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LA Retorica Del Cinema

La retorica del cinema

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9. LA RETORICA DEL CINEMA “(..) In poesia quello che conta non é il contenuto ma la Forma.” (E. Montale, Un poeta) “Uirregolarita @ la base di tutte le arti.” (A. Renoir) In questo lavoro ho sempre tenuto in massima considerazione il passaggio dalla grammatica alla retorica, dalla codificazione ripetuta e prevedibile al suo supera- mento, attribuendo alle “regole” della “grammatica”, della “sintassi", della “punteg- giatura” cinematografiche lo stesso valore attribuito alla loro trasgressione. Molti esempi di “cinema d’autore”, di “cinema di poesia” per dirla con P. P. Pasolini, che abbiamo analizzato fino ad ora, sono da considerarsi vere e proprie figure reto- riche cinematografiche. 9.1 OMOLOGIE, NON UGUAGLIANZE Tutto il linguaggio @ stratificazione di figure, di tropi, di motti di spirito depositati nel corso dei secoli. Roland Barthes sosteneva che non esiste una scrittura che ne sia priva: la scrittura oggettiva, impersonale, di grado zero, non esiste, é solo un’i- potesi teorica. Siamo soliti definire con il termine generale di “figure retoriche” tutta una serie di modalita espressive che arricchiscono il significato delle parole, ed @ leggittimo par- larne anche a proposito del linguaggio cinematografico, ogniqualvolta ci troviamo di fronte a immagini il cui significato va oltre le cose rappresentate. Tale arricchimento si realizza attraverso uno «scarto», una difformita, di cui parlano sia A. Renoir che C. Baudelaire, due artisti sperimentatori del XIX secolo, un pittore un poeta, che tentarono di enunciare formulazioni estetiche dellirregolarita. “Il fascino d’una descrizione consiste nella sua diversita. Alla natura ripugnano tanto il vuoto quanto la regolarita. (...) Lirregolarita @ la base di tutte le arti” (A. Renoir, Manifesto per La Société des Irréguralistes, 1884). “Quel che non é leggermente difforme ha un’aria insensibile; ne consegue che l'irre- golarita, cioé Vinatteso, la sorpresa, lo stupore, sono l’elemento essenziale e la carat- teristica della bellezza” (C. Baudelaire, Diari intimi). La maggior parte dei registi rispetta i codici di ripresa e montaggio convenzionali, assecondando le abitudini e le attese dello spettatore medio. Solo una minoranza, quelli a cui si pensa di solito quando si parla di “autori”, non si cura della consecutivita narrativa cosi come la poesia non si cura della consecu- tio temporum, superando le convenzioni e rifiutando la norma, tentando di svinco- lare il cinema dalla schiaviti naturalistica. In tutta la storia del cinema @ presente lopposizione tra un linguaggio verosimile e naturalistico, che tende a nascondere la machina da presa e il montaggio, e un lin- guaggio che al contrario esibisce, enfatizza la macchina da presa e visualizza il mon- 4 147 taggio, facendoli “sentire”, evidenziando la rottura con le regole e i divieti precedenti. Un’inquadratura centrale e frontale non @ di per sé buona o non buona: essa @ sem- plicemente comune, perennemente davanti agli occhi di tutti. Lo stesso personaggio, inquadrato con un’accentuata ripresa dal basso, con il suo effet- to monumentalizzante, non @ di per sé migliore o peggiore, & semplicemente diverso. Ebene, se questa diversita @ motivata stilisticamente, se rappresenta il significante giusto per quel determinato significato, allora questa scelta acquista un valore arti- stico e si configura come una vera e propria figura retorica. Il cinema si @ impossessato, fin dalla sua nascita, di certi artifici retorici propri del linguaggio verbale per connotare un'immagine: 'accentuata ripresa dal basso di cui si @ detto, con il suo effetto monumentalizzante, non & 'applicazione al linguaggio cinematografico dell’esagerazione iperbolica? Naturalmente non dobbiamo concludere che ad ogni figura retorica letteraria ne cor- risponde una cinematografica: l’astrattezza, la concettualita, la simbolicita, lindeter- minatezza della parola fa si che molte figure retoriche scritte non possano essere tra- dotte in immagini, non siano transcodificabili (e viceversa).. Si pud perd ragionevolmente sostenere che molte figure retoriche della letteratura, proprio perché “figure”, sono abbastanza facilmente rappresentabili con il linguaggio delle immagini in movimento e trovano interessanti analogie nei film d’autore. In ogni caso bisogna evitare di procedere per semplicistiche identificazioni, ma eser- citarsi a riconoscere possibili corrispondenze, analogie, omologie funzionali e strut- turali tra il linguaggio cinematografico e quello scritto. 9.2 RELATIVITA E STORICITA DELLA “RETORICA” CINEMATOGRAFICA Si vuole qui semplicemente ricordare come anche le figure retoriche cinematografi- che non sono segni assoluti, sempre uguali a se stessi e costanti nel tempo, ma sono segni relati storicamente determinati. Ogni nuova invenzione si oppone alla convenzione precedente, producendo sul momento effetti straordinari; poi Vinnovazione diventera a sua volta una nuova con- venzione, che avra bisogno di essere superata da una nuova innovazione. In pratica, accade per le figure retoriche cinematografiche la stessa cosa che accade per quelle letterarie. Anche il cinema ha le sue catactesi, metafore di uso corrente che non sono pill aveerti- te come tali, perché ormai assorbite nello standard della lingua comune. Sono catacresi i sintagmi “ai piedi del monte” e “collo di bottiglia”, cosi come il primo piano di un attore, sineddoche stupefacente agli inizi del Novecento, ma con- siderato come un segno assolutamente “normale” di un linguaggio “naturale”, dando origine ad ur’espressione di uso comune perfino nella lingua parlata. E se un lettore di oggi ha preso familiarita col flusso di coscienza e non si stupisce pid di tanto davanti a una pagina senza punteggiatura, se la poesia contemporanea utilizza “normalmente” molte innovazioni stilistiche della poesia decadente e simbo- lista (dalle ardite sinestesie della poesia pascoliana alla destrutturazione dell’ende- casillabo operata da Ungaretti), altrettanto & accaduto per il montaggio intellettuale di Ejzenstejn, | piani-sequenza di Welles e il montaggio anarchico di Godard. Magari si pud discutere se gli scrittori, i poeti, i registi di oggi utilizzino bene questi stilemi, se non debbano invece battere nuove vie, ma questo é un altro discorso. Verifichiamo qui di seguito qualche possibilita di applicazione di alcune figure reto- riche al linguaggio cinematografico, tenendo presente quello che scrivono G. Cremo- nini e S. Toni in Immagine e racconto: “Il procedimento che permette al cinema (ma anche in letteratura e nella lingua in genere) la costruzione dei tropi é un principio non logico (che & dominio soprattutto del racconto, della narrativita) ma analogico. Vanalogia non @ una figura retorica ma @ il fondamento stesso che permette ogni tropo, @ un principio di somiglianza o di richiamo senza il quale non sarebbe possi- bile superare lo stadio della denotazione o della connotazione debole” 9.3 FIGURE RETORICHE Ellissi Come giustamente nota R. Campari, nel cinema, come in ogni altra forma di narra- zione, si pone sempre all’autore un problema fondamentale: “quello del materiale che entra nella narrazione e quello di cid che invece viene obbligatoriamente omes- 50” (op. cit., p. 138). Lellissi consiste appunto nell’eliminazione di una parte pill 0 meno estesa dell’azio- ne, ritenuta inutile ai fini dell’economia diegetica del film. Si va dalle minime ellissi di montaggio (il taglio di pochi fotogrammi non @ finalizza- to all'eliminazione dei tempi insignificanti, quanto a rendere pili fluida Vazione, a ren- derla pid realistica, e non é percepibile dallo spettatore se non in moviola) alla vera e propria discontinuita narrativa tra storia e discorso, rottura palese della narrazione. La pili vertiginosa ellissi temporale mai realizzata al cinema é probabilmente quella di Kubrick: RQ 2001: Odissea nello spazio (seq. 1) Ellissi molto originali si trovano in: SRE Il conformista (seq. 1) S21 Quarto potere (seq. 9, 17) SRL) Fino all'ultimo respiro (seq. 2) son} Sotto il segno dello scorpione (sea. 2) SSL Novecento (seq. 1) {1 Professione: reporter (seq. 2) 1 I volto dei potenti (seq. 1 Enjambement In poesia @ la rottura intenzionale del parallelismo tra metrica e sintassi, che per- mette la creazione di ampi periodi melodici (pensiamo a quelli, bellissimi, dell’ Infi- nito di Leopardi). Come in poesia "'enjambement si manifesta con la discontinuita (metrica) e la con- tinuita (sintattica) tra un verso e quello seguente, cosi nel cinema si pud parlare di enjambement (ma @ solo un’omologia di struttura e di funzione, non certo un’ugua- glianza) quando c’é, contemporaneamente, discontinuita e continuita tra un'inqua- dratura e quella successiva. Questo pud verificarsi sostanzialmente in due modi: a) La rottura del parallelismo e della coincidenza tra visivo e parlato, tra immagine e colonna sonora. Il montaggio fa di tutto per far credere che ci sia continuita, ma questo contrasta con la continuita del parlato che, al contrario, unisce: 200 Quarto potere (seq. 7, 9) EQ Quarto potere (eq. 11) 149

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