Premesse
filologiche
“ferri del
mestiere
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LOSOFIA ANTICA
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ALLA FIIn una disciplina come la filosofia antica
confluiscono e interagiscono le compe-
tenze specifiche dei filosofi cosi come le
competenze specifiche dei filologi, col
risultato di mettere ogni tanto in diffi
colta chi non sia sufficientemente “at-
trezzato” sull'uno o sull'altro fronte.
apparato concettuale e le informazioni
raccolte in questo volume servono
appunto per orientarsi sulla variegata e
complessa problematica che deriva dal-
Fintreccio di competenze che, di per sé,
hanno ben poco in comune.
Vengono percid affrontati temi quali i
seguent
* il complicato itinerario che ha permes-
so al testi grecie latini di pervenire fino a
noi € le manipolazioni a cui sono stati
sottoposti nel corso dei secol
* Tapporto della critica testuale e della
filologia ai fini della restitutio,
* le principali opera omnia d’argomento
filosofico pubblicate nell antichita,
* le principali raccolte di frammenti
testimonianze,
* le molte storia della filosofia compilate
dagli antichi (quanto meno dal sofista
Ippia fino ad Agostino di Ippona),
* fattori di complessita e insidie peculia-
ri dell'approccio filasofico ai testi dei filo-
sofi antichi,
+ modi diversi di impostare la storia della
filosofia,
* Vapporto dellinformatica agli studi di
filosofia antica,
* come orienta
¢ della bibliografia,
* come orientarsi tra le abbreviazioni e
le altre convenzioni in uso nella pubblici-
stica di settore.
A fine volume, un vasto Glossorio perlu-
stra oltre duecento termini tecnici
UI volume si raccomanda per chiunque
voglia andar oltre un approccio amato-
riale ai testi dei filosofi grecie latin.
lla ricerca delle fonti
In cope
Arbor Porphyriana: Socrate« Plone adai-
fano un covalore [fosvs) cho monte ratio.
iru nl code Over ka. 1406 sc, Cin
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Livio Rossetti - qui all’Officina dei Papiri di Napoli
2 docente di Storia della Filosofia Antica (e di
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pre-aristotelica, spaziando peraltro anche su temi spes-
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{rone platonico: Dialoga con Socrate (1995).
Trai suoi libri recenti il contestuale Platone, Euifione
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Cooninate dell esperienca giuridica atta.
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(da cui Understanding the Phaedrus. Proceedings of
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contestualmente, ha dato vita all’ Associazione Inter-
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PER)femio
COLLANA
DI DIDATTICA E MANUALISTICA,
acura
di
Francesco De Martino
Nella collana
1. - Leonardo Cali, Creativita musicale e scuola, Premessa di Pierpaolo Rosati,
marzo 1993, pp. 287, S. 15.000
2. - Paola Radici Colace - Giuseppe Puzzello, A passeggio con i classici. Antologia
di testi latini per i licei classici e scientifici, aprile 1997, pp. 500, 8. 38.000
Imminente
Nicola Basile , Sintassi storica del greco antico, aprile 1998, pp. 795, $. 60.000Livio Rossetti
INTRODUZIONE
FILOSOFIA ANTICA
Premesse filologiche
e altri “ferri del mestiere“
Levante editori - Bari© 1998, Tutti dirt riservati
fOr.
Ai sensi della legge sui diritti d'autore tutelati dal Codice Civile
« vietata la riproduzione di questo libro, ¢ di parte di esso, con qualsiasi mezz0
elettronico, meccanico, por mezzo di fotecopie, microfitms, registrazione, ccc.)INDICE
T- ALCUNIPRELIMINARI ..... 000.0020. 0 cece cece eee ee eee
1. Non un colpo d’occhio sulla filosofia antica, e neppure
un repertorio bibliografico, Ma... 6... 0.6 c cece teen ence eens
2. Cosa intendiamo per “filosofia antica” e cosa quella filosofia
pud cienilicare per NOL OPS tera n ae
II - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A NOI
3. Molti tipi di fonti
4. Le copie, i falsi, i corpora, !a filologia alessandrina .
5. Dal papiro al codex medievale e alle prime edizioni a stampa .
5.1 - Confezionamento e uso del rotolo di papito. .... 2.0... 0000. cece ee
5.2 - L’apporto dei papiri (e della papirologia) alla conoscenza del mondo classico
5.3 - La riscoperta dei papiri: Ercolano, Ossirinco, Dervel
5.4 Il passapgio dal volumen al codex . .
5.5 - Faltori di dispersione e recupero dei testi classici nel Medioevo
5.6 - Una fonte altemnativa: le traduzioni arabo-latine
5.7 - Il passaggio alle edizioni a stampa
THI - L’ APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLA FILOLOGIA
6. La restitutio dei testi antichi .
6.1 - La restitutio come obiettivo della critica testuale .
6.2 - Una serie di operazioni preliminari: dalla recensio allo stemma codicum . .
6.3 - Verso l’edizione critica: coniecturae ed emendationes.
Lapparato critico. La normalizzazione ortografica
6.4 - Editare l"esemplare unico. L’edizione paleografica .
6.5 - Le citazioni di seconda mano e gli autori “
6.6 - Il tema dell‘autenticita
7. Intermezzo: una fiction filologica ... 2.2.06... 0.0 e cece eee eee
8. Altri tipi di insidie del testo antico: tra filologia e storiografia filosofica ”
TV - I GRANDI “RACCOGLITORI” E I PRINCIPALI TESTI
DI “SECONDO GRADO”
9. 1 principali corpora di testi filosofici greci (e latini)
9.1 = Il Corpus Democriteum
92-1 Corpus Platonicum
9.3 -Il Corpus Aristotelicum .
9.4- Il Corpus Theophrasteum9.5 - Il Corpus Chrysippeum
96 - Il Corpus Plotinianum .
9.7 - Altsi corpora di autori ‘tard
10. Alcune primarie raccolte di frammenti ¢ testimonianze
10.1 - I frammenti dei filosofi presocratici -
10.2 - Socratis et Socraticorum Reliquiae . .
10.3 - Accademici e Peripatetici
10.4 - Epicure e Stoici
10.5 - “Accademici” € Scettici . .
10.6 - La filosofia dell’et4 imperiale e la Patristica . .
11. Le storie della filosofia compilate dagli antichi .......... ee
{1.1-Un primo colpo d’occhio . . .
11.2 - Le retrospettive pid antiche (prima di Aristotele)
11.3 - Aristotele. Teofrasto, Eudemo e gli altri peripateti
114 Le Successioni dei filosofi, tra Rodi e Ercolano
11.5 - Cicerone
11.6 - La storiografia filosofica dei primi secoli d.C. .
117 - Agostino e Simplicio
V - I PERCORSI DELL’ANALISI DOTTRINALE
12. La ‘lettura’ filosofica dei testi: un primo gruppo di coordinate .
1 - Dalla filologia alla filosofia, Gli usi linguistici peculiari della filosofia
.2 - Gli obiettivi della ricerca sulla filosofia che emerge dai testi filosofici -
12.3 - Provare a identificare delle teorie: fattori di complessita e insidie peculiari
124 - Interpretazione benevola, forme di precomprensione e ‘soglia critica’ .
13. Modi diversi di fare storia della filosofia (antica) .
14, Tra letteratura e scienza: la filosofia ‘virtuale’ e l’emergere
dello specifico filosofico 2.2.2.2... cece cece eee e eee e ee
VI - APPORTO DELL'INFORMATICA E RISORSE DI “TERZO LIVELLO”
1S. Lapporto dell’informatica ©... 2.2.0.6 cece eee eee eens
16. Le ‘chiavi d’accesso’: una breve panoramica
17.11 ‘piccolo mondo’ delle convenzioni .
17.1 - Problemi di traslitterazione
17.2-L'accento ...
17.3-Lacronologia .
17.4 - Infine altre minuzie
GLOSSARIO SS eee ee es
INDICE ANALITICO . .
TAVOLE FUORI TESTO
247
257
259
269
279
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345
361PREMESSAFilosofia_in_Ita
Come ogni altro tipo di sapere specialistico, anche la filosofia
antica ha una nutrita serie di piccoli segreti che, pur essendo a tutti
gli effetti di dominio pubblico, rischiano di tenere implacabilmente ‘a
distanza’ chi non sia del ramo.
A far problema sono in primo luogo le mediazioni attraverso cui
un testo antico viene riproposto nei nostri libri, vale a dire gli intri-
cati percorsi a seguito dei quali dai codici medievali (ovvero dai papi-
ri) si ‘estrae’ un testo che di solito @ sensibilmente diverso non solo
sotto il profilo dell’output grafico, ma anche per quanto riguarda l’e-
Satta configurazione del dichiarato e per altri aspetti (ad es. l’autore
e i titolo indicato nei codici, l’autore e l’opera a cui viene ricondot-
to un certo frustolo di papiro).
Parliamo, per di piit, di operazioni che non sono mai effettuate
una volta per tutte, ma risentono del continuo lavoro di revisione a cui
queste unita testuali vengono normalmente sottoposte.
Accade percio di meravigliarsi allorché non ha successo la ricer-
ca del frammento di Eraclito in cui dovrebbe comparire l'espressione
panta rei, e cost pure allorché si viene a sapere che Aristotele non ha
Propriamente scritto nessuna Metafisica in quattordici libri, essen-
zialmente in quanto @ raro trovare un chiarimento su questioni del
genere, che gli esperti tendono a considerare talmente pacifiche da
non avvertire il bisogno di offrire delle spiegazioni ad hoc. E bastera
scorrere il volume per rendersi conto di quanti altri ‘segreti’ della
natura piit diversa sono normalmente oggetto di una sorta di rituale
silenzio nei manuali e in altri scritti di storia della filosofia antica.
A sua volta, dietro al ‘trattamento filosofico’ di simili testi c’e
tutta una serie di ulteriori convenzioni e ‘regole del gioco’ che pure
bisognerebbe conoscere. Per non parlare della robusta ventata di aria
nuova che é legata all’awvento dell’informatica.
Il problema é che tutta una serie di concetti-quadro, di nozioni e
di informazioni ‘tecniche’, pur essendo di pubblico dominio, vengono10 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
messe per iscritto cost di rado da rimanere virtualmente inaccessibili
a una vastissima cerchia di persone che pure sono interessate alla
filosofia antica: nozioni che i libri danno, fin troppo spesso, per cono-
sciute 0 intuitive, mentre non lo sono affatto.
Da qui V'idea di colmare tale vuoto con una offerta di informa-
zioni e concetti appositamente pensata per favorire la progressiva
familiarizzazione con quella dimensione ‘tecnica’ della filosofia anti-
ca @ tutta una serie di altre nozioni che sono semplicemente indi-
spensabili se si vuole evitare che la percezione delle unita testuali con
cui si va a prendere contatto si faccia pericolosamente approssimati-
va e imprecisa.
A sua volta la considerevole ampiezza del volume dovrebbe dire
quaicosa sulla difficolta di riferire in breve sul gran numero di que-
stioni, non di rado piuttosto complesse, su cui non a caso manuali ed
altre opere di relativamente largo uso tendono a sorvolare (2 infatti
impensabile concentrarle, poniamo, in una decina di pagine).
Si & dunque provato a costruire una sorta di percorso ragionato
e di ‘reticolo’ dal quale non ci si deve pero attendere né una breve sto-
ria, né un prospetio cronologico, né un repertorio bibliografico, né un
lessico ragionato dei termini filosofici greci e latini (perché queste
cose @ relativamente facile rintracciarle in altri libri), ma piuttosto
una offerta di coordinate su questioni ancor piit basilari, questioni
che entrano puntualmente in gioco allorché ci si accosta alla rifles-
sione filosofica dei greci e dei latini.
ek Ok
Quel che viene qui esposto é appunto pensato per chiunque si
proponga di ‘prendere la mano’ con questo tipo di testi (e di studi).
Ma avrebbe la pretesa di significare qualcosa — sempre a titolo di
risorsa di base — anche per una ben piit vasta cerchia di cultori di
discipline filosofiche, e cost pure per chi si occupa di svariate altre
tematiche, sia esso il diritto romano o la storia delle scienze e delle
tecniche, il confronto con le cosiddette filosofie orientali o i molti
autori moderni che si sono ‘nutriti’ di cultura classica, come Erasmo
e Pierre Bayle, Dante e Leopardi.PREMESSA Filosofia_in_Ita 11
Mi sembra inoltre corretto segnalare che la trattazione principa-
le trova un suo autentico complemento nell’ampio. Glossario (oltre
200 voci), in cui si fa parola anche di alcune nozioni che, nel corso
dei diciassette capitoli ‘principali’, sono state solo sfiorate.
Si @ dunque provato a mettere a disposizione del lettore un ap-
parato di strumenti, in primo luogo concettuali, con cui iniziare la
marcia di avvicinamento, e francamente non molto piit di questo.
Quanto poi al greco, va da sé che per poter utilizzare appieno la
presente Introduzione @ meglio saperne un po’, ma si 2 avuta cura di
rendere la trattazione dei vari temi accessibile anche a chi sarebbe
messo in difficolta dalla comparsa di parole scritte in caratteri diver-
si dai nostri. Proprio per questo si @ largheggiato nel traslitterare cid
che qui figura anche in caratteri greci, fra l'altro ricorrendo al gras-
setto per identificare le e e le o lunghe (vale a dire le Ne le w).
aOR OF
Qualche lettore vorrebbe forse trovare qui una riflessione anche
in materia di ‘spendibilita’ di questa memorabile stagione della filo-
Sofia nel contesto della nostra cultura: quale sia (se ¢'e) la sua resi-
dua attualita, “cosa @ vivo e cosa & morto”, come si manifesta il suo
impatto (se c’e ancora un impatto significativo) sulla filosofia mili-
tante, come sia possibile che l’Occidente non sia ancora riuscito
(posto che cosi stiano le cose) a ‘digerire’ una volta per tutte una
offerta di idee che, per quanto pregevole, dovrebbe pur essere supe-
rata.
Fermo restando che l’argomento ‘eccede’ il presente giro d’oriz-
zonte, va detto che il problema é malposto in quanto la saggezza non
si presta ad essere condensata in una massima o gruppo di massime,
€ nemmeno in un qualche paradigma. Gli antichi, del resto, con ogni
evidenza elaborarono una impressionante gamma di modelli diversi e
non riconducibili ad unita. Per di pitt la ‘nostra’ saggezza non puo
che essere una nostra elaborazione all’altezza dei nostri tempi e una
risposta alle nostre domande (che da tempo non sono pitt quelle di un
Platone o di un Aristotele nonostante la sensibilita, indubbiamente
non comune, delle loro ‘antenne’).12 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOPIA ANTICA
Rimane il fatto che questi antichi ci propongono, di tanto in
tanto, dei modelli interpretativi poco meno che allo stato puro, e inol-
tre ci provocano con idee dotate di grandi potenzialita o sorprenden-
temente audaci, sorprendentemente semplici o sorprendentemente
complesse.
La fecondita di quel pensiero dovrebbe dunque consistere prima
di tutto nella ginnastica intellettuale che ci troviamo a fare quando ce
ne interessiamo in modo non superficiale, il che vale, del resto, anche
per ogni altro tentativo di misurarsi sul serio - e non senza una punta
di doverosa diffidenza in materia di affidabilita di singole idee — con
autentiche avventure della mente, a prescindere dal loro essere anti-
che, greche, esplicitamente filosofiche oppure no.
Per cui non si tratta di individuare una lezione ‘perenne’ di
Platone o di altri, ma di passare dall’informazione manualistica (una
sorta di imparaticcio) a un misurarsi tendendo bene le antenne, cer-
cando di capire come ragionarono altre persone decisamente non
sconsiderate. Analogamente il colloquio con una persona non super-
ficiale vale pit per quell’improvviso dilatarsi e per quel diverso arti-
colarsi dei nostri orizzonti che forse si determina, o per il fatto di sco-
prirci ‘disarmati’ su un determinato fronte (dilatazione delle possibi-
lita), che non per la singola affermazione che questi pud fare e che sul
momento forse crediamo di doverci imprimere nella mente, piit per le
energie che V’incontro ottiene di ‘liberare’ in noi — e che altrimenti
sarebbero forse rimaste fuori dalla nostra portata chissa quanto a
lungo — che non per il suo verbum, le singole affermazioni e valuta-
zioni che sul momento ci hanno magari impressionato.
Di conseguenza @ piit importante attrezzarsi per non essere trop-
po subalterni di fronte al singolo manuale di storia della filosofia
antica o di fronte al singolo commento a Melisso, Aristotele o Sesto
Empirico, che non andare alla ricerca di una saggezza preconfezio-
nata che possa apparirci, come forse incautamente tendiamo a desi-
derare, gia pronta per l'uso.PREMESSA Filosofia_in_Ita 13
‘Antenati’ di questo testo sono circolati per alcuni anni a titolo di
schede o dispense per i miei corsi di Storia della Filosofia Antica
all’Universita di Perugia. Versioni intermedie del dattiloscritto sono
State cortesemente esaminate da colleghi competenti, che mi hanno
allertato su una considerevole varieta di dettagli. In una prima fase se
ne sono interessati alcuni antichisti dell’Universita di Perugia:
Cipriano Conti, Patrizia Liviabella Furiani, Antonino M. Scarcella, la
giovane Alessandra Di Pilla; successivamente una piit variegata cer-
chia di esperti e colleghi di disciplina: Giovanni Casertano (Univ.
Napoli “Federico II”), Gaetano Messina (Genova), Fausto Moriani
(Firenze), Linda Napolitano (Univ. Trieste), Stefania Nonvel Pieri
(Univ. Parma), Lidia Palumbo (Pozzuoli), Oronzo Pecere (Univ.
Cassino) e Onofrio Vox (Univ. Bari). Da ultimo hanno cortesemente
effettuato qualche ulteriore controllo alcuni dei colleghi gia menzio-
nati, una papirologa ercolanese (Costantina Romeo, Sorrento), un
esperto di informatica (Massimo Capponi, Univ. Perugia) e in mag-
gior misura il paleografo Attilio Bartoli Langeli (Univ. Padova) per le
sezioni attinenti alle rispettive aree di specializzazione, nonché il
direttore della collana, De Martino (Univ. Bari). Ringrazio, infine,
Néstor Luis Cordero (Univ. Rennes) per una illustrazione molto tec-
nica, Jaume Portulas Ambrés (Univ. Barcellona) per i fecondi scam-
bi di idee di cui 2 ora traccia nel cap. 12, e cosi pure Marian Wesoly
(Univ. Poznan) e la mia allieva Annalisa Persichetti per altre segna-
lazioni.
Dell’autentica mole di piccole e grandi notazioni pervenutemi
per tutte queste vie — un’autentica prova di amicizia — ho sempre fatto
gran conto. Ci tengo solo a non coinvolgere nessuno nella responsa-
bilita per i residui passi falsi che hanno resistito a cost assidue cure.
Auspico inoltre che ci siano dei lettori - in particolare dei docenti -
disposti a farmi pervenire i loro desiderata ai fini di una maggiore fun-
zionalita del volume. A tale scopo suggerisco di utilizzare il mio indi-
rizzo e-mail (rossetti@unipg .it).
Perugia, gennaio 1998 L.R.Filosofia_in_Ita
PARTE I
ALCUNI PRELIMINARIFilosofia_in_Ita
1. NON UN COLPO D’OCCHIO SULLA FILOSOFIA ANTICA,
E NEPPURE UN REPERTORIO BIBLIOGRAFICO, MA...
Devo prima di tutto adoperarmi per mettere il lettore in condizio-
ne di sapere cosa pud trovare in questo volume e cosa non ha motivo
di cercarvi.
La filosofia antica non é solo un passaggio obbligato per molti tipi
di discorsi, o uno snodo costitutivo della nostra identita di occidentali.
E anche un mondo lontano e complesso quanto basta per mettere pun-
tualmente in difficolt& chi vi si accosta senza una preparazione speci-
fica.
Di conseguenza, un approccio amatoriale a questa disciplina &
esposto a pil che prevedibili rischi di fraintendimento, e a molti livel-
li, specialmente quando si prova a risalire alle fonti e a ‘farle parlare’:
il rischio incombente é di impaniarsi in dati ‘opachi’, difficili cio da
inquadrare, oppure di attribuir loro un senso definito in modo fin trop-
po precipitoso.
A far problema é certamente anche la vastita e varieta delle opere
filosofiche pervenute pill o meno integre fino a noi, ma pil ancora é il
fatto di trovarci molto spesso a fare i conti con delle unita testuali che
sono la risultante
— delle molte sedimentazioni successive dovute all’intervento dei
copisti, col risultato sia di far sparire dai testi (ora intenzionalmente ora
senza nemmeno rendersene conto: si pensi alle comunissime sviste che
si commettono nel copiare) dei dettagli che nell’ originale forse c’era-
no, sia di introdurne altri che nell’originale non c’erano,
— di interventi filologici finalizzati in primo luogo a rimuovere,
per quanto possibile, queste sedimentazioni illegittime, cosi da ‘resti-
tuirci’ i testi in una forma pit prossima all’ originale; in secondo luogo
a renderli pid immediatamente accessibili a noi (ad es. per il fatto’di18 L, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FULOSOFIA ANTICA
introdurre una quantita di convenzioni moderne, fra cui la normalizza-
zione della grafia', che agevolano I’intellezione e sono di grande aiuto,
fra V’altro, allorché si tratta di rintracciare una data parola nei comuni
vocabolari di greco e di latino).
Abbiamo quindi a che fare con qualcosa che non é stato sempli-
cemente riscritto, ricomposto, reimpaginato’, ristampato e magari tra-
dotto, ma che si é anche tentato di depurare da una quantita di incro-
ni € altri interventi sospetti, per cui, anche se alcune ‘sedimenta-
dioni’ risultano non pid eliminabili, rimane che dietro alle edizioni cor-
renti c’é una imponente e multiforme opera di filtratura.
Solo che simili interventi tendono a passare inosservati, almeno
agli occhi del lettore occasionale. Dopodiché I’interpretazione @ un’in-
terpretazione guidata, anche troppo. Da qui il bisogno di sapere (e
capire) qualcosa anche sul conto di simili interventi di limatura.
(A) Per cominciare: la forma assunta dai diversi tipi di testo filo-
sofico greco o latino é la risultante di percorsi anche molto differen-
ziati che, a volte, arrivano a condizionare la stessa percezione della
loro rilevanza, e cosi pure dal grado di diffusione di determinate infor-
mMazioni.
L'impressione di sistematicita dei trattati aristotelici, per esempio, & verosi-
mile che debba moltissimo da un lato a un personaggio semi-sconosciuto (quel-
“Chi pubblica un manoscritto del Qualtrocento senza la pretesa di dame un’edizione
diplomatica (per il significato del termine si veda il Glossario che figura a fine volume). allor-
ché incontra, poniamo, un «poi che» sari probabilmente tentato di adottare la dicitura «poi-
ché», A maggior ragione eliminera gli eventuali refusi di stampa. Questa 2 appunto una forma
minima di normalizzazione ortografica. Un esempio di normalizzazione ortografica dei papiri
greci (divisione delle parole, introduzione di alcune maiuscole, degli accenti ¢ dello “spirito",
della punteggiatura, degli “a capo” e simili) verra proposto nel capitolo 7.
“Il «principale cambiamento della “messa in stampa™ verificatosi tra il Cinque e il
Settecento» & stato «“il definitivo trionfo dei bianchi sui neri”, cio !"adozione di una pagina
pid ariosa grazie al moltiplicarsi dei paragrafi, che spezzano la continuit® ininterrotta del (esto,
€ dei capoversi, che visualizzano immediatamente, con i rientri e gli a capo, l'ordine del di-
scorso»: cos} R. CHARTIER in L’ordine dei libri (Milano, Il Saggiatore, 1994: trad. dall’ediz.
Aix-en-Provence 1992). p. 25.PARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 19
l’Andronico di Rodi a cui si deve la definitiva configurazione del Corpus Aristo-
telicum) dall’altro alle singolari modalita con cui l’Occidente ebbe Ja ventura di
riappropriarsi di quel corpus.
Viceversa il nostro modo di identificare, poniamo, la filosofia di Democrito
@ fortemente condizionato da altri fattori estrinseci, che vanno anch’essi cono-
sciuti: l’attenzione che Aristotele ha riservato all’atomismo (cosi da compensare
la penuria di citazioni dirette sull’argomento), l’abbondanza delle citazioni d’ar-
gomento etico e, per converso, la gran penuria di evidenze su cid che non con-
cere questi due temi. Solo che si hanno indizi di rilievo intorno a una vastissi-
ma (e decisamente eterogenea) gamma di altri temi che pure dovettero essere
trattati da Democrito in appositi scritti. Di conseguenza, sarebbe doveroso non
rimuovere del tutto queste altre tematiche, perché altrimenti si rischia di accredi-
tare un’immagine letteralmente sfigurata del personaggio, come se Democrito si
fosse occupato solo di atomismo e di etica’.
C’é poi il caso del sofista Antifonte, un personaggio dietro al quale per gran
parte del nostro secolo si é ritenuto che si nascondessero due diversi Antifonti,
omonimi e contemporanei, mentre in questa fine di secolo la comunita scientifi-
ca é largamente acceduta all’idea che probabilmente abbiamo a che fare con la
medesima persona: solo che le enciclopedie e molte altre opere di consultazione
non ne danno ancora atto.
Un altro dettaglio sempre sul punto di sfuggire @ I’esistenza di due
Plutarchi: accanto all’autore delle celebri Vite, nativo di Cheronea in Beozia, si
deve infatti sapere che ci fu anche un secondo Plutarco, cultore non infimo di
filosofia platonica, nato ad Atene e vissuto all’incirca tra il 350 e i] 430 d.C., solo
che la sua esistenza viene tuttora ignorata in non poche enciclopedie e storie
‘brevi’ della filosofia. Eppure questo altro Plutarco é stato il fondatore di quella
«Scuola di Atene»* la cui forzosa chiusura nel 529, dopo un secolo e mezzo di
‘I tema verra ripreso nella sez. 9.1.
“Con questa denominazione (che, per una volta, si limita a dare una indicazione mera-
mente ‘geografica’) viene indicata, gid nelle fonti antiche, la scuola filosofica fondata dal filo-
sofo neoplatonico Plutarco di Atene nella sua citta intorno al 380 d.C., vale a dire in data molto
prossima all’editto con cui Teodosio costitui il cristianesimo in religione ufficiale dell’impero
romano. Date le circostanze, la scuola si trovd ben presto a costituire uno dei rarissimi centri
in cui la filosofia *pagana’ riusciva a sopravvivere in un contesto di progressiva cristianizza-
zione della cultura. Nel secolo e mezzo in cui & stata attiva, la scuola dovette, per cosi dire,
specializzarsi nell’offerta di corsi su Platone € Aristotele, special mente sotto forma di com-
menti ad alcune delle loro opere.20 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
vita, viene solitamente eretta in data convenzionale della ‘fine’ della filosofia
antica.
Tra le cose da sapere, ma che rischiano di sfuggire fin troppo facilmente,
andra del pari ricordato che si tende ormai a ritenere infondata la notizia secon-
do cui Talete avrebbe saputo prevedere una eclisse (in genere si pensa a quella
del 28 maggio del 585 a.C.), e si da il caso che un Luciano De Crescenzo, per
csempio, abbia saputo trattare questa notizia fin troppo clamorosa persino meglio
di quanto non facciano svariati manuali ed altre opere di consultazione*. Analogo
~ e tutto sommato pid grave - é poi il caso di quel che accade tante volte di leg-
gere sul conto di Pitagora, un personaggio molto meno conosciuto di quanto
comunemente si creda (per cui gli esperti vanno infinitamente pid cauti dei com-
pilatori di manuali ed enciclopedie allorché provano a identificare le dottrine a
lui attribuibili).
Ancora, per il profilo complessivo della filosofia antica siamo non poco
debitori a una nutrita serie di retrospettive d’epoca, da quella che compare all’i-
nizio della Metafisica di Aristotele a quella che figura in Sesto Empirico, per non
parlare delle Successioni, opere che per lo pid risalgono al II secolo a.C. ¢ che
sono incentrate sui rapporti di filiazione intellettuale tra i vari filosofi (chi fu
allievo di chi, e insieme con chi altri). Anche di queste ‘proto-storie’ - e delle
cautcle con cui vanno prese — bisognerebbe pur sapere qualcosa, altrimenti ci si
troverebbe a andare, per piil versi, fin troppo a tentoni o lasciandosi guidare da
altri quando sarebbe possibile provare ad “andare a vedere” con i nostri stessi
occhi.
(B) Ci sono poi una quantita di problemi di dettaglio: opere di
dubbia patemita, opere di cui, per qualche ragione. é stato modificato
il titolo (il De Melisso Xenophane Gorgia che figura nel Corpus Ari-
stotelicum, per esempio, ci é stato in realta tramandato col titolo De
Zenone Xenophane Gorgia,e non & cosa da poco decidere se certe teo-
Tie sono attribuibili all’uno o all’altro autore’), altre che con ogni pro-
babilita non sono dovute all’autore a cui vengono attribuite e che non-
dimeno regolarmente figurano tra le opere a lui tradizionalmente attri-
> V, la sua Storia della filosofia greca. | presocratici (Milano, Rizzoli, 1983) a p. 35. In
questo libro prende forma, peraltro, una carrellata non esattamente affidabile.
* In questo caso, per la verita, @ relativamente facile accertare che i primi capitoli rifletto-
no il pensiero di Melisso ¢ non di Zenone. Perd si da il caso che i capitoli su Senofane aturi-
buiscano a costui delle teorie che assolutamente non pud aver sostenuto.PARTE I - ALCUNT PRELIMINART Filosofia_in_Ita 21
buite, accanto a scritti autentici (2 il caso, per esempio, delle opere di
Platone, dove normale che vengano riportati anche dialoghi sicura-
mente non dovuti alla sua ‘penna’). C’é poi il caso delle opere di Epit-
teto, il cui famoso Manuale é dovuto, in realta, a un suo discepolo (Ar-
tiano di Nicomedia), e della Rhetorica ad Alexandrum, che pure figu-
ra nel Corpus Aristotelicum ma che certamente non é opera dello Sta-
girita (si conviene di ascriverla ad Anassimene di Lampsaco). Ri-
cordiamo inoltre che la Metafisica di Aristotele é una mera raccolta di
scritti tra loro affini, fermo restando che non fu certamente Aristotele
a disporli nell’ordine in cui noi li leggiamo e che questi non conobbe
né conid il termine «metafisica».
Un altro esempio significativo é i] seguente: il fatto che si citi il
fr. 34 Wehrli di Dicearco senza dare altre spiegazioni persino in un
testo di taglio inequivocabilmente divulgativo come la gia ricordata
Storia della filosofia antica di Luciano De Crescenzo. Se uno volesse
risalire al testo in questione, dove dovrebbe andare a cercare? E siamo
sicuri almeno di questo, che si tratta di un frammento, cioé di una por-
zione di opera effettivamente uscita dalle mani di Dicearco? Perché
non é detto che sotto il nome di frammento non vada, talora, anche una
mera allusione, ovvero una sintesi di seconda o terza mano dovuta a
qualche altro autore antico. In questi ultimi decenni @ per l’appunto
invalso I’uso di non distinguere pit tra citazioni dirette (i “frammen-
ti”) e commenti, allusioni, esposizioni, notizie e notiziole di seconda
mano (le “testimonianze”): avremo modo di vederne le ragioni.
A mettere in difficolta spesso bastano, d’altronde, anche intralci
pid modesti, come l’esistenza di un libro di questa stessa Metafisica, il
secondo, che si chiama “alpha helatton”, “alfa piccolo”, dopodiché il
terzo libro viene denominato “beta” (e non “gamma’’), il quarto “gam-
ma” (e non “delta”) e cosi di seguito. Questi sono davvero dei piccoli
“pubblici segreti”, e bisognerebbe conoscerli, solo che li si da troppo
spesso per scontati mentre scontati non mi risulta che siano. Da qui l’e-
sigenza (0 |’utilita) di informazioni su come si sono venuti costituen-
do sia alcuni corpora di fondamentale importanza (dietro ai quali c’é,
talvolta, una storia quanto mai intricata), sia alcune opere, sia determi-
nate raccolte di frammenti.22 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA,
Nel caso poi dei frammenti, la loro numerazione suole presentare
una quantita di problemi decisamente degni di nota. La numerazione
standard di quelli eraclitei, per esempio, é fatta in base al mero ordine
alfabetico dei nomi degli autori che riportano i singoli frammenti,
quindi in base a un criterio assolutamente estrinseco.
(C) La serie delle minuzie sul conto delle quali bisognerebbe poter
avere delle informazioni non approssimative include anche le sigle
solitamente usate nelle citazioni. Cosa significa, ad es., che una dichia-
razione di Platone sia identificata da una cifra e una lettera dell’alfa-
beto (poniamo: «438b»), mentre una dichiarazione di Sesto Empirico
é individuata da specifiche del tipo «II 186» e una di Parmenide é indi-
cata con la sigla «28 B 6» (0, a volte, «fr. B 6»)? e come mai una cita-
zione dalla Metafisica di Aristotele invariabilmente incomincia con un
numero prossimo a mille per poi proseguire con una lettera (a o b) e un
altro numero solitamente inferiore a 40?
E poi, quando si cita da Aristotele, il nome dell’autore andrebbe
abbreviato in «Aristot.», «Arist.» o «Ar»? e la Repubblica di Platone
si dovrebbe citare con quale delle seguenti abbreviazioni: «Repubbl.»,
«Resp», «De rep.»’, «Pol», «R»»? E ancora: cosa si intende far sape-
re quando un certo testo viene indicato come opera di «[Arist.]» 0
«{Plut.]», con il nome dell’autore tra parentesi quadre?
Spesso si trata, beninteso, di autentiche uova di Colombo, nozio-
ni di cui ci si pud appropriare anche molto facilmente; solo che non le
si pud dare per conosciute finché non se ne parla almeno una volta ex
professo.
Ma ci sono poi, tanto per richiamare un’altra famiglia di conven-
zioni, i molti accorgimenti minimi a cui sogliono ricorrere gli editori
allo scopo di suggerire, caso per caso, tipi diversi di cautela esegetica,
ad es. l’introduzione di parole chiuse tra due parentesi angolate. Fac-
ciamo almeno un esempio. Nelle nostre normali traduzioni pud acca-
* Alla latina. Nei rari casi in cui ci si risolve, invece, a scrivere «Pol.» (dal greco Politeia)
si ha poi cura di scrivere «Polit.» per indicare il Politico ed evitare possibili confusioni.PARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 23
dere di trovare il v. 5 del fr. 9 di Empedocle stampato in questa manie-
ra: «le quali cose
é giusto chiamarle [cos?], ma anche io parlo
secondo il costume». II é una classica integrazione ragionevo-
le, e il traduttore ce lo fa sapere avvalendosi di una specifica conven-
zione. A sua volta il [cost] & stampato in corsivo e tra parentesi quadre
per farci capire che si tratta di una parola a cui non corrisponde, nel
testo greco, nessun olTws [houtos]: si tratta, pil semplicemente, di una
espansione della frase che é richiesta dagli usi linguistici dell’ italiano.
Infatti una traduzione letterale che fosse priva di tale integrazione
rischierebbe di alterare il senso. E tuttavia corretto far presente che il
«cosi» non é altro che un’aggiunta del traduttore.
(D) Ci sono infine gli strumenti bibliografici, i repertori, le edi-
zioni. Da questo punto di vista si pud ben dire che chi si accosta allo
studio della filosofia antica ha bisogno anche di una piccola guida alle
biblioteche, per imparare a ‘muoversi’ con qualche destrezza in simili
‘musei’ che, non di rado, sanno essere molto tecnici.
E probabilmente qualcuno vorrebbe anche sapere se si deve dire
Eraclito o Eraclito, Peripato o Peripato, Epitteto o Epittéto, Ipp6damo
o Ippodamo, Ippocrate o Ippocrate, Eutffrone o Eutifréne — e che cosa
precisamente ci sia dietro a simili oscillazioni dell’accento.
Infine c’é l’informatica, che sta notoriamente assumendo un ruo-
lo importante perfino in questo campo. In cosa consiste il suo apporto?
cosa c’é di informatizzato? a cosa pud servire quel che nel frattempo é
diventato un file o un ipertesto?
A fronte di una cosi vasta gamma di domande virtuali si registra,
dicevo, una sorprendente penuria di testi in cui compaia una offerta
anche minima di informazioni su questi ed altri quesiti latenti. A chi si
accosta allo studio della filosofia antica per la prima volta o in modo
occasionale, ben difficilmente accade di incappare in una sola pagina
nella quale queste cose vengano spiegate. Non lo si fa né in scritti
divulgativi né in scritti di qualche maggiore impegno. Sempre si danno24 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA,
per note 0 scontate moltissime cose che tali non si possono davvero
dire.
Eppure di filosofia antica non si occupano solo i grecisti e i la-
tinisti, per i quali é normale sapersi gia orientare con una certa sciol-
tezza sulle “premesse filologiche”, ma anche dei cultori di studi fi-
losofici prevedibilmente meno ‘attrezzati’ sul fronte della filologia
greca e latina, e non poche altre categorie di lettori.
Il motivo per cui simili informazioni non sono d’uso corrente €
persino banale: le informazioni da dare sono troppe, e non @ pensabile
di condensarle in una o due paginette, per cui é normale che non se ne
faccia addirittura nulla.
Solo che su questo fronte si é, diciamo pure, esagerato. Infatti, se
uno si mettesse a cercare dei libri espressamente dedicati a soddisfare
le curiosita indicate, avrebbe la sorpresa di trovare un solo testo, usci-
to nel 1980: i Problemi di filologia filosofica di Mario Untersteiner. E
si tratta di un libro che, per molti aspetti, deve gia dirsi specialistico,
un libro che pud scoraggiare chi gia non si intenda un po’ di queste
cose,
Esiste dunque una sorta di terra di nessuno costituita da cid che i
libri non si prendono la briga di spiegare, e su cui gli stessi professori,
nelle universita, raramente trovano il tempo di riferire con |’analiticita
e la sistematicita che sarebbero necessarie.
Questa Introduzione si propone appunto di colmare un simile
vuoto rispondendo a non pochi dei quesiti latenti o virtuali di chi non
sia un autentico addetto ai lavori, di offrire cioé un primo ‘pacchetto’
di risposte ragionate con cui incominciare, se non altro, ad arare il ter-
Teno.
Ho anche ritenuto di dare uno speciale risalto al modo in cui si
sono venute configurando le fonti antiche perché, al confronto, molte
altre questioni possono ben dirsi ulteriori o non cosi necessarie. Le
liste delle abbreviazioni, per esempio, sono gia reperibili da molte
parti. Quel che manca é piuttosto un’offerta di spiegazioni un po’ ra-
gionate su cid che esattamente si nasconde dietro a singole abbrevia-
zioni e citazioni *in codice’, quindi sui criteri che presiedono a molte
convenzioni, anche ben stabilite. Analogamente un prospetto cronolo-PARTE I - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 25
gico, una tabella relativa alla datazione in base alle Olimpiadi e una
scheda su quanti oboli fanno una dracma, quante dracme fanno una mi-
na e quante mine fanno un talento sono cose relativamente facili da tro-
vare, mentre gia pil difficile capire come si arrivi a fissare delle date
e quanto affidabili siano quelle approssimative, ovvero perché le date
relative al V-IV secolo a.C. sono quasi sempre costituite da due anni
(es. il 424-23 a.C.) anziché da uno solo.
Pid che dei dati, si sente insomma la mancanza di un certo nume-
ro di nozioni specifiche e concetti con cui impostare la decodifica di
questo patrimonio da una molteplicita di angolazioni differenti.
Anche sul fronte dei dati di carattere bibliografico sembra che non
ci sia bisogno di insistere particolarmente, perché c’é una relativa
abbondanza di repertori, molti dei quali accompagnati da brevi
abstracts 0 altre forme di segnalazione relative al contenuto e alla rile-
vanza di singoli lavori. Di conseguenza mi limiterd, in questo ambito,
a fornire delle indicazioni sul conto di tali repertori senza proporne a
mia volta uno, tanto pil che c’é una grande offerta di sempre nuovi
strumenti bibliografici, anche informatizzati, mentre incomparabil-
mente pill scarsa é I’offerta di chiarimenti sui temi che verranno affron-
tati in questa Introduzione.
A maggior ragione mi guarderd dal proporre un ‘riassunto’ della
filosofia greca e latina (@ quanto offre, per esempio, un’altra Intro-
duzione alla filosofia antica: quella di A. H. Armstrong, che é uscita a
Bologna nel 1983 presso il Mulino), ovvero uno schema cronologico,
perché ancora una volta questo @ quel che pid facilmente si viene a
sapere, salvo poi a navigare nel buio relativamente al grado di affida-
bilita dei singoli dati o al giro di pensieri che si cela dietro a una certa
scelta di carattere terminologico. Pertanto cercherd di rispondere, sem-
mai, alla domanda di criteri con cui decodificare una serie di indicato-
rie accedere a precise fonti d’informazione sul conto di altri.
Mi sono insomma proposto di fornire soprattutto una serie di
nozioni-cornice, cio’ idee su come inquadrare determinate problema-
tiche e come appropriarsi di alcune ‘regole del gioco’, in modo che il
lettore non si ritrovi pid confinato alla periferia di una disciplina di
apprezzabile complessita.26 1. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Il resto andra cercato altrove, e in effetti una quantita di altri stru-
menti di consultazione vengono logicamente dopo. Pertanto il giro
dorizzonte qui proposto si concludera con una rapida panoramica su
dove andare a cercare dell’ altro.PARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 27
2. COSA INTENDIAMO PER “FILOSOFIA ANTICA”
E COSA QUELLA FILOSOFIA PUO SIGNIFICARE PER NOI OGGI
Di per sé la nozione di «filosofia antica» non dovrebbe riguarda-
re la sola filosofia greca e romana (dalle origini fino all’esaurirsi della
tradizione pagana e al contestuale formarsi di una tradizione cristiana).
Altrettanto o pid antiche sono infatti anche altre tradizioni filosofiche,
come quella cinese o indiana, per non parlare dei nuclei filosofici che
affiorano dal Vecchio Testamento.
Accade talora che nei trattati (e nei corsi) di storia della filosofia
si provi a introdurre qualche sostanzioso ‘affondo’ sulle filosofie an-
tiche, dall’Egitto fino all’Estremo Oriente. Tuttavia l’impresa di asso-
ciare allo studio della filosofia greca (e romana) lo studio delle cosid-
dette filosofie orientali, pur essendo pid che desiderabile, ha qualcosa
di invincibilmente velleitario per la difficolta di acquisire un’adeguata
specializzazione in ambiti cosi strutturalmente lontani I’uno dall’altro.
Per fare qualcosa del genere non si richiederebbe, infatti, unica-
mente di riuscire a superare il filtro — invero proibitivo — delle lingue.
C’é poi la difficolta di orientarsi sulle fonti, di imparare a leggerle, per
cosi dire, in controluce (perché anche in questi casi incombe quasi
sempre I’esigenza di ‘fare la tara’ al dichiarato, e da pid! punti di vista),
di penetrare il vasto mare costituito dagli impliciti, dai presupposti, dal
salto di mentalita che si registra nel passaggio da una cultura all’altra,
€ cosi pure di tener d’occhio la letteratura specialistica e i non pochi
inediti che sogliono affiorare con apprezzabile frequenza tanto sul
fronte medio-orientale quanto sul fronte indiano e cinese.
Lesperienza ha insomma dimostrato che riuscire a dominare degli
‘universi’ cosi profondamente diversificati (e che si sono cosi larga-
mente ignorati l’un l’altro) é poco meno che umanamente impossibile:
al massimo se ne dominano due (ed é gia un’eccezione), ma mai con28 L. ROSSETTI - INTRODUZIONF. ALLA FILOSOFIA ANTICA
pari professionalita. Per lo specialista di filosofia greca & quindi diffi-
cile specializzarsi anche in filosofia cinese, ebraica, egizia (perché c’é
anche una filosofia neppure tanto virtuale della Bibbia cosi come c’é
una filosofia virtuale di Omero e una filosofia virtuale dell’Egitto dei
faraoni) e viceversa. La difficolt4 non & minore di quella con cui si
misurerebbe il diabetologo che volesse mettersi in condizione di fun-
gere in pari tempo anche da esperto in trapianti del midollo osseo e in
“gestione’ dei neonati prematuri.
Un limite come questo rappresenta certamente un gran peccato, €
non solo per generiche aspirazioni a dilatare le conoscenze individua-
li. Infatti chi si occupa di una qualunque di queste filosofie, se non é in
grado di impostare almeno qualche articolata comparazione, allorché
arriva il momento di pronunciarsi su cid che fa la specificita del ‘ta-
glio’ di una certa tradizione filosofica (ad es. quella greca) e quindi su
una quantita di scelte, impostazioni e presupposti caratterizzanti, non
pud non andare a tentoni, e un simile handicap pesa anche su una vasta
maggioranza di specialisti. Del resto, quando ci si propone di identifi-
care le forme di precomprensione peculiari, non saprei dire se l’esigen-
za di comparare sia pili forte nel caso di ‘mondi’ che sapevano pur
sempre qualcosa I’uno dell’altro o nel caso di ‘mondi’ reciprocamente
estranei.
Una simile esigenza si fa particolarmente acuta quando ci si misu-
ra con la filosofia presocratica, dato che quella tradizione scientifico-
filosofica ha impercettibilmente fissato non semplicemente alcuni trat-
ti costitutivi della tradizione filosofica occidentale, ma addirittura alcu-
ni clementi caratterizzanti del nostro stesso essere e sentirci, come si
suol dire, “occidentali”, tratti di cui é veramente arduo rendere conto a
dovere finché si prescinde dal confronto con I’orientamento che si so-
no date altre culture, e prima di tutto certe culture approssimativa-
mente coeve.
La limitazione di campo indicata costituisce dunque una scelta
non proprio desiderabile e tuttavia pressoché obbligata, perché incide
sulla stessa professionalita di chi si misura con questo particolare gene-
re di studi.PARTE [ - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 29
Per una visione sinottica e non ellenocentrica della storia della filosofia
(non solo antica) varra la pena di consultare un bel volume pubblicato a Leida
nel 1969 dall‘editore Brill: Sarva-Darsana-Sangraha: A Bibliographical Guide
to the Global History of Philosophy, a cura di C.J. PLort e P. D. Mays. Se i dati
bibliografici debbono dirsi non sempre rappresentativi (oltre che ‘invecchiati),
il tipo di colpo d’occhio che ne scaturisce ha invece, a mio avviso, qualcosa di
insostituibile.
ek
Ma in che senso noi siamo “greci” da molti e significativi punti di
vista?
Capiamo !’importanza di una simile domanda se prestiamo atten-
zione a questa circostanza: che l’identita culturale dei singoli e delle
collettivita é fatta, per gran parte, di connotati che vengono assorbiti
senza aver idea della loro natura o origine, per il solo fatto che li si
“respira”.
Si suol dire, e giustamente, che questi connotati sono fatti, in larga
misura, di scorciatoie e semplificazioni, di automatismi per effetto dei
quali tendiamo a ragionare in un certo modo (dopodiché ci scopriamo
non solo ‘occidentali’ ma anche italiani, romagnoli, ravennati e cosi di
seguito, e notiamo delle differenze anche vistose di forma mentis). La
forma mentis & appunto una configurazione che viene normalmente
assorbita, recepita, interiorizzata senza rendersene conto. Da qui un
comprensibile desiderio di ricercare le proprie radici, un bisogno di
sapere chi siamo e perché “siamo fatti” cosi. Orbene, sembra che gre-
che siano, per l’appunto, molte essenziali coordinate di quella cultura
occidentale che, a quanto pare, ha ormai vinto la competizione e si &
imposta a livello planetario come cultura di riferimento.
Se questo & vero, & troppo poco dire con Alfred N. Whitehead che
tutta la filosofia occidentale altro non é se non una serie di «footnotes
to Plato», o che a ben vedere i filosofi continuano a dividersi anche
ora, sotto sotto, in platonici e aristotelici. B troppo poco persino dire —
€ questo terzo enunciato & molto pid affidabile degli altri due — che la
formazione intellettuale della stragrande maggioranza dei filosofi
espressi dall’Occidente si @ basata sui filosofi antichi anche quando si
sono fatti un punto d’onore nel criticarli e nel prendere le distanze dalle30 1. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA,
loro impostazioni, ovvero considerare che molte delle questioni fonda-
mentali (e delle relative linee di risposta) che tuttora vengono dibattu-
te dai filosofi di formazione occidentale hanno puntualmente preso
forma in Grecia (o a Roma).
Basta infatti una breve riflessione per constatare che noi occiden-
tali siamo stati — e siamo — ‘greci’ da molti punti di vista, anche qua-
lificanti, e che le grandi linee del nostro modo medio di pensare, di rap-
presentare noi stessi e persino di concepire e organizzare la nostra vita
associata somigliano in misura impressionante a quelli che vennero
elaborati in Grecia perfino prima di Platone.
In proposito mi limiterd a ricordare che i greci - in particolare i
greci della Ionia e poi dell’ Attica, specialmente nei secoli VII-V a.C. -
ebbero la ventura di “scommettere” alla grande:
* sulla ragione,
sulle forme geometriche (degli edifici monumentali cosi come della
scrittura stoichedon' di molte incisioni, per non parlare del modo in
cui si pervenne ben presto a rappresentarsi la posizione delle stelle e
il moto dei pianeti),
sulle technai (basti pensare agli altissimi livelli raggiunti nelle arti
figurative),
sulla scienza (non dimentichiamo che l’idea di un sapere pubblico,
collettivo e ad accumulazione progressiva, con tanto di specialisti e
specializzazioni, nonché di prestigio della scienza, qualcosa di ben
stabilito gia sul finire del V secolo a.C.,e stabilito una volta per tutte,
stabilito ‘per conto’ dell’umanita a venire!),
| pluralismo, anche ideologico (si pensi alla stagione della Sofi-
ica e alla sostanziale assenza di forme di controllo ideologico sulle
credenze da parte del potere politico greco),
sulle istituzioni civili (ricorderemo alcuni elementi della vita pubbli-
ca ateniese del V e IV secolo: turnover annuale in moltissime cariche
.
* Cio’ con dei caratteri cosi ben allineati da ottenere una disposizione a scacchiera. V. la
tavola fuori testo n. 1.
° Il termine viene solitamente tradotto con “arti”, ma sarebbe meglio parlare di “profes-
sioni” e “professionalita” (in questo caso sarebbe perd ancor pid appropriato parlare di “com-
petenze specialistiche”, anzi, di “nozione di competenza specialistica”).PARTE I - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 31
pubbliche, vasto ricorso ai tribunali popolari, con connesso ricorso a
impeccabili espedienti per assicurare che l’assegnazione dei dikastai
ai singoli collegi giudicanti" fosse rigorosamente casuale, per tutela-
re la segretezza del voto che essi andavano ad emettere"' e la stessa
parita di condizioni tra accusa e difesa, almeno quanto ai tempi ac-
cordati per argomentare la loro posizione),
* sulla relativa emarginazione del mondo divino (gli dei non impen-
sieriscono pid di tanto, di essi si pud persino sorridere; l’incidenza
delle prescrizioni religiose sulla vita quotidiana pud ben dirsi relati-
vamente bassa).
Si tratta di una ‘scommessa’ che trova paragoni adeguati solo nell’Oc-
cidente e nell’eta modema. II tutto venne del resto raccordato, e per
tempo, in una strutturata intuizione (0 visione) del mondo e del posto
dell’uomo nel mondo, peraltro suscettibile di far posto a una quantita
di ulteriori specifiche e diversificazioni.
Sotto questo profilo, una serie di scelte che possono ben dirsi
costitutive della nostra stessa civilta le hanno dunque fatte i greci e le
hanno fatte anche per noi, dopodiché noi le abbiamo ritrovate in noi
stessi a uno stato latente, le abbiamo ritirate fuori e le abbiamo ulterior-
mente modulate, ma solo parzialmente, senza veramente snaturarle e
solo di rado facendolo con un accettabile livello di consapevolezza.
” Nel corso del IV secolo a.C, la crescente domanda di correttezza in questo campo diede
luogo alla realizzazione di un apposito ¢ genialissimo congegno in pietra, denominato klero-
terion (“selezionatore”, “strumento che permette di scegliere in modo casuale”) , di cui si &
fortunosamente salvato un esemplare (v. tav. ft. n. 2) € che Aristotele descrive con qualche
cura nel cap. 64 della Costituzione degli Ateniesi. In questo caso ad essere significativo non &
il solo fatto che si sia saputa pensare e realizzare una ‘machina’ di prim'ordine, ma prima
ancora che sia potuta maturare Iesigenza di affidare I'assegnazione dei dicasti (i giudici popo-
lari) a una macchina.
"Atal fine vennero notoriamente prodotte le psephoi in bronzo (alla lettera “sassolini”,
perché in una prima fase si usarono appunto delle pietruzze o, in altemativa, delle fave), di cui
pure 2 preservato qualche esemplare (v. tav. ft. n. 3). Ogni dicasta riceveva un cilindretto
pieno e uno vuoto, dopodiché li depositava entrambi in apposite une tenendoli tra I'indice e
il pollice. Tanto bastava perché le parti non potessero sapere se il singolo dicasta stava pro-
nunciandosi a favore o contro I’imputato. Quanto poi alla par condicio, basti ricordare che la
clessidra (v. tav. f..n. 4) veniva utilizzata per accordare ad accusatore e imputato il medesi-
‘mo ‘spazio’ nell'argomentare le rispettive tesi.32 L, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA,
La circostanza é tanto piil rilevante quando si consideri che, men-
tre il nostro tempo ci permette di addurre, a conferma della ‘bonta’ di
certe scelte strategiche di cui in ultima istanza siamo debitori ai greci
del VII-V secolo a.C., un argomento di cosi grande peso quale l’avve-
nuto trionfo planetario del modello ‘occidentale’ di organizzazione
della vita (basti pensare al posto che noi accordiamo al sapere e alle
competenze specialistiche), i greci dell’epoca si trovarono a ‘scom-
mettere’ su un assetto che allora trovava, nel resto del mondo a loro
noto, non dei precedenti o delle conferme, ma semmai una quantita di
esempi alternativi: quasi delle controindicazioni.
Solo che non basta dir questo e, come é noto, bisogna stare pi che
attenti a non cadere in semplificazioni riduttive che sono sempre temi-
bili. Irrinunciabile deve dirsi, ad esempio, !’esigenza di prestare la
dovuta attenzione anche a quelle linee divergenti di configurazione di
ideali, valori ed altre priorita che la stessa Grecia arcaica e classica non
manca di documentare, magari soltanto a titolo di filoni dissonanti o
minoritari: basti pensare al tipo di visione del mondo che ci documen-
ta il Fedone platonico, e non é certo il solo filone ‘minoritario’ che
semplicemente non possiamo non prendere in considerazione quando
proviamo a dire a noi stessi in che senso e fino a che punto — ovvero
da quali punti di vista — abbiamo motivo di considerarci pur sempre un
po’ ‘greci’. Dopodiché il discorso si complica di nuovo, e non poco.
Non é questa perd la sede per svolgere a dovere i temi ora accen-
nati. In questo contesto é sufficiente additare, nella possibilita di risa-
lire all’origine della nostra identita culturale di occidentali (e di consi-
derarla quindi in positivo cosi come, ove occorra, in negativo), una
persistente ragione di interesse per la disciplina di cui qui ci occupia-
mo. In effetti la prospettiva di risalire all’origine di schemi che sono
nostri solo in via derivata e di riflesso - schemi che comunque ripro-
duciamo e moduliamo, perché nel frattempo sono diventati un autenti-
co imprinting, profondamente interiorizzato — e di poterli ritrovare
“allo stato nascente” non é solo affascinante. E qualcosa di pit. A non
interrogarsi su simili questioni, ci comporteremmo infatti da meri epi-
goni che non sanno perché dicono quello che dicono e, peggio ancora,
perché sono quello che sono. Dopotutto gli stessi concetti di «oriente»,PARTE | - ALCUN] PRELIMINAR! Filosofia_in_Ita 33
di «barbarie» e di «democrazia» (nonché, ovviamente, moltissimi altri)
sono dei concetti eminentemente greci, variamente — e talora pesante-
mente — rimodulati nel corso dei secoli, per cui non sarebbe male farsi
un’ idea piuttosto precisa del senso ‘nativo’ di simili termini.
Da qui il bisogno — che non sapremo mai soddisfare una volta per
tutte — di andare a vedere da vicino, di misurarci direttamente con gli
archetipi (greci e non, perché non siamo solo “greci”, ma anche “roma-
ni”, “cristiani”, un po’ “bizantini”, “medievali’”, “rinascimentali” ecc.)
della nostra stessa identita culturale. Da qui anche lo stimolo a interes-
sarsene nel modo meno amatoriale possibile, perché non ci si pud vera-
mente orientare sulle ‘imitazioni’ e sulle riprese successive senza
orientarsi prima di tutto sui prototipi.
Stiamo infatti parlando di sedimentazioni che interessano la stes-
sa identita collettiva, quindi di ‘automatismi’ (i filosofi direbbero:
forme di precomprensione) che sono difficilissimi da oggettivare:
— perché hanno dispiegato i loro effetti indipendentemente dal
fatto di prenderne coscienza,
— perché & normale prenderne coscienza in modi parziali e maga-
Ti perfino tendenziosi, introducendo ulteriori semplificazioni 0 inutili
complicazioni e, quel che pit conta, utilizzando degli strumenti anali-
tici che, a loro volta, non possono non risentire di tali sedimentazioni.
Non sara male aggiungere che l’apporto della filosofia a questa
costruzione di una non troppo vaga identita culturale é notevole perché
sono stati soprattutto i filosofi a esplicitare, argomentare e quindi
oggettivare certe idee-guida, conferendo loro consistenza e facendo di
simili tematiche l’oggetto dichiarato di scritti ed altre forme di comu-
nicazione — quindi anche di una riflessione a pid voci che non ha man-
cato di sedimentarsi in vario modo, dopodiché anche noi non abbiamo
eccessiva difficolta a parlame.
* oe Ox
Resterebbero da approfondire ancora molte cose: questi antichi
intellettuali ebbero almeno coscienza di essere filosofi? 0 meglio:
come arrivarono a considerarsi “filosofi” e quando ci arrivarono? chi34 L. ROSSFTTS - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
ci arrivé tra i primi? In seguito, poi, cosa significd nell’ antichita greca
e romana coltivare la filosofia e sentirsi filosofi?
Tentare di dare una risposta a simili interrogativi condurrebbe,
come ben s’immagina, davvero troppo lontano.
Meglio segnalare qualche libro, e precisamente:
- il volume Qu’est-ce que la philosophie ancienne? di Pierre HaDOT, usci-
to a Parigi nel 1995 per le edizioni Gallimard, che sottolinea l’unitarieta della
ricerca filosofica greca,
— Ancient Concepts of Philosophy, di W. Jorvan (Londra e New York,
Routledge, 1990), che tra I’altro introduce a una serie di studi recenti, anche se
solo di area anglosassone,
—e l'eccellente (anzi, il pressoché insostituibile) Problemi fondamentali
della filosofia antica di Olof Gicon, un libro uscito a Berna nel 1959 e, in tra-
duzione italiana, a Napoli (presso l’editore Guida) nel 1983.
Non senza accennare, con l’occasione, alle prime — e talvolta un
po’ curiose — attestazioni del termine «filosofia», che sono queste:
* la pid antica compare nel fr. 35 di Eraclito: «sono tante le cose
che I‘uomo philosophos (cio amante della sapienza) ha bisogno di
venire a sapere». Si & talvolta dubitato che Eraclito potesse gia usare
un termine cosi caratterizzato, ma su fragili basi. Ai tempi di Eraclito
il passaggio da philein ten sophian (“amare a sapienza”) e philos tes
sophias einai (“essere amanti della sapienza”) a philosophos era dun-
que gia avvenuto, tanto pid che altre fonti (tarde) ci assicurano che
Pitagora — di poco pit anziano di Eraclito — fu il primo a considerarsi
e chiamarsi filosofo;
¢ in Erodoto (I 30.2) troviamo il re Creso il quale, rivolto a Solone,
dichiara che questi, philosopheon (filosofeggiando, con attitudine filo-
sofica) si recd in molti paesi theories heneken, per vedere, per venire a
sapere, cioé con interessi eminentemente conoscitivi. L’episodio &
irreale, perché Solone mori non pochi anni prima che Creso divenisse
re di Lidia (territorio interno dell’ Asia Minore a ridosso delle pitt pro-
spere citta greche della costa). Pertanto il termine, in quanto sia riferi-
to a Solone, é probabilmente anacronistico, ma in quanto usato da
Creso non é del tutto fuor di luogo perché questi fu, quanto meno, in
rapporti diretti con Talete. Da qui la domanda: gia nell’ambiente diPARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 35
Talete si parlava del philosophein? Erodoto, a sua volta, ne scrive ver-
so il 450-440 a.C., epoca in cui il termine sara stato sicuramente gia in
uso (altrimenti non gli sarebbe venuto in mente). Ma con quale acce-
zione — 0 con quali accezioni — sara stato usato ai suoi tempi?
¢ di limitato aiuto é un passo di Tucidide. Questi, nel cosiddetto
epitafio di Pericle (II 40.1), scrive: «In effetti (noi ateniesi) philoka-
Joumen, amiamo il bello, ma senza esagerare, e philosophoumen, ma
senza scadere nella mollezza». Secondo Tucidide, dunque, Pericle
usava gia il termine, o almeno I’avrebbe usato rivolgendosi al pubbli-
co in un contesto solenne e grave. Se ne inferisce che, anche ad avvi-
so di Tucidide, intorno al 431 il termine era gia sufficientemente noto
per poter essere usato senza rischiare di non farsi capire. E se l’espres-
sione «filosofiamo» poté essere prescelta per dare I’idea di un modo di
vivere di cui gli ateniesi (o almeno una non esigua élite) andavano
fieri, quindi in un senso necessariamente poco caratterizzato, tanto da
poter evocare una vasta gamma di comportamenti, allora vuol dire che
i] termine era gia usato piuttosto largamente, e non solo per indicare
una particolare branca del sapere;
+ il termine riaffiora in Gorgia, Encomio di Elena, § 13. In questo
caso il contesto é gia pili ampio e caratterizzato. Elena argomenta che
Ja persuasione combinata con il logos (in questo caso logos dovrebbe
significare semplicemente «parola») @ cosi potente che bisogna farsi
una competenza in almeno tre ambiti: in primo luogo «i logoi dei
meteorologi» (le teorie accreditate dagli esperti in fenomeni naturali ¢
particolarmente in fenomeni astronomici, quindi gli intellettuali della
Tonia e chi ha ulteriormente sviluppato quel loro tipo di sapere), in
secondo luogo quelle «competizioni costrin-
genti in virtd dei ogoi» (cioé le battaglie oratorie nei tribunali e nelle
pubbliche assemblee), e in terzo luogo «le dispute dei discorsi dei filo-
sofi», in altri termini il flusso di teorie filosofiche cosi spesso in spet-
tacolare contrasto fra loro. Gorgia manifestamente allude a dei filoso-
fi professionali che all’epoca gia competevano nell’accreditare delle
teorie irriducibilmente diverse, tali quindi che non si potesse accoglie-
re l'una senza rigettare le altre. Vorremmo sapere quando egli ha scrit-
to l’Encomio di Elena (probabilmente qualche anno dopo il 427 a.C.);36 1, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
in ogni caso |’allusione a delle dispute che coinvolgevano non pochi
cultori di un tipo di sapere gia comunemente denominato «filosofia» &
inequivocabile, e si ritiene che tali dispute riguardassero, all’epoca,
soprattutto le teorie di Parmenide, che in effetti furono difese a spada
tratta da Zenone e da Melisso, vennero profondamente ripensate da
Empedocle, Anassagora e Democrito, attirarono una non superficiale
attenzione da parte di svariati altri intellettuali e furono sottoposte a
una pungente parodia ad opera dello stesso Gorgia nel trattato Su cid
che non c’e (0 Sul non-essere),
« del termine si trova traccia, infine, in Ippocrate, il cui trattato De
vetere medicina é stato pubblicato, come minimo, dopo il 450 e prima
(probabilmente diversi decenni prima) del 390 a.C. Leggiamo, all’ ini-
zio del capitolo 20, che “medici e sofisti sostengono che non ci si pud
intendere di medicina se non si conosce che cosa é I’uomo” e che «il
loro logos (ragionamento) va verso la filosofia (es philosophian, indi-
rizza cioé alla filosofia), come nel caso di Empedocle e altri che hanno
scritto dei trattati sulla natura’ cos’é l’uomo all’origine,
come si é generato e di che cosa é fatto». Questo é un inequivocabile
riferimento al tipico trattato di filosofia, comunemente intitolato (come
amo noi) Peri physeos (“Sulla natura”), e ad alcuni dei temi ricor-
simili scritti,e non si ha certo l’impressione che |’autore inno-
vi alcunché nel trattare quei libri come filosofici. Se ne deduce che
all’epoca si era gia configurata la categoria dei filosofi e che le tratta-
zioni di taglio naturalistico venivano percepite come filosofiche nono-
stante la specificita di certe particolari tematiche.
E a questo punto secondario che, secondo una fonte tarda, Zenone
di Elea abbia o non abbia scritto, fra l’altro, un libro intitolato Contro
i filosofi (Pros tous philosophous). Ai tempi di Zenone (I’eta di Pericle)
il termine doveva essere gia ben accreditato, e in una accezione pros-
sima a quella con cui lo si usa tuttora. Inoltre @ verosimile che circo-
lasse, almeno in una ristretta élite, addirittura prima delle guerre per-
siane.
Il testo adotta la dicitura peri phusios: formulazione arcaica che nel greco *normalizza-
to" diventa peri phuseos (sulla normalizzazione ortografica v. il Glossario).Filosofia_in_Ita
ParTE Il
TESTI PUBBLICATI NELL’ ANTICHITA
E TESTI PERVENUTI FINO A NOIPARTE II - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 39
3. MOLTI TIPI DI FONTI
Tornando ora alle fonti antiche — i tanti scritti e frammenti di scrit-
ti che sono giunti fino a noi - proviamo prima di tutto a farci un’idea
della varieta delle forme assunte da simili unita testuali.
Cid che va sotto il nome di «filosofia greca» si articola, invero, in
una impressionante varieta di apporti (quindi in molti tipi di scritti) che
si collocano lungo 1’arco di un intero millennio: dai decenni immedia-
tamente anteriori alle guerre persiane fino all’epoca dell’imperatore
Giustiniano, da prima dell’anno 500 a.C. fin oltre l’anno 500 d.C.
In un numero limitato di casi abbiamo accesso diretto ai testi, nel
senso che ci sono state tramandate delle raccolte ampie o addirittura
complete degli scritti di un determinato filosofo. Molto pit spesso di-
sponiamo di una documentazione incompleta e di seconda mano, fatta
di alcune opere soltanto, oppure di «frammenti» e di «testimonianze»
pid! o meno lacunose (quindi disorganiche addirittura per definizione).
Tra gli autori ‘fortunati’ (alcuni grandi, altri di pil modesto spes-
sore) figurano Platone, Aristotele, Sesto Empirico, Plotino e il suo al-
lievo Porfirio, Proclo e Simplicio nonché, tra i romani, Lucrezio. Lo
stesso accade nel caso di alcuni intellettuali che, pur essendosi occu-
pati anche di filosofia, hanno investito di pid in altri ambiti, come
Antifonte, Ippocrate, Isocrate, Senofonte, poi Cicerone, Filone di Ales-
sandria, Plutarco di Cheronea, Seneca, Marco Aurelio, Galeno, Tolo-
meo, Clemente Alessandrino, Origene.
Dj altri filosofi possediamo per intero almeno alcune opere - é il
caso di Gorgia, di Epicuro, di Teofrasto, di Alessandro di Afrodisia e
di altri commentatori di Aristotele, dello stesso Diogene di Enoanda
(nel suo caso possiamo infatti contare su una monumentale iscrizione
in pietra) - o almeno una serie gia piuttosto rappresentativa di testi pur
sempre frammentari, come nel caso di Senofane, Eraclito, Parmenide,40 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Empedocle, Melisso. In altri casi la situazione é pressoché disperante:
basti pensare a Protagora, sul conto del quale abbiamo, tolte le infor-
mazioni di seconda mano, solo uno sparutissimo gruppo di citazioni
(oltretutto brevi), ovvero a Pitagora, sul conto del quale abbiamo uni-
camente delle informazioni molto, troppo filtrate.
Un’ampia informativa su questo tipo di scritti verra offerta nei
capitoli 9 e 10.
Accanto a dei testi filosofici in senso stretto ci sono poi (e la cosa
pud sorprendere) delle opere che possiamo gia considerare ‘di secon-
do livello’, cio dei testi anche molto antichi che non si limitano a rac-
cogliere informazioni sul conto di pit filosofi, ma hanno addirittura la
pretesa di delineare qualcosa come una storia della filosofia antica:
quanto meno una storia settoriale, incentrata sulle teorie relative a un
particolare tipo di problemi. Tali sono, per esempio, l’esordio della
Merafisica di Aristotele, lo scritto di Teofrasto sulle sensazioni, l’ex-
cursus contenuto nel primo libro del De natura deorum di Cicerone (ai
paragrafi 23-45) e il ben pid prezioso excursus che dobbiamo a Sesto
Empirico. Ne parleremo diffusamente nel capitolo 11.
Tra le pubblicazioni ‘di secondo livello’ vanno inoltre classificati
i molti scritti che sono stati pensati come dei veri e propri commenti a
testi filosofici che nel frattempo erano gia assurti al rango di classici.
Tali sono, in particolare, i molti commenti alle opere di Aristotele, ma
ci & pervenuto anche qualche commento alle opere di Platone (e, d’al-
tra parte, il De rerum natura di Lucrezio é una sorta di vasto ripensa-
mento degli scritti di Epicuro). Di tali opere ci disinteresseremo o
quasi, in questa sede, perché si tratta, per lo pit, di testi particolar-
mente difficili e, d’altra parte, utili solo per chi abbia gia una approfon-
dita conoscenza di molti essenziali passaggi della filosofia antica.
E non é tutto, perché constatiamo, non senza sorpresa, che si
approntarono anche alcune opere filosofiche ‘di terzo livello”, cioé dei
veri e propri strumenti di consultazione. Se ne conoscono due tipi:
— dizionari, ambito in cui spiccano da un lato il V libro dellaPARTE I - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wolosofia_in_Ita 4]
Metafisica di Aristotele (la presentazione di trenta termini tecnici della
“filosofia prima” cosi come lo stesso Aristotele era venuto configuran-
dola, dove gia minimo é lo spazio riservato agli usi linguistici della tra-
dizione filosofica anteriore) e dall’altro |’ operetta intitolata Horoi (let-
teralmente: «Confini», cioé «Definizioni») che figura nel Corpus Pla-
tonicum: 184 brevi voci, molte delle quali estranee allo specifico della
filosotia. Anche questo secondo vocabolario dovrebbe risalire ai tempi
di Aristotele. Siccome non ha grandi pretese, é verosimile che sia stato
allestito da qualche allievo di Platone. La predisposizione di questi due
piccoli lessici costituisce in ogni caso un avvenimento, perché docu-
menta la presa di coscienza della domanda di agili strumenti di con-
sultazione gia in epoca cosi ‘alta’;
— cronologie: specialmente nel II secolo a.C. e specialmente a
Rodi si scrissero diverse Successioni dei filosofi, opere finalizzate a
mettere ordine tra una profluvie di nomi e a stabilire chi fu allievo di
chi. A scrivere altri trattati di questo tipo (cioé con prevalente preoc-
cupazione di riuscire a dare un posto logico a una varieta di personag-
gi, non senza caratterizzarli un poco) furono poi Panezio di Rodi e
Filodemo di Gadara (se ne parlera nel capitolo 11).
Anche la celebre compilazione di Diogene Laerzio — le Vite dei
filosofi, in dieci libri - si configura come uno scritto di terzo livello,
pitt che di secondo, perché il Laerzio si limita quasi sempre a racco-
gliere una vasta gamma di notizie non sostenute da uno sforzo di pene-
trazione intellettuale delle idee elaborate dai singoli intellettuali a cui
dedica un’apposita trattazione.
Possiamo infine contare su una quantita di altri testi, risalenti a e-
poche relativamente pit vicine a noi, che pure contengono informa-
zioni di qualche pregio sul conto dei filosofi antichi (soprattutto grec’
autori cristiani, intellettuali dell’area di Bisanzio, scrittori arabi.
Specialmente presso questi ultimi non @ raro trovare la traduzione di
testi greci, alcuni dei quali sono disponibili solo in questa forma, es-
sendo andato perduto l’originale greco. Dato il carattere introduttivo
del presente lavoro, non insisteremo particolarmente su questo tipo di
scritti, e neppure sulle compilazioni ‘di terzo livello’.
xk OF42 1, ROSSETTI - INTRODUZIONE AI.LA FILOSOFIA ANTICA
Il campionario include dunque delle trattazioni di grande impegno
e dei veri e propri “Bignami” di duemila anni fa, frammenti anche
minuscoli reperiti nei papiri, citazioni di seconda o terza mano che
figurano negli scritti e nei contesti pid diversi, opere singole ed impo-
nenti corpora, e poi ancora: scritti di sicura autenticita e veri e propri
falsi, opere di cui non riusciamo pit a identificare l’autore e, come
dicevo, scritti di secondo e terzo livello.
A sua volta la scholarship moderna non si limita a ripubblicare,
tradurre, annotare, interpretare e reinterpretare le fonti primarie. Prov-
vede anche a raccogliere le citazioni sparse dando luogo a collezioni e
selezioni di frammenti e testimonianze su singoli autori. Inoltre molti-
plica l’offerta di opere di consultazione volte a rendere meno ardua,
pit rapida e, al tempo stesso, pid controllabile la ricerca in materia.
Si aggiunga che nello studio dei filosofi greci (e latini) si é inve-
stito e si investe davvero molto, per cui le edizioni, le raccolte di fram-
menti, i commenti, le monografie, gli articoli, i repertori, i lessici si
moltiplicano a ritmi decisamente sostenuti (cosi come é assidua, del
resto, la ricerca — quindi la pubblicazione e lo studio — degli inediti che
di tanto in tanto tuttora affiorano dai papiri).
Come sempre, quando c’é una lunga storia alle spalle, per potersi
orientare in questo vastissimo mare si richiede un bell’ insieme di infor-
mazioni di base. Non dispome significa, ripeto, essere letteralmente ta-
gliati fuori dalla dimensione tecnica della disciplina.
Da qui l’esigenza, prima di tutto, di farsi un’idea del modo in cui
questo materiale ha preso forma, di come é stato trasmesso, di come ci
pervenuto, di come é stato ‘manipolato’ dai moderni, e anche di dove
lo si pu rintracciare.
Un bel libro che affronta questi temi é il gia ricordato Problemi di filologia
filosofica di Mario UNTERSTEINER, uscito postumo nel 1980 a cura di L. SIcHI-
ROLLO e M. VENTURI FERRIOLO (Milano, Istituto Editoriale Cisalpino - La Goliar-
dica). Propone un nutrito spaccato di dati sul «libro filosofico antico» ¢ sull’«in-
terpretazione dei testi filosofici» greci e Jatini: traduzioni medievali, commenti,
biografie, terminologia filosofica, bibliografia settore per settore. In relazione ai
temi toccati in questo capitolo si veda la sez. 3 del volume, che pure verte sui
«generi della letteratura filosofica».PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A WOtosofia_in_Ita 43
4. LE COPIE, I FALSI, I CORPORA, LA FILOLOGIA
ALESSANDRINA
Dopo I’invenzione della stampa, pubblicare un libro non significd
solo scriverlo, ma anche arrivare a delle intese di natura contrattuale
con un tipografo e poi sovrintendere al suo lavoro pitt o meno in det-
taglio (oltre alla correzione delle bozze é stato normale — e non di rado
lo é tuttora — decidere insieme con ]’editore e/o lo stampatore le illu-
strazioni, cosi come una varieta di altri accorgimenti di dettaglio).
Quaicosa del genere, fatte le debite differenze, accadeva perd, e
regolarmente, anche prima. Per esempio era normale che I'autore si
incaricasse di commissionare I’allestimento di un certo numero di co-
pie del suo manoscritto a dei calligrafi pid o meno qualificati. Si so-
spetta, per esempio, che i molti brevi scritti in prosa dell’eta dei Sofisti
venissero dati in omaggio 0 in dono, usati cioé a scopo promozionale:
© genericamente per attirare I’attenzione sul singolo straniero che si
proponeva al pubblico ateniese, o per acquisire degli allievi ai propri
corsi, o per accreditarsi presso 1’élite cittadina dell’epoca. Di cid non
si ha la prova certa, ma la densita e brevita di scritti come le Tetralogie
di Antifonte o il Palamede gorgiano fanno appunto pensare a una desti-
nazione di questo tipo.
Nello stesso periodo dovette aver luogo anche una certa commer-
cializzazione di esemplari non troppo costosi a titolo di bene econo-
mico semplicemente posto in vendita in apposite proto-librerie. Il mas-
simo indizio di cid é il passo dell’ Apologia di Socrate (26de) in cui si
legge che all’epoca (il 399 a.C.) era facile trovare copie a buon merca-
to del libro di Anassagora — quindi, dobbiamo supporre, anche di non
pochi altri libri — in un settore dell’agora di Atene che, in analogia con
il settore del teatro riservato alle evoluzioni del coro, era denominato
orchestra. In quest’area doveva dunque esistere, come minimo, qual-44 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
che bancarella specializzata nélla vendita di opere trascritte su rotoli di
papiro. Anche se il cenno inserito da Platone rimane isolato (non se ne
parla in nessun altro testo antico) é infatti impensabile che il riferi-
mento non sia attendibile: primo, se cosi fosse si incrinerebbe tutto
l'argomento (e non si vede perché mai Platone avrebbe dovuto espor-
si a smentite non su questioni di dottrina o su aspetti della personalita
del suo maestro, ma su qualcosa che chiunque poteva osservare);
secondo, la bancarella di libri nell’agora poteva solo essere una novita
dell’epoca; terzo, queste non sono cose facili a inventare di sana pian-
ta, tutt’altro.
Se poi pensiamo all’eta ellenistica, epoca non solo di grandi bi-
blioteche e di una cultura policentrica, ma anche di una diffusione su
larga scala della cultura scritta, non é difficile giungere alla conclusio-
ne che in quel periodo l’offerta di copie del medesimo testo dovette
conoscere una dilatazione decisamente cospicua.
Indizi convincenti di cid sono da un lato la moltiplicazione dei
falsi, vale a dire la nascita di un autentico mercato antiquario e dei rela-
tivi sottoprodotti, dall’altro l’avvio della produzione di edizioni “criti-
che”, cioé del lavoro che intellettuali di rango facevano su dei testi par-
ticolarmente autorevoli (ad es. i poemi omerici) gia nel III secolo a.C.,
allo scopo di distinguere tra copie migliori e peggiori cosi come tra
testo originale e possibili sviste, ovvero aggiunte o parafrasi: un’atti-
vita di comparazione di molti esemplari che conduceva alla fissazione
di un testo attendibile, emendato. In questa fase si € dunque passati
dalla mera esecuzione di trascrizioni calligrafiche alla ricerca di refu-
si, ripetizioni, omissioni, intrusione di zeppe, o la possibile incorpora-
zione di note che in altri esemplari figuravano a margine, cioé come
fuori-testo.
La diffusione della scrittura e della cultura — quindi la presenza di
una varieta di esemplari del medesimo scritto, realizzati da copisti pitt
© meno competenti e diligenti —- comportd dunque fenomeni cosi diver-
si come la costituzione di sempre pid vasti patrimoni librari, la presen-
za di copie anche sensibilmente diverse I'una dall’altra, e la stessa
immissione di non pochi falsi nel mercato librario, specialmente da
quando non solo Omero, Esiodo e i poeti pid antichi ma anche unaPARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 45
vasta gamma di celebrate opere del V e IV secolo incominciarono ad
essere considerate degli scritti d’autore, dei classici, delle opere ambi-
te, un ormamento per la casa di un intellettuale e di persone facoltose,
Ne derivarono tre diversi fenomeni: la produzione di autentici
falsi, l’avvio di un po’ di filologia e la produzione di vasti corpora.
(A) Poté esplodere una vasta produzione di falsi (i cosiddetti apo-
crifi 0, meglio, pseudepigraft). 11 fenomeno ha raggiunto proporzioni
ragguardevoli specialmente nel periodo che va dal III-II secolo a.C. al
I secolo d.C., dapprima nel contesto della societa alessandrina dei
Tolomei e, successivamente, di quella romana.
Particolarmente ampia risulta essere stata l’offerta di presunte let-
tere autografe di personaggi famosi, o addirittura di autentici epistola-
ri. Si ricorderanno la fitta corrispondenza presuntamente intercorsa tra
Democrito e Ippocrate'’, ovvero tra Seneca e Paolo apostolo, e c’é poi
il caso delle tredici lettere incluse nel Corpus Platonicum, la maggior
parte delle quali & sicuramente opera di falsari. Origini analoghe
potrebbero aver avuto alcuni dei dialoghi falsamente attribuiti a Plato-
ne, anche se in qualche caso (come I’ /pparco) si sospetta che a cimen-
tarsi in simili imprese possano essere stati degli allievi diretti.
Fu dunque la passione antiquaria a rendere redditizio produrre e
poi spacciare per autentiche le opere pit diverse. A favorime la diffu-
sione fu, come ben si immagina, la difficolta dei controlli: estrema
rarita dei cataloghi (sul pid spettacolare dei cataloghi prodotti nell’an-
tichita v. la sez. 9.5), sostanziale esiguita — se si eccettuano poche sedi
privilegiate — sia delle biblioteche sia del patrimonio in esse contenu-
to, apprezzabile lentezza delle consultazioni in biblioteca, presumibile
difficolta di accedere a tali biblioteche quando |’utente non era a sua
volta una personalita di qualche rilievo. Ancora di pid dovette contare,
"TL grosso delle lettere attribuite ai filosofi figura in R. HERCHER, Epistolographi Graeci
(Paris 1871: il volume fa parte di una nota — e vasta — collana di classici greci con traduzione
latina a fronte, edita dal tipografo parigino Firmin Didot: v. tav. ft. n. 5). Ci sono poi non
poche edizioni parziali uscite in anni a noi pid vicini, ad es. U. KOHLER, Die Briefe des
Sokrates und der Sokratiker (nel XX supplemento alla rivista «Philologus», anno 1928).46 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
del resto, il fatto che la copiatura di un testo fu sempre una decisione
individuale del committente, e non possiamo escludere che questi, nel
dare le sue istruzioni al copiatore, si permettesse talora non soltanto di
accorpare © scorporare, di includere o escludere qualcosa dalla nuova
copia, ma forse anche di alterare i dati relativi ad autore e titolo.
Ricordiamo infine la possibilita che la prima (eventualmente I’ultima)
pagina di un papiro — cioé non tanto quella incollata all’obelds attorno
a cui il papiro veniva arrotolato, e sulla quale spesso trovava posto una
sorta di colophon (in proposito v. il Glossario), quanto piuttosto quel-
la esterna, la “prima pagina”, spesso incollata a un secondo obelos (ne-
cessario per il progressivo riarrotolamento del papiro mentre aveva
luogo la lettura) e in ogni caso pid esposta ad usura — andassero pid
facilmente incontro a danneggiamento da rottura, con conseguente
possibilita che l’unita testuale risultasse anepigrafa per ragioni estrin-
seche e accidentali, dopodiché poteva essere necessario elaborare una
congettura — talvolta osarne una azzardata — riguardo alla paternita di
un dato testo.
A sua volta l’esistenza di una domanda diffusa di testi antichi non
poté non dar luogo a un progressivo affinamento dell’arte della con-
traffazione. Nel caso di lettere di personaggi illustri poteva forse basta-
re, accanto all’opportuno invecchiamento del papiro", una rappresen-
tazione non troppo inverosimile di scambi di idee con contemporanei
pure noti e, pit’ in generale, della vita di relazione ruotante attorno a un
certo personaggio di indiscussa notorieta. In altri casi si richiedeva
invece una piii attenta ricerca dell’uniformita di stile e di contenuto, e
anche questo dovette accadere, se vero che talvolta, per carenza di
indizi affidabili, siamo tuttora ridotti a prendere atto dell’impossibilita
di arrivare a conclusioni certe in materia di autenticita di singole
opere'’,
™ Per qualche dato sulle modalita di ‘invecchiamento’ artificiale dei papiri v. al prossimo
capitolo.
** In questo campo é particolarmente utile la nozione di «enciclopedia personale» , di cui si
Parlera verso la fine del prossimo capitoloPARTE If TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 47
Un’ampia trattazione su questi temi figura nella sez. 5 dei Problemi di filo-
logia filosofica dell’Untersteiner (opera gia menzionata alla fine del cap. 3).
(B) La diffusione di copie, col prevedibile accumulo di sviste nel
passaggio di esemplare in esemplare, fece sorgere anche l’esigenza di
allestire delle edizioni “critiche” (specialmente nell’ Alessandria dei
Tolomei).
Un altro compito fu la ricerca di indizi in base a cui discernere tra
opere genuine e falsi.
In simili imprese si cimentarono non soltanto gli eruditi alessan-
drini ma anche altri personaggi, ad esempio il filosofo stoico Panezio
(II secolo a.C.), al quale si deve un trattato, non pervenuto, dal titolo:
Peri ton hairéseon (Sulle scuole, cioé sulle scuole filosofiche'’).
Sul suo conto Diogene Laerzio riferisce:
—(in II 61) che a suo avviso la maggior parte dei sette dialoghi socratici che
circolavano sotto il nome di Eschine di Sfetto sarebbe stata opera di Pasifonte di
Eretria (il quale pero li avrebbe fatti circolare come opera di Eschine: caso raris-
simo, e non poi tanto sicuro, di indicazione di chi era stato il falsario),
— (in IT 85) che egli propose una precisa selezione delle opere autentiche di
un altro socratico, Aristippo di Cirene,
= (in HI 37) che a suo avviso nella sezione iniziale della Repubblica di
Platone si intravedevano numerosi rifacimenti,
—(in VII 163) che dei molti libri di Aristone di Chio (stoico) solo le lettere
erano, a suo avviso, autentiche, mentre tutto il resto doveva ritenersi opera di un
altro Aristone: quello di Ceo, che fu invece un peripatetico.
Un campionario cos} esiguo é gia sufficiente per farci un’idea non dird del
rigore, ma della sensibilita filologica di non pochi intellettuali del periodo elle-
nistico.
Per chi voglia saperne di pitt, la strada ‘obbligata’ é la History of Classical
Scholarship di R. PFEWFER (Oxford, Clarendon, 1968), che @ disponibile anche
in italiano: Storia della filologia classica. Dalle origini alla fine dell'eti elleni-
stica (Napoli, Macchiaroli, 1973).
™ Con loccasione andra osservato che la nozione di «eresia» costituisce appunto uno svi-
luppo della nozione di «scuola di pensieron.48 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Pure utili sono due capitoli - il primo, redatto da L. Canfora, e il settimo,
redatto da F. Montanari - dell’opera Lo spazio letterario della Grecia antica,
diretta da G. CAMBIANO, L. Canrora e D. Lanza, ¢ pit precisamente del secon-
do tomo del primo volume, che é uscito a Roma (Salerno ed.) nel 1993.
(C) La diffusione dei testi letterari diede origine persino all’alle-
stimento di copie ‘complete’ delle opere di un dato autore (es. Demo-
crito, Ippocrate, Platone, Senofonte, Aristotele, Teofrasto, gli oratori) 0
—nel caso dei poeti tragici e comici — di raccolte delle opere ritenute
pil importanti e selezionate in funzione dell’insegnamento oltre che di
una pill generica commercializzazione. Anche la domanda di esempla-
ri in cui figurasse con ogni possibile ordine l’intera serie delle opere
ascritte a un certo intellettuale di fama o almeno una selezione degli
scritti pil importanti — dunque un vero e proprio corpus — @ legata
all’affermarsi della cultura ellenistica e a quella domanda di modalita
‘potenziate’ di accesso al sapere di cui si é gia fatto cenno.
La domanda di simili corpora ha connotato in modo particolare i]
periodo che va dal primo secolo a.C. al primo secolo d.C., ed é inte-
Tessante notare che gia Cicerone e Tito Livio usano il termine corpus
per indicare l’insieme delle leggi (cosi facendo, verosimilmente allu-
dono a ‘antenati’ di quell’imponente Corpus iuris civilis che trovera
una configurazione ‘definitiva’ ai tempi dell’imp. Giustiniano, dunque
agli inizi del VI secolo, anche se il nome, Corpus iuris civilis, ha preso
forma soltanto nel medioevo latino).
Queste vaste raccolte - che potevano richiedere anche una o pid
centinaia di rotoli di papiro, tanto da far sorgere |’esigenza di predi-
sporre dei sotto-insiemi (le tetralogie nel caso di Platone, le decadi nel
caso delle Storie di Tito Livio), dietro alle quali c’erano dunque sia
alcune grandi biblioteche, sia il circuito degli intellettuali di punta, sia
le esigenze dell’insegnamento superiore — hanno costituito uno dei
canali principali per la sopravvivenza dei testi letterari (e filosofici),
non solo dal punto di vista dell’accuratezza, ma anche e soprattutto per
la funzione che hanno avuto: di identificare le opere importanti, di far
dunque avvertire l’opportunita di ricopiarle prima che diventassero
illeggibili, di mantenere mediamente alta la qualita di tali copie, ePARTE IL-TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A filosofia_in_Ita 49
soprattutto di preservare un certo insieme di opere appunto come un
insieme, limitando dunque tanto il rischio di intrusione di altri falsi
quanto il rischio della dispersione di questi autentici patrimoni.
Anche per gli editori dei grandi corpora ci fu l’esigenza — che non
é certo cessata — di distinguere le opere verosimilmente autentiche dai
possibili falsi. La soluzione pit spesso adottata fu di collocare, nel
dubbio, le opere sospette a fine raccolta, a mo’ di appendice. Ne é deri-
vata l’inclusione di pid di un falso in quasi ogni corpus, il che non ha
mancato di creare delle difficolta di rilievo anche per la moderna filo-
logia.
A sua volta |’avvenuta costituzione di singoli corpora — un’ indi-
cazione sul conto di cid che si é ritenuto meritevole di accurata preser-
vazione e di un cospicuo investimento, intellettuale non meno che eco-
nomico — si traduceva in ulteriore prestigio dell’autore di quei testi,
quindi anche in fattore di attenzione per i suoi scritti; quindi, in ultima
istanza, in fattore di longevita (assicurata e da assicurarsi per mezzo di
sempre nuove trascrizioni).
Si pud capire, percid, che ad essersi tramandati siano stati dei cor-
Ppora prima ancora che delle opere singole di minor mole. Cid spiega,
ad es., che ci siano pervenute le tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euri-
pide: non tutte, ma solo quelle che in epoca ellenistica sono state sele-
zionate e incluse in una silloge ad hoc, mentre gli altri lavori teatrali di
questi stessi autori, e a maggior ragione |’opera di tutti gli altri poeti
tragici loro contemporanei, non poté non andare dispersa (sopravvivo-
no, di norma, le citazioni selezionate dagli autori di antologie, i brani
occasionalmente citati in altri scritti e i frammenti rintracciati nei papi-
Ti egizi).
Cid spiega, del pari, come mai buona parte dei testi antichi so-
pravvissuti alla crisi alto-medievale provengano da queste raccolte
considerate di particolare pregio, raccolte che hanno dunque rappre-
sentato una risorsa elettiva per la trasmissione dei testi letterari ¢ filo-
sofici, sia dal punto di vista della qualita degli esemplari, sia in quan-
to unita testuali di particolare pregio. Decisiva per la sopravvivenza di
un testo antico é stata infatti la continuita dell’interesse per determina-
ti testi lungo I’arco di molti secoli.50 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Nondimeno, anche in alcuni di questi casi la tradizione si é ugual-
mente interrotta: delle Storie di Tito Livio, ad es., si sono salvati solo
35 libri su 142, mentre per il resto dobbiamo accontentarci dei riassunti
(o, per dirla alla greca, delle epitomi)”.
Rimane il fatto che la tradizione — certamente dovuta anche a
combinazioni fortuite di circostanze, ma a cui non é quasi mai estraneo
l-affermarsi, nel corso dei secoli, di una gerarchia della rilevanza intor-
no a cid che merita di essere tramandato, quindi ricopiato — é al tempo
stesso lascito e imposizione, risorsa e vincolo: nel caso dei tragici e dei
comici di V secolo, per esempio, non é stato il caso a decidere che si
possano leggere per intero solo sette tragedie di Eschilo e sette di
Sofocle, che si possa leggere molto di Aristofane e pochissimo di
Cratino, ma una prassi dei centri d’alta cultura di eta alessandrina.
Analogamente nel caso di Platone, Antistene, Euclide o Cameade, non
siamo stati noi a decidere che si debba investire moltissimo nello stu-
dio delle opere del primo e infinitamente meno nello studio degli scrit-
ti degli altri tre filosofi, e se non abbiamo difficolta ad apprezzare la
scelta a favore di Platone, possiamo ben dubitare che la penalizzazio-
ne degli altri tre sia altrettanto giustificata: siamo proprio sicuri che
dedicare adeguate energie anche alla lettura delle opere di costoro
sarebbe stato addirittura tempo sprecato?
” Da notare che la pratica del riassunto (0 epitome. dal greco epitomé, che alla lettera signi-
fica «taglio della parte superiore») interessa solo molto marginalmente l’ambito filosofico. In
effetti non c’é paragone tra I" (4 del riassunto di una vasta opera storica e l'utilita del rias-
sunto di un testo di filosofia: in questo secondo caso I’effetto banalizzante nuoce fino al punto
da dissuadere da simili tentativi.PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 5]
5. DAL PAPIRO AL CODEX MEDIEVALE E ALLE PRIME
EDIZIONI A STAMPA
In questo capitolo (e nei tre successivi) tenteremo di tracciare le
grandi linee della traditio, riferendo su alcune essenziali tappe del per-
corso — decisamente intricato — che dai documenti d’epoca (i testi di
Eraclito, Aristotele, Cicerone, Plotino ecc.) ha condotto alla costitu-
zione delle “fonti” su cui attualmente possiamo contare, vale a dire ai
testi cosi come noi li possiamo leggere nei nostri libri.
Si tratta di una vicenda non solo lunga e complessa, ma anche
determinante, in positivo (relativamente a quel che é stato pid accura-
tamente trasmesso o si € comunque salvato, o é stato possibile rico-
struire almeno in parte) non meno che in negativo (perdite, alterazioni,
manipolazioni, falsi e, come vedremo, altro ancora). Si trata, d’altron-
de, di una vicenda interessante e, per certi versi, memorabile, di cui é
dunque desiderabile farsi una idea non troppo vaga.
5.1 - Confezionamento e uso del rotolo di papiro
Occupiamoci, per cominciare, del supporto materiale pid spesso
usato nell’antichita per tramandare dei testi.
Il ricorso al papiro quale materiale scrittorio pare che risalga ad-
dirittura al terzo millennio avanti Cristo, ed é una invenzione egiziana.
A sua volta il nome byblos o biblos, spesso usato in Grecia come de-
nominazione alternativa del tatupos (papyros), € cosi pure il nome
byblion, ci parlano della citta fenicia di Byblos e di un’epoca anterio-
te allo stesso decollo della civilta ellenica.
In Grecia, l’uso di ricorrere, per la scrittura, al papiro d’impor-
tazione confezionato a mo’ di rotolo, anziché a dei pellami di origine52 1, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA,
ovina opportunamente conciati 0 a ben piti labili tavolette di cera (per
non parlare delle iscrizioni su pietra), é diventato la norma nel corso
del V secolo a.C. E significativa, al riguardo, una dichiarazione di
Erodoto: «ai miei tempi molti barbari ancora scrivono su pelle», come
dire che “da noi, in Grecia, I’uso di scrivere su del pellame conciato &
tramontato, e non da ieri” (V 58.3: siamo intoro al 440 a.C.).
Quanto invece ai pil antichi esemplari di papiri greci effettiva-
mente pervenuti fino a noi, non si risale oltre l’eta di Aristotele: la
seconda meta del IV secolo, epoca alla quale viene datato, fra !’altro,
il papiro di Derveni (di cui si parlera in un successivo paragrafo).
Sulla lavorazione del prodotto ci riferisce con qualche ampiezza — anche se
non sempre fornendo dati attendibili — Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia
(XIII 68-89).
Del papiro si utilizzava la parte interna del fusto appena tagliato e se ne
ricavavano minuscole striscioline ancora impregnate di linfa. In questo modo la
linfa poteva fungere da collante senza bisogno d’altro.
I listelli cosi ottenuti venivano disposti in due serie, una in senso Jongitudi-
nale e una in senso verticale, in modo da creare una sorta di compensato duttile
e levigato. Il risultato era una serie di fogli all’incirca quadrati (i kollémata),
pressati e levigati con tale cura da avere uno spessore pari a pochi decimi di mil-
limetro, che venivano poi attaccati I'uno all’altro" in modo da formare un ret-
tangolo lungo, in media, un 10-15 metri e alto dai 20 ai 30-35 centimetri (ben pit
alti furono, invece, i rotoli usati in ambiente ebraico a fini di culto).
Protvkollon era il primo foglio, spesso lasciato in bianco per servire da cu-
stodia 0 copertina de] testo che seguiva. Chartes (0 tomos) era invece iJ rotolo
Pronto per I’uso, rotolo i cui margini venivano fatti aderire a due bastoncini
(6mphalos, “ombelico”), associando a quello di sinistra un cartiglio su cui poi si
scriveva lo stretto indispensabile per potersi fare un’idea del contenuto del roto-
” Gia Aristofane, al v. 54 delle Tesmoforiazuse, parla di «incollare» a proposito dell’inse-
rimento di piccole strofe poctiche nelle tragedie del poeta Agatone. E verosimile che, cosi
facendo, egli intenda suggerire agli spettatori di rappresentarsi I’atto di introdurre un partico-
lare tipo di versi in un testo drammatico come un incollare il singolo kallema (e precisamente
un kollema gia scritto) nella serie dei suoi kollémata, dove normalmente figurano dei versi di
altro genere. La possibilita di lavorare addirittura “di forbici e colla” era comunque legata, se
non altro all’esigenza di recuperare gli spezzoni inutilizzati..PARTE Il- TEST! PUBBLICATI NELL!ANTICHITA B TESTI PERVENUTI FINO A Wblosofia_in_Ita 53
lo. Biblion (si noti l’accento) era invece il nome che assumeva il rotolo conte-
nente una unita testuale, cio’ i] documento scritto su papiro, opera che occupa-
va un intero rotolo. Tanto basta per capire in che senso la Repubblica di Platone,
per esempio, era un’opera in dieci libri: si intende dire che, con ogni probabilita
lo stesso Platone aveva previsto di utilizzare dieci rotoli e che, pensando a cit
ebbe cura di articolare i] suo testo in dieci sotto-unita (parti 0 sezioni dell’ inte-
ro). Quando il ‘libro’ era particolarmente ampio — ad es. il Gorgia di Platone —
poteva accadere che si unissero due omoi in modo da raddoppiame la lunghez-
za. Quanto poi agli spezzoni di rotolo che fossero rimasti inutilizzati, & verosi-
mile che li si impiegasse nel caso dei testi pid brevi.
Nel rotolo standard (¢ ci riferiamo al rotolo normalmente utilizzato per tra-
scrivervi dei testi letterari: il caso dei papiri documentari egiziani @ gia diverso)
trovava posto, mediamente, un buon centinaio di colonne non numerate, poste
luna a fianco dell’altra procedendo da sinistra verso destra. Lo specchio di scrit-
tura era prossimo a quello dei nostri libri non tascabili: spesso circa cm, 15 x 22,
raramente pid di cm. 20 x 30 0 meno di cm. 7 x 14, Una colonna contava, al mas-
simo, una tentina di righi di testo, con circa 25-35 caratteri per rigo (ma talora
anche 17-20). Quanto poi allo specchio di scrittura, solo col tempo si passd a
definirlo con un riquadro (la Jineatura). Anche |’allineamento (specialmente sul
lato destro) rimase a lungo approssimativo. Ben affermato, in compenso, fu l’uso
di far corrispondere il rigo a un intero verso, almeno nel caso dei testi poetici
costituiti da soli esametri.
Dipinti di epoca romana (v. la tav. f.t. n. 6) mostrano che il rotolo, trattenu-
to dalla mano destra, veniva svolto con la sinistra e riavvolto via via che si pro-
cedeva nella lettura. Per scrivere si richiedeva invece di appoggiare il rotolo su
un tavolo o, in alternativa, sulla ‘gonna’ tenuta ben tesa.
La scrittura doveva richiedere dei tempi di esecuzione piuttosto
lunghi, data I’esigenza di realizzare ogni volta un’autentica bella copia,
per quanto possibile normalizzata e accurata. Pertanto era normale che
avesse luogo sotto dettatura, per cui ben difficilmente accadeva che
fossero gli stessi autori a scrivere i loro testi. Anche nel caso della ste-
sura di contratti, del resto, doveva essere normale il ricorso al graphéus
(lat. scriba), cioé al calligrafo.
In effetti, alla produzione di testi su papiro fu legato un notevole
indotto non soltanto per que] che riguarda l’importazione della materia
prima, il confezionamento, la protezione e la manutenzione dei rotoli,
ma anche per quel che riguarda la figura del calligrafo. Si suppone in-54 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
fatti che scuole, biblioteche, corti e, con ogni probabilita, singoli intel-
lettuali facoltosi si dotassero di intere équipes di scribi, sia per produr-
re simultaneamente piii esemplari del medesimo testo, sia per eseguire
copie di testi avuti in prestito. In effetti, accanto agli scribi continuati-
vamente impegnati presso le istituzioni culturali, ci furono sia le com-
mittenze episodiche, sia gli uffici di grammatéus e/o hupogramma-
teus" alle dipendenze degli uffici pubblici.
Anche la lettura — il complesso percorso che permette di risalire
dai segni alle parole, quindi alle frasi, quindi al pensato — doveva ri-
chiedere lo sviluppo di precise abilité, molta concentrazione e molto
esercizio, con limitatissime possibilita di “dare una scorsa” veloce al
testo.
Infatti lo stacco tra le parole non era quasi mai indicato (la norma
era infatti una scriptio continua, ed & significativo che Aristotele trovi
il modo di dire che Ia fine della frase si dovrebbe intuire gia in base alla
sua struttura ritmica, senza bisogno che lo scriba introduca un’ apposi-
ta paragraphé™: Rhet. Ill 8, 1409*20-21), né si faceva uso dei segni di
interpunzione e di quelle maiuscole che a noi sembrano cosi utili. Fin
troppo episodico, quindi irrilevante, fu anche il ricorso ad altri tipi di
indicatori, come l’introduzione dell’ «a capo» o di titoli almeno un po’
evidenziati (in particolare la divisione del testo in capitoli e l’appron-
tamento di indici rimasero estranei alla stagione dei papiri”'), nonché di
numeri fuori colonna da utilizzare per il conteggio dei versi. II ricorso
Si noti la vicinanza delle qualifiche di grapheus (termine non molto usato) e di gram-
mateus, termine di ben pid largo uso che perd corrisponderebbe, almeno in teoria, al nostro
«letterato» (grammata, infatti, sono in primo luogo le lettere dell’alfabeto), ¢ che indica pro-
priamente il «segretario», dunque sia una delle figure pit comuni di pubblico funzionario (di
livello medio-alto), sia (pid raramente) il segretario a servizio di privati. Siccome l’ammini-
strazione pubblica conosceva anche la figura dello hupogrammateus (il «sottosegretario» nel
senso di «applicato di segreteria», di subalterno del «segretario capo»), 2 verosimile che a fun-
gere da grapheus fossero pitt spesso questi ultimi.
* Letteralmente: «scrittura collaterale o complementare». V. in proposito il Glossario.
° B singolare che un embrione di indice compaia invece nel poema di Parmenide. Questi,
infatti, esordisce con una narrazione fantastica, dichiara poi che tocchera due argomenti (una
sorta di ‘vera’ ontologia e poi una sorta di “falsa’ ontologia), passa quindi a svolgere il primo
argomento e, ai versi 50-52 del fr. 8 @ esplicito nel fare una dichiarazione di questo tenore:PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A H@losofia_in_Ita 55
a segni diacritici — di fatto pressoché soltanto una generica paragaphe
— rimase dunque limitato ai casi di strettissima necessita, come ad es.
l’esigenza di segnalare il cambio di personaggio nel caso di un testo
teatrale (se non altro quando il cambio di personaggio avveniva all’in-
terno del medesimo verso) o quasi teatrale, come i dialoghi.
Anche I’uso di tracciare i segni in maniera un po’ pii sbrigativa,
dando luogo al ductus legato, non pili attento a preservare il caratteri-
stico geometrismo del greco epigrafico (che nel costruire le lettere del-
l’alfabeto, fatto di sole maiuscole, ricorre cosi volentieri a dei segmenti
rettilinei o circolari, dando luogo, di preferenza, a forme rettangolari,
triangolari o circolari del singolo segno, e che in secondo luogo adot-
ta volentieri, a partire dalla fine del V secolo, la forma a stoichedon,
cioé la disposizione dei caratteri a scacchiera : v. la tav. f.t. n. 7) —
insomma qualcosa di comparabile al nostro corsivo — interessa semmai
il documento di carattere amministrativo, e solo nell’Egitto dell’eta
imperiale.
Da qui la difficolta del percorso a ritroso, dai segni alle parole e,
in ultima istanza, al pensiero che ne costituiva la ragion d’essere.
Pur con queste che a noi paiono delle severe limitazioni, il papiro
rappresentd una svolta di prim’ordine, sia per la notevole ampiezza
delle unita testuali che si potevano includere in un solo documento
(molto pit che non su una qualsiasi pelle lavorata, e con molto pid
ordine), sia per il fatto di delineare un primo standard in materia di
dimensioni e forma del supporto materiale, di disposizione delle colon-
ne di testo, di dimensioni e forma dei caratteri e di eventuali altri segni,
cosi pure di configurazione della inscriptio e/o della ascriptio (cioé
delle parole iniziali e finali del rotolo, con indicazione di autore e argo-
mento 0 titolo).
~“finisce qui questa prima trattazione. ora passerd alla seconda parte”, Segue questa ulteriore
trattazione (molto frammentaria) e quindi, nei frammenti 10 ¢ I, prende forma una sorta di
articolato indice della terza parte del suo testo: “conoscerai la natura dell’etere. quanti astri
sono nell'etere ecc.". Da notare inoltre che Simplicio, nel riportare il fr. 11, precisa che «in
materia di cose sensibili Parmenide dichiara di cominciare (Ia trattazione 0, meglio, la sub-trat-
tazione) con queste parole».56 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
L’adozione del rotolo, con le sue ‘costrizioni’, rese inoltre prati-
camente inevitabile la lettura continua partendo dall’inizio (l'esterno
del rotolo riavvolto), cid che si addice a meraviglia, per esempio, al
tipico dialogo platonico, ma molto meno al trattato professionale (es.
di Aristotele), che in teoria richiederebbe di poter essere anche soltan-
to consultato, con possibilita di spostarsi in punti diversi della tratta-
zione (in eta scolastica, quando cid fu finalmente possibile, si parld
dello statim invenire come di una importante potenzialita del codice
ben confezionato: di cid pid avanti). Dovette inoltre favorire il ricorso
a dei lettori che si fossero appositamente preparati a leggere un certo
testo con un minimo di scioltezza e quindi con qualche capacita di con-
ferire un senso intuitivo — cioé prontamente intelligibile — a cid che
leggevano per conto di piccoli gruppi di ascoltatori.
Si ritiene, in effetti, che un’opera come le Storie di Erodoto fosse
inizialmente pensata non solo e non tanto per la lettura individuale
quanto piuttosto per una qualche sua ‘recitazione’ libro per libro, ini-
zialmente ad opera dello stesso autore (la funzione di intrattenimento
che si intreccia con l’offerta di informazioni e di idee ha infatti un
ruolo assai vistoso nell’economia del racconto). Gia l’opera di
Tucidide, e a maggior ragione altri testi particolarmente impegnativi
(ad es. gli Analitici di Aristotele), suppongono invece una situazione in
cui il libro viene letto e meditato — studiato — piuttosto attentamente,
dunque una lettura individuale o individualizzata, con possibilita di
chiedere al lettore di andare avanti, fermarsi oppure leggere per la
seconda volta un certo passo.
E interessante notare che, cid nonostante, sul finire del V secolo si
diffuse la circolazione del testo di tragedie e commedie di sucesso al
solo scopo di essere poi lette senza recitazione. Nel caso delle Nuvole
di Aristofane @ addirittura accaduto che, subito dopo il 423 a.C., il
poeta non si sia limitato a riscrivere e rielaborare |’opera in funzione
di una seconda rappresentazione (che poi non ebbe luogo), ma abbia
fatto circolare come testo solo questa sua rielaborazione. Non @ dun-
que un caso che la prima versione sia andata perduta al 99% e si sappia
ben poco sul conto di cid che la differenziava dalla seconda.
Sempre agli ultimi decenni del V secolo risalgono le prime con-PARTE Il - TEST! PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A WGlosofia_in_Ita 57
vincenti prove del fatto che almeno alcuni conoscessero gia la lettura
desonorizzata, silente, solo mentale (cioé non sostenuta nemmeno dal
mero movimento delle labbra, effettuato senza emettere dei suoni) di
cid che era consegnato alla scrittura”.
Veniamo ora a qualche altro dettaglio. Il lato normalmente destinato alla
scrittura era quello costituito dalle fibre orizzontali, poste all’interno (si conosce,
per la verita, anche qualche esempio di rotolo opistografo, scritto cioé su tutti e
due i lati). talvolta accaduto che un papiro contenente testi letterari venisse uti-
lizzato ‘al rovescio’ solo a distanza di tempo e per scrivervi qualcosa d’altra natu-
ra, Pid di rado si é verificato il contrario, che cioé un papiro inizialmente usato
per dei documenti di carattere amministrativo venisse poi riutilizzato per scri-
vervi un testo letterario, come nel caso dell’unico esemplare a noi pervenuto
della Costituzione degli Ateniesi di Aristotele che, appunto, figura sul retro di un
papiro precedentemente utilizzato per annotare dei dati di natura contabile.
Dato lo spessore medio del foglio (dell’ordine di pochi decimi di millime-
tro) e data la relativa fragilita del materiale usato, procedere alla cancellazione o
rasura era problematico. Era tuttavia possibile sottoporre I’intero papiro a una
sorta di delicato lavaggio per sbiadire le scritte e permetterne il riutilizzo, dando
luogo al palinsesto (fenomeno comunque raro: la riscrittura riguarda soprattutto
le pergamene medievali, che erano molto pii resistenti). A volte si riesce a deci-
frare persino cid che é stato cancellato, e si danno casi in cui vale decisamente la
pena di dedicarsi a un’impresa cosi impegnativa”.
© Inequivocabile in tal senso @ fra I’altro, un passo dei Cavalieri di Aristofane (anno 425
a.C.). Al v. 115 di questa commedia incontriamo infatti la frase «dammelo, fammi leggere ...
vediamo un po’ cosa c’é scritto» (si tratta del testo di un responso oracolare), dopodiché il per-
sonaggio si limita a commentare cid che sta leggendo (parla mentre legge, usa la bocca non
per leggere ma per fare contemporancamente un’ altra cosa). In precedenza si era a lungo rite-
nuto che la lettura mentale fosse stata una ‘invenzione’ di Sant’ Ambrogio, il vescovo di
Milano frequentato da Agostino. ~ Su questi temi v., per cominciare, la voce «Lettura» del
Glossario, nonché le indicazioni bibliografiche che figurano al termine di questo paragrafo.
” Un palinsesto di interesse filosofico @ il cosiddetto «palinsesto di Torino»: parte di un
commento al Parmenide platonico che viene assegnato al IV 0 V secolo 4.C. II solo esempla-
Te pervenuto — una copia eseguita in Italia (forse a Bobbio) ¢ risalente al V 0 VI secolo, che é
poi andata perduta (nel 1904 a seguito di un incendio della Biblioteca Nazionale di Torino)
era contenuto in sette pergariene ben presto riutilizzate per una raccolta di letture dai Vangeli.
Trattandosi di un documento poco noto, converra riferire che questo commento & stato appe-
na edito, tradotto ¢ commentato da A. Lincurmi nel Corpus dei papiri filosofici greci e latini,
vol. Uf (Firenze, Olschki, 1995), alle pagine 63-202.58 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Le fonti ci parlano perfino delt’uso di invecchiare artificialmente i rotoli per
conferire maggiore credibilita ai falsi o comunque una patina di antico al-
linsieme: secondo Dione Crisostomo, che si sofferma sull’argomento, allo scopo
di accelerare i] processo di ingiallimento essi venivano immersi per qualche tem-
po nel frumento asciutto™.
Varra la pena di annotare che i] mondo medievale ha continuato a
far uso del papiro, sia pure in modo non esclusivo (venne progressiva-
mente rimpiazzato dalla pergamena). «Su papiro é |’intera serie dei
documenti degli archivi 0 scriptoria di Ravenna, datati dal V al X sec.
d.C., ed era il papiro il materiale usato dalla cancelleria papale almeno
fino all’undicesimo secolo. Ultimo documento conservato é la bolla
del papa Vittore II dell’anno 1057». Sembra che la scomparsa del
papiro nell’Occidente latino e nell’area bizantina dipenda, pid che
dalla disponibilita di pergamene, dalle tensioni col mondo musulmano,
con conseguente aumento dei costi. In effetti la pergamena (0 “carta-
pecora”), pur essendo in uso sin dal periodo ellenistico, ha progressi-
vamente rimpiazzato il papiro solo in pieno Medioevo.
Chi voglia sapeme di pid potrebbe incominciare con un volumetto che
abbina J’offerta di un po’ di informazioni specifiche a una genuina sensibilita
filosofica: M. BALDINI, Storia della comunicazione (Roma, Newton Compton,
1995).
Sui problemi connessi con la scrittura, la lettura, il libro e Je biblioteche nel-
Vantichita greca e romana:
- G. CavaLio, «Discorsi sul libro», articolo che figura nel vol. LIII di Lo
spazio letterario della Grecia antica (Roma, Salerno ed., 1994), alle pp. 613-
647;
- Libri, editori e pubblico nel mondo antico. Guida storica e critica, a cura
di G. CavatLo (Roma-Bari, Laterza, 1975).
- Le biblioteche nel mondo antico e medievale, a cura di G. CAVALLO (Ro-
ma-Bari, Laterza, 1988);
- Storia della lettura, a cura di G. CavaLLO (Roma-Bari, Laterza, 1995).
* Or. 21,12.
* Cosi il GALLO in Avviamento alla papirologia greco-latina (Napoli 1983), p. 29.PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 59
Pure utile @ il volume La memoria del sapere. Forme di conservazione e
sirutture organizzative dall'antichita a oggi, a cura di P. Rossi (Roma-Bari, La-
terza, 1988).
Per una pid articolata trattazione di temi papirologici:
- I. GALLO, Avviamento alla papirologia greco-latina (Napoli, Liguori,
1983);
— E.G. Turner, Papiri greci, edizione italiana (Firenze, La Nuova Italia
Scientifica, 1984).
5.2 - L’apporto dei papiri (e della papirologia) alla conoscenza
del mondo classico
Il papiro aveva qualche problema di conservazione: del supporto
materiale e, a maggior ragione, dei segni grafici, dato che anche gli
inchiostri usati erano di origine vegetale. Di conseguenza |’umidita
poteva ben comprometterne Ja leggibilita a distanza di tempo, ed era
un caso che i testi fossero leggibili anche a distanza di un secolo 0 pid.
Noi leggiamo, d’altronde, degli esemplari che sono la risultante di
numerose fasi di copiatura — da rotolo a rotolo, poi come vedremo tra
un momento, da rotolo a codice e da codice a codice, per non parlare
dei passaggi successivi (dal codice papiraceo al codice pergamenaceo,
quindi alla carta e al libro a stampa) — e cid comporta comprensibili
tischi di sviste, errori materiali e tentativi, magari maldestri, di ritoc-
care il testo allo scopo di conferire intelligibilita a parole e frasi rite-
nute (a torto o a ragione) prive di senso compiuto.
Rispetto ai codici pergamenacei medievali a cui dobbiamo la
maggior parte dei testi ancora leggibili (es. tutto Platone, un buon 90%
di Aristotele, tutto Plotino), i papiri ci permettono di avere accesso non
soltanto a una varieta pur sempre cospicua di altri testi che i codici non
Tiportano — nel vasto campionario di spezzoni di altre opere degli auto-
Ti pid diversi spiccano, fra |’altro, 1a magistrale Athenaion politeia
(Costituzione degli Ateniesi) di Aristotele e una quantita di testi epicu-
Tei, gran parte delle commedie di Menandro € molti testi poetici del-
Vantico Pindaro — ma anche a un gran numero di unita testuali che gia
conosciamo attraverso i codici.60, L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Anche questo secondo gruppo di documenti ha un notevole interesse, per-
ché essi riflettono una sequenza di riproduzioni incomparabilmente pil breve
rispetto alla sequenza che ha condotto all‘allestimento del codice pergamenaceo
medievale: pid breve, in media, di mille anni. Cid significa che dietro al percor-
so che dall’originale (es. Aristotele) conduce all’esemplare papiraceo ci sono, al
massimo, sette-otto passaggi di copia in copia, mentre dietro al percorso che si
spinge oltre l’anno Mille ce ne sono il doppio o il triplo, con conseguente molti-
plicazione dei rischi di svista e manomissione.
Per di piu, i testi disponibili su codice sono la risultante di un flusso di
copiature che fa capo ad archetipi diversi da quelli che hanno dato luogo alla ver-
sione papiracea dei medesimi scritti. Di conseguenza, siccome la trasmissione di
questo materiale ha seguito, nei due casi, dei percorsi differenziati, é normale
notare delle differenze nella configurazione di alcune parole. Questa dilatazione
della gamma dei “testimoni” del medesimo testo permette quindi di prendere
coscienza di un maggior numero di varianti e cosi accedere ad ulteriori indicato-
ri per il filologo impegnato a stabilire quale formulazione di una parola o di una
frase rifletta verosimilmente meglio l’originale.
Va anche detto che i testi pervenuti via papiro sono, in maggioranza, fram-
mentari, per cui il confronto con i codici & possibile solo per la parte in cui c’é
sovrapposizione fra i due tipi di documento.
Nondimeno, la scoperta e pubblicazione di simili documenti fa sorgere l’e-
sigenza di nuove edizioni che, per il fatto di tener conto di queste ulteriori evi-
denze testuali, danno luogo a una pid accurata restitutio di alcune parti, almeno,
delle opere documentate anche per questa via.
Abbiamo detto che ci accade perfino di leggere dei papiri dei
tempi di Aristotele, cioé degli esemplari confezionati nel corso del IV
secolo a.C. Non abbiamo accesso, pero, addirittura alla “prima edizio-
ne” (manoscritta) di una certa opera, bensi ad esemplari pur sempre
posteriori, spesso anche di secoli. Infatti la maggior parte dei papiri
contenenti testi greci (i papiri contenenti dei testi latini sono una rarita)
a noi pervenuti risale ai primi tre secoli dell’era cristiana, anche se
diversi papiri “letterari” sono ascrivibili ai secoli IV-I a.C.
I soli papiri d’interesse filosofico confezionati posteriormente al
III sec. d.C. € a noi accessibili sono, se non vado errato, quelli di Tura
(localita del delta del Nilo), che vengono infatti datati al VI o VII seco-
lo d.C. Essi contengono opere di Didimo il Cieco, un teologo e com-PARTE II - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Hilosofia_in_Ita 61
mentatore dell’ Antico Testamento, vissuto ad Alessandria d’Egitto tra
il 313 e il 398 d.C., che volentieri introduce, specialmente nei com-
menti all’Ecclesiaste (ora meglio noto come il Qoelet), ai Salmi e al
libro di Giobbe, dei circostanziati riferimenti alle opere di Aristotele
cosi come ad un’apprezzabile varieta di altri filosofi, tra i quali i sofi-
sti Protagora e Prodico. I suoi scritti ci sono pervenuti perché vennero
fatti letteralmente sparire da molte biblioteche eccclesiastiche (dopo-
diché almeno un gruppo di esemplari fini in zona desertificata) a segui-
to della loro condanna da parte di un concilio del 553.
In effetti la conservazione dei papiri dipende da fattori in larghis-
sima misura casuali:
— le circostanze che hanno indotto ad ammucchiarne un gran
numero specialmente ai margini del deserto, nelle alture prossime al
Nilo (in genere si tratta di materiale che venne considerato di scarto,
dunque di autentiche discariche),
~ la combinazione di circostanze che ha permesso la loro preser-
vazione per un paio di millenni nonostante la relativa precarieta del
supporto vegetale e degli inchiostri (il deserto egiziano o, in altri casi,
la lava del Vesuvio),
— le circostanze che hanno condotto al loro ritrovamento, all’ac-
quisto da parte di istituzioni in grado di permettere poi che dei papiro-
logi possano effettuarne lo studio, e alla pubblicazione del loro conte-
nuto (@ ancora sorprendentemente vasto il numero dei papiri rimasti
inediti o di cui si ignora il contenuto, e non solo per l’estrema difficolta
di “svolgere” quelli reperiti ad Ercolano; inoltre, specialmente nel caso
dei papiri egizi, é normale che essi vengano resi di pubblico dominio
soltanto via via che i papirologi provvedono alla complessa e delicata
impresa di descriverli, provare a datarli, decifrarli, dar loro un senso,
ticondurli, se possibile, a un’opera ben precisa e delinearne una medi-
tata interpretazione).
In conclusione, l’apporto dei papiri é di gran lunga pid significa-
tivo allorché contengono dei testi tramandati solo per questa via, met-
tendoci in condizione di integrare tali scoperte con quel che gia si leg-
geva nei codici medievali, col risultato di farci un’idea poco o molto
pili precisa de! contenuto di determinate opere (es. nel caso di Empe-62 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
docle), di accedere a intere nuove opere (abbiamo appena parlato della
Costituzione degli ateniesi aristotelica) 0 di individuare degli autori
altrimenti sconosciuti (soprattutto grazie a una serie di papiri ercola-
nesi).
In questi casi c’é l’esigenza primaria di identificare |’autore e l’o-
pera. Infatti é rarissimo che il frammento papiraceo includa simili dati.
In compenso é difficile che non emergano degli indicatori tali da per-
mettere una ascrizione che sara spesso congetturale addirittura per
definizione, ma con gradi talora alti di affidabilita di tali congetture. Si
sono cosi potuti identificare ampi spezzoni di scritti riconducibili con
sicurezza ad opere di intellettuali del rango di Empedocle, Antifonte e
Aristotele, ovvero non cosi eminenti (ad es. Diogene cinico e Ierocle,
uno stoico del II secolo d.C.), nonché una vasta messe di unita testua-
li molto pid piccole, relative agli autori pid diversi, ivi compresi, ripe-
to, alcuni che in precedenza ci erano del tutto ignoti.
In altri casi accade invece di non riuscire a ricondurre il singolo
testo a un’opera precisa. Abbiamo percié tutta una serie di testi, anche
filosofici, che sono rimasti anonimi. Tale é, ad es., un vasto commen-
to al Teeteto platonico di cui si pud solo dire che il suo autore doveva
essere un «medioplatonico», cioé un seguace del cosiddetto Platoni-
smo Medio. II papiro non pud essere posteriore al 150 d.C., e si ritie-
ne che l’opera sia stata scritta circa un secolo prima (mentre il cosid-
detto Neoplatonismo comincid a prendere forma solo intorno al 200
d.C., per poi precisarsi e affermarsi, con Plotino, nella seconda meta
del III secolo).
Di conseguenza la scoperta e pubblicazione di sempre nuovi ine-
diti tramandati dai soli papiri ha comportato — e comporta — un conti-
nuo aggiomamento delle conoscenze, quindi il rifacimento, poniamo,
delle edizioni di Pindaro e Menandro, la dilatazione del Corpus
Aristotelicum (cosi da includervi l’Athenaion politeia) e 1a riorganiz-
zazione del corpus dei frammenti di singoli autori alla luce del nuovo
che di tanto in tanto affiora.
La circostanza é tale da movimentare la ricerca sui testi, filosofi-
ci e non, dell’antichita greca e romana (cosi come, del resto, di altre
aree: ad es. la Cina del V-III sec. a.C.) e da rendere praticamente indi-PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 63
spensabile tenersi aggiornati almeno sulle pid significative di queste
scoperte.
Quando, ad es., vennero pubblicati due fondamentali papiri di Antifonte
(uno nel 1915, l’altro nel 1922), prese forma un vastissimo dibattito intorno alla
possibilita di dare fondamento all’antica tesi secondo cui si dovrebbe distingue-
re tra due intellettuali omonimi e contemporanei, uno, il retore, politicamente
orientato in senso conservatore ¢ un altro, il sofista, politicamente orientato in
senso democratico. II risultato @ tuttora sotto gli occhi di tutti: le enciclopedie
continuano a parlare di due diversi Antifonte quantunque, a partire dagli anni
Settanta, la comunita scientifica abbia progressivamente fatto macchina indietro,
giungendo alla conclusione che una simile distinzione dovrebbe essere lasciata
cadere perché priva di fondamento.
Analogamente diffondersi sul pensiero di Protagora e Prodico senza tener
conto delle informazioni ora desumibili dal papiro di Tura (la loro pubblicazio-
ne risale, rispettivamente, al 1968 e al 1966) rischia, ormai, di alimentare un giu-
stificato sospetto sulla professionalita di una simile trattazione, e discorso analo-
go dovra farsi sul conto delle edizioni di (¢ delle monografie su) Empedocle che
venissero pubblicate nei prossimi anni qualora non tenessero conto dell'impor-
tante papiro la cui pubblicazione, mentre scriviamo queste note, é data per immi-
nente (presso I’editore berlinese De Gruyter, in un volume dovuto ad A. Martin
¢ O. Primavesi).
53 - La riscoperta dei papiri: Ercolano, Ossirinco, Derveni,
i Khanoum
(A) Il primo atto di questa storia memorabile, che ancora conti-
nua, é stato la rilevazione, nel 1752, di un gruppo di papiri greci car-
bonizzati in una sontuosa residenza — si suole parlare di “villa dei papi-
ri” o “villa dei Pisoni” — localizzata nei ‘sotterranei’ di Ercolano. La
loro preservazione, talora in apposite casse, é dovuta all’eruzione del
Vesuvio nel 79 d.C., che notoriamente copri la zona con una imponen-
te colata di fango e lava (che nella zona raggiunge i 27 m.), e al con-
seguente crearsi di un ambiente pit che protetto dall’umidita quantun-
que la villa fosse prospiciente il mare (il quale, per effetto della lava e
di sedimentazioni successive, @ ormai arretrato di oltre 100 m.), tanto
da avere un suo porticciolo. La peculiarita di questi documenti — un mi-64 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
gliaio di rotoli, ormai identificati in 1837 unita — @ dunque di essere dei
papiri “cotti” dal calore (carbonizzati), quindi oltremodo fragili, neri e
tuttavia leggibili a condizione di esaminarli in controluce, meglio se
con I’aiuto di lenti 0 microscopi.
In prima battuta si provd a “segare” i rotoli in due, in modo da
agevolare le operazioni di isolamento delle lamine, sia pure sapendo di
disperdere non pochi frammenti di testo. A distanza di appena un anno
dalla scoperta, l’abate Antonio Piaggio seppe ideare un metodo piutto-
sto efficiente — e meno incauto — per svolgere e appendere le lamine a
una struttura tessile. Intanto nel 1755 venne fondata un’apposita
Accademia Ercolanese, mentre i papiri venivano ben presto trasferiti al
Palazzo Reale di Napoli, dove sono tuttora conservati in un’apposita
«Officina» annessa alla Biblioteca Nazionale. Alla fine del Settecento
é poi iniziata una pit sistematica produzione di disegni e, quindi, di
lastre in rame — talora prontamente rimpiazzate da altre pid accurate —
che vennero poi riprodotte in appositi volumi (23 nel corso dell’ Otto-
cento), unitamente a una prima forma di trascrizione e a una traduzio-
ne in latino.
Una volta conclusa la fase dello svolgimento dei rotoli meno com-
patti (quelli che erano rimasti chiusi in delle casse) e delle lamine
esterne (pid facili da trattare) degli altri, é emersa la drammatica diffi-
colta di procedere oltre, verso il “nocciolo duro” (letteralmente) di
questi rotoli, difficoltaé che deve ancora essere veramente superata
nonostante il progressivo perfezionamento delle tecniche. Ci si chiede
anzi se si arrivera mai, in futuro, a condurre a termine lo svolgimento.
Ricordiamo, con l’occasione, che accade a volte di liberare delle lami-
ne costituite da due strati (nel qual caso si parla di «sovrapposto» e
«sottoposto» in relazione alla loro curvatura), con possibilita di deci-
frare tutte e due le serie di segni.
La decifrazione ha permesso di constatare che i papiri ercolanesi
sono di inequivocabile ispirazione filosofica e che l’epicureismo non @
semplicemente l’oggetto ricorrente, ma |’ ortodossia, il pensiero domi-
nante e, in ogni caso, il filo conduttore dell’intera collezione, che oltre-
tutto include la trascrizione di molte lettere di Epicuro, indirizzate a
una varieta di allievi.PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A WOlosofia_in_Ita 6§
Si é cosi venuti a sapere dell’esistenza, ad Ercolano, di un auten-
tico circolo di ferventi epicurei, capeggiato da Filodemo di Gadara, i]
quale risulta anche essere autore di un’alta percentuale di questi scrit-
ti, Di recente poi (circa dieci anni fa) @ affiorato il nome di Virgilio:
una sorpresa e, al tempo stesso, una circostanza in qualche modo atte-
sa, dato che Virgilio non soltanto fu anch’egli notoriamente vicino
all’epicureismo, ma visse a lungo in Campania, all’incirca negli stessi
anni in cui Filodemo mise radici ad Ercolano (Virgilio é morto nel 19
a.C.: Filodemo, nato verso il 110, mori intorno al 30 a.C., trascorrendo
ad Ercolano |’intera seconda meta della sua vita). A Ercolano vennero
del resto rinvenuti anche dei papiri latini.
Questi papiri ottengono dunque di dilatare e molto la nostra cono-
scenza degli sviluppi della scuola epicurea e della cultura espressa da
questa scuola a distanza di un paio di secoli dalla morte del maestro.
Gli scritti filodemei individuati, talora di vaste proporzioni, includono
quella storia della filosofia un po’ sui generis di cui si parlera nel corso
del cap. 11, il commento a due dialoghi di Platone e una gran varieta
di trattati su temi di etica e di costume’(con frequenti ‘affondi’ pole-
i contro gli Stoici), nonché di retorica, poetica ed ‘economia’. Sono
stati inoltre individuati scritti dello stesso Epicuro (oltre alle lettere,
soprattutto frammenti da vari libri del suo Peri phuseos), di altri epi-
curei — Metrodoro, Polieno ed Ermarco (IV secolo), Colote e Carnei-
sco (prima meta del III secolo), Polistrato (III-II secolo), Demetrio
Lacone e Zenone Sidonio (II-I secolo) —, dello stoico Crisippo e di due
autori latini di dubbia identificazione.
Nell’insieme, si tratta di una documentazione importante che, non
foss’altro per il fatto di riflettere da vicino delle dispute di scuola,
tichiede perd dei lettori che abbiano gia una cospicua familiarita alme-
no con la filosofia del periodo ellenistico.
Ricordiamo inoltre che la “villa dei papiri”, tuttora chiusa al pubblico (sono
appena ripresi gli scavi), situata a nord rispetto alla zona piil sistematicamente
Scavata dell’antica Ercolano, e che nella villa venne contestualmente rinvenuto
un gran numero di pregiatissime sculture in bronzo e in marmo, pid un certo
numero di dipinti parietali. Tutto questo materiale @ da tempo conservato (e in
buona parte esposto) al Museo Nazionale Archeologico di Napoli.66 L ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Per saperne di pid si veda il Manuale di Papirologia Ercolanese di M.
Capasso (Lecce, Congeda, 1991).
(B) Non molto tempo dopo il rinvenimento dei papiri ercolanesi —
precisamente nel 1778 — avvenne la scoperta dei primi papiri egiziani,
il cui stato di conservazione é risultato essere di gran lunga migliore
perché la sabbia aveva preservato sia il supporto fisico sia le scritte,
che hanno dunque, in media, un buon grado di leggibilita. Una quanti-
ta addirittura impressionante di papiri & affiorata, in particolare, a
Ossirinco e ad Arsinoe: grosso modo all’altezza del 29° parallelo”*.
La scoperta dei papiri egizi comportd, specialmente a partire dagli ultimi
decenni del secolo scorso, una ancor pil vasta e spettacolare mobilitazione di
filologi e direttori di musei. Cid dipende da una combinazione di circostanze
degna di nota:
—trisultato che molti di questi papiri contengono dei testi letterari greci (gli
autori pit! diversi, compresi i filosofi, nonché una varieta di testi biblici). Ne &
derivata una impensata possibilita di dilatare la nostra conoscenza su moltissimi
fronti, e cosi pure di riscontrare non pochi testi disponibili su codici medievali
con delle copie indipendenti e molto pid antiche;
—non meno grande é risultato il numero dei documenti papiracei che in
vario modo documentano la vita amministrativa e la stessa vita quotidiana
dell’Egitto dei Tolomei: documenti contabili e catastali, corrispondenza tra fun-
zionari e tra privati, questioni connesse ai furti nelle piramidi e nelle altre tombe
regali (cose che avvenivano gia nell’antichita), contratti e cosi via (nonché copie
di testi dell’ Egitto pid antico), il che ha permesso l’acquisizione di un gran nume-
to di conoscenze sul conto di una societa molto caratterizzata che in precedenza
era assai mal conosciuta;
— siccome il papiro egizio é relativamente in buono stato (nulla di parago-
nabile alla precarieta di quelli di Ercolano) ed @ un oggetto che si presta ad esse-
Te esposto nei musei; siccome poi la scoperta dei papiri egizi fu -e in larga misu-
Ta &, tuttora — un fatto occasionale ¢ privato, attorno ad essi é potuto prosperare,
al Cairo, un autentico mercato di settore, che ha coinvolto e coinvolge non sol-
tanto la comunita scientifica e le universita ma anche la rete museale”, Da qui il
» V. la tav. ft. 0.7.
” Una curiosita: ai primi del Novecento i tedeschi organizzarono un vero e proprioPARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Nolosofia_in_Ita 67
valore economico del papiro egizio, che contrasta con il carattere di bene esclu-
sivamente pubblico dei papiri ercolanesi;
— di conseguenza é stato anche possibile trasferire questi papiri nelle sedi
piu diverse, il che ha comportato una vistosa moltiplicazione dei centri di ricer-
ca papirologica, quindi anche un ulteriore sviluppo della papirologia, fra l’altro
anche in prospettiva storiografica, valorizzando cioé i papiri documentari per
ricostruire la vita pubblica e privata dell’Egitto ellenizzato.
Ne @ derivata, specialmente a partire dal 1880-90, una nutrita serie di pub-
blicazioni papirologiche in varie sedi (inizialmente soprattutto Londra e Berlino),
che tuttora continua.
In questo ambito trova posto una recente iniziativa editoriale italiana: i)
Corpus dei papiri filosofici greci e latini diretto da Francesco ADORNO e colla-
boratori, che dal 1989 si publica a Firenze, presso Olschki, e che limita peraltro
il campo di osservazione ai papiri non ercolanesi (in compenso, nel primo volu-
me di questo moderno Corpus, alle pp. 15-78, figura un utile repertorio, a cura
di T. Doranpi, dei moltissimi filosofi antichi — oltre 350 (!), tra cui, come @ natu-
rale, sia una quantita di figure assolutamente minori sia una quantita di nomi che
a noi continuano a dire ben poco — che vengono menzionati nei testi ercolanesi).
Quanto ai problemi di decifrazione, essi derivano dal fatto che molti di que-
sti documenti sono laceri e assai frammentati, con bordi mancanti, colonne di
testo incomplete e addirittura righe mutile (v. tav. ft. n. 8). La loro decifrazione
si é pertanto rivelata impresa pur sempre ardua, con ampio e inevitabile spazio
per ’elaborazione di sempre nuove congetture miranti a colmare le lacune di sin-
goli testi.
Accomplicare non poco la vita a chiunque voglia capirci qualcosa contri-
buiscono inoltre la varieta delle grafie, decisamente maggiore che non ad Erco-
Jano (si tratta infatti di documenti prodotti lungo l’arco di oltre mezzo millennio)
¢ la varieta della loro origine e funzione (testi letterari, documenti della pubblica
amministrazione, lettere e altri documenti privati).
(C) Ci sono poi dei casi un po’ anomali. A giungerci carbonizzato
€ anche il papiro di Derveni (localitd situata nei pressi di Salonicco). 0
totolo, scoperto nel 1962, risale grosso modo all’eta di Aristotele e,
«Deutsches Papyruskartell, cioé una struttura unificata per I’acquisto di papiri egiziani, che
aveva lo scopo di non far lievitare i prezzi per effetto di un eccesso di concorrenza tra gli
acquirenti e che prevedeva la ripartizione dei papiri cosi acquisiti tra una varietA di musei €
biblioteche associati nel ‘cartello’.68 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA.
come si & potuto vedere, contiene un testo (di autore non identificato
se non in maniera molto dubbia™) in cui si commentano le composi-
zioni poetico-religiose attribuite al mitico Orfeo e, fra laltro, si ripren-
de qualche tema eracliteo. Questo papiro fini, come sembra, tra il
legname usato per bruciare il corpo di un defunto illustre e quindi la
sua preservazione, pur sempre imperfetta, dipende da una ulteriore
combinazione di circostanze casuali.
Del papiro di Derveni si attende ancora l’edizione critica, che
verra probabilmente inclusa nel Corpus dei papiri filosofici greci e
Jatini. Sull’argomento esiste gia, nondimeno, una vastissima letteratu-
ra, inclusa una specifica trattazione nel terzo volume di tale Corpus.
Un caso limite @ poi la recente scoperta di una sorta di ex-papiro
filosofico ad Ai Khanoum, nel Jontano Afghanistan (1977, ma se ne &
avuta notizia solo dieci anni dopo). In questo caso il papiro non é per-
venuto, ma se ne é fortunosamente conservata la... decalcomania su un
piccolo numero di zolle di terra molto compatta (non esattamente dei
mattoni) in mezzo alle quali esso era andato a finire non arrotolato ma
steso”.
Il luogo del ritrovamento non poteva non far pensare alla spedi-
zione di Alessandro Magno, quindi agli anni 330-325 a.C. Ne dobbia-
mo dedurre che Alessandro si era portato con sé 0 si era fatto inviare —
e fino in Bactriana dove, si ricordi, all’epoca venne fondata una delle
tante citta chiamate Alessandria — non soltanto 1’ /liade e I’ Odissea”,
ma anche dei libri di filosofia e fra questi un testo piuttosto polemico
nei confronti della dottrina platonica delle idee. Si suppone infatti che
quelle non molte righe di testo possano derivare da uno scritto dello
stesso Aristotele, il quale non fu solo precettore di Alessandro Magno
* Si é pensato. in particolare, a Stesimbroto di Taso (seconda meta del V secolo a.C.). Una
scheda accurata e aggiornata sul papiro di Derveni é quella, dovuta a M. S. FuNGHt, che figu-
ra nel gid citato Corpus dei papiri filosofici greci ¢ latini, vol. III, pp. 565-585.
~V. tav. ft. n, 9, La documentazione di base 2 reperibile in C. Rapin, Fouilles d’Av
Khanoum, VIL, La trésorerie du Palais hellénistique d’Ai Khanoum (Paris, De Boccard,
1992), alle pp. 115-121.
* Come riferisce Plutarco nella sua Vita di Alessandro, al cap. 26.PARTE ll - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 69
ma. quando apri la sua scuola, poté verosimilmente contare anche su
rilevanti sovvenzioni *governative’.
Quanto si é appena riferito basta per capire quale grado di curio-
siti — anzi, di eccitazione — simili ritrovamenti sappiano scatenare tra
gli esperti.
Detto cid, va ribadito che le unita testuali rintracciate tra i papiri,
pur avendo dilatato in misura rilevante le nostre conoscenze, ci offro-
no pur sempre una quantita di testi incomparabilmente pit esigua di
quella a cui abbiamo accesso grazie ai codici medievali.
5.4 - Il passaggio dal volumen al codex
Occupiamoci ora di qualche altra essenziale tappa dell’intricatis-
simo itinerario grazie al quale noi possiamo tuttora accedere a un gran
numero di testi antichi. Un simile itinerario non @ fatto soltanto di
innumerevoli riscritture, ma anche di nuovi standard progressivamen-
te invalsi in materia di confezionamento delle unita testuali.
La trasformazione pit importante che ha subito il papiro nella sua
lunga storia riguarda appunto le modalita di confezionamento del pro-
dotto, quindi l’abbandono del volumen e Vadozione di una prima
forma di rilegatura dei fogli di papiro, cioé il passaggio dal rotolo al
codice.
Si parla di membranae (0 codex) a partire dal momento in cui i fogli di
Papiro vengono piegati in due per poi scrivervi su tutte e quattro le facciate risul-
tanti. Questi fogli, spesso raggruppati quattro a quattro, cosi da formare il qua-
ternio (gr tetradion), venivano inoltre protetti con due tavolette di legno pill o
meno ben lavorate (in effetti si suppone che codex possa derivare da caudex,
«pezzo di legno») e rilegati, praticando su tutti gli strati dei fori attraverso cui far
passare poi una o pid cordicelle. La risultante @ stato appunto I’antenato del
nostro libro. Si sono in effetti ritrovati fogli di papiro forati e, in ambiente
romano, qualche raro esemplare di copertina in cuoio variamente trattato.
Un altro accorgimento connesso a questa evoluzione fu I’introduzione della
Pagina ben squadrata, con miglioramento del risultato grafico complessivo.70 L. ROSSETTI - INTRODUIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
La nuova ‘moda’ dovette affermarsi con l’avvento del Cristiane-
simo (gia prima del 100 d.C.) ovvero, secondo altri, gia ai tempi di
Giulio Cesare. Tra i primi a parlare di membranae risulta essere |’apo-
stolo Paolo nella seconda lettera a Timoteo (cap. IV, § 13: pépe kai Ta
PiBria, udALoTa Tas WE" Bpdvas”, «portati anche i libri, soprattutto le
membranae»).
Se il codex ebbe la fortuna che ha avuto, é per pregi quali i se-
guenti:
+ Ja maggiore maneggevolezza (per scorrere le pagine non é pil
necessario usare le due mani),
* la possibilita di rilegarlo e quindi proteggerlo (un rotolo che cade
corre seri rischi di spezzarsi),
¢ la possibilita di concentrare nel medesimo codice un insieme pid
ampio di testi, di allestire cioé dei codici miscellanei, ,
la maggiore facilita con cui si poteva andare a ricercare un passo
contenuto nell’interno (il cosiddetto «statim invenire»: forse si usaro-
no, a tale scopo, dei segnalibri), per cui mentre il rotolo obbligava alla
lettura continuata, il codice permetteva anche qualche forma di con-
sultazione rapida.
Un effetto importante fu la diffusa “codicizzazione” dei testi, cioé
il riversamento del contenuto dei rotoli nei codici (poi su pergamene —
i codici membranacei propriamente detti — e infine, a partire dal seco-
lo XII, su carta), specialmente nel caso delle opere ritenute importan-
ti, quindi ad es. nel caso dei grandi corpora in quanto, come gia si é
avuto occasione di segnalare, nell’opera d’alto livello e nella raccolta
di molte o tutte le opere del medesimo autore si poté ravvisare una pro-
duzione talmente importante da dover essere non solo preservata (e
quindi riprodotta), ma anche resa pid facilmente consultabile.
E potuto cosi accadere che tra i codici medievali si rinvenissero,
oltre a testi liturgici e di argomento religioso, soprattutto le opere rite-
nute importanti (tra quelle che nel frattempo non erano andate perdu-
* La traslitterazione fonetica (quella che prescinde dall’uso di rendere, ad es., la fcon
ph) da la seguente combinazione di suoni: fere kai ta bibha, malista tas membranas.ARTE Il "TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néifosofia_in_Ita 7]
te). Da qui, ripetiamo, uno speciale interesse per i papiri nella misura
in cui essi ci permettono di accedere, sia pure in modo del tutto casua-
le, a testi di cui, in eta alto-medievale, si era persa la traccia anche sol-
tanto per il venir meno di una specifica committenza.
Il passaggio successivo fu, come si & accennato, l’adozione su
larga scala della pergamena che, gia in uso nella Roma imperiale, fini
per soppiantare del tutto il ricorso ai papiri, forse anche in relazione
alle accresciute difficolta di approvvigionamento per via delle tensioni
con if mondo arabo.
Si ricordera, con l’occasione, che nel Medioevo, per risparmiare
sulla pergamena, si fece un largo ricorso alla pratica del palinsesto:
sbiaditura di un vecchio testo (sottoposto a forme non imprudenti di
lavaggio) e riutilizzo della medesima pergamena per scrivervi sopra
qualche altra cosa, il che spesso permette al paleografo di decifrare
anche il testo sottostante una nuova serie di scritture.
5.5 - Fattori di dispersione e di recupero dei testi classici
nel Medioevo
Si da il caso che la dispersione di testi greci abbia riguardato pres-
soché soltanto I’Occidente latino dove, specialmente nella lunga fase
di crollo degli standard culturali (secoli VI-X), fu sempre pid raro tro-
vare qualcuno che conoscesse quella lingua. Nell’area bizantina, inve-
ce, sopravvisse un’organizzazione statale e religiosa, quindi un mini-
mo di tradizione culturale. Cid permise, grazie anche alla continuita
della lingua, il perpetuarsi di una certa familiarita con i testi antichi.
Aandare dispersi furono, per esempio, gli scritti che quella societa
poté considerare censurabili (ad es. molta poesia d’amore). Nel caso
dei testi filosofici ‘pagani’ la censura (0 auto-censura) é stata media-
mente meno severa. Ne hanno risentito in modo particolare quegli
autori che poterono sembrare pii intuitivamente contrari all’ortodossia
cristiana, come Democrito ed Epicuro (@ significativo che, in quest’ ul-
timo caso, siano giunti fino a noi unicamente i testi inclusi nel decimo
libro delle Vite di Diogene Laerzio). Si sono pit spesso salvate, inve-72 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA,
cé, le opere che in un modo o nell’altro toccavano, sia pure in un’ otti-
ca non cristiana, dei temi di interesse religioso, ovvero ne prescinde-
vano largamente (es. certi testi di logica e retorica che noi tendiamo a
considerare parte integrante della tradizione filosofica).
Va poi ricordato che molti testi greci — in particolare, svariati testi
filosofici e tecnico-scientifici — finirono in Asia Minore, furono tradot-
ti in varie lingue (specialmente in arabo) e vennero riscoperti
dall’Occidente per questa via a partire dal secolo XII (in proposito v. i]
prossimo paragrafo).
Il nostro patrimonio di testi greci deve dunque moltissimo anche
alla fase in cui in Occidente decolld una memorabile fase di ricerca di
cid che non figurava nelle biblioteche monastiche e vescovili.
Il punto di partenza é stata la fase di rilancio della domanda di cul-
tura: un crescendo che comincid a manifestarsi nel secolo XI, si con-
solidd con la creazione e la vistosa affermazione delle prime universita
nel Duecento, e da allora prosegui pressoché senza battute di arresto
fino ai nostri giomi. In effetti questa domanda non poté non configu-
rarsi, in primo luogo, come rinnovata ‘fame’ di testi antichi.
Da qui, per cominciare, la moltiplicazione dei codici tardo-medie-
vali, il valore aggiunto costituito dalla ‘moda’ dei codici miniati che
tuttora ammiriamo e il definitivo avvio di un processo di conservazio-
ne non pid solo selettiva dei testi greci e latini: la domanda fu appunto
tale da comportare la sistematica riproduzione (e studio) di tutto cid di
cui si prendeva via via coscienza, quindi la perlustrazione delle biblio-
teche monastiche e la riscoperta di non poche opere che si credevano
perdute (si ricorda, di solito, l"entusiasmo con cui il Petrarca condusse
e fece condurre ricerche da molti corrispondenti, commissiond ed ese-
gui copie con I’intento di rimuovere gli errori materiali, annotd con lar-
ghezza e mise in piedi una imponente biblioteca personale in cui seppe
far posto anche a un Omero e a un Platone pur dolendosi di essere
«sordo» alla loro «voce», la vox Graeca).
Un altro effetto della rinnovata diffusione della lettura @ stato il
miglioramento delle soluzioni grafiche: in primo luogo I’introduzione
dello stacco tra le parole (inizialmente ad opera dei monaci irlandesi
nel VII-VILI secolo), quindi l’introduzione dell’«a capo» e dei capilet-PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELLANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 73
tera (eventualmente miniati), la moltiplicazione di titoli e sottotitoli,
V'introduzione dei titoletti correnti nella parte alta di ogni pagina e lo
sviluppo della «cartulazione» (numerazione dei quaterniones, solita-
mente effettuata servendosi prima di tutto delle lettere dell’alfabeto)”.
Rimane pero che, tolti casi eccezionali, il copista medievale fu
essenzialmente un calligrafo che lavorava per conto di un committen-
tc (tale fu, spesso, il caso dei copisti che lavoravano nei grandi mona-
steri) e faceva un lavoro di tipo esecutivo. Siccome il compito era,
come sempre, di riprodurre fedelmente, la bravura del copista si mani-
festava nella capacita di riscrivere tutto cosi come gli veniva ordinato,
¢ di farlo appunto in forma calligrafica, cosi da produrre dei testi pre-
cisi e attendibili, conferendo alle pagine anche un qualche valore este-
1 Fu percid inevitabile che il passaggio di copia in copia compor-
tasse il gia ricordato accumularsi delle pit diverse inesattezze, e cosi
pure dei tentativi (non necessariamente felici) di rimozione degli erro-
ri pid evidenti.
Sulla fase di riscoperta dei testi classici e, in particolare, sulla ‘lavorazione’
dei testi greci in ambienti bizantino v. G. Pascucci, I fondamenti della filologia
classica (Firenze, Sansoni, 1956, 71962), specialmente alle pp. 62-70.
Per cominciare a orientarsi sui vari tipi di scrittura antica e medievale si
vedano, a integrazione dei testi segnalati a fine sez. 5.1, le pp. 251-341 della
Introduzione alla filologia classica, volume a cura di pid autori uscito intorno al
1960 presso I’editore Marzorati di Milano (1’anno di edizione non é indicato).
5.6 - Una fonte alternativa: le traduzioni arabo-latine
Occupiamoci ora della stagione delle cosiddette traduzioni arabo-
latine, decisive per l’espansione della gamma dei testi disponibili in
Anteriore al Mille @ stato anche !’affermarsi, in ambiente bizantino, della serittura minu-
scola greca, «escogitata per risparmiare pitt spazio che tempo, ma accuratissima nell’obbliga-
toria registrazione persino dei segni diacritici: apostrofi, spiriti, accenti» (cosi il Pascucct in I
fondamenti della filotogia classica, Firenze, Sansoni, 1962, p. 65).4 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
quanto ebbe luogo in un’epoca in cui il panorama delle traduzioni dal
greco era limitatissimo: un solo dialogo di Platone (il Timeo) e, per
quanto riguarda Aristotele, pressoché soltanto quelle parti dell’Orga-
non che erano state tradotte, a suo tempo, da Boezio: qualche testo
neoplatonico ma nulla, per esempio, di Plotino.
La vicenda ha degli antefatti degni di nota.
Mentre ad Atene erano ancora attivi dei peripatetici impegnati nella pro-
duzione di commenti ¢, a Ravenna, Boezio si dedicava appunto a tradurre in lati-
no l'intero Corpus Aristotelicum (peraltro senza andar oltre la traduzione di parte
dell’ Organon), l’imperatore Giustiniano prese, nel 529, la decisione di chiudere
la «Scuola di Atene» e di espellemne i capi in quanto espressione di un paganesi-
mo al quale egli era deciso a porre la parola fine. Fu cosi che lo scolarca (anzi il
“diadoco””) di allora, Simplicio, si trasferi a Harran, alla corte del re persiano
Cosroe, per circa un quarto di secolo e sempre in veste di intellettuale, quindi non
senza portare con sé una vasta collezione di opere (non solo di Aristotele) e di
commenti.
Cid non comporto Ja totale scomparsa di tali scritti dalle biblioteche greche,
ma quanto meno inauguro un altro lungo periodo di diffusa disinformazione (che
fu di gran lunga maggiore in ambiente latino) e di ridotto interesse.
Nel frattempo, e per almeno un secolo e mezzo, Aristotele aveva goduto di
speciale attenzione a Edessa, in Siria, e nel 489, a seguito di persecu: |, un
buon numero di cristiani nestoriani (tra cui alcuni assidui lettori di Aristotele)
erano finiti in Persia, non senza mettervi solide radici.
Fu cosi che, una volta islamizzata anche I’area persiana, l'attenzione per
Vopera di Aristotele poté sopravvivere e interessare profondamente anche una
cerchia di intellettuali persiani e arabi di spicco, non a caso denominati «falsafa»
© «falasifa» (trasparente deformazione di philosophoi) proprio per il fatto di
valorizzare quel che sapevano della tradizione filosofica e scientifica” greca e di
teorizzare l’incontro fra l’ortodossia coranica e quella tradizione che, dato il tipo
di libri a loro accessibili, ruotava prima di tutto attorno ad Aristotele ed a non
* Cioe «successore». Gli scolarchi di questa istituzione venivano infatti indicati come «i
suecessori» del fondatore. Di cid @ traccia in qualche edizione di opere di PROCLO (es. Ia sua
Theologia Platonica, che viene talora indicata come opera di «Proclo Diadoco»).
Specialmente in ambiti come la matematica (grazie soprattutto alla conoscenza dell’ope-
ra di Buclide), l"astronomia (conoscevano, fra Ialtro, Tolomeo) € la medicina (avevano acces-
so, fra l'altro, alle opere di Galeno).PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 75
pochi commentatori di eta imperiale e di formazione neoplatonica (nonché ad
autori come Euclide, Tolomeo e Diogene Laerzio).
Nonostante periodiche resistenze dell’ortodossia islamica, che espresse
forme anche acute di diffidenza nei confronti dei «falsafa», le traduzioni dal
greco finirono per essere accolte come un patrimonio costitutivo della cultura
araba. Fra l’altro diedero luogo a una ulteriore produzione di commenti; protrat-
tasi fino oltre il XII secolo. In questo ambito trovd inoltre posto un certo flusso
di traduzioni e commenti in ebraico.
Per saperne di pid @ da poco disponibile un bel libro: C. D’ANcona Costa,
La casa della sapienza. La trasmissione della metafisica greca e la formazione
della filosofia araba (Milano, Guerini e Associati, 1996). Qualche altro dato &
reperibile in E. GRANT, La scienza nel Medioevo (197), trad. it. Bologna, Il
Mulino, 1983), capp. Il e II.
Poté cosi accadere che nella prima meta del secolo XII, e precisa-
mente nella Sicilia sottratta alla dominazione araba e nella Spagna par-
zialmente ‘riconquistata’, gli intellettuali di lingua latina pervenissero
a prendere coscienza dell’esistenza, in traduzione araba, di molte opere
a loro inaccessibili. Poterono cosi crearsi le condizioni per intrapren-
dere la sistematica ritraduzione in latino («traduzioni arabo-latine»).
Cio si é verificato prima di tutto nell’area di Toledo, dove spicca
fra i traduttori la figura di Gerardo da Cremona, e subito dopo a Paler-
mo. Da notare che le prime traduzioni dall’arabo effettuate a Toledo
avvennero, come pare, passando attraverso ulteriori filtri linguistici (lo
spagnolo o l’ebraico), mentre a Palermo si tradusse direttamente dal-
T’arabo.
Il risultato fu non soltanto la riscoperta di moltissimi testi, ma una
sorta di progressiva — e inizialmente irrefrenabile — infatuazione della
comunita scientifica, specialmente parigina, per Aristotele (nonché per
tutta una serie di commenti arabi) molto pitt che per altri autori. Il feno-
meno — che, come é noto, suscitd iniziali e tenaci (quanto inefficaci)
Tesistenze anche sul fronte dell’ ortodossia cattolica®’ — si spiega consi-
> Ci furono numerosi pronunciamenti delle autorita ecclesiastiche tra il 1210 e il 1270; si
ricordi inoltre la disputa sull’averroismo.16 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
derando che I’antico Aristotele risulto essere portatore di un sapere
accessibile agli intellettuali dell’epoca e tuttavia sensibilmente pit
avanzato, pid articolato, meglio strutturato, pili ‘solido’. Di conse-
guenza lo standard culturale dell’epoca fini per rivelarsi obsoleto, il
che non mancé di generare un incredibile sconcerto e di imporre — let-
teralmente imporre — l’immediata adozione su vasta scala del nuovo
standard e di un linguaggio aristotelizzante che si osserva persino in
intellettuali contrari a tale aristotelismo, come ad esempio Bonaven-
tura di Bagnoregio.
Nel frattempo, a seguito della quarta crociata (1202-1204) e dei
circa venti anni in cui a Costantinopoli resse un Impero Latino d’O-
riente, si riattivarono i contatti tra il mondo latino e Bisanzio. Poté
quindi prendere il via una forte domanda di originali in lingua greca,
con conseguente avvio di una fase in cui si moltiplicarono le traduzio-
ni condotte direttamente sugli esemplari greci. In particolare il dome-
nicano Guglielmo di Moerbecke, lavorando in stretto contatto con
Tommaso d’ Aquino, poté tradurre la quasi totalita del Corpus Aristo-
telicum (nonché una serie di commenti greci ad Aristotele ed altre
opere) tra il 1240 e il 1270.
Fu cosi che i centri di cultura superiore dell’occidente latino tor-
narono, un po’ alla volta, a riappropriarsi di un patrimonio rimasto
inaccessibile per ben sette-otto secoli, a leggere anche il greco e ad atti-
vare una grande domanda di esemplari che costituisce appunto il gros-
so dei codici medievali greci pervenuti fino a noi, quindi un punto di
arrivo nella successione delle copie e un punto di partenza dietro al
quale é raro poter risalire nella ricerca di esemplari antichi (infatti i
codici anteriori al Mille costituiscono una sparuta quanto preziosa
minoranza).
5.7 - Il passaggio alle edizioni a stampa
Laltra fase decisiva é infine quella delle opere a stampa (i famo-
si € ambiti «incunaboli», termine che indica, con evidente connotazio-
ne affettiva, i primi prodotti, quattrocenteschi, dell’arte della stampa;PARTE Il TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Hilosofia_in_Ita 77
quindi le «cinquecentine»). Una volta affermatasi la nuova tecnica, i
maggiori tipografi investirono energie cospicue non semplicemente
nella offerta di nuovi esemplari di ogni cosa in piccole tirature pit o
meno pregiate, non soltanto in una perfezionistica ricerca di bei carat-
teri (le famose edizioni «aldine» a Venezia; si ricorderanno inoltre i
molti caratteri ideati da Claude Garamond nella Parigi di meta Cinque-
cento) e di una sempre pid funzionale impaginazione ~ e cosi pure
nella sistematica introduzione di paragrafi, della numerazione delle
righe e di altri accorgimenti finalizzati a rendere sempre pid agevole e
rapida la consultazione — ma anche nella predisposizione di edizioni
fondate sul confronto di pit codici, che danno dei testi «emendati»,
liberati cioé dalle mende che era normale rinvenire nelle copie esegui-
te a mano.
La tiratura in serie di qualche centinaio di esemplari giustificava
infatti l’investimento di cospicue energie allo scopo di dare al pubbli-
co colto dei testi che, oltre ad essere di pit facile lettura e di minor
costo, fossero anche pid accurati dal punto di vista della correttezza
ortografica e della sensatezza dei testi.
Pertanto i migliori tipografi furono quasi sempre anche degli au-
tentici esperti, in grado di sovrintendere personalmente alla ridefini-
zione dei testi da stampare. Tale fu Aldo Manuzio, ¢ la stessa cosa deve
dirsi, fra l’altro, di una famiglia di stampatori parigini che si specia-
lizzd appunto nella produzione di sempre pit accurate edizioni dei
classici latini e greci tra il 1544 e il 1592: gli Estienne (Stephanus é il
nome latinizzato)". In particolare a Henri Estienne si deve l’editio
princeps (cioé la prima edizione a stampa) di ben diciotto autori greci
(quella di Platone funge tuttora da edizione di riferimento: v. al capi-
tolo 9).
E dunque a questi maestri stampatori (pid che, poniamo, al pur
valoroso Petrarca) e poi ad intellettuali di ancor pid alto livello come
™ In proposito andra segnalato il volume Annales de !'imprimerie des Estienne, ou Histoire
de la famille des Estienne ct de ses éditions. di A. RENOUARD, uscita a Parigi nel 1843 ¢ ristam-
Pata di recente dalla Burt Franklin di New York78 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA.
Erasmo da Rotterdam che si deve |’avvio della critica testuale e l’im-
postazione di cid che oggi chiamiamo edizione critica.
Con il passaggio al libro a stampa si determinarono in via defini-
tiva sia la possibilité di una lettura decisamente agevole, sia quella
moltiplicazione di esemplari che ha enormemente ridotto (per non dire
azzerato) il rischio di dispersione dei testi classici.
Approfondimenti in A. PRaTEsI, Genesi e forme del documento medievale
(Roma, Jouvence, 1983).
Pure interessante é un volumetto appena uscito: B. BLASSELLE, Il libro, dal
papiro a Gutemberg (Milano. Electa Einaudi/Gallimard. 1997).Filosofia_in_Ita
PARTE II
L’APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE
E DELLA FILOLOGIAPARTE IIL- L'APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLA FILOLOGIA —Filosofia_in_Ita_ 81
6. LA RESTITUTIO DEI TESTI ANTICHI
Un testo passato attraverso le vicissitudini sopra riferite é la risul-
tante di tanta attenzione e, al tempo stesso, di sviste che non potevano
non moltiplicarsi nel passaggio di copia manoscritta in copia mano-
scritta.
Ci sono poi le scelte dei committenti e gli usi degli utenti, da cui
dipendono molti accorpamenti (0 scorpori), molti titoli, I’attribuzione
della paternita di non pochi testi. Accade infatti che qualche opera cir-
coli anche con un titolo improprio o che venga assegnata a un dato
autore a torto (es. nel caso del Liber de causis, che nel Medioevo & a
lungo passato per un’opera di Aristotele).
In effetti, la fase della circolazione incontrollata di testi diversi
che, dicevamo, caratterizz6 |’eta ellenistica, si ripeté nel Medioevo, ma
mentre in quella fase (pid raramente in eta imperiale) poté prendere
forma una contestuale ricerca filologica, qualcosa di analogo si é nuo-
vamente verificato solo con i primi umanisti e poi, su pid larga scala,
con l’introduzione dell’arte della stampa’.
Ora perd si tentera di dare un’ idea non della filologia rinascimen-
tale, bensi della prassi ecdotica — cioé delle procedure attraverso le
quali si arriva a una moderna edizione di testi antichi e dei relativi stan-
dard — che si é venuta stabilizzando in tempi a noi pid vicini (in parti-
colare ad opera di Karl Lachmann, prima meta dell’Ottocento) e che,
con qualche periodico adattamento, viene tuttora seguita.
” V.la sezione 5.7. Da notare che il Medioevo conobbe una produzione di falsi minore di
quella che si era registrata in eta ellenistica.82 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA,
6.1 - La restitutio come obiettivo della critica testuale
Lo schema generale individua prima di tutto un obiettivo fonda-
mentale, la restitutio, cioé il tentativo di risalire. per quanto possibile,
aclementi significativi della configurazione originale dei testi antichi.
Comprensibilmente, per “configurazione originale” non si intende la
resa grafica o l’insieme delle convenzioni ortografiche di una certa
epoca, ma la configurazione del testo, quindi le parole di cui un certo
testo era verosimilmente costituito e lo stesso ordine in cui & verosi-
mile che queste parole si susseguissero.
La comunicazione scritta si configura infatti come una successio-
he organizzata di sottogruppi e gruppi di parole (a) oggettivate, mate-
te, tradotte in segni grafici e (b) portatrici di un significato, di
aggio, di una idea, di una informazione o notizia.
Si parte inoltre dal presupposto che nel corso dei secoli abbia po-
tuto determinarsi, per le ragioni pil diverse, non solo qualche corrup-
tio (qualche alterazione, qualche salto, qualche aggiunta indebita, qual-
che trasformazione fuorviante, qualche errore materiale), ma un accu-
mulo di deformazioni e manipolazioni a carico dell’insieme di parole
di cui il testo originario era costituito. Qualcosa del genere si & talora
verificato perfino nel caso delle iscrizioni marmoree (forme di riuso 0
aggiornamento di un‘iscrizione precedente), ma la lapide divenuta
priva di significato e rimasta inutilizzata poteva persino diventare un
elemento recuperabile a fini edili, a titolo di mero blocco di pietra.
Ma se é accaduto che un testo sia stato fatto ricopiare, forse addi-
rittura decine di volte, tanto che ci & potuto pervenire, cid vuol dire che
quel testo non é stato semplicemente ritenuto significativo da qualcu-
no anche a distanza di tempo (che cioé qualcuno vi ha ravvisato una
insieme di significati, di informazioni ecc.), ma che é stato ritenuto uti-
lizzabile da qualcuno per i suoi fini. Pertanto c’é motivo di pensare che
il nuovo esemplare sia stato in qualche misura adatrato alle esigenze
del nuovo utente o gruppo di utenti, reso in qualche modo pid funzio-
nale, quindi forse manipolato, non importa se con aggiunte, commenti
€ annotazioni, con tagli o con modifiche di altra natura. Di conseguen-
za dobbiamo come minimo attenderci che quando una certa parola ri-LAPPORTO DELLA CRITICA TESTUALEE DELLAFILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 83.
sultava priva di senso — cioé propriamente irriconoscibile: non per nul-
la i greci usavano il verbo anagigndskein, «riconoscere» proprio nel
senso di riuscire a ridare significato a dei segni e farli di nuovo parla-
re anche se la prima impressione poteva essere di trovarsi di fronte a
dei segni ‘muti’, cioé non dotati di senso — agli occhi di un dato letto-
re/committente di nuovi esemplari, tale insomma da ostacolare ai suoi
occhi il riuso dell’ unita testuale di cui quella parola faceva parte, que-
sti sia stato quanto meno tentato di rimodularla allo scopo di conferir-
le di nuovo quel senso che questo lettore poteva ritenere — ma a torto
0 a ragione? con quanta competenza e sulla base di quale gamma di
informazioni? — ragionevole e pertinente.
In simili condizioni, un tasso di relativa disinformazione (che
rende propriamente indifesi di fronte all’antigrafo disponibile) e il non
riuscire a capire qualcosa possono ben aver prodotto interventi addirit-
tura snaturanti.
Gli interventi del tipo indicato comprensibilmente assumono le forme pid
diverse, poco 0 molto spettacolari. In ambiente arabo, per esempio, era abba-
stanza normale che il copista musulmano aggiungesse, quando il filosofo antico
portava il discorso su Dio, una serie di epiteti (es. «el Vno, el Durable, el Criador,
el Sabio, el Poderoso», come si legge nei Bocados de oro, una antica versione
spagnola di libere rielaborazioni da Diogene Laerzio effettuate in ambiente
arabo); quando poi il discorso cadeva sugli arconti o gli strateghi, era altrettanto
normale che la frase venisse riscritta in modo da evocare il sovrano o sultano
(perché in ambiente islamizzato o non si aveva idea di un assetto di tipo demo-
cratico o si aveva un interesse ad evocare assetti del potere non troppo remoti da
quello vigente). Inoltre i nomi propri, debitamente arabizzati, danno luogo a tra-
sformazioni non sempre intuitive. Si é parlato, in altra occasione. dei «falsafa»,
ma abbiamo anche «Aflimun» (Polemone), «Aflatun» (Platone), «Sbl‘qws»
(Simplicio). A sua volta «Xenocrates» diventa, nelle versioni arabo-latine, «Ca-
2enortes», «Cazanocrates» o «Casanocratis».
Ci sono poi le sviste involontarie, gli errori materiali e il cumulo
delle manipolazioni inconsapevoli che hanno avuto luogo nel passag-
gio di copia in copia.
La restitutio si configura dunque come il percorso a ritroso, il ten-
tativo di passare dalle copie che per tante ragioni possono risultare84 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
variamente manipolate a una loro nuova e (sperabilmente) pit giudi-
ziosa riconfigurazione, tale da far quasi dimenticare le sedimentazioni
successive e improprie, tale cioé da rimetterci in contatto non con il
testo utilizzato, poniamo, nell’Irlanda del secolo IX (cosa pur sempre
interessante — anzi, forse illuminante — per chi si occupa della cultura
irlandese di quel periodo) ma con qualcosa che rifletta per quanto pos-
sibile da vicino il testo che, a suo tempo, Aristotele in persona avra det-
tato ai suoi scribi.
La possibilita di procedere alla restitutio é data in primo luogo
dall’esistenza di pil esemplari del medesimo testo, esemplari che,
essendo manoscritti, facilmente cumulano tutta una serie di sviste e
manomissioni. Paradossalmente, proprio il cumulo é di aiuto, in quan-
to il confronto pud talvolta permettere di capire da quando una certa
lectio (cioé una certa configurazione di una o piil parole) é entrata nel-
l'uso riproducendosi poi molte volte negli esemplari successivi. In
secondo luogo si assume che il testo originario doveva essere almeno
un po’ sensato, per cui é possibile individuare una quantita di dettagli
che risultano talmente dissonanti per poter escludere che figurassero
tali e quali gia nell’ originale. In terzo luogo @ possibile notare gli ana-
cronismi, cioé l’impossibilita dell’autore A, vissuto in una certa epoca,
di aver notizia dell’evento B, avvenuto posteriormente alla sua morte
(per esempio |’ Assioco che figura nel Corpus Platonicum include, alle
pagine 365d e 369b, l’evocazione di un’idea che sappiamo essere epi-
curea: & seriamente pensabile che l’abbia potuta escogitare gia Platone,
per giunta in una forma cosi prossima a quella ‘canonica’ di Epicuro?
Una variante degli anacronismi sono, del resto, anche gli usi linguisti-
ci estranei a una data epoca 0 comunque incompatibili con il vissuto
dell’autore che se ne sarebbe suppostamente avvalso.
Nella prima delle epistole che figurano quasi in appendice al Corpus
Platonicum, a p. 309b, si legge ad es. questa frase: «avendo guidato pid volte la
vostra citta come autokrator». Tutto quel che sappiamo sul conto delle vicende
siciliane di Platone ci porta ad escludere che egli abbia mai avuto (tanto meno
pid volte) un qualche potere assoluto su Siracusa, e cosi pure che a Siracusa sia
stata mai istituzionalizzata la figura del dictator (equivalente latino di autokra-
tor). Allora Marsilio Ficino ebbe a congetturare: forse & stata manomessa I’epi-PARTE Ill - L’APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLAFILOLOGIA —-Filosofia_in_Ita 85
grafe pensando, a torto, che se Je altre dodici lettere di questo gruppo sono tutte
scritte da Platone, tale doveva essere anche la prima della serie; quindi & possi-
bile che questa prima lettera sia stata indirizzata non da Platone a Dionisio ma da
Dionisio a Platone, il che spiega un po’ meglio i termini della questione. In realti
la comunita scientifica ha da tempo convenuto di lasciar cadere anche questa ipo-
tesi e di ravvisare nella prima epistola - come de! resto in altre della serie — una
vera e propria (e non troppo maldestra) contraffazione.
In quarto luogo é possibile capire la ratio di singole supposte ma-
nipolazioni, e non solo nel caso dell’errore materiale, della svista, del
refuso. In quinto luogo é possibile effettuare una varieta di confronti,
ad es. con altre opere sicuramente dovute al medesimo autore, cosi da
notare tutta una serie di scelte terminologiche e sintattiche ricorrenti, il
che costituisce un ulteriore indicatore. In realta il numero dei possibili
indicatori e delle possibilita di dubitare o di non dubitare della singola
lectio & semplicemente infinito.
Si noti che, per le ragioni indicate, molti di questi accertamenti so-
no possibili anche nel caso dell’attestazione unica (quando ad es. i!
papiro ci propone un testo non altrimenti documentato).
Parte integrante di queste operazioni é anche, come ben si intui-
sce, un’altra forma di restitutio: la “restituzione” al suo effettivo auto-
te di un’opera (il numero delle false attribuzioni, anche in buona fede,
é infatti considerevole; ci sono poi le falsificazioni intenzionali), ovve-
ro di un inserto che non pud essere opera dell’autore A ma si ha moti-
vo di attribuire all’autore B (colui che, in ipotesi, ha redatto la parafra-
si successivamente incorporata nel testo di cui é parafrasi). C’é poi la
“restituzione” del frammento all’opera da cui é stato estratto e la sua
ricollocazione - congetturale, ma fondata su una congettura ragionevo-
le, le cui ragioni si possono pertanto esplicitare e argomentare - nel
punto logico, cioé dopo di cid che verosimilmente precedeva e prima
di cid che verosimilmente seguiva una certa dichiarazione.
Si consideri inoltre che molti di questi accertamenti sono cosi
poco soggettivi da poter essere condivisi da una molteplicita di filolo-
gi, per cui il margine di aleatorieta della restitutio non potra che restrin-
Sersi progressivamente.
Da qui un immediato corollario: simili operazioni sono la risul-86 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
tante di una ricerca a molte mani che é per definizione incessante, per
cui la nuova restitutio, sempre che non risulti essere addirittura peg-
giorativa (pud darsi anche questo), sara verosimilmente migliore della
precedente e sara prudente teneme conto.
6.2 - Una serie di operazioni preliminari: dalla recensio
allo stemma codicum
Queste operazioni riguardano solamente il caso in cui la singola
unita testuale sia disponibile in pit esemplari (pit codici, ovvero pid
codici e qualche papiro). Cid richiede, prima di tutto, la recensio, vale
a dire l’inventariazione dei «testimoni», con connessa ricerca di indi-
catori sulla origine e datazione di ciascun esemplare, cioé sul contesto
nel quale ha preso forma (anche questo pud infatti essere illuminante).
A tale scopo sono di grande aiuto (a) la ricerca paleografica, cioé la
possibilita di stabilire che, dato il tipo di scrittura, un certo documento
dovrebbe risalire a quell’epoca, cultura e societi le cui pratiche di
scrittura trovano riscontro nel «testimone» esaminato, (b) la ricerca
diplomatica e sulla “cultura materiale” del documento, che permette
ugualmente di capire svariate cose sull’epoca di produzione, i criteri di
confezionamento e redazione del testo, eventualmente il tipo d’uso
previsto.
Asua volta la recensio permette di procedere a un’altra non secon-
daria operazione preliminare: la cosiddetta eliminatio codicum de-
scriptorum, attraverso una prima forma di collatio, cio di confronto
fra gli esemplari disponibili (cf. l’espressione agostiniana aliquem
multorum codicum vetustiorum collatione confutare*) alla ricerca del-
le affinita e delle differenze tra esemplare ed esemplare.
Quando, ad es., la copia A e la copia B del medesimo testo riproducono
abbastanza regolarmente le specifiche di una copia pid antica a noi pervenuta, la
» C. Faust. 32,16 («confutare qualcuno sulla base del confronto con molti codici antichi»).PARTE Ill - LAPPORTO DELLA CRITICA TESTUALEE DELLAFILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 87
C. mentre non tengono mai conto delle peculiarita della copia D, anch’essa pit
antica, & giocoforza pensare che A e B dipendano da C e solo da C,e I’uso é di
classificare queste ulteriori copie - apografi da un antigrafo ugualmente noto —
appunto come copie (il termine descriptium significa, appunto, «ricopiato», «tra-
ito»). Posto dunque che, almeno per quanto riguarda l’esatta configurazione
del testo, queste ulteriori copie non abbiano nulla di significativo da dire e non
diano prova di un’apprezzabile cultura filologica, sara il caso di accantonarle.
Teneme conto equivarrebbe a dare importanza a interventi che potrebbero sem-
mai cogliere nel segno per puro caso.
Il passo successivo @ un livello ulteriore della collatio, questa
volta con l’obiettivo di reperire indicatori che permettano di delineare
lalbero genealogico presuntivo delle copie pervenute, cosi da farsi
un’idea dei due, tre o pill percorsi che sono stati seguiti nel passaggio
di copia in copia.
I] nuovo obiettivo sara pertanto la costituzione dello stemma codi-
cum: V’albero genealogico delle copie. E questo il tentativo di capire
come e quando le trascrizioni si sono venute diversificando, cosi da
ricondurre interi gruppi di testimoni visibilmente affini al medesimo
archetipo e individuare quelle due, tre, cinque configurazioni da cui
sono poi derivate, come filiazioni, tutte le altre copie. Si trattera dun-
que di individuare le diversificazioni pit antiche di questo apparente-
mente caotico passare di copia in copia e cosi raggiungere un ulteriore
livello di ‘trasparenza’ della successione di esemplari. Che |’archetipo
cosi individuato — non l’originale, ma l’antenato pur sempre riconosci-
bile di una intera “famiglia” di codici — non sia pervenuto é a questo
punto secondario, perché l’operazione serve essenzialmente per indi-
viduare le varianti significative (quelle che hanno effettive possibilita
di riflettere la configurazione archetipica del documento con maggio-
te fedelta) e accantonare quelle che non meritano di essere prese in
considerazione perché dovute solo a interventi tardivi.
Queste due forme di collatio si fondano pertanto su una rilevazio-
ne mirata delle varianti (per brevita ricorderemo che «Cazenortes»,
«Cazanocrates» e «Casanocratis» sono varianti di «Xenocrates»).88 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
6.3 - Verso l’edizione critica: coniecturae ed emendationes.
L’apparato critico. La normalizzazione ortografica
Una volta arrivati a questo punto, ha senso procedere ad effettive
operazioni di restitutio, e in questa fase il lavoro sulle varianti prece-
dentemente selezionate non potra che farsi sistematico.
Un problema che le operazioni descritte nel paragrafo precedente
avranno permesso di risolvere almeno in parte (ma solo in parte) é ]’in-
dividuazione dei presumibili errori materiali e dei presumibili errori di
interpretazione.
Si parla di errori materiali quando i] copista mostra di aver equivocato tra
lettere simili per grafia (es. tra A, A e A), di aver ripetuto o omesso una 0 pil let-
tere, cioé quando emergono delle mere sviste involontarie.
Tipico, a questo riguardo, é il caso della aplografia: la svista consistente nel
saltare occasionalmente qualche lettera (ovvero una riga), generando un nonsen-
so 0, in qualche caso, una vera e propria alterazione del senso. Supponiamo di
incappare in un TOYTONAOP ON (cioé: Tottov Aéyov"™, «questo discorso») che
non ci convince perché !’uso greco privilegia la dicitura con I’articolo, e cioe Tot
Tov Tov Myov (TOYTONTONAOT ON). Non ci vorra molta fantasia per pensare
che qualche copista, pur credendo di riprodurre tutte le lettere pertinenti, ne abbia
saltate tre per identita con altre tre lettere contigue (cf. Ja parte sottolineata).
Liinverso sarebbe la dittografia, qualora ad es. ci fosse motivo di ritenere
che il TOYTONTONAOTPON attestato dai codici debba riflettere un pit semplice
TOYTONAOPON, qualora si abbia cioé motivo di ritenere che TON dovrebbe
essere stato scritto una seconda volta per errore.
Si parla invece di errori di interpretazione quando si sospetta che il copista
abbia potuto modificare una certa parola o gruppo di parole ritenendo (magari a
torto) che, per via dell’errore di qualche altro copista, la frase risultasse priva di
senso € si prestasse a ridiventare intelligibile intervenendo su un certo dettaglio.
In un caso si ritiene, ad es., che un qualche copista di Platone abbia ritenu-
to di dover correggere TTAPA®POXYNAI® in TALAI ZAPPOLYNAI D* (ndoats
ddpooivats, intendendo cioé «situazioni di totale dissennatezza» in alternativa a
un sinonimo piuttosto raro ma usato in testi di medicina, napadpoobvats, che
* Traslitterazione fonetica: touton logon (e poi: touton ton logon).
~ Traslitterazione fonetica: parafrosiinais c pasais afrosiunais.PARTE III - LAPPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLA FILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 89
corrisponde al nostro «delirii») in quanto forse non aveva notizia del termine tec-
nico e poteva pertanto considerarlo inattendibile, da imputare cioé alla svista di
qualche altro copista. Infatti in altre copie si legge proprio TAPASPOXYNAID:,
termine che oltretutto appare pid intonato al contesto (che é la p. 36e) del Filebo,
dove prende forma una doppia negazione: ott’ év paviats ott’ év mapappoot-
vats*!, «né nei casi di pazzia né nei casi di delirio»). Abbiamo con cid un buon
motivo per pensare che il gruppo di codici in cui compare tacais adpootvais
riproduca alquanto meccanicamente a scelta effettuata da chi ha dettato il testo
al copista dell’esemplare posto al vertice di una intera famiglia di codici (che ci
sia o non ci sia pervenuto) per eccesso di zelo, ¢ che invece i codici in cui si legge
tupappootvats dipendano da un’altra successione di copie alle quali la corre-
vione in oggetto rimase estranea”. Detto diversamente: mdoais dédpooivais
deve ritenersi lectio facilior rispetto a tapadpootvats, che andra dunque consi-
derata lectio difficilior (cio dicitura che alcuni copisti possono aver ritenuto
molto meno verosimile di tacats abpootwais).
Quando poi nessuna variante (cioé: nessuna formulazione alter-
nativa documentata dalle fonti) appare risolutiva, ci si pud - ci si deve
- permettere di ricorrere alla coniectura. Nel tentativo di ricavare un
senso plausibile grazie all’adozione di modifiche ragionevoli, pud ben
essere inevitabile provarci.
Va da sé che per elaborare delle congetture credibili si richieda
una pit che sicura conoscenza della lingua, degli usi espressivi di un’e-
poca e di quelli tipici di un certo autore. A loro volta le congetture,
essendo ardite per definizione, possono anche dar luogo a vasti con-
sensi, ma non di rado suscitano anche comprensibili divergenze tra gli
specialisti e vengono talvolta guardate con sospetto, pensando che,
almeno nel caso delle opere tramandate da molti codici, ci pud essere
una eccessiva fretta ad «emendare» anziché perlustrare con maggior
cura l’universo delle varianti.
“ Traslitterazione fonetica: out'en maniais out’en parafrosiinais.
* Si tratta, beninteso, di un indizio. Nel caso, sta ai paleografi di verificare se altri indizi
confermino 0 escludano una simile ipotesi di delineazione delle “parentele” tra un intero grup-
po di codici e della migliore qualita dell’uno o dell’altro.90 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Una possibile applicazione della coniectura é costituita dalla eventuale
decisione di stampare alcune parole tra parentesi quadre ([ ... ]) 0 tra parentesi
angolate (< ... >). L'uso é di intendere, nel primo caso, che in un certo punto si
sospetta una lacuna che nessun testimone aiuta a colmare e che nessuna partico-
lare congettura permette di sanare in modo convincente; nel secondo caso che il
senso della frase richiede di far posto anche a una parola — eventualmente a una
0 pid lettere — che nei codici non figurano ma che nell’ originale dovevano pro-
prio esserci. La doppia parentesi quadra ([[ ... |]) indica invece le interpolazioni
(presunte; si tenga presente che nel caso dei papiri si adottano delle convenzioni
un po’ differenti: di cid fra un momento).
Un’altra possibilita & che in un certo punto il testo sia indiscutibilmente cor-
rotto e non si riesca in alcun modo a individuare una formulazione affidabile,
dopodiché all’editore non resta che gettare la spugna e ammettere di non sapersi
risolvere per nessuna delle opzioni considerate. In tal caso si ricorre, per con-
venzione, alla crux (0 crux desperationis), cio a un segno convenzionale che
viene posto prima e dopo la parola rimasta (0 dichiarata) inintelligibile, e che ha
questa forma: +", Accadra dunque di vedere una crux collocata al posto di una
parola inintelligibile (che in tal caso non viene stampata), ovvero di incontrare un
gruppo di parole collocato tra due cruces. Quest’ ultima scelta sta a indicare che
un intero gruppo di parole sia ritenuto sospetto e, quel che pid conta, non emen-
dabile in modo convincente.
Vediamo ora un esempio.
I primi versi del poema di Parmenide figurano unicamente nell’ Adversus
Mathematicos di Sesto Empirico, libro VII, § 111, e i codici di Sesto Empirico
riportano, al v. 3, un’espressione decisamente poco intonata con il contesto:
KATATIANTATH, kata mdvt’ dtm: kata pant'ate («in base ad ogni destino»
ovv. «in base ad ogni accecamento fatale»),
Sul finite del secolo scorso Hermann Diels — l’autore a cui si deve un’edi-
zione particolarmente autorevole non solo dei frammenti di Parmenide ma dei
frammenti di tutti i presocratici (ne parleremo al capitolo 10) - ebbe cura di sot-
toporre a autopsia, per scrupolo, pitt codici di Sesto e tra questi il codice della
Biblioteca Laurenziana di Firenze denominato «Laurentianus 85.19», dove cre-
dette di leggere una variante tale da sbloccare, almeno in parte, la perplessita. Vi
lesse dunque KATATTANTASTH, decodificata come un kata tavt’ do: kata
“ Da notare che il termine ha anche un corrispondente greco. obelos (da cui il termine
inglese obelized).PARTE lll - L'APPORTO DELLA CRITICA TESTUALEE DELLAFILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 91
pant’aste, «per ogni citth» («lungo la via del demone che porta per ogni citta
T'uomo istruito»)*.
Ne é derivato il classico fiume d’inchiostro allo scopo di precisare meglio
il senso da dare a questa dicitura che, pur apparendo meno dissonante di KATA-
ITANTATH, rimane pur sempre problematica: @ veramente pensabile che il
requisito per essere ammessi alla residenza, altrimenti inaccessibile, della dea
che si appresta ad accogliere Parmenide sia non soltanto la cultura ma Jo status
di giramondo, o almeno la celebrita eventualmente raggiunta da un dato intellet-
tuale nell’ecumene greca? che c’entra tutto questo con il viaggio vistosamente
arricchito di connotazioni mitiche che Parmenide ha appena incominciato a
descrivere? e che senso pud mai avere questo riferimento alle cittadelle fortifi-
cate costruite dai greci?
Detto diversamente: per spiegare il fatto che si parli di una «via che porta
per ogni citta l’uomo istruito» non basta addurre che }’uomo istruito ha proba-
bilmente compiuto pid di un viaggio nel corso della sua vita. Dopotutto, se le
cavalle fanno fare a questo stesso vomo istruito un viaggio di ben altro rango é
proprio per permettergli di accedere a una Verita che altrimenti gli sarebbe rima-
sta interdetta. Da qui un diffuso senso di perplessita.
L’apparente mancanza di concrete alternative ha nondimeno indotto il gros-
so degli autori di monografie su Parmenide ad accettare senza ulteriori perples-
sitd la lezione kata 147’ dom, salvo a sondare pid ipotesi allo scopo di preci-
sarne al meglio il senso; e anche in anni a noi molto vicini si ¢ continuato per
questa via.
Senonché uno studioso inglese, i] Coxon, in poche righe ormai famose pub-
blicate nel 1968 sulla rivista Classical Quarterly, ha affermato, sulla base di una
nuova autopsia, che in questo caso il Diels si era semplicemente sbagliato e che
come anche altri specialisti hanno in seguito potuto constatare — nel codice in
qguestione non compare KATAIIANTAXTH bensi il KATATTANTATH (senza
sigma) che figura negli altri codici sestani. Di conseguenza don deve ritenersi
una emendatio, una congettura, non una variante, e tanto meno il testo cosi come
ci é stato tramandato.
Dopodiché tutti i tentativi di dare un senso plausibile ad con perdono gran
Parte della loro legittimita e rimane unicamente il senso di insoddisfazione per
l'apparente evocazione del Fato, tanto che ora si propende piuttosto per l’esplici-
to riconoscimento che in questo punto il testo dovrebbe essere corrotto e comun-
que non ha un senso plausibile. per cui, constatato che non ci sono coniecturae
convincenti, ci si adatta a collocare la parola in questione tra due cruces.
“ Riportiamo il dettaglio nella tay. ft. n. 10. Si veda anche Ia relativa didascalia.92 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA
Ecco dunque che una sola lettera ha il potere di incidere in misura signifi-
cativa sul senso da attribuire al pensiero di un filosofo cosi poco marginale come
certamente fu Parmenide.
Entra infine in gioco un altro tipo di «testimoni»: le citazioni oc-
casionali estranee all’ambito dei codici, quindi i passi (es. platonici e
aristotelici) che figurano negli autori pid diversi e/o nei papiri. Ogni-
qualvolta si da sovrapposizione del medesimo brano, la possibilita di
confrontare il testo dei codici con cid che emerge da tali citazioni -
numerosissime nel caso degli autori pit’ famosi — costituisce un formi-
dabile strumento di controllo perché, anche quando parliamo dei codi-
ci di chi ha citato, poniamo, I"Etica Nicomachea, cioé di altri gruppi di
codici medievali, il dato ci perviene sulla base di successioni di copie
largamente indipendenti da quelle del testo che viene occasionalmente
commentato. Se poi parliamo di papiri, risaliamo indietro, in media, di
8-12 secoli e, di nuovo, a itinerari di trasmissione dei testi il cui grado
di interdipendenza tende addirittura ad azzerarsi. Da qui l’utilita di
tener conto anche di questo e, semmai, la difficolta di tenerne conto
nella maniera sistematica che sarebbe desiderabile.
E per effetto di tutti questi riscontri, e delle decisioni conseguen-
ti, che si perviene alla edizione critica (allestita cioé con criterio).
Se volessimo provare a sintetizzare gli accorgimenti e i “doveri’
del filologo, potremmo forse fissarli in questi punti:
* reperire nel modo meno episodico possibile i due gruppi di
«testimoni» sopra indicati,
* metter ordine fra queste evidenze e renderne conto in un’appo-
Sita trattazione introduttiva,
* discernere, al meglio delle possibilita del filologo, le concrezio-
ni successive ed eliminarle,
* rilevare le varianti verosimilmente significative ed effettuare
delle scelte prudenti,
* reintrodurre con pari prudenza cid che doveva esserci in un certo
testo ma non é attestato,
* rendere conto, in apparato, delle ragioni che hanno condotto ad
effettuare determinate scelte.