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Buddhacarita Cap XIV

Asvagosha - Le gesta del Buddha, cap. XVI
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CANTO XIV La perfetta Illuminazione 1. Quando dunque ebbe sconfitto la potenza di Mara con la fermezza e la quiete interiore, egli, esperto nella meditazione, incomincid a meditare con l’intenzione di giungere alla comprensione del fine supremo. 2. E una volta ottenuto il perfetto dominio su tutti i metodi della meditazione, nella prima vi- gilia gli venne il ricordo delle sue nascite prece- denti, l’una dopo J’altra. 3. « Nel tal luogo ero certamente quel tale, e dopo la mia dipartita da li giunsi al tal altro luo- go », pensava; e cosi richiamava alla memoria mi- gliaia di vite, come rivivendole. 4. E sovvenendogli [che c’era stata] una nascita e una morte in tutte quelle esistenze, quell’animo compassionevole venne mosso a compassione per gli esseri viventi: - CANTO XIV «Poiché s’accomiata in questo mondo dai i cari, ma si ritrova ancora ad agire in un’al- 4 vita, l’uomo, che é davvero senza difesa, conti- ‘ua a girare come una ruota ». ‘animo risoluto il sicuro convincimento che il ci- elo delle rinascite fosse insostanziale come il mi- dollo di un banano. _ 7. Ma durante la seconda vigilia, egli, secondo a nessuno in quanto a vigore, il migliore di color che vedono, ottenne la somma onniveggenza. 8. Con tale pura onniveggenza vide allora tutto il creato, come in uno specchio senza macchia. 9. E nel percepire la caduta e la rinascita degli esseri [a seconda delle loro] azioni infime o eccel- lenti, la sua compassione aumento: 10. « Quelle creature che hanno agito in modo malvagio vanno incontro a un’infausta rinascita, quelle invece che. hanno agito bene si stabiliscono nel triplice cielo. 11. «I primi nascono nel terribile, crudelissimo inferno, e sono miseramente oppressi da molti tipi di tormenti: 12. « Ad alcuni vien fatto bere un decotto di " ferro fuso incandescente, altri vengono infilzati ur- Tanti su pali di ferro roventi. CANTO XIV > 171 pignatte di ferro, come la farina; altri vengono mi- seramente arrostiti su mucchi di carbone ardenti. 14, ‘« Alcuni sono sbranati da orridi cani feroci coi denti di ferro, altri da audaci [esseri dai] bec- chi di ferro, simili a corvi di ferro. 15. « Alcuni, spossati dal calore, desiderano l’ombra fresca e, come prigionieri, entrano nella selva oscura che ha foglie fatte di spade. 16. « Altri, con le braccia legate, vengono fra- cassati da asce come se fossero legna, e pur soffren- do non si dissolvono poiché il soffio vitale é soste- nuto dai loro atti [malvagi] precedenti. 17. « Di quell’atto che, inteso al benessere, é stato compiuto per allontanare la sofferenza, que- sta sofferenza é il frutto goduto [da essi] contro- voglia. 18. « Costoro soffrono terribilmente perché han- no agito male, rivolti [solo] al benessere; ma quella loro indulgenza pud forse dare [ora] il minimo benessere? 19. « Gli impuri di cuore che compiono azioni impure nell’allegrezza ne traggono le conseguen- ze tra i lamenti quando il tempo é maturo. 20. « Certo, se i malvagi vedessero il frutto dei loro atti, vomiterebbero caldo sangue come se col- piti nelle parti vitali. 21. « Altri tapini, in virth delle diverse opere che hanno origine nell’attivita della mente, rina- scono tra i diversi animali: 172 CANTO XIV 22. «In tale stato essi vengono miseramente uc- cisi, anche sotto gli occhi dei loro cari, per [otte- nerne] la carne, il pelo, la pelle e le zanne, nonché per animosita e divertimento. 23. « Coloro che diventano bovini o cavalli, as- sillati da fame, sete ¢ fatica, sono costretti al tiro anche sé non possono o non vogliono, e hanno il corpo ferito dalla sferza. 24. « Coloro che diventano elefanti, benché sia- no essi i pil forti, sono cavalcati da esseri deboli; il loro capo é tormentato dal pungolo e battuto dai calcagni dei piedi. 25. « Benché ve ne siano delle altre, la sofferen- za principale di questo stato |ferino proviene] dal- Yostilitd reciproca e dal dominio altrui. 26. « Predando le une sulle altre, le creature dell’aria opprimono dunque quelle dell’aria, e cost le creature acquatiche quelle acquatiche, le creatu- re terrestri quelle terrestri. . 97. « Altri ancora, le cui menti sono possedute dall’egoismo, rinascono nell’oscura sfera dei Preta e€ miseramente godono del frutto [dei loro atti]: 28. « Le bocche piccole quanto la cruna di un ago, i ventri grandi come montagne, essi sono Op- pressi dalle sofferenze che sorgono da fame e sete, poiché la sofferenza é il loro destino. 29. « Costoro, giunti all’estremo limite del desi- — derio ¢ mantenuti [in vita] dalle proprie opere, CANTO XIV 173 non riescono a gustare neppure le immondizie che gli altri gettano via. : 30. « Se !uomo sapesse che tale é il frutto del- l’egoismo, darebbe in ogni occasione anche le mem- bra del suo corpo in dono come Sibi. 31. « Altre creature ancora rinascono in quel- Vimpura pozza simile all’inferno che si chiama grembo e vanno incontro a sofferenza tra gli esseri umani. 32. « Subito, al momento stesso della nascita, vengono afferrati da mani acute, come se venissero trafitti da spade acuminate, e quindi piangono ama- ramente.' 33. « Sono amati, vezzeggiati e protetti dalla fa- miglia che li alleva con ogni cura; ma poi si con- taminano con le loro stesse azioni e vanno di sof- ferenza in maggior sofferenza. _ 34. «In tale stato gli stolti, ossessionati dal de- siderio, vengono trascinati dal flusso che sempre Scorre € pensano sempre di pit di dover compiere questa e€ quest’altra cosa. ‘ 35. « Altri ancora, avendo accumulato meriti, rinascono in cielo e, come da un fuoco, sono arsi terribilmente dalle fiamme della passione. 36. « Dili poi cadono, non ancor paghi degli og- getti dei sensi; il loro sguardo é rivolto verso Val- to, il loro splendore scomparso, ed essi sono stra- ziati per l’appassire delle loro ghirlande.? CANTO XIV _ 37. «E mentre inesorabilmente cadono i loro amanti, le Apsaras li guardano con compassione e afferrano i loro vestiti con le mani. 88. « Alcune sembrano cadere sulla terra con le loro collane di perle penzolanti, mentre cercano di trattenere i loro amanti che miseramente cado- no dai palazzi celesti. P| : 39. « Altre che portano ornamenti e ghirlande ‘di vario genere, afflitte per la loro caduta verso la sofferenza, li seguono con occhi resi agitati dal- Vaffetto. 40. « Nel loro amore per quelli che cadono, le Apsaras a schiera si battono il petto con le mani € come sconvolte dalla gran pena, rimangono ad essi attaccate. 41. « Gliabitanti del paradiso cadono sulla terra _ afflitti e cosi si lamentano: “ Ah, parco di Caitra- tatha, ah lago celeste, ah Mandakini, ah l’arnor mio! ” 42. « Visto che il paradiso, ottenuto con tante fatiche, é incerto e transitorio, e che tale é la soffe- renza che verra causata dalla separazione da esso, 48. « tutto cid é, ahimé inevitabilmente, un ul- teriore aspetto della legge [della retribuzione] del- Yatto in questo mondo: del mondo questa é la na- tura, ma essi non la vedono come tale. 44. « Altri che si sono staccati dalla passione dei sensi [raggiungendo pertanto i paradisi superiori] b 7 ; CANTO XIV 175 | concludono in cuor loro che il loro stato é eter- | no, ma cadono miseramente dal cielo. 45. « Negli inferni vi sono troppi tormenti, gli | animali si mangiano a vicenda, i Preta provano la sofferenza della fame e della sete, gli uomini quella dei desideri; 46. «nei paradisi che non sono soggetti all’amo- re é eccessiva la sofferenza della rinascita: per il mondo sempre errabondo degli esseri viventi sicu- ramente non v’é pace in nessun luogo. 47 « Questo fiume del ciclo delle esistenze non ha puinti d’appoggio ed é sempre soggetto alla mor- te; le creature, in tal guisa circondate, non trovano [mai] dove riposarsi ». 48. Cosi con lo sguardo onniveggente esaminava le cinque sfere della vita, e non trovava nulla di sostanziale nell’esistenza come non si trova il le- gno nel cuore di un banano tagliato. 49. Allora, al sopraggiungere della terza vigilia, il migliore di coloro che conoscono le meditazioni medito sulla vera natura di questo mondo: 50. « Ahimé, gli esseri viventi ottengono solo travagli: volta dopo volta nascono, invecchiano e | muoiono, decadono [ad un livello di esistenza pit basso] e rinascono. 51. « Inoltre, la vista dell’uomo é velata dalla passione e dalla tenebra dell’illusione, e per questa sua eccessiva cecita egli non conosce la via d’uscita da questa gran pena ». CANTO XIV Fatte queste considerazioni, rifletté in cuor « Qual é@ invero quella cosa che con ta sua tenza fa venire la vecchiaia e la morte? »- Penetrando la verita fino al midollo, com- che vecchiaia e morte si producono quando una nascita. _ Vide che il mal di capo pud esistere solo salora vi sia gid un capo, poiché é solo quando verificata la nascita dell’albero che si pud pro- cedere a tagliarlo. _ 55. Poi sorse ancora in lui il pensiero: «Da ‘che cosa procede questa nascita? »; allora intese “rettamente che la nascita é prodotta dall’esistenza precedente] mediante il potere degli atti [in essa compiuti]. 56. Con la sua onniveggenza vide che Vesistenza attiva procede dall’atto, non da un Creatore né dalla Natura né dall’io né senza una causa. 57. Come quando, se il primo nodo del bambi & tagliato con perizia, tutto il resto segue nell’or- za di lui. 58. Quindi il saggio applicd la sua mente alla _determinazione dell’origine dell’esistenza, € vide allora che l’origine dell’esistenza si trovava nell’at- _ taccamento: 59. Questo atto sorge dall’attaccamento ai vari ie regole di vita, ai piaceri dei sensi, alla con- dine, cosi avanzava nel giusto ordine la conoscen- © jone di un io e alle erronee opinioni [sulla © CANTO XIV 177 Legge], cosi come il fuoco sorge attaccandosi al combustibile. | 60. Sorse poi in lui questo pensiero: « Da qua- le causa proviene 1’attaccamento? »; riconobbe cos} che la condizione causale dell’attaccamento stava nella concupiscenza. 61. Come la foresta viene incendiata da un fo- cherello quando questo é animato dal vento, cos} pure la concupiscenza fa nascere i grandi peccati della passione dei sensi e gli altri. 62. Indi rifletté: « Da che cosa sorge la concu- piscenza? »; concluse allora che la causa della con- cupiscenza é la sensazione. 63. L’umanita, travolta dalle sensazioni, brama il mezzo .per soddisfarle; e infatti nessuno trova piacere nell’acqua se non ha sete.‘ 64. Poi meditd ancora: « Qual é la fonte della sensazione? »; e colui che aveva posto fine alla sensazione vide pure che la causa della sensazione era il contatto. 65. Il contatto si spiega come quell’unione di og- getto, sensi e mente da cui viene prodotta la sen- sazione, cosi come il fuoco é prodotto dall’unione dei due bastoncini [che vengono] sfregati [assieme] e del combustibile. 66. Poi consideré che il contatto aveva una cau- sa e riconobbe che questa stava nei sei organi di senso. x CANTO XIV _ 67. Il cieco non percepisce gli oggetti perché il occhio non li porta in congiunzione con la te; se esiste la vista, avviene questa congiun- zione; pertanto si ha contatto quando esiste l’orga- di senso. 68. Decise quindi di comprendere lorigine dei ei organi di senso, e allora colui che conosceva le conobbe che la causa era []’insieme di] men- € corpo.’ 69. Cosi come si dice che foglia e stelo esistono ‘solo quando esiste gia un germoglio, cosh i sei or- gani di senso sorgono solo quando esistono gia mente e€ corpo. 70. Poi sorse in lui il pensiero: « Qual é la causa di mente e corpo? »; e allora egli, che era passato all'altra sponda della conoscenza, vide che la loro origine si trovava nella coscienza: 71. Quando sorge la coscienza si producono mente e corpo. Quando lo sviluppo del seme écom- piuto, il germoglio assume una forma corporea. 72. Indi fece questa considerazione: « Da che cosa sorge la coscienza? »; comprese allora che essa trova la sua origine appoggiandosi a mente € cor- po. 73. Poi, come ebbe compreso l’ordine della cau- salita, vi meditd sopra, e la sua mente scorreva sulle idee che aveva formulato e non si sviava con altri _ pensieri. 74, La coscienza é la condizione causale da cui CANTO XIV 179 si producono mente e corpo; e ancora, mente e corpo sono il sostegno su cui si fonda la coscienza. 75. Come la barca trasporta l’uomo * * * * *,7 cosi coscienza e mente e corpo sono in dipendenza causale reciproca. 76. Cosi come il ferro rovente incendia l’erba, e Yerba in fiamme rende rovente il ferro, di tal na- tura é la loro reciproca causalita. 77. E cosi comprese che dalla coscienza sorgono mente e corpo, che da questi hanno origine i sensi e dai sensi il contatto. 78. Ma sapeva che dal contatto nasce la sensa- zione, dalla sensazione la concupiscenza, dalla con- cupiscenza l’attaccamento e similmente dall’attac- camento I’esistenza. 79. Dall’esistenza proviene la nascita, e sapeva che dalla nascita sorgono la vecchiaia e la morte: aveva rettamente inteso che il mondo é prodotto dalle condizioni causali. 80. Allora giunse fermamente alla conclusione che con I’eliminazione della nascita si sopprimono vecchiaia e morte, che con la distruzione dell’esi- stenza si distrugge la stessa nascita e che l’esistenza vien meno per la soppressione dell’attaccamento. 81. Quest’ultimo, poi, si sopprime sopprimen- do la concupiscenza; se non esiste la sensazione non esiste la concupiscenza; se si distrugge il contatto non esiste sensazione e dalla non esistenza dei sei organi di senso si distrugge il contatto. CANTO XIV _ 82. Parimenti, se mente e corpo vengono retta- n nente soppressi, vengono distrutti pure tutti € sei gli organi di senso; i primi si sopprimono sopptl- mendo la coscienza e anche questa viene soppres- ‘sa sopprimendo i fattori.* " 83. Similmente il gran saggio intese che i fattori sopprimono con la totale assenza di ignoranza: cosi ebbe la piena conoscenza di cid che vera da conoscere € si elevd di fronte al mondo come il | Buddha”? 434) Il migliore degli uomini vide che non v'era “aleun io dalla vetta dell’esistenza in gil, e per mez- zo dell’ottuplice sentiero del supremo intuito, che rte e arriva rapidamente al punto desiderato, giunse alla pace interiore come un fuoco che ha esaurito il combustibile. 85. Allora, reso perfetto il suo essere, sorse in Tui questo pensiero: « Ho ottenuto questa via per- fetta che, per possedere la realta ultima, é stata percorsa in passato da famiglie di grandi_ veggenti conoscitori delle cose superiori e inferiori ». 86. In quel momento della quarta vigilia, quan- do venne l’alba e s’acquetd tutto cid che é animato 0 inanimato, il gran veggente raggiunse lo stato che non conosce alterazioni; lui, la guida sovrana, rag- giunse l’onniscienza. 87. Quando, in quanto Illuminato, riconobbe "questa verita, la terra barcollé come una donna eb- _ bra di vino, i punti cardinali rifulsero di schiere di "Siddha e possenti tamburi risuonarono nel cielo. 181 88. Soffiarono lievi, piacevoli prema aaa la pioggia dal cielo sereno e dagli alberi piovvero fiori e frutti fuori stagione come per fargli onore. CANTO XIV 89. Come in paradiso, caddero allora dal cielo fiori di mandarava, loti e ninfee d’oro e di crisobe- rillo che cosparsero il sito del saggio degli Sakya. 90. In quel momento nessuno diede sfogo all’ira, nessuno s'ammald o prové alcun malessere, nessu- no fece ricorso al peccato o si compiacque dell’eb- brezza della mente: il mondo divenne tranquillo, come se avesse raggiunto la perfezione. 91. Gioirono le schiere degli déi devoti alla sal- vezza; anche gli esseri delle sfere inferiori prova- rono gioia. Con la prosperita del partito che favori- va la virtu, la Legge si estese negli altri paesi e il mondo si elevd al di sopra della passione e del- l’ottenebramento. 92. I veggenti della stirpe di Iksvaku che erano stati sovrani sugli uomini, i re-veggenti e i grandi veggenti, pieni di gioia e di meraviglia per cid che aveva compiuto, stavano a riverirlo dai loro palazzi nel cielo. 93. I grandi veggenti degli stuoli degli esseri invisibili proclamavano a gran voce le sue lodi, e il mondo dei vivi si rallegrava come se fosse pro- spero; Mara invece, quasi fosse davanti a un gran precipizio, era abbattuto. Allora_per_sette giorni el ‘o da malessere del corpo, egli sedette cont 1 182 CANTO XIV mente, e i suoi occhi non ammiccavano mai: il _ Saggio, rifletten lo che in quel aveva raggiunto la Liberazione, realizz6 il d siderio del suo cuore. 95. Indi, quel saggio che aveva afferrato il prin- cipio della causalita ed era ben radicato nel sistema dell’impersonalita, si alz0 e, pieno di compassione, contemplo il mondo con Jo sguardo di un Buddha ai fini della sua quiete interiore. 16) Vedendo che il mondo si perdeva dietro alle ' false opinioni e agli sforzi vani e che le sue pas- | sioni erano grossolane, e vedendo inoltre che la Legge della Liberazione era estremamente sottile, decisé di rimanere immobile [cioé di non divul- eamela Legge. 97. Poi, ricordandosi della sua precedente pro- messa, si risolvette di predicare la somma pace. Ri- fletté quindi in cuor suo su come vi siano delle persone la cui passione é molta e altre la cui pas- sione é poca. 98. Allora, quando i due signori delle dimore celesti [Indra e Brahma] seppero che la mente del i i ; | Beato si era decisa per la predicazione della pace, divennero colmi di desiderio di beneficare il mon- do e, fulgidamente luminosi, gli si fecero appresso. 99. Egli sedeva col suo scopo compiuto median- te la rinuncia al peccato, e il suo migliore compa- gno era quella Legge da lui percepita: essi [allora] lo lodarono con piena venerazione, e per il bene del mondo gli rivolsero queste parole: 100. « Ah, non merita forse il mondo questa ‘ | CANTO XIV f 183 buona sorte, cioé che la tua mente provi compas- Ssione per tutte le creature? Nel mondo esistono esseri di diversa capacita: alcuni hanno molta pas- sione, altri poca. 101. « O saggio, ora che tu stesso sei passato ol- tre l’oceano dell’esistenza, trai in salvo il mondo che annega nella sofferenza e, come fa il gran mer- cante con la sua ricchezza, dona i tuoi meriti anche agli altri. 102. « Vi sono qui delle persone che, sapendo qual é il loro vantaggio su questa terra e nell’al di la, agiscono solo per il proprio bene; ma é difficile trovare, in questa terra 0 in paradiso, qualcuno che si dia da fare per il bene del mondo ». 103. Dopo avere in tal modo parlato al gran veggente, ritornarono alle regioni celesti cos) come ne erano venuti; e quando il gran saggio ebbe pon- derato su quelle parole, la sua decisione di liberare il mondo si rafforzd. 104. Giunta l’ora della questua, gli déi dei quat- tro punti cardinali donarono al veggente delle cio- tole per l’elemosina: Gautama, accettando le quat- tro [ciotole], le tramutd in una sola per la sua Legge. 105. In quel momento allora, due mercanti di una carovana di passaggio, istigati a cid da una di- vinita benevola, fecero gaudiosi l’atto di omaggio al veggente ed esultarono in cuor loro, i primi a fargli l’elemosina. : 106. Il saggio pensd che Arada e Udraka Rama- egge, ma quando vide che en- ano andati in cielo, i suoi pensieri si vol- ‘olendo predicare la somma pace per scac- Yottenebramento cos) come il sole scaccia le e, Gautama procedette alla citta santa amata ‘imaratha, le cui varie foreste erano cinte dal- ‘aranasi."® . Allora il saggio, il cui sguardo era quello li un toro, il cui incedere era quello di un elefante calore, desiderd .ndare alla terra di Kasi per con- _ tire il mondo, e voltando tutto il suo corpo co- e fa l’elefante, fissd i suoi occhi che non ammic- vano sull’albero dell’Iluminazione.

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