Poeticam.
per Tutti insieme i raggi luminosi che emanano da stelle o astri ;
Inf. xxiv, 2. - 3. Stare altrui a' crini, vale figuratam. e poeticam.
Stargli appresso, non abbandonarlo mai, a fine di afferrarlo a suo
tempo; Inf. xxvn, 117.
Crisippo, Xpawmeog, figlio di Apollonio, nato nel 290, morto
verso il C, discepolo di Cleante e di Zenone, celebre filo-
208 a.
sofo greco, al quale si attribuirono niente meno che 705 opere filo-
sofiche e Baquet, De Chrysippo, Louvain, 1822.
letterarie. Cfr.
Petersen, Philosophice Chrysippete fundamenta, Amburgo, 1827.
Zeller, Phiosophie der Griechen, ed. 3, in 1 , 39 e seg. Il catalogo
delle opere di Crisippo si trova presso DiOG. Laert., vii, 189 e seg.
Dante lo nomina, De Mon. n, 8, 68, riferendo una sentenza di Ci-
cerone De Officiis, ni, 10.
Crisostomo, Giovanni d'Antiochia, detto Crisostomo (Xpoa-
oTojiog), cio bocca d'oro, a motivo della sua eloquenza. Nato da
nobile famiglia verso il 347 in Antiochia, fu discepolo di Libanio
e poi del vescovo Melezio; eletto nel 386 presbitero di Antiochia e
nel 398 patriarca, ossia metropolitano di Costantinopoli. Mor nel 407
in esilio nella chiesa di Basilisco presso Cornano nel Ponto. Fu uno
dei pi eloquenti padri della Chiesa greca, ed uno dei pi animosi
campioni del cristianesimo. Cfr. Socr., Hist. ecc. vi, 2-21. Sozom.
vili, 2-23. Hieron., Devir. illustr., 129. Eivire, J. Chrysost. comme
prdicateur, Strassb., 1845. Neandez, Der heil. Chrysost., 3. ed.,
Gotha, 1858. Il Brev. Rom. ad 27 Jan. Joannes Antiochenus,
:
propter aureum eloquentia? flumen cognomento Chrysostomus, a
forensibus et ssecularibus studiis ad divinas litteras summa cum
ingenii et industria? laude se contulit. Itaque sacris initiatus, ac
Presbyter Antiochena Ecclesia? factus, mortuo Nectorio, Arcadii,
Imperatoris opera, invitus Constantinopolitana? Ecclesia? prseflcitur.
Quo suscepto pastorali munere, depravatos mores et nobiliorum ho-
minum vivendi licentiam vehementius objurgare ccepit. Qua ex li-
bertate magnum multorum subiit invidiam. Apud Eudoxiam etiam,
quod eam propter Callitropa? viduse pecuniam et alterius viduse
agrum reprehendisset, graviter Quare aliquot Episcoporum
offendit.
acto Chalcedone conventi!, quo ipse vocatus ire noluit, quod nec
legitimum Concilium nec publicum esse diceret, nitente in primis
Cristallino-Cristallo 501
ipsa centra Chrysostornum Eudoxia, ejicitur in exsilium: sed paulo
post, propter ejus desiderium seditione populi facta, admirabili ci-
vitatis plausu ab exsilio revocatur. Verum cum perditos mores in-
crepare non ad argenteam Eudoxise statuam in foro
desisteret, et
sanetse Sophise ludos fieri prohiberet, conspiratione inimicorum Epi-
scoporum iterum exsulare cogitur, viduis et egentibus omnibus com-
raunis parentis ejectionem lugentibus. In exsilio Chrysostomus in-
credibile est, et quanta mala perpessus sit, et qnam multos ad Iesu
Christi fidem converterit. Verum dum Concilio Romae habito, decreto
Innocentii Primi Pontificis restituitur, a militibus, qui eum custo-
diebant, miris in itinere malis et calamitatibus aficitur. Cumque
per Armeniam duceretur, sanctus Basiliscus Martyr, in cujus tempio
antea oraverat, noctu sic eum affatus est: Joannes frater, crastinus
dies nos loco conjunget. Quare posttridie, sumpto Eucharistise Sa-
cramento, seque crucis signo muniens, animam Deo reddidit decimo
octavo Kalendas Octobris. Quo mortuo, horribilis grando Costan-
tinopoli cecidit, et quatriduo Augusta cessit e vita. Ejus corpus,
insigni pompa et bominum moltitudine celebratimi, Theodosius Ar-
cadii filius Constantinopolim portandum et honorifice sepeliendum
curavit, sexto Kalendas Februarii; cujus etiam Eeliquias veneratus,
parentum suorum veniam petiit; quod deinde Romani translatum,
in Basilica Vaticana conditum est. Multitudinem, pietatem ac splen-
dorem concionum, ceterorumque ejus scriptorum, interpretandi etiam
rationem, et inhserentein sententise sacrorum librorum explanatio-
nem omnes admirantur, dignumque existimant, cui Paulus Apostolus,
quem ille mirifce coluit, scribenti et predicanti multa dictasse vi-
deatur. Dante lo nomina una sola volta, Par. XII, 137.
Cristallino, dal lat. crystallinus, e questo dal gr. "/poa-cX-
At,vo$, Di cristallo,Formato di cristallo. E nel linguaggio dell'antica
cosmografia si us come aggiunto del nono cielo, il quale s'imma-
gin trasparente a guisa di cristallo; Conv. il, 4, 9; li, 15, 92.
Cristallo, dal lat. crystalus, e questo dal gr. xpuaxaXXoc; che
propriamente significa Ghiaccio, ma che poi fu appropriato a quel
minerale che anche presso di noi si disse Cristallo, e che oggi chia-
masi Cristallo di monte, o di rocca. - 1. Specie di vetro priva affatto
di colore, pi pesante e pi fusibile del vetro ordinario, formata
da un doppio silicato di potassa e di ossido di piombo. Gli antichi
per chiamavano Cristallo il vetro chiarissimo, trasparente e affatto
privo di colore, formato principalmente di silicato di potassa o di
soda; Inf. xxxm, 98. Par. xxix, 25.-2. Figuratam. e poeticam., per
Corpo lucente, Corpo che manda splendore; Par. xxi, 25; xxv, 101.
-
502 Cristianesmo-Cristo
Cristianesimo, sincope di Cristianesimo; dal basso \dX.chri-
stianismus, e questo dal gr. xpwctav.ojig Dottrina e legge di Ges
;
Cristo; Inf. iv, 37. Par. xxiv, 106.
Cristiano, dal lat. christianus, gr. xp^ciiavg ; I. Acid. 1. Che
professa la fede di Cristo; detto cos di persona, come di popolo,
nazione e simile; Par. x, 119; xv, 135; xxvn, 48. - 2. Vale anco
Dei cristiani Purg. XX, 44. - 3. Aggiunto di Fede, Keligione, Legge
;
e simili, valeDi Cristo, Che ha per suo autore Cristo; Par. xn, 56.
IL Sost. Colui che professa la fede di Cristo; Inf. xxvn, 88.
Purg. x, 121; xxn, 73, 90. Par. v, 73; xix, 109; xx, 104; xxiv, 52.
Vit. K, 30, 8. Conv. il, 5, 48. Mon. in, 3, 27.
Cristo, dal basso lat. christus, e questo dal gr. yjpiaxc,, che
vale Unto; Nome col quale si appella il nostro divin Eedentore, e
spesso soggiungesi al suo proprio nome Ges. Neil' Jw/". questo nome
sacrosanto taciuto per non profanarlo, onde Cristo vi indicato ma
non nominato: 53; xn, 38; xix, 91; xxxiv, 115. Nel Purg. il
IV,
nome si trova cinque volte, xx, 87; xxi, 8; xxiii, 74; xxvi, 129
xxxti, 102; invece nel Par. trentaquattro volte: vi, 14; ix, 120
xi, 72, 102, 107; xn, 37, 71, 73, 75; xiv, 104, 106, 108; xvn, 51
xix, 72, 104, 106, 108; xx, 47; xxiii, 20, 72; xxv, 15; xxvi, 53
xxvn, 40; xxix, 98, 109; xxxi, 3, 107; xxxn, 20, 24, 27, 83, 85,
87, 125. - 1. Per riverenza Dante non fa rimare questo nome che
con s medesimo, ripetendolo nel luogo delle tre rime; Par. xn,
71, 73, 75; xiv, 104, 106, 108; xix, 104. 106, 108; xxxn, 83,85,87.-
2. Oltre i quattro luoghi citati dell' Inf. il nome di Cristo indicato
per perifrasi Purg. xv, 89; xxxn, 73. Par. xm, 40; xvn, 33;
xxn, 41; xxiii, 105, 136; xxv, 113; xxvn, 36; xxxiii, 131.-3. Il
nome intiero Ges Cristo (Jesus Christus, Christus Jesus) si
trova quattro volte : Par. xxxi, 107. Vit. N. xli, 3. Mon. in, 10, 35;
in, 16, 48. -4. Nominato: Mon. i, 16, 11; l, 1, 3; II, 8, 23, 30;
il, 9, 75; li, 12, 3, 28, 46; II, 13, 2, 9, 12, 17, 26, 29, 35, 41;
in, 3, 24, 25, 43, 55, 65, 68, 88; in, 7, 2, 4; nr, 8, 1, 39; ni, 9,
1, 11, 13, 18, 28, 37, 38, 46, 49, 50, 53, 56, 60, 62, 67, 69, 85, 86,
94, 96; in, 13, 26, 36, 38; ni, 14, 24; ni, 15, 10, 18, 22, ecc.
5. chiamato l'Imperadore dell'Universo, Conv.
Il, 6, 8; il Figliuol
di Dio, Mon. I, 43; Figliuolo del sovrano
16, 2; in, 1, 20; in, 3,
Iddio e figliuolo di Maria Vergine, Conv. il, 6, 8 e seg. Salvatore ;
e Nostro salvatore, Conv. il, 6, 19; ni, 11, 19; iv, 17, 79; IV, 22,
114, 116; iv, 23, 73; Via, Verit e Luce, Conv. il, 9, 86; La verace
luce, Vit. N. xxiv, 26; Colui che fu crocifsso, Conv. in, 7, 123;
Signore e Nostro Signore, Vit. N. xxvi, 12. Conv. iv, 11,80; No-
Critica del testo-Crocifisso 503
stra Beatitudine somma, Conv. IV, 22, 110, 124; 11 glorioso Sire,
lo quale non neg la morte a s, Vit. N. xxu, 2, ecc. - 6. Cristo
pur detto figuratami, per La religione, La dottrina di Ges Cristo;
Par. xi, 102; xix, 106, 108; XX, 47.
Critica del testo, cfr. testo.
Croazia, provincia del regno di Ungheria, tra quelle dei Con-
fini militari.Dante la nomina, Par. xxxi, 103, per Paese lontano
in generale, oppure perch fin d'allora la Croazia era celebre per
il fanatismo delle sue plebi.
Croce, dal lat. crux ; 1. Strumento formato
due grossi legni,
di
posti attraverso l'uno dell'altro ad angoli retti,e il maggiore di
essi piantato in terra; sul quale gli antichi inchiodavano o lega-
vano i malfattori, e sul quale pat Ges Cristo; Purg. xxxni, 6.
Par. vii, 40; XI, 72; xxv, 114. - 2. E fguratam., Pena o tormento
della croce; e per estensione, Qualsivoglia gravissima pena o tor-
mento o supplizio; Inf. xxxm, 87. - 3. E pure fguratam., e in senso
alquanto mistico, prendesi come simbolo di tribolazioni, onde Pren-
dere la sua croce (cfr. S. Matt. x, 38; XVI, 24. S. Marc, vili, 34;
X, 21. S. Lue. ix, 23; xiv, 27) vale Sopportare pazientemente le
tribolazioni ed afflizioni della vita a fine di conseguire l'eterna sa-
lute; Par. xiv, 106. - 4. Per due liste, linee,
similit. dicesi Croce a
tratti, segni, sbarre, o simili, di qualsivoglia materia sieno, che si
attraversino ad angoli retti, o anche non esattamente retti; Par.
i, 39; xiv, 104, 122; XV, 20; xvili, 34, 37, 48. - 5. E in senso par-
ticolare, Disposizione delle braccia, attraversate l'ima sull'altra, e
strette al petto; Purg. v, 126. - 6. Segno di croce, della croce, o
della santa croce, dicesi II porsi che il cristiano fa per devozione
la mano diritta prima alla fronte, poi al petto, quindi alla spalla
sinistra e destra, e quindi passarla trasversalmente, a fine dibene-
dire. Onde Fare segno di santa croce, per Benedire; Purg. II, 49.-
il
7. Figuratam. e poeticam. per Tormentare; Inf. xvi, 43.-8. E
pur figuratam. vale Biasimare con maledizioni e improperj, Perse-
guitare con le parole, o Condannare aspramente, Gridare la croce
addosso; Inf. vii, 91. - 9. Disteso in croce, vale Steso per terra in
forma di crocifisso; Inf. xxin, 125. - 10. Sulla croce veduta in Fi-
renze prima dell' entrata di Carlo di Valois, menzionata Conv. n,
14, 131, cfr. Vill., vili, 48. Dino Comp., ii, 19. Del Lungo, Dino
Comp. il, 193 e seg.
Crocifisso e Crncilisso, dal lat. cruci fixus; 1. Partic. pass,
di crocifiggere, Affisso alla croce, Posto o conficcato in sulla croce ;
504 Croio-Crotona
Purg. vi, 119.- 2. In forma d'Acid. Affisso alla croce, Confitto in
sulla croce; e per estensione, Disteso e confitto in su checchessia,
come su croce; Inf. xxm, 111. Purg. xvn, 26.
Croio,probabilmente dal lat. crudius (come bajo da badius ;
cfr. Diez, Wrt. n 3 23) secondo altri da crudus, oppure da crui-
, ;
dus, o da corium (?); prov. croi; Duro, Crudo, Simile al cuoio ba-
gnato e poi risecco; Inf. xxx, 102; cfr. Nannuc, Verbi, 373 e seg.
Crollare, forse dal gr. upoeiv, oppure dal lat. corotuare ; cfr.
3
Diez, Wrt. i , Muovere con forza, dimenando in
145. Propriam.
qua e in l, Scuotere, Squassare. 1. Per Muovere leggermente, ed
anche Smuovere tanto o quanto; Purg. v, 14; xxxn, 27, nel qual
luogo crolonne detto per ne croll.- 2. Crollare il capo, od anche
la fronte, valeFare atto di disapprovazione o di scontento o di
sdegno o di minaccia, con un certo movimento della testa; Inf.
xxn, 107. Purg. xxvn, 43. - 3. Neut. pass. Piegarsi in qua e in l,
Dimenarsi; Inf. xxvi, 86.
Crollo, da crollare;
L'atto e L'effetto del crollare e del
1.
verbo Dare; Purg.xxi, 34.-
crollarsi, Scotimento, Scossa; usato col
2. E per Leggiero movimento; onde Dare un crollo, detto di per-
sona, vale Muoversi tanto o quanto, Fare il pi piccolo movimento ;
Inf. xxv, 9.
Crosciare, probabilmente voce onomatopeica, conforme al gr.
%pow, al lat. crepare, all' ant. frane, croissir, spagn. cruxir, catal.
croxer ; cfr. Diez, Wrt. i 3 145 e seg. Fare, cadendo, forte e con-
,
tinuato rumore; detto di acque, e particolarmente di grossa pioggia.
E riferito a colpi, percosse e simili, vale Darli, Menarli con forza
e facendo strepito. Usato figuratam. Inf. xxiv, 120.
Crosta, dal lat. crusta ; 1. Strato esterno di checchessia, as-
sodato o indurito, sia per l'azione del freddo, sia per quella del
calore; ma pi specialmente dicesi di corpi liquidi o molli; Inf.
XXXIII, 109; xxxiv, 75. - 2. E per similit., detto della superficie del
lago di pece bollente; Inf. xxii, 150.
Crotona, ora Cotrone, citt della provincia di Catanzaro nella
Calabria, a' piedi del monte Cervaro, presso la foce del fiume Esaro,
nel mar Jonio. Nel luogo Par. vili, 62 la comune legge Crotona
con alcuni codd., Petr. Dant., Benv., Colle, Land., Aid., Burgofr.,
Crus., Bovili., ecc. Il Buti sembra aver letto Catona ed inteso di
Crotona; egli chiosa: Di Catona ovvero di Crottona. La gran
maggioranza dei codd. legge Catona, e .cos hanno Lari., Cass., An.
Crucciare 505
Fior., Serrav., le Prime 4 ediz., Tom., Witte, Moore, ecc. Catona
un paesello all'estremo punto della Calabria, 5 chilometri distante
da Villa S. Giovanni. Il Bl. si avvisa che la celebrit di Crotona
e l'oscurit di Catona parli in favore della prima lezione. Ma come
si spiega allora il fatto, che i pi e pi antichi codd. hanno per
l'appunto Catona. Si comprende, che gli amanuensi scambiassero
l'oscura Catona colla celebre Crotona; ma non si comprende che
la cosa andasse viceversa. Il De Chiara (Dante e la Calabria, 49)
osserva: Se Dante avesse scritto Catona, egli avrebbe indicato
due volte il Tirreno (con Gaeta l'una, e l'altra con Catona) e nes-
suna volta il mar Jonio e di conseguente non sarebbe pi in questa
;
terzina con precisione circoscritto il Reame di Napoli, e la descri-
zione diventerebbe viziosa e imperfetta. Ci mostrerebbe che Cro-
tona la Dante scrisse veramente
lezione migliore, non gi che
cos. In questo dato caso la correzione si comprende facilmente, la
corruzione no. Criticamente pare che si possa appena dubitare aver
Dante veramente scritto Catona, e Crotona essere una correzione
posteriore. Il Viv.: Convien credere che la celebrit di Crotona
abbia indotto in errore i moderni editori di Dante, giacch nei mss.
da me ragguagliati, e nelle antiche edizioni (meno la Fior. 1481,
che legge Cortona), io ho letto costantemente Cotona. Uno sguardo
dato ai geografi classici, e a qualche autore contemporaneo a Dante,
non avrebbe egli ridonato al testo quell'esattezza topografica che
manca alla lezione comune? Crotona situata sul confine nord-est
della Calabria ulteriore, e sud-est della Calabria citeriore, ben
lungi dall' indicare l'estremit dell'estensione di terreno, contem-
plata da Dante; anzi in quel caso resta fuori tutto quel tratto di
Calabria ulteriore, la punta della quale chiude esattamente il corno
d'Ausonia. In quel luogo appunto era situata quella Catona di cui
parliamo, d' onde si usciva fuori del regno di Napoli per passare in
Sicilia. Ai tempi di Dante era luogo notissimo, ecc. E il Campi
chiama la lezione Crotona surrogazione di uno sciolo, che toglie
mal a proposito la debita esattezza alla geografica descrizione de' con-
fini del Eegno di Napoli, aggiungendo di aver trovato Catona in
tutti i codd. da lui esaminati. Anche il Poi., il JBertr. ed altri mo-
derni ritornano all'antica lezione Catona.
Crucciare, dal lat. cruciare =- Travagliare, Tormentare. 1 Neut. .
pass. Adirarsi, Sdegnarsi, Stizzirsi; Inf. iti, 94; xix, 31.-2. Att. Far
crucciare, Fare adirare, Fare che alcuno si crucci. Ed altres, Fare
che alcuno si turbi, si contristi, abbia dolore, e .simili; Turbare,
Affliggere Inf. xvi, 72 (nel qual luogo alcuni leggono CRUCIA in-
;
vece di cruccia), xvii, 76.
506 Crucciato-Crudo
Crucciato, dal lat. cruciatus = Travagliato, Tormentato.
1. Crucciare; Inf. xiv, 53. Purg. xxn, 39.-2. In
Part. pass, di
forma d'Add. per Sdegnato, Adirato; Inf. xxx, 1.-3. E figuratam.
Inf. xr, 89. - 4. Detto di animali; Inf. xxn, 132.- 5. Figuratam.,
detto di volto, sguardo, e simili, vale Che dimostra cruccio, Proprio
di persona che ha cruccio, sia nel senso di sdegno, sia in quello
di afflizione; Vit. N. xxm, 123.
Cruccio, L'esser crucciato; Sdegno, Ira, Adiramento, Collera;
Inf. xxiv, 129.
Cruccioso, Pieno di cruccio, Sdegnoso, Adirato, Travagliato,
Afflitto; Vit. N. vili, 47.
Cruciare, dal lat. cruciare; Tormentare con supplizj, pene,
gastighi, e simili; Inf. xvi, 62. Cfr. crucciare.
Crucifisso, cfr. crocifisso.
Crudele, dal lat. crudelis; 1. D'animo disposto a sentimenti
e ad opere fiere ed atroci, e che lo addimostra co' fatti; Che non
ha Inumano, Spietato, Feroce; Inf. li, 100; xxm, 17; xxxiii,
piet,
40, 110. Purg. vi, 109; xx, 91. - 2. Per similit. detto di bestia; Inf.
vi, 13; vii, 15. - 3. E pure per similit. detto di cose naturali; Inf.
xi, 3. Purg. i, 3.
Crudelmente, In modo crudele, Senza piet, Spietatamente,
Ferocemente; Inf. xvm, 36; xxvm, 38.
Crudelt, dal lat. crudelitas, L'esser crudele, Inumanit, Fe-
rocia; Par. xxv, 4.
Crudo, 1. Detto di monte, erta, salita, e simili,
dal lat. crudus.
vale, Eipido, Aspro; Par. XI, 106.-2. Figuratam. detto di persona,
vale Crudele, Che non ha piet o compassione, Duro di modi, Aspro
nelle maniere, e simili Inf. xxx, 33. Purg. xxxn, 157. Par. xn, 57. -
;
3. E altres figuratam. e poeticam., pure per Crudele, detto di atto
o fatto di persona, sentimento od affetto, animo, aspetto, parole, e
simili; Inf. ni, 102. Purg. xu, 55. - 4. E per estensione, anche di
cose materiali, o d'un ordine qualsiasi di cose; Purg. xxn, 55. -
5. E detto di serpenti ed altri animali; Inf. xxiv, 91.-6. E per
Doloroso, Tormentoso, o semplicemente Grave, Molesto; e propria-
mente a cagione dell' altrui crudelt Inf. xxxiii, 20. - 7. Detto di
;
persona, vale anche Eigido, Severo, e in costrutto con le particelle
A e Di, Restio, Eitroso o Schivo; Inf. xxn, 120. Par. ix, 48. -
Cruna-Cui 507
8. In senso particolare, e parlandosi di magia, detto poeticam. di
persona, per Che nell'esercizio dell'arte sua si occupa di cose fiere,
spaventose, atroci, e simili, od anche semplicemente per Solitario,
Aborrente dagli uomini; e detto di arte o simile, per Spaventevole,
Orribile, e simili; Inf. ix, 23: xx, 82.
Cruna, forse dal lat. erena = Incisione in un corpo ; 1. Piccolo
foro nell'estremit dell'ago, pel quale si per cu-
fa passare il filo
cire; Inf. xv, 21. - 2. Per similit. e poeticam., vale Passo, Adito
assai angusto; Purg. X, 16. - 3. Dare per la cruna del desiderio di
alcuno, vale figuratam. Fare o Dire precisamente ci che uno de-
sidera, prima che questi abbia manifestato il proprio desiderio;
Purg. xxi, 37.
Cabar, dal lat. cubare, Neut. pas3. Giacere, Essere sepolto;
Par. vi, 68.
Cucire, dal lat. cousuere, dal quale deriv il lat. barb. cusire,
e da questo cucire; Congiungere insieme pezzi di panno, tela, stoffa,
cuoio e simili per mezzo di filo o spago passato per essi mediante
ago, lesina, punterolo e simili, a fine di comporne vesti, calzature
checch altro si sia. E poeticam. riferito a ciglio, vale Tener con-
giunto; Purg. xni, 71.
Cuculia, dal lat. cucullus, La Vesta di sopra che portano i
Monaci. Per simil. Par. ix, 78. Cfr. cocolla.
Cai, dal lat. cui, Pronome relativo di persona, ed anche di cosa,
prossimamente nominata: si unisce con ambedue i generi e numeri,
in reggimento indiretto, ed altres come oggetto. Il quale, La quale,
1 quali, Le quali. adoperato centinaja di volte da Dante nelle
sue opere volgari. - 1. Kelativo di persona; costruito in reggimento
indiretto, con le varie preposizioni: A cui, Inf. xx, 31; xxiv, 7.
Purg. vi, 8; xm, 61. Par. ix, 94. - da cui, Inf. i, 86; xiv, 52. Purg.
xi, 48; xm, 36. - di cui, Inf. n, 59; v, 19. - in cui, Inf. vii, 48.
Par. xxxi, 79. -per cui, Inf il, 76. Purg. vii, 16; xx, 15. Par.
xxxn, 61. - 2. E come oggetto, Inf. i, 129; in, 136; vii, 116. Purg.
li, 95; vii, 102; xi, 47. Par. xx, 62.-3. Relativo di cosa, tanto
materiale quanto immateriale; costruito in reggimento indiretto,
con le varie preposizioni; Inf. i, 100; ix, 95. Purg. i, 11; xm, 36.
Par. xxn, 37. - 4. E come oggetto; Par. Il, 130. - 5. Nel linguaggio
poetico talvolta posposto ad alcun' altra parola della proposizione
relativa, che regolarmente dovrebbe incominciare col Cui: e tanto
essendo oggetto, quanto in costrutto con preposizione; Inf.u,76;
508 Culla-Cultura
x, 63. - 6. Usato con l'ellissi della Al quale, Alla
preposizione A;
quale, Ai quali, Alle quali. E come anche
cos riferito a persona
a cosa; Inf. xxxi, 69. Purg. xxm, 99, 104. Par. xxxi, 117. - 7. E
coli' ellissi della preposizione Di, e propriamente in costrutto col
verbo Essere: Del quale, Della quale, Dei quali, Delle quali; Inf.
vii, 73; x, 73; xxxi, 77. Purg. n, 2. Par. xvi, 128; xxi, 85.-
8. Pure in proposizione relativa, posto fra 1' articolo e il sostantivo,
o fra la preposizione articolata e il sostantivo, ed anche fra un adiet-
tivo partitivo e il sostantivo, del quale si vogliono significare le re-
lazioni con l'antecedente. E vale Del quale, Della quale, Dei quali,
Delle quali ; Par. xn, 44. - 9. E posto dopo il sostantivo, con la
preposizione Di
espressa, ed anche con la ellissi di detta preposi-
zione; Inf. xvi, 34. - 10. Cui, relativo di persona, posto con ellissi di
Colui, Colei, Coloro; Quegli, Quella, Quelli, Quelle; Alcuno, Al-
cuna, ecc.; o simili suoi antecedenti; siano questi o no retti da pre-
posizione; e tanto in oggetto quanto in costrutto con preposizione,
che anch'essa talvolta taciuta; Purg. xm, 36; xx, 15.-11. Cui
si us da Dante, come da altri antichi, con l'apocope dell'i, ci che
oggi non si userebbe se non alcuna volta in poesia, per elisione di-
nanzi ad i susseguente; Inf. i, 129. Purg. xi, 47. Par. xvni, 124.
Culla, dal lat. barb. cunula, forma diminutiva di cuna, con-
tratto in culla, come da lunula, lulla. Propriam. Arnese concavo,
fatto di vimini, o di ferro fuso, il quale fornito di sacconcino e ma-
terassina, serve di letticciuolo ai bambini lattanti. Figuratam. e
poeticam., per II bambino che nella culla; Par. xv, 121.
Culo, dal lat. culus ; Orifizio di quella parte deretana, da cui
gli animali gittan fuori lo sterco; Ano; Inf. xxi, 139.
Cult, Add., dall' add. lat. cultus ; cfr. COLTO.
Culto, Sost., dal sost. lat. cultus; lo stesso che colto (vedi
quest'artic). Nel luogo Par. xxn, 45 alcuni codd. leggono culto
(S. Cr., Beri., colto (Vai., Cass.,
Caet., Vien., Stocc, ecc.), altri
Palai., Cort., ecc.). Ma nell'altro luogo, Par. v, 72, tutti hanno
colto, n la lezione pu essere controversa, la voce colto trovan-
dosi in rima. Sembra quindi che Dante abbia usato la forma anti-
quata colto, a meno di voler ammettere che la usasse soltanto ec-
cezionalmente, in grazia della rima.
Cultura e Coltura, dal lat. cultura; 1. L'azione e L'effetto
del coltivare, Coltivazione; riferito a terreno campo, ovvero a
o
paese o regione; Inf. xx, 84.- 2. E in locuz. figur. Par. xn, 119.
Conv. IV, 22, 92.
Cuna-Cunizza 509
Cuna, dal lat. cuna, cunarum, che anche ebbe il suo singolare
cuna; 1. Lo stesso che culla, in che si allevano i fanciulli; Inf.
xx, 109. - 2. E per Luogo dove alcuno allevato; ed altres Luogo
natale; Inf. xiv, 100. - 3. Per similit. e poeticam. cos detta la
parte di mezzo di un veicolo, incavata per uso di sedervi ;
Quella
che oggi nelle carrozze dicesi Cassa; Purg. xxxn, 118.
Cnnizza. da Romano, figlia minore di Ezzelino II e sorella
del famoso tiranno Ezzelino o Azzolino III, nata verso il 1198, morta
dopo il 1279, nel qual anno fece il suo testamento, donando i suoi
beni ai figli del conte Alessandro Alberti di Mangona. Ebbe tre ma-
riti e diversi amanti, tra i quali il celebre trovatore Sordello. Re-
stitu nel 1265 uomini di masnada del padre e dei
la libert agli
fratelli ed forse per questo motivo che Dante la pose tra' beati ;
Par. ix, 32. Cfr. Murat., Script, viti, 173. Verci, Storia degli Ece-
lini, i, 114 e seg. Foscolo, Disc, sul Testo, Lond., 1842, p. 335
e seg. Salvagnini in Dante a Padova, 407-49. Zamboni, Gli Ez-
zelini, Dante e gli Schiavi, Vienna, 1870. Bartolini, Studi dan-
teschi, i, 152 e seg. Baetoli, Lett. ital. vi 2 144 e seg. Ant. Guasti, ,
Cunizza da Romano nel cielo Dantesco, Fir., 1886. - Si recita
che fu e in ogni etade innamorata, ed era di tanta larghezza il suo
amore, che avrebbe tenuta grande villania a porsi a negarlo a chi
cortesemente l' avesse domandato Dan. e An. Fior. - Visse amo-
;
rosamente in vestire, canto e giuoco, ma non in alcuna disonestade
o inlicito atto consent: ed us sua vita in godere; Ott. - Multum
exarsit in amore carnali Petr. Dant. - Matura etate a tali motu
;
resipuerit et amorem talem suum ferventem post diu circa mundana
accesius revolvit in Deum, sicut fecit Madalena; Cass. - Fuit
magna meretrix Postili. Caet. - Fu bella e piacevole, benigna,
;
graziosa e misericordiosa; Falso Bocc. - Recte filia Veneris,
semper amorosa, vaga,.... et cum hoc simul erat pia, benigna, mise-
ricors, compatiens miseris, quos frater crudeliter afligebat; JBenv. -
Fu molto molestata da l'amore mondano; ma a la fine si rico-
gnobbe; Buti. - Fuit una luxuriosa mulier et inhonesta, et
maxime luxuriabatur cum Sordello Mantuano; Serrav. - Donna
di gentil costumi, piena d'umanit e di piet, benigna e grata, ma
molto prona nell'amore; Land. - Vana, vaga, luxuriosa et no-
bilis meretrix, que luxuriabat cum Sordello et cum multis aliis;
Tal. - Dicono essere stata donna di gentilissimi ed umanissimi
costumi, ma nel lascivo amore quasi senza freno. Nondimeno, che
pentitasi ultimamente del suo errore, dopo la debita penitentia,
come '1 Poeta vuol inferire, merit questo terzo grado di beatitu-
dine Veli.
;
510 Cunta-Cuore
Canta, lat. cunetatio, da cunctari ; Dimoranza, indugio; Purg.
xxxi, 4.
Cuocere e Cocere,dal lat. coquere, propriam. Preparare
gli alimenti, e ridurli per l'azion del fuoco in condizione d'esser
mangiati e digeriti. - 1. Per Penetrare che fa un intenso calore al-
cuna parte del corpo animale, per modo da produrre una forte e
spiacevole sensazione, come di cosa che bruci; Scottare, e simili;
Inf. xn, 125; xix, 79. Purg. IX, 32. - 2. Neut. pass., per Prodursi,
o Ricevere, scottatura o bruciatura; Scottarsi; Inf xvi, 49; xvn,
108. Cfr. COCENTE, COTTO.
Cuoco, dal lat. coquus ; Colui che addetto ai servigi di al-
cuno per cuocere le vivande; Colui che ha l'ufficio di far da cucina;
Inf. xxi, 55.
Cuoio e nel plur. Cuoia, dal lat. cordini; 1. Pelle d'animali,
e specialmente de' buoi, conciata per varj usi; Inf. xx, 119. - 2. E
per la Veste stessa, Cintura, o altro simile arnese fatto di cuoio;
Par. XV, 113. - 3. E poeticam. per Cartapecora da scrivervi; Par.
xxiv, 93, nel qual luogo vecchie e nuove cuoja sono chiamati i
libri del vecchio e del nuovo Testamento, che ai tempi di Dante
erano scritti su pergamena.
Cuore, e poeticam. Core, Cor, dal lat. cor, voce usata so-
vente dal Poeta; nella Div. Coni, occorre 62 volte, cio 23 nelYInf,
20 nel Purg. e 19 nel Par. - 1. Organo centrale della circolazione
del sangue, di natura muscolare, cavo, e che a guisa di una tromba
premente pone in moto e in giro esso sangue; Inf. i, 20; xn, 120.
Purg. x, 48; xxv, 40. - 2. Cuore, nel linguaggio pi che altro poe-
tico, considerasi talvolta come il Principio e l'origine della vitalit
e dell'energia, della virt sensitiva, o simili dell'uomo: e talvolta
preso addirittura per Vita; Inf. n, 131. - 3. Dall'effetto che le
impressioni morali, e certi vivi sentimenti dell'animo producono sul
cuore principalmente per influsso nervoso, onde gli antichi crede-
vano che ivi appunto nascessero gli affetti, le passioni e simili, j
Cuore usato in locuzioni figurate per Principio e quasi sede delle !
facolt effettive dell'anima; Inf. xxxiii, 5. Purg. vili, 2.-4. Figu- j
ratam. per Affetto, e in senso speciale Amore; Par. ix, 11.- 5. E
per Principio e quasi sede delle facolt intellettuali, Mente e al- ;
tres Memoria affettuosa; Purg. il, 12. - 6. Figuratam., per Ci che
altri pensa dentro di s; Pensiero, Intimo sentimento, Intenzione,
e simili: Inf. x, 20. - 7. E per Animo; Inf. il, 136; vi, 75. Par.
xxvi, 56. - 8. Figuratam. e con qualche aggiunto per Persona do-
Cpere-Cupido 511
tata di tale animo, qual espresso dall'aggiunto medesimo; Inf.
V, 100. Purg. IV, 134; xxvr, 72. - 9. In senso particolare, per l'In-
terno dell'animo; Purg. vi, 130. Conv. Il, !.. 10-16.-10. Per Stato
o Condizione, e altres Disposizione, dell'animo: e poeticam. anche
Animo, rispetto a una data condizione o disposizione Purg. xxvin 45. ; ;
11. Cuore, talora usato ad accennare qualit morale di una per-
sona, come Altezza o Fortezza d'animo, Animo affettuoso, compas-
sionevole, benefico, Generosit, e simili; Par. vi, 140. - 12. E per
Coraggio, Ardimento; Inf. xviii, 86.- 13. E per Mezzo, Centro,
Parte pi interna; Par. xn, 28. - 14. Con tutto il cuore, posto
avverbialm., vale Con vivo e sincero affetto, o Con grande istanza;
Par. xiv, 88. - 15. Avere nel cuore o in cuore, una persona, o anche
una cosa, vale Amarla molto, Portarle grande affetto, Esserci essa
cara, Conservarne affettuosa memoria, e simili; Conv. IV, 11, 89. -
16. Dire il cuore, in costrutto col Che o col Di, ovvero con l'og-
getto espresso, vale Avere un dato presentimento, ed altres Esser
di sentimento, Avvisarsi Vii. N. xxn, 53. - 17. Mordere altrui il
;
cuore, vale poeticam., Suscitare in esso pentimento o dolore; Purg.
xxxi, 88. - 18. Porre il cuore in checchessia, o anche a checchessia,
vale Affezionarvisi grandemente, Volgervi del tutto gli affetti ed i
pensieri Purg. xiv, 86. - 19. Tremare il cuore, vale Essere grande-
;
mente commosso da qualche vivo affetto, e pi spesso dal sentimento
della paura; Provare nell'animo gran commozione; Vit. N. xxn, 60.
Capere, lat. cupere, Desiderare; Par. xm, 1.
Cupidigia, dal lat. barb. cupiditia, Appetito disordinato di
guadagni, beni, onori e simili; Inf. xn, 49. Purg. vi, 104. Par.
v, 79; xxvii, 121; xxx, 139.
Cupidit, cupiditas, Desiderio intenso e smoderato di
lat.
conseguire o fare alcuna cosa, Amore disordinato dei beni materiali,
e simili; Par. xv, 3. Conv. i, 11, 6, 74; iv, 12, 75. Mon. i, 11, 27,
48, 62, 69; t, 16, 19; n, 5, 24.
Cpido, dal lat. cupidus; Disordinatamente desideroso o avido.
1. Figuratane, riferito all'intelletto e preso in buon senso, per Gran-
demente desideroso, Molto bramoso; Par. v, 89. -2. Figuratam. rife-
rito ad occhio, vale Che dimostra concupiscenza; Purg. xxxn, 154. -
3. Per Desideroso di avere, di far guadagni illeciti, Avaro; Inf.
xix, 71.-4. E in locuzione figurata: Purg. xx, 93.
Cupido, lat. Cupido, il figliuolo di Venere, o dio dell'amore,
detto pi comunemente Amore; Par. vili, 7.
512 Cupo-Cura
=
Cupo, dal lat. culpa Botte, uno dei pochi Adiettivi formati
immediatamente da Sostantivi; cfr. Diez, Wrt. n 3 24. 1. Profondo,
,
e anche semplicemente Fondo, detto di cavit; Inf. xviit, 109.- 2. E
figuratam. Purg. xx, 12.-3. Pure per Profondo, Molto alto, detto di
acqua raccolta in qualche gran cavit; Purg. xiv, 52. Par. ni, 123. -
4. In forza di Sost., vale Parte cupa, o Luogo cupo, cio profondo
ed oscuro; Fondo, Cavit; Inf. vii, 10.
Cura, dal lat. cura; nella Div. Com. questa voce si trova
31 volta, cio 3 nelV Inf. (ix, 102; xxm,
41; xxxiv, 135), 19 nel
Purg. (il, 129; V, 89; VI, 107; ix, 67; x, 135; XIII, 87; xvi, 81; XVII,
100; xix, 93; xxi, 120; xxn, 24, 37; xxm, 67; xxv, 111, 138; xxvn,
106; xxix, 139; xxx, 106; xxxiii, 124) e 9 volte nel Par. (n, 27;
iv, 17; x, 26; xi, 1; XII, 129; xm, 30; xxi, 21 xxvi, 21; xxviii,40). -
;
1. Pensiero accompagnato da affetto, Sollecitudine, Premura; Inf.
ix, Per similit. riferito ad animale; Purg. u, 129. -3. Fi-
102. - 2.
guratamente e poeticam., vale Cosa, Obietto, in cui si fissi la mente
o l'animo; Purg. xxv, 111. Par. xm, 30; xxi, 21.-4. Pur figuratam.
e poeticam., in senso pi particolare, vale Pensiero o Desiderio che
preoccupi la mente; Purg. IX, 67; xxxm, 124. Par. xi, 1.-5. E
pur figuratam. e poeticam., per Voglia, Brama, e simili; Purg.
xxm, 67.-6. E per Grave e continua inquietudine, Travaglio grande
dell'animo, Affanno; Cane. : Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 58.-
7. E figuratam. e poeticam., per Intendimento, Proposito, e simili;
Purg. xxix, 139.-8. E per Governo, Amministrazione; Conv. 1, 1, 23.-
9. Cura governo
sinistra, parlandosi d'ufficj ecclesiastici, si disse II
delle cose temporali; e Cura destra,governo pi nobile, pi sa-
Il
cro, delle cose spirituali ed eterne; Par. xn, 129, nel qual luogo
il Buti chiosa: Due sono le cure che conviene avere ogni uno che
preposto nella chiesa d'Iddio; cio l'una de le cose temporali:
imper che le conviene tenere famillia, e questa si chiama cura si-
nistra; l'altra de le cose eterne, e questa si chiama destra: imper
che quella che ci beatifica. L'uomo composito d'anima e di corpo
e convielli curare l'una e l'altro; ma non debbe essere pari l'ima
cura all'altra. Lo corpo cosa temporale, e per meno debbe es-
sere pari l'una cura all'altra e la cura sua: l'anima cosa perpetua
e per la cura sua debbe esser maggiore, siccome la mano ritta ha
pi forza che l'altra manca. - 10. E per Tutti insieme i medica-
menti usati a curare una data malattia; ed altres per II modo, ed
anche L'atto del curarla. In locuz. figur. Purg. xxv, 138.- 11. Aver
cura di alcuno, vale Provvedere amorevolmente ai bisogni di lui,
Attendere premurosamente ad esso, Averne sollecitudine, Starci esso
a cuore; Inf. xxm, 41. Purg. v, 89.-12. Aver cura di checchessia,
Curare-Curiale 513
o di far checchessia, vale Occuparsene con diligenza, Premerci, Im-
portarci, e simili; Inf. xxxiv, 135. - 13. Mettere uno in cura di chec-
chessia, detto poeticam. per Eenderne alcuno desideroso, Destargliene
il desiderio, la voglia, e simili Par. xxvi, 21. - 14. Porre cura a chec-
;
chessia, o di far checchessia, ed anche con l'ellissi della preposi-
zione, vale Avvertire, Porre mente, Considerare attentamente; Purg.
x, 135.
Cnrare, dal lat. curare; Avere checchessia come obietto o ter-
mine delle nostre cure, Averlo a cuore. Premerci esso grandemente. -
1. Per Avere checchessia in pregio o in istima, Farne conto o caso,
Dargli peso o importanza, e simili; come di solito in proposizione
negativa; Inf. xxi, 2. Par. xvn, 84. Conv. IV, 3, 47.-2. E riferito
a cose fisiche, come caldo, tormento, dolori, ecc., vale Sentirli assai,
temerli, Farci essi impressione, Eiuscirci gravi, molesti, incompor-
tabili; e in proposizione negativa equivale a Disprezzare; Inf.
xiy, 46.-3. Figuratane, Purgare dai peccati, Purificare dalle colpe;
Par. xvii, 20. - mali fisici, vale Medicare, Sanare, Gua-
4. Riferito a
rire; usato figuratane Purg. vi, 110.-5. Neut. pass. Avere o prendersi
cura, premura, sollecitudine, di chicchessia o di checchessia; Purg.
xx, 84. - 6. Neut. Aver cura, premura, sollecitudine di chicchessia o
checchessia, Starci esso a cuore; Inf. ir, 125. Conv. HI, 14, 55. -7. E
poeticam.: per Darsi pensiero, Darsi briga, di checchessia, o di far
checchessia; Par. vili, 84.-8. E per Por mente, Attendere, Badare,
Avvertire, e simili; Conv. i, 11, 37.
Curata leggono alcuni tsti invece di Corata, Inf. xxviii, 26.
Cfr. CORATA.
Curatore, dal lat. curator; Colui che costituito, nei modi
voluti dalla legge, ad amministrare i beni e negozj dei minori di
et; Conv. iv, 24, 15. Curator orbis detto l'Imperatore, Mon.
ni, 16, 61.
Curiale, curialis, Cortigiano, Aulico, Proprio di corte o
lat.
di cortigiano. Curiale chiama Dante il volgare italiano; Vulg. El.
i, 13, 6; i, 14, 31; I, 16, 43; I, 17, 2; i, 18, 25 e seg.; i, 19, 2. Est
etiam (il volgare italiano) merito Curiale dicendum, quia curia-
litas nil aliud est, quam librata regula eorum, qua3 peragenda sunt,
et qua stater hujusmodi librationis tantum in excellentissimis
Curiis esse solet, hinc est quod quicquid in actibus nostris bene
libratum est, curiale dicatur. Unde cum istud in excellentissima
Italorum Curia sit libratum, dici Curiale meretur Vulg. El. ;
I, 18.
33. Enciclopedia dantesca.
514 Curiazi-Curradino
Cnviazi, lat.Curiata, nome dei tre fratelli gemelli da Alba
Longa, i quali, nelle lotte tra Eoma ed Alba Longa, combatterono
contro i tre gemelli Orazi, loro consanguinei e, dopo averne uccisi
due, furono tutti e tre uccisi dal terzo con astuzia. Cos secondo la tra-
dizione, alla quale Dante si attenne cfr. Tit. Liv., I, 24-27. Dion.
;
Hal., ih, 11, 22. Oros., Hist. n, 4. Cic, Legg. in, 9, 20. Dante
li ricorda Mon. il, 11, 21, e senza nominarli, Par. vi, 39. Conv.
IV, 5, 114 e seg.
Curio, Caio Curione, Caio Scribonio Curio, tribuno
figlio di
romano nell'anno 50 a. C; prima
repubblicano, si lasci guadagnare
da Giulio Cesare per danari che n'ebbe; cfr. Plut., Cces., 29. Suet. ,
Cces., 29. Vellei. Patekc, il, 16. Si rec da Roma a Ravenna nel-
l' anno 49 a. C. per informar Cesare dello stato delle cose a Roma,
quindi ritorn a Roma con lettere di Cesare al Senato. Pubblicato
il decreto del Senato che dichiarava Cesare nemico della Repub-
blica, qualora non licenziasse il suo esercito e sgombrasse la pro-
vincia, Curione fugg cogli altri tribuni a Ravenna, dove, secondo
Lucano, esort Cesare a non indugiare, dicendogli: Tolle moras;
semper nocuit differre paratis; Lue, Phars. I, 281. Cos il poeta.
La storia invece c'insegna che Cesare aveva gi passato il Rubicone
allorquando Curione arriv al suo campo. Inf. xxvii, 102; cfr. ibid.,
v. 86, 93, 95-97.
Curio, Manio Curio Dentato, cittadino romano di stirpe plebea
(cfr. Cicer., Mur.vili, 17), vincitore dei Sanniti e Sabini durante
il suo consolato nel 290 a. C, e di Pirro nella battaglia di Bene-
vento durante il suo secondo consolato nel 275 a. C, e dei popoli
ribelli dell' Italia meridionale durante il terzo suo consolato nel 274
a. C. Mor nel 272 a. C, celebre per la sua semplicit ed il suo
disinteresse (cfr. Horat., Od. i, 12, 41). Allorch i Sanniti gli offer-
sero ricchi doni per corromperlo, Curio li rifiut, dicendo di non
aspirare alle ricchezze, s alla vittoria sopra i posseditori delle ric-
chezze (cfr. Plut., Cat. mai., 2. Oc., Cat. mai., 16, 55). Dante ri-
corda quest'ultimo fatto Conv. iv, 5, 81 e seg.
Curraclino, di Svevia, l'ultimo rampollo degli Hohenstaufen,
figlio di Corrado IV imperatore. Nacque nel 1252 e perdette il padre
il 21 maggio 1254, del quale eredit i diritti alle corone di Napoli e
di Sicilia. Venne nell' autunno del 1267 con un esercito di dieci mila
uomini in Italia per rivendicare i suoi diritti, strappando l'eredit
de' suoi avi dalle mani di Carlo d'Angi. Sconfitto nella battaglia
di Tagliacozzo (23 agosto 1268, cfr. Inf. xxvii, 17 e seg.), e tradito
da un Frangipani, cadde nelle mani dell'Angioino, che lo fece de-
Currado-Curro 515
capitare a Napoli 29 ottobre 1268. Purg. XX, 68; cfr. Vill., vtt,
il
23-29. Eaumer, Hohenstaufen, iv, 594 e seg. Jaeger, Geschichte
Conradius, Nunberg, 1787. Leo, Itaien. Staaten, li, 382 e seg.
Schirzmacher, Die letzten Hohenstaufen, Gottingen, 1871.
Currado Imperatore, ricordato Par. xv, 139, quegli che fece
cavaliere Cacciaguida, trisavolo di Dante. Cronologicamente si do-
vrebbe senz'altro intendere di Corrado III di Svevia, figlio di Fe-
derigo di Svevia e di una figlia di Arrigo IV, il quale, nato nel 1093,
regn dal 1138 al 1152, prese parte alla seconda crociata, andando
nel 1147 con Luigi VII di Francia in Terra Santa. Sennonch questo
Corrado non pass mai per Firenze, n si trova che alcun Fioren-
tino lo seguitasse. Invece Corrado II il Salico, che regn dal 1024
al 1039, and in Calavra contro a' Saracini ch'erano venuti a gua-
stare il paese, e con loro combatteo, e con grande spargimento di
sangue de' cristiani gli cacci e conquise. Questo Currado si dilett
assai della citt di Firenze quando era in Toscana, e molto l'avanz,
e pi cittadini di Firenze si feciono cavalieri di sua mano e furono
al suo servigio Vill., iv, 9. Pare che Dante, come fecero alcuni
;
suoi commentatori, confondesse i due Corradi, nel qual caso la mi-
lizia di Cacciaguida e l'esser egli stato fatto cavaliere sarebbero
fatti alquanto problematici. Si pu quindi ammettere che singoli
Fiorentini, e tra questi Cacciaguida, prendessero parte alla seconda
crociata, sebbene Corrado III non passasse mai per Firenze ed i
cronisti di questi singoli non facessero menzione. Cfr. Cora. Lips.
ni, 416 e seg.
Corrado Malaspina, nome due personaggi menzionati da
di
Dante, Purg. vili, 65, 118 e seg. Currado I marchese di
L'uno
Mulazzo, detto V antico, cognato del re Manfredi, morto verso il 1250,
avo del secondo Currado detto il giovane, il quale mor verso il 1294.
Cfr. Malaspina.
Currado da Palazzo, capitano contro i Tarentini nel 1279 e
podest di Piacenza nel 1288, trovato da Dante tra gli spiriti pur-
ganti, Purg. xvi, 124. Cfr. Palazzo.
Curro, dal lat. currus =
Garro, propriam. Legno cilindrico,
assai grosso e non molto lungo, che ponesi sotto a pietre, travi ed
altre cose di gran peso, per muoverle agevolmente facendole scor-
rere sopr'esso. Dante adopera questa voce per II corso, Lo scorrere;
Inf. xvn, 61. 1 pi antichi chiosatori (Bambyl., An. Sei., Zac. Dant.,
Lan., Ott., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc.) non danno veruna
spiegazione, forse perch ai tempi loro la voce era ancora dell'uso. -
516 Curule-Custode
Benv.: Cursus mei intellectus, quia intellectus volvitur sicut cur-
rus. -Buti: Seguitando lo scorrimento de' miei occhi. ~An. Fior.:
Parla qui metaforice. - Serrav.: Currum meorum oculorum. -
Barg.: Lo discorrimento di mio guardo. - Land.: Quasi un
trascorrimento, perciocch l'occhio procede continuando di cosa in
cosa, come '1 carro procede nel suo viaggio. - Veli. : Il carro del
mio sguardo, perch lo sguardo procede nel trascorrer di cosa in
cosa, come fa il carro di luogo in luogo.
Conile, dal lat. curules ; propriam. Add. aggiunto di sedia o
sella, dicevasi di una specie di sedia portatile, con gamhe ricurve
e da potersi aprire e chiudere. Comunemente era d' avcrio ornata
di fregj, e usavasi in origine dai Re di Eoma, di poi dai Consoli,
dai Pretori e dagli Edili, detti perci Curuli. E in forza di Sost.
si us pure per Sedia curule; onde Dante l'adopera fguratam. nel
plur. per Le prime magistrature di una repubblica; Par. xvi, 108.
Custode, dal lat. custos, Colui al quale affidata la custodia
di checchessia. Nel Poema Dantesco ogni cerchio dell'Inferno e del
Purgatorio ha suo custode o guardiano. I nomi dei custodi dei
il
cerchi infernali appartengono quasi tutti alla mitologia: Caron, Mi-
nosse, Cerbero, Pluto, Flegis, le tre Furie con Medusa, il Mino-
tauro ed i Centauri, Nesso, Chirone, Gerione, i Giganti, Nembrot,
Fialte, Anteo, ecc. (vedi i singoli articoli). Perch Dante cristiano,
in un Poema eminentemente religioso, volle mettere in iscena figure
della mitologia pagana? Non gi per amore agli scrittori classici,
ma perch i SS. Padri avevano insegnato, le Divinit pagane non
essere state altro che demoni, seguendo in ci S. Paolo, il quale
scrisse I Cor. x, 20: Quse immolant gentes daemoniis immolant
et non Deo. Cos Lattanzio (Div. Instit. i, 7; II, 17), Agostino
(Civ. Dei, viti, 19), Eusebio Brcep. Evang. in, 2; iv, 10, 15; v,
3, 4, 5), Minucio Felice (Adv. Cels. vili, 3) e molti altri. Ma, per
riverenza dell' antichit classica, Dante non mise nel suo Inferno
le divinit olimpiche, togliendo dalla mitologia antica soltanto le
divinit dell' Averno ed assegnando anche a queste un posto distinto
nel suo Inferno. I custodi del Purgatorio Dantesco sono Angeli,
tranne Catone d'Utica, il guardiano dell'Antipurgatorio, cui Dante
volle assolvere e condannare nel medesimo tempo (cfr. Catone). Dal
Paradiso terrestre in poi, i guardiani non ci sono pi, giacch l'anima
purificata essendo libera ed il suo arbitrio dritto e sano, non vi pi
bisogno di custodi uscita che essa sia dall'ultimo cerchio del Pur-
gatorio. L'uffizio dei custodi di impedire che entri nella regione
della quale sono posti a guardia chiunque non vi appartiene, onde
Custodire-Da 517
i oppongono in generale alla continuazione
custodi dell'Inferno si
del viaggio dei due Poeti, mentre invece gli Angeli custodi del
Purgatorio invitano e confortano le anime, che hanno compiuto
l'espiazione dei cerchi inferiori, a salire nei superiori. Cfr. Bak-
toli, Lett. ital. Vi, 1, 163 e seg. Proleg., 494 e seg. Handbucli,
434 e seg.
Custodire, dal lat. custodire, Tenere con cura, Conservare,
Guardare, Aver cura o vigilanza di checchessia, o intorno a chec-
chessia; usato figuratami. Par. xxxi, 88.
Cuticagna, da cute, e questo dal lat. cutis; Collottola co' suoi
capelli; Inf. xxxn, 97.
I> ? la prima delle lettere dell'alfabeto onde si compone la sen-
tenza: Diligite justitiam qui judicatis terram, formata dalle
anime dei Beati nel cielo di Giove; Par. xvm, 78. Cfr. Diligite.
Da, preposizione che di sua natura serve principalmente a in-
dicare allontanamento, remozione o separazione, cos nel proprio
come nel figurato. Corrisponde all'al e al De dei Latini, e deriva
dal lat. barb. da per de, voce composta probabilmente dalle prep.
lat.de e a. Serve pure ad altri usi, nei quali il da corrisponde VAd
dei Latini, e talvolta 'lYApud. Dante, come ogni scrittore, adopera
la prep. da centinaja e migliaja di volte. - 1. Si unisce frequen-
temente con gli articoli, e se ne formano le preposizioni articolate
Dal, Dallo, Dagli, Dalli, Dai e Da', Dalla, Dalle; Inf. vii, 122
e sovente. - 2. Trovasi talora eliso dalla vocale della -parola che
segue, specialmente se incomincia per A; Inf. vii, 26. Par. vi, 12.-
3. Serve a indicare il termine o il punto, onde una cosa o una per-
sona si muove, parte o si allontana; Purg. i, 53 (nel qual luogo
per molti ottimi codd. ed ediz. hanno del ciel invece della volg.
dal ciel); Par. xv, 22. -4. Preposto
un Infinito, e dipendente
a
dai verbi Partire, Tornare, Venire, compone con essi una locuzione
esprimente azione test compiuta; Inf. xn, 88. - 5. Serve anche a
denotare il termine onde una cosa o persona rimossa, allontanata,
tolta, rivolta e simili; Purg. il, 19.-6. E indica pure il termine,
onde una persona o cosa lontana, distante, in modo cos generico
come definito; Par. xxxi, 73.-7. E in locuz. figur. Purg. xxxm, 90.-
8. Denota pure il luogo dove alcuno ha avuto i natali, o dov', in
518 Da
qualsivoglia modo, addivenuto famoso Inf. xxx, 98. - 9. Indica al-
;
tres il luogo, il punto, la parte, la cosa, onde incomincia un'azione,
ha origine, emerge, deriva e simili, checchessia; Par. I, 38.- 10. Ac-
cenna anche la persona o la qualit morale onde proviene comec-
chessia alcuna cosa; Inf. xx, 95 (nel qual luogo per alcuni testi
hanno di invece di da Casalodi); Par. xxxi, 83.-11. Indicante il
punto o la cosa a cui raccomandato, o donde pende o scende chec-
chessia; Inf. xvii, 55.- 12. Denota il primo termine di un periodo
o intervallo di tempo, di un'epoca e simili. E indica altres il primo
momento, la prima origine di un dato atto, condizione, stato e si-
mili ; Inf. x, 107. - 13. E indicante il primo termine di uno spazio,
usato in corrispondenza con una maniera avverbiale, come In gi,
Inf. xiv, 109, In su, In qua, Innanzi e simili.
14. Da serve alla relazione di cagione, motivo, ragione, di un dato
effetto; ed equivale a, Per, A cagione di e simili; Purg. vii, 28. -15. De-
nota altres la ragione di una data appellazione; Par. xv, 91.- 16. De-
nota anche il fondamento di un giudizio, induzione, ragionamento e
simili; Conv. IV, 10, 46; iv, 13, 32.- 17. In locuzioni oggettive pre-
mettesi al nome che fa l'azione denotata dall'Infinito, quando questo
dipende dal verbo Fare nel significato di Comandare, Ordinare, Ope-
rare, o dal verbo Lasciare in senso di Permettere, oppure dai verbi
Sentire e Vedere; Inf. xxix, 77, 78.-18. Serve pure alla relazione
di rivolgimento o direzione ad un luogo, una parte, o una persona;
ed equivale a Verso; Inf. xxn, 145. - 19. Regge altres il termine
di riparo, difesa, schermo, guardia e simili; ed equivale talora a
Contro; Conv. IV, 16, 83.- 20. Serve alla relazione di attezza, ido-
neit, capacit e simili, di chicchessia, o di checchessia, ad un dato
atto od effetto; Inf. xvm, Q6. Par. vili, 147. Conv. IV, 28, 105.-
21. Ed altres denota convenienza, sia morale sia logica, proporzione
e simili, fra cosa e cosa, o fra cosa e persona; Inf. v, 10.- 22. De-
nota anche stima, valore, pregio di chicchessia o di checchessia;
quindi le locuzioni significanti estimazione, rispetto al valore, al
merito, alla capacit, e simile, di chicchessia o di checchessia, come
Da niente, Da qualche cosa, Da tanto, Da molto, e simili; Canz.:
Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 37.
23. Da serve a denotare la prossimit, ed equivale a Presso, Vi-
cino e simili; Inf. xi, 107. - 24. Denota pure spazio determinato
di tempo, durata di qualsivoglia azione, ed equivale a Per; Par.
xxxn, 33. - 25. Serve pure a denotare appartenenza ad alcun ordine,
compagnia, luogo e simili; Inf. xxin, 122 (nel qual luogo la vol-
gata legge dal concilio, mentre i pi e migliori codd. hanno del
CONC.) Purg. v, 105 (anche qui alcuni codd. hanno per del CiEL
;
invece di dal cielo). - 26. Denota altres il luogo, la parte, dov'
Dacch-Dlmi 519
una persona o una cosa, o dove o donde si compie una data azione;
e in questo caso speciale equivale a varie preposizioni, secondo la
diversit della situazione, come In, Nel, Sopra e simili; Inf. xxvni,
17. Purg. il, 43. - 27. Serve anche a determinare il lato, la parte,
di cosa o di persona, dove avviene o si esercita una qualche azione,
impressione xn, 40; xvi, 136. - 28. E serve pure a
e simili; Inf.
determinare il punto del tempo, la parte del giorno, dell'anno e si-
mili, in che si fa o avvien checchessia; Inf. xv, 18. Par. xxvn, 29;
xxxi, 118. - 29. Da mane, usato poeticam. a modo di sost. per Mat-
tina; Inf. xxxiv, 118.
30. Da, correlativo di A, serve a indicare intervallo, spazio,
tratto di luogo o di tempo; Purg. v, 116. -31. E talvolta indica
distinzione, differenza, tra persona e persona, tra cosa e cosa, tra
quantit quantit, tra atto e atto, e simili; Inf. xix, 113. - 32. Di-
e
pendente da un' altra preposizione, come Dentro, Dinanzi, Dintorno
e simili, usato in luogo della particella A o Di; Inf xiv, 103. -
33. E dipendente dalle maniere Di l, Di qua; Inf. xxvi, 8. Purg.
xxxi, 1. Dipendente da Tale, Cosiffatto e simili, espressi o
- 34.
sottintesi, ereggente un Infinito, forma una locuzione equivalente
a che, seguito dal Congiuntivo Inf. xxxn, 7. - 35. Congiunto coi
;
pronomi personali Me, Te, S, Noi, Loro, ecc., forma una locuzione
che vale Solo, Senza compagnia, ovvero In persona; Purg. i, 52.-
36. E per Senza seguire l'opinione, la dottrina, e simili di altri;
Par. il, 58. - 37. Vale anche Per la propria natura, Per la propria
condizione, e simili Purg. xix, 143. - 38. Al pronome retto dalla
;
particella Da, aggiungesi spesso per rinforzo l'adiettivo Stesso, Me-
desimo, Solo (vedi i relativi articoli); Inf. x, 61. - 39. Da lungi,
Da presso, ecc., cfr. lungi, presso, ecc.
Dacch e I>a che, Avverb. Dopoch, Allorquando, Quando;
Purg. xiv, 118.
Daddovero e Da dovero, Da senno, Di proposito, Sul
serio; Conv. iv, 19, 38.
Dalile, di Peno, amata non amante di Apollo,
Acccpvs, figlia
trasformata dal di padre Peno in alloro, l'albero amato da
lei
Apollo, Par. i, 15, e detto la fronda peneia, Par. i, 32 e seg.
Vedine, la favola Ovid., Mei. i, 452-567. Eclog. i, 33.
Dallato, D'allato e Da lato, Da parte, Di fianco, Per
fianco, A canto; Purg. in, 19; ix, 43.
Dlmi, Dammele, Me le d; Par. xxiv, 134.
520 Dama-Damiano, Pier
Dama, oggi Damma, dal lat. dama, Daino e Daina ;
Par. iv, 6.
Damiano, Pier, celebre dottore della Chiesa, nato nel 1007 a
Eavenna, m. il23 febbraio 1072 a Faenza, fece nella sua giovent
il pastorello, studi poi le arti liberali a Eavenna, dove fu in se-
guito maestro e consegu onori e ricchezze. Abbandon il secolo
verso il 1037 ed entr nel monastero di Fonte Avellana nell'Um-
bria, dove si distinse per santit e dottrina, onde ne fu eletto abate.
Ancora semplice monaco, fu dietro preghiera di S. Guido mandato
dall'abate dell'Avellana al convento di Pomposa, allora fiorentissimo,
situato in riva all'Adriatico in una isoletta formata dalle foci del
Po appresso Comacchio, e l si trattenne per due anni, finch il
suo superiore lo destin al convento di S. Vincenzo di Pietra Per-
tusa (Mercati). Nel 1058 fu nominato cardinale e vescovo d'Ostia;
ma due anni dopo si ritir di nuovo nel suo monastero e prese per
umilt il nome di Pietro Peccatore. Cfr. Ada Sanct. Febr. in, 406
e seg. Acta Sanct. Ora. S. Bened. sec. VI, li, 245 e seg. Laderchi,
Vita S. Petri Dam., 3 voi., Koma, 1702. Capecelatro, Storia di
S. Pier Dam. e del suo tempo, 2 voi., Fir., 1862. Neukirck, Leben
des Petrus Dam., Gotting., 1876. Kleinermann, Der heil. Petrus
Dam., Steyl, 1882. Giov. Mercati, Pietro Peccatore, ossia della
vera interpretazione di Paradiso XXI, 121-123, Eoma, 1895.
(Estratto dal periodico Studi e Documenti di Storia e Diritto,
Anno XVI-1895). Dante lo trova nel settimo cielo, Par. xxi, 121
e seg. (sul qual luogo cfr. Peccatore). Il JBrev. Boni, ad 23 Febr.:
Petrus, Eavennse honestis parentibus natus, adhuc lactens amatre,
numerosa prolis pertsesa, abjicitur, sed domestica mulieris opera
semivivus exceptus ac recreatus genetrici ad humanitatis sensum
revocatas redditur. Utroque orbatus parentes, tamquam vile man-
cipium sub aspera fratris tutela duram servitutem exercuit. Ee-
ligionis in Deum ac pietatis erga patrem egregium tunc speci-
men dedit; inventum siquidem forte minimum, non proprise inedia
sublevandae, sed Sacerdoti, qui divinum Sacrificium ad illius expia-
tionem offeret, erogavit. A Damiano fratre, a quo, uti fertur, co-
gnomentum accepit, benigne receptus, ejus cura litteris eruditur,
in quibus brevitantum profecit, ut magistris admirationi esset. Cum
autem liberalibus scientiis floreret et nomine, eas cum laude docuit.
Interim, ut corpus rationi subderet, sub mollibus vestibus cilicium
adhibuit, jejuniis, vigilis et orationibus solerter insistens. Calente
juventa dum carnis stimulis acriter urgeretur, insultantium libi-
dinum faces, rigentibus fluvii mersus aquis, noctu exstinguebat;
tum venerabilia quseque loca obire, totamque Psalterium recitare
Damiano. Pier 521
consueverat. Ope assidua pauperes levabat, quibus frequentis pastis
convivio propriis ipse manibus ministrabat.
Perficiendse magis vitse causa in Avellanensi Eugubinae Diocesis
ccenobis Ordini monachorum sanctae Crucis Fontis Avellanae, a beato
Ludulpho sancti Romualdi discipulo fundato, nomen dedit. Non
ita multo post in monasterium Pomposianum, mox in coenobium
sancti Vincentii Petrae Pertusae ab Abbate suo missus, utrumque
asceterium verbo sacro, praeclaribus institutionibus et moribus ex-
coluit. Ad suos revocatus post Praesidis obitus Avellanitarum Fa-
miliae praeficitur, quam novis variis in locis exstructis domiciliis,
et sanctissimis institutis ita auxit, ut alter ejus Ordinis parens ac
praecipuum ornamentura jure sit habitus. Salutarem Petri sollici-
tudinem alia quoque diversi instituti ccenobia, Canonicorum con-
ventus, et populi sunt experti. Urbinati Diocesi non uno nomine
profuit; Theuzoni Episcopo in causa gravissima assedit, ipsumque
in recte administrando Episcopatu Consilio et opera juvit. Divi-
norum contemplatione, corporis macerationibus, ceterisque spectatae
sanctimoniae exemplis excelluit. His motos Stephanus Nonus, Pon-
tifex Maximus, eum, invitum et reluctantem, Sanctae Romanae
licet
Ecclesiae Cardinalein creavit et Ostiensem Episcopum. Quas Petrus
dignitates splendidissimis virtutibus et consentaneis Episcopali mi-
nisterio operibus gessit.
Difficilimo tempore Romanae Ecclesiae Summisque Pontificibus dot-
trina, legationibus aliisque susceptis laboribus mirifice adfuit. Ad-
versus Nicolaitarum et Simoniacam haereses ad mortem usque strenue
decertavit. Hujusmodi depulsis malis, Mediolanensem Ecclesiae Ro-
manae conciliavit. Benedicto et Cadalo o falsis Pontificibus fortiter
restitit. Henricum Quartum Germaniae regem ab iniquo uxoris de-
vortio deterruit; Ravennates ad debita Romano Pontifici obsequia
revocatos sacris restituit; Canonicos Veliternos ad sanctioris vitae
leges composuit. In Provincia prsesertim Urbinate vix ulla fuit Epi-
scopalis Ecclesia, de qua Petrus non sit bene meritus; Eugubinam,
quam aliquando creditam babuit, multis levavit incommodis; alias
alibi, quando oportuit, periude curavit, ac suae essent tutelae com-
missae. Cardinalatu et Episcopali dignitate depositis, nihil de pri-
stina juvandi proximos sedulitate remisit. Jejunium sextae Feriae
in honorem sanctae Crucis Jesu Christi, horarias beatae Dei Geni-
tricis preces, ejusque die Sabbato cultum ^propagavit. Inferendae
quoque sibi venerationis morem ad patratorum scelerum expiatio-
nem provexit. Demum sanctitate, doctrina, miraculis et preclare
actis illustris, dum e Ravennate Legatione rediret, Faventiae octavo
Kalendas Martii migravit ad Christum. Ejus corpus ibidem apud
Cistercienses in ecclesia Sanctae Mariae antea conditum, indeque ad
522 Damiata-Dannare
cathedralem aedem translatum, multis miraculis clarum, frequenti
populorurn veneratione colitur. Ipsum Paventini, non semel in pre-
senti discrimine propitium experti, Patronum apud Deum delege-
runt. Leo vero Duodecimus Pontifex Maximus Missamque in ejus
honorem tamquam Gonfessoris Pontificis, quse aliquibus in Dicece-
sibus atque in Ordine Camaldulensium jam celebrabantur, ex Sa-
crorum Rituum Congregationis Consulto, addita Doctoris qualitate,
ad universam extendit Ecclesiam.
Dainiata, antica citt dell'Egitto, presso la foce del ramo
orientale del Nilo. Dante la nomina Inf. xiv, 104, ad indicare in
generale l'Oriente, come nel verso seguente nomina Roma ad in-
dicare l'Occidente.
Daniel, Daniello, ^K'OI (= giudice di Dio, che giudica
" T
in nome di Dio), profeta ebreo, educato nella Corte del re di Ba-
bilonia, celebre interpretatore di sogni, la cui storia raccontata
nel libro Vecchio Testamento che porta il suo nome. Purg.
del
xxii, 146, ricordato come esempio di temperanza, per aver dispre-
giato le vivande della tavola del re di Babilonia, contentandosi di
legumi e d'acqua; cfr. Dan. i, 3-20. Par. iv, 13 si ricorda come
Daniele indovin prima e poi spieg il sogno del re di Babilonia,
del quale questi si era scordato Y indomani della notte nella quale
aveva sognato; cfr. Dan. l, 1-45. E Par. xxix, 134 si allude alle
miriadi di angeli che Daniele nelle sue visioni mistiche vide at-
torno al trono di Dio; cfr. Dan. vii, 10. Un passo del libro di Da-
niele (vi, 22) citato senza nominarne l'autore, Mon. ni, 1, 1 e seg.
Daniel, Arnantz, il trovatore provenzale, Purg.xxYi, 115-48;
cfr. Arnaldo Daniello.
Dannaggio, voce usata dagli antichi per Danno, dal lat.
damnum; cfr. Diez, Gramm. il
5
, 630. Nannuc, Verbi, 360, nt. 4,
vuole che Dannaggio non sia lo stesso che Danno, mentre poi nel
Man. li 2 416,, nt. 9 egli stesso chiosa : Dannaggio, lo stesso che
Danno. Dante usa questa voce una sola volta, Inf. xxx, 136.
Dannare, dal lat. damnare; 1. Sentenziare alcuno come reo
e imporgli la debita pena, Condannare, specialmente alle pene dei
dannati; Inf. xxix, 120. Par. xix, 109, sul qual luogo S. Matt.
xii, 41, 42. S. Lue. xi, 31. - 2. Figuratami, detto di cosa o persona
che cagione che l' uomo da Dio condannato alle pene eterne
sia
nell'altra vita; Par. vii, 27.-3. E per Censurare severamente, Ri-
Dannato-Dante 523
provare; ed anche semplicemente Disapprovare; riferito cos a cosa
come a persona; Conv. IV, 1, 37.
Dannato, lat. damnatus ; 1. Partic. pass, di dannare, Con-
dannato; Inf. v, 38. - 2. In forma d'Add., per Condannato all'In-
ferno, Che soffre le pene infernali Purg. xxn, 99. - 3. E in forza
;
1
di Sost., Colui che da Dio condannato ali Inferno, Colui che soffre
le pene infernali Purg. i, 48.
;
Danila, dal lat. damnum. Si noti che nella Div. Com. questa
voce occorre 18 volte, sei in ognuna delle tre Cantiche. 1. Nocu-
mento che venga all'uomo sia per opera d'altrui, sia per qualsi-
voglia altra cagione; Detrimento, Pregiudizio, Sventura; Inf. il, 110;
xii, 106; xni, 12; xxm, 14; xxvm, 99. Purg. xm, 110; xiv, 67; xv,
47; xx, 78; xxxm, 51. Par. iv, 109; ix, 6;xi, 130;xxix, 108.- 2. Ri-
ferito a cosa, valeanche Logoramento, Sciupo di checchessia, senza
utile alcuno Par. xxn, 75. - 3. Danno eterno, vale poeticam. Dan-
;
nazione alle pene infernali; ed altres, Il duolo da esse prodotto;
Inf. xv, 42. - 4. Far danno, vale Arrecar comecchessia pregiudizio,
detrimento; Danneggiare; Purg. xi, 67. Par. vi, 132.
Dannosissimo, lat. damnosissimus, superlat. di Dannoso;
Conv. li, 9, 42.
Dannoso, dal lat. damnosus, Che apporta comecchessia danno,
pregiudizio; Nocivo; Inf. vi, 53; XI, 36.
Danoia, forma antica per Danubio, fiume dell'Allemagna; Inf.
xxxii, 26. Cfr. Danubio.
Dante, nome di battesimo del Poeta Alighieri, abbreviato
da Durante. Dante registra il proprio nome di necessit l dove
si fa rimproverare da Beatrice i suoi traviamenti, Purg. xxx, 55.
Cfr. Biondi, Spiegazione dell'unico passo della Div. Com., nel
quale sia il nome di Dante, nel Giorn. Arcad. xxxi, 316-30. Un
gran numero di codd., anzi, la maggioranza dei medesimi, Petr.
Dant., Buti, Land., le prime 4 ediz., Vindel., Sessa, Witte, ecc.,
leggono Dante anche nel luogo Par. xxvi, 104. Sembra per poco
meno che certo, che in questo luogo da leggere Da te, come
hanno molti codd. e come lessero quasi tutti i commentatori antichi
e moderni, poich il Poeta, il quale nell' altro luogo dice espressa-
mente di avere registrato il proprio nome di necessit, non lo
avrebbe poi di nuovo registrato l dove non era affatto necessario.
Il Buti : Adam fu di tanta sapienzia, che a tutte le cose puose
524 Dante
nome, secondo la loro propriet; e per finge l'autore che Adam
in questo luogo lo nominasse. Ma il suo nome il Poeta lo rice-
vette nel battesimo, non gi da Adamo. Petr. Dani, e Land, os-
servano, che era conveniente ad Adamo, padre di tutti gli uomini,
di conoscere tutti i suoi discendenti. Ma
Beati conoscono
tutti i
subito Dante, non soltanto Adamo. Cfr. Com. Lips. in, 709 e seg.
Moore, Crit., 483-86.
Dante Alighieri, onorevole e antico cittadino di Firenze, di Porta
San Piero (Vill., ix, 136), nacque a Firenze (Conv. I, 3, 15 e seg.
Vulg. El. i, 6, 13 e seg. Inf. xxm, 94 e seg. Purg. xxiv, 79. Par.
vi, 53 e seg.; xxv, 5) nell'anno 1265 (cfr. Nascita di D.), e fu bat-
tezzato ivi nel Battistero di San Giovanni {Par. xxv, 8 e seg.).
Nacque sotto la costellazione dei Gemini (Par. xxn, 112 e seg.),
dunque tra il 18 maggio e il 17 giugno. Kimase privo della madre
sin dalla pi tenera infanzia (cfr. madre e matrigna di D.), mentre
il padre suo Alighiero mor prima del 1283, nel qual anno Dante
appare qual suo erede. Ebbe un fratello, o fratellastro, e due sorelle,
o sorellastre (cfr. fratellanza di D.). Della sua educazione non
si sa nulla di positivo (cfr. Educazione di D.), mentre il resultato
de' suoi studi l nelle sue opere (cfr. Studi di D.). Brunetto La-
tini esercit una influenza di qualche rilievo sullo sviluppo intel-
lettuale e scientifico del Poeta (Inf. xv, 82 e seg.); ma non pare
che gli fosse maestro nel senso proprio di questa voce (cfr. Latini
Brunetto).
Sin dal suo nono anno Dante fu preso d'amore per una fanciulla
di otto anni, da lui chiamata Beatrice (Vit. N. i e seg.), della quale
sembra fosse riamato (cfr. Inf. v, 103). Questo amore, tutto puro
e casto (Vit. N. i, 36 e seg.), nobilit il Poeta, distruggendo in lui
le inclinazioni viziose (Vit. N. x, 8 e seg.) e guidandolo all'amor
di Dio (Purg. xxxi, 22 e seg.) ed alla carit verso il prossimo (Vit. N.
xt, 1 e seg.), onde durante tutto il tempo della vita di Beatrice egli
non si scost dalla verace via (Purg. xxx, 109-23). Morta poi Bea-
trice nel giugno del 1290, Dante la pianse oltre un anno (Vit. N.
xxxi-xxxv); quindi incominci ad invaghirsi di una Donna gen-
tile che pietosa lo riguardava (Vit. N. xxxvi e seg. Cfr. Donna
gentile); e, dopo molte lotte interne (Vit. N. xxxix e seg. Conv.
il, 2) consentfinalmente ad esser suo (Conv. il, 2, 11), facendone
poi simbolo della Filosofia (Conv. il, 16, 75 e seg.), allo studio
il
della quale si era dato quasi esclusivamente dopo la morte di Bea-
trice (Conv. il, 13. Purg. xxx, 124 e seg.), trascurando la sacra
dottrina, raffigurata in Beatrice (cfr. Trilogia Dantesca).
Nella sua giovent Dante si esercit nelle armi in servizio della
patria (cfr. Campaldino, Caprona), e prese poi parte al governo
Danubio-Danza 525
della Repubblica come membro dei diversi Consigli (cfr. Uffici di
Dante), finch nel 1300 fu, non per sorte ma per elezione, creato
de' Priori (cfr. Priorato di D., dal qual Priorato ebbero cagione
e principio tutti i mali e gl'inconvenienti suoi, quantunque e' con-
tinuasse ancora oltre un anno dopo essere uscito dalla suprema ma-
gistratura a dedicarsi al servizio della Repubblica. Imperocch allor-
quando Carlo di Valois ad istigazione di Bonifazio Vili nel 1301 venne
a Firenze e vi abbass la parte de' Bianchi, Dante, con molti altri
di quella parte, fugg da Firenze, quindi, accusato di diversi delitti,
fu bandito dalla patria ed and errando, povero, quasi mendicando,
per l'Italia e probabilmente anche altrove (cfr. Esilio di D., Viaggi
di D.), mostrando contro a sua voglia la piaga della fortuna (Conv.
I, 3). Deluso nella sua speranza di ripatriare grazie all'imperatore
Arrigo VII, Dante continu ad andare errando (cfr. Peregrinazioni
di D.), finch negli ultimi anni della sua vita si stabil a Ravenna,
dove abit pi anni e con le sue dimostrazioni fece pi scolari
in poesia e massimamente nella volgare (Boccac, Vita, 6; cfr.
Occupazioni di D.) e dove cess di vivere la notte del 13 al 14 set-
tembre 1321 e fu seppellito presso la Chiesa di San Francesco, de-
nominata allora San Pier Maggiore, nella cappella della Madonna
(cfr. Sepolcro di D.).
Da Gemma sua moglie (cfr. Gemma
Donati), da lui sposata verso
la metc dell'ultimo decennio del secolo XIII (cfr. Matrimonio di D.),
ebbe Dante pi figli; ma la storia non conosce che due figli Pietro
e Iacopo, la figlia Antonia ed un'altra figlia Beatrice, la cui esi-
stenza non per indubitabile (cfr. Discendenti di D.). La stirpe
di Dante spenta da oltre tre secoli ma Egli vive immortale nelle
;
sue opere e vivr finch il mondo dura (cfr. Opere di D.). Molti
scrissero della sua vita (cfr. Biografi di D.), ma una biografia com-
pleta e veramente scientifica ancor sempre un desiderio.
Danubio, lat. Danubius, ted. Donau, fiume dell'Allemagna
il quale nasce nel Granducato di Baden, traversa il Wrtemberg,
la Baviera, l'Austria e 1' Ungheria, separa quest'ultimo regno dalla
Servia, bagna quindi la Vallachia, la Moldavia e la Bessarabia, e
si getta per cinque bocche nel Mar Nero. Cfr. Kohl, Die Donau,
Trieste, 1853. Hecksch, Die Donau, Vienna, 1880. Carte du Damtbe
et de ses embranchements entre Braila et la mer, Lipsia, 1874.
Dante nomina il Danubio per accennare l'Ungheria, Par. vili, 65.
Danza, dal ted. Tanz (?); 1. L'azione e l'arte del danzare;
Ballo; Purg. xxxi, 104.-2. E poeticam., Il carolare delle anime
celesti; Par. vii, 7; xm, 20.
526 Danzare-Dare
Danzare, dall' ant. ted. dansn =
tirare, stendere, e questo
dal verbo got. thinsan, ted. ant. dinsan; cfr. Diez, Wrt. r3 150. ,
Muovere i piedi andando e saltando, a tempo di suono e di canto,
Ballare; Purg. xxix, 122; xxxi, 132 (nel qual luogo molti testi
hanno per cantando); Par. xxiv, 17.
Dape, dal lat. dapes, Vivanda; detto flguratam. per Le delizie
del Paradiso; Par. xxm, 43.
Dappi e Da pie, Dalla o Nella parte pi bassa, Al suolo,
Sulla terra; Purg. xxi, 11.
Dappoich e Dappoi che, Dopo il tempo che, Dopoch;
Par. ix, 1.
Dappresso e Da presso, Da vicino; Inf. xx, 22. Purg.
ir, 39; x, 71; xx, 122. Cfr. presso.
Dardanidae, AapSavfvjc;, Discendenti di Dardano, Trojani;
Vit. N. xxv, 58, nel qual luogo Dante cita il verso di Virgilio
Aen. ni, 94.
Dardano, lat. Dardanus, gr. AdfcpSavog, figlio di Giove e di
Elettra, capostipite dei Trojani; cfr. Hom., II. xx, 215 e seg. Plut.,
Cam., 20. nominato Conv. iy, 14, 101 e seg. Mori, il, 3, 51, 59.
Dardo, daradh, o dal celt. dard, o dall' ant.
dall' anglosass.
ted. tart; Arme
da lanciare con mano, fatta a foggia di bastone,
e munita di una punta di ferro. Figuratam. e poeticam. per Ful-
mine, Saetta; Conv. li, 6, 90.
Dare, dal lat. dare, verbo di uso comunissimo, che nella Div.
Comm. occorre 114 volte, 45 nell'In/"., 44 nel Purg. e 25 nel Par.
Nella sua pi generale accezione, onde i particolari sensi derivano,
significa Trasferire, Far passare, in altri Fare che persona o cosa ;
abbia, riceva, prenda, e simili, checchessia. E riferiscasi a cose sia
materiali sia immateriali, a propriet e qualit cos morali come
fisiche, e simili. - 1. Per Cedere liberamente ad altri in propriet,
Donare, Kegalare, e simili Conv. iv, 17, 29. - 2. E assolutam. Conv.
;
IV, 27, 101.-3. Per Concedere, Largire, Fare avere, e propriamente
per favore e grazia, detto in particolare di Dio, o di esseri o po-
tenze superiori: Purg. vii, 123. - 4. E reggente un verbo; talvolta
anche semplicemente per Fare o Eender possibile; Par. xxiv, 58.-
5. Detto di Dio, per Concedere, in maniere augurative; Purg.wi, 13,
-
Dare 527
nel qual luogo, come nell'altro Inf. xxxiii, 126, dea forma antica
per DIA; cfr. Nannuc,
Verbi, 562.-6. Dare, riferito a fanciulla ed
anche a donna, vale Maritare, Dare per moglie; Conv. IV, 28, 103. -
7. Per Porgere, Prestare, Offrire, riferito a modo, destro, occasione,
agio, tempo, mezzo, possibilit, materia, e simili, di fare, o per fare
checchessia; Inf xx, 2.-8. E figuratam. detto di luogo; Inf. xu, 9.
Purg. xix, 68. - 9. Per Volgere, Piegare verso, ed altres Tendere,
Porgere, anche figuratam. Purg. ni, 14; xxxn, 108. - 10. E con ma-
niera latiua, e pi che altro poeticam., riferito a spalle, tergo, o
simili, vale Volgere o Piegare indietro, Eivolgere, Voltare; Inf
xxxi, 117.
11. Dare pure usato per Assegnare, Determinare, Stabilire,
Fissare, e simili; Inf. xx, 110. -12. Eiferito a legge, norma, ordine,
regola, e simili, vale Prescrivere, Stabilire, Porre, e simili; Par.
xxix, 111. - 13. Per Cedere in baratto o contraccambio, Cambiare,
in senso cos proprio come figurato ; Inf. xxx, 78. - 14. Riferito a
nome, vale Apporre, Imporre, ed anche Applicare, ed altres Desi-
gnare con quello; Conv. Ili, 11, 15.-15. Riferito ad acqua, concimi,
rena, calcina, ed altre simili ccse, vale Versare, Spargere, Infondere,
Mettere, e simili; Conv. iv, 9, 94. - 16. F per Spargere, riferito a
fiori, con maniera latina; Inf xxx, 21. - 17. E per Cagionare, Ar-
recare, checchessia; Esserne altrui motivo, occasione, e simili; Purg.
Vii, 55. - 18. Per Causare, Produrre, come proprio effetto o conse-
guenza; riferito anche a cose morali; Conv. ni, 11, 4.-19. E per
Infondere, Conferire, Fare acquistare, riferito a propriet, virt, pre-
rogative, qualit; Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia,
v. 50. - 20. Per Cagionare, Produrre, Infondere e simili; riferito
ad animo, coraggio, baldanza, ecc. Par. XV, 8.
21. Dare vale anche Apportare, Apprestare, Aggiungere e si-
mili, riferito a forza, aiuto, vigore, ecc.; cos in senso proprio, come
figuratam.; Purg. xv, 136. - 22. E per Mandar fuori, Cacciare; ri-
ferito a suoni, grida, voce, ecc. Inf. xxvn, 60. - 23. Per Mandare,
Tramandare, e simili; Inf ni, 133.-24. E per Insegnare, Indicare,
Dire, e simili; Conv. in, 15, 159, nel qual luogo per, invece di
dato alcuni testi, Giul., Moore, ecc., leggono detto, che forse
la vera lezione. - 25. Per Attribuire, Assegnare, come propriet ine-
rente alla cosa di che si discorre, come sua appartenenza, e simili;
o se si parla di persone, come operato da esse, proprio di esse, e
simili; Conv. iv, 15, 42. - 26. E per Attribuire secondo il proprio
giudizio; riferito a ragione, torto, colpa, biasimo, lode, e simili;
Inf. vii, 93. - 27. Riferito a moti del corpo, o ad altro movimento,
sia esso improvviso Fare; Inf xxv, 9.
e involontario, o no, vale
28. Neut. pass., poeticam. per Abbandonarsi, Darsi in bala, Lasciarsi
-
528 Dario-Dassezzo
andare; Inf. xxiii, 44. -29. Per Mettersi, Porsi, a fare alcuna cosa;
e propriamente con zelo, con diligenza, con amore, con alacrit, o
con passione; Inf. xxxiii, 72. - 30. E per Offrirsi, Porgersi, Pre-
starsi, e simili, tale o tale, o per tale o tale; detto di persona,
usato anche assolutam., e altres figuratam.; Purg. XV, 70.
31. Dare, costruito con la prep. Di, reggente il nome della
cosa con che si batte o percuote o ferisce, vale Battere, Percuotere,
e simili; Purg. xu, 21.-32. E col compimento espresso delle parti
della persona percosse comecchessia; Purg. ix, 111.-33. Detto di
vento, e riferito a una determinata parte del corpo, vale Spirare,
Toccarla; e riferito a luogo, Soffiarvi o Spi-
Soffiare, contro di essa,
rarvi fortemente Purg. xxiv, 148. - 34. Keggente un sostantivo, sia
;
mediante l'articolo determinato, e talvolta anche taciuto l'articolo,
forma una locuzione equivalente o al verbo proprio di quel sostan-
tivo o ad un verbo congenere ad esso sostantivo Par. xu, 64. -
;
35. E Reggente un Infinito, mediante la particella A, denota Fare
in modo che altri compia l'azione espressa dall'Infinito suddetto;
Conv. IT, 8, 34. - 36. Dare a morte, vale Uccidere Inf. xvin, 90. - ;
37. Dar l'essere, vale Fare essere. Far vivere, e simili Canz. : Amor,;
che nella mente mi ragiona, v. 27. - 38. Dare, in contratto con un
sostantivo, mediante la particella Di, forma una locuzione che equi-
vale al verbo proprio di esso sostantivo o congenere a quel sostan-
tivo; Purg. xvi, 11.
Dario, Aocpsfog, figlio di Istaspe, padre di Serse, nato nel 550
a. C, regn in Persia dal 521 sino alla sua morte, avvenuta nel 485.
Cfr. Hekodot., hi, 70, 84, 150; iv, 87-120; vi, 102 e seg.; Vii, 1.
Plut., Arist., 5. Dante lo ricorda come padre di Serse; Mon. Il, 9, 34.
Dassai e D'assai, Di molto, Di gran lunga, A gran pezza;
Inf. xxix, 123. Cfr. assai.
Dassezzo e Da sezzo, da ultimo, finalmente. Etimologia
incerta; forse dal lat. da sequius, oppure da secius (=pi lento,
pi tardo), e dalla prep. Da; cfr. Diez, Wrt. il 66. Inf. vi, 130.
3
,
Purg. xxv, 139. In quest'ultimo luogo i pi spiegano Dassezzo per
add., come sezzaio =
l'ultima piaga, ci che al Bl. sembra gram-
maticalmente impossibile. - Lan. : La settima ed ultima plaga. -
Cass. : Ultima litera que denotat ultimum peccatum mortale.
Benv. : Ultimum peccatum, scilicet peccatum luxurise. - Buti : Lo
peccato de la lussuria, che l' ultimo de' sette peccati mortali, che
piaga l'anima come lo coltello il corpo. - An. Fior.: La VII et
ultima piaga, ovvero P, che dall'Agnolo gli fu fatto nella fronte. -
Serrav.: Plaga de sezzo, idest ultima. - Land.: La piaga che
Dati-Davanti 529
ha fatto la lussuria nell'anima, la quale da sezzo, perch l'ul-
tima. - :La
colpa ultima, la quale questa de la carne. -
Veli.
Dan.: Il peccato della lussuria, che il sezzaio, cio l'ultimo di
tutti gli altri.
Dati. La famiglia Dati, abbench dell'ordine popolare, era
assai potente in Lucca sul volgere del dugento; e vogliono gli scrit-
tori di quella citt che ripeta l'alto suo stato da un Giovanni che
fu eletto' cardinale dei SS. Sergio e Bacco intorno all' 825. La sua
maggiore celebrit l'ebbe in Buonturo (Bonaventura), posto da Dante
all'Inferno tra i barattieri (Inf. xxi, 41; cfr. Bonturo). Fu costui di
professione speziale e capo del partito popolare sul principio del
secolo XIV; ebbe moltissima parte nel governo dei Guelfi di quei
giorni, e fu anche ambasciatore a Bonifazio Vili. Caduti questi
guelfi accaniti col ritorno dei grandi e dei ghibellini, il Dati dov
fuggire, e ripar a Firenze, dove mor. La pietra che cuopriva le
sue ceneri trovavasi al tempo di Stefano Rosselli nel sotterraneo di
S. Maria Novella. Quetate le cose di Lucca, tornarono ad abitarvi
i discendenti di Buonturo, e vi ebbero tutti gli onori municipali,
compreso il Gonfalonierato, anco dopo che la riforma Martiniana
gli ebbe ristretti alle sole case magnatizie. Si mantennero ricchi
fin oltre la met del sec. XVI; ma erano ridotti in basso stato al-
lorch si estinsero alla morte di un Piero nel 1655. Convien rite-
nere che tornando in Lucca mutassero i Dati lo stemma loro, av-
vegnach ben diverso lo usarono da quello che trovasi sulla tomba
di Buonturo in S. Maria Novella. Bettino Dati, che fu sepolto in
S. Masseo di Lucca nel 1430, ha scolpita sul suo sepolcro l'arme
sua, composta di un'onda azzurra posta in banda nel campo d'oro.
Lord Vernon, Inf., voi. n, 459 e seg. Cfr. Todeschini, Scritti su D.,
li, 370 e seg.
Datore, Verbal. masc. da Dare, dal lat. dator, Chi o Che d;
Conv. i, 8, 40, 4L
Dttero, dal lat. dactylus, e questo dal gr. SaxxoXog, Frutto
d'una specie di palma, il quale ha una sottil buccia gialla scura
e lucente, ed un nocciolo coperto da una polpa dolcissima e buona
a mangiarsi. Riprender dattero per fico, trovasi detto ironica-
mente e in modo proverbiale, per Ricevere meritamente pena gra-
vissima di grave peccato; Inf. xxxiii, 120.
Davanti, e poeticam. Davante, dalla particella da e avanti,
Prima, Innanzi, Alla presenza. Nella Div. Com. questa voce occorre
18 volte, cio (giova notarlo) in ogni Cantica sei volte; Inf. v, 34;
34. Enciclopedia dantesca.
530 David-Debilit
VI, 39; 103; xvn, 124; xx, 38; xxxii, 22. Purg. i, 39, 98; li,
ix,
76; xii, 117; xxvi, 49; xxix, 73. Par. v, 90; vili, 136; TX, 66; xxix,
145; xxxii, 91; xxxiii, 111. - 1. Prep. di luogo, significante rela-
zione di collocamento, postura e simili, di cosa o persona rimpetto
ad altra o a riscontro di altra; ed altres di vicinanza, prossimit;
e vale Innanzi, Avanti, Alla presenza, Nel cospetto; anche figuratam.
Inf Vi, 39; ix, 103, ecc. - 2. In forma d'Avverb. di tempo, Prima,
Innanzi, Antecedentemente; Par. ix, 66, ecc. -3. Avverb. di luogo,
Avanti, Dinanzi, Dirimpetto, Di contro; Purg. i, 39, ecc. - 4. E
figuratam. Par. v, 90. - 5. Esser davanti una cosa, detto poeticam.
per Esser essa pienamente manifesta, nota interamente; Par. vili,
136. - 6. Veder davanti, vale Spinger lo sguardo oltre di se, in lon-
tananza; Inf xx, 38.
David. TH e "WTT
T
(=il Diletto, L'amato), nome del figlio mi-
nore di Isai, il Salmista e secondo re d'Israele, che regn dal 1075
al 1035 La sua storia: Begum, lib. I, xvi-lib. Ili, li. Paralipom.,
a. C.
lib. I, xn-xxx. Nominato Inf IV, 58; xxviii, 138. Ricordato il suo
trasferimento dell'Arca del Patto a Gerusalemme, Purg. x, 64 e seg.
Par. xx, 37 e seg. Detto il sommo cantor del sommo Duce, cio
di Dio, Par. xxv, 72. Ricordato come discendente di Rut, Par.
xxxii, 11 e seg. pure nominato o ricordato o citato: Conv. il,
1, 45; il, 4, 30; II, 6, 75; ni, 4, 57; IV, 5, 29, 33, 34; IV, 12, 60;
IV, 19, 43; IV, 23, 61. Mon. i. 13, 20; I, 15, 15; il, 1, 30; II, 10, 60;
ni, 1, 21; in, 4, 60; ni, 15, 23.
De, De', cfr. Di.
Dea, dal lat. dea, Nome di qualunque divinit mitologica di
sesso femminile. 1. Poeticam. detto di qualsivoglia essere fantastico,
a cui attribuiscano qualit e persona di Dea; Conv. iv, 12, 56. -
si
2. Per similit. e poeticam. sono chiamate Dee le tre Virt Teolo-
gali, Purg. xxxii, 8, ed i tre ordini degli Angeli detti Dominazioni,
Virt e Potest, Par. xxviii, 121.
Debile, debole; Par. ni, 14; xxin, 78. Cfr. debole.
Debitamente, debolmente; Purg. xvn, 6. Cfr. debolmente.
Debilit, dal lat. debiltas ; 1. L'essere debole; Debolezza,
Fiacchezza di Forze, riferito al corpo dell'uomo o ad alcuno de' suoi
organi; Conv. ni, 9, 98.- 2. E figuratam., riferito all'animo, alla
mente, all'intelletto, e simili; Conv. ni, 4, 27.
-
Defoilitare-Debolmente 531
"Debilitare, dal lat. debilitare, Far divenir debole, Scemare
le forze o il vigore, Affievolire; e riferiscesi cos al corpo umano,
come ai sensi, alle potenze, e simili; Conv. in, 9, 113.
Debilitato, dal lat. debilitatus, Scemato di forza, di vigore ;
Indebolito, Affievolito; Conv. Ili, 9, 103.
Debitamente modo debito, Secondo il dovere, il di-
; 1. In
Meritamente, Giustamente; Inf. iv, 38.
ritto, la giustizia e simili;
Conv. IV, 8, 111. - 2. E per Secondo convenienza, o proporzione,
Convenevolmente, o Proporzionatamente; Conv. I, 5, 68; in, 15, 89.
Debito, Add., dal lat. debitus, Che dovuto altrui per qual-
sivoglia ragione. - 1. Che richiesto, voluto, e simili, da natura,
legge, rito, consuetudine, e simili Inf. xxvi, 95. - 2. Che secondo
;
la natura delle cose, ovvero Che richiesto, voluto dalla natura o
dal fine dell'azione, Che quale deve essere; Conveniente, Appro-
priato, Proporzionato, e simili; Conv. i, 4, 16; IV, 25, 96.-3. E per
Meritato, Giusto, Degno, Condegno, e simili; Inf. Xiv, 72.-4. E
figuratam. Ci che richiesto dalla natura di una cosa, o Che al-
cuno pu ricevere in virt della propria natura; Conv. in, 6, 70;
iv, 27, 79.
Debito, Sost., debitum, Quello che dobbiamo altrui,
dal lat.-
e dicesi propriamente di denaro; contrario di Credito. E figuratam.,
Obbligazione che l'uomo contrae per la colpa verso la giustizia di-
vina; Purg. x, 108.
Debole, poeticam. Debile, dal lat. debilis; 1. Di poca forza,
Che ha poco vigore di membra, poca energia vitale; Fievole. -
1. Detto delle membra, o di un organo del corpo animale; ed al-
tres di stato o condizione di esso; Par. xxni, 78. Conv. IV, 28, 105.
2. Detto d'intelletto, ingegno, ecc., vale Scarso, Poco, Meschino;
Cam.: Amor, che nella mente mi ragiona, v. 16. - 3. Per Che
fa poca impressione in alcuno dei sensi, Che viene ad esso in un
modo languido e appena percettibile, detto tanto di cosa, quanto di
colore, suono, voce, e simili; Par. in, 14. - 4. E detto di qualsi-
voglia cosa morale, di argomenti, ragioni e simili, Che ha poco va-
lore, Che manca di forza, virt, possanza, efficacia, Che poco conclude,
e simili; Conv. iv, 6, 118.
Deboletto, diminut. di Debole; Un po' debole; Vit. N. ni, 23.
Debolmente e Debolemente, poeticam. Debilmente
e Debilemente, In modo debole, Con debolezza, Senza energia.
E per In modo incerto, languido, Languidamente; Purg. xvn, 6.
532 Decenne-Decina
Decenne, dal lat. decennis, Che ha dieci anni, o Che dura da
dieci anni; Purg. xxxii, 2.
I>echinare e Dichinare, 1. Aver pen-
dal lat. declinare;
denza o inclinazione, Volgere gradatamente al basso; Inf. xxvni, 75.
Purg. I, 113. - 2. Figuratam. e poeticam., detto di giorno, notte od
altro periodo di tempo, Volgere al termine del proprio corso; Purg.
Vii, 43. - 3. Neut. pass, per Scendere, Scorrere in giti, ed altres
Volgersi in basso; detto di cose naturali; Inf. xxxn, 56.-4. E per
Scender gi da luogo elevato; Discendere; anche figuratam. Canz.:
Amor, che nella mente mi ragiona, v. 41. Conv. ni, 14, 78.
Dci, lat. Decii, illustre famiglia romana, della quale i pi ce-
lebri membri sono: 1. P. Decius Mus, tribuno militare, che salv Cor-
nelio Cosso, chiuso dai Sanniti nelle gole di Satricolo (343 a. C ;
cfr. Tit. Liv., Vii, 34 e seg.). Eletto console nel 340 insieme con
Tito Manlio Torquato, nella guerra contro ivot agli Dei
Latini si
d'Averno per assicurare ai Komani la vittoria, e, gittatosi in mezzo
ai nemici, cadde morto trafitto da mille colpi; cfr. Tit. Liv., vili, 6
e seg. Cic, Div. Iustit. i, 24, 51. Tuscul., i, 37, 89. - 2. Il di lui
figlio P. Decius Mus, console nel 332 a. C, il quale mor nella
battaglia di Santinum, sacrificandosi egli pure agli Dei d'Averno
per salvare la patria; cfr. Tit. Liv., x, 27 e seg. -3. Il costui figlio
P. Decius Mus, console nel 279 a. C, il quale combatt contro Pirro
e contro gli schiavi; cfr. Flok.,* 1, 18, 21.-4. P. Decio, tribuno
popolare nel 121 a. C; cfr. CiC, De Orai, il, 30, 132. Brut, 28, 108. -
5. P. Decio, ricordato con disprezzo da Cicerone, Phil. XI, 6, 13.
Quando Dante ricorda con lode i Dci, e' non intende naturalmente
che dei tre primi; Par. vi, 47. Conv. iv, 5, 90. Mon. il, 5, 90.
Decima, Offerta che, secondo le leggi mosaiche (cfr. Demi.
vii,30 e seg.), facevasi dalle altre trib a quella dei Leviti, dando
ad essi per loro sostentamento la decima parte delle raccolte; Par.
xii, 93.
Decimare, dal lat. decimare, propriam. Punire i soldati per
qualche grave colpa, con ucciderne d'ogni dieci uno tirato a sorte.
.E per Eecare, Offrire per decima; figuratam. Conv. iv, 27, 62.
Decimo, dal lat. decimus, Add. numerale ordinale di Dieci ;
Purg. xxxiii, 17.
Decina e Diecina, Numero di cose che arriva a dieci, Com-
pagnia di dieci; Inf. xxi, 120.
Deciso-Dedalo 533
Deciso, dal lat. decisus ; 1. Staccato, Allontanato, Eimosso;
Purg. xvn, 111.-2. E per Separato, Diviso; Par. IV, 53, sul qual
luogo il Bl. osserva che Deciso potrebbe essere un latinismo per
Caduto, Disceso, dal lat. decidere. - Ott.: Partita e caduta. -
Buti : Essere partita. Cos pure Veli., Dan., ecc.
Declinare, dal lat. declinare, per Volgere, Andare calando,
verso un dato punto o termine; Par. xxxi, 120.
Declinazione, dal lat. declinatio, come termine grammati-
cale, vale Modificazione del nome nei suoi accidenti, numero, ge-
nere e caso; e dicesi propriamente delle lingue i cui i nomi hanno
casi ; Conv. il, 14, 62.
Declivo,che pi comunemente dicesi Declive, dal lat. de-
clivis,Che declina, Che va gradatamente abbassandosi, Che a
pendo; onde Arco declivo, per II declinare dell'arco; Par. xx, 61.
Decretale, dal lat. decretalis, Add. Aggiunto di bolla o let-
1
tera pontificia; e vale Che 'decreta intorno a casi di disciplina, o
a cose concernenti il governo della Chiesa. E in forza di Sost. per
Bolla o Lettera decretale. Quindi Decretali chiamansi quelle let-
tere o rescritti degli antichi Pontefici, la cui raccolta compone il
secondo libro del Diritto canonico; ed estesivam. dicesi a Tutto
il corpo delle leggi canoniche; ed altres per Diritto canonico; Par.
ix, 134. Mon. ni, 3, 37.
Decretalista, Colui che dotto nelle Decretali, ossia nel
Diritto canonico; Canonista; Mon. ni, 3, 35.
Decreto, Add., dal lat. decretus, Decretato, Determinato; Par.
i, 124; xv, 69.
Decreto, Sost., dal lat. decretimi, Atto col quale si stabilisce
si ordina o si decide intorno a checchessia, da chi ne ha il potere
legittimo. - 1. Figuratam. e poeticam., per Facolt, Autorit, di
fare checchessia, conferita altrui con decreto della potest legit-
tima; Purg. xx, 92.-2. E pur figuratam. per Disposizione della vo-
lont divina, e secondo le credenze pagane, del Fato; Purg. in, 140;
Vi, 30; X, 34. Par. vii, 58.
Decnrio, forma antica per Decurione, dal lat. decurio; ter-
mine della milizia romana: Capo di una squadra di soldati, detta
Decuria. E per similit. Capo di dieci persone; Inf. xxn, 74.
Dedalo, lat. Dcedalus, gr. Aa(aXo, personaggio mitico, con-
temporaneo di Teseo e di Minosse, creduto inventore del trapano,
534 Dedotto-Degenerazione
della sega, dell' ascia, degli alberi e delle vele de' bastimenti. Avendo
ucciso per gelosia suo nipote Talos o Tulo, che minacciava di su-
il
perarlo nell'arte, dovette l'uggire da Atene e ricover presso Mi-
nosse nell'isola di Creta, dove costrusse il famoso Labirinto ed altri
Hom., II. xviii, 590). Per aver donato ad Arianne il
edifici (cfr.
filo Teseo pot entrare nel Labirinto senza smarrirvisi,
col quale
Minosse ve lo fece rinchiudere insieme con Icaro suo figlio. Ma
Dedalo corruppe i custodi e fugg col figlio, volando su ali da lui
fabbricate con piume di uccelli legate insieme per mezzo di cera.
Essendo Icaro volato troppo in alto, la cera si liquefece ai raggi
del sole ed Icaro cadde nel mare; cfr. Ovid., Met. vili, 183-235.
Dedalo arriv pertanto solo a Cuma, dove fond un tempio dedicato
ad Apollo; cfr. Virg., Aen. vi, 14 e seg. Passato in Sicilia, il re
Cocalo lo accolse amorevolmente, ma poi lo uccise per paura di
Minosse. nominato come volatore Inf. xxix, 116. Mentovato senza
nominarlo: Inf. xvn, 111. Par. Vili, 126.
Dedotto, e poeticam. Dedutto, dal lat. deductus ; 1. Per
Derivato, Originato; Par. xx, 58. - 2. E poeticam. per Preparato,
Ridotto, Condotto a ricevere una data forma; Par. xiii, 73.
Dedurre, e poeticam. Deducere, dal lat. deducere, Trarre,
Ricavare, per via di ragionamento, da discorsi, da argomenti, in-
dizj, ovvero fatti, alcuna notizia di causa o di effetto, alcuna con-
seguenza, giudizio, e simili.- 1. Riferito a soggetto letterario, detto
poeticam. per Venir trattando di quello; Par. xxx, 35. - 2. In forma
di Neut. Procedere col discorso d'una in altra cosa, Argomentare;
Par. vili, 121. - 3. Neut. pass. Accondiscendere, Indursi, Piegarsi,
Abbassarsi a fare checchessia; Purg. xiv, 77 (cfr. Inf. xxxu, 6).
Definizione, dal lat. defnitio, Breve esposizione o dichiara-
zione dell'essenza, o delle qualit principali, d'una cosa, talch viene
come determinata in certi confini, e distinta da tutte le altre; Conv.
in, 11, 16; iv, 10, 23, 43, 45.
Defunto, dal lat. defunctus ; Morto, Passato di questa vita.
1. Figuratam. e poeticam. detto di vista, vale Perduto; Par. xxvi, 9. -
2. E aggiunto di Mondo, detto poeticam. per Proprio dei dannati;
Par. xvn, 21.
Degenerazione, dal basso lat. degenerano, Il degenerare,
Il divenir dissimile, peggiorando, dalla natura del proprio genere,
o dalla natura propria; Conv. IV, 10, 74.
-
Degnamen te-Dejanira 535
Degnamente, In modo degno, In maniera e misura conve-
niente al merito, alla qualit della persona o della cosa; Par.
xxxn, 72. Vii. N. xiv, 9. Conv. iv, 10, 46.
Degnare, Neut. e Neut. pass., dal lat, dignari ; 1. Compia-
cersi per benignit, per grazia, favore, e simili Purg. i, 84. Par.
;
xn, 138. - 2. E in senso ironico; Purg. xxx, 74. - 3. Att. Stimare,
Reputare, degno; ed altres Fare, Rendere, degno di checchessia;
Purg. xxi, 120.
Degno, Add. usato sovente nelle opere vol-
dal lat. dignus
;
gari di Dante. Nella Div. Comm. si trova 38 volte, 8 neYInf,
14 nel Purg. e 16 nel Par. - 1. Che per le qualit sue, per gli atti,
i costumi, e simili, merita ci che determinato nel suo compi-
mento, e pi specialmente lode o biasimo, premio o pena, onore o
disprezzo, e via discorrendo; Meritevole; ed anche usato senza com-
pimento alcuno; lnf. vi, 79; xm, 75; XX, 104; xxvi, 70. Purg. i, 32;
V, 21; vii, 5, xx, 117. Par. v, 128; vi, 34; xn, 42; xm, 82, ecc.
2. E
detto di cosa, atto, pensiero, affetto, e simili; Par. xxxi, 23.
Conv. IV, 5, 134. - 3. Detto di persona, e riferito a ufficio, grado,
ministero, opera, e simili, vale Che meritevole che le sia affidata,
concessa; usato in poesia anche con la particella A
invece della
particella Di; lnf. i, 122; il, 33, ecc. - 4. E per Giusto, Conve-
niente, e simili; usato di assolutam. nella maniera Esser
solito
degno Purg. XI, 5.
; 5. E detto di persona, vale In-
Par. xn, 34. -
signe, assai stimabile, Meritevole di onore, per virt, dottrina, au-
torit, e simili; e pi genericamente, Che ha egregia qualit; Purg.
in, 100; xxix, 151.
Deh, equivale al quceso dei Latini. Forse dal lat. hee, rinfor-
zata con l'aggiunta della d; oppure dal lat. dee, forma del vocativo
di deus, talora usata dagli scrittori della bassa latinit. Interiezione
ed Esclamazione, che serve ad esprimere diversi affetti e movimenti
dell'animo, come raccomandazione, preghiera, desiderio, meraviglia,
compassione, dolore, pentimento, e simili come pure a dimandare
;
istantemente, ovvero con lusinga; lnf. x, 94; xix, 90; xxi, 128.
Purg. v, 51, 85, 130; xi, 37; xxm, 49, 112; xxvin, 43. Par. ix, 19.
Dei, cfr. Dio.
Dejanira, Oeneo, re di Etolia, e di
figlia di Altea, sorella di
Gorgone e di Meleagro. Fu sposata da Ercole, che combatt per lei
contro Acheloo. Il centauro Nesso che la portava in groppa per farle
traversare il fiume Eveno, tent di sedurla, onde fu ucciso da Er-
536 Deidamia-Delia
cole. Morendo, Nesso le regal la sua tunica, tinta del proprio
sangue, affermando che fosse un talismano da riguadagnarsi al caso
l'amore di Ercole. Dejanira gli prest fede, e diede ad Ercole la
tunica, quando questi erasi innamorato di Iole. Ma la tunica essendo
avvelenata, Ercole ne. mor, onde Dejanira disperata si uccise. Inf.
xn, 68. Cfr. Ercole, Nesso.
Deidamia, figlia di Nicomede, re di Sciro, moglie di Achille,
il quale si celava in abiti femminili nella corte del di lei padre.
Ulisse e Diomede indussero Achille colle loro astuzie ad abbando-
narla per recarsi alla guerra di Troja, onde Deidamia mor di duolo;
Inf. xxvi, 62. Purg. xxn, 114. Cfr. Achille.
Difile, AyjitiXy], figlia di Adrasto, re degli Argivi, e di Am-
fitea; moglie di Tideo, uno dei sette che assediarono Tebe, e madre
di Diomede; cfr. Apollod., i, 9, 13. Purg. xxn, 110. Conv. IV, 25, 59.
Deiforme, dal basso lat. deiformis, Che simile a Dio. E per
Che ha da Dio la forma e l'essenza, Di cui esso quasi il costi-
tutivo; Par. il, 20 (cfr. Par. i, 105).
Deit, e poeticam. Deitade; 1. Divinit, Iddio; Inf xi, 46.
Conv. li, 4, 21. - 2. E per alcuna particolare divinit, specialmente
mitologica; Par. i, 32.
Delectasti, Tu mi hai rallegrato, voce colla quale sono in-
dicati i versi 5 e seg. del Salmo xci : Delectasti me Domine in
factura tua: et in operibus manum tuorum exultabo. Quam magni-
ficata sunt opera tua Domine Versi che dichiarano il motivo della
!
gioia e del sorriso di Matelda, la quale esulta nel vedersi circon-
data da tante meraviglie della divina creazione, come il Salmista si
rallegra delle opere di Dio; Purg. xxviii, 80.
Delfico, da monte Parnaso,
Delfo, citt della Focide appi del
dove Apollo aveva il suo celebre oracolo. Onde Delfica deit, Par.
i, 32, detto invece di Apollo. Apolline Delphos insignes; Hoeat.,
Od. i, 7, 3 e seg. E presso Ovid., Metam. i, 515 e seg. Apollo dice:
Mihi Delphica tellus servit.
Delfino, dal lat. delphinus, e questo dal gr. sXcptv, lvo$, Mam-
mifero marino, dell'ordine dei cetacei, carnivoro, fornito di rostro
e di denti conici, forte e veloce al nuoto; Inf. xxn, 19.
Delia, AvjXtdg, da Delo, una delle isole Cicladi, dove nacque
Diana, la dea della luna. Nel luogo Purg. xxix, 78, la luna stessa
detta Delia. Luna, sic dieta a Delo insula; Benv. - La Luna
Delifoerainento-Delo 537
sichiama Delia da Delo, isula ne la quale Latona partor Febo e
Diana; e Diana chiamata apo li Poeti per tre nomi, cio Diana,
Luna e Proserpina; Diana si dice in quanto reputata iddia di ca-
stit, et abita ne le selve et esercitasi cacciando le fiere; Luna si
dice in quanto sta in cielo ; Proserpina in quanto reina de lo
e
inferno, mollie di Plutone ; unde l' autore pillia in questa parte Delia
per la Luna; Buti.
Deliberamento, L'atto, ed anche L'effetto, del deliberare;
Deliberazione ; Conv. ili, 1, 24.
Deliberare, dal lat. deliberare, Eisolvere, Determinare, Sta-
bilire, con maturo consiglio, dopo aver ben pensato ed esaminato
le ragioni del fare o non fare. E per Eisolvere, Decidere dentro di
s, Giudicare, o simili; Conv. ili, 1, 21.
Delinquere, dal lat. delinquere, Commettere delitto; ed an-
che per Commettere fallo o colpa; Purg. xxxiii, 45.
Delirare, dal lai. delirare, Aver perduto la chiara percezion
delle cose e il sconvolgimento delle
diritto uso della ragione, per
facolt mentali ed esaltazione della fantasia, causati da qualche ma-
lattia. Poeticam., e con forza desunta dal significato etimologico
della parola, usato per Uscire dalla via e qualsi dal solco diritto
del vero, Deviare, in senso figurato; Inf. XI, 76.
Deliro, dal lat. delirus, Delirante, Vaneggiante, Che fuori
di s; Par. I, 102.
Delizia, dal lat. delicia, Cosa che per la sua rarit e delica-
tezza, o per la sua eleganza, amenit, e simili, ci diletta soavemente.
E per Dilettazione, Diletto, Piacere, Godimento, sia spirituale, sia
sensuale; Purg. xxix, 29. Par. xxxi, 138.
Della Bella, Della Pera, Della Pressa, Della
Saimella, cfr. Bella, Pera, Pressa, Sannella.
Delo, oggi Idilo o Dili, la pi piccola delle isole Ci-
AyjXos,
cladi al Nord Nasso, celebre in antico per il suo culto a Diana
di
e ad Apollo. Secondo la mitologia Nettuno la fece uscire dalle acque
con un colpo del suo tridente, affinch Latona, perseguitata dalla
gelosia di Giunone per terra e per mare, trovasse finalmente un
asilo dove poter mettere al mondo i suoi due figli; quindi l'isola,
da prima galleggiante, fu resa stabile e permanente in ricompensa
di aver dato ricetto ai due numi; cfr. Viro., Aen. ni, 69 e seg.
Georg, in, 6. Ciris, 474 e seg. Ovid., Met. vi, 189 e seg. - Delo....
538 Del tutto-Demonio
fu molto viziosa di tremuoti, e brevemente elli erano s grandi che
non si poteano edificare alcuni edificii per casamenti Dan. E
si ;
lo stesso dicono pure Ott., Petr. Dani., Cass., JBenv., An. Fior., ecc.
Infatti di questi grandi tremuoti fanno menzione Erodoto (vi, 98;
cfr. Etjst. Dionys., 525), Tucidide (il, 8), Plinio (Hist. Nat. iv, 22)
ed altri (cfr. Tzez., Lycophr., 387, 402, 1141). Nel luogo Purg.
XX, 130 pare che Dante alluda a tali fenomeni piuttosto che al favo-
loso galleggiare dell'isola, al quale non troppo felicemente avrebbe
paragonato il forte tremuoto della montagna del Purgatorio.
Del tntto, Totalmente; Inf. ix, 119 ; xvi, 69; XX, 17; xxix, 28.
Purg. xin, 31. Cfr. tutto.
Delubro, dal lat. delubrum, Tempio, e specialmente Tempio
pagano ; Par. vi, 81.
Delndere, dal lat. deludere, Ingannare altrui nell' aspetta-
zione, nella speranza, nella fede, ecc. Par. ix, 100.
Demente, dal lat. demens, Che ha perduto la mente, ossia il
senno; Mentecatto; Coni), ni, 2, 114.
Democrazia, dal gr. STjiioxpaxta, Quella forma di reggimento
politico nella quale governa il popolo; Governo di popolo, il quale,
secondo Dante, costringe il genere umano alla servit; Mon. i, 12, 37.
Democrito, ATjfixpcxog, filosofo greco nato in Abdera nella
Tracia verso il 465 a. C. Dicono che suo padre fosse assai ricco ed
accompagnasse Serse nella sua spedizione contro i Greci. Mortogli
il padre, Democrito impieg le ricchezze ereditate per viaggiare
in Egitto e nell'Oriente centrale (cfr. CiC, Fin. v, 29, 87). Mor
vecchio nel 361 a. C. Insieme con Lencippo suo maestro, Democrito
ritenuto l'uno dei principali fondatori della dottrina degli atomi.
Cfr. Magneni, Democritus reviviscens, seu vita et philosophia De-
mocriti, Pavia, 1646. Liard, De Democrito philosopho, Par., 1873.
Dante lo ricorda Inf. iv, 136. Conv. Il, 15, 43; in, 14, 55.
Demoioonte e Demofonte, Avjjiocpwv e Avju-ocpwv, figlio
di Teseo e di Fedra, re d'Atene; prese parte alla guerra di Troia
e liber Aitra sua ava, che Elena aveva menata a Troia come schiava.
Eitornando da Troia s'innamor di Filide, la quale egli abbandon
prima di sposarla. Cfr. Hom., II. Ili, 144. Ovm., Heroid. il, no-
minato Par. ix, 101. Cfr. Kodopea.
Demonio, e poeticam. Dimonio, dal lat. dcemonium, e
questo dal gr. Souu-vtov; 1. Spirito maligno, nemico del bene, e che
Den-Denno 539
incita l'uomo a mal fare; ed altres Ciascuno degli Angeli ribelli
cacciati dal cielo insieme con Lucifero; ai quali la fantasia popo-
immagina come ministri di
lare d figura orribilmente brutta, e g'
Lucifero; Inf. xiv, 44; xvni, 35, 64; xxi, 47, 103; xxn, 13; xxiv,
113; xxxili, 131.-2. Seguendo parecchi Padri della Chiesa, i quali,
fondandosi sulle parole di San Paolo, I Cor. x, 20: Quse immolant
gentes, dsemoniis immolant et non Deo, si avvisarono, non essere
stati gli dei pagani altro che demoni, Dante popol il suo Inferno
di divinit pagane, alcune delle quali chiama espressamente demoni;
Inf. in, 109; vi, 32. - 3. E poeticam., per Anima dannata, Dannato;
Inf. xxx, 117. - 4. Figuratam. vale Persona fieramente e terribil-
mente malvagia, ovvero eccessivamente iraconda; Purg. xiv, 118, nel
qual luogo Maghinardo Pagano da Susinana, capo della nobile fa-
miglia dei Pagani di Faenza, chiamato il demonio della mede-
sima. Cfr. Leoncello. - Pagani, de qua casa est domnus Maghi-
nardus de susinana ultimus de domo suo dieta pagani quem vocat
demonem ratione sue astutie et sagacitatis; Cass.- Quando Ma-
ghinardus morietur, quem vocat dsemonem per pulcerrimam me-
taphoram. Dsemon enim interpretatur sciens; et est dsemon bonus
et malus apud latinos, ut sanissime patet per Augustinum de Ci-
vitate Dei, e per Chalcidium super Timseum Platonis. Iste autem
fuit astutissimus et sagacissimus hominum, quales aliqui alii fue-
runt in Eomandiola, quos ab astutia poeta noster numeravit cum
Ulyxe capitulo XXVII Inferni. Sicut enim Komandiola habet aliqua
ingenia angelica, ita habet aliqua diabolica; Benv. - Lo quale
l'autore chiama dimonio per la sua iniquit; Buti. - Dice l'Aut-
tore che egli era della natura del diavolo, che quando piglia et ap-
pare in forma umile per ingannare altrui, et quando in maniera
aspra et dura per spaventare altrui An. Fior. - Chiamalo diavolo
;
perch era molto astuto; Land.- Quem vocat Demonem propter
immensam eius astuciam; Tal. - Mainardo signore d'Imola e di
Faenza, cognominato Diavolo; Veli.- Mainardo, detto sopra nome,
Diavolo; Dan.
Den, devono; Inf. xxxiii, 7. Purg. xm, 21. Cfr. dovere.
Denaro Danaro,
e dal lat. denarius, propriam. Nome della
principal moneta d'argento dei Romani, che da prima valeva dieci
assi, e di poi ne valse sedici (= 85 centesimi) pi tardi fu moneta
;
d'oro, del valore presso a poco di 25 denari d'argento; ne' bassi
tempi poi fu moneta di rame, equivalente all'asse. usato per Mo-
neta in generale; Inf. xxi, 42; xxn, 85.
Denno, devono; Inf. xvi, 118. Cfr. dovere.
540 Denominare-Dentro
Denominare, dal lat. denominare, Dare o Imporre il nome,
e propriamente deducendolo da un altro nome, o da una qualit
della cosa denominata; Conv. II, 8, 13; iv, 20, 11, 14.
Denso, dal lat. densus;
Add., detto di corpo solido, vale Che
1.
ha le molecole strettamente aderenti tra loro, Ben serrato, Chiuso;
contrario di Raro, Poroso; Par. il, 60; xxn, 141. -2. E in forza di
Sost. Ci che denso, Materia densa, Corpo denso, Parte densa
di checchessia; ed altres per Densit; Par. n, 67, 146.
Dente, dal lat. dens, dentis ; 1. Organo di materia congenere
a quella delle ossa, il quale, ftto in ciascuno degli alveoli delle
mascelle, e rivestito in parte dalle gengive, serve singolarmente a
prendere e masticare il cibo; Inf. in, 101; vii, 114; vili, 63; xxi,
131, 138; xxvii, 48; xxx, 35; xxxn, 36, 128; xxxin, 77; xxxiv, 55.
Purg. xxiv, 28; xxxiii, Par. iv, 3. Conv. I, 7, 43. - 2. E in locuz.
27.
figurata, e altres figuratam. Purg. vi, 32. Par. vi, 94; xxvi, 51. -
3. Mettere i denti in chicchessia o checchessia, vale poeticam. Ad-
dentarlo; Inf. xin, 127. -4. Mostrare i denti, vale figuratam. Mo-
strarsi ardite, coraggioso, e risoluto, contro a chi vorrebbe offenderci
o sopraffarci; Par. xvi, 116.
Dentro, voce composta da di e entro (o dal lat. de ed intra?),
che si trova qualche centinaio di volte nelle opere volgari di Dante. -
1. Prep. che denota la relazione di stato o di moto alla parte inte-
riore di una cosa. Regge il suo termine o indirettamente mediante
la particella A, o direttamente; Inf. vi, 27; IX, 26; xxvii, 95. Purg.
ni, 26; vii, 76; x, 1; xxx, 28. Par. x, 41; xvm, 122;xxn, 31. -
2. Pure nella medesima relazione, anche figuratam. o in locuz. figu-
rata, dentro, presso gli antichi, reggeva spesso il suo termine me-
diante la particella Da invece di Di; Inf. ix, 125; XI, 16; xiv, 103.
Purg. XII, 53; xvn, 23; xxvi, 24. Par. il, 112, 119; xxn, 111;
xxvi, 82. - 3. Dentro, in forza di Avverb. di luogo; e uniscesi coi
verbi cos di stato come di moto: Nella parte interiore, Nell'in-
terno, Interamente; Par. xiv, 1.-4. E figuratam. per Dentro di s,
Neil' interno dell'animo, In cuore, Nella mente Purg. IV, 68 xxiv, 54. -
; ;
5. In forza di Sost., vale Parte interna, L'interno, e anche Lato in-
terno di checchessia. In locuz. figurata, Conv. n, 1, 56. - 6. E figu-
ratamente, Animo, Interno dell'animo, e altres Mente; e pi che
altro usato con un adiettivo possessivo; Conv. Il, 8, 27, 58. -
7. Mettere dentro chicchessia o checchessia, con relazione a luogo
recipiente espresso o sottinteso, vale Farcelo entrare, Introdurvelo;
Inf. ni, 23.
;
D'entro-Derivare 541
D' entro, Di entro Quella d' entro, Inf. xxm, 27, vale V ima-
;
gine del tuo interno, cio i pensieri e i concetti che tu hai ne
l'animo; Geli. - D'entro le leggi, Par. vi, 12, vale Dal corpo,
Da mezzo leggi
levai il superfluo (il troppo) e l'inutile (il
alle
vano). Poteva essere una medesima cosa utile in pi luoghi, ba-
stava che fosse in uno, e cos ne tolse il troppo levandone gli altri
che erano di soperchio; potea anche essere che tra quegli che erano
soperchi v' era uno pi utile e pi necessariamente detto rite- :
neva che v'era di quello che non era punto utile, e quello ne tol-
leva; Buti.
Denudare e Dinndare, dal lat. denudare, Far nudo, Spo-
gliare. Figuratam. Vit. N. xxv, 76.
Denudato e Diimdato, dal lat. denudatus, Spogliato,
Nudo; e figuratam. Privo, Mancante e simili; Conv. Ili, 2, 89.
Deo, dal lat. Deus, forma antica e poetica per Dio; Purg. xvi, 108.
Cfr. Dio. Nei luoghi Purg. x, 44; xvi, 19. Par. xn, 93; XV, 29, Dei,
il genitivo latino =
Di Dio. - Deo, Purg. xx, 136, il dativo
lat.= A Dio. - Al plur. Dei, per Le divinit pagane; Inf. i, 72;
xxxi, 95. Purg. xv, 98; xxr, 126. Par. i, 69. E per Le intelligenze,
oppure Gli Angeli che governano i cieli Inf. vii, 87. ;
Deono, Devono; Inf xix, 3. Cfr. Dovere.
Depende, lo stesso che Dipende, come hanno alcuni testi ;
Par. xxviii, 42. Cfr. Dipendere.
Deposto, lat. depostus, Partic. pass, di Deporre; Posto gi,
Tolto Ada, e simili; Purg. xr, 135; xvm, 84.
Deposizione, dal lat. depositio, L'atto del privare solenne-
mente alcuno di un'alta dignit o carica; Mon. in, 6, 2.
Depressione, dal lat. depressio, L'atto e L'effetto del de-
primere o del deprimersi, Abbassamento. E figuratam. per Abbas-
samento in senso morale; sia riferito a potenza, autorit, orgoglio,
e simili; sia direttamente a persona; Conv. i, 11, 1.
Derelitto, dal lat. derelictus, Partic. pass, di Derelinquere
Abbandonato del tutto o da tutti; Par. IX, 134; xn, 113.
Deridere, dal lat. deridere, Spregiare con riso, Schernire, Bef-
fare; Purg. xx, 88. Par. iv, 57.
Derivare, dal lat. derivare; 1. Neut. e poeticam. anche in
forma di Neut. pass., Discendere o Spiccarsi, e propriamente a modo
542 Derivato-Desiante
di rivo, Scaturire, Aver origine; ed anche semplicemente Correre,
Scorrere, detto di acque; Inf. vii, 102; xiv, 122. Purg. xxxiit. 127.
Par. il, 142. - 2. In locuz. figur. e figuratam. Par. iv, 116; xxx, 87.
Conv. ni, 13, 68.
Derivato, lat. derivatus, Partic. pass, di Derivare; e in
forma d'Add., Originato, Che ha suo principio, da checchessia; Conv.
in, 7, 19.
Derivazione, dal lat. derivatio, L'atto e IT effetto del de-
rivare. E
per Principio, Origine, ed altres Etimologia, parlandosi
di vocaboli; Conv. iv, 6, 29.
Derogare, dal lat. derogare, Togliere, in certi casi o per ispe-
ciali ragioni, vigoreod effetto, per autorit pubblica. E figuratam.,
riferito ad atto o detto antecedenti, di qualsiasi natura o forma,
Togliere valore, efficacia; Conv. i, 1, 84.
Descrivere, 1. Rappresentare, parlando
dal lat. describere;
d'un luogo, d'un fatto, d'una cosa, delle
o scrivendo, ogni particolare
qualit fisiche d'un uomo, ecc.; Figurar con parole; Inf. xxxn, 8.
Purg. il, 44 (nel qual luogo per, invece di faeia beato pur de-
scripto, molti testi hanno parea beato per iscritto; cfr. Moore,
Crit.j 372 e seg.); xxix, 97. - 2. E per Dichiarare, Spiegare, Defi-
nire; Purg. xyiii, 12. - 3. E per similit. Purg. ix, 112.
Deserere, lat. deserere, Abbandonare, Lasciare in abbandono;
ed altres Trascurare; Inf. xiv, 99; xxvt, 102. Purg. vi, 105; xvi, 58.
Par. xv, 120; xix, 117.
Deserto e Diserto, dal lat. desertus; Add.; 1. detto di
luogo, Che privo affatto di abitanti e non coltivato; ed altres
per semplicemente Disabitato, Solitario; Inf. i, 29; n, 62; xiv, 99.
Purg. i, 130; xvi, 58. Conv. iv, 27, 127. - 2. Detto di via, strada,
e simili, vale Che poco frequentata dai passeggieri; ed altres
Che fuor di mano, Eemota; Purg. ni, 49.
Deserto e Diserto, desertum; 1. Vasta pianura
dal lat.
senz'acqua, senza vegetazione, coperta solamente di sabbia o di
ghiaja, e perci affatto disabitata. E per estens. Paese sterile e
poco coltivato; Inf. i, 64. Purg. x, 21; xxn, 152. Par. xxxn, 32.-
2. Per similit., Deserto detta la vita umana; Purg. XI, 14.
Desiante e Disiante, Pieno di deso; Desideroso; Par. v, 86.
Dcsianza-Desiderio 543
Devianza e Disianza, Deso, Desiderio; Par. xxn, 65; xxm,
39; xxxiii, 15.
Desiare e Disiare,
dal sost. deso e Disio 1. Lo stesso che ;
Desiderare; Inf. xxx, 140. Purg. xxix, 5. Par. ni, 73; v, 119; XV,
66; xxn, 18; xxm, 14; xxvn, 135. - 2. E assolutam. Purg. in, 40. -
3. E reggente altra proposizione per mezzo della cong. Che, o altro
verbo all'Infinito, sia in modo diretto, sia mediante la particella
Di; Inf. il, 71.
Desiato e Disiato, Desiderato; Inf. v, 133. Purg. xxxin,83.
Par. xxm, 4.
Desiderabile, dal lat. desiderabilis ; 1. Da essere desiderato,
Che pu desiderare; Conv. IV, 12, 44.-2. E in forza di Sost., per
si
Oggetto desiderabile, Bene, e simili; Conv. iv, 12, 127, 130, 132.
Desiderante, lat. desiderans ; 1. In forma d'Add., Che desi-
dera, Che ha desiderio, Desideroso; Conv. IV, 13, 57.-2. E in forza
di Sost., Colui che desidera; Conv. in, 10, 14.
Desiderare e Disiderare, Vol-dal lat. desiderare; 1.
gersi coli' affetto verso cosa che non si possiede e che piace; Averne
gran voglia, Appetirla; Par. in, 65; xxvi, 120. Conv. iv, 12, 120
e seg. - 2. E reggente un verbo all' Infinito, direttamente o per mezzo
della particella Di; Inf. xxx, 137.-3. E fguratam. Conv. in, 6, 54.
Desiderato, lat. desideratus ; 1. Partic. pass, di Desiderare;
Par. i, 77. Conv. i, 1, 36. - 2. E in forma d'Add. Conv. iv, 4, 40.
Desideratore, Verbal. masc. da Desiderare, Chi o Che de-
sidera; Conv. IV, 6, 56.
Desiderio, dal lat. desiderium ; 1. Movimento della volont
verso cosa che non si possiede, e che piace; Voglia grande, Appe-
tito; Inf li, 136. Purg. xv, 53. Par. xxxm, 48. Conv. iv, 12, 49, 101. -
2. E fguratam. Conv. IV, 12, 103. - 3. Pur figuratane, per Ci che
uno desidera, Ci che l'animo desiderando appetisce; Conv. in, 15
passim. - 4. Dar desiderio a uno, vale Fare in esso nascere desi-
derio; Conv. in, 1, 8.
Desiderio, Desiderius, duca di Tuscia, e dal 756 in poi re
dei Longobardi, fatto prigioniero da Carlo Magno nel 774, onde
ebbe fine il regno dei Longobardi. Cfr. Abel, Untergang des Lon-
gobardenreichs in Itaien, Gottingen, 1859. Dante ricorda Desi-
derio Mon. ni, 11, 3.
544 Desideroso-Destare
Desideroso e Disideroso, Che ha desiderio, Pieno di
desiderio ; Inf. x, 48. Purg. xx, 146. Par. il, 2. Conv. iv, 25, 49.
Deso e Disio, o da destro e distro, o dal basso lat. desi-
rium per desiderium, fognata la r. Nella Div. Com. questa voce
si trova 50 volte, 10 neWInf, 14 nel Purg. e 26 nel Par. - 1. Lo
stesso che Desiderio; Par. xxxiii, 46. Conv. in, 10, 7. - 2. Figuratam.
per Ci che uno desidera, Ci che l'animo desiderando appetisce;
Purg. xxiv, 111. - 3. E in senso particolare, per Persona amata e
desiderata; Son, : dolci rime, che parlando andate, v. 14.-
4. Per Istinto, Naturai talento Inf. v, 82. - 5. Essere altrui in
;
desio di far checchessia, vale Averne quegli il desiderio, Deside-
rarlo; Par. v, 113.
Desiosamente, Desiderosamente, In modo desideroso, Con
Con amore; Cam.: Amor, che
desiderio; e anche Affettuosamente,
nella mente mi ragiona, v. 2.
l>esirare e Disirare, voce poetica, dal sost. desire e di-
sire, lo che Desiare, Desiderare; Purg. vii, 26; xv, 104;
stesso
xvil, 128. Par. n, 125; iv, 72; vi, 144; xxvii, 135 (nel qual luogo
invece di disiea la volg. legge con alcuni codd. disia), xxx, 132.
Desire e Disire, ed anche Desiro e Disiro, dal basso
lat. desirium per desiderium ; 1. Lo stesso che Desio, Desiderio;
Inf. v, 120; x, 6. Purg, xv, 49; xvni, 31; xxn, 4; xxiv, 153; xxv,
106; xxvi, 137; xxxt, 22, 118. Par. in, 74; IV, 10; vi, 115; vili, 30;
xvin, 15, 133; xxvn, 103; xxxi, 65; xxxiii, 143.-2. Figuratam. per
Ci che uno desidera, Ci che l'animo desiderando appetisce; Par.
i, 7.-3. E in senso particolare, Persona desiderata ed amata;
Par. xxni, 105.
Desistere, dal lat. desistere, Non continuare. Figuratam. detto
di azione, Finire, Terminare; Par. xxx, 31.
Desolato, dal lat. desolatus, per Vuoto di abitatori, Diser-
tato, Grandemente afflitto; Vit. N. xxxi, 3.
Desso, da esso, prepostavi la d ora per rafforzamento, ed ora
per semplice eufonia dinanzi a parola terminante in vocale. Pro-
nome riferente persona innanzi nominata, e usato ad affermare iden-
tit, e propriamente con una certa insistenza. Significa Quella per-
sona stessa, Quella persona e non altra; Inft xxvin, 96.
Destare, forse dal lat. de e stare, quasi Fare che alcuno da
giacere sorga in piedi ; oppure da eccitare, premessavi per intensit
Destato-Destro 545
di suono la d. - 1. Scuotere comecchessia dal sonno, Richiamare dal
sonno alla veglia, Svegliare; Inf. iv, 3; xxm, 38.-2. Figuratam.
Eccitare, Muovere, Stimolare a checchessia o a far checchessia, ri-
ferito anche a cuore, mente, animo e simili; Purg. xviii, 21. -
3. Neut. pass. Scuotersi dal sonno, Svegliarsi e per similit. e poe-
;
ticamente Sorgere da giacere; Inf. vi, 94.
Destato, e per sincope Desto, Svegliato, Che non dorme;
Inf xxm, 38; xxxm, 37, 43. Par. xn, 76.
Destino, da destinare, e questo dal lat. destinare; propriam.
Quella divinit che i Pagani immaginavano sovrastasse a tutto,
anche agli Dei; ovvero Legge suprema ed immutabile formata dagli
Dei medesimi; Fato. Per i cristiani, in quanto si concepisca come
alcun che di sovrumano, vale Disposizione della divina Provvi-
denza, Occulto ordinamento di Dio sebbene nel linguaggio figurato
;
e poetico si usi talvolta nel senso antico e pagano; Inf xv, 46;
xxxii, 76.
Desto, cfr. destato.
Destra, dal lat. dextra, sincope di dextera, voce usata 26 volte
nella Div. Coni., 11 (ix, 132; xu, 97; xv, 98; xvn, 31, 118;
neWInf.
xviii, 22, 71; xxm,
31, 129; xxvi, 110 xxxiv, 43), 9 nel Purg. (i, 22;
;
vii, 46; xi, 49; xn, 100, 133; xix, 81; xxit, 122; xxv, 110, xxix, 121)
e 6 volte nel Par. (in, 110; vi, 26; x, 97; xv, 6; xx, 128; xxvn, 46).-
1. La mano destra, cio la mano che dalla parte del fegato, la
quale, per concorrervi maggior quantit
di sangue, e per essere
adoperata ordinariamente pi dell'altra, pi vigorosa e pi agile;
Purg. xn, 133, ecc. - 2. E figuratam., per Aiuto, Favore, Volere o
simili, divino nelle locuzioni Destra di Dio, del cielo, e simili;
Par. vi, 26. - 3. Destra, vale anche Parte, Lato, dalla mano destra;
e dicesi tanto di persona, quanto di cosa o di luogo in relazione
alla natnrale positura della persona che parla o di cui si parla. Di
:
qui le maniere comuni A destra, Alla destra, Balla destra, sia in
modo assoluto, sia con compimento, che valgono Dalla mano o Dalla
parte destra; Purg. vii, 46, ecc.
Destro, dal lat. dexter, voce che nella Div. Gom. occorre
15 volte, 6 neWInf. (ix, 47; xiv, 110; xvi, 112; xxi, 82; xxx, 93;
xxxi, 87), 6 nel Purg. (in, 89; x, 26; xm, 14; xxvi, 4; xxx, 116;
xxxn, 16) e 3 nel Par. (xv, 19; xvm, 52; xxxii, 124). - 1. Aggiunto
di mano, braccio, ecc., vale Che dalla parte del fegato; contrario
di Sinistro; Inf. x?xi, 87. Purg. xxxn, 16. Par. xvi, 112, ecc. -
35. Enciclopedia dantesca.
546 Determnare-Detto
2. Per Che , Che sta, Che rimane dalla parte destra dell'uomo,
Che Che corrisponde ad essa;
in relazion di posizione con essa,
detto di parte, luogo, cosa; Purg. ni, 89. -3. Figuratam. e con pro-
priet latina, vale Favorevole, Propizio, e anche Felice; Inf. xxi, 82. -
4. E figuratam. per Buono, Virtuoso; Purg. xxx, 116. - 5. E in forza
di Sost., per Parte destra; quindi le maniere A destro, In destro,
per significare A destra, Dal lato o Sul lato destro; Par. xv, 19.
Determinare, dal lat. determinare, Indicare con precisione,
Circoscrivere, e simili, checchessia;1. Figuratam. per Dichiarare, Di-
mostrare, Divisare, e simili, checchessia; Conv. Il, 14, 124; iv, 18, 1. -
2. E in senso pi particolare, Dichiarare l'essenza, la natura, di chec-
chessia; Definire; ed altres Accertare, Porre in sodo, e simili; Conv.
tv, 10, 35.
Determinato, lat. determinatus, detto di numero, quantit,
e simili, vale Indicato precisamente, Specificato; Par. xxix, 135.
Detrimento, dal lat. detrimentum, Danno, Pregiudizio. E in
senso morale e figuratam., vale Conculcazione, Depressione, ed anche
Dispregio, Avvilimento; Conv. IV, 7, 79.
Detrndere, dal lat. detrudere, Cacciar gi, o fuori, con vio-
lenza, Precipitare, Inabissare ; Par. xxx, 146.
Dettare e Dittare, dal lat. dictare, Dire parola per parola
quel che altri ha da scrivere. 1. Figuratam. e poeticam., per Ispi-
rare, Far pensare o sentire in un dato modo; ed anche Regolare,
Dar norma; Purg. xxiv, 54.-2. E per Dire, Esporre, Insegnare,
Mostrare, e simili; Purg. xiv, 12.
Dettato, dal lat. dictatum, Modo come una scrittura det-
tata o composta; Dicitura, Stile; Conv. iv, 2, 84.
Dettatore, dal basso lat. dictator, Chi o Che detta ci che
altri deve scrivere; Mon. in, 4, 62.
Detto, dal lat. dictus, usato in forma di Add. 1. Poeticam., per
Espresso altramente che con la voce, Rappresentato; Par. xvm, 90. -
2. E per Gi indicato o nominato, Sopraccennato, e simili; riferito cosi
a cosa come a persona, anche con l'ellissi dell'articolo; Inf. v, 49. -
3. Per Designato con un dato nome, titolo, soprannome, o simili,
Indicato con quello, Chiamato, Nominato; Inf. xvm, 1.-4. Nel
luogo Purg. xxx, 100 la lezione disputabile. Gli uni leggono in
su LA detta coscia, cio sulla sponda sinistra del Carro, gi detta
nel v. 61 dello stesso canto. Cos col S. Cr., Beri, Cass. ed altri
Detto-Devotamente 547
codd., le ediz. Nidob., Pad., Viv., Quattro Fior., Mauro Ferr.,
Witte, Fanf., Moore, ecc., ed i comment. Cass., Buti, Lomb., Portir.,
Costa, Ces., Wagn., Borg., Br. B., Frat., Greg., Andr., Triss., Cam.,
Frane, Corti., Poi., ecc. Altri leggono invece in su la destka co-
scia. Cos col Vat., Vienn., Stocc. ed altri codd., gli edit. Foig.,
Iesi,Mant., Nap., Aid., Burgofr., Gio., Rovil., Sessa, Cr., Coni.,
Dion., De Boni., Fosc, ecc.; ed i comment. Ott., Benv., Serrav.,
Land., Veli, Boi., Vent., Pogg., Biag., Tom., Mart., Bennass., ecc.
Dante dice che Beatrice era pur, cio ancor sempre, ferma su quella
coscia; e prima, nel v. 61, aveva detto che era In su la sponda del
carro sinistra; n egli fa un cenno che da quella sponda Beatrice
passasse alla destra. Sembra quindi evidente che detta la vera
lezione.
Detto, Sost., dal lat. dictum; 1. Ci che alcuno dice, Parola;
Inf. xxix, 125. Conv. IV, 15, 76.-2. Poeticam., per Ci che si con-
tiene nel detto; Concetto, Pensiero; Purg. vi, 33; xxxiii, 75. Conv.
IV, 18, 20. - 3. E men lungo di parole, Di-
per Complesso pi o
scorso; e talvolta anche semplicemente, Affermazione, Proposizione;
Inf. x, 76; xxvi, 75. Par. xm, 109. - 4. Nel plur., per Componi-
menti in versi, Lavori letterari, Scritti; Purg. xxvi, 112.
Deturpare, dal lat. deturpare, Far divenire sconciamente
brutto, Guastare in mal modo l'originale bellezza di una cosa; e
per estensione, Guastare comecchessia, Insozzare, Imbrattare. Detto
figuratam. Par. xv, 147.
Dens venernnt gentes, parole colle quali incomincia il
Salmo lxxviii: Dio, le nazioni sono entrate nella tua eredit,
hanno contaminato il Tempio della tua Santit; hanno ridotta Ge-
rusalemme in monti di ruine. Il Salmista piange in questo Salmo
la desolazione della santa citt e le orribili stragi fatte dagli As-
sidi e dai Babilonii in Israele. Dante applica queste parole alle
miserie della Chiesa, raffigurate Purg. xxxn, 106-160. Per lui le
genti sono il gigante e la meretrice, V eredit di Dio il popolo
cristiano, il Tempio il Carro, figura della Chiesa; Purg. xxxm, 1.-
Illa verba prophetica Psalmistse vera prophetia sunt prassentis sta-
tus Ecclesia; Petr. Dani. E gi i SS. Padri avevano osservato che
in senso allegorico si deplorano nel detto Salmo le persecuzioni sof-
ferte dalla Chiesa e dai fedeli in tutti i tempi, e s' invoca la ven-
detta di Dio sugli empi oppressori.
Devotamente e Divotamente, Con devozione o divo-
zione, In modo devota o divoto; Purg. vili, 13. Par. xxn, 12, 121.
548 Devoto-Di
Devoto e Divoto, dal lat devotus, che valeva Dato, Offerto
in sacrifizio. Per Compreso di devozione, Che in atto di grande
1.
e pio raccoglimento Purg. vili, 16 xm, 82 xxm, 21 Par. xxu, 106
; ; ; .
;
xxiv, 29. - 2. E per Sottomesso, Obbediente al volere di Dio; Purg.
xxix, 28, 119. Par. xxvi, 94. - 3. E per Intento alle cose della re-
ligione, Dato ai- servigi della Chiesa; Purg. vi, 91.-4. Detto di
atti, e simili, vale Fatto con devozione, Che dimostra, Che significa,
devozione; Purg. xxm, 88. Par. xiv, 22; xxi, 60; xxxin, 42.-5. E
per Disposto, Apparecchiato, ad ubbidire e servire altrui con affetto;
ed altres Pronto a far sacrificio di s medesimo per chicchessia o
checchessia; Purg. xxxn, 107. - 6. E per Dipendente, Fedele; detto
fguratam. Par. xxxi, 117. - 7. E usato in forza d'Avv. per Devo-
tamente e Divotamente; Purg. ix, 109. Par. n, 46.
"Devozione e Divozione, dal lat. devotio, devotionis,
L'esser devoto; Pio affetto e pronto fervore verso Dio, e verso le
cose sacre; Volont di far prontamente quello che appartiene al
servigio di Dio; Par. X, 56.
Di, dal lat. de; Preposizione che serve principalmente a deno-
tare propriet e appartenenza, cos nel proprio come nel figurato.
E in questa relazione fa l' ufficio che appresso i Latini faceva il
genitivo. Serve pure ad altri usi, nei quali il Di corrisponde ve-
ramente al De, ili Ex o E, e talora anche &lYAb o A dei Latini.
1
Questa prepos. si trova pi volte ad ogni pagina delle opere volgari
di Dante, come di altri scrittori.
1. Si unisce frequentemente cogli articoli, e se ne formano le
preposizioni articolate Del, Dello, Degli, Delli, Dei e De Della,
1
,
Delle; Inf. i, 8, 9, 17, 20, 23, 31, 37, 43, 54, 72, 82, ecc. - 2. Di
elidesi sempre dinanzi a voce incominciante per i; ma spesso anche
dinanzi a voce incominciante per altra vocale; Inf. xxvn, 6Q. Par.
XI, 40. - 3. Di si us senza l'articolo in costrutto che lo richiede-
rebbe; Purg. vi, 70. - 4. Ed ordinariamente taciuto dinanzi al re-
lativo Cui, al pronome Loro, e, pi che altro poeticamente, dinanzi
a Costui e Costei, ma
us anche tacerlo dinanzi a Lui, Lei, Colui,
si
Colei, quando o il detto relativo sono preposti al nome
tali pronomi
o al verbo da cui dipendono; Inf. v, 104. Par. xn, 44. Canz.: Amor,
che muovi tua virt dal cielo, v. 52. - 5. Ed pur taciuto spesso
dinanzi alle voci Sorta, Qualit, e simili Par. Ili, 59. ;
6. Di serve a reggere l' infinito di un verbo dipendente da un
altro verbo, o da una maniera verbale, come pure a reggere l'in-
finito di un verbo dipendente da sostantivo o da adiettivo; Par.
Vi, 90. - 7. Talvolta la particella di reggente un infinito trovasi
-
Di 549
separata da esso per l' anteposizione del compimento dell'infinito
stesso; Inf xxiii, 34. Purg. v, 57. - 8. Di regge il termine che
compimento di un nome verbale; Inf iv, 139. Par. xxix, 13.-9. Regge
altres il compimento di un comparativo o di un superlativo, ovvero
di una locuzione comparativa o superlativa; Conv. Il, 9, 56, 58.
10. Di serve alla relazione di propriet possesso, appartenenza,
e simili, ed indica il termine, del quale una cosa, sia materiale sia
morale, propria, o dal quale posseduta; ed in pi largo signifi-
cato, il termine in cui , si trova, ed a cui comecchessia si rife-
risce; Inf ix, 63. Par. i, 1. Conv. iv, 8, 41 e seg. - 11. Indica altres
appartenenza a un ordine, ceto, famiglia, cittadinanza, e simili; e
parlandosi di cose, appartenenza a una classe, categoria, novero, e
simili; Inf iv, 39. - 12. E con ellissi del termine, come Uno o Al-
cuno, da cui logicamente dipende il sostantivo retto dalla particella
Di; Inf xv, 121. - 13. E nella medesima relazione, serve spesso a
reggere nome di casato, o cognome; Par. 126.-14. Serve
xvi, 92,
altres ad indicare la persona, presso la quale alcuno adempie un
ufficio, o dalla quale comecchessia dipende; Inf. xxn, 49.-15. Pure
parlandosi di persona, serve a denotare parentela, affinit o cogna-
zione; Inf xvi, 37. Purg. xx, 52.- 16. E con ellissi molto frequente
della voce Figliuolo o Figliuola; Purg. xiv, 101.
17. Di serve alla relazione di moto, e indica il termine o il
punto, onde una cosa o una persona si muove, parte o si allontana;
ed equivale a Da. usato anche figuratane, o in locuzioni figurate;
Par. i, 134. - 18. Serve altres a denotare il termine onde una cosa
o persona rimossa, allontanata, e simili; ed usato anche in lo-
cuzioni figurate; Inf ix, 91. Purg. xxiii, 89. - 19. Kegge pure il
primo termine di cambiamento, mutazione, trasformazione, e simili,
in senso tanto proprio quanto figurato; e spesso in correlazione
con le particelle A e In; Inf. xxv, 73. Purg. xiv, 50. Par. xxxi, 85.
20. Regge pure il termine di proscioglimento, liberazione, preserva-
zione, e simili; anche figuratam. Purg. xxiii, 90.
21. Di serve alla relazione di origine, discendenza, provenienza,
parlandosi d'individui, di famiglie di popoli; Inf. xv, 61; xvi, 58.-
22. Regge pure il termine del luogo dove alcuno ha avuto i natali,
ovvero dove ha fermato la propria dimora; e forma con esso come
una maniera aggiuntiva; Purg. xxvi, 120. Par. xxx, 148. - 23. Indica
pure il termine della persona o della cosa, onde proviene, deriva,
s'informa, ovvero si ha, si riceve, checchessia; cos al proprio come
nel figurato; Par. i, 52.
24. Di
serve ad indicare cagione, ragione, motivo, e simili, onde
una cosa, un fatto, una data condizione o qualit, , procede o di-
pende; Inf xxvt, 69. Purg. xill, 57.
550 Di
25. Di mezzo, ed altres lo strumento, onde
serve a denotare il
si fa o si si produce o nasce qualche effetto;
compie checchessia,
ed equivale alle preposizioni Per. Per )ne::o di o Con; Inf xvui, 65.
Purg. xir. 21. - 26. E nello stesso senso trovasi riferito a vocaboli
come mezzo ad esprimere i nostri pensieri: Conv. iv, lo, SO. -'27. Pure
nella medesima relazione, dipendente dal verbo Lavorare o simile,
ovvero dal sost. Jlaestro o simile, regire il termine denotante lo stru-
mento o la materia proprj di una data arte, anche preso figuratali), pei
l'arte stessa, o l'esercizio della medesima: Purg. xn. 64.-28, Regge
altres il termine denotante la cosa, al cui servigio destinata o
appartiene, come mezzo o strumento, quella significata dal termine,
da cui dipende essa particella: anche figuratasi. Inf xm. 59.
'29. Di serve a denotare la materia, onde una cosa si costituisce,
si compone, si forma, sia in tutto sia nella maggior parto: Inf.
xiv, 106, 108.-30. E in particolare serve a determinar ci che vesto.
orna, arma, cinge, munisce, e simili: anche riguratatn. Purg, \\\. 81,
Par. I, 26. - 31. Serve pure a determinare la materia contenuta in
qualsiasi recipiente; Par. xxvn, 26. - 32. Ed altres all'idea di for-
mazione, composizione, e simili, denotando gli oggetti, o coso, co-
stituenti un tutto; Inf. xv, 16. - 33. E serve a reggere il termine
che come l'obietto, ovvero la ragione, il motivo, l'occasione, e
simili, di una data azione, sia che questa esca o non esca dal sog-
getto; ovvero di una data condizione o modo di ossero: e spesso
equivale a Circa, Intorno o Rispetto a. Quanto a. Sopra e simili;
Inf. ir, 74: xxvi, 80, 81. Purg. ni, 56.-34. E in particolare regge
il subietto di discorso, scrittura, dimanda, risposta, e simili; Inf.
xx, 1. Purg. i, 4. Par. xx, 38.
35. Di regge termine di qualsivoglia affetto o pas-
altres il
sione, espresso da un da un adiottivo: Inf. xiv, 93. Purg.
sost. o
xix, 111. - 36. E serve a reggere l'obietto designante l'altrui pro-
fessione, istituto di vita, esercizio, studio, ecc.; Inf. xxvn, 67.
37. Di serve a denotare il modo, la maniera, come si fa alcuna
cosa, o si compie alcun atto; ed equivale a Con, In, e talora anche
ad A; Inf. xiv, 28, 59. Par. iv, 2.-38. Reggente un sostantivo che
denota persona, compone con esso una maniera esprimente modo di
essere, qualit, carattere, e simile, che distingue essa persona; Inf.
IV, 44; xxiv, 129.-39. E nella medesima relazione, regge un so-
stantivo denotante cosa; Iif. ni, 26.-40. Parimente riferito a per-
sona, e dipendente da un adiettivo, serve a determinare la condizione,
il modo di essere, e simili, rispetto alla cosa espressa dal nome retto
da essa particella; Purg. x, 122.-41. Kegge il termine dipendente
da un nome astratto, che, ridotto al concreto, sarebbe qualificativo
di esso termine; Inf. x, 59.
Di 551
42. Di nella relazione di scopo, fine, intenzione, dipendente da
un sostantivo, serve a indicare il fine per cui fatto, detto, scritto, e
simili, quel che dal secondo termine significato; Purg. xxvi, 118. -
43. Regge il termine di tempo o di stagione, in che si fa o avviene
checchessia; ed equivale a In; Inf. xvn, 49; xxxn, 26.-44. Di-
pendente da un sost. regge il termine che serve di compimento e
di determinazione al significato di esso, tanto se il primo termine
della frase rispetto al secondo sia logicamente soggetto, quanto
il
se sia l'oggetto; Inf. v, 125; xxxiii, 16. Purg.
35.-45. Reggente
x,
un nome proprio di citt, terre, castelli, provincie, luoghi, ovvero
fiume, lago, mare e simili, in dipendenza da un nome appellativo;
Par. xv, 137.
46. Di spesso ha valore partitivo, e accenna alcuna quantit o
parte della cosa significata dal nome che retto da esso; Purg.
xxxn, 135. Par. i, 4.-47. E riferito a cose immateriali Par. iv, 102.-
;
48. Denota altres che il soggetto, di cui si parla, partecipa della
qualit significata dal nome retto da essa particella; Inf. xv, 63. -
49. Dipendente dalle voci Molto, Poco, Tanto, Punto, Nulla, e
simili, compone una maniera la quale torna a un adiettivo di quan-
tit, opposto al termine retto da essa particella; Purg. xxiv, 152.-
50. E nello stesso costrutto e col medesimo valore, si us di con-
cordare in genere le voci Molto, Poco, Tanto, Troppo, e simili,
col sost. fem. da cui dipendono; Purg. ix. 125.-51. Regge un sost.
significante pluralit di cose o di persone, e tutta la locuzione equi-
vale a Parte di, Alcuni di, e simili; Conv. IV, 11, 84.
52. Di soggiungesi
ad altra preposizione, come Appresso, Con-
tro, Incontro, Dentro, Fuori, Intorno, Presso, Sopra, Sotto, Verso,
Inverso ed altre, e serve come a meglio determinare la relazione
espressa dalla preposizione medesima; Inf. I, 23. - 53. Premettesi
alle particelle Dentro, Sopra, Sotto, In su, e simili, a denotare
ora il primo termine del moto, ed ora la situazione di colui che
compie una data azione Purg. xiv, 19. - 54. Premettesi ad avverbj
;
di luogo, come Qua, L, Col, Cost, Su, Gi, Sopra, Sotto ed altri,
e compone con essi una locuzione avverbiale denotante il termine
primo, od ultimo, o medio del moto, ovvero il termine della quiete.
Riferisces cos a luogo come a tempo, e usasi anche in maniere
figurate; Inf. ni, 119; v, 43; xv, 49. - 55. In correlazione di In
reggente lo stesso nome che essa preposizione, e serve a formare
una maniera, denotante moto successivo da luogo a luogo, o da cosa
a cosa; Inf. xxi, 1. Par. xvn, 115.
56. Di reggente un compone con esso una maniera
sostantivo,
avverbiale, denotante mezzo o modo compiere un atto, come, ad
di
esempio, Di botto, Subito, Inf. xxn, 130; Di colpo, A un tratto,
552 D-Diafano
Inf. xxn, 124; Di Di rimbalzo,
forza, Fortemente, Inf. xiv, 61;
Di rintoppo, nomi. - 57. Pure reggente certi
ecc. Cfr. ai respettivi
sostantivi, forma una locuzione equivalente all'avverbio corrispon-
dente ad esso sostantivo; come Di concordia per Concordemente,
Di cuore per Cordialmente, Di grazia per Gratuitamente, Di ve-
rit per Veramente, e molte altre, che si notano sotto il respettivo
nome. - 58. E reggente un adiettivo, serve a formare una maniera
avverbiale equivalente all'avverbio formato da esso adiettivo, come
Di nuovo per Nuovamente, Purg. xvni, 27; xxn, 116; Di subito
per Subitamente, Inf. x, 67 xxi, 69, ecc., ed altre, che si dichia-
;
rano al loro luogo.
D apocope di die, e questo dal lat. dies ; lo stesso che Giorno.
Nella Div. Coni, questa voce si trova 29 volte, cio 8 nell'In/".
(xiv, 54; xv, 47; xxiv, 3; xxv, 80; xxxni, 65, 67, 72, 74), 16 nel
Purg. (i, 75; V, 115; Vi, 113; vii, 60; Vili, 3; ix, 59; xn, 81, 84;
xv, 2; xvn, 63; xix, 38; XX, 101, 121; xxi, 25; xxm, 76; xxvil, 88),
e 5 nel Par. (xi, 63; xiv, 57; xvi, 34; xvn, 51; xxv, 102). -1. Per
Quello spazio di tempo che il sole sta sopra il nostro emisfero. Nel
qual senso chiamasi D artificiale; e il suo contrario Notte; Purg.
xn, 81. Conv. in, 6, 11, 18. - 2. Poeticam. per Luce del giorno;
Lume, ed anche Calore, diurno; Purg. vii, 60; xix, 38.-3. Come
indicazione di tempo, in senso solenne, massime in quanto si riferisca
o all'intervento della volont divina nelle cose umane, o a cosa so-
prannaturale secondo che indicato da qualche aggiunto. Onde Gran
;
d, per 11 giorno del giudizio finale; Purg. i, 75. Conv. IH, 15, 144. -
4. Per II giorno della morte; nel qual senso pi spesso si congiunge
con gli adiettivi Ultimo od Estremo, o coi possessivi; Inf. xiv, 54;
xv, 47. - 5. Di d e di notte, e pi comunemente per ellissi D e
notte, o Notte e d, ed anche Per d e per notte, sono maniere avver-
biali di tempo, che valgono Continuamente, Sempre; Purg. vi, 113. -
6. Di d in d, posto avverbialmente, vale Da un giorno all'altro,
Giorno per giorno, Giornalmente; ed anche Ogni giorno pi; Par.
XI, 63.-7. Il d, usato assolutam. e a modo d'avverbio, vale Nel
giorno, Durante il giorno opposto di Nella notte, Durante la notte,
;
ed anche Nella sera, Durante la sera; Purg. XX, 121.- 8. L'altro
d, vale II giorno seguente anche usato a modo di avverbio Inf.
; ;
xxxin, 65. - 9. Tutto d, che anche scrivesi congiuntamente Tut-
tod, e Tutto '1 d, posto avverbialmente, vale Continuamente, Del
continuo; Par. xvn, 51.- Cfr. Die.
Diafano, dal gr. Siacpavvjs; 1. Aggiunto di quei corpi traverso
ai quali passa liberamente la luce, onde si posson vedere le cose
Dialettica-Diana 553
poste di l da essi Trasparente Conv. il, 4, 9 HI, 4, 8; ni, 10, 27. -
; ; ;
2. In forza di Sost. L'esser diafano, Qualit di diafano, Diafanit;
Conv. in, 7, 19-33.
Dialettica, dal lat. dialectica, e questo dal gr. oiocXsxtcxy];
termine delle Scuole. Arte del disputare o del discutere: ed una
parte della Logica; ma talvolta prendesi per la logica stessa; Conv.
il, 14, 42, 66, 74.
Diamante, adamas, adamantis, prov. diaman, frane.
dal lat.
diamant, spagn. diamante; Corpo il pi duro che si conosca, lucido
e trasparente, la cui sostanza carbonio cristallizzato, e che sfac-
cettato chiamasi Brillante; Purg. IX, 105, nel qual luogo il diamante
figura la fermezza e costanza del confessore; cfr. Ezecil, in, 9. Cos
Lan., JBenv., Buti, An. Fior., Land., Veli., Dan., ecc. Invece Serrav. :
Hec significant speculationem, quam debet habere peccator, qui con-
fitetur in conscientia omnia peccata mortalia sua, magna et parva et
venialia, et condictiones eorum et quod confessio fiat integra, non
;
dividendo peccata per partes, et diversis confessionibus revelando,
ita quod remaneat scrupulus conscientiae et quod fidenter confitea-
;
tur, sicut stat et qualis fuit, dum esset in peccatis, in quibus non
cognoscebat se. E il Lomb., seguito da molti moderni: Dovrebbe
cotale durissima pietra indicare il sodo incorruttibile fondamento
della Chiesa autorizzata ad assolver le colpe. - Cfr. adamante.
Diametro, dal lat. diametros, e questo dal gr. Sidjisxpog;
propriam. Quella linea che va da un punto della periferia d'un cir-
colo o della superficie d'una sfera, al punto opposto, passando pel
centro di esso circolo o di essa sfera. Quindi per similit. Dia-
metro, parlandosi di corpi che abbiano forma circolare o sferica, vale
Quella linea che immaginiamo andare da un punto all'altro della
loro periferia o superficie, passando per il centro, e a cui riportiamo
la misura di essi. Quindi II diametro della terra, Conv. Il, 14, 71;
di Mercurio, Conv. li, 14, 68; del Sole, Conv. iv, 8, 38, 41.
Diana, Diana, gr. "ApTejjxg, figlia di Giove e di Latona,
lat.
sorella di Apollo, laDea della castit e della caccia, ricordata come
esempio di castit, Purg. xxv, 131, nel qual luogo da leggere si
tenne Diana, come hanno quasi tutti i codd. (cfr. Moore, Crii., 420),
le prime 4 e moltissime altre ediz., Lan., Ott., Cass., Falso Bocc,
Benv., Buti, An. Fior., Serrav., Land., Tal., Veli., Dan., ecc. Alcuni
leggono invece: corse Diana; cos Aid., Burgofr., Bovil., Crus.,
Comin., Dion., Vent., Pogg., Biag., Fosc, Tom., ecc. Ma, quando
essa scoperse la colpa di Elice, Diana era nel bosco, non le occor-
554 Diana-Diaspro
reva quindi di corrervi; cfr. Ovid., Met. il, 453 e seg. L'esempio
di Diana dice due cose : 1. Diana si tenne al bosco, dilettandosi dei
faticosi esercizj della caccia per conservarsi pura e casta. 2. Diana
cacci dal bosco Elice, per mantener pura e casta anche la dimora
sua e delle sue ninfe. Cfr. Com. Lips. il, 515 e seg. -Diana pur
chiamata Delia, Purg. xxix, 78; Phcebe, Mon. i, 11; Trivia, Par.
xxiii, 26; figlia di latona, Par. x, 67; xxn, 139, ecc. Cfr. questi
singoli nomi.
IMaiia, fiume sotterraneo, che si credeva scorresse sotto la citt
e territorio di Siena; Purg. xni, 153, il qual luogo sembra ripro-
durre un frizzo fiorentino in beffa dei Senesi; cfr. Aquarone, Dante
in Siena, 68 e seg. Rondoni, Tradiz. popol., 49 e seg. -Diana
un fiume che si dice che va sotto per terra a Siena, e dicesi s'elli
lo potessono trovare che quella terra sarebbe ubertosa d'acqua; e
molte fiate hanno li Senesi fatto cavare per la terra entro, e mai
non l'hanno potuto trovare; sicch grande speranza hanno avuta in
trovarla in comune, e maggior l'hanno avuta quelli officiali ch'hanno
tolto a trovarla, e pi ve n'hanno perduta; Lan. Lo stesso ripete
pure YOtt. - Senensis adeo creduli sunt quod arbitrantur, quod
quidam fluvius ibi sub terra sit, et quod aperiatur ; Petr. Dant.-
Lo stesso ripetono Cass., Falso Bocc. ed altri. - Diana dicebatur
esse fluvius, de quo fuit olim opinio in civitate Senarum, quod la-
beretur sub terram ideo diu laboraverunt, et cavaverunt multum
;
pr ipso inveniendo, nec adhuc inventus est; Benv. -E cos anche
il Buti. - Qui sono due oppenioni, l'una eh' e Sanesi credono a
una favola che si dice che presso a Siena, per lo contado loro, correa
sotto terra uno fiume chiamato Diana; et per trovarlo v'hanno fatto
molta spesa, et tutta l'hanno perduta. veramente parlando alle-
gorice, TAuttore intende che, perch i Sanesi hanno caro di fiume
che corra per Siena, egliono hanno studiato et molto studiono in
fonti, et in Fontebranda et nell'altre fonti fatte in Siena, dove hanno
fatto venire per condotti et caverne sotto terra molti rivi d'acqua
di molti fonti et da lungi et da presso, et hannovi fatta per pi
tempi molta spesa: onde l'Auttore allegorice vuole dire eh' egliono
cercono di trovare Diana, ci la Dea delle fonti An. Fior. ;
Dianzi, avverb. di etimol. incerta; forse dal lat. de ante; o
dalla particella di e dalla preposiz. anzi; oppure dall' avv. dinanzi,
fognata la n; Poco fa, Poco innanzi; Inf. x, 112. Purg. li, 64; vi, 50;
ix, 52, 89; xx, 122; xxi, 35; xxm, 132.
Diaspro, dall' antiquato giaspide, derivato dal lat. jaspis, e
questo dal gr. 'iaoiug; per la mutazione del g in d, si cambi in
Diavolo-Dicitore 555
diaspide, per accorciamento, in diaspo, a cui fu per epentesi
e,
interposta nella fine la r. Pietra silicea dura ed opaca, che s' an-
novera tra quelle di minor pregio, ed di varj colori. Figuratam.
vale Inflessibilit, Durezza d'animo, e simili; Canz.: Cos nel mio
parlar voglio esser aspro, v. 5.
Diavolo, dal basso lat. diabolus, e questo dal gr. 8ia(3oXc, che
propriamente vale Calunniatore; 1. Spirito maligno, nemico del bene,
e che incita l'uomo a mal fare, Demonio; e propriamente II capo o
principale degli spiriti ribelli cacciati dal cielo, Lucifero; Inf.
xxiii, 143.-2. E per Ciascuno degli spiriti ribelli; immaginati
dalla fantasia popolare in forme orribili e stranamente brutte, e
considerati come ministri di Lucifero; Inf. xxi, 29, 92; xxvm, 37;
xxxn, 108; xxxin, 145. In quest'ultimo luogo invece di un diavolo
parecchi testi hanno il diavolo; cos leggendo diavolo avrebbe il
primo senso.
Dibarbare, Svellere dalle barbe; che pi comunemente dicesi
Sbarbare. In forma di Neut. pass. Svellersi dal suolo, Troncarsi dalle
radici ; Purg. xxxi, 70.
Dibattere, dal lat. dibatuere; 1. Agitare, Dimenare, Muovere
in qua e in l, Crollare, e simili ; Inf. xxvn, 132. - 2. E per Bat-
tere, Percuotere, e simili, detto dei denti; Inf. ni, 101.
Dicente, lat. dicens ; Chi o Che dice; Conv. iv, 12, 55.
Dicere, lo stesso che Dire, forma antica e poetica, usata so-
vente da Dante. Cfr. Dire.
Dieere, Sost., Il dire, L'atto del dire, li discorso; Par. xi, 24;
xxxii, 150. Cfr. Dire.
Dichiarare, dal lat. Far chiaro, Spiegare, il
declarare; 1.
significato di parola, locuzione, sentenza, discorso, e anche di una
dottrina; ovvero la natura, origine, scopo e simili, di checchessia;
Par. vii, 122. Conv. xxiii, 3. Vit. N. xxv, 15.-2. Kiferito a dubbio,
vale Risolvere, Chiarire, Togliere; Conv. iv, 11, 26. Vit. N. xxv, 1. -
3. Per Mostrare, Dimostrare, Far vedere, col fatto; riferito a qualit,
effetti e similiPurg. xix, 115; xxiv, 48. - 4. E poeticam., per Lasciar
;
vedere o discernere; Purg. vili, 51. - 5. Per semplicemente Far sa-
pere, Far noto, Palesare; Inf. xxvm, 91. Purg. xxiv, 90.
Dicbinare, cfr. dechinare.
Dicitore; 1. Chi Che
ne varj sensi del verbo; Conv.
o dice,
5
i, 11, 61; in, 10, 58 (nel qual luogo invece di dicitore alcuni testi
556 Dido-Dieci
hanno datore, altri, seguiti dal Giul. e dal Moore, lodatore). -
2. Riferito a cose letterarie, e pi specialmente poetiche, vale Com-
positore, Scrittore, Autore; Vit. N. xxv, 16, 36.
Ditto, AtcSt, oggi comunemente Bidone, nome della regina fe-
nicia, fondatrice di Cartagine. Era figlia di Belo, re di Tiro, e sorella
di Pigmalione (Purg. XX, 103), il quale successe al padre nel regno.
Secondo Virgilio (Aen. i, 343), seguito da Dante (Inf v, 62. Par.
ix, 98), and sposa a Sicheo (secondo altri al di lei zio Acerbo, sa-
cerdote di Ercole). Avido delle di lui ricchezze, Pigmalione fece
uccidere Sicheo; ma Didone fugg coi tesori del marito, e, dopo aver
errato qua e l, arriv finalmente al golfo di Utica nell'Africa set-
tentrionale, compr un tratto di terreno da Iarba, re di Mauritania
(Purg. xxxi, 72) e vi fond (nell' 888 a. C), la citt di Cartagine.
Si uccise per evitare le nozze con Iarba, e fu venerata dai Carta-
ginesi come Dea (cfr. Justin., xviii, 4-7). Secondo Virgilio Didone
viveva ai tempi di Enea, del quale si innamor, e, vedendosi da
lui abbandonata, si uccise per disperazione (Aen. iv). ricordata
Inf. v, 61, 85. Purg. vili, 9. Conv. iv, 26, 48. Mon. il, 3, 81 e seg.
Ganz.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro, v. 36.
Die, dal lat. dies, forma primitiva di D, rimasta soltanto nel
linguaggio poetico. 1. D, Giorno; Par. vii, 112. Conv. in, 15, 133. -
2. E figuratam. Purg. xxx, 103.-3. Di die in die, posto avverbial-
mente, vale Giorno per giorno, Giornalmente; Par. xvi, 8.
Die, Dici ; Purg. .xxv, 36. Die forma antica, usata anche in
prosa. Cfr. Nannuc, Verbi, 570 e seg.
Dieci, dal lat. decem, anticamente e poeticamente Diece,
Add. numerale cardinale indeclinabile; Inf. xvn, 32; xvni, 9; xix,
110; xxii, 13; xxv, 33; xxix, 118. Purg. xxix, 81; xxxm, 43. Par.
vi, 138; xxvn, 117. Conv. il, 15, 23 e seg. -1. Adoperato nel plur.
come a modo di Sost., sottinteso il nome espresso antecedentemente
nel discorso, che si rileva dal contesto Inf. xxv, 33. - 2. In forza
;
di Sost. usato nel numero sing., vale II numero o La somma di
dieci, Diecina; Par. vi, 138; xxvn, 117. - E
pure in forza di Sost.,
3.
per La cifra o figura, sia romana sia arabica, che rappresenta il
Dieci; Purg. xxxm, 43. -4. Le dieci corna, Inf. xix, 110, figu-
rano, secondo i pi, i dieci comandamenti del decalogo; cfr. CORNO. -
5. Anche i dieci passi, Purg. xxix, 81, figurano secondo il pi dei
commentatori, i dieci comandamenti, F osservazione dei quali ne-
cessaria per ottenere i doni dello Spirito Santo. Ma come pu una
distanza figurare i dieci comandamenti? E perch dice Dante quanto
Diecina-Dietro 557
al mio avviso, come se egli non avesse saputo che i comandamenti
sono precisamente dieci? Dieci essendo il numero compiuto, perfetto
(Conv. Il, 15, 23 e seg.), sembra che i dieci passi figurino piuttosto
la compiutezza e perfezione della illuminazione e santificazione ac-
cordata alla Chiesa dallo Spirito Santo. Cfr. Numero, Passo.
Diecina, Numero di cose o persone che arriva a dieci; Inf.
xxi, 120. Cfr. Decina.
Dimi, mi diedi; Purg. xxx, 51. Cfr. Nannuc., Verbi, 557.
Dicane, ne diede, diede a noi, per Diemmi, diede a me; Inf.
TX, 13.
Dierno, diedero, sincope di dierono; Inf. xxx, 94. Cfr. Nannuc,
Verbi, 558.
Dieta, dal lat. diceta, e questo dal gr. Storna, Regola di vivere,
da osservarsi come confacente alla salute; e propriamente per ci
che risguarda il vitto. Estensivamente vale anche Astinenza dal cibo
per altro che per salute, Privazione di esso, Digiuno; Purg. xxiv, 18.
Dietro, da de e retro, che nel basso lat. si trovano usate in-
sieme a modo d'avverbio. Nella Div. Coni, questa voce adoperata
44 volte, 19 ieWInf, 10 nel Purg. e 15 nel Par. - 1. Prep. che
denota la relazione di collocamento, postura e simili, di cosa o per-
sona, posteriormente ad altra o dopo di altra. Regge il suo termine
o indirettamente mediante la particella A, o direttamente; Purg.
IV, 104; xxix, 74. - 2. Figuratam. e in locuz. figurata; Par. vili, 136.
Conv. i, 1, 53. - 3. Nella medesima relazione, cos in senso proprio
come figurato, regge il suo termine anche mediante la particella
da; Inf. xxv, 22. Conv. IV, 7, 53. - 4. Denota altres relazione di
moto di alcuna persona o cosa, la quale ne seguiti un'altra indi-
cata dal termine retto da Dietro; e vale, dopo quella; Inf. i, 136;
in, 55; xxiii, 148. Purg. iv, 38. - 5. E figuratam. e in locuzione
figurata; Par. xxx, 32. - 6. Pur figuratam. denota relazione di ri-
cerca, rintracciamento, o di altro qualsiasi atto inteso a conseguire,
far propria, avere o riavere, alcuna cosa che si abbia cara o che si
desideri di possedere; Purg. xxiii, 3. -7. E denotante relazione d'in-
seguimento, incalzamento e simili, a fine di raggiungere con animo
di offendere, far violenza, punire, farsi render conto o ragione, e si-
mili; Inf. xxni, 23. Par. xvi, 11.6. - 8. E denotante relazione di
opera, studio, attenzione, cura, o simili, che si dia o si presti ad
alcuna cosa; Par. x, 23.-9. Denota altres relazione di confor-
mazione del proprio operato all'altrui; ed equivale a Conforme a,
558 Difendere-Difesa
A esempio o A imitazione di, Secondo, o simili; Par. xi, 84.- 10. In
forza di Avverb. di luogo; e uniscesi coi verbi cos di stato come
di moto. Nella, o Dalla parte posteriore, Posteriormente: ovvero
Seguitamente, Di seguito, ed altres Appresso usato anche figu- ;
ratamente Inf. xvni, 21. - 11. E per Dietro a s, Di dietro a se;
ed anche assolutam. per Addietro, Indietro usato anche fguratam.
:
Inf. xxxi, 87. Par. xxvin, 5. - 12. In forza di Prep., denotante re-
lazione di collocamento o postura, ovvero di moto, anche fguratam.,
Di dietro, vale lo stesso che Dietro, con alcun che d'intensivo;
Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 29. - 13. Andare o
Tener dietro, riferito a cosa comecchessia complessa e molteplice,
o a' suoi particolari, vale Seguirne la serie e l'ordine, sia con l'at-
tenzione, sia con l'esposizione od enumerazione che se ne faccia ad
altri; Conv. IV, 2, 46. - 14. Andare, Correre, o simili, dietro a cosa
o a persona, vale Far di tutto per ottenerla, conseguire il possesso,
il godimento, o simili; Lasciare per essa ogni altra cura o solle-
citudine: e propriamente intendesi di cosa o persona non degna;
Purg. xvi, 92. Conv. in, 15, 67; iv, 12, 66. - Cfr. Retro.
Difendere, dal lat. Defendere; 1. Proteggere da alcuna vio-
lenza, offesa, o simile, ovvero da alcun pericolo; Inf iv, 108; x, 93;
xv, 8. - 2. E fguratam. Par. xn, 107. Conv. iv, 5, 129. - 3. E per
Impedire, Proibire, e simili; Inf. xv, 27.-4. E per Mantenere nel-
l' esser suo, conservare; Par. xxvir, 62.-5. E per Sostenere la ve-
rit di un'opinione, la bont di un detto od atto, contro alcuno che
la neghi; Conv. iv, 21, 19. - 6. Neut. pass., per Preservarsi, Ripa-
rarsi, da cosa che rechi molestia o nocumento; Par. xxx, 60. - 7. E
per Liberarsi, Spacciarsi, riferito a cosa gravosa o molesta; Purg.
vi, 9.-8. E per Sostenere, argomentando, la propria opinione o le
proprie ragioni, contro l'opinione o le ragioni dell'avversario; Conv.
IV, 14, 28.-9. Poeticara., vale Conservare l'esser proprio contro ci
che potrebbe menomarlo o distruggerlo; Resistere, Reggere; Par.
xiv, 54.
Difensione, dal lat. defensio ; 1. Il difendere e II difendersi;
Difesa, Protezione; riferito sia a persona sia a cosa materiale o
morale; Conv. IV, 24, 79.-2. E fguratam. Persona difenditrice;
Vit. N. E per Riparo, Schermo, contro chicchessia o
IX, 20. - 3.
checchessia; Inf. vi, 81; Vili, 123.
Difesa, L'atto ed anche II modo del difendere o del difendersi.
1. Fguratam., per Gli stessi difensori; Conv. ni, 10, 50.-2. E per
Riparo, Schermo, contro a ci che possa recar nocumento o molestia;
Par. xiv, 116. - 3. Difesa di Dio, Par. xxvn, 57, per Protezione,
Difeso-Difetto 559
oppure per Vendetta, di Dio. Alcuni, ma pochi e poco autorevoli
testi hanno in questo luogo giudizio, alcuni altri vendetta di Dio.
Difesa senza dubbio la vera lezione; cfr. Moore, Crit., 492. Il
senso del verso (che ricorda Salm. xltii, 23) : Dio, difensore
e protettore della tua Chiesa, perch ti stai ancor sempre inope-
roso! -Lan.: Qui esplora alla vendetta, la quale li pare che troppo
tardi. - Ott.: Qui tacitamente, o pi tosto manifestamente pre-
dice la futura giustizia. - Benv.: Quasi dicat: o vindicta Dei,
cui* tantum dormis? cur non excitas iram tuam contra istos? -
Buti: Iddio, che li dovresti difendere, cio li sudditi e li cristiani
sottoposti a la loro cura, perch pur giaci; cio perch non ti lievi
a spaventare tali prelati co la tua voce e co li tuoi punimenti!-
Serrav.: defensio Dei, quare tantum iaces! Quasi dicat: Cur
dormis? cur [non] excitaris ad puniendos malos pastores?
Difeso, lat. defensus, Munito, Fatto sicuro, Riparato, Protetto,
contro ci che pu danneggiare; Inf. iv, 108.
Difettivamente, In modo difettivo, ed anche Difettosa-
mente; Vit. N. xxvni, 5.
Difettivo, dal lat. defectivus, Che non ha tutte le parti o
condizioni necessarie per essere intero e perfetto, Manchevole nel-
l' esser suo, Imperfetto; Par. XI, 2; xxxiii, 105. Conv. i, 6, 57; in,
4, 36; iv, 12, 8. E fguratam. detto di persona; Conv. iv, 12, 7.
Difetto, dal lat. defectus, Mancanza. - 1. Mancamento di al-
cuna condizione o qualit necessaria alla perfezione del soggetto
onde si parla, considerato sia in s medesimo, sia in relazione ad
alcun fine od effetto; Imperfezione; Son.: Negli occhi porta la mia
donna amore, v. 6. Canz.: Amor che nella mente mi ragiona,
v. 14. - 2. Talvolta preso per L'atto ed altres L'effetto del man-
care, del venir meno; Conv. in, 11, 109.-3. E pure per Mancanza,
L'esser meno di quanto occorra, L'esser minore del giusto, del vero,
del conveniente, e simili e il suo contrario Eccesso, anche in
;
senso figurato; Conv. I, 7, 48; iv, 6, 90. -4. Ed altres per Man-
canza, col compimento espresso, riferito tanto a cose materiali, quanto
a cose morali; Inf. IV, 40. Purg. xxm, 51.-5. E assolutam. per Man-
canza di averi, dei comodi o delle cose necessarie al ben vivere; Conv.
in, 4, 11. - 6. E per Imperfezione del corpo, o di qualche parte del
corpo, di qualche organo, o funzione di esso, o simili; Par. xxx, 80.-
7. Vale anche Peccato, Colpa; onde le maniere Imputare, Recare a
difetto, e simili, per Reputare colpevole Trovare in difetto, per
;
Riconoscere colpevole; e Venire in difetto, per Cadere in colpa,
560 Dffalta-Diffuso
Peccare; Inf. xxx, 142. Purg. vi, 41. - 8. E per Male, Sconcio, In-
conveniente; Inf. xxn, 125. Conv. i, 3, 2, 8.-9. In difetto, usato
poeticam. a modo di aggiunto, vale Difettoso, Mancante di perfe-
zione; Purg. x, 128; cfr. Entomata.
Diffalta, grande, Mancanza di
dall' ant. frane, deffalt, Scarsit
checchessia: Dante l'usa per Peccato, Colpa, Errore, e simili; Purg.
xxvm, 94, 95. Par. ix, 52.
Diffamare, dal lat. diffamare, Mettere in mala fama, spar-
gendo cose che detraggano al buon nome, Denigrare l'altrui fama
con maldicenza, Infamare; Conv. I, 4, 40.
Differente, dal lat. differens, Che vario, dissimile, da altra
cosa congenere, in qualche qualit o accidente, o nel grado di una
data propriet. E per Diverso, Distinto, Dissimile; Purg. xxv, 53.
Par. il, 134, 146; xxxn, 74.
Differentemente, In modo, o In misura differente ; Varia-
mente; Par. iv, 35; xxiv, 16.
Differenza, dal lat. differentia ; 1. L'esser differente; Qualit
o Condizione per cui una persona o una cosa differisce da un' altra
congenere; Divario, Diversit, e simili; Par. n, 118.-2. Eiferito
a parole, denota Variet di significato, Divario di senso specifico;
Conv. in, 14, 30. - 3. Term. delle Scuole: Ci in che una specie
differisce da un'altra dello stesso genere; detto anche Differenza
specifica; Conv. IV, 10, 30.
Differire, dal lat. differre, Neut. Essere vario, dissimile, Aver
divario; Par. xxxn, 75.
Diffidare, 1. Neut. Non fidarsi, Non avere
dal lat. diffdere
;
intera fiducia, Non abbastanza sicuro; parlandosi tanto di
essere
persona quanto di cosa; Purg. in, 22; xvin, 10.-2. Att. Togliere
di speranza, di fiducia; usato figuratam. Conv. iv, 25, 67.
Diffuso, dal lat. diffusus; 1. Partic. pass, di diffondere, Sparso,
Versato, in copia e per largo tratto; usato figuratam. Purg. XV, 132.
Par. XXI, 33. - 2. In forma d'Add. Largamente sparso, detto cos di
liquido, come di luce, odore, vapore, suono, e simili. Figuratam. Par.
xxiv, 92. - 3. Detto di discorso, scrittura, e simili, vale Che tratta
ampiamente di checchessia, Che si diffonde intorno ad esso; Esteso;
Purg. xxxn, 91. Par. xi, 75. - 4. Poeticam. vale anche Sparso, Co-
sperso; cos nel proprio come nel figurato; Par. xxxi, 61.
Diflcio-Digiuno 561
IHficio, dal lat. (Edificium, Afresi ovvia agli antichi, per Edi-
ficio.1. Fabbrica, Cosa edificata; Purg. xxxn, 142, nel qual luogo
Dificio santo detto il Carro mistico, figura della Chiesa. - 2. E
per Macchina stravagante, Trabiccolo; Inf. xxxiv, 7. - Sebbene
appresso gli antichi si trovi talora dificio per edificio, cio fab-
brica o muraglia, tuttavia quella voce era usata pi propriamente
e quasi sempre a significare ordigno, macchina costruita ingegno-
samente, e in senso di fabbrica scriveano edificio; Nannucci, Man.
2
della leti. ita. il , 412, nt. 12.
Digestivo, dal basso lat. digestivus, Che digerisce, Che opera,
o Per cui si opera, la digestione ; Conv. iv, 9, 28.
Digesto, forma antica per Digerito, dal lat. dige-
e poetica,
stus ; 1. Partic. pass, di digerire, Concotto e smaltito, essendo con-
vertito, mediante i sughi gastrici, in sostanza acconcia alla nutri-
zione; riferito a cibi e bevande; Purg. xxv, 43.-2. E in locuzione
figurata; Par. xvn, 132.- 3. E pure figuratam. e poeticam., per Reso
chiaro o manifesto, Schiarito, e simili; Par. xxv, 94.-4. E poeticam.,
parlandosi di persona, vale Disposto a far checchessia; Par. x, 55.
Imper che lo cibo digesto si dice disposto al notrimento del corpo,
e cos digesto si dice lo cuore umano quando disposto, A divozione;
cio a la donazione a Dio; Buti.
Digesto, dal lat. barb. digestum, e questo dal basso lat. plur.
digesta; Raccolta dei responsi de' pi celebri giureconsulti romani,
compilata per ordine dell'imperatore Giustiniano, che le diede forza
di legge Conv. iv, 9, 64. Mon. ri, 5, 5. La seconda parte del Di-
;
gesto si chiamava Inforziate; Conv. iv, 15, 130.
Digiunare, dal lat. de, e dal basso lat. jejunare, elisa la
prima sillaba; oppure da jejunare, dal quale si fece gigiunare, e
per afresi giunare, quindi, mutato per eufonia il g in d, digiu-
nare. Vedi pure Diez, Wrt. i 3 214 e seg. s. v. giunare. 1. Aste-
,
nersi dal cibo per l'intera giornata o per gran parte di essa, ed
altres Alimentarsi parcamente e astenendosi da alcuna sorte di
cibi, come le carni e latticini, in giorni e tempi comandati da legge
religiosa, e volontariamente anche in altri, a fine di mortificare il
corpo; Par. xxvn, 130. - Familiarmente, e in modo per lo pi
2.
scherzevole, vale Non mangiare, Stare senza mangiare, ovvero Cibarsi
assai meno del bisogno, contro la propria volont; Purg. xxm, 27.
Digiuno, lat. jejunium ; Sost. 1. Astinenza dal cibo, Il di-
giunare, sia per precetto religioso, sia per propria volont; Purg.
xxiv, 23. Par. xxn, 89. - 2. Figuratam. e in locuz. figur., vale
36. Enciclopedia dantesca.
562 Digiuno
Desiderio ardente, Brama, e talora anche Ansiet; cos in modo
assoluto, come col compimento espresso; Par. xv, 49; xix, 25, 33.-
3. E poeticam. per Fame; Inf. xxxm, 75. Il senso di quest'ultimo
luogo disputabile, gli uni intendendo La fame fu pi forte del
:
dolore, poich mi uccise quasi avesse voluto dire Non morii di
; :
dolore, come avrei dovuto; ma morii di fame. Altri: Pi forte del
dolore, la fame m' indusse a cibarmi delle carni dei figli, o almeno
a tentare di farlo. Ma di questa antropofagia la storia non ne sa
nulla del tutto. Bambgl., An. Sei., Iac. Dant., Ott., Petr. Dant.,
Cass., Falso Bocc, ecc., non danno veruna interpretazione del verso,
menzionano che Ugolino mor di fame, ma non fanno la menoma al-
lusione alla pretesa antropofagia. - Lan.: Qui mostra che poscia
che furono morti, il digiuno vinse il dolore. Cos nelle due ediz.
moderne. Ma parecchi codd. del Lan. hanno: Qui mostra che po-
scia che furono morti il digiuno vinse il dolore, ch'elli mangi d'alcuni
di quelli. - Benv. : Quasi dicat, quod fames prostra vit eum, quem
tantus dolor non poterat vincere et interficere. - Buti : Poscia
il digiuno fin la vita mia, la quale conservava il dolore; e cos
rende ragione come potee tanto vivere, e dice che ne fu cagione il
dolore. - An. Fior.: Per che il dolore toglie la voglia del man-
giare, puossi dire che il dolore combatt col digiuno; et ancora in
altro modo, che appare pi vero, pu dire il Conte: Il dolore che
io avea non mi pot uccidere; ma il digiunare fu quello che m'uc-
cise ; s che bene pot il digiuno pi che il dolore. - Serrav. :
Ultimo fames potuit plus quam dolor: nani dolor non potuit me
occidere, sed fames sic. - Barg.: Il digiuno pot pi ad ucci-
dermi che il dolore a mantenermi in pianto: ond'io morii. Cos
intendono pure Land., Tal., Veli., Dan., Vent., Lomb. ed il pi
dei moderni. Sulla letteratura relativa a questo verso cfr. De Bat.,
i, 548 e 737-40. Feeraz., iv, 401 e seg. v, 367 e seg. La storia
;
della controversia ritessuta con diligenza da G. Sforza, Dante e i
Pisani, 75 e seg. Vedi pure Galanti, Lettere, Serie n, Lett.4 (1882);
Blanc, Versuch i, 290-94. Villari, I primi due secoli della Sto-
ria di Firenze, il, 250.
Digiuno, dal lat. jejunus, Che non ha preso alcun cibo, Che
non ha mangiato da qualche tempo. 1. Poeticam. e in locuz. per
fig.
Mancante o Scarso di alimenti, Travagliato dalla fame, e simili;
Par. xxiv, 109. - 2. Col compimento di cibo o simile, vale Che non
si pasciuto o alimentato di esso, Vuoto o Scusso di quello; Purg.
xxxii, 120. - 3. Figuratam. e poeticam., per Desideroso, Bramoso,
rispetto a cosa di cui uno non siasi in certo modo saziato abba-
stanza; Purg. xxi, 39. - 4. E pur figuratam., per Mancante, Privo,
Dignit-Di grignare 563
Spoglio e simili, di checchessia; detto anche di cosa; Purg. XV, 58.
Par. il, 75; xvi, 135. - 5. Non esser digiuno di far checchessia,
maniera non comune, usata poeticam. a significare Averlo fatto altre
volte; Inf. xviii, 42. - 6. Voler esser digiuno di checchessia, o di
far checchessia, vale Desiderare di non avervi, o non avervi avuto,
parte, di non averlo fatto, commesso e simili; Inf. xxvin, 87.
Dignit, Dignitade e Dignitate, dal lat. dignitas;
1. Qualit, ed altres Condizione o Grado, di persona che per qual-
sivoglia titolo morale o civile, o per V essere proprio, sia degna di
molta stima e rispetto nell'opinione comune; Par. vii, 82. Conv.
in, 4, 25. - 2. E
per Qualit o Condizione che rende insigne, eccel-
lente, e simili; Prerogativa, Preminenza; riferito anche a cose; Par.
vii, 86. Conv. i, 10, 38. - 3. E per Ufficio, Carica, Ministero, de' prin-
cipali ; sia civile, sia ecclesiastico; Purg. xix, 131. Conv. Ili, l, 80.
Dignitoso, dal lat. dignitosus ; Pieno di dignit, Che ha in
s, Che mostra, e simili, dignit, cio contegno, decoroso, gravit.
E poeticam. per Proprio di persona che abhia o senta gran dignit
morale; Purg. in, 8.
Digradare, Andar gradatamente ri-
dal lat. degradare; 1.
stringendosi o assottigliandosi, Andare di grado in grado scemando
di larghezza, di circuito, di volume, Andare d'un grado in altro;
Purg. xxn, 133. Par. xxx, 125, nel qual luogo invece di digrada
parecchi testi hanno rigrada. - 2. Detto di persone, vale Stare, o
Porsi, le une sotto le altre, in gradi o giri via via pi bassi e pi
stretti; Par. xxxn, 14.- 3. E per Scendere, Discendere, passando
d'uno in altro grado; Inf. vt, 114.
Digredire, dal lat. digred, Discostarsi dal proprio soggetto
del discorso, Far digressione; Par. xxix, 127.
Digressione, dal lat. digressio, Tralasciamene del proprio
soggetto del discorso per parlar d' altra cosa, che per in qualche
modo a quello si riferisca; Purg. vi, 128. Conv. Il, 9, 37.
Digrignare, probabilmente voce onomatopeica, nella quale
pu avere influito il rignare o ringhiare ; forse dall'ant. ted. grin-
jan, che vale lo stesso. Cfr. Diez, Wrt. i 3 224 s. v. grinar. 1. Mo- ,
strare e arrotare rabbiosamente in atto di mordere; riferiscesi ai denti,
e dicesi propriamente del cane, e per estensione anche di altri ani-
mali. E per similit., detto di persona che dimostri ira o rabbia contro
alcuno, o per checchessia; Inf. xxi, 131. - 2. In forma di Neut., Di-
grignare i denti; detto per similit. di persona; Inf. XXI, 134; xxn, 91.
564 Dilaccare-Dilettare
Dilaccare, Levar le lacche, cio le cosce. E figuratali), per
Guastare, Stracciare, le membra, Dilacerare; Inf. xxviii, 30.
Dilacerare, dal lat. dilacerare, Fare a brani, Straziare, ri-
ferito al corpo ed alle membra; Inf. xm, 128.
Dilatare, dal lat. dilatare, Accrescere in estensione o in am-
piezza, Estendere, Ampliare. - Figuratane Par. XXii, 55.-2. Per
1.
semplicemente Far pi grande o maggiore, in senso per figurato ;
Conv. I, 4, 1.-3. Neut. pass. Crescere, Aumentarsi, in estensione
o in ampiezza, Estendersi, Ampliarsi; Par. xxx, 125. - 4. E figu-
ratamente Conv. i, 3, 53. - 5. Per Distendersi in maggiore spazio;
ed altres Diffondersi, Spargersi, Spandersi; Purg. xxxu, 40. - 6. Per
Crescere, Aumentarsi, di volume; nel qual senso propriam. Terni,
della Fisica; Par. xxin, 41. - 7. Per semplicemente Farsi pi grande
o maggiore, in senso per figurato; Conv. IV, 12, 101.-8. Dilatarsi
costruito con un compimento retto dalla particella In, vale Divenire
o Formare, allargandosi o distendendosi, ci che il compimento si-
gnifica; Par. xxiv, 146.
Dilatato, lat. dilatatus, Cresciuto di estensione, ecc. E per
semplicemente Ampio, Largo; Inf. xiv, 29.
Dilatazione, lat. dilatatio, L'atto o L'effetto del dilatare
o del dilatarsi; Conv. I, 3, 46.
Dilectasti, cfr. delectasti.
Dileguare, etimol. incerta; secondo alcuni da deliquescere,
o da deuere ; cfr. Diez, Wrt. i 3 153. La Cr.:
, dal lat. delin-
quere in senso di Mancare, Venir meno; onde il deliquium solis,
che si disse per Ecclisse di sole, quasi scomparsa di esso, e deli-
quus per Mancante; o da deliquere, Sciogliersi in liquido, lique-
farsi. - L'Allontanarsi rapidamente dall'altrui vista, Sparire; detto
tanto di persona o d'animale, quanto di cosa; Inf. ix, 77; xvu, 136.
Purg. xvu, 73, nel qual luogo dilegue desinenza antica per di-
legui ; cfr. Nannuc, Verbi, 62 e seg. - 2. Poeticam. detto di suono,
vale Rapidamente andare cessando; Purg. xiv, 134.
Dilettanza, dal lat. delectatio, Dilettazione, Piacere; riferito
cos all'animo come ai sensi; Purg. IV, 1. Par. xvm, 58.
Dilettare, dal lat. delectare; 1. Produrre in altrui un sen-
timento piacevole e tranquillo, e continuato per alcun tempo; Recar
piacere Par. xiv, 60. - 2. Neut. pass. Prender diletto, Aver diletto,
;
IHlettare-Dilibrare 565
piacere, sodisfazione, Compiacersi; detto anche di animali; Purg.
x, 97; xvn, 20. Par. xxv, 85. Coni), in, 11, 73 e seg.; iv, 26, 100.-
3. Neut. Esser cagion di diietto, Far piacere, Esser grato; Coni).
in, 6, 29. - 4. E riferito ad atto della volont, vale Talentare, Pia-
cere; usato anche a modo d'impersonale; Purg. xn, 83; xiv, 124.
Dilettare, Sost., lo stesso che Diletto ; Piacere, Sodisfa-
zione, ecc., Purg. vii, 84.
Dilettazione, dal lat. delectatio ; 1. L'effetto di ci che di-
letta, o di cui uno si diletta; Diletto; e riferiscesi pi specialmente
a piaceri sensuali; Conv. li, 3, 8; il, 16, 51; ni, 3, 75; in, 6, 57.-
2. E riferito in ispecial modo ai piaceri carnali; Conv. IV, 26, 50.
Dilettissimo, dal lat. dilectissimus, Superlat. di Diletto;
Conv. in, 12, 88.
Diletto, lat. dilectus; 1. Amato grandemente, Avuto
Add., dal
persona come di cosa; Purg. xxxnr, 11. Par. I, 25;
caro, detto cos di
xvn, 55; xxxin, 40. -2. E per Assai gradito, Accetto, caro; costruito
con la particella A ; Purg. xxm, 91. Par. xxvi, 112. - 3. In forza
di Sost., Persona diletta, onde Cristo detto II diletto, e Nostro
diletto; Par. xi, 31; xm, 111.
Diletto, dilettarsi ; Senti-
Sost. L' effetto del dilettare o del
mento piacevole e tranquillo, che appaga
potenza appetitiva, e la
continuato per alcun tempo. Piacere, Sodisfazione, Compiacenza,
Divertimento, e simili; Inf. v, 127 xn, 87. Purg. i, 16; vii, 48,63;
;
xn, 126; xv, 32; xvn, 99; xxm, 12; xxvn, 75. Par. xi, 8;xxiii, 129;
xxviii, 106; xxix, 53; xxxu, 62. Conv. in, 6, 62; ni, 11, 68, 70;
iv, 6, 78 e seg.
Dilettosissimo, Superlat. di Dilettoso; Che apporta sommo
diletto; Conv. iv, 22, 80.
Dilettoso, Che apporta diletto, Dilettevole; Inf. i, 77. Conv.
IV, 22, 64.
Dilezione, dal lat. dilectio, Affetto vivo e ragionevole, sen-
tito per una persona e fondato sui meriti di lei; Atto amorevole
verso alcuno; Conv. ni, 11, 104, 108.
Dilioerare, dal lat. de e liberare, lo stesso che Liberare;
Par. il, 94.
Dilibrare, lat. delabi, Uscir di libramento, quasi di bilico,
Tracollare; Par. xxix, 6. - Benv.: Egreditur a libra, idest, aequa
-
566 Diligentemente-Diligite
lance. - Buti : Fa pari all' altro punto, come fa l' ago della bi-
lancia che sta in mezzo della pertica delle bilancie, e dimostra stando
fermo in mezzo quando le bilance sono pari; o cos questo cenit, di-
stante equalmente da questi due punti oppositi dimostra loro esser
pari, e questo illibrare; cio fare pari come fa Usarne le bilance;
e cos lo mezzo dell'orizzonte, Infin che V uno
punto s'intende lo
e V altro ; Luna, da quel cinto; cio
cio infine cbe lo Sole e la
da quell'orizzonte che elli chiama cinto: imper che cinge tutto
intorno, quanto la nostra vista pu vedere, si dilibra ; cio si di-
libera, uscendo fuora di quello.
Diligentemente, In modo diligente, Con diligenza, Accu-
ratamente, Attentamente; Conv. iv, 27, 139.
Diligenza, dal lat. diligentia, L'esser diligente, Qualit di
persona diligente. E per Cura sollecita ed assidua nel far chec-
chessia, Accuratezza; Conv. iv, 25, 23.
Diligite justitiam qni indicati** terram, Amate la
giustizia, voi che giudicate la terra, sono le parole colle quali co-
mincia il libro della Sapienza e che le anime beate nel cielo di
Giove vanno formando in lettere luminose; Par. xviii, 91 eseg.
Questa Azione hae usato qui lo nostro autore, per mostrare quello
eh' elli intese, secondo l'allegorico intelletto; e per veder questo
debbiamo considerare che l' autore finge che li apparissono nel pia-
neto di love, che hae influenza nel mondo di iustizia. Quelli beati
spiriti ne la loro vita furono osservatori di iustizia, essendo signori
e rettori dei popoli e che si girasseno secondo moto circulare can-
;
tando, e finito lo canto si mostrarono la prima volta in segno et
in figura d'uno D; et, in tale figura formati, si arrestavano e ta-
cevano, e poi facevano l'altra circulazione; e, quando si riposavano
e tacevano, si formavano in figura di uno I, e poi d'uno L, e cos
poi di tutte quelle 35 lettere. E per questo d ad intendere che
quelli signori e rettori dei popoli, che hanno osservato nel mondo
ragione et iustizia, siano in vita eterna per tal merito; e come hanno
avuto sempre respetto a Dio, venendo la grazia di tale ispirazione
da Dio, e per rispetto di lui operando, per finge che dimostrino
moto circulare cantando sempre la loda di Dio, e riposandosi quella
iustizia figurando: per che quella insegnavano, facendo leggi et
ordini e statuti a quella appartenenti. E perch questo feceno per
1' amore d'Iddio, e per piacere a lui, hanno quello operato che s'ap-
parteneva ad iustizia, per finge che si rappresentasseno in moto
circulare e cantassono laude a Dio ringraziandolo de la loro salute,
e perch li beati sempre si specchiano in Dio, e da lui ritornano
Dilmi-Dimandare 567
a lui: imper che quella la loro beatitudine; cio vedere Iddio. E
finge l'autore che riposandosi figurino quelle lettere: imper che
girando non sarebbe verisimile che le potessono figurare; perch
il merito loro l' amore de la iustizia, per finge che dimo-
stato
strino tali figure perch tale influenzia hae Iddio posto in tale
; e
pianeto, cio love, per hae finto 1' autore che tale rappresentazione
facessono li beati spiriti in questo sesto pianeto Buti. ;
Diluii, Dimmelo; Purg. xvi, 44.
Dilungar e, dalla particella di, lungo, che
e dall' adiettivo
dagli antichi, secondo propriet latina, us anche per Lontano,
si
Distante; 1. Andar lungi, Allontanarsi, Discostarsi; detto figuratam.
Canz.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro, v. 10. - 2. Detto
di strada, cammino, e simili, vale Avere direzione che via via si
allontana da un dato luogo; Gonv. IV, 12, 138.-3. Per Discostare,
Rimuovere, Mandar lontano, e simili; Conv. Ili, 9, 107.-4. E figu-
ratamente Purg. v, 17.
Dimagrare, dal lat. de e macer, Divenir magro. E in forma
di Neut. pass, figuratam. e poeticam. per Andar diminuendo, perdendo,
e simili; riferito a cosa di cui prima si avesse abbondanza, copia e si-
mili; Inf. xxiv, 143.
Dimanda o Domanda, L' atto e L' effetto del dimandare,
Interrogazione vale anche Richiesta; Inf. x, 16; xvin, 82 xxiv, 77.
; e ;
Purg. in, 94; xm, 77; xiv, 75; xx, 107; xxi, 93; xxn, 31. Par. IX, 80.
Conv. iv, 27, 128. Cfr. Dimando.
Dimandare e Domandare, provenz. e spagn. demandar,
frane, demander, dal lat. demandare, trasferito dal suo proprio
senso di Commettere, Consegnare, a quello figurato di Confidare
all' attenzione di alcuno la nostra ricerca e richiesta. Domandare,
poi, nel lat. barb.,ebbe varj sensi, come di Mandare a dire, di Ci-
tare, di Com. questa voce si trova 63 volte,
Esigere. Nella Div.
19 jielYInf., 24 nel Purg. e 20 nel Par.-l. Ricercar notizia d'al-
cuna cosa da altri con parole, Cercar di sapere per mezzo d'inter-
rogazione, Chiedere; Inf. ni, 96; v, 24; x, 42. Par. xxn, 27.-2. E
per Proporre una questione, un quesito, o simili, intorno a cosa
comecchessia disputabile o dottrinale, e della quale si cerca o si
desidera la soluzione; Par. xxv, 59.- 3. E con ellissi del compi-
mento diretto, in costrutto con la prep. Di, reggente persona della
quale si ricerca notizia, o con la quale si chiede di parlare o di
trovarsi insieme Inf xxix, 93. Par. xxvi, 80. - 4. E riferito diret-
;
568 Dimandato-Dimensione
tamente a cosa, vale Chiedere che sia indicata, mostrata, o simili ;
Purg. xxvii, 100. - 5. E reggente direttamente la persona alla quale
si dimanda alcuna cosa: Interrogare intorno ad alcuna cosa o per-
sona; Inf. xiii, 82; xiv, 50. Purg. xiv, 28. - 6. Pure per Interrogare,
senza l'espresso compimento della cosa intorno alla quale s'interroga
alcuno; Purg. Il, 20; xiv, 3. Conv. iv, 15, 98 e seg. -7. Figuratane,
per Eichiedere, Ricercare, Esigere, come condizione necessaria, ed
anche semplicemente come opportuno, conveniente, e simili; detto
cos di persona come di cosa; Par. i, 15. Conv. in, 10, 63;iv, 6,47. -
8. Riferito a grazia, favore, licenza, aiuto, perdono, piet, pace, e
simili : nel qual senso corrisponde talora* a Implorare, Invocare ;
Par. xxxin, Conv. in, 10, 60. - 9. E figuratane, riferito a per-
17.
sona, vale Cercare; Conv. IV, 22, 116, 124.- 10. Pur riferito a persona,
vale flguratam. Chiedere con desiderio, od anche semplicemente Mo-
strar di desiderare; in locuz. figur. Conv. iv, 30, 44. - 11. Diman-
dare per Dio, vale Chiedere l'elemosina; Par. xxn, 83. - 12. Non
dimandare, e simili, usato a significare potersi facilmente immagi-
nare, supporre, credere una data cosa, come naturale conseguenza
d'un certo ordine di fatti, circostanze, o simili, senza bisogno che
altri lo dica espressamente; Inf. xxxiv, 23.
Dimandato e Domandato, l. Partic. pass, di Diman-
dare e Domandare ; Conv. i, 8, 88; ni, 11, 31.-2. In forza di Sost.
Ci che stato dimandato, Cosa dimandata; Conv. I, 8, 88 e seg.
Dimandatore e Domandatore, Chi o Che dimanda, nei
varj sensi del verbo; Conv. IV, 25, 42.
Dimanda tri ce e Domandatrice, Colei che dimanda;
Vii. N. xxi, 25.
Dimando, forma antica per Dimanda, Interrogazione; Inf
il, 97; x, 126; xix, 78. Purg. Vi, 69. E per La cosa dimandata;
Purg. iv, 18. E per Desiderio; Inf. xv, 79.
Dimane e Domane, dal lat. de e mane, Principio del giorno,
Mattina; Inf. xxxin, 37. Conv. iv, 6, 130.
Dimenare, dal verbo menare, per Muovere, Agitare, e dalla
particella di, appostavi per maggior forza o efficacia; Muovere in
qua e in l, Agitare, con una certa continuazione; Conv. IV, 13, 77.
Dimensione, dal lat. dimensio, Misura o Estensione dei corpi
rispetto alle loro tre propriet commensurabili, lunghezza, larghezza,
ed altezza o profondit. Figuratane e poeticam., per Corpo qualunque,
Sostanza corporea; Par. il, 38.
Dinienticanza-Pimoro 569
Dimenticanza, L'effetto, e anche L'atto del dimenticare;
Oblo; Conv. IV, 14, 78.
Dimenticare, dal sost. mente, per Memoria, e la particella
di; 1. Smarrire o Perdere la memoria di checchessia, Non averlo
pi in mente, Passarci esso dalla mente; Conv. IV, 14, 29. - 2. E
per Non tener pi presente alla memoria o al pensiero checchessia
o chicchessia, Non farne pi conto o caso, Trasandare, Trascurare,
e simili; Conv. i, 1, 56.
Dimesso, dal lat. dimissus; Lasciato, Abbandonato, Trala-
sciato, Intermesso, e simili; Par. V, 59.
Dimettere, dal lat. dimittere ; 1. Condonare, Perdonare, Ri-
mettere, riferito a colpa, peccato, e simili; usato assolutam. Par.
vii, 92, 117.- 2. E poeticamente per Concedere, Permettere; Inf.
xxix, 15.
Diminuire, dal lat. diminitere, Render minore di quantit,
di numero, di grandezza o di estensione; Scemare, Ridurre a meno.
E riferito a persona, vale Farla apparire o giudicare da meno di
ci che ella ; Conv. iv, 17, 43.
Dimonio, cfr. Demonio.
Dimora; dimorare; Stabile permanenza in un luogo; ed
1. Il
altres, per estensione, Il trattenerci per pi o meno tempo Purg. ;
xvn, 90.-2. In locuz. figur. e fguratam. Par. vi, 37.-3. E fguratam.
per Luogo ove si dimora, od anche si abita; Inf. XX, 50.-4. E per In-
dugio, Tardanza, onde Far dimora, per Indugiare; Inf. x, 70;xxxi, 144.
Dimorare, dal lat. demorari, Indugiare, Tardare; 1. Abitare,
permanentemente in un paese, in un luogo usato talora con le par- ;
ticelle pronominali; Purg. 1, 88; Vili, 122; xxvin, 94.-2. E figu-
ratamente Inf. xvi, 67. Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia,
v. 19. - 3. E per semplicemente Stare, Trattenersi in un luogo, o
con una o con pi persone, anche per breve tempo Purg. vii, 63. - ;
4. Con qualche aggiunto qualificativo, vale Essere, Durare per alcun
tempo, tale, quale dall' aggiunto stesso determinato Purg. xin, 72. - ;
5. E per Star fermo, in contrapposizione di Andare o Camminare ;
Purg. li, 12; XI, 129. -6. Detto di cosa morale, per Consistere;
Vit. N. xvin, 22.
Dimoro, forma antica e poet. per Dimora ; Dimoranza. E per
Indugio, Tardanza; Inf. xxu, 78.
570 Dimostrare-Dimostrazione
Dimostrare, lat. demonstrare, voce che si trova 5 volte
dal
nell'In/", (vii, 37;74; xn, 94; xiv, 85; xxviii, 91), 6 nel Purg.
Vili,
(ix, 61; xvni, 14, 53; xxi, 114; xxvi, 110; xxxi, 130) e 9 nel Par.
(il, 9, 44, 64, 91; xvin, 116; xxn, 52, 148; xxvi, 38; xxxm, 41).-
1. Mostrare apertamente, Far conoscere o sapere in modo chiaro e
compiuto, Far palese, manifesto, intelligibile, o simili, checchessia;
Inf. vii, 37 xiv, 85, ecc. - 2. Per Mostrare esteriormente, Far ve-
;
dere sia col fatto, sia con segni manifesti e notabili riferito a qua-
;
lit, idoneit o potenza, o checch altro appartenga al proprio essere
o alla condizione d'una persona; ed altres a disposizione dell'animo,
sentimento, affetto, intenzione, giudizio, o simili. E figuratam. detto
anche degli atti, dell'aspetto, o simili, della persona medesima; Par.
xxxm, 41. Conv. ni, 14, 53.-3. E per Provare argomentando, secondo
principj o criterj razionali, o secondo ragioni, fatti, esempi, e simili.;
Purg. xvin, 14. Conv. IV, 9, 43. - 4. E per semplicemente Dichia-
rare; Conv. il, 1, 75, 89. - 5. E per Esporre, Narrare, Descrivere,
o simili, e propriamente con evidenza o efficacia; Conv. IV, 26, 56.-
6. E per semplicemente Mostrare, Offrire all' altrui vista, Far ve-
dere; detto cos di persona, come figuratam. di cosa; Par. il, 64.
Conv. ni, 7, 90. - 7. Figuratam. riferito a cose intellettuali o mo-
rali; Conv. in, 7, 92. - 8. In costrutto con un aggiunto, vale Far
apparire agli occhi altrui tale quale l'aggiunto significa; Inf
Vili, 74. - 9. E per Indicare, Mostrare, e pi spesso con cenni, gesti,
o simili; Inf. xn, 94. Purg. ix, 61. - 10. Neut. pass. Farsi vedere,
Apparire; in locuz. figur. Conv. in, 8, 58, 59, 71.- 11. Pure per
Apparire, Manifestarsi, Palesarsi, Farsi visibile; parlandosi di cose
materiali o sensibili; Purg. xvin, 53. - 12. Costruito con qualche
aggiunto, vale Mostrar di essere, Dar manifesto segno di essere, tale
quale quell'aggiunto significa; Par. il, 91.
Dimostrativo, dal lat. demonstrativus, Che ha forza di di-
mostrare, Che serve o atto a dimostrare. E in particolare, detto
di ragione, argomento, e simili, vale Che inchiude dimostrazione,
Che dimostra logicamente e necessariamente checchessia: ed in tal
senso, nel linguaggio delle Scuole, equivale a Scientifico; Conv.
il, 15, 45.
Dimostrazione, dal lat. demonstratio ; 1. L'atto o L'ef-
fetto del dimostrare. E
per Argomentazione secondo principj o cri-
terj razionali, o secondo ragioni, fatti, esempj, e simili, che prova
o che diretta a provare qualche assunto; Par. xxiv, 96. - 2. E
semplicemente per Dichiarazione, Spiegazione, Esposizione; Conv.
ti, 1, 76.
Dinanzi -Dino Frescobaldi 571
Dinanzi, da di e l'antiquato nanzi, o piuttosto da di e in-
1
nanzi; voce che nella Div. Com. si trova 66 volte, 33 nell'In/ .,
22 nel Purg. eli nel Par. - 1. Prep. che denota relazione di col-
locamento, postura, e simili, di cosa o persona anteriormente o di-
rimpetto ad altra, ed equivale a Innanzi, Avanti Inf. I, 62 xxiii, 62. -
; ;
2. E figuratam. e in locuz. fgur. Inf. vi, 2. Par. iv, 92.-3. Per Alla
presenza, In cospetto, e simili; Inf. il, 73; vili, 32; x, 130.- 4. De-
nota altres relazione di moto, e vale Precedendo la persona o cosa
indicata dal termine retto, direttamente o indirettamente, da essa
preposizione; Innanzi quella, Avanti quella; Inf. iv, 87; xxiii, 2.
Purg. vi, 5.-5. E nella medesima relazione di moto, denota allon-
tanamento, separazione, da un dato termine da cui si fugge; Inf
ix, 80. - 6. E pure usata a denotare relazione di tempo e vale In
;
tempo anteriore ad altro tempo, o a fatto, indicati dal termine retto
da essa preposizione Avanti, Anteriormente; Inf. ni, 7; iv, 37. Conv.
IV, 24, 14. - 7. In forza di Avverb. di luogo, vale Nella, o Dalla,
parte anteriore; Purg. xix, 31. - 8. E figuratam., o in locuz. fgur.
Inf. ix, 71. Conv. IV, 26, 62. - 9. E in particolare per Dinanzi s,
Dinanzi a s; Inf. xxxi, 87.-10. E per Di contro, Di faccia, A ri-
scontro di altra cosa; Conv. I, 11, 51. - 11. Come Avverb. di tempo,
sia con relazione a tempo passato, sia a tempo futuro, vale Prima,
Avanti, Innanzi; Inf. x, 98. Par. xxvi, 79.- 12. E come Avverb.
di tempo, ed altres Avverb. di luogo, riferito ad azione, discorso,
ed altres scrittura, e simili, vale Prima, Innanzi, In parte ante-
cedente; Par. xi, 25. - 13. In forma d'aggiunto, e riferito a cosa,
vale Che o Che rimane dalla parte anteriore; Anteriore; Conv.
in, 9, 63. - 14. E riferito a persona, vale Che precede altra, Che
va innanzi ad altra; ed altres Che occupa un posto anteriore a
quello di altri; Inf. xm, 118. - 15. Esser dinanzi, detto figuratam.
per Essere a capo, Guidare, Governare; Conv. IV, 6, 122. - 16. Le-
vare, Togliere, checchessia dinanzi ad alcuno o ad alcuna cosa, vale
Toglierlo dalla sua presenza, Allontanarlo dal suo cospetto, Con-
durlo o Portarlo lontano; Inf. li, 119.
Dindi, voce onomatopeica, propria dei bambini quando comin-
ciano a favellare; Denaro; Purg. xi, 105.
Dino Frescobaldi, poeta fiorentino contemporaneo di Dante,
del quale abbiamo ancora alcune liriche. 11 Bocc. (Vita di D., 14) lo
dice in quelli tempi famosissimo dicitore per rima in Firenze
(cfr. Comm.y lez. 33) e racconta come Dino oper che Dante riavesse
l' incominciato suo poema, mandando al marchese Moroello Mala-
spina i sette primi canti, ritrovati in un forziere stato nascosto in
572 Dintorno-Dio
casa del fratello della moglie di Dante, per sottrarlo alla rapacit
della plebe tumultuante, quando assalt la casa dell'Alighieri, con-
dannato all'esilio (cfr. Genesi della Div. Com.). Il Balbo (Vita
di D., lib. i, e. 4), lo dice fedele ed ufficioso amico di Dante.
Cfr. Nannuc, Man. i, 331.
Dintorno e D'intorno, da di e intorno; 1. Prep. deno-
tante relazione di accerchiamento, circondamento, sia totale sia par-
ziale, di una cosa ad un'altra, che serve a quella come di centro,
e vale In giro, D'ogni parte, Attorno; Inf. xxx, 80. Purg. x, 79;
xin, Par. xxi, 139. - 2. Denota relazione di avviluppamento, av-
5.
volgimento, di cosa che circondi altra aderendovi Purg. xxix, 147. ;
Par. vili, 53; xiv, 39; xvi, 9. - 3. E altres denota relazione di
percorrimento d'una cosa o d'una persona in giro ad altra cosa o
persona che serva come di centro; Par. xm, 12; xxviu, 103; xxx, 11. -
4. Serve alla relazione di percorrimento sopra una linea curva, o che
abbia una certa curvit; e vale Attorno, Intorno; Inf. xn, 73. - 5.
pure usato a denotare la relazione del discorso con un dato soggetto
o argomento: Intorno a, Kispetto a, Circa; Par. xxix, 67. - 6. E
in forza di Avverb. di luogo, che uniscesi coi verbi cos di stato
come di moto In giro, Da ogni parte, Attorno Inf. xxxi, 8. Purg.
: ;
xxx, 20. Par. 1, 59. - 7. E vale anche Qua e l, Per le vicine con-
trade; Purg. xxvin, 1.
Dio,dal lat. Deus, e questo dal gr. 9-sg, nonie che nella Div.
Com. trova 129 volte, 25 neVInf, 41 nel Purg. e 63 nel Par.
si
Inoltre abbiamo due volte Deo nel Purg., e dieci volte il plur. Dei,
3 volte neWInf, 4 nel Purg. e 3 nel Par. (cfr. Deo). - 1. L'Ente
infinito, sommo bene e prima cagion del tutto. Ed in tale significato,
che il suo vero e proprio, non ha il plurale; n riceve articolo
se non quando apposto qualche adiettivo od altro aggiunto
gli sia ;
Inf. iv, 38. Conv. Ili, 14, 25, e moltissime volte. - 2. Con aggiunti
o predicati, o in costrutto con astratti, i quali esprimono alcuno
de' divini attributi, ovvero sono ispirati dai concetti e dalle imagini
della Sacra Scrittura; Par. v, 19; xxiv, 130.-3. E in proposizioni
o locuzioni attinenti ad alcuno de' misteri della Fede, e specialmente
a quelli della Santissima Trinit e della Incarnazione della seconda
Persona; Purg. xvi, 18. Par. vii, 30, 119; xxxi, 107. - 2. E retto
dalla prep. Di, aggiunge a molti sostantivi, con significazione
si
di suprema autorit sulla persona o cosa da quelli espressa: di ap-
partenenza, devozione, consacrazione, o simili di esse a Dio; ed al-
tres in proposizioni o locuzioni attinenti alla Chiesa e alla sua
costituzione e gerarchia. E con alcuni di detti sostantivi si formano
Dio 573
locuzioni, le quali sotto ciascuno di essi ricevono a' ior luoghi par-
ticolare dichiarazione; Purg. Il, 29. Par. x, 140; xm, 33.-3. Ed
apposto a sostantivi che esprimono i naturali sentimenti o il culto
dell'uomo verso Dio; Par. xxi, 114.-4. Nel medesimo costrutto
apposto a sostantivi esprimenti cosa che viene da Dio, emana da
lui, o simili; Purg. xxviii, 125; xxx, 142. Par. xxv, 63. -5. Figu-
ratamente si attribuiscono a Dio qualit sensibili e corporee; e
se ne formano anche locuzioni figurate; Par. iv, 45; xxiii, 114;
xxix, 21, 77. - 6. Quindi altres lo attribuire a Dio sentimenti, di-
sposizioni, affetti, facolt, atti, umani; per significare in modo sen-
sibile le relazioni di lui con le creature; Inf. xiy, 16. Par. v, 19;
Vii, 91; ix, 62; xxvn, 57.-7. Dio, sia cos da per s, sia preceduto
da interiezione e propriamente dalla interiezione Oh, sia accompa-
gnato con alcun aggiunto conveniente alla divinit, o col possessivo
Mio, ha forza di esclamazione, e talvolta anche d'invocazione, con
significato e intendimento diversi, secondo le circostanze; Ball.:
Fresca rosa novella, v. 21.-8. A Dio, posto assolutam. ma-
niera salutativa, e propriamente di licenza o congedo, che scrivesi
anche congiuntamente Addio; Purg. Vili, 3.-9.-4 Dio, coi verbi
Darsi, Consacrarsi, e simili, o in locuzioni equivalenti, vale lo stesso
che A vita spirituale, e pi propriamente A vita religiosa e desti-
nata al culto e al servizio divino; e talvolta anche semplicemente a
pensieri di piet, di pentimento, e simili; Purg. XI, 90. Par. x, 56;
xxvi, 56. - 10. Come piace, o piacque, a Dio, Come, Quando, Dio
vuole, o volle, e simili, sono maniere significanti Secondo che , o
che fu, disposizione o volont di Dio; usato anche semplicemente
per una certa enfasi; Par. xxn, 95. - 11. Dio lodiamo, usato a modo
di Sost., significa Quel cantico della Chiesa, che dalle parole Te
Deum laudamus con le quali comincia suol chiamarsi Te Deum.
E si us nella maniera Sonare a Dio lodiamo, che valeva Sonare a
festa, e propriamente parlandosi di funzione religiosa fatta per rin-
graziare Dio di qualche prospero avvenimento; Par. xxiv, 113.
12. Dio lo sa, Dio si sa, e simili, sono maniere di affermare efficace-
mente checchessia, quasi invocandone testimone Dio. E sono altres
locuzioni, le quali valgouo, quasi per figura di reticenza, che chi
parla non pu tutto o adeguatamente dire, n tutto o bene intendere
o sentire chi ascolta; Par. in, 108. - 13. Dio sia con voi, ma-
niera con la qualesi augura ogni maggior bene, e serve pure come
saluto ocome congedo; Purg. xvi, 141. - 14. In Dio, usato come
compimento, e specialmente d'alcun verbo, serve a varie locuzioni
figurate, pi frequenti nel linguaggio dei mistici e spesso bibliche,
significative della unione dell'anima con Dio come sommo suo bene,
della rassegnazione dell'uomo a' divini voleri o della loro fedele ese-
-
574 Dio
cuzione, della comune origine delle creature da Dio, della grazia
ed aiuto di lui, della suprema autorit, o simili; Conv. iv, 16, 1.
15. Per Dio, maniera, talvolta anche in costrutto con la parti-
ticella Che, la quale propriamente serve al giuramento o alla osse-
crazione, ma altres ha forza semplicemente di asseverazione, ed anche
di esclamazione; e vale In nome di Dio, Al nome di Dio. Talora an-
che con alcuno degli aggiunti convenienti al nome di Dio; Purg.
xxiii, 58. - 16. E vale pure Per amor di Dio, Per carit, in quanto
si faccia, o coli' intendimento di fare, cosa grata a lui; nel qual
senso costruiscesi spesso col verbo Dare o simili, ovvero Chiedere,
Dimandare, e simili; Par. xxn, 83. - 17. La Dio grazia, La Dio
merc, e simili, sono maniere frapposte nel discorso, per riferire a
Dio con animo grato la cosa della quale si parla; Inf. li, 91.-
18. Piaccia a Dio, Piacesse a Dio, Fosse piaciuto a Dio, e simili,
sono locuzioni desiderative o augurati ve, fondate nel concetto che
da Dio e dalla volont sua dipendono le cose umane; Conv. i, 3, 11;
IV, 11, 66 e seg. - 19. Se Dio t'aiuti, ti lasci, vi salvi, vi lasci, e
simili, sono locuzioni deprecative, usate come modo cortese di ri-
volgersi altrui; Inf. xx, 19. - 20. Se piace a Dio, Dio concedente,
e simili, sono locuzioni condizionali, con le quali l'uomo subordina
al voler divino l'effettuarsi di cosa da s sperata o desiderata; Conv.
.1, 5, 50 e seg.
21. Dio altres denominazione propria di Ciascuna delle di-
vinit pagane, ovvero di Qualsiasi altra divinit. Accompagnasi per
ordinario con l'articolo; e nel plurale fa, conforme al latino, Dei,
e in poesia anche Dii; Inf. i, 72; xxxi, 95. Purg. xv, 98; xxi, 126.
Par. i, 69. - 22. Riceve aggiunti in costrutto con la prep. Di, e se
ne formano perifrasi, indicanti una data divinit mediante le sue
speciali attribuzioni o alcun luogo particolarmente e comecchessia
sacro ad esso Conv. Il, 5, 31. - 23. E per Ci che alcuno a se faccia
;
supremo oggetto de' proprj pensieri, affetti, propositi; ed altres Ci
in che alcuno riponga assoluta e baldanzosa fiducia; Inf. xix, 112.
24. Talvolta preso in senso generico per Essere celestiale, divino;
Inf. vii, 87. Par. v, 128. Conv. iv, 20, 20. Canz. : Le dolci rime
d'amor, ch'io solia, v. 114.
Sovente il nome di Dio circonscritto, onde Dio chiamato Alfa
ed 0, Par. xxvi, 17 (cfr. Alpa); El, Par. xxvi, 136. Vulg. El.
i, 4, 22. Eli, Purg. xxm, 74. Elios, Par. xiv, 96. I, Par.xxvi, 134.
Sommo Giove, Purg. vi, 118. Il primo Agente, Conv. i, 14, 24.
L'Altissimo, Vii. N., xli, 29. Il primo Amante, Par. iv, 118.
L'Amor che governa, che quieta il cielo, Par. i, 74 xxx, 52. ;
Il primo Amore, Inf. in, 6. Par. xxxn, 142. L'Amor che muove
il Sole e l'altre stelle, Par. xxxm, 145. Il verace Autore, Par.
Dio 575
xxvi, 40. L'infinito ed ineffabil Bene, Purg. xv, 67.11 sommo
Bene, Purg. xxviii, 91. Il Bene di l dal qual non a che si
aspiri, Purg. xxxi, 23. Cfr. Par. ili, 90; vii, 80; vili, 97; xiv, 47 ;
xix, 87 ;xxvi, 16, 134. Il Bene che non ha fine, e se con se mi-
sura, Par. xix, 50. L'universalissimo Benefattore, Conv.i, 8, 13.
La somma Beninanza, Par. vii, 143. La divina Boutade, Inf
xi, 96. Par. vii, 64, 109. Conv. in, 7, 9. La prima Bont, Conv.
ut, 7, 14; iv, 9, 23. La smisurabile Bont divina, Conv. iv, 5, 12.
La Bont infinita, Purg. in, 122. L'universalissima Cagione
di tutte le cose, Conv. in, 6, 34. Il Creatore, Purg. xvn, 91.
Par. xxx, 101. La Deitade, Inf. xi, 46. Conv. iv, 21, 72. La somma
Deit, Conv. n, 4, 21. L'unico Dittatore, Mon. in, 4, 62. Il Di-
spensatore dell'universo, Conv. i, 3, 11. Il sommo Duce, Inf.
x, 102. Par. xxv, 72. La prima Egualit, Par. xv, 74. L'Essenza,
Par. li, 41. La somma Essenza, Par. xxi, 87. Il Fabbro, Vulg.
Eh i, 5, 8. Il Fattore, Vulg. El. i, 7, 24. Inf. in, 4 xxxiv, 35. Purg.
;
xvi, 80; xvn, 102; xxvn, 2. Par. vii, 31, 35; ix, 128; xxvi, 83;
xxx, 21 xxxin, 5. Vii. N. xxx, 23. Il Giudice, Purg. xxxi, 39.
;
Il Governatore di tutte le cose, Mon. ni, 16, 96. L'Imperator
che lass regna, Inf. i, 124. Lo Imperator che sempre regna,
Par. xn, 40. Cfr. Par. xxv, 41. L'Imperatore del cielo, Conv.
in, 12, 87. Il sommo Intelligibile, Conv. iv, 22, 107. La Mente
eh' da se perfetta, Par. vili, 101. La prima Mente, Conv.
li, 4, 28. Lo Motor primo, Purg. xxv, 70. Il Naturante, Vulg.
El. i, 7, 20. L'Ortolano eterno, Par. xxvi, 65. Il Padre, l'alto
Padre, il Padre nostro, Il pio Padre, Par. xxvn, 1 x, 50. Purg. ;
xi, 1. Par. xviii, 129. La divina Potestate, Inf. in, 5. Il Primo,
Par. vili, 111. Il Principio delle nostre anime, Conv. iv, 12, 105.
La Provvidenza, Inf. xxni, 55. Par. i, 121; xi, 28; xxvn, 16, 61.
Il Punto a cui tutti li tempi son presenti, Par.xvi, 17; cfr.
Par. xxvin, 41, 95. Il Re dell'universo, Inf. v, 91. Lo Rege
eterno, Purg. xix, 63. Il sommo Rege, Purg. xxi, 83; cfr. Par.
in, 84; xxxn, 61. L'ultima Salute, Par. xxn, 124; xxxni, 27.
La somma Sapienza, Inf. ni, 6; xix, 10. Il Signore, Inf. ir, 73.
Purg. xxi, 72, ecc. Il Sire, l'alto Sire, il giusto Sire, Inf.
xxix, 56. Purg. xv, 112; xtx, 125. Par. xxix, 28. Vit. N. vi, 7;
xliii, 8. Il Valore, l'eterno Valore, lo primo ed ineffabile Va-
lore, Purg. xv, 72. Par. i, 107; ix, 105; x, 3; xm, 45; xxm, 81.
Il Vero, Par. iv, 96, 125. La Virt divina, Inf..Y, 36. La prima
Virt, Par. xm, 80; xxvi, 84. La prima Volont, Par. xix, 86.
Secondo le dottrine di Dante la Ragione e la Rivelazione gui-
dano l'uomo alla fede nel Dio Uno, Par. xxiv, 130 e seg., nel qual
luogo il Poeta segue Aristotile (Metaphys. xn, 6, 11; xn, 7, 7), e
576 Dio
principalmente San Tommaso, il quale adduce le prove fisiche e
metafisiche dell'esistenza del Dio Uno Sum. theol., P. I, Quest. II,
;
art. 3. Comp. theol., Par. I, cap. 3-6. Cfr. August., De lib. ari). II,
e. 3-15. Boet., Cons. phil., 1. III, pr. 10. - Ma nessun ente creato
capace di comprendere la Divinit, la quale se sola compiutamente
vede (Conv. II, 4 e II, 6) e s con s misura {Far. xix, 51), e
fa di s pareglie 1' altre cose, E nulla face lui di s pareglio
(Far. xxvi, 107 e seg.). Dio l'alta luce, che da s vera [Par.
xxxiii, 54), e per la quale il vero vero ( Esse Dei non solum est
conforme suo intellectui, sed etiam est ipsum suum intelligere. Et
suum intelligere est mensura et causa omnis alterius esse et omnis
alterius intellectus; et ipse est suum esse et intelligere. Unde se-
quitur, quod non solum in ipso sit veritas, sed quod ipse sit ipsa
summa et prima veritas; Thom. Aq. Sum. theol. i, 16, 5), ond'egli
il Ben dell'intelletto (Inf. ni, 18), il sommo Bene, del quale
tutti gli altri beni nuli' altro sono che un raggio, una pallida im-
magine, il Bene sufficiente ad ogni cosa (Par. IX, 9), ed al quale
ogni cosa aspira, come al suo principio e fine ultimo (Par. i, 109
e seg. Diligere Deum super omnia est quiddam connaturale no-
mini, et etiam cuilibet creatura, non solum rationali, sed irrationali,
et etiam inanimata? secundum modum amoris, qui unicuique crea-
turee competere potest. Cujus ratio est, quia unicuique naturale est,
ut appetat et amet aliquid secundum quod aptum natum est esse.
Manifestum est autem,quod bonum partis est propter bonum totius;
unde naturali appetitu vel amore unaquaeque res particolars amat
bonum suum proprium propter commune totius universi, quod est
Deus; Thom. Aq. Sum. theol. i, li, 109, 3). La gloria di Dio pe-
netra per tutto l'universo, risplendendo per in una parte pi, in
altra meno (Par. i, 1 e seg. Conv. ni, 7, 9 e seg. Licet primum
principium uno modo se habeat ad omnia et ad unumquodque in
largiendo esse divinum, non tamen omnia et unumquodque partici-
pantium esse divinum uno modo se habent ad ipsum, sed in diversa
habitudine partecipant esse divinum et unumquodque in propria
analogia, et ideo necesse est, quod formaliter differunt; Albert.
Magn., Sum. theol. n, 25 a). Dio abita nei cieli, non circonscritto,
ma circonscrivendo tutto l'universo (Purg. xi, 1 e seg. Par. Xiv, 30),
e nei cieli Egli rivela la pienezza del Suo amore. Egli immutabile
(Par. xv, 50), eterno, infinito, perfetto (Par. XV, 76 e seg.; xxix, 12),
non pure giusto, ma la stessa giustizia (Par. xix, 86 e seg.), il Punto
dal quale dipende il cielo e tutta la natura (Par. xxvin, 41 e seg.
Deus sicut uno actu omnia in essentia sua intelligit, ita uno actu
vult omnia in sua bonitate; Thom. Aq. Sum. theol. i, 19, 5). Dio
triuno, ma per l'uomo il mistero della SS. Trinit incompren-
Dio-Diogenes 577
sibile (Inf. Ili, 5 e seg. Par. xiv, 28 e seg.; xxvn, 1; xxxi, 28;
xxxm, 115, ecc.). Cfr. Teologia di Dante.
Dio, dia, dal lat. dius, Divino, Beato, Celeste; Par. xiv, 34;
XXlll, 107; XXVI, 10. Cfr. DIVO.
Dio lodiamo, cfr. Dio, 11.
Diogene, Aioyvy^, Diogene, nome di parecchi filosofi greci (il
Noack, Philosophie-geschichtliches Lexikon, 241 e seg. ne registra
sette), dei quali i principali sono: 1. Diogene d'Apollonia, 6 'ArcoX-
XtviocxYjs, soprannominato cpoaixg, contemporaneo di Anassagora,
autore di un'opera Ttspi cpucsoog, della quale non si conoscono che alcuni
frammenti, raccolti da F. Panzerbieter, De Diogenis Apol. vita et
scriptis, Meiningae, 1823; Diogenes Apolloniates, Lips., 1830. Cfr.
Diog. Simpl. Phys., fol. 326-33 a. Theophr., De sensu,
L., ix, 57.
39, 42, 44.Plut. ap. Euseb. Prcep. Evang. i, 8. - 2. Diogene il Cinico,
Kcov, nato a Sinope in Paflagonia nel 404, morto nel 323 a. C. a Co-
rinto, famoso per il suo cinismo, come pure per la sua povert e tem-
peranza. Cfr. K. W. Goettling, Diogenes der Kyniker oder die Phi-
losophie des griechischen Proetariats, Halle, 1851. Hermann, Zur
Geschichte und Kritik des Diogenes von Sinope, Heilbronn, 1860.
Il Diogene ricordato da Dante, Inf. iv, 137, secondo i pi il Ci-
nico da Sinope; secondo alcuni moderni, meno probabilmente, il
filosofo d'Apollonia. Bambgl., An. Sei., Iae. Dant., Dan., ecc., non
ne dicono nulla. - Ott. : Diogenes (il Cinico) ebbe per suo vestire
uno mantello doppio per lo freddo, una tasca per celliere, e seco la
portava, e portava uno bastone per sostenere il suo gi debole corpo
con lo quale gi vecchio e r' ausato di sostenere i suoi membri; abit
nelli limitari delle porte, e nelli antiporti delle cittadi, confessando
il vero e riprendendo li vizii; e abit in una botte, la quale elli
volgeva; la state chiuso contra il sole, e il verno si volgea contro
il meriggio, e sollazzevolmente diceva ch'aveva casa volubile; e por-
tava seco un nappo di legno per bere, e vedendo un d uno fanciullo
bere con le palme delle mani, ruppe in terra il nappo, e disse: io
non sapea che la natura avesse seco il vaso da bere. Mai non pieg
del vigore dell'animo. Alessandro dimorante nella detta
venne a lui
botte, tempo era volesse dimandare
di verno, e offerseli ci che li :
chieseli eh' elli si levasse dal sole, e altro non volea da lui; e che
elli era pi ricco di lui, per che egli era pi quello ch'egli non
volea, che quello che Alessandro potea dare. - Petr. Dant.: Dio-
genes phylosophus modestissimus, de quo ait Seneca: potentior erat
Diogenes Alexandro; nam plus erat quod Diogenes nollet, quam quod
Alexander posset tribuere. - Bocc. : Diogene cui figliuol fosse, o
37. Enciclopedia dantesca.
578 Diomede-Dionisio
di qual citt, non mi ricorda aver letto, ma lui essere stato solenne
filosofo, e uditore di Anassimandro, molti il testimoniano: e simil-
mente lui essere rimaso di ricchissimo padre erede. Il quale come
la verit filosofica cominci a conoscere, cos tutte le sue gran ric-
chezze don agli amici, senza altra cosa serbarsi che un bastone
per sostegno della sua vecchiezza, e una scodella per poter bere con
essa.... Fu negli studj continuo, e sollecito mostratore agli uditori
suoi. Tenne una opinione istrana dagli altri filosofi, cioche ogni
cosa onestasi doveva fare in pubblico, ecc. E del Cinico intendono
pure Falso Bocc, Benv., Buti, An. Fior., ecc.
Diomede^ Aiojiy)57j, figlio di Tideo, re di Argo, uno dei prin-
cipali e pi astuti eroi greci della guerra di Troia; cfr.' Hom., II.
li,559 e seg.; v, vili, 66 e seg.; x, 220 e seg.; xi, 310 e seg. nomi-
nato insieme con Ulisse, suo compagno di astuzie; Inf. xxvi, 56.-
De ipso Diomede dicitur quod tamquam crudelissimus inter ceteros,
hospitium tenens, occidebat hospites suos et ipsorum corpora faciebat
dari equis ad comedendum; Bambgl. - Cfr. Palladio, Ulisse.
Dione, Aiwvyj, figlia dell' Oceano
(Hesiod., Jheog., 353),
e di Teti
oppure di Urano e della Terra, madre di Venere (Hom., II., v, 370),
la quale perci chiamata AuoveCa, ed anche Aiwvy]. Nel luogo Par.
Vili, 7, non troppo chiaro se Dante intenda parlare di Dione madre
di Venere, oppure di Venere stessa. Di Venere intendono Ott., Dan.,
Voi., Filai., Witte, ecc. Meglio per intendasi della madre di Ve-
nere, il Poeta volendo dire: Onoravano non solamente Venere, ma
anche la di lei madre Dione, e Cupido suo figlio. Cos Lan., Petr.
Dani., Cass., Falso Bocc, Benv., Buti, An. Fior., Land., Tal., Veli.,
Lomb. e quasi tutti i moderni. Nel luogo Par. xxn, 144 la stella di
Venere chiamata Dione, come Maia quella di Mercurio. Cfr. Maia.
Dionisio, Atovaiog, nome di quattro personaggi nominati da
Dante :
Dionisio Accademico, Conv. n, 14, 26, forse Dionisio da Mi-
1.
leto,l'uno dei Logografi, che visse poco dopo l'anno 500 a. C; ma
pi probabilmente Dionigi il Periegete, di patria incerta, vissuto
nel primo secolo dell' ra volgare, il cui poema JlBpiyix-qaic, otxoo-
fjtvyjs, una descrizione del mondo allora conosciuto, dettato sulle
orme di Eratostene, fu assai divulgato e commentato da molti nel
prisco Medio-evo.
2. Dionisio l'Agricola, chiamato semplicemente Quel di Por-
togallo, Par. xix, 139, il quale regn nel Portogallo dal 1279 al 1325,
uno dei migliori principi del suo tempo, il quale non pare essersi me-
ritato il biasimo del Poeta; cfr. Schlossek, Weltgesch. vi, 570 e seg.
Dionisio 579
Weber, Allgem. Weltgesch. vn, 549 e seg. VOtt.: Kiprende il re
di Portogallo, per che tutto dato ad acquistare avere, quasi come
uno mercatante mena sua vita, e con tutti li grossi mercatanti del
suo regno ha affare di moneta: nulla cosa reale, nulla cosa magnifica
si puote scrivere di lui. - Figlio d'Alfonso III, condusse-in moglie
nel 1281 Elisabetta figliuola di Pietro III re d'Aragona, e mor
nel 1325. Debb' essere questo Dionigi quel re di Portogallo, il quale
ebbe mestieri che il pontefice Nicola giudicasse delle gravi differenze
insorte tra esso ed il suo clero Arrivab., Sec. di D., 203 e seg.
;
3. Dionisio l'Areopagita, nominato Par. xxvm, 130, e ricor-
dato, senza nominarlo, Par. x, 115-17. Fu convertito alla fede in
Cristo dall'Apostolo S. Paolo; cfr. Act. App. xvn, 34. Secondo la
tradizione ecclesiastica fu il primo vescovo di Atene (cfr. Euseb.,
Hist. eccl. ni, 9; iv, 23. Constit. Aposto. vii, 46), nella quale citt
raccontano pure aver egli sofferto il martirio. Il Brev. Rom. ad
9 Octob.: Dionysius Atheniensis, unus ex areopagitis judicibus, vir
fuit omni doctrinae genere instructus. Qui cum adhuc in Gentilitatis
errore versaretur, eo die, quo Christus Dominus cruci affixus est,
solem prseter naturam defecisse animadvertens, exclamasse traditur:
Aut Deus naturae patitur, aut mundi machina dissolvetur. Sed cum
Paulus Apostolus, veniens Athenas et in Areopagum ductus, ratio-
nem reddidisset ejus doctrinae, quam praedicabat, affirmans Christum
Dominum resurrexisse, et mortuos omnes in vitam redituros esse:
cum alii multi, tum ipse Dionysius in Christum credidit. Itaque et
baptizatus est ab Apostolo, et Atheniensium Ecclesiae prasfectus. Qui
cum postea Eomam venisset, a Clemente Pontifice missus est in
Galliam praedicandi Evangelii causa. Quem Lutetiam usque Pari-
siorum Rusticus Presbyter et Eleutherius Diaconus prosecuti sunt:
ubi a Fescennio Praefecto, quod multos ad Christianam Religionem
convertisset, ipse cum sociis virgis caesus est; cumque in praedica-
tione Christianae Fidei constantissime perseveraret, in craticulam
subjecto igne injicitur, multisque praeterea suppliciis una cum sociis
cruciatur. Sed ea tormentorum genera omnibus forti ac libenti animo
perferentibus, Dionysius, annum agens supra centesimum, cum re-
liquis securi percutitur septimo Idus Octobris. De quo illud me-
moria proditum est, abscissum suum caput sustulisse, et progres-
sum ad duo millia passum in manibus gestasse. Libros scripsit
admirabiles et piane ccelestes: de Divinis nominibus, de Ccelesti et
Ecclesiastica Hierarchia, de mystica Theologia, etalios quosdam.-
La pi celebre delle opere falsamente attribuite a Dionisio Areo-
pagita, ma che ai tempi di Dante si credevano generalmente auten-
tiche, il libro Ilspi *cyj opaviy.Q Espapyjas, ossia della Gerarchia
celeste, nel Medio-evo la fonte principale dell' Angeologia cattolica,
580 Dionisio
ossia della dottrina concernente gli Angeli. Onde Fra Giordano,
Preci, in Genes. vn, 40: Degli angeli anticamente pochi Santi ne
seppono. Santo Dionisio, che fu discepolo di San Paolo, questi ne
disse quasi ci che noi sappiamo; e credesi dalla Chiesa che l'avesse
da San Paolo. Le opere attribuite a Dionisio Areopagita furono pub-
blicate: Basilea, 1539; ed. P. Lausselius, Parigi, 1615; ed. B. Cor-
derius, Anversa, 1634, Parigi, 1644, Venez., 1755, Brixiae, 1854, ecc.
Tradotte da D ab boy, (Euvres de S. Denys VAreopag. traduites du
Grec avec une introduction, Parigi, 1845. Cfr. Baumgaeten-Ceu-
sius, De Dion. Areop., Iena, 1823. J. Niemeyer, Dion. Areop. doctr.
philos. et theol., Halle, 1869.
4. Dionisio fero, Inf. xn, 107, notissimo tiranno di Si-
il
racusa, figlio di Ermocrate, nato nel 431, morto nel 367 a. C, presso
gli antichi il tipo dei tiranni crudeli e scellerati; cfr. Val. Max.,
i, 1; iv, 7; ix, 17. Plut., Dion., 5. Cic, Tusc. v, 21, 22. Diod. Sic,
xiv, 15, 74. Alcuni si avvisano invece che nel luogo citato Dante
intenda di Dionisio il Giovine, figlio dell'antecedente, successo al
padre nel 367 a. C, detronizzato da Timoleone nel 343 a. C, quindi
vissuto povero a Corinto; cfr. Diod. Sic, xv, 16. Plut., Dion. e
Timo!. Justin. xxi, 5. La prima opinione sembra pi probabile. -
Bambg.: Dionisius fuit rex Sicilie, et ipsam et Siculos oppressit
sub magna tirannide. - An. Sei.: Dionisio fu pugliese, e fu va-
lentissimo e ingegnoso tiranno, e per forza di lunga guerra vinse
la Cicilia con grande tirannia. Questi fu molto fiero e spietato
uomo. - Iac. Dant.: Il ferocie Dioniso per lo quale con gran-
disimo furore e forza lisola di Cicilia lungho tempo si resse. -
Dan.: Questo Dionisio fu signore dell'isola di Cicilia: fu molto
crudele e fiero, e ragionasi che al suo tempo si portava per li latini
barba, e costui tanto era fiero che non solo per ingiura d' altri elli li
facea disconciamente torre la barba, ma eziandio la sua elli si bru-
stiava co' carboni accesi. Era questo Dionisio di tanto sospetto che
sempre dubitava d'esser morto, e fra l'altre guardie eh' elli faceva,
era che s'elli si giungeva a giacere con femina, e li segreti e palesi
luoghi cercava temendo ch'elle non avesseno alcune arme o altro
che li potesse oifendere.- Ott.: Quest' il crudele Dionisio infa-
mato per tutto '1 mondo, e per tutte le scritture; questi non sola-
mente pred le facultadi delli uomini, ma spogli i tempj e le imma-
gini delli Iddi.... Questi colui, per la cui vita la vecchia pregava,
per non vedere peggiore successore fu pieno di tanta sospecione,
:
che per tema de' barbieri si facea radere alla moglie; poi venendoli
sospetta, non si radea la barba, ma la bruciava: femina, che a s ve-
nisse per lussuria, cercava diligentemente, che non avesse ferri di
qui alli segreti luoghi della natura: per paura infine si fugg del
Dioscoride-Dipartire 581
regno a Corinto, tenne i fanciulli a leggere, miserabilmente fin sua
vita; alcuni dicono che fu il figliuolo quello, che tenne scuola. -
Il JBocc. fu il primo a distinguere i due Dionisi, padre e figlio, con-
fessando che non appar qui di quale F autor si voglia dire. Per
decidere la questione bisognerebbe incominciare dal provare, che
Dante stesso non confuse i due personaggi, come fecero i suoi com-
mentatori sino al Boccaccio.
Dioscoride, Pedanio, medico greco da Anazarba di Cilicia,
il quale visse prima di Plinio, nei primi decenni dell'era volgare.
Si hanno di lui cinque libri Hspi SXyjg axpcxYfe, che si considerarono
lungo tempo per il capo d'opera della materia medica, al quale pi
tardi si aggiunsero due libri, Aexipharmaca e Theriaca, forse la-
vori di qualche altro Dioscoride, vissuto pi tardi, oriundo da Ales-
sandria in Egitto. Anche il lavoro attribuitogli Hsp sTcoptaxcov rcXcv
te xat, aovd'vcwv cpapjixwv apocrifo. Ediz. delle sue opere, in greco
ed in latino, per cura di C. Sprengel, 2 voi., Lips., 1829-30. Dante
lo nomina Inf. IV, 140, chiamandolo
buono accoglitor del quale,
il
cio delle qualit e virt delle erbe e delle piante. - Compose un
libro, nel quale ordinatamente discrisse la forma di ciascuna erba,
cio come fossero fatte le frondi di quelle, come fosser fatte le loro
radici, come fosse fatto il gambo e come i fiori e come i frutti di
ciascuna e come il nome, e similmente la virt di quelle; Bocc.
Dipartire, dal lat. barb. dipartire; 1. Dividere una cosa in
due parti, Separarne una parte dall' altra Inf. xi, 89. Purg. u, 75. -
;
2. E per semplicemente Separare, Disgiungere figuratane Inf. v, 69.
;
Par. vi, 105.-3. E per Distaccare, Staccare, Spiccare, e simili;
anche assolutam. Par. xxn, 73.-4. E figuratane Conv. Ili, 15, 95.-
5. Kiferito a persona, Allontanarla da alcun luogo o da altri, Con-
durla via, Discostarla da alcuna cosa; Inf. xxm, 132. Purg. IX, 39.-
6. E riferito ad animale; Inf. i, 111. - 7. E figuratane e poeticam.
per Differenziare, Distinguere; Inf. iv, 75.-8. Neut. pass., per
Separarsi, Allontanarsi, Discostarsi; Inf. xn, 59. Purg. xv, 19;
xxxin, 114. - 9. E figuratane Par. I, 130. - 10. Per Andar via, to-
gliendosi da un luogo, o separandosi da una data persona, tanto
assolutam. quanto col compimento espresso; Partirsi; Inf. xxvi, 91. -
11. Figuratam. e poeticam., riferito a operazione, atto, e simili vale
Cessare; Par. xxix, 54. - 12. Dipartirsi da alcuno, detto di persona
vale figuratam. Dipartirsi dalla sua opinione, Dissentire da lui,
Esser di contraria opinione; Purg. xxix, 105. - 13. E figuratane,
Dipartirsi da alcuno, vale Esser diverso da lui, Dissomigliare; Par.
Vili, 130. - 14. E a modo di Neut. Andar via, Partire, Discostarsi;
Inf. iv, 81; xxvi, 35; xxxiv, 84.
582 Dipelare-Dipinto
Dipelare, dal lat. depilare, Svellere i peli, Pelare; Inf.
xxv, 120.
Dipelato, dal lat. depilatus; Partic. pass, di Dipelare. E in
forma d'Add., Che non ha peli, Pelato; Inf xvi, 35.
Dipendere, dal lat. dependere, Provenire, Prendere origine,
Esser causato, prodotto. E per Prendere l'esser proprio, Informarsi
da checchessia; termine delle Scuole; Conv. ni, 2, 42; in, 15, 29;
IV, 15, 41.
Dipingere e Dipignere, dal lat. depingere; Rappresen-
tare per via d'imitazione con le linee e coi colori la figura di uomo
o animale, o la forma di checchessia.- 1. Rappresentare, Ri-
di
trarre; detto per similit. e poeticam. Par. xviii, 109. - 2. Poeticam.,
detto di luce, e riferito agli occhi, in quanto per essa si disegna
nella retina la immagine degli oggetti; Par. xxm, 91. - 3. E per
Colorire, Ornare, Distinguere, di colori; o anche semplicemente Co-
prire di un dato colore; detto poeticam. di colore o di luce; Par.
xxvn, 29; xxviii, 23. - 4. Pure poeticam. per Abbellire, Adornare;
Par. xxm, 27. - 5. Figuratami, e poeticam., Dipingere nel volto
alcun sentimento dell'animo, vale Farlo ivi palese, mediante quel
colore onde naturalmente si cuopre il volto di colui che da quel
sentimento commosso; Inf. iv, 20. - 6. E per Ritrarre con colori-
le sembianze di alcuno, Ritrattarlo; figuratam. Ritrarre con molta ve-
rit per mezzo della parola le sembianze, le fattezze di alcuno, la
forma, figura o altre qualit estrinseche di una cosa, Purg. xxix, 100. -
7. Neut. pass. Fregiare il proprio corpo di figure colorate, ed anche
Darsi il belletto. E figuratam. e in buon senso, Adornarsi, Abbel-
lire; Son. : Da quella luce, che il suo corso gira, v. 14.-8. Poe-
ticamente, detto di persona, e riferito al colore, onde il volto del-
l' uomo si ricopre per eifetto di alcun sentimento dell'animo o per
qualche cagione fisiologica; Inf. xxiv, 132. Purg. il, 82. Conv.
iv, 25, 56. - 9. E detto del sentimento stesso, del cui colore si tinge
il volto umano; Conv. iv, 19, 72.
Dipinto, dal lat. depictus ; 1. Part. pass, di Dipingere, nei
varj significati del verbo; Par. xvii, 39.-^2. In forma
Purg. vii, 79.
di Add., per Adorno In cui sono immagini di-
di figure dipinte,
pinte. Per similit. Inf. xvn, 15. - 3. E per semplicemente Figu-
rato, Rappresentato in disegno, Disegnato; detto figuratam. Par.
xxiv, 42. - 4. E pur figuratam., per Adombrato, Figurato per sim-
boli ; Purg. xxxm, 76. - 5. E per Colorato, Segnato di colore o co-
lori; Inf. xxm, 58. Purg. xxix, 74. - 6. Per similit. e poeticam.,
Dipinto-Dire 583
Distinto di bei colori, detto di cosa; Inf. xvi, 108. Par. xxx, 63.-
7. Pure poeticam. e detto di volto o al volto riferito, vale Che
sparso di quel colore, per mezzo elei quale si manifesta in esso l'af-
fetto onde l'animo commosso: ed
anche detto dell'affetto stesso
in quanto per mezzo di un propriosi manifesta nel volto;
colore
Par. IV, 10; xxix, 7. - 8. Figuratam. per Adorno, Fregiato; Par.
XX, 102. - 9. Detto particolarmente di volto, ed altres di persona
o viso, vale Imbellettato, o Che si dato il belletto, il liscio;
Par. xv, 114.
Dipinto, Sost., Opera dipinta. E per similit. e poeticam., Ci
che comecchessia rappresentato; Par. xviii, 92.
Dipintore, Chi o Che dipinge, Colui che esercita l'arte del
dipingere, Pittore; Conv. iv, 10, 79.
Diporre e Deporre, dal lat. deponere, Por gi, Tor di dosso,
Torre una cosa da un'altra per porla gi, od altrove, o simile; Inf
xix, 44. Cfr. Deposto.
Diradare, da rado, Far rado o pi rado, Diminuire la spes-
sezza. Neut. pass, e Neut., detto di rugiada, vapore, nebbia, e simili,
vale Farsi men denso, Cominciare a liquefarsi, o a dileguarsi; Purg.
i, 123; xvu, 5.
Diramare, dalla particella di e da ramo ; Dividersi in rami
nascenti dallo stesso tronco, detto di albero o pianta. E diramarsi,
in costrutto con la particella Da, vale Procedere, Derivare, sepa-
randosi, a similitudine dei rami di un albero, detto di cosa tanto
materiale quanto morale ; Par. x, 13.
Dire e Dicere, dal lat. dicere, Verbo di uso comunissimo, che
regge tanto un compimento diretto, quanto una proposizione me-
diante la congiunzione Che o la particella Di. Nelle diverse sue
forme e nei diversi suoi significati questa voce occorre nella Div.
Com., 760 volte, 303 nell'In/"., 285 nel Purg. e 172 nel. Par. -
1. Nella sua pi generale accezione vale Significare per mezzo della
parola, Esprimere parlando; Inf. v, 139; Xili, 110.-2. E figuratam.
Purg. xxi, 104. - 3. Applicato figuratam. alla parola interiore, e ri-
ceve di solito un compimento, come Tra s, Dentro di s, Nell'animo,
Nel cuore, Nel pensiero, Tacitamente, e simili Purg. xxix, 21. Par. ;
Vii, 10 e seg. - 4. E per Significare mediante la parola scritta, Espri-
mere con la scrittura, Scrivere; Inf. Par. xxvn, 101. Conv.
i, 4.
li, 9, 57. - 5. In proposizione relativa, e usato pi spesso nella prima
persona singolare del Presente, compone una maniera equivalente a
584 Dire
Di cui parlo o scrivo, si parler o scriver, si parlato o scritto, ecc.,
Par. vi, 89; xvi, 53. Conv. IV, 11, 52.-6. Per Affermare, Asseve-
rare, Accertare, e simili; Purg. vii, 62; xvi, 74. Conv. v, 19, 39.-
7. E per Comandare, Ordinare, Imporre; e detto di legge o legisla-
tore, Prescrivere; Conv. v, 26, 92.-8. E per ammonire, Avvertire,
Insegnare, e simili; Cam.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia,
v. 85. - 9. Per Narrare, Eaccontare, ed anche semplicemente Incor-
dare, sia a voce sia per iscrittura; detto fguratam. anche della scrit-
tura, medesima; Inf. il, 13. Purg. i, 67. - 10. Vale anche Esporre
a fine di far sapere, Informare, Kagguagliare, e simili; Inf. li, 86;
xxix, 88. Purg. xvi, 44; xx, 117.
11. Dire, per Mostrare Dimostrare, Attestare, e simili; usato
anche fguratam. Inf. vii, 120. Par. xxviu, 8. - 12. E per Dimostrare
la verit o la ragione, la natura, il significato, e simili, di chec-
chessia; Spiegare, Dichiarare; Purg. vi, 44. - 13. Parlandosi di scrit-
tura, e con relazione al suo tenore, vale Esprimere, Aver per con-
tenuto, Contenere ci che dal suo compimento determinato; Conv.
ni, 15, 6. - 14. E assolutane, e usato pi spesso nella terza persona
singolare del Presente, premesso a una sentenza, detto, o simile, che
da un'autorevole scrittura si desuma; ed estendesi anche ad autore,
proverbio, e simili; Conv. v, 13, 59. - 15. E parlandosi di breve
scrittura, come iscrizione, soprascritta, titolo, e simili, come anche
di vocabolo, vale Rappresentare quello che risulta dalla unione delle
parole o delle lettere scritte, delle quali si compone; Inf. xi, 8. Conv.
IV, 6, 30. - 16. E pur detto di parola, locuzione, e simili, vale Si-
gnificare; Conv. in, 13, 49; v, 8, 76, 77, 94.- 17. Figuratane, detto
di cosa, fatto, accidente, e simili, vale Significare, Dare indizio, Fare
o Lasciar conoscere, comprendere; Inf. vili, 8. - 18. Usato dinanzi a
proposizione interrogativa o dubitativa, riceve il senso di Diman-
dare; Purg. xiv, 25.- 19. E per Esprimere con suoni articolati, Pro-
nunziare, Proferire; Inf. vii, 126. - 20. Riferito a parole, qualunque
esse siano, e costruito con un compimento retto dalla particella A,
significa Volgere, Rivolgere, Indirizzare; Inf. xvi, 55. Purg. vili, 3.
21. Dire, vale pure Significare pienamente, Esprimere con ogni
efficacia; Purg. xn, 111.-22. E per Palesare, Scoprire, Manife-
stare; Inf. xviii, 52. - 23. E riferito ad alcun bisogno del corpo vale
Manifestarlo; Par. xvn, 12.-24. E per Appellare, Chiamare; Conv.
in, 2, 50; v, 29, 67. - 25. E per Suggerire, Dettare, e simili; detto
fguratam. di animo, cuore, ragione, e simili Son. : Voi che por-
;
tate la sembianza umile, v. 7. - 26. E per Comporre, segnatamente
in poesia; Vit. N. vii, 11. - 27. E a modo d'impersonale, Si dice,
Dicono, e simili, vale E fama, voce, Corre voce, Si racconta, e
simili; ed altres E opinione comunemente ricevuta; Par. xtt, 81. -
Dire-Diretro 585
28. Usato innanzi all'orazione diretta, o frappostovi, o soggiuntovi;
Purg. IX, 114; xi, 133.-29. Usato anche come cominciamento d'un
discorso, dopo un qualche preambolo o simile avviamento a ci che
si vuol dire ;Conv. IV, 3, 28. - 30. Serve altres alla continuazione
del discorso; ed anche a ripigliare il filo del discorso stesso; al-
lorch sia interrotto da qualche digressione; e in questo secondo
ufficio usato pi che altro nella prima persona del Presente del-
l'Indicativo; Inf. vili, 1. Conv. i, 10, 17.
31. Dire in forma di Neut. pass., vale Prendere il nome, il co-
gnome, l'appellazione, e simili; Par. XV, 91.- 32. In forma di Neut.
Significare con parole il proprio pensiero, Parlare, Favellare; ed
altres Parlare in pubblico, Perorare; Inf. iv, 64; v, 126. Purg.
xxiii, 130. - 33. E per Comporre, segnatamente in poesia, Poetare;
Vit. N. xxv, 22, 27. - 34. Costruito con la particella Di, vale Far
parola, menzione, Dar ragguaglio, e simili, ed altres Trattare, Ka-
gionare, sia a voce sia in iscritto, di checchessia; Inf. i, 9. Conv.
in, 11, 136. - 35. Che vuoi tu cW io dica? maniera usata allorch
rispondendo altrui si incerto di ci che si deve dire o giudicare
intorno a checchessia, e specialmente per annunziare, con una specie
di figura del discorso, la gravit della cosa che si per dire; Purg.
xxiii, 97.- 36. Come dire, Come a dire, Come sarebbe a dire, e si-
mili, sono maniere dichiarative, ed equivalgono a Cio, Per esempio;
Conv. IV, 18, 30. - 37. Dico, Diciamo, sono usati per dichiarare e de-
terminare ci che innanzi stato detto; Inf. IV, 66; Purg. ni, 43. -
38. a dire, quanto dire, e simili, lo stesso che Vale, Significa,
e simili ;Conv. ni, 10, 34. - 39. Voler dire, detto di parola, frase,
o simile, vale Significare, Valere Conv. IV, 6, 7.
;
Dire, Sost. 1. L'atto del dire; ed altres L'effetto del dire, ossia
Ci che uno dice o ha detto; Inf. in, 80, 129; iv, 147; ix, 13;
xin, 55, ecc. - 2. E per L'atto del recitare, riferito a preghiera e
simili; Purg. xxvi, 130.
IHr etano, dal lat. de retro, La parte di dietro; Inf. xxv, 55.
Diretato, dal basso lat. dehceritatus, Privato dell'eredit;
Purg. xiv, 108.
Diretro, e talora anche Dirietro, voce adoperata 37 volte
nella Div. Com., 7 neVInf. (xni, 124; xiy, 140; xx, 39; xxiii, 77
xxv, 115; xxvi, 117; xxxm, 3), 19 nel Purg. (iv, 29; v, 3; vi, 5
ix, 69; x, 50, 72; xvm, 114, 133; xix, 97; xxn, 63, 128; xxiii, 19
xxiv, 59; xxvi, 66; xxvm, 145; xxix, 63, 143; xxx, 72; xxxi, 57)
e 11 nel Par. (i, 35; il, 90; Vi, 50; ix, 6; x, 101; xi, 47; xn, 83,
117; xvi, 75; xxi, 16, 132). 1. Prep., lo stesso che Dietro, cos nel
-
586 Direttameiite-Diritto
proprio come nel figurato; Inf. xni, 124. Purg. xvin, 114; xxix, 143.
Par. I, 35; ix, 6, ecc. - 2. In forza di Avverb. Nella o Dalla parte
posteriore, ed anche Appresso, ed altres Indietro; Inf. xx, 39. Purg.
vi, 5. - 3. In forza di Sost. parte posteriore di cosa o di persona;
Purg. xix, 97.
Direttamente, cfr. Dirittamente.
Direttivo, lat. Directivum, Che atto, Che serve, Che de-
putato, a dirigere, a guidare; usato tanto in senso proprio quanto
figurato; Mon. i, 14, 25; III, 4, 76; ni, 16, 52.
Diretto, dal lat. direetus, Partic. pass, di Dirigere. l.In forma
d'Add. Volto per linea retta, Volto dirittamente, Addirizzato a, o
contro, un dato segno; Par. vili, 105. - 2. Figuratam. e poeticam.,
per semplicemente Volto, Eivolto, Intento; Purg. xvn, 97.-3. Per
Che tiene o Che seguita la via diretta, andando al suo termine presta-
mente, e senza fermarsi, o con brevissime fermate; Par. xxvn, 147. -
4. E posto avverbialm. vale Direttamente; Par. xvin, 16. Dirit-
tamente, e non per obliquo; Buti.
Dirietro, cfr. Diretro.
Dirimere, dal lat. dirimere, Eompere, Sciogliere, Annullare;
e poeticam. Separare, Dividere, Spartire; Par. xxxn, 18.
Dirittamente, e per sincope Drittamente; l.In linea,
o Per linea, diritta, Con andamento diritto; contrario di Curva-
mente, Tortamente, Tortuosamente, e anche di Obliquamente; Conv.
in, 5, 94. - 2. Poeticam., per La via diritta, cio che mena al luogo
dove alcuno diretto Purg. xvi, 49. - 3. Per Direttamente, Addi-
;
rittura, Con diritto cammino e senza fermarsi; anche in locuz. figur.
Conv. IV, 5, 50.-4. Per Rettamente, Con senno, Bene; Par. xxiv, 67.
5. Per Con rettitudine, Secondo giustizia, verit, onest, e simili Par. ;
XV, 2; xvn, 105.
Dirittissimo, e per sincope Drittissimo, Superlat. di
diritto e dritto; Conv. iv, 12, 137.
Diritto eper sincope Dritto, dal lat. direetus. Nella Div.
Com. questa voce si trova 52 volte, cio 16 neWInf., 25 nel Purg.
eli nel Par. - 1. Add. Che non piega da nessuna banda e non torce;
Fatto, Condotto, e anche Posto, per linea retta; Che ha un anda-
mento per linea retta; ed altres Che sta, s'erge, verticalmente. E
il suo contrario , secondo i casi, Torto, Tortuoso. Curvo, Inclinato,
Diritto 587
Pendente; Purg. x, 30 (nel qual luogo pare che sia da leggere: Che,
dritta, di salita AVEVA manco, cio La quale ripa, essendo di-
:
ritta quasi a perpendicolo, aveva mancanza, impossibilit di salita.
Un verso tutto simile, Purg. xxi, 57. 1 pi leggono per: Che dritto
di salita aveva manco; cfr. Comm, Lips. li, 165 e seg. Moore,
Crii., 386-88. Conv. IV, 9, 55. - 2. Detto di persona, del suo corpo,
o anche del suo volto, vale Che sta o Che si muove secondo il proprio
asse, perpendicolarmente; ed altres Costituito in modo normale;
e il suo contrario secondo i casi, Curvo, Chinato, e simili; Purg.
xil, 7; xix, 132 (nel qual luogo la vera lezione senza dubbio dritto,
ed il senso La mia coscienza mi rimorse dello star dritto dinanzi a
:
voi. I pi leggono dritta, come se Dante avesse voluto menar vanto
della purit e giustizia della propria coscienza! E come se egli avesse
parlato di rimorsi della dritta sua coscienza, senza accennarne la
cagione Cfr. Fanfani, Studi ed Osserv., 107. Comm. Lips. l, 354.
!
Moore, Crit., 394 e seg. - 3. In locuz. figur., e altres figuratam.,
nei sensi gi notati; Purg. vili, 132. Par. xm, 129.-4. Per Vlto
dirittamente, Che va a un dato termine per diritta linea, Che investe
checchessia direttamente, e simili; Diretto; Purg. XV, 9; xxu, 50.
Par. V, 130. Conv. Ili, 14, 25. - 5. Detto in senso particolare di
strada o simile, vale Che conduce seguitatamente a un dato luogo,
Per cui si perviene a un dato luogo sicuramente e nel pi breve
termine di tempo; e detto di cammino, moto, e simili, vale Per la
via pi breve, Per linea retta. Figuratala, o iu locuz. figur. Inf.
i, 3; xi, 9. Conv. IV, 1, 58, 61.- 6. Aggiunto di linea, vale Che va
da un punto ad un altro senza interruzione, e senza piegare o de-
viare minimamente nel proprio percorrimento, cosicch la pi
breve che tirar si possa fra i detti punti. Pi comunemente Eetto.
E il suo contrario Curvo; Conv. IV, 13, 113.- 7. Figuratam. detto
di persona, vale Giusto, Probo, Che ha rettitudine di animo Che ;
opera rettamente, onestamente, e simili; Conv. ni, 15, 114.-8. E
pur figuratam., per Onesto, Buono, Puro, e simili; ed altres Che
intende o rivolto, ovvero Che guida, al bene detto di abiti, qua-
:
lit morali, dell'anima, affetti, e simili; Purg. vili, 83; xxu, 86.
Conv. iv, 13, 107. - 9. E per Conforme alla legge dell' onesto,
Lecito, e simili; Inf. xxx, 39. - 10. E per Vero, in senso di Reale,
Effettivo, Proprio, e simili; Purg. Vii, 39. - 11. E per Preciso,
Esatto; ed altres per Giusto, Di giusta misura; Inf. xviii, 4. -
12. Cerchio diritto, e per ellissi anche semplicemente Diritto, si
disse l'Equatore ; Par. x, 19. Conv. il, 3, 28. - 13. Diritto pure
usato come aggiunto di mano, o di altro membro o parte del corpo,
ed altres per estensione di lato, parte, cosa o persona, rispetto alla
situazione di altra; ed lo stesso che Destro; Purg. xiv, 8.- 14. E
588 Dritto-Dirzzare
in forza di Sost., vale linea diritta, verticale o orizzontale, secondo
cui , o deve essere, fatto, condotto, misurato, riscontrato, partito,
e simili, checchessia; Andamento per linea retta, Dirittura; Purg.
x, 30 (quando in questo luogo si voglia leggere dritto invece di
dritta; vedi pi sopra al num. 1).- 15. In forza di Avverb., vale
In modo diritto, Dirittamente, Per linea retta; anche figuratam., o
in locuz. figur. Inf i, 18. Purg. xvm, 45. Conv. in, 5, 62. - 16. Poe-
ticamente, e in dipendenza da un avverbio di luogo, per Di contro
appunto; Inf. iv, 118.
Diritto, e per sincope Dritto, dal lat. barb. directum; Sost.
1. Ci che in s diritto, ossia giusto, ragionevole ed onesto: Prin-
cipio di giustizia, dal quale debbono prendere norma
misura gli e
atti della libert umana; Regola o Legge razionale; Purg. v, 78.-
2. E in significato fisico, Ci che diritto; opposto ad Obliquo;
Par. x, 19.
Diritto, e per accorciamento Dritto ; 1. Part. pass, di Di-
rizzare Drizzare, lo stesso che Drizzato, di cui forma sincopata
e
e alterata; Conv. Il, 16, 21. - 2. E in forza d'Add., per Ritto, Che
sta sopra di s, In piedi, detto di persona; Inf. xiv, 103; xxv, 124.
Purg. xxviii, 67. - 3. Levarsi diritto, e per maggiore efficacia Le-
varsi diritto in pie, vale Alzarsi su, Levarsi in piede Inf. iv, 5. ;
Purg. xxxiii, 8.
Dirittura, e per sincope Drittura, Andamento continuato
per linea diritta. 1. In senso figur., vale Rettitudine, Intera onest,
nel volere, nelP operare, e simili, secondo la regola del bene morale;
Canz.: Tre donne intorno al cor mi son venute, v. 35.-2. E in
senso speciale, Giustizia; Par. XX, 121.
Dirivare, cfr. Derivare, del quale forma piuttosto arcaica.
I testi di Dante variano tra le due forme.
Dirizzare, e per sincope Drizzare, dalla particella di e
rizzare, oppure forma varia di dirigere; propriam. Volgere di-
rettamente a un dato luogo o termine, Dirigere. 1. Riferito ad arme,
colpo, e simili, ed altres a mira, vale Volgere a un segno, scopo,
termine, e simili; Par. i, 126. -2. E riferito a sguardo, volto e si-
mili, ed altres a discorso, parole, voce, e simili, vale Indirizzare,
Rivolgere; Inf. xxvn, 19. Purg. 1, 111; ix, 84.- 3. Riferito parti-
colarmente a dito, vale Volgerlo verso una cosa o persona a fine di
accennarla; Purg. v, 3; vili, 96. Conv. iv, 22, 17. -4. Dirizzare
chicchessia o checchessia ad un fine, vale Disporlo, Predisporlo ad
Drocciare-Disabbellire 589
esso; Purg. XXX, 110. Conv. IV, 6, 75.-5. Poeticam. riferito a strada,
Via, e simili, vale Volgere; Purg. xiv, 45.-6. E per Guidare, Re-
golare, Dirigere, verso un dato luogo, punto, segno, riferito a un
termine estraneo al soggetto; usato anche figuratane Purg. xxxi, 15.
Par. xxvr, 24.-7. E per Dirigere ad un luogo, additando la strada,
ovvero guidando; anche figuratam. Purg. xix, 78. Par. vi, 18. -8. E
pur figuratam. e in locuz. figur., vale Guidare, Keggere, Governare,
per precetti, insegnamenti, e simili, Ammaestrare, Informare a virt,
scienza, e simili; Conv. IV, 7, 26.-9. Per Fare, Eendere, o Tornare,
diritto, Addirizzare; detto figuratam. Purg. xxm, 126.-10. E per
Volgere in su, Alzare; ed altres Rifare diritto, riferito alla per-
sona, ovvero a testa, volto, petto, e simile; Inf. xx, 31; xxu, 129.
Purg. xn, 77. - 11. Neut. pass. Dirizzarsi per una via o simile, vale
Mettersi per essa; Conv. IV, 1, 59. - 12. Figuratam., Rivolgersi altrui
col discorso; Purg. xv, 43. - 13. E detto di cosa morale ed altres di
discorso, o simile, vale Rivolgersi, Esser diretto; Cam. : Voi che,
intendendo, il terzo ciel movete, v. 8.-14. Detto di persona, vale
Levarsi su, Sorgere, ed altres Levarsi in piedi usato talora an-
;
che con l'ellissi della particella pronominale; Inf. ix, 37; x, 32.-
15. Part. pass. Dirizzato e Drizzato, Levato su, Sorto; Inf. x, 67.
Dirizzare, Drizzare, nelle varie sue forme, e nei diversi signi-
ficati esposti, si trova nella Div. Com. 50 volte, 12 nelVInf., 22 nel
Purg. e 16 nel Par.
Dirocciare, da roccia, Neut. e anche in forma di Neut. pass.
Cadere, Scendere, Venir gi, e simili, da roccia, o di roccia in
roccia. Detto figuratam. delle lagrime che formano i fiumi infernali;
Inf. xiv, 115.
Dirompere, dal lat. dirumpere; 1. Togliere a checchessia la
saldezza, la durezza, ed altres la resistenza o la tensione, Farlo di-
venire a poco a poco arrendevole, percotendo, ammaccando, e simili;
e altresFrangere, Infrangere; Inf. xxxiv, 55. - 2. E per Rompere
con violenza, Spezzare; Mon. il, 1, 3.
Dirotto, dal lat. diruptus, detto di pianto, lagrime e simili,
vale Copiosissimo, Che non ha ritegno; Purg. xxm, 87.
Dirubare, lo stesso che Derubare; al Partic. Dirubato, De-
ruhato, Spogliato; Purg. xxxiii, 57.
Disabbellire, Privare di bellezza. Neut. pass. Perder bellezza,
e figuratam. decoro, ornamento, e simili; Conv. li, 8, 69.
590 Disagguaglianza-Discarcare
Disaggnaglianza, dal lat. dis e mquaitas, L'esser disu-
guale, non pari, Disuguaglianza, Disparit, Diversit; e in senso
concreto, Qualit, o Cosa, disuguale; Par. XV, 83. Gonv. IV, 23, 68.
Disagiare, dal lat. dis e da agio, Privar d'agio, Arrecar
disagio, Tenere in disagio, Scomodare. Figuratam. e poeticam., ri-
ferito ad azione, vale Renderla non libera, Impedirla comecchessia;
Purg. xix, 140.
Disagio, dal lat. dis e haoere, Mancanza, Difetto; figuratam.,
riferito a luogo ; Inf. xxxiv, 99.
Disaminante, Che disamina, Che sottopone a diligente con-
siderazione checchessia; Conv. ni, 2, 55.
Disamorato, Che non sente la passione d'amore, Che non
ama; Cam.: Poscia ch'Amor del tutto m'ha lasciato, v. 7.
Disanimato, Che ha perduto l'animo, il coraggio. E per
Privo di vita, Esanime; Purg. xv, 135.
Disascondere, dal lat. dis e abscondere, il contrario di Ascon-
E Neut. pass. Scoprirsi, Venire in luce,
dere; Scoprire, Manifestare.
Manifestarsi; in senso per figurato; Par. xxv, 66.
Disbramare, Saziare la brama, Sodisfare pienamente, rife-
rito a passione, desiderio, ed altres a fame, appetito, e simili; Sbra-
mare: usato figuratam. Purg. xxxn, 2.
Disbrancare, Neut. pass. Dividersi in due o pi branche,
Diramarsi; detto di pianta. E in locuz. fgur. Conv. iv, 23, 18.
Disbrigare, Liberare da impaccio, impedimento, e simili
Sbrigare, Cavar d'imbarazzo; Inf. xxxiit, 116.
Discacciato, 1. Mandato via, Allontanato, Rimosso, con vio-
lenza o con mal modo, da se o dal luogo che altri occupa; anche
figuratam. Vit. N. xiv, 41. Son.: Coli' altre donne mia vista gab-
E per Cacciato in esilio, Esiliato: usato anche in
bate, v. 16. - 2.
forza di Sost. Conv. li, 13, 12.
Discarcare, sincope di Discaricare, Liberare dal carico. E
per Deporre da s cosa o persona che serva di carico o di peso;
usato figuratam. Par. xviu, 66. - Partic. pass. Discarcato, Deposto;
Inf. xvn, 135.
Discarnare-Discendenti 591
Discantare, Neut. pass. Farsi scarno, Smagrire assai, Per-
dere la carne; Inf. xxx, 69.
Discedere, dal lat. discedere, Allontanarsi, Partire, dal mondo;
Purg. xx, 15.
Discendente, dal lat. descendens, Colui o Colei che discende
per retta linea da alcuno, o da alcuna famiglia; ed usasi pi co-
munemente nel plurale ; Conv. iv, 3, 33.
Discendenti di Dante. Gemma Donati, sua moglie, rese
il Poeta padre di pi figliuoli, come affermano il Boccaccio e Leo-
nardo Bruni. Il numero dei figli di Dante tanto pi incerto e
disputabile, inquanto alla dimanda, se per avventura qualclieduno
di essi non morisse in tenera et, non possiamo assolutamente ri-
spondere ne s n no, non sapendone nulla del tutto. Il Fielfo no-
mina quattro figli di Dante flios habuit quatuor Petrum, Ia-
; :
cobum, Aligerium et Elyseum, e forse non volle far menzione che
dei figli, passando le figlie sotto silenzio. Ma cosa troppo nota che al
Filelfo non gli si pu credere nulla. Secondo il Pelli (Meni., 37)
ebbe Dante sette figli: Pietro, Iacopo, Gabriello, Aligero, Eliseo,
Bernardo e Beatrice, e lo stesso ripetono il Balbo (lib. i, cap. 8) ed
i non pochi suoi seguaci. E sette figli attribuisce a Dante anche il
Fraticelli (Vita, 298 e seg.), convertendo il figlio Bernardo in una
figlia, della quale non sa dirci il nome, ed affermando, non si sa
su qual fondamento storico, che Eliseo ed Alighiero morirono in
tenera et. L. Passerini (Lord Vemon, Inf., voi. n, pag. 21 e seg.)
cancella Gabriello e d al Poeta sei figli: Iacopo, Pietro, Alighiero,
ed Eliseo, Beatrice ed Imperia, andata poi moglie a Tano di Ben-
civenni Pantaleoni, e ripetendo quanto aveva inventato quel ga-
lantuomo per la quale che fu Gian Mario Filelfo, che Alighiero
ed Eliseo morirono di pestilenza, l' uno a dodici, l' altro ad otto anni.
Il Diaconis (Nuova Ricognizione, Udine, 1887, p. 486 e seg.), rife-
risce semplicemente quanto altri avevano affermato, senza aggiun-
gervi veruna notizia.
Indubbia, perch documentata, l'esistenza di quattro figliuoli di
Dante che sopravvissero al Padre Pietro, Iacopo, Antonia e Bea-
:
trice, con che naturalmente non esclusa la possibilit che altri
ne avesse, i quali o gli premorirono, o dei quali non giunta a noi
veruna notizia. Beatrice vest, probabilmente dopo la morte del
padre, 1 abito religioso nel monastero di Santo Stefano, detto del-
;
l'Uliva, in Ravenna. A costei i Capitani d'Or San Michele a Firenze
mandarono nel 1350 per mezzo di Giovanni Boccaccio un sussidio di
592 Discendenti
dieci fiorini d'oro. Altre notizie di lei non si hanno; Pellt, 109,
cfr.
nt. 54. Fraticelli, Vita, 302. Kecentemente si sollevarono dei dubbi
sulla esistenza di questa figliuola di Dante, apponendo al Pelli
(primo a pubblicare il relativo documento, ora smarrito) un errore
o credendolo ingannato da qualche canzonatore (Ricci, Ultimo Ri-
fugio, 214 e seg.). Trattandosi per non gi di un singolo docu-
mento, ma di un libro d'Entrata ed Uscita del 1350 tra gli altri
esistenti nella Cancelleria de' Capitani di Or S. Michele riposto nel-
l'Armadio alto di detta Cancelleria, nel quale
legge a pag. 30
si
la notizia relativa, appena ammissibile che Pelli cadesse in
il
errore, e molto meno che fosse ingannato da qualche canzona-
tore. Canzonatori non fabbricano libri d' Entrata ed Uscita con-
servati in una cancelleria, onde sino a prova contraria l'esistenza
di Beatrice figlia di Dante e monaca in Ravenna
da considerarsi
come un fatto acquisito dalla storia. L'opinione di un matto, che
questa Beatrice fosse una figlia illegittima del Poeta, inattendi-
bile. Ad una bastarda di Dante i Capitani di Or S. Michele non
avrebbero certo mandato un sussidio a Ravenna. - Di Antonia si ha
una sola notizia in un documento del 3 novembre 1332, dal quale
risulta che in quel tempo era tuttora vivente (cfr. Bollettino della
Soc. Dant. Ital. i, 8, 13 e seg.). - Iacopo si addisse nella sua gio-
vent al clero e nell' 8 ottobre 1326 prese dal vescovo di Fiesole
i due primi ordini clericali, quindi ebbe il canonicato di una pieve
di San Giorgio nella diocesi di Verona. Pi tardi spogli le vesti
ecclesiastiche, avendo combinato un matrimonio con Iacopa di Bi-
glietto degli Alfani, il qual matrimonio sembra per che non avesse
mai effetto (cfr. Imbruni, Studi, 531 e seg.). Nel 1342 riscatt i
beni del padre che erano stati confiscati (cfr. Del Lungo, Esilio
di D., 158 e seg.). Cess di vivere qualche tempo dopo, poich
nel 1349 era gi passato ai pi. La sua discendenza maschile si
spense ne' suoi figliuoli; sua figlia Alighiera ebbe un nipote, Man-
fredo di Bernardo Manfredi. A Iacopo si attribuisce un breve e
magro commento della Div. Com. (Chiose alla cantica dell' Inf.
ora per la prima volta date in luce, per cura di Lord Vernon,
Fir., 1848, voi. di xn e 122 pag.).- Pietro si stabil a Verona, dove
fu giudice e ripetute volte vicario del Potest (Pelli, 38. Maffei,
Verona illustr., il, 394). Mor nel 1364 a Treviso. Gli attribuito
un erudito Commento all'intiera Div. Com. (ed. Vernon, Fir., 1845),
che probabilmente roba sua. La sua discendenza si estinse nel se-
colo XVI con una Ginevra, maritata nel 1549 al conte Marcantonio
Sarego di Verona. La nobile famiglia dei Sarego-Alighieri di Ve-
rona pu vantarsi di discendere per linea materna dal sommo Vate
(cfr. Serego- Alighieri, Dei Seratico e dei Serego Alighieri, To-
Discendere-Discente 593
rino, 1865. Cayattoni, nellMZo Dantesco Veronese, Mil., 1865,
p. 347-424).
Discendere, dal lat. descender, verbo che nelle diverse sue
forme e nei diversi suoi significati si trova 49 volte nella Div. Coni.,
cio 23 neWInf., 10 nel Purg. e 16 nel Par. - 1. Venire, o Andare,
gi da luogo elevato, Venire dall'alto; detto di persona; Purg.
IV, 25. Par. I, 6. - 2. E figuratam. Purg. xxn, 72, - 3. E detto di
animali; Inf. xvn, 116.-4. Per semplicemente Passare, Entrare
scendendo, e simili, da cosa o parte in altra alquanto pi bassa;
Inf. v, 1; Vili, 25. - 5. E figuratam. per Venire col discorso a trat-
tare, svolgere, dichiarare, e simili, riferito ad alcuna parte speciale
della materia, dell'argomento, e simili; Conv. ili, 5, 7; iti, 13,17.-
6. Per Dar fondo, Approdare, Sbarcare, e simili Inf. ni, 119. - 7. Detto
;
di cosa, vale Andare, o Venir gi, Volgere a basso o in basso, Calare,
e simili per lo pi lentamente. Detto figuratam. di cose intellet-
;
tuali e morali Conv. Ili, 7, 7 e seg. III, 7, 67 e seg. - 8. Per similit.,
; ;
detto di luce, ombra, raggio, e simili Conv. IV, 20, 58. - 9. E detto
;
di acque correnti, Scorrere in gi, ed altres Scaturire; Inf. vii, 107;
xxx, 65. Par. xi, 43. - 10. E detto di fiumi, vale poeticam. Metter
foce, Sboccare; Inf. V, 96. - 11. Per similit., detto di nave, o si-
mili, Che va per un fiume a seconda della corrente; Par. xvn, 42.
12. Discendere, detto degli astri, o delle loro orbite, Vale volgere
al tramonto, Declinare all'orizzonte; anche in forma di Neut. pass.
Par. XX, 2. - 13. E per similit. Purg. xin, 114. - 14. E figuratam.
detto del corso della vita umana, vale Accostarsi alla vecchiezza;
Conv. iv, 23, 49; 29.- 15. Detto di monte, pendice, spiaggia,
IV, 24,
e simili, vale Andar gradatamente abbassandosi, Esser inclinato a
pendo; detto altres di cosa che seguiti l'andamento naturale di
monte, pendice, ecc., Inf. xx, 72.- 16. Figuratam. e poeticam., detto
di discorso che da alto e difficile argomento viene a trattare di cose
pi intelligibili; Par. XV, 44.- 17. E pure in senso figurato, per
Trarre origine, nascimento, Venir per generazione, Derivare; Purg.
Vili, 119. Conv. IV, 29, 9. - 18. Figuratam. detto di cose materiali,
per Esser prodotto; Conv. iv, 20, 9 e seg.- 19. Pur figaratam., detto
di cose immateriali; Par. vili, 83. Conv. iv, 20, 37.-20. E detto di
parole o di forme grammaticali, vale Aver la propria origine, De-
rivare; Conv. iv, 6, 13, 24, 27. - 21. Att., riferito a luogo elevato,
a pendici, e simili, vale Venir gi per quello discendendo; Inf.
xxiv, 79. Purg. xxiv, 126.- 22. Discendere in terra, detto di Cristo,
vale Prendere carne umana, Farsi uomo; Conv. IV, 5, 16.
Discente, dal lat. discens, Chi impara, Scolare, Discepolo;
Inf. xt, 104. Par. xxv, 64. Conv. Il, 1, 34.
38. Enciclopedia dantesca.
594 Discepolo-Dischiudere
Discepolo, dal lat. discipulus, Colui che sotto la disciplina
di alcuno impara, o ha imparato, checchessia. - 1. Per Chi segue e
professa le dottrine di alcuno, ed altres Colui che seguita le opi-
nioni, o gli esempj, d'un altro; Conv. IV, 7, 101 (nel qual luogo
il Giul. omette arbitrariamente le parole che non si f' disce- :
polo). - 2. E per Ciascuno di coloro che furono eletti da Cristo a
seguirlo e ad apprendere da Esso il Vangelo; Conv. il, 15, 129. Mon.
i, 4, 19; in, 3, 67; in, 9, 47, 75; in, 16, 48.
Discernere, dal lat. discernere, verho adoperato nella Div.
Com. 27 volte, 6 nelVInf. (i, 112; ni, 75; iv, 12, 71; xn, 37; xxxiv, 3),
9 nel Purg. (iv, 77 ; Vili, 34 xn, 63 xiv, 151 xvi, 95, 131 xvin, 11
; ; ; ; ;
xxvii, 129; xxxi, 137) e 12 nel Par. (i, 78; vii, 55, 62; vili, 17, 90;
ix, 107; xi, 22, 123; xix, 56; xx, 72; xxvi, 104; xxix, 53).- 1. Veder
hene, distintamente, Scorgere, riferito ad oggetto materiale usato ;
anche assolutam. Inf. iv, 12. Purg. vili, 34. - 2. Figuratam. Co-
noscer bene, Comprendere a pieno; Par. xxvi, 104. - 3. E assolutam.
per Giudicare, Avvisare; Inf. i, 112; xn, 37.-4. Poeticam. per Di-
videre, Compartire, Regolare; Par. i, 78.
Discernibile, dal basso lat. discernibilis, Che pu discer-
nersi ; Conv. in, 7, 24 (nel qual luogo Giul., Moore, ecc., omettono
le parole appena discernibile, che non si leggono nei codici).
Disceso, dal descensus; 1. Partic. pass, di Discendere;
lat.
Conv. IV, 7, 39. - 2.E in forma d'Add. per Discendente, Nato, Ori-
ginato, da chicchessia; Conv. iv, 6, 33.
Discettare, dal lat. discettare, Disputare, segnatamente in-
torno a qualche punto dottrinale; ma Dante l'usa nel significato
di Disperdere, Separare Par. xxx, 46. Benv. : Dividat. - Buti :
;
Divida. - Dan.: Dissipi et disperda. - L. Veni.: Dal lat.
dissepire, separi.
Dischiavare, dal lat. dis e cavis, usato per [scoccare, Di-
staccarsi, Liberarsi; Par. il, 24.
Dischiomare, dal lat. dis e coma, Privar della chioma, dei
capelli, svellendoli o radendoli; Inf. xxxn, 100.
Dischiudere, dal lat. discudere, Aprire, Schiudere; contrario
di Chiudere. 1.Figuratam. per Scoprire, Svelare; Par. xxiv, 100. -
2. E per Manifestare, Significare Purg. xxxin, 132. - 3. Riferito
;
poeticam. a voce, suono, e simili, vale Mandar fuori, Emettere;
Purg. xxxi, 9.-4. E pure poeticam. per Escludere; Par. Vii, 102;
Discindere-Discolpare 595
xiv, 138. - 5. In forma di Neut. usato poeticam. per Venire all'aperto ;
quasi allargandosi in maggiore spazio Purg. xix, 70.
;
Discindere, dal lat. discindere, che vale Fendere, Squarciare;
Separare, Dividere; e per Spiccare, Lacerare, Staccare, Troncare;
Purg. xxxii, 43.
Disciogliere, e per sincope Disciorre, dal lat. dissol-
vere; 1. Per Sviluppare da legami e simili, o da ci a cui
lacci,
fermata la legatura, Liberare; Purg. xxxii, 158. - 2. E fguratam.
Purg. xxviii, 21.-3. E riferito a persona, poeticam. per Distac-
care, Separare, Dividere, e simili; in senso per figurato; Par.
in, 117.-4. Kiferito a parole, per Lasciar uscir, Mandar fuori;
Purg. xix, 16.
Disciolto, dal lat. dissoutus ; 1. Privato di legami, vincoli,
nodi quali siano; Slegato; Inf. xxxi, 101. - 2. Per similit., detto
si
di cosa; Purg. xxviii, 106. - 3. Detto in particolare di capelli, chioma,
vale pure Slegato, Sciolto; ed anche Sparso: e detto di persona, vale
poeticam. I cui capelli sono sciolti, Coi capelli sparsi; Canz.: Donna
pietosa e di novella etate, v. 46.-4. Fguratam. detto di membra,
per Non impedito a una data operazione, Agile, Destro; Inf. xxx, 108.
Disciplina, dal lat. disciplina; 1. L'atto dell'istruire; ed al-
tres Modo Regola d'insegnare, Insegnamento, Istituzione; riferito
e
pi specialmente a scienza, arte liberale, e simili; Conv. IV, 7,99.-
2. E per Prescrizione, Regola formale da osservarsi, Pena ecclesia-
stica inflitta a un peccatore, e simili Purg. xxiii, 105. ;
Disciplinato, dal basso lat. discipinatus ; in forza di Sost.
Colui che stato, o che viene ammaestrato; Conv. IV, 13, 55.
Discoccare, Scappare da ci che tien ferma la cosa tesa; lo
stesso che Scoccare; termine piuttosto poetico; Conv. li, 10, 34.
Discolorare, Togliere o Scemare il colore, e pi special-
mente quello del volto; Fare impallidire; detto fguratam. Purg.
xi, 116.
Discolorito, Che ha perduto il naturai colore, Pallido, Smorto;
comunemente Scolorito; Vit. N. xvi, 10.
Discolpare, Difendere da accusa di colpa, e generalmente da
qualsivoglia imputazione; Dimostrare che uno non in colpa, Giu-
stificare; e anche semplicemente Scusare; Purg. xxv, 33.
596 Discompagnato-Discordante
Discompagnato, Separato, Disgiunto, da ci che serve o
deve servire di compagnia; figuratam. Conv. I, 10, 70.
Disconfessare; 1. Ricusar di confessare, di palesare, di ri-
conoscere, e simili ; Negare Conv. IV, 8, 83. - 2. E per Negar di
;
prestare, di tributare, e simili; Kicusare, Disdire; Conv. iv, 8, 77.
Discoli figgere, lo stesso che Sconfiggere. E fguratam. per
Distruggere, o simile; Vit. N. xvi, 15.
Disconfortare, Togliere altrui la fiducia o il coraggio, In-
fondergli un certo sgomento, Disanimare. Neut. e Neut. pass., Per-
dere la fiducia o il coraggio, Disanimarsi, Sgomentarsi, Sbigottirsi;
Inf. vili, 94, nel qual luogo invece di Mi disconfortai alcuni testi
hanno mi sconfortai.
Discontinnato, Non continuato, Fatto non di seguito, ma
a intervalli di spazio o di tempo, Interrotto; Conv. in, 13, 55.
Disconvenevole; 1. Non convenevole, Disdicevole, e simili;
lo stesso che Sconvenevole; Conv. i, 8, 2.-2. E per Male atto, Di-
sacconcio: ma non comune; Inf. xxiv, 66.
Disconvenire, Non convenire, cio Non addirsi, Disdirsi, ed
altres Star male, Esser mal fatto, e simili ; Inf. XV, 66.
Discoperto e Discoverto; 1. Non coperto, ossia Non oc-
cultato all'altrui vista da cosa che cuopra, avvolga, Ingombri, e si-
mili; Purg. I, 128. - 2. E in senso particolare, detto della terra, per
Non coperto dalle acque; Conv. Ili, 5, 54 e seg. -3. Per Non chiuso
o cinto da monti Aperto; ed altres poeticam., Libero alla
o colli,
vista, Palese allo sguardo, e simili, detto di luogo; Par. xxvn, 85. -
4. Figuratam. Non occulto, Non segreto, Manifesto, Palese, Aperto,
Noto, e simili; Conv. IV, 12, 12.
Discoprire e Discovrire, dal basso lat. discooperire ;
1. Per Lasciare scorgere, Far vedere, Mostrare e simili; usato figu-
ratamente Conv. IV, 12, 71.-2. E pur figuratam. per Far sapere,
conoscere, Far noto, e simili; Purg. TX, 66. - 3. E per Manifestare,
Palesare, Rivelare, e simili; Par. xxvin, 138.-4. E per Dimostrare,
Dare a conoscere, Far comprendere, e simili, checchessia, o la na-
tura di checchessia; Purg. xviii, 41. - 5. E poeticam. Trovare, In-
trodurre, e simili; Inf. xxix, 128.
Discordante, dal lat. discordans,Poeticam. Che discorda. 1.
Diverso di religione; detto figuratam. anche di luogo; Par. ix, 85.-
-
Discordanza-Discorrimento 597
2. E per Che non in accordo o in armonia con alcuna cosa, Che
non vi si conforma, Che non vi corrisponde, e simili Conv. in, 10, 6. - ;
3. E figuratane, detto di cose; Conv. i, 5, 49.
Discordanza, L'essere discordante. E detto di cose, per Di-
versit, Differenza, Disformit, e simili; Conv. in, 10, 23.
Discordare, Essere discorde, Non an-
dal lat. discordare ; 1.
dare d'accordo, Non convenire con altri, nello
stesso sentimento,
opinione, giudizio, volere, proposito e simili Dissentire Conv. ; ;
IV, 29, 41. - 2. Per Non avere conformit, o corrispondenza, Essere
differente, diverso, Essere in opposizione, o in contradizione; Purg.
xxxin, 89. Conv. ni, 9, 35; in, 10, 36.
Discorde, dal lat. discors, discordis ; 1. Che di animo o
sentimento, di volere, di opinione, di proposito, e simili, diverso da
quello di altri; Non concorde. Figuratam. e poeticam., detto degli
organi de' sensi Purg. x, 63. - 2. Detto figuratam. di cosa, per lo
;
pi immateriale, di atto, affetto, e simili, vale Non conforme, Non
corrispondente, Disforme, e simili Par. in, 74. -
; 3. E poeticam.
per Contrario, Opposto, e simili; Par. vili, 140.
Discordia, dal lat. discordia; 1. Disunione degli animi, per
diversit di voleri e di atti, la quale trascorre a contese e inimi-
cizie; Grave dissenzione; Inf. vi, 63. - 2. E per Qualsivoglia di-
sordine, o contesa, derivante da discordia; Stato o Condizione di
persone, di parti, di popoli, di potentati e simili, discordi fra loro ;
Conv. IV, 4, 19.
Discorrere, dal lat. discurrere; 1. Correre da luogo a luogo,
Correre attorno, Scorrere qua e l; ed anche semplicemente Passare
da luogo a luogo, Andar qua e l, Passeggiare, Camminare; Par.
xxix, 31 (nel qual luogo si allude al biblico Spiritus Dei fere- :
batur super aquas, Genes. I, 2). - 2. E per Percorrere lo spazio,
Passare lungo o attraverso checchessia, Trascorrere; e propriamente
con una certa rapidit: detto anche di cosa; Par. XV, 14.
Discorrimento ; 1. Il discorrere, ossia II correr da luogo a
luogo, Il correre attorno, L'andar qua e l; detto figuratam. Conv.
in, 7, 15. - 2. Pur figuratam., detto dell'animo o della mente, per
Commovimento, Moto, e simili; Conv. II, 11, 14 (nel qual luogo Dante
traduce il lat.: Omnis subita mutatio verum non sine quodam
quasi fluctu contingit animorum Both., Cons. phil. Il, pr. 1).
;
3. E per II passar via, L' andar a finire, Cessamento Canz. Le ; :
dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 60.
598 Discorso-Disdegnare
Discorso, dal lat. discursus, che nell'et bassa pass, dal suo
primitivo senso di Discorrimento, a significare lo stesso che sermo,
dissertatio ; Ragionamento. E per L' oggetto stesso, o materia del
discorso, del giudizio; Purg. xxix, 49.
Discorso, lo stesso che Discorrimento; detto di cose mate-
riali, per II percorrere, che esse fanno, lo spazio; Conv. Ili, 9, 55.
Discosceso, da Discoscendere; detto di luogo, vale Scosceso,
Dirupato; Inf. XII, 8; xvi, 103.
Discovrire, e suoi derivati ; cfr. Discoprire e suoi derivati.
Discretamente, In modo discreto, ossia giudizioso e savio,
Con discrezione, Con discernimento, e simili Conv. i, 2, 48. Nel ;
luogo Par. vii, 96 da leggere distrettamente, non gi discre-
tamente, come hanno alcune edizioni.
Discretivo, dal basso lat. discretivus, Atto ad infondere di-
screzione, Che induce discernimento; Conv. I, 11, 29.
Discreto, dal lat. discretus; 1. Che ha discrezione, ossia retto
discernimento, Che ha senno, Prudente, e simili; Inf. xxxi, 54. - 2. E
aggiunto di scienza, discorso, e simili, usato per Opportunamente
considerato, Ben pensato, Chiaro; Par. xn, 144. - 3. E, parlandosi
di cose materiali, per Ben distinto; Conv. ni, 9, 109.
Discrezione, dal basso lat. discretio, Separazione, Distin-
zione. Facolt della mente, per la quale l'uomo discerne e giu-
1.
dica con dirittura, Eetto criterio; Conv. i, 11, 15. - 2. Vale pure
Savia e considerata moderazione cos negli atti, come nelle parole,
non solo secondo l'onest e la giustizia, ma conformemente alla con-
venienza, all'opportunit; Discretezza; Conv. ni, 10, 59 eseg. -3. E
poeticam. per Parte distinta, Spartimento Par. xxxn, 41. ;
Discrivere, e suoi derivati ; cfr. Descrivere e suoi derivati.
Discutere, lat. discutere, Esaminare diligentemente dibat-
tendo, per lo pi con altri, il pr e il contro di negozj, di punto
controverso, di questioni, e simili ; Mon. Hi, 2, 1.
Disdegnare, dal lat. dedignari, mutata la particella de in
dis; Avere a sdegno, a vile; Non reputar degno di s, Giudicare vile;
Purg. ix, 27. Par. xxxiii, 6, nel qual luogo alcuni (Aid., Burgofr.,
Gio., Movili., Sessa, Cr., ecc., Buti, Land., Veli., Dan., ecc.) leg-
gono non Si sdegn, mentre il pi dei codd., Lan., Ott, Benv., An.
Disdegno 599
Fior., le prime 4 ediz., Nidob., ecc., hanno non disdegn, che
senza dubbio la vera lezione.
Disdegno, da Disdegnare; 1. Movimento d'animo,
il quale
si approssima all'ira, e prodotto per lo
pi da cosa che sia o sembri
ingiusta, turpe, o simile comunemente Sdegno Inf. vili, 88 IX, 88
: ; ; ;
xnr, 71; xxxii, 131. Par. xvi, 137; xxvi, 113; xxix, 89. - 2. Vale
anche Dispregio, o semplicemente Non curanza. Onde le maniere
Avere, o Tenere, a disdegno o in disdegno, che valgono Disprezzare,
Tenere a vile, od anche semplicemente Non curare; e Secarsi a di-
sdegno checchessia, vale Sentire onta, offesa, e simili; Inf.x, 63;
xiv, 70. Sul primo di questi due luoghi, il quale assai controverso,
cfr. Bollett. della Soc. Dani, i, 179 e seg.; 192 e seg. D'Ovidio,
Saggi erit., 312 e seg. Mazzoni, Due 'parole sul Disdegno di Guido
Cavalcanti, Bergamo, 1894. Gli antichi vanno essenzialmente d'ac-
cordo. Cass. : Quamvis magnus rimator fuerit in materno stilo, ta-
men non delectabatur in poesia, sed potius in phylosophia. - Bocc. :
Perciocch la filosofia gli pareva, siccome ella , da molto pi che
la poesia, ebbe a sdegno Virgilio e gli altri poeti.- Falso Bocc:
Guido dispregi Virgilio, cio poesia; ma egli s'accost e dilet-
tossi in filosofia, e in questa iscienzia fu valente uomo. - Benv. :
Guido, sicut et aliqui alii ssepe faciunt, non dignabatur legere
poetas, quorum princeps est Virgilius. -Buti: Questo dice l'au-
tore perch Guido dispregiava li poeti, e Virgilio come li altri. -
An. Fior.: perch Guido gli paresse che la scienzia sua fosse
s alta ch'ella avanzasse molto quella de' Poeti, o ch'egli non leg-
gessi mai loro libri, parve eh' egli sdegnasse il libro di Virgilio. -
Serrav. : Non fuit delectatus in poesi, quamvis philosophus ma-
gnus. - Barg. : Guido, uomo eccellente e litteratissimo, non si
dilettava de' poeti, de' quali Virgilio fu principe, ma pi si dilettava
di filosofa morale, ove nettamente si tratta della virt, e pi amava
le istorie signorili, che non favole fanciullesche. - Land.: Quasi
dica, perch Guido vostro datosi tutto alla filosofia, non degn i
Poeti. - Tal. : Non vacavit circa poesim. - Veli.: Avendo Guido
atteso alla filosofia, in che dicono essere stato molto eccellente, non
cur de gl'ornamenti poetici, et quelli voler imitare. - Gelli: Guido
aveva avuto la poesia a disdegno, cio non vi aveva mai dato opera, n
stimatola. - Dan. : Dando opera alla filosofia, non gli erano pia-
ciuti i Poeti, come piacquero a Dante . Bambgl., An. Sei., Iac. Dani.,
Dan., Ott., Petr. Dant., tirano via da questo luogo. Si pu dunque
affermare che tutti i commentatori per il corso di tre secoli anda-
rono d'accordo nell' intelligenza ed interpretazione del relativo verso,
la quale non vi sono ragioni sufficienti da considerare per erronea.
600 Disdegnoso-Disfare
Disdegnoso ; 1 . Che ha sdegno, Iroso, Indignato ; Inf. xxix, 34. -
2. Per similit. detto di animali; Inf. xvn, 132. -
3. Figuratane, detto
di volto, atti, parole, e simili, vale Che dimostra sdegno, Che muove
da sdegno, ed altres Che procede da sdegno; Inf. xiii, 70. - 4. E
vale pure Che sdegna, Che tiene a vile, Non curante; ed in buon
senso Che schivo di tutto ci che vile e basso; Purg. vi, 62;
xiv, 48. Conv. IH, 15, 152, 156; IV, 2, 22. - 5. E figuratam. detto
di atti, vale Che dimostra disprezzo, non curanza; Canz.: Le dolci
rime d'amor, ch'io solia, v. 5.
Disdire, e in certi certe persone Disdicere,
tempi e in
Dire contrariamente a ci che si detto, Ritrattare. 1. Per Negare
ci che , ed altres Non confessare checchessia; Conv. IV, 8, 80
e seg. - 2. E per Negare scolpandosi o semplicemente Negare; Purg.
Ili, 109.
Disegnare, dal lat. designare, Ritrarre per via di linee, con
matita, lapis, penna, o altro simile istrumento la forma di un og-
getto qualunque, vero o immaginato che sia. In locuz. e figuratam.
Purg. xxn, 74; xxxn, 68.
Diserrare, cfr. Disserrare.
Disertare, dal lat. 1. Guastare per ampio
barb. desertare;
tratto, Devastare. In locuz. figur.Purg. vi, 105. - 2. Riferito a per-
sona, vale Gravemente danneggiare negli averi, nelle sostanze; ed
altres ridurre a mal partito, in miseria, Rovinare, e simili; Conv.
IV, 27, 88.
Diserto, cfr. Deserto.
Disfamare, Cavar
fame, Satollare. Figuratam., per Sodi-
la
sfare interamente, Contentare, Adempiere, il desiderio; Purg. xv, 76.
Disfare e Disfacere, dal lat. barb. disfacere, Distruggere
il gi fatto. 1. Figuratam. riferito a vizj, peccati, e simili, vale To-
glier via, Cancellare, Distruggere, e simili; Conv. ili, 8, 113. - 2. E
riferito,pur figuratam., a opinioni, ragioni, e simili, vale Confutare,
Ribattere; Conv. IV, 14, 108. - 3. E riferito figuratam. a persona,
vale Toglier la vita, Far morire, Uccidere ed altres Esser cagione
;
di morte; Inf. in, 57; vi, 42. Purg. V, 134. - 4. E per Mettere in
pezzi, Sbranare; Inf. xxn, 63.-5. E figuratam. detto di istituzioni,
famiglia, popolo, citt, nazione, e simili, Venire a mancare, Spen-
gersi, ed altres Ridursi in misero stato, in mala condizione; Par.
xvi, 76, 109. - 6. Detto di persona, rispetto ad alcuna passione,
Disfatto-Disfrenato 601
vale figuratam. Esser da questa travagliato cos da venir meno,
Struggersi per quella; detto altres d'animo, cuore e simili; Conv.
iv, 13, 117.
Disfatto, Rovinato, Demolito, Atterrato, Guasto, Devastato,
e simili. 1. Per Malmenato, Deformato, e simili; Purg. xxiv, 87. -
2. Figuratam., Ridotto a mal partito, in angustie, Disanimato, perch
privo d'aiuto, o in grande pericolo, ecc. Inf. vili, 100.
Disfavillare, dal lat. dis e favilla; 1 Mandar faville lu-
minose, Risplendere luminosamente; detto cos di corpo luminoso,
come di luce, splendore, e simili Par. xxvm, 89. - 2. E per similit.
;
Par. xxvn, 54.-3. E figuratam. e poeticam., detto di scienza; Purg.
xv, 99.
Disfidare, dalla particella dis in senso privativo, e fidare, quasi
Dichiarare che alcuno non merita fede; quindi Provocarlo all'espe-
rimento dell'armi. Antico frane, desfier, provenz. desfiar. Usato per
Togliere altrui la fiducia; Renderlo sfiduciato; anche figuratam.
Canz.: Morte, poich'io non truovo a cui mi doglia, v. 34.
Disfiorare, dal lat. Figuratam.
defiorare, Guastare il fiore.
e poeticam., riferito ad alcun fiore che sia nell'arme di una famiglia
o di una citt, vale Recare onta ad essa famiglia o citt, Disono-
rarla con le proprie azioni; Purg. vii, 105. - Lo gillio l'arme
de la casa di Francia: cio gillio e rastello d'oro nel campo azzurro,
e per si dice sfiorare lo gillio imper che fece vergogna a la casa
:
sua, fuggendo in battaglia; Buti.
Disfogare, che Sfogare; Mandar fuora, Dar esito,
lo stesso
Alleggerire, Sminuire; detto di passione e di affetti; Inf. xxxi, 71.
Vii. N. ix, 7; xxxvn, 5.
Disformato, Addivenuto deforme, brutto, Deformato; anche
figuratam. Conv. IV, 5, 14.
Disfrancare, propriamente Di libero o franco render servo ;
e figuratam. riferito all' anima, Farla scadere dalla sua perfezione,
nobilt; Degradarla; Par. Vi, 79.
Disfrenato, Che non contenuto da freno, Sfrenato. 1. Per
Eccessivo, Che passa la debita misura; Canz.: Morte, poich'io non
truovo a cui mi doglia, v. 53. - 2. Detto poeticam. di saetta o
strale, vale Partito dall'arco, Liberato dalla corda dell'arco; Purg.
xxxii, 35.
602 Disgiungere-Dislagare
Disgiungere e Disgiugnere, dal lat. disjungere, Sepa-
rare, Dividere, riferito a cose che siano fra loro unite, o stiano in-
sieme: contrario di Congiungere; Inf. xiii, 141.
Disgiunto, dal lat. disjunctus ; 1. Separato, Diviso, dal ter-
mine, col quale checchessia o chicchessia era unito o accompagnato;
ed anche semplicemente non congiunto. Usato figuratam. Purg,
xxv, 64. Conv. in, 3, 22. - 2. E per Discosto, Distante; usato pure
figuratam. Purg. vi, 42. Conv. IV, 10, 52. - 3. E per Diviso, Sepa-
rato, nella sua continuit; Purg. ix, 51.-4. Detto di vista, vale
Non raccolto in maniera da condurre per l'organo al sentimento
l' immagine intera dell' oggetto esteriore, che sia molto lontano ;
Conv. in, 3, 85.
Disgradare, Togliere di grado; Purg. xxu, 133, nel qual luogo
la vera lezione probabilmente digrada; cfr. Digradare.
Disgravare e Disgrevare; 1. Liberare dal peso onde uno
aggravato, che comunemente dicesi Sgravare; Purg. xi, 37.-2. E
figuratam. e in locuz. figur. Par. xviii, 6. - 3. Neut. pass. Liberarsi
da un peso; Inf. xxx, 144.
Disgregato, dal basso lat. disgregatus, Diviso, Separato,
Scomposto. Per similit. detto di cosa la cui immagine o figura ci
venga all'occhio confusa, non chiaramente circoscritta; e detto della
vista o della virt sua, vale Indebolito, A cui le cose appariscono
disgregate; Conv. ni, 9, 104 e 117.
Disgregazione, dal basso lat. disgregatio, L'atto e L'ef-
fetto del disgregare e del disgregarsi; Conv. in, 9, 103.
Disgroppare, Sciogliere, Spiegare, disfacendo, un groppo.
Figuratam. e in locuz. figur. Purg. IX, 126.
Disiare, e suoi derivati ; cfr. Desiare e suoi derivati.
Disiderare, Disideroso, cfr. Desiderare, Desideroso.
Disigillare, Dissigillare, Disuggellare, Dissug-
gellare, da dis e sigillum, Kompere, Guastare, Levare il sigillo
o i sigilli con che serrata alcuna cosa. Neut. pass, detto per similit.
e poeticam., Disfarsi, Struggersi; Par. xxxm, 64.
Disio, Disiosamente, Disioso, Disirare, Disire,
Disiro, cfr. Desio, Desiosamente, Desioso, Desirare, ecc.
Dislagare, dal lat. locus ; Neut. pass. Sorgere, Levarsi, dal
lago, o sopra il lago, preso poeticam. per distesa delle acque, mare;
Dislegare-Dismagare 603
Purg. in, h.-Benv. : Qui mons magis et magis dilatatur usquequo
perveniatur in coelum. Unde nota quod poeta fingit, quod hic mons
incipit ab arcto, et gradatim ascendendo semper ampliatur, sicut
patet in arena Veronse, si incipis a fundo et tendis in altum (?). -
Buti: Da quella parte dove pi alsa inverso il cielo.- An. Fior. :
Il monte di Purgatorio il pi alto monte che si truovi, per che,
secondo l'Auttore, egli aggiugne colla sua sommit infino al cer-
chio della luna; et dice che da cima si dilata (?), et da pie pi
stretto. - Serrav.: Versus celum altius dilatatur, si disiya. Nota
quod hic auctor ymaginatur montem Purgatorii fore altum quasi
usque ad celum lune. - Land. : Si dislaga, cio si dilata. - Veli.:
Si distende, et levasi pi da terra. Dan. : Si distende et leva
verso il cielo. - Voi. : Si stende, o dilata a guisa di lago. -
Vent.: Si dilata e si distende in pianura, e come in lago, levan-
dosi prima per da terra, e pi alto di ogni altro monte innal-
zandosi alle stelle. - Lomb.: Intendendo gli espositori tutti, che
dislagare significhi lo stesso che dilagare ed allagare, chiosano ado-
prato qui dislagare traslativamente per istendere : dallo stendersi
cio che Tacque fanno quando allagano. Il traslato non sarebbe pi
distante dal proprio, di quello sia il partorire invidia, odio, ecc.,
che traslativamente dicesi, dal cagionare invidia, odio, ecc., eh'
il proprio. Io per non voglio tenere al leggitore celato un mio
dubbio, che essendo la particella dis di contruriante natura, come
in moltissime voci si scorge, n si trovando del verbo dislagare nel
vocab. della Crus. altro esempio, che quest' unico di Dante, possa
anzi tal verbo significare il contrario di allagare; che sarebbe V uscire
dalle intorno allaganti acque; e che, supponendo il Poeta, com' di
fatto, innalzarsi la terra e i monti sopra l'allagamento delle acque
del mare, voglia qui dire, che pi d'ogni altro monte alzasi al di-
sopra di cotale allagamento il monte del Purgatorio; - Questa in-
terpretazione, difesa dal Monti, fu accettata da quasi tutti g' in-
terpreti moderni.
Dislegare, Liberare da ci che lega, avvince, tien fermo, e
simili; Sciogliere. 1. Figuratam. e poeticam., per Manifestare, Spie-
gare, e simili; Purg. xxv, 31. - 2. Poeticam. per Spiccare, Distac-
care, e simili, in senso per figurato Par. xxiv, 30. - 3. Pure poe-
;
ticamente per Kimuovere, Toglier via, Sgombrare, Far dileguare, e
simili; Par. xxxiii, 31. -4. Neut. pass. Dislegarsi da colpa, vale
Scolparsi, Giustificarsi, e simili; Purg. xxxiii, 120.
Dismagare, Togliere, Guastare, Cangiare, Annullare l'imma-
gine; ed verbo formato dalla parola magine sincopata in mage,
604 Dismairliare-Dismontare
che vale immagine, premessole il dis negativo, o peggiorativo. Fi-
guratamente detto dell'animo o delle sue affezioni, vale Mutare lo
stato dell'animo; usato ad esprimere quelle mutazioni che si repu-
tano cattive; Purg. ili, 11; Benv.: Tangit parvum fallum quod
fecerat Virgilius, cum dicit: che, idest, quse festinantia, dismaga,
idest, disturbat, V onestade.... Sicut enim gravitas et modestia decet
sapientem in actibus et verbis, sic et incessu. Velocitas enim est
magis negotiatorum et mercatorum, quam philosophorum et poeta-
rum; et vere videre Virgilium currere per illam planitiem, et Dan-
tem post eum cum sua ampia toga, debebat prestare materiam risus
etiam i Ili rigido Catoni. - Buti: Dismaga, cio manca in ogni
atto virtuoso o grande o piccolo che sia; et notabile questo; cio
che la fretta manca l'onest in ogni atto. - Tom.: Dismaga,
turba. - Senza dubbio in questo luogo Dismagare vale Diminuire,
Guastare, Turbare, Togliere e simili. Nell'altro luogo, Purg. xix, 20,
Dismagare pu valere Traviare, Cavar fuori del Cammino, oppure
Dissennare, Travolgere l' intendimento, Fare smarrire lo spirito, e
simili. Buti spiega: cio consumo; Lomb.: Smarrisco, perdo,
faccio perire. Cfr. Smagare.
IHsmagliare, Kompere, o Spiccare l'una dall'altra, le maglie.
Neut. pass., per similit. e poeticam., Levarsi la scabbia dal corpo,
Cavarsi le croste, Scrostarsi, Scorticarsi, Lacerarsi con le unghie, ecc.,
Inf. xxix, 85.
Dismalare, Liberare dal male. Figuratam. e poeticam. Libe-
rare dal mal morale, Purgare dalle colpe; Purg. xin, 3.
IHsmentare, Dimenticare, Sdimenticare; contrario di Am-
mentare; Purg. xxi, 135.
Dismisura, Il non serbar misura, Il passar la misura, nel far
checchessia, e pi particolarmente nello Spendere; Smoderatezza,
Eccesso; Inf. xvi, 74. Purg. xxn, 35. Canz.: Doglia mi reca nello
core ardire, v. 85 e seg.
Disimsurato, Che passa di assai l'ordinaria, o la debita,
misura, Stragrande, Immenso. E per Maggiore dell'ordinario, del
giusto, o del convenevole; Soverchio, Eccessivo, e simili; Conv.
I, 7, 40.
IHsmontare, Scendere a terra, Calar gi contrario di Mon-
;
tare. 1.Usato per Andare o Venir gi, Calare a basso, Passare da
luogo elevato in altro pi basso o profondo, Scendere; Inf. xiv, 118. -
Disnebbiare-Disordinato 605
2. Poeticamente riferito a luogo declive, vale Passarlo scendendo, Di-
scenderlo, Calare per quello; Inf. xi, 115; xxiv, 73.
Disnebbiare, Liberare dalla nebbia, o da checchessia che
offuschi, ingombri, e simili, a guisa di nebbia; riferito pi special-
mente a occhi o vista; Snebbiare. Figuratam. e in locuz. fgur. Purg.
xxviii, 81.
Disnodare, lo stesso che Snodare. 1. Sciogliere, Districare,
Sgroppare, disfacendo il nodo o ci che comecchessia leghi, avvinca,
e simili; usato cos in senso proprio, come figuratam. o in locuz.
fgur. Conv. in, 8, 21. - 2. Figuratam. per Manifestare, Svelare;
Purg. xiv, 57. - 3. Neut. pass. Sciogliersi, Liberarsi, da nodi; anche
figuratam. Par. xxxi, 90.
Disobbedire e Disubbidire, contrario di Obbedire. 1. Non
adempire l'altrui comando o volere, Trasgredire o Non curare l'al-
trui volont, ordini, ed altres alcuna legge, norme e simili ; Par.
vii, 100. - 2. In forza d'Att. Conv. IV, 24, 100.
Disonesto, Non onesto, Contrario all'onest, Non conforme ai
principj del retto. Poeticam. detto di vita, per Macchiato dal pec-
1.
cato, Peccaminoso; Par. xxvi, 140. - 2. E per Impudico, Lascivo,
Contrario a costumatezza, detto di atti, parole, vita, affetti o passioni,
e simili Conv. IV, 25, 65. - 3. E per Assai spiacevole, Tristo, Or-
;
ribile ;da destare ribrezzo, orrore, piet, e simili; ma in questo si-
gnificato appartiene al linguaggio poetico; Inf. xni, 140.
Disonnare, cfr. Dissonnare.
Disonoranza, Mancamento di onoranza, Il non rendere ad
alcuno l'onoranza debita; Disonore; Conv. iv, 19, 57; IV, 25, 75.
Disonore, Perdita o Diminuzione di onore; Condizione o Stato
di chi ha perduto l'onore; Infamia; Conv. IV, 19, 67.
Disopra, Nel luogo o parte superiore. In forza di Sost. La
parte superiore, ovvero La parte soprastante; Par. xxxi, 19.
Disordinanza, lo stesso che Disordine. Figuratam. per Vita,
Costumi, Disordinati; Conv. IV, 6, 119.
Disordinato, Che Turbato, Confuso. 1. Per Che
senz'ordine,
fuori del debito ordine, dell'ordine morale; Illecito, Cattivo; Conv.
iv, 16, 44. - 2. E per Mal atto, Non ordinato, Non disposto a chec-
chessia; Conv. i, 5, 20,
606 Disordinazione-Dispensa
Disordinandone, L'atto e L'effetto del disordinare; Stato
o Condizione di cosa disordinata; Conv. i, 5, 7.
Disotto, Nel luogo o parte inferiore, o sottostante; Sotto; Inf.
xvi, 47; xvn, 117. Purg. xvn, 124. Par. xxi, 110.
Dispaiare, Guastare il paio, Scompagnare. 1. Poeticam. rife-
rito a persone che vadano a coppia, Sciogliere il paio, Fare che l'una
vada dietro l'altra; Purg. xxv, 9. - 2. Pur poeticam. per Separare,
Disgiungere, Dividere; Inf. vii, 45. - 3. E per Privare della debita
proporzione, Rendere sproporzionato, e simili; Inf. xxx, 52.
Dispari, dal lat. dispar ; 1. Add. indecl. Non pari, Disuguale;
Purg. xni, 120; xxix, 134. - 2. E in forza di Sost. Numero dispari;
Conv. li, 14, 107.
Disparimente, e per sincope Disparmente, Con dispa-
rit, Disegualmente, Differentemente; Purg. xi, 28.
Disparire, dal lat. barb. disparere; Levarsi repentinamente
dall'altrui vista, presenza, e simili, Sparire; Inf. xxn, 136. Purg.
xxvi, 134. Par. xxx, 93. - 2. E detto di visione, sogno, e simili,
vale Dileguarsi, Svanire; Purg. xv, 93. Vit. N. IX, 25.
Disparte, In disparte, Da qualche distanza, Alquanto da lungi;
Conv. iv, 7, 15.
Dispensa, Il dispensare, Distribuzione. 1. Poeticam. e figu-
ratamente. Ci che si dispensa, si attribuisce; ed altres Parte as-
segnata, attribuita; Purg. xxvn, 72, nel qual luogo il senso pare
che sia: E la notte avesse dispensate, distribuite, diffuse, da per
tutto le sue tenebre. Cos Biag., Ces., Greg., Triss., Capocci, Giu.,
Poi., Piane, ecc. I pi spiegano soltanto secondo il senso. Benv.:
Dispensationes; quasi dicat, antequam esset nox piena ubique. -
Buti: E la notte avesse tutte le sue parti. - An. Fior.: Innanzi
che fusse sera. - Serrav. : Antequam esset nox obscura et nox ha-
beret omnes suas dispensationes, idest quod in omni loco nostri emi-
spirii esset obscuritas. - Land.: Prima che '1 giorno fosse in
tutto partito. Cos pure Tal., ecc. - Veli.: E la notte avesse tutte
le sue parti, et in sententia, Prima che per tutto quello hemisferio
fusse notte oscura. - Dan.: Tutto questo che bisognava ad esser
notte; et prima che tutte le sue stelle apparissero. Cos pure Veni.,
Pogg., ecc. - Voi. : Luogo da occupare; stanza, o parte. - Lomb.:
E fosse la notte da per tutto dispensata, cio distribuita. Cos pure
Portir., Cosi., Borg., Br. B., Frat., Frane, Camer., Campi, ecc. -
-
Dispensare 607
Tom.: Si stendesse a tutte le parti del cielo a cui dev'essere di-
spensata. Cos Andr., ecc.
2. Dispensa, pur figuratane, riferito a cibo, vale II digerirlo,
L'assimilarselo, dispensandolo alle membra; Par. v, 39, nel qual
luogo alcuni leggono A sua dispensa (invece di A tua), riferito a
cibo. Lomb.: A tua dispensa, dice pure convenientemente in vece
di a tua digestione, alla digestione che dei tu fare; imperocch
non la digestione se non una separazione e dispensa delle varie
parti del cibo a varii condotti, che dal ventricolo si partono e di-
ramano per varie parti corpo.- Tom. : Questa locuzione non
del
chiara rende a qualche modo ragione dell' altra (Purg. xxvn, 72),
per vero, non bello.
Dispensare, dal lat. dispensare, Dare, Distribuire con una
certa larghezza; e riferiscesi a cose tanto materiali quanto morali.
1. In senso particolare, Dare in elemosina, od anche Elargire in uso
pio; Par. xn, 91. - Lan. e An. Fior. : Non dimand dispensa-
zione di dare o due o tre quando doveva dare sei, imper che
molti sono che ci addomandano. - Ott.: Non fece come quelli
che vanno oggi ad impetrare in corte di Eoma, li quali domandano
dispensazione, quando elli per etade, o per sue natalizie, o per altra
cagione sono insufficienti; e che maggiore cosa per minore sia con-
ceduta. - Benv. : Non petivit a papa posse dispensare quinque
pr sex, sicut tota die faciunt permutationes vel non petivit ipse
;
dispensari in aliquo, sicut multi impetrant hodie quod sint absoluti
ab ordine. Serrav. : Non petiit dispensationein transeundi de uno
Ordine ad alium, propter fugere iugum obedientie, vel ut melio-
retur. - Corn.: Non dimand facolt di dare due o tre per gua-
dagnare sei.
2.Per Compartire, Distribuire, con un certo ordine; Par. xvn, 54,
nel qual luogo il senso del verbo Dispensare non troppo chiaro.
Benv. : La vendetta, quse postea sequetur, fia testimonio al ver
che la dispensa, idest, justitise divinse, quas vera est, et qu di-
spensai ipsam vindictam. - Buti : La vendetta che Iddio far
de' Fiorentini, fi' testimonio al ver, cio a la verit sar testimone
essa vendetta, che, cio lo quale vero, ella, cio la vendetta di Dio,
dispensa, cio ordinando e dispensando produce. - Senza conoscere
ancora questa lezione, il Bl. : Io vorrei leggere ch'ella dispensa,
e l'ortografia dei mss. autorizza questa congettura, e in tal caso il
senso sarebbe Ma la vendetta divina cadendo sopra ai veri colpe-
:
voli, sar testimonio alla verit che questa vendetta dichiara. Ov-
vero bisognerebbe riferire la alla colpa del verso 52, nel senso di:
Il vero che dispensa la colpa, cio che distribuisce la colpa a chi
:
608 Dispensatore-Disperdere
veramente si aspetta. - Lomb.: Cos per ellissi, invece di dire
ma la vendetta che il ver dispensa fia testimonio al vero : la ven-
detta cio che il sommo vero Iddio dispensa, fa cadere sopra chi
dee cadere, sani quella che far apparire chi sia veramente il col-
pevole. - Ces. : Intende dire Est qui qucerat, et judicet. La ven-
:
detta, che (dopo cacciati Bianchi con Dante) cadr durissima sopra
i
i Neri, testimonier il vero della giustizia violata. Ma forse meglio
mi sembra, che il Ver sia Dio che dispensa la vendetta; quasi come
questo Vero dia testimonio di se con la vendetta contro i malvagi. -
Tom.: Ecco personificati colpa., vendetta, cio pena, vero dispen-
sator della pena; ed ecco nell'idolo poetico una dottrina di jus cri-
minale da farne una nuova Genesi. - Br. B.: Ma la vendetta
che ne seguir sui tuoi persecutori.... render testimonianza a quel
1
Vero oltraggiato, da cui la vendetta della falsit e dell ingiustizia
si parte.
3. In forma di Neut. Concedere la dispensa, derogando a una
legge; Par. v, 35.
Dispensatore, dal lat. dispensator, Chi o Che dispensa. Di-
spensatore deW universo, Grande o sommo dispensatore, vale Iddio,
in quanto regge e governa l'universo; usato anche come apposizione
dello stesso nome Iddio; Conv. i, 3, 11.
Disperare, dal lat. desperare, Perdere la speranza, Non aver
pi speranza di conseguire, ottenere checchessia; ed altres Perdere
la speranza che riesca a bene, abbia buon esito, e simili; Purg. i, 12.
Disperato, dal lat. desperatus, Che non spera pi, Che senza
speranza. Privato d'ogni speranza. 1. Con compimento retto dalla par-
Che dispera di conseguire, di ottenere, di fare, ci
ticella Di, vale
che dal compimento espresso; Conv. IV, 15, 111.-2. Figuratam.
detto di atti, grida, e simili, vale Proprio di persona disperata, ed
altres che muove da disperazione; Inf. i, 115. - 3. Detto di affetti,
passioni, qualit dell'animo, e simili; vale Eccessivo, Smoderato;
Inf. xxxiii, 5.
Disperdere, dal lat. disperdere, Mandare in perdizione, Di-
struggere, Sterminare; ed altres Far perire in mal modo, riferito
a persone. 1. Figuratam. riferito a beni, sostanze, denari e simili,
vale Consumare, Dissipare, Scialacquare; Inf. xxix, 130.-2. Rife-
rito apersone conviventi o raccolte insieme, vale Cacciare violen-
temente dal luogo nel quale stanno, mandando in parti diverse, o
in esilio, e simili ; Inf. x, 48.
Dispergerc-Dispiegare 609
Dispergere, dal lat. dispergere, Gettare, e simili, in varie
e diverse parti; Spargere. E per Mandare, Cacciare, Spingere in
parti diverse, Sparpagliare; Purg. ni, 2.
Dispetto, dal lat. despeetus, in senso di Dispregio; Offesa vo-
lontaria fatta ad alcuno a fine di nuocergli, o di mostrargli il pro-
prio dispregio o mal animo. 1. Per Stizza, Sdegno, Rabbia, Ira, e
simili, concepita per cosa che vivamente ci dispiaccia; Purg. xv, 96.-
2. Eper Dispregio, Sdegnosa noncuranza, e simili; Inf. xiv, 71. Conv.
IV, 1, 44.- 3. Avere in dispetto, vale Dispettare, Disprezzare, Non far
conto o stima alcuna di chicchessia o checchessia, e anche averlo a
sdegno; Inf. 36 (nel qual luogo abbiamo in rima la forma an-
X,
tica dispitto per dispetto), Purg. xi, 64.-4. Rendere in dispetto,
poeticam. per Rendere spregevole; Inf. xvi, 29, 52.
Dispetto, dal lat. despeetus, partic. pass, di despicere;
Di-
spettato, Disprezzato, Tenuto in niun conto, a vile, e simili. 1. In
forma d'Add. Disprezzato, Tenuto a vile, Non avuto in conto o stima
alcuna; Inf. ix, 91. Par. xi, 65.- 2. E per Spregevole, ed altres
Vile, Abietto, e simili Par. xi, 90.
;
Dispettoso, Che si compiace di far dispetto, Di modi molto
scortesi,D'indole sprezzante. 1. Poeticam. per Altiero e sdegnoso,
o disprezzante; Inf. xiv, 47. Purg. xvn, 26. - 2. Pure poeticam., per
Turbato da forte corruccio, da risentimento, e simili; Purg. x, 69.
Dispiacenza, dal lat. displicentia, Sentimento del dispia-
cere; e per Ci che cagiona dispiacenza; Conv. in, 8, 39.
Dispiacere, dal lat. dispiacere, Cagionare molestia d'animo,
Recare afflizione, e simili. 1. Per Produrre scontento, Riuscire spia-
cevole, molesto, odioso, e simili; detto di cose, atti, o fatti; Par.
x, 61. Conv. iv, 1, 31. - 2. Non ti dispiaccia, Non vi dispaccia, o
simile, maniera cortese pregare altrui di soddisfare qualche no-
di
stro desiderio, o di ascoltare, o di tollerare, pazientemente, quel che
siamo per dirgli, o quel che siamo per fare; Inf. xv, 31 ;xxm, 128. -
3. Partic. pass. Dispiaciuto; Conv. iv, 1, 32.
Dispiccare, etimologia incerta. Forse derivato dal lat. displi-
care, convertita la l in i, e questa, congiuntasi con la i radicale,
avrebbe portato il raddoppiamento della e. Togliere, per lo pi con
una certa forza o violenza. Separare, Staccare. E semplicemente per
Trarre, Derivare, in senso figur., Dedurre, e simili ;
Purg. xv, 66.
Dispiegare, dal basso lat. dispicare, Stendere, Aprire: con-
trario di Piegare, o di Ripiegare. 1. Per Spiegare, anche nel senso
od. Enciclopedia dantesca.
610 Dispietato-Dispositore
Render visibile; ed anche Mo-
figurato di Manifestare, Mostrare,
strare con pompa; Par. vii, 66. 2. E per Derivarsi, Venir fuori,
-
quasi svolgendosi da un determinato punto: detto di acqua; Purg.
xxxiii, 116. - 3. E per Manifestarsi, Addimostrarsi, Farsi visibile;
Par. xxxiii, 33.
Dispietato, Che senza piet, Crudele. 1. Figuratam. par-
landosi di amanti, ed altres dell'amore; Conv. Ili, 9, 9. - 2. Per
similit., detto di cose materiali Inf. xxx, 9. ;
Dispogliare, dal lat. despoliare, Privar delle spoglie, delle
vesti, Svestire. 1. In locuz. fgur. Par. xxviit, 117.- 2. Figuratam. e
poeticam., detto in modo assoluto di condizione morale, per Dissi-
parsi, Cessare; Inf. xvi, 54.
Dispogliato, Spogliato, Svestito: e per similit. e figuratam.,
Privato, Privo; Purg. xxxn, 38. Vit. N. xxxi, 2.
Disponente, dal lat. disponens, Che dispone; Conv. in, 15,132.
Disporre e Disponere, dal lat. disponere, Porre al suo pro-
prio luogo, con un certo ordine, secondo un dato disegno o il fine vo-
luto. 1. Poeticam. per Porre, Infondere, in materia gi preparata al-
l'uopo; Par. xiii, 80. - 2. Costruito con un compimento retto dalla
particella A, vale Rendere atto, idoneo, a checchessia; riferito cos
a persone come a cose; Purg. in, 32; xv, 33. Par. xxvi, 111. Conv.
8, 88. - 3.E per Persuadere, Indurre, Accomodare, a far checchessia;
Inf. 136; x, 21. - 4. Usato assolutane, o con l'accompagnamento
il,
di qualche avverbio, vale Comporre l'altrui spirito a certi senti-
menti, affetti, impressioni, Rendernelo facilmente suscettivo; Par.
xxn, 6; xxxn, 87. - 5. E per Volgere a un dato fine o termine, In-
dirizzare, Porre in opera; figuratam. e poeticam., detto di cose e
riferito alle loro qualit o virt; Par. li, 120. - 6. E per Determi-
nare, Stabilire, Prescrivere; Purg. xx, 100.- Cfr. Disposto.
Disposare, dal lat. desponsare, Promettere in matrimonio.
1. Prendere per sposo o per sposa, Sposare; Purg. v, 136 (sul qual
luogo cfr. Pia), Par. xi, 33. - 2. Neut. pass. Congiungersi in ma-
trimonio, Farsi sposo o sposa, Sposarsi; figuratam. Vit. N. I, 28.-
3. E altres per semplicemente Congiungersi, Unirsi,
figuratam.,
Accompagnarsi; Conv. n, 2, 15. - 4. Partic. pass. Disposato; Conv.
iv, 2, 111.
Dispositore e Disponitore, dal lat. dispositor, Chi o
Che dispone; Conv. i, 13, 22.
Disposizione-Dispregio 611
Disposizione, dal lat. dispositio, L'atto e l'effetto del di-
sporre. Per Stato, Essere, Condizione, Termine, proprj di chec-
1.
chessia o di chicchessia; Conv. iv, 5, 19, 20, 42. - 2. E per Stato,
Condizione, di salute; per lo pi con l'aggiunto di Buona, Cattiva,
o simili; Conv. IV, 25, 98.- 3. E per Qualit, Natura; detto cos
di persone come di cose: e detto di persone, Modo di operare co-
stantemente e conforme ad un abito; e talvolta anche L'abito me-
desimo; Inf. xi, 81. Conv. IT, 19, 29. - 4. Per Qualit o Propriet
che ha una cosa di rendersi atta a checchessia; Acconcezza, Atti-
tudine, Idoneit ed anche Tendenza Purg. xxxn, 10. Conv. ni, 14, 18. -
;
5. E
per Condizione di cosa atta, opportuna, e simili, a checchessia;
che porta possibilit, probabilit, agevolezza, pericolo, e simili, di
checchessia; Conv. IV, 9, 96.
Disposto, dal lat. dispositus ; 1. Posto al proprio luogo, con
un certo ordine, Collocato; Purg. x, 54. - 2. Per Preparato, Appa-
recchiato, convenientemente, a un dato uso, fine, operazione, e si-
mili ; ed altres rispettivamente a checchessia, alla sua azione, e
simili : detto cos di cosa come di persona, e usato anche assolutam.
Purg. xxv, 47; xxxm, 21, 145. Par. vili, 104; xxi, 111; xxx, 54, 138.
Conv. IV, 20, 44. - 3. Per Acconciato, Formato e detto di corpo o :
membra, Conformato; Conv. I, 1, 15; II, 5, 2; IV, 20, 42, 44, 46, 48;
IV, 25, 94 e seg. - 4. Per Intenzionato, Propenso, e simili; usato di
solito con gli avverbi Bene o Male, a denotare Favorevole o Con-
trario: detto di persona, di animo, di mente, e simili; Par. x, 144;
xxn, 39. Conv. IV, 2, 46. - 5. Per Volto, Inteso; Inf. XX, 4.- 6. Per
Rivolto per abito o per natura, Inclinato, Proclive, Dedito; Conv. in,
8, 117 e seg. -7. Per Volto, Indirizzato; figuratam. Purg. XX IV. 81. -
8. Per Determinato, Deliberato, Risoluto; od anche semplicemente In-
tenzionato di fare checchessia, Non alieno dal farlo; Conv. Il, 13, 49. -
9. Ben disposto o Mal disposto, detto di persona, per Ben formato, Ben
complessionato, e simili; ovvero Di non sana costituzione, Mal for-
mato; Conv. i, 1, 64.
Dispregiamento e Disprezzamento, L'atto del di-
spregiare o del disprezzare, Dispregio; Conv. in, 13, 83.
Dispregiare e Disprezzare, Tenere a vile, Avere in
nessun pregio, facendo di ci dimostrazione o con parole o con atti :
contrario di Pregiare; Inf. XI, 111. Purg. vili, 132; xxn, 87, 147.
Conv. i, 2, 21.
Dispregio e Disprezzo, L' atto del dispregiare, Non cu-
ranza, Disistima. 1. Per Oggetto di dispregio; ed altres per Azione
612 Disputare-Dissimilitudine
dispregevole, ignominiosa; Inf. vili, 51. Par. xix, 114.-2. Avere
in dispregio, vale Dispregiare, Tenere a vile, Non curare; ed al-
tres Non reputar degno, Sdegnare; Inf. xxm, 93.
Disputare, dal lat. disputare; 1. Sostenere con ragioni, par-
lando o anche scrivendo, l'opinione propria, e impugnare l'altrui,
circa ad alcun punto o subietto d'indole dottrinale o scientifica;
Conv. iv, 6, 103. - 2. E per semplicemente Discorrere, Eagionare,
Trattare, di checchessia, spesso anche disputando; Conv. IV, 13, 122.-
3. E fguratam., detto di parole, discorso, e simili; Conv. iv, 2, 87.
Dispntazione, dal disputatio; 1. Il disputare, L'atto del
lat.
disputare; Conv. Ili, 12, 155.-2. E per L'adunanza delle persone che
disputano intorno a un punto di dottrina, argomento scientifico, e
simili; Conv. il, 13, 36.
Disserrare; e Diserrare, dal basso lat. deserare; 1. Aprire,
Dischiudere; contrario di Serrare; Purg. -2. Figuratam. e in
ix, 125.
locuz. fgur. Inf. xm, 60; xxvn, 103. Par. n, 54; xi, 60.-3. E per
Far uscire, prorompere, scoppiare, ed altres Mandar fuori, e simili;
riferito a cose fisiche; Inf.xn, 136. - 4. E figuratam. per Muovere,
Suscitare, e simili; Purg. xv, 114.-5. Neut. pass, per Uscire, Pro-
rompere, Sprigionarsi, e simili, e propriamente con una certa furia
o impeto; anche figuratam. Par. xxni, 40.-6. E detto di fiume,
vale Avere origine, Scaturire ; Inf. xxvn, 30.
Dissetare, Cavare la sete; detto figuratam. Par. vii, 12.
Dissigillare, cfr. Disigillare.
Dissimigliare, cfr. Dissomigliare.
Dissimile, dal lat. dissimilis ; 1. Che non ha la medesima
forma, o le medesime qualit, o la medesima sembianza o apparenza,
di un'altra cosa della stessa specie, o di ci con che si fa confronto;
'
Vario, Differente. Detto di cose tanto intellettuali quanto morali ;
Conv. iv, 22, 32. - 2. Pure per Diverso, Dissomigliante, Differente,
detto di persona; e usato assolutam. riferiscesi pi che altro alle
qualit morali, o al modo di operare; Par. vii, 80. Conv. ni, 1, 42.-
3. In forza di Sost., per Persona dissimile, e specialmente per qua-
lit morali, o per condizione civile; Conv. ni, 1, 29.
Dissimilitndine, dal lat. dissimilitudo, L'esser dissimile,
Divario, e anche Diversit; e assolutam. riferito a persone, Diver-
sit rispetto alle qualit morali, al modo di operare, o alla condizione
civile; Conv. in, 1, 43; iv, 29, 39.
Di ss hn ni azione-Di stare 613
Dissimulazione, dal lat. dissimulata, L'atto del dissimu-
lare; Arte, Studio, di tener celato il proprio sentimento o pensiero
o alcun disegno. E per Quella figura retorica, che comunemente chia-
masi Ironia; Conv. Ili, 10, 48.
Dissipare, dal lat. dissipare, Separare e cacciar via, man-
dando con forza o violenza in parti diverse; Disperdere. Neut. pass.
Separarsi e andare in parti diverse, Disperdersi, ed altres Dile-
guarsi, Svanire; Inf. xxxi, 34.
Dissolato, dal lat. dissolutus, Disciolto, Dislegato, ed altres
Stemperato. 1. Semplicemente per Non composto, Inverecondo, Che
non osserva la modestia, e simili Conv. in, 8, 79. - 2. Ed usato,
;
con maniera latina, nel senso di Sciolto da ogni debito riguardo,
Impudente, o simile; Conv. iv, 8, 15.
Dissoluzione, dal lat. dissolutio, L'atto, o L'effetto, del dis-
solvere e del dissolversi. E per Scioglimento da ogni debito riguardo,
Impudenza, e simili ; Conv. iv, 8, 16.
Dissolvere, dal lat. dissolvere, Disfare, separando e disor-
dinando, le parti che compongono un tutto, o mandando questo in
frantumi. E poeticam. per Sciogliere, Slegare ; Purg. xvi, 38.
Dissomigliare e Dissimigliare, da somigliare e simi-
gliare, prepostavi la particella dis ; 1.Non aver somiglianza, Esser
dissimile; Conv. iv, 29, 43. - 2. E per Farsi, Eendersi, Divenire,
dissomigliante; Conv. IV, 22, 30.
Dissonnare e Disonnare, Scuotere comecchessia dal sonno,
Destare, Svegliare. Neut. e Neut. pass. Svegliarsi; e per estensione,
Scuotersi da sonnolenza, da letargo, o da grave torpore : Par. xxvi, 70.
Distante, dal lat. distans, Che dista. 1. Separato da spazio pi
o men lungo, Discosto, Lontano; Purg. xxix, 71. Par. xxn, 150;
xxni, 116. Conv. IV, 16, QQ.- 2. E per similit. Par. xxvni, 25, 36.-
3. Costruito con la particella A; Par. xxi, 107.-4. E usato asso-
lutamente Par. IV, 1.
Distanza e Distanzia, dal lat. distantia, Quello spazio
che fra un luogo o ovvero fra una cosa o
un punto ed un altro,
una persona ed un' altra; Lontananza; Inf. xxvi, 134. Purg. xxix, 48.
Par. vii, 9.
Distare, dal lat. distare ; 1. Essere disgiunto da un dato ter-
mine per qualsivoglia spazio, Essere, o Stare, discosto, lontano ;
614 Distendere-Disteso
Purg. xxix, 81. Par. xxviii, 38; xxxi, 74.-2. Figuratam. e in locuz.
figur. Purg. xxxiii, 89.
Distendere, dal lat. distendere, Allargare e allungare una
cosa ristretta, avviluppata, avvolta, e simili ; Spiegare sia in largo
sia in lungo. 1. Riferito a membra, o parte del corpo, vale Allun-
garle, Allargarle, Aprirle tutta la loro ampiezza, pi special-
in
mente per compiere alcun atto; detto tanto d'uomo, quanto d'ani-
male o di essere che si finga aver corpo e persona; lnf. vi, 25;
xin, 49; xv, 25; xxv, 55; xxvm,
63; xxx, 9; xxxi, 131; xxxiii, 148.
Purg. xxn, 75. Par. xxxn, 96. - 2. Neut. pass. Allargarsi e allun-
garsi, ed altres Estendersi, Dilatarsi Purg. xxv, 58. - 3. Costruito
;
con un compimento retto dalla particella In, vale Divenire o For-
mare, allungandosi e allargandosi, o comecchessia disponendosi, ci
che il compimento significa; Par. xxx, 103.-4. E per Spandersi,
Spargersi, Diffondersi; lnf. XX, 80. Purg. xxm, 69. - 5. E figuratam.
Par. xxviii, 66. - 6. Figuratam. e poeticam., detto di faccia, volto,
e simili, vale Levarsi in alto, Volgersi in su; Purg. xxxi, 76.- 7. E
per Estendersi da un punto ad un altro, Prolungarsi verso un dato
punto, o per una data parte, detto di paese, territorio, ed altres
dell'andamento di mare, strade, e simili; lnf. xxxiv, 128.-8. Di-
stendersi a checchessia, vale Applicarsi ad esso, ed altres Prenderci
affetto, Darvisi, Abbandonatisi; detto di cose morali e intellettuali;
Conv. in, 11, 94. - 9. Nel luogo Purg. xvi, 48, Distendere vale Non
tendere, Allentare, ed il senso : Al qual valore nessuno pone pi
sua mira, Del quale nessuno pi si cura. - Lan. : Le virtudi poli-
tiche, delle quali nullo ora s'impaccia; e per dice: disteso Varco,
cio non adoperano per quelle. - Beno.: Quia nullus dirigit nunc
operationem suam ad signum virtutis vel die melius, quod quilibet
;
habet nunc arcum tensum ad arcendam et repellendam virtutem
longe a se tamquam inimicam, more parthorum, qui fugientes ho-
stem cum arco sagiptant a tergo. - Buti: Niuno vi d pi dentro
in quel segno de le virt politiche e de la cortesia; cio ciascuno
n'ha levato lo desiderio e la intenzione, niuno v'intende pi al pre-
sente. - Dan. : Perch nessun non drizza pi n scocca gli strali
delle sue operazioni al berzaglio di esso valore.
Disteso, dal lat. distensus, Spiegato per lungo e per largo,
Aperto in tutta lasua dimensione ed ampiezza. 1. Detto di per-
sona, vale Che giacein tutta la sua lunghezza, Sdraiato; lnf. xxm,
125; xxv, 87; xxxiii, 68. Purg. xix, 126. - 2. E detto di animale;
lnf. xn, 12. - 3. E per Che si stende ampiamente, Vasto, Spazioso;
Par. i, 81. - 4. Detto figuratam. di discorso, parlare, scrittura, e si-
mili, vale Diffuso, Copioso, Particolareggiato; Par. xi, 23.
Distillare-Distinto 615
Distillare, dal lat. destillare, Cader, Venir gi a stilla a stilla,
Gemere, Gocciare. 1. Figuratami, e poeticam., detto di cosa dalla quale
coli qualche umore; Par. xxxiii, 62.-2. Figuratam. detto di pianto,
e poeticam. di dolore; Inf. xxm, 97.-3. E pur figuratam. per De-
rivare; Par. vii, 67. - 4. E per Versare, Far cadere o Mandar fuori
a goccia a goccia; Purg. XV, 95. - 5. E per figuratam. per Infon-
dere; Par. xxv, 71.
Distinguente, dal lat. distinguens, Che distingue; Conv.
ni, 11, 49.
Distinguere, dal lat. distinguere, che propriamente vale Se-
parare. Percepire col senso della vista per modo che l'obietto venga
1.
ad essere chiaramente e interamente scorto, Discernere pienamente;
Conv. li, 15, 54. - 2. Figuratam. e in locuz figur. Conoscer bene,
chiaramente; Conv. ni, 12, 84. - 3. E pur figuratam. Conoscere una
cosa per modo da differenziarla dalle altre, e in particolare da quella
con la quale parrebbe avere alcuna somiglianza; Differenziare, Porre
differenza; Conv. i, 6, 40.-4. Particolarmente e nel linguaggio dei
Logici, vale Separare un'idea dall'altra, uno da un altro punto della
questione, della tesi, della proposizione, e simili, scorgendo e pro-
vando la loro formale differenza Par. xi, 27. - 5. E per Far dif-
;
ferenza tra una cosa e un'altra, considerarla o Trattarla in modo
diverso da altra; Par. vili, 129; xix, 42. - 6. Per Mostrare, Fare o
Dare a conoscere chiaramente ed altres Rivelare in modo parti-
;
colare; Conv. IV, 1, 56 (nel qual luogo per, invece di distinguere
pare che sia da leggere istingue, come hanno Giul., Moore, ecc.). -
7. E per Determinare, Indicare con precisione; detto anche di scrit-
tura; Conv. ni, 15, 8. - 8. Per Misurare, riferito a moto o a tempo;
Par. xxvn, 115. - 9. E per Ripartire, Dividere, col discorso un tutto
nelle sue parti componenti; detto anche del discorso medesimo; Inf.
xi, 68. Par. xxvm, 132.
Distinto, dal lat. distinctus ; 1. Partic. pass, di Distinguere;
Par. 117; xiv, 97.- 2. Per Espresso, Significato; Par. IV, 12.-
il,
3. E per Separato, Tenuto o Stante da s, Non mescolato, Non con-
fuso; Conv. in, 12, 67.-4. E per Diviso, Distribuito, Spartito o
Ripartito, detto sia di cosa sia di quantit di cose o di persone Inf. ;
xi, 30; xviii, 9. - 5. E per Diverso, Differente; Conv. in, 11, 54. -
6. Con propriet latina, per Adorno, Fregiato, ed altres Divisato ;
Purg. xxix, 76. Par. xvm, 96, 108; xxxi, 132. - 7. E usato in forma
d'Avverb., per Specificamente, In ispecie, Particolarmente ; Conv.
I, 6, 34.
610 Distinzione
Distinzione, dal lat. distinctio, L'atto e L'effetto del distin-
guere- Separazione ideale delle cose, secondo le propriet loro o
1.
per altra cagione concepita dall'intelletto; ed altres II distinguere
tra idea e idea, tra proposizione e proposizione, tra uno e un altro
punto di una questione, e simili nel qual senso maniera pi che
;
altro propria del linguaggio logico; Par. xm, 109, 116;xxix, 30.
Conv. il, 14, 55. - 2. In senso concreto, per La cosa distinta, sepa-
rata; Par. il, 119.
Il Diz. tomist. e scoi., 50 e seg. : Distinctio si fa, quando un
vocabolo equivoco si risolve nei varii suoi significati. Per es. Foca,
che nome di un imperatore e di un pesce. - Distinctio absoluta,
si d fra due cose, delle quali nissuna un modo dell'altra; oro
e pietra. - Distinctio moclalis quella che ha luogo fra la cosa e
il suo modo, come fra il corpo, e la sua figura. - Distinctio ade-
quata ha luogo fra un tutto e un tutto, per es. fra sole e luna;
inadcequata, fra il tutto e la sua parte, per es. fra la mano e uno
dei diti. Questa denominasi pure distinctio includentis et inclusi. -
Distinctio realis entitative, o absolute, o stride, quella, che si
d fra cosa e cosa, come fra Cesare e Pompeo. - Distinctio for-
malis ex natura rei, quella che ha luogo fra le formalitates (note
essenziali e predicati di una cosa)
di una cosa medesima; come V ani-
malit eragionevolezza dell'uomo.- Distinctio realis quella che
conviene alle cose indipendentemente dall'operazione dell'intelletto,
come fra V anima e il corpo dell' uomo. - Distinctio rationis quella,
che conviene alle cose per l'operazione dell'intelletto, il quale le con-
cepisce distinte, sebbene non sien tali da parte loro, come per es. gli
attributi divini.- Distinctio rationis ratiocinantis, ha luogo quando
la mente nostra concepisce distinto quello che da parte della cosa non
tale, senza fondamento per in essa a distinzione siffatta, s che
tutta la distinzione dipende dal raziocinante. - Distinctio rationis
ratiocinatce si ha, quando lamente nostra concepisce le cose di-
stinte, che non son tali veramente, ma che pure hanno in loro stesse
fondamento a tal distinzione. Ci avviene delle cose atte ad opera-
zioni diverse, che il nostro intelletto non riesce ad afferrare con un
solo e medesimo intuito, per es. il fuoco, che indurisce la creta e
liquefa la cera. Si dice anco Fundamentalis distinctio rationis. -
Distinctio virtualis propria et intrinseca, l'equivalenza di una
cosa indistinta a pi cose distinte, in quanto son distinte, e verifi-
cano predicati contradditorii. Per es. X animale e il ragionevole nel-
l'uomo, sebbene sieno uno e medesimo, e non abbiano attuai distin-
zione da parte della cosa, pure hanno in se tal virt, che l'uno di
essi da parte della cosa , e si dice simile al bruto, e l'altro non
simile, come fosser due subietti distinti. - Distinctio virtualis im-
Distoreere-Distretto 617
propria, o extrinseca, coincide col fondamento della Distinctio ra-
tionis ratiocinatee, e consiste nell'equivalenza di una cosa a molte,
perch una identifica in s le perfezioni, che si moltiplicano nelle
altre cose, o presta i varii effetti che molte prestano, o cagiona nella
mente dell'uomo diversit di concetti.
Distorcere, dal lat. storquere, comunemente Storcere. 1. Tor-
cere con una certa forza, e in mal modo, Stravolgere; Inf. xvn, 74
(nel qual luogo invece di distorse alcuni testi hanno semplicemente
storse). - 2. E
per Volgere, Girare, detto dei cardini d'una porta;
Purg. ix, 133. - 3. Neut. pass., detto di persona, vale Piegar le
membra con certo sforzo e in pi versi; Inf. xxiii, 112.
Distorto, dal lat. distortus, Malamente torto, Stravolto, Non
diritto; Purg. xix, 8.
Distretta, Lo stringere fortemente, Stretta forte o violenta,
Stringimento. E per Stretta necessit, Stringente bisogno, di chec-
chessia; ed anche, assolutane, Disagio, Travaglio; Purg. iv, 99.
Distrettamente, In modo distretto, Strettamente Par.
;
Vii, 96, nel qual luogo invece di distrettamente alcune edizioni
leggono, ma senza sufficiente autorit di codd., discretamente.
Distretto, dal lat. destrictusOccupato da un oggetto, Ri-
; 1.
tenuto da checchessia; Purg. Nel luogo Purg. ili, 12
vi, 104. - 2.
Distretto, come hanno alcuni testi, avrebbe il senso di Angustiato ;
ma la vera lezione qui senza dubbio ristretta, cio tutto intesa
ad un solo pensiero. Cfr. Ristretto. - 3. Per Congiunto, Consan-
guineo, e propriamente per parentela assai stretta; Vit. N. xxxni, 3,
nel qual luogo coloro che nella Beatrice di Dante ravvisano la figlia
di Folco Portinari e moglie di Simone dei Bardi, dicono che quel
personaggio tanto distretto di sanguinit con questa gloriosa
fosse Manetto Portinari, fratello di Beatrice. La Beatrice Portinari
aveva cinque fratelli (cfr. Richa, Chiese fiorent., vili, 32); dunque
o Manetto o un altro fratello di Beatrice Portinari nei Bardi avrebbe
chiesto a Dante stesso una poesia in morte della sorella: il che,
dato anche certi costumi de' tempi e il modo speciale con che fu
fatta la dimanda, cio, genericamente, per una donna morta, ci par-
rebbe alquanto strano, se la sorella del richiedente era moglie altrui,
e quel fratello di Beatrice e amico di Dante non era un balordo;
D'Ancona, Vit. N., 2 a ediz., p. 77. Cfr. Proleg., 194 e seg. Dante-
Handbuch, 189.
618 Distrilmire-Disusanza
Distribuire, dal lat. distribuere, Dare, Assegnare a ciascuno
porzione di checchessia, o la sua rata, Dividere checchessia fra co-
loro ai quali spetta o tocca. Detto per similit. e figuratam. Inf.
Vii, 76.
Distribuito, e, con forma latina usata solo in poesia, anche
Distributo, Dato per egual porzione, ed altres Dispensato a
molti, Diviso fra pi; applicato anche a cose; Purg. xv, 61. Par.
il, 69.
Distributivo, dal basso lat. distributivus, Che distribuisce
i premj pene egualmente secondo il merito, o i beneficj e i
e le
carichi in misura proporzionata alla qualit delle persone; Conv.
IV, 11, 39.
Distruggere, dal lat. destruere, per mezzo del supino de-
structum; 1. Ridurre al niente, Disfare totalmente; anche figuratam.
Purg.X, 112; xvi, 70. Conv. in, 8, 113.- 2. Figuratam., riferito a opi-
nioni, ragioni, e simili, vale Confutare pienamente; Conv. IV, 14,8.-
3. E poeticam. per Danneggiare grandemente, Ridurre in misera con-
dizione, Mandare in rovina, e simili; Par. xx, 60.
Distruggitore, e Distruttore, dal basso lat. destructor,
Chi o Che distrugge; anche figuratam. Inf. XXII, 51.
Distruggitrice e Distruttrice, dal basso lat. destruc-
trix, Colei che distrugge; anche figuratam. Vii. N. x, 8.
Distrutto, dal lat. destructus ; 1. Che ha perduto l'esser
proprio, Ridotto al niente ; Inf. xxiv, 103. - 2. E figuratam. Par.
li, 72. - 3. Pur figuratam. e poeticam., detto delle anime dell'in-
ferno, vale Dannato, Perduto alla grazia di Dio; Inf. ix, 79.
Distruzione, dal lat. destructio, detto figuratam. per Ro-
vina, Annientamento di stato, di potenza, di prosperit, ecc. Conv.
il, 14, 130.
Disubbidire, cfr. Disobbedire.
Distillare, da dis e uno ; voce foggiata da Dante a significare
Dipartirsi dalla sua unit; Par. xni, 56.
Disusanza, Il lasciar d'usare, di praticare, checchessia, Ces-
sazione dell'uso, della pratica, di una data cosa, Dissuetudine; Conv.
I, 9, 23.
Disusare-Disviticchiare 619
Disusare, Lasciar d'usare, di praticare, di adoperare, e simili.
Figuratane, riferito a luogo, vale Non frequentarlo pi, ed altres
Fare o Esser cagione, che non sia pi frequentato, Kenderlo non pi
frequentato; Purg. x, 2, nel qual luogo Dante vuol dire, che l'amore
peccaminoso delle cose terrene opera s, che la porta del Purgatorio
non si usi che di rado, la fa stare quasi sempre serrata, poche es-
sendo le anime che vanno in Purgatorio.
Disvegliare, da dis e vegliare; Richiamare dal sonno alla
1.
veglia, che comunemente N. Ili, 16.-2. Neut.
dicesi Svegliare; Vit.
pass. Scuotersi dal sonno, Passare dal sonno alla veglia, Svegliarsi;
Vit. N. ni, 24. Conv. in, 7, 106.
Disvelare, dal lat. deve! are ; 1. Togliere il velo, o simile, a
checchessia; Mostrarlo, togliendo da esso il velo; Purg. xxxi, 136.-
2.E adoperato in senso figur. per Palesare, Far manifesto, Scoprire;
Canz.: Doglia mi reca nello core ardire, v. 127.
Disvellere, dal lat. devellere, Levar via, Strappare ; riferito
a cosa attaccata, radicata. Figuratam. Inf. xni, 95.
Disvestire, frane, ant. desvestir, Svestire, Spogliare; e figura-
tamente per Liberare da un dubbio; Par. i, 94.
Disviare, frane, ant. desvier, spagn. desviar1. Trarre, Fare ;
uscire di via; Allontanare dal cammino anche dal retto
preso, ed
cammino, che pi comunemente dicesi Sviare; Par. IX, 131.-2. Fi-
guratamente e poeticam., per Cacciar via; Purg. xxvni, 38. -3. Neut.
Uscir di via, Andar fuori di strada, ed anche Uscir dalla retta via;
in senso per figurato Purg. XVI, 82. - 4. Pur figuratam., detto di
;
mente, anima, desiderio, e simili; Par. vi, 116. Conv. Canz. li, 4.
Conv. ni, 3, 77; ni, 8, 99.
Disviato, Uscito di via, Che fuori della retta strada; ed
altres Che ha preso altra via; figuratam. Par. xn, 45.
Disviluppare, Liberare da cosa che avviluppi. 1. Neut. pass.
Districarsi, Liberarsi da cosa che avviluppi, o comecchessia tenga
e costringa; ed altres da persona o persone che dieno impaccio;
detto figuratam. Purg. xxxni, 32. - 2. Disvilupparsi dal mondo, dai
terreni impacci, e simili, o Disviluppare alcuno da essi, sono ma-
niere figurate e mistiche, che valgono Uscire, o Liberare, per via
della morte, dai vincoli terreni; Par. xv, 146.
Disviticchiare, Distrigare, Distaccare, cosa avviticchiata,
che pi comunemente dicesi Sviticchiare. Disviticchiar con gli occhi,
620 Disvolere-Diurno
con la vista, e simili, detto figuratam. e poeticam. per Discernere,
Distinguere, quasi sforzandosi di districare con la vista, cosa o per-
sona avvolta e come avviticchiata in s medesima; Purg. x, 118.
Disvoler e, frane, ant. desvoloir, Non volere pi, riferito a
cosa voluta, desiderata, ecc., antecedentemente; Inf. il, 37.
.Dite, dal lat. Dis, Ditis, propriamente nome
Quella di- di
vinit che dai pagani credevasi presedesse alFAverno. Figuratam. 1.
per lo stesso Averno, cio per lo basso Inferno; Inf. vili, 68.-2. E
Dite chiama Dante (seguendo Virgilio, cfr. Aen. vi, 127, 269, 397;
vii, 568, ecc.) Lucifero, il principe dei Diavoli; Inf. xi, 65; xu, 39;
xxxiv, 20.
Dito, dal lat. digitus ;Ciascuno dei cinque membretti, di-
1.
stinti, articolati, pieghevoli, e composti delle falangi, nei quali ter-
minano le mani dell'uomo; Purg. v, 3; vii, 52. Par. xxn, HO;
xxxn, 57. Al plur. le dita; Inf. xxix, 85. Purg. xu, 133; ed anche
i diti; Par. xxviu, 58, qui in locuz. figur. - 2. Usato nel sing., e
senza alcun aggiunto, denota comunemente il Dito indice, pi spe-
cialmente inquanto serva a indicare, designare, minacciare, rimpro-
verare, e simili; Inf. x, 129; xxv, 45; xxix, 26. Purg. Vili, 96;
xxiv, 19; xxvi, 116. - 3. Darsi del dito nell'occhio, detto figuratam.
per Offendere se medesimo, Recarsi disavvedutamente danno o pre-
giudizio; Cono, ni, 1, 37.-4. Mostrare a dito chicchessia, vale Ac-
cennarlo col dito, Indicarlo, Farlo altrui notare, Designarlo, e simili;
Inf. v, 68. - 5. Porsi il dito alla bocca, e poeticam. Porsi il dito dal
mento al naso, vale Fare atto di tacere, d' imporsi silenzio; ed
anche, e pi comunemente, segno col quale altri richiede altrui di
silenzio, o di attenzione; Inf. xxv, 45.
Dittare, cfr. Dettare.
Dittatore, dal lat. dictator ; 1. Supremo magistrato nella Re-
pubblica romana, il quale creavasi straordinariamente, per soli sei
mesi, negli estremi pericoli di essa, ed aveva potest di vita e di
morte senza appello; Conv. IV, 5, 96. - 2. E per Dettatore, Colui
che detta, o che inspira; Purg. xxiv, 59. Vit. N. xxv, 36.
Diurno, dal lat. diurnus, Del d, Del giorno, o Di d, Di giorno,
Proprio del giorno, ed anche Che si fa, avviene, o Fatto, Avvenuto,
nel giorno. 1. Termine d'Astronomia. Aggiunto di moto, movimento,
o simili, vale Che si compie in un d o giorno: detto cos di quello
di rotazione della terra, come di quello apparente degli astri o della
sfera celeste; Conv. in, 5, 94. - 2. Astro diurno, Calore o Lame
Diva-Diventarc 621
diurno, Fiamma o Luce diurna: sono locuzioni, pi che altro poe-
tiche, usatea indicare II sole, e 11 calore o La luce che da esso
derivano; Purg. xix, 1.
Diva, dal lat. diva; voce poetica. 1. Lo stesso che Dea; Par.
xvm, 82. - 2. E
detto poeticam. di qualsivoglia essere, a cui si at-
tribuiscano qualit e persona di Dea; Par. iv, 118.
Divallare, Neut. e Neut. pass., propriamente Andare a valle,
Venire a valle; ma
in pi largo senso vale Scender dall'alto al
basso, Scorrer gi, detto pi che altro di acque; Inf. xvi, 98.
Divellere, dal lat. divellere, Svellere, Strappare; riferito a
piante, erbe, peli, o altro, che si spicchi o si sradichi del tutto, o
ad un tratto e con una certa forza. 1. Riferito a persona, per Di-
staccare, Rimuovere, donde che sia o da altra persona; e propria-
mente con violenza; Par. xxvn, 98. - 2. Neut. pass., detto di per-
sona, per Distaccarsi, Spiccarsi, Allontanarsi, da un luogo o da altra
persona; Inf. xxxiv, 100. (Cfr. Disvellere).
Divenire, dal lat. devenire, che vale Scendere o Venire ad un
luogo: Farsi diverso da quello che era, variando nella sostanza o
natura, o negli accidenti; Ridursi da una data natura, condizione,
e simili, ad un'altra diversa; Venire ad essere ci che il compi-
mento esprime. Detto cos di persone, come di cose materiali e im-
materiali; e talvolta per propriet di lingua vi aggiunta la par-
ticella Si pleonastica.Questo verbo, nelle diverse sue forme e nei
diversi suoi significati, trova nella Div. Com. 28 volte, 14 nell' Inf.
si
(xiv, 76; xvit, 88; xvm,
68; xx, 41; xxiv, 102; xxv, 70, 75, 136; xxvi,
98; xxx, 4, 38; xxxiv, 22, 27, 91), 8 nel Purg. (n, 9; ni, 46; Vi, 27;
xiv, 139; xxv, 61; xxvi, 62; xxvn, 14; xxxm, 39) e 6 nel Par. xm,
62; xxn, 57; xxvn, 13, 14, 50; xxx, 90). -1. Detto di persona; Inf.
xx, 41. Purg. xxv, 61. - 2. Divenire tale o tale, denota Venire ad
avere, prendere, ricevere, sia durevolmente, sia temporaneamente,
una data condizione o qualit; Farsi tale, quale espresso dal pre-
dicato. Detto di persone : Inf. xxxiv, 22. Purg. xxvn, 14. Detto di
cose materiali: Purg. Il, 9.-3. E conforme al suo senso etimolo-
gico, usato per Venire, Arrivare, Giungere; Inf. xiv, 76; xvm, 68.
Purg. in, 46.-4. E in forma di Sost., per L'atto del divenire;
Purg. vi, 27.
Diventare, dal lat. deventum, supino di devenire : Lo stesso
che Divenire; ma spesso denota maggiore intensit, e accenna a su-
bitaneit nell'azione; Inf. xxv, 116. Purg. i, 6; II, 69; in, 141;
622 Diversamente-Dividere
V, 97; 125; ix, 41; xiv, 58; xxv, 93; xxvn, 39. Par.
Vi, Vi, 85;
XVlil, 80; XX, 78; xxv, 120; xxxin, 100.
Diversamente, In modo diverso, In forma, In atteggiamento,
e simili, diversi, In varjmodi; Variamente, Differentemente; Par.
vili, 119; xv, 81; xxix, 141; xxxn, 66. Conv. ni, 7, 19.
Diversit, Diversitade e Diversitate, dal lat. di-
L'esser diverso, differente, Qualit o condizione, per cui
versit.?,
una cosa diversifica da un'altra; Divario, Differenza, tra due cose,
qualit, atti e simili; Conv. il, 8, 6, 8, 43, 50; iv, 10, 70.
Diverso, dal lat. diversus, voce che nella Div. Com. occorre
40 volte, 15 nell'In/"., 7 nel Purg. e 18 nel Par. 1. Che nella so-
stanza e nella natura paragona o di
altro dalla cosa con che si
cui si discorre. Ed altres Che
comecchessia da altra cosa
differisce
congenere. Differente, Dissimile, Vario, o Di varia specie; Purg.
IX, 77 Xin, 48. - 2. E detto di cose immateriali Inf. in, 25; vi, 86;
; ;
ix, 12. Purg. xvin, 142. Conv. iv, 4, 50.-3. Per Separato, Distinto;
usato di solito nel plurale; Inf. xi, 39. Par. vi, 125. -4. Detto di
luogo, parte, lato e simili, vale Che , Che rimane altrove, o Che
volge in altra parte; Inf. xvn, 126. Par. I, 37. - 5. E detto di cosa,
vale Che posto qua e l; usato nel plurale; Inf xxix, 66. Par.
XI, 126.-6. E poeticam., detto di luogo, vale, secondo una propriet
latina, Opposto, Contrario; Purg. iv, 71. - 7. Poeticam. e figuratam.
per Lontano, Alieno, Aborrente; Inf. xxxni, 151.-8. Vale altres
Straordinario, Insolito, Strano, Non pi visto od udito, Orribile, e
simili; Inf. vi, 13; Vii, 105; xxn, 10; xxix, 43. Vit. N. xxm, 18.-
9. pure usato, con un compimento verbale, per Assurdo, Strano,
Impossibile; Conv. Il, 9, 69.
Dividere, dividere, Partire in due checchessia; ed
dal lat.
altres in pi che due parti: Separare, Disgiungere, l' una dall'altra
le parti di checchessia. 1. Figuratam. e poeticam. riferito ad animo,
mente, e simili, vale Volgere verso parti diverse, Distrarre; Par.
x, 63. - 2. Parlandosi di ferimenti, vale Tagliare, Fendere in due
parti; ed anche semplicemente Ferir di taglio, in modo da produrre
uno spacco, un'apertura e simili; Purg. in, 108.-3. Per Separare,
Disgiungere, Staccare, riferito a persona rispetto ad altre persone,
in compagnia delle quali si trovi; Inf. v, 135. - 4. Per Separare,
o Tener separati, Far che non abbiano insieme contatto o communi-
cazione, mediante qualsiasi ostacolo o interrompimento a tale uopo
frapposto; riferito a persone; Purg. xxvn, 48. - 5. E figuratam., ri-
ferito a regioni, passi, territorj, od anche semplicemente tratti di
Divieto 623
terra, campagna, e simili; o singolarmente a regione, paese, e si-
mile, respettivamente alle proprie parti: e detto di ci che s'in-
terpone fra essi, ed altres di ci che sia delineato o immaginato
in tale conformit; Conv. in, 5, 87. - 6. Per Partire intellettual-
mente o col ragionamento, Distinguere; Purg. xvn, 112. Conv. Il,
13, 57; iii,9, 18.-7. E per Distinguere in Parti, Scompartire; Conv.
IV, 23, 82. - 8. In forma di Neut. pass. Distinguersi in parti, in classi,
e simili: Esser distinto in date parti, Constare di esse; Conv. iv, 3, 18;
IV, 10, 22. - 9. E per semplicemente Discordare d'opinione, Dissen-
tire; Par. xxviii, 133. - Cfr. Diviso.
Divieto, dal lat. velare, Comandamento di non fare checchessia,
o di astenersi da checchessia, dato da chi ne ha la legittima potest;
Proibizione. 1. Per similit. detto di disposizioni e prescrizioni di-
vine; Purg. ni, 144; x, 36. - 2. Figuratam. e poeticam., per Esclu-
sione; Purg. xiv, 87; XV, 45. Nel primo di questi due luoghi, al quale
il secondo serve di spiegazione, quasi tutti i codd., colla gran mag-
gioranza dei comm. e delle ediz., hanno di consorto divieto, cio
Esclusione di compagno. Invece la Cr. e sue seguaci leggono di
consorto divieto, che il Biag. spiega: Perch 'poni il cuore
in quei beni, nei quali bisogna necessariamente aver consorto, cio
compagno, il che promuove l'invidia, non potendo passare in molti
se non minuzzati; o nei quali esser deve divieto di questi stessi
beni, vale a dire esclusione dai medesimi, onde gli esclusi diventano
poveri, il che pur produce l'invidia. Gli antichi: Lan.: Perch
hai tale invidia ch'elli bisogno ch'abbi conforto, cio simile tu
lo divieti, cio non la vuoi, anzi odi a chi a grado pu venire (?). -
Ott.: uomini, perch ponete il cuore alla invidia, per la quale
tu divieti et odj coloro, che di necessitade debbono essere tuoi con-
sorti non pure uno puote avere tutti li onori, e tutte le felici
:
tadi. - Benv.: Quasi dicat, in temporalibus bonis, qua! simul a
pluribus possideri non possunt, quod non accidit in seternis ideo ;
in possessione temporalium oportet non habere consortem, idest, so-
cium. - Buti: In questi beni temporali, che non si possano avere
tutti da uno, se tutti li altri non sono privati d'essi. - Serrav.:
Quare ponis cogitationes tuas in bonis temporalibus, que non pos-
sunt lete possideri cum sotietate, quia quilibet vellet habere totum,
et cum nullo dividere vellet, et si unus haberet totum, alter nihil
possideret. - Land. : Riprende gli uomini, i quali pongono la
mente, et la cogitatione, et 1' affetto ne' beni temporali, et transi-
tori, et ne' quali questa conditione, che alcuno non li pu havere,
se un altro non ne privato.... Adunque vorrebbe l' invidioso pri-
varne altri, per riavergli tutti per s. Dove mestier, cio, ne' quali
624 Divimare-Divino
mestiere divieto di consorto, traslazione da' Magistrati, che si
distribuiscono nelle Kepubbliche, dove quando un consorto, cio della
medesima famiglia, ha un Magistrato, gli altri hanno divieto, cio
sono proibiti di potervi essere, essendovi il consorto. Cos nella di-
visione de' beni di Fortuna, interviene che il bene, che possiede
Marco, non pu possedere Antonio: ma i beni dell'animo, che son
le virt, perch sono incorporei et indivisibili, posson parimente
esser posseduti da tutti. Cos pure Veli., Dan., ecc. Cfr. Quattro
Fior, il, 169 e seg. Blanc, Versuch, n, 51 e seg. Barlow, Contri-
buti ons. 232.
Divimare, dal lat. vimen, Sciogliere da un legame, Dissol-
vere, Disgiungere; Par. xxix, 36.
Divinazione, dal lat. divinatio, L'atto e L'effetto del divi-
nare, o Vaticinare; Conv. Il, 9, 76.
Divinissimo, dal lat. divinissimus, superlat. di Divino; Conv.
il, 4, 18.
Divino, dal lat. divinus, voce che nella JDiv. Comm. si trova
52 volte, 11 neWInf., 10 nel Purg. e 81 nel Par. 1. Di Dio, Proprio
di Dio e della sua essenza, Pertinente a Dio; Inf. xi, 100. - 2. E
aggiunto di Tutto ci che si riferisce a Dio, in quanto gli si at-
tribuiscono qualit corporee o facolt ed atti umani, per significare
in modo sensibile le relazioni di lui con le creature; Par. xxiv, 99.-
3. E adoperato in locuzioni attinenti ad alcuna delle persone della
santissima Trinit, come Divina Potest, Divino Padre, Divina
Maest, a significare Dio; Divino Maestro, Divino Sposo, Divino
Verbo, a significare Ges Cristo Divino Amore, per lo Spirito
;
Santo; Inf. i, 39; ni, 5. - 4. anche aggiunto degli Spiriti ce-
lesti, Beato; Purg. xvn, 55. - 5. E per Simile, Somigliante a Dio;
Conv. ili, 2, 90. - 6. E per Che concerne Dio; onde Scienza divina,
vale Teologia; Conv. il, 14, 47; iv, 13, 53.- 7. E per Che proviene,
procede, deriva, da Dio, o da uno Spirito celeste; ed altres, In cui
pi particolarmente si manifesta l'opera del divin Creatore; Purg.
xxi, 95; xxvi il, 2. Par. xxxi, 22. Conv. ni, 7, 72. -8. Detto di grazia,
aiuto, ispirazione e simili, vale Concesso, Compartito da Dio; Purg.
xxx, 112. Conv. IV, 5, 79, 102. - 9. E per Ispirato da Dio, detto
della Bibbia; Inf. xxix, 90. - 10. E detto di tutto ci che appar-
tenga agli Dei dei Gentili, venga da essi, abbia in s virt deri-
vante da loro, o comecchessia si riferisca ai medesimi; Par. i, 22. -
11. Detto, per enfasi, di persona, vale Che supera l' umana condizione,
Che ha in se del celeste per opere di virt; ma pi che altro usasi a
Divisare-Divo 625
significare Che di eccellenza singolare, Che perfetto nell'arte sua,
nella sua scienza, e simili; Conv. iv, 5, 76. - 12. E detto di cosa, atto,'
qualit, e simili, per Soprannaturale, Sovrumano; ed altres Eccel-
lentissimo, Di singoiar perfezione, e simili; Conv. il, 5, 61 e seg. -
13. Divino, conforme a propriet latina, usato poeticam. per Che
divina, cio prevede il futuro; Presago, Indovino; Purg. ix, 18. -
14. In forma di Sost. Ci che divino; Qualit o condizione divina,
ed altres Natura divina; Purg. xxv, 81. Par. xxxi, 37.
Divisare, dal lat. dividere, mediante il supino divisum ; Di-
segnare con la mente, Pensare ne' suoi Particolari, ed anche sem-
plicemente Ideare, Immaginare, Fermare col ragionamento, Descri-
vere, Esporre, Narrare, e simili Purg. xxix, 82, nel qual luogo
,
Divisare usato nel senso dell' ant. frane, deviser, per Descrivere,
Raccontare. - Benv.: Quale ego distinguo in septem listas mira-
biles. - Buti : Descritto per lo modo, che ditto di sopra. -
Land.: Ho distinto et discritto. - Veli.: Come io ragionando
disegno. - Dan.: Come disegna et dipinge. - Voi. : Descrivo
esattamente. - Tom.: Descrivo.
Divisione, dal lat. divisio, L'atto e L'effetto del dividere.
1. Per Disunione, Discordia, Dissenzione; Par. xvi, 154.-2. Per
Separazione ideale delle cose, Distinzione; specialmente parlandosi
di scritture, trattati, e simili;Conv. IV, 16, 13. - 3. Pure per Di-
stinzione, nel senso di Ciascuna delle parti del discorso o scrittura;
Conv. il, 8, 5.
Diviso, dal lat. divisus. 1. Partic. pass, di Dividere; Purg.
VI, 19. - 2.In forma d'dd. Patto in due, o pi parti, Partito; ed al-
tres Rotto, Spezzato anche figuratam. Inf. xxvi, 52. Par. xxix, 81. -
;
3. Per Separato, Disgiunto, e anche Distinto; cos nel senso proprio
come nel figurato; Purg. xvn, 109. - 4. Pur figuratam. per Sepa-
rato, Lontano, cos di spazio come di tempo; detto tanto di cose
quanto di persone; Purg. xvm, 139.
Divizia e Dovizia, dal lat. arcaico divitia; 1. Copia, Ab-
bondanza, Gran quantit, propriamente delle cose occorrenti al vi-
vere, e per estensione anche di checchessia; Par. xxxi, 136. - 2. A
divizia, posto avverbialm., vale Abbondantemente, Copiosamente, In
molta quantit; A gran divizia, vale Molto abbondantemente o co-
piosamente, In quantit grandissima; riferito figuratam. anche a per-
sone; Inf. xxn, 109.
Divo e talora anche Dio, dal lat. divus e dius ; 1. Lo stesso
che Divino, anche parlandosi di divinit pagane; Par. xvm, 82. -
40. Enciclopedia dantesca.
626 Divo-Doga
2. Per Sommamente bello, piacente e dilettevole, Eccellente, Per-
fetto, e simili; Par. xxiv, 23. - 3. Per Chiaro, Luminoso, Risplen-
dente, quasi in modo divino; Par. xiv, 34; xxm, 107; xxvi, 10.
Divo, Sost., dal lat. divus, Dio, in senso di Nume, Divinit
pagana. E per Essere celestiale, Spirito beato; Par. IV, 118.
Divorare, dal lat. devorare; 1. Mangiare con ingordigia e
con impeto; e con pi tenue senso, Mangiare con avidit. Detto di
animali rapaci, e in modo estensivo anche di persone; Inf. vi, 30.
Par. xxvn, 131. - 2. Figuratam. e poeticam., conforme al senso pro-
prio latino, vale Ingoiare, Inghiottire, e per estensione Racchiudere
dentro di s, Contenere detto pi specialmente di voragine, o di
;
cavit; Inf. xxxi, 142.
Divotamente, Divoto, Divozione, cfr. Devotamente,
Devoto, Devozione.
Doagio, l'antico Duacum, oggi Donai, o Douay, citt della
Francia, nella provincia di Fiandra su la Scarpa. Ai tempi di Dante
apparteneva alla contea dell'Analdo, Hainaut, o de' Paesi Bassi;
Purg. xx, 46.
Doccia, dal sost. masc. Boccio, e questo dal sost. lat. ductus,
che nella bassa latinit si us anche per aquceductus ; propriam.
Canaletto di terra cotta, di pietra, di legno, di latta o altra materia,
per lo pi fatto a semicerchio e aperto di sopra, per lo quale si fa
correre l'acqua. Per similit. e poeticam., Canale, Condotto, Riga-
gnolo; Inf. xiv, 117; xxm, 46.
Dodici, dal lat. duodecim, Che consta della diecina e di due
unit ; Par. xn, 135.
Doga, dal lat. della bassa et doga, specie di vaso e forse Botte,
che nel medio evo ricev il senso stesso, che poi ha ritenuto nel-
l'italiano; e questo lat. doga pare che venga dal gr. So^V), Reci-
piente: Ciascuna di quelle strisce di legno, che congegnate col fondo,
e strette da cerchj, compongono il corpo dei vasi rotondi, come il
tino, la botte, il barile, la bigoncia, lo staio e simili Purg. xn, 105.
;
Sul fatto, al quale Dante allude in questo luogo, VOtt. : Essendo un
ser Durante de' Chermontesi Doganieri e Camarlingo della Camera
del sale del Comune di Firenze, trasse il detto ser Durante una doga
dello stajo, applicando a s tutto il sale, ovvero pecunia che di detto
avanzamento perveniva. - An. Fior.: Era usanza di mensurare il
sale et altre cose con stara fatte a doghe di legname, come bigonciuoli ;
Dogare-Doglienza 627
un cittadino della famiglia de' Chiaramontesi fu camerlingo a dare
il sale; appresso questi,
quando il ricevea dal comune, il riceveva
collo stajo diritto; quando il dava al popolo ne trasse una doga pic-
ciola dello stajo, onde grossamente ne venia a guadagnare. Scoper-
sesi il fatto ; et saputa la verit, questo cittadino fu condennato et
gravemente et vituperevolmente, onde poi i discendenti suoi, che
sono antichi uomini, essendo loro ricordato arrossono et vergognonsi ;
vergogna una canzoncella che dicea: Egli tratta
et fessi di ci in lor
una doga dal sale, Et gli uffici son tutti salviati, ecc. Cfr. Par.
xvi, 105 e gli art. Arrossake, Chiarmontesi.
Dogare, Porre, Rimettere, o Rassettare le doghe; e per similit.
e poeticam. Cingere, Fasciare; Inf. xxxi, 75. Il Bl. dice oscura
l' espressione : Che il gran petto ti doga. I pi antichi (Bambgl.,
An. Sei., Iac. Dant., Lan., Ott., Petr. Dant., Falso Bocc, ecc.) non
danno veruna interpretazione. - Cass.: Plicat vel flectit. -Benv.:
Signat, quia tenebat cornu per transversum pectoris. - Buti :
Cuopre e veste: questo dice, per significare che il corno era grande,
e che la superbia sua fu grandissima; e finge che li penda in sul
petto, perch la sua superbia stette nel cuore, che posto nel petto. -
An. Fior.: Fa ivi una doga, ci una lista. >> - Serrav.: Cornu,
qui grande pectus tibi ornat. - Land. : gran petto. -
Ti cuopre il
Veli. : Ti segna, et friga il gran petto, come fa la doga il fondo de
la botte. - Dan. : Che ti toga, che ti vesti, et cuopre a guisa
di toga, il gran petto. Toga ne gli antichi, et buoni testi (?), et non
doga si legge. - Voi. : Ti fascia, a somiglianza di doga, o lista. -
Lomb. : Che colla sua curvit si adatta al tuo petto come a botte
doga: se non forse, come doga adoprasi per lista, adopera qui Dante
Dogare per listare : che certamente doveva quel corno pendente
avanti il petto del gigante fargli come una lista di color diverso. -
Ces. : Ti cigne, a modo che la doga il tino. - Ross.: Ti fascia;
da doga, uno di que' curvi legni che fan le coste della botte. -
Betti: cos certo che gli antichi avevano il verbo dogare, per
listare, che ne fu fatto anche addogato, per listato.
Doglia, da dolere o dogliere, come voglia da volere; 1. Duolo,
Dolore, e propriamente acuto, o fisso, in alcuna parte del corpo. E
in senso figurato, per Dispiacere interno, Afflizione, Angoscia; Inf.
I, 102; IX, 96; xvi, 52; xxviu, 13; xxxiii, 61. Purg. iv, 1; xxi, 67;
xxni, 12, 56. Par. xxxn, 11. Conv. iv, 28, 23. - 2. Prender doglia, vale
Provar dolore, Divenir dolente, Sentire afflizione; Purg. xxxi, 69.
Doglienza, che pi comunemente dicesi Doglianza, dal
lat. dolentia; L'atto del dolersi, del querelarsi, con alcuno; La-
628 Doglioso-Dolce
gnanza, Rimostranza, Richiamo. E per Dolore, Afflizione, Angoscia,
e simili; Inf. Vi, 108.
Doglioso, Pieno di doglia, Addolorato, Afflitto. E per Che ap-
porta doglia, Che reca o cagiona dolore, sia fisico, sia morale; Inf.
XI, 34. Purg. xiv, 67 (nel qual luogo alcuni leggono futuki danni
invece di dogliosi danni. Ma dogliosi lezione dalla gran mag-
gioranza dei codd.).
Dolce, dal at. dulcis, propriamente, aggiunto di sapore, Tem-
perato, Soave e grato al gusto, come quello dello zucchero, del miele,
e simili. E dicesi pure di cosa, a significare Che ha naturalmente
tal sapore. Contrario di Amaro ed anche di Aspro. Nella Div. Com.
questa voce trova 103 volte, 19 neWInf., 43 nel Purg. e 41 nel
si
Par.-l. In locuz. fgur. Inf. xvi, 61. Purg. xxvn, 115. Par. vili, 93.-
2. E figuratam., detto di certe piante che producono di dolce sapore;
Inf. XV, 66. - 3. E per Dilettevole alla vista, Grato all'occhio, Che
apporta piacere in guardarlo, Vago, Gentile, e simili : cos assolutam.,
come col compimento espresso; Purg. Conv. IV, 25, 99. -4. Che
i, 13.
fa piacevole impressione nel senso dell'udito, Grato all'orecchio, Di-
lettevole a udirsi, Armonioso, e simili applicato per estensione anche
:
a lingue ed idiomi; Inf. xxxi, 69. Purg. IX, 141. Conv. Il, 14, 134. -
5. Vale altres Piacente, Dilettoso, Grato all'animo, al cuore; che
bea, consola, contenta, conforta, rallegra, o simili, lo spirito; Par.
IV, 35. - 6. E genericamente per Piacevole, Dilettevole, Giocondo,
Lieto, Felice, e anche Beato, o simili; Purg. xxvin, 7. - 7. E nel
medesimo senso, applicato a cosa spiacevole, affliggente, dolorosa,
che per qualche particolar fine o cagione si sopporti, o si affronti,
volentieri, con lieto animo; Purg. xxm, 86.-8. E per Tenero, Af-
fettuoso, Amoroso, Atto a destare affetti gentili, ad ammansire o
commuovere comecchessia l'animo altrui; Che dimostra un vivo af-
fetto; ed altres Che muove da amore, ovvero da affanno, dolore, e
simili; Inf. v, 118. Purg. xxiv, 57; xxvi, 99. Conv. IV, 1, 49. Canz.:
Amor, che nella mente mi ragiona, v. 57. - 9. E per Tenera-
mente amato, Caro, Diletto, e anche Prediletto; detto di persona:
e spesso aggiunto dato per espressione amorevole; Purg. iv, 44;
vili, 3; x, 47; xxm, 97. - 10. E pure per Caro, Diletto, A cui si ha
attaccamento, Che si desidera tuttavia; detto di cosa, e pi special-
mente di luogo: anche in locuz. figurat. Inf. v, 88; X, 69; xxvn, 26.
11. Dolce, per Che tratta o scrive gentilmente di cose affet-
tuose, e particolarmente di amore detto pi che altro di poeta, del
;
suo ingegno, e simili; Purg. xxi, 88. Conv. iv, 25, 43. - 12. Per
Amorevole, Benigno, Umano, Cortese, e simili, detto di persona, o
della sua natura. Contrario di Aspro, Austero, Duro, e simili ; Conv.
Dolcemente-Dolcino, Fra 629
IV, 4, 74. - 13. E nel medesimo senso, detto di atti, contegno, aspetto,
e simili, o della natura di checchessia; Inf. xxiv, 21.
Conv. in, 14, 85. -
14. E per Facile, Condiscendente, Arrendevole, detto di persona; e
detto di alcun suo atto, anche talora Lietamente volonteroso, pronto,
e simili; Conv. i, 7, 7, 22.- 15. Aggiunto di clima, stagione, tempo,
aria, vale Temperato, n caldo n freddo; e se parlisi di stagioni
estreme, vale respettivamente Freddo, o Caldo, in modo assai com-
portabile, Non rigido, o Non ardente Inf. i, 43. - 16. In forza di
;
Sost., figuratane, per Diletto, Piacere, Contento, Gioia, e simili;
Par. XXXIII, 63. - 17. In forza di Avver., vale Dolcemente, ne suoi 1
varj sensi; Par. xxm, 97, 128.
Dolcemente: 1. In modo dolce, cio gradevole, dilettevole,
Con gran piacere o soddisfazione, Lusinghevolmente, e simili; Conv.
ili, E per In modo piacevole all'orecchio, Soavemente,
8, 52. - 2.
Con grata armonia; Purg. il, 113; vili, 16; xxxi, 98. Canz.: Amor
che nella mente mi ragiona, v. 5. - 3. Per Con dolci maniere, Con
buon garbo, Affabilmente, Con benignit, Con amorevolezza, Affet-
tuosamente, e simili; Purg. Xiv, 6.-4. E per Con prontezza, o Con
saldezza, d'animo, Senza dimostrare rincrescimento, e simili; par-
landosi di cose che ci dispiacciano, e ci affliggano ; Conv. i, 7, 20.
Dolcezza, Astratto di Dolce. L'esser dolce, Qualit di dolce,
Sapore dolce. - 1. Figuratane, L' esser piacevole, dilettevole, grato,
atto ad allettare, confortare, beare, l'animo; Propriet di dilettare,
di allettare, di beare; Soavit. Ed altres Gusto, Piacere, Diletto,
Contento, e simili, che comecchessia appaghi il nostro affetto: usato
cos assolutane, come con un compimento Par. xxix, 140. Conv.
;
li, 16, 3; in, 7, 100.-2. Per Felicit, Beatitudine, e anche sem-
plicemente Tranquillit e benessere ed altres Stato o Condizione
;
felice, quieta e prospera, e simili: anche in locuz. figur. Par. in, 38.
Conv. iv, 20, 68. - 3. E per Buona maniera, Affabilit, Amorevolezza,
detto di persona: e parlandosi dell'indole, costume, modo di operare,
governare, e simili, vale Benignit, Bont, Mitezza; Conv. II, 16, 16.-
4. Per Affetto, Attaccamento, ed altres Tenerezza; Inf. xxvi, 94. -
5. E figuratane, per Grata armonia, Soavit rispetto cos a canto
come a suono: e per estensione applicato anche a lingue o idiomi;
Purg. il, 114. Par. x, 147; xx, 75. Conv. i, 7, 77, 79.
Do Icilio, Fra,celebre caposetta Dolcino Tomielli da No-
il
vara, il quale si faceva chiamare frate, sebbene non avesse Ordini
sacri (cfr. Murat., Script. IX, 429, nt. 4). Discepolo di Gerardo Se-
garelli da Parma, e, dopo che questi fu arso vivo nel 1296, capo
della setta, fondata da Gerardo nel 1260, che si chiamava degli Apo-
630 Dolcino, Fra
stoli,ed anche de' Fratelli apostolici. Spacciandosi per apostolo e
profeta mandato da Dio, Fra Dolcino andava predicando la carit cri-
stiana (che, a quanto sembra, egli stesso ed i suoi seguaci esercita-
vano a modo Murat., Script. IX, 434 e seg.), e la comunanza
loro, cfr.
anche delle donne. Quilibet homo et quselibet mu-
di tutte le cose,
lier nudi simul possunt licite jacere in uno eodem lecto, et licite
tangere mutuo unus alterimi in omni parte sui, et osculari se in-
vicem sine omni peccato; et conj ungere ventrem suum cum ventre
mulieris ad nudum, si quis stimuletur carnaliter, ut cesset tentatio,
non est peccatum; Murat., Script. ix, 457. A Trento, dove erasi
rifuggito, si guadagn a compagna una giovane, bella e ricca Tri-
dentina, dinome Margherita, colla quale egli affermava di convi-
vere come con una sorella in Cristo, pur vivendo secolei in concu-
binato. Tenuit, et secum ducebat Amasiam nomine Margaritam,
quam dicebat se tenere more sororis in Christo provide et honeste.
Et quia fuit deprehensa esse gravida, ipse et sui asseruerunt esse
gravidam de Spiritu Sancto, Murat., 1. e, 459. Discacciato da
Trento, Dolcino si ridusse co' suoi compagni e seguaci tra i monti
di Brescia, di Bergamo e di Como, ed andava predicando ovunque
per la Lombardia, onde il numero de' suoi seguaci cresceva di giorno
in giorno. Convenerunt de diversis Mundi partibus homines et mu-
lieres de secta ipsius Dulcini tot et tanti, quod fuerunt in numero
mille quatuorcentum et ultra; Murat., 1. e, 431. Ovunque perse-
guitato, si ritir nel 1305 (oppure nel 1306, cfr. Murat., 1. e.) sopra
un munte assai aspro qui appellabatur Mons Zebellus, qui est super
locum Triverii Dicecesis Vercellensis, nunc vero propter incolatum
dictorum hsereticorum appellatur Mons Gazzarum, sive Fratris Dul-
cini. Clemente V gli band contro la crociata. Quindi un esercito
di Novaresi, Lombardi, Savoiardi, Provenzali e Francesi pose l'as-
sedio al monte, e finalmente, stretti dalla neve e dalla fame, Dolcino
e i suoi furono presi il 13 marzo 1307, ed il 2 giugno dello stesso
anno Dolcino, Margherita e pi altri della setta furono ard| vivi a
Novara. Margarita prima fuit combusta super quadam columna
alta posita in arena servi, et piantata ibi, et ordinata, ut ab om-
nibus videretur. Et ita combusta fuit presente ipso Dulcino vidente
comburi eam. Postmodum Dulcinus, et Longinus praedicti, ligatis
manibus et pedibus ipsorum, super plaustrum positi, in loco alto,
ut ab omnibus videri possent, positisque ante eorum conspectum
vasibus igne plenis ordinatis ad calefaciendum tenabulas, et com-
burendum carnes adhibitisque carniheibus, qui cum tenalibus
ipsi,
ferri candentis carnes et frustatim in ignem po-
eorum laniabant,
nebant, ductique fuerunt per plures vias, ut eorum pcena longior
et gravior esset; Murat., 1. e, 440. Cfr. Historia Dulcini He-
Dolcino, Fra 631
resiarchce, e Additamentum ad Hist. Fratris Dulcini, in Murat.,
Script. IX, 435 e seg., 450 e seg. Schlosser, Abaiar d und Dulcin,
Gotha, 1807. Baggiolini, Dolcino e i Patareni, Novara, 1838. Vili.
vili, 84. Dante lo menziona per bocca di Maometto, Inf. xxvm, 55. Di
Fra Dolcino il Bambgl. non d veruna notizia. - An. Sei.: Frate Dol-
cino fu Irate minore in Lombardia. Con arte magica facea molte ma-
raviglie, di fare vedere nove cose di fuochi, di vivande, di giardini e
simile. Predicava nuova legge, e dicia: ogni cosa dee esser comune,
e femmine, e uomini, e vivande, e ognuno dovia fare la sua arte, e
fornire i pi bisognosi. E finalmente la Chiesa provide contro a lui,
per che molta gente gli andava dietro. - Diffusamente Benv. :
Fuit de comitatu Novaria, de vico qui dicitur Pratum, quod su-
best castro Romagnano juxta flumen Siccida. Infantulus venit Ver-
cellas; ibi nutritus in ecclesia sancta Agnetis juxta portam Sarvi
fluvii, in quem intrat Siccida, sub presbytero, qui vocatus est Au-
gustus, qui eum misit ad scholas sub magistro Syon professore gram-
matica. Erat enim acutissimi ingenii, ita quod in brevi factus est
optimus scholaris. Sed non diu occultavit pravitatem, qua latebat
sub egregia indole; cum esset parva statura, facie lata, et gratus
omnibus. Nam surripuit furto sacerdoti prafato certam summam
pecunia, qui nimis tdebat eo. Ideo, ut sape accidit, sacerdos im-
putabat hoc cuidam familiari suo, cui nomen erat Patras. Qui mo-
leste ferens iniustam infamiam, clandestine Dulcinum captum com-
pulit terrore privata tortura ad confessionem furti, et iratus juste
volebat ducere Dulcinum ad publicum supplicium sed sacerdos Au-
;
gustus prohibuit ne fieret irregularis. Dulcinus autem territus re-
cessit, inscio sacerdote, et contulit se ad extrema Italia ad civitatem
Tridenti. Ibi in montibus illis inter gentes rudes et credulas capit
fondare novam sectam in habitu fraticelli sine ordine, pradicans
se verum apostolum Dei et quod omnia debebant esse communia in
caritate; et quod licebat uti omnibus mulieribus indifferenter, ita
quod nullus concubitus erat damnatus, nisi in matre et flia, et
multa similia. Episcopus tridentinus sentiens errorem pullulare in
diocesi sua, expulit eum de montibus, in quibus adhuc inveniuntur
aliqua reliquia fratris Dulcini. Dulcinus autem transivit per montes
multarum civitatum Lombardia, crescente in dies multitudine ma-
gna, quia semper ibat per loca tuta, ubi non posset faciliter capi.
Unde fecit aliquam moram in montibus Brixia, Bergami, Comi ac
Mediolani. Et tandem ex omnibus depulsus, reversus est ad partes
natalis soli, et sedem suam posuit in monte alto inter Novariam et
Vercellas; ubi habuit ultra tria millia hominum robusta juventutis,
inter quos erant aliqui nobiles et divites. Nec mirum, tum quia sec-
tabantur voluptates, quarum erat ibi officina piena, tum quia frater
632 Dolcino, Fra
Dulcinus erat intelligens et eloquentissimus, adeo quod suavissima
facundia sua ita ligabat auditores, quod nullus accedens ad eum
semel, poterat unquam recedere. Dulcinus igitur sentiens bellum
parari contra se, munivit montem, qui usque in hodiernum diem
denominatur ab eo Mons Gazari et villani vocatam Triverium ad
;
radices montis juxta fluvium Sesseram, transportaverunt in montem,
omnia victualia et necessaria, quae
et alias villas circumstantes, et
tumultuarie poterant rapere. Tunc populus Novariae et Vercellarum
cinxerunt obsidione cum machinis et aliis instrumentis bel-
montem
licis aptis ad oppugnationem arcium. Et multi crucesignati vene-
runt non solum de terris Lombardia, quse vocabatur Gallia cisal-
pina, sed etiam de Gallia transalpina, sicut de Vienna, Sabaudia,
Provincia, et Francia, quae crux praedicabatur ubique contra eos. Et
feminse porrexerunt manum huic bello; nam viduae de Ianua mise-
runt quadringentos balistarios, et ut breviter dicam, oppugnatio fuit
dura et diuturna; nam inclusi se pertinaciter defendebant: sed tan-
dem fame, quae expugnat omnes terras, urgente, non potuerunt ul~
terius pati arctissimam obsidionem; nam habebant magnam copiam
pecuniarum, sed inopiam victualium. Comederunt enim usque ad
pellicias. Tunc quidam consulentes suse saluti redierunt ad veri-
tatem, et dediderunt se. Obsidio duravit per annum et diem et ;
scisma duraverat per biennium. Tandem Dulcinus captus cum uxore
sua Margarita, quae erat tridentina, et quibusdam aliis, et ductus
Vercellas, et carceri mancipatus, multum et diu persuasus a ma-
gnis magistris numquam potuit convinci, ut vellet revocare errorem
suum. Propter quod volente justitia cum tenaculis ignitis truncan-
tibus carnes et spoliantibus usque ad ossa, fuit crudeliter laceratus,
et ductus vicatim per civitatem. Et quod notatum fuit a videntibus,
et est mirabile dictu, inter tot et tam amara tormenta dicitur num-
quam mutasse faciem, nisi semel in amputatione nasi, quia strinxit
parum spatulas et in amputatione virilis membri juxta portam
;
civitatis, quae dicitur Piet, ubi traxit magnum suspirium contra-
etene narium. Poterat martyr dici, si pcena faceret martyrium, non
voluntas. Cum autem laceraretur tormentis, continuo hortabatur
suam Margaritam licet absentem, ut esset constans. Illa imbuta
doctrina Dulcini numquam deseruit mandata eius, imo pertinacius
eo fuit firma, considerata infrmitate sexus. Nam cum multi nobi-
les quaererent eam in uxorem, tum propter illius pulchritudinem
immensam, tam propter eius pecuniam magnam, numquam potuit
flecti. Unde pari poena cum dulci Dulcino suo ferro et igne lacerata
illuni audactersequuta est ad inferos. Huius Dulcini fuit medicus
magister Raynaldus de Bergamo, cuius nepos mihi multa narravit
de homine isto.
.
Dolcissiino-Dolore 633
Dolcissimo, dal lat. dulcissimus, Superi, di Dolce; Purg.
xxx, 50. Par. xxiii, 57; xxvi, 67. Conv. v, 30, 45.
Dolente, dal lat. dolens, Che si duole. 1. Detto di persona,
o di alcun membro del corpo, vale Che patisce dolore, Travagliato,
Tormentato, da dolore fisico; Inf. xni, 129; xxi, 135. - 2. E per Che
prova vivo dispiacere, dolore, di checchessia; Addolorato, Afflitto,
Angosciato, e simili: detto altres di animo, di cuore; Inf. i, 116;
xxil, 145; xxvin, 9; XXXII, 35. Purg. vi, 2; XV, 81, 91; xvm, 120;
xxxi, 68. Par. vi, 75. - 3. E detto poeticam. di luogo, vale Pieno
di dolore, o di tristezza, In cui si patiscono pene o tormenti, e si-
mili Inf. ni, 1 vi, 46 Vii, 17 vili, 120 ix, 32 xxvni, 40 xxxiv, 57.
; ; ; ; ; ; ;
Purg. vii, 22.-4. E per Esprimente vivo dispiacere, rammarico, que-
rimonia; ed altres Atteggiato a dolore, Accompagnato o Suscitato da
dolore, e simili; Inf. v, 25; IX, 126. Purg. xn, 37.-5. Per Misero,
Infelice, Meschino, e simili, usato in maniera esclamativa; Inf.
xxvn, 121.
Dolere, dal lat. dolere, Neut. 1. Essere alcuna parte del corpo
afflitta da sensazione molesta, tormentosa, e simili; Avervi, Sentirvi,
dolore; Inf. xxx, 127. - 2. Costruito a modo d'impersonale, e con un
compimento retto da Di o Che, vale Eincrescere o Dispiacere vi-
vamente, ed altres Sentire alcuno commiserazione, rammarico e si-
mili; Inf. il, 51; xvi, 12; xxiv, 133. Purg. v, 123.-3. In forma di
Neut. pass., poeticam. per Patir dolore, tormento, pena; Inf. xvi, 70. -
4. E per Sentir vivo dispiacere, rammarico, commiserazione, e anche
pentimento; Affliggersi o Rattristarsi fortemente, Darsi affanno o pas-
sione, di checchessia, o per checchessia;^/", xxiv, 151; xxvi, 19. Purg.
xxvi, 93. - 5. E nel medesimo senso, usato assolutam. Inf. xxxin, 40.
Par. xv, 10. - 6. E per Lamentarsi, Rammaricarsi, ed altres Lagnarsi,
Querelarsi; Inf. xxvi, 62. Purg. Vii, 126.-7. E nel medesimo senso,
sia con un compimento, sia assolutam., costruito col termine deno-
tante persona, retto dalla particella A; il qual costrutto d'uso
pi che altro poetico Canz. : Morte, poich' io non truovo a cui mi
;
doglia, v. 1.
Dolo, cfr. Duolo.
Dolorare, Provare, Sentire, vivo dolore o tormento, Spasi-
mare dal dolore, sia fisico, sia morale; ed altres Mostrare comec-
chessia il dolore, Angosciarsi, Rammaricarsi, e simili Inf. xxvn, 131 ;
Dolore, dal lat. dolor. Giova notare che questa voce occorre
nella Div. Com. 28 volte, cio 18 neVInf. (ni, 2, 26; v, 3, 121;
634 Doloroso-Domanda
xi, 27; xni, 102 [due volte]; xiv, 39, 66; xvm, 84; xxm, 98: xxvn,
12; xxix, 46; xxx, 21; xxxin, 5, 58,75, 113), 9 nel Purg. (v, 127; vi,
76, 151; x, 78, 87; xm, 57; XV, 95; xxm, 81; xxvi, 147) e una sola
volta nel Par. (vi, 41). - 1. Sensazione afflittiva e molesta, cagionata
da un male interno o esterno che tormenta una data parte del corpo,
o alcun viscere: e in pi largo senso, Travaglio penoso del corpo;
Purg. vi, Pena afflittiva
151. Conv. IV, 28, 20. - 2. Poeticam., per
o dolorosa; Tormento, Martoro, e simili; Inf. ili, 2; v, 3; xiv, 66.-
1
3. Figuratam. vale Grave afflizione dell animo, Vivo dispiacere, An-
goscia, e simili; Inf v, 121; xxx, 21.-4. Poeticam., per Lacrime;
quasi Segno o Effetto del dolore Inf. xxm, 98. - 5. In senso Teolo-
;
gico, vale Forte rincrescimento, Pentimento, delle colpe commesse;
Purg. v, 127; xxm, 81.
Doloroso, dal basso lat. dolorosus. Si noti anche a questa
voce, che essa non mai adoperata nel Purg., e nel Par. una sola
volta, parlandosi dell'Inferno; invece neWInf. questa voce si trova
12 volte. - 1. Che da o apporta dolore fisico, patimento, martoro;
Per cui sentiamo dolore; Inf. xvn, 53.-2. E per Che cagione di
grave dispiacere, di afflizione, affanno, angoscia o tribolazioni; e
talora anche Che attrista l'animo, Che muove a piet, e simili; Inf.
V, 114. - 3. E detto di luogo, vale Pieno di dolori, In cui altri pa-
tisce dolori, pene, tormenti; Inf. v, 8; v, 16; xiv, 10; xxxin, 56;
xxxiv, 28. Par. XVII, 137.-4. Detto di battaglia, e di rotta, per Mi-
cidiale, Sanguinoso, e simili; Inf. xxxi, 16.-5. Detto di persona,
vale Che patisce dolore, Tormentato da dolore, martoro, pena; ed
altres Molto dolente, Spasimante pel dolore; Inf. ni, 17.- 6. E per
Che mostra, Che esprime il dolore onde alcuno compreso o tra-
vagliato, Mosso, Suscitato, e simili, dall'angoscia; Inf. xm, 138.
Canz.: Donna pietosa e di novella etate, v. 15. - 7. E in forza
di Sost., vale Che travagliato, da dolore, affanno, angoscia;
afflitto,
sventura, e simili Inf. xxx, 19. - 8. Doloroso, detto di tempo, vale
;
Pieno di miserie, d'infortunj, di calamit, Tristo, e simile; Inf.
xn, 108.
Dolve, per dolse, da dolere o dogliere, forma arcaica, usata
anticamente anche nella prosa; Inf. il, 51. Cfr. Nannuc., Voci, 13.
Dolzore, che gli antichi dissero anche Dolciore (cfr. Nannuc,
Verbi, 29, nt. 6), Dolcezza, Gioia, Contento, Par. xxx, 42. Son.:
Tutti li miei pensier parlan d' amore, v. 5.
Domanda, Domandare e affini, cfr. Dimanda, Diman-
dare e affini.
Domare-Domenico, San 635
Domare, dal lat. domare, Ridurre
mansueto e trattabile. 1. Fi-
guratamente poeticam., per Fiaccare, Vincere; e riferito a cosa,
e
Disperdere, o simile Purg. xi, 53. - 2. Neut. pass. Sottomettere la
;
propria passione, Raffrenarsi; e in senso particolare, per Mortificarsi,
Conquidersi, in espiazione delle proprie colpe; Purg. xiii, 103.
Domenico, San, il fondatore dell'Ordine dei Domenicani,
nato nel 1170 a Callaroga, nell'antica Castiglia, morto a Bologna
il 6 agosto 1221, canonizzato nel 1233. Sulla sua vita cfr. Jordanus,
Ada SS. August. i, 545 e seg. Lacokdaire, Vie de Saint Domi-
nique, Parigi, 1840. Caro, Saint Dominique et les Dominicains,
Par., 1853. Dadzas, tude sur temps primitifs de VOrdre de
les
saint Dominique, 3 voi., Par., 1874 Kraus, Eirchengeschichte,
e seg.
a
3 ediz., 408 e seg. 11 Brev. Rom. ad 4 Aug.: Dominicus, Callarogse
in Hispania ex nobili Gusmanorum (?) familia natus, Palentise libe-
ralibus disciplinis et Theologiasoperam dedit quod in studio cum :
plurimum profecisset, prius Oxomensis Ecclesia Canonicus Regularis,
deinde Ordinis Fratrum Praedicatorum auctorfuit. Huius mater gra-
vida sibi visa est in quiete continere in alvo catulum ore prse-
ferentem facem, qua, editus in lucem, orbem terrarum incenderei
Quo somnio significabatur, fore ut splendore sanctitatis ac doctrinse
Gentes ad Christianam pietatem inflammarentur. Veritatem exitus
comprobavit: id enim et praestitit per se, et per sui Ordinis socios
deinceps est consecutus. Hujus autem ingenium ac virtus maxime
enituit in evertendis hsereticis, qui perniciosis erroribus Tolosates
pervertere conabantur. Quo in negotio septem consumpsit annos.
Postea Romam venit ad Lateranense Concilium cum Episcopo To-
losano, ut Ordo, quem iustituerat, ab Innocentio Tertio confrma-
retur. Quae res dum in deliberatione versatur, Dominicus hortatu
Pontificis ad suos revertitur, ut sibiregulam deligeret. Romam re-
diens, ab Honorio Tertio, qui proximus Innocentio successerat, con-
firmationem Ordinis Praidicatorum impetrat. Romse autem duo iu-
stituit monasteria, alterum virorum, mulierum alterum. Tres etiam
mortuos ad vitam revocavit, multaque alia edidit miracula, quibus
Ordo Praedicatorum mirifice propagar! ccepit. Verum cum ejus opera
ubique terrarum monasteria jam Eedificarentur, innumerabilesque
homines religiosam ac piam vitam iustituerent, Bononise, anno Chri-
sti MCCXXI, in febrem inciditi ex qua cum se moriturum in-
telligeret, convocatis Fratribus et alumnis suse disciplina, eos ad
innocentiam et integritatem cohortatus est. Postremo charitatem,
humilitatem, paupertatem, tamquam certum patrimonium eis testa-
mento reliquit; Fratribusque orantibus, in illis verbis: Subvenite,
Sancii Dei; occurrite, Angeli, obdormivit in Domino, octavo Idus
636 Domenico, San
Augusti; quem postea Gregorius Nonus Pontifex retulit in Sancto-
rum nuinerum. Dante lo nomina Par. x, 95; xn, 70; e ne racconta
la vita per bocca di San Bonaventura Par. xn, 46-105. Confrontando
questo racconto con quell'altro della vita di San Francesco, Par.
XI, 43-117, il Tom. scrive: Notisi, di grazia, differenza evidente,
e, quand'anco non avvertita dallo stesso Poeta, certo non casuale,
tra le lodi de' due uomini e de' due ordini. Primo si fa intorno al
Poeta e a Beatrice il cerchio de' Domenicani, poi intorno a quello,
a pi ampiamente comprenderlo, la ghirlanda de' Francescani, come
un secondo arco di pace; e siccome nel moto de' cieli il pi lon-
tano il pi rapido e il pi divino : cos qui i fratelli di s. Fran-
cesco per compiere di pari il giro con gli altri intorno alla Donna
di virt, non pu che non si muovano pi veloci. E siccome pi su
vedremo venire per primo Pietro e ragionar della fede, poi Iacopo
della speranza, e poi Giovanni della carit che di tutte maggiore :
similmente qui, al serafico in ardore precede in ordine di narra-
zione, non di gloria, il cherubico in sapienza. A Francesco sposa
la sposa di Cristo e compagna fidata insino alla morte, la Povert
per la quale gli uomini sono beati e re, dalla quale segnatamente
come da pi suggello, vuole il Figlio dell'uomo che sia riconosciuta
la sua buona novella: della povert di Domenico fatto un cenno;
ma sposa gli data, come a tutti i Cristiani, la Fede, e questo nel
battesimo, e la madrina come per mandato, si sposa in nome di lui.
Francesco sole oriente a similitudine di Ges; Domenico nasce
in quella parte di dove lo Sol.... ad ogni noni nasconde; se-
si
nonch i versi che fanno sentire la primavera e mostrano in un alito
di zefiro tutta Europa rivestita di fronde, non invidiano a quant' ha
il precedente Canto di fresco e lucente. Della infanzia di Domenico
parlato lungamente, e del sogno del cane colla fiaccola in bocca
a simboleggiare insieme e la luce del vero e la caccia de' nemici:
ma della puerizia di Francesco nulla, perch troppo c'era da dire
della sua vita, e dell'alto e pio suo resistere al padre mercante, e del
coraggioso e altero amore alle cose disprezzate dal mondo audace
e superbo; e della sua regale sommessione all'autorit religiosa, e
del pellegrinaggio in cerca di palma sanguinosa dinanzi al principe
barbaro, e del ritorno alla terra italiana siccome matura a messe
di vita; e de'primi seguaci, nominati a uno a uno siccome degni di
storia; e della impressione dellestimmate che, anco scientificamente
riguardata, poteva essere effetto della meditazione intensa accalo-
rata da un'immaginazione possente e dell'amor ardente alla cui pas-
sione corrisponde altrettanta compassione; e finalmente della povera
morte che, privando il corpo di bara, gli d templi magnifici per
monumenti, e per lapide libri immortali, e per esequie suono im-
Domestico-Dominazioni 637
mortale di cantici. Tranne quel che narrasi della prima et di Do-
menico, il resto si riduce a dire: chiese combattere, e combatt for-
temente. I poverelli di Francesco nell'umile abito si fecero amici
a Dio: l'amante fedele, l'amante della Fede benigno a' suoi, crudo
a'nemici non suoi proprii ma di quella. N crudo qui vai crudele,
ma , come Manto, la vergine cruda, come il crudo sasso ove
Francesco da Cristo prese l'ultimo sigillo alla sua religione. Ormai la
scienza storica ha posto in luce, e porr sempre meglio, come le di-
visioni nella Chiesa fatte da certi eretici, fossero guerre civili e so-
ciali e dovessero per la dura necessit de' tempi e per V esempio dagli
stessi dissidenti dato, essere senon sempre, talvolta combattute anco
con la materiale forza. Non per che i mansueti non siano col-
locati pi in alto; e a lode di Domenico basta bene eh' e' fosse be-
nigno a' suoi quando altri, invertendo il detto di Dante, si mostre-
ranno crudi a' suoi e benigni a' nemici. Ed lode assai che di quel
torrente, che s vivamente percuote nelle resistenze, si facciano rivi
da quietamente annaffiare la buona pianta. Del resto anco Francesco
a Dante una ruota della biga in cui la Chiesa difende s stessa,
e ambedue insieme militarono come campioni. Bello che a deno-
tare il decadimento del valor vero cristiano dicasi che l'esercito di
Cristo si movesse non solamente tardo ma sospeccioso, perch il
sospetto fiacca il vigore e della mente e dell'animo, e spegnendo
quella carit che discaccia il E perch
timore, induce vigliaccheria.
nella vita di Domenico par che Poeta non ami fermarsi (senonch
il
della patria di lui fa cenno onorato e notabile in mezzo a' biasimi
di tanti popoli e regni), esce, con digressione che strettamente s'at-
tiene al tema, anzi l'intimo del tema stesso, a dire de' mali della
Chiesa, e non a caso ripete che ella fu gi benigna.... a' poveri
giusti, per congiungere in uno e la benignit di Domenico a' buoni,
e il tenero amore di Francesco alla povert e a' suoi seguaci. -
San Domenico pure ricordato Conv. IV, 28, 54. Dei frati Dome-
nicani degenerati Par. xi, 118-139.
Domestico e Dimestico, dal lat. domesticus, Della casa
famiglia, Che appartiene comecchessia la concerne
alla famiglia,
e ad essa si riferisce. E detto di persona, vale Che appartiene alla
famiglia, come uno de' suoi membri, ovvero Che ha alcuna dipen-
denza da essa, per qualche ufficio che vi sostenga per qualche ser-
vigio che abitualmente le presti; ed detto altres di compagnia,
servit, e simili; Conv. IV, 4, 9.
Dominazioni, nome dato, secondo Dionisio e S. Gregorio, al
Primo ordine della seconda Gerarchia degli Angeli; Par. xxvni, 122.
Conv. il, 6, 37. - Nomen Dominationum primo quidem significat
638 Domine-Donati
quamdara libertatem, quse est a servili conditione, et pedestri sub-
jectione (sicut plebs subjicitur) et a tyrannica oppressione, quara
interdum etiam majores patiuntur. Secundo signifcat quaradam ri-
gidam et inflexibilem gubernationem, quae ad nullurn servilem ac-
tum inclinatur, neque ad aliquemactum subjectorum, vel oppres-
sorum a tyrannis. Tertio significat appetitum, et partecipationem
veri dominii, quod est in Deo; Dionys. De cce. hier., e. 8. Cfr.
Thom. Aq. Sum. theol. I, cvm, 5 e 6. Il nome biblico; ad Ephes.
i, 21, ad Coloss. i, 16. Cfr. Gekarchia.
Domine, Voce latina, il vocativo di Dominus, e vale Dio !
Signore! Purg. xxm, 11; xxx, 83.
Domizian, Tito Flavio Domiziano, secondogenito di Vespa-
siano, successe al fratello Tito nell'impero romano l'anno 81 e regn
sino al 96. Lo accusarono di essere stato autore di una terribile per-
secuzione dei cristiani [UoXXoi Ss xptcuavW fiapxpYjaav xax Aojjls-
uavv; Euseb. Chron. I. II ad Olymp., 217; cfr. Ejusd. Hist. ecel.
1. Ili, e. 18, 2) onde Tertulliano (Apol., e. 5) ebbe a cbiamar Do-
miziano portio Neronis de crudelitate. Cfr. Xiphilini epitome
Dionis. Cass. lxvii, 14. Hieronymi Epist. 86 ad Eustoch. Virg., ecc.
La moderna critica revoc in dubbio questa persecuzione (cfr. Baur,
Kirchengeschichte, 2 a ed., i, 436), menzionata Purg. xxn, 83.
Donare, dal lat. donare; 1. Dare altrui volontariamente in
propriet checchessia, senza esigerne prezzo, ricompensa o restitu-
zione. Detto ironicamente Par. ix, 58. - 2. Riferito a cosa morale,
vale Dare, Concedere, gratuitamente, o per grazia; Par. xiv, 46.
Conv. iv, 20, 35.
Donati, nome di una delle pi potentifamose famiglie di
e
Firenze, signora di castella e ricca di vasti possedimenti in contado,
padrona di sontuosi palagi e di ben munite torri nella citt. La
chiesa di S. Pier Maggiore dovuta in gran parte alla loro piet:
il Leprosario fiorentino fu dai fondamenti inalzato da messer Vinci-
guerra Donati intorno al 1186. 1 cronisti rammentano un messer Rug-
giero, armato cavaliere da Corrado il salico imperatore nel 1027; e
lodano il valore spiegato nelle crociate da messer Donato nel 1217.
La belt di una fanciulla dei Donati fu infausta a Firenze per
l'amore che ispir a Buondelmonte dei Buondelmonti, il quale per
farla sua manc alla fede giurata ad una degli Amidei: da che ne
venne la tragica fine del misero gentiluomo e la divisione della citt
nelle parti di Chiesa e d' Impero. Stettero per la Chiesa e per i
Guelfi i Donati ;quindi il nome loro trovasi associato al racconto
Donati, Buoso 639
dei trionfi e dei rovesci di tal fazione. Questa casa produsse
un gran
numero uomini famosi, tra' quali basti rammentare nomi di Sco-
di i
iaio, di Apardo, di Manno, di Simone, di Forese, di Buoso, di Cece,
di Sinibaldo, d'Amerigo, di Cianfa e di Taddeo, tutti cavalieri, che
si resero molto illustri, nella milizia, spargendo il loro sangue e
valorosamente pugnando a pr della patria e di altri potentati guelfi
d'Italia. Corso di messer Simone pi d'ogni altro illustr la fa-
miglia come valorosissimo condottiero, e fu caro al popolo e capo
di parte guelfa. Suscitatesi le fazioni dei Bianchi e dei Neri, di-
vent principe della seconda; e con alternar di fortuna or fu vinto
e cacciato in esilio, or torn vincitore alla patria. Pur finalmente
ebbe ildi sopra, e costrinse i nemici a partirsi dalla citt, dove per
ben anni rimase assoluto arbitro della cosa pubblica. Ma essendosi
sei
nel 1308 fidanzato ad una figlia di Uguccione della Faggiuola si-
gnore di Pisa e di Lucca, il popolo sospett che con gli aiuti di
lui volesse farsi tiranno. In breve ora fu citato, dichiarato contu-
mace e ribelle, poi assalito nelle sue case, dove si difese con ac-
canimento, finch stretto dalle soverchianti forze degli assalitori,
non fu obbligato a fuggire dalla citt; ma inseguito, fu in breve
raggiunto presso S. Salvi, fatto prigione e vilmente trucidato. La
Piccarda, poi Beata Costanza Donati, di cui parla Dante nel Para-
diso (in, 49 e seg.), era sorella di Corso e fidanzata da lui a Ros-
sellino della Tosa. Di questa casa fu pure la moglie del Divino Poeta,
Gemma, figlia di messer Manetto Donati. Non debbono dimenticarsi
Corso e Manno figli di messer Amerigo, perch furono dei pi ani-
mosi quel d in cui i Fiorentini si francarono dal tirannico giogo
imposto loro da Gualtieri di Brienne duca d'Atene. Infine vuol esser
rammentato messer Manno di Apardo uno dei meglio provati Ca-
pitani dei giorni suoi, che guid sempre alla vittoria le schiere dei
Fiorentini contro le bande di ventura, contro i Pisani e contro i
Visconti. Fin la famiglia nel 1616 alla morte di Giovanni di Piero
avvenuta il 7 di settembre, di cui fu erede la figlia Piccarda mari-
tata ad Agnolo degli Acciaiuoli. I Calfucci, che Dante nomina Par.
xvi, 106, non erano che un ramo de' Donati. Forse cos si denomi-
narono da un individuo della loro prosapia per differenziarsi dai Do-
nati, che erano guelfi, mentr'essi seguivano la bandiera ghibellina.
Conservarono peraltro la primitiva loro arme, e si spensero negli
antichi tempi. Lord Vernon, Inf., voi. il, 461 e seg. Dante men-
ziona i Donati, senza nominarli espressamente, Par. Ili, 106, ed anche,
secondo alcuni, Par. xvi, 94-96.
Donati, Buoso, cittadino di Firenze, forse quel medesimo
che Dante trova nella settima bolgia {Inf. xxv, 140; cfr. Buoso) e
640 Donati-Donatio Constantini
che fu falsificato nella persona di Gianni Schicchi; Inf. xxx, 44; cfr.
Gianni Schicchi.
I>onati, Cianfa, Forese, Gemma, Piccarda, cfr.
Cianfa, Forese, Gemma, Piccarda.
Donatio Constantini, si chiama una delle tante favole
ecclesiastiche del medio evo, secondo la quale l' imperatore Costan-
tino, guarito dalla lebbra da papa Silvestro I (314-335), gli avrebbe
donato il cos detto Patrimonio di S. Pietro. Dante vi allude ripe-
tute volte: Inf. xix, 116. Purg. xxxn, 124 e seg. Par. xx, 55 e seg.
Mon. il, 12, 13; li, 11-13. La pi antica menzione di questa pretesa
donazione si trova in una lettera di papa Adriano I a Carlo Magno,
dettata nel 778. Il relativo documento, fabbricato dopo il 778, suona:
In nomine Sanctse et individua Trinitatis, Patris et Filii et Spi-
ritus Sancti, Imperator Csesar Flavius Constantinus, in Christo Ihesu
uno ex eadem sancta Trinitate, salvatore domino Deo nostro fidelis,
mansuetus, maximus, beneficus, Gotthicus, Sarmaticus, Germanicus,
Britannicus, Hunnicus, pius, felix, victor ac triumphator, semper
Augustus, sanctissimo ac beatissimo patri patrum Silvestro urbis
Romae episcopo et Papas, atque omnibus eius successoribus, in sede
beati Petri usque in fnem seculi Pontificibus, nec non omnibus re-
verendissimis et Deo amabilibus catholicis episcopis, eidem sanctse
Romana ecclesia per hanc nostram imperialem constitutionem su-
biectis, in universo orbe terrarum nunc et in posteris temporibus
constitutis, gratia, pax, caritas, gaudium, longanimitas, misericor-
dia a Deo patre omnipotente, et a Iesu Christo flio eius, et Spirito
Sancto, cum omnibus nobis.
Postquam docente beato Silvestro, trina me mersione verbi sa-
lutis purificatum, et ab omni leprse squalore mundatum, beneficiis
beati Petri et Pauli Apostolorum cognovi; utile judicavimus una
cum omnibus satrapis, et universo senatu, optimatibus etiam et
cuncto populo Romani gloria3 imperii subiacente, ut sicut in terris
vicarius Filii Dei esse videtur esse constitutus; ita etiam Pontifices,
qui ipsius principis Apostolorum vices gerunt, principatus potesta-
tem amplius quam terrena imperialis nostra serenitatis mansuetudo
habere videtur, concessam a nobis nostroque imperio obtineant: eli-
gentes nobis ipsum principem Apostolorum vel eius vicarios (et eius
successores), firmos apud Deum esse patronos. Et sicut nostra est im-
perialis terrena potentia, eius sanctam Romanam ecclesiam vene-
ranter honorare decrevimus, et amplius quam nostrum imperium et
terrenum thronum, sedem sacratissimam beati Petri gloriose exal-
tare: tribuentes ei potestatem et gloria dignitatem, atque vigorem
et honorificentiam imperialem, atque decernentes sancimus, ut prin-
Douatio Coustantini 641
cipatum teneat tam super quatuor praecipuas sedes, scilicet Antio-
chena, Alexandrinam, Constantinopolitanam, et Hierosolymitanam,
quam etiam super omnes in orbe terrarum Dei ecclesias. Et Pontifex,
qui pr tempore ipsius sancrosanctse Komanse ecclesise extiterit, cel-
sior et princeps cunctis sacerdotibus mundi existat, et eius iudicio
quaeque ad cultum Dei vel fidei Christianorum stabilitatem procu-
randa fuerint, disponantur. Iustum quippe est, ut ibi lex sancta
caput teneat principatus, ubi sanctarum legum institutor salvator
noster beatum Petrum Apostolatus obtinere prsecepit cathedram, ubi
et crucis patibulum sustinens beatae mortis poculum sumpsit, sui-
que magistri et domini imitator apparuit: et ibi gentes pr Christi
nominis confessione colla flectant, ubi eorum doctor beatus Paulus
Apostolus pr Christo extenso collo martyrio coronatus est: illic
usque in finem quserant doctorem, ubi sancti doctoris corpus quie-
scit: et ibi proni ac humiliati coelestis Kegis Dei salvatoris nostri
Iesu Christi famulentur officio, ubi superbi terreni Eegis serviebant
imperio.
Interea noscere volumus omnem populum universarum gentium
ac nationum per totum orbem terrarum, nos construxisse intra pa-
latium nostrum Lateranense eidem salvatori nostro domino Deo Iesu
Christo ecclesiam a fundamentis, cum baptisterio, et duodecim nos
sciatis de eius fundamentis, secundum numerum duodecim Aposto-
lorum, cophinos terrae onustos propriis asportasse humeris: quam
sacrosanctam ecclesiam caput et verticem omnium ecclesiarum in
universo orbe terrarum coli, dici, venerari et prsedicari sancimus,
sicut per alma imperialia decreta nostra statuimus.
Construximus itaque ecclesias beatorum Petri et Pauli Aposto-
lorum, quas argento et auro locupletavimus: ubi sacratissima eorum
corpora cum magno honore recondentes, et thecas ipsorum ex electro
(cui nulla fortitudo prsevalet elementorum) construximus, et crucem
ex auro purissimo et gemmis pretiosis per singulas eorum thecas
posuimus, et clavis aureis confiximus. Quibus pr continuatione (con-
einnation) luminariorum possessiones contulimus, et rebus diversis
eas decoravimus, et per nostras imperialium iussionum sacras lite-
ras, tam in Oriente quam in Occidente, et Septentrionali plaga et
meridiana, videlicet in Iudaoa, Asia, Grsecia, Affrica, Italia, et in
diversis insulis nostram largitatem concessimus, ea prorsus ratione
ut per manus beatissimi patris nostri Silvestri Pontificis successo-
rumque eius omnia disponantur.
Gaudeat una vobiscum omnis populus, et gentium nationes in
universo orbe terrarum exhortantes omnes, ut Deo nostro et salvatori
:
Christo immensas una nobiscum gratias referatis quoniam ipse Deus
:
in ccelis desuper et in terra deorsum, qui nos per suos sanctos vi-
41. Enciclopedia dantesca.
642 Donatio Constantiiii
sitans Apostolos, sanctus baptismatis sacramentum percipere, et cor-
poris sanitate dignos effecit. Pro quo concedimus ipsis sanctis Ape
stolis dominis meis, beatissimo Petro et Paulo, et per eos etiam
beato Silvestri patri nostro summo Pontifici et universalis urbis
Romse Papse, et omnibus eius successoribus Pontificibus, qui usque
in fnem mundi in sede beati Petri erunt sessuri, atque de presenti
concedimus palatium imperii nostri Lateranense, quod omnibus in
toto orbe terrarum prayfertur atque prsecellit palatiis. Deinde dia-
dema, videlicet coronam capitis nostri, simulque Frygium (id est,
mitravi) nec non superhumerale, videlicet lorum quod imperiale cir-
:
cumdare assolet collum; verum etiam et chlanrydem purpuream,'
atque tunicam coccineam; et omnia imperalia indumenta; sed et
dignitatem imperialium prsesidentium equitum. Conferentes etiam
imperialia sceptra, simul et cuncta signa atque banna, et diversa
ornamenta imperialia, et omnem processionem imperialis culminis,
et gloriam potestatis nostra. Viris etiam reverendissimis Clericis, et
diversis ordinibus, eidem Romanie ecclesia servientibus, illud culmen,
singularitatem, potentiam et prsecelentiam habere sancimus, cuius
amplissimus noster senatus videtur gloria adornari id est, Patri- :
cios atque Consules effici, nec non caeteris dignitatibus imperialibus
eos promulgantes decorari. Et sicut imperialis extat decorata mi-
litia, ita clerum sanetse Romanse ecclesia adornari decrevimus et :
quemadmodum imperialis potentia diversis officiis, cubiculariorum
nempe, et ostiariorum, omnium excubiarum ornatur pulchri-
atque
tudinibus; ita et sanctam Romanam ecclesiam decorari volumus. Et
ut amplissime decus pontificale prsefulgeat, decernimus et hoc, ut
clerici eiusdem sancta? Romanse ecclesia mapulis et linteaminibus,
id est candidissimo colore, decoratos equos equitent: et sicut noster
Senatus calciamentis utitur, cum udonibus id est candido linteamine
illustratis, sic utantur et clerici et ita coelestia sicut terrestria ad
:
laudem Dei decorentur.
Prseterea Silvestro urbis Romae Episcopo et Papse, et omnibus
qui post eum in successum perpetuis temporibus advenerint, bea-
tissimis Pontificibus, pr gloria et honore Domini Dei nostri, et in
eandem magnam et catliolicam ecclesiam et Apostolicam, ex nostro
indicto, utquam placatus proprio Consilio elencare voluerit, et in
religiosorum clericorum numero connumerare, nullus ex omnibus
prsesumat superbe agere.
Decernimus itaque et hoc, ut idem venerabilis pater noster Sil-
vester summus Pontifex, et successores eiusdem Pontifces, diade-
mate, videlicet corona, quam ex capite nostro illi concessimus, ex
auro purissimo et gemmis preciosis uti debeant, et eorum capite ad
laudem Dei pr honore beati Petri gestare. Ipse vero beatissimus
Donatio Constantini 643
Papa super coronam clericatus, quam gerit ad gloriala beati Tetri,
ipsa ex auro non est passus uti corona. Frygium vero candido ni-
tore (candidi nitoris) splendidum, resurrectionem dominicam desi-
gnans, eius sanctissimo vertici manibus nostris imposuimus: et te-
nentes frenum equi ipsius pr reverentia beati Petri stratoris officium
illi exhibuimus: statuentes eodem Frygio omrtes eius successores sin-
gulariter uti in processionibus ad imitationem imperii nostri. Unde
ut pontificalis apex non vilescat, sed magis amplius quam terreni
Imperii dignitas, gloria et potentia decoretur; ecce tara palatium
nostrum (ut prelatura est) quam Romanam urbem, et omnes Itali,
seu Occidentalium regionum, provincias, loca et civitates, prafato
beatissimo Pontifici patri nostro Silvestro universali Papae conce-
dimus et relinquimus ipsius et successorum Pontificum potestate et
ditione firma, imperiali censura per hanc nostram divalem sanctam
et pragmaticam constitutionem decrevimus disponenda, atque in iure
sanctae Romanie ecclesia concedimus permanenda. Unde congruum
perspeximus, nostrum imperium et regni potestatem Orientalibus
transferri ac transmutari regionibus, et in Bizantia provincia in op-
timo loco nomini nostro civitatem sedificari, et nostrum illic impe-
rium, constitui quoniam ubi principatus sacerdotum et Christiana}
:
religionis caput ab Imperatore ccelesti constitutum est, iustum non
est ut illic Imperator terrenus habeat potestatem.
Hsec vero omnia, quaa per hanc nostram imperialem sacram et
alia divalia decreta statuimus atque confirmavimus, usque in finem
mundi illibata et inconcussa permanere decrevimus. Unde corani Deo
vivo, qui nos regnare prsecepit, et coram terribili eius iudicio obte-
stamur omnes nostros Imperatores successores, vel cunctos optimates,
Satrapas etiam, amplissimumque Senatum et universum populum in
toto orbe terrarum nunc et in posterum imperio nostro subiacentem,
nulli eorum quoquo modo licere hsec quse a nobis imperiali sanctione
sacrosanetse Romanse ecclesia? vel eius omnibus Pontificibus concessa
sunt, refragare atque confringere vel in quoquam convellere. Si quis
autem (quod non credimus) temerator aut contemptor extiterit, aeter-
nis condemnationibus subiaceat innondatus, et sanctos Dei, principes
Apostolorum Petrum et Paulum, sibi in presenti et in futura vita
sentiat contrarios, atque in inferno inferiori concrematus cum dia-
bolo et omnibus deficiat impiis.
Huius vero imperialis nostri decreti paginam propriis manibus
roborantes, super venerandum corpus beati Principis Apostolorum
posuimus, ibique eidem Dei Apostolo spondentes, nos cuncta invio-
labiliter observare, et cunctis nostris successoribus Imperatoribus
conservanda in mandatis relinquere, Beatissimo patri nostro Sil-
vestro summo et universali Papae, eiusque per sevum cunctis sue-
644 Donato -Donato, Ubertino
cessoribus pontificibus (Domini Deo et salvatore nostro Iesu Christo
annuente) tradidimus perenniter atque feliciter possidenda.
Et subscriptio imperialis. Divinitas vos conservet per multos
annos, sanctissimi ac beatissimi Patres. Datum Romoe sub die Kal.
Aprilis, Domino nostro Flavio Constantino Augusto quarto, et Gal-
licano clarissimis vins Consulibus.
Ai tempi di Dante questo curioso documento si credeva univer-
salmente autentico e pare che anche il Poeta non nutrisse verun
dubbio in proposito. Ottone III imperatore mostr che il documento
una sciocca falsificazione (Dipi. an. 999 in Pertz Mon. iv, 2),
ci che fu poi provato sino all' evidenza da Lorenzo Valla (De Falsa
eredita et ementita Const. donatione declamatio, ed. Hutten, 1518),
dal Doellinger (Papst-Fabeln, p. 52 e seg.) e da altri. Cfr. Kraus,
Kirchengesch., 3 a ediz., 273 e seg. Hase, Kirchengesch. n, 69 e seg.
Baur, Kirchengesch. in, 135 e seg., 245 e seg.
Donato, Aelius Donatus, celebre grammatico latino, il quale
insegnava a Roma verso l'anno 355 dell'era volgare, ed ebbe, tra
altri, a discepolo S. Geronimo, della cui. vita del resto non si hanno
notizie certe. Dett tra altre opere una grammatica latina (Ars Gram-
matica, ottima ediz. in Keil, Grani. Latt. IV, 355 e seg.), la quale
nel medio evo fu adoperata assai e tenuta in gran pregio, onde Donato
si chiam in generale un Libro contenente le regole della grammatica
latina; ed altres le regole stesse; Par. xn, 137. - Dan.: Questi
scrisse lo Donato, che in gramatica, che tra le sette arti la prima
connumerata. - Olt. Fu maestro di santo Geronimo, e fu valente
:
et utile in iscienza. - Petr. Dant. : Magister sancti Hieronymi,
qui fecit Donatum in Grammatica. - Benv.: Hic fuit romanus
grammaticus, qui fecit in grammatica maiorem et minorem editio-
nem; quos libros Eemigius doctor commentavit; fuit magister beati
Hieronymi: et quia fuit generaliter utilis pueris primo introdu-
cendis ad scientias, ideo reponit ipsum inter istos.
Donato, Ubertino, genero di Bellincion Berti, il quale si
rec ad offesa di essere fatto cognato di uno degli Adimari Par. ;
xvi, 119. - Ott. : A tempo di messer Cacciaguida (gli Adimari)
erano nuovi cittadini, che non piacque a messer Uber-
s piccoli e s
tino Donati d' essere loro parente, quando egli volevano torre
una de' Ravignani per moglie, la cui sirocchia messer Ubertino
aveva sposata; il quale messer Ubertino disse, che non voleva
eh' egli l' avesse, s come non tanto nobile. - Benv. : Dominus Bel-
lincionus fuit socer Ubertini de Donatis, qui fliara suam habuit in
uxorem sed quia tradidit aliam filiam uno de Adimaris Ubertinus
;
Donatore-Donna 545
valde indignatus fuit, quia reputabat sibi ad verecundiam, quod
esset factus affinis et cognatus unius de Adiraaris.
Donatore, dal lat. donator, Chi Che dona; Conv. v, 2, 61.
Donde e D' onde, lo stesso che
Onde, di cui forma raf-
forzata mediante la particella Da;
per lo che uei relativi passi le
lezioni sogliono variare fra donde e onde. Dal basso lat. De unde. -
1. Avverb. di luogo, Dal quale, Dalla quale, Da dove e simili;
Inf.
xxv, 85. Tar. IX, 129; x, 70. - 2. Congiunzione causativa, che vale
Per lo che, Per la qual cosa; e dicesi comunemente Onde; Purg.
ix, 138.
Donna, dal lat. domina, Signora; mediante la forma sincopata
domna, che si us nel latino barbaro. 1. Nome della femmina della
specie umana; Purg. x, 69; xx, 21; xxvn, 31; xxvni, 53; xxix, 1.
Par. xv, 101. - 2. In contrapposizione di Donzella, Vergine, e si-
mili, vale Donna che ha od ebbe marito; Conv. v, 25, 52.- 3. Per
Moglie; Par. xv, 114, 137.-4. Quindi le maniere Menare, Pigliare,
Prendere, Torre, Dare, donna. Figuratam. e in locuz. figur. Inf. xix, 57.
Par. XI, 58, 86. -5. Donna poeticam. vale La donna amata; e in questo
senso si unisce pi comunemente con un possessivo; Son.: Tanto
gentile e tanto onesta pare, v. 2. - 6. Per Signora, Padrona, ed anche
per Padrona assoluta. Per similit. Cam.: Io son venuto al punto
della rota, v. 26. - 7. E figuratam. Conv. in, 14, 70; iv, 2, 112. -
8. E per semplicemente Posseditrice di checchessia; anche figuratam.
Purg. xix, 51. - 9. Per Donna che ha signoria, che ha dominio; Purg.
Vi, 23. - 10. Figuratam., detto di nazione, stato, e simili, in quanto
hanno prevalenza e supremazia; Purg. vi, 78.- 11. Usato per similit.
a significar Cosa che sorpassa le altre in eccellenza, anche poeticam.
parlandosi di animali; Inf. xxx, 43. - 12. Per Governatrice, Maestra,
e simili; figuratam. Inf. 11, 76. Conv. li, 13, 29; in, 7, 105. -
13. Nostra Donna, come appellativo di Maria Vergine Ma- ;
donna. Ed anche vale Immagine dipinta scolpita di Maria Ver-
gine; Par. xxi, 123.-14. Donna del cielo, locuzione con la
quale si vuol pure significare la Santa Vergine; Par. xxin, 106;
xxxii, 29. - 15. E detto di Santa, Beata, di qualsivoglia Essere
astratto, a cui si attribuiscano qualit persona di donna; Inf. Il, 124.
Purg. xxxii, Conv. 11, 13, 53.-16. E detto altres di Qualunque
25.
divinit mitologica di sesso femminino; Inf. x, 80; xxxii, 10.-
17. Donna, in senso particolare, intendesi di Donna di nobile con-
dizione, Gentildonna, Signora; ed altres per Matrona; Inf. V, 71.
Purg. xiv, 109. - 18. Premesso come titolo di onore a nome proprio
femminile; Par. xm, 139.- Nelle opere minori di Dante, tanto nelle
646 Donna, bella -Donna di virt
prose volgari quanto nelle rime, la voce donna si trova ad ogni pa-
gina; nella Div. Coni, questa voce occorre 96 volte, 10 neWInf,
38 nel Purg. e 48 nel Par.- Sovente Dante chiama Beatrice La mia
Donna, o La donna mia; Purg. xxxn,
122. Par. vii, 11; vili, 15,41;
xiv, 84; xv, 32;xvn, 7, 114; xxi, 2; xxm, 10; xxiv, 32; xxv, 16, 110,
115; xxvi, 68, 82; xxvu, 89; xxvm, 40, 61, 86; xxxi, 56. E qualche
volta Beatrice chiamata da altri che rivolgono la parola al Poeta
Tua Donna, Par. xxvi, 118, oppure La tua Donna; Par. xxxn, 137.
Donna, bella, detta la Chiesa, Inf. xix, 57, secondo la sen-
tenza scritturale, ad Ephes. v, 27 Ut exhiberet ipse sibi glo-
:
riosam ecclesiam, non habentem maculam aut rugam aut aliquid
eiusmodi; oppure secondo le parole del Cantico (vi, 8, 9) appli-
cate da Bonifazio Vili nella famosa bolla Unam sanctam alla Chiesa:
Una est columba mea, perfecta mea,... quas progreditur quasi aurora
consurgens, pulcra ut luna, electa ut sol.
Donna che qui regge, chiamata Proserpina, ossia La
Luna, regina dell'inferno; Inf. x, 80. da sapere, Proserpina esser
moglie di Plutone e reina d'inferno: e questa Proserpina talvolta
da intendere per una cosa, e tale per un'altra: e tra l'altre cose,
per le quali i poeti la prendono, alcuna volta per la luna, la quale
per si dice reggere in inferno, perciocch la sua potenza gran-
dissima appo questi corpi inferiori, i quali per rispetto delle cose
superiori si posson dire essere in inferno; JBocc. Cfr. Proserpina.
Donna della torma, chiamata la famosa cavalla (o mula)
di Buoso Donati che Gianni Schicchi seppe guadagnarsi colla sua
astuzia; Inf. xxx, 43. Cfr. Schicchi. - Dice donna della torma,
per che il mulo et la mula nasce di cavalla et d'asino, s che ella
comune all' uno et all' altro, et tutta la torma An. Fior. - ;
Una cavalla ch'avea messer Buoso in una sua torma, ch'era bel-
lissima e d'un grande pregio, la qualesi chiamava la donna della
torma; Buti. Cos pure Benv., Barg., Land., Veli., ecc.
Donna di Brabante, Maria, figlia di Enrico VI duca di
Brabante, moglie in seconde nozze di Filippo l'Ardito re di Francia,
contemporanea di Dante, morta nel 1321 Purg. vi, 23. Cfr. Broccia.
;
Donna di virt, chiama Virgilio Beatrice, Inf. n, 76, con
allusione forse al mulier virtutis nel libro di Exit (ut, 11). - Donna
di virt, donna virtuosa, come donna di cortesia (Conv.), donna cor-
tese, cio piena di virt e di cortesia.Cos diciamo donna d'onore,
donna di garbo, donna di talento, ecc.; Boss.
Donna gentile I- Donna gentile II 647
Donna gentileI, la prima donna dello schermo, della quale
Dante fnsedi essere invaghito, per nascondere o tener celato ad
altri il vero oggetto del suo amore e colla quale si cel alquanti
mesi ed anni, finch le convenne partire da Firenze ed andare in
paese molto lontano; Vit. N. v-vn. Chi questa donna si fosse, e
quali motivi la inducessero ad andarsene in paese lontano non si sa.
Dante afferma di aver fatto per questa donna certe cosette per
rima (Vit. N
v, 19), ma non sappiamo di certo se e quali delle
poesie liriche di lui (tranne quelle che si leggono nella Vit. N.)
siano state fatte per questa gentile donna di molto piacevole
aspetto. Cfr. D'Ancona, Vita Nuova di D., 2 a ediz., 44 e seg.
Donna gentile II, la seconda amante di Dante, il quale,
secondo il racconto della Vit. N. (xxxv, 1 e seg. confrontato con
xxxvi, 1) incominci ad invaghirsene alquanto tempo dopo il primo
anniversario della morte di Beatrice. La dice giovane e hella molto
e racconta degli sguardi pietosi e compassionevoli che ella gli pro-
digava riguardandolo da una finestra o incontrandolo per via, ma
ne tace il nome di battesimo come pure quello della famiglia alla
quale apparteneva. Non ad un tratto, ne senza lotte interne, ma a
poco a poco il Poeta fu preso da amore per questa donna, finch
una visione riaccese in lui l'amore per la sua Beatrice, onde egli de-
test questo secondo amore come un malvagio desiderio a cui il cuor
suo cos vilmente s'era lasciato possedere alquanti d contro alla
costanza della ragione (Vit. N. xl). Cos termina secondo la Vita
Nuova l'episodio della Donna gentile. Ma nel Convivio, bench
Dante dichiari di non voler derogare in parte alcuna alla Vita Nuova
(Conv. I, 1, 80 e seg.), l'episodio prende un aspetto alquanto diverso.
Qui il secondo amore non pi un malvagio desiderio, ma un
pensiero virtuosissimo, siccome virt celestiale (Conv. Il, 2, 33).
Anche qui si ricordano le lotte interne (Conv. II, 2, 16 e seg.), ma
invece dell'amaro pentimento raccontato nella Vita Nuova udiamo
qui che il secondo amore riport la vittoria sul primo, di modo che
finalmente Dante consent di essere della Donna gentile (Conv.
il, 2, 11). Nella sposizione allegorica poi si afferma solennemente che
questa gentile fu la bellissima e onestissima figlia dello
Donna
Imperadore dell'universo, alla quale Pittagora pose nome Filosofia
(Conv. il, 16, 75 e seg.). Ma da questa protesta non si pu inferire
aver Dante voluto negare la realt storica della Donna gentile, come
dall' aver egli scritto: Dico che per Cielo intendo la Scienza, e
per
Cieli le Scienze (Conv. Il, 14, 4 e seg.), e dall' aver egli detto die
per i Motori de' cieli intende i Filosofi, siccome Boezio e Tullio
(Conv. il, 16, 2 e seg.), non lice in verun modo inferire aver egli
648 Donna gentile III
voluto negare la realt oggettiva dei Cieli e degli Angeli. Il Giul.
(Conv., 231): Certamente, per allegorizzare ch'ei faccia qui e al-
trove, il savio Maestro non potr mai smuoverci dal credere, che
quella non fosse in prima vera Donna, come fu Beatrice, in carne
ed ossa, recate poi tutte e due a simbolo dei sublimi amori al-
l'umana e alla divina Scienza. Dante ci non nega, anzi, chi sappia
leggerlo, egli afferma espressamente la stessa cosa.
L'amore di Dante per la Donna gentile coincide temporalmente
col suo matrimonio. Tenuto conto di questo fatto, come pure del-
l'altro, che Bocc, Bruni e gli altri antichi non parlano che del-
l'amore per Beatrice, e poi del matrimonio di Dante, conchiuso
dopo lunga tenzone (Bocc, Vit., 19), alcuni si avvisano che nella
sua realit storica la Donna gentile e Gemma Donati fossero la
medesima persona. Questa per non che una, per avventura delle
molte la pi felice, ipotesi. Cfr. Dantolog., 102-10.
Donna gentile III. La Donna gentile nel cielo che si com-
piange delle calamit di Dante nella selva oscura, Inf. n, 94 e seg.,
probabilmente la Santa Vergine (cfr. Par. xxxiii, 16 e seg.), simbolo
in questo luogo della Grazia preveniente. Del resto i commentatori
non vanno qui d'accordo. Bambgl., An. Sei., ecc., non ne dicono
nulla. - lac. Dani.: Figuratamente per questa gientil donna la
profonda mente della deitade si considera della quale ogni esere
prociede per lo qualle suo rocto giudicio che qui si ragiona il trare
labito mortale deligniorante giudicio per farllo di vertu gratiosa
sintende. - Dan. : Dante intende dimostrare in questo luogo come
lo suo intelletto era abile e disposto a volere intendere a teologia.
E imagina che questo suo intelletto abbia sua idea in cielo, la quale
idea elio appella Luca o gentile, cio chiara e nobile. - Ott. :
Questa Grazia preveniente, o vero dono d'intelletto. - Petr.
Dant. : Est gratia duplex, scilicet, operans et cooperans. Operans
gratia praeparat hominis voluntatem ut velifc bonum; gratia coope-
rans adjuvat ne frustra velit.... Igitur ad propositum pr ista gratia
operante primaeva intelligitur nobilis domina, quae movit Luciam. -
Cass.: Gratia motiva operantem spiritualiter a Deo veniens. -
Bocc. : Dovemo intendere, quella donna gentile essere la santa ora-
zione fatta dal peccatore. Benv. : Gratia prasveniens. Et hic nota
quod autor non nominat expresse istam dominam primam, quia ista
gratia advenit nomini occulte, quod non perpendit. Vel dicas quod ista
prima domina est pradestinatio, quae est occulta nimis. - Buti :
Questa gentil donna che non si nomina, la grazia preveniente. -
An. Fior.: Questa donna s'intende l' Orazione; ma perch ci ha due
altre oppenioni, sono da chiarire. Nel libro della divina providenzia
Donna pietosa e di novella etate -Donna pi su 649
scritto il fine di ciascun uomo, non perch questo tale prevedere
imponga agli uomini necessit, perch hanno libero arbitrio.... Ora
questo cotale provedere di Dio, et questa sua elezione che fa, et
scrive in questo suo libro qualunque salvare si dee, vogliono dire
che sia quella donna che mand Lucia a soccorrere l'Autore. L'altra
oppenione , che, sacondo che vogliono i filosofi, che su nel cielo
delle immagini siano le idee di ciascuna cosa; et che, come quivi
sono queste idee, cos Iddio nella mente sua abbia immaginata et
formata qualunque creatura nasce, qualunche cosa si fa, tutto a si-
mile del dipintore, che prima ch'egli dipinga la figura, inmagi na
nella mente; et questa cotale idea, questa imagine, vogliono dire
che sia quella donna che detto . Ma quella oppinione eh' pi
conforme l' orazione. - Serrav. : Omnium rerum sunt ydee in
Deo : quelibet res habetsuam ydeam in Deo. Grece ydea, represen-
tatio latine. Ydea vero representans Dantem in Deo salvandum, po-
test quodammodo dici electio, vel predestinatio, ipsius Dei, de Dante:
modo quicumque intuetur in Deo bene, dare videret Dantem sal-
vandum, visa illa ydea. Hanc ydeam Virgilius vocat unam dominam,
cui nomen non imponit. - Barg.: Questa donna significa la prima
grazia preveniente, che non nominata qui per nome proprio, pe-
rocch suol venire nella mente umana sprovvedutamente, non aspet-
tata, e quasi sconosciuta da noi. Essenzialmente cos anche Land.,
Veli., Gelli, Dan., ecc. Primo a ravvisare nella Donna gentile la
Santa Vergine fu il Cast., seguito poi dal Bl. e quindi da quasi
tutti i moderni. Cfr. Galanti, Lett. i, 8, Eipatransone, 1876.
Donna pietosa e di novella etate chiama Dante nella
Canzone, che con queste parole incomincia, quella donna giovane
e gentile, la quale, durante una malattia del Poeta, era lungo
il suo letto e gli era di propinquissima sanguinit congiunta;
Vit. N. xxiii, 56 e seg. Si crede comunemente che fosse la sorella, o
piuttosto sorellastra di Dante, maritata a Leone Poggi. Cfr. Witte,
a
Vit. N., 65. D'Ancona, Vit. N., 2 ediz., 174.
Donna
'
pi su, Par. in, 98, Santa Chiara, l'amica di S. Fran-
cesco e fondatrice degli istituti monacali per femmine. Nacque in
Assisi nel 1194 e si chiam nel secolo Chiara Scifi. Figlia di uno
stimato cavaliere, sembra avere ereditato dalla madre Ortolana, gi
pellegrina in Terra Santa, l'amor della solitudine e dell'ascetismo.
Sotto la direzione di S. Francesco fond nel 1212 un monastero per
le vergini, con una regola che in breve fu assai diffusa, e mor l'un-
dici Agosto 1253. Brev. Rom. ad 12 Aug. : Clara, nobilis virgo,
Assisii nata in Umbria, sanctum Franciscum concivem suum imi-
650 Donna pi su
tata, cuncta sua bona in eleemosynas et pauperum subsidia distri-
buit et convertit. De saeculi strepitu fugiens, in campestrem decli-
navit ecclesiam, ibique ab eodem beato Francisco recepta tonsura,
consanguineis ipsam reducere conantibus fortiter restitit. Et denique
ad ecclesiam sancti Damiani fnit per eumdem adducta, ubi ei Do-
minus plures socias aggregavit, et sic ipsa sacrarum Sororum col-
legium instituit, quarum regimen, nimia sancti Francisci devicta
importuniate, recepit. Suum monasterium solliciter ac prudenter
in timore Domini ac piena Ordinis observantia annis quadraginta
duobus mirabiliter gubernavit; ejus enim vita erat aliis eruditio
et doctrina, unde ceterae vivendi regulam didicerunt. Ut carne de-
pressa spiritu convalesceret, nudam humum et interdum sarmenta
pr lecto habebat, et pr pulvinari sub capite durum lignum. Una
tunica cum mantello de vili et hispido panno utebatur, aspero ci-
licio nonnumquam adhibito juxta carnem. Tanta se frasnabat absti-
nentia ut longo tempore tribus in hebdomada diebus nihil penitus
pr sui corporis alimento gustaverit, reliquis autem diebus tali se
ciborum parvitate restringens, ut alias, quomodo subsistere poterat,
mirarentur. Binas quotannis (antequam aegrotaret) quadragesimas
solo pane et aqna refecta jejunabat. Vigiliis insuper et orationibus
assidue dedita, in his prsecipue dies noctesque expendebat. Diutinis
perplexa languoribus, cum ad exercitium corporale non posset sur-
gere per se ipsam, Sororum suffragio levabatur, et, fulcimentis ad
tergum appositis, laborabat propriis manibus, ne in sui etiam esset
infirmitatibus otiosa. Amatrix precipua paupertatis, ab ea pr nulla
umquam necessitate discessit, et possessiones pr Sororum susten-
tatione a Gregorio Nono oblatas constantissime recusavit. Multis et
variis miraculis virtus suaa sanctitatis effulsit. Cuidam de Sororibus
sui monasterii loquelam restituit expeditam; alteri aurem surdam
aperuit: laborantem febre, tumentem hydropisi, plagatam fistula,
aliasque aliis oppressas languoribus liberavit. Fratem de Ordine
Minorum ab insanire passione sanavit. Cum oleum in monasterio
totaliter defecisset, Clara accepit urceum atque lavit, et inventus
est oleo, beneficio divinae largitate, impletus. Unius panis medie-
tatem adeo multiplicavit, ut Sororibus quinquaginta suffecerit. Sa-
racenis Assisium obsidentibus, et Clarae monasterium invadere co-
nantibus, segra se ad portam afferri voluit, unaque vas in quo
sanctissimum Eucharistiae Sacramentum erat inelusum, ibique ora-
vit: Ne tradas, Domine, bestiis animas confitentes tibi, et custodi
famulas, quas prsetioso sanguine redemisti. In cujus oratione ea vox
audita est: Ego vos semper custodiam. Saraceni autem partim se
fugae mandarunt, partim qui murum ascenderant, capti oculis, prae-
cipites ceciderunt. Ipsa denique virgo, cum in extremis ageret, a
Donne -Donne, quattro 651
candido beatarum Virginum ccotu (inter quas una eminentior
ac
fulgidior apparebat) visitata, ac sacra Eucaristia sumpta,
et pecca-
torum indulgenza ab Innocenzo Quarto ditata, pridie Idus Augusti
animam Deo reddidit. Post obitum vero quampluribus miraculis re-
splendentem Alexander Quartus inter sanctas Virgines retulit. Cfr.
J. v. Orsbach, Leben der heiligen Clara, Aquisgrana,
1844. De-
more, Leben der hi. Clara v. Assisi, Regensb., 1857. Hase, Werke,
V, 51 e seg.
Donne, Purg. xix, 51, sembra valere Signore, Padrone, onde
il senso del versoLe anime loro saranno signore da potersi con-
:
solare, oppure Essi avranno le anime loro posseditrici di consola-
:
zione. Cos Benv., Serrav., An. Fior.,Lomb. e quasi tutti i mo-
derni. Altri diversamente. Lan. : Avranno dono di consolare le
sue anime, cio che a loro sar donato grazia e beatitudine. Cos
pure Ott., Buti, ecc. - Veli. : Beati qui lugent, quoniam ipsi con-
solabuntur, le quali parole erano a consolatione de Vanirne donne,
cio, de l'anime gentili, che di tal vitio si purgavano. - Dan.:
Perch havran di consolar l' anime lor donne, patrone et Signore
di s medesime, perch saranno libere che mentre qua gi dimo-
;
rano, sono serve del peccato, n si posson racconsolare, come allora
si consoleranno. Vent.: Non serve al peccato, ma libere e pa-
drone delle sue passioni.
Donne antiche, eroine dell'antichit; Inf. v, 71.
Donne benedette, la B. Vergine, S. Lucia e Beatrice, ossia
la Grazia preveniente, la Grazia illuminante e la Grazia perficiente;
Inf. il, 124. Cfr. Thom. Aq., Sum. th. II, i, 2 e 3.
Donne che aiutavo Annone, le Muse; Inf. xxxn, 10.
Cfr. Anfione.
Donne, ch'avete intelletto d'amore, il principio
della prima Canzone della Vii. N. (xix, 14), ricordata come esempio
delle nuove rime; Purg. xxiv, 51. Per queste Donne il Poeta
intende coloro che sono gentili, e non sono pur femmine; Vii. N.
xix, 6, ossia Donne amorose, che nel cuor loro comprendono ci
che amore.
Donne, quattro, alla sinistra del mistico carro nella gran
processione del Paradiso terrestre, Purg. xxix, 130, sono personiii-
cazioni delle quattro Virt cardinali: Giustizia, Fortezza, Tempe-
ranza e Prudenza. Dante le dice vestite di porpora, cio addobbate
in rosso che il colore della carit, seguendo anche in ci S. Tom-
652 Donne, tre -Dono
maso che scrive (Sum. ih. I, il, 45, 2) Virtutes morales, prout
:
sunt operativa boni in ordine ad finem qui non excedit facultatem
naturalem hominis, possunt per opera humana acquiri; et sic acqui-
sita? sine charitate esse possunt, sicut fuerunt in multis gentilibus.
Secundum autem quod sunt operativa boni in ordinem ad ultimum
finem supernaturalem, sic perfecte et vere habent rationem virtutis;
et non possunt humanis actibus acquiri, sed infunduntur a Deo; et
hujusmodi virtutes morales sine charitate esse non possunt. Alia?
virtutes morales non possunt esse sine prudentia. Prudentia autem
non potest esse sine virtutibus moralibus, in quantum virtutes mo-
rales faciunt bene se habere ad quosdam fines ex quibus procedit
ratio prudentia?. Ad rectam autem rationem prudentia? multo magis
requiritur quod homo bene se habeat circa ultimum finem, quod
ft per charitatem, quam circa alios fines, quod fit per virtutes mo-
rales; sicut ratio recta in speculativis maxime indiget primo prin-
cipio indemonstrabili, quod est contradictoria non simul esse vera.
Unde manifestimi fit, quod nec prudentia infusa potest esse sine
charitate, nec alia? virtutes morales consequenter, qua? sine pru-
dentia esse non possunt.
Donne, tre, alla destra ruota del mistico carro, Vurg. xxix, 121,
sono le personificazioni delle tre virt teologali: Fede, Speranza e
Carit; la bianca la Fede, la verde la Speranza, la rossa la Ca-
rit. Sono alla destra ruota del Carro, essendo pi nobili delle quattro
virt cardinali, che fanno festa dalla sinistra. Cfr. Thom. Aq., Sum.
ih. II, il, 23, 6; 104, 3; 117, 6; 141, 5.
Donneare, prov. domneiar, frane, ant. dosnoier, donnoier,
spagn. donear ; 1. Parlar d'amore, Amoreggiare, con donna o con
donne; ed altres Intrattenersi, Conversare, per onesto diletto con
donne; Canz.: Poscia ch'Amor del tutto m'ha lasciato, v. 52.-
2. Figuratam. e poeticam. Par. xxiv, 118; xxvn, 88.
Donnescamente, modo donnesco, con
in nobilt e grazia
propria di donna; Vurg. xxxm, 135.
Donno, dal lat. dominus = Signore, mediante la forma sinco-
pata domnus, usata nel lat. barb. 1. Signore, e pi propriamente
Signore che ha dominio sopra uno Stato; Inf. xxn, 83.-2. E per
semplicemente Signore, Padrone; Inf. xxxm, 28. - 3. E per sem-
plice titolo di onore, come il moderno Don ; Inf. xxn, 88.
Dono, dal lat. donum : 1. Ci che si d altrui volontariamente,
senza esigerne prezzo o ricompensa o restituzione, Regalo, Presente;
Donzella-Doppiaro
usato ironicam. Par. IX, 59. - 2. Figuratam. per Dote fisica o mo-
rale, Bene che si ha da Dio, dalla natura, dall' et, dalla fortuna,
e simili; Par. v, 19. Conv. iv, 27, 44.-3. Doni dello Spirito Santo!
diconsi nel linguaggio dei Teologi certe attitudini sovrannaturali
che Dio infonde nell'anima del Cristiano per renderlo docile alle
ispirazioni della Grazia; Conv. iv, 21, 79, 81.-4. Far dono di chec-
chessia, vale Donarlo, Eegalarlo: e usasi cos nel proprio come nel
figurato; Inf. vi, 78. Purg. xxviii, 63.
Donzella, forma sincopata dal basso lat. dominicela, prov.
clonsella, spagn. doncella; Fanciulla in et da marito; Conv. il, 6, 17.
Dopo, dal lat. de e post, cambiata per assimilazione la e in o.
Si trova nelle opere volgari di Dante quasi in ogni pagina. 1. Prep.
che denota relazione di posterit col termine retto da essa diret-
tamente o indirettamente per mezzo della particella Di e talora
anche A; e vale Appresso, con relazione a ordine, successione, e
simili, sia di cosa o persona, come di azione, fatto, avvenimento, e
via dicendo; Purg. in, 68. Canz.: Le dolci rime d'Amor, ch'io
solia, v. 43. - 2. Con d'un verbo, retto talora dalla par-
l'infinito
ticella Di, o a cui talora premettesi l'articolo; Conv. in, 8, 99.-
3. E reggente il participio passato d'un verbo, taciuto per ellissi
il verbo ausiliare Avere od Essere; Purg. vir, 54. - 4. E reggente
le voci Ci, Questo, e simili, riferentisi a quanto stato detto o
fatto precedentemente; Inf. vnr, 58. - 5. Reggente un sostantivo
significante persona, o un pronome personale, vale Dopo la morte,
Nel tempo succedente alla morte; Inf. xvi, 66. Conv. IV, 28, 113
e seg. - 6. Dopo, denota altres relazione di collocamento, postura,
e simili, di cosa o di persona, posteriormente ad altra: Dietro; Inf.
xxi, 60. Par. ir, 100. - 7. Denota altres relazione di moto di cosa
o persona, la quale ne seguiti un'altra indicata dal termine retto
da Dopo, e vale lo stesso che Dietro; Inf. x, 3.-8. In forza di
Avvero, vale Appresso, con idea di ordine e di successione, ed usasi
con verbi cos di quiete come di moto; Inf. xxiu, 2. Purg. xxvi, 17.
Doppiamente, In modo doppio; e per In due modi o ma-
niere, Sotto doppio rispetto, Per doppio motivo o ragione, e simili;
Conv. iv, 8, 80; iv, 26, 15.
Doppiare, Far doppio, Addoppiare, Raddoppiare; Inf.
1. Att.
forma di Neut. Farsi doppio,
xiv, 39. - 2. Neut. pass, e anche in
Divenir doppio, Raddoppiare; Par. xxviii, 93. In questo luogo il
Poeta allude all'aneddoto concernente l'inventore del giuoco degli
scacchi. Si racconta cio che un Indiano, inventore degli scacchi,
654 Doppiere-Dosso
presentato ch'ebbe il nuovo giuoco al re di Persia, e offertogli chie-
desse a talento, e avrebbe chiese un chicco di grano duplicato,
:
e sempre moltiplicato per tante volte quanti erano gli scacchi nella
scacchiera. Altri dicono che non un chicco solo chiedesse dupli-
cato, ma 64. Rise dapprima il monarca; ma, venuto al calcolo, trov
che in tutto quanto il suo regno non aveva grano abbastanza, poich
il doppiar degli scacchi d la somma di 18,446,744,073,709,551,615!
Cfr. Caverni, La Scuola, il, 113 e 167. Feliraz., v, 467.
Doppiere e Doppiere, dal lat. barb. duplerius e dupplc-
rius, Grossa candela, Torcetto, Torchio, e simili, di cera, quasi Cero
doppio; Par. xxvni, 4.
Doppio, dal lat. duplus : 1.Che consta della medesima cosa
sovrammessa o avvolta intorno, Che composto di due cose o parti
della stessa materia, Che consta di due e simili; Purg. i, 36; xxn, 56;
xxiv, 123. Par. vn, 6; xm, 20; xxv, 92. - 2. Per Composto di due
parti distinte e l'ima dall'altra differenti; ovvero di due specie,
qualit, maniere; Purg. xxxi, 122. Conv. iv, 22, 78. -3. Figuratam.
per Altrettanto maggiore, Pi grande di tanto quanto era prima;
detto pi specialmente di atto, qualit, condizione, e simili; Inf.
xxiii, 12. Purg. xvi, 55.
Dorare, Coprire d'oro; e figuratam. per Fare, Rendere, del color
dell'oro; Canz.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro; v. 64.
Dorato, dal lat. deauratum, Coperto con oro, Messo a oro;
Inf. xxiii, 64. Par. xvi, 102.
D'Oria, Uralica, cfr. Branca d'Oria.
Dormire, dal lat. dormire;1. Essere in riposo, Prendere ri-
poso, per naturale assopimento dei sensi; Esser nel sonno; Inf.
xxxn, 123; xxxiii, 141. Purg. ix, 38, 56; xxix, 144. Par. xxix, 82.-
2. In locuz. fgur. Par. xxv, 5. - 3. Pur figuratam. detto di passione,
affetto, pensieri, desiderj e simili; Son. : Io mi sentii svegliar
dentro allo core, 2. - 4. E per Non porre la debita attenzione
v.
in checchessia, Non
attendervi con diligenza; detto anche d'ingegno,
mente, e simili; Purg. xxxm, 64.-5. Figuratam. e poeticam. detto
dell'anima, vale Essere impedito dal sonno di porre in atto le sue
facolt; Purg. ix, 53.-6. Dormire e vegliare, o Vegliare e dormire,
con alcuno, vale figuratam. Star sempre con esso; Par. in, 100.
Dosso, dal lat. dossum, che secondo alcuni si us per dorsum ;
1. Il dorso, La schiena, degli uomini e degli animali; Inf.XYU, 14;
xxn, 23 ; xxvn, 125. Purg. vili, 101 ; xix, 94. Par. il, 100; vili, 96. -
Dotare-Dotta
2. Per similit. La parte
posteriore o superiore di checchessia, Il
tergo; ed altres La parte
esteriore e pi rilevata di una data cosa;
Purg. in, 102. Conv. ni, 5, 69.-3. E parlandosi di arco, vlta, emi-
sfero, e simili, La superficie superiore di esso, ed anche II colmo,
La sommit; Inf. xvm, 110; XXIV, 67. Conv. n, 4, 58.-4. Dosso
prendesi poeticam. anche per Monte; e Dosso di un paese, per i
tena di monti che si stenda per la lunghezza di quello, onde l'Appen-
nino detto lo dosso d'Italia; Purg. xxx, 86. -5. Dare il dosso
ad un luogo, vale Partirsi da esso, Volgergli le spalle per andar-
sene; Inf. xxxi, 7.
Dotare, dal lat. dotare: Provvedere
di dote, Dar la dote;
1.
in locuz. figur. Par. xii, 63. - E
figuratam., riferito a persona,
2.
e parlandosi di qualit o facolt naturali, sia morali, come fisiche,
vale Fornire, Adornare, Privilegiare, ecc. Par. v, 24; XII, 141;
Xxxn, 65.
Dotato, dal lat. dotatus, Fornito di dote ; e figuratam. par-
landosi di qualit o facolt morali come fisiche, usato per Fornito,
Adornato, Privilegiato, e simili; Conv. Il, 16, 52.
Dote, dal lat. dos, dotis ; 1. Ci che la donna porta espressa-
mente al marito, per sostenere i pesi del matrimonio; Par. xv, 104. -
2. Figuratam. per Quei primi possedimenti che da Costantino, se-
condo che fu erroneamente creduto, vennero dati alla Chiesa; Inf.
xix, 116 (cfr. Donatio Constantini). - 3. E parlandosi di territorio,
citt, provincia, regno, che si assegnava a qualche figliuola di prin-
cipe nell'atto che andava sposa, e sul quale lo sposo otteneva giurisdi-
zione; Purg. xx, 61. In questo luogo per LA gran dote provenzale
tutti quanti gli antichi, sino al Lomb., ed il pi dei moderni in-
tendono le ricchezze e gli Stati di Raimondo Berlinghieri, conte di
Provenza, che vennero a Carlo I d'Angi, fratello di S. Luigi IX,
avendo egli sposata nel 1245 la figlia minore di Raimondo, Bea-
trice, la quale, erede del padre, port in dote quella contea. Sul-
l'erronea opinione del Lomb. e dei suoi seguaci cfr. Com. Lips.
li, 370 e seg.
3
Dotta,etimol. incerta; secondo il Diez (Wrt. li 50) proba- ,
bilmente da d'otta. Secondo altri dal prov. doptansa, dobtansa,
duptansa d'onde l'ital. ant. dottanza, e, per sincope, dotta. Nel
y
-
luogo Inf. xxxi, 110. Botta vale senza dubbio Dottanza, Paura.
Ott.: Dice non era necessario altro a morire
Dante qui, che a lui
se non la paura, che avrebbe avuta di Fialte, se lui non avesse ve-
dute le catene, con le quali questo gigante legato era. - Benv. :
-:
656 Dotto-Dottrina
Non expediebataliud ad mortem meam, nisi simplex motio gi-
gantis, quasi dicat: non oportebat quod gigas percuteret me aliter,
quia mortuus eram subito ex sola quassatione eius; vel dicas, la
dotta, idest timor; nam dotare est timere, quasi dicat: solus timor
erat sufficiens ad exanimandum me. - Buti : Non era bisogno
al morire, pi che l'indugio poco di vederlo muovere. - Serrav.
DOTTA, idest momentum: non expediebat nisi unus crollus,
idest
idest, si Gigas ille se crollasset, vel si se movisset modicum, acce-
pisset mihi vitam, idest privasset me vita. Vel dicas dotta, idest
timor; quasi dicat: Solus timor me occidisset, nisi vidissem vin-
cula. - Barg. : Allora io temetti la morte pi che mai, ed a
darmela non vi era mestier pi che la dotta, senza toccarmi ba-
stato sarebbe il movimento suo cos terribile; ovvero pos-
solo
siamo dire a: darmi la morte non vi era mestieri pi che la dot-
tanza: senz'altro fatto di Fialte la sola dubitanza, la sola paura
ch'ebbi mi avria dato la morte. - Land. : Non gli era mistieri,
et bisogno a farlo morire pi che una dotta, cio un breve spatio....
Dotta, in lingua Fiorentina significa breve spatio di tempo. -
Veli. : Dotta in idioma Fiorentino, minima parte d'un'hora, che
essi domandano hotta. - Dan. : Altro che la paura: cionciosia
che dottare, haver paura, et dotta et dottanza essa paura significhi.
Dottare dubitare per abbreviatione et perch chi in dubbio
;
d' alcuna cosa, teme, dottare, dotta e dottanza per dubitanza. -
Voi. : Paura, forse dal Latino dubtatio. Cos quasi tutti i mo-
derni.
Dotto, Ammaestrato, Istrutto, Esperto, Pra-
dal lat. doctus,
tico, e simili. E
poeticam. per Accorto, Avvertito; Purg. xxn, 69.
Dotte, cio ammaestrate de la via, mostrandola loro col lume che
porta inanti ai suoi signori di rieto da s Buti. - Dotto, da
;
doceo, non vale solo dottrina scientifica; Tom.
Dottore, dal lat. doctor, propriam. Titolo che riceve colui, al
quale conferita la laurea in qualche facolt. 1. Per similit. ed
estensivamente, Chiunque sostiene verso altrui l'ufficio di maestro;
riferito anche ad autore; Purg. xxiv, 143. Par. xxv, 64; xxxn, 2.
2. Quindi Dottore, e suo Dottore, chiama Dante Virgilio Inf. v, ;
70, 123; xvr, 13, 48. Purg. xvm, 2; xxi, 22, 131. - 3. Per Uomo
assai dotto in una scienza, ovvero assai esperto in un'arte; Par.
xii, 85. - 4. I dottor magni, Par. ix, 133, sono i santi Padri.
Dottrina, dal lat. doctrina; 1. Complesso logicamente ordi-
nato di principj, di nozioni e di concetti generali, suscettivo di es-
sere trasmesso per via d'insegnamento; Purg. xxxm, 86.- 2. E per
Dottrinato-Dove 557
Complesso scientifico di principi, di nozioni e di concetti,
determi-
nato e ordinato da un autore da una scuola, secondo suoi propri
criterj od esperienze ; Sistema, Filosofia. Quindi la maniera
scola-
stica In dottrina, che valeva, assolutamente, In filosofia,
Secondo
la filosofia; eusata con compimento, Secondo la filosofia il sistema
del tale tale altro autore; Conv. iv, 6, 110. - 3. E per Scienza,
Disciplina, particolare; ed altres II principio informativo di essa;
Conv. IV, 9, 110.-4. Per L'atto e L'effetto dell'insegnare alcuna
cosa, Ci che alcuno insegna; Insegnamento, Precetto; Inf. ix, 62.
Purg. xxv, 64. - 5. E pure per L'atto e L'effetto dell'insegnare ad
alcuno una disciplina una scienza, od anche semplicemente un
punto di essa, una verit; dell'ammaestrare altrui in quella; ge-
nericamente, dell'ammaestrare; Addottrinamento, Insegnamento;
Par. xxxii, 106. Conv. IV, 26, 64.-6. E per l'addottrinarsi in chec-
chessia, Il farsi L'essere dotto in quello, L'istruirsi; ed anche
semplicemente Cognizione; Par. xxiv, 80. - 7. E in senso assoluto,
vale L'esser dotto, Il possedere molte e ben fondate cognizioni; ma
prendesi anche per lo stesso che Sapere, Sapienza, Scienza; Par.
xii, 97. Conv. in, 15, 35. - 8. Dottrina evangelica detto L'evan-
gelo di Ges Cristo, ed anche Gl'insegnamenti in esso contenuti;
Par. xxiv, 144. Conv. 11, 15, 131.
Dottrinato, Fornito di dottrina, Ammaestrato, Istruito, Ad-
dottrinato; Conv. IV, 12, 118; iv, 15, 98.
Dove, lo che Ove, di cui forma rafforzata mediante
stesso
la d; Avverb. di luogo usato da Dante centinaia di volte nelle sue
opere volgari. - 1. In proposizione relativa, riferito a un termine
antecedente espresso da un altro avverbio di luogo, e con verbi cos
di stato come di moto, vale Nel Al qual luogo, Nella Alla qual
parte, e simili; Inf. 1, 133; IV, 105. Par. xxm, 117. - 2. E pure
in proposizione relativa, riferito a un termine antecedente espresso
da un sostantivo significante luogo, parte, punto, e simili: vale Nel
quale, Nella quale, Al quale, Alla quale, Nei quali, Nelle quali, Ai
quali, Alle quali; Inf. iv, 6; xnr, 54. - 3. E in correlazione di un
altro avverbio di luogo di un sostantivo, denota altres il luogo,
il punto, la parte, in cui si fa od avviene checchessia; Inf I, 60;
ni, 93; v, 97. Purg. 1, 101. - 4. E con la ellissi del termine an-
tecedente, vale Nel luogo Al luogo, Nel punto, Nella parte,
Al punto, Alla parte, in cui, a cui e talora altres Dal punto,
;
parte, ecc., in cui a cui usato anche figuratam. Inf. xxxin, 106.
:
Purg. 1, 111; XV, 50. Par. xxx, 122. - 5. Figuratam. rife-
121; v,
riscesi a parte, punto, luogo, e simili, di scrittura discorso; Par.
42. Enciclopedia dantesca.
-
658 Dovere
xxv, 95. Conv. IV, 15, 48. - 6. E pur figuratam. riferito a scrittura,
vale Al qual proposito, Intorno a che, e simili; Conv. m, 15, 152. -
7. Preso in forza di pronome relativo, vale In cui usato anche ;
figuratam. Inf. xxiv, 134. Conv. IV, 16, 19. - 8. Usato a indicare
allontanamento, remozione, e simili, lo stesso che Di dove, Donde;
anche in locuz. figur. Purg. vii, 98. - 9. Usato in proposizione in-
terrogativa, dubitativa, o negativa, vale In qual luogo, In qual parte;
Inf. xx, 33; xxv, 43. Purg. ni, 76. Par. xm, 126.-10. Usato con
verbi di quiete, riceve altres innanzi a s le particelle A, Di, e
con verbi di moto le particelle Da, Di, denotanti allontanamento,
remozione, e simili le particelle Fino o Sino, Infino o Disino,
;
Verso e simili, denotanti la direzione o il termine ultimo del mo-
vimento e finalmente la particella Per, denotante il termine medio
;
del moto; Inf. xxvin, 24. Purg. xix, 69. - 11. E usato in forza di
Sost. per Luogo, Parte, Punto, Posizione, e simili Par. in, 88
;
;
xn, 30; xxn, 147; xxvn, 109.
Dovere, dal lat. debere, mutata la prima e in o e il b in v,
come in altri casi e per cagion d' origine alcune forme mantengono
;
la prima sillaba de, e invece del v hanno il b raddoppiato, al quale
talora si sostituisce il doppio g. Nella Div. Com. questo verbo
adoperato 77 volte, 33 neVInf., 21 nel Purg. e 23 nel Par. Le
diverse forme del verbo che occorrono nella Div. Com. sono le se-
guenti :
A. Modo Indicativo; Tempo Presente: DeggiO; Inf. xv, 118
xxvn, 109. Purg. xxi, 102. - Devi; Par. iv, 89. Dei; Inf. xiv, 16
xxix, 138; xxxiii, 13, 136. Purg. vili, 68; xxvin, 118. Par. i, 136
v, 51 ; xxn, 125; xxvin, 106. - Deve; Inf. n, 88. Dee; Inf. n, 88
xi, 45; xiv, 129; xx, 128; xxiv, 78; xxvi, 11; xxvn, 115; xxxiv
32, 36. Purg. i, 33; vi, 39; XI, 34; xvn, 101. Par. vii, 49; ix, 41
xvi, 85; xix, 145; xxvin, 52. De'; Inf. xvi, 125. Purg. xvin, 63
Par. xxxiit, 44. - DeonO; Inf. xix, 3. Den; Inf. xxxiii, 7. Purg
xm, 21. Denno; Inf. xvi, 118.
B. Nell'Imperfetto: Doveva; Purg. xxxiii, 22. Par. xxxiii, 47.
Dovea; Par. xxxi, 40; xxxiii, 47. - Dovei; Inf. xxxiii, 87. Dovevi;
Purg. xxxi, 55. - Dovea Inf. n, 18; xiv, 135; xvi, 102; xxvi, 96.
;
Purg. vii, 92; xxxi, 54. Par. ix, 3; xn, 66; xxiv, 120. - Doveati;
Purg. xxxi, 48.- Dovean; Purg. xxxi, 58.
C. Modo Soggiuntivo; Tempo Presente: Dovessi; Par. vi, 27.
Dovessi; Purg. xxxi, 30. Dovessiti; Purg. xxxi, 27. Debbia; Inf.
xxiv, 151.
D. Condizionale; Dovrei; Purg. xxm, 72. Dovre'; Inf. vii, 50.-
Dovresti; Purg. vi, 91, 99. - Dovrebbe; Inf. xm, 38; xvi, 42;
Dovere-Braco 659
xxvil, 80. Par. xit, 109. Dovria; Inf. xvr, 42, 102. Purg. xiv, 144.
Par. i, 32; ir, 40. -Dovbian; Inf. vii, 92. Dovrien; Par. n, 55;
Vii, 129.
Aver obbligo, sia legale, sia morale, di pagare, dare, o ren-
1.
dere altrui checchessia; fguratam. e poeticam. riferito a spazio di
tempo che sia o si consideri prestabilito; Purg. xxi, 102.-2. E pur
fguratam. per Aver obbligo morale di professare, portare, mostrar
col fatto, verso chicchessia, un dato sentimento o contegno; Conv.
IV, 8, 6. - 3. Esser tenuto per obbligo morale e legale, e pi lar-
gamente per condizione, comando, carico, accordo, e simili,
ufficio,
di fare, o di non fare, checchessia; Avere, per qualsivoglia cagione,
obbligo di farlo, o di astenersene; Purg. vi, 91, 99; vii, 92.-4. E
per Essere obbligato, indotto, spinto, a far checchessia da giusta
cagione o ragione, da plausibil motivo, titolo sufficiente, e simili;
Essere consentaneo a ragione il farlo; Inf. n, 88;xxxm, 87.-5. E
per Essere in grado o condizione da fare necessariamente ci che il
compimento esprime; Inf. vii, 50. Par. V, 51; xxn, 125. - 6. E per
Essere tenuto o indotto a far checchessia da convenienza, opportu-
nit, utilit, e simili; Bisognare, Convenire, Che si faccia o avvenga
checchessia, Esser esso da farsi; Inf. xvi, 125; xxvn, 80.-7. Denota
pure talora Stare per fare, o Stare per accadere, checchessia, Essere
sul punto, in procinto, di fare o di avvenire, Esser per fare o av-
venire checchessia; Inf. xxvn, 109. - 8. Talvolta ha forza di far sot-
tintendere il verbo della proposizione, sia essa antecedente o susse-
guente, con la quale in relazione logica; Par. xxxiii, 47.
Dovere, Infinito del verbo Dovere sostantivato : 1. Obbligo di
fare o non fare checchessia, imposto dalla condizione, grado, ufficio,
proprio di alcuno, dal fine che vuol conseguire, e simili; ed al-
si
tres Ci che per siffatte cagioni alcuno obbligato di fare; Purg.
x, 92; xvii, 86. - 2. E genericamente per Ci che uno ha da fare,
da compiere, per qualsiasi motivo; Purg. xxx, 5. Par. xvm, 53.-
3. Vale anche Principio di giustizia, Il giusto, e altres Cosa giusta,
onesta, e simili; Par. ix, 48.-4. E per Ci che dobbiamo altrui,
Debito; Purg. xm, 126; xxm, 15.
Dovunque, che Ovunque, rinforzano per eufonia con
lo stesso
l'apposizione della lettera d. Propriam. In ogni luogo, In ogni parte
dove; e fguratam., In qualunque cosa, occasione, congiuntura, ne-
gozio; ed altres In qualunque persona, In qualunque punto del di-
scorso, e simili ; Conv. in, 1, 30.
Draco e Drago, dal lat. draco, e questo dal gr. Zpdxw.
Animale favoloso, che si rappresenta specialmente sotto la forma di
660 Draghignazzo
un serpente con zampe ed ali ; ed inoltre, pur secondo le antiche fa-
vole, di assai et e di vista acutissima; Inf. xxv, 23. Purg. xxxu, 131,
nel qual luogo il Drago tolto dall' Apocalissi, xu, 3, 4 Ecce :
draco magnus rufus, habens capita septem et cornua decem, et in
capitibus suis septem diademata, et cauda eius trahebat tertiam par-
tenti stellarum coeli, et misit eas in terram. Et draco stetit ante mu-
lierem. Per questo drago VApocal. intende il diavolo (xu, 9 xiii, 3
; ;
XX, 2), e del diavolo intendono parecchi commentatori anche nel passo
dantesco. Petr. Dant.: Drago figurat Antichristum vel fgurat cu-
;
piditatem subsecutam pastorum Ecclesia} circa temporalia.- Cass.:
Motus cupiditatis diabolicus. - An. Fior.: Questo intende al-
cuno la grande persecuzione che far Anticristo contro alla Chiesa.
E di Lucifero che sbuca dall'inferno, o vuoi di un demonio che scal-
tramente sparge nella Chiesa o nella curia Eomana un vizio, cio
la cupidigia di onori e di pecunia, intendono pure Lomb., Port.,
Tom., Br. B., Triss., Ponta, Barelli, Bocci, Mariani, Corri., Kop.,
Witte, ecc. - 1 pi si avvisano invece che in questo drago sia raffigu-
rato Maometto, il quale tolse molti popoli al Cristianesimo. Serrav.:
Iam ponitur quarta persecutio Ecclesie, quam fecit ille porcus Ma-
chometus, qui de terra venit, quia fuit totus terrenus, lascivus, lu-
xuriosus, avarus; nihil habuit de celo, nec aliquid de celestibus sensit.
De terra aperta exivit et venit intra ambas rotas, idest inter ambo
Testamenta, scilicet novum et vetus, quia de utraque Testamento
sumpsit aliqua ad condendum legem suam.... Iste Machometus venit
ut draco, qui fixit caudam suam super currum sursum, et traxit ad
se caudam malignam, cum qua traxit multa de fundo curris et re-
cessit vagus. Cos Lan., Falso Bocc, Benv., Buti, Land., Tal,
Veli., Dan., Voi., Vent., Pogg., Costa, Borghi, Bennas., Carrier.,
Campi, Poi., Kanneg., Bl., Ozan., ecc. Altri vedono nel Drago il
maggiore persecutore che la Chiesa di Dio avesse mai (Ott.); lo
scisma (Zinelli, Barlow, Daniel); l'eresia possente d'armi o altri-
menti (Biag., Ces.); Fozio, autore della divisione della Chiesa in
orientale ed occidentale (Frat., Greg., Andr.); la simonia (Pic-
cMoni), ecc. Fra tante opinioni alcuni non sanno decidersi {Ed.
Anc, Wagn., Frane, Nott., ecc.), e non pochi tirano via senza
dare veruna interpretazione (Dol., Mari., Brun., Gus., Eitn., P.
A. Fiorent., D. Mauro, ecc.). Cfr. Comm. Lips. ir, 755 e seg.
I>rag1iignazzo, forma peggiorativa di drago, Gran drago,
Gran serpente; nome dato da Dante ad uno dei demoni della quinta
bolgia; Inf. xxi, 121; xxn, 73. Benv.: Est magnus serpens ma-
venenans; ideo bene dicitur
liciosus, venenosus, cseteros infciens et
Draghinaccius, quasi magnus draco, vel draco ignitus. - Gelli :
Dramma-Drus 661
Quel veneno che hanno simili uomini, che non nuoce solamente
a loro, ma egli infetta e appestifera ancora gli altri. - Il Ross.
poi, conforme al suo sistema : Se rammentiamo che uno de' Priori,
mentre il Cardinale (da Prato) l era (a Firenze), fu un Ruffa-
cani conosceremo che questo nome ha potuto regalare all' Inferno
il demonio Graffiacane.
Dramma, dal lat. drachma, e questo dal gr. SpaxiiVj: Nome
che davasi ad un peso, corrispondente all'ottava parte dell' oncia,
e pi specialmente adoperavasi dai medici e farmacisti. 1. Figura-
tamente e in locuz. figur. Purg. xxi, 99. - 2. E pure figuratami, per
Minima particella di checchessia; Purg. xxx, 46.
Drappo, dal lat. drappus: 1. Tessuto di seta pura, come Raso,
Ermisino, Taffet, Velluto e simili; Inf. xvn, 17. - 2. Drappo, si
disse anche per Tessuto di lana o di lino, Panno, e particolarmente
per Tovaglia; Conv. IV, 27, 93. - 3. E per Veste fatta di drappo,
e, secondo che anche si disse, di tela o di panno; ed altres per
Coperta od Ornamento di drappo; Purg. xix, 32. - 4. E per Palio;
Inf. xv, 122.
Driade, dal lat. dryas, e questo dal gr. dpoa&es: Ninfa dei
boschi, che credevasi vivere immortale, a differenza dell'Amadriade
che periva insieme con la pianta, entro alla quale abitava; Ed. li, 56.
Drittamente, Dritto, Drittura, Drizzare, cfr. Di-
rittamente, Diritto, Dirittura, Dirizzare.
Druda, femm. drudo, prov. druda, frane, nt. drue, Donna
di
che corrisponde altrui disonestamente in amore. E per Donna amata,
usato figuratam. Conv. il, 15, 136; ni, 12, 80.
Drudo, prov. dru, drud, drut, frane, ant. dru, catal. ant. drut,
voci derivate dal ted. ant. trut, drut ed anche drud, da triuwi, fe-
dele; cfr. Diez, Wrt. l 3 , 158 e seg. Zamb., 410 C. 1. Amante di-
sonesto; Inf. xviii, 134. -E per similit. Purg. xxxn, 155.-3. E
2.
semplicemente per Amante, Amatore, in locuz. figur. Par. xn, 55.
Conv. il, 16, 25.
Drusi, famiglia patrizia che diede a Roma Marco Livio Druso
il vecchio, che fu due volte Tribuno, e Consolo nel 112 a. C.
(cfr.
Pltjt., C. Gracch., 7 e seg.); Marco Livio Druso il giovine, figlio
dell'antecedente, Tribuno del popolo nel 94 a. C
(cfr. Cic, De orat.
i, 7; in, 1. Mil., 7. Vell., li, 13 e seg.);Nerone Claudio Druso,
Druso Cesare, ecc. Conv. IV, 90 (nel
5, qual luogo invece di Drusi
il Witte vuol leggere Curzj ed il Giul. Fabj.
662 Du'-Dubio
Du',per dove, dal lat. ubi, legge la Cr. nei luoghi Par. x, 96;
xi, 25, 139; xn, 123; xv, 51, mentre il pi delle ediz. e dei codd.
in tutti questi passi hanno u'.
Du' per due, legge la Cr. nel luogo Purg. vili, 26, dove i pi
leggono Due.
Dubbiare, dal lat. dubitare; 1. Aver dubbio, Essere o Ve-
nire in dubbio, di checchessia, Dubitare; Inf. xi, 93. Purg. in, 72;
xvm, 42. Par. XI, 22; xiv, 99; xx, 79; xxix, 64; xxxn, 49. - 2. E per
Sospettare di checchessia o di chicchessia; e con pi grave signifi-
cato, Averne paura, Temerne ; Inf. iv, 18. Purg. xx, 135. Par. xxvi, 1.
Dubbio, dal lat. dubium ; 1. Stato, Condizione, dell'animo non
certo di checchessia, incerto fra pensieri diversi o contrarj; Incer-
tezza; ed altres Pensiero, Moto dell'animo o della mente in tale
condizione propriamente riferiscesi a cosa attinente o alla fede
: e
o alla scienza, o in generale a checch abbia del difficile ad essere
compreso; Purg. XV, 60; xvi, 54. Par. i, 94; iv, 8, 131. - 2. Nel
medesimo senso, riferito a cosa che non si sappia con certezza, o
della quale non si vegga la ragione, o la possibilit, o non se ne
abbia sufficiente notizia, chiara idea, memoria esatta, e simili; Inf.
xxxn, 83. - 3. E per Obiezione, Difficolt, che si faccia a cosa pen-
sata, affermata, proposta, deliberata, e simili; od anche Punto in-
torno al quale la mente incerta, Punto controverso, ed altres La
cosa stessa di cui si dubita; Par. xix, 33. Conv. i, 2, 17; IV, 11, 27.-
4. E per Ambiguit, ed anche Dubbiezza Vit. N. xl, 28. - 5. In
;
dubbio, apposto a persona, vale Dubitoso, Dubbioso, Compreso da
incertezza, timore, e simili; Purg. IX, 64; xxxn, 85.- 6. Senza
dubbio, maniera avverbiale che vale Certamente, Indubitatamente,
Sicuramente; Conv. iv, 15, 43.
Dubbioso, dal basso lat. dubiosus 1. Che ha dubbio di chec-
:
chessia o intorno a checchessia, Che non ne certo o sicuro, sia
rispetto al credere o comprendere, sia rispetto al fare, Incerto; Conv.
ni, 7, 126. - 2. od operazioni, ed altres di sentimenti
Detto di atti
od per Accompagnato da dubbj o incertezze, Pieno di dub-
affetti,
biezze, e simili; Inf v, 120. - 3. Detto di libro o scrittura, o di
alcun passo di esso, vale Che contiene cose da doverne dubitare, non
certe, o contro le quali si possono muovere difficolt, obiezioni,
Vit. N. xn, 113.
Dubio, Add., Lo stesso che dubbio, dal lat. dubius ; Che ha
in s materia o cagione di dubbio, Tale da far dubitare, Incerto,
Dubbioso; detto di pensieri; Par. xxvni, 97.
DuMtanza-hibitoso 663
Dubitanza, L'esser dubitante, Stato di chi dubita, teme o
diffida di checchessia, di chi esita a fare
alcuna cosa, e simili. E
per Materia o Cagione di dubbio, Punto da far altrui muovere alcun
dubbio; Conv. in, 1, 81.
Dubitare, dal lat. dubitare; 1. Non essere certo di checchessia,
Aver dubbio intorno a checchessia, Essere incerto fra il s e il no, o
in generale fra pensieri, opinioni, giudizj, diversi o contrari. Rife-
riscesi a cose attinenti o alla fede o alla scienza o comecchessia in-
tellettuali; Par.
iv, 22; vii, 10; vili, 92; xix, 84; xxxn, 49.-2. E
riferito a materiali o a cose di fatto, vale Essere incerto
cose
della loro realt, Non prestarvi intera fede, Non averne sicura no-
tizia, idea, od anche percezione Purg. xxn, 29. Conv. in, 3, 34. -
;
3. E da farsi, vale Essere incerto se convenga o no
riferito a cose
farle, se siano tali da potere o dover farle, o del modo di farle;
Inf. xxviii, 97. Par. xvn, 104. - 4. Per Proporre, Esporre, Muovere,
dubbj, difficolt, obiezioni, intorno a un punto comecchessia dispu-
tabile ed altres Disputare; Vit. N. xxv, 2. Conv. in, 15, 53. - 5. Per
;
Temere, Sospettare, Aver paura, sospetto usato senz' alcun compi-
;
mento: ed in senso anche pi assoluto, Stare in timore, Vivere in
sospetto; Inf. xxxni, 45. - 6. Dubitare in una cosa, vale Aver dubbio
intorno a quella, Dubitar di quella; Vit. N. xxv, 69. Conv. II, 12, 40;
ni, 10, 35. - E
usato in forza di Att., secondo propriet latina Cre-
7. :
dere, Reputare, e simili, incerto, non probabile, checchessia; Avervi
dubbio ed altres Porre o Revocare in dubbio Conv. iv, 6, 10. -
; ;
8. Nessuno dubita maniera usata a significare in modo efficace,
che la cosa della quale si parla certa, evidente, tale da non po-
tersene ragionevolmente aver dubbio; Conv. i, 7, 58; II, 5, 47.
Dubitazione, dal lat. dubitatio: L'atto e L'effetto del du-
bitare, del non essere certo di checchessia; o dell'essere incerto,
esitare; ed altres del temere, sospettare. 1. In locuz. figur. Conv.
il, 16, 31. - 2. Per dubbio, ed altres per Difficolt, Obiezione, e
simili, in materia di fede, o di scienza, o di cose comecchessia in-
tellettuali; Par. iv, 64. Vit. N. xxv, 2. Conv. in, 15, 82.
Dubitosainente, In modo dubitoso, incerto; ed anche per
Con esitanza, Con timore; Vit. N. ni, 19.
Dubitoso, Che suol dubitare, Facile a dubitare; ed anche per
Incerto. Detto di cose, vale Tale da concepirne timore, turbamento;
incertezza dell'esito, Malsicuro, Pericoloso; Canz.: Donna pietosa
e di novella etate, v. 43.
664 Duca - Duca (Guido del)
Deca, dal lat. dux, probabilmente per mezzo di doOxa, accus.
sing. dal basso gr. Sou. Titolo di signore con giurisdizione. La qual
voce dal suo proprio significato di Capitano d'esercito, divenne negli
ultimi anni dell'Impero romano nome di Generale che governava
una data provincia, ed altres, per quanto sembra, Titolo di dignit
nella corte imperiale; e finalmente Titolo di giurisdizione nell'or-
dinamento feudale. 1. Per Rettore d'uno Stato, Capo di reggimento
popolare, e simili; Inf. xn, 17.-2. E per similit., applicato a Fon-
datori d'ordini religiosi ; Par. xn, 32. - 3. E per Generale, Capitano
d' eserciti, Duce Par. v, 69. - 4. E poeticam. per Condottiero, Con-
;
duttore di popoli, e simili; Par. xviii, 47; xxxn, 131. - 5. Per
Guida; Inf. xxi, 138; e fguratam. Conv. IV, 6, 53.-6. Quindi Vir-
gilio, guida di Dante per le regioni dell' Inferno e del Purgatorio,
chiamato dal Poeta sovente (83 volte, 59 ieWInf. e 24 nel Purg.) il
Buca e il suo Duca {Inf. ir, 140; in, 94; v, 21; vili, 25. Purg.
i, 49; x, 11; xv, 118, ecc.), il buon Duca {Inf. x, 19; xu, 83. Purg.
vi, 49), dolce Duca {Inf. xviii, 44. Purg. vi, 71), savio Duca {Inf.
iv, 149. Purg. xxi, 76 xxvn, 41) e verace Duca {Inf. xvi, 62).
;
Deca, altro, Par. xn, 32, San Domenico, capo e guida del-
l'Ordine da lui fondato.
Duca d'Atene, Inf. xn, 17, Teseo, l'uccisore del Minotauro;
cfr. Teseo.
Itaca (dei demoni), Inf. xxi, 138, Barbariccia, ordinato
da Malacoda a guida dei dieci demoni della quinta bolgia; Inf.
xxi, 120.
Duca G-ottifredi, Par. xviii, 47, Goffredo di Buglione,
duce della prima crociata; cfr. Gottifredi.
Duca dei Greci, Agamennone, duce supremo
Par. v, 69,
dei Greci nella guerra Trojana, quale sacrific la figlia Ifigenia per
il
ottenere dagli Dei vento favorevole; cfr. Hom., II. et Odys., passim;
Apollod., ih, 2, 1, 2. Esch., Agamenn., ecc. Vedi pure l'art. Ifi-
genia.
Duca, quel, Par. xxxn, 131, Mois, il legislatore d'Israele,
che condusse il popolo suo fuori d'Egitto e lo guid quarant'anni
per il deserto; cfr. Mois.
Duca (Guido del), spirito di Eomagna che sta purgandosi
nella cornice degli invidiosi, Purg. xiv, 81. Visse sul finire del se-
colo XII e nei primi anni del secolo XIII. ricordato in un docu-
Dncato-Due 665
mento del 12 giugno 1202 per un giuramento fatto in castro Bret-
tenorii. Figlio di Giovanni degli Onesti da Ravenna, lasci nel 1218
Brettinoro, dove era andato a star col padre, e ritorn col figlio e
colla famiglia a Ravenna. Nel 1229 viveva di nuovo a Brettinoro;
cfr. Paolo Amaducci, Guido del Duca, Forl, 1890. I commentatori
non ne dicono quasi nulla. Lari.: Fu arso da invidia, che aveva
invidia quando in altrui vedeva allegrezza. - Ott.: Uomo gen-
tile e di valore, se invidia non lo avesse arso. - Benv. : Vir no-
bilis et liberalis de Bretenorio, amico di Arrigo Mainardi, il quale
eo mortuo, fecit secari lignum per medium, in quo soliti erant
ambo sedere, asserena quod non remanserat alius similis in libera-
Ut at e et honorificentia. - Buti: Questo fu messere Guido del
Duca da Brettinoro di Romagna, lo quale fu molto invidioso. -
Gli altri antichi non aggiungono nulla.
Ducato, lat. ducatus, Dignit e giurisdizione di duca; ed al-
tres Territorio sottoposto alla giurisdizione d'un duca. Ducattis,
senza pi, chiama Dante il Ducato di Spoleto; Vulg. El. x, 37.
Duce, dal lat. dux, Capitano di esercito, Generale.
Poeticam.
1.
per Guida, Scorta; Purg. xxvn, 131 xxix, 64. Par. xxx, 37.-2. E
;
figuratam. Purg. xvnr, 18. - 3. Pur figuratam. e poeticam., detto di
cosa tanto materiale, quanto morale ed intellettuale, che in qual si
voglia modo serva di guida a far checchessia; Purg. xiii, 21.-4. E
per Colui che ha stato e signoria, Signore, Rettore, Principe; Par.
xx, 8; xxi, 26. - 5. Sommo duce, usato figuratam. e poeticam. per
Iddio, Signore e Guidatore dell'universo Inf. x, 102. Par. xxv, 72. -
;
6. E poeticam., di gen. femm., conforme all'uso latino; Inf. vii, 78.
Ducere, dal lat. ducere, propriam. Menare, Condurre; e per
Figurare, Dar figura; Par. xiii, 67. - Benv.: Illud quod gignit
et gubernat istam materiam, puta ccelum, quod est sigillum illus
ceree. - Buti : Li cieli che la dispongono a ricevere, cio la ma-
teria paziente. - Ces. : La cera la materia colla attitudine a
ricevere le forme chi la duce, o mena, la forza de' cieli. - Tom.
;
:
Le intelligenze motrici de' cieli che figurano per varii modi la
materia delle cose generate.
Due e Duo, dal lat. duo; 1. Che consta di un'unit pi un'altra
unit; Inf. v, 74; vi, 73; x, 48; XI, 106 e sovente. -2. In forza di
Sost., vale II numero due; Par. xn, 91.-3. E pure in forza di Sost.,
usato ellitticamente per Due persone; Inf. xxv, 69, 77; xxxn, 41.-
-
4.Bue o tre, detto ellitticamente per Due o tre volte; Purg. xxxi, 61.
5.1 Due vecchi; Purg. xxix, 134, sono personificazioni dei Fatti degli
666 Duera (quel da)
Apostoli e delle Epistole di San Paolo, compresa quella d'autore in-
certo agli Ebrei. Il libro dei Fatti degli Apostoli si crede scritto
dall'Evangelista San Luca, il medicus charissimus (ad Coloss.
iv, 14), onde la personificazione di esso libro si mostra alcun de' fa-
migliari di Ippocrate (cfr. Hieron., De Script. Ecc. in Brev. Bom.
ad 18 Octob.). L'altro vecchio, personificazione delle epistole di
S. Paolo, ha una spada in mano, forse con allusione alla Spada
dello spirito (ad Ephes. vi, 17).
Dnera (quel da), Inf. xxxn, 116, Buoso, della famiglia
da Duera o di Dovara, Cremonese. I Ghibellini lo avevano posto
con buon esercito ne' luoghi verso Parma per impedire il passaggio
dell' esercito francese che scendeva guidato da Guido di Monforte,
quando Carlo d'Anjou venne in Italia per rubare a Manfredi il regno
di Napoli. Corrotto con denari, Buoso non fece veruna resistenza.
Si disse che uno messer Buoso della casa di que'da Duera di Cher-
mona, per danari eh' ebbe dai Franceschi, mise consiglio per modo
che l'oste di Manfredi non fosse al contrasto al passo, com'erano
ordinati, onde poi il popolo di Chermona a furore distrussono il
detto legnaggio di quegli da Duera; Vill., vii, 4. Cfr. Murat.,
Script. IX, 709. - Bambgl.: Hic fuit dominus Bosius de Dovaria,
cremonensis. - An. Sei. : Quello da Duera si Messer Boso da
Cremona, e avia una terra che si chiama Doera, e essendo grande
capitano in lega ghibellina, per moneta lasci passare cavalieri fran-
ceschi del re Carlo, e intraro in Brescia, che altrimenti non si potia
avere entrare in Italia. E dato questo passo fu messer Boso diserto
e distrutto di sua patria. - Iac. Dant.: Messer Buoso da Duera
il quale contro a sua parte a chavalieri de re Charllo vechio per
danari nel distreto di Brescia il passo dltalia diede per lo quale
esendo per mare in Italia il detto re Carlo venuto a la sua patria
cio Chermona alla parte ghibelina finalmente si trasse. -Lan.:
Buoso da Doara da Cremona, il quale per dinari commise tale tra-
dimento contra la sua patria che elli die lo passo ai cavalieri del
re Carlo il vecchio, quando vennero in Lombardia; per la quale ve-
nuta elli e quelli di casa sua, e tutta la sua citt funno diserti e
distrutti. > - Ott. : Questi fu messer Buoso da Duera di Cremona,
lo quale contra sua parte ghibellina alli cavalieri del re Carlo per
denari nel distretto di Brescia il passo d'Italia diede; per la qual
cosa finalmente Cremona e la sua parte ghibellina ne fu distrutta. -
Petr. Dant. : Data fide regi Manfredo quod civitas Cremonse non
daret passum per dictam terram Corniti Flandrise conducenti dic-
tam gentem Karoli, dicto Karolo Komam per mare solitarie eunte,
pecunia contrarium fecit. - Benv Iste fuit quidam miles cremo-
:
Duello-Duolo 667
nensis, vir prudens et potens tempore suo, vocatus dominus Bosius
de Dueria, princeps partis ghibellina) in Cremona; qui curruptus
pecunia commisit patentem proditionem contra partem suam. Nam
tempore quo Carolus primus venit in Italiani contra Manfredum,
Ubertus Marchio Palavicinus affinis Manfredi cum cremonensibus,
et auxilio aliorum lombardorum, qui erant confederati cum Man-
fredo, paraverat se ad custodiam passus cum tribus millibus equi-
tum theutonicorum lombardorum, ne Guido de Monforte, qui du-
et
cebat gentem Caroli per terram, armatam turmatim, posset transire.
Sed Bosius de Dueria, non alia causa quam sola cupiditate avariti a,
dedit operam, quod exercitus Manfredi non impediret militiam Ca-
roli; ex quo postea populus cremonensis destruxit stirpem illorum
de Dueria.
Duello, lat. duelum, Combattimento fra due, a corpo a corpo,
fatto secondo le regole cavalleresche. Ed usasi pure per Combatti-
mento, Pugna, Zuffa, tra due, ed anche fra pi di due, guerrieri;
Mon. il, 10, 21 e seg.
Dugento, Duegento, Ducento, Duecento, dal lat.
ducenti. Che contiene due centinaja; Inf. xxi, 113.
Dunque, dal lat. tunc, aferesi di Adunque. Nella Dxv. Com.
questa particella trova 27 volte, 5 nelYInf (n, 121; x, 110; xix,
si
6Q; xxil, 64; xxvin, 55), 7 nel Purg. (i, 94; ili, 101; vi, 32; vii, 62;
ix, 93; xni, 139; xil, 94) e 15 nel Par. (v, 31; vii, 40, 103; vili, 122;
ix, 76; x, 7; xm, 89; xvi, 22; xvm, 88; xix, 52; xxvi, 7,31; xxvin,
70; xxxi, 1 ; xxxii, 73).- 1.Particella congiuntiva, che inferisce con-
seguenza e conclusione; Conv. in, 4, 82.- 2. Inferisce altres la ra-
gione o cagione del far checchessia, e vale Perci, Pertanto e cimili;
Purg. I, 94; ni, 101. - 3. E con gli stessi ufficj logici, usato in pro-
posizione interrogativa Purg. Vi, 32. Conv. IV, 27, 52. - 4. Usato
;
pure in proposizioni interrogative esprimenti dolore, rammarico,
sdegno, maraviglia, rimprovero, e simili ; Inf. il, 121.
Duo, cfr. due.
Duodecimo, dal lat. duodecimus, Dodicesimo; Conv. n, 9, 58.
Duolo, dal lat. dolere; in una iscrizione latina trovasi dolus,
in senso di dolore: Grave 1. afflizione, Vivo dispiacere, Dolore; Inf.
iv, 28, 43; xxvin, 110. Purg. vii, 111; xvi, 64; xxx, 108.
- 2. E
fguratam. e poeticam. per Danno, Guaio, Sciagura; Inf. xxi, 132. Par.
Lamento, Grido dolo-
xix, 118. - 3. Pur fguratam. e poeticam., per
roso, pianto onde Fare, Menare, duolo, vale Lamentarsi,
Rammaricarsi
;
668 Durabile-Durare
per dolore Inf. yin, 65 xiv, 27. - 4. E per Lacrime Inf. xvn, 46
; ; ; ;
xxxiii, 95.-5. E per Sensazione dolorosa, Doglia, Dolore fisico; Inf.
in, 33. - 6. Poeticam., e in locuz. figur. Par. vi, 6Q. - 7. E pur poetica-
mente per Pena afflittiva o dolorosa, Tormento, Martoro, e simili;
Inf. IX, 111.-8. Nel luogo Inf. xxi, 132, alcuni prendono Duoli nel
senso di Danni, Guai, Sciagure, mentre secondo altri Duoli ha qui
lo stesso senso che il lat. dolus, e vale Inganni. I commentatori
pi antichi (Bambgl., An. Sei., Iac. Dant., Dan., OH., Petr. Dani.,
Cass., Falso Bocc, An. Fior., ecc.) non danno veruna interpreta-
zione. Benv., Buti, Serrav., Lomb., ecc., spiegano Duoli per Dolori,
Guai. Barg. : Fanno segnale di volerne ingannare. -Bl. : Io pro-
pendo a spiegare Duolo per: Dolo, lat. dolus, Perfidia, Tradimento,
cos usato dagli Antichi pi d'una volta. (V. pure Orlandino, canto in,
st. 39).
Durabile, dal lat. durabilis. Che ha la propriet di durare,
Atto a non venir meno, Perpetuo; Par. xxvi, 129.
Duramente, In modo duro, Acerbamente, Aspramente, Fie-
ramente. 1. Per Ferocemente e con persistenza, Con ostinata ferocia,
Con accanimento; Inf. xxxn, 86. -2. E per Fortemente, Gravemente,
e simili, usato parlandosi di qualit o condizioni morali e propria-
mente moleste; Vit. N. x, 6.
Durante, nome di battesimo del Poeta, abbreviato quindi in
quello, sempre da lui e dagli altri usato, diDante cfr. Pelli, 5.
;
Balbo, lib. i, e. 2. Fraticelli, Vita di D., p. 52 e 96.
Durare, dal lat. durare, Occupare spazio di tempo, Continuare
ad essere per uno spazio determinato o indeterminato di tempo;
detto di atto o fatto, stato o condizione, ufficio, e simili. Nella Div.
Com. il verbo Durare occorre 19 volte, 6 neWInf. (i, 20; li, 59, 60;
ni, 8; xxiv, 6; xxv, 11), 8 nel Purg. (vili, 77; xi, 92; xvi, 77;
xviii, 30; xx, 101; xxi, 85; xxvi, 113; xxix, 20) e 5 nel Par. (iv, 19;
Vii, 126; xv, 11, 18; xvi, 81). 1. Detto di affetto, passione, condi-
zione morale, e simili; Inf. i, 20. Purg. vili, 77. - 2. Usato senza
alcuna determinazione di tempo, vale semplicemente Continuare,
Perdurare; detto di atti, e di cose fisiche come morali; Purg. xxix, 20,
Par. iv, 19. - 3. Per Continuare nell'essere o nello stato primiero,
Mantenersi o Conservarsi stabilmente, Non venir meno, Non perire;
detto di cosa e usato cos assolutamente, come con una designazione
di tempo Inf. ni, 8; xxv, 11. Par. vii, 126. - 4. E figuratam. detto di
;
cose sia fisiche sia morali, di consuetudini, istituzioni e simili Inf. ;
n, 59, 60. Purg. xxi, 85. - 5. Detto di tempo, o di qualsivoglia spazio
Durato-Duro
di tempo, vale Estendersi, Esser lungo, Abbracciare
col suo corso
fino a un dato termine; Purg. xx, 101. Conv. iv,
24, 9. - 6. E per
Sostenere, Reggere, a lungo, o con isforzo; Essere
aggravato da
checchessia: e riferiscesi a cosa molesta o dannosa, e particolar-
mente a fatica; Purg. XVI, 77.
Durato, dal lat. duratus, propriam. Partic. pass, di Du-
rare. E
in forma d'Add. usato per Stabilito o Confermato dal lungo
tempo, dalla consuetudine, ed altres Indurato; Cam.: Le dolci
rime d'amor, ch'io solia, v. 32.
Dur azione, L'atto e L'effetto del durare, del conservarsi, del
mantenersi ; Conv. in, 1, 39.
Durazzo, l'antico Epidamnus, 'E^Sajivog (cfr. Thuc, i, 24.
Polyb., il, 9), e poi Byrrhachium, Aoppaxtov (Thuc, i, 26), citt
dell' Epiro, situata sulla riva orientale del mare Adriatico, dove Ce-
sare fu assediato dalle genti di Pompeo (cfr. Ces., Bell. civ. in, 13
e seg.); Par. vi, 65.
Durezza, dal lat. duritia e durities, L'esser duro. Per Reni-
1.
tenza. Ripugnanza di fare, o credere, checchessia; Purg. xxvii, 40.-
2. Per Difficolt ad intendersi o comprendersi ; Conv. i, 3, 10.
Duro, dal lat. durus, Add. che nella Div. Com. adoperato
29 volte, 19 nell' Inf. (i, 4; il, 96; HI, 12; IV, 119; IX, 122; xiv, 44;
xv, 1 xviii, 8; xix, 132; xx, 26; xxi, 43; xxm, 43; xxv, 111; xxvn,
;
56, 125; xxx, 105; xxxn, 14; xxxin, 66, 112), 8 nel Purg. (in, 70;
XII, 49; XIII, 53; XIV, 142; xix, 48, 77 XXV, 27; xxvn, 34) e 2 nel ;
Par. (xi, 91; xvn, 59). 1. Che per intrinseca natura difficilmente
e con fatica si pu aprire, tagliare, incidere, ammaccare, e simili;
Inf. xxi, 43. Purg. in, 70. - 2. Detto di alcuna cosa, in quanto
formata di materia dura; Inf. xv, 1. Purg. xir, 49. - 3. E per Molto
tosto, Resistente, Non cedevole, Non morbido o delicato; detto di
pelle, e di buccia; Inf xxv, 111. - 4. Per Forte, Gagliardo, Vigo-
roso; detto di colpo o porcossa, e poeticam. della mano stessa che
percuote; Inf. xxx, 105. - 5. Detto fguratam. di persona, vale Che
non tocco o mosso da affetti gentili, e pi particolarmente Che non
ha piet o compassione, Insensibile; e con pi grave senso Inumano,
Spietato, Crudele; Purg. xm, 53. - 6. E poeticam., detto di cose;
Inf xxxui, 66. - 7. Per Restio, Renitente, Ripugnante, e anche Con-
trario; Inf xxvn, 56.-8. Per Fermo, Costante, Pertinace, in fare o
non fare, volere o negare, checchessia; e con pi grave senso, Osti-
-
nato in un proposito o risoluzione Inf XIV, 44. Purg. xxvn, 34.
;
670 DXV-E
9. Figuratam., per Che affligge, rattrista, angustia, sconforta, l'animo;
Spiacevole, Molesto, Doloroso, e simili ; Inf. i, 4; in, 12. - 10. Per Che
d cagiona affanni, travagli, tormenti, pene e simili Purg. xix, 77. -
o ;
11. Detto poeticam. di lamenti, vale Fortissimo, Disperato, e simili;
Inf. ix, 122.-12. Per Rigoroso, Severo, Rigido, Crudo, detto di legge,
sentenza, e simili; Inf. ir, 96. - 13. Figuratam. per Difficile, Malage-
vole, Arduo, e simili; Inf. xix, 132. - 14. E assolutane, per Difficile
a intendersi o comprendersi, Oscuro; ed altres Difficile a credersi,
ammettersi, e simili; Purg. xxv, 27. Conv. i, 3, 10.-15. Aggiunto
di terra, vale Asciutto, Non occupato dall'acqua; Inf. iv, 109.
DXV, cfr. Cinquecento diece e cinque.
E
E ?
la quinta lettera dell'alfabeto e la seconda delle vocali; Conv.
IV, 6, 22 e seg. Vulg. E. Il, 7, 40. - 1. Ha
doppio suono, pronun-
ziandosi ora aperta ed ora chiusa, la quale diversit non impedisce
per la rima; Inf. xxv, 82, 84. - 2. Aggiunta per eufonia in fine
di parolemonosillabiche o accentate sull'ultima; Inf. n, 141 ; xxiv,
90; xxvi, 15. Purg. xxxn, 10. Par. xxvm, 123, ecc.
E ?
dal lat. et, particella copulativa, che dinanzi a parola inco-
minciante per vocale prende spesso il d a fine di evitare l'iato, e
diviene ed. Serve a congiungere o coordinare due termini congeneri
del discorso, come due nomi, due verbi, due avverbj, oppure un adiet-
tivo e un avverbio o maniera avverbiale, ed altres due proposizioni,
due membri del periodo, ed anche due periodi. Trovasi naturalmente
ad ogni pagina, nella Div. Com., secondo un calcolo fatto in media
35 volte per canto, dunque circa 3500 volte. I codd- e le ediz. an-
tiche hanno comunemente et alla latina, oppure il segno &. - 1. Con-
giuntiva fra due termini congeneri del discorso Inf. i, 43, 112; n, 53. ;
Purg. vili, 16. - 2. Congiuntiva tra due proposizioni, o che ambedue
siano esplicite o una di esse implicita, ed anche tra due membri del
periodo. La quale particella spesso ripetuta innanzi a pi propo-
sizioni, unendole tra loro per semplice coordinazione; Purg. i, 109
e seg.; v, 100 e seg.; vi, 109 e seg. - 3. Congiuntiva tra periodo e
periodo nella continuit o progressione del discorso; Inf. i, 22; il,
37; ni, 13, 19, 31, 34, 43, 52, ecc. Purg. x, 43; xv, 73.-4. Nelle
enumerazioni specialmente, serve a distinguere i vari termini, o
parti, o proposizioni, siano queste compiute od ellittiche; Inf. xi, 71
-
Eaco 671
e seg. Par. xi, 4-9. - 5. Non di rado il termine o la
proposizione
che VE congiunge con altro termine o proposizione antecedente,
tramezzato da qualche parola, o da una proposizione subalterna;
Inf. XVI, 14; xxi, 100. Purg. in, 107. - 6. Ripetuta per figura di
polisindeto dinanzi a ciascuno dei termini congeneri della proposi-
zione, o dinanzi a pi proposizioni Inf. i, 5 x,47 xxiv, 8; xxxm, 141.
; ; ;
Purg. I, 50; xiv, 92. Gonv. IV, 5, 58. - 7. E por figura di asindeto, ta-
ciuta dinanzi al proprio termine; Inf. v, 43. - 8. Serve pure a riunire
le voci Tutti e Tutte con un adiettivo numerale; Purg. ix, 12. - 9.
E
pur conservando la sua forza copulativa, serve a riunire due idee
opposte in unico concetto, o due proposizioni, l' una affermativa e
l'altra negativa; Inf. xn, 87; xm, 23; xxx, 141. - 10. Serve a met-
tere in opposizione uno con un altro concetto, una con un'altra pro-
posizione; e in questo senso riceve un valore oppositivo, ed equi-
vale a Ma, Laddove, Mentre, e simili; Inf. xvn, 12; xix, 3; xxx, 63.
Purg. 99; xi, 95.
vi,
11. E, pure con valore oppositivo, equivale a Nondimeno, Ci
nonostante, Tuttavia, Eppure, e simili; Purg. xiv, 150.-12. Ed
anche equivale a Sebbene, Quantunque; Inf. xxvn, 26.- 13. Denota
contemporaneit tra due atti, ovvero tra un atto e una condizione,
stato, e simili, espressi da due proposizioni, la prima delle quali
pi spesso temporale; Inf. xxv, 34, 50. Purg. il, 119; xiv, 137.
14. Denota pure l'immediato succedere di un atto, fatto, o fenomeno,
ad un altro; e in tale ufficio pi spesso premessa all'avverbio Ecco:
Inf. i, 31; xni, 115. Purg. vi, 72.-15. Secondo una delle propriet
del latino et, talora usata in senso di Anche Purg. in, 82. Conv.
;
in, 15, 132. - 16. In comparazione, dinanzi al secondo termine, se-
guita dall'avverbio Cos, talora taciuto per ellissi; Purg. xi, 17.-
17. Spesso non ha altro ufficio che di rafforzare il discorso o di dargli
maggior rilievo, posta innanzi a proposizione affermativa, nega-
tiva, interrogativa, esortativa, obiurgativa, conclusiva, e simili ; Inf.
xxxm, 42. Purg. ni, 5. Par. vili, 46. Conv. iv, di-
7, 91. - 18. E
nanzi ad aggiunto denotante progressione nella qualit, nel modo,
effetti e simili, di una cosa o di un' azione Inf. xxvin, 109. - 19. Serve
;
altres a denotare relazione di reciprocit, corrispondenza, confor-
mit e simili, tra due proposizioni; Inf. xm, 56; xxx, 115. Purg.
xii, 57.- 20. Ed usata in parentesi; Inf. xxvn, 8; xxx, 59.
Eaco, Ataxs, ^Eacus, figlio di Giove e di Egina, dalla quale
fu nominata un'isoletta presso Atene, dove la madre lo mise al
mondo, e della quale Eaco fu poi re. Al tempo della peste mandata
da Giunone, della quale morirono uomini ed animali (cfr. Egina),
Eaco si rivolse a Giove, il quale, esaudendone la preghiera, cre i
672 E' -Ecce ancilla Dei
Mirraidoni (Ovid., Met. vii, 525-660). Eicordato Conv. iv, 27, 118
e seg. Cfr. Inf. xxix, 58 e seg.
E', Ei, cfr. egli.
E, lat. es, cfr. essere.
Ebbrezza, Stato, Condizione di ebbro, Ubriachezza. E figu-
ratamente per Grande commozione e quasi alienazione d'animo ca-
gionata da forte piacere; Par. xxvn, 5.
Ebbro, dal lat. ebrius, Ubriaco, Avvinazzato. E
per estensione,
detto di atto, parola, e simili, vale Da ebbro, proprio di ebbro, e
figuratam. Dissennato, Stolto; Inf xxvn, 99.
Ebraico, lat. hebraicum, La lingua ebraica; Vulg. Ehi, 6, 43.
Ebrei, D^DJ? e O^^QJJ, gr. 'EPpafog, secondo Dante ( Vulg. Eh
i, 6, 40) da Heber, *QJJ, capostipite del popolo (cfr. Genes., x, 24
e seg.; xi, 14 e seg.), pi probabilmente da HDJ? = al di l, onde
Ebrei = gente venuta dal di l del Giordano (cfr. Gesenius, Gesch.
der hebr. Sprache, 9 e seg. De Wette, Einleit. in's A. T., 8 a ed., 39.
Reuss, Gesch. des A. T., 2 a ediz., p. 55), nome dei discendenti del
patriarca Giacobbe, ossia degl'Israeliti; Purg. iv, 82; xxiv, 124.
Par. v, 40. Si accenna pure ad essi Purg. xvm, 134. Par. xxxu, 132.
(Cfr. Giudeo, Israele); Mon. n, 8, 25.
Ebreo, lat. hebrceus, gr. ppaiog; 1. Add., Appartenente agli
Ebrei; Par. xxxu, 17. - 2. In forza di Sost., La lingua ebraica; co-
munemente L'ebraico; Conv. i, 7, 78.
Ebro, lat. Iberus e Hiberus, gr.nome dell'uno dei
"Ipspog,
sei principali torrenti della Spagna, quale scaturisce nella pro-
il
vincia di Santander, bagna la Vecchia Castiglia, la Navarra, l'Ara-
gona e la Catalogna, passa per Saragozza e per Tortosa e sbocca
nel Mediterraneo Par. ,ix, 89. Cfr. Ibero. Dante, secondo il si-
;
stema geografico da lui seguito e che solo poteva seguire, pone l'Ebro
antipodo al Gange, come il Purgatorio antipodo a Gerusalemme;
perci se quando al Gange mezzod mezzanotte all' Ebro (ovvero
in Ispagna), ne viene che mattina a Gerusalemme e sera al Pur-
gatorio; Purg. xxvn, 1-5. Poh
Ecce ancilla I>ei, Ecco V ancella di Dio, parole dette dalla
B. Vergine all'arcangelo Gabbriello. Dixit autem Maria: Ecce an-
Eccedere-Ecclesiastico
cillaDomini, fiat mihi secundum verbum tuura S. Lue. 38. - ; i
vera hurailitas qua? Deum peperit hominibus Aug.
Ancilla !
Domini, qua nulla humilior unquam fuit, nec est, nec erit in -eter-
nimi ; Bonavent., Spedi. B. V., e. 8.
Eccedere, dal lat. excedere, Superare, Sorpassare, Sopravan-
zare, in dimensione, ovvero in quantit o misura. E figuratane
per
Superare, Sopravanzare, di eccellenza, pregio, valore, e simili; Avan-
zare, Vincere Inf. n, 77.
;
Eccellente, dal lat. excelens: 1. Che ha ottime qualit, Pre-
stante, Ottimo; Par. ix, 41. Conv. iv, 29, 9.-2. E detto di cosa
astratta o morale, vale Che ha in alto grado i pregi che possono
esserle od anche semplicemente, Di gran pregio; Conv.
proprj ;
IV, 17, 86.-3. Poeticam. per Posto in alto grado, Sovrastante; Par.
xxxn, 60.
Eccellentissimo, dal lat. excelienti s si mus : 1. Superlat.
di Eccellente; Conv. li, 15, 128; ili, 14, 52; iv, 1, 24.-2. E per
Uomo eccellentissimo; Conv. iv, 5, 111.
Eccellenza, dal lat. excellentia, L'essere eccellente, Qualit
di eccellente. - 1. Per L'esser fornito di ottime qualit, detto di
persona, ed altres delle qualit medesime di essa; Conv. in, 8, 91.-
2. E detto di cosa o di azione; Par. xn, 110. - 3. E per Preminenza,
Il soprastare di una persona ad altre, o a tutte le altre; Purg.
xi, 87; xvn, 116.-4. Per eccellenza, posto avverbialmente, vale
Per figura di antonomasia, Per antonomasia; Conv. iv, 4, 53.
Eccelso, dal lat. excelsus; 1. Add. Che si distende in altezza,
Che s'inalza molto, Assai alto; e figuratane per Di gran pregio;
Molto nobile e degno, Sublime; Purg. xxxm, 65. Par. xxvi, 110;
xxvn, 100. - 2. E in forza di Sost., per Sublimit, Qualit eccelsa,
insigne; Par. xix, 142.
Eccesso, dal lat. excessus, L'atto e L'effetto dell'eccedere,
Sopravanzamento, Preminenza, Superiorit; Par. xix, 45.
Ecclesiaste, dal gr. 'E%xX>)aiaaTY)S, traduzione della dubbia
voce ebraica nSn'Ip, Titolo di uno dei libri dell'Antico Testamento,
il cui autore si credeva che fosse il re Salomone; Conv. II, 11, 60;
IV, 2, 56; iv, 6, 128.
Ecclesiastico, lat. Ecclesiasticus, Titolo d'uno dei libri deu-
terocanonici del Vecchio Testamento; Conv. in, 8, 11.
43. Enciclopedia dantesca.
674 Eclissare-Ecuba
Ecco, dal lat. eccum, ecce, Avverbio dimostrante persona o cosa,
sia questa materiale o morale, che a un tratto sopravvenga o ap-
parisca, e serve a richiamare sopra di essa l'altrui attenzione. Nella
Div. Com. questo avverbio occorre 30 volte, 8 neWInf. (i, 31 Hi, 82; ;
xiii, 115; xvn, 1, 3; xxi, 38; xxiv, 97; xxxiv, 20), 16 nel Purg. (n,
13, 29, 119; ni, 62; x, 100; xm, 35; xiv, 137; xv, 91, 142; xxi, 7;
xxiii, 10, 28, 40; xxv, 29; xxviii, 25; xxix, 16) e 6 nel Par. (v, 105;
ix, 13; XIV, 67; xvn, 95; xxiii, 19; xxv, 17). 1. Costruito diretta-
mente col nome della persona o cosa dimostrata; Inf. xvn, 1, 3;
xxi, 38; xxxiv, 20. Purg. n, 29. xxv, 17.-2. Usato
Par. xxiii, 19;
altres, nello stesso costrutto, ad additare persona o cosa che ci stia
presente; Purg. xxv, 29. - 3. Soggiunto alla particella Ed e all'av-
verbio Quando, sia reggente un nome, sia in costrutto con un verbo;
Inf. I, 31; in, 82. Purg. n, 13. - 4. Costruito con un nome accom-
pagnato da un adiettivo o da una locuzione verbale, serve a dimo-
strare con la cosa o persona anche il modo dell'esser suo, il suo
stato o la sua azione. Figuratam. Conv. iv, 12, 54. - 5. E usato per
dar forza al parlare, dimostrante o amorevolezza, o prontezza a fare,
a concedere, e simili, ed anche rimprovero; Purg. xv, 91.
Eclissare ed Ecclissare, da eclissi, Oscurarsi per alcun
tempo, in tutto o in parte, il disco d'un astro o d'un pianeta, ap-
plicato pi comunemente al sole e alla luna. Figuratam. e poeticam.
Par. x, 60; xxv, 119.
Eclissi (Eclisse, Ecclisse, Ecclissi), dal lat. eclipsis,
e questo dal gr. ixXeicJng, Oscurazione del sole, o della luna, ed
anche di altri corpi celesti; e per estensione, Oscuramento; Par.
li, 80; xxvn, 35; xxix, 102. Conv. il, 3, 41.
Eco, lat. Echo, dal gr. 'ffyc, Fenomeno che consiste nel tor-
nare la voce od altro suono, interamente o no, all'orecchio per ri-
percussione in qualche ostacolo. Sulla Ninfa Eco cfr. Ovid., Met.
ni, 341-510. Vulg. El. il, 12, 54; il, 13, 48. Nel Par. xn, 14 e seg.
Dante la chiama Quella vaga, Ch'amor consunse come sol vapori,
con allusione a Ovid., 1. e, 395 e seg.
E converso, dal basso lat. e converso, maniera avverbiale,
che vale All'incontro, Pel contrario, ed altres Viceversa, Rispet-
tivamente; Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia; v. 104.
Ecuba, lat. Hecuba, gr.
c
Ex|3v), figlia di Dima (cfr. Hom., II.
xvi, 716; xxii, 234), moglie di Priamo, re di Troia, fatta prigio-
niera dai Greci, e schiava di Ulisse (cfr. Eurip., HeTcabe. VlRG.,
Ed-Edizioni delle opere di Dante
Aen. vii, 319 e seg.; x, 704 e seg. Ovid., Met. xm, 399-575).
ricordata Inf. xxx, 16.
Ed, cfr. E, congiunzione.
Edificare, dal lat. (edificare, Alzare dai fondamenti, Fabbri-
care, Costruire; Conv. iv, 27, 91.
Edificazione, dal lat. <edificatio, L'atto e L" effetto dell' edili-
care, cio del fabbricare. Figuratam. Conv. il, 1, 75.
Edifcio e Edilizio, dal lat. cedificium : 1. Cosa edificata.
Qualsivoglia opera muraria, Fabbrica; Conv. iv, 8, 55.-2. E per
similit. detto del cielo empireo; Conv. n, 4, 25.
Edipo, lat. (Edipus, gv. Oilnoug, figlio di Laio, re di Tebe e
di Epicaste o Giocaste; sciolse l'enigma della Sfinge (cfr. Purg.
xxxin, 49), uccise inconsapevolmente il proprio padre, e spos, pure
inconsapevolmente, la propria madre, onde poi si strapp gli occhi
per vergogna; cfr. Hom., II. xxm, 679. Odys.xi, 271 e seg. Sophocl.,
(Edipus Bex e (Edipus Coloneus, ecc. Ricordato Conv. in, 8, 69;
iv, 25, 82.
Editto, dal lat. edicium, Decreto promulgato da chi abbia la
somma autorit nelle cose alle quali si riferisce. E vale pure Legge
o Statuto ; e in particolare Legge o Statuto promulgato da alcun
principe, ovvero diretto a regolare una data materia. In senso figu-
rato Purg. i, 76.
Edizioni delle opere di Dante. Durante un secolo e
mezzo dopo la morte del Poeta (1321-1472) le sue opere non si dif-
fusero naturalmente che per mezzo di testi a penna ed il numero
dei codd. della JDiv. Coni, giunti sino a noi (cfr. Codici), come pure
quello degli antichi commenti, mostra che la diffusione del Poema
Sacro fu grande sin dal terzo decennio del Trecento. Dopo l'inven-
zione della stampa la Div. Coni, fu stampata circa 400 volte. Dal 1472
al 1500 se ne fecero 15 edizioni (secondo il De Bat., i, 200, sareb-
bero 21, ma l'esistenza di alcune dubbia), dal 1501 al 1600 trenta
(De Bat., 42), dal 1601 al 1700 tre (De Bat., 4), dal 1701 al 1800
trentuna (De Bat., 34) e dal 1801 al 1895 trecentoventidue (tante
ne conosciamo, ma probabilmente sono di pi). Di gran lunga meno
diffuse furono le Opere Minori, alcune delle quali caddero qualche
tempo persino in dimenticanza.
I. Divina Commedia. Assai pregevoli, ma divenute oggigiorno
rarissime poco meno che irreperibili, sono parecchie edizioni del
e
sec. XV, come la Vindeliniana (Venez., Vindelino da Spira, 1477),
676 Edizioni delle opere di Dante
la Nidobeatina (MiL, 1477-78 in fol.) e la prima fiorentina col com-
mento del Landino (Fir., Nicol di Lorenzo della Magna, 1481, in fol.).
Le primitive furono ripubblicate in una ediz. di lusso di 100 esem-
plari: Le prime quattro ediz. delia Div. Com. letteralmente ristam-
pate per cura d G. G. Warren Lord Vernon (Lond., Boone, 1858,
1 voi. in 4 mass.). Tra le edizioni del sec. XVI sono notevoli ed
ancor sempre stimate e tenute in pregio le due Aldine (Venez.,
Aldo, 1502 e 1515), il cui testo, curato dal Bembo, divenne il fon-
damento essenziale della Volgata; la Giuntina (Fir., Giunta, 1506);
la Lionese (Lione, Tournes, 1547); le due Bovilliane (Lione, Gu-
glielmo Eovillio, 1551 e 1552); la Marcoliniana, col commento del
Vellutello (Ven., Marcolini, 1544, in 4); quella del Giolito curata
dal Dolce (Ven., Giolito, 1555), le tre del Sessa, coi commenti del
Landino e del Vellutello (Ven., 1564, 1578 e 1596, in fol.); final-
mente, per lungo tempo le anteriori oscurando, la prima edizione
della Crusca (Fir., Manzani, 1595). Le tre ediz. del sec. XVII non
hanno verun pregio, tranne per avventura la microscopica del Mis-
serini (Ven., 1629, in 32). Nel sec. XVIII salirono in fama non an-
cora spenta la Cominiana, o Seconda Crusca, curata dal Volpi (Pa-
dova, Cornino, 1726-27, 3 voi. in 8); la prima edizione di gran lusso
(Venez., Zatta, 1757-58, 4 voi. in 4); la prima Komana col com-
mento del Lombardi (Roma, Fulgoni, 1791, 3 voi. in 4) e la Dio-
nisiana, o Bodoniana (Parma, Bodoni, 1795, in fol. gr.), sino a quel
tempo la pi splendida. Tra le tante edizioni del sec. XIX si di-
stinguono quella curata dal Poggiali (Livorno, 1807-13, 4 voi. in 8);
quelle del De Bomanis (Roma, 1810, 1 voi. in 18. Roma, 1815-17,
4 voi. in 4. Roma, 1820, 3 voi. in 8); l' ediz. ^W Ancora (Fi-
renze, 1817-19, 4 voi. in fol. gr.); la Padovana col commento del
Lombardi e cum notis Variorum (Padova, Minerva, 1822, 5 voi.
in 8); quella, un tempo assai celebre, oggi caduta in discredito,
del Viviani (Udine, 1823-24, 4 voi. in 8); quella dei Quattro Fio-
rentini, anche detta la Seconda della Crusca (Fir., 1837, 2 voi.
in 8); la Bavegnana di Mauro Ferranti, il cui valore piuttosto
problematico (Ravenna, 1847, 1 voi. in 8); quella del Foscolo (Lon-
dra, Rolandi, 1842-43, 4 voi. in 8); principalmente poi quella di
Carlo Witte (Berlino, Decker, 1862, 1 voi. in 4), sinora l'unica
ediz. veramente critica della Div. Com., sebbene non sia ancora di
gran lunga l'edizione definitiva, la quale il sec. XIX non avr pro-
babilmente pi la fortuna di veder fatta. - Di tutte le ediz. della
Div. Com. la massima di sesto quella del Mussi (MiL, 1809,
3 voi. in fol.), di centim. 57 X 38; la minima il cos detto Dan-
tino (MiL, Hoepli, 1878, 1 voi. in 128), di centim. 5 %X 3 Vi-
sitile ediz. con commenti cfr. l'art. Commenti; sulle ediz. illustrate
Edizioni delle opere di Dante
cfr. l' art. Illustrazioni. Cfr. De Bat., 2-200. Ferraz.,
i, 1 ii, 729-7 1 ;
iv, 327-33. Lord Vernon, Inf., voi. i, p. 487-529. Fapanm, Pro-
spetto sinottico delle ediz. della D. C, Ven., 1864. William Coo-
lidge Lane, Dante Collections, p. 3-13 e 80-82.
IL Opere Minori. Sulle ediz. particolari delle singole Opere
Minori di Dante cfr. i relativi articoli. Le edizioni, sin qui venute
in luce, che abbracciano tutte o la maggior parte delle Opere Mi-
nori di Dante sono le seguenti: 1. Ediz. Biscioni: Opere di I>.
Al. con le annotazioni del dott. Anton Maria Biscioni, Ven., 1741,
2 voi. in 8, che formano i voi. IV e V dell' ediz. della Divi. Cam.
pubblicata dal Pasquali nel 1739-41, e ristampata nel 1751. Con-
tengono Voi. I. Conv. e Epist. ad Arr. VII, tradotta in lingua
:
volgare. Voi. II Vit. N., De Vulg. El. (lat. e ital.) e Rime. Il ri-
:
manente manca. - 2. Ediz. Zatta: Prose e Rime liriche edite ed
inedite di D. Al., con copiose ed erudite aggiunte, Ven., 1758,
2 tomi in 4 che formano il voi. IV della splendida ediz. della Div.
Com. dello Zatta. Cont.: Voi. I. Vit. N., Conv., Epist. ad Arr. VIT
(in volgare), De Vulg. El. (lat. e ital.), Rime, Epist. Kani. Voi. II.
Salmi, Credo, Versi, De Mon. Mancano le Eglogle e De Aq. et Ter. -
3. Ediz. Ciardetti : Le Opere Minori di Dante, Fir., 1830, 2 voi.
in 8 che formano i voi. I V e V della ristampa Ciardettiana del Dante
della Minerva. Voi. I: Conv., Vit. N., De Vulg. El. (la sola trad.
ital. del Trissino), Epist. ad Arr. VII (la sola vers. ital.). Voi. II:
Rime. -A. Ediz. Torri: Delle Prose e Poesie liriche di D. Ah:
prima ediz. illustrata con note di diversi, Livorno, 1843-50, in 8.
Voi. I: Vit. N. Voi. Ili: De Mon. Voi. IV: De Vulg. El. Voi. V:
Epist. e De Aq. et Ter. I voi. II e IV, che dovevano contenere le
Poesie liriche, il Conv., Eglog. e Salmi, non furono mai pubbli-
cati. - 5. Ediz. Fraticelli : Opere Minori di D. Al., Fir. 1834-40,
3 voi. in 8; nuova ediz., Fir., 1861-62, 3 voi. in 12. Voi. I: Can-
Rime
zoniere, sacre, Poesie latine. Voi. II: Vit. N., Vulg. El., De
Mon., De Aq. et Ter. (le Opere lat. con traduz. ital. a riscontro).
Voi. Ili: Conv. e Epistole (colla trad. ital.). -6. Ediz. Giuliani :
Opere Minori di D. Al. reintegrate nel Testo e commentate, Fi-
renze, 1868-82, 4 voi. in 12. Voi. I: Vit. N. e Canzoniere. Voi. II :
Conv. Voi. III: Vulg. El. e De Mon. Voi. IV: Epist. Eglog. e De
Aq. e Ter.
III. Opere complete. Sino a ques'oggi abbiamo una sola ediz.
delle opere tutte del sommo Poeta Tutte le Opere di D.
:
Al. nuo-
vamente rivedute nel testo dal dott. Ed. Moore, Oxford, 1894, 1 voi.
in 8 picc. (e in una ediz. per Bibliofili, 3 voi. in 24). Contiene
tutte le opere di Dante o che gli sono attribuite, tranne la lettera
a Guido da Polenta ed i tre biglietti a Margherita di Brabante.
678 Educazione di Dante-Effetto
Educazione eli Dante.
Della educazione che l'Alighieri
ricevette nella casa paterna, ed in generale nella sua infanzia e
puerizia, nulla affatto di positivo si conosce. Quanto ne dicono gli
antichi non pu pretenderla a valore storico. Boce. : Lasciando
stare il ragionare della sua infanzia, nella quale assai segni appa-
rirono della futura gloria del suo ingegno, dico, che dal principio
della sua puerizia, avendo gi li primi elementi delle lettere im-
presi, non secondo i costumi de' nobili odierni si diede alle fan-
ciullesche lascivie e agli ozii, nel grembo della madre impigrendo,
ma nella propria patria tutta la sua puerizia con istudio continuo
diede alle liberali arti, e in quelle mirabilmente divenne esperto. -
Bruni: Nella puerizia sua nutrito liberalmente e dato a' precettori
delle lettere, subito apparve in lui ingegno grandissimo e attissimo
a cose eccellenti. Il padre suo Aldighieri perde nella sua puerizia:
nientedimanco, confortato da' propinqui e da Brunetto Latini, va-
lentissimo uomo secondo quel tempo, non solamente a litteratura,
ma a gli altri studj liberali si diede; niente lasciando indietro che
appartenga a far l'uomo eccellente: n per tutto questo si racchiuse
in ozio, n privossi del secolo; ma, vivendo e conversando con gli
altri giovani di sua et, costumato ed accorto e valoroso, ad ogni
esercizio giovanile si trovava. Cfr. Pelli, 6. Balbo, 1. i, e. 2
e 3. Fraticelli, Vita, p. 55 e seg. Proleg., p. 24 e seg. Dante-
Handb., p. 49 e seg. Dantoog., p. 56 e seg. Bartoli, Letter. ita.
v, 37 e seg. Vedi pure l'art. Studj di Dante.
Ee, da Essere, forma antica, usata in rima, fuor di rima ed anche
in prosa per ; Inf. xxiv, 90. Purg. xxxn, 10. Par. xxviii, 123.
Cfr. Nannuc, Voci, 53 e seg. Verbi, 434 e seg.
Effetto, dal lat. effectus; 1. Ci che prodotto da una causa;
Conv. iv, 9, 84 iv, 18, 8. - 2. Kiferito a cose fisiche Purg. xvm, 53.
; ;
Conv. il, 15, 60. - 3. E riferito a cose intellettuali, morali, civili,
economiche, e simili Inf. xxxiw, 16. Par. XX, 41 ; xxvi, 127. - 4. Nel
;
linguaggio delle Scuole si us a significare Ci che prodotto dalla
Causa prima, cio Dio, o dalla Natura o Cause seconde; talvolta
anche per lo stesso che Creatura; Purg. xi, 3. Par. IX, 107; xxix, 28.
Conv. ili, 8, 1, 157. - 5. E in particolare, per Ci che prodotto da
qualsivoglia sostanza, essere, persona, in quanto opera come causa;
Inf. il, 17. Conv. i, 3, 48; il, 15, 64. - 6. E per Ci che, secondo
le antiche dottrine, il cielo, suoi influssi, produce, in-
mediante i
forma, modifica; Par. vili, 107, 123; xvm, 117.-7. E per Fatto,
in quanto prova, dimostra, attesta, e simili, checchessia; ed anche
per La prova stessa o dimostrazione ; Purg. vi, 138. Par. xxxn, QQ.
.
Efficacemente-Egitto
Efficacemente, da efficace, e questo dal lat. efficax, In
modo
efficace,convincente, persuasivo, Con dottrina e forza di ragiona-
mento; detto dell'esporre, trattare, e simili, una materia, una que-
stione, un argomento qualsiasi; Conv. ni, 11, 14.
Efficiente, dal lat. effciens, Che fa, Che opera, Che produco
un effetto :aggiunto proprio di Causa o di Cagione od anche
ed
di Ragione, massime nel linguaggio filosofico; Conv. iv, 4 93- iv
20, 72, 75.
Effigiato, dal hasso lat. effigiatus, Rappresentato in effigie,
Ritratto; Purg. x, 67.
Effigie ed Effige, dal lat. effigies, Immagine ritratta col ma-
gistero dell'arte, Ritratto, Figura, Simulacro. E per Aspetto, Sem-
biante, Immagine, pi particolarmente del volto; Par. xxxi, 77;
xxxiii, 131.
Efialte, cfr. Fialte.
Egidio, nome dell'uno dei primi discepoli e seguaci di S. Fran-
cesco, autore del libroVerba aurea, morto a Perugia nel 1272; Par.
xi, 83. Cfr. Hase, Werke, v, 30 e seg.
Egidio, Eremita, cfr. Colonna, Egidio.
Egina, JEgina, piccola isola della Grecia
AyCvvj e Al'ytva, lat.
vicina alle coste dell'Attica; Inf. xxix, 59. Secondo la mitologia
l'isoletta si chiamava anticamente Oinone; Giove vi condusse la sua
amante Egina, figlia di Esopo, la quale ivi gli partor Aaxc; (cfr.
EACO) e dette all'isola il nuovo nome. Adirata contro Egina, Giu-
none mand la peste nell'isola, per cui morirono prima gli animali
e poi gli uomini. Eaco, figlio di Egina e di Giove, re dell'isola,
rimasto solo vivo, sedendo sotto una quercia, preg Giove suo padre
di ridonare all'isola tanti abitanti, quante formiche egli vedeva
a' suoi piedi. La notte seguente vide in sogno le formiche presso
quella quercia trasformarsi in uomini svegliatosi trov l'isola piena
;
di nuovi abitatori, ai quali, dalla loro origine, diede il nome di Mir-
midoni Ovid., Metam. vii, 523-660. Cfr. Herodot., voi, 46. 0. Muel-
;
ler, ^Jgineticorum liber, Beri., 1817. About, Archives des missi
scientif. in, p. 481-507.
Egitto, JEgyptus, paese all'oriente dell'Affrica,
AiyimTos, lat.
dove i discendenti di Abraamo furono schiavi sino ai tempi di Mois(
onde Egitto detto allegoricamente per Questo mondo, Questa vita
680 Egli
terrena; Purg. Il,46 (con allusione al Salmo cxm); Par. xxv, 55.
Secondo Ugo da S. Vittore (In Genes., lib. in, e. 1) Egitto s'in-
terpreta tenebre e vale II secolo, non in quanto gli uomini vi vivono,
ma in quanto vi vivono male; oppure Questo inondo sito nelle te-
nebre dell'ignoranza e nel caldo della carnale concupiscenza (De
Arca Moral., lib. iv, e. 9). Cfr. Conv. il, 1, 44 e seg.; Il, 15, 15.
Mon. il, 9, 25. Epist. Kant, vii, 105 e seg.
Eigli, Ei, E% Pronom. masc. che nel plur. fa Eglino, ed anche
poeticam. Ei, Egli ed E'. Serve ad accennare la terza persona, ma
solamente come soggetto, facendo, allorch compimento, nel sin-
golare Lui, e nel plurale Loro; e vale Quest' uomo, ed altres Quel-
V uomo. Deriva dal lat. ille, per mezzo dell'antiquato Elli ; e Lui,
secondo alcuni deriva da illius, o secondo altri, da illui, forma ar-
caica di Mi, e Loro deriva da ilorum. Nelle opere volgari di Dante
si trova ad ogni pagina; nella JDiv. Com., secondo un calcolo ap-
prossimativo, circa 1200 volte. 1. Come soggetto; Inf. li, 20; ni, 13;
IV, 34; x, 31, ecc.- 2. Egli, sia nelle proposizioni interrogative, sia
in costrutto con un gerundio o participio, si suole comunemente
porre dopo il verbo di cui soggetto, o dopo il participio. E se il
tempo del verbo sia composto, allora Egli ordinariamente si frap-
pone tra le due voci componenti quel dato tempo; Inf. vi, 104;
x, 68, ecc. - 3. Ei si trova usato per A lui, Gli; Inf. x, 113. Purg.
xil, 83. Par. xxix, 17 (dove per invece di CW ei diletti, Com' ei
piacque alcuni leggono Che i diletti, Come i piacque). - 4. Egli,
talora si unisce coi pronomi Medesimo e Stesso per maggiore effi-
cacia; Inf. ix, 58; xn, 69; xxxi, 76. Par. v, 133. - 5. Posto pleo-
nasticamente, per maggiore evidenza od efficacia anche senza consi-
derazione al genere ed al numero del soggetto della proposizione;
Par. il, 52. - 6. E pure in modo pleonastico, preposto ai verbi im-
personali o usati impersonalmente, e in proposizione interrogativa
posposto; Inf. x, 97. Purg. vi, 28. - 7. Lui, e cos il suo plurale
Loro, serve ad accennare persona, come compimento oggettivo; Inf.
xxn, 151. Purg. i, 62. - 8. Usato come compimento indiretto, co-
struito con le varie proposizioni Inf. in, 44. - 9. Usato anche a
;
come compimento diretto, quanto
significare animali o cose, tanto
come compimento indiretto; Par. i, 104. Conv. iv, 20, 11.- 10. Al-
lorch costruito come compimento indiretto, si tace talvolta la
preposizione A innanzi a Lui; Inf. i, 81; vii, 67; xix, 89; xxvin,
48; xxxin, 121, ecc. - 11. Si usa, secondo propriet latina, a reg-
gere il verbo nell'infinito, ma pi spesso dipende da altro verbo
precedentemente espresso; Purg. xxx, 95. - 12. Usasi come soggetto
d'un gerundio, in proposizione assoluta; e per lo pi al gerundio
Egloghe di Dante
stesso si pospone; Inf. xxxn, 105. - 13. Lui, talora vale Se; Puro.
xxiv, 65 (in questo luogo per invece della volgata di lor
fai
schiera, parecchi ottimi testi hanno in aer fanno schiera).
Egloghe di Dante. Trovandosi l'Alighieri a Ravenna, nella
primavera del 1319, Giovanni del Virgilio, celebre poeta e profes-
sore di umane lettere a Bologna, lo invit con un carme latino a
venire in quella citt, dandogli lode della Div. Coni., ma biasiman-
dolo in pari tempo per averla dettata in volgare anzi che in latino,
esortandolo ad acquistarsi l'alloro con poemi latini, dei quali gli
suggeriva ingenuamente alcuni argomenti. Dante gli rispose con
un'egloga latina, lodandolo de' suoi studi poetici e dichiarando, che
sdegnava di prendere la Corona a Bologna, citt avversa all'Impero,
e che desiderava di cingere il suo capo solamente col patrio alloro,
quando avrebbe pubblicato per intero il Poema Sacro. Il profes-
sore Bolognese gli riscrisse con un'egloga, commendandolo per aver
cantato in dolci versi latini, confortandolo a darsi pace ed a spe-
rare di poter presto rimpatriare, e rinnovando l'invito di recarsi
intanto a Bologna, dove i dotti lo aspettavano desiderosi. Dante gli
rispose con una seconda egloga latina, che sdegnava di andare a
Bologna, adducendone le ragioni. Con queste due egloghe il Poeta
fece rivivere nella letteratura la poesia bucolica, morta sin dai
tempi di Virgilio.
Le eglogle sono ricordate dal Boccaccio << Compose il detto Dante
:
due Egloghe assai, belle, le quali furono intitolate e mandate da lui
per risposta di certi versi mandatigli, al maestro Giovanni del Vir-
gilio. E il Bruni: In versi scrisse alcune Egloghe. Ad onta di
queste testimonianze l'autenticit delle Egloghe fu impugnata da
parecchi eruditi, ultimamente, ma con poca gravit di argomenti
dal Prompt {(Euvres lat. de D., 45 e seg.), mentre altri la dife-
sero pi o meno felicemente. Cfr. Macr-Leone, La Bucolica la-
tina nella Ietterai, ital. del sec. XIV, Torino, 1889. Belloni nel
Giorn. stor. della letterat. ital., voi. xxn. Bullet. della Societ
Dantesca ital., N. S., i, 142.
Queste egloghe furono pubblicate per la prima volta nella Rac-
colta: Carmina illustrium poetarum, Fir., 1719-27. Ripubblicolle,
insieme colle due epistole missive di Giovanni del Virgilio, il D\o-
nisi nel quarto de' suoi Aneddoti (Verona, 1788). Tra le altre edi-
zioni, oltre quelle del Fraticelli e del Giuliani (cfr. art. Edi-
zioni II), sono degne di menzione: Joannis de Virgilio et Danii<
Aligerii Eclogce. Edidit Jo. Caspar Orellius, Zurigo, 1839. I
versi latini di Giovanni del Virgilio e di D. Al. recati in r>
Col testo a fronte e con note da Fil. Scola
i;i.
ital. ed illustrati.
682 Egregio-Egualiti
Yen., 1845, e Appendice, Ven., 1847. Egloghe di Giovanni del Vir-
gilio e di D. Al. annotate da Anonimo contemporaneo, recate a
miglior lezione, nuovamente volgarizzate in versi sciolti e com-
mentate da Francesco Pasqualigo, con illustrazioni di altri. Lo-
nigo, 1888.
Egregio, dal lat. egregius, Che per doti, qualit, attitudini,
opere, e simili, si leva sopra degli altri; Par. vi, 43; xix, 137.
Eguale e Uguale, dal lat. cequalis; 1. Che pari di natura,
qualit, quantit, grandezza, durata e simili, con un altro termine ;
Che in nulla differisce da quello; Conv. in, 5, 114; in, 6, 21, 23.-
2. Detto di un corpo o di una superficie, vale, Piano, Ragguagliato,
Uniforme; ed altres Egualmente grosso; Par. li, 15. - Dante usa
ordinariamente la forma antica Ig-uale Purg. vili, 108; XV, 20;
:
xxvn, 120. Par. xv, 77; xxxi, 129, nei quali luoghi per non pochi
testi hanno pure eguale. Cfr. iguale.
Egnal emente, lo stesso che egualmente ; Par. iv, 26.
Egualit e Equalit, dal lat. cequalitas, L'essere eguale.
Prima egualit detto Iddio, in quanto non cape in esso n il pi
n meno, come nelle potenze delle creature, ma tutti i suoi at-
il
tributi sono egualmente infiniti Par. xv, 74. - Lan. : Mia esti-
;
mazione di voi si che vostro affetto cio desiderio, e vostro senno
sia in voi tutti eguale, e che tale ugguaglianza voi abbiate da quello
Lume che quello Sole che luce in eterno, avvegnach tale egua-
glianza in beatitudine io estimo essere s eccellente, che qui al
mondo non porave avere esemplo n considerazione. - Ott. Dice :
l'Autore: Come la prima agguaglianza s dell'amore, come della
sapienza che in voi si dimostr, s si fece per ciascuno di voi d'un
peso; ma per che Iddio, che v'allumina ed infiamma col caldo del-
l'amore e colla luce della sapienza, e s uguale, che a farne com-
perazione per me ogni simiglianza poca; quasi dica: io non posso
discernere in voi singulare grado, s ch'io dica, questi o quello mi
si mostra pi affettuoso. - Cass. legge prima qualit, e il Buti:
Come la prima qualit n'apparse, cio altres tosto come prima
mi vedeste. - Serrav. legge m'apparse e spiega: Non habui ani-
mum nec mentem ad te plusquam ad alium de vobis, quia, quando
primo mihi apparuistis, omnes equales et equaliter mihi videba-
mini illustrati luce divina et accensi caritate: et propter illam equa-
litatem cogitans, quod omnia et omnes equaliter cognosceretis in
Deo, ideo non plus considerabam de vobis quam de aliquo alio ve-
strum. - Veli. : Quando Iddio, nel qual non pu esser inequalit,
Egnalmcnte-Ehi
n disaguaglianza alcuna, v'apparse. - Dan.: La prima
k<;i a-
LIT, cio esso Iddio. - Voi.: Iddio, in cui tutto
perfettamente
eguale. Cos tutti i moderni.
Egualmente, Ignalmente, Ugualmente, In modo
eguale, Con eguaglianza, Con modo, Medesimamente, Senza
lo stesso
differenza o diversit, Del pari, Altres; Inf. vii, 76. Purg. xxix,
11.
Par. li, 105; IV, 5; xxvm, 69; xxxn, 39; xxxm, 120, 144. Covr
it, 4, 40; IV, 16, 66.
Eh, Interiezione ed Esclamazione, che serve ad esprimere di-
versi affetti e movimenti dell'animo; lat. ehe ed ehem, ma con altro
valore; Inf.I, 4; XVI, 28, nei quali luoghi parecchi testi hanno
E, nel primo anche Ahi, Ay, Ah, Et, Or, ecc. Ahi legge la volgata.
Ehi, Esclamazione di dolore, Inf xvi, 19, nel qual luogo i pi
leggono Ei, cio Eglino. Bambgl., An. Sei, Iac. Dani., Peti: Dant.
ed altri antichi non si fermano su questo verso. Lan.: Dice coni' elli
e Virgilio riflettenno che quelli tali veniano dicendo: ktj! cio la-
mentandosi; EU, intermedio doentis. E soggiunge: l'antico verso,
cio che continuo vanno Discantando tal nota. - Ott.: Qui di-
mostra il continuare della pena, eh' una condizione gravida e piena
di guai; e dice eh' l'antico verso loro. - Cass.: Hey, est in-
teriectio timentis. - Bocc. : et, cio essi. - JBenv.: ei, idest
il l ricominciar V antico verso, vel die et melius illi rico-
tres, :
minciar hei, idest heu adverhium doentis; unde dicit appositive,
V antico verso, quia hic erat sonus et clamor antiqui doloris et poma?,
ita quod ssepe iterant istum versum heu heu. - Buti Hm\ Questo
:
liei intergezione secondo la grammatica e significa dolore, come ai,
l'antico verso, cio l'antico lor modo: imper che quando il foco
cadea sopra loro, o s'accendea loro sotto, o cocea loro, elli grida-
vano liei! - An. Fior.: Ei, ci elli.... ricominciarono a dire:
Sostati tu che a l'abito n'assembri. - Serrav.: Ei, idest heu michi,
idest quid feci, scilicet graviter peccavi in tali vitio.-I?a?77. .- Co-
minciarono l'antico verso per dolor delle cotture di fuoco, gridando
hei! - Land.: Dissero hei! la qual voce significa dolore; et dice
-
l'antico verso, perch in consuetudine avevano di lamentarsi cosi.
Tal.: Ceperunt reincipere hei, antiquos dolores. - Veli: Rico-
minciaro: hei, l'antico, cio il consueto lor verso, che in condoler
quello
de' tormenti e delie pene loro usavano di fare; perch hei
accento di dolore, che i latini dicono heu, e noi volgarmente
ahim. - Gelli : Questi spiriti ricominciarono a rammaricarsi
uno
con questa voce ehi. La quale una interiezione dolorosa, e
da Poeta.... verso lor
accento che dimostra passione, chiamato '1
684 Ei-Eleggere
antico e consueto ;
perci che ei facevan continovamente, per la
pena ch'ei sentivano, cos. - Dan.: Hei, cio im. - Cast.:
Eicominciarono a dolersi, s come prima si dolevano, dicendo Hei,
che era 1' antico verso. Ma perch si legge Ei, si pu ancora dire :
Ei per essi ricominciar l'antico verso di dolersi.
Ei, cfr. EGLI.
EI, contratto di Ello, Par. xxvni, 8. E per e 'l, e il; Inf.
xx, 12.
EI, ebr. Stf, Forte, Eroe, Nome di Dio, tanto dell' Iddio vero,
quanto delle Deit pagane, usato sovente nel Vecchio Testamento.
El hanno i pi e migliori codd. nel luogo Par. xxvi, 136, mentre
alcuni pochi testi hanno Eli, che l'ebr. "'Stf, Dio mio-, cfr. Coni.
Lips. ni, 720. Mooke, Critic, 487 e seg. Nel luogo Par. xxvi, 134,
molte edizioni moderne leggono El, lezione che non ha l'appoggio
di verun codice attendibile (cfr. J). El Dio, fu secondo Dante,=
la prima parola profferita da Adamo; Vug. El. i, 4, 22.
Elefante, dal lat. elepJias, e questo dal gr. sXcpag, Grande e
grosso mammifero dell'ordine dei pachidermi, fornito di una lunga
e forte proboscide, e di due lunghissime zanne di pure avorio, che
divise dall'animale servono per lavori di gran pregio. Vive nei paesi
dell'Africa e dell'Asia, ed addomesticabile; Inf. xxxi, 52.
Eleggere, dal lat. eigere: 1. Scegliere, Prendere, di propria
volont, fra due o pi partiti, condizioni, stati, e simili, quello che
o si giudica migliore, o piace pi; Conv. iv, 17, 75.-2. E per Sce-
gliere, e propriamente fra due o pi cose, luoghi, e simili, quello
che sigiudica pi adatto, conveniente, opportuno, al fine che altri
si proposto, o che meglio sodisfa al proprio talento; Inf. xn, 60;
xx, 92. Par. xi, 44. Conv. i, Per Deliberare, Volere pen-
8, 5. - 3.
satamente, Statuire, e simili; Inf. xxiv, 23. Conv. iv, 5, 15.-4. E
per Scegliere che alcuno fa, in virt della potest propria, fra pi
persone quella o quelle che giudica pi degne di un dato grado,
ministero, ufficio, stato, e simili, ovvero pi idonee al fine voluto.
Talora il ministero, l' ufficio, o il fine, si sottintendono; Inf. i, 129;
xxn, 38. Par. xn, 72; xxv, 114; xxix, 47.- 5. Detto di popolo rac-
colto in assemblea o comizio, di qualsivoglia collegio, congregazion
di persone, e simili, vale Nominare, Scegliere, a una particolare
dignit, ufficio, carica, magistratura, mediante suffragj dati nelle
forme prescritte o permesse dalla respettiva legge o statuto. Con-
Elegia-Elena
trario Trarre a sorte; Conv. IV, 3, 32. - 6. Seguendo
di
al Dome
della persona quello della dignit, ministero, stato,
ufficio, hi,
simili, a cui dalla volont o potest di un solo o dai
suffragi li
molti scelta, esso vien retto dal verbo Eleggere o direttamente,
o indirettamente per mezzo delle particelle A, In o Per;
Inf. n, 2l!
Elegia, lat. elegia, dal gr. sXsysa; Sorta di poesia di argo-
mento flebile, e talvolta anche erotico, scritta per lo pi hi terza
rima. Presso i Greci e i Latini per altro si disse cos Ogni breve
componimento in per lo pi esprimente qualche vivo affetto
distici,
del poeta, o diretto ad eccitare gli altri a nobili sentimenti Vulg
El. il, 4, 31 il, 12, 38.
;
Klementale, da elemento, Proprio degli elementi, od altres
Composto di elementi, Costituito dagli elementi ; applicato a cose
naturali; Conv. Ili, 12, 42.
Elemento, dal lat. elementum, Ciascuna di quelle sostanze onde
si compongono i misti, e nelle quali si risolvono; Principio costi-
tuente insieme con altri un corpo. I quattro elementi, o solamente
Gli elementi, dicevansi dagli antichi l'Aria, l'Acqua, la Terra e il
Fuoco, perch credevano che fossero sostanze semplici, e che compo-
nessero qualsivoglia corpo esistente Par. vii, 133. Conv. iv, 1, 51, nel
;
qual luogo Dante allude alla famosa questione dibattuta nelle Scuole:
Utrum materia facta sit ad rationem sive ad exemplar aliquod
(cfr. Alb. Magn., Sum. theol. il, Tract. l, qu. 4. De quat. cor
Tract. i, qu. Il suggetto dei vostri elementi, Par.
2, ecc.). -
xxix, 51 (la leziane alimenti inattendibile, essendo sprovvista di
autorit e, come osserva il Bl., un fiorentinismo che sta per ele-
menti), la alzano gli altri elementi, Aria,
Terra, sopra la quale si
Acqua e Fuoco. Lan.: Turbo uno lo subietto delli elementi mon-
dani, cio la terra, che venneno a stare nel centro di quella. -
Ott., Petr. Dant., Falso Bocc, ecc., tirano via. - Cass.: Globum
terre, cadendo in eius abissum. - Benv. : Terram, quia fuerunt
depulsi in infernum. - Buli : Mut e cambi il subietto, cio
quello che sta di sotto de li elementi vostri, cio di vuoi uomini
che vivete nel mondo, e questa la terra che sotto sta a tutti li
elementi. -
Serrav.: Terram, que est subiectum elementorum,
idest in medio omnium sita.
mena, m4vq, figlia di Giove e di Leda (Hom., Il III, 426),
o di Tindaro re di Sparta, e di Leda, sua moglie (Herodot., Il, 112) ;
sorella di Castore, Polluce e Clitennestra, la pi bella
femmina del
Teseo, fu liberata dai fra-
suo tempo. Eapita nella sua giovent da
686 Eletta-Elettore
telli e ricondotta nella casa paterna. And sposa a Menelao, al quale
partor Ermione. Durante l'assenza di Menelao fu rapita da Paride
figlio di Priamo (cfr. Paris) e menata coi suoi tesori a Troja, il
qual rapimento fu la cagione della guerra Trojana (Hom., II. in, 40
e seg., 156 e seg.). Durante la guerra dimor a Troia qual moglie
di Paride, ammirata ed amata da Priamo e dai Trojani, grazie alla
sua bellezza (Hom., l. in, 161 e seg.), ma pentita del suo errore,
del quale si confessa colpevole (Hom., II. in, 139, 171 e seg.), e
bramosa di ritornare nella Grecia e vivere co] primo marito, coi
genitori e colla figlia Ermione, da lei abbandonata (Hom., Od. IV, 260
e seg.). Morto Paride durante l'assedio, Elena and sposa a Deifobo,
altro figlio di Priamo (cfr. Hom., Od. IV, 275; Vili, 517), da lei poi
tradito e consegnato a Menelao (Virg., Aen. vi, 517 e seg.), il quale
la riprese in moglie e ricondusse in Grecia, dove le fu poi eretto
un monumento (Paus., ih, 19). E nominata Inf. v, 64.
Filetta, Ci che alcuno ha eletto, o vuol eleggere di fare ; Ele-
zione, Scelta; Purg. xm, 12.
Elettivo, dal basso lat. electivus, Che dipende o procede da
elezione, Volontario ; ed altres Che attiene ad elezione, Kisguardante
l'elezione; Conv. iv, 17, 54.
Eletto, dal lat. electus: 1. Scelto fra pi, Prescelto, a checches-
sia, o a far checchessia; detto di persone;Par. xxiv, 1. - 2. Scelto, De-
stinato, a checchessia, o chicchessia; detto di cose; Purg. xxvin, 77.-
3. E detto di cose tanto morali, quanto materiali, vale Non comune,
e bello e buono in se stesso; Molto pregevole, Nobile, Eccellente, e
simili; Inf. xiv, 109.-4. E con pi nobile significato, vale Insigne,
Degno, sopra altre cose consimili Par. ix, 139. - 5. E per Destinato,
;
o Predestinato, alla gloria celeste anche in forza di Sost. Purg.
:
ni, 73; xm, 143; xix, 76. Par. xx, 135. - 6. E pi comunemente
vale Assunto alla gloria celeste, Beato; usato in forza di Sost., e
nel numero plurale; Purg. xxix, 90.
Elettore, lat. Elector, Chi o Che elegge, cio sceglie, nomina,
alcuno a checchessia, o a far checchessia. In senso determinato, Co-
lui che, conformemente a leggi o statuti, investito della facolt di
nominare, insieme con gli altri, a una data dignit, ufficio, o ca-
rica. Elettore dell'Impero, e anche assolutam. Elettore, era titolo
di Ciascuno di quei principi d'Alemagna, cos secolari come eccle-
i quali avevano voto nella elezione degl' Imperatori di Ger-
siastici,
mania; Mon. in, 16, 73.
Elettra-Elicona
Elettra, lat. Electra, gr. 'HXxtpa, figliuola di Atlante, amata
da Giove, al quale partor Dardano il fondatore di Troja, cui ella
consegn il Palladio; cfr. VlliG., Aen. vili, 124 e seg. Ricordata Inf
iv, 121. Moti. li, 3, 52.
Elezione, dal lat. electio : 1. L'atto e L'effetto dell'eleggere,
dello scegliere, Scelta; e pi determinatamente, Atto della libera
volont che fra due o pi cose, partiti, condizioni e simili, ne sce-
glie una; Par. xv, 40. Conv. IV, 11, 73.-2. E per Facolt, Potest,
di eleggere, di scegliere; ed altres per Arbitrio; Par. xxxn, 45. -
3. E in senso particolare, Scelta di persona o cosa, fatta per divino
consiglio; ed anche Predestinazione; Conv. iv, 4, 69, 73; iv, 5, 38. -
4. Quindi l'Apostolo San Paolo chiamato Vaso d'elezione, Inf.
il, 28, essendo scritto di lui : Vas electionis est mihi; Act. Apost.
ix, 15.
Eli, *7K, Dio mio, Principio del grido di Cristo crociti sso:
Dio mio, Dio mio, perch m'ha lasciato! S. Matt. xxvn, 46.
S. Marc, xvi, 34. S. Lite, e S. Giov. non ricordano questo grido, il
quale tolto dal Salmo xn, 1: "jnDTV
~ :
HoS "'S* "Sk. A dire
t : t t
Eli, Purg. xxm, 74, vale A soffrire la morte della croce. Sul luogo
Par. xxvi, 136 cfr. gli art. El e J.
Elia, fpSft ed anche ^irPvK {Quegli cui Jehova
"
Dio), nome
"
T
T*
del celebre profeta d' Israele, che visse e vaticin ai tempi dei re
Achab ed Achazia (919-896 a. C); cfr. Ili Reg. xvn e seg. Dante
ricorda la sua Ascensione, Inf. xxvi, 35 (cfr. IV Reg. n, 11 e seg.),
e il suo apparire e. scomparire nella Trasfigurazione di Cristo, Purg.
xxxn, 80. Mon. in, 9, 56 (cfr. S. Matt. xvn, 1-8. S. Marc, ir,
2-8, ecc.).
e
Elice, lat. Helice, gr. EXtxv, figlia di Licaone e ninfa del se-
guito di Diana, pi comunemente conosciuta sotto il nome di Cal-
listo. Sedotta da Giove, fu vergognosamente discacciata da Diana,
quindi dalla gelosa Giunone trasformata in orsa. Giove la colloco
in cielo,dove Elice forma la costellazione dell' Orsa Maggiore; cfr.
Ovid., Met. il, 401-530. Ricordata Purg. xxv, 131. E qual nome
dell'Orsa Maggiore, Par. xxxi, 32.
Elicona, lat. Helicon, monte della Beozia,
gr.
c
EXr/.wv, celebre
creduto dagli antichi sede prediletta delle Muse, le quali furono
perci chiamate Eliconie donzelle, ed anche semplicemente Elico-
688 Eliodoro-Elios
nidi. Nel luogo Purg. xxix, 40, Dante nomina il monte Elicona per
le fonti di Aganippe e d'Ippocrene, che da esso monte sgorgano,
volendo dire: Ora conviene che Elicona mi sia largo delle acque
che da esso scaturiscono; cfr. Virg., Aen. vii, 641; x, 163.
Kliocloro, 1iXco>pos, Heliodorus, ministro di Seleuco IV Filo-
patore, il quale regn nella Siria dal 187 al 175 a. C. Fu inviato da Se-
leuco a Gerusalemme, coli' incombenza di farsi consegnare e recargli
il tesoro del tempio. Arrivato a Gerusalemme ed ivi benignamente
accolto dal sommo
Sacerdote Onia, gli espose lo scopo della sua
missione, Sacerdote lo ammon di non mettere mano al tesoro,
il
essendo esso principalmente roba di vedove ed orfani. Pur non-
dimeno Eliodoro, per li mandati del re ch'egli avea, diceva che del
tutto que' danari si convenivano portar nel tesoro del re. E posto
un giorno, entrava nel Tempio, per dare ordine alla rassegna di
que' danari. I sacerdoti, con tutto il popolo, uomini e donne, in-
vocavano l'aiuto di Dio. Eliodoro entr nel tempio, ed essendo
egli gi presso della tesoreria co' suoi seguaci, il Principe degli
spiriti, e ogni podest, mand una grande apparizione, tal che
d'
tutti quelli che aveano avuto 1' ardire di raunarsi l, percossi di
smarrimento per la potenza di Dio, caddero in isflninimento ed in
ispavento. Perciocch apparve loro un cavallo, adorno d'una bellis-
sima coverta; e colui che v'era montato sopra era molto terribile;
e quel cavallo, avventatosi impetuosamente ad Eliodoro, lo percosse
con l'unghie dinanzi.... Ed Eliodoro cadde subito in terra, e fu rav-
volto d' una grande oscurit, e fu portato fuori, mutolo e privo d'ogni
speranza; II Machab. ni, 6-40. Alcuni identificano questo per-
sonaggio coli' Eliodoro ricordato da Appiano, Hist. Syr., 45, il quale
avvelen il suo re per impadronirsi del trono. Dante lo ricorda tra
gli esempi di avarizia punita, Purg. xx, 113.
Elios, cos chiama Dante Iddio, Par. xiv, 96, scambiando pro-
babilmente l'ebr. 1\hy {= Eccelso, Altissimo) col gr. "HXcog(^il
Sole). Forse egli prese la voce, rifacendola alquanto, dai Vangeli;
S. Matt. xxvn, 46. S. Marc, xv, 34. - Lan.: Elios in greco, s
a dire in latinoDio.- Ott.: Elys, cio, o Dio forte. - Petr.
Dani. Postquam venerunt ibi martiales spiritus rubescentes, sci-
:
licet beatificati impressione Martis ab ipso JElion, idest Deo; nam
Eion unum est de nominibus Dei. - Cass.: Helyos, idest, o
Deus. - Benv.: Elias, idest, o sol justitiae Deus! helyon enim
est nomen Dei et interpretatur excelsus. -Buti: Heis, cio
Iddio Heis in lingua ebrea a dire Iddio. - Serrav.;
:
Elys,
idest Excelse Deus. - Che l'esclamazione del Poeta sia diretta a
Elisabetta-Elisio
Dio opinione di tutti gli antichi, senza una sola eccezione.
Alcuni
moderni si avvisano invece che Dante rivolga l' esclamazione
al
Sole (cos Biag., Ces., Frat., Filai, ecc.); opinione inattendibile.
Elisabetta, consanguinea della B. Vergine, moglie del sacer-
dote Zaccaria e madre di S. Giovanni Battista; cfr. S. Lue. i, 5
e seg. Si accenna alla visita fattale da Maria; Purg. xvm, 10(X
Elisei, nome di
1
un antica nobile famiglia fiorentina, alla quale
alcuni avvisano che appartenessero gli Alighieri. Nelle antiche
si
carte trovansi spesso menzionati Lisei de arcu pietatis.... Un mes-
sere Eliseo fu fatto cavaliere da Carlomagno e un messer Ansaldo, ;
dopo di essere stato da Arrigo I imperatore armato cavaliere du-
rante la sua dimora in Firenze, nel 1024, fu eletto ad accompagnarlo
in Germania con nobile comitiva di militi Fiorentini. Furono poi
tra i principali Ghibellini del Sesto di Por S. Piero, e dalle loro
torri combatterono contro i Pazzi e i Donati. Ma la potenza loro de-
cadde dopo le sventure dei ghibellini a Benevento e a Tagliacozzo;
avvegnach messer Arrigo cavaliere, figlio di Eliseo, con Liseo e
Bonaccorso suoi figli, fu dichiarato ribelle, mentre i suoi beni ve-
nivano confiscati. Sembra che la famiglia mancasse in Leonardo di
messer Buonaccorso, di cui resta il testamento, fatto nel 1371;
Lord Vernon, Inf., voi. n, p. 463 e seg. Cfr. Bartoli, Leti. ita.
v, 5 e seg.
Eliseo, nome di un fratello del trisavolo di Dante; Par. xv, 136.
Di questo Eliseo non si hanno notizie positive. Inattendibile l'opi-
nione che da Eliseo sia derivata l'antica e nobile famiglia degli
Eisei, e che quindi Elisei ed Alighieri venissero da un ceppo co-
mune; gli Elisei fiorivano a Firenze gi un secolo prima della na-
scita di Cacciaguida e de' suoi fratelli. Pu darsi che gli Alighieri
fossero consanguinei degli Elisei, i quali abitavano nello stesso
quartiere di Porta san Piero. La verit intanto che non ne sap-
piamo nulla; Bartoli, Lett. ita. v, 5. Cfr. Moronto, Nobilt
di Dante.
r
Eliseo, ytfihStf (= La cui salute Dio), gr. EXtoai, 'Elia-
T V!
EXcoaoaos, discepolo di Elia e suo successore nell'uffizio di
c
accie e
profeta d' Israele (890-840 a. C.) cfr. Reg. ii-ix. Dante lo chiama
; IV
Colui che si vengi con gli orsi, Inf. xxvi, 34, alludendo al rac-
conto IV Reg. il, 23 e seg.; cfr. Colui.
Elysum, questo dal gr. 'HXa'.ov, La
Elisio e Eliso, dal lat. e
xv, 27.
sede dei buoni dopo la morte, secondo le credenze pagane; Par.
44. Enciclopedia dantesca.
690 Elitropiii-Ella
Elitropia, dal lat. heliotropium, e questo dal gr. ^XtoxpTwov,
Pietra preziosa di color verde simile a quello dello smeraldo, ma
chiazzato e sparso di gocciole rosse, alla quale si attribuivano pro-
digiose virt; ed oggi chiamasi Diaspro sanguigno; Inf. xxiv, 93.-
Bambgl.: Entropia est lapus pretiosus tante virtutis ut dicit liber
de proprietatibus rerum quod deferentem ipsum aspicientibus invi-
sibilem reddat - et propterea dicit auctor quod anime iste hac pena
dannate cruciantur non sperantes penam affugere per virtutem talis
lapidis nec per remedium alicuius foraminis in quod affugere vel
intrare valerent. - Gelli : La elitropia, secondo che scrive Al-
berto Magno nel libro Delle cose maravigliose, e modernamente
Lionardo da Peser nel suo Lapidario, una pietra di color verde,
simile a lo smeraldo, ma punteggiata con certe macchioline che
paion goccioline di sangue, che nasce in Etiopia. E conoscesi se ella
vera e buona, o no, in questo modo: che mettendo ne l'acqua in
un vaso, bagnato prima col sugo della erba chiamata ancora simil-
mente elitropia, e posta al sole, fa parere l' acqua rossa, e il sole
rossiccio e sanguigno, come s'ei fusse lo eclisse, e di pi fa bollire
quella acqua, come s'ella fussi sopra il fuoco; e quella che non
buona non fa tale effetto. E le virt sue sono, mantenere sano,
accrescere la vita, fermare i sangue, e resistere a tutti
flussi del
i veleni. E di pi dicono di lei, che sacrandola con certe parole,
ed imprimendo in lei certi caratteri, secondo che insegnano i Ma-
gici, ch'ella impedisce talmente la vista d'altrui, che chi la ha
addosso va invisibile e senza essere veduto. E per questa cagione
dice il Poeta che queste anime de' ladri non sperano elitropia, cio
di pervenir giammai in termine che per alcuno spazio di tempo
queste serpe non le vegghino, e conseguentemente non le stimo-
lino e mordino.
Ella, femm. di Egli. Pronome che nel plur. fa Elleno, e poe-
ticamente anche Elle. Serve ad accennare la terza persona, ma so-
lamente come soggetto, facendo, allorch compimento, nel sing.
Lei, e nel plur. Loro; e vale Questa donna, ed altres Quella donna.
Deriva dal lat. illa ; Lei da ilice, che i Latini usarono invece di
illius e di UH; e Loro da illorum. Occorre naturalmente centi-
naia di volte nelle opere volgari di Dante. - 1. Come soggetto; Purg.
xxvn, 106. Son. : Tanto gentile e tanto onesta pare, v. 5. - 2. Serve
a indicare anche cose e animali irragionevoli Purg. li, 83. - 3. do-
;
prato come oggetto, ed anche come compimento indiretto, costruito
con le preposizioni A, Tra, Con, In, Per, in vece di Lei e di Loro;
Par. xxin, 96. - 4. Lei, che nel plurale fa Loro, serve ad accen-
nare persona, come compimento oggettivo; Purg. xix, 144. Par.
Ellera-Eloquente
xvnr, 14. - 5. Si usa come compimento indiretto,
costruito con le
varie preposizioni; Purg. i, 93. - 6. Usato anche
a significare ani-
mali, o cose inanimate; Purg. v, 120.-7. Allorch
costruito come
compimento indiretto, si tace talvolta in poesia la
preposizione
Purg. xxxiii, 91. -8. Si usa a modo di predicato coi verbi
Essere',
Parere, Sembrare, e simili, in proposizioni significanti
la identit'
o somiglianza della persona o della cosa di cui si parla; e per
mag-
gior efficacia si pospone al verbo; Cam.: Le dolci
rime d'amor,
ch'io solia, v. 53.-9. Si usa, secondo propriet latina, a reggere
il verbo all'infinito, ma pi spesso dipende da
altro verbo prece-
dentemente espresso Par. vili, 46. - 10. Lei, seguito dal pronome
;
relativo Che, o La quale, vale Colei, e sta talvolta come soggetto
dal verbo al modo finito; Purg. xvn, 19; xxi, 25.
Ellera, forma corrotta dal lat. hedera, per il facile scambio
della d nella Pianta sempre verde, che s'arrampica sugli alberi
l,
e per le vecchie mura, di cui le foglie giovani sono ovali, le altre
lobate, e spesso macchiate e venate di bianco. V' l'Ellera arborea
e l'Ellera terrestre, che sono V Hedera helix, e la decorna hedo-
racea de' Botanici, Inf. xxv. 58.
Ellesponto, Hellespontus, dal gr. 'EXXyjaTcovcos, Stretto
lat.
che unisce il mare Egeo
alla Propontide ossia l'Arcipelago al mare
di Marmara, separando l'Asia dall'Europa; oggi Lo stretto dei Dar-
danelli. Deve il suo nome alla morte tragica di Elle figlia di Ata-
mante re di Tebe, che fuggendo col fratello Frisso i furori della
matrigna Leo, volle traversarlo sulla groppa del montone dal vello
d'oro, e cadendo nelle acque rimase annegata. Sulle sponde erano
le citt di Sesto e Abido, celebri per gli amori di Ero e di Leandro.
Serse, re di Persia, pass l'Ellesponto nel 480 a. C. con grand' eser-
cito (cfr. Herodot., vii, 138, 184-87. Ctes., 23. Diod., xi, 2, 3, 5.
CORN. Nep., Themist., 2. Justin., il, 10) per portar guerra alla
Grecia (Herodot., vii, 54 e seg.) e lo ripass poi fuggendo dopo
la battaglia presso Salamina (Herodot., Vili, 97-107, 1 13-120); Purg.
xxviu, 71; cfr. Mon. il, 9, 34 e seg.
Milo, dal lat. ile, lo stesso che Egli, di cui la forma pi an-
tica; e pu declinare in tutti gli stessi modi; ma oggi non si
si
usa che qualche volta da' poeti in rima; al plur. fa FAli; Inf. iv, 34 ;
x, 77; xvin, 88, e sovente.
Eloquente, lat. eloquens, Che ha eloquenza; Vulg. El. i, 9, 1
2;
i, 10, 16; I, 12, 57.
692 Eloquenza-Eloquenza Volgare
eloquenza, lat. eloquentia, Facolt, spesso congiunta all'arte
ed all'esercizio, d'usare la parola in modo da persuadere e com-
muovere. E pi spesso intendesi d'arte oratoria; Conv. I, 5, 51. Vug.
El. i, 1, 1,3; i, 19, 15.
Eloquenza Volgare lat. De Vulgari Eloquentia,
lavoro filologico dettato dall'Alighieri in lingua latina, primo do-
cumento della storia delle lingue. -1. Titolo: Conv. i, 5, 51, Dante
dice che intende di fare un libro di Volgare eloquenza; Vug.
El. i,1, dice che vuol trattare de Vulgaris Eloquentise doc-
1,
trina, e i, 19, 15, che sua intenzione doctrinam de Vulgari Elo-
quentia tradere. Giov. Vili, nel suo necrologio del Poeta (Cron.
ix, 136) scrive che fece un libretto che s'intitola De vulgari elo-
quentia; il Boccaccio (Vita di D. ed. Macr-Leone, 16, p. 74):
<,<Compose un libretto in prosa latina, il quale egli intitol De
vulgari eloquentia, e lo stesso ripete Leonardo Bruni. dunque
un fatto indiscutibile che Dante intitol il suo lavoro De vul-
gari eloquentia, e che sotto questo titolo lo conobbero gli an-
tichi. Ci nonostante prevalse un tempo l' altro titolo De vulgari :
eloquio, forse perch, discorrendovisi tanto di lingue e di parlate,
lo si credette un lavoro sulla lingua volgare, mentre invece es-
senzialmente un Trattato di poetica. I moderni (Tom., Giul., Witte,
Boehmer, D'Ovidio, ecc.) sono ritornati all'antico titolo genuino,
mentre alcuni (Fratic, Moore, ecc.) continuano ad intitolare questo
lavoro De vulgari eloquio.- 2. Contenuto: Questo lavoro prende
le mosse dall'origine dell'umana loquela, si ferma quindi ad esa-
minara alcune questioni scolastiche, e poi, incominciando dalla con-
fusione babilonica e tenendo dietro alla diffusione dei vari idiomi
per il mondo, si ferma a quelli dell'Europa, e pi particolarmente
a quelli dell' Europa meridionale, distinti sommariamente in tre,
per le tre loro affermazioni: dell'oc, dell' oil e del s, i quali tre
idiomi hanno una radice comune, convenendo essi in molti vocaboli.
Dopo aver parlato delle variazioni di questi idiomi e della loro ra-
gione, l'autore s ferma a trattare dell'idioma del s, passa in ras-
segna i principali dialetti ai suoi tempi parlati in Italia, e con-
clude, nessuno di essi essere degno di ottenere il primato sopra gli
altri, ma volgare illustre, cardinale, aulico e curiale essere quello,
il
che pare che non sia di niuna. Esposte
di tutte le citt italiane, e
poi le ragioni, perch chiami questo volgare illustre, cardinale,
aulico e curiale, chiude il primo libro osservando, questo essere
il volgare che si chiama volgare italiano. Nel libro secondo, rimasto
incompiuto, Dante esamina per quali persone e sopra quali argo-
menti debbasi scrivere nel volgare illustre, considera le diverse
Eloquenza Volgare
forme del poetare, e si ferma poi a trattare della Canzone, il modo
pi nobile che per lui si cercava.- 3. Genesi: Il De Vulg. FI.
ve va constare per lo meno di quattro libri, dei quali soltanto
primo fu compiuto e del secondo furono scritti tredici capitoli ed il
principio del quattordicesimo. Questo fatto indusse il 7>occ. ed altri
a supporre, che Dante dettasse il lavoro a Ravenna negli ultimi
anni o mesi della sua vita, opinione oggid comunemente reputata
erronea. In generale i critici s'accordano nel credere il De Vulg.
Eh il 1305 e 1309, oppure tra il 1308 e 1310. Dai passi
dettato tra
i, 13 e seg. i, 17, 26 risulta che fu scritto durante l'esilio del
6, ;
Poeta; da Conv. I, 5, 49 e seg. che fu incominciato dopo il trat-
tato primo del Conv.; da Vulg. El. i, 18, 34 e seg. risulta che
Dante scriveva prima della discesa di Arrigo VII in Italia, e da
il, 1, 1 e seg. che il secondo libro fu incominciato qualche tempo
dopo compiuto il primo. Stabilire con maggior precisione quando
e dove Dante dettasse questo lavoro e perch lo lasciasse incom-
piuto scientificamente appena possibile. -4. Autenticit: Bench
ricordato dal Vili., dal Bocc. e dal Bruni, questo lavoro dantesco
cadde immeritamente in tanta dimenticanza, da rimanere ignoto per-
sino agli eruditi fiorentini, i quali, allorch il Trissino ne ebbe
pubblicata la sua traduzione (Vicenza, 1529), impugnarono l'auten-
ticit del Trattato, rendendo sospetto il Trissino di averlo fabbri-
cato lui, n si dettero vinti neppure quando il Corbinelli ebbe pub-
blicato l'originale latino (Parigi, 1577). I dubbj, durati sino ai
primi decenni del secolo che va morendo, sono attualmente del
tutto ammutoliti, l'autenticit essendo oramai universalmente ri-
conosciuta. - 5. Edizioni Alle edizioni antiche del Trissino e del
:
Corbinelli, ed a quelle conosciutissime del Torri, del Fraticelli,
del Giuliani e del Moore (cfr. Edizioni) da aggiungere la bella
ed importante edizione-facsimile del codice di Grenoble: Dante Ali-
ghieri: Tratte de V Eloquence Vulgaire. Manuscrit de Grenoble
publi par Maignen et le Ds Prompt, Ven., 1892. Sulle ediz. an-
teriori a quella del Giul. cfr. Ferraz., il, 782 e seg. Lane, Col-
lections, p. 20.-6. Traduzioni: La traduzione italiana del Trissino
fu ristampata pi volte. Il Trattato fu tradotto in tedesco da K.
L. Kannegiesser,Lips., 1845, ed in francese da S. Rhal, Le ma,
dantesque, 1856, p. 185-216. - Cfr. Ferraz., iv, 502-13; v, 540 e seg.
Pi. Lahbruschini e A. Cavalieri in D. e il suo sec, p. 653-.-
E. Boehmer, Ueber Dante' s Schrift De Vulg. El, Halle, 1807.
D'Ovidio, Saggi critici, Nap., 1878, p. 330-415. Ejusd., Dante e la
filosofa del linguaggio negli Atti della B. Accademia
di Scic*
morali e politiche di Napoli, voi. xxiv. Proleg., 338-57. Handb.,
303-21. Dantoh, 284 e seg., 322 e seg.
694 Elsa-Emmaus
Elsa, dall' ant. a. ted. heha, frane, ant. helt (cfr. Diez, Wrt.
li
3
, 26), Impugnatura della spada con difesa della mano : Par.
xvi, 102.
Elsa, nome un fiumicello della Toscana che esce dal fianco
di
occidentale della montagna di Siena col nome d'Elsa morta, e dopo
aver percorso un tratto di otto chilometri chiamasi Elsa, viva. Ba-
gna parte del territorio Sanese e parte del Fiorentino. Costeggia la
strada Volterrana e si scarica nell'Arno a pochi chilometri da Em-
poli e da Ponte d' acqua di questo fiumicello
Elsa. In alcune parti 1'
ha la propriet d'incrostare i corpi che vi s'immergono, e special-
mente nelle vicinanze di Colle, essendo satura di acido carbonico e
di sotto-carbonato di calce. A questa propriet di tartarizzare i
corpi che vi sono immersi allude Dante, Purg. xxxiii, 67. Cfr. Tar-
gioni, Viaggi nella Tose, v, 103. Loria, ii, 424.
Ema,
piccolo fiume che nasce nei monti delle Croci e di San Do-
nato e che si passa andando da Montebuono, luogo d'origine de' Buon-
delmonti, a Firenze; Par. xvi, 143. Cfr. Loria, ii, 346. -JButi:
Ema uno fiume in Valdigrieve, nel quale messer Buondelmonte
fu per affogare, quando lo pass la prima volta per venire a Fio-
renza. Cfr. Com. Lips. in, 449 e seg.
Emancipare, dal lat. emancipare, Liberare, Prosciogliere,
il padre fa, nelle forme volute dalla legge, il proprio figliuolo della
patria potest, o il Consiglio di famiglia il pupillo. Usato fguratam.
Conv. iv, 5. 73.
Emergere,
dal lat. emergere, Venir fuori, Sorgere dalle acque
o da altro liquido, Venire a galla. E poeticam., detto di suono,
voce, parola, e simili, vale Escire dalla bocca, o da alcun luogo ;
Par. xxiv, 121.
Emisperi e Emisper, che oggi dicesi comunemente
Emisferio ed Emisfero, dal lat. hemispheerium, e questo dal gr.
Yjfjuacpacpiov, Mezza sfera; e termine di Cosmografia: Met del globo
terrestre, ed anche La met della sfera celeste o di un globo ce-
leste; Inf. iv, 69; xx, 125; xxxiv, 5, 112, 124. Purg. iv, 71. Par.
i, 45; xx, 2; xxvin, 80; xxix, 6.
Emuians, "Efijiaojjc;, castello della Palestina, lontano sessanta
stadj da Gerusalemme, dove erano avviati Cleofa ed un altro disce-
polo di Cristo il d della sua risurrezione quando il Eisorto ap-
parve loro; Purg. xxi, 8. Cfr. S. Lue. xxiv, 13-31. Com. Lips. il, 392.
E m me -Empi re
Emme, Nome
dell'undecima lettera del nostro alfabeto, ed
1.
altres del carattere
che la rappresenta; Turg. xxin, 33.
Par. 1
xviii, 113. Nel primo di questi due passi Dante allude senza
ap- ,
provarla n rigettarla, alla credenza dei teologi e predicatori mi-
stici del medio evo, i quali s'ingegnavano di dimostrare
come il
Creatore avesse scritto di proprio pugno le parole Homo Bei al-
l'uomo Alcuni sono stati ch'anno detto che la figurazione
in viso.
del viso delli uomini mo in questo modo: gli occhi sono gli o,
e la m formano in questo modo, che le ciglie colli tempori sono
le estreme gambe dell'w, e lo naso si la gamba di mezzo; Lan.-
Dice alcuno che nel viso di ciascuno uomo si pu leggere Homo
Dei in questo modo: uno delli orecchi YH. et l'altro orecchio
per l'altro verso rivolto uno B., l'occhio uno 0., il naso colle
ciglia uno M. la bocca uno ./.; An. Fior. - 2. Serve per nota
di numero romano, e vale Mille; Par. xix, 129.
immilli, da Essere, Mi ; Par. xxv, 86.
Empedocle**, 'EijiusooxXtjs. filosofo greco, n. a Girgenti 485,
m. 425 a. C. Cfr. Diog. L., vili, 51 e seg. F. G. Stubz, Be Em-
pedocis Agrigentini vita et pliilos., Lips., 1805. nominato Inf.
iv, 138.
Empiere, cfr. empiee.
Empiezza, lat. impetas, L'essere empio, non religioso; e si
us pure per Crudelt, Efferatezza; ed anche per Atto crudele, ef-
ferato; Purg. xvn, 19.
Empio, dal lat. impius ; 1. Non pio, Che non ha piet ossia
religione, Che nemico del vero Dio e di chi lo adora, Che con-
travviene alle disposizioni ed ai decreti di Dio; Par. ix, 10, 53.-
2. Detto di culto, vale Che non si presta al vero Dio, Contrario
alla vera religione Par. xxn, 45. - 3. E per Crudele, Spietato,
;
usato anche fguratam. Inf x, 83; xxv, 122. Par. XVII, 64.-4. Detto
poeticam. di luogo, significa Nel quale stanno empi, o malvagi, e
simili ; Inf. x, 4.
Empire ed Empiere, impere, Far pieno di chec-
dal lat.
chessia un recipiente, o altra simil cosa vuota, Mettervi dentro tanta
materia quanta ne pu contenere. 1. Figuratam., riferito a persona,
a ventre, o altra interior parte del corpo, per Impinzare di cibo,
Somministrare, soverchia bevanda, e simili; Purg. XII, 57.-2. Ri-
ferito a luogo, vale Concorrervi persone in cos grande numero, da
occuparlo in certo modo tutto quanto; Par. XXXII, 39.-3. Riferito
696 Empireo-Eneida
a desiderio, volont, e simili, vale Appagare, Contentare, Sodisfare
pienamente; Par. vii, 121. - 4. E per Saziare, riferito a fame, ap-
petito, e simili; Inf. i, 98. - 5. Neut. pass. Accogliere in s tanta
materia, quanta pu contenerne, Farsi pieno; detto figuratam. Par.
xvi, 19.
Empireo, dal basso lat. empyrius, e questo dal gr. ijiTtopcg,
Igneo. Aggiunto dell'ultimo cielo, secondo la cosmografia antica;
1.
nel quale i teologi del medio evo ponevano la sede dei Beati; Inf.
il, 21. Conv. il, 4, 11; ir, 15, 125.-2. E per Del cielo empireo;
Son. : Da quella luce, che il suo corso gira, v. 2.
Empitore, Verbal. masc. da Empire, Chi o Che empie; Conv.
i, 7, 52, nel qual luogo per la vera lezione piuttosto Adempi-
tore, come leggono le prime edizioni, Minerva, Frat., Giul., ecc.
Il Moore legge per, coi codici e col Biscioni, empitore.
En, Sono, iscorcio di no, formato dalla terza sing. ; cfr. Nannuc,
Verbi, 444 e seg. Purg. xvi, 121, nel qual luogo alcuni testi invece
di v'n hanno v'. Nel luogo Par. xv, 77, dove parecchi testi hanno
N s iguali, da leggere col pi dei codd. s iguali; cfr. Com.
Lips. ni, 401 e seg.
l^ndecasillabo, lat. Endecasyllabum, dal gr. vsY.xou\\<x$o<z,
Aggiunto di verso, vale Che composto, Che consta, di undici sil-
labe. E in forza di Sost., Verso di undici sillabe; Vulg. El. li, 5;
il, 12, pass.; n, 13, 48.
Enea, Aeneas 'Aiveiac;, Figliuolo d'Anchise e di Venere, marito
di Creusa figliuola di Priamo, pi tardi di Lavinia figliuola del re
Latino; il notissimo eroe della guerra di Troia, amante di Didone,
padre di Roma e dell'Impero Romano, cantato da Virgilio nel-
VEneida; Inf. li, 32; iv, 122; xxvi, 93. Conv. il, 11, 28; iv, 5, 35;
iv, 26, 45. Mon. n, 3, 38, 54, 75; II, 4, 37; il, 7, 48, 57; il, 11, 6,11.
Dante lo menziona pure altrove, chiamandolo quel giusto Figliuol
d'Anchise, che venne da Troia, Inf. i, 73 e seg.; di Silvio lo pa-
rente, Inf. il, 13; il figliuol d'Anchise, Purg. xvm, 137. Par.
XV, 27; l'antico, che Lavina tolse, Par. vi, 3; invictissimus
atque piissimus pater, Mon. il, 3, 26; il, 11, 6, ecc.
Eneida, Aeneis, titolo del noto Poema di Virgilio; Purg.
lat.
xxi, 97. Vit. N. xxv,
57. Conv. i, 3, 56; il, 6, 88; in, 11, 117; iv,
4, 86; iv, 24, 70; iv, 26, 52. Vulg. El. li, 4, 56; il, 8, 17. Mon. Il,
3, 21; li, 11, 10. AVEneida si accenna pure Inf. i, 84; xx, 113,
e sovente nel Conv., Vulg. El. e De Mon.
Enfiato-En tornata
Enfiato, dal lat. inflatus : 1. Ingrossato nei tessuti, Che ha
i tessuti rilevati, per causa morbosa, umori, percosse,
e simili; Inf.
XXX, 119. - 2. Per similit., detto della faccia e delle labbra
di chi
sia agitato da furore, ira, o altra violenta passione;
Inf. vii, 7.
Enigma e Fulmina, dal lat. (enigma, e questo dal gr. atvty-
|ia,Detto oscuro, che sotto il velame delle parole nasconderli con-
cetto, o un'allusione, che si lascia indovinare altrui; Modo
coperto,
e per lo pi figurato, di esprimersi, per accennar checchessia,
o per
alludervi ; Purg. xxxiii, 50.
Enne, da Essere e Ne, Ci ; Par. xx, 136. Cfr. Nannuc., Verbi.
436 e seg.
Enno, da Essere, forma originale e regolare, usata dagli an-
tichi anche in prosa e tuttora comune tra' contadini, per Sono; Par.
xiii, 97. Cfr. Mastrofini, Teor. e Prosp. ad v. Essere, n. 3. Nannuc,
Verbi, 444 e seg.
Enrico, cfr. Arrigo.
Entomata, dal gr. sv-uo^a, Insetti. Entomata in difetto, Purg.
x, 128, vale Insetti difettivi, imperfetti, la cui perfezione avr luogo
quando dal verme sar formata V angelica farfalla. Non sapendo
di greco, Dante lesse per avventura ne' lessici svxop.axa, e congiunse
erroneamente l'art, neut. plur. toc al nome svxojia (cos Salvini, Lez.
xxxn. Blanc, Voc. Dant. s. v. Versuch, n, 38); oppure, trovando
entoma nel basso lat., ne fece un plur. entomata (infatti il Du-
fresne, nel Glossarium registra entoma, entomatis); cfr. Cave-
doni, Osserva?-, crii, intorno alla questione se Dante sapesse di
greco, Modena, 1860, p. 30, nt. 8. Alcuni testi hanno antomata,
altri automata, athomata, altomata, antomati, ecc. - Lan. Voi :
siete mostri, che in voi superbi falla la formazione. E proprio
detto antomata li vermi che fanno la seta, imperquello che in
prima sono d'una spezie a figurare, poi si mutano in altre figurate
e diventano diversi in spezie; a simili l'uomo, che superbo,
cos
e si cambia di uomo in demonio. - Ott.: Voi siete cos difet-
-
tosi, quasi antomata, che una figura in difettuoso parlare.
Petr. Dant.: Athomata, ut ait Philosophus in 2. De Anima, et
commentator, sunt ammalia nodosa, seu anulosa intus, quo modo
sunt lumbrici, et similes vermes forma carentes; in quibus caput
etiam sensualiter non apparet; de quo hic auctor respicit. - Cass. .
Attoma, illa, scilicet, corpuscula informia que agitatur per ra-
dium solis transeuntem per aliquam umbram in defectu, idest, de-
ficiente nobis spirtu. - Benv.: Enthomata, secundum quod scribit
698 Entrambi-Entrarc
Philosophus in III De generatione animalium, sunt ammalia ge-
nerata per putrefactionem et a casu, et sine coitu, sicut aliqui ver-
mes et apes et vespae; et dicitur proprie enthomatum, idest, mi-
rabile. - JButi : Voi siete in difetto, cio quando mancate de la
vostra perfezione, quasi autonoma ; cio come cosa contro legge di
natura, ab anti, quod est contra, et noma quod est lex ; idest
contra legem naturce; e dice quasi: per mostrare che v' diffe-
renzia, e non propiamente l'omo si pu dire autonoma ma quasi: i
questo vocaburo greco e significa animale imperfetto: et altri
1
diceno autonoma. Quale sia pi propio detto io noli ho trovato. -
L' An. Fior, legge ntomata e spiega come il Lan.- Serrav.: Quasi
anthomata in defectu, sicut vermis, in quo forraatio fallit, idest de-
ficit. Apud Aristotilem, sunt quidam vermes, qui sunt sine ali-
qua forma membrorum organalium et nascuntur sine propagatione,
ideo dicuntur anthomata in defectu. - Land., Tal., Veli., Dan.,
Vent., ecc. non fanno che ripetere il detto da altri. - Voi.: n-
tomata, Vermicelli, Insetti; dal gr. x svxojia. Dante ha posposto
l'articolo, che dovea premettersi. Entomati chiam gl'Insetti il
Redi (Ins., 8), il quale non era digiuno di cognizioni della lingua
greca.
Entrambi, Entrambe, Entrambe, ed anche In-
trainbi,Intrambe, Intrambo, dal lat. ambo, e la prep.
intra, denotante relazione tra' due termini accennati, L'uno e l'altro,
Ambedue; usato anche figuratam. Inf. xix, 25; xxill, 30. Par. vii, 148.
Entrami (Entra'mi, Entraimi), Mi entrai, Entrai;
Par. x, 41.
Entrare, qualche volta nella forma antica Entrare, dal
e
lat. iutrare, verbo al quale si accompagnano talvolta le particelle
pronominali Mi, Ti, Ci, Vi, Si, affisse o disgiunte, ed alcuna volta
anche unite con la particella riempitiva Ne. Nella Div. Com. questa
voce adoperata 55 volte, 19 nelVInf, 19 nel Purg.e 17 nel Par.-
1. Andar dentro, Penetrare in un luogo, Passare dal di fuori al di
dentro: riferiscesi propriamente a luogo chiuso o circoscritto; e di-
cesi cos di uomo come di animale; Inf. iti, 9; iv, 23; IX, 33, 106.
Purg. xii, 114; XX, 86; xxvi, 41, ecc. - 2. Figuratam. e in locuz.
figur. Par. xxv, 11 xxvi, 15; xxvn, 6. - 3. E per maggiore efficacia,
;
costruiscesi con Dentro, in forza cos di preposizione come di av-
verbio Inf. IX, 26, 106. - 4. Figuratam., per Passare, Trasmettersi,
;
da persona a persona; detto di sentimenti, affetti, idee, e simili;
Conv. IV, 1, 9.-5. E per Addentrarsi, Inoltrarsi, e simili, proce-
dendo in un viaggio, nel cammino, e simili; Inf. xm, 16.-6. E per
Entrare-Entro
similit., per Penetrare in alcun luogo, o attraverso qualche
corpo;
detto pi specialmente di luce, sole, calore, aria, e simili; Pura.
XVIT, 6.-7. E figuratane, riferito a cose di diflcile intelligenza,
oscure, segrete, e simili, vale Penetrare nel loro significato, Perve-
nire a intenderle, a conoscerle, a saperle; che anche dicesi, per mag-
giore efficacia. Entrarvi dentro o addentro; Conv. n, 13. 17, 19.-
8. Poeticam. per raccogliersi entro a checchessia, contraenti.
Ritirarsi; Inf. XXV, 112.-9. In costrutto con un infinito, retto dalla
particella A, vale Cominciare, Darsi, Porsi, e simili, a fare l'azione
espressa da quel dato verbo; Conv. IV, 1, 53. - 10. E costruito con
nomi denotanti un'azione qualsiasi, vale Cominciare, Porsi, a farla.
Imprenderla; Par. xxv, 103. - 11. Costruito, mediante la prep. In,
coi nomi Cammino, Via, o simile, vale Muoversi per un dato viaggio,
o anche Incominciare a trascorrere la via. E usasi pure figuratam.
Conv. I, 10, 10. - 12. Entrare in mare, e poeticam. in pelago o nel-
l'alto, vale Partirsi dal lido, Incominciare a muovere, Levar l'an-
cora, e simili; detto cos di persone come di navi; in locuz. figur.
Conv. il, 1, 5. - 13. Entrare in barca, in nave, in letto, e simili,
vale Porvisi, Adagiarvisi, e simli; Inf. vm, 26.- 14. Entrare per
un cammino, per una via, per un sentiero, o per un luogo qualsiasi,
vale Mettersi per quello a fine di riuscire dovecchessia; Inf. il, 142;
vii, 105. Purg. xn, 16.
Entrare, Sost., Parte per la quale si entra, Ingresso; ed anche
Limitare; Inf. v, 20; xiv, 45. Purg. xv, 88. Par. xm, 138.
Entrata; 1. L'entrare, L'azione dell'entrare; ed anche Luogo,
Parte, per cui si entra; Ingresso; Inf v, 5; Vili, 81. Purg. ix, 51, 62.-
2.E per Introduzione, Avviamento, e simili; riferito a scrittura, ov-
vero a scienza o disciplina; Vit. N. XXXI, 8.-3. E detto di et del-
l'uomo, vale Principio di essa; Conv. i, 1, 92.
Entre,da entrare, forma comune agli antichi, per Entri Inf. :
xm, 16. Purg. xix, 36. Par. xxm, 108. Siffatto modo sovente ado-
perato dagli antichi anche fuor di rima e in prosa. Cfr. Nannuc.
Voci, 8-13.
Entro, dall' avverb.Prepos. che denota la relaziono
lat. intro :
di stato o di moto alla parte interiore di una cosa. Lo stesso
che
Dentro. Regge il suo termine o indirettamente mediante la parti-
cella A, o direttamente. Div. Coni. 31 volta, 13 nel-
adoperata nella
Ylnf (il, 87; Vili, 71, 74; x, 17, 119; XVI, 120; xxit, 18; xxm, 27;
xxiv, 82; xxvi, 55, 61; xxix, 89; xxxm, 96), 8 nel Purg. (il, 45;
XXXI, 2
iv, 31; vili, 58; xm, 18; xxn, 140; xxvi, 34; xxvn, 64;
700 Eolo-Epiciclo
e 10 nel Par. (il, 34; V, 41; vi, 12; vii, 94; vili, 14; IX, 115; x, 112;
xn, 13; xix, 60; xxiii, 94). 1. Per entro, vale In mezzo, Tramezzo,
Fra; Purg. xxn, 140. - 2. E poeticam., vale Attraverso, riferito a
luogo o luoghi che si trascorrano, Passando per essi Purg. vili, 58. -
;
3. Entro, con relazione di tempo, trovasi usato per In Vit. N. xxiii, 65.
;
Son.: Era venuta nella mente mia, v. 3. - 4. E in forza di Avveri),
di luogo, unito coi verbi cos di stato, come di moto, vale Nella
parte interiore, Nell'interno della cosa di cui si discorre, Interna-
mente Inf.
; Figuratam. e in locuz. figur. Conv. Il, 13, 18. -
vili, 74. - 5.
6. In senso particolare, denota Nella parte interna, Nello spazio, del
luogo a cui si riferisce il discorso Purg. il, 45. Par. x, 112.-7. Pure
;
nel senso di Neil' interno, Internamente, sia parlandosi di cosa, sia
di luogo, e con verbi di stato o di moto costruiti con le particelle
Vi o Ci, Entro, per maggior evidenza o efficacia, usato pleona-
sticamente Inf. xxn, 18 xxiv, 82. - 8. E figuratam. Par. v, 41. -
; ;
9. E soggiunto, per maggior determinazione, ad alcuni avverbi di
luogo, come L, Qua, L, Qui, Quivi, Quinci, Col, Cost, Ivi, ecc.;
anche figuratam. Inf. n, 87. Purg. xm, 18. Par. ix, 115.-10. D'entro,
posto avverbialm., vale Nella parte interna, Internamente; e usato a
modo d'aggiunto, vale Interno, Interiore; Par. xn, 13.- 11. Figura-
tamente o in locuz. figur. Inf. xxiii, 27. Conv. ni, 8, 68. - 12. D'entro
a, maniera pleonastica usata invece della semplice Da; Par. vi, 12.-
13. In entro, posto avverbialm., vale Verso la parte interna, Nell'in-
terno, Nel di dentro, di checchessia; Inf. xxxiii, 96.
Eolo, JEolus, Aiolo*;, Nome del Dio dei venti; Purg. xx vili, 21.
Vit. N. xxv, 50. Cfr. Vieg., Aen. i, 52 e seg.; vili, 416, ecc.
Eoo, lat. Eous, dal gr. 'Hwoc;, uno dei quattro cavalli del carro
del Sole; Conv. iv, 23, 103. Ed. u, 1.
Epa, Quella parte del corpo umano dallo stomaco al pettignone,
nella quale si racchiudono gl'intestini; Ventre, Pancia. Deriva pro-
babilmente dal lat. hepar, e questo dal gr. yjrcap, Fegato, per la
prossimit che l'epa ha con tal viscere Inf. xxv, 82; xxx, 102, 119.
;
Epiclieia, dal gr. smsbteia, Equit, Temperanza, Benignit,
nelT interpretare e applicare leggi, massime o regole del diritto, e,
per estensione, principj o regole dottrinali; ed contrario di ri-
gore; Mon. i, 14, 26.
Epiciclo, dal basso lat. epicyclus, e questo dal basso gr. stic-
xoxXog, Termine dell'antica Astronomia Cerchio, il cui centro s'im-
:
maginava esser posto e muoversi sulla periferia di un altro cerchio
Epicureo-Epistole di Dante 7))1
maggiore, che chiamavasi Deferente. Serviva
per ridurre a moti re
golan le irregolarit apparenti del movimento
dei pianeti- Par
Vili, 3. Conv. il, 4, 61; n, 6, 101, 107.
Epicureo, Seguace delle dottrine di Epicuro, Filosofo Epi-
cureo; Conv. ni, 14, 102; iv, 6, 82.
Epicuro, 'Enlxoupoq filosofo greco, fondatore della scuola deo-li
Epicurei, n. 334, in. 263 a. C. Cfr. Diog. L., x, 1,
9, 26. Cic, N
Beor. i, 26. De Fin. i, 19, ecc. P. Gassendi, De vita,
moribus et
doctrina Fpicuri, Leida, 1647. Dante lo nomina: Inf. x
14 Conv
IV, 6, 74, 82; iv, 22, 21. Mon. n, 5, 57, 105.
Epilogare, dal lat. epilogus, e questo dal gr. -Aoyo-, Rac-
cogliere, in brevi parole, Ripetere in Succinto, Compendiare,
la so-
stanza delle cose principali dette o esposte innanzi, Farne l'epi-
logo; Conv. li, 6, 99.
Episcopo, lat. Episcopus, dal gr. 'Erctaxoirog, Vescovo; Mon
ni, 5, 23.
Epistola, cfr. Pistola.
Epistola di frate Ilario, cfr. Ilaeio, frate.
Epistole di Dante. Che l'Alighieri dett un bel numero
di epistole, un fatto da non potersi rivocare in dubbio. Egli stesso
racconta, Vit. N. xxxi: Poi che la gentilissima donna fu partita
da questo secolo, rimase tutta la sopradetta cittade quasi vedova,
dispogliata di ogni dignitade; ond' io, ancora lagrimando in questa
desolata cittade, scrissi a' principi della terra alquanto della sua
condizione, pigliando quello cominciamento di Geremia profeta: Quo-
modo sedei sola civitas! Che questa epistola, bench scritta, non
fu mai mandata suo indirizzo, non pur probabile, ma poco meno
al
che indiscutibile. Ma questa notizia lasciata dal Poeta tanto pi
importante, inquanto colle medesime parole incomincia pure l'epi-
stola ai Cardinali italiani, che vuoisi scritta da Dante nel 1314. -
Nell'Acerba di Cecco d'Ascoli (lib. n, e. 12) si legge: Ma qui
me scrisse, dubitando, Dante: Son doi figlioli nati in uno parto,
Et pi gentil si mostra quel davante, Et ci converso, come gi
tu vedi. Torno a Ravenna et de l non me parto; Dimmi, Asco-
lano, quel che tu ne credi. Di questa lettera, scritta da Dante al
suo bizzarro ed infelice contemporaneo, non abbiamo altre notizie.
Dalle parole dell'Ascolano pare che questa non fosse l'unica lettera
scrittagli dall'Alighieri. - Il cronista G iovanni Villani scrive (lib. x. i
702 Epistole di Dante
e. 136): In tra l'altre fece tre nobili pistole; l'uria mand al reg-
gimento di Firenze dogliendosi del suo esilio sanza colpa; l'altra
mand allo 'mperadore Arrigo, quand'era all'assedio di Brescia, ri-
prendendolo della sua stanza, quasi profetizzando; la terza a' Car-
dinali Italiani, quand'era la vacazione, dopo la morte di papa Cle-
mente, acciocch s'accordassono a eleggere papa Italiano; tutte in
latino, con alto dittato e con eccellenti sentenzie e autoritadi, le
quali furono molto commendate da' savi intenditori. Giova ren-
dere attento al fatto singolare, che per l'appunto queste tre epi-
stole, che Dante in tra V altre fece, si trovano tra le poche a noi
pervenute. - Boccaccio (Vita di D., 16) : Fece ancora questo
valoroso poeta molte epistole prosaiche in latino, delle quali ancora
appariscono assai. Sventuratamente il Certaldese trascur di in-
serirne una sola nel suo Trattatello in laude di Dante. - Nella sua
breve Vita di D. Leonardo Bruni fa menzione di parecchie epi-
stole del Poeta: sulla battaglia di Campaldino : Questa battaglia
racconta Dante in una sua epistola, e dice esservi stato a combat-
tere, e disegna la forma della battaglia. Un'altra sui motivi del
suo esilio Da questo Priorato nacque la cacciata sua e tutte le
:
cose avverse ch'egli ebbe nella vita, secondo esso medesimo scrive
in una sua epistola, della quale le parole son queste Tutti i mali
:
e tutti gli inconvenienti miei dalli infausti comizj del mio Prio-
rato ebbero cagione e principio; del quale Priorato, bench per
prudenza io non fossi degno, nientedimeno per fede e per et non
ne era indegno; perocch dieci anni erano gi passati dopo la
battaglia di Campaldino, nella quale la parte ghibellina fu quasi
a tutto morta e disfatta, dove mi trovai non fanciullo nell'armi,
e dove ebbi temenza molta, e nella fine grandissima allegrezza per
li varj casi di quella battaglia. Queste sono le parole sue. Pare
dunque che questa epistola fosse dettata in volgare. Pi in l il
Bruni racconta che Dante per riacquistare la grazia di poter tor-
nare a Firenze s'affatic assai e scrisse pi volte non solamente
a particolari cittadini del reggimento, ma ancora al popolo; e intra
l'altre un'epistola assai lunga che incomincia: Popule mee, quid
feci Ubi ? Racconta poi, che alla venuta di Arrigo VII Dante co-
minci a dir male di quelli che reggevano la terra, appellandoli
scellerati e cattivi, e minacciando loro la debita vendetta per la
potenza dell' imperadore, contro la quale diceva esser manifesto
ch'essi non avrebbon potuto avere scampo alcuno, colle quali pa-
role il Bruni allude per avventura a quella epistola ai Fiorentini
che si legge nell'epistolario dantesco. Quindi l'Aretino fa menzione
di una epistola nella quale Dante scriveva di non aver voluto prender
parte all'assedio della patria citt, e finalmente osserva che Dante
Epistole di Dante 703
fu aucora scrittore perfetto, ed era la lettera sua magra e lunga
e molto corretta, secondo che io ho veduto in alcune
pistole di sua
propria mano scritte. - Il conte Troya (Veltro, 60,
125) afferma
che verso la met del sec. XV leggevansi a Forl alcune lettere,
dettate da Dante a Pellegrino Calvi, segretario di Scarpetta
degli
Ordelaffi, per le quali s' avea contezza, che nel 1303 Dante
impetr
da Bartolommeo della Scala signor di Verona un corpo di cavalli
e di fanti contro Firenze, e che nel 1311 il Poeta scrisse una let-
tera a Can Grande della Scala in nome degli esuli e banditi
to-
scani, nella quale, tra le altre cose, narrava l'infelice successo della
legazione di Arrigo VII ai Fiorentini, deplorando la cecit de' suoi
concittadini.
Checch si giudichi di queste e di altre testimonianze, certo
che Dante Alighieri dett (e probabilmente scrisse di proprio pugno)
un bel numero di epistole. Dove sono esse? Verso la fine del sec. XVII
non si conosceva che la Dedicatoria a Can Grande, epistola di somma
importanza, ma di dubbia autenticit, e la traduzione italiana delle
due epistole: ai principi e popoli d'Italia e ad Arrigo VII. A queste
tre epistole attribuite a Dante il Dionisi aggiunse poi quella al-
l'amico Fiorentino, e il Witte nel 1827 l'originale latino dell'epi-
stola ad Arrigo VII, 1' epistola ai Cardinali Italiani e quella a Cino
da Pistoia. Dieci anni dopo Teodoro Heyse trov nel celebre co-
dice di Heidelberg le epistole al cardinale d'Ostia, ai nipoti del
conte Alessandro da Romena, al marchese Moroello Malaspina, ai
Fiorentini, l'originale latino di quella ai Principi e Popoli d'Italia
ed i Margherita di Brabante, moglie del-
tre biglietti indirizzati a
l' imperatore Arrigo VII, a nome di una contessa G. di Battifolle.
D'allora in poi non si scoperse pi una sola epistola dantesca. Sa-
rebbero dunque in tutto quattordici, ma la loro autenticit pi
o meno problematica. Che i tre biglietti a Margherita di Brabante
siano scritti da Dante un'ipotesi e nulla pi; Fratic, Giu., ed
anche il Moore non gli ammisero nemmeno nelle loro raccolte. L'epi-
stola al cardinal d'Ostia non porta il nome di Dante, n certo roba
sua (cfr. Todeschini, i, 230 e seg. Bartoli, Lett. ital, v, 143 e seg.).
Sciocche falsificazioni, delle quali non giova nemmeno occuparsi, sono
le epistole ai nipoti di Alessandro da Romena, al marchese Moroello
Malaspina, a Cino da Pistoia, a Guido da Polenta ed all'amico Fio-
rentino. Restano le tre menzionate dal Villani e la Dedicatoria a
Can Grande. Ma anche l'autorit di queste quattro tutt' altro che
indiscutibile. Non soltanto YImbriani, ma
anche un critico tanto
prudente e circospetto come il Kraus ed altri non pochi, si avvi-
sano che non una sola delle epistole attribuite a Dante sia auten-
tica. Il Renier (Giorn. stor. della Letter. ital. in, 113): Le let-
704 Equabile-Equinozio
tere di Dante, che sarebbero documento preziosissimo per la storia
del suo esilio, sono ormai quasi tutte pi o meno sospette. Sulle
tre almeno che dice di aver conosciuto il Villani sembra non vi do-
vesse esser dubbio: ma in questo ginepraio di apocrifi chi ci assi-
cura che su quelle parole appunto non siano state fabbricate anche
quelle lettere?
Oltre le edizioni del Fraticelli, del Torri, del Giuliani e del
Moore (cfr. Edizioni), non vanno passate sotto silenzio: Dantis Ali-
glierii Epistola quce extant cum notis Caroli Witte, Pad., 1827.
L. Muzzt, Tre epistole latine di Dante Al. restituite a pi vera
lesione, annotate e tradotte, Livorno, 1842. Le epistole furono tra-
dotte in tedesco dal Kannegiesser, Lipsia, 1845. - Cfr. Scolari, In-
torno alle Epistole Dante Al., Ven., 1844. Torri, Sull'Epi-
lat. di
stolario di Dante AL, Pisa, 1848. Witte, Dante-Forsch. i, 473-507.
Proleg., 378-405. Dante-Handb., 344-68. Dantolog., 340-47.
Equabile, dal lat. cequabilis, Che non varia nel proprio te-
nore, procedimento, e simili. E per Che si pu agguagliare, asso-
migliare; Conv. in, 8, 135.
13 quale, Equalit, cfr. Eguale, Egualit.
Equare, dal lat. cequare, Fare eguale, Agguagliare Inf. xxviii, ;
20, nel qual luogo le lezioni variano DA equar, d'aequar, da eguar,
:
ad equar, ecc.; la volg. legge d'agguagliar, lezione prosaica e non
sostenuta dall'autorit dei codd. i quali nella loro gran maggioranza
hanno daequar, il che pu valere d'aequar, oppure da equar. Nel
primo caso il verbo adequare, trattone il d, come ne abbiamo
esempi in aempiere, aescare, aunare, ecc., per adempiere, adescare,
adunare, ecc.; nel secondo il verbo equare che vale paragonare.
Cfr. Zani de' Ferranti, Varie lesioni, 171 e seg.
Equatore, dal lat. aquator, Termine di Cosmografa: 1. Cir-
colo massimo perpendicolare all' asse del mondo, che divide in due
parti eguali cos il globo terrestre come la sfera celeste onde ri- ;
ceve anche gli aggiunti di Terrestre e Celeste JPurg. IV, 80. Conv.
;
il, 4, 39. - 2. Usato a modo di aggiunto di Cerchio; Conv. Il, 4, 51. -
3. E per II circolo massimo che divide in due parti eguali il sole
o un pianeta; usato anche in questo senso a modo di aggiunto di
Cerchio; Conv. n, 4, 63.
Equinozio, dal lat. cequinoctium, Termine di Cosmografia:
Pareggiamento della durata del giorno con quella della notte; il
che avviene due volte all'anno, in primavera circa il 21 di marzo,
e in autunno circa il 21 di settembre, quando il sole giunge ad una
Equit-Erba 791
delle intersezioni della sua eclittica con l'equatore. Ed altres La
durata di tale pareggiamento; Conv. in, 6, 21; cfr. Inf. xxi
Par. 1, 38 e seg.
Sfinita,' Equitade
e Equitate, dal Ut. aquitas; L'es-
sere equo; Virt, onde l'uomo mitiga, per animo benevolo, e se-
condo i casi, il rigore dei diritti naturali positivi; Conv. iv, 9.
Equivocare, da equivoco, e questo dal lat. cequivocus, Usare
Prendere una parola una locuzione in senso equivoco, cio in
diverse significazioni; ed altres Intenderla in significazione diversa
da quella che ha, che il parlante lo scrivente le ha dato. In
locuz. figur. Par. xxix, 75, nel qual luogo il senso della voce Equi-
vocare non troppo chiaro. Lari, (seguito da Ott., Ari. Fior., ecc.):
Equivocando, si quando uno vocabolo si pu intendere pi e
diverse cose, come questo vocabolo cane che si pu intendere delli
cani che latrano, e puossi intendere del pesce marino nome cane,
e puossi intendere d' una stella del cielo nome cane.... - JBenv. ;
iEquivoce capiendo intelligere, memorare, et velie, quse aliter in
angelis, aliter in hominibus se habent. - Buti: Pigliando lo vo-
cabulo sotto varie significazioni. - Veli. : Altramente nominando,
in tali letture, di quel che si conviene. - I pi intendono Pi- :
gliando abbaglio, errando. - Andr. : Non facendosi in tale scola-
stico insegnamento la debita distinzione tra memoria propriamente
detta e cognizione del passato in generale.
Era,anticamente Arar, "Apap ed anche "Apocpcg, Araris, pi
tardi Sauconna
e Sagana, oggi Saona, fiume che nasce dai Vosgi
e si congiunge a Lione col Rodano; Par. vr, 59; cfr. Forbiger, Alte
2
Geogr. in 90. ,
e
Eraclito, Heraclitus, HpaxXeixo, filosofo greco da Efeso, fior
verso il 500 a. C. Si ritir dagli affari pubblici e men vita solitaria,
tutto quanto dedicato allo studio della filosofia; cfr. Diog. Laert.,
ix, 1, 5, 7. 599 e seg. Lassalle, Die Phi-
Clem. Alex., Strom. v,
losophie Herakleitos des DunTceln von Ephesos, 2 voi., Beri., 1858.
Mariano, Lassalle e il suo Eraclito. Fir., 1865. Dell'opera di Era-
clito IIsp, cpascog, sovente commentata dagli stoici ed assai adope-
rata dai Cristiani del secondo e terzo secolo, non sono giunti a noi
che pochi frammenti le epistole attribuitegli sono apocrife. E no-
;
minato Inf. iv, 138.
Erba, dal lat. herba ; 1. Nome generico di ogni pianta che
nasce in foglia dalla radice, che si rinnova ogni anno nella parte
sopra a terra, e che nel fusto e nei ramicelli non diventa legn<>
45. Enciclopedia dantesca.
706 Erbetta-Eremo
Inf. vii, 84; xx, 123; xxiv, 109. Purg. vii, 76; vili, 100; ix, 11;
xi, 115; xxiv, 147; xxvin, 27, 61. Par. i, 68; xxx, 77, 111.-2. Fi-
guratamente e in locuz. figur. Inf XV, 72. Par. xi, 105, nel qual
luogo i Cristiani d'Italia sono detti L'italica erba. -3. Figuratam.
e poeticam., Erba vale Suolo coperto d' erba, Luogo erboso, ed al-
tres Prateria, Prato Purg. xxx, 77. - 4. In erba, e Nell'erba,
;
maniera usata come aggiunto di biade, di cereali, di legumi, e si-
mili, e vale Che tuttora nello stato erbaceo, Non giunto per anco
alla maturit; Conv. iv, 22, 29. - 5. Ogni erba si conosce per lo
seme, proverbio usato a significare che dalle opere si conosce quello
che un uomo vale ed altres, che ogni operazione si conosce dal-
;
l' effetto; Purg. xvi, 114.
erbetta, Diminut. e Vezzeggiat. di Erba : Erba fine, tenera
e fresca, e di poco nata; Purg. i, 124; xxvn, 134; xxix, 88.
Ercole, Hercules, gr. 'HpaxXvjg, nome di un Semiddio del
lat.
paganesimo, celebre per la sua forza e per la sua grande operosit,
l'eroe nazionale dei Greci, figlio di Giove e di Alcmena, moglie di
Anfitrione re di Tirinta. Ben note sono le valorose sue imprese, che
vanno sotto il nome di Fatiche d'Ercole, e non men note sono le
Colonne d'Ercole, come pure le avventure amorose e la tragica fine
di questo eroe leggendario. Dante lo ricorda Inf. xxv, 32 come uc-
cisore di Caco; xxvi, 108 come colui che aperse lo stretto, detto
poi le Colonne d'Ercole; xxxi, 132 come colui che soffoc il gi-
gante Anteo, e come tale lo ricorda pure, narrandone succintamente
la storia; Conv. ni, 3, 38 e seg. Mon. Il, 8, 56; II, 10, 62.
Ereda ed Erede, dal lat. heres, Chi succede in tutti i diritti
e gli obblighi di una persona defunta, sia in forza della legge, sia
per disposizione d'ultima volont. Usato anche figuratam. e in locnz.
figur. Inf. xxxi, 116. Purg. xiv, 90; xxxin, 37. La forma antiquata
ereda fa nel plur. erede di gen. femm., quantunque il soggetto al
quale si riferisce sia masc. Purg. vii, 118; xvm, 135. Par. xi, 112;
xn, 66. La lezione dei codd. e cos pure delle ediz. varia in questi
luoghi tra ereda e REDA; erede e rede; cfr. reda.
Ereggere, Erigere, e per sincope Ergere, dal lat. eri-
gere, Inalzare, Costruire, Edificare. Per Levare in alto o ins,
1.
Alzare, Sollevare; Inf. xxxn, 45.-2. Neut. pass. Ergersi, vale Al-
zarsi, Sollevarsi, Drizzarsi, sulla persona; Inf x, 35.
Eremo, e per sincope Ermo, dal basso lat. eremus, e questo
spvjjj-og, Luogo solitario e deserto. 1. Per Cenobio o
dal gr. spvjfiog o
Monasterio abitato da monaci eremitani; Par. xxi, 110.-2. Usato
Eresiarca-Erisitn 70^
come nome proprio del monastero di Camaldoli presso la
Giogana Dei
pi alpestri Appennini, fondato da Romualdo da Ravenna
nel 1012-
Purg. v, 96. Cfr. Heliot, Des Ordres monastiques, Par.,
1718, \,
236 e seg.
Eresiarca, dal basso lat. hccresiarcha, e questo dal gr. al'psocc,
Eresia, e px^, Capo: Autore di un'eresia, Capo di una setta
d'ere-
tici. Nel plur. poeticam. Eresiarche; Inf. ix, 127.
Eresitone, cfr. Erisiton.
Eretico, dal lat. hcereticus, e questo dal gr. aEpexix^, Che so-
stiene, che segue, un'eresia. E per Di eretico Di eretici, Proprio
degli eretici, Concernente gli eretici, e simili; anche figuratam.
Par. IV, 69; xn, 100.
Eretto, dal lat. erectus : 1. Inalzato, detto di edifizio qualsiasi;
Par. xxi, 29. - Per Diritto, Che ha poca
2. nessuna pendenza
inclinazione; ed anche semplicemente Erto, Ripido; Purg. xv, 36. -
3. Detto di uomo, di figura umana, vale Stante in piedi, Ritto;
ed altres Che si tiene alto della persona; Inf. xiv, 111. Par. xxm, 10.
Ergersi, cfr. Ereggeee.
Erifle, 'EpicpXv], figlia di Talao e di Lisimaca, moglie di An-
farao e madre di Almeone. Sedotta da Polinice mediante lo sven-
turato adornamento, Purg. xn, 51, cio mediante la collana magica
fabbricata da Vulcano (cfr. Lutat. ad Stat. Theb. 11, 272. Parthen.,
Erot., 25. Ovid., Metani, ix, 407 e seg.), trad il marito onde fu poi
uccisa da Almeone. Cfr. Almeone, Anfiarao.
Erigere, cfr. Ereggere.
Erinni e poeticam. Erinne ed Erine, dal lat. erinnys, e
questo dal gr. 'Epivg 'Eptvvg, Nome di ciascuna delle tre deit in-
fernali comunemente dette Furie Inf. ix, 45. Cfr. Hom., II. ix, 571
; ;
xix, 87, 259; xxi, 412. Odys. xi, 279; xv, 233; xvn, 475. Hesiod.,
Op. Theog., 185. Mscu., Eumen., 321. ViRG., Aen. vi,
et d., 803.
570, 605; Vii, 324 e seg. Ovid., Metani. IV, 451, 481. I Greci le
chiamavano ordinariamente E[xsvc5sg, onde il lat. Eume?iides, Eu-
menidi, denominazione data loro per antifrasi.
Erisiton, come pi correttamente hanno alcuni testi, Ere-
e,
sitone, 'Epoaty&cov, nome di un personaggio della mitologia an-
Triopa re di Tessaglia (Callim., Hymn. in Cer., 24),
tica, figlio di
di Mirmidone (^lian. Hist., V., 1, 27), uomo tutto profano, il quale
708 Eritn
avendo in dispregio Cerere, intraprese di distruggere una selva sacra
alla dea. Cerere lo pun con una fame insaziabile. Oppresso da ter-
ribile voracit, consum prima ogni sua sostanza, poi acconsent di
vendere la propria figlia Mestra, e finalmente si mangi le proprie
membra; cfr. Ovid., Metam. vili, 740-880. Lactant. Placid., Narr.
Vili, f. 11. Tzetz., ad Lycophr., v. 1390 e seg. ricordato come
esempio di estrema magrezza Purg. xxm, 26. - Benv.: Erisichton
figurative est gulosus qui inconsulte spernit Cererem deam biadi,
quia scilicet, non contentus pane et vino et aliis fructibus terree,
quaerit sapida summa artificio prajparata; ideo vindicta debita justo
judicio Dei parata est, quia fames intrat corpus eius; nam si bene
prandet, vult melius ccenare; si multum semper plus appetit:
bibit,
et sic continuo magis ardet appetitus corruptus, ita quod in nocte
somniando ducit labia et dentes, et velut ignis consumit illud, de
quo possunt vivere mille; quid ultra? hodie vendit campum, cras
vineam, ut satisfaciat ventri importunissimo creditori. Consumpta
pecunia, vendit domum, equum, vestem, ancillam, et absorbet et
deglutit omnem substantiam suam; demum vendit filiam propriam,
uxorem, sororem; quando prostituit pudicitiam alteri pr pretio ut
respondeat improbae guise. Postremo deficientibus omnibus vertit fu-
rorem in se ipsum, cum efficitur servus alterius, famulator, adulator,
leno, et quod est horribile dictu, comedit se ipsum duin vadit ad ho-
spitale, imo ad fossatum.
Eritn, Eritone, lat. Erichtho, gr. 'Epi^ ^, famosa
-
maga di
Tessaglia, che colle sue arti fece rivivere un morto per predire a
Sesto Pompeo l'esito della battaglia di Farsalo; cfr. Lucan., Phars.
Vi, 508 e seg. Dante la nomina Inf. ix, 23, facendo dire a Virgilio,
che Eritone lo mand altra volta gi nel profondo Inferno. Ma ci
che racconta Lucano anteriore di trent'anni alla morte di Vir-
gilio, e di Virgilio Lucano non fa menzione. O Dante in questo
luogo err nella cronologia, oppure, attingendo forse a qualche leg-
genda del medio evo concernente la magia virgiliana (cfr. Compa-
retti, Virgilio nel medio evo, i, 287), il Poeta suppone che Eritone
sopravvivesse a Virgilio e facesse, gi vecchia, rivivere un altro
morto, il che per altro ignoto alla mitologia antica. I commen-
tatori antichi (Bambgl., An. Sei., Iac. Dant., Lan., Ott., Petr.
Dant., Cass., Bocc, Falso Bocc, Benv., ecc.) non accennano alla
difficolt, sembrano per supporre che Dante alluda ad una scongiura
posteriore a quella raccontata da Lucano. Buti: Questa Azione, cio
che Eriton scongiurasse Virgilio, fa l'autor nostro da s poetando. -
\j An. Fior., dopo aver riprodotto il racconto di Lucano ed accennato
all'anacronismo, continua: Puossi adunque qui per allegoria in-
Ermafrodito-Ero
tendere che, con ci sia cosa che Virgilio fosse struttissimo et am-
maestrato, et nelle cose naturali et in molte scienzie, et fu granilo
maestro in nigromanzia, et questi scongiuramene Eriton facea, et
per cose naturali et per parte di nigromanzia, ch'ella traesse Vir-
gilio, ci la scienzia sua et il sapere suo, a sapere et intendere
le cose inferiori, ci segrete della natura, per quali segreti et per
quale scienzia ella trattava et facea questa sua arte. - Barg. Che :
poi Ericton lo mandasse laggi dicono averlo finto Dante poetica-
mente, non accostandosi a verit, n a verisimilitudine d'istoria;
conciosiach di questa Ericton non si legge, che revocasse spirito
alcuno al corpo suo da poi che Virgilio fu morto; pi dico: Veri-
simil cosa , ch'essa morisse innanzi che Virgilio, perocch gi era
famosa nel tempo della battaglia che fecero in Tessaglia Cesare e
Pompeo, nel qual tempo Virgilio era giovane, e visse molti anni
poi onorato sotto l' imperio di Ottaviano Augusto. Cos dicono gli
espositori che Virgilio sia mandato da Ericton a trarre uno spi-
:
rito dal cerchio di Giuda, ci finge egli per mostrare, che cagione
gli fu d'andar l gi, quasi voglia dire, che costretto gli and, e
che era dismontato tanto al fondo, quanto si pu dismontare. -
GeU: Questa cosa, che dice qui Dante di Virgilio, non si trova
in luogo alcuno che fusse mai vera; onde bisogna dire ch'ella sia
finta da lui, per levargli il sospetto, ch'egli aveva, che Virgilio
avesse errato il cammino. - Anche altri commentatori antichi e
moderni si avvisano che si tratti qui di una semplice invenzione
poetica dell'Alighieri. Invece il Boss. : Tutti gli altri hanno spie-
gato: Era da poco tempo ch'io era morto, quand' ella mi fece en-
trare, ecc. Ed io spiego: Per lo spazio di poco tempo la carne mia
tuttora viva era lasciata nuda di me ; perch ella mi fece entrare
dentro a quel muro, ecc. Con questa interpretazione, che non vio-
lenta per nulla la lingua, io libero Dante da anacronismo, lo as-
solvo da contradizione, e servo allo scopo generale del suo poema,
ed alla sua allegoria. (?).
Ermafrodito, dal lat. hermaphroditus, e questo dal gr.
pjxacppStxos : Che sembra, o che volgarmente si crede, avere l'uno
e l'altro sesso. Dal nome di un figliuolo di Mercurio e di Afrodite,
del cui corpo, secondo la favola (cfr. Ovid., Metam. IV, 285-388),
fecero gli Dei un solo con quello della ninfa Salmace. Onde pec-
cato ermafrodito, vale Peccato commesso tra uomo e donna, fra l'un
sesso e l'altro; Purg. xxvi, 82. Cfr. Comm. Lips. Il, 531-34.
Ermo, cfr. Eremo.
Ero, cfr. Leandro.
710 Erode-Erro
Erode, lat. Herodes, gr. 'HpcbdYjg, Erode ntipa, figlio di Erode
il Grande e fratello di Filippo, al quale rap la moglie. Fu Te-
trarca di Galilea e di Perea ai tempi di Cristo, ed quel desso che
fece decapitare S. Giovanni Battista; cfr. S. Lue. xxm, 6 e seg.
Resosi sospetto all'imperatore Caligala, fu bandito a Lione l'anno 42
dell'era volgare. Cfr. Joseph., Antiq. xvn, 1, 3; xvnr, 4 e seg. Haus-
rath, Neutestamentliche Zeitgeschichte, i 3 , 327 e seg. ricordato
Mon. il, 13, 34, 36; cfr. Par. xvm, 135.
Errante, dal lat. errans : 1. Che erra, ne' varj sensi del verbo;
Vit. JSf. xxm, 41.-2. Che Che sbaglia, Giudicante non
in errore,
rettamente delle cose, alcuna cosa, Che in condizione abi-
o di
tuale di pigliare errore; Purg. xxv, 63. Par. xx, 67. - 3. E per Che
sidiparte dal vero, o dal bene,, o dall'ordine, Traviato, e simili; o
semplicemente Che in checchessia si allontana dal retto cammino ;
Par. xn, -
In forza di Sost., vale Colui che erra, che sba-
94. 4.
glia; ed altres Colui che si diparte dal vero o dal bene, che travia,
e simili; Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 141. Conv.
IV, 1, 30.
Errare, dal lat. errare: 1. Dipartirsi dal vero, Formare un
falso raziocinio, Ingannarsi, e simili, intorno Inf. a checchessia;
xxvin, 12. - E
figuratam. Inf. il, 6. Purg. xx, 147. Par. li, 52.-
2.
3. E per Commettere sbaglio o sbagli, Sbagliare, facendo chec-
chessia; Purg. ix, 127. - 4. E per Mancare, in checchessia, al do-
vere, alla convenienza, agli ordini ricevuti, e simili, Commetter
fallo; e con pi grave senso, Commetter colpa; Purg. xix, 134. -
5. E per Dipartirsi dal vero in ci che attiene alla fede o alla morale;
e pi generalmente Allontanarsi dal bene, dalla rettitudine, e si-
mili; Traviare; figuratam. Purg. xvn, 95.-6. Pur figuratam.; detto
di fantasia, mente, anima, vale Vaneggiare, Confondersi, Smarrirsi;
Vit. N. xxm, 15, 20. - 7. E per semplicemente Aggirarsi, Andare
attorno, o gi e su, per un medesimo luogo; e accenna ordinaria-
mente a incertezza di movimenti, a turbamento o concitazione di
animo, a solitudine, e simili Purg. vii, 59. - 8. E per Uscir dal
;
sentiero, pel quale si deve andare; Purg. xxv, 120. Conv. n, 15, 37. -
9. Att. Sbagliare, Scambiare; Canz.i Le dolci rime d'amor, ch'io
solia, v. 39. Conv. iv, 7, 57.
Errato, Che ha in se errore, Sbagliato, Er-
dal lat. erratus,
roneo. Essere errato, lo stesso che Andare errato, cio Essere in
errore, Errare, Ingannarsi; Canz. : Le dolci rime d'amor, ch'io
solia, v. 46.
Erro, sincope di Errore; Inf. xxxiv, 102.
Erroneamente-Erto 711
Erroneamente, In modo erroneo, Con errore; Conv. iv, 20, 4.
Erroneo, dal lat. erroneus, che ne' bassi tempi valeva anche
Errato: 1. Che contiene errore, Viziato da errore, Pieno di errori,
Che si fonda sopra un errore,
e simili; Conv. il, 3, 21. - 2. Ag-
giunto di persona, vale Che erra, Che sbaglia, Che in errore
in inganno, Che si diparte dal vero, e simili; onde la maniera Es-
sere erroneo, che vale quanto Essere errato; Conv. iv, 10, 23.
Errore, e per sincope Erro, dal lat. errori 1. L'effetto dell' er-
rare Falsa opinione credenza, Falso giudizio, procedente da imper-
;
fetta apprensione del vero, da non esatta notizia della cosa di cui si
discorre Inf. xxxiv, 102. Purg. xvm, 18. Par. in, 17. - 2. E per Dot-
;
trina, Proposizione, Principio, Opinione scientifica, e simili, erronei;
Punto in che altri si diparte dal vero; Purg. iv, 5. Conv. IV, 1, 18,
29, 34, 38, 54. - 3. Pure per Falsa credenza, parlandosi del paganesimo;
Par. vili, 6.-4. E per L'effetto dell'ingannarsi, Inganno; riferito
fguratam. ad alcuna facolt intellettuale, ad alcun senso, e spe-
cialmente a quello della vista; Inf. xxxi, 39. - 5. E poeticam., per
Sogno, ed anche semplicemente Illusione, Immaginazione; Purg.
XV, 117. - 6. Per Sbaglio, Scambio, intorno a cosa persona; Conv.
IV, 12, 135. - 7. Secondo propriet latina, vale poeticam. Dubbio,
Incertezza, che confonde la mente; Inf. iv, 48; x, 114. - 8. E per
Allontanamento dal bene, dal retto operare, Traviamento, Perver-
timento morale, Stato di colpa, e simili; anche fguratam. Purg.
xvii, 94; xxxi, 44. Par. vii, 29. - 9. E per Andamento Cammino
fuori della retta via; in senso per figurato; Conv. li, 1, 81.-10. Ca-
dere, Incorrere, in un errore, vale Commetterlo inavvertentemente;
Conv. in, 15, 66.-11. Prendere Pigliare errore, vale Ingannarsi,
Sbagliare, Scambiare, Commetter Purg. xxiv, 47. -
fallo e simili ;
12. Nel luogo Inf. in, 31, la lezione d'error della volg., che pure
quella del pi dei codd., appena accettabile. Molti codd. hanno
orror, lezione tanto pi da preferirsi, inquanto la frase dantesca
evidentemente il Virgiliano: At me tum primum ssevus circum-
stetit horror; Aen. n, 559; e Arrectaeque horrore coma?; Aen.
:
iv, 280. Cfr. Zani de' Ferranti, Varie lezioni, 14, e seg. Moork,
Critic, 275 e seg. Vedi pure orrore.
Erta, da erto, Terreno molto acclive, Ripida salita, Forte pendo;
Inf. 1,31; vili, 128.
Erto, usa anche nello stesso si-
per sincope da eretto, che si
detto
gnificato: 1. Che a forte salita, Grandemente acclive, Ripido;
70; xxvn, 132.-
di luogo; Inf. xix, 131; XXIV, 63. Purg. ni, 47; Vii,
712 Esalazione-Esaminare
2. Detto di scala, o di qualsiasi altro passaggio da salire o scen-
dere, per Che ha poca inclinazione; comunemente Ritto; Purg.
xi, 42. - 3. Detto di uomo, vale Ritto, Eretto, Che in positura
verticale; Inf. xxxiv, 13. - 4. E detto di animali, per Alzato col
corpo, Slanciato, e simili, verso luogo elevato, all' in su Inf. ;
xxvi, 36. - 5. E per Ritto, Alzato, Drizzato in su detto di parte
;
del corpo; Par. ili, 6.
Inalazione, dal lat. exhalatio, L'atto dell'esalare; ed altres
Ci che esala; Purg. xxviu, 98.
Esaltare, dal lat. exaltare: 1. Att. Inalzare, Levare, a stato
felice ed onorevole, e simili; Levare a grado di gloria, di potenza,
di prosperit; ed altres Onorare grandemente; Conv. IV, 1, 45.-
2. Per Inalzare, Levare, parlandosi di persona, e costruito con un ter-
mine denotante alto ufficio, dignit, e simili; detto per similit. Par.
xix, 14. - 3. Figuratam. e poeticam. per Inalzare, Condurre, a grado
di maggior vigore, intensit, e simili; Par. xxix, 61.-4. Neut. pass.,
Levarsi a prospero ed onorevole stato; e poeticam. per Levarsi in
alto, o pi in alto; Inalzarsi; Par. xxm, 86. - 5. E per Magnifi-
carsi, Lodarsi grandemente, ed altres per Darsi vanto, Gloriarsi,
e simili; Inf. iv, 120. In questo luogo la volg. legge m'esalto,
mentre la gran maggioranza dei codd. ha n'esalto, che senza dubbio
la vera lezione. Bocc: In me stesso n'esalto, cio me ne reputo
in me medesimo esser maggiore. - Buti: N'esalto in me stesso:
cio ne fo allegrezza in me medesimo del vedere; cio d'averli ve-
duti. - Cast.: N' essalto, si reputa da pi con seco stesso, non
che con altri, per aver vedute l'anime di tanti valent' uomini, cio,
quantunque non sia reputato da pi appresso gli altri, percioch
essi non sanno che egli le abbia vedute, egli nondimeno, che con-
sapevole d'averle vedute, ne gode e si reputa da pi che non faceva
prima, o pi che altri non fanno s stessi, non le avendo vedute.
Esaltato, dal lat. exaltatus, Levato, Inalzato, a potenza, gloria,
stato prosperevole, e simili; Conv. iv, 5, 75.
Esaminare, dal lat. examinare, Considerare a parte a parte
e con ponderazione, Discorrere consideratamente e paratamente,
Ventilare, dentro di s, o con altri.- 1. Per semplicemente Riscon-
trare, Vedere quale o quanta sia una data cosa; Conv. IV, 28, 69.-
2. Vale pure Sottoporre a esame, Interrogare circa ad alcuna scienza
o materia, per accertarsi del profitto negli studj, del sapere, della
capacit di alcuno. Per similit. Par. xxiv, 116.-3. Per semplice-
mente Interrogare, Scrutare, a fine di sapere checchessia, anche figu-
Esa-Esecutore 713
ratamente Purg. in, 56. - 4. E per Interrogare giudicialmente;
e
figuratane, riferito a colpe, Ricercarne per via d'interrogatorio' il
numero e la gravezza; Inf. v, 5.
Esa, 1t>y (= il peloso), figlio di Isacco e fratello gemello del
patriarca Giacobbe, del quale fu tanto diverso ed al quale vendette
isuoi diritti di primogenitura; cfr. Genes. xxv, 25 e seg.; xxvn, 1 e
seg.; xxviii, 6 e seg.; xxxn, 3 e seg.; xxxin, 1 e seg. nominato,
Par. vili, 130. Si allude pure a lui, Par. xxxn, 68.
Esaurito, e poeticam. Esausto, dal lat. exhaustum; Con-
sumato, Finito, Del tutto speso; Par. xiv, 91.
Esca, dal lat. esca, Quel cibo, col quale si attirano insidiosa-
mente i pi comunemente i pesci. - 1. Figuratam. per
volatili, e
Qualsivoglia allettamento, col quale si cerchi d'ingannare altrui,
Lusinga; Purg. xiv, 145.-2. E per Cibo, Nutrimento, cos del-
l'uomo, come degli animali; Purg. 11, 128.-3. Dicesi altres Quella
materia facilmente incendiabile, che si fa di diversi vegetali, e pi
comunemente con certi funghi, a ci preparati, detti perci Funghi
da esca, la quale si pone sulla pietra focaia, e serve a raccogliere
e dar alimento alla scintilla; Inf xiv, 38.
Escire e suoi derivati: cfr. Uscire e suoi derivati.
Esclamare, dal lat. exclamare, Gridare ad alta voce per alcun
commovimento dell'animo, e proferendo alcune parole; ed anche
Dire, Esprimere, esclamando; Conv. IV, 29, 29. Nel luogo Purg.
xxn, 38, escame forma antica per esclami; ma, invece
di escla.me,
molti testi hanno qui chiame.
Escludere, dal lat. excludere, Non ammettere alcuno a par-
tecipare, a concorrere, e simili, a checchessia. E per semplicemente
Esentare, ed altres Eccettuare; anche figuratam. Conv. ili, 13,8.
Escusare, excusare, lo stesso che Scusare. 1. Att.
dal lat.
Scolpare, Giustificare, riferito a persona, ad atti, qualit, e si-
mili, di essa; contrapposto ad Accusare; Par. xiv, 136, 137. Conv.
ni, 8, 91. - 2. Neut. pass. Scusarsi, Scolparsi, Giustificarsi; Conv.
in, 4, 23.
Esecutore, dal lat. executor, Chi Che eseguisce. Rispetto
ad altra persona, usato assolutane, vale Colui che per ufficio
incombenza ponga in atto il volere i comandi altrui; Ministro.
Anche figuratam. Inf. xxxi, 51.
714 Esempio-Esempio
Esempio ed Esemplo, dal lat. exemplum: 1. Azione, o
Modo di operare, che, se buono o virtuoso, dia altrui occasione o
incitamento a imitarlo o a emularlo; se riprovevole, possa spingere
altri ad atti cattivi o non degni; Purg. xix, 144. Par. xvm, 126.-
2. E per Atto, Fatto, Caso, Effetto, da servire altrui di ammaestra-
mento e di norma circa al modo di operare o di comportarsi, al fare
o non fare una data cosa, e simili; ed anche per Ammaestramento o
Norma, cavata dal fatto altrui Par. xvn, 140. - 3. Pure per Atto,
;
Fatto, Effetto, che per una certa conformit con ci di che si di-
scorre, sia opportuno a confermare il detto, a comprovare un as-
sunto, a corroborare una data conclusione, e simili Par. i, 71. -
;
4. Parlandosi di lavori, e specialmente di arti, denota Ci che altri
tiene dinanzi per copiare o imitare Modello, Esemplare Purg.
; ;
xxxn, 67. - 5. E pure per Modello, Esemplare, Tipo, detto figuratane
di persona che si proponga all'altrui imitazione o ammirazione;
Conv. in, 7, 114; in, 8, 152.-6. Nel medesimo senso, e con la me-
desima relazione, usato in costrutto, mediante la particella Di, con
un termine denotante la qualit, la condizione, o simile, per la quale
si proponga alcuno all'imitazione o ammirazione altrui; Cam.:
Amor, che nella mente mi ragiona, v. 70. - 7. E come termine
delle Scuole, per Idea, Forma ideale, Archetipo; Conv. il, 5, 24;
in, 2, 109; in, 6, 44, 47.-8. E per Cosa che rassomigli un'altra
o il suo archetipo, o che ne sia la figura o rappresentazione sensi-
bile; usato anche come Term. delle Scuole; Par. xiv, 105; xxviii, 55.
Conv. ni, 7, 17; in, 12, 40.- 9. Dare di s esempio, vale Mostrarsi
nei fatti tale o tale, Fare cosa di tale o tal natura, e propriamente
da poter servire altrui di norma o di documento ad operare nel modo
stesso; Conv. iv, 24, 111.
Esemplare, forma pi antica
Sost. dal lat. exemplar, la cui
era exemplare, Ci che propone altrui, o che si toglie, a copiare,
si
o imitare, a fine propriamente di esercizio. Figuratam. e poeticam.,
per Idea prima, Forma ideale, Archetipo delle cose; Par. xxviii, 56.
Esemplare, Verb. att., dal basso lat. exemplare, che valeva
Copiare e Recare in esempio Trascrivere, cavando da un originale,
:
da un esemplare, Copiare; Vit. N. I, 4, nel qual luogo per, invece di
esemplaee, parecchi codd., Frat., D'Anc., Witte, Giul., Moore, ecc.
hanno ASSEMPRAKE, che il lat. Ad exemplar effingere; cfr. Inf.
xxiv, 4.
Esemplato, dal basso lat. exemplatus, Attuato secondo un
esemplare o archetipo; Conv. in, 6, 43.
Esemplo, cfr. Esempio.
Esente-Esilio di Dante 715
Esente, dal lat. exemptus, Libero, Franco, per privilegio, con-
cessione, istituto, e simili, trattandosi di carico, gravezza, obbl
e simili. 1. Parlandosi di colpa, vale Liberato, Purgato \Purg. vii, 33.-
2. E per Privato, Escluso, Purg. xvi, 132.
Esercito, dal lat. exercitus, Moltitudine di soldati d'ogni mi-
lizia,ordinati ed esercitati nell'arte della guerra. E per Gran quan-
tit di persone adunate insieme, detto poeticam. anche di Spiriti
;
Inf. xviii, 28. Purg. vili, 22; xxxn, 17. Par. xn, 37, nel qual luogo
l'esercito di Cristo, vale La Chiesa, Il popolo cristiano.
Esigenza, basso lat. exigentia, Ci che richiede il bisogno,
Bisogno, Eichiesta; ed altres Ci che per natura sua si addice
conviene a checchessia; Conv. iv, 23, 16. Mon. in, 8, 47.
Esilio, ed Esiglio, dal lat. exsilium: 1. Pena imposta ad
alcuno, per la quale egli sbandeggiato per sempre od a tempo
dallo Stato, dal luogo del suo domicilio; Par. xvn, 57. - 2. Fi-
guratane, per II tempo della vita terrena; per similit. anche col-
l'aggiunto Di Babilonia; Par. x, 129; xxm, 134. - 3. Per la condi-
zione delle anime innanzi alla redenzione; Par. xxvi, 116.-4. Eterno
esilio, detto poeticam., vale L'inferno, essendo le anime eternamente
cacciate dalla patria celeste; Inf xxm, 126. Purg. xxi, 18.-5. Es-
sere in esilio, vale Essere nella condizione di esule, Esulare; detto
figuratami. Conv. ni, 13, 8.-6. Cacciare alcuno in esilio, vale Sban-
deggiarlo, Esiliarlo; Conv. IV, 5, 99.
Esilio di Dante. Negli ultimi anni del Dugento il papa Bo-
nifazio Vili aveva concepito l'idea di fare della Toscana una pro-
vincia della Chiesa (cfr. Levi, Bonifazio Vili e le sue relazioni
col Comune di Firenze, Eoraa, 1882). Con tale intendimento mand
prima il Cardinale d'Acquasparta, Carlo di Valois a Firenze,
e poi
col titolo di paciari in Toscana. A Firenze la parte Nera cospirava
per Bonifazio, e per il Valese, mentre i Bianchi tenevano fronte
alle papali pretese e le combattevano con tutte le armi di cui po-
tevano disporre. Carlo Valese entr in Firenze il 1 novembre 1301,
i Bianchi furono soppressi e molti di essi esiliati dalla patria,
tra
i quali anche Dante Alighieri, condannato dal nuovo potest, Cante
de' Gabrielli d'Agobbio, con sentenza del 27 gennaio 1302, a una
multa di cinquemila fiorini piccioli, non pagando la quale dentro
tre giorni, tutti i suoi beni sarebbero guasti e disfatti, e cos gua-
stati e disfatti rimarrebbero in Comune. E quand'anche avesse pa-
gato la multa entro il termine prescritto, era tuttavia condannato
a stare fuori della provincia di Toscana per due anni, ed inoltre,
716 Esilio di Dante
pagando o non pagando, a non potere in alcun tempo, siccome fal-
sario e barattiere, avere alcuno ufizio o beneficio pel Comune o dal
Comune di Firenze, nella citt, contado o distretto, o altrove. A
questa prima condanna contumaciale segu quaranta giorni dopo,
10 marzo 1302, la seconda, per la quale, prendendo motivo dal non
avere il Poeta dapprima ubbidito alla citazione, e poi dal non aver
egli pagato la multa, donde lo si argomentava per reo confesso di
quanto gli era stato imputato, Cante de' Gabbrielli lo condannava
ad essere arso vivo, caso mai che capitasse in forza del Comune di
Firenze. Ne questa condanna fu per Dante V ultima. Il suo nome
figura tra quelli de' ribelli e maladetti della patria nella Riforma
di Baldo d'Aguglione del 2 settembre 1311, e poi, assieme con quello
de' suoi figli, nella condannazione e bando del 6 novembre 1315. Ed
anche due decenni dopo la sua morte nel linguaggio officiale di Fi-
renze si parlava di Dante come di esule e ribelle, sbandito e condan-
nato dal Comune, nemico di Parte Guelfa e barattiere nel Priorato.
Non ancora accertato dove il Poeta si trovasse al tempo della
catastrofe, vale a dire negli ultimi del 1301 e nei primi del 1302.
Secondo il problematico Dino Compagni, Leonardo Bruni, un com-
mento anonimo della canzone Tre donne intorno al cor, scritto
:
tra la fine del Trecento e il principio del Quattrocento, che per altro
potrebbe essere fattura del Bruni, Dante si trovava in quel tempo
ambasciatore a Koma presso Bonifazio Vili, e lo stesso si legge pure
in un Compendio della Cronica di Giovanni Villani della fine del
secolo XIV (cfr. Imbruni, Studi danteschi, 18 e seg.). Anche VOtt.
(ad Purg. xxxil, 148 e seg.) parla di un' ambasceria di Dante a Bo-
nifazio Vili, senza determinarne per il tempo. Ma quest'amba-
sceria assai dubbia (cfr. Dante in Germ. n, 341 e seg. P. Papa,
in Bartolt, Leti. ital. v, 337 e seg. Villari, I due primi secoli
della storia di Firenze, n, 137 e seg. Del Lungo, Dino Comp.
il, 427 e seg.). Il Bocc. (Vita, ed. Macr-Leoni, p. 25-28) afferma
invece che Dante si trovava allora a Firenze e se ne fugg insieme
cogli altri di sua parte, e lo stesso afferma pure nel suo Commento
(ed. Milanesi, ii, 130 e seg.), come raccontatogli dal nepote di Dante,
Andrea di Leon Poggi. Questo racconto del Certaldese confermato
dalla sentenza di condanna del 27 gennaio 1302, nella quale si legge
che Dante ed i suoi compagni di sventura furono citati e richiesti
secondo legge per mezzo del Comune di Firenze, che dentro certo
termine dovessero comparire dinanzi al potest e alla sua Corte, ma
che si assentarono contumacemente. Anche al Villari (Z. cit.) non
riuscito di infirmare l'autorit della testimonianza contenuta nella
sentenza. Che poi Dante fosse innocente dei crimini appostigli, lo te-
stimoniano non solo gli antichi suoi biografi, ma anche il guelfo
Esopo-Esperienza 717
Giov. Villani: Il suo esilio di Firenze fu per cagione, che quando
raesser Carlo di Valois della casa di Francia venne in Firenze
l'anno 1301, e caccionne la parte Bianca.... Dante era de' maggiori
governatori della nostra citt, e di quella parte.... e per sanza altra
colpa colla detta parte Bianca fu cacciato e sbandito di Firenze. -
Cfr. Pelli, Memorie, 95 e seg. Balbo, i, 12. Fraticelli, Vita,
cap. v. Del Lungo, Dell'esilio di Dante, Fir., 1881.
Esopo, JEsopus, A'iawTcog, poeta greco, celebre per le sue fa-
VI sec. a. C. Cfr. Herodot., ii, 134, 143 v, 36, 125.
vole, visse verso il ;
Grauert, De JEsopo et fabulis JEsopicis, Bonn, 1825. Eberhard,
Fabula Romanenses Grcece conscriptce, 1, Lips., 1842. Nominato
Inf. xxiit, 4. Conv. iv, 30, 30.
Esordio, La prima delle parti in che si
dal lat. exordium,
distingue dai retori l'orazione; propriamente Quella nella quale
e
l'oratore si concilia l'attenzione e la benevolenza degli ascoltanti
de' giudici. Ed in senso pi largo, per Qualsivoglia cominciamento
di discorso ad un uditorio; Purg. xvi, 19, nel qual luogo esordia
forma antica, alla latina, per esordi, cio incominci amenti delle
preghiere; cfr. Nannuc, Nomi, 349 e 763.
Esordire, dal lat. exordiri, Cominciare, Principiare; Par.
xxix, 30.
Espeditamente, da espedito, e questo dal lat. expeditus,
Prestamente, Senza impedimento, Liberamente; Conv. in, 7, 72.
Espedito, dal lat. expeditus, Sbrigato, Pronto, Svelto; Par.
xxx, 37, nel qual luogo del resto la vera lezione probabilmente
spedito, come con parecchi codd. legge la volgata.
Espr, prov., Spero; Purg. xxvi, 144; cfr. Tan m'abelis.
Esperia, lat. Hesperia, dall' essersi chiamate dai Greci an-
tichi Esperia la Spagna perch poste rispetto a loro
e l'Italia,
verso ponente, trovasi usato poeticam. Esperia, per La parte di Po-
nente; Mon. 11, 3, 61.
Esperienza, experientia: 1. Lo esperimentare, 11
dal lat.
provare; Prova, onde si ha la cognizione di checchessia; e riferi-
scesi a cose tanto materiali quanto morali; Purg. IV, 13;
xv, 21;
xxvi, 75. Par. 1, 72; xx, 47. Conv. iv, 4, 19. - 2. E per La cogni-
studio,
zione stessa avuta mediante l'uso, l'attenta osservazione, lo
-
IV, 27, 111
e simili, e che serve altrui di regola; Inf. xxvi, 116. Conv. .
718 Espero-Esprimere
3.E semplicemente per Cognizione, Notizia, di cosa particolare; Inf.
xvn, 38; xxviii, 48. - 4. Esperienza, nel linguaggio delle scienze
naturali, chiamasi Quella prova fatta con metodo, e pi spesso con
acconci strumenti, per istudiare ed accertare i fenomeni naturali,
e stabilirne quindi le leggi; Par. li, 95. - 5. Avere esperienza di
checchessia, vale Acquistar notizia, Conoscere, per via di fatti, d'os-
vazione, e simili; Inf. xxxi, 99. Conv. i, 10, 8.
Espero, lat. Hesperus, dal gr. onspog, Nome col quale si de-
signa ilPianeta di Venere, quando ci apparisce all'occidente dopo
il tramonto del sole; Mon. i, 11, 23.
Esperto, dal lat. expertus : 1. Che ha cognizione di chec-
chessia per esperienza avutane o fattane; ed altres Che ha provato,
sperimentato, checchessia; Inf. xxvi, 98. Purg. il, 62.-2. Onde la
maniera Essere esperto di checchessia, che vale Conoscerlo per prova
fattane; ed altres Essere esperto di far checchessia, che vale Farne
la prova, Sperimentarlo; 1%/". xxxi, 91. Purg. i, 132. Conv. in, 9, 111. -
3. E per Pratico in checchessia, Che lo conosce bene, sia per espe-
rienza, pratica, uso, sia per istudio ; Par. xxv, 65.
Espiare, che Spiare, Esplorare; Purg. xxvi, 36, nel
lo stesso
qual luogo la comune legge: A spiar, mentre i pi e pi autore-
voli codd. hanno: ad espiar.
Esporre, dal lat. exponere, Metter fuori, ponendo in mostra.
Eiferito ad alcun testo od autore, ovvero a un luogo di un testo,
vale Dichiararne, Interpretarne, Illustrarne, i sensi per altrui am-
maestramento ; Conv. ni, 15, 3; iv, 17, 80, nel qual luogo invece
di Esporre Giul., Moore, ecc., hanno Sporre.
Espremere, lo stesso che Esprimere; cfr. Nannuc, Verbi, 207.
Nel luogo Par. iv, 112, il pi dei codd. ha: quello espreme; alcuni
invece, colla comune, hanno: quello sprieme, o speeme.
Espressamente, In modo espresso, chiaro, determinato, Chia-
ramente; Conv. iv, 26, 59.
Espresso, dal lat. expressus: l.In forma d'Add., Pronunziato,
Detto, Manifestato con chiarezza ed al vivo; Inf.xix, 123. Par. xxn,
33; xxiv, 60. - 2. E in forza d'Avverb., vale Espressamente, Espli-
citamente, Con parole espresse, chiare, Chiaramente; Purg. vi, 29.
Par. xxxii, 67.
Esprimere, dal lat. exprimere, Manifestare con chiarezza e
al vivo, per via di parole; Par. xxiv, 122. Conv. i, 10, 62.
Esse-Essere 71$
Esse, forma latina, ai tempi di Dante anche volgare, pei
sere; Par. in, 79; xm, 100.
Essenza, dal lat. essentia
: 1. Ci per cui un ente reale
ideale quello che distingue da ogni altro; Ci che costi-
, e si
tuisce l'essere delle cose, Costitutivo degli enti, Natura; Par. v, 43;
xxvr, 31. - 2. K per L'essere comune a tutte le cose del medesimo
genere della medesima specie, Principio Natura comune; Conv.
il, 70; IV, 15, 39. - 3. E per Essere, Ente; onde le locuzioni Es-
4,
senza divina, a significare Dio, ed Essenza umana, a significare Crea-
tura umana, Uomo; Par. 11, 41, 116; xxi, 87; xxiv, 140. Conv.
ili, 6, 48. - 4. E per Lo essere proprio di alcuno, Stato, Condizione,
Qualit; Purg. xvn, 135.
Essenziale, dal basso lat. essentiais, Che appartiene all'es-
senza, Proprio dell'essenza, Concernente l'essenza, di checchessia,
Intrinseco al soggetto; Conv. iti, 11, 48; IV, 16, 80.
Essere, dal lat. esse, Verbo detto sostantivo dal comune de' Gram-
matici, la cui coniugazione irregolare e affatto particolare ad esso,
e forma i suoi tempi composti col Participio passato del verbo Stare.
Si trova naturalmente migliaia di volte nelle opere volgari di Dante.
Eegistriamo: I, Le principali forme di questo verbo, che apparten-
gono al linguaggio antico, poetico famigliare. II, I luoghi pi ca-
ratteristici, nei quali il verbo Essere ha un suo proprio senso.
Ili, I luoghi pi caratteristici, nei quali questo verbo serve di au-
siliare.
I. 1. Modo
Indicativo ; Tempo presente: Siei; Ee, Ene; Siemo,
Semo; Sete; Enno, En; Inf. in, 16; xxiv, 90. Purg. xvi, 121.
Par. v, 119 xv, 77, nel qual luogo per invece di en i mi-
;
gliori testi hanno . - 2. Nell'Imperfetto: Eramo; Eri; Erono,
Inf. xxxiii, 43 (var.). Purg. xxxn, 33. - 3. Nel Perfetto: Fusti;
Fue; Foste, Fuste, Fusti; Furo, Fumo, Funno, Foro; Inf. 11, HI;
in, 39; xxii, 76, 142. - 4. Nel Futuro: Fia; Fie; Fia e Fie; Fiano
e Fieno; Inf. t, 106; ni, 76; x, 107. Purg. xm, 133; xv, 32. Par.
Vii, 114.- 5. Modo Imperativo: Sie, Sia; Sie, Fia, Fie; Inf. xv,
119. Purg. xx, 10.-6. Modo Congiuntivo; nel Tempo presente
(usato talora anche con forza di Ottativo): Sie, Fia; Sii, Sie, Fie;
Sie, Fia; Sieno, Siino, Fieno; Inf. 1, 66; vili, 39; xxr, 59;xxx, 147;
(var.); xxxiit, 10 (var.). Par. ni, 12. Conv. 1, 2, 90 (sie; si e?). -
1 NelV Imperfetto Fussi; Fussi; Fusse; Fussimo; Fuste; Fussero;
. :
Inf. in, 80; vili, 2; xm, 137; xvi, 46; xxvi, 51.-8. Condizionale:
Saria, Fora; Saria,Sane, Fora; Sariamo; Sariano, Sarieno, Forano;
Inf. xx, 102; xxix, 46. Purg. 1, 67; III, 127; x, 6; xvi, 71; xxvi,
720 Essere
25; xxvn, 141; xxix, 60. Par. in, 74; xvi, 64, 65.-9. Essere tro-
vasi usato nel numero singolare, sebbene il suo soggetto sia di nu-
mero plurale; Inf. xix, 19.- 10. Preceduto o seguito da un soggetto
di numero plurale, concordasi talvolta col predicato di numero sin-
golare ; Inf. vili, 78. - 11. Tralasciato per ellissi; Inf. n, 140. Purg.
vi, 137.
II. 1. Essere, Verbo col quale si afferma universalmente ci che
cade nel pensiero Inf. xxx, 138. Conv. iv, 8, 84. - 2. Serve pure
;
a denotare generalmente Avere essenza, spogliata di ogni modalit;
detto di enti cos reali come intellettuali, di subietti, di accidenti,
e di tutto ciche pu concepirsi o immaginarsi; Conv. in, 7, 10;
E per Avere esistenza, Esistere; Inf. Ili, 7. Purg.
ni, 15, 47, 50. -3.
xvi, 86. Par. xix, 63. Conv. i, 13, 12; il, 4, 74; iv, 4, 76.-4. Usato
in maniere denotanti distinzione; Conv. in, 12, 11. -5. Detto di
persona, vale Vivere, e con pi nobile senso Fiorire, in un dato
luogo o in un dato tempo; Conv. ni, 11, 23.-6. Pure per Esistere,
detto di cose, e con relazione a luogo o tempo; Inf. xiv, 97.-7. E
in senso pi determinato, vale Esser posto, collocato, in un luogo;
Inf. I, 128.- 8. Designa il tempo, la stagione, il giorno, l'ora, e
simili, in cui si fa o avviene checchessia; Inf. i, 37. Purg. vili, 1.-
9. Con un compimento di luogo, vale Dimorare, Abitare, in esso;
ed anche semplicemente Trattenersi, Stare, Trovarsi; Par. vii, 131.-
10. E per Avvenire, Accadere, ed altres Aver luogo, effetto, Seguire,
Darsi, e simili; Inf. x, 103; xxvi, 10. Par. vili, 109.
11. Essere, usato per Esser vero, Stare la cosa come viene
affermata; Inf. xxui, 31.- 12. E per Correr differenza, Passar di-
vario, fra due termini; Inf. xix, 113. - 13. Costruito con un avverbio
di quantit, e con un pronome, ovvero, in proposizione interroga-
tiva, col pronome Che, vale poeticam. Giovare, Essere cagione di
merito, Valere, e simili ; Par. X, 90. - 14. Vale pure Esser giunto,
arrivato, anche figuratam. ; e talvolta include idea di trattenimento
o fermata; Inf. vi, 7; xvin, 100. Cam.: Le dolci rime d'amor,
ch'io solia, v. 142. - 15. Vale parimente Andare, Eecarsi, ed al-
tres Venire, in un dato luogo, o presso una data persona; Conv.
IV, 24, 87. - 16. Usato come copula per affermare, o, se accompa-
gnato da negativa, per negare, di un dato soggetto il predicato :
A, Il predicato espresso da un adiettivo; Inf. i, 68. Conv. in, 15, 118.-
B, Il predicato espresso da un sostantivo, o da un intero concetto;
Inf. I, 67, 73, 85, 86. Conv. IV, 12, 110. - C, Il predicato espresso da
un avverbio o da un modo avverbiale; Par. x, 17. Conv. il, 15, 118. -
D, E col soggetto taciuto, ovvero semplicemente accennato mediante
un pronome dimostrativo, e da doversi ricavare dal predicato stesso;
Par. x, 94. - 17. Essere serve altres a congiungere col soggetto
Essere 721
espresso a sottinteso un termine denotante quantit
determinata o
indeterminata; Inf. xiv, 25; xxv, 69. Par. xt, 131. - 18. Serve
a
congiungere col soggetto il sostantivo indicante la materia di che
il soggetto formato; Purg. ix, 95. - 19. Usato in proposizioni
com-
parative, o che abbiano forza di comparazione, a riunire i due termini
della comparazione stessa; Purg. xr, 100. - 20. E usato in proposi-
zioni interrogative, dubitative, e simili, serve a riunire col soggetto
un predicato, espresso da un pronome o da un avverbio indefinito;
Inf. il, 74; xxxni, 10. Purg. n, 120. Conv. iv, 13, 11.
121; IV,
21. Essere, riunendo i due termini della proposizione, in certo
modo g' identifica; nella qual maniera il secondo termine, allorch
significato da un pronome personale, non dicesi mai Io, Tu, Egli,
Ella, Eglino, ecc., s bene, Me, Te, Lui, Lei e Loro Cam. : Le
;
dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 53. - 22. E seguito da un pro-
nome relativo serve a determinare pi scolpitamente il soggetto di
un'azione Inf. il, 70. - 23. Usato in maniere dichiarative, congiunge
;
il soggetto, per lo pi indeterminato, col termine o proposizione
che lo spiega. Onde le maniere Ci , Ci era, Ci fu, Ci sono, e
simili; Conv. IV, 28, 113 e seg. - 24. Accoppiato con un participio
presente, forma spesso una locuzione equivalente al verbo onde il
participio deriva; Inf. I, 125. - 25. In costrutto con un nome, pro-
nome, o simile, retto dalla particella A, prende il senso di Avere,
formando una locuzione corrispondente alla latina alicui esse; Conv.
in, 15, 56. - 26. Vale anche Partecipare a checchessia, Avervi o Pren-
dervi parte, ed altres Starne a parte; Inf. xxxi, 119. - 27. In co-
strutto con la particella Con, reggente un termine denotante per-
sona, e detto pur di persona, vale Trovarsi in compagnia della persona
espressa dal compimento, Accompagnarla o Accompagnarsi con essa;
ed altres Stare, Dimorare, con quella; Inf. xv, 118. - 28. E figuratam.
Purg. xi, 60. - 29. Vale anche Accordarsi con alcuno nell' opinare,
affermare, descrivere o narrare, checchessia; Consentire con esso,
Essere del suo stesso parere, opinione, e simili; Purg. xxix, 105. -
30. In costrutto con un termine retto dalla particella Da, vale De-
rivare, Venire, Procedere, Dipendere, Esser cagionato, formato, e
simili, da ci che espresso nel compimento; Purg. xxv, 59. Vit. N.
xxiv, 25. Conv. iv, 28, 62.
31. Essere, con un termine denotante luogo o paese, vale Ap-
partenere ad esso per origine, Esser nativo di quello, parlandosi di
persone; Inf. xvi, 58. - 32. Pur detto di persona, e nello stesso co-
strutto con un termine denotante famiglia, ceto, ordine, compagnia,
setta,moltitudine anche indeterminata di persone, e simili, vale
Appartenere, Essere addetto, ascritto, a ci che espresso dal com-
pimento, Venire incluso, annoverato, in quello, Farne parte; Inf.
46. Enciclopedia dantesca.
722 Essere
IV, 39. Canz. : Donna pietosa e di novella etate, v.78.-33. Detto
di checchessia, con relazione alta sua materia, vale Esser fatto, for-
mato, composto; Inf. xiv, 106 e seg. - 34. Detto di scrittura o di
discorso, vale Risguardare, Raggirarsi intorno alla cosa espressa dal
compimento; Inf. xx, 3. - 35. Dipendente da Di qui o Quindi, e reg-
gente alcuna proposizione per mezzo delle cong. Che, vale Derivare,
Procedere, Conseguitare, e compone una maniera illativa; Conv.
IV, 21, 80. - 36. Con un termine retto dalla preposizione Fuori, e
denotante condizione o stato, vale Non aver pi, Aver perduto, ci
che espresso dal compimento; ed altres Esserne privo, sfornito,
e simili; Par. i, 118. - 37. E detto di cosa o di atto, vaie Esser
contrario a ci che il compimento significa, Essere al tutto diverso,
o alieno, da esso Purg. xxi, 42. - 38. Con un compimento retto
;
dalla particella In, vale Trovarsi, Vivere, e talora anche Stare,
nella condizione, termine, atto, espresso dal compimento; Conv.
i, 1, 26. Canz. : Le dolci rime d'amor, eh' io solia, v. 31. - 39. Con
un termine denotante veste, o foggia di vestire, vale Avere in dosso
soltanto, o principalmente, quella, Esser vestito in quella foggia;
Purg. vili, 29. - 40. Detto di cosa, e con un compimento di persona,
come Essere checchessia in desiderio, ovvero in dispiacere, ad al-
cuno, vale Desiderarlo egli ovvero Dispiacergli; Par. v, 113.
41. E nel medesimo costrutto, forma anche una maniera che
equivale al Passivo, e talora al Neutro passivo, del verbo corrispon-
dente al sostantivo che dipende da Essere. Onde Essere in pregio
o prezzo, vale Essere pregiato, apprezzato; Essere in memoria o
ricordanza, Esser rammemorato o rammentato, ricordato; Essere in
iscandalo, Scandalizzarsi; Essere in turbazione, Turbarsi; e simili;
Vit. N. xxix, 6. - 42. Esser per se, vale Non prendere le parti di
alcuno, ma stare a s, rimaner neutrale; Inf. in, 39. -43. Reggente,
mediante la particella A, un Infinito, e preceduto dall'avverbio Poco,
o dipendente da un soggetto accompagnato dall'adiettivo Poco, prende
senso di Mancare, Restare; Purg. i, 60.-44. Reggente un verbo nel-
l'Infinito mediante la particella Da, vale Doversi, Bisognare, Esser
d'uopo, Esser conveniente o utile, Concorrere; usato anche in modo
impersonale; Conv. in, 7, 9, 61; in, 12, 57.- 45. Essere in, reg-
gente un Infinito, vale Essere sul punto o in procinto di, vicino a,
fare o compiere l'azione espressa dall'Infinito; ed altres Andare o
Stare facendola; Purg. xx, 21.-46. Esser uopo, mestieri o mestiere,
bisogno, forza, necessit, vale Occorrere, Convenire, Bisognare, Es-
ser necessario; Purg. ni, 39. Par. XI, 27.-47. Esser niente, o nulla,
in costrutto con un verbo retto dalla particella Di, vale Riuscir vano
lo sforzo, Non esserci modo o verso, di compiere 1' azione espressa
&al verbo; Inf. ix, 57; Xxn, 143.
Essere-Esso 723
III. Essere serve di Ausiliario a tutti i verbi Attivi, quando
si adoperano passivamente, ovvero con valore sia reciproco, sia ap-
propriativo, e simili; ai Neutri passivi, e alla maggior parte dei
Neutri: e come tale si coniuga, in ogni persona di ogni suo tempo,
col Partic. pass, di essi verbi. - 1. Coniugato col participio passato
di un verbo Attivo, serve a comporre tutti i tempi della corrispon-
dente voce passiva, non avendo questa nella nostra lingua una sua
propria e particolar forma; Par. xx, 90.-2. Usato in modo imper-
sonale; Conv. ni, 11, 138. - Forma
i tempi composti della mag-
3.
gior parte dei Neutri, quelli adoperati in forma di Neut. pass.
e di
Inf. 1, 13, 20. Purg. xxiv, 43. Conv. 1, 13, 24. - 4. Con verbi cos
Neutri come Neutri passivi adoperato il tempo composto in vece
del corrispondente tempo semplice; Inf. 1, 19, 62; xxm, 94.
Essere, Sost. 1. L'atto dell'essere, dell'esistere, Esistenza; Par.
iii,48; IV, 33; xxiv, 73; xxvi, 58; xxviii, 110; xxix, 23, 27,29; xxxn,
101. - 2. Quindi Dare l'essere a chicchessia a checchessia, detto
di Dio, vale Crearlo; Conv. li, 6, 66, 77.-3. Pure per Esistenza, e in
senso pi determinato Vita, parlandosi dell'uomo; Conv. iv, 26, 64.-
4. E per Ci che checchessia , che lo fa essere quello che , Il
costitutivo di checchessia; Forma sostanziale, Essenza, semplice-
mente Natura, degli enti; Par. 11, 114, 116. Conv. li, 2, 41; iti,
7, 17; iv, 84; iv, 10, 63. - 5. E per Modo
7, Forma dell'essere,
dell'esistere, Stato; detto anche di cose astratte, morali; Par.
Vii, 132; xxxi, 112. - 6. E parlandosi di persone, vale Condizione
Stato, cos rispetto all'origine, come alla potenza, alle sostanze,
agli ufficj, e simili, Grado; e anche Condizione Stato morale;
Conv. in, 15, 37; iv, 25, 80. - 7. E per Ci che esiste, Ente.
Onde Sommo, Primo, simile, Essere, detto Iddio, il Creatore;
Purg. xvii, 110; xvm, 22. - 8. E poeticam. per Tutto ci che , Il
creato; Par. 1, 113.
Esso, dal lat. ipse, arcaico ipsus, mediante le forme antiquate
isse e isso; Pronome indicativo di persona di cosa innanzi no-
minata. Si declina per numeri e per generi nel modo stesso che
un Adiettivo, e costruiscesi cos direttamente come in reggimento
di preposizioni. Serve ad accennare la terza persona, sostituendosi
spesso in tale ufficio al pronome Egli, massime nel plurale. Occorre
sovente nella Div. Coni, e nelle altre opere volgari di Dante. 1. In-
dicativo di persona, ed altres di quantit aggregato di persone;
Inf. ix, 87. Purg. Vi, 12. Par. xvi, 148.-2. Indicativo di cose mate-
riali di animali irragionevoli; Inf. xiv, 11. Purg. iv, 108; xvn, 6.-
3. Indicativo di cose astratte, intellettuali morali; Purg. IV, 3;
724 Estatc-Esti
xi, 8; xxn, 51. Conv. in, Usato pleonasticamente in
13, 19. - 4.
proposizione affermativa, per dare maggior rilievo alla relazione del
soggetto, gi espresso, col verbo, specialmente in opposizione d'un
altro soggetto; Purg. xvn, 38; xxviii, 91.-5. Interposto, indecli-
nabilmente, fra la prep. Con e un Sostantivo accompagnato dal suo
articolo, odanche un nome proprio di persona; Inf. xxxn, 62. Purg.
IV, 27; xxiv, 98.-6. E interposto fra le prepos. Lungo, Sovra,
Sotto ; per lo pi indeclinabilmente, e scritto congiuntamente Lun-
ghesso, Sovresso, Sottesso; Inf. xxxiv, 41. Purg. xxvn, 23;xxxi,96.
Par. xix, 91. - 7. E talvolta usato in vece dei pronomi personali
Egli, Lui, Ella, Lei, in costrutto col verbo Essere o Parere, in
locuzioni denotanti identit di persona; Conv. iv, 12, 117.-8. Usato
in forza di pronome personale Conv. in, 4, 56 e seg. - 9. E usato
;
in forma di Add., pur con ufficio e significato indicativo; premesso
a sostantivo, tacendo l'articolo: corrisponde talvolta a Quello, o a
Detto, Sopraddetto; tal altra a Stesso, Medesimo; e talvolta sta
semplicemente in luogo dell'articolo, per una certa maggiore effi-
cacia; Par. vili, 19; xi, 52. Conv. iv, 12, 107.
listate, dal lat. ccstas, una delle quattro stagioni dell' anno,
la quale incomincia quando il sole entra in Cancro, cio verso il
22 di giugno; Conv. iv, 23, 97. Cfr. state.
Estatico, da estasi, lat. ecstasis, gr. gaxaaig, Che deriva da
estasi, Avuto nell' estasi ; Purg. xv, 86.
Este per ; il lat. est, accomodato alla pronuncia italiana; Par.
xxiv, 141.
Ester, HDQK, dal persiano sitreh, stella ; Nome proprio del-
l' eroina del libro biblico da lei intitolato, donzella ebrea, che and
poi sposa ad Assuero re di Persia; Purg. xvn, 29.
Esteriore, dal lat. exterior, Che , sta, rimane, posto, ap-
parisce, e simili, al di fuori. Figuratam. Conv. iv, 17, 39.
Esti, o Este, nome di una piccola citt nella provincia di Pa-
dova, ai piedi de' colli Euganei, attraversata da un canale naviga-
bile tratto dal Bacchigliene, fiancheggiata dal Frassine. Diede il
nome alla famiglia dei Marchesi, poi Duchi, di Ferrara, della qual
casa Dante nomina due principi: 1. il Marchese Obizzo, o Opiz-
zone II, soffocato dal proprio figlio; Inf. xu, 111; cfr. Obizzo da
Esti. - 2. Quel da Esti, Purg. v, 77, Azzo Vili, figlio di
Obizzo II, signore di Ferrara, Modena e Keggio, morto nel 1308,
E stimar e -Et
quegli che fece assassinare Iacopo del Cassero da Fano (cfr. Azzo
Iacopo del Cassero). pure ricordato Inf. xu, 112, come parri-
cida, e Purg. xx, 80, come compratore di Beatrice, figlia di Carlo
II
re di Puglia. pur nominato con biasimo Vulg. El. i,
12, 30, e
con parole, o tolte da altri, o di amara ironia, Vulg. Eh n, 6, 81.
Estimare, dal lat. (Estimare, Stimare, Reputare, Considerare,
Giudicare; ed anche Tener nel debito conto, Apprezzare; Inf. xxiv,
25; xxix, 35. Purg. xvn, 112; xxxin, 64. Par. i, 136.'
Estimativa, Potenza che l'anima ha di giudicare, estimare;
Par. xxvi, 75 (var..
Estimato, dal lat. cesiimatus, Stimato, Reputato, Giudicato;
Conv. i, 2, 57.
Estinguere, cfr. Stinguere.
Esto, Lo stesso che Questo, di cui forma antica
dal lat. iste,
e poetica; Inf.93; n, 93; vi, 103; ix, 93; xm, 29, 73; XIV, 132;
i,
xxvin, 62. Purg. n, 62; ni, 144; iv, 94 e sovente.
Estremit, dal lat. extremitas, La parte estrema di qualsi-
voglia luogo o cosa; La parte dove termina, uvvero la parte che li-
mita, o circoscrive, checchessia; Inf. xi, 1.
Estremo, dal lat. extremus ; 1. Che termina, o In che finisce
checchessia; Che , si trova, posto, in fine, o verso il fine, di chec-
chessia, Che ne termine Purg. xxiu, 25; Par. xxx, 117.-
costituisce il ;
2. Poeticam. per Che di fuori, Esterno, Esteriore; Inf. xix, 29. Par.
xu, 21. - 3. In forza di Sost., vale Parte estrema, Termine, Estre-
mit, ed altres Confine, detto di citt, paese, regione; Purg. xxn, 121.
Par. v, 5; xix, 41; xxxi, 122.-4. E per Fine o Termine della vita,
Parte estrema del vivere; Purg. xnr, 124; xxu, 48; xxvi, 93.
Esurire, lat. Appetire avidamente; Purg.
esurire, Bramare,
xxiv, 154, nel qual luogo Poeta parafrasa la beatitudine evan-
il
gelica: Beati qui esuriunt justitiam, S. Matt. V, 6, cambiandola
in Beati qui esuriunt secundum justitiam ed attribuendole il
senso: Beati coloro che servono giusta misura nel cibo, conservan-
dosi mondi dal peccato della gola. Lan. : Beati i liberi dal vizio
della gola, li quali hanno tanto di grazia, che elli sanno avere fame
di cibo quanto giusto, e non superabbondante.
Et, forma antica della particella copulativa E, dinanzi a parola
incominciante per vocale; oggi scrivesi Ed.
726 Et coram patre-Etocle
Et coram patri*, parole latine, che valgono Ed al cospetto
di suo padre ; Par. xi, 62, sopraqual luogo
il il Tom. osserva che
il latino ci sta come d'atto rogato.
Et, Etade, Etate, dal lat. cetas: 1. Tempo, Corso, della
vita umana, distinto per gradi; ed altres II numero, Il complesso,
degli anni della vita d'una persona; Tnf. xv, 51; xxvn, 80. Par.
xix, 132. - 2. Figuratam. e poeticam. Purg. il, 9. - 3. E per Cia-
scuno dei gradi, o parti, in che la vita dell'uomo, secondo il suo
ordinario corso, suole distinguersi; Purg. xxx, 125. Conv. iv, 24, 2
e seg., passim; iv, 25-29 passim. - 4. Quindi riceve spesso qualche
aggiunto, indicativo di questo o quello dei sopraddetti gradi o parti,
delle qualit ohe l'accompagnano, de' suoi caratteri, attitudini, e
simili; Inf. xxxni, 88. Par. xvn, 80.- 5. Figuratam., detto di isti-
tuzioni, o di un qualsivoglia ordine di fatti, cose, avvenimenti; Conv.
IV, 5, 63. - 6. Usato assolutam. e in senso concreto, per Persona o
Persone di quella et che determinata da alcun compimento o dal
contesto; Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 105. Conv.
iv, 19, 53, 60. - 7. E pure assolutam., per La vita stessa, Il vivere;
Conv. IV, 27, 14. - 8. E per Tempo, con un compimento, indicante
cosa fatta in quello, propriet od appartenenza di esso, e simili;
Purg. xn, 104. - 9. E per Un dato e determinato tempo, Tempo che
va da un termine a un altro, Periodo pi o meno lungo di anni,
secondo che indichi il compimento o la locuzione o il contesto;
spesso con relazioni alle condizioni di quella data et, o agli uo-
mini viventi in essa. E talvolta corrisponde a Secolo, ma in modo
largo e non assoluto; Purg. XI, 93; xvi, 122.- 10. Nel linguaggio
pi propriamente usato per la Cronologia, vale Serie d'anni, Corso
del tempo, che da un grande avvenimento ad un altro; che oggi
dicesi anche Epoca; Par. xxxn, 79. Conv. iv, 15, 87.- 11. E per Cia-
scuno dei periodi, o spazj di tempo, favoleggiati dai poeti, ne' quali
si distingue la storia del genere umano, sotto i nomi Et dell'oro,
dell'argento, del rame, del ferro, e della creta; Purg. xxvin, 140.-
12. D'et, a modo d'aggiunto, e seguito da un adiettivo, ed anche
da una locuzione avverbiale, usasi a indicare genericamente l'et
della persona, secondo il significato di esso adiettivo o locuzione;
Conv. iv, 24, 15.
Etocle, 'ExsoxXvjs, figlio di Edipo re di Tebe e di Giocasta,
fratello gemello di Polinice. Avendoi due gemelli costretto Edipo
loro padre a deporre la corona ed andare in esilio da Tebe, Edipo lan-
ci loro contro la maledizione, che dovessero essere in eterno irre-
conciliabili nemici tra loro medesimi; cfr. Apollod., hi, 5, 9. Paus.
Etere-Eternit 727
ix, 5. I due gemelli convennero poi di regnare alternativamente
ciascuno per lo spazio di un anno ma alla fine del primo anno Etocle
;
ricus di cedere per lo secondo il regno al fratello; cfr. Apollod.,
ih, 6, 1. Patjs., ix, 5. Eurip., Pharn., 71. Ingannato in tal modo dal
suo gemello, Polinice se ne and nell'Argolide in cerca di ausiliari,
spos col Argia, figlia del re Adrasto, e venne poi, accompagnato
da sei re Argivi, suoi confederati, ad assediare Tebe, onde il nome
della guerra, che si disse dei Sette contro Tebe. Durante la guerra
i due fratelli s'incontrarono in singoiar tenzone ed uccisero 1' un
l'altro.Posti quindi ambedue sullo stesso rogo, la fiamma di esso
si divise in due, segno dell'odio irreconciliabile che i due fratelli
si portavano anche dopo la morte; efr. Diod. Sic, iv, 6, 7. EuRir.,
Pharn., 53-80 e 1368-1433. Stat., Theb. xn, 429 e seg. Etocle col
fratello rammentato Inf. xxvi, 54; cfr. Purg. xxn, 56.
Etere, Etera, Etra, dal lat. cether ed cetlira, e questo dal
gr. cdd"f\p ed oufrpoc: 1. Sostanza, come si credeva dagli antichi, sot-
tilissima e immutabile, diffusa sopra la sfera dell'aria, che pu ac-
cendersi per la confricazione delle sfere superiori, ed essere altres
la materia del fuoco; oggi i Fisici dicono etere Un fluido invisibile
e imponderabile, supposto per ispiegare i fenomeni della luce e del
calore, e che empie i vuoti dei corpi e gl'interstizj dei corpi stessi;
Conv. in, 3, 128; iv, 15, 59.-2. Figuratam. e poeticam., per Sfera
celeste; Par. xxn, 132; xxvn, 70.
Eternale, dal lat. ceternalis, Eterno, Che dura sempre, Che
non ha fine; Inf. xiv, 37. Par. v, 116.
Eternalmente, anche Eternalemente : 1. Senza
ed
principio e senza Fin dalla eternit, Ab eterno; Par. x, 2.
fine,
Conv. in, 14, 46. - 2. E per Senza fine, parlandosi di premj, pene,
e simili, che l'uomo riceve dopo la morte, di cose che risguar-
dano l'altra vita; Inf. xxix, 90. Purg. in, 42. Par. xm, 60; xiv, 15;
xv, 12.
Eternare, dal lat. eternare, Rendere eterno. Neut.pass. Farsi,
Rendersi eterno; e per Fare, Rendere, il proprio nome, la propria
fama memoria, per sempre durevole nel tempo; Inf. XV, 85.
Eternit, Eternitade, Eternitate, a.\UL rrtemitas:
1. L'essere eterno; ed attributo proprio di Dio; Par. xxix, 16.
infinito e si contrappone
2. In senso concreto, Puro atto presente e ;
alla lezione
all'idea del tempo; Conv. in, 15, 48: nel qual luogo
eternitate, che di tutti i testi, il Giu. sostituisce arbitraria-
mente SUSTANZE SEPARATE.
728 Eterno-Etica
Eterno, dal lat. ceternus, Che non ha principio, n mezzo, n
fine, Che ha un puro atto presente e infinito; e in tal significato
dicesi propriamente di Dio, de' suoi attributi o di ci che a lui si
appartiene o riferisce. Nella Div. Com. questa voce s trova 85 volte,
19 nelYInf., 23 nel Purg. e 43 nel Par. - 1. Detto di Dio; Purg.
ni, 134. Par. VII, 33; xxix, 18. Conv. in, 14, 39. - 2. Detto di al-
cuno degli attributi di Dio, o di ci che ad Esso appartiene o si
riferisce; Divino; Purg. i, 76; xv, 72. Par. xvu, 39; xx, 52, 77;
xxi, 75; xxxin, 3. - 3. Ed aggiunto a qualche nome, come Luce,
Vita, Verit, e simili, compone con esso una maniera, che significa
Iddio; Par. xi, 20; xxxm, 82. Conv. Ili, 15, 41. - 4. E Re o Rege
eterno, Padre eterno, Artefice, Fabro, Mastro, eterno, e simili, sono
maniere a significare Iddio Purg. xix, 63. - 5. Detto di ci che par-
;
tecipa in qualche modo una condizione divina; Purg. xiv, 149;
di
xxx, 103; xxxi, 139. Par. vir, 66. - 6. Vale anche Che ha avuto prin-
cipio, ma che non avr fine; Inf. ili, 8. - 7. Detto della vita futura
e di ci che la concerne, e segnatamente dei premi e delle pene che
l'uomo gode o soffre nell'altra vita, vale Che dura per sempre, Che
non ha fine Inf. Ili, 2 Vi, 8 vili, 73 IX, 44 xn, 51 xv, 42. Purg.
; ; ; ; ; ;
i, 41; xxi, 18; xxvn, 127. - 8. Detto di ci che appartiene o s'im-
magina appartenere al regno celeste, ovvero ai regni della morte,
equivale a Celeste od Infernale; Inf. in, 87; iv, 27; xvm, 72;
xxxu, 75. Conv. IV, 28, 29. - 9. Luce eterna, vale poeticam. Spirito
celeste, in quanto vestito di luce; Par. x, 136; xxiv, 34.-10. E
poeticam., detto di ci che s' immagina appartenere a spirito ce-
leste, in quanto ce rappresentiamo in certe determinate forme;
lo
e vale Incorruttibile, Immortale; Purg. il, 35. - 11. E aggiunto, pure
poeticam., di sole, pianeta, costellazione, sfera e simili ovvero di ;
alcun nome, col quale figuratamente si denotino; Par. i, 64; n, 34;
xxii, 152; xxiii, 26. - 12. E per Che non ha fine nel tempo, Che
vive, dura, perpetuamente, Immortale, Non caduco; anche figuratam.
Purg. vii, 18. - 13. In forza di Sost., per L'eternit; Purg. xi, 107.
Par. xxxi, 38. - 14. E per La parte immortale dell'uomo, L'anima;
Purg. v, 106. - 15. In forza d' Avver., vale Eternamente, Senza
fine di durata, per sempre; Inf. ni, 8. - 16. Da eterno, posto avver-
bialmente, vale Dalla eternit, Eternalmente che pi comunemente ;
dicesi Ab eterno; Canz. : Amor, che nella mente mi ragiona,
v. 54. Conv. in, 7, 133. - 17. In eterno, pure posto avverbialm., vale
Eternamente, Senza fine di durata; Inf. vi, 99; vii, 55; xxm, 67,
Purg. xxix, 87.
Etica, dal basso lat. etlica, e questo dall' adiett. gr. vjxkxs,
Quella parte della filosofia che tratta dei costumi e della legge mo-
Etico-Ettore
rale, Scienza che ha per fine d'indirizzare l'uomo al bene
operare
e alla virt, Morale. E per Trattato intorno a detta scienza; ed
anche Titolo del trattato medesimo, come di quello notissimo di
Dante chiama Etica senza aggiungervi altro, L'Etica
Aristotile, che
per eccellenza; Inf. xi, 80. Conv. I, 9, 46; i, 10, 52; i, 12, 16, 57; n,
5, 69; il, 14, 32; II, 15, 95, 97, e sovente tanto nel Conv., quanto
nelle opere latine di Dante.
Etico, dal gr. xtixg, abituale, Aggiunto di febbre quotidiana
e lenta, accompagnata da emaciamento in tutta la persona. In forza
di Sost., Colui che affetto da febbre etica; Inf. xxx, 56.
Etiope, e in rima Etiopo, lat. TEtops, gr. A&'.OTteg e AO-tcjj
(propriam. adiett. da arso dal sole), Abitante dell'Etiopia;
ai-9-co,
Purg. xxvi, 21. Par. xix, 109, dove la voce ha l'accento sulla penul-
tima per la rima. Gli Etiopi sono pure menzionati a motivo del
color nero Inf. xxxiv, 44 e seg.
Etiopia, lat. JEthiopia, gr. M&iotzIoi, Paese dell'Affrica, onde
il Nilo s'avvalla (Inf. xxxiv, 45); comprende tutto il bacino del-
l'alto Nilo, dalle cateratte sino al capo Delgado. Gli antichi chia-
mavano Etiopia tutto il paese che si stende al mezzod dell'Egitto;
Inf. xxiv, 89, nel qual luogo Dante menziona i tre grandi deserti
che circondano l' Egitto: Quello della Libia, alla sinistra dell'Arabia,
alla destra del Nilo, e quello dell'Etiopia, a mezzod dell'Egitto.
pure nominata Canz.: Io son venuto al punto della rota, v. 14.
Etna, lat. JEtna, Montagna vulcanica in Sicilia; Egl. II, 27.
Cfr. MONGIBELLO.
Eton, o come hanno le ediz. antiche Etthon, nome dell'uno
dei quattro cavalli del Carro del Sole; Conv. iv, 23, 103.
Etsi,voce lai, Sebbene, Quantunque; Par. ni, 89, nel qual
luogo moderne sogliono leggere e s invece di etsi. I
le edizioni
codd. hanno naturalmente et s o s, che pu leggersi in ambedue
i modi. Benv.: E s, idest, quamvis. - Buti: E s, cio,
ben-
ch. - Cos pure Land., ecc. - Dan.: Etsi, alla Latina, cio
Bench. - Cfr. Quattro Fior. Il, 234. SiCCA Rivista nelle varie;
lez., 43. Com. Lips. in, 70.
Ettore, Hector, gr. "Exxwp, Figlio maggiore di Priamo e
lat.
di Ecabe, il principale eroe della guerra troiana, protetto da Apollo,
il marito di Andromaca, ucciso da Achille. Le gesta di Ettore sono
730 Eubulia-Euneo
diffusamente raccontate nell'iliade di Omero. Inf. iv, 122. Par.
vi, 68. Conv. in, 11, 118. Mon. n, 3, 38.
Knlnilia, lat., dal gr. EpooXfo, Prudenza, Buon consiglio;
Abito, che d facolt di rettamente consigliare nelle cose ambigue.
Termine scolastico, adoperato da Dante soltanto una volta, Mon.
il, 6, 30.
Euclide, Euclides, gr. ExXsSyjs, celebre matematico greco,
lat.
che visse in Alessandria verso il 1300 a. C, della cui vita del resto
non si hanno notizie certe. La sua opera Sxotxeta (Elemento, ma-
theseos) in tredici libri, ai quali Ipsicle ne aggiunse due, il xiv
e XV, fu considerato sino ai tempi recenti come modello di un Ma-
nuale delle scienze matematiche (ottima ediz. edid. August, 2 voi.,
Beri., 1826-29), commentato da Proclo e da Teone d'Alessandria,
adoperato assai da Boezio, ed in gran voga nel medio evo. Meno
conosciute sono e furono altre sue opere (Asoouiva, HopCaiiaxa e
<atv{isva). Edizioni complete di tutte le opere del Gregory, Ox-
:
ford, 1703; del Peyrard, 3 voi., Par., 1814-18. Cfr. Cantor, Eu-
clides und sein Iahrhundert, Lips., 1868. Ricordato Inf. iv, 142.
Conv. il, 14, 153. Mon. i, 1, 14.
Euf rates, gr. EqjpdTyjs, dal persiano ant. Ufrtu =
Il fiume
largo, ebr. m, lat. Euphrates, Fiume dell'Asia, che nasce nelle
t :
montagne dell'Armenia, tocca la Cappadocia, la Siria, l'Arabia de-
serta e la Caldea, e dopo un corso di 1850 chilometri si getta nel
golfo Persico per cinque bocche. Sopra le sue rive fiorirono l'an-
tica Babilonia, Samosata, Niceforia e Cunassa, delle quali citt non
sono rimaste che poche ed incerte rovine. Dante lo nomina Purg.
xxxin, 112, come avente una medesima sorgente col Tigri, con al-
lusione ai fiumi del Paradiso terrestre ricordati Genes. il, 10 e seg.
Veramente nella Genesi si legge, che quel fiume irrigante il Pa-
radiso terrestre si divideva in quattro capi, cio Phison, Gehon,
Tigrys ed Euphrates ; quindi o Dante segu l'esegesi di alcuni in-
terpreti delle Scritture sacre, secondo i quali il Phison e il Gehon
derivavano dal Tigri e dall'Eufrate (cfr. Pekeieus, in Gen.,lib.m.
De Parad., e. 2. Knobel, Gen. ad cap. li, 10 e seg.); oppure egli si
attenne a Boezio, il quale scrive (Cons. phil., lib. v, metr. 1): Ty-
gris et Euphrates uno se fonte resolvunt Et mox abiunctis disso-
ciantur aquis.
Dnneo, Evsg, Eovsooc; (da VYp, Il buon marinaro),
Euvyjos,
figlio di Giasone e di Isifile, re di Lemno ai tempi della guerra
Euno-Euripilo
troiana (cfr. Hom., l. vii, 468; xxm, 747), l'ano dei duo
figli
ricordati Purg. xxvi, 95; cfr. Stat., Theb. v, 721 e seg. Vedi pare
l'art. Isifile.
JEuno, voce di greca derivazione (evow, eSvoia, sdvot)) che
vale Buona mente, o Kicordanza del bene. Dante d questo nome
all'uno dei due ruscelli del suo Paradiso terrestre, cio a quello le
cui acque ravvivano la memoria del bene operato dall'uomo nella
prima vita; Purg. xxviii, 131; xxxiii, 127. Cfr. Pkekz, Delie fra-
granze onde V Aligli, profuma il Purg. e il Par., p. 25 e seg.
furialo, lat. Euryalus, Nome di un giovane troiano venuto
con Enea in Italia, il quale mor insieme con Niso suo amico nella
guerra contro i Kutuli, dopo averne fatto orrenda strage; cfr. Vino.,
Aen. IX, 178 e seg. nominato Inf. 1, 108. Mon. il, 8, 66, sul qual
luogo cfr. Virg., Aen. v, 294 e seg.
Euripide, EpwiCSYjg, celebre poeta tragico greco, nato verso
il 480 a. C. (secondo una tradizione il 5 ottobre 480, precisamente il
giorno della battaglia di Salamina) a Salamina, dove i suoi genitori
avevano cercato rifugio fuggendo da Atene per timore dei soldati
persiani. Fu discepolo di Anassagora, poi si dedic alla poesia, si
fece rivale di Sofocle ed ottenne ripetute volte l'onore della corona
poetica. In et gi avanzata, lasci Atene e si ritir in Macedonia,
dove il re Archelao lo colm di onori e dove mor verso 407 a. C, il
secondo le favole straziato da una muta di cani mentre passeggiava
per uu bosco. Dett una gran quantit di tragedie, delle quali sono
giunte a noi diciotto ed un componimento satirico (ed. Musgrave,
Oxford, 1778; ed. Matthiae, Lips., 1813-29; ed. Kirchho/f, 2 voi.,
Beri., 1855, ecc.). Cfr. Wilanowitz, Analecta Euripidea, Beri., 1875.
Patius, Euripide, Par., 1873. Dante, il quale probabilmente non lo
conosceva che da quanto ne aveva letto in Aristotile, Cicerone e
Quintiliano, lo nomina tra' personaggi illustri che sono nel limbo;
Purg. xxn, 106.
Euripilo, EpTioos, re di Ormenione nella Tessaglia, uno dei
principali eroi greci nella spedizione contro Troia; Hom., Ih in, 736;
vii, 167; xi, 580, 809 e seg.; xv, 390. Paus., vii, 19 e seg. Secondo
Virgilio fu mandato ad interrogare l'oracolo di Febo circa il tra-
gitto dalla Grecia alla volta di Troia, Aen. il, 114 e seg. Secondo
Dante fu indovino, il quale insieme con Calcante segn l'ora favo-
revole al far vela verso Troia; Inf. XX, 112. S'ignora dove Dante
attingesse questa notizia. Onde Cast.: Che Euripilo fosse con Cal-
prima fune delle navi in Au-
cante a dare il punto a tagliare la
732 Euro-Evandro
lide, quando i Greci vennero ad oste sopra Troia, questo non dice
Virgilio, n altri, che io mi sappia. Ma per avventura Dante se
lo imagina e da s se lo finge. I pi non si curano della difficolt,
della quale gli antichi non sembrano essersi nemmeno accorti.
uro, dal lat. eurus, e questo dal gr. supoQ, Nome dato a quel
vento che comunemente chiamasi Levante e che talora dagli antichi ;
confuso col Levante Scirocco o con lo stesso Scirocco; Par. vili, 69.
Europa, EptTiYj, nome della figlia di Agenore re di Fenicia,
amata da Giove, che, trasformatosi in bue, la rap e trasport a
Creta, dove ella gli partor Minosse e spos pi tardi Asterione re
di quell'isola; cfr. Ovid., Metam, li, 833-75, alla qual favola si al-
lude Par. xxvn, 84.
Europa, 'Eupw^Tj, forse dall' ebr. D1JJ, Occidente, Nome del-
l'una delle cos dette Parti del Mondo; Purg. vili, 123. Par. vi, 5;
xn, 48. Canz. : Io son venuto al punto della rota, v. 28. Vulg.
El. i, 8 passim; Mon. n, 3, 90; IT, 9, 36; ili, 14, 40.
Eutrapela, lat. eutrapeia, dal gr. sxpaTtsXa, Virt di usare,
dei divertimenti decorosamente e dentro i limiti, e di non aborrirli;
Conv. iv, 17, 45.
Eva, lat. Heva, gr. Eoa, dall' ebr. H^in, Vita, Madre dei viventi:
Nome della prima donna, creata immediatamente da Dio che la diede
per moglie ad Adamo (Genes. n, 18-25), e che poi fu la prima a
trasgredire il divin precetto, mangiando, sedotta dal serpente, del
frutto proibito, e dandone ancora al marito Adamo (Genes. ni, 6).
Fu madre di Caino, di Abele e di Set (Genes. iv, 1, 2, 25); se anche
della moglie di Caino (Genes. iv, 17), e di quella di Set (Genes.
Testo sacro non dice. Dante nomina Eva: Purg. vili, 99;
IV, 26), il
XII,71; xxiv, 116; xxix, 24. Vulg. El. I, 4, 9; e la indica senza
nominarla: Purg. i, 24; xxx, 52; xxxit, 32. Par. vit, 148; xni, 37
e seg.; xxxn, 5 e seg. Mon. i, 16, 4 e seg.
Evandro, lat. Evandrus, gr. EuavSpog, Nome di un perso-
naggio mitologico, concernente il quale le tradizioni differiscono
alquanto tra loro, alcuni facendolo venire in Italia e fondarvi il
Lazio 60 anni prima della guerra di Troia (cfr. Liv., i, 6, 7. Ovid.,
Fast, i, 471 e seg.; v, 99. Dion. Hal., i, 31-33. Strab., v, 230),
mentre secondo Virgilio visse pi tardi, essendo stato alleato di
Enea (cfr. Virg., Aen. vili pass.; ix, 9; x, 370; xi, 31 ecc.), e come
tale lo ricorda anche il Nostro, Mon. n, 3, 54.
Evangelico-Ezechiel
Evangelico, evangelicus, gr. eOaYYeXixfi, Dell'Evangelo,
lat.
Concernente l'Evangelo; Purg. xix, 136. Par. xxiv, 144. Conv, iv'
17, 83. Mon. n, 10, 37.
Evangelio ed anche Evangelo, lat. evangeli am, dal gr.
sayyXtov, che propriamente vale Buona novella : Libro del Testa-
mento nuovo, il quale abbraccia le scritture di S. Matteo, 8. Marco,
S. Luca e S. Giovanni che narrarono le azioni e le predicazioni di
Ges Cristo, pi comunemente detto Vangelo; e vale anche La dot-
trina predicata da Cristo ed in esso libro contenuta; Purg. xxn, 154.
Par. ix, 133 ; xxiv, 137 ; xxix, 114. Conv. IV, 22, 101. Mon. il, 10, 32.
Cfr. Vangelo.
Evangelista, lat. evangelista, dal gr. sayysXcaT^, Ciascuno
dei quattro scrittori del Vangelo, S. Matteo, S. Marco, S. Luca e
S. Giovanni; Conv. Il, 6, 13; iv, 5, 48.
Evidente, dal lat. evidens, Chiaro, Manifesto. Detto di dimo-
strazione, prova, ragionamento, discorso e simili, per cui si conosce
o sivede checchessia, vale Tale da indurre certezza, Non dubitabile;
Conv. i, 10, 4, 12.
Evidenza, dal lat. evidentia, L' essere tale, che a conoscersi
o comprendersi non abbisogni di dimostrazione o di prova. Ad evi-
denza di checchessia, riferito a sentenza, ragione, cosa innanzi detta,
e simili, vale A chiara dimostrazione, A dichiarazione evidente di
essa; Conv. I, 4, 47; il, 8, 12; IV, 19, 11. Mon. i, 11, 11.
Excelsis, lat., Ne' luoghi altissimi, Ne' cieli ;
Purg. xx, 136.
Cfr. Gloria.
Exitn, lat. Abl. di exitus, Uscita; Purg. Il, 46. Cfr. In exjtu.
Ezechia, lat. Ezechias, gr. 'Esxtag, dall' ebr. rPp'rV e
1iTpn\ che vale II Signore la mia forza; Nome di uno degli
t ' : :
ultimi re di Giuda, il quale regn dal 728 al 699 a. C. Caduto in-
fermo, il profeta Isaia gli annunzi prossima la morte; il re si ri-
volse a Dio colle sue preghiere, onde la vita gli fu prolungata per
quindici anni; cfr. IV Beg. xx, 1-11. II Paralip. xxxn, 24. [SAI.
xxxvni, 1-22. indicato senza nome Par. xx, 49 e seg.
bx$r\\ Fortificato
Ezechiel, lat. Ezechiel, gr. 'Ie&exnfjX, ebr.
quale visse e profetizz
da Dio; Nome proprio di un profeta ebreo, il
734 Eziandio-Fabbro
nell'esilio di Babilonia (594-572 a. C), autore del libro che da lui
s'intitola; Turg. xxix, 100.
iv/.iaidio, dal lat. etiam, aggiuntavi la voce Dio, per mag-
giore efficacia: Particella copulativa che vale Ancora, Anche, Pure;
Conv. ili, 8, 10.
Fzzelino, cfr. Azzolino.
F
F, Effe, lettera labiale, la sesta dell'alfabeto, la quarta delle con-
sonanti, che i Grammatici dicono mute. Dante biasima i Trivigiani,
a motivo del loro confondere nella pronunzia fev; Vulg. El. i, 14, 24.
Fabbrica, L'operazione del fabbricare, Costruzione, Edilzio,
e simili; figuratain. Conv. in, 4, 19.
Fabbricare, dal lat. fabricare, Alzare dai fondamenti, Edi-
ficare, Costruire, e simili. Figuratam., riferito a cose morali o in-
tellettuali; Conv. in, 6, 50.
Fabbricatore, dal lat. fabricator, Chi o Che fabbrica; e
usato assolutane, vale Artefice; Conv. IV, 30, 13.
Fabbro, dal lat. faber : 1. Colui che fa il mestiere di lavorare
ferramenti in grosso Inf. xiv, 52, nel qual luogo Vulcano detto
;
il fabbro di Giove; Par. li, 128. Conv. i, 13, 20; IV, 4, 92.-2. Poe-
ticamente, e in pi nobile senso, per Artefice; Turg. x, 99. Vulg.
El. i, 5, 8. - 3. Pure per Artefice, in senso per figurato e con un
compimento; Turg. xxvi, 117. - 4. Nel luogo Turg. xiv, 100 gl'in-
terpreti non vanno d' accordo sul valore della voce Fabbro, che
secondo gli uni nome proprio di un cittadino di Bologna della fa-
miglia dei Lambertazzi, secondo gli altri vale semplicemente Ma-
gnano. - Lati.: Quando a Bologna venne un fabbro, cio uno di
minima condizione, e quella regge. - Ott.: Questo mess. Fabro
fu nato di vili parenti, e tanto largamente visse, che l'Autore dice,
che mai in Bologna non era simile di lui.- Petr. Dani. Itera :
dominura Fabrum de Lambertaccis de Bononia. - Cass.: Iste fuit
domnus faber de lambertaccis de bononia. - Falso JBocc. ; Uraes-
ser fabbro delambertucci dabolognia. - Benv. : Iste fuit no-
bilis miles de Lambertacciis de Bononia, vir sapiens et magni con-
silii ;et est hic Faber nomen proprium. Nec intelligas de quodam
Fabi-Fabrizio
Fabro tribuno plebis, qui trucidatus fuit Bononiaj. -
Buti: Uno
vileomo nato di vile condizione si fa grande, come uno fabbro
f'
che ebbe nome Lambertaccio che si fece s grande che venne si-
gnore quasi di Bologna, e di costui discese messer Fabbro de' Lam-
bertacci di Bologna. - An. Fior. tace. - Serrav.: In Bononia
fuit unus bonus homo virtuosus et curialis, nomine Faber dignna
magna fama. - Lan., Veli., Dan., Veni., ecc., non fanno che ri-
petere quanto aveva detto il Buti. - Tal..- Iste fuit unus Bo-
noniensis, miles nobilissimus et virtuosissimi^. - Probabilmente
Dante intende di Fabbro o Fabio dei Lambertazzi, figlio di quel
Bonifazio, che fu podest di Padova nel 1215, e nel 1217 capo dei
crociati Bolognesi a Damiata. Nella spedizione fatta dai Bolognesi
contro i Modenesi nel 1228 Fabbro Lambertacci aveva cura del Car-
roccio (cfr. F. Leandro degli Alberti, Deca prima delVHist. di
Boi., lib. x); nel 1254, e di nuovo nel 1257 fu podest di Pisa (cfr.
Murat., Script, xxiv, 644 e seg.). Fu pure podest a Viterbo, a Pi-
stoia ed a Faenza (cfr. Gozzadini, Torri gentilizie, 328 e seg.).
Fabi, lat. Fabii, Patrizj romani, i quali si dicevano discesi ila
Ercole e da Evandro. Da questa famiglia prese il nome di gens
Fabia una trib di Roma, dalla quale discesero i Trecento Fabii
e molti altri eroi e nobili personaggi, tra' quali Fabio Massimo Ru-
lano, che, maestro della cavalleria, sotto Papirio Cursore, combatt
contra Sanniti malgrado l'assenza del Dittatore, ne uccise oltre
i
ventimila, ma fu poi l l per pagare la sua disobbedienza colla
propria vita. Eletto cinque volte Console, sconfisse i Sanniti e gli
Etruschi, e per le felici sue imprese merit il nome di Massimo
a s ed alla sua famiglia (cfr. Tit. Liv., Vili, 30; IX, 35-39; x, 15,
27-29. Polyb., il, 19. DlOD. Sic, xx, 27, 35). Tra altri sono pur ce-
lebri Ceso Fabio Vibulano ed i suoi due fratelli Quinto e Marco
(cfr. Tit. Liv., ii, 43 e seg. Sil., vi, 637. Dion. Hal., ix, 15), come
pure i nepoti di Ceso, Quinto Fabio Vibulano, Marco, Numerio, ecc.
Sopra tutti gli altri glorioso fu Quinto Fabio Massimo Verrucoso,
detto l'Indugiatore, il quale colla sua prudenza pose fine ai triunti
di Annibale (cfr. Tit. Liv., xxi, 18; xxm, 32, 39; xxvn, 11; xxviii,
40 e seg.; xxix, 37. CiC, Cat. mai. IV, 10. Brut, xiv, 57). Nominati
Par. vi, 47. Conv. iv, 5, 90.
Fabrizio, e Fabbrizio, Caio Fabbrizio Luscinio, generale
romano, celebre per la sua povert e per il suo disinteresse. Con-
sole nel 282 a. C, vinse il Sannio, il Bruzio e la Lucania, e
rifiut
i doni dei Sanniti, ai quali egli aveva fatto accordare
la pace (DlONYS.,
Excerpt. xvm, 5. Val. Max. I, 8, 6. Polyb., i, 7). Inviato due anni
736 Fabrizio-Faccia
dopo a Pirro per convenire con lui intorno al cambio de' prigionieri,
rifiut i presenti di quel re, onde Pirro, ammirando la di lui virt,
gli confid i prigionieri per condurli a Koma, a condizione di ri-
mandarli, se mai il Senato rifiutasse di pagarne il riscatto. Infatti
non avendo il Senato accettate le condizioni proposte da Pirro, Fab-
brizio gli rimand fedelmente tutti i prigionieri, giustificando per
tal modo la fiducia che il re in lui aveva posta (cfr. Plutar., Vit.
Vyrr., e. 18-20. Appian., De rei. Samn., p. 66. Dionys., xvm, 6
e seg.).Nel 278 a. C. fu nuovamente fatto Console e mandato contro
Pirro, il cui medico gli offerse di avvelenare il re suo signore. In-
vece di accettare la brutta proposta, Fabbrizio ne rese Pirro av-
vertito,onde il principe, commosso a tanta generosit, pose in li-
bert tutti i prigionieri senza verun riscatto e ben presto sgombr
dall'Italia (cfr. Plutar., Vit. Pyrr., 21). Tre anni dopo Fabbrizio
fu nominato Censore, e come tale discacci dal Senato P. Cornelio
Bufino, a motivo del suo lusso e della sua prodigalit (cfr. Tit. Liv.,
Fpitom. xiv. Gell., Noct. Alt. iv, 8. Val. Max. n, 9, 4. Pltjt., Sull. i.
Cic, De Leg. Il, 23). Mor, non accertato in qual anno, tanto povero
che V erario pubblico dovette assumere le spese dei suoi funerali
(Cic, De Leg. li, 23) e dotarne le figlie (Val. Max. iv, 4, 10). Ai
Sanniti, che gli offerivano grande somma di denaro, rispose : Pecu-
nia, qua sibi nihil esset usus, ab iis quibus eam sciret usui esse, non
accipere (Gell., Noct. Att. i, 14. Val. Max. v, 3, 6. Frontin.,
Strateg. iv, 3, 2. Serv. ad Virg. Aen. vi, 845). Nominato Purg.
xx, 25. Conv. v, 5, 80. Mon. n, 5, 61.
Fabrizio, lat. Fabricius e Fabritius, antico poeta Bolognese,
nominato ed esaltato da Dante, Vulg. El. i, 15, 31; il, 12, 31, del
quale mancano d' altronde notizie positive, n sono giunti a noi
de' suoi componimenti poetici. Fu della famiglia dei Lambertazzi ;
cfr. Fantuzzi, Scritti Boi. in, 282.
Faccenda, dal lat. facienda, Cosa da farsi, da compiersi, da
sbrigarsi. Ci che uno deve o vuol fare; e in pi largo senso, Af-
fare, Negozio. Aver faccenda con chicchessia, o con checchessia, vale
Impacciarsi con esso, e figuratam. Occuparsene, che oggi dicesi co-
munemente Aver che fare; Conv. IV, 15, 119.
Faccia, dal lat. facies, voce adoperata nella Div. Com. 46 volte,
23 nell'In/"., 18 nel Purg. e 5 nel Par. - 1. La parte anteriore del
capo dell'uomo, dalla sommit della fronte all'estremit del mento
e da un orecchio all'altro; Inf. xv, 29. Purg. vi, 11.-2. Per esten-
sione, applicato a denotare il Volto di esseri che in tutto o in parte
;
Face-Face
si rappresentino in figura umana; ed altres, poeticam., il Muso
o
Ceffo degli animali; Inf. vi, 31; xvir, 10; xxxiv, 38. - 3. E figu-
ratamente, applicato a cose morali o intellettuali, che in certo modo
si personifichino; Conv. n, 12, 3.-4. E per l'Aspetto stesso, l'At-
teggiamento del volto, in quanto dimostra la condizione o dispo-
sizione dell'animo, ed anche le qualit morali di una persona; Pura.
in, 87. - 5. E figuratam. Inf. xxm, 29. Conv. i, 8, 25.-6. Pur figu-
ratamente, per Cospetto, Vista, usato pi spesso nella maniera Alla
faccia di chicchessia o checchessia, per Nel cospetto di esso, Dinanzi
ad esso; Conv. Il, 16, 34. - 7. E con senso particolare, parlandosi
di Dio, vale anche Visione ; Par. xxix, 77. - 8. Figuratam. e poetica-
mente, usato a denotare la Persona stessa, inquantoch pi special-
mente dalla faccia si contraddistinguono gli uomini; Purg. xxiv, 20.-
9. Pure figuratam. e poeticam. per Figura, Forma, sia d'uomo, sia di
animale; Inf. xvn, 60. - 10. Pur figuratam., per Aspetto, Sembianza,
delle cose; ed altres Modo di essere, Condizione, col quale, o nella
quale, una data cosa si mente nostra; Inf.
offre agli occhi o alla
xxiv, 13. - 11. Altres figuratam. per Apparenza, Quel che una cosa
mostra di essere, per lo pi contrariamente alla realt: detto pi
che altro di cose morali; Inf. xvi, 124. - 12. Faccia, parlandosi di
corpi celesti, denota La parte di essi che volta verso la terra, Il
disco visibile di essi: e poeticam. usata spesso in locuzione figu-
rata; Inf. x, 80; xxvi, 27. Purg. xxx, 25.-13. E per Lato, Banda,
Parte, riferito a luoghi, e pi specialmente considerati rispetto alla
lor posizione Inf xxxiv, 117. - 14. E per Ciascuna banda del foglio,
;
che anche dicesi Pagina; Purg. ni, 126. - 15. Nella prima faccia,
posto avverbialmente, vale In principio, Su bel principio, Nel primo,
o Fin dal primo, esaminare o considerare checchessia, Appena che
una data cosa si considera; A prima vista, A prima fronte, A prima
giunta; Conv. iv, 12, 10; iv, 21, 21.
Face, dal fax, facis, Cosa accesa che fa lume, come fiac-
lat.
cola, torchio, lampada, e anche candela o simile. 1. Persimilit. Par.
'
xxvii, 10, nel qual luogo Faci sono dette le anime risplendenti dei
beati, Face per Faci desinenza antica, usata e fuor di rima ed
in prosa; cfr. Nannuc, Nomi, 241 e seg. - 2. Pure per Fiaccola,
detto figuratam.Par. xxxiii, 10, nel qual luogo la B. Vergine
detta MERIDIANA FACE.
Face, da facere per fare, Forma antica regolare per Fa; Inf.
i, 56; x, 9; xxi, 111; xxv, 132. Purg. li, 97; V, 63;
vi, 68; xv,
133 xvin, 24 xxviu, 89 xxx, 5 Par. ni,
; ; ;
87 IV,
;
77 vi, 82; ix, 119
; ;
xxvi, 99, 108; xxix, 94; xxx, 100. Cfr. Nannuc, Verbi, 605 e seg.
47. Enciclopedia dantesca.
738 Facella-Falaride
Facella, Diminut. di Face, anche nel basso lat. facella ; pro-
priamente Piccola face; ma vale lo stesso che Face, Fiaccola. 1. Detto
figuratam. Par. ix, 29, nel qul luogo Facella detto il tiranno Ezze-
lino III da Komano, come i pi si avvisano, per aver menato ovunque
fuoco e ruina, oppure, come vuole Petr. Dant., con allusione ad un
sogno della madre del tiranno. Mater cujus Azzolini, dum partili
ejus esset vicina, somniabat quod parturiebat unam facem igneam,
quse comburebat totani Marchiam Trevi sanam. - 2. Per estensione e
poeticam., vale anche Lume, Luce, Splendore Par. xxiii, 94, dove ;
Facella detto l'Arcangelo Gabriele, il nunzio dell' incarnazione
del divin Verbo. - 3. E per similit. Stella, e anche Pianeta; Purg.
Vili, 89. Par. xviii, 70.
Facondia, dal lat. facundia, Facolt di copiosamente e or-
natamente parlare o scrivere. Eiferito figuratam. a lingua, labbro
e simili Conv. in, 4, 14.
;
Facondo, dal lat. facundus, Che ha facondia; Conv. ni, 13, 61.
Facultade e Facnltate, dal lat. facultas, Potest, Auto-
rit, di Far checchessia, Diritto Per Principio degli atti
di fare. 1.
sensitivi, o razionali, o volitivi Potenza, Capacit Par. IV, 44. -
; ;
2. E per Ci che altri possiede, Patrimonio, Averi, Sostanze e si-
mili ; Inf. xi, 44.
Faentini, lat. Faventini, Cittadini di Faenza; Vulg. FI. i,
9, 32; i, 14, 14.
Faenza, lat. Faventia, citt dell' antico Stato della Chiesa ed
ora della Emilia, 57 chilometri sud-ovest di Kavenna
situata a
sopra ilfiume Lamone, onde anche detta la citt di Lamone;
Inf xxvn, 49, dove si allude a Maghinardo Pagano da Susinana,
cfr. Leoncello; Inf. xxxn, 123. Purg. xiv, 101.
Faenza, Tommaso da, cfr. Tommaso da Faenza.
Faggiola, nome di un Castello nel distretto e diocesi di Mon-
tefeltro, che diede origine al nome e alla signoria dei Faggiolani,
dei quali era Uguccione della Faggiola, creduto dal Trova e da' suoi
seguaci amico di Dante e il Veltro vaticinato dal Poeta. Cfr. Ver-
non, Inf, voi. il, p. 465-72.
Falaride, <&<*apt, Tiranno di Agrigento dal 565 al 549 a. C,
per quale Perillo fece il famoso toro di bronzo; Inf. xxvn, 7
il
e seg. Cfr. bue ciciliano.
Falcare 700
Falcare, dal lat. fax, oppure dal ted. ant.
falcan, fagan-
cfr. Diez, Wrt. i 3 , 170. Questo verbo, usato Purg. xvm,
94, di
dubbio significato. La Cr. spiega: Correre come a lanci,' con
tra-
slato preso dal cavallo, allorch galoppa alzando molto le
zampe
dinanzi e descrivendo con esse quasi una falce. Cos intendono
ed
interpretano i pi: Benv.: Falca, idest, girai- Buti:
Falci,
cio piega. - Ces. : Falcare piegare a modo di falce, ed preso
che a correre si ammaestrano in un torno; come mostra
da' cavalli,
Dante nella parola sotto, cavalca, che compie essa metafora. Cor-
rendo dunque il cavallo isforzatamente a tondo, come sasso di from-
bola, per ritirare lo slancio della forza centrifuga che gli d il cor-
rere s forte in circolo, ed egli tiene il corpo piegato verso il centro,
sicch sta fuor di bilico e questo forse propriamente falcare il
:
passo. Cos intendono pure Land., Dan., Voi., Pogg., Tom., Br. B.,
Frat, Greg., And., Camer., Frane, Bennas., Camp., Poi Bl., ecc. ,
Secondo altri Falcare vale Avanzare, Muovere, e simili. Veli.: Falca,
cio, Avanza ed accresce venendo, suo passo di loro. Falcare si il
contrario di difalcare, che significa detrarre, e sminuir da la somma;
Onde diciamo: Di questa somma se ne ha a difalcar tanto. Ed il
Petrarca disse : E
'l pensier de V andar molto difalca. Adunque,
s come il passo et l' andar di costui era difalcato dal pensiero che
havea d'errar il cammino, cos il passo di queste anime era falcato
ed accelerato dal grandissimo desiderio, e voglia, che esse haveano
di purgarsi di questo vizio. Cos intendono pure Lomb., Port.,
Monti, Costa, Borghi, Triss., ecc. Secondo il Biag. la voce falcare
presa dal frane, faucher, termine d'equitazione, definito nel Diz.
dell'Accademia: Il se dit d'un cheval qui traine en demi-rond une
des jambes de devant. Secondo il Lami questo falcare deriva da
valicare, per lo scambio della v con la f. Cfr. Borghini, Stnd. ed.
Gigli, 265. Blanc, Versuch, ir, 65 e seg. - L. Vent., Simil., 582 :
Falcare Piegare a modo di falce: qui benissimo usato; perch,
come la falce si volge a semicerchio, cos quelli spiriti menavan
rapido a tondo il passo per quel girone. Verbo rimasto nell'uso, per
indicare il passo del cavallo. Falcata di cavallo, carri falcati, luna
falcata, racchiudono l'idea di curvit compresa nella parola Falce. -
Caverni, Voci e Modi, 57: Gli usi del popolo ci rischiarano i
dubbii de' commentatori sulla intelligenza del luogo citato, rammen-
tandoci il falcare del passo de' cavalli, e le falcate eh' e' danno in sul
muoversi alcuni di quegli animali o de' non bene ancora docili al
freno o dei pi generosi. L'immagine tolta, cred'io, dall' inarcare
che fanno la schiena e le gambe a modo di falce. Cos falca la per-
sona e le gambe anche l'uomo, quando si d la spinta a una e<
veloce.
740 Falcone-Fallare
Falcone, dal lat. falco, falconis, Uccello di rapina diurno, con
gli artigli acuti e con la testa tutta rivestita di
piume, ed di
varie specie, e addestrava un tempo per la caccia, la quale aveva
si
gran parte nella cavalleria del medio evo, onde Dante prese dal fal-
cone varie similitudini; Inf. xvn, 127; xxn, 131. Purg. xix, 64. Par.
xvill, 45 XIX, 34.
;
Falconetti, Ricco, fu uno dei colleghi di Dante nel priorato;
cfr. Priorato di Dante.
Falconiere, Colui che governava ed addestrava il falcone per
la caccia, o che lo teneva sul pugno andando a cacciare col falcone;
Inf. xvn, 129.
Falda, spagn. falda, halda; portog. frada ; prov. fauda; ant.
frane, ted. ant. falt; cfr. Diez, Wrt. i 3 170. Quella
faude: dal ,
parte di vestito o sopravveste, che pendeva dalla cintura in gi;
ed altres Lembo, Estremit, di veste qualsiasi. 1. Per Strato, Am-
masso, ed anche Volume, assai pi largo che alto; come di neve,
nuvola, ghiaccio, acqua, terra, e simili; Canz. : Io son venuto al
punto della rota, v. 20. - 2. E in particolare detto di neve nel-
l'atto che cade, e per similit. di fiamme pur cadenti a modo di
pioggia dal cielo, e usato pi che altro nel plurale, vale propria-
mente Fiocco; Inf. xiv, 29.
Fallace, dal lat. fallax, Che non sempre corrisponde a quanto
sembra promettere, Su cui non da fare assegnamento. 1. Per Non
fondato sul vero, Falso, Erroneo; ed altres Che non sempre mostra
il vero, Tale da non fidarsene in tutto, Incerto, Dubbioso; Canz.:
Donna pietosa e di novella etate, v. 65. - 2. E per Che inganna
od ha in s inganno; detto di cosa morale, od anche figuratam. Par.
x, 125; xv, 146. Conv. iv, 12, 142. - 3. Detto di beni, o simile, per
Che non dura, Caduco, Transitorio; Purg. xxxi, 56.
Fallacissimo, lat. fallacissimus, Superlat. di Fallace; Conv.
iv, 12, 141.
Fallanza, da fallare, Fallo, Errore, Mancamento; Par. xxvn, 32.
Fallare, dal lat. fallere, ridotto dalla terza coniugazione alla
prima : 1. Commettere
errore, sbaglio, Errare, Sbagliare Inf. ;
xxix, 120. - E
con pi grave senso, vale Commettere colpa, pec-
2.
cato; Peccare: Par. v, 53; vi, 102. Conv. i, 3, 13; IV, 25, 54.-3. E
per Non essere a sufficienza, ed altres Mancare, Venir meno; Purg.
xiii, 61.-4. E per Non esser compiuto, Esser manchevole, difettivo,
Fallire-Falsiflcare
e simili; Purg. x, 129.-5. Detto di cose materiali, vale audio
Non
servire come dovrebbe; Purg. ix, 121. - 6. E figuratam., detto di e
non materiali, per Eiuscir vano, ed altres Non corrispondere a ci che
designato dal compimento; Purg. vi, 35. - 7. Riferito propriamente
a colpo, e per estensione, talvolta anche alla cosa che si vuol col-
pire, ed all'arme con la quale si colpisce, vale Sbagliare, Non co-
gliere, Non tirare al segno voluto; Conv. iv, 5, 86.
Fallire, dal lat. 1. Commettere fallo, peccare; Conv.
fallere:
iv, 25, 78. - 2. E
con pi tenue senso, Sbagliare, Errare; Inf. xxix,
120 (var.). - 3. Per Mancare, Venir meno, Essere deficiente, detto di
cose materiali; Inf. xm, 122.-4. Figuratam., detto di cose murali;
Purg. xxxi, 52. - 5. Poeticam., Fallire ad una data cosa, vale Man-
care di conseguire, Non riuscire ad ottenere, quella data cosa; Inf.
xv, 56.
Fallo, da fallare:Atto col quale l'uomo offende la morale
1.
o le leggi; Colpa, Peccato; Inf. xxx, 116. Par. vi, 98; XXXI I, 12.
Conv. iv, 75 e seg. - 2. E semplicemente per Mancanza al dovere;
Purg. in, 9.-3. E con pi grave senso, Misfatto, Delitto; Inf.
xxvin, 83. - 4. E per Sbaglio, Errore; Purg. x, 6; xxvn, 141. Par.
xvi, 15; xxv, 105. - 5. Per Mancanza di alcuna condizione o qua-
lit necessaria alla perfezione Par. xxix, 23.
;
Falsamente, In modo falso, Non conforme al vero, Contra-
riamente alla verit della cosa, alla realt; Inf. xxiv, 139.
Falsare, dal basso lat. falsare: 1. Alterare nell'intrinseco o
nelle qualit sostanziali, Corrompere la sincerit di checchessia, a
fine di frode e per contraffare il vero. Ed anche per Contraffare con
frode, Falsificare. Riferiscesi specialmente a moneta, misure o pesi,
metalli, sostanze materiali, e simili; Inf. xxix, 137; xxx, 73, 115.-
2. Poeticam., per Far parer falsamente, Far apparire contrariamente
alla verit delle cose, alla realt; Purg. xxix, 44.
Falsatore, da falsare, Chi o Che falsa, cio altera, corrompe,
ovvero contraffa, falsifica; Falsificatore; Inf. xxix, 57.
Falseggiare, Andar falsando; ed anche semplicemente lo
stesso che Falsare o Falsificare; Par. xix, 119.
Falsificare, dal basso lat. falsificare, Contraffare, per ingan-
nare altrui 1. Poeticam., riferito a persona, cos alla propria rispct te
;
ad altra, come ad altra, rispetto alla propria, vale Rappresentare fal-
44.-
samente, Far parere d'essere, Finger d'essere; Inf. xxx, 41,
742 Falsssimo-Falso
2. Per Torcere al falso, far errare; riferito ad opinione; Conv.
IV, 1,41.-3. E per Dimostrare, Provare, falso; Par. il, 84.
Falsissimo, lat. falsissimus, Superlat. di falso; Conv. iv,
15, 35.
Falsit, dal lat. falsitas, L'esser falso. E per Delitto, ovvero
Colpa, o Peccato, consistente nell' alterare per frode la verit, la
sincerit, la legittimit, di checchessia; Inf. xi, 59. Conv. i, 12, 60;
iv, 1, 18. Mon. in, 3, 18.
Falso, dal lat. falsus : 1. Che non corrisponde al vero delle
cose, alla realt; Contrario alla verit o Diverso da quella; Non
vero; Purg. XV, 117; xxn, 29. Par. vi, 21; xm, 119.-2. Per
Non
vero in s medesimo, detto in particolare di divinit o di religione;
Inf. i, 72. - 3. E per Non conforme a ci che richiederehhe la vera
condizione delle cose o l'ordine naturale di esse; Non fondato sul
vero, sulla realt; detto di sentimenti, affetti, abiti morali, atti
della mente, opinioni, giudizj, e simili Par. i, 89. Conv. n, 88, 90. -
;
4. E
per estensione, detto di alcun senso dell'animale; Inf. il, 48.-
5. E per Che non corrisponde in effetto a ci che mostra d'essere
o che dovrebbe essere; o Che induce in inganno sul vero essere di
checchessia; Apparente, Ingannevole, Fallace; Inf. xvin, 49. Purg.
xxx, 131; xxxi, 35. Par. i, 135.- 6. E per Con cui si mira ad in-
gannare; Fatto, Usato, e simili, a fine d'inganno; Fraudolento;
figuratam. detto di cosa pericolosa o dannosa; Conv. IV, 12, 22.-
7. Detto Che simula il vero, Che s'infinge; Non
di persona, vale
sincero, Non Bugiardo; e con pi grave senso Frodolento,
veritiero,
Spergiuro: usato anche a modo di Sost. Inf. xxx, 97, nel qual luogo
la falsa che accus Giuseppo l'impudica moglie di Putifarre,
la quale tent di sedurre Giuseppe, figlio del Patriarca Giacobbe,
quindi, essendosene egli fuggito via, lo accus falsamente di averle
voluto far violenza cfr. Genes. xxxix, 9-23. Inf. xxx, 98. - 8. Pur
;
detto di persona, e aggiunto di alcuni sostantivi, denotanti una de-
terminata azione, ufficio, esercizio, vale Che usa in essi falsit, o
Che per essi commette falsit, contravviene alla legge, al dovere,
e simili Conv. I, 2, 46. - 9. E per Che non veramente, in realt,
;
o in modo legittimo, legittimamente, ovvero degnamente, nel modo
che dovrebbe, quel che il sostantivo designa; Conv. iv, 16, 83. -
10. Detto di cosa materiale, per Fatto, Foggiato, e simili, ad in-
ganno, o per dare apparenza diversa dal vero; Finto, Posticcio, Si-
mulato; Inf. xn, 13. - 11. In forza di Sost., Ci che non vero;
Ci che non corrisponde, o contraddice alla verit; Falsit; Par.
il, 62. Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 43, 47. Conv.
Falterona-Fame
E per Falsa affermazione, Menzogna,
iv, 2, 93, 95, 98, ecc. - 12.
Buga; ed anche La cosa stessa falsamente affermata; specialmente
nelle maniere, Dire, Giurare, ecc., il falso, o falso; Inf. xxx, 115.
Falterona, Mons Falterona, Nome di uno dei pi centrali
e pi altimonti dell'Appennino Toscano. Giace all'est di Firenze,
non molto lungi dai confini della Romagna. Ai tempi di Dante era
sotto la signoria dei conti Guidi. Dalla sua parte meridionale ha
origine l'Arno, e questa sorgente detta Capo d'Arno; cfr. Loria,
L'Italia nella Div. Com., 2 a ed., i, 229. La Falterona nominata
Purg. xiv, 17 e Conv. IV, 11, 56.
Fama, dal lat. fama, Grande e costante divulgamento di bene
o di male; Voce, Notizia, universalmente diffusa intorno a cose o
fattiper lo pi di molto rilievo. Voce usata sovente da Dante; nella
Div. Com. si trova 21 volta, 10 nelVInf. (u, 59; ni, 49; XIII, 53;
xvi, 67, 107; xvi, 31, 66; xxiv, 48; xxxi, 127; xxxn, 92), 5 nel Purg.
(Vi, 117; 124; xi, 96, 103; xvn, 118) e 6 nel Par. (vi, 48, 114;
vili,
ix, xvn, 138; xxxi, 105).- 1. Per Celebrit grande, ri-
39; xvi, 87;
ferito a persona, famiglia, popolo, e simili; Grande rinomanza, per
meriti universalmente riconosciuti: Inf. il, 59; xv, 107; Purg. vili,
124. Par. vi, 48. - 2. E, riferito a persona, per Memoria; Inf. ni, 49;
xin, 53; xxxi, 127. - 3. E per Riputazione; e in questo senso riceve
per lo pi un aggiunto, come buona o cattiva, onesta, disonesta, e
simili; usata assolutam., ha sempre buon senso; Purg. xvn, 118.
Conv. i, 3, 37. - 4. Per fama, vale Per quello, Secondo quello che
ne arreca la fama; Conv. in, 11, 28. - 5. Venire in fama, vale Ren-
dersi famoso, celebre, Acquistar nome Inf. xxiv, 48. ;
Famagosta, Fama Augusta, forse l'antica 'Apatvyj, Citt
capitale dell'isola di Cipro, ai tempi di Dante suddita dei Conti
di Lusignana; Par. xix, 146.
Fame, dal lat. fames, Bisogno grande e voglia di cibo; detto
cos dell'uomo come degli animali. Nella Div. Com. questa voce
adoperata 16 volte, 5 neWInf. (i, 47, 99; xv, 71; xxxn,
127;
xxxni, 7 nel Purg. (xx, 12; xxn, 40, 149; xxni, 66; xxiv, 28;
23),
-
xxvn, 117 xxix, 37) e 4 nel Par. (iv, 2; xix, 26 xxx, 141 xxxn, 54).
; ; ;
1. Figuratam. e in locuz. figur. vale Ardente desiderio,
Brama in-
trovasi
tensa, per lo pi con qualche compimento; e in tal senso
usata poeticam. anche nel plur. Inf xv, 71; xxn, 40;
xxvn, 117.
Par. xix, 26. - 2. E per II patimento prodotto dal bisogno non so-
disfatto del nutrimento, il qual patimento, se prolungato, cagiona
744 Fame
la morte; Inf. xxxiii, 23. Purg. xxix, 37. - Assai controverso il
senso del passo Inf. xxn, 40. - Lan.: umana natura, perch
non reggi tue? cio: perch non osservi tu la sacra fame dell'oro?
cio lo virtudioso appetito delle ricchezze? Quasi: tu non hai fame
sacra d'oro e di ricchezze: e per le getti via. E nota che '1 dice
sacra, cio santa, che s'elli s'abbandonasse troppo in essa, elio non
sarebbe altro che avarizia.- Ott. : Virgilio sgrida contro al vizio
dell'avarizia, dicendo: maladetta fame dell'oro, ch'egli non
neuna cosa, che tu non faccia fare alli mortali! Dice Stazio: certo
per che io m'avvidi, che s'io per prodigalit gittassi tutto ci che
io poteva congiungere, che poi per avere di che potere fornire
la 'mpresa prodigalitate, all' acquisto della moneta sarei venuto per
inlicito modo, come venne Polinestore. - Petr. Dani., Cass., Falso
Bocc, ecc., non danno veruna interpretazione.- Benv.: Nota quod
Virgilius tertio Eneidos, cum descripsisset crudelem avaritiam Po-
cum indignatione Quid non mortalia pec-
lymnestoris,... exclamavit :
tora cogis Auri sacra fames? quasi dicat, quod cupiditas auri com-
pellit corda hominum ad omnia magna mala; tamen hic Statius
largius interpretatur istud dictum, et dicit quod Virgilius arguit
intemperantiam divitiarum tam in dando quam in retinendo. -
Buti : Li autori usano l'altrui autoritadi arrecarle a loro sen-
tenzia, quando commodamente vi si possono arrecare, non ostante
che colui che l'ha ditta l'abbia posta in altra sentenzia; e cos fa
ora lo nostro autore, dicendo: o sacra fame dell' oro, cio o santo
desiderio dell' oro allora santo lo desiderio dell' oro, quando sta
:
nel mezzo e non passa ne l'estremi, Per che non reggi; nel mezzo,
l'appetito dei mortali; sicch non s'allarghi a volerne troppo, eh'
avarizia; e non si ristringa a non volerlo punto e gittarlo, che
prodigalit? E cus pillia Stazio, secondo che finge lo nostro au-
tore, questo verbo cogis in questa significazione, cio costringi o
vero correggi; e questa dizione quid pillia a modo d'avverbio; cio
perch. E forsi chi avesse dimandato Dante quando vivea, non arebbe
sposto l'autorit di Virgilio altramente ch'ella si spogna; ma ven-
neli acconcio in questo luogo a recarla a questo intendimento, e
per l' hae cos sposta. - VAn. Fior, copia il Lan. - Serrav. :
Dictum Virgili, ubi dixit: Auri sacra fames, etc, intelligitur
sic, idest: Quod est illud malum, ad quod tu, sacra fames auri, idest
execrabilis, non introducas? Quod facit avaritia.... Sed Dantes aliter
glossat. Quid, idest cur, o detestabilis appetitus habendi, non re-
ducis et regis, sicut debes, appetitus mortalium, ut ipsi expendant
ubi, quando et propter causam, etc, idest temperate? - Vent.
(copiando il Bulgakini, Risposta a' Bagion. del sign. Ieron. Zop-
pio, Siena, 1586, p. 31): Dante, forse ingannato da quell'epiteto
Famiglia-Famigliare 745
sacra, par che intendesse a traverso tutta la sentenza,
prendendo
il sacra fames per una virt, di cui fosse offizio
il regolare l'ap-
petito delle ricchezze. - Rosa Morando: Per che
distorte vie
per che malvagit non conduci e guidi tu, esecranda fame del-
l'oro, l'appetito degli uomini? Cos pure Biag., Ces., Tom.,
A tu!,-.,
Bennas., Bl., Nott., Poi., ecc. - E
Lomb., leggendo senza
il
1
fidente autorit di codd. A affine: A che mai u
che, in modo
ed attentare non trasporti Fumana ingordigia, empia ed esecranda
fame dell'oro! Cos pure Portir., Triss., Frat., ecc. Cfr. RISTOT.,
Eth. iv, 1. Blanc, Versuch, 11, 83 e seg. Coni. Lips. 11, 418 e
Famiglia, dal lat. familia: 1. Coloro che sono del medesimo
sangue e convivono insieme, con uno che faccia da capo: e pi de-
terminatamente Figliuoli che vivono e stanno sotto la potest e
cura del padre, comprendendosi anche moglie, sorelle, nipoti e altri
parenti di esso, se gli tiene in casa; Par. xv, 106, 125. Conv. iv,
4, 9. Cfr. Mon. 1, 5, 20 e seg. - 2. Per similit. e poeticam. Par.
X, 49; XI, 86. - 3. E per Ischiava, Stirpe, Prosapia, e simili; Purg.
XIV, 113. - 4. Poeticam., per Schiera, Brigata, Drappello, di persone
del medesimo ceto, della medesima condizione, participi della me-
desima sorte, e simili, le quali sieno raccolte insieme; Inf.iv, 132;
xv, 22; xxx, 88. - 5. E con qualche aggiunto, compimento, usato
pi che altro poeticam., a denotare l'il Genere, il Ceto,
Universit,
determinati dall'aggiunto compimento stesso.
la Classe, degli esseri
Cos Umana famiglia, vale II genere umano, Gli uomini; Famiglia
del cielo, Gli angeli e i heati, ecc., Purg. xv, 29. Par. xxvn, 141. -
6. Detto poeticam. di citt, vale L' universit dei cittadini, La cit-
tadinanza; Par. xvi, 11. - 7. Famiglia, pure con qualche compi-
mento, dicesi a Ordine religioso; e in senso pi ristretto, ai Keligiosi
di un dato Ordine conviventi nello stesso convento; Par. xn, 115. -
8. Padre di famiglia, ed anche Padre della famiglia, vale Colui che
ha moglie e figliuoli, anche semplicemente figliuoli, ed capo di
casa; quindi II maggior padre di famiglia, fu detto poeticam.
Adamo; Par. xxxn, 136. - 9. Esser famiglia di alcuno, si disse per
Essere uno della famiglia di esso; Essere cio del numero de' fami-
gliari, cortigiani, e simili, ovvero de' servi, di quello; Inf. xxn, 52,
nel qual luogo per,invece della lezione famiglia, che della
volgata, molti codd. hanno famiglio, e cos lessero Lan., Falso
Bocc, Benv., Buli, An. Fior., Barg., ecc., mentre degli antichi il
solo Bambgl. ha famiglia (come leggessero An. Sei., Iac. e Petr.
Dant., ecc., non si pu indovinare). Cfr. Fanfani, Studj ed Oss., 67.
Famigliare, e suoi derivati, cfr. familiare e suoi derivati.
746 Famiglio-Fan
.'Famiglio, dal lat. famulus, probabilmente alterato nella de-
sinenza per influsso del sost. famiglia: Colui che appartiene alla
famiglia, cio ai servi, di alcuno; Servo, Servitore; Inf. xxn, 52;
cfr. Famiglia, 9.
familiare e anche Famigliare, dal lat. familiaris :
I. Add. Della famiglia, Concernente la famiglia, Che in qualsi-
voglia modo ha relazione con la famiglia, o con lo casa; Domestico;
Conv. i, 1, 23. - II. Sost. 1. Chi fa parte della famiglia, cio dei
dipendenti, di persona d'alta condizione; Ministro, Servo; detto per
similit. Par. xu, 73. Conv. il, 11, 20. - 2. E per Chi di una fa-
miglia, ossia ceto di persone, Discepolo, Seguace; Purg. xxix, 136.
Il famigliare d'Isocrate qui ricordato, la personificazione del
Liber Actuum Apostolorum, scritto, come fu creduto e si crede
comunemente, dall'evangelista S. Luca, chiamato medicus caris-
simus (ad Coloss. iv, 14), e medicus Antiochensis (S. Heron.,
De Script. Eccl. in Brev. Bom. ad 18 Octob.). Quindi il simbolo
del libro degli Atti degli Apostoli appare nella gran processione
del Paradiso terrestre come famigliare d' Ippocrate, cio come
medico. Ed detto vecchio, perch San Geronimo (Brev. Bom., 1. cit.)
dice che San Luca vixit octoginta et quatuor annos.
Familiarit, Familiaritade, Familiaritate, e
anche Famigliarit, Famigliaritade, Famigliari-
tate, dal lat. familiaritas ; astratto di familiare e famigliare:
L'esser famigliare; Grande amicizia, Consuetudine, Domestichezza,
Intrinsechezza; e pi particolarmente Confidenza nel trattare chec-
chessia o con chicchessia; Conv. i, 4, 47, 61; i, 6, 48; in, 1, 11. E
fguratam. Conv. in, 11, 64.
Famoso, dal lat.famosus, Di gran fama, Celebre, Chiaro, per
virt, qualit, opere, e simili detto di persona, o di un aggregato
:
di persona; Inf. i, 89. Purg. xxi, 87. Conv. iv, 29, 8.
Fanciulla, femm. di fanciullo, Colei che nella puerizia,
Donzella, Kagazza; Purg. xvi, 86; xvn, 34.
Fanciullo, probabilmente , come fancillo, forma varia del-
l'antiquato fancello, contrazione di fanticello, e pu avervi con-
corso il diminut. lat. fantulus (cfr. Diez, Wrt. n 3 27 s. v. Fante);
,
Colui che nella puerizia, cio di et tra l'infanzia e l'adolescenza;
Purg. xv, 3; xxvn, 45; xxxi, 64. Conv. IV, 6, 129.
Fan, Fa; paragoge, di cui non mancano esempi negli scrittori
antichi; Par. xxvn, 33.
Fango-Fante 747
Fango,
frane, fange; prov. fang, fanch, faing ; catal.
fang;
spagn. fango; tutte voci che avrebbero origine, secondo alcuni, dal
lat. famex, che propriamente denotava tumore od anche sangue
coa-
gulato; secondo altri, dal got. fani, genit. fanjis (cfr. Diez, Wrt.
3
i ,
Terra intenerita dall'acqua; e dicesi pi specialmente
172): 1.
di quella delle strade. In locuz. figur. Purg. xvi, 129; xix, 104.-
2. Figuratam. in senso dispregiativo, detto sia del corpo dell'uomo,
sia di persona; Cam.: Doglia mi reca nello core ardire, v. 105. -
3. Per la Materia limacciosa del fondo di fossi, paludi, e simili;
Belletta, Melma; Inf. vii, 129; vili, 32.
Fangoso, Pieno di fango, Coperto, Imbrattato, Lordo, di fango;
Inf. vii, 110; vili, 59.
Fano, Fanum
Fortuna, cos chiamata da un tempio ivi
lat.
dedicato alla Fortuna, in memoria della vittoria riportata nel 207
a. C. dai consoli Livio Salinatore e Claudio Nerone sopra Asdru-
bale, fratello di Annibale: Citt sul mare Adriatico, distante nove
miglia da Pesaro e trenta da Rimini; Inf. xxviu, 76. Purg. v, 71.
Fantasia, dal lat. phantasia, e questo dal gr. cpavtaoa; La
facolt dell'anima sensitiva, per la quale si ridestano le immagini
delle cose; ed anche La facolt che immagina, Immaginativa; detto
in particolar modo di quella del poeta e dell'artista; Purg. xvn, 25.
Par. x, 46; xix, 9; xxiv, 24; xxxm, 142. Vit. N. xxm, 16, 20, 27,
41, 65, 95, ecc. Conv. in, 4, 65, 66, 76.
Fante,
da infante, per aferesi, e questo dal lat. infans: 1. Fan-
ciullo, Bambino; Purg. xi, 66 (nel qual luogo il senso evidente-
mente: Ogni fanciullo lo sa, come intendono Veli., Andr., Bh,
Witte, ecc. Altri invece derivano la voce dal lat. fans e intendono:
Ogni parlante, cio Ogni uomo; cos Lomb., Port., Pugg., Biag.,
Cost., Giob., Wagn., Tom., Br. B., Frat., Cam., Frane, Ozan., ecc.
Il Buti poi: In quella contrada solliono essere molti valenti omini
d'arme, li quali si chiamano fanti, li quali perch funno ad uc-
ciderlo, forsi perch' erano con lui a fare dispiacere ad altrui, et era
loro noto, e per dice che in Campagnatico lo sa ogni fante ); Par.
xxxm, pi e pi autorevoli codd., e tutti i commen-
107 (dove i
tatori antichi hanno che d'un fante, mentre la volgata legge in-
vece CHE D' infante cfr. Com. Lips. in, 876). - 2. Parlandosi di
;
milizie regolarmente inscritte levate, di esercito, e simili, Fante
vale Soldato a piede, Pedone: oggi comunemente Soldato di fan-
teria; Inf. xxi, 94. - 3. Al fem., usato poeticam. per Donna di abietta
condizione e di vile presenza Inf xvm, 130. - 4. E come Add., ai
;
748 Fantino-Fare
poeticam. in forza di Sost., per significare la Creatura umana, in
quanto con la favella addimostra la natura sua razionale. E voce
cavata dal particip. lat. fans, Parlante; Purg. xxv, 61.
Fantino, propriamente Diminut. di fante: Piccolo fanciullo,
Bambinello; ma prendesi anche per lo stesso che Fante, Fanciullo,
Bambino; Par. xxx, 82.
Fatiteli o Fantolini (Ugolin de'), Gentiluomo di Faenza,
distinto per la sua bont e prudenza, come per il suo valore. Come
fautore dei Manfredi, ritorn seco loro a Faenza in seguito al tra-
dimento di Tebaldello Zambrasi. Cadde all' assalto di Forl nel 1282,
combattendo nelle schiere di Giovanni d'Appia; cfr. Murat., Script.
xiv, 1106; xxu, 152. Nominato con lode Purg. xiv, 121. - Lan. :
Questo lue da Faenza, valorosa, virtudiosa e nobile persona; mor
senza erede, siche vuol dire: almeno tu non puoi dire che'l nome
tuo sia offuscato per malizia e cattivit de' tuoi discendenti. - Ott.:
Questi fu di Faenza, e mor senza rede; fu uomo valoroso, ecc. -
Benv. : Iste fuit de Faventia, in singularis bonitatis et prudentise.-
Buti : Questi fu ancora da Faensa, virtuoso e non ebbe descen-
denti. -Lo stesso ripetono gli altri antichi, senza aggiungere veruna
notizia di qualche rilievo.
Fantolino, propriamente Diminut. e Vezzeggiat. di fante, ma
solamente nel senso di Fanciullo, Piccolo fanciullo, Bambino; Purg.
xxiv, 108; xxx, 44. Par. xxm, 121; xxx, 140.
Faraone, lat. Pharao, gr. Capaci), dall' ebr. njy*3, e questo
da }?"3, Principe; Nome, o piuttosto Titolo, degli antichi re in-
digeni dell'Egitto; Mon. il, 4, 8; li, 8, 41. Canz.: patria, v. 73.
Fare, forma sincopata di Tacere, dal quale vengono le voci di
alcuni tempi e persone, ed altre terminazioni, che oggi non si use-
rebbero se non in poesia. Dal lat. facere. Questo verbo esprime in
modo generale l' azione, che altri verbi spiegano particolarmente ;
onde denotando gli avverbi le circostanze delle azioni, e co' nomi
divisandosi le cose, cos le agenti come le pazienti e spiegandosene
le lor qualit, ne segue che accoppiato il verbo Fare con verbi,
nomi od avverbj, significhi, merc di tal compagnia, le specie pre-
cise e le forme individuali delle azioni particolari, come da s solo
denota l'azione in generale. Naturalmente questo verbo si trova
nelle opere volgari di Dante centinaia di volte, - ad ogni pagina.
Registriamo prima quelle tra le forme di esso che o sono antiquate
Fare 749
o appartengono oggi pi che altro al linguaggio poetico o
al fami-
liare,quindi passiamo in rassegna i luoghi pi caratteristici
nei
quali il verbo Fare ha diverse significazioni.
I. Forme. 1. Modo Tempo presente: Faci, Inf.
Indicativo,
x, 16; xiv, 135. Face, Inf. 56; x, 9; xxi, 111; xxv, 182. Pwg.
i,
il, 97; v, 63: vii, 68 e sovente. Fan, Par. xxvn, 33. -2.
Tempo
imperfetto : Facei, Par. xix, 69. Facn, Purg. xxm, 9. Par. xiv, ino
xvi, 112 (nei quali luoghi per, invece di faon, molti codd. ed ediz
hanno facean). - 3. Tempo passato: Fei, Inf. x, 113; xni, 151
XXIII, 30. Purg. i, 87; v, 127; vili, 52; xiv, 75. Par. i, 67; ix,
96, ecc
Feo, Inf. iv, 144. Purg. xvi, 106; xvir, 33; xx, 137. Par. xv, 138, ecc
Fene, Inf. xvm, 87. Fee, Purg. xxxn, 12, 19. F', Inf. i, 51; iv, 60
Vi, 57 e sovente. Femmo, Inf xvn, Purg. xxvi, 14. Fero
32. Ferono,
Purg. ni, 93; XII, 104; xxiv, 101; xxxi, 131.
Par. iv, 80; in, 132
xxi, 140; xxm, 56; xxiv, 11; xxix, 114. Fenno, Inf. v, 100; vili, 9
xvi, 21. Purg. ni, 93; vi, 139; xxn, 25; xxvn, 137. Par. xm, 99
xv, 75; xix, 90.
4. Modo Congiuntivo. Tempo imperfetto: Fessi, Inf. xxxtii, 59.
Fesse, Inf. xx, 69. Par. v, 20; xvi, 146; xxm, 45.-5. Modo Condi-
zionale : Faria, Purg. ti, 44. Par. vii, 18. Farieno, Purg. xn, 6Q.
II. Significati. 1. Nel suo senso pi generico, e pi indeter-
minato, e in modo assoluto, Fare vale Operare, Agire, Compiere
azioni di qualsivoglia natura: e dicesi propriamente di agenti ra-
zionali; Inf vi, 81; xvi, 39. Purg. Vii, 25. - 2. E detto di agenti
irrazionali o inanimati; Par. il, 123; v, 77.-3. E nel medesimo
senso generico, spesso in contrapposizione o correlazione di Patire,
detto di agenti cos razionalicome irrazionali; e di Starsi, Dire,
Parlare, Pensare, Minacciare, e simili, detto di agenti razionali;
Purg. xxv, 47.-4. Regge un compimento indeterminato; nel qual
caso l'idea indeterminata delFare spesso risulta da tutto il di-
scorso; Conv. v, 22, 16.-5. Spesso richiama ed assomma con le
sue circostanze l'azione o l'operazione antecedentemente espressa o
dichiarata; Inf. xxx, 141 xxxm, 59. Purg. xi, 72; xv, 133; XXX r 4, 5. -
;
6. Usato come vicario di un altro verbo, sia esso attivo, neutro o
neutro passivo, o di una locuzione antecedentemente espressa, e pi
che altro in proposizione comparativa; Inf xxm, 8; xxxn, 132:
xxxiv, 31. Purg. v, 131. -7. Detto di Dio, vale Trarre dal nulla,
Creare; Inf. in, 5; vii, 74. Purg. xvt, 32. Par. vii, 148; xm, 45.
Conv. il, 6, 7; in, 15, 124. - 8. Pure per Dar essere, Condurre al-
l'atto, detto dellanatura; Par. ni, 87. Conv. in, 15, 62. -9. Detto
generalmente dell'uomo, per Fabbricare, Edificare; e pi general-
mente Costruire; Inf. xx, 91; XXI, 9. - 10. E detto di animali, cos
nel senso di Costruire come in quello di Scavare; Inf. xm, 10.
-
750 Fare
11.Fare, per Kappresentare o Disegnare col gesto, pi spesso
riferito al segno della croce; Purg. Il, 49. - 12. Riferito ad opera
letteraria cos di poesia come di prosa, vale Comporre, Scrivere di
proprio concetto, d'invenzione; ed anche riferito a certe altre opere,
semplicemente Compilare; Inf. iv, 144 xx, 1. Conv. in, 9, 8.
;
13. Riferito in particolare a testamento, vale Disporre delle cose
proprie per atto di ultima volont; Conv. IV, 15, 130. - 14. Rife-
rito a leggi, decreti, ordini, statuti e simili, vale Porre, Fermare,
Statuire, ed altresEmanare; Purg. E per Formare
vi, 139. - 15.
essenzialmente, Costituire checchessia secondo le ragioni dell'esser
suo; Par. v, 41. - 16. Detto di cosa, vale anche Costituire, Venir
formando, componendo, di se ci che dall' oggetto determinato ;
e anche semplicemente Formare ; Inf. xxxiii, 83. Purg. vii, 68. -
17. E per Formare, Comporre, detto di persone, di animali, e figu-
ratamente anche di cose che si raccolgano o che vengano raccolte
in un tutto; Inf. v, 47; xvi, 21. Conv. IV, 29, 83. - 18. Pure per
Formare, Comporre, detto di pi cose o di pi persone, e riferito
a un termine, il quale esprima il loro aggregato; anche figuratam.
Inf. xxiii, 29. - 19. Detto di terreno, ovvero di piante, o di semi,
vale Produrre Purg. i, 103. - 20. E per Produrre direttamente un
;
dato effetto fisico Purg. ni, 26.
;
21. Fare, vale anche Produrre direttamente un dato effetto mo-
rale; Conv. in, 7, 98. - 22. Riferito a cose od effetti morali, ed al-
tres a certi affetti, sentimenti, come ira, piet, compassione, pena,
paura, orrore, piacere, dispiacere, e simili, vale Esser cagione che
si suscitino nell'animo; Inf. xxxi, 95. Purg. xxix, 141. Par. xi, 69;
xv, 103.-23. E per Procreare, Generare; Conv. IV, 28, 82, 85.-
24. Figuratam. e poeticam., detto del luogo natale; Purg. v, 134.-
25. E per Partorire, Dare in luce; Inf. vi, 42.-26. Per Investire,
Insignire di un dato grado, ed anche Ascrivere ad un dato ordine,
ovvero Ammettere, Ricevere, in un dato collegio, compagnia di per-
sone, e simili; Inf. iv, 101. - 27. Riferito a persona, vale Rendere
tale, quale dal compimento predicativo vien determinato; Purg.
xi, 62. Par. xxx, 100. - 28. E riferito a cose, tanto materiali quanto
morali Par. xxiii, 56. Conv. iv, 4, 64. - 29. E usato con certi adiet-
;
tivi verbali, od anche con altri adiettivi, forma una locuzione che
ha la forza stessa del verbo corrispondente ad essi adiettivi od anche
di un verbo equivalente, come Far forte, per Fortificare, Far palese,
per Palesare, e simili; Purg. xxn, 15. - 30. E con certi participi pas-
sati o anche presenti in forma di adiettivi, come Accorto, Avveduto,
Saputo, Conoscente, torna a una locuzione verbale, quasi Fare che
uno si accorga, si avveda, sappia, conosca; e costruiscesi con un
compimento; Purg. v, 54; IX, 131; xxx, 4.
Fare 75]
31. Fare, riferito a cose materiali a persone, vale anche Con-
vertire, Trasformare, in ci che dal compimento indicato; osato
di solito in costrutto con la prep. Di, reggente il termine che ?ien
convertito trasformato; Inf. XX, 37.-32. E riferito a cose monili;
Inf. XXI, 42. Par. v, 33. Conv. Ili, 8, 155.-33. Riferito a persona, vale'
Reputare, Stimare, Giudicare, chicchessia tale tal altro, secondo
che espresso dal compimento Canz. : Le dolci rime d' amor, eh' io
;
v. 30. Conv. iv, 3, 43. - 34. E per Affermare, Asserire, e sem-
solia,
plicemente Dare per tale; Inf. x, 15. - 35. E per Descrivere, Rap-
presentare, e simili; anche figuratam. Inf. 1, 135. Conv. ni, 9, 82. -
36. E per Esser cagione che altri riceva, senta, provi, pr, utile,
danno, e simili; ovvero onore, onta, vergogna, ecc., ed altres piacere,
dispiacere, pena; Inf. 1, 87; xvi, 126. Purg. xxi, 75.-37. Vale al-
tres Somministrare, Porgere, Procurare, e simili, riferito a un lei-
mine materiale; Inf. xiv, 141.-38. E per Concedere, Procurare;
ed altres per Usare, e simili; Purg. 1, 87. Par. xvn, 74. - 39. E
per Rendere, Prestare, Usare, riferito a benefzio, servizio, piacere
ad altro utile atto; Par. vi, 134. - 40. E per Inferire, Arrecare,
Apportare, riferito a danni, ingiurie, oltraggi, onte, molestie, e si-
mili; Inf. xxi, 61. Purg. 11, 94.
41. Fare, riferito a onore, ossequio, e simile, vale Rendere,
Tributare; Inf. iv, 93, 100, 133.-42. E per Porgere, Dare, Som-
ministrare, riferito a segno, indizio, dimostrazione, sembiante e si-
mili; Inf. ix, 101. Par. IX, 64; xxiv, 56. - 43. Vale altres Mandar
fuori, Produrre, riferito a suono, grido, rumore, strepito, schiamazzo,
e simili; Inf. xn, 102; xiv, 102. Par. xxi, 140.-44. E detto di cosa:
Inf. xxxii, 30. - 45. E per Esercitare, riferito per similit. a eser-
cizj traffici disonesti; Inf. xxn, 53.-46. Riferito a parola motto,
vale Proferire, Pronunziare ; Inf. vr, 57 ; xix, 48 ; xxm, 86 xxxm, 48. -
;
47. Riferito a dimanda, petizione, questione, istanza, preghiera, e si-
mili, vale Rivolgere, Indirizzare; Inf. IX, 19; x, 16.-48. Per Com-
piere, Effettuare un dato atto, una serie di atti che costituiscono
la cosa espressa dall'oggetto; riferito ad atti cose morali in-
tellettuali; Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 131.
Conv. IV, 3, 11. - 49. Riferito ad atti, gesti, e simili, della persona,
di una parte segnatamente del volto; Purg. Ili, 102.-
di essa, e
50. E pur riferito a certi atti materiali che si compiono con la p
sona, come passo, salto, ecc., Inf. xvn, 32. Purg. xiv, 141.
51. Fare, riferito a cammino, strada, via, e simili, vale Ten
Camminare, Viaggiare per quella; e riferito ad un determinato spazio,
73.-
vale Trascorrere, Passare camminando; Purg. iv, 36. Conv. iv, 28,
52. Riferito ad azioni non buone, offensive, ovvero a errore, Bbaglio,
e simili, vale Commettere; Inf. xxxm, 147.-53. Reggente
un ter-
752 Fare
mine, come allegrezza, festa, gioia, e simili, vale Dimostrare con
segni esteriori questo particolar moto dell'animo, accogliendo alcuno,
Accoglierlo con segni di gioia, festosamente; Purg. vi, 81.-54. E
per Comporsi, Risultare, detto di un tutto Conv. IV, 29, 68. - 55. Vale
;
anche Addivenire tale, quale vien determinato dal compimento; Ve-
nire a ricevere o a prendere una determinata qualit, natura, con-
dizione, sia fisica sia morale detto di persona. E talora usato poe-
:
ticamente con l'ellissi della particella pronominale; Purg. il, 75.
Par. I, 67, 68; vili, 46; xvi, 114; xxxiii, 6. - 56. E detto di cosa,
tanto materiale quanto morale; Inf XX, 75; xxv, 111. Purg. xxv, 77. -
57. Congiunto con certi adiettivi, talora compone con essi una locu-
zione, che si risolve nel verbo relativo di forma neutra passiva;
Inf. ix, 30. Purg. vi, 136; ix, 47. Par. XI, 62. - 58. Con un com-
pimento denotante un istituto di vita, una professione, un'arte, un
mestiero, e simili, vale Entrare in esso, Abbracciarlo, Darvisi; Inf.
xx, 122. - 59. Ed altres con un compimento denotante una parti-
colar relazione di persona a persona, come Discepolo, Scolare, Ser-
vitore, Seguace; ovvero Amico, Nemico, Avversario, e simili; vale
Prendere quella data qualit o condizione verso quella stessa per-
sona; Inf. xv, 64. Conv. IV, 1, 14. - 60. E per Trasformarsi, Can-
giarsi, in ci che viene espresso dal compimento, Prendere una nuova
forma: detto tanto di persona quanto di cosa; e usato poeticam.
con I' ellissi della particella pronominale Inf. xxv, 73.
;
61. Farsi, riceve spesso il significato di un verbo di moto, e
vale Andare, Venire, Spingersi, e simili; il qual moto si determina
da una preposizione reggente il termine del moto stesso, o che sia
un luogo, ovvero una persona; Inf. vili, 32. Purg. vili, 52; xxiv, 115;
xxvi, 136. - 62. E con un termine retto dalla particella In, usato
poeticam. per Venire a essere, Trovarsi, Contenersi; Par. xin, 51. -
63. Congiunto con un avverbio o modo avverbiale, compone una ma-
niera, equivalente nel senso a un altro verbo; come Farsi avanti o
innanzi, Avanzarsi; Farsi indietro, Indietreggiare; Farsi in l, o in
cost, Scostarsi; Farsi accosto, appresso, in qua, Accostarsi, Appres-
sarsi; Farsi lontano, di lungi, Allontanarsi; Farsi fuora, Uscire, e
simili; Inf xxi, 92; xxn, 96. Purg. x, 53; xxxi, 131. Par. xxn, 29. -
64. Neut., congiunto con un avverbio o maniera avverbiale, vale Con-
dursi, Comportarsi, Governarsi, Procedere, Trattare, e simili, nel
modo espresso dall'avverbio o maniera avverbiale; Inf. xxix, 7.
Purg. XV, 90. - 65. Per Essere attivo, Avere efficacia nell' operare;
Par. xiv, 134. - 66. Detto di tempo determinato, vale Compiersi,
Esser trascorso da un dato punto o termine; Son.: Era venuta
nellamente mia, v. 14. - 67. Costruito mediante la particella A
o Per, e detto di cose intellettuali o morali, in relazione a cosa,
Fare
azione, o fine, pure intellettuale o morale, per Essere
utile, espe-
diente, opportuno, Tornar comodo, Convenire, Giovare,
Conferire, e
simili; Vit. N. V, 21. - 68. E per Importare, Premere, e simili;
e in
modo assoluto, Eilevare; Purg. v, 12. - 69. Reggente,
mediante la
particella Per, un nome o un pronome personale, vale Far cosa
utile,
Procacciar vantaggio, alla persona indicata dal compimento; Affa-
ticarsi, Adoperarsi a pr, o in servigio di essa; Inf. iv, 60.
-70.' Usato
con un sostantivo, e componendo con esso una locuzione, la quale
corrisponde nel significato al verbo analogo al sostantivo, sia attivo,
sia neutro passivo, o neutro, ovvero in forza di neutro; e se il so-
stantivo sia accompagnato da qualche adiettivo od altro aggiunto,
questo per lo pi si risolve in un avverbio. A, Corrispondente a un
verbo neut. pass. Purg. xxxiii, 131. B, Corrispondente a un verbo
neut., o in forza di neut. Par. xi, 52.
Fare, usato in proposizione relativa, dipendente da un In-
71.
finito sostantivo; e tutta quanta la locuzione equivale a un tempo
del verbo da cui dipende, ovvero raccoglie tutta l'azione di esso
verbo; Inf. xxv, 29. Purg. xxi, 122; xxvni, 97.- 72. Reggente l'In-
finito di un altro verbo, prende forza ora di Ordinare, Comandare,
ora di Costringere, ora di Lasciare, Non impedire, Non opporsi, e
simili ed ora di Operare, Procurare, Esser cagione, motivo, comec-
;
chessia, che la cosa, di cui si discorre, sia fatta, compiuta, ovvero
avvenga l'azione espressa dall'Infinito di esso verbo; detto tanto di
persona quanto di cosa. E allorch il soggetto dell'Infinito espresso,
questo pi comunemente retto dalla particella A: a, Coli' Infinito
di un verbo attivo: Inf. 84; 113; xvn, 129. b, Coli' Infinito di
i, x,
un verbo neutro passivo; nella quale costruzione spoglia esso verbo
della particella pronominale: Purg. vi, 57; xiv, 13; xxxn, 12. Par.
xvi, 2. e, Coli' Infinito di un verbo neutro, o in forza di neutro: Inf.
i, 102; il, 70. xxn, 129. Canz. : Amor, che nella
Par. vi, 82;
mente mi ragiona, v. 22.-73. Unito col suo proprio Infinito, preso
in ciascuno dei sensi di esso verbo; Purg. v, 77. - 74. Per Procu-
rare, Cercare, Studiare, Adoperarsi, e simili, in costrutto con un
verbo al Congiuntivo, retto dalla particella Che; Inf. xxn, 43. -
75. E usato in uno dei tempi dell'Imperativo, equivale bene spesso
allo stesso modo del verbo retto da esso; se non che pare che tem-
peri alquanto l'idea del comando; Inf. xvn, 93. Cam.: Voi, che,
intendendo, il terzo ciel movete, v. 25. - 76. E pure nel senso di
Procurare, Cercare, Adoperarsi, e simili, ma con qualche maggiore
significazione, si accompagna con le maniere S che, Tanto che, In
modo che, e simili; Par. IV, 107. - 77. Far bene, vale Operare sa-
viamente, prudentemente, con giustizia, e simili e il suo contrario;
Far male; e usansi tanto assolutamente, quanto con un
Infinito
48. Enciclopedia dantesca.
754 Fare-Farfarello
retto dalla particella A, e talora Di, od anche con un Gerundio;
detto figuratam. anche di cosa; Inf. iv, 93. Purg. xiv, 115.- 78. Far
conto, stima, ragione, in costrutto con un verbo retto dalla parti-
cella Di, vale Pensare, Immaginarsi, Figurarsi, Supporre, ed al-
tres Tener per fermo; Inf. xxx, 145. Par. xxvi, 8.-79. Fare a
modo, a senno, e anche per senno o consiglio, e simili, proprio, o
d'altrui, vale Operare, Condursi, Governarsi, secondo talento, o
il
il divisamento, il consiglio, proprio o altrui; Purg. xxvn, 141. -
80. Fare mestiere, vale Abbisognare, Essere necessario, Occorrere,
e simili; Par. xiv, 10.-81. Che fai? Che fate? Che facciamo? e
simili, maniera denotante impazienza per l'altrui indugio a far
checchessia, e spesso anche ha valore di maniera o riprensiva o
esortativa; Inf. x, 31. Purg. xxxn, 72. - 82. Non fare o Non fate,
maniera di pregare od avvertire altri ad astenersi, a cessare, da
quello che fa; Purg. xxi, 132.
Fare, Sost., L'atto di fare, di operare; Inf. xxiv, 77. Par.
xvn, 74.
l'area, dal lat. phareas, e questo dal gr. papsiag, Sorta di ser-
pente non ben determinato, che strascinandosi fa un solco per terra
colla coda; Inf. xxiv, 86. Benv.: Phareas est serpens, qui quasi
totus erectus graditur super caudam et super partem corporis quse
coniungitur caudae; ideo videtur facere sulcum per iter per quod
vadit. Cfr. Lucan., Phars. ix, 709 e seg.
Faretra, dal lat. pharetra, e questo dal gr. cpapTpa, Arnese
a modo di larga guaina, che portavasi pendente dalle spalle o dal-
l' un per tenervi le frecce; Turcasso. Poeticam. attribuiscesi,
de' lati,
insieme con le respettive armi, al dio Amore o Cupido; Canz.: Cos
nel mio parlar voglio esser aspro, v. 7.
Farfalla, probabilmente dal lat. papilio, mediante gli anti-
quati papiglione e parpaglione (prov. parpaillo, catal. papall),
che hanno riscontro in parpaja dei dialetti lombardi (cfr. Diez,
Wrt. i 3 172. Zambaldi, 460); Nome comune a tutti gl'insetti del-
,
l'ordine dei Lepidotteri, che hanno quattro ale membranose, coperte
di minute squamme quasi a modo di polvere, di colori svariati e
talvolta vivacissimi. In locuz. figur. Purg. X, 125.
Farfarello, Nome uno dei dieci demoni della quinta Bolgia;
di
Inf. xxi, 123; xxn, 94. Benv. : Iste est unus infrascator qui con-
tinuo omnes imbrattat. - Buti : Lo nono (dei dieci mali che
stanno con la baratteria) la mutascenzia significata per Farfarello
Farina-Farinata
che digrigna, et ha la sua similitudine di vitello o di toro,
e die
da far che in lingua ebrea significa toro (*|f =
Juventus), co
dice Papia; lo quale animale muto, e cosi fa mutolo lo
barattieri,
poi eh' scoperta la sua baratteria, alla sua difensione et
alla ra-
gione che non pu usarla contra altrui, poi che l'ha incominciata
a vendere in uno.
Farina, dal lat. farina, Sostanza sottilissima in guisa di pol-
vere, che si produce mediante la macinazione de' cereali, biade, le-
gumi, ecc. In locuz. figur. Par. xxu, 78. Buti : Son piene di mal-
vage anime e peccatrici, piene di mali pensieri e di mala volont.
E come male farina esce male pane: cos de
della le mali voluntadi,
che sono nei monaci, esceno male operazioni.
Farinata, della nobile famiglia fiorentina degli Uberti (cfr.
Uberti), nato verso il principio del sec. XIII, capo della sua fa-
miglia e di parte ghibellina sino dal 1239, cooper alla cacciata dei
Guelfi nel 1248. Kitornati i Guelfi a Firenze nel 1251, Farinata
fidandosi troppo del riso della fortuna, e volendo quasi solo go-
vernare la repubblica (FU. Vili.), fu cacciato co' suoi nel 1258
(G. Vill., vi, 65), ripar a Siena e di l addimand ed ottenne aiuto
dal re Manfredi, onde sconfisse nel 1260 l'esercito guelfo a Mon-
t'Aperti presso fiume Arbia (G. Vill., vi, 78), rientr trionfante
il
in Firenze, ne discacci i Guelfi e si oppose soletto nella dieta di
Empoli al consiglio di disfare la citt di Firenze (G. Vill., vi, 81).
Dante lo ricorda Inf. vi, 79 e gli dedica uno dei pi grandiosi epi-
sodi del suo Poema, Inf. x, 22-51. FU. Vili.: Fu Farinata di sta-
tura grande, faccia virile, membra forti, continenza grave, eleganza
soldatesca, parlare civile, di consiglio sagacissimo, audace, pronto
e industrioso in fatti d'arme. Fior vacante l'imperio per la morte
di Federigo secondo, e di nuovo cacciato e fatto rubello mor in
esilio. - An. Fu
cacciato di Firenze per parte; e scacciato
Sei.:
vi fece molte brighe. - Bocc: Fu messer Farinata cittadino di
Firenze, d'una nobile famiglia chiamata gli Uberti, cavaliere, se-
condo il temporal valore, da molto, e non solamente fu capo e mag-
giore della famiglia degli Uberti, ma
esso fu ancora capo di parte
ghibellina in Firenze, e quasi in tutta Toscana, s per lo suo valore
e s per lo stato, il quale ebbe appresso l'imperador Federigo se-
condo quale quella parte manteneva in Toscana, e dimorava al-
(il
lora nel Eegno); e s ancora per la grazia, la quale, morto Fede-
rigo, ebbe del re Manfredi suo figliuolo, con l'aiuto e col favore del
quale teneva molto oppressi quelli dell'altra parte, cio i guelfi; e
secondoch molti tennono, esso fu dell' opinione di Epicuro, cio che
756 Farinata degli Scornigiani - Fasciare
l'anima morisse col corpo; e per questo tenne, che la beatitudine
degli uomini fosse tutta ne' diletti temporali: ma non segu questa
parte nella forma che fece Epicuro, cio di digiunar lungamente,
per aver poi piacere di mangiar pan secco, ma fu desideroso di
buone e di dilicate vivande, e quelle eziandio senza aspettar la
fame us.
Farinata degli Scornigiani, cfr. Pisa (quel da).
Farisei, lat. Phariscei, gr. $apioa?oi, dall' ebr. Q^Hf =I se-
parati, Nome di una setta religiosa, o piuttosto di un potente par-
tito giudaico ai tempi di Ges Cristo, i prin- di cui i Farisei furono
cipali nemici. Si distinguevano per la loro ipocrisia ed apparente
piet, come pure per la loro superbia e vanagloria, e per il loro
fanatismo religioso (cfr. Geiger, Sadducer und Phariser, Bres-
lavia, 1863. Wellhausen, Die Phariser und die Sadducer,
Greifswalden, 1874). Sono nominati Inf xxiii, 116.- Nuovi Farisei
chiama Dante i Cardinali e chierici della Corte Romana de' suoi
tempi; Inf. xxvn, 85.
Farsaglia ed anche Farsalia, lat. Pharsalus, gr. <Mp-
caAog, Citt della Tessaglia all'est dell' Epidano e presso all'Enipeo,
celebre per la vittoria decisiva che nel 48 a. C. Giulio Cesare ivi
riport sopra Pompeo; cfr. C;ES., Bell. civ. in, 90-99. Forbiger,
2
Aite Geogr. i 595. Nominata Par. vi, 65.
,
Farsaglia, Pharsalia, Titolo del Poema principale di
lat.
Lucano, nel quale si cantano in dieci libri le guerre tra Giulio Ce-
sare e Pompeo, sino all'assedio di Alessandria; Conv. IV, 28, 76.
Mon. li, 4, 24; li, 8, 57; il, 9, 38.
Fascia, dal lat. fascia, Striscia di pannolino, o d' altro tes-
suto, lunga e stretta, la quale, avvolta intorno a checchessia, lega
e stringe. - 1. Per similit. e poeticam., usato a significare il Corpo,
quasi esso circondi l'anima; Purg. XVI, 37. - 2. Ultime fasce, figu-
ratane e poeticam., parlandosi della fenice, vale Ci di che essa si
circonda morendo; Inf. xxiv, 111. - 3. Nelle fasce, posto a modo
d'avverb., vale figuratane Nella prima infanzia; Purg. vii, 100.
Fasciare, dal basso lat. fasciare, Circondare, Cingere con fa-
scia. 1. Per avvolgere intorno intorno checchessia con qualsivoglia
cosa, a fine di tenere collegato, di ripararlo e simili; Inf. xxxiii, 92. -
2. E per semplicemente Cingere, Cincondare; Par. xvi, 132. - 3. E
figuratami. Par. xxvi, 135. - 4. Detto di monti, mare e simili, vale
Fasciato-Fatica 757
Stare intorno, ed anche Cingere solo da qualche
lato; Par. xix 141
5. Pure per Circondare, Attorniare, detto di persone,
.li spiriti e si-
mili; Par. Xii, 96. - 6. Neutr. pass. Cingersi con
fascia; Inf. xxvi.
Fasciato, dal basso lat. fasciatus, Cinto, Circondato,
Avvolto,
da checchessia; Purg. xxvii, 87. Par. vili, 54; xxx, 50.
Fascio, dal lat. fascis, Una certa quantit di cose accolte in-
sieme legate, di peso tale che un uomo possa portarla. E figura-
tamente e poeticam., detto di persone, per Gruppo; Inf. XXXI, 135.
Fastidio, lat. fastidium, Noia, Tedio; Mon. 1, 1, 17.
Fastidioso, dal lat. fastidiosus, Che reca fastidio, Molesto,
Importuno. 1. Per Che d, reca, cagiona molestia, patimento, mar-
toro ; detto di malattia, condizione morbosa, simile Inf. xxix, 107. - ;
2. E per sordido, Lurido, Schifoso, Sozzo; Inf. in, 69.
Fata, cfr. Fato.
Fatale, dal lat. fatais, Del fato, Che viene procede dal fato;
ovvero Che dato concesso, assegnato imposto, dal fato ne' varj
sensi della parola; Inf. v, 22.
Fatato, dal basso lat. fatatus, per Fortunato, Avventurato ;
onde Mal fatato per Malavventurato, Sfortunato; Son.: Chi udisse
tossir la mal fatata, v. 1.
Fatica, dal verbo lat. fatigare, probabilmente mediante il
lat. barb. fatica Sensazione molesta e dolorosa, che
fatiga : 1.
proviamo nel fare cosa la quale, per sua propria natura, per
condizione disposizione nostra, per prolungarsi soverchiamente,
ecceda le nostre forze e le stanchi: Inf. xxxiv, 78. Purg. xn, 120, 125.
Par. xxv, 133. - 2. E per l'Atto stesso, FAzione l'Operazione, e si-
mili, che cagione di fatica, in cui si sostiene la fatica; Inf. n, 3.-
3. E per Atto gagliardo violento della persona, Sforzo; od anche
semplicemente, Sforzo di alcuna parte, od organo, del corpo Purg. ;
xi, 77. - 4. E per l'effetto stesso di un lungo faticare, Affaticamento;
riferito fguratam. ad alcuna parte, organo, simili, del nostro corpo;
Conv. in, 9, 97. - 5. E per Travaglio, Tribolazione, Affanno, Disagio,
che si soffrano nel far checchessia; con relazione sia al fisico sia al
morale; Par. xv, 95. Conv. in, 13, 87 IV, 26, 71. - 6. A fatica, posto
;
avverbialm., vale Con fatica, Con difficolt, Appena; Purg. xxxi, 88.-
7. Durar vale Affaticarsi, Adoperarsi, ovvero Sofferir di-
fatica,
sagio, Incontrar difficolt, perch avvenga si faccia checchessia,
758 Faticosamente-Fatto
ovvero in servigio d' alcuno, o per utile proprio, o per alcun fine,
impresa, proposito e simili. Detto figuratam. Purg. xvi, 76, nel
qual luogo i pi leggono: SE fatica.... dura, e spiegano: Se la li-
bera volont non si lascia ingannare e notricasi bene, ella vince il
cielo; cos Lan., Ott., Petr. Dant., Benv., An. Fior., ecc. Altri
leggono con alcuni codd., Buti, ecc. che s'affatica, che Land.
spiega: Se si affatica a resistere a quei primi movimenti, che i
cieli principiano, esso dura, cio resiste nelle prime battaglie.
Meglio Veli. : Se dura fatica, cio se resiste, combattendo, ale
volutt de' sensi, a le quali il cielo a principio lo piega, vince poi
tutto. Cfr. Blanc, Versuch, II, 61 e seg. - 8. Essere ad alcuno fa-
tica il fare, o di fare, o a fare, checchessia, vale Essergli, o Riu-
scirgli, grave, molesto, Eincrescergli; per lo pi in locuz. negativa;
Inf. xxx, 35.
Faticosamente, In modo faticoso, Con fatica o travaglio,
sia proprio sia di altri; Conv. il, 12, 35, nel qual luogo le antiche
ediz. hanno col pi dei codd. faticosamente; invece l'ediz. Mila-
nese, Padovana, Frat., Giul., Moore, ecc., faticosa, come sta nella
Canzone ivi commentata.
Faticoso, Che apporta fatica, Che cagion di fatica; detto
di cosa materiale : Inf. xxm, 67. E in particolare detto di scrit-
tura, opera o lavoro, questione, e simili, a denotare la fatica che
si richiede, la difficolt che s' incontra, a farla, trattarla, studiarla,
intenderla, e simili ; Canz. : Voi che, intendendo, il terzo ciel
movete, v. 55. Conv. il, 12, 36.
Fato, dal lat. fatum: 1. Ordine immutabile di cause, donde
dipende, come da legge suprema, il necessario succedere degli
eventi; il quale i Pagani concepivano siccome una Divinit che
sovrastasse a tutto, anche agli Dei. Per i cristiani, e cos anche
per Dante, vale Disposizione della divina Provvidenza, Occulto or-
dinamento di Dio; sebbene nel linguaggio figur. e poeticam. sia
usato nel senso antico e pagano; Inf. xxi, 82. Purg. xxx, 142. -
2. Al plur. fata; Inf. ix, 97.
Fatto, dal lat. factus,propriam. Partic. pass, di fare, ma
usato sovente in forma d'Add. 1. Detto particolarmente di statua
o altro monumento, vale Inalzato, Eretto Conv. iv, 29, 38. - 2. E
;
parlandosi di azioni, cos buone come cattive, vale Operato, Com-
messo; Purg. xx, 85. - 3. Cos fatto o S fatto, che anche scri-
vesi congiuntamente Cosiffatto e Siffatto, vale Fatto in tal modo,
in tal forma, e simili; detto di cosa materiale, del corpo di un uomo
Fatto-Favella
o di un animale; Tale; Inf. xxxi, 50; xxxiv, 83. - 4. E
detto di-
persona, vale Di tale indole, natura, qualit, e simili; Par,
Vili, !.).
Fatto, Sost., dal lat. factum, Ci che stato fatto, operato,
Ci che avvenuto, accaduto, Avvenimento, ed anche Caso parti-
colare. 1. Per Cosa che nell'atto di farsi, di succedere, o di ac-
cadere altrui ; Par. xvm, 39. - 2. E per Ci che altri per fare,
per compiere, o Ci che per aecadere Purg. xxvn, 93 xxxm, 49. -
; ;
3. E per Azione, Opera, in generale ; ed altres Atto, Operazione ;
Inf. IV, 147; xxm, 74; xxxn, 12. - 4. E per Impresa; Gesta; Par.
E per Cosa reale; e pi spesso si contrappone ad Opi-
xvi, 111. - 5.
nione, Desiderio, e simili; Inf. xxxi, 30. Purg. vi, 54. - 6. Be-
stemmia di fatto, vale Offesa fatta a Dio con opere malvagie; ed
contrapposta a Bestemmia di detto; Purg. xxxm, 59.
Fattore, Chi o Che fa, nei vari sensi del
dal lat. factor: 1.
verbo; Conv. iv, 10, 76.-2. Fattore primo, alto, sovrano, sommo;
Fattore della natura, del mondo, e simili; e assolutam. Il Fattore;
sono denominazioni indicanti II Creatore, Dio; Inf. in, 4; xxxiv, 35.
Purg. xvi, 89; xvn, 102; xxvn, 2. Par. vii, 31, 35; ix, 128; xxvi, 83;
xxx, 21; xxxm, 5. - 3. Terni, delle Matematiche; Nome dato a Cia-
scuna delle quantit colle quali formasi un prodotto; Vit. N. xxx, 22.
Fattura, dal lat. factura, L'atto, e L'effetto del fare. 1. Con
relazione a Dio, per Qualsivoglia cosa o essere da lui creato, Crea-
tura; ma
pi spesso applicasi agli esseri intelligenti; Purg. xvn, 102.
Par. IX, 10, nel qual luogo il Lomb. ed i suoi seguaci leggono colla
Nidob. e con qualche cod. fatue ed empie; mentre la gran maggio-
ranza dei codd., Benv., Buti, Land., Veli., Dan., ecc., hanno fat-
ture empie. - 2. Pure per Essere creato, Creatura, con relazione
alla Natura o a personaggio mitologico; Par. xxxm, 6.
Fatturo, facturus, ed usato poe-
Add. foggiato sulla voce lat.
ticam. con la propriet stessa, a significare l'esser per fare, per com-
piere, e simili ; Par. vi, 83.
Fatuo, dal lat. fatuus, Scemo, Stolto, Insulso; Par. ix, 10,
var. Cfr. Fattura, 1.
promette
Fausto, dal lat. faustus, Che porta seco letizia e
e di-
felicit, oanche semplicemente Felice, Prospero, Fortunato ;
cesi di avvenimento, fatto e simili; Par. xiv, 93.
3 la facolt
Favella, dal lat. fabella (cfr. Diez, Wrt. i 174), ,
Modo di favellare, nel
e L'atto del favellare, del parlare. 1. Per
760 Favella
qual senso spesso riceve un aggiunto qualificativo; lnf. n, 57;
III, 25. Par. xiv, 88. - E per Discorso, Parole, rispetto al loro
2.
contenuto lnf. xviii, 53. Purg. x, 43. Par. xxiv, 99 xxxiii, 106. -
; ;
3. E per Linguaggio proprio di un popolo, Idioma Par. xvi, 33
;
(moderna favella =
Lingua italiana), xviii, 72 (nostra favella, se-
condo gli uni Lingua latina, secondo gli altri, e meglio, Il nostro
umano linguaggio, Le lettere del nostro alfabeto). -4. E fguratam.
e poeticam., usato nel plurale, per Popoli, Nazioni; lnf. v, 54. -
Sul senso della locuzione In sua favella, lnf. il, 57, g' interpetri
non vanno d' accordo, intendendo gli uni Linguaggio angelico, di-
vino, gli altri Fiorentino volgare. I pi antichi (Bambgl., An. Sei.,
Iac. Dant., Lan., Ott., Petr. Dani., Cass., Falso Bocc, ecc.) non
danno veruna interpretazione. Bocc. : In fiorentino volgare, non
ostante che Virgilio fosse Mantovano; ed in ci n'ammaestra, al-
cuno non dovere la sua originai favella lasciare per alcuna altra,
dove necessit a ci noi costrignesse. - Benv. : In suavi eloquio,
sicut Paulus, Augustinus, Jeronimus. - Buti : In sua favella,
dice, a denotare lo suo modo del parlare, lo quale diverso dal
nostro: imper che il nostro con errore e difetto; questo sempre
vero e perfetto: e per che lo Spirito Santo parla in essa; et an-
cora quello diversificato: imper che ad alcuno minaccia, alcuno
conforta, alcuno lusinga, ad alcuno parla in voce, et ad alcuno con
ispirazione. - An. Fior. : Parla delle cose angeliche. Et vero che
la Scrittura santa prima fu scritta in lingua ebraica, come la Bibbia
et il Psaltero fu traslato d' Ebreo in greco, di greco in latino et ;
per questo perde assai della sua dolcezza, come che lo effetto non
si mutasse (parl Beatrice in lingua ebraica?).- Serrav.: Quia
sacram Scripturam fecerunt hii qui habuerunt intellectum ange-
licum. - Barg.: Non punto altera e superba, non balbuziente,
o intricata in suo parlare. - Land. : In sua favella, la quale
divina, et il modo del parlar persuasivo a tutte le virt. -
Tal. : Sententia hujus est, quod sacra Theologia est in stilo humili
et plano, et non in stilo superbo poetarum, sic ut stilus videbatur
humilis et suavis. - Veli.: Descrive in Beatrice la modestia del
parlare d' una casta, veneranda et saggia donna, il qual debb' es-
sere sempre pieno di soavit, humanit et dolcezza, cosa che nella
Theologia si trova. - Gelli: In voce angelica, vuole inferire che
le cose, delle quali tratta la Teologia, non sono cose da uomini,
ma da angeli e da spiriti divini. - Dan. tira via. - Cast.: Vir-
gilio dice che Beatrice gli disse quello che segue piena di soavit,
e distintamente e con voce d'angelo, e con figure di parole pi va-
ghe ch'egli non sa ridire. S che negli atti mostrava soavit, nella
proferenza distinzione, nella voce divinit, nelle parole vaghezza
Favellare-Favilli 7;i
singolare, e perci la chiama sua favella, quasi che ninno altro
parli cos vagamente. - Ross.: In sua piana favella, da non
lasciar dubbio alcuno intorno alle sue vere intenzioni.
Favellare, dal lat. fabulari: Proferire, Pronunziare, pa-
1.
role, Articolare la voce ; Inf. xi, 51; xxvm,
96; xxxn, 109 xxxiv, 102.;
Purg. XX, 34; xxm, 54. Par. xxiv, 33; xxvi, 130. - 2. Costruito con
la particella A o Con, reggente un termine denotante persona, vale
Volgere ad essa persona la parola, Parlarle, o Conferire, Parlare,
con essa; Inf. XVI, 85. -3. Reggente un termine di persona o di
cosa, mediante le particelle, Di, Sopra, Intorno, e simili, e talora
anche In, con un compimento di cosa, vale Tener discorso, ragio-
namento, Discorrere, Ragionare, intorno ad essa, anche per Iscrit-
tura; Inf. xxxiii, 6. Par. v, 48; xn, 33.
Favelle, forma antica regolare, per Favelli; Inf. xvi, 85;
xxxn, 109. Purg. xx, 34; xxm, 54. Cfr. Nannuc. Verbi, 58 e seg.
Faventini, Faentini, Cittadini di Faenza; Vulg. El. i, 9, 32;
i, 14, 14.
Favilla, dal lat. favilla: 1. Parte minutissima di fuoco, e in
senso pi particolare, Particella che si stacchi da materia che arda
o s'infuochi, e che si leva in aria; Scintilla; Par. i, 34; vii, 8;
Vili, 16; XVIII, 101. - 2. In locuz. fgur., e altres figuratam. Inf.
vi, 75; Purg. xxi, 94; xxm, 46; Par. xvn, 83; xxiv, 145; xxvm, 38;
xxx, 64, 95. - 3. E pur figuratam. per Parte piccolissima di chec-
chessia, od anche Alcun poco di esso; Par. xxxm, 71. - 4. Per esten-
sione e poeticam. per Fiamma; Inf. xxvi, 64. - 5. E per il vivo splen-
dore degli occhi di una donna; Par. IV, 140.
Favilli, Flailli, Flavilli: Nel luogo Par. xx, 14, l'unico
dove questa voce occorre, le lezioni variano talmente, che non
facile sentenziare quale sia la vera. Dei codd. i pi hanno flailli
(cos i 4 del Witte, Cass., Pai, Stocc, Corion., Ang., Chig.,
Estens., ecc., ecc.), ed alcuui pochi favilli, o flavilli (cfr. Com.
Lips. in, 537 e seg.). Lan. : Favilli, cio spiriti lucidi. Lo stesso
ripete VAn. Fior., mentre Ott., Petr. Dani., Falso Bocc, ecc., non
ne dicono nulla, n lasciano indovinare come leggessero. - Cass. :
Flailli, idest, flagrantes splendores, a flagro, fagras. - Benr.:
Favilli, idest, sibilis, scilicet, in vocibus canoris illorum spiri-
tuum. -Buti: Favilli; cio in quelli beati spirti, che parevano
si ve
a di faville. - Serrav.: In illis flaillis, idest flavillis,
modo
spiritibus sanctis. - Land, e Tal. taciono. - Veli: Favilli,
Ai-
762 Favola-Favorare
dori de' beati. - Dan.: In quei favilli. - Ces. : I troppi ma-
noscritti che hanno flaili o flavilli, mostrano senza contraddizione,
Dante avere scritto cos. Ma volendo interpretar essa voce, e mo-
strarne il diritto valore, da notar bene, come quelle luci canta-
vano : ed in questa terzina, dolce amor, ecc., mostra che il Poeta
ritocchi la cosa del cantare.... Or che ragione al cantare puote aver
questo flavilli ? Ecco io il credo formato dal latino flave, o fla-
:
bellum, cio dal ventare, o muover l'aria; e Dante prendendolo pi
largamente (secondo il suo usato), il dee aver adoperato per Voce,
che appunto quello sfogamento di aria, che usciva in suoni con-
temperati. La mutazion del V in B comune nella nostra lingua;
come in boce per voce, boto per voto, sobranza per sovranza : e
per flavilli e flabelli, o flabilli. - Br. B.: In quei favilli,
cio in quelli splendori, in quelli spiriti, che mi si presentavano
come fiammelle e faville per fiammelle us Dante anche
faville, o ;
Inf. xxvi, 64. Ma, se quasi tutti i codd. hanno flailli! - Frat.:
Flailli o flavilli, che significa sibili, o voci, o suoni, dal
verbo lat. flare, cio mandar fuori fiato; di che si producono i suoni
di vari strumenti e le voci del canto. Altrove (Par. xn, 8) il Poeta
disse quegli spiriti cantanti dolci tube. Dante scrisse per avven-
tura failli, come, secondo la lezione di parecchi codd., Nidob.,
Vindel., ecc., avrebbe veramente scritto (cfr. Andr. ad h. loc).
Faillo il frane, ant. faille, che vale Fiaccola (cfr. Diez, Wrt.
I,
3
176); e Lumi, che lo stesso che Fiaccole, chiama Dante so-
vente le anime dei Beati, essendo esse vestite di luce (cfr. lume).
Favola, dal lat. fabula: vivace componimento nar-
1. Breve e
rativo, in versi o in prosa, i cui attori, e interlocutori sono esseri
animati o cose inanimate; ed il fine di far comprendere pratica-
camente, e in modo facile e piano, una verit morale; Inf. xxin, 4.
Conv. IV, 30, 30. - 2. E per Narrazioni che appartengono alla Mito-
logia; Conv. IV, 14, 106; IV, 27, 117. - 3. E per Cosa finta o inven-
tata a bella posta, sia a voce sia in iscritto, o per leggerezza, o
per ischerzo, o per ingannare altrui; Fandonia, Frottola, Inven-
zione ; Par. xxix, 104.
Favoleggiare, Eaccontar favole o cose favolose, sia parlando
sia scrivendo; Par. il, 51; XV, 125.
Favoloso o Fabuloso, Che non corrisponde al vero, Vano,
Fallace; Vit. JSf. i, 1,42.
Favorare, dal lat. favere, Favorire, Aiutare, Difendere, Pro-
teggere altrui; Par. IX, 124.
Favore-Fede
Favore, dal lat. favor; Disposizione d'animo
pronto ad untare
sostenere, difendere, accrescere, e simili, alcuno;
Benevolenza ope-
rosa in pr di esso. In favore di chicchessia, vale A fine di favo-
rirlo, di aiutarlo, sostenerlo, e simili; Per fargli cosa utile e grata;
ed altres per A pr, A benefizio, A vantaggio, In esercizio
di esso;'
riferito figuratane anche a cosa; Par. xi, 35.
Fazio, Accorciamento del nome proprio Bonifazio: 1. Fazio da
Certaldo, o,secondo un'altra lezione, di Campi, , secondo Benv.,
il nome di un giurisperito qui fuit magnus ribaldus, al quale
l'Imolese ed altri dicono che Dante alluda nel luogo Par. xvi, 50. -
2. Fazio da Signa, cfr. Bonifazio da Signa. - 3. Fazio degli Uberti,
cfr. Imitatori della Div. Comm.
Fazione, dal lat. factio, secondo alcuni per mezzo del prov.
faisson, faizon, fason, o, secondo altri, per mezzo del frane, facon,
vale Modo col quale una cosa fatta o acconciata; e per Forma del
corpo e delle membra, Struttura, Fattezza; Inf. xvm, 49.
F, cfr. Fede.
Febbre, dal lat. febris : 1. Stato morboso del corpo animale,
caratterizzato ordinariamente da accelerazione del circolo sanguigno
e da aumento di calore; Inf. xxv, 90; xxx, 99. - 2. Figuratane e
poeticam., vale Passione ardente, la quale si determina mediante
qualche aggiunto qualificativo; ed altres Stato dell'animo, agitato
da passione ardente Inf. xxvn, 97.
;
Fede, e per apocope F, dal lat. fides, Credenza ferma in al-
cuna cosa o persona, e pi particolarmente negli altrui detti, pro-
messe, e simili; Intimo convincimento della loro verit; Inf. xx, 101 ;
Purg. xxviii, 86, ecc. Nella Div. Com. questa voce adoperata
40 volte: 10 neYInf. (li, 29; IV, 36, 48; V, 62; XI, 63; UH, 21,
62, 74; xvm, 62; xx, 101), 6 nel Purg. (vii, 8; xvi, 52; xvm, 48;
xxi, 87; xxn, 60; xxviii, 86), e 24 volte nel Par. (H, 43; IV, 69;
vi, 15, 17, 19; vili, 14; xi, 114; xn, 56, 62; xv, 26; XVII, 140;
xix, 76; xx, 104; xxiv, 38, 44, 53, 64; xxv, 10, 75; XXVII, 127;
xxix, 113; xxxit, 20, 38, 78). - 1. Ferma credenza, Persuasione,
rispetto a cose soprannaturali, a dogmi rivelati, a promesse di-
vine; Par. vi, 15; Conv. Ili, 2. E in
15, 50. - modo pi determi-
nato, Quella fra le tre virt teologali, per la quale crediamo tutto
ci che Dio, somma verit, ci ha rivelato; Inf. II, 29; Purg. vii, 8;
Par. il, 43; xxiv, 64. - 3. E in locuz. figur. Par. xn, 62. - 4. E per
Dottrina religiosa e morale, Credenza religiosa, seguita da uno o
764 Fedele-Federico
pi popoli, o da una setta; e in senso pi determinato Religione;
Inf. IV, 36. Conv. iv, 15, 36, 46. - 5. Vale pure Fiducia, Fidanza,
che, si ha in alcuno, nelle parole o atti di esso, ovvero che alcuno
c'inspira; Inf. xi, 63. - 6. E per Testimonianza, Prova, in senso
generico; anche figuratam. Inf. xvm, 62. - 7. E per Promessa so-
lenne data, eanche Giuramento fatto, per assicurare altrui del-
l' adempimento di checchessia Purg. xvi, 52. - 8. A fede, posto
;
avverbialm., si us per Con fede o fedelt, Fedelmente, Lealmente,
Sinceramente; Par. xi, 114. - 9. Aver fede di uno, trovasi per Cre-
derlo, Tenerlo, leale, Non dubitare della sua fede o lealt; Conv.
IV, 12, 17. - 10. Dar fede a checchessia, vale Farlo credibile; Mo-
strarne o Confermarne la verit; Inf. xni, 21 (var.). - 11. Far fede
vale Accertare, Assicurare, di checchessia; Par. vili, 14. - 12. Por-
tar fede a uno, vale Osservargli la fede, Procedere con fedelt verso
di lui, Essergli fedele. Figuratam. e poeticam. Inf. xm, 62. - 13. Re-
car fede, vale poeticam. Attestare, Assicurare, Far fede detto per ;
solamente di chi venga altronde; Cam.: Amor, che nella mente
mi ragiona, v. 42. - 14. Romper fede, o la fede, Vale violare la fede,
Venir meno alla dovuta fedelt, Mancare alla promessa data solen-
nemente, al patto fermato, e simili; Inf. v, 62; xm, 74. - 15. Tener
fede a chicchessia, vale Osservargli la fede, le promesse, i patti,
Restargli fedele, leale, Non mancargli del debito proprio; Canz.:
Io sento s d'Amor la gran possanza, v. 12.
Fedele, dal lat. fidelis: I, Add.: 1. Che osserva, Che mantiene
co' fatti la fede data, o dovuta, i patti, le promesse e simili; Inf.
ni, 39; Par. V, 65. - In senso pi generico, vale Che adempie, o
2.
ha sempre adempiuto, con lealt, con premura affettuosa, i proprj
doveri verso alcuno; ed altres Che per affetto non manca, o non
ha mai mancato, di compiere quegli ufficj e quelle parti che sono
proprie della condizione propria, o della relazione in cui uno ri-
spetto ad altri; Par. xxxi, 102. - 3. E per Seguace della vera fede,
Cristiano; Purg. xxn, 59. - li, Sost.: 1. Colui che professa la vera
fede, ossia la fede e legge di Cristo, Cristiano; Par. xxvi, 60. -
2. E con un adiettivo possessivo, vale Colui che serba la fede, la
devozione verso la persona denotata dall' adiettivo; Colui che le
amico costante e fedele, che le devoto ed altres Amante fedele,
;
Sposo, ed anche Consorte; Inf. n, 98; Purg. xxxi, 134.
Federico e Federigo, Nome di parecchi personaggi ricor-
dati da Dante. Fedekico primo Imperatore, Purg. xvm, 119,
1.
cfr. Barbarossa. - 2. Federico secondo Imperatore, nato a Jesi
il 26 decembre 1194, morto a Fiorentino il 13 decembre 1250, ce-
Federico
lebre principalmente per le sue lotte coi
papi Gregorio IX ed
Innocenzo IV. Cfr. Bimek, Regesta imperii, 1108-1272
SCHIBBMA
cher, Kaiser Friedrich II, 4 voi., Gottingen, 1859-65.
A. Del Sec-
chio, La legislazione di Federico II imperatore,
Torino. 1874
Dante lo pone fra gli eretici, l dove sono Farinata degli
Ubarti
e Cavalcante Cavalcanti padre di Guido,
Inf. x, 119, del rimanente
ne parla sempre con lode, o almeno senza biasimarlo;
Inf. xm.
65, 68; xxiii, 66. Purg. xvi, 117. Par. in, 120. Conv. iv, 3,' 29.'
Vulg. El. i, 12, 17. Cam.: Le dolci rime d'amor, ch'io
solia,
v. 21. Cfr. Vigo, Dante e la Sicilia, Palermo,
1870, p. 15 e seg.,
44 e seg. - 3. Federico secondo d'Aragona, figlio minore di
Pietro III re d'Aragona, nato nel 1272, fu eletto re di
Sicilia
nel 1295 e mor nel 1337. Fu uno dei pi valorosi monarchi
e
pi esperti capitani del suo tempo e seppe farsi amare a segno
da meritare di essere allogato dai popoli accanto a Guglielmo II.
Dante invece, non si sa bene per qual motivo, lo biasima ovunque
fieramente, il qual biasimo storicamente non di grande importanza;
Purg. in, 116; vii, 119. Par. xix, 130 e seg.; xx, 63. Conv. iv, 6, 135^
Vulg. El. i, 12, 28. Cfr. Mtjsumeci, Ragionamento intorno alle
sfavorevoli espressioni di Dante per Federico II re di Sicilia,
Catania, 1864. Vigo, Dante e la Sicilia, p. 41 e seg. - 4. Fede-
rico Novello, figlio del Conte Guido Novello dei Conti Guidi del
Casentino, ucciso nel 1291 da uno de' Bostoli d'Arezzo; Purg. vi, 17. -
Lan.: Fu figliuolo del Conte Guido Novello dei Conti Guidi, lo
quale fu morto da Fornaiuolo de' Bostoli d'Arezzo. - Ott.: Fu
figliuolo di Conte Guido Novello de' Conti Guidi, lo quale fu morto
da Fumaruolo de' Bostoli d'Arezzo. - Cass.: Fuit occisus in bello
Campaldini. - Falso Bocc. : Fu morto dauno chavea nome fa-
mino edera de bostoli darezzo. - Benv.: Fuit filius domini Gui-
donis Novelli de comitibus Guidonibus de Casentino, quem occidit
quidam Fumaiolus, vel Fornaiolus filius domini Alberti de Bosto-
lis.... Fuit multum probus. - Buti: Fu morto da Fumaiuolo di
messer Alberto de' Bostuli d' Arezzo. - An. Fior. : Fue questo
Federigo de' conti Guidi, figliuolo del conte Guido Novello, che fu
vicario del re Manfredi in Firenze anni 7. Era in questa guerra....
in ajuto a quei da Pietramala; et un d presso a Bibbiena, essendo
assalito da' Bostoli egli et sua brigata, uno dell'altra parte gli die
d'una lancia, et cos mor in quella zuffa. - 5. Federico Tignoso,
da Eimini, nominato come esempio e modello di generosit e di
nobili costumi Purg. XIV, 106. - Lan. : Questo fu uno ariminese
;
nobile e costumato. - Ott.: Questi fu da Rimino, valente uomo;
ma sua vita fu in Brettinoro: il pi fugg la citt quanto potette,
siccome nemica dei gentili uomini; e quando in lei stette, la sua
766 Fedire-Felicemente
tavola fu come bandita. - Petr. Dani. : De Monteferetro. -
Cass.: De Accarigiis de Paventia. - Benv.: Iste fuit vir no-
bilis et dives de Arimino, cuius domus erat domicilium liberalitatis,
nulli honesto clausa; conversabatur lsete cum omnibus bonis; ideo
Dantes describit ipsum a societate sua, ques erat tota laudabilis....
Audio, quod iste habebat pulcerrimum caput capillorum flavorum;
ideo per antiphrasim sic dictus est. - Buti : Fu da Rimino, omo
di grande affare co la sua brigata.
Fedire, dal lat. ferire, forma antiquata, dalla quale deriva il
fiede, usato da Dante Inf. x, 135. Purg. ix, 25; xxviii, 90. Par.
xxxii, 40. Cfr. Ferire.
Fedo, dal lat. fcedus, Sozzo, Schifoso, Laido; Inf xn, 40.
Fedra, Phcedra, gr. <E>atpY], figlia di Minosse re di Creta
lat.
e di Pasife,seconda moglie di Teseo, matrigna di Ippolito; Par.
xvii, 47. Cfr. Ippolito, Noverca; Ovid., Mei. xv, 497-551.
Fee, forma antica, regolare, per F', Fece; Purg. xxxn, 12. Par.
xxxn, 19. Cfr. Nannuc, Verbi, 620 e seg.
Fele, e in rima Felle, cfr. fiele.
Feletti, Fio, di Luigi, muratore che con Angelo Brado sco-
perse nel 1865 a Ravenna la cassa di legno contenente le ossa di
Dante. Cfr. Ossa di Dante.
Felice, Che pienamente contento, Che pos-
dal lat. feix : 1.
siede quello che interamente appaga i desiderj Purg. xvn, 133; :
xxx, 75. Par. vii, 18. Cam.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia,
v. 83. - 2. E per Che dimostra la contentezza dell'animo; ed altres
la beatitudine ; Purg. vi, 48. Par. xxiv, 20. - 3. E detto di vita, con-
dizione, stato, e simili, vale In cui l'uomo gode contentezza. Pro-
spero; Purg. xxviii, 140. - 4. Detto di tempo, et, e simili; ed al-
l'uomo vive contento,
tres di luogo, soggiorno, e simili; vale In cui
felice; Inf. v, 122. Par. xxv, 139. - 5. E per Beato, che gode la
beatitudine celeste; Par. in, 64; xxxn, 118.-6. Usato in locuzione
esclamativa: Oh felice colui! Felice te! ecc., per Fortunato, Benav-
venturoso, e simili; Inf. i, 129; xvi, 81.
Felice, Nome di battesimo del padre di San Domenico; Par.
xn, 79.
Felicemente, In modo felice, Con felicit, Prosperamente,
Con buona ventura, e simili ; Conv. rv, 4, 32.
e:
Felicit-Feltro 7,17
Felicit, Felicitade e Felicitate, dal lat. felicita*
1. L'esser felice, Condizione di uomo felice; Possesso di bene per-
fetto e sufficiente, che appaga l'animo nostro; Purg. xvn, 134. Co tir.
I, 1, 7; in, 11, 109; ni, 15, 97; IV, 4, 23; iv, 17,
57, ^9, 85; ivi
20, 63, 68, 76; IV, 22, 9.-2. E per Beatitudine, Stato beato; Conv.
II, 9, 87; iv, 22, 150.
Felicitare, dal basso lat. felicitare, Render felice, ed altres
beato; Par. xm, 30.
Felle, cfr. fiele.
Fello, dall' ant. frane, e prov. fl, felli, e questo dal lat. barb.
felo, felonis, Perfido, Scellerato, Cattivo, 1. Malvagio, Scellerato,
Empio, Ingiusto, Crudele; detto figuratam. anche di sentimenti
pensieri; Inf. XI, 88; xxviii, 81. Par. iv, 15. - 2. E in particolare
detto di gente non cristiana, Infedeli, e altres delle anime, dannate;
siccome cattivi reprobi dinanzi a Dio; Inf. vili, 18. - 3. Vale anche
e
Violento, Fiero, Feroce, semplicemente Mal disposto, Che ha mal
talento, verso alcuno; e in senso pi largo e assoluto, Crudele, Spie-
tato; Inf. xxi, 72. -4. E detto di animale, di cosa che gli si rife-
risca,pure per Feroce, Fiero, Fieramente nocivo e pericoloso;
Purg. vi, 94. - 5. E per Corrucciato, Sdegnato, Cruccioso; ed altres
Dolente, Triste: per similit., detto di animale; Inf. xvn, 132.
Fellonia, Astratto di Fellone, e questo dal lat. barb. felo,
felonis: Malvagit, Scelleratezza, Perfidia, Slealt, e simili; Par.
xvi, 95.
Feltro, 1. Feltri, l'antica Feltria, Citt nella pro-
Feltre
vincia di Belluno, la quale ai tempi di Dante faceva parte della
Marca Trevigiana. situata sopra una collina a ponente della Piave,
fra ipiccoli torrenti Sonna e Cormeda; Par. ix, 52, sul qual luogo
cfr. Pastore. - 2. Il luogo Inf.
1, 105 ( E sua nazion sar tra Feltro
e Feltro ) uno dei non pochi della Div. Coni., dei quali non si
pu dare certa interpretazione (cfr. Veltro). - Bambgl.: Hoc est
quod maioris sententie principium et processus divine condenpna-
tionis et pene dabitur et procedet inter sceleratores impios et pec-
-
catores,quoniam ipsi captivi et scelerati figuruntur per feltrimi
quod quidem feltrum pannus est vilissimus factus ex superfluit!
lanarum aliorum pannorum vilium et debilium. -An. Sei: Cripto
na-
figliuolo di Dio.... apparir nelF aria, e questo apparire pone per
zione tra feltro e feltro. - Iac. Dant. : Tra cielo e cielo. - Lav.:
tri
Questo si in due modi: tra feltro e feltro, cio
pu intendere
768 Femmina-Fene
cielo e cielo, ci vuol dire per costellazione. L' altro modo tra feltro
e feltro, cioche nascer di assai vile nazione, che feltro vile
panno. - Ott.: Dice che sua nazione sar d'umile schiatta, sic-
come il feltro umile e basso panno. Petr. JDant. : Dicut qui-
dam hoc est in partibus Lombardia et Romandiolse, inter civitatem
:
Feltri et montem Feltri. Tu die inter feltrimi et feltrum, idest in-
ter ccelum et ccelum, talis temporalis virtuosus inferius infundetur.
Vel inter feltrum et feltrum, idest quod talis vir virtuosus et dux
natus erit ex matre et patre non contextis et conjunctis, ut est pan-
nus et tela, sed ex disjunctis et solutis, ut feltrum, in quo non est
tela; et sic erit naturalis et de vili natione. - Bocc.: Io mani-
festamente confesso ch'io non intendo. - JBenv.: Inter filtrum
et filtrum, idest, inter ccelum et terram, quia in aere Christus ju-
dicabit mundum. - JButi : Tra cielo e cielo. Il Veli, ed i suoi
seguaci, che nel Veltro vedono raffigurato Can Grande della Scala,
intendono: Tra Feltre nella Marca Trevigiana, e Monte Feltro nella
Eomagna. Altri diversamente. Noi stiamo col Bocc.
Femmina, dal lat. femina, Donna, contrapposto di Uomo; Inf.
IV, 30; xvni, 66, 89; xx, 41. Purg. Vili, 77; xix, 7; xxm, 95; xxiv,43
(sul qual luogo cfr. Gentucca), xxix, 26. Conv. Il, 6, 9, ecc.
Femminetta e Feminetta, Diminut. e Vezzeggiai di
Femmina; Purg. xxi. 2. La Femminetta Samaritana quella
colla quale Cristo ebbe il colloquio raccontato S. Giov. IV, 7 e seg.
Femminezza, Stato e qualit di femmina; Conv. i, 12,48.
Femminile, lat. femininus, Di femmina o Delle femmine;
Inf. ix, 39.
Fendere, dal lat. fndere, Dividere tagliando quasi per lo lungo
e con una certa forza. Verbo adoperato nella Div. Coni. 17 volte,
xxvm, 33, 36; xxxm,36),
7 nell'In/", (ix, 49; xn, 119; xxv, 104, 134;
9 nel Purg. (in, 96; v, 38; vili, 106; xiv, 131; xvi, 25, 99; xix,
32, 67; xxix, 111) ed una sola volta nel Par. (xxm, 68).- 1. Per
Trafiggere; ed altres per Lacerare, Dilacerare; Inf. IX, 49; xn,
119; xxxin, 36. - 2. E Cam.:
Cos nel mio parlar
in locuz. figur.
voglio esser aspro, v. acqua od aria, vale Aprire,
53. - 3. Riferito ad
Dividere; Purg. vili, 106. Par. xxm, 48.-4. Poeticam. per sempli-
cemente Dividere in due, Eender bifido; Inf. xxv, 104.
Fene, forma arcaica per F', Fece; Inf. xvin, 87. Cfr. Nannuc,
Verbi, 621.
Fenice-Ferire 739
Fenice, pliamix, e questo dal gr. cpctvt, Uccello favo-
dal lat.
loso, che si credette nascere particolarmente nell'Arabia, ed essere
unico della sua specie, e dopo vissuto pi secoli, rinascere dalle sue
ceneri (cfr. Herodot., it, 76. Philostr., Vita Apol. Tyan. 1 ir, 14.
Pomp. Mel., Descript. Ortis, in, 8. Achill. Tat., Amores Leu-
cippes Clitoph. in, 25. Claudian., Eidyl. xlii. Plin. x, 2. Se
et
Epist., 42. Brun. Lat., Tesoro, 1. vi, e. 26). Con tutti i suoi con-
temporanei anche Dante credeva nella realt della Fenice. La de-
scrizione che egli ne fa, Inf. xxiv, 106-111, sembra tolta da Ovm.,
Metani, xv, 392-402.
Fenicia, gr. yj ^otvbtvj, lat. Phcenice, Regione della Siria, lungo
mare Mediterraneo, l dove Giove
la riva orientale del rap Europa.
Ricordata per circonlocuzione Far. xxvn, 83 e seg.
Fera, cfr. Fiera.
Ferace, dal lat. ferax, Che ha molta virt produttiva, Fertile;
flguratam. Par. xi, 82, nel qual luogo quasi tutte le edizioni leg-
gono verace, mentre la gran maggioranza dei codd. (cfr. Moore,
Crii., 462seg.) ha ferace, e della lezione verace non si trova in-
e
veruno dei commentatori antichi ed il Poeta vuole evi-
dizio presso
dentemente dire che quel bene fu fecondo, fertile. Cfr. Com. Lips.
in, 288. Moore, 1. e.
Ferci, Ci fer, Ci fecero, cio nella vita primaia; Inf. vii, 42.
Cfr. Nannuc., Voci, 29.
Ferdinando re di Castiglia, Par. xix, 125, cfr. Quel
di Spagna.
Ferire, e talora in alcuni persone Fiedere, forma
tempi e
varia dell'antiquato Fedire; dal Percuotere, Colpire, con
lat. ferere,
ferro altro in modo da rompere la continuit della carne e pro-
durre effusione di sangue. Verbo adoperato nella Div. Coni. 21 volta,
11 nell'In/", (ix, 69; x, 69, 135; xi, 37; xv, 39; xvm, 75; xxi, 87
xxii, 6, 95, xxiv, 150; xxv, 105), 8 nel Purg. (iv, 57; ix, 25; xv, 7
xvi, 101; xxvi, 4; xxvm, 8, 90; xxxn, 115) e 2 nel Par. (11, 33
xxxii, 40). La forma feggia {Inf. xv, 39; xvm, 75) deriva secondo
alcuni da un infinito feggiare, oppure feggere, del quale per altro
non si hanno esempi (cfr. Nannuc, Verbi, 336), secondo altri da
a
fedire, come veggia da vedere. Al pres. dell'indie, si ha nella 3 pers.
sing. Fiede (Inf. x, 135. Purg. Par. xxxn, 40) e
ix, 25; xxvm, 90.
Fiere (Inf. ix, 69; x, 69; xi, 37); al partic. pass. Ferito (Pwrg.
iv, 57) e Feruto (Inf. xxi, 87; xxiv, 150; xxv, 105); cfr. BLAKC,
Gramm., 433 e seg.
49. Enciclopedia dantesca.
770 Ferita-Fermare
1. Ferire, usato figuratam. e poeticam. per Dividere; Par.
xxxii, 40.- 2. Per Percuotere, Battere, Colpire, ed anche Urtare;
Purg. xxxii, 115. - 3. Vale pure Percuotere, Battere, Colpire, e pro-
priamente con violenza; detto figuratam. di onde, vento, fuoco, e si-
mili; Inf. ix, 69; xv, 39. Purg. xxviii, 8, 90.-4. E detto del sole, di
luce, raggi, e simili, rispetto alle cose o alle persone che ne sono inve-
stite ; Purg. IV, 57 xv,
; 7. Par. il, 33. - 5. Pure per Percuotere, Colpire,
Fare impressione; riferito figuratam. ai sensi o loro organi, ed anche
alla persona che mediante quelli riceve l'impressione; Inf. x, 69.
Cam. Donne, ch'avete intelletto d'amore, v. 53. - 6. Per Venire
:
contro, Dare addosso, e simili, ad alcuno; e usato assolutam. Menar
colpi, Combattere, od anche Dar l' assalto. In locuz. figur. Son. Col- :
l' altre donne mia vista gabbate, v. 9. Conv. IV, 9, 135.-7. Per
similit., detto di animale di rapina, per Piombare, Avventarsi: ed
altres Avventarsi sulla preda; Purg. IX, 25. - 8. Per Terminare,
Far capo a un dato luogo, e propriamente in dirittura; Biuscire,
Battere detto di linea, via, e simili e con maggiore efficacia, An-
: ;
dare a ferire; Inf. x, 135. - 9. E riferito a cose morali, vale Esser
rivolto, inteso, diretto, Tendere; detto cos di persona, come delle
facolt od atti dell'anima; Purg. xvi, 101. - 10. Per similit. Conv.
Ili, 14, 42. - 11. Pure per Terminare, Far capo, Battere; detto di
raggio visivo, sguardo, o simili; Inf. xvm, 75.-12. Ferir tornea-
mento, maniera propria del linguaggio romanzesco, vale Far tor-
neamento o torneo, Torneare Inf. xxn, 6. ;
Ferita, L'effetto del ferire; Laceramento, Taglio, Squarcio,
fatto in corpo vivente, mediante arme o altro, con effusione di san-
gue; Inf. xxn, 77; xxvm, 41. Cfr. Feruta.
Fermamente, In modo certo, indubitabile, Certamente; Conv.
in, 7, 61.
Fermare, dal lat. firmare, Propriamente, Kender ferma, im-
mobile, la cosa che in moto, Impedire la continuazione del suo
moto; e con senso pi particolare, riferito a persona o animale, Ar-
restarne il cammino o la fuga, Fare che cessi dall'andare o dal fug-
gire. Nella Div. Com. questo verbo si trova adoperato 22 volte,
6 neWInf. (ni, 77; ix, 4; xm, 136; xiv, 12; xxn, 122; xxv, 89),
7 nel Purg. (ni, 53, 66; Vi, 40, 44; xxi, 99; xxvi, 122; xxix, 154)
e 9 nel Par. (v, 28, 41; XI, 15; xvii, 140; xvm, 133; xxi, 139;
xxn, 51; xxiv, 31; xxxi, 54).
1. Fermare, vale Porre, Collocare, Piantare, e simili, in modo
stabile; per similit. e in locuz. figur. Conv. ni, 15, 128. - 2. Per
Kender sicuro, stabile, Assicurare da pericoli; Conv. in, 1, 50, nel
'Fermato-Fermo
qual luogo Giu. legge (con quali codd.?) riferma, mentre tutti
il
gli altri - 3. E per Stabilire, Determinare, detto
hanno ferma. poe-
ticamente e riferito a peso; Purg. xxi, 99. -4. E per Fare, Com-
porre, tra due parti, riferito a pace, amist, e simili; Var. v, 28.-
5. E per Determinare, Mettere in sodo; ovvero Stabilire, Porre con
certezza, riferito a questione o punto di questione, sentenza, e si-
mili, sia parlando, sia scrivendo; Purg. vi, 40.-6. Riferito a opi-
nione, vale Stabilirla in modo certo, Confermarsi nella medesima;
Purg. xxvi, 122. - 7. Riferito poeticam. a Fede, o a Speranza, vale
Credere o Sperare fermamente; Purg. ni, 66. Par. xvn, 140.-
8. Neut. pass., detto di persona o di animale, vale Cessar d'andare,
Sostare dal cammino, dal volo, e via discorrendo; Inf ix, 4. - 9. E
per Acquetar l'animo, Appagarsi; Purg. vi, 44. - 10. In forma di
Neut. e Neut. pass. Addivenir fermo, Fermarsi, ed anche Arrestarsi;
Inf.xm, 136.-11. E per Ristringere la propria considerazione a chec-
chessia; Conv. iv, 14, 107.- 12. Fermare il passo, il piede, i piedi,
le piante, le orme, e simili, vale poeticam. Arrestarsi, Fermarsi;
Inf. in, 77; xiv, 12. - 13. E Fermare le piante a terra, vale Pun-
tarle contro suolo per ispiccare un salto; Inf. xxn, 122. - 14. Fer-
il
mare in checchessia il pensiero, l'animo, il cuore, e simili, vale
Porre in esso i proprj pensieri o disegni, ovvero i proprj affetti;
e Fermare il desiderio a una cosa, vale Desiderarla fermamente, uni-
camente, sopra ogni altra; Par. xvni, 133.- 15. Fermare una cosa
nella mente o nella memoria, vale Imprimerla profondamente; Par.
V, 41, dove Frmalv vale Frmavelo, ve lo ferma.
Fermato, dal lat. firmatus :Fermo, Piantato a
1. terra; Inf.
xxv, 89. - 2. Detto di fede, per Fermo, Costante Ball. ; : Ballata,
io vo' che tu ritruovi Amore, v. 26.
Ferino, dal lat. firmus, Che non in movimento, Che non si
muove, Immobile; ed altres Che non fa alcun movimento. Voce
adoperata nella Div. Com. 21 volta, 6 nellW.
30; V, 83; vi, 24; (i,
xm, 136; xxi, 77; xxix, 63), 6 nel Purg. (ni, 71; v, 14; xxvn, 33, 34;
xxx, 7, 100) e 9 volte nel Par. (vili, 18; ix, 16; x, 78; xm, 3; xvn,
140; xvm, 133; XX, 104; XXI, 114; xxix, 63).- 1. Detto particolann.
di persona o di animale, ed altres di veicolo, vale Che non si muove
dal luogo dov'; Purg. xxvn, 33, 34.- 2. Detto di voce, vale Che
18.-
tiene la stessa nota, che non fa alcuna modulazione; Par. Vili,
non crolla; Purg.
3. E per Saldo, Che non pu essere smosso, Che
V, 14. Par. xm, 3. - 4. E detto di volont, proposito, intenzione,
03.-
risoluzione, e simili, vale Irremovibile, Immutabile; Par. XXIX,
fiducia, e simili,
5. Detto di cosa morale, come opinione, speranza,
772 Fermo (pie)
vale Certo, Sicuro; Conv. in, 7, 104; IV, 5, 132.- 6. Farsi fermo
ad una cosa, vale Darsi, Dedicarsi, fermamente alla medesima; Par.
xxi, 114. - 7. Star fermo, vale propriamente Non essere in movi-
mento, Non muoversi, Non crollare, e simili; e detto di persona,
animale, veicolo, e simili, vale Non muoversi dal luogo, dove o
sta; Inf. xxi, 77. Purg. in, 71. Conv. ili, 9, 46.- 8. Tener fermo
checchessia, vale Non muoverlo, Non agitarlo; ed altres Impe-
dire che muova, che corra, scorra, cada, si apra, e simili Inf.
si ;
Vi, 24. - 9.
Tenere, Avere, e simili, per fermo, vale Tenere, Avere
come cosa certa, indubitabile, Credere fermamente Inf. xxix, 63.;
Fermo (pie); Il passo Inf. i, 30: S che il pie fermo sempre
era il pi basso, uno dei pi controversi della Div. Com. Pro-
babilmente Dante vuol descrivere la salita di un'erta. Or chi sale
un' erta mette avanti F un piede, quindi tira dietro V altro sino al-
l' altezza di quello, e cos via, onde il pie ferino infatti sempre
il pi basso. Altri si avvisano invece che il Poeta descriva piut-
tosto il camminare nel piano, nel qual caso avrebbe detto una cosa
che s' intende veramente da s. A. Buscaino Campo (Studi Dan-
teschi, Trapani, 1894, p. 7 e seg., 188 e seg., 235 e seg.) intende
fermo nel significato di destro, prende piaggia nel significato di
Costa di monte alquanto repente, ed intende, avere il Poeta voluto
significare che il suo salire qui, come poi nel corrispondente monte
del Purgatorio, fosse a diritta. Ma di fermo per destro non si
ancor trovato verun altro esempio. G. Mazzoni (Alcune osservazioni
sul Commento della Div. Com., Lugo, 1893, p. 6 e seg.) si avvisa
aver Dante voluto significare che prima di cominciare l'erta, cio
la salita aspra e ripida, sal, per alcuni passi, un pendo dolce.
Invece tutti gli antichi, inquanto non tirano via da questo luogo,
intendono di un camminare su per l' erta, tirando dietro il non
ferino piede. Bambgl. : Per queste parole da ricogliere che s
come l'ultimo piede di colui che monta
quelo di sotto e se quelo
e
che sempre si ferma e sopra quello si ferma
e conserva l'essenza
di cholui che va chos per lumiltade la quale sempre china e bassa
si mostra s si conserva e stabiliscie stato di salute di cholui che
lei possiede. - An. Sei., Iac. Dani., Dan., Ott., Cass., ecc., non
danno veruna interpretazione. - Petr. Dani, allegorizza: Hic est
figura; nam sicut corpus humanum habet duos pedes, per quos vadit
ad bonumvel malum, ita anima habet duos pedes, per quos bene
vel male incedit, idest duos affectus.... Pes auctoris, idest affectio,
in quo magis adhuc firmabatur, erat infimior, quod adhuc ad infima
terrena relieta aliquantulum magis inclinabatur, quamquam supe-
rior pes ad superiora ascenderet, et sic clausus ibat. - Bocc. :
Fero-Ferocc
Mostra l'usato castume di coloro che salgono, che sempre si fermali
pi in su quel pie che pi basso rimane. - Friso Bocc.
; Per lo
basso piede desi intendere che anche Dante attendeva alle ci
terrene e viziose per lo dextro e sinistro piede de iute nd ire
lai
zione delle virtudi. - Benv.: Quando homo ascendit montem per
inferior est ille super quo funditur et firmatur totum corpus
lientis; ideo dicit quod pes inferior semper erat firmior. Sed
mo-
raliter loquendo, per inferior erat amor, qui trahebat ipsum ad in-
feriora terrena, qui erat firmior et fortior adhuc in eo quam
superior, idest amor, qui tendebat ad superna. - Buti: Descrive
qui lo modo del salire: per che chi sale, sempre ferma il pi che
remane a dietro, e l'altro muove e mettelo innanzi. - An. Fior.:
Il pie fermo, salendo, come per sperienzia si pu vedere, che ogni
uomo si ferma salendo in sul pie che lascia addirietro quando sale,
eh' il pi basso, che l' altro alza salendo. - Serrav.: Per
pedem
inferiorem intellige amorem terrenorum: superior significat, amo-
rem supernorum. Modo vult dicere auctor, quod amor terrenorum
trahebat eum ad vallem fortius quam pes superior, idest quam amor
supernorum eum traheret ad superna. - Barg.: Quando l'uomo
monta di passo in passo rimane pi basso il pie sul quale si ferma
tutta la persona, e l' altro pie monta, il quale in movimento; per lo
contrario al dismontare pi alto rimane il pie fermo, e l'altro di-
smonta. - Land.: Dimostra la forma dell'andare all'erta, perch
in tal viaggio il pi che muove sale, et quel che fermo rimane
pi basso. - Tal. allegorizza, seguendo Benv. - Veli.: A dinotare,
quanto alla lettera, la salita del corpo al colle, perch l'un piede
di chi sale riman sempre basso et fermo, et l'altro si move sa-
lendo. - Gelli : Se quel piede, ch'ei fermava per regger sopra
quello il restante del corpo, era sempre fermo da lui in luogo pi
basso che quel ch'ei moveva per tirarsi poi dietro esso corpo, ei
bisognava di necessit, ch'ei camminasse a l'erta. Conciosia che,
camminando al piano, ei sarebbono stati e l'uno e l'altro al pari;
e camminando a la scesa, sarebbe restato il pi alto quel che re-
stava fermo. - Dan. Salendo, il piede, col quale saliva, di ne-
:
cessit conveniva esser il pi alto, come quello, sul quale
sempre
si fermava, il pi basso. - Cos intesero gli antichi, n sembra
menomamente necessario di scostarsi dalla loro interpretazione.
Fero, cfr. fiero.
Feroce, Che ha natura come di fiera, Che
dal lat. ferox : 1.
ha l'animo disposto a fare altrui il maggior male, e nel modo pi
105.
atroce o violento; Crudele, Inumano, Spietato; Inf. ix, 45; xxxi,
774 Ferrara-Ferro
Purg. xxxn, 155. Par. xxn, 151. - 2. Per similit. Inf. xm, 94. -
3. Figuratam. e poeticam. detto di cose; Par. xm, 134.-4. E pur
figuratam., per Che dimostra, Che rivela, Che esprime ferocia, o
semplicemente fierezza d'animo, furore, rabbia; Proprio di persona
feroce o furibonda: detto, sia di certi organi o membri del corpo,
sia di contegno, siaPurg. xn, 114. - 5. Prendesi anche
di atti;
in buon senso, e vale Coraggioso, Animoso, Ardito e impavido,
Forte e valoroso. Detto figuratam. Par. xi, 70.
Ferrara, il Forum Allieni degli antichi, capitale della pro-
vincia dello stesso nome, situata in Val di Pado, accennata, se-
condo i pi, come patria della moglie di Cacciaguida, Par. xv, 137.
Cfr. Val di Pado.
Ferrarese, lat. Ferrarienses, Di Ferrara; Par. ix, 56. Vulg.
Eli, 10, 56; i, 15,4, 12, 16.
Ferrato, dal lat. ferratus, Munito, Fasciato, Foderato, di ferro;
detto figuratam. Inf. xxix, 44. - JButi : Continua la similitudine,
poich ha detto che saettarono, finge che fossono lamenti di pianti,
come li strali ferrati di ferro; e come li strali ferrati feriscono col
ferro, cos quelli lamenti percoteano li orecchi di Dante con ferite
di pietade. - Ces.: Viva e bella metafora, a dipingere que' di-
versi guai che di laggi gli saettavan le orecchie, e l' animo di
piet: e per dice, che quelle saette erano appuntate di piet. Bel
concetto! Ferrati, vale Che in luogo di punta, la quale suol essere
di ferro, avevano la piet. - Boss.: Lo strale che ha punta di
ferro acuminato, penetrante onde costruisco cos lamenti che
; :
avean i ferrati strali di piet, cio i penetrantissimi strali della
piet, che di piet ferivano i cuori: cos MesserCino: saetta fer-
rata di piacere ; e saetta di pietade, il Petrarca.
Ferrigno, Che partecipa della natura del ferro, Che tiene del
ferro. E aggiuntocolore, vale Simile a quello del ferro; Inf.
di
xviii, 2. - Ott.: Ha
colore di ferro. - An. Fior.: Di colore si-
mile alla ruggine del ferro, che volgarmente si chiama ferrigine. -
Cast.: Le pietre sono nere, rosse, bianche, ecc. Questa era ferri-
gna, cio ferruginea.
Ferro, dal lat.: ferrum
1. Metallo solido di colore grigio
tendente malleabile e duttile, sparso abbondante-
al turchiniccio,
mente nelle viscere della terra, e di uso comunissimo; Inf vili, 78;
ix, 120; xiv, 109. Purg. xm, 70. Par. i, 60; xxvm, 89. - 2. Figura-
tamente e in locuz. figur. Par. xxiv, 102. - 3. Parlandosi di frecce,
Fersa-Fervere 775
saette, lancie, alabarde, e simili, denota La
parte di esse urine de-
stinata a ferire, la quale di ferro, per distinguerla
dall' asta che
di legno; Purg. xxv, 18, luogo di controversa interpretazione.
I
pi antichi non ne danno veruna. - Benv.: Quasi dicat:
ndacter
solve linguam et emitte verbum, quod jam traxisti
usque ad den-
tes. - Buti: Infili al ferro; cio al ferro de la saetta,
hai tratto ;
cio tirato hai tanto l'arco, che non si pu tirare pi: imper
eh i
ferro de la saetta all'arco che qui ve, dov' non si pu tirare
pi;
quasi dicesse: La volont tua del dir tirata in fine a la parola
che lo ferro de la saetta, e l'asta lo concetto e la sentenzia,
la quale va e co le parole ferisce. Cos i pi. Sulle altre
inter-
pretazioni cfr. Blanc, Versuch, 11, 95 e seg. Com. Lips. li, 492 e seg.
Fersa, cfr. Ferza.
Fersi, Si fero, Si fecero; Inf. xxv, 73. Cfr. Fare.
Fertile, dal lat. fertilis, Che produce, che pu produrre, ab-
bondantemente ; Che d, pu dare, raccolte abbondanti: Ubertoso.
Dicesi di terreno, e simili, e per estensione, di paese regione; e
il suo contrario Sterile; Par. xi, 45.
Fertileinente, forma poet. per Fertilmente; In modo fer-
tile, Abbondantemente. Detto figuratam. Par. xxi, 119.
Feruta, Forma arcaica per Ferita; Inf. 1, 108; xi, 34. Cfr.
Ferita.
Feruto, Lo stesso che Ferito; Inf. xxi, 87; xxiv, 150; xxv, 105.
Cfr. Ferire.
Ferventemente, In modo fervente, Con fervore; Ardente-
mente; in senso figur. Conv. in, 11, 128.
Ferventissimo, Superi at. di Fervente, lat. ferventissimus;
Conv. 11, 4, 16; 11, 6, 50.
Fervere, dal lat. fervere: 1. Mandare intenso calore, Esser
cocente, Ardere; Purg. xxvn, 79. - 2. Figuratam. e in locuz. figur.
Par. xxiii, 113; xxix, figuratam., detto di ora, giorno,
HI. - 3. Pur
simili, rispetto al calore solare, per Esser caldo, Fare altrui sentir
caldo; Par. xxx, 2. - 4. Pur figuratam., detto di sentimenti od af-
fetti quando sono forti e veementi, ed anche dell'animo della
persona che da quelli mossa, agitata, ecc. Par. xxi, 68.
776 Fervido-Fessura
Fervido, dal lat. fervidus, Assai caldo, Cocente, Infocato. Usato
figuratane., e detto di sentimenti, affetti, condizione d'
animo, e si-
mili, ed altres di atti che manifestino e detto in particolare
li ;
di manifestazione o espressione d'idee o sentimenti per via della
parola, ed anche di scrittura o componimento, vale Intenso, Vee-
mente, Gagliardo; Conv. i, 1, 85.
Fervore, dal lat. fervori 1. Grande caldezza, Calore intenso
e veemente; Conv. Il, 15, 39.- 2. E figuratane., detto di atti dello
spirito o dell'intelletto, ed altres di affetti, sentimenti, condizione
dell'animo, e simili, o delle loro manifestazioni, vale Vivezza, Vee-
menza, Ardore; Purg. xvm, 106. Conv. in, 3, 76; ni, 11, 114.
Ferza, e in poesia anche Fersa, probabilm. dal lat. ferula
(cfr. per Diez, Wrt. n3 , 28): 1. Verga con una o pi
o Bacchetta,
striscie di cuoio o di minugie o di funicelle, pendenti dalla sua
cima per battere o menar colpi ; oggi comunemente Sferza Inf. ;
xvm, 35, 81. - 2. Figuratam. e in locuz. fgur. Purg. xin, 39. -
3. E per Una usava nel giuoco fanciullesco
specie di frusta, che si
del paleo per far girare l'arnese cos chiamato; Par. xvm, 42.-
4. Ferza del sole, e oggi comunemente Sferza, usato figuratam., per
1
Il gagliardo percuotere, e quasi sferzare, che fa co suoi raggi il
sole alto nell'orizzonte, nella stagione e nelle ore pi calde; Inf.
xxv, 79.
Fesso, 1. Per Aperto, Diviso, Spaccato, detto
dal lat. fissus :
di muro, terreno, Purg. x, 7. - 2. E poeticam. per Rotto,
e simili;
Interrotto, detto della luce del sole; Purg. in, 96. - 3. E detto del
corpo umano, o di alcun suo membro, vale Diviso da taglio; Inf.
xxvni, 33, 36. - 4. Vale anche Diviso in due, Bifido; ed parti-
colare aggiunto dell'unghia o del piede di certi animali, quali i
perci diconsi Animali dal pie fesso o dall' unghia fessa, per di-
stinguerli dagli Animali dal pi tondo Inf. xxv, 109. - 5. E in ;
locuz. figur. Purg. xvi, 99, sul qual luogo cfr. Ruminare.
Fesso, dal lat. fissum, Sost. 1. Piccola spaccatura o fenditura,
che avviene nei muri, negli usci, e simili, per la quale pu pas-
sare l'aria e la luce; ed anche quell'Interstizio che rimanga fra
due assi, mattoni, pietre, imposte, e simili, mal commesse; Purg.
ix, 75.-2. Per similit. Inf. xx, 24.
Fessura, dal lat. fissura : 1. L'effetto del fendere o del fen-
dersi, Fenditura, Spacco; Inf. xiv, 113.-2. E per Apertura, Fen-
ditura, naturale o fatta ad arte; ed altres Foro, Buco; Inf. Xix, 75.-
3. Poeticam. e per simil., detto per Fossa, Bolgia; Inf. xxi, 4.
Festa-Feton 777
Festa, dal lat. festa, plur. di festum:
1. Celebrazione eli.
solenne rito e cerimonia Chiesa fa in memoria di qualche mi-
la
stero in commemorazione di qualche Santo, ovvero
per solenniz-
zare il giorno del Signore; Par. xvi, 129. - 2. E per Dimostrazione
di allegrezza, di gioia, di giubbilo; edanche per Allegrezza, G
Giubbilo, Tripudio; Purg. xxx, 65; Par. xn, 22; xiv, 37; xx, 84;'
xxx, 94. - 3. E per Accoglienza molto lieta, ed altres per Care
che si facciano altrui, per dimostrazione di gioia, di benevolenza,
e simili; Purg. xxvi, 33. Par. xv, 84. - 4. Far festa le feste ad
alcuno, vale Accoglierlo, Riceverlo, con dimostrazioni di allegrezza,
di amore; Purg. vi, 81; xxix, 130. Par. xxi, 65.
Festante, Partic. pres. di festare, Che festa festeggia, Che
fa festa, Che si rallegra; Par. xxxi, 131.
Festinare, dai lat. festinare, Sollecitare, Affrettarsi, Avac-
ciarsi, Muoversi rapidamente; Purg. xxxiii, 90.
Festinato, dal lat. festinatus, Affrettato; Par. xxxn, 58, nel
qual luogo Gente festinata, cio venuta prima del naturai suo
tempo alla vita eterna, sono detti i bambini morti avanti 1' et
della ragione e fatti beati.
Festino, dal lat. festinus, Che si affretta, Sollecito; Par.
ni, 61 ; vili, 23.
Festo, dal lat. Festus, Nome dell' uno dei proconsoli romani
nella Giudea, dal cui tribunale l'Apostolo S. Paolo si vide costretto
di appellare a Cesare; Act. Apostol. xxiv, 27-xxvi, 32. Cfr. Joseph.
Antiq. xx, 8, 9. Bell. jud. li, 14, 1. Ricordato a motivo dell'appel-
larsi di S. Paolo da lui a Cesare, Mon. in, 13, 28.
Festuca, dal lat. festuca, Piccolissimo fuscello di paglia, canna,
legno, altra s fatta cosa; Inf. xxxiv, 12.
Feto, dal lat. feetus, Animale gi formato, che nel ventre
della femmina, Creatura nell'utero della donna; Purg. xxv, 68.
Feton e Fetonte, lat. Phaeton, gr. $as&ctv, Personaggio
mitologico, figlio di Elios, ossia del Sole, e di Climene, volle gui-
dare temerariamente i cavalli del Sole, onde fu fulminato e pre-
cipato Eridano. Vedine la favola Ovid. Metani. 11, 47-324.
nell'
Cfr. Nonn. xxvm, 171 e seg. 307 e seg. Lucian. Dia. Deor. 25.
Hygin. Fab. 152. Diodor. Bill. Hist. v, 23, 2. Tzez. Ghil IV, 8
Dante lo nomina, accennando alla nota favola, Inf. xvn, 107. Purg.
778 Fi '-Fiamma
IV, 72. Par. xxxi, 125. Conv. Il, 15, 41, ed accenna a lui, cio alla
relativa favola, senza nominarlo, Purg. xxix, 118 e seg. Par. xvil, 3.
Fi% Abbreviazione di Figlio, frequente negli antichi (cfr. Nan-
Nuc, Nomi, 180) e dell'uso comune in alcuni dialetti settentrionali;
Par. xi, 89.
Fiaccare, dal lat. flaccus (cfr. per Diez, Wrt.
176), In- i
3
,
debolire, Stancare, grandemente, Debilitare, Affievolire, in estremo
grado. - 1. Poeticam. per semplicemente Eompere, Spezzare; Purg.
Vii, 75. - 2. E figuratam. Inf. xn, 15. - 3. Neut. pass., per Strac-
carsi estremamente, Consumarsi, Logorare, Esaurire le forze ; Inf.
Vi, 54. - 4. In forma di Neut. Fiaccarsi, Eompersi, Spezzarsi ; Inf.
Vii, 14.
Fiala, dal lat. phiala, e questo dal gr. propriam. Ter-
cpiocXyj,
mine d'Archeologia, ed una Specie di tazza o coppa, rotonda e di
bocca assai larga; ma per estensione anche Vaso di forma consi-
mile a quella d'una boccia, Caraffa, Guastada. In locuz. figur. Par.
x, 88.
Fialte, forma antica, per Ffialte, lat. Fphialtes, gr. 'EcptXxYjs,
figlio di Nettuno
e di Ifimedia moglie di Aloo, fratello di Oto,
chiamati ambedue gli Aloidi, giganti di grandezza smisurata, che
pi degli altri si mostrarono forti ed arditi nella guerra contro
Giove cfr. Hom. II. v, 385 e seg. Odys. xi, 304 e seg. Apollod.
;
i, 6, 6; i, 7, 4 e seg. Diod. Sicul., iv, 87. Pausan., ix, 29. Apollon.
Rhod., i, 484. Hygin. Fab. 28. nominato Inf. xxxi, 94, 108.
Fiamma, dal lat. fiamma, Quel gas acceso, che si sprigiona
da materia la quale per effetto del calore va scomponendosi, o gi
scomposta, e che si leva pi o meno alto in forma come di lingua,
di cono, o simile. Voce adoperata nella Div. Coni. 46 volte, cio
11 ieWInf. (il, 93; m,99; ix, 118; xiv,33; XVI, 11; xix, 33; xxm, 39;
xxvi, 31, 38, 42, 58, 68, 76, 85 xxvn, 1, 63, 131), 1 1 nel Purg. (xxi, 95
; ;
xxn, 12; XXV, 112, 124; XXVI, 8; xxvil, 7, 26; xxx, 33,48; XXXI, 118;
xxxii, 18) e 18 volte nel Par. (i, 34, 80; Vi, 60; vili, 16; xn, 2; xiv,
52, Q6; xvi, 29; xxi, 90; xxm, 119, 125; xxiv, 146; xxvi, 2; xxviii,
4, 37; xxx, 54; xxxi, 13, 129). Oltre al signif. proprio, che il pi
frequente, la voce adoperata da Dante nei sensi seguenti: 1. Per
similit. Inf. in, 99. - 2. In locuz. figur., e figuratam., con relazione
a qualche viva o gagliarda commozione dell'animo; Purg. xxi, 95.
Par. vii, 60; xxiv, 146. Conv. ni, 1, 5. - 3. E in particolare per Pas-
sione amorosa, Pena d' amore, e simili ; Purg. xxx, 48. - 4. E poe-
Fiammare-Fianco
per Spirito fasciato di fiamma o di luce;
ticara.,
Inf. xxvi, 8]
76, 85; xxvn, 1, 131. Par. xn, 2; xiv, 66; xxm, 119; xxvi, 2. -
secondo propriet latina, per Colore di fiamma, Colore
rosseggiante;
Par. xxxi, Applicato a Fuochi cadenti dal cielo, o Meteore
13. - 6.
luminose, e poeticamente anche a Folgori e simili; Inf. xiv,
88.
7. Render fiamma, vale Produrre fiamma, Far fiamma;
Por. xv,
Fiammare, dal lat. flammare, Risplendere a guisa di fiamma,
comunemente Fiammeggiare; Par. xxiv, 12.
Fiammeggiante, Risplendente, ed anche Rosseggiante, a
guisa di fiamma; Purg. IX, 101.
Fiammeggiare, dal
flammigare, frequentativo di flam-
lat.
mare, Mandar fuori fiamme. Risplendere a guisa di fiamma, Scin-
1.
tillare, Sfolgorare di luce, Rifulgere; Purg. in, 16; xxix, 52. Par.
V, 1 ;x, 130. - 2. E figuratam. Par. xxi, 88. - 3. E per Convertirsi
in fiamma, Andare in fiamma, Ardere; Inf. xix, 28. - 4. Poeticam.,
Fiammeggiarsi luce con luce, vale Rispondere lo splendore di una
luce allo splendore di un'altra; Par. xn, 23. - 5. In forma di Sost.
Par. x, 103; xvm, 25; xxi, 69.
Fiammella, Diminut. di Fiamma: 1. Piccola fiamma, Inf.
xv, 90. Purg. xxv, 97. - 2. E figuratam. Purg. xxix, 73, nel qual
luogo Fiammelle sono detti i sette candelabri, chiamati nel v. 62
Vive luci Cam. : Amor, che nella mente mi ragiona v. 63. -
;
3. Per similit, Splendore simile a fiamma; ed anche Stella; Purg.
i, 25. - 4. E figuratam. e poeticam., per Spirito splendente di luce;
Par. xxi, 136. - 5. E per l'insieme delle fiamme cadenti dall'alto,
La pioggia di fuoco; Inf. xvu, 33.
Fiammetta, Diminut. di Fiamma: 1. Piccola fiamma; Inf.
Vili, 4. - 2. Figuratam. e poeticam., per Spirito celeste splendente
di luce; Par. xx, 148.
Fiamminghi, Abitanti della Fiandra, antica contea dei Paesi
Bassi ; Inf. xv, 4.
Fianco, secondo alcuni dal ted. ani Manca, o dal got. ({ano,
flant; secondo altri dal lat, flaccus, Molle, coli' epentesi delT ?/
;
cfr. Diez, Wrt. i 3 177. 1. Parte laterale dell'addome, che si
estende
,
dalle false coste alla cresta iliaca; Inf. xx, 115. - 2. Riferito ad es-
di al-
seri rappresentati in figura umana; Par. xxxi, 18. - 3. Detto
cuni animali a significare Quella parte del loro corpo, che si estende
780 Fiata-Fica
dalle coste all'anca Inf. ; xxxm, 36. - 4. In locuz. figur. Par. xix, 148. -
5. Per estensione, chiamata fianco Tutta la parte del corpo del-
l' uomo, la quale presso al E per la
fianco; Inf. xx, 115. - 6.
Parte laterale del corpo dell'uomo e degli animali, Lato; Par. i, 46. -
7. Onde serve pure ad indicare direzione o situazione, e vale Parte,
Lato, Mano, e simili; Inf. xvn, 69. Purg. x, 26; xxix, 67. - 8. Per
similit., la Parte laterale di checchessia: quindi Fianco d'una citt,
di un tratto di terra, e simili, per Lato Inf. xxvn, 52. Purg. vii, 71. -
;
9. Figuratam. e poeticam. detto di fiume, vale Kipa, Sponda; Inf.
xn, 4. - 10. Parlandosi di monte, colle, o simili, designa Ciascuna
delle due parti laterali comprese tra la faccia e il dorso; ma ge-
nericamente usato a denotare La superficie compresa tra la linea
della cresta e la parte pi bassa della valle corrispondente; Purg.
IV, 74. - 11. Ai fianchi, posto avverbialm., vale Presso, D'intorno,
Accanto, Allato. Detto figuratam. Conv. IV, 6, 134.
Fiata, frane, ant. foie, fie, feiede, fiede; prov., spagn. e portog.
ant. vagada; secondo alcuni dal lat. via, mediante un supposto viata
(Gita, Andata, Tornata, affini a Volta in altro senso), secondo altri
dal lat. vicis, volta, mediante alterazione di un supposto vicata;
cfr. Diez, Wrt. i 443, s. v. via. - 1. Volta; nel significato che con-
,
cerne l'unicit degli atti e degli avvenimenti o la loro ripetizione;
Inf. ir, 46; V, 130; ix, 22; x, 48, 50; xn, 34; xvn, 71; xxx, 3;
xxxn, 102. Purg. ix, 111 xxn, 104; xxvi, 101. Par. i, 128; IV, 100;
;
vi, 109; xn, 76; xvi, 38; xvm, 121; xxiv, 22; xxvi, 123; xxxi, 8;
xxxm, 17. - 2. Alla fiata, posto avverbialmente, vale Alcune volte,
Talvolta, Alle volte; Par. xiv, 20. - 3. Lunga fiata, posto avver-
bialmente, vale lo stesso che Lungo tempo, Lnngamente; Purg.
xxix, 30; xxx, 27.
Fiato, Aria che si manda fuori respirando,
dal lat. flatus,
Alito, Respiro. - Poeticam. per Soffio, detto di vento, Cosa pas-
1.
seggiera, fugace; Purg. xi, 100. - 2. E pure poeticam. per Vento;
Inf. v, 42; xxxm, 108. Purg. xxv, 113. - 3. Ed altres poeticam.
per Suono di parole, Voce Inf. xxvn, 60. - 4. E per Cattivo odore,
;
Fetore, Puzzo, con l'adiett. Tristo; Inf. XI, 12.
Fica, propriam. Parte vergognosa della fem-
dal lat. ficus,
mina. Fica o Fiche, per una certa similitudine, si chiama Quel-
1' atto di dispregio che consiste nel porre il dito grosso tra l' in-
dice e il medio, e nell' alzar la mano cos composta verso colui al
quale si vuol fare onta o scorno. Onde il modo Far la fica, e pi
comunemente le fiche, che vale Fare altrui tale atto sconcio e vi-
tuperoso; Inf. xxv, 2.
Ficcare-Fido
Ficcare, forma varia di fggere, dal lat. figere: 1. Metter*
qualche poco di violenza, Fare entrare a forza, Cacciare, Ini
riferito a cosa che s'introduca, s'inserisca, si fermi, e simili in
altra; Inf. xxx, 34. - 2. E
detto di animali e di piante Inf. xx \ 95, - ; i
,
3. E per Volgere, Dirizzare, e tener fisso, riferito a occhi, sguardo,
vista e simili; Inf. iv, 11; xn, 46; xv, 26. Purg. vm, 11; xiii,
xxrii, 2; xxvn, 126. Par. vii, 94; xxxm, 83. - 4.E figuratali!.,
riferito a cose morali;Par. xxi, 16. - 5. Per Penetrare, ed altres
Fermarsi, Fissarsi; in senso per figurato; Purg. xxi, 111.
Fico, dal lat. ficus, Albero fruttifero, del quale si cunoscono
moltissime specie; la ficus carica dei Botanici. In locuz. figur.
Inf. xv, 66, nel qual luogo Dante chiama s stesso dolce fico, e
lassi sorbi i Fiorentini.
Fidanza, dal lat. fidentia:
Il fidarsi, Condizione propria
1.
di chi si fida; Inf. xi, 54. - 2. E
per Speranza grande, Confidenza,
Fiducia, in chicchessia o in checchessia; Par. xxn, 55. - 3. A fidanza
di alcuna persona o di alcuna cosa, vale Fidando o Confidando in
essa; Purg. xiii, 16. -4. Avere fidanza, vale Confidare, Aver fidu-
cia; Purg. x, 123.
Fidare, dal lat. fidere, recato dalla terza alla prima coniu-
gazione; Commettere all'altrui fede alcuna cosa perch ti sia cu-
stodita, guardata, e simili, e ti venga poi restituita, ovvero sia
consegnata ad altrui, o ne sia fatto 1' uso che tu vuoi. 1. Figura-
tamente e poeticam., riferito a persona, e con relazione ad opera
ardua, pericolosa, e simili, vale Arrisicare, Avventurare; Inf. il, 12.-
2. E con un termine retto dalla Prep. Sopra, vale Porre con sicu-
rezza, Assicurare, e simili: anche figuratam. Par. ni, 27. - 3. Neut.
pass. Credere fermamente che alcuno non sia per ingannarti, per
tradirti, o farti alcun male; Inf xxxm, 17, dove costruito con
la particella assolutane Inf. xi, 53.-4. E per Aver fiducia
Di; e
in chicchessia o in checchessia; Esserne sicuro; pur costruito con
la particella Di: ed altres per Confidare in una persona o cosa,
Farvi sicuro assegnamento; nel qual senso costruiscesi con le par-
ticelle In, Su e Sopra: ed usasi anche assolutam. Inf. Il, 113;
v, 19 (nel qual luogo fide desinenza antica regolare per /<
cfr. Nannuc, Voci, 7-13); Purg. V, 64. Vit. N. xiv,
6.
Fidato, Che tale, da potersi fidare di lui, Che non inganna,
Fedele; figuratam. Purg. Vili, 42.
Fido, dal lat. fidus: 1. In cui possiamo fidare, o aver fiducia
pienamente ; Alla cui fede ci possiamo commettere, Su cui possiamo
782 Fie-Fiero
fare assegnamento sicuro; Fidato, Fedele, Devoto; Inf. xn, 100;
Purg. xvi, 8. - 2. E fguratam. Purg. ni, 4. - 3. Pur figuratane,
detto di cose, atti, servigi, e simili; Purg. xvn, 10. - 4. E altres
fguratam. detto di asilo, riparo, nascondiglio, e simili, vale Sicuro;
Inf. xiv, 100. - 5. E per Che serba fede; Che adempie con fedelt
e premura affettuosa i propri doveri e promesse verso alcuno; Che
non vien meno mai a quegli quali per le relazioni scam-
ufficj, i
bievoli sono dovuti ad alcuno; Leale; Par. xv, 131. - 6. E per Fi-
dente, Che si affida; ed altres Che si confida, Sicuro; Par. xr, 34.
Fie, forma antica per Fia, Sar; Par. VII, 114. Cfr. Corticelli,
1. i, e. 32. Nannuc, Verbi, 464 e seg.
Fiede, da fedire, mutata la r in d, come in contradio per
contrario, e simili: Ferisce, Taglia, Divide; Inf. x, 135. Purg.
ix, 25 ; xxvni, 90. Par. xxxn, 40.
Fiele, e poeticam. Fele, dal lat. fel, Liquido di un colore
giallastro tirante al verde, che si depone in
separa dal fegato e si
una vescichetta che sta attaccata a questo viscere. - 1. Figuratam.
Purg. XX, 89. - 2. Pur figuratam. per Amarezza, Dispiacere, Affanno,
Dolore; Inf. xvi, 61.
Fier, da ferire, per Fiere, Ferisce, Percuote; Inf. ix, 69; x, 69;
xi, 37. Cfr. Ferire.
Fiera, e poeticam. Fera, dal lat. fera, Animale selvatico;
per similit. e poeticam., detto pure di animale favoloso o immagi-
nato, Inf. I, 42; il, 119; vi, 13; vii, XII, 76; xni, 8;
15; IX, 72;
xvii, 1, 23, 114; xxv, 59, 113, 136. Purg.
94; xxvn, 84; xxxi,
vi,
80, 122; xxxn, 96. Par. iv, 127. Sull'allegoria delle Tre fiere, che
si opposero alla salita di Dante
al dilettoso monte, cfr. i singoli
articoli Lonza, Leone, Lupa. Sulla biforme, o doppia
: fiera, la
quale sola una persona in due nature (Purg. xxxi, 80, 122;
xxxn, 96), cfr. Grifone.
Fieramente, dal lat. ferus, In modo fiero, Con fierezza. -
1. Per Veementemente, Gagliardamente, riferito a sentimenti del-
l' animo,
e pi spesso ad amore, odio, avversione, e simili Inf. ;
x, 46. - 2. E per Con forte risentimento, Con veemenza, o forse an-
che Con fierezza; Purg. xix, 29.
Fiere, Ferisce, Percuote; Inf. x, 69; XI, 37. Cfr. Ferisce, Fier.
Fiero, e poeticam. Fero, dal ferus: 1. Che ha come na-
lat.
tura di fiera, Violento, Crudele, Spietato detto anche d' indole,
;
Fiesolano-Fiesole
Natura, e simili; Inf. xn, 107; xxr, 31; xxxi, 84. Purg.
xvn, 26
2. E detto di animale, Che ha natura, istinto, feroce;
ed altres
Inferocito; Inf. xvn, 80; Par. iv, 5. - 3. Figuratali),
e poeticam
detto di parti del corpo, di membro o di certi organi, in
quanto
appartengono a persona od animale fiero; Inf. ix, 42; xxxi,
68.
Purg. vi, 14. - 4. Detto di luogo, vale in cui stanno, Nel quale,"
presso quale, abitano persone fiere: e detto altres di
il
luoghi
infernali; Inf. xxm, 135; xxiv, 123. Purg. xiv, 60. - 5.
E pei Or-
ribile, Spaventevole, Che desta orrore, ribrezzo e simili;
Inf. xxn, 14 ;
XXXlll, 1.- 6. E per Soverchiamente rigido, Assai ritroso, Non pnto
compiacente, e simili detto pi spesso di donna amata, ed anche
;
di moglie; ed altres dei loro atti, contegno, parole, e simili; Inf
xyi, 45. Gonv. ni, 9, 8, 32. Cam. : Amor, che nella mente mi
ragiona, v. 76. Cam.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 5.
Fiesolano, lat. Fcesulanus, di Fiesole. Dante, il quale si pre-
tendea disceso dal seme Romano e non dal Fiesolano, da' quali in-
sieme congiunti la cittadinanza Fiorentina era nata, chiama con
disprezzo Bestie Fiesolane i Fiorentini suoi concittadini Inf. ;
xv, 73.
Fiesole, lat. Fcbsuo e Fcesua, Citt antichissima, una delle
dodici Etrusche, edificata sopra una collina al N. E. di Firenze, ridotta
oggi a un sempliee borgo. Secondo la leggenda fu edificata dal re
Attalante, nato di quinto grado di Giafet, figliuolo di No (cfr.VlLL.,
I, 6, 7), col consiglio di Apollonio astrologo, e fu la prima citt, co-
struita nel luogo pi sano d' Europa, e di qui il suo nome Fie
: sola.
1 Eomani vi furono sconfitti dai Galli o Gallici nel 225 a. Cr. Sulla
la colonizz co' suoi veterani. Pi tardi la citt divenne famosa
come la principale arme di Catilina, dove egli venne,
piazza d'
dopo aver cospirato contro Roma, e dove i Romani lo inseguirono
e lo combatterono, sotto il comando dei consoli Metello e Fiorino,
il secondo dei quali mor in battaglia, ed il loro esercito fu pie-
namente disfatto presso l'Arno. A vendicarli per venne Giulio Ce-
sare, il quale pose l'assedio a Fiesole, la distrusse, e poi sul luogo
stesso dove era stato ucciso Fiorino, fu edificata una citt nnova,
che da lui prese il nome di Fiorenza (Villari, Stor. di Fir. i, 53).
Fu ricostruita, secondo la leggenda, da Attila re degli Unni (che
molti antichi confondono con Totila). 1 Fiorentini la conquistarono
nel 1010 (storicamente nel 1125), e patteggiarono che chi volesse
uscire della citt di Fiesole e venire ad abitare in Firenze, potesse
venire sano e salvo con tutti i suoi beni e cose.... per la qua]
in grande quantit ne scesero ad abitare in Firenze, onde poi fu-
rono e sono grandi schiatte in Firenze (VlLL. IV, 6). Dante, il quale
784 Fievole-Fifanti
con tutti i suoi contemporanei riteneva la leggenda per istoria, no-
mina Fiesole Inf. xv, 62. Par. xv, 126; xvi, 122, e vi accenna senza
nominarla Par. vi, 53. Cfr. Firenze e le opere ivi registrate.
Fievole, dal lat. barb. flebilis e flevilis per Debole, Di poca
forza, Che ha poco vigore ; Inf. xxiv, 64.
Imitanti, antica famiglia Fiorentina, detta anche dei Bogolesi,
dai quali prese il nome
suburbano poggio, che fu poi detto
1' allora
Boboli, dove questa famiglia aveva i suoi orti e la villa. Questa
famiglia nominata tra le antiche Fiorentine Par. xvi, 104, nel
qual luogo per la comune, col Vat., Pai. ed altri codici, invece di
Fifanti legge Sifanti. Ma una famiglia Sifanti non si trova che
esistesse mai a Firenze; cfr. Vill. v, 38; vi, 2. Todeschini, ii, 421.
Hartwig, Quelen und Forschungen, l, 167 nt. 2. - Nei registri
dei Consoli si leggono i nomi di Bonfantino di Bogolese nel 1183,
di Ugolino nel 1185, di Chianni o Giovanni nel 1191 e 1192. Bieco
sedea tra i Consiglieri del Potest nel 1201 quando fu ratificato
l'accordo con i Senesi. - noto quanta parte avessero i Fifanti al
cominciamento delle civili discordie, perch Oddarigo fu con Mosca
Lamberti e cogli altri congiurati uno degli assassini di Buondel-
monte dei Buondelmonti: poi dopo cinque anni fu iniziatore di altra
lotta non meno sanguinosa, poich fu il primo in Roma a colpire
gli ambiasciatori di Pisa, da che ne venne il principio delle guerre
per due secoli combattute tra i Fiorentini e i Pisani. - Non occorre
il dire che i Bogolesi e i Fifanti furono tra i pi arrisicati ghi-
bellini che avesse Firenze, e tutti gli storici raccontano come fu-
rono costretti per la loro alterigia a partirsi dalla citt nel 1258.
Tornativi dopo la vittoria di Montaperti, furono tra i pi prepo-
tenti in comune, ma ne pagarono il fio nel 1267, allorquando, cac-
ciati inesilio, vollero tener testa ai guelfi a Sant'Ellero, dove al-
cuni di essi perirono combattendo, ed altri furon fatti prigioni e
poi a Firenze decapitati. - La pace del 1280 non riapr ai Fifanti
le porte della patria perch anzi si volle in queir atto solenne
;
confermato il bando di ribellione contro Cione di messer Truffo
Fifanti e contro Bogolino e Perino di Banieri dei Bogolesi. - La
riforma del Comune nel 1282 fu nuovo motivo di umiliazione a
questa casa che venne esclusa dalle Magistrature; il divieto fu con-
fermato quando vennero promulgati gli Ordinamenti di giustizia
nel 1293; e fu reso perpetuo dalla Kiforma del 1311 che prese il
nome da Baldo d'guglione. E questa l'ultima menzione dei Fi-
fanti che veggasi fatta nelle pubbliche carte. Lord Vernon, Inf.,
voi. il, p. 473 e seg.
Figgere-Figlia
Figgere, dal lat. figere, Lo stesso che Ficcare, detto cos di
persone come di animali. Il Partic. pass, ha due forme,
Fisso e
Fitto (come nel lat. fixus e fictus). Nella Div. Coni, questo
1
rerbo
adoperato 18 volte, 10 nell'I^/ (vii, 121; x, 34 xv, 82- xvi
,
;
xix, 50; xxm, 9; xxx, 130; xxxn, 60; xxxiv, 103, 120)', 4
nel Purg
(xn, 28; xiv, 10; xix, 30; xxxn, 132) e 4 nel Par. (i, 54,00;
VII, 96;
xxi, 92), per lo pi nel significato di Ficcare. In altri'
significati:
1. Per semplicemente Mettere, Porre, dentro a checchessia; liona-
tamente, riferito a cose morali; Inf. xvi, 53. - 2. E assolutala., ri-
ferito a persona, per Mettere in una buca, a capo fitto, a line di
supplizio; Inf. XIX, 50. - 3. Riferito a occhi, sguardo, e simili, vale
Volgere, Dirizzare, e tener fisso, Fissare; Inf. x, 34. Par. i, 54. -
4. Al partic. Fitto, per Trafitto; Purg. xn, 28.
Figghine (detto anche Figline), Terra sulla riva sinistra del-
l'Arno, nel Valdarno superiore, fra Pontassieve ed Arezzo, nelle cui
vicinanze, sul ponte Begli Strolli, passava la Via Cassia. Era un
castello molto forte e ben popolato, i cui abitanti ricusarono di ub-
bidire al Comune di Firenze, onde nel 1224 i Fiorentini guastarono
ilsuo territorio, senza riuscire per ad impadronirsi del castello.
Nel 1250 i guelfi vi ebbero una vittoria sui ghibellini. Nel 1252 i
ghibellini esiliati da Firenze vi si rifugiarono e ribellarono il ca-
stello alla repubblica, onde i guelfi vi posero 1' assedio e 1' otten-
nero a patto che gli esiliati potessero tornare a Firenze e che i ri-
bellati rimanessero illesi tanto nella vita che nella roba. Contro alle
date promesse i terrazzani vennero spogliati ed il castello fu arso
ed abbattuto; cfr. Loria, 315. Da Figghine ven-
Vill., vi, 4, 51.
nero molte famiglie arricchite in poco tempo, e tra le altre quella
de' Serristori, onde Dante ricorda Figghine l dove egli deplora la
confusion delle persone; Par. xvi, 50.
Figlia, dal lat. filia, La generata, rispetto ai genitori, e pro-
priamente dicesi dell'uomo. 1. Nel signif. proprio; Inf. iv, 126.
Purg. xv, 101; xvi, 140; xx, 80. Par. vi, 133; xv, 104; xxxn, 131.
Conv. il, 6, 10 iv, 25, 59. - 2. Per simil. Par. xxvi, 93. - 3. Figu-
;
ratamente e in locuz. figur. Conv. Il, 13, 53; II, 16, 78; III, 12, 88. -
4. Pur figuratam. e poeticam., detto di cosa che sia generata, pro-
dotta, derivata, da un'altra; Par. xxvil, 137 (sul qual luogo cfr. pi
sotto al num. 13). - 5. Estensivamente, con relazione a Dio in quanto
padre di tutte le creature; Par. xxxiii, 1. - 6. E figuratam., detto
-
di citt, rispetto alle sue origini e a' suoi fondatori; Conv. i, 3, 10.
7. Figlie di Adamo, detto per Donne Purg. ;
xxix, 86.
8. La Bella figlia del re Manfredi Costanza, l'ultima del
sangue degli Svevi, moglie di Pietro HI re d'Aragona e poi di Si-
50. Enciclopedia dantesca.
786 Figlia
cilia, madre di Federigo, che successe al
padre nel regno di Sicilia,
e di Iacopo, succeduto al padre nel regno d'Aragona; Purg. in, 115
(cfr. Onore). - 9. La Figlia di Taumante, Purg. xxi, 50, Iride,
ossia l'arcobaleno; cfr. Iki. - 10. La Figlia di Tiresia, Purg. xxn, 113,
non pu essere che Manto, essendo pi che dubbio se Dante abbia
avuto notizia delle due altre pretese figlie di Tiresia, Dafne ed Isto-
riatele, e, anche dato che ne avesse notizia, il suo modo di esprimersi
escludendo la possibilit di intendere di altra figlia di Tiresia che
della generalmente conosciuta. Inoltre si tratta in questo luogo pur
delle genti tue, v. 109, cio dei personaggi cantati da Stazio, il
quale infatti canta di tutte le persone quivi nominate, ed anche di
Manto (Theb. IV, 463 e seg.; vii, 758 e seg.; x, 639 e seg.), mentre
di Dafne e di Istoriade non fa veruna menzione. I pi, riferendo
YEvvi al primo cinghio del carcere cieco del v. 103, e rammen-
tando che altrove (Inf. XX, 52 e seg.) Dante pose Manto non nel
primo cinghio, cio nel Limbo, ma tra g' indovini nella quarta
bolgia dell' ottavo cerchio, si avvisano che non Manto, sibbene
Dafne, oppure Istoriade sia questa Figlia di Tiresia (cos primo
Rosa Morando in Div. Comm. ed. Zatta, Ven. 1757, voi. ni, Appen-
dice, p. 33, e, seguendo lui, la gran maggioranza dei moderni). Secondo
altri (Vell., Mazzoni, Difesa di D. i, 1031, Veni., Filai, Bl., Witte,
Notter, Longf, Franclce, ecc.) Dante si sarebbe qui dimenticato di
aver posto Manto nella quarta bolgia e non nel Limbo. Nessuno
degli antichi accenna qui ad una difficolt qualunque sino al Benv.,
il quale d anche la sola vera interpretazione: Hic videtur autor
contradicere sibi, qui posuit istam inter divinatores, nunc ponit eam
inter animas piorum; potest dici breviter quod hic non respicit ad
limbum, sed ad carcerem caecum. Il Quivi del v. 109 e YEvvi del
v. 113 non sono da riferirsi a Primo cinghio, ma a Carcere cieco,
onde Virgilio, rispondendo a Stazio, dice semplicemento che i per-
sonaggi da lui cantati sono nell' Inferno. Cos pure W. W. Vern.,
Poi., ecc. Cfr. Gom. Lips. IT, 431 e seg.
11. La Figlia di Belo, Par. ix, 97, Didone, figlia di Belo
re di Tiro (cfr. ViRG. Aen. i, 621, 729 e seg.), la quale arse di amore
per Enea (cfr. Virg. Aen. iv, 2, 68, 101 ecc.). - 12. La Figlia di La-
tona, Par. x, 67; xxn, 139, la Luna. - 13. La Bella figlia Di quei
ch' apporta mane e lascia sera, Par. xxvn, 137, secondo gli uni
la Chiesa, o i Pastori della Chiesa, secondo altri l'Aurora, l'Uma-
nit, la Sembianza dell'uomo, la Pelle dell'uomo, l'Atmosfera, la
Luna, Circe figliuola del Sole, ecc. Dan. (copiato poi &WAn. Fior.):
Qui conclude che s come nel decorso del tempo dell' uomo che
prima innocente e fedele, poi si incredulo e odioso, cos avviene
alli sposi della santa Chiesa, che in prima furono buoni ed ora sono
Figlia 787
rei; e per dice a tal modo: la pelle della bella figliuola, per lo
pastore, di bianca doventa negra in quello primo aspetto nel
quale
nulla secreto. - Ott.: La vita umana, eh' e figlia del
Sole. -
Petr. Dant., Falso Bocc, ecc. taciono. - Cass. : De la bella
figlia,
idest diei, di quel, scil. solis. Hic asimilat auctor dictam
naturali!
ita delirantem filie solis. - Palat.: Si comparatio est, vel Aurora
intellige cuius est pria rubicunda facies et alba, postmodum aver-
tente die rugescit. Et bene dixit nel primo aspetto, quia potius
videtur quam sit; est enim obnubilatio aeris rore pluente. Vel :
clesiam intellige, quse puris moribus in aspectu Dei qui primum
est omnium, fit ex alba nigra, idest ex bona mala; et sic non
comparatio. - Benv: Della bella figlia, idest, humamu creatura,
di quel che apporta mane, e lascia sera, scilicet solis, solis dico
justitiae, scilicet Dei, qui affert, idest, lucem gratise, et dimittit sero,
idest, remittit tenebrositatem peccati. - Buti: Della Luna. -
Serrav. : Pulcbra filia est prima etas, idest infantia: moraliter,
pellis alba est virtus pura et lucida: fit nigra filia propter vitium.
Idest: homo virtuosus, homo quando est virtuosus, dicitur filius
Dei, solis justitie; sed quando fit vitiosus, tunc pellis, que fuit alba,
fit nigra: nam mane Deus dat gratiam, sero dimictit peccata. Ana-
gogice sic: pellis alba, Ecclesia primitiva fuit; Ecclesia primitiva
fuit tota alba et pura; modo est nigra propter pravitatem pasto-
rum eius. - Land,: Dell'umana natura, la quale figliuola del
Sole.... et allegoricamente intendiamo il Sole esso Iddio.- Tal.:
Della bella figlia, idest creature,Di quei eh' apporta, idest Dei,
qui apportat nobis lucem, et remittit peccata. Alius sensus [est]
anagogicus, idest divinus;.... prima apparentia istius Ecclesie, que
pulcra erat a principio, facta est turpis et viciosa. - Veli.: E
cos 1' apparenza dell' umana natura figliuola del Sole,.... essendo
pura ed immaculata, diventa defettiva, e viziata talmente, che va
di bene in male. - Cos in sostanza Dan., Dol., VenL, Lomb. ed
il pi dei moderni. - Com. Lips. : Pelle ha qui il significato di
sembianza, apparenza; il primo aspetto il divino, l'occhio di
Dio; la bella figlia la Chiesa (cfr. Psal. xliv, 14. Cant. Vii, 1, ecc.,
passi che si intendevano della Chiesa); Quei ch'apporta mane e
lascia sera il Sole spirituale ed intellettuale, Dio, che Dante
chiama ripetute volte Sole. Quindi interpretiamo: In tal modo la
bianca apparenza della Chiesa si fa nera nell'aspetto di Dio (cfr.
Par. xxvn, 23, 24. All'obiezione che Dante non avrebbe chiamato
Iddio Quei eh' apporta mane e lascia sera hanno risposto anticipa-
tamente Benv. ed altri antichi. Se Dai te chiama Iddio Sole.
che mai non poteva egli chiamarlo, parafrasando, Quei ch'apparta
mane e lascia sera ? - Giova confrontare Galanti, Leti. XII e XIII
788 Figliare-Figliastro
della seconda serie su Dante Al. Prato, 1884, quantunque n i suoi
argomenti sembrino validi, n le sue ragioni persuasive.
Figliare, Far figli, Dare Figuratam. e poe-
alla luce il feto. 1.
ticamente, usato a denotare eterna generazione del Divin Padre;
1'
Par. x, 51. - 2. Per Dare alla luce, Partorire, ed anche Procreare.
Detto Figuratam. Purg. xiv, 117. - 3. Per similit. detto della terra,
per Mandar fuori, Produrre; Purg. xxviii, 113.
Figli astro, dal lat. filiaster, che si legge, egualmente che
filiastra, in antiche iscrizioni, e poi fu del bassoe del barbaro
latino: Figlio moglie, avuto da altro marito; o del marito,
della
avuto da altra moglie; ed anche Figlio illegittimo d'uno de' co-
niugi. Nel luogo Inf. xil, 112, Dante us probabilmente Figliastro
nel senso di Figlio snaturato. Si raccontava cio, che Azzo Vili,
figlio di Obizzo da Este, avesse soffocato il proprio padre con un
piumaccio; cfr. Murat. Script, ix, 253. Masetti, in Omaggio a
Dante, Eoma, 1865, p. 580 e seg. De Leva, in Dante e Padova,
Pad., 1865, p. 237 e seg. Sardi, Hist. Ferrar. 143. Del Lungo, Dante
ne' tempi di Dante, Boi., 1888, p. 386-96, 407 e seg. - An. Sei. :
Azzo, il quale egli tenia per suo figliuolo (ma alcuno disse che
fu figliuolo de l'imperatore Federigo) s l'uccise colatamente, e poi
prese la signoria del marchesato. - Dan.: Messer Azzo da Este
f' morire lo detto Opizzo suo padre.... Or lo chiama l'autore Figlia-
stro in per quello che a far morire lo padre non amore filiale. -
Petr. Dant.: Quia crudum, et horribile et absurdum est, ut quis
patrem occidat, idcirco auctor vocat eum privignum et non filium. -
Cos pure Ott., Cass., ecc. Bambgl. tace; Iac. Dant. ha qui una la-
cuna. - JBocc: L'autor mostra di voler seguire quello che gi da
molti sidisse, cio questo Azzo, il quale Opizzo reputava suo
figliuolo,non essere stato suo figliuolo; volendo questi cotali la
marchesana moglie d' Opizzo averlo conceputo d'altrui, e dato a
vedere ad Opizzo che di lui conceputo l'avesse. - Falso Bocc.:
Fumorto daunsuo figluolo e figliastro delmarchese Acco. - Benv.:
Azo filius fecerit ipsum iuvari citius mori.... Et hic nota, quam
pulcre et honeste autor palliad istud factum, vocans filium filia-
strum, quasi velit innuere, quod non possit cadere in mente ali-
cuius, filium presumere aliquid contra patrem ideo bene dicit,
;
quod vere fuit extinctus a privigno, non a vero flio, quia natura
non patitur hoc. - Buti: Fu ucciso dal figliuolo; e perch pare
una abominazione lo chiama figliastro, e molti dicono che fu pur
figliastro. - An. Fior.: Uno suo figliuolo, il quale ebbe nome
Azzo, essendo il detto Obizzo infermato, con un pimaccio, andando
Figlio-Figliole
a lui al letto, V affog. Et per che pare dura cosa a credere
che'l
figliuolo uccida il padre, l'Auttore immagina che la donna
del
detto Obizzo, forse alcuna volta che Obizzo era
cavalcato altro
il dovesse acquistare da alcuno altro uomo;
et pertanto l'Ani
noi chiama figliuolo d' Obizzo, ma chiamalo figliastro.
Figlio, dal lat. flius, Il generato, rispetto ai genitori; e pro-
priamente dicesi dell'uomo. Questa voce occorre naturalment.
nelle opere di Dante. Nella Div. Coni, trovasi adoperata 12
toI
10 nell'In/", (iv, 56; vii, 115; x, 60; xxm, 40, 51 xxvi, 91 xxvm,
; ; 1
xxx, 5; xxxi, 121; xxxm, 35), 14 nel Purg. (in, 66; Vii, 101; xn,
XVI, 132; XVIII, 124; XX, 52, 59; xxm, 30; xxv, 35; xxvi, 95; xxvn,
35, 128; xxvm, 66; xxx, 79) e 18 volte nel Par. (vi, 109; vili, S, 1
x, 1; xv, 27, 52, 94; xvn, 3, 94; xix, 92; xx, 45; mi, 5, 146; xxm,
107; xxvn, 1; xxix, 1 xxxi, 33; xxxm, 1). - 1. Nel signif. proprio;
,
Inf. IV, 56; x, 60; xxm, 40. Purg. vii, 101 xn, 52; xvm, 124. Par.
;
Vili, 8, 126; xx, 45, e spesso. - 2. Per estensione, detto di bestie;
Par. xix, 92. - 3. Come espressione di tenerezza, detto a persona,
la quale per ragione di et, di parentela o di parentado, d' affetto,
per essersi amorevolmente sottoposta, o simili, si abbia in conto
di figlio; Inf. vii, 115; Purg. in, 66; xxv, 35; xxvn, 35. Par. xvn,
94, ecc. - 4. E usato a denotare la Seconda persona della Trinit;
sia posto assolutamente, sia con alcun aggiunto o compimento, ed
anche con relazione a Maria Vergine in quanto s'incarn in essa;
Par. x, 1; xxm, 107; xxvn, 1; xxxm, 1. - 5. Figlio d'Adamo, vale
Uomo, Creatura umana; Conv. iv, 15, 50. - 6. Figli della Terna
sono detti i Giganti della mitologia; Inf xxxi, 121 (cfr. Giganti). -
7. Figli di Levi, Purg. xvi, 132, sono i Leviti, discendenti di Levi,
figlio del patriarca Giacobbe, i quali furono esclusi dal retaggio
della Terra promessa, essendo vocati a dedicarsi intieramente al
Culto; cfr. Num. xxxv, 2-8. Josue, xxi, 1-42. - 8. Il figlio di Giove,
Par. xxn, 146, il pianeta Marte, il cui troppo caldo, come il troppo
freddo di Saturno, temperato da Giove; cfr. Conv. II, 14, 146 e seg. -
9. I figli di Latona, Par. xxix, 1, sono il Sole e la Luna (cfr. L v-
tona). - 10. Il figlio d'Elice, Par. xxxi, 33, la costellazione di
Boote o Artofilace. - 11. 1 figli di Zebedeo, Mon. in, 9, 56, sono i
due fratelli S. Iacopo e S. Giovanni, Apostoli di Cristo; cfr. S. Matt.
IV, 21.
Figliole e Figliuole, dal vocat. lat. flliole, diminut. di
filie, Figliuolo; Purg. xxm, 4. La forma Figliole o Figliuole, vo-
cat. di Figliuolo, si us anticamente anche in prosa; cfr. Nannuc,
Nomi, 152.
790 Figliuola-Figo
Figlinola e Figliola, Femm. di Figliuolo e Figliolo; dal
diminut. di fllia.- I.La figliuola di Minoi, Par. xm, 14,
lat. filiola,
Ariadne o Arianna, la cui corona di fiori fu trasformata da Bacco
in costellazione; cfr. Ovid. Metani, vili, 174 e seg. Fast, v, 345. -
2. Figuratam. Canz.: Gli occhi dolenti per piet del core, v. 75.
Figliuolo e Figliolo, che nel plur. fa anche poeticamente
Figliuoi per apocope Figliuo', dal lat. filiolus, diminut. di
e,
filius; Lo stesso che Figlio: ma ha in s qualche cosa di pi af-
fettuoso, ed assai pi frequente nel parlar comune. Nella Div.
Coni, questa voce si trova 35 volte, 13 nell'Ira/", (i, 74; ni, 121;
Vii, 61; Vili, 67; XI, 16; xiv, 101; XV, 31, 37; xix, 70; xxix, 117;
xxxin, 38, 48, 87), 12 nel Purg. (i, 33, 112; IV, 46; vili, 88; x, 84;
xii, 39, 71; XV, 89; xvn, 92; xvm, 137; xxv, 58; xxvn, 20) e
10 volte nel Par. (i, 102; vii, 119; xv, 27; xvi, 60; xxv, 52; xxvi,
115; xxvn, 24, 64; XXXI, 112; xxxn, 113). - 1. Nel signif. proprio:
Inf. xiv, 101; xxix, 117. Purg. i, 33; x, 84; xvm, 137.- 2. Per
similit. Conv. iv, 27, 59. - 3. Usato nel plur., comprende, insieme
coi figliuoli, i nepoti e ci propriamente per ragione di affetto
;
paterno; Inf. xxxni, 38, 48, 87. - 4. sovente usato come denomi-
nazione amorevole, specialmente rivolgendo altrui la parola, rife-
rito a persona, e propriamente minore o di condizione o d' et, verso
la quale colui che parla abbia affetto come di padre, ed anche sem-
plicemente voglia dimostrare benevolenza; Inf. in, 121; vii, 61;
Vili, 67; xi, 16; xv, 31, 37. Purg. i, 112; iv, 46; vili, 88; xvn, 92;
xxv, 58; xxvn, 20. Par. xxvi, 115; xxvn, 64. - 5. Ed usato egual-
mente che Figlio, a denotare la Seconda persona della Trinit sia ;
posto assolutam. sia con qualche aggiunto o compimento, ed anche
con relazione a Maria Vergine nella quale s' incarnato; Par.
vii, 119; xxvn, 24; xxxn, 113. Conv. n, 6, 60. - 6. Figliuoli d'Eva,
vale Uomini, Creature umane; Purg. xn, 71. - 7. Figliuolo della
Chiesa, vale Cristiano che ne segue fedelmente g' insegnamenti.
Fedele, Credente; Par. xxv, 52. - 8. Figliuolo di grazia, maniera
biblica, che denota L' uomo redento da Cristo, Il giusto Par. ;
xxxi, 12. - 9. Il Figliuoi d'Anchise, Enea; Inf. i, 74; Purg.
xvm, 137. - 10. Figliuoi dell' Orsa, indica un membro della fa-
miglia romana degli Orsini, i quali portavano un orso nel loro
stemma; Inf, xix, 70. Et dice ch'egli fu figliuolo dell'orsa,
per che cos si scrivono gli Orsini de fliis ursce; An. Fior.
Figo, dal lat. ficus, Fico ; Inf. xxxin, 120. Figo colla g in-
vece della e, come si scrisse in tutte le lingue romanze : prov.
figa, figua ; frane, ant. figue ; spagn. ant. figa. Cos gli antichi
Figura-Filare
dissero fatigato per faticato, pogo per poco, amigo per amico,
a
Ugo per antico, ecc. Cfr. Nannuc, Voci, 64 e seg. Sulla mani
proverbiale Riprender dattero per figo cfr. dattero.
Figura, dal lat. /%wra; 1. Forma esteriore delle cose, Ci clic
rappresenta un oggetto; Inf. xvm, 12; xxv, 71, 10. Purg. i\.
xvn, 53. Par. xx, 34. - 2. Poeticam. e figuratam. per la Cosa Bte
in quanto ci vien rappresentata dalla sua forma; Inf. XVI, 131;
Par. xxr, 17.-3. E per Sembiante, Corpo, umano, Persona; /'-
III, 17; x, 131. Par. V, 137. - 4. E per Abito del corpo; Fattezze;
Inf. vi, 98. - 5. E per Immagine, Ombra, Fantasma; Vii. N. IH, 4. -
6. Vale anche Immagine, sia di uomini, sia di animali, sia di cose,
modo ritratta; Purg. x, 45; XXXIII, 80.
o scolpita o dipinta, o in altro
Conv. iv, 10, 80. -7. Term. di Geometria: Superficie o solido ter-
minato o circoscritto da tutte le parti; Par. xxx, 103. Conv. ir, 14,
155. - 8. Per Forma che un' aggregazione di persone o di cose vien
pigliando nel disporsi in tale o tal guisa; Par. xvm, 78, 8G. -
9. E per Immagine simbolica, Simbolo; Conv. iv, 28, 75. - 10. Terni.
di Kettorica: Forma di dire che si discosta dal comune ed ordinario
uso, e che serve a dare o maggior grazia, o pi vivacit, o pi
forza, al discorso;Conv. i, 2, 93. - 11. Figura di sigillo, vale L'im-
magine rappresentata in un sigillo; Par. xxvn, 52. - 12. Sotto
figura, posto avverbialm., vale Velatamente, Usando parole figu-
rate; ed altres Per via di allegorie e di simboli; Conv. iv, 1, 66.
Figurare, dal lat. figurare, Dare determinata figura o forma a
checchessia, Dargli la sua propria figura. -1. Per Rappresentare; Par.
xxv, 32. - 2. Per Indicare, Rappresentare con segni Conv. iv, 6, 20. - ;
3. Vale pure Descrivere; Par. xxm, 61. - 4. E vale anche Rappresen-
tare checchessia, mediante immagini, allegorie, parabole e simili;
Conv. iv, 9, 75; iv, 26, 46. - 5. Usato per Raffigurare, Ravvisare;
Inf. xvm, 43. - 6. E per Prender aspetto, parvenza; Purg. xxv, 107.
Figurato, dal lat.figuratus, Che ha figura, Che ha sua propria
forma, Formato. 1. E per Che ha figure scolpite o dipinte, disegnate
o in qualsivoglia altro delineate e impresse; ed altres Or-
modo
nato di figure, Lavorato con figure, e simili; Purg. xn, 23.- 2. E per
Modo figurato di esprimere un concetto; Conv. iv, 24, 69.
Filare, dal lat. filum: Ridurre in filo; Unire i peli della lana,
o di altra simil materia, ovvero il tiglio del lino o della canapa,
torcendoli e riducendoli alla maggior sottigliezza possibile. 1.
cos pr-
signif. proprio; Conv. IV, 5, 56. - 2. In locuzioni poetiche,
792 Filio- Filippo III, l'Ardito
prie come figurate, riferiscesi alla vita umana, secondo la favola
delle Parche; Purg. xxi, 25. - 3. E in locuz. figur. Purg. vi, 144.
Icilio, dal lat. filius, forma antica, alla latina, per Figlio; Par.
xxiii, 136.
Filippeschi, antica famiglia nobile e ghibellina d'Orvieto;
Purg. vi, 107. Cfr. VlLL. ix, 40.
Filippi, plur. di Filippo; Purg. XX, 50, nel qual luogo si ac-
cenna ai Francia di nome Filippo, discendenti di Ugo Capeto,
re di
cio Filippo I, m. 1108; Filippo li, Augusto, detto il Conquista-
tore, m. 1223; Filippo III, l'Ardito, m. 1285; Filippo IV, il Bello,
m. 1314; Filippo V, il Lungo, m. 1322.
Filippi, antica nobile famiglia di Firenze; Par. xvi, 89. Cfr.
Vill. iv, 13. Ebbero case nel primo cerchio.... Si chiamarono an-
cora della Filippa, e quando fu ingrandita Firenze eostruirono in
Terma le loro Un
Brunello Filippi, che altri appellano
Torri....
Braccio, vuoisi armato cavaliere da Carlomagno pi tardi si legge ;
il nome di Uguccione di Gianni tra i Consiglieri che ratificarono
la pace con i Senesi nel 1201. Che la famiglia aderisse a parte ghi-
bellina rilevasi dal trovare nel libro del Chiodo, tra i ribelli, mes-
sere Albertino, Chiaro ed Arrigo della Filippa; e pi ancora dal
bando che pose a prezzo il capo di Giovanni e di Lippo figli di
Testa, perch nel 1312 erano venuti a combattere contro la patria
sotto le bandiere di Arrigo VII imperatore. Infine non deve tacersi
di frate Matteo, uno dei primi Fiorentini che professarono la re-
gola domenicana, a cui per le sue virt si presta culto di Beato
sopra gli altari. Lord Vernon, Inf. voi. n, p. 475.
Filippi, ol 3>Xitwcoi, citt della Macedonia (cfr. Herodot., v, 26;
Vi, 46), celebre per la vittoria ivi riportata da Augusto nel 42 a. Cr.
sopra Bruto e Cassio. Vi si accenna senza nominarla, Par. vi, 73
e seg.
Filippo Argenti, cfr. Argenti, Filippo.
Filippo III, l'Ardito, re di Francia, secondogenito di
Luigi IX, padre di Filippo il Bello e Nacque
di Carlo di Valois.
nel 1245; successe a suo padre nel regno il 25 agosto 1270, allor-
ch padre e figlio si ritrovavano ali assedio di Tunisi, al tempo
1
della seconda crociata. Mor a Perpignano il 6 ottobre 1285, dopo
che il suo esercito navale fu sconfitto e la sua flotta disfatta da
Filippo IV, il Bello -Filomela
Buggero Lauria, ammiraglio di Pietro III re d'Aragona. ri.
dato per perifrasi Purg. vii, 103 e seg. Cfr. Nasetto.
Filippo IV, Bello, re di Francia, figlio di Fili,,],,, l'Ar-
il
dito, famoso per sue lotte col papa (cfr. Bonifazio Vili). Nacqne
le
nel 1267, succedette a suo padre nel regno il 6 ottobre 1285, as-
sunse, qual marito di Giovanna di Navarra, il titolo di Re di Francia
e di Navarra, guerreggi dal 1294 in poi contro l'Inghilterra, sop-
presse nel 1306 l'Ordine de' Templarj, e mori il 29 novembre 1814.
Di lui il guelfo Vill. IX, 66: Mor disavventuratamente, clic
sendo a una caccia, uno porco salvatico gli s'attravers tra le gambe
del cavallo in su che era, e fecelne cadere, e poco appresso mor
(cfr. Par. xix, 120). Questi fu de' pi belli uomini del mondo, e
de' maggiori di persona, e bene rispondente in ogni membro, savio
da s e buono uomo era, secondo laico, ma per seguire suoi di- i
letti, e massimamente in caccia, s non disponea le sue virt al
reggimento del reame, anzi le commettea altrui, sicch le pi volte
si reggea per male consiglio, e quello credea troppo, onde assai pe-
ricoli vennero al suo reame. Invece Dante inveisce ripetutamente
contro Filippo, cui egli chiama il mal di Francia, dalla vita
viziata e lorda, Purg. vii, 109 e seg.; il nuovo Pilato, Purg.
XX, 91; il gigante che delinque colla puttana, Purg. XXXI I, 1
xxxiii, 45; un falsator della moneta, Par. xix, 118 e seg. Si al-
lude pure a lui con acerbo biasimo Inf. xix, 87.
Filli, Fillide, cfr. Eodopea.
Filo, dal lat. filum, Tiglio canapa e di altre
del lino, della
piante tessili, ovvero lana, seta, cotone, ridotto, mediante partico-
lari operazioni, lungo, cilindrico, sottile, e che, unito in due o pi
capi, serve a cucire, tessere, e ad altri lavori, od usi. - 1. Per si-
milit., Filo di ferro, vale sottile e- lungo come filo,
Ferro ridotto
mediante la filiera; Purg. xm, Per Linea, Tratto, che de-
70. - 2.
termina un dato spazio o superficie; ed altres Tratto che forma
-
l'estrema parte di checchessia; anche per similit. Par. x, 69.
-
3. Andare in filo, vale Andare l'uno dopo l'altro; Purg.
xxiv, 66.
4.Mettere alcuno in buon filo, vale Metterlo sulla diritta via, sulla
buona strada; Par. xxiv, 63.
Filomela, dal lat. philomea, e questo dal gr. cpiXouv-v
la mito-
gnolo, poeticam. cos chiamato dal nome della donna che
logia finge mutata in quest'uccello. Vi si allude Purg. 13
ix, e ie(
Xvn, 19 e seg. La relativa favola raccontata diversamente |
Meurs, De Begn. Athen. il, 4 e seg. Voss, ad Virg.
v, Ed
-
794 Filosofante-Filosofo
p.335 e seg.). Sembra che Dante si attenesse al racconto di Ovidio,
Met. vi, 412-676. Cfr. Pkogne.
Filosofante, dal lat. philosophans, propriam. Partic. pres.
di Filosofare. - In forma d'Add. Che filosofa, Che
1. attende alla
filosofia; Conv. iv, 2, 118. - 2. In forza di Sost. Chi professa filo-
sofia, Filosofo Conv. il, 13, 37, sul qual passo cfr.
; specialmente
Hettinger, Dante's Geistesgang, Cologna, 1888, p. 32-56.
Filosofare, dal lat. philosophari, e questo dal gr. cpiXoaocpsv,
Speculare per ritrovare il vero ed altres Attendere a filosofia,
;
Professare filosofia; Anche per similit. Par. xxix, 86. Conv. m, 13,
9, 11; III, 14, 101.
Filosofia, dal lat. philosophia, e questo dal gr. cpiXoaoqxa, che
propriamente vale Amore della sapienza: Scienza delle cagioni su-
preme e delle ragioni ultime delle cose; Scienza dell'ordine uni-
versale. Nella Div. Com. questa voce occorre una sola volta, Inf.
xi, 97; invece nel Conv., che essenzialmente un'apoteosi della
voce si trova naturalmente quasi in ogni capitolo, alle
filosofia, la
volte ripetutamente, come in, 11 (15 volte) e seg. - 1. Nel senso
proprio: Inf. xi, 97. Conv. il, 3, 36; in, 2, 107; III, 15, 88, ecc. -
2. In locuz. figur. e figuratam. Conv. il, 13, 39, 54; il, 16, 79; in, 11,
3. 12, 41, 44, ecc. - 3. E secondo il senso etimologico, per Amore,
Studio amoroso, della sapienza in generale Conv. in, 12, 24, 71, ecc. -
;
4. Prima filosofia si disse per Metafisica; Conv. 1,1, 1. Jfow.ni, 12, 2.
5. Filosofia morale chiamata la Parte della filosofia che tratta del
Bene morale, e dei modi per i quali l'uomo pu effettuarlo; Scienza
dell'arte del bene; Morale; Etica; Conv. n, 15, 93 e seg.; in, 15, 111;
IV, 6, 101. - 6. Filosofia, vale anche dottrina filosofica di uno scrit-
tore od autore ; Conv. IV, 6, 96.
Filosoficamente, In modo filosofico, secondo i principj o
criterj della filosofa, Da filosofo; Conv. IV, 14, 106. - E per Ptetta-
mente, Come il buon ragionamento richiede, Secondo le norme della
sana filosofia; Conv. il, 5, 27.
Filosofico, dal lat. philosophicus ; Di filosofia, o di filosofo,
1.
Concernente la filosofia, o chi la professa, Attenente a filosofia o a
filosofo;Par. XXVI, 25. Conv. IV, 6, 3. - 2. E per Costituito, For-
mato, da filosofi, o dai filosofi; Inf. .iv, 132.
Filosofo, dal lat, philosophus, e questo dal gr. cpiXaocpos, che
propriamente yale Amico della sapienza; Chi professa filosofia, Chi
attende alla filosofia. - 1. Filosofo, per antonomasia, chiamarono gli
Finale-Fine
antichi e chiama Dante Aristotile; Vit. N. XXV, 10; xui 20. I
i, 1, 1; i, 12, 16, 56; II, 1, 82; li, 3, 10, e sovente; Mon. i, 3, ;;
;
i, 5,
10, 23; i, 10, 18;
11, 23, e sovente. - 2. Filosofo, con qualchi
i,
giunto, come cristiano, morale, e simili, vale Chi
segue quella data
scuola filosofica, o Chi tratta, Chi professa, quella tal
parte <li filo-
sofia. E altres Chi si governa conforme prescrivono le nonne <li
quella tal filosofia; Conv. v, 22, 1.
Finale, dal basso lat. fnalis, Che riferiscesi alla fine, o (Mie
include la fine di checchessia. 1. Per Del fine, Che risguarda il line,
ossia lo scopo, l'oggetto, ultimo dell'agente; ovvero Che line o
scopo ultimo delle creature; Conv. iv, 6, 41, 54; v, 22, 14.-2. Ag-
giunto di cagione o di causa, Term. del Linguaggio filosofico, e
vale Che muove l'agente ad operare, A cui, come a fine, della pro-
pria operazione, intende l'agente, e si distingue dalla materiale, for-
male, efficiente, agente, ecc., Conv. il, 8, 32.
Finalmente, Alla fine, All'ultimo. E per Affatto, Del tutto,
Totalmente; Vit. N. xvi, 14.
Finch, e scritto anche disgiuntamente Fin che, dal lat.
finis, Cong. denotante durata, o continuazione di un'azione, di un
fatto o di uno stato fino al tempo che un'altra azione o fatto o stato
incominci o succeda. Costruiscesi col verbo nel Modo cong. o indicat.
Denota altres durata o continuazione d'azione o di stato per tutto
il tempo che dura o continua un' altr' azione o stato; nel qual senso
costruiscesi col verbo nel Modo indicat. Inf i, 110; v, 111; IX, 78;
xix, 111; xxvi, 68.Purg. v, 39; xn, 3, 69; xvm, 33; xx, 141; xxiv,
72, 86; xxvi, 126. Par. vii, 30; x, 81; xvm, 16; XXI, 106; XXIV, 47;
xxvi, 75; xxvn, 74.
Fine, dal lat. finis, Sost. di genere comune, adoperato sovente
nelle opere di Dante; nella Div. Com. 37 volte, cio 9 neWln/.
(V, 66; vi, 76; ix, 95; xi, 23; xiv, 4; xvn, 0; xxm, 9; xxv, 1 xxvi ;
11 nel Purg. (ih, 137; IV, 94, 132; xvm, 1, 137; xx, 12; xxv, 127 ;
xxix, 2; xxx, 110; xxxn, 101; xxxm, 109) e 17 volte nel Por.(l, 107;
il, 120; vi, 38; vii, 68; vili, 104; xi, 42; xin, 138; xvi, 138; ITU,
112; xix, 51; xxn, 35; xxm, 123; xxv, 97; xxvn, 60, 81;xxvm. 52;
xxxn, 46). - I. Punto che segna il termine, Punto di l dal quale
si cessa; e pi largamente Parte ultima, estrema. E il suo opposto
Principio. - 1. Nel signif. propr. Conv. il, 14, 155, 157. - 2. E detto
di cosa che si faccia o avvenga, di atto od operazione, di condizione
o stato, e simili; Inf. xxm, 9. - 3. E in particolare, detto di di-
scorso o scrittura, o di parte di essa; Inf. xxv, 1. Purg. MIX, 2.
796 Fine
Par. xxv, 97. Conv. iv, 29,11.-4. E detto di un determinato tempo,
stagione, o simili; ed anche assolutam. per un dato tempo; Par.
Vi, 38. -
5. Per lo stesso Terminamento o Cessazione di checchessia;
ed anche II venir meno; Il mancare; Conv. iv, 28, 38. - 6. Detto
di cosa materiale, significa Parte che non ne ha ne pu averne altra
dopo di Parte ultima, Estremit Inf. xvn, 6. - 7. E per Punto
s, ;
al perviene nell'adempimento o compimento di checchessia,
quale si
Termine; Purg. iv, 94. - 8. E per Modo come una cosa o fatto termina
o compie; Esito, Evento, Conclusione; Par. xxvn, 60. Conv. i, 10,
si
8. E per La cessazione della vita, Morte per lo pi con relazione
- 9. ;
al modo o alle circostanze di questa; Purg. iv, 132. Canz. : Le
dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 138. - 10. E per Confine, Ter-
mine; Conv. ni, 4, 78.- 11. Fine della terra, vale Le estreme parti
di essa, od anche tutta quanta la sua estensione Inf. xxvn, 78. -
;
12. Al fine, che pi comunemente scrivesi congiunto Alfine, posto
avverbialmente, vale Finalmente, Alla fine, e poeticam. anche Al-
l'ultimo, Da ultimo; Inf. v, 66. Par. xni, 138. - 13. Alla fine, posto
avverbialmente, vale Finalmente; Conv. in, 3, 45. - 14. Al fine, Alla
fine, Nella talvolta con qualche possessivo, vale In fine di vita,
fine,
Quando uno per morire, che oggi comunemente dicesi In fine;
Purg. ni, 137. - 15. Senza fine, posto avverbialmente, vale Infini-
tamente; Purg. xx, 12. Par. xvn, 112.-16. E usato a modo di ag-
giunto, vale Infinito; Conv. iv, 4, 89. - 17. Aver fine, vale Finire,
Terminare, Cessare di essere, di avvenire, di farsi; Par. vii, 68.
Conv. n, 15, 80. - 18. Per Aver confine, Aver termine, Essere finito;
Par. XIX, 51.- 19. Aver fine in checchessia, vale poeticam. Aver suo
termine in quello, Avervi il proprio adempimento o compimento;
Par. xxvni, 52. - 20. Andare, Venire, Riuscire, e simili, a fine buono,
lieto, ovvero cattivo, triste, e simili, vale Finire bene, ornale: detto
cos di cosa o fatto, come anche di persona; Conv. in, 12, 56. -
21. Porre, o Mettere, fine a checchessia, vale Finire, Cessare, di
fare quella data cosa, o di essere in una data condizione; Inf. vi, 76.
Purg. Conv. ni, 15, 161. - 22. E per Far Cessare, Rimuo-
xviii, 1.
vere; Par. xvi, 138. - 23. Venire a fine, tale quale designato dal
compimento, e detto di persona, vale Finir bene o male, Riuscire
a bene o a male; Conv. ni, 12, 56.
IL Fine, prendesi anche per ci a che l'uomo operando intende,
Quello a che un'azione coi debiti mezzi rivolta o indirizzata; Scopo.
E in tal senso usasi solamente nel gen. masc. - 1. Nel signif. propr.
Par. xi, 42. - 2. Per similit. e poeticam., con relazione alla volont
di Dio, o alla divina Provvidenza; Inf. ix, 95. Par. vili, 104. - 3. E
per Ci che in un'azione, od anche un atto intorno delle falcolt no-
stre, ha suo termine, compimento, adempimento ed altres II com-
;
Finestra-Finire
pimento o adempimento medesimo; Inf. xi, 23. Vit. N. xvm
Conv. ni, 7, 29; ni, 15, 77; iv, 12, 72.-4. E per Intendimento]
Disegno, detto di Dio; Conv. iv, 5, 78.- 5. Per estensione,
de
di cose, a significare Ci a che ciascuna tende per natura, o
secondo
l'ordine naturale rivolta; Ci per cui , si compie, avvi
tfta,
e simili; Conv. IV, 4, 36; iv, 6, 64.-6. E detto di animali, od
seri viventi, e in generale di qualsivoglia cosa creata, valr rj
cui ciascuno di essi ordinato, indirizzato, e simili; J ur<j.xxx. Un.
}
Conv. IV, 6, 47, 76. - 7. Fine, nel linguaggio filosofico, intoni
Ci che si cerca o si appetisce per se stesso, e non per altra ra-
gione; Ci che ha in s la ragione ultima delle altrui operazioni
o degli altrui desiderj. Onde le locuzioni Vero fine, Ultimo fine,
Proprio fine, e simili, usate a significare Quello che realmente e
degnamente corrisponda a siffatta disposizione dell'umana natura;
Conv. IV, 6, 55. - 8. E ultimo fine prendesi altres per Quello che
in una serie coordinata di atti od operazioni il principale ed a
cui mirano gli speciali fini di ciascuno di tali atti od operazioni;
Conv. IV, 6, 43 e seg. - 9. E Fine, cos da per se, come con ispe-
ciali compimenti, e Ultimo fine, pure nel linguaggio dei Filosofi e
dei Teologi, detto Dio, come Termine supremo e naturale di tutti
gli affetti ed atti dell'uomo; Par. I, 107; xxxm, 46.
finestra, dal lat. fenestra, Apertura che si fa nelle pareti
esterne degli edifzj, a una certa altezza dal pavimento, e che serve
a dar luce ed aria all'interno di essi; ed altres, parlandosi spe-
cialmente di quelle delle abitazioni, per affacciarvisi.- 1. Figuratam.
e in locuz. figur. Conv. IV, 8, 65. - 2. Per Taglio grande, Squarcio,
Apertura in generale, Foro, e simili. Figuratam, e poeticam. Inf.
xin, 102.
Fingere, dal lat. fingere, usato per Eappresentare, Descrivere,
e simili; Purg. xxxn, 69.
Finire, dal finire: 1. Condurre al debito termine, Compire,
lat.
Terminare; Purg. v, 101. - 2. Eiferito a vita, giorni, o simili, vale
Cessarne, Terminarne, il corso morendo, Toccarne con la morte la fin." :
Par. xix, 132. - 3. E per Porre fine, Fare che alcuna cosa ces>i. Pai
cessare. Poeticam., riferito a condizione del soggetto
la
terminare,
quale venga di per s a cessare, che ad esso venga meno; P
xxxm, 48. - 4. E riferito ad argomento, materia, tema, e simili, pei
intel-
Trattare compiutamente, Esaurire; Cam.: Donne, ch'avete
Limitare, Ter-
letto d'amore, v. 3. - 5. E con propriet latina, per
tempi
minare, Circoscrivere; ma non se ne trova esempio che
in
fine, Cessar di
composti; Conv. IV, 9, 13, 20. - 6. Neut. pass. Aver
798 Finito-Fino
essere, Terminare; detto di azione od operazione, sentimento od af-
fetto, fatto o avvenimento, condizione od ordine di cose, istituzione
e simili. Talvolta anche in forma di Neut. pass. Purg. xxm, 79.
Conv. IV, 13, 36. 7. Detto di persona, vale Mancar di vita, Morire
- ;
e in tal senso uniscesi spesso con gli avverbj Bene o Male, od anche
con altro simile, e vale Morire in grazia di Dio, con sentimenti di
piet, e simili; ovvero il contrario; Far buona, o cattiva, fine; Cam.:
Donne, ch'avete intelletto d'amore, v. 61.
Finito, dal lat. finitus: 1. Partic. pass, di Finire; Inf. in, 130.
Purg. xxv, 130. Par. xxiv, 112. Conv. iv, 13, 6. - 2. In forma d'Add.,
riferito, a persona, per Che ha finito la vita, Passato di questa vita;
Morto; Purg. Ili, 73.-3. Riferito figuratane), all'uomo o alle sue
facolt o qualit, ovvero a mondo, natura, o a ci che con questi
abbia attinenza, vale Limitato, Terminato, Circoscritto; in corre-
spettivit delle cose soprannaturali; Conv. iv, 9, 14.
Fino e Fine, ted. fein, oland. fijn, ingl. fine, sved. fin, dan.
fiin, frane, ant. e mod., provenz., ecc., fin; in tutte le quali lingue
la voce vale originariamente Puro, eccellente nel suo genere. Alcuni
credono, ma nonpare ammissibile, che sia una forma sincopata dal
per Diez, Wrt. i 3 180. Propriam. vale Che ha poco
lat. finitus. Cfr. ,
corpo, Sottile, Tenue, Minuto: contrario di Grosso. - 1. Per Che
eccellente, ottimo, nel suo genere, Che della miglior qualit; con-
trario di Grossolano, Ordinario; Par. ix, 69.- 2. Detto in partico-
lare di oro o di argento, vale propriamente Che senza lega, Che
non ha impurit alcuna e prendesi generalmente anche per Eccel-
;
lente, Ottimo; Inf. xiv, 106. Purg. vii, 73.-3. E figuratam., detto
di cosa morale; Conv. Ili, 2, 116. -4. Usato anche per Perfetto, Puro,
Vero, e simili, detto di amore, piet, amist, coraggio, cortesia, e
simili; ed altres di bellezza o piacenza, pregio, e simili; Ball. :
Fresca rosa novella, v. 5, 6, 33.
Fino, Prep. denotante il termine, al quale giunge e nel quale
ha moto,
fine il il corso di un'azione, o l'estensione di una cosa;
usato eziandio in maniere figurate. Regge comunemente il termine
stesso mediante la particella A, od anche In. Dal lat. fine, ablat.
di finis, usato con lo stesso senso in forma di prepos. e reggente il
genit. od anche il dat. Si trova adoperata 5 volte neWInf. (xn, 116;
xvi, 63; xx, 36, 78; xxvi, 104), 4 nel Purg. (iv, 39; xvm, 137; xix,
69, 112) e 4 nel Par. (in, 100; xi, 66; xiv, 128; xxxi, 115). 1. Nel
signif. propr. Inf. xvi, 63; xx, 36, 78; xxvi, 104. Par. xxxi, 115, ecc-
2. Denotante il termine di tempo, al quale si estende e giunge la
Finora-Fioco
durata di una cosa, di uno stato, di un'azione, e simili-
Pura
XVIII, 137; XIX, 69. - 3. Fino o Finche, Fino a che,
Fino a tanto
che, In fin che, ecc., maniere congiuntive denotanti la durata
o con-
tinuazione di un'azione, di un fatto o di uno stato fino al
tempo
che un'altra azione, o fatto o stato succeda; e reggono il veri...
oel
Modo congiunt. od indicat. Purg. iv, 89.
Finora, Fino a questo tempo. E per Fin d'ora, Fin da qu<
tempo, da questo momento; Inf xxvn, 101.
Fio, dall'ani frane, fien, feu, fiu ; prov. feu, fieu, e questi dal
ted. fihu, antico sassone fehu, ted. moderno Vieli, che vale Bestiame;
3
cfr. Diez, Wrt. , 180 e seg. Ammenda per male commesso; e in
i
pi largo senso, Gastigo, Punizione. Pagare il fio, vale Portare le
pene di una colpa commessa; e in pi tenue significato Ricevere
danno di qualche errore, imprudenza, e simili; Inf xxvn, 135. Purg.
xi, 88.
Fioccare, da Fiocco, e questo dal lat. floccus, Cadere a fiocco
a fiocco, Cascare foltamente; detto propriamente della neve. E, con
qualche compimento retto dalla particella Di, per Abbondare, Esser
pieno, di checchessia; Par. xxvn, 67, 71.
Fioco, Etim. oscura; secondo il Diez (Wrt. il 3 29) probabilm. ,
da roco, lat. raucus. La Cr. Probabilm. dal lat. fuscus, che detto
:
di voce vale Non chiaro, quasi rauco: caduta la s, come in fiocina
(dal lat. fuscina), e cambiata la sillaba fu in fio, come in essa vece
fiocina e in fionda (dal lat. funda). Zamb.: Potrebbe venire da
roco, lat. raucus, passando per le forme froco, fioco, ovvero da
flaccus, flaucus, flocus, come vuole il Mahn. Nel primo caso il si-
gnificato originario sarebbe rauco, nel secondo, debole.- 1. Che
ha la voce abbassata e non chiara; Che ha perduto il naturai tuono
e la chiarezza della voce per infreddatura o per altra cagione; Inf.
(? cfr. num. 7); xiv, 3. Cam.: Donna pietosa e di
I, 63 novella
etate, v. 54. - 2. E detto della voce stessa, del suo tuono, di gridi,
e simili, vale Basso, Non chiaro, Indebolito, per qualsivoglia ca-
gione; per similit., detto di cosa, strumenl
Inf. v, 27. - 3. E
simili, vale Che manda fuori un suono smorto o sgradevole, e in-
-
distinto o non chiaro; e altres Di debol suono; Inf. xxxi, 18.
!>
4. Figuratam. e con propriet pi che altro poetica, vale
Fiacco, Languido, Smorto, e simili; Inf. nr, 75; xxxiv, 22.-5. Pnre
figuratam. poeticam. detto di discorso, parole, e simili, vai. Non
e
bene intelligibile, Oscnro; Par. xi, 133.-6. E altres per Manche-
disputabile
vole, Difettivo, Inefficace; Par. xxxm, 121. -7. Assai
800 Fioco
il significato della i, 63. Pare che voglia
voce fioco nel luogo Inf.
dire Debole, cio che per esser morto da gran tempo addietro la-
sciava apparire sotto la sembianza corporea dell'uomo la vanit
della forma. Bambgl.: Quasi deletum ex longa taciturnitate et
tenuis ac modice sonoritatis quia dudum fuerat ex vita sublatus. -
Iac. Dani., An. Sei., ecc., taciono. - Fan.: Qui intende silenzio
lo non essere in uso a li mondani, che a questo tempo sono, lo libro
di Virgilio siche per non usanza pare fioco, cio arocato, n non
desso suona alcuna cosa. - Ott. : Per non essere in uso lo suo
parlare poetico e ornato a' moderni. - Petr. Dant.: Et quod dicit,
quod erat ipse Virgilius fiocus, idest non dare loquens, significat
quomodo dieta rationalis scientia suis auribus nondum aperte sua-
debat in principio tali vel loquitur de ea ratione prout in genere
:
potest assumi decepta et confusa ab appetitu in primo homine. -
Gass. ha qui una lunga chiosa, dalla quale per non si rileva come
egli intendesse il verso. - Bocc: Fioco, il che avviene, o perch
da alcuna secchezza intrinseca s rasciutta la via del polmone, del
quale la prolazione si muove, che le parole non ne possono uscire
sonore e chiare, come fanno quando in quella via alquanta d'umi-
dit rivocata; o talvolta, che il lungo silenzio, per alcun difetto
intrinseco dell' uomo, provoca tanta umidit viscosa in questa via,
che similemente rende l' uomo meno espeditamente parlante, infin-
tantoch o rasciutta o sputata non . Ma non credo questo l'autore
intenda qui, ma piuttosto per difetto delli nostri ingegni, i libri
di Virgilio essere intralasciati gi tanto tempo, che la chiara
fama di loro quasiperduta o divenuta pi oscura che esser non
solea. - tace. - Benv. : Quidam, supple, che parea
Falso Bocc.
fioco, idest raucus, scilicet Virgilius, per lungo silenzio, idest diu-
turna taciturnitate, quia steterat jam per mille trecentos annos
sine locutione. - Buti: Finge 1' autore che costui fosse fioco (cio
roco) per lungo silenzio, litteralmente denotando i studi poetici da
pochi essere esercitati, impigriti li uomini alli studi de' poeti e
dell'arti e scienzie, e diventati solliciti delle cose del mondo; e
quando poeta non si studia, non parla, e cos si pu dire fioco
il
diventato per lungo silenzio. - An. Fior.: Dice che per che gli
uomini, intenti alla cupidigia delle cose terrene, hanno abandonato
il libro di Virgilio come degli altri poeti, et quanto in loro fatto
fioco, et non suona chiara come gi son la fama et la sua rino-
manza. - Serrav.: Quia longum tempus erat quod ipse morie-
batur, vel longum tempus erat quod nemo studuerat librum Vir-
gili], vel quia pauci utebantur ratione recta, figurata per Virgilium.
Fioco: idest obscurum. - Barg.: Uno, che per lungo silenzio, per
aver lungamente taciuto pareva fioco, cio rauco, e non aver la voce
Fiordaliso-Fiore
chiara, o veramente la pareva aver fievole, secondo
ci
molto tempo sta senza parlare. - Land.: Significano
gilio la dottrina e la parte razionale dell'uomo,
meritamente i
lungo silenzio parea fioco, perch gran tempo prima A de
ri-
sualit nell'uomo, che la ragione, e questa governa e
comand
l'uomo, e col suo bestiai governo lo regge, e la ragione i
(Tormentata tace, n prima che sia a mezzo del cammino si desi
parla. Ed allora parla fioco, perch nonostante che cominci ad
ec-
citarsi la ragione,nondimeno, essendo ancora sommersa nella sen-
sualit, non pu da principio parlar chiaro. Possiamo ancora di
che Virgilio parea fioco per lungo silenzio, perch inaino a Dai
era stata la lingua latina molti secoli male intesa, e quasi in
lenzio, e massime Virgilio, e Dante fu il primo che investig gli
alti sensi di Virgilio. - Geli: Significa con questo modo di dire
il tempo grande, che l'opere di esso Virgilio non erano state lette da
nessuno, o veramente da pochissimi conciosia cosa che da eh' e' man
;
la lingua latina, che fu nel tempo che passarono in Italia Goti, i i
Vandali e Longobardi, in sino a' tempi di Dante si avesse pochis-
sima cognizione delle lettere latine. - Cos pure Dan. e molti altri.
Sopra alcune interpetrazioni moderne cfr. Emilio Bertana, Per V i
terpretazione letterale del verso Inf. I, 63, Modena, 1893. ANTO-
GNOM, Saggio di studi sopra la Biv. Com., Livorno, 1893, p. 4
e seg. Fiahmazzo, Di una terzina dantesca, Udine, 1885. 6r?V,
Dani, t, 130 e seg.; li, 36, e seg.
Fiordaliso, dal frane, fleur de lys: 1. Giglio; Purg. xxix, 81. -
2. E figuratam. per Insegne della Reale Casa di Francia, le quali
consistevano in tre gigli d'oro in campo azzurro; Purg. XX, 86.
Fiore, dal lat. flos, Prodotto della vegetazione delle piante fa-
nerogame, il quale precede al frutto, e che quando perfetto con-
tiene gli organi sessuali della pianta e la polvere fecondatrice, ed
fornito della corolla e del calice. Trovasi questa voce adoperata
16 volte nel Purg. (vii, 76,82; vili, 100; ix, 54; xxiv, 147; xxvii, 99,
134, 142; xxvni, 41 due volte; xxix,88, 148; xxx, 20,28; xxxn, 39, 114)
e 15 volte nel Par. (ix, 130; xix, 22; XXII, 48; xxiu, 80, 88; xxvn, 148;
xxx, 65, 95; xxxi, 10, 16, 19; xxxn, 18, 22, 126; xxxm, 9). Tenendo
conto della circostanza, che Purg. xxvm, 41, la voce adoperata due
volte nello stesso verso, abbiamo il fatto, forse da non attribuire
al caso, che Fiore adoperato in 15 versi del Purg. e in altrettanti
del Par. Questo fatto una prova di pi che nel luogo Inf.
ix,
codd. (cfr. llOO]
la vera lezione fuori, come hanno quasi tutti i
codd. legge la
Crit., 296 e seg.), non gi fiori, come con pochissimi
51. Enciclopedia dantesca.
S02 Fiore-Fiorenza
volgata. Onde abbiamo pure l'altro fatto, che neYInf. Dante uon
ha mai adoperato la voce Fiore.
1. Nel signif. propr. Purg. vii, 76; vili, 100; ix, 54; xxiv,
147, ecc. Conv. in, 12, 58, 60.- 2. Figuratam. e in locuz. figur. Par.
xxn, 48; xxvn, 148. - 3. E Fiore dicesi in modo particolare Quello
che nasce spontaneamente dal suolo, detto perci anche Fiore di
campo, e Quello che per la bellezza de' suoi colori, o per la sua
fragranza, o per l'una qualit e l'altra, si coltiva con arte, e dicesi
perci anche Fiore di giardino; dei quali si fanno mazzi, ghirlande
e simili; Purg. vii, 82; xxvn, 99; xxx, 28.-4. Per similit. e poe-
ticamente, detto degli spiriti celesti raccolti nell'empireo, e disposti
in modo da formare una rosa; Par. xxxi, 10, 16, 19; xxxn, 126;
xxxiii, 9. - 5. E figuratam. e poeticam., parlandosi di spiriti celesti,
e della Vergine; Par. xix, 22; xxjii, 88. - 6.E pur figuratam. e
poeticam., per La moneta d'oro fiorentina, detta Fiorino, dall'im-
pronta del giglio, che portava in uno de' suoi lati; Par. ix, 130.
Fiore, Un minimo che, un nonnulla, usato specialmente nelle
maniere Fior d'ingegno, Fior del verde, ecc., Inf. xxxiv, 26. Purg.
ni, 135, nel qual luogo i pi (Cass., Buti, Land., Veli., Vent.,
Lomb., Por tir., Pogg., Biag., Costa, Ces., Tom., Br. B., Frat., Greg.,
Andr., Giul., Bennas., Camer., Campi, Corti., Poi., ecc.) leggono
HA fior del verde ed intendono: Mentre che l'uomo ancora nella
prima vita ed ha ancora il tempo di convertirsi a Dio. Alcuni leg-
gono, ma senza 1' autorit di codd., fuor del verde, che il Dan.
spiega: Traslato dalle candele, e' hanno quel poco verde infine, al
qual come giunge la fiamma, riavendo gi il bianco della candela
consumato, si dice esser giunta al verde. - Nel luogo Inf. xxv, 144:
se fior la penna abborra, Fior avverbio e vale Un poco ed il
senso : Se la penna si ferma un po' pi lungamente del solito a
descrivere le cose da me vedute in questa settima bolgia; cfr. AB-
BORRARE.
Fiorentino, 1. Acid. Proprio di Firenze, o dei Fiorentini; Purg.
XI, 113; xxm, 101.-2. In forza di Sost., Cittadino di Firenze; Inf.
vili, 62;xvn, 70; xxxin, 11. Par xvi, 61. Vulg. El. I, 9, 31; I, 11,
19, ecc. - 3.Alti Fiorentini sono detti gli illustri, grandi, nobili,
Cittadini di Firenze; Par. xvi, 86.
Fiorenza e Firenze,secondo la leggenda dal consolo ro-
mano Fiorino, ivi ucciso; secondo altri da Fluentia, perch posta
sul corso del fiume Arno; secondo altri poi, dai molti fiori che cre-
scono sul suo terreno. Fiorenza la forma antica, Firenze la forma
moderna. Nella Div. Coni, occorrono ambedue le forme, le quali va-
Fiorenza
riano nei codd. e nelle ediz. La
citt di Firenze nominata;
Tnf. \
ivi, 75; xxiv, 144; xxvi, 1; xxxn, 120. Purg. vi, 127; XX, 75. Par.
97; xvi,84, 111, 146, 149 xvn, 48; xxix, 103 xxxi,39. Cane. km r.
; ; :
dacch convien pur ch'io mi doglia, v. 77. Cam.: patria, de-
gna di trionfai fama, v. 50. Conv. I, 3, 16; IT, 14, 129; iv, 20.
Vulg. El. I, 6, 15, 19, 26; I, 13, 17; il, 6, 35; II, 12, 12. Si parla
di Firenze, senza nominarla espressamente, o circonscrivendone il
nome, In/", vi, 49, 61; x, 26; Xlil, 143; xv, 78; XVI, 9; xxm, 95. Purg.
in, 102; XIV, 64; xxm, 96; xxiv, 79. Par. vi, 54; ix, 127; xv, 110,
132; XVI, 25; xxv, 5. Canz.: O patria, v. 63. Vit.N. Vi, 6; Vili, 4;
IX, 3; xix, 11; xxxi, 2, 4; xu, 5. Cono, iv, 27, 71.
L'origine di Firenze, come la storia dei suoi primi tempi, invi-
luppata da foltissime tenebre. Secondo la leggenda creduta una volta
storia (cfr. Par. XV, 125), Giulio Cesare, dopo avere distrutto Fie-
sole, edific la citt di Firenze sul luogo stesso, dove i soldati di
Catilina avevano ucciso il console Fiorino e disfatto l'esercito ro-
mano. La nuova citt fu costruita a similitudine di Roma, col Cam-
pidoglio, il Foro, il Teatro, le Terme, e fu perci chiamata la pic-
cola Roma (cfr. VlLL., i, 28). Nel quinto secolo dell'era volgare la
sempre secondo la leggenda, fu distrutta da Totila(che la leg-
citt,
genda chiama flagelum Dei, scambiandolo con Attila, il quale non
venne mai a Firenze; cfr. Inf. xm, 148 e seg. VlLL., Il, 1 e seg.),
che fece poi riedificare la citt di Fiesole. Firenze fu poi riedificata
da Carlo Magno, questa volta a similitudine di Roma cristiana (cfr.
VlLL., ili, 1 e seg.). Storicamente pu ritenersi quasi per certo che
Firenze deve le prime sue origini alla etrusca Fiesole, i cui mer-
catanti incominciarono dal formare un emporio sull'Arno, l dove
il Mugnone si congiunge con esso (cfr. Inf. xv, 61 e seg). Cosi,
a poco a poco, si costruirono capanne, che divennero case, le quali
formarono poi una citt rivale. Ma questo avvenne solo per opera
dei Romani, ed il tempo preciso ne rimane oscuro. Non sembra per
probabile che si possa rimontare a pi di due secoli avanti Cristo
(Vilari). Nei 542 Totila fece veramente porre l'assedio a Firenze,
ma suoi e ritirarsi nel Senese. Pi tardi
dovette richiamare i i Goti
s'impadronirono bens di Firenze, ma non la distrussero. N la di-
strussero i Longobardi, che verso il 570 occuparono la Toscana; ma
ai tempi loro fu distrutto il commercio di Firenze, i cui cittadini
ricoverarono in non piccol numero a Fiesole, onde nella seconda meta
del secolo Vili si parlava di Firenze come di un borgo di Fiesole.
La citt cominci poi a rifiorire ai tempi di Carlo Magno, il quale
nel 786 vi celebr il Natale e difese pure beni della chiesa fio- i
rentina contro aggressioni dei Longobardi, onde la leggenda lo
le
disse il riedificatore di Firenze. J)a quell'epoca in poi Firenze con-
804 Fiorenza
tinu sempre a prosperare, sebbene issai lentamente. Essa ebbe i
suoi duchi o marchesi, i quali andarono lentamente ma costante-
mente crescendo di forza e di potenza. Nel secolo XI fu governata
dalla celebre contessa Matilde, la grande e potente amica di papa
Gregorio VII, la quale, venendo a morte nel 1115, lasci in testa-
mento tutti i suoi beni alla Chiesa, onde le contese tra il Papa e
l'Imperatore, ognuno dei quali avanzava le sue pretese, l'uno come
erede di Matilde, l'altro come autorit suprema del Margraviato di
Toscana. Da queste lotte trasse origine il Comune di Firenze. Quegli
stessi Grandi, che avevano amministrato guidato il po-
la giustizia,
polo, comandato il presidio in nome di Matilde, ora, che ella pi
non c'era, n altri ne aveva preso il posto, continuarono a governare
in nome del popolo, che nelle occasioni pi solenni consultarono.
Cos essi divennero i Consoli del Comune, che si pu dir nato, senza
che alcuno se ne avvedesse ( Villari).
L dove Dante parla delle origini di Firenze, egli si attiene in
generale alla leggenda. Un po' leggendaria senza dubbio anche
quella commovente descrizione che egli fa della sua Fiorenza dentro
dalla cerchia antica, che si stava in pace, sobria e pudica (Par.
xv, 97 e segg.). Ma ben pi che di Firenze antica, parla il Poeta
nelle sue opere, e specialmente nella Div. Coni, della Firenze dei
La conoscenza della storia di Firenze nei secoli XIII
suoi giorni.
eXIV, sino alla morte di Arrigo di Lussemburgo la conditio sine
qua non per l'intelligenza del Poema sacro, come pure di altre
opere del Sommo
Vate. Anzi tutto vuol essere studiata la Cronaca
di Giovanni Villani (ed. Moutier, Fir., 1823, 8 voi. Ed. Racheli,
Trieste, 1857, ecc.). La Cronaca attribuita a Dino Compagni di
dubbia autenticit, tuttavia non vuol essere negletta (Del Lungo,
Dino Compagni e la sua cronaca, 3 voi., Fir., 1879-80), mentre
della gran quantit di scritti in favore dell'autenticit e contro la
medesima si pu senza danno fare senza. Leon. Bruni Aretinus,
Historiarum Florentinarum libri XII, Argentor., 1610; trad. in
volgare da Donato Acciajuoli, Fir., 1861. Scipione Ammirato, Isto-
rie Fiorentine, Firenze, 1600 e 1641-47; nuova edizione curata da
L. Scarabelli, 7 voi., Tor., 1853. Machiavelli, Istorie Fiorentine,
Eoma, 1532, esovente; ediz. critica, curata da Fanfani e Passe-
rini, 2 voi., Fir., 1873. A. Vannucci, I primi tempi della libert
a
fiorentina, Fir., 1853; 3 ediz., 1861. Otto Hartwig, Quellen und
Forschungen zur ltesten Gesciichte der Stadt Florenz, voi. i,
Marburgo, 1875; voi. il, Halle, 1881. Gino Capponi, Storia della
Repubblica di Firenze, 2 voi., Fir., 1875; 2 a ediz., 1876. F. T. Per-
rens, Histoire de Florence, 8 voi., Parigi, 1877-89. Pasquale Vil-
lari, I primi due secoli della Storia di Firenze, 2 voi., Fir., 1893-94.
Fioretto-Fisica
Fioretto, Diminut. anche Vezzeggiai di Fio*
e
fiore; Inf. ri, 127. Purg. xxvm,
56. Par. xxx, 111. Ca**.; [
..
venuto al punto della rota, v. 47. Per similit. e poeticam.
Pi
xxxn, 73.
Fiorino, Moneta d'oro puro, battuta per la prima volta in Fi-
renze Tanno 1252, e che fu sempre la moneta principale della I
pubblica fiorentina; ad imitazione della quale, per, ne coniarono una
anche altri Stati e principi. Il fiorino di Firenze valeva venti soldi,
ma cresceva e calava di prezzo. Fu detto cos dall' esservi impn
nel rovescio quel fiore che l'impresa di Firenze, ossia il giglio,
mentre nel diritto era effigiato San Giovanni Batista; Inf. I
Fiorire, dal lat. florere, Produrre, Fare, il fiore, o i fiori. 1. In
locuz. figur. Par. XXVII, 124. - 2. E per semplicemente Ornare, Fre-
giare ; in locuz. figur. Par. xvi, 111.
Fiotto, dal M
lat. fluctus, frane, flot, ingl. flood, ted. [luf/i : -
vimento e agitazione del mare per effetto del flusso e riflusso, Man
ed in particolare il movimento verso terra, Flusso, ovvero per 11
Regresso, o Riflusso; Inf. xv, 5.
Firenze, cfr. Fioeenza.
Firmamento, Volta celeste, Cielo, e pi spesso Cielo stel-
lato; e secondo l'antica astronomia, propriamente L'ottavo cielo, o
Cielo delle stelle fisse. Dal
firmamentum, che nella Vulgat
lat.
in altri scrittori dei bassi tempi si us in tal senso, in quanto si
credeva che le stelle fossero come affisse o fermate, e in quanto il
cielo paia come una ferma e solida distesa sovrastante alla terra;
Conv. il, 6, 76.
Fisamente e Fissamente, dal lat. ftxus: 1. In modo i
ossia Tenendo fssolo sguardo e con una certa attenzione; Inf. XXI, 22.
Purg. xin, 13. Par. xx, 33. Conv. Hi, 1, 14; in, 8, 97.-2. E figuratali).,
vale Intensamente, Con tutta la forza dell'animo; Conv. Ili, 8, 41.
Fischio, da fischiare, e questo probabilm. da /Istillare o flstu-
ari, che nel lat. barb. prese anche lo stessa significato: L'atti
L'effetto del fischiare; Suono che si manda fuori fischiando, sia
la bocca naturalmente, sia con strumento o arnese da ci. Ed ani
per Strumento o Arnese col quale si fischia; Par. xxv, 185.
Fisica, dal lat. physica, e questo dal gr. cfoaixVj 1.
La scienza :
Quella
delie cose naturali; ma oggi, con senso pi ristretto, intendesi
806 Fisico-Fiso
parte di essa scienza che studia le azioni scambievoli dei corpi ina-
nimati, le leggi del moto, del calore, della luce, dell'elettricit e
del magnetismo; Conv.u, 14,44; n, 15, 4, 12, 18, 32, 68; iv, 15, 123. -
2. Eper Trattato di fisica; e antonomasticamente intendesi del-
l'opera di Aristotile nella quale si tratta delle cose fisiche, e che
Dante chiama la sua Fisica, essendosela appropriata collo studio
suo indefesso e considerandola egli, con tutti i suoi contemporanei,
come il codice consacrato delle Scienze naturali; Inf. XI, 101. Conv.
il, 1, 82; III, 11, 7; IV, 2, 36; IV, 9, 18; iv, 10, 67; IV, 15, 120; IV,
16, 58. Vulg. El. Il, 10, 7.
Fisico, dal lat. physicus, e questo dal gr. cpooty.c; propriam.
Che concerne i corpi in generale, Che si riferisce alla natura cor-
porea. E detto di ragione a prova, vale Che procede o si ricava dalla
natura delle cose materiali. E detto di dimostrazione, vale Che si
serve di argomenti fisici; Par. xxiv, 134, nel qual luogo Dante usa
la forma fisice invece di fisiche. Intorno alle prove ftsice e meta-
fisice dell'esistenza di Diocfr. principalmente Thom. Aq., Sum. theol.,
P. i, qu. il, art. 3. Vedi pure in proposito DiOD. Tars., Kax scjiapfj.vrjg,
ap. Phot., Bibl. cod., 223, p. 220 B. August., De lib. arb. il, e. 3-15.
Boeth., Consol. phil., lib. in, pr. 10. Greg. Magn., Mot. xv, 46.
Joan. Damasc, De fide orthod. i, 3. Anselm. Cant., Monol. i, ili.
Pros., e. 2. Hugo a S. Vict., De sacram., e. 7-9. De trib. dieh.,
e. 17. Thom. Aq., Cont.gent. i, 13. Petr. Abelard. Theol. christ., y.
Raim. Sabund., Theol. nat., tit. 83.
Fiso e FSSO, dal lat. fixus, Partic. pass, di figere; Volto e
fermato in checchessia, detto di occhio, sguardo, e simili. Nelle varie
sue forme questa voce occorre nella Div. Coni. 24 volte, 3 neVInf.
(iv, 5; xxni, 9; xxx, 130), 9 nel Purg. (il, 118; in, 106; x, 118;
xi, 77; Xin, 43; xix, 119; xxm, 41; xxxn, 1, 9) e 12 nel Par. (i, 65;
VII, 96; XXI, 92; xxm, 9; xxiv, 11; xxviti, 95;xxix, 9; XXXI, 54, 140;
xxxiii, 3, 41, 98). -l.Nelsignif. propr. Purg. n, 118; xi, 77;xxxn, 1.
Par. i, 65; xxi, 92, ecc. - 2. In locuz. figur. Purg. xix, 119. Conv.
in, 5, 155. - 3. Usato coi verbi Guardare, Riguardare, Mirare, e si-
mili, vale Tenendo fisso lo sguardo, Con gli occhi fissi, e con una
certa attenzione; Inf. iv, 5. Purg. ni, 106; xin, 43. Cam.: Amor,
che nella mente mi ragiona. v. 61. - 4. E figuratam. per Intento
od Attento; Inf. xxx, 130. Par. vii, 96. - 5. E nell'istesso senso,
detto di mente, pensiero, e simili Inf. xxm, 9. - 6. E per Fermo,
;
Stabile, Che non crolla, Che non vacilla, Che non si muove, Che
non in movimento; Par. xxiv, 11. Conv. Il, 4, 37; in, 5, 43. -
7. Detto di termine, punto, e simili, vale A cui volto costante-
-
Fissamente-Finnie
mente il pensiero, la mente,
il desiderio, e simili;
Par. xwin
xxxiii, 3. - 8. In forza d'Avverb., vale Fissamente,
Con lo Bgo'a
fisso; Purg. x, 118; xxm, 41; xxxn, 9. Par. xxm, 0: nix, -
Fissamente, Fisso, cfr. fisamente, fiso.
Fittizio, dal lat. ficticius : 1. Fatto, Composto, in modo, o l
da fingere o rappresentare il vero; Fatto ad arte. E per estera. Non
reale, Non effettivo, Non legittimo. Contrario di Vero e di Genui
Purg. xxvi, qual luogo Corpo fittizio detto quello ae
12, nel
delie ombre, che non impedisce il libero passaggio dei raggi solari. -
2. E per Immaginato, Allegorico, e simili; Conv. n, 13,47,
Fitto, dal lat. flatus; Inf. vii, 121; x, 34; XV, 82; XIX, 50;
xxxn, 60 xxxiv, 103, 120. Purg. xn, 28 xiv, 10 xix, 30.-1. Partic.
; ; ;
pass, di Figgere, per Trafitto; Purg. XII, 28. - 2. In forma d'Ad.l., per
Posto addentro, Cacciato a fondo, Immerso, e simili; Inf. vii, 121. -
3. E per semplicemente Posto, Messo, Piantato, Collocato; In',.
xxxiv, 103, 120. - 4. E figuratam. Purg. xiv, 10. - 5. E per Im-
presso, usato per in senso figur. Inf. xv, 82.
Fiumana, dal lat. flumen, Grande e impetuosa corrente di un
fiume; ed altres Dilagazione delle acque di un fiume. - 1. Poeticam.
e in locuz. figur. Inf. il, 108.-2. E per Fiume, o Grosso torrente:
Purg. xix, 101, nel qual luogo si parla della Lavagna, il pi r
guardevole dei torrenti che discendono dalla Riviera di Levante, dui
quale i Fieschi presero il nome, chiamandosi Conti di Lavagna.
3. E nello stesso senso, per similit. Par. xxx, 64.
Finme, flumen, Adunamento di acque che corrono con-
dal lat.
tinuamente tra due rive, e vanno a scaricarsi nel mare o in un lago,
ovvero in un altro fiume maggiore. E dicesi anche L'alveo, per il
quale corrono le acque. Nella Div. Com. questa voce adoperata,
1
per lo pi nel signif. propr., 24 volte; 7 nell'In/ i, 80; in, 71, 81 , :
xvi, 94; xx, 75; xxm, 95; xxix, 7); 14 nel Purg. (i, 40, 88; v, L
xni, 90; xiv, 36, 60: xxn, 88; xxvm, 62, 70, 123; XXIX, 71; XXXI,
1, 94; xxxn, 84) e 3 volte nel Par. i, 80; xx, 19; xxx, 76). Oltre
il signif. propr. sono da notarsi: 1. Fiume reale detto l'Arno, Purg.
v, 122. - Buti: Chiamano li poeti fiumi reali quelli che fanno
capo in mare, come fa l'Arno; l'altri no. Cos quasi tutti i com-
mentatori, inquanto cio non osservano silenzio (come fanno La
Ott., Petr. Dani, Cass., Falso Boec., An. Fior., ecc.). Benv.
in-
non si pu
tende invece dell'Archiano, ma la sua interpretazione
un
accettare (cfr. Com. Lips. Il, 61). - 2. Usato coli' aggiunta di
808 Fiume
nome proprio, Inf. xxm, 95. - 3. E riferito ad eloquenza, o parlare,
vale Grande copia di esso; Inf i, Fiume della mente, vale
80. -4.
La luce intellettuale, onde sono illustrate le anime degli eletti nella
intuizione di Dio; Purg. xm, 90, del qual luogo di non troppo facile
interpretazione i pi antichi (Lan., Ott., Petr. JDant., Cass., Falso
Bocc, non danno veruna spiegazione.'- Benv.: S che 'l fiume
ecc.)
della mente, idest, gratia divinse mentis, scenda chiaro, sine ne-
bula, pei' essa, scilicet, conditionem vestram csecitatis, quasi dicat,
ut actus veniat at patiens dispositum. - Buti: La gente umana
come una fonte unde nasce lo rivo de l'amore, lo quale se pura
e netta la trova quando passa per la coscienzia, e la coscienzia puro
e chiaro, et essa rimane chiara e netta; se macchiata la trova, mac-
chiato passa per la coscienzia, e la coscienzia rimane brutta e schiu-
mosa. E questa schiuma significa la colpa del peccato che rimane
ne la coscienzia, come lo invidioso che hae amato lo bene del pros-
simo a s pi ch'ai prossimo; e per questo la macchia, ch'elio do-
vrebbe amare al prossimo come a s e non volerne spoliare lui per
vestirne s, o nessuno altro; e per tanto scende non netto lo fiume
dell'amore per la coscienzia de la mente; ma quando questa schiuma
del peccato risoluta de la mente, allora scende da la mente e passa
per essa pura. - An. Fior, tace.- Serrav.: Mentis flumen, idest
gratia purget peccata vestra, que sunt spume maculantes animam
(flumen, discursum et desiderium, quod discurrat sicut flumen). -
Land.: La mente umana origine dell'appetito, il quale se ob-
bediente alla ragione, trascorre et muovesi alle cose che appetisce,
e trascorre chiaro, cio senza macula. - Tal. : Discursus mentis,
qui currit sicut fluvius. - Veli.: De la mente nascono le nostre
voglie, come dal fonte il fiume; le quali se sono oneste, passano
per la coscienzia pure e nette, senza macchiarla; ma se sono inho-
neste, passano brutte e sporche, e tutta la illordano. - Dan.: Il
fiume della mente vostra, dalla quale non altrimenti, che dalle fonti
i fiumi, escolo le voglie et desiderj vostri. - Lomb.: Per fiume
della mente io intendo tutto ci che dalla mente esce, e pensieri
ed affetti i quali supponendo Dante contrar macchia dalla impura
;
coscienza, intende conseguentemente dovere, purgata che sia la co-
scienza, scendere, uscirsene, chiari. - Biag. : Dante chiama fiume
delia mente le operazioni a lei proprie o sia le intellettuali. -
Ces. : Il fiume che abbevera la mente la verit; e questa Dio
conosciuto. - Tomm.: Fiume, idea del bene. Il vero nell'anima
pura scende puro, irriguo, sonante ond' bellezza. - Br. B. : Per
:
fiume della mente, il Poeta intende la luce intellettuale, da cui sono
illustrate le anime degli eletti nella intuizione di Dio. - Andr. :
Il fiume della mente del v. 90 lo stesso che V alto lume del
Fiumi infernali-Finmieello
v. 86, nsgnardato per nell'atto ch'esso lume inonder .1. -,
q tt ,
anime allorch si saranno purgate di ogni loro bruttura
La memoria, dalla quale le acque di Lete rimuovono ogs
danza dei peccati commessi. Cfr. Blanc, Versuch, 11,
i;
Com. Lips. il, 225 e seg.
Fiumi infernali, Inf. xiv, 115 e seg. Cfr. Achebok
GETONTA, STIGE.
Fiumi del Purgatorio, Purg. xxviii, 25 e Beg., 130 e
seg., ecc., cfr. Euno, Lete.
Fiumicelo, diminut. di fiume, Piccolo fiume; Inf. iv,
xiv, 77. Purg. xiv, 17; xxviii, 35. Il bel fiumicelo, che dif.
intorno intorno nobile castello del Limbo, Inf. iv, 108, simbo-
il
leggia probabilmente l'eloquenza, mediante la quale le virt mo-
rali e speculative s'insegnano e si persuadono.- An. Sei.: l bello
fiumicelo di che dice eh' difeso intorno, si la diligenzia che va
d'intorno ad avere e acquistare queste virt. - Iac. Bariti Per
lo qualle la filosoficha scienza figurativamente sintende della qualle
e si vestirono. - Lan.: Hae a significare la disposizione dello
intelletto umano e l'abito alto ed abile a scienzia. - Ott.: La
disposizione, o vero abito dello intelletto umano; il quale fiumicelo
pass lievemente, e per questo vuol mostrare che scienziati erano. -
Petr. Dant.: Kepraasentat affectum discendi, ducens nos ad phi-
losophiam. - Gass.: Per quod intelligitur pr desiderabili moto
discendi. - Bocc: E sono, avanti ad ogni altra cosa, per qu<
bel fiumicelo da intendere le sustanze temporali, cio le ricche/./-',
le sono flusse e labili come l'acqua. - Benv.: Aliqui
quali....
sic exponunt literam istam, scilicet, quod per istum fin violimi autor
figurat affectionem discendi; sed mini potius videtur quod per ru-
violum figuret vanitatem mundi, quam bene repraesentat per fuvio-
lum pulchrum, quia fluit et transit cito et irrevocabiliter velili
aqua. - Buti: Significa V abbondanzia delle ricchezze, le quali
sono necessarie a coloro che si vogliono esercitare in s fatti eser-
cizi s, che per esse si cacci via la indigenzia, con la quale non si
pu vocare a' detti esercizi. - An. Fior.: Il fiumicelo, che di-
fende queste mura da chi volesse entrare, s'intende per le cose la-
bili et caduche et transitorie del mondo. - Serrav. : Iste flavina
est vanitas mundi fluxibilis, qui tamen defendit istud castroni, ne
veniant ignorantes. - Barg.: Il fiumicelo dal qual difeso il
por-
castello significa la eloquenza. - Land.: Il fiumicelo.... lo
quali vera-
remo per la facundia et eloquentia de gli Scrittori, i
mun-
mente distendono la fama.- Tal: Illud rumen est vanitas
810 Flagellare-Flessione
dana, quae non dimittit homines ire ad domum sapientise. - Veli. :
Il fiume da molti, e spetialmente da' Poeti, significato per la
eloquentia, dalla quale esse sette cardinali virt son difese. -
Gelli : Il fiume della eloquenza. - Dan.: Intenderemo la elo-
quenza, perci che non basta esser sapiente e dotto, se non si
anche eloquente e facondo. - Cos il pi dei moderni. - Invece
Boss.: Esso figura della Educazione, la quale la pi bell'opera
dell'uomo, e quasi lo inaffia come pianta crescente.
Flagellare, dal lat. flagellare, Battere, Percuotere propria-
mente con flagello, e per estensione con altro qualsiasi strumento
da ci; Purg. xxxir, 156.
Flagello, dal lat. flagellimi, Strumento fatto ordinariamente
di pi funicelle annodate, o di lunghe striscette di cuoio; col quale
si percuote chicchessia, e propriamente per punizione. E fguratam.,
detto di Colui che flagella, che angustia, che reca desolazione, che
cagione di rovina, sterminio, ecc., Inf. xn, 134.
Flailli, Flavilli, cfr. favilli.
Flegetonte e in rima Flegetonta (come Orizzonta per
Orizzonte, Inf. XI, 113), dal gr. cpXsysiv e cpSYsfrstv, Ardere; quindi
Fegetonte =
Fiume dell'Inferno, che deriva dallo Stige, da' quali
insieme coll'Acheronte si forma il Oocito; Inf. XIV, 116, 131. chia-
mato La riviera del sangue, Inf. xn, 47. Cfr. Inf. xn, 101, 117,
121, 125, 128; xiv, 77, 81, 89, 121, 132, 134; xv, 2; xvi, 104; xvn, 118.
Flegias, dal lat. Phlegyas, e questo dal gr. JXsyas, perso-
naggio mitologico, re dei Lapi, padre di Coronide, che fu sedotta da
Apollo, al quale partor Esculapio. Adirato per questo fatto contro
Apollo, Flegis ne arse il tempio a Delo, onde Apollo lo uccise e
mandollo nell'Averno; cfr. Pind., Pyth. ni, 8. Virg., Aen. vi, 618.
Stat., Theb. i, 712. Val. Flac. ii, 193 e seg. Dante lo fa nocchiero
dello Stige; Inf. vili, 17, 19, 24, 80.
Flegon, lat.Phlegon, gr. <E>Xya)v, nome di uno dei quattro ca-
valli del Sole; Conv. iv, 24, 104. Cfr. Ovid., Mei. il, 154.
Flegra, Phlegra, Valle nella Tessaglia, dove ebbe luogo
lat.
il combattimento tra Giove ed i Giganti, i quali avevano sovrap-
posto monte a monte per dare la scalata al cielo e furono fulminati
da Giove; Inf. xiv, 58.
Flessione, dal lat. flexio, L'atto, ed altres L'effetto, del pie-
gare o del piegarsi; Piegatura, Curvatura; Conv. iv, 24, 25.
Fleto-Focaccia
Fleto, dal lat. fletus, Pianto, anche in senso figurate-
affli-
zione, Lamento; Par. xvi, 136; xxvu, 45.
Flettere, dal lat. flectere, Piegare; Par. xxvi, 8r>
c fr (
Lips. ni, 707.
Focaccia, della nobile famiglia de' Cancellieri di Pietoji e di
parte Bianca: figliuolo di M. Bertacca di M. Rinieri, il quak-
eri
prode e gagliardo molto di sua persona, del quale forte temi
quelli della parte Nera per la sua perversit, perch non
attendai
ad altro, eh' ad uccisioni e ferite; Mukat., Script, xi, 370. Pei
vendicare la morte di un cavaliere Bertino, ucciso dai Neri, Fo-
caccia, con Freduccio suo cognato, e con certa quantit di fanti, uc-
cise a tradimento Detto di Sinibaldo de' Cancellieri Neri, suo cugine
onde ne seguirono aspre e forti battaglie, e fue F una parte e l'altra
mandata ai confini, salvo che rimase M. Bertacca, il quale fu poi
ucciso da un figlio di Detto; Murat., 1. e, 371. Dante lo ricordi
tra' pi infami traditori, Inf. xxxii, 63. - Bambg.: Iste Focaccia
fuit Pistoriensis plenus scellere et cuiusdam patruj [eiusdein pi-
truum] interfecit. - An. Sei.: Focaccia fu fiorentino, e trad i
fratelli per moneta. - Iac. Dani.: Citadino di Pistoia de Cin-
cielieri. - Lari. : Fu uno dei Kainieri di Pistoja peccatore e vi-
zioso uomo, e infine uccise uno suo zio. - Ott.: Fu de' Cancel-
lieri di Pistoia, il quale per tradimento uccise il suo zio.- PePr.
Dant.: Focaccia de Pistorio, qui proditorie proprium patrum oc-
cidit. - Cass.: De Kaneriis de Pistorio, qui prodidit quemdam
suum consanguineum. -Benv.: In MCCC erat in civitate Pistoni
domus Cancellariorum florentissima, in qua inter alios eiant tres
fratres milites, quorum unus habebat filium perdit issi mun nomine
Focacciam, promptissimura ad orane nefas. Accidit autem a casu,
quod pater Focaccia? tempore hiemis, cura luderetur ad nivem, ver-
beravit unum puerum nepotem suura, filius unius fratrum, quia le i l
dicebatur percussisse inepte alium puerum cura nive; ex quo pner
post aliquos dies simulans se velie loqui isti patruo suo, dedit illi
alapam in vindictam. Pater pueri dolens de temerario excessu tilii.
misit ipsum ad fratrem ut faceret correptionem de eo ad piaci tu m
suum. Et ille tamquam prudens risit, et remittebat filium patri non
tactum nisi solo osculo. Sed Focaccia sceleratus expectans pnernia
in limite domus, traxit ipsum in stabulum patris, et imputavit illi
manum impie cura ense super presepe equi;et non contentus istacrn-
delitate indignissima, continuo accessit ad domuni patris pueri, qui
erat patruus suus, et illuni crudelissime obtruncavit. Ex
quo Un
detestabili parricidio nata est perniciosa discordia in domo illi, in
812 Focara-Foco
qua facta est tunc illa partialitas Alborum et Nigrorum, quse postea
transivit Florentiam ; ofr. Vill., viii, 38. - JButi : Fu de' Rinieri
di Pistoia, uomo tradimento uccise uno suo zio. -
scellerato, et a
1
An. Fior.: Focaccia fu de Cancellieri da Pistoja, il quale avea
uno suo zio ch'era gran ricco uomo; e '1 Focaccia, perch'era suo
nipote, et quelli non avea niuno figliuolo, aspettava il retaggio che
a lui appartenea di ragione. Era vivuto questo suo zio grande tempo:
al Focaccia gli parve ch'egli indugiasse troppo a morire: affrett la
sua morte; et finalmente un d in luogo segreto l'uccise; poi in-
fine pure si seppe che "1 Focaccia l'avea morto. - Serrav. : Fo-
caccia fuit de domo Cancellariorum de Pistorio, et fuit valens homo,
sed proditor, quia proditorie interfecit unum suum proavum, dictum
dominum Berthaccam, iniuste et prodictorie, et multa alia homi-
cidia proditorie fecit.
Focara ;
Promontorio sull'Adriatico, presso la Cattolica, te-
muto dai naviganti per i colpi di vento frequenti in quelle coste;
Inf. xxviii, 89.- Bambg.: Focara est quidam locus periclitationis
maxime mari ex vento maximo et contrario spirante - iste locus
in
positus est inter Pensaurum et Catholicam propter cuius solitum
maximumque periculum homines navigantes illiuc timore naufragij
faciunt magnas promissiones et preces.
Foce, dal lat. faux, essendo che quell'apertura renda somi-
glianza di fauce: Quell'apertura di un fiume per la quale esso sbocca
in mare, in lago, o in altro fiume; Bocca. Questa voce adoperata
nella Div. Com. 12 (xm, 96; xxm, 129;xxvi, 107;
volte, 4 neVInf.
xxxiii, 83), 4 nel 103; v, 124; xn, 112; xxn, 7), e 4 nel
Purg. (il,
Par. (i, 37, 44; xm, 138; xxn, 153).- 1. Nel signif. propr. Inf.
xxxiii, 83. Purg. v, 124, ecc. - 2. E per Gola di monti, Lungo tratto
di terreno chiuso tra monti; detto per similit. Inf. xm, 96.-3. E
parlandosi di mare, vale Stretto; Inf. xxvi, 107.-4. E per Imboc-
catura di un porto, o simile; e poeticam. per Lo stesso porto: e per
estensione, Qualunque altro luogo d' approdo Par. xm, 138. Conv. ;
i, 3, 26. - 5. E poeticam. per Stretta apertura, Passo angusto Inf. ;
xxnr, 129. Purg. xn, 112. - 6. E pure poeticam., detto per Punto
dell'orizzonte, da cui levasi il sole; Par. t, 37, 44.
Focile, cfr. fucile.
Foco, cfr. FUOCO.
Foco, gr. <]>)xos, figlio di Eaco, ucciso da' suoi fratellastri Te-
lamone e Peleo ; Conv. IV, 27, 144.
Foga-Folco
Foga, frane, fougue, forse da fuga, oppure dal lai.
,
3
Diez, Wrt. il , 30. - 1. Impeto, Furia, detto
p
celerit d'una freccia; Purg. xxxr, 18. - 2. E figuratali
pensieri; Purg. v, 18.-3. E figurata, e poeticam., riferito
i
estivo del sole; Par. xu, 50. -4. Pure figuratam. i
Salita ripida, Ripidezza, continuata; Purg. xu, 103.
Foggia, dall'antiquato forgia, e questo dal frane forge,
cina, Officina, Fabbrica.Maniera, Guisa, Modo,
1. ci
chessia; ed anche Forma, Figura, Conformazione, d'un;-
xiv, 14. - 2. Figuratam. e poeticam. per Condiziom
alcuno si trova; Inf. xr, 75.
Foglia, dal lat. folta, plur. di foium ; folio sost. fenmi.
lat. barbaro. 1. Ciascuna per lo pi verdi e di va
di quelle parti,
forme, che ha la pianta, attaccate a' suoi rami o anche allo stelo,
e che servono principalmente alla respirazione, come pure all'or-
namento della pianta medesima: e consta del picciuolo e d'una di-
latazione di questo in forma di lamina o membrana; Inf. m, 112;
xin, 101. Purg. xxn, 138; xxvin, 17;xxxn, 114; XXXIII, IKK Par.
i, 26; xviii, 30; xxxm, 65. - 2. Per similit. e poeticam. Par. xxx,
117; xxxi, 11; xxxii, 15, 23.
Foglietta, diminut. di Foglia, Piccola foglia; Purg. vii.
Foglio, dal lat. foium f
il cui plur. specialmente nell'et I
si us per similit. nelle locuzioni folia chartarum, folio librorum :
Pezzo di carta, d'una data grandezza, fatto o tagliato ad angoli rei
e che ordinariamente si piega in due; e propriamente serve per bc
vere o stampare. Figuratam. e in locuz. fgur. Par. xu, 121, nel guai
luogo volume vale L'ordine de' Francescani, fogli i singoli frati che
ad esso appartengono.
Folco, comunemente conosciuto sotto il nome di FOL<
Marsiglia, celebre trovatore provenzale del secolo XII, il quale, la-
sciato poi il secolo per farsi monaco, nel 1205 fu eletto
Tolosa come tale si distinse per il furore col quale
e }
gli Albigesi. Mor nel 1231; cfr. Diez, Leben *nd Wt
i
badours, 234-51. Pratsch, Biogr. d. Troub. Folquet v.
Ma
amanti nel terzo cu
Beri., 1878. Dante lo pone tra gli spiriti
Fior., ecc., non d inno
Par. IX, 94. Di costui Lan., Petr. Dani., An.
figliuolo d uno mer-
verune notizie. - Oli. Fu Folco di Marsilia,
:
ch'elh fu pure di^Lin-
catante genovese, nome Anfuso; altri dice
guacce; il quale morendo il lasci molto ricco. Costui
814 Folco Portinari- Folgorare
ci che appartiene a valore umano, e fama mondana; segua li nobili
uomini; e, come appare, trov in provenzale coble, sirventesi, ed altri
diri per rima; fu molto onorato dal re Riccardo d'Inghilterra, e
dal conte Ramondo di Tolosa, e da Barale di Marsilia, nella cui
corte conversava. Fu bello del corpo, ornato parladore, cortese do-
natore, ed in amare acceso, ma coperto e savio; am per amore Ada-
lagia moglie di Barale suo signore; e per ricoprirsi facea segno
d'amare Laura di Santa Giulia, e Bellina di Pontevese, sirocchie
di Barale; ma pi si copriva verso Laura, di che Barale li diede
congo; ma morta la moglie di Barale, doglia maravigliosa ne prese,
e rend s con la sua moglie e due suoi figliuoli nell'ordine di Ce-
stello; poi fu fatto abate di Toronello, e poi vescovo di Marsilia,
donde cacci molti eretici. - Cass.: De Folcheto de Massilia
olim summi inventoris in lingua provinciali. - Falso Bocc: Fu
bello piacievole ecortese ebuono dicitore etrovatore irima. - Benv. :
Fulcus iste fuit filius Alphonsi Mercatoris, qui moriens dimisit
eum divitem valde. Ipse dedit operam valori humano et famse mun-
danae: sequutus est nobiles viros: dicebat pulcre et facunde in
rhythmo; fuit valde acceptus et honoratus a Richardo rege Anglise,
a Raynaldo comite Tolosano et a Barali de Massilia, in cuius Curia
conversabatur. Nec miror, quia Massilise suut formosissima; mulieres.
Fuit siquidem Fulcus iste pulcer corpore, lingua disertus, pecunia
iberalis; ergo vere venereus. Adamavit autem Adalagiam uxorem
Baralis; et ut magis tegeret suam culpam, simulabat se diligere
duas sorores eius; propter quod factus suspectus fuit licentiatus ab
ilio. Mortua uxore Baralis amarissimum dolorem concepit, sicntolim
Dantes de morte sua; Beatricis: et dedicavit se cum uxore et duobus
filiis ad monasterium cisterciense. Postea factus fuit abbas Torri-
nelli; demum episcopus massiliensis, de qua expulit hsereticos. -
Serrav.: Fuit letus homo, loquebatur bene in ritr^mis, fuit totus
venereus, iberalis et curialis homo, amicus et notus auctori et
sotius.
Folco Portinari, figlio di Ricovero, ricco cittadino di Fi-
renze, priore nel 1282,1285 e 1287, morto verso il 1290, padre di
quella Beatrice che and sposa a messer Simone dei Bardi e che
secondo la leggenda fu la Beatrice di Dante. Cfr. Portinari.
Folgorare, dal lat. fulgurare, che propriarn. vale Balenare,
Lampeggiare; ma al significato della voce italiana pu aver concorso
anche il senso del lat. fulgurire, per Fulminare: Cader folgori o ful-
mini, comunemente Fulminare. - 1. Poeticam., detto di capitano o
della sua insegna, rispetto alla fulminea rapidit delle sue mosse,
Folgorato-Folo
spedizioni, imprese; Par. vi, 70.-2. Detto di
occhio, sguardo e
simili, vale Mandar da s vivo splendore; e detto di
persona.
Mandare uno splendore dagli occhi; Par. in, 128.
Folgorato, cfr. fulgurato.
Flgore, dal lat. fulgur, lo stesso che Fulmine; Inf xn
xxv, 81. Purg. ix, 29; xiv, 131. Par. i, 92; v, 108.
Folgore, dal lat. fulgor, Luce assai viva; cfr. FULGOBS.
Folgoreggiare, dal lat. fulgurare, Cader folgori o fulmini.
Folgorare. E poeticam., per Muoversi con la rapidit della folgore,
Cadere ruinosamente; Purg. xn, 27.
Folle, dal lat. barb. follis o follus, Che ha perduto il senno,
Pazzo. Per Che ha poco senno, Che opera, o giudica, inconside-
1.
ratamente, Vano, Stolto; ed altres Fantastico, Strano; Inf xix, 88.
Purg. xn, 43; xm, 113; xx, 109. Par. xix, 122; xxvn, 83.-2. Fi-
guratamente detto di mente, cuore, e simili; Par. xxn, 81.-3. E
in senso particolare, riferito a falsa religione o ai seguaci di
per Che si diparte, Che si allontana, e simili dal vero; Par. xvn, 31.-
4. Per Irragionevole, Insano; detto di affetto, passioni, e simili; Inf.
xn, 49. - 5. E per Che procede da concupiscenza, Sensuale; detto pi
specialmente di amore; Par. Vili, 2.-6. Detto di atti, fatti, opera-
zioni, vale Stolto, Pazzo; e in senso particolare detto d'imprese,
e simili, vale Sconsigliato, Imprudente, Temerario; Inf. IL, 35;
xxvi, 125. - 7. Poeticam., detto di strada, varco, e simili, vale Che
preso sconsigliatamente a percorrere, o a passare; Inf. vili, 91.
Par. xxvn, 83. - 8. In forza di Sost., per Chi ha poco senno, Chi
giudica ed opera senza considerazione e senza consiglio; Par. v, 71.
Conv. iv, 16, 45.
Folletto, diminut. e vezzeggiai di Folle: Alquanto folle; e
poeticam. per Forsennato, Furente come per pazzia, Che open
furia, con impeto, quasi da folle; Inf xxx, 32.
Follia, L'esser folle, pazzo, Pazzia. - 1. Per Difetti
cio
giudizio, Mancanza di senno, Stoltezza, Sconsigliatezza, e.l alt rosi
Leggerezza; Purg. i, 59. - 2. Per Atto o Pensiero da folle, Azione
dissennata, sconsigliata; Par. Vii, 93.
Folo, Pholus, Centauro, figlio d'Issione, il quale nelle nozze
lat.
di Piritoo con Ippodamia, riscaldato dal vino, tent di violentare
la
sposa ed altre donne dei Lapiti; Inf XII, 72.
816 Folor-Fondo
Folor, voce provenz., Follia, che anticam. anche in italiano si
disse Follore; Purg. xxvi, 143.
Folto, dal lat. fultus, partic. pass, di fulcire : 1. Che ha le
parti, onde componesi, molto strette fra loro, e quasi a ri-
la cosa
dosso Funa dell'altra; detto pi specialmente di bosco, macchia, pe-
lame, capigliatura, e simili. 1. Nel signif. propr. Purg. xxvm, 108. -
2. Detto del pelo; Inf. xxxiv, 75. - 3. Detto altres di cose congeneri,
vale Disposto, da natura o per arte, in modo da essere l'una cosa
accosto accosto all'altra; Inf. XIII, 7. - 4. Per Denso, Spesso; detto
di nebbia, nuvoli, ed altres di aria, e simili; Inf. ix, 6.
Fonimi, da fare, Mi fo, Mi faccio; Par. xx, 34.
Fondamento, dal lat. fundamentum, Muramento o Lavoro
sotterraneo, sul quale si posa e si fonda un edilzio.- 1. Per similit.
Conv. ni, 15, 132. - 2. E in locnz. figur. Conv. il, 1, 73. - 3. E
figaratam., per Ci su cui checchessia si fonda, o in cui ha sua
principale ragione; Ci che costituisce suo necessario sostegno:
il
Conv. li, 1, 76; ili, 2, 70; ni, 7, 122; iv, 4, 1.-4. E per Principio,
che alcuno segue operando, ed altres per Ci su cui altri si fonda;
Par. vili, 143; xxix, 111.
Fondare, dal lat. fundare, Dare principio e stabilit a un
cavando nel terreno la fossa sino al sodo, e riempiendola
edilzio,
di materia da murare. E Neut. pass., per Aver sua ragione e come
suo fondamento in checchessia; Par. xxiv, 74, 90; xxvi, 36; xxvm,
109. Conv. ni, 2, 72; iv, 18, 8.
Fondere, fundere, Struggere, Liquefare, mediante il
dal lat.
fuoco; e riferiscesi propriamente a minerali o a metalli. 1. Per
Struggere, Liquefare, riferito ad altre cose che non sieno metalli,
come alla neve; Purg. xxx, 90. - 2. E per Mandar fuori, Versare,
Spargere; usato figuratam. Purg. xx, 7.-3. E per Mandar male,
Dissipare, Consumare in mal modo, riferito ad averi o facolt;
Inf. xi, 44.
Fondo, Sost., dal lat. fundus, Parte o Faccia interna inferiore
di qualsivoglia cavit. Voce adoperata nella Div. Com. 37 volte,
cio 26 nell'In/*, (iv, 11 vi, 86 ix, 16 xn, 131 xiv, 82, 126; xvn,
; ; ; ;
133; xvin, 9, 25, 109; xix, 13, 42; xx, 5; xxi, 108; xxm, 53, 132, 138;
xxiv, 71; xxvi, 33; xxvn, 64; xxix, 55; xxx, 30; xxxi, 102, 142;xxxn,
8; xxxili, 117), 4 nel Purg. (v, 128; xvin, 67; xxvi, 135; xxxn, 135)
e 7 volte nel Par. (in, 12; xi, 30; xv, 35; xix, 61; xx, 72; xxx, 6;
xxxi, 114). - 1. Nel signif. propr. Inf. iv, 11; ix, 16; xiv, 126; xvn,
.
Fondo-Fontalmente
133; XVIII, 9, ecc. -2. Riferito a mare, lago, ovvero a fiume, e
e simili, denota la Superficie del suolo, e pi sposso
il noi,,
occupato dalle acque, ovvero sul quale le acque scorrono- /
131; xiv, 82; xix, 13. Purg. v, 128; xvm, 67; xxvi, 185. Par. i ;
xix, 61. - 3.Per estensione, vale La parte pi interna, pi ri-
di alcun luogo o spazio, e pi determinatamente Parte
ceni
Centro; Inf. xxxn, 8.-4. Parlandosi di valle, pendice, ripa, o qual-
sivoglia altra declivit, denota La parte che rimane a pi- di tali
luoghi, Il pi basso tratto di essi, ed l'opposto di Cima: //,/'.
xxiii, 53. - 5. E
per Parte estrema inferiore, Punto pi basso. Grado
infimo di checchessia; ed opposto di Cima, Colmo, Vertice, secondo
che pi conviene alla cosa della quale si parla; Par. xxxi, ll-l. -
6. E assolutam. e poeticam. per Luogo basso, Parte bassa, consi-
derati in relazione a luogo, parte, punto, assai pi elevato; detto
anche della Terra, per rispetto al Cielo stellato; Inf. xxvn, 64.
Par. xxx, Poeticam. per Punto estremo, Ultimo termine, Fine:
6. - 7.
ma Par. xt, 30; xv, 35; xx, 72. - 8. Aggravare alcuno
in senso figur.
al fondo, vale poeticam. Spingerlo, Mandarlo, con peso in parte pi
profonda; Inf. Vi, 86. - 9. Andare al fondo, figuratane, vale Inter-
narsi con l'indagine in checchessia, Volerne sapere il vero; Purg.
xvm, 67.
Fondo, Add., Che ha fondo, ossia profondit, Profondo. E detto
di selva, bosco, siepe, e simili, vale In cui le piante sono molto ritte,
Che ha piante folte; Inf. xx, 129, nel qual luogo per il significato
di Selva fonda controverso. - I pi antichi comm. (Bambgl.,
An. Sei., Iac. Dani., Lan., Ott., Cass., Petr. Dani., Falso Bocc,
Benv., ecc.) non danno veruna interpretazione. - Buti: Perch al-
cuna volta li dava lume, et alcuna volta no, secondo i luoghi della
selva spessi e radi. - Barg. : Bassa e oscura. - Veli. : Profonda,
folta e spessa, e conseguentemente oscura.- Gelli Spessa, : i
Dan. : Profonda e folta. - Cast.: Profonda, alta e per conse-
guente ombrosa. - Voi. : Folta, profonda. - Lomb. Fonda vale :
qui quanto Folta. - Biag.: Densa per la spessezza degli alberi,
spini, ecc. - Br. B.: Profonda, folta.
Fontale, dal basso lat. fontalis, Di fonte, Che origina i
riva da fonte. E figuratane detto di principio, origine, e simili.
Donde proviene, origina, deriva, checchessia; Conv. Ili, 9, 64. (
in, 14, 32.
Fontalinente, A modo Siccome in fonte: e figura-
di fonte, o
tamente, Secondo il suo proprio principio, Originalmente: Conc.
IV, 1, 27.
52. Enciclopedia dantesca.
818 Fontana-Fonti della Divina Commedia
Fontana, dall'adiet. fontano, e questo dal latino fontanus :
1. Fonte copiosa di acque, fatta artificialmente. Ed anche sempli-
cemente per Fonte; Purg. xxvm, 124; xxxiii, 113. - 2. Figuratam.
e in locuz. fgur., detto di Dio o della Vergine come principio su-
premo di virt, di grazia, e simili; Par. xx, 119;xxxt,93; xxxiii, 12.-
3. E poeticam. per Fiume; Par. ix, 27.
Fonte, dal lat. fons : Acqua che di continuo e in qualche copia
scaturisce naturalmente dal terreno, Principio d' acqua corrente ;
Getto acqua viva, perenne, che spesso forma intorno a s una
d'
specie di larga pozza. 1. Nel signif. propr. Inf. xx, 64; xxv, 98;
xxx, 78 (sul qual luogo cfr. Branda); Par. ili, 18.-2. Figuratam.
e per similit. Inf. vii, 101. Purg. xv, 132. Par. li, 96; xxiv, 57.
Conv. in, 7, 19; ni, 13, 68.-3. E per Euscello, Piccolo fiume;
Purg. xxx, 76. - 4. Detto di persona, con un compimento indicante
alcuna virt, pregio, arte, e simili, che quella possegga in sommo
grado e largamente la comunichi Inf. i, 79. - 5. E in particolare
;
e con compimenti diversi, detto di Dio, a denotare esser Egli la
prima origine e il supremo principio, cosi di tutte le virt e grazie,
come d' ogni cosa creata. Anche in locuz. figur. Par. iv, 116; xxiv, 9. -
6. E per II luogo, o punto, donde scaturiscono acque; detto per si-
militudine Conv. ni, 15, 129. - 7. E per il Vaso dove si tiene l'acqua
battesimale; e in senso figur. intendesi anche per lo stesso Batte-
simo; Par. XII, 62; xxv, 8.
Fonti delia IMvina Commedia: Dante chiama il suo
massimo lavoro Poema sacro, affermando che ad esso posero mano
e cielo e terra {Par. xxv, 1 e seg.), colla quale espressione egli al-
lude tra altro anche alle diverse e molteplici fonti alle quali egli
attinse. Anzi tutto egli attinse al suo proprio alto ingegno, onde
la Div. Gom. senza dubbio uno dei pi originali poemi di tutti i
tempi e di tutte le letterature. La sorgente pi vasta poi, alla quale
egli attinse, fu il gran libro della vita e della Natura, ossia la storia
dell'umanit, del cuore umano, anzi tutto del proprio, le esperienze
della vita, e l'osservazione attenta ed accurata della vita della Na-
tura e de' suoi fenomeni. Oltre a ci Dante trasse proftto da tutte
quelle fonti che ai tempi suoi erano accessibili e che i vasti e pro-
fondi suoi studj gli aveano dischiuse. La forma esteriore del suo
1
massimo Poema, un viaggio estatico per li tre regni dell eternit, ha
sua origine nella letteratura popolare del medio evo. Gi da un pezzo
l'umana fantasia erasi affaccendata e nel figurarsi e nel dipingere
lo stato delle anime dopo la morte del corpo, tanto di quelle che
sono nei regni della salvazione, quanto, e pi ancora, di quelle
Foraceli i ato-Fora re
che sono angosciate tormentate nel regno della dannazione.
e
Quindi
la letteratura del medio evo era
ricca di visioni, vuoi di un singolo,
vuoi di tutti e tre gli spiritali regni: dall' un canto visioni mona-
stiche, con intento ascetico, miranti ad incutere terrore e
cond
gli uomini alla penitenza; dall'altro canto visioni
politiche e
tinche, con intento no*i di rado burlesco, miranti, piuttosto he ad
altro a divertire e far ridere la brigata. E quantunque queste vi-
sioni leggendarie restino naturalmente le mille miglia al disotto
della dantesca, vi si trovano per non poche cose che stanno in re-
lazione di affinit con passi e scene della Div. Coni., n furono <
ignote a Dante, non poche essendo popolari ai tempi .suoi. Ce]
Dante fu ben lungi dal prendere a modello 1' una o l'altra di que
varie leggende, o di farsene imitatore; ma e' le conosceva almeno
in buona parte e ne sent l'influenza, pur seguendo il gusto del
tempo ed attingendo anzi tutto alla coscienza popolare del suo se-
colo. In quanto alla materia della Div. Coni, molteplici furono le
fonti, alle quali il Poeta attinse. Tra queste le principali sono la
Bibbia ed i SS. Padri, specialmente S. Tommaso; Aristotile nell<-
traduzioni latine in voga a' suoi tempi, compresi i principali com-
mentatori arabi del sommo Filosofo; gli scrittori e poeti cla>
latini, specialmente Virgilio ed Ovidio, Stazio e Lucano, Cicerone
e Boezio. Del tutto inattendibile invece l'opinione di qualche mo-
derno, che tra le fonti principali del Poema sacro sia da annove-
rarsi V Imitazione di Cristo, la quale, come la scienza ha oramai
definitivamente dimostrato e provato, fu scritta nei Paesi Bassi un
secolo dopo la morte di Dante. - Cfr. Fr. Cancellieri, Osserva-
zioni intorno alla questione sopra V Originalit della Div. Coni.,
Roma, 1814. P. Villari, Antiche Leggende e Tradizioni che illu-
strano la Div. Coni., Pisa, 1865. A. D'Ancona, I Precursori di
Dante, Fir., 1874. Pio Rajna, La Genesi della Div. Com., Mil.,
Ozanam, Recherches nouvelles sur les sources potiques de la Dir.
Coni., Parigi, 1859. Dantolog., 357-66.
Foracchiato, Pieno di spess e piccoli fori; ed anche P
di fori ; Inf. xix, 42.
Forame, dal lat. foramen, Lo stesso che Foro, Buco. E per
Apertura, Fessura, e simili; Inf. XXVII, 13; XXXIII, 25.
Forare, dal lat. forare, Aprire con foro o con fori, Far foro
o fori, Bucare, mediante istrumento appuntato. 1. Nel signif. propr.
Inf. xxxiv, 108. Purg. xm, 70. -2. Per Scavare, detto di
simile; Inf. Xiv, 114. - 3. E figuratam. per Penetrare addentro, ri-
820 Forato-Forese
ferito a luoghi, selve, tenebre, e simili; quasi Aprirli, facendovi un
sentiero; Inf. xxxi, 37.
Forato, dal lat. foratus, Che ha fori o buchi, Pieno di fori
o di ed anche semplicemente Bucato. E detto di membro, o
buchi ;
persona, vale Ferito di arme di punta; Inf. xxvm, 19, 64. Purg.
v, 98. Par. xm, 40.
Forbire, dall'ant.ted. fitrben, probabilm. per mezzo del provenz.
e delTant. frane, forbir; Pulire, Nettare, Far divenire, o Far tornare,
lucente, e propriam. per mezzo di strofinamento. 1. Per semplicemente
Pulire, Nettare, Toglier via ci che insudicia, imbratta, e simili; ri-
ferito tanto a cosa quanto a persona; Inf. xxxiii, 2. - 2. Neut. pass.
Pulirsi, Nettarsi; anche fguratam. Inf. xv, 69.
Forca, dal lat. furca, .[strumento formato di un ramo rimondo,
pi spesso di olmo o di nocciuolo, lungo circa a un metro e mezzo,
che in cima si divide in due o tre rami minori, i quali tagliati,
appuntati e curvati leggermente da una parte, diconsi rebbj; e viene
adoperato specialmente per rammontare paglia, fieno, e simili. E
per similit. detto anche di cosa che abbia forma di forca; Inf.
xvii, 26; xxv, 104.
Forcata, propr. Quella quantit di paglia o fieno o altro, che
si pu prendere e sollevare in una volta con la forca. E per La
parte del corpo umano, dove finisce il busto e incominciano le cosce:
comunemente Inforcatura; Inf. xiv, 108.
Forcatella, Diminut. di forcata, Piccola forcata; Purg. iv, 20.
Force, dal lat. forfex per mezzo dell'antiquato forfice : Lo
stesso che Forbice, di cui forma sincopata; ma voce quasi esclu-
sivamente poetica. In locuz. figur. Par. xvi, 9.
Forcato, Che ha forma di forca; Inf. xxv, 134; xxx, 51.
Forese, della nobile famiglia fiorentina dei Donati, sopranno-
minato Bicci Novello, figlio di Simone e fratello di Piccarda Donati
(cfr. Piccarda), amico, parente e concittadino di Dante, morto il
28 luglio 1296, noto tra altro per i sonetti ricambiati con Dante
(cfr. Del Lungo, Dante nei tempi di Dante, 435-61). Ricordato
Purg. xxiii, 48, 76; xxiv, 74. - Dan.: Fratello di messer Corso Do-
nati da Firenze, lo qual fu nel viso molto scabbioso, e pieno di gru-
sole, e fu molto corrotto nel vizio della gola nella prima vita; fu
molto domestico di Dante, per la qual domestichezza elli fece festa
Foresta- Forl
a Dante. - Ott., Petr. Dani., Cass., ecc., si contentano -1
vare che Forese fu de' Donati, parente ed amico .li
Dai
Bocc: Forese dedonati fratello dimesser corso donati
involto
questo vizio efuchostui dilichato huomo epiacevagli ogni bu
effu grande amicho didante poi perparte diventarono
nimici
chedante era diparte biancha eforese diparte nera. - Benv.
fuit quidam concivis suus, nomine Foresius, natione flor<
nere nobilis, frater famosi militis Cursii de Donatis, amici]
finis nostri poeta, cnm quo vixerat ad tempns familiariter. -
Buti :
Fu cittadino di Fiorense, e fu fratello di messere Corso Domiti,
e fu molto goloso. - An. Fior.: Questa anima, che introduce
qui
l'Auttore a parlare, si fu Forese fratello di messere Corso Donati
da Firenze, il quale fu molto corrotto nel vizio della gola, et nella
prima vita fu molto dimestico dell' Auttore, per la qnal dimesti-
chezza egli fece festa a Dante: et molti sonetti et cose in rima
scrisse l'uno all'altro; et fra gli altri l'Auttore, riprendendolo di
questo vizio della gola, gli scrisse un Sonetto in questa forma:
ti faranno il nodo Salomone, ecc. Questo Forese Donati fu chia-
mato per sopra nome Bicci. - Serrav.: Fuit civis Fiorentina.-,
vitiosus in gula, amicus Dantis, vicinus et aliquantulus consangui-
neus; fuit de Donatis, nobili domo de Florentia, cum quo in pne-
ritia multum practicavit auctor, et forte dum erant pueri, fecerum
simul aliqua pueriiia. Sed ille Foresis secutus fuit vitium gule; ubi
auctor fuit valde temperatus. - Land. : Forese fu fratello di Ac-
cursio iurisconsulto, et di Piccarda, femmina bellissima et honestis-
sima. Adunque a questi tre ha partito i tre regni, et ad Accur
dette l'Inferno, a Forese d il Purgatorio, et Piccarda trover in
Paradiso. - Tal.: Iste ghiotonus Foresus fuit, concivis eius, de
Donatis, frater domini Corsi qui fuit caput partis Nigrae, qui ex-
pulit Albam. Iste fuit deditus vicio gule; et semper de ipsa loque-
batur. - Veli. : Fratello d'Accorso, padre di Francesco eccellente
Iur. cons.
Foresta, dal lat. barb. foresta, Grande spazio di terreno piene
di alberi salvatici, per lo pi di alto fusto, e dove anche sogli-
abitar fiere; ed anche Tutt' insieme essi alberi; Purg. xxvm.
xxix, 17.
Fori, cfr. fuori.
Forl, lat. Forum Livii, citt della una fertile
Romagna, in
provincia, sulla riva destra del fiume Montone. Al tempo
dei 1
Limo
mani chiamavasi Forum Livii per essere stata fabbricata da
Nerone finto
Salinatore, avendo in questo luogo assieme a Claudio
822 Forlivense;>Forma
ed ucciso Asdrubale. Questa citt rimase soggetta all' Impero ro-
mano fino alla discesa dei Barbari in Italia. Governossi in seguito
a repubblica e nel secolo XIII, per non essere costretta ad ubbi-
dire a Federico II gli pag seimila scudi d'oro. Nell'anno 1291 se
ne impadron Mainardo Pagani per cui molto sofferse nelle guerre
di Mainardo coi Bolognesi e colla corte di Roma. Alla sua morte
due fazioni dei Calboli e degli Orgogliosi, e
la citt si divise in
dopo varia fortuna riesci ai Calboli di averne il dominio. Alla lor
volta per furono soverchiati dagli Ordelaffi che si erano uniti con
loro per cacciare gli Orgogliosi. Il primo degli Ordelaffi fu nomi-
nato capitano del popolo ed in seguito i suoi successori ne ebbero
la signoria. Al principiare del secolo XIV i signori di Forl domi-
navano anche sopra la citt di Cesena e possedevano i castelli di
Cesenatico e Brettinoro ed altre terre e villaggi di minore impor-
tanza; Loria, 489. Questa citt nominata Inf. XVI, 99. Purg.
xxiv, 32. pure accennata senza nominarla espressamente Inf.
xxvn, 43 e seg.
Forlivenses, Cittadini di Forl. Il volgare dei Forlivesi
ripreso Vulg. JEl. i, 14, 9 e seg.
Forma, dal lat. forma, Modo, Maniera, come una cosa fatta
esteriormente; Modo suo esteriore di essere: Figura con la quale
le cose ci si offrono alla vista; e talora altres L'immagine di esse
percepita. Voce adoperata sovente da Dante, specialmente nel suo
significato scolastico. Nella Div. Com. essa occorre 26 volte, 4 nel-
l'In/". (XXV, 101 ; xxvi, 78 ; xxvn, 73; xxx, 41), 10 nel Purg. (v, 28;
vi, 54; ix, 58; x, 109; XVII, 19; xvm, 29, 49; xxv, 95, 99;XXix, 97)
e 12 volte nel Par. (i, 104, 127; iv, 54; xvm, 111; xx, 23, 29; xxiv,
128; xxix, 22; xxx, 61; xxxr, 1, 52; xxxni, 91). 1. Nel signif. propr.
Purg. xxv, 95, 99. Par. xxx, 61; xxxi, 52. Conv. m, 9, 52. - 2. E
fguratam. Canz. : Amor, tu vedi ben che questa donna, v. 65
(var.). - 3. Riferito al corpo di persona o d'animale, per Fattezza di
quello, Conformazione: ed anche Immagine, Figura; Purg. XXix, 97. -
4. In pi largo senso, e usato assolutam., prendesi per Aspetto, Sem-
bianza, Faccia; e talvolta per la stessa Persona; Inf. xxx, 41. Purg.
xvn, 19. - 5. Vale pure Maniera, Modo, Guisa; riferito, sia al fare
una data azione od operazione, una data condizione o
sia a stato,
o qualit speciale, di cose; Inf. xxvi, 78. Purg. vi, 54; x, 109. -
6. E per Qualit caratteristica di checchessia, Ci che lo fa essere
in un dato modo, ovvero la differenzia e distingue da altre cose;
Conv. iv, 10, 37. - 7. E per Condizione, Stato ed altres Modo di
;
diportarsi, Contegno, Tener di vita, anche con tale compimento
Formale-Forinare
espresso; Conv. I, 3, 29. -8. Forma
anche Terni, delle 8CU
vale Ci che d l'essere intrinseco ad una cosa, che la
fa e
quel ch'ella , Ci che determina la materia ad
tal altra cosa, Ci che determina la materia e
con e&
il composto; Natura intrinseca, e talvolta anche Atto naturai
senziale, intrinseco, di checchessia; Purg. xvni, 20. Par. i.
Conv. II, 14, 102; III, 11, 101.- 9. E nello stesso senso dici
Forma sostanziale o Forma generale; il cui contrari
accidentale, cio non essenziale, non intriseca al so<rget!
xvni, 49. Conv. ni, 6, 41.-10. E in particolare detto dell'anima,
in quanto informa il corpo e determina Tessere umano; Inf.
101; xxvii, 73. Purg. xvm, 29. Par. i, 104; iv, 54; xxix, 22. (
in, 6, 37, 92; III, 8, 2.-11. E poeticam., per l'Anima Bt< a
sciolta dalle memhra, Spirito; ed anche Spirito celeste. A.;
Purg. IX, 58. - 12. E con qualche aggiunto o qualificazione, rife-
rito a Dio, all'Essere supremo, alla Divinit; Par. x\\ in, 91. - 1
per Sostanza formale, Essenza: detto di atto dell'intelletto, 1;
timento, o simili; Par. xxiv, 128. - 14. In forma, costruito con la
particellaDi in locuzione prepositiva, vale A modo, A similitudine,
In guisa, In maniera, Come; Par. v, 28. Par. xxxi, 1.
Formale, dal lat. formais : 1. Proprio della forma, Attenente
alla forma, delle cose, nel senso scolastico; Connaturale ad
Essenziale: ed altres Che ha natura o essenza di forma, Che opera
come forma, detto di principio o di cosa astrattamente considv
Par. Il, 71, 147; li, 79. - 2. Detto pi specialmente di cagi'
causa, vale, nel linguaggio delle Scuole, Che d forma alla
Che la fa essere veramente tale quale ella : e si distingue dalla
materiale, finale, agente, efficiente; Conv. iv, 20, 71.
Formalit, Astratto di formale, L'essere formale, Ci eh
f|
tiene alla forma, ossia all'essenza, di checchessia; Conv. IV, l
Formare, dal lat. formare: Fare secondo propria, o partico-
lare, forma; Dare la debita forma o figura, Ridurre a una
forma, Foggiare: detto figuratam. anche di strumenti. 1. Pei
l'essere, creare, e propriamente in quella forma determinata che
ogni cosa deve avere; Detto di Dio, e, per estensione, anche dell
natura; Par. XIII, 38. Conv. Il, 4, 27. - 2. E per Produi
origine, Far nascere o sorgere, per natura, virt, o condizione, pn
pria; detto pi che altro di cose; Purg. x, 125. - o. Riferito
role, detti, vale Articolare, Proferire; e per estensione, rifei
sospiri, Mandar fuori; Inf. xxiv, 66. - 4. Riferito a voce, cai
altri suoni, vale Mandar fuori, e anche Produrre: Purg.
824 Formativo-Foro
Formativo, Atto a formare, a dar l'essere, a produrre, a co-
stituire perfettamente, e simili. pi che altro aggiunto di Virt
o Potenza, e usato nel linguaggio delle Scuole; Purg. xxv, 89. Conv.
iv, 21, 28, 29.
Formato, dal lat. formatus 1. Partic. pass, di Formare;
:
Purg. xxiv, 122; xxix, 26. - 2. In forza 'Add. Fatto, Lavorato,
Ridotto, in tale o tal forma, o nella forma di checchessia; Fog-
giato; ed altres Avente una data forma; Par. xxm, 95. - 3. E per
Fatto, Composto, di tale o tal materia, elementi, e simili Inf. ;
xiv, 106. - 4. E poeticam. per Informato; Par. in, 54.
Formazione, dal lat. formatio, L'atto e L'effetto, ed al-
tres Il modo, del formare e del formarsi; Purg. x, 129.
Formica, dal lat. formica, Genere d'insetti dell'ordine de-
gV imenotteri, che comprende varie specie la pi comune delle
;
quali vive sotterra, donde esce alla buona stagione per provvedersi
il vitto e farne raccolta; Inf. xxix, 64. Purg. xxvi, 35.
Formoso, dal lat. formosus, Che ha belle forme, Bello, Av-
venente; detto di persona e delle sue membra; Conv. in, 3, 55.
Fornace, dal lat. fornax, Edilizio murato, o cavato, a guisa
di pozzo, con una bocca da piede per metterci fuoco, nel quale si
cuociono calcina, o lavori di terra, come sarebbero mattoni, stovi-
glie, e simili; ed altres dove si fondono vetri, metalli, e simili;
Purg. xxiv, 137.
Fornire, probabilm. dall' ant. ted. frumjan, Fare, Ordinare,
Preparare, per mezzo del provenz. formir e fromir; Provvedere
checchessia di ci che gli necessario, utile, opportuno. - 1. Detto
di cosa, vale Servire, Bastare, a fare, compiere, checchessia; Par.
xi, 132. - 2. E per Condurre a fine, a termine; Finire, Compiere;
riferito tanto a cosa, quanto a lavoro, operazioni e simili anche :
in locuz. figur. Purg. xxii, 6. Par. xxx, 18. - 3. E per Fare, Com-
piere, Mettere ad effetto. Eseguire; Purg. xn, 132.
Fornito: 1. Provveduto di checchessia; detto tanto di persona
quanto di cosa, e in costrutto con le particelle Di
od A. Figura-
tamente Inf. xxi, 40; xxiv, 58. - 2. Detto di persona, vale Che si
e provveduto di ci che necessario a un dato fine, Che appa-
recchiato; Inf. xxvin, 98.
Foro, col primo o stretto, da forare: Apertura che ha del ro-
tondo, e non molto larga; lo stesso che Buco, ma voce alquanto
Foro-Forse
pi scelta. Detto di non grande apertura
1
che appartai i Boi
di terra d una superficie qualsiasi; Inf.
o
xix, M oiiv
BJ
2. E poeticam., per Ferita, Piaga; Purg. v,
73.
Foro, col primo o largo, dal lat, forum:
propriam. I ;
zioso nelle citt, circondato di edifizj pubblici,
destinato a 1
gli affari; Piazza. 1. Figuratam. per Tribunale,
Macisti Ufficio,
ed anche per la professione delle leggi e l'esercizio
di essa: P
x, 104. - 2. Foro divino, poeticam. per la
Chiesa; Par. x\\, M_.
Forse, o dal lat. fors, che si us anche avverbialmente, o da
forsan, e secondo altri da forsitan ; cfr. Diez, Wrt n 30 e seg. ,
;;
Avverb. esprimente dubbio o incertezza, ovvero non recisa allei ;
zione, intorno a checchessia, rispetto al non averne chiara
notizia
o al non poterne fare sicuro giudizio, ovvero rispetto a caso,
even-
tualit, probabilit, e simili. Secondo che pu essere o pu cre-
dersi, Come possibile, credibile, probabile, ammissibile; e con pi
tenue senso, Per caso, Per avventura, Per sorte. Voce adopei
nella Div. Com. 67 volte, 22 nell'In/!, 30 nel Purg. e 15 nel Par. -
1. Nel senso proprio: Inf. vi, 44; ix, 15; x, 63. Purg. IX, '25 e so-
vente. - 2. Con relazione a indeterminatezza di numero o quantit :
Circa, Incirca, Intorno; Par. xxx, 1. - 3. E in locuzioni pur signi-
ficanti numero o quantit, ma figuratam. in modo iperbolico; Inf.
xxv, 32. - 4. Forse che, For sedie, reggente un verbo, in proposi-
zione dubitativa o interrogativa o condizionale, significa lo Bte
che il semplice Forse, ma con maggiore efficacia; Purg. iv, 98:
xxi, 121. - 5. N forse una maniera congiuntiva reggente una
proposizione negativa, che esprima dubbio, timore, cautela, e simili,
per i quali alcuno faccia, o si astenga dal fare, checchessia; Ac-
ciocch forse non, Acciocch per avventura non: corrisponde al lat.
ne forte, o ne forsitan; Par. xxxn, 145. - 6. Se forse pur ma-
niera congiuntiva reggente una proposizione, che esprima possibi-
lit, speranza, aspettazione o ricerca, supposizione, e simili: Se mai.
Caso mai, Dato che; e corrisponde ai lat. si forte; Purg. wvi, 89. -
7. Essere, Stare, Rimanere, e simili, in forse, vale Essere, Stare,
Rimanere, in dubbio, Dubitare di checchessia; ovvero Essere, Stare,
Rimanere, incerto dell'esito, del da farsi, e simili; ed altres Con
l'animo sospeso ed agitato, con timore, in apprensione, e simili.
Cos assolutam. come con qualche compimento; Inf. Vili, 110. Par.
xn, 4L - 8. Mettere, Lasciare, Tenere, Ridurre, e simili, in fon
vale Esser cagione che alcuno addivenga o rimanga dubbioso, in-
certo, di checchessia; anche in costrutto con qualche compimento
mediante la prep. Di; Purg. xxix, 18.
826 Forsennato-Forte
Forsennato, dal provenz. forsenat; francese ant. farsene,
donde moderno farcene composti dal lat. foris, e dal ted. sinn,
il :
Senso; Che fuor del senno, Che ha perduto l'uso della ragione,
o per pazzia o per qualche grave perturbazione dell'animo; Inf.
xxx, 20.
Forte, Ada. dal lat. fartis, Che di vigorosa costituzione, Che
valido e robusto del corpo, Atto a sopportare grande fatica; detto
cos di persona come di animale. Come Add. questa voce adope-
rata nella Div. Com. 29 volte, 10 nell'In/*, (i, 5; v, 87; xvn, 42,
81, 90, 95; XX, 70, 89; xxiv, 60; xxxm, 78), 6 nel Purg. (li, 65;
vi, 18; ix, 135; xxix, 42 ; xxxi, 45; xxxm, 50) e 13 volte nel Par.
(Vi,102; 49; IX, 36; xiv, 59; XVI, 77; XVII, 77, 117; xxt, 76;
vii,
xxn, 123; xxv, 61; xxvm, 18; xxx, 48; xxxn, 50). - 1. Nel signif.
propr. Inf 2. Per Robusto, Gagliardo, Sano, Valido alla
xxiv, 60. -
funzione a cui ordinato; detto del corpo del-
fatica, o all'ufficio o
l'animale, o di alcuna parte, membro, organo di esso; e dicesi al-
tres di complessione, costituzione; Inf xvn, 42; XXXlll, 78. -
3. Detto in particolare di vista, vale Che ben distingue gli oggetti.
Acuto; Conv. ili, 8, 97. - 4. Detto di cose materiali, vale Che per
sua natura, o pel modo col quale stato costruito, fabbricato,
difficile a piegarsi, a rompersi, a spezzarsi; Resistente all'urto, al
colpo, alla pressione, Che ha grande solidit, stabilit, e simili;
Purg. ix, 135. - 5. Per Ben saldo, Ben serrato, Difficile a disfarsi,
a sciogliersi, a rompersi, ovvero a liberarsene, svincolarsene; detto
di cosa che comecchessia leghi, colleghi, unisca; cos nel senso
proprio come in locuz. figur. Par. xxxn, 50. - 6. In senso morale,
vale Che ha tale virt d' animo da sopportare con rassegnazione
lunghi dolori, gravissime avversit, infortunj da vincere le male ;
inclinazioni, passioni, da operare virtuosamente; ed altres da fare
annegazione di s stesso in benefizio altrui; Purg. vi, 18; xxxi, 45. -
7. E nello stesso senso, detto di animo, natura, e simili; Canz.: Le
dolci rime d'amor, ch'io solia. v. 129. Conv. IV, 4, 75. - 8. E per
Che ha tale sicurt di animo da affrontare intrepidamente, ma senza
audacia, qualsivoglia rischio, o da assumere consideratamente e con
fermezza imprese grandi e pericolose; ed anche semplicemente per
Valoroso, Intrepido, Coraggioso; Inf xvn, 81, 90. - 9. E per Alto,
Nobile, Sublime, Degno di mente vigorosa, di grande ingegno; detto
di concetto, ovvero di argomento, soggetto da trattarsi, ed altres
di studj, discipline, e simili; Purg. xxix, 42. - 10. Detto di luogo,
castello, terra, citt, e di lato o parte di essi ; ed altres di passo,
varco, e simili vale Che per natura o per arte difficile ad espu-
:
gnarsi, o a superarsi, Munito di buone fortificazioni e uniscesi al- ;
Forte
tres, per mezzo della particella D o Per, col nome della cosa
per
la quale esso luogo, castello, citt, ecc., forte;
Inf. XX,
11. Forte, vale pure Malagevole a praticarsi, In cui non
Per cui non si passa, senza grande fatica e disagio, od and;,
pericolo; detto di luogo, via, sentiero, ed altres di viaggii
mili; Purg. il, 65. - 12. Figuratali!, e in locuz. figur. Par. XXII, 123. -
13. Detto di bosco, selva, macchia, ed altres di luogo boschivo, \
Folto, Intricato, d'alberi e sterpi, cosi da non poterci andar.': 1
i, - 14. Per Difficile, Malagevole, Arduo, usato pi spesso in co-
5.
strutto con un compimento verbale, retto dalla particella A; Pur.
Vir,49; IX, 36; XXI, 76. - 15. E assolutam., detto di scritture, libri,
passi di scrittore, questioni, ovvero di materie che sieno sogg
di studio, punti dottrinali, e simili, vale Difficile a intendersi, a
comprendersi, Oscuro; Purg. xxxin, 50. Par. xxv, 61. Canz.: Voi
che, intendendo, il terzo ciel movete, v. 55. Conv. il, 12, 37. -
16. Aggiunto di sapore, vale Che cagiona acuta e aspra sensazione
all'organo del gusto; e dicesi pure di cosa, a significare clic ha
cotale sapore; e talvolta costruiscesi con la particella Di, reggente
ci per cui la cosa ha sapore forte; anche in locuz. figur. Par.
xvii, 117. - 17. Per Che fa grande impressione
sull' organo della
vista, detto di luce, dilume, e simili; e dicesi anche degli oggetti,
in quanto fanno impressione sopra esso organo; Par. xxx, 48. -
18. E figuratam., Che fa grande impressione nell'animo, Inf.v,&.-
19. Aggiunto di ora, punto, e simili, vale Che efficacemente influisce
sopra un fatto od atto, Che ha molta influenza; Conv. n, 16, -17. -
20. Detto poeticara. del pianeta Marte, vale Che manda influssi tali
da far nascere uomini forti in guerra; Par. xvn, 77.
21. Forte, detto di affetto, passioni, sentimenti, pensieri, im-
maginazioni, e simili, vale Vivo, Intenso, Veemente; Vii. N. XV, _ :
xl, 2. Pure per Vivo, Grande, Gagliardo, detto di stato o con-
- 22.
dizione fisica; Conv. in, 10, 11. - 23. E per Che reca afflizione, do-
lore; Doloroso, Spiacevole; Son. .-Chi guarder giammai senza
paura, - 24. Pure per Potente, Gagliardo; detto di cose pi
v. 5.
che altro morali Conv. in, 8, 13. - 25. Forte a checchessia o a fai
;
checchessia, vale Che ha forza sufficiente alla cosa o all'azione in-
dicate dal compimento; in senso cos proprio come figurato; /
xiv, 59. - 26. in forza di sost, per Passo, Cosa, Punto, difficile; l
xvn, 95, nel qual luogo le lezioni sono varie (ALTRO fors;
FORSE, ALTRO FORTE, ALTO FORTE, ALTI FORTI), ecc.; cfr. MOOBE,
Crii.,315 e seg. Blanc, Versuch, i, 150) e coli' autorit dei codd.
appena possibile decidere quale sia la vera. Il
senso senza dnl
ad altri punti difficili mi so*
bio: Virgilio, che gi altre volte e
venne, ecc. - Lari.: Virgilio lo soccorre a tal bisogna siccome b
828 Forte
tiata l'aiut. - Benv.: Ad altro forse, idest ad aliud dubium,
sicut a simili quando ascendit centaurum, quia tunc Virgilius eodem
modo ascendit clunem et tenuit eum inter brachia sua donec transi-
verunt aquam sanguineam. Ita modo faciet hic donec transibunt
istam aquam nigram conformem materia fraudium, et alias ssepe
succurrit sibi in multis dubiis periculis. - An. Fior. : Ad altro
porte, Vuol dire che Virgilio 1' avea sovvenuto pi volte, et a forte
cose, come quando furono alla porta di Dite, et agli altri demoni
che lo spaventaro. - Serrav. : Ad aliud punctum vel dubium,
forte: idest magnum et profundum dubium. - Barg.: Ad alto,
forte, intendiamo in caso alquanto simile, quando cavalcai sopra
il Centauro nel passare il fosso di sangue. - Tom.: Altro forte,
difficile passo. Cos diciamo: Qui sta il forte. Lo soccorse dall'ava-
rizia; e dalla frode adesso; due mali che infestarono la politica e
il costume di Koma e d' Italia.
Forte, Avverb.; lat. fortiter, Fortemente, Gagliardemente, Vi-
gorosamente, Con forza. Anche come Avverb. questa voce ado-
perata nella Div. Com. precisamente 29 volte, 15 nell' Inf. (in, 44,
107,131; v, 104; vili, 80; XIH, 91, 116; xiv, 62; xix, 26, 120; xxv, 93 ;
xxix, 26; xxxi, 107; xxxn, 50, 78), 9 nel Purg. (iv, 8; xv, 107 xvn, ;
35; XX, 130; xxi, 19, 126; xxm, 42; xxiv, 2; xxvil, 17) e 5 volte
nel Bar. (x, 63; xiv, 110; xxiv, 12; xxvi, 18; xxvin, 41). - 1. Nel
signif. propr. Inf. xnr, 91; xxxn, 50, ecc. - 2. Figuratamente e in
locuz. fgur. Inf. v, 104. - 3. E per A voce alta, In tuono elevato,
Con clamore; Inf. in, 44; vili, 80. Purg. xvn, 35. - 4. E per Pre-
stamente, Rapidamente, Velocemente; Inf. xin, 116. Purg. xxi, 19;
xxiv, 2. - 5. E per Assai, Grandemente, molto Inf. xxv, 93 Par.
; ;
xi, 63. - 6. E per Violentemente, Impetuosamente; e con pi lieve
senso, In gran copia, parlandosi di fenomeni naturali; Inf. ni, 131;
XIX, 26; xxxi, 107. - 7. Parlandosi di luce, d'immagine riflessa, e
simili, vale Vivamente, Con grande intensit; Par. in, 15 (var.);
xiv, 110; xxiv, 12. - 8. E figuratam., parlandosi di cose intellet-
tuali e spirituali Purg. iv, 8. - 9. Riferito ad atti intellettuali, vale
;
Con vigoria, Con profondit, d' intelletto, Con forza di fantasia, e
simili; Purg. xxvn, 17. - 10. Vale altres Fieramente, Con fierezza,
Con grande energia; Inf. xiv. 62; xxix, 26. - 11. per in modo
E
oscuro, difficile a intendersi; Par. xxvi, 18. - 12.Nel luogo Inf.
vili, 80, alcuni prendono forte per Add. riferendolo a nocchiero,
nel significato di Gagliardo, Robusto. Meglio si prende come Avv.,
riferito a grid, cio Grid fortemente, A voce alta. I pi antichi
(Bambgl., An. Selv., Iac. Dant., Lan., Ott., Petr. Dani., Cass.,
Falso Bocc, ecc.) non si esternano in proposito. - Bocc.: Qui si
Fortezza-Fortificato
pu comprendere dal gridar forte di questo nocchiere, il cosi
degl'iracundi intorno al parlare, i quali non pare il
post
se non impetuosamente e con roinore. - Benv.:
Scilicet Phlei
superbus. - Bitti: Il nocchier, cio Flegias, fortk
grid.
Cast: Perch grid forte? aveva forse egli Virgilio e Dante
per
sordi? a dire che dimostra la natura d'uno iracondo, e d'uiiu,
che mal volentieri passava simile gente. - Ross.: Fortk g
il magna voce testatur, che Virgilio dice di Flegias
(Ma
testatur voce per umbras, Aen. vi, 619); e forse vale a din:
che grid forte per farsi ben udire fra i dolorosi lai che uscivano
dalla citt; o ad indicare che la voce dell'iracondo per so forte
13. Nel luogo Purg. xxi, 126 pare che la lezione genuina sia POliZA,
come con molti ottimi codd. leggono Witte, Fanf, Br. l., Kmil-
Giud., Gioberti, Andr., Moore, ecc. Altri {Veli., Dan., Sicca,
Fosc., Mauro Ferr., Bennass., ecc.) leggono forze al plur. Altri
forse (Cass., ecc.), e forsi {Buti, ecc.). Molti, con parecchi ottimi
codd., forte. Cfr. Blanc, Versuch, ir, 80 e seg. Brlow, Contri-
bntions, 253 e seg. Coni. Lips. il, 410 e seg.
Fortezza, Astratto di forte: 1. L'esser forte; Robustezza lei
corpo o delle membra; Gagliardia, Vigore, Forza, e simili; Coni.
IV, 19, 32. - 2. Usato in senso morale, denota Quella sicurt o forza
dell'animo, la quale fa che 1' uomo per giusta e nobile causa af-
fronti intrepidamente, ma senza audacia, i rischj, o assuma consi-
deratamente e con fermezza imprese grandi e pericolose. Ed anche
semplicemente per Valore, Coraggio; Inf. xxxiv, 21. Conv. iv, 17,
22. - 3. E come Term. de' Teologi; vale Uno dei sette doni dello
Spirito Santo ed
; Quello pel quale siamo aiutati a mettere in
esecuzione la volont di Dio; Conv. IV, 21, 83.
Fortezza, Term. di Architettura militare; dal lat. barb. for-
tesa, fortesia, forteza, forteda, Fortificazione, che anche si disse
fortia; voci e forme derivate tutte dall'adiett. lat. fortis. - 1. Per
Qualsivoglia propugnacolo, costruito per difendere se e tener lontani
i nemici. Luogo fortificato, Rcca, Cittadella, e simili Inf. ;
xvm, 14. -
2. E per similit. Inf. ix, 128.
Fortificare, dal basso lat. fortificare, Rendere, Far divenire,
forte, o pi forte, vigoroso, robusto; Corroborare. E figuratam., ri-
ferito a cose spirituali e morali; Conv. in, 2, 43.
Fortificato, basso lat. fortifcatus : Reso, o Divenuto,
dal
fermo,
forte, robusto, vigoroso; e per estensione, Reso, o Divenuto,
stabile. Usato anche figuratam. Conv. IV, 1, 41; IV, 2, 91.
830 Fortuna-Forza
Fortuna, dal lat. fortuna, Essere immaginario, al quale, come
a cosa ignota, si attribuiscono dal volgo gli effetti e gli avvenimenti
improvvisi, inaspettati, contrarj ancora all'aspettazione, e senza ca-
gione manifesta o senza cognita ragione. Voce adoperata nella Div.
Com. 18 volte, 10 neWInf. (vii, 62, 68; xm, 98; xv, 46, 70, 93, 95;
xxx, 13, 146; xxxn, 76), 3 nel Purg. (xix, 4; xxvi, 36; xxxn, 116) e
5 nel Par. (vili, 139: xn, 92; xvi,84; xvn, 26; xxvn, 145). - 1. Nel
signif. propr. Inf. xxx, 13; Par.
139; xvi, 84; xxvit, 145. Gonv.
vili,
i, modo particolare, immaginasi come II cieco dispen-
3, 24. - 2. In
satore delle ricchezze e degli altri beni temporali; Inf. vii, 62, 68:
xv, 93. Conv. iv, 11, 43. - 3. E considerato, secondo il concetto pa-
gano, come una deit; nel qual senso ricevette dall'antichit di-
versi aggiunti e cognomi; Inf. xv, 95. - 4. E secondo le credenze
astrologiche, prendevasi per la disposizione dei cieli o dei pianeti
circa gli uomini e i fatti xxxn, 76. - 5. E
umani; Inf. xv, 46, 70;
per Esito, Successo, Eiuscita, detto anche di animali; Purg. xxvi, 36. -
6. E per Tempesta di mare, Burrasca, Procella; Purg. xxxn, 116. -
7. Fortuna, con 1' aggiunto di Maggiore o Minore, era Terni, di
Geomanzia; e dicevasi Una particolare configurazione di sei stelle,
quattro delle quali disposte in quadrato e due in linea retta tra
loro, che nella Fortuna maggiore erano in basso, nella minore in
alto, del quadrato. La prima veniva attribuita alla costellazione
dell'Aquario, la seconda alla costellazione del Toro; Purg. Xix, 4.
Fortini ai ae l'sisulae, Gruppo di isole nell' occidente del-
l'Africa; Mon. il, 3, 69.
Fortunato, Che ha buona fortuna, Che
dal lat. fortunatus,
favorito dalla fortuna in checchessia, Bene avventuroso. - 1. Per
Felice, Bene avventurato; specialmente in locuzioni esclamative;
Purg. il, 74; in, 86. Par. xv, 118. - 2. Poeticam. detto di luogo,
vale Illustre, Glorioso, per grandi fatti che vi si compierono, o per
aver dato i natali a qualche insigne personaggio Inf. xxvin, 8 : ;
xxxi, 115. Par. xn, 52.
Forum Julii, oggi Friuli; menzionato Vulg. El. i, 40.
Forza, dal lat. barb. fortia e forcia, Potenza insita nell'or-
ganismo, per la quale l' uomo e 1' animale compiono i ioro atti e
movimenti Vigore, Robustezza, Gagliardia. Voce adoperata nella
;
Div. Com. 26 volte, 12 neVInf. (iv, 3; vi, 69; vii, 27; xi, 24, 29,
32, 34, 46; xiv, 59, 61; xx, 16; xxiv, 113), 10 nel Purg. (v, 52, 91;
xv, 136; xvi, 79, 111; xx, 64; xxi, 126; xxxn, 7, 15, 115) e 4 nel
Par. (iv, 80, 107; XI, 6; xx, 83). - 1. Nel signif. propr. Conv. ni, 3,
Fosco-Fossa
42, 43. - 2. E per Principio d'operazioni, Potenza: detto sia di Dio,
sia della Natura, ed anche poeticam. del Mondo; Purg. IVI 7
3. E per Efficacia, Valore, Potenza, che una cosa abbia Bopra
chec-
chessia o chicchessia; in locuz. figur. Par. xx, 83. - 1. E per Opera
efficace d'alcuno, volta a far che altri consegua un dato
effetto;
Inf vi, 69. - 5. Detto di stati, governi, nazioni, e simili, vale
tenza di operare con grandi effetti, sia civilmente, sia militarmente;
ed anche Le condizioni, Gli elementi, e simili, onde resulta la detta
potenza; Conv. IV, 27, 130, 131. - 6. Vale anche Violenza; e tal
Atto violento. Usato altres figuratam. Inf. xi, 24. Purg. v, 91,
Conv. IV, 4, 67. - 7. Di forza, posto avverbialm. vale Con for/a.
Con fierezza; Inf. xiv, 61.-8. Per forza, posto avverbialm., vale
Con violenza, Usando violenza, Violentemente; Inf. xi, 34. Purg,
T, 52. Par. xi, 6. - 9. Vale anche Forzatamente, Con violenza, ed
anche contro voglia Inf. iv, 3. Purg. xxxn, 7. - 10. Per forza,
;
con un compimento retto dalla particella Di, vale Mediante ci clic
espresso da quello, Valendosi della cosa o del mezzo in esso in-
dicati; Inf. vii, 27. - 11. Vale anche In conseguenza, A cagione, ed
altres Per effetto, Per opera, di ci che pure espresso dal com-
pimento; Inf. xx, 16; xxiv, 113. Conv. in, 3, 42. - 12. A tutta forza, Di
tutta forza, Con tutta forza, anche interposti i possessivi Mio, Tuo, ecc.,
sono pure maniere avverbiali esprimenti il grado massimo ed estremo
della forza che alcuno pone in un dato atto, azione, operazione; For-
tissimamente, Gagliardamente Inf. xiv, 59 Purg. xxx il, 115. - 13. Per
; ;
viva forza, maniera avverbiale che vale Di necessit, Necessaria-
mente; Purg. XVI, 111. - 14. Dar forza ad alcuno, vale Fortificarlo.
Afforzarlo, Invigorirlo anche in senso figurato Purg. XV, 136. -
; :
15. Far forza ad alcuno, od anche in alcuno o nelle sue cose, vale
Usargli violenza sia nella persona sia in ci che gli appartiene; e
altres, semplicemente, Forzarlo. E per estensione, Recare ad alcuno
violenta offesa; Inf. xi, 29, 46.
Fosco, dal lat. fuscus : 1. Che tira al nero, Oscuro; detto di
colore; e detto di cosa, vale Che ha tal colore; Inf. xm, 4. - 2. Detto
poeticam. di aura, cielo, e simili, vale Oscuro, Caliginoso, Non ri-
schiarato da luce; Inf. xxm, 78; xxvm, 104.
Fosco, Bernardin di, cfr. Bernardin di Fot
Fossa, dal lat. fossa, Cavit fatta nel terreno a una certa pro-
fondit, e prolungantesi per alcun tratto, a fine di ricevere acque,
gittarvi le fondamenta di un edifizio, sotterrarvi cadaveri (ed anche
persone viventi, secondo il costume antico di seppellir vivi gli as-
sassini), e simili. - 1. Nel signif. propr.Iw/". xxix, 49. Purg.
xxvn,15.-
832 Fossato-Fra
2.In locuz. fignr. Purg. xxxi, 25. - 3. Per similitudine Inf. xn, 52. -
4.Pure per sirailit. e in senso generico, per Grande e profonda cavit;
Luogo profondo, cavernoso; Inf. xiv, 136; xvn, 66; xxm, 56, 122. -
5. E
poeticam. detto di fiume, il cui alveo sia stretto e profondu;
Purg. xiv, 51. - 6. E per Quello scavamento di terreno che si fa at-
torno a una fortezza, a un luogo fortificato, a un accampamento e
simili, e un tempo anche a citt, per impedire al nemico l'accesso:
oggi comunemente Posso; Purg. vi, 84. - 7. Per similit. Inf. vili, 76. -
8. Fossa, e pi spesso Fossa cieca, dicesi Quella buca coperta super-
ficialmente di frasche, a fine di farvi cadere gli animali selvaggi, od
anche i nemici; detto fguratam. Conv. i, 11, 28. - 9. Fossa, Term.
degli Anatomici. Nome dato ad Alcune piccole cavit del corpo umano,
come di quelle del naso, degli occhi, di quella del palato, e simili;
Purg. xxiv, 5. - 10. Aver l'un piede dentro la fossa, detto di vecchi,
vale Essere vicino a morte; Purg. xviii, 121.
Fossato ?
Piccolo torrente; Inf. vii, 112. Purg. v, 119.
Fosso ?
Scavato: 1. Fossa grande, che
dall' adiett. lat. fossus,
raccoglie acque piovane dei campi, o che serve a condurre le
le
acque di un fiume per irrigare le campagne o per macinare; Inf.
xn, 73, 126; xiv, 11; xviii, 11, 17: xxn, 25, 138. Purg. xxxi, 25
(var.). - 2. E per similit., detto per Girone o Bolgia infernale; Inf.
xvin,112; xix, 9; xxiv, 65; xxvi, 41; xxvn,135; xxvin, 53; xxxm,142.
La voce adoperata nella Div. Com. soltanto nell' Inf., e qui 14 volte,
7 nell'uno e 7 nell'altro senso. Questa simmetria sembra escludere
la var. rossi (per fosse) nel luogo Purg. xxxi, 25.
Fotfno, da Sirmio, connazionale e discepolo di Marcello d' An-
dra, prima diacono, poi vescovo di Sirmio nella Pannonia, condan-
nato come eretico, insieme con Marcello suo maestro, dal sinodo
di Antiochia nel 344, e da quello di Sirmio nel 351, e dette il suo
nome alla setta dei Fotiniani. Con altri suoi contemporanei Dante
lo credette seduttore di papa Anastasio II, forse confondendolo con
altro Fotino, diacono di Tessalonica e seguace di Acacio; Inf. xi, 9,
sul qual luogo cfr. Anastasio; inoltre Blanc, Versiteli, i, 101 e seg.
Fanfani, Studj ed Osserv., 54 e seg.
Fra, preposizione che di sua natura serve ad indicare relazione
di estensione o di spazio intermedio a due termini, usata con verbi
sia di stato sia di moto, e cos nel proprio come nel figurato. E
af eresi di infra. - 1. Eeggente direttamente o per mezzo della par-
ticella Di, il pronome Me, S, Te, ecc., ed anche talvolta Mio, Suo,
cuore, compone col suo termine una locuzione figurata che vale Nel-
Fra -Francesca (da Rimini)
l'animo, Nella mente, Nel pensiero, Nel cuore mio, suo,
tao,
Nel mio, suo, tuo, ecc., interno. E talora il pronome si
ripete;' onde
si hanno le locuzioni Fra me e me, Fra s e s,
le quali signific
lo stesso; Inf xvi, 116. Purg.
25; xvn, 71; x\ni, 28. - 2. Serve
ix,
pure a denotare la durata, la continuazione d'uno state,
operazione,
condizione, e simili, e vale Nel tempo o corso di essa azione
si ato, i
Inf. xxxiii, 38.
Fra, dal lat. frater, Lo stesso che Frate, di cui apocope: ma
non si adopera se non nel senso d'Uomo di chiostro, di religione;
Religioso; premettendolo al nome della persona che si vuol d
gnare, specialmente quando esso comincia per consonante. Onde PB \
Dolcin, Inf. xxviii, 55 (cfr. Dolcino), fra Tommaso, Par. xn, 111.
Conv. iv, 30, 20 (cfr. Tommaso).
Fracasso, da fracassare, e questo dal lat. quassare, antepo-
stavi forse la preposizione per; Eumore, a somiglianza di quello che
si fa nel fracassare, Strepito; Inf. ix, 65; Purg. xiv, 137.
Fragile, dal lat. fragilis, Che per sua natura facilmente si
frange, si rompe, si spezza; detto di certi corpi. E per Debole, La-
bile, e simili, detto di alcun senso corporeo, o della memoria; Cam. :
Amor, che nella mente mi ragiona, v. 60.
Frale, forma sincopata di fragile, mediante l'antiquato fraie,
che per sua natura facilmente si frange, si rompe, si spezza. E
figuratamente per Debole, Infermo, detto di persona, di vita, ed
anche di forza, possa, e simili; Canz.: Donna pietosa e di novella
etate, v. 29.
Francesca (da Rimimi), figlia di Guido Minore, detto il
Vecchio, da Polenta, signore di Ravenna, il quale mor il 23 gen-
naio 1310. L'anno della nascita di Francesca ignoto. Verso il 1275
and sposa a Gianciotto Malatesta, signore di Rimini, che dicono
fosse uomo di aspetto deforme e zoppo, ma assai valente. Da qu-
nozze Francesca ebbe una figliuola di nome Concordia. Si racconta
che Francesca fosse ingannata premeditatamente, credendosi di an-
dare sposa a Paolo, fratello di Gianciotto, racconto assai poco pro-
babile, poich al tempo delle di lei nozze Paolo era gi marito e
padre, essendosi sposato nel 1269 ad Orabile Beatrice di Ghiag-
giuolo, che lo rese padre di due figliuoli, Uberto e Margherita. I
due cognati, Paolo e Francesca, fecero all'amore, onde furono am-
bedue uccisi dall' offeso marito di Francesca, probabilmente nel
tembre del 1289. Francesca era la zia di quel Guido Novello da
53. Enciclopdia dantesca.
834 Francesca (da Rimini)
Polenta, presso il quale Dante pass a Ravenna gli ultimi anni
della sua vita. Cfr. Tonini, Mem. stor. intorno a Francesca da
Rimini, 2 a ediz., Rimini, 1870. Barlow, Francesca da R., Lon-
dra, 1859. Yriarte, Frangoise da R., Par., 1883. Ricci, Ultimo
rifugio, 128 e seg. ricordata nel celebre episodio Inf. v, 73-142;
nominata, ivi, v. 116. - Bambgl.: Hec due anime fuerunt paulus
filius domini malatesta de malatestis de Arimino et domina Fran-
cischa domini guidonis depolenta uxor Jannis ciactum de malatestis
qui siquidem mutuo in tantum se dilexerunt quod dictus Giannes
occidit dictam dominam Francischam uxorem suam e f dictum pau-
lum fratrem suum cum ipsos invenerit diligentes se ad invicem. -
Iac. Dant.: Monna Franciescha figliuola di messere Guido da Po-
leta cio il vechio di Romagnia e della citta di Ravenna e Pagolo
de Malatesti da Rimino la quale essendo dal fratello del detto Paulo
il quale ebbe nome Giani Scianchato carnalmente cholei usando cio
chol detto suo chogniato una volta, esendo insieme dal marito fu-
rono morti. - An.Sel.: Questa Francesca fu figliuola di messer
Guido da Polenta di Ravenna signore, e fu moglie di Malatestino
de' Malatesti da Rimini; e Paolo di questo Malatestino fu fratello.
Paolo s'innamor di lei, e Ella di lui; ma niente ardiva di dirlo
T uno a T altro. Pure avvenne, che leggendo il libro di Lancelotto
e della Reina Ginevra, come prima s' agiunsono amorosamente, e
Paolo, pi volte mirato lei e Ella lui, prese ardire e basciolla; e poi
per pi volte usaro loro amore in tal modo che il marito il seppe,
e colteli amenduni in tal maniera, che gli uccise a una otta. -
1
Lan.: Iohanni ciotto figliuolo di messer Malatesta d Arimino avea
una sua mogliera, nome Francesca, e figliuola di messer Guido da
Polenta di Ravenna; la quale Francesca giacea con Paolo fratello
di suo marito ch'era suo cognato: correttane pi volte dal suo ma-
rito non se ne castigava; infine trovolli in sul peccato, prese una
spada, e conficolli insieme in tal modo che abracciati ad uno mo-
rirono. - Ott.: In Romagna sono due grandi case, in Rimino i
Malatesti, in Ravenna quelli da Polenta; le quali case per la loro
grandezza ebbero guerra insieme, della quale fecero pace; alla cui
fermezza Gianni Sciancato di Messer Malatesta, uomo dell' abito
rustico, e del cuore franco, e armigero, e crudele, tolse per moglie
Francesca figliuola di messer Guido il vecchio da Polenta, donna
bellissima del corpo, e gaia ne' sembianti. In costei s' innamor
Paolo figliuolo del detto Messer Malatesta, uomo molto bello del
corpo, e ben costumato, e acconcio pi a riposo, che a travaglio;
e la donna in lui. Finalmente stando l'uno con l'altro senza nulla
sospecione siccome cognati, e leggendo nella camera della donna un
libro della Tavola Rotonda, nel quale era scritto come Lancilotto
Francesca (da Ri mi ni)
innamor della reina Ginevra, e come per mezzana persona, cio
Galeotto Lo Bruno, Signore dell'Isole lontane, olii si congiunse in-
sieme a ragionare di loro amore, e come il detto Lancilotto
pei
virt di quello ragionamento conosciuto l'amoroso fuoco, i'u
baciato
dalla reina; al quale punto pervegnendo la detta Francesca,
Finse
la forza di questo trattato s lor due, che posto gi il libro ven-
nero all'atto della lussuria, al quale diede materia il confortami
di questo libro, siccome Galeotto diede materia a Lancilotto e alla
reina; e questa opera si pubblic s, che per alcuno famigliare data
posta a Gianni Sciancato, elli lor due insieme dopo certo tempo nella
detta camera uccise. - Petr. Bant., Cass., ecc., non aggiungono
cosa veruna degna di menzione. - Bocc. : Costei fu figliuola di
messer Guido vecchio da Polenta, signor di Ravenna e di Cervia:
ed essendo stata lunga guerra e dannosa tra lui e i signori Mala-
testi da Rimino, addivenne che per certi mezzani fu trattata e com-
posta pace tra loro. La quale, acciocch pi fermezza avesse, piacque
a ciascuna delle parti di volerla fortificare per parentado; e '1 pa-
rentado trattato fu, che il detto messer Guido dovesse dare per mo-
glie una sua giovane e bella figliuola, chiamata madonna Francesca,
a Gianni figliuolo di messer Malatesta. Ed essendo questo ad alcuno
degli amici di messer Guido gi manifesto, disse un di loro a me-
Guido: guardate come voi fate, perciocch se voi non prendete modo
ad alcuna parte, che in questo parentado, egli ve ne potr seguire
scandalo. Voi dovete sapere chi vostra figliuola, e quanto eli'
d'altiero animo, e se ella vede Gianni, avantich il matrimonio sia
perfetto, n voi n altri potr mai fare che ella il voglia per ma-
rito: e perci, quando vi paia, a me parrebbe di doverne tener questo
modo: che qui non venisse Gianni ad isposarla, ma venisseci uno
de' frategli, il quale come suo procuratore la sposasse in nome di
Gianni. Era Gianni uomo di gran sentimento, e speravasi dover lui
dopo la morte del padre rimanere signore; per la qual cosa, quan-
tunque sozzo della persona e sciancato fosse, il desiderava messer
Guido per genero piuttosto che alcuno de' suoi frategli. E conoscendo
quello che il suo amico gli ragionava dover poter avvenire, ordino
segretamente che cos si facesse come l'amico suo l'avea consigliato.
Perch al tempo dato, venne in Ravenna Polo, fratello di Gianni,
con pieno mandato ad isposare madonna Francesca. Era Polo bello
e piacevole uomo e costumato molto; andando con altri gentili
e
uomini per la corte dell'abitazione di messer Guido, fu da una da-
migella di l entro, che il conoscea, dimostrato da un pertugio d'una
finestra a madonna Francesca, dicendole: Madonna, quegli colui
che dee esser vostro marito: e cos si credea la buona femmina;
di che madonna Francesca incontanente in lui pose l'animo e l'amor
836 Francesca (da Rimini)
suo. E fatto poi artificiosamente il contratto delle sponsalizie, e an-
datane la donna a Rimino, non s'avvide prima dell'inganno, che
essa vide la mattina seguente al d delle nozze levare da lato a s
Gianni: di che si dee credere che ella vedendosi ingannata, sde-
gnasse, n perci rimovesse dall' animo suo 1' amore gi postovi
verso Polo. Col quale come ella poi si giugnesse, mai non udii
dire, se non quello che 1' autore ne scrive, il che possibile cos
fosse. Ma io credo quello essere piuttosto Azione formata sopra
quello che era possibile ad essere avvenuto, che io non credo che
1' autore sapesse che cos fosse. E perseverando Polo e madonna
Francesca in questa dimestichezza, ed essendo Gianni andato in al-
cuna terra vicina per podest, quasi senza alcuno sospetto insieme
cominciarono ad usare. Della qual cosa avvedutosi un singulare ser-
vidore di Gianni, and a lui, e raccontgli ci che della bisogna
sapea, promettendogli, quando volesse, di fargliele toccare e vedere.
Di che Gianni fieramente turbato, occultamente torn a Rimino, e
da questo cotale, avendo veduto Polo entrare nella camera di ma-
donna Francesca, fu in quel punto menato all'uscio della camera,
nella quale non potendo entrare, che serrata era dentro, chiam di
fuora la donna, e die di petto nell'uscio; perch da madonna Fran-
cesca e da Polo conosciuto, credendo Polo, per fuggire subitamente
per una cateratta, per la quale di quella camera si scendea in un'altra,
o in tutto o in parte potere ricoprire il fallo suo; si gitt per quella
cateratta, dicendo alla donna che gli andasse ad aprire. Ma non av-
venne come avvisato avea, perciocch gittandosi gi, s'appicc una
falda d'un coretto, il quale egli avea indosso, ad un ferro, il quale
ad un legno di quella cateratta era; perch, avendo gi la donna
aperto a Gianni, credendosi ella per lo non esservi trovato Polo
scusare, ed entrato Gianni dentro, incontanente s'accorse Polo esser
ritenuto per la falda del coretto, e con uno stocco in mano cor-
rendo l per ucciderlo, e la donna accorgendosene, acciocch quello
non avvenisse, corse oltre presta, e misesi in mezzo tra Polo e
Gianni, il quale avea gi alzato il braccio con lo stocco in mano,
e tutto si gravava sopra il colpo avvenne quello che egli non
;
avrebbe voluto, cio che prima pass lo stocco il petto della donna,
che egli aggiugnesse a Polo. Per lo quale accidente turbato Gianni,
siccome colui che pi che s medesimo amava la donna, ritirato lo
stocco, da capo fer Polo, e ucciselo; eamenduni lasciatigli
cos
morti, subitamente si Furono poi li
part, e tornossi all'uficio suo.
due amanti con molte lacrime la mattina seguente seppelliti, e in una
medesima sepoltura. - Falso Bocci Questi due ispiriti dichui
laltore parla luno fu di paulo darimine fratello clilancilotto (sic!
leggi Gianciotto) signior dirimini reo huomo. l'altro fu quello della
Francescamente-Francescano
franciescha tgluola dimesser ghuido signior diravenna.
Questa e
lastoria di questi due spiriti, dicho che chapitando
aravenna un
buffone e veggiendo questa giovane tanto bella disse
allamadre
diquesta fanciulla che aveva cierchato la corte diquatro
signori
ne mai avea veduto pi bella giovane diquesta ne di giovani
avea
veduto pi bello giovane che paolo de malatesti e che se
queste
due bellezze si potessino acchozzare insieme amatrimonio mai non
si E ci sentendo lamadre mai non penso
vide pi bella choppia.
se non che questo parentado si faciesse e fatto il parentado ap-
parole e venendo lancilotto (Gianciotto) aravenna per isposare la
franciescha pel fratello
e veggiendola s bella disse la volea per
sua donna enonessendo chilcontradiciesse essendo signiore la tolse
effu sua sposa. Paulo ci sentendo nonsene churo poi per ispazio di
tempo essendo undi paulo colla franciescha inchamera elleggienJo
ulibro di ginevra e di lancilotto e de congiugnimenti che facieano
insieme subito luno e laltro dicostoro furono percossi damore e pi
volte si congiunsono insieme charnalmente tanto che uno senavide
e disselo alancilotto (a Gianciotto) costui nollo credea cognosciendo
il fratello savio, di che costui disse io te lo faro vedere e tanto gli
pedono che undi essendo eglino insieme congiunti il fratelto lan-
cilotto (Gianciotto) chome quegli glimostro gli gunse amendue e
amendue aunotta gli uccise. - I commentatori successivi ripetono
e compendiano quanto aveva raccontato il Bocc, senza aggiungervi
notizia degna di menzione.
Francescamente, alla maniera francese; Purg. xvi, 126. -
Lan. e An. Fior : E per prerogativa d'esso, parlando francesca-
mente, che diceno ad ogni citramontano Lombardo, l semplice Lom-
bardo, quasi unico in tale probitade. - Ott. : A dare ad intendere,
che per Francia il suo valore e cortesia fu tanta fama, che per eccel-
lenza li valenti uomini il chiamano II semplice Lombardo. - Ben r. :
Hoc exponunt aliqui, quia de curialitate sua tanta fama crevit per
Franciam, quod vocabatur simplex lombardus; sed istud est vanum
dicere, immo debes scire, quod gallici vocant omnes italicos Lom-
bardos, et reputant eos valde astutos; ideo bene dicit, quod proprie
vocaretur gallice simplex lombardus. - Buti: Al modo di Francia,
che ogni uno di qua dai monti chiamano li Franceschi lombardo. -
Serrav.: Gallici reputant Ytalicos omnes valde astutos et mali-
tiosos et vitiosos. Sed quando aliquem volunt laudare pr bono viro,
dicunt talem esse simplicem Lombardum, idest non malitiosum, ne-
que pravum.
Francescano, Appartenente all'Ordine fondato da San Fran-
cesco, Che segue la regola di San Francesco, Religioso appartenente
838 Francesco (San, d'Assisi)
all'Ordine di San Francesco. I Francescani sono severamente bia-
simati, Par. xn, 115 e seg. Si allude ad essi Inf. xxin,3; xxvn, 93.
Par. xi, 86 e seg.
Francesco (San, d'Assisi), il fondatore dell'ordine dei
Francescani, nacque nel 1182 in Assisi, mentre suo padre, Pietro Ber-
nardone, ricco mercatante, si ritrovava per affari di commercio in
Francia. Ebbe nel battesimo il nome Giovanni ma il padre lo chiam
;
Francesco, in ricordo del suo soggiorno in Francia. Destinato alla vo-
cazione di mercatante, visse in sua giovent vita gioconda ed allegra,
non per viziosa. Sin d'allora si distingueva per la sua beneficenza,
che alle volte giungeva sino ai confini dello scialacquo. Nel 1207
incominci vita pi seria, nel 1209 rinunzi al mondo, scegliendo
la Povert e dedicandosi alla vocazione di predicatore del Vangelo.
L'ordine da lui fondato fu approvato provvisoriamente da Inno-
cenzo III nel 1212, definitivamente da Onorio III nel 1223. Fran-
cesco mor nel 1224. I Bollandisti cos ne raccontano la vita (Brev.
Rom., ad 4 oct.): Franciscus, Assisi in Umbria natus, patris exem-
plum secutus, a prima aitate Qui quodam die
mercaturam fecit.
pauperem, pr Christi amorem flagitantem pecuniam, cum praeter
consuetudinem repulisset, repente eo facto commotus, large ei mise-
ricordiam impertivit; et ex eo die Deo promisit, se nemini umquam
poscentem eleemos} nam negaturum. Cum vero post in gravem mor-
T
bum incidisset, ex eo aliquando confirmatus, coepit ardentius colere
officia charitatis. Qua in exercitatione tantum profecit, ut, Evange-
lica perfectionis cupidus, quidquid haberet, pauperibus largiretur.
Quod fereus iniquius pater, eum ad Assisinatem Episcopum duxit,
ut coram ilio bonis cederet paternis: qui, rejectis etiam vestibus,
patri concessit omnia, illud subjungens, sibi in posterum majorem
facultatem fore dicendi: Pater noster, qui es in ccelis. Cum autem
illud ex Evangelio audisset: Nolite possidere aurum, neque argen-
tum, neque pecuniam in zonis vestris, non peram in via, neque
duas tunicas, neque caceamenta : sibi eam regulam servandam
proposuit. Itaque, detractis calceis, et una contentus tunica, cum
duodecim socios adhibuisset, Ordinem Minorum instituit. Quare Ro-
mani venit anno salutis MCCIX, ut sui Ordinis regula ab Aposto-
lica Sede confirmaretur. Quem cum accedentem ad se summus Pon-
tifex Innocentius III rejecisset, quod in somnis postea sibi ille, quem
repulerat, collabentem Lateranensem Basilicam suis humeris susti-
nere visus esset, conquisitum accessiri jussit, benigneque accipiens,
omnem ejus institutorum rationem confirmavit. Franciscus igitur,
dimissis in omnes partes Fratribus ad praedicandum
orbis terrai
Christi Evangelium, ipse cupiens sibi aliquam dari martyrii occa-
Francesco (d'Accorso) Francesco Alighieri
sionem, navigavit in Syiiam, ubi a rege Soldano libralissime trac-
tatus, cum nihil proficeret, rediit in Italiani. Multis igitur exstrnctis
su3B famili domiciliis, se in solitudinem montis Alverni contulit;
ubi, quadraginta dierum propter honorem sancti MichaSli rchan-
geli jejunio inchoato, festo die exaltationis sanctaa Crucis ci Sera-
phim, Crucifixi effigiem inter alas continens, apparuit, qui ejus et
manibus et pedibus et lateris vestigia clavorum impressit; qua
sanctus Bonaventura, cura Alexandri IV. Summi Pontitciis piedi-
cationi interesset, narrasse Pontificem a se visa esse, litteris com-
mendavit. His insignibus summi in eum Christi ainoris, maximum
habebat omnium admirationem. Ac biennio post graviter aegrotans,
deferri voluit in ecclesiam sanctse Marne Angelorum: ut, ubi gra-
tiae spiritum a Deo acceperat, ibi spiritum vitae redderet. Eo in loco
Pratres ad paupertatem ac patientiam, et Sanctrc Komana3 Ecclesia
Fidem servandam cohortatus, Psalmum illum pronuntians: Voce mea
ad Dominimi clamavi, in eo versiculo: Me expcctant justi, donec
retribuas mihi, efflavit ani mani, quarto Nonas Octobris. Queni rai-
raculis clarum Gregorius IX. Pontifex Maximus in Sanctorum nu-
merum adscripsit. - Sulla vita del Santo cfr. BARTnoL. Albicius
de Pisiis, De conformitate vita beati Francisci ad vitam Domini
nostri Iesum Christi, MiL, 1510 e 1513. Fioretti di San Francesco,
Vicenza, 1476. Fir., 1714, e sovente. Ada Sanct. Octob. Il, 545-1004.
E. Chavin de Malan, Histoire de Saint Frangois d'Assise, Pa-
a
rigi, 1842; 4 ediz., 1855. Cael Hase, Franz von Assisi, Lips., 1850;
a Renan,
2 ediz., 1892. Morin, Saint Francois d'Assise, Par., 1853.
a 323-51.
Nouveles tudes d'histoire religieuse, 2 ediz., Par., 1884, p.
Bonghi, S. Frane. d'Ass., Citt di Castello, 1882. - Di Giovanni,
S. Frane. d'Ass., Girgenti, 1883. - Dante ne racconta la vita per
bocca di S. Tommaso, Par. xi, 43-117. E lo ricorda Inf. xxvii, 112.
Par. xxn, 90, xxxn, 35. Conv. iv, 28, 53.
Francesco (d'Accorso), cfr. Accorso.
Francesco Alighieri, fratello, o piuttosto fratellastro di
Dante, Aldighiero II, ma probabilmente non di madonna
figlio di
Cialulli,
Bella, madre di Dante, s di madonna Lapa di Chiarissimo
quali
seconda moglie di Aldighiero. nominato in documenti, dai
risulta che negli ultimi del dugento contrasse insieme
con Dante
a
vistosi debiti; cfr. Della casa di D. i, 38 e seg. Bull, l S., n. I
alieno da ogni bn
Francesco visse tutto agli affari privati,
mescolato agli av-
politica, n mai accade che si trovi il suo nome
del 23 di-
venimenti del suo paese. Il primo atto che lo concerne
in-
cembre 1297, ricevuto nei rogiti di ser Salvo Dini e per :
esso,
840 Francesco (Guercio Cavalcanti) -Franchezza
sieme con Dante suo fratello, tolse a n^ituo di Iacopo di Litti Corbizzi
e da Pannocchia di Riccomanno la somma di 480 fiorini d'oro. di
data a questa vicina, se non dell'anno medesimo, un contratto, per
cui comper da Bartola di Guccio degli Ubaldini da Gagliano, ve-
dova di messer Guido di Accolto dei Bardi, un podere e una casa
posta nella parrocchia di S. Piero a Ripoli nel qual luogo, forse
:
per essere venuto in uggia ai Fiorentini per la sua parentela con
Dante, and a porre stabilmente la sua dimora. Appellano al 21 set-
tembre 1320, e al 14 febbraio dell' anno appresso, due pergamene
contenenti l'acquisto eh' ei fece a nome di Tana sua sorella vedova
di Lapo di Riccomanno di una vigna e altre terre poste nel pi-
viere di Ripoli, che a lui vend Bice figlia di Chiarissimo Cialufi
vedova di Scorcia Lupicini, sua zia.... Ebbe grandi contese con i
nipoti dopo la morte di Dante, le quali furono definite il 16 mag-
gio 1332 per compromesso fatto in Lorenzo di Alberto di Villa-
magna: da cui fu diviso tra loro l'avito retaggio che finallora era
stato amministrato in comune, meno la parte che il fisco si era
presa per la condanna del divino poeta. Viveva ancora nel 1342, nel
qual anno, il 10 di ottobro, sottoscrisse alla pace che il duca di
Atene volle stipulata tra gli Alighieri e i Sacchetti; merc la quale
fu posto fine ai lunghi odii tra le due case, nati per V uccisione di
Geri di Bello e per la vendetta che ne fu fatta. Mor Francesco
intorno al 1248, e forse lo avea da qualche anno preceduto nella
tomba Dante suo figlio natogli da Piera di Donato di Brunaccio Ca-
leffi, che avea sposata intorno al 1297. L. Passerini in Lord Ver-
non, Inf., voi. Ili, p. 17 e seg. Cfr. Dante e il suo secolo, p. 64 e seg.
Francesco (Guercio Cavalcanti), cfr. Cavalcanti.
Francesco, Add., dal lat. medioevale franciscus, Francese,
Che proviene dalla Francia, o Che appartiene alla Francia; onde La
gente francesca, per I Francesi, La nazione francese; Inf. xxix, 123.
Francesco, Sost., anche dal
med. franciscus, Francese,
lat.
Di nazione francese; Inf. xxvil, 44; xxxn, 115.
Francheggiare, forma frequentativa di francare, Rendere
animoso e sicuro di s, Dare altrui forza e coraggio, Incoraggiare
e assicurare; Inf. xxviii, 116.
Franchezza, astratto di Franco, L'esser franco, cio libero,
sciolto da servit, da tirannia, da soggezione altrui; Libert; detto
cos di persone, come di stati, e usato anche figuratam. - 1. Nel
signif. propr. Conv. IV, 5, 126. - 2. E per Forza d'animo libero e
Franchi giti- Fruii g re
scevro da sbigottimento nei pericoli, o nelle disavventure; Gagliardia
e sicurt d'animo; Inf. Il, 123. Cam.: Poscia ch'Amor del tutto
m'ha lasciato, v. 130. - 3. E nello stesso senso, per Franchia
d'animo o dell'animo, ed anche del cuore; Conv. I, 5, lo'.
Franchigia, dall' adiett. franco,
medioevale franchista,
lat.
frane, ant. e mod. franchise; Condizione di chi franco, cio
non
soggetto a tirannide, a dispotismo, o a signoria forestiera; Reggi-
mento libero e autonomo, Libert, Indipendenza; detto di citt, di
Stati, di popoli, ecc., Conv. iv, 5, 118.
Francia, il noto Regno d'Europa;
In/*, xix, 87. Purg. vii, 109;
xx, 51, 71. Par. xv, 120. -
Chi Francia regge, Inf. xix, 87, Fi-
1.
lippo il Bello (cfr. Filippo), dal quale papa Clemente V, sua crea-
tura, era del tutto dipendente; cfr. Murat., Script, ix, 1015. VlLL.,
vili, 80. - 2. Il mal di Francia, Purg. vii, 109, pure Filippo il
Bello, figlio di Filippo l'Ardito e genero di Enrico di Navarra.
Franco, dal lat. barb. francus, che significava Nato libero, o
Ingenuo, Nobile, Valoroso, e fu perci anche denominazione di quella
gente germanica che invase e conquist la Gallia. - 1. Libero, Non
sottoposto all'altrui signoria o giurisdizione, Non soggetto a potest
o dominio straniero, a dispotismo, o a tirannide; e in senso pi de-
terminato, Che si governa con leggi o magistrati proprj detto di :
luoghi, citt, popoli, e simili; e per estensione anche del loro reg-
gimento; Inf. xxvii, 54.-2. E per Libero, o Scevro, da timore, o
da sgomento, Che non si sbigottisce, o Che non si abbatte; Ani-
moso, Forte, Saldo, Imperterrito; detto figuratam. anche di animo
o di cuore ; Inf. n, 132.
Franco Bolognese, cfr. Bolognese Franco.
Frangere, frangere, Eompere, riducendo in pi pezzi,
dal lat.
con mano, o con istrumento da ci, spezzare.- 1. Nel signif. propr.
Purg. xxxi, 16. - 2. Figuratam. e poeticam., per Vincere, Domare,
Piegare a forza, e simili; Inf. li, 96.-3. Pure poeticam., riferito
a ripidezza, vale Diminuire, Scemare; Par. XI, 49. - 4. Neut. e Neut.
pass. Eompersi, Spezzarsi. Figuratam. e poeticam., detto di sonno,
per Cessare a un tratto; Purg. XVII, 40. - 5. E altres poeticam.,
detto di pensiero, per Consumarsi, Spossarsi, sopra a checchessia,
per intensit di riflessione; Inf. xxix, 22. - 6. Detto di onda, vale
-
Eompersi contro il lido, gli scogli, o un'altra onda; Inf. vii, 2:5.
Nel luogo citato, Inf. XXIX, 22, il senso del verbo Frangere dubbio.
1 pi antichi non danno veruna interpretazione. Ott.: Quasi dica,
842 Frangipani
come a trattare di Ger del Bello, non da spen-
in s bassa materia,
dere tempo, perocch di pi alte e di pi utili ci avea pi copiosa-
mente. - Benv.: Non fatigetur, quasi dicat: non expendas amodo
tempus circa ipsum, quia aliud est dicendum. - Buti: Non si
rompa dall'altre cose che hai a pensare. - An. Fior.: Non si
rompa. - Barg.: Non si stanchi. - Land.: Non interromper
1
i pensieri, che tu hai dell altre cose, per pensare a costui. - Veli.:
Non s'interrompa lo tuo pensiero sovra quel tale spirto. - Dan.:
Non si rompa. - Cast.: Non rompere mai la continuazione del
tuo pensiero per pensare a lui. - Voi. Non s'intenerisca. -
:
Lomb.: Non faccia il tuo pensiero da qui innanzi di s parte, non
estendasi, sopra Betti: Prende l'immagine dai raggi, i
lui. -
quali, quando frangono sopra una persona, allora la illuminano.
si
Dice: non si franga, cio non si sparga sopra lui.- Ces. : Io son
tentato di credere, che questo non si franga il tuo pensier, vaglia,
Non si ammollisca, si intenerisca, Non infemminisca 1' animo tuo.
E frase latina, che frangere s'adopera, a mostrar uomo vinto e ab-
battuto da qualche passione. - Ross. : Il tuo pensiero non sia
quind' innanzi dal suo corso interrotto per arrestarsi sopra lui. -
Tom.: Franga, di piet. - Br. B.: Non ritorni il tuo pensiero
a lui. E l'espressione Dantesca bellissima, in quanto che dipinge
il pensiero della mente, che quasi un raggio percote sull'obietto,
donde poi si ripiega sopra l'agente. La quale operazione dicesi con
pi chiaro vocabolo riflettere; ma noto che gli antichi, parlando
di luce, confondevano spesso il riflettere col rifrangere, di che Dante
stesso porge varj esempj. - Frat. : Non si rifranga, non si ri-
fletta, non si ripieghi il tuo pensiero sopra di lui; vale a dire, da
qui innanzi non pensar pi a lui. - Andr. : Non s'impietosisca
a riguardo di lui. Frangi misericordia, disse Cicerone; e nel se-
condo libro de' Ke, XI, 25 Non te frangat ista res (nel qual luogo
:
per la frase scritturale n-H "DIPrnN "TW3
jn^Stf non ha
che vedere colla locuzione dantesca).
Frangipani, nobile famiglia romana, la cui origine si fa
risalire sino al principio dell' ra volgare, la cui esistenza non
per documentata che dai primi anni del sec. XI in poi. Giovanni
de' Frangipani fece prigioniero l'infelice Corradino degli Hohen-
staufen nel 1268, e lo consegn proditoriamente all'assassino Carlo
d'Angi. Un ramo di questa famiglia fiorisce tuttora nel Friuli,
mentre invece i Francopan nella Croazia sono probabilmente di ori-
gine slava (derivato il nome da Franlcopan, che vale Francesco il
signore), n hanno che fare coi Frangipani romani. Secondo la leg-
genda Dante sarebbe stato un rampollo della famiglia romana dei
Frasca-Frate
Frangipani. Il Bocc, parlando della
pretesa riedificazione di Fi-
renze ai tempi di Carlo Magno
(Vit. Dant., 2) :c Infra gli altri
novelli abitatori, forse ordinatore della reedificazione, partitore delle
abitazioni e delle strade, e datore al nuovo popolo delle leggi oppor-
tune, secondo che testimonia la fama, vi venne da Roma uno no-
bilissimo giovane della schiatta de' Frangipani, e nominato da tutti
Eliseo; il quale per avventura, poi che ebbe la principal cosa, per
che venuto v'era, fornita, o dall'amore della citt nuovamente da
lui ordinata, o dal piacere del sito, al quale forse vide nel futuro
dover essere il cielo favorevole, o da altra cagione che si fosse, tratto,
in quella divenne perpetuo cittadino, e dietro a s di figliuoli e di
discendenti lasci non piccola n poco laudevole schiatta: li quali
l'antico soprannome de' loro maggiori abbandonato, per soprannome
presero il nome di colui che quivi loro avea dato cominciamento;
e tutti insieme si chiamaron gli Elisei. De' quali di tempo in tempo,
e d'uno in altro discendendo, tra gli altri nacque e visse uno ca-
valiere per arme e per senno ragguardevole e valoroso, il cui nome
fu Cacciaguida, ecc. Leon. Bruni : Ma questa cosa molto in-
certa, e, secondo mio parere, niente altro che indovinare.
Frasca, dal lat. barb. frasca: 1. Ramoscello fronzuto, per lo
pi d'alberi boscherecci; ma per estensione prendesi anche per Qual-
sivoglia ramo fronzuto; Inf. xiii, 114. Purg.xxY, 118. Por. XXIII, 7.-
2. Figuratam. e poeticam. per Albero; e propriamente Albero con
rami fronzuti; Purg. xxxn, 50.
Fraschetta, Diminut. e Vezzeggiat. di Frasca : Piccola fra-
sca; Inf. xiii, 29.
Frate, dal lat. frate, che vale Fratello. Dante adopera questa
voce nella Div. Coni. 37 volte, 12 neWInf. (xix, 49; xxii, 81; xxm,
3, 103, 109, 114, 127, 142; XXVI, 112; xxviu, 55; xxx, 77;
xxxni, 118),
13 nel Purg. (iv, 127; XI, 82; xn 1,94; XVI, 65; XIX, 133; XXI, 13,131;
xxm, 97, 112; xxiv, 55; xxvi, 115; xxix, 15; xxxm, 23) e 12 volte
nel Par. (ni, 70; IV, 100; vii, 58, 76; x, 98; XI, 112; III,
130; Vili,
144; XV, 136; XXII, 50, 61; XXIV, 62).- 1. Colui che ha vestito l'abito
XIX, 49.
di un dato ordine religioso, e ne professa la regola; Inf.
50. - 2. Premesso al nome della persona che si vuol de-
Par. xxn,
114;
signare con la qualit sua di religioso; Inf. xxn, 81; XXIII,
xxvin, 55; XXXIII, 118. Par. XII, 144.-3. Frati minori, si die
i Frati di una delle regole di San Francesco; Inf.
xxm, 3. -4. FraU
istituiti
sidisse pure a Chi apparteneva a certi ordini cavallereschi,
a fine di carit o di religione; Inf. xxm, 103;
xxxm, 118. - i
XV, 136.-6. in
poeticam. per Fratello; Inf. xxx, 77. Par. Vili, 76;
844 Frate Alberigo -Fratello
pure denominazione di amorevolezza e di affetto, nel senso di Com-
pagno, Amico; Inf. xxm, 109; xxvi, 112. Purg. iv, 127; XI, 82;
xin, 94; xxi, 13, 131; xxm, 97, 112; xxiv, 55; xxvi, 115; xxix, 15;
xxxin, 23. Par. ili, 70; vii, 58, 130; xxn, 61, ecc.
Frate Alberigo, Catalano, Godente, Gomita,
Ilario, IiOderigo, Pacifico, ecc.; cfr. Alberigo, Cata-
lano, Godente, Gomita, Ilario, Loderigo, Pacifico, ecc.
Fratellanza di Dante: probabilmente Dante fu l'unico
figlio dellamadre sua, la quale forse mori per l'appunto nel do-
narlo al mondo. Ma Alighiero II, padre del Poeta ebbe due mogli,
Bella, madre di Dante, e Lapa, figlia di Chiarissimo Cialuffi. Da
queste seconde nozze del padre di Dante nacquero Francesco (cfr.
Francesco Alighieri) e due femmine, l'una delle quali fu Tana
moglie poi a Lapo di Riccomanno (di quei che pi tardi si dissero
del Pannocchia), e un'altra, di cui ignorasi il nome, che fu mari-
tata a Leone di Poggio, e madre di quell'Andrea, che maraviglio-
samente nelle lineature del viso somigli Dante, ed ancora nella
statura della persona (Lord Vernon, Inf., voi. in, p. 16 e seg.). Bocc,
Comm., Lez. 33: Dante ebbe una sua sorella, la quale fu maritata
ad un nostro cittadino chiamato Leon Poggi, il quale di lei ebbe
pi figliuoli, tra' quali ne fu uno di pi tempo che alcuno degli
altri, chiamato Andrea, il quale maravigliosamente nelle lineature
del viso somigli Dante, e ancora nella statura della persona, e cos
andava un poco gobbo, come Dante si dice che facea, e fu uomo
idioto, ma d'assai buono sentimento naturale, e ne' suoi ragiona-
menti e costumi ordinato e laudevole; dal quale, essendo io suo dime-
stico divenuto, io udii pi volte de' costumi e de' modi di Dante.
Fratellanza, Consuetudine, Intrinsechezza, come tra fratelli.
E per Unione, Accordo, amichevole, fra Comuni, Principi, Stati ;
Conv. iv, 4, lo.
Fratello, precedente le consonanti semplici, Fratel, che
e,
nel plur. talvolta, e pi che altro in poesia, fa Fratei; dal basso
lat. fratellus, diminut. di frater. - 1. Nome correlativo di maschio
tra i nati d'un medesimo padre e d'una medesima madre; Inf.
xxvi, 54. Par. xix, 137 xxv, 94. - 2. Figuratam. e poeticam., detto
;
di Chi insieme con altri nella medesima condizione, stato, et,
od ha la medesima qualit, natura, e simili; Inf. xxxii, 21.-3. E
pure figuratam., per Simile per natura, qualit, grado, ecc., Inf.
xxxi, 120. - 4. E per estensione, detto di bestie, e di esseri mito-
logici; Inf. xxv, 28.
Fratto-Fregiaro
Fratto, dal lat. fractus, Uotto in parti, Spezzato, Diviso;detto
anche di nube, onda, e simili; Purg. xvn, 42. Par. xxiii, 80.
Freddo, Add., dal lat. frigidus, contratto in frigdus e fridus:
1. Privo, Mancante, di calore in grado pi o meno sensibile, Che
ha molto bassa temperatura. Contrario di Caldo; Inf. vi, 8; XIIIII,
109. Purg. xxvi, 21; xxxin, 111. Par. vili, 22. - 2. Detto di per-
sona, di animale, o di alcuna parte del corpo, vale Preso, Compri
dal freddo, Agghiadato, Irrigidito; e per estensione, Molestato dal
freddo,Che soffre il freddo; Purg. xix, 11. Par. xxi, 30.-3. Detto
di animale o della sua natura, vale Che per proprio temperamento
ha pochissimo calore. Onde Animali di sangue freddo, o Animali
freddi, diconsi Tutti gli animali tranne i mammiferi e gli uccelli;
Purg. ix, 5 (cfr. Animale,
-4. Detto di stagioni, tempi, o simili,
8).
vale In cui la temperatura dell'aria bassa, In cui l'atmosfera
scarseggia di calore: per lo pi intendesi di quelli invernali; Inf.
e
v, 41.-5. Detto di Nel quale l'aria ha temperatura
luogo, vale
molto bassa; Conv. ili, 9, 115.-6. E poeticam. per Fresco; Inf.
xxx, 66. - 7. Detto di luogo, paese, regione, plaga di cielo, e simili,
vale Posto in condizioni atmosferiche scarseggianti di calore, Il cui
clima ha pi o meno bassa temperatura; e talvolta, con senso pi
determinato, sta per Settentrionale; Inf. xxxn, 27. Purg. xxix, 101.
Freddo, Sost., Temperatura fredda o molto bassa, Notevole e
sensibile scarsit di calore; contrario di caldo. Ed anche per L'ef-
fetto, o II senso,prodotto dalla privazione o mancanza del calore,
o dalla bassa temperatura; Inf. xxxil, 38, 71. Purg. v, 111 xix, 2; ;
xxix, 28. Par. n, 108; xi, 46.
Freddura, Freddo intenso e molesto, e propriamente II freddo
della stagione invernale; Inf. xxxi, 123; xxxn, 53; xxxm, 101. Canz.:
Io son venuto al punto della rota, v. 61.
Fregare, dal Stropicciare con pi o meno forza
lat. fricare,
e ripetutamente checchessia. - 1. Per Strofinare una cosa a
o sopra
detto
un'altra; Purg. Vii, 52. - 2. Fregare i piedi per un luogo,
xvi, 33.
poeticam. con senso di Andare, Camminare, per quello; Inf.
Adornare, Ab-
Fregiare, frane, friser, fraiser, spagn. frisar,
pi bella e pregiata.
bellire, con fregi, o con ci che renda la cosa
Onorare; detto di cosa tante
1. Per Adornare, Abbellire; ed altres
materiale quanto morale; Inf. Vili, 47. Purg. I,
38.-2. Partic.pa
xxxi, 50.
Adorno, Abbellito; per similit. e poeticam. Par.
846 Fregio-Fresco
Fregio, frane, frise, spagn. friso; probabilm. dal lat. barb.
frisum, frisium, frigium ; e queste dall' adiett. lat. phrygius, che,
aggiunto a vestis, signific Ricamato (cfr. Diez, Wrt. I 3 , 190). Pro-
priamente Guarnizione, Fornitura, a guisa di lista, per adornare o
arricchire vesti e arnesi: ma in pi esteso significato prendesi per
Qualsivoglia altro ornamento delle vesti e arnesi stessi. - 1. Figu-
ratamente Inf. xiv, 72.-2. Term. dell'Araldica: Striscia o Lista,
assai pi stretta della Fascia, della Banda e della Colonna, la quale
circonda tutto lo scudo; Par. xvi, 132.
Frenai, Colui che fa e vende freni; Conv. iv, 6, 45.
Frenetico, dal lat. phreneticus; 1. Che preso da frenesa,
Infermo di frenesa; e in pi largo senso, Delirante; Vii. N. xxiii, 14.-
2. In forza di Sost., Chi frenetico, Persona frenetica ; Conv. IV, 15, 128.
Freno, dal lat. frenum, Arnese pi spesso di ferro, che si mette
in bocca a cavalli o a muli, appiccato alle redini, per reggerli e ma-
neggiarli. Voce adoperata nella Div. Coni. 14 volte, 1 volta nell' Inf.
(xvn, 107), 12 volte nel Purg. (v, 42; vi, 88; x, 77; xm, 40; xiv, 147;
xvi, 93, 94; xx, 55; xxn, 20; xxv, 119; xxviii, 72; xxxin, 141) e
di nuovo una sola volta nel Par. (vii, 26).- 1. In locuz. figur. Purg.
vi, 88 xm, 40 xiv, 147 xvi, 93, 94 xx, 55 xxv, 119. - 2. In pi
; ; ; ; ;
largo senso e poeticam., per Redini, Briglie; Inf. xvn, 107. Purg.
X, 77.-3. E figuratam. per Ritegno, Remora; Purg. xxvm, 72;
xxxiii, 141. Par. vii, 26. Conv. iv, 17. 25 iv, 26, 37, 38, 39.-4. Senza ;
freno, posto avverbialm. vale A tutta corsa; Purg. v, 42.-5. Allar-
gare il freno, vale Non contenere pi nel freno, Lasciar correre. Fi-
guratamente Purg. xxn, 20.
Frequentare, dal lat. frequentare : 1. Usare di frequente,
Andare o Recarsi spesso e per consuetudine, riferito a luogo; Par.
xxn, 38.-2. E figuratam. Conv. IV, 1, 51.
Frequente, dal lat. frequens, Che si fa, si opera, si d, si
commette, accade, e simili, spesse volte. E detto di luogo, e con un
compimento denotante persone, e in modo figurato e poetico, anche
cose, vale Abbondante, Copioso, Pieno, di ci che espresso dal
compimento; Par. xxxi, 26.
Fresco, dal ted. frisch, onde il provenz. fresch, frane, frais,
ingl. fresh, spag. e portog. fresco : Che temperatamente freddo, Che
tramezza fra il caldo e il freddo, accostandosi per pi a questo che
a quello. - 1. Detto di parte del giorno, tempo, stagione, vale In
Frescobaldi, Dino -Froda
cui non fa ancora caldo, ovvero In cui il gran caldo cessato, o
sce-
mato, per effetto naturale, o per qualche accidente Purg. xwin. ; 86.-
2. Detto di erbe, foraggi, foglie, e simili, che sien
tuttavia sulla
pianta, vale Che verdeggiante, o in istato di vegetazione,
Che non
ancora inaridito, appassito, o seccato; Inf. iv, 111. Pure/, xxix, 88. -
3. E per Venuto, Sopravvenuto, Giunto, recentemente,
o di nw
Eecente; Inf. xiv, 42. Purg. n, 130.-4. Detto poeticam. di pietra
preziosa, per Di recente faccia o superficie, e per ci di pi vivo
colore; Purg. vii, 75.- 5. E detto poeticam. di persona fitta nel
ghiaccio, per Assiderato, Agghiacciato; onde il modo Star fresco, per
Trovarsi a mal termine, in dura e difficile condizione, o in qualche
brutto frangente; Inf. xxxn, 117.
Frescobaldi, Disio, cfr. Dino Frescobaldi.
Fretta, dal lat. fricare, frictum (cfr. Diez, Wrt. i
3
, 101), Vivo
desiderio di sbrigare, spedire, ovvero di fare, avere, prestamente chec-
chessia, Sollecitudine; e anche semplicemente Prestezza grande nel
far checchessia ; Il fare prestamente checchessia. 1. Nel signif. propr.
Inf xvi, 18; xxi, 45. Purg. xvm, 100; xx, 149; xxi, 4.-2. E figuratam.
Inf xxm, 82. Purg. ni, 10. - 3. Pure figuratam. e poeticam., detto di
corpi o sfere celesti, per Celerit di movimento; Par. i, 123; xxm, 12.-
4. A fretta, posto avverbialm., vale Frettolosamente, Prestamente.
E a gran fretta, A maggior fretta, vale Con grande, o Con maggiore,
sollecitudine, prestezza; Purg. vi, 49. - 5. In fretta, posto avverbial-
mente, vale Frettolosamente, Affrettatamente, Con grande prestezza
o premura; e In grande, In molta, fretta, vale Con molta prestezza o
sollecitudine; anche in locuz. fgur. Inf. xxxi, 130. Purg. xxiv, 66.
Par. xxn, 16. - 6. Fare fretta ad uno, vale Stimolarlo, Incitarlo, a
far presto checchessia, Fargliene premura, Pressarlo; Inf. xxxn, 84.
Frigia, lat. Phrygia, gr. <5>poya, Regione dell'Asia minore;
Mon. li, 3, 47.
Frisone, abitatore della Frisia in Germania, di alta statura;
Inf. xxxi, 64.- Lan.: Frigia una provincia, nella quale nascono
li uomini maggiori che in tutte parti del mondo. - Buti: Fri-
soni sono popoli posti in Asia nella contrada chiamata Frigia, e
sono uomini grandi pi che tutti li altri. - Serrav.: Frisia est
provincia in Alamania, in qua sunt maximi homines.
Friuli, cfr. Forum Iulii.
Froda, cfr. Frode.
848 Frodare-Frons Stantiae
Frodare, dal lat. fraudare, per Ingannare, Mettere in mezzo.
Detto figuratam. Inf. xx, 99.
Frode, poeticam. Froda, dal lat. fraus, Qualunque arti-
e
ficio, maliziosamente pensato e diretto a trarre altri in inganno ed
a nuocergli comecchessia; ed altres L'atto od II fatto che da tale
artifcio procede; Inf. xi, 24, 25, 52; xvn, 7; XX, 117; XXH, 82. Purg.
xiv, 53.
Frodolente, dal lat. fraudolentus, Che opera con frode, Che
suol meditare frodi. - 1. Add. Che fatto, detto, meditato, e si-
mili, con frode; ed altres Che nasconde in s frode; Inf. xxv, 29;
xxvii, 116. - 2. In forza di Sost. Uomo fraudolento; Inf. XI, 27.
Fronda, e anche Fronde, dal lat. frons, fronclis, Lo stesso
che Foglia, come pi comunemente si dice: e propriamente Foglia
d'albero, di virgulto, o di pianta che abbia rami. Voce adoperata
nella Div. Com. 27 volte, 5 nell'In/", (xiii, 4, 141 xiv, 2, 98 xxix, 131),
; ;
11 volte nel 103; xvm, 54; xxn, 140; xxm, 1; xxiv, 107;
Purg (i,
xxvin, 10; xxix, 93; xxx, 68; xxxn, 39, 86; xxxiii, 144) ed altret-
tante nel Par. (i, 32; vili, 57; xn, 47; xv, 88; xxi, 12; xxm, 1;
xxiv, 117; xxvi," 64, 85, 137; xxvn, 119). - 1. Nel signif. propr. Inf.
xiii, 4, 141 xiv, 2, 98. Purg. i, 103; XVIII, 54. Par. xn, 47, ecc. -
;
2. In locuz. figur. e figuratam. Par. vili, 57; xv, 88; xxiv, 117;
xxvi, 64; xxvn, 119. Canz.: Doglia mi reca nello core ardire,
v. 134. - 3. E, con propriet latina, per Ramoscello o Virgulto con
foglie, fronzuto; volgarmente Frasca; Purg. xxix, 93; xxx, 68. Par.
i, 32. Canz.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro, v. 16.-
4. Ed anche per Ramo vestito di foglie; Purg. xxn, 140.- 5. Fronda
nel numero singolare e in senso collettivo, prendesi per Tutte in-
sieme le foglie o i rami di una pianta o delle piante; Purg. xxm, 1;
XXXil, 86. - 6. E poeticam., per Bosco; Inf. xxix, 131 (nel qual luogo
per alcuni codd. invece di fronda, hanno fonda, che sarebbe il
fundum o stabile, base dei patrimoni; cfr. Carpellini, Rapporto
della Commissione della Societ Senese, ecc., Siena, 1865, p. 40
Fronda di Minerva, vale L'oliva, La foglia dell'olivo;
e seg.). - 7.
Purg. xxx, 68.-8. Fronde Peneia, L'alloro, La foglia dell'alloro;
Par. i, 32.
Frons Stantiae, Fronte della Stanza, dicesi la prima parte
della Stanza, quando essa indivisibile, mentre se divisibile, le
sue parti diconsi Piedi; cos la seconda parte, se indivisibile di-
cesi Coda (Smyrna); se divisibile, le sue parti diconsi Versus, Volte;
Vulg. FI. il, 10, 30; il, 11 passim; n, 12, 20, 24; il, 13, 58.
-
Fronte -Frontino
Fronte, dal lat. frons, frontis, Quella parte della faccia
del-
l'uomo, quale
la compresa fra le ciglia e capelli, dall'una al-
i
l' altra tempia. Voce adoperata nella Div. Coni. 31
volta, cio 10 volte
nell'In/", (r, 81; vi, 70; x, 35; xn, 109; xvm, 31; xxi, 66; xxiv, 17
xxv, 100; xxvn, 57; xxxin, 33), 16 nel Purg. (n, 58; in, 44; v, 00;
TX, 4, 112; xn, 98; xv, 10; xix, 40; mi, 108; xxiv, 149; xxvn.
43, 133; xxviit, 8; xxx, 78; xxxi, 29; xxxn, 146) e 5 nel Par. (ni,
14; vili, 64; xxiv, 53; xxv, 12; xxxi, 123). 1. Nel signif propr.
Purg. ix, 112; xn, 98, ecc. - 2. E per Tutto il Volto, Viso, Faccia;
Inf. I, 81 xxiv, 17. Purg. n, 58 ni, 44; XXVIII, 8, ecc. - 3. E poe-
; ;
ticamente, per Tutto il capo; Inf. xn, 109. - 4. E usato in locuz.
figur., sia nel senso proprio, sia in quelli di Faccia e di Capo; Pun.
xxn, 108; xxx, 78. - 5. Pure nel senso proprio, come in quelli di
Faccia Capo, parlandosi di esseri o di cose che si rappresen-
e di
tino in figura umana e pi spesso di deit pagane; Purg. ix, 4.
6. E nei medesimi significati, parlandosi di animali, sieno essi veri
o immaginati Purg. xxxn, 146. - 7. Poeticam. per Parte superiore.
;
Cima, Vertice, Sommit, detto pi che altro di monti; Par. xxxi, 123.-
8. A fronte a fronte, vale, detto di due persone o cose. Rincontro e
presso, In cospetto, l'uno dell'altro, L'uno dirimpetto all'altro: anche
fguratam. Inf xxv, 100. - 9. Con bassa fronte, vale figuratam. In atto
di persona che si vergogna, o che gravemente afflitta, oppressa e
simili In umile portamento; Purg. v, 90. - 10. Dinanzi dalia fronte
;
di alcuno, vale poeticam. Innanzi, Avanti, a quello; Inf. xxxn i, 33.-
11. Avere sicura fronte, poeticam., vale Avere fortezza, saldezza
d'animo, intrepidit; Inf. XXI, 66. - 12. Tener fronte, fguratam. e
poeticam., detto di nome, per Reggere, Durare; Inf. xxvn, 57. -
13. Tenere alto le fronti, detto di parte politica, vale figuratam.
e poeticam. Essere in grande potenza, Dominare, Prevalere con or-
goglio; Inf. vi, 70.
Fronteggiare, Tenere in rispetto stando di fronte, o in sui
confini; Essere o Stare, per difesa, di fronte o in sui confini del
nemico*, Fargli fronte; detto cosi di milizie come di luoghi fortifi-
cati ; Inf. xx, 71.
Frontino, Sextus Iulius Frontinus, Scrittore romano che
fior nella seconda met del primo secolo dell'era volgare, fu pre-
tore nell'anno 70, console nel 76, morto nel 103 o 104. Si hanno
di lui due opere: De aquee ductibus urbis Roma; Libri IT, det-
tato nel 97, e Strategomaton libri IV. Altri suoi lavori, come il
De re militari, non sono giunti a noi. Ottima edizione delle sue
opere complete, curata dal Dedkrich, Lips., 1855. Cfr. Bakiik,
Rum.
Lit. in 4
178-84. ricordato
,
Vulg. FA. il, 6, 67.
54. Enciclopedia dantesca.
850 Frugare-Fruttifero
Frugare, spagn. hurgar, prov. forcar, frane, ant. furgier ;
probabilm. dal lat. furca (cfr. Diez, Wrt. 3 191): Andar tentando i ,
con bastone, pertica o altro, in luogo riposto, a fine di trovar cosa
che si cerchi, o di accertarsi di checchessia. - 1. Figuratam. per In-
citare, Stimolare, Pungere; Purg. ni, 3;Xiv, 39; xv, 137; xvill, 4.-
2. E pur figuratam., per Gastigare, Punire; Inf. XXX, 70.
Frui, lat. fru, Il fruire, Godimento di checchessia; Par. xix, 2;
cfr. Thom. Aq., Sum. theol. i, II, 11, 3.
Frustato, Partic. pass, di frustare, e questo dal lat. barb.
frustare e frustrare, Battuto, Percosso, con frusta, o con altro con-
simile strumento. In forza di Sost., per Colui che percosso con
frusta; Inf. xvill, 46.
Frustatore, Verbal. masc. da frustare, Chi o Che frusta;
Inf. xvm, 23.
Frusto, Brano di checchessia, Piccola parte
dal lat. frustum,
staccata dal tutto. A
frusto a frusto, posto avverbialm., vale A
pezzo a pezzo; e con relazione a cose da mangiare, vale A boccone
a boccone; Par. vi, 141.
Frustra, lat. frustra, Invano, Indarno; Par. iv, 129.
Frutta, da frutta, plur. fem. di frutto, Prodotto di alcuni al-
beri e di alcune piante fruticose od erbacee, carnoso e polputo, buono
e saporito a mangiarsi. E per Servito, consistente in frutti, e pro-
1
priamente freschi, che s imbandisce alla fine del pasto. Detto figu-
ratamente Inf. xxxni, 119. Cfr. Alberigo.
Fruttare, dal lat. fructus : 1. Far frutto, Eender frutto, Pro-
durre ilproprio frutto: detto di albero o pianta; Inf. xv, 66. Par.
Xili, 71. - 2. In locuz. figur. Par. xvm, 30. -3. E per Esser cagione
che alcuno abbia, riceva, guadagni, onorificenze, oppure infamia:
cos nel proprio come nel figurato; Inf. xxxni, 8.
Fruttifero, dal lat. fructifer, Che fa frutto, Che produce
frutto, e propriamente in abbondanza; Copioso di frutti, Produttivo,
Fecondo; detto di albero pianta o de' suoi rami.- 1. Detto del
o
seme della pianta; usato anche in locuz. figur. Conv. IV, 2, 59;
IV, 21, 90. - 2. E detto del fiore dell'albero, per Che allega; Conv.
in, 12, 61.-3. Per estensione, detto di donna, vale Fecondo; Conv.
iv, 28, 100.
Fruttificare -Facci
Fruttificare, dal basso lat. fruttificare: Far frutto, Dare il
proprio frutto, Fruttare; detto di albero o pianta. 1.
in locnz figai
e figuratam. Conv. IV, 19, 38, 42. - 2. Att. Produrre,
Dare, per pro-
prio frutto; Conv. iv, 1, 74.
Frutto, dal lat. fructus : Prodotto della vegetazione delle
piante fanerogame, il quale sussegue al fiore in conseguenza
della
fecondazione dell'ovario, e si compone del Pericarpio e del - Seme.
1. Nel signif. propr. Conv. iv, 24, 80. - 2. In locuz. figur. e figu-
ratamente Purg. xx, 45. Par. xxii, 48; xxvn, 148. Conv. iv, 16,
iv, 19, 40, 42; iv, 20, 61, ecc. -3. Per estensione e
poeticara., detto
di erba, in senso figur. Par. XI, 105. - 4. Pi particolarmente
di-
cesi Il prodotto di alcuni alberi, e dialcune piante fruticose od
erbacee, che carnoso e polputo, e buono e saporito a mangiarsi.
E in questo senso fa nel plur. anche Frutta di gen. ferii., special-
mente in quanto si procaccino o si serbino per mangiare, o si por-
tino in tavola; Inf. xxxin, 119. - 5. In locuz. figur. e figuratam.
Conv. IV, 8, 5. - 6. In pi largo senso, usasi a significare Tutto
ci che la terra,e propriamente coltivata, produce per l'alimento
e l'uso degli uomini e degli animali; Purg. xxviii, 120, 143. Conv.
iv, 2, 64. - 7. In locuz. figur. e figuratam. Purg. xvn, 135. - 8. E
per Profitto, Utile, Eendita, e propriamente annuale, che si ricava
dai prezzi dei prodotti dalla terra e delle possessioni, e di ci che
si accompagna con queste; e in significato generico, per Rendita,
Entrata; Par. xxn, 80. - 9. E in senso figurato, per Utilit, Gio-
vamento, Profitto, Vantaggio; ed anche semplicemente per Soddi-
sfazione, Appagamento; Inf. xx, 19. Purg. xvn, 90. Conv. iv, 6,69.-
10. Per similit. Par. xxni, 20.-11. Per Premio, Ricompensa: e in
senso pi determinato, per Utilit pecuniaria, Lucro, Guadagno;
Conv. IV, 27, 54. - 12. Figuratam. e in largo significato, per Ci
che prodotto da una causa, Effetto o Conseguenza; Par. Il, 70:
xn, 65; xx, 56. Conv. IV, 20, 61. - 13. In senso speciale e biblico,
e nel numero plurale, prendesi per Le opere buone o cattive del-
l'uomo; Ci che egli fa, opera, di bene o di male; Conv. IV, 16, 83, 85.-
14. Riferito ai parti, o ad altri prodotti degli animali; Conv. iv, 17,97.-
15. Senza frutto, posto avverbialmente, vale Senza pr, Inutilmente,
Invano; Purg. Ili, 40.- 16. Ventre da frutto, vale Ventre atto alla
generazione, Fecondo; Conv. IV, 28, 104.
Fucci, Tanni, cittadino pistoiese, figlio naturale di Fuccio
de' Lazzeri, il Ladro alla sacrestia de' belli arredi, che Dante
trova nella settima bolgia, Inf. xxiv, 97-139. Di costui cfr. Ciampi,
Notizie inedite della sacrestia pistoiese de'' beili arredi, Fir., 1810,
p. 59 e seg. Ciampi, Lettera sopra V interpretazione d'un v<
352 Fucci
di Dante nel Canto XXIV dell' In f., Pisa, 1814. Peleo Bacci,
Dante e Vanni Fucci, secondo una tradizione ignota, Pist., 1892.
La tradizione ignota la seguente (Bacci, p. 15): Miraculum
de Furibus thesauri S.' n Iacobi. [13 Marzii 1295] Vannes fucci
della dolce vannes della monna et vannes mironne pistorienses cives
nephandi et homines male conversationis et vite contractaverunt
inter se deliberatione habita et instigatione diabolica thesaurum
beati Iacobi derubare quibus de causis et enormitatibus multi et
aliqui fuerunt male infamati et inculpati inter quos erat Hampi-
nus filius domini Ranucci de Forensibus porte Guidonis et sanna
corregiarib. et puccius grassius vectarib. fuerunt agguati per multa
genera tormentorum. Unum de eis Rampinus filius domini Ranucci
ad mortem dicebatur dapmnari et tandem ad caudam equi vel muli
et ad furcas suspendi. orationibus factis (?) ex parte et pr parte
ipsius Et vannes della monna predectus ex delieto predicto fuit
captus in sacra septa majoris ecclesie quadam die prima quadra-
gesima tunc temporis (?) et in fortia potestatis videlicet Giani della
bella d' florentia et communis pistori qui nominavit malefactores
qui ad dictum furtum consenserunt et facere intendebant excepto
filio dicti domini Ranucci excusando eundem quod inculpabilis fue-
rat de peccatis dictis unde gratia dei et virginis extiterat libera-
tus. - I commentatori antichi: Bambgl.: Iste Vannes Fucci fuit
pistoriensis et tamquam latro facinorosus qui furtum spoliavit sa-
crestiam majoris Ecclesie sancti Jacobi depistorio. - An. Sei. :
Vanni Fucci fu bastardo da Pistoia, e fu uomo molto arrogante
e superbo e dileggiato. E raunato con altri di sua compagnia, in
una chiesa che si chiama s. Iacopo, imbolarono tutti paramenti,
calici, reliquie, e ci che vi trovaro; e poi le impegnarono per le
mani di un prete di loro, e poi l'aposono a uno notaio, e manda-
rono nella casa sua a farne cercare, dicendo e infamandolo eh' egli
i'avia furate. E per che Vanni Fucci era grande califfo, isdegn
che Dante il vide qui in questo luogo. - Iac. Dani.: Sicome
bastardo e reo alchuna volta i begli aredi e tesoro della sagrestia
di santo Iacopo di Pistoia a inbolar si mise per lo qualle furto
finalmente alcuno altro non colpevole ne fu morto. - Dan.: Qui
recita V autore una novella la quale incontr a Pistoia non molto
tempo. Sicome usanza nella citt la chiesa del Vescovado ha pi
solenni e valevoli istrumenti ecclesiastici delle altre chiese di quella
citt, siche in Pistoia lo suo Vescovato era molto ben guernito e
adornato di paramenti, calici, tavole di grande valore. Uno Vanni
1
figliuolo di misser Fuccio de Lazzari bastardo, era molto dilegiata
persona; or perch'era di cos gran casa di Pistoia, eranli compor-
tati molti oltraggi, stava la pi parte del tempo in bando per orni-
Fucci
cidii commessi per lui, ed era persona da ogni mala convereaxione,
e con tutto eh' elli era bandeggiato, stava eli nella terra ma di
greto, e di notte andava commettendo molti mali, ira li (piali in
una fiata che costui con una sua brigata e con anche altra
gente
non di sua condizione circa XVIII eh' aveano cenato insiemi-,
seno di volere andare a mattinare a certe sue intendenze, v ir<.\
essere in questa brigata ser Vanni della Monna, lo pi famoso
taio di bontade che avesse Pistoia. Andati costoro a mattinar
una donna del predetto notaio, che stava presso al Vocovado, can-
tando e sonando la brigata, Vanni Fucci si tolse due de' predetti
compagni secretamente, che 1' altra brigata non ne seppe nulla, e
furono al Vescovado, ruppeno le regie, poi ruppeno la porta della
sacristia, e brevemente la spoglionno s che nulla vi rimase. Tolte
queste cose e aduttele alla brigata, palesonno questo fatto, e la bri-
gata ancora mattinava; gli altri si smarrinno molto. Lo predetto
Vanni disse; Fatto , veggiamo via di portare via queste cose. Per
ventura lo ditto notaio stava pi presso, siche a casa sua furono
portate le cose. La mattina per tempo li calonaci e ministri del
Vescovado, veggiendo essere cos rubata la loro sacristia, furono
alla potestade e notifcaronli tale maleficio: la podest f' bandir
per la terra, che chi sapesse di questa cosa, incontanente il pale-
sasse sotto grande pena; nulla valse, siche giur la podest di vo-
lere a tutto trovare. Facea fare inchiesta alla citt d' ogni persona
che fosse di mala fama, quelli facea tormentare; tutti negavano:
vero che alcuni manifestaro altri maleficii per eh' erano giudicati
a morte. Siche questa potest volendo pure ottenere suo sacra-
mento, investigava s a minuto, che non passava settimana eh' elli
non facesse morir da XX in suso: dur questa pestilenzia ben sei
mesi. Or infine venne tra li altri all' orecchio della podest che
1
Rampino figliuolo di messer Francesco de Foresi, gentile di Pi-
stoia, era un giovane di mala condizione, siche di presente lo fece
prendere e mettere alla corda. Costui non manifestava sicome per-
sona che non n'avea colpa. Alla podest era pur secretamente im-
pulsato, che s' elli lo mettesse alla stretta, eh' elli troverebbe la
verit. Lo padre e la madre del ditto giovane andavano facendo
le preghiere per la terra a' gentili e a' possenti popolari per scam-
'1 suo figliuolo
pare suo figliuolo, piangendo e facendo croce che
senza colpa. La
era innocente di quel peccato, e che non perisse
la ve-
potestade indurata die sentenza che s' elli non manifestasse
essere ar-
rit del ditto furto infra due die, che '1 terzo dovesse
suo figliuolo,
picato per la gola. Udito lo padre tale sentenzia del
era da fare; infine delibe-
ebbe consiglio con li suoi parenti che
dovea fare lo giudizio
remo che la precedentenotte del die, che si
854 Fucile
di questo giovane, fosse in quantit di scope secche messe attorno
lo palagio, e messovi entro in tale modo fuoco che elli ardesse la
podest e la sua famiglia, il giovane predetto e tutti gli altri pri-
gioni e ancora quegli uffiziali che di notte albergavano nel palagio.
Lo secondo die, udendo Vanni Fucci predetto di questo giovane, ed
essendo nel contado di Firenze a monte Carelli, venneli piet di
lui, e mand a dire per una femina al detto messer Francesco
eh' elli li dovesse andare a parlare, con ci sia eh' elli non potea
andare a lui per lo bando, in lo quale elli era, eh' elli li darebbe
via per la quale lo figliuolo scamperebbe. Udito questo costui in-
contanente mont a cavallo e fue lae. Vanni li disse: andate e
fate prendere ser Vanni notaio, predetto, il quale sa tutta la vi-
cenda. Torn lo detto m'es?er Francesco a Pistoia, e denunzi una
mattina per tempo alla podest lo predetto notaio. Incontanente lo
mand cercando, e trovossi ad uno sermone di frati predicatori,
eli' era lo primo luned della quaresima. Menato costui al palagio,
grande mormorio fu nelle persone s di quelle eh' erano al ser-
mone, come eziando di quelle che '1 vedeano menar via; e diceano:
questa podest non fa bene metter mano alle persone degne di fede,
e di chi siamo ben certi che non hanno commesso questo furto.
Menato lo ditto notaio al palagio, non si lasci mettere a corda
che incontanente manifest tutto. Quelli eh' erano stati nella bri-
gata, udito che il ditto notaio era preso, tutti scamparono fuori
della terra. Cont lo detto notaio che pi fiate tolse elli, solo ed
accompagnato di suoi compagni, del predetto avere rubato, per vo-
lerlo portar fuori di Pistoia; quando erano vicini della porta della
cittade a lor parea vedere la podest con tutta la sua famiglia, e
pareali che ogni uomo, lo quale passasse, fosse cercato siche tor-
;
navano a casa, e mai non poter trarre dalla terra nulla. Saputo
la podest la veritade, liber lo giovane, e contra lo notaio e li
altri procedette come a lui parve di ragione. - Ott. non fa che
parafrasare ed ampliare i versi di Dante. - Petr. Dant. Vanni :
Fucci bastardus fuit filius domini Fucci de Lazaris de Pistorio, qui
furto spoliavit ecclesiam cathedralem suse terrae. - Cass.: Filius
spurius d. fuccii de laczariis de pistorio qui furto spoliavit sacre-
stani ecclesie majoris de pistorio. - Falso Bocc. ripete su per
gi il racconto del Lan. Lo stesso fanno pure Benv., Buti, ecc.
Nessuno degli antichi accenna alla curiosa tradizione dello schiaffo
avuto da Dante per mano di Vanni Fucci, sulla quale cfr. P. Bacci,
1. e, p. 37 e seg.
Fucile, e poeticam. Focile, dal lat. barb. fusillus e fugil-
lus, e questo dal lat. focus; frane, fusti: Piccolo strumento di ac-
Fucina-Fuggire
ciaio, colquale si batte la pietra focaia per trarne scintille e dai
fuoco all'esca: Acciarino; Inf. xiv, 39.
Fucina, da officina, di cui forma alterata; Focolare, dove i
fabbri scaldano, bollono, e rendon malleabile il ferro, per lavorarlo
all'incudine o al maglio: e altres Luogo dove i fabbri compiono
questo lavoro; Inf. xiv, 56.
Fuga, dal lat. fuga : 1. L'atto del fuggire, Il partire subitaneo
e precipitoso, ovvero presto e segreto, da un luogo, per paura o per
sottrarsi a un pericolo, o a qualche grave danno; Purg. xm, 11!. -
2. E per semplicemente L'atto dell'andar via, dell'allontanarsi, da
un luogo in fretta; Il partirsi velocemente, Lo scappare; Purg,
in, 1. - 3. Metter in fuga, riferito a sospiri, detto figuratam. e poe-
ticam. per Far sospirare; Inf. xxx, 72. - Benv.: A metter pi li
miei sospiri in fuga, idest mea desideria magis longe a me, ut non
valeam consequi quod opto. - Buti : A farmi sospirar pi spesso.
Il sospiro esaltazione del cuore; lo cuore, quando ha alcuna tri-
stizia per cosa eh' elli desidera e non la pu avere, s'apre nel de-
siderio, e poi si chiude venendogli fallito: e cos fa mettere fuori
l'impeto del fiato, e per si chiama sospiro, ecc. - Veli.: A
metter pi li miei desideri in disperazione, non veggendo forma
di poterli conseguire. - Barg. : A farmi pi sospirare, ricordan-
domi dell'abbondanza d'acqua di quel paese, ed ora non potendone
avere un gocciolo solo. - Dan. : Cio gli d cagion di farlo molto
pi spesso sospirare. - homo. : A far pi veementi i miei so-
spiri.
Fugare, dal lat. fugare, Mettere in fuga, Far fuggire. Ed an-
che per Cacciare, Disperdere, Dissipare e simili, detto figuratam.
Purg. xiv, 37. Par. xxvi, 77.
Fugato, dal lat. fugatus, detto figuratam. per Dissipato, Di-
strutto; Conv. iv, 2, 103.
Fuggire, dal lat. fugere, Partirsi correndo, o con gran pre-
stezza, da un luogo, per paura, o per sottrarsi a un pericolo im-
minente. Voce adoperata nella Div. Com. 47 volte, cio 19 nell'In/.,
16 nel Purg. e 12 nel Par. -l.Nel signif. propr.I/". i, 132; 11,110;
xxi, 26; xxiii, 40. Purg. i, 41; vii, 105; xn, 58; xv, 24. Par. xxvm.
129, ecc. - 2. E detto di animali Inf. ix, 72. Purg. Vili, 107. - 3.
;
E
figuratam. Inf. i, 25. - 4. E con un compimento di luogo, retto dalle
preposizioni A, Verso, In e simili, vale Recarsi o Volgersi,
Fug-
gendo, al luogo indicato dal compimento; Purg. V, 79. - 5. Per seni-
856 Fuio
plicemente Andar via, Partirsi, Dipartirsi, prestamente, veloce-
mente; anche in senso figur. Inf. XVI, 86. - 6. In costrutto con un
termine denotante luogo o persona, retto dalla particella Da o Di,
vale Lasciare, Abbandonare, per sempre, e per lo pi con risolu-
zione subitanea; Par. Ili, 104. - 7. E detto figuratam. e poeticam.
di cose, per Allontanarsi, Discostarsi, da un dato punto o termine,
espresso o sottinteso; Purg. x, 9. - 8. E poeticam., detto particolar-
mente del mare, per Kitirarsi; Inf. xv, 6. Par. xxn, 95. - 9. E per
Passare, Trapassare, velocemente, detto figuratam. di tempo, o di al-
cuna divisione del tempo, e della vita dell'uomo; Par. xxxir, 139. -
10. E
per Dileguarsi, Dissiparsi, Sparire, prestamente; usato in senso
pi che altro figur. Purg. ix, 41; xxvn, 112. - 11. Pur figuratam.,
detto di cose morali e intellettuali; Inf. xxxi, 39. Par. xxvn, 129.
Son. : Negli occhi porta la mia donna amore,
v. 7. Canz.: Voi
che, intendendo, il movete, v. 20. - 12. Att. Evitare,
terzo ciel
Scansare, Schivare, Sottrarsi; riferito pi che altro a danni, pe-
ricoli, cose ocondizioni spiacevoli, moleste, sconvenienti, e simili;
Inf. il, 110; xni, 71. Conv. ni, 5, 90; in, 8, 122. - 13. Pure per
Scansare, Schivare, riferito a persone, o congregamento di persone,
e a luoghi: Far di tutto per non discorrere, praticare, conversare,
o commercio comecchessia con esse, o passare per quelli
avere ;
Inf. xx, 85. Conv. iv, 29, 58. - 14. Per lasciare, Abbandonare, in
fretta, Partirsi velocemente; detto per similit. Par. i, 92. - 15. E
figuratam. per Allontanarsi, Discostarsi, Dipartirsi da un dato ter-
mine, o tenore; detto poeticam. anche di cose; Par. xv, 105. - 16. E
per Non darsi o abbandonarsi a checchessia, Aborrirlo, e anche Aste-
nersene per avversione, o per volont; detto anche di cose morali;
Conv. iv, 22, 37. - 17. Fuggir via, vale Dileguarsi, Sparire, con gran
velocit, precipitosamente. Figuratam. e poeticam. Purg. xiv, 112.
18. Fuggi A, per Fugga, congiunt. pres. di Fuggere, per Fug-
gire; Inf. xv, 6. Fuggia desinenza regolare, la quale discende
da fuggere, che in antico si disse per fuggire, come offerere e of-
ferire, tradere e tradire; Nannuc, Voci, 44. - 19. Fuggir, forma
antica e poetica per Fuggirono; Purg. xn, 58.
Fllio, voce di dubbia etimol. e significazione, usata da Dante
tre volte, Inf. xn, 90. Purg. xxxni, 44 e Par. ix, 75. Secondo la
Cr. ha tre signif.: Inf. xn, 90 Ladro, dal lat. fur, gr. epep; Purg.
xxxiii, 44 Scellerato e Par. ix, 75 Oscuro, dal lat. furvus, furvjus.
Cos pure, ma piuttosto indecisi, B., Diez (Wrt. n 3 32), ecc. - ,
Zamb. : Oscuro, celato ladro. incerto qual sia il primo signi-
ficato; se Oscuro, dovrebbe connettersi al lat. furvus, furvius, se
Ladro a fur, mediante un ad. furio. Ma fujo vale probabilmente
Fulcieri da Calvoli- Fulgorato
ladro in tutti e tre i luoghi della Div. Com. Nel primo
luogo i
pi intendono anima ladra, altri Anima fuggita o fuggitiva, ed
altriAnima nascosta o celata. - Ott.: Anima di ladrone. - Bocc:
Quasi dica, ne io altres son ladrone, perciocch noi
quelle fem-
mine le quali son fure, noi chiamiam fuie. - lenv.: Quasi
dicat:
necipse est violentus, nec ego fraudulentus. Latro enimest qui vio-
lenter et patenter spoliat, fur vero fraudolenter ideo non sumus;
puniendi aliqua poena in civitate ista in qua punitur violentai et
fraudolentia. - Buti : Questo si pone impropriamente per lo la-
drone. - Serr. : Fuia, idest furiosa, vel fura, idest anima furis. -
Barg.: Che per ladroneccio, o furto, sia degna di rimanere in que-
sto cerchio, o dismontar pi gi a pena alcuna. - Land.: Fuia,
cio fura. - Tal.: Et ego non snm fur. - Cos pure Veli., Gel,
Giamo., Cast., ecc. - Nel secondo luogo, Purg. xxxm, 44, Beatrice
chiama fuja, cio ladra quella puttana sciolta (Purg. XXXII, 149),
avendo essa usurpato, rubato, quel luogo sopra il carro, dove fu vista
sedere (cfr. Com. Lips. n, 779 e seg.). - Finalmente nel terzo luogo,
Par. IX, 75, il senso : Nessuna voglia pu essere ladra di se a te,
cio non ti si pu nascondere. Cos i pi (cfr. Com. Lips. in, 230
e seg.). E dunque probabile che Dante abbia usato la voce fuio
sempre nel medesimo significato di fur, Ladro. Cfr. Galvani, Sulla
voce fuia usata da Dante, nel Giornale Arcad. xxxu, 184-93.
M. A. Parenti, Sulla interpret. della voce fuia, ibid. xxxiv, 228-36.
G. B. Spotorno, Osservai, sopra le voci Fujo e Futo nella Div. Com.
nel Giorn. Ligust., 1827, p. 219 e seg. Borghini, Studi ined., 232 e
seg. Blanc, Vcrsuch, i, 109 e seg. Fanfani, Studj ed Osserv., 129.
Fulcieri da Calvoli, podest di Firenze nel 1302, men-
zionato Purg. xiv, 58; cfr. nipote.
Fulgere, dal lat. fulgere, Kifulgere, Vivamente risplendere;
Par. vili, 64.
Fulgido, dal lat. fulgidus, Che vivamente splende, Che ha,
o Che manda, vivo splendore; Par. xxvi, 2; xxx, 62.
Fulgore, dal lat. fulgor, voce adoperata da Dante 12 volte,
ma esclusivamente nel Par.- 1. Luce assai viva, Grande splendore;
Par. 70; XIV, 55; XX, 66; XXI, 11; XXIII, 84; xxx, 51, 62: XXXI,
IX,
132; xxxu, 144; xxxm, 141. - 2. Per similit. e poeticam. Spirito
celestiale vestito di splendore; Par. x, 64; xvin, 25.
Fnlgurato e Fulgorato, Kischiarato, Illuminato; Par.
xxiii, 83.
858 Fulvido-Fungo
Fulvido, cos hanno parecchi codd. ed ediz. nel luogo Par.
xxx, 62, invece di fulgido. sinonimo di fulgido, e vale Lucido,
Risplendente, Rilucente; oppure deriva dal lat. fulvus, e vale Fulvo,
Del colore dell'oro. - Benv.: Fulvido di fulgori, idest, rubeura
splendore. - Buti : Fulvido, cio splendido. - Serrav.: Flui-
dum fulgoribus. - Land.: Fulvido, cio lucido di fulgori. -
Veli. Fulvido, cio Lucido di splendore. - Betti : Fulvido da
:
fulvus, Biondo, Biondeggiante. ^> Cfr. Com. Lips. ut, 808 e seg.
Fumare, talora anche Filmina re, dal lat. fumare :
e
1. Mandar Tramandare, fumo; e pi generalmente, Esalare
fuori,
vapore; Inf. xxv, 93; xxx, 92. - 2. Figuratam. e poeticam., per
Essere ingombro come di fumo, ossia di tenebre Essere offuscato,
;
ottenebrato; Par. xxi, 100. - 3. E per Far fumare, cio Far ar-
dere, divampare; riferito figuratam. e poeticam. a desiderio; Purg.
xxiv, 153.
Fumifero, dal lat. fumifer, Che
apporta fumo, Che fu-
fa o
mica, ed anche Fumante; Cane;.: Io son venuto al punto della
rota, v. 53.
Fumo, e talora anche Fummo, dal lat. fumus : 1. Materia
minutissimamente divisa, la quale esala dai corpi che bruciano o
che sono caldi, si spande in forma di nube per l'aria, e vi rimane
per poco tempo sospesa; Inf. ix, 75; xv, 2, 117; xxiv, 51; xxv, 93,
118, 135. Pwr^.v, 113; x, 61; xv, 142; xvi, 5, 25, 35, 142; xxxm, 97.-
2. In locuz. figur. e figuratam. Inf. vii, 123. Par. xvm, 120. - 3. Per
Qualsivoglia esalazione o evaporazione; Inf. vili, 12.
Fune, dal lat. funis, Quantit ed unione di lunghe fila di ca-
napa, strettamente avvolte insieme; a uso di legare, alzare, tirare,
sorreggere, ed alquanto pi grossa della corda. E in senso par-
ticolare, significa Quella adoperata ad usi marinareschi, Gomena;
Inf. xx, 111.
Fungo, dal lat. fungus, Nome volgare di un Ordine di piante
crittogame, semplicissime, prive di foglie e di fiori e di radici ;
fatte interamente di tessuto cellulare, e perci d' una consistenza
molle spugnosa e coriacea; di varia grandezza, di forme svariate,
ma per lo pi fornite d'una specie di gambo e di cappello; di color
bianco, o bigio, o giallastro, o rosso bruno; il Boletus ignarius
del Linn. -Fungo marino, e semplicemente Fungo, nome d'uno
Zoofito che sta attaccato agli scogli, e che si trova confuso volgar-
mente con 1' Ostrica Purg. xxv, 56.
;
Fuoco-Fuori
Fuoco e Foco, dal Iat. focus, Fenomeno laminoso
e ca]
fico, risultante dalla combustione di due o pi corpi insieme
com-
binati. Voce adoperata nella Div. Coni. 73 volte, 22 nell'I*/.,
28 nel
Purg. e 28 nel Par. - 1. Considerato nell' esser suo; e anche, come
lo credettero gli antichi, per uno dei quattro elementi; Purg
xviii, 28.Par. vii, 124. Conv. ni, 3, 8; ni, 5, 27. - 2. E in se
pi particolare intendesi di Quello che risulta dalla combusti
di alcuni corpi, come legna, carbone, e simili, e che si fa pi
inanemente per gli usi della vita o di certe industrie. Ed alti
per I corpi stessi nell'atto della loro combustione; Inf. xxi, 16.
Par. 60. - 3. Dicesi altres Quell'ardore igneo, che dentro alle
I,
viscere della terra, e che produce i fenomeni vulcanici, ed altri
fenomeni; Par. xix, 131. - 4. E per Quel foco che si crede u s'im-
magina essere nell'Inferno e nel Purgatorio: e in senso figurato,
per Le pene degli eternamente dannati, o delle anime purganti:
le quali pene sono nella Scrittura rappresentate dal fuoco Inf. ;
t,119; vili, 73. Purg. xxvn, 127. - 5. E per La pena, alla quale
condannavasi il reo, consistente nell' esser arso: onde Andare al
fuoco, vale Esser condotto il reo al luogo, ove doveva sostenere
questa pena. E
Mettere al fuoco, vale Condannare a siffatta pena:
Inf. xxix, 110; xxx, 110. - 6. E per Fiamma di fuoco; Inf. xvn, 122;
xxvi, 47, 52, 79. - 7.E per Fiamma accesa a fine di dar segnali, o
per dimostrazione di allegrezza; Inf. vili, 9. - 8. E per Vivo splen-
dore; Inf. IV, 68. - 9. E per Accensione atmosferica, Meteora lu-
minosa; Par. xv, 14. - 10. E poeticam., per Pianeta, Astro, Stella;
Par. xvi, 38. - 11. E pure poeticam., per Spirito celestiale, mani-
festantesi in forma di astro o di stella; Par. ix, 77; xxn, 46; XXV, 121.-
12. E con senso che si determina dal contesto, prendesi per Folgore;
Purg. xxxn, 110. Par. I, 134; XXIII, 40. - 13. Fuoco, o Sfera del
fuoco, ed anche Fuoco eterno, si disse Quella sfera, che secondo le
opinioni antiche immaginavasi esser posta immediatamente sopra
l'atmosfera; Purg. IX, 30. - 14. In locuz. figur. e figuratam., per
La passione d'amore; Purg. vili, 77; xxvn, 96. Par. in, 6!. -
15. Pure in locuz. figur. e figuratam., per Vivo affetto spiritual.,
Ardore di animo verso cose alte e noHli Purg. Vi, 38. Par. xx. 115.
;
Fuori, e anche Fuora, e in poesia Fuore, o come anche
trovasi Fori, Fora, Fore, e per apocope Fuor, For: dal
lat.foris e foras. Prep. che serve a indicare varie relazioni, e pi
specialmente la relazione di stato esterno alla parte interiore di
un luogo, o della cosa, di cui si discorre; ed altres di moto che,
incominciando dal di dentro di cosa o di luogo si compie esterna-
mente. Regge il suo termine mediante la particella 7)/. Come ogni
860 Fuori
altro scrittore, Dante adopra questa prep. qualche centinajo di volte,
quasi in ogni pagina. - 1. Nel signif. propr. Inf. I, 23; xix, 22;
xxvni, 79. Purg. I, 17, 90; xxvn, 7, ecc. - 2. In locuz. iigur. e figu-
ratamente Par. xvii, 37; xxvn, 123. Conv. in, 13, 37. - 3. Regge
talvolta il suo termine anche direttamente; Canz.: Donne, ch'avete
intelletto d' amore, v. 48. - 4. Reggente un nome di luogo, di paese,
e simili, o di ci che lo circoscrive, in relazione sia di stato, sia di
moto, denota con pi stretto significato lo spazio intorno all'ambito
di esso luogo, o a' confini d'esso paese; Purg. v, 92. - 5. Regge un
termine denotante le membra dell'uomo e dell'animale, e pi spesso
le mani, le branche, gli artigli, e simili, e serve ad indicare la re-
lazione di svincolamento, liberazione, allontanamento da essi; anche
in lucuz. figur. Purg. ix, 3. - 6. Serve alla relazione di discosta-
mento, deviazione e simili, da ci che indicato dal compimento
retto da essa particella, cos nel senso proprio, come nel figurato;
Par. vili, 148. Conv. ni, 15, 116. - 7. Serve pure a significare il non
essere, o non esser pi, in una data condizione; l'esserne lontano,
ovvero l'esserne allontanato, dipartito, uscito, e simili; e in modo
pi assoluto, mancanza, privazione, di checchessia; nel qual signi-
ficato corrisponde alla preposizione Senza; Par. i, 118. Conv. iv, 2,
112. - 8. Serve alla relazione di diversit, contrariet, opposizione,
ed equivale a Diversamente da, Contro, Contrariamente a, ecc. Purg.
xxi, 42. Par. xxm, 42. - 9. In fuori, reggente il suo compimento
mediante la particella Da, vale lo stesso che fuori; Purg. in, 138.
10. Fuori, in forza di Avver, di luogo, uniscesi coi verbi cos
di stato come di moto, e vale In luogo esteriore, Esternamente, a
ci di che si parla; anche in locuz. figur. Inf. x, 72; XXII, 26;
xxxiv, 63. Canz.: Morte, poi ch'io non trovo a cui mi doglia,
v. 50. - 11. Nel medesimo senso, apposto, per maggiore evidenza e
determinazione del concetto, a verbi che di per s stessi denotano
azione estrinseca ad una data cosa o luogo; anche figuratam. Par.
xxiv, 121. - 12. E per Fuori di un edifizio qualunque; e pi gene-
ricamente In luogo non riparato, All'aperto; anche in locuz. figur.
Inf.viu, 116; xxiv, 15.- 13. Riferito a persona, vale Nell'aspetto,
Nella presenza; ed altres Negli atti esterni; Purg. xxn, 12. -
14. Fuori, usato a modo di Sost. retto dalla particella Di, e pi
specialmente con verbi di moto, vale in senso generico Luogo di-
verso da quello di cui si parla; Purg. xvn, 23. Par. v, 101. -.
15. Fuori che, Fuor che, denota eccettuazione, limitazione, e si-
mili, ed equivale a Salvoch, e simili; Inf. xiv, 43. Purg. Il, 79;
xxx, 138. - 16. Fuori di, vale lo stesso che Fuori che, Fuorch;
Inf. vi, 38 {var.). Conv. in, 7, 40; iv, 7, 45. - 17. Di fuori, Di fuora,
che scrivesi anche in modo congiunto Difuori, prepos. la quale si-
Furare-Fnrculae
gnifica lo stosso che Fuori; regge pi comunemente
il suo termine
con le particelle Di e Da, ma lo regge pure con la particeli
e presso gli antichi anche direttamente; Inf. xn, 121.
Tura. in. 181.
Par. iv, 126. - 18. Pure reggente il suo termine colla particella ,1
o Da, altres usato a denotare eccettuazione, esclusione, e vaio
quanto Salvo, Eccetto, Fuorch; Conv. ir, 3, 18. - 19. D fuori, Ih
fuora, posto avverbialm., vale In luogo, o Da luogo, esteriore a ci di
cui si parla, ed altres Nella, o Dalla, parte esterna di checchessia;
Purg. vii, 84; XXX, 30. - 20. E per Nella, o Dalla, parte esteriore!
Esternamente, parlandosi di persona, in contrapposizione del no
interno, del suo animo, cuore, e simili; ed altres per Nell'aspetto,
All'apparenza, Agli atti esteriori; anche in locuzione fgur. Purg.
xvnr, 5. Vii. N. xxxvi, A. Conv. in, 3, 81. - 21. Di fuori, usai
modo di aggiunto, vale Che , o sta, nella parte esterna di cosa
o di luogo, Esterno, Esteriore; Purg. xxix, 81. Par. xn, 13. - 22. Di
fuori in forza di Sost., usato a denotare La parte esteriore. La su-
perficie, di checchessia, cos nel senso proprio come nel figurato;
Conv. il, 1, 56 e seg. - 23. Riferito all'uomo, vale L'aspetto, La
sembianza; Conv. il, 8, 59. - 24. E per Lo spazio esterno a chec-
chessia, ed altres Luogo esteriore e circostante a quello in cui al-
cuno si trova, o di cui si parla; cos nel proprio, come nel figu-
rato; Purg. xxvn, 88- - 25. Gire fuori vale Andar via, Partirsi,
Fuggirsi, da un dato luogo; anche figuratala. Inf. XVI, 69. - 26. Es-
sere checchessia fuori diun dato ufficio, attribuzione, e simili, vale
Non appartenere, Non attenere ad esso; Conv. IV, 10, 35. - 27. Man-
dar fuori, figuratam. riferito ad affetti, passioni, desiderj, e simili,
vale Manifestare, Palesare, e con pi grave senso Sfogare; Par.
xvn, 7. - 28. Tirare fuori chicchessia o checchessia, con relazione
a luogo, recipiente, o cosa che comecchessia lo tenga, custodisca,
vale Farnelo uscire, Levare anche in locuz. figur. e figuratam.
;
Inf. vi, 44. - 29. E riferito poeticam. ad opere letterarie, vale Tro-
vare, Divulgare ; Purg. xxiv, 49 e fuori di una
seg. - 30, Essere
data condizione, stato, e simili, vale Esserne uscito; Purg. xxx, 42.
Furare, dal Iat. Togliere l'altrui, e pi che altro
furari: 1.
con inganno, o di soppiatto, a fine di appropriarselo. Rubare; Purg.
XX, 110. Par. xiu, 140. - 2. E in forza di Sost., L'atto del rubare.
Il furto; Inf. xxv, 29. - 3. Figuratam. e poeticam. per Celare, Na-
scondere; Purg. xxx, 104.
Furato, Rubato, Portato via; Conv. iv, 27, 96.
Furculae Caudinae, oggi Forchia Caudina, non lungi da
Val d'Arpaja, dove i Romani furono sconfitti dai Sanniti nel 321
862 Fari-Furto
a. C. Mon. n, 11, 36. Ofr. Liv., ix, 2, 7, 16 e seg. Cic. Off. in, 30,
Cato maj, 12.
Fari, Fuori, Fori, scambiato l'o in u; oppure sincope di Fuori;
Purg. xix, 81, nel qual qual luogo il senso Le vostre destre sien :
sempre di fuori, air esterno; cio Camminate sempre a destra.
Furia, dal lat. furia, Perturbazione di mente, cagionata da
ira o da altra passione, per la quale l'uomo si abbandona ad atti
violenti, o disordinati, oanche semplicemente sconsigliati. 1. Per
Impetuosa veemenza, Impeto furibondo, Furore; detto di assalitori,
e di combattenti; Purg. xvm, 92. - 2. Al plur. Furie, per Atti vee-
menti furiosi Inf. xxx, 22. - 3. Essere in furia, vale Essere pieno
;
di furore, d'ira; Essere infuriato; Inf. xn, 27.
Furia, nome generico di Ciascuna di quelle tre deit infernali
mitologiche, che i poeti finsero figlie dell'Acheronte e della Notte,
e rappresentarono con serpi nelle chiome e con la mano armata di
face e di flagello, come deputate a suscitare i mali e a punire i
malvagi; Inf. ix, 38. Cfr. Erinni.
Furioso, dal lat. furiosus, Che preso, Che affetto, da
furia; e per Agitato da furore; Pieno di furore, Furibondo; anche
figuratam. Inf. vili, 48.
Faro, voce latina; Furo a furvo dictus, unde et fur, tene-
brosos enimet occultos cuniculos effedit, Isidor. xn, 2. Cfr. Diez,
Gramm. i p. 24 e 32. Wrt. i 3 192.- 1. Sost., Ladro, Ladrone;
5
, ,
Inf. xxi, 45. - 2. Ada., Ladro, Che invola, Che nasconde gli spiriti;
Inf. XXVii, 127. Pare che questa voce fosse anticamente dell'uso,
poich gli antichi (Bambg., An. Sei., Iac. Dani., Petr. Dant., Lan.,
Ott., Cass., Falso Bocc, Anon. Fior., ecc.) non si curano di darne
veruna interpretazione. Benv., Buti, ecc. rimandano semplicemente
al passo Inf xxvi, 41 e seg., che infatti esclude ogni dubbio sul
significato della voce.
Furore, dal lat. furor, Impeto smoderato predominante la ra-
gione; Moto, ed anche Stato, di animo fortemente concitato e quasi
sopraffatto da ira, o altro simile affetto, oppure da ferocia, onde
1' uomo trascorre a violenze ed eccessi ; Inf. xiv, 66. E per simi-
litudine, detto di animali ; Inf. xxi, 67.
Furto, dal lat. furtum : 1. Atto dell'impossessarsi d'una cosa
mobile altrui, senza il consentimento del proprietario, per farne
ucro; Azione del furare, ossia del rubare; Conv. i, 12, 60; xi, 11, 50.-
Fusco-Futa
2. Prendesi per La cosa rubata, ed anche per
La cosa da rubare
in locuz. figur. Inf. xxvi, 41. - 3. Di furto, nel
linguaggio mili-
tare, vale Per assalto repentino e inaspettato, Per
sorpresa- Conti
IV, 5, 120.
Fusco, dal lat. fuscus, Fosco, Oscuro; detto per metaf. Par.
xvii, 124. - Ott.: Le coscienze brutte o nere degli uomini, per li
loro propri falli o de' loro maggiori. - Benv. : Coscienza' fusca,
idest, obfascata vel lsesa. - Buti: Coscienzia fusca, cio mi-
schiata [macchiata].
Fasi, Si fu; Par. in, 108.
Fuso, dal lat. fusus, Strumento di legno, lungo comunemente
intorno a un palmo, diritto, tornito, corpacciuto nel mezzo e sottile
nelle punte, dove ha un poco di capo, che si chiama Cocca, al quale
s'accappia il filo, acciocch nel torcerlo non isgusci. E figuratam.
per L'arte o per L'operazione del filare; Inf. xx, 122. Par. xv, 117.
Fasto, dal lat. fustis, Quellaparte dell'albero che va dalle
radici alla sua diramazione, o fino alla sua punta; ed altres Quella
parte delle piante fruticose, o erbacee, destinata a sostenere i rami,
i fiori e i frutti; Gambo, Caule. E parlandosi di corpo umano, vale
Quella parte di esso che va dal collo alle anche. Per similit. Inf.
xvu, 12.
Fata, dal lat. fuga, gr. cpoyV), Fuga; forma antiquata, della
quale hanno parecchi altri esempi (cfr. Voc. Cr.); Purg. xxxn, 122.
si
Questa forma antiquata di futa per fuga, rimasta a un luogo
dell'Appennino toscano fra Barberino e Pietramala, il quale, essendo
ivi alquanto depresso, d al vento la futa; Caverni, Voci e modi, 60.
Questa forma rimasta anche altrove. Nella Pregalliasi odono tutto-
giorno i modi: Mi viene la futa, Mi fa venire la futa, per Mi viene,
Mi fa venire, la voglia di andarmene, di scappare, di fuggire. E la
montagna eh' sulla via da Bologna a Firenze vuoisi denominata
Della futa, perch ivi i Ghibellini furono messi in fuga. Fata per
fuga spiegano i pi. Lan.: Mostra come per la veritade della
scienzia di teologia le dette eresie sono cacciate, infugate e redotte
a nulla. - Ott. : La mise in tanta fuga. - Petr. Dant. Fingit :
Beatricem, idest theologiam nostram, eam confundere. - Cass.:
Quasi dicat, quod Beatrix, idest, Sacra Scriptura, abiecit illam
vulpem, idest ejus doctrinam et argumenta, tamquam inefficacia. -
Benv.: Quia fugerit a facie ecclesia. - Buti: Futa, cio fu
cio scacci li eretici s fortemente coi suoi argomenti de la fede,
864 Futuro - Gaddo
che li condusse al fuoco e feceli ardere. - An. Fior.: Beatrice
che la scaccia (la volpe) mostra come per la verit della scienza di
Teologia le dette eresie si sono cacciate et trafugate, e ridotte a
nulla. - Serrav.: In tantam fugam. - Land. : In tanta con-
futazione. - Tal. : Beatrix ipsam fugavit. - Veli.: In tutta
confusione. - Dan.: In tanta fuga. E cos quasi tutti i moderni.
Futuro, dal partic. lat. futurus: 1. Add. Che
sar, o Che av-
verr, Che per essere, per avvenire, per farsi o compiersi, in un
tempo pi o meno lontano; Inf. xin, 12. Purg. XIV, 67; XX, 85. Par.
xvn, 22; xx, 123; xxv, 68; xxxin, 72. Conv. iv, 27, 34.-2. E detto
di tempo, et, e simili, vale Che per venire; Purg. xxnr, 98. -
3. Detto di vita, vale Che succede alla temporale, Oltramondana;
detto in particolare della vita delle anime dopo il Giudizio finale;
Inf. vi, 102. - 4. In forza di Sost. Il tempo futuro, Quello che ha
da essere, L'avvenire; Inf. x, 108; xxxni, 27.
G
gabbare, prov. gabar, ant. frane, gaber, ant. spagn. gabar,
probabilmente d'origine gotica, cfr. Diefenbach, Gothisches Wrt.
3
I, 169. Diez, Wrt. i 193: Giuntare, Imbrogliare, Mettere in mezzo,
,
e propriamente con scherno. 1. Per Deridere, Schernire, mettere in
ridicolo; od anche semplicemente Farsi giuoco di chicchessia o di
checchessia; Vit. N. xiv, 48, 56.- 2. Farsi beffe, Pigliarsi giuoco
di alcuno; Vit. N. XIV, 37.
Gabbo, prov. gab, guap, gap; ant. frane. gab; ant. spagn. gab;
portogh. gabo; nordico gapp. 1. Burla, Beffa, Giuoco, Scherzo; Vit. N.
XV, 30. - 2. Pigliare a gabbo, vale Prendere a giuoco, in ischerzo; Inf.
xxxn, 7.
Gabriel, e Gabriello, ^X"*"05 = Uomo di Dio; Nome del-
l'Arcangelo che annunzi alla Vergine la nascita di Cristo; cfr.
S. Lue. i, 19, 26. nominato Par. iv, 47; ix, 138. Indicato senza
nominarlo espressamente, Purg. x, 34, 35. Par. xiv, 36; xxni, 94,
103; xxxn, 94, 95, 103, 110, 112, 113. Conv. il, 6, 17.
Gaddo, Figliuolo del conte Ugolino e di Margherita de' Pan-
nocchieschi, contessa di Montingegnoli. Aveva gi assunto il titolo
di conte (cfr. Mueat., Script, xxiv, 655. Litta, Famiglie cel., tav. v)
-
Gade-Gaja
quando fa fatto prigioniero insieme col padre e mori di
fame; Jnj.
xxxiii, 68; cfr. Ugolino.
Gade, ora Cadice, spagn. Cadiz, anticam. Gades, gr. IV:
antica e celebre citt della Spagna, fondata dai Fenicii, sulla
costa
dell'Atlantico, non distante dallo Stretto di Gibilterra. Concernente
la sua popolazione era anticamente emula di Roma; cfr.
Hi, 5, 3. nominata Par. xxvn, 82.
Gaeta, lat. Caieta, citt della provincia di Caserta, nella Cani-
pania, che ai tempi di Dante apparteneva al regno di Napoli,
condo Virgilio (Aen. vii, 1 e seg.; cfr. Ovid., Mei. xiv, 441) fu fon-
data da Enea, il quale le dette il nome della sua nutrice, che quivi
mor; cfr. Loria, 611 e seg. Nominata Inf. xxvi, 92. Par. vili, 62.
Gaggio, prov., frane, spagn. e portog. gage, dal got. vadi, Pe-
gno Diez, Wrt. l 3 194): Premio, Ricompensa, Salario; Par.
(efr. ,
vi, 118. Benv.: De' nostri gaggi, idest, nostrorum premiorum.
Buti : Dei nostri gaggi, cio delle nostre allegrezze, cio della
nostra beatitudine, onde seguitano li gaudi che noi abbiamo. -
Land. : Gaggi, cio gaudii. - Veli. : De' nostri premii, che tanto
suona in lingua francese, e non de' nostri gaudii, come altri hanno
detto. - Cos pure, in sostanza Dan., Voi., Veni., Lomb., e tutti
i moderni. - Sono
1
rimasti al popolo i gaggi militari, d onde s'
fatto il verbo ingaggiarsi, che voleva dire, sotto l' altro Governo,
sottoscriversi volontario alla milizia in luogo di un altro, prendendo
per tal servizio i gaggi convenuti; Caverni, Voci e Modi, 61.
Gaja, Figliuola di Gherardo da Camino e della sua seconda mo-
glie, Chiara della Torre da Milano. And sposa ad un suo parente,
Tolberto da Camino, figlio di Guecello signore di Ceneda. Mor nel-
T agosto del 1311 e fu sepolta in un magnifico mausoleo collocato
al di fuori dellachiesa di san Niccol di Treviso, le cui vestigia
vedevansi ancora nel secolo scorso. Cfr. Barozzi in Dante e il suo
sec, 804. Dante la nomina come conosciutissima in Italia, Purg.
xvi, 140. I commentatori antichi non vanno d'accordo, gli uni di-
cendola famosa per libidine, gli altri invece celebre per bellezza ed
onest. - Dan.: Fu donna di tale reggimento circa le delettazioni
amorose, eh' era notorio il suo nome per tutta Italia. - Ott. ripete
letteralmente lo stesso. - Petr., Dant., Cass., Falso Bocc, ecc., ta-
ciono. - Benv. : Erat famosissima in tota Lombardia, ita quod ubi-
que dicebatur de ea: Mulier quidem vere gaia et vana; et, ut bre-
viter dicam, Tarvisina tota amorosa; qua? dicebat domino Rizardo
et ego
fratri suo: Procura tantum mihi juvenes procos amorosos,
55. Enciclopeda dantesca.
866 Gaietto-Galati
procurabo tibi puellas formosas. Multa jocosa sciens prsetereo de
foemina ista, quoe dicere pudor prohibet. - JButi: Per sua bel-
lezza era chiamata Gaja, e fu s onesta e virtuosa, che per tutta
Italia era la fama della bellezza ed onest sua. - An. Fior.: Gaja
fu una bella giovane et constumata, simigliante al padre quasi in
ogni cosa, et di lei et de' costumi suoi si ragionava non solamente
in Trevigi, ma per tutta la marca Trevigiana. - Serrav. : De
ista Gaya, filia dicti boni Gherardi, possent dici multe laudes, quia
fuit prudens domina, litterata, magni consilii et magne prudentie,
et maxime pulchritudinis, que scivit bene loqui rythmatice in vul-
gari; et quia fuit domina magne fame in Ytalia, sic de ea loquitur
hic auctor. - Land. : Questa per essere bellissima, et honestissima,
fu nominata per tutta Italia. - Tal. : Pulcherrima, sagax, stima-
tissima. - Veli. : Dicono, costei essere stata di eccellentissima
forma, et grandissimo specchio di pudicitia. - Dan. In bellezza, :
et castit grandissimo ornamento delle donne di que' tempi. - I
commentatori successivi non aggiungono naturalmente nulla di
nuovo. Cfr. Blanc, Versuch, 63 e seg. Dom. Fransoni, Difesa del-
l' onore di Gaja figlia di Gherardo da Camino, nei suoi Studi
vari sulla Div. Coni, di Dante, Fir., 1887.
Giaietto, Diminut. eVezzeggiat. di Gaio; detto di pelle d'ani-
male, nel significato di Leggiadretto per variet e vivacit di co-
lore; Screziato, Variopinto; Inf. i, 42; cfr. Inf. xvi, 108.
Gaio, frane, gai, prov. gai e guai, ant. spagn. gayo; probabilm.
dal german.^o^, che vale Vigoroso, Pronto, Alacre. Cfr. Diez, Wrt.
3
i ,1. Festevole d'indole, d'umore; e in pi largo senso Lieto,
195. -
Allegro; Par. xv, 60; xxvi, 102. - 2. E per Bello, Leggiadro, Vago,
Avvenente; detto di persona; Vit. N. vili, 28, 51.
Galassia, dal gr. yaXata$, Via lattea; Par. xiv, 99. Conv.
li, 15, 6, 34-65.
Galasso da Montefeltro, lodato di liberalit; Conv.
iv, 11, 93.
Galatea, raXdxeia, figlia di Nereo e di Doris, ninfa marina
amante del Ciclope Polifemo ; Hom., II. xvm, 45. Theocr., vi,
cfr. 1 1.
Ovid., Metam. xm, 750 e seg. Ricordata Eglog. il, 78.
G alati,
abitanti della Galazia nell'Asia Minore. L' Epistola di
S. Paolo ai Galati citata Mon. i, 16, nel qual luogo si allude al
verso Gal. iv, 4 At ubi venit plenitudo temporis, misit Deus
:
filium suum.
Galeazzo Gal] gai
Galeazzo Visconti, spos nel 1300 Beatrice da Este, figliuola
del marchese Obizzo, vedova di Nino Visconti (cfr. MUEAT., Script
xv, 348). accennato Purg. vili, 73 e seg. Cfr. BeTEICE, IV.
Galeno, cfr. Galieno.
Galeotto, e Galeoto, da galea, basso gr. ya^ate, Colui che
vogava, remava, o come che sia serviva, sulle galee, od anche sopra
altre navi. Poeticam., per Colui che guida la nave, Nocchiero, Pi-
lota; Inf. vili, 17. Purg. n, 27.
Galeotto, Gallhaud, nel Komanzo di Lancillotto nome del
sensale di amori tra la regina Ginevra e Lancillotto del Lago, onde
il suo nome adoperato nel significato di Kuffiano; Inf. v, 137.
Galieno e Galeno, raXvjvg, Claudio, celebre medico greco,
nato verso 131 dell'era volgare a Pergamo, figlio di Nicone, ricco
il
e dotto architetto, che lo educ colla massima premura. Si dedic
prima allo studio della filosofia, poi della medicina. Venne nel 164
a Koma, dove fama di profondo conoscitore delle scienze e
sal in
della pratica medicali. Mor verso il 200, non ben certo se a Koma
o a Pergamo. Dett un gran numero di opere (dicono circa 300) di
materie filosofiche, e sopra tutto medicinali, molte delle quali fu-
rono distrutte da un incendio nel 191. Edizione pressoch completa
delle opere rimaste, curata dal Kuehn, 20 vi., Lips., 1821-33; traduz.
frane, del Daremberg, (Euvres anatomiques, physiologiques et plii-
losophiques de CI. Gal., 2 voi., Par., 1854-56. Dante lo ricorda Inf
iv, 143. Conv. i, 8, 25. Mon. i, 13, 31.
Galigai, Galigajo (anche Galigari,e Caligari; il nome vale
Pellicciajo), Famiglia nobile ghibellina del sesto di Porta San Piero
a Firenze; Par. xvi, 101. Cfr. Vill., v, 39. - Rammentano gli an-
messer Alepro e messer Guido Galigai fatti cavalieri
tichi storici
da Carlomagno; messer Cione, decorato del grado equestre da Ar-
rigo I; Ugo di Albizzo che sed console di Firenze nel 1188; e La-
tino, ch'era tra Consiglieri del Potest quando fu ratificata la pace
i
con i Senesi nel 1201. Quando Firenze fu divisa dalle parti guelfa
e ghibellina, anche questa famiglia si distinse in due campi e
se
;
nel 1258 tocc ai Galigai ghibellini ad abbandonare Firenze, dopo
due anni per altro fu forza di partire per V esilio a quei che segui-
vano la bandiera dei guelfi. Ma finalmente fu per questi la vittoria;
ribelli Latino,
e nel famoso bando del 1268 vedonsi condannati come
Pazzino, Gennaro, Cenni, Nepo, Bardo e Bencino di Benci; Neri, Lam-
1280 riapr a questi esuli
berto e Gaio di messer Parigi. La pace del
868 Galilea -Galli
le porte della patria, e tra i ghibellini che ne giurarono l'osser-
vanza leggonsi i nomi di Nuccio di raesser Albizzo, di Dino Pan-
ziera, Gano, Lamberto, Bindo e Puccio Sciancato (cfr. Inf. xxv, 148),
tutti dei Galigai.
Qui cesserebbero le notizie di questa casa, che nel secolo XIV
dev'essere mancata, non dovesse aggiungersi che Eleonora Dori,
se
nata in volgarissima condizione, fatta sposa a Concino Concini ma-
resciallo di Francia e marchese d'Ancre, e diventata molto potente
1
in corte di Maria de Medici regina di Francia, volendo poter van-
tarsi d'illustri antenati, trov dei compiacenti genealogisti che T as-
serirono discesa per retta linea da messer Albizzo di messer Einuccio
dei Galigai, e pi servili magistrature che sanzionarono coi loro de-
creti una cotale impostura nel 1612. Ma i rinnovellati Galigai poco
durarono; e si estinsero nel 1694 in Sebastiano figlio di Andrea
ch'era fratello di quella donna infelice. Lord Vernon, Inf., voi. li,
p. 477 e seg.
Galilea, dall' ebr. ^7*, Distretto; gr. TaXiXcua, Eegione della
T
Palestina, tra Samaria e Sidon; Conv. IV, 22, 119, 137, 138; spie-
gazione erronea del nome, ivi, 139.
Galizia, Gallizia, gr. Kaa'.xccc, Callcecia, Gallcecia (cfr. For-
biger, Alte Geogr. ni, 64), Provincia della Spagna, col capoluogo
Santiago, San Giacomo di Compostella, dove si venera il corpo
dell'apostolo san Iacopo. Secondo la leggenda S. Iacopo, figlio di
Zebedeo e fratello di S. Giovanni, predic il Vangelo nella Spagna,
poi, ritornato aGerusalemme, vi ricevette la corona del martirio.
Corpus ejus postea Compostellam translatum est, ubi summa ce-
lebritate colitur, convenientibus eo religionis et voti causa ex toto
terrarum orbe peregrinis; Brev. Rom. 25 Julii. Par. xxv, 18.
Vii. N. xli, 32.
Galla, dal lat. galla, Gallozza che nasce sulla quercia; e, per
estensione, Ghianda; Purg. xiv, 43.
Gallare, contratto di galleggiare : 1. Stare a galla; Sostenersi,
stando fermo, movendosi, sulla superficie dell'acqua di altro
liquido, di materia liquefatta; Inf. xxi, 57. - 2. E figuratam., detto
dell'animo che si solleva e s'inalza per superbia; Purg. x, 127.
Galli, abitanti della Gallia; Mon. 11, 4, 31.
Galli, antica famiglia ghibellina di Firenze, la quale aveva le
sue case in Mercato Nuovo; Par. xvi, 105; cfr. Vill., IV, 13; v, 39. -
Gallina-Gallo Pisano
Fra i cavalieri armati eia Carlomagno durante il suo
BOggiorD
Firenze nel 786 si cita un Federico dei Calli. Poi mancano le me-
morie di questa casa fino al 1215, nel qual anno trovasi Albonetto
che, essendo consigliere del Potest, ratifica alcune convenzioni
Bolognesi. Seguirono i Galli le sorti dei ghibellini, anzi dopo la
battaglia di Montaperti diventarono assai potenti nella citi
Giovanni Biliotto fecero parte del governo che venne allora sta-
e
bilito. Ma presto giunsero
i tempi calamitosi, perch i guelfi tor-
narono e ripresero il disopra in Firenze dopo i loro trionfi a Be-
nevento e a Tagliacozzo. Tra i ghibellini fatti ribelli furono non
pochi dei Galli; tra i quali Biliotto e Giovanni di Mannello, Neri
e Guiduccio di Lottieri, Lapo, Tellino, Corrado e Lambertino di
messer Guido con tutti i loro figli e discendenti. Ad alcuni fu in
seguito concesso di poter tornare alla patria; ma se ne volle escluso
Lapo di messer Guido perch si ostin a non voler pace coi guelfi.
Le riforme governative del 1282, 1293 e 1311 rammentano i Galli
per la esclusione perpetua dalle Magistrature come Magnati anzi ;
la riforma di Baldo d'Aguglione volle pi specialmente eccettuati
dal perdono Bonaguida con Galluccio suo figlio. Tocc ai Galli a
provare per i primi il rigore degli Ordinamenti della giustizia, perch
avendo Segna nel 1293 ucciso in Francia due fratelli di Vanni Ugo-
lini, ch'erano popolari, Baldo Ruffoli gonfaloniere di giustizia fece a
tutti della consorteria diroccare le case nella citt e guastare i pos-
sessiin contado, senza che veruno ardisse di opporsi. Questa fa-
miglia manc in Firenze nella prima met del secolo XIV, poich
nessuna attinenza hanno con questi i Galli che hanno figurato tra
i Priori, e molto meno quelli che tuttora sussistono, i quali hanno
avuto assai pi umili e moderni principj; Lord Vernon, Inf.,
voi. il, 479 e seg.
Gallina, dal sl. gallina, La femmina del gallo; Conv. in, 8, 81.
Gallo, dal lat. gallus, Nome di un volatile domestico, della fa-
miglia dei Eazzolatori. Poeticam. e figuratam. per Arme gentilizia
o di una citt, in cui sia rappresentata la figura d'un gallo; Purg.
Vili, 81, nel qual luogo si parla dell'arme dei Giudici di Gallura.
Gallo Pisano, da Pisa, poeta volgare
detto anche Galletto
che fior verso il 1250, del quale non ci rimasto che una Canzone
pubblicata dal Crescimbeni (hi, 32). Cfr. Tiraboscht, iv, 111 e seg.
Nannucci, Man. t, 186 e seg. Dante lo cita come uno de' famosi
rimatori del primo secolo, annoverandolo per tra quelli, che non
sidiscostarono dall'idioma proprio del loro paese, e i detti de' quali
non erano cortigiani; Vulg. Eh i, 13, 7.
870 Gallura - Ganellone
Gallura, nome dell'uno dei quattro Giudicati o Distretti nei
quali era divisa la Sardegna, quando quest' isola si trovava sotto
il governo di Pisa. Ai tempi di Dante il Giudicato di Gallura era
posseduto dai Visconti di Pisa; Inf. xxn, 82. Purg. vili, 81. - Il
suo territorio che dapprincipio era popolatissimo venne trasformato
quasi in un deserto in causa delle accanite lotte fra i Pisani ed i
Genovesi, i guelfi e i ghibellini. La prima parte di questo Giudi-
cato quella che sofferse di pi; infatti non rimangono che i vil-
laggi di Gemini, Terranova, e le isole adiacenti che siano abitati.
La seconda parte, ossia la Gallura orientale, pat meno sciagure e
conserv la citt di Nuoro, ed i villaggi di Bisti, Posada ed Orsci.
In una parte di questo Giudicato chiamata Limbara, si osservano
molti nuraghi, che sono costruzioni ciclopee o pelasgiche; Loria, 87.
Galluzzo, antico villaggio della Toscana, distante circa tre chi-
lometri da Firenze, posto sulla strada che conduce a Siena, presso il
confluente dell' Ema colla Greve; Par. xiit, 53.
Galoppo, etimol. incerta; secondo Diez, Wrt. i 3 , 198, dal
il
got. hlaupan, ted. laufen, Correre, con un prefisso ga (gahlaufan),
che pare della radice di gehen, Andare. Secondo altri dal gr. xaXrcav,
Trottare; altri di nuovo dal lat. quadrupedare. Propriam. L'atto
del galoppare, Andatura del cavallo quando corre a salti regolari,
fatti sostenendosi ora sopra un piede, e ora su due piedi in diago-
nale. - 1. Di galoppo, posto avverbialm., vale Galoppando, Andando
celermente e a salti regolari e per estensione, Correndo, Con ve-
;
locit: detto di cavallo ed altres di persona che cavalchi; Purg.
xxiv, 94. - 2. E pure per Correndo, Con velocit, usato per similit.
Inf. xxn, 114.
Gamba, dal basso lat. gamba, e questo probabilmente dal gr.
%ap,TCY] Diez, Wrt. i 3 198 e seg.) 1. Membro del corpo ani-
(cfr. , :
male, che va dal ginocchio al piede. Nella Div. Com. questa voce
adoperata esclusivamente nel plur. Inf. xm, 121; xvi, 87 xix, 23 ; ;
xxn, 74; xxv, 74, 106; xxvm, 25; xxxiv, 63, 90. Purg. i, 51; ni, 48;
xv, 122; xvii, 75; xix, 133. - 2. Toglier le gambe ad alcuno, ma-
niera poetica per Togliergli la forza di camminare; Purg. xv, 126.
Ganellone, detto anche Gano di Magansa, nome del proto-
tipo dei traditori nei romanzi cavallereschi e nella leggenda di Carlo
Magno, come pure nei poemi romanzeschi del Bojardo, del Pulci, del-
l'Ariosto, ecc. Il suo tradimento fu la cagione principale della rotta
di Eoncisvalle, Inf. xxxi, 16. nominato Inf. xxxn, 122.- Bambgl.:
Ganellone et tribaldello - hij fuerunt cives nobiles defaventia qui
Gammi a nili
tempore noctis dederunt civitatem Favntia Bononiensibus. -
Sei.: Ganellone fu di Maganza, e fu quelli che
trad Carlo M,
e la sua santa Gesta de' Paladini. -Lan.:
Questi fu uno d'Ala-
magna, cio tedesco della casa di Maganza, lo quale trad
dei
paladini, colli quali elli era. - Ott. : Ganellone, secondo
che b dice,
fu Conte magantino, e cognato carnale di Carlo Magno
imp(
suo naturale signore, il quale con uno Marsilio Pagano re di
Spa
fece per moneta un trattato di tradimento: per lo quale il detto !
peradore si lev da oste delle terre del detto Marsilio, lasciato a sua
retroguardia li dodici Pari di Francia, e tutto il fiore della caval-
teria dello Imperio, li quali da detto Marsilio re nel luogo detto
Roncisvalle furono tagliati. - Petr. Bant.: Ganellon de Rosio
vel dicitur quod fuit de domo Maganti de Alemania, proditor
st06 Karoli. - Cass.: Ganelonus de domo magantie fuit proditor
Karoli magni et sue comitive. - Cos tutti i commentatori suc-
cessivi.
G-angalandi, nobili fiorentini ch'ebbero milizia e privilegio
dal gran Barone (cfr. Barone), cio dal marchese Ugo. Avev.
signoria di castella nei contorni di Settimo, e tra le altre era loro
propriet Monteorlandi, che Arnolfo valorosamente difese contro i
Fiorentini nel 1107, abbench poi fosse costretto a rendersi prigio-
niero e ad aprire le porte agli assalitori. Tra gli uccisori di Buon-
delmonte dei Buondelmonti trovavasi uno dei Conti di Gangalandi ;
quindi non occorre il dire che la famiglia figur in seguito tra le
principali di parte ghibellina, e che dalle sue torri tenne testa ai
guelfi d'Oltrarno. Ebbe comuni con tutti della sua parte i rovesci,
i trionfi e l'esilio: e nel libro del Chiodo leggonsi molti dei Gan-
galandi fatti ribelli nel 1268. La pace del 1280 che fu segnata da
Pigello, da messer Rinuccio, da Geri, Catello e Lapo, volle confer-
mato l'esilio perpetuo di Chianni e Pallino di messer Corrado, di
Tano di messer Filippo e di Tondellino di messer Corso, perch si
ostinarono a non voler udir parola di accordo. Dichiarati dei grandi
nel 1282, furono poi i Gangalandi esclusi dalle Magistrature nel 1298;
condanna che venne confermata nella riforma di Baldo d'Aguglione
nel 1311. Perci non deve far meraviglia se vediamo nel 1302 con-
dannato alla pena del fuoco messer Tondellino per esser venir
mano armata contro Firenze; e poi nel 1312 ben diciotto di qu<
casa dichiarati ribelli perch accorsi sotto le bandiere di Arrigo \ II
che assediava la patria loro. Vuol dirsi peraltro che uno di essi, per
nome Scoiaio, rest a difendere la natia citt: laonde si no ril
sdegno dell'imperatore che lo fece glorioso quando lo condanno i
che avea combattuto e vinto contro di lui. Credesi la famiglia
man-
872 Gange-Grardingo
cata nei tempi antichi: e ritiensi originaria dal castello di Ganga-
landi; ma non di questa stirpe, quel Fortunato di Domenico Dandi
de' Gangalandi che venne riconosciuto Patrizio Fiorentino nel 1782
come discendente da un Dando di Giovanni di messer Guido dei
Conti di Gangalandi. Ei dimorava allora in Roma, e l tuttora tro-
vasi la sua discendenza; Lord Vernon, Inf., voi. ri, p. 481.
Gange, lat. Ganges, gr. T&yyYfc, sanscr. Ganga, fiume prin-
cipale delle Indie orientali, il quale le divide in India intra Ganges
e India extra Ganges. nominato Purg. n, 5; xxvir, 4. Par. xi, 51,
e tutte e tre le volte come confine orientale della terra dove nasce
il Sole, secondo la geografia del tempo; cfr. Roger Bacon, Op.
maj., 10.
Ganimede, lat. Ganymedes, gr. ravu u,Yj8Yj
Giocondo, figlio
di Troo re di Troia (Apollod., ii, 5, 9; in, 12, 2), oppure di Eri-
tonio, 'Epix^vics (Hygin., Fab., 224, 271), il pi bello dei mortali
(Hom., II. xx, 232 e seg.), il perch Giove lo volle fare suo cop-
piere. Fu rapito al cielo da un'aquila mandata da Giove (Apollod.,
1. e. Virg., Aen. v, 253. Horat., Carni, iv, 4, 4), oppure dallo stesso
Giove trasformatosi in aquila (Ovid., Met. x, 155 e seg.), mentre an-
dava a caccia sul monte Ida nella Frigia (Virg., 1. e. Horat., Cairn.
ni, 20, 15. Stat., Theb. i, 548 e seg. Val. Flac, Argon, n, 414
e seg.). A questo rapimento si allude Purg. ix, 23.
Gara inaliti, lat. Garamantes, gr. rapdp,avTss , Genti del-
l'Africa centrale (Herodot., iv, 174, 183. Liv-, xxix, 33. Tac, Annal.
in, 74; iv, 27. Hist. iv, 50), sotto la linea equinoziale, all'estrema
parte del primo clima; Conv. in, 5, 88, 129. Mon. i, 14, 32.
Garda, borgo nel Veronese, situato alla destra del lago dello
stesso kil. N. 0. da Verona; Inf. xx, 65. -Nel
nome, distante 26
medio evo era cinto di muro con rocca dove venne chiusa T infelice
sposa di Berengario. Sulle rovine di questa rocca si eresse un con-
vento di Camaldolesi, ora convertito in villa. Vi signoreggiarono i
Turisendi, i Monticoli, i San Bonifacio e gli Scaligeri.
Carlesi,
i
Pende ancora quistione se questo borgo, o Toscolano, sia stato
la
eretto sulla distrutta citt di Benaco, da cui venne l' antico nome
del lago; Loria, 120.
Gardingo, nome di una contrada di Firenze in vicinanza del
Palazzo Vecchio, dove erano le case degli Uberti, che Catalano e
Loderingo, corrotti dai Guelfi, fecero ardere e disfare; Inf.xxni, 108.
Cfr. Catalano, Loderingo. Alcuni dicono che [il Campidoglio di
Garofano-Gaudio
Firenze] fu ove oggi si chiama il Guardingo
di costi alla i
eh e oggi del popolo dal palazzo de' Priori,
la quale era un
fortezza.Guardingo fu poi nomato l'anticaglia de'
muri e voi:
rimasono disfatte dopo la distruzione di Totile;
Vili,
Garofano, dal lat. garyophyllon, e questo dal gr. KopoocpXXov
Fiore aromatico, non dischiuso, avente forma di
chiodo, di an arbo-
scello indigeno delle Mollicene, detto anch'esso
Garofano, e i
il caryopliyllus aromaticus dei Botanici;
Inf. wix, 128. Cfi
stuma, Niccol.
Garrire, Mandar fuori, che certi uccelli fanno,
dal lat. garrire,
un suono un verso stridulo.- 1. Per Altamente la-
stridulo, Fare
mentarsi, Gridare; Par. xix, 147. - 2. E per Rimproverare acerba-
mente, Sgridare; detto figuratam. Inf. xv, 92.- Gelh Pure che :
la coscienzia mia non mi g arra, cio non mi sgridi e riprenda, che
cos significa garrire.
Gastigamento, ed anche Castigamelo, Il gastigare
o castigare, Gastigo, Punizione; Conv. v, 25, 77.
Gastigare, ed anche Castigare, dal lat. castigare: 1. Dare
altrui la meritata pena, Punire; detto figuratam. Inf. v, 51.-2. E
per Riprendere, Correggere, Ammonire, ed altres Rimproverare,
Rampognare. Figuratam. Cam.: Doglia mi reca nello core ar-
dire, v. 95
Gastigato e Castigato, dal lat. castigatus, Corretto. Im-
preso, Ammonito; anche figuratam. Conv. v, 7, 17.
Gatta, fem. di gatto, dal lat. catus e cattus, e questo dal gr.
xxxcs; in locuz. figur. Inf. xxn, 58.
Gaudente e Godente, Nome che si dette in principi",
polarmente per motteggio, e cos
e nell'una come
nell'altra forma,
ai Frati cavalieri di Santa Maria, Ordine religioso secolare, di per-
sone nobili e ricche, istituito dal Pontefice Urbano IV per la difesa
e l'utilit della religione e del buon viver civile; Inf. \
Cfr. Godente.
Gandere, lat. gaudere, lo stesso che Godere; Par. nx, 39.
Gaudio, dal lat. gaudium, Vivo rallegramento di animo
namente appagato del godere alcun bene presente. 1. Preso parti-
colarmente in senso religioso, per Viva e profonda allegrezza dello
spirito, proveniente dall'appagamento di esso in Dio come
sommo
874 Gaudioso-Gazza
bene; Par. XXXI, 41.-2. Figuratam., in locuz. scritturale, per Luogo
di gaudio; intendendo del Paradiso; Par. xxiv, 36.
Gaudioso, Che d o apporta gaudio, Che cagione di gaudio;
Pieno di gaudio. E
detto di persona, o d'accolta di persone, vale
Che riceve, prova, dimostra, gaudio; Par. xrr, 24; XV, 59; xxxi, 25.
Gaville, piccola terra del contado di Firenze nel Valdarno su-
periore, dove fu ucciso Guercio Cavalcanti, cittadino fiorentino; Inf.
xxv, 151. - Bambgl.: Dicit quod iste erat quidam de civitate flo-
rentie valde dilettus ab hominibus degavillo - quod gavillum est
quoddam castrum comitati florentie. Dani. : Laltro de Ca-
- Iac.
valcanti nomina [to] messer Guercio quale dagli uomeni dun cha-
il
stello di Firenze nominato Gavile finalmente fu morto per la chui
vendetta molti dal detto chastello da quelli di chassa sua procie-
dendo poi ne sono morti onde cotalle pianto prociede. - Lan. : Ga-
ville uno castello nel contado di Firenze; or avenne che passando
per quelle contrade lo predetto messer Francesco Cavalcanti di Fi-
renze, ed avendo odio verso quelli di quello luogo, elli trasseno a
lui, e s l'anciseno; per la qual morte tutti i Cavalcanti hanno odio
a tutti li Gavillesi, cio quei di quello luogo, e funne morti infi-
niti, ed ancora non stagnata tale onta. E per l' autore lo mette
in presente, e dice: l'altro quello che tu, Gaville, cio che tu,
abitazion, piangi, quasi a dire: continuo dal tuo popolo offeso per
la morte di questo ch'io vidi, che fu messer Francesco Cavalcanti. -
Ott.: - Questi Messer Guelfo [Guercio] Cavalcanti, il quale que-
gli d'uno castello del contado di Firenze, nome Gaville, fecero morire,
e amara la comperarono; e per dice, che elli il piangono. - Petr.
Dani. : Per quem supradictum dominum Guercium, occisum per ho-
minem Gaville, magna controversia facta fuit illis de ilio castro Ga-
ville, Districtus Fiorentini. - Cass.: Quel, se. dominus guercius
de cavalcantibus de florentia occisus ab illis de gaville in cujus ul-
tionem multi de dieta terra gaville mortui fuerunt et ideo eum ga-
ville plorat. - Benv.: Iste miles vocatus est dominus Franciscus
Guercius de Cavalcantibus de Florentia, qui fuit occisus ab homi-
nibus de quadam villa comitatus Fiorentine, quse vocatur Gaville, ex
quo nata est magna guerra inter Cavalcantes et prsedictos, et multi
ex illis rusticis in vindictam interfecti fuerunt ab isti nobilibus.
Gazza, dal lat. barb. aigatia, ant. ted. agastra, prov. agassa,
gascha Diez, Wrt. i 3 204); Uccello silvano, somigliante al
(cfr. ,
corvo, vorace, che fa molto strepito e imita la favella umana: Pica,
Cecca. Ippica corvus dei Naturalisti; Conv. Ili, 7, 79. Cfr. Vulg.
Eh i, 2, 41 e seg., e l'art. Pica.
Gedeon- Gelido
Gedeon, ebr.
Jty-U - Tagliatore di alberi, :
dice in Israele ed eroe della leggenda nazionale
ebraica; cfr. i
Judicum, VI, 11-YIII, 32. ricordato Purg. \.\;v, 125; cfr. /
Jiidic. vii, 4 e seg.
Gelata, da gelare, e questo dal lat. gelare, Acqua aggi
Ghiaccio, Congelamento; Inf. xxxm, 91.
Gelatina, Brodo rappreso, nel quale siano stati cutti pollo, e
per lo pi cappone, muscolo e zampetti di vitello, e che sia si
chiarito, segnatamente per uso di guarnire vivande fredde,
pollo o cappone ripieno, fagiani, e simili, ovvero per servir-
come di dolce, in fine di mensa, ponendovi zucchero invece
e aggraziandolo e colorandolo con qualche liquore. Un tempo fai
vasi con zampe, capo, cotenne, di porco, o altra carne viscosa, e vi
s'infondeva aceto, vino, e alcuna sostanza aromatica. Dicesi pure
Gelatina a Quella materia animale e coagulata che si cava dalle
ossa, dalle corna di cervio, tendini e pelli, e altres da pesci, fatti
bollire per alcun tempo. Chiamasi cos, perch si condensa per gelo,
ossia per raffreddamento. Per ischerno o scherzo, presa talvolta per
Acqua gelata, o congelata; Ghiaccio: onde Dante chiama per ironia
Gelatina il Ghiaccio in cui sono fitti i Traditori: Inf. xxxu, 60.
Gelato, dal gelatum: 1. Rappreso di gelo o in ghiaccio,
lat.
Congelato; Inf. xxxu, 72: xxxiv, 75. Par. xxvii, 67. - 2. Detto di
persona, vale Freddo per morte; Purg. v, 124. - 3. Pure detto di
persona, sudore del corpo, e simili, vale Divenuto freddo per ma-
lattia od altra grave cagione fisica; ed altres per paura, spavento-
Inf. xxxiv, 22. Purg. vili, 42.
Gelbo, ebr. yiaS*i (probabilm. per JTQJ ^ = Sorgente gor-
gogliante), Montagna della Palestina al ponente di Scitopoli (
Robinson, Palstina, in, 388 e seg., 400 e seg. Bitter, Pai
i[, i, 408), sulla quale mor Saule re d'Israele col figlio Gionatan,
combattendo contro i Filistei; cfr. I Beg. XXXI, 1-10; li Bey
I Paralipom. x, 1-10. Nominata Purg. XII, 41, con allusione al p..
II Beg. i, 21.
Gelido, dal lat. gelidus, Gelato, Ghiacciato. Figuratam., detto
di costellazione, di vento, e simili, vale Che annunzia, Che re
qual
freddo; Cam. : Io son venuto al punto della rota, v. 29, nel
luogo la costellazione boreale dell'Orsa maggiore detta 1
stelle gelide.
876 Gelo-Geniere
Gelo e talora anche Gielo, dal lat. gelu, Quella temperatura
molto bassa, per la quale avviene l'agghiacciamento dei liquidi; e
pi generalmente Freddo intenso. Eccesso di freddo. 1. Nel signif.
propr. Inf. xxxu, 23, 47. Purg. in, 31 V, 117: xxyi, 45; xxvin, 122.
;
Canz. Io son venuto al punto della rota, v. 7. - 2. In locuz. figur.
:
e figuratam. Inf. in, 87. - 3. Figuratam. e poeticam., per Stagione
fredda, Inverno; Par. xxi, 116. -4. E per Frescura, Fresco pungente:
Inf. il, 127.-5. Vale anche Acqua, o Neve, congelata: Ghiaccio; in
locuz. figur. e figuratam. Purg. xxx, 97. - 6. Gelo di morte, o Mortai
gelo, vale figuratam. Morte, Stato di persona morta e quindi irri-
gidita; Purg. xn, 30. Par. xiii, 15. - 7. Gelo di spavento, e anche
semplicemente Gelo, vale figuratam. Spavento grande, Paura che
rende quasi esanime, che fa quasi gelare il sangue: Purg. xx, 128.
Son.: Se vedi gli occhi miei di pianger vaghi, v. 9.
Gelosia, L'esser geloso; Passione, Travaglio d' animo, di chi
teme che gli sia tolto, o contrastato, da altri, l'amore o il godi-
mento intero della persona amata. Ed anche in buon senso, per Cura
affettuosa, premura grande, Sollecitudine, per timore di danni, pre-
giudizi o pericoli, che possano sovrastare a persona o cosa che ci
sia cara; Conv. I, 10, 45.
Geloso, dal basso latino che valeva quanto l'aureo
ceosus,
zelotypus, Suscitato da gelosia, Pieno di gelosia. E per Che ha cura
grande, Premuroso, Sollecito, di checchessia, per timore che non pa-
tisca danni, pregiudizj, ecc. Conv. I, 10, 25.
Gelsa, forse dal lat. morus cesa, per excesa, Frutto del gelso,
Mora; Purg. xxxtti, 69.
Gelso, dal basso lat. celsa, femm. di cesus, Moro, il morus
dei Botanici. Usato per Gelsa, Purg. xxvn, 39.
Gemello, dal lat. gemellus Quegli che nato insieme con
: 1.
un altro, o con altri, nel medesimo parto; Par. xxxn, 68, nel qual
luogo si accenna ad Esa e Giacobbe, con allusione alle parole di
S. Paolo ad Rom. ix, 10-13. - 2. Gemelli, anche il nome della
terza costellazione dello Zodiaco; detta cos, perch secondo la mag-
gior parte dei poeti vi sono rappresentati i gemelli Castore e Pol-
luce. Chiamansi anche Gemini; Par. xxn, 152.
Gemere, dal lat. gemere: 1. Pianamente lacrimare e piangere,
Lamentarsi flebilmente, Esprimere il proprio dolore o patimento con
voce di rammarico; e genericamente, per Piangere, e per Lamen-
tarsi, Dolersi Inf. xn, 132. - 2. Detto di acqua, o di qualsivoglia
;
.
Gemma -Gemma Donati
altro umore, vale Distillare, Colar gi, Venir fuori,
pianamenl
sottilmente: tolta la metafora dalle lacrime che
gocciolano 1
occhi di chi piange; Purg. xxv, 44. - 3. E per Sottilmente
mandai
fuori, o versare, acqua o altro umore; detto di recipienti, m
terreni, ed altri corpi solidi; Inf. xm, 41. - 4. Att. Pi
plorare, Lamentare; Inf. xxvi, 58.
Gemma, dal lat. gemma : 1. Nome generico di ogni pietra pre-
ziosa, e segnatamente di quelle adoperate per ornamento nell'a
del gioielliere; Pitrg. xxiir, 31.-2. In modo figurato e pueti.
desi per Anello; tolta la figura dall'uso frequente d'inca
gemme negli anelli; Purg. v, 136. - 3. Figuratam. e poeticam. per
Stella; Purg. ix, 4. - 4. E detto di Spirito beato, rivestito di luce.
e risplendente a modo di stella, o di gemma; Par. xv, 22; xvm, 11."
Gemma Donati, moglie di Dante Alighieri, figlia di quel
Manettus de Donatis che nel 1278 fu tra' firmatari d'una conven-
zione del Comune di Firenze co' Padri Umiliati. La madre di Gemma
si chiamava Maria, ed era tuttor vivente nel 1315, nel febbraiu del
qual anno fece il suo testamento, dove, tra altre cose, si legge :
Item voluit quod de bonis suis dentur et solvantur domine Gemme
filie sue uxori Dantis Aligherii de Florentia post mortem suis te-
statricis libras CCC florenorum parvorum, dummodo per dietimi
Dantem vel suos heredes, prefati heredes domine Mane extracti et
absoluti fueriut ab omni obligatione in qua reperirentur obligati
vel ligati quacumque de causa pr ipso Dante cuicumque persone
seu personis; et maxime de fide obligationis, quam dominus Ma-
nettus fecit tamquam fdeiussor dicti Dantis vel cura eo in solidum
Pannocchie et Iacobo de Corbizis de CCCCLXXX florenis auri si ve
plus sive minus; et de obligatione XC florenorum auri sive plus
sive minus in quibus se obligavit Perso Ubaldino pr dicto Dante
sive in solido sive fideiussorio nomine pr eo et de obligatione XL\
;
I
florenorum auri, sive plus sive minus, pr quibus se obligavit dictus
dominus Manettus pr dicto Dante, sive cum eo in solidum sive fide-
iussorio nomine pr eo domino Filippo Lapi Bonaccolti. Il ca<
e la paternit di Maria s' ignorano, grazie ad una lacuna nel
sud-
detto testamento del 17 febbraio 1315. Gemma Donati ebbe tre fi
Neri,
telli, Teruccio, Forese (cfr. Purg. xxin, 37-xxiv. 93), Ranieri
o
premorto alla madre, ed una sorella di nome non conosciuto, che
fu
Ando
moglie di Bartolino Scambagni, essa pure premorta alla madre.
1292,
sposa a Dante dopo il 1291 e prima del 1298; probabilmente nel
Fu madre di quatti
ma la data precisa del matrimonio s'ignora.
forse di altri ancora morti in tenera et); cfr.
Discendenti i-i
(e
878 Gena-Generante
Dante. Non condivise l'esilio col marito, che Dante la lasci a Fi-
renze insieme coli' altra famiglia, male per picciola et alla fuga
disposta; di lei sicuro, perci che di consanguinit la sapeva ad al-
cuno dei principi della parte avversa congiunta.... Era alcuna par-
ticella delle sue possessioni dalla donna col titolo della sua dote dalla
cittadina rabbia stata con fatica difesa, de' frutti della quale essa
s e i piccioli figliuoli di lui assai sottilmentereggeva (Boccac,
Vit. Dant., 5). Gemmarimase a Firenze anche pi tardi, quando
i figliuoli non erano pi bambini; sembra anzi, che dopo l'esilio
di Dante i due coniugi non si rivedessero pi; ma anche di ci non
abbiamo notizie indubitabili. Sopravvisse parecchi anni al marito,
apparendo ancora vivente nel giugno del 1334, come si ha da un
documento del 4 del detto mese ed anno, col quale Gemma nomina
Niccol del fu Fruosino Donati suo mondualdo e, col consenso di
questo, Jacobum Ugolini notaro suo procuratore ad esigere dall'uf-
ficio pei beni de' ribelli i suoi diritti dotali sui beni di Dante. Non si
sa quando morisse; da un documento dell'8 gennaio 1342 (stile fio-
rentino), risulta che in quel tempo non viveva pi.
Del carattere e delle qualit di Gemma Donati non si sa asso-
lutamente nulla di certo. Nelle sue opere Dante non ne fa mai
menzione, come non fa menzione n del padre, n della madre,
n dei figli. Lo stesso Boccaccio, del resto tanto ciarliero, con-
fessa di non saperne nulla (Vit. Dant., 3). Oziose sono quindi
le discussioni e dispute se Gemma fosse buona o cattiva moglie:
la semplice verit che non ne sappiamo nulla affatto. Cfr. L. Lizio
Bruno, Di Gemma Donati, consorte dell'Alighieri, ne' suoi Scritti
varii, i, 51 e seg. Witte, Dante-Forsch. n, 48 e seg. Scartazzini,
Dante in Gemi, i, 263 e seg.; u, 281 e seg. Dantolog., 116 e seg.
Gena, dal lat. gena, Guancia, Gota; Par. xxxr, 61.
Generale, dal lat. generalisChe concerne, ovvero Che
: 1.
comune un ordine di cose o di
o applicabile, a tutto o quasi tutto
persone; contrario di Speciale. Aggiunto a nome di carica, in locuz.
figur. Inf. vii, 78. - 2. E per Che concerne il tutto di una cosa,
tanto materiale quanto morale, ma in un modo alquanto indeter-
minato; Par. xxxi, 52.
Generalmente, In modo generale; ed altres In senso ge-
nerale; Conv. IV, 10, 22; iv, 13, 62; iv, 16, 71.
Generante, dal lat. generans, Colui che genera, Il soggetto,
generante; Purg. xxv, 59. Par. Vili, 134. Conv. i, 13, 20; IV, 14, 80.
Gfenertre-GenesJ
Generare, dal lat. generare: 1. Produrre un su.; simile
naturalmente Tessere, Procrearlo; Inf. xxn, 50.
Par m 120
semplicemente per Produrre, Dare esistenza, riferito
a ,
Inf. xxy, 119. Conv. in, 15, 120. - 3. E per Produr.
Cagionare; Inf. xvi, 74. Purg. xxm, 35. CW. m,
n r .
,
per Venire ad essere, Nascere, Formarsi, Prodursi;
detto di
morali Conv. in, 13, 73.
;
Generativo, Atto a generare, Che ha virt, potenza, di ge-
nerare, ed anche di produrre; Conv. , 12, 18; iv,
18, 31.
Generato, dal lat. generatus, Procreato. Prodotto: anche fib-
ratamente Par. vili, 133; xm, 65. Conv. , 3, 87.
Generatore, dal lat. generator, Chi o Che genera; (
iv, 11, 83.
Generatrice, dal lat. generatrix, fem. di generatore, Colei
che genera; Conv. n, 5, 22.
Generazione, dal lat. generatio, L'atto e L'effetto del gene-
rare, del procreare. 1. Per II produrre, o 11 prodursi; Conv. n, 14, 21.-
2. Figuraratam., riferito a cose morali: Conv. in, 12,21; iv, 14, 20.-
3. E per Origine, Stirpe, Genere; Conv. v, 29, 8, 35, 36. -4. Con
l'aggiunto di umana, vale Tutti quanti gli uomini, L'umanit, La
specie umana; Conv. v, 12, 57; v, 15, 44.
Genere, dal lat. genus, Ordine di specie, aventi a comune al-
cuni principali caratteri, comprese in una sola nozione, e designate
dallo stesso nome: ed altres, in modo astratto, Idea, Nozione, uni-
versale di ci che hanno d'identico fra loro pi specie: Concetto
universale che abbraccia pi specie. 1. Nel signif. propr. Cai*
Le dolci rime d' amor, eh' io solia, v. 109. - 2. Vale anche Ciac
Specie, Sorta, Qualit, e simili. Quindi Genere umano, lat. genus
hwmanum, termine collettivo, col quale si designano Tutti quanti
gli uomini, specie o Generazione umana: Mon. i, 3, 48: i, 8, 1".
11, 13, 17, 19; i, 9, 3; i, 12, 1, 29, 38, ecc. - 3. E per Natura, Qua-
lit, detto di cose; Conv. tv, 16, 50.
Genesi, dal lat genesis, e questo dal gr. yveotc che vale Ori-
gine, Generazione, Derivazione, e simili: Nome dato al Primo HI
del Pentateuco e nello stesso tempo della Bibbia, perch esso con-
tiene le antiche leggende ebraiche concernenti le origini del moi
e le generazioni dei Patriarchi; Inf. xi, 107. Cfr. Mon. i, 8, /: i.
13, 16; ni, 4, 8: in, 5, 1. Vulg. Eh i, 4, 6 e seg.
Genesi della Divina Commedia
Genesi della Divina Commedia: Vivente ancora la
sua Beatrice, dunque sino dal 1289, Dante aveva concepito l'idea
di erigerle un monumento poetico, o letterario che chiamar si vo-
glia, consistente nella descrizione di un qualche viaggio ideale nel
mondo di l, non sappiamo se per tutti e tre i regni oltramondani,
oppure soltanto per lo regno della morta gente. Le parole della
Canz.: Donne, ch'avete intelletto d'amore (dettata non pi tardi
del 1289): E che dir nell'Inferno a' malnati: Io vidi la speranza
de' beati, v. 40, 41,non ammettono altra interpretazione, se non,
che, dettando quella Canzone, Dante vagheggiava gi un Poema,
il quale, nella sua forma almeno, se eseguito, sarebbe riuscito, certo
non il Poema sacro, ma qualche cosa di simile alla Divina Com-
media. Veramente non pare che sin d'allora il Poeta si accingesse
all'opera, dal racconto della Vita Nuova sembra anzi doversi in-
ferire aver egli consumata l'impresa, Che fu nel cominciar co-
tanto tosta (Inf. il, 41, 42). Dopo la morte della sua Beatrice e
dopo l'episodio della Donna gentile il proponimento rinacque pi
forte nella sua mente, onde egli si propose di dedicare la vita sua
all'ideato lavoro, procurando prima cogli studi di rendersi abile a
parlare degnamente della glorificata sua Donna, per poter poi, dopo
alquanti anni dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna
(Vit. N. xliii, 6 e seg.). Probabilmente egli incominci a raccogliere
materiali per il monumento da erigersi gi prima dell'esilio. Il rac-
conto del Boccaccio (Com., lez. xxxiii; ed. Milanesi, ij, 129 e seg.)
concernente il ritrovamento dei primi sette canti, non potendo es-
sere una mera invenzione, dall'altro canto essendo fuor di dubbio
che i primi sette canti come sono giunti a noi non furono dettati
che alcuni anni dopo l'esilio, n essendo ammissibile che quel qua-
dernetto contenesse componimenti lirici di Dante, conviene di ne-
cessit ammettere, che il quadernetto conteneva abbozzi, o in-
tieramente o almeno in parte versificati, del massimo Poema, e pi
specialmente dei primi canti di esso, onde si comprende facilmente
che, riavutili, Dante si risolse di riprendere il lavoro, interrotto,
comunque siasi, dalle triste vicende della sua vita, le quali erano
tali, da togliergli e l'agio e la voglia di dedicarsi a un lavoro di
simil genere. La redazioue definitiva del Poema non fu probabil-
mente incominciata che dopo la morte dell'imperatore Arrigo VII.
Dal racconto Boccaccesco relativo al sogno di Iacopo figlio di Dante
risulta che la Cantica del Paradiso fu compiuta negli ultimi giorni
della vita del Poeta; imperocch quel sogno, anche dato che sia
tutto leggendario, non si sarebbe mai raccontato, se non fosse stato
generalmente noto, che alla morte di Dante gli ultimi canti non
erano ancor divulgati. La Divina Commedia fu dunque vagheg-
-
Genitrice-Gente
giata da Dante sin dal suo ventesimoterzo anno di
vita, prepai
e meditata, con interruzioni pi o meno lunghe, per
il corso di un
quarto di secolo, definitivamente elaborata negli ultimi
sette anni
del pellegrinaggio terrestre dell'autore. Cfr. De
Batinks, 451 i
e seg. Witte, Dante-Forsch. r, 134 e seg. Borgognoni,
La G
nesi della Div. Coni., Kavenna, 1872. Pio Rajxa, La Genesi della
Div. Coni., Mil., 1891. Buscaino Campo, Studii danteschi,
Tra-
pani, 1894, p. 219 e seg. Dantolog., 295 e seg. Sulla
cosi' detta
Genesi esteriore del Poema sacro cfr. l'art. Fonti della Divina
Commedia.
Genitrice, dal lat. genetrix e genitrix, Colei che genera, che
d alla luce; Madre; Purg. ili, 115.
Gennaio, dal lat. januarius, Nome del primo mese dell'anno
civile; Par. xxvn, 142; cfr. svernare.
Genovese, lat. Januensis Marchia, Il territorio di Genova:
Par. rx, 90. Vulg. Eh i, 10, 38.
Genovesi, lat. Januenses, Cittadini, o Abitanti, di Genova e
del Genovese; Inf. xxxni, 151. Vulg. El. r, 8, 39: r, 10, Al e seg.:
[, 13, 36, 38.
Gente, Purg. xxxni, 1), Voce
dal lat. gens, plur. gentes (cfr.
adoperata da Dante nella Div. Com. 170 volte, 69 neYInf, 68 nel
Purg. e 33 nel Par. - 1. Moltitudine di persone, Turba; Inf. xiv, 22;
xvin, 30. Purg. in, 58: vi, 4; vili, 33: xxtii, 113.-2. Per Gli uo-
mini in generale, ed altres L'universale degli uomini: usato tanto
al sing. quanto al plur. Inf. i, 51; in, 33: iv, 19, 112: vili, 59:
ix, 124; xi, 108; xvi, 85; xxn, 18 e sovente; Conv. in, 11, 28, ecc.
3. E per Qualcuno, Alcuno; Purg. xm, 10.-4. Con qualche aggiunto
o compimento usato a denotare l'Universit, il Genere, la Ciac
il Ceto degli esseri determinati dall'aggiunto o compimento stesso:
cos a: Umana gente, vale Genere umano, Gli uomini in generale:
Inf. vii, 63. Purg. in, 37: xn, 95: xiv, 86: xxxnr, 115.- b: Genti-
beata, gloriosa, I beati; Inf i, 120. Par. xxxi,60.-c.-Gente morta,
perduta, ria, vale I dannati; Inf. ili, 3; vili, 85. Purg. i, 64; w\.
138. - d: Gente grossa, vale G' ignoranti; Inf. XXXIV, 92. - 5. I'kim \
GENTE, vale poeticam. I progenitori del genere umano, Adamo ed
Eva; Purg. i, 24. - 6. Gente, detto di persone, in quanto compon-
gono una societ, congregazione, sodalizio, scuola, ordine religi"
e simili: Par. xi, 94, nel qual luogo poverella Gente
sono detti i
primitivi Francescani; Conv. IV, 6, 109.-7. Vale pure Nazione,
1
polo, e simili; Inf. xxrx, 106. Conv. iv, 4, 76. -8.
Gente, usato
56. Enciclopedia dantesca.
882 Gentile
assolutane, vale anche Soldati, Esercito, e simili: Inf. XXVIII, 7. -
9. E figuratane e poeticam., per Paese, Terra, e simili: Son.: Deh
peregrini, che pensosi andate, v. 3. - 10. Vale pure Tutti insieme
gli abitatori d'un paese, citt, e simili: Popolazione: Inf. xx, 94:
xxvi, 117. - 11. Per generazione, Progenie, Discendenza, Famiglia, e
talvolta pi determinatamente I genitori: ed altres Schiatta, Stirpe,
Genia: usato con lo stesso valore anche nel plur. Inf vii, 80: xvi, 73.
Purg. vili, 128: xiv, 108; xxn, 109. Par. xvi, 148: xxvi, 126, ecc. -
12. Con un compimento denotante persona, per Moltitudine, Numero
grande: Purg. in, 58. - 13. Gente, essendo nome collettivo, regge ta-
lora il verbo nel numero plurale; Inf. vii, 118 e seg. Purg. xxxn, 62.
Conv. iv, 1, 57 e seg.- 14. E costruito coll'addiettivo plurale di ge-
nere mascolino: Inf. iv, 44 e seg. Purg. xn, 35 e seg.
15. La gente a cui il mar s' aperse sono chiamati gli Ebrei,
Purg. xviii, 134, conforme 1' antica leggenda ebraica concernente il
passaggio del popolo ebreo per il Mar rosso; cfr. Exod. xiv, 8-31. -
16. Gente argolica sono i Greci, che sempre solevano corseggiare
per il Mediterraneo: Inf. xxvin, 84. - 17. La gente eh' al mondo
pi traligna, chiama Dante la gente di Chiesa, cio, spiega il
Buti, papi, cardinali, vescovi ed arcivescovi che governano la
santa Chiesa, i quali pi stralignano da loro principio che gente
che sia, ecc. Par. xvi, 58. - 18. La gente che perde Ierusa-
lemme, chiama Dante i Giudei, i quali durante l'assedio di Geru-
salemme (nell'anno '70 dell'era volgare) soffrirono tutti gli orrori
della fame e finalmente furono dalla fame costretti ad arren-
dersi ai Romani Purg. xxiu, 29. - 19. La gente che per Dio do-
:
manda, sono mendicanti che chiedono l'elemosina per l'amor di
i
Dio; Par. xxn, 83. - 20. Gente festinata, cio affrettata, giunta
alla vera vita celesteprima del tempo naturale dato all' uomo in
terra, sono detti bambini morti prima di essere arrivati all' et
i
della ragione. Par. xxxn, 58. - 21. Gente folle sono detti i pa-
gani, forse con allusione alla sentenza di san Paolo, ad Bom. i, 22:
Dicentes enim se esse sapicntes, stulti facti sunt; Par. xvn, 31 -
22. Gente futura, vale I posteri, I discendenti; Par. xxxni, 72.-
23. La gente ingrata sono i Giudei che, liberati dalla schiavit
d' Egitto e condotti miracolosamente per lo deserto, mormoravano
sempre contro Dio e contro Mois; Par. xxxn, 132. - 24. Picciola
gente, vale Gente di famiglia bassa ed oscura; Par. XVI, 118. -
25. Gente vana sono chiamati i Senesi: Purg. xiit, 151, cfr. Inf.
xxix, 121-23.
Gentile, dal lat. gentilis, Che della medesima gente o schiatta,
del medesimo stipite. 1. Di gente, stirpe, schiatta, antica ed illustre:
Gentilezza Oentncca
oggi comunemente Nobile: Cam. : Le dolci rimo d'amor, ch'io
solia, v. 30. - 2. Significapure Nobile moralmente, Insigne, Pi
claro, Illustre, per eccellenti qualit di animo, pei virt,
costume, o simile: Di nobil carattere, Molto virtuoso, Genero
Magnanimo, Valoroso, e simili: Purg. vili, 53. Cu,
rime d'amor, eh' io solia, v. 13. - 3. E figuratane Inf. \\\
4. Pur figuratane,
detto di anima, animo, spirito, cuore: Purg.
IX, 58. -
Altres detto del cuore, vale pure Che per natura o
5.
indole generosa aperto ai nobili affetti, Che in essi s'infiamma,
Che gli sente vivamente; Inf. V, 100. Vit. N. xx, 9. - 6. E per C
dimostra insieme la nobilt de' natali e quella dell'animo; Purg.
ili, 107. - 7. Pure per Nobile, Eccellente, Di grande pregio, virt
e simili: detto di cose pi che altro morali. In locuz. fgur. e
p
ticam. Purg. xiv, 102. - 8. Per Cortese, Benigno o Amorevole e or-
nato di grazia, di bella creanza, di mite costume; ed anche solo
per Nobilmente garbato, Compito di modi, Grazioso negli atti: Inf.
il, 94; vii, 3. Purg. vili, 22: xviii, 82. - 9. E figuratane Purg.
VI, 79; xxxiii, 130. - 10. In forza di Sost., vale Chi di nobil li-
gnaggio, di signoril condizione; ed anche Nobile signore, .Signore
di feudi o di castella; Purg. VI, 110. - 11. E per Colui che non
conosce il vero Dio, e non adora lui, ma gl'idoli: Chi pagano,
idolatra; e usato nel plur., vale ordinariamente I popoli gentili,
ossia pagani; applicato agli antichi ed usato per lo pi per con-
trapposizione a Cristiano o ad Ebreo Par. xx, 104. Conv. II, 5,
:
26, 35, 77; li, 9, 51: IV, 15, 37, 52, 92: iv, 23, 101. Mon. ri, 4, 4 :
li, 8, 56.
Gentilezza, Astratto di gentile, L'esser gentile, ossia di no-
bile stirpe, Nobilt; Conv. IV, 3, 33. Canz.: Le dolci rime d'amor,
eh' io solia, v. 16.
Gentilissimo, lat. gentili ssimus, Superlat. di Gentile: Conv.
il, 16, 5; ni, 6, 8.
una donna lucchese, ancora zitella nel 1300,
Gentticca, nome di
Poeta la citta
epoca fittizia della visione dantesca, che fece piacere al
barattieri (cfr. Inf. wu il
di Lucca, da lui prima detta un nido di
figliuola di un nic-
e seg.). Probabilmente quella donna Gentucca,
<
Buonaccorso di
chino di Guglielmo Moria, la quale and sposa a
della giovine
Lazzaro di Fondora, e pare fosse tuttora nel fior
secolo, 226-31. B li-
nel 1317; cfr. Minutoli in Dante e il suo
troppo chiaro, qnindi
cordata Purg. xxiv, 37, il qnal luogo non
moderni tt
naturalmente controverso. Per gli antichi e parecchi
vale Gentaccia, l*ew
iucca non nome proprio, ma comune, e
884 Greomante
bassa, di condizione, e simili. - Lan.: Lamentandosi par-
vii
lava lucchese e dicea di sua pena. - Ott.: Bonagiunta parlava
con parola non intellettiva, e dicea Io non so che gente bassa. -
Petr. Dant., Falso Bocc, ecc., non danno veruna interpretazione. -
Cass.: Christianam gentem. - Benv. : Gens obscura; nam turbse
animarum erant secum, ut patebit infra, ita quod gentucca, sive
genticula, dicit diminutionem in qualitate, non in quantitate vel
numero. - An. Fior. : Ci , secondo il vulgare lucchese, dicea
che gentucca, ci Che genticella questa? - Serrav.: Ipse
murmurabat: Nescis que gens uccat idest, venit (vocabulum re-
;
gniculum est, scilicet regni Cicilie, scilicet uccare, idest venire.
Vel dicas: Uccat, idest rithymat, quia est uccare rithymatice lo-
qui). - Tal.: Gente UCCA, idest adhuc, idest: nescio que gens
est hic. - Anche alcuni moderni si avvisano che Gentucca sia
nome comune, intendendo chi dei Lucchesi in generale, chi dei poeti
lucchesi anteriori a Dante o suoi contemporanei, chi dei Bianchi, ecc.
(Cfr. Com. Lips., n, 470 e seg.). - Primo il Buti prese Gentucca
per nome proprio. Egli chiosa L' autore, essendo a Lucca, non
:
potendo stare in Fiorenza, puose amore ad una gentil donna chia-
mata madonna Gentucca,.... per la virt grande et onest che era
in lei, non per altro amore. - Land.: Dante nel suo esilio stette
alcun tempo a Lucca, e innamorossi d'una gentile, et di gentili co-
stumi donna, chiamata Gentucca, ma questo fu dopo il trecento. -
Veli.: Questa dicono essere stata una nobile, et non men bella
che gentile giovane Lucchese, della quale il Poeta fu innamorato,
et che per lei abit un tempo a Lucca. - Dan. : Fu costei una
giovane Lucchese, non meno honesta, che bella et nobile, della
quale Dante s' innamor. Cos pure JDol., Voi., Vent., Lomb.,
Pori., Pogg., De Boni., Biag., Cosi., Ces., Fosc, Tom., Br. B.,
Frat., Andr., Camer., Camp., Poi, ecc. Cfr. Troya, Vel. alleg. 141
e seg. Vel. ghib., 43 e seg. L' amore posto da Dante nella Gentucca
fu platonico, non sensuale.
O e Oman te, dal lat. geomantis, e questo dal gr. yscc, Terra,
Indovino Colui che attende alla geomanzia, che esercita
e |ivx'.g, :
la geomanzia, cio quell'arte che pretendeva vanamente d'indovi-
nare il futuro per mezzo di punti, di linee e circoli, segnati in
terra, ovvero per mezzo delle linee o figure, che son formate da
un pugno di polvere gettata a caso sopra una tavola ed anche me- ;
diante l'osservazione delle crepature e aperture naturali del suolo;
Purg. xix. 4. Cfr. VolJcommene Geomantie, Freistad, 1702. Opus
(/eomantice completum, Lugd., 1625. Fasciculus geomanticus, Ve-
rona, 1687. Blanc, Versiteli, ri, 66.
Geometra -Gerione
Geometra, dal basso lat. geometra, aureo
geotnitres e qm
dal gr. yscotixp^, Agrimensore: Chi professa
geometria Chi
lente nella geometria: Inf. iv, 142. Par. xxxm,
133. ,1/.
Geometria, dal lat. geometria, e questo dal
che propriamente vale Misura della terra, o Arte
di mito.]
terreno: Scienza che tratta delle propriet e delle
misure dell.
linee, delle superficie e dei solidi: Scienza della estensi..].-
IT, 3, 40: n, 14, 43, 142, 150, 157, 161: tv,
15, 123.
Gerarchia, dal gr. tepapxCa, Governo delle cose sacro:
Nome
che sid a Ciascuno dei tre ordini principali in cui sono divi
distribuiti i diversi cori degli Angeli; Par. xxvui, 121. (
n, 6, 29 e seg.
Gerardus de Borneil, celebre poeta provenzale, che fior
dal 1175 sin verso il 1220: Vug. Eh i, 9, 17: n, 2, 60, 67- ri, 5, 18:
n, 6, 40. Cfr. Lemos.
Geremia, eb. 1TE*)\ Ordinato da Dio, gr. 'Iepeatas, lat. '
t ; :
mia, Profeta ebreo che fior al tempo della cattivit di Babilonia,
dal 629 sin verso il 550 a. C. Citato come autore del libro delle
Lamentazioni Vii. N. vii, 33: xxxi, 5.
Ger del Bello, Inf. xxix, 27: cfr. Bello (Ger del).
Gerione, personaggio mitologico, figlio di Crisaore e dell'ocea-
nica Calirroe, gigante xpixapyjvov, cio a tre teste (Hesiod., theog., 2
Dionis., xxv, 236), oppure xpiotp-aTog, cio a tre corpi (ESGH., Agam.
897. Eurip., Hercul. fur., 423. Lucret., Ber. fiat. V, 23. VlBG.,
vili, 202.Horat., Carm. l, 14, 7. Ovid., Heroid. i\, 91. SlL. Ital..
Punic. Xin, 201. Senec, Agam., 834), ucciso da Ercole per rapirgli
i suoi armenti (cfr. Apollod., Biblioth. H, 5, 10). Nella Dir. Coni.
Gerione il simbolo della fraude ed il guardiano del cerchio dei
frodolenti: Inf. XVII, 97, 133: XVIII, 20. Purg. XXVII, 23. Nella .In-
scrizione del mostro (Inf. XVII, 1-33) Dante non si attiene alla mi-
tologia antica, ma lo descrive un po' simile alle locuste infernali,
o piuttosto all' Angelo dell'abisso loro re. Apocal. iv. 7-11: -
similitudines locustarum similes equis paratis in prcelium, et Ri-
capita earum tamquam coronae similes auro, et facies earum sicut
facies hominum, et habebant capillos sicut capillos mulioruni.
dentes earum sicut leonura erant, et habebant lorica? sicut lori
alarum earum sicut vox curruum equorum multorum
ferreas, et vox
currentium in bellum. Et habebant caudas similes scorpionum.
et
886 (xerinana-Gest.a
aculei in caudis earum, potestas earum nocere hominibus mensibus
quinque. Et habebant super se regem angelum abyssi. Cfr.F. Lanci,
Della forma di Gerione, Koma, 1858. Betti, Scritti Dani., Citt di
Castello, 1893, p. 170-82.
Germana, dal lat. germana, Sorella: figuratane Canz.: Tre
donne intorno al cor mi son venute, v. 58.
Germinare, dal lat. germinare, Germogliare, Mandar fuori
i germi, i germogli, Produrre anche figuratane e per similit. Par.
:
xxxiii, 9. Mon. il, 11, 16.
Germogliare, da germoglio, e questo dal lat. germen : Pro-
durre e mandar i germogli; e con pi esteso significato, Ve-
fuori
getare, Crescere, e simili. 1. Per similit. Inf. xm, 99. - 2. In locuz.
figur. Par. xxvm, 115. Conv. iv, 21, 89; iv, 23, 15.
Gerusalem, Gerusalemme, eb. O^St^TV,
"* t
gr. 'Ispooaa-
;
Ay)|jt, lat. Jerusaleni: etimolog. incerta; probabilm. da 1*)'', Abita-
zione, Dimora, e da D^ttf , Pacifico, onde Q '~W'V
,
= Albergo della
pace; 1. La celebre della Palestina; Purg. ri, 3;
citt capitale
E
xxiii, 29. Par. xix, 127. - 2.figuratamente (secondo Gal. iv, 26.
JSp. ad Hebr. xn, 22 ed altri passi biblici), la Chiesa trionfante,
il Paradiso; Par. xxv, 56.
Gesta, dal plur. lat. gesta, Impresa; Dante l'usa Inf. xxxi, 17,
probabilmente nel senso di Schiera, intendendo dei Paladini di Carlo
Magno che morirono combattendo per la fede. Nel Trecento la voce
gesta si usava di solito nel senso di Schiatta, rare volte in quello
di Impresa. Cfr. P. Rajna nel Propugnatore, in, 2, p. 384 e seg.
Fanfani, Borghini, n, 286. Diez, Wrt. i 3 207. Dei commentatori ,
antichi Bambgl. tira via. An. Sei. non parla che dei Paladini di
Carlo Magno morti a Roncis valle, prese dunque evidentemente gesta
nel significato di Schiera, Schiatta. - Iac. Dant. La sua giesta :
cio de Paladini nella bataglia di santa Maria di Valle rossa. -
Pian.: Imperquello ch'elli [li dodici pari] combattenno per la fede
e colli saracini. - Ott. Introduce qui l'Autore quello che si canta
:
de' dodici Paladini al tempo di Carlo Magno. - Petr. Dant.: Ka-
rolus devictus fuit cum omnibus duodecim patribus.- Cass.: Ge-
sta, sotietatem. - Falso JBocc. : Furono morti i dodici paladini. -
Benv.: Tot electorum bellatorum. - JBuli: Quando Carlo Magno
combatt contra g' infedeli, che furono morti li paladini. - An.
destare -Oherardesca, della
Fior.: Chiama l'Auttore costoro [i dodici Paladini
la santa
per che combatterono per la fede cristiana.
Gestare, dal lat. gestare, Portare, Condurr:
Purg. xxv,
ne 1 qual luogo per la vera lezione CONSTARE.
Ges, dalPebr. y\&\ contratto di Jp0in\ Il Signore l'aiuto,
gr. Ivjaous, lat. Jesus, Nome proprio del nostro di vi n Redi n
spesso gli si aggiunge il suo appellativo Cristo; Par ix\
xxxi, 107.
Gettare, e Gittare, dal lat. iaetare: 1. Rimuovere, Mandar
lungi, checchessia, lanciandolo in qualche luogo, e pi
propriamente
con mani; Inf. vi, 27; XVI, 114: XXVIII, 79. - 2. E per Far
le
i
dere, spargere, all'intorno, checchessia, per cagione d'onore, di
dono, e simili: Purg. xxx, 20. - 3. Riferito ad alcuna parte della per-
sona, e specialmente a mano, braccio, gamba, piede, vale Muoyi
e propriam. con qualche forza, Agitare; ed altres Spingei
alcuna parte. In locuz. fgur. Par. xm, 117.-4. Riferito a voce,
strida, urli, e simili, anche con la maniera avverbiale Di (<<
vale Mandar fuori; Inf. xxvi, 90. - 5. Riferito a odore, fetor-
simili, vale Tramandare, Esalare: Inf. xi, 5; xxx, 99. - 6. Rife-
rito a ombra, e detto di un corpo, vale Proiettarla; Purg. vi, 51
xxvin, 12. - 7. Detto del terreno, o simile, vale Produrre Purg. :
xxvni, 69. - 8. Neutr. pass. Lasciarsi andare con impeto, Lanciarsi.
Precipitarsi Purg. xxvn, 50. - 9. E per Spiccare il salto da un
;
luogo, Slanciarsi; Inf. in, 116: XVI, 47; xxn, 108. Purg. n, 50.-
10. Gettarsi, con un compimento denotante una particolare posi-
tura della persona, come Disteso, ecc., vale Mettersi in quella d
positura, e per lo pi con un certo impeto, o abbandono Inf. ;
xxxin, 68. - 11. Gettare in terra, vale Atterrare. Abbattere, Di-
sfare; Inf. xxvii, 102. - 12. Gettare a terra, riferito a occhio, v
Abbassarlo, Chinarlo, al suolo, pi spesso per vergogna; Inf. xvin,I
13. Gettare via, vale Rimuovere da s una cosa come inutile no- <>
civa; fguratam. Conv. ni, 15, 34. - 14. Gettarsi sopra uno, vale S
gliarsi contro ad esso; Purg. XII, 52. - 15. Gettarsi ai piedi di uno,
vale Inginocchiarglisi innanzi, Prosternarglisi Purg. [I, 109.;
Gettatore e Gittatore, Verbal. masc. da Gettare e
tare: Chi o Che getta o gitta: Purg. in, 69.
Gherardesca, della, Famiglia nobile di Pisa, alla quale
appartenevano il conte Ugolino ed i suoi figli e nipoti. Quanto
iigli di un ali
indubitato che i due fratelli Tedice e Gherardo,
888 Gherardesca, della
conte Tedice, vissuti sullo scorcio del secolo X, siano i progenitori
dei conti della Gherardesca, altrettanto probabile eh' essi deri-
vassero la origine da S. Valfredo abate Benedettino figlio di Rat-
causo nato da Peninone duca del Friuli, e che fossero perci nipoti
di Bachi ed Astolfo regi dei Longobardi. La qual probabilit trova
appoggio nel vedere quei due potenti cattani patroni dell'Abbazia
di Palazzuolo gi da S. Valfredo fondata nel 754, e possessori dei
beni che dal fondatore furono assegnati in dote a queir illustre ce-
nobio. I dominii di questa casa si dissero la terra Gherardesca, per
i molti Gherardi che vi ebbero stato, quindi i loro discendenti si
distinsero per il loro feudo, senza che abbiano avuto giammai un
proprio cognome. Senza fermarsi a descrivere la storia della fa-
miglia, bastici il dire delle sanguinose guerre che i Conti ebbero
coi vescovi di Pisa, di Volterra e di Lucca nei secoli XI e XII;
della parte principalissima che alla conquista delle isole Baleari
prese il conte Gherardo nel 1117; del valore che spieg un altro
conte Gherardo militando con Federico I, il Barbarossa, a cui dov
la parte ghibellina la espugnazione di Crema. Furono i Gherar-
deschi conti imperiali in Pisa, e nella maremma Volterrana e Pi-
sana fino da immemorabile tempo, dimodoch venivano per anto-
nomasia appellati i Conti; poi pervennero a pi alto stato nel 1190,
quando il conte Tedice venne eletto a vita Podest dei Pisani. Fu
questo il primo gradino per cui ascese questa famiglia a dominare
la patria, perch ancora dopo la morte del Podest esercit in Pisa
predominio assoluto. Infatti quando l' infelice Corradino di Svevia
mosse verso il regno di Napoli per riconquistare i domini usurpa-
tigli degli Angioini, il vecchio conte Gherardo se gli fece com-
pagno, ed ebbe l'onore di morire con lui sul patibolo. Dopo la
disfatta dei Pisani alla Meloria fu il conte Ugolino elevato alla
Signoria di Pisa, eh' egli ritenne fino al giorno della orrenda ca-
tastrofe che fu resa immortale dai sublimi versi dell' Alighieri
(Inf. xxxin). Guelfo, figlio del conte Ugolino, avea sposata Elena
unica figlia di Enzo re di Sardegna, nato da Federico l impera-
tore, e cos alle avite Signorie della Sardegna altri Giudicati egli
aggiunse; ed altra principessa di casa Sveva, Beatrice figlia del re
Manfredi, era stata data in consorte a Ranieri. Dopo Ugolino domi-
narono in Pisa altri quattro principi di questa casa, tra il 1317
e 1347, cio i conti Gaddo, Eanieri, Bonifazio Novello e Eanier
Novello. Spento quest' ultimo col veleno, nacquero le parti dei Ra-
spanti e dei Bergolini, nelle quali grandemente si mescolarono i no-
stri Conti, sperando di potere nuovamente afferrare il dominio.
Ma non venne loro fatto; che anzi queste divisioni portarono Pisa
in servit di stranieri ; e poi nelle mani dei Fiorentini. Allora
Gherardo, il buon- Ghibellino
anche i conti della Gherardesca furono
obbligati ad a
con accomandila.alla repubblica di Firenze;
la qual, ir di
obbligo il conte Ugo discendente da Lotto
figlio dell'infelice conte
Ugolino, a fissare il domicilio della sua
casa in Firenze aeffli ul
timi anni del secolo XV. Da lui derivarono
gliattuali rap
tanti di questa illustre famiglia, che
nelle istorie tra Ir pi
mose che abbia prodotto l'Italia; Lord Veunox,
Inf., yo. n :
e seguenti.
Gherardo, il buon, Purg. xvi, 124, 134, 138, cfi
(Gherardo da).
Ghermire, probabilm. dall'ant. ted. krimman, Tagliare col
becco e cogli artigli, mediante l'arcaico gremire: Pigliare
che fanno
tutti gli animali rapaci la preda con gli artigli. Ghermirsi
con al-
cuno, vale Afferrarsi, Venire alle prese con esso; Acciuffarsi; ani
figuratam. Inf. xxn, 138.
Ghermito, da ghermire, Preso con gli artigli, ed altres Preso
con forza, Afferrato; Inf xxr, 36.
Ghiaccia, forma arcaica e poetica per Ghiaccio, dal lat. gla-
cies, Acqua congelata dal freddo: Inf. xxxn, 35; xxxm, 117: \\\i\,
29, 103.
Ghiacciato, Condensato in ghiaccio, Congelato. Figuratam.
e poeticamente detto di persona, vale Fitto nel ghiaccio Inf. ;
xxxn, 125.
Ghianda, dal lat. glans, Il frutto della quercia, del leccio,
e di altri alberi che perci sono detti Ghiandiferi e che serve a
ingrassare i porci; e in senso pi particolare intendesi II frutto
della quercia; Purg. xxn, 149. Par. xxn, 87.
Ghibellino, dal ted. Waibingen, pronunziato italianamente
Guaiblingen, cognome dell'antica casa imperiale di S ve via; o, se-
condo altri, da Waibingen, nome di un castello della Svevia, ap-
partenente alla stessa famiglia. Ghibellino era il nome che si dette
a Ciascuno di coloro i quali, nella discordia fra la Chiesa e T Im-
pero, seguivano le parti di questo; e contrapponesi a Guelfo Pur.
Vi, 103. Il Villani, y, 38: I maledetti nomi di parte guelfa e
ghibellina, si dice che si criarono prima in Alamagna, per e
che due grandi baroni di l (Corrado Guebeling e Lotain Wc
aveano guerra insieme (dopo la morte di Enrico V, seguita nei 1 1
e aveano ciascuno uno forte castello l'uno incontro all'altro, che l'aio
890 Ghino di Tacco
avea nome Guelfo e l'altro Ghibellino, e dur tanto la guerra, che
tutti gli Alamanni se ne partir, e l'uno tenne l'una parte, e l'altro
l'altra; e eziandio infino in corte diRoma ne venne la questione,
e tutta la corte ne prese parte, e l'una parte si chiamava quella
di Guelfo, e l'altra quella di Ghibellino; e cos rimasero in Italia
i detti nomi.
Ghino di Tacco, Tacco Monaceschi de' Pecorai da
figlio di
Turita, de' Grandi di Siena (cfr. Aquarone, D. in Siena, p. 93 e seg.),
per la sua fierezza e per le sue ruberie uomo assai famoso; Bocc,
Decani., G. x, nov. 2. ricordato Purg. vi, 14, come uccisore di
Benincasa da Laterina; cfr. Aretino, 3. - Lan.: Aveva una cotale
usanza lo detto Ghino che mai n soffer, n volle, che persona,
ch'elli avesse, morisse in prigione. Lo stesso ripete VOtt.- Petr.
Dant.: De terra Asinelongae, Districtus Senensis. - Falso Bocc.:
Ghino fu uno prode huomo grande rubatore e fecie tanto persua
prodezza chegli prese unchastello imaremma e ivi con sue brighate
ivi si riduciea e ognuomo intorno perlo contado disiena edarezzo edi-
firenze pigliavano e facievano rimedire. E venne atanto che mer-
chatanti non ardivano andare fuori. - Benv. : Iste Ghinus non
fuit ita infamis, ut aliqui scribunt, quod fuerit magnus sicarius et
spoliator stratarum. Iste namque Ghinus Tacchi fuit vir mirabilis,
magnus, membratas, niger pilo, et carne fortissimus, ut Scaeva le-
vissimus, ut Papirius Cursor prudens et largus; fuit de nobilibus
de la Fratta, comitatus Senarum; qui expulsus viribus comitum de
Sancta Flora occupavit nobilissimum castrum Radicofani contra pa-
pam. Et cum suis famulis manipulariis faciebat multas et magnas
praedas, ita quod nullus poterat ire tutus Romam vel alio per partes
illas. Sed fere nullus incurrebat manus eius, qui non recederet con-
tentus, et amaret et laudaret eum. Et audi morem laudabilem in
tali arte latrocinandi si mercator erat captus, Ghinus explorabat
:
placibiliter quantum ille poterat sibi dare; et si ille dicebat quin-
gentos aureos, auferebat sibi trecentos, et reddebat ducentos, dicens:
Volo quod possis negotiari et lucrari. Si erat unus sacerdos dives et
pinguis, auferebat sibi mulam pulcram, et dabat ei unum tristem
roncinum. Et si erat unus scholaris pauper vadens ad studium, do-
nabat sibi aiiquam pecuniam, et exhortabatur ipsum ad bene agen-
dum et proficiendum in scientia.... Papa Bonifacius magnanimus,
audita natura mirabilis istius hominis,... misit pr eo et petivit,
quare tam nobilis animus sic se inhonestabat arte prsedandi. Cui
Ghinus respondit, quod exercebat vitium rapinse, ut posset uti vir-
tute liberalitatis. Tunc Bonifacius videns, quod istud erat vitium
fortunae, non animi, fecit eum militem Sancti Johannis, et dedit ei
Ghiotto-Gh Irlanda
magnum beneicium, quo posset honeste facere magnili.
mei autem stans apud Asinam Longam in comitati] Seoarom in
mis, invasus a multis armatis, probiter pugnans interfectua
Buti: Questo Ghino con eerti suoi compagni, come rubai
omini violenti, aveano tolto al comune di Siena uno castello i
era in Maremma, e quive stavano e rubavano chiunqua passava
;
la strada, non consentendo mai lo ditto Ghino che nessun.., e
n'avesse in pregione morisse, con tutto che fusse fiero e violento
omo. - An. Fior.: Ghino di Tacco d'Asinalunga del distretto di
Siena.... essendo grande gentile uomo, et avendo molte castella in
Maremma, gli furono tolte per conti di Santa Fiora. Questi, come
che di natura [non?] fosse reo, divenne per accidente, avendo |
duto il suo; per ch'egli si diede a fare rubare in sulle strade, el
tolse per trattato Kadicofano, ch'era della Chiesa, et quivi stand",
mandava su per le strade rubando cui poteva giugnere: et nel ru-
bare usava alcuna discrezione, per che, avendo preso qualunche
fosse che andasse a studiare, s'egli potesse avere da lui 500 o 1000 fio-
rini, gli lasciava le due parti, acci che al tutto non fosse deserto, el
potesse andare a studiare; et cos al mercatante lasciava tanto ch'egli
credeva ch'egli potessi fare la sua mercatanzia. Su per gi le Bt<
>>
cose raccontano pure Serrav., Land., Tal., Veli., ecc.
Ghiotto, dal lat. gluto, che anche scrivesi glutto; e glutire,
pur nel vale Inghiottire: Bramoso, Desideroso, Avido- Inf.
lat.,
xvi, 51. Purg. vili, 85: xvi, 101; xvn, 122: xx, 105: xxxii, 71. Par.
xi, 125.
Ghiottone, Ghiotto: usato nel senso
Accrescit. di di V
tristo, Briccone, Furfante: Inf. xxn, 15.
Ghirlanda, dal lat. barb. garanda, prov. garanda, guai-
landa guiranda, ant. spagn. guarlanda, frane, guirande; le
e
quali voci sono da alcuni riportate al medio ted. zvieren, Intrec-
ciare, Ornare: ant. alto ted. wiara, Corona, Cresta: ovvero al ted.
moderno Wirbel, Vortice. Altri ricorrono al celt. gwirlen, che si-
gnifica lo stesso, cio Intrecciare, Ornare. Altri ricorrono al
ggrus, g/rullare, ma dovrebb' essere girlanda; cfr. DlEZ, W
210. Zamb., 581. - 1. Intrecciamento di fiori, di fronde,
3 di e
I ,
cingersene
in forma circolare, che anticamente si us pi spesso per
rno,
la testa insegno di letizia; Purg. xxvii, 102. Sest.:M \
e figuratane
ed al gran cerchio d'ombra, v. 13. - 2. In locuz. figur.
Cosa che cinga, cir-
Par. x, 92; xii, 20.-3. Detto figuratane per
Cingerlo, Intorniarlo;
condi, onde Essere ghirlanda ad un luogo, vale
Inf. xiv, 10.
892 Ghislieri, Guido -Gi
Ghislieri, Guido, antico poeta Bolognese, del quale nulla
ci rimasto (cfr. Crescimi?., ii, 2, p. 9. Quadr., ti, 156. Tirab.,
IV, 409). Dante lo esalta come uno di coloro qui doctores fuerunt
illnstres, et Vulgarium discretione
repleti, Vug. El. i, 15, 31, e
che ab eptasillabo tragice incipiasse invenimus, ibd. ir, 12, 31.
Ghisolabella, sorella di Venedico Caccianimico da Bologna,
il quale marchese Obizzo II da fisti;
la prostitu alle voglie del
Inf. xviii, 55 cfr. Caccianimico. Fu moglie del ferrarese Niccol
;
da Fontana. Secondo alcuni si chiamava Ghisola e fu soprannomi-
nata bella a motivo della sua bellezza. Ma nel suo testamento, det-
tato undici anni dopo il suo matrimonio, ella medesima si nomina
Ghisolabella quondam Alberti de Cazzanemicis (cfr. Mazzoni-
Toselli, Voci e passi di D., 119 nt.); dunque Ghisolabella era
il suo nome di battesimo, da non ispezzarsi in Ghisola bella, come
fecero quasi tutti gli editori anteriori al Coni. Lips.
Gi, dal lat. jam, Avverb. denotante il tempo, nel quale una
data azione si compie o si effettua, un dato fatto o avvenimento
accade, o una data condizione di cose si avvera; e serve altres a
dare maggior rilievo all'avvenimento o al compimento di esso fatto,
azione, e simili. E corrisponde ad Oramai, In questo o In quello
stesso punto, Ora, Ora appunto, Ora subito, Fin d'ora e simili. Que-
sta voce adoperata da Dante, e nella Div. Com. e nelle altre sue
opere volgari, qualche centinajo di volte, per lo pi nel significato
riferito del lat. jam, come Inf. II, 80: VII, 98; xxm, 23, 24. Purg.
xxvni, 1, e pi sovente. Trovasi pure adoperata in altri significati:
1. Pure nel senso di Oramai, riferito ad azione o fatto prossima-
mente compiuto o avvenuto; e serve a denotare con una certa effi-
cacia il perfetto compimento dell'atto o fatto onde si discorre; Inf.
i, 17: xxxn, 124. Purg. v, 1; Ti, 108, ecc. - 2. Congiunto col pas-
sato di alcun verbo, ed anche usato assolutam., vale In altro tempo
da quello nel quale siamo o del quale si parla, In altro tempo da
ora o da allora, Tempo addietro, Per lo passato; lnf.1, 67. Purg.
v, 52. Par. xxiv, 111, ecc. - 3. In proposizione negativa, ma ante-
posto, serve a rafforzare la negazione o la esclusione della cosa di
cui si parla; e insieme con gli avverbi congiuntivi Ne, se Non o
pure la negazione non si contenga nel pronome Nessuno, forma una
locuzione corrispondente a In nessun modo, In modo alcuno, A verun
patto, Per nessun verso, e simili; Inf. xvm, 38, 42; xxvni, 22.-
4. Pure in proposizione negativa, e anteposto, ha senso men grave,
e vale semplicemente a Bens, Per, Invero, Veramente, oppure a
Mica: Purg. XI, 23. Par. ix, 80. - 5. E con lo stesso costrutto, e pure
-
Ga-Giacere
in proposizione negativa, per Tuttavia,
Nondimeno; Inf, \\n LO
6. Non gi, usato in costrutto ellittico
per risponder,, negati
mente ad altrui dimanda, vale No certamente, No
davvero" Par
vili, 113.
Cra, contratto di giva, da gire, Andava: Inf. Ili, 31
; xxv 78-
xxvit, 2; xxix, 16. Purg. xxvm, 40.
Giacere, dal lat. jacere, Neut., che per propriet di lingua
talvolta assume la particella pronominale a modo di Neut.
pa
Verbo adoperato nella Div. Coni. 36 volte, 20 nell'In/ (vi, 87 1
7, 118; xi, 114: xm, 77; xiv, 22, 20, 47: XV, 38: xix, 35; XX, !
xxi, 107; xxrn, 31, 129, 138; xxv, 23, 130: xxix, 68: xxx, 93: \.\\ iv. ;
9 nel Purg. (ni, 76; xn, 29; xv, 135; xix, 72, 79; xx, 143: \\i. li,
67, 80) e 7 volte nel Par. (n, 114; vii, 28; x, 127:xxi,27: xxv, 1
xxvn, 57: xxix, 19). - 1.
Stare col corpo disteso su checchessia: Inf.
Vi, 37 ; xiv, 22 ; xxxiv, 13, ecc. - 2. E detto di animali Inf. xxv, 98. -
;
3. Per similit. detto di cose cadute, abbattute, e simili, o anche
semplicemente posate gi per la loro lunghezza; Inf. xxi, 107. -
4. Figuratam. e poeticam., usato a significare l'abbattimento, l'av-
vilimento, l'umile stato, la triste o spregevole condizione, a cui
ridotta una persona, una citt, una nazione, ed anche cosa spiri-
tuale e morale; Inf. xin, 77. - 5. Pur figuratam. e poeticam., per
Essere, Stare, inerte, inoperoso, ozioso, e simili; Par. xxvn, 57.
6. E per Dormire; Par. xxvn, 57. - 7. Per Essere, Stare, disteso a
terra, o su checchessia, detto di persona morta, o del suo corpo :
Purg. xv, 135. - 8. E figuratam. Par. xxi, 27. -
Detto di persona9.
morta, o del suo corpo, e in costrutto con un termine di luogo, vaio
Essere sepolto, Avere riposo, Riposare; Par. x, 127.-10. Usato in
relazione a stato o condizione, sia fisica, sia morale, o con un
giunto qualificativo, vale Essere, Durare, Stare, per alcun tempo,
in quello stato, condizione o qualit, che sono indicati dal compi-
-
mento o dall'aggiunto: anche figuratam. Par. vii, 28: XXIX, l'.
11. Detto di cosa, e in costrutto con un compimento denotante luo(
-
o parte, vale Essere, Stare, Esser posto, Trovarsi: Inf XI, 114.
12. E in particolare detto di paesi, citt, luoghi qualsiansi. Tale
Essere situato, posto, Rimanere, Trovarsi, e simili: Inf. \
xxiii, 129. - 13. E per Essere collocato, disposto, o formalina
scritto, Stare effettivamente rispetto all'ordine e eollocaiione,
all'esattezza delle parole usate; detto di sentenze, passi, perodi
puro
simili, di alcuno autore o testo; Conv. IV, 12, 52.-14. Vale
Riposare, e simili:
Consistere, Esser riposto o compreso, Stare,
pi che altro in senso figur. Par. II, 114. - 15. Dotto poeticam.
di
894 Giacobbe -Giandonati
coste, ripe, monti, e simili, per Avere dolce pendo, Essere poco
erto o ripido: Inf. xix, 35; xxm, 31. Purg. in, 76.
Giacobbe, Giacomo, Giacopo, cfr. Jacopo.
Giallo, dal basso lat. galbus o galvus : 1. Aggiunto di colore
7
che nello spettro solare sta fra il verde e l arancione, ed simile
a quello dell'oro: Inf. xxxiv, 43. Purg. xxviii, 55.- 2. E per similit.
aggiunto di cosa cbe, essendo d'oro o dorata, ha color giallo: Inf.
xvii, 59 (nel qual luogo si parla dell'arme dei Gianfigliazzi di Fi-
renze, che era un leone azzurro in campo giallo, o d'oro): Purg.
ix, 119. Par. v, 57: VI, 100 (dove
parla dell'insegna della Casa
si
reale di Francia, con allusione a Carlo II, re di Puglia e capo dei
Guelfi). - 3. In forza di Sost., per II color giallo; ed anche per
Parte di checchessia, la quale sia o apparisca di color giallo: Par.
xxx, 124.
Giammai, Avverb. composto di gi e mai: 1. Alcuna volta,
alcun tempo; Inf. xxix, 121. Purg. xi, 60: xiv, 120; xxxiii, 92. Par.
il, 95; xxx, 23. - 2. E preceduto o seguito da una negazione, forma
con essa una maniera che vale In nessun tempo: Inf. i, 27: vi, 110:
xin, 74; xxiv, 89; xxvn, 64: xxix, 76; xxxi, 96. Purg. v, 15: vili,
122; xiv, 120; xxiv, 137: xxix, 66. Par.n,7; III, 117; IV, 124; v, 46;
vi, 123; vii, 42; xn, 18; xix, 9; xx, 107; xxix, 36. ( da attri-
buirsi semplicemente al caso, che questa voce adoperata 8 volte
neVInf, 8 volte nel Purg. e 12 volte nel Par.).
Gianciotto Malatesta, Rimini, spos verso
signore di
il 1275 Francesca, figliuola di Guido Minore da Polenta, che lo rese
padre di una figliuola, chiamata al battesimo Concordia, dal nome
della madre di Gianciotto. Tradito dalla moglie e dal fratello Paolo,
uccise ambedue fra il 1283 e 1285. Vedi l'art. Francesca da Kimini.
Giandonati, antica e nobile famiglia di Firenze, alla quale si
allude Par. XVI, 127 e seg. Erano i Giandonati antichi e gentili
uomini quanto dire si potesse: ebbero tenute in contado ab antico,
grandi palazzi con torri e con loggia nella citt, intorno a Mercato
Nuovo nel sestiere di Borgo. Ottennero anch' essi milizia e privi-
legio da Ugo marchese di Toscana nel secolo X, e d'allora in poi
presero parte a tutti gli avvenimenti del Municipio Fiorentino. Non
manc ai Giandonati l'onore del Consolato, a cui venne eletto Rug-
giero nel 1204. Dipoi figurarono tra i principali guelfi del loro se-
stiere, e sostennero l'onore della loro bandiera contro i Soldanieri.
gli Scolari, i Giudi, i Galli e i Cappiardi. Alla memorabile bat-
taglia di Montaperti combatt tra i guelfi Rodolfo di messer Rug-
Qlanfigliazzi
giero: ma per la sconfitta dei suoi, tocc a lui ed agli altri tutti
della sua casa ad abbandonare Firenze. Nella quale
occasione vin- i
citori ghibellini sfogando le loro rabbie sulle case
dei vinti nemici.
non risparmiarono i palagi e le torri dei Giandonati; siccome
ri-
levasi dalla estimazione dei danni che venne fatta dai guelfi al
quando ritornarono trionfanti nella citt. La pace del 1280 iu
gnata da non pochi di questa casa: tra i quali furono Neri e Tribaldo
di messer Guerriero, Giannotto, Ridolfo e Sozzo tutti cavalieri
Banco, Dinozzo, Davizzo e Giandonato. Per la riforma democratica
del 1282 vennero dichiarati Magnati: ed anche lo furono nel 12
tanto pi che in quell'anno guerreggiavano contro i Buondelmonti.
Fattisi seguaci di parte Bianca nel 1300, furono costretti a dividere
l'esilio con Dante Alighieri dopo due anni: anzi fu imposta una ta-
glia sopra la testa di Vanni Giandonati perch venne armato contro
la patria. Ugual sorte incontrarono poi nel 1312 Bartolone di mes-
ser Ciango e Gianguerriero di Tieri quando sotto la bandiera di Ar-
rigo VII vennero a porre assedio a Firenze: ma salvarono l'onore
della famiglia quei che difesero le patrie mura, voglio dire Maligno
di messer Sozzo, Noffo di messer Rosso, Scoiaio ed Orsacchiodi mes-
ser Tebaldo. Quattro dei Giandonati erano nel corpo dei feditori alla
battaglia di Montecatini: e due tra quelli, Nozzo e Scoiaio, vi pe-
rirono, annegati nella Gusciana. E dopo dieci anni alla battaglia
dell'Atopascio altri non pochi si trovarono di questa casa, dei quali
rammenta la storia Vanni, Maligno, Tribaldo, Tano e Ranieri. L'ul-
tima volta che le cronache registrano il loro nome per serbare
ricordo di quanto si adoprarono a cacciare il duca d'Atene dal mal
carpito dominio; di che il Comune intese ricompensarli, togliendoli
dal numero dei Magnati e dichiarandoli capaci di tutti gli onori
concessi dagli Statuti alle case di popolo. Si estinsero il 21 ago-
sto 1583, alla morte di Donato di Raffaello: Lord Vernon. Inf..
voi. il, p. 485 e seg.
Gianfigliazzi, famiglia Fiorentina, ricordata Inf. xml
e seg. Da un Giovanni figliuolo di Azzo, che si trova ti rinato in
certe convenzioni fatte tra i Fiorentini e i Senesi nel 1201, prende
nome questa famiglia de' Gianfigliazzi. Appartennero ad essa tal
la torre
le case circostanti alla chiesa di Santa Trinit, ed ebbero
sul canto
al lato destro della chiesa, e la loggia dalla parte opposta
parti che disfecero Firenze i Gianfitrl
ia/./i
della via di Parione. Nelle
tennero dai guelfi, ed infatti non legge che servissero in almi.
si
modo la Repubblica prima della cacciata de' Ghibellini: trovandosi
casa amm<
Gianfgliazzo e Lapo di Buggerino primi di questa
al consiglio degli Anziani, l'uno nel 1278, l'altro nel 1270. Qnandfl
896 Gianicolo- Gianni, Schicchi
il Cardinal Latino venne a Firenze per la pace solenne, molti dei
Gianfigliazzi firmarono l'atto, e di questi Maroccio, Giannozzo e
Spinelli cavalieri dello sperone d'oro. Kiguardati come dell'ordine
Magnatizio, furono esclusi dalle pubbliche faccende nella riforma
del 1282, e solo poterono esservi riammessi nel 1343 alla cacciata
del duca d'Atene, al qual fatto s'erano caldamente adoperati. D'al-
lora fino al 1530 ebbero 30 priori e 10 gonfalonieri; Lord Ver-
non, Inf., voi. il, p. 487 e seg.
Gianicolo, Janiculum, dal Dio Giano, che secondo la mi-
lat.
tologia vi aveva la sua sede, Uno dei sette monti o colli di Eoma,
alla destra del Tevere. E probabile che Dante intenda appunto del
Gianicolo nel luogo Inf. xviii, 33, mentre secondo altri egli parla
del monte Giordano. Cfr. Monte.
Gianni, Lapo, Poeta fiorentino amico di Dante, il quale lo
pone accanto a s ed a Guido Cavalcanti, e lo loda come uno dei
pochi che conobbero l'eccellenza della lingua volgare; Son. : Guido,
vorrei che tu, e Lapo ed io, v. 1. Vug. El. i, 15, 29. Fior dopo la
met del secolo XIII, e non altro sappiamo di lui se non che fu
notajo fiorentino; cfr. Nannuc, Man. i 2 240 e seg. Kimangono di
,
lui dodici ballate, due canzoni ed un altro componimento poetico,
che si crede un sonetto doppio o rinterzato cfr. Bartoli, Lett. it.
;
iv, 1 e seg.
Gianni, Schicchi (o Sticchi, come scrive YAn. Fior.), della
famiglia dei Cavalcanti da Firenze, famoso per il suo talento di
contraffare le persone Inf. xxx, 32, 42 e seg. - Bambgl. : Fuit
;
quidam Jocularis sive Jaculator - qui hic punitur eo quod mortuo
domino buosio dedonatis deflorentia ad petitionem cujusdam afBnis
dicti domini bossii testatus fuit secundum voluntatem dicti sui af-
finis - etex dolo et falsitate ista iste Joculatur lucratus [est] una
ex melioribus equabus que essent in tota tuscia. - An. Sel.: Gianni
Schicchi fu cavaliere de' Cavalcanti di Firenze, lo quale avendo un
suo nipote nome messer Simone Donati, ch'era morto ivi presente
uno zio di messer Simone, nome Buoso, mor sanza rede, e era molto
ricco, e non avia fatto testamento. E per innanzi ch'altri sapesse
che Buoso fosse morto, misero Gianni nel letto in luogo di Buoso,
e mandarono per lo notaio e pe' testimoni, e fecer fare testamento
a Gianni come se fosse Buoso Donati, e lasciare ogni cosa a mes-
ser Simone Donati. E di ci guadagn una bella cavalla, ch'era di
messer Buoso, in una gran torma d'altre bestiami. E egli medesimo
la si aggiudic nel testamento, o volesse messer Simone o no. Ma
Gianni, Schicchi
messer Simone istette cheto per
non guastare gli altri fatti del
testamento. Il fatto raccontato essenzialmente nello stesso mudo
dagli altri antichi (lac. Bant, Lan., Ott., Falso Bocc, Bcnv.,
JButi, ecc.). Secondo Petr. Dant. Cass. messer Buoso sarebbe stato
e
strozzato da Simone e dallo ma di questo fatto n Dante
Schicchi ;
n altri antichi fanno menzione. Con pi particolarit, che ben dif-
ficilmente sono di sua invenzione, YAn. Fior.: Questo Gianni Stic-
chi fu de' Cavalcanti da Firenze, et dicesi di lui che, essendo mes-
ser Buoso Donati aggravato d'una infermit mortale, volea fare
testamento, per che gli parea avere a rendere assai dell'altrui. Si-
mone suo figliuolotenea a parole, per ch'egli noi facesse; et
il
tanto il tenne a parole ch'elli mor. Morto che fu, Simone il tenea
celato, et avea paura ch'elli non avessi fatto testamento mentre
ch'egli era sano; et ogni vicino dicea ch'egli l'avea fatto. Simone,
non sappiendo pigliare consiglio, si dolse con Gianni Sticchi et
chiesegli consiglio. Sapea Gianni contraffare ogni uomo, et colla
voce et cogli atti, et massimamente messer Buoso, eh' era uso con
lui. Disse a Simone Fa venire uno notajo, et di' che messer Buoso
:
voglia fare testamento; io enterr nel letto suo, et cacceremo lui
dirietro, et io mi fascer bene, et metterommi la cappellina sua in
capo, et far testamento come tu vorrai; vero che io ne voglio
il
guadagnare. Simone fu in concordia con lui Gianni entra nel letto,
:
et mostrasi appenato, et contraffa la voce di messer Buoso che parea
tutto lui, et comincia a testare et dire: Io lascio soldi XX all'opera
di santa Eeparata, et lire cinque a' Frati Minori, et cinque a' Pre-
dicatori, et cos viene distribuendo per Dio, ma pochissimi denari.
A Simone giovava del fatto: et lascio, soggiunse, cinquecento fio-
rini a Gianni Sticchi. Dice Simone a messer Buoso: Questo non bi-
sogna mettere in testamento io gliel dar come voi lascerete - Si-
;
mone, lascerai fare del mio a mio senno: io ti lascio s bene, che
tu di essere contento -Simone per paura si stava cheto. Questi segue:
Et lascio a Gianni Sticchi la mula mia; che avea messer Buoso la
migliore mula di Toscana. Oh, messer Buoso, dicea Simone, di co-
testa mula si cura egli poco et poco l'avea cara: Io so ci che Gianni
Sticchi vuole meglio di te. Simone si comincia adirare et a consu-
marsi; ma per paura si stava. Gianni Sticchi segue: Et lascio a
Gianni Sticchi fiorini cento, che io debbo avere da tale mio vicino:
et nel rimanente lascio Simone mia reda universale con questa clau-
sula, ch'egli dovesse mettere ad esecuzione ogni lascio fra quin-
dici-d, se non, che tutto il reditaggio venisse a' Frati Minori del
convento di Santa Croce; et fatto il testamento ogni uomo si part.
Gianni esce del letto, et rimettonvi messer Buoso, et lievono il pianto,
et dicono ch'egli morto.
57. Enciclopedia dantesca.
898 Gianni del Soldanier - Giano
Gianni del Soldanier, di antica e nobile famiglia ghi-
bellina di Firenze (cfr. Soldanieri), il quale, levatosi il popolo a
tumulto nel 1266, << si fece capo del popolo per montare in istato,
non guardando al che dovea riuscire a sconcio di parte ghi-
fine,
bellina, e suo dammaggio (Vill., vii, 14). Mor dopo il 1285. Il
Villani (xii, 44) lo annovera insieme con Farinata degli Uberti,
1
Giano della Bella, Vieri de Cerchi e Dante Alighieri, tra' nota-
bili uomini che feciono per lo comune.... cari cittadini e guelfi, ca-
porali e sostenitori di questo popolo; Dante lo pone invece tra i
traditori; Inf. xxxn, 121. - Bambgl. : Iste Johanes desoldanerjis
Florentinus fuit primus fundator ordinator et amator populi Flo-
rentinj ex cuius populi frmatione ghibellini postmodum de Civitate
Florentie fuerunt depulsi. - An. Fior.: Gianni Soldanieri fu di
Firenze, e fece fare chiavi false, e di notte entrare i Bianchi in
Firenze per una porta che die loro, e introvi molti Ghibellini di
Toscana e Aretini; avegnach loro male colse, che ne furo cacciati
e morti assai. Dice Dante che crede, che Gianni sia con Ganellone
e con Tribaldello, peroch i Fiorentini si fidavano di lui, e avia
lufizio de la porta e le chiavi. - Lan. : Questi fu un gentile di
Firenze, il quale, essendo lo reggimento in mano de' nobili, convoc
lo popolo con tumulto e a romore e la redusse a popolo di che elli
e li altri nobili furono per un tempo strutti. - Ott. : Messer Gianni
de' Soldanieri di Firenze, essendo Potest di Faenza, con l'aiutorio
di Tribaldello de' Zambrasi della detta Terra, contro a loro parte
ghibellina, alli Bolognesi di notte tempo diedero Faenza. - Petr.
Dant.: Prodidit partem domini Farinata de Ubertis de Florentia
et ceterorum Ghibellinorum. - Cass. Prodidit olim suam par-
:
tem ghibellinam de Florentia. - Falso Bocc. Trad gluberti :
eglialtri ghibellini daffirenze. Benv.: Tempore quo fratres Gau-
-
dentes fuerunt Potestates Florentise, Uberti, Lamberti et alii ghi-
bellini insurrexerunt contra regentes tunc populum: ex quo populus
fuit tunc totus sub armis, et reduxerunt se omnes in viam largam
Sanctse Trinitatis. Et dominus Johannes de Soldaneriis de Florentia,
nobilis miles, licet esset ghibellinus et de domo ghibellina, fecit
se caput populi, ut ascenderet ad magnum
statum, non respiciens
fnem, qui fuit destructio partis ghibellina^. Nam duce dicto Johanne,
post longam pugnam ghibellini coacti sunt exire civitatem.- Buti:
Questi fu uno gentiluomo da Firenze lo quale, quando i gentiluo-
mini reggevano e signoreggiavano in Firenze, li tradie et accostossi
col popolo e fece cacciare e disporre li gentili uomini s, che per
uno tempo furono disfatti.
Giano, lat. Janus, nome di una delle principali divinit del
Giano della Bella -G tra
paganesimo latino, agli antichi Greci ignota. Giano il portinai,,
del cielo, apre l'anno, d il nome al primo mese, presiede alle sta-
gioni ed ai frutti del suolo, conserva la terra, il mare ed i cieli.
e custodisce le porte, che da lui si chiamarono Janna. 1 sacerdoti
lo invocavano ogni mattina qvL?i[ pater matutinus; cfr. Horat., 8at.
il,6, 20. Aveva in Eoma parecchi templi, tra' quali quello detto
Janus Geminus, Janus Bifrons, e Janus Quirinus (cfr. Horat.,
Carm. IV, 15, 8. Sat. i, 4, 61. Virg., Aen. vii, 607), le cui porte
si aprivano in tempo di guerra e si chiudevano durante la pace;
cfr. Liv. i, 19. Virg., Aen. vii,601 e seg., al qual fatto allude Par.
Vi, 81. Cfr. Ovid., Fast, i, 63 e seg.
Giano della Sella, cfr. Bella (della).
Giapeto, Urano e di Gaia, cio del Cielo e
'Iarcsxg, figlio di
della Terra, marito di ria o Climene e padre di Prometeo, il quale
detto semplicemente il figlio di Giapeto; Conv. iv, 15, 61. Cfr.
Hesiod., Theog., 507 e seg.
Giardino, forma diminut. dal ted. ant. Gart, ted. mod. Gar-
ten, Spazio di terreno, per lo pi annesso a una casa di abitazione
e cinto di mura, dove in aiuole di-
di cancellata, siepe, e simili,
stinte ed in vasi si qualche pianta frut-
coltivano fiori, erbaggi e
tifera, pi per abbellimento e delizia che per guadagno.- 1. Figu-
ratamente e con qualche aggiunto o compimento, vale Luogo vago,
ben coltivato, e fertile; Purg. vi, 105.-2. Giardino eccelso detto
il Paradiso terrestre; Par. xxvi, 110.-3. Giardino, vale poeticam.
Paradiso celeste, e altres La congregazione dei beati Par. xxm, 71 ; ;
xxxi, 97; xxxn, 39.
Giason, Giasone, Giattnra, cfr. Jason, Jasone, .Iattura.
Gibilterra, il Fretum Hercueum degli antichi, oggi Stretto
di Gibilterra, che unisce il Mediterraneo coli' Oceano Atlantico;
indicato come la foce stretta Ov' Ercole segn li suoi riguardi;
Inf. xxvi, 107 e seg.
Gibbo, dal lat. gibbus, Gobba; figuratam. per Prominenza,
Rialto assai curvo; Par. XXI, 109.
Gibetto, cfr. Giubbetto.
Gielo, cfr. Gelo.
Giga,dal ted. med. gige, mod. Geige, Antico strumento musi-
cale a corde simile al moderno violino; Par. xiv, 118.
900 Gigante -Gilberto Porretano
Gigante, dal lat. gigas, gigantes, e questo dal gr. ytyag, y[-
yavxss, Nome
mitologico di Ciascuno dei figliuoli di Urano e della
Terra, i d' immane statura, e fecero guerra a Giove,
quali furono
onde da esso furono fulminati e precipitati nel Tartaro; cfr. Hom.,
Od. vii, 59, 206; x, 120. Hesiod., Theog., 185. Apollod., i, 6, 1
e seg. Ovid., Metani, i, 151. Fast, v, 35.- 1. Nel signif. propr. Inf.
xxxi, 31, 44, 95; xxxn, 17; xxxiv, 30, 31. Purg. xn, 33. Vulg. El.
i, 7, 19. - 2. E per similit., Uomo di straordinaria statura e corpo-
ratura; Purg. xxxn, 152; xxxin, 145, nei quali passi il Gigante mi-
stico il simbolo dei re di Francia, specialmente di Filippo il Bello.
Nella flagellazione della meretrice {Purg. xxxn, 156) sono adombrate
le ingiurie fatte da Filippo il Bello a Bonifazio Vili. - Lari.: Nota
Che li giganti eccedono lo umano limite; epper dritto esemplo
e metafora a significare li regi di Francia in tale similitudine. -
Petr. Dant.: Gigas figurat regimen et potentiam regum Francia}
tenentium gubernationem Ecclesia, ut homo amasiam. Qui rex, si
perpendat ut Ecclesia alibi respiciat, ut modo fecit secundum fic-
tionem auctoris, flagellat eam, ut patuit in Bonifatio octavo, in
cujus persona gubernatio Ecclesia^ sic fuit percussa motu dicti regis,
dum dictus Bonifatius nollet in totum subesse sibi. Et hoc est quod
dicit, scilicet, quomodo traxit eam secum per silvana, idest quod
fecit ut Curia romana tracta est ultra montes in suo territorio de
Eoma. - Serrav. : Gygas erat rex Franti, ad cuius nutum fie-
bant summi pontifices. Cos in sostanza tutti i commentatori. Sopra
qualche altra interpretazione cfr. Com. Lips. il, 763 e seg.
Griglio, dal lat. lilium, Pianta bulbosa, che produce un fiore
composto di sei foglie e che riceve lo stesso nome; il lilium can-
didum dei Botanici. - 1. Nel signif. propr. Purg. xxix, 146. - 2. In
locuz. figur. Par. xxni, 74. -3. E per la Figura del giglio, nell'arme
di un Comune, specialmente in quella del Comune fiorentino, che
e
era un giglio rosso in campo bianco; Par. xvi, 152.-4. Gigli d'oro,
Gigli aurei o gialli, od anche solamente Giglio, si disse l'Insegna
dell'antica Casa di Francia, la quale portava tre gigli d'oro in campo
azzurro; Par. vi, 100, 111. - 5. Figuratane, per la Casa stessa di
Francia; Purg. vii, 105.
Gilberto Porretano, lat. Gilbertus ed anche Gislebertus
Porretanus, frane. Gilbert de la Porre, Autore scolastico, nato
verso il 1070 a Poitiers, fu professore a Parigi, e dal 1142 in poi
vescovo di Poitiers, dove mor nel 1158. Scrisse tra altri un lavoro
De sex prificipiis, onde Dante lo chiama il Magister sex princi-
piorum; Mori, i, 11, 17.
Ginevra -Gioacchino
Ginevra, eroina del romanzo della Tavola Ito/mula, Regina
d'Inghilterra, moglie del re Arturo ed amante di
Lancillotto del
Lago; Par. xvi, 15. Cfr. Lancillotto, Mallehaut.
Ginnasio, lat. gymnasium, dal gr. you-vcfoiov, propriamente
Pubblico e grande edilizio nelle citt greche e romane, dove la gio-
vent attendeva agli esercizj del corpo, e sotto a' cui portici sole-
vano i filosofi tener colloqui e disputazioni. Dante l'usa nel senso
di Arringo; Mon. in, 1, 17.
Ginocchio, nel plur. Ginocchie
Ginocchia, mentre Dante
e
non usa mai Ginocchi; dal lat. geniculum
: 1. Quella parte del
corpo umano e degli animali quadrupedi, dove la gamba si unisce
nella parte davanti con la coscia, e piegandosi forma un angolo;
Inf. x, 54 (nel qual luogo invece di in ginocchie alcuni testi hanno
in CxiNOCCHiON, altri in ginocchie), Purg. iv, 107; x, 132.-2. Ca-
lare le ginocchia, vale Inginocchiarsi per atto di riverenza o di ado-
razione; Purg. li, 28.
Gioacchino e Gio vacchino (dall' ebr. DW P =,
Ciii Dio
inalza), abate del monastero di Flora in Calabria dell'ordine Ci-
stercense, nacque verso il 1145 in un villaggio distante quattro mi-
glia da Cosenza. Dicono che a 14 anni venisse alla Corte di Bug-
geri II, re di Puglia e Sicilia; ma essendo questi morto nel 1154,
o la tradizione una favola, o Gioacchino era nato qualche anno
prima del 1145. Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa ritorn
nella Calabria, si fece monaco e fu eletto abate del monastero Ci-
stercense di Corace o Curatium (nel 1178, e forse gi prima; cfr.
Janatjscheck, Orig. Cisterc, Vienna, 1877, p. lxxi e 168). 1 papi
Lucio III, Urbano III e Clemente III volsero la loro attenzione agli
studj profetici ed apocalittici, ai quali Gioacchino si dedicava, onde
egli ebbe agio di ritirarsi di tempo in tempo nel chiostro di Ca-
samare, per dedicar visi tutto a' suoi studj (cfr. Prcefatio in Psal-
terium decem chordarum). Nel primo anno del suo pontificato (1188)
Clemente III incoraggi Gioacchino a compiere il suo commento
dell' Apocalisse e la sua Concordia utriusque testamenti, esortan-
dolo per a sottoporre queste opere al giudizio della S. Sede. Poco
tempo dopo Gioacchino rinunzi alla dignit di abate e si ritir con
un suo amico nelle solitudini del Sylce o Sila presso Cosenza, dove
fond il chiostro S. Joannis en Fiori, con regola assai severa, ra-
tificata da Celestino III nel 1196. Questo chiostro, o abbazia, di
San Giovanni in Fiore, crebbe rapidamente e spicc rami figliali
all'intorno, visti di mal occhio dai Cistercensi. Gioacchino mori
tri
il settembre 1201 ed il giugno 1202. Dante lo
pone nel Cielo del
902 Giocasta - Gioco
Sole, dicendolo dotato di spirito profetico, Par. xn, 140 e seg. In-
fatti gli si attribuirono parecchie profezie, come che da Costanza
sarebbe nato il pi fiero nemico della Chiesa (Federico II), che Ge-
rusalemme sarebbe espugnata dagl'Infedeli, che il figlio di Tancredi
sarebbe ucciso, spegnendosi con lui la casa normanna, ecc. Le sue
opere (l'autenticit delle quali non per al disopra di ogni dubbio,
cfr. Preger, Das Evangelium ceternum und Joachim von Floris,
Monaco, 1874) sono: Divini vatis Joach. liber concordia novi ac
veteris test., Ven., 1519. Expositio Apocal., Yen., 1527. Psalterium
decem chordarum, Ven., 1527. Interpretatio in Hieremiam, Ve-
nezia, 1525. Scriptum super Esaiam, Ven., 1517. Frate Gherardino
di Borgo S. Donnino pubblic nel 1524 a Parigi un Introductorius
in evangelium ceternum, cio una Introduzione alle opere di (Gioac-
chino, della quale non ci restano che alcuni estratti. L' Evangelium
ceternum dell' Apocalisse (xiv, 6) si disse da quindi innanzi essere
per l'appunto quello annunziato da Gioacchino, anzi, gli stessi suoi
scritti si chiamarono Evangelium ceternum. Le biografie di Gioac-
chino dettate dai suoi contemporanei Iacobus Grcecus Syllaneus
e Gregorius de Lauro si trovano negli Ada Sanctorum, maggio,
Vii, 89-143. Cfr. Gervise, Histoire de VAbb Joachim surnomm
le Prophet, 2 voi., Parigi, 1745. C. U. Hahn, Geschichte der Ketzer
im MittelalUr, in, 72-175 e 259-346, dove si trovano pure copiosi
estratti nelle opere di Gioacchino. Renan, Joachim de Flore et
V Evangile ternel, nella Revue des deux mondes, 1866, p. 94-142.
Eeuter, Geschichte der Aufklrung im Mittelalter, il, 191-218
e 356-371. Fel. Tocco, L'Eresia nel Medio evo, Fir., 1884, lib. n.
S. de Chiara, Dante e la Calabria, Cosenza, 1894, p. 57-66. Com.
IAps. ni, 333 e seg.
C* io easta e Jocasta, Jocasta, gr. 'Ioxdarxj, figlia di
lat.
Creonte re di Tebe, moglie di Laio e madre di Edipo, al quale poi
and sposa senza conoscerlo e gli partor due figli, Eteocle e Po-
linice, e due figlie, Antigone e Ismene. Secondo Sofocle, (Ed. tyr.,
v. 1251 e seg., Giocasta si uccise disperata subito che fu scoperto
il mistero fatale della nascita del secondo suo sposo. Invece secondo
Euripide, Phcen., v. 1464 e seg., Giocasta sopravvisse al suo dolore,
tent di pacificare i figliuoli che guerreggiavano l'uno contro l'altro,
n si uccise che allorquando li vide ambedue morti, cadendo tra loro
ed abbracciandoli strettamente. Seguendo questa seconda tradizione,
o piuttosto attenendosi a Stazio che la riproduce, Dante chiama
doppia tristizia di Giocasta i due fratelli Eteocle e Polinice, che
si uccisero vicendevolmente ; Purg. xxu, 56.
Gioco, cfr. giuoco.
Giocondo-Giogo
Giocondo, dal jucundus, Allegro, Ilare, Lieto, Gioioso
lat.
detto di essere intelligente.
1. Nel signif. prop.
Inf. xi 45 Pura
xxxi, 109. Par. xxxi, 112.-2. E costruito con un
termine retto
dalla particella Di; Par. xxix, 76. - 3. Figuratam.
detto di cuore;
Par. xxn, 130. - 4. E per Che dimostra giocondit, contentezza!
detto di aspetto, sguardo e simili; Par. xvm, 56. - 5. E
per Clic
reca, indica, giocondit, letizia, piacere; Dilettoso, Piacevole,
Soave;
detto di persona, e altres di atti, stati o sentimenti dell' animo
Par
xv, 37.
Giogo, dal lat. jugum, Arnese di legno, leggermente ricurvo,
che posto sul collo de' buoi, serve a congiungerli e ad accoppiarli
insieme a fine di lavorare, e nel mezzo del quale si ferma la stanga
dell'aratro, del carro e simili.- 1. Andare a giogo, vale Andare ag-
giogato; Purg. xu, 1. -2. Giogo chiamasi La cima, La sommit,
11 vertice del monte, e anche prendesi per lo stesso monte; Inf.
xxvii, 30. Purg. v, 116, nel qual luogo l'Appennino detto il gran
giogo. - 3. L'un giogo di Parnaso quello dedicato a Bacco ed
alle Muse, mentre 1' altro era dedicato ad Apollo cfr. Ovid., Met.
;
i, 316 e seg. Ltjcan., Phars. v, 73. Il primo si chiamava Elicona,
il secondo Cirra; cfr. Isidok., Orig. xiv, 16. Nel luogo Par. i, 16
Giogo di Parnaso detto figuratam. e poeticam. per Le divinit
che vi abitano, ed il senso : Sino a qui mi bastato l'aiuto delle
Muse (sole invocate Inf. n, 7. Purg. i, 8; xxix, 37 e seg.); da quindi
innanzi mi necessario anche l'aiuto di Apollo. Allegoricamente in-
tende per V un giogo il lume di natura, la ragione umana, le arti,
le scienze, ecc.; per V altro giogo la luce divina, la Kivelazione;
cfr. Com. Lips. in, 5 e seg. - 4.
Nel luogo Par. xi, 48, il signifi-
cato della voce Giogo controverso, prendendola gli uni nel signif.
propr., gli altri in quello di Oppressione.- Lan. La Nocera, che
:
in Puglia sotto la signoria di quelli della Casa di Francia, la
quale s appellata che 1' autore la palesa qui per pianto. - Oli. :
Per la supposizione dice, che per grave giogo servono al re; dun-
que non con libera voglia. - Petr. Dant. : Est ibi grave frigus,
de quo plangit, idest interdum dolet gens illarum duarum terrarnm
Gualdi et Nucerise. - Cass. : Propter grave giugum dicti montis
oppositum directe dicto septemtrioni in qua costa sinistra sunt nu-
cerium et gualdum plorantes metaforice loquendo quod ita sunt
positi in tam sterili loco et frigido et non in fertili ut est alia
costa dicti montis. - Benv.: Quia recipit ventimi, frigus et in-
commoda a dicto monte. Alii tamen exponunt, propter grave jugum
perusinorum, quia dictae terrse erant subditae dominio perusinoruni ;
et istud fuit aliquando verum: sed prior expositio est mclior. -
904 Gioi-Gioire
liuti: Si duole e lamenta per grave signoria che sostenne. - Serrav. :
Quia etiam de monte sentiunt Nuceria et Gualdum maximum
ilio
frigus. - Veli.: Per esser ciascuno d'essi posto dietro a questo alto
monte, dal qual pende tal fertile costa, su gli Appennini, e sotto '1
grave giogo di quelli. - Dan. : Per imposte gravezze, conciosia
che in quei tempi i Perugini opprimevano molto gravemente i sud-
diti loro.
Gio, da gioiare, Gioja, Prenda gioja; Par. vili, 33. Gio, per
gioia, forma ovvia ai poeti antichi, tanto in rima, quanto fuor
di rima. In prosa non se ne hanno esempi. Cfr. Nannuc, Verbi,
19, nt. 1.
Gioia, dal lat. gaudia, forse mediante l' influenza del provenz.
jota e del frane, joie; Movimento, o Stato, di animo che per qual-
siasi ragione si rallegri o goda vivamente, che sia grandemente con-
tento, piacevolmente commosso; ed Altres Affetto, o Commozione
dell'animo, che si palesa per segni di viva allegrezza o godimento. -
1. Nel signif. propr. Inf. i, 78. Par. xiv, 23. - 2. Per Cagione, od
Occasione, di gioia; e figuratam., per Ci che arreca gioia, Cosa,
Persona, Stato, o Condizione, che arreca gioia o allegrezza e godi-
mento grandi Par. xxvn, 7. - 3. Prender gioia, in costrutto con
;
la prep. Di, e riferito a Donna, vale Goderla, Possederla; od anche
semplicemente Allietarsi, Godere, dell'amor suo; Conv. in, 12, 81.
Gioia, Nome generico di ogni pietra preziosa, e segnatamente
di quelle adoperate per ornamento nell' arte che da ci detta Arte
del gioielliere ; Gemma. Cos detta per estensione figurata del primo
senso della parola. - 1. In locuz.figur., cos nel senso di pietra pre-
ziosa, Gemma, come onde Gioie sono chiamate le Anime
di Gioiello;
dei Beati; Par. ix, 37; x, 71 xxiv, 89. - 2. Bella gioia, detto
; xv, 86 ;
figuratam. di persona, vale Persona cara, amabile, da esser tenuta in
gran pregio, da volerle gran bene; Son. : Ci che m'incontra nella
mente, more, v. 2.
Gioiare, lo stesso che Gioire, Kallegrare, Godere d'una cosa;
Par. vili, 33. Cfr. Gio.
Gioioso, Pieno di gioia, Grandemente contento, lieto, allegro.
E per Che denota, esprime, dimostra, gioia; detto di aspetto, volto,
e simili, ovvero di atti qualsiansi Ball. : Fresca rosa novella, v. 23.
;
Gioire, dal lat. gaudere, Essere o Stare in gioia, Eallegrarsi o
Godere vivamente, Essere grandemente contento; ed anche sempli-
cemente Godere, sentir piacere; usato anche figuratam. Purg. xvm,
33. Par. xxvn, 105.
Gioire-Oiorno ty)5
Gioire, Sost., Gioia, Vivo rallegramento, Piacere o Sollazzo gran-
dissimo; Par. x, 148.
Giordano, lat. Jordanus, gr. 'lopSavvjg, dall' ebr. }TV, e que-
sto probabilmente dal verbo p*l, Romoreggiare; Nome del iiume
principale della Palestina, il quale nasce nelle parti settentrionali
presso l'antica Cesarea di Filippo, forma nel suo corso il lago li
Genezaret, e si scarica nel lago Asfaltide, detto anche Mar morto.
Secondo la leggenda biblica
il Giordano si aperse miracolosamente
dinanzi agli Ebrei, che, condotti da Giosu, venivano al conquisto
di Terra Santa; cfr. Lib. Josue, in, 14-iv, 24. Il Giordano no-
minato, sempre senza l' articolo, Purg. xvm, 135. Par. xxu, 94.
Giornata, Quella parte del giorno naturale che corre dal na-
scere al tramontar del sole. E per II cammino che si fa in un giorno,
Lo spazio percorso in un giorno; figuratam. Conv. IV, 13, 49.
Giorno, dal neutro dell' add. lat. diurnus, sottintesovi tem-
pus : Quello spazio di tempo che corre da una mezzanotte al-
l' altra, o, secondo l' antica maniera italiana, da un tramonto al-
l' altro, e comprende 24 ore; nel qual senso chiamasi anche Giorno
civile. E secondo gli Astronomi Giorno quello spazio di tempo
che corre dal partirsi del Sole da un punto al ritornare nello
stesso punto, e pi specialmente dal passare il meridiano al ri-
tornare ad esso meridiano; nel qual senso dicesi Giorno naturale.
Nella Div. Com. la voce Giorno adoperata 24 volte, 5 neWInf.
(li, 1; V, 127, 138; xxxi, 10; xxxui, 53), 12 nel Purg. (il, 55; vi,
52; vii, 43, 69; vili, 6; ix, 52; xxu, 118; xxiv, 80; xxvn, 5, 105;
xxviii, 3; xxx, 22) e 7 volte nel Par. (I, 61; xm, 8; xvm, 59; xx,
3; xxi, 35; xxx, 28; xxxi, 32). Oltre al signif. propr. della voce,
sono da notarsi i seguenti: 1. Per Quello spazio di tempo, durante
il quale il Sole sta sopra l'orizzonte; nel qual senso chiamasi Giorno
artificiale, e il suo contrario Notte; Inf. xxxm, 53; Purg. vili, 6;
xxu, 118. - 2. Usato come indicazione di tempo, a denotare Quello,
nel quale una cosa siavviene, ricorre, oppure si far, avverr,
fa,
ricorrer, e simili; Inf. v, 138. Par. xxx, 28.-3. Figuratam. e poe-
ticamente, per Luce del giorno, del Sole; Purg. II, 55. Par. I, 61.-
4. E per L'ora, Il tempo, in cui la luce del giorno apparisce:
onde
i modi A giorno, Alla punta o Al punto del giorno, Innanzi giorno,
-
Farsi giorno, In sul far del giorno, e simili; Purg. IX, 52; xxx, 22.
5. Di giorno in giorno, vale Ogni giorno pi; Purg.
xxiv, 80. Par.
xvm, 59. 6. Il giorno,
- usato assolutane, vale Quel giorno, In quel
giorno; Vit. N. V, 14; xiv, 12.-7. Tutto il giorno, e Tutto giorno,
906 Giosafat- Giotto
posto avverbialm., vale Continuamente, Del continuo; ed anche Sem-
pre; Purg. xxvn, 105. -8. Un giorno, usato in forza d'Avvero., vale
Una volta, con relazione tanto al passato quanto all'avvenire; e in
questo caso equivale anche a Quandochessia; Inf. v, 127.
Giosafat, cfr. Josafat.
Giostra, modera, joute, prov.
ant. frane, joste, jouste o juste,
josta e justa, spagn. justa, forse dal lat. justa, oppure a. juxta,
cfr. Diez, Wrt.i 3 216; L'Atto del giostrare, Armeggiamento con
,
lancia a cavallo, correndo l' un cavaliere contro l'altro per isca-
valcarlo. - Per simil. Inf. vii, 35. Purg. xxn, 42. - 2. Per esten-
1.
sione, vale Combattimento in genere, e altres Fazione, Scaramuccia;
Inf xni, 121. - 3. Correr giostra, vale Giostrare; Inf. xxn, 6.
Giostrare, dall' ant. frane, joster, jouster o juster, modera.
jouter, prov. jostar, justar, spagn. justar, formato dalla prep. lat.
juxta; onde il primo senso della voce francese fu quello di Porre,
e Porsi appresso, poi di Accostarsi per combattere, e finalmente di
Combattere in torneo: Armeggiare con lancia a cavallo, correndo
l'un cavaliere contro l'altro per scavalcare l'avversario. In locuz.
figur. Purg. xx, 74.
Giosu e Josu, lat. Josue, gr. 'Ivjaoos, dall' ebr. JJIC^iT,
che vale II cui aiuto il Signore: Nome del successore di Mois,
che conquist Terra Santa e la divise tra le trib d'Israele. La sua
storia raccontata nel libro biblico che dal suo nome s'intitola.
Purg. xx, 111. Par. ix, 125; xvm, 38.
Giotto, propriam. Ambrogio o Angelo di Bondone, celebre pit-
Nacque a Vespi-
tore italiano e ristoratore della pittura in Italia.
gnano presso Firenze, nel 1276 (cos il Vasari; altri lo dicono nato
nel 1265), figlio ad un contadino di nome Bondone, il quale, rac-
conta il Vasari, i, 302 e seg., avuto questo figliuolo.... l'allev,
secondo lo stato suo, costumatamente. E quando fu all' et di dieci
anni pervenuto, mostrando in tutti gli atti fanciulleschi una viva-
cit e prontezza d'ingegno straordinario, che lo rendea grato non
pure al padre, ma a tutti quelli ancora che nella villa e fuori lo
conoscevano gli diede Bondone in guardia alcune pecore, le quali
;
andando pel podere, quando in un luogo e quando in un altro pa-
sturando, spinto dall'inclinazione della natura all'arte del disegno,
per ed in terra o in su l'arena del continuo disegnava al-
le lastre
cuna cosa di naturale, o vero che gli venisse in fantasia. Onde an-
dando un giorno Cimabue per sue bisogne da Fiorenza a Vespignano,
Giovacchino
trov Giotto che, mentre le sue pecore pascevano, sopra una lastra
piana e pulita, con un sasso un poco appuntato, ritraeva una pecora
di naturale, senza avere imparato modo alcuno di ci fare da altri
che da natura: perch fermatosi Cimabue tutto maraviglioso, lo do-
mand se voleva andare a star seco. Rispose il fanciullo che, con-
tentandosene il padre, anderebbe volentieri. Domandolo dunque Ci-
mabue a Bondone, egli amorevolmente glielo concedette, e si content
che seco lo menasse a Firenze; l dove venuto, in poco tempo, aiu-
tato dalla natura ed ammaestrato da Cimabue, non solo pareggi
il fanciullo la maniera del maestro suo, ma divenne cos buono imi-
tatore della natura, che sband affatto quella goffa maniera greca,
e risuscit la moderna e buona arte della pittura, introducendo il ri-
trarre bene di naturale le persone vive. Divulgatasi presto la fama del
suo valore, fu da molti Principi italiani quasi a gara invitato. Le
pitture che egli condusse nella cappella dell'aitar maggiore di Badia
in Firenze sono sventuratamente perdute e l'autenticit dei ritratti
di Dante, Brunetto Latini Corso Donati, scoperti nel 1840 nella
e
cappella del Palagio del Potest di Firenze, assai dubbia. Dipinse
pure nella Cattedrale e nella Chiesa di Santa Croce; pass quindi
a fare diversi lavori nella Chiesa del Carmine, e il Convito di Erode
e la Trasfigurazione sono quadri di somma bellezza e di grandis-
simo pregio. Chiamato in Assisi, vi termin le opere lasciate im-
perfette dal suo maestro, e di l pass in Peonia, ove lo chiamava
papa Bonifazio Vili a dipingervi un quadro per la sacristia di
S. Pietro. Poco tempo dopo and ad Avignone, e, di ritorno dalla
Provenza, dipinse in molte citt d'Italia, finch la Signoria di Fi-
renze lo nomin suo architetto con lauto assegnamento e gli assegn
la direzione de' lavori di Santa Maria del Fiore e delle fortifica-
zioni. Fu allora che si distinse anche come architetto e alz quel-
P elegante campanile che Carlo V disse degno di esser conservato in
un astuccio. Mor in Firenze il giorno 8 gennaio 1336, e fu sepolto
in S. Reparata. Vasari, Benv. ed altri lo dicono molto amico di
Dante; cfr. Papanti, Dante secondo la tradizione, ecc., p. 35 e 38
e seg. Selvatico in Dante e Padova, 101-92. Sopra Giotto cfr.
Vasari, 1. e. Baldinucci, Notizie dei prof, di dis. i, 107 e seg.
Tiraboschi, v, 675 e seg. Fil. Villani, De civit. Fior. fam. <
35 e seg. Kugler, Kunstgesch. il, 136, 165, 185, 198, ecc. Dante
di Cimabue;
lo nomina come quegli che nella pittura oscur la fama
Purg. xi, 95.
Gio vacchino, abate: cfr. Gioacchino.
Protoevangelio di S. Ia-
Giovacchino, il santo, secondo il
copo (cfr. Cod. apocryph. N. T., ed. Thilo, i, 159; ed. Fabrk I
908 Giovane-Giovanetto
i, 66) marito di Sant'Anna e, dopo parecchi anni di sterilit, padre
di Maria Vergine. Come tale ricordato Conv. ir, 6, 10.
Giovane e Giovine, dal lat. juvenis : 1. Che nell'et in-
termedia tra l'adolescenza e la virilit, Che nel fiore dell'esser
suo; e con una certa estensione, Che in et vigorosa, Che non
avanzato negli anni Purg. xxvn, 97. - 2. Usato nella forma com-
;
parativa, vale Minore di et rispetto ad altri, espressi o sottintesi ;
.detto fgnratam. e poeticam. di membro o parte del corpo; Par.
xxiv, 126. - 3. Aggiunto al nome di autore o altro personaggio ce-
lebre, vale Nato e fiorito pi o men tempo dopo un suo omonimo
non meno celebre, Che di et posteriore a questo e usasi per ;
distinguerlo da esso, al quale per contrario, dicesi Vecchio o II
vecchio; Conv. iv, 5, 125. - 4. Sul difficile e controverso luogo Inf.
xxviii, 135, cfr. Giovanni,. 7.
Giovanetta e Giovinetta, Diminut. e Vezzeggiat. di Gio-
vane Giovine, usato nel gen. fem. Che molto giovane, o in su
e
i principj della giovent; Inf. xvin, 92. Par. in, 103.
Giovanetto e Giovinetto, Diminut. e Vezzeggiat. del-
l' Giovane o Giovine: 1. Molto giovane; e pi determinata-
add.
mente, Che in sui principj della giovent, Che poco pi che
fanciullo; e per estensione anche semplicemente Giovane; Par. in,
103; vi, 52 xi, 58. - 2. E per Proprio di persona giovanetta, Spet-
;
tante a chi in sui principj della giovent, detto di membra del
corpo; Purg. xxx, 122. - 3. Poeticamente detto di anno, vale Che ,
considerato astronomicamente, incominciato da poco, Che in sui
principj della primavera; Inf. xxiv, 1.- 4. In forma di Sosi. masc,
Colui che molto giovane, o in su i principj della giovent; Purg.
Vii,116; XV, 107, nel qual luogo si parla del protomartire Santo Ste-
fano che veramente non era, giovanetto quando fu lapidato dai Giudei,
ma uomo maturo. Infatti egli non mai chiamato giovanetto, ma vir
ed homo; cfr. Acta Apost. vi, 8 e seg., ed il cui discorso, ibid. vii,
2-53, tutt'allro che da giovanetto. Veramente il giovinetto l,
nella storia di Santo Stefano Act. Ap. vii, 57 Et testes depo-
: :
suerunt vestimenta sua secus pedes adulescentis ; sennonch quel-
l' adolescente, cio giovanetto, vocabatur Saulus. Evidentemente
nel passo dantesco Santo Stefano confuso con Saulo, che fu poi
S. Paolo. - Poi. il, 257 e seg., crede invece di dover difendere l'in-
fallibilit di Dante. I commentatori non fecero attenzione alla dif-
ficolt, fino a tanto che vi furono resi attenti dal Com. Lips. li,
271 e seg.
Giovanezza -Giovanni
Giovanezza Giovinezza, Astratto di Giovane e Gio-
e
vine: L'esser giovane; e in senso pi determinato per Et
giova-
nile, Et che segue all'adolescenza e termina alla virilit, Giovent-
Purg. xx, 33. Conv. iv, 9, 123, 127, 128.
Giovanissimo e Giovinissimo, Superlat. dell' a.hl. Gin-
vane o Giovine; Vii. N. i, 12, 32,
Giovanna, femm. di Giovanni: 1. Nome di donna; Cam.:
Doglia mi reca nello core ardire; v. 153. - 2. Moglie di Imon-
conte da Montefeltro; Purg. v, 89. Lan.: Questa fu sua mogliere,
la quale dopo la morte del marito non fu molto sollicita in operare
perch potesse essere dato giudicio, ch'ella l'amasse, overo avesse
di lui OH. ripete letteralmente lo stesso. - Petr. Dani.,
cura. -
Cass., Falso Bocc, Benv., ecc., non ne dicono nulla. - Buti: Questa
fu la mollie, la quale non parve curarsi di po' la morte sua de la sua
salute. - An. Fior.: La contessa Giovanna dopo la morte sua mai
non monstre curarsi di lui, n non fece mai volgere prete ad altare.
3. Giovanna, figliuola di Nino (o Ugolino) Visconti; Purg.
Vili, 71. Di questa Giovanna si tolse molta cura papa Bonifazio Vili,
il quale con bolla del 26 settembre 1296 (cfr. Sforza, Dante e i Pi-
sani, 127 e seg.) la raccomand ai Volterrani come nata da un guelfo
che fu grande amico e benemerito della Chiesa. Alla buona merc delle
esortazioni del papa i Volterrani si dettero a salvare a Giovanna
per retaggio dal padre, le quali ve-
le terre e le castella lasciatele
nivano fieramente contrastate da' vecchi nemici della sua casa. Al-
cuni dicono che rimase nubile (Muratori, Antia. Estens. n, 65),
altri che andasse sposa a Riccardo da Camino (cfr. Mazzoni-Toselli,
Voci e passi di D., 108 e seg. Sforza, 1. e), oppure a Marco Visconti,
l'ultimo dei giudici di Gallura (Martini, Pergam. di Arborea, 81).
Mor in giovane et, senza figliuoli, lasciando suo erede Azzone Vi-
sconti (Murat., Script, xn, 998 e 1019).
4. Giovanna, nata dalla famiglia d'Asa, madre di S. Domenico;
Par. xn, 80.
5. Giovanna, o Vanna, amante di Guido Cavalcanti; Vit. N.
xxiv, 15, 25, 43. Son.: Guido, vorrei, v. 9.
Giovanni, lat. Johannes, gr. 'Iwccvvyjs, dall' ebr. pn\ che vale
Il Signore benigno, oppure, come interpreta S. Girolamo, l)o-
minus gratia ejus. - 1. Usato in generale come nome masc. pei
Un Tale, Taluno, Alcuno, e simili; Conv. i, 8, 72: III, 11, 51. -
2. Giovanni Battista, figliuolo del sacerdote Zaccaria e di Elisa-
betta, parente e precursore di Ges Cristo: Inf. xix, 17. Par. IT,
910 Giovanni
29; xvi, 25; xxxn, 31. Vii. N. xxiv, 25. Cfr. Battista. - 3. Gio-
vanni Buiamonti, cfr. Buiamonti. - 4. Giovanni V Evangelista,
figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Jacopo, apostolo e disce-
polo prediletto di Cristo (Ev. Joh. xiit, 23; xix, 16), gi pescatore
(Ev. Marc, i, 19), al quale Cristo dalla croce affid la propria
madre (Ev. Joh. xix, 26, 27. Dopo la morte di Cristo visse a Ge-
rusalemme, pi tardi and a stabilirsi in Efeso. Ai tempi di Domi-
ziano fu bandito nell'isola di Patmos, e dicono che, gi vecchio,
soffrisse il martirio al tempo dell'imperatore Trajano. Fu ed cre-
duto autore del quarto Evangelio, delle tre Epistole che vanno sotto
il suo nome, e dell' Apocalisse. Ricordato Purg. xxix, 105; xxxn, 76,
Par. IV, 29. Conv. Il, 6, 13; ili, 14, 47. Mon. n, 13, 18; ni, 8, 6;
in, 9, 69, 74, 80; in, 15, 13. detto semplicemente il Vangelista.
Inf. xix, 106; Figlio di Zebedeo, Mon. ili, 9, 56. Si allude a lui,
senza nominarlo, Purg. xxix, 92, 143. Par. xxiv, 126; xxv, 32, 94,
100, 112 e seg. xxvi, 53; xxxn, 127. - 5. Giovanni XXI, papa, cfr.
;
Ispano, Pietro. - 6. Giovanni XXII, papa, da Caorsa, cardinale, ve-
scovo di Porto, bench di bassi natali, eletto papa a Lione il 7 ago-
sto 1316. Ferm, come il suo predecessore, la sua sede in Avignone,
schiavo della Casa di Francia, ma arrogante verso altri principi,
come verso Lodovico il Bavaro, che egli scomunic nel 1324. Mor
il 4 dicembre 1334. Non si rese famoso che per l'enorme sua ava-
rizia; cfr. Vili*., ix, 109, 141, 144, 171, 227, 246, 264,311; x, 36,
78, 184; xi, 20, ecc. Parecchie Vita di questo papa in Baluzius,
Vita Papar. Avenionens., I. Dante allude con disprezzo e con
voi.
ira a lui, senza nominarlo, Par. xvin, 128-36; xxvn, 58.
7. Il re Giovanni d' Inghilterra, Inf. xxviii, 135, il qual luogo
ancor sempre assai controverso. La gran maggioranza dei codd.
ha re Giovanni, mentre alcuni pochi hanno re giovane (cfr. Moore,
Crit., 344-51). L'autorit dei codd. decide pertanto in favore della
lezione Giovanni, la quale pecca per contro la storia. Enrico II
re d'Inghilterra (1154-1189) ebbe quattro figli, che tutti, qual pi
qual meno, furono ribelli padre: 1. Enrico, n. 28 febbraio 1155,
al
m. 11 giugno 1183, chiamato dai Trovatori, e specialmente da Ber-
tram dal Bornio, il re giovane, Beys J'oves, per essere stato coronato
re durante la vita di suo padre.- 2. Riccardo, detto Cuor-di-Leone,
il quale succedette al padre e regn dal 1189 al 1199.-3. Goffredo,
che premor al padre nel 1186.-4. Giovanni, che succedette al fra-
tello Riccardo, e regn dal 1199 al 1216. Or quello dei quattro che
ebbe da Bertram dal Bornio i mai conforti non fu Giovanni, il
quale non ebbe relazioni di sorta col Trovatore provenzale, ma En-
rico, col quale Bertramo ebbe relazioni intime. Ed appunto di Enrico
parla Bertramo le tante volte nelle sue poesie, chiamandolo costan-
Giovanni <,ll
temente lo Reys Joves, n si sa bori comprendere
che Danto, da
quel conoscitore di Bertram dal Bornio ch'egli era,
confonde
Enrico col suo fratello minore, chiamando il primo Giovanni,
ondi
pare che giovane sia la lezione da preferirsi, uh giovanb
essendo
precisamente la traduzione del Reys Joves che si legge le tante
volte nelle opere di Bertram dal Bornio. Dall'altro canto mal si
comprende come mai quasi tutti i codici abbiano RE GIOVANNI, se
veramente Dante scrisse re giovane. Inoltre Enrico fu confuso con
Giovanni anche dagli antichi commentatori. Bambgh: Iste fuit do-
minus Beltramus.... ex cujus militis dolosis consilijs et inaliti,
subgestionibus dischordia et discessio maxima serta est inter do-
minimi Kiccardum Regem et principem et dominum Johannem eius
filium. - An. Sei.: Perch il Re Giovanni ch'era figliuolo del
Re d'Inghilterra, e il Re era consigliato da' Baroni che gli togliesse
la redit (dicendo: che per troppa larghezza distruggerebbe tutto
lo reame), e il padre il volle fare, Beltram il consigli. - Iac.
Dani.: Dimorando (Beltram dal Bornio) alcun tempo nella corte
del buon re Giovanni d'Inghilterra con sue frodolenti e maliziose
parole in rubellion del padre il produsse. - Lan.: Semin tanto
scandalo e zizzania tra il ditto re (Riccardo) e Joanni suo figliuolo,
che '1 ditto Joanni recalcitr contra'l padre, e fu grandissima guerra
tra essi; infine fu morto lo detto Joanni.- Ott.: Beltramo.... fu
prima del consiglio del buono re Riccardo d'Inghilterra, e famiglia-
rissimo; poi s'appoggi al re Giovanni figliuolo del detto re Ric-
cardo, intra quali semin tanto scandolo, che il giovane re si rubell<>
dal padre, e con lui lungamente guerreggi; finalmente nella detta
guerra dallo sforzo del suo padre fu morto. - Petr. Bant. : Ber-
trandus.... dissensionem similem commisit inter regem Richarduni
anglicum, et Johannem regem, dictum regem juvenem, eius filium. -
Cass.: Beltramus.... suo scismate ita irritavit regem Johannem An-
glicum contra patrem ejus quod ad invicem bellati sunt et demuni
mortuus est ipse rex Johannes. - Falso Bocc. : Fu consigliere delre
giovanni figliuolo delre richardo echeglimisse tralpadre elfigluolo
tanta briga eschandoli cheglino nonestavano insieme ederano nimici
mortali. -Benv. il primo a leggere RE giovane; ma Buti,An. Fior..
Serrav., Barg., Land., Tal., Veli., Dan., ecc., continuano a leggere
Giovanni ed a confondere il figlio minore di Riccardo col maggiore.
Mal comprende come Dante, conoscitore delle opere di Beltram
si
dal Bornio, scrivesse Giovanni; ma assai pi difficile riesce il com-
prendere, come quasi tutti gli scrittori di codd. e tutti quanti i com-
mentatori antichi, eccettuatone un solo, lessero Giovanni, se vera-
mente Dante scrisse giovane. Cfr De Bat., i, 305 e
Ferraz., IV, 396 e seg. BaklOW, The Young King and Bertrand
912 Giovare-Giovent
de Bom, Lond., 1862. Contributions, 153 e seg. Blanc, Versuch,
i, 251 e seg. Com. Lips. i, 337. Moore, Criticism, 344-51. Vernon,
Beadings on the Inf. n, 475 e seg.
Giovare, dal lat. juvare : 1. Dare aiuto, Eecare utile o van-
taggio, Far pr, ed altres Essere, Riuscire, utile, molto opportuno
e simili, a checchessia; detto cos di persona, come di cosa odi atto.
contrario di Nuocere; Inf. xm,
134. Purg. xni, 147; xxvi, 3. -
2. E usato assolutam. Inf. ix, 97. - 3. E per Bastare al fine o al-
l' effetto desiderato, Aiutarlo efficacemente, Valere, Servire all'uopo;
Inf. xxvn, 84. - 4. E per Fare o Recar piacere, Dar diletto, Esser
caro, Essere a grado, e simili; Inf. xvi, 84. Purg. iv, 54. Par. IX, 24. -
5. Att. Aiutare, Soccorrere, persona, e figuratam. anche cosa; Appor-
tarle utile, vantaggio;Purg. xxn, 68. Conv. I, 1, 84; I, 8, 10 e seg. -
6. Giovare a uno d una cosa, e anche di una persona, usato per
Prendere egli piacere o diletto, Compiacersene, Andargli essa cosa
a grado, ed altres Fargli essa utile, pr', gran comodo Purg. xxi, ;
63. Par. vili, 137.
Giove, lat. Jupiter, Jovis : 1. Nome mitologico del massimo
degli Dei pagani; Inf. xiv, 52; xxxi, 45, 92. Purg. xxix, 120; xxxn,
112. Par. iv, 62. Conv. iv, 14, 105. Mon. n, 7, 57. pure menzionato
senza nominarlo Purg. xn, 32. - 2. Poeticam. e in senso cristiano,
usato per Ges Cristo, l'Uomo Dio; Purg. vi, 118; cfr. Com. Lips.
il, 79.- 3. Term. dell'Astronomia: Nome del Pianeta pi grande del
nostro sistema, il quale accompagnato da quattro satelliti; no-
tevole per la vivezza della sua luce, e compie la propria rivolu-
zione periodica intorno al sole in undici anni e dieci mesi poco pi;
Par. xviii, 95; xxn, 145; xxvn, 14. Conv. il, 4, 5; il, 14, 142, 146;
il, 15, 109.
Giovenale, Decimus Junius Juvenalis, celebre poeta latino,
nato nel 42 o 47 dell'era volgare (cfr. Borghesi, Intorno all' et
di Giovenale, Roma, 1847) in Aquino, m. verso il 130, del quale
ci restano 16 satire, divise in cinque libri. Cfr. Francke, Examen
critieum D. Junii Juvenalis vitrn, Altona e Lips., 1820. Ejusd.,
De vita Juvenali, Dorpat, 1827 e le Storie della Letteratura latina
del Baehr, i
4
, 618-31. Teuffel, 2 a 728 e seg. Bernhardy,
ed., p.
a
3 ed., p. 559 e seg. ricordato Purg. xxn, 14. Conv. iv, 12, 62;
iv, 29, 28. Mon. n, 3, 12.
Giovented anche Gioventnde e Gioventnte, dal
lat. Juventus; L'esser giovane, Stato e Condizione di persona gio-
vane. Ed altres Et di giovane, Et intermedia tra l'adolescenza
Gioviale-Girare gjg
e la virilit; Conv. iv, 24, 4, 29, 81; iv, 25,
4; iv 26 7 17 57
7 '
'
88; iv, 27, 3, 18, 26, ecc. ' * '
Gioviale, dal lat.jovialis, Di Giove, Appartenente a
Giove
E per Che si riferisce, Che appartiene, al pianeta Giove; ed al-
tres Che , Che si trova, Che dimora, nel pianeta Giove-
Par
xviii, 70.
Giovine e i suoi derivati: cfr. Giovane e suoi derivati.
Girare, dal basso lat. gyrare, Andare, Muoversi, in giro, Muo-
versi circolarmente. Voce adoperata nella Div. Coni. 42 volte, cio
8 neVInf. (iti, 53; vii, 127; ix, 29; xv, 95; xvn, 125: XXVJ,139;
xxx, 135; xxxiv, 6); 11 nel Purg. (iv, 48; xiv, 148: xv, 8: \ix, 62;
xx, 13, 114; xxn, 123; xxm, 71; xxvm, 111; xxx, 6; Etxii, 20)
e 23 volte nel Par. (11, 113, 138; vm, 35; x, 4, 32, 77, 102: xiu,
17; xv, 93; xvm, 61; xxi, 81, 137; xxn, 119; xxm, 21, 96, 103,
106; xxiv, 14; xxv, 12, 21; xxvnr, 26, 125; xxx, 130). - 1. Nel senso
propr. Inf. xvn, 125. Purg. xxvm, 111. Par. xvm, 61, ecc. - 2. E
per Muoversi nel proprio asse, Rivolgersi su s medesimo, Roteare;
Inf. xxvi, 139. - 3. Per Aver di circuito, Esser lungo in giro, Mi-
surare intorno intorno; Par. xxx, 130. -4. Att. Mettere in giro, Far
girare, sia attorno, sia su s medesimo, riferito a cosa, ad alcuna
parte di essa; Inf. xv, 95; xxxiv, 6. Purg. xix, 62.-5. Figuratane
e poeticam. Par. 11, 138.-6. Pur figuratane, riferito a fatti umani,
per Far avvenire, Far succedere; ed altres Regolare, Governare;
Cam.: Morte, poich' io non truovo a cui mi doglia, v. 6. - 7. Poe-
ticamente per Trarre, Menare seco, in giro, ed anche Manifestare
girando; Par. xxn, 119; xxm, 103.-8. Vale anche Avvolgere in
giro, Cingere tutto intorno, Circondare, Aggirare; Inf. ix, 29. Purg.
iv, 48. Conv. in, 5,15.-9. E figuratane Par. xxv, 12. Conv. ni, 12,62.-
10. Vale anche Percorrere in giro, intorno intorno, riferito a luogo;
Inf. vii, 127. Purg. xv, 8; xxn, 123.- 11. E in particolare parlan-
dosi di navigazione, vale Percorrere una costa spiaggia, Costeg-
giare; figuratane Purg. xx, 114.- 12. Neut. pass. Muoversi in giro,
Muoversi circolarmente intorno ad un centro; ed altres Muoversi
intorno a s medesimo, Aggirarsi su s medesimo, Roteare Purg. :
xiv, 148. Par. x, 77; xxiv, 14. - 13. Pure per Aggirarsi, e in re-
lazione con mente, animo, e simili, detto di ci che altri vada pen-
sando, ricordando, considerando, e simili; Inf. xxx, 135. Par. \,1.-
14. Nel luogo Inf. in, 53 si pu intendere che l'insegna girava Bop
s stessa, oppure che faceva il giro del cerchio. La prima inter] i]
tazione sembra preferibile. Bocc. In giro andando. - Boss.
:
rando in s stessa e intorno. Cfr. Blanc, Versuch, 1, 36 e
58. Enciclopedia dantesca.
914 Girazione-Griro
Siri razione, L'atto del girare, del rivolgersi sopra s stesso,
Moto in giro, Giramento; Conv. in, 5, 50. Vit. N. i, 3.
Gire, dal lat. ire, premessovi il g, o dal lat. deire : Muoversi
da luogo a luogo, proprio degli animali che vanno co' piedi, Andare;
e come questo verbo si usa e si costruisce. E difettivo, e proprio pi
del verso che della prosa. Dante l'adopera nella Div. Com. 39 volte,
20 neWlnf. (x, 134; xi, 112; xn, 24, 31; xiv, 25, 81; xvi, 69; xvm,
45; xx, 60; xxi, 117; xxn, 5; xxnr, 59, 145; xxv, 78; xxvi, 84;
xxvn, 2; xxvin, 61, 111; xxix, 16, 34), 17 nel Purg. (il, 51, 60,
131; vi, 65; ix, 77; xi, 15; xn, 69, 78; xiv, 113, 119; xxn, 127;
xxvn, 5; xxvin, 40-, xxix, 4; xxxt, 95; xxxu, 135; xxxni, 16) e
2 volte nel Par. (xi, 5; xxvin, 125). - 1. Semplicemente per Andare,
Inf x, 134 e sovente. -2. Figuratane, detto di cose; Conv. iv, 30, 25.-
3. Per Camminare; figuratane Purg. xi, 15. - 4. Girsene, Girne, per
Partire; anche figuratane Inf xxvin, 61; xxix, 34. Purg. II, 51;
xiv, 113. - 5. Aggiunto a' gerundj de' Verbi, come per es. Gire leg-
gendo, cantando, mangiando, e simili, denota il fare quelle tali ope-
razioni del leggere, cantare, mangiare, e simili; e indica propria-
mente la continuit e frequenza dell'azione: anche figuratane Conv.
i, 1, 45.-6. Girsene, vale poeticam. e figuratane Morire; Purg.
XIV, 119.-7. In forza di sost., L'atto dell'andare; Inf. xi, 112.
Giro, dal lat. gyrus, Limite, Linea, che termina intorno intorno
uno spazio o un corpo; Circuito, Perimetro, Circonferenza. Voce ado-
perata nella Div. Com. 28 volte, cio 4 nell'In/", (x, 4; xvi, 2; xxvin,
50; xxxi, 90), 8 nel Purg. (i, 15; ix, 35; xvn, 83; xix, 70; xxn, 2
xxiii, 90; xxix, 121; xxx, 93) e 16 volte nel Par. (ir, 127; ni, 76
iv, 34; vili, 20, 26, 35; XII, 4; xiv, 74; xvn, 96; xxi, 138; xxv, 130
xxvin, xxxn, 36; xxxin, 110). -1. Poeticam. per
15, 139; xxxt, 67;
Figura Par. xxxin, 116. - 2. Pure poeticam. detto
circolare, Circolo;
di ripiani circolari che si distendono tutt' intorno, o interiormente
a una cavit di forma circolare, o esteriormente ad una montagna
pure di forma rotonda, come i Cerchi dell'Inferno, Inf x, 4; xvi, 2;
xxvin, 50, ed i Eipiani del Purgatorio, Purg. xvn, 83; xix, 70;
xxn, 2; xxin, 90. - 3. E pur poeticam., per Ordine circolare di seggi,
Luogo nel quale stanno, circolarmente disposte, persone sedute; Par.
xxxi, 67 xxxn, 36. - 4. Detto di alcuno de' cieli o sfere, secondo l'an-
;
tico sistema astronomico, sia rispetto all'ambito o comprensione loro,
sia al loro movimento di rotazione; Purg. i, 15; xxx, 93. Par. ti, 127;
ni, 76 iv, 34 vili, 35 xxvin, 139. - 5. In locuz. figur. Par. xxvin, 15.-
; ; ;
6. Per Moto circolare, Movimento per una circonferenza; ed altres
Volgimento, o Eivolgimento, intorno ad un centro, o ad un asse;
Girolamo -Giuba m:,
Par. vili, 26; xiy, 74; xiv, 130. - 7. E figwatam.
Par. xvn,
8. E
per Avvolgimento circolare intorno a checchessia,
detto di
che ne cinga un'altra, apposta a quella; Inf. xwi
posto avverbialmente, vale Intorno, Attorno a s; Pura. i\.
10. E per In circolo, Circolarmente, In ordine, o Con
moto, e
lare Purg. xxix, 121. Par. vili, 20.
Girolamo, cfr. Jeronimo.
Girone, Accresciti di Giro, Cerchio grande, Grande spazio cir-
colare- -1. Per Le tre suddivisioni o cerchi concentrici del settimo
cerchio dell'Inferno; Inf. XI, 30, 39, 42,49 ;Xlll, 17; XIV, 5; XVII,
2. I Cerchi, o Ripiani circolari del Purgatorio; Purg. XII, 107; \
xvn, 80; xviit, 94; xix, 38. - 3. E per Ciascuno dei cerchi o sfere ce-
lesti, secondo l'antico sistema astronomico, Par. n, 118.
Gittare, Gittatore, cfr. Gettare, Gettatore.
Gi, e per paragoge Giue, troncamento di giuso, Avverbio de-
notante luogo in basso, contrario di Su. Occorre centinaia di volte
nella Div. Coni, e nelle opere volgari di Dante.- 1. Per A basso, In
basso, In fondo; Inf. xxvi, 45. Purg. Vili, 25. Par. XXXI, 48.-2. E
in congiunzione con un compimento denotante il primo o l'ultimo
termine del moto; Inf v, 2; xvi, 103; xxxiv, 121. Par. xvi, 122. - 8. E
con un compimento retto dalla particella Per, denotante discorri-
mento o moto verso
il basso; Inf. vn, 105: XII, 28: XIV, 117; 1
Purg. xv, 95. Vale pure Nel mondo: detto rispettivamente a cielo,
- 4.
paradiso, o simile; Purg. xm, 140. Par. Vili, 118: XXVII, 65.-5. Di
gi, posto avverbialm., vale Da basso, Da luogo basso, ed altres
Da luogo o parte inferiore; anche in modo ellittico: Inf. xvm, 107. -
6. Di gi, di su, denota movimento dal basso all'alto, e viceversa, e
propriamente con una certa rapidit e confusione; Inf. v, 43.-7. In
gi, posto avverbialm. vale In basso, o Verso il basso: od alti
terra o Verso terra; Inf. xxiv, 70. Purg. xn, 13. - 8. E a in
giunto, vale Inclinato, Piegato al basso, verso terra: Inf. XXXII,
9. In gi, dipendente da un termine retto dalla particella D
denota percorrimento o moto che si continui da esso termine; Inf.
vaio
xxxt, 89. - 10. Porre gi, figuratam., riferito a cosa morale,
Deporre, Dismettere, Lasciare; Purg. XXVII, 31; XXXI, 46.
Giuba o Juba, lat. Juba, gr. I<5pa 6 , figlio di Jempa
della Numidia, e forse nepote di quell'
Jempsale che fu ucciso da
Nemico di <-><
Giugurta. Succedette al padre verso l'anno 50 a. C.
giovent, fn caldo e
Cesare, dal quale era stato offeso nella sua
916 Giubbetto-Giubbileo
nitore di Pompeo. Nel 49 a. C. riport una gran vittoria sopra
Curione, luogotenente per Cesare nell'Africa, e dopo la battaglia
Farsalica e la morte di Pompeo non mut bandiera, sostenne anzi
con tutte le sue forze Scipione e Catone, e diede al dittatore non
poco da fare. Ma, vinto da Cesare, si vide costretto a cercare sal-
vamento nella fuga, e, abbandonato dai suoi sudditi, che pi non
vollero riceverlo, preso dalla disperazione si diede la morte, lasciando
un figlio, che, condotto a Roma, fu trattato umanamente dal vinci-
tore, ed ebbe poi il regno della Macedonia; cfr. Auct., Bell. Afr.,
25, 57, 77, 93 e seg. Dio Cass., xliii, 3, 9. ricordato Par. vi, 70.
Giubbetto, frane, gibet, Forca, ingl. gibbet, probabilm. dimi-
nutivo di giubba; Forca, Patibolo; Inf. xm, 151. - Bambgl.: In
domo suo cura quadam corigia eius dicto loco [se] ipsum suspendit.
Et propterea dicit Jo feci Jubeh, etc, quia locus in quo suspenduntur
[homines] In partibus francie vocatur Jubeth, et ipse idem de-
domo propria constituit sibi Furchas. An. Sei., Iac. Dani., Petr.
Dant., ecc., non si fermano sopra questa voce. - Lan. : Giubbetto
in Parigi una casa nella quale si fa la giustizia per la pubblica
Signora: l si taglia teste, l si impicca, l si procede nella per-
sona de' malfattori per la ragione pubblica. Or dice l'anima del ce-
spuglio eh' elli fece delle sue case a s giubbetto, cio che si ap-
picc s stesso. - OH.: Il luogo dove s'impiccano gli uomini si
chiama giubbetto in Parigi e per Francia. - Cass.: Giubettum
est quedam turris Parisuis ubi homines suspenduntur. - Bocc. :
Giubbetto, cio forche,... e cos mostra s'impiccasse per la gola
nella sua medesima casa: quale dice avere a s fatto giubbetto,
la
perciocch cos si chiama a Parigi quel luogo dove i dannati dalla
giustiza sono impiccati. - Falso Bocc.: Io f giubbetto amme
delle mie chase eoe io minpicchai perlachanna della ghola. - Benv.:
Ego suspendi me in domibus meis. Nam gibeth in lingua gallica
idem est quod furca, sive locus ubi fures suspenduntur. - Buti:
Questo giubbetto vocabolo francesco luogo delle for-
e significa
che, perch cos si chiama a Parigi, e per dice che s'impicc per
la gola in casa sua. - An. Fior.: Giubetto sono chiamate le for-
che in Francia. - Serrav.: Jubettum Parisius dicitur forca, lo-
cus suspendii, sive patibuli. - Barg. : I francesi gibet dicono alla
forca; vuol adunque dire, io feci forca a me, io m'impiccai nelle
mie case.
Giubbile e Giubileo, dal lat. ecclesiastico jubileum, e
questo dall' ebr. 7DV, che vale Suono, Rimbombo, Squillo: Indul-
genza plenaria, concessa dal sommo Pontefice alla Chiesa universale,
Giuda -Giudeo ,| 7
o parzialmente a Roma; massime nell'anno santo, o ad
altri luoghi
chiese, con piena remissione di tutti i peccati
a coloro che adem-
piono le opere di piet ingiunte da esso Pontefice.
Comunemente
intendesi di Quello che in antico veniva concesso ogni
cento anni,
poi ogni cinquanta, ed oggi ogni venticinque: Inf. xvm,
29, nel
qual luogo si parla del giubileo istituito nel 1300 da
Bonifazio Vili.
Vedine la relativa Bolla in Boehmer, Corp.
jur. can. n, 1193 il
Villani, vili, 36: Per la qual cosa gran parte de
cristiani
1
allora viveano, feciono il detto pellegrinaggio cos femmine
come
uomini, di lontani e diversi paesi, e di lungi e d'appresso. E fu
la pi mirabile cosa che mai si vedesse, che al continuo in tutto
l'anno durante, avea in Roma oltre al popolo romano, duecento-
mila pellegrini, sanza quelli ch'erano per li cammini andando e
tornando, e tutti erano forniti e contenti di vittuaglia giustamente,
cos i cavalli come le persone, e con molta pazienza, e sanza roniori
o zuffe; ed io il posso testimoniare, che vi fui presente e vidi. -
Giuda, lat. Juda, gr. 'IoSag, dall' ebr. jVRTF, che vale Pre-
t :
gio, Lode, Gloria, e simili. - 1. Giuda il Patriarca, quartogenito del
patriarca Giacobbe, capostipite di quella delle dodici trib d'Israele
che da lui si nomina; Man. in, 5, 3, 5, 6, 9. - 2. Giuda, fratello
di Giacomo, uno degli Apostoli di Cristo, autore dell'Epistola cat-
tolica che porta il suo nome. l'uno dei quattro in umile pu-
nita, Purg. xxix, 142; cfr. Processione della Chiesa. -3. Giuda
Maccabeo; Par. xvm, 40; cfr. Maccabeo. -4. Giuda Scariotto, To-
Scariotto), Quello dei dodici Apostoli di Cri
ac, 'loxapuTYji; (cfr.
che trad suo divino maestro per trenta sicli d'argento e poi and
il
a strangolarsi; Inf. ix, 27; XXXI, 143; xxxiv, 62. Purg. xx, 71 XII, 84. ;
Ricordato senza nominarlo, Inf. xix, 96. - 5. Famiglia fiorentina.
Par. xvi, 123. Cfr. Giudi.
Giudea, lat. Judaa, gr. 'lottata, dall' ebr. miT, La regione
meridionale della Palestina all'occidente del Giordano: e prendi
anche per tutta la Terra Santa; Conv. Il, 1, 46.
Giudecca, da Giuda traditore di Cristo: Nome di hi
il
finto da Dante nell'Inferno, dove si puniscono coloro che tradirono
i benefattori; Inf. xxxiv, 117.
Giudeo, lat. Judaus, gr. 'IooSaos, dall' ebr. W, plurale
Cittadino del regno di Giuda; e in generale per Ebre
DTlJT,
appartiene al popolo d'Israele; Inf. XXIII, 128; XXVII, 87. Par.
918 Giudi
vii, 47; xxix, 102. Conv. il, 5, 47; li, 9, 52; iv, 28, 58, 60. Mon.
in, 13, 30; in, 15, 21.
Giudi, antica e nobile famiglia fiorentina; Par. xvi, 123. -
Erano i Giudi signori di Galigarza nel contado Fiorentino allor-
quando vennero a citt, e di nazione e di sangue erano gentilissimi.
Le case loro e le loro torri, che aveano munitissime, stavano in
parte nel Borgo dei SS. Apostoli, e colle loro abitazioni teneano
insino allato alla chiesa di S. Maria sopra Porta, ed ivi d'appresso
inverso Terma. Primo ad ottenere l'onore del consolato fu Baldo-
vino d' Ugone di Giuda nel 1176, il quale ricev dal Comune di
Siena la donazione di una met del castello di Poggibonsi instru- ;
mento a cui fu presente Borgondione di lui fratello. Kanieri ed Ugo
di Baldovino conseguirono anch'essi la dignit consolare; l'uno
nel 1197, l'altro nel 1204. Furono poi i Giudi tra i caporioni dei
ghibellini quando si divise Firenze per le maledette ire di parte:
e dalle loro torri combatterono contro i Buondelmonti e i Giando-
nati. Cacciati dalla citt nel 1258, vi ritornarono nel 1260 dopo di
avere combattuto e vinto a Monteaperti; ma nel 1268, prostrata la
parte ghibellina per le patite sconfitte, convenne ai Giudi di an-
dare nuovamente in esilio. Nel famoso libro del Chiodo leggonsi di-
chiarati ribelli, senza speranza di perdono o di mitigazioni di pena,
Migliaccio, Bianco, Giudino e Nanni di Chiarino con i fratelli ed
i figli; Porcellino e tutti i discendenti di Neri il vecchio, Ghino,
Chianuzzo, Gerardo e Fese di messer Giuda di Baldovino; Schiatta,
Noffo, Lotto e Gaidiferri di messer Ranieri coi figli loro; messer Fi-
renze coi figli; messer Iacopello co' figli; Baldovino di Arnolfo; e
tutti, infine, quei che vivevano ditale agnazione. N la pace del 1280
che riport in patria tanti esuli fu per essi benigna; avvegnach
si volle in quell'atto ratificata la loro condanna; e pi specialmente
contro Meo di messer Firenze e Giudino di messer Gianni eh' eransi
mostrati ostili contro la patria. Non occorre dire che nel 1282 fu-
rono dichiarati Magnati; che nel 1293 furono esclusi dalle Magi-
strature; che la riforma del 1311 non volle migliorate le loro con-
dizioni. Prostrati i Giudi per tante sventure e ridotti a povert,
vollero tentare di dischiudersi la via delle Magistrature, dopo che
il popolo ebbe per sempre depressi i Magnati: e perci profittando
dei mezzi che ne davano le leggi, Ser Piero, Gherardo e Bindo di
Nozzo coi loro figli, chiesero ed ottennero il 9 ottobre 1361 di mu-
tare lo stemma e il cognome, e di potersi per l'avvenire appellare
dei Nozzi. Ma a nulla giov ad essi una tanta vilt, perch se riu-
scirono a conseguire di essere squittinati, non poterono per altro
giammai ottenere veruna Magistratura. Povera ed oscura sussist
Giudicante - Giudice delie Colonne 918
la famiglia sino al secolo XVI, e credesi che mancasse nel
1506
alla morte di Francesco di Gabriello. Lord Vkrnon,
Inf, voi. n,
479 e seg.
Giudicante, lat. judicans, Che giudica ; epiteto dato a :
Par. ix, 62.
Giudicare, dal lat. judicare:
1. Esercitare l'ufficio di giu-
dice o di arbitro, Dare sentenza; Inf. v, 6. -2. E per Fare giudizi*,
e stima morale delle persone, dei loro sentimenti, azioni e simili;
Par. xin, 131; xix, 80; xx, 134. - 3. Pure per Dare giudizio, sen-
tenza, parere, Fare stima, con compimento, retto dalle prep. Di, In,
Sopra e simili, denotante le persone, le azioni, i sentimenti, e an-
che le cose, intorno a cui si giudica; Par. vi, 97. - 4. E per Deli-
berare, Risolvere, Determinare, con autorit; ed anche per sempli-
cemente Decidere Inf. vii, 86.- 5. Riferito a persona, facolt, abito,
;
atto,umano, vale Reputarlo, Stimarlo, Qualificarlo, tale o tal altro;
Farne quella stima o quel giudizio che determinato dal contesto
del discorso; Conv. iv, 15, 137. - 6. E figuratam. Conv. in, 10, ''>
Giudicativo, dal basso lat. judicativus, Che giudica, Giudi-
cante, e altres Atto a giudicare; detto di facolt, virt razionale;
Conv. i, 4, 34; ni, 2, 97.
Giudicato, dal lat. judicatus: 1. In forma \Add. detto ili
pena, vale Assegnato, Stabilito, pervia di giudizio, sentenza; anche
per similit. Inf. xxvin, 45. - 2. In forza di Sost. vale Persona giu-
dicata, sottoposta a giudizio; anche figuratam. Conv. i, 4, 11.
Giudicatore, Verb. masc. da Giudicare: 1. Chi o Che giu-
dica; Conv. i, 4, 10. - 2. E per Condannatore Conv. iv, 5, 87.
;
Giudice, Quel pubblico ufficiale che giudica
dal lat. judex: 1.
delle cause a lui deferite. Figuratam. Purg. xxxi,
39.- 2. Fu pure
il titolo di Colui che governava una determinata
parte dell'isola di
Sardegna; Purg. Vili, 53, 109.
Giudice, messer Iacopo del Giudice Alberti,
Neri di
col
di Dante nel priorato. Cfr. Priorato di
Dante.
Giudice delle Colonne, lat. Iudex de Colmimi*, Guido
italiano, non verso la
delle Colonne da Messina, poeta e storico
tal roccolo a
met del sec. XIII, e fu chiamato Giudice, perch
lo stesso che ai d nostri
quella di Dottore. \ i
quei tempi valeva
I di Sicilia in Inghilterra, e
scrisse una Htsiom
con Edoardo
-
920 Gindizio-Oiunco
gibus et rebus Anglice ed una Historia destructionis Trojcc. Col-
tiv pure la poesia volgare, ma senza elevarsi al disopra della me-
diocrit. Dante lo ricorda, citandone un verso, Vug. El. il, 5, 34.
Giudizio ed anche Giudicio, dal lat. ju dicium : 1. L' atto
e L'effetto del giudicare; Decisione, Sentenza, di giudici, di arbitri
e simili; Inf. vii, 83. - 2. E per Trattazione, dinanzi al tribunale,
di una causa civile o criminale. Per similit. Inf. v, 14. - 3. In senso
biblico e religioso, vale Pena, Punizione, Gastigo, sia temporale sia
eterno, dato da Dio ai peccatori; ed altres Calamit, Sventura, che
Iddio manda per punizione delle colpe Purg. vi, 100. - 4. In senso
;
particolare, vale Stima morale, Estimazione, Sentonza, circa a per-
sone, atti, fatti, e anche cose; Conv. I, 4, 22; in, 10, 21; IV, 1, 42;
IV, 27, 66. Mon. I, 12, 11, 14, 16, 17. - 5. Giudizio di Dio, divino,
eterno, e simili, e anche semplicemente Giudizio, vale Disposizione,
Decreto, Ordinazione, Sentenza, Volont, di Dio, o della Provvi-
denza; e altres Giustizia divina; Inf li, 96; xx, 30. Purg. vi, 37;
Vili, 139. Par. xix, 99; xx, 52. Canz.: Tre donne intorno al cor mi
son venute, v. 77. - Giudizio universale, divino, futuro, estremo,
6.
finale, grande, e anche semplicemente Giudizio, chiamasi II giudizio
col quale Iddio alla fine del mondo giudicher i vivi e i morti; Par.
xix, 107.
Giue, forma antica e poetica per Gi; Inf. xxxn, 53. Purg.
Vili, 25; xn, 13.
Giuggiare, dal prov. jutjar, frane, ant. e mod. juger, forma
antica per Giudicare Purg. xx, 48, nel qual luogo giuggia vale Giu-
;
dica. Giuggiasse per Giudicasse us Fra Guittone; cfr. Nannuc,
Verbi, 148, nt. 2.
Giugnere e suoi derivati, cfr. Giungeee e suoi derivati.
Giulio, cfr. Julio.
Giunco, dal lat. juncus, Nome generico d'una famiglia di
piante erbacee, perenni, che fanno nei luoghi marittimi o palustri,
con fiori bruni in pannocchia appuntata, e foglie cilindriche, gra-
cili, e che terminano in punta acuta e pungente, e per la loro re-
sistenza servono a fare stuoie, a legare e simili usi; juncus, lo
che i Botanici distinguono con diverse denominazioni secondo le re-
spettive specie; Purg. I, 95, 102. - Lan.: Giunco si una pianta
la quale non porta foglie n brocche, a mostrare che lo umile non
dee fiorire nelle temporali cose. - Ott. ripete alla lettera lo stesso.
Petr. Dani.: Dirigitur.... ad ascensum montis; ubi est labor: item
Giunco mi
ad laudandum et cingendum ipsum a Virgilio, ideal a ratio:
junco, idest de humilitate, dicendo admirative quod idem
juncus il-
lico renatus est ibidem. Hoc enim vult figurare quod, cum
rolnmns
morigerari in humilitate, debemus accipere actus et more* alicnjus
humilis, et item in qualibet alia virtute; quibus actibus et moribus
acceptis, nihilominus resurgunt et dimittuntur sic in ilio.- r
Vult dicere quod homo humilis.... non debet esse in hoc mun
gidus sed extractus ab omni delectatione et viriditate temporali,
giuncus est quedam pianta palustris que non habet folia aliqua nec
flores producit.- Falso Bocc.: Perlo giuncho dei intendere lu-
milta ella semplicit perche altutto umilita si vuole pigliare e avere
avolersi partire davizii e dapecchati e chi none umile nonsene pimi e
partire ne anche entrare apurgharsi degli altri vitii epecehati.-
J5env.:Nota quod bene figurat humilitatem per juncum. Juncus
enim oritur in locis bassis, in limo molli, et est sine nodo brevis,
flexibilis, et cedit ad impetum undarum et curvat se ad terram; ita
autor qui primus erat natus inter montes et saxa velut quercus alta,
dura et nodosa, nunc induit humilitatem, et dedit terga contra im-
petum adversorum, et venit ad habitandum locum planum, scilicet
Eavennam, recedens a gente superba suorum. - liuti: Per questo
d ad intendere allegoricamente che chi vuole nel mondo intrare
ne la penitenzia, conviene esser sopra cinto d'alcuno grado d'umil-
tade, secondo la condizione dell'omo: imper che altro grado si con-
viene ad uno, et altro ad un altro. E cos si de' eleggere lo grado
conveniente a la condizione del peccatore, quando vuole intrare ne
lo stato de la penitenzia, ne la quale s'entra con grado d' unii lt ade
che significata per lo giunco: imper che come lo giunco fon-
dato in natura per suo nutricamento, senza fronde e senza fiori: cos
l'omo umile non de' avere appetito di cose mondane, se non estre-
mamente per vivere; e de' essere sopra cinto: imper che una cin-
tura de' avere che lo faccia forte contro le concupiscenzie etappetiti
carnali, et un'altra che lo faccia paziente a lo stato de la penitenzia.
E perch santo Gioanni distingue li peccati in tre specie; ci.' bo-
perbia di vita, contra la quale si conviene cingere lo grado de la
umilt significato per lo giunco; e concupiscenzia di carne, contra
la quale s'intende cingere la cintura de la continenzia, la
quale
concupiscenzia de
pone che Dante avesse gi cinta; e l'ultimo la
volto
gli occhi, contro la quale dice che si vuole lavare lo
i
dal
rugiada, eh' ne la piaggia del purgatorio caduta cielo, i
grafia il-
desiccata per lo caldo del sole mondano, che significa la
splendori
luminante che discende di cielo, e non s'asciuga per li
mondani che si cognoscono essere vili, e schiara li occhi abbalkati
la ignoraniia
di nebbia; cio lo intelletto e la ragione occupati de
922 Giungere
co la quale desiderante li beni falsi mondani non si conviene d' an-
dare inanti ai ministri di paradiso, anco con perfetta scienzia de-
siderante li beni eterni. - Che il giunco sia simbolo dell'umilt
opinione di tutti i commentatori.
Giungere e Gingiier e, dal lat. jungere, Unire, quasi Con-
giungersi con quel luogo che termine del moto; come, pel con-
trario, Partire da un luogo, inchiude l'idea del separarsene; e sepa-
rare se, per Partirsi, hanno i documenti del medio evo. Nelle diverse
sue forme il verbo giungere adoperato nella Div. Com. 65 volte,
32 neWInf, 24 nel Purg. e 9 nel Par. - 1. Arrivare in un luogo,
Venirvi, Pervenirvi; Inf. iv, 111; Vili, 76; xxi, 65, ecc. - 2. Usato
anche con un termine denotante persona, o riferentesi a persona;
Inf. 30, 28. - 3. Pure per Arrivare, Pervenire, Venire, detto figu-
ratamente di tempo, o di un dato spazio o termine di tempo; Inf.
i, 56. - 4. E per Arrivare, Pervenire, a un dato termine di tempo,
o di et, o a un dato punto della vita; detto anche di atti e di cose;
Purg. vi, 144. - 5. E per Arrivare con la propria misura, e pi spe-
cialmente con 1' altezza, o con la lunghezza, a un dato punto o ter-
mine; Arrivare ad agguagliare, a toccare, a prendere, e simili, chec-
chessia; Inf.xxxi, 63.-6. E per Arrivare, Venire, Pervenire, narrando,
ragionando, numerando, e simili, a un dato atto, fatto, tempo, perso-
naggio, a una data conclusione o conseguenza, a una data somma, e
simili; Par. xxix, 49. - 7. Costruito, mediante la particella A, con
l'Infinito di un verbo, vale Riuscire a fare ci che il verbo significa,
Poter compiere, Essere in grado di compiere, Essere da tanto da
compiere, l'azione espressa dal verbo; Purg. xvn, 8.-8. Giungere,
vale pure Venire improvvisamente, inaspettatamente, Sopraggiun-
gere, Sopravvenire detto figuratam. anche di cosa Inf. xxiv, 18. -
; ;
9. E figuratam., detto di pensieri, o di moti dell'animo o affetti,
vale Venire in mente, o Nascere, Suscitarsi, nell'animo; Vii. N.
xiv, 52; xv, 1, 11. - 10. Altres figuratam., e pur detto di affetti,
o di moti dell' animo, e simili, per semplicemente Venire, Soprav-
venire; Inf. xxxr, 39 (nel qual luogo giugnmi, come hanno parecchi
testi, vale mi giugna, contratto eli mi giungeva; cfr. Nannuc,
Verbi, 140 e seg., 205, nt. 8. Sembra per che in questo luogo la
vera lezione sia crescmi, come hanno i pi, poich il Poeta aveva
paura gi prima, ed allo scorgere i terribili giganti quella paura,
ch'egli gi aveva, divenne assai pi forte, gli crebbe; Conv. Ili, 1, 17.
11. Giungere, Att. Unire o Stringere insieme, Congiungere; e
per estensione, Accostare strettamente, o in modo da toccare; Purg.
X, 132. Par. i, 39. - 12. Figuratam. e in locuz. figur. Par. xxxm, 80. -
13. E pur figuratam., per Porre, Condurre, accanto; Inf. xix, 44. -
Giuno -Giuochi
14. Vale pure Legare insieme, Accoppiare,
Aggiogare, ed a,
Attaccare a un veicolo; riferito a bestie da tiro,
e pi particolar-
mente a bovi; Purg. xxxn, 57. - 15. E per Aggiungere, ritento
cose sia morali sia intellettuali, a qualit, atti, e simili;
Par. XV,
16. E assolutane, per Fare altre parole seguitando un
discorso/sog-
giungere; Por. xvn, 94. - 17. E per Raggiungere, Arrivare; \\u Inf.
126. Purg. xxm, 17. -18. E figuratane Conv.m, 15, 68; IV, 22, 145.-
19. Pur
figuratami., per Arrivare a intendere o comprendere,
noscere, ed altres Arrivare a possedere, Conseguire, esimili; Purg.
XVII, 129. Par. IV, 128. - 20. E per Sopraggiungere, Seguire, .
dietro, in senso per figurato; Purg. XI, 93. - 21. Neut. pass.
giungersi, Unirsi, Riunirsi; detto anche delle varie parti in che
divisa o distinta un'opera; Inf. xxxiv, 42.
Ginno, Giunone ed anche .Fineo. .limone, &t.Juno;
la "Hpa o "HpY] dei Greci, figlia di Saturno (Hesiod., Theog.,
sorella e moglie di Giove; Inf. xxx, 1. Par. xn, 12; xxvui, 32. (
ii, 5, 30. Vit. N. xxv, 50. Cfr. Ancella, Messo.
Giunta, L'atto del giungere a un luogo, Arrivo. 1. Per Ci
che aggiunge a cosa detta o scritta, e pi specialmente a una
si
questione risoluta, a una proposizione dimostrata, e simili, o per
meglio raffermarla, o per dedurne qualche conseguenza; Par. vi, 30. -
2. E per Annodatura delle membra, Articolazione, Giuntura, Congiun-
tura; Inf. xix, 26. - 3. Nella prima giunta, vale Come tosto uno
giunge, Appena giunto o arrivato, in un luogo; e per estensione, Nel
primo momento, Subito, Immantinente, Addirittura; Inf. XXIV, 45.
Giunto, junctus: 1. Per Congiunto, Unito, ed ai:
dal lat.
Stretto insieme, Accoppiato; detto per similit. Purg. xvi, 36. - 2. E
fguratam. e in locuz. figur. Purg. xvi, 109.-3. E per Mescolato,
Fatto, tutt' uno Purg. xxv, 78. - 4. E per Giunto di sangue, Con-
;
giunto di parentela; Inf. xxvni, 139.
Giuntura, dal lat. junctura: 1. Quel punto dove si ginn-
o congiungono due o pi cose, o parti di una medesima cosa, o dove
una cosa s'annesta ad un'altra, o vi s'incastra; ed altres Modi
quale una cosa si congiunge con un'altra: Congiuntura, Commei
Ar-
titura; Inf. xxv, 107. Par. xiv, 102.- 2. Usato nel plur., per
ticolazione del corpo animale ed altres vale Punto dove
;
un membro
per mezzo dell'articolazione si congiunge con un altro e si lette
e
piega; Purg. xxvi, 57.
Giuochi,antica illustre famiglia di Firenze; Par. XVI,
1
I Giuochi ebbero le case e le torri nel popolo di 8. Margto
924 Giuoco
non lungi da quella chiesa e sulla piazzetta che tuttora conserva
il nome loro. Ebbero signoria nel contado, e le vetuste pergamene
ci accertano che i loro dominii erano in Val di Sieve. Guittone ed
Ildebrandino nipoti di Gioco sono nominati tra i baroni che nel 1099
assisterono alla marchesana Matilde nel placito con cui assegn alla
Canonica Fiorentina i beni di Compiano. Pi tardi Gioco fu console
nel 1188; Ildebrandino di Gianni tra i Consiglieri che ratificarono
con giuramento l'accordo fatto con i Senesi nel 1201. Alcuni di essi
presero la croce nel 1217 e accorsero in Palestina a combattere contro
i nemici del nome Cristiano. E furono questi pi generosi assai degli
altri loro consorti che presero parte alle divisioni che agitarono Fi-
renze, schierandosi dal lato dei Ghibellini; mentre alcuni della stessa
famiglia impugnarono le armi a favore dell'avversa fazione. Perci
se vediamo una parte dei Giuochi espulsa dalla patria nel 1258, leg-
giamo poi nelle istorie che vi torn trionfante dopo due anni, cac-
ciando a loro volta i nemici, ai quali fu inutile il valore spiegato
nella battaglia che fece l'Arbia colorata in rosso, in cui un mes-
sere Iacopo dei Giuochi era appunto uno dei capitani dell'esercito
guelfo. Scarse notizie restano di questa famiglia, che dopo quel
tempo non abbond di ricchezze. La vediamo esclusa dalle Magi-
strature nel 1293; poi di nuovo nel 1311: ma
convien ritenere che
questa pena non tutti colpisse gl'individui della consorteria, op-
pure che venne rimessa, perciocch indubitato che Filippo di Ghe-
rardo Giuochi sed tra i Priori del 1323, ed Uberto suo fratello nel-
F anno appresso. Manc la casata nel secolo XIV; e vuoisi che seco
ne portasse Tarme alla tomba quel Cesare di Gherardo, sepolto a S. Ma-
ria Novella nel 1381. Certamente al tempo in cui delle Fiorentine
famiglie scriveva poetando il Verino era di lunga stagione estinta;
Lord Vernon, Inf., voi. u, p. 491 e seg.
Giuoco e Gioco, dal lat. jocus, Gara sottoposta a regole,
nella quale operi o la fortuna, o la forza, o la destrezza, o l'in-
gegno, che si fa pi che altro a fine di ricreazione, e in cui ordi-
nariamente si stabilisce un premio pel vincitore. 1. Nel signif. propr.,
con un compimento retto dalla particella Di, il quale ne determina
la specie; JPurg. vi, 1. - 2. Vale anche Pubblico e solenne spetta-
colo e nel plur. usasi pi particolarmente a denotare quegli spet-
:
tacoli, coi quali i Greci e i Romani celebravano le feste degli Dei,
o degli eroi, o coi quali onoravano i funerali, o il trionfo, di qualche
illustre personaggio, e cose simili; Conv. IV, 26, 102.- 3. In senso
particolare trovasi usato poeticam. per Palio; Par. xvi, 42, nel qual
luogo si parla delle Corse del pallio che si facevano in Firenze per
la solennit di S. Giovanni. - Benv.: De more est Fiorenti, quod
Giurare -Ginseppo
singulis annis in festo Johannis Baptistae currunt equi ad
bravimi!
in signura festiva lsetitise, sicut et apud plures
civitates Itali. -.
4. Figuratam. e poeticam., per Festa, Grande festeggiamento,
Tri-
pudio; Par. xx, 117; xxxi, 133. - 5. Pur figuratam. e poeticam.,
pei
Contentezza, Letizia, Gaudio, Esultanza; Purg. xxvm, 96. Par. XXXH
103. -6. E per Cosa da nulla, Baia, Bagattella, usato pi spesso
col
verbo Parere; Purg. n, 66. - 7. E poeticam., per Arte; Inf. xx,
117.-8, A giuoco, posto avverbialm., vale Per burla, In ischerzo,
Per baia; Inf. xxix, 112. - 9. A giuoco, termine di Falconeria,
vale Liberamente e molto in alto, In bala di s stesso, In condi-
zione da muoversi a proprio talento; per similit. Inf. xvu, 102.
Giurare, dal lat. jurare, Chiamare in testimonio la divinit,
o i Santi, o alcuna cosa sacra, venerabile o sommamente
cara, per
corroborare proprio detto, od obbligare la propria fede; ed usasi
il
tanto assolutane, quanto con un compimento retto dalle particelle
Per, Sul o Sopra, Al, e denotante il termine, pel quale o sul quale
uno giura. 1. Nel signif. propr. Inf. xvi, 128. Purg. v, 65.-2. In
costrutto con un Infinito retto dalla particella Di espressa o sot-
tintesa, o con un Congiuntivo retto dalla particella Che; Inf. xm, 74.
Purg. vili, 127; x, 40.-3. E figuratam. Purg. XXVI, 109.-4. E per
Accertare efficacemente, Fare od Essere prova certa; Par. xxiv, 105. -
5. Giurare in uno, vale Tenere ciecamente per vero e per giusto
quanto egli dice od insegna; Conv. IV, 16, 2.
Giurisdizione, lat. jurisdictio, Potest conferita dalla legge
a un pubblico magistrato in virt della quale egli esercita il pro-
prio ufficio dentro a certi limiti di luogo; ed in pi stretto senso,
Legittima autorit di giudicare, di amministrare la giustizia. 1. Nel
-
signif. prop. Mon. I, 10, 9, 12. - 2. E figuratam. Conv. in, 8, 51.
3. E per Potest suprema, Dominio politico; figuratam. Conv. iv,
9, 9, 16.
Ginseppo, Giuseppe, Joseppo, lat. Joseph, gr. Ita
dall' ebr. Plp 5
)*1 , Aumentatore. 1. Nome del patriarca, figlio di Gia-
cobbe, il quale, venduto da' suoi fratelli, fu condotto
in Egitto
ivi divenne il primo ministro di Faraone; cfr. Genes. XXXVII-L. Es-
sendo ancora schiavo in Egitto, la moglie del suo signore Putifarn-
tent di sedurlo, e, non essendovi riuscita, lo accus falsamente
di
averle voluto far violenza, onde Giuseppe fu messo in prigione; cfr.
Genes. xxxix, 6-23. A questo fatto si allude Inf. XXXI, 97. Giuseppe
per Giuseppe dissero gli antichi e fuor di rima e in prosa;
Nannuc, Nomi, 171 e seg. - 2. S. Giuseppe, lo sposo della 1). Ver-
926 Giuso-Giustizia
gine e supposto padre di Ges Cristo. Kicordato senza nominarlo
Purg. xv, 91.
Ginso, dal basso lat. jusum, che sembra essere appartenuto
anche al latino rustico. Altri lo deriva dal lat. deosum, lo stesso
che deorsum : vale lo stesso che Gi, di cui ritiene quasi tutti i
significati; ma forma arcaica e poetica; Inf. ix, 53; Xiv, 109; xvi,
114, 133; xxu, 74, 108; xxv, 87, 121; xxx, 65; xxxi, 33, 58; xxxiii,
136. Purg. l, 40; IV, 93; vii, 58; ix, 9; xiv, 46; xvn, 43; xxu, 134;
xxv, 117. Par. i, 138; vii, 98; x, 116, 128; xi, 71; xxi,31; xxu, 128;
xxvn, 68; xxx, 148; xxxn, 113; xxxni, 11.
Giustamente, In modo giusto, Con giustizia, Secondo giu-
stizia; ed anche Meritatamente, Con buona ragione, A buon diritto;
Par. vii, 20, 42; xxxn, 56.
Giustiniano, lat. Justinianus, primo di questo nome, Impe-
ratore romano dall'anno 527 al 565, celebre per le leggi sue, che
pi tardi si chiamarono il Corpus juris civilis. Cfr. Isambert, His-
toire de Justinien, 2 voi-, Par., 1856. nominato Purg. vi, 89.
Par. vi, 10. Canz.: O patria, degna di trionfai fama, v. 37.
Giustissimo, dal lat. justissimus, Superlat. di Giusto; Par.
xxxn, 117.
Giustizia, Astratto di Giusto, dal \oX.justitia: L'esser giusto,
Qualit di persona giusta; e pi determinatamente, Quella virt mo-
rale per la quale si osserva in se e in altri il dovere e il diritto,
Costante e perpetua volont di dare e riconoscere a ciascuno ci che
gli dovuto. Ed anche una delle virt cardinali. Nella Div. Com.
la voce Giustizia si trova 36 volte, 10 neWInf. (in, 4, 50, 125;
vii, 19; xi, 90; xu, 133; xiv, 6; xxiv, 119; xxix, 56; xxx, 70), 14 nel
Purg. 130; x, 93, 126; XI, 37; XVI, 71; xvni, 117; xix, 77, 120,
(vi,
123; xxi, 65; xxu, 4, 71; xxiv, 39: xxxm, 71) e 12 nel Par. (iv, 67
vi, 88, 105, 121; vii, 119; xv, 144; xvm, 116; xix, 29, 58, 68, 77
xxx, 45). Oltre il signif. propr. si notano le seguenti particolarit
1. Eiceve diversi aggiunti, secondo gli ufficj o caratteri che le vengono
assegnati, come Distributiva, Legale, ecc. Conv. l, 15, 97 IV, 11, 39. -
;
2. Usato a denotare Uno dei divini attributi, in quanto Dio retri-
buisce di premio le opere buone e di gastigo le cattive; e spesso
riceve gli aggiunti di Divina, Eterna, e simili; Inf in, 4; vii, 19;
xu, 133. Par. vi, 121. - 3. E per Principio, Eegola, Norma, di con-
dotta; ed anche per Modo di operare, conforme a giustizia; Purg.
X, 93. Conv. iv, 22, 84. - 4. Per Stato, Condizione, conforme a gi-
-
Giusto
stizia; e anche Modo di operare secondo il detto stato
o condizione"
Purg. xvin, 117. Par. iv, 67. - 5. E per Ci che
giusto 'io che
dovuto altrui, Cosa giusta; Purg. xvi, 71.-6. In senso
particolare
usato per Cosa dovuta ad alcuno, Cosa sulla quale alcun.
ha diritto ;
riferito specialmente a possesso, territorio, e simili;
ed anche per
Quello stesso diritto, Giurisdizione; Par. xv, 144.
Giusto, dal lat. justus, Che non si diparte dai principi della
ragione e del dovere, Che segue la norma di dare e riconoscere a
ciascuno ci che gli dovuto; e in pi largo significato, Che vuole
e fa il bene, e rifugge e si astiene dal male; Diritto, Integro,
adoperata nella Div. Com. 35 volte, 8 nell'In/', (i, 73; vi, 02,73;
xm, 72, 105; xvn, 10; xix, 12; xxxi, 54), 11 nel Purg. (il, 07; Ti]
100, 120; xvn, 29, 132; xvin, 96; xix, 125; XXI, 6; XXIV, 154; ixu,
120; xxxn, 48) e 16 volte nel Par. (in, 44; vi, 137: vii, 20, 51
IX, 6; 112; XII, 89; XIV, 33; XV, 7; xvi, 137, 152; xix, 13, 88;
XI,
xx, 65; xxxi, 39. - 1. Nel signif. propr. Inf. i, 73; xvn, 10. Purg.
xvn, 29, ecc. - 2. Per similit. Inf. xxxi, 54. - 3. Detto di Dio, de-
nota uno dei divini attributi, secondo il quale egli retribuisce pre-
mio buone e pena alle cattive; Purg. xix, 125; xxiw 120. -
alle opere
4. E
per Scevro di colpa, Innocente; Inf. xm, 72.-5. In particolare
detto di principe, rettore, magistrato, tribunale, e simili, vale Che
adempie fedelmente il proprio ufficio, Che rettamente governa, am-
ministra, comanda, giudica, Che retribuisce ciascuno secondo le opere
sue e conforme al dovere; Par. vii, 51.-6. Figuratam. e poeticam.
detto di governo, reggimento, signoria, e simili, per Tenuto, Eser-
citato, rettamente; e detto di popolo, nazione, e simili, Che osserva
le leggi, cos la positiva come morale; Par. xvi, 152; XXXI, 39.
la
7. Figuratam. detto di sentimenti, affetti, moti o disposizioni del-
l' animo, atti volitivi, e simili, vale Conforme alla ragione, al do-
vere; ovvero, Suscitato, Prodotto, Proveniente, e simili, da motivo
ragionevole, adeguato, e simili; Purg. il, 97; xvin, 96. Par. in. il ;
xvi, 137.-8. E per Fondato su buona ragione, Ragionevole, detto
di dimanda, preghiera, e simili; e detto di lagnanza, lamenti.
mili, Prodotto, Cagionato, da motivo ragionevole, adeguato; Par.
XV, 7. - 9. Detto di persona, e aggiunto ad una data sua cond/
1
qualit, funzione, e simili, vale Che n rivestito, la esercita,
di giu-
mili, legittimamente; Legittimo; Par. xi, 112.- 10. Detto
il diritto,
dizio, sentenza, e simili, vale Dato, Pronunziato, secondo
qua-
conforme alla ragione e al dovere; e detto della retribuzione,
lunque siasi, data giudicando, od anche generalmente di premio,
ri-
compensa, ovvero di pena, gastigo, e simili, vale Assegnai
;XIY, -
secondo la ragione, Adeguato; Purg. vi, 100. Par. vii, 51,8-1
928 Oiuvenale- Globo
11. E per Meritato, Che
si addice, Adatto, Conveniente, e simili; Par.
xvii, 132. Par. ix, 6. - 12. E per Che qual si conviene, quale deve
essere, secondo certe norme e leggi; Conveniente, Debito; Purg.
xxiv, 54. - 13. In forza di Sost., vale Persona giusta, diritta, in-
tegra; ed anche Persona scevra di colpa, innocente; Inf. vi, 73. Par.
Vi, 137. - 14. Pure in forza di Sost., per Ci che giusto, Cosa giusta;
Inf. xin, 105. - b.Avverb., Giustamente, Con giustizia; Inf. xix, 12.
Giuvenale, cfr. Giovenale.
Glauco, lat. Glaucus, gr. rXaOxog, Pescatore di Antedone nella
Beozia; vedendo che i pesci, da lui presi e gettati sul prato, nel man-
giare di certa erba rivivevano e saltavano nel mare, volle assaggiare
di quell'erba e, assaggiatala, si gett lui pure nel mare; e fu tra-
smutato in Dio marino; cfr. Ovid., Metam. xin, 898-968. Gaede-
chens, Glaukos der Meergott, Gotting., 1860. nominato Par. i, 68.
Gleba, lat. gleba, lo stesso che Zolla; Mon. i, 15, 25, 31.
Gli, dal dat. lat. UH, per aferesi, Particella pronominale: 1. Lo
stesso che A lui, e serve al compimento indiretto, riferito a per-
sona, ad essere spirituale, e simile, di genere maschile, usato anche
pleonasticamente; Inf. il, 25, 141, e sovente. - 2. Vale altres A lei,
Le, e serve al compimento indiretto femminile, riferito a donna, ad
anima, a sua virt o facolt e simili, anche pleonasticamente; Par.
xxix, 66. - 3. Apposto come euclitica in fine ad un verbo, ed anche
ad una preposizione o locuzione prepositiva, e talvolta ad un so-
stantivo; usato sia nel genere maschile, sia nel femminile, del nu-
mero singolare, e riferito cos a persona come a cosa; anche pleo-
nasticamente; Purg. xxi, 119. Par. vi, 77. - 4. Gli, e talora anche
Li, vale A loro, riferito a maschi; Inf. xx, 14. Par. vi, 114. - 5. Per
A lui, A lei, A loro, riferito cos a persone come a cose, componesi
mediante la interposizione di un'jEJ con le particelle pronominali Lo,
La, Ne, e simili, e fa Glielo, Gliela, Gliene, e simili; Inf. x, 44. -
6. In vece di Glielo, Gliela, Glieli, trovasi usato anche Gliele e
Glile, adoperato per ambo i generi e numeri; anche in composi-
zione con altra parola, ed altres pleonasticamente; Inf. xxi, 102;
xxxni, 149.
Gli, Articolo; cfr. Il e Lo.
Gli, Avverb. di luogo, per L, Ivi, Vi, dal lat. illic. Voce an-
tica; Inf. xxiii, 54. Purg. vili, 69; xm, 7. Par. xxm, 108; xxv, 124.
Globo, dal lat. globus, Corpo per ogni parte rotondo, Corpo sfe-
rico. Applicato in particolare alla Terra; Par. xxn, 134.
Gloria-Glorioso
Gloria, dal lat. gloria, Onore grande e celebrit, acquistati con
meriti, geste, opere, insigni, e consentiti dall'universale degli uo-
mini. Voce adoperata nella Div. Com. 20 volte, 2 neYInf. (in, 42;
xxxi, 116), 6 nel Purg. (vii, 16; x, 73; xi, 98; xvm, 38; xx, 136;
XXXlli, 115) e 12 nel Par. (I, 1; vi, 90; ix, 114; xi, 96; xn, 36;
xix, 14; xxni, 139; xxv, 68; xxvn, 2, 62; xxxi, 5; xxxm, 71). - 1. Nel
signif. propr. Inf. xxxi, 116. Purg. xi, 98; xvm, 138. Par. xn,
xxvn, 62. - 2. Per Persona, che reca gloria, onore grande, a ci che
viene espresso dal compimento; Purg. vii, 16; xxxm, 115.-3. Per
Maest, Dignit eccelsa, e simili; Conv. iv, 19, 49.-4. Per Atto glo-
rioso, ed altresImpresa, Fatto, glorioso; Purg. x, 73. Par. ix, 114.-
5. Vale anche semplicemente Onore, Vanto, Merito, e simili, per lo
pi con un compimento retto dalla particella Di; Par. vi, 90. -
6. Vale pure Allegrezza, Compiacenza, Sodisfazione; Inf. in, 42. -
7. Vale altres Beatitudine che si gode nel Paradiso, Eterna felicit
dei beati; Par. xix, 14.-8. E in questo senso riceve varj aggiunti,
1
come eterna, perpetua, verace, beata, futura, de beati, dei trionfanti,
e simili Par. xxv, 68. - 9. E per La sede stessa dei beati, Paradiso;
;
Par. xxm, 139. - 10. E Gloria del cielo, o del Paradiso, detto poe-
ticamente a denotare l' Empireo, considerato come propria sede dei
beati; Par. XI, 96. - 11. Vale pure Onnipotenza, sapienza e maest
di Dio, in quanto si manifestano nell'opere della creazione; ed al-
tres Beatitudine di Dio in s stesso Par. i, 1 xxxi, 5; xxxm, 71. -
; ;
12. Sost. Inno che, qnando il rito non disponga altrimenti, il sa-
cerdote recita nella messa, dopo il Kyrie eleyson, e che incomincia
colle parole: Gloria in excelsis Deo; Purg. xx, 136.- 13. Gloria
chiamasi pure quell'Antifona, che incomincia colle parole Gloria
patri, e che si recita dai Cristiani come preghiera; Par. xxvn, 2.
Gloriare, dalgloriari: 1. Neut. pass. Recarsi a gloria,
lat.
Darsi giusto vanto, Onorarsi grandemente Par. xvi, 6. - 2. Menar
;
giusto vanto, Farsi gloria; Par. xvi, 2. -3. E per Esser beato nella
gloria celeste; Vit. JSf. xxix, 5. Cam.: Voi, che intendendo, il terzo
ciel movete, v. 17. - 4. Att. Lodare grandemente, Magnificare, Render
gloria; Par. xxiv, 44.
Gloriosamente, In modo glorioso, Con gloria; Par. xi, 12.
Vit. N. xxm, 35; xli, 4; xliii, 10.
gloriosissima, Superlat. di Glorioso;
Gloriosissimo, lat.
Conv. iv, 3, 22.
Che ha gloria, Che pieno
Glorioso, dal lat. gloriosus: 1.
di gloria; xm, 62. Purg. xxn, 153; xxxn, 17. Par. xiv, 6;
Inf.
59. Enciclopedia dantesca.
930 Goccia-Godente
xx, 112; xxv, 23; xxxi, 60. Conv. iv, 6, 83; iv, 24, 120. - 2. Figu-
ratamente Par. xyiii, 83. - 3. Detto di citt, popolo, esercito, o di
qualsivoglia altra aggregazione di persone; Par. xyi, 151. - 4. Fi-
guratamente detto di virt, qualit, opere, imprese, vita, termine,
ed altres di nome, per Molto onorato, Inclito, Illustre, Celebre;
Inf. xv, 56. - 5. Glorioso riceve talora un compimento, retto dalla
particella Di, denotante la ragione per la quale una persona o una
cosa gloriosa; Conv. il, 16, 17. - 6. Detto poeticam. di costella-
zione, vale Pel cui influsso l'uomo acquista gloria, divien glorioso;
Par. xxn, 112. - 7. Glorioso, vale anche Che in istato di potenza,
fama, gloria e simili; Purg. xi, 133. - 8. E per Che nella gloria
celeste, Che gode della beatitudine eterna; ed altres per Composto
di spiriti beati Par. x, 145. - 9. PJ detto di cosa tanto morale
;
quanto materiale, per Che nella Glorie del cielo che appartiene
ad essa o in qualche modo vi si riferisce; Par. xxxn, 28. - 10. Detto
del corpo, nel linguaggio dei Teologi, vale lo stesso che Glorificato;
Par. xiv, 43.- 11. In forza di Sost. Chi glorioso; Par. n, 16.
Goccia, dal lat. gutta, Gocciola, Piccolissima parte d'acqua,
o d' altra materia o fluida, cadente, o anche caduta, di
liquida
forma per pi rotondeggiante.
lo A
goccia a goccia, posto avver-
bialmente, vale Una gocciola appresso l'altra, A una gocciola per
volta seguitatamente; Purg. xx, 7.
Gocciare, dal lat. guttare, Cascare, Versarsi, Uscire, a gocce.
1. Detto figuratami, di cosa solida, vale Lasciar cadere o uscire,
Mandar gi, o fuori, gocce di acqua, di umore, o di qualsivoglia
materia liquida; Inf. xxxn, 47. - 2. E Att. Versare, Mandar fuori,
a gocce, o a goccia a goccia; Inf. xiv, 113. - 3. E per similitudine
Inf. xxxiv, 54.
Gocciolo, da gocciola, e questo dal lat. guttua, diminut. di
gutta Piccolissima quantit, detto di liquido, e pi specialmente
:
di liquido da bevere; Tanta quantit quanta una gocciola; Inf.
xxx, 63.
Godente e Gaudente, dal lat. Gaudens, Che gode. In
forma d'Add. Aggiunto che si dette a un ordine di Frati cavalieri,
pi comunemente detti Gaudenti Inf. xxm, 103. Cfr. Gaudente. -
;
Nota, .eh' e' chiamati cavalieri di Santa Maria,
frati godenti erano
e cavalieri si faceano quando prendeano queir abito, che le robe
aveano bianche e uno mantello bigio, e l'arme in campo bianco e
la croce vermiglia con due stelle, e doveano difendere le vedove
e' pupilli, e intramettersi di paci, e altri ordini, come religiosi,
Godere-Gola 931
aveano; Vill., vii, 13. Cfr. Federici, Istoria de' Cavalieri Gau-
denti, 2 voi., Ven., 1787. Gozzadini, Cron. di Romano e memor.
di Loderingo d'Andal frate godente, Boi., 1851. Lord Vernon,
Inf., voi. ni, p. 61 e seg. ed ivi la tav. lxviii. - Benv.: Iste de-
nominat ordinera suum a vocabulo notiori et usitatiori. Nam a
principio multi videntes formam habitus nobilis, et qualitatem
vitse, quia scilicet sine labore vitabant onera et gravamina pu-
blica, et splendide epulabantur in otio, cceperunt dicere: Quales
fratres sunt isti? certe sunt fratres gaudentes. Ex hoc inolevit, ut
sic vocentur vulgo usque in hodiernam diem, ciim tamen proprio
vocabulo vocarentur milites Dominse Sanct* Marise.... Iste ordo
habet caput et fondamentum Bononise; unde habent suum mona-
sterium principale extra Bononiam apud locum qui dicitur Ca-
strum Britonum. Et quidam istorum fratrum sunt sacerdotes, alii
vero sunt coniugati.
Godere, dal lat. gaudere : 1. Sentire vivo e pieno contento
per cosa che appaghi V animo Par. xxxiii, 93. - 2. E figuratam.
;
Canz.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 134. - 3. E per
Sentire vivo compiacimento di checchessia; riferito anche a mali,
danni, e simili, altrui Inf. xxiv, 140. - 4. E figuratamente Purg.
;
1, 25. - 5. E detto di spiriti celestiali; Par. xvm, 1. - 6. E per
Gioire, Allegrarsi, Dilettarsi molto; anche assolutam. Inf. xxvi, 1.
Purg. xv, 39. - 7. E per Essere pienamente felice, riferito parti-
colarmente al gaudio celestiale; Inf. vii, 96. Par. x, 124.- 8. E
-
riferito a cose sensuali, vale Prendere diletto; Purg. xxi, 73.
9. Per Fruire, Ricever possedendo checchessia; riferito pi
diletto,
particolarmente a cose spiritnali; Par. xxm, 133.-10. E riferito
a salute, riputazione, credito, ovvero pace, tranquillit, e simili,
vale Possedere, Avere; Purg. vi, 87. - 11. Att. Fruire di checches-
sia, detto di Dio; Par. xxx, 21. - 12. Godere di un desiderio,
detto
poeticam., vale Avere quel desiderio sodisfatto; Inf. vili, 57.
Gola, dal lat. gula: 1. La parte anteriore del collo degli ani-
mali, la quale contiene gli organi che servono all'ingerimento del
. cibo, alla respirazione, e alla formazione dello voce: e in
senso pi
1 ristretto intendesi della parte esterna che ricuopre i detti orfani;
Inf. vi, 14; xxm, 88; xxviii, 64. Purg. v, 98.-2.
Figuratali.,
per II senso del gusto; Purg. xxm, 65. - 3. Usato in senso figur.,
squisiti di delicate be-
a significare Smoderato desiderio di cibi
stretto, Peccato
vande, Ghiottoneria, Golosit; e in significato pi
Colpa della gola, a significare Colpa
di gola; onde la locuzione
cibarsi Inf.
attinente alla sodisfazione disordinata dell'istinto nel ;
932 Golare- Gomita
vi, 53. Purg. xxiv, 128. - 4. E per Appetito, Brama, Desiderio ar-
dente, propriamente di cibo; e figuratam. di checch altro sia;
Par. in, 92. Cane. : Cos nel mio parlar voglio esser aspro,
v. 81. - 5. Poeticam. per luogo angusto e profondo; onde Gola
detto l'Inferno; Inf xxiv, 123; xxvi, 40. Purg. xxi, 31.-6. In-
fino a gola, o alla gola, vale Con tutto il corpo, o Per tutto il
corpo, dai piedi sino alla gola; detto di persona immersa nel-
l'acqua, od in altro liquido, o del liquido stesso; Inf xn, 116.
Purg. xxxi, 94. - 7. Mettere gi per la gola, vale Spendere in sa-
ziare l' appetito della gola, Profondere nella crapula le proprie so-
stanze ; Son. : Bicci Novel, figliuol di non so cui, v. 3.
Golare, da gola, Agognare, Appetire; Par. x, 111, nel qual
luogo i pi autorevoli codd. hanno NE gola, che pu anche leg-
gersi n' gola, mentre la comune con pochi codd. legge n' ha gola.
Golfo, prov. e spagn. golfo, dal gr. xXtco^ e ne' bassi tempi
xXcpog, Ampio seno di mare, che fa arco verso la spiaggia ed ha
pi o meno larga apertura verso il mare; Par. vili, 68.
Golosit, Astratto di Goloso : Smoderato desiderio, Avidit
grande, Abuso, di cibi squisiti o di bevande delicate; Ghiottone-
ria, Gola, Vizio della Gola; Conv. iv, 17, 26.
Goloso, dal lat. gulosus, Che appetisce smoderatamente cibi
squisiti e bevande delicate, Che ha il vizio della gola, Ghiotto.
Figuratam., riferito ad alcuno dei sensi corporei, od a moto o con-
dizione dell' animo, per Eccitato da vivo desiderio verso checches-
sia, Che tende ad esso con vivo desiderio; Conv. iv, 12, 149.
Gomita, Frate, di nazione Sardo; Inf xxn, 81. - Bambgl. :
Iste frater gomita fuit departibas Sardinie et fuit siniscalcus et
quondam dominus totius Curie Judicis degalluria et per fraudo-
lentiam et pecuniam quam accepit inimicos Judicis quos carceratos
habebat in partibus Sardine relassavit. - An. Sei. : Frate Go-
mita fu cancelliere del Giudice di Gallura, e fu molto malizioso e
grande trabaldiere per danari: e fra l'altre cose che fece di ri ven-
derla, avendo cacciati i Pisani il Giudice Nino di Gallura fuori di
Pisa, Giudice Nino scrisse che tutti i Pisani ch'erano nel suo Giu-
dicato fossero sostenuti : e cos fu fatto. E, a questo, Don Gomita
per danari li lasci fuggire; onde Giudice Nino lo fece mettere in
prigione. - Iac. Dani. : Fratte Gomita fue alcuno di Sardignia
vichario e fatore del giudice Nino di Galura il qualle avendo di
suo dominio cio di suo signiore alquanti nemici presi per cierta
quantit di danari ricieuti da loro gli dimise per lo qualle fallo e
Gomorra-Gonfiare
per pi altri finalmente il detto suo signiore per la
gholla imm-
ollar lo fece. - Lan.: Fu fattore del giudice di
Gallura molto
in grazia e con ampia giurisdizione nel suo giudicato.
Avvenne clic
in un tempo lo detto giudice mand e prese ed ebbe in prigione
suoi nemici. Questo suo fattore per moneta li lasci, di
eh' elli
scamponno. - Ott.: Frate Gomita di Sardigna, Vicario e fattore
del giudice Nino di Gallura, il quale avendo alquanti nemici del
suo donno (alla Sardesca parla), cio di suo signore, preso per certa
quantit di pecunia, che ricevette da loro, li lasci; per lo quale
fallo, e pi altri falli il giudice Nino il fece appendere. - Petr.
Dani.: Hostes sui domini pecunia corruptus dimisit. - Cass.:
Olim officialis in judicatu gallure de Sardinia. - Falso Bocc.:
Avendo ipisasi mandato unvichario iughaluria chaveva nome cune
overo rune (sic! leggi Nino) tolse persuo giudicie questo frate
ghomita. Laonde essendo inuficio avenne chaso per ghuerra che-
questo pisano prese desuoi nimici eavendogli inprigione seppe si-
fare chosuo inghanni eperdanari questo frate ghomita chegli lascio
questi prigioni epoi disse che serano fuggiti diprigione etutto questo
avenne perle sue baratterie. - JBenv.: Iste frater Gomita.... fuit
vicarius et locumtenens judicis Nini Pisani in Sardinia, summus
baratarius, quem finaliter ipse Ninus fecit suspendi, quia relaxa-
verat et liberaverat certos inimicos eius quos habebat sub custodia,
pecunia corruptus. - Buti: Fu pieno di tutte le spezie delle
frode, et a costui vennono in mano li nimici del suo signiore giu-
dice; il modo come non ho trovato, e per danari li lasci andar
via, et ancora nelli offici commise assai baratterie. - An. Fior.:
Grandissimo barattiere, tanto che, essendo maestro grande et uffi-
ciale del giudice Nino di Galluria, avendo il giudice Nino presi
suoi nimici l di quella isola, e datogli in guardia a frate Gomita,
questi prigioni, eh' erono ricchi, dierono grande quantit di denari
a frate Gomita: egli aperse loro una notte, et fece vista ch'eglino
si fussono fuggiti; ma ultimamente costui, veggendolo il giudice
Nino pi ricco che non solea, cerc della verit del fatto, et tro-
vatolo colpevole, il fece impiccare per la gola.
Gomorra, latino Gomorrha, gr. To^ppoc, dall' ebr. HTDJJ,
nome di una delle quattro citt situate nella valle di Siddim, l
dove ora il Mar Morto, distrutta, secondo la leggenda biblici,
da fuoco piovente dal cielo; Genes.x, 19; xm, 10; cfr. SODDOM,
ricordata come esempio di lussuria punita, Purg. xxvi, 40.
Gonfiare, dal lat. Far rilevare ingrossando,
confiate, 1
stendere per ogni parte alcuna cosa, empiendola di fiato, aria, %
934 Gonna - Gorgon
1. Per Essere Divenire vanaglorioso, Essere pieno di boria, Avere
o
o Mettere superbia; in locuz. figur. Par. xxix, 117. - 2. E per Cre-
scere di volume, Dilatarsi; Inf. xxr, 21.-3. Per estensione, ap-
plicato a vele, quando il vento le riempie di s, e le fa rilevare;
Inf. Vii, 13.
Gonna, dal basso lat. gunna, basso gr. yoova, ant. frane, gonne,
Veste di pelle, e poi anche Tonaca monastica, e Camicia da donna;
probabilmente dal celtico gtvn: Quella parte dell'abito o veste fem-
minile che dalla cintura scende sino ai piedi. 1. Per Veste, Abito,
in generale, cio cos da uomo come da donna; Par. xxxn, 141. -
2. Si us altres per Tunica o Tonaca; onde poeticam. e per similit.
trovasi per Ciascuna delle membrane, ossia tuniche, dell'occhio;
Par. xxvi, 72.
Gora, probabilmente dal ted. dell' et di mezzo wuore, Diga
alzata per derivare acqua; cfr. Diez, Wrt. li 3 36. Canale di acqua
,
derivata da un fiume, torrente, e simili, o raccolta da' fossi che
scendono dai monti, la quale si adopra in servigio di mulini, opi-
ficj o macchine mosse da forza idraulica, ed anche in servigio del-
l'irrigazione: e prendesi pure per L'acqua stessa raccolta in tal
canale. Con l'aggiunto di morta vale poeticam. Stagno, Palude;
Inf. vili, 31, nel qual luogo Dante chiama morta gora la palude
di Flegias.
Gorgiera, da gorgia, e questo dal lat. gurges, Sorta di ar-
matura che difendeva la gorgia, ossia gola, degli antichi uomini
d'arme. E fguratam. e poeticam. per Gola, e anche Collo; Inf.
xxxn, 120.
Gorgo, mediante l'antiquato gorga: Luogo
dal lat. gurges,
dove V acqua che corre in parte ritenuta da checchessia, e rigira
per trovare esito; ed altres l'Acqua stessa adunata in alcun punto
profondo di un fiume, e ivi rigirante. E poeticam. per Fiume, Tor-
rente, Lago o Stagno; Inf. xvn, 118.
Gorgogliare, voce onomatopeica, se pure non forma varia
di borbogliare, Rumoreggiare che fanno le acque uscenti da luogo
stretto. E vale altres Mandar fuori quel suono strepitoso che si fa
nella gorga, ossia gola, gargarizzandosi, o favellando in maniera,
che si senta la voce senza distinguersi le parole. Usato come Att.
per Dire, Proferire, gorgogliando; Inf. vii, 125.
Gorgon, Gorgone, dal lat. gorgon, e questo dal gr. Yopythv,
Nome dato dai mitologi a Medusa, Euriala e Steno, sorelle tra loro,
Gorgona-Governare 935
che avevano serpi per capelli, le mani di bronzo,
con artigli leo-
nini, e che impietrivano chi le guardava; cfr.
Hesiod., Theoa 270
278, 287. Hom., II. v, 741 vili, 349. Od. xi, 634.
; E in senso' par-
ticolare per la sola Medusa, ed altres la Testa
di Medusa; Inf.
ix, 52, sul qual luogo cfr. Medusa.
Gorgona, Isoletta del Mar Tirreno, non lontana dalla foce
dell'Arno; Inf. xxxm, 82. Cfr. Capraia.
Costantino, Costanza, cfr. Costantino, Costanza.
Gota, dal lat. gabata, basso lat. yavata, prov. gauta: 1. Cia-
scuna delle due parti laterali della faccia, tra mezzo alle quali sono
il naso e la bocca; Guancia. Figuratam. e poeticam.
prendesi per
Volto, Faccia; Inf. ih, 97; XX, 106; XXV, 126; xxxn, 89; Purg.
xiii,84; xv, 95. - 2. Figuratam. per Bocca; Purg. xxxi, 40. - 3. E
poeticam. per Uno dei lati della persona; Inf xv, 97.
Gottiiredi, dal ted. Gottfried, Goffredo di Buglione, duca di
Lorena, condottiero della prima Crociata e primo re cristiano di
Gerusalemme. Nacque nel 1061, primogenito di Eustachio II conte
di Boulogne, e di Ida, sorella di Goffredo il Gobbo duca della bassa
Lorena, al quale successe nel 1076. Capitan la prima Crociata
nel 1096: fu eletto re di Gerusalemme nel 1099, mor il 18 lu-
glio 1100. Cfr. Monnier, Godefroi de Bouillon et les assises de
Jerusalem, Par., 1874. Vtault, Godefroi de Bouillon, Tours, 1874.
Frobse, Gottfried von Bouillon, Beri., 1879. Dante lo pone nel
cielo di Marte tra coloro che combatterono per la fede; Par. xvm,47.
Gotto Mantovano, Poeta ricordato Vulg. El. 11, 13, 21. Il
Tiraboschi (iv, 389414) voleva identificarlo con Sordello,
e seg.,
opinione poco probabile. Di questo poeta non si hanno certe no-
tizie; cfr.Crescimbeni, ii, 2, p. 23. Quadrio, ii, 161. Bettinelli,
Belle Leti, ed Arti Mantov., 31.
Governare, dal lat. gubernare: 1. Reggere secondo le leggi,
con opportuni provvedimenti, per mezzo di pubblici ufficiali; ri-
e
ferito a popolo, stato, citt, e per estensione a qualsiasi universit
persone costituenti un corpo sottoposto a leggi; Esercitare la pro-
pria giurisdizione sopra i dipendenti da questa; Par. Vi, 8. - 2. E
usato assolutam. Par. XXVII, 140. - 3. Per similit. detto di Dio,
-
della Divina Provvidenza; Par. xi, 28; xxi, 71. Conv. iv, 45, 62.
4. E usato assolutamente, anche semplicemente per Disporre; hif.
xxviii, Par. xxx, 122. - 5. Per Regolare, Dirigere, guidai
126.
figuratam. detto di Dio; Par. 1, 74. Conv. iv, 5, 43. - 6. E dotto
936 Governazione-Gracidare
di spirito maligno, per Avere in propria bala; Inf. xxxiii, 131. -
7. Riferito a persona di giovane et, e propriamente a figliuolo o
tenuto come tale, vale Mantenere e allevare ed anche Curarne
;
T educazione, Tenere sotto la propria custodia, vigilanza, disciplina,
e simili. In locuz. h'gur. Conv. iv, 5, 66. - 8. E per Trattar male,
Ridurre in cattivo stato, Conciare; riferito a persona; ed altres,
indeterminatamente, ma sempre in senso non buono, Trattare, Purg.
xxiii, 35. Vit. N. iv, 10.
G-overii azione, dal lat. gubernatio, L'atto e L'effetto del
governare, Governamento, Governo; Conv. v, 9, 79.
Governo, L'atto, ed altres II modo, del governare, ossia del-
l'esercitare la pubblica autorit,Reggimento. 1. In costrutto con un
compimento, retto dalla prep. Di, vale Reggimento, Amministra-
zione; e altres Dominio, Signoria, anche di persone; Purg. xx, 56.
Conv. IV, 27, 45. - 2. Si disse anche per Timone; quindi significa
pure La direzione data al corso della nave, e propriam. per mezzo
del timone; Inf. vm, 17. - 3. E in locuz. figur. Conv. I, 3, 26.-
4. Fare, di cose o di persone, governo quale dichiarato da un ag-
giunto, vale Trattare nel modo, Ridurre nello stato, che sono espressi
dall' aggiunto; ma per lo pi usato in cattivo senso; Inf. xxvn, 47.
Purg. v, 108.
Governo, oggi Governalo, villaggio non lungi da Mantova,
sulla riva sinistra del Mincio, presso il confluente di questo fiume
col Po, dove nel 452 Attila incontr gli ambasciatori di papa Leone;
Inf. xx, 78.
Gozzo, etimolog. incerta; secondo alcuni fa gorgo zzo, dal lat.
gurges, ed infatti gargozz per Gola voce tuttora vivente nei dia-
letti della Svizzera italiana. Secondo altri, meno probabilmente, dal
ted. gosse, che vale Doccia, Canale; cfr. Diez, Wrt. n 3 36. Pro-,
priam. Ripostiglio, a guisa di vessica, che hanno gli uccelli in
fondo al collo, dove si ferma il cibo che beccano, e donde a poco
a poco passa nel ventricolo. Vale anche Gola, sia d' animale, sia
d' uomo, ma, per questo, usasi pi che altro in senso di scherzo od
anche dispregiativo; Inf. ix, 99.
Gracidare, dal lat. glacidare, ovvero da gacitare o grafi-
tare, o forse affine a crocitare, verbi imitativi del suono che re-
spettivamente mandano fuori la gallina, l'oca, il corvo: Mandar
fuori che fanno la propria voce la rana o il ranocchio e la botta;
Inf. xxxi i, 31.
Grada-Gradire 937
Grada, dal lat. crates, craticua, Graticola, istrumento su
cui
con barbaro supplizio si arrostivano vive le persone; Par. iv,
80.
Gradire, dal lat. gratum: 1. Avere a grado, in pregio, vei
caro; Accogliere, Ricevere, e simili, con piacere; Purg. 1, 70.
-
2. E per Tenere in gran pregio, conto, stima, Accogliere con par-
ticolar benevolenza, Onorare, e simili; anche figuratane Inf. IVI, 42.
Conv. IV, 22, 18, var. - 3. Poeticam. per Eiconoscere, Rimeritare,
Ricompensare; Par. vi, 129. - 4. E usato poeticam., a modo di Sost.,
per Appagamento, Compiacimento, Sodisfazione, di animo che sa
grado altrui di checchessia; Par. x, 57. - 5. Nel luogo Purg. xxiv, 61,
la lezione dubbia. Molti testi hanno pi a gradir, molti altri ri
A GUARDAR, alcuni PI A RIGUARDAR, A RIGUARDAR PI, CCC. Cfr.
Coni. Lips. 11, 475 e seg. Moore, Critic, 413 e seg. Dalla Gio-
vanna, Note letter., Pai., 1888, p. 1-26. Anche l'interpretazione
dubbia. Lan.: Chi ad altro modo considera li stili non vede lo
vero. - Ott.: Chi lauda quelli antichi dicitori, non vede pi oltre,
ed ignorante e grosso. - Petr. Dani., Cass., Falso Bocc., ecc.
non danno veruna interpretazione. - Benv.: Quicumque si mette
pi oltre a guardar, de hoc, non vede pi, idest, non cognoscit
plus, dall'uno stilo, scilicet, a tuo moderno, all'altro, scilicet,
nostro antiquo. - Buti: E qu al pi oltre a riguardar si mette,
cio lo tuo dire e lo nostro, Non vede pi dall' uno all' altro stilo,
cio non vede pi di differenzia dal tuo modo del dire al nostro,
che quel che ditto : che tu vai stretto al movimento dell' animo,
e noi larghi. - An. Fior.: Vuol dire: chi vuole cercare se fu-
rono innanzi a frate Guccione a notar Iacomo dicitori in rima
pi famosi di loro, nolli trova, per che innanzi al tempo loro non
fu niuno migliore dicitore, n di pi fama, n che meglio parlasse
di loro, n con stilo pi adorno. '- Serrav.: Qui vult judicare
quod aliquis dixerit melius, nescit quid dixit, idest non novit ma-
teriam stili, nec differentiam unius stili ab alio; non novit quis
melius dixerit. - Lan. : Et qualunque si mette pi oltre a ri-
guardare, et considerar il vostro, et il nostro stile, non vede pi dal-
l' uno all'altro, quasi dica, che Dante precede tanto, che non si pu
veder tutto lo spazio che tra lui et chi riman dietro. - Tal:
Et quis nostrum vult plus te magnificare stilum suum, nescit
quid faciat; quia tuus stilus est preciosissimus; noster est ce-
num. - Veli: E colui, il qual si mette a riguardare, et a vo-
amore,
lersi avanzare ne lo scrivere, oltre a quello che gli ditta
dallo stile di chi egli li
non vede pi oltre la differenza che sia
ditta, a quello di chi non; volendo inferire, che se
lo vede*
contenterebbe, et haveriasi da contentare di quel che
amore gli
938 Gradito-Grado
dittasse, perch solamente da 1' amore, che poniamo a la cosa, de
la quale intendiamo
voler trattare, nascono in poi quei poetici
furori, che sublimano lo stile. - Dan. : Chi si mette a voler pi
gradire et piacere al mondo haveva fatto
col suo dire, di quello che
et faceva esso Poeta, non conosce la differenza che da uno stilo
a un altro. - Vent. : E chiunque per piacere ne' suoi poetici
componimenti, vuol passare pi oltre di quello che detta amore
non vede pi quanto ci corre dall'uno all'altro stile, che se lo
vedesse non si curerebbe di passar pi oltre di quello che detta ed
insegna amore. Cos in sostanza Lomb., Port., Pogg., Biag., Ces.,
Costa, JBorg., Frat., Greg., Triss., Cam., Frane, Corn., Poi., ecc.
Invece Wagn., Tom., Bl., Bennas., ecc. prendono gradire nel senso
di procedere, andare avanti, e simili, onde il senso: Chiunque
tenta di andare pi in l di quanto detta amore, diventa esage-
rato, manierato, ecc. - Andr. : Chi giudicando non si ferma alla
forma esteriore, ma guarda pi oltre, l'intrinseco merito, vede una
distanza incalcolabile tra lo stile vostro ed il nostro.
Gradito, da gradire, Avuto a grado, Tenuto in pregio, Ac-
colto con piacere, e simili; Grato, Accetto, Caro; detto di persona,
e delle sue qualit, atti, affetti, e simili; Purg. xxx, 129. Par.
vii, 106. Conv. in, 15, 108.
Grado, dal lat. gratus e gratum, Ciascuno di quei membri
solidi, per lo pi rettangolari, e acconciamente disposti l'uno sopra
l'altro, i quali formano una scala, scalinata, o ordine qualsiasi di
scalini, e che servono a salire e scendere e particolarmente dicesi
;
di quelli che sono dinanzi a chiese, o altri pubblici edifizj, ad al-
tari, a troni, e simili. Oggi pi comunemente Gradino: Scalino,
Scaglione. Questa voce, nelle* diverse sue significazioni, trovasi
nella Div. Coni. 36 volte, 5 neWInf.
(v, 12; IX, 17; XI, 18; xv, 86;
xvi, 36), 13 nel Purg. 67; IX, 76, 80, 93, 106; x, 102;
(iv, 15; vili,
xn, 92: xvii, 66; xxi, 48, 53; xxvn, 73, 125) e 18 volte nel Par.
(il, 122; in, 116; v, 128; ix, 117; xv, 141 xx, 36; xxi, 31, 42, 64,
;
137; xxiii, 53; xxvin, 114; xxx, 115; xxxi, 47, 68; xxxn, 16, 40,
74). - 1. Nel signif. propr. Purg. ix, 76, 80, 93, 106; xvn, 66, ecc. -
2. In locuz. figur. e fguratam. Par. xxi, 64. Conv. in, 7, 48, 49,
52, 55, 57, ecc. - 3. E
usato nel plur. a significare Scala, o Scala;
Purg. xn, 92. - similit., Girone, Ripiano circolare, Cerchio,
4. Per
che con altri consimili e digradati costituisca la forma di un dato
luogo; Inf. v, 12; ix, 17. Purg. x, 102. Par. xxx, 115; xxxi, 47. -
5. Terni, di Geometria e di Astronomia: Ciascuna delle trecento-
sessanta, e oggi talvolta anche quattrocento, parti eguali, in cui si
Orafflacane - Graffiato
939
divide la circonferenza di ogni circolo reale ideale, e che servono
alla misura degli angoli; Purg. iv, 15. Conv.
11, 6, 105. - 0. Per
Condizione Qualit civile delle persone, Ceto, Classe
Inf. xvi, 3(3 -
;
7. E per Specie, Sorta, Qualit, Natura, Forma, e simili;
0*0.111,7,
48 e seg. - 8. Di grado in grado, posto avverbialmente, vale
Da'
uno in altro grado, cio scalino, rialto, Per ogni grado successivo,
Secondo l'ordine dei gradi; ed altres Per via di gradi, Per ;'
gradi
In modo, Con progressione di gradi; anche figuratane Par. 11,
122;
xxviii, 114. -9. E usato a modo di aggiunto, e detto di
luogo,' vale
Digradato, Che per ogni ripiano successivo va ristringendosi,' al-
largandosi; Inf. xi, 18.
Grado, forma addolcita di grato, dall' add. lat. neutr. gra-
10.
tuiti,che usavasi sostanti vam. per Cosa grata: Godimento, Piacere;
ed altres Spontaneit, Talento, Volont; Par. in, 116. - 11. Vale
pure Gratitudine, Eiconoscenza, Obbligo, Grazia; Purg. vili, 67.
Par. xxni, 53. - 12. A
grado, posto avverbialm. per Gratuitamente;
Conv. IV, 27, 55. - 13. Avere in grado checchessia, vale Gradirlo,
Averne Sentirne piacere, Averlo in pregio; Inf. xv, 80. - 14. Es-
sere in grado ad alcuno, vale Piacergli, Essergli gradito caro,
Andargli a genio; Conv. 1, 1, 78. - 15. Venire in grado ad alcuno,
vale Acquistarne la grazia, la benevolenza, Divenirgli caro, Venir-
gli in grazia; Par. xv, 141.
Graffiacane, da graffiare e cane, Che si diletta di graffiare
i peccatori (i quali sono detti Cani, Inf. vi, 19; vili, 42) col suo
uncino. Nome dato da Dante ad uno dei dieci diavoli della quinta
bolgia; Inf. xxi, 122; xxn, 34. JBenv.: Iste est valens, quia sculpit
alios canes, idest, revendit alios baratatores, quia jara supra assimi-
lati sunt canibus; ideo bene facit, quia pilat illos qui pilaverunt
alios. - Gelli : La falsit stessa; perch sotto apparenza di cane
ha il graffiare, eh' operazione di gatta, onde lacera chiunche lo
travaglia. - Secondo il Ross. (Comm. li, 162) Graffacane ana-
gramma di quel Buffacani che era de' Priori nel 1303, quando ii
Cardinal da Prato fu in Firenze.
Graffiare, da graffio, nel significato di Uncino. 1. Lacerare
colle unghie, e per estensione con qualsivoglia cosa acuminata, la
pelle tessuti del corpo
i di alcuna sua parte; Inf. vi, 18;
xxxiv, 59. - 2. Neutr. pass. Lacerarsi, Stracciarsi colle unghie,
con qualsivoglia altra cosa acuminata, la pelle, i tessuti del
corpo; Inf. xvm, 131.
Graffiato, detto di persona, vale Che ha la pelle lacerata da
graffi; Inf. xin, 116.
940 Graffio-Grande
Graffio, lo stesso che premessovi il g, come in altre
raffio,
voci; Grosso strumento di ferro acuminato e adunco a guisa di
uncino, formato per lo pi in cima a una lunga asta, il quale ser-
viva a usi guerreschi; ed altres Specie di arme in asta, fornita
di un lungo ferro appuntato, circondato alla sua base da pi un-
cini volti all' ingi; Inf. xxi, 50.
Gramigna, graminea, add. fem. di gramineus, e que-
dal lat.
sto da gramen Specie di erba spontanea e perenne, con barbe
: 1.
assai lunghe, nodose e intricate con le quali si attacca tenacemente
alla terra, e vi si spande, recando nocumento alle pianticelle che
le stanno attorno; Purg. xxxn, 136. - 2. In locuz. figur. per Stirpe,
Nascita oscura; Purg. xiv, 102. - JButi: Di piccolo nascimento.
Grammatica, dal lat. grammatica, e questo dal gr ypajj,-
[lattxY], l'arte di parlare e di scrivere correttamente una lingua.
E con senso pi determinato, vale Tutte insieme le regole, le quali
concernono la derivazione e formazione, il costrutto, la retta scrit-
tura e la retta pronunzia, delle parole e frasi costituenti una lingua.
E dicesi cos anche II libro che contiene siffatte regole. Anticamente
si us pure per Lingua latina, come contrapposizione della lingua
volgare. Conv. I, 11, 71; il, 13, 19; n, 14, 42, 49, 58; in, 2, 114; iv,
6, IL Vug. El. I, 9, 71, 72; I, 10, 6; II, 7, 53. pur detta Prima
Arte, Par. xn, 138. Cfr. Arte, 7.
Grammatico, dal lat. grammatieus, e questo dal gr. YP ^-
[laxixs, Coluiche dotto nella grammatica di una lingua e in ;
senso pi lato, Colui che conosce a fondo una lingua, segnatamente
la latina; Conv. li, 12, 47.
Gramo, dall' ant. ted. grani, frane, ant. gram, provenz. gram;
cfr.Diez, Wrt. i 3 , 220. - 1. Misero, Tristo, Dolente; Inf. i, 51;
xv, 109; xxx, 59.-2. E figuratam., per Che manifesta o Che d
dolore; Inf. xxvn, Purg. xxn, 42. - 3. E detto
15. di luogo, vale
poeticam. Insalubre, Malsano; Inf. xx, 81.
Grande e per apocope, innanzi a voci comincianti per con-
sonante Gran, dal lat. grandis, Aggiunto di larghissimo signi-
ficato che nella sua propria e pi generale accezione vale Che ol-
trepassa la misura ordinaria, Maggiore dell'ordinario; ed applicasi
alla dimensione dei corpi, qualunque essi sieno, naturali e d'arte.
Il suo contrario Piccolo. La voce Grande si trova nella Div. Com.
148 volte, 69 nell'In f, 35 nel Purg. e 44 nel Par. - 1. Nel signif.
propr. Inf. xi, 7. Purg. x, 68, e sovente. - 2. Usato come aggiunto
Grande 941
di cosa, a fine di distinguerla per la dimensione dalle altre della
medesima specie, e vale quanto Pi grande, Maggiore, Principale;
Purg. V, 121. - 3. Serve altres a semplicemente significare Quale
una cosa o persona nella sua dimensione o nel suo volume, Che
ha tale o tal altra dimensione; Par. xxn, 149.-4. Premesso ai
nomi di cariche e di dignit, denota primato e maggioranza. Per
similit. Inf. xxn, 94. - 5. Pur come aggiunto di alcuni nomi in-
dicanti dignit, ufficio, e simili, serve a denotare Che primo in
un dato ordine gerarchico, Che il capo di coloro i quali hanno una
data dignit; premesso comunemente al sostantivo; Inf. xxvn, 70. -
6. Vale anche Che ha molto ampia superficie, Che ha moltissima
estensione; Inf. i, 64. - 7. E per Che si estende molto, Che si di-
lata ampiamente; Par. I, 34. -8. In senso particolare, vale Alto;
Purg. v, 116. - 9. Pure per Alto e che si distende molto coi rami,
detto di alberi o piante; Purg. xxiv, 113. - 10. Per Collocato in
alto, Molto elevato, Eminente; Par. xx, 133. - 11. Vale anche Grosso;
Inf. xi, 2.
Grande, nel significato di Grosso, detto di animale o del
12.
suo corpo; Inf. vi, 22. - 13. Parlandosi di fiume, mare, ed altres
di piena, inondazione, e simili, vale II cui livello molto alto, La
massa delle cui acque molta copiosa; Inf. in, 71. - 14. Per Che
in grande quantit, Molto abbondevole, Copioso; Conv. IV, 12, 124. -
15. Detto di numero, ed altres di qualsivoglia aggregazione, e si-
mili, vale Che si compone, risulta, di molte persone o cose; Inf.
IV, 29. - 16. E detto di vento, turbine, tempesta, vale Impetuoso;
anche in locuz. figur. Purg. Vi, 77. - 17. E per intenso, Molto vivo,
detto figuratamente di sentimenti, affetto, passione e simili; Par.
i, Detto di lume, raggio, luce, vale Vivo, Intenso, Che
98. - 18.
splende vivamente; Par. i, 82. - 19. Vale altres Certo, Sicuro, Evi-
dente Purg. xm, 146. - 20. E per Che fa molta pressione, Molto
;
grave, detto di peso, carico, e simili, ed anche fguratam. di cose
morali; Inf. xxvin, 132. - 21. Vale anche Assai importante, Che
ha
comecchessia a cose assai im-
molta importanza, o Che si riferisce
38.
portanti, di molto conto, e simili; Inf. in, 60; XII,
Stato, detto anche
22. Grande, vale pure Molto potente nello
91.-23. Per Che si
di popolo, regno, nazione, famiglia; Par. xvi,
con abbondanza,
fa con pompa, con solennit, ed altres con sfarzo,
22.-24. Detto di persona, vale Insigne,
suntuosamente; Par. xn,
per in
Inclito,Famoso, per virt, valore, dottrina, sapienza,
- 25. E figuratamene
nime imprese, e simili; Par. xvn, 71.
Maravigli., bo,
xxvi, 1.-26. Pure per Insigne, Preclaro, Glorioso,
e simili; Par-
detto di opere, imprese, fatti, casi, avvenimenti,
scrittore, orator-', BIO-
li, 29, 33. - 27. Usato come aggiunto di
942 Grandezza-Grasso
sofo, artista, o di qualsivoglia persona che professi un'arte od una
scienza, vale, Eccellente, Egregio, Valentissimo; Inf. xv, 107. Conv.
IV, 10, 45. - 28. Grande di checchessia, detto di persona, e di cosa,
vale Abbondevole, Ricco, Copioso, di ci che espresso dal com-
pimento; ovvero Che ragguardevole, preclaro, e simili, per quello;
Conv. IV, 14, 90. - 29. In forza di Sost., vale Persona di alta cor-
poratura; Inf. xiv, 46; xvm, 83. - 30. Figuratam. e poeticam., ri-
ferito agli Spiriti celesti; Par. xv, 61.
Grandezza, Astratto di Grande, L' esser grande, Estensione,
Dimensione, maggiore dell'ordinaria. 1. Semplicemente per Esten-
sione, Misura, dei corpi, rispetto a tutte e tre le dimensioni, o al
loro volume; Conv. ni, 9, 45. - 2. Figuratam. per Stato, Condizione,
di grande prosperit, potenza, gloria, e simili; Purg. xvn, 117.
Conv. i, 10, 32, 34, 35, 36, 38, 40; n, 11, 36, 50. Cam. : Voi, che,
intendendo, il terzo ciel movete, v. 47.
Grandine, dal lat. grando, Acqua congelata nelle nubi, la
quale viene a terra con grande impeto, in forma di granelli pi o
meno grossi; Inf. vi, 10.
Grandissimo, Superlat. di Grande; Conv. in, 13, 28.
Grando, voce latina, usata anticamente in poesia, per Gran-
dine; Purg. xxi, 46.
Granello, Il seme o chicco che si genera nelle spighe di
biade e grano; ed anche il seme di pere, mele, poponi e simili;
Conv. iv, 30, 31.
Grano, per apocope, preced. consonante semplice, Gran,
e
dal lat. granum, Granello o Seme delle biade: 1. Quella sorta di
frumento o di cereale, che ridotto in farina serve a fare il pane e
le paste da minestra pel nutrimento degli uomini ed di pi ;
specie e qualit. E dicesi pure cos la Pianta erbacea che produce
tal cereale, la quale fa una spiga quadrangolare, or con le reste e
ora senza; ed il triticum sativum dei Botanici; Conv. iv, 29,74,75.-
2. E per Seme o Granello di qualsivoglia altro cereale; Inf. xiii, 99.-
3. E per Chicco o Granello di certi frutti ; Inf. xxv, 84.
Grasso, dal basso lat. grassus, e questo dal lat. crassus, Pin-
gue, Corpulento. - 1. Per Denso, Spesso, Crasso; detto di aria, vapore,
o simili; Inf. ix, 82. - 2. Farsi grasso, vale Ingrassare, Impinguarsi;
anche figuratam. Par. xvi, 114.
Grasso-Gravato
Grasso, Sost, dall' adiett. grasso, Materia in diverse parti del
corpo dell'animale, pi o meno bianca, untuosa, e che facilmente
si strugge ed arde: e dicesi anche La materia stessa strutta. Lardo.
In pi stretto senso, e proprio degli Anatomici, La materia conte-
nuta nelle cellule del tessuto adiposo; Par. il, 77.
Grato, Add., dal
lat. gratus : 1. Che riconosce il benefizio ri-
cevuto ricordevole.
e n' Figuratami, detto della mente; Par. il, 29. -
2. Che piace, Che riesce gradevole, accetto all'animo, per la qualit
sua; detto di cose tanto fisiche quanto morali; Purg. xxvn, 110. Par.
Vili,89; xiv, 45; xv, 49; xxxiii, 42.
Grato, Sost., dall' add. neutro lat. gratum, Cosa grata : 1. Gra
dimento, Piacere ed altres Volont, Talento; Purg. xxvi, 52.
; Cam. :
Poscia ch'Amor m'ha
del tutto lasciato, v. 2.-
2. Contro a grato, o
Contra grato, vale Contro la volont propria, il proprio gradimento;
Par. in, 116; IV, 101. - 3. Essere a grato, o in grato, ad alcuno, vale
Piacergli, Essergli gradito o caro, Andargli a genio; Par. xxi, 22;
xxv, 86. Ganz.: Amor che nella mente mi ragiona, v. 89.
Grattare, dal lat. barb. gratare, provenz. e spagn. gratar,
frane, gratter ; voci derivate forse dall' ant. ted. Chrdzon, moderno
Kratzen: 1. Stropicciare, Fregare, la pelle coli' unghie, e propria-
mente per attutirne il pizzicore. Figuratam. Inf. xxx, 30. - 2. Grat-
tare la tigna ad alcuno, vale Batterlo, Percuoterlo, Fargli danno o
male comecchessia; Inf. xxii, 93.-3. Lasciar grattar dov' la rogna,
vale Lasciare dolere chi ha cagione di dolersi, di risentirsi, e si-
mili; Par. xvn, 129.
Gratuito, dal lat. gratuitus, Dato o anche Kicevuto per grazia,
Compartito o Concesso per liberalit, Ottenuto, Avuto, senza merito
e senza diritto; Par. xiv, 47.
Gratulare, dal lat. gratuari, Rallegrarsi con altri delle sue
o delle proprie felicit, Mostrarne gioia; Par. xxiv, 149; xxv, 25.
Gravare, dal lat. gravare; Premere con alcun peso, o carico,
1.-
Caricare. 1. Figuratam. Purg. xv, 10; xxx, 78. Par. XI, 88; XYII, 6
2. Per Molestare, Infastidire, Travagliare; e con pi grave senso, Af-
fliggere, Opprimere; Inf. xm, 56 ; XXVI, 1 2. Purg. ITU, 52;
XYI il, 6.-
in gi, vale Tirarlo al
3. Gravare chicchessia o checchessia gi, o
58.
basso, anche figuratam. Inf. vr, 86. Purg. xxxi,
Gravato, dal lat. gravatus, Reso Divenuto grave, Aggravato,
o
simili; detto figuratam. Canz..
Donna
Premuto da peso, Caricato, e
pietosa e di novella etate, v. 36.
944 Grave
Grave, e nella poesia anche Greve e Grieve, dal lat.
gravis, Che pesa molto Pe-
o per la sua mole, o per la sua materia,
sante; ed contrario di Leggiero. Voce adoperata nella Div. Com.
38 volte, 15 neVInf. (in, 43, 80; iv, 2, 112; vi, 8, 35, 71; vili, 69;
xix, 103; xxiii, 65, 90; xxiv, 54; xxvn, 106; xxx, 52, 107), 11 nel
Purg. (ili, 129; iv, 89; v, 72; x, 115; xn, 30, 118; xm, 57; xv, 32;
xx, 77; xxni, 117; xxxi, 19) e 12 volte nel Par. (ni, 123; v, 73; x,
135; xi, 48; xvi, 36; xvn, 23, 108; xxi, 132; xxn, 79; xxiii, 6; xxiv,
37; xxxn, 127).- 1. Nel signif. propr. Inf. 23, 65, 90. Purg. in, 129;
xn, 118, ecc. - 2. E aggiunto genericamente di qualsiasi corpo, vale,
Che ha propensione a cadere; Par. ni, 123. Conv. iv, 9, 41.-3. E
per Che col suo peso aggrava, Aggravante, Gravoso; Purg. xn, 30.-
4. In locuz. figur., e figuratamente Inf. vi, 71. Purg. xxxi, 19. Par.
XI, 48. - 5. Pur figuratane, detto di fatica, cura, ed altres d'im-
presa, opera, lavoro, e simili, vale Che si sostiene con qualche sforzo
dell'animo; oppure Che richiede molta cura, molta fatica, Faticoso;
Par. xxiii, 6. - 6. E pur figuratane, detto di tutto ci che reca mo-
lestia; Molesto, Spiacente, Increscioso; ed altres Che riesce impor-
tuno, noioso Inf. ni, 80. Purg. xv, 32 xxiii, 117. - 7. E per Doloroso,
; ;
Tormentoso, Penoso; Inf. in, 43.-8. E per Difficile, Malagevole;
Par. xxiv, 37.- 9. Pure per Difficile, Malagevole, Faticoso; detto
di luogo, via, e simili Purg. iv, 89. - 10. E detto di tempo, con-
;
giuntura di tempo, condizione, e simili, vale Pieno di difficolt, di
pericoli, di avversit, e simili; Molto difficile, Pericoloso, Calami-
toso; Par. xxxn, 127. - 11. E per Grande, Di gran rilievo o mo-
mento, detto di danno, perdita, spesa, e simili; Purg. XX, 77.- 12. E
pure per Grande, detto di colpa, offesa, misfatto, e simili Purg. v, 72. ;
13. Grave, detto di pena, gastigo, punizione, vendetta, ripren-
sione, e simili, vale Severo, Acerbo, Aspro; Inf. xix, 103. - 14. Detto
di pioggia, vale Che cade in gran copia e dirottamente; Inf. vi, 8, 35.-
15. E per Forte, Assai rumoroso, detto di tuono; Inf. IV, 2.-16. Detto
di donna, vale poeticam. Gravida, Incinta; onde Esser grave di uno,
vale Essere incinta di esso Par. xvi, 36. - 17. Detto di persona, ed
;
Che di corporatura grossa, pesante, Che
altres di animale, significa
ha pinguedine, ed perci lento ne' suoi movimenti Par. xxi, 132. - ;
18. E per Impedito da malattia, ovvero Oppresso dall'et, e che per-
ci si muove a fatica; detto di membra;
Inf. xxx, 107. - 19. Detto del
corpo umano, in relazione allo spirito, e figuratane anche dello spi-
rito stesso, o dell'anima, vale Pigro, Lento, Neghittoso Inf. xxiv, 54. - ;
20. E
per Lento, Tardo, Che si muove lentamente; usato figuratane
Par. v, 73. - 21. Detto di pensiero o discorso, vale Che intorno a
cose gravi, molto serie; Par. x, 135.- 22. Detto di argomento, ra-
gione, e simili, vale Molto efficace; Inf. xxvn, 106. - 23. E per Che
Gravezza-Grazia 945
dimostra negli atti molta compostezza, Contegnoso,
detto anche di
sguardo, passo, contegno, portamento, aria, e
simili- Inf. iv 112-
Vili, 69.
Gravezza, Astratto di grave: Qualit di ci che grave,
L'esser grave, Gravit, Pesantezza. 1. In locuz. figur.
e figurltam.'
Conv. IV, 26, 79. - 2. E per Cosa Corpo grave, Peso; Inf. xxxn, 74. -
3. Vale pure Molestia, Fastidio, Travaglio, e anche
semplicemente
Incomodo; Inf. 1, 2.-4. Riferito a libri, vale Nobilt, Grandezza,
Importanza e bellezza, Gravit; Conv. 1, 4, 75.
Gravido, dal lat. gravidus
: 1. Aggiunto di donna, e vale
Che
porta nel ventre frutto del concepimento; Inf.xviu, 94.-2. Con-
il
forme al significato proprio che ha nel latino, vale Grandemente
pieno, ed altres Grave del peso di che pieno. Figuratane, detto
di persona; Purg. xvi, 60. - 3. Pur fguratam. e poeticam., detto di
alberi, rami e simili, vale Carico, Gremito, di frutti Purg. xxiv, 103.
;
Gravit, Gravitade, Gravitate, dal latino gravitas,
L'esser grave, pesante, Gravezza, Pesantezza. E trovasi usato per
Travaglio, Affanno; Son. : Deh, peregrini, che pensosi andate,
v. 8. Vii. JST. xli, 45.
Grazia, gratia, voce adoperata nella Div. Com. 62 volte,
dal lat.
4 ieWInf., 20 nel Purg. e 38 nel Par.-l. Per Concessione che il su-
periore fa all'inferiore, di cosa da questo dimandata desiderata,
semplicemente a lui vantaggiosa e desiderabile; Favore, Benefizio,
e simili Purg. 1, 87. - 2. E con compimento retto mediante le par-
;
ticelle Di Che, in costrutto a quelli equivalente, pure per Conces-
sione, Permissione, Facolt, Licenza, Privilegio, e simili, concernente
in modo espresso e determinato la cosa indicata nel compimento me-
desimo; Purg. xxi, 3.- 3. Vale pure Amore, Benevolenza, Favore,
verso alcuno: e pi propriamente di superiore verso inferiore; Purg.
xvn, 118. Conv. in, 8, 64; IV, 25, 9.-4. Figuratam. Inf. xvi, 129. -
5. E per Dimostrazione con parole, Significazione, di grato animo
per grazia, benefizio, favore ricevuto; Ringranziamento. Ed in questo
senso si accompagna ordinariamente col verbo Rendere altro si-
mile; Purg. 1, 83. Par. iv, 122. - 6. Per Merito che alcuno abbia
presso altri, Cagione di essergli ben accetto, e simili Inf. xvin. 184.-
;
7. Term. de' Teologi: Aiuto soprannaturale che Dio d all'uomo per
volere e fare il bene meritorio di vita eterna; Par. xxix, 65. Conv.
In questo senso usasi comunemente nelle locuzioni
IV, 20, 40. - 8.
Grazia di Dio, Grazia divina, Grazia celeste, e simili; Par. Ili,
89; xx, 71; xxv, 63.-9. E secondo le distinzioni che ne fanno i
60. Enciclopedia dantesca.
946 Grazian
Teologi, riceve diversi aggiunti; come Grazia abituale, attuale,
concomitante, consumante, cooperante, coronante, efficace, giusti-
ficante, gratisdata, gratificante, illuminante, perseverante, perfi-
ciente, preveniente, sacramentale, salvante, santificante, ed altri;
Par. xxix, 62, ecc. - 10.
Figuratane, e poeticam., usato a denotare
La uomo della sua
virt divina, Dio stesso, in quanto fa partecipe Y
grazia; Inf. xxxi, 129. Par. i, 72; v, 116; xxiv, 58, 118.-11. Pur
riferito a Dio, al cielo, ad esseri celestiali, Santi, e simili, vale Con-
cessione, Favore, Benefizio, o simili, largito per divina bont al-
l'uomo; e propriamente, acciocch questi consegua la salvezza, ov-
vero un grado pi o meno alto di perfezione spirituale; Par. xiv,
90; xxxii, 147, 148; xxxiii, 14. Cam.: Le dolci rime d'amor, ch'io
solia, v. 115. - 12. E nello stesso senso, con un compimento retto
dalla prep. Di o dalla cong. Che, e denotante la cosa della quale
fatta grazia all'uomo; Par. xxxi, 84. - 13. E usato a denotare
La redenzione, La salute, del genere umano, operata per l'incar-
nazione del Divin Verbo. Onde le locuzioni Tempo della grazia, per
indicare il tempo di tal redenzione; e Anni di grazia, o della grazia,
per L'ra cristiana, o Gli anni di detta ra; Par. xxxii, 82. - 14. Fi-
gliuolo di grazia, maniera biblica, che denota L'uomo redento da
Cristo, Il giusto; Par. xxxi, 112.-15. In grazia di Dio, vale Senza
peccato mortale sull'anima, Senza demeritare, ovvero avendo riacqui-
stata la grazia di Dio; Purg. IV, 124.- 16. Per grazia, vale Per atto
di grazia; detto in particolare di Dio o di esseri celesti; Purg.viu,
66; xxxi, 136. Par. vi, 23; xxv, 40; xxxni, 25.- 17. Vale anche Per
atto di cortesia, Per cortesia; Purg. xxvin, 136.- 18. Per grazia
d'alcuno, vale Per atto di sua grazia o cortesia. E detto di Dio vale
Per atto di sua grazia, Mediante la sua grazia; Par. x, 54. - 19. Dare
grazio, o la grazia, o la grazia sua, o grazia di checchessia, ad al-
cuno, detto di Dio, vale Aiutarlo con la sua grazia al bene, Confe-
rire la grazia divina, Dare aiuto soprannaturale; Conv. IV, 25, 13. -
20. Far grazia ad alcuno di checchessia, o in costrutto con la cong.
Che, vale Concedere, Accordare, Consentire ;Purg. xxxi, 136.-21. Ve-
nire in grazia, o nella grazia, d'alcuno, o Venire in grazia ad alcuno,
vale Divenire, Rendersi, accetto, caro, a quello, Acquistarne la be-
nevolenza; Vii. N. xxvi, 2.
Graziali, Francesco Graziano, celebre canonista, nativo da
Chiusi in Toscana, monaco di S. Felice a Bologna, dove mor nella
seconda met del secolo XII. Compil verso il 1150 la celebre Con-
cordia discordantium canonum, ordinariamente detta Decretum
Gratiani, che forma la prima parte del Corpus iuris canonici, ed
una compilazione di testi della Bibbia, Canoni degli Apostoli e
Graziosamente-Grazioso 947
dei Concili, Decretali dei Pontefici ed estratti dei
Santi Padri, !..B
quale compilazione mira a stabilire la concordanza delle
le^i ec-
clesiastiche colle civili. Cfr. Sarti, De claris
Archigymn. Bonon
profess., Boi., 1889, 1, 330 e seg. nominato Par. x, 104. - ':
Lan.
Questi si quello Graziano che scrisse il Decreto e Decretali, e
flli s perfetti che piace alla ragione e alla giustizia. -
Off..-
Questo frate Graziano dell'ordine de' Predicatori. Alcuno diro,
che fu pure monaco, il quale compose libri circa il Foro, cio la
corte e giudicio divino, e circa Foro ecclesiastico, e fece il De-
il
creto, e fu per nazione lombardo. -
Petr. Dani.: Composuit de-
cretum ad utrumque forum canonicum et civilem respiciens. - Cass. :
Gratian, olim monaci classensis monasterii ravennatis diecesisolim
episcopi clusini compositoris libri decreti continentis inter suos ca-
nones quamplures civiles leges. - Falso Bocc. : Fu lombardo ef-
fumonacho disanfilicie in bolognia huomo disanta vita povero e
valentissimo iniscienzia intanto chegli fucholui che fecie idecre-
tali. - Benv.: Fuit monachus de ordine, qui fecit opus egregium,
quod dicitur decretum, in quo etc. Opere autem perfecto, transtulit
se ad curiam romanam causa publicandi etc... Fecit autem opus
suum in civitate Bononiae, in monasterio sancti Felicis in cellula
parva. -Buti: Questi
fu Graziano che fece lo Decreto, fu di Chiusi
citt antica di Toscana; ma ora quasi tutta disfatta, e fu monaco
di Santo Felice da Bologna. - Serrav. : Iste Gratianus fuit Bono-
niensis, et fecit decretum et pulchrum volumen et utile sicnt [in
mundo] sic in Ecclesia Dei, in quo volumine sunt quasi omnia que
pertinent ad jus civile et etiam canonicum fuit pulcherrima re-
:
collectio florum. Fuit pauper monachus Sancti Felicis in Bononia,
et in paupercula cella composuit tam solempne volumen. Demum
fuit episcopus Clusii.
Graziosamente, In modo grazioso, Con grazia. In senso
particolare, detto di Dio, vale Per atto di grazia, e della bont sua
verso le creature; Conv. IV, 29, 23.
Grazioso, dal lat. gratioms, Che ha grazia, Piacevole, I
giadro. In particolar significato, pure per Piacevole, Tale da pia-
1.
cere, cio da conciliare l'altrui grazia favore, approvazione, con-
senso, Lode, e simili; Purg. xxvi, 138. - 2. Detto di persona, vale
anche Che dimostra grazia, favore, benevolenza, e simili, verso al-
cuno; Benigno, Benevolo, Favorevole, Cortese: anche riferito a sen-
timento, disposizione d'animo, e simili; Inf. v, 88.-3. E con senso
pi conforme al latino, per Che ha la grazia altrui, Che gli in
grazia, Gradito, Accetto; Che ha qualit da merit prasia
il favore altrui; Conv. IV, 25, 9.-4. Pur detto dell'uomo con rela-
948 Greci - Greggia
zione a Dio; Conv. iv, 28, 118. - 5. E
per Che piace, Accetto, Gra-
dito, Piacevole, Caro; detto vili, 45.-6. Essere gra-
di cosa; Purg.
zioso ad alcuno, vale Essergli cosa grata, Piacergli, Fargli piacere,
Secargli sodisfazione, e simili; Purg. xm, 91. Par. ni, 40.
Greci, Firenze Par. xvi, 89. -
antica e nobile famiglia di ;
Questa antichissima famiglia possedeva casamenti e torri lungo
quella via di Firenze che, dalla piazzetta di San Firenze, a sini-
stra, prosegue sino alla piazza di Santa Croce, e si chiama tuttavia
de' Greci, dal nome della famiglia. Notisi che pi propriamente que-
sta Via chiamasi Borgo, perch ai tempi del primo cerchio rima-
neva fuori d'una porta della citt... Giov. Vill., IV, 12, narra che
fu di loro tutto il Borgo de' Greci, e che oggi sono spenti, salvo
che n' in Bologna del loro lignaggio; ma ancora col si estin-
sero intorno al 1386 in Ugolino di Negro, la cui figlia Giulia, spo-
sandosi a Giacomo di Nannino Bombaci, gli dette gli averi e il
nome dei Greci.... Alberto de' Greci fu potest di Bologna nel 1258
dopo la espulsione della parte Ghibellina, a cui aderiva, dalla citt
di Firenze e forse data da questo tempo lo stabilimento de' Greci
;
in Bologna. Lord Vernon, Inf. n, p. 493.
Grecia, lat. Grcecia, la classica terra delle Arti, della filosofia
e degli eroismi, penisola al sud-est dell'Europa, che anticamente
si divideva in tre grandi regioni : il Peloponneso al sud, l' Eliade
nel centro, la Tessaglia e l'Epiro al nord. nominata con allusione
alla guerra di Troja, Inf. xx, 108; e come patria di poeti, Vit. N.
xxv, 19.
Greco, lat. grcecus, Cittadino, Abitante della Grecia, e, secondo
Dante (Vulg. El. eziandio Abitante dell'Asia Minore; Inf.
I, 8, 15),
xxvi, 75; xxx, 98, 122. Purg. ix, 39; xxn, 88, 118. Par. xx, 57.
Conv. IT, 4, 28 IV, 22, 26. Canz. :
; patria, degna di trionfai
fama, v. 71. Mon. u, 11, 38, 40. - Quel Greco Che le Muse
lattar Pi ch'altro mai, Purg. xxn, 101, il poeta Omero; cfr.
Inf iv, 86 e seg. - Lo gran duca de' Greci, Par. v, 69, Aga-
mennone, duce supremo dei Greci nella spedizione contro Troja;
cfr. Duca dei Greci.
Greco, dal lat. grcecus, Proprio dei Greci, Appartenente ai
Greci; ed Aggiunto di lingua, usato anche in forza di Sost. per
Lingua greca; Conv. i, 7, 75, 78; i, 11, 71; in, 11, 36; IV, 1, 13;
IV, 6, 30; IV, 21, 91.
Greggia, grex, Branco, Quantit, di bestiame, sia
dal lat.
grosso sia minuto, adunato e pasciuto insieme. - 1. In locuz. figur.
Gregorio 949
e figuratam., vale Ogni moltitudine, turba turma, di persone, ed
altres di spiriti, raccolti sotto un medesimo capo,in un mede-
simo luogo; Inf. xiv, 19; xv, 37; xxvm, 120. - 2. Usato in 861
dispregiativo; Purg. vi, 24.-3. Nel linguaggio religioso della
Chiesa, vale La societ dei fedeli, La Comunit delle anime aflidate
ad un pastore, dipendenti dal loro Capo in conformit della ge-
rarchia ecclesiastica; Purg. xxiv, 73. Par. x, 94.
G-regorio, primo di questo nome, detto il Grande, papa dal 590
al 604; nacque verso il 540 a Roma, si fece monaco poco dopo il 573
e mor il 12 marzo 604. - Gregorius Magnus, Romanus, Gordiani
Senatoris fllius, adolescens Philosophiae operam dedit; et pretorio
officio functus, patre mortuo, sex monasteria in Sicilia sedificavit,
Romae septimum sancti Andrese nomine in suis aedibus, prope Ba-
silicam sanctorum Joannis et Pauli ad clivum Scauri, ubi, Hilarione
ac Maximiano magistris, monachi vitam professus, postea Abbas fuit.
Mox Diaconus Cardinalis creatus, Constantinopolim a Pelagio Pon-
ad Tiberium Constantinum Imperatorem legatus mittitur; apud
tifice
quem memorabile etiam illud effecit, quod Eutychium Patriarcham,
qui scripserat contra veram ac tractabilem corporum resurrectionem,
ita convicit, ut ejus librum Imperator in ignem injiceret. Quare Eu-
tychius paulo post, cum in morbum iucidisset, instante morte, pel-
lem manus suse tenebat, multis prsesentibus, dicens: Confiteor quia
omnes in hac carne resurgemus. Romam rediens, Pelagio pestilentia
sublato, summo omnium consensu Pontifex eligitur; quem honorem
ne acciperet, quamdiu potuit, recusavit. Nam alieno vestito in spe-
lunca delituit; ubi deprehensus iudicio igne columnse, ad sanc-
tum Petrum consecratur. In Pontificatu multa successoribus doc-
trinaa ac sanctitatis exempla relquit. Peregrinos quotidie ad mensam
adhibebat, in et Angelum et Dominum Angelornm peregrini facie ac-
cepit. Pauperes et urbanos et externos, quorum numerum descriptum
habebat, benigne sustentabat. Catholicam Fidem multis locis labe-
factatam restituit; nam Donatistas in Africa, Arianos in Hispania
repressit; Agnoitas Alexandria ejecit; Pallium Syagrio Augustodu-
nensi Episcopo dare noluit, nisi Neophytos hsereticos expelleretur
ex Gallia; Gothos hseresim Arianam relinquere coegit. Missia in
Britanniam doctis et sanctis viris Augustino et aliis monachis,
111-
sulam ad Iesu Christi Fidem convertit, vere a Beda Presbytero An-
vocatus Apostolus.Ioannis Patriarchi Constantinopolitani auda-
gliae
ciam fregit, qui sibi universalis Ecclesia Episcopi nomen arrogabat
Mauritium Imperatorem, eos, qui milites fuissent, monacho,
prohibentem, a sententia deterruit. Ecclesiam ornavit Banctiarimii
institutis et legibus. sanctum Petrum coacta Synodo, multa
Apud
950 Grembo
constituit; in iis:Ut in Missa Kyrie eleison novies reperetur; ut
extra id tempus, quod continetur Septuagesima et Pascha, Alleluja
diceretur; ut adderetur in Canone: Diesque nostros in tua pace
disponas. Litania, Stationes et Ecclesiasticum Officium auxit. Qua-
tuor Conciliis, Nicaeno, Chalcedonensi, Constantinopolino, Ephesino,
tamquam quatuor Evangeliis honorem haberi voluiic. Episcopis Si-
ciliae, qui ex antiqua Ecclesiarura consuetudine Komam singulis
trienniis conveniebant, quinto quoque anno semel venire indulsit.
Multos libros confecit, quos cum dictaret, testatus est Petrus Dia-
conus, se Spiritum sanctum columbi specie in ejus capite saepe
vidisse. Admirabilia sunt quse dixit, fecit, scripsit, decrevit, prae-
sertim infirma semper et aegra valetudine. Qui denique, multis editis
miraculis, Pontificatus anno decimo tertio, mese sexto, die decimo,
quarto Idus Martii, qui die Festus a Gratis etiam propter insignem
hujus Pontificis sapientiam ac sanctitatem prsecipuo honore cele-
bratur, ad ccelestem beatitudinem vocatus est. Cujus corpus sepul-
tum est in Basilica sancti Petri prope Secretarium Brev. Bom.
;
ad 12 Martii. Tra altri miracoli da lui operati, egli liber colle
sue preghiere, secondo la leggenda popolare, l'anima di Trajano im-
peratore, la quale fu assunta in Paradiso. Nel medio evo la leggenda
si considerava come storia; San Tommaso la suppone un fatto indu-
bitabile e procura di sciogliere l'enimma, come mai un'anima dan-
nata ritornasse dall'Inferno; Sum. theol. Ili, Suppl. lxxi, 5. Cfr.
Com. Lips. li, 171 e seg.; Ili, 552 e seg. Anche Dante presta fede
alla leggenda, in grazia della quale ricorda Gregorio; Purg. X, 75;
cfr. Par. XX, 106 e seg. pure nominato come autore di un'opera
sulle gerarchie angeliche ;Par. xxvm, 133.
Grembo, dal laX.gremium, Quella parte del corpo umano dalla
cintola quasi lino al ginocchio, in quanto, o piegata, o mentre la per-
sona sta seduta, e atta a ricevere checchessia. Usato comunemente
nel modo In grembo ad alcuno, che per estensione vale anche In
braccio, Fra le braccia di alcuno. 1. Nel signif. prop. Par. vili, 9;
xi, 115. - 2. In locuz. figur. e figuratam. Purg. v, 75. - 3. Altres
figuratane, detto in particolare di luoghi, a significare il Seno o la
Cavit, l'Estensione, ed altres il Mezzo, il Centro, di essi; Inf.
xx, 74. - 4. Grembo di Maria, vale figuratam. e poeticam. Il luogo
del cielo ove siede Maria; Purg. vili, 37.- 5. In grembo a Dio, vale
figuratam. e poeticam. Dentro la Chiesa, In Chiesa; Inf.xn, 119. -
6. Fare grembo di s, detto di costa, vale Raccogliersi essa a modo
di grembo, Fare un seno, una insenatura, di s; e detto di fiume,
vale Eaccogliersi le sue acque in un luogo e stagnarvisi ; Purg.
vii, 68.
Greppo-Grido 95]
Greppo, dall' ant. ted. klep, Roccia sporgente in mare : Luogo
molto scosceso, Pendice alquanto ripida, Balza. Detto figuratane
e
poeticam. per Bolgia infernale; Inf. xxx, 95. - Benv.:
Greppum
appellatur Fiorenti* vas vile fractum, remotum ab usibus donie-
sticis, et deputatum cibo vel potui gallinarum. - Buti L'autor
:
finge che le bolge avesson greppo dall'una parte e dall' altra greppo
;
cigliare di fossa e sommit di terra.
Greve e Grieve, cfr. Grave.
Grida, dal gridare, ossia pubblicare ad alta voce, che faceva ^
il banditore: 1. Pubblico avviso annunzio di checchessia; Conr.
1, 1, 100. - 2. E per Fama, conformemente a propriet provenzale;
Conv. iv, 29, 87.
Gridare, prov. cridar, spagn. gritar, frane, crier; probabil-
mente dal lat. quiritare; cfr. Diez, Wrt. i 3 223: Mandar fuori la
,
voce con alto suono e strepitoso, Fare strepito con la voce, Levare
alte voci per qualsivoglia motivo fine. Il verbo gridare adope-
rato nella Div. Com. 80 volte, cio 46 nell'In/*., 29 nel Purg., e
soltanto 5 volte nel Par. Cifre parlanti. - 1. Nel signif. propr.
Inf. 1, 65, 94, e sovente. - 2. Per Esclamare, Dire con gran tuono
di voce, semplicemente a voce alta, concitata, e simili; usato
con un compimento esprimente ci che gridando si dice; Inf. in,
84; v, 17; vii, 30, e sovente. - 3. Figuratamente, e per lo pi a
fine di ammonire, avvertire, attestare, e simili, intorno a chec-
chessia; Conv. ni, 14, 66; IV, 10, 44; iv, 29, 4.-4. Alt. Pronun-
ziare, Proferire, Parlare, Dire, a voce alta e concitata, con alto suono,
urlando, e simili Purg. xxx, 12. - 5. E per Dire, Dare a credere,
;
con forza e con insistenza, in senso per figurato e poeticam. Par,
v, 79. -6. Figuratam. e poeticam., per Lodare altamente, Celebrare,
Esaltare; Purg. vili, 125.-7. Vale altres Chiedere, Domandare, con
gran voce, con alte grida; e talvolta, per estensione, anche Chie-
dere pregando, Invocare, Implorare; Cam.: Donne, ch'avete in-
telletto d' amore, v. 21.-8. E per Divulgare, Propalare, Spacciai
parlando con gran tuono di voce; Par. xxix, 105.-9. Figuratam.,
per Mostrare, Far palese, in modo evidente, ed altres Manifestare
solennemente, Kivelare, e simili; Par. xxvi, 44.
Grido, e nel plur. spagn. grito, prov. e frane, ant.
Grida,
ant. erti, frane, mod. cri: 1. L'effetto del gridare;
Suono strepi-
per varie cagioni, come per paura,
toso di voce umana, mandato fuori
xiv, 102. Fwrg*
pericolo, ira, dolore, tripudio, plauso, e simili; Inf.
XXII, VI. -2. E
xix, 65; xx, 138; xxi, 60. Par. xi, 32; xxi, 140;
952 Grieve- Griffolino d'Arezzo
per Qualsivoglia parola o detto, proferiti con alto suono di voce, e
pi particolarmente per chiamare o invitare altrui, per chiedere o
comandare checchessia, e simili; Inf. v, 87; xvi, 13. Purg. xx, 133.-
3. E figuratam. Par. xvn, 133. - 4. E per Preghiera, Supplicazione,
Invocazione, fatta a gran voce; Par. Vili, 5; XV, 133. - 5. Figuratam.,
per Fama, Divulgamento, di checchessia; Voce, Novella, Notizia,
Credenza, universalmente sparsa, o che corre in pubblico; Purg.
xxvi, 125. Par. xvn, 53. Conv. i, 11, 19; iv, 29, 87.-6. E per No-
minanza, Rinominanza, Celebrit, Fama; Purg. xi, 95.
Grieve, cfr. Grave.
Grifagno, dal frane, ant. grifains, derivato da griffe: Ar-
tiglio: Aggiunto di uccelli di rapina, e vale Atto con gli artigli
1.
a ghermire fortemente, Fiero; Inf. xxn, 139. - 2. Detto figuratam.
di occhi, sguardo, e simili, vale Vivo, Lampeggiante, e che dimostra
la fierezza dell'animo; Inf. iv, 123.
G-riftolino d'Arezzo, Nome di un personaggio che Dante
trova nella decima bolgia tra' falsatori; Inf. xxix, 73-120. JBambgl.:
Iste Aretinus vocabatur Bel [Bai] Magnus et suptilissimus Archi-
mista qui vero dum esset domisticus cuiusdam filii episcopi se-
nensis qui vocabatur Albertus dixit dicto alberto Ego scirem volare
scivellem Ille autem albertus ex facilitate sua hoc credens rogavit
dictum de Aretio ut doceret ipsum volare et cum non potuisset hoc
facere accusavit eum episcopo senensi patri suo ex quo dictus vai
[Bai] combustus fuit. - An. Sei.: Questo d'Arezzo fu grande Al-
chimista, e molto fals le monete. Ebbe nome Griffolino.... Disse pi
volte a uno, nome Arboro da Siena, d'insegnarli volare, come De-
dalo....E sotto questo dire Alboro gli prest molti danari. A la fine,
avedendosi Alboro, che questo Griffolino si facia beffe di lui, acu-
sollo a l'inquisitore de' Paterini di certi peccati contro a Fede, e
per fu arso. - Iac. Dant.: Grifolino.... usando di fare alchimia
alcuna volta ad alcun Sanese Alberto nominato di volare insegniare
gli promisse per la qual cosa non possendosi fornire e riputandosi
il detto Alberto dallui ingannato a un cierto inquisitore de Paterini
in Firenze per Paterino ardere lo fece il quale inquisitore padre
del detto Alberto certamente da molti era tenuto. -Lan.: Que-
sto Aretino fu una scritturata persona, sottile e sagace, ed ebbe
nome maestro Griffolino; sapea e adoperava quella parte d'alchimia
che appellata sofistica, ma facealo s secretamente, che non era
saputo per alcuna persona. Or questo maestro avea contezza con
un Albero, figliuolo secreto del vescovo di Siena, e questo Albero
era persona vaga e semplice, ed essendo un die a parlamento con
Griffolino d'Arezzo
lo detto maestro Griffolino, e per modo di treppo lo ditto maestro
disse: s'io volessi io anderei volando per aire come fanno li uccelli
e di die e di notte; soggiungendo a sua novella: e si potrebbe andar
per tutta la terra e in li segreti luoghi senza dubbio di signora
o di persona che offendesse. Questo Albero si mise le parole al cuore,
e credettelo; infine strinse lo detto maestro ch'elli li insegnasse vo-
lare. Lo maestro pur li dicea di no, come persona che non sapea
far niente. Costui liprese tanto odio adosso, che '1 padre predetto,
cio il vescovo, li inform una inquisizione adosso, e fllo ardere
per patarino. - HOtt. lo chiama erroneamente Girolamo, e rac-
conta: Fu d'Arezzo, e uno Sanese, nome Alberto, il fece ardere
non per archimia, ma perocch li appuose ch'elli fosse ingiuratore
di demonii, ed eretico in fede; e ci si mosse a fare, perocch '1
detto Aretino disse un die al detto Alberto: s'i' voless'io, volerei
come un uccello. Il Sanese volle che Griffolino glie le insegnasse;
l'Aretino disse, che glie l'aveva detto per sollazzo; quelli indegn,
e poi in Firenze ad uno inquisitore de' Paterini, ch'era Sanese di
uazione, e tenea che Alberto fosse suo figliuolo, il fece ardere. E
dicesi, che quello Alberto era molto vago di cotali truffe, e avevavi
consumato del suo, e per avea poco senno; e a questo Griffolino
(ponemo, che noi dica) avea dati danari, e rivoleali, e di ci venne
1
al cruccio; alcuni dicono che'l f ardere al Vescovo di Siena, ch'era
suo padre. - Petr. Dani.: Nominando magistrum Grifolinum de
Aretio, combustum Senis per inquisitorem haereticae pravitatis, ad
instantiam Episcopi dieta? terra?, eo quod quidam nomine Aroor de
Senis, filius dicti Episcopi, deceptus fuit in pecunia ab ipso, pro-
mittendum ipsum facere scire volare. - Cass.: Iste magister Gri-
folinus de aretio maximus alchimista acepta magna quantitate pec-
cunie ab albero de senis ad hoc ut eum doceret volare et non
fecerit fuit combustus senis. Inductu episcopi senensis qui dictum
alberum tenebat pr filio. - Falso Bocc. : Maestro grifolino da-
rezzo fu valentissimo huomo inassai iscienzie effu grandissimo astro-
lagho evalente archimista effu morto enon fumorto chostui percha-
gione dellarchimia maffu morto earso siffu chestando lui insiemi
prese grande amicizia conuno sanese il quale gli torno inimicizia,
questo sanese aveva nome alberto figluolo delveschovo disiena. que-
sto alberto usava molto volentieri conquesto maestro grifolino
per-
volere imparare dallui delle sue chose nuove emaravigliose et verni.-
alberto
chaso chequesto maestro chosi motteggiando disse aquesto
chegli sapeva volare einsegnierebbegliele epiu epiu tempo iltenne
apparole efrasche. Alberto veggiendosi beffare damicho
divento m-
perpa-
micho mortale imodo chegli lacchuso alveschovo suo padre
allo inquisitore
terino. Ilpadre per compiaciere alfigluolo lachuso
954 Grifo-Orifone
eformogli una inquisizione addosso si eintalmodo chefupreso earso
perpaterino chenonera. - Benv.: Fuit in nobili civitate Senarum
circa tempora autoris quidam magister Grifolinus de Aretio, ma-
gnus naturalis et alchimicus, qui astutissimus contraxit familiari-
tatem magnam cum quodam filio episcopi senensis, cui nomen erat
Albarus, quia ille cum lingua sua mirabili promittebat illi simplici
et fatuo facere mirabilia magna. Inter alia, dum Albarus iste le-
vissimus miraretur et laudaret Grifolinum, dicens: o quale est in-
genium tuum dixit Grifolinus: certe scirem facere impossibilia per
!
naturam. Quid diceres, si videres me patenter volare more avis per
aerem? Albarus pinguis et pecuniosus expensis Crucifixi, ccepit ro-
gare, ut doceret eum artem volandi artificialiter, qui tamen erat
per naturam levissimus ad volandum cum sua mente vanissima.
Multa ergo dicebat, et plura promittebat. Sed Grifolinus ludificaba-
tur eum, et dabat illi verba in solutum. Tandem Albarus videns
se delusum et deceptum, conquestus est episcopo patri suo; qui ac-
census indignatione magna fecit formari unam inquisitionem contra
eum, qualiter exercebat magicam, quam tamen ille ignorabat; et
sub isto colore fecit eum igne cremari.- Buti ripete le stesse cose,
ed i commentatori successivi non aggiungono veruna notizia degna
di menzione. Il fatto credesi avvenuto ai tempi di Bonfiglio, il quale
fu vescovo di Siena dal 1216 al 1252. Cfr. Bart. Aquarone, Dante
in Siena, Siena, 1865, p. 59 e seg.
Grifo, etimol. incerta. Secondo alcuni dal lat. grypus, e questo
dal gr. ypoTCg, Curvo, ed altres Che ha il naso adunco, Che ha il
becco ricurvo; secondo altri dall' ant. ted. grifon, Addentare, Az-
zannare; cfr. Diez, Wrt. n 3 38 s. v. grufolare; Zamb., 620. Pro-
,
priamente La parte del capo del porco e del cinghiale dagli occhi
in gi. Torcere il grifo, vale Mostrar col viso arcigno e torvo di di-
sapprovare e disprezzare alcuna cosa; anche figuratam. Inf. xxxi, 126.
Grifone, lat. gryps, gryphis, basso lat. gryphius, dal gr. ypcp,
YpOTcg, Nome di un animale favoloso, finto biforme, alato e quadru-
pede, aquila nella parte anteriore e leone nella posteriore. Nella gran
visione finale del Purg. il l' Uomo-Dio,
Grifone rappresenta Cristo,
dalla duplice natura, divina ed umana; Purg. xxix, 108; xxx, 8;
xxxi, 113, 120; xxxn, 26, 43, 89. Cfr. Com. Lips. n, 644 e seg. S. Isi-
doro, Hisp. Orig. xn, 2, chiama il grifone Animai pennutum et
quadrupes.... Omni parte corpores leones sunt; alis et facie aquilis
similes, e dice altrove, vii, 2: Sed et Christus est Leo pr regno
et fortitudine.... Aquila propter quod post resurrectionem ad astra
remeavit. Neil' Apocalissi, v, 5, Cristo detto leo de trib Iuda.
Probabilmente Dante prese da questi passi l'idea del suo Grifone.
Grigio-Grosso 955
Grigio, dal lat. barb. griseus, per mezzo dell'arcaico
griso;
Aggiunto Che scuro con alcuna mescolanza di bianco;
di colore,
e dicesi altres delle cose che hanno tal colore; Inf. vii, 108.
Griso stoino, cfr. Crisostomo.
Gromma, forma varia digruma, e questo dal lat. yrumus,
significante ogni cosa che si ammucchia, coagula, ecc. Crosta che
siattacca alle pareti delle botti e di altri vasi che contengono vino,
detta anche Tartaro; in locuz. fgur. Par. xn, 114.
Grommato, Coperto, Incrostato, di gromma. E per semplice-
mente Incrostato, Coperto; Inf. xvm, 106.
Gronda, dal lat. grunda: Estremit del tetto che sporge fuori
della parete di una casa d'altro edifizio, e donde gronda l'acqua
piovana. Figuratami, e poeticam., per Ciglio; Par. xxx, 88.
Groppa, frane, croupe, prov. cropa, catal. cropa, sipa.gn.grupa,
i quali derivano forse dal ted. Icropf, Protuberanza: Quella parte
del corpo dei quadrupedi, che si estende dal termine dei lombi al
principio della coda, e dall'una all'altra anca. -1. Per estensione,
detto di Centauri, di altri esseri favolosi immaginarj Inf. xit, ;
95 xvil, 80. - 2. Chiamasi anche, .per ischerzo, La parte pi bassa
;
della schiena dell'uomo; Inf. xxv, 20.
Groppo, della stessa origine di groppa Avviluppamento, Vi-
:
luppo, Nodo, forte cos, da essere difficile a districarsi. 1. Per si-
militudine e poeticam. Inf. xm, 123.-2. E figuratami. Inf. xi, 96. -
3. E per Agglomeramene, Adunamento, di checchessia; Inf. xxxni, 97.
Groppone, da groppa, La estremit della schiena dei quadru-
pedi, e propriamente Quella parte che resta fra le natiche e le reni.
E usato in modo scherzevole, per La schiena dell'uomo; Inf XXI, 101.
Grossamente, In modo grosso, Con grossezza. Usato per In
modo sommario, compendioso, In abbozzo; ed altres A un bel circa,
Approssimativamente, e simili contrario di Minutamente e di Esat-
:
tamente; Conv. 11, 3, 35.
Grossezza, Astratto di grosso, L'esser grosso, Qualit di ci
che grosso. - 1 Per Densit e gravit di sostanza corporea; C<>
ni, 7, 36.-2. E riferito a persona, vale Semplicit, Materialit,.
Conv. 11, 3, 15; iv, 15, 110.
alla specie
Grosso, dal basso lat. grossus : 1. Che, rispetto
ha molto volume molta cir-
natura propria, di molto corpo,
956 Grotta-Guadagnare
conferenza; suo contrario Sottile; Inf. xxxi, 58.-2. E detto
e il
di certe cose, che risultano di parti disgregate, a significare che
queste, rispetto alla natura loro, sono grosse; e il suo contrario pi
spesso Minuto; Inf. vi, 10. - 3. Grossa, detto di donna, vale In-
cinta, Gravida; e detto di femmina di vivipari e pi che altro
domestici, vale Pregna ; Inf. xvn, 64. -
Grosso, prendesi altres
4.
per Alto, Profondo; e dicesi pi particolarmente di corpi piani, a
dinotare la distanza che corre dalla faccia inferiore alla superiore;
Inf. xxiii, 101; xxxn, 25. - 5. E in particolare, detto di muri, ar-
gini, e simili, vale Largo; Inf. xv, 11. - 6- Figuratane, detto sia
di persona, sia di popolo, vale Di rozzi costumi, Di poca cultura,
Semplice, Goffo, Zotico, Ignorante, Di tardo ingegno, Privo di acume,
e simili; Inf. xxxiv, 92. Par. i, 88. Vit. N. xxv, 27, 71.-7. Pure
per Ignorante, Ignaro, Imperito, Poco civile, Inculto, Rozzo, Gros-
solano, ecc. Purg. xi, 93. - 8. Detto d'ingegno, d'intendimento, di
mente, e simili, vale Tardo, o Inetto, a intendere, a comprendere,
Ottuso, Mancante di acume e simili Par. xix, 85. - 9. Grosso, vale
;
anche Spesso, Fitto, Folto, Denso e grave; detto pi specialmente
di vapori, nebbia, e simili; Inf. xxxiv, 4. Purg. n, 14; xvi, 4. -
10. E detto di aria, vale Che impregnato di vapori acquei, Che
impuro e grave e anche semplicemente Caliginoso, Vaporoso, e
;
simili; Inf. xvi, 130; xxxi, 37. Conv. in, 9, 91. - 11. Detto di guerra
o di atti ed operazioni guerresche, vale Fatto, Condotto, con molte
Forze e con gran vigore; Gagliardo, Forte, Impetuoso, e simili: figu-
ratamente Par. xn, 102.-12. In forza di Sost., vale Parte grossa, o
pi grossa, di checchessia; Inf.xix, 24; xxn, 27; xxxiv, 77.
Grotta, dal lat. crypta, e questo dal gr. xprcxy), Cavit am-
pia, e per lo pi alta e profonda,formata naturalmente o artificial-
mente nel declive di un monte, Antro. 1. Nel signif.
o nel tufo;
propr. Inf. xiv, 114. Purg. i, 48; xxn, 65. - 2. Per Eupe, Eoccia;
Purg. in, 90; xm, 45; xxvn, 87. - 3. E per Greppo, Balzo, Ciglione,
ed altres per Eiva scoscesa di fiume; Inf. xxi, 110; xxxi, 114. -
4. E per Eiparo fatto a guisa di terrapieno, ed altres poeticam.
per Qualsivoglia riparo; Inf. xxxiv, 9.
Gru, dal grus, Uccello di ripa, che ha collo e becco assai
lat.
lungo, gola e gozzo nerastri, la piuma cenerognola, e l'occipizio e
il vertice coperti di una specie di papille di un colore rosso scar-
latto; Inf. v, 46. Purg. xxvi, 43.
Guadagnare, prov. gaaniar, gazagnar; frane, ant. gaaigner,
frane, mod. gagner; catal. ant. guadagnar; spagn. ganar ; portog.
Guadagno-Guaio
ganhar; barb. ganare, Acquistare. Forse dall' ant. ted. wei-
lat.
danjan, Pascolare o Cacciare; e nell' antico frane, gaaigner valeva
Coltivare i campi: poich sembra probabile che il primitivo Benso
della parola attenga alla caccia e all' agricoltura, e al profitto che
da queste si ricava; cfr. Diez, Wrt. i 3 225 e seg. Zamb., 624. Avan-
,
zare,Conseguire come utile o profitto, sul capitale investito in traf-
fici,commerci, industrie, e simili, o in cose che si vendano; e il suo
contrario Scapitare. In senso generico poi vale Acquistare, Procac-
ciarsi mediante industria o fatica, riferito a denari.- 1. Per Acqui-
stare, Ottenere, checchessia, come frutto o premio di opera propria,
fatica, industria, cimento, ovvero secondo convenzione o promessa,
e simili; Inf. xxx, 43. - 2. Fare suo mediante forza d'armi, o in
virt di proprio diritto, Impadronirsene; riferito a paese, Stato,
citt, ecc. Purg. xx, 77, nel qual luogo Guadagnare riferito nello
stesso tempo a cosa nociva, e vale pure Procurarsi, Procacciarsi,
per propria colpa, o con proprio danno; Tirarsi addosso, Buscare,
Meritarsi e simili.
Guadagno, 1. Il guadagnare; L'atto e L'effetto del trarre
lucro, utile, profitto dalla propria opera, fatica, industria, profes-
sione, e simili; Inf. xvr, 73.-2. In locuz. figur. e figuratam. Purg.
xxiv, 129. Conv. IV, 28, 68.
Guadare, dal basso lat. vadare, Passare a pie, o a cavallo,
o su veicolo tirato da animali, fiume, torrente, e simili, detto del-
l'uomo; e detto di animale, Passarlo a pie; Inf. xn, 94.
Guado, dal lat. vadum, Quel punto di un fiume, torrente, e
simili, chepu essere passato a pie, a cavallo, o su veicolo tirato
da animali. Usato in locuz. figur., e figuratam. Purg. Vili, 69. Par.
li, 126; vii, 90.
Guai,dal lat. vae, gr. oa, Esclamazione minacciante danno,
sventura, gastigo, e simili, e regge il suo termine mediante la prep.
A; Inf. ni, 84. Conv. IV, 6, 129.
Guaio, dalla esclamazione guai, usata in forza di Sost. - 1. Voce,
Grido di dolore, che l'uomo manda fuori, Forte lamento,
Ramma-
vi, 30.-2. E pai
richio, e simili; Inf. ili, 22; iv, 9; v, 48. Purg.
Tribolazione, e simili; quasi Cagione li
Male, Sventura, Calamit,
dolersi, di rammaricarsi; Purg. IX, 15. -A 3. guaio, posto avver-
bialmente, vale Fino a far guaire, Fino a far mettere grida di do-
guai, vale Gridare
lore; Inf. v, 3.-4. Trarre, ed anche Mettere,
per dolore, Altamente lamentarsi; Inf. XIII, 22.
958 Gualandi - Gualdo
Gualandi, antica e nobile famiglia di Pisa; Inf xxxiii, 32. -
Questa famiglia, per nobilt e per potenza non fu inferiore ad al-
cuna altra delle pi illustri di Pisa. Negli antichi tempi ella dette
alla patria guerrieri, consoli, pretori e prelati. Piero, Sicherio, Gua-
lando e Alberto furono guerrieri di molto grido. Il primo fu uno
de' 12 capitani, alla direzione de' quali venne commessa la guerra
delle isole Baleari nel 1114; l'altro port l'insegna del popolo pi-
sano; mentre Gualando e Alberto davano in quella stessa spedi-
zione illustri prove del loro valore. Vissero in quel secolo un altro
Alberto e un Uberto che sedettero fra i consoli Gualando signore
;
di Buriano, uomo di grandi aderenze, e Gherardo che nel 1207 resse la
pretura di Pisa. Guido di Boccio fu pretore di Siena nel 1254 Obizzo
;
ed altri della loro consorteria comandarono insieme l'armata navale
nella infelice battaglia, combattuta alla Meloria nel 1284. Nemici
costantemente dei conti della Gherardesca, per rivalit di potenza, i
Gualandi sono rammentati ben quattro volte nelle istorie per le loro
cospirazioni. Fu la prima nel 1288 quando fu tratto a morte l'in-
felice conte Ugolino; dipoi nel 1322 insorsero contro il conte Ra-
nieri, ma furono disfatti. Uguale incontrarono la sorte nel 1336
allorch presero le armi contro il conte Bonifazio Novello n pi for-
tunati furono nel 1345, abbench aiutati dalle masnade di Luchino
Visconti, combattendo contro Ranieri Novello. Fu questa famiglia
dei Gualandi assai celebre; laonde conviene rimandare alle istorie
pisane chiunque volesse pi particolarmente conoscere i nomi dei
personaggi che la illustrarono.... I Gualandi sono estinti fino dagli
ultimi anni del secolo XVIII, e ne sono stati eredi i Rosselmini
e i Franceschi. Lord Vernon, Inf., voi. ir, p. 496 e seg.
Grualdana, etimol. incerta. Secondo alcuni dal medio ted. wo-
dan, Assalto; e secondo altri da guado, Selva, come a dire Incur-
sione ne' boschi a fin di cacciare, che poi sarebbe stata estesa a
cose militari; ma altri la deriva da gelda; cfr. Diez, Wrt. il 3 38. ,
Zamb., 624 e seg. Dante l'usa a significare Schiera, Stuolo, di gente
armata, a fine di fare scorrerie e preda nel territorio de' nemici; Inf.
xxn, 5. - Lan. : Compagnie, rubando e uccidendo. - Buti : Caval-
cate le quali si fanno alcuna volta in sul terreno de'nimici a rubare
et ardere e pigliar prigioni.- Geli: Gualdane vogliono dire
schiere.- Cast.: Gualdane sono que' che chiamiamo venturieri,
saccomani e ragazzi che hanno sue insegne e segni e guidatori, e
sono que' che fanno pi danno che i legittimi soldati.
Gualdo, o Gualdo Tadino, villaggio della Romagna fra Pe-
rugia e Camerino, posto alle falde dell'Appennino sopra un altipiano
Gualdrada - Gualterott
dal quale scende il fiume Basin, affluente del Chiascio. Ai tempi
di Dante apparteneva al regno di Napoli. Vi si vedono le rovina
di un antico castello Longobardo; Par. xi, 48.
Gnaldracla, figliuola di messer Bellincione Berti de' Ravi-
gnani, ch'era maggiore ed il pi onorato cavaliere di Firenze
il
(cfr. Bellincion Berti), moglie del conte Guido il Vecchio, capo-
stipite dei conti Guidi, al quale partor quattro figliuoli, tra' quali
Buggeri o Marcovaldo conte di Dovadola e padre di Guido Guerra ;
Inf. xvi, 37. Il Villani, v, 37, racconta: Il conte Guido vecchio
(m. 1213) prese per moglie la figliuola di messer Bellincione Berti
de' Rovignani, ch'era il maggiore e'1 pi onorato cavaliere di Fi-
renze, e le sue case succedettono poi per retaggio a' conti, le quali
furono a porta San Piero in su la porta vecchia. Quella donna ebbe
nome Gualdrada, e per bellezza e bello parlare di lei tolse, veggen-
dola in Santa Reparata coli' altre donne e donzelle di Firenze. Quando
lo 'mperadore Otto quarto venne in Firenze, e veggendo le belle donne
della citt che in Santa Reparata per lui erano raunate, questa pul-
cella pi piacque allo 'mperadore; e'1 padre di lei dicendo allo 'mpe-
radore ch'egli avea podere di fargliele basciare la donzella rispose
che gi uomo vivente la bascerebbe se non fosse suo marito, per
la quale parola lo 'mperadore molto la commend; e il detto conte
Guido preso d'amore di lei per la sua avvenentezza, e per consiglio
del detto Otto imperadore, la si fece a moglie, non guardando per-
di' ella fosse di pi basso lignaggio di lui, n guardando a dote ;
onde tutti i conti Guidi sono nati del detto conte e della detta
donna. Cos raccontano pure Ott., Bocc, Benv., ecc.
Gualterott, antica e nobile famiglia di Firenze; Par. xvi, 133.-
Diversa questa casa da altra omonima, che assai figur nella istoria
della repubblica fiorentina dei secoli XV e XVI, la quale altro non
era che una diramazione dei Bardi. I Gualterotti rammentati da
Dante furono antichissimi gentiluomini ch'ebbero torri e case pel
Borgo dei SS. Apostoli e vasti possedimenti con turriti castelli a
Legnaia. Villani gli annovera tra i guelfi del sestiere di Borj
Il
ma i documenti che ci restano, e che sono ineccezionabili, ce li pa-
lesano invece per ghibellini. Abbiamo infatti memoria di un mes-
ser Iacopo, che fu cacciato da Firenze nel 1258, e che dal Comune
venne richiesto ai Senesi, nelle terre dei quali erasi rifugiato, per
ghi-
farne giustizia. Troviamo poi lo stesso Iacopo tra i combattenti
bellini a Montaperti, e dopo la vittoria menzionato tra compo- i
nenti il governo di Firenze, dai quali fu stipulato un trattato di
Chiodo si legge pure
alleanza con il Comune di Siena. Al libro del
960 Gruancia-Guardare
il suo nome, perch fu dichiarato ribelle con Simone, con Federigo
di Mainetto e con tutti gli altri della sua casa, solo eccettuandosi
Cione, a cui fu concesso di poter restarsi confinato entro le mura
della citt. Federico torn alla patria nel 1280, e firm la pace che
fu fatta in quell' anno a mediazione del cardinale Latino, legato di
papa Niccol III.Verso quel tempo viveva frate Ranieri di mes-
ser Trincia dei Gualterotti domenicano, uomo di santissima vita,
che tutto il suo pingue retaggio divise tra i poveri, e and in Pa-
lestina per predicarvi le verit del Vangelo. Dal Necrologio di
S. Maria Novella apparirebbe che alcuni de' suoi parenti si fossero
fssati verso quel tempo nella Grecia e vi si fossero elevati ad alta
condizione. questa l'ultima notizia certa dei Gualterotti, i quali
furono esclusi dalle Magistrature nel 1282, nel 1293 e nel 1311.
Credonsi estinti in Firenze nella famosa pestilenza del 1348.
Lord Veenon, Inf., voi. ri, 497 e seg.
Guancia, dal ted. ant. wankja, moderno wange : Ciascuna
delle due parti laterali della faccia, fra le quali sono il naso e la
bocca. 1. Nel signif. propr. Inf. xxm, 98; xxv, 54; xxxi, 2. Purg.
i, il, 7; vii, 107;xxm, 110; xxx, 53. Par. xxvn, 129; xxviii, 81.-
127;
2. Con l'aggiunto Bella, usata figuratam. e poeticam. a designare
Eva; Par. xiii, 38.-3. Pur figuratam. e poeticam., per Bocca; Par.
xxix, 112.
Guanto, Ganci, basso lat. Gandarium, celebre citt del Belgio,
capoluogo della Fiandra orientale; Purg. xx, 46.
Guardare, prov. gardar e guardar; spagn. guardar, frane.
garder ; dal ted. ant. wartn, Prender guardia; cfr. Diez, Wrt.
3
i , 228. Far checchessia oggetto della propria vista, Volgervi e fer-
marvi l'occhio, Mirarlo. Il verbo Guardare adoperato da Dante
nella Div. Com. 98 volte, cio 35 neWInf., 43 nel Purg. e 20 nel
Par.-l. Nel signif. propr. Inf. x, 41; xv, 19; xvil, 87. Par. IV,
139, e sovente. - 2. E per Guardare con attenzione, Osservare; usato
anche coli' avverbio Fisso o Fiso; Inf. xiv, 105 (var.). Purg. in, 106;
x, 97. - 3. E figuratam. Coni), ni, 15, 47. -4. Vale altres Osservare
con la mente, Considerare, Esaminare; Inf. li, 11. Par. xxix, 133.-
5. Vale pure Custodire, Tenere con cura, Conservare, Avere in guar-
dia; riferito tanto a cose quanto a persone. Usato figuratam. Inf.
xix, 98. Purg. xxv, 35. - 6. Vale altres Difendere, Preservare. Fi-
guratamente, detto di cosa, o riferito a cosa; Purg. xix, 104. - 7. Detto
di milizie, condottieri, e simili, e riferito a paesi, luoghi forti, e si-
mili, vale Tenerli con la forza delle armi, Occuparli, e anche sem-
plicemente Starvi armato, a fine di renderli sicuri dal nemico, di
Gnardatore-Oaardia 961
custodirli, e simili. Detto fguratam. Inf. xn, 32.-8. Figuratam.
e
poeticam., detto di luogo e riferito a persona, vale Tener chiuso
dentro a s, Tenerlo come custodito; Inf xi, 8.-9. E per Riser-
bare, Serbare; Par. xxvi, 48.-10. Riferito a legge, comandamenti,
ufficio, grado, e simile, vale Fare quanto viene da essi prescritto,
Os-
servarli,Avere ad essi riguardo o rispetto; Inf. xxvn, 92.-11. E
poeticam. per Avere, Possedere Par. xxn, 82. - 12. E per Reggere,
;
Governare; Par. xix, 131.
13. Neut. pass. Stare in guardia, in sull'avviso, Riguardarsi;
usato con la ellissi della particella pronominale; Conv. iv, 19, 64
(var.). - 14. E per Astenersi, Contenersi, Ritenersi, da cosa cattiva
o dannosa o pericolosa, usato in costrutto con un sostantivo retto
dalla prep. Da o Di, o indicato dalla particella pronominale Ne;
Inf. il, 82.-15. E in costrutto coli' infinito d'un verbo, retto dalla prep.
Da oppure con soggiuntivo retto dal Che; Conv. iv, 24, 111.-
o Di,
16. Neut. Volger l' occhio, Drizzare la vista, sia semplicemente, sia per
osservare checchessia; Jw/". ni, 51, 59 (var.); xxiv, 8. Purg.xxvi, 111.-
17. Eper Volger l'occhio, Drizzare la vista, verso checchessia, o in
una data direzione; e in tal significato unito con un avverbio di
luogo, o con un termine retto dalle particelle A, Di, In, o dalla
prep. Verso; Inf. i, 16; xxxm, 47. Purg. vili, 88; x, 118; xvm, 2;
xxv, 125. Par. il, 22. - 18. E fguratam., per Volgere la mente, il
pensiero, la considerazione, Considerare, e simili; Purg. xi, 18. Par.
Vii, 44. Conv. in, 8, 151. - 19. Guardare, in costrutto con un verbo
preceduto dalla particella Non, vale Avvertire, Provvedere, Procu-
rare, Prender guardia; Inf. xiv, 73. Purg. ix, 87; xvi, 15.-20. E
per Vigilare; Purg. xxvn, 84.- 21. E per Considerare, Riflettere,
Pensare, Avvertire, e simili; Inf. v, 19. Purg. xvm, 74.-22. Guarda,
Guardate, ecc., usansi per fare che altri volga V occhio ad un dato
oggetto; Inf. ix, 45. Purg. vii, 106. -23. Guarda guarda, ma-
niera usata per avvertire alcuno a cansare un pericolo imminente;
Inf. xxi, 23.
Guar datore, Verbal. masc. da Guardare: Chi o Che guarda,
91.
nei varj sensi del verbo, anche fguratam. Conv. in, 6,
vigilare
Guardia, L'atto del guardare, ossia del custodire, del
Vigilanza. - In leni
diligentemente, cose o persone; Custodia, 1. i
armata di vigi-
speciale, Atto, Operazione, Servizio, che gente
fa,
guerr
lare e custodire un dato luogo, o un dato fornimento
di i
mantenerne il possesso, o di ^pre-
fine di difenderlo dai nemici, di
servarlo da qualsivoglia altro danno o pericolo. Per simili!
Vili, 38. - 2. Riferito a persona, vale anche
Custodia e cura.
61. Enciclopedia dantesca.
962 Guardiano
verno, ed altres Protezione, e simili. Figuratam. detto di Dio e
della Vergine; Par. xxxiii, 37. - 3. E per Difesa, Riparo, Presidio,
Protezione, detto sia di persone, sia di cose, e riferito cos all'une
come all' altre ; Inf. xvm, 10. - 4. E figuratam. Purg. in, 129. -
5. Eper Persona, cui affidata, commessa la vigilanza e custodia
di checchessia; anche figuratam. Purg. xxxn, 95.-6. Far guardia,
vale Guardare, Custodire, checchessia, Vegliare alla sua custodia;
Inf. x, 9. - 7. Prender guardia di checchessia, vale Guardarsene,
Riguardarsene, Star vigilante, guardingo, cauto, rispetto ad esso, a
fine di non incorrere in pericoli, danni, e simili; Conv. iv, 12, 15.
Guardiano, Chi ha il carico di guardare, di vigilare, di cu-
stodire, cose, persone o luoghi, Chi gli ha a guardia; Guardia, Cu-
stode, e simili. La voce non si trova nella Div. Com. Vi si trovano
invece iGuardiani.
I. Guardiani dell'Inferno. La porta dell'Inferno sempre
aperta; vi pu entrare chi vuole senza impedimento di sorta; nessun
guardiano gli chiede il passaporto. Anche all'entrata di Dante, anima
viva, nessuno si oppone. Anche la landa circolare, tetra dimora de-
gl' ignavi, priva di guardiani. Tutti gli altri cerchi dell' Inferno
dantesco hanno ognuno il suo guardiano o custode. Questi guardiani
infernali appartengono in generale alla mitologia classica, confor-
memente al concetto del cristianesimo antico e medioevale, che le
divinit pagane non fossero in realt che demoni, concetto espresso
gi dall'apostolo S. Paolo (J ad Corinth. x, 20: Quae immolant
gentes, Daemoniis immolant, et non Deo ). Il custode del I cerchio,
ossia del Limbo, Caronte, il demonio dagli occhi
di bragia, il
quale sulle prime si oppone al tragitto di Dante. Gli altri custodi
sono: Cerchio II, Minosse, il giudice dei peccatori; III, Cerbero,
il gran verme, simbolo dell'avidit; IV, Pluto, il dio dell'oro e
dell'argento; V, Flegis, il prototipo dell" iracondia; VI, I demoni
sulla porta di Dite e le tre Furie VII, li Minotauro, secondato
;
nel primo girone dai Centauri, nel secondo dalle Arpie e dalle Cagne
dilaniatrici; Vili, Gerione, la sozza immagine di frode, i demoni
cornuti nella prima, i diavoli con roncigli nella quinta, e il dia-
volo colla spada nella nona bolgia; IX, I giganti. L'uffizio delle
Arpie, delle Cagne, dei Demoni cornuti, dei Diavoli coi roncigli
e di quel Diavolo con la spada (personaggi che soltanto indiret-
tamente sono da porsi tra' guardiani dei Cerchi infernali), quello
di tormentare i peccatori della relativa regione. L'uffizio degli al-
tri,dei guardiani propriamente detti, non il tormentare, e non
nemmeno l'impedire la fuga dei dannati, i quali non pensano
a fuggire dall'Inferno; il loro uffizio invece di impedire che
Q wari
alcuno entri in un Cerchio che non gli destinato a dimora
eterna.
Quindi questi guardiani si oppongono quanto ponno al mistico vi
gio del Poeta: Caron ricusa sulle prime di tragittarlo all'altra
ripa:
Minosse vorrebbe impedir lo suo fatale andare, i demoni guar-
diani alle porte di Dite gli negano il passo e non cedono che alla
venuta del Messo del Cielo, ed anche i Malebranche laggi nella
bolgia dei barattieri procurano di impedire ai due pellegrini la con-
tinuazione dei loro viaggio, mentre invece Lucifero, V Imperador
del doloroso regno, non fa il menomo tentativo d'impedir loro
l'uscita dal regno suo. I tormenti facendosi nell'Inferno dantesco
sempre pi gravi, quanto pi si discende, parrebbe che nessun' anima
dannata pensasse di passare dal suo ad un cerchio inferiore. Ma al-
meno degl'ignavi detto espressamente che lo profondo inferno
non gli riceve, e che invidiosi son d' ogni altra sorte ( Inf.
ili, 41, 48), onde ne segue di necessit che preferirebbero di andar gi
ad abitare qualsiasi cerchio inferiore dell' Inferno, quando ci fosse
loro concesso. Le anime dannate hanno l'istinto di scendere sempre
pi in gi, fin che siano giunte all'infima regione, dove Lucifero,
che la regione pi lontana da Dio; ed i guardiani sono l ad im-
pedirnele. costringendole a rimanere nel posto loro assegnato ed a
portare in eterno la pena loro inflitta dalla divina giustizia.
IL Guardiani del Purgatorio. Tranne Catone d' Utica (sul
quale cfr. Catone), il guardiano dell'Antepurgatorio, tutti gli altri
guardiani sono Angeli. Un angelo l a guardia della porta d'in-
gresso nel vero Purgatorio ed ognuno dei sette cerchi ha il suo an-
gelo guardiano che canta una delle beatitudini evangeliche. Ed anche
nell' Antepurgatorio troviamo angeli guardiani. Angeli custodi nel
senso teologico di questo termine sono quei due che vengono dal
grembo di Maria fiorita contro il serpente
a guardia della valle
(Purg. vili, 25 e seg.), il contrario o F antitipo dei demoni in su
le porte di Dite (Inf. vili, 82 e seg.), come la valle fiorita 1' an-
titipo della citt di Dite. guardiani dell' inferno cercano
Mentre i
di intimorire i due mistici viandanti e di impedire la continuazione
del loro viaggio, gli Angeli guardiani del Purgatorio incoraggiano
invece e spronano le anime, ed anche i due mistici viandanti, ad
accelerare il passo, la purificazione, il salire a Dio. Quando poi l'anima
purificata e libera, dritto e sano suo arbitrio, essa pu agire
il
e uri
a suo senno {Purg. xxvn, 141); onde e nel Paradiso terrestre
Cieli non vi sono pi guardiani. Cfr. Proleg., 494-500.
Guari, dal prov. gaire, guaite, e questo dall'ani ted.
forse
wari, o weiger; cfr.DiEZ, Wrt. \\ 228 e seg. Molto tempo,
Lui-
usai, pi
mente; ed altres Pi oltre, Altro tempo, ncora; ed e
964 Guarire - Guastelloni
clie altro in proposizione negativa, specialmente coi verbi Andare,
Stare, e simili; Inf. Vili, 113.
Guarire, prov. garir, guarir, guerir, frane, ant. garir, gua-
rir, dal got. varjan, ted. wehren, Difendere, quindi Preservare: Far
tornare a sanit, Eestituire la sanit, Far cessare la malattia, da
cui il corpo afflitto.- 1. Neut. Ricuperare la salute, Eitornar sano;
Inf. xxvn, 95.- 2. In locuz. figur., e figuratane, riferito a passioni,
a stato o condizione morale, e simili; Inf. xxvn, 97.
Guasco, lat. Vasco, Guascone, della Guascogna. Il Guasco,
Par. xvn, 82, il papa Clemente V, Guascone, il quale invit Ar-
rigo VII a venire in Italia, e poi venutovi, gli fece contro. Al me-
desimo papa ed alle sue creature della Guascogna si allude pure
nella tremenda predica di S. Pietro; Par. xxvn, 58.
Guascogna, Vaseonia, frane. Gascogne, antica provincia
lat.
della Francia, la quale ha per confini l'Oceano all'ovest, la Lin-
guadoca e la contea di Foix all'est, la Guienna al nord, la Spagna,
il Bearn e la Navarra al sud. menzionata come rapita ingiusta-
mente da Filippo IV re di Francia ad Edoardo I re d'Inghilterra,
suo legittimo possessore; Purg. xx, 66. Cfr. Vill., viii, 4. Com.
Lips. n, 372.
Guastare, dal lat. vastare, Ridurre in cattiva condizione, Ri-
durre checchessia in istato da non poter pi servire, o servir bene,
all'ufficio od uso suo proprio; Deformare, Sciupare.- 1. Per Danneg-
giare gravemente, Rovinare; anche in senso figur. Par. xvni, 132.-
2. E riferito a corpo, o a membro di esso, per Lacerare, Straziare;
Inf. xxxiii, 3. - 3. Per Trasgredire, Rompere, Violare, facendo cosa
non permessa in certo tempo o condizione, non osservando una data
regola o norma, o simili; Purg. i, 76.
Guastatore, Verbal. masc. da Guastare, Chi o Che guasta,
Atterratore, Distruggitore, ecc., Inf. xr, 38.
Guastelloni, antica e nobile famiglia Sanese, alla quale ap-
parteneva la Pia, menzionata Purg. v, 133. Questa famiglia, delle
pi antiche di Siena, ebbe case e torre nella contrada di Porrione;
e si hanno memorie certe di lei fino dal 1240. Un messer Aldobran-
dino conte di Tentennano, fu capitano di 100 soldati dalla Repub-
blica mandati in aiuto all' Imperator Federico contro Perugia e Assisi,
assal i nemici e n'usc vittorioso, nel 1246. Nel 1259 messer Affri-
cante de' Guastelloni fu dei cinque Ambasciadori che la Repubblica
;
Guasto-Quello 965
mand ad incontrare il conte Giordano e ad accompagnarlo quando
giunse come capitano del re Manfredi a difenderla dai Guelfi. Il
Castello di Tentennano, che questa famiglia possedeva, fu da e
venduto ai Salimbeni insieme con la rocca nel 1274. In questo ite
anno troviamo un messer Iacomino di messer Guastellone provve-
ditore di Biccherna. Il Kepetti coli' autorit de' documenti ha pro-
vato che la Pia, di cui fa s lamentevole storia l'Alighieri, non fu
gi de' Tolomei, come lasci scritto Matteo Bandello, ma si dei Gua-
stelloni; che spos a Baldo de' Tolomei, e che rimasta vedova si uni
si
in seconde nozze al conte Nello o Paganello II del Castel della Pietra,
e che costui se ne disfece per sposare una donna Bartola della Tosa,
o meglio donna Margherita Aldobrandeschi vedova Orsini; Lord
Vernon, Inf., voi. li, p. 499. Cfr. Pia.
Guasto, dal lat. barb. vastum, guastum, gastum, ecc., sincope
di guastato: Rovinato, Abbattuto, Demolito; detto di edifizio
1.
Inf. xxiy, 19. - 2. E detto di luogo, per Privo d' abitanti e non col-
tivato; ed altres di edifizio o luogo murato qualsiasi, per sempli-
cemente Disabitato, Abbandonato, Deserto; Inf. xiv, 94. - 3. Pei
Malconcio, Lacero, Straziato; e in pi particolar senso Mutilato;
Inf. xxix, 91.
Guatar e, prov. guaitar, frane, guetter, dall' ant.ted. wathn,
Far guardia: 1. Lo stesso che Guardare, ma per lo pi con inten-
sit, curiosit, stupore, sospetto, e anche invidia, malanimo, mi-
naccia, e simili; Inf. xiv, 105; xvi, 78 a; xxix, 4. Purg. v, 58;
Vili, 96 (var.); IX, 132; xix, 52. Cam.: Donne, che avete intel-
letto d'amore, v. 53. - 2. Neut. Volger V occhio, Drizzare la vista,
sia semplicemente, sia per osservare checchessia; e per lo pi in-
chiude idea d'intensit, stupore, sospetto, minaccia, curiosit, e si-
mili; Inf. i, 24; VI, 6; xvi, 78 6.-3. E per Osservare, Badare, Poi-
mente; Par. xxix, 42.
Guazzo, dal lat. vadum: 1. Guado, di cui
Lo stesso che
forma varia; Inf. XII, 139.-2. E per Stagno, Acqua stagnante, e
anche semplicemente Luogo alquanto paludoso; Inf. XXXII, 72.
pi, del personaggio,
Guccio dei Tarlati, Nome, secondo i
ricordato senza nominarlo, Purg. Vi, 15. Cfr. Altro.
Guelfo, dal ted. Welf, nome di una potente famiglia tedi
dette a Ciascuno di coloro quali, nella discordia
Nome che si i
quella; e contrai)
la Chiesa e l'Impero, seguivano le parti di
a Ghibellino; Par. VI, 107. Cfr. Ghibellino.
966 Guercio - Guglielmo
Guercio, prov. guer, catalan. guerzo, spagn. ant. guercho; dal
lat.barb. guelcus, e questo probabilm. dall' ant. ted. twer, oppure
dverch, Obliquo: 1. Che ha la guardatura torta per difetto dei nervi
dell'occhio, Che patisce di strabismo; Purg. xix, 8. - 2. E figuratane
Inf. vii, 40.
Guercio Cavalcanti, Inf. xxv, 35, 83, 151, cfr. Gaville.
Guerra, dal lat. barb. guerra, e questo dal ted. ant. iverra,
Tutte insieme nemici offendentisi in ogni guisa,
le azioni di eserciti
fino a tregua, o pace, o assoggettamento di una delle parti. Voce
adoperata nella Div. Corri. 18 volte, 10 nell'In/", (n, 4; ix, 106; xn,
138; xvii, 22; xx, 34; xxvn, 28, 38, 86; xxviii, 10; xxxi, 119), 5 nel
Purg. (vi, 82; vii, 135; xv, 112; xx, 145; xxvin, 100) e 3 nel Par. (xi,
58; xviii, 127; xxv, 6).- 1. Nel signif. propr. Inf. xx, 34; xxvn, 38;
xxviiii, 18 xxxi, 1 19. Purg. vi, 82 vii, 135. Conv. IV, 4, 19 v, 5, 1 22. -
; ; ;
2. In locuz. figur. e figuratala. Purg. xx, 145. -3. Pur figuratane e
poeticam. per Opposizione, Contrasto e simili; Inf. ix, 106. -4. E
per Ira, Sdegno, Nimicizia, e simili; Par. XI, 58.-5. Altres figu-
ratamente e poeticam., per Grave molestia, Affanno, Pena, Travaglio,
Tormento; Inf. il, 4. Purg. xv, 112; xxvin, 100.-6. Aver guerra,
vale Essere in guerra, Far guerra, Guerreggiare; Inf. xxvn, 28, 86. -
7. Dar guerra, vale Portar guerra, Far guerra, Travagliare con guerra
continua; Par. xxv, 6. - 8. Far guerra, vale Offendere in ogni guisa
con azioni militari, Cagionare ogni maggior danno per mezzo di
genti armate, Guerreggiare, Combattere; usato anche figuratane Par.
xvtii, 127.-9. E detto d'un animale che ne assalta un altro; Inf.
xvu, 22. - 10. Far guerra alle strade, figuratane e poeticam., vale
Infestarle con ladronecci, Assaltare i viandanti; Inf. xn, 138.
Guerra, Guido, cfr. Guidoguerra.
Guglia, Aferesi di agugia, e questo dal lat. acucula o aci-
cula, Corpo solido di figura piramidale, ma assai pi svelto della
piramide, e meno dell'obelisco; Conv. IV, 16, 51.
Guglielmo o Guiglielmo, dal ted. Wilhelm, Nome pro-
prio di parecchi personaggi ricordati da Dante.
I. Guglielmo Aldobrandesco, de' Conti di Santa Fiora, men-
zionato Purg. xi, 59; cfr. Aldobrandesco.
II. Guglielmo Borsiere, da Firenze, posto tra' sodomiti; Inf.
xvi, 70; cfr. Borsiere.
III. Guglielmo Marchese, Guglielmo VII detto Spadalunga,
marchese di Monferrato, il quale regn dal 1254 al 1292. Il suo
Guglielmo 967
Stato era composto delle citt di Acqui ed Alba, e dei borghi di
Occimiano, Trino, Chivasso, Moncalvo e Pontestura. Nei suoi tempi
le citt libere dellaLombardia, stanche delle interminabili discordie
intestine, incominciavano a disgustarsi della loro autonomia, e Gu-
glielmo seppe approfittare di tale disposizione degli animi per sot-
tomettersi Vercelli, Ivrea, e parecchie altre citt, rimaste sino a' suoi
giorni indipendenti. Nel 1274 strinse alleanza con Carlo d'Angi, al
quale schiuse la via per venire in Italia; ma quando Carlo, dopo
aver conquistato il regno di Napoli, volle assoggettarsi eziandio la
Lombardia, Guglielmo vi si oppose, e, di concerto colle repubbliche
di Genova, Pavia ed Asti, assal le guarnigioni lasciate da Carlo
in Piemonte, le discacci e si fece riconoscere capitano e signore
delle citt di Pavia, Novara, Torino, Alba, Ivrea, Alessandria e Tor-
tona. Spos nel 1257 Isabella, figlia di Riccardo conte di Glocester,
morta la quale spos nel 1271 Beatrice, figlia di Alfonso X re di
Castiglia. Poco appresso venne eletto vicario imperiale in Italia.
Nel 1284 diede sua figlia Jolanda, che i Greci chiamarono poi Irene,
in moglie ad Andronico Paleologo, Imperatore di Costantinopoli
(cfr. Murat., Script, vili, 1164 e seg.). Essendo egli vicario impe-
riale, e per conseguenza capo dei Ghibellini, le citt guelfe d'Italia
si collegarono contro di lui. Nel 1290 la repubblica di Asti procur
di ritorgli Alessandria, e suscit in questa citt una ribellione. Avu-
tone sentore, Guglielmo vi accorse per sedarla e fare le sue ven-
dette. Ma il popolo tutto levossi in pie fieramente, fece impeto contro
il marchese, il quale fu fatto prigioniero con tutti i suoi provvi-
sionati ad 8 settembre 1290. L'infelice marchese venne chiuso in una
gabbia di ferro sotto buone guardie, nella quale barbarica carcere
stette languendo sino alla sua morte, avvenuta il 13 febbraio 1292,
ludibrio di un volgo, che poco prima gli tremava dinanzi. Gli Ales-
sandrini dubitantes, ne ficta esset ejus mors, non antea permise-
runt auferre corpus ut sepeliretur, quam guttis lardi acetiam piombi
liquefacti non probassent, utrum vere mortuus esset; et cognitus
quod mortuus esset, ex suis scripturis omnia nomina illorum de
Monteferrato deleverunt; et sepultus est in Lucedio ; Murat.,
Script, xi, 168 e seg. Cfr. ibid. Vili, 1164 e seg.; IX, 595
e bc
nella Valle fiorente.
xi, 166 e seg. Loria, 53 e seg. Dante lo pose
liberalit, Conv. iv, 11, 92. - l
Vurg. vii, 134, e lo loda di
il quale in preso
Questi fu lo marchese Guglielmo di Monferrato,
prigione; per la qual
dalli Alessandrini suoi sudditi, e moro in
briga e in guerra, della
morte poi tutta quella contrada stata in
distretto.
quale si piange e in Monferrato e nello Canavese
- I
Dani.: Eaptus ab Alexandrinis mortuus est in eorwn
e
cujus mortem honuncs de MOD-
quo magna guerra fuit postea, et
968 Guglielmo
teferrato et de Canavese adhuc plorant propter ejus bonitatem et
virtutem, consideratis parentibus Marchionibus suis. -Benv. ; Vir
ferox et crudus, tamen valens et potens, qui fuit aliquando capita-
neus Mediolani contra Papiam. Iste anno Domini MCCXC cum ivis-
set cum paucis ad civitatem Alexandria, Alexandrini ad instantiam
Astensium, quibus marchio erat inimicus, ceperunt eum proditorie,
acceptis magnis pecuniis ab Astensibus, qui sunt pecuniosiores om-
nibus italicis, caeteris paribus, quia sunt magni usurarii; et mor-
tuus est in carcere prsedictorum captivus; imo unus civis saltavit
crudeliter super corpus defuncti, et cepit caput ejus cum manibus,
et percussit ad terram.... Mortuus est sine herede masculo, et he-
reditas pervenit ad imperatorem Constantinopolitanum, quia habuit
unam filliam Guillielmi.
IV. Guglielmo di Nogaret, l'uno dei vivi ladroni menzio-
nati Purg. xx, 90. Nacque verso il 1250 a San Felice di Caraman;
fu professore di leggi a Monpellier, poi consigliere di Filippo il
Bello, re di Francia, nelle costui lotte con papa Bonifazio Vili.
Fatto cancelliere nel 1300, assunse nel 1303 l'uffizio di accusatore
di Bonifazio Vili e fu inviato in Italia per far prigioniero il papa
e menarlo in Francia. Unitosi con Sciarra Colonna gli riusc in-
fatti di fare prigioniero il papa in Anagni ad 7 settembre 1303;
ma tre giorni dopo Bonifazio fu liberato dai cittadini di Anagni,
e lanci la scomunica contro il Nogaret. Ad onta della scomunica
rimase nel suo posto di cancelliere e prese non picciola parte alle
violenze di Filippo il Bello contro i Templarj. Assolto dalla sco-
munica da Clemente V nel 1307, mor a Parigi nel 1314.
V. Guglielmo d'Oringa, eroe romanzesco, cantato dai Trova-
tori; Par. xviii, 46. - Lan.: Questi (Guglielmo e Binoardo) fu-
rono s li pugnatori per la fede cristiana. - OH. : Guglielmo fu
conte d'Oringa in Proenza, figliuolo d'Amerigo conte di Narbona;
Kenoardo fu uomo fortissimo, s come dicono: li quali con li Sa-
racini venuti d'Antica in Proenza, e massimamente col re Tebaldo,
fecero grandissime battaglie per la fede cristiana, e grandissimi
tagliamenti diedero e ricevettero; finalmente il detto conte Gu-
glielmo, a Beltrando suo nepote lasciato il contado d' Oringa, prese
abito di monaco, e sua vita santamente al servigio di Dio fin; ed
chiamato San Guglielmo del Diserto.- Benv.: Guilelmus fuit
comes Orengse sivi filius comitis Narbonae. - Buti: Questo Gu-
glielmo fu uno grande principe, che combattette e mor per la fede
di Cristo: non hone potuto trovare chi fusse distintamente. -
Serrav.: Iste Guilhielmus etiam mortuus est pr fide Christiana
inter infedeles.
VI. Guglielmo re di Sicilia, secondo di questo nome, detto il
-
Guglielmo 969
Buono, nato nel 1154, creato re di Sicilia nel 1166,
morto nel libi.
Cfr.Barlow, Contrib., 496 Testa, He vita et rebus gesti*
e seg.
Guilelmi II Sicilia regis, Monreale, 1769. La Lumia, Storta della
Sicilia sotto Guglielmo II il Buono, Fir., 1867. Dante lo
ricorda
Par. xx, 61 e seg. - Lan.: Questo fu lo re Guglielmo di Cicilia,
lo quale era re per successione; rimase di esso solo una
figliuola
la quale fu mogliera di Enrico V, e per succedette poi lo
reame
allo re Manfredi. Questo re Guglielmo fue uno uomo giusto e
ra-
gionerie, e amava i suoi sudditi di dilettazione regale, la quale
fae differenzia dalla iniqua volont tirannica, e teneali in tanto tra-
stullo, pace e diletto, che si pota estimare uno paradiso terrestre.
Costui era libralissimo, non era cavalieri n d'altra condizione
uomo che fosse in sua corte o che passasse per quella contrada, che
da lui non fosse provveduto, et era lo dono proporzionato a sua
vertude; ben tenea elli questa regola entro gli uomini di corte, che
b' elli venia uno cattivo e mal parlante uomo di corte in sua corte,
incontanente era cognosciuto per quelli, che sopra ci erano posti,
e incontanente li era donato roba e altri doni perch avesse cagione
di partirsi; se erano tanto conoscenti s si partivano: se non, cor-
tesemente li era dato commiato; e s' elio venia uno virtudioso e
curiale, a questo era similemente donato, ma continuo lo teneano
in speranza di maggior dono, e con tali genti erano s legati che
raro si partiano; per la quale regola in essa corte si trovava d'ogni
perfezione gente; quivi erano li buoni dicitori in rima d'ogni con-
dizione, quivi erano li eccellentissimi cantatori, quivi erano persone
d'ogni solazzo, che si pu pensare virtudioso e onesto; in questa
corte era tanta pace, tanta tranquillit, che li abitanti e sudditi no-
tavano in allegrezza. Moro questo re Guglielmo, l'isola rimase a
signoria di Todeschi, e poi divenne a signoria francesca, e poi in
Aragonesi, le quali signorie hanno avuta tutta la opposita inten-
zione della prima. Le stesse cose ripetono Ott., An. Fior., ecc.
Benv.: Fuit optimus regum in justitia, liberalitate, clementia, et
omni virtute -Buti: Questo Guiglielmo fu descendeute
heroica.
di Eoberto Guiscardo disceso dei duca dei Normandi e fu figliuolo
di Ruggieri figliuolo dell'altro Ruggeri che fu figliuolo di Roberto
Guiscardo suddetto, et ebbe una sua suore lo detto Guiglielmo chia-
mata Gostanza la quale fece monaca violentemente; et havendo
42 anni fu cavata del munisterio e data per donna a lo imperatore
Arrigo di Soave, e nacquene lo imperadore Federigo padre del
re
aula. E,
Manfredi, che fu re di Sicilia per eredit di questa sua
nipote di Ro-
dopo Guiglielmo, prese lo reame di Sicilia Tancredi
principe d'An-
berto Guiscardo, nato della suore e di Lignamonte
tiocia lo quale Tancredi fu prima duca di Taranto.
;
970 Guida -Guidi, Conti
Guida, da guidare, Colui o Colei che guida, cio che scorge
altrui nel cammino, andandogli innanzi e dirigendolo. l.Nel signif.
propr. Inf. i, 113. Purg. v, 62; xvi, 10; xix, 53. Par. ni, 23; xxn, 1;
xxm, 34. - 2. E figuratam. Purg. xvi, 93, 100. Par. xi, 36. - 3. Nel-
l'idea di Guida l'idea di superiorit, in quanto la guida sa quello
che il guidato ignora, o ch'egli sa male; Purg. vii, 42.
Guidare, prov. guidar, frane, ant. guider, guier, dal ted. wei-
den, Condurre al pascolo. - 1. Condurre, Menare per un cammino,
dirigendo o assicurando l'andata a un dato termine o luogo, Ac-
compagnare mostrando il cammino; ed anche semplicemente Mo-
strare il cammino; Inf. il, 10; xii, 98. Purg. i, 43; ni, 24; xx, 135;
xxvi, 146; xxvn, 55. - 2. In locuz. figur. e figuratam. Par. xvm, 12.-
3. Pure per Condurre, Menare, Far venire od entrare, Introdurre,
in un dato luogo, dinanzi o presso ad alcuna persona o persone, e
simili; Purg. vii, 87.-4. Figuratam. Conv. ili, 1, 7.-5. Eiferito a
milizie, esercito, armata, e simili, od anche semplicemente a squadra
o schiera di gente armata, vale Condurre e comandare come capi-
tano o capo. Per similit. Inf. xxi, 120. - 6. Eiferito a cavalcatura,
a vettura, cocchio, e simili, usasi per Regolarne il cammino, l'andata,
il corso, mediante briglia, freno, guide, e simili; Par. xxxi, 125.-
7. In locuz. figur. Inf. xxvi, 22. Conv. v, 26, 37. - 8. Eiferito ad
armento, gregge, branco di bestie, e simili, vale Condurre, Dirigere,
per un dato cammino, o verso un dato luogo, mediante la voce, o
mediante verga, frusta, o simili. In locuz. figur., e figuratam. Par.
v, 77. - 9. E per Condurre, Eeggere, Governare, nel far checchessia;
figuratam. Par. xvm, 109, 110. - 10. Per Indirizzare, Eivolgere, a
un dato termine; Purg. xi, 124. Par. xxv, 49.
Guidato, Partic. pass, di Guidare; Conv. In forma
v, 7, 51.
?Add., detto di citt, Stato, o simili, per Eetto, Governato; Purg.
xn, 102, nel qual luogo Firenze detta con amara ironia La ben
guidata. - Lan.: Firenze, la quale egli appella per contrario la
ben guidata cittade. - JBenv.: Loquitur ironice, quasi dicat: male
rectam et peius ductam. - An. Fior.: La citt di Firenze male
guidata.
Guide di Dante, cfr. Virgilio, Beatrice, Bernardo.
Guidi, Conti, antica e nobile famiglia toscana, della quale
Dante ricorda membri (Inf. xxx, 77. Purg. xiv, 43. Par. xvi, 98, ecc.).
Cfr. Witte, Dante-Forsch. li, 194-231. Su questa famiglia riprodu-
ciamo i due relativi articoli contenuti in Lord Vernon, Inf., voi. II,
p. 501 e seg.
Guidi, Conti 97]
I. Conti Guidi di Modigliana. stato
comunemente detto che
i Guidi venissero in Toscana dalla Germania con l'imperatore
Ot-
tone I. Il Kepetti, diligente investigatore delle patrie memorie,
dice
che non l'imperatore Ottone I concesse ai conti Guidi il feudo
di
Modigliana, ma che fu dato al conte Tendegrimo fino dal
921, e
forse prima, quando si marit alla contessa Ingelrada figlia di
Mar-
tino duca di Kavenna. Il conte Tendegrimo ebbe a compare d'un
figlio il re Ugo di Provenza, e questo figlio dovett' essere
un la-
nieri Diacono, o un Conte Guido. Non sappiamo del figlio Diacono,
ma s del conte Guido, mentre noto che da un figlio del conte
Tendegrimo I scese la prosapia pi antica dei conti Guidi. Ora pare
che dal conte Guido, minor figlio del conte Tendegrimo I, nascesse
un conte Tendegrimo II e da questo un conte Guido II dal quale u se-i-
rono Tendegrimo e Guido III che vivevano nel 1034. Questi conti
ora vissero con legge longobarda, ora con legge ripuaria. Furono
poi molti i rami di questi conti Guidi; e noi non abbiamo a parlar
di tutti, contenti di rimandare per pi ampie notizie i nostri let-
tori al Repetti (voi. vi, tav. x). Ma non possiamo dispensarci dal
tener conto delle principali diramazioni, le quali si dipartono dal
conte Guidoguerra marito della buona Gualdrada. Non qui per
altro fuori di proposito di notare che Guidoguerra era stretto con-
giunto di Ottone imperatore, come accennano i nostri storici senza
dirne il perch, essendo egli vedovo di Agnese nata da Guglielmo
il vecchio marchese di Monferrato e da Beatrice di Federico I impe-
ratore. Dalle sue nozze con Gualdrada di Bellincione d'Uberto dei
Ravignani gli nacquero cinque figli, Guidoguerra, Tegrimo, Ruggero,
Marcovaldo e Aghinolfo. Dall'ultimo di essi venne la linea dei conti
di Romena, di cui sar tenuto conto in articolo separato, perch us
dagli altri Guidi diverso nei colori lo stemma. Guelfa fu pure la di-
scendenza di Marcovaldo conte di Dovadola, e da lui nacque quel
conte Guido tanto nominato nelle vicende guelfe di Firenze nel 1256
e nel 1267, e che perci vien dall'ira ghibellina di Dante posto tra i
dannati nell'Inferno (xvi, 37 e seg.). Da Tegrimo usc la linea ghibel-
lina dei conti di Porciano, e da lui nacque quel Guidalberto che
fu sempre dappresso ad Arrigo VII imperatore perdurante la sua
spedizione in Italia. Questa linea si estinse nel secolo XVI. Da Guido-
guerra, infine, derivarono la loro origine i conti di Poppi, di Bat-
tifolle e di Bagno, sempre ghibellini; e da lui nacque quel conte
Guido Novello che, dopo di aver combattuto e vinto a Montapern,
cac-
resse Firenze per il re Manfredi di Svevia finch non ne fu
istoria li
ciato dal conte Guidoguerra suo cugino nel 1267. Della
Italia
tanto illustre famiglia non parlo, perch poche ne conta 1
accenner che posteri del
sieno al pari di essa famose; e soltanto i
972 Guido
conte Guido Novello e del conte Simone suo fratello, cacciati dai
Fiorentini nel 1440 dalle avite castella del Casentino per avere
contro di essi prese le armi a favore di Filippo Maria Visconti, si
rifugiarono a Mantova nella corte dei Gonzaga loro parenti; e che
da quegli esuli proviene la tuttora superstite linea dei marchesi di
Bagno. Dal conte Guido Salvatico, nipote del conte Marcovaldo di
Dovadola, vuoisi che discenda la linea dei conti Guidi che han do-
micilio in Volterra. Finalmente si deve notare che l'arme dei Guidi
presenta notevoli diversit, a seconda delle diverse diramazioni....
II. Conti Guidi da Romena. Komena, castello oggi semidiruto
nel Valdarno Casentinese, gi capoluogo d'un feudo dei conti Guidi,
risiede sulla cresta d'un poggio, alla cui base orientale scorre l'Arno.
Prese titolo da questo castello un ramo de' conti Guidi, che si disse
anche di Montegranelli e di Ragginopoli; derivante dal conte Aghi-
nolfo, uno dei figli superstiti del conte Guidoguerra di Modigliana.
Il conte Aghinolfo di Romena nel 1247 ebbe da Federico II pa-
recchi privilegi, e nel 1254 insieme con la moglie ader alla vendita
del castello di Montevarchi; e poi nel 1263 e nel 1271 permut
alcuni luoghi della sua contea con i suoi cugini conti di Dovadola.
Figli di lui furono quel conte Guido ed il conte Alessandro, ricor-
dati ambedue col terzo fratello Aghinolfo, da Dante come falsarii
del fiorino d'oro, che per essi coni maestro Adamo da Brescia (Inf.
xxx, 77).... Il conte Piero e il conte Baudino, cugini fra loro, ven-
derono al comune di Firenze il castello, il distretto e la giurisdi-
zione di Romena nel 1357, compresevi tre altre ville per 9600 fiorini
di conio fiorentino. Uno degli ultimi conti di Romena fu il conte
Roberto del conte Giovanni di Ragginopoli che viveva nel 1410.
Questa linea fin miseramente, nel secolo XV, in Azzo conte di Mon-
tegranelli e in Giovanni e Roberto conti di Ragginopoli, che furono
dichiarati ribelli dal Comune di Firenze per aver prese le armi a
favore di Filippo Maria Visconti duca di Milano. Lo stemma in-
quartato d' oro e di azzurro, rammenta i colori eh' erano proprj di
parte guelfa.
druido, Nome proprio, dal lat. Vitus, ted. Beit. Parecchi per-
sonaggi di questo nome sono ricordati da Dante:
I. L' uno e l'altro Guido, Purg. xi, 97, si crede generalmente
che siano Guido Guinicelli, e Guido Cavalcanti che oscur la fama
del primo. - Lan. : Fu un tempo eh' elli era nominato pure mes-
ser Guido de' Guinicelli da Bologna per lo pi sommo dicitore, che
si sapesse; poi sorse un Guido Cavalcanti da Firenze, che disse
meglio del primo Guido; e cos rimase a questo secondo Guido tutta
fama, e del primo poco si dicea. Cos intendono pure Ott., Petr.
Guido
Dant., Cass., Falso Bocc, Benv., Buti, An. Fior., Serrav., Land.,
Tal., Veli, Dot, Dan., e quasi tutti i moderni. Inattendibili sembrano
le opinioni che Dante intenda di Guido Cavalcanti e di Guido delle
Colonne (Ferroni, Atti dell' Accad. della Cr., Fir., 1819, voi. i
p. 125 e seg.) oppure di Guido Guinicelli e Guittone d'Arezzo [Filai]
Nott., ecc.). Cfr. Com. Lips. li, 192 e seg.
II. Guido Bonatti, cfr. Bonatti, Guido.
III. Guido di Carpigna, cfr. Carpigna.
IV. Guido del Cassero, nobile cittadino di Fano, il quale, in-
vitato insieme con Angiolello da Carignano a venire a parlamento
con Malatestino Malatesta alla Cattolica, borgo sull'Adriatico tra Ri-
mini e Pesaro, fu col suo compagno annegato da' marinari per ordine
di Malatestino. Il fatto avvenne poco dopo il 1312. Inf. xxvin, 77.
V. Guido da Castel, Purg. xvi, 125. Conv. iv, 16, 55; cfr.
Castel, Guido da.
VI. Guido Cavalcanti, figliuolo di Cavalcante Cavalcanti, nato
a Firenze verso il 1250, morto ivi nel febbraio del 1302, l'uno dei
pi celebri poeti volgari dell'et sua. Fu il primo amico di Dante;
Vit. N. in, 56 e seg.; xxiv, 14; xxv, 78; xxxm, 3. Son. : Guido,
vorrei che tu e Lapo ed io, v. 1. menzionato Inf. x, 60, 63, 111.
Purg. XI, 97. Vulg. FI. i, 13, 29; II, 6, 54; il, 12, 11. Di lui cfr.
Vill., vili, 42. Fil. Villani, De civit. Fior, famosis civibus. Boccac,
Decam., G. vi, 9 nov. Cicciaporci, Notizie intorno alla vita ed alle
opere di Guido C, Fir., 1813. Nannuc, Man. i 2 263 e seg. Bartoli,
,
Lett. ital., iv, 135 e seg. Ercole, Guido C. e le sue rime, Li-
vorno, 1885.
VII. Guido delle Colonne, detto il Giudice, il qual vocabolo
in quei tempi valeva lo stesso che ai d nostri quello di Dottore,
poeta volgare che fior verso il 1250. Viaggi con Edoardo I di Si-
cilia in Inghilterra, e scrisse un' Hi stori a de Begibus et rebus An-
glica. Tradusse pure dal greco in latino, ed ampli la Storia della
guerra di Troia, di Ditti e di Darete. ricordato Vulg. Eh i, 12,
10 e seg.; n, 5, 34. Cfr. Tiraboschi, iv, 337, 414. Nannuc, Man.
2
i , 73 e seg.
Vili. Guido del Duca, cfr. Duca, Guido del.
IX. Guido, conte di Romena, secondo di questo nome, che
co' suoi fratelli Aghinolfo ed Alessandro indusse maestro Adamo
da
Brescia a falsare il fiorin d'oro fiorentino; Inf. xxx, 77. Cfr. ADAMO
da Brescia; Guidi II.
X. Guido, Conte, detto il Vecchio, capostipite della famiglia
dei conti Guidi; Par. xvi, 98. Cfr. Guidi I. Vill., iv, 1.
Tode-
SCHiNi, Studi, il, 418 e seg. Witte, Dante-Forsch. II, 199
e Bg.
Hartwig, Quellen und Forsch. II, passim.
-
974 Guido
XI. Guido Ghislieri, cfr. Ghislieei, Guido.
XII. Guido Gueeea o Guidoguerea, dei conti Guidi, duce dei
guelfi di Firenze che nel 1255, discacciarono i ghibellini da Arezzo
(Vill., vi, 61). Bandito poi da Firenze (Vill., vi, 77), capitan i
guelfi usciti da Firenze, ebbe molta parte nella battaglia di Bene-
vento e rientr nel1267 coi Guelfi in Firenze (Vill., vii, 9). Dante
lo pone nel suo Inferno tra' sodomiti, Inf. xvi, 38, del qual vizio
non si hanno altre notizie. Di lui Fil. Vill., Vit.: Spesse volte
condusse grandi eserciti, spesso potenti nimici non meno con forza che
con arte vinse. Fu molto guelfo, spesso capitano, sprezzatore de' pe-
ricoli, e quasi troppo sollecito ne' casi subiti, d'ingegno e d'animo
maraviglioso, donde spesso i fatti quasi perduti riparava, e spesso
quasi tolse la vittoria di mano a' nemici: d'animo alto e liberale,
e giocondo molto, da' cavalieri amato, cupido di gloria, ma per l'opere
buone da lui fatte. Questi edific il castello di Montevarchi, di molte
ville e borghi circonstanti; e morendo senza figliuoli, lasci erede il
comune di Firenze.... Fu chiamato Guerra per lo continuo uso della
guerra, nella quale infino da giovane era invecchiato, di quella mi-
rabilmente dilettandosi.
XIII. Guido Guinicelli, da Bologna, celebre poeta volgare della
seconda met del secolo XIII, precursore della nuova scuola del dolce
stil nuovo, morto esule nel 1276. Purg. xr, 97; xxvi, 92. Conv. iv, 20,
50. Vug. El. i, 9, 22; i, 15, 31, 35; n, 5, 32; il, 6, 52. Son. : Amore
e '1 cor gentil sono una cosa, v. 2. Di lui Tieabosohi, IV, 407 e
seg. Faueiel, Dante e le origini della lingua tal., i, 262 e seg.
Mazzoni-Toseli.i, Voci e passi, 83 e seg. Com. Lips. n, 535 e seg.
Lan.: Fino dicitore in rima, e fue nel vizio di contro natura un
poco impeciato nella prima vita. - Ott.: Ornato parlatore, e disse
leggiadramente in rima nel tempo della pi fiorita vita dell'Au-
tore. - Benv. : Iste quidem fuit miles bononiensis de clarissima
famiglia principum vocatus Guido Guinicellus. Guinicelli enim fue-
runt unum membrum de principibus pulsis de Bononia seditione ci-
vili, quia imperiales erant. Fuit ipse Guido vir prudens, eloquens,
inveniens egregi e pulchra dieta materna; sicut autem erat ardentis
ingenii et lingua, ita ardentis luxurise, quales multi inveniuntur
ssepe. - Baetoli, Lett. ital. l, 289: Il Guinicelli fu centro di una
scuola, alla quale appartennero Fabrizio dei Lambertazzi, Guido Ghi-
silieri,Onesto, forse anche Brandino Padovano. E fu poi, onore grande
per lui, padre della bella scuola di Lapo Gianni, di Guido Cavalcanti,
di Cino e di Dante; della scuola del dolce stil nuovo, colla quale la
lirica italiana raggiunse nuove ed insuperabili altezze. Cfr. Set-
tembrini, Lett. ital. i 2 65. De Sanctis, Lett. ital. i, 27 e seg.
,
XIV. Guido di Monfoete, l' uccisore di Arrigo di Eiccardo
Guido 975
di Cornovaglia, posto da Dante nel primo girone del settimo cer-
chio, Inf. xii, 118 e seg. Fatto prigione nel 1287, nella battaglia
navale detta dei Conti, fin i suoi giorni nelle carceri di Messina.
Il fatto, alquale Dante allude, avvenuto nel 1272 a Viterbo sotto
la guardia del re Carlo, cos raccontato dal Vill., vii, 39: I
sendo Arrigo fratello d'Adoardo figliuolo del re Ricciardo d'Inghil-
terra in una chiesa alla messa, celebrandosi a quell'ora il sacrificio
del corpo di Cristo, Guido conte di Monforte, il quale era per lo
re Carlo vicario in Toscana, non guardando reverenza di Dio n del
re Carlo suo signore, uccise di sua mano con uno stocco il detto Ar-
rigo per vendetta del conte Simone di Monforte suo padre morto a sua
colpa per lo re d'Inghilterra.... La corte si turb forte dando di ci
grande riprensione al re Carlo, che ci non dovea sofferire, se l'avesse
saputo, e se non lo sapeva non lo doveva lasciare scampare senza ven-
detta. Ma il detto conte Guido provveduto di compagnia di gente
d'arme a cavallo e a pie, non solamente gli bast d' avere fatto il detto
omicidio; perch uno cavaliere il domand, che egli avea fatto e egli :
rispose: fai fait ma vangeance : e quello cavaliere disse: commentP
votre pere fut traine' ; incontanente torn nella chiesa e prese Ar-
rigo per gli capelli, e cos morto il tran infino fuori della chiesa
villanamente ; e fatto il detto sacrilegio, e omicidio si part di Vi-
terbo, e andonne sano e salvo in Maremma, nelle terre del conte Rosso
suo suocero. Cfr. Ptol. Lue. in Murat., Script, xi, 1164, 1195 e seg.
P. Rotondi, Guido di Monfort, una pagina del secolo di Dante, nel
Giornale del Centenario di D. Ah, p. 398 e seg. Ferraz., v, 323 e seg.
XV. Guido da Montefeltro, l'uom d'arme, fattosi poi cordi-
gliero, del quale Dante racconta la vita, Inf.xxvu, 67 e seg. Fu uno
dei pi illustri capitani del secolo XIII, il pi sagace e il pi sot-
tile uomo che a quei tempi fosse in Italia; Vill., Vii, 80. Nel 1274
fu fatto Capitano di guerra dei Ghibellini di Romagna, ossia del
partito dei Lambertazzi, Capitaneus Generalis totius Romandi
pr parte Lambertatiorum, Murat., Script, xxn, 137; cfr. Vill..
vii, 44. Il 13 giugno 1275 diede ai Guelfi e Bolognesi capitanati da
un Malatesta da Venucchio la ponte a san Pro-
famosa sconfitta al
colo, dove perirono quasi settemila Guelfi e quattromila furono
fatti
prigionieri (cfr. Vill., vii, 48. Murat., Script, ix, 140, 788; xvm,
125, 286 e seg.; xxn, 136 e seg.). Nel settembre dello stesso scon-
fisse ilMalatesta a Reversano, quod est supra Caesenara per tri
milliaria (Murat., Script, xxn, 138) e si rese padrone di
Cesena
essendo invictus Ca-
(Murat., Script, xiv, 1104). L'anno seguente,
pitaneus Communis Forlivii et generalis guerra) pr parte
dicti Com-
munis (Murat., Script, xxn, 141), assedi e s'impadron di Ba-
gnacavallo {ibid., 139). Nel 1282 sconfisse Giovanni de Appia,
dfl
976 Guido
Gianni de P, presso Forl (ibid., 149-52. Vill., vii, 81) ed occup
la Komagna contra volontatem Ecclesia (Murat., Script, xi, 1294)
colla quale si riconcili poi nel 1283 (Murat., Script, xiv, 1106;
xxn, 153), secondo altri nel 1285 (Vill., vii, 108), e fu confinato
ad Asti. Eletto dai Pisani a loro capo nel 1288 (Murat., Script.
xi, 1297 e seg.), o 1289 (Murat., Script, xi, 980), ruppe i confini
che avea per la Chiesa, e partissi di Piemonte, e venne a Pisa (Vill.,
vii, 128), con che s'inimic di nuovo col papa, il quale scomunic
lui e la sua famiglia, e lanci l'interdetto contro Pisa (Murat.,
Script, xv, 980). Nel 1290 difese Pisa contro i Guelfi, chel'areb-
bono avuta se la bont del detto conte non fusse che la liber (Murat.,
Script., xi, 299; cfr. Vill., vii, 128). Per lo suo senno et valentia
Pisa, che era inella sella, ridusse a buono stato.... racquistava le ca-
stella di Pisa, quando per forza, quando per trattati.... raggiust tutte
le Terre al Comune di Pisa, e messela in grande e buono stato (Murat.,
Script, xi, 980-83). Nel 1292 s'impadron d'Urbino (Murat., Script.
xxn, 162), e la difese nel 1294 contro l'esercito di Malatestino podest
di Cesena (Murat., Script, xiv, 1109). Nello stesso anno 1294 fu
scacciato da Pisa (Murat., Script, xi, 299 xv, 983. Vill., viii, 2) e si
;
riconcili nuovamente colla Chiesa (Murat., Script, xiv, 1110). Entr
nel 1296 nell'Ordine dei frati Francescani (Murat., Script, ix, 144;
xi,189; xiv, 1114; xv, 983. Vill., Mor nel 1298, alcuni di-
viii, 23).
cono a Venezia (Murat., Script, xi,189), altri a Ancona (Murat.,
Script, xiv, 1114), altri in Assisi (Witte, ad Inf. xxviii, 67). Dante
lo menziona pure e con lode Conv. IV, 28, 47. Qui egli parla da
filosofo e da storico; Inf. xxvn egli parla da cristiano e da poeta.
XVI. Guido Novello da Polenta, figlio di Ostasio, nato verso
il 1275, fu de' Savi o Consiglieri di Eavenna nel 1301 e negli anni
seguenti, e divenne signore di Ravenna nel 1316 dopo la morte di
Lamberto. Come tale ospit l'Alighieri, il quale pass a Ravenna gli
ultimi anni della sua vita. Il Boccaccio, delle cose di Ravenna ben
informato, racconta in proposito {Vita, ed. Macr-Leone, 5 e 6):
Era in que' tempi (dopo la morte di Lamberto, avvenuta il 22 giu-
gno 1316) signore di Ravenna, famosa e antica citt di Romagna,
un nobile cavaliere, il cui nome era Guido Novello da Polenta; il
quale ne' liberali studi ammaestrato, sommamente i valorosi uomini
onorava, e massimamente quelli che per iscienzia gli altri avanza-
vano. Alle cui orecchie venuto, Dante fuori d' ogni speranza essere
in Romagna (avendo egli lungo tempo avanti per fama conosciuto
il suo valore) in tanta disperazione, si dispose di riceverlo e d'ono-
rarlo. N aspett di ci da lui essere richiesto, ma con liberale
animo, considerata qual sia a' valorosi la vergogna del domandare,
e con proferte gli si fece davanti, richiedendo di special grazia a
Guido 977
Dante quello che egli sapeva che Dante a lui dovea domandare, cio
che seco gli piacesse di dover essere. Concorrendo adunche i due vo-
leri a uno medesimo fine, e del domandatore, e piacendo somma-
mente a Dante la liberalit del nobile cavaliere, e d' altra parte il
bisogno strignendolo: sanza aspettare pi inviti che '1 primo, se
n'and a Kavenna, dove onorevolmente dal signore di quella rice-
vuto, e con piacevoli conforti risuscitata la caduta speranza, copio-
samente le cose opportune donandogli, in quella seco per pi anni
iltenne, anzi insino all'ultimo della vita di lui. E, dopo aver rac-
contato la morte di Dante, il Certaldese continua: Fece il magna-
nimo cavaliere (Guido Novello) il morto corpo di Dante di orna-
menti poetici sopra uno funebre letto adornare; e quello fatto portare
sopra gli omeri de' suoi cittadini pi solenni, insino al luogo de' Frati
Minori in Kavenna, con quello onore che a s fatto corpo degno esti-
mava: infino quivi quasi con pubblico pianto seguitolo, in un'arca
lapidea, nella quale ancora giace, il fece porre. E tornato alla casa
nella quale Dante era prima abitato, secondo il ravignano costume,
esso medesimo s a commendazione dell'alta scienzia e della virt
del defunto, e s a consolazione dei suoi amici, i quali egli avea
in amarissima vita lasciati, fece uno ornato e lungo sermone; di-
sposto, se lo stato e la vita fossero durati, di s egregia sepoltura
onorarlo, che se mai alcuno non lo avesse memo-
altro suo merito
revole renduto a' futuri, quella l'avrebbe fatto. Le vicende impe-
dirono a Guido di far costruire alla salma del Poeta l' egregia se-
poltura ch'egli avea ideata. Nello scorcio di marzo del 1322 Guido
and a Bologna come Capitano del Popolo, il quale ufficio cessando,
Guido sarebbe tornato a Eavenna; ma il 20 settembre 1322 Ostasio
suo cugino s' impossess a tradimento della citt, vani riuscirono i
tentativi di Guido di ricuperarla, onde dovette ritornarsene a Bo-
logna, dove mor nel 1330. Sopra Guido Novello cfr. Ricci, L'ul-
timo rifugio di B. Al., Mil., 1891, 1-186 e altrove passim.
XVII. Guido da Prata, personaggio ricordato con lode Purg.
xiv, 104, del resto ignoto. - Lan. : Fu probissima persona e fu for-
livese.- Ott. : Ugolino d'Azzo fu di Faenza, e Guido da Prata fu
d'uno castello, detto Prata, del contado intra Faenza e Forl, li quali
di basso luogo nati si trassero a tanta orrevolezza di vivere, che ab-
bandonati li luoghi di loro nativitade, conversarono continuo con
gli predetti nobili. - Petr. Bant, Cass., Falso Bocc, ecc.,
non ne
dicono nulla. Benv. : Iste Guido
- fuit alius vir probus de una villa,
quge dicitur Prata, in eisdem partibus (cio nella Romagna),
homo
Ubaldinis. -
magni valoris qui familiariter vixerat cum isto de
Buti: Guido da Prata da Forl et Ugolino d'Azzo da Faenza fanno
di Fori
valorosissimi gentili omini. - An. Fior. Fu cittadino
:
62. Enciclopeda dantesca.
978 Guinicelli, Guido - Guittone d'Arezzo
Serrav., Land., Veli., ecc., non dicono nulla di questo personaggio,
del quale evidentemente i commentatori non avevano certe notizie.
Guinicelli, Guido, cfr. Guido, XIII.
Guisa, dal frane, guise, e questo dal ted. ant. wisa: 1. Modo,
Maniera; Par. IV, 55; v, 99.-2. A guisa, reggente il suo termine
per mezzo della particella Di, maniera avverbiale usata nelle com-
parazioni, e vale Come, A
similitudine di; Inf. xvil, 27; xxvm, 122;
xxx, 49; xxxiv, 56. Purg. vi, 66; ix, 64; xm, 102; xv, 3, 123; xvi,
86; xvn, 32. Par. il, 45; iv, 130; xn, 14; xiv, 69 (var.); xxm, 95;
xxiv, 12; xxv, 81. Conv. iv, 5, 55.-3. A guisa che, vale Secondo
che, Come; Purg. Par. xx, 97. Conv. Ili, 7, 67. - 4. In guisa
vii, 66.
che, maniera congiuntiva, e vale In modo o Per modo che, Cos
che, ecc. Ball. : voi, che per la via d'Amor passate, v. 16.
Guiscardo, Roberto, figliuolo di Tancredi di Altavilla,
cavaliere normando. And nel 1046 a raggiungere i suoi fratelli in
Italia; quindi grazie al suo valore ed alla sua accortezza si fece
duca di Puglia e di Calabria, dalle quali due contrade discacci i
Saraceni. Pi tardi s' impadron eziandio di Benevento e di Salerno.
Scomunicato dal papa, si riconcili con lui, facendogli omaggio delle
Provincie conquistate. Passato il mare, prese Corf e vinse in guerra
Alessio Comneno, ma si vide poi costretto a ritornarsene per difen-
dere i suoi Stati contro Enrico IV, e, liberato il papa Gregorio VII,
che era prigioniero in Castel S. Angelo, lo condusse seco a Salerno,
dove il pontefice mor poco appresso, il 25 maggio 1085. Koberto si rec
di nuovo nell'Epiro, sconfisse i Greci, s'impadron di parecchie isole
dell'Arcipelago e si preparava ad avviarsi verso Costantinopoli, al-
lorch la morte lo sorprese a Cefalonia il 17 luglio 1085. Cfr. De
Blasiis, La insurrezione Pugliese e la conquista Normanna, 3 voi.,
Napoli, 1874. Vill., iv, 18 e seg. Vigo, B. e la Sicilia, 13. ricor-
dato Inf. xxvm, 14. Par. xvm, 48.
Guittone d'Arezzo, antico poeta italiano che fior nella
seconda met del secolo XIII. Nacque di nobile stirpe in Santa Fir-
mina, volgarmente detta Formena, borgo a due miglia d'Arezzo.
chiamato comunemente Fra Guittone, perch apparteneva all'Or-
dine dei Cavalieri Gaudenti. Ammaestrato nella sua giovent nelle
Lettere e nelle Scienze, ebbe ai suoi tempi fama di dotto. Men
vita sciolta e profana, quindi spos una Aretina, che lo rese padre
di tre figli, e la abbandon assieme coi figli per vestire l'abito di
S. Maria, ossia dei Frati Gaudenti. D' allora in poi si dette a fare
il mestiere di predicare penitenza e declamare contro la corruzione
Guizzante-Gustave
del secolo. Lev pure la voce contro la trista signoria che tiran-
neggiava sua patria. Fatto oratore della Kepubblica al Popolo di
la
Firenze, Guittone lo arring gravemente, e non cess di eccitarlo
eziandio per lettere a lasciare le discordie che per ira di parte s
miseramente lo travagliavano. Spogliato infine per ingiusta sentenza
di casa e di terra, che in feudo avea dal Comune, ei se ne part
dalla patria e mor a Firenze nel 1294, dopo aver dato principio
l'anno avanti alla fondazione del Monastero degli Angioli. Compose
molte rime amorose, colle quali fece passare la poesia dal prin-
cipio cavalleresco al nazionale, dalle forme trovadoriche alle latine
(Carducci, Stud. Lett., 35), rime del resto monotone, di ricercata
oscurit, mancanti del tutto di immagini e dettate in una lingua
rozza e negletta. Cfr. Quadrio, ii, 161. Mazzucchelli, i, 2, p. 102(3
e seg. Tiraboschi, iv, 414 e seg. Perticare Scritt. del Trec, 8 e
seg. Nannuc, Man. i 2 160 e seg. Bartoli, Lett. ital. n, 279 e seg.
,
ricordato Purg. xxiv, 56; xxvi, 124. Vulg. El. i, 13, 5; n, 6, 69.
Guizzante, cfr. Guzzante.
Guizzare, dal ted. witschen o witsen, Scuotersi repentina-
mente che fanno i pesci nell' acqua per aiutarsi al moto, cangiando
ad ogni scatto la direzione del movimento. E dicesi altres del loro
agitarsi anche fuori dell'acqua. 1. In locuz. figur. Inf. xi, 113. -
2. Figuratam. e poeticam. detto del sonno; Purg. xvn, 42. -3. Detto
sia d'uomo, sia di animali, segnatamente di serpi, ed altres di mem-
bro o parte di essi, vale Muoversi, Agitarsi, Dimenarsi; Inf. xvn,
25; xix, 26, 32. - 4. E per similit., detto d'immagine nello spec-
chio; Purg. xxv, 26.
Guizzo, Il guizzare; Scotimento che fanno i pesci nell'acqua,
per aiutarsi al moto; ma, per estensione, vale Scotimento, Scontor-
cimento, Movimento qualsiasi, vivo e rapido; detto di persona, di ani-
male, o anche di membro di essi. 1. Nel signif. propr. Purg. xxv, 25.
Cam.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro, v. 43. - 2. Detto
di corda di strumento musicale, vale Vibrazione; Par. xx, 143.-
3. E figuratam. Inf. xxvn, 17.
Gurge, dal lat. gurges, Gorgo, Fiume. Figurat. per Lume in
forma di riviera; Par. xxx, 68.
Gustare, dal lat. gustare:Percepire col senso del gusto,
1.
pi specialmente con godimento e diletto; e usato assolutamente,
Percepire col gusto i sapori; Conv. in, 2, 75. - 2. E per Assaggi
bc-
Assaporare; ed altres, in pi largo senso, Prendere per cibo o
980 Gustato - Hamericus de Peculiano
vanda, Mandiare, o Bevere, pi spesso con qualche diletto del gu-
sto. Costruito anche con un compimento retto dalla particella Di;
Purg. xxviii, 132; xxx, 144. Par. i, 68; xxvi, 115. - 3. In locuz.
fgur. e figuratam. Purg. xxxi, 128. Par. x, 6; xviii, 2; xxxi, 111. -
4. Figuratam., per Sperimentare, Provare, e simili, riferito sia a
persone, sia a cose materiali, o spirituali, a noi spiacevoli o dan-
nose; Par. xxxn, 123.
Gustato, dal lat. gustatum: 1. Per Sentito, Provato; Par.
in, 39. - 2. Essere gustato, neutralmente, dal lat. gustatum esse;
Purg. xxviii, 132; xxx, 144.
Gnsto, dal lat. gustus, Uno dei cinque sensi, ed quello per
mezzo del quale si percepisce il sapore. 1. Nel signif. propr. Purg.
xxxn, 44. - 2. Per L'atto del gustare, ed altres per Assaggio, As-
saporamento, Par. xxxn, 122. - 3. Figuratam. Par. xvn, 131. - 4. E
per Sensazione piacevole che alcuno prova mangiando, bevendo o
sorbendo, checchessia; Purg. xxiv, 152. - 5. Figuratam., per Desi-
derio, Voglia; Inf. xm, 70.
Gnzzante, villaggio della Fiandra propinquo al mare, tede-
sco Witsand o Weissand (cfr. Vill., xii, QS. Inf. xv, 4). Alcuni
intendono invece di Cadsand, isola e citt dicontro le isole della
Zelandia verso il nord. Le lezioni variano; le pi comuni sono
Guzzante, Guizzante (Guiczante, Guitzante); cfr. Zani de' Fer-
ranti, Varie lezioni, 85 e seg. Blanc, Versuch, i, 128 e seg. Dalla
Vedova in Dante e Padova, 89 e seg. Fort. Lanci, Il Bulicame
e la Chiarentana, Roma, 1872, p. 29 e seg.
H
Malo, dal gr. #Xa>, Alone ; cfr. Alo.
Hamericns de XSeliiioi, Aimerie de Belenoi, poeta pro-
venzale, oriundo da Lesparre nel Bourdelois, fu da principio chie-
rico, poi poeta cortigiano, s'innamor di una donna della Guascogna,
Gentille da Ruiz, si dove cess di
ritir finalmente nella Catalogna,
vivere. Cfr. Diez, Deb. und WerJce, 556 e seg. Si hanno di lui pa-
recchie poesie erotiche. Dante lo ricorda, citandone due volte un
verso: Vulg. El. Il, 6, 48; n, 12, 17.
Hamericns de Peculiano, Aimerie de Peguilain, celebre
poeta provenzale del Dugento (1205-1270), nativo da Tolosa, pr-
,
Heber-Hesperia 981
tetto da Eleonora, moglie del conte Raimondo VI,
autore di molte
poesie eroiche, le quali lo resero celebre; cfr. DlBZ, Leb. und
We\
423 e seg. Dante lo ricorda citandone un verso, Vug. FI. 11, o\ 50*.
Heber, ebr. ^Dy = Al di l, Nome di uno dei discendenti di
Sem, che fu il capostipite degli Ebrei ; Vug. EI. 1, 6, 40. Cfr. Genes
x, 24, 25; xi, 14, 15.
Hebraeos, ad, c
Hps Eppaous, Epistola agli Ebrei, uno
gr.
dei libri del Nuovo Testamento, il cui autore si credeva che fosse
l'apostolo San Paolo; Mon. 11, 8, 25; cfr. 1, 4, 9.
Hei, Hey, Ei, lezioni dei codd. nel luogo Inf. xvi, 19. Hei,
Hey Interiezione di dolore ; Ei pu pur essere Interiezione di
dolore, e pu anche essere Pronome, per Eglino, Essi. Nel luogo
citato non facile decidere se ei sia pronome, se valga I'hei
hey degli altri testi. Cfr. Blanc, Versuch, I, 139 e seg. Bambgl.,
An. Sei., Iac. e Petr. Dant., ecc. tirano via. - Fan.: Dice com'elli
e Virgilio riflettenno che quelli tali venano dicendo: eu! cio la-
mentandosi; eu, intermedio dolentis. E soggiunge: V antico verso,
cio che continuo vanno biscantando tal nota. - Ott.: Qui di-
mostra il continuare della pena, eh' una condizione gravida e piena
di guai; e dice ch l'antico verso loro; e poi si fecero cerchio;
:
altri dice, eh' elli ricominciarono l'antico verso.- Cass.: Hey
est interjectio timentis. - Bocc: Ei, cio essi. - Falso Bocc.
tace. - Benv.: Hei, idest heu adverbium dolentis. - Buti: Ef,
cio ellino, cominciar, come noi, cio Virgilio et io Dante, ri-
stemmo, cio ci fermammo, hei! Questo hei intergezione secondo
lo Grammatico e significa dolore come ai; l'antico verso, cio
l'antico lor modo; imper che quando il foco cadea sopra loro,
s' accendea loro sotto, cocea loro, elli gridavano h^ei! - An. Fior.:
Ei, ci elli. - Serrav. : Ei, idest heu michi. - Barg. : Co-
minciarono l'antico verso per dolor delle cotture di fuoco, gridando
-
hei! - Land.: Dissero hei, la qual voce significa dolore.
Tal.: Illis tres ceperunt reincipere hei, antiquos dolores. - Veli :
Hei quello accento di dolore, che i Latini dicono Heu, e noi
volgarmente Ahim. - Gelli: Ehi una interiezione doloros.
uno accento che dimostra passione. - Dan.: Hei, cio Aim>\ aj>-
primn
posivativamente. - Cast. : Ricominciarono a dolersi s come
si dolevano, dicendo hei, che era l'antico verso. Ma perch si legge
E : 1
ricominciar 1' antico verso di dolere
si pu anche dire Ei per Essi
dato dagli antichi Greci alla Spagna
ed al-
Hesperia, Nome
ponente, onde Espena
l'Italia, perch poste rispetto a loro verso
-
982 Hespems-I
si us poeticam. per La parte di Ponente, ed anche per L'Italia;
Mon. il, 3, 61.
Hesperns, dal gr. a7ipog, Espero, Nome col quale si designa
il Pianeta di Venere, quando ci apparisce all'occidente dopo il tra-
monto del sole; Mon. i, 11, 23; cfr. Aristot. Ethic. Nicomach. v, 3.
Hippomenes, personaggio mitologico, vincitore di Atalanta;
Mon. il, 8, 59. Cfr. Ovid. Met. x, 560-739.
lloiicstus. Onesto Bolognese, poeta volgare della met del se-
colo XIII; fu dottore in legge e stipul parecchi contratti in di-
versi tempi, l' ultimo dei quali del 24 settembre 1301. Cfr. Nan-
Nuc, Man. i 2 153 e seg. Dante lo menziona tra' doctores illustres,
,
et Vulgarium discretione repleti; Vug. El. i, 15, 32, 39.
Moratti, itre Orazi che pugnarono contro i tre Curiazi; Mon.
ii, 11, 20. Cfr. Orazi, Tre ai tre.
Hormeii, voce greca (x <3pu.Yjva, pu-Vj), che Dante spiega: -r\
l'Appetito dell'animo o razionale Conv. iv, 21, 91 iv, 22, 26.
; ;
Hostiliiis, Tullio Ostilio, il terzo re di Eoma; Mon. n, 11, 24.
Cfr. Tullo.
Hni, Interjezione di dolore; Purg. xvi, 64, nel qual luogo al-
cuni leggono nui, errore evidente.
Hyrcanus, Ircano; dal nome propr. Hyrcania, gr. Tpxavfoc,
Kegione dell'Asia tra il Caspio e i Parti, le cui selve erano feconde
di belve feroci ; Ecog. il, 22. Cfr. Virg. Aen. iv, 367.
I, la nona lettera dell'alfabeto, e la terza delle \ocali; ed altres
la figura di essa lettera. 1. Per la sua forma una delle lettere
pi spedite a scriversi; Inf. xxiv, 100. - 2. I beati del sesto cielo
si dispongono tra altre in forma di I per costituire le parole Di-
ligete iustitiam, qui iudicatis terram; Par. xvin, 78.-3. Oc-
corre a formare il verbo AUIEO; Conv. IV, 6, 22 e seg. - 4. uno dei
monosillabi necessarii che non possiamo cambiare; Vug. El.n,7,40.
5. Nel luogo Par. xxvi, 134, leggendo col pi dei codd. J oppure I
(anche Y, cfr. Moore, Crii., 486 e seg.), la I pu essere l' iniziale
I-Iacomo 9g3
del nome Iehovah, e pu anche essere un antico simbolo cabalistico
di Dio. Cfr. Comm. Lips. ni, 716-720. Vedi pure l'articolo El.
I, numero dei Romani, vale Uno; Par. xix, 128. Cfr.
Emme.
I? Articolo plurale maschile; cfr. II.
I, 1% pron. della prima persona; cfr. Io.
I, per Gli, Loro, pron. plur. nel quarto caso; Inf. v, 78; vii, 53.
Purg. xxiv, 125, e sovente.
I, per A lui, pron. sing. nel terzo caso; Inf. n, 17; xxn, 73.
I, Avverb. per Ivi; Inf. vili, 4, nel qual luogo la volgata omette Vi.
Iacob, ebr. D*[3J7\ Astuto, Scaltro, Nome del patriarca secon-
dogenito di Isacco, capostipite degl'Israeliti; cfr. Genes. xxv-L.
nominato Par. vili, 131; xxn, 71. Mon. i, 13, 16; in, 5, 2.
la co mo, Iacopo, ed anche Giacomo, Giacopo, Nome
proprio, la cui forma varia. Diversi personaggi di questo nome sono
menzionati da Dante :
I. Iacopo Apostolo. Gli Evangelisti conoscono due apostoli di
questo nome: 1. Il figlio di Zebedeo e fratello di S. Giovanni, l'uno
dei tre discepoli prediletti del Redentore, capo della Chiesa apo-
stolica di Gerusalemme, ebbe la corona del martirio per opera di
Erode Agrippa l'anno 44 dell'era volgare. - 2. Iacopo detto il Mi-
nore, figlio di Alfeo, che molti identificarono con Iacopo, fratello
di Cristo, creduto autore dell' Epistola canonica di San Iacopo. Il
primo nominato Purg. xxxn, 76. L'autore dell' Epistola intro-
dotto ad esaminare Dante circa la Speranza, Par. xxv, 13-99;
pure ricordato Conv. iv, 2, 62. Cfr. Vit. N. xli, 27, 32. Conv.n, 15, 8;
iv, 20, 38. Mon. in, 9, 56.
IL Iacopo ee secondo di questo nome, sopranno-
d' Aragona,
minato il Giusto. Figlio secondogenito di Pietro III re d'Aragona
e di Costanza figliuola di Manfredi, fu incoronato re di Sicilia a
Palermo il 2 febbraio 1286. Morto Alfonso III, suo fratello mag-
giore, il 18 gennaio 1291, Iacopo ne occup il seggio, facendosi inco-
ronare re d'Aragona a Saragozza, il 24 settembre 1291. Mor a Bar-
cellona il Vill., x, 45, lo dice savio e valoroso
2 novembre 1327. Il
signore, e di grandi opere e imprese. Dante invece lo biasima
severamente, Purg. vii, 119. Par. xix, 137 (sul luogo Pun, in, 116
cfr. Onor), e non a torto. Cumul sul proprio fronte il diadema
contro le ultime disposizioni del fratello
siciliano e l'aragonese
984 acomo
Alfonso, secondo le quali Iacopo avrebbe dovuto essere re d'Ara-
gona, e Federico re di Sicilia (cfr. Zuritae, Iudic. Ber. Arag., 203.
Mariana, Hist. de rei). Hisp. m, 244). Poco tempo appresso cedette
vilmente la Sicilia al Ciotto di Gerusalemme, la cui figlia Bianca
egli aveva sposata, tradendo cos il proprio fratello (Zurit., l.c, 205.
Mariana, hi, 257. Murat., Script, x, 959 e seg.). La cessione non
avendo effetto, perch Federico fu gridato re di Sicilia (Zurit., 206.
Murat., 1. e, 845 e seg., 961 e seg.), Iacopo mosse guerra al proprio
fratello per difendere gli Interessi del suocero. Usurp per se il
regno di Murcia dopo la morte di Sancho IV (Zurit., 208). Seppe
per altro guadagnarsi l' amore de' suoi sudditi, i quali lo chiama-
rono II Giusto.
III. Iacopo re delle Baleari, cfr. barba.
IV. Iacopo del Cassero, o del Cassaro, da Fano, , secondo
tutti i commentatori, il nome del personaggio ricordato da Dante,
Purg. v, 64-84. La famiglia del Cassero o Cassaro, cos detta da
una torre o rocca attigua alle di lei case presso 1' arco di Augu-
sto, fu una delle pi antiche e potenti della citt di Fano e guid
lungo tempo la fazione guelfa. Fior per molti personaggi insigni
nelle arti della guerra e della pace, fra' quali da ricordarsi Ugone,
che nel 1104 and con tre suoi figliuoli al conquisto di Terra Santa.
La storia fanese fa ascendere l'albero genealogico di questa famiglia
sino al 980 (cfr. Amiani, Memor. istor. di Fano, i, 232). Iacopo, ri-
cordato da Dante, fu figliuolo di Uguccione del Cassero, potest di
Macerata nel 1268, e nepote di quel Martino del Cassero, profes-
sore di leggi e reggitore delle scuole di Arezzo nel 1255, il quale
dicono fosse uno dei primi e pi celebri giuresconsulti del sec. XIII
(cfr. Tiraboschi, in, 279). Chiamato Iacopo a potest di Milano da
Maffeo Visconti, mosse da Fano per quella citt, navigando sino a
Venezia, e da indi tenendo la via di Padova, nelle cui vicinanze,
cio in Oriago, fu assalito, accoltellato e morto dagli sgherri di
Azzo Vili, figlio di Obizzo II da Este, al cui lungamente meditato
tradimento tennero spalla due altri prepotenti ribaldi, Eiccardo da
Camino, e Geraldo signore di Trevigi ( Per id tempus [1298] Me-
diolanum, capessendae prseturae gratia peregrinus homo veniebat,
Iacobus Dalcassarius Fano Piceni urbe oriundus. Sed is ex itinere
juxta Oriagum patavinorum oppidum interceptus, occisusque fuit,
fraude Marchionis Extensis, Eizardi Caminatis, ac Geraldi Tarvi-
sinorum domini, qui tunc in armis habebant exercitum circiter
trium millium heminum; Trist. Calchi, Hist. patrice, 1. xvm,
p. 401 B.). L'uccisione di Iacopo fu creduta opera di Malatesta da
Eimini, il quale per agevolarsi il dominio di Fano avesse procurata
a Iacopo la pretura di Milano per mezzo di Maffeo, perch poi nel
Iacono
viaggio fosse gittato sotto le spade del marchese d' Este, e tulio
cos a lui d'innanzi il maggiore ostacolo
mire (cfr. Amiant, alle sue
i, 233). Fu Iacopo prode guerriero e capitano, avendo teuuta
parte
nella famosa oste che i Fiorentini guelfi mossero contro Arezzo
nel 1288, e combattuto con essi in quella guerra (Vill., vii, 22).
Nel 1296 essendosi infiammata pi che mai la guerra fra Azzo e
i Bolognesi per cagione dei confini, questi mandarono ambasciatori
ai Fanesi loro antichi alleati per soccorso di genti e di armi e a ;
stringerneli viemaggiormente offerirono a Iacopo del Cassero la
pretura della citt. Pertanto fu accolta la domanda, e Iacopo and
in Bologna e come magistrato e come capitano insieme di quella
sussidiaria milizia, la quale era composta di circa mille uomini
(Amiani, I, 233). Al suo ritorno dalla pretura che tenne per un
anno, cio nel secondo semestre del 1296 e nel primo del susse-
guente 1297 (cfr. Ghirardacci, i, 133), ricondotti seco i suoi sol-
dati, potente per ricchezza e per fama, ebbe tale autorit sull'animo
dei medesimi e de' suoi concittadini, che, ingenerato sospetto di am-
bizione e di signoria, suscit la fazione contraria di Teresino e Guido
da Carignano; la quale stava oramai per irrompere e appiccare la
guerra civile, se opportunamente non si fosse spenta quella scin-
tilla, chiamato Iacopo alla pretura di Milano, che per gli cost
la vita. Il suo corpo fu riportato in Fano e sepolto nella chiesa di
San Domenico. Sul suo sepolcro si legge la seguente iscrizione:
Italia sidvs: Martinys copia legvm:.
. . . .
aggreditvr fidvs doctorvm conscia regvm:
. . .
Inclita evi proles de qva processit amenvs .
hos decvs et soles patria ros atque serenus
. . .
Sol tenebras patitvr Proserpina luce dehiscit . .
dvm iacobvs moritvr de cassaro tristia fixit .
atropos infavsta deplorant menia fani .
Probitas EXHAVSTA TESTATVR DEBITA CANI .
eolvs vtinam, perflasset carbasa retro .
vectvs pataviam
. caderet non limite tetro . . .
pvgnet bononia consvrgat mediolanvm
.
.
Perditvr ha gloria. nisi perdant crimina canvm.
Annis sub mille duo de trecentis evenit.
MlLII DUX ILLE STRENVS QUOD MISERE VENIT .
HlC JACET INFODITVR VBI CORDE SEMPER ADHESIT
. .
.
THEOTOCOS IGITVR VT REGNET MINIME DESIT . . .
Fano, I, 235. Barozzi, in Dante e i suo
Cfr. Amiani, Meni. Istor. di
sec, 794 e seg. Masetti, in Omaggio a Dante, 571-89.
Mazzoni
Toselli, Voci e passi di D., 101 e seg. Negusanti, Sylva
986 Iaculo -Iarba
sponsionum, Ven., 1619, cclxxxi, 46; cccxcix, 22. Del Lungo,
D. ne' tempi di D., 423 e seg.
V. Iacopo da Lentino, poeta volgare del secolo XIII; cfr.
Notajo.
VI. Iacopo Kusticucci, ricco ed onorato cavaliere Fiorentino
il quale, avendo moglie ritrosa, si separ da lei per darsi al vizio
di sodomia; Inf. vi, 80; xvi, 44. - An. Sei.: Fu da Firenze, e
guidava Fiorenza al suo tempo. - Petr. Dani. : Sua uxor fuit
ferocissima mulier in tantum quod secum non poterat vivere in
pace. Propter quod ipse juravit numquam concumbere cum ipsa
neque cum alia muliere, et ita suam libidinem cum masculis tur-
piter extinguebat. - Bocc.: Non fu di famosa famiglia, ma es-
sendo ricco cavaliere, fu tanto ornato di belli costumi, e pieno di
grande animo e di cortesia, che assai ben riempi, dove per men
notabile famiglia pareva voto. - Falso Bocc. Huomo popo- :
lare. - Benv.: Fuit miles florentinus, vir popularis, sed tamen
valde politicus et moralis.... homo valde dives, sed prudens, pla-
cidus et liberalis; qui poterat videri ratis felix inter cives suos,
nisi habuisset uxorem pravam habuit enim mulierem ferocem, cum
;
qua vivere non poterat; ideo dedit se turpitudini. - Buti: Fu
savio e valoroso cavaliere fiorentino. Ebbe una perversa moglie s,
che non potendola sostenere, la lasci; e per odio ch'ebbe a lei,
s'arrec in dispetto tutte l'altre femmine. - An. Fior.: Fu va-
loroso uomo et piacevole. Ebbe costui una sua moglie, diversa et
spiacevole tanto, che costui la divise et seperolla da s, et man-
dolla a casa parenti suoi. Ora, per che egli era giovane et onesto
i
uomo, credendo potere meglio coprire colla usanza de' giovani che
delle femmine, us questo peccato, come che rade volte.
VII. Iacopo da Sant'Andrea, cfr. Andrea (Iacopo da Sant').
Iaculo, dal lat.iaculus, Spezie di serpente, cos chiamato per-
ch a guisa di dardo detto che si lancia dagli alberi addosso altrui,
e fora le membra; Inf. xxiv, 86. Cfr. Solin., c. 40. Plin., Hist. nat.
vili, 23.
il ano. Par. vi, 81 (var.), cfr. Giano.
lamia, voce latina, Porta, Uscio; Par. xv, 30.
Iarba, Iarbas, figlio di Giove Ammonio e re di Mauri-
lat.
tania. Sotto il suo regno Didone, fuggendo le angherie del fratello,
si ritir in Affrica e vi fond Cartagine. Iarba volle sposarla, ma
Didone ricus le sue nozze; cfr. ViRG., Aen. IV, 196 e seg. Justin.,
xvili, 6. nominato Purg. xxxi, 72, nel qual luogo Dante chiama
Iason-Ida 987
l'Affrica Terra di Iarba, prendendo il tutto per la parte, con tra-
slato di sinecdoche comunissimo ai poeti.
Iason, gr. 'Iaawv, figlio di Esone re di Tessaglia, duce degli
Argonauti, coi quali pass per l'isola di Lenno. Giunto a Coleo,
acquist il Vello d' oro coli' aiuto di Medea, che egli spos ed ab-
bandon poi per unirsi a Creusa, figlia del re di Corinto. Per con-
quistare il Vello d'oro dovette arare un campo con i due tori spi-
ranti fuoco, da lui domati cfr. Ovid., Metam. vii, 1-158. menzionato
;
Inf. xvm, 86. Par. n, 18.
Iason, figlio di Simone II e fratello di Onia III, sommi sacer-
doti del popolo giudaico. Compr l'uffizio di sommo sacerdote dal
re Antioco, allontanandone il fratello Onia; introdusse nella santa
citt costumi pagani; vi costrusse un ginnasio, ecc. Cfr. II Machab.
IV, 7-27; v, 5-10. IV Machab. iv, 17 e seg. Ioseph., Antiq. xn, 5, 1;
XX, 10, 3. Nuovo Iason chiamato il pontefice Clemente V; Inf.
xix, 85.
Iattanza, dal lat. jactantia, Il vantarsi con una certa bur-
banza, Vanteria, Millanteria; Par. xxv, 62.
Iattura, dal lat. jactura, L'atto e L'effetto del gettare che
i marinari fanno una parte del carico della nave in tempo di bur-
rasca, a fine di salvarsi. Per estensione, pur detto di cose mari-
nesche, vale anche Perdita; Par. XVI, 96.
lanzen, voce provenzale, gerundio pres. di jauzir, godere: Go-
dendo, Giubilando; Purg. xxvi, 144.
Ibero, lat. Iberus e Hiberus, gr. "Ipvjpos, L'Ebro, uno dei sei
fiumi principali della Spagna, il quale nasce dai Pirenei, percorre
l'Aragona e la Catalogna, e si getta nel Mediterraneo; Purg. xxvil, 3.
Icaro, gr. "Ixapog, figliuolo di Dedalo, il quale per fuggire da
Creta fece a s ed penne appiccicate insieme con la
al figlio ali di
cera. Icaro vol troppo alto, contro il comando del genitore, la cera
si liquefece, le ali si staccarono ed Icaro cadde nel mare; cfr.
Ovid.,
Met. vili, 203 e seg. Hom., II. Il, 145. Herodot.,vi,95. Hort., Carni.
I, i, 15. menzionato come esempio di somma paura, Inf.
xvn, 109.
Ice, sillabe integranti del nome Beatrice o Bice; Par. vii, 14.
Cfr. B ed ice.
18y), oggi Psilory, o Monte Giove,
Monte nel
Ida, gr. "ISa, yj
lo pi
centro dell'isola di Creta, o Candia, la cui sommit
per
coperta di nevi; Inf. xiv, 98. Cfr. Veglio di Creta.
988 Iddio -Idropico
Iddio, Lo stesso che Dio; raddoppiata la consonante iniziale
per l' anteposizione dell'i, premesso per ragione eufonica; Inf. i, 131;
in, 103; xxv, 3. Purg. xm, 117. Par. xx, 138; xxiv, 130.
Idea, dal lat. idea, e questo dal gr. iS^a: Rappresentazione in-
tellettuale diuna cosa reale o possibile; Ci per cui mezzo l'in-
telletto apprende l'identit delle cose; L'essenza delle cose reali
o possibili inquanto intesa. E per Archetipo, Esemplare, Forma,
Modello, intellettuale, secondo cui una cosa od un essere si attua
ed esiste e dicesi pi particolarmente degli archetipi nella mente
;
di Dio; Par. xm, 53. Conv. li, 5, 25.
Ideale, dal lat. idealis, Dell'idea o Delle idee; Proprio del-
l'idea, Attenente a idea; Intellettuale, Astratto; Par. xm, 69.
Idioma, dal gr. tSttojia, Linguaggio proprio di un dato popolo;
Favella, Lingua, particolare ad una nazione, od a parte di essa. E
per Modo, Maniera di favellare particolare ad una persona o ad una
classe di persone; Par. xy, 122; xxvi, 114.
Idiota, dal lat. idiota e idiotes, e questo dal gr. LSictyjs, Per-
sona illetterata, senza coltura, ignorante, rozzo, volgare, e simili;
Conv. iv, 15, 122.
Idolatra, dal lat. idololatra, lo stesso che idololatres, che dal
gr. siScoXoXoctpyjS, per mezzo della forma sincopata idolatra : Colui
che adora gl'idoli; Inf. xix, 113, nel qual luogo idolatre potrebbe
essere, come intendono i pi, l'antico plur. regolare di idolatra;
cfr. Nannuc, Nomi, 140 e seg., 284 e seg.; nel qual caso I'egli
del v. 114 starebbe per eglino. Ma idolatre pu anche essere sing.
per IDOLATRA, O IDOLATRO.
Idolo, dal lat. idolum (la cui seconda sillaba da' poeti cristiani
era anche fatta breve), e questo dal gr. sISwXov, Immagine di cosa
che presenta agli occhi o alla mente: per Figura, Immagine, di
si
checchessia, o rappresentativa di checchessia; ed altres Immagine
fantastica di alcun oggetto; Purg. xxxi, 126.
Idoneo, dal lat. idoneus, per Appropriato, Dicevole, Conve-
niente, e simili; Conv. i, 1, 88.
Idra, dal lat. hydra, e questo dal gr. oSpa, Serpente acquatico :
Propriamente Serpe acquaiola, o Serpente acquatico; ma da' poeti
fu presa a significare Serpe o Serpente in generale; Inf. ix, 40.
Idropico, dal lat. hydropicus, gr. 55pamxs; Che affetto
d'idropisia, Infermo d'idropisia; Inf. xxx, 112.
Idropisia -Teronimo ggg
Idropisia, dal lat. hydropisis, Infermit consistente
nell'adu-
namento, in alcuna cavit del corpo, o nel tessuto cellulare, di una
eccessiva copia di siero separato dal sangue; Inf xxx, 52.'
Iepte, lat. Iephte, gr. 'IecpM, 'IscpMe, dall' ebr. nn\ Liberato
da Dio: Nome di uno dei pi celebri giudici d'Israele, la cui storia
raccontata Indie, xi, 1-xn, 7. Uscendo per combattere contro gli
Ammoniti, nemici ed oppressori del suo popolo, Iefte votum vovit
Domino, dicens: Si tradideris filios Ammon in manus meas, qui-
cumque primus fuerint egressus de foribus domus mese, mihique
occurrerit revertenti cum pace a filiis Ammon, eum holocaustum
offeram Domino ; Indie, xi, 30, 31. Ritornato vittorioso dall'im-
presa contro gli Ammoniti, gli usc prima incontro l'unica sua
figliuola, onde Iefte, bench addoloratissimo, fecit ei sicut vo-
verat, Indie, xi, 39, la sacrific cio al Signore; filiam innocen-
tem occidit propter votum, Thom. Aq., Snm. theol. il, 2, Qu. 88,
art. 2. Dante ricorda il fatto nella sua esortazione circa i voti,
Par. v, 66.
Ier, Ieri, dal lat. heri: 1. Nel giorno precedente, Nel giorno
avanti; e riferiscesi al giorno che precede immediatamente a quello
nel quale si parla o si scrive, o si opera checchessia; Inf. xxi, 112. -
2. L' altr' ieri, che anche scrivesi congiuntamente U altrieri, vale
lo stesso che Ier l'altro, L'altro giorno; Purg. xxiii, 119.-3. Ieri
mattina, o Ier mattina, che pi comunemente scrivesi congiunto
Iermattina, vale La mattina, o Nella mattina, d'ieri, e altres Ieri
verso la mattina; Inf. xv, 52. -4. Ier notte, o Ieri notte, che anche
scrivesi congiuntamente Iernotte, vale Nella notte, o La notte, d'ieri,
Nella notte precedente al giorno d'ieri; Inf. XX, 127.
Teronimo, lat. Hieronymns, celebre Padre della Chiesa, nato
verso 340 a Stridone nella Dalmazia, studi a Roma, dove fu bat-
il
tezzato nel 360 da Liberio, viaggi nelle Gallie e nelle regioni del
Reno e si avvi nel 372 con alcuni compagni verso l'Oriente. Un
suo sogno avuto in Antiochia lo indusse a convertirsi sul serio alla
fede cristiana, quindi si trasfer nel deserto di Calcide presso gli
Anacoreti, dove si esercit nella macerazione della carne e nello
studio della lingua ebraica. Nel 379 fu eletto presbitero di An-
tiochia; nel 382 ritorn a Roma, dove dedic l'elegante sua penna
e la gigantesca sua erudizione al servizio della Chiesa. Nel 385 viag-
gi di nuovo nell' Oriente e, dopo diverse peregrinazioni, ferm sua di-
mora a Betleemme, dove mor l'anno 420 dell'era volgare. Tradusse
la Bibbia in latino, e la sua traduzione il fondamento essenz ;
990 Ierusalem - Ignudo
della volgata. Dett inoltre una quantit di opere teologiche, per
lo pi esegetiche. Una edizione di tutte le sue opere fu curata dal
Vallassi (Verona, 1734-42, 11 voi., nuova ediz., 15 voi., Ven., 1770
Zoeckler, Hieronymus, sein Leben und sein ivirlcen,
e seg.). Cfr.
Gotha, 1865. Amde-Thierry, St. Jerome, la socit chrtienne
Rome et Vmigration romaine en Terre Sainte, 2 voi., Par., 1867.
Brev. Rom. ad 30 Septemb. Nel luogo Par. xxix, 37, Dante si rife-
risce a quanto S. Geronimo scrive nel suo commento In Epist. ad
TU. i, 2: Sex milia nondum nostri temporis complentur annorum;
et quanta tempora, quantasque sseculorum origines fuisse arbitran-
dum est, in quibus Angeli, Throni, Dominationes, caeterique ordines
Deo servierunt.
Ierusalem, cfr. Gerusalem.
lesa, cfr. Ges.
Ifigenia, 'Icptyvsia, figliuola di Agamennone, votata dal padre
in sacrifizio a Diana; cfr. Eurip., Iphig. Aul. e Iphig. Taur. Soph.,
El., 565. Pind., Pyth. xr, 23. Ovid., Met. xn, 27 e seg. Virg., Aen.
il, 116 e seg. Lucret., i, 85 e seg. Bot., Cons. phl. IV, m. 7.
Ricordata Par. V, 70.
Igne, voce poetica, lat. ignis, Fuoco; Purg. xxix, 102. Par. vi,
3; xxvin, 25.
Ignito, dal lat. ignitus, Infuocato. E per Rosseggiante, Fiam-
meggiante, Splendente, come fuoco; Par. xxv, 27.
Ignobilt e Ignobilit, dal lat. ignobilitas, Qualit, Con-
dizione, di ignobile, Mancanza di nobilt; e in significato morale
per Bassezza, Abiettezza, Vilt; Conv. IV, 19, 69.
Ignoranza, dal lat. ignorantia, Mancanza di sapere, Man-
canza delle cognizioni necessarie a bene esercitare un'arte o pro-
fessione, a governare un negozio, e simili; Inf. vii, 71. Purg. xx,
145; xxn, 47. Mon. ni, 3, 2, 12, 13.
Ignoto, dal lat. ignotus, Che non conosciuto, Di cui non si
ha contezza, notizia, ed altres Di cui s'ignora l'esistenza. E per
Che non si comprende, Che non valutato siccome deve; Par. xi, 82.
Ignudo, da gnudo per nudo, forma usata gi dagli antichi,
premessovi Vi; Che non ha vestimento, o qualsivoglia altra cosa
che gli cuopra il corpo, Nudo; Inf. in, 65; Vii, 111; xvni, 25.
Iguale- Ilario 991
Iguale, dal lat. aqualis, Eguale. Di solito dove alcuni lesti
hanno iguale altri leggono eguale; cos Purg. vili,
108; xv, 20;
xxvii, 120. Par. xxxi, 129. Iguali lezione comune a tutti i testi
nel luogo Par. xv, 77; cfr. eguale, egualit.
lilialmente, dal lat. cequaliter, Lo stesso che Egualmente;
Purg. xxix, 11. Par. iv, 5; xxxn, 30; xxxm, 120, 144.
Il, dall' adiettivo lat. ile, per via di apocope, Articolo del ge-
nere maschile e del numero singolare, che nel plurale fa I, ed usasi
dinanzi a nomi non comincianti per vocale, n per S impura, n
per Z, sebbene, rispetto a queste consonanti, e specialmente alla
seconda, si trovino esempj in contrario. naturalmente adoperato
nella Div. Com. e nelle opere volgari di Dante pi volte ad ogni
pagina; Inf. 1, 15, 28, 30, 35, 38, 56, 60, 71, 75, 77, 83, 85, 99,
101, ecc.
Il, dal lat.ille per via d'apocope, Pronome di genere maschile
e di terza persona, che nel plur. fa I, affatto caduto dall'uso, va-
lendoci in luogo suo di Gli Li, plur. di Lo. Tale pronome usasi
a denotare l'oggetto del verbo riferente una persona, od una cosa,
ed proprio del nobile linguaggio. Occorre sovente nelle opere di
Dante, come Inf. l, 33, 107; v, 110; vili, 9, 64, ecc.- 1. Denotante
l'oggetto riferente un concetto; Inf. 11, 31; xxv, 48 a. - 2. In tale
significato talora disgiunto dal proprio verbo, mediante una par-
ticella pronominale; Inf. xxv, 48 b. - 3. Il si compone con le par-
ticelle pronominali Me, Te, Se, Ce, Ne, Ve, col pronome Gli, e con
la negativa Non, facendosi Mei, Tel, Sei, Gel, Nel, Vel, Gliel e Noi;
Inf. vii, 126; x, 44. Par. 1, 58, ecc.
Ilario, frate, priore, del monistero di Santa Croce del Corvo
sul Monte Caprione, fondato da Pipino vescovo di Luni nel 1176.
Lo dicono amico di Uguccione della Faggiuola. Va sotto il suo nome
una lettera latina indirizzata ad Uguccione, secondo la quale Dante,
viaggiando nel 1309 alla volta di Parigi, avrebbe visitato il mo-
nastero di Santa Croce e consegnato ad esso frate Ilario un volume
contenente la prima Cantica della Div. Coni., pregandolo che, dopo
avervi apposto alcune glosse, lo volesse far pervenire ad Uguccione
della Faggiuola, a cui intendeva egli di dedicarlo. E frate Ilario
gliel promise, ed in breve adempi la promessa. Questa famosa let-
tera, conosciuta sotto il nome di Epistola Ilariana, pecca cos enor-
memente di anacronismi ed improbabilit, che oggimai nessun uomo
sensato la crede pi autentica. L'ultimo, infelice, tentativo di
di-
fenderne l'autenticit fu fatto dallo Sciieffer-Bokmi.hst, Ah*
992 Ildebrando no
Dante 1
Verbaunung, Strassburgo, 1882, p. 227-54. L'Epistola fu
s
pubblicata la prima volta nel volume Ambrosius Traversaria,
:
Latina epistola; adcedit eiusdem Ambrosii vita in qua historia Ut-
ter aria fiorentina ab anno MCXCIIusque ad annum MCCCCXL
ex monumentis potissimum nondum editis deducta est a Laurentio
Mehus, Fir., 1759, II, cccxxi e seg., quindi ristampata e tradotta pi
volte (Dionisi, Preparai, istor. e crit. ri, 209-17. Troya, Veltro alleg.
di D., 2C2-14. Muzzi, Tre epist. lat. di D., Prato, 1845, p. 36-54.
Balbo, lib. n, e. 6). Cfr. Troya, Veltro alleg. de' Ghibellini, 357-66,
409-30. Centofanti negli Studi ined. su Dante Al., Firenze, 1846,
p. 1-19. Branchi, Sopra alcune particolarit della vita di D., 5-10.
Witte, Dante-Forsch., p. 49 e 481. Scartazzini, Dante in Germ.
il, 808-16. Il Centofanti, 1. e., 17 e seg.: Probabilmente ma-
riana impostura ebbe suo nascimento quando tutti gli spiriti erano
il
intenti allo studio delle lettere greebe e latine, e alla rinnovazione
della sapienza classica. La bellissima lingua nostra fu creduta un
insufficiente ed ignobile strumento dell'umano pensiero in quella
letteraria repubblica, dove tutte le imparate dottrine suonavano cos
altamente nell'idioma degli antichi maestri: e non mancarono nep-
pure al sommo llighieri i suoi detrattori. Hcec autem obrectato-
rum de Dante opinio profluxit, dice il Mehus nella vita di Am-
brogio Traversari, ab inliterato, seu mavis italico, quo usus est,
sermone. E se ben si osserva la lettera del vero o supposto frate,
troveremo che ella principalmente discorre le ragioni, per le quali
Dante volle fare interprete di tanta sapienza, quanta nel divino
poema, non il latino, ma l'idioma volgare; onde lo direste quasi
evocato a difendere il suo divisamento con l'autorit della sua po-
derosa parola. Il quale, tuttavia vivendo, non solo dov combattere
contro la stolta ignavia dei principi e dei signori, ma contro questo
pedantesco fastidio dei dotti, e gustarsi i lamenti che ne mosse
Giovanni di Virgilio in una sua egloga. Adunque, ove non basti a
spiegare l'origine di questa lettera il divisamento di accreditare con
l'amicizia, con la voce e con la preghiera stessa di Dante che le
domanda, quelle ilariane note, non so s'io mi dica fortunatamente
o sventuratamente ignorate, o perdute, o non fatte, ecco ritrovato
un altro probabile intendimento, col quale forse fu concepita e par-
torita al mondo la filologica chimera.
Ildebrandino, Ildebrandinus Paduanus, poeta volgare del
sec.XIII, celebrato da Dante, ma del quale non ci rimangono che
due Sonetti, pubblicati dall' Allacci Vulg. ; Eh
i, 14, 31. Cfr. Qua-
drio, ii, 162. Crescimbeni, II, n, 25; in, 30. Tiraboschi, iv, 413
e seg. Ant. Tolomei, in Dante e Padova, 312-18.
Ilerda - Illustrazioni della Divina Commedia
Ilerda, gr. 'IXspSa, oggi Lerida, citt della
Catalogna in lspa-
gna, sul fiume Segre, presso la quale Giulio Cesare, al principiare
della guerra civile, sbaragli Afranio e Petreo, luogotenenti di Pom-
peo; Purg. xviii, 101. Cfr. tas.. De bello civ. i, 41, 43, 45. Horat.,
Ep. i, 20, 13.
Ilion, gr. "IXiov, Nome della cittadella o fortezza di Troja; Inf.
i, Purg. xn, 62. Cfr. Troja. Mon. n,
75. 3, 55. Ilioneo, Ilioneus,
per Trojano; Conv. li, 3, 32.
Illetterato e Illitterato, dal lat. illitteratus, Non let-
terato, Che non ha coltura, Incolto; e pi determinatamente, presso
gli antichi, Che non conosce il latino; Conv. i, 10, 48.
filmare, lezione della Or. nel luogo Par. ix, 73; cfr. inluiare.
Illuminante, dal lat. illuminans, Che illumina. Grazia il-
luminante, dicesi dai Teologi Quella interna illustrazione della
mente, con la quale proponesi a questa il vero ed il bene sopran-
naturale da operare; Par. xxix, 62.
Illuminare, dal lat. illuminare, Rischiarare col proprio lume,
Allumare, Dar luce. Figuratam. e in locuz. figur., detto di verit,
scienza, virt, e simili, ed altres di Dio stesso, e della sua grazia,
e riferito a persona, intelletto, dottrina, scrittura, e simili; Conv.
il, 14, 16, 17, 18.
Illuminato, Partic. pass, di Illuminare, Rischiarato da lume
o luce, Rischiarato da lumi; Conv. iv, 20, 59.
Illuminato, da Rieti, fu uno dei primi discepoli e seguaci
di San Francesco d'Assisi, al quale si fece compagno allorquando
il Santo and in Egitto; Par. xn, 130. Cfr. Wadding ad an. 1209.
Illustrare, dal lat. illustrare, Rischiarare, Illuminare, Dar
lume, splendore. Figuratam. Par. iv, 125; xviii, 85.
Illustrato, dal lat. illustratus, Rischiarato da luce, Illumi-
nato; Conv. l, 16, 36.
Illustrazioni della Divina Commedia. Dante es-
molti
sendo pi plastico di tutti i poeti, cosa assai naturale che
il
insigni artisti s'ingegnassero di rappresentare col disegno e colla
pittura le stupende creazioni dell'alta sua fantasia. Nei secoli XIV
e XV si miniature i codici del Poema sacro.
abbellivano di iniziali e
dall' in-
Dopo l'invenzione della stampa la miniatura fu soppiantata
63. Enciclopedia dantesca.
994 Illustrazioni della Divina Commedia
cisione inrame o in legno, di che si ornarono molte edizioni, in-
cominciando dalla prima fiorentina del 1481, e gi gi sino alle edi-
zioni moderne di gran lusso, le pi coi disegni dell'artista francese
Gustavo Dor. Le pi celebri e conosciute illustrazioni sono le se-
guenti :
Secolo XV. Sandro Botticelli, pittore della scuola toscana, n. 1447,
m. 17 maggio 1515, illustr con disegni il Poema dantesco. Di questi
disegni furono riprodotti alcuni (18) nell'edizione fiorentina del 1481
col commento del Landino. Furono poi riprodotti completamente
nell'opera: Zeichnungen von Sandro Botticelli zu Dante' s Goet-
tlicher Komoedie. Nach den Originalen im K. Kupferstichkabinet
zu Berlin herausgegeben von Lippmann, con un supplemento di Jo-
sef Strzygowski, Berlino, 1887, in fol. gr. di 133 tav. e 84 pag.
di testo; ediz. economica in 4 gr., ivi, 1896. Edizioni della D. C. del
sec. XVcon figure intagliate in legno sono inoltre: la Bresciana del 1487
in fol. con 68 figure; le due Veneziane del 1491 con cento vignette ;
la Veneziana del 1493, con tre figure grandi e 97 piccole; la Vene-
ziana del 1497 con cento figure. Le figure delle edizioni Veneziane
sono tutte identiche quanto al soggetto, un po' differenti nelle parti.
Secolo XVI. I disegni di Michelangelo Buonarroti (n. 6 marzo 1475,
m. 18 febbr. 1564), fatti su' larghi margini della edizione fiorentina
del 1481, furono sventuratamente distrutti dalla tempesta. I disegni di
Luca Signorelli da Cortona (n. verso il 1441, m. 1522; cfr. Rob. Vischer,
Luca Signorelli und die italienische Beinaissance, Lips., 1879) fu-
rono pubblicati da Francesco Saverio Kraus, Luca Signorelli' s 11-
lustrationen su Dante s Div. Comm. zum ersten mal herausgegeben,
1
Freiburg i. Br., 1892, in 4, 11 tavole e 38 p. di testo. I disegni di Gio-
vanni Stradano (Jan van Straet, n. 1536, m. dopo il 1604): Illustra-
zioni alla Div. Comm. dell'artista Fiammingo Giovanni Stra-
dano, 1587, riprodotte in fototipia dall' originale conservato nella
B. Bibliot. Medicea Laurenz. di Firenze, Fir., 1893, in fol. mass.
Secolo XVII. Il corso della vita dell'uomo, ovvero l'Inferno,
il Purgatorio e il Paradiso, disegnato da Bernardino Poccetti
e da Giacomo Callot; 4 carte in fol. gr., con lettera dedi-
inciso
catoria a Cosimo III d. d. 20 maggio 1612.
Secolo XVIII. Cinque ediz. illustrate della Div. Com. videro la
luce in questo secolo. Primeggia tra esse quella dello Zatta, Ve-
nezia, 1757-58, 3 voi. in 4, pi 2 voi. contenenti le Opere Mi-
nori, ecc., con 112 grandi incisioni in rame e vignette in fine di
quasi tutti i cento Canti. Di tutte le figure in rame, che sono 212,
s'impressero a parte, in fogli 53, alcuni esemplari, acciocch, ag-
giustati in piccioli quadri, servire potessero d' adornamento per ga-
a
binetti; Gamba, Testi, 3 ediz., 396, nt.
s
Illustrazioni della DiTina Commedia 995
Secolo XIX. Flaxmann John (n. a York il 6 luglio 1755, ra. a
Londra il 6 dicembre 1826): Compositions from the Divine poem
of Dante Alighieri, with quotations from the Italian, and trai
lations from the version of H. Boyd, to each piate, Lond., 1807;
110 incisioni a contorno, le quali, aumentate poi sino a 120, furono
riprodotte pi volte, Mil., 1822. Carlsruhe, 1833-35, Nap., 1859, ecc-
Giacomelli Sofia (Madame Chomel), La Div. Comm. disegnata ed
incisa, Par., 1813, in 4. Cento disegni a contorno. - L. Ademollo
e Fr. Nenci, Illustrazioni della Div. Comm., 125 tavole in fol.,
pubblicate la prima volta nella sontuosa ediz. della Div. Comm.
detta delV ncora, Fir., 1817-19, 4 voi. in fol. grande; ripubblicate
in facsimile da B. Schuler: La Div. Comm. di Dante Al. con testo
descrittivo, ediz. tedesca, Monaco, 1892, in fol. gr.; edizione italiana,
ivi, 1893, in fol. Riprodotte, nuovamente elaborate, essenzialmente
rifatte ed abbellite, dallo stesso Schuler in una ediz. di gran lusso,
Monaco, 1892, in mass. Riprodotte in pi piccola dimensione
fol.
nella ediz. della Div. Comm. col commento di Gius. Campi, To-
rino, 1888-93, 4 voi. in 8. - G. G. Macchiavelli, Illustrazioni della
Div. Comm. in 101 tav., pubblicate nelle due ediz. di Bologna, 1819
e 1826, in 4. - Pinelli, Invenzioni sul poema di Dante, di pro-
pria mano incise, Roma, 1824-26, 3 voi. in fol. gr. con 144 tav. -
Gius. Koch, Quaranta disegni ad illustrazione della Div. Comm. da
lui condotti a Roma nel 1814, i quali, tuttora inediti, si conservano
nella R. Biblioteca di Dresda. - P. Cornelius, Le Paradis du Dante,
dessin au trait. Avec texte explicatif, Lips., 1830, 9 tav. pi 40 p.
di testo. - B. Genellt, Umrisse zu Dante's Gttlicher Komdie,
Monaco, 1849, Lips., 1865, 1867, ecc., 36 tav. in fol. obl.-C. Vogel
v. Vogelstein, Die Hauptmomente von Goethe''s Faust, Dante'
Divina Commedia und Virgil's Aene'is, Monaco, 1861, in fol. mass.,
3 tav. e 14 p. di testo. 11 quadro raffigurante la Div. Comm. fu ri-
prodotto fotograficamente, ma in dimensione assai pi piccola, nel
volume Dante e il suo secolo, Fir., 1865. - Ad. Strler, La Divine
-
Comdie; cent douze compositions posthumes, Par., 1883, in fol. gr.
Gust. Dor (n. a Strassburgo il 6 genn. 1833, m. a Parigi il 22 gen-
naio 1883); le 135 grandi illustrazioni della Div. Comm. del DOBB
furono riprodotte in parecchie ediz. e traduzioni del Poema sacro;
l'edizione originale quella, pi volte ristampata, dello Hachetk'
a Parigi, in 2 voi. in fol. gr. (Enfer, con 75 tav. 1861 e 1862:
Purga-
-
toire, con 42 tav. 1868 e 1872. Paradis, con 18 tav., 1868 e 1872, eco.
18'
Fr. Scaramuzza, Illustrazioni della Div. Comm., Milano,
3 voi., ossia 243 tav. in fotografia, in fol. mass.- Galleria Dai
Trenta fotografie tratte dai disegni di F*. SCARAMUZZA t tri
vole cromolitogra fiche ideate dal duca Caetani di
Sermoneta.
996 Illustre-lmago
testo illustrativo di Cesare Fenini, Mil., 1880, in 4. - Lo stesso ;
ediz. microscopica, Mil., 1880, in 64. - G. Locella, Dante nelV Arte
tedesca. Venti disegni di artisti tedeschi ad illustrazione della Div.
Comm. e quattro ritratti di Dante, Mil., 1891, in fol., 24 tav. e
30 p. di testo.
Nel sec. XIX vennero in luce 42 ediz. pi o meno riccamente il-
lustrate della Div. Comm., le pi splendide fuori d'Italia. La pi
magnifica, la quale abbraccia il solo Inf. ed per di pi poco meno
che inaccessibile agli studiosi, la seguente L'Inferno di Dante :
Al. disposto in ordine grammaticale e corredato di brevi dichia-
razioni da G. G. Warren Lord Vernon, 3 voi. in fol. gr., Lon-
dra, 1858-65. Il voi. II contiene gli stemmi di tutte le famiglie
nobili fiorentine esistenti ai tempi di Dante; il voi. Ili consta di
114 tav. pi xix e 254 p. di testo. Una grande opera illustrativa
della Div. Comm. si sta preparando da Corrado Ricci.
Cfr. De Batines, i, 295-349. Ferrazzi, ii, 320-411; iv, 168-208;
v, 68-107. Petzholdt, Catal. Bibl. Danteae Dresdensis, 92-100.
Ejusd., Bibliogr. Dantea ab anno MDCCCLXV
inchoata, 68-77.
Suppl. i, 25. Suppl. ii, 36 e seg. - P. Selvatico, Delle Arti Belle
in relazione a Dante, in Dante e il suo sec, 591-622. L. Volk-
mann, Bildliche Darstellungen zu Dante' s Div. Comm. bis zum
Ausgange der Renaissance, Lips., 1892. - Dante in Germ. il, 173-76.
Giornale Dantesco, i, 180 e seg.
Illustre, dal lat. illustris : 1. Chiaro, Luminoso, Lucente, Splen-
dido; Par. xxn, 20.-2. Figuratam. detto di persona, famiglia, po-
polo, e simili, vale Chiaro, Insigne, Famoso, per origine, grado o
condizione civile, per qualit, opere, gesta, e simili; Par. xvi, 90.-
3. Detto di lingua, parole, stile, vale Eletto, Nobile, e simili. Di-
cimus Illustre, Cardinale, Aulicum, et Curiale Vulgare in Latio,
quod omnis Latise civitatis est, et nullius esse videtur, et quo mu-
nicipalia Vulgaria omnia Latinorum mensurantur, ponderantur, et
comparentur; Vulg. El. i, 16, 42 e seg. Cfr. Vulg. El. i, 13, 2;
i, 15, 30; i, 17, 1, 5, 6, 8, 28; i, 18, 1, 23; il, 1, 3, 15; il, 2, 2, 31;
il, 6, 1; il, 7, 19, 29.
Image, dal lat. imago, Forma antica e poetica per Imagine;
Purg. xxv, 26. Par. n, 132; xm, 2; xix, 2, 21.
Imagine, e suoi derivati cfr. Immagine e suoi derivati.
Imago e Immago,
dal lat. imago, Voce poetica. 1. Lo stesso
che Immagine; Figura, Effigie; ed altres Simulacro; Inf. xx, 123.-
2. E figuratam. Par. xx, 76; xxxin, 138.
o
Imbarcare-Imitatori della Divina Commedia 997
Imbarcare, da barca, Porre, Mettere, Caricare, sulla nave,
o barca. Figuratam. e poeticam. Purg. xxvi, 75.
Imbecillit, da imbecille, e questo dal lat. imbecillis e im-
becillus, L' essere imbecille ; Debolezza di mente per et o per ma-
lattia. E per Scarsit di forza o di vigore, Debolezza, Fievolezza-
Conv. iv, 24, 81.
Imbestiare, Farsi bestia, o simile a bestia, Prender forma
di bestia; Purg. xxvi, 87.
Imbestiato, Fatto, Eeso, nelle forme simile a bestia; Purg.
xxvi, 87. - Buti 1
Pasife s'imbesti, cio si f simile alla bestia,
:
cio a la vacca de la quale era innamorato lo toro, del quale ella
era innamorata, ne le imbestiate schegge, cio ne la vacca fatta da
Dedalo di legname e coperta col cuoio di quella vacca, de la quale
lo toro era innamorato.
Imbiancare, Render bianco, Far divenire bianco. 1. Figura-
tamente e poeticam., riferito alle cose cbe il sole rischiara nel suo
primo apparire sull'orizzonte; Inf. il, 128.-2. Neut. pass. Farsi,
Divenire, bianco, candido. E poeticam., per Farsi chiaro, Schiarirsi;
Purg. ix, 2.-3. E figuratam. Par. vii, 81; vili, 112.-4. Neut. Di-
venir bianco. Figuratam. Par. XII, 87.
Imboccare, dal lat. in e bucca, Alimentare altrui, metten-
dogli il cibo in bocca. Figuratam. e poeticam., riferito a sentenza,
o simile, vale Ricevere, Accogliere in s, o dentro di s, Far pro-
prio; Inf. vi, 72.
Imbolare, che Involare, per lo scambio del v nel b;
lo stesso
Rubare, Togliere, Prendere furtivamente. In signific. Neut. pass, e
figurat. per Venir meno, Spegnersi; Inf. xxix, 103.
Imborsare, Neut. pass. Empiersi di borghi e usato con un ;
compimento, Avere per borghi, Esser guarnito di tali e tali borghi,
o terre popolose; Par. Vili, 61.
Imborsare, Mettere nella borsa. Poeticam. e figuratam., per
Accogliere, in s, Avere, riferito a cose morali; Inf. xi, 54.
Imbrunare, Fare, Rendere bruno. Detto dell'uva, vale Inco-
minciare a farsi nera per incipiente maturazione, Invaiare; Purg.
IV, 21.
Imitatori della Divina Commedia. Volendo porre
tra gl'imitatori di Dante tutti coloro che, qual pi qual meno, sog-
998 Imitatori della Divina Commedia
giacquero all'influenza della sua Musa, l'elenco comprenderebbe al-
l' incirca i nomi di tutti i poeti italiani di qualche grido, dal Pe-
trarca sino al Carducci ed altri rimatori contemporanei. Ed in
quell'elenco non potrebbero mancare i nomi di qualche centinaio
di poeti stranieri, non solo di nazioni latine, ma anche germaniche
e slave, i cui carmi o non si sarebbero fatti, o sarebbero riusciti
altra cosa che non sono, quando i cantori non fossero camminati
sulle orme dell'Alighieri. Ma anche astrazion facendo dagli imita-
tori piuttosto indiretti, rimane sempre un bel numero di componi-
menti poetici, i quali in sostanza non sono altra cosa che imitazioni
pi o meno felici del poema dantesco. Parecchi giacciono tuttora
inediti nelle biblioteche, come Y Inferno di Armanino, V Anima Pe-
regrina del P. Sardi, il Giudizio finale di Domenico di Napoli, la
Citt di Vita di Matteo Palmieri, non pochi altri, alcuni dei quali
e
hanno i i poemi che si hanno a stampa,
particolari loro pregi. Fra
e che in sostanza sono semplici imitazioni della Div. Comm., sono
degni di nota i Trionfi del Petrarca, V Amorosa Visione del Boc-
caccio; il Ditta-mondo di Fazio degli Uberti, nepote di Farinata;
la Leandreide o Leandreride di anonimo Veneto, o forse del Boc-
cassi; la Visione di Gambino d'Arezzo, il Giardino di Marino Yo-
nata; il Quatriregio del Frezzi; il Purgatorio del Cipriani; la Bass-
villiana del Monti la Scala di Vita del Ferrucci. Meno conosciuti
;
sono il poemetto di Francesco da Carrara e quello di Giovanni
Acquettini, la Fimerodia di Iacopo del Pecora, le Visioni del Va-
rano, L'inferno della tirannide del Bellini, il Paradiso di An-
tonio del Bon, ed altri poemi, tra' quali non mancano naturalmente
parodie della Div. Com., o di singole parti di essa. Si hanno inoltre
nelle letterature italiane e straniere parecchie imitazioni, elabora-
zioni o rifacimenti che dir si vogliano, di singoli episodi della Div.
Com. Pi Conti Ugolini, tra essi due tedeschi, figli legittimi o ba-
stardi dell'Ugolino dantesco; piFrancesche da Bimini, tra le quali
primeggia quella Manfredi, Pie de' To~
di Silvio Pellico; diversi
lomei, Piccarde, Buondelmonti, Sordelli, Beatrici, ecc. Taluna di
queste Tragedie e Cantate, taluno di questi Drammi e Melodrammi
non privo di bellezze e di pregi poetici; ma certo, non di una
sola delle tante imitazioni si pu affermare che arrivi approssima-
tivamente all' altezza del Poema dantesco.
Cfr. Ferrazzi, iv, 255-64, 566-68; v, 181-82, 865-69, Ag. Pa-
lesa, Dante, Baccolta, Trieste, 1865, 37 e seg. Carducci, Studi
letterari, Livorno, 1874, 312-62. De Sigalas, De V Art en Italie,
Dante Al. et la Div. Com., Par., 1853, 591-642. Vidal y Valen-
ciano, Imitadores ecc. de la Div. Comm., nella Bevista de Espana,
Madrid, 1860, x, 216-34. Dantolog., 2 a ed., 405 e seg.
Immaginare-Immaginazione 999
Immaginare e Imaginare,
dal lat. imaginari: 1. Fin-
gere, Figurare, Rappresentare al vivo nell'intelletto per immagini:
riferito sia a cosa reale, sia a sentimenti interiori, ed affetti, sia
a
cosa meramente possibile; Inf. xxiit, 24. Purg.
iv, 68. Par.\, 44;
xiii, 1, 7, 10. Vit. N.27.-2. E assolutam. Par. xxxi, 137.-
xxiii,
3. Vale anche Richiamare, Rappresentare novamente, al pensiero la
immagine di chicchessia checchessia; Purg. xxvn, 17.-4. E per
Figurarsi nella mente, Fingere, sognando, delirando, e simili; Vit. N.
xxiii, 15, 32. Canz. : Donna pietosa e di novella etate, v. 39.-5. E
detto figuratam. di cosa reale, vale Rappresentare in figura, Figu-
rare, riferito ad altra cosa reale; Conv. iv, 6, 23. - 6. E per Credere,
Reputare, Figurarsi, Mettersi in testa, e simili; Inf. xxxiv, 106.
Immaginare e Imaginare, Sost. La facolt, e altres
L'atto e L' effetto, dell'immaginare; Immaginazione; Purg. xvn, 43.
Par. 1, 89; xxiv, 26. Vit. N. xxiii, 77. Canz. .-Gli occhi dolenti
per piet del core, v. 49.
Immaginativa e Imaginativa, Potenza immaginativa,
Facolt d'immaginare, usato pi specialmente come Termine delle
Scuole; Immaginazione, e altres Fantasia; Purg.xvu, 13.-THOM.
Aq., Sum. ih. 1, 78, 4: Ad harum autem formarum retentionem aut
conservationem ordinatur phantasia, sive imaginatio, qua? idem
sunt; est enim phantasia sive imaginatio quasi thesaurus quidam
formarum per sensum acceptarum. E 1, 84, 6:Procul dubio opor-
tet in vi imaginativa ponere non solum potentiam passivam, sed
etiam activam. E in, 30, 3: Imaginatio est quidem altior potentia
quam sensus exterior. - Nel luogo citato Dante vuol dire, che la
potenza immaginativa ci rende talvolta del tutto insensibili alle
impressioni esterne; cfr. Purg. iv, 1 e seg.
Immaginato e Imaginato, dal lat. imaginatus : 1. For-
mato, Finto, Rappresentato, e altres Riprodotto dalla immaginazione
dalla fantasia; Inf. xxiii, 33. Purg. IX, 32.-2. E per Ritratto in
immagine sensibile, in figura; Figurato, Disegnato, Scolpito, Im-
presso, e simili; Purg. x, 41, 62.
Immaginazione e Imaginazione, dal lat. imaginatio :
1. L'atto e L'effetto dell'immaginare, L'immaginare; Vit. xxn 1, 45.-
iNT.
2. E per Potenza, Facolt, d' immaginare, ossia del formare, del ripro-
durre, del richiamare ementalmente, le immagini delle
associare,
cose spirituali corporee, vere finte; Immaginativa; ed anche sem-
plicemente per Fantasia; Vit. N. xxm, 30.-3. E per Ci che la mente
si rappresenta in immagine; Immagine, Fantasma, di qualunque
spe-
1000 Immagine-Immediatamente
eie;ed altres Concetto, Concezione, senza fondamento di verit, o di
verisimiglianza; Oonv. IV, 25, 54.-4. E per Ci che ciascuno imma-
gina sognando, delirando, e simili Vit. N. xxill, 177 xxiv, 1.
; ;
Immagine e Imagine, dal lat. imago, Figura, Effigie, Sem-
bianza, di persona, ed altres Aspetto, Figura, di animale o di cosa,
disegnata, rilevata, scolpita, dipinta, o in qualunque altro modo ri-
tratta. Questa voce adoperata nella Div. Com. 20 volte, 9 nel-
l'In/", (xv, 10, 83; xvii, 7; xviii, 13; xx, 22; xxm, 26; xxiv, 5; xxv,
77; xx, 68), 7 nel Purg. (ix, 142; x, 39, 98; xvii, 7, 21, 31; xxx, 131)
e 4 nel Par. (i, 53; xix, 95; xx, 139; xxn, 60): in 8 canti dell' Inf.,
4 del Purg. e 4 del Par. - 1. Nel signif. propr. Purg. x, 39, 98. Par.
xix, 95 xx, 139; xxn, 60. - 2. Per Persona, od Essere qualsiasi, reale
;
o fantastico o immaginato, che rappresenti, ritragga, simboleggi,
una qualit astratta o spirituale, una virt, un vizio, e simili; Fi-
gura simbolica Inf. xvii, 7.-3. E per Cosa, o Unione di cose, la
;
quale porga, o prenda, aspetto, forma, figura, determinata, sensibile,
di altra cosa; Inf xviii, 13.-4. E per Figura in generale, sia na-
turale, sia foggiata dall'arte; Inf. xxv, 77.-5. Vale pure Figura,
Aspetto, Sembiante, Fattezze, di persona, che per la vista s'imprimon
nell'anima, ovvero che si riflettono in specchio, acqua, e simili; detto
anche di cosa; Inf. xx, 22; xxm, 26. Conv. Ili, 9, 61.-6. In locuz.
figur. e figuratam. Inf. xxiv, 5. -7. Nel linguaggio dei filosofi, vale
Apparenza, Kappresentazione, interiore e viva di checchessia, gene-
rata o riprodotta vuoi dal pensiero, vuoi dalla fantasia; Il destarsi
o ridestarsi di ogni sentimento interiore ma prendesi pi che altro
;
per lo stesso che Fantasma; Inf. xxx, 68. Purg. ix, 142.-8. E pi
particolarmente vale Figura, Sembianza, Aspetto, di persona, gene-
rato, conservato, riprodotto, nel pensiero o nella fantasia Jnf.xv, 83.-
;
9. E per Similitudine, Somiglianza, e altres Apparenza, Parvenza,
anche figuratam. Purg. xxx, 131. - 10. Vale anche Visione fantastica;
Purg. xvii, 31.-11. E per Immaginazione, Immaginativa, Fantasia;
Purg. xvii, 7, 21. Par. i, 53. Conv.iv, 15, 117.- 12. Term.di Kettorica.
Sorta di similitudine, per cui si paragona in alcuna cosa una forma
con un'altra, Comparazione; e altres pi genericamente vale Me-
tafora, Figura, Locuzione figurata, e simili; Conv. iv, 9, 75.- 13. A
immagine, Alla immagine, posto avverbialm., vale A somiglianza;
Inf. xv, 10. Conv. iv, 12, 107.
Immago, cfr. Imago.
Immediatamente, In modo immediato, Senza interposi-
zione di alcun atto, fatto e simili; e altres Senza intermissione
di tempo, Senza frapporre indugio; Conv. iv, 8, 113.
Immediato-Immortale 1001
Immediato, dal lat. immediatus: 1. Che opera senza alcun
che di mezzo, ma direttamente, Che serve, basta a conseguire un
dato fine od effetto senza altri mezzi, espedienti, e simili, Diretto;
detto di causa, cagione virt, facolt, potenza, ecc. Conv. n, 8, 82. -
2. Detto di cosa, fatto, atto, e simili, vale Che antecede o conseguita,
senza interposizione alcuna, ad altra cosa o fatto; Conv. i, 7, 81.
Immegliare, Neut. pass. Farsi, Divenire, migliore ; Par.
xxx, 87.
Immenso, dal lat. immensus: 1. Ampio, Vasto, cos che non
si pu misurare ; Purg. xxvn, 70. - 2. E figuratami., detto di af-
sentimenti, qualit della mente o dell'animo, vale
fetti, passioni,
pure Intenso straordinariamente, Che muove, agita, gagliardamente
l'animo, ed anche semplicemente Straordinario, Grandissimo; Par.
xxiv, 7.
Immiare e Iiimiare, Neut. pass. Voce foggiata da Dante
per significare Compenetrarsi di un'altra persona nel me, ossia nel-
l'animo, nel pensiero, mio, Divenire meco una cosa stessa; Par.
ix, 81.
Immillare, Neut. pass, dal lat. mille, Crescere in migliaia,
Moltiplicarsi a migliaia; Par. xxvm, 93.
Immobile, dal lat. mobile, Che non si
immobilis: 1. Non
muove, Che senza moto; ed altres Che non pu muoversi; Purg.
xix, 126; XX, 139. - 2. Figuratamente, detto della mente; Par.
xxxiii, 98. - 3. In forza di Sost, Ci che immobile; Conv.
il, 14, 10.
Immollare, dal lat. mollis, Render molle, Bagnare. Figu-
ratane e poeticam. Inf. xn, 51.
Immondo, dal lat. immundus, Non mondo, Impuro, Sozzo;
ed altres Sozzato, Bruttato. Figuratane, riferito a vizj ;
Inf.vu, 51.
Immortale, Che non mortale, ossia
dal lat. immortalis,
soggetto a morire; Che non ha termine o fine. 1. Detto della vita
pi par-
futura, del suo stato o durata, o di ci che la concerne, e
gode vi sonV.
ticolarmente dei premj o delle pene che l'uomo vi o
vale Che dura per sempre, Che non termina, Che non ha fine; Inf.
spirituale e immortale del-
il, 14. - 2. In forza di Sost, vale Parte
che immortale; Immor-
l' uomo; e altres Natura, Qualit di ci
talit; Conv. il, 9, 92.
:
1002 Immortalit-Impacciato
Immortalit, Immortalitade e Immortalitate,
dal lat. immortalitas. 1. L'essere immortale, Qualit, Natura di ci
che immortale; detto pi specialmente dell'anima umana; Conv.
li, 9, 36, 76, 92. - 2. E per Vita, Stato, Condizione, immortale, se-
gnatamente felice; e altres Durata immortale di ci che concerne
essa vita; Conv. Il, 9, 87.
Immoto, dal lat. immotus, Non mosso, Non agitato, Immo-
bile. E detto particolarmente di persona, del suo volto, sguardo, o
simili, vale Che non si muove, Che rimane immobile, per do-
fisso
lore, stupore, verecondia, paura, e altres per balordaggine, non-
curanza, e simili; Par. xxv, 111.
Imo, Add., dal lat. imus, Bassissimo, Che , Che rimane, nella
parte inferiore di checchessia; Figuratara. Par. xxix, 34.
Imo, Sost., dal
: lat. imum
1. Parte pi bassa o inferiore di
checchessia, Fondo questo senso usasi solo nel sing. Contrario
; e in
di Sommo; Inf. xvin, 16. Par. xxx, 109. - 2. Ad imo, e anche Ad
imo ad imo, posto avverbialm., vale In fondo, A basso; Inf. xxix, 39.
Purg. i, 100. Par. i, 138.
Imola, chiamata dai Romani Forum Cornelii, citt di Roma-
gna, giace nell'antica via Flaminia in una piccola isola formata
dal Santerno, onde Dante la chiama Citt di Santerno Inf. ;
xxvn, 49; cfr. Santerno.
Imolesi, lat. Imoenses, Cittadini, Abitanti di Imola; Vulg.
El. i, 15, 4, 11.
Impacciare, secondo alcuni sarebbe dal lat. impactus, partic.
pass, impingere, Spingere, Cacciare, mediante i supposti im-
di
paciare, impactiare ; ma forse deriva dal lat. impedicare, Allac-
ciare, Inceppare, o dal lat. barb. impaxare, Cacciar dentro. Prov.
empedegar, empaichar, empechar, empaitar, enpasar; frane, em-
pcher, e frane, ant. empescher, empeechier, empeeeier ; spagnuolo
empechar; cfr. Diez, Wrt. i 3 299. Occupare molestamente, Aggra-
,
vare, con impedimento o disagio, cos corporale come morale: ed
altres Avvolgere, Intrigare, Avviluppare, in brighe, cure moleste,
fastidj, e simili; Purg. xi, 75.
Impacciato, Impacciare; in form. 6,'Add.
Partic. pass, di
1. Avviluppato, Intricato, Impigliato, in checchessia; Inf xxn, 151. -
2. Per Occupato, Ingombro; detto di luogo; Purg. xxi, 5.
Impaludare-Impari 1003
Impaludare, da palude, Neut. pass. Raccogliersi e fermarsi
a stagnare, formando palude; e detto di terreno, Farsi,
Divenire,
palude, paludoso. Att. Far divenir palude, Rendere
Ridurre
paludoso; Inf. xx, 80.
Impaniato, da pania, Intriso, Imbrattato, di pania. E per
similit. Impacciato, Intricato, Fitto, Avviluppato, in cosa che
tenga
come pania, che impedisca il muoversi, l'andare, liberamente;
Inf. xxii, 149.
Imparadisare, Mettere in paradiso, Far gustare le gioje
del paradiso; Par. xxviii, 3.
Imparare, dal lat. parare, per mezzo del provenz. amparar,
Procacciarsi con operazione di mente cognizione di checchessia.
Apprendere coli' intelletto. E vale anche Apprendere il modo di far
checchessia, mediante l'esercizio, l'uso, l'esperienza, l'esempio, e
simili; anche assolutam. Purg. vi, 3.
Impari, dal lat. impar, Non pari, Diseguale; e poeticam., per
Che non ha pari, Impareggiabile, Sommo; Par. xui, 104, luogo di
lezione ed interpretazione controverse. Tutti, quasi tutti leggono :
Onde, se ci eh' io dissi e queste note, Regal prudenza (ovvero
e) quel vedere impari, In che lo strai di mia intenzion percuote,
lezione dalla quale non facile ricavar senso che regga. Anzi tutto
si discusse se la e del v. 104 sia copula, oppure verbo. I codd. e
le ediz. antiche mancando di accenti, non giovano a decidere la
questione; ma alcuni, e non sono pochi, hanno et, oppure il segno ,
onde sembra che gli antichi prendessero Ve per copula, non gi per
verbo. Cos pure gli antichi commentatori. Si discusse inoltre, se
impari sia qui aggettivo, oppure verbo, da Imparare. Per gli an-
tichi verbo e quasi tutti spiegano: Onde tu impari regal pru-
denza ed impari quel vedere. Il Dionisi (Anedd. v, 65) espulse Ve,
lesse Regal prudenza quel vedere impari, interpretando Onde
: :
impari quel Vedere non essere altro che prudenza regale, ma s
ritratt poi (Blandim. fun. 8 nt.) per accettare l'interpretazione
del Lomb., il quale scrive: Per bene intendere questo terzetto,
e non perdersi, come tutti gli espositori fanno, d' uopo che nelle
parole del secondo verso e quel vedere impari soprasseguisi la e,
tal che sia verbo, e non copula, ed impari intendasi non verbo, ma
aggettivo, che vaglia lo stesso che non avente pari, (come L'i ;
il Poeta del medesimo vedere ha detto) non avente seco>
questo modo eccone il senso: Se note, se consideri ci ch'io <h
1004 Impedimento-Impedire
dapprima, cio che A veder tanto non surse 'l secondo, e questo,
che ho dett' ora, eh' ei fu Be che chiese senno, Acciocch Re suf-
ficiente fosse, conoscerai che quel vedere impari, che sono intento
a dichiararti, la regale prudenza. Questa interpretazione fu ac-
cettata pressoch da tutti i moderni. Ma l'interpretazione deve ag-
giungere il verbo conoscerai che non si trova nel testo, n si pu
dimostrare che vi sia sottinteso. Forse il Dion. indovin il vero.
Leggendo: Ond' se ci ch'io dissi e questo note, Regal prudenza
quel vedere impari, il senso chiaro e lampante: Onde, se tu fai
attenzione a ci che io dissi (Par. x, 114) ed a quello che ti dissi
or' ora (Par. xm, 94 e seg.), quel vedere senza pari sapienza re-
gale. In ogni caso Dante vuol dire: Salomone fu il pi savio dei
re, non gi il pi savio degli uomini.
impedimento, lat. impedimentum : 1. L'atto, e L'effetto, del-
l'impedire, L'impedire o L'essere impedito; Mon. in, 2, 24-30. -
2. E per Cosa, Condizione, Cagione, sia materiale, sia fsica, sia
morale, che impedisca altrui di fare o compiere, o di conseguire
checchessia, o che glielo renda assai malagevole; Inf u, 95. Conv.
IV, 4, 11. - 3. E per Cosa materiale che impacci, ritardi, aggravi, e
simili; Impaccio; Par. i, 140. - 4. Pure per Cosa materiale che oc-
cupi, ingombri, s'interponga, attraversi, e simili; Ingombro, Osta-
colo; Conv. iv, 7, 45.
Impedire, dal lat. impedire: 1. Distornare, Disturbare, dal
compimento od effetto; Contrariare, Avversare, Contrastare; Fare
che non si compia, non si operi, non si effettui, checchessia; detto
di persone; Inf. il, 62; V, 22. Purg. iv, 117. - 2. E figuratamente,
detto di cose sia materiali, sia morali, di atti, e simili; Par.
xxxi, 21. Conv. iv, 4, 23. Mon. ni, 2, 31, 34. - 3. Eiferiscesi di-
rettamente anche a persona; e vale Avversare, Contrariare, nel-
1' effettuazione, adempimento, conseguimento di checchessia; Far s
od Esser cagione che altri non faccia o non consegua una data cosa,
o ci che dovrebbe, o vorrebbe; ed altres Trattenerlo dal farla:
detto cos di persone come di cose o condizioni; Inf. i, 96. Purg.
Vii, 50. - 4. Per Impacciare, Incomodare, Disagiare, nell' adempi-
mento d'una data azione, o nell'esercizio delle proprie facolt;
Purg. XI, 52. - 5. E fguratam. Conv. ni, 4, 54. - 6. Per Kendere
inaccessibile, tale da non potervi passare o penetrare; Attraversare,
sia chiudendo, sia opponendosi con la forza; riferito a luogo qual-
E riferito a passo, cammino, viaggio, e simili,
siasi, strada, e simili.
vale Eenderlo impossibile, Contrastarlo, Frapporre od Opporre osta-
coli ad esso; Inf. i, 35.
Impedito-Imperatore 1005
Impedito, dal lat. impeditus : 1. Disturbato, Stornato, ovvero
Contrariato, Avversato, nella propria operazione; detto di agente
qualsiasi; Conv. in, 7, 39; iv, 15, 82. - 2. E detto di cosa materiale,
di fenomeno, di azione od operazione, e simili, pure per Disturbato,
Contrariato, Eeso molto difficile; ed altres Lento, Tardo, Impac-
ciato, e simili; Par. vili, 24.-3. Detto di persona, od anche di
sue facolt, per Occupato in checchessia o di checchessia, per modo
da non potere attendere ad altro Inf. xxix, 28. - 4. In forza di
;
Sost. Colui al quale reso impossibile o malagevole di far chec-
chessia; Conv. I, 1, 37.
Impegolato, da pegola, Impiastrato, Coperto, e simili, di
pegola, Impeciato; Inf. xxn, 35.
Impelare, dal lat. pilus, Spargere, Coprire, Empire, di peli,
che rimangono attaccati alle vesti o a qualche parte della persona.
Riferito a volto, o parte di esso, vale Coprire dei peli della barba,
Metterli, Spuntarli; Purg. xxm, 110.
Impellere, dal lat. impellere, Spingere, Sospingere ; Par.
xxvn, 99.
Impennare, da penna, Neut. pass. Vestirsi di penne, Metter
le penne. Figuratam., detto di persona, o di anima, vale Vestirsi
di penne o di ali atte a volare, Acquistare forza di levarsi in alto;
Par. x, 74.
Imperadore, Imperadrice, cfr. Imperatore, Impera-
trice.
Imperare, dal lat. imperare: Avere, Esercitare, impero,
1.
ovvero autorit od ufficio imperiale; usato sia assolutam., sia con
compimento retto dalle prep. A, Sopra e simili; Cam.: Le dolci
rime d'amor, ch'io solia, v. 21. Conv. IV, 3, 28. - 2. E detto di
Dio; Inf. i, 127. - 3. E poeticam., per Essere, Trovarsi, in buono stato,
in auge, e simili; Inf. vii, 82.
Imperatore, eanche Imperadore, dal lat. imperai or,
Chi o Che impera. 1. Usato in forza di Sost., come nome di su-
prema dignit temporale, vale Capo di un impero, Sovrano di piti
Stati, e anche di uno Stato solo; Purg. vii, 94. Par.
xv, 139. -
2. Figuratam. riferiscesi anche a Dio, usato sia
assolutam., sia con
dell'universo, e simili;
qualche aggiunto, come del cielo, celeste,
- 3. Fu titolo
Inf. i, 124. Par. xn, 40: xxv, 41. Conv. Il, 16, 78.
di civile potest dato dal Senato Romano ad
Augusto ed a' snoi
1006 Imperatrice-Imperiale
successori; Purg. x, 76.-4. E poeticam., Imperatore del doloroso
regno, vale Satanasso, Dite, Lucifero; Inf. xxxiv, 28.
Sulle dottrine di Dante concernenti gl'Imperatori e l'x\utorit
imperiale cfr. anzi tutto il De Mon., principalmente il libro ili,
e Conv. iv, 4; iv, 6; iv, 9. Cfr. Politica di Dante.
Imperatrice, dal lat. imperatrix: 1. Moglie d'imperatore,
ed altres Colei che a capo d'un impero, Sovrana di uno o pi
Stati; Inf. v, 54. Purg. in, 113. - 2. Per similit. Conv. iv, 4, 97. -
3. Figuratam. detto di legge, e altres di facolt, forza, virt, sa-
pienza, e simili; Conv. ni, 15, 141.
Imperch, Cong. Lo stesso che Perch, Per lo che. Usato in
forma Ragione, Motivo, 11 perch; Purg. in, 84,
di Sost. per Cagione,
nel qual luogo invece di lo 'mperch alcuni testi hanno LO perch.
Imperfettamente, In modo imperfetto o difettoso, Non com-
piutamente, Difettosamente, ed altres Non pienamente, Non adegua-
tamente, e simili; Conv. iv, 20, 46.
Imperfettissimo, Superi, di Imperfetto; Conv. iv, 11, 18, 84.
Imperfetto, dal lat. imperfectus, Non perfetto, Non finito, Non
condotto al debito compimento; ed altres A cui manca qualcosa per
esser perfetto, intero o compiuto. 1. Per Che manca, Che difetta,
di entit, o dialcuna qualit o condizione, per esser perfetto; detto
di persona o sua facolt, o anche di cosa, considerata cos in s, come
in relazione all'idea di perfezione assoluta, o dell'Essere assoluta-
mente perfetto, cio Dio; Conv. iv, 11, 10. Canz.: Le dolci rime
d' amor, eh' io solia, v. 56. - 2. Detto di conoscenza o cognizione, vale
Non pieno, Non intero, Non adeguato all'obietto; Conv. iv< 12, 1 17. -
3. In forza di Sost., vale Cosa imperfetta; Conv. IV, 13, 112.
Imperfezione, dal basso lat. imperfectio, Condizione, Stato,
Qualit, e simili, di ci che imperfetto; Mancamento o Difetto di
alcuna condizione, qualit, o simile, propria o necessaria alla per-
fezione del soggetto onde si parla, considerato sia in s medesimo,
sia in relazione ad alcun fine od effetto; Conv. in, 15, 64; iv, 11,
10, 17, ecc.
Imperiale, dal lat. imperialis: 1. Proprio d'imperatore o
dell'imperatore, Attenente all'imperatore; detto di autorit, di-
gnit, maest, potest, titolo, famiglia, e simili; Conv. IV, 3, 29,
51, 55; iv, 4, 1, 60. - 2. Detto di corona, scettro, manto, porpora,
e simili, vale D'imperatore, o Da imperatore; e detto di bandiera,
Imperiatus-Impetrare 1007
insegna, vessillo, e simili, vale Che rappresenta 1' autorit o la
potest imperiale; Canz : Poscia ch'Amor del tutto m'ha la-
sciato, v. 14.
Imperiatila, voce lat. Imperio; Mon. in, 12, 33.
Imperio e Impero, lat. imperium: 1. Autorit suprema
dal
di comando, Signoria suprema politica, che sopra un grande
o Potest
Stato, o su pi Stati riuniti insieme, abbia un monarca, detto perci
Imperatore; e altres l'ufficio stesso che l'Imperatore esercita; Purg.
xviii, 119. Conv. IV, 4, 53. - 2. Detto figuratam. e poeticam. con re-
lazione a citt, la quale abbia autorit, od eserciti ufficio, impe-
riale; Inf. n, 20. - 3. Assolutane, si disse per Impero Romano, che,
rinnovato poi da Carlo Magno, si chiam altres Sacro o Santo ro-
mano impero, o Impero germanico; ed anche si disse per La stessa
signoria od ufficio degl'imperatori di Germania: Purg. vi, 105. -
4. Con l'aggiunto di Celeste, Giustissimo, Pio, e simili, vale figu-
ratam. e poeticam. Paradiso; Par. xxxn, 117. - 5. Vale anche ge-
nericamente Autorit, Potest, Diritto, supremo di comandare, di
reggere, di governare, Signoria, Sovranit, Dominio sopra uno Stato
qualsiasi, e vale altres L'ufficio stesso di chi investito di siffatta
sovranit, e la esercita; Conv. IV, 4, 89. - 6. E per Ordine, Comando,
Volere, Precetto, e simili; Conv. iv, 22, 4. - 7. E per Disposizione,
Volont, e simili ; Conv. il, 13, 25.
Impeto, dal impetus, Moto violento di qualsivoglia corpo.
lat.
1. Per Foga, Ardore, Furia, ed anche Furore, nel far checchessia;
Par. xn, 101. - 2. Impeto naturale, o di natura, o della natura, vale
Moto dell'animo, Impulso, pel quale ci sentiamo portati verso chec-
chessia, o a fare checchessia, senza avervi pensato sopra, o delibe-
rato; Conv. m,8, 137. - 3. In senso filosofico, Impeto primo, vale La
naturale tendenza dell'uomo al bene; Par. i, 134.
Impetrare, dal lat. Ottenere con preghiere, con
impetrare: 1.
dimande, con istanze; Purg. xxx, 133. - 2. E per Dimandare, Chie-
la prep.
dere, con preghiere, con istanze; e costruiscesi mediante
persona dalla quale si vuole ot-
Da, col compimento indicante la
tenere la cosa dimandata; Par. xxxn, 147. - 3. Usasi
anche in co-
compimento che indica
strutto con la prep. A
o Per, reggente un
checchessia con
persona, in favor della quale si ottiene o si chiede
a se, Ricei
preghiere; Purg. xix, 95. - 4. Poeticam. per Attirare
Venire ad ai
in s, Far proprio, ed anche Acquistare, Contrarre,
parlar fOglii 8
in s; Inf xxui, 27. Canz.: Cos nel mio
aspro, v. 3.
1008 Impetuoso-Impigliare
Impetuoso, dal basso lat. impetuosus : 1. Che ha in se im-
peto, che si effettua, Che
produce, opera, e simili, con impeto;
si
detto di corpo o cosa materiale, di fenomeni naturali o di loro ma-
nifestazioni; ovvero di cosa, spinta, mossa, lanciata, maneggiata,
e simili; Violento, Precipitoso; Inf. ix, 68. - 2. In locuz. figur. e
figuratam. Inf. xxiv, 147.
Impiastro, dal lat. empastrum, e questo dal gr. IfiTtXaatpov,
Medicamento composto di varie materie, ma pi spesso di farina,
o di erbe acciaccate, ridotte con acqua, o altro liquido, in poltiglia,
e che, disteso per lo pi su velo o tela fina, si applica sopra le
parti malate come emolliente e risolvente. Figuratam. Inf. xxiv, 18.
Impietrare, da pietra, e questo dal lat. petra, Divenir pie-
tra, o come pietra. Figuratam. Inf. xxxiii, 49.
Impietrato, Partic. pass, di Impietrare; figuratamente, per
Oscurato nell'intelletto; Purg. xxxiii, 74, nel qual luogo il pi dei
codd. e delle antiche ediz. ha impietrato, tinto. Invece la comune
legge in peccato tinto. Ma
dopo aver egli bevuto di Lete, che gli
tolse persino la ricordanza dei peccati commessi, Beatrice non po-
teva certo dire che Dante fosse ancor tinto in peccato. - Lan.: Ed
impetrato tinto, cio sicome Io gelso di Piramo. - Ott.: Quasi
dica: io veggio ci, che io ho detto di sopra a te (cio parlando
dell'acqua d'Elsa, e di Piramo), che t'ha impetrato, e la pietra
tinta di bruno, sicch tu non se' atto a ricevere la luce fulgida del
mio mistico parlare. Onde nota che '1 Sole non per in ogni pietra
lucida per singulare virt; ma in quelle, la cui materia atta a
ricevere quella. - Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc., non danno
veruna interpretazione. - Benv. : Et inpetrato tinto, idest, video
te nigrum in intellectu. - Buti: Et impietrato, tinto, ci
non solamente impetrato, ma tinto e mutato lo tuo intelletto dal
piacere dei vani pensieri di bianco in vermillio, come si mut lo
gelso per lo sangue di Piramo. - Serrav. : In petratum tinctum. -
Land. : Poi che hai fatto V intelletto di pietra, cio, hai fatto
abito del vizio, e tinto in peccato, perch la mente tua infetta
in modo, che l'occhio dell'intelletto infermo abbaglia nello splen-
dore delle mie parole. - Veli.: et impetrato, cio, e cos indu-
rato, tinto, cio offuscato ne l'intelletto. - Betti: Tutti i codici
migliori e tutte le antiche edizioni hanno impetrato; e cos va
letto, non avendo qui a far nulla il peccato.
Impigliare, da pigliare, e questo dal lat. pilare; s'appros-
sima ai sensi del lat. implicare e implectere: 1. Arrestare intri-
Impinguare -Importuni 1009
gando; Purg. v, 83. -2. Neut. pass., per Avvilupparsi, Confon-
dersi; Purg. V, 10. - 3. E per Impacciarsi, Prendersi briga; Purg.
xiv, 117.
Impinguare, dal lat. impinguare, Ingrassare. Figuratam. per
Fare gran profitto nelle virt cristiane; Par. x, 96; xi, 25, 139. -
Buti: Ben s'ingrassa, cio ne le virt.
1 m pio, dal lat. impius, Lo stesso che empio, Contrario di Pio;
Par. xxn, 45, var.
Impiombato, lat. applumbatus, da plumbare, Che ha in
alcun modo a s aggiunto del piombo; Inf. xxiu, 25, nel qual
luogo d' impiombato vetro, vale Uno specchio, il quale vetro
terminato con piombo; Conv. in, 9, 57.
Impolare, Neut. pass., Essere o Fermarsi tra' poli ; Par.
xxn, 67.
Imponitore, e Impofitore,
dal lat. impositor : 1. Chi o
Che impone; Vit. N. xxiv, 21. - 2. Imponitore di legge, vale Fa-
citore di legge, o Chi la comanda; Conv. i, 8, 18 (secondo la. vog.).
Imporre, e Imponere, dal lat. imponere: 1. Porre sopra;
Purg. x, 52. - 2. Per Ordire, e Avviare, a far checchessia Inf. ;
xvn, 18. - 3. Per Comandare, Commettere; Inf. xix, 63. Purg.
xxv, 135. - 4. Per Assegnare, Prescrivere; Purg. xxi, 27; xxm, 5.
Importuni, antica e nobile famiglia di Firenze; Par. xvi, 133.
Abitavano in Borgo Santo Apostolo (Vill., iv, 13), ed erano di parte
guelfa (Vill., v, 39). - I documenti vetusti ci fan conoscere la
esistenza di un Importuno di Borgo nel 1176 e nel 1198; e ci di-
cono come fosse suo figlio queir Ugo che sedendo tra i consiglieri
del Potest, ratificla pace coi Senesi nel 1201, e pi tardi le
convenzioni stipulate coi Bolognesi nel 1215. Il Villani ci fa an-
cora sapere, che al nascere delle fazioni civili gl'Importuni par-
teggiarono per i guelfi; e ne abbiamo riscontro dal vedere Vanni
di Tano farsi mallevadore per i Guelfi del suo sestiere alla
pace
del 1280; ma d'altrondepur certo che alcuni erano ghibellini,
perch Ugo di Silimanno venne punito nel 1268 come seguace della
parte imperiale. - ignoto da quale degl'Importuni nascesse
Cambio,
se non forse da quell'Importuno di Cino, di cui si ha memoria in
una pergamena del 1255 che fu del monastero di Monticelli sembra :
Dino
peraltro ch'ei nascesse illegittimo o fosse povero; stantech
argento. Nero
Compagni dice che esercitava l'arte di affinatore di
64. Enciclopedia dantesca.
1010 Impossibile-Imprenta
suo figlio uomo (dice il Compagni) astuto e di sottile ingegno,
ma crudo e spiacevole fu dei Priori nel 1289, nel 1294 e nel 1302.
Egli figur tra i principali di parte Nera, e fu tutta opera sua se
il Papa mand a Firenze il cardinale di Acquasparta per abbattere
lo stato dei Cerchi, e se Bonifazio Vili cit messer Vieri ad an-
dare in corte di Roma. Nel 1311 vedendo la famiglia Importuni
esclusa dalle Magistrature nella celebre riforma di Baldo d'Agu-
glione, soltanto eccettuandosi lui e la sua posterit, chiese ed ot-
tenne di esser fatto di popolo, rinunziando al nome dei suoi mag-
giori per chiamarsi dei Cambi. Tra i suoi discendenti noto Giovanni
Cambi-Importuni per vari lavori letterarii, come Orazioni, Prediche,
Omelie, Salmi, per un Itinerario d' un viaggio da esso fatto per la
Germania, la Fiandra e l'Inghilterra, e pi ancora per una cronica
di cose fiorentine dal 1480 al 1535, molto riputata, la quale fu pub-
blicata dal P. Ildefonso da S. Luigi nelle Delizie degli eruditi to-
scani. L'ultimo dei Cambi-Importuni che uscisse priore fu Marco
di Giovanni nel 1530, e V ultimo della famiglia Francesco di Ales-
sandro, che mor poverissimo il 15 giugno 1639. Lord Vernon,
Inf., voi. ii, p. 505 e seg.
Impossibile, dal lat. impossibilis, Che non pu essere, Che
non pu farsi; Par. yiii, 113; xxxiii, 102.
Imposto, dal lat. impostum, contrario di impositum: 1. per
Posto in sul telajo Inf. xvn, 18. -
; 2. E detto di nome, vale Dato,
Sovrapposto; Vii. N. xxiv, 16.
Impregnare, dal basso lat. prcegnare, Far pregno. Figu- 1.
ratane, per Riempiere, Gonfiare; Inf. xxxiii, 113. - 2. E pure figu-
ratamente, per Riempiere, Imbevere, e simili; Purg. xxiv, 147;
xxvm, 110.
Imprendere, dal lat. in e pretendere, Imparare, Apprendere,
Comprendere. 1. Per Cominciare, Intraprendere ; Purg. xxv, 56. -
2. Per Intendere, Comprendere, e simili; Conv. il, 2, 36.
Tmprenta, frane, empreinte, spagn. e portogli, emprenta;
etimol. incerta (cfr. Diez, Wrt. i
3
, 235); forse da un lat. premsi
o prensi, per pressida premere. 1. Impronta, detto d' imagine non
formata per impressione; ma ogni imagine segno d'idea, e l'idea
in essa appare come impressione di sigillo; Par. xvni, 114. - 2. Fi-
guratane Par. vii, 69; xx, 76, nel qual luogo l'Aquila celeste
detta L'immago delVimprenta DelV eterno piacere, essendo in essa
impressa la volont dell'eterna giustizia.
Improntare- Ini pronta imi
Imprentare, imprimere, Formare effgie, Effigiare,
dal lat.
Formare, Figurare, Imprimere. 1. Figuratam. e in locuz. figur. Par.
vii, 109; x, 29; xxm, 85. - 2. Neut. pass., Pigliare effigie o forma;
Par. IX, 96. - 3. Detto dell' Impressione dell' animo umano Par. ;
xxvi, 27.
Impresa, da imprendere, Quello che V uomo piglia, o si mette
a fare, o ha in animodi fare Inf. n, 41, 47 xxxn, 7. Par. xxxm, 95.
; ;
Impresso, dal lat. impressum, Improntato, Effigiato, Figu-
rato, e simili. 1. Nel signif. propr. Purg. xxxm, 80. - 2. Figura-
tamente, riferito al corpo Purg. x, ; 43. - 3. Detto delle influenze
corporee, e anche spirituali, vere o attribuite ai corpi circostanti ;
Par. xvn, 76. - 4. E figuratam. Par. xix, 43. - 5. Detto dell'uomo,
in senso corporale, intellettuale e morale; Inf. xxxm, 59. -6. Di
affetto impresso nella parola; Par. vili, 45.
I tnp ria, In prima, In pria ; Purg. iv, 99 var. Par. xvn, 9 var.
Imprima, che meglio scrivesi in prima, Primamente ; cfr.
PRIMA.
Imprimere, dal lat. imprimere, Improntare, Premere in modo
che nel corpo su cui premesi rimanga traccia, o si comunichi il
moto. Usato cos al proprio come al figur. Purg. x, 43; xxxm, 80.
Par. vili, 45, ecc. Cfr. impresso.
Tmpromettere, lo stesso che Promettere, dal lat. promit-
tere, Obbligare altrui la sua fede di fare alcuna cosa, Fare sperare
checchessia; Inf. li, 126.
Improntare, Lo stesso che imprentare, del quale forma varia,
Imprimere, lasciando o per lasciare un' impronta. Nel qual luogo
Purg. xvn, 123, pare che valga Immaginarsi, Dipingersi con pia-
cere. I commentatori non vanno per d'accordo. Lan.: Che
im-
pronta verso lo prossimo male per ogni modo che '1 pu per vendetta
d'alcuna ingiuria da quello ricevuta. - Ott.: Per ingiuria che
gli stata fatta, d'onde desidera vendetta; ond'
impronto verso
il prossimo, male per ogni modo.
- Buti: Impronti, cio faccia o
faccia faremale al nimico suo. -L'An.Fior. copia il Lan.- Serrar.:
Impron-
Quod alienum malum iraprontet, idest querat. - Veli:
* - Dan.: Facciasi cupido
tano, et segnano il mal amor in altri.
suo odio et mala volom
di vendicarsi, improntando in altrui il
Voi.: Mettere avanti, effigiando. - Veni.:
Abbia nel raedii
improntata del male che
e bramare la vendetta il cuore e la mente
1012 Improporzionalissimo-In
va disegnando all'offensore. - Lomb.: Dee qui Improntare aver
senso di Chiedere, di Cercare. - Biag.: Improntare, vale pro-
priamente Far la impronta d' una cosa, Effigiarla, Imprimerla, e
vuole il Poeta esprimer per questo il premeditare e figurar col
pensiero, che fa l' uomo di vendetta ghiotto, prima di venire al-
l' offesa. - Ces. : Forse vuol dire, che il vendicativo imprime, in-
carna il male nel suo prossimo. - Tom. : Impronti nella mente
sua, negli atti e nelle cose di fuori. - Br. B. : Impronti, Stampi,
Fermi, nella sua mente il danno di chi l'offese. - Frat.: Costui
conviene che impronti, cerchi il male altrui, oppure, conviene che
imprima e fermi nella sua mente il male altrui. - Andr.: Con
le proprie mani conii, faccia il male altrui. - Tom-Beli. : Forse
da spiegare col prontare (Purg. xin, 20). Il male altrui impronti,
faccia quasi pressa a procacciarlo, TJrgeat, come S' altra cagione
non pronta (Purg. xiii, 20), vale Non preme.
Improporzionalissimo, improporzionale,
Superlat. di
Del tutto senza proporzione, In verun modo proporzionato, Asso-
lutamente inatto, o non atto; Conv. in, 7, 46.
Iniproporzionalmente, Fuori di proporzione, Senza pro-
porzione; Conv. il, 5, 78; m, 14, 51.
Imprnnare, da pruno, e questo dal lat. prunus, Serrare, o
Turare, i passi con pruni Purg. IV, 19.
;
Impugnare, questo dal lat. pugnus ; 1. Strin-
da pugno, e
gere col pugno. Contrariare, Muover guerra, As-
E per Oppugnare,
salire, Pugnar contro. Figuratam. Purg. xxviii, 86. - 2. Figurata-
mente per Contrariare con ragioni, parole, ecc., Opporre, Contrap-
porre, Contraddire ; Vit. N. xvi, 10.
Impulsione, dal lat. impulsio, Atto e Azione dell'impellere,
Spinta, Spignimento; Conv. IV, 9, 87.
Imputare, dal lat. imputare, Attribuire ad altri cosa che non
sia bene, Accagionare, Attribuire a taluno la cagione d' un male,
Incolpare; Conv. i, 3, 25.
In, dal lat. in, Preposizione indicante la relazione tra due og-
getti, l'uno contenente, l'altro contenuto, usata co' verbi di stato,
ugualmente che con quelli moto, per esprimere un' idea di in-
di
teriorit; mettendosi sovente anche innanzi ad altre preposizioni
od avverbj, significa ordinariamente Sopra, o Dentro adoperata ;
per anche in sentimento d' altre particelle e maniere. Nella Div.
In alto-In anima 1013
Comm. come pure nelle altre opere di Dante questa preposizione
si trova in ogni pagina pi volte. Uniscesi anche con 1' articolo,
prendendo le forme nel, nello, nella, nei, negli, nelle, per in il,
in lo, in la, ecc. - 1. Per Dentro; Inf. xxxn, 125. Far. iv, 132. -
2. Per A maniera, A foggia, A similitudine, A modo di; Inf. xn, 52.
Purg. xxiv, 66. - 3. Per Con; Par. xv, 133. - 4. Per Contro; Inf.
xi, 40; xxv, 14. - 5. Per Di; Inf. vili, 45. - 6. Per Fra; Purg.
xxix, 86. - 7. Per Nel concetto di, Appresso; Inf. xi, 22. - 8. Ta-
lora accenna Divisione, Spartimento: Inf. iv, 148; xi, SO. - 9. Ac-
cenna alle volte l'effetto di un cambiamento di natura; Inf. xxv, 98.-
10. E talora accenna la roba onde altri vestito; Purg. xxix, 131. -
1 1
11. Cogl infiniti de verbi e co' gerundii si congiunge (gli antichi
Latini accordavano il gerundio col nome, dandogliene il numero e
il genere. Quindi l'elissi); Purg. v, 45; xx, 21. - 12. Sottinteso
dinanzi a nomi che denotano Spazio di tempo; Inf. xxxin, 53. -
13. Premesso alla particella Su, per mera ridondanza e propriet
di lingua; Inf. xi, 1. - 14. Omessa
congiunzione coll'articolo, onde
la
le forme in il, in lo, in la, ecc. Inf. vii, 41; xv, 82. Purg. xxiv, 22;
xxxi, 121. Par. vili, 27. Canz.: Gli occhi dolenti per piet del
core, v. 15. - 15. Taciuto V articolo dopo In Canz. : Doune,
;
eh' avete intelletto d' amore, v. 29.
In alto, In atto, In basso, In breve, ecc. Cfr. alto,
ATTO, BASSO, BREVE, ecc.
In exitn Israel de Aegypto, il principio del Salmo ex 1 1
1,
che anticamente cantavasi dai preti nel trasportare il corpo di un de-
funto alla Chiesa. Presso Dante lo cantano le anime che arrivano
appi del Purgatorio; Purg. II, 46. Dante interpreta il Salmo al-
legoricamente Conv. il, 1, 45 e seg. Cfr. Ep. Kani, 7.
In te, Domine, speravi, sono le parole colle quali inco-
mincia il Salmo xxxi. Gli angeli nella mistica processione del Pa-
radiso terrestre cantano i primi nove versi di questo Salmo a con-
solazione conforto del Poeta, che, amaramente rimproverato da
e
Beatrice, piange e deplora i suoi errori e traviamenti: Purg.
xxx, 83.
Ad alto, all' ins; Inf. 16. Purg.
In alto, posto avverbialm., i,
vili, 112; xix, 119.
Inanellare e Innanellare, da anello, Dare l'anello nu-
ziale; Purg. v, 135. Cfr. Pia.
XXXIII, 156,
In anima, posto avverbialm., vale Coir anima; Inf.
1014 In atto-Incappellare
In atto, lat. in actu, Terra, delle Scuole; Contrario di in po-
tentia, o in virtute ;
posto avverbialm., vale Attualmente, Real-
mente, In effetto; Purg. xxv, 84. - Benv.: In atto, idest, actua-
liter.
In basso, posto avverbialmente, vale Abbasso. Figuratamente
Par. xi, 3.
In breve e In brieve, posto avverbialm., per In breve
tempo; Inf. xxviii, 56.
Incappellare, da cappello, Neut. pass., Mettersi il cappello;
e figurat. Coprirsi ;Par. xxxn, 72, nel qual luogo Dante allude al
racconto scritturale, che alla sua nascita Esa rufus erat, et totus
in morem pellis hispidus; Genes. xxv, 25. Il senso : Conviene
che ogni pargolo abbia un grado di gloria, rispondente al grado
della grazia datagli da Dio. - Lan. : Qui poetando dice che se-
condo che Dio vuole largire la sua grazia si fae diversit s in lume
come eziandio in scanno. S'incappelli, cio che riceva cappello di
santo. - Petr. Dani. : Qui pueri ibi ob colorem capillorum, idest
aureola, qua corona dicitur beatorum virginum, et electis comu-
niter datur. - Benv. : Recipiat capellum, idest, coronam glo-
ria. - Buti: Ecco che parla secondo l'esemplo posto cio se-
condo che a Dio piacque di dare pi grazia ad Iacob, che fu nero et
ebbe li capelli neri, che ad Esa, che fu rosso et ebbe li capelli rossi:
cio secondo che a Dio piacque di dare all'uno li capelli neri et al-
l'altro rossi, cos li piacque di dare all'uno pi grazia che all'altro;
e per dice: V altissimo lume; cio di paradiso, che lo lume che
}
beatifica li beati, che sta nel fondo della rosa, convien che s in-
cappelli; cio abbia intorno a s su per le sedie a modo di cap-
pello, Degnamente Di cotal grazia; cio di s fatta grazia, chente
Iddio hae voluto donare all'anima. - Serrav.: Secundum colo-
rem capillorum, de tali gratia altissimum lumen digne convenit,
idest oportet, quod incapilletur, idest coronetur, vel ornetur; idest,
dignum est quod ita sit, sicut placet Deo. - Land., Veli., Dan., ecc.
intendono in generale, che, come i capelli sono di diversi colori, cos
conviene che pi e men sublime grado e seggio abbia nel paradiso
queir anima, la quale pi e meno ancora della divina grazia par-
tecipa. - Vent. : A misura di cotal grazia, essendo metafora fatta ac-
conciamente, e perch al capelli corrisponde l'altra metafora in-
cappelli, e perch i capelli nella sacra Cantica pi volte significano
i doni e le grazie dello Spirito Santo: Dice dunque che l'altissimo
lume conviene che s'incappelli o incoroni, irradiando secondo il co-
lore de' capelli di tal grazia; cio secondo che tal grazia pi o meno
Incappellare 1015
adorna e abbellisce questa e quell'anima, vien loro da Dio comu-
nicata maggiore e minor gloria. Cos se in cambio di dire s'in-
cappelli, figuriamo che avesse detto s' incastri, avrebbe potuto dire,
secondo il prezzo dell'anello di cotal grazia conviene che il lume
qual gioia s'incastri. - Lomb.: Allusivamente, credo, zWincap-
pellarsi, cio inghirlandarsi, adornarsi le donne il capo con abbi-
gliamenti di quel colore, che il color de' capelli risaltar faccia, in
vece di dire conveniente e degna cosa che, secondo la variet della
donata grazia, facciasele dall' altissimo, divino, lume corona, supe-
rillustrazione, dice degnamente convien, che l'altissimo lume s'in-
cappelli, secondo il color de' capelli di cotal grazia. - Biag. :
Il senso di questa metafora si Per conviene che la corona di
:
beatitudine e di gloria, che dona Dio a queste anime, sia propor-
zionata al pi e meno della prima grazia, onde egli le dot creando.
Ora spieghiamo la lettera. Il color de' capelli, ecc. Nella sacra can-
tica si figurano nei capelli le grazie e doni dello Spirito Santo; adun-
que nel loro colore significa la qualit, rispetto al pi e al meno,
delle grazie e doni medesimi. L'altissimo lume, di gloria. S'in-
cappelli, faccia cappello, corona, ghirlanda; e per inghirlandi,
coroni. - Betti: Questo passo oscurissimo, e niun comento
mi piace. Io costruirei, e, se non erro, interpreterei cos. Per con-
viene che degnamente (senza ledere l'eccellenza della divina giu-
stizia) s' incappelli (scenda sopra di noi, cuopra il nostro capo)
V altissimo lume di cotal grazia (della predestinazione) secondo
il color de' capelli (per ogni piccola cosa che a Dio in noi piaccia,
non essendo egli tenuto a nulla verso di noi). - Ces. : Importa
un dire: che la corona della gloria dee corrispondere alla qualit
della prima grazia, che ha detto. Incappellare Inghirlandare,
Coronare. Avendo adunque preso la metafora di questa ghirlanda,
la compie pigliando il color de' capelli, a che dee rispondere la
ghirlanda; che forse era l'uso d'allora; cio, Convenne che Dio
con giusto ragguaglio coronasse i suoi doni. - Tom. Il lume :
della grazia convien che si faccia corona agli spiriti, secondo le
disposizioni naturali date da Dio. Incappelli, S'adatti a modo di
ghirlanda (Par. xxm, 94-96). - Br. B. : Per convien che l'al-
tissimo lume s' incappelli degnamente secondo il color de capelli
1' altissima
di cotal grazia.... E il concetto , che conviene che
lume, il lume beatificante, o lo splendore divino, si faccia aureola,
de' ca-
corona di gloria, s'incappelli, convenientemente al color
pelli cio al quale e quanto della grazia che Dio larg
a qn<
pargoli: e non gi che qui si diano i capelli alla grazia, ma ca-
simbolo figura dei belli
pelli e il loro colore si pongono come
e
che s usa
simi e varj doni di questa grazia medesima, secondo
1016 Incarcato-Incendio
anco nelle sacre carte. - Essenzialmente cos il pi dei moderni. -
Corn.: Il color de' capelli la grazia che ciascun bambino ebbe
ricevuto nella sua santificazione, il lume che s'incappella la gloria
che dev'essere proporzionata a cotesta grazia. Cfr. Mercuri, Le-
sione II sulla D. C, Koma, 1843. Com. Lips. in, 850 e seg.
Incarcato, da incarcare, Caricato; Inf. xxiii, 147. - Buti :
Dall' incarcati, cio da' caricati peccatori di piombo
potrebbe ;
ancor dire il testo dall' incappati, cio da coloro che aveano le
cappe dorate di fuori, e d'entro di piombo. La lezione incappati
sconosciuta ai codd. ed ai commentatori antichi.
Incarcerato, da incarcerare, e questo dal lat. carcerare :
Carcerato, Messo in carcere. Figuratam. Inf. xm, 87.
Incarco, sincope di incarico: 1. Peso, Carico; Purg. xm, 138. -
2. Detto del corpo umano; Purg. xi, 43. - 3. Detto di persona por-
tata da persona; Inf. xxx, 12. - 4. Comune incarco, vale Peso, Fatica
di pubblica magistratura; Purg. vi, 133.
Incarnare, Neut. pass., da carne, e questo dal lat. caro, carnis:
Prender carne, Farsi carne; detto della Persona divina che si unisce
un'anima ed un corpo, si fa uomo; Par. vii, 120.
Incendere, dal lat. incendere, Offendere con fuoco o con cosa
infocata, Ardere, Abbruciare, Scottare; Inf. xxn, 18. Cam.: Amor,
dacch convien pur eh' io mi doglia, v. 25. Cfr. incenso, inceso.
Incendio, dal lat. incendium, Abbruciamene. 1. Nel signif.
propr. Inf. xi, 36. Purg. ix, 32. Conv. ut, 1, 15. - 2. Detto delle fiamme
dell' inferno, Inf. n, 93, nel qual luogo Beatrice parla naturalmente
dell' inferno in generale, non del solo limbo, dovesi trova Virgilio
e dove non vi n fiamma n incendio. Buti: Dimostra qui la
fiamma dell'incendio dello inferno: che nel limbo non incendio;
ma quando dice la vostra miseria, s'intende di quelli del limbo:
imper che in miseria sono inquanto sono privati di beatitudine. -
Cast. : D' esto incendio, cio di questo inferno. - Boss. : La
fiamma di questo incendio infernale non pu assalirmi, poich non
ha potere che sul vizio. - Invece Br. B. : L'espressione meta-
forica. L'incendio il cocente e disperato desiderio di possedere
Dio che il solo tormento che si prova nel Limbo; ma Beatrice
non pu esserne tocca, perch sempre in Dio e con Dio; inter-
pretazione accettata da molti, ma assolutamente inaccettabile. -
3. Incendio sono dette le fiamme che piovono nel terzo girone del
settimo cerchio infernale Inf. xiv, 47. - 4. E per Ardore, Caldo
;
Incenerare-Incenso 1017
eccessivo; Purg. xxvn, 51. - 5. Incendi chiama Dante gli spiriti
beati, i quali (secondo la promessa: Qui autem dodi fuerint, ful-
gebunt quasi splendor firmamenti; et qui ad iustitiam erudiunt
multos, quasi stella in perpetuas aeternitates; Daniel, xn, 3)
risplendono come altrettanti fuochi; Par. 100; xxv, 80. m, - 6. E
incendi sono pur detti gli splendori di essi spiriti beati ; Par.
xxviii, 91.
Incenerare, da cenere;
e incinero si trova in Fest. Kiduvre
in cenere. E
Neut. pass. Convertirsi in cenere; Inf. xxv, 11, nel
qual luogo la lez. che non stanzi d'incenerarti, che di quasi
tutti i codd. e commentat. ant. non dovrebbe esser dubbia, mentre
l'altra CHE NON STAI anzi d'ingenerarti vuoisi considerare come
pi o meno arbitraria. Lan.: Esclama contra Pistoja mostrando
ad essa ch'ella non stanza, cio ordina, l'ardere in s stessa, da poi
che suoi cittadini sono cos pessima semente. - Ott.: Qui sgrida
l'autore contra la citt di Pistoja, dicendo: per lo seme suo reo
cos dovrebbe ardere, come arse questo Vanni Fucci. - Benv. :
Cur non stanzi, idest decernis et firmas, d' incenerarti, sicut
vidi incinerari unum tuum civem. - Buti : Perch non ti spacci
e non ti avacci d' incenerarti, cio d' ardere e farti cenere. - An.
Fior. Perch non ordini che tanto tuo mal seme si spenga et
:
non rifigli in te? Et qui da sapere che '1 seme onde sono discesi
i Pistoiesi, furono quelli ch'erono con Catellina, i quali, essendo
assediati, da' Romani in Fiesole, segretamente si partirono da Fie-
sole et abbandonarono la terra, et vennorne verso Pistoja; ivi fu-
rono sopraggiunti da'Eomani; onde combatterono insieme, et grande
uccisione vi fu dall'una parte et dall'altra, et pochi ne rimasono;
pure quelli cotanti che rimasono fondorono la citt di Pistoja, et
ivi abitarono. vero che Salustio dice che la battaglia fu presso
a Pistoja, sicch segno che Pistoja era gi; ma puossi credere
che questi tali scampati 1' accrebbono et ripopolorono. Ora fu Ca-
tellina de'piggiori uomini del mondo; et per conseguente chi il
seguitava; s che tacitamente l'Auttore vuole dire che quel mal seme
redunda ancora ne' Pistoiesi.
Incenso, dal lat.secondo Isidoro cos chiamato
incensimi,
perch il fuoco lo consuma in Resina aromatica, solita
offrirlo. 1.
da antico bruciarsi segnatamente ne' riti religiosi; Purg. X, 61. -
2. E per L'albero che lo produce; Inf. xxiv, 110.
Turis lacrimis
et succo vivit amomi Ovid., Met. xv, 394.
;
Incenso, dal lat. incensus, Partic. pass, di incendere, A
Acceso, Infocato; Par. xxn, 139.
1018 Incerto-Incingere
Incerto, dal lat. incertus, Che non sicuro, Non certo, Dub-
bioso; Purg. x, 19.
Inceso, dal lat. incensus, Partic. pass, di incendere, Acceso,
Bruciato; Inf. xvi, 11; xxn, 18; xxvi, 48.
Inchiedere, dal lat. inquirere, Investigare, Minutamente di-
mandare; Purg. vi, 71, nel qual luogo invece di c'inchiese alcuni
codd. ed ediz. hanno ci chiese. Il senso : Ci richiese che gli di-
cessimo di che paese eravamo, e che vita fosse stata la nostra. Nel
luogo Purg. xxvi, 74, il pi dei codd. e delle ediz., come pure degli
antichi commentat., hanno m' inchiese, alcuni ne 'nchiese, la co-
mune ne chiese.
Inchinare, dal lat. inclinare, Chinare, Abbassare. 1. Inchi-
nare ad uno, vale Inchinarglisi davanti, Riverirlo; Inf. ix, 87. -
2. Per Piegare il capo quando si comincia a dormire, non essendo
a giacere; Purg. TX, 11.
Inchiostro, dal lat. encaustum, e questo dal gr. sy^auoTOv,
Composizione ora liquida ed ora di sodezza molle o semifluida di
un dato colore, per lo pi il nero, che si usa per iscrivere, dise-
gnare e stampare. 1. Nel signif. propr. Par. xix, 8. - 2. Per Gli
scritti a mano, Ci che alcuno ha scritto, I versi; Purg. xxvi, 114.
Inchiudere, dal lat. includere, Rinchiudere, Contenere; Par.
xxx, 12.
Inchiuso, dal lat. inclusus, Partic. pass, e Agg. da inchiu-
dere, Rinchiuso, Contenuto; Par. xxx, 12.
Incidere, dal lat. incidere, Tagliare, Mozzare. 1. Per Recidere,
Attraversare; Inf. vii, 100 var. (la vera lezione qui senza dubbio
ricidemmo). - 2. Per Intagliare, Scolpire; Purg. xn, 134.
Incielare, da cielo, Collocare in cielo, nella beatitudine ce-
lestiale; Par. ni, 97.
Incingere, e per metat. Incignere, dal lat. inciens, e
questo dal greco y^to, Neut. pass. Concepire, Ingravidare Inf. ;
vili, 45, nelqual luogo invece di s' incinse alcuni leggono si cinse,
lezione erronea, non concedendo le leggi del rimare che si possa
usare una rima pi di una volta, se gi ella non si usa sempre,
nel quale errore il Poeta non mai caduto n in questa n in al-
cuna altra delle sue opere; Gelli. La frase che in te s'incinse,
vale Che fu gravida, Che ti port nel ventre, seguitando il voi-
Incinquare-Incognito 1019
gare antico, che dicono molti d'una donna gravida: Ella incinta
in uno fanciullo ; ci EU' gravida An. Fior.;
Incinquare, da cinque, Neut. pass., Raddoppiarsi cinque volte.
E per Durare lungamente, posto il tempo determinato per l'indeter-
minato; Par. IX, 40, nel qual luogo il senso : Innanzi che la fama
di Folchetto si spenga, quest'ultimo anno di secolo (1300) torner
altre cinque volte. In sostanza: La sua fama durer ancora per molti
secoli. Cos Petr. Dani., Cass., Benv., Buti, An. Fior., Serrav.,
Land., Tal., Dan., Vent., Lomb., e quasi tutti i moderni. Invece
Veli.: Si far il quinto centesimo, che tanto vien a dire, che
durerebbe ancora dugento anni, oltre a quelli, che dalla sua morte
fin allora era durata. Cos intendono pure Bennas., Caverni, ecc.
Il Greg.: Questo anno 1300, questo tredicesimo secolo s'incin-
quer, diventer cinque volte maggiore, arriver l' anno 6500.
Altri si avvisano che sia da intendersi dell' intensit, e non della
lunga durata della fama, riferendo il s'incinqua non gi a cente-
sim'anno, ma a fama. Cos Olt. : E dice, che prima ch'egli muoja,
cio passi quello centesimo dell'anno 1300, che cominciava allora,
s'incinqua la sua fama e la sua laude per le operazioni ch'egli fece,
fatto eh' egli fu Vescovo di Marsilia, cio, con altre parole Di :
Folchetto rimase grande fama, la quale si quintuplicher prima
che finisca l' anno corrente. Cos pure Antonelli, Studj partico-
lari sulla Biv. Com., p. 26-29. Nell'anno 1300 la fama di Fol-
chetto n si quintuplic n si duplic, e Dante, che scriveva pi
tardi, non pu aver affermato ci che egli sapeva benissimo essere
falso. Conviene dunque accettare senza riserva l'interpretazione dei
pi. Cfr. Comm. Lips. in, 221 e seg.
Inclinabile, dal lat. inclinabilis, Che pu essere inclinato;
e per Volto naturalmente a checchessia; Coni), i, 1, 4.
Inclito, dal lat. inclytus, e questo dal gr. xXuxg, Preclaro,
Illustre; Par. xxv, 29.
Incognito, dal l*t. incognitus, Ignoto, Non conosciuto,
Igno-
primo questi due luoghi
rato; Purg. vii, 81. Par. xvn, 141. Nel di
incognito pu essere Sost., e indistinto Add.; oppure viceversa;
ambedue
o, leggendo con alcuni codd. UN incognito e indistinto,
non si
sarebbero Sost. Come intendessero i commentatori primitivi
ine-
pu indovinare dalle loro chiose. Il Cass. ha incognito E
ideo, non potest
stinto. - Benv.: UNO, scilicet, odorem, incognito,
propter commixtionem tot odorimi. - #(t
describi, indistinto,
indistinto, ciot
La natura faceva quive un, cio odore, incognito
1020 Incominciare-Incontanente
meschiato che propiamente non si cognoscea, sicch si potesse dire:
Questo odore di rose, o di viole, o di niepita, o di timo; ma era
d'ogni erba e fiore ulimoso insieme. -Land.: Erano soavissimi
gli odori, de' quali tutti mescolati risultava una suavissima compo-
sitione incognita, et indistinta, perch non si potea in quella com-
positione conoscere alcuna cosa certa. - Veli. : Un non inteso et
indistinto odore, perch tal soavit non si potea discernere, che na-
scesse da alcun particolar odore, ma di tutti quelli, che da l'uni-
versit, et diversit di tali herbette et fiori usciva.- Dan.: Non
solamente aveva questo luogo di molte variet di colori dipinto la
natura; che ancora di una soavit di mille diversi odori, ve ne fa-
ceva uno incognito, non conosciuto, et indistinto, et non da gli altri
separato et diviso odore. - Lomo.: Indistinto, Sost. per indistin-
zione, mistura, un' affatto nuova mistura.- Ces.: Gelsomini, rose,
cedri, garofani, tulipani, vaniglie, ranuncoli, mandano un mescolato
di soavissimi odori, che non sono n questo n quello, ma un tutto
insieme che innamora; massime perch incognito a noi. Ma chi pi-
gliasse questo indistinto a modo di sostantivo, quasi una mesco-
lanza, vorrebbesi lapidare? Non credo. - Br. B. .-Natura non si
era contentata di solamente dipingere quel terreno di un'infinita
variet di colori; ma della soave fragranza di mille odori vi avea
creato un composto, un misto, un indistinto, incognito, perch nulla
avea di simile con quelli della nostra terra.
Incominciare, dal lat. in, cum e initiare, Cominciare, Fare
il primo o i primi atti d'un' operazione* Ricevere in s il primo o
i primi effetti d'esterna azione. E posto assolutane, vale Dar prin-
cipio ad un discorso, Incominciare a dire o a parlare. Verbo ado-
perato nella Div. Com. 25 volte, 4 nelYInf. (iv, 14 v, 25 xxvn,
; :
35; xxix, 102), 12 nel Purg. (ni, 74, 103; v, 64; vi, 71; vili, 7;
xii, 77; xin, 86; xvi, 37; xix, 53; xxvi, 53; xxxm, 3, 29) e 9 volte
nel Par. (vili, 32; ix, 83; x, 52; xi, 18; xx, 32; xxi, 52; xxvi, 43;
xxvii, 12, 104).
Inconsnmabile, dal lat. inconsumabilis, Non consumabile,
Da non si poter consumare. E per aggiunto di cosa da non si poter
finire; Par. xxvi, 125.
Inconsntile, lat. inconsutilis, Senza cucitura; detto della to-
naca di Cristo, secondo S. Giov. xix, 23 Erat autem tunica in-
:
consutilis; Mon. i, 18, 15; ni, 10, 30.
Incontanente, dal lat. in continenti, sottinteso tempore,
Subito, Tosto, In sull'istante; Inf. in, 61.
Incontinenza-Incorporeo 1021
Incontinenza e Incontinenzia, dal lat. incontinentia,
Vizio contrario alla continenza ed alla temperanza. Abitudine e atto
di colui, che non sa tenere a freno la concupiscenza colla ragione:
Inf. xi, 82, 83. Dante prende incontinenza nel senso aristotelico
di xpaata, cio Godimento di quei piaceri che sono dilettevoli per
i quali o si fondano sopra i bisogni del corpo
s stessi (yjda cpuoei),
semplicemente desiderabili per s stessi (alpsxx).
(vayxcfca), o sono
La prima incontinenza semplice (uXcg xpaa .a), l'altra inconti- ;
nenza aggiunta (xpaaia xaxd rcpafrsaiv); cfr. Aristot., Eth. VII, 1.
Nella Div. Com. tutti i peccati d' incontinenza sono puniti al di
fuori della citt di Dite.
Incontra, dal lat. in e contra, Contro, Incontro; Inf. vili, 99;
xiv, 45; xxn, 34. Purg. x, 67; xiv, 132. Cfr. incontro.
Incontrare, dal lat. in e contra: 1. Riscontrare, Abbattersi
in camminando con chicchessia; Inf. xv, 16.-2. Neut. Accadere,
Avvenire, Occorrere, Succedere; Inf. ix, 20; xxn, 32. Purg. xxn, 54.
Par. xni, 118. Conv. i, 11, 38.-3. Neut. pass. Scontrarsi; Inf. xxv,
93 var. - 4. E per Dar di cozzo; Inf. xi, 72.
Incontrastabile, Da non potersi contrastare, A cui non pu
altri opporsi, Ineluttabile; Vit. N. vili, 38. Son. : Morte villana,
di piet nemica, v. 3.
Incontro, dal lat. in e contra, Contro. Voce adoperata nella
Div. Com. 12 volte, cio 4 volte in ognuna delle tre Cantiche: Inf.
i, 59; vii, 28; x, 84; xxxi, 138. Purg. ili, 14; v, 29; xxvi, 29; xxix,
59. Par. vi, 44, 45; xv, 142; xvn, 2. - 1. Prep., Contro a; Inf. x, 84.
Purg. in, -2. Alla volta d'alcuno, Inverso persona o cosa;
14, ecc.
Inf. i, 3. Farsi incontro ad alcuno, vale Andare ad incontrarlo
59. -
per onorarlo; Conv. IV, 28, 27.-4. Avver., Contra, Contro; Inf.
vi, 28, ecc.
Inconveniente, dal lat. inconveniens, Cosa che abbia scon-
venienza, Disordine; Conv. IV, 14, 95.
Incorare, cfr. Incuorare.
Incoronare, dal lat. in e coronare, Cingere di corona. Per
est. Par. xxm, 101 var. Cfr. coronare.
dal lat. in e coronatus, Cinto di corona;
Figu-
Incoronato,
ratamente Inf. iv, 54 var.
incorporea, Non corporeo, Conv.
'.'.
il,
Incorporeo, dal lat.
79 e seg.
1022 Incredibile-Indeflnito
Incredibile, dal lat. incredibilis, Da non esser creduto, Ira-
probabile, Difficile a credere, Che non congetturabile, Che non
sembra ragionevole, e simili; Inf. xm, 50. Par. xvi, 124; xvn, 93.
Ilici* escere, dal lat. increscere: 1. Venire a noia, a tedio, a
fastidio; Inf. xxvn, 23, 24, 82. Canz.: E' m' incresce di me s ma-
lamente, v. 1.-2. E per Avere compassione o misericordia; Purg.
xm, 129.
Increspare, dal lat. crispare, Eidurre in crespe; C aw s .:Cos
r
<
,
nel mio parlar voglio esser aspro, v. 64.
Incrocicchiare, dal lat. in e crux, Attraversare una cosa
con altra a guisa di croce, o Attraversarsi d'un corpo con altro in
modo somigliante. Mettere o Mettersi in forma di croce. La desi-
nenza icchiare, quasi diminutivo, pu dire o croce men grande, o
forma che s'approssima a croce; ed meno; Inf. xviii, 101.
Incude, dal lat. incus, Ancudine; Par. xxiv, 102, var. Cfr.
Ancude.
Incuorare e Incorare, dal lat. in e cor; 1. Dar cuore,
Dar animo, Fare animo; Purg. xxx, 60.-
altrui cuore, Fare altrui
2. E per Mettere in cuore, Persuadere; Purg. xi, 18.
Incurvare, dal lat. in e curvare, o propriam. dal verbo lat.
incurvare, Far curvo, Piegare. Usato figuratane per Abbassare, Vol-
gere al basso, riferita l'azione agli occhi; Par. xxv, 39.
Indarno, etiraol. ignota. ZAMB.:Non fu proposta altra eti-
mologia che lodanno, darom, Gratuitamente. E non po-
slavo
modi avverbiali In acqua,
trebb' essere intu-Arno, cio In Arno? I
A fiume, s' usano familiarmente per Invano cfr. Fare un buco in :
acqua che corrisponde a lavorare indarno. Cfr. Diez, Wrt. n, 39
e seg. Tom.-Bell.: Non da Vano. Ant. gemi. Andran o Andarn.
1. Invano, Senza pr; Inf. xm, 150; xxx, 67. Purg. Ili, 48; xiv, 20;
xxxi, 63. Par. xr, 104; xxm, 51; xxviii, 57.-2. Vie pi che in-
darno, vale Peggio che inutilmente, cio Con proprio danno; Par.
xm, 121.
Indefensibilmente, dal lat. indefensus e indefense, In
modo da non potersi difendere; Vit. N. xm, 4.
Indefinito T ndiffinito, dal lat. indefinitus, Non
e defi-
nito, Non determinato; Vit. N. vili, 60; xxm, 168.
Indegno-Indico 1023
Indegno, dal lat. indignus : I. Non degno, Immeritevole; Inf.
li, 19.-2. Per Indegnato, Sdegnante; Inf. m, 54.
Indi, dal lat. inde, voce adoperata sovente da Dante, e nel suo
massimo poema, e nelle altre sue opere. 1. Avver, di luogo, vale
Di l, Di quivi, Da quel luogo; Inf. xxm, 57. Purg. xxm, 124.-2. E
semplicemente per L, Col, In quel luogo o paese; Purg.XY, 118.-
3. Per indi, vale Per di l; Inf. ix, 75. Purg. xxxn, 124.-4. Avver,
di tempo, vale Allora, Poi, Appresso, Dappoi; Inf. x, 121; xxvi,88;
xxviii, 63. Purg. v, 115; xn, 91; xv, 94; xix, 65; xx, 112; xxvn,
44; xxxn, 25. Par. xxn, 97; xxiv, 83; xxv, 82, ecc.- 5. Da indi
in qua, vale D'allora, Da quel tempo in poi; Inf. xxv, 4. - 6. D'indi,
Da indi, vale pure Di l; Purg. xxviii, 102. Par. x, 13.-7. Indi,
vale pure Da quel luogo; Inf. xix, 133.-8. Nel signif. di Perci;
Par. xx, 60.
India, lat.India, gr. 'IvStoc, ^ 'Iv&xy), propriam. la regione del-
l'Asia tra i fiumi Indo e Gange, creduta dagli antichi la pi lon-
tana da noi; di qua dal Gange, poco nota agli antichi; di l, punto;
Inf. xiv, 32.
Indiare, da Deus, divino, Neut. pass. Farsi partecipe di Dio,
e Quasi deificarsi; Par. IV, 28.
Indico, dal lat. indicus, Indiano, Indo, D'India; Purg. vi, 74,
nel qual luogo vuoisi distinguere indico da legno lucido (come fanno
Dan., Buti, Land., per indico intendere l'Indaco, per
Veli., ecc.), e
lo legno lucido e sereno la quercia fracida rilucente di notte. Cos
intendendo si hanno tutti i colori d'un campo fiorito: giallo (oro),
bianco risplendente (argento fino), bianco puro (biacca), rosso (cocco),
azzurro (indico), bruno (legno lucido e sereno) e verde (smeraldo).
I pi prendono invece indico legno per un capo solo, facendo in-
dico aggiunto di legno, non sapendo poi dire, di qual legno Dante
intenda. - Lan. non d veruna spiegazione di indico, ma nota:Ze-
gno lucido, Quercia marcia, che luce di notte. - Ott. : Indico legno
e lucido. -Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc., taciono.- Benr.
.-
Indico legno, idest, arbor de India, quia in India est multiple*
genus arborum diversorum colorum, quos est delectabile videro, lu-
cido idest pulcer color aeris puri sereni, qui est delecta-
e sereno,
bilissimus aspectui oculorum. - Buti: Indico; questo uno co-
lore azzurro, legno lucido; questo la quercia fracida che,
quaml.
bagnata, riluce di notte come fanno molti vermi, r sereno; cio
come lo colore dell'aire chiaro e puro; cio non macchiato, del loglio
s'intende quando ben puro e chiaro. - An. Fior.: Legno
l'In-
1024 Indietro-Indisposizione
dia, del quale si fa bellissimi vasi et di color verdi. - Serrav. :
Indigum de India portatur multiplex, lignum odoriferum, lucidum
et serenum. - Land. : Indico, colore azzurro legno lucido, come
;
massime l'ebano, et molto lucente.- Tal.: , Indico legno, quia
de India veniunt aromata. - Veli. : Indico di color biavo, o vo-
gliamolo dire azzurro, et adoperato da' tintori. Per lo legno lucido
e sereno s'intende l'ebano, il quale negrissimo e lucente.- Dan.:
Indico legno, l'azzurro oltratnarino.- Vol.: Indico legno, forse
una sorta di legno straniero, di cui servonsi i tintori per colorire
i panni; o deesi intendere l'ebano. - Vent.: Indico legno, da cui
si trae il color turchino. - Filai.: L'interpretazione comune, che
fa indico aggiunto di legno, non pare accettabile, perch l'indaco
non si trae da un legno, ma da una pianta erbacea e in antico pas-
sava per un minerale, e si chiamava pertanto pietra indica. N
posso ammettere che per legno indico s'intenda l'ebano; perch
mancherebbe un rappresentante del colore azzurro, che s diffuso
nel mondo dei fiori. Cfr. Blanc, Yersuch, li, 21 e seg. Com. Lips.
li, 97 e seg.
Indietro, dal lat. in de retro: 1. Nella banda o parte dere-
tana o posteriore; Addietro. Il suo contrario Innanzi; e quan-
tunque significhi Moto a contrario, che anche si dice a ritroso, pure
si trova co' verbi ne' quali moto di luogo non vi si scuopre ; Inf.
i, 26; ix, 55; xi, 94; xv, 15, 33, 98; xvn, 78; xvm, 45; xx, 14;
xxiii, 20. Purg. i, 113; in, 91; xiv, 141; xxiv, 143.-2. Fare in-
dietro, vale Tirare indietro; Inf. xn, 78, dove il Poeta vuol dire
che Chirone si tir indietro la barba per essere meglio inteso, par-
lando. -3. Raccogliersi indietro, vale Arretrarsi per maraviglia;
Purg. vili, 62. - 4. Baunarsi indietro, parlandosi di cosa materiale,
per Offerire pi lata apertura; Purg. x, 118.-5. Indietro Indietro,
lo stesso che Indietro; ma cos duplicato ha forza di superlativo,
come in molt' altre di s fatte voci; Inf. xvn, 101.
Indiffinito r che anche scrivesi Indefinito e Indefinito, dal
lat. indefinitus, Non diffinito, Non determinato, Che non diflnito
punto, o non bene; Vit. N. vin, 60; xxni, 168.
Indigere, dal lat. indigere, Aver bisogno; Par. xxxrn, 135.
Indirettamente, dal lat. indirectus, Per modo indiretto;
contrario di Direttamente; Gonv. Il, 12, 30.
Indisposizione, lat. indispositio, Difetto, Mancanza delle
qualit richieste; Mon. ni, 10, 81.
Indigposto-Indovare 1025
Indisposto, lat. indispositus, Non disposto, Non apparec-
chiato, Non risoluto; Mon. m, 10, 72.
Indistinto, dal lat. indistinctus, Non distinto, Indistinzione,
Confusione, Mistura; Purg. vii, 81. Cfr. Incognito.
Tndivino, cfr. Indovino.
Indivisibilit, dal lat. indivisibilis, indivisio; Qualit di
ci che non pu dividersi; Conv. 11, 14, 158.
Indizio e Indicio, dal lat. indicium, Segno, Segnale, Ar-
gomento; Purg. vii, 37; xxvi, 8.
Indizione, dal lat. indictio, Periodo di quindici anni che si
conta da uno fino a quindici, il qual finito si ricomincia a contar
da capo, dicendosi Indizione prima, seconda, terza, ecc., ed usasi
di notarla ne' contratti, nelle bolle, e in ogni pubblico istrumento.
Cominci a numerarsi nell'anno 312 per decreto di Costantino; e
principia ai 24 di settembre, finite tutte le raccolte, perch in quel
tempo gl'Imperatori intimavano alle provincie che dessero vetto-
vaglie ai soldati, dal che prese il nome:
questa V Indizione im-
e
periale. C' poi la Bomana Pontificale, che comincia il primo
dell'anno; Vit. N. xxx, 6, nel qual luogo Dante usa Indizione nel
significato di Era, e nostra indizione per L'Era Cristiana.
Indo, lat. Indus, gr. 'IvSc;, Fiume
delle Indie Orientali, che
dette nome
il all'India, da essa; Par. xix, 71, nel qual
lo prese
luogo Indo lezione comune, mentre Buti, Serrav., Land., ecc.,
leggono con pochissimi codd. Nilo, lezione che potrebbe anche stare,
se non fosse troppo sprovvista di autorit.
Indo, Indus, Indiano, Abitatore delle Indie; Purg.
dal lat.
xxvi, 21; xxxii, 41. Par. xxix, 101.
Indomito, dal lat. indomitus, Non domato, Terribile, Fiero.
Figuratam. e in locuz. figur. Purg. vi, 98.
Indonnare, domina, Neut. pass. Farsi donna
dal lat. nel
senso di signora, Insignorirsi; Par. Vii, 13.
Indorare, da dove, Neut. pass. Porsi, Trovarsi in luogo; Par.
xxxiii, 138. -Lan.: Vi s' indova, cio com'era tale
congiunzione;
procede dallo intelletto d' infor-
ed s' indova verbo informativo che
marsi da cagione, cio dove la cagione di tale effetto. - Ott. Bili :
con la divinit, e corno
volea vedere come l'umanit era congiunta
65. Enciclopedia dantesca.
1026 Indovina-Indurre
essa umanit era in quella divinitade come in suo dove. -Buti:
Come vi s'acconcia la detta umanit ne la Divinit; com'ella v'
locata: indovinare verbo formato da questo vocabulo dove, che
uno de* 10 predicamenti in dialettica. - Serrav. : Videre vole-
bam, quomodo convenit, idest fuit conveniens, ymago (scilicet hu-
mana, sive humanitas) ad circulum (idest ad Trinitatem, vel ad per-
sonam Verbi; idest quomodo humanitas fuit coniuncta Verbo Dei),
et quomodo ibi est locus (quia humanitas est in loco), vel quomodo
humanitas habet locum ibi (scilicet in Trinitate, ita quod ibi sunt
tres persone in una essentia, et tamen humanitas non est unita in
unitate suppositi nisi uni illarum personarum. Hoc cupiebat auctor
videre et intelligere, scilicet quomodo humanitas est unita Verbo
Dei, et qualis unio fuit illa).
Indovina, femm. di Indovino, e questo dal lat. divinus ; Chi
diceva d'indovinare il futuro ed il nascosto per ispirazione sopran-
naturale, e Chi da segni naturali deduceva una disposizione divina;
Inf. xx, 122.
Indracare, dal lat. draco, Neut. pass. Trasformarsi in drago,
Incrudelire a guisa di drago; Par. XVI, 115.
Induare, dal lat. duo, Far due. Neut. pass. Addoppiarsi, Farsi
due; ed anche Unirsi in due, Accompagnarsi; Par. vii, 6, var. (cfr.
adduare). Canz.: Io miro i crespi e gli biondi capegli, v. 75.
Inducere, dal lat. inducere, Indurre, Introdurre, Condur den-
tro; Vit. N. xxi, 30.
Indugiare, da indugio, Mandar in lunga, Differire. Viene dal
lat. indurite, Tregua: perch, siccome la tregua indugio frapposto
alle operazioni di guerra, cos l'indugio una specie di tregua. Ma
poi, per estensione, si chiamarono indugi tutti i ritardi che l'uomo
oppone al fare una cosa; Inf. xxi, 28; xxviii, 44. Purg. iv, 132.
Par. xx, 51.
Indugio, dal lat. indurite e indutice, L'indugiare, Tardanza;
Inf. xxvn, 35. Purg. xm, 12; xvm, 107. Par. xx, 25.
Indulgere, dal lat. indulgere, Usare indulgenza, Concedere
largamente, Perdonare; Par. x, 34; xxvn, 97.
Indurare, dal lat. indurare, Far duro o sodo. Neut. Divenir
duro; Purg. i, 104.
Indurre, contratto di Inducere, dal lat. inducere
1. Condurre, :
Persuadere, Muovere a fare checchessia; Inf. xu,87;xin, 51;xxx, 89.-
Industri a- In fami a 1027
2. Per Causare, Occasionare, Cagionare; Par. xix, 119. Conv. i, 3,3.
Canz.: Cos nel mio parlar voglio esser aspro, > v. 28.-3. E per In-
trodurre a rappresentare in un dramma, in una narrazione; era pro-
prio de' Latini. Figuratam. Par. xn, 34.
Industria, industria : 1. Diligenza, Destrezza ingegnosa
lat.
a fare una cosa; Conv. iv, 7, 50.-2. E per Cura e arte diligente
dell'ingegno e dell'animo ad un fine; Mon. ih, 4, 54.
In d'attrice, dal lat. inductrix, Che causa, Che occasiona, Che
cagiona; Conv. i, 1, 22.
Inebriare e Innebriare, dal lat. ebrius, inebriare, pro-
priamente, Imbriacare, Ubriacare. 1. Figuratam. detto di un'ar-
monia, Par. xxvii, 3, e di odori, Par. xxx, 67.-2. E pur figuratam.
detto degli occhi, per Fare, Rendere, pregno di lagrime; Inf. xxix, 2.
Inebriato e Inebbriato, dal lat. inebriatus, Ubbriacato.
Figuratam., per Ebbro di gioia; Vit. N. IL 14.
Ineffabile, dal lat. ineffabilis, Da non si poter dire a parole;
Purg. xv, 67; xxix, 29. Par. x, 3; xxvii, 7. Vit. N. n, 7.
Ineffabilit, dal lat. ineffabilitas, Impossibilit di spiegare
checchessia con parole; Conv. in, 3, 86.
In entro, da in e entro, Verso il dentro; contrario di infuora.
Pi comunem. In dentro; Inf. xxxrn, 96.
In eterno, dal lat. in ceternum, Eternalmente; Inf. vr, 99;
Vii, 55; xi, 66; xn, 135; xxm, 67. Purg. xxix, 17. Par. xix,
111.
Infallibile, dal basso lat. infallibilis, Che non pu fallire o
fallare, n ingannarsi n ingannare altri, n mancare alla le<?ge
Per.
del bene e del vero, o alle proprie promesse; Inf. xxix, 56.
vii, 19.
Infamare, dal lat. infamare, Dare cattiva fama, Vituperare ;
Conv. iv, 29, 57.
Infamia, dal lat. Cattiva fama, Macchia grave
infamia: 1.
e notoria nell'onore, nella riputazione,
indotta dalla opinione co-
In-
mune Inf xxvii, 66. Conv. i, 2, 68, 73, 84, 86, 89 i, 3, 55. - 2^
;
;
nascita diede cattiva
famia di Creti detto il Minotauro, la cui
-3. Fruttare infamia, vale 1 ri-
fama all'isola di Creta, o Creti.
cacciare cattiva fama; Inf. XXXIII, 8.-4. Girare infamia alcuno m
1028 Infangati
per un luogo, per Corrervi il suo nome infamato, vituperato da ogni
lingua; Purg. xx, 114.- 5. Vivere senza infamia, vale Vivere senza
commettere azioni tali da rendersi infame; Inf. in, 36, nel qual
luogo il pi dei codd. e la maggioranza delle edizioni e dei com-
mentatori hanno senza fama, invece di senz' infamia. Ma che sa-
rebbe allora lodo ? Evidentemente abbiamo nel verso due contrari,
cio LODO, che vale Lode, Fama, e simili, ed il suo contrario, dunque
infamia; che Dante certo non disse: Vissero senza fama e senza
fama ! N la frase Vissero senza fama.... fama di loro il mondo
:
esser non lassa potrebbe credersi dantesca. Cfr. Zani Fere., 15.
Fanf., Stud., 144 e seg. Blanc, Vers. i, 33 e seg. Moore, Critic,
276 e seg.
Infangati, antica e nobile famiglia di Firenze, menzionata
Par. xvi, 123. Cfr. Vill., iv, 13; v, 39; vi, 65. - Da Sesto cava-
liere romano discesero chiamarono Infangati ov-
quelli che poi si
vero Mangiatroie, i quali furono nobili e possenti e di grande pro-
genie quanto persona o lingua potesse dire e scrivere. Ebbero castella
in contado, torri nella citt presso la Chiesa di S. Cecilia. Ram-
mentano le istorie un Turno di messer Mangino che i Fiorentini de-
putarono ad accompagnare a Roma l'imperatore Arrigo II nel 1024,
e che da lui fu armato cavaliere dopo la sua coronazione il grado :
equestre che a messer Alberto fu dato da Corrado il salico nel 1039:
il Consolato conseguito da Uberto nel 1182. Da lui nacque quel
messer Infangato giudice che, sedendo tra i consiglieri del Comune,
firm un istrumento di alleanza coi Bolognesi nel 1215. In quel-
l'anno, divisasi Firenze nelle parti guelfa e ghibellina; si divisero
pure g' Infangati tra loro; avvegnach mentre alcuni, anzi i pi,
tenevano per la parte imperiale, altri si schierarono sotto l'avversa
bandiera. Peraltro quando papa Innocenzio, per porre un freno alle
ire di parte, invit i cristiani ad accorrere in Palestina alla con-
quista de' luoghi santificati dalla presenza del Redentore, g' Infan-
gati non furono sordi all'invito; e fra i Crociati che meglio seppero
segnalarsi per belle prove di valore, merit fama messer Verdiano
nato di questa casa. - Mangia degl' Infangati fu tra i principali co-
spiratori contro il popolo e la parte guelfa nel 1258; e scont la
pena del suo delitto sopra un patibolo, mentre tutti di sua casa
venivano cacciati in esilio, e le loro torri si adeguavano al suolo.
Tornarono nondimeno vincitori in Firenze nel 1260, dopo di avere
trionfato alla battaglia di Montaperti; e tra coloro che primeggia-
rono in Comune, finch la somma delle cose rest nelle mani dei
ghibellini, fu un messer Donato e Bindo di Mangiatroia. Allor-
quando poi riprese il disopra la parte guelfa, e cacci in esilio i
Infante-Infermo 1029
vinti nemici, tocc la pena del confine in contado ai figli di Mangia,
di Donato e di Mazza. Tra i ghibellini che segnarono la pace del 1280
van nominati Uberto di Giandonato, Neri di Mazza, Tellino di Sen-
zanome, Tuccio di Donato, Guiduccio di Mangia e Bindo Perota,
tutti degr Infangati, mentre la segnava pei guelfi messer Banchello
di Lapo. - Dichiarati dei grandi nel 1282, non furono peraltro esclusi
dalle Magistrature; e nei regesti dei priori leggiamo i nomi di Ca-
tellino di Aldobrandino riseduto nel 1293, 1314 e 1315, e di Migliore
suo fratello che la stessa dignit consegu nel 1295. Essi erano del
lato guelfo, perch il ghibellino era stato escluso nel 1293, e poi
di nuovo nella riforma del 1311. Dal lato guelfo era pure Banchello
che tanto valore spieg alla battaglia di Montecatini nel 1315, e Ca-
naffo suo figlio che pure si segnal a quella dell'Altopascio nel 1325.
Ma era dell'altra linea quell'Uberto di Ubaldino che venne tratto
a qualche Magistratura nel 1346; di che ne ebbe pena di lire 500
nell'anno appresso, perch appunto avea prestato il giuramento ri-
chiesto dagli statuti, abbench discendesse da ghibellini. Bens con-
viene ritenere che apparentemente potesse giustificarsi e aver grazia,
perciocch nel 1348 risied tra i Priori. Ammonito, e in perpetuo,
nel 1359, tanto ne arse di sdegno da rendersi reo di congiura per
dar la patria in potest dei Visconti; il qual delitto gli frutt bando
di ribellione, colla confisca dei beni e la taglia sopra il suo capo,
avendo potuto con la fuga involarsi al patibolo. D'allora in poi fu
la famiglia esclusa dalle magistrature, finch dopo quasi un secolo
non ne fu loro dischiusa nuovamente la via per opera di Cosimo
dei Medici. Ma Infangati eransi ridotti poveri e oscuri: laonde
g'
di essi nuli' altro resta a narrarsi, se non dell'onore del Priorato
che ottonne Cambio di Antonio nel 1518; e della estinzione della
casata per la morte di Aldobrandino d'Ignazio avvenuta nel 1G00,
il 29 di ottobre. Lord Vernon, Inf., voi. Il, p. 507 e seg.
Infante, dal lat. infans, infantis, Bambino che ancora non
parla; Inf. iv, 30. Par. xxxiii, 107.
Infelice, dal lat. infelix, Non felice, Misero; Vit. N. XXXVI,
9 e seg. Cfr. Inf. i, 51. Purg. x, 82, ecc.
Infermit e Infermitade, dal lat. infrmitas, Malattia,
Morbo, Malore; Vit. N. XXIII, 2, 58, 80.
Infermo, dal lat. infirmus, Di non ferma salute.
Che ha nella
persona o in parte di quella una debolezza pi o meno morbosi e
come malattia.
abituale, la quale per non forte n minacciosa
la
x, 122.-2. Figurata*.
1. Nel signif. propr. Inf. xxix, 59. Purg.
1030 Infernale-Inferno
detto della mente; Par. vii, 28.-3. In forza di Sost., Chi am-
malato, Chi di non ferma salute; Purg. vi, 149.
Infernale, dal lat. infernalis, D' inferno, Che appartiene al-
l' inferno; Inf. v, 31 ; ix, 38. Purg. xn, 113; xvi, 39. Par. xxvi, 133.
Inferno, Luogo dove sono condannati i ri-
dal lat. infernus,
belli a Dio, e che gli antichicredevano essere nel centro della terra.
Voce adoperata nella Div. Com. 26 volte, cio 16 nelYInf. (i, 110;
HI, 41 ; v, 10 VI, 40, 84 Vili, 75 x, 36 XII, 35 XVI, 33 xvm, 1
; ; ; ; ; ; ;
xxv, 13; xxvi, 3; xxvm, 50; xxix, 96; xxxiv, 1, 81), 6 nel Purg.
(i, 129; v, 104; vii, 21; xvi, 1; xxi, 32; xxn, 14) e 4 volte nel
Par. (vi, 74; xx, 106; xxxi, 81; xxxn, 33). Nelle Opere minorila
voce Inferno adoperata una sola volta, Conv. IV, 26, 54.
Spesse volte nella Div. Com. il nome Inferno circonscritto;
onde invece di dire Inferno Dante dice: Luogo eterno, Inf. i,
114; Citt dolente, Inf. in, 1; Valle d'abisso dolorosa, Inf. iv, 8:
Mondo cieco; Inf. iv, 13; xxvn, 25; Abisso, Inf. iv, 24; xi, 5;
xxxiv, 100. Purg. i, 46; Parte ove non che luca, Inf. IV, 151 Do- ;
loroso ospizio, Inf. v, 16; Luogo d'ogni luce muto, Inf. v, 28; Il
cupo, Inf. vii, 10; Terra sconsolata, Inf. vili, 77; Regno della
morta gente, Inf. vili, 85, 90; Buia contrada, Inf. vili, 93; Mondo
basso, Inf. vili, 108; Dolenti case, Inf. vili, 120; Trista conca, Inf.
ix, 16; Citt del fuoco, Inf. x, 22; Cieco carcere, Inf. x, 59. Purg.
xxn, 103; Baratro, Inf. xi, 69; Valle buia, Inf. xn, 86; Luoghi bui,
Inf. xvi, 82; xxiv, 141; Mal mondo, Inf. xix, 11; Eterno esilio,
Inf. xxiii, 126. Purg. xxi, 18; Gola fera, Inf. xxiv, 123; Mondo
gramo, Inf. xxx, 59; Fondo d'ogni reo, Inf. xxxi, 102; Doloroso
regno, Inf. xxxiv, 28; Mare crudele, Purg. i, 3; Prigione eterna,
Purg. i, 41; Profonda notte, Purg. i, 44; xxiii, 122; Valle inferna,
Purg. 1,45; Dolente regno, Purg. vi, 22; Luoghi tristi, Purg. vili, 58;
Ambascia infernale, Purg. xvi, 39. Par. xxvi, 133; Valle ove mai
non si scolpa, Purg. xxiv, 84; Mondo defunto, Par. xvn, 21; Mondo
amaro, Par. xvn, 112; Valle dolorosa, Par. xvn, 137; Vita opposta
alla dolce, cio amara, Par. xx, 48; Infima lacuna dell'universo,
Par. xxxin, 22. Cfr. Dite.
Inferno contrapponesi a Cielo; Inf. vi, 84. Purg.vu, 21. -An-
geli d'inferno, vale Gli angeli caduti; Purg. V, 104. -Tempo d'in-
ferno, vale Tempo bruttissimo; Buio d'inferno, Tenebre fitte; Purg.
xvi, 1.- Inferno pur detto il limbo, Limbus patrum dei SS. Padri,
Par. xxxi, 81; xxxn, 33.
Sul sito, ecc., dell'Inferno dantesco cfr. l'artic. Topografia, e la
letteratura che col si cita.
Inferno-Infingere 1031
Inferno, Add., lat. infernus, Infernale, D'inferno; Purg. 1,45.
Infiammare, dal lat. infiammare, Accendere, Appiccar fiamma
a checchessia, Abbruciare. 1. Per Riscaldare, detto del Sole; Purg.
xvill, 80.-2. Figuratane, per Eccitare, Risvegliare qualsivoglia af-
fetto, passion d'animo; Inf. xm, 67, 68. Par. xxx, 70.-3. Neut.
pass. Invogliarsi, Riscaldarsi; Par. xxm, 123.-4. E per Accendersi,
Farsi lucente come fiamma; Par. xxxi, 125.
Infiammato, dal lat. inflammatus, Partic. pass, e Add. da
Infiammare, nei diversi significati di questo verbo; Inf. xm, 68.
Par. ni, 52; xu, 143; xxv, 130.
Infinto, dal lat. inflatus, Gonfio; Inf. xxx, 119, var. Cfr. En-
fiato.
Infimo, dal lat. infimus, Basso, Ultimo di luogo, Estremo; Par.
xxx, 115; xxxiii, 22.
Infinch, che anche scrivesi disgiuntamente Infili che, lo
stesso che finch, fin che, fino CHE, onde i testi variano nella
lezione dei singoli passi. Infinch, Infin che hanno moltissimi
codd. nei luoghi Inf. 1, 101; III, 113; xu, 131 ; xxvi, 142; xxxiii, 54.
Purg. xxiv, 86. Par. ix, 99; xxix, 5. Cfr. finch, fino.
Infine e In fine, Finalmente; Inf xxiv, 41, var. Cfr. Al-
fine, Fine.
Infingere e Infignere, dal lat. in e fingere, Neut. pass.,
propriam. Nelle parole e negli atti voler far parere che si pensi
si senta pi meno del vero, tutt' altrimenti; Inf. xxiv, 130,
nel qual luogo il senso pare che sia: Non si dette veruna cura di
celare la cosa, n fu lento a dirla senza verun riguardo. - I pi an-
tichi commentatori, Bambg., An. Sei., Iac. e Petr. Dant., Lan.,
Ott., Cass., Falso Bocc., ecc., non danno veruna spiegazione della
frase. - Benv. : Quia non poterat amplius se celare. - Buti: Per
non essere conosciuto. - An. Fior. tace. - Serrav.: Non se finxit,
idest intelligere. -Barg.: non esser quello ch'in
Non si finse,
pensava.- Veli. : Intese questo peccatore le parole che Dante di
a Virgilio di lui, e non finse di non averle intese.- 7)an.:Non
finse Vanni non aver inteso Dante.- Cast.: Yaxmi Fucci po-
di
teva intendere, e mostrare di non intendere, ed andarsene via, par-
lando Dante e Virgilio di lui, almeno aspettare che fosse domandato
da Virgilio; ma per rimuovere ogni indugio rispose a Dante.*-
-
Br. B.: Non dissimul, non occult quel che di lui si chiedeva.
And\ : Non cerc sotterfugi.
1032 Inflnit-Inforcare
Infinit e Infinitade, dal lat. infinitas, astratto d'Infinito,
Moltitudine innumerabile. Dante l'usa nel senso di Indefinitezza,
Indeterminatezza, e simili Conv. il, 14, 59. ;
Infinito, dal lat. infinitus : 1. Che senza fine, Che non ha
fine,Che non ha confine; Purg. in, 35, 122; xv, 67. Par. xix, 45;
xxxiii, 81. Per Innumerabile, Quel che concerne il finito rispetto
- 2.
9.-3. In infinito, per Senza fine, Illimitata-
all'infinito; Inf. IV,
mente, dopo un'enumerazione che intendasi indefinitamente conti-
nuare; Conv. i, 3, 53.
Tnfino, Infili, che anche scrivesi disgiuntamente In fino,
In fin, dal lat. in e finis, lo stesso che Fino, ma talvolta denota
l'ultimo punto pi efficacemente. Voce adoperata nella Div. Coni.
53 volte, cio 18 iae\YInf., 16 nel Purg. e 19 nel Par. -1. Senza
veruna preposizione: Inf. x, 136; xiv, 118; xvn, 13; xxv, 21. Purg.
IV, 46; xxxn, 156. Par. xxv, 84.-2. Colla prep. : Inf. in, 81; A
iv, 103; x, 53; xn, 103; xiv, 33, e sovente. - 3. Colla prep. Di: Par.
xxiii, 123. - 4. Colla prep. In: Inf. xxvn, 134.-5. Colla prep. Sotto :
Inf. xxvin, 65.
Infiorare, da fiore, lat. inflorescere ; Neut. pass. Divenir fio-
rito, Empiersi di fiori. 1. Figuratam. per Abbellirsi, Ornarsi, Farsi
pi vago; Par. x, 91; xiv, 13; xxm, 72; xxv, 46. - 2. E per Met-
tersi, Immergersi, ne' fiori; Par. xxxi, 7.
Influente, dal lat. influens, Che influisce, Che esercita sopra
una cosa un'azione che tende a modificarla; Conv. i, 13, 17, 19, dove
per la volg. ha coi codd. efficienti; cfr. Giul., Conv., 101 e seg.
Influenza e Influenzili, dal verbo lat. influere; per Azione
d'una cosa che opera, influisce sopra un'altra; cos nel proprio come
nel fig. ; detto particolarmente, secondo la credenza antica, degli
astri; Par. IV, 59.
Infolgorare, dal lat. in e fulgurare, Lo stesso che Folgo-
rare; Vit. N. xiv, 31 var. Cfr. Sfolgokake.
Infondere, dal lat. infundere, per Distillare, Inspirare, Tra-
sfondere, Mettere; Par. vili, 86.
Inforcare, da forca, e questo dal lat. furca, Prendere colla
forca. 1. Stringere colle braccia aperte a mo' di forca; Inf. xxn, 60.-
2. Inforcare gli arcioni, la sella, e simili, vale Stare a cavallo; Purg.
Vi, 99.-3. E figuratam., detto d'una costellazione che sembri te-
nere un astro tra le gambe Purg. vili, 135. ;
Inforcata-Inforzato 1033
Inforcata, da forca, La parte del corpo umano, dove finisce
il busto e incominciano le cosce; Inf. xiv, 108 var.
Informante, dal lat. informane, Che informa; Par. vii, 137. -
Buti : La virt informante, cio arrecante ad essere le cose de-
mentate. - Oorw. : La virt che d i principii specifici agli ele-
menti.
Informare, lat. informare, Dar forma od essere a checchessia.
E nel linguaggio delle Scuole Informare dicesi della forma che unita
alla materia, o a qualsiasi subietto, li costituisce in una tal qual
determinata specie di cose. - 1. Per fornire di checchessia, in senso
pi espressamente intellettuale; Par. II, 110.-2. E per Fornire tale
idea che sia come la forma piena del concetto; Conv. in, 1, 24;
ni, 12, 15.-3. Yale pure Derivare, Prendere la propria forma od
origine; Purg. XVII, 17.-4. Neut. pass. Prendere la forma di chec-
chessia, Formarsi secondo checchessia Purg. xxxn, 24. Conv. n, 14, 92.
;
Informativo, informativus, Che d forma, Che
dal basso lat.
d l'essenza e la natura, Che mette in forma; Purg. xxv, 41.
Informato, dal lat. informatus, Partic. pass, e Add. d'in-
formare, Che ha ricevuto, o presso la forma; Par. in, 54; vii, 135.
Conv. il, 82.
Informatore, dal lat. informator, Che o Chi informa; Conv.
il, 9, 82, 83.
Informazione, dal lat. informatio, Azione dell'informare,
e Modo e Atto, e Documento col quale s'informa; ed effetto del-
l' informare e dell' essere informato. Usato in senso filosofico, Conv.
IV, 2, 39.
Inforcare, da forse, Mettere in forse, in dubbio; Par. xxiv, 87.
In forse, Post, avverb. In dubbio; Inf. vili, 110. Purg. xxix, 18.
Cfr. FOESE.
Inforzato e Inforziato, lat. Infortiatum, La media delle
tre parti, o Volumina, nelle quali i glossatori solevano dividere le
pandette, cio la Collezione degli estratti degli scritti dei pi in-
fece fare, ed a cui
signi giureconsulti che l'imperatore Giustiniano
parti, la quale abbrac-
diede forza di legge. La prima di queste tre
libri del lib. XXIV, si chiamava
ciava i primi 23 libri ed i due primi
comprendi
il Digestum vetus. La parte seconda, V Infortiatum,
1034 In Ira-Ingegno
lib. xxiv, 3-xxxyiii ; la terza, il Digestum novum, comprendeva il
rimanente, dal lib. xxxix sino al fine delle pandette; Conv. iv, 15, 130.
Iiifra 9 dal lat. infra, Entro; Infra tre soli, Entro tre anni,
Prima che siano passati tre anni; Inf. vi, 68. Cfr. intra.
In fretta, Con prestezza, Spacci atamente; Inf. xxxi, 130. Turg.
xxiv, 66. Par. xxn, 16. Cfr. fretta.
Infrondare, da fronde, lat. frondescere, Neut. pass. Divenir
fronduto, Vestirsi di fronde; Par. xxvi, 64.
Infuso, dal lat. infusus, Trasmesso, Comunicato, Passato per
la via degli occhi alla immaginativa; Par. i, 52; xiu, 44.
In fu turare, da in e futurus, Stendersi nel tempo futuro;
Par. xvn, 98.
Ingannare, etimol. incerta; nel basso lat. trovasi gannum
(beffa), gannatura ed il vb. gannare; nel prov. ganhar (ridere,
beffare). L'origine probabilmente germanica, dall' ant. ted. gaman,
giuoco, scherzo, anglo sass. gamen, contratto gamn, e da questo il
basso lat. gannum; cfr. Diez, Wrt. i 3 237. 1. Att. Indurre in er-,
rore, Fare artifizio per trarre altrui in errore; Inf. v, 20; xvni, 92,
93, 97; xxvin, 72; xxxiii, 139. Purg. xm, 112; xvi, 136; xxm, 109;
xxvn, 28; xxix, 47. Par. xvn, 82.-2. Neut. pass. Cadere in er-
rore, Sbagliare, Credere una cosa per altra; Inf. xxxi, 26. Purg.
xvi, 92.
Ingannato, Indotto, Tratto, in errore; Inf. xvm, 93. Par.
ix, xxn, 39. E in forza di Sost.: Vit. N. XII,
10; 45. Cam.: he
dolci rime d'amor, ch'io solia, v. 140. Conv. IV, 29, 7.
Inganno, L'atto, e L'effetto dell'ingannare, Fraude, Errore;
1. Nel signif. propr. Conv. i, 12, 60. Son. .-Io son s vago della
bella luce, v. 10. - 2. Fare inganno, vale Ingannare; Inf. vili, 22. -
3. Kicevere inganno, vale Rimanere ingannato, Essere leso con fraude
Par. ix, 2.-4. A inganno, posto av-
ne' proprii diritti; Inf. XX, 96.
verbialmente, vale Con inganno, Ingannevolmente; Inf. xix, 56.
Insegnare, dal lat. ingenium, Neut. pass. Esercitare l'in-
gegno con pi o men cura ed acume, e operando e pensando, Stu-
diare le vie a riuscire in una cosa; Par. xxm, 50; xxix, 94. Cam.:
Amor, dacch convien, v. 19.
Ingegno, dal lat. ingenium, Acutezza d'inventare o d'appren-
dere checchessia; Quella potenza di spirito che, o per natura o per
I ngegno 10 35
istudio, rende l'uomo pronto e capace a tutte quelle scienze
e arti
ov'egli applica il volere e l'opera. Voce usata sovente da
Dante
nelle Op. min.,come Conv. n, 13, 19; ni, 4, 78, 80, ecc. Nella 7
Com. questa voce si trova 25 volte, cio 5 neWInf. (n, 7; vi 81-
x, 59; XI, 77; xxxiv, 26), 10 nel Purg. (i, 2; iv, 78; ix, 125; xi, 9';
xii, 66; xiv, 54; xvm, 40; xxvi, 121; xxvn, 130; xxxin,
64) e 10
volte nel Par. (iv, 40; v, 89; vii, 59; x, 43: xm, 72; xiv, 103,
117;
xviii, 82; xxii, 114; xxiv, 81). In tutti questi luoghi il senso
della
voce pu appena esser dubbio; soltanto nel primo, Inf. 11, 7, i com-
mentatori non vanno d'accordo quale sia quell' alto ingegno* che
il Poeta invoca. I pi intendono del proprio suo genio inspiratore;
non pare tuttavia probabile che Dante indirizzasse la sua invoca-
zione a s stesso, cio ad una sua propria facolt; probabile invece,
che egli invochi l'ingegno ideale, l'ingegno in genere. I pi antichi
commentatori (Bambgl., An. Sei., Iae. Dant., ecc.) non danno ve-
runa interpretazione. Lari. .-Qui segue suo poema pregando la
scienzia che lo aiuti a trattare tale poetria, siccome usanza delti
poeti in li principii delli suoi trattati.- Ott. .-Qui invoca l'au-
tore, al modo poetico, le nove Muse, il suo ingegno, e la sua me-
moria in suo aiutorio (non invoca la sua memoria, ma dice che
la nobilt di essa apparir, si mostrer).- Petr. Dant. Invocat :
altum ingenium in generali et abstracto; quod ingenium est extentio
intellectus ad incognitorum cognitionem. - Cass.: Ingegno, se.
mei. - Boce. : l'ingegno dell'uomo una forza intrinseca del-
l'animo, per la quale noi spesse volte troviamo di nuovo, quello
che mai da alcuno non abbiamo apparato. - Falso Bocc: tira via. -
Benv.: Dicit: alto ingegno, idest profundum; est enim ingenium
naturalis vis animse ad aliquid cito inveniendum et percipiendum. -
Buti: Ingegno secondo Papia una virt interiore d'animo, per la
quale l'uomo da s trova quello che dalli altri non ha imparato:
e perch l'autore trovava cose nuove, che mai da altri non avr
imparate, per dice: alto ingegno, or m'aiutate; cio aiutate me
Dante a componere questo poema. E per questa invocazione si dee
intendere essere invocata la grazia di Dio, la quale ministra e d
li nove gradi significati per le muse e per l'ingegno. -An.
Fior.:
Qui fa una invocazione poetica chiamando le muse e l'alto in-
gegnio che l'ajutino. Alto ingegnio, non alto quanto in s, ma alto
per rispetto delle cose che ha a trattare, che sono alte et mara-
ad huiua
vigliose. - Serrav.: Tria etenim expediebant auctori
>nb-
operis perfectionem scilicet profunditas scientiarum {Muse),
:
tilitas ingenii {alto ingegno), vivacitas memorie (mente). -Barg.:
cii
O alto ingegno, e per questo invoca prontitudine e ;
chiamato vigor na-
d'intelletto: questo dice perch ingegno fu il
:
1036 Ingemmare-Ingentilito
turale dello intelletto, mediante il quale pu l'uomo prontamente
investigar e comprender cose intelligibili. - Land.:
le alto in-
gegno, cio, potentia dell'animo atta a conseguir la cognition de le
gran cose. - Tal. : Alto ingegno, idest perspicax ingenium.... No-
tandum quod autor habet altum ingenium, profunditatem scientie,
vivacem memoriam. - Veli. Il suo alto ingegno. - Gelli: In-
:
voca ancora in suo aiuto il valor suo propio, sotto questo nome
d' ingegno. - Dan.: Ingegno chiamano i Latini quello acume del-
l'animo che ci rende abili ad investigare et ri-
et dell'intelletto,
trovare vero delle cose. - Cast. : Alto ingegno, pi alto che
il
non l'umano o il mio.- Vent. tace. - Dion. per V alto ingegno
intende Apollo. Lomb. con una nuvola di seguaci intende del pro-
prio ingegno del Poeta, riferendosi a 58 e seg. - Biag. :
Inf. x,
Quella virt cos detta, eh' nell'uomo in generale, che i latini
chiamavano natura, perch costituente la natura dell'uomo gene-
ratrice delle cose a lei appartenenti. -Betti: Lungi dal santo
petto di Dante questa insoffribil superbia (di invocare il proprio
ingegno). Qui alto ingegno si riferisce assolutamente ed elegante-
mente a Muse. A
che servirebbe che Dante poi nel verso seguente
si mente?- Ces.: Quanto a me, io credo che
rivolgesse alla sua
Dante colle Muse invochi l'ingegno umano, o '1 suo veramente alto. -
Boss.: L' alto ingegno la fantasa poetica, che perci viene accop-
piata alle Muse. - Tom. : L'ingegno la forza meditante, la mente
la memoria imaginante. - Br. B.: fantasia; ovvero o sublime
genio inspiratore; o potenza intellettiva. -Frat.:0 sublime genio
inventivo. - Andr. : Parla dell'altezza dell' ingegno umano, non del
suo proprio; in genere, non in specie. Par. xxn, 114. - Bennas.
L'alto ingegno invocato il divino. - Corn. . Non l'ingegno
di Dante, ma pi presto V ingegno in genere. - Berth. : Invoca l' in-
gegno suo (Inf. x, 56 e seg.), o meglio l'ingegno in genere. Poi. in-
tende nuovamente del proprio ingegno del Poeta; cos pure il pi
dei comment. stranieri.
Ingemmare, da gemma, basso lat. ingemmescere, Adornare
con gemme; Par. xv, 86; xvm, 117, nel qual luogo ingemme de-
sinenza regolare antica per ingemmi; cfr. Nannuc., Verbi, 58-72.
Ingemmato, Adornato con gemme; figuratam. Par. xx, 17.
Ingenerare, dal lat. in e generare, Neut. pass. Generare, Pro-
pagarsi; Inf. xxv, 11. Cfr. incenerare.
Ingentilito, dal lat. in e gentilis, Keso gentile, o pi gen-
tile di prima; Vit. N. xxu, 63.
Ingesto-Ing'hi riandare 1037
Insorto, dal lat. ingestus, Posto dentro, Mandato dentro, In-
trodotto; Par. il, 81.
Inghilese e Inglese,
lat. Anglicus, D' Inghilterra, Abitante
d'Inghilterra; Par. xix, 122. Conv. i, 7, 67. Vulg. Eh
I, 8, 23.
1/ Inghilese folle, Par. xix, 122, secondo i pi Edoardo I re d' In-
ghilterra, e Dante accenna alle costui lotte con Roberto re di Scozia.
Cfr. Barlow, Contrib., 485-95. Osservando che Edoardo I lodato al-
trove dal Poeta (Purg. come pure dal Villani (vili, 90), al-
vii, 132),
cuni ( Witte, Plumptre, avvisano invece che queir Inghilese
ecc.) si
sia Edoardo II re d'Inghilterra e che Dante alluda alle costui lotte con
Roberto Bruce re di Scozia. Ma il luogo Purg. in, 132, contiene una
lode piuttosto problematica, e l'Aquila celeste parla (secondo la fin-
zione poetica nel 1300) di cose attuali, non gi di opere future va-
ticinando; non pu dunque alludere ad Edoardo II, salito al trono
nel 1307, ma
deve di necessit alludere al re regnante nel 1300, e
questi fu Edoardo I. - Lan.: Lo re d'Inghilterra e di Scozia, lo
quale s pieno di superbia che vuole ogni suo vicino superchiare.-
Ott. : Qui riprende d'avarizia il re d'Inghilterra, dicendo che per
questa cagione non pu soffrire che in Scozia abbia re; e che quinci
si muove la guerra eh' intra il re Adoardo d'Inghilterra, e il re eletto
per li Scotti. - Petr. Dani.: Superbia regis Scoti et Angli. -
Cass.: RegemAngli. - Falso Bocc: Del re d'Inghilterra. -
Benv. : Hic aquila describit secundum regem, scilicet Angli,
quem, quia magnanimus erat, ut tetigit Purgatorii capitulo, nunc
describit solum a superbia. - Serrav.: Vult dicere de regibus An-
gli, scilicet Eduardo, et Scoti, qui voluerunt acquirere ultra sor-
tem ipsorum; et dicit quod superbia ipsorum facit eos stultos, quia
non sunt contenti de dominiis ad ipsos pertinentibus, sed voluerunt
extendere se ultra metas eorum.
Inghilterra, Anglia, Il pi meridionale e il pi consi-
lat.
derevole dei due regni che occupano l'isola della gran Brettagna;
Purg. vii, 131. Vulg. Eh i, 8, 20.
Inghiottire, prov. engotir, frane, engloutir, dal lat. g ut-
tire: 1. Ingoiare, Spingere il boccone gi pel gorgozzule; 1
xxxi, 102.-2. Figuratane, detto dell'acqua che inghiotte la parte
della nave che vi s'immerge; Purg. il, 42.
Inghirlandare, da ghirlanda, Ornare con ghirlanda. 1. Att..
figuratane per Circondare; Par. ix, 84.-2. Neut. pass., per Circon-
darsi, Essere circondato, Avere sponde circondanti: Purg. UH,
1038 Ingigliare-Ingoiare
Ingigliare, da giglio, e questo dal lat. lilium, Ornare di gigli.
Neut. pass., Prender figura di giglio; Par. xvm, 113, sul qual luogo
cfr. M. A. Caetani, Proposta d'una pi precisa dichiarazione in-
torno ad un passo della D. C., Roma, 1852 (riprodotta Div. Com.
ed. Passigli, Prato, 1847-52, p. 742 e seg. Com. Lips. in, 494 e seg.).
Lanci, Sopra alcuni particolari della Dantesca Visione nella sfera
di Giove, Roma, 1867.
Inginocchiare, da ginocchio, Neut. pass. Porsi in terra colle
ginocchia per sommissione; Purg. xix, 127.
Inginocchione e I n gin occhio ni, che si scrive anche In
ginocchione e In ginocchioni, Colle ginocchia in terra,
Sulle ginocchia; Inf. x, 54 var. Cfr. ginocchio.
In gi, In gine, Ingiuso, Gi, Alla china, Verso la parte
inferiore; cfr. Gi, 7.
Ingiura, forma antica e popolare per Ingiuria, come Matera
per Materia, Cimitero per Cimiterio, Impero per Imperio, Varo
per Vario e simili Par. vii, 43.
;
Ingiuria, dal lat. injuria, Offesa ingiusta, commessa con mala
intenzione, a danno o dolore altrui, nelle parole o ne' fatti; Lesione
del diritto altrui, del proprio dovere; Inf. XI, 23. Purg. xvn, 121.
Conv. n, 7, 25.
Ingiustamente, lat. Injuste, Non giustamente, Fuor del
giusto, Contro giustizia; Par. iv, 15. Vulg. El. I, 6, 16.
Ingiustizia, dal lat. injustitia, Disposizione e Vizio abituale,
e Atto, contrario a giustizia o discordante pi o meno da essa. Pu
dunque V Ingiustizia essere pi o meno grave: Semplice mancanza,
e Offesa diretta e deliberata; nelle minime e nelle massime cose;
in fatti, in parole, e anco in pensieri. E l'ingiustizia interiore pu
essere pi rea che quella di fatti; Conv. i, 12, 59.
Ingiusto, dal lat. injustus, Che non giusto, Che non ha giu-
stizia, o non l'ha quanta si deve; Che ha fatto o Che fa contro
giustizia. Contrario di Giusto; Inf. xm, 72. Par. IV, 67, sul qual
luogo Cfr. ARGOMENTO.
Inglese, cfr. Inghilese.
Ingoiare, dal lat. degulare e ingluvies, Inghiottire. Nel luogo
Inf. vi, 18, parecchi codd., Bocc, Barg., Land., ecc., leggono IN-
-
Ingomforare-Ingrassare 1039
GOJA, invece della comune gli scuoja, lezione da rigettarsi e che
il Betti chiama addirittura bestiale; cfr. Z. F., 39. Blanc, Ver-
sueh, 62.
Ingombrare, dal lat. barb. ingumberare: 1. Occupare, Met-
tere cosa in alcun luogo che ne impedisca l'uso di prima, Impe-
dire; Inf. xxxii, 63.-2. Figuratam. Inf. 11, 46. - 3. Per Impedire;
Purg. ni, 30.
Ingombro, contratto di ingombrato, e questo dal lat. barb.
ingumberatus, Occupato, Impedito. E figuratam., detto della mente,
per Offuscato, Impedito; Purg. xxxi, 142.
Ingordo, probabilmente dal lat. in gurgitem, secondo alcuni
dal lat. gurdus
(cfr. Diez, Wrt. i 3 218 e seg. s. v. gokdo), Avido
,
in estremo grado di qualunque cosa che si appetisca; Inf. xvm, 118.
Purg. xx, 107.
Ingozzare, da gozzo, lat. glutire, Mandar gi con qualche
difficolt ripugnanza qualche cosa che non vuol passare dal gozzo:
dove Ingoiare vuol dire Mandar gi in fretta; Inf. vii, 129.
ngradare, dal lat. gradus, Neut. pass. Arrivare, Ascendere,
Stendersi; Par. xxix, 130. - Benv.: Quasi dicat, isti angeli adeo
sunt innumerabiles. - Buti: Si stende di grado in grado.
Ingrassare, da grasso, Far grasso; e Neut. pass. Divenir
grasso; Par. xxix, 124, luogo diversamente interpretato da diversi.
Lan.:Di questo ingrassa, cio molti ghiottoni e asini che per
fare schifagione di fatica fanno eremiti e frati, e vanno inse-
si
gnando e dando perdonanze togliendo e per un modo e per un altro
a chiunque buono, s che togliono moneta e altro ci che possono
e danno moneta senza conio, cio perdonanze e indulgenzie non ve-
raci. -Lo stesso ripetono, copiando, Ott., An. Fior.- Petr. Bant.
e Cass. taciono. - Falso Bocc. ; Dicie laltore cheperqueste favole
eghiottornie che vanno predicando ifrati disanto antonio edeziandio
gli altri siune ingrassano togliendo atalgiente a quale farebbe bisogno
didare delloro paghandolo di bugie editruffe epromettendo alla piente
grossa dassolvegli di quello chenonpoxono fare einque>to modo in-
ghannano la giente. - Benv. : Et subdit quomodo tales irapinguan-
tur, dicens: di questo, scilicet, tali promissione indulgenti,
sunto
Antonio ingrassa il porco, scilicet, quia porcus nutritur et datur 1
porcis, scilicet, raeretrices; et dcit, pagando di moneta senza co>
idest,pecunia falsa, scilicet, fallaci indulgentia. - Buti Di qu.-
:
fede, che ha lo popolo a la fede di tale indulgenzia, che sono
pubh-
1040 Ingrassare
cate da questi predicatori, bench non siano, ingrassa porco santo
'l
Antonio, cio hanno lo porco grasso da' simplici uomini quelli che
vanno accattando per santo Antonio, cio per l'ospidale di santo An-
tonio, che in Vienna. - Serrav. : De isto impinguat porcum Sanc-
tus Antonius (idest detalibus predicationibus et dictis talium truc-
tanorum: qui dicunt quod Sanctus Antonius habet multum pr grato,
quod amore sui dentur eleemosyne,nedum ipsis questuariis, sed etiam
porcis; et accipiunt porcum unum parvum, et perforant auriculam,
et ponunt campanellam ad aurem eius, et sic per totum annum de
eleemosynis inpinguatur talis porcus: postmodum rediens tractanus
facit interrici porcum illum et beatus est ille qui potest emere de
;
porco ilio, etiam in caro foro). -Land.: Di questo prometter falso
dell' indulgentie, le quali non possono dare, santo Antonio, cio, i
frati di sant'Antonio, ingrassa il porco con le cose, che hanno da
gli huomini creduli et semplici, et altri, che sono peggio che porci,
come meretrici et simili, pagando quegli da chi ricevono l'elemosine
di moneta senza conio, cio d' indulgentie false, che niente vagliono,
come non vale la moneta non coniata. - Veli. : E di questo S. Antonio,
cio, il monasterio del suo ordine, ingrassa il porco che a S. Antonio
s'attribuisce, perch nel concedere queste non vere indulgentie,
tranno dal troppo credulo ed ignorante vulgo danari et altre cose,
che tutto fa per loro, di che essi s' ingrassano, e le concubine loro,
che ancor peggio. - Dan. : Di questo folle creder del volgo in
queste finte et simulate indulgentie, s'ingrassano i frati di santo An-
tonio, perch dando essi a credere al volgo, tali indulgentie et per-
doni essere autentici, ne cavano tante elemosine che se ne ingras-
sano ed arricchiscono. - Veni.: Di questa folle crudelit del volgo,
e di questa sorta d'Indulgenze apocrife i frati di tal convento in-
grassano il suo porco: sinecdoche, cio vivono lautamente. -Lomb.:
Siccome sant'Antonio Abate si scolpisce e dipinge col porco ai piedi
(in simbolo del demonio da lui vinto), probabile, e pare che'l poeta
nostro lo accenni, che da qualche impostore si questuasse per in-
grassare il porco di Antonio;
S. e il sentimento : Con queste im-
posture, Pagando di moneta senza conio, cio di false indulgenze,
si fa che S. Antonio (ponelo per tutte le cose sacre) ingrassi '1 porco
suo, cio l'ingordo simoniaco impostore. - Dion.: Nel porcello
eh' a' pie di S. Antonio Abate si vede, intendono gli eruditi lo spi-
rito immondo, cio il tentatore, vinto ed avvilito dalla di lui virt;
ma il volgo idiota non altro riconosce in quello, che '1 vero e pro-
prio immondo animale, posto sotto la tutela del santo. In Firenze
i porci dal Monastero nutriti dicevansi di S. Antonio; a' quali niuno
osava di dar impaccio, sebbene girando per le contrade, ed entrando
per le case, fossero al vicinato molesti (cfr. Sacchetti, Nov., ex)....
Ingratitndine-Iniziare 1041
Or a seconda di questa opinione volgare parla Dante, dicendo Di :
questo, cio di tale stolta credulit, moltiplicando le offerte, in-
grassa il porco S. Antonio ; non il porco allegorico, qual sarebbe
il Diavolo, o l' impostore sacrilego, ma il naturale e letterale cre-
duto dal volgo esser sotto la protezione del Santo Abate. Quindi
piana s'apre la via a intendere il verso che segue: Ed altri an-
cor, che son assai pi porci, che vale a dire Egli pur ingrassa, :
oltre il porco suo, molti altri, quali erano a quei tempi i falsi pre-
dicatori, i loro serventi, le concubine, i ragazzi, i ruffiani. -Biag.:
Sant'Antonio si dipigne col porco a ricordare ch'egli vinse gli as-
salti dell'avversario nostro, comparsogli in figura di quel sozzo ani-
male; e Dante figura nel porco i cattivi religiosi di quell'ordine,
come, inchiudendo il genere nella specie, quelli di tutti gli altri,
e dice che di questa sciocca credulit impingua Sant'Antonio il porco,
perocch il pane, il vino e '1 danaro che ricevono dai troppo creduli
benefattori, lo ricambiano con moneta senza conio, che figura le
false indulgenze.- Gius. Di Cesare: l S. Antonio.... indicava i
frati medesimi del tau, i quali deviati dal primitivo e lodevole loro
istituto, e profanando il nome del loro Santo, con moneta senza conio,
cio a forza di racconti ridicoli, di perdonanze false, ingrassavano
non solo il porco loro donato, bens altra gena pi sozza dello stesso
porco, e ben facile a indovinarsie formavan lo scandalo de' pii e
;
dei dotti di quei tempi. - Il commento, veramente ottimo, dei versi
di Dante, lo si trova: BOCCAC, Decam., G. vi, nov. 10.
Ingratitudine, dal lat. ingratitudo, Atto e vizio d'animo
ingrato al bene ricevuto; Coni), i, 12, 60.
Ingrato, dal lat. ingratus, Che non ricordevole de'benefizii
ricevuti; Par. xv, 61; xvn, 64; xxxn, 132.
Ingrossare, da grosso: 1. Attrb. Far divenir grosso; Inf.
xxv, 129. - 2. Neut. Divenir grosso, Crescere; Purg. xiv, 49.
Iniare, cfr. Inviare, 3.
Iniquit, dal lat. iniquitas, Ingiustizia, Malvagit contrario ;
(L'Equit, ma con pi forte biasimo che la semplice negazione di
questa; Conv. iv, 11, 40.
Iniquo, dal lat. iniquus, Ingiusto, Malvagi, Maligne; Par.
xv, 3.
Purrj.
Iniziare, da inizio: 1. Att. Dar principio, Dare inizio;
vili, 87. -
xvi, 73. -2. Neut. pass, per Cominciare; Par. v, 100;
3. E per Prender origine; Par. xvni, 118.
66. Enciclopedia dantesca.
1042 Inizio-Inlibrare
Inizio, dal lat. initum: 1. Principio, Corainciamento; Purg.
vii, 39. - 2. Dare inizio, vale Dar cagione, appicco, occasione; Purg.
xxvi, 10.
Iiileare, Neut. pass, da in e lei, Entrare nel lei, Trasfondersi,
Profondarsi, nella contemplazione di checchessia; Par. xxn, 127.
Buti : Pi V illei, cio pi t' approssimi a lei, cio a la salute
ultima, cio Iddio: illeare ene in lei entrare, et verbo derivato
da questo vocabulo ella, come spesso l'autore fnge s fatti verbi.
Cfr. IMMIARE, INTUARE, INLUIARE.
Inlibrare. da libra, Adeguare, Aggiustare, Bilanciare, Met-
tere quasi in libra; Par. xxix, 4, nel qualluogo zenit inlibra
lezione del pi dei codd., delle ediz. e dei commentat., mentre
altri testi hanno invece tiene in libra; cfr. Barlow, Contrib.,
537 e seg. Com. Lips. in, 774. Moore, Crii., 495 e seg. - Lan. :
D esemplo a mostrare quanto stette Beatrice a guardare nel
punto, e poi li cominci a parlare, e dice che quando lo Sole in
Ariete e la Luna in Libra, e sono in l'orizzonte l' uno in lo contado
orientale, e l'altro in lo occidentale, cotanto quanto elli stanno a
cambiare emisperio e cambiare zenit, cotanto stette Beatrice, quasi
a dire instanti. - Ott.: Descrive l'Autore, per lo moto del Sole
e della Luna, la quantitade del tempo che Beatrice pass, intra
l'uno parlare e l'altro sotto silenzio; e dice che fu tanto quanto
quando il Sole sotto il segno d'Ariete, e la Luna sotto il segno
della Libra, od e converso, s che l' uno opposito all' altro. Elli
stanno in uno grado oppositi verbi gratia, il Sole nel primo
;
grado e nel primo minuto d'Ariete, e la Luna nel primo grado
e primo minuto di Libra: quanto elli stanno in questa ritta e ce-
niticata opposizione, tanto taceo Beatrice. - Petr. Dant. : Sic
subito cernit quod est illud punctum, quod nobis superest perpen-
diculariter, quod mutatur continue cum tempore, quod est mensura
momenti;.... movetur et deliberatur cum Luna in signo Arietis in
opposito puncto cum in horizonte variatur, quod est subitissime. -
Benv.: Breviter et sententialiter vult dicere quod sicut sol et
luna quando sunt in signis oppositis in heraisperio nostro supe-
riori, ita quod sol est in oriente, luna vero in occidente, subito
mutant locum, quia unus ascendit, alter descendit: ita a simili
Beatrix parum respexit punctum divinitatis, et statim revolvit se
ad autorem. - Antonelli : Ecco un altro magnifico fatto astro-
nomico richiamato dal Poeta per dare in modo sensibile e splendido
l'idea di un momento, di un punto di tempo: Quando il sole in
uno degli equinozj, e la luna si trovi in opposizione, cio nella
Inlniare-Innanzi 1013
pienezza del suo lume rispetto a noi, essa dev'essere per necessit
nell'altro punto equinoziale; e quindi se uno di questi figli di
Latona corrisponde all'Ariete, l'altro avr sopra la Libbra. In que-
sta unica circostanza allorch sorge uno di essi su qualsivoglia oriz-
zonte (sebbene a rigor matematico non possa aver luogo il fatto che
su determinati orizzonti), l'altro vi comincia a tramontare, siccln-
fannosi insieme, cio nel medesimo tempo, zona o fascia dell'oriz-
zonte medesimo quando l'uno alzandosi, l'altro abbassandosi, vi
giungono col respettivo centro. Ma questa posizione di perfetta
simmetria, o di bilanciamento per rapporto alla linea orizzontale,
su cui si trovano insieme i centri de' due luminari, d' un istante,
perch nel momento appresso ciascuno di essi rompe quell'equili-
brio, passando dall'emisfero inferiore al superiore l'astro che sorge,
e dal superiore all'inferiore quello che era al tramonto, e cos cam-
biando emisfero ambedue, come dice ottimamente il Poeta. -
L. Vent.: Nel plenilunio, levandosi da una parte la luna, dal-
l' altra tramontando il sole, avvi un momento, in cui ambedue
toccano il riguardano insieme sulla stessa
circolo orizzontale e si
diritta linea, equidistanti dallo zenit; ma un punto impercettibile
perch, appena guardatisi, son gi passati, l'uno di sopra, l'altro
di sotto, mutando emisfero.
Inluiare. ed anche in e lui, Neut. pass. Voce
Tlluiare, da
foggiata da Dante per significare Compenetrarsi di un'altra persona
nel lui, ossia nell'animo, nel pensiero, suo, Divenire seco una cosa
stessa; Par. ix, 73.
Innalzare e Inalzare, dal lat. in e altus: 1. Alzare, Sol-
levare ; Inf. iv, 30. - 2. E figuratane, per Sublimare, Illustrare,
Kendere pi sublime; Purg. ix, 70.
Innamorare, da in e amor: 1. Att. Accendere d'amore, In-
spirare amore; Par. vii, 143; xxui, 70; xxv, 44; xxxi, 5. - 2. Neut.
e Neut. pass. Invaghirsi, Accendersi d'amore, Divenire
innamorato;
Par. xiv, 127; xx, 64. Conv. n, 16, 76.
Innamorato, Acceso d'amore, Preso d'amore, Invaghito;
Purg. xxix, 1. Par. xxvu, 88; xxxn, 105.
Innanellare, cfr. Inanellaee.
Innanzi, in ante, Prima, Addietro. Voce riop
dal lat.
nella Div. Com. 54 volte, 19 nell'In/-., 27 nel
Purg. e 8 noi / ut.
1. Per Davanti, Alla presenza, usato
senza preposiz.; Inf n
senza prepoi
XXX, 123. - per Avanti, Prima, Dinanzi, pure
2. E
1044 Innato - Innocenzio III
Inf xxxui, 37. Purg. xxvi, 1. -
Per Avanti, Davanti, seguito dalla
3.
prep. a; Purg. v, 23; xxtv, 100. - 4. Per Prima, seguito dalla prep.
da; Inf. xxv, 64. - 5. Innanzi che, vale Prima che; Inf. iv, 33;
xxi, 73; xxxiii, 126. Purg. xi, 105. Par. xxn, 15; xxvi, 125.-6. Per
Alla presenza, Nel cospetto, Davanti agli occhi Inf xxx, 67. - 7. Per
;
Prima, Primamente, Anticipatamente; Inf xxiv, 26. - 8. Entrare
innanzi, eli., per Porsi in compagnia d'altri precedendoli; Purg.
ni, 101.
Innato, dal lat. innatus, Insieme nato, Nato con noi, Naturale,
Dentro, nato nell'anima, Postovi naturalmente; Purg. xvin, 62, 68. -
Benv.: Intus nata in vobis.
Innebbriare, cfr. Inebbriare.
Inno, dal lat. hymnus, e questo dal gr. Ojivog: 1. Composizione
poetica acconcia a cantarsi in onore di Dio o de' Santi, Cantico sa-
cro; Purg. xxv, 127, 129; xxxn, 62. Par. xiv, 123. - 2. Per
vili, 17;
antifr. o iron. Inf. vii, 125, dove Inno detto il lamento dei dan-
nati ftti nel fango dello Stige.
Innocente, dal lat. innocens: 1. Puro, Senza peccato; Purg.
xxviii, 142. - In senso religioso, per Integro, Riconciliato con
2.
Dio, Eletto, Credente, e simili; Purg. vili, 72. - 3. Detto dei par-
voli, vale Che non hanno commesso peccato attuale; Purg. vii, 31.
Par. xxxn, 80. - 4. E per Non colpevole di quello di che viene
accusato, quantunque del resto forse reo di molti misfatti Inf. ;
xxxiii, 88.
Innocenza e Tnnocenzia, Nettezza di colpa, Purit di
cuore; Par. xxvn, 127; xxxn, 77, 84.
Innocenzio III, Giovanni Lotario della nobile famiglia dei
Conti, nato in Anagni nel 1161, studi a Parigi, a Roma ed in Bo-
logna e fu eletto pontefice a d 9 gennaio 1198, essendo in et di
37 anni. Fu uno dei pi grandi e pi energici pontefici del medio
evo e si acquist pure qualche merito letterario. Tra le sue opere
si ricordano, oltre alle sue Epistole, i tre libri De contemtu mundi,
sive de miseria humance conditionis ed i sei libri Mysteriorum
evangelicce legis ac sacramenti Eucharistice. Dante lo ricorda per
aver approvato provvisoriamente nel 1209 la regola di S. Francesco
d'Assisi; Par. XI, 92. Sopra Innocenzio III cfr. Murat., Script.
ni, 1, 480 e seg. Rottengatter, Res ab Innoc. Ili papa gesta,
a
Vratislav., 1831. Hurter, Geschichte Papst Innocenz III, 3 ed.,
-
InnoYare-In pie 1045
4 voi., Hamburg, 1841-43. Jorry, Histoire du pape Innocent III,
Paris, 1853. Gasparo, Innocent III, Paris, 1873.
Innovare, dal lat. innovare, Rinnovare, Far di nuovo. Neut.
pass. Rinnovarsi, detto di piante; Purg. xxxn, 59.
Innnmerabile, dal lat. innumerabilis, Che non si pu nu-
merare, Di quantit infinita, Di cui non si pu dire pensare il
numero, computarlo; Par. xvm, 101.
Ino, gr. 'Ivo), moglie di Atamante, ricordata Inf. xxx, 1-12.
Cfr. Atamante.
Innoltrare, dal lat. in e ultra, Andar pi oltre, pi avanti
figuratam. Par. xxi, 94.
fini fida re, dal lat. inundare, Allagare d'acque i terreni; figu-
ratam. detto dello spirito; Par. IV, 119.
Inope, dal lat. inops, Povero, Mancante di avere, Bisognoso;
Figuratam. detto del collegio dei dannati, eternamente privati della
divina grazia, e coll'accento sulla penultima per causa della rima;
Par. xix, 111.
In parte, da in e pars: Non interamente, In qualche parte;
1.
Inf. iv, 71. Purg. xi, 84; xxxm, 137; Par. il, 74; xi, 136. - 2. In
parte, vale pure In disparte; Inf. iv, 129. Cfr. parte.
In pie e In piede,da in e pes: 1. Ritto; Inf. xvm, 132;
xxxiv, 94. Purg. xxxm, Portare suso in piede, pare che valga
8. - 2.
Col piede, Coli' artiglio, come Portare in mano, per Portare colla
mano; Purg. ix, 27. Gli antichi (Lan., Ott., Petr. Dant., Cass.,
Falso Bocc, Benv., Buti, Serrav., An. Fior., Land., Tal., Veli.,
Dan., non danno veruna interpretazione, probabilm. perch per
ecc.)
essi non offriva veruna difficolt. - Lomb. : In piede,
la dizione
pleonasmo in grazia della rima (?), e dee valer quanto col piede,
co' piedi, cogli pure Port., Pogg., ed il pi dei
artigli. Cos
moderni. Betti: In piede, cio rettamente, non capovolta, in al-
tra guisa disadatta, e conveniente a rapina di animai grifagno.
Tom.: In piede, illesi. Potrebbe anche leggersi portarne suso il
piede, come in Virgilio Efferre pedem (Aen. 11, 657): se si legga
in, vale Portarci ritti, non offendendo cogli artigli, ma
solo non ci
non ci turbando dalla dirittura nostra rivolta al cielo. Corrispon-
derebbe al quasi proverbiale Cascare in piedi, Cascare ritto. -
Bl.: La spiegazione comune: Co' piedi, Cogli artigli, pu sola
ammettersi, ma non per esente da durezza.
1046 In pria-Insegna
In pria, posto avverb., In prima, Dapprima, Al principio;
Inf. xxiv, 143. Purg. xvi, 91 ; xvn, 9. Son. : Io maladico il d
eh' io vidi in pria (var. ?), v. 1, nel qual luogo per da leggere
In prima.
In prima, posto avverbialm., Primieramente, Avanti, Ante-
cipatamente; Inf. xix, 91. Purg. iv, 99; 133. - In prima che, per
Prima che; Par. xxx, 138. Cfr. prima.
In qua, Avverb. di luogo e di tempo; contrario di In l: Verso
questa parte, Da questa parte, Verso questo tempo, ecc. Inf. xvni, 26;
xxv, 4; xxvii, 117 xxxiii, 148. Purg. xvm, 131 xxvn, 32.
; ;
Inquanto e In quanto,
Avv. Corrispondente di In tanto,
espresso o sottinteso: Per quella, o Per questa parte, In tanto
1.
che; Par. iv, 110; xxvi, 28, 88. - 2. Ellitt. per In quanto tempo,
Mentrech; Par. il, 23; xxn, 110.
In quella, posto avverb. denota tempo, e vale In queir ora,
In quel punto, In quel mentre., Inf. vili, 16. - E colla particella
Che; Inf. xn, 22.
Inquisizione, dal lat. inquisitio, Diligente ricercamento,
Ricerca addentro a una cosa, o a pi insieme che facciano un tutto
reale o immaginato; Conv. IV, 7, 6. Mon. i, 3, 13; li, 2, 5, 6;
ni, 1, 23.
Insaccare, dal lat. in e saccus, propriam. Mettere in sacco.
Per Chiudere, Contenere in s; Inf. vii, 18. -
similit., Inghiottire,
Gelli: Riceve ed accoglie dentro di s, a guisa di sacco, il male
di tutto l'universo, cio tutti i peccatori del mondo. - Boss. :
Accoglie in s, Riceve nel suo grembo; poich quella voragine
ha in certo modo la forma di un immenso sacco.
Insalare, dal lat. in e sai, Aspergere di sale; Neut. pass.
Divenir salso, Insalato; Purg. li, 101.
Insano, dal lat. insanus, Di non sana mente, Pazzo, Furi-
bondo; Inf, xxx, 4.
Insaporare, dal lat. insaporare, Dar sapore, Far saporoso.
Neut. pass. Divenir saporito Par. xxxi, 9, nel qual luogo Insa-
;
porarsi detto figuratane, per Convertirsi in miele.
Insegna, dal lat. insigne: Vessillo, Bandiera; Inf. ni, 52.
1.
Purg. xxix, 154. Par. xn, 38. Vit. N. xxxix, 6. - 2. Stemma di fa-
Insegna degl* ignari 1047
miglia o principesca o altra, Arme gentilizia; Par. xvi, 127. - 3. E
per Segno, Indizio, Contrassegno, Insegnamento, ecc. Purg. in, 102;
xxn, 124. Vit. N. IV, 12.
Insegna degl' ignavi. Per i Mutabandiera ci voleva la
bandiera, onde nel Vestibolo infernale Dante vede un' insegna
Cbe girando correva tanto ratta, ecc. e gli ignavi le corrono die-
tro; Inf. ni, 52 e seg. - Benv.: Quia omni isti ribaldi trahunt
ad unum signum, nec discernuntur aut distinguuntur inter se...
Et quia vita istorum semper est in continuo discursu;.... et quia
non habent proprium domicilium nec habitaculum.- Buti: Que-
sta pare conveniente pena a costoro, che mai non hanno voluto fare
alcuna cosa, che sieno posti a sempre correre in giro, a ci che non
abbino mai fine, e mai non si posino coloro che sempre si sono po-
sati e sono vivuti pur per mangiare, e bere, e dormire come le be-
stie, e corrono dietro all'insegna della carnalit, che sono stati nel
mondo seguitatori pur del corpo et a lui hanno sottoposto l'animo. -
Land.: In costoro nessuna differenza ; et per seguitano tutti
una bandiera, nella quale non pone pi una che un'altra imagine,
perch niente si pu discernere in s oscura vita. - Tal.: Vidi
unum insignum, quia omnes isti trahunt ad unum unde omnes re-
baldi tales respondent unius fame et honori. Et illud insignum
volvebatur ita velociter, quod mirabar de eius revolutione: quia
aliquando sunt hic, aliquando sunt illic, et nunquam stant firmi. -
Veli.: conveniente cosa, che ogni contrario sia punito per lo suo
contrario; adunque, se costoro erano stati tanto, per la sua vilt,
sonnolenti et pigri, che non s'avevano proponuto alcun onesto eser-
citio, a che siamo tutti nati, bisognava che fussero sempre in con-
tinuo et veloce moto, et indegni, come dice, d'ogni posa. E mette,
che girando correvano tutti dietro ad una insegna, perch, essendo
il luogo tondo, giravano secondo quello. Et moralmente, Questi
sciagurati si propongono molte cose, vacillando s' aggirano d' una
in un' altra, senza pur una mai metterne in esecuzione, e non
me-
diverse in-
ritano che di loro sia fatto distinzione alcuna, perch
merita
segne abbino a seguitare. - Boss.: Chi evit fatica non
causa, e per
riposo; chi per inerzia non volle abbracciare la buona
amor dell'ozio trad i suoi doveri, or corre sempre; e Dante
lungi
cominciare, poich ha saputo
di lagriraar piper essi, come fece al
sono costretti a
chi sono, crede indegna di posa la bandiera che
indegni di riposo essi me-
seguire: il che lo stesso che credere
questi uomini
desimi. Notate la segreta allusione della bandiera
a
secondo vento spira;
senza fermo carattere, che si volgono sempre
il
e che perci vengon detti bandiere $ ogni vento.
1048 Insegnare-Insleme
Insegnare,
spagn. ensenar, portog. ensinar, fr. enseigner, dal
lai Diez, Wrt. i 3 , 238). 1. Indicare, Mostrare, Co-
signum (cfr.
municare ad altri notizie per segni o di parola o di fatto; Purg.
vi, 60 xi, 42. - 2. Dar certezza, Informare, Dire
; Inf. vi, 77. - ;
3. Ammaestrare, Dare altrui precetti intorno a qualche arte o
scienza; Inf. xv, 85; xxvn, 101. Purg. xxxin, 53.
Insenibre, dal lat. in simul, prov. ensemble (cfr. Diez, Wrt.
3 forma antica per Insieme, che si us anche fuor di rima
i , 238),
(cfr. Nannuc, Man. i
2
, 188); Inf. xxix, 49.
Insemprare, dal lat. in e semper, Neut. pass., Eternarsi,
Prolungarsi in infinito; Par. x, 148.
Insensato, Che non ha senso
dal lat. insensatus, Non sensato,
intellettuale, Stupido, Stolto. E in senso morale, Che non sente l'im-
portanza e bellezza di certe cose, in modo da conformare a questo
sentimento i suoi atti; Par. xi, 1.
Insetare, Innestare, Annestare ; usato figuratamente Conv.
IV, 22, 94, 99.
Insetazione, L'insetare, Annestamento (lat. inserti), usato
figuratami. Conv, IV, 22, 91.
Insidia, dal lat. insidia, Nascoso inganno ad altrui offesa,
Agguato, Pericolo; Par. xvn, 95.
Insieme, dal lat. in e simul, insimul, Avverb. che denota
Congregamento, Unione, e vale Unitamente, Di compagnia, ecc
Nella Div. Com. adoperato 41 volta, cio 20 volte nell' Inf.
(in, 106; IV, 97; V, 74; vili, 102; xm, 43; xvi, 4; xvm, 78; xxn, 42
xxm, 69, 105; xxv, 103, 105, 115; xxvi, 56; xxvn, 119; xxx, 15
xxvii, 42, 51; xxxui, 9, 147), 6 nel Purg. (n, 47; xvi, 110; xxn, 51
xxv, 46; xxxi, 13; xxxn, 153) e 15 nel Par. (iv, 14; vili, 102
xn, 25, 27, 36, 97 xiv, 111 xv, 135 xvm, 62; xxi, 41 xxn, 23, 35
; ; ; ;
xxix, 3, 29; xxxin, 89). Oltre i significati addotti sono da notarsi i
seguenti: 1. Per Vicendevolmente, Tra di loro; Purg. xxxn, 153. -
2. Per Ambedue, o pi, o S l'uno come l'altro; Par. iv, 14. -
3. Per L'un coli' altro; Inf. xxxn, 51.-4. Per A un tratto, Nel
medesimo tempo, Ad un tempo stesso; Inf. xm, 43; xxvn, 119;
xxxni, 9. Par. xn, 25; xv, 135, ecc. - 5. Sapere insieme, vale Ar-
monizzare nell'operare ad un medesimo fine; Vit. N. xxx, 16 var.
(La vera lez. pare che sia s'aveano insieme).
Insn-Instinto 1049
Insili, Inaino, dal lat. in finis, cfr. infino, infin, del quale
variante.
I uso Ilare, da sollo, Kender sollo, quasi soffice, il contrario
di duro. E
figuratane, per Eender vano, Indebolire, Allentare; Purg.
v, 18. - Lan.: Insolla, cio in sommitate privazione. - Ott.:
In solla, In sommitade, e privazione. - Cass. : Malificat. -
Benv. : Privat, vel debilitat. - Buti : Rende vano. - Serrav. :
Insollat, idest separat, idest recedit a principali intentu et utili,
et dimittit principale pr accessorio. Insollat: idest debilitat. -
Land.: Eende vano et annichila. - Veli. : Rende vano. - Bor-
ghini: Sollo vuol dire Leggieri o per me' dire non pigiato, ma
sollevato e come cosa che sta sempre in su V ale cos chiam il :
Villani una citt insoluta - sollevata e pronta a fare tumulto o
novit. E solla propriamente nel ferro lavorato certe scaglie o
noccioletti che non si appiccano col resto del ferro e nell'adoperare
facilmente per s medesimo si spicca e fa come appunto veggiamo
accadere negli intonachi delle mura dove sia adoperata calcina mal
colata, che certi noccioletti che chiamano bullette rigonfiano da
loro medesimi e sollevandosi dal muro spiccano. adunque facile
e piano senso, e le parole, come sempre, propriissime: ch'il nuovo
pensiero che sopravviene, come sottentrando e sollevando V altro,
se lo leva come dire in capo e facilmente lo caccia via. - Voi. :
Render vano, Annientare. - Tom.: Allenta.
In somma e Insomma, dal lat. in summa, Finalmente,
In conclusione; Inf. xv, 106.
In soso, In su, In alto; forma antica per in suso, che si usava
e fuor di rima e in prosa; Inf. x, 45.
Inspirare, inspirare, Spirare, Infondere, Mettere in
dal lat.
mente o nell'animo, un pensiero, o un affetto; Par. vi, 23 rar..
nel qual luogo la lezione spirarmi, che dei pi, merita la pre-
ferenza. Cfr. Spirare.
Instanza, Instanzia, Istanza, Instanzia, dal Lat.
instantia, e questo dal gr. svenaci, propriam. Perseveranza nel do-
mandare, nel chiedere. E nel linguaggio delle Scuole, vale
Questione
posta, sia in forma di domanda, sia d'obiezione, ed anche
Bip
IV, 13, 38:
zione d'una obiezione gi confutata; Par. if, 94. Conv.
IV, 22, 74. Mon. il, 6, 46; II, 10, 61; n, 11, 20.
dal lat. instinctus, Sentimento
ci.
Instinto e Istinto,
immediato della confo-
genera negli animali tutti per effetto
1050 Ins-Insurgere
zione degli organi corporali, e che gli incita a certi movimenti ed
operazioni, per le quali soventesi procacciano quello che loro giova,
e fuggono quello che loro nuoce. E vale pure Naturale facilit al-
l' uso e agli atti di certe passioni, piuttosto che d'altro; Inclina-
zione, Propensione, Indole, Voglia, Talento, Affetto, Natura, Isti-
gazione; Par. i, 114.
Ins, In su, e poeticam. In sue,
insuper, Combi-
dal lat.
nazione delle due prep. IN e su, adoperata sovente nelle opere vol-
gari di Dante nei diversi suoi significati. 1. Avverb. Contrario di
In gi, vale In alto, Verso la parte superiore; Purg. vili, 23. Par.
xxvn, 77. - 2. Prepos., per Su, Sopra; Inf. iv, 7; xvn, 91; xxi, 101.
Purg. 130; v, 124; xvi, 115, e sovente. - 3. E per Pi innanzi,
i,
pi pi
l, di sopra; Inf. x, 33. - 4. Dal dieci in su, vale Al di l
di dieci; Conv. il, lo, 23. - 5. E per A, Nel, e simili; Inf. xxm, 4.
Purg. xx, 143. - 6. In su quel punto, vale In quell'ora, In quel-
V istante; Inf. i, 11. - 7. In su le porte, Alle porte, Sopra le porte;
Inf. vili, 82. - 8. In su la soglia, Alla soglia, Sopra la soglia; Inf.
ix, 92. Purg. IX, 104. - 9. In su la morte, Nel morire, Nell'istante
del morire; Purg. xxvn, 38. - 10. In su la sponda, Sopra la sponda;
Purg. xxx, 61.
Insurgere, dal lat. insurgere, Levarsi su; Purg. xxvi, 96,
luogo di interpretazione controversa. Il Poeta dice: All'udir nomi-
narsi il Guinicelli, il mio giocondo commovimento fu simile a quello
di Toante ed Euneo (o Eumenio), figli di Isifile, i quali, appena ebbero
riconosciuto la madre loro, corsero ad abbracciarla (cfr. Stat., Theb.
V, 721 e seg.): ma non insurgo a tanto, cio Non corro ad abbrac-
ciare il Guinicelli, temendo delle fiamme (cfr. v. 102). Cos i pi.
Altri diversamente. Lan.: L'amore ch'io portai a messer Guido
non cos stretto come da figliuolo a madre. - Ott., Petr. Dan.,
Cass., Falso Bocc, ecc., non danno veruna interpretazione della
frase dantesca. - Benv.: Poeta videns Guidonem, quem vocat pa-
trem suum evasisse a periculo inferni, quem credebat damnatum,
repletus gaudio volebat ruere in amplexus et oscula, nisi ignis ve-
tuisset. Unde restringens comparationem, dicit: ma non a tanto
insurgo, quantum illi, quia non fuit osculatus vel amplexus eum
timore ignis; vel vult dicere: Non tamen credas quod non fuerit
maior laetitia et festivitas filiis videre matrem. - Buti : Ma non
corro ad abbracciarlo, come corsero Toas et Evennio ad abbracciar
la madre imper eh' elli era nel fuoco, e per dice che non insurge
:
a tanto; cio non pillia tanto ardire, eh' elli si mette nel fuoco per
abbracciarlo. Cos pure Land., Tal., Veli., Dan., Dol., Veni.,
Insusare-In te, Domine, speravi 1051
Biag., Betti, Costa, Ces., Tom., Br. B., Frat., Greg., Andr., Ben-
nas., Cam., Frances., Corri., Poi., Filai., ecc. - Serrav.: Non
tamen cum tanto gaudio. - Lomb. A me passa per la mente,
:
che fondi Dante l'espressione su la frequente unione, che hanno
tra di loroparticelle tale e tanto; e che dopo di aver detto
le
tal mi siegua ma non a tanto insurgo, in luogo di dire,
fec' io,
avvertite per, che dal tale io non m' avanzo al tanto, cio, a
dir anche e tanto; accennando essere bens stato il suo rallegra-
mento uguale, ma non ugualmente operativo verso l'oggetto amato,
pena in cui trovollo, come fe-
di abbracciarlo, e di liberarlo dalla
cero i due figli verso la - Campi (seguendo il
madre Erifile.
Tamburini, il quale d l'interpretazione come di Benv.): Ma
non posso paragonarmi a quelli eroi (e dire, che per i' appunto
ad essi Dante si paragona !).
Insnsare, Neut. pass., da suso, Innalzarsi, Elevarsi, Andare
all'ins; Par. xvn, 13. - Buti: T
insusi, cio t'inalzi in su in-
verso Iddio. Questo verbo preponiale fatto dall'autore justa lo
vulgare.
In suso, forma antica, poetica, e dialettale, per In su, In alto;
Inf. xvr, 131; xxvi, 140. Purg. Ili, 77; vii, 134; xn, 83; xxv, 113.
Par. i, 50; II, 22; xxi, 29. Cfr. in soso, in su.
Intagliare, da in e tagliare, Scolpire caratteri o altro di-
segno sopra la superficie della pietra, del legno, e simili; Scolpire
di cavo o di rilievo in pietra, metalli, legno, ecc. Cam.: Amor,
tu vedi ben che questa donna, v. 12.
Intagliato, Partic. pass, e Add. da intagliare, Iscolpito;
Purg. x, 38, 55.
Intaglio, Lavoro, Opera d'intaglio, o di rilievo, o d'incavo,
Scultura; Purg. x, 32.
In questo mentre,^ln quel
Intanto, dal lat. intantum: 1.
Purg.
mentre, In questo tempo, In questo, In quella, Inf. IV, 79.
o di Quat
in, 46; V, 22; xxvi, 4, 88. - 2. Correlativo d'Inquanto
xxvi, 88. - E non seguito da V""/".
Par. n,23; IV, 110; xxu,109; 3.
140. - Per In quo
pure nel senso di In tanto tempo; Purg. XXXII, 4.
per Talmente che;
sto solamente; Purg. xxv, 53. - 5. In tanto
che,
Par. xxx, 104.
Ho sperato in te, o Signore;
In te, Domine, speravi,
Purg. xxx, 83. Cfr. in.
1052 Integro-Iutelletto
Integro, dal lat. integer, Compito nella totalit; Inf. vii, 126.
Intelletto, dal lat. intellectus, Potenza dell'anima, colla quale
l'uomo atto a conoscere le correlazioni delle idee, e quelle che le
idee hanno coi fatti. Zanott., FU. Mor. iv, 1 (ap. Tom.-Bell.) In- :
telletto quella potenza che riguarda le cose in quanto sono da co-
noscersi; che lo stesso che dire in quanto sono vere: siccome la
volont quella potenza che riguarda le cose in quanto son da
volersi che lo stesso che dire, in quanto son buone. - Rosm.
;
(ibid.): Intelletto la facolt del vero, e propriamente la facolt
delle idee. Da molti filosofi fu confuso col senso; e dal Reid e dallo
Steward coli' immaginazione. Secondo Aristotile la potenza ordi-
nata a trar dai sensi le idee, le quali egli distingue da essi solo
per l'oggetto; ed ha la facolt di estrarre gli universali dai par-
ticolari. Errore di lui nel non distinguere accuratamente l'operare
del senso da quello dell' intelletto. Come spieghi S. Tommaso il
detto Niente va nell'intelletto che non venga dal senso; come il
Leibnizio. La sua vera spiegazione che tutto ci che v'ha di ma-
teriale nella cognizione dato dal senso. L'intelletto non pone la
sua idea come tale nella cosa, ma dell' idea che possiede si serve
per conoscerla. Somministra il predicato al giudizio quindi :
una facolt distinta dalla ragione. Percepisce le cose nella loro
essenza. Come s'intenda il detto degli Scolastici che l'intelletto
percepisce i singolari per quamdam reflexionem. Se, e quando, co-
nosca il proprio atto. Colla sua parte pi elevata fuori del tem-
po, ecc. (cfr. Tomm.-Bell., II, n, 1590, 3). Secondo gli Scola-
stici, Intelletto la facolt conoscitiva, che ha per obietto l'ente.
Intellectus agens dicesi l'intelletto istesso, in quanto produce la
specie impressa per giovarsene a produrre quella espressa. Intel-
lectus patiens, passivus, o passibilis denominano l'intelletto, in
quanto riceve le specie impresse, prima di formarne la cognizione,
e dicesi pure intellectus possibilis perch ha potenza di ricevere
le specie di tutte le cose. Intellectus speculativus o theoreticus,
che si ferma nel contemplare 1' obietto. Intellectus practicus
quello che applica la cognizione all'opera {T>iz. Tomistico e Sco-
lastico, 84. s. v. Intellectus).
La voce intelletto occorre sovente nelle opere di Dante. Notisi
anche qui, come tante volte, simmetria veramente stupenda. Nella
Div. Com. questa voce adoperata 30 volte, cio 6 neYInf. (il, 19
ni, 18; IX, 61; x, 104; XI, 100; XV, 28), 12 nel Turg. (iv, 75; v, 113
vi, 45; xiv, 23; xvm, 17, 55; xxn, 129; xxiv, 51; xxv, 65; xxviii, 81
xxxiii, 48, 73) e 12 volte nel Far. (i, 8, 120; il, 109; iv, 42, 125
V, 8; vili, 109; xm, 120; XV, 45; xxvi, 37,46; xxviii, 108). 1. De-
Intelletto 1053
finito come Quella virt che ha pi nobilitate; Cam.: <
E' in' in-
cresce di me s malamente, v. 74; e come La nobile parte del-
l'anima nostra, che di comune vocabolo Mente si pu chiamare;
Conv. IV, 15, 80. - 2. la Virt che apprende, che percepisce l'uni-
versale, mentre il senso non percepisce che il singolare; Par. iv, 42. -
3. Intelletto possibile (non passibile, come hanno alcuni testi). Purg.
xxv, 66. Conv. iv, 21, 33, per Dante, come per gli Scolastici in ge-
nerale, una Intelligenza universale che
si comunica all'anima senza
farne parte e senza essere addetta a verun organo particolare del
corpo. Chiamasi questo intelletto possibile per esser in potenza
d'infondersi in tutte le nature diverse de gli huomini, et operar
in essi la virt sua; Dan. - Quandoque enim ponunt quatuor in-
tellectus, scilicet intellectum agentem, possibilem, et in habitu, et
adeptum : quorum quatuor intellectus agens et possibilis sunt di-
omnibus est alia potentia activa et alia
versiae potentine, sicut et in
passiva; alia vero tria distinguuntur secundum tres status intel-
lectus possibilis; qui quandoque est in potentia tantum; et sic di-
citur possibilis; quandoque autem in actu primo, qui est scientia;
et sic dicitur intellectus in habitu;- quandoque autem in actu se-
cundo qui est considerare: et sic dicitur intellectus in actu sive
intellectus adeptus; Thom. Aq., Sum. th. I, lxxix, 10. Cfr. ibid.
I, lxxvi, 1; I, lxxxvii, 1; I, lxxxviii, 1; I, 11, 1, 4, 5, ecc. Seguendo
Aristotele, gli Scolastici peripatetici, e con loro, seguendo S. Tom-
maso, anche Dante, distinguevano nella potenza intellettuale del-
l'anima V intelletto agente dall' intelletto possibile, il primo dei
quali non fa che ricavare dalla percezione degli oggetti sensibili
le idee astratte, che dicevano poi intelletto del possibile. Nullus
intellectus, dicea lo Scoto {in dist. IV XLV
qu. 1), intelligit,
nisi intellectus possibilis, quia agens non intelligit. Cfr. Asson,
Filosofia di Dant. Al, p. 262. Palermo, S. Tomm., Aristot.
e
Dante, p. 20. Erdmann, Gesch. der Philosophie, 1, 342, 363. Conti,
Storia della Filosof. 11, 208 e seg. Com. Lips. 11, 503 e seg. - 4. In-
telletto in alto; Purg. vi, 45. Par. iv, 125.-5. Limiti dell'intel-
letto umano; Par. Cam.: Poscia ch'Amor del tutto m'ha
xxvi, 46.
lasciato, v.44.- 6. Suo perfezionamento; Purg. xvnr, 17; xxvm, 81.
Par. il, 109; v, 8.-7. Uomo d'intelletto (da s, sempre lode);
Inf. li, 19; ix, 64.-8. Intelletto alto e sottile, per Grande, Pro-
fondo intelletto; Cam.: Quantunque volte, ahi lasso! mi rimem-
bra, v. 25.-9. Infermit dell'intelletto; Cam.: Amor che
nella
mente mi ragiona, v. 4. - 10. Differenza dagli enti non ragionevoli:
Par. 1, 120.-11. Distinguevasi, cos indigrosso, lo spirito umano:
Memoria, intelletto e volont; ma pi frequente e nell'uso comune
Volont e l'Intellettu.
e nello scientire-o era la distinzione tra la
1054 Intelletto-Intelligenza
Educare il cuore e l'intelletto; Par. xill, 120. Passioni che velano
l'intelletto; Purg. xxxin, 73. Par. i,8.- 12. Dio il Bene dell'in-
telletto; Inf. in, 18. Conv. il, 14, 33.-13. Dio il primo intel-
letto; Par. 111.-14. Intelletto divino; Inf. xi, 100. - 15. In-
vili,
telletti Par. vili, 109; xxvni, 108.
Angelici, ossia Intelligenze;
Cam.: Amor, che nella mente mi ragiona, v. 23. - 16. Intelletto
diabolico; Purg. v, 113.-17. Intelletto dei dannati; Inf x, 104.-
18. Perch Intellectus da intelligere, e questo gl'Italiani sovente
rendono con intendere, Intelletto talvolta vale Intendimento, non
pur nella facolt, ma e l'intendere molte cose, o tale o tal cosa;
Purg. xxii, 129. Par. xv, 45. - 19. Col Di ha ancora pi chiaro il
senso d'Intendimento; Purg. xvm, 55; xxiv, 51.-20. Per Concetto,
Opinione concepita; Cam.: Le dolci rime d'amor, ch'io solia,
v. 93.-21. E per Senso o Sentimento d'un intero discorso, d'un
costrutto, d'una voce; quel che il dicitore intende per essi, quel
che s'ha a intendere o che si pu; Conv. in, 9, 16.
Intelletto, dal lat. intellectus, Partic. pass, di intelligere, In-
teso; Par. xxxin, 125.
Intellettuale, dal lat. intellectualis, Che dell'intelletto,
Che concerne l'intelletto; Par. xxx, 40.- Virt intellettuali, dette
anche teologali, a distinzione dalle morali, sono Fede, Speranza,
Carit; Conv. iv, 19, 28; iv, 21, 52, 54. Cfr. Virt.
Intelligente, dal lat. intelligens, Che ha facolt d'intendere,
e sovente facolt di bene intendere e prontamente, Dotato d'intel-
ligenza; Par. v, 23.
Intelligenza, dal lat. intelligentia, Facolt intellettiva, Abito
e Atto e Modo dell'intendere. L' intelletto pu comprendere il con-
cepire, il giudicare, l'imaginare, lo scoprire; V Intelligenza spe-
cialmente il concepire. Intelletto, in senso lato, la facolt; In-
telligenza, la forza, l'acume dell'intelletto. Ogni uomo dotato
d'intelletto; non tutti d'intelligenza. Nel linguaggio Scolastico In-
telligentia vale talora Intelletto, talora Intellezione (come quando
dicesi assentire ai primi principii per l'intelligenza dei termini),
talora il significato e l'applicazione della proposizione (come quando
dicesi: tale l'intelligenza di queste parole). Theol. Mist., 88: La
intelligenza in noi quella cosa per la quale, naturalmente inve-
stigando ovvero ragionando, ciascheduna anima conosce il suo crea-
tore. Eosm. (ap. Tomm.-Bell.): L'intelligenza l'intuizione del-
l'essere, l'unione dell'oggetto al soggetto, nella quale quello rimane
necessariamente distinto da questo. Di che consegue che ci che
Intendente-lntendere 1055
oggetto per essenza, l'essere, la forma di ogni intelligenza,
la
prima cognizione, la parte formale della cognizione.... Intelligenza
una facolt essenzialmente attiva; e si pu definire la facolt di
vedere l'essere.- 1. Come Facolt in generale; Par. 1, 119. Conv.
in, 13, 17, 35.-2. Operazioni; Purg. xxv, 83.-3. Intelligenze
se-
parate, ed anche semplicemente Intelligenze, sono sostanze spiri-
tuali senza corpo n materia, Spiriti sopra l'umano. Quindi Dio
detto l'Intelligenza xax' gox^v, cio l'Intelligenza suprema; Par.
11, 136. Conv. iv, 21, 36.-4. Intelligenze sono chiamati specialmente
gli Angeli; Par. xxvin, 78. Conv. 11, 5, 5, 17, 22; hi, 6, 27, 36,
37, 39; ni, 13, 34; in, 14, 26, 28, ecc. -5. Ed i Demoni sono detti
Intelligenze infernali, che sono in esilio dalla superna patria; Conv.
ili, 13, 8, 12. - 6. Intelligenza vale pure Cosa intesa, Intellezione,
Azione e Atto dell' intelletto e oggetto veduto da esso Conv. iv, 21, 58.
;
Intendente, dal lat. intendens, intendentis, Che intende, Che
comprende; Par. xxxm, 126.
Intendere, Verbo che ha il doppio senso del lat. intelligere
e del lat. intendere, quindi di doppia etimologia, bench formalmente
dal lat. intendere. Dicesi intendere pel lat. Intelligere, usando l' an-
tecedente per ci che conseguita. Giacch prima di comprendere bi-
sogna tendere la mente e le orecchie. Varchi, Lez., 474: Intendere
significa due cose diverse: udire, per dir cos, e essere intento. Di-
stiguansi dunque i sensi d'intelligenza da quelli di intenzione: Voi
non intendeste quel ch'io intendevo di dire. Intendeste riguarda
l'intelligenza, Intendevo, l'intenzione. Neil' Intendere pertanto si-
gnifcansi Tendenza, Attenzione, Intendimento, Intenzione. Ora l'una
di queste idee, ora insieme pi. Gr. 'evxivco, Indirizzare, Tirare, En-
fiare; xsvt^co, Vedere chiaro; xsv^g Riguardante fiso, Fermo, Ri-
gido, Applicato.
Nelle diverse sue forme e significazioni il verbo Intendere ado-
perato nella Div. Com. 97 volte, cio 30 volte neVInf., 35 nel Purg.
e 32 nel Par. - 1. Per Ascoltare, Essere, Stare, attento, Udire, e
simili; Inf. 11, 26, 50; in, 102; IV, 43; vi, 73. Purg. vi, 7; mi,
125; XX, 138; xxvr, 78, e sovente. -2. Per Comprendere, Esser d'opi-
nione, Credere; Inf. 36, 43; in, 61; xi, 97; xix, 59; xxiv, 74.
11,
Purg. Vi, 46; IX, 145; xvni, 73; xix, 137, e sovente. - 3. Per Aver
l'intenzione; Inf. xxix, 96. Purg. 1, 65. Par. vii, 100; xxxi, 58.-
4. Intendere a checchessia, vale Essere occupato, avido, di esso; Inf.
ix, 136. -
Vi, 30; XX, 119; xxv, 39. Purg. IV, 4; XI, 87 xxv, 60. Par. ;
5. Neut. pass., per Essere inteso, compreso; Purg. xix, 75. Par. 111,
Intcn-
39; XV, 46; xxxm, 125.-6. Disputabile il senso della voce
:
1056 Intendere
dersi nel luogo Purg. xv, 73, dove significa probabilmente Amarsi,
come spiegano alcuni. - Lan.: Lo valore infinito e grazioso di Dio
illumina le anime che sono in Paradiso, e cotante quante elle sono
pi, tanto cresce quella luce e gloria. - Ott. ripete lo stesso. Petr.
Dant., Cass., Falso Bocc, An. Fior., ecc., non danno veruna inter-
pretazione. - Benv. : Intenditur et multiplicatur in coelo, vel intel-
ligunt se invicem. - Buti: S' attende, cio si vede. - Serrav. :
Et quanto plures gentes hic supra incenduntur, plus ibi est ad
bene amandum, et plus ibi amantur. - Land.: Non mi unisce la
gloria nell'anime in cielo per esservene pi, ma cresce. - Veli.
Aspira a quel bene di lass. - Dan. : Quanta pi gente in
cielo, tanto pi v' da bene amare, et pi vi si ama. - Lomb. :
Si conosce. - Biag.: E intesa, o intenta. - Betti: Intendersi
per attendersi. E quanta gente pi s'intende lass, cio a quel-
F infinito ed ineffabil bene che lass. Cos il Petrarca Il buon
:
re sicilian, che in alto intese, S lunge vide e fu veramente Argo.
Ed maniera latina. - Ces.: Quanti pi beati tu immagini, e poni
lass. - Tom. : S' intende, ama. - r. B. : Su nell' Empireo si
conosce per mutua riflessione d'uno in altro del lume di Dio che
g' investe. - Frat.: intenta nella visione di Dio. - Andr. :
Quanti pi sono quelli che lass nel cielo amano. - Gorn. :
Quanti pi sono i beati tanto pi vedesi moltiplicata la divina
bont, e per accresciuto l' oggetto dell' amore. - Poi. (seguendo il
Giul.) : Quanti pi sono i comprensori che in Dio tengono l'oc-
chio fisso, lo veggono, s'appuntano in quel Bene, amano. Paiono
espressioni disformi; ma invece, in sostanza, bellamente convengono
insieme, perch la visione di Dio non altro che amore e beati-
tudine. - Di Intendersi per Amarsi cfr. Nannuc, Voci e Locuz.
prov., 94.-FANF., Studi, 212 e seg.:In questo canto si parla a
lungo dell' amore de' beati, ed il concetto che domina in tutto il ra-
gionamento questo: che, dove l'amore del mondo non patisce com-
pagnia, quello di lass s fatto che quanti pi sono coloro che
si amano l'un l'altro, e pi c' da bene amare. Per non solo con-
fermo che l' intendersi sta qui per amarsi, ma dico non esserci via
di intenderlo altrimenti, perch il secondo inciso di questo mem-
,%
bretto Pi v e da bene amare prova provata che nell'inciso primo
il quanta gente pi lass s'intende non pu altro importare che
quanti pi sono coloro che si amano, essendo questo un parlare,
dove il secondo termine della frase ripete l'altro moltiplicandolo:
Quanto pi si fa, pi c' da fare. Ed
altrove, p. 195 e seg.: E
tanto comune appresso gli antichi, e nostri e provenzali, la voce
Intendersi per Essere innamorato; e Intendenza o Intendimento
per Amore o per la Cosa amata: e tanto bella, vera e semplice
Intendimento-Intento 1057
la sentenza di Dante in questo presente luogo, la quale viene a dire
che su in paradiso quanto pi si ama pi v'e da amare,
perdio
l'amore dei beati non scema punto, anzi cresce, per dividerlo
che
si faccia. Cfr. ivi, 102 e seg.
Intendimento, da intendere, Intelletto, L'intendere, La fa-
colt di percepire le cose come esistenti in se stesse. 1. Per Atto
dell'intendere, in quanto si vuole significare una cosa, farla inten-
dere ad altri, Opinione, Intenzione; Purg. xiv, 22.-2. Sentimento
e senso di costrutti e di parole, Senso, Intelligenza di checchessia;
Purg. xxviii, 60. Conv. ni, 2, 60. - 3. Nel senso che Intendersi, vale
Amare, Amore; Conv. iv, 28, 16.
Intenerire, dal lat. in e tenerescere, Far divenir tenero, Com-
muovere; Purg. vili, 2.
Intentivamente, Avv. da Mentivo, frane, ententif, Inten-
tamente, Con attenzione; Vit. N. ut, 11.
Intento, Ada., dal lat. intentus, Attento, Fisso, Pronto, Pre-
sto, Apparecchiato. Men comune di Attento, ma dice pi; come VIn
dice pi dell'u, e per l'intimit e per il movimento. 1. Del senso,
segnatamente del vedere e dell'udire. Anco del senso, sottintende
sempre, pi meno la volont dell'attendere; Inf. vili, 66; xxm,
20, 69. Purg. x, 103. - 2. Per Teso, Coperto, Denso di vapori (lat.
obtentum); Purg. v, 117, sul qual luogo cfr. Virg., Georg. 1, 248.
Horat., Epod. xin, 1 e seg. Benv. Fecit aerem intinctum et ob-
:
fuscatum magna caligine nebulae, vel superimposuit frigus depri-
mendo nubes, ex quo facta est pluvia. - Buti: Caccionne lo (li-
monio lo gielo che era sopra li vapori, a ci che pi fortemente
ripellesse li vapori umidi e risolvesseli in acqua. - Dan.: Rendeo
disposto il cielo s fattamente, che il pregno aere si converse in
acqua. - Andr. : Intenso, Gravido di vapori. Intentus e intenstis
usarono promiscuamente i Latini.
Intento, Sost. dal lat. intentus, Desiderio, Intenzione, Inten-
dimento. Intento l'oggetto a cui l'uomo ha diretta l'attenzione
e l'intenzione, per quindi operare interiormente esteriormente.
quindi pi determinato d'intenzione. Intento dice, talvolta, mag-
volont pi intensa. 1. Af-
gior complicazione di fini e di mezzi,
fine a Attenzione; Purg. in, 13; xix, 18.-2. L'oggetto dell'atten-
zione; Purg. xvii, 48. Par. xxi, 3.-3. Nel luogo Vit. N. xix, 87,
i commentatori non vanno d'accordo sul significato della frase lo
intento trattato. Alcuni leggono con pochi codd. l'intero invece
67. Enciclopedia dantesca.
1058 Intenza-Intenzione
di LO intento, come hanno i conformano al vero, perch
pi, e si
di fatto in questa seconda parte non accenna solo l'argomento
si
del trattato, ma e si tratta compiutamente delle lodi di Beatrice.
E per appunto Dante riguarda questa seconda parte come un preciso
trattato; Giul. Ma la lez. intento ha per s l'autorit. - P. ajna:
Che sia questo trattato di cui in addietro non s' detto nulla, si
vede poco bene se non v' un epiteto che lo determini qualitati-
vamente, e non quantitativamente. A ci appunto ci pare soddisfi
la voce intento, dura s, ma adatta allo stile filosofico di queste
chiose. - Frat : L'argomento da me inteso, o 1' argomento di cui
ho inteso trattare. - Witte Intento, Partic. pass, abbreviato del
:
verbo intentare, Tutto il trattato che intentai fare. Secondo altri
Intento in questo luogo sostantivo, e vale II pensiero esposto, La
trattazione del mio concepimento intorno a Beatrice.
Intenza, Voce arcaica, dal lat. intentio, affine a Intelligenza,
nel senso che anche dicevano Intendimento, cio il significato e il
concetto d'una parola o d'un intero discorso; e valeva pure Nome,
Indicazione, Condizione, Qualit, Carattere, e simili. Cfr. Nannuc.,
Verbi, 170, nt. 3. Nomi, 14. Gaspary, Sicil. Dichterschule, 48, 70.
Dante usa questa voce Par. xxiv, 75, 78. Lan., Petr. Dant., Falso
Bocc, An. Fior., ecc., non si fermano a spiegare questa voce. Ott.:
Prendono loro intento. - Cass.: Intenza, idest, intellectum. -
Benv.: Prende intenza, idest, intentionem. - Buti: Piglia la
fede intenzione di sustanzia, cio d'esser chiamata sustanzia.... Tiene
intenzione e denominazione d'argomento; cio s'intende essere e
nominasi argomento. - Serrav. Intensam, idest intentionem. -
:
Dan.: Si prende ed intende per....- Voi. : Vece o forza. -
Itomb.: Concetto e nome. - Biag. Nome e qualit, ovvero Nome
:
e forza. - Ces.: Intenza vale denominazione, come il Buti la
spiega. - Tom.: Intenzione, Senso.
Intenzionale, da intenzione, Che nell'immaginazione o
dipende da quella, Ideale; Coni), in, 6, 47.
Intenzionalmente, lat. intentiose, Con intenzione, Ideal-
mente; Conv. iv, 10, 80.
Intenzione, dal lat. intentio, Pensiero, Oggetto e Fine, col
quale indirizziamo le nostre operazioni, e i nostri desiderii; Atto con
cui lo spirito tende a un fine; Movimento o deliberazione dell' animo.
Venendo da Intendere, e questo da Tendere, spiegasi perch anco
i Lat. promiscuamente scrissero Intensio e Intentio. Nell'intenzione
l'animo esercita sempre, pi o meno intensamente, la facolt del-
Intepidare - Intcriiinclli 1059
l'attendere e del volere; Purg. xxxn, 188. Par. i, 128; iv, 57; xi,
91; Xlil, 105; XX, 56; XXVI, 52; XXVII, 46. Conv. II, 12, 0, 33.- 1
intensione, vale Di proposito; Conv. Ili, 13, 27; iv, 3, 56.- t
luogo Purg. xvm, 23, Intenzione vale Immagine nel significai.,
lastico ed il senso : La vostra facolt apprensiva ritrae l'imma-
gine dall' obbietto reale, la svolge ed idealizza dentro la vostra
mente, gliela pone davanti, s che fa che V animo si rivolga ad essa,
prenda la sua direzione verso quell'immagine, o verso quell'ideale.
Cos dal Lomb. in poi il pi dei moderni, fondandosi su quel passo
del Varchi (Ercolano, 29): Nella virt fantastica si riserbano le
immagini, ovvero similitudini delle cose, le quali i filosofi chiamano
ora spezie, ora intenzioni. Secondo altri Intenzione vale qui La
direzione dello spirito verso un oggetto. Cos Kop., Bl, ecc. Ma
della Direzione delio spirito si parla nel verso seg. Inquanto agli
antichi non sempre facile indovinare come intendessero. Petr.
Dant., Cass., Falso Bocc, ecc., non danno veruna interpretazione.
Lan.: Hae intenzione di compiacere s a quelle cose ch'hanno a
essere veraci, cio veritade e beatitudine. Quasi consigliando hae
intenzione a tal bene. Lo stesso ripetono Ott. e An. Fior.: - Benv.:
Vostra apprensiva tragge intenzione, mentis, da esser verace,
idest, a re vera extra existente; quia nihil est in intellectu quod
non prius fuerit in sensu, et intrat in animum per visum vel au-
ditum. - Buti : Pillia ad intendere, cio muovimento. - Serrav. :
Trahit intentionem, sive splicat. -Land.: Questa apprensiva,
che giudica quello che si deve eleggere, Tragge intentione, tira a
s l'appetito. - Veli.: Cava opinione d'essere cosa buona, perch
ogni verit buona.
Intepidare e Intiepidare, dal lat. tepidus, Far divenir
tiepido, Riscaldare alquanto; Purg. xix, 2.
Interciso, Partic. pass, e Add. da intercidere, e questo dal
lat. intercidere: 1. Interrotto, Tramezzato; Par. xxix, 70. -2. Pi-
viso, Tagliato in mezzo; Par. xxxn, 25.
Interdetto, dal lat. interdictus: 1. Partic. pass, e Add. d'in-
terdire, Vietato, Proibito; Purg. xxm, 100; xxix, 153. - 2. Sost.,
propriam. Decreto che il pretore, in Roma, tra le due parti diceva,
ordinando o vietando, per prevenire o reprimere disordini, per d
terminare il possesso o quasi-possesso. Divieto perpetuo o a tem
fatto da un'autorit, d'esercitare certe funzioni. E per
Divieto, Pre-
cetto proibitivo; Purg. xxxiii, 71.
Interminelli o Antelminelli, antica e nobile famiglia
di Lucca, alla quale apparteneva quell'Alessio,
posto da Dante tra
1060 Interniinelli
gli adulatori, Inf.xvm, 122; cfr. Alessio. - Illustre ed antichis-
sima questa celebre casa, le di cui memorie si fanno dai genea-
logisti risalire al secolo X. Certo che in Lucca ebbe l'onore del
Consolato nella persona di Antelmino nel 1173 o di Borcaino di
Antelminello nel 1188.
Se Dante avesse indovinato Castruccio, gli avrebbe di sicuro as-
segnato distinta pagina nella Div. Com. Castruccio nato di Geri di
Castracane di Kuggiero degli Antelminelli, fu ai giorni suoi prin-
cipe della fazione ghibellina in Toscana. Suo padre, discendente da
antenati fidi alla parte imperiale, fu capo di parte bianca nella
citt di Lucca; ma ne rest soccombente, perch gli Obizzi suoi
nemici riuscirono a trionfare di lui ed a cacciare tutta la famiglia
dalla citt. Non voglio io gi tessere la vita di Castruccio, che dopo
di essere asceso al dominio della sua patria, aggiunse a poco a poco
ai suoi Stati e Pisa, e Volterra e Pistoia, sulle quali citt ebbe ti-
tolo ducale da Lodovico il Bavaro, perch delle sue azioni ne sono
piene le istorie. Solo vuo' rammentare che, lui morto nel colmo della
sua gloria nel 1328, Lodovico imperatore con nera ingratitudine
spogli del ducato i suoi tre figli, Arrigo, Valeriano e Giovanni,
abbench il primo fosse stato dal padre associato al potere fino
dal 1325. I quali, mal tollerando la perfdia di Cesare, tentarono
di ripigliarsi il dominio colle armi alla mano, da che ne venne gran
commozione nella citt di Lucca. Il Bavaro andatovi per ritornarvi
la calma, vend il vicariato della citt a Francesco fratello di Ca-
struccio; da cui per altro fu per poco tempo goduto. Da quest'epoca
al 1342 furono continui i tentativi degli Antelminelli per tornare
al dominio; ma ebbero costantemente esito infelicissimo e ad essi
funesto, tanto pi che tra lo zio ed i nipoti regnava un odio impla-
cabile. Infatti Francesco fu ucciso a tradimento dai nipoti nel 1355;
nel qual anno fu pure decapitato dai Lucchesi Aitino figlio natu-
rale di Castruccio, che avea ribellata la terra di Monteggiori. Per
questi fatti Arrigo e Valeriano ripresero con nuovo ardore a far
guerra alla patria, fatti forti dagli aiuti dati loro dai Visconti di
Milano; ma la fortuna arrise ai Lucchesi, e talmente, che Valeriano
per spento di veleno, ed Arrigo fu decapitato in Bologna per so-
spetto di essere andato in quella citt a tentarvi congiura per sot-
toporla ai Visconti. Cess la guerra nel 1357, quando a preghiera
del signor di Milano, i Pisani che dominavano in Lucca resero i
beni agli Antelminelli, e tutti cassarono i bandi che contro di essi
erano stati proferiti. Poco per altro dur l'accordo, e nel 1369 Ode-
rigo figlio di Francesco ed Orlando figlio di Valeriano erano nuo-
vamente in armi, e sostennero per due anni, con alterna vicenda,
una guerra disperata contro il comune di Lucca. S'interpose Gre-
:
Intermissione-Xnternare 1061
gorio XI nel 1371 per stabilire la pace, la quale fu fatta: ma non
fu possibile di far conseguire ai ribelli pienamente il perdono fino
al 1378. Da quell'epoca non si parla pi degli Antelminelli fino
al 1596, anno fatalissirao alla famiglia. Viveva in quel tempo Ber-
nardino figlio a quel Baldassare ch'era stato gonfaloniere di Lucca
ben cinque volte; il quale, essendo povero, si lasci sedurre da
Ferdinando I granduca di Toscana per sottoporgli la patria. Sco-
pertasi la congiura, ne furono i rei puniti con tutto il rigore delle
leggi; avvegnach non solo tocc a Bernardino a perire sotto la
mannaia del carnefice, ma ebbe compagni nella sventura Arrigo,
Lelio e Scipione suoi figli. Ad Alessandro soltanto fu dato di po-
tersi salvare perch era assente; ma fatto ribelle con taglia sopra
ilsuo capo, fu costretto a ricoverarsi a Londra sotto mentito nome,
e l fin miseramente la vita, ultimo degli Antelminelli di Lucca.
Esistono per tuttavia alcuni rami fino dal secolo XV trapiantali
a Fano ed a Cagli; essendosi estinta nel 1488 la diramazione di Pe-
saro per l'estremo supplizio che d'ordine di Pandolfo Maletesta fu
inflitto a Castracane ed a Giulio figlio di lui, ambidue valorosi con-
dottieri di milizie, ed ambidue creduti rei di congiura. Non occorre
dire che queste linee superstiti sono state onorate da cardinali, ve-
scovi, guerrieri, giureconsulti e letterati di molta fama. Lord Vkr-
NON, Inf., voi. it, p. 509 e seg.
Intermissione, dal lat. intermissio, Lo intermettere, Inter-
rompimento; Conv. ni, 11, 108.
Internare, Neut. pass. 1. Dal lat. internus, Profondarsi, Pe-
netrare nella parte interiore : detto della vista; Par. xix, 60. - 2. Da
temo, e questo dal lat. ter, Distinguersi in tre, Comporsi di tre,
Essere in tre; Par. xvm, 120.-3. Per Riunirsi, Rinchiudersi: Par.
XXXili, 85, secondo alcuni con allusione alla SS. Trinit, della quale
per non si parla che in seguito, v. 115 e seg. - Lan., OtL,
An.
Fior.: Qui mette come ivi sono tre persone, Pater et Filius et
Spiritus Sanctus, e come in essa substanzia vide tutte le mondane
naturali. >>-P>env..
cose, s substanzie, s accidenti, s ogni operazioni
Trinit, cio tre per-
Interlocatur. - Buti: Lo quale profondo
continetur.
sone in una sustanzia. - Serrav. : Internatur, idest
Land.: Fa trinit di tre persone. - Veli.: Entra Funo ne 1
altro
essere, et farsi pi
legato et vinto con amore. - Dan.: Internare,
adentro significa.- Vol: Farsi terno, trino, distinguersi in tre.
Lomb.:Si rinchiude. -Biag.: Si chiude, Si contiene;
ma dice
- Tom.: Tre e
interna per aver gi detto nel suo profondo.
racchiudersi, con-
uno.-I moderni spiegano quasi unanimi: Vidi
1062 Interno-Interporre
tenersi, legato insieme con dolce vincolo di amore, tutto ci che
per l'universa creazione trovasi sparso.
Interno, dal lat. internus, Che , o Che appartiene, o Che
avviene, di dentro, Interiore; e, parlando di cose dell'animo, vale
Non manifesto con atti esteriori; Par. vili, 21; xvn, 9; xxiii, 115;
xxiv, 57.
Intero e Intiero, dal lat. integer, Che non gli manca al-
cuna delle sue parti, Tutto d'un pezzo, Perfetto, Compiuto, Senza
difetti, Sincero, Puro, Leale. Il lat. aureo integer, che viene da tango,
quasi intatto, ci dice perch sovente intero sia affine a illeso, giac-
ch cosa mutilata fu certamente toccata, o supponesi che una forza
estranea, toccandola, ne abbia tolta parte o impedito di svolgersi.
Ma siccome intatto dice pi che non rotto, non tronco, non informe:
cos raccolgonsi in intero le idee d'interezza e d'integrit, seb-
bene questa seconda sia tuttavia in certi sensi denotata da integro.
La voce intero occorre nella Div. Com. 16 volte, 2 nell' Inf. (xxi,
126; XXVII, 69), 7 nel Purg. (iv, 11; vili, 17; xvn, 30; xvm, 124;
xxn, 143; xxx, 132; xxxiii, 28) e 7 volte nel Par. (iv, 82; vii, 104,
132; xxn, 64; xxvn, 8, 134; xxvin, 33). - 1. Per Completo, Perfetto;
Purg. viti, 17 xxn, 143; xxxin, 28. Par. iv, 82 xxvn, 134; xxvin, 33. -
; ;
2. Che non spezzato, Che non rotto; Inf. xxi, 126.- 3. Non tocco
dalla cosa che si ode o vede; Purg. iv, 11.-4. Che ha tutte le sue
membra, Non mutilato, Bene organizzato; Purg. xvm, 124.-5. Per
Sincero, Puro, Leale, Retto, Giusto; Purg. xvn, 30.-6. Perfetto,
Senza difetti; Par. vii, 104, 132; xxn, 64; xxvn, 8.-7. Render in-
tero, vale Effettuare, Recare ad effetto; Purg. xxx, 132.-8. Venire
intero il credere, e simili, d'alcuno, vale Avere il suo effetto, Riu-
scire perfettamente; Inf. xxvn, 69.
Interporre, Interponere, dal lat. interponere, Porre una
cosa tra due altre. Neut. pass., vale Porsi tra due oggetti; Par.
xxix, 98; xxxi, 19. -Sul primo di questi due passi Thom. Aq., Sum.
th. in, 44, 2:Secundum quosdam illae tenebra vel solis obscu-
ratio, qua in passione Christi accidit, fuit propter hoc quod sol
suos radios retraxit, nulla iramutatione facta circa motum ccele-
stium corporum, secundum quem tempora mensurantur.... Origenes
autem dicit, hoc accidisse per interpositionem nubium.... Sed circa
hoc magis credendum est Dionysio, qui oculata fide inspexit hoc
accidisse per interpositionem lunse inter nos et solem. - Antonella:
La morte di nostro Signore avvenne mentre la luna era in opposi-
zione al sole, perch gli Ebrei celebravano la pasqua nel plenilunio
del primo mese del loro anno. Alcuni dunque per ispiegare con un
Interpretato-Intoppare
grande oscurit che si fece, ricorsero al supposto
eclisse solare la
che la luna, retrocedendo miracolosamente, s'interponesse
tra
terra e il sole, come nel novilunio, e ci intercettasse il lume del
glande astro.
Interpretato, Partic. pass, e Add. da interpretare, e questo
dal lat. interpretari, Dichiarato, Esposto, Spiegato; ed anche Vol-
garizzato, Tradotto; Par. xn, 81 (Giovanna, ebr. Donna di Grazili). =
Interrare, Introdurre nella terra; brutta var. della Cr. nella
Canz. .-Amor che nella mente mi ragiona, * v. 15, dove da leg-
gere entreran, come hanno tutte le ediz. moderne; cfr. Monti, Prop.
s. v. Interrare.
Intervallo, dal lat. intervalum, Spazio tra due termini di
luogo o di tempo. In origine significava Lo spazio frapposto tra i
pali che formavano il vallo del campo; Par. xxix, 27.
Intesa, dal partic. d' intendere, frane, ant. entente, Attenzione,
Direzione della mente; Inf. xxn, 16.
Inteso, Partic. pass, e Add. da intendere: 1. Per Ascoltato;
lnf. vi, 73; xxxin, 19. Purg. xxix, 36. Par. v, 42.-2. Compreso
colla mente, coli intelletto; Inf. Purg. xxi, 117. Par. iv, 61;
il, 43.
xiv, 120; xxu, 13; xxiv, 80.-3. Intento a checchessia, Occupato
di checchessia; Inf. vii, 109; xx, 119.-4. Da tendere, per Intento,
Pronto, Presto, Apparecchiato a fare checchessia; Purg. ix, 21.
Intestato, dal lat. intestatus, Senza aver fatto testamento, o
Senza aver fatto testamento valido; Conv. tv, 24, 130.
Intiepidare, cfr. Intepidare.
Intimo, dal lat. intimus, Interno: ma ha quasi forza di superi.
Par. xn, 21.
Intollerabile, dal lat. intolerabilis, Che non si pu tolle-
rare, Incomportabile; Vit. N. xxm, 6, nel qual luogo invece
di in-
intollerabilmente, lez. accettata dal
tollerabile qualche testo ha
D'Anc. e da altri.
da toppo, spagn. topar; cfr.DiEZ, Wrt. i',
117.
Intoppare,
1. Att. Scontrare, Incontrare; Inf. xn,
99.-2. Neut. pass., Incon-
trarsi, Dar dentro in oggetto che impedisce o molesta; Inf VII,
xxv, 24.
1064 Intoppo-Intreare
Intoppo, Lo 1. Per Lo scontro e L'af-
intoppare, Riscontro.
frontamento della giostra; Purg. xxiv, 96.-2. E per Ostacolo, Im-
pedimento, Resistenza, Opposizione, e simili; Purg. xxxiii, 42.
Intorno, che anche scrivesi disgiuntamente In torno, dal
lat. in tornus, Avv. ed anche Prep. che serve al terzo caso, talora
anche al secondo, al quarto e al sesto, significa Circonferenza, o
Vicinit che circonda. Questa voce occorre sovente nelle opere di
Dante; nella Div. Com. la si trova adoperata 61 volta, cio 23 volte
neWInf., 22 nel Purg. e 16 nel Par. -1. Avverb., In giro, Circo-
larmente; Inf. iv, 4, 108; Vi, 5; IX, 32, 109; xiv, 11; xvi, 106; xx,
72; xxi, 124; xxm, 59; xxiv, 115; xxx, 80. Purg. I, 100; li, 53;
vii, 41; vili, 41; x, 29; xxn, 116; xxv, 89; xxvii, 101; xxvin, 111.
Par. xviii, 61, ecc. - 2. Intorno intorno, vale lo stesso che Intorno,
ma ha pi di forza e si approssima al senso di TutV intorno, ma
dice un po' meno; Inf. xxn, 75. Par. xxx, 112.-3. Prep. Intorno
di; Par. v, 47; xvn, 81; xxiv, 22, 38.-4. Intorno A; Infili, 99;
xn, 32, 73; xxi, 124. Purg. i, 100; in, 57; x, 79; XVII, 28; xxx, 97;
xxxn, 46; xxxiii, 68. Par. vii, 158; x, 77; xxm, 96; xxviu, 25, 103. -
5. Intorno da; Inf. iv, 108; xxm, 108; xxxi, 32. Purg. vi, 85. Par.
xxvin, 63.
Intra, che anche scrivesi disgiuntamente In tra, dal lat.
inter, Prep. che vale In mezzo, o Quasi in mezzo, d'uno spazio, che
divida due o pi persone o cose; e talora serve ad accennare lo
spazio compreso tra due termini che si nominano. 1. Dello spazio;
Inf. xxvil, 29. Purg. xix, 100; xxvin, 17, 74. Par. ix, 26; xi, 43,
106; xxm, 1; xxx, 62.-2. Intra se, detto delle piante dei piedi,
vale Strette tra loro, L'una all'altra giunte; Purg. xxvin, 53.-
3. Di numero; Inf. il, 52. Purg. x, 82. Par. iv, 1, 6; xxxiii, 11.
Vit. N. xxi, 24.-4. Relazione in generale; Par. xn, 62.
Intrambo, latrare, latrata, cfr. Entrambi, Entrare,
Entrata.
Intr ametter e, dal lat. intermittere, Mettere tra l'una cosa
e l'altra. Neut. pass. Entrar di mezzo, Impacciarsi, Ingerirsi, Darsi
travaglio, e simili; Vit. N. xvi, 32; xxn, 82; xlii, 30. Cfr. Tra-
mettere.
Intreare, Neut. pass., Farsi tre, Unirsi in tre; Par. xm, 57.
Intrearsi voce formata da Dante per esprimere l'indivisibilit
della SS. Trinit; il Lucente il Padre; la Viva luce il Figlio;
VAmor che a lor s'intrea lo Spirito Santo, detto altrove il Primo
Amore; cfr. Amore, 11.
Intrigare-Inveggia ine,
Intrigare, dal lat. intricare, Avvilippare insieme. Intralciare,
Arrestare, Impedire; Turg. vii, 57, nel qual luogo la voce fai
gare pu anche valere Privare di effetto, Render vano, e simili.
Buti : Impaccia la volont e falla negligente, e non curasi di sa-
lire a la penitenzia.
Introcqne, dal
inter hoc, Intanto; Inf. xx, 130. Vulg. /<:/.
lat.
i, 13, 14. In questo secondo luogo Dante riprova questa voce come
ignobile, e nel primo l'usa egli stesso, come, adattando il linguaggio
non poche voci, che in altre circo-
alla materia, usa nel suo Inf.
stanze egli stesso sarebbe statoil primo a condannare. - Benv.:
Fiorentini non utuntur amplius isto vocabulo, sed perusini.-
Gelli: In questo mentre; per ci che non significa altro questa
voce, che quello che significa appresso i Latini interim, e in questo
significato si usava in Firenze nei tempi di Dante, ma
dur di poi
poco. - Cast. : Nelle prose antiche si trova spesso questa voce.
Introducitore, dal lat. introductor, Chi o Che introduce;
Goni), i, 13, 26.
Intronare e Intruonare, Offendere con soverchio rumore
l'udito, come fa il tuono, che gli antichi dissero talora Trono; as-
sordare, Stordire l'udito; Inf. vi, 32; xvn, 71.
Intronizzato, lat. inthronisatus, Messo in trono ; Mon.
ni, 6, 3.
Intnare, da in e tu, Neut. pass., Entrare in te, Penetrare nel
tuo sentimento, Farsi te; Bar. ix, 81.
In tntto, posto avverb., Del tutto, Totalmente; Son.: Onde
venite voi cos pensose ? v. 10.
Inurbare, dal lat. in e urbs, Neut. pass. Entrare in citt;
Burg. xxvi, 69.
Invaghito, da vago, Divenuto vago, Acceso di desiderio o va-
ghezza di checchessia; Inf. xxn, 134.
vanus: Senza Senza
Invano e In vano, da in e 1. effetto,
profitto; Inf. xm, 132. Burg. i, 120; ix, 84. - 2. Essere invano, vale
Tornare inutile, e simili; Bar. x, 17.
Invece e In vece, invicem, In cambio, In luogo, In
dal lat.
xvi, 3G; xx, 102.
nome; Inf. xm, 52; xxt, 10; xxxn, 145. Burg.
in due g, come in
Inveggia, dal lat. invidia, scambiato il d
siedo, chiedo, ecc.; prov.
veggio, seggio, chieggio, ecc., per vedo,
1066 Inveggiare
enveja, eveja, frane, ant. enveja; cfr. Nannuc., Verbi, 391, nt. 7, 400;
Forma antica per Invidia; Purg. vi, 20; cfr. Par. Xii, 142 e l'ar-
ticolo seg.
Inveggiare, dal lat. invidere, Invidiare, per la notata mu-
tazione del d in due g; Par. xn, 142, nel qual luogo per alcuni
invece di inveggiar leggono inneggiar. Il solito tinteggiar dei
codd. pu leggere inneggiar ovvero inneggiar, onde in que-
si
sto caso i codd. non giovano a decidere quale sia la vera lezione,
potendo stare l'una e l'altra. - Lan.: Ad inveggiar: Qui con-
clude fra Bonavventura e dice la cagione che mi mosse a ragionare
:
di santo Domenico ad inveggiar quello che dormiva, cio che non
si parlava d'esso {inneggiare =
risvegliare P). - Lo stesso ripete,
come di solito, l'in. Fior. - Ott. : Prendi questo inneggiare, cio
invidiare in buona parte: buona la invidia che procede in avan-
zare alcuno in bene operare. - Petr. Dani, e Falso Bocc. taciono. -
Cass. legge invengiar, e chiosa Idest, ad valde excitare et vigi-
:
lem reddere vitam tanti paladini, idest, dicti beati Dominici in
gloria et fama. - Benv.: Ad inveggtar; hic Bonaventura clau-
dens capitulum, ostendit qualiter fuerit motus ad commendationem
Dominici;.... idest, ad invidendum Dominicum, qui fuit tam fortis
pugil fldei, idest, ad sequendum ex seraulatione intutis in bona
parte. - Buti: Ad inveggiar, cio a manifestare e lodare, et
parlare lombardo. - Serrav. : Ad invidendum tanto palatino (hic
accipitur invidere in bonum), idest ad sequendum, vel ad faciendum,
consimilia. - Land. : Ad inveggiare, ad invidiare, non d'invidia
vitiosa, ma d' emulatione virtuosa. - Tal. : Ad inveggiar, idest
ad invidendum, scilicet in bona parte. - Veli. : Ad inveggiar
cotanto paladino: Mostra ultimamente Bonaventura la cagione,
perdi' egli principalmente in nome di tutta la sua compagnia del
suo cerchio s'era mosso a dir le lodi d'un tanto paladino, quanto
era stato san Domenico.... La qual cagione dice che fu l'invidia,
eh ebbe a l' infiammata cortesia di san Tommaso. - Dan.: Ad
1
inveggiar, ad invidiar, ma tolto in buona parte, volendo dire che
fu emolo et imitator di cotanto paladino, quant'era san Dome-
nico. - Boi. Inveggiar, Invidiare. - Voi.: Inveggiare, Invi-
:
diare, Portare invidia. - Vent. : Inveggiare, propriamente In-
vidiare, da cni Inveggia nel e. Vi del Purg.;.... ma
qui in buona
parte, o per emulare e imitare, o e lodare. -
per commendare
Lomb.: Ad inveggiar, ad invidiare, per la ragione stessa che
Purg. vi, 20 disse inveggia per invidia. Qui per inveggiare per
metonimia detto in luogo di commendare; e ci su l'intendimento
che la santa invidia, che l'anime buone portano alle altrui virt,
Inventivo-Inventrare 1067
sia loro cagione di commendarle; siccome all'opposto nell'anime
ree l'invidia cagione sempre di biasimare. - Biag.: InveggiBB,
questa voce la stessa che invidiare, e l'usa il Poeta in senso
di
lodare, o celebrare. - Vacca, Parenti, ed altri, vogliono eh'
legga inneggiar; ma la quasi unanimit degli antichi sembra de-
cisiva.
Inventivo, Che ha la facolt d'inventare, di trovar nelle cose
il nuovo o il recondito; Conv. in, 2, 97.
Inventrare, dal latino in e venter, Neut. pass. Internarsi:
Par. xxi, 84, nel qual luogo iiiiitneiitro dei codd. pu leggersi
m? inuentro, od anche m'innentro, come leggono alcuni, men-
tre il iiiiieiitro di qualche cod. non doveva leggersi mi uentro
come taluno fece, ma 9
m
inuentro oppure m' innentro ; cfr.
Baelow, Contrib., 498 e seg. Com. Lips. in, 571 e seg. - Lan. :
Questo innentro si verbo informativo, e tanto significa come
son v' entro. - Lo stesso ripetono alla lettera Ol. e An. Fior. -
Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, ecc., taciono. - Benv.: In ch'io
m'inventro, idest, in cuius lucis ventre ego claudur; et est verbum
tractum de nomine. - Buti: Mi v'entro, cio entro in quella
divina luce che di nuovo discende. - Serrai).: In quam ego in-
trando transparo. - Land.: Ond' io mi riventro, cio, il perch
io entro dentro a essa luce divina. - Tal. tira via. - Veli.: On-
d' io m' inventro, di che io m' includo, et inserro. - Dan. : Ond' io,
della quale io m'inventro, cio nel ventre et corpo della quale io
son chiuso. - Voi. : Inventrarsi, per Internarsi, o Star chiuso,
come in ventre. - Vent.: Nel di cui ventre io sto racchiuso e
come involto. - Biag.: Nel ventre, cio nel seno, o sia nell'in-
terno della quale io mi chiudo. - Betti: Di cui io formo il nuovo
-
ventre, cio il chiostro al mio spirito, il mio splendido ammanto.
Ces.: Penetrando per questa luce del pianeta, nel cui ventre son
io. - Tom.: Nel cui ventre io son chiuso. - La Cr. 1595:
In-
ventro, Questo verbo [non] crediam possa derivar da ventre, ma
ben pi tosto da entro; e vuol dire Internarsi. -Pera;: ini: \
luerunt nimirum hujusce verbi metaphoram expolire, quasi inve-
nusta sit a ventre desunta. Sed contra sentiunt veteres et recentiorea
interpretes, quos videre potuimus; et, quod caput est, Dantes ipse,
qui non dixit inentro; quod profecto dixisset, si id volnisset
ili-
non
cere, quod contendunt. Putasne Poetam tara habetem, cui
illi
inventrarsi diferre
occurrerit, dici posse inentrarsi, vel id ab
I
Novata quidem sunt ha3c verba, sed quse tamen a lingua consuetu-
dicimus m'inoltro, cur non
dine non multum abhorrent; si enim
1068 Invenzione-Inverso
m' inentro ? si licet intestarsi, cur non inv entrar si P Neque ulla
indecentia est, quod cognoscam, in hujusmodi metaphora, qusetani
vivida est ad sententiam; revera namque Petrus Damianus in intimo
sinu erat lucis illius (in Scolari, Intorno alle epistole di Dante,
Ven., 1844, p. 159 e seg.).
Invenzione, dal lat. inventio, L'azione dell'inventare, ossia
del trovare qualche cosa di nuovo, d'ingegnoso, col mezzo della
propria immaginazione, del proprio ingegno ed anche La cosa
;
stessa inventata; Par. xxix, 95.
Invr, ccorciam. da Inverso, vale lo stesso che il suo primi-
tivo; cfr. Inverso.
Inverare, da in e vero; Neut. pass., Farsi vero. Essere in-
formato del vero, Partecipare del vero: Par. xxviii, 39, nel qual
1
luogo s invera vale Penetra addentro nella verit della divina es-
senza. - Lan., An. Fior.: Qui rende la ragione e dice che pi
in lucidezza, perch s' invera, cio pi cognosce e vede della ve-
ritade della divina essenzia. E nota s'invera, che verbo infor-
mativo, quasi Fassi simile alla veritade. - Ott. : ragione na-
turale, che quello circulo eh' pi presso al centro, o vero al punto
del centro, pi senta della virt di quello punto. - Benv.: Magis
accenditur illa favilla, et plus cognoscit de illa alterna et incom-
mutabili ventate. - Buti: S'empie di verit. Iddio verit, vita
e via; e per chi pi a lui s' accosta, pi hae e pi apprende de
la sua verit. - Serrav. : Se inverat, idest de veritate continet,
idest de Deitate, de puntate. - Ces. : Questo verbo formato
di colpo da Dante dal midollo dell' essere delle cose. Vera cia-
scuna cosa, per essere quello appunto che essa . Dunque quanto
un' altra cosa partecipa e sente pi di quella prima, tanto ha pi
della verit della medesima; e per pi s'invera di lei. Cos perch
quel cerchio, che primo radeva la scintilla del punto raggiante,
riceveva pi dell' esser suo divino, dunque e pi s' inverava di
lui. - Tom.: Pi piglia verit da essa.
Inverno, dal lat. hibernus, hybemus, Verno, Quella delle
quattro stagioni dell'anno che la pi fredda, e che incomincia
dal solstizio invernale, cio il 22 dicembre, e finisce il 21 marzo;
Inf. xxi, 8; xxxn, 26. Purg. xxv, 102. Le lezioni variano: Inverno,
Il verno, Di verno, ecc.
Inverso, e accorciato In vr, dal lat. inversus, Prep. deno-
tante direzione d'un oggetto a un altro, e vale A rispetto, In com-
parazione, Contro, Appresso, Circa, e simili; Purg. ni, 15. Par.
Invertere-Inviare 1069
xxn, xxvn, 118. Dante si serve per lo pi della forma ac-
16, 19;
corciata INVR; Inf. IX, 104; X, 121; xiv, 104; xv,
5; xvi
xxiv, 37; xxxi, 38. Purg. ir, 131; v, 79; ix, 69; xiv, 11; xv, 4-
xviii, 25; xxvi, 44. Par. i, 142, e sovente.
Invertere Invertire, dal lat. invertere, Volgere in con-
e
trario, Eivoltare, Rovesciare, Curvare, Piegare. Ogni rivolgere, an-
che non in contrario o a rovescio, ma fuori dell'ordinario, pi o
men di forza, sia o no con incomodo o danno, un Invertere. Usato
in senso corp. Inf. xxxiv, 15.
Invescare, dal lat. in e viscum, Neut. pass. 1. Impaniarsi,
Impigliarsi alla pania; detto dei Pagani che si lasciavano ingan-
nare dall'ambiguit de' loro oracoli; Par. xvn, 32, nel qual luogo
per i pi e pi autorevoli codd. hanno s' inviscava (da inviscare),
invece della comune s' invescava. - Benv.: S' invescava, idest,
fallebatur et capiebatur sicut avis visco, quse cadit in manus aucu-
patoris; et ita isti seducti cadebant in manus Buti:
adversarii. -
S'invescava, cio si pilliava come l'uccello al vesco, come ap-
pare alli oracoli d'Apolline et a le risposte di Sibilla. - 2. In-
vescarsi a ragionare, Lasciarsi vincere dal piacere di ragionare ;
Inf. xiii, 57.
Investigabile e Ininvestigabile, dal lat. investigabi-
Us, Che non si pu investigare in modo da conseguirne piena co-
gnizione; Conv. IV, 21, 44, nel qual luogo Dante volgarizza il passo
Ad Bom. xi, 33.
Invetriato, dal lat. in e vitrum, Inverniciato, Congelato a
guisa di vetro; Inf. xxxiii, 128.
Inviare, da in e via: 1. Mettere in via, Indirizzare, Mandare,
Avviare uno, Metterlo sopra la buona via per far checchessia: Purg.
x, 102; xn, 83; xxi, 72; xxn, 64. - 2. Inviare l'occhio intorno, vale
Guardare intorno; Inf. ix, 109. - 3. Nel luogo Par. xxxm, 44, la
comune legge s' invi, spiegando: Nel quale non si pu credere che
altro occhio di creatura miri con altrettanta chiarezza. Ma la <;ran
maggioranza dei codd. ha s' INII, dal lat. inire, per Entri nell'in,
Penetri, e simili. E s' inii pure lezione del pi dei commentatori
antichi. - Lan., Ott., An. Fior.: Inii si verbo informativo, ed
consi-
tanto a dire come diventare simile di quella cosa che
taciono. - Cass. e Paint.
derata. - Petr. Dant., Falso Bocc., ecc.,
leggono s'inii, ma non danno veruna interpretazione. - 1
Buti: S'inii,
penetret et intret in id.
S' invi, idest,
- c
quod,
si metta dentro; iniare, cio mettere dentro. - Serrav.: In
1070 InYidia-Invitare
scilicet lumen eternum, non debet credi, scilicet a quoque, quod
eatur, idest intretur, per creaturam, scilicet aliquam, oculo tantum
claro. - Land.: Al quale nessuna creatura pu inviare pi chiaro
occhio. - Tal. : S' invi, idest, entret in eo.
Invidia, dal lat. invidia, Tristezza o dolore che l'uomo prova
al vedere l'altrui bene, l'altrui gloria, l'altrui felicit. uno dei
sette peccati mortali; Inf. i, 111; vi, 50, 74; xm, 78. Purg. xiit,
38, 135; xiv, 82; XV, 51. Par. IX, 129. Vii. N. iv, 5. Conv. i, 4,
9, 32, 44, 1; ili, 15, 77.- Invidia prima quella che il Serpente
antico, Satanasso, port ai progenitori, Adamo ed Eva, innocenti
e beati nel Paradiso terrestre Sapient. il, 24 Invidia autem Dia-
; :
boli mors introivit in orbem terrarum; Inf. i, 111; cfr. Par. ix, 129.
Invidiare, dal lat. invidere, Avere invidia, Vedere di mal oc-
chio; Inf. xxv, 99. Par. xvn, 97. - Invidiare una cosa a s stesso,
per Togliersela, Privarsene, e simili; Inf. xxvi, 24.
Invidiato, Part. pass, e Add. da invidiare, Che oggetto
dell'altrui invidia; Conv. i, 4, 34.
Invidioso, dal lat. invi dio su s : 1. Che si duole delle prospe-
rit suo prossimo, Macchiato d'invidia; Inf. XV, 68.-2. Per
del
Bramoso, Desideroso; Inf. ni, 48.-3. E per Tale da eccitare in-
vidia; Par. x, 138.
Invido, dal lat. invidus, lo stesso che Invidioso; Conv.i, 4,37.
Inf. xv, 68, var.
Invilire, dal basso lat. inviescere, Neut. e Neut. pass., Sce-
mare il pregio, Divenir vile Conv. i, 3, 30. - Al partic. Invilito,
;
per Divenuto vile, Mancato d'animo; Cans. .-Gli occhi dolenti per
piet del core, v. 66.
Invilnppare, prov. envelopar ed envolopar, fr. envelopper,
spagn. ant. volopar, forse dal lat. in e volutare (cfr. per Diez,
Wrt. i 3 443 e seg.), Involgere, Intricare, Confondere; Inf. x, 96.
,
Inviscare, dal lat. in e viscum, Impaniare, Porre il visco;
Inf. xxi, 18; xxn, 144. Par. xvn, 32. Cfr. invescare.
In vista, Post, avverb. In apparenza, nell'Aspetto, A vedersi;
Purg. i, 32, 79; x, 66, 81; xm, 101. Par. ix, 68; x, 66; xxvm, 6.
Cfr. vista.
Invitare, dal lat. invitare, Dire, o Far dire altrui, che tu vor-
resti eh' e' si trovasse teco o con altri a checchessia; Incitare, In-
Invito-Invocazione 11171
vogliare; ed anche Kichiedere, Pregare; Inf. vi, 59; xxx, 12! Pura
XV, 30. Par. iv, 133; xm, 36.
Invito, dal lat. invitatus 1. L'Invitare; Purg. xu, 94 var.;
:
xvn, 61.-2. Parlare inviti cortesi alla mensa d'amore, figurai,
per Invitare con amorevoli parole ad opere di carit; Purg. xm, 27.-
3. Starsi sema invito, per Essere non curato da tutti; Par. xi, 66,
nel qual luogo il Poeta parla della Povert volontaria, rimasa in
dispregio dal tempo di Ges Cristo sino a quello di S. Francesco
d'Assisi.
Invocare, dal lat. invocare, Chiamare, per lo pi con pre-
ghiera e con desiderio; Par. xxm, 88.
Invocazione, dal lat. invocatio, Azione e Atto dell'invocare,
e Parole e Cerimonie con cui s'invoca. Invocazione, in poema, o
altro canto, alla deit ispiratrice, da cui riconoscevano, quelli eli e
il mondo riconosce per poeti pi veri, il vigor della mente e della
parola. Come in tutti gli altri Poemi classici, abbiamo anche nella
Div. Com. le solite invocazioni poetiche. Nella prima Cantica, Inf.
il, 7-9, Dante invoca le Muse in generale e Yalto ingegno, proba-
bilmente l'Ingegno ideale, o in genere (cfr. ingegno). E l'invoca-
zione delle Muse in generale ripetuta verso la fine della Cantica,
Inf. xxxn, 10 e seg. Nella seconda Cantica Poeta invoca nuo-
il
vamente le nove Muse in generale, e specialmente Calliopea, la
Musa della poesia epica; Purg. i, 7 e seg., e l'invocazione delle
sacrosante Vergini, cio delle Muse in generale, e particolarmente
di Urania, quella delle nove Muse che presiede alle cose astrono-
miche e celesti, si ripete nel Paradiso terrestre, Purg. xxix, 37 e seg.
Accingendosi a trattare di cose sublimi, celesti, egli invoca quella
delle Muse che dal cielo ha il suo nome; ma siccome le Muse non
vanno disgiunte, il Poeta invoca Urania che l'aiuti col suo coro,
cio con tutte le altre sue compagne. Nel principio della terza Can-
ticaDante invoca il buono Apollo, il quale si considerava come
una stessa cosa che il Sole (cfr. Seev. ad Aen. vi, 68. Macr., Sat.
i, 19), che per il Dio stesso (cfr. Purg. vii, 26. Par.
nostro Poeta
X, 53; xiv, 96. Conv. Ili, 12, 39 e seg.), onde invoca il divino
aiuto
(Ep. Kani, 31) che chiama Apollo, seguitando in ci la testimo-
nianza de' poeti, che ritraggono in parte alcuna lo modo de' Gentili
- Lan.:
e ne'sacrificj e nella loro fede (Com;. Il, 5, 34 e seg.).
In-
Qui invoca l'aiutorio di Apollo, cio di Dio. - Petr. JJant..-
-
vocando Apollinem, idest virtutem intellectivam circa ccelestia.
Cass.: Intellectualis et speculativa scientia.- Falso Bocc.
-
appollo intendi ilsolc il quale eappellato idio ditutte lescienzic.
1072 Invoglia-Inzaffirare
Benv. : deum poetarum, deum
Invocat de more poetico Apollinem
sapienti, quem bene vocat bonum. Apollo enim est ipse sol. -
Buti: Questo Appollo alcuna volta li poeti presono per lo Dio della
sapienzia, alcuna volta per lo Dio della medicina, alcuna volta per
lo Dio della divinazione, et alcuna volta per lo Sole. Ora lo nostro
autore lo invoca come Iddio della sapienzia, e per lui intese lo Verbo
Divino, eh' sapienzia del Padre. - Serrav. : bone Apollo, sci-
licet qui es sol, scilicet iustitie, et Deus sapientie et poesis. -
Tom.: L'invocazione che nel Canto secondo dell' Inferno, non pi-
glia pi di tre versi, perch il Poeta s'affretta ad esprimere le cose
delle quali ha grave l'anima: e nel principio, pi che altrove, in-
tende che sia popolare il suo canto, n si compiace tanto nelle me-
morie dell'arte ma nel xxxn dell' Inferno un'altra invocazione s'al-
;
larga per quattro terzine; e di l a quattro Canti, il Purgatorio
si apre con un'altra invocazione di terzine quattro; e nel ventino-
vesimo n' abbiamo un'altra di due; e il Paradiso incomincia da una
di nove, e nel secondo canto eccotene un'altra di diciotto versi e
una nel vigesimoterzo di dodici (?).
Invoglia, da involgere, e questo dal lat. involvere, Tela grossa,
o cosa simile, colla quale si rinvolgono balle, fardelli, o simili, Co-
perta, Involto; Par. xxvi, 99.
Invogliare, da voglia: 1. Indur voglia, desiderio, Conformare
all'altrui volont;Par. in, 84.-2. Mettere in voglia, Mettere in
cuore, Muovere la volont; Purg. xiv, 110.
Involare, dal lat. involare, Prendere, Togliere furtivamente.
1.Per Nascondere, Celare; Inf. xxvi, 42. - 2. Neut. pass., Dileguarsi,
Sparire; Par. xxn, 69.-3. Figurat. Inf. xxix, 103 var. (cfr. Im-
bolare).
In volta, Posto avverb. Tornare in volta, vale Tornare ad-
dietro; Inf. ix, 2.
Involto,dal lat. involutum: 1. Ravvolto, Inviluppato; Vit. N.
in, 10.-2. Per Bistorto, Tortuoso; Inf. xm, 5.-3. Figuratam. per
Impegnato, Preso; Par. xi, 8.
Involuto, dal lat. involutum, lo stesso che involto, Ravvolto,
Inviluppato; Inf. xxiv, 146.
In z attirar e, dal lat. in e zapphirus, Adornarsi di zaffiro, o
piuttosto del color di zaffiro; Par. xxm, 102.
Io 1<>73
Io, anticamente Eo, abbrev. I' ed anche I, dal lat.
ego e
questo dal gr. V^c, che i Beoti dicevano co, Pron.
denotante' la
prima pers. sing. e masc. e feram. Ma dicendosi pers., intendesi
anco
la cosa che parla personificata. Occorre naturalmente
nelle opere
di Dante in ogni pagina e le forme variano e nei codd.
e nelle ediz
Eiproduciamo dal Tom.-Bell. - Neil' it. abbondano gli Io, non per-
1.
ch men parco il linguaggio che ai Gr. e ai Lat. (ed vero in parte
anche questo), ma per necessit di chiarezza; Inf. i, 132 (senza l'io
non si saprebbe se prima o seconda o terza pers.); n, 64-66 (qui
il primo Sia di terza pers.; e sebbene il Mi denoti anche
la prima,
senza VIo non sarebbe evidente); v, 141 (la desin. irregolare Mo-
risse, tuttavia viva, farebbe pi grave l'ambiguit); vi, 82 (potrebbe
scambiarsi con la seconda); vi, 45.-2. Ma anche senza necessit
estrema, segnatam. innanzi al v. Essere, premettesi e per evidenza
e per sostener meglio il suono; Inf. iv, 6; xxix, 139.-3. Per meglio
fermare il pensiero sulla pers. del parlante dalle altre, diventa spesso
necessario il pron. Inf. n, 3; iv, 15; vi, 42; xxn, 103. Purg. ni, 24;
XX, 122; xxiii, 116.-4. Anche ripetesi; Purg. vili, 56 (quand'anco
Mostrava non rimanesse ambiguo senza VIo, languirebbe e il nu-
mero e il sentimento). - 5. Il Mi accanto all' Io una specie di ri-
petizione, ma non
oziosa; Purg. xxiv, 52; serve a determinare meglio
la persona; Purg. xxvn, 101 dice l'intimo della persona; Inf. vili,
;
110 var. (io mi rimango, i pi: ed io rimango); di uso non comune;
Inf. xix, 88; nel seg. i due primi Mi, segni del rifl. il terzo cade
qui; Inf. vi, 5, 6. - 6. Pi sovente, quando all'un verbo precede VIo,
il verbo seguente, massime se mantenga la medesima forma, fa senza
il pron. Inf. IV, 2-5; xxni, 94; talvolta l'ometterlo d speditezza
efficace; Inf. iv, 120; Vili, 36 (Io son un, o Io mi son un, qui
contradirebbe al dispetto che mostra il dannato degli altri e di s);
x, 74 (Io m'era, non essendo richiesto dalla chiarezza, svierebbe
il pensiero da Farinata, volgendolo ad altri). Nei seg. l'omissione
fa suono pi imitativo; Inf. VI, 90; vili, 64. Nel principio del
il
Poema, Inf. i, 2, dopo aver detto Mi ritrovai per una selva oscura
(VIo nel principio del Poema suonerebbe inconveniente, massime
che trattasi di confessione), soggiunge Che la diritta via era smar-
rita, sottint. da me, Io avevo smarrito la via. E notasi per ram-
mentare che un de' modi di risparmiare il pronome si volgere il
costrutto altrimenti. - 7. Omesso non il pronome, ma il verbo, come
nella frase Ed io a lui (cio Dissi, Risposi, e simili), Inf. i, 130:
-
Vili, 34, 37, e sovente, o anche semplicem. Ed io; Par. xxn, 11.
8. Nel principio del dire, quando non sia inconveniente
per qualche
speciale ragione, cominciasi sovente da lo; Inf. II, 70; Purg. [II, 112
ix, 55; xm, 106, e sovente. - 9. I principi e simil gente dicono, o
68. Enciclopedia dantesca.
-
1074 Io -Iole
dicevano Noi per Io; l'aquila mistica dice Io e intende Noi in altro
senso, perch pi spiriti fanno un'immagine sola; Par. xix, 11.
10. Forme varie di costrutto. S' detto ch'egli pronome
de' due generi; Inf. vi, 55. - 11. Plur. e sing. Secondo i casi; Inf.
xxiii, 104. - 12. Col come, prende varii atteggiamenti; Inf. n, 111.
Par. xxn, 32; xxvi, 60; xxviii, 132. - 13. Coli' ablativo assol. Par.
xxvn, Varia collocazione. Tra Yio ed il verbo, altre voci;
20. - 14.
Inf. vii, 36, 109. - 15. Io posp. senza interrogaz., d al senso pi
forza; Inf. xxx, 108; xxxn, 94. Par. I, 5. - 16. Anco nei seg., quan-
tunque con meno forza, determina meglio che se preposto ; Inf.
li, 40, 75; v, 115; Vii, 50. - 17. Posposto, come spesso, nelle in-
teriez. ed esclamaz. Inf. xxn, 110. - 18. Comincia ad aver vigore
pi che di affermaz. Inf. xxiv, 137; xxvn, 123. - 19. Collocazione
non comune, ma chiara Inf. il, 32. - 20. Son io, vale anche Non
;
altri che io, Son quel desso; Inf.
iv, 39. Purg. xvn, 38. - 21. Io
son pi ch'io, per Mi sento valere pi di quel che so di valere;
Par. xvi, 18. - 22. Che non si possa, almeno negli antichi autori,
ristampare VP in Io, lo dicono i versi dove gli Io accumulati sa-
rebbero insopportabili; Inf. i, 8-10; n, 52 (Io era sar certo men
dolce che l'era); in, 32 (Io odo, un Toscano non saprebbe nean-
che pronunziarlo). - 23. Ne' seguenti il senso richiede che non si
insista sul suono dell'io; Inf i, 21, 36, 54, 64, 125, 130; xxiv, 25.
24. Altrove e il suono non consentono d'apostrofare
significato e il :
Inf. i, 86, 88 (Colui da cui i\ Vedi la bestia per cui i' sarebbero
suoni ingrati); Inf i, 112, 113; li, 99; ni, 8, 12. - 25. Qua e l s'
detto del numero, che consiglia ora apostrofare, ora scrivere intero,
ora porre il pron., ora ometterlo. Ma il numero ha sempre segrete
armonie coli' idea e col sentimento; Inf. v, 48 (senza VIo il verso
cadrebbe) vi, 54 (troppi gli I accanto ad altre vocali se dicesse
;
Alla pioggia io mi fiacco); Vili, 34 (Dante ha fretta di rispondere,
onde un altro Io tarderebbe). - 26. Pi volte bisillabo ma YEgo ;
lat. colla conson. interposta gliene d pi licenza; Inf. m, 11. Purg.
vi, 10; x, 19; xn, 2. Par. xiv, 127, ecc.
Io, ted. la, Particella affermativa delle lingue germaniche; Vulg.
El. i, 8, 26.
Iolas, sotto il nome di questo pastore, amante di Fillide (cfr.
Virg., Ed. il, 57; in, 76, 79), Dante raffigur Guido da Polenta, suo
ospite a Ravenna; Ed. il, 95. Ed. respons., 80.
Iole, gr. "IXtj, figliuola di Eurito re di Tessaglia. Dopo avere
vinto Eurito, e soggiogato la Tessaglia, Ercole rap la giovinetta
lordati IosafT io7!
Iole e se ne invagh a segno, da volerla fare sua
moglie. Ma Deia-
nira, gi da anni moglie di Ercole, presa da immensa
gelosia, mand
ad Ercole la camicia fatata di Nesso, la quale fu la morte
di Ercole.
Deianira si uccise per disperazione e Iole and sposa ad Ilo, figliuolo
di Ercole; cfr. Ovid., Metam. ix, 134-238. Heroid. ix, 5 e
seggiole
ricordata Par. ix, 102.
Jordan, Iosii, cfr. Giordano, Giosu; e cos pure per altre
voci che qui non si trovano, come Iocasta, IosEPro, ecc., cfr. Gio-
casta, Gioseppo, ecc.
Iosaff, Iosaf, Iosafat, ebr. Dh"P (=11 Signore
t t :
la mia Nome di un re di Giuda, figlio di Asa
giustizia), propriam.
(III Meg. xxii, 41-51). Dalla sua vittoria, riportata sopra gli Am-
moniti, Moabiti ed altri (li Parali]), xx, 1-26), fu chiamata dal
suo nome una valle presso Gerusalemme, dove si credeva che alla
fine dei secoli sarebbe tenutoil giudizio universale, credenza fon-
data sopra le parole del profeta Gioele (in, 2, 12): Congregabo
omnes Gentes, et deducam eas in vallem Iosaphat.... Consurgant,
et ascendant Gentes in vallem Iosaphat: quia ibi sedebo ut iudi-
cem omnes gentes in circuitu. Dante sembra attenersi a questa
credenza, che nel medio evo era universale; Inf. x, 11. Alcuni per
interpretavano allegoricamente Elucid., 75 Erit judicium in
; :
valle Iosaphat? Vallis Iosaphat dicitur vallis judicii. Vallis est sem-
per juxta montem. Vallis est hic mundus, mons est ccelum. In valle
ergo fit judicium, idest, in isto mundo, scilicet in isto aere ubi
justi ad dexteram Christi ut oves statuentur, impii autem ut hcedi
ad sinistram ponentur. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. uj. Suppl.,
qu. 88, art. 4 e qu. 90, art. 3. Non si pu dire con certezza se
Dante intendesse alla lettera o allegoricamente. - Bambgl. tace. -
An. Selv.: Dicono i dottori, che, quando a Dio piacer, tutto
genti del mondo morranno, e poscia che fiano morti, tutti risusci-
teranno, e prenderanno quei medesimi corpi ch'aviano in questo
mondo, e tutti saranno in una valle chiamata Iosaf, e ivi verr
Domeneddio con tutti e dodici gli apostoli, e angeli; e ogni gente
sar sentenziata secondo quello che avr fatto in perpetuo, o bene
o male. - Petr. Dani.: Quse vallis pr judicio Dei accij'itur,
quod erit in aere, non in illa valle montis Oliveti. - Bocc: Della
valle di IosafT, nella qual si legge che al d del giudicio, tutti
quivi, giusti e peccatori, rivestiti de' corpi nostri, ci raguneremo
a udire l'ultima sentenza; quindi i giusti insieme con G<
e di
in-
Cristo se ne saliranno in cielo, e i dannati discenderanno in
ferno; e chiamasi quella valle di IosafT, poco fuori di Gerusalem,
1076 Iperione-Ippocrate
da un re chiamato Iosaff, che fu sesto re de' Giudei. - Benv. :
Di Iosaphat, idest a die judicii.
Iperione, gr. 'Iraspccov, Titano, figlio del Cielo e della Terra,
padre del Sole; Par. xxn, 142.
Ipocrisia, dal lat. hypocrisis, e questo dal gr. rcxpiais, Si-
mulazione di bont e di virt e di santit, o Arte d' ingannare
sotto specie di virt, di santit, ecc. Inf. xi, 58.
Ipocrita e Ipocrito, dal lat. hypocrita, e questo dal greco
tcoxpit^s,Macchiato d'ipocrisia, Che finge un pregio morale che
non ha non vuole acquistare Inf. xxm, 92. - Benv. : Autor dat
e ;
hypocritis poenam meritissimam, quam continuo semper secum por-
tant. Fingit enim quod hypocritaB ferunt cappas largas, longas,
ineptas, quae ab intra sunt federata plumbo gravissimo, ab estra
vero sunt deauratae auro splendidissimo; et premente nimium pon-
dere incedunt tarde lacrymando, ita quod semper videntur fessi et
vix possunt membra muovere. Et vere cappa hypocritarum est gra-
vissima et pnalissima, qui, conscientia repugnante, conatur palliare
vitium quod est intus, et ostentare virtutem apparenter ab extra,
quod est difficillimum et quodammodo contra naturam. quam
durissimum est esse semper solicitum, et cavere ne in verbo vel
in opere, more vel signo, homo detegat quod male tegit! hypocrisis
ergo est una salma gravissima quam nunquam potest quis deponere,
si vult bene facere artem suam. - Bari.: Gli ipocriti sono di-
pinti, perch si dipinsero in vita per parere diversi da quello che
erano; e come si coprirono della veste dell'ipocrisia, sono all'In-
ferno coperti di manti pesantissimi, dorati di fuori, di piombo al-
l'interno, come i Farisei di Cristo, paragonati ai sepolcri imbian-
cati, i quali di fuori appaiono belli, ma dentro son pieni di ossami
di morti e d'ogni bruttura (S. Matt. xxm, 27).
Ipostasi, lat. hypostasis, dal gr. Tiaiaaig, Personalit, Sus-
sistenza di persona; ed anche Materia, Soggetto, Principio, Ferma
persuasione, Proposito, Impresa, Costanza, Fiducia, Coraggio, ecc.
Mon. in, 12, 31.
Ippocrate, lat. Hippocrates, gr. 'IrciwxpcfcTifjg, celebre medico
greco da Coo, della cui vita poco ci noto. Nacque verso l'anno 470
a. C. dalla famiglia degli Asclepiadi, studi prima nella patria sua,
quindi viaggi nell'Asia e nella Grecia, e mor a Larissa nella Tes-
saglia verso il 356 a. C. Le opere a lui attribuite (ottima ediz. cu-
rata da Ermerius, Utrecht, 1859-64) abbracciano 80 scritti di scienza
Ippolito -Ira 1077
medicale, ma non facile decidere quali siano autentici e quali do;
cfr.Ilberg, Studia pseudippocratea, Lips., 1883. Dante lo pone
tra i filosofi nel Limbo, Inf. iv, 144, e lo ricorda come
dedico
sommo, Purg. xxix, 137. Conv. i, 8, 25.
Ippolito, lat. Hippoytus, gr. 'taXuiog figlio di Teseo e .li ,
Antiope regina delle Amazoni. Accusato falsamente da Fedra sua
matrigna (cfr., Cic, Off. i, 10; m, 25), Teseo lo maledisse, pre-
gando Poseidone suo padre di farlo perire. Ippolito, arrivato fug-
gitivo alla riva del mare, Poseidone fece uscire dalle acque un bue
marino che spavent i cavalli del giovane, i quali lo trascinarono
in mezzo agli scogli, ove l'infelice perdette la vita. Scopertasi la
sua innocenza Fedra si uccise ed Esculapio fece rivivere Ippolito,
il quale sotto il nome di Virbio visse poi con Diana nelle foreste
di Egeria presso Aricia; Ovid., Metani, xv, 497-546. Dante para-
gona la sua fuga da Firenze a quella di Ippolito da Atene, Par.
xvn, 46.- Lan.: S come Ippolito si part d'Atene perch non volle
osservare la seduzione della sua matrigna, cos tu Dante perch non
vorrai consentire alli barattatori del tuo Comune, sarai fatto esule
di Fiorenza, e dopo molta briga tu vedrai tal vendetta de' tuoi ne-
mici, che serai restituito in le tue ragioni e stato. Cos pure Ott.
ed An. Fior. - Benv.: Nota quomodo comparatio est propriissima
ad propositum: sicut enim Hippoytus innocens et honestus fuit
pulsus de nobilissima patria sua ci vitate Athenarum, et missus ad
tormenta, quia noluit consentire luxuriosae voluntati novercae suaa
Phsedrse; ita autor justus et insons fuit pulsus florentissima civi-
tate Florentise patria sua, nolens consentire libidinosa voluntati Fio-
rentine, quam reperit novercam et non matrem, et missus est ad
incommoda magna. - Buti: Finge l'autore che messer Caccia-
guida dica a Cos converr partirsi a lui de la sua citt, per
lui :
non volere consentire a le inique cose, che volevano fare li neri in
Fiorenza contra la parte bianca. Dante arebbe voluto che tutti li
cittadini di Fiorenza fussono stati in amore et in pace ne la citt,
e li neri volevano tiranneggiare e signoreggiare la citt; e perdi
Dante non volse consentire a ci, se ne uscitte fuora insieme co la
parte bianca.
Ippomene, lat. Hippomenes, Principe greco che vinse
astuzia Atalanta nel corso, la ebbe in isposa, e fu poi trasformato
in leone, Atalanta in leonessa; Ovid., Metam. x, 5GO-7:50. Danio
accenna alla favola, Mon. l, 8, 59.
Ira, dal lat. ira, Movimento disordinato dell' anima, onde l'uomo
violentemente eccitato contro chi l'offende, o gli ha fatte di spia-
1078 Iracondia
cere comecchessia. Buti (i, 216 e seg.): Ira appetito di vendetta,
e Cassiodoro dice: Ira movimento non concitato a dar pena pro-
vocante. EFilosofo dice: Ira appetito di dolore al suo contrario
il
per apparente esaminazione; cio desidera l'iroso di dar pena al suo
contrario, perch n'ha dato a lui, e dice per l'apparente esamina-
zione, perch li pare ben giudicare; onde santo Agostino: Nulli
irascenti ira sua videtur iniusta unde cito redeundum est ab
omni indignatione ad mansuetudinis lenitatem nam pertinax :
motus facile in eius odium transit, cui non celeriter ignoscitur.
Ora da vedere delle specie dell'ira che sono principalmente due:
cio ira per zelo, et ira per vizio. Ira per zelo quella che viene
per amore, che l'uomo ha alla virt, di questa disse San Paolo (ad
Ephes. IV, 26): Irascimini et nolite peccare. Ira per vizio, secondo
che dice santo Agostino nei sermoni (lviii), desiderio e piacere
di vendetta, ovvero di vendicarsi; e questa ira, innanzi la delibe-
razione, peccato veniale; ma con deliberazione, peccato mortale.
Puote ancora questa ira essere invecchiata, et allora si chiama odio.
Altrimenti si pu dividere l'ira; imper che alcuna pur nel cuore,
alcuna procede da villania di bocca o generale, o speciale, ed alcuna
procede ad offensione del prossimo. - Concernente la distinzione
delle due ire, mala e non peccaminosa, Thom. Aq., Sum. th. II,
il, 158, 1-3: Potest malum in ira inveniri, quando scilicet aliquis
autem aliquis
irascitur plus, vel minus, praeter rationem rectam. Si
irascitur secundum rationem rectam, tum irasci est laudabile.... Ira
non semper est mala.... Hgec ira est bona, quse dicitur ira per ze-
lum.... Curandum summopere est ne ira, quse ut instrumentum vir-
tutis assumitur, menti dominetur; ne quasi domina praeeat, sed ve-
lut ancilla ad obsequium parata a rationis tergo numquam recedat....
Si aliquis appetit quod secundum ordinem rationis fiat vindicta, est
laudabilis irse appetitus.
Nella Biv. Coni, la voce Ira adoperata 28 volte, 18 neWInf.
(ni, 26, 122; Vii, 116; vili, 24; ix, 33; xi, 74; xn, 15,33, 49, 72
xix, 119; xxin, 16, 146; xxiv, 69; xxvi, 57; xxx, 133; xxxi, 72
xxxu, 51), 7 nel Purg. (v, 77; xv, 106; xvn, 36, 69; xx, 96, 110
xxxn, 157) e soltanto tre volte nel Par. (iv, 14; vi, 90; xxxu, 69)
Sono da notarsi: 1. Avere in ira alcuno, vale Odiarlo, Portargli
odio; Inf. xi, 74. Purg. v, 77.-2. Levar dall' ira, Togliere, Libe-
rare, dall'ira. -3. Ira mala, per Ira peccaminosa, a distinzione della
virtuosa; Purg. xvn, 69.-4. Ira, figur., per La persona adirata;
Inf. xn, 33.
Iracondia, dal lat. iracundia, Abito dell'adirarsi; Purg.
xvi, 24.
Irato-Ironia 1 079
Irato, dal lat. iratus, Pieno d'ira, Commosso dall'ini, Com-
preso da ira; Inf. xxn, 133.
Ire, dal lat. ire, Andare; Verbo difettivo, che nella
J)iv. Gom.
non usato che nell'infin. e nel partic. pass. Alla mancanza
delle
sue voci si supplisce coi verbi Andare e Gire (cfr. queste
due voci).
Il verbo Ire adoperato nella Div. Coni. 20 volte
nell'ini", e nel 1
part. pass., in tutto 24 volte, cio 8 nell'In/", (xvi, 91; xxi,
129;
xxiv, 71; xxvi, 141; xxviii, 44; xxxi, 124, 141; xxxm,
117), 12 nel
Purg. (I, 120;
75; IV, 128; Vii, 42, 56; x, 111 xi, 124; xm, 23;
II, ;
xix, 55; xxm,
104; xxv, 115; xxxm, 141) e 4 volle nel Par. (i, 9;
Vii, 98, 100; xvi, 74). -1. Detto degli occhi; Inf. xxiv, 71.-2. Pig.,
per Distendersi nello scrivere, nel parlare; Purg. xxxm, 141.-3. Eli.
e fig., per Iscadere, Andare in ruina, e simili; Par. xvi, 74.-4. Ire
dietro, riferita l'azione alla
Memorativa, significa Tener dietro alle
cose vedute con gli occhi dell'intelletto; Par.i, 9.-5. Ire gi con
umilt, per Umiliarsi dinanzi a Dio; Par. vii, 98.-6. E il suo
contrario Ire su, e vale Tendere con superbia ad innalzarsi sopra
la propria condizione; Par. vii, 100.-7. Ire, in significazione di
Durare; Purg. x, 111.
Iri, che oggi dicesi pi comunemente Iride, dal lat. iris, e
questo dal gr. tptg, Fenomeno luminoso che appare nell'aria, quando
i raggi del Sole o della Luna si rifrangono, poi si riflettono una o
pi volte nelle goccie della pioggia cadente. L'iride ha la forma
d' un gran circolo a varii colori che si fondono soavemente gli
uni negli Spesso non vedesi che una parte del circolo, tal-
altri.
volta il Perch l'Iride si mostri, bisogna che l'occhio
circolo intero.
dello spettatore sia posto tra il sole e la pioggia. L' Iride chiamasi
anche Arco celeste ed Arco baleno. Nel luogo Par. xxxm, 118, il
Poeta dipinge la perfetta rassomiglianza di due arcobaleni, prodotti
l'uno dall'altro, imitando la frase y&s ex cpong dell'antico Sim-
bolo Niceno. Il riflettente il Padre, il riflesso il Figlio, il fuoco
lo Spirito Santo; cfr. Par. x, 1 e seg.; xm, 55 e seg.- Secondo la
mitologia IH o Iride il nome della Dea messaggiera di Giunone,
figlia del centauro Tamante e di Elettra, che sale e discende per
l'arcobaleno Hesiod., Theog., 265. Hom., II. II, 786; vili, 398;
(cfr.
xi, 196; xv, 169, ecc. Ovid., Metani, i, 270; xi, 585, 632: xiv, 85,
830, 838. Virg., Aen. iv, 693; v, 605; ix, 2. Stat., Silv. in, 3,81, ecc.);
onde Dante chiama l'arcobaleno figlia di Tamante, Purg. 1,1
e Ancella di Giunone, Par. xn, 12.
Locuzione
Ironia, dal lat. ironia, e questo dal gr. spwvsta,
in cui l'uomo dice il contrario
Parte di discorso, o Intero discorso,
1 080 Irrazionale - Isaia
di quel che vuole sia inteso. Non solo il sentimento altro dalle
parole, come nell'allegoria, ma contrario; non per
s che non si
voglia che o a chi si parla, o altri che ascolta o legge, intenda le
parole al rovescio di quello che suonano. Nel suo massimo Poema
Dante fa sovente uso dell'ironia, specialmente quando rivolge la
parola a Firenze, Inf. xxvi, 1 e seg. Purg. vi, 127 e seg., o quando
di essa parla, Purg. xn, 102. - Vi sono varie specie d'ironia: 1. Ag-
grava la riprensione, l'eccettuare dal numero de' ripresi la persona
o la cosa pi riprensibile; Inf xxi, 41; xxix, 125 e seg. - 2. Ironia
di pi strazio rammentare il bene per esacerbare il sentimento
del male ;Inf xxi, 48 e seg. - 3. Ancora pi fina ironia quando il
parlante rammenta i proprii vantaggi nell' usarli aspramente; Inf.
xxvii, 123.-4. Brutto ed indecente parlare ironico, Inf. xxx, 106
e seg. - 5. Anche il linguaggio degli occhi e della faccia, l' attitu-
dine della persona, pu denotare ed esprimere l'ironia, farsi esso
stesso ironia; Inf. xxi, 137 e seg.
Irrazionale, dal lat. irrationalis, Fuori d' ordine, Non con-
forme alla sana ragione; Conv. il, 1, 54, 80.
Irrepugnabile, dal lat. in e repugnare, A cui non si pu
ripugnare, o non si deve; Conv. iv, 4, 51.
Irretire, dal lat. irretire, Pigliar con rete; e per Inviluppare,
Imbrogliare Par. i, 96. - Buti : Irretito, cio preso et impac-
;
ciato io Dante, come presa et impacciata la fiera dentro alla rete,
o l'uccello.
Irreverente e Irriverente, dal lat. irreverens, Non ri-
verente; Conv. IV, 8, 25, 72, 75 e seg., 88, 98.
Irreverenza e Irriverenza, dal lat. irriverentia, Man-
camento negare con segno manifesto
di riverenza, Il la debita sog-
gezione, o venerazione; Conv. iv, 8, 11, 77, 102.
Isacco, ebr. pn^(=
It
schernitore, cfr.
:
Genes. xvn, 17, 19; xvm,
12 e seg.; xxi, 6; xxvi, 8) e raramente pntt^ (da pnt^
I t : I - t
= ridere),
gr. 'Iaaobc, lat. Isaac, Figliuolo di Abraamo e di Sara, erede delle
promesse fatte da Dio ad Abraamo, padre di Giacopo il patriarca,
detto pure Israele; cfr. Genes. xxi-xxvm. Ricordato Inf. iv, 59.
Isaia, lat. Isaias, ebr. lTyt^
~
(= la Salute del Signore), gr.
t : :
'Haouas, uno dei principali profeti giudei, figliuolo di Amos, pre-
dic dal 759 al 699 a. C, autore del primo dei libri profetici del
Isara-Iscritto 108I
Vecchio Testamento. Dante lo cita pi volte; Par. xxv, 91.
Conv
IV, 5, 31; IV, 21, 82. Mon. n, 13, 30; in, 1, 17.
Isaia, gr. "Iaap, oggi Isre, Fiume delle Gallio che nasce nelle
Alpi Graie e si getta nel Eodano al disopra di Valenza; cfr. For-
biger, Alte Geogr. in 2 90. Ricordata Par. vi, 59.
,
I sbandito, lezione di alcuni testi nel luogo Par. vii, 87 ; lo
stesso che Sbandito; cfr. Sbandire.
Isbarro, falsa lez. Purg. xxxm, 42, dove da leggere Shauro
(cfr. questa voce).
Isbuffare, Inf. xvm, 104, cfr. Sbuffare.
I sceda, lo stesso che Sceda, dal lat. scheda, e questo forse dal
gr. cxsSao), o axscca), Berla, Scherno, Buffonata; Par. xxix, 115.
Lan., Ott., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc, An. Fior., ecc., non
danno veruna interpretazione, probabilmente perch nel Trecento la
voce era comunemente intesa. - Benv. : Con iscede, idest truffis. -
Buti: Detti beffevili, che strazieggiano e contrafanno le parole
altrui sceda la prima scrittura, e sceda la simulazione e con-
:
trafacimento, quando l'omo strazieggiando contraf altrui. -Serrav.:
Cum scedis, idest scelleratis et lascivis sermonibus, et verbis scur-
rilibus. - Borghini: Cose scipite, e che direm noi oggi leni e
svenevolezze; e certe piacevolezze fredde e fastidiose, se piacevo-
lezze si posson chiamare queste tali, ma come si credon coloro ch'elle
sieno, e que' che i Latini direbbono freddo. - Fanf.: Sceda, si
adopra anche per lazzi, smorfie: Quante scede mi fai? Che scede
sono coteste? Ed voce antichissima rimasta nell'uso.
Iscegliere, Lo stesso che. Scegliere; Purg. xxviii, 41. Cfr.
Scegliere.
Iscoglio, Scoglio; Inf. xxi, 107 var. Cfr. Scoglio.
Iscorta, Scorta; Purg. iv, 125; xxxm, 107. Cfr. scorta.
Iscritto, Scritto, premessa, come in tante altre voci, la I per
togliere lo scontro della consonante in cui termina la voce che gli
il pi
precede. Nel luogo Purg. Il, 44, molti codd., anzi i pi, ed
delle ediz. hanno: Tal, che parea beato per iscritto, che
comu-
pareva avere scritto in viso la bea-
nemente si spiega: Tale, che
soltanto li avere
titudine. Ma alla buon'ora, quell'angelo, pareva
veramente scritta? Se
scritto la beatitudine in viso, o l'aveva
i
non c'entri. Altri, con
un angiolo di Dio, sembra che il parere qui
1082 Iscuotere - Isidoro
parecchi codd.: Tal, che faeia beato pur descritto (descripto),
cio: In aspetto ed in atto s divino, che, non pur a vederlo, ma
soltanto descritto farebbe beato chiunque ne udisse o leggesse la de-
scrizione. Sulle diverse lezioni del verso cfr. Barlow, Contrib., 183.
Moore, Crit., 372 e seg. -I pi antichi tirano via. Benv. : Faria
beato per iscritto, ne dum visus, sicut nunc ego vidi eum. -
5wfo': Parea beato per iscripto, cio s fatto eral'angiulo, che
ben parea scritto per beato; cio ben parea confermato in grazia
com'elli era. - An. Fior.: Vuol dire che, non che quello angiolo
fosse beato, ma addiscrivendolo parrebbe beato. - Serrav. : Ap-
parebat beatus ex inscripto, idest ex ornamentis suis. Idest beatus
esset, qui eum describere posset, nedum videre. - Land. : Parea
iscritto, cio confermato beato. - Tal.: Faceret beatum solum-
modo ad describendum ipsum, nedum ad videndum talis erat ipse.-
;
Vel. : Chi lo vedeva leggeva in lui che era beato; tanta divinit,
vuol inferire, che mostrava ne 1' aspetto. - Dan.: Mirando nel
volto di lui, vi si avrebbe potuto leggere la beatitudine sua, come
se egli ve la avesse avuta scritta. - Vent. : Mirando nel suo volto,
vi si avrebbe potuto leggere la beatitudine. -De Bom.: Era tanto
bello e maestoso quell'Angelo, che se potesse descriversi in rima faria
beati gli ascoltanti. - Ces.: Parea beato per iscritto, egli un
dire che la beatitudine gli si leggeva nel volto, cio si parea ma-
nifesta; essendo lo scrivere un de' modi pi certi e chiari da aprire
l'interno dell'animo.... Bello, non nego, il concetto che d un'altra
lezione: Tal che faria beato pur descritto, n saprei delle due
a quale conceder la mano.
Iscuotere, Scuotere; Inf. xiv, 42. Cfr. Scotere, Scuotere.
Iscusare, Scusare ; Par. xiv, 137. Cfr. Scusare.
Isidoro, di Siviglia, Isidorus Hispalensis, nato a Cartagena
nella Spagna verso il 560, eletto vescovo di Siviglia nel 600, morto
il 4 aprile 636. Fu uno dei pi dotti uomini del tempo, le cui opere
(ottima ediz. per cura di Fausto Arevalo, 7 voi., Roma, 1791-1803)
furono tenute in gran pregio nel medio evo. - Isidorus natione Hi-
spanus, Doctor egregius, ex nova Cartilagine, Severiano patre, Pro-
vincia Duce, natus, a sanctis Episcopis Leandro Hispalensi, et Ful-
gentio Carthaginensi, fratribus suis, pie et liberaliter educatus,
Latinis, Graecis et Hebraicis litteris, divinisque et humanis legibus
instructus, omni scientiarum atque Christianarum virtutum genere
prsestantissimus evasit. Adhuc adolescens hseresim Arianam, quse
gentem Gothorum Hispanise latissime dominantem jam pridem in-
vaserai, tanta constantia palam oppugnavit, ut parum abfuerit, quin
._..
Isidoro 1083
ab haereticis necaretur. Leandro vita functo ad Hispalensera
cathe-
dram invitus quidem, sed urgente in primis Reccaredo rege,
mv
gnoque etiam Cleri populique consensu assuraitur, ejusque
elec-
tionem sanctus Gregorius Magnus nedum auctoritate
Apostolica
confirmasse, sed et electum transmisso de more pallio
decora
quin etiam suum et Apostolica? Sedis in universa Hispania Vicarium
costituisse perhibetur. In Episcopatu quantum fuerit constans, hu-
milis, patiens, misericors, in Christiana et Ecclesiastica disciplina
instauranda sollicitus, eaque verbo et scriptis stabilienda indefes-
si^, atque omni demum virtutum ornamento insignitus, nullius
lingaa enarrare sufficeret. Monastici quoque Instituti per Hispa-
niam promotor et amplificator eximius plura construxit monasteria,
collegia itidem sedifcavit, ubi studiis sacris et lectionibus vacane,
plurimos discipulos, qui ad eum confluebant, erudivit, quos intcr
Sancti Ildephonsus Toletanus, et Braulio Csesaraugustanus Episcopi
emicuerunt. Coacto Hispani Concilio, Acephalorum haeresim, Hi-
spanie jam minitantem, acri et eloquenti disputatione fregit atque
contrivit. Tantum apud omnes sanctitatis et doctrinse famam adep-
tus est, ut, elapso vix ab ejus obitu sextodecimo anno, universa
Toletana Synodo duorum supra quinquaginta Episcoporum plau-
dente, ipsoque etiam sancto Ildephonso suffragante, Doctor egregius,
Catholicae Ecclesia novissimum decus, in saeculorum fine doctissi-
mus, et cum reverentia nominandus appellali meruerit; eumque
sanctus Braulio non modo Gregorio Magno comparaverit, sed et eru-
diendae Hispaniae loco Jacobi Apostoli ctrlitus datum esse censuerit.
Scripsit Isidorus libros Etymologiarum, et de Ecclesiasticis Officiis,
aliosque quamplurimos Christiana? et Ecclesiastica? disciplina? adeo
utiles, ut sanctus Leo Papa Quartus ad Episcopos Britanni seri-
bere non dubitaverit, sicut Hyeronimi et Augustini ita Isidori dieta
retinenda esse, ubi contigerit inusitatum negotium, quod per Ca-
nones minimi definiri possit. Plures etiam ex ejusdem scriptis sen-
tentise inter Canonicas Ecclesia; leges relata? conspiciuntur. Praefuit
Concilio Toletano quarto, omnium Hispaniae celeberrimo. Denique
cum ab Hispania Arianam haeresim eliminasset, morte sua et Kegni
vastatione a Saracenorum armis publice pramuntiata, postquani qna-
draginta circiter annos suam rexisset Ecclesiam, Hispali migravit
in coelum anno DCXXXVI. Ejus corpus inter Leandrum fratrem,
et Florentinam sororem, ut ipse mandaverat, primo conditimi, Per-
dinandus Primus, Castella} et Legionis rex, ab Eneto Saracen
spali dominante, magno pretio redemptum, Legionem transtulit, et
in ejus honorem templum gedificatum est, ubi miraculis clama
ma-
gna populi devotione colitur. Brev. Rom. ad 4 Aprii. I
valus, Isidoriana, 2 voi., Roma, 1797 (voi. i e n dell' ediz. citata
1084 Isiflle - Isola de' Sardi
delle Opere) Oudin, Comment. de Scriptoribus Ecclesia, Lips., 1722,
;
i, 1581-1596. Dante lo nomina insieme con altri teologi e filosofi,
Par. x, 131.
Isifile, lat. Hysipyle, gr. T^wcXyj, e TcJjwtXeia, figlia del re
Toanto, regina di Lemno dopo l'uccisione dei maschi. Fu sedotta
da Giasone, duce degli Argonauti, che la rese madre di Toante ed
Euneo, i quali ella allev vivendo in mezzo ai boschi. Presa da cor-
sari, fu venduta a Licurgo re di Nemea, il quale le diede a nutrire
e custodire il suo figliuolo Ofelte. Avendo lasciato il bambino sul-
l'erba per mostrare una fontana ad Adrasto, Ofelte fu morso ed uc-
ciso da un serpente, onde Licurgo condann Isifile a morte. Allorch
si stava per eseguire la sentenza arrivarono Toante ed Euneo, ri-
conobbero la madre, la liberarono combattendo e la ricondussero a
Lemno, dove visse felicemente il resto dei suoi giorni. Cfr. Hom.,
II. vi, 461; vii, 469. Ovid., Metani, xm, 399. ricordata Inf.
xvm, 92. Conv. ni, 11, 123. Si parla pure di lei, senza nominarla,
Purg. xxii, 112; xxvi, 95.
Ismene, Edipo e di Giocasta, sorella
gr. 'Iojx^vy), figliuola di
di Antigone, Eteocle e Polinice; cfr. Apollod., ih, 5, 8. Dante la
chiama trista, Purg. xxn, 111, perch sulla infelice pendeva ter-
ribile il fato, che ne perseguit ed estinse tutta quanta la famiglia.
Promessa in isposa a Cirreo, questi fu ucciso prima che il matri-
monio si celebrasse. Vide la rovina della propria famiglia, e final-
mente fu condannata a morte da Creonte, insieme con la sorella
Antigone, per aver dato sepoltura al corpo di Polinice. Cfr. Stat.,
Theb. xii, 349 e seg.
Ismeno, gr. 'IajjLYjvtog , Fiume della Beozia che scorreva presso
Tebe, denominato da Ismeno figlio di Apollo e di Mclia; Purg.
xvm, 91.
Ismorto, lo stesso che Smorto; Purg. ix, 41 var. Cfr. Smorto.
Isola, dal lat. insula, Paese o Territorio racchiuso d' ognin-
torno da acqua; Inf. xvm, 88; xxvi, 104; xxviii, 82. Par. xix, 131.
Cfr. Cipri, Maiolica, Lenno.
Isola del fuoco, la Sicilia, cos chiamata dal suo vulcano;
Par. xix, 131. - Lan. : Questa si Cicilia, ed appellata del fuoco
per lo monte Vulcano. - Buti: Sicilia detta isula di fuoco per
Mongibello, che soleva gittare fuoco.
Isola de' Sardi, la Sardegna, o Sardigna; Inf xxvi, 104.
Cfr. Sardi, Sardigna.
Isoletta-Issa
Tsoletta, diminut. d' Isola, Piccola isola; Purg.
i, 100 nei
qual luogo si parla dell'isola sulla quale sorge il
monte del Pur-
gatorio.
Isopo, Inf. xxni, 4, cfr. Esopo.
Ispagna, dal lat. Hispania, lo stesso che Spagna;
Pura xvm
102. Cfr. Spagna.
Ispani, lat. Hispani, Abitatori della Spagna, oggi detti Spa-
gnoli; Par. xxix, 101. Vulg. Eh i, 8, 33; n, 12, 16.
Ispano, Pietro, Par. xu, 134, cfr. Pietro Ispano.
Ispecchio, lo stesso che Specchio; Par. xxviii, 4 var. Cfr.
Specchio.
Isperare, lo stesso che Sperare; Inf. ni, 85. Cfr. Sperare.
Ispirazione, dal lat. inspiratio, Inspirazione; Purg. xxx, 133
var. Cfr. Spirazione.
Isplendore, lo stesso che Splendore; Purg. xxxi, 139. Par.
xxx, 97. Cfr. Splendore.
Isporgere, lo stesso che Sporgere; Par. xxn, 71. Cfr. Sporgere.
Isqnatrare, lo stesso che Squatrare; Inf. vi, 18. Cfr. Squa-
trare.
Israel, ebr. SttltTV Che combatte con Dio (da pnfc, Combat-
tere, Contendere, e 7N, Dio; cfr. Genes. xxxn, 28. Osea, xu, 4. Se-
condo un'altra etimologia Israel vale Principe di Dio, da rnfy,
T T
Signoreggiare, Dominare, e ^K, Dio; cfr. Genes. xxxv, 10): 1. Nume,
piuttosto Soprannome, del patriarca Giacobbe, datogli da Quegli
che lott secolui (cfr. Genes. xxxn, 24-32); Inf. iv, 59. Cfr. Jacoi;.-
2. Nome del popolo discendente dal patriarca Giacobbe; Purg. 11, 46.
Conv. ir, 1, 46; 11, 6, 3. Vulg. Eh 1, 7, 51. Mon. 1, 8, 15; 1, 14, 46;
11, 8, 27, 42.
Issa, secondo alcuni dal gr. Atya, Subito; pi probabilm. dal
lat. ipsa, sottintesa hora; Ora, Adesso, In questa stessa ora; Inf.
xxiii, 7; xxvii, 21. Purg. xxiv, 55. Buti lo dice vocabolo Iucche
Gelli voce lombarda. - Nella mia valle natia si usa sempre /
per Adesso.- Caverni: Quando pi persone sono a fare una fona
1086 Isso-Istriani
da esser necessario che la forza di tutti concorra a un tempo, per
operare un dato effetto, uno de' lavoranti d il segno agli altri di-
cendo issa o isa, la quale voce ha il significato stesso della parola
dantesca. Per esempio, pi persone hanno le mani al canapo per
sollevare il gatto alla berta: quando si vuol dare il cenno che tutti
traggano in quel punto la fune, uno dice issa. La parola poi s'usa
anche da persona sola che la dice a s, quasi per farsi animo a fare
una gran forza, o uno la dice, per animarlo, a un altro, quasi vo-
lesse significare che in quel punto (issa) tutte quante le forze del-
l'animo e del corpo debbono raccogliersi e concorrere in uno.
Isso, dal lat. ipse, usato anticam. anche in prosa (cfr. Nannuc,
Verbi, 227, nt. 1), per Esso; Par. vii, 92. -Putii Per s isso,
cio per s medesimo. Cos i pi (Land., Veli., Dan., Voi., Veni.,
Tom., ecc.). Ma Torell.: Per s isso, esso per s; isso non in-
vece di stesso. - Andr. : Isso, Stesso; onde anche anticam. isso-
fatto e issoiure.
Istesso, il medesimo che stesso; Par. xxxiii, 130 var. Cfr.
Stesso.
Istiniare, lo stesso che Stimare; Inf. xxiv, 25. Purg. xxxiii, 64.
Cfr. Stimare.
Istinto, dal lat. instinctus, Moto interiore involontario, che
negli animali porta a certi atti e abiti, al quale attribuisconsi nel-
l'uomo gli atti a cuinon precedono sentimenti deliberati. Kam-
menta il gr. ax^w, Pungere. A noi pi specialm. sentimento pro-
prio agli animali, che naturalmente indirizza i lor movimenti. Quindi
nell'uomo, Grande propensione e attitudine; per dice pi di Dispo-
sizione, la quale pu essere e naturale e volontaria, e educata a
grado a grado dall'arte e dagli abiti; Par. i, 114. Cfr. Instinto.
Istoria e Storia, dal lat. historia, e questo dal gr. Ectopia,
Narrazione veridica, meditata, ordinata, de' fatti e casi memorabili
delle nazioni. Storia oramai pi comune ma di narrazione di
;
cose vere non sono caduti d' uso Istoria e Istorico, e Istoricamente
e Istori ografo ; Purg. x, 52 var. Cfr. Storia.
Tstrano, dal lat. extraneus, Forestiero, Straniero; Inf. xxn, 9.
Cfr. Strano.
Istria, lat. Istria e Histria, gr. 'latpda, Penisola al nord-est
dell'Adriatico; Vulg. El. I, 10, 40.
Istriani, Abitatori dell'Istria; Vulg. El. i, 10, 52; i, 11, 28.
Istringere-Itinerario della Divina Commedia 1087
Istringere, lo stesso che Stringere; Purg. xiv, 140- cfr
STRINGERE.
Ita, dal lat. ita, S, Consento, Affermo. Ita est, Ita testor, Ita
exequatur, forinole giudiziarie di attestati, mandati, sentenze,
ecc.,
dei magistrati di Lucca; Inf. xxi, 42.
Italia, nominata Inf. i, 106; ix, 114; xx, 61. Purg.
vi, 76, 124;
Vii, 95; xm, 96; xx, 67; xxx, 86. Par. xxi, 106; xxx, 137. Conv.
i, 5, 42; i, 6, 40; i, 11, 2, 107; n, 11, 49; in, 11, 17; iv, 5, 35, 53;
IV, 6, 134; v, 9, 79. Vulg. El. i, 8, 20; i, 9, 27; i, 10, 41, 42; i,
11, 2; i, 12, 14; i, 14, 2; i, 15, 42; i, 16, 1; i, 18, 35; i, 19, 7, 8,
10, 12. Mon. li, 3, 64, 90; il, 7, 61; m, 13, 32. Dante la chiama
pure Ausonia, Par. vili, 61. Mon. n, 13, 45. - Hesperia, Mon.
li, -Lati ani, Vulg. El. i, 10, 29; i, 14, 4; i, 16, 43. -Terra
3, 61.
Latina, Inf. xxv.n, 27; xxvm, 71. -Terra Italica, Par. ix, 25.-
Giardino dell'Imperio, Purg. vi, 105. -Il bel paese dove il S
suona, Inf. xxxni, 80.
Italiano, lat. Italus, Abitatore dell'Italia, Oriundo d'Italia,
Di nazione italiana; Vulg. El. i, 8, 20; i, 11, 10; i, 12, 6, 14; l,
18, 14, 32, 39. Gl'Italiani sono chiamati da Dante: Latii, Vulg. El.
li, 5, 9. Latini, Inf. xxix, 91. Vulg. El. i, 6, 29; t, 8, 33; i, 10,
19, 52; i, 11, 33; i, 12, 23; i, 15, 26; i, 16, 26, 30, 45; 1, 17, 14.
Italico, lat. Italcus e Italus, dell'Italia, Italiano; Par. ix, 26;
xi, 105. Conv. i, 6, 41 ; i, 9, 7. La lingua italiana detta Lingua
italica, Conv. i, 9, 7. Parlare italico, Conv. i, 11, 73. Volga i;i:
italico, Conv. i, 6, 41. Vulg. El. i, 12, 1. Volgare di s, Conv.
i, 10, 59, 72. Lingua di s, Vii. N. xxv, 25, 28; cfr. Inf. xxxm, 80.
Vulg. El. i, 8, 32, 40; i, 9, 10; i, 10, 8. Italica loquela, Conv.
i, Vulgaee latinum, Vulg. El. i, 10, 27; i, 11, 1; I, 19,
10, 78.
3, 10; il, 1, 3. Vulgare Italle, Vulg. El. i, 10, 60. I talli: LO-
QUELA, Vulg. El. i, 11, 2. Vulgare Italum, Vulg. El. 12, 1. La- i,
tinorum vulgare, Vulg. El. i, 15, 26. Cfr. Latino.
Iterare, dal lat. iterare, Ripetere, Far di nuovo; Purg. vii, 2.
Itinerario della Divina Commedia. Nella sua f
poetica esteriore il Poema sacro la descrizione di un viaggio fai
dal Poeta, sotto la scorta, prima di Virgilio e poi di Beatri
im-
traverso i tre regni dell'eternit, cio gi per lo fastissimo
buto che costituisce l'Inferno, quindi sa per lo monte del Purg
Quest'ultimo
torio, e finalmente di cielo in cielo sino all'Empireo.
compie in modo sovrannaturale: Beatrice
viaggio su per li cieli si
1088 Itinerario della Divina Commedia
guarda Sole, Dante Beatrice, e in un attimo i due salgono dal-
il
l'uno ad un altro cielo pi alto. Di un itinerario per il Paradiso
si pu pertanto appena parlare; non un viaggio, un elevarsi
di grado in grado sino all'eccelso. Il viaggio per l'Inferno ed il
Purgatorio avviene invece in modo tutto naturale non altrimenti
che i viaggi terrestri. Veramente Gerione, Anteo, Lucia ed altri
che prestano i loro servigi ai due mistici viandanti discendendo
nel mondo defunto e quindi su per lo monte che 1' anime cura,
sono personaggi piuttosto soprannaturali ed ideali; tutto naturale
invece il modo in cui promuovono, o rendono possibile, il mi-
stico viaggio. Quindi V Itinerario della Div. Com. comprende due
parti Itinerario per VInf. e per il Purg.
:
1. Itinerario per l'Inferno. Il viaggio prende le mosse dalla
selva oscura, o per parlare pi esattamente, dal confine tra la
selva oscura ed il dilettoso monte. Per quanto si pu dedurre
dalle parole del Poeta dovremo inferire che lx> cammino alto e
Silvestro (Inf. n, 142) fosse assai breve, e che in breve ora i due
viandanti arrivarono all'ingresso della citt dolente. Il viaggio,
dalla porta colla morta scritta sino al punto al qual si traggon
d'ogni parte i pesi, si pu eseguire in due modi: o scendendo in
linea retta senza deviare n a destra n a sinistra, oppure vol-
gendo di quando in quando o a destra o a sinistra sopra i vari
cerchi, discendendo i vari balzi in diverse localit. Or la discesa
dei due Poeti dalla porta infernale sino all'imo dell'Inferno non
si fece direttamente, ma calando di solito a sinistra, onde prima
di essere giunti al termine del viaggio infernale essi ebbero per-
corso tutto il giro dell' Inferno. Ma pur certo, che i Poeti non
tennero rigorosamente una linea spirale volgendo sempre a sinistra,
anzi, pur girando egualmente a tondo tutto l'Inferno, seguirono
una linea spezzata composta o di rette o di archi a seconda delle
accidentalit fisiche o allegoriche le quali man mano vennero a
presentarsi. Neil' attraversare il vestibolo degl' Ignavi, l'Acheronte,
il Limbo ed cerchi dei peccatori carnali e dei golosi, Dante non
i
accenna alla direzione presa, onde dovremo immaginarci la via pi
breve, cio in linea diretta, senza volgere n a destra n a sinistra.
Ordinariamente il viaggio per l'Inferno si fa volgendo a mano si-
nistra, e il Poeta lo dice ripetute volte espressamente (Inf. x, 133;
xiv, 126; xviii, 21; xix, 41; xxi, 136; xxm, 68; xxix, 33; xxxi, 83).
Due sole volte volgono a destra (Inf. IX, 132; xvn, 31), entrando
cio nel cerchio degli eretici ed andando verso Gerione, la quale
circostanza secondo la mente di Dante ha senza dubbio il suo senso
allegorico, difficile del resto, e forse impossibile a indovinarsi (cfr.
Land., Andr., Scart., ecc., ad Inf. ix, 132. Blanc, Vers. i, 93 e
Itinerario della Divina Commedia
seg.). Arrivati al pozzo de' Traditori, i Poeti
non volgono pi da
alcuna parte; in questo luogo hanno finito di
girare l'Inferno-
hanno percorso i 360 gradi della circonferenza
infernale girati
lungo i vari cerchi, per cui Lucifero, Anteo e la porta
infernale
sono in sulla medesima linea retta, o sul medesimo piano
?erti
passante per questi punti; dunque i Poeti fecero l'ultimo
tratto
di camminoattraverso la ghiaccia colle spalle rivolte
alla porta-
hanno compito quindi il loro vero viaggio attraverso e lun^o
il
mondo della perduta gente (Agnelli, 69).
2.Itinerario per il Purgatorio. Ottimamente Agnelli
(1 c
81 e seg.): Escono i Poeti a rivedere le stelle
in un punto del-
l' isoletta, tra il mare ed il monte, ad oriente di
questo ed in pros-
simit della marina. bene supporre che la direzione della salita
volgesse ad oriente, giacch, appena usciti per questa all'aria aperta,
Dante vede la costellazione dei Pesci che precede quella dell'Ariete
in cui si trovava il sole durante l'azione del Poema. Dopodi avere
osservato tutto il cielo, voltosi verso settentrione, il Poeta scorge
Catone il quale avvia i Poeti alla marina, ordinando loro di non
ritornare pi verso quel luogo, ma, come si leva il sole, di lasciarsi
guidare da esso in direzione del monte verso quella parte dove ne
pi agevole la salita. - Giunti i Poeti alla marina, compiuti i riti
ordinati dall' Uticense, sorge il sole, e vedono arrivare sopra una
barca, guidata da un angelo, alcune anime di negligenti, tra cui
Casella che canta al Poeta la notissima canzone. Sgridati dal Veglio,
la compagnia disperde per la campagna, ed i Poeti, voltate le
si
spalle ai sole, nella direzione dell'ombra di Dante, proiettata sul
davanti, monte: Purg. ni, 16 e seg. - Arrivati
volgono verso il
alle falde della montagna
Poeti si fermano dubbiosi, non sapendo
i
da qual parte prendere la salita; mentre stanno quivi fermi pen-
sando al modo che si dovrebbe tenere per tentare V alpestre cam-
mino, Dante scorge alla sua sinistra, un po' in alto, lungo la falda
del monte stesso, apparire delle anime che venivano verso i Poeti.
Giova por mente che alia sinistra dei Poeti che camminavano col
sole alle spalle, corrispondeva il mezzogiorno, quelle anime quindi
che venivano lentamente verso i Poeti giravano il monte colle de-
stre di fuori, e, in quel momento tenevano cammino nella dire-
zione da mezzod a settentrione. I Poeti adunque che, per non
perder tempo, vanno incontro a quelle anime onde chiedere con-
tezza del cammino, deviano dalla primitiva direzione, e volgono,
per circa mezzo miglio, nella direzione di mezzod colle destre
varso la ripa: Purg. in, 67 e seg. - Incontrate quelle anime, sal-
gono un poco la costa, e ritornano insieme con loro, discorrendo
con Manfredi, fino ad uno strettissimo calle che viene indicato da
69. Enciclopedia dantesca.
1090 Itinerario della Divina Commedia
quelle ombre; Purg. iv, 18. Dante non precisa veramente la posi-
zione di questo sito nel quale si prende l'erta della montagna. Ma
noi, considerando che l'angelo deposita le anime nel punto pi
orientale dell' isola, e che anche la porta del vero Purgatorio si
trova ad oriente, crediamo di non scostarci di troppo dal vero met-
tendo quel luogo verso mattina e in linea retta tra il punto dove
approdano le anime e la porta del Purgatorio. Stando cos le cose,
i Poeti, scostandosi dalla linea da oriente a ponente per circa mezzo
miglio verso mezzod, rifanno poscia altrettanto cammino, ma un
poco pi in alto, insieme alle anime, nella direzione di nord. - Sa-
lito faticosamente un tratto dell'erta i Poeti arrivano ad un balzo,
dove si mettono a riposare ed a orientarsi, colla faccia volta a le-
vante Purg. iv, 52 e seg. Mentre i Poeti discorrono sulla natura
:
della montagna, sulla posizione astronomica di quel cielo, odono la
voce di Belacqua, Purg. IV, 101 e seg., si alzano e volgono a si-
nistra verso quel luogo dove stanno aspettando diverse anime di
pigri. Notiamo qui che i Poeti odono la voce a sinistra mentre
sono volti a levante; quindi per recarsi a quelle anime devono
fare un piccolo tratto verso settentrione. Belacqua e i suoi com-
pagni dunque si trovavano a destra della normale che unisce i punti
di oriente e di occidente, rispetto a chi saliva il monte tenendo
questa direzione. Infatti Dante chiede a Belacqua: Ma dimmi, per-
ch assiso Quiritta se' ? Purg. IV, 124 e seg. - Poco dopo, ed era
il mezzogiorno, Virgilio riprende l'erta ed invita Dante a seguirlo:
la direzione da essi presa non deviava n a destra n a sinistra;
essendo mezzogiorno, in queir emisferio, l'ombra del corpo di Dante
gli cadeva a sinistra, onde che uno spirito, che gli stava dietro, grida
:
Ve', che non par che luca Lo raggio da sinistra a quel di sotto; Purg.
V, 4 e seg. Se i Poeti avessero tenuto diversa via l'ombra di Dante non
sarebbe pi caduta a sinistra, ma davanti, se la direzione fosse stata
verso mezzod, o di dietro, se dalla parte contraria avessero cam-
minato. - Salendo, i Poeti trovano altre anime che loro venivano
incontro, ossia scendevano di traverso, od obliquamente. Con esse,
pure continuando a salire, ragionano alquanto: poi trovano Sor-
delio, il quale, seduto, guarda i Poeti che gli salgono di contro.
Iterate pi volte le oneste e liete accoglienze, Sordello rende noto
che a destra del luogo dov' egli stava vi erano anime la conoscenza
delle quali avrebbe recato loro molto piacere. Sordello, mirando i
Poeti, volgeva la fronte a levante; la destra di Sordello e quindi
le anime da lui accennate erano verso mezzogiorno, perci alla si-
nistra dei Poeti che salivano di contro a Sordello. - Per recarsi a
visitare quegli spiriti i Poeti, con Sordello, volgono a sinistra,
verso mezzogiorno, e vi arrivano che manca ben poco al tramontar
Itinerario della Divina Commedia 1091
del sole. Sul far dell'alba Lucia trasporta Dante vicino
al balzo
ove la porta del Purgatorio; questo luogo dove
Lucia depone il
Poeta deve essere un poco a mezzogiorno, tanto discosto in
arco
dalla porta, quanto discosta, pure in arco, la valle
fiorita, dal
vero punto di oriente della montagna; giacch da credersi' che
Lucia, nella salita, abbia tenuto il cammino pi breve per arriv
al balzo sul quale deporre il Poeta.... Entrati nel vero
Purgatorio
i Poeti ad ogni cornice volgono a destra in modo da percorrere
complessivamente tutta la parte settentrionale della montagna, la
sola che, specialmente in quei tempi dell'equinozio, ricevesse luce
direttamente dal sole. Stando cos le cose, avviene di necessit clic
la prima scala, la quale rivolta verso oriente e sale verso po-
nente, situata nella posizione diametralmente opposta all'ultima,
la quale, ricevendo la luce nel momento del tramonto, sale l'ultimo
tratto nella direzione di levante, in modo che i Poeti, arrivando, al
levar del sole, all'estremit superiore dell'ultima scala, si vedono
il sole di fronte, contrariamente al principio della Cantica, dove,
al levar del sole, si vedeva l'ombra di Dante proiettata sul da-
vanti. - Ognun vede per che se nel vero Purgatorio i Poeti ten-
nero sempre costante direzione, non cos avvenne nell'Antipurga-
torio, dove questa, bench generalmente volta a ponente tuttavia
nelle particolarit non regolare come quella dei cerchi superiori.
Perch dunque nell'Antipurgatorio i Poeti tengono diverso modo
di procedere? Agli studiosi la forse non ardua risposta. - Giunti i
Poeti sulla spianata che costituisce il terrestre Paradiso, proce-
dono, col sole in faccia, verso oriente. Dante racconta che si era
internato di molto nell'antica selva, quando giunse alla riva di un
flumicello, Che invr sinistra con sue picciole onde Piegava l'erba
che in sua riva uscio ; Purg. xxvm, 26 e seg. Se il Poeta cam-
minava verso levante, e il fiumicello piegava le erbe verso sinistra,
segno che il Poeta si trovava sulla sinistra del rio, il quale in
quel punto avea la direzione da mezzod a settentrione. Poco dopo,
risalendo la corrente per circa cinquanta passi, e perci volgendo
a mezzod, arriva al punto ove il fiumicello d volta, ed il Poeta
si rende ancora a levante in compagnia di Matelda, che cammina
sulla destra del rio. - Alla distanza di tre tiri d' arco dal punto
centrale del Paradiso terrestre Dante, Virgilio, Stazio e Matelda
si fermano davanti alla mistica processione che
sovraggiunire dal-
l' altra parte del rio. Scende Beatrice e
scompare Virgilio. Da:
dopo subiti i rimproveri della sua Donna, vien tratto
all'ai
assaggiate di quell'acque. Tutta la mi-
riva non senza prima avere
steriosa comitiva d volta sul fianco destro, e prende la diresi
di levante. Dante con questa compagnia, guadagna
icinquanta
1092 Inba-Iulia
spesi verso mezzogiorno all' incontrare del ruscello, e poi segue la
comitiva fino al luogo dove sorge l'albero della scienza del bene
e del male, nel centro del Paradiso terrestre. Il Poeta si ferma
all'albero dove testimonio dei simbolici avvenimenti della Chiesa,
quindi in compagnia di Beatrice, di Stazio e delle altre Donne,
continua il viaggio fino al fonte da cui scaturiscono Lete ed Euno.
mezzogiorno, Purg. xxxiii, 103 e seg. Beatrice si ferma: Matelda
conduce Dante e Stazio a bere di Euno. Dante, nel ritornare verso
Beatrice, la vede rivolta sul fianco sinistro e riguardare nel sole,
e con essa sale alle stelle.
Ponta, Nuovo esperimento, ecc. Novi, 1846, p. 226 e seg., 259 e
seg. - P. V. Pasquini, La principale Allegoria della Div. Com.,
Mil., 1875, p. 72 e seg. - Vaccheri-Bertacchi, Cosmografia della
Div. Com., Torino, 1881.- Agnelli, Topo-Cronografia, 59-88. Cfr.
l'articolo Orario della Div. Com.
Tuba, cfr. Giuba.
Inbere, lat. iuoere, Comandare; Par. xn, 12.
luMleo. Indice, cfr. Giubileo, Giudice.
Indicati, latino, Giudicate; Par. xvm, 93. Cfr. Diligite
JUSTITIAM.
Indit, lat. Iudith, gr. 'IooStfr, dall' ebr. rVHIJT, Giudea, Nome
della donna ebrea, figlia di Meraris, la quale uccise il capitano
Oloferne e liber i Giudei ; Iudith. Secondo Ugo da
cfr. il libro di
S. Vittore (Annotat. elucid.
alleg. Vet. Test, iv, 18; ix, 3, ecc.)
Iudit la figura della Chiesa. E la Chiesa applica alla B. Vergine
le parole dette a Iuclit dal principe Ozia (Iudith, xm, 23-25):
Benedicta es tu filia a Domino Deo excelso prae omnibus mulie-
ribus super terram. Benedictus Dominus qui creavit ccelum et ter-
ram, qui te direxit in vulnera capitis principis inimicorum nostro-
rum: quia hodie nomen tuum ita magnificavit, ut non recedat laus
tua de ore hominum, qui memores fuerint virtutis Domini in aeter-
num, pr quibus pepercisti animse tuse propter angustias et tribu-
lationem generis tui, sed subvenisti ruinae ante conspectum Dei
nostri. Dante vede quest' eroina ebrea nella Rosa celeste, Par.
xxxn, 10.
Inlia, donna romana, nominata assieme con Lucrezia, Marzia e
Cornelia, Inf. iv, 128. Probabilmente Dante intende della figliuola
di Giulio Cesare, e moglie di Pompeo Magno, la quale al dire di
Iulio-Ivi entro n ri-
Valerio Massimo fu amantissima del marito. Cosi Bambgl,
Tae.
Dant., Lan., Otti, Peti: Dant., ecc. - Bocc. : Giulia fu ii</li
di Giulio Cesare acquistata in Cornelia figliuola di Cinna,
gi qi
tro volte stato consolo; la quale, lasciata Consuzia che davanti
scu-
sata avea, prese per moglie. E fu costei moglie di Pompeo Magno,
il quale ella am mirabilmente,in tanto che essendo dulie con,
edilizie riportati a casa vestimenti di Pompeo suo marito riapersi
i
di sangue (il che, secondoch alcuni scrivono, era avvenuto, che sa-
crificando egli, ed essendogli l'animale, che sacrificar dovea, gi fe-
rito dalle mani scappato, e cos del suo sangue macchiatolo): come
prima Giulia gli vide, temendo non alcuna violenza fosse a Pompeo
stata fatta, subitamente cadde, e da grave dolore fu costretta, es-
sendo gravida, di gittar fuori il figliuolo che nel ventre avea, e
quindi morirsi.
Itili, Giulio Cesare, secondo Dante il fondatore dell'Imperio
Komano; Inf. i, 70. Cfr. sub Iulio.
Inno, forma lat. per Giuno, o Giunone, moglie di Giove; Par.
xxyiii, 32. Cfr. Giuno.
Tura, voce lat., plur. di Jus, Lo stesso che Diritto; ossia Tutte
insieme le leggi, Il corpo delle leggi, che regolano tale o tal altra
materia, determinata dall'aggiunto che gli si d, o che sono o fu-
rono in vigore presso un dato popolo, o in un dato tempo, o in un
dato reggimento; Par. xi, 4.
lurista, lat. Giurista, Colui che dotto nel gius pubblico e
nel privato; Mon. il, 11, 50.
lustitia, lat. Giustizia; Par. xviii, 91. Cfr. Diligite.
Iuvenale, Giovenale; Purg. xxn, 14 var. Cfr. Giovenale.
Ivi,dal lat. ibi, Avverb. di luogo, dove tu non sei e vale In ;
quel luogo, Quivi, Di l, L, A quel luogo; Inf. i, 129: in, 66; XII, 2;
xviii, 91; xx, 73; xxx, 73. Purg. iv, 52, 103; xn, 65; XIII, 4; XIV, 8;
xv, 23, 85; xxvm, 33. Par. xvi, 46 e sovente. Secondo Tom.-kl.
nel luogo Purg. xxxi, 85, Ivi vale Allora; si pu anche inf
L, In quel luogo, dove eravamo. Nel luogo Purg. xxv,
5
avrebbe veramente il valore di Allora; ma la maggioranza dei testi
ha Indi, che sembra essere la vera lezione.
Ivi entro, Iv' entro, Iventro, In quel luogo, Quivi den-
tro; Cam. : Morte, poich'io non truovo a cui mi doglia, v. 20.
1094 L-L
Li,Decima lettera del nostro alfabeto, settima delle consonanti:
1. La terza delle lettere che esprimono le parole diligite justi-
tiam, qui judicatis terram (Sapient. i, 1), formate dalle anime
dei Beati nel pianeta d Giove; Par. xyiii, 78.- 2. Nel luogo Par.
xxvi, 134, la lezione: L s'appellava (invece di J o Y s' appellava)
va rigettata come erronea, non avendo l'appoggio che di un unico co-
dice di qualche autorit, ed essendo rimasta ignota a tutti i commen-
tatori antichi; cfr. Corti, Lips. in, 716-20. Moore, Crit., 486-92.-
3. Dante osserva, biasimandonegli, che i Parmesi scambiavano la
L coll'iV, pronunciando monto invece di MOLTO; Vulg. El. i, 15,20.
Iia ? femm., che innanzi a voce che da vocale in-
articolo sing.
cominci si scrive l', trovasi naturalmente nelle opere volgari di
Dante, come in quelle di altri autori, ad ogni pagina. Qualche volta
si trova prefisso a nome di donna; Inf. iv, 124; xviii, 56. Purg.
V, 133; xxiii, 87.
Iia, pronome personale fem., trovasi pure sovente nelle opere
di Dante, come Inf. il, 54; xm, 145; xxvii, 126; xxxi, 54. Purg.
i, 80; v, 123; vi, 47. Par. 1, 114; ni, 124; iv, 54; vi, 96; vii, 144, ecc. -
Precedendo le vocali si scrive l'; Inf. , 110. Purg. vi, 132, e so-
vente. -Usata come affisso del verbo; Inf. i, 111. Purg. vili, 117;
xxvii, 38, e sovente.
Ii, dal lat. illac, Avv. di luogo, cos di stato come di moto, e
vale In quel luogo. Si trova sovente nelle opere volgari di Dante ;
Inf. i, 14, 60, 133; xxv, 110; xxvm, 16, 17; xxx, 73; xxxi, 103;
xxxn, 122. Purg. i, il, 8, 92; iv, 78, 103; v, 41,
30, 86, 88, 136;
76, 78, 97; vi, 11, 58; 117; ix,
vili, 50, 51, 74, 90, 94; xxiii, 114;
xxv, 88; xxvm, 37, 115; xxix, 25; xxxiii, 127. Par. i, 44, 55; vi, 68,
e spesso. - 1. Suole talora aver corrispondenza colle particelle Qua
e Qui, posponendosi ordinariamente alla prima, e preponendosi alla
seconda; Inf. xn, 24. Purg. vi, 11. Par. i, 55.-2. Talora si con-
giunge colla preposizione; Inf. xxvm, 17.-3. Pi l che, vale Molto
pi che, e dicesi di luogo, di tempo e d'altro; Purg. V, 78. - 4. Usasi
L ovvero Di l, per In quello, o Di quello; Inf. xxv, 110, 111. -
5. L trovasi pure usato per In l; Inf. xxxi, 103. - 6. Dice il moto
sollecito da pi parti; Inf. xxn, 148.
-
Labbia-Labia mca, Domino 1095
Labbia, dal lat. labium, plur. abia : 1. Faccia, Aspetto;
Inf
vii, 7; xiv, 67; xix, 122. Purg. xxm, 47. Son.: Tanto
gentile e
tanto onesta pare, v. 12. Cam.: Gh occhi dolenti per piet
core, v. 68. Son.: Color d'amore, e di piet sembianti, v. 6.
2. Per Tutta quella parte del corpo umano che dall'ombelico al-
l' ins, ovvero La persona umana; Inf. xxv, 21.
Labbra, plur. di Labbro, lat. labrum, plur. Labra: 1. Estre-
mit della bocca che ne circoscrivono l'apertura anteriore e cuoprono
i denti. Vengono distinte in Inferiore e Superiore, e servono alla
masticazione ed alla pronunzia delle parole; Inf. xxv, 129; xxx.
Purg. IV, 122; XXXI, 33.-2. Chiudere le labbra, vale Osserv
silenzio; Inf. xvi, 125.-3. Per similit. Orlo delle palpebre; Inf.
xxxn, 47, nel qual luogo si pu anche intendere, e forse meglio,
delle labbra della bocca. - Betti : Io dico che le labbra stieno qui
per le labbra della bocca; perciocch se le lagrime si congelarono,
bisognava bene che scorressero, e scorrer non potevano se non sulle
labbra. - Invece Tom.-Bell.: Le lagrime aggelaronsi in su le pal-
pebre di que' dannati, formandovi, come dir pi innanzi, visiere
di cristallo. Se tanto avessero operato su le labbra della bocca, e
V avessero rinchiusa come spranga cinge legno, que' dannati non
avrebbero potuto parlare, ma parlano ma soffrono tormento atroce
:
dai duri veli agli occhi che alle lagrime fanno intoppo. Ma Dante
non dice che il gelo strinse le lagrime tra le labbra, dice che le
strinse tra essi, cio occhi, e riserrolli. Le lagrime potevano quindi
esser gocciate su per le labbra, cio della bocca, prima che il gelo
le stringesse tra gli occhi. Altri: Le lagrime de' due spiriti, rap-
pigliatesi insieme, riattaccarono i loro visi, per poco disgiunti. Ma
come mai poterono poi que' due spiriti cozzare insieme come due
becchi, v. 50 e seg., se i loro visi erano riattaccati cos fortemente,
che legno con legno spranga mai non cinse forte cos (v. 49 e seg.)?
Intendendo: tra essi, cio Tra essi occhi, ogni difficolt tolta via.
Notisi poi, che di labbra, nel senso di Orlo delle palpebre, non si
ancor mai addotto un solo esempio, tranne questo, contro ver
di Dante.
Lbere, dal lat. labi, Verbo difettivo di cui non si trova che
la seconda persona singolare del presente dell' indicativo, Scorr-
Scendere, Cadere, detto d'un fiume; Par. vi, 51.
Labia mea, Domine, sono le parole del Salmo L, 17: Do-
mine, labia mea aperies : et os meum annunciabit laudein taau
parole cantate dai golosi purgantisi; Purg. xxm, ll.(j
itio
exercui
optime competit gulosis istis, quasi dicant: Labia et os qua;
1096 LaMle-Lacedemona
multum et ssepe ad manducandum et bibendum, mine, o Deus, aperi
ad laudandum et glorificandum nomen tuura cum tanto studio et
maiori; Benv. - In vita costoro non desiderarono che cibo terreno:
ora non desiderano che la vivanda spirituale, celeste; in vita le loro
labbra furono aperte agli abbietti piaceri del gusto e fors' anco al-
l' offesa di Dio ora quelle labbra stanno chiuse a cibo ed a be-
:
vanda, ad altro non agognando aprirsi, che alle lodi di Dio.
Lbile, dal lat. labilis, Caduco, Passeggiero, Fugace, Che sfugge
alla memoria; Par. xx, 12.
Labore, dal lat. labor, Fatica; Purg. xxn, 8. Par. xxm, 6.
Conv. il, 16, 30.
Lacca, voce antiquata e di etimol. incerta;il Muratori la trae
dal ted. antico lahhd, Piccola palude, Pozzanghera; pi vicino sa-
rebbe il gr. Xcbotos, Fossa, Cisterna. Dante chiama Lacca: 1. Un
cerchio dell'Inferno; Inf. vii, 16. - 2. Il muro di massi che circonda
il primo girone del settimo cerchio; Inf. xn, 11.-3. La valle fio-
rita nell'Antipurgatorio; Purg. vii, 71. -Vale Scesa, Luogo basso,
Eipa. jButi:l. China, o Scesa, o Lama. - 2. Ripa. -3. Valle. -
Geli: Rovina, detta cos da labo, verbo latino che significa Ro-
vinare. - Borghini: Lacca propriamente Una parte del corpo,
o Fianco, o Coscia (voce antica o francese eh' ella si sia), e ci
ancora rimaso Bacchetta di castrone ; e Bacchette chiamano per la
simiglianza mestole o altro instrumento da dare alla palla. Or
che i monti si chiamino, e le scese, e le salite co' medesimi nomi
de' membri umani, cosa troppo chiara; e ne pieno questo scrit-
tore e tutti gli altri, che capo, spalle, collo, piede, lacca, braccia,
diconsi tutto il giorno. - Boss.: Lacca, secondo il Glossario del
Du Fresne, e l'maltea del Laurenti, nel basso lat. valea Cavit;
derivato forse da Bacus, da che Baccarj, scavatori di fosse; onde
Dante chiama lacca questo cerchio (il quarto) per significare ch'era
tutto consunto e cavato, a cagione dello stropicco di gravissimi sassi
che vi vengono intorno perennemente rotolati.
Lacciuolo, Dim. di Baccio, e questo dal lat. laqueus. Pic-
colo legame, o Foggia di cappio, che scorrendo lega e stringe su-
bito ci che passandovi il tocca. Figurat., per Ogni qualunque
e
sorta d'inganno e insidia, la quale si tenda tanto all'animo quanto
al corpo; Inf. xxn, 109.
Lacedemona, gr. Aax5a[jttov, lo stesso che Sparta (gr. SiiapTYj),
citt capitale della Laconia nel Peloponneso, sul fiume Eurota, edifi-
cata sopra pi colline; Purg. vi, 139.
Laccrto-L entro
Lacerto, dal lat. lacertus, Muscolo col suo tendine; e pro-
priamente il Muscolo del braccio; Inf. xxn, 72.
Lchesis, gr. Aa^sais (da Aoc^, Sorte), Quella delle tre l'ar-
che (Cloto, Lchesis, Atropos) la quale, secondo la mitologia
fila lo stame della vita di ogni uomo; Purg. xxv, 79, cfr. Pura.
xxi, 25.
Laci, Avv. di luogo, e vale lo stesso che L; e la ci si ag-
giugne per propriet di Linguaggio, come Liei e Quid, In quel
luogo, Verso quel luogo, Verso l; Purg. xxiv, 105.
Laco, dal lat. lacus, lo stesso che Lago, del quale forma ar-
caica e poetica. 1. Nel signif. proprio; Inf. xx, 61.-2. E per Gran
quantit di umori; Inf. xxv, 27. Purg. v, 84.
Lacrima, Lacrimabile, cfr. Lagrima, Lagrimabile.
Lacuna, dal lat. lacuna, Quantit non piccola d'acqua morta.
Trasl. Concavit, Fondo, Par. xxxiii, 22. - Ces. : Appar manifesto,
che vuol dire, Dal centro del mondo, ove il lago del ghiaccio, in-
fino a qui. Ma forse con questo Lacuna vuol recar il lettore ad
intenderlo eziando in pi alto senso, massime per l'aggiunto del-
l'universo. Lacuna, per Eicettacolo, o Scolatojo d'acque morte,
porse a Dante una bellissima immagine dell'inferno: che infatti
quello lo scolatojo delle ribalderie, o fecce del mondo; e per nel
concetto riuscirebbe a voler dire Latrina. Ma intendendo cos, questo
lacuna verr a significare tutto il gran voto d'inferno, che riceve
a diverse altezze la scolatura di tutti i peccati; e co\Y infima ne
nota il fondo.
Ladro, dal lat. latro, Colui che toglie la roba altrui con vio-
lenza; Inf. xxiv, 138; xxv, 27. Purg. xx, 104.
Ladrone, dal lat. ladro; e conino.
latro, latronis, Acer, di
significa Assassino; Inf. xu, 90; xxvi, Nel luogo Purg. XX, 90
4.
;
Dante chiama ladroni Guglielmo Nogareto e Sciarra Colonna, i
due capi dell' attentato contro Bonifazio Vili nel settembre del 1303.
E li chiama vivi ladroni, perch non morirono come que' due altri
ladroni tra i quali Pilato fece crocifiggere Ges Cristo.
Ladroneccio, dal lat. latrocinium, Ruberia, Furto; Inf. XI, 59.
L entro, lat. illue intus, Avv. locale, Dentro a quel luogo, In
quel luogo di cui si parla; Inf. Vili, 71; XXVI, 55. Par. ix, 115.
Cfr. ENTRO.
1098 Laerte-Lagrima
Laerte, gr. AaspxYjs e Apxtos, figliuolo di Archesio, re d'Itaca,
e padre di Ulisse; Inf. xxvi, 95.
Laggi, L
gi, faggine, Avverb. di luogo, cos di stato
come moto, contrario di Lass; e denota Luogo basso e infe-
di
riore al luogo dove altri . Questo avverb. trovasi nella Div. Com.
33 volte, cio 11 nell'In/', (xvm, 115; xix, 35, 42, 76; xxi, 22, 43;
xxiii, 58; xxvii, 36; xxix, 6, 21; xxxiv, 127), 8 nel Purg. (i, 84;
101 vii, 28; ix, 54; xi, 129; xn, 114; xm, 138; xxm, 83) e 14 volte
;
nel Par. (vili, 142; x, 111; xx, 54, 121; xxi, 101; xxiv, 72; xxv,
18, 44; xxvi, 45; xxvii, 27, 143; xxix, 74, 82; xxxn, 84). - 1. Per Co-
staggi Inf. xxvii, 36. - 2. A modo quasi di sost. Purg. ix, 54.
;
Laggiuso, L giiiso, Avverb., lo stesso che Laggi ; Inf
xxi, 17. Par. il, 50.
Lagna, prov. lanha, dal verbo lagnarsi, Motivo di lagnarsi,
Afflizione,Pena, Dolore, Affanno, Travaglio, o Cosa che induca a
lagnarsi; ed anche Querela, Lamento; Inf. xxxn, 95.
Lagnare^ Verb. neut. pass.; prov. se lanliar, frane, ant. lai-
gner, spagn. ant. lanarse, forse dal lat. laniare se (prae dolore);
cfr. Diez, Wrt. i, 241 Dolersi, Affliggersi, Lamentarsi, Quere-
;
larsi, Rammaricarsi ; Inf. m, 128 ; xxiv, 10. Purg. xx, 18. Par.
xu, 120.
Lago, dal lat. acus : 1. Grande estensione d'acqua permanente
circondata dalle terre; Inf. vili, 54; xx, 66; xxxn, 23. Par. i, 81.-
2. Figurat., per Gran quantit d' umore Purg. V, 84. - 3. Pure figu-
;
ratamente, per Concavit, Profondo; Inf. i, 20, nel qual luogo lago
del cuore detta Quella cavit del cuore eh' ricettacolo del san-
gue, la sanguinis cisterna dell' Harvey; Lomb.
Lagrima e Lacrima, dal lat. lacrima: 1. Umore che stilla
dagli occhi, nato da un soverchio affetto, o di dolore, o d' allegrezza,
o anche da qualche causa meramente corporale; Inf. ni, 68; xiv,
113; xvm, 84; xxxn, 48; xxxiii, 97, 128. Purg. x, 78; xxiv, 114;
xxx, 145 xxxi, 20. - 2. Essere senza lagrime, vale Impietrar dentro,
;
Non poter pianger per troppo dolore; Purg. xxx, 91.-3. Fare le
lagrime, vale Piangere, Lagrimare; Purg. xxv, 104.-4. Mungere
le lagrime, vale Trarre, Spremere dagli occhi pianto di dolore di-
sperato; Inf. xn, 136.-5. Lagrima, per simil., quell'Umore che
distilla dalle piante, Umore congelato e ridotto in pezzetto solido;
Lagrima d'incenso, e sim. Inf. xxiv, 110.
Lagrimabile-Laina [099
LagrimaMle e Lacrimabile, dal lat. lacrimabili*, Atto
a indur lagrime, Degno
di lagrime, di compassione; ed
anche
Doloroso in generale; Inf. vi, 76.
Lagrimaie e Lacrimare, dal lat. lacrimare e lacrimati :
1. Versar lagrime, Piangere; Inf. i, 92; n, 116; in, 24; v, 117;
vi, 59; xx, 8; xxxm, 9, 52. Purg. xxvi, 47; xxvn, 137; xxx,
54;
xxxiii, 3.-2. Per Dimandar lagrimando; Purg. xm, 108.-3. Per
Piangere, Deplorare, Compiangere; Purg. xxm, 55.-4. In forza di
Sost., Il piangere; Purg. xxn, 84. Vii. N. xxxvm, 17, 24; xl, 20.
Lacrimato e Lacrimato, dal lat. lacrimatum, Chiesto,
Desiderato, con lagrime; Purg. x, 35.
Lagrimetta e Lacriinetta, lat. acrimua, Dim. di La-
grima, Piccola lagrima; Purg. v, 107.
Lacrimoso e Lacrimoso, dal lat. lacrimosus, Pieno di
lagrime, Che provoca le lagrime; Inf. ni, 133. Purg. i, 127.
Lai, prov. lay e Jais, frane, ant. lai e Jais; etimol. incerta;
3
forse dell' ant. ted. leih, leich (cfr. Diez, Wrt. il , 355). Zamb.:
Pare d'origine celtica: Kymr. Mais, Canto, Melodia. - Lai sost-
masc, usato in ital. soltanto nel plur. e vale Lamenti, Voci meste
e dolorose; Inf. v, 46. Purg. ix, 13.
Laico, dal lat. laicus, e questo dal gr. XaVxs, Uomo secolare,
Che non iniziato n fatto abile a maneggiare le cose sacre; Inf.
xviii, 117.
Laido, prov. aid, spagn. e portog. ant. lait, dal ted. ant. leid,
3
che valeva Odioso, Sgradevole (cfr. Diez, Wrt. i 241); 1. Sozzo, ,
Deforme, Brutto, Sporco, non solamente di bruttura materiale, ma
specialmente di bruttura e oscenit di vizi; Inf. xix, 82. Pur;/.
xxxn, 121.-2. E per Disonesto, Sconveniente, e simili; Conv. iv,
25, 68, 69, 70.
L'altr'ieri, Avv. vale II d avanti al di
di tempo, e |
simo passato; e talora significa tempo indeterminato, e vale Pochi
giorni addietro; Purg. xxm, 119. Vii. N. ix, 30. Cfr. ieri.
Lama, lama, Pianura e Campagna, in cui l'acqua si
dal lat.
distende, ed impaluda; ed anche Luogo concavo ed
umido, Profon-
dit, Cavit Inf. xx, 79; xxxn, 96. Purg. vii, 90. - Borghini Lama :
;
par che pigli sempre Dante, e oggi l'uso comune m tutto il fio-
lungo fiumi, dove, perdo
rentino, di chiamare cos luoghi bassi i
1100 Lainagna - Lamberti
non vi frutterebbe altro, si pongono alberi; dico alberi al modo
nostro parlando, che specie particulare, che serve a far travi, asse
e correnti, bench a noi che abbiamo copia di bellissimi e ottimi
abeti, servano pi per tavole, che sono molto buone; ma il contado
si serve pur degli alberi. Parl dunque propriissimamente nell'uno
e nell' altro luogo Dante. Lo stesso osserva pure il Gelli, II, 267.
Lama gii a o La Magna, Nome che gli antichi davano alla
Germania; Inf. xx, 62. Conv. in, 5, 83.Nel Vulg. El. i, 18, 35 la
chiama Alamania.
Lainbertacci, Fabbro, cfr. Fabbro.
Lamberti, Nobili fiorentini di parte ghibellina, discesi, come
si disse da un barone Lamberto venuto in Italia coli' imperatore
Otto primo di Sassonia (cfr. Vill., iv, 1). Ebbero la signoria di
Calenzano, di Monteghisi, di Travalle e di altre vicine castella, che
furono loro disfatte dal popolo nel dodicesimo secolo, e doverono
poi rinunziare al comune nel 1224. Forzati a stabilirsi nella citt,
fissarono il domicilio nel sestiere di S. Pancrazio, dove non lungi
dal Mercato ebbero grandiosi palazzi e munitissime torri. Di un
messer Moscardo fatto cavaliere da Carlomagno nel 786, e di un
messer Lamberto con altri tre di sua casa eletto ad accompagnare
a Roma e poi in Alemagna l'imperatore Arrigo II, serbano ricordo
le antiche istorie. Venendo a tempi a noi pi vicini troviamo Lam-
berto console nel 1180 e nel 1195; Boncompagno nel 1199 e 1200;
Tignoso nel 1204. -Mosca fu tra i consiglieri che segnarono la con-
venzione fatta coi Senesi nel 1203 per determinare i confini del loro
territorio: ma peggior consigliere lo vediamo nel 1215 nelle case
degli Amidei quando col famoso cosa fatta capo ha decise la sorte
di messer Bondelmonte dei Buondelmonti. Dir non occorre che nella
orrenda scissura che nacque da quel misfatto, i Lamberti si posero
dal lato che si disse poi ghibellino; accennar voglio bens che eb-
bero a combattere contro i Tornaquinci, i Vecchietti ed i Pigli. Cac-
ciati da Firenze nel 1258, si ripararono a Siena; ma il Comune non
ve li lasciava tranquilli, perch riguardandoli come principalissimi
tra i fuorusciti, chiedeva che non pochi di essi venissero consegnati
per subire l'estremo supplizio. Gherardo detto Ciccia di messer Lam-
bertesco era il pi temuto di tutti; e con ragione, perch a lui ed a
Farinata degli Uberti tocc il primato nell' esercito ghibellino, che
seppero guidare alla vittoria di Montaperti. - Tornati in patria dopo
quel fatto, non vi rientrarono pi tranquilli; che anzi, fattisi ar-
diti, vi suscitaron tumulti e fu tutt' opera dei Lamberti la cacciata
;
del conte Guido Novello. Ma poco tard a scendere tremenda la pena,.
Lamentanza-Laiii pa noi
avvegnach col famoso bando del 1208 tutti della famiglia
rens
dichiarati ribelli, senza distinzione di sesso e di et.
E questa ri
non si volle mitigato nel 1280, quando nella pace fatta a media-
zione del cardinal Latino si volle dichiarato che restasse in rig
il bando di ribellione gi pronunziato contro messer Primerano di
Cortevecchia, Ceffo di messer Lamberto, Tecco di messer Gherardo,
Asinelio di Vendemmiolo, e Becco di Ruggiero di messer Afosi
N questa fu l'ultima tra le condanne; perciocch irritati i Lam-
berti di vedersi di continuo precluso il ritorno alla patria,
po- si
sero sotto le bandiere di Arrigo VII quando venne a porre assedio
a Firenze, sperando potervi tornare per forza dell'armi. Ma s'in-
gannarono, perch la vittoria non arrise ad Arrigo; da che venne
un pi severo editto, che di tutte le pene stabilite contro i ribelli
colp tutti della casa Lamberti; e pi specialmente Guiduccio e
Tecco di messer Gherardo e Alardo del predetto Guiduccio; Gio-
vanni e Francesco di messer Primerano; Giovanni, Andrea e Simone
di Boccaccino; Niccol e Ruggiero di Becco con Lamberto figlio di
Ruggiero; e Bandino figlio di Capotozzo. - Questa l'ultima no-
tizia che si abbia dei Lamberti nelle carte fiorentine; ritenendosi
comunemente che la famiglia restasse affatto estinta in alcune delle
memorabili pestilenze che travagliarono l'Italia nel secolo XIV.
Lord Vernon, Inf., voi. li, p. 512 e seg. Dante ricorda questa fa-
miglia Inf. xxvin, 106-109 (cfr. Mosca); Par. xvi, 110.
Li a mentali za, dal lat. lamentatio, lo stesso che Lamento, ma
voce arcaica; Vit. N. Vii, 8.
Lamentare, Neut. e Neut. pass., dal lat. lamentavi, Dimostrare
con voce cordogliosa, articolata, il dolore che altri sente, Ramma-
ricarsi, Dolersi; Inf. IH, 44. Par. xiv, 25; xix, 147. Vit. N. vili, 24.
Lamento, lamentum, La voce che altri manda fuori
dal lat.
lamentandosi, Gemito, Duolo; Inf v, 35; ix, 122; xnr, IH; xxix, 43.
Purg. vii, 29; XII, 114.
Lamone, piccolo fiume della Romagna che nasce dal Poggio
questo
delle Travi, negli Appennini Toscani, bagna Faenza, detta per
Citt Lamone,e sotto
di questa citt, al nord di Ravenna, cade
Mare Adriatico. Ai tempi di Dante era affluente del
Po; Inf.
nel
xxvii, 49.
quale
Lampa, dal lat. lampas, Lampana, Vaso senza piede, nel
pi innanzi a e
si tiene acceso lume d'olio, e sospendesi per lo
uno Spirito beato; Par. XYII, 5
sacre. E per Luce, Splendore, detto di
1102 Lampeggiare -Lanf ranchi
Lampeggiare, propriam. iterativo di Lampare, da lampa,
ed ha principalmente il signif. di Baleno. - 1. Per Eilucere, Ken-
dere splendore a guisa di fuoco o di baleno, Brillare, Fiammeg-
giare; Par. xiv, 104.-2. E per simil. a modo di sost., per Un sor-
riso cos breve come il corruscar del lampo; Purg. xxi, 114.
Lampo, Luce elettrica che si sprigiona dalle
dal gr. Xaji7tiv,
nuvole. 1. Nel Par. xxx, 46.-2. Per Splendore di fuoco
signif. propr.
rassomigliante a baleno; Par. xxv, 80.
Lancia, Lungo legno di circa tre metri, con
dal lat. ancea,
ferro in punta, che serve a ferire. 1. La lancia onde fu forato il
petto di Cristo; Par. xm, 40; xxxn, 129.-2. La lancia di Achille;
Inf. xxxi, 4 (cfr. Achille). - 3. Figur. il Vangelo detto la lancia
della quale si servirono gli Apostoli; Par. xxix, 114.-4. E pur
figur. La lancia con la quale giostr Giuda detto il tradimento;
Purg. xx, 73.
Lanciare, dal lat. lanceare, Scagliare la lancia. 1. Figurat.,
per Tormentare, Trafggere il cuore Purg. vii, 111.-2. Neut. pass.,
;
Gettarsi con impeto, Scagliarsi, Avventarsi; Inf. xxv, 50.
Lancilotto, Lancelot du Lac, Nome dell'uno de' principali
eroi dei romanzi della Tavola Eotonda, i quali erano assai in voga
ai tempi di Dante. Secondo questi romanzi Lancilotto era figlio
del re detronizzato Pan de JBenoit, fu educato dalla Dame du lac,
si distinse per le eroiche sue gesta nella corte del re Art, s'in-
namor e fu riamato dalla regina Ginevra, moglie di Art; Inf.
v, 128. Conv. iv, 28, 46. Il capitolo del romanzo, al quale si allude
nel primo di questi due luoghi, il lxvi della Historia di Lan-
cilotto del lago, che fu aitempi del re Art; riprodotto testual-
mente Comi. Lips. i, 46-48. Ma probabilmente Dante ebbe sott' oc-
chio i romanzi francesi, non la Historia.
Landa, dal ted. Land, Paese, prov. Anda, frane. Lande, Pianura
sterile: 1. Per Terreno incolto, Pianura sabbiosa; Inf. xiv, 8. - 2. E
per Prateria, Pianura erbosa; Purg. xxvn, 98.
Lanfranchi, antica nobile famiglia Pisana di parte ghibel-
lina; Inf. xxxni, 32. -Verso l'anno 980, mentre Ottone II era
imperatore, la famiglia Lanfranchi mut il cielo di Germania col
cielo d' Italia, e ferm la sua stanza nella citt di Pisa, allettata
dall' amenit del sito, dalla dolcezza dell' aere e pi dal libero reg-
gimento di quella Eepubblica. Fu subito ascritta al primo ordine
della nobilt pisana, ma non per questo dimentic l'antica patria
Langia noe
e l'impero; e allorquando la nuova patria si divise nelle malaugu-
rate fazioni di Guelfi e di Ghibellini, la famiglia Lanfranchi tenne
gagliardamente da parte ghibellina, e fu sempre avrersa a] dominio
dei papi. Ed in questo parteggiare i Lanfranchi si mantenni
costanti, che immischiati sempre in tutte le rivoluzioni cittadine
di Pisa, ne riportarono spessi e non lievi danni. -Dante fa men-
zione di questa famiglia con quella dei Gualandi e de' Sismondi nel-
T Inferno, l dove Ugolino della Gherardesca racconta al poeta la
dolorosa sua morte nella torre della fame in cui fu chiuso insieme
co' figli e co' nipoti. Fu quella la prima volta che i Lanfranchi si
armarono contro i Gherardeschi, co' quali ebbero sempre odio im-
menso per gelosa di potere. La seconda congiura fu del 1322, e la
guid Benedetto Maleppa, valoroso soldato eh' erasi distinto alla in-
felice battaglia della Meloria. Ma in questo fatto fu infelice del
pari, perch la vittoria fu per il feroce conte Eanieri di Donoratico,
il quale a lui tolse la vita, ed a tutti gli altri dei Lanfranchi la
patria e gli averi. Rimessi in Pisa dal conte Bonifazio Novello, se
gli mostrarono ingrati; e nel 1336 Benedetto Maccaione con altri
di sua casa si fece cospiratore per ucciderlo e dare il governo di
Pisa a Mastino della Scala, signore allora di Lucca. Combatt va-
lorosamente, e pot per lungo tempo resistere contro un nemico pi
potente di lui; ma, vinto alla fine, fu costretto a posare le armi.
Ben vero che il Gherardesco non incrudel contro i ribelli; ma
il Maccaione fu dannato all'esilio perpetuo, e la famiglia ne and
disfatta per le multe e pi per le spese che aveva fatte per soste-
nere quella impresa.- Questa famiglia negli antichi tempi ebbe cou-
soli della Repubblica; ebbe guerrieri, fra i quali furono notissimi
un Lanfranco di Albizzo alla conquista delle isole Baleari; un Pel-
laio Lanfranchi condottiero dell'esercito pisano contro i Lucchesi
nel 1170; e un Iacopo de' capi dell'armata navale alla Meloria
nel 1283. Ma pi di tutti degno di menzione il valoroso arcive-
scovo Ubaldo; il quale grid i Crociati pisani alla guerra santa
nel 1188, ed ebbe grandissima parte alla espugnazione di Tolemaide.
Delle sue azioni tengono meritato conto le istorie delle Cruciate:
fatti di molti altri distinti uomini della casa
Lanfranchi
siccome dei
sono piene le istorie della loro terra natale.
- Questa famiglia tut-
Lord Vernon, Inf., voi. n, p. 513 e seg.
tora esiste.
Lancia o Eiangria, Nome di una fonte nella Nomea in
Grecia, mostrata da Isifle ai sette eroi che guerreggiarono contro
Tebe, durante il qual tempo una serpe morse il fancinlletto
affidato alle di lei curo:
figliuolo del re Licurgo, che questi aveva
Purg. xxii, 112. Cfr. Isifle.
-
1104 Languire-Lanterna
Languire, dal lat. anguere : 1. Soffrire una diminuzione di
vigore, Affievolirsi, Mancar di forze; Inf. xxix, 66. Par. xvi, 3.
2. Figur., per Mancare di prosperit sociale; Inf. vii, 82.
Lano, o rcolano Maconi da Siena, il quale si gitt a morte
sicura nella battaglia del Toppo (1287), nella quale i Senesi furono
sconfitti dagli Aretini guidati da Buonconte di Montefeltro; cfr.
Acquarone, Dante in Siena, 41 e seg. Maconi, Raccolta di docum.
stor.,Livorno, 1876, p. 91-114. Dante lo pone tra gli scialacqua-
tori; Inf. xin,120.- Bambgl.: Iste Lanus fuit quidam Damicellus
et Iuvenis de Civitate senarum qui inter cives alios ditissimus erat,
tamen fuit consumptor et dissipator omnium honorum suorum; sed
ante mortem naturalem deficeret ipso Iuvene exeunte mortuus fuit
in quodam conflictu ad locum plebis del toppo. - An. Sei. Lano :
fu un gentile uomo da Siena, e lasciollo il padre molto ricco, e fu
si prodigo che venne in tanta povert e miseria, che essendo egli
con altri sanesi -in una parte che si chiama il Toppo, e sconfitti
dagli Aretini, potendo fuggire la morte, volle anzi morire quivi che
tornare in tanta povert a Siena. - Lo stesso raccontano pure Iac.
Dani., Lan., Ott., Petr. Dant., Cass., ecc. - JBocc.: Lano fu un
giovane sanese, il quale fu ricchissimo di patrimonio, e accostatosi
ad una brigata d'altri giovani sanesi, la quale fu chiamata la Bri-
gata Spendereccia, i quali similmente erano tutti ricchi, e insie-
memente con loro, non spendendo ma gittando, in piccol tempo con-
sum rimase poverissimo: e avvenendo per caso,
ci ch'egli aveva, e
che Sanesi mandarono certa quantit di lor cittadini in aiuto
i
de' Fiorentini sopra gli Aretini, fu costui del numero di quelli che
vi andarono; e avendo fornito il servigio, e tornandosene a Siena
assai male ordinati e mal condotti, come pervennero alla Pieve al
Toppo, furono assaliti dagli Aretini, e rotti e sconfitti; e nondimeno
potendosene a salvamento venire Lano, ricordandosi del suo misero
stato, e parendogli gravissima cosa a sostener la povert, siccome
a colui che era uso d'esser ricchissimo, si mise in fra' nemici,
fra' quali, come esso per avventura desiderava, fu ucciso. - Gli
altri antichi, Falso Bocc, Benv., Buti, ecc., non aggiungono altre
notizie.
Lanoso, dal lat. lanosus, Pien di lana, o Pien di pelo simile
a lana, Barbuto; Inf. in, 97.
Lanterna, dal lat. laterna e lanterna, Strumento che in
parte di materia trasparente, nel quale si porta il lume per difen-
derlo dal vento; Inf. xxviii, 122.
Laomedonte-Lapo Salterello IH,;,
Laomedonte, AaouiStov, figliuolo di Ilo e di
Euridice redi
Troia, padre di Priamo; Conv. iv, 14, 98, 100.
Lapa, figliuola di Chiarissimo Cialufl, di famigli;! popolana
seconda moglie di Alighiero II, matrigna di Dante, madre di
Fran-
cesco, di Tana che fu sposata a Lapo di Riccomanno dei
Pannoc-
chia, e di quell'altra sorellastra di Dante che fu moglie di
Leone
Poggi, ed il cui nome s' ignora. And sposa ad Alighiero II, ve-
dovo di madonna Bella, dopo il 1265 e prima del 1278, nefqual
anno, al pi tardi, nacque Francesco fratellastro di Dante, il anale
nel 1297 era in et di contrarre debiti, cio di almeno 18 anni.
Ma essendo certo che Alighiero II mor prima del 1283, nel qual
anno Dante appare erede del padre, ed avendogli Lapa partorito
per lo meno tre figliuoli, si dovr ammettere che le nozze ebbero
luogo qualche anno prima del 1278. Se veramente Lapa era tuttor
vivente nel 1332 (come risulta da un documento di quest'anno, a
meno di voler ammettere che il notaio dimenticasse di porre Volivi
davanti a matris dicti Francisci), doveva essere assai giovinetta
quando fu sposata ad Alighiero II. Supponendola gi ottuagenaria
nel 1332, sarebbe stata tredici anni pi vecchia di Dante, di lei
figliastro. Del suo carattere e della sua vita nulla di positivo e
noto. Cfr. Scherillo, La madre e la matrigna di Dante. Roma, 1894.
Lapillo, dal lat. lapillus, propriamente Pietruzza, ed anche
Gemma, Pietra preziosa. Figuratane, per Anima beata; Par. XX, 16.
Cfr. Par. xv, 22; xvm, 115.
Lapo, Forma popolare del il qual nome ai tempi
nome Iacopo,
di Dante era comunissimo a Firenze; Par. xxix, 103. - Lan. :
Lapi e Bindi, sono nomi fiorentini, s come a Vinegia Marc
Marino, e in Bologna Mucciolo e Nanne. - Ott.: Sono questi
due nomi molto in uso nella citt di Firenze. - Benv.: Plurimi
sunt sic vocati in Florentia, et plures erant tempore autoris quam
modo. Et primo nomen Lapi bene convenit ibi: Lapa enim est nerba
crapulosa, a qua Lapus avarus et loquax de facili adhaerens alteri
et rapiens.
Lapo Gianni, cfr. Gianni, Lapo.
Lapo Salterello, figlio di Guido Salterelli da Moni
chiara fama; di li vai-'
Croce, giureconsulto fiorentino di
l'onore di essere chiamato a reggere diversi
Comuni con gra
Brescia
Potest, tra i quali conviene rammentare !
l'onore del priorato, e nel
patria ottenne pi volte
70. Enciclopedia dantesca.
1106 Larghezza
carico di portarsi a Bonifazio Vili per rallegrarsi della sua esal-
tazione al papato. Lapo visse felice e potente finche non si susci-
tarono le fazioni dei Bianchi e dei Neri ma avendo aderito ai
;
primi, che rimasero soccombenti, fu costretto all' esilio, e poi con
ben quattro sentenze fu condannato a multe, a confisca, al taglio
della testa ed al fuoco, togliendosi da Caute Gabbrielli a pretesto
di cotanto rigore le baratterie che al Salterelli falsamente si at-
tribuirono, e 1' venuto
esser a mano armata contro la patria....
Lapo mor esule e povero, lontano dalla sua patria; ma nel 1326
si vollero con pubblico decreto restituiti i beni ai suoi eredi, in
considerazione della morte gloriosa incontrata gi da Piero suo
figlio alla battaglia delPAltopascio, e dei grandi meriti di suo fra-
tello, frate Simone dell' Ordine di S. Domenico, il quale fu priore
di Santa Maria Novella di Firenze e provinciale dell' Ordine, poi
Vescovo di Parma nel 1317, dalla qual sede pass nel 1323 al-
l'arcivescovado di Pisa; dopo varj travagli patiti a causa dell'An-
tipapa Niccol V (Pietro da Corvara), se ne mor nel 1342 in et
di ottant' anni. Lord Vernon, Inf., voi. n, pag. 569 e seg. Lapo
Salterello ricordato da Dante in contrapposizione a Cincinnato.
Par. xv, 128. - Lan. e An. Fior. : Popolare e nato di vile luogo,
che per sua leggiadria menava tutta Firenze. - OH.: Di tanti
vezzi in vestire e in mangiare, in cavalli e famigli, che infra nullo
termine di sua condizione si contenne; il quale mor poi ribello
della sua patria, deposti per necessitade tutti li predetti adorna-
menti. - Petr. Dant. : Lascivus multum. - Cass. : Fuit con-
temptor sue come quemadmodum cincinnatus portabat incomposi-
tam. - Falso JBoce.: Fu un giudicie fiorentino, superbo, d'ogni
rea condizione e fama. - Benv.: Fuit jurista, vir litigiosus et
linguosus, multum infestus autori tempore sui exilii. - JButi:
Fu uno cittadino di Fiorenza, che al tempo de l'autore fu molto
leggiadro. - Serrav.: Fuit unus iudex tempore Dantis, qui fecit
multas baractarias et multum fuit adversarius auctori. - Land.:
Fu iuris consulto molto litigioso, et molto maledico, et grande-
mente infenso al nostro poeta.
liarghezza, Una delle tre dimensioni del
dal lat. largitas,
corpo solido, che contrappone a Lunghezza e ad Altezza, o se
si
ne discerne. 1. Nel signif. propr. Par. xxviii, 32; xxx, 116. - 2. Fi-
guratane, detto del Valor divino; Par. xxix, 142. Qui con allusione
alla sentenza scritturale, ad Ephes. ni, 18: Ut possitis comprse-
hendere cum omnibus sanctis qua? sit latitudo et longitudo et su-
blimitas et profundum, etc. - 3. E pure figuratam., per Liberalit,
afiine a Largizione, che 1' atto del largire, non sempre con lar-
Larg re-Lasci a re j [p
ghezza, mentre Larghezza l'atto e l'abito
e la qualit- Pura
xx, 31. Par. v, 19; xxv, 29 var. Conv. iv,
27, 70,83 92 - 1
Per
Abbondanza, Copia; Purg. xxx, 112. - 5. Fare larghezza,
per IJe
liberalit; Conv. iv, 13, 100; iv, 27, 92.
largire, dal
lat. larghi: 1. Dare, Donare,
Concedere, con
larghezza,con liberalit; Inf. xiv, 92, 93. Purg. xi,
182. Par
xxn, 118; xxiii, 86; xxiv, 71. Vit. N. xxv, 38. - 2. Per 1.
largo; Purg. xm, 69.
Largo, dal
largus: 1. Che ha pi o meno larghezza, ed
lat.
anche per Assai disteso, Di vasta estensione; Inf. i, 80; v, 11;
Vi, 17; xvn, 98; xvm, 5; xxix, 84. Purg. vili, 70. Par.
ix,' 5|
xxx, 105. - 2. Detto di ragionamento o discorso, vale Prolisso, Dif-
fuso, onde Esser largo, per Dirne pi ampiamente; Purg. xxix! 99.-
3. E per Liberale, Generoso, Inclinato a donare; ed anche Magnifico,
Cortese, Amorevole; Par. vii, 115; vili, 82. Conv. iv, 27, 77, 128. -
4. E nello stesso signif., in forza di sost. Conv. iv, 27, 84. - 5. Per
Abbondante, Copioso; Par. xxiv, 91. - 6. Di largo, vale Larga-
mente; Par. xxxin, 92. -7. In forza di Sost., per Larghezza, Di-
mensione; Inf. xix, 15.
Larva, dal lat. larva, Maschera, Vesta contraffatta; Purg.
xv, 127. Par. xxx, 91.
Lasca, Nome generico di molti ciprini, detti anche Pesci
bianchi, il Cyprinus Leuciscus, della specie de' Magiles. Figur.,
per Costellazione de' Pesci, usurpata la specie pel genere; Purg.
xxxn, 54.
Lasciare, dal lat. laxare, Verbo attivo e neutro ass. di varii
significati; e primamente vale Non torre, o non portar seco in par-
tendosi checchessia. Questo verbo nelle varie sue forme si trova
nella Div. Com. 108 volte, cio 42 neWInf., 41 nel Purg. e 25 nel
Par. - 1. Allontanarsi da qualcuno o da qualche cosa, che resti nel
si allontana; Inf. vili, 64, 100; xxxiv, 89.
-
luogo d'onde altri
2. Lasciare un paese, o un luogo qualunque, vale Partirsene per
poco o per molto, spontaneamente o per forza: Inf. x\n, 11!;
xxvi, 110. - 3. Per Abbandonare; Par. v, 82. - 4. Per Cessar di
avere, Deporre; Inf. ni, 9, 14. - 5. Detto parlando della memoria,
dell'opinione, e simili, che resta di qualcuno quando m
anche quando partito da un luogo, dove diinorava: Inf. vili, 51.
-
Par. xxxiii, 72. - 6. Per Tralasciare; Purg. XVI, 119. Par. xiv, 81.
7. Permettere, Concedere, Non impedire, e simili; Purg.
i, 82;
1108 Lascivo-Lass
xxi, 64. Par. xxvi, 131. - 8. un luogo da una mano, vale
Lasciarsi
Prendere il cammino in modo che quel luogo resti a quella mano;
Inf. xxvi, 110. - 9. Smettere; Par. xxi, 104. - 10. Lasciar dire o
fare alcuno, vale Non curare ci che egli dice o fa, Non darsene
pensiero; Purg. v, 13; xxvi, 119. - 11. Lasciare la vita, la pelle,
le membra, e simili, in un luogo, vale Morirvi; Inf. xv, 114. -
12. Lasciare uno in sua vece, vale Porre uno in sua vece ; Inf.
xxxnr, 145. - 13. Lasciarsi vedere, detto di cosa che si offre alla
vista di uno; Inf. vili, 56. - 14. Lasciar di piano, vale Mettere
pianamente, occultamente, in libert; Inf. xxn, 85; cfr. piano.
lascivo, dal lat. lascivus, Che ha lascivia, Che inclinato
a cose impudiche. E
per Esultante, Allegro, Gaio, Vivace, e simili;
Par. v, 83, nel qual luogo lascivo usato nel signif. del latino la-
scivens, Petulante, con allusione a parecchie sentenze bibliche :
Prov. vii, 22. Osea iv, 16. Cfr. Coni. Lips. in, 121.
Lassare, dal latino laxare, Per Lasciare, in tutti i suoi si-
gnificati; usato particolarmente in poesia; Inf. in, 49; xi, 18. Par.
il, 87; xiv, 107.
Lasso, dal lat. assus : 1. Stanco, Stracco, Fiacco; Inf. i, 28
xvn, 130; xxxiv, 83. Purg. iv, 43, 106; xi, 29; xxiv, 70. Par. iv, 93
xin, 113. - 2. Figuratane, detto dello spirito; Inf. vili, 106. - 3. E
pur figuratane detto delle anime dannate; Inf. in, 100; xvn, 78;
xxxn, 21.-4. In senso morale di Fiacco, D'animo rimesso, e si-
mili; Purg. x, 121. - 5. Per Incomodato, Infastidito; Inf. ix, 84. -
6. Nel luogo Purg. xxvn, 66, Aid., Cr. e molti moderni leggono
lasso, mentre la gran maggioranza dei codd., i comment. e le ediz.
ant. hanno basso, lezione forse meno poetica, ma pi precisa ed
astronomica. Campi: L'uiia e l'altra lettera pu aversi per buona,
ma le moltissime autorit che confortano basso la fanno credere
originale. - 7. Interjezione di dolore, frane, hlas ; Inf. v, 112;
xxvn, 84; xxvin, 107, 140; xxx, 63. Vii. N. xxxin, 24; xxxiv, 18;
xl, 35.
Lass, che anche scrivesi l sii, Avverb. di luogo, cos di
stato, come di moto. Contrario di Laggi. 1. In quel luogo alto,
Di sopra; Inf. x, 136; xxxiv, 61. Purg. x, 28. - 2. Il Cielo, In
Cielo; Inf. i, 124; II, 96. Purg. vi, 55; vili, 88; xi, 3; xv, 68, 73.
Par. i, 6, 66; ix, 70; x, 74; xix, 39; xxn, 70; xxm, 93; xxiv, 114;
xxv, 24; xxx, 100, 114; xxxn, 118. - 3. Secondo il luogo in cui si
trova quegli che parla, lass vale In terra, Sulla terra, In questo
mondo; Inf. vili, 49; X, 12; xv, 49.
Lastra -Latini n,, :
Lastra, La Lastra, o Lastra alla Loggia, borgata lunga la
via di Bologna, a due miglia da Firenze, celebre per
il fcto
Fatto alla Lastra (19 e 20 luglio 1304), che pose fine per
Bempre
ai tentativi dei Bianchi e Ghibellini di ritornare a
mano annata
a Firenze; cfr. Vill., viii, 72. Del Lungo, Dino Camp, i,
567
seg. Villaei, I primi due secoli della Storia di Firenze, n, 156
e seg. Probabilmente Dante si era gi prima separato da' suoi com-
pagni d'esilio, onde non venne alla Lastra. Al fatto alla Lastra si
allude Par. xvn, 66.
Ltbra e Latebra, dal lat. latebra, Nascondiglio, e quindi
Oscurit; Par. xix, 67.
Latente, dal latino latens. latentis, Oscuro, Nascoso; Pur.
xxvi, 52.
Laterano, Piazza e palazzo a Koma, appartenenti all'antica
famiglia romana dei Lateranii, d'onde il nome. L'imperatore Ne-
rone fece condannare a morte l'ultimo possessore, Plauto Laterano,
e confiscarne i beni, onde il Laterano divenne propriet degl' im-
peratori. Costantino imperatore edific ivi la basilica di San Gio-
vanni in Laterano e dette poi chiesa e palazzo in dono ai vescovi
di Eoma. I papi vi risedettero sino al trasferimento della Sede
pontificia in Avignone, da dove ritornati scambiarono il Laterano
col Vaticano. Presso il Laterano erano le case dei Colonna, coi
quali Bonifazio Vili ebbe lunga guerra, alla quale Dante allude
Inf. xxvii, 86. E Laterano usa Dante per l' edilizio e nello stesso
tempo per l'istituzione; Par. xxxi, 35.
Latini, antica e nobile famiglia fiorentina, alla quale appar-
-
teneva ser Brunetto; Inf. xv, 32 e seg. Cfr. Brunetto Latini.
I pi antichi della famiglia si qualificarono originarj dalla Lastra
alla Loggia, villaggio suburbano, posto fuori della porta San Gallo.
Al nascere delle fazioni i Latini tennero per la parte guelfa; ma
poco sappiamo di quelli che precederono ser Brunetto. L'avo suo,
messer Latino, era Priore dei Mercanti e delle Arti nel 120-1:
I
suo zio paterno sedeva tra i Consiglieri del Comune nel 1255
quando
Senesi. Brunetto nacque
vennero ratificate alcune convenzioni con i
molte lettere di mol-
da Bonaccorso, e presto si procacci fama di e
tissima prudenza nel governo dei pubblici negozi. Ad antivenir
pericoli della battaglia di Montaperti fu dalla
Repubblica mandato
per averne
ambasciatore ad Alfonso re di Castiglia, eletto imperatore,
fu costretto cogli
aiuto ma dopo la rotta toccata dai Guelfi fiorentini
;
Allora si ridusse IB
altri della sua parte ad abbandonare la patria.
1110 Latino -Lato
Francia e nell'idioma di quella nazione scrisse un libro che chiam
II Tesoro. Il Tesoretto che scrisse pi tardi ne un compendio....
Quando i Guelfi prevalsero ripatri.... Milit nella guerra di Pisa,
ed essendo Notaio distese e rog il trattato di pace fra le due re-
pubbliche. Nel 1287 ottenne il priorato, che s'ebbero anche altri
Latini, forse della stessa famiglia, nel 1385 e nel 1389. Mor Bru-
netto nel 1294, e la sua casata pare si spegnesse nel sec. XVII.
Lord Vernon, Inf., voi. ir, p. 515 e seg.
La questione, sollevata in questi ultimi tempi, se sia da scri-
vere Brunetto Latini o Latino, piuttosto oziosa. Se ser Brunetto
avesse ricevuto nel battesimo il nome dell' avo suo, si dovrebbe
sempre scrivere Latino; ma il suo nome di battesimo era Bru-
netto; Latini il nome della famiglia alla quale apparteneva; in
questo caso gl'Italiani scrivono Latini, come scrissero generalmente
tutti gli antichi.
Latino, Latinus, figlio di Fauno e della ninfa Marica, fra-
tello Lavinio, marito di Amata, padre di Lavinia, suocero di
di
Enea; Inf. iv, 125. Mon. il, 3, 85; cfr. Virg. Aen. vii, 45 e seg.,
268 e seg., xi, 292 e seg.
Latino, Del Lazio. Dante chiama Teatino
dal lat. latinus;
tutto ci che si onde troviamo nelle sue opere:
riferisce all'Italia,
1. Latino, per Lingua latina, Lingua del Lazio; Par. x, 120. Vit. N*
xxv, 23, 31. Conv. i, 5, 3 e seg.; i, 6, 2 e seg.; i, 7, 1 e seg.; i, 8 ;
3, 8; i, 9, 3 e seg.; i, 10, 6 e seg.; i, 13, 27; in, 11, 36; IV, 6, 31.
La lingua latina pure detta Latino romano; Conv. i, 11, 70. -
2. Latini sono chiamati gli antichi Komani, Purg. vii, 16, detti
anche Gente Latina; Conv. IV, 4, 76. - 3. E Latini sono detti gli
abitanti del Lazio; Mon. il, 5, 102. - 4. E Latini sono sovente chia-
mati gli Italiani; Inf. xxn, 65; xxvn, 33; xxix, 88, 91. Purg.
xi, 58; xin, 92. Conv. v, 28, 47. Vulg. Eh i, 6, 29; i, 8, 33, i, 10,
19, 52; i, 11, 33; i, 12, 23; i, 15, 26; i, 16, 26, 30, 45; i, 17, 14.-
5. Terra latina chiamata l'Italia; Inf. xxvn, 27; xxvni, 71. -
6. Latino pure usato per Ragionamento, Discorso, Sermone, cos
detto per l'eccellenza della lingua latina, o per la reverenza nella
quale ella s' ha, come per antonom. Par. xn, 144; xvn, 35. - 7. E
perch a ciascuno chiara la sua lingua materna, Latino pure
usato per Facile, Chiaro, e Latinamente per Facilmente, Chiara-
mente; Par. in, 63. Conv. il, 3, 1.
Lato, dal lat. latus Parte destra o sinistra del corpo del-
: 1.
l'uomo o de' bruti fino alle anche; Parte del Petto, o Costato; e
per Tutta la parte destra o sinistra del corpo dell'uomo, o dell'ani-
-
Lato -Lattanzio mj
male. E per similitudine, Banda, Parte di
checchessia; Tnf . i
xiv, 83; xvi, 112; xvm, 81; xxni, 45; xxvi,
146; XXX, 51; \\\n 119
Purg. il, 22; iv, 32, 48; vi, 6; x, 12; xn, 27: xm,
M; xvn, 7"-"
xxii, 136; xxiv, 120; xxv, 115; xxvn, 112:
XXVIII, 180. Par. \ri !
xvin, 52; xxi, 24. - 2. Per Luogo di libro; Par.
xxix, 40. -
tare lato, per Combiare luogo o posizione; Purg.
xi, 102.
Lato, Adcl., dal lat. lahis, Largo, Spazioso; Inf. xm, 13.
Latona, Ayjxo), figlia di Ceo e della titana Febe, moglie di
Giove (prima di Giunone), che la rese madre di Apollo e di
Diana;
cfr. Hesiod. Theog., 406, 921. nominata Purg.
xx, 131. T figli
di Latona chiama Dante il Sole e la Luna; Par. xxix,
1. E per
La figlia di Latona intende la Luna; Par. x, 67; xxii, 139.
Latrare, dal lat. latrare, Abbajare; ed proprio de' cani.
1. Nel signif. propr. Inf. xxx, 20. - 2. Detto di Cerbero; Inf. vi, 14. -
3. Per simil. detto delle grida dei dannati ; Inf. xxxn, 105, 108. Par.
Ironicamente e con disprezzo, detto del ripetere spensie-
vi, 74. - 4.
ratamente ci che altri dice Gonv. iv, 3, 45.
;
Latria, dal gr. Xaxpsfo, Culto che si rende a Dio, siccome Es-
sere infinito, perfettissimo, creatore e conservatore dell'universo;
Par. xxi, 111. - Dominium convenit Deo secundum propriam et
singularem quamdam rationem, quia scilicet ipse omnia fecit, et
quia summum in omnibus rebus obtinet principatum et ideo spe- ;
cialis ratio servitutis ei debetur; et talis servitus nomine latria
designatur apud Grsecos; Thom. Aq. Sam. th., n 2 71, 1. - Xomen
,
latria dupliciter potest accipi uno enim modo potest significare
:
humanum actum ad cultum Dei pertinentem et secundum hoc non
;
variatur significatio hujus nominis latria, cuicumque exhibeatur:
quia illud cui exhibetur, non cadit secundum hoc in ejus defini-
tione; et secundum hoc latria univoce dicitur secundum quod per-
tinet ad veram religionem, et secundum quod pertinet ad idola-
triam; sicut solutio tributi univoce dicitur, sive exhibeatur vero
regi, sive falso. Alio modo accipitur latria prout est idem reli-
gioni: sic, cum sit virtus, de ratione ejus est quod cultus divinus
exhibeatur ei cui debet exhiberi; et secundum hoc latria iequivoce
dicitur de latria vene religionis et de idololatria; sicut prudenti;;
dicitur sequivoce de prudentia quse est virtus, et de prudenti qua
est carnis; Ibid., 94, 1. - Latria interpretatur servitus; S. A'
Civ. Dei, x, 1.
Lattanzio. Laetantius Firmianus (o L. Ccclius?), discepolo
di Arnobio, probabilmente di origine italiana, fu maestro di elo-
1112 Lattare -Lavina
quenza in Nicomedia, convert al cristianesimo prima della per-
si
secuzione di Diocleziano, e fu pi tardi precettore di Crispo, figliuolo
di Costantino il Grande. La sua opera principale : Divinarum in-
sttutionum libri VII, col Supplemento De ira Dei, contro gli Stoici
ed Epicurei. Si hanno inoltre di lui: De opificio Dei, e De mortibus
persecutorum. Grazie all'elegante suo stile fu soprannominato il Ci-
cerone cristiano. Ediz. completa delle sue opere curata dal Du-
fresnoy, 2 voi., Paris, 1748. Cfr. Baehr, Christlich-rmische Theo-
logie, 72-85. Ebert, Christl. lat. Literatur, 70 e seg., 94 e seg.
Secondo alcuni espositori Lattanzio L'avvocato de' tempi cristiani
ricordato Par. x, 119. Cfr. Avvocato.
Lattare, dal lat. lactare, Allattare, Nutrire col proprio latte.
Figurat. e in locuz. fg. Purg. xxn, 102.
Inatte, dal lat. lac,in Plauto e Plinio anche lacte, liquore
bianco che siforma nelle poppe della donna pel nutrimento del suo
o dell'altrui bambino; e in quelle delle femmine de' mammiferi per
il nutrimento de'lor parti Par. v, 82; xi, 129; xxm, 57, 122; xxx, 83.
;
Lauda, dal lat. laus, laudis, oppure dal lat. laudatio, Com-
ponimento in verso in lode di Dio, o de' suoi santi; e per Lode sem-
plicemente; Canz. ; Donne, ch'avete intelletto d'amore, v. 3.
Laudabile, dal lat. laudabilis, Degno di lode, Da esser lo-
dato; Inf. xv, 104. Purg. xvm, 36. Vit. N. i, 33.
Laudare, dal lat. laudare, Dar Dar vanto; Purg. ix, 14G:
lode,
xi, 4. Par. xxiv, 113; xxv, 24. Vit. N. xxvn, 2, 3. Son.: Tanto
gentile e tanto onesta pare, v. 5.
Laude, dal lat. laus, laudis, Lode, Parole di commendazione
e d'onore; Par. xix, 37.
Lauro, dal lat. laurus. Lo stesso che Alloro, Corona di alloro;
Purg. xxn, 108.
Lavare, dal lat. lavare:Nettare, Far putita e netta una
1.
cosa, lavandone la sporcizia con acqua, o altro liquido; Purg. I, 95.-
2. Fignrat. e in locuz. fg.; Inf. xxvn, 108; xxx, 142. Purg. ix, 113;
xi, 34. Par. v, 75. - 3. Neut. pass., per Purgarsi, detto delle anime
purganti Inf. xiv, 137. - 4. E per Bagnarsi, detto di Paese, Eiva, ecc.,
;
che sia bagnato da qualche fiume; Par. vili, 58.
Lavina, e Lavinia, Lavinia, figliuola ed erede del re
lat.
Latino, moglie di Enea, madre degli Albani e dei Eomani; Inf.
Lavorare Lazzari n 1 : ;
iv, 126. Purg. xvn, 37. Par. vi, 8. Mon. n, 3, 84. Cfr. VlB<
vi, 764; vii, 72; xi, 477 e seg.; xn, 605 e seg.
Lavorare, dal lat. laborare, Operare manualmente, o in
altro
modo, Esercitarsi, Attendere ad un lavoro; Inf. xm, 150.
Lavoro, dal lat. abor: 1. Opera fatta, o che si fa, o da farsi,
e materiale e spirituale; Inf. xxix, 90. Purg. xxi, 112. Par. i, 18;
v, 33; xxxi, 9.-2. Il gran lavoro, Purg. xn, 34, l'edificio della
torre di Babilonia; cfr. Genes. xi, 1 e seg. -3.
L'alto lavoro, Par.
vi, 24, l'opera del riordinamento delle leggi.
Lazio, lat. Latium, Antica contrada d'Italia all'oriente del
Tevere, abitata dagli Aborigeni, dai Pelasgi, dai Tirreni, dagli Ar-
cadi, ecc. Gli antichi distinguevano l'antico Lazio dal nuovo: quello
occupava la porzione della Campagna di Koma, che trovasi dal Te-
vere al Capo Circelli; questo estendevasi sino al Volturno, e con-
teneva gli Arunci, gli Ernici, gli Equi, i Volsci, i Eutuli e gli
Ausoni, tutti compresi sotto il nome comune di Latini. L'antico
Lazio ebbe per capitale prima Laurento, poi Lavinio, indi Alba, ed
alla fineEoma. Nel linguaggio delle scuole, La lingua del Lazio.
Gli scrittori del Lazio, I Latini, segnatamente de' secoli ripetuti
migliori; Vulg. Eh I, 10, 49; I, 14, 4; I, 16, 43.
Lazzari; La famiglia dei Lazzari fu dell'ordine magnatizio
in Pistoia; e al principiare del secolo XIII la vediamo in gran po-
tenza, essendo messer Lazzaro seduto Consolo dei militi nel 1204
e 1205. Principale tra quelle della guelfa fazione, esercit grandis-
simo predominio sempre che questa parte ebbe il disopra; e nelle
istorie pistoiesi spesso trovansi i nomi di Lanfranco e di Rusti-
chello figli di messer Lazzaro per le onorevoli ambascerie che v
nero loro affidate. Ugolino di Rustico elio venne pi tardi, nel 1260,
mandato a Bologna e ad altre citt guelfe d'Italia a chiedere al-
leanze ed aiuti per resistere alle soldatesche di Manfredi di Svevia,
che unitesi alle ghibelline di Siena minacciavano di esterminio la
parte guelfa in Toscana, ed egli riusc a collegare col suo altri non
pochi Comuni. Ma essendo volte al peggio le cose dei Guelfi, con-
venne a lui ed a tutti della sua casa di partire per l'esilio e di
vedersi ardere e adeguare al suolo le torri e le case della citta e
del contado; danni dei quali i Lazzari furono a spese del
pubblico
momentanea. Negli
erario ristorati nel 1274, quando si fece una pace
orrendi fatti del 1300, quando per le inimicizie private dei Can-
fazione bianca e la nera, trovaci mescolato il
nacquero la
cellieri
nome di un messer Vanni di Fuccio; il quale era uno dei pi mi-
1114 Lazzo-Lealmente
cidiali di parte nera e fu V assassino di messer Berlino dei Vergio-
lesi. Era costui amore; era poeta, ma di perversi e scel-
figlio di
lerati costumi e Dante lo puniva di eterna infamia allorch lo
;
collocava tra i dannati nel e. xxiv dell' Inf. perch fu ladro alla sagre-
stia de' belli arredi. L'aderenza a parte nera port i Lazzari a nuovo
esilio e a nuovo disfacimento di case nel 1301 e il loro ritorno fu ;
d'infausto augurio alla patria, avvegnach la insanguinarono nel 1300
per gli odi contro i Tedici, e poi di nnovo nel 1315 combattendo
contro i Cancellieri e i Taviani. Fu pure funesta ai Pistoiesi l'am-
bizione di messer Eustichello di Vanni Priore di Seano, il quale
volendo esser vescovo della patria, messe in scompiglio la intera
citt per le violenze che a suo nome venner commesse; tali da in-
durre il Pontefice a non voler confermare la elezione che di lui
avea fatto la maggior parte del Clero. Potentissimo era in quei
tempi Obizzo di Lazzaro che le primarie citt d'Italia ebbero a
Potest e Capitano, e non meno di lui messer Zarino, 1' amico e il
consigliere del re Koberto di Napoli. Da tali motivi fu spinto il
comune nel 1332 a dichiarare i Lazzari incapaci delle Magistrature,
relegandoli nell'ordine magnatizio; decreto che venne confermato
nel 1381. Lord Vernon, Inf., voi. n, p. 517 e seg.
Lazzo, etim. incerta. Eammenta Acidus, ed di per s suono
imit. Zamb. La forma conviene con l'add. lazzo, Acido, che so-
:
stantivato potrebbe indicare Motto aspro, rustico. Sarebbe anche
da confrontare lat. lax, Inganno, Frode. Cfr. Diez, Wrt. il 3 41; ,
Di sapore aspro e astringente; Inf. xv, 65.
Le, dal lat. ilice, genere femminile dell'articolo La, e
Voce di
del numero medesimi modi appunto che La ar-
del pi. S'usa ne'
ticolo, scrivendosi avanti a consonante sempre disteso, e segnandosi
di apostrofo innanzi a vocale comunemente. Pure, se la seguente
vocale da due consonanti seguita sia, usasi pure di segnare coli' apo-
strofo il principio di tal voce, anzich la particella. Occorre nelle
opere volgari di Dante, come in altre, in ogni pagina, tanto come
plurale dell'articolo La, quanto come pronome al singolare e al
dativo, per a lei, ed al plurale e all'accusativo per esse. Quando,
nominato un cotal novero di cose o di persone, si nomina poi da
s una parte di esse, al numero di queste propriet di lingua il
dargli l'articolo; Inf. xxv, 33. -Talora si pone anzi per vaghezza
che per bisogno; Inf. xiv, 102.
Leale, etim. incerta. Eammenta Ligio e Alleanza; Fedele,
Mantenitore delle promesse; Conv. iv, 26, 9, 90.
Lealmente, da leale, Con lealt; Conv. iv, 26, 103.
Lealt-Leccare m;,
Lealt, Fedelt, Candidezza nel promettere ed
osservare 1
rola; e pi ampiamente Abito del vero fatto nei mondani
oegoi
che consiste in non torcere parole, contratti e cose
dal loro Datai
e vero essere, presente o futuro, con artificio
alcuno, a al trami
pubblicarle o venderle; Conv. iv, 26, 91, 105. Cam.:
Le dolci
rime d'Amor, ch'io solia, v. 131.
Leandro, gr. AavSpos, Giovane greco di Abido sullo stretto
dell'Ellesponto, o dei Dardanelli, dalla parte dell'Asia. Per visitare
la sua amante Ero, sacerdotessa di Venere a Sesto, sul medesimo
stretto, ma dall'altra parte, attraversava ogni notte l'Ellespoir
nuoto, guidato dai lumi sulla torre di Sesto. In una notte tempe-
stosa i lumi si spensero e Leandro per nelle onde. La mattina se-
guente Ero vide sulle acque il cadavere dell'amante, e si precipito
disperata nel mare. La leggenda degli amori di Ero e Leandro fu
cantata da Museo in un poemetto epico (T xa&' "Hpto xai Aavdpov,
ed. Passow, Lips., 1810). Probabilmente Dante lesse la favola in
Ovid., Heroid. xvn e Ep. xix, e vi allude Purg. xxviii, 73.
Lear CO, gr. Asap^cc;, figlio di Atamante e di Ino, ucciso dal
proprio padre divenuto furibondo per opera di Giunone; Inf. xxx, 10.
Gfr. Hom., Od. v, 333. Apollod., i, 9, 1, 2. Ovid., Met. v, 41G-5G2.
Lebbre, forma antica per Lebbra, dal lat. epra, Genere di
malattia cronica, cutanea, caratterizzata da pustule verrucule o a
foggia di porri, accompagnate da prurito, dure, spesse, squammose,
aride e sparse sulla faccia e su tutto il corpo. Questa malattia men-
zionata per la prima volta da Mois, e descritta con diligenza pi
di tremila anni dopo da Alpino, disparve intieramente dalla super-
fcie dique' paesi assoggettati alle regole di sanit volute dall'espe-
rienza illuminata, ed eseguite con la energia del sistema ammi-
nistrativo moderno. Essa regna ancora nell'Oriente, e specialmente
nell'Egitto (del quale alcuni autori pretendono che sia indigena,
nella Siria, nella Barberia, e anche in qualche paese dell'America
settentrionale; Inf. xxvn, 95, nel qual luogo da leggere coi pi
DELLA lebbre, non gi delle lebbre, come malamente leggono
la Cr. e i suoi seguaci. Cfr. Blanc, Versuch, i, 249. Nannucci, Vi
59 e seg. Nomi, 54-58. Montj, Proposta, III, i, p. 24.
Lebbroso e Lebroso, dal lat. eprosus, Infetto di lebbra;
Inf. xxix, 124.
Leccare, dal gr. Xsx^ onde n ^ care che
occorre in pai
dialetti, prov. iquar, ichar, lechar, frane. echer.
Secondo alcuni
Wdri.
deriverebbe dal ted. ant. ecchn, ted. mod. lecken ; cfr. Die/.,
1116 Lecere-Lega
3
i , 246; Fare scorrere la lingua sopra qualche cosa, Leggiermente
fregare colla lingua; Inf. xvn, 75; xxx, 128. Purg. vili, 102.
Lecere e Licere, dal lat. licere; 1. Esser lecito, conveniente.
Non trovasi usato che nella pers. terza sing. dell' indicat., e il part.
pass. Inf. xiii, 54; xxm, 128. Purg. xvi, 34. Par. i, 55; xm, 43. -
2. Non lecere o licere, ad alcuno qualsiasi cosa, vale ancora non
essergli possibile; Inf. xxix, 120.
Lecito e Licito, dal lat. licito, Part. pass, e Agg. Da lecere
e licere, Che lece, Che
permesso; Inf. v, 56. Purg. vi, 118; vii,
41; xxvi, 128. Par. i, 55. Conv. iv, 11, 48, 70, 74. - Tomm., Dm.
Sin., 802: Quel eh' lecito, si pu fare, perch la legge o altro
1
comando o dettame noi vieta; quel eh permesso si pu fare, perch
la legge o altra autorit lo concede. Quel eh' lecito indifferente
in s sinattanto che un comando legittimo non lo vieti; quel che
permesso, d'ordinario, era male, o pareva non si poter fare in-
nanzi che un' autorit lo venisse, espressamente o indirettamente,
a permettere.
Ideila, gr. AyjSyj, figlia di Testio, re d'Etolia, moglie di Tin-
daro, re di Sparta, al quale partor Timandra, Clitennestra e Fi-
lonoe. Amata e sedotta da Giove, il quale prese la forma di un
cigno, diede in luce due uova, dall'uno delle quali uscirono Elena
e Polluce, dal secondo Castore e Clitennestra. Elena e Polluce si
considerarono come figli di Giove, Castore e Clitennestra come figli
di Tindaro. Cfr. Hom., II. ili, 426. Od. xi, 298 e seg. Eur., Hel.,
254, 1680. Herod., ii, 112. Ovid., Heroid. xvn, 55. Orat., Ars
poet., 147. Sat., Il, 1, 16. Alludendo alla favola, secondo la quale
i Gemini sono Castore e Polluce, nati dall'uovo di Leda fecondata
da Giove sotto la forma di cigno, Dante chiama la Costellazione dei
Gemini il bel nido di Leda; Par. xxvn, 98.
Lega, Unione, Combinazione in genere; Par.
dal lat. ligare; 1.
IT, -Lan.: Cagione diversa spiegata in diversa costellazione
139.
fa diverso effetto, s come appare del sole e degli altri pianeti
quando mutano segno. - Lomb.: Adopera essa motrice intelligenza
in ciascuno di que' preziosi corpi, in ciascuna stella, a cui quasi a
darle vita si lega, varia virt, dando a chi una influenza, ed a chi
un'altra. - 2. Unione intima di due o pi metalli, o per semplice
commistione, od anche per combinazione chimica, in cui i metalli
associati confondono insieme le loro propriet speciali, che riman-
gono nascoste in parte od in tutto, mentre il loro composto ne mo-
stra di nuove, conservando sempre le comuni a tutti i metalli, come
;
Lega-Legge 1117
lucentezza, sonorit, tenacit, ecc. Figuratala. Par. xxiv,
81.-:;. /
sigillata, vale Metallo monetato, coniato;
Inf. xxx, 74, nel qt]
luogo La lega suggellata del Batista detto il fiorin'
d'oro fio-
rentino, i quali gli otto passarono un'oncia, e dall'ini
lato era
la'mpronta del giglio, e dall'altro di San Giovanni; Vili,, vi.
S'incominci a coniarli nel 1252.
Lega, dal gr. Xeyu. celt. leuca o leuga, prov. e spagn.
legua,
Wrt. i 3 246 e seg.), Misura itineraria!
frane, lieue (cfr. Diez, ,
contiene due o pi miglia, secondo i diversi usi dei diversi paesi;
Purg. xv, 121. Buti: Lega misura, che per quattro miglia.
Legame, dal lat. ligamen, Cosa con che si lega. Figuratane
e in locuz. fig. Par. xxxn, 50. Conv. i, 7, 71.
Legare, dal lat. ligare, Strigner con fune, o catena, o altra
sorta di legame, checchessia, o per congiugnerlo insieme, o per rat-
tenerlo opposto a Sciorre. Verbo adoperato nella Div. Coni. 20 volte,
;
6 nelVInf. (xnr, 88; xxiv, 94, 114; xxx, 81; xxxr, 74, 104), 8 nel
Purg. (i, 77; iv, 12; xm, 4; xvi, 52; xviii, 27; xix, 124; xxxn,
51, 96) e 6 volte nel Par. (ir, 141; iv, 18; xi, 87; xnr, 120; xiv, 12!
xxxin, 86). 1. Nel signif. propr. Inf. xxiv, 94; xxxr, 74, 104. Purg.
xxxn, 51, 96. Par. xxxiii, 86.-2. Per Tenere in propria balia:
Purg. I, 77. - 3. Eiferito a cosa, per Circondare, Girare attorno; Pur<).
xm, 4. -4. Figuratane, per Cingere i fianchi; Par. xi, 87. - 5. Detto
dell'Occupare le forze corporali o spirituali, vale Ritenerne in tutto
o in parte l'esercizio; Inf. xxiv, 114. Par. xiv, 129. -6. E per trasl.
Par. IV, 18.-7. E Neut. pass. Par. li, 141.-8. Figuratane, detto
de' vincoli tra l'anima e il corpo; Inf. xm, 88.-9. Legarsi per fede,
vale Obbligarsi, dando la fede, la parola; Purg. xvi, 52.-10. E per
Appiccarsi a qualche cosa; Purg. xviii, 27.
Legare, dal lat. legare. Fare legati, cio lasciti ne' testamenti;
onde legato per Lasciato in testamento; Conv. IV, 11, 63.
Legge, dal lat. lex, legis, Regola delle azioni umane; e
specialmente la regola delle azioni umane stabilita e manifestata
da un legittimo imperante, la qual produce nei cittadini una ne-
cessit morale e penale di ubbidire; Ragione scritta, Conv, iv.
9, 60 e seg. Questa voce occorre sovente nelle opere di Danto
cialmente nel Conv. e nel De Mon. Nella Div. Com. adoperata
18 volte, 5 nell'In/", 125; V, 56; x, 84; XIV, 21; XIX, 83), 8 nel
(i,
Purg. (i, 46, 89; II, 106; vi, 140, 146; xvi, 94,
otto volte, ma la voce si trova in cinque Canti, come nell'In/!
1118 Leggeramente-Leggiadria
nel Par.) e 5 volte nel Par. (vi, 12; xv, 143; xx, 55; xxx, 123;
xxxti, 55). Dante definisce, Mon. i, 14, 28: Lex est regula direc-
tiva vitse. - Legge naturale diconsi i Sentimenti ed i principii
1.
di giustizia, e di benevolenza, che Dio ha scolpiti nel cuore del-
l' uomo, e senza i quali la societ andrebbe in fascio; Par. xxx, 123,
cfr. Mon. in, 14, 11.-2. Legge divina dicesi Quella che stata data
da Dio mediante la rivelazione; Inf. i, 125. Purg. i, 89; li, 106.
Par. xxxn, 55. Mon. in, 14, 8. Secondo Dante ogni legge divina
contenuta nei libri del Vecchio e del Nuovo Testamento; Mon.
in, 14, 18 e seg. - 3. Legge umana dicesi Quella che stata sta-
bilita dagli uomini per la conservazione e l'ordine della societ
civile ;Par. xx, 55, ecc. - 4. Umana legge, per Contegno, Modo, Co-
stume, conforme a uomini ragionevoli; Purg. xxvi, 83.- 5. Legge
pure usato per II Digesto; Conv. iv, 24, 115.-6. Senza legge, per
Miscredente, Sacrilego, Violatore d'ogni legge divina ed umana;
Inf. xix, 83.-7. Porre legge, vale Fare una legge, Prescrivere; Inf.
xiv, 21. Purg. xvi, 94. - 8. Bompere una legge, per Violarla, Tra-
sgredirla; Purg. i, 46.
Leggeramente, Leggieramente, Leggiereinen-
te, Leggermente, Leggiermente, lat. leviter, Avv. da
leggero leggiero, Con leggerezza, Con prestezza; ed anche per
e
Agevolmente, Con poca fatica, ecc., Inf. xvin, 70. Vit. N. in, 10;
ix, 11; xn, 70; xin, 16; xix, 25.
Leggere, dal lat. legere, Scorrere con gli occhi ci che scritto
o stampato, e scorrerlo con sapere il valor delle lettere, e ricavar
le parole dalla loro tessitura, o tacitamente o pronunziandole. Voce
adoperata nella Div. Coni. 18 volte, 8 neWInf. (v, 58, 127, 133, 138;
x, 65; xiv, 17; xix, 85; xxn, 118), 4 nel Purg. (ni, 126; xxin, 32;
xxvi, 85; xxix, 100), e 6 volte nel Par. (x, 137; xn, 123; xv, 50;
xix, 72; xxvi, 18; xxix, 71). - 1. Nel signif. proprio, Inf. v, 58, 127,
133, 138; xiv, 17; xix, 85; xxn, 118. Purg. in, 126. Par. xn, 123.
Conv. il, 13, 11, 16, ecc. - 2. Nel signif. scolastico, per Insegnare
nelle scuole; Par. xxvi, 18; xxix, 71. - 3. E nello stesso senso, usato
assolutam. Par. x, 137.-4. E per Manifestare, Ei velare, Dire, In-
dicare; Inf. x, 65. Purg. xxvi, 85.
Leggero, cfr. Leggiero.
Leggiadria, da leggiadro, Grazia, Bellezza che deriva dalla
convenevolezza delle parti ben proporzionate e ben divisate l'una
con l'altra e tutte insieme; Decenza e attitudine degli atti virtuosi;
Par. xxxn, 109. Canz.: Poscia ch'Amor del tutto m'ha lasciato;
v. 12. Canz.: Morte, poi ch'io non truovo a cui mi doglia, v. 35.
-
Leggiadro-Lcgno in
Leggiadro, invece di cggiardo, dal lai kris, quai
(cfr. Diez, TFor*. n3
, 41); 1. Bello, Grazioso, Che ha
leggiadria; Purg
xxvi, 99. Fi*. xvin, 8.-2. Per Gentile, Nobile, Generoso; /
JV.
xi, 61. -3. Per Virtuoso, Lodevole, Bello, nel senso fg.
Vii. N. yii, 24.-
4. A modo Amadore, Amante. Metafora tolta dagli ornamenti
di sost.
e dal leggiadro portamento degli amanti; Cans.: Poscia ch'amor
del tutto m'ha lasciato, v. 52.
Leggieramente, cfr. Leggeramente.
Leggiere, leggiero, Leggero, Leggieri, dal lai
levis,come chi avesse detto eviarius, come Primiero, & primua.
primarius; 1. Che non pesa molto, Contrario di Grave; Jnf. v, 75.
Purg. 41.- 2. Snello, Agile, Veloce, Destro; Inf. i, 132; XXI,
il,
xxx, 82. Purg. xn, 12; xxiv, 69.-3. Per Corto, Breve, Di poca du-
rata; Vii. N. xxiii, 9. Canz.: Donna pietosa e di novella etate, >^
v. 30.-4. E per Agevole, Facile; Purg. v, 92; vili, 21; xvn, 7.
5. Di leggier, posto avverbialm., vale Agevolmente, Facilmente, Leg-
giermente; Purg. xi, 19.
Legione, dal lat. legio, legionis, Corpo di soldatesca presso
Eomani composto d'un dato numero di fanti e d'un
gli antichi
minor numero di cavalleria, il quale in diversi tempi stato sot-
toposto a variazioni. Per similit. nello stile della Scrittura: Legioni
d'angeli, per Moltitudine grande; Conv. Il, 6, 20.
Legislatore, lat. legislator, Che fa leggi; Datore di leggi;
Mori, i, 13, 39.
Legista, Colui che attende alla scienza delle leggi
basso lat. 1. ;
Conv. ni, 11, 78; v, 27, 52, 56.-2. E per Legislatore, Datore di
leggi; Inf. v, 57.
Legno, La parte soda del tronco negli alberi.
dal lat. Ugnimi;
tolta la corteccia. Per Legname da bruciare, ovvero da lavorarsi,
1.
-
ed in generale Quello che reciso dall'albero; Inf. xxxn, 49.
2. Per Albero, Pianta in genere; Inf. XIII, 73. Purg.
xxiv, 116;
xxxn, 44.-3. Nello stesso significato, usato nel plur. coir uscita
femm. in a, Purg. xxvm, 114.-4. Per Albero fruttifero; Par. XIII, 70.-
5. per Albero d'alloro; Par. i, 25.-6. Per Frutto dell'albero, P<
E
Par. xxvi, 115.-7. Per Croce; Par. xix, 105.-8. Per Nave, Ba
Naviglio; Inf. in, 93; vili, 28,40; xxi, 9, 11; xxn, 21; xxvi, 101, I
Purg. xxx, 60. Par. il, 3; xin, 136. Conv. I, 3, 25.-9. Fri*
del carro, per Timone; Purg. XXXII, 24. - 10. Sai luogo Purg. YII,
cfr. Indico. -Nella Div. Com. la voce legno
adoperata 22 v
1120 Lei-Lembo
10 nelYInf., 6 nel Purg. e 6 nel Par.; in 7 canti dell'In/"., in 6
del Pwr#. e in 5 del Par.
Lei, da iZZ^, per distinguere il femrn., al quale propria la e,
confuso nel lat. al maschile in illius ; Pronome personale femm.
de' casi obliqui di Ella. Occorre sovente nelle opere volgari di
Dante, come in quelle di tutti gli altri scrittori italiani. Si notino
alcune particolarit. 1. Usato col segno del terzo caso sottinteso,
ma non espresso, Purg. xv, 103; xxxiii, 91. - 2. Kiferito a persone:
a, All'accus. Purg. il, 84; ix, 121; xix, 144; xxvn, 108; xxvni, 51.
Par. vili, 46; xvm, 14; xix, 18; xxxi, 71 e sovente. - b, Colle pre-
posizioni: A lei, Purg. in, 117. Par. ni, 58. con lei, Inf. i, 123.
di lei, Purg. xvn, 19. Par. ix, 117; xxx, 16. in lei, Par. i, 65;
il, 22. per lei, Purg. I, 93; xi, 71.-3. Colla particella Che, usato
invece di Colei, ma in caso obliquo; Purg. xvn, 19.-4. Eiferito ad
animale senza ragione, e a cose inanimate: a, All'accus. Inf. xxi, 19.
Purg. xxxin, 6Q. Par. XI, 33. - b, Colle preposizioni A lei Purg.
: ;
in, 83, 123; XXXii, 51. Par. i, 114. con lei, Purg. vii, 58. da lei,
Inf. i, 89. Par. x, 12. di lei, Purg. iv, 100; v, 120; xxxn, 51. Par.
v, 47. in lei, Purg. xx, 131; xxix, 69. per lei, Purg. i, 72; xi, 71.
Par. vii, 48; xxv, 12. vr lei, Inf. xxvi, 69. Purg. xxvn, 29.-5. Lei
nel caso retto interdicono i Grammatici; tuttavia se ne trovano molti
esempi negli scrittori antichi approvati, e cos anche in Dante; Purg.
xxi, 25, nel qual luogo si parla della Parca Laches, che fila lo
stame dell'umana vita. Sulle varianti di questo verso cfr. WiTTE,
Proleg., p. xli. Moore, Criticism of the Div. Comm., p. 399 e seg.
Lelio, Caius Lcelius il giovine, amico di Scipione il giovine,
cui egli accompagn nel 147 a. C. in qualit di legato nella spedi-
zione contro Cartagine. Nel 145 guerreggi con successo nella Spagna
contro Viziato (cfr. CiC, Brut, xxi, 84). Fu eletto Console nel 140 (ivi,
xliii, 161). Nelle lotte contro i Gracchi si associ coll'amico Scipione
alla parte de' nobili, onde si attir l'odio dalla parte democratica
(Cic, Lcel. xxv, 96. Brut, xxi, 84). Si distinse per la sua eloquenza
(Cic, De orai. Il, 84. Quintil., xii, 10, 10) e radun intorno a s
molti filosofi e letterati greci e latini. La sua amicizia col giovine
Scipione fu celebrata da Cicerone nella sua opera: Lcelius sive De
amicitia, che Dante si mise a leggere per sua consolazione dopo
la morte di Beatrice ;Conv. II, 13, 15.
Lembo, dal lat. limbus ; 1. La parte da pie o estrema del ve-
stimento; Inf. xv, 24. Purg. xxvn, 30.-2. E per L'estrema parte
di checchessia; detto dell'orlo d'una valle, Purg. Vii, 72.
Lemos-Lonto
Lemos, lat. Lemovices, potrebbe intendersi della citt .li Li-
moges, meglio s'intende per del Leniogino o Limugino, provii
della Francia. Quel di Lkmos, Purg. XXYi, 120. Giraul de Bor-
nelh, ossia Gerardus de Pomello, come Dante lo chiama Del Di
Vulg. El. i, 9, 17; n, 2, 60, 67; u, 5, 18; il, 6, 40. Questo Giraut,
il quale fior dal 1175 sin verso il 1220, dunque per L'appunto un
secolo prima di Dante, fu un celebre trovatore provenzale, nato da
famiglia popolana in un villaggio a poca distanza da Essidueil nel
Limosino, che apparteneva ai visconti di Limoges. I suoi contem-
poranei lo annoverarono tra' migliori trovatori, de' quali lo chiama-
rono il maestro. Onorato da uomini e donne, Giraut passava l'in-
verno nelle scuole, e l'estate nelle corti de' principi. Altrove Dante
lo chiama il Cantore della Rettitudine {Vulg. El. II, 2, 00). Ci re-
stano di lui circa 90 componimenti poetici, per lo pi di materia
amorosa. Ai tempi di Dante Giraut era universalmente anteposto
ad Arnaldo Daniello. L'Alighieri ne giudicava meno favorevolmente,
ma i posteri non furono n sono n saranno del suo parere, Giraut
essendo come poeta incontrastabilmente superiore ad Arnaldo Da-
niello. Cfr. Diez, Leben und Werlce, 129-148. Carello, La vita e
le opere del trovatore Arnaldo Daniello, Halle, 1883, p. 38 e seg.
Lena, dal verbo alenare, e questo dal lat. anhelare, onde an-
helitus, it. alena e lena, prov. alena, frane, haleine (cfr. DlEZ,
Wrt. i14 s. v. alenare); 1. Alito, Respiro; Inf. i, 122; xxiv,4:;.
3
,
Purg. iv, 116.-2. Trasl. d'ogni vigore e possibilit; Inf.xx\Y,h9.-
3. Detto di fiume; Purg. xxvm, 123.-4. Fallire la lena, vale Man-
care, Venir meno l'alito; e per est. Venir meno la forza; Inf. ini, 122.
Lenno, e Lemno, 73 Ayju-vos, Isola vulcanica del mare 1
dinanzi alla Frigia minore, dove Giasone trov e sedusse Isiiile,
figlia del re Toante e regina dell'isola dopo l'uccisione dei maschi;
Inf. xvni, 88.
Leno, dal lat. lenis, Non grave, Dolce, Blando. Voce poet. ed
arcaica; Par. xxvm, 81.
Lente, dal lat. lente, Lentamente, Con lentezza, Adagio; P
in, 60.
dentino, Iacopo da, cfr. Notaio.
Lento, lentus, Tardo, Agiato, Pigro. Voce adop<
dal lat.
(vi, 101; liv,
da Dante nella JDiv. Com. 20 volte, 7 nell'In/:
:
xxxiii, 81), 9 nel Purg. (Il,
xvii, 115; xxiii, 59; xxv, 46, 78;
x,105;xv,137;xvn, 130; xx, 16; xxiv, 1 xxvm, 5, 2J: IXXIII,]
;
71. Enciclopedia dantesca.
1122 Leo-Leone
e 4 volte nel Par. (vili, 24; xnr, 113; xvn, 27; xxiv, 18); dunque
in 4 canti del Par., in 6 dell' Inf., ed in 8 del Purg.
I. Add. 1. Nel signif. propr. Contrario di Celere, Impetuoso,
e simili; Inf. vi, 101; xiv, 28; xxm, 59; xxv, 78; xxxm, 81. Purg.
xx, 16; xxiv, 1; xxviii, 22; xxxm, 103. Par. vili, 24; xvu, 27;
xxiv, 18). -2. Detto degli occhi Purg. x, 105. - 3. Degli atti della
;
mente dell'animo; Inf. xxv, 46. - 4. Lento lento, Assai tardo, len-
e
tissimo; Inf. xvn, 115.-5. Per Tardo, Infingardo; Purg. n, 120;
xvn, 130.-6. E nel morale; Purg. xv, 137.
II. Avv. Lentamente, Pigramente, Adagio; Par. xm, 113. E
raddoppiato, in forza di superlat. Purg. xxviii, 5.
Leo, Papa Leone Vili, eletto il 4 dicembre 954, morto nella
primavera del 965. Nel gennaio del 964 i Romani gli si ribellarono,
ma furono domati dall' imperatore Ottone I. Partito l' imperatore i
Romani si sollevarono nuovamente, Leone dovette fuggire, Gio-
vanni XII fu richiamato sulla sedia pontificale e per opera sua
Leone fu spogliato di qualsiasi dignit ecclesiastica e minacciato
di scomunica, se mai ardisse pi esercitare un uffizio ecclesiastico
qualunque. Morto Giovanni XII nelle braccia di un'adultera, i Ro-
mani elessero Benedetto V. Ma Ottone imperatore strinse Roma di
assedio, la prese e rimise Leone sulla sedia pontificale, mandando
Benedetto V in esilio. A questo fatto allude Dante, Mon. in, 11, 13.
lieo, San, cfr. Sanleo.
JLeoncello e leoncello,
diminut. di leone, Leone giovine;
per Lo stemma della famiglia Pagani, Inf. xxvn, 50, nel qual luogo
il Poeta intende parlare di Maghinardo Pagano da Susinana, morto
nel 1302, la cui arme era un leone azzurro in campo bianco, e'che
nel 1296 si era impadronito di Imola. Cfr. Annal. Cesen. in Murat.,
Script, xiv, 1113. Vill., Cron. vii, 149.
^Leoncino, cfr. Lioncino.
leeone, dal lat. leo, leonis, il Felis leo dei naturalisti, qua-
drupede carnivoro, il colore del cui pelo tende al rosso; fortissimo,
coraggiosissimo; rugge con voce terribile; una lunga chioma gli
scende dalla testa e dal collo, e gli cuopre la parte anteriore del
corpo. La femmina senza chioma. 1. Nel significato propr. Inf.
i, 45; xxxi, 118; Purg. vr, 66. - 2. Il leone dello stemma dei Gian-
figliazzi di Firenze; Inf. xvu, 60 (cfr. Gianfigliazzi). - 3. Il leone
dello stemma del re di Castiglia, cio uno scudo d' oro nel quale
s' inquartavano due castelli e due leoni, cos, che da una banda il
leone era sotto, dall'altra sopra il castello; Par. xil, 54. - 4. Nome
o
leeone 1 , g ;
d'uno de' segni celesti, ed il quinto dello zodiaco; Par.
IVI,
xxi, 14. - 5. Trasl. per Alterezza del proprio vigore;
Par. \ i, H>8. -
6.11 leone che si oppone all'uscita di Dante dalla Belva
Inf. i, 44 e seg., il eo de silva del profeta Geremia (v, G), se-
condo gli antichi ed il pi dei moderni il simbolo della Buperbia.
Bambgl. ; Superbia in forma di leone figuratta. - An.
Venne un'altra fiera, cio lo lione, e questo assimigliato a la
superbia. - lac. Dant.: La superbia la quale si figura e pone
per lo leone. - Lan.: Superbia figura in Leone lo quale per Bua
fortezza signoreggia li altri animali. Or cos che sempre colui
che si sente forte vuole superchiare e dominare li altri. - Ott.:
Per lo Leone (s' intende) superbia. - Petr. Dant.: In quo vi-
tium superbise figurat. - Cass. : Superbia, sive ira sequela su-
perbie. - Bocc.: Per lo leone (secondo la sentenza di tutti, p;ir
che si debba intendere) il vizio della superbia. - Falso Bocc. :
La seconda (bestia) ileone per questa dei intendere lasuperbia. -
Benv.: Per leonem figurat superbiam. - Buti : Moralmente
intende l'autore per questo leone la superbia. - An. Fior.: Qui
pone il Leone per la superbia. - Serrav.: Describit secundam
bestiam, scilicet leonem, significantem superbiam. - Barg.: Mo-
ralmente mostra Dante, che tentato da questi tre vizi di lussuria,
di superbia e di avarizia, lasciando la via di virt, e per fragilit
ritornando alla viziosa vita, ei si tristava e doleva. - Land.:
Questo leone configurato pel secondo vitio, il quale possiamo
chiamar superbia o per pi comune vocabolo ambitione. - Tal.:
Leo, scilicet superbia. - Veli.: Il secondo vitio configurato per
il leone, inteso per l' ambitione et superbia.- Dan.: Gli si
-
fa incontro il Leone, che per la superba Ambitione si prende.
Gelli: Ponendo secondariamente, per lo appetito degli onori (il
quale tanto degno di lode ne gli uomini, quando egli moderat
quanto egli degno di biasimo, quando egli trapassa il termine
della ragione; perch diventa vizio, ed allora chiamato la
egli
noi ambizione, o veramente superbia) con grandissima considera-
zione, il leone. - Cast.: Dante per ispeziale grazia di Dio,
avendo avuto un poco di riconoscenza, cominci a discernerc vi/n i
distintamente l'uno dall'altro, e conobbe lo 'mpedimento che
gli
davano ad andare alla beatitudine, non dimeno non gli dispiacque
tanto la 'nvidia, n gli parve di tanto impedimento, quanto la
s
perbia e l'avarizia. - Dol: Il leone posto per la superila.
Voi.: Per questo animale viene intesa dal Poeta oostro
la i
perbia, e l'ambizione, o sia il desiderio degli onori. - I
vizio pi
preso dal Poeta per simbolo della superbia, o ambi/ione,
difficile a superarsi della Lussuria, da un uomo di spiriti solle-
1124 Leonessa-Lerici
vati. - Cos intendono pure Lomb., Fort., Pogg., Biag., ed il pi
dei commentatori moderni, italiani e stranieri. Secondo il Mar-
chetti ed i suoi seguaci il leone sarebbe invece il simbolo della
Casa reale di Francia. Alcuni, accettando ambedue le interpretazioni,
l'antica e la moderna, ammettono due sensi, l'uno politico, l'altro
morale. Secondo essi il leone significa in senso politico la potenza
della Casa di Francia, in senso morale la superbia. Cfr. Makchetti,
Della prima e principale allegoria del Poema di Dante. Bolo-
gna, 1819. Bongiovanni, Prolegomeni del nuovo contento storico-
morale- estetico della Div. Coni. Forl, 1858, p. 275-324. Calvori,
La Selva, le Belve e le Tre Donne della Div. Com. Tor., 1873.
Leonessa, cfr. Lionessa.
Leonino, dal lat. leoninus, Di leone. Figuratamente, per Da
uomo forte e valente; Inf. xxvn, 75.
Leon Poggi, cognato di Dante, marito di una sorella del
Poeta e padre di quell'Andrea Poggi che si vantava, secondo il
Boccaccio, di avere ritrovato a Firenze i primi sette canti della
Div. Com. Cfr. Andrea Poggi.
Leppo, etimologia incerta; Vapore o Alito puzzolente; Inf.
xxx, 99. - Benv.: leppo, idest, calidum fumum, qualis est ille
qui manat a manibus balneatis in hyeme. - Buti: leppo puzza
d'arso unto, come quando lo fuoco s'appiglia alla pentola o alla
padella. - An. Fior. : leppo, ci fiamma. - Barg. : Fumo
pozzulento. - Dan.: leppo, ardente calore; il vocabulo vien
da' Greci, i quali chiamano lepyria una sorte di febre acutissima
et ardentissima; dentro et di fuori manda freddo sudore, et una
specie di quel male, che i Latini sacer ignis, et noi volgarmente
fuoco di Sant'Antonio appelliamo. - Voi. : Fiamma che s'ap-
prende in materie untuose, onde poi n'esce fetore. Lat. nidor. -
Ces. : Con quel leppo fa vedere la febbre acuta addosso a que' mi-
seri, fumando un alito fetente esalato pel morboso ardore di dentro.
Lepre, cfr. levre.
Lercio, etimolog. incerta (forse abbrev. da gualercio, e questo
3
dal latino squaloricius ; 41); Molto sudicio,
cfr. Diez, Wrt. il ,
Sporco. Figuratam. Inf. XV, 108. - Gelli: lerci, cio macchiati
e brutti, d'un peccato medesimo.
Lerici, lat. Eryx, Erycis portus, piccola citt nella Riviera
di Genova, alla destra del golfo della Spezia ed a sinistra del fiume
Leso-Letargo ] ] 25
Magra. E luogo antichissimo e fu posseduto
dalla famiglia Ma-
laspina, che lo concesse ai Genovesi nel
1174, i quali ne atterra-
rono la rocca. Venne poscia in potere dei Pisani,
che lo cinsero li
mura e di fortilizii. Dopo la battaglia della Meloria, i
Genovesi se
ne impossessarono di nuovo, ene mantennero poi imperturbato il
dominio.... Il tratto di paese che giace fra Ledei e Turbia e co-
perto di monti aspri e scoscesi ed al tempo di Dante, non essen-
dovi la strada del littorale, il cammino n'era difficilissimo;
LOKU,
p. 79. Lerici ricordata Purg. in, 49.
Leso, lat. Imsum, Part. pass, e Agg. da ledere, Danneggiato,
Ferito, Offeso; Inf. xm, 47.
Lesso, eixus, Part. pass, e Agg. da lessare, sinc. di les-
lat.
sato; Bollito e cotto nell'acqua. Detto dei dannati che bollono
nella pece, Inf. xxi, 135. Le altre lez. del verso (lesi, lassi, lezzi,
fessi, ecc.) sono inattendibili. Cfr. Blanc, Versuch, i, 200 e seg.
Negroni, Discorso critico sui lessi dolenti delVInf. Novara, 1894.
Letame, dal lat. letamen, Paglia, o Foglie, o Strame, o Sag-
ginali, o altro, infracidato sotto le bestie. Usato figuratamente Inf.
XV, 75. - Bocc. : nel lor letame, cio nel luogo della loro abi-
tazione, la quale somiglia al letame, perciocch di sopra l'ha chia-
mate bestie. - Benv.: letame, idest terra, quam appellat leta-
men, servata methafora, quia cives vocaverat plantas. -Bnti:
Nella loro vilt e viziosit.
Letame, oggi comunemente Letame
(come leggono alcuni
codd. ed alcune ediz.), dal gr. Nome gene-
Xt/cdvstac, lat. litania;
rico di tutte le pubbliche preci con cui la chiesa cristiana implora
le benedizioni celesti. Fig. per le persone che cantano le litanie in
processione; Inf. xx, 9. Fazio degli Uberti, Dittavi, v, 29: Come
si va di qua, e non pi tosto, Alle litane.
Letargo, dal lat. lethargus, e questo dal gr. Xyftccyfoc; voca- ,
bolo in origine adoperato ad indicare ogni specie di sopore, qua-
lunque sonno morboso, accompagnato o no da' sintomi di reazione
del sistema circolatorio. Di presente viene usato per esprimere
certo sonno, il quale per qualunque siasi causa si prolunga molto
pi in l del termine ordinario. Dante usa questa voce un'unica
volta, Par. xxxiii, 94, il senso del qual luogo disputabile. Pa
che voglia dire: Tutta quanta l'ammirazione che in venticinque
secoli gli uomini tributarono all'impresa degli Argonauti, raccolta
insieme, sarebbe minore della mia in un solo momento che io
<"
neva fiso lo sguardo nella Divinit. Altri diversamente. - /
1126 Letargo
Dice P autore per mostrare quanto li impossibile a dire sua
visione, che uno punto che delle 60 parti l'una d'una ora, gli
di maggiore oblivione, cio dismenticanza, o maggiore impedi-
mento che non saria stato XXV secoli a Nettuno a mirar Fombra
della nave. Lo stesso ripetono, copiando, Ott. e An. Fior. - Petr.
Dani.: Dicendo quod in reminiscentia Deitatis unum punctum
erat sibi majus lethargum, idest oppressio cerebri cum oblivione
in sommo, nam ita lethargiam Isidorus definit, quam vigintiquin-
que secula, idest dies, Neptuno Deo maris accidit ad mirandum
umbram Argi, idest primse navis, in qua Iason cum sociis navigavit
primo. - Su per gi lo stesso dice pure il Cass. -Il Falso Bocc:
Per queste parole tifa laltore una comperazione dasse anettuno
idio delmare esecondo la poesia gli antichi poeti iscrissono chella
prima maggor nave chandasse permare fecie arghus efuchiamata
argos effu quella nave cheporto Ianson quando and aquistare il-
vello delloro cio ilmontone doro. E dicie l'altore che quando questa
nave entro anavichare per lalto mare che netunno chorse per ma-
raviglia a vederla, eche netunno ghuardandola per ispazio di ven-
ticinque cientinaia danni non arebbono compreso in quella nave
il suo essere quanto dicie laltore disemedesimo che compresegli
ghuardando indio inunsolo punto equesto elleffetto di quelle pa-
role. - Benv. : Hic autor excusat se ab ampliori descriptione
huius universalis formai sive idese; et dicit quod minimus punctus
huius inducit sibi maximam oblivionem quam explicat per unam
subtilem et artificiosam comparationem.... Nunc ad literam dicit
autor: Un punto solo, idest, una minima particula rerum divina-
rum, m 1 e maggior letargo, idest, infirmitas memoria?; est enim le-
targum, ut tradunt Hippocras, Galienus, Avicenna et alii physici,
oppressio cerebri cum oblivione et continuo somno, quasi dicat:
plus me sopit et smemorat, che venticinque secoli, ecc. - Buti :
Non pu l'animo pensare d'Iddio, ch'elli non goda largamente,
e cos parlandone; e questa mia visione, che io ebbi d'Iddio, sempre
f me allegro e di quello sapere mi vorrei arricordare; e per dice:
Un punto solo, cio di quella beatifica visione che io ebbi di Dio,...
m' maggior letargo, cio maggiore dimenticagione a me Dante
e pi noiosa, e pi me ne duole, che venticinque seculi, ecc. -
Serrav. : Vult ostendere auctor et dicere, quod non plus vult se
extendere in hac materia; quia quanto plus cogitaret et ymagina-
retur, tanto fieret amplius immemor. - Land. : Il letargo, cio
l'oblivione d'un punto di tempo della sua visione, gli era pi mo-
lesto, che non era a Nettuno patire oblivione della veduta d'Argo
venticinque secoli. - Tal. : Dicit quod unum punctum plus dedit
admirationis, et stuporis, et oblivionis, quam tot centenaria anno-
-
Lete
U27
rum Neptuno - Veli, Volendo il
Poeta dimostrare, quanto
grande fosse la dilettazione, che prendeva
nel continuamente pen-
sare a questa sua visione, e quanto
molesto gli era ogni minimo
attimo di tempo, che di tal pensiero
mancava, in sentenzia dice
che un punto solo di tempo, che egli
manca di tal pensiero -l
e maggior obliyione, la qual nasce comunemente de la
revolu
del tempo, che XXV secoli a la impresa fatta da
Jason. - Dan
Qui il Poeta, dando al tempo quello eh 1
proprio del lucer dice
eh' un punto di tempo, ch'egli non si ricorda di
sol
tal visione
tanto dimostra che piaciuta gli fosse, - gli
maggior oblivione
che non furon XXV secoli. - Crus., Veni., ecc.:
Un punto solo'
di tempo pi m' annighittisce, e m'apporta
maggior dimenticanza
e affanno, che non avrebbero fatto 25 secoli
a quei gloriosi che
passaro a Coleo in ritardargli, vietando loro l'affrettata
e bramata
impresa, la quale fece s, che (navigando eglino la prima
volta
P Oceano) Nettuno si maravigliasse in vedendo l'ombra della nave
Argo, essendo il primo naviglio da lui vednto. - Lomb. :
Un
punto solo di tempo, scorso dopo beata visione, mi cagiona mag-
la
gior letargo, cio dimenticanza, di ci che in Dio aveva veduto,
che non apportassero di oblivione al fatto degli Argonauti secoli
venticinque. Cos pure Port., Togg., JBiag., Monti, Betti, ecc. -
Ces. : Un punto solo di quella vista mi diede un affidamento s
concentrato e profondo, che meno d'un punto di tempo m'avrebbe
fatto parere 25 secoli.... Eivoltate l'idea: Se io fossi stato assopito
25 secoli, e' mi fosser paruti un momento. - Tom.: Cagion
d'oblio pi che se la memoria de' fatti degli Argonauti dovesse
essere richiamata da uomo vivente adesso. - Poi.: Spiegare,
come fanno i pi, letargo, per oblivione, dimenticanza, quanto
trar fuori di strada il lettore, perch un manifesto contraddire ;i
Dante, che nella terzina susseguente afferma chiaro trattarsi anzi
qui di un' attenzione profonda, d' una specie di assorbimento della
mente in Dio; come pu propugnarsi infatti il concetto di dimen-
ticanza, se l'Autore, certo non senza motivo, si fece sollecito di ben
calcare nel lettore l'idea, che la sua mente era vivamente raccolta,
profondamente attenta, ardentemente fissa in quella contemplatici
ed per ci che con abbondanza quasi insolita, a dire la stossa idi
abbiamo qui a mente ben quattro aggiunti, sospesa, fssa, immo-
bile, attenta, col verso seguente che tutti li riassume e quasi,
dir cos, li condensa. Dunque ammirazione, e non dimenticanza
Cfr. Com. Lips. ni, 873 e seg.
l<et (che nel luogo Purg. xxxin, 123, molte edizioni legg
liete), dal gr. Xt^, che vale Oblio, Dimenticanza; Nome di
1128 Letizia-Lettera
uno dei fiumi immaginati nell'inferno de' Gentili, passando il quale
favoleggiavano che si obliassero tutte le cose. Secondo Dante questo
fiume nasce (assieme coV JEuno, che scorre in direzione opposta)
sulla vetta della montagna del Purgatorio, attraversa il Paradiso
terrestre, cade quindi appi del monte e di l va gi per lo foro
d'un sasso fino al centro della terra. Le anime purificate ne bevono
e bevutone perdono la memoria de' peccati commessi; Inf. xiv, 131,
136. Purg. xxvi, 108; xxvm, 130; xxx, 143; xxxm, 96, 123. Cfr.
Inf. xxxiv, 130. Purg. xxix, 7, 67, 71, 141; xxx, 76; xxxi, 1, 12,
82, 94, 96; xxxm, 113.
JLetlzia. dal lat. latitici, Contento dimostrato con atti esterni,
che deriva per lo pi dal godere presenzialmente quelle cose che
danno gusto, allegrezza, gioja. Questa voce, posta da Dante tra quei
vocaboli ch'egli chiama pexa (Vulg. El. li, 7, 35), adoperata
nella Div. Covri. 26 volte. NeWInf., nel regno del dolore non vi
contento di sorta; quindi in tutto Ylnf. Dante non adopera una
sola volta la voce letizia. Nel Purg. la voce si trova soltanto
quattro volte (xm, 120; xvi, 72; xxvm, 16; xxix, 33); invece nel
Par., nel regno della beatitudine, la voce occorre 22 volte (t, 31
li, 144; V, 107, 136; vi, 119; vili, 52, 85; 67; xiv, 19; xvi, 20
ix,
xvin, 42; xix, 23; xxi, 56; xxm, 23, 104; xxv, 16; xxvi, 135
xxvm, 120; xxx, 41, 42; xxxi, 62, 134). - Dante usa pure letizia
per Luce di beatitudine, Par. vili, 52; e per Anima beata, Par.
ix, 67.
letiziare, Aver letizia, Gioire; Par. in, 54; ix, 70.
Lettera, dal latino ittera ; 1. Carattere dell'alfabeto; Purg.
xii, 134. - 2. Secondo la lettera, per Letteralmente, secondo il
senso letterale; Conv. 71.-3. Sporre a lettera, per Dichia-
IV, 1,
rare parola per parola; Conv. il, 13, 58.-4. In ispirito, non in let-
tera, per Mentalmente, non con la lingua, In fatto, non in parole,
Col cuore, non in apparenza soltanto: Conv. IV, 28, 61. - 5. Per Le-
zione, cio Quello che si legge, ovvero scritto in alcun testo;
Conv. il, 12, 1. - 6. acquista mediante tutti gli
Per Dottrina che si
studi in generale, e in particolare Quella che si acquista mediante
la letteratura propriamente detta, ed in questo suole usarsi nel
plurale, mentre Dante 1' usa nel sing. Conv. i, 9, 14. - 7. Lettere
mozze, per Poche parole abbreviate, Par. xix, 134, nel qual luogo
si allude probabilmente al patto di Caltabellotta, per lo quale re-
stava a Federigo II re di Sicilia il solo titolo di D. G. Bex, cio
Dei Grafia Bex, senza pi l'aggiunta di Ke di Sicilia, Duca di
Puglia e Principe di Capua; cfr. Amari, Vespro Sicil., e. xx, p. 595
Letteralc-Letteratura dantesca
e seg. Del resto il passo relativo diversamente interpretato.
J
e An. Fior.: Poca scrittura sera quella del detto re
del figliuolo, ma rileva molto e in avarizia e in viltade. -
Ott.;
Quello che si iscriver in sua laude e fama, fi a con lettere
mo
e in poca carta. - Petr. Dant. tace. - Cass.: Eius bonitas et vi
erat ita modica quod in literis truncis a suis dictionibus
modicuro
occupabunt in dicto libro. - Falso Bocc. Fu dappocho elio ben :
grandi mali sipotrebbono dire dilu inpoche parole. - 7>Y ini a
multa mala dici possunt de eo in paucis verbis. - Buti: Lo pec-
cato di don Federigo sar s grande, che converr che si scriva con
lettere mozze, che tegnano meno luogo e capene pi. - Cosi pure
Land., Veli., Dan., Voi., Veni., ecc. - Serrav. ; Ad dandum intel-
ligendum quantum est modica sua scriptura, idest quam pauca siint
scribenda de ipso vili et pravo, fient littere mozze, idest pauce, ?el
scisse, vel truncate, que non tenebunt multum in parvo loco; et
tamen multa mala possunt dici de ipso. - Tal: Dicit quantum
debet scribi modicum de isto vili; quia de vilibus non debent fieri
magne descriptiones. - Lomb.: La scrittura appalesante le di lui
opere saranno abbreviature, che in picciolo tratto molte cose di-
ranno. Cos Pori., Pogg., Biag., ecc.- Betti: E a far conoscere
quanto egli avaro, egli scriver per abbreviature, affinch molte
parole sieno in un picciol pezzo di carta. - Ces. : Di lui sar
scritto in cifra, per dir molto in poco delle sue colpe, senza logorar
troppa carta per quel vigliacco e dappoco uomo. - Il pi dei mo-
derni (Br. B., Greg., Andr., Gorn., Poi., Filai., Witte, ecc.): Ivi
a poter registrare nel divin libro tutti i fatti comprovanti la dap-
pocaggine di Federigo, bisogner scriverli per via di abbreviatuiv.
perch a volerli scrivere stesamente non vi sarebbe luogo bastante.
Letterale, dal lat. literalis, Che attiene a lettera; Contrario
di allegorico. Aggiunto di senso di scrittura, Conv. Il, 1, 11, 14, 51,
58, 60, ecc.; IT, 13, 1 e sovente.
Letterato, dal lat. literatus, Scienziato, Che ha lettere, ed
anche Che perito nella lingua latina; Inf. xv, 107.
Vit. N. xxv, 20.
Conv. i, 7, 63; i, 9, 7, 13, 44.
Letteratura e Litteratnra, dal lat. Uteratura, Scienza
di lettere in gen. Conv. i, 9, 23.
complesso delle opere di Dante,
Letteratura dantesca, Il
di tutto
compresi icodici e le edizioni delle medesime, e
fu scritto intorno alla vita ed alle opere del Poeta,
lettrratur.
mente od anche indirettamente lo concerne. Questa
1130 Letteratura dantesca
tanto ricca e diramata, che al singolo studioso assolutamente im-
possibile di studiarla e conoscerla tutta, tanto pi che non vi
oramai nazione civile la quale non vanti una letteratura dantesca
nella propria lingua. Indispensabile allo studioso di Dante sono
quindi i lavori bibliografici, i quali al presente sono molti, mentre
manca tuttora una Bibliografa dantesca universale, che potesse dirsi
approssimativamente completa. Tra' lavori di questo genere occupa
ancor sempre il primo posto la Bibliografia dantesca del Visconte
Colomb de Batines (2 voi. in 3 parti, Prato, 1845-46), lavoro assai
accurato e coscienzioso, ma rimasto incompiuto, non abbracciando
che la sola Div. Com., ed adesso vecchio di oltre mezzo secolo. La
continuazione dettata da C. F. Carpellini (Della Letteratura Dan-
tesca degli ultimi venti anni, dal 1845 a tutto il 1865, Siena, 1866)
non ha verun valore. Un volume di Giunte e correzioni inedite
al lavoro del De Batines fa pubblicato da G. Biagi (Fir., 1888).
Gran copia di materiali bibliografici e letterari messa insieme
nel Manuale Dantesco del prof. Giuseppe Iacopo Ferrazzi (5 voi.,
Bassano, 1865-77), specialmente nei due ultimi volumi, ma l'ordi-
nazione delle materie e pi ancora l'accuratezza bibliografica la-
sciano non poco a desiderare. Sulla letteratura dantesca dal 1865
al 1880 si hanno parecchi lavori, meramente bibliografici, ma assai ac-
curati, di Giulio Petzholdt, riassunti nell'ultimo suo lavoro Biblio- :
graphia Dantea ab anno MDCCCLXV inchoata (Dresda, 1880).
Importanti sono per lo studioso alcuni cataloghi di letteratura dan-
tesca, tra essi quello del Petzholdt Ex Catalogo Bibliothecoz
:
Dantece Dresdensis (Dresda, 1865) e principalmente quello del-
l'americano William Coolidge Lane: The Dante Collections in
the Harivard College and Boston public libraries (Cambridge,
Mass., 1890), assai ricco di materie ed elaborato con esemplare ac-
curatezza, indispensabile ad ogni serio studioso di Dante. Per la
letteratura dantesca contemporanea vuoisi ricorrere sdYAnnual Re-
port of the Dante Society (Cambridge, Mass., 1882 e seg. ogni ;
anno si pubblica un fascicolo), al Iahrbuch der deutschen Dante-
Gesellschaft (4 voi., Lips., 1867-77) ed alle pubblicazioni perio-
diche attuali: Giornale dantesco, diretto da G. L. Passerini (si
pubblica in Venezia dal 1894 in poi), e Bullettino della Societ
Dantesca italiana. Rassegna degli studi danteschi. Diretta da
M. Barbi (si pubblica a Firenze, dal 1892 in poi; importante, anzi,
indispensabile, ma da servirsene colla massima precauzione e fa-
cendo pi ampio uso della critica).
il
Il campo della letteratura dantesca essendo tanto vasto, noi con-
cepimmo l'idea che, non potendo oramai pi elaborarlo un solo, sia
da elaborarlo per particelle, cio mediante Bibliografe dantesche
;
Letto-Lettura \\%\
di singole nazioni, o magari di singole provincia, da consid,
come fondamenta, o lavori preparativi, di
una futura
dantesca universale, possibilmente completa ed esatta. Fruito di
questa idea fu la nostra opera: Dante in Germania. Storia lette-
rria e bibliografia dantesca alemanna (2 voi., AI il.,
aggiungervisi il supplemento puramente bibliogral liografia
dantesca alemanna dell'ultimo decennio, 1883-1893, nel Gior-
nale Dantesco, i, 174-187). L'idea, sulle prime derisa, fu poi adot-
tata ed ampliata dalla Societ Dantesca italiana, la quale invit
gli studiosi ad intraprendere studi sulla letteratura dantesca, non
pure delle singole nazioni, ma delle singole provincie. Quindi ab-
biamo gi due lavori speciali, accurati ed importanti: Gli studi
danteschi in Sicilia. Saggio storico-bibliografico di Luigi Natoli
(Palermo, 1893) e: Dante e la Calabria. Studio di S. De Chi ai; a
(Cosenza, 1894). Se questi studi speciali di letteratura dantesca, cos
bene iniziati, si continueranno con diligenza ed assiduit, in qualche
anno sar possibile non solo di fare la Bibliografia dantesca ap-
prossimativamente completa, ma eziandio di scrivere la Storiti uni-
versale della Letteratura Dantesca che attualmente si desidera e
che col tempo, giova sperarlo, si vedr fatta.
Letto, dal sost. lat. lectus : 1. Arnese nel quale si dorme o si
riposa; Inf. x, 78. Par. xv, 120.-2. Fare letto di checchessia
Coricarvisi, Adagiarvisi sopra; Purg. xxvn, 73. - 3. Letto, per Fondo
di fiume, o di mare, sul quale scorrono e posano le acque; Inf.
xvi, 98.-4. Per Piano del fondo di alcuna valle \Inf. xiv, 9; xxm, 52.-
5. Letto delle piante, per La strada per dove si va; Purg. Ili, 15.-
6. Al letto piano, per All'orizzonte, In linea orizzontale; Par.
xxx, 3.-7. Figurat., per Segno dello zodiaco, Punto del cielo dove
un astro tramonta; detto del Sole, Purg. vili, 134.-8. E detto della
Luna, Purg. x, 15.-9. E per Ci che serve di appoggio, Purg.
vii, 108.
Letto, partic. pass, di leggere, lat. lectum ;
per Rivelato, Ma-
nifestato, Inf. x, 65. Cfr. leggere, 4.
dal lat. lector, Verb. m. di leggere; Chi o Che
l
Lettore,
Purg. vm,
Inf. vili, 94; xvi, 128; xx, 19 xxy, 46 ; xxxiv, 23.
1
136. Par. v.
70; x, 106; XVII, 1; xxix, 98; xxxi, 124; XXXIII,
x, 7, 22; xxn, 106.
Lettura, dal basso lat. leciura, Azione del
1
letta. 1. Per II libro che si legge;
Inf. v, 131.-2. J 6
leggere o
Insegnamento, Dottrina; Par. xxix, 75.
1132 Levante-Levi
Levante, da levare, Oriente, Quella parte dalla quale spunta
e si leva il sole; Inf. xvi, 95. Purg. iv, 53; xxix, 12.
Levare, dal lat. levare, Alzare, Mandare in su. Tom. nel
Il
b
Diz. il, 1828 Levare domina l'idea di
: Il Levis, in Alzare di
Altus ; quindi primo dice il contrario di pesante, giacente ; ma
il
la differenza del peso pu essere solamente specifica; il secondo con-
trapporsi a Basso, e pu essere con pi sforzo, ma, d'ordinario,
pi nella direzione del moto in su. Levare appena appena un corpo
da terra, non propriamente un alzarlo. Quindi congiungonsi le
due idee nella locuzione Levare in alto. Senonch, anco nel lat.,
i due sensi par che si scambino; sempre per con qualcosa della ori-
ginaria differenza. Elevare dice pi altezza, ma men comune
agl'Ital.; Sollevare, propriam. Levare adoprando la forza di sotto
in su, denota per lo pi il minor grado possibile di Levare. -Nelle
diverse sue forme il verbo Levare adoperato nella Div. Com.
85 volte, 34 neWInf, 26 nel Purg. e 25 nel Par.-l. Nel signif.
propr. di Alzare, Mandare in su; Inf. xxi, 20; xxn, 106; Par. in, 6. -
2. Per Elevare dalla terra al cielo in corpo e in anima; Par. i, 75. -
3. Per Tor via; Inf. x, 8.-4. Per Esaltare; Par. xvi, 18.-5. Per
Imbarcare persone per condurle altrove; Purg. il, 95.-6. Levar
d'ira alcuno, vale Pacificarlo, Acquietarlo; Par. iv, 14.-7. Levar
gli occhi, Dirigere il guardo, Sollevarlo; Inf. xxxiv, 88. Par. xxv,
38; xxxi, 70, 118.-8. Levare i saggi, Fare l'esperimento; Purg.
xxvn, 67. - 9. Neut. ass. e Neut. pass., per Andare in su, Sollevarsi;
Inf. xxix, 113.-10. Per Eizzarsi; Inf vi, 38 xxv, 121.- 11. Neut. ;
pass., per Innalzarsi, Elevarsi, al prop. e al fig. Inf xxiv, 52. Par.
xxxni, 67.-12. Riferito ad oggetto inanimato, per Sorgere, Ele-
varsi; Purg. xxiv, 120. Par. ix, 28.- 13. Per Uscir del letto; Inf.
xxiv, 8.- 14. Per Allontanarsi, Andarsene via, Partirsi Inf. xxxn, 95.- ;
15. Per Essere tralcio tratto da una pianta; Purg. xxiv, 117- - 16. Le-
varsi in aiuto altrui, Andare ad aiutarlo; Inf. n, 65. - 17. Levami,
o Leva' mi, per Mi levai; Inf. xxiv, 58. Purg. xxvn, 113.-18. Le-
vdro, per Levarono; Par. xvn, 114. -19. Leve, per Si levi; Purg.
xxv, 39.-20. Si leve, per Si lev; Vit. N. xxxix, 1.-21. Levarsi,
per Si levarono; Inf xxvi, 36; xxxni, 60.
.Levato, Partip. pass, e Agg. da Levare, Alzato; Inf xvi, 76.
Leve, cfr. lieve.
Levi, ebr. ^S = Ghirlanda, Nome del terzogenito figlio del pa-
triarca Giacobbe e di Lea; Gen. xxix, 34; xxxv, 23. Gioseffo Ebreo
spiega il nome (Archeol. i, 19,7): Asm xavcova olov pepcaonVG- I
levit-Li
discendenti di Levi erano
diritto al sacerdozio,
i soli, secondo la legge mosaica, che mi ano
il come pure a qualsiasi uffizio ec
,!_
furono esclusi dall'eredit di beni temporali; cfr.
Num w
Giosu, xin, 14; xxi, 1 e seg. Dante allude a questa
circ
chiamando 1 discendenti di Levi Li figli di Levi; Purg.
Levi nominato accanto al fratello Giuda, Mon. in.
\]\
I suoi discendenti sono detti Leviti; Mon. ni, 18, 49,
Lievit, Levitade, Levezza, dal lat. levitas e U vi ludo,
Leggerezza; Conv. in, 1, 62; v, 15, 111.
Levitico, lat. Leviticus, Il terzo libro del Pentateuco, die
prende il suo nome dalle leggi e cerimonie appartenenti a' sacer-
doti, a' leviti, ed a' sagrifizi ; Mon. n, 8, 26; in, 13, 44, 49.
Levre, dal lat. leprus, forma antica che vive in pi dialetti,
per Lepre; Inf. xxni, 18.
Lezione, dal lat. ectio, ectionis, Il leggere, La lettura; Inf.
xx, 20.
Lezzo, da olezzo, e questo dal lat. olor; cfr. Dibz, Wrt. n 3 42. ,
Mal odore ; ma dicesi specialmente di mal odore che procede da su-
cidume di corpo animale; Inf. x, 136.
Li, voce di genere mascolino dell' articolo Lo, nel numero del
pi, e usavasi avanti a nomi non comincianti da lettera vocale, o
dalla S, cui altra consonante accompagni, ed lo stesso interamente
che la particella * in questo significato (la quale pi volentieri oj
si adopera, siccome assai pi comune l'uso di Gli, plur. anch'esso
dell'articolo Lo). Osserva giustamente il Bl. nel Vocab. che le ediz.
si accordano soltanto in porre Gli davanti alle vocali e alla 8 im-
pura, ma davanti alle consonanti semplici trovasi, ad arbitrio d'ogni
editore, ora i, ora gli, e ora anco li. La voce si trova naturalmente
assai di spesso nelle opere volgari di Dante. 1. Li plur. di il, non
comune, per i o gli innanzi a vocale e a qualche conson. doppia u
contata per doppia; Inf. i, 68; il, 78; vi, 61; xvm, 11: II, 11;
xxiii, 123; xxv, 115. Purg. i, 37, 82; il, 14; ili, 10; vi, 8) 80;
1'
ix, 54. Par. Il, 4, 49, 65, 99; ili, 33, 52, 57; v, 105, 115; vi,
e sovente. -2. Li per Gli; Piacerli per Piacergli, rima con meriti
Purg. xx, 2.
Li, Pronome che serve al terzo caso del numero del meno del
genere mascolino (ma ora in sua vece usasi Gli). E fu pure auto
dagli antichi per Loro, nel terzo caso plur. del masc e femm..
-
1134 L-Libano
pure nel quarto caso plur. Occorre pure sovente nella Div. Com.,
ma alle volte le lezioni variano tra Li e Gli. - 1. Al dat. sing., per
Gli, A lui; Inf. i, 136; V, 8. Purg. r, 120; vi, 6. Par. n, 63, ecc.
2. Al dat. plur., per Loro; Inf. XX, 14.-3. All'acc. plur. per Loro;
Inf. ni, 44. Par. Vi, 120.-4. All'acc. sing., vidii, per Lo vidi;
Inf. xxxiv, 90.
Ij Avverb., dal lat. illic, usato sovente nelle opere volgari di
Dante. 1. Avv. di luogo, segnatamente di stato, ma anche di moto
e vale In quel luogo; Inf. vili, 103; xix, 30; xxxi, 144; xxxiii, 94.
Purg. il, 52; V, 83; vili, 65; x, 55; xn, 19; xv, 55; xxn, 124. Par. i,
124 il, 43, 93, 104 Vi, 8; vii, 123; xvn, 122; xxm, 87 xxxi, 76, ecc. -
; ; ;
2. Trovasi anche per avverbio riferente a tempo, cagione, o altra causa
detta innanzi, usandosi in vece di pronome, come di altre simili
particelle avverbiali si costuma; Purg. xx, 64. Par. xiv, 128.
Lia, ebr. 1K/, Stanca, Affaticata, Nome della figlia maggiore
T "
di Labano, prima moglie del patriarca Giacobbe, al quale partor
sei figli ed una figlia; cfr. Genes. xxix, 16 e seg. xxx, 17 e seg. ;
;
xlix, 31. Secondo i Santi Padri e gli Scolastici Lia simbolo della vita
attiva, mentre la di lei sorella Rachele rappresenta la vita contempla-
tiva. Greo. Magn., Hom. 14 in Ezech. : Per Liam, qua? fuit lippa, sed
fecunda, significatur vita activa, quae dum occupatur in opere, minus
videt; sed dum modo per verbum modo per exemplum ad imitationem
suam proximos accendit, multos in Opere bono filios generat. -
Ejusd., Moral., 1. vii, e. 28 Quid per Liam nisi activa vita si-
:
gnatur? Quid per Rachelem nisi contemplativa? In contemplatione
principium, quod Deus est, quaeritur; in operatione autem sub gravi
necessitatum fasce laboratur. - Tiiom. Aq., Sum. theol. P. II 2ae ,
qu. GLXXIX, art. 2 : Istae duse vitse significantur per duas uxo-
res Iacobi activa quidem per Liam, contemplativa vero per Ra-
:
chelem. -Anche nella Div. Com. Lia il simbolo della vita attiva,
Rachele della contemplativa. Prima di entrare nel Paradiso ter-
restre Dante vede Lia in sogno, la quale va per una landa cantando
e cogliendo fiori per inghirlandarsene il capo; Purg. xxvii, 101.
Svegliatosi poi, egli vede Matelda, prenunziata da Lia nel sogno.
Libano, ebr. f^uS, Monte bianco, gr. Acpavog, Catena di mon-
'
t :
tagne tra la Siria e la Palestina; anticamente celebre pe' suoi cedri,
oggi quasi del tutto distrutti. Ha il suo nome dalle nevi, dalle
quali coperta; cfr. Jerem. xyiii, 14. Tacit., Ilist. v, 6:Mirum
dictu, tantos inter ardores opacum iidumque nivibus (vedi per
Libello-Libero [135
Kobinson, Palasi, in, 723). Il Libano ricordato Fu 11
citando un verso scritturale, Cani. Cant. iv, 8.
Libello, dal lat, libellus ; 1. Libretto, Piccolo
libro; I
Proem. 5; xn, 113; xxv, 70; xxix, 12. Conv. 11, 2, 10.-2.
Iw
in per Essere in fama per libri pubblicati;
libelli,
Par. x 1 1,
nel qual luogo si allude al celebre Trattato di logica
che Pi
Ispano pubblic in dodici libri. Cfr. Pietro Ispano.
Libente, dal lat. libens, Che opera checchessia volentieri; Par
xxv, 65.
Liberalit, dal lat. liberalitas, Virt
per cui ci serviamo
bene, e con misura, delle ricchezze, in suo proprio, in benefizio
delle persone degne e bisognevoli Conv. 1, 8, 5, 6, 34, 39, 46, <;2
;
72, 86, 87, 93; iv, 17, 28, ecc.
Liberamente, Avv. da libero; Con libert. 1. Per Franca-
mente; Purg. xxvi, 139. - 2. Per Spontaneamente; Inf. xm, 86. Purg.
XI, 134.-3. Per Liberalmente, Con liberalit; Par. XXXill, 18.
Liberare, dal lat. liberare; 1. Dare libert, Mettere in li-
bert, Salvare: Purg. xi, 21.-2. Detto della libert morale, e dei
mali e pericoli dell'anima; Purg. xxni, 75. -3. Per Affrancare, Ksi-
mere da un aggravio; Purg. xxm, 90.
Libero, dal lat. liber, Che ha libert e non soggetto Che ;
ha la facolt, il potere, il diritto di far quel ch'egli vuole, di
non far quel che non vuole. Dante definisce, Mon. 1, 12, 31 e .-
Illud est liberum, quod suimet, et non alterius gratia est, ut Phi-
losopho placet in iis, quae de simpliciter Ente. Nam id quod
alterius gratia, necessitatur ab ilio, cuius gratia est: sicut via ne-
cessitatur a termino. Questa voce usata sovente nelle opere vol-
gari e latine di Dante. Nella Div. Coni, si trova 20 volte; ma non
una volta sola neWInf., nel regno della schiavit, dove ne
libero; invece la troviamo 14 volte nel Purg (ni, 61 ;
vi, 25; x, 17;
xvi, 71, 76, 80; xviii, 74; xxi, 43, 62, 69; XXII, 117; XXVII, 140; IXVIII,
102; xxix, 90) e 6 volte nel Par. (iv, 3; vii, 71; i\, 142; XVIII,
15; xxr, 74; XXXII, 2). Oltre il signif. propr. sono da notarsi: 1.
Non impedito; Purg. xxix, 90.-2. Per Uscito d'impaccio, Nod pi
impedito; Purg. XXII, 117.-3. Esser libero, per Trovare in In
signoreggiante, non impedito da ostacoli; Purg. X, 17.-4. Essere
libero, per essere soggetto alle alterazioni prodotte da
Non
seconde; Par. vii, 71.-5. Libero arbitrio dicono i Metafisici od i
ina
Teologi, la facolt che ha l'uomo di determinarsi pinti
1136 Libert-Libro
cosa che a un'altra; la Potenza che ha d'operare secondo il giudizio
formato nella sua mente; Purg. xvi, 71; xvm, 74; xxvn, 140. Cfr.
Mon. i, 12, 2 e seg.
Libert, e nella forma antica Liberiate, dal lat. libertas,
libertatis ; Facolt
1. di scegliere tra due o pi oggetti qual si
vuole ; Podest di vivere, di operare a suo talento, Padronanza, Si-
gnoria di se; Purg. xvm, 68. Par. v, 22; x, 89. Mon. i, 12, 3, 4.
Conv. IV, 2, 113.- 2. E per Lo stato de' cittadini che vivono in pa-
tria libera; Purg. i, 71.-3. Trarre di servo a libert, per Fran-
care dal servaggio, e fig. per Liberare dalla tirannia delle passioni
mondane; Par. xxxi, 85. Nell'Iw/*. Dante non usa una sola volta
la voce Libert.
Libia, gr. At,pv), lat. Libya, in signif. esteso l'Affrica, eccet-
tuato l'Egitto, che gli antichi consideravano come una continuazione
dell'Asia; in senso pi ristretto i paesi dell'Affrica situati all'ovest
dell'Egitto; Inf. xxiv, 85, Mon. n, 4, 25. Cfr. Lucan., Phars. i,
268; il, 417; ix, 705 e seg. Ovid., Metam. iv, 617 e seg.
Libicocco, nome dell'uno dei diavoli della quinta bolgia; Inf.
xxi, 121 ; xxn, 70. Il nome deriva probabilmente da Libia, regione
calda e nutrice del libeccio, vento de' pi furiosi. L'uscita in occo
diminut. di spregio.
Libito, dal lat. libitum; 1. Voglia, Capriccio, Piacere, Piaci-
mento, Volont Par. xxxi, 42. - 2. Far licito il libito, per Far
;
lecito quanto piace Inf. v, 56. ;
Libra, dal lat. libra; 1. Strumento che serve a pesare le cose,
composto di un ferro a traverso, a' cui lati sono raccomandati due
bacini o piatti, l'uno destinato a ricevere il peso, e l'altro la roba
che vuol pesare. Quindi Tenere in libra, fig., per Tenere in equi-
si
librio; Par. xxix, 4; sul qual luogo cfr. per inlibrare. - 2. Uno
de' dodici segni dello Zodiaco, in cui entra il sole a' 21 di settembre,
e forma l'equinozio d'autunno; Purg. xxvii, 3. Par. xxix, 2. Conv.
in, 5, 58, 99.
Libro, dal lat. liber, libri, Fogli cuciti insieme, o scritti o
stampati, o bianchi, che formanti un volume, coperto
si sieno, e
o di carta, o di cartoni, o di tela, ecc. 1. Per un'Opera d'ingegno,
cos in prosa come in versi, di tal mole da formare almeno un vo-
lume Inf. v, 137. Conv. i, 1, 90; u, 13, 11, 13, 28, ecc. - 2. E in
;
questo significato, talora si tace; Conv. iv, 12, 25.-3. Il Libro che
il preterito rassegna, chiama Dante la Memoria; Par. xxni, 54;
Libyus-Licio \ \ :
>~
cfr. Vii. N.,Proem., 1. Cane.: E' m'incresce di me s malamenl
v, 59, 66.
liibyns, Libico, della Libia; Eclog. n, 23.
licenza e Licenzia, dal lat. Ucentia, Concessione fatta
dal
superiore all'inferiore, Permissione, Facolt di fare
checchessia-
Inf xxvir, 3. Par. xn, 95.
Licenziare, Accomiatare, Dar licenza, Dar permissione- Vii
N. xn, 105.
Liei, da l e ci, Particella dinotante luogo, e vale lo stesso che
L, Quivi; Inf. xiv, 84. Purg. vii, 64.
liicio Lizio, signore del castello di Valbona presso Santa Sofia
o
nella Romagna Toscana, forse identico con quel tale Lucilio di Man-
fredi da Valbona, ricordato in un documento del 1333; cfr. REPBTTI,
Bis. fisico-geograf.-stor. della Toscana, Fir., 1834-46, v, 62-1. Dante
lo chiama il buon Lizio Purg. xiv, 97. - Lan. : Fu largo e cu-
;
riale uomo e di grande cortesia. - Ott.: Messer Lizio di Valbona,
cavaliere cortese, per fare uno desinare in Forl, mezza la eoltre
del zendado vend sessanta fiorini. -Petr. Dani.: Semel respondit
certis nuntiantibus ei cum timore, quod quidam suus filius non ita
probus, ut debebat, erat mortuus: Non est mihi novum hoc, e
quod numquam vixit, sed dicatis pr novo quod sepultus sit. -
Cass. : Lytio de Valbona de Cesena. - Falso Bocc. Ulucco da-
bolognia. - Benv. : Dominus Licius de Valbona, nutiata sibi morte
unius sui fili imbecillis, non mutato vultu, dixit: Hoc non est mihi
novum, quia semper fuit mortuus; sed nuntia mihi pr novo si est
sepultus. Nec minus ejus prudentia enituit in filia sua Catherina
pulcerrima; quam cum ipse senex reperisset coniunctam amo;
cum Ricciardo nobili juvene de Mainardis de Bretenoris, ex astuti a
puellse et simplicitate materna, prudentissime fecit eam desponsari
sine diminutione honoris, sicut jocunditer scribit Boccaccius de !er- I
taldo(cfr. Bocc, Decani., buon
G. v, nov. 4; l'identit del l >
di Dante col messer Lizio da Valbona del Boccaccio non ]
accertata). - Buti : Fu di Romagna, omo molto virtuoso, bolo-
gnese. -An.Fior.: Messer Lizio da Valbona di Romagna fo si-
gnore di Ravenna; et quello di cui parla mess. Giovanni B
sua
caccio, che Ricciardo Manardi da Bertinoro innamor d'una
figliuola Caterina. - Serrav. ; Hic Litius fuit nobili
nome
de Valle Bona, super Forlivium, civitatem sic dictam. Hic fuit
homo magne virtutis, qui habuit unum iilium vitiosum et dia
satis magnani a loco, ubi
lutum, qui moriebatur per distantiam
72. Enciclopedia dantesca.
1138 Licito-Lieve
erat pater suus quo mortuo, nuntiatum fuit Litio, quomodo filius
;
suus esset mortuus; qui respondens dixit: Nullum novum dicitur
michi, quando nuntiatur michi mors filii mei, qui semper erat mor-
tuus, quia erat nimis vitiosus; nec lacrymam emisit ex oculis; sed
si vultis aliquid michi de ipso dicere, indicetis si est sepultus. -
Land.: Questo fu messer Licio da Valbona, huomo eccellente, et
pien di virt: la cui figliuola Caterina vinta d'amore, di furto si
congiunse con Eicciardo nobile giovane, et messer Licio con la sua
prudenza gliela f' sposare, come distesamente in una sua novella
narra il nostro Boccaccio. - Tal.: Dominus Licius da Valbona
supra Forlivium. Fuit homo magne virtutis.- Vell.: Costui di-
cono essere stato da Valbona, huomo molto virtuoso e d'eccellenti
costumi, del quale Giovanni Boccaccio da Certaldo narra, ecc. -
I commentatori successivi non aggiungono nulla.
Licito, cfr. Lecito.
Licurgo, gr. AoxoOpyos, re di Nemea, al quale Isifle fu ven-
duta come schiava ed il cui figlio Ofelte, affidato alla custodia di
Isifle mor morso da serpenti Purg. xxvt, 94. Cfr. Isifle, tri-
;
stizia.
Lido, dal lat. litus, Terra contigua al mare, e ad ogni fiume
o rivo, Piaggia; Purg. xvn, 12. Cfr. Lito.
Lietamente, Avv. da lieto, Con letizia, Allegramente; lat.
late; Par. ix, 34.
Lieto, dal lat. Icetus, Che e si dimostra contento e sereno
attualmente o per abito. Voce adoperata nella Div. Com. 42 volte,
cio 7 volte nell'In/". (Hi, 20; iv, 84; vii, 95; xm, 69; xiv, 97;
xix, 102; xxvi, 96), 16 volte nel Purg. (in, 142;
136; v, 46; vr,
vii, 1; xm,111; xiv, 83; xv, 35; xvi, 89; xix, 86; xx, 94; xxm,
74; xxiv, 14; xxv, 70; xxvn, 6, 136; xxxi, 127) e 19 volte nel Par.
(i, 31, 126; il, 28, 142; HI, 68; v, 94; vili, 91; x, 24; xi, 76; xv,
67; xvi, 138, 142; xix, 3; xxn, 132; xxiv, 10; xxv, 104; xxvn, 43,
104; xxxn, 64). Oltre al signif. propr. notinsi i seg. 1. Per Ci :
che cagione di letizia, che la apporta; Par. i, 126.-2. ColVA e
e l'inf. Esser lieto, per Avere la soddisfazione; Purg. xx, 94. - 3. E
detto di ci eh' ameno e ricrea la vista; Inf. Xiv, 97.-4. Fig. per
Beato, Celestiale; Par. i, 31.
Lieve e Leve, dal lat. levis : 1. Leggiero, Di poco peso; Inf.
in, 93; xxiv, 32. Purg. xn, 116; xx, 78; xxn, 7; xxxi, 96. Par.
i, 99; xxxin, 65.-2. Fig., detto degli spiriti purgati dalle colpe;
i
Lievemente-Limo n ,<,
Purg. 35.-3. Per Agevole, Facile;
xi,
Inf. xxvm, 60. Pura
Par xxiv 37 VU. N. xix, 123.-4. Di U eV
e, Aw. AgeTolm(
\
Facilmente; Purg. vili, 76.
Lievemente e Levemente, lat. Uviter: 1. Wolmente
Leggiermente; Par. xxi, 116; xxvr, 18. Conv. - 2 Fi-'
iv, 26, 94.
per Destramente, Pian piano; In/", xxxi, 142.
Lievre, cfr. Levre.
filila, frane. Lille, citt della Fiandra, capoluogo del diparti-
mento del Nord sul canale della Sense al mare e sulla
Deule-
Moyenne a 236 chilom. nord-nord-est di Parigi; Purg. xx, 46.
Lima, dal lat. lima, Strumento meccanico di verga d'acciajo,
dentato, e di superficie aspra, che serve per assottigliare e pulire
ferro, marmo, pietra, legno, e altre materie solide. Fig., per Tutti
i ferri d'un' officina, usurpata la parte pel tutto; Inf. xxvn, 0, nel
qual luogo Temperato con sua lima vale Lavorato co' suoi ferri. E
fig.nello stesso sign. Son.: Io maledico il d ch'io vidi prima, .
Limare, dal lat. limare, Assottigliare, o Pulire colla lima,
1. Per Iscemare, Diminuire; Purg. xv, 15.-2. Per Ripulire, Per-
fezionare, come l'artista fa con la lima; Conv. IV, 6, 101, nel qual
luogo limdro lez. comune alla quale il Giul. vorrebbe sostituire,
senza autorit di codd., la lez. affermro, da lui escogitata.
Limbo, dal lat. Limbus, secondo gli Scolastici quella delle
regioni del mondo anime di coloro che mori-
di l, dove erano le
rono in grazia di Dio prima della venuta di Ges Cristo, e d
sono i parvoli innocenti, morti senza battesimo. Lo si divideva nel
Limbus patrum, detto anche Seno d'Abraamo, la dimora dei pi
dell'Antico Patto, dove Cristo and immediatamente dopo la sua
morte ad annunziare a quelle anime la loro liberazione (cfr. THOM.
Aq., Sum. tlieol., P. ili, qu. lxix, art. 6. Elucidar., e. 64. Inf. iv,
46 e seg.), e nel Limbus infantum, detto anche Limbus pu< r<>r><in,
l'eterna dimora dei bimbi morti senza battesimo. Secondo Dante il
Limbo il primo cerchio dell'inferno, dimora dei Pagani virt
e dei pargoli morti senza battesimo; Inf. iv, 45. Puv<). IXII, 11.
Limitatore, Verb. m. di Limitare, Chi o Che limita; Conv.
iv, 9, 22.
Limo, dal lat. limus; 1. Fango, Poltiglia, Mot Ha por-
paludi; vii, 121. Purg. i, 102. - 2. TtmL
cheria che generano le Inf.
Detto per la Carne onde l'uomo rivestito; Purg. xvn, 111.
1140 Lhnos-Lingua
Limosi, cfr. Lemos.
trinci, dal lat. illic, Particella che significa movimento o par-
timento da luogo, e vale Di l; Purg. xv, 37.
Lingua, dal lat. lingua, voce usata in due signif. principali:
nel signif. propr., per quell'Organo mobilissimo del corpo animale,
che posto nella bocca ove si stende dall'osso joide fin dietro i
denti incisivi. Essa la sede del senso del gusto, serve alla fun-
zione del succhiare, alla masticazione, alla deglutizione, alla pro-
nuncia delle parole, ed allo sputare. Varia molto nella grandezza;
ha la forma d'una piramide, appianata dall'alto al basso, rotonda
su i suoi angoli, e terminata da certa punta ottusa che guarda nel
davanti. E Lingua vale pure Idioma, Linguaggio, Favella. Dante
usa questa voce nei due suoi signif. principali spesse volte nelle
sue opere, nel secondo signif. specialmente nel Vug. El. Nella Div.
Coni, la voce si trova 30 volte, 19 nell' Inf. (ili, 25; xi, 72; xiv, 27;
xv, 87; xvn, 75; xvin, 60, 120; xxi, 137; xxn, 90; xxv, 133; xxvi,
72, 89; xxvn, 18; xxvin, 4, 101; xxx, 122; xxxi, 1; xxxn, 9, 114),
3 volte nel Purg. (vii, 17; xi, 98; xix, 13) e 8 volte nel Par. (vi,
63; xi, 23; xvn, 87; xxm, 55; xxvi, 124; xxvn, 131; xxxiii, 70, 108).
Sulle dottrine di Dante concernenti le lingue, cio i linguaggi umani,
conviene rimandare al Vug. El., specialmente al libro i di que-
st'opera. Si notino i seguenti usi: 1. Lingua, riferito a sete; Inf.
xxx, 122.-2. Trarre la lingua, per Spingerla fuori della bocca;
atto di spregio; Inf. xvn, 75.-3. Mostrare ci che puote una lin-
gua, per Condurre un idioma all'apice della sua perfezione; Purg.
Vii, 17.-4. Scernere nella lingua, le parole dette o scritte; Purg.
xv, 87.-5. La gloria della lingua, Il pregio d'un idioma, e la
maestria dell'usarlo; Purg. xi, 98.-6. Dante chiama la lingua ita-
liana Lingua di s, la provenzale Lingua d'oc, la francese Lingua
d'oil; Vug. El. I, 8, 30 e seg.; cfr. Vii. JSf. xxv, 24 e seg. -7. Con-
cernente la lingua primitiva Dante estern in diversi tempi due
opinioni diverse: secondo Vug. El. i, 6, 29 e seg. la lingua dei
primi parenti fu parlata da tutti i loro discendenti sino alla edifi-
cazione della torre di Babele, e dagli Ebrei anche dopo, onde la
lingua primitiva fu semplicemente l'ebraica; invece secondo Par.
xxvi, 124 e seg. la lingua primitiva, parlata da Adamo, fu tutta
spenta gi prima della confusione babilonica, non ha dunque che
fare n coli' ebraica n con altre lingue. - 8. Anche in merito alla
maggiore o minor nobilt delle lingue latina e volgare Dante mut
opinione: secondo Conv. i, 5, 76 e seg. il Latino pi bello, pi
virtuoso e pi nobile del Volgare; invece secondo Vulg. El. i, 1,
Lingnaggio-Lionc nn
26 e seg. il Volgare pi nobile del Latino. La
seconda opini
e tutta propria di Dante e segna un
progresso nello svolgim.
del suo pensiero; la prima era l'opinione
dominante del tempo
accettata anche da Dante, finch i suoi studi lo indussero a lasciarla.
Linguaggio, Complesso di segni a denotare le idee e i sen-
_
timenti, adoprato tra pi persone; Inf. xxxr,
78, 80. - E per Di-
scorso, Stile, Modo di esprimersi, detto figuratane
Inf. wvu, 14,
Lino, dal lat. Unum, Genere di piante della famiglia delle Li-
nacee, e della Pentandria pentaginia del sistema di Linneo.
In modo
simbolico Lino delle Parche, o di Lachesi, per La vita
dell'uomo;
Purg. xxv, 79.
Lino, gr. Avos, lat. Linus, antico poeta greco ricordato da
Virgilio, Eclog. iv, 56; vi, 67. ricordato Inf. iv, 141, nel qua!
luogo invece di Lino alcuni testi hanno Alino, altri Livio, ecc.
Cfr. Blanc, Versiteli, i, 51 e seg. Moore, Crii., 28*2 e seg. Lino
hanno Ott., Petr. Dani., Cass., Bocc., Benv., Buti, An. Fior., Sem
Barg., Land., Tal, Veli Dan., ecc. Tenuto conto che Bambgl.
,
Sei., Iac. Bant., Lan. e Falso Bocc. taciono, si pu affermare che
Lino lezione di tutti senza eccezione i commentatori antichi.
Iiino, lat. Linus, secondo la tradizione vescovo di Roma, suc-
cessore immediato dell'Apostolo San Pietro; cfr. Iren., Adv. li-
ni, 3, 3. Euseb., Hist. eccl. in, 2 e 13. Kraus, Roma sotterraneo,
a
2 ed., p. 69 e 532. Dante lo nomina per bocca di S. Pietro Par.
xxvn, 4L II Brev. Rom. ad 23 Sept.: Linus Pontifex, Volaterris
in Etruria natus, primus post Petrum gubernavit Ecclesiam. Cujua
tanta fide et sanctitas fuit, ut non solum daemones ejiceret, Bed
etiam mortuos revocaret ad vitam. Scripsit res gestas beati Petri,
et ea maxime, quae ab ilio acta sunt contra Simonem magum. San-
civi!;,ne qua mulier, nisi velato capite, in ecclesiam introiret. Huic
Pontifici caput amputatum est ob constantiam Christian;i Fidei, i
jussu Saturnini impii et ingratissimi Consularis, cujus filiali) a
daemonum vexatione liberaverat. Sepultus est in Vaticano prope
pulchrum Principis Apostolorum, nono Kalendas Octobris. Sedil an-
nos undecim menses, dies viginti tres, creatis bis mense Decenibri
Episcopis quindecim, Presbyteris decem et octo.
Iiioncino e Leoncino, diminut. di leone, Piccolo 1
Leoncello; Inf. xxx, 8.
Lione, cfr. LEONE.
1142 Lionessa-Lira
Lionessa e Leone^a, lat. eana, Leone femmina; Inf.
xxx, 8.
Liquare, Neut. pass., etim. dubbia; secondo gli uni dal lat.
liquare, Liquefarsi, Struggersi, onde si iqua, per Si risolve in...;
secondo altri dal lat. liquet, onde si iqua, per Apparisce, Si ma-
nifesta; Par. xv, 1. Lan.:Si iqua, cio si mostra in la volont
benigna.- Ott.: Si liqua, cio manifesta, dimostra, ed apertissi-
mamente e in detto e in fatto si diliquida il diritto amore. - Benv. :
In qua liquido et dare Buti: Si iqua, cio Si
ostenditur. -
manifesta. - An. Fior. : Si mostra nella volont benigna, tutto
a simile come la cupidit si mostra nella iniqua volont. - Serrav.:
In benigna et bona voluntate liquescit, idest liquidus fit, sive li-
quendo apparet, amor bonus, qui recte spirat amat. - Land. :
et
Nella qual volont si iqua, cio si manifesta, il vero ed onesto
amore. - Ta.: Manifestat se; quia ipsum non dissimulat. - Veli. :
Ne la qual benigna volont si manifesta sempre V amore honesto. -
Dan.: Si manifesta et scuopre. - Voi. : Liquare, per Manife-
Scoprire.- Veni.: Si manifesta e scuopre; da liquidare,
festare,
non da iquefare, come lo vuol dedurre taluno. - Lomb.: Si ma-
nifesta; antitesi, credo, in vece di si lique, dal lat. iquet, liquere.-
Biag. : chiaro, manifesto,
Si iqua, dal lat. iquet, in senso di
evidente, tolse Poeta questa forma, dandole il medesimo figurato
il
senso che nel latino, e per vale si scuopre, si fa manifesto, o si-
mile. - Ces. : Questo si iqua spiegato per Apparisce, dal lat.
iquet. A me non cape; il iquet non ist mai altro che neutro asso-
luto, e qui colla si piglierebbe il modo de' neutri passivi. Ma perch
non derivarlo da iquo, as ? che risponde affatto alla uscita italiana
meglio del iquet, e si affa meglio al sentimento del passo di Dante?
Liquatur significa Si risolve, Si stempera; e fig., L'amor santo
si risolve e torna in buona volont.- Tom. : Liqua, Palesa; lat.
iquet. - Cos Br. B., Frat., Andr., Bennas., De Marzo, Gorn.,
Campi, Poi., ecc.
Liquefatto, dal lat. liquefactus, Partic. pass, e Agg. da Li-
quefare, Fatto liquido, Disciolto, Fuso ; Purg. xxx, 88.
Liquore, dal lat. liquor: 1. Sostanza fluida e liquida; e si
dice di tutte quelle cose che siccome 1' acqua si spargono e trascor-
rono; Purg. xxn, 137. - 2. Liquor d' ulivi, poeticam., per Succo del-
l'oliva, Olio; Par. xxi, 115.
Lira, dal lat. iyra, e questo dal gr. Xpa, Strumento musicale
a corde. 1. Per Armonia, Musica, detto del canto delle anime beate;
Lisciarc-Linto ni:;
Par. XV, 4.-2. E con ardita metaf., detto del canto d'un
che cinge a guisa di corona la Vergine; Par. xxiii, 100.
Lisciare, prov. lissar, frane, lisser, spagn. alisar, probabilm.
dal gr. Xioaz; Stropicciare una cosa per farla pulita e bellii e mor-
bida. Neut. pass., detto di animale che si liscia leccandosi; Purg.
Vili, 102.
Usta e Listra, prov. lista, Ustre, frane, liste, spagn. e portog.
lista, forse dal gr. Xiaxpov, che vale Strumento da spianare il 1.
reno, Spianatoio; oppure dal ted. ant. lista, ted. mod. liste; Stri-
scia, Lungo pezzo di checchessia, stretto assai in comparazione della
sua lunghezza. 1. Figuratam. Inf. xxv, 73.- 2. Per Linea, li:
Par. xv, 23.-3. E per Linea di traguardo del Quadrante misura-
tore dell'elevazione degli astri; Purg. IV, 42.-4. Per simil., Ciocca
di capelli; Purg. i, 36.-5. Per Una striscia di luce; Purg. x.\i\,
77, 110.
Listare, Fregiar di liste. Neut. pass., Essere segnato quasi da
lista, Formare una striscia; Par. xiv, 115.
Litanie, cfr. letane.
Litare, dal lat. litare, Far sacrificio profittevole. Fig. a mod,.
di Sost., per Eendimento di grazie; Par. xiv, 93.
Iiite, dal lat. lis, litis, Controversia, Dissensione, Rissa; Purg,
xv, 98.
Litigio, lat. litigium, Lite, Contesa, Disputa, Controversia;
Mon. I, 10, 1, 5, 16; III, 3, 3, 12, 13. E fig., per Contrasto colla
divina giustizia; Par. V, 15. Buti: Briga e pena nell'altra vita.
Lito, dal lat.Terra contigua al mare, e ad ogni fiume
litus: 1.
o rivo, Piaggia; Inf. in, 116; xxvi, 103. Purg. i, 130; n. 33;
iv,
xxi, 106, 123: XXVII, 83. -
55 xvn, 12; xxvm, 20. Par. ix, 85;
;
xvi, 83;
2. Per Paese, Regione; Par. II, 4.-3. Lito rubro, per La riva del
Mare Rosso; Par. Vi, 79.
Littorano, lat. litorarius, litoreus, litorosus; Abitatore di
terra littorale; Par. ix, 88.
lent, frane, mod. luth, spagn.
Liuto, prov. laiit, frane, ant.
probabilmente dal-
land, port. alaude, ted. laute. Etimol. incerta;
lo stesso; litri
l'arabo <ud, e coll'artic. aVd, che significa
cfr. DlK
dal lat. lituus, oppure dal gotico Uuthn;
gi dur in uso per sette od otto
e seg. Strumento di manico, che
1144 Livido-Lo
coli,per lo pi munito di dieci tasti e di undici corde di minugia,
di cui le due prime, cio i cantini erano semplici, le altre nove
doppie, cio tre all'unisono e sei all'ottava in tutto venti. Il corpo
n'era rifondato al di sotto, a guisa di testuggine; il manico assai
largo avea la testa or ripiegata indietro ad angolo piuttosto forte,
or formata come una chiocciola inversa. Armavasi anco di un nu-
mero maggiore od anche minore di corde, e i suoi bassi variano
nell'accordatura secondo il Tuono in cui doveasi sonare; Inf. xxx, 49.
L*ivid ? dal lat. Uvidus, Che ha lividezza, che ha colore di livi-
dezza; Inf. in, 98; xix, 14; xxv, 84; xxxn, 34. Purg. xiu, 9.
Ijivio, Titus Livius, da Padova, quindi Patavinus, celebre
storico romano, nato verso l'anno 60 a. C, morto l'anno 16 d. C,
autore della grande opera Rerum romanorum ab urbe condita libri
in 142 libri, dei quali 35 (i-x e xxi-xlv) sono giunti a noi, gli altri,
conosciuti ancora nel medio evo, andarono smarriti o furono di-
strutti dal tempo. Cfr. Taine, Essai sur Tite-Live, 5 a ediz., Pa-
rigi, 1888. Dante lo cita 17 volte nelle diverse sue opere Inf. :
xxvni, 12. Conv. in, 11, 24; iy, 5, 70. Vulg. El. it, 6, 67. Mon. n,
3, 23; il, 4, 23, 35, 4S; n, 5, 54, 71, 78, 88, 91; II, 9, 47; il, 11,
25, 29, 43. Sul luogo Inf. iv, 45 cfr. Lino.
liivore, dal lat. livor, Lividore, Lividezza. 1. Trasl., Passione
d'invidia; dai segni ch'ella lascia apparire nel volto di chi n'
malato Purg. xiv, 84. -
; 2. E riferito a tutti gli affetti contrari alla
carit; Par. vii, 65.
Ozio, cfr. Licio.
IiO, scorcio dal lat. ilio, Articolo mascolino, che ha la medesima
forza e serve a' medesimi casi e al medesimo numero che La arti-
colo femminino. Si trova naturalmente in ogni pagina delle opere
volgari di Dante. Notisi: 1. Lo si usa in oggi comunemente avanti
alle voci comincianti di vocale, segnato per lo pi con apostrofo;
e disteso ed intero si scrive quando precede a voce principiata da
S seguita da altra consonante. Invece appresso gli antichi, e cos
anche in Dante, si trova molte volte dinanzi a tutti i nomi senza
veruna distinzione; Inf. i, 26, 84, 85, 87; il, 1, 13, 22, 23, 28. Purg.
i, 12, 19, 107; il, 25, 56, 66. Par. i, 137, 142; n, 33, 48, 77, 81,
84, 87, 90, 92, 115, 127, e cos infinite volte, specialmente da-
vanti alle voci monosillabe. - 2. Dietro alla prep. Per adoperato
Lo, anzi che il; Purg. ix, 68. Par. i, 113; il, 143, ecc. - 3. Prece-
dendo alle vocali prende la forma di L' ; Inf. il, 16, 84. Purg. i,
20, 97. Par. i, 15, 71, ecc. -4. Talora si pone per maggior efficacia;
r' 1145
Purg. xi, 80.-5. Precedente alle voci che cominciano con fa fu
o
sulle quali non cade l'accento, gli antichi scrivevano Lo 'IMPERADOB,
Inf. xxxiv, 28. Par.XY, 139 (nei quali luoghi per molti testi hanno
lo impeeador), lo 'mpekch, Pr_i. ni, 84 (dove parecchi testi hanno
lo perch), lo 'ntento, Turg. ni, 13 (dove pi testi hanno LO in-
tento), ecc. -6. Il Tom. (Die. Tom.-Bcll li, 1877, b-c): Lo per
II, oltrech richiesto allorch precede a S seguita da ali :
nante, e a quasi tutte le voci comincianti da z (i Tose, lo premet-
tono a tutte), tuttavia richiesto nel modo Per lo piut coni, in
Per lo meglio, sebbene anco dicasi Perii meglio. Inf i, 112: Per
10 tuo ine'. Ora parlando direbbesi Per il vostro meglio, Per il me-
glio loro. Non sarebbe oramai che scherzevole, e quasi accenno iro-
nico a vecchia pedanteria Dare per lo capo e sim.- Alla forma e
all'uso di questo voc. corrisponde nel plur. Gii, richiesto innanzi
a vocale e alla S detta impura. Ma Gli, come Lo, fuor de' casi ac-
cennati, non s'usa oramai pi. Il sing. rimasto al mezzogiorno d'Italia
e promiscuo nel trecento con l'altra forma, giovava a quella variet
di suoni che, alla variet de' sensi e de' sentimenti, pu farsi stru-
mento di bellezza ideale; ma il tempo ne viene via via privando
le lingue; n sempre la determinazione delle idee ci guadagna. Inf.
i, 26: Si volse indietro a rimirar lo passo, suona meglio che Ri-
mirare il, e quel tronco esprime il fuggire dell'animo, e il suono
del Lo, lo sgomento. Cos Inf. i, 83, 84: Il lungo studio e il gran/ir
amore, Che m'ha fatto cercar lo tuo volume, risparmia un terzo
II; e cos Inf. i, 85: Tu se' lo mio maestro e il mio autore (che
non sarebbe comportabile II mio maestro e il mio....). E dopo i
suoni Colui da cui io tolsi, cade meglio Lo bello stile. Ma se
Inf. vii, 36: Io che avea lo cor quasi compunto, i, 19, 20: La
paura.... Che nel lago del cor m era durata; e xxxm, 5: Dispe-
1
rato dolor che il cor mi preme, e xxxm, 41: Pensando quel che
al mio cor s' annunziava, bisogna dunque in altri accorgimenti
cercare le varie delicatezze del numero; n pi possiamo ridir
Dante, Par. xx, 79, 80: Io fossi al dubbiar mio L) quasi vetro
allo color che il veste. E Par. xi, 13: Ne lo, seguito da Punto
rima con Candelo e con Cielo, come Purg. K,4:
nell'altro verso, fa
Per li con Merli. - Siccome Inf. i, 181: Per quello Dio e B] t
e taluni
gli ant. Uno uomo, e sim., Lo dicevan innanzi a vocale,
dicono tuttavia Lo amore; ma affettazione senza ragione
troncato, fai
11 pron. piuttosto giova non lo troncare, quando,
il dire evidente, o quando, intero, facesse pi risaltar.-
meno 1
e il sentimento. Il popolo toscano dice tuttavia
Lo'nfcrno, tron-
cando piuttosto la vocale seguente; e nella ristampa de'
tichi non si potrebbe compire la voce e apostrofare l'articolo i
-
1146 Lo-Locusta
togliere alla dicitura il suo proprio colore. Inf
il pie
i, 30: S che
fermo sempre era il pi basso, io non lascerei
due suoni interi i
troppo uguali, n li apostroferei tutti e due, ma intero il primo,
per pi fermarvi l'attenzione, e, per denotare l'idea di basso, apo-
strofato il secondo. E Inf. i, 55, 56 E
quale quei, che volen-
:
tieri acquista, E
giugne il tempo, che perder lo face, chi dicesse
Il par che farebbe giungere troppo tardi quel tempo che suol troppo
presto venire. -Per quel eh' del pronome in ispecie, anche nel lat.
Il aveva sovente valore intensivo. Virg. Tunc ille Aeneas; e Dante
Inf. i, 79 :Or se' tu quel Virgilio, e Purg. xi, 79, 80 Non sei tu :
Oderisi, L' onor d'Agobbio.
li, Pronome di maschio, che vale Lui, Quello, ovvero Ci, Questo,
riferendosi non meno a persona che a cosa, e si usa nel quarto caso
del primo numero; Inf. i, 56, 96; n, 47, 99, e sovente. 1. Prece-
dente alle vocali prende la forma U
; Purg. i, 67. Par. i, 90, ecc.
2. Unito all'infinito de' verbi; Purg. v, 20; xi, 66. -3. Pure unito
all' inf. e toltagli la o; Inf. xiii, 82; xxi, 39. -4. E unito al verbo
ed alla particella vi; Par. v, 41.-5. Combinato coll'avverb. Non,
forma Noi; Inf. vii, 126; ix, 5; xvi, 127, e sovente. -6. Dopo la
voce Do, suole perdere in alcuni modi di dire la propria vocale,
e far tramutare la fine della voce antecedente attaccandosi ad essa;
ma quest'ultima frase trovasi anche separata ed intera; Par. in,
108 var.
focale, dal lat. localis, Di luogo, Che appartiene a luogo;
Vit. N. xxv, 9.
li o calmeli te, vv. da locale, Per luogo, In luogo; Vit. N.
xxv, 10.
Locato, Part. pass, e Agg. da locare, e questo dal lat. locare;
Collocato, Allogato, Posto; Par. xxvin, 20; xxxn, 74.
Loco, dal lat. locus, Lo stesso che luogo, del qaale forma
antica e poetica. I testi variano tra le due diverse forme, alcuni
avendo quasi sempre loco, altri di solito luogo. Cfr. Luogo.
Locusta, dal lat. locusta, Genere d'insetti dell'ordine degli
ortotteri. Trovasi in ciascuna parte della terra, e massime in Oriente;
spesso sopraggiunge in numero immenso. Dicesi comunemente Ca-
valletta. Alcune specie di locuste sono mangiabili e nell'Oriente
servivano e servono tuttora di nutrimento ai poveri (cfr. Levit.
XI, 21. Plin., Hist. nat. i, 29), onde detto (S. Matt. in, 4. S. Marc.
TiOda - TiOdcrin^o Uj7
i, che San Giovanni Battista, il
6) precursore di Cristo si cibata .li
locuste quindi e ricordato come esempio
di temperanza ed aiti-
nenza; Purg xxh, 151. Il Dan.,
lette,come alcuni scioccamente credono, che
seguito dal B4;NoD
sarebbe errore il ,
dere che un tanto santo di cotal
cibo si nutrisse; ma interni- delle
cime tenerme degli alberi, virgulti et
herbe. Dante si att
passi biblici citati, e la voce col
adoperata (ebr. run, r xp
significa Cavallette e nient' altro. TT
Loda, cfr. lode.
Lodare, dal lat. laudare: 1. Dar lode, Dar vanto: Inf.xiw
Purg. xx, 113. Par. vi, 142; xxiv, 113.-2. Lodarsi
d' imo,
Chiamarsene soddisfatto; Inf. XXII, 84.-3. Lodarsi alcuno ad
altri,
per Dire le lodi di quello; Inf. ir, 74.-4. Lodarsi, o Lodar*
Dire le proprie lodi, ed anche Dimostrarsi persuaso di
meni
lodi da altri; Conv. i, 2, 33, 38.
Lode, Loda, Lodo, dal lat. laus, Parole o altro segno in
commendazione di checchessia. Lodo disse Dante una sola volta in
rima, Inf. Ili, 36; fu per usato anticamente e fuor di rima e nella
prosa. Loda si trova Inf n, 103. Par. xxx, 17. Vit. N. xvnr, -11 :
xix, 76; xxvi, 22. Conv. i, 2, 34, 35,41, ecc.; quindi lode al plur.
Inf. vii, 92 (?). Purg. xx, 36. Par. x, 122; xiv, 124. Lode occorra
Inf. vii, 92 (?); xxvi, 71. Purg. xvm, 60; xxi, 71.Par. xxx, 126.
Vit. N. v, 123; xxi, 2. Notisi per, che i testi non sono sempre
d'accordo, avendo talora gli uni loda dove altri hanno lode, e vi-
ceversa.
Loderingo, della famiglia ghibellina degli Andal da Bo-
logna, nato verso il 1215, fu podest in parecchie citt dell'Emilia
e di Toscana, collega di Catalano nel Bologna e di Fi-
governo di
renze, uno dei fondatori dell'Ordine dei Frati Godenti, morto nel 1293.
E nominato insieme con Catalano, Inf. xxiii, 104; cfr. CATALANO;
vedi pure Gozzadini, Torri gentilizie di Boi, Bologna, 1875. p.
e seg. - Lan.: Nel 1260 o circa quel tempo due gentili uomini di
Bologna si mossono insieme, e andonno a messer lo papa, che in
quel tempo era, ed a lui ragiononno della condizione, come erano
gentili uomini e cavalieri, e come aveano pensato di fare uno or-
dine al servigio di" nostra Donna madonna santa Maria; il qua
ordine sarebbe ad aiutare in ditto e in fatto, con arme e con ca-
valli, mettendo per ogni vedova e ogni pupillo, ogni
la vita }
legrino e ogni povero etc, e questo aitorio fare in casa di Connine
e ogni altra corte dell'una citt in altra, assumendo li fatti di
1148 Lodo-Lodoletta
quelli, sicome fosseno propri procuratori: e questo voleano fare per
merito dell'anima sua. Lo predetto papa udendo cotanto bene con-
cedo sua petizione; ed acci che fosso bene loro intento, mise nella
regola sua, che alcuno non potesse essere s'elli non fosse cavalieri
a sperone dorati ;e eh' elli fosseno appellati Cavalieri di madonna
santa Maria. Avuto costoro tal privilegio con molte altre autori-
tadi, tornonno a Bologna, e accrescerono lo suo ordine. Nominanza
and per la terra: tali e tali sono fatti frati ed hanno assunto
abito al servizio di Nostra Donna. Alcuni diceano: bene hanno fatto,
questa vita sar meritoria; altri dicea questi saranno frati godi-
:
tori, elli hanno fatto questo per non andare in oste, ne non rice-
vere, n portare li carichi del Comune; questa voce moltiplic tanto
che furono chiamati pur frati Gaudenti. Ora in quel tempo venne
una grande discordia in Firenze tra li grandi e fecero parte: alcuni
s'appellavano ghibellini e alcuni guelfi; era molto povera la loro
possanza: dopo molte battaglie, scaramuccie e mischie s'accordonno
insieme per questo modo: di volere chiamare li tali frati gaudenti
bolognesi, li quali erano persone degne di fede e reggenti, e questi
due frati dovesseno essere a vece di rettori, e quello che facesseno
fosse bene fatto. Or erano questi frati 1' uno delli Lambertacci di
Bologna ghibellino, l'altro de' Catalani di Bologna guelfo, s che li
ghibellini di Firenze si contentonno per lo ghibellino, e li guelfi
si contentonno per lo guelfo. Andonno questi frati a Firenze e tol-
seno lo reggimento della terra; infine furono contaminati da' guelfi
e acquistonno moneta, siche li ghibellini furono cacciati, e fulli
disfatti li lor casamenti, fra li quali era un luogo in Firenze ch'era
appellato lo Gardingo, che v' erano le case delli Uberti, le quali
furono tutte disfatte. - Ott.: Il frate Loderigo cercava di fare
i Ghibellini maggiori, onde il frate Catalano con suo trattato, e
ordine il cacci della terra con la parte Ghibellina, della quale gli
Uberti erano caporali; laonde le case loro andarono in terra prin-
cipalmente, le quali erano appresso, e d'intorno, e nella contrada
detta il Gardingo. - Benv.: Loderingus ghibellinus, qui fuerat
causa, quod nobiles ghibellini de Florentia expellerentur, et quod
eorum palatia destruerentur, postea fuit expulsus de Bononia cum
suis consortibus et aliis nobilibus ghibellinis, et palatia eorum
funditus eversa; quorum ruinae adhuc apparent Bononise juxta stu-
dium legistarum.
Lodo, cfr. lode.
Scotio letta, Dim. di Lodola, e questo dal basso lat. laudula,
Piccola allodola; Par. xx, 73. Cfr. allodoletta.
Doglio-Lombardia 111!
f^^Vn
famigha delle
lat
-
Graminacee
l0Uum Genere
'
e alla
di piante PP*rtenente
' alla
Triandria diginia del sistema ,1,
Linneo di cui si conoscono pi specie,
una delle quali ,
tanea frale messi, ed conosciuta per
le qualit malefiche stipe-
facien i virose
che comunica alla farina e al pane,
allorch trovasi
mescolata al frumento in troppa quantit, ed
il Loglio Zi
1. Nel signif. propr. Purg. ir, 124. - 2. Fig.
per Cattiva erba in
nere; Par. xn, 119.
Logodoro, Nome dell'una delle quattro Giudicature nelle quali
Pisani divisero la Sardegna dopo averla conquistata
dai Saraceni
nel 1117; cfr. Murat., Script, xv, 977 e seg.
Logodoro o Lugo-
doro venne cos chiamato, perch si credeva che vi
fossero di
miniere d'oro, dividevasi in 19 dipartimenti, ed era
la provincia
pi grande della Sardegna. La sua area di circa 3000
chilometri. >
Loria, p. 88. Logodoro nominato Inf xxn, 89.
Lgoro, Arnese antico da caccia, fatto di penne e di cuoio a
modo d'un'ala, con cui girandolo e gridando, si suol richiamare
il
falcone che non torna al richiamo. 1. Nel significato proprio Inf.
xvii, 128.- per Richiamo, Cosa attraente, e simili. Purg.
2. Fig.,
XIX, 62. Etimol. incerta; alcuni derivano questa voce dal latino
Lorum, Striscia di pelle; ma questa derivazione non conviene. 6
condo altri da Logorare, e questo dal lat. Lurcari, che vale Man-
giare avidamente. Altri derivano la voce dal ted. ant. lodcr, fced.
mod. uder, onde alcuni testi ed ediz. hanno ldoro invece di lgoro.
Cfr. Diez, Wrt. i 3 , 253. Blanc, Versiteli, i, 152.
LiOico, che oggi dicesi comunem. Logico, da IjOgica, e qu-
dal gr. AoyixT), Intendente di Logica, Esperto nella scienza ed arte
del ben ragionare; Inf. xxvti, 123.
Lombardia, nel medio evo nome di quella parte d' Italia
occupata dai Longobardi e che comprendeva tutta la regione com-
presa tra l'Appennino settentrionale e le Alpi. La Lombardia uri
principio dell'anno 1300 consisteva in un'immensa pianura ci
incominciava dal Vercellese, ossia dalle pi basse diramazioni delle
Alpi fino al punto che il Po di Volano sbocca nell'Adriatico. Con-
finava pertanto al nord colle Alpi, all'occidente colla Dora Bali
col Po e col Monferrato, al sud cogli Appennini e coli' Adriatico, al-
l'est colla Lenza, col Mincio e col Lago di Garda; LORIA, p. 9
Dante la chiama Lo dolce piano Che da Vercelli a M li-
china; Inf xxviii, 74 e seg. (cfr. HBOAB, Yi:kci:lu), e 11 pa
eh' Adice e Po riga; Purg. xvi, 115. nominata Vug. LI. i. 1".
39, 56; i, 19, 5.
1150 Lombardo
liOinbardo, Agg. e quindi Sost. da Longobardo. Sull'etim.
Tom.: In origine Langobardo, dalle lunghe scuri, germ. Lang,
Lungo e Barthe, Scure o dalle lunghe barbe da Lang e Bari,
;
Barba; meglio Uomo valente, gagliardo, da Land, Paese e Wart,
Forza; dunque II valente del paese; ma pi probabilm. da Lang
e Borde o Barde, Piano fertile accanto ad un fiume; dalla pianura
dell' Elba, sede originaria de' Longobardi. 1. Sost. Abitante di Lom-
bardia; Inf. i, 68; xxn, 99. Purg. xvi, 46, 126. Par. xvn, 71. Vug.
El. i, 10, 50; i, 15, 14; i, 19, 13. - 2. Add., Appartenente alla Lom-
bardia o ai Lombardi, Che di Lombardia o dei Lombardi; Purg.
Vi, 61. Vug. El. i, 19, 9. - 3. Come Avv., Alla maniera dei Lom-
bardi ; Inf. xxvn, 20.
4. Lombardi sono detti i genitori di Virgilio, Inf. i, 68, per-
ch abitavano in quella regione che pi tardi fu chiamata la Lom-
bardia. Tom. : Li parenti (genitori) miei furon Lombardi, dice
Virgilio, come Giustiniano, Par. vi, 49, chiama Arabi gli Africani
che vennero in Italia con Annibale; ma forse con ci volle nobi-
litare il nome di Lombardia, i e farlo, come
Francesi solevano,
equivalente a Italiano. I Francesi forse avran tolto questo nome
dalla conquista di Carlo Magno, che vincendo i Longobardi ebbe
l'Italia. Lombardi chiamavansi in Francia gl'Italiani tutti. Cfr.
Purg. xvi, 126. Boccac, Becam. i, 1.-5. Lombardo, usato quasi
contrapposto a Toscano; Inf. xxn, 99, - 6. Anima lombarda,
detto Sordello, nato nella Lombardia, cio a Goito nel territorio
di Mantova; Purg. vi, 61. Cfr. Sordello. - 7. Sul luogo Purg.
xvi, 46, dove lombardo usato senza dubbio ad indicare la na-
zione, cfr. Marco Lombardo. - 8. Il semplice lombardo chiamato
al modo francese Guido da Castello; Purg. xvi, 126. Cfr. Castello,
Guido da.
9. Lombardo (il gran), Par. xvn, 71, probabilmente Bar-
tolommeo della Scala, figlio di Alberto e fratello di Alboino e di
Can Grande, m. 7 marzo 1304 (cfr. Bartolommeo). Lan. e An.
Fior.: In corte di messer Bartolomeo della Scala, il quale porta
lo venerabile segno dell'imperio sopra la scala. - Ott. : La cor-
tesia di messer Bartolommeo della Scala, che porta Taguglia in su
la scala. - Petr. JDant. : Dicendo quod ibit ad illos de la Scala
de Verona, dominante tunc domino Bartholomseo de dieta domo,
portante aquilam super scalam in armatura. - Cass.: Bartolomei
delascala tunc domini Verone qui capitaneus bartolomeus dicebatur
qui solus de illa domo portat in sento aquilam super scalam. -
Falso Bocc. : Ancor predicie questo spirito chelsuo rifugio sar
averona inchasa di messer bartolomeo signior di verona. - Benv. :
Iste, de quo autor loquitur, fuit quidam dominus Bartholomaeus
Lombardo -Lome iim
de la Scala, qui vocatus est capitaneus BartholomanB qni
obtinnit
capitaneatum Veronae ab imperatore. Ad quera antor primo habuit
recursum et recepit provisionem ab eo. - Buti: l
messer Bartolomeo della Scala da Verona, lo quale rice\ nfe
in sua corte quando uscitte di Fiorenza. - Serrav.:
Domi]
Bartholomeus, capitaneus Verone De la Scala,.... recepit Dantem
expulsum de Florentia in suam civitatem Verone benigne, et dedit
sibi etiam provisionem antequam Dantes peteret aliquid ab ipso. -
Land.: Narr l'essilio lo spirito, bora pone il rifugio suo, il quale
fu la corte di Bartholomeo della scala da Verona, la cui arma scudo
rosso con una scala vermiglia, et sopra l'aquila nera, la qual chiama
il santo uccello, perch il segno dell'imperio. - Tal: Conso-
lata eum, dicens quod receptabitur a capitaneo Bartolomeo Della
Scala, supra quam portat aquilani. Scostandosi da questa opinione
degli antichi, che pure quella del pi dei moderni, alcuni (se-
guendo il Bocc. e il Marietti) si avvisano che il gran Lombardo
sia invece Alberto della Scala, padre di Bartolommeo. Ma essendo
Alberto morto nel 1301, chiaro che non pot essere 1' ospite di
Dante, il quale nel 1301 viveva a Firenze. Secondo altri il GRAN
Lombardo sarebbe Alboino della Scala, fratello di Bartolommeo e
di Can Grande (cos Veli., Dol., Veni., Tiraboschi, Pelli, ed altri).
Ma il col quale Dante parla nel Conv. (iv, 16, 54) di
disprezzo
Alboino, esclude qualsiasi possibilit di ammettere che ne parlasse
in seguito cogli elogi prodigatigli nel passo relativo del Par. Altri
poi vogliono che il gran Lombardo sia lo stesso Can Grande della
Scala (Dion., Frat., Loria, ecc.); ma questa ipotesi sta e cade colla
lezione colui (invece di CON lui Par. xvn, 76), la quale del tutto
sprovvista di autorit, e fa a' pugni colla logica e col buon senso.
Cfr. Bartoli, Leti. ital. v, 170-180.
Lombardo, Marco, Pietro, cfr. Marco Lombardo, Pie-
tro Lombardo.
Lome, forma antica per Lume. Dante l'us una sola volta in
rima; Inf. x, 69. Secondo alcuni commentatori Dante se ne serv
in grazia della rima. Invece Nannuc, Voci, 37 e seg.: Non sta
lome per la rima, ma perch la nostra lingua nel suo principio
imit quando era pi rustica, ponea VO (Priscia
la latina, che,
mutis Italia populis U in usu non erat : e contrari" tur
0), dove, quando fu fatta gentile, ripose V U. Ai tempi di Eni
i Romani dissero avos, notrx, equos, Ifecoba, meotn, servi
colpa, exoles, dederont, voltis, ecc. Cos i no>tri vecchi
questo scambio, e scrissero fot, fo, omore, punta, angostia, ot
1152 Londra-Lonza
paora, vertode, soperbo, mandocare, costome, lome, figora, ecc. -
Verissimo; ma il fatto , che Dante us nella Div. Coni. 82 volte
Lume, 12 volte Lumi, 4 volte Lumiera e 2 volte Luminoso, men-
tre invece non disse mai Lomi, Lomiera, Lominoso, ed una sola
volta Lome, e quest'unica volta in rima.
Londra, Citt capitale dell'Inghilterra, additata nelle parole:
in sul Tamigi, Inf. xn, 120.
Longevo, dal lat. longcevus, Di lunga vita, Vecchio, Antico;
Par. xviii, 83.
Longobardo, Che appartiene in qualche rispetto a' popoli
detti Longobardi; Par. vi, 94. Vug. El. i, 15, 14. Cfr. Lombardo.
Lontanare, Allontanare, Eendere una cosa lontana o pi
lontana da un'altra, Discostare, Dilungare; Purg. xxxm, 117.
Lontano, prov. lonhda, frane, ant. loingtaing, frane, mod.
ointain, dal lat. ongiter, lat. barb. longitanus ; cfr. Diez, Wrt.
3
254.- 1. Agg. Remoto, Distante per lungo spazio; Inf. ix, 29.
i ,
Purg. il, 33; xxiv, 104; xxvn, 111; xxix, 149. Par. il, 104; x, 19;
xxxi, 91. - 2. E per Discosto, Distante di breve spazio; Purg.
xviii, 70. - 3. E per Molto esteso, Vasto, Di grande estensione; Purg.
Vili, 57. - 4. Per estens. Lungo, Di lunga durata; Inf. n, 60. Par.
XV, 49. - 5. Avv. che si adopera anche in forza di preposiz.; Inf.
x, 101. Par. xxx, 121. - 6. Col Di, Di lontano, per Da lunge;
Inf. xxxi, 26. Purg. i, 116; in, 67; vili, 5. - 7. E Di lontano,
lontano da, per Distante; Par. xi, 55; xxx, 1.
Lontra, dal lat. lutra, la Mustela lutra, Linn. Animale ra-
pace che vive di pesci, di grandezza simile alla gatta, di color
volpino, e si ripara ne' laghi; Inf. xxn, 36.
Lonza, dal lat. lynx, lincis, e questo dal gr. Xy, la Felis
onca, Linn. Animale che ha il corpo bruno, gialliccio, segnato di
strisce allungate angolari, e di macchie rotonde nericce, le orecchie
piccole e la coda quasi lunga come il corpo; Inf. i, 32; xvi, 108.
Secondo la comune opinione la lonza nella Divina Commedia
il simbolo della lussuria, mentre g' interpreti politici moderni
si avvisano che questa lonza figuri Firenze, divisa in Bianchi e
Neri. - Bambgl. : Questa lonza colorata di vari colori e che per
natura legiere significha lusuria la quale intra tutti gli altri
peccatti mortali tormenta luomo con solecitudini e pi lievemente
e pi spesso asaliscie luomo. - An. Sei.: La prima fiera che
Lonza ,,...
trov fa una lonza, cio la lussuria, la
quale a'suoi pes
parava dinanzi. - lete. Dant.: Chominciando
cholanimo
su pella detta altezza mostra che tre bestie gli
apariscono dinanzi
per isturbarlo per le quali figurativamente si comprendono
pren-
i
ci pali tre vizi pi chontrari il bene operare dellanimo
de qnalli il
primo lusuria formandola in lonza pero che come lei
macinata
di molti e diversi cholori sicome e diversi piacieri
essimigliante-
urania &c. superflua (e simigli antemente umidita e
superflua)
chaldezza disposta. - Lan.: Questo animale molto leggiero
e
di pelo maculato a modo di Leopardo. Or mette elio
questa leg-
gerezza a somiglianza che la vanagloria leggiermente sale in
lo
cuore umano, e per la varietade mette come per varie cagioni si-
milmente s' accende in lo cuore a chi per bellezza, a chi per gen-
tilezza, a chi per fortezza, a chi per scienzia e a chi per ric-
chezza, etc. - Ott.: Per la lonza s'intende la lussuria. - Petr.
Dant.: Dicit se fuisse impeditimi a vitio carnis, et quasi revo-
lutum ad infimam dictam sylvam, scilicet ad statum vitiorum, figu-
rando id vitium in lonzam quamdam agilem et prestam cum pelle
maculosa. Et merito, considerata subito aggressione talis vitii, et
diversis deceptionibus ejus et maculis. - Cass. : Lonza, idest
luxuria. - Bocc. : Sono nella lonza tra V altre molte, quatro
singolari propriet. Ella primieramente leggierissima del corpo,
tanto o pi, quanto alcuno altro quadrupede sia. Appresso la sua
pelle leccata, piana e di molte macchie dipinta. Oltre a questo
ella maravigliosamente vaga del sangue del becco. Ultimamente
natura crudelissimo animale. Le quali quattro propriet,
ella di sua
secondo il mio giudicio, sono mirabilmente conformi al vizio della
carne: perciocch la sua leggerezza a dimostrare la levit degli
animi di quelle persone o che con l'appetito o che attualmente con
esso vizio s'inviscano; perciocch essi alcuna volta ardon tutti, da
fervente desiderio della cosa amata accesi: alcun altri son pi freddi
che la neve, cessando in un punto la speranza della cosa ama'
quasi in un momento ridono e cantano, e lamentansi e piangono,
e cos insuperbiscono subito, e subitamente diventano umili: ora
turbati garrono e gridano, e di presenti mitigati lusingano.... Oltre
a ci questo disonesto appetito velocissimo in permutarci, e salta
tosto di una cosa in un'altra: un muover d'occhi, un atto vezzoso,
un riso, una guatatura soave, una paroletta accesa, una lusinga
d'uno Amore in un altro, come vento foglia gli trasporta: e ora
avendo a schifo questa che piacque, e ora desiderando quella clic
ancora non era piaciuta, dimostrano il lieve movimento della la-
mente.... Le quali inconvenienze e disordinati appetiti, assai bene
convenirsi la leggerezza di questa bestia co' miseri libidinosi dimo-
73. Enciclopedia dantesca.
1154 Lonza
strano. Appresso la pelle sua leccata, e di macchie dipinta, non meno
che la predetta, si conf co' costumi de' lascivi; perciocch quelli,
li quali da tal passione son faticati, quanto possono, o per pigliare
o per tenere, si studiano di piacere; per la qual cosa s'adornano
di vestimenti varj, pettinansi, lavansi e dipingonsi, specchiansi,
tondonsi, vanno e tornano, cantano, suonano, spendono, gittano, e
dove di parer pi belli e pi accettevoli si sforzano, vituperevol-
mente di disoneste ed enormi brutture si macchiano.... E oltre a
questo, questa bestia maravigliosamente vaga del sangue del
becco. Intorno alla qual cosa si dee intendere, in questo dimostrarsi
F appetito corrotto di coloro li quali in questa bruttura si mesco-
lano, perciocch, siccome il becco lussuriosissimo animale, cosi
per usare questo vizio, pi lussurioso si diviene.... Ultimamente
dissi, questo animale essere crudele, per la qual crudelt da in-
tendere la crudelt di questo peccato, il quale quelli che pi con
lui si dimesticano e congiungono, le pi delle volte conduce a cru-
delissime specie di morte.... Bene adunque si pu dire, questa bestia
essere la concupiscenza carnale, la quale lusinghevole insino alla
morte, con tutte quelle mortali dolcezze eh' ella porge, facendosi
incontro alla sensualit umana, qualora l' animo, riconosciuta la
tristizia di quella, da essa partir si vuole e alle divine cose tor-
narsi, con non piccola cosa s' ingegna di ritenerlo, non partendo-
glisi dinanzi dal volto; quasi voglia dire, rammemorandosi tutte
quelle persone che gi sono state amate, tutti quegli atti, tutte le
parole che gi sono state piaciute; le lagrime, la promessa fede,
i rotti sacramenti con pietoso aspetto ricordandogli; con false di-
mostrazioni suadendogli, che questa castit, questo proponimento
riserbi agli anni vecchi, e non voglia ora perdere quello che mai
non deve potere recuperare. - Falso 'Bocci Per laleonza dei in-
tendere laluxuria. - Benv.: Per lontiam.... fgurat luxuriam. -
Che la lonza figuri la lussuria pure l'opinione del Buti, An.
Fior., Serrav., Barg., Land., Tal., Veli., Gelli, Dan., Dol., Voi.,
Veni., Lomb., Port., Pogg., Biag., e del pi dei moderni. Secondo
il Cast, la Lonza il simbolo dell' invidia. Marchetti, seguito da
molti: La Lonza Firenze, divisa in Bianchi e in Neri. Sco-
standosi dagli altri interpreti Inn. Frigeri (Albo Dantesco Man-
tovano, p. 49): A prima giunta (le tre fiere) paiono tre simboli
affatto estranei l'uno all' altro; ma si osservi, che se la lupa detta
bestia senza pace, anche la lonza si qualifica leggera e presta
molto ; questa ch'era piacevole a vedere per la gaietta
se detto di
pelle, di essa si dice, eziandio, che di pel maculato era coperta ;
se la lupa si mostra avversa fino ad uccidere chi viene sulla sua
via, ostile per anche la lonza, salvo il piacevole aspetto; se la
a
Loquela-Loro n;,;,
lupa insaziabile e dopo il pasto ha pi fame
che ,,,,, uj
il leone si presenta non solo con la testa alfa,
ma con rabbii
fame. Osservando tutto ci, entra facilmente il dubbio
che
simboli si svolgano l'uno dall'altro, e che in riguardo
a ci -si at-
tengano ad un comune significato. Lo svolgimento si fa
mediante
un diverso punto di vista, in cui il simbolo si va atteggiando. K
di fatti nel primo la discordia ha un aspetto piacevole, il che un
ad altri incidenti della stessa indole cagione al Poeta di bene
sperare. - Stiamo cogli antichi, che vanno tutti d'accordo,
tranne
il Lan.
Loquela, dal latino loquela: 1. Favella, Facolt di parlare,
Linguaggio; Par. xxvir, 134; xxix, 131. - 2. Modo di parlare. Pro-
nunzia, Dialetto; Inf. x, 25.
Lordo, dal latino luridus: 1. Sporco, Schifo, Intriso di lor-
dezza, Imbrattato; Inf. vi, 31; vii, 127; vili, 39; ix, 100; xvm, 110'.-
2. Trasl, Corrotto, Disonesto, Scostumato; Purg. vii, 110.
Lordura, astratto di lordo; Schifezza, Bruttura, Sporcizia,
Immondizia. Nel signif. mor., per Gente di mala risma, posto il
vizio per il vizioso; Inf. xi, 60.
Lorenzo (San), secondo la tradizione ecclesiastica di na-
zione spagnuolo, diacono di Roma, dove soffr il martirio ai tempi
di Valeriano imperatore (258). Impostogli dal prefetto di Roma di
consegnare il tesoro della Chiesa, Lorenzo gli men i poveri ed
infelici, dicendo essere costoro il tesoro della Chiesa. Fu straziato
a colpi di frusta e di bastone per mano .del carnefice, quindi pi
sopra una graticola sotto la quale erano carboni accesi. Sottri tal
supplizio con ammirabile costanza, onde ricordato come esempio
di costanza, Par. iv, 83. Cfr. Prudentius, IIspc scpxvcov, Hymn. 2.
Brev. Bom. ad 10 augusti.
Loro, e precedente a consonante semplice Lor, dal lat. ilio-
rum, Pronome, che si usa ne' casi obliqui di Egli e di Ella, nel
maggior numero, cos maschio come femmina; e si adopera col Bagno
del caso o espresso, o sottinteso. Si trova naturalmente ad ogni pa-
gina nelle opere volgari di Dante, al genit., al dat. e all'
1. Al genit. Inf. il, 3, 110, 129; in, 105: Purg. i, 2* Par.
xi, 76, ecc. - 2. Al dat. Inf. ni, 110; Vili, 87. Purg. n, 49; in, 42.
Par. iv, 38, ecc. - 3. All'accus. Inf. xvi, 51; xxn, 151. Purg. xi, 34;
xix, 74. Par. Ili, 33, ecc. - 4. Colla prep. Ih: Inf. ni, 4!
5. Co' sost. e cogli agg. preponesi e posponesi, troncando qui come
1156 Loto -Luca (San)
6. Porta oggid d'ordinario l'articolo,
in nitri casi; Inf. in, 12, 47. -
il quale per nel plur. va apostrofato, Inf. in, 68 a' lor piedi ;
:
sarebbe da apostrofare ivi, 103: e' lor parenti, ma v. 105 certa-
mente omesso l'art. Di lor semenza e di lor nascimenti. Questa
oggid forma appena usitata nel verso. - 7. ColVA determina meglio
che a farne senza; Inf. in, 44; xm, 124; xvi, 18. - 8. Dipendente
dal verbo, Loro, per Li; Inf. xxn, 151; xxm, 55. Par. in, 33,
nel qual luogo potrebbesi anche intendere A loro, ma sarebbe men
proprio allo scrittore e al tempo. - 9. In senso di S, o dove almeno
potrebbesi porre Se; Purg. xxiv, 64, nel qual luogo per invece
della com. Di lor fanno schiera, parecchi ottimi testi hanno In
aer fanno schiera.
Loto, dal lat. lutum, Fango, Sudiciume; detto di Acqua tor-
bida per fango che vi dentro; Inf. vili, 21.
Lotto degli Agli, cfr. Agli.
Lubrico, lubricus, Sdrucciolevole; detto di vocaboli che
lat.
in superfluum sonant; Vulg. El. li, 7, 9, 11.
Luca (San), gr. Aooxag, lat. Lucas, compagno ed amico del-
l'apostolo S. Paolo (cfr. Ep. Il ad Timot. iv, 11. Ep. ad Colos.
IV, 14. Ep. ad Philem. 24), autore, come si crede, del terzo Van-
gelo, da lui denominato, e dei Fatti degli Apostoli. Il JBrev. Bom.
ad 18 octob.: Lucas, medicus Antiochensis, ut ejus scripta indi-
cane Graeci sermonis non ignarus, fuit sectator Apostoli Pauli, et
omnis peregrinationis ejus comes. Scripsit Evangelium, de quo idem
Paulus: Misimus, inquit, cum ilio fratrem, cujus laus est in Evan-
gelio per omnes Ecclesias. Et ad Colossenses: Salutat vos Lucas,
medicus charissimus. Et ad Timotheum: Lucas est mecum solus.
Aliud quoque edidit volumen egregium, quod titulo Ada Aposto-
lorum pramotatur; cujus historia usque ad biennium Romas com-
memorantis Pauli pervenit, id est, usque ad quartum Neronis an-
num. Ex quo intelligimus, in eadem Urbe librum esse compositum....
Vixit octoginta et quatuor annos, uxorem non habens; sepultus est
Costantinopoli, ad quam urbem vigesimo Constantini anno ossa
ejus cum Reliquiis Andreas Apostoli translata sunt de Achaja. -
Nel luogo Purg. xxi, 7, Dante allude a quanto racconta S. Luca
nel suo Vangelo, xxiv, 13 e seg. Nella gran Visione del Paradiso
celeste il Vangelo di S. Luca personificato nell' uno de' quattro
animali coronati di verde fronda, Purg. xxix, 92 e seg. ed i Fatti
degli Apostoli sono personificati in quello de' due vecchi che si
mostrava alcun de' famigliari d' Ippocrate, ibid., 134 e seg. S. Luca
Lucano- Lucra }\ :
-
citato Conv. iv, 5, 48; iv, 17, 71; iy, 23, 80. Mon. i, 4 17 i..
i, 5 41; i, 16, 11; ii, 9, 75; n, 12, 20; n, 13, 86; m,**.*
in
9, 1
22, 24, 40, 66, 73; m, 10, 76.
lineano, M. Annaus Lucanus, poeta latino, nato a Cordova
nella Spagna il 3 novembre dell'anno 39 d. C, ossia 792 di
Roma
ucciso da Nerone nel 65 d. C, ossia 818 di Roma;
cfr. PBBICII,
Bibl. Lat. li, 10, p. 138 e seg. Baehr, Roem. Liti.
i\ 895
La sua opera principale il poema La Farsaglia, in dieci l
nel quale descrive bellamente ma non sempre con verit le
gu.
civili tra Cesare e Pompeo. Dante lo pone nel Limbo,
Inf. iv.
e lo ricorda Inf. xxv, 94. Vit. N. xxv, 59. Conv. Ili,
3, 39; Eli, 5,85-
IV, 11, 19; iv, 13, 82, 88; iv, 28, 75. Vulg. Eh i, 10, 34: n, 6, 05.
Mon. il, 4, 21; il, 8,57; II, 9, 38,49, 63; n, 11, 31.
lincea, Citt di Toscana, posta presso la riva destra del Ser-
chio, 73 chilometri nord-ovest da Firenze. Loria, 396 e si
a
Alcuni dicono che alla sua origine le fa posto il nome di Fri-
ed altri di Aringa, ma che per essere stata la prima citt Toscana
che lasci il paganesimo venne chiamata Luce e quindi Lucca,
per corruzione di linguaggio. Venne fabbricata dagli Etruschi.
Verso l'anno 170 di Eoma i Liguri se ne impadronirono e poi ne
furono spodestati nel 515 da Domizio Calvino. Divenuta municipio
romano, i suoi abitanti godettero il privilegio della cittadinanza.
Caduta la dominazione romana in Occidente fu successivamente in
potere di Odoacre, di Teodorico e dei Greci, quindi dei Goti e
poscia ancora dei Greci. Nel 1119 Lucca si costitu a repubblica
e si nomin cinque consoli, ed alcuni anni appresso acquist da
Guelfo marchese di Toscana un territorio del circuito di cinque
miglia. Dagli Imperatori ottenne poi molti privilegi e varie con-
cessioni e segnatamente da Rodolfo. Nella guerra con Pisa, che
dur tre secoli, accrebbe in ricchezza ed incremento. Cessata questa
nel 1308 ebbero principio le intestine discordie fra nobili e popo-
lani, che la stremarono di forze e la impoverirono. I primari cit-
tadini furono forzati a dimettere le loro cariche, e molti furono
Questi ripararono a Venezia seco portando le loro riccio
esiliati.
e specialmente l'arte della seta ancora sconosciuta in quella citt.
Continuando in Lucca i dissidii, nel 1314 venne per forza oceu]
da Uguccione della Faggiuola, che se ne fece signore e la comi'
al partito ghibellino; governando per da tiranno, il popolo lo
cacci due anni dopo. Elessero allora un cittadino di Lucca chia-
mato Castruccio della famiglia degli Interminelli a capitano gene-
rale prima per un determinato tempo, poscia a vita, ed infine e
1158 Lucchesi-Luce
sero questo supremo grado anche ai suoi figli. Castruccio, come
racconta Giovanni Villani, fu valoroso, magnanimo, savio ed ac-
corto, prode in armi, molto felice nelle sue imprese, e molto temuto.
Fece belle e notabili cose, ma fu un gran flagello pe'suoi concit-
tadini, pei Fiorentini, Pisani e Pistojesi, in causa della continua
guerra che mantenne in Toscana nei quindici anni della sua si-
gnoria. Al tempo di Castruccio, Lucca ebbe a signoreggiare sopra
Pisa, Pistoja, la Lunigiana, gran parte della riviera Ligure di le-
vante, e possedeva pi di trecento castelli murati. Cfr. Lord
Vernon, Inf., voi. in, tavola 62 e 72. Lucca nominata Inf.
xviit, 122; xxxiii, 30. Purg. xxiv, 20, 35. Vug. El. i, 13, 17; in-
dicata, Inf. xxi, 38 (cfr. Zita), Purg. xxiv, 45. - Quel da Lucca,
Purg. xxiv, 85, il poeta Bonagiunta degli Overardi (cfr. Buo-
nagiunta). - Un soggiorno pi che passeggiero di Dante a Lucca
accertato dal passo Purg. xxiy, 43 e seg., dal qual passo risulta
ad evidenza, che il Poeta vi dimor alcuni anni dopo il 1300, epoca
fittizia della visione. Sul tempo preciso di questa dimora le opi-
nioni variano. Ma essendo appena ammissibile che Dante andasse
a stare a Lucca nel tempo che i Lucchesi erano alleati dei Fio-
rentini che lo avevano condannato a morte, n che vi andasse dopo
la rivoluzione del 1316, assai probabile, e poco meno che certo,
che vi and durante il tempo che trascorse dal 14 giugno 1314 al
10 aprile 1316, cio per l'appunto nel tempo che Uguccone della
Faggiuola era signore di Lucca.
Ijiiccliesi, Cittadini di Lucca. Il loro volgare biasimato, Vug.
E. i, 13, 18.
liiice, dal lat. lux, ucis, Azione che i corpi esercitano su noi
a distanza e che noi sentiamo cogli occhi. La luce un movimento
delle minime parti materiali che, senza abbandonare sensibilmente
il loro luogo, si aggirano intorno ad esso, movendosi con somma
rapidit per certe piccolissime orbite, ed oscillando su brevissime
rette.Siccome codesto movimento si propaga a somiglianza del moto
ondoso alla superficie dell'acqua, esso viene chiamato: Movimento
ondulatorio. La sostanza tenuissima che, agitata, sveglia in noi la
sensazione della luce, chiamasi Etere. Cfr. Conv. ni, 9, 39 e seg. Nella
Div. Com. la voce Luce si trova 72 volte, 4 neWInf, 12 nel Purg.
e 56 volte nel Par. Oltre al signif. propr. notinsi 1. Luce detta
:
la sensazione che noi proviamo quando l'occhio nostro commosso
da quella causa esterna alla quale si d il nome di Luce; Par. ri, 145. -
2. Per Giorno; Cane. .-Amor, tu vedi ben, che questa donna, v. 46.-
3. Dio detto: La verace luce, Par. in, 32. Vii. N. xxiv, 26. L'eterna
Lucnte Lucia 1159
luce, Par. v 8 xi 20. La viva luce, Par. xni,
;
55. La prima |
rar. xxix, 166. La trina luce, Par. xxix,
28. I/alta luce
xxxiii, 54.-4. TrasL, per Illuminazione
interna, Lume Bpiritnale;
Purg XIII 69. Par. 11, 110; xxv, 70; xxx, 40.-5.
Per Anima beata,
fulgida di divino splendore; Par m,
118; vi, 128; vili 48; ix 22
e sovente.- 6. Per Oggetto che diffonde
la luce; onde il Sole
La gran luce, Purg. xxxn, 53 ed anche II carro
della luce
IV,59; e Luci sono chiamate le stelle; Purg. 1, 37 xxix. '.'1.-7.
E ;
per Cose che risplendono; Purg.xxix, 62. - 8. Anco
pers., usato come
apostrofe di tenerezza a Virgilio; Purg. vi, 29.-9. Per
Occhio, Vi-
sta, ed anche Pupilla dell'occhio; Inf. x, 100.
Par. xxi, 30; onde
Luci sono chiamati gli occhi; Inf. xxix, 2. Purg. xv, 84; xxxi,
Par. 1, 66; xvill, 55; xxn, 126; xxm, 91, ecc. - 10. TrasL, per
La
vista intellettuale, spirituale; Purg. xvm, 16.-11. Rendere luce,
per Kischiarare un dubbio; Purg. xxviti, 80.- 12. Venir uce, fig'.
per Venire lume d'intelletto, virt intellettiva; Par. xxv, 70.
liUcente, lat. lucens: 1. Part. pres. di lucere, Che luce; usato
per lo pi come Agg. per Eisplendente, Brillante; Inf. 11, 116. Purg.
11, 21; ix, 4; xv, 141; xxiv, 138. Par. v, 96, 132; x, 40, 66; XIX,
100; XX, 11 (var.); XXIII, 32. - 2. In forza di sost. Oggetto che manda
luce; onde Lucente chiamato Dio, fonte d'ogni luce; Par. XIII,
ducere, dal lat. lucere: 1. Risplendere; Inf. 11, 55; IT, 151.
Purg. v, 4; XIII, 19. Par. 11, 143; xn, 36, 139; xx, 11 (var.), 37;
xxi, 100.-2. Trasl. Inf. xvi, 66. Par. vi, 128.-3. Fig., per Essere
di chiara nominanza; Par. xn, 135.-4. Per Mostrarsi, Apparire;
Purg. xx, 42.
Lucerna, dal lat. lucerna, Vaso di diverse maniere, e per lo
pi di metallo, nel quale si mette olio, e lucignolo, che s'accende
per far lume. 1. Nel signif. propr. Inf. xxvni, 124.-2. Fig., per
Luce, Splendore; onde Lucerne sono chiamate le anime dei Beati;
Par. vili, 19; xxi, 73; xxm, 28.-3. Lucerna del mondo, detto
il Sole; Par. 1, Per Occhio; Inf. xxv, 122. -
38. - 4. 5. Trasl. Purg,
1, 43.-6. Fig., per Grazia divina; Purg. vili. 112.
lancia, santa, da Siracusa, soffr il ai tempi
martirio nel 304,
di Diocleziano imperatore. Brev. Boni, ad 13 decemb.: Lucia virgo
Syracusana, genere et Christiana fide ab infantia nobilie, una cum
matre Eutychia, quse sanguinis fluxu laborabat, Catanam ad vene-
randum corpus beat Agatha) venit. Quae ad ejus sepulchrum cum
suppliciter orasset, Agathse intercessione matri sanitaria im]
1160 Lucia
travit. Statim vero matrem exoravit, ut, quam dotem sibi datura
esset, Coristi pauperibus tribui pateretur. Ut igitur Syracusas re-
diit, oranem pecuniam, quam ex facultatibus venditis redegerat,
pauperibus distribuit. Quod ubi rescivisset is, cui eam parentes
contra Virginis voluntatem desponderant, apud Paschasium Pra?-
fecturo Luciani, quod Christiana esset, accusavit. Quam ille cum
nec precibus, nec minis ad cultum idolorum posset perducere, imo
tanto magis incensam videret ad celebrandas Christiana? fidei lau-
des, quanto magis ipse eam a sententia avertere conabatur: Ces-
sabunt, inquit, verba, cum ventum erit ad verbera. Cui Virgo: Dei
servis verba deesse non possunt, quibus a Christo Domino dictum
est: Cum steteris ante Eeges et pra?sides, nolite cogitare quomodo
aut quid loquamini dabitur enim vobis in illa hora quid loqua-
:
mini: non enim vos estis qui loquimini, sed Spiritus sanctus, qui
loquitur in vobis. Quam cum Paschasius interrogasset: Estue in te
Spiritus sanctus? respondit: Caste et pie viventes templum sunt
Spiritus sancti. At ille: Iubebo te ad lupanar duci, ut te Spiritus
sancto deserat. Cui Virgo: Si invitam jusseris violari, castitas mihi
duplicabitur ad coronam. Quare Paschasius, ira inflammatus, Lu-
ciani eo trahi jussit, ubi ejus virginitas violaretur: sed divinitus
factum est, ut firma virgo ita consisteret, ut nulla vi de loco di-
moveri posset. Quamobrem Praefectus circum ipsam, pice, resina, ac
ferventi oleo perfusam, ignem accendi imperavit: sed cum ne fiamma
quidem eam laederet, multis tormentis excruciata? guttur gladio tran-
sfigitur. Quo vulnere accepto, Lucia pra?dicens Ecclesia? tranquil-
litatem, qua? futura erat Diocletiano et Maxirniano mortuis, Idibus
Decembris spiritum Deo reddidit. Cujus corpus Syracusis sepultum,
deinde Constantinopolim, postremo Venetias translatum est. - Nella
Div. Com. Lucia il simbolo della Grazia illuminante Inf. ir, 97, 100.
;
Purg. ix, 55. Par. xxxn, 137. Secondo alcuni la Lucia di Dante non
sarebbe la martire di Siracusa (venerata come aiutatrice di chi
soffre mal di occhi ; cfr. Conv. ni, 9, 110 e seg.), ma Lucia Ubal-
dini, sorella del cardinale Ottaviano (Inf. x, 120; cfr. Cardinale, 2),
la quale verso il 1225 viveva nel chiostro di Santa Chiara, detto
di Monticelli, presso Porta Santa Pier Gattolini a Firenze, e che
fu poi canonizzata. - Bambg. : Beata Lucia, in qua ipse Dantes
tempore vite sue habuit maximam devotionem. - An. Sei. : Questa
Lucia pone per figura la perfetta luce, cio la virt che si chiama
prudenzia. - Iac. Dant.: Chiamando chotalle gratia lucia sicome
grafia di dio la quale per suo volere si muove al socorso di cia-
scuno che da T ignioranze si diparte. - Lan.: Lucia figura per
allegoria uno intelletto profondo di divinit. - Ott. : Lucia, cio
Grazia inluminante e cooperante. - Petr. Dant. : Lucia pr gratia
Lucia -Lucifero imi
cooperante accipitur. -Cass.: Lucia, ideai grati
i
Bocc.: Lucia, cio la divina misericordia. - Fai
Lucia deintendere la grazia di Dio ella santa iacrittara
Lucia, idest gratia, et bene imponit sibi nomen propriam;
enira gratia lux illuminans. - Tnti: Significa la grazia illumi-
nante, e per la nomina Lucia, quasi luce che illumina Piateli
di quello che si dee fare. - An. Fior.: La misericordia
di D
Serrav. : Per Luciam intelligit gratiam divinam prevenienUi::
gratumfacientem. -Barg.: Questa Lucia significa la grazia li ;
illuminante, per la quale secondo teologi, abbandonando l'uomo il
male, ei vede in che consiste il bene, e cominciagli dirizzare le
operazioni sue. - Della grazia illuminante intendono pure Land.,
Tal., Veli, Dan., Boi., Voi., Veni., Lomb. e quasi tutti gli
Geli,
espositori moderni. Altre opinioni non meritano di essere discusse.
lincia, Nome di una citt supposta da Dante; Conv. in,
78, 81, 120, 122, 136.
Lucido, dal lat. lucidus, Si dice di qnelle cose che hanno per
natura in s stesse luce, come il Sole e il fuoco, e lo si trasferisce a
tutto ci che atto a rifletter luce; Lucente, Risplendente; /'
vii, 74; xv, 69; xxix, 140. Par. n, 32; xx, 16; xxiv, 86. -Tom.:
Lucente pu essere il corpo per luce che dia in quel punto so-
vr' esso; Lucido pu denotare la naturale di lui qualit. Ma tal-
volta Lucente, o per il suono dello stesso vocabolo o perdi"
direttamente rammenta il verbo che, nella sua forma di neat
esprime pure un'efficace attivit, par che dica di pi. Nella 1>
Coni. Dante us dodici volte Lucente e sei volte Lucido; nell'In/".,
nel regno delle tenebre, non troviamo che una sola volta Lucente.
Liucif ero, lat. Lucifer, La stella di Venere quando mattu-
tina; Mon. i, 11, 23.
Lucifero, Capo degli angeli ribelli. Il nome tolto dal j
scritturale Isaia, XIV, 12: Quomodo cecidisti de cado j.
quia mane oriebaris? nel qual luogo il Profeta chiama LUCIFK1 il
re di Babilonia, ma i Santi Padri interpretarono allegoricamei
del Principe dei demoni. nominato Inf. xxxi, 148; IXXIY, 89. C
xix. 46; \x\n.
Inf. xxxiv, 28, 108. Purg. xn, 25. Par. ix, 127;
xxix, 56. Altrove Dante lo chiama Dite, Inf. xi, 0; III,
20; Belzeb, Inf. xxxiv, 127; Diavolo, Inf. xxvm, 148. Vulg.
vii.
i, 2, 34; i, 4, 9. Mon. in, 3, 31; Satan e LS, Inf.
Rex INFERNI, Inf xxxiv, 1. (Cfr. qi
Mon. in, 9, 54;
articoli).
1162 Lucilio -Luigi
IiUcillo, Lucilius junior, oriundo, come si crede, da Napoli,
amico di Vecchio che gli indirizz parecchie sue opere,
Seneca il
creduto autore di un poema intitolato TEtna. nominato Coni).
iv, 12, 61.
IiUCOre, Splendore, Luce diffusa. In qualche dialetto vive Lu-
cor. Sull'analogia del lat. fulgor, tremor, e sim. Par. xiv, 94.
I^ucrezia, donna leggendaria romana, celebre per la sua bel-
lezza e virt, figlia di Spurio Lucrezio e moglie di Lucio Tarquinio
Collatino. Sedotta da Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio Superbo,
non volle sopravvivere al suo disonore, ma l' indomani si dette la
morte di propria mano, dopo aver raccontato l'accaduto al padre
ed al marito, scongiurandoli di vendicarla. Quindi l'espulsione dei
Tarquinii e l'origine della repubblica di Eoma. Ai tempi di Dante
la leggenda aveva il valore di storia. Lucrezia ricordata Inf.
IV, 128. Par. vi, 41.
liUCuleiito, dal lat. luculentus, Lucente, Luminoso; Par. ix,
37; xxn, 28.
IiHdere voce arcaica, lat. ludere, Giocare, Scherzare, Festeg-
?
giare, Dare con gesti segni di gioja; Par. xxx, 10.
Ludo, ludus, Giuoco, Scherzo, Festeggiamento. 1. Fig.,
dal lat.
per Inganno fatto con furberia, con iscaltrezza; Inf. xxn, 118. -
2. E per Festante Spirito celeste; Par. xxviii, 126.
liiigere, Verbo difett., lat. ugere, Piangere, Fare cordoglio;
Purg. xix, 50; cfr. S. Matt. v, 4.
Luglio, dal lat. Julius, Nome del quinto mese dell'anno, se-
condo gli astronomi, e settimo, secondo l'uso comune; Inf. xxix, 47.
lini, dal lat. illui, forma arcaica di UH, Pronome di maschio
ne' casi obliqui di Egli. Si trova naturalmente ad ogni pagina nelle
opere volgari di Dante, tanto senza prep. al dat. ed all accus., quanto
;
con tutte le prep.- 1. Col segno del terzo caso, e non espresso; Inf.
i, 81; vii, 67; xix, 89; xxvin, 48; xxxiii, 121, 150, ecc. - 2. Ri-
ferito ad animali o a cose inanimate; Inf. xxxi, 75. Purg. iv, 84;
xxiv, 1. Par. vi, 24; xxxi, 98. Conv. iv, 20, 11, ecc. - 3. Quando
corrisponde al quarto caso, trovasi frapposto tra la particella e il
verbo Purg. I, 62. - 4. Accoppiato alla forma che corrisponde al-
;
l' abl. ass. Inf. xxxii, 105.
I/nigi, frane. Louis, lat. Ludovicus, nome di parecchi re di
Francia discendenti di Ugo Capeto; Purg. xx, 50.
Lulla-Luna 11,,;
Lula,
etim. incerta; probabilm. da lunula, dimin. di luna (cfr.
Diez, Wrt. li 3 42); Quella parte del fondo della botte
,
eh.- dal mi
zule si congiunge all'estrema parte; If. xxvm, 22.
limaccia, dal lat. Umax, lo stesso che Lumaca, genere di Mol-
luschi terrestri a quattro tentoni filiformi, e sulla sommit de1
pi
grandi sono gli occhi; Inf. xxv, 132.
Ti in e, dal lat. lumen, Splendore che nasce dalle cose che lu-
cono; effetto della luce. Questa voce Lume si trova nella Dir. C
94 volte: 5 nell'In/"., 24 nel Purg. e 65 nel Par. Oltre al Bigi!
propr. sono da notarsi: 1. Lume, per Stella, Pianeta: Par. [1,65;
xx, 17; xxi, 32; xxvi, 121.-2. Per Lucerna o Candela accesa: Purg.
xxii, 68; xxxii, 98. Par. n, 101. - 3. Dare lume, per Dotare di
discernimento; Purg. xvi, 75. - 4. L'alto lume detto Dio, sor-
gente prima di ogni luce; Purg. xm, 86.- 5. E Lumi sono dette le
anime dei Beati, perch sono vestite di luce; Par. \, 7:'; ini, 29;
xxin, 110; xxv, 13.-6. Lume, in senso intellettuale, per La luce
dello spirito; Lnf. i, 82. Purg. vi, 148; xxv, 36; xxxiii, 75. Par.
Xin, 44; xiv, 48; XIX, 48. - 7. Per Dottrina illuminante l'intelletto;
Purg. xvin, 11.-8. Aspettar lume, per Attendere di essere piena-
mente illuminato dalla divina grazia; Par. xix, 48.-9. Veder h>me,
per Intendere; Purg. vi, 148.-10. Semplice lume, per Debole im-
magine, Concetto non intero, Piccolo cenno; Par. xxxiii, 90.
Lumiera, Certo particolare arnese che contenga in s molti
lumi, Candeliere a pi lumi, sostenuti talvolta da figure, fogliami
e viticci, Fiaccola, Lume grande. 1. Per Isplendore, Luce; lnf,
iv, 103. Par. ix, 112.-2. Per Cosa che risplende, detto della tace
di cui sono vestiti i Beati; Par. v, 130; XI, 16.
Luminosit, Qualit di ci che luminoso; Conv. Il, 14, 56.
Laminoso, dal lat. luminosus, Che d e ha molto lume; Inf.
iv, 116. Purg. xxix, 23.
Luna, dal lat. luna, Il pianeta pi vicino alla terra: < pi
veramente il satellite della medesima, che le gira attorno pi
poco in 27 giorni: e la rischiara durante la notte, Beguendo
vii.
fasi con la luce che riflette dal sole. 1. Nel.signif. propr. Inf.
64; xx, 127; xxvi, 131; xxix, 10. Purg. x, 14: xvm, IIX,
7<; :
"'
xxviii,33;xxix, 53. Par. 1, 115; XVI, 82; xxvm, 20; IIIX,
1"
ni, 3, 20, 42, 45, 47; n, 4, 2; II, 6, 78; II. 14,49, 51:
II,
ni, 3, 9. Mon. in, 4, 13. Cfr. Par. Il, 50, 76.-2. I
xxxiii, 26.-3. E
il tempo del suo corso, cio un mese; Inf.
1164 Lunare-Lunffo
Tempo semplicemente; Par. xxvn, 132.-4. Per II lume, il raggio
della luna; Iwf.xv, 19. - 5. La luna
chiamata Delia, Purg. xxix, 78;
la donna che qui (nell'inferno) regge, Inf. x, 80; Phcebe, Mon.
i, 11, 24; Trivia, Par. xxm, 26; la figlia di Latona, Par. x, 67;
XXII, 139; XXIX, 1; LA SUORA del Sole, Purg. XXIII, 120; OCCHIO
del cielo, Purg. xx, 132; luminare minore, Mon. in, 4, 13; Caino
e le spine, Inf. xx, 126; la prima stella, Par. il, 30; l'eterna
margarita, Par. l, 34; la Stella margherita, Son. : Chi guar-
der mai senza paura, v. 14. - 6. La luna figura dell'Imperatore,
mentre il Sole figura del popa; Mon. ni, 1, 24; ni, 4, 10 e seg.-
7. Cielo della luna, detto anche Primo cielo, la prima delle nove
Sfere, secondo il sistema antico astronomico; Conv. Il, 3, 20; il,
4, 1 il, 6, 77; li, 14, 49; in, 3, 9; cfr. Par. n-iv. - 8. Sulle Mac-
;
chie della luna cfr. Par. li, 29-148. Conv. li, 14, 52 e seg.
Lunare, voce arcaica, Tempo del corso della luna; Purg.
xxn, 36.
JLunga, Lunghezza; onde Menare a lunga, riferita l'azione
all' occhio, vale Vedere da lontano, e sim. Inf. ix, 5.
TiiKiigamente, lat. Con lunghezza, Per
longe, avv. da lungo,
molto spazio di tempo; Inf xvi, 64. Purg. xxn, 91. Par. xix, 26.
Jl<angliesso ? Prep. che regge il quarto caso, e vale lo stesso
che Lungo invece di Basente, Accosto; e la voce Esso aggiunta
per ripieno, ed antica e usata propriet di linguaggio l'aggiu-
gnerla non solamente agli avverbii, ma eziandio a' nomi, e s'ac-
comoda alle qualit loro; Purg. il, 10; xix, 27. Par. xxxn, 130.
1,. lunghezza, dal lat. longitia, Prima specie di dimensione,
Una delle tre dimensioni del corpo solido ; Par. xxx, 90.
IiUngi, dal lat. longe, Avv. ora di moto da luogo, ed ora di
stato in luogo ; ed anche prep. che si usa col terzo e col sesto
caso. Talora vi si aggiungono come A, Da, Al, Alla,
altre particelle,
Di, ecc., Inf. iv, 67, 70; Vili, 5; xn, 61; xv, 72; xvi, 113; xvn,
131; xxm, 36; xxxi, 23; xxxiv, 6. Par. xn, 49; xix, 80.
Xiiuigiamente/ Avv. Lungamente ; Vit. N. xxvnr, 10, var.
Lungo, Agg., dal lat. longus, Che ha lunghezza. 1. Detto della
dimensione; Inf. ni, 55; iv, 22, 67; v, 47; ix, 5; xxiv, 55; xxix,
53; xxxi, 58, 82; xxxiv, 95. Purg i, 34; V, 131; xxvn, 48;xxix,
30, 44; xxx, 27; xxxin, 136. Par. xn, 50; xiv, 114; xvm, 75; xxvi,
111; xxix, 37.-2. Detto della durata; Inf. i, 63, 83; IV, 146; vi,
Lungo-Luogo ut;;,
64, 70; XV, 116; XVI, 129; XXVII, 48, 110; XXVIII, LO; IXX1 I2fi
Purg. i,67;v, 27; X, 36; xxvi, 101. Por. xiv, 87; iv,95; xi\. :
xxiii, 39.-3. Per Lontano; Vit. N. XXIV, 51.-4.
Detto di temp
di cosa che abbia relazione a tempo, per
Che dura moltoi Par.
xiv, 37.-5. Elitticam. per Lungo discorso, Lungo
racconto: Purg.
I, 67.-6. Figurat. contrapposto a Corto; Inf. XXVII, 110.-7. Di
quantit discreta; Inf. v, 47; XVIII, 75.-8. Di suono e parole;
Purg. v, 27.
Infingo, Prep. Rasente, Accosto; usata per lo pi col quarto
caso; Inf. x, 53; xn, 101; xv, 7, 17; xxi, 98. Purg. ili, 131; xm,
45; xx, 5; xxiv, 64 var.; xxvn, 83; xxxn, 84. Par. xxxil, 180.-
E usata col secondo caso; Purg. xvm, 92.
liiuii, lat. Luna, gr. Ao0va(cfr. Forbiger, Aite Geogr. Ili*, 423),
antica citt dell' Etruria, sulla sponda sinistra della Magra, a poca
distanza della foce, e per conseguenza sul limite estremo della Li-
guria, distrutta sin dai tempi di Dante che la ricorda per l'appunto
come esempio di decadenza e distruzione, Par. xvi, 73. pure ri-
cordata come patria dell'indovino Aronta; Inf. xx, 47. G. Vill.,
Cron. i, 50: La citt di Luni la quale oggi disfatta, fu molto
antica, e secondo che troviamo nelle storie di Troia, della citt di
Luni v'ebbe navilio e genti all'aiuto de' Greci contra gli Troiani:
poi fu disfatta per gente oltramontana per cagione d'una donna
moglie d'uno signore, che andando a Roma, in quella citt fu cor-
rotta d'avoltero; onde tornando il detto signore con forza la di-
strusse, e oggi diserta la contrada e mal sana. - Loria, p. 70
e seg.:Luni era citt etrusca posta in una bassa pianura, ora
detta la Marinella, sulla sponda sinistra della Magra, le cui rovine
si vedono inferiormente a Sarzana presso il luogo detto Sarzanello.
Questa citt diede il nome all'antica provincia della Lunigiana, ed
il golfo della Spezia si chiamava golfo Lunense, ecc. - Bocci: Ce-
lebre era Luni pe' suoi vini e pe' suoi formaggi, ma pi pe' suoi
marmi, di cui faceva grandissimo commercio prima con Pioma e poi
anche con altri popoli dell'Italia e dell'Europa.
Lunigiaiia, Territorio compreso nel bacino della Magra, Io-
nominato da Luni. mentovata Purg. Vili, 121 e seg.
variano
Luogo e L.OCO (nel pi dei passi le diverse edizioni
corpi.
tra le due forme), dal lat. ocus, Termine contenente
i
occupato o che pu essere occupato da checchessia. Que
volgari di D
trova naturalmente moltissime volte nelle opere
Purg. e 21 nel Par.-
nella Div. Coni. 106 volte, 56 nell'/n/l, 29 nel
1166 Lupa
I. Per Parte, o Luogo particolare, Sito, Contrada, Pendio, Riva e
sim., Purg. xiv, 33. - 2. Per Paese, Citt, Castello, o sim., Purg.
xxiv, 79. Par. xvu, 110.-3. Non di spazio materiale, ma di con-
tenenza spirituale; Purg. xxvi, 138.-4. Per Posto, Ufficio; Inf
xix, 96. Par. xxvn, 22, 23.-5. Della sede eterna dell'anima; Inf.
i, 114.-6. Per Convento di frati; Par. xxi, 121.-7. Aver luogo.
per Abbisognare, Essere necessario; Par. xxiv, 81.-8. Non aver
luogo, per Non giovare, Essere inutile; Inf. xxi, 48.-9. Cingere
men luogo, per Chiudere intorno meno spazio; Inf. v, 2.- 10. Dare
luogo, per Cedere, Conceder luogo, Far luogo; Purg.Y, 25;xxvi, 133.-
II. Essere a luogo, per Essere fatto a debita occasione; Conv.
iv, 27, 83.-12. Luogo fortificato, Forte per natura; Inf. xx, 89. -
13. Per estens. anco di discorso a voce; Par. vii, 122.- 14. Per Pos-
sibilit; Par. xxv, 123.
Lupa, dal lat. lupa, Femmina
del Lupo. Figurat. per Ava-
rizia; Inf. i, 49. Purg. xx,- Bamgl. : Questa avarizia si
10.
fghura per la lupa la quale secondo la sua natura e uno insazia-
bile apetito chosi lavarizia e sempre vota e sempre mendica e quanto
pi abondevolemente si pascie tanto magiormente disiderando a fame
e per ci a questo vizio come giacie la letera molte gienti dolenti
e lacrimanti menano loro vita. - An. Sei.: Questa lupa simi-
gliata ad avarizia la quale principio d'invidia. - Iac. Dant.:
Avaritia formata in lupa a significare di sua bramosa e infinita
voglia. - Lan.: Avarizia figura la Lupa in per quello che sic-
come la lupa devoratrice degli altri animali, e mai non si sazia
che sempre ist con fame, cos l'avarizia mai non si adempie n
si sazia; ed una malattia incurabile e pessima che, cotanto come
va pi inanzi in tempo, cotanto cresce e si radica pi in lo cuore
umano.- Ott.: Per la Lupa s'intende avarizia.... Che la Lupa sia
avara e cupida e bramosa, chiaro appare assai. - Petr. Dant.:
Tertio et fortius dicit se fuisse impeditum a quadam bramosis-
sima lupa, idest ab avariti ae cupiditate. Et merito in figura lupae
fingit eam, secundum Boetium etiam dicentem de avaro cupido:
avaritia fervei alienarum opum violentur ereptor ? Lupo similem
dixeris. - Cass. : Lupa, scilicet avaritia. - JBocc. : La terza be-
stia fu una lupa, fiero animale e orribile, il quale inteso per
l' avarizia.... Manifesta cosa , la lupa essere animale famelico e
bramoso sempre. Appresso, quando quel tempo viene, nel quale ella
atta a dovere concepere, avendo molti lupi dietro continuamente,
a quello ilquale pi misero di tutti le pare, gli altri schifati, si
concede. E il lupo animale sospettosissimo, continuo
oltre a ci
si guarda d'intorno, e quasi in parte alcuna non si rende sicuro,
kupa L167
credendo dalla coscienza sua medesima accusato.
Dico Adunque la
lupa essere famelico e bramoso animale, e quel
medesimo
l'uomo avaro; perciocch quantunque l'uomo avaro
abbia quello
che gli bisogna onestamente e in qualunque guisa
ragunato, fi
con molta sollecitudine e gran suo pericolo, non sta
a quel con-
tenta; ma da maggior cupidit acceso, e da nuova
Bete stimolato,
in ciascuno suo esercizio pi che mai si mostra
affamato, pei
disfare a questa insaziabile fame, niun pericolo , ninna
di
niuna falsit, o altra nequizia, nella quale non si mettesse.
Pei la
qual cosa Virgilio nel terzo Bell'Enei da, fieramente la sgrida di-
cendo: Quid non mortalia pectora cogis, Auri sacra fame*? Se-
condariamente il vizio dell'avarizia si mette in uomini cattivi e
pusillanimi; il che appare, in quanto in alcun valente uomo o ma-
gnanimo non si vede giammai; e che essi sieno cos, le loro ope-
razioni il dimostrano. Metterassi l'avaro in una piccola casetta
in quella in continua dieta per non spendere, dimorando senza muo-
versi, dieci e venti anni prester ad usura, vestir male e calzer
peggio, rifiuter gli onori per non onorare, e dove egli dovrebbe
de' suoi acquisti esser signore, esso diventa de' suoi tesori vilissimo
servo: e quanto maggiore strettezza fa del suo, tanto tien gli occhi
pi diritti all'altrui. Sempre pieno di rammarichi, sempre dice
s esser povero, e mostrasi e brevemente, facendosi dei beni della
:
fortuna tristissima parte, quanto l'animo suo sia piccolo e ini
manifestamente dimostra. Nelle quali cose si pu comprendere, l'ava-
rizia accompagnarsi con la pi misera condizione d'uomini che si
trovi, come la lupa col pi tristo de' lupi si congiugne. Appre
questo dissi, il lupo essere sospettoso animale: la qual cosa es>
l'avaro i suoi costumi il dimostrano. Esso con alcuno suo ami
non comunica la quantit de' suoi beni, sospicando, non la gran
quantit palesata gli generi aguati o invidia: e oltre a ci, niuna
fede presta all'altrui parole: sempre suspica che viziatamente par-
lato si sia per sottrargli alcuna cosa: in niuna parte estima essere
assai sicuro, e di ciascuno che guarda la porta della sua casa, teine
non per doverlo rubare la riguardi. Alcun sonno non puote ave
intero, n riposata alcuna notte: ogni piccol movimento di qv
lunque menomo animale suspica non andamento sia de' ladri; e i
fidandosi delle casse ferrate, i suoi danari si fida alle e aie
pienamente innarrare i sospetti de' mi-
sotterranee. Crii potrebbe assai
seri avari, i quali tutti in s convertono i lacciuoli, li quali gi
hanno
tesi ad altrui? -Che la lupa nella Div. Covi, liguri il riiio d<
l'avarizia opinione comune di tutti gli antichi. Cos, oltre i ci-
tati, Falso Bocc, Benv., Buti, An. Fior., Serrav.,
i
Tal, Veli., Gelli, Dan., Dolce, Cast., Voi., Veni.. I,
1168 Lupicino-Lusinga
dei moderni. Secondo il Marchetti ed i suoi seguaci la lupa figura
invece la Corte di Koma, ossia la Curia papale. Ross.: La com-
parsa simultanea del Leone e della Lupa vale ad indicare la lega
di Filippo con Bonifacio, fomento di quel Guelfismo che f' viver
grame molte genti, e gramissimo Dante. Parecchi moderni ammet-
tono ambedue i sensi, il morale ed il politico. Onde nel senso morale
la lupa simbolo dell'avarizia, nel politico della Curia papale.
liUpicino, Dimin. di lupo, Piccolo, Giovine lupo; Inf. xxxiii,
29, nel qual luogo lupicini sono chiamati i figliuoli e nepoti del
Conte Ugolino.
liUpo. dal lat. lupus, Specie di mammifero del genere e della fa-
miglia de' cani, dell'ordine de' carnivori. Abita in Europa, e ne' paesi
settentrionali d'Asia, di Africa e di America. 1. Nel signif. propr.
Par. IV, 5. - 2. Fig., per II conte Ugolino ; Inf. xxxiii, 39. - 3. E pur
fig. Lupi chiama Dante i Fiorentini Purg. ; xiv, 50. Par. xxv, 6. -
4. E Lupo chiamato il demonio Pluto; Inf. lupi sono vii, 8. - 5. E
pur detti i papi malvagi; Par. IX, 132; xxvn, 55, nel qual luogo
si accenna pure a' vescovi delle singole diocesi, con allusione ad
alcuni passi scritturali, come S. Matth. vii, 15: Attendite a falsis
prophetis, qui veniunt ad vos in vestimentis ovium, intrinsecus au-
tem sunt lupi rapaces. E Act. Apost. xx, 29: Intrabunt lupi gra-
ves in vos, non parcentes gregi.
IiUrco, dal lat. turco, lurconis, Goloso, Beone e ghiotto Inf. ;
xvn, 21, probabilmente con allusione a quei Tedeschi mandati dal
re Manfredi in soccorso dei fuorusciti Fiorentini, e che si lascia-
rono ubbriacare da Farinata degli Uberti; cfr. G. Vill., Cron. vi, 75. -
Ott. : Lurco viene a dire divoratore immondo, e non netto. - Benv. :
Lurclii, idest ingluviosos, voraces. - Il Luti legge: tra li Te-
deschi e I Lurchi, e spiega: Nella Magna tra queste due gente. -
E Serrav. : Una patria est in partibus Alamanie, que vocatur
Lurca (?). Tacito dice che i Tedeschi sono dediti sonino ciboque,
e forse Dante allude a questa sentenza dello storico romano.
Lusinga, prov. lauzenga, lauzenja, frane, ant. losenge, spagn.
isonja, dal prov. lauz-enga, questo da lauzar, e questo dal lat.
3
laudare; cfr. 255 e seg. 1. Artificio di parole o di
Diez, Wrt. i ,
atti, colquale sotto colore di benignit e d'amicizia, o sim., vuoisi
trarre alcuno a cosa che giovi al lusingante, comech per solito
nuoca al lusingato; Inf. xviii, 125.-2. Preghiera congiunta a lode;
Purg. i, 92. - 3. Fig. per Lusinghiere Inf. XI, 58. - 4. Dire parole
;
Lnsingare-Lntto 111,:
di lusinghe ad alcuno, per Ragionargli palpandolo in guisa da con-
darlo al nostro volere ; Conv. n, 8, 62.
Lusingare, Usare lusinghe, Allettare con dolci parole, e quasi
sempre in alcuna parte false, per indurre altri alla propria voi
Inf. xxxn, 96.
Lussuria, dal lat. luxuria, Ardente e sfrenato appetito nella
concupiscenza carnale senza osservanza di leggi di natura, ne ri-
spetto di ordine o di sesso. 1. Nel signif. prop., L'uno dei sette pec-
cati capitali; Inf. v, 55. Purg. xxvi, 42.-2. Per Uso smoderato 'li
cose deliziose, Superfluit, Lusso; Purg. vii, 102. Par. xi\, 124.
Lussuriare, dal lat. luxuriare, Peccare di lussuria; Conv.
iv, 9, 51.
Lussurioso, dal lat. luxuriosus, Che ha lussuria, Lascivo:
Inf. v, 63.
Lustra, dal lat. lustrimi, plur. lustra, Nascondiglio, Tana, Co-
vile; Par. iv, 127.
Lustro, da lustrare, e questo dal lat. lustrare, nel signif. di
Illuminare, Dar luce: 1. Lume, per lo pi riflesso, pi o men vivo:
Purg. xxix, 16.-2. Fig., per Circolo, Corona d'anime beate; Par.
xiv, 68.
Lattare, da lutto, Rammaricarsi, Lamentarsi, Querelarsi pian-
gendo; Purg. xvn, 38.
Lutto, dal lat. luctus; 1. Mestizia, Pianto; Inf. vili, 37; mi:
Purg. xvi, 72.- Procedere ogni lutto da alcuno, per Essere egli
2.
l'origine, la fonte d'ogni male, ecc., Inf. xxxiv, 36. - 3. Per Ca-
stigo, Pena, e sim. posto l'effetto per la cagione; Purg. in. 42.
FINE DEL VOLUME PRIMO
74. Enciclopedia dantesca.
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