Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
346 visualizzazioni17 pagine

Riassunto L Africa Occidentale

L'Africa Occidentale comprende 16 paesi con oltre 300 milioni di abitanti. Il clima varia dal deserto del Sahara alle foreste equatoriali. Le popolazioni sono molto diverse e parlano centinaia di lingue, con influenze europee come il francese e l'inglese. La salute rimane una sfida a causa di malattie come malaria e meningite.
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
346 visualizzazioni17 pagine

Riassunto L Africa Occidentale

L'Africa Occidentale comprende 16 paesi con oltre 300 milioni di abitanti. Il clima varia dal deserto del Sahara alle foreste equatoriali. Le popolazioni sono molto diverse e parlano centinaia di lingue, con influenze europee come il francese e l'inglese. La salute rimane una sfida a causa di malattie come malaria e meningite.
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 17

L’AFRICA OCCIDENTALE: RITRATTO DI UN AFRICA CHE CAMBIA

L’Africa Occidentale, in base alla ripartizione macro regionale della ripartizione delle Nazioni Unite
comprende: Capo Verde, Gambia, Guinea Bissau, Togo, Sierra Leone, Liberia, Benin, Senegal, Ghana,
Guinea, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Nigeria, Niger, Mauritania, Mal (elencati per superficie: dal più piccolo
al più vasto). Di questi paesi il volume analizzerà gli aspetti della geografia fisica e umana portando
all’attenzione anche aspetti legati alla forza culturale che l’area ha espresso nel mondo. Lo scopo è quello di
fornire strumenti per la lettura e l’interpretazione dei fenomeni geografici e dei processi territoriali che
qualificano l’Africa Occidentale, i dati quantitativi saranno contenuti mentre prevarranno le narrazioni, le
testimonianze e i concetti. Questo libro permetterà di dare una lettura ai sistemi politici, economici, culturali e
sociali dell’Africa Occidentale.

L’Africa Occidentale: Un Identikit..


1.Clima e ambienti: L’Africa Occidentale ha un’estensione di 6.148.628 kmq pari al 20% della superficie
continentale. Questa zona si estende dai 28° latitudine Nord della Mauritania ai 4° latitudine Nord di Liberia e
Nigeria; dai 26° longitudine Ovest di Capo Verde ai 16° longitudine Est del Niger. Dei suoi 16 paesi solo 3
non hanno sbocco sul mare: Burkina Faso, Mali e Niger; i rimanenti si affacciano sul’oceano atlantico o sul
golfo di Guinea. Il deserto del Sahara copre oltre metà della superficie del Mali, della Mauritania e del Niger.
Alcuni curiosi aspetti sono: - La Nigeria è il paese più abitato di tutto il continente Africano e Lagos, una sua
città, è la seconda città africana più numerosa di abitanti; - Il Niger è quello con la popolazione più giovane
(circa la metà ha meno di 15 anni); - In Ghana è situato il bacino artificiale più esteso al mondo (il lago Volta);
- Tre importanti fiumi che passano per questa zona sono: Niger, Volta e Senegal. Una prerogativa dell’A.O. è
la varietà delle situazioni fisiche e antropiche che la caratterizzano, le differenze geografiche, le biodiversità,
le diverse culture ma anche le dissimili situazioni climatiche e la molteplicità dei paesaggi. Dal punto di vista
climatico, l’A.O. si colloca nella fascia Tropicale ove la temperatura media annua è compresa fra i 22,4°C e i
29,1°C. Le escursioni termiche più evidenti sono quelle giornaliere, soprattutto nelle aree prossime al
deserto si possono avere picchi intorno ai 45 durante il giorno ma notti piuttosto fredde intorno ai 17°C. Le
zone costiere godono di venti e dell’effetto mitigatore delle acque oceaniche rispetto alle aree più interne. La
situazione climatica si definisce per il regime pluviometrico della pioggia: in Mauritania cadono 115mm di
pioggia distribuiti in 12 giorni che si contrappongono ai 5.135 mm che in Liberia distribuiti su 180 giorni. Si
parla di aridità al di sotto dei 200-300 mm di pioggia annui in territori connotati da intensa evaporazione. Ciò
si differenzia dalla siccità, fenomeno che indica la diminuzione di acqua disponibile in un arco di tempo e in
una specifica zona. In ragione della prossimità all’Equatore e della continentalità, si possono distinguere in
queste zone un clima tropicale arido e uno umido. Procedendo in senso Nord-Sud si incontrano: il clima
arido-caldo del Sahara, la fascia semi-arida, la zona caratterizzata da alternanza di stagione secca e umida
e zone con carattere equatoriale. Sul clima influiscono anche le masse d’aria umida oceaniche e l’anticiclone
sahariano che origina venti secchi tra cui l’harmattan (da Novembre fino a Marzo). In questo quadro non si
deve dimenticare il fattore altitudinale: da ricordare è la cima del Foutadjalon (Guinea, Senegal e Mali); il
gruppo dei monti Loma (Sierra Leone) e il massiccio del grande Aϊr (Nigeria 2.022 m s.l.m.), Monti Nimba (tra
Liberia, Ghana) ecc. (Libro). I monti incidono sulla situazione pluviometrica. Il regime pluviometrico è anche
uno dei cardini della distribuzione della vegetazione, da Nord a Sud si coglie la progressiva intensificazione e
varietà della copertura vegetale. Partendo da Nord la vegetazione si definisce: deserto, steppa, savana,
savana alberata e foresta (solo in Guinea, Sierra Leone e Liberia)

2. Popolazione: L'Africa Occidentale ha una popolazione di circa 304 milioni di abitanti, il 30% del totale del
continente, distribuita sul territorio in maniera disomogenea (metà in Nigeria). La composizione etnica è
varia. Fra i gruppi più consistenti ci sono gli hausa (di religione islamica e noti per le abilità commerciali) e gli
yoruba (storicamente abitanti della savana e agricoltori che sono noti per la loro religione tradizionale) in
Nigeria e Benin. Questi ultimi si sono convertiti a l cristianesimo e all'islam, anche se i culti tradizionali
rimangono vivi. Seguono gli ibo e gli akan, animisti-sincretisti specializzati nella coltura delle palme e nella
lavorazione del legno, e gli ijaw in Nigeria, abili pescatori dediti al culto degli spiriti dell'acqua. I malinke si
trovano in Gambia, Costa d'Avorio, Guinea, Guinea Bissau, Mali e Senegal e praticano agricoltura e
allevamento seguendo la religione islamica. I fula sono pastori e commercianti nomadi e a questa etnia
appartengono anche i toucouleur, che parlano la lingua Pullar e basano la loro sussistenza sull'agricoltura di
miglio e sorbo. Il popolo sere (Senegal e Gambia) ha una tradizione economica legata all'agricoltura e alla
proprietà terriera. Il credo religioso si basa su tradizioni antiche. I diola (Gambia, Senegal, Guinea Bissau)
sono agricoltori e conservano una tradizione animista e feticista. I mossi sono il gruppo prevalente in Burkina
Faso, sono guerrieri e conquistatori e attribuiscono alla terra un valore spirituale e hanno un profondo credo
negli antenati. La loro lingua è il more. Altri gruppi rilevanti sono: fon (Benin), creoli (Capo Verde), kpelle
(Liberia), bambara (Mali), wolof (Senegal), mende (Sierra L.), kabrè (Togo) e mauri (Mauritania). Dal punto di
vista linguistico si contano in Africa circa tra le 600 e le 2000 lingue differenti. Forte è l'eredità Europea: si
parla infatti Francese in Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea, Mauritania, Niger, Senegal, Mali e
Togo; I nglese in Gambia, Liberia, Ghana, Nigeria e Sierra Leone; Portoghese in Guinea Bissau e Capo
Verde. Oggi in Burkina Faso rimane la figura del Moro Naba, l’imperatore dei mossi. Risiede a Ouagadougou
come importantissima autorità: i suoi pareri sono altamente considerati dal governo. È la figura del potere
tradizionale di riferimento. Questo è un esempio di incrocio fra potere governativo e tradizionale. Il Moro
Naba dialoga con le altre autorità. Un altro gruppo è quello degli ogoni che abita il delta del Niger in Nigeria.
Sono diventati famosi per le tragedie legate all’estrazione del petrolio e alla distruzione del ecosistema. Dal
1990 combattono per la salvezza della popolazione. Per comprendere la situazione di vita delle popolazioni
vanno considerati anche altri indicatori: la speranza di vita media, l'alfabetizzazione, il tasso di natalità
(38°/oo), il tasso di mortalità (12°/oo), l'incremento naturale (19°/oo), mortalità infantile, l'accesso all'acqua
potabile (50%: Mauritania, Niger, Sierra Leone; 60-70%: Guinea Bissau, Guinea, Liberia, Mali, Nigeria,
Senegal, Togo; 80%:Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Capo Verde; 92%: Gambia) e ai servizi sanitari
(20%). Fra le cause di morte più frequenti le malattie endemiche (endemismo: elemento tipico di un territorio)
fra cui la malaria o paludismo (vettore: zanzara), le malattie parassitarie come febbre gialla o malattie del
sonno, febbre emorragiche e le malattie infettive come AIDS, Colera, Cecità Fluviale o Oncocercosi (tumore
degli occhi che provoca la cecità), Diabete, Epatite, Difterite, Rosolia, Polmonite, Tubercolosi e Tifo. Un'altra
malattia particolare è la meningite che colpisce soprattutto questa zona denominata Cintura africana della
meningite (soprattutto in Burkina Faso). La cintura africana della meningite è una fascia che và dalle coste
senegalesi in senso est-ovest e comprende 14 paesi. È una fascia delimitata a Nord dal Sahara e a Sud
dalla foresta tropicale. Tutta l’Africa occidentale ne è interessata con un tasso di letalità alto. La nutrizione
viene trattata in geografia sotto il punto di vista della quantità, qualità e distribuzione. Le cause sono:
-sotttonutrizione (bambini sottopeso: superano il 20%, 34% della popolazione): è apporto/assorbimento
calorico quotidiano inferiore alla soglia energetica minima. I paesi più a rischio sono Sierra Leone e Liberia
(intorno al 30%). In questi paesi manca l’intervento immediato in caso di malattia e l’attuazione di alcuni
comportamenti di prevenzione. -malnutrizione: è il cattivo bilanciamento dei diversi nutrienti e la loro
genuinità. A questo si unisce la contaminazione alimentare (insetticidi, metalli, acque inquinate). Gli effetti
sono molto gravi e a lungo termine come carenze croniche di vitamine, sali minerali, ferro e iodio. Inoltre:
difficoltà di crescita, limitazione della capacità di apprendimento, rischio di ritardo mentale, maggiore
vulnerabilità rispetto alle malattie, perdita della prestazione lavorativa, danni cerebrali, cecità o decesso. Per
le donne questo può comportare l’avere dei figli malati o comunque molto deboli. Il meccanismo crea un
circolo vizioso dell’impoverimento: i costi sociali e sanitari aumentano e divengono insostenibili per le
famiglie e la collettività stessa. Per l’Africa Occidentale il cibo non ha una distribuzione omogenea ne per
quantità (le quantità non sono sufficienti e spesso vengono destinati al commercio internazionale) ne per
tipologia (climi diversi corrispondono ad una varietà di cibo diversi). I dati che vengono forniti, inoltre, non
restituiscono la reale distribuzione territoriale del cibo e non è chiaro che tipo di accesso le famiglie hanno al
cibo. La malnutrizione e sottonutrizione non rispettano gli obbiettivi del Millennio. Dal 2000 la Dichiarazione
del Millennio impegna i 189 paesi firmatari a eliminare la povertà estrema. Il piano è raggiungere entro il
2015 8 obbiettivi inerenti fame, alfabetizzazione, uguaglianza di genere, salute, sostenibilità ambientale e
partenariati efficaci per lo sviluppo. Gli 8 obbiettivi del Millennio sono:  eliminare la povertà e la fame nel
mondo: dimezzare la percentuale di persone il cui reddito è inferiore a 1 dollaro USA al giorno e la
percentuale di persone che soffrono di fame;  assicurare l’istruzione elementare universale  promuovere
l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne  ridurre la mortalità infantile (ridurla di 2/3)  migliorare
la salute materna (ridurre di ¾ la mortalità materna)  combattere l’HIV/AIDS, tubercolosi, malaria e le altre
malattie  assicurare la sostenibilità ambientale  sviluppare una partnership globale per lo sviluppo:
espletare interventi di sviluppo in aree di: cooperazione, debito estero, commercio internazionale,
trasferimento delle tecnologie. Questi obbiettivi non sono però vincolati legalmente e non potranno essere
rispettati entro i tempi previsti. L’unico paese in grado di avvicinarsi ai valori auspicati è il Ghana che ha un
economie in forte crescita. La sicurezza alimentare va incrociata con la povertà. La percentuale di
popolazione che vive in condizione di indigenza può oscillare a seconda dei parametri considerati ma la
povertà è, e rimane, una questione che grava pesantemente sulla realtà geografica africana. La povertà ci
porta a due indicatori: Indice di Sviluppo Umano (ISU) e Indice Multidimensionale di Povertà (IMP).

3.Insediamenti: Gli Imperi e i Regni che erano presenti su questo territorio furono protagonisti del processo
di Antropizzazione dell'A.O. Alcuni vennero inglobati in entità più potenti, altri furono smembrati e altri ancora
videro la lor o decadenza. La colonizzazione ebbe un importante ruolo nella ridefinizione degli stati. Uno dei
più antichi Imperi fu quello del Ghana che comprendeva l'attuale sud-est della Mauritania e una parte del
Mali. Esso raggiunse il suo culmine nell'ottavo secolo grazie al commercio di oro, avorio e sale. L'impero del
Mali (XIII-XVII secolo) contava qualche centinaio di centri urbani e occupava il territorio della Guinea e di
tutta la costa fino all'attuale Niger e fu fondato dai Mandingo. La zona corrispondente al nord-est della
Nigeria fu la culla dell'impero di Kanem che controllava le vie commerciali fra Africa subsahariana e Medio -
oriente. I punti di forza di questo regno erano così l'economia e la cultura. La fine fu decretata dai Francesi e
dagli Inglesi che lo spartirono all'inizio del XX secolo. Si ricordano anche il regno di Dahomey, nella parte
meridionale del Benin, e il regno del Benin. (Regni più importanti: Ashante, Benin, Mali, Fulani, Wolof,
Ghana.) In Africa esiste una rete insediativa di città e villaggi di diverse importanza e ampiezza. -Villaggi:
distribuiti sul più vasto territorio con valenze differenti in ragione di infrastrutture e servizi che ne consentono
l’accesso e la vita stessa. La vita nei villaggi è solitamente radicalmente diversa da quella in città. La
popolazione urbana si aggira intorno ad un valore medio della regione del 42%. -Città: centri politici,
amministrativi, economici, portuali per gli Stati sull’oceano o sui fiumi navigabili . Il 42% della popolazione
vive in città. Per inserirsi nelle dinamiche territoriali e culturali di una città non è necessario esservi nati nè
non è necessaria l’appartenenza etnica. È sufficiente partecipare alla vita sociale e civile poiché essa è
un’entità inclusiva pi ù ampia. La capitale rappresenta lo stato: essa produce e da essa vengono irradiati i
poteri geo-economici, geo-politici e geoculturali sul territorio di sua competenza. Le capitali concentrano il
maggior numero delle attività terziarie e sono scelte come sedi delle istituzioni culturali e dei servizi
ospedalieri. Le città hanno uno skyline composito: imponenti grattacieli ed edifici di rappresentanza si
alternano a condomini e capanne traballanti. Il sistema sociale e amministrativo che definisce e organizza la
vita della capitale azzera i tratti etnici dell’inurbato perché è formata da un’insieme di valori, di pratiche e di
consuetudini che annullano i vincoli della territorialità. All’interno di questa territorialità si evolvono sistemi
culturali complessi come strade e mercati:  Il mercato africano è uno spazio fisico e un luogo complesso:
non vi si conclude semplicemente la compravendita dei prodotti ma vi si realizzano le dinamiche culturali e i
ruoli sociali dei gruppi umani che vi prendono parte. Esso è anche luogo di incontro e di conoscenza. Qui
spicca la figura femminile: sono generalmente le donne che si occupano della vendita e dell’organizzazione
degli spazi e a loro è affidato il ruolo centrale nel commercio e le scelte legate al prezzo. Il mercato non è
luogo esclusivo di un’etnia ma ospita tutte le classi sociali di un gruppo e anche genti straniere. È un luogo
per trasmettere la cultura globalizzata e farla arrivare nelle aree periferiche.  Le strade non sono solo assi di
comunicazione e collegamento fra due o più nodi ma possono assumere significati differenti (luogo di sosta,
luogo dei mercati, luogo degli eserciti, luogo di trasmissione della cultura popolare e luogo della malavita). La
popolazione urbana mondiale sta crescendo vertiginosamente soprattutto nei paesi economicamente più
arretrati. Questo fenomeno interessa soprattutto le capitali o i capoluoghi ed è definito come primazia
urbana. La popolazione cittadina è caratterizzata da un multiculturalismo ed è questo il fenomeno che spinge
il continuo processo di urbanizzazione poiché la città attrae e incuriosisce. Questo però non garantisce
un’effettiva coesione socio-culturale e politico-economica. L’assenza di una governante capace di gestire lo
sviluppo urbano è spesso causa di un sviluppo non sostenibile, di degrado, inquinamento ed esclusione
sociale dei quartieri più poveri. Nella città vi è un divario fra ricchezza e povertà molto grande. Le città
dell'Africa sub-sahariana mostrano anche i livelli di disuguaglianza più alti del mondo. C'è una disequilibrat a
distribuzione dei redditi e una scarsa o nulla ripartizione equa fra la popolazione dei benefici derivanti dallo
sviluppo economico e dalla modernizzazione. Si vengono così a configurare disparità locali e regionali che
amplificano i disagi e la povertà, riducendo molti a scegliere la via dell'emigrazione nazionale o
intercontinentale. L’Urbanizzazione: Uno dei problemi maggiori delle città è l'incapacità di tenuta rispetto alla
loro crescita dovuta alla consistente e celere immigrazione dalle zone rurali. L'effetto di tali dinamiche è un
disequilibrio tra quantità di persone, disponibilità abitative, opportunità abitative e accesso ai servizi. In tal
senso il sistema delle rimesse, ovvero l'invio regolare di denaro dall'estero, diviene il canale di sostegno
imprescindibile per la sopravvivenza. Un fenomeno legato all’aumento delle città è l’aumento della classe
media che dovrebbe portare all’aumento dei consumi, alla modernizzazione dell’economia e quindi al
miglioramento della situazione dell’Africa. Una soluzione può essere una politica che vada verso la logica
urbana regionale, ovvero non agire sulla singola città ma creare una rete di città per ridistribuire la
popolazione. L’urbanizzazione non è un fenomeno omogeneo in Africa occidentale ed è possibile individuare
tre tipologie di aree urbane: - aree urbanizzate a macchia di leopardo: con città ben distinte e ben separate
le une dalle altre; - aree con diffuso policentrismo: con città che, pur separate, sembrano sorgere lungo una
traiettoria di sv iluppo precise; - aree caratterizzate da conurbazioni: dove è difficile distinguere un centro
dall’altro. È possibile individuare quattro distinte regioni urbane nell’africa occidentale:  la regione saheliana
(Mali, Mauritania e Niger): è caratterizzata dalla mancanza quasi assoluta di città e con zone rimaste in
condizione di marginalità.  La regione con urbanesimo leggermente più diffuso (Senegal, Burkina Faso):
grazie a migliori condizioni ambientali e a fattori storici.  La regione del golfo di Guinea (Costa d’Avorio,
Liberia, Sierra Leone, Guinea, Guinea Bissau, Gambia): con un buon tasso di urbanizzazione e città quasi
omogeneamente distribuite sul territorio con intensità maggiori lungo la costa.  Le regioni caratterizzate
dall’elevato tasso di urbanizzazione (Benin, Togo, Ghana e Nigeria): Lagos, la capitale della Nigeria, con
10788 migliaia di abitanti è la città più popolata dell’Africa occidentale. Reti e corridoi infrastrutturali: Le reti
sono quelle per il trasporto di persone, per il commercio e per la comunicazione. Ve ne sono altre che
servono per trasportare e trasferire l’energia e reti per l’esportazione verso altri paesi. L’Africa è il continente
ultimo al mondo per il grado di sviluppo di infrastrutture, soprattutto per il settore igenico-sanitario, l’energia
elettrica e l’accessibilità fisica alle aree rurali. La densità di strade è la più bassa al mondo. Il network di
infrastruttu re per il trasporto e il commercio è pieno di anelli mancanti e questo rende frammentato il
territorio. Lo scopo dovrebbe essere quello di rendere le reti infrastrutturali dei corridoi di sviluppo,
investendo sulle reti prioritarie e sui nodi fondamental i. Nei primi anni ’70, per volontà dell’OUA, fu avvertita
la necessità di creare una rete di infrastrutture per collegare e avvicinare i neonati stati indipendenti
attraverso le loro capitali. Questo progetto venne chiamato Trans-African Higway (TAH), un sistema di nove
corridoi principali per una lunghezza prevista di 59100 km. Questo progetto è stato poi affiancato da uno che
proponeva anche nove macro-corridori per arrivare alle aree più marginali e periferiche (Regional Economic
Communities). Anche la sicurezza delle strade è ancora scarsa e il rischio di incidenti è dalle 8 alle 50 volte
più alto rispetto a quello dei paesi sviluppati. Il TAH è devoluto, poi, nel Trans European Networks (TEN)
voluto dall’UE per migliorare l’accessibilità del territorio attraverso la libera circolazione delle merci e delle
persone. Il prolungamento della rete TEN è previsto anche per potenziare le relazioni euro-asiatiche e euro-
africane.

4. Economia e infrastrutture: In tutta l'Africa Subsahariana si è registrato un interessante incremento del PIL:
il PIL nel 2009 è cresciuto del 2,1%, nel 2012 del 4,7%, 2011 del 5,1%. Molteplici sono i fattori che
promuovono tale dinamica: la presenza e la commercializzazione delle materie prime, l'afflusso di
investimenti esteri, l'implementazione di attività terziarie e la movimentazione di materiali per l'edilizia dovuta
all'espansione urbana. Molte economie hanno acquisito forza con l'avvio dell'estrazione di petrolio, con
l'aumento della produzione agricola e mineraria e con l'attivazione di servizi quali la gestione di procedure
informatiche e telefoniche per grandi aziende straniere. Nell’Africa occidentale la situazione è analoga ma vi
è una ampia diversificazione. Il PIL poro capite è molto diverso da stat o a stato. Il Ghana è definito dal FMI il
paese più dinamico dell’Africa occidentale a causa dell’alta estrazione del petrolio, all’aumento produzione
agricola (cacao) e mineraria (manganese e oro) e all’attivazione di servizi. In Africa Occidentale l’economia è
basata prevalentemente sulla pesca, l’allevamento, le culture, le risorse minerarie e il settore commerciale,
mentre il settore industriale non è sviluppato. La maggior parte dei paesi sono agricoli e la produzione
ortofrutticola e di verdura è molto varia ma sufficiente solo per l'auto-sostentamento. Nel nord abbiamo meno
produzione agricola e colture, mentre aumentano nel centro-sud. In Niger, Nigeria e Senegal abbiamo le
piantagioni di arachide, cotone e caffè; in Ghana, Costa d'Avorio, Guinea, Benin e Sierra Leone ci sono il
cacao, il cotone, il caucciù, le palme oleifere e le canne da zucchero. Queste piantagioni sono spesso però
gestite da multinazionali, il loro prodotto è quindi destinato all'esportazione e la lor rendita non ricade sul
miglioramento complessiv o della qualità di vita locale. L'allevamento di caprini, ovini e bovini è
tradizionalmente itinerante. In Mauritania, Niger e Nigeria è presente anche l'allevamento di cammelli e
cavalli. La pesca, nei laghi e nelle acque interne, è una risorsa per la sussistenza e per l'esportazione. Il
settore ittico è tuttavia molto vulnerabile perché risente dei disequilibri ecologici, della concorrenza
economica e della necessità di interventi infrastrutturali (dighe). Anche la pesca marittima soffre di crisi
dovute ai mutamenti mondiali del settore, al sovra-sfruttamento degli oceani e alla mancanza di imbarcazioni
dotate di adeguati sistemi refrigeranti. Un vero e proprio patrimonio naturale è costituito dalle essenze
legnose presenti nei paesi della fascia meridionale della regione. Per il loro pregio esse sono impiegate in
lavori di ebanisteria (es. Mogano viene usato per saune). Anche per il legno prevale l'esportazione della
materia prima rispetto alla trasformazione in loco, con la conseguenza che i paesi si trovano ad affrontare
costi molto elevati per importare il prodotto finito. Il settore secondario è il meno sviluppato in tutto il
continente e si basa su piccoli stabilimenti, spesso obsoleti, che producono cibo, bevande e cemento,
destinati al consumo interno. Il settore del commercio è più sviluppato di quello industriale ma mancano
qualità e quantità delle infrastrutture varie e pesano burocrazia e dazi doganali. Un fattore assai
condizionante è il costo del trasporto, 4 volte maggiore rispetto a quell o nei paesi industrializzati. Nel
commercio mondiale i partner principali sono tradizionalmente l'EU e l'America settentrionale. Negli ultimi
anni si è aggiunta anche la Repubblica Popolare Cinese. I cinesi hanno una maggiore liquidità dei paesi
europei. Hanno proposto un rapporto “sud-sud” del mondo. Anche se la Cina ha costruito strade e servizi,
appare chiaro che la Cina non ha interesse a migliorare la situazione dell’Africa. I problemi sono legati alla
chiusura delle fabbriche e al fatto che non offrono lavoro agli africani. Si sono inseriti anche nel mercato e
nel mondo del commercio. Nel panorama delle telecomunicazioni il cellulare è attualmente l'oggetto più
desiderato. Per questo le compagnie telefoniche hanno investito sull'espansione della copertura di rete. In
Africa subsahariana si stima che il 45-50% della popolazione utilizzano il cellulare. La telefonia mobile è
stata il grande rinnovamento nelle comunicazione, un opportunità di uscire dall'isolamento per molte
popolazioni. La rete cellulare incoraggia i contatti e svolge importanti ruoli come, ad esempio, l'accesso al
market information system che permette al coltivatore o allevatore di ottenere informazioni sui prezzi di
mercato della propria merce consentendoli di decidere se raggiungere le aree di vendita. La radio è stata il
potente mezzo di informazione/comunicazione/educazione per le comunità locali e, per certi versi, lo è
tutt'ora. Ad essa si accosta la televisione e ad esse le connessioni internet.

4.1.Il turismo: un ramo di attività economica da ricordare per i suoi importanti effetti geografici è certamente il
turismo. I paesi dell'Africa occidentale, che hanno mantenuto una costante crescita e si distinguono per arrivi
internazionali, sono Nigeria, Ghana, Senegal e Capo Verde. Negli ultimi anni anche altri paesi hanno visto
crescere la presenza di turisti (es. Mali la cui forza attrattiva è costituita dalla pubblicizzazione
dell'affascinante cultura dogon). La principale domanda turistica internazionale viene colmata dall’Europa,
soprattutto da Francia e Inghilterra (soprattutto in Nigeria, Ghana e Gambia che sono ex colonie inglesi). La
presenza di italiani è soprattutto riscontrata in Nigeria per motivi di lavoro negli impianti petroliferi. Una buona
fetta di turisti sono gli africani europeizzati che in precedenza si sono trasferiti in Europa per motivi politici ed
economici. Quanto al turismo “domestico” cioè quello interno fatto dagli africani, è la Nigeria che detiene il
primato come meta. L'Africa occidentale offre diversi tipi di turismo: nelle zone costiere quello balneare, nei
parchi e nelle riserve quello ecologico e culturale (es Mali). Costituiscono una risorsa anche i siti denominati
patrimonio dell'umanità dall'UNESCO che possono essere, grazie alla loro unicità, motori dei movimenti
turistici. Per esempio il Ghana si presta molto all’eco-turismo poiché vi sono ben 16 parchi nazionali e aree
protette dove è possibile praticare un turismo sostenibile partecipativo. Per gli appassionati della navigazione
il fiume Niger permette di osservare tante varietà di uccelli, gli ippopotami, sconosciuti villaggi rurali oltre che
le più famose destinazioni turistiche quali Timbuctù e Mopti. Per gli appassionati di surf si prestano molto le
zone costiere del Senegal, della Liberia e del Ghana. Il Tai National Park (Costa d’Avorio) è un sito
patrimonio dell’umanità UNESCO ed è una delle sezioni più consistenti della residuale foresta Pluviale. Il
parco più famoso è il Transborder Park, un parco che occupa i territori di Niger, Benin e Burkina Faso
(patrimonio UNESCO). Altri fattori di presa possono essere alcune feste religiose, i festival musicali, le
rassegne artistiche e gli eventi legati alla tradizione. A frenare lo sviluppo turistico è però l'assenza o la
scarsa qualità di strutture e infrastrutture, nonché le difficoltà organizzative e gestionali. Il Mali e Timbuctù:
Timbuctù è una città sito UNESCO che occupa uno spazio privilegiato fra le destinazioni turistiche per il
turismo di tipo escursionistico. Essa è simbolo, insieme ai dogon, della letteratura di viaggio. Questi due
elementi fanno del Mali un paese con una tipologia di turisti abbastanza netta e precisa: viaggiatori
benestanti di mezza età con buona formazione e estrazione sociale e, per la maggior parte, Francesi.
Questo garantisce una continuità nel turismo. Tuttavia questi luoghi sono divenuti stereotipi turistici. Spesso
al mito di Timbuctù si sovrappone la realtà fatta di povertà poiché l’escursionismo turistico non ha un impatto
positivo e sostenibile sul territorio, sull’ambiente e sulla comunità indigena. Inoltre spesso la cultura viene
utilizzata a fini puramente lucrativi e in questo modo perde la sua autenticità e il suo significato. La cultura
tende a trasformarsi in un oggetto da commerciare e conduce un intero sistema territoriale alla perdita della
propria identità. La situazione politica dei singoli paesi palesa ulteriori giustificazioni: il Benin, in un clima di
stabilità, ha avuto un generale progresso economico, Costa d'Avorio, Liberia e Sierra leone pagano le
conseguenze di sanguinose guerre; ribellione e banditismo rendono inavvicinabili le aree settentrionali di
Mali, Niger, Mauritania e il Senegal meridionale; Gambia e Capo Verde sono paesi sufficientemente pacifici;
il Ghana con le ultime elezioni ha fatto un passo importante verso la democrazia; la Nigeria alterna fasi
calme e conflittuali per gli interessi legati al petrolio per le tensioni mussulmani; la Guinea Bissa u riporta i
segni dei numerosi colpi di stato; in Guinea e in Togo i nuovi governi instaurati nel 2012 hanno avviato un
processo di stabilizzazione; in Burkina Faso la limitazione della libertà civile alimenta tensioni sociopolitico.
L’heritage e il ruolo dell’UNESCO: Per heritage s’intende l’insieme degli elementi culturali tradizionali che
hanno un riscontro più o meno evidente nella attualità e tipicità di un territorio. L’UNESCO è il principale
organo che si occupa di redigere annualmente una lista di principali siti con elevato valore di heritage, tanto
nel settore naturalistico quanto in quello culturale. Un sito culturale può trasformarsi in risorsa turistica.
Riconoscere il valore di heritage consente di perseguire due obbiettivi: i locali possono riappropriarsi di
conoscenze del proprio passato e il turismo procura denaro che è necessario per salvaguardare il sito e
creare infrastrutture nello spazio turistico.

5.La sanità in Mali (caso di studio 1) L’obbiettivo di tutti i governi che, fin dall’indipendenza, si sono succeduti
alla guida del Mali, è stato quello di migliorare la saluta della popolazione, di allargare la copertura sanitaria
e di rendere il sistema sanitario efficiente. In realtà, le pianificazioni governative non hanno mai trovato sul
territorio un tessuto adatto alla loro applicazione, tanto che la situazione sanitaria si caratterizza ancora oggi
per i suoi livelli di morbilità e mortalità molto elevati, in modo particolare nelle aree rurali. Verso la fine degli
anni ’30 nel territorio maliano erano presenti, seppur con forti disparità regionali e in numero non ancora
sufficiente al bisogno della popolazione, strutture sanitarie statali e private. Dopo la seconda guerra
mondiale, la Francia creò dei fondi speciali per le colonie, i FIDES. Questi migliorarono li evemente il
miglioramento delle condizioni economiche e si potè realizzare nuove strutture e ampliare quelle esistenti.
Con la conquista dell’indipendenza (1960) si cer cò di applicare differenti programmi sanitari e nel 1968 fu
posta la prima pietra per la Scuola di Assistenti Medici. Così anche i numeri relativi al personale sanitario
mostrarono un sostanziale aumento. Negli anni ’80 il governo programmò una suddivisione, elaborata
principalmente per il mondo rurale, che facilitasse l’accesso ai servizi sanitari di base e sviluppasse un’ampia
attività di prevenzione. Si venne così a creare un sistema sanitario piramidale, esteso su tutto il paese: dal
grande ospedale regionale al piccolo Centre de Santè del villaggio. Sul piano logistico questo sistema
incontrò vari problemi, tra cui quello legato all’accessibilità, dato che comprendeva territorio molti vasti e
spesso mal collegati, e quello finanziario, per mancanza di fondi. Inoltre, spesso, non vi era personale
adeguato, le attrezzature erano inadatte e i medicinali non disponibili. Indicatori del 1994 attestavano la
difficile situazione economica e sociale del paese, aggravata dall’incremento demografico: aumentano
ancora i problemi legato all’accesso alla sanità di base. Nel 1993 fu definita un’altra pol itica sanitaria per
combattere le forme di esclusione ed emarginazione. Il progetto era strutturato in tre azioni:  offrire alle
popolazioni della comunità rurali e delle periferia urbane una più ampia possibilità di accedere a strutture
sanitarie di qualità  aumentare ‘uso dei dispositivi anticoncezionali  costruire pompe idrauliche nelle aree
più disagiate Dopo circa otto anni dall’adozione della nuova politica sanitaria, gli indicatori della sanità
pubblica e della nutrizione rimanevano fra i più fragili del mondo. Grazie hai dati forniti è possibile delineare
alcuni legami fra la mortalità infantile e i fattori socio-economici e demografici. Gli alti valori possono essere
associati, infatti, ai comportamenti di procreazione che sono connessi si all’ambiente che al grado di
istruzione della madre. La popolazione che conosce la mortalità più elevata è quella che abita nei villaggi
dove si registrano anche frequenti gravidanze a rischio (maternità precoci, alto numero di gravidanze). Per
quanto concerne le principali patologie legate ai bambini la malaria è quella più frequente ed è considerata la
prima causa di morte nella fascia d’età 0-5 anni. La precarietà della situazione sanitaria era ed è aggravata
anche da fattori ambientali, primo fra tutti la s carsità di acqua e la difficoltà di approvvigionamento nelle aree
urbane dove sorgono i quartieri abusi. La condizione nelle aree rurali è ancor a più problematica per la
mancanza di acqua potabile. La disponibilità geografica delle medicine essenziali e dei vaccini è migliorata,
ma non sussiste ancora un sistema organizzato a livello nazionale e regionale per un corretto
approvvigionamento. Inoltre persiste un importazione illegale di alcuni farmaci le cui capacità curative sono
molto discutibili per la deficienza di principi attivi e un mercato illecito di vendita delle medicine. La situazione
sanitaria in Mali rimane grave. In linea gener ale degli indicatori della salute è causata da costrizioni
maggiori, spesso interdipendenti. Questi vincoli sono finanzi ari, culturali (l’analfabetismo limita la possibilità
di riuscita dei programmi sanitari) e demografici; essi contribuiscono a creare disarmonia tra la domanda di
servizi sanitari da parte della popolazione e l’offerta disponibile. Se non si riesce a debel lare la povertà,
permarrà sempre una costante che si misura in termini di basso reddito, difficoltà d’accesso alle risorse e
alle cure, di alt a mortalità, e di propagazione della mendicità.

6.Migrazioni tra Senegal e Italia (caso di studio 2) I senegalesi migrano in Italia soprattutto dagli anni ’80 e
principalmente quando Francia e Germania chiusero le frontiere. Le cause che hanno spinto i senegalesi ha
lasciare la loro terra sono tre: i retaggi del colonialismo; gli insuccessi delle poli tiche di sviluppo attuate dai
governi post-indipendenza; la crisi economica che ha investito interamente il settore agricolo. Altre cause
climatiche hanno causato la recessione economica principalmente nelle campagne, così l’emigrazione è
divenuta una necessità. Dapprima essa è stata verso le città che si sono sovrappopolate, da qua la
mancanza di posti di lavoro ha spinto partenze fuori i confini nazionali. Gli 80.889 senegalesi residenti in
Italia nel 2010 costituiscono la prima nazionalità proveniente dall’Africa occidentale. I senegalesi propendono
a stabilirsi nei territori abitati da altri connazionali appoggiandosi ad una rete parentale o amicale per
agevolare il proprio inserimento nella società. Lo stretto rapporto con il gruppo e la coesione interna sono
due dei tratti che contradistinguono gli immigrati di questa nazionalità in terra ospitante. Si può inoltre
attribuire lo una buona capacità di relazionarsi con i contesti coinvolti nel processo migratorio (paese d’ori
gine e d’accoglienza) e la tendenza a costituire associazioni. L’associazionismo si manifesta in differenti
forme. Per quanto riguarda il Senegal si possono trovare diverse tipologie di associazioni impostate, per
esempio, sulle appartenenze di genere, di villaggio, di religione o di professione. Tali pratiche sono riprodotte
nei territorio migratori con modalità tradizionali o rinnovate. In Italia oltre alle Associazioni legate alle
confessioni religiose e di pertinenza etnica, si possono individuare altre due categorie:  associazioni “di
destinazioni”: è indirizzata al sostegno degli immigrati nel paese d’arrivo e si prefiggono di favorire
l’inserimento nel nuovo territorio supportando i nuovi venuti dal punto di vista logistico e amministrativo ma
anche aiutando coloro che sono in difficoltà; organizzare eventi sociali per mantenere vive le tradizioni e farle
conoscere ai figli nati in Italia. Queste associazioni sono vere e proprie mediatrici tra le comunità locali e
connazionali in quanto creano momenti di collaborazione e di scambi culturali per agevolare l’integrazione. 
associazioni “di provenienza”: è rivolta alla pianificazione di progetti di sviluppo nel paese di partenza.
Questo è espressione del forte senso di appartenenza alla propria collettività, tipica del migrante
senegalese. Queste associazioni collegano il luogo di derivazione con quelli di approdo e unisce gli immigrati
della stessa località trasferitisi nelle diverse parti del mondo. Si raccolgono fondi che vengono inviati nella
zona di provenienza e utilizzati per realizzare progetti nodali per la qualità della vita della collettività. Il
governo interviene anche esso a sostegno dei loro progetti. L’attaccamento alla madre patria e il
mantenimento di relazioni con famigliari e amici rimasti nel paese natio, sono determinati anche dalla
prospettiva dell’immigrato di ritornare definitivamente a casa. Il disegno migratorio tradizionale di questo
popolo, prevede, difatti, come fase conclusiva il rientro in patria. I mutamenti che influenza l’attuale progetto
migratorio senegalese sono strettamente correlati alle dinamiche economiche in corso in questi anni. la crisi
finanziaria e quella del mercato del lavoro che sta colpendo i paesi europei si riflettono, infatti, sulla vita dei
migranti che si trovano in grande difficoltà nel sostenere le famiglie e le comunità di provenienza attraverso
le rimesse.

Stati, territorio e potenze in Africa Occidentale.


1.Una riflessione introduttiva: l’Africa è ancora esclusa dalle importanti decisioni politico-economiche che
coinvolgono le regione su scala planetaria; nonostante ciò, per altri, essa è teatro di guerre definibili “globali”
che, insieme ad ampie sacche di povertà e malattie endemiche, la colpiscono diffusamente e talvolta ne
sgretolano le maglie sociali e culturali. Di conseguenza, il commercio internazionale, gli accordi politici
transcontinentali e gli interventi umanitari fanno del continente africano un territorio effettivamente globale.
Gli attuali conflitti hanno minori legami con le ideologie e i problemi di ordine politico dello Stato, mentre
vanno riferiti al controllo e alla spoliazione delle risorse. L’Africa Occidentale offre esempi molto chiari di cosa
siano le guerre “civili” legate a questo fenomeno, con i casi della Sierra Leone, della Liberia e degli stati ad
esse confinanti, che hanno apertamente o nascostamente alimentato l’insicurezza e la frammentazione
territoriale. Non è vero che lo sviluppo e il progresso non siano ancora arrivati in questo continente. Tutt’altro.
Spesso però le scelte politiche, i progetti di sviluppo e le possibilità economiche e sociali, inevitabilmente
legate al processo di globalizzazione, possono non sortire i risultati programmati nei tempi previsti, a causa
tanto della discrasia fra il cosiddetto african time e il tempo breve con cui si devono portare a termine i
progetti, quanto della disarmonia fra i sistemi economici, finanziari ed amministrativi di Stati e associazioni
africani e di quelli di paese e stakeholders stranieri. Le immagini che descrivono queste “Afriche” hanno un
denominatore comune: una classe politica talvolta assente che non sembra operare per lo sviluppo del
proprio territorio e che, malgrado i nobili tentativi di riassetto istituzionale, provocano inaccessibilità e
producono l’isolamento o, addirittura, la compatibilità fra i sistemi territoriali africani e quelli del resto del
mondo. Il concetto di accessibilità non esclusivamente legato alla dotazione strutturale di un luogo
(accessibilità fisica): è invece un indicatore che comprende altri aspetti e che permette di valutare e verificare
la vicinanza che un luogo ha rispetto ad un altro e in riferimento ad alcune caratteristiche. Per tali ragioni si
possono configurare:  accessibilità digitale: garantita dalla dotazione infrastrutturale e riferita alle reti
telematiche che unisce un luogo al “sistema mondo”;  accessibilità culturale/ideologica/politica: garantita dai
caratteri e dalla predisposizione dei un luogo ad essere più o meno attrattivo e/o comprensibile per una
cultura sviluppata in un altro luogo;  accessibilità turistica: promossa dalle risorse territoriali che rendono un
luogo vicino o lontano per i fruitori in base al complesso della propria offerta L’accessibilità è al contempo
causa e conseguenza della centralità di un luogo rispetto ad un territorio più vasto. I fattori che garantiscono
l’accessibilità nei suoi vari aspetti, sono fra loro inscindibilmente collegati. Tribù: è un raggruppamento
fortemente coeso di famiglie tra loro imparentate che condividono tratti comuni quali la lingua, il patrimonio
culturale, le tradizioni, le norme giuridiche nel territorio che essi occupano. Significativa appare la “coscienza
tribale” che si mantiene talmente forte che i componenti di una stessa tribù, emigrati fuori dal territorio di
origine, conservano legami di solidarietà e segni di riconoscimento, continuando a pratica la propria liturgia
iniziatica. Inoltre essa è ostile alla formazione di stati basati si una coscienza nazionale e perciò rappresenta
uno dei più seri motivi di instabilità politica. Etnia: è un gruppo di persone che avverte e percepisce
l’importanza della propria individualità culturale e linguistica dove la prima è veicolata dalla seconda. L’etnia
ha un nome, vanta una discendenza e una origine comune, condivide lingua e religione, esprime continuità
con un determinato territorio, avverte un forte senso di appartenenza e solidarietà. L’identità etnica si articola
in base all’alterità che può essere percepita, riconosciuta, accettata o rifiutata. Nazione: aggregazione
volontaria di persone che condividono alcuni aspetti fondamentali della propria storia e cultura tali da
alimentare una coscienza comune: pur essendo tipica di un territorio, può essere esportata come simbolo e
quindi ridotta o ampliata nella sua sfera di rappresentatività e di influenza culturale. Non è indispensabile che
gli appartenenti alla nazione siano consanguinei: è sufficiente che si verifichino la compartecipazione ad una
cultura comune e la condivisione di costumi e tradizioni. Stato: è un concetto complesso composto da due
elementi che sono distinti ma scindibili: una forma di organizzazione sociale, dotata di sovranità; e il territorio
dello stato. In altre parole è il risultato di azioni politiche su un territorio abitato da persone, circoscritto da
confini politici e rappresentato da una città capitale. Confine: è lo strumento con cui si designano le forme
degli stati: una linea di demarcazione e di divisione. In molti stati africani i confini sono porosi e perdono il
loro significato e la loro funzione divisoria poiché non vengono percepito come tali dalle diverse comunità
umane: sono attraversabili facilmente, dal momento che hanno “buchi” in più parti ma, nello stesso tempo
non creano coesione ne garantiscono integrazione. I confini africani sono confini arbitrali (artificiali), quasi
esclusivamente sovraimposti. Ogni confine è stato infatti arbitrariamente deciso e ha separato e distribuito in
più stati uno stesso popolo, oppure ha obbligato più popoli alla convivenza: ciò a portato a condizioni di
intolleranza, alla difficile convivenza oppure alla prevaricazione di alcuni gruppi su altri, che spesso sono
sfociate in ribellioni e guerre, e che ha talvolta ingiustificatamente fatto credere che le etnie africani vivono
solo nella lotta e nell’odio reciproco.

2.Una lettura della colonizzazione europea: i problemi e le sfide più evidenti che il continente ha dovuto
affrontare risalgono al periodo della sua “scoperta” da parte degli europei e alla successiva fase di
colonizzazione. la figura dello schiavo in africa occidentale era fondamentale. Pur occupando l’ultimo posto
nella società, era considerato come un soggetto sociale e non come una figura subordinata secondo una
logica “razziale”. Egli aveva il dovere di fare servizi ai liberi ma poteva esser e affrancato; in più non era
discriminato ma al contrario godeva di diritti privati e sociali e partecipava alla vita del villaggio. Lo schiavo
andava tutelato e protetto e non era considerato come un oggetto qualunque, bensì come una ricchezza
tanto nelle dinamiche sociali, quanto nelle relazioni economiche. Prima gli arabi e poi gli europei si inserirono
in quel sistema socio-economico e finirono per trasformarlo: incominciarono a compiere razzie e a depredare
le popolazioni locali, rapendo o comprando i giovani per poi rivenderli nei mercati assieme a prodotti
alimentari, oro e avorio. Le colonie d’America necessitavano di mano d’opera a costo zero, facilmente
rimpiazzabile, fisicamente resiste e capace di lavorare nelle piantagioni: iniziò così la tratta degli schiavi
africani. La costa africana vide così nascere in punti strategici numerosi roccheforti che servivano come
centro di raccolta e smistamento degli schiavi. Le più famose restano quelle di Gorèe, nell’attuale Senegal, e
di Elmina, nella Gold Coast (Costa dell’oro, attuale Ghana), che oggi l’UNESCO ha nominato patrimonio
mondiale dell’umanità. Le isole degli schiavi: l’UNESCO ha avviato un programma di recupero della memoria
storica della tratta atlantica con un duplice obbiettivo: sensibilizzare la società odierna sulle tematiche quali il
razzismo e l’annullamento della dignità umana. Le isole degli schiavi sono un progetto che vuole proporre un
approccio interregionale di turismo della tratta per contribuire a far comprendere il fenomeno dello
schiavismo e promuovere la pace tramite lo sviluppo della cultura e della nuova forma di cittadinanza.
Questo progetto è anche un modo per inserire le isole nel sistema territoriale turistico contrastando la loro
debolezza economica. L’isola divenuta simbolo della tratta è quella di Gorée (costa di Dakar) divenuta in
passato centro di smistamento degli schiavi. Solo nel XVIII secolo in Europa e in America si manifestò un di
ssenso popolare verso la schiavitù da cui presero forma pressioni di carattere principalmente borghese e
filantropico. Alla fine del settecento si tentò un esperimento: affrancare gruppi di schiavi per rilocalizzarli in
Africa, dando loro in concessione terreni su cui esercitare il proprio diritto di cittadinanza e inserendoli nella
società africana in posizione di superiorità rispetto ai popoli locali. Essi finirono per costruire una vera e
propria classe sociale nuova, un gruppo etnico ibrido: erano africani nell’aspetto e nella storia, ma occidentali
nella cultura e socialmente emancipati rispetto agli africani autoctoni. Questa mescolanza confuse e
complicò le dinamiche sociali in quanto i neri rimpatriati avevano un’idea di Stato, economia, società e diritti
assolutamente diversa da quella dei neri africani. In alcuni Stati dell’Africa Occidentale si è verificata dunque
una forte discrasia politico-culturale non solo fra europei e africani ma anche fra “africani doc” e “africani
occidentalizzati”. Questo processo di trasformazione e ibridazione politico-demografica ha svolto un ruolo
determinante nella costruzione della territorialità statuale, nella formazione dell’identità culturale e nella
consuetudine di quelli che sono diventati cittadini di veri e propri stati, fondati su un sis tema politico e
legislativo tipico del modello europeo.

3.Rappresentanza politica e senso di appartenenza: la politica internazionale e le relazioni fra gli stati, si
sono costruite nella storia attorno al principio di sovranità: esso implica un’insieme di diritti e di doveri che
sono riconosciuti e attribuiti ad organi, territori, gruppi di persone, secondo criteri ben precisi. In questi ultimi
cinquant’anni tutti gli stati africani hanno conquistato l’indipendenza dai vari sistemi politici coloniali. In Africa
Occidentale questo periodo di costruzione di modell i politici democratici è fallito per una serie di cause come
l’insicurezza sociale, l’apparente immobilismo economico e la diffusa frammentazione culturale. Il fallimento
è il risultato della non coincidenza fra stato e nazione, fra le forme di culture locali e i ruoli amministrativi, fra
progetti economico-politici delle classi dirigenti e le aspettative dei cittadini. Uno studio suggerisce di
suddividere la storia partitica dell’Africa Occidentale in tre principali cicli politici: - uno immediatamente
successivo alla decolonizzazione, caratterizzato da una democrazia multipartitica; - uno negli anni ’60-’70,
connotato dal partito unico e da dittature militari; - uno negli anni ’80-’90 contraddistinto da una ripresa del
processo democratico. È stato il colonialismo europeo ad avviare in Africa il processo di formazione della
statualità moderna, aspirata ad un modello monolitico e democratico, diverso da quello patriarcale e
autoritario dei grandi imperi e regni precoloniali. I capi, che incarnavano l’identità culturale del popolo e che
rappresentavano un punto di riferimento del villaggio, sono stati trasformati dalla colonizzazione in
amministratori delle diverse potenze europee. La classe dirigente, costituita da una borghesia africana non
più tradizionale bensì moderna, fondata cioè sull’affidamento dei ruoli e dei poteri da parte dei governi
coloniali. La tradizione africana ha subito trasformazioni o strumentalizzazioni:  povertà, arretratezza e
frammentazione, ascritte al concetto di tradizione, diventarono la giustificazione dei colonizzatori per
amministrare e sottomettere territori privi di una guida o un governo legittimo;  ne derivò una sostanziale
separazione fra tradizione e modernità;  le etnie furono concepite come semplici elementi folkloristici di uno
stato e trasformate in classi sociali e identificate in un partito politico preciso. Si può affermare che la politica
africana presenta l’ossatura delle grandi democrazie occidentali ma si imposta in un territorio in cui spesso
persistono ancora i caratteri tradizionali. È per questo che un partito politico può finire per rappresentare solo
una delle etnie che abitano il territorio di uno stato. La ricerca geografica ci impone di indagare sul carattere
ontologico dei poteri territoriali e, soprattutto, di capire quale sia la loro origine, quali siano i loro ambiti di
influenza e come essi si manifestano, anche in relazione alle espressioni tribali, etniche e statuali. Ci sono i
poteri territoriali legali, cioè istituzionali, definiti e sanciti dallo stato (gestione e controllo del territorio simili
alle forme occidentali); poteri territoriali legittimi, che provengono dalla tradizione basica precolonia le e che
hanno un forte impianto storico, culturale e politico, poiché rappresentano forme di società preesistenti
all’arrivo degli europei; i poteri di interfaccia, ossia i poteri legittimi legalizzati dai governi coloniali per
comodità e utilità ed infine ci sono forme di potere surrogativo, un potere che nasce e si attua in assenza di
ogni altra forma di potere (situazioni bel liche e post belliche). Sebbene la divisione partitica su base etnica
venga ritenuta come la causa dell’incompiutezza o del fallimento del sistema democratico africano, essa può
assumere un ruolo determinante nella tutela della politica e dell’integrità di uno stato: quando le figure
istituzionali saltano, sul territorio rimangono le figure tradizionali. I partiti africani sono debol i perché la
povertà diffusa non vivacizza la vita politica, che cade facilmente vittima di monopartitismi e/o di semi dittatur
e. Anche la frammentazione sociale non favorisce un dibattito politico attivo, ne lo svilupparsi di gruppi e
associazioni di cittadini interessati a costruire un dialogo tra pubblico e privato e fra istituzioni e singoli. Ciò si
verifica in maniera più evidente soprattutto nelle zone periferiche e nelle campagne, dove sacche di povertà,
analfabetismo e ampia diffusione delle malattia, allontanano i cittadini dal senso civico per rafforzare il loro
senso di appartenenza al proprio gruppo etnico, concepito non come complementare ma alternativo al
sistema sociale dello stato. L’etnicità rappresenta così un’ulteriore limite alla diffusione di una democrazia
statale e nazionale per due ragioni: allontana il cittadino dalle istituzioni e lo avvicina al suo “popolo”,
dall’altra determina rotture e forti ostilità. Per concludere, il passaggio dallo stato precoloniale e coloniale a
quello postcoloniale, ha prodotto uno sradicamento social e e politico irreversibile: lo stato coloniale ha
prodotto un rimodellamento del diritto e dell’economia e ha riposizionato il singolo e la comunità all’interno di
uno spazio geografico che aveva a che fare poco o nulla con i luoghi e i territori tradizionali. Si sono così
create delle dicotomie e discrasie che stanno alla base del problema del sottosviluppo. L’Africa occidentale è
caratterizzata da governi spesso definibili come “stato-simulacro” che non hanno un vero e proprio ruolo
politico ma che ne svolgono solo la funzione.

4.Controllo delle risorse e dei mercati internazionali: in condizioni politiche come quelle appena descritte
diventa difficile gestire le risorse, l’economia e il commercio. I network internazionali legati al commercio, ai
trasporti e alla comunicazione, hanno velocizzato gli scambi di persone e cose ma anche di idee, processi
culturali e socio-politici. Questa condizione rende fragili le economie dei paesi, indebolisce le loro forme
amministrative e rende inefficienti le loro manifestazioni culturali . L’analisi geografica della distribuzione
delle risorse e del loro sfruttamento, consente di far luce sui caratteri che contraddistinguono le fasi più o
meno critiche dello sviluppo della società africana occidentale, anche in relazione alle guerre e alle
rivoluzioni. L’Africa subisce forme di sfruttamento del sottosuolo e di controllo del territorio da parte di
multinazionali, di governi stranieri, nonché di investitori e imprenditori privati. Lo sfruttamento delle risorse
naturali va inserito nel più ampio processo di globalizzazione, che sta alla base di una sorta di nuova guerra
fredda fra potenze economiche. In uno scenario simile trova spazio anche il traffico della droga che fa
dell’Africa occidentale il centro di smistamento degli stupefacenti che dall’America meridionale approdano in
Europa. Ciò rende più precario l’equilibrio sociale. Al contrabbando si aggiunge quello delle armi. La
corruzione e la lotta per l’accaparramento delle risorse generano criminali tà ed incoraggiano le eco mafie,
che ignorano i principi della sostenibilità ambientale e sociale. Tra le problematiche vi sono anche forme di
schiavitù interna e tradizionale e problemi come il commercio dei bambini e degli organi, prostituzione e
commercializzazione delle donne, matrimoni forzati e adozioni illecite. Per creare sistemi di potere e
organizzazioni economiche che operino e collaborino in ambito internazionale, sono nati in Africa
Occidentale degli istituti atti a supervisionare lo scambio e i rapporti fra stati africani e fra Africa ed Europa.
La presenza cinese in Africa: Nel quadro dello sfruttamento delle risorse, all’Inghilterra, alla Francia e al
Portogallo si sono aggiunte, nell’ultimo decennio, altre superpotenze: Stati Uniti, Russia, Libano, Olanda e
ora anche Cina, India e Brasile. La presenza Cinese in Africa è un fenomeno dibattuto: si innesta su sistemi
politici ed economici di Stati oggi indipendenti e democratici ma ancora deboli e in difficoltà nel gestire
accordi economici. Tuttavia la Cina si offre come reale alternativa ad altre potenze e la sua penetrazione ha
caratteristiche ben diverse da quelle dei paesi ex colonizzatori: si presenta disposta ad una cooperazione
tecnica commerciale e militare ma sembra ignorare lo svolgimento delle operazioni economiche e,
soprattutto, non si ferma davanti a problemi legati allo sfruttamento di lavoro minorile e a questioni di ordine
etico (tutela e promozione dei diritti umani). Questa cooperazione è una relazione Sud-Sud e si contrappone
alle relazioni impari Nord-Sud tipiche dei rapporti coloniali. Gli africani preferiscono i Cinesi agli Occidentali
perché si curano poco degli affari interni e, pagando alte somme di denaro, riescono a realizzare progetti
infrastrutturali che nel breve periodo sembrano essere efficaci nel progetto di sviluppo dei territori africani.
Un evento storico che ha regolamentato le relazioni fra Cina ed Africa è stato il Forum on China e African
Cooperatione (FOCAC). Questo ha dato vita ha delle collaborazioni cinematografiche fra Cina ed Africa, con
lo scopo di sostenere i registi africani nella possibilità di lavorare su scala internazionale.

5.Nuove guerre e iniziative di pace: Alcuni paesi dell’Africa occidentale sono stati costretti ad affrontare
problemi di ordine militare, politico, economico e sociale. Ad essi hanno fatto seguito interventi umanitari di
alcuni organismi sovranazionali. Per peacemaking si intendono le misure per la soluzione di un conflitto in
corso; per peacekeeping il mantenimento della pace attraverso l’intervento di forze militari, civili e di polizia;
per peacebuilding si intendono le misure necessarie per scongiurare l’esacerbarsi dell’equilibrio e la ripresa
del conflitto; per peace enforcement il ricorso a misure coercitive per imporre la pace. In Africa le guerre e i
conflitti sono stati occasioni per avviare un processo di modernizzazione dei sistemi giudiziari ancora legati
al dominio coloniale. Con il concetto di intervento umanitario la sovranità statale viene meno e si delineano
nuove forme istituzionali che basano la propria legittimità non t anto sul concetto di sovranità quanto su
quello di responsabilità, di intervento di protezione dei popoli da guerre, da crimini di guerra e crimini contro
l’umanità (genocidi).

5.1.Guerre e geografia: Molti dei conflitti scoppiati in Africa Occidentale hanno avuto origine dal commercio
internazionale, dallo sfruttamento delle risorse e dalla lotta per l’egemonia sul controllo di territori e
giacimenti. Molto spesso questi conflitti avevano come finanziatori persone all’estero che le hanno
mantenute per interessi personali legati a questioni economiche. Sono quindi guerre “nuove” poiché si
svolgono come la versione estrema della globalizzazione: si svolgono in un luogo ma l’interesse è di persone
che si trovano in un altro luogo. Quando si parla di “criminal izzazione della guerra” si fa riferimento ad un
conflitto che scoppia per coprire o perpetrare crimini contro l’umanità; quando si parla di “privatizzazione
della guerra” si è di fronte ad un conflitto in cui vengono coinvolte forze di sicurezza private.

3.Culture locali e globalizzazione in Africa Occidentale


1.Geografia e cultura: Vallega ha definito la geografia culturale come una materia in costante evoluzione e
adattamento, il cui pregio e la cui peculiarità si manifestano nell’accettare che la cultura consista nella
creazione e trasformazione di simboli e nell’attribuire loro significati. Compito della geografia culturale, non è
studiare i fatti umani da una prospettiva geogra fica sensibile alla cultura, ma piuttosto indagare le
manifestazioni geografiche della cultura, considerando cioè la cultura come un oggetto specifico di indagine.
questo perché la geografia culturale interpreta i simboli utilizzati per rappresentare e significare gli oggetti e
più ampiamente le relazioni antropo-territoriali che danno forma allo spazio geografico. Turco, infatti, afferma
che tutto ciò che investe l’attività intellettuale, le dinamiche che hanno a che fare con la cognizione e la
comunicazione, e che non necessariamente producono artefatti materiali, hanno un basamento ed anche un
esito territoriale. Turco ha individuato quattro assunti:  l’attività simbolica può avere una forma e un carattere
principalmente geografico e per tali ragioni è fondamentale chiedersi come si configura quella forma, in che
modo si costituiscono i simboli territoriali e come questi simboli si connettono tra loro;  questo processo fa
parte del processo di territorializzazione, cioè l’attività con cui gli esseri umani sottraggono la superficie
terrestre alla sua condizione primitiva e le conferi scono oil nuovo statuto di dato di cultura trasformando così
lo spazio in territorio dove i singoli luoghi e i luoghi nelle loro relazioni costituiscono l’elemento principale;  è
fondamentale allora comprendere il senso ultimo dell’identità di ciò che viene trasmesso, coinvolgendo
anche la soggettività di chi comunica e trasferisce il sapere simbolico e geografico;  questo processo di
conoscenza e analisi del territorio e delle forme culturali assume un significato di rilievo per l’Africa poiché,
qui più che altrove, il processo di territorializzazione è conciso e coincide con il processo di simbolizzazione.
L’approccio della geografia culturale, quindi, appare il più utile in questo caso per narrare le dinamiche
linguistiche, reli giose, sanitarie e alimentari dell’Africa Occidentale.

2.Lingue, territorio e società: le lingue sono in continua evoluzione perché riflettono i bisogni comunicativi dei
popoli che si muovono in un contesto locale e nello stesso tempo, sempre più globale, dove i rapporti di
forza sono in continua trasformazione. Breton ha individuato 5 gradi di complessità e sviluppo di un lingua: 
lingue prive di scrittura: impostate sulla tradizione orale e su di un uso locale come parlate tribali primitive e
dialetti non fissati in forma scritta;  lingue locale o vernacolari: sono entrate in uno stadio basico di
letterarizzazione, oggi in continua espansione, soprattutto nei paesi del sud del mondo;  parlate veicolari: in
crescete diffusioni, che originariamente erano lingue vernacolari o pidgin, in varie etnie usate come seconda
lingua dagli strati di popolazione impegnati in attività di relazione;  lingue nazionali: espressione di un
gruppo etnico ormai consolidato, con il linguaggio elevato a lingua di cultura;  lingue internazionali
Particolarmente diffusa in Africa sono le lingue franche, pidgin e creoli. La lingua franca è una lingua usata
come strumento di comunicazione internazionale o comunque fra persone di differente lingua madre e per le
quali essa è straniera. Il pidgin non ha parlanti nativi: non è la prima lingua di nessuno. È una lingua di
contatto che in situazioni multi linguistiche consente la comunicazione tra i parlanti di due o più codici. Le
lingue creole derivano dai pidgin. Se sussistono le condizioni il creolo può assumere i connotati di lingua
stabile, con una propria struttura lessico-sintattica: ciò succede quando una generazione lo acquisisce come
lingua nativa, lo fissa e lo sviluppo in una grammatica più complessa che può presentare innovazioni o
interferenze con le lingue locali. Lingua e territorio vengono individuati come due elementi strettamente
correlati che insieme danno forma e consistenza alla società. il patrimonio linguistico dell’Africa è uno dei più
ricchi al mondo. Purtroppo esso è anche fortemente minacciato. Ci sono due modi attraverso i quali le lingue
rischiano l’estinzione: -il processo può essere forzato quando si è di fronte alla scomparsa del popolo o dei
popoli che le parlano, oppure per via dell’imposizione dell’alto (conquistatori) dell’uso di un’altra lingua. -il
processo può essere invece spontaneo che descrive un processo storico e culturale per cui un popolo
incomincia a sostituire il proprio idioma con uno ritenuto più utile e competitivo. Ciò che più preoccupa è il
danno che deriva da questa estinzione poiché una lingua porta con se la trasmissione di patrimoni culturali e
storici di intere società. per l’Africa, Laitin ha teorizzato la cosiddetta formula del “3±1 language out come”,
con la quale egli descrive una diffusa caratteristica linguistica nel continente africano, quella della
coesistenza della lingua per la comunicazione internazionale, di una lingua franca africana e di un codice
linguistico vernacolare regionale. Turchetta sintetizza in quattro punti i tratti distintivi del sistema geoli
nguistica dell’Africa nera:  nessun paese dell’africa nera è caratterizzato dalla presenza di comunità
linguistiche monolingui  le lingue europee di retaggio coloniale sono generalmente riconosciute come lingue
ufficiali e sono discretamente diffuse come seconda lingua fra la popolazione che di solito abita in contesti
urbani  spesso i confini politici fra gli stati non ricalcano quelli etnici e linguistici  alcune lingue sono
ampiamente diffuse su vasti territorio geografici (ha comportato lo sviluppo di pi dgin, lingue franche o
creole) Se si considera l’economia come un aspetto derivate da l’identità culturale di un gruppo che si
esprime in uno spazio, allora è più agevole interpretare il sottosviluppo anche servendosi dei contributi che
derivano dallo studio delle lingue. E così, si può affermare, che lo sviluppo economico è qualcosa di più dello
sviluppo dell’economia poiché esso abbraccia l’educazione, l’organizzazione, la disciplina e una lunga serie
di aspetti che possono essere ascritti alla sfera cult urale e che sono veicolati proprio da una lingua. In
chiave culturale è utile riconoscere la relazione fra un sistema linguistico e un territorio verificando cioè se
l’evoluzi one di una lingua corrisponda, preceda o segua l’evoluzione di un territorio. In Africa occidentale
troviamo: lingue esogene imposte dal colonialismo; lingue nate in seguito agli scambi commerciali (franche,
pidgin, creole) o ai movimenti culturali come l’islamizzazione o l’evangelizzazione cristiana; e lingue locali.
Questa varietà linguistica può essere considerata come una forma tangibile di espressione delle diversità e
del pluralismo non solo etnici ma anche sociali, politiche, culturali ed economici. In africa forme di
bilinguismo e trilinguismo sono molto diffuse e talvolta uno stesso parlante alterna frequentemente l’uso di
tre o quattro lingue. Un altro fenomeno importante è l’appropriazione delle lingue esogene come il francese
in Costa d’Avorio, dove il francese è stato trasformato per rispondere alle realtà locali. Ciò avviene
soprattutto nei paesi privi di una lingua veicolare unificante e in cui il numero delle lingue è considerevole. Le
trasformazioni possono avvenire sia a livello fonetico, sia a livello morfo-sintattico e lessicale. Questa diffusa
alternanza di codice linguistico dipende in primo luogo dalla necessità di comunicare con i popoli vicini.
Tuttavia un’altra ragione di questo naturale bilinguismo è quella dei matrimoni misti, ormai sempre più
frequenti. Nelle grandi città le lingue locali evolvono più rapidamente che nei contesti rurali: esse si
incontrano, si trasformano e si adattano alle esigenze comunicative e culturali dei parlanti. Quanto più un
popolo svolge un ruolo economico, politico e culturale, e quanto più questo ruolo di diffonde su di un
territorio, allora anche il grado di conoscenza, diffusione e funzione della sua lingua potrà essere maggiore.

3.Religioni: la geografia delle religioni nel continente africano è profondamente mutata e ha mantenuto una
certa complessità nonché un ruolo di primordine nell’organizzazione della società. la religione in africa è
sempre stata più che un semplice credo religioso, bensì uno strumento di comunicazione fra il mondo dei vivi
e dei morti, una totalità dell’esistenza della società. I tre macro-gruppi religiosi più diffusi in africa occidentale
sono: islam, cristianesimo e le cosiddette religioni tradizionali, comunemente riunite sotto il termine
“animismo”. In africa occidentale l’islam e i culti tradizionali sono più diffusi rispetto al cristianesimo,
eccezioni per Benin, Capo Verde, Ghana, Liberia e Togo, che ha comunque un peso abbastanza rilevante in
molti paesi dell’area.

3.1.Religioni tradizionali: nelle lingue africane non esiste un termine omologo a quello occidentale che sta
per “religione”. I riti tribali, le danze propiziatori, i culti della natura e le numerose forme di attaccamento al
mondo della trascendenza e della ctonia venere talvolta male interpretate dagli scopritori europei, tanto che
la loro espressione ontologica fu banalmente definita “religione tradizionale”, dove con “tradizionale”, si
intendeva collocare e limitare dentro ai villaggi e negli spazi di diffusione culturale di un popolo ogni forma
divinatoria, oppure ogni espressione che venisse interpretata come tale. Anche il termine “animismo” è
convenzionale piuttosto che descrittivo. Per tali ragioni risulta riduttivo il tentativo di fornire una nomenclatura
rigida alla religione africana, tanto che si può concludere che è quasi più cauto parlare di “anonimia
religiosa”. Moler elenca i tratti più o meno caratterizzanti in ogni forma religiosa tradizionale, cioè i suoi
“credo” basilari. Gli spiriti, che siano buoni o cattivi, che appartengano agli antenati della propria famiglia
oppure no, sono l’anima della natura e si riflettono nelle situazioni e negli oggetti del presente. La religione
tradizionale, relegata a una sfera culturale apparentemente arcaica, oggi si innesta a pieno nelle maglie della
società. esse si sono introdotte nel sistema politico neopatrimoniale garantendo l’unità interna a gruppi
diversamente travolti da ondate di rivoluzioni e guerre. In alcuni gruppi etnici, inoltre, sono molto radicate le
società segrete femminili dove le donne gestiscono e guidano i riti e le funzioni religiose nei villaggi,
svolgendo ruoli di medium, rabdomanti o guaritrici in cambio di denaro o regali. Questa particolare forma di
baratto o commercio contribuisce ad emancipare economicamente alcune donne. Si suggerisce, quindi, di
considerare la tradizione e la religione in africa occidentale come aspetti congruenti, che condividono
numerosi elementi e pratiche, e che si manifestano tanto nella cultura materiale quanto in quella immateriale.
Elementi fondamentali della religione sono: il mito e il segreto, che le danno un senso di mistero e rispetto, le
conferiscono autorità e stabiliscono criteri di inclusione e esclusività.

3.2.Islam e cristianesimo: l’islam è molto diffuso nell’africa settentrionale e in quella sub sahariana orientale
e occidentale. L’islam si è insediato nel continente in periodo distinto:  in Africa settentrionale attraverso
conquiste e processi di espansione araba e successivamente degli ottomani;  in Africa orientale e centro-
occidentale, grazie ai commerci trans sahariani;  in varie regioni, anche in Africa meridionale, in seguito alla
deportazioni di schiavi o lavoratori di religione musulmana;  conversioni forzate/programmate, in particolare
dal ramo dei sufi. Le rotte commerciali e il processo espansionistico hanno, così, favorito l’islamizzazione e
hanno diffuso una fede religiosa che, pur rimanendo salda in alcuni suoi punti a quella originaria, si è tuttavia
adattata alle caratteristiche sociali, economiche e culturali delle terre che andava convertendo, fino ad
arrivare alla fusione di alcuni suoi aspetti con elementi tradizionali africani: è il caso del cosiddetto
sincretismo religioso. Le religioni tendono ad essere meno pure in Africa che in Europa e la maggior parte di
essere rappresentano un amalgama di elementi indigeni e stranieri. La letteratura riguardo ai rapporti fra
islam e culture/religioni africani è abbastanza controversa. Da una parte si racconta di rapporti positivi,
dall’altra di imposizione della religione e di punizione di chi non si convertiva al credo islamico. È senz0’altro
possibile che l’islam abbia reso abbastanza omogeneo il tessuto socio-economico tanto da agevolare e
rendere più proficui i rapporti commerciali. Ciò non toglie, però, che questo processo di islamizzazione sia
stato violento. Gli europei (cristiani) si sono avvicinanti e introdotti in africa occidentale dapprima per ragioni
di carattere economico. Esse, con l’alibi di trasferire la civiltà in quelle terre ritenute selvagge e arretrate,
hanno finito per strumentalizzare la reli gione utilizzando l’evangelizzazione per civilizzare e governare i
territori che avevano occupato. Il cristianesimo ha esercitato un importante impulso all’istruzione. Del resto
“dal punto di vista degli africani l’accesso all’offerta formativa dei missionar i, consente, oltre all’adesione al
credo, possibilità preziose di accesso a strumenti culturali per muoversi nel nuovo ordine di potere e di
rapporti stabilito dalla conquista coloniale”. Nella maggior parte dei casi, cristianesimo e islam, che hanno
sempre occupato posizioni di leadership nei partiti politici e nell’organizzazione degli stati post-indipendenza,
oggi convivono pacificamente. Uno dei fattori decisivi per l’affermazione di queste religioni è che esse hanno
subito un lento e progressivo processo di africanizzazione non solo nei contenuti ma anche nella forma,
riuscendo a distribuirsi in modo omogeneo e meno centralizzato sull’intero territorio, affiancandosi
all’istituzione educative e sanitarie statali. per buona parte degli africani, l’essere cristiano oppure muss
ulmano corrispondono a due “abitudini sociali” che si completano con la cultura africana e il senso
appartenenza alla storia.

4.Malattie: la situazione medico-sanitaria dell’Africa occidentale è tutt’ora critica. La cura e la prevenzione


delle malattie di solito vengono affidate a sistemi sanitari nazionali e locali inefficienti e poco capillari sul
territorio rurale. Le cause s ono di varia natura: povertà, instabilità politica e l’incongruenza fra un sistema
sanitario bastato sul modello occidentale, da un lato, e dall’altra, su un più complesso sistema socio-culturale
che prevede l’intervento di stregoni e guaritori. Nella maggior parte dei contesti rurali e periferici il corpo di un
malato non viene visto semplicemente come l’oggetto destinatario di cure, ma come un soggetto attivo nella
comunità in cui vive, in quanto la malattia richiama l’attenzione del gruppo, l’azione del curatore e talvolta
l’intervento delle autorità. La malattia è ritenuta il risultato di un processo che affonda le sue radici nella
storia, nella relazione fra il culto degli antenati, il sistema gerarchico e la centralità del corpo. Si delinea così
l’idea della malattia come evento sociale: il corpo dell’ammalato descrive con a sua malattia un torto subito,
un errore o una colpa commessi nel passato da lui o da un membro della sua famiglia. La malattia è quindi
considerata come un fenomeno che si manifesta in un corpo punito per aver ingannato lo spirito di un
antenato defunto; essa viene preceduta e completata da una serie di fatti naturali anonimi, come la presenza
di formiche, proprio sul tronco dell’albero piantato dal malato. La malattia non affonda le sue radici
esclusivamente in un passato che si manifesta nel presente ma si proietta nel futuro nella misura in cui la
comuni tà e il guaritore cercano di intervenire per curare il corpo, per purificarlo dal male subito o dall’errore
commesso. Nelle realtà rurali, come in quelle periurbane, l’abitudine a farsi curare da un guaritore ha risultati
deboli in termini di efficacia del la cura. Nello stesso tempo, sradicare velocemente questa pratica dal
contesto territoriale può provocare due effetti negativi: il primo consiste nell’indebolimento dell’identità e del
senso di appartenenza; il secondo nella perdita della cosiddetta proprietà intellettuale legata alla conoscenza
che il guaritore custodisce relativamente all’uso e alla lavorazione di piante,foglie, fiori ed erbe efficaci per la
cura della malattia. Il sincretismo fra pratiche tradizioni e medicina ufficiale sembra attualmente la risposta
più efficace per la cura delle malattie in ambienti ancora molto conservativi. Bibeau ha pensato ad un
processo di integrazione basato su quattro principi:  la cooperazione con i guaritori può essere prevista solo
nell’ambito di un piano di riforma che investa l’intera struttura dell’attuale sistema sanitario;  la graduale
introduzione dei guaritori nelle strutture sanitarie pubbliche richiede una collaborazione fra medici e guaritori;
 la graduale integrazione tra le due medicine dovrebbe avvenire sia nelle aree urbane che in quelle rurali; 
il guaritore non dovrebbe mai essere rimosso dal luogo di lavoro abituale; sono piuttosto le sue condizioni di
lavoro che dovrebbero essere migliorate. L’AIDS è una malattia virale che si propaga attraverso una svariata
serie di ragioni che sono individuabili in una rete di causazione e ci riportano ad un contesto più ampio
rispetto a quello sanitario: motivi di carattere militare (stupri e violenze durante le guerre), politico (instabilità
che produce profughi e rifugiati in condizioni di emergenza e promiscuità), socioculturale (riti di iniziazione),
socio familiare (incesti, stupri). Spazi rurali, periferici e spazi urbani degradati sono i principali luoghi di
incubazione e trasmissione della malattia: nei primi mancano conoscenze moderne e sofisticate in grado di
intervenire nella cura, nei secondi è assente un apparato amministrato che gestisca il territori che dia servizi
adeguati.

5.Cibo -> sussistenza e mercato globale: i paesi dell’Africa occidentale stanno vivendo un periodo di
transizione sociale, culturale e demografica: fenomeni di urbanizzazione e abbandono delle campagne;
processi di globalizzazione e di ridefinizione della territorializzazione, ripensamento della politica come
strumento di sviluppo contro forme di neopatrimonialismo e neo-clientelismo post-coloniali; sfide per
contrastare atti di violenza e guerra, nonché per risolvere il problema della diffusione delle malattie. La
campagna è da sempre un luogo di produzione, dove si evolve e si trasforma anche la cultura tradizionale,
riferimento per la maggior parte della popolazione. Gli spazi agricoli africani sono prevalentemente
organizzati secondo il modello della policoltura di sussi stenza. Oggi questa campagna si trova a fare i conti
da una parte con un impianto storico e tradizionale che chiede di essere tutelato e conservato, dall’altra con
un sistema economico globalizzato che guarda, non tanto ai processi, quanto al prodotto come bene di
consumo e mezzo per arricchirsi. Dalla varietà dei climi e della geografia di questa regione deriva un sistema
primario altrettanto composito. Le attività agricole sono spesso ancora praticate secondo le dinamiche della
sussistenza, poiché mancano i mezzi, le risorse e gli strumenti con i quali commerciare e/o trasformare i
prodotti. La campagna deve così inevitabilmente fare in modo che il contadino dialoghi con il commercio e
l’economia “extra locali”. È necessario lavorare in modo da coniugare t radizione e modernità, declinando le
azioni di sviluppo economico e tecnologico con le pratiche culturali. Nel settore sociale, si verificano forme di
collaborazione fra singoli contadini, fra famiglie o interi villaggi, attraverso l’istituzioni di cooperative e/o
artigianali. In esse, saperi competenze e tradizioni di ciascuno vengono messi a disposizione del gruppo e,
di norma, viene garantito un sostegno economico, tecnico e formativo ai singoli e alla collettività. La Rural
Comunity Develompment Association (RCDA) è una associazione cooperativa agricola interamente gestita
da locale. essa ha una scuola elementare e una professionale; inoltre, granatisce assistenza sanitaria,
fornisce mezzi e strumenti per la lavorazione dei campi, nonché l’assistenza di un meccanico; assicura la
vendita dei prodotti nei mercati regionali e la ridistribuzione del guadagno proporzionalmente a quanto ogni
unità lavorativa ha prodotto e al numero dei componenti della famiglia coinvolti; infine promuove una
rudimentale forma di sperimentazione di nuove culture nella cosiddetta “special farm”. La cooperativa sta
così tentando un passaggio necessario dal sistema di agricoltura di sussistenza a quello di agricoltura di
mercato, per arginare e superare l’emergenza del problema alimentare. L’Africa occidentale offre alcuni
esempi di agricoltura di mercato, intesa come quell’attività che emerge dall’agricoltura di sussistenza,
riuscendo a produrre i cossi detti cash crops, le culture appunto che permettono di accumulare denaro
attraverso la loro commercializzazione. Più delle altre troviamo la palma da olio, il cotone, gli arachidi, il riso,
il mais e il miglio. La crisi economica si è fatta sentire nel settore del cotone; condizione simile è quella
toccata alla produzione dell’arachide. L’aumento del prezzo dei cereali ha influito negativamente anche
sull’allevamento. alla crisi economica globale vanno, inoltre, sommate altre cause di aumento dei prezzo dei
prodotti:  carenze strutturali locali  difficoltà ambientali legate a condizioni climatiche spesso ostili 
imposizione di tassi doganali

5.1.La sfida alimentare in Africa Occidentale: qualità e disponibilità di cibo sono misura della qualità della
vita, anche di quella politica, del singolo e della collettività. I contadini e i pastori continuano a fornirsi di cibo
e ha prelevare sostanze medicamentose proprio dall’ambiente naturale in cui vivono, poiché nel corso dei
secoli hanno rafforzato una conoscenza profonda tanto da attivare ottime competenze in riferimento alle
tecniche di uso e trasformazione dei prodotti naturali. La colonizzazione ha modificato la destinazione d’uso
di molti terreni, e ha, di conseguenza, trasformato l’economia di intere regioni rurali. Tuttavia essa non è
riuscita a scalfire definitivamente i tratti della cultura tradizionali, all’interno della quale l’attenzione dei
contadini e degli allevatori è rimasta alta per gli aspetti legati all’identità del cibo, ai suoi nomi, alla sua
origine. Gli africani, mangiando e bevendo i prodotti dei propri terreni, rafforzano la propria identità storica e
culturale. Laddove, però, si è verificata una più veloce transizione dal sistema rurale tradizionale a quello
coloniale e post -coloniale di piantagione, si sono verificati fenomeno di più evidente straniamento: basti
pensare che buona parte dei prodotti alimentari “africani” che giungono sui mercati internazioni sono il
risultato della coltivazione di piante non endemiche. L’agricoltura rimane il motore dello sviluppo rurale e
della riduzione della povertà e della fame in tutta l’Africa sub sahariana, vista la crescente domande interna e
continentale di beni alimentari primari, a seguito dell’urbanizzazione della crescita demografica. Sicuramente
l’abbondanza di risorse naturali è una delle condizioni favorevoli per il rafforzamento del sistema agricoli.
Tuttavia c’è bisogno di programmi e politiche che accrescano la possibilità dei piccoli agricoltori di inserirsi
nei settori dei mercati nazionali, regionali e internazionali. Sono anche necessarie delle politiche volte a prot
eggere i contadini africani dalle alluvioni, dalle siccità e dagli shock dei prezzi alimentari internazionali.
Trasferimenti conoscenze e tecnol ogie dai paesi ricchi a quelli poveri insieme a maggiore investimenti nella
ricerca agricola sono infine crucial i per ottenere dei progressi nella lotta alla fame e stimolare lo sviluppo
agricolo. Negli ultimi anni le politiche agro-alimentari hanno introdotto il concetto di sovranità alimentare: il
cibo e l’accesso alle risorse genetiche e produttive sono visti come un diritto dell’uomo; per tali ragioni di
punta a una produzione prevalentemente agro-ecologica, nonché alla promozione di politiche commerciali
eque e su breve distanza: con il concetto di sovranità si pone l’attenzione sui processi generali di produzione
del cibo e quindi, in questa concezione di agricoltura, rientra anche la riduzione legata alla raccolta dei
prodotti spontanei, alla pesca artigianale, all’allevamento e dunque al nomadismo pastorale.

4.L’Africa occidentale e le sue narrazioni


1.Oralità -> L’arte della parola: l’oralità viene definita come l’insieme degli elementi che caratterizzano la
comunicazione non scritta e essa risulta la trasmissione privilegiata del passato per mitologie e altri aspetti
della vita sociale. in Afri ca sub sahariana l’oralità resta un elemento primordiale nella vita quotidiana e
determina il trasferimento del patrimonio storico e culturale dei popoli. La culla dell’oralità è il villaggio rurale.
Si basa essenzialmente sulla memoria individuale e collett iva e si concretizza nell’espressione di uno spirito
di conservazione, rispondendo ad una necessità di educazione e sopravvivenza culturale. La parola investe
un significato importante poiché nella tradizione si ritiene che “la parola non appartiene all’uomo ma è l’uomo
che appartiene alla parola”. Il diritto alla parola è infatti un principio importantissimo, simbolo di saggezza e
conoscenza. Nell’ambito della cultura orale investono grande importanza proverbi, favole, miti, leggende ed
epopee. La parola crea anche continuità fra le generazioni. al griot viene affidato il compito di rendere
possibile una testimonianza duratura dei valori. Questa figura nasce negli antichi regni dell’africa
occidentale, soprattutto nell’impero del Mali. I griot riconoscono di avere un’origine comune e associano il
loro nome al sangue perché considerano vivificante il loro ruolo nella società. Alcuni studi fatti sui griot,
evidenziano che essi vivono attualmente in una fascia territoriale continua, che si estende dal Senega l al
Niger, e che si definisce griot belt. Una delle prerogative del griot era quella di essere consiglieri, portavoce
ed emissari di re e nobili, nonché educatore dei loro figli. Il percorso di formazione dei griot è di tipo familiare.
Essa viene fatta sotto giuramento e insegna a mantenere i segreti. Il mondo del griot è legato alla musica
poiché essa rafforza il messaggio, lo accompagna e attira l’attenzione di chi lo ascolta. Utilizza soprattutto
strumenti tipici. Il griot è depositario della memor ia collettiva ed è un “collante” socio-territoriale: muovendosi
nella comunità egli ricostruisce legami e significati, rilevandosi uno dei fulcri importanti delle dinamiche della
vita africana. Fra le insidie e i limiti della tradizione orale c’è l’affidabilità della memoria, la trasmissione dei
valori implica il ricorso a una grande capacità mnemonica ed è quindi legata alla formazione dei griot e dei
tradizionalisti. Questo comporta il rischio di perdita di informazioni, di fraintendimenti, di dimenticanze. Caso
di studio: il griot in Mali: l’odierno stato del Mali presenta un tessuto sociale variegato, grazie alle sue
numerose etnie che vivono perlopiù di agricoltura, pesca e pastorizia. È in questo contesto che si ritrova una
delle figure più importanti della società: il griot. Un tempo a servizio di re e nobili, oggi egli vede decaduto il
suo ruolo di precettore di principi e di aristocratici, ma mantiene gran parte delle caratteristiche che fanno di
lui una figura di spicco della tradizione secolare. È il pacificatore per eccellenza, ha una conoscenza
profonda della storia comunitaria e di ogni famiglia ed è anche l’animatore di feste come matrimoni e
battesimi, dove il suo talento di elogiatore, cantante e musicista coinvolge il pubblico. Pur nell’unitarietà delle
loro funzioni socio-culturali il griot presenta alcune caratteristiche che variano da una comunità di
appartenenza all’altra. Ad esempio nelle comunità dogon il griot è soprattutto un genealogista che si esibisce
durante le feste, il suo ruolo di depositario della memoria collettiva è meno pronunciato, visto che ogni
famiglia custodisce la propria storia e la gestione dei conflitti richiede raramente il suo intervento. Oggi i griot
sono tentati dal guadagno facile con la musica e pongono l’accento sulla carriera in questo settore piuttosto
che sull’importanza dell’eredità di maestro della parola e così la componente musicale offusca il resto del
loro ruolo. Lo sconvolgimento dell’ordine sociale provocato dalla colonizzazione ha avuto contraccolpi sul
mondo dei griot, soprattutto sottraendo la classe dei nobili che era un punto di riferimento e rappresentava la
maggiore fonte di guadagno. Inoltre il griot, che cono il suo ruolo di comunicatore e cantastorie rappresenta
un po’ l’antenato dei mass media, davanti a questo nuovo tipo di concorrenza rimane intrappolato tra un
passato esigente e chiuso e un presente euforico e aperto, per il quale nessun segreto sembra valere. Oggi
il griot è una persona che gestisce affari legati al suo talento di grande musicista ed egli si rivolge a un
pubblico nazionale e internazionale. Si può comunque affermare che la figura del griot rimane ancora
attuale, soprattutto nelle zone rurali, dove mantiene le funzioni originarie.

2.Scrittura: la scrittura e la tradizione orale sono due modi di espressione che si intrecciano e si completano.
Spesso però è necessario chiedersi quando è utile trascrivere le conoscenze orali. È importante ricordare
che la scrittura in Africa non è, e non deve essere considerata, come nata per supplire le carenze dell’oralità.
La scrittura si diffonde come effetto secondario della colonizzazione e prende il sopravvento sulle più antiche
forme locali. Lo sviluppo della letteratura in Africa Occident ali si articola in due fasi principali: la fase
coloniale, dominata dallo spirito di imitazione verso il colonizzatore, e quella postcoloniale, nella quale ad un
primo stadio di euforia ne segue un secondo di delusione e disincanto per il nuovo potere statale. Da qui
nasceranno opere di denuncia che subiranno censura e causeranno la persecuzione dei loro autori.
L’evoluzione di ciò porta gli scrittori ad essere sempre più propensi a un genere meno afrocentrista. Uno dei
punti cruciali della letteratura subsahariana è legato alla molteplicità linguistica: l’utilizzo della lingua del
colonizzatore offre maggiore visibilità alle opere scritte con la conseguente povertà d’opere in lingue locali.
Llo scrittore africano diviene uomo del suo tempo e, come tale, le sue opere riflettono i valori e le speranze
della società,. con lo scopo principale di dimostrare al mondo che l’Africa ha una cultura e una storia. Negli
anni ’30, si sviluppa il movimento della Nègritude che, nell’affermare il valore intrinseco dell’uomo, voleva
dimostrare che non sussisteva alcun motivo di vergognarsi di essere nègre. Esaltava i valori e la cultura dei
popoli neri, considerati fino ad allora primitivi e senza storia, e poneva le basi per un impegno più profondo di
lotta per l’indipendenza, nella fierezza delle origini. Questo messaggio, però, non piaceva a tutti: c’era chi
rinnegava il ritorno alle radici in quanto non era mai avvenuto un vero allontanamento da esse. In general e
si può affermare che gli scrittori erano accomunati dal pensiero di diffondere un’immagine positiva dell’Africa.
Il canovaccio sul quale si doveva muovere lo scrittore era pressoché definito, quasi obbligatorio: sgarrare
significava essere mal giudicati. L a regola generale era di non realizzare opere che svelassero
eccessivamente la società africana. Alcuni si impegnarono nella descrizione della vita quotidiana attraverso
romanzi autobiografici che ebbero grande impatto sui lettori perché molto più reali rispetto ad altri libri. Due
grandi scrittori hanno contribuito, con i loro scritti alla ricostruzione della storia e della cultura africana: il
senegalese Cheik Anta Diop e il burkinabé Joseph Ki-Zerpo. Notevole è anche il contributo delle donne,
circa due decenni dopo l’indipendenza, nel lavoro di strutturazione letteraria. Nelle loro opere si trattano i
temi legati ai diritti femminili elementari, alla violenza corporea, alla pressione psicologica e ai matrimoni
combinati. L’aspirazione fondamentale di queste scrittrici è divenire autonome, affrancate dall’oppressione
vissuta nell’ambito familiare e sociale. l a penna è il simbolo di questa libertà: si afferra senza chiedere il
permesso e rompe i tabù che impediscono di avere visibilità. Ad arricchire la realtà letteraria ci sono anche
gli africani che scrivono fuori dalla loro patria: la letteratura della migrazione. Il desiderio di questa letteratura
è quello di lanciare un messaggio: conoscere, farsi conoscere, interrogare, collaborare, superare gli
stereotipi, capire, comunicare, denunciare e decolonizzare/ci. Le attuali generazioni di scrittori possono
ambire a nuovi traguardi, non più confinati alle rivendicazioni del passato.

2.1.Libertà di stampa: dai rapporti sulla libertà si stampa si evince che, per i paesi dell’Africa occidentale, la
situazione è vacillante: il 18 % dei paesi si considerano liberi, 43% dei paesi parzialmente liberi mentre il
39% non liberi. Si definisce libero (L) quando si ha una competizione politica aperta, rispetto delle libertà
civili e media indipendenti; paesi a libertà parziale (LP) sono quelli con rispetto limitato dei diritti politi ci e
delle libertà civili e un panorama politico in cui predomina un’unica forza nonostante un certo grado di
pluralismo; sono paesi non liberi (NL) quelli in cui sono negati i diritti politici e le libertà civili fra cui
l’informazione.

3.Cinema-> quando l’Africa è cinema: alla comprensione della realtà africana contribuisce anche l’ambito
cinematografico. Per quanto riguarda l’Africa Occidentale la produzione per il grande schermo si è sviluppata
soprattutto a partire dagli anni ’50 con opere di notevole spessore e di particolare vivacità in Burkina Faso,
Mali e Senegal. La produzione cinematografica africana è caratterizzata da varie componenti:  tradizione
orale riproposta in diverse forme e accenti;  fiabe, miti e la relazione tra bene e male;  figura dell’anziano
visto nel suo ruolo rispetto alle giovani generazioni;  il griot come facilitatore della comunicazione fra
soggetti diversi;  la complessa relazione tra i poteri, base delle decisioni che regolano la vita e lo sviluppo di
un ruolo;  i riti, in particolare quelli di iniziazione, fase insostituibile nella crescita di ogni individuo e nel
consolidamento della comunità (riti della circoncisione e dell’escissione);  figura della donna protagonista
del cambiamento;  tema migratorio (con i temi del desiderio di arrivare in Europa, la sofferenza emotiva per
l’allontanamento dal luogo natio, l’effetto delle rimesse dei migranti, la questione dei soldi, migrazione di
ritorno al femminile);  l’infanzia in Africa: sono ampiamente note le problematiche che gravano su un
equilibrato sviluppo dei più giovani, da quelle strettamente sanitarie a quelle riguardanti i diritti fondamentali
quali una corretta alimentazione, l’istruzione e reti relazionali adeguate. Altri temi: il sogno di diventare
calciatore, il tema dei bambini soldati e dei diritti negati.  conflitto civile, scontri e difficoltà della
riconciliazione. In ogni film, ambiente e spazi, se non identificabili come protagonisti assoluti, sono
certamente fattori che producono la scena e attraverso cui si dipanano i fattori e i racconti. Il villaggio di
caratterizza per tutti gli elementi ad esso naturalmente legati: la brousse, il baobab, i tamburi, le vesti
tradizionali ecc. Al villaggio si contrappone la città, più trafficata e caotica, vivace nei suoi mercati ma spesso
più angusta, incoerente, nella tensione tra ricchezza e povertà, tra modelli africani e occidentali, dove la
frenetica corsa al denaro è affrontata con dolore ma anche con ironia. Non mancano contenuti più delicati
come quello dell’omosessualità. Le pellicole consentono di conoscere la pluralità e la finezza degli s pazi
africani e dei loro abitanti, allontanando manovre concettuali di semplificazione e di modellazione di realtà
ben più multiformi e fluide. A rafforzare quanto appena detto vi è il genere del documentario. Il cinema in
Africa Occidentale è un dedalo di opere di grande interesse, coraggiose, critiche anche verso i poteri
istituzionali che ne hanno talvolta contrastato lo sviluppo. Questa cinematografia ha dato origine o alimentato
importanti eventi in tutta l’Africa, come festival del cinema africani. Tali iniziative legate al mondo del cinema
sono promosse da singole associazioni o enti. Inoltre ci sono festival del cinema africano anche in molti
paesi europei. A fronte di tale spessore storico culturale e dell’effervescenza dimostrata, il cinema in Africa
Occidentale sta tuttavia subendo una preoccupante stasi. Vi sono infatti elementi di strutturale fragilità: la
mancanza di risorse incide pesantemente sia sulla distribuzione che sulla produzione. Si indebolisce, inoltre,
la capacità di concorrere sul piano internazionale con i colossi europei ed americani. Un ulteriore fatto da
considerare è la presenza sempre più incalzante della televisione, spietata concorrente delle sale
cinematografica in tutto il mondo. Per fronteggiare queste difficoltà e recuperare il valore del cinema, si
prediligono alcune via, soprattutto per i giovani, come la scelta di girare cortometraggi in ambiente urbano e
con attori locali in modo da abbattere i costi. Inoltre, a favore dell’incremento della possibilità di distribuzione
delle pellicole la tecnologia costituisce una soluzione vincente: la digitalizzazione abbatte le spese e crea
una velocità di diffusione comprensibilmente molto vantaggiosa. Il cinema è un potente dispositivo educativo
e di propagazione della conoscenza anche in Africa. Esso assume più funzioni: è un prodotto attraverso cui
si esprime la forza culturale dell’area considerata ma anche un mezzo per dipanare la realtà africana e uno
strumento di demistificazione dei falsi significati. Ogni pellicola è testimonianza dei mutamenti e dei desideri
espressi dalla società, è occasione di comprensione e conoscenza critica, è strumento per ridurre le distanze
spaziali e culturali, superare diffidenze e luoghi comuni, sensibilizzare tutte le generazioni alla
multiprospetticità del reale.
Alla luce di ciò è interessante ricordare che il cinema può anche traslare significati in una dimensione
tradizionalmente inaspettata.

5.Dinamismi e prospettive
Per quanto riguarda la prospettiva futura sullo sviluppo dell’Africa, è possibile ricondurre a due pr incipali
posizioni: - gli afropessimisti: non prefigurano un futuro positivo visti la quantità e la gravità dei problemi
presenti, l’ancora troppo evidente digital divide, la scarsa stabilità politica, il fallimento di molti programmi
d’aiuto nonché la fragilità del sistema naturale e demografico. - Gli afrottimisti: registrano, invece, la vitalità e
il miglioramento del continente in merito a questioni socio-culturali, sanitarie ed economiche, così come ne
riconoscono un ruolo crescente nella globalizzazione. Il filone degli afrottimisti trova i suoi fulcri nell’idea di
unità e integrazione regionale. Per quanto riguarda la prima prospettiva si può risalire al Panafricanismo.
Esso è un movimento a sostegno dell’unità politica e identitaria dei paesi afr icani e porta alla nascita
dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA 1963). L’OUA è un organismo intergovernativo che però
rimaneva legato al rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale degli stati membri. Q uesta idea di
unione nasce in Africa Occidentale ed esprimeva la voglia di mettersi insieme per rispondere ai problemi
dell’Africa. L’OUA viene sostituita dall’Unione Africana (UA) che comprende tutti i paesi del continente ed era
tesa ad una interazione fra i paesi.
Essa prevedeva la possibilità di intervenire nei conflitti degli stati membri in situazioni quali: genocidi, crimini
di guerra, crimini contro l’umanità. Si occupa del ruolo dell’Africa nel contesto internazionale. I diversi paesi
africani, per quanto riguarda l’organizzazione e collaborazione regionale, sono accorpati in una Comunità
Economica Regionale (CER) che permette l’integrazione economica per divenire più forti su scala mondiale.
Tale comunità si definisce Economic Community of West African States (ECOWAS o CEDEAO). Il
movimento fondato nel 1975 raggruppa 15 paesi dell’Africa occidentale (La Mauritania ne è uscita nel 2002).
Ha il compito di integrare gli stati negli ambiti economici, produttivi, energetici, culturali. Comprende, infatti,
l’Unione economica monetaria (UMOA) dei paesi che utilizzano la moneta francofona (il Franco CFA).
Tuttavia emergono due problemi. Il primo problema riguarda il fatto che solo 8 stati hanno questa moneta
(Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo) mentre gl i altri paesi
anno ognuno una moneta propria. L’obbiettivo è, quindi, quello di creare una moneta unica. Il secondo
problema è che molti di questi stati sono giovani e tutti sono attaccati al loro stato e alla loro indipendenza, il
potere statale prevale sull’idea comunitaria. Concordare decisione e disegni di sviluppo statali non è, quindi,
facile. Oltre alla politica monetaria l’ECOWAS si occupa di:  politica agricola  politica sanitaria  sicurezza
e difesa: tutte le guerre e i colpi di stato nei vari Stati (Mali, Guinea Bissau) creano instabilità. Per questo
motivo, l’ECOWAS, dal 1990, è dotato di un unità militare che interviene in caso di conflitti nei paesi membri.
Per garantire, però, la presa di coscienza dell’importanza della gestione di questa risorsa, nel 2002 nasce il
Consiglio di Pace e Sicurezza che si interroga sulla quantità di soldati e le armi da usare.  relazione con
l’Europa: tutti i paesi dell’Africa occidentale partecipano alle relazioni con l’europa regolate dalla
Convenzione di Cotonou istituita nel 2000 con una durata ventennale. Tale convenzione imposta un sistema
di cooperazione basato sulla “reciprocit” commerciale e sula “flessibilità”, ritenute necessarie per adeguarsi
alla globalizzazione ed ai mutamenti sociali e tecnologici. Inoltre la convenzione potenzia la dimensione
politica delle relazioni tra gli stati Africani Caraibici e Pacifici (ACP) e l’Unione Europea (UE). Tra i molteplici
motivi di debolezza e di insuccesso dell’ECOWAS si possono citare: - presenza di più monete;
- attaccamento alla sovranità nazionale; - alto livello di insicurezza alimentare; - vulerablità rispetto alle crisi
macro-economiche che stravolgono gli equilibri già precari dell’area; - carenza di basi finanziarie adeguate e
lo scarsissimo ruolo del settore privato; - la dissonanza tra alti costi e timidi guadagni; - l’eccessiva
burocrazia e la mancanza di una guida politica. Malgrado le difficoltà la soluzione regionale resta chiave
irrinunciabile di accesso allo sviluppo. Per costruire questa unione e una forte identità è, però, necessario
conoscere la propria storia.

5.1.Il ruolo delle donne: La donna svolge oggi il ruolo di principale attore economico e sociale. Spesso, con
facilità e superficialità, si vede nella donna africana la figura di persona maltrattata e senza diritti.
Effettivamente in molte zone dell’Africa le donne subiscono disparità ma vi sono anche luoghi di dominio. Il
dominio femminile è innanzitutto circos critto allo spazio privato della casa, per la cura dei figli e della
famiglia allargata. Oltre a ciò, in particolare nelle comunità rurali, la donna si dedica al procacciamento
dell’acqua e ai lavori agresti, con un tasso medio di occupazione che supera il 60 %. È lei che assicura la
sopravvivenza familiare grazie al supporto di diverse forme di micro finanza, con le quali può avviare attivi tà
di economia informale o piccole imprese (associazione informale femminile). È già avvenuto il
riconoscimento globale di alcune donne Africane come famose scrittrici o nobel per la Pace. Tuttavia ciò che
interessa veramente è la visibilità internazional e delle donne che quotidianamente si organizzano per
tentare di superare le difficoltà della vita. Un esempio di stato africano che sta tentando di inserirsi nel
dibattito sul riconoscimento dei diritti delle donne è il Senegal che ha promulgato una legge per disciplinare
gli atti di pedofilia, la violenza domestica, le molestie sessuali e le mutilazioni genitali femminili . L’ex
presidente ha anche assegnato numerosi incarichi a donne all’interno del proprio governo. Il raggiungimento
di una autonomia economica per le donne è e rimane l’obbiettivo principale.

CONCLUSIONE: Nella geografia sociale si tratta molto il tema delle persone che insieme vivono su un
territorio. L’Africa Occidentale è un area variegata per connotati fisici, componenti umane, aspetti politici,
peculiarità sociali e culturali. È una realtà decisamente composita ed eterogenea, che alterna momenti di
forte slancio e altrettante stasi.

Potrebbero piacerti anche