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2019 15 Febbraio Sentenza N 25322 2019 Cassazione Contro Cardinale Enrico 04 10 76 Rocca Morena Solarium 2013 PDF

Scritto da Riccardo Lo Verso il 20 Luglio 2019 - 06:00 IL MALE OSCURO DI PALERMO Il medico, il suocero e i nipoti Tutti in fila davanti al boss In tanti hanno chiesto aiuto a Tommaso Inzerillo per risolvere piccole e grandi questioni PALERMO - A casa di Tommaso Inzerillo, in via Mogadiscio, c'era un viavai di persone.Una processione per chiedere l'aiuto del capomafia di Passo di Rigano. Un suo intervento diventava risolutivo in piccoli e grandi questioni. Ecco il male oscuro di Palermo: la richiesta di aiuto al potente di turno. Le vie mafiose sono più veloci e risolutive di quelli legali. Un anziano settantenne, Michele, “bassino e con i baffi”, l'anno scorso si è rivolto al capomafia perché la figlia si era separata dal marito e il consuocero pretendeva 30 mila euro. Tanto era costata la ristrutturazione della casa coniugale pagata dallo sposo. Così Inzerillo riferiva le parole che gli erano state rivolte: “Masino, di qua, di là, di questo verso... dice: 'mia figlia era sposata, e si è lasciata... adesso è venuto il suocero, da mia figlia, che gli ha speso nella casa trentamila euro, di qua e di là, vuole i soldi indietro, di qua e di là… un macello, ma sai chi sono questi… e viene gente, senti questa… per non portarla a lungo e raccontare tutte cose'… con quindicimila euro, hai capito?”. I soldi tardarono ad arrivare e Michele fu convocato da Alessandro Mannino: “Michele, com'è finita? Mi stai facendo fare brutta figura”. Michele prese un nuovo impegno: “... io, l’altro giorno, mi volevo fare un mutuo, io mi impegno gli occhi, io entro giorno dieci gli do i soldi, intanto gli do trecento euro al mese”. La sera del 10 luglio 2018, a casa di Inzerillo arrivarono la moglie e la figlia di Calogero Mannino, che alcuni mesi dopo, a novembre, sarebbe stato scarcerato dopo avere finito di scontare una condanna a 16 anni per mafia. Mannino è stato organico alla famiglia mafiosa dell'Uditore e durante la detenzione di Tommaso Inzerillo si era preso cura delle necessità economiche dei familiari del boss. Perché la mamma di Mannino si rivolgeva a Masino? Aveva affittato un locale in via Castellana, ma l'inquilino non era ancora riuscito ad avviare una rivendita di caffè perché stoppato da gente di peso a Passo di Rigano. La donna, Giuseppa Spatola, si rivolgeva con piglio deciso al cospetto di Inzerillo:“Ooh, Vedi che mio marito si sta facendo dodici anni. Ora perché garantire le altre persone che mio marito è là dentro... non sono una qualsiasi, mio marito è da dodici anni che è là e la gente la conosco... poi, poi, quando esce mio marito, chiariamo tutto... dice, che c’è u spizzieddu che deve aprire, poi, quando sarà, lo deve aprire lui, quando sarà, eh, è questo ti sembra una cosa esatta che ancora gli devono dare l’agibilità, affaccia il sole e affaccia per tutti, tu per esempio: non li vendete le cialde voialtri, è quello non è tuo cognato?". Un anno prima, nel 2017, le cimici piazzate dai poliziotti della squadra mobile svelarono le vicende legate al lido Sopravento di Isola delle Femmine. Qualcuno era andato a chiedere il pizzo ai nuovi gestori: Pietro e Vincenzo Inzerillo, Rosario e Vincent Mannino. Sono tutti nipoti di Tommaso Inzerillo. "Raccontami di preciso...", zio Tommaso chiedeva notizie al nipote che scendeva nei dettagli: "... è venuto a salutarmi, ci sono persone, gli devo dire una... gli ho detto... veda che io sono suo nipote... voialtri lo dovete sapere dove lo dovete cercare”. Lo zio gli dava indicazioni: "Tranquillo se dovesse venire gli dici: in questi giorni ti vengono a cercare, l’ho fatto sapere, non gli dare ne spiegazioni ne nulla, mi spiego? O no? Dico: sei capace?". Alla fine pagarono il pizzo? In un successivo incontro Tommaso Inzerillo spiegava a Vincenzo di avere parlato con i due esattori del racket: la richiesta di cinquemila euro sarebbe stata legittimata solo dall'eventuale acquisto del lido balneare. La sola gestione non bastava. È stato Giuseppe Spato

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Penale Sent. Sez. 3 Num.

25322 Anno 2019


Presidente: CERVADORO MIRELLA
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO
Data Udienza: 15/02/2019

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


SENTENZA

sul ricorso proposto da:


CARDINALE ENRICO nato a PALERMO il 04/10/1976

avverso la sentenza del 23/05/2018 del TRIBUNALE di PALERMO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIANLUIGI PRATOLA

che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;

Il difensore della parte civile, Avv. Sergio Di Gerlando, deposita nota spese e
conclusioni alle quali si riporta.
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 maggio 2018 il Tribunale di Palermo ha


condannato Enrico Cardinale alla pena di C 300,00 di ammenda,
relativamente ai reati di cui agli art. 650 cod. pen. - capo A - e 659 cod.
pen. - capo B -. Reati commessi fino alla data anteriore e prossima dell'8

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


luglio 2013. Con la sentenza è stato condannato il ricorrente al
pagamento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in separata
sede, con una provvisionale di e 3.000,00.

2. Ricorre per Cassazione l'imputato, tramite il difensore,


deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari
per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att.,
c.p.p.

2. 1. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente è titolare di un esercizio commerciale adibito a


solarium, denominato "Rocca Morena", nel lungomare del Comune di
Isola delle Femmine. Il Tribunale nella motivazione afferma che la
responsabilità penale non risulta provata, e poi, in contraddizione
condanna l'imputato. La responsabilità per i due reati contestati è stata
desunta dalla testimonianza della parte civile e da quella della moglie,
senza tener conto che il controllo dell'ARPA fu effettuato a casa della
parte civile senza alcun contraddittorio, e senza valutare che ci sono altri
locali (oltre a quello del ricorrente) sul lungomare che potrebbero causare
rumori.

2. 2. Violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione


relativamente al reato di cui all'art. 650, cod. pen.

Con le ordinanza n. 28 e n. 34 del Comune è stata disciplinata


l'emissione sonora della mlisica dei pubblici esercizi, nel Comune di Isola
delle Femmine. Per la sentenza impugnata il ricorrente avrebbe violato,
quantomeno in due occasioni le suddette ordinanze. Invece in data 9
luglio 2013 la P.G. intervenuta sul posto accertava la tollerabilità delle
emissioni sonore (musica commerciale di sottofondo che non arrecava
nessun disturbo). Le due ordinanze inoltre non fanno altro che ribadire
l'obbligo già esistente nell'art. 10, comma 2, della legge 447/1995 (di cui
al DPCM del 14 novembre 1997).

La violazione di tale divieto importa solo la sanzione


amministrativa, e non anche quella penale.

2. 3. Violazione di legge (art. 659„ cod. pen.).

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


Per la sentenza impugnata l'esercizio commerciale del ricorrente
non rientrava nelle attività rumorose in sé.

Invero l'attività commerciale rumorosa (come quella del


ricorrente) che ecceda i limiti è sanzionabile solo in via amministrativa e
non anche penale, per effetto del principio di specialità di cui all'art. 9,
legge 447/1995.

Comunque in una sola occasione sarebbero stati superati i limiti di


tollerabilità (peraltro prima di mezzanotte). Le condotte, quindi, non si
sono ripetute. La fattispecie corretta deve ritenersi quella del comma 2,
dell'art. 659, cod. pen. e non quella ritenuta in sentenza del primo
comma.

2. 4. Violazione di legge (art. 131 bis, cod. pen.) per omessa


applicazione della particolare tenuità del fatto.

Per il Tribunale il comportamento era abituale e, quindi, risultava


inapplicabile la particolare tenuità del fatto. Tuttavia le dichiarazioni della
parte civile dell'abitualità del comportamento del ricorrente non hanno
trovato riscontro nell'istruttoria dibattimentale, anzi la PG al sopralluogo
aveva riscontrato un modesto volume della musica; inoltre l'attività
commerciale del ricorrente non era l'unica struttura dalla quale potevano
provenire rumori molesti.

2. 5. Mancanza della motivazione per la condanna al pagamento


di una provvisionale alla parte civile, di € 3.000,00.

2
Manca qualsiasi prova dei danni alla parte civile; come, del resto,
ritenuto dal Tribunale relativamente alla condanna al risarcimento dei
danni, da liquidarsi in separata sede, proprio in considerazione
dell'assenza di prove sull'entità dei danni. Contraddittoriamente invece si
condanna il ricorrente al pagamento di una provvisionale senza alcuna
motivazione.

Ha chiesto pertanto l'annullamento della decisione impugnata.

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta fondato relativamente alla condanna per il


reato di cui all'art. 650, cod. pen., inammissibile nel resto.

In tema di inosservanza di provvedimento dell'autorità, la


disposizione di cui all'art. 650 cod. pen. è norma di natura sussidiaria,
che trova applicazione solo quando l'inosservanza del provvedimento
dell'autorità non sia sanzionata da alcuna norma, penale o processuale o
amministrativa. (In applicazione del principio la Corte ha annullato senza
rinvio la sentenza di condanna dell'imputato, in quanto la condotta in
contestazione - inosservanza di un provvedimento sindacale di rimozione
di un cartello avente la dicitura "passo carrabile" illegalmente apposto -
costituisce violazione sanzionata amministrativamente dall'art. 22 del
codice della strada). (Sez. 1, n. 44126 del 19/04/2016 - dep.
18/10/2016, Azzarone, Rv. 26828801).

Nel caso in giudizio il ricorrente è stata condannato per la


violazione dell'art. 659, comma 1, cod. pen. ritenuto nel calcolo della
pena più grave di quello di cui all'art. 650, cod. pen.

L'art. 650, cod. pen. espressamente prevede la natura sussidiaria


del reato («se il fatto non costituisce più grave reato») e,
conseguentemente, deve annullarsi la sentenza impugnata senza rinvio
limitatamente al reato di cui all'art. 650, cod. pen. perché il fatto non
sussiste.

3
4. La decisione impugnata contiene adeguata motivazione, senza
contraddizioni e senza manifeste illogicità, sulla responsabilità per il reato
di cui all'art. 659, comma 1, cod. pen., e sulla piena attendibilità delle
dichiarazioni rese dalla parte civile, peraltro con riscontri numerosi. Dalle
dichiarazioni testimoniali il Tribunale ha rilevato come il ricorrente nel
periodo estivo sia in pieno giorno e sia di notte organizzava eventi con
rumori fastidiosi per il riposo delle persone vicine all'attività. La parte
civile in data 7 luglio 2013 ha dovuto chiamare le forze dell'ordine per il
grande rumore proveniente dallo stabilimento gestito dal ricorrente;

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


successivamente la stessa situazione si è ripetuta nella serata dell'8 luglio
2013. I testi di PG hanno riferito dell'alto volume riscontrato nell'attività
del ricorrente, chiedendo allo stesso di abbassare il volume della musica.
I testi Maiorano e Lo Cascio riferivano, inoltre, della loro presenza al
momento del controllo dell'ARPA a casa della parte civile e del rumore
assordante. Dal controllo del rumore risultava il superamento del limite
assoluto notturno. I rumori, quindi, erano idonei ad arrecare disturbo ad
un numero indeterminato di soggetti residenti nella zona, e non alla sola
parte civile.

Con il ricorso per cassazione, articolato in fatto e generico, il


ricorrente richiede una rivalutazione del fatto, non consentita in sede di
legittimità.

In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di


legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri
di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come
maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa
rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del
07/10/2015 - dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482).

In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili


censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza,
dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con
atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando
mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del
processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la

4
persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la
stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano
una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle
diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni
differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della
valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del
17/03/2015 - dep. 31/03/2015, 0., Rv. 262965). In tema di
impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in
Cassazione solo perché il giudice abbia trascurato o disatteso degli

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elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o
potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché ciò si tradurrebbe in
una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. (Sez. 1, n. 3385
del 09/03/1995 - dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705).

Il Tribunale, come visto, ha con esauriente motivazione, immune


da vizi di manifesta illogicità o contraddizioni, dato conto del suo
ragionamento che ha portato all'affermazione della responsabilità, con
analisi completa, non contraddittoria e non manifestamente illogica.

4. 1. Si deve dare atto, però, che il giudice è incorso in un mero


errore materiale laddove ritiene, all'inizio della motivazione, non provata
la responsabilità del ricorrente; evidentemente intendeva scrivere che
ritiene provata la responsabilità per i due reati, come si evince dal
contenuto sostanziale della motivazione e dal dispositivo di condanna.

5. Anche sulla esclusione della particolare tenuità del fatto la


sentenza risulta adeguatamente motivata laddove la esclude alla luce dei
criteri dell'art. 133, cod. pen. (gravità del reato) e dell'abitualità della
condotta del ricorrente; inoltre la stessa misura della pena non nel minimo
edittale esclude la valutazione concreta del fatto nell'ipotesi di particolare
tenuità (Sez. 5, n. 39806 del 24/06/2015 - dep. 01/10/2015, Lembo, Rv.
26531701). Si tratta, comunque, di una valutazione di merito insindacabile
in sede di legittimità se adeguatamente motivata come nel caso in
giudizio.

6. Anche relativamente alla condanna di una provvisionale di €


3.000,00 il ricorso risulta manifestamente infondato. Solo genericamente
si contesta la sentenza impugnata, senza specifiche critiche di legittimità.
La somma di soli C 3.000,00, inoltre, non risulta di particolare rilevanza e
l'importo può ritenersi ricompreso nel danno prevedibile, da liquidarsi in
separata sede.

Infatti, «In tema di provvisionale, la determinazione della somma


assegnata è riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha
l'obbligo di espressa motivazione quando, per la sua non particolare
rilevanza, l'importo rientri nell'ambito del danno prevedibile. (In

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motivazione, la S.C. ha precisato che per la liquidazione della
provvisionale non è necessaria la prova dell'ammontare del danno, ma è
sufficiente la certezza dello stesso sino all'ammontare della somma
liquidata)» (Sez. 4, n. 20318 del 10/01/2017 - dep. 28/04/2017,
Mazzella, Rv. 26988201). Le spese del grado di legittimità per la parte
civile al giudizio definitivo.

7. Considerata la irrogazione della pena di C 300,00 di multa per


entrambi i reati senza indicazione della pena base e dell'aumento per la
continuazione deve disporsi il rinvio al Tribunale di Palermo per la
determinazione del trattamento sanzionatorio per il reato sub B
dell'imputazione, fermo l'accertamento di responsabilità ex art. 624,
comma 1, cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato


di cui all'art. 650 c.p. perché il fatto non sussiste.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e rinvia al Tribunale di


Palermo per la determinazione della pena di cui al capo B.

Così deciso il 15/02/2019

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