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Doroteo, Insegnamenti

Insegnamenti vari di S. Doroteo di Gaza.

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Kasia Ostalecka
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TESTI b di Gaza sppure come uno dé pit) prandi since i spirinualitd det deserto o, Beaché eesti un clase Ia spirituatitd monastica, niéi sui insognamentt aad ogni cristiano Unt itinetatie di autentiCa vita lhe. del VI secolo nel deserty dé Gaza, dopo essen jonure interamente alla gui i ueeini spiti- fall Baranifiy & Glovanad vivendo eon. loro il jum aoris. giutige 9 posscilere Uns united, iczza © una diwterione yeraniente eseinplai, yoko diver macatto,, aveogliendo i i dicepoli. La vita del pri- rilorta aceant agli nella vit spitituale, provati dalle vita comune, potevano e condurre una vita pid solitaria. Alcuni e tra questi anche Barsanufio detto il « Grande Anziano » a motivo della sua grande sapienza e santita di vita e Giovanni, detto il «Profeta», vivevano in totale reclusione, ma questo non impedi loro di essere le vere guide del mo- aastero; abba Series, Joro , non faceva nulla senza consultarli, obbediva docilmente ai loro consigli e faceva da intetmediatio tra i due Anziani e il mondo esterno, Non sappiamo nulla della vita precedente di Barsanufio e Giovanni, si sa soltanto dalla loro costi- spondenza’ che diversi igumeni fecero di tutto per atti ratli nei loro monasteri; ma Dio li aveva mandati nel monasteto di abba Sericos perché diventassero suai pa- dei ¢ maestri spirituali. Tale era Ja reclusione in cui vive- vvano che alcuni dubi attivarono a pensare che i loro igumeno avesse inven- tato Pesistenza di un santo anziano per meglio consoli dare Ja propria autorit’. Barsanufio allora apri eccezio- nalmente la porta della sua cella, fece entrare questi fra- telli dubbiosi e lavé loro i piedi*, Se da vivo si dubitd della sua esistenza, una volta morto, lo si credeva ancora in vita; secondo Evagrio alla fine del sesto secolo si cre- deva che Batsanufio vivesse ancora’. E in effetti In sua A. Assons, art. Bersonufo in Bibliotbece Senctorum TI, Roma 1962. 00; a oa ie 0 Giovanal dt: R, Jasin, are Giooonnt it Profete in Bibliotheca Sanctorum, VI, ei trea ener oe Bago (ccivione dele letere di Barssnaio © Giovanni ad open di Nieodemo Agioxta) Tesslonca 1974, Indicheremo in szguita com Nic. sepulto dat della H me itenpla wet del pcducs apalh fomles cme ia atcha = 1 Evagtio, Storia Ecelesiastce, 1V,33 (PG 86b 2764), iL fama, il suo insegnamento, le sue esortazioni restarono viventi: 2 cos} che si compl Ja promessa fatta dal Grande Anziano al sui disepol i non abbandonere mali suck i diletti, di non lasciarli orfani nell'ultimo giorno. sen Tota corpo a coep0 con le potenze ‘demoniache, nella solitudine e nell'intimitA con il Signore, Barsanufio tutto penctrato, posseduto dallo Spitito di Dio, consu- ato dal fuoco del suo amore, riceve il dono del discerni- ‘mento, riceve il carisma della patemnit’ spirituale, rag- gunge Ia vera agape, ’amore che crea, amore del padre che genera una moltitodine di uomini alla vita secondo Cristo, perviene ad una fecondita spirituale che va ben oltre le mura del monastero di abba Seridos. Dalla sua cella detta le sue lettere ad abba Seridos che le fa poi pervenire ai destinatari; per tutti ha una parola: con- sigli, incoraggiamenti, esortazioni, preghiete, richiami, rimproveri. A lui si tivolgono soprattutto i suoi fratelli monaci ¢ Barsanufio 2 pronto ad aiutare ciascuno, poiché, dirt, citando Ia Scrittura: «Il fratello che riceve aiuto dal fratello ® come una citi fortificata» (Prov 18,19). Consola e ammonisce Giovanni di Berosabba, lo esorta a « sopportate le prove perché solo cos} potra salire sulla ctoce » ed «entrare nel porto del riposo »*, lo incorag- gia a sopportare Je offese dei fratelli perché @ tramite oro che deve essere provato e putificato con il fuoco. Consola chi @ tentato, invitandolo a non scoraggiarsi, perché la tristezza viene dal demonio, conferma un gio- vane monaco che ha abbandonato da poco il mondo ed & tentato di ritornarvici. Si adatta a ciascuno secondo il grado di fede e la maturazione spirituale di chi Io inter- roga, conferma chi & esitante, chi si lascia scoraggiare facilmente, corregge con decisione, con durezza chi cer ca di autogiustificarsi, chi vuole essete guida a se stesso, chi vuole fare la propria volonta. Affida a Dio i suoi fi- ® Nic, 2, 12 sli e pet loro continuamente prega e intercede, Al mo- aco Andrea dira: «To ti annuncio che prima che tx me 1o chiedessi, fo ti ho affidato alla santa, degna di adora- zione, consustanziale e vivificante Trinita, in un atto di offerta perché ti protegga da ogni male. Ma non voglio che tu ignori questo: che esiste un’altra presentazione pit spaventosa ¢ pit terrible, pid desiderata e amata, pid cnorifica e gloriosa... Quale? Ascolta. Quando il nostro nemico ¢ avversario sari confuso, ascolteremo Ia beata voce del Signore che dirt: « Venite benedetti dal Padre mio! » avert’ allota la grande presentazione... Ogni san- to condurra i suoi fgli, che egli salvd per Dio, e con voce squillante e pioiosa e con la sorpresa di tutte le potenze celesti dird: “Eccomi con i figli che Dio mi ha dato’, Poi Ii offrird a Dio insieme a se stesso »*, Barsanufio vuole of- {rire tuti i suot igli quale dono gradito a Dio, per questo prega perché il Signore gli confidi tutto quello che vuole pet la salvezza di ogni fratello «e cost gli dird questa tua parola, e sari tua e non mia»®. Ancora ad Andrea dirk: «Ecco se vuoi, d’ora in poi io ptendo su di me met del tuo fardello, e in futuro Dio verra in nostro aiuto. Parlo come un insensato. So di essere debole, im- potente, privo di opere buone, ma nella mia audacia non mi dispero, Ho un maestro dal cuore pieno di amore, misericordioso e amico degli uomini; che tende la mano al peccatore fino alPultimo respiro >", A immagine del ‘suo maestro buono e amico degli uomini, Barsanufio por- ta i peccati dei fratelli, stende su di loto le sue ali per coptire i loro peccati e i loro ertori. « Ecco ti dd un co- to che porta alla salvezza — ditt ad un mo- naco otgoglioso — se tu lo osservi, io porter’ la condanna a te dovuta e non ti abbandonerd né in questo mondo né nelfaltzo »®. 9 Nic, 211, Nic. 571. it Nic. 168, 2 Nic, 39. Ma non sono soltanto i monaci a ricorrere alla guida e ai consigli di Barsanufio, Duecentotreatacinque lettere dalla corrispondenza dei due reclusi sono indirizzate ai aici che chiedono consigli sa vatio genere di questioni. Mold conoseevano Te santita di Barsannfio e Giovanni ¢, come i attestano anche gli « Insegnamenti» di Do- foteo, diverse persone arrivavano al monasteto per chie- Gere consigl, per ricevere un aiuto spirituale dai due santi Anziani. Non mancano alcune lettere inditizzate ai vescovi. Giovanni il profeta convince un. vestovo a non aban: donate lincarico ricevuto per abbracciere Ja vita mona- stica e gli mostra come trovare l’esichfa, la pace, nel- Padempimento del compito che gli 2 stato allidat> per- ché «se ragglungl Pesichfa, trovera il riposo e la grazia fn ogni luogo, ovance viveel in questa esich{a » ®, Bar- sanulio incoraggia il vescovo di Gaza di fronte alle diffi- colta che incontra, di fronte eee o circonda: «Tu hai preso sposa questa Chiesa, non separar- fone! [1] St ecto: “Chi persevererh no alla fine sath salvato’ (Me 10,22), Resisti dunque al male, e il Signore mettera i nemici sotto i tuoi piedi, e diventeranno tuoi tunic Lotta fino alla motte, per la vert’ e Dio combat- tera per te, Non cercare aiuto degli uomini, perché chi onfla pelluomo, cade, {Resta saldo nel Signore, si ferte eil Signore sah con te» : Parlare ci Barsanufio @ parlare anche di Giovanni il Profeta, Come distinguere questi due santi divenuti un cor solo e un'anime sola? A del monacl che Tavevano fnterrogeto sulla vita di Giovanni, Bersanufio risponde: «Che dire della vita del mio figlio beredetto, umile & obbediente, che @ una cosa sola con me ¢ che ha rinun- iato completamente fino alla morte ad ogni sua volonth? Tl Signore ha detto: ‘Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,5) ¢ ba detto che il suo discepalo pud quanto il 5 Nic. 789. W Nic. 823, 14 maestro (Le 6,40). Chi ha orecchie per intendere in- tenda »*. ian, Barsanufio ha Paudacia di dire che la comunione tra Jui e Giovanni & uguale alla comunione che esiste tra il Padre ¢ il Figlio! E a chi si stupisce di udire gli stessi con- siglt dalluno ¢ dalf altro recliso, Barsanuto sispondert con candore: « Il Dio di Barsanufio e quello di Giovanni & uno solo! », Anche Giovanni il profeta era recluso in una cella appartenuta in prececenza a Barsanufio ed anche Ini scriveva lettere a chi gli chiedeva consiglio aiuto, affidando a Barsanufio le questioni pitt importanti. Fu soprannominato il profeta perché da vero uomo di Dio, in totale intimita con lui, aveva il dono di conoscere i faturo e di operare guarigioni miracolose. Nella rac- colta delle lettere abbiamo un resoconto delle sue ultime settimane di vita. « Abba Giovanni abitd nella prima cella dell’Anziano (Barsanufio) costruita apposta per Ini fuori del monaste- 10, visse diciotto anni in solitudine fino alla sua morte che aveva predetto in questi termini: ‘Morird sette giomi dopo abba Seridos’, Noi lo supplicavamo di non lasciarci orfani, ma Giovanni ci disse: ‘Se abba Seridos fosse an- cota in vita, sarei restato altri cinque anni ma poiché Dio me ha pteso a mia insaputa, non resterd pit a Ingo’ ». Ma poi Giovanni si Jascia impietosire dalle suppliche € dalle preghiere di Eliano, un laico da poco entrato in monastero che si trova da un momento alPaltro, dopo Ia motte di Seridos, ad essere nominato igumeno del monastero, Eliano supplica Barsanufio, che si era ritisato nel silenzio pik completo, troncando ogni rapporto con Vesterno, che gli fosse Iasciato per Jo meno Giovanni quale guida in un compito cost gravoso e alla fine Gio- vanni impietosito cede alla tichiesta del nuovo igumeno: «Accordami ancota due settimane perché io ti interro- ghi sul monastero, su come governarlo. L’Anziano ne 45 Nic. 129. i Nic. 23, ebbe compassione ¢ mosso dallo Spitito santo che dimo- rava in lui, disse: ‘Va bene. Mi avrai per due settimane’. E abba Eliano continud a porgli domande su ogni pro- blema riguardante la conduzione del monastero. Trascor- se le due settimane, ordind di non rivelare la sua morte finché non fosse avvenuta. Chiamd tutti i fratelli e tutti quelli che si trovavano in monesteto, abbraceid ciascuno @ li congedd. Quindi nella pace rese lo spirito a Dio». Erano Barsanufio e Giovansi, dunque, le vere guide del monastero, abba Seridos seguiva con docilita ogni oro consiglio, era il loro fedele segretario, portava ai due reclusi i biglietti dei monaci o degli ospiti con le do- mande che volevano potre ai due santi anviani e scriveva poi le lettere di risposta dettate da loro. Barsanufio lo chiama con patticolare affetto « mio figlio prediletto », oda Ia sua totale e fedele sottomissione, il suo amore disinteressato per i fratelli. Non sappiamo quasi nulla di questo santo igumeno che scompare umilmente dietro la santita c Ia fama dei due santi reclusi. La collezione delle Jettete di Barsanufio e Giovanni siporta dopo la lettera 570 un breve racconto della vita di abba Seridos, o me- lio pit che una narrazione della sua vita, fa un elogi della sua grande radicalita evangelica, Fin da giovane si sottopose a tali fatiche che Ja sua salute ne fu definitiva- ‘mente compromessa. Sotto le direzione spirituale di Bar- sanufio fu provato in ogni modo fino a diventare oro puro, purificato col fuoco e, grazie alla sua grande umilta, alla sua radicale sottomissione al Santo Anziano, ricevette da Dio il dono del discernimento per guidare gli uomini sulla via della vita. « Insegnava quel che lui stesso f2- ceva, con mitezza ¢ timor di Dio; rimproverando, esor tando, consolando, secondo Ie parole dell’apostolo ». 4 Anzitatto raggiunse la pace del cuore e poté cost diffon- derla e offtitla agli altri compiendo cost le parole ‘Beati quelli che operano la pace, saranno chiamati figli di La fama della sua santita era tanto grande che il 1 Nic. 224. 16 santo abba rischiava di essere glorificato dagli uomini al puato di esser considerato come un Dio. Per questo, ci dice Giovanni il Profeta, Dio Jo provd con una lunga € penosa malattia prima di accoglierlo nella sua pace, _E sotto la guida di questi santi che Doroteo inizid la vita monastica, La vira pr Dororzo Chi eta Doroteo « questo imitatore di Colui che & mite e umile di cuore », come lo definisce la Jettera che accom- pagna i suoi « Insegnamenti spisituali »? Avendo vissuto verso Ja met’ del sesto secolo, come ha stabi Vailhé"*, non pud essere identificato con nessuno dei tre Dototeo citati dalla St i manoscritti degli insegnamenti spirituali di Doroteo ri- pottano un'avvertenza iniziale redatta da un discepolo di Teodoro Studita in cui si difende Portodossia di Doro- teo di Gaza distinguendolo da un suo omonimo eretico, Malgrado Ia grande diffusione degli « Insegnamenti spi- rituali», pare non sia mai stata scritta una biografia su di lui; abbiamo soltanto alcune brevi notizie all’inizio della Vita di Dositeo, opera di un monaco anonimo, altre notizie le possiamo desumere dagli « Insegnamenti » stes- sie dalla corrispondenza con i due santi reclusi Barsanu- fio e Giovanni, Doroteo nacque allinizio del VI secolo ad Antiochia da una famiglia agiata e ferventemente cristiana. Sappia- mo dalla Vita di Dositeo che un suo fratello provvide alla costruzione dell’infermeria del monastero di abba Setidos; Doroteo stesso possedeva dei beni: in una serie i lettere a Giovanni il profeta, Doroteo, ancora novizio, chiede come debba compottarsi, che debba fare di que- sti beni; da un’altra lettera ci risulta che con la benedi- 1M Echos Orient, +. 4, 15001901, pp. 359.363. 0 Palladio, Storie Lausicca, ¢. 23637. zione dei suoi pedri spisituali, aveva mantenuto il pos- sesso di un piccolo fondo di terra perché eta malato, Possedeva una buona cultura: epli stesso racconta come prima di entrare in monastero lo studio fosse la sua unica passione, tanto che non si curava pitt né di mangiare né di dormire. Probabilmente oltre allo studio dei classici, che a quanto ci dice Pautore della letters di accompa gnamento, aveva lasciato delle trace nelle sue esorta- zioni, doveva aver fatto anche studi di medicina che sli saranno poi utili quando gli verna affidata la cura dell’in- fermeria, Forse verso il 525 Doroteo, spinto dal desiderio di se- guire Cristo, di vivere radicalmente il Vangelo entra nella comunita di abba Seridos, si mette alla scuala dei Grandi Anziani, si abbandona interamente alla loro guide. La corrispondenza di Doroteo con Barsanufio ¢ Giovanni ct svela un poco del suo cammino agli inizi della vita mo- nastica. Doroteo ® animato da grande zelo ma non ha ‘ancora abbandonato tutto quanto possedeva e Barsanufio. ¢ Giovanni Io guidano poco per volta, con grande discre- zione, a un distacco sempre pitt radicale e assoluto. Se es foe tenendo conto della so deboleza sli permette di tener un suo piccol terra, pli sicorda perd che non pud ancora dire con gli apostoli: «Ecco, noi abbiamo abbandonato tutto ¢ ti abbiamo se- guito», «Tu, per il momento, non sei ancora giunto a questa perfezione, quando vi sarai vicino, saprai come devi comportarti »®. Ma come Doroteo avanza in questa via di poverta e di spogliarione radicale, compsiono le prime lotte, le prime tentazioni. La sua vocazione viene messa alla prova, vagliata, purificata come oro attraver- so . B il momento in cui nella solitudine con Dio, Doroteo si scopre peccatore, Non diceva forse abba Poe- men; «Il segno da cui si riconosce il monaco nelle tentazioni»?”. Tentato dalla fornicezione, 2 Nic, 254, 2 Apoftcgmi, Poemen 13. 18 teo cede allo sconforto e Barsanufio lo consola ¢ lo inco- aggia, lo esorta a lottare, ad essere vigilante soprat- tutto a non cedere alla disperazione che «@ la gioia del Giavolo», Acquisti pinttosto Yumilta che ci fa ricono- scere peccatori, che @ sempre fonte di compunzione, di « tristeza secondo Dio» ma mai di annientamento o di disperazione, perché «umiltd non fa cadere, ma anzi tialza quelli che sono caduti »®, ci fa xiconoscere pec- catori ma ci apre alla confidenza piena e sicura nella mi- sericordia di Dio, La lotta dura a lungo, pit: Doroteo avanza nella vita spitituale e pid vede le profondita del suo cuote, pid vede i suoi peccati. Nel monastero di abba Series la eta sone i frtellt of sotto: pongono a lunchi digiuni e a veglie faticose. vorrebbe fare lo stesso per chiedere a Dio perdono dei suoi peccati, ma la sua debolezza fisica gliclo impedisce. E ancora una volta Barsanufio Jo aiuta e lo conferma nella sua vocazione: «Fratello, ci sono dei poveri che il Si- gnore ha proclamato beati perché hanno abbandonato tutto quello che possedevano, cio’ tutte le loro passioni, e si sono spogliati a causa del suo Nome: questi sono i veri poveri, sono veramente beati. [..,] Se vuoi comin- ciate a fare penitenza, guarda a quel che fece Ia pecca- trice: ha lavato i piedi al maestro con le sue Jacrime. Solo Je lactime ci purificano dal peccato; ma occorre m ta fatice, perseveranza e pazienza, occorre aver davanti i occhi il pensiero del tremendo giudizio e della ver- ‘gogna eterna, occorre rinnegare se stessi secondo la pa~ fola dal Sigatce: « Chi vool venire det ame, thunegh se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24), Rinnegare se stessi e prendete Ja croce significa rinun- are i propria volont’ e non ever alcuna Poiché, come dici, il tuo corpo & de- Bole e non puoi sottoperti a sforzi ascetici, fai quello che Puoi secondo le tue forze, togli qualcosa da quel che 2 Nic. 255. B Nic. 256, 19 mangi e che bevi, Dio infatti ha accolto : due talenti della vedova e ne ha gioito pitt che di tutte le are offerte »*. Doroteo soffriva al vedere che non poteva affrontare le pptatiche ascetiche della vita monastica, eppure sofferenza nel vedere che qu sioni, dai pensieri che Io agitano, 4 renderlo sempre pi docile e disponibile all’azione di Di dienza senza riserve e una radicale umiltd. Ma ques turazione non avviene d'un solo colpo. Ii giovane mo- naco & preoccupato, gli pare di non fate alcun progresso, disgera della prope salveza, sogna dl andareJontano dove nessuno Jo conosce, dove tutti lo dist lisprenzino, un pensiero costante lo tormenta: « Vattene allestero, solo TA potrai ottenere la salvezza », e ancora una volta Bar- sanufio interviene ad operare discernimento sui suoi pen- sieri, a ridargli luce, a confermarlo, « Tu dici ‘Me ne an- drd allestero, sard ‘disptezzato da tutti’. Ma come mai allora ti tutbi appena sai che il tuo fratello ha detto qual- cosa di tc, ¢ non vuoi che si sappia che hai compiuto qualche peccato? [...] Sii cetto nel Signore che senza la mano di Dio e le preghiere dei veti servi di Dio che qui abitano, non riusciresti a restare in monastero neppure un anno. Ma tu nella tua cecita non vedi Ja benevolenza che Dio ha avuto e continua ad avere per te, grazie alle preghiere dei santi ¢ del beato Abramo che ha detto a te ea tuo fratello: ‘Se resterete in questo Inogo, sard vo- stro intercessore’ [...]. Sappi che in qualunque Iuogo della terra andrai, da nessuna parte riceverai f'aiuto che hai qui. Come I'ancora per la nave, cosi sara per te la pre- ghiera dei padri che qui dimorano »¥. F Doroteo impara a lottare contro i pensieri che lo assalgono, a mettere a tacere le angosce che Io tormentano abbandonandos! con 2 Nic. 257. ® Nic. 259; 20 é fiducia all’intercessione dei padri. Lui stesso ci racconta come fu definitivamente liberato dal’angoscia da un per- sonaggio misterioso che, un giorno, in chiesa, gli si avvi- cina, gli batte il petto per tre volte ripetendogli le parole del Salmo 39; «Ho perseverato nellattesa del Signore. si @ picgato su di me, ha ascoltato la mia preghiera, mi ha fatto risalire da un lago di misetia e dal fango. Ha posto i miei piedi sulla roccia e ha reso saldi i miei passi. Ha messo sulla mia bocea un canto nuovo, una lode al nostro Dio » (Sal 39,2-4). « Subito i! mio cuore fu pieno di luce, gioia, consolazione, dolcezza: mi sembrava d’es- set diventato un altro! Uscii di corsa a cercatlo, ma non lo trovai: era sparito, Da quel momento per misericordia di Dio, non ricordo di esser mai pitt stato tormentato da tristezza 0 pauta, ma il Signore mi ha protetto finora per le preghiere di quei santi Anziani»*, Doroteo esce tra- sformato dalla lotta, 2 stato messo alla prova, ne & uscito rappacilicato, trasfigurato dalla gravia di Dio; d’ora in poi le tenebre si dissolvono per lasciare posto alla luce; liberato dall’angoscia e dal turbamento, il cuore di Do- toteo & colmo di pace e gioia nello Spitito santo, pace e jioia in abbondanza che Doroteo tiversa sui fratelli Yora in poi sari capace di generare secondo lo Spirito: as sua lotta sfocia nella paternita spitituale. Gli incarichi che gli vengono afidati allinterno del monastero sono sempre pil gravsi, Sa consiglio dei due santi reclusi, abba Serido: il compito di accogliere gli ospiti, pitt el all ioe affidata la uta, dell infermers Pet nove anni, poi, sara segretatio vanni il profeta, lo servi’ con devozione infinita custodendo in cuot suo ogni parole del santo Anziano. Nello svolgimento di que- sti compiti non mancano i problemi ¢ le difficolt. Do- roteo, che sogna una vita eremitica, sogna di poter custo- dire la preghiera e la memoria di Dio nel silenzio e nella calma, si trova assorbito da incatichi che gli sembrano eccessivamente sproporzionati alle sue possibilita. Come % Toseguamenti 67. 21 custodire la memoria di Dio se @ continuamente distrat- to dagli impegni, dalle xichieste dei fratelli, dalle neces- sita dei malati o degli ospiti? Come custodire la compun- zione, come piangete sui suoi pescati in queste condi Zioni? Come custodire la pace quando i fratelli, pieni di gelosia ¢ di invidia, fanno di tutte per turbarlo? Ma so- prattutto Deroteo si sente incepace di assolvere I'inca- ico delPinfermeria, chiede che gli sia dato un incarico pitt umile, sogna una vita pid ritiata, chiede di poter almeno ridurre i tapporti con i {ratelli, ma abba Gio- vanni lo riporta alla realta. « II custodire la propria pace Bun pretesto che porta all’orgoglio finché Fuomo non ba imparato a dominare se stesso, firché non ha raggiunto Ja perfezione. Solo allora avra in sé Pesichia, perché por- teri la croce>®, Doroteo non deve restarsene al sicuro nella sua cella, non gli servirt a nalla, se non ha ancora imparato a soppottare Je difficolta che gli vengono dagli altri; cerchi piuttosto di portare i resi dei fratelli, di aver misericordia e compassione del suo prossimo. Ma soprat- tutto non deve scoraggiarsi, la preghicra ¢ 'intercessione dei Padri lo sosterranno nel suo ministero. «Non ti possibile salvarti in altro modo. Non scotaggiarti! Se cadi, rialzati; bai commesso un peccato? confessa Ja tua colpa finché il Signore non ti fa misericordia, come desi- deri, Bada soltanto di non esser negligente! Credi che poiché & il Signore che ti ha alfidato quest’opera, ® lui ida. E noi ne portiamo i! peso insieme a te [J Chi ti ha affidato questo incari ha detto ai suoi discepoli: ‘Ecco, 10,16) e ancora: ‘Ecco, io sono con voi’ (Mt 28,20). Non temere dunque»¥, Cosi facendo, sénza accorgersene, Doroteo passer ogni momento cella sua giomata nef ricordo di Dio, potr’ custodire la pace e vegliare sul suo ‘cuore anche in mezzo agli ic alle preoccupazioni. Barsanufio da vero padre spirituale, veglia sul suo di 2 Nic, 314, 2 Nic: 330, 22 scepolo, prega per lui, lo protegge con le sue preghiere, non esita a prendere su di s€i suoi peccati, fa con lui un vero e proprio patto. Doroteo gli aveva chiesto di por- tare il peso dei suoi peccati e I’Anziano risponde: « Fra- tello, anche se quello che mi domandi va oltre le mie possibilit&, ti voglio mostrare la misura dellagape che forza se stessa ¢ sorpassa ogni suo limite. Ecco, sono stupito davanti a te, e accetto, porto il peso (dei tuoi peccati) ma a questa condizione: che tu porti il peso del custodire le mie parole e i miei comandi: sono parole infatti che ti gui alvezza ¢ ti faranno vivere consegnato interamente se stesso, dopo avet atfidato consegnato anche il suo peccato, Doroteo chiede il dono dellintelligenza spirituale, il dono del discernimento; chiede che il suo cuore riceva luce per poter amare con amore intelligente, per poter operare discernimento di fronte alle domande dei fratelli, ma 8 un dono che i Pa- dei non gli possono fare, & un dono che Barsanufio pud soltanto chiedere a Dio nella preghiera. «Se Dio ti fa di questo carisma, per mezzo dello Spirito Santo, grazie alle preghiere dei santi e alla fatica del tuo cuore, allota pottai discernere i pensieti »®, Doroteo pud predi- spotre il suo cuore a questo dono, pud preparare il campo perché Dio vi ponga il seme; le terra ben preparata allora Gari il ceatuplo, dari fratto abbondante (Mr 13,8). « Se credi, ticeverai ¢econdo la tua fede, non solo questo, ma tutto quello di cui hai bisogno, Perché Dio sa che cosa ti ‘occotte prima ancora che tu glielo chieda. Non dubitare dunque, abbi fede che Dio lo fata non a causa mia, ma a causa della tua fede »*, Grazie all’intetcessione dei santi ‘Anziani, Dio gli accorda questo dono; Doroteo ha rag- giunto otmai Ia maturit’ spirituale, ha imparato a discet- 23 nete i suoi pensieti, a dominare se stesso, ora pud eserci- tare questo carisma del discetnimento a beneficio dei fra- telli, pud discemete gli spiriti, impara a conoscete a fondo i cuori, In effetti epli stesso ci dice: « Quando mi trovavo nel monastero di abba Setidos, i fratelli, non so perché, ‘venivano volentieri a manifestatmi i loro pensieri con grande semplicita, Si diceva che me ne avesse dato Pin- catico Pabba, su consiglio degli Anziani >, EZ Doroteo ascolta con pazienza, coregge, esorta, porta su di sé i peceati dei fratelli cost come ha imparato da Barsanufio. ‘Ma @ un giovane novizio, Dositeo, il suo primo vero ‘«figlio spitituale ». La vita di Dositeo ci illustra il cam- mino compiuto da questo giovane monaco « giunto in breve tempo alla perfezione », Dositeo 2 il discepolo per eccellenza, il figlio che si abbandona senza riserve, senza esitazione all’amore del Padre, che si consegna in un ab- bandono totale alla volonta di Dio su di lui che si espri- ‘me nella consegna tadicale e confidente ai fratelli, in par- ticolare a chi gia 2 avanzato su questa via della consegna della propria vita, a chi per primo si & fatto servo dello Spitito e dei fratelli ed ha il compito di farlo avanzare su questa strada, Pid che modello del perfetto novizio, di- rei che la vita di Dositeo @ una parabola della vita cri- stiana, del radicalismo evangelico, Non 2 forse il cre- dente un uomo che si consegna interamente a Dio, che si consegna agli uomini suoi fratelli per amore del Pa- dre, alla sequela di Cristo, il «consegnato » per eccel- lenza? Dositeo, che dopo aver visitato la Terra santa, giunge al monastero di abba Seridos dicendo: « Voglio salvarmi» non sa dire altro, ha solo una profonda sete i salvezza che lo porta ad affidarsi interamente a Doro- teo € questi, gid esperto nella via dell’ascesi del cuore, Jo guide sapientemente su questa strada; con grande di- setezione, gli insegna a non seguire la propria volonta in nulla, a vigilare perché il suo cuore resti libero per amare Dio solo. Nulla deve frapporsi all’amore di Dio! Do- 2% Insegnament 121, 24 toteo suche Y'uomo ceca costantemente di farsi degli idoli, di adorare le creature al posto del creatore, o addi- rittora di fare un idolo di se stesso, di cadere nella ter- ribile « flautia », amore di sé che chinde Puomo in se stesso ¢ non permette allora che il suo figlio spirituale attacchi il sno cuore a nulla, a nessn oggetto, a nessun Javoro... il solo pensare di Saper tifare bene i letti dei malati impedisce di amare Dio di pura agape, di amore puro e disinieressato. Doroteo vuole che il suo discepolo avanzi nella via dellumilta, nellamore e nel timore di Dio e quando que- stultimo incomincia a porre problemi e domande sulla Scrittura viene severamente corretto. Non dobbiamo de- durne che Doroteo sconsigliasse di leggere e meditare la parola di Dio! Tuttaltro. Vedzemo in seguito quale po- sto ha Ia Scrittara nei suoi insegnamenti, I monaci di Gaza sono figli della tradizione monastica dei padi del deserto che ruminavano la Scrittura giorno e notte, ma dai Padti del desezto hanno anche imparato ad ascoltare Ja Scrittura con grande timore. Vi 2 il pericolo di cedere allorgoglio, credendo di comprendere quanto non ci dato di sapere, vi & il pericolo di scrutare cid che & solo nelle mani di Dio, invece di cercare nella parola la libe- razione ¢ la salvezza dalla nostra misezia e dal nostro ppeccato, vi dil pericolo di accostare la Scrittura spinti da vana curiosita intellettuale invece i sottometterci ad essa in piena obbedienza, « Voler scrutare indiscreta- mente la Scrittura genera odio ¢ contesa, mentre pian- gete sui propri peccati porta la pace... Non cetcate le domandi ivenire ate | e di salvarti dai perché le cose di Dio ven- « sgono da sé quan santo ¢ pro » dicewa abba Isaia di Scete (VI, 1)”. E Doroteo vigila che il svo di- scepolo ami e obbedisca alla parola di Dio, senza farne oggetto di disquisizione. 2 * 3 Tenia Asceticon VE,l (tea, frane, AbbE Tse, Reewel asctigue, Bellefontaine 1970). ds sven oh 25 Libero dalla schiavith delle cose, libero dalla schia- vith dei propri desidesi e delle proprie passioai, Dositeo custodisce 1a preghiera incessante, vive nel continuo ri- cordo di Dio, dilata il suo cuore ad accogliere l’'amore di Dio per lo sui fratelli, In comunione con Cristo ‘che alla vigilia della motte prega perché «non la mia, ma la tua volonta sia fatta », Dositeo lotta fino all’ultimo istante della sua vita per non fate in nulla Ja sua volont’ ¢ Ia sua morte stessa avviene sotto il segno dell’obbe- dienza; anche nell’evento ultimo della vita umana si consegna, chiede e ticeve dall’Anziano la benedizione: «Va’ in pace! Prendi posto accanto alla Santissima Tri- itd e intercedi per noi! ». Doroteo ha guidato il suo di- lo alla santita ed ora Barsanufio lo consegna alla Santissimia Trinit, perché viva nella pace di Dio, nella sua gloria e interceda per gli uomini tutti. Cexto Dositeo non ret Punico discepolo di Doroteo; git nel monastero di abba Seridos, i eeistecaeet carisma della paternit’, pit tardi lascid il monasteto in cui era vissuto per fondarne un altro. Secondo Giovanni ‘Mosco « questo monasteto di abba Dototeo » si trovava tz Gaza e Maiuma%, non era quindi molto distante da ello di abba Seridos. Non sappiamo perch Doroteo abbia Jasciato il suo monastero d'origine. L’intestazione desi «Insegnamenti» dice: « Insegnamenti vari del no- santo Dototeo ai suoi discepoli quando se ne sndd dal monasteto di abba Seridos ¢ con I’aiuto di Dio fonda il suo monastero, dopo la morte di abba Giovanni il profeta e dopo che Barsanufio si era ritirato definitiva- smente nel silenzio ». Si deve vedere una relazione tra la morte di abba Giovanni il profeta e di abba Seridos, ‘avvenuta quindici giorni prima, la definitiva reclusione di Barsanufio e la partenza di ab>a Doroteo? Forse eta cresciuta l'opposizione dei fratelli gia estremamente viva quando Deroteo badava all’infermeria: i monaci, amanti di etoiche pratiche ascetiche, che si erano scandalizzati ‘% Giovanni Mosco, Pratum Spirituale, 166 (PG 87,3033A). 26 dell'clogio reso dagli Anziani alla santita di Dositeo, non dovevano comprendere la spiritualit’ di Doroteo che ‘aveva guidato il suo discepolo lungo la via che lui stesso aveva percorio per primo e Doroteo allota aveva pre- ferito ritirarsi in disparte, O forse V’elezione a igumeno Eliano, ancora novizio vita monastica, aveva creato una situzione delcata oppure, pit probsblmen- te, Doroteo, spinto dal desiderio di solitudine, dopo la morte di uno dei suoi padri spiritual e il totale silenzio dellaltro, si ritira in un luogo deserto ma ben presto si trova circondato da numerosi discepoli richiamati dalla sua santita di vita e costretto a fondare un monastero in cui rimase fino alla morte avvenuta tra il 560 ¢ il 580. Di questa sua fendazione non sappiamo nulla; ps mente fu distrutta dagli Arabi quando presero Gaza nel 634. L’opera pt DoroTeo II problema del testo Gli scritti di Doroteo giunti fino a noi non sono che una parte della sua opera. I! monaco che li ha raccolti dice di averne trovati solo aleuni, religiosamente con- servati da discepoli zelanti. L’edizione di Galland, ri- prodozta dal Migne™ comprende una serie di 24 Dida- skaliai (~Insegnamenti) e otto brevi Iettere. Di questi Insegnamenti perd il 24° non 2 di Doroteo ma di Gio- vanni di Daljatha, autore mistico nestoriano dell’VIIT secolo; il 16°, 17°, 18° ¢ 20° sono piuttosto insegna- menti scritti inditizzati a diversi monsci o gruppi di monaci per cai vanno catalogati tra le lettere, il dician- novesimo insegnamento & una raccolta di detti o senten- 25 il ventunesmo comprende Ie indirizzate da Deroteo a Giovanni il profeta, & cio® una piccola parte PG 88, 27 della corrispondenza del santo con i suoi padi spirituali. Gli « Insegnamenti » veri ¢ propri si riducono quindi a diciassette discorsi, che sono appunto quelli qui tradotti, sequiti dalle lettere e dai deiti di abba Dorotco™. L'edizione di Galland-Migne fa precedere agli « Inse- gnamenti» due prefazioni che qui tiportiamo: luna di tun discepolo di Teodoro Studita, l’altra di un monaco anonimo che aveva raccolto i diversi scritti di Doroteo. Nelle tradizione manoscritta insieme alle opere di Do- roteo viene spesso riportata patie di Dositeo, scttto ‘anonimo di epoca imprecisata che pur non appartenendo sicuramente a Doroteo ne rispecchia fedelmente la dot- trina, Non bisogna cercare negli « Insegnamenti » un’espo- sizione sistematica sulla vita spirituale; si tratta di di- scorsi tenuti ai monaci e conservano la semplicita e lim- mediatezza del discorso diretto sullo stile della grande tradizione del deserto. Doroteo inizia il suo discorso a pattire da un versetto della Bibbia, a volte da un detto dei Padri; altre volte ancora, un fatto accaduto durante Ja giornata o qualche cattiva abitudine notata nei suoi rmonac li oft lo spunto per ammonin itu, esor tatli, Liopeta di Daroteo ebbe presto una grande diffusione, innanzitutto nei vicini monasteri del Sinai. Doveva co- noscerla Giovanni Climaco, anche se non & possibile trovare alcuna influenza diretta nei suoi sctitti, ma fu ‘Teodoro Studita che pit di ogni altro fece conoscere & diffondere gli « Insegnamenti» tanto che ancora oggi Doroteo @ uno dei grandi maestri del monachesimo orien- tale. I numerosi manoscritti provenienti dil monte Athos attestano che la diffusione dell’opeta di Doroteo nei mo- nnasteti athoniti fu enorme, se ne fecero diverse edizioni anche in Russia soprattutto tra il XVII e XX secolo. Diffusa nel X secolo nei monasteri basiliani dell'Ita- 2 Sulla uradiaione manoscrita cfr. Dorothée de Gaza, Exores Spi- riteelles (SC. 92). 28 ie lia metidionale, Vopera di Doroteo fu presto conosciuta anche nei monasteri benedettini, Nell’XT secolo era par- ialmente tradotta in latino a Montecassino, diverse al- tre traduzioni Iatine appariranno nel corso del XVI se- colo tramite queste traduzioni diverra patrimonio co- mune anche della vita religiosa occidentale. Ma gli « In- segnamenti spitituali » non sono certamente un’opera i ii monaci, Doroteo non fa che riesprimere il messaggio cristiano, la sua spitivualit’ & spiritualita evan- gelica, ¢ un rimuginare e ridire Ia parola che, scesa nel profondo del cuote, trabocea e viene riversata a insegna- mento di quanti cercano il volto di Dio. Le fonti La Scrittura ¢ i Padri sono le fonti cui attinge Do- roteo. Per Ini come per san Basilio, la Scrittura é la re- gola di vita del cristiano, ma la Scrittura spicgata e com- mentata dai Padri. E piti volte Doroteo si compiacera a illustrate il perfetto accordo, Ia picna atmonia esistente tra parola di Dio e parola dei Padti. Sappiamo quale grande importanza avesse nel mona- chesimo primitive Ja lettura e la meditazione costante della parola di Dio; elemento basilare della vita dei pri- mi monaci era Ja memorizzazione della Scrittura. Anto- nnio voleva che tutti i monaci che si recavano da lui im- patassero a memoria i precetti delle Sacre Scritture”, la regola di Pacomio prescriveva Vintero Nuovo Testa- mento il salterio come quantita minima da apprendere a memoria, Doveva essere una tradizione comune an- che al monachesimo palestinese, in special modo al mo- nachesimo del deserto di Gaza che, per la vicinanza geo- sgrafica, risente di pit Pinflusso del monachesimo egi- 31 Vite Antonii c. 55 ed. itationg a cure di M. L, Giardini Morse, Fossano 1970 (testo greco BG 25 835.976), 3 Pracecpia 140, 29 ziano, La ripetizione prolungata e costante delle Sctit- ture nelle Iurgie,comuni, nella preghiera personale, nella solitudine o durante il lavoro, lascia segni profondi in Doroteo. Verameate vive, pensa e patla con Ja Bibbia, Le sue catechesi riecheggiano questa sua profonda co- noscenza della Scritura: continue sono le citazioni, le allusioni, le risonanze del testo biblico. Anche a dove non vi sono citazioni. esplicite, il suo linguaggio ricalea quello della Bibbia. Spesso i suoi discorsi sono dei veri propti commenti aun versetto della Scrittura. Il IV In- segnamento, ad esempio, ¢ una lunga meditazione su un versetto di Giovanni «L’amore perfetto scaccia il ti- mote» (1 Gy 4,18), Doroteo commenta questo testo con altri testi biblici, xipercorre questo tema lungo tutta Ja Scrittura, dalle parole che Dio rivolge ad Abramo dopo Ie prova nel libro del «Ora so che tu temi Dio » al Salmo 33: « Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerd il timore del Signore » (Sal 33,12) 0 ancora al testo dei Proverki: « Principio di sapienza @ il timore del Signore » (Prov 1,7). Altre volte commenta un sal- mo: il Salmo 33, il Selmo 7, il Salmo 136. Il salterio 2, in effetti, i libro della Bibbia pit citato; ma accanto ai salmi, numerosissimi sono i richiami ai Vangeli, in par- ticolate al Discorso della montagna di Matteo alle let- tere di Paolo. Emerge con chiarezza una straordinaria familiaritA con le Scritture, Dototeo le percorre dal Ge- nesi al Nuovo Testamento, commentendo la Scrittara con Ia Scrittura stessa, apptofondendo e atticchendo la comprensione di un testo con 'accostamento ad altri. ‘Anche in questa profonda conoscenza della parcla di Dio si nota P'influsso di Barsanufio e Giovanni il Profeta; & da loro che Dototeo ha imparato ad accostare Ja parola di Dio e a farla propria. Un confronto tra i testi biblici citati nellepistolatio di Barsanufio e di Giovanni e quelli utilizzati da Doroteo nei suoi Insegnamenti permette di vedere quanto sia forte Vimpronta lasciata dai due santi Anziani anche nell’accostamento della Scrittura. Diceva- 30 ‘mo che per Doroteo norma es cristiana & Ia Scrit- tura commentata e spiegata dai Padri. Soprattutto i detti dei padti del deserto che, proprio al apo a Datars stanno ticevendo la loro sistemazione definitiva, vengono spesso utilizzati per commentare o attualizzate un testo biblico. A commento del testo di Giovanni « L’amore perfetto scaccia il timore », viene citato il detto di An- tonio: «To non temo pit: Dio, lo amo »; nel?esortare i fratelli 2 non giudicate il prossimo, Doroteo accosta un detto di abba Poemen al Vangelo di Luca (Le 6,42) € ancora, un inno di Gregorio di Nazianzo per la Pasqua viene spicgato € commentato con la Scrittura. Doroteo invita i suoi monaci a meditare costantemente i detti dei Padri: «Fratelli, se ricorderemo le parole dei santi An- ziani, se continueremo a meditarle, diffcilmente cadre- mo in peccato, difficilmente trascureremo di badare a noi stessi»®. Ma oltre ai Padri del Desetto, che sono indubbiamente una fonte primaria della sua dottrina (pid della meta delle citazioni patristiche provengono dai detti dei padri del deserto), Doroteo dimostra di conoscere ampiamente la tradizione patristica. Doveva aver letto le opere di Basilio: nella cortispondenza con Barsanufio Io vediamo chiedere spiegazioni sull’Asceti- con® e se nei suoi Insegnamenti cita una sola volta le sue Regole®, doveva petd condividerne lideale cenobi- tico. Conosceva certamente anche pli scritti pacomiani: Vespressione usata da Doroteo dSdnevcoc tnaxot®, Y’« obbedienza senza riserve », formula sconosciuta a Ba- silio ¢ agli autori monastici del IV secolo, non @ altro che la traduzione greca dell’espressione copta « obbe- dire senza cuore doppio» presente nei documenti paco- mmiani Dototeo cita espressamente anche Clemente Romano, » 69. © Nic. 318319, 4 Tosegnamentt 131. Tasegnamenti 2 5. © Sancti Pachomil, Vita prima, ed. Halkin, Bruxelles 1932. 31 Gregotio di Nazianzo, Giovanni Crisostomo, Marco PEremite, Zosima, ma le citazioni_ implicite ‘testimo- nniano che doveva conoscere anche Clemente d’Alessan- dria, Origene, Ireneo, Atanasio, Gregorio di Nissa e tra i grandi maestri del monachesimo abba Isaia. Un altro autore cui Doroteo si richiama pitt volte ® Evagrio Pon- tico. Barsanvfio, accanito avvetsatio della mistica spe- culativa evagtiana sconsigliava decisamente la lettura di questo monaco-ilosofo ", imbevuto di filosofia plat Cae che aveva spinto all’estremo le tendenze pitt conte~ stabil delle dotrneorigenian, Giovani il profes in- vece permetteva le letture delle opere azcetiche, proi- endo soltanto lo studio delle opere speculative ®. Doro- teo cita, in effetti, quasi esclusivamente le opere asce- tiche che continuatono ad essere lette ¢ stimate da tutta Ja tradizione monastic orientale anche dopo la condanna di Origene. LANSEGNAMENTO SPIRITUALE Principio di sapienza @ u timore det Signore 4 San Giovanni dice nelle lettere cattoliche: ‘L'amore perfetto scaccia il timore’ (1 Gv 4,8). Che vuol dite con Gueste parole? Di che amore patla e di che timore? Per- ché i profeta dice nel samo: “Temete il Signore, voi suti suo sant? (Sel 33,10)», Ctando san Basilio, Do roteo spiega i tre diversi stati nei quali possiamo sepuire feserilinend dl Dio. Hiesams lend ai Dis o ‘come schiayi spinti dal timore del castigo o come met- cenati pet desiderio di ricevere la ricompense, 0 come figli per amore del Padre, e allora meriteremo di sentirci dire; «Non sei pit schiavo ma figlio, ed etede di Dio 4 Nic. 547 ¢ 600. © Nic, 606-609. ti 47. 32 per Cristo» (Gal 4,7). Non sono tre vie distinte, sono tre tappe lungo il cammino spirituale. I santi divenuti figli di Dio, non temono pitt come schiavi, come metce- nari, «non agiscono pik per timore, ma temono per amore >. II credente giunto alla maturita spirituale, Ia cui fede & stata provata come quella di Abramo a cui Dio, dopo la prova, disse: «Ora so che temi Dio », sa che non pud fidarsi di se stesso; dopo aver gustato la dolcezza delPintimitd con Dio, teme di perderla, vigila costantemente su di sé per custedire il suo cuore nel ti- more ¢ nell’amore. Timore ¢ amore si fondono in piena | armonia; chi ama Dio, teme di non amarlo abbastanza, | / teme « perché pit si avvicina a Dio e pit ci si scopre! * peccatori » ripetera costantemente Doroteo riprendendo un apoftegma di abba Matoés, E questa coscienza del no- stro peccato di fronte alla santitd di Dio genera Pumilta perfetta, questa disposizione profonda del cuore, che ci fa ritenere al di sotto di ogni creatura, che fa attribuire a Dio ogni opera buona da noi compitita. Ul timore del Signore genera I'umiltd e ci conduce al- Vamore perietto, dono che viene solo da Dio, catisma pik grande di tutti. La comunione con Dio, I'intimita con lui ci fa questo dono che viene dallalto, Vagape, Pamore per i fratelli. Con un’immagine estremamente we, tiptesa dai Padri, Doroteo indica il legame rofondo tte Pamore di Dio e Pamore del prossimo, Punicitd del comandamento dell’amore. « Pit si ® uni. tial prossimo e pitt si 8 uniti a Dio. Perché com: diate il senso di questa patola, vi esporrd wn’immagine ripresa dai Padri: Supponete che si disegni per tetra un ~ cerchio, una linea rotonda con un compasso e un punto centrale. Si chiama centro il punto centrale del cerchio. State attenti a quel che vi dico: Immaginate che il cer ‘io sia il mondo, il centro Dio e i raggi Ie diverse vie i diversi modi di vivere degli uomini. Quando i santi, desiderando avvicinatsi a Dio, avanzano verso il centro, Insegamenti 48. 33 2, ow integnament spiritual Bi penetano allintern © i tempo stesso si a i Paap ati a avvcnano li uni ge al © pid gi avvicinano gli uni agli altri, pit si avvicinano a Dio » Dototeo parla poco dellamore di Dio, parla poco di ella conoscenza di Dio su cui insisteva la tradizione di Gfigene e di Evagtio, ci dice piattosto quali sono ai effet della conosceva di Dio, del suo amore, Chi a creduto che Dio fo ha amato, obbedisce ai comanda- menti, rinuncia alle sue volonta per fare Ja volonta del Padre, ama con quell’amore che viere da Dio e si riversa ‘tomini tutti, con quell’amore che Jo fa sentire una cosa sola con il fratello, perché «siamo membra gli uni degli altsi» (Rom 12,5). Formiamo un solo corpo; non si pud star soli davanti a Dio, ci si salva tutti insieme. Sati salvato chi salva gli altri. Bisogna attraversare molte tribolationi per enirare nal Rageo di Dio Siamo immagine di Dio. Rendiamo pura Ia nostra mae degna di colui che ci ha creati_a sua imma- gine>®. «Ecco il senso della morte di Cristo: con il eceato avevamo cancellato la nostra qualith di imma- gine, eravamo consegnati alla motte, come dice l'apo- stolo, a causa delle nostre colpe e dei nostri peccati. Ma Dio che ci aveva fata sua immagine, fu mosso com passione per la sua creatura e Ja sua immagine, si 2 fatto uomo per noi, ha accettato la morte per tutti, per ricon- dhrxe noi che eravamo mort alla vite che avevamo per lel peccato » *. La vita cristiana non aces i nel mistero pasquale, nel mistero della su morte e della resurrezione del Signore, di colui che ba as ‘® Insegnamenti 172. 34 vinto la morte, che «ha liberato P'uomo dalla titannia del nemico». Come tispondere a questuasre de es « ‘Cristo, nostra Pasqua, stato imaplate pes sol Looe 3,7) per togliere il peceato dal mondo ¢ prche n (een ‘maledizione per noi, secondo la parole ‘Miladeto ch ue & appeso al legno’, per fiscattarci dalla maledizione lla lege e fare di noi dei Sigh, dobbiano s maces oflziselt un dono che git sia gredito»‘'¢ cues doug Ta nostea stessa vita, & offtte noi sted; disc Sees compi:_ «quale sacrfcio vivente, gradito & Diow, wet me, si chiede Doroteo, dobbiame offtirc 1 tort oo, Pi a Dio come vittime viventi © sentc? Now pit Je volonta della came e dei nest! pense wane minando secondo lo spitito, senza compete 1 desiaat della carne (Gal 5,17), Questo vuol die mettere sone Je membra che appattengono alla terra (Col 35) 92 oh mento della vita spirituale consist nel erten 4 morte luomo vecchio, per rinascere come uomint nace vi, nel conforinarsi alla passione e snotte del Some per pattecipare anche alla soa resurrnione, La poets one dalle opere della carne, dai pensied delPaceee Gor chio richiede una lotta incessante, in cui ogni atresto si trasforma in regresso. Doroteo esotta continuamente alla nepals, alla vigilanza; il peceato costante delle gene quello di dimentcare, aon castodive la « memoris Degas hon custodir la memoria di quel che Dio hs fatto pet loi, di lasciare che i suo euore'si addormenti «Vener, mo essete salvati dormendo, ecco perché ci scoraga isto nelle prove, dovtemma invece rable cle was Heer! beat dl ptr soporte quae ebeleons ui sulla terra, pet trovare la pace sellal dil * oor, cora: « Abba Arsenio si tipeteve con "Arse: aio Derché sel scito dal mondo?” », Me nol cama noah aegligenti che non sappizmo perch€ ne slay wav, Soe 35 sppiamo neppure che cosa vogliamo. E per questo non HEE it aleun progeso © siamo sempre aii, Z tutto questo perché il nostro cuore non & attento, In Yerit’ se volessimo lottare un poco, non dovremmo fati- care a lungo, all'nzio occorr farsi violenza, ma pol, se Si persevera nella lotta, si avanza poco per volta ¢ al fine si fard tutto nella pace, prché Dio vede che c sia i violenza e viene in nostro aiuto»™, Sr con fa boa mast ha vito Pavversario. 11 Di- vvisote ha perduto ogni potere su di noi, ma Jo riavra se seguiamo le passioni, se pecchiamo, se seguiamo Ia Es stra volontA o peggio ancora se cerchiamo autogius a caaioni per il nostio comportamento come Adamo nel- PEden, 1! luogo della lotta 2 allora il cuote: @ qui il cen- tro della battaglia. Tutta Pascesi di Doroteo mira a xitro- vyare Punificazione del cuore, a liberarlo dalle passioni, a Htrovare la riconciliazione profonda. Tn sealta ’® una ‘Sonica ascesi in Doroteo: il rinunciare alla propria vo- von emit del suo camimino spititue di fronte ai grandi asceti del monastero di abba Seridos che pratica- ‘vano lunghi digiuni e lunghe veglie, sta proprio qui Tunica vera lotta che P'uomo deve sostenere @ le lotta contro Ja propria volonta, lotta che ci assimila al Cristo bbediente fino alla fine alle volontd del Padre. La vite Cristiana per Doroteo non consiste in altro se non ns aridare costantemente, nel vivere radicalmente le parole i Cristo: «Non Ja mia, ma Te toa volontA sia fattal > TI credente 2, come Cristo, consegnato alla volont’ Padre, consegnato ai frateili dal'amore del Padre. Ma come ® possibile conoscere 1a volont’ di Dio, come si ppud essere certi che non stiamo facendo le nostre vo- JontA? Ogni opera umana & minacciata dall’orgoglio, gli stessi digiuni, le veglic, le opere buone possono essere 3 Tasegnamenti 104, 36 frutto della volonta propria, possono essere fonte di ot- goglio spirituale, Solo chi rende effettiva la sua consegna alla volonti del Padre, consegnandosi ai fratelli, conse- gnandosi a chi @ gid avanzato nella vita spirituale ed ha ricevuto da Dio il dono del discemnimento, pud cono- scete veramente qual & Ja volonta di Dio su di lui. Doroteo che, ptima di esercitare lui stesso la paternitd spisituale, ha avuto come padi i santi Barsanulio e Gio- vanni, pud dire: «Non vi 2 nulla di pit misero e fragile hi non ha nessu la via lo elo guidi sulla ura: ‘Chi non ha chi sempre verde, piena di vigore, rigogliosa; ma per volta secca, cade e alla fine las calpesta senza farle attenzione. Cost accade a chi non ha chi lo gui. All'ini- io 2 pieno di fervore per i digiuni, le veglie, Ia solitu- dine, Vobbedienza ed ogni altra opera buona. Poi, que- sto fetvore si spegne progressivamente, € non vi 2 una guida che lo alimenti e lo riscaldi, si dissecca poco per volta, cade e finisce tra le mani del nemico che fa di lui cid che yuole »*, La docilita al Signore, la disponibi- lita a compicre cid che vuole da noi diventa effettiva nella sottomissione al fratello. Non si pud essere docili allo Spitito Santo finché la nostra volonta resta attaccata ai nostri desideti, finché cerchiamo il nostro bene, finché seguiamo la nostra volonta che non altro che «un muro i bronzo tra Yuomo ¢ Dio», Questa « consegna » al fratello, segno di quella consegna totale di se stesso che il credente fa a Dio, a imitazione di Cristo, 2 fonte di pace! Certamente una pace a caro prezzo, una pace che nasce dalla croce, dall’aver dato Ia morte a tutto cid che appartiene alla terra, ma 2 la pace che Cristo ha pro- sesso ai suoi. Doroteo ha Passoluta cettezza che Dio non abbandona chi davvero lo cerca con sincetit’, non S Insegnamenti 61, % Apoltegmi, Poemen 54 citato da Doroteo: Insegnamenti 63, 37 a non ha chi lo guid, cade_ ome una fogla’ (Prov 11,14). La fogli ‘quando nasce ¥ ia solo: «Forse qualcuno sta pensando: che deve foo ch sn nesano cal chledere consiglio? In verita Dio non sbbapdonert ai chi cera sinceamente con i , ma lo gui tore von. ue en ino pur di far conoscere Ia sua volonta a chi des veramente compietla ». La lotta contro la propria vo- Jonth non ® cetto opera di un giomo, richiede sforzo € faven, richiede perseveranzae pazienza; ses cade, biso- gna rielzatsi subito, senza lasciarsi scoraggiare, perch Scoraggiamento & la gioia del demonio. Ma questa lotta non ¢ van di frut!abbondant. «Verse il suo sangue ¢ ricevi To spsto! ~ diee Doroteo citando wn devo di tun Padre del deserto — cio® lotta e giungerai all acquisi zione delle virth »", Morto a se stesso il credente, riceve Jo spitito che porta frutti di amore, gioia, pace, mitezza, bonta.. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ¢ umile di cuore e troverete ristoro per le anime vostre io nella sua bontd, come vi ho ripetuto spesso, Bera ctbaibole st creatua sf vaio di novo ‘verso di lei, di nuovo Finvita: ‘Venite a me voi tutti Siete affaticati e oppressi e io vi ristorerd” (Mt 11,28). Ciod: ecco siete affaticai, infelic, avete provato il male frutto della vostra disobbedienza, Venite, ritomate a me, venite, siconoscete la vostra impotenza ¢ la vostra ver- gogna e ritotnate al riposo e alla vostra gloria, Venite, Mivete grazie allumilta, voi che etavate morti a causa UelVorgoglio. ‘Imparate da me che sono mite e umile di 5 Tnsegnamenti 68, 3 Tregunmend 104 38 cuore ¢ troverete tiposo per le vostre anime’ »®, Nella sequela del Cristo mite e umile di cuore Puomo zitorna a Dio, tiacquista la gloria perduta a motivo della discb- bedienza, ritrova Ja pace e il ziposo di cui godeva nel Paradiso. La via dell'umilta e della mitezza al seguito di Cristo & fonte di pace! Doroteo lo ripete costantemente. Liautore della lettera che accompagna le Catechesi de- scrive Doroteo stesso quale « imitatore di colui che mite ¢ umile di cuore > (Mt 11,29); e Doroteo alla se- quela di Cristo aveva ottenuto la pace, una pace tal. mente profonda e duratura che un giorno, preoccupato chiese ad abba Giovanni: « Maestro, la Scrittura dice che & necessatio attraversare molte tribolazioni per en- trate nel Regno di Dio. Ora io vedo che non ho minima ttibolazione. Che devo fare per non perdermi? ». Ma abba Giovanni Jo tranquillizza, la pace & frutto dell ob- bedienza, @ frutto dell’abbandono in Dio. Doroteo, pid volte tentato di cetcare Pesichia, la pace in una vita di solitudine nel deserto, fat suo Vinsegnamento del suo padre spirituale e inviterd costantemente i suoi fratelli a custodire questo grande dono della pace, a non perme!- tete che nulla e nessuno ce lo rubi. Questa pace & frutio di un cuore umile e contrito, questa pace & dono per chi non segue pit la sua volonta, per chi non difende la propria vita ma la perde pet amore di Cristo. Non @ il riposo del corpo, non & la pace dei mondo. Chi vuole la pace del corpo, le pace del mon- do, diverra schiavo del mondo. E la pace che Cristo ha ppromesso per chi prende sa di sé il suo giogo, 2 Ja pace frutto della lotta e del combattimento spitituale, pace ottemita attraverso molte ttibolazioni, pace provata dalle tentazioni, ma pace duratura, che dimora nel cuore anche in mezzo alle molteplici occipazioni e affanni della vita. 39 cxienza di chi ha gustato Ja dolcezza dell'intimit& di ‘chi « ha gustato il vero bene ¢ non vuole ‘rsene », e «chi conosce questa gioia, se non AVVERTENZA VITA DI ABBA DOSITEO AVVERTENZA* Dovete sapere che vi furono due Dorotco e due Bar- sanufio: gli uni si erano contaminati con Peresia di Se- vero, mentre gli altzi avevano abbracciato Ia dotttina or- todossa e una perfetta ascesi, B di questi ultimi che si ppatle in questo libro. Riteniamo che si debba raccoman- dare le lettura come estremamente utile poiché isulta con certezza essere opera del beato Doroteo, lortodosso, no del Padi pit fame, e non gelato Doroteo, nistto eretico, E cos che ha insegnato ancke il nostro padre ¢ confessote di Cristo Teodoro, Iaminoso e sapientissimo igameno® del monastero di Studio nel testamento lasciato ai suoi discepoli. Dopo aver fatto la sua professione di fede e aver ripudiato in blocco li empi etetici, cost disse: «E ancora accetto ogni libto ispirato dell’Antico e del Nuovo Testamenio, ed anche Je Vite e gli scritti divini di tutti i nostri ammirabili Pa- dui, dottoti e asceti. Ho detto questo a motivo del folle Pamfilo che, venuto dallOriente, va in giro screditando questi santi: intendo dire appunto Marco, Isaia, Barsa- fio, Doroteo ed Esichio; non il Barsanulio, PTsaia e il Doroteo, acefali tra gli acefali,comni di quel mostro che si dice a dieci coma’ maledetti da san Sofronio nel suo 1 La presente avvertena,reditta da un discepolo dl Teodoro St dig so porno Ce me toa) ay a "recent portano questo ttclo: «A. proposto.deomoateie Ge, Boroeo'e del dus Bersanuto >. 2 lewmeno = let gud cha i ompio a peiedere «una com et gle del tesumento di Teodoro Studia si trove ia POP Aletone «Dan 778 Le ca ai dstaeao dala bestia sions a Dan 7,78, Le te cocoa che af dale ie corn veduta da Danile sno uavlomagine del me cot ‘he si sooo paral cd resto della eta, 43 1 si teatta senza dubbio di persone diverseda quelle Nello a a so cco econo I tradisione su richista del'sttule arivescovo, il santis: Hate atsiarea ‘Taracio © di altre persone depne di fede, see oriental; anche perché sulla tovaglia dllaltare Sella Grande Chiesa‘ c’& immagine di baarpenc aed ‘Me at sant pacst Antonio, Efrem e altri; ¢ io nei oro ineegnament! non bo trovato alcuna empieti, ma tun grande aiuto per la vita spirituale »- - nostro grande padte Teodoro he dunce ben di stinto quel che bisogna pensare dell'uno e celfaltro sain, cha dichiarato estremamente utile Minsegnamento Bel Doroteo di cui si parla in questi scritti che ¢ davvero, Ganque, di gran vantageio spirituale. Chi vigils com cura sulla’ sta vita confotmandola a questi insegnamenti posse raggiungere Ia misura pevfeta della vist in Cre Fe una volta al termine, riceverd. la corona dell’« apa- thela»? e sari considerato degno di partecipate alla vita eterna con i sant. ta Sofa a Costantinopoli. LETTERA AL FRATELLO IL QUALE AVEVA CHIESTO (CHE GLI FOSSERO INVIATT I DISCORSI DEL NOSTRO SANTO PADRE ABBA DOROTEO ‘CHE ERANO STATY RITROVATI 1, Fratello carissimo, approvo Ja tua intenzione ¢ mi felicito con te, veramente benedetto e innamorato della Bellezza, per il tuo zelo per il bene. Chi cerca con tanta fatica e loda con sincerita le opere del nostro padre veramente beato e degno di Dio, chiamato ‘dono di Dio", morta lodare la ea alee Dio e di ecuparsi vera vita. lo i le Gre; Ho, ‘le lode suscita Pemulazione, e Pemolazione la vist, Ja virth poi genera Ia beatitudine’*, Vi? motivo di ral- Jegrarsi, felicitarsi veramente con te per questo tuo pro- gresso, perché sembri seguire le trace di chi ha imitato colui che § mite e umile di cuore (Mt 11,29)?; costui, contemplata la rinuncia spirituale di Pietro e dei suoi compagni, si spoglid dall’attaccamento alle cose visibili ¢ si abbendon®d interamente ai suoi Padri in Dio, a tal punto da poter sicuramente dire anche lui al Salvatore on piens fidvcia: « Ecco noi abbiamo lasciato tutto ¢ ti abbiamo seguito» (Mt 19,27). «Giunto in breve alla pperfezione con Paiuto di Dio compl un fungo cammino > (Sep 4,13); non visse in deserti matcriali o sui monti, né stim gran cosa belve feroci, ma i Ia solitudine del cuore e desiderd raggiungere le mon- tagne eterne che sanno dare luce mersvigliasa (Sal 75,5) e calpestare piuttosto la testa dei serpenti e degli scor- pioni (Le 10,19) che fanno perire le anime. In breve eee ane Gregorio di Nazianzo, Orat, XXV,1 (PG 35,1200A). 3 Questa espresione viene sf pet indicare il vero mo- co, Cit Zazina (BO 7846550) © Evemoy Leto 36 (Cato Ga Hausherr in Revue dascétigue ef de mystique 1934, p. 64). AS ‘aiuto di Cristo metitd di compieze questo tempo con sito Ct perseverando nella Tots, aveva Jang ea propria volonta; questa rinoncia gli apt) {ue aleura det Pads, gli rese legecto il carico beato mostrd che @ veramente dolce il giogo di salvezza di Cri- sto (Mt 11,30). _ Janciando ai propri voleti apprese Ja via mi- lige che conduce el cielo: Twit. In obbediena alle parole dei Santi Anziani mise in pratica il detto «Sit miseri fioso e mite » e fu cosi adorno di ogni virth. Tl beato (Doroteo) aveva sempre sulle labbra quell’ spk eam dei Pads che dice: « Cai acrivato a spezzare Ja Seg onta, ha raggiunto il luogo del ziposo >. Poiché dopo convenienti ricerche trovd che radice di ogni pas- Geme STamore di sé,c che Pamore di sé & sempre unito oe ave dolceza della nosta volon!, con un rime drastico fece seccare la radice e i cattivi germogli. Die ‘venne cosi sincero coltivatore di piante immortali? e die- de come frutto Ia vita eterna, lui che aveva cercato con ce cots exoro nascosto nel campo, Faveva t0vato, ne era entrato in possesso e si era cos] veramente arricchito: i beni. duratus, : i beni dor to dungue possedere la ingus ela men te Docume per nerrae la sou santa vita jn ttt suot particolari, a utilit’ comune come modello perfetto di Vitth e far vedere come il beato Doroteo percorse Ia via Tart tra, stctta e lege al tempo stesso; stretta Per She gon petinette di far devievioni, né di dispesdersi e soe sci cadere nei precipizi che la costegeiano, (2 coal The Baslio®, amico di Dio, e veramente grande descrive Gant’ streia la via angusta che conduce ala salverza); Dorot termine Geronticon (da yépwv = Anziano), nome ee eS cote! onl amine wes ge signif letto, parce spine) a eee ‘Per tee aha sat cE Be be He aie ate as eine tsa a Do ‘¢ Basilio, Reg, br. tract. 241 (PG 31,12442C). 46 Tatga perché in essa non si & dominati dalle passioni, ma ci si abbandona con fiducia estrema a quelli che ci gui- dano verso Dio e soprattutto si abbraccia una profon- dissima umile’, il solo mezzo, secondo Antonio il gran- de’, con cui si’ pud tener testa a tutte le insidie del Di- visote. Cost anche per Doroteo si & veramente compiuta Ja parola che dice: « Il tao comandamento @ molto va- sto » (Sal 118,96). 4. Ma lascerd da patte questa fatica perché non me ne titengo capace, Difatti so che il beato, oltre a tutti i suoi tesori, non esitava, al momento opportune, a pro- porre nel suo insegnamento quanto trovava di utile in quelli di fuori, nef cosiddetti filosofi; come una saggia ape sapeva discernete alcune massime, ad csempio: «Nulla di troppo », « Conosci te stesso » ed altre del ge- nete, Mi limito a ricordate queste, non tanto petché cost abbia deciso dopo averci pensato bene, ma perché ve ne sono costretto, non essendo capace di ricordame altre. ‘Ma 080 fare quello che mi hai chiesto nel tuo zelo e nel tuo amote per il bene, perché temo che sarebbe grave rifiutare ed ho pauta di incorrere nel castigo se cedo alla pigrizia. E cosi con questa lettera mando a voi, previdenti banchieri di Dio, questo talento rimasto inattivo qui da me, voslio dite quanto & stato ritrovato degli insegna- menti del beato Dorotco, sia quelli che fu ritenuto de- gno di ricevere dai suoi padri che quelli che trasmise ai suoi discepoli operando ¢ insegnando, a somiglianza del nostro primo e vero maestro e salvatore (oft. At 1,1). E se non ci & stato possibile ritrovare tutti i suoi santi di- scotsi, ma soltanio un piccolo numero, raccolti qua e Ia per divina provvidenza da persone premutose, ti baste- anno comungue nella tua gentilezza questi pochi discorsi che ti offriamo; sta scritto infatti: « Dai un afuto al sag- sio e diventert ancora pit saggio » (Prv 9,9). 5. Tale era il beato Dototeo, guidato da Dio nella sua decisione di abbracciate la vita monastica, tale fu la 7 Apoftegmi Antonio 7 (Mortasi I, p. 85). 47 sua vita conforme al suo scopo; verso i suoi Padi, mani- fest) una pions rinunzia alle cose della tersa, una sincera Scuemissione secondo Dio, mostrd limpidita nell’aper- tase d’anima, delicatezza di coscienza, una consa © incondizionata obbedienza, fondata sulla fede ¢ resa Netra dall’agape; con i suoi fratelli, compagni nella otta spitituale, era affabile e colmo di venerazione senza cesser superbo né sfrontato, ma fiducioso, riscrvato, mite, fadiet queste di religiosa benevolenza e madei della con- Cordia che ® pit doice del miele; nel lavoro era pieno di Galo e di saggezza, calmo e mite, segni questi di un ca- rattere saldo, Aveva cura e rispetto per le cose materiali, ‘amava Ja bellezza ma senza essere frivolo; tutto in I fra in piena atmonia per una sorta di discernimento divi- fo; ma anaitutto e pit di ogni altra cosa era umile, gio- oso, mite, saldo, vigilante, rifessivo. %, Ma perché sforzarmi di dire ogni sua buona qus- ita? Sarebbe come cercar di contare le gocce ’acqua € Ye onde del mare, Mi ero proposto come limite del mio discorso di non osar dire se non quanto convenga; Ia Scio pinttosto a voi, che di queste cose fate Ia vostra gicta, il continuare questa dolce ricerca. Imparate come {a divina Provvidenza, che tutto dispone con cura, abbia guidato ad insegnare i misteri di Dio ¢ ad aver cura € Sollecitudine per gli uomini questo Padre pieno di com- passione e di affetto, veramente degno di jstruire ¢ illu. Fhinare i cuori, ricco di scienza e pit ancora di condi- seendenza, gtande in saggezza e ancor pitx nel timore di ‘Dio, sublime nella contemplazione ¢ ancora pits sublime per umilt, ricco in Dio e povero in spizito, dolce per le Sue parole e ancor pit per la sua presenza, medico cono- scitore di ogni malattia e di ogni medicina, lui che offs Ie sue sante e molteplici cure ai ricchi ¢ ai poveri, ai sopienti e agli ignoranti, alle donne ¢ agli uomini, ai yecchi e ai giovani, a chi eta in affizione e a chi era nella gioia, a stranieri ¢ a quelli della sua terra, a gente del mondo e a monaci, a padroni ¢ a servi, a schiavi ¢ a 48 liberi, facendosi sempre tutto a tutti e guaday mages ae (1 Cor 9,22). ae Ma & ormaigiunto,caissimo, il momento di seat doke sche del neo det Bald senza in essi di omamenti letterari non & un vantaggio Ai poco conto; pur essendo coal grandee sublime nel pa. lare Doroteo, che era veramente un uomo di Dio, in ob- bedienza al comandamento (Rm 12,16) st pega alle cose till anche in questo, preferendo sempre un lingsaggio Semplice e uno stile disadomno. Ta poi, che hal trovato degno ene tuo zelo sincero ¢ beato, serviti abbouancemente dele mie provisions, fa? tna la santa vite di colui che tu ami tanto e prega molto ono cost poco zelante! ce cae Prima perd perles® brevemente anche del beato Desi teo, che fu il primo discepolo del beato abba Doroteo GQusndo costa era ancorm al monsstero di abba Setidos ¢ onduceva la lotta per giungere alla sottomissione se- condo Cito, 49 VITA DI ABBA‘ DOSITEO 1, Abba Doroteo, uomo veramente beato, con Paiuto di Dio abbraccid la vita solitaria e si ritid nel monastero di abba Seridos. La trov® molti grandi vomini spirituali che praticavano Vesicasmo’; tra di essi eccellevano due grandi Anziani, il santissimo Barsanufio eil suo discepolo © meglio il suo compagno d’ascesi, abba Giovanni, so- pranaominato il Profeta per il dono del discemnimento che aveva ricevato da Dio. Doroteo si abbandond ad essi con estrema fiducia; era in relazione con il Grande An- ziano? tramite il santo abba Seridos, e fu stimato degno di servire abba Giovanni il Profeta, Questi santi Anziani decisero dunque di fargli costruize un’infermeria e di af- fidargliene la cura; infatti i fratelli pativano molto quan- do si ammalavano perché non ceta nessuno che avesse cata di loro, E Doroteo dunque con I’aiuto di Dio co- strui Pinfermeria; alle spese provvide il suo fratello se- Ja carne ~ quest’uomo in effetti era un buon cri- stiano e grande amico dei monaci. E, come dicevo, fu appunto abba Doroteo, insieme a cert! altri fratelli pieni eee Mca para [erm cl al svere Ja responsabiliti di tale incarico. 2. Un giorno lo mandd a chiamare Dighmeno, abba * Conserviamo il termine abba senza tradurlo. In Doroteo Ja parcia abba preatiene i oa antico ci meme ea) aad ‘vita spirituale; fers volte deen sperore tupeore & un sto come fel cata i abba Seldon, ma il temine sbbs non comport necesssia et oe a deriva da thouylo che designa le solitudir 2 termine esc dria de jovyla che design la slituine, i ille distrazioni. Ix Ja ricerca. i Dio nella contemplizione, lontano dalle distrasioni. Tn generale Tesicasta 8 il monsco, che, gid avanzato nella vite spiituale, Vive in solitudine, a volte ai margin della comuniti, a volte in totale complete reclosione come Barsarufo e Giovan ? Cost veniva chiamato Barsansfo, 50 Seridos; artiva e trova accanto a lui un ragazzo in abiti ilitari, dall'aspetto molto delicato e gentile. Questo tagazzo era appena arrivato al monastero, accompagnato da alcuni amici di aba Seridos, gente alle dipendenze del governatore della seyione. Come abba Doroteo atzi- vva, abba Seridos lo prende in disparre e gli dice: « Que- ste persone hanno portato questo raga, dicono che vuole restare qui in monastero. Temo che si tratti di tuna di queste persone importanti, che ha rubato o fatto gpuslost di male ¢ vole seappsts; ho paura che aremno elle noie. Non ha affatto né Varia né Vaspetto di uno che, ropa fart omaco 4, 3. Questo giovane era paggio di un generale ed eta vyissuto tra lussi e sicchezze; i pagei di queste persone infatti fanno sempre una vita di grande dissipatezza; non aveva neppute mai sentito parola di Dio. Ma quan- do alcuni uomini a setvizio del generale gli avevano fatto una descrizione della Citta Santa, gli era nato ill desi- detio di vederla, E cost aveva chiesto al generale di mandarlo a visitare i Iuoghi santi. Costai non voleva tattristarlo, trovd un amico fidato che vi andava e gli disse: « Fammi il favore di prendere con te questo 1- guvzo a visitare i Luoghi Santi ». Quest'uomo, ricevuto i ragazzo dalle mani di un generale, lo trattd con infiniti elo faceva mangiare alla sta tavola con Iui e la Acrivati alla cittA santa, veneravano i luoghi santi ¢ andarono al Getzemani. C'era Ja un dipinto che raffigu- regole monestiche sccettare trop- po facimente nuovi fratellt nel comnts; ccrorre viglare e dieser i ci ero & verameate spinto dal dest tre [-} Ds con exateza rove i sé: se fer caso non sbbia commesto guile delve © pee 4 toot, si sa temporaneamente allontanno, 0 ta soto pote ak Aha ¢ pe vdee seb nurse perc non tener dni de pope baal (Preset 49: 'cd. Sdn, Roma 19/4 p. 110) Ce fnche Baslio, Ascticon 619 ¢ ile. 38 dlls regola i Benedetto. St rava PInferno. IL ragazzo stava a guardare attento & Colpito, ¢ vide accanto a sé una donna maestosa, con una Yeste ci porpora, che gli indicava ciascun condanna- toe di sua inizativa gli dava altze spiegazioni. Ul ra- fgazzo Pascoltava silenzioso e stupito; come ho git detto, hon eveva mai sentito una parola di Dio e neppure che Gi fosse un gindizio. Le disse dunque: «Signora, che bisopna fare per sfugeire a questi castighi? ». Gli rispo- se: « Digiuna, non mangiare came, ptega continuamente @ sfuggirai al castigo». Dopo aver ticevato questi tre comandi, Dositeo non vide pitt Ja donna; era scomparsa. Da quel momento il ragazz0, preso da compunzione, os- servava i tte comandi che gli ezano stati dati, Ma l'ami- 0 del generale che lo vedeva digiunare e non mangiare carne, era preoccupato al peasiero del generale, perché sapeva che aveva grande stima di questo ragazzo. I sol- dati che Paccompagnavano, vedendolo comportarsi in questo modo, gli dissero: «Ragezzo, quel che fai non si addice a chi vuol vivere nel mondo; se vuoi vivere co- 5, entra in monastero ed avrai la salvezza». Ma Do- siteo non sapeva niente di Dio, tantomeno che cosa fosse ‘un monastero; osservava semplicemente quel che aveva sentito dire da quella donna. E cosi disse loro: « Porta- ‘emi in quel posto che voi sapete; perché io non so pro- prio dove andate ». Alcani di questi, come bo gid detto, erano amici di abba Seidos ¢ veonero a momster0 portando con loro il ragezzo. 4. Il beato Doroteo, dungue, mandato dall’cbba 2 parlare con lui, lo csaminava con attenzione, ma il ra fgazz0 non sapeva dire nient’altro se non: « Voglio es- sere salvato ». Doroteo allora and® dall’abba Seridos Bli disse: « Se sei davvero del perere di accoglierlo, non aver aloun timore; non vi @ malvagitA in lui». E I'abba ii tispose: « Ebene, fammi il favore di prenderlo con te afinché ottenga la salvezza, non voglio che stia in mezzo ai fratelli». Ma Doroteo, per timote di Dio supplicava e diceva: «B al di a delle mie possibilita accettare il 52 peso di chiunque; non sono all’altezza di un compito del genere! ». Gli disse abba Seridos: « Sono io che porto il tuo ¢ il suo peso; perché ti angosci? ». Doroteo gli rispose: «Dato che hai proprio deciso cost, se pensi sia cosa buona, va a dirlo all’Anziano ». E Vebba gli dis- se: «Benissimo, glielo dico». Se ne andd dungue a ri- fetite la cosa ai Grande Anziano, e VAnziano gli fece dire cosi: « Accoglilo, perché 2 attraverso di te che Dio Io salvera ». Allora lo accolse con gioia e Jo teneva con sé all'infermeria. Il suo nome era Dositeo. 5. Quando poi arrivd il momento di mangiare, gli disse: «Mangia fin che sei sazio, fammi sapere soltanto quanto mangi». E Dositeo torn a dirgli: «Ho man- ato un pane e mezzo ». Il pane pesava quattro libbre. disse: «Ti senti bene, Dositeo? » Gli rispose: «Si, padre’, sto bene ». Gli chiese: « Non hai fame? » « No, signore, non ho fame ». Allora Doroteo gli disse: « Man- gia allora un pane e un quarto; dividi V'altro quarto in due parti, mangiane la meta e avanza Valtra >. E cost fece. Gli chiese: «Hai fame, Dositeo? ». Gli rispose: «Si, padre, un pochino ». ‘Alcuni giorni dopo gli domand® di nuovo: «Come stei, Dositeo? Senti ancoca fame? ». Gli rispose: «No, padze, grazie alle tue preghiere, sto bene ». Gli disse: « Avanza allora Paltra meta del quarto di pane ». E fece cosh. ‘Alcuni giorni dopo gli domandd di nuovo: «E adesso come stai? Hai fame? ». Glirispose: « Sto bene, padre ». Gli disse: « Dividi in due parti Paltro quarto, mangiane meta e avanza ’altra meta». E cost fece. E in questo modo, con aiuto di Dio, poco per volta da sei libre arriv® a sei once; difatti anche la quantita di cibo da mangiare 2 questione d’abitudine. 6. Il ragazzo era estremamente abile in ogni lavoro tesmine usato in sepao di rispett di deferenza per una perone, Sy Se aa Ais deter cused 33 5.11 termine wipig non 2 ficilmente traducibile in italiano, 2 un che faceva; serviva i malati nellinfermeria e tutti erano che faceral Serve It serviva perché faceva tutto con Dre- cisione. Se gli capitava di esser poco attento ad un ma- cisione, Se 2 cert parole di collera, piantava Tt tutto dato 0 rave nella cella plangenco, Gi altel che servi Cen a AiVinfermerin, venivano a consolarlo, ma Fre nn trovava pace; allora andavano a dice ad paiGoroteo: « Padke, pet piacere cerca di capire che pepe esto fratello; piange e non ne sappiamo il moti- ae ere Doroteo entrava e lo trovava stexo a terrain Ie Wiite e gt chiedeva: «Che ¢' Dositeo? che hal? perché iangi? ». . . Pier csiteo diceva: «Perdonami, padre mio, mi sono arsabblato ¢ bo detto parole cattive al mio fratello». Gi cea Tate «cosh Davi, sei eae enon ti yorgogni di adirarti ¢ di dire parole cative fon fratello? ren sai che lui & Cristo? e tu fai soffrire Cristo? ». 5 TE Dositeo abbassava gli occhi a terra, piangendo, sesua dite nulla, E quando Pabbe vedeva che aveva Sennto abbestanm, allore li diceva: «Dio ti perdoni! Fibati, da questo momento ticominciamo da capo. Sfor- Zamod di fare attenzione e Dio cl aiuterh >. Subito, come sentiva queste parole, si alzwva € cor evn con gioia al suo lavoro, certo di aver ricevuto vera- mente il perdono da Dio. iPche lavoravano all'infermesia si, sbituarono dangue al suo modo di fare e quando To vedevano pisn- fare! dicevano: «Che ha Dositeo? Hla fatto qualcosa ‘che non, va? » E dicevano al beato Doroteo: «Padre, Gent nels cella, perché Ia e2 lavoro per te >. E come Tihnvae lo troyava steso «terrain lactime, capiva che Sauvn detto qualche parola cattiva ¢ gli chiedevs: «Do- fico, che c'2 Hai di nuovo tattstato Cristo? Ti sei i nuovo arrabbiato? Non te ne vergogni? Non riuscirai dangue a coreggerti? ». E Dositeo continuava a pisn- gure longo, Di nuovo come lo vedeva sazio di lacrime, 34 Doroteo gli diceva: « Alzati, Dio ti perdoni; ricomincia di nuovo da capo. Correggiti una buona volta! ». E suc bito si scuoteva di dosso Ja tristezza, pieno di fiducia se ne andava al suo lavoro. 7. Rifaceva molto bene i letti dei malati. Ed era cost sincero e aperto nello svelare i suoi pensieri che spesso, poiché rifaceva i Jetti con ogni cura, quando vedeva passare il beato Doroteo gli diceva: « Padre, pa- dre mio, i miei pensieri mi dicono: rifai bene i letti ». E quello gli rispondeva: «Oh Signore! ecco: sei un servitore, sei diventato un buon lavoratote; ma sei di- ventato un buon monaco? ». E non lasciava mai che si attaccasse ad un Iavoro o ad un oggetto qualsiasi. Do- siteo infatti accettava ogni cosa con gioia ¢ fiducia obbediva di buon animo a tutto. Quando aveva bisogno di un mantello, abba gliclo dava; e Dositeo correva a icucitlo con grande cura e attenzione. Ma come aveva finito, Doroteo gli domandava: «Dositeo, hai ticucito quel mantello? ». Rispondeva: « Si, padre mio, V’ho ti- parato per bene ». Gli diceva allora: « Su, dallo a quel fratello 0 a quel malato». E Dositeo cotreva subito a darlo. Di nuovo Doroteo gliene dava un altzo e allo stes- s0 modo dopo che aveva ricucito e siparato, gli diceva: «Dallo a quel fratello », E Dositeo glielo dava immedia- tamente, senza mai rattristarsi né mormotare dicendo: « Dopo fata Ja fatic che, ho fatto per siouio © ripe ratlo, me lo prende e Jo da ad un altro». Ma si afftet- tava a fare ogni cosa buona che gli veniva chiesta. 8. Un’altra volta un economo port} un coltello, me- raviglioso e molto bellu. Dositeo lo prese ¢ lo portd ad abba Doroteo dicendo: «I tal fratello ha portato que- sto coltello e io Pho preso perché, se tu lo otdini, Jo teniamo allinfermeria; taglia bene le fette di pane ». Il beato Doroteo non acquistava mai oggetti ricercati per Tinfermeria, nulla di pit di quel che era bene avere, Gli disse dungue: «Portalo, perché veda se 2 buono». Glielo diede dicendo: «i, padte, & ottimo per tagliare 35 fl pane». Anche Doroteo vedeva che era proprio adatto per queltuso ma siccome non voleva che si attaccasse 2 nessun oggetto, non volle che lo tenesse. : Gli disse danque: «Dositeo, e cost ti piace? Vuoi essere servo di questo coltello e non servo di Dio? Dav- ‘yero, Dositeo, ti piace? e attaccheresti cost il tuo cuore {questo coltello? Non ti-vergogni di desiderare di avere per signore questo coltello, invece di Dio? » ; ‘Dositeo ascoltava senza sibattere nulla, ¢ restava in silenzio abbassando gli occhi a terra. E dopo averlo sim- proverato a lungo, gli disse: «Su, mettilo qui e non Focearlo ». E Dositeo fu cosi attento a non tocearlo, che non fo prendeva mei neppate pet dvi adun alr, ¢ ‘mente tutti gli altri ne facevano uso, Iui solo non gli si avvicinava. E non disse mai: « Perché tra tutti solo io rnon Io posso usare? » Ma faceva con gioia tutto qu che gli veniva detto. a 9. Cost dunque passd quel breve petiodo di tempo che trascorse in monastero, ~ vi restd infatti circa cin- {que anni — ¢ cos) visse fino lla fine in obbedienza senza aver mai fatto una sola volta Ja sua volonta in qualche cosa e senza aver [egato a nulla il suo cuore. ‘Quando si ammald e sputd sangue (mort infatti di tisi), sentl dire che le uova bollite facevano bene a chi sputa sangue. Anche il beato Doroteo lo sapeva e ben- ché gli stesse a cuore curarlo, eta preoccupato € questo fatto delle uova non gli era venato in mente. Gli disse Dositeo: «Padre, vorrei dirti quel che ho sentito dire ‘sa una cosa che mi farebbe bene; ma non voglio che tu me ne dia, perché questo pensiero mi perseguita ». Gli dice: «Dimmi, Dositeo, dimmi qual 2 questa cosa. E Dositeo pli disse: «Dammi la tua parole che non ime ne darai; perché te Pho gia detto, questo pensiero ‘Gli rispose: «Va bene, fard come vuoi». Allore gli disse: «Ho sentito dire che le uova bollite fanno bene quando si sputa sangue; ma per amore del Signore, sic- come non @ venuto in mente a te di farmele prendere, se sei d'accordo, non darmene a motivo di questi mie! eri che mi perseguitano ». Gli disse: « Va bene, se non vuoi, non te ne do, std tranquil» cereava ci dug lie cose che i ces sero bene al posto delle ova, perché Dositeo gli diceva: « Sono ossessionato dal pensiero delle uova ». id anche cosl gravemente ammalato lottava contro a sua volont’. 10. ceed sempre anche il rcordo di Dio; Do roteo gli aveva insegnato a ripetere sempre, secondo la tradizione: « Signore Gest Cristo, abbi pieti di me» e di tanto in tanto: « Figlio di Dio, vieni in mio aiuto». Faceva sempre questa preghiera. Quando si ammal’, Do- roteo gli disse: «Dositeo, sta’ attento alla preghiera, guarda di non lasciartela sfuggire ». Gli rispose: «Si, padre, prega per me». E di nuovo quando si aggravd, ali disse: «Che , Dositeo, come va la preghiera? pan ». Gli disse: «Si, padre, grazie alle tue pre- iere >. “Quando fa ancora pitt grave (eta cosi debole che lo si poteva trasportare con un lenzuolo), gli disse: « Come va la preghiera, Dositeo? ». A quel punto gli disse: «Perdonami, padre mio, non ho pit Ia forza di custo- disla >. Gli rispose: «E allora lascia Ia preghiera; ricor- dati semplicemente di Dio e pensa che sta davanti a te». Soffziva molto e mandd a dize al Grande Anziano: « La- sciami andare, perché non ne posso pitt». L’Anziano Un code pid recente (Pasig 1089) porta Ia formula: «S- por Bam er oho tee ener ee eae — 4i Gest 0 cel ciore, dat suo! pach spiritual! Giowenai e Berstniio tases us vlna Dt Js epiers Ge del cre Supe el in ont Af, gia nn ome a fan Macao, Dindocs de Fors, Gloweani Climecg« e rar i toe ove este, bs cngine dala tomsetone bites dc Nome! a New i Dio ne del suet aubu Taogo totais, Boog cls mm rests. Linvocatone del Nome di Dio emp i cuore dellvome, Ronfocmandelo tn kago dele preneua dine 57 aii mands a dite: «Filolo, abi pazienza, perché la iseticordia di Dio 2 vicina ». mill beato Doroteo lo vedeva sfinito e temeva che la sua anima ne patisse danno. Alcuni giozni dopo Dositeo Shand di nuovo a dire all’Anziano: « Signore mio, non he posto pit'>. Allora P'Anziano gli rispose: « Vs’ in pect, resta davanti alla Santa TrinitA e intercedi per "Anziano, inco- noi. 11, I fratelli, sentita Ja risposta del minciarono ad itritarsi e a dire: «Ma insomma che ha fatto, quale opera ha compiuto per sentirsi dire queste co- se? ». In veritA infatti non lo avevano visto digiunare un giorno su due come facevano alouni in quel monastero né Segliate prima della preghiesa notturna; si svepliava per Ja vealia soltanto dopo le prime due acoluzié’. B non Pavevano mai visto compiere una pratica ascetica, anzi a volte Pavevano visto bere un po’ del brodo riservato ai malati e mangiate una testa di pesce se avanzava 0 qualche altra cosa del genere. Eppure, come git diceva- Tho, nel monastero ce n’erano alcuni che digiunavano @ fgiomi alterni e raddoppiavano le veglie ele pratiche asce- fiche, Come dunque sentirono la risposta inviata dall’An- ziano a quel tagazzo che aveva vissuto in monastero cin- que anni, si misero in agitazione; non conoscevano la sua Opeza, la sua obbedienza in ogni cosa, non sapevano che non aveva mai fatto una sola volta la sua volont’, igno- ravano Ia sua obbedienza cosl assoluta che se per caso il beato Doroteo gli chiedeva qualcosa per scherzo, subito corteva a farlo senza esitare. ‘Ve ne do un esempio. I primi tempi costui parlava {in modo rozo cod come era sbitusto. Un giomo dungue i beato Doroteo gli disse 2 « Hai bisogno di pane inzappato di vino, Dositeo? Benissimo, vallo a prendere! >. E Dositeo come sentl queste parole, se ne 7 Ltecoluria designa va insteme di salmi, di cesponsori ec, che for- ‘mano una parte delluicio divino. A volte'il termine viene ussto Pet indicate Tistero vifcio divino. 58 andd € ritornd con una copa di vino e del pane ¢ gliela mise davanti per ricevere la benedizione, Doroteo non op Jo guatdd sbalordito e gli chiese: «Che vuoi? ». Gli tispose: «Mi hai ordinato di prendere del pane in- suppato di vino; dammi la benedizione », Allora gli dis- se: «Sciocco, te Pho detto perché gridi come i Gotis quelli, infatti, quando si atrabbiano, gridino incolleriti. Per questo ti ho detto ‘Prendi del pane inzuppato di vino’, perché anche tu gridi come un Goto». A queste parole fece una metania® e se ne anda a rimettere al suo posto la copes. 12. Un’altra volta di nuovo venne ad intertogare Doroteo su una parola delle Scritture; cominciava grazie alla sua purezza a capize qualcosa delle Scritture. Ma Dototeo a quel tempo non voleva che si applicasse alla Jettura, voleva piuttosto che fosse al sicuro grazie al- Yomilta. E cosi quando lo interrog®, gli rispase: « Non Io so». Dositeo non comprese il senso della sua risposta e ri- tomd un’altra volta a intetrogarlo su un altto capitolo. ‘Allora gli disse: «Non so, ma va’ a chiederlo all’abba », Ed egli vi andd senza esitare. ‘Ma Doroteo aveva in precedenza detto all’abba, senza che Dositeo ne sapesse niente: « Se viene Dositeo a in- terrogarti su qualche punto delle Scritture, sii un po’ duro con lui». E cost quando venne a intetrogarlo, co- mincid a rimproverarlo € a dirgli: « Non te ne vuoi star tranquillo, ta che non sai proprio niente! Hai coraggio di chiedere queste cose invece di preoccuparti dei tuoi peceati? ». Continud su questo tono per un po’ e poi lo mand® via dopo avergli dato due schiaffi. E Dositeo ri- tomd da Dototeo, gli fece vedere le guance arrossate dagli schiaffi e gli disse: «Le ho prese per bene! ». E oa memsala Cee a aa oe fino a tetra, ser ee ee Pee Ses Bere rete ane eee 5F non gli disse: . Poi dice: «io per il mondo », Come pud l’uomo essere crocifisso pet il mondo? Quando, dopo aver abbando- fiato ogsi bene esteriore, lotta anche contro i piaceri stessi, contro lo stesso desiderio di possedere, contro la propria volontl e mette a morte Ie passioni; allora an- Fie lui 2 erocifisso per il mondo e pud dire con l’Apo- stolo: «Per me il mondo @ crocifisso ¢ io per il mondo ». 14. I Padri, dunque, come abbiamo detto, crocifis- sero per sé il mondo e s' no e Jottarono pet cro- Gifiggere anche se stessi per il mondo. G2 sembrato di aver crocifisso per noi il mondo perché lo abbiamo lasciato e siamo venuti in monastero, Tha non vogliamo ctocifiggere noi stessi pet il mondo; {nfatti ci lasciamo ancora incantare dai suoi piaceri, dalle gue pessioni, oi lasciamo attratre dalla gloria del mon- do, dai cibi e dai vestiti. Ci viene dato un buon amese pet lavorate? Subito ci attacchiamo e lasciamo che quel piccolo oggetto prenda in noi il posto delle cento Jib- bre dro che abbiamo lasciato, come diste abba Zo- sima’, 7 «A.volte dopo ever dsprezato cento libbce W'oro, ci etisechiae suo ad uo spilloy e questo attaceamento disordinato ct mete io, ask fasione « queito spillo tiene il posto delle cento libbre; diventazso 72 Ci 2 sembrato di esser usciti dal mondo e di aver ab- bandonato quello che ® del mondo, veniamo in mons. stero.ecilascamo vincere per cose dell dalle strat tive del mondo e questo ci succede per la nostra grande stoltezza; dopo aver lasciato cose grand e preziose finia- mo poi per soddisfare le nostre passion! con cote da nulla. Ognuno di noi infatti ha abbandonato quello che aveva, chi aveva molto, molto, chi aveva poco, quel See caste a ee © poi, come dicevo, fini cedere alle nostre passion! per cose da roll, Pet ic colezze. Non dobbiamo comportarci cost! Come abbia- to tinunciato al mondo e alle cose del mondo, cost dob. bbiamo sinunciare anche ad ogni attrazione per Ie cose della terra, Dobbiamo sapere in che cosa consiste la ti snuncia che ci ® chiesta, dobbiamo sapere per qual mo- tivo siamo venuti in monastero, e che cosa sign Hebi ‘che petdamo perce pssiano cnfomare I a Yabito che portiamo -guendo esempio dei nostri Padi, ical 15. L’sbito che portiamo comprende una tunica sen- za , una cintura di le, uno scapolare e cocolla. Sono tutti simboli es mpatiamo i significato dei simboli del nostro abito*. erché portiamo una tunica sensa maniche? Tutt gli altri uomini portano tuniche con le maniche, perché noi non Je abbiamo? Le maniche sono simbali delle mani e fe mani indicano Page, Quando cance ci asa il pen. siero di compiete con le nostre mani opere che appar tengono all'somo vecchio, ad esempio Tubare, percuo- tere, o fare un qualsiasi peccato oon le mani, dobbiamo terri duno spill, della coca, del ranillo 9 dt un libro sul fig speed inverters soi di Dio» (Zosina, Alog 132 PG SE Mila i Dosteo 8 ; Spiegaions dei simbolismo delPabito monastica Dorot AL spina Evagio (PG 401220122). Ct. Casino De Int ‘coenob, T B fare attenzione al nostro abito, e riconoscere che non abbiamo maniche, cio non abbiamo le mani per com- piere le opere dell'uomo vecchio, Sulla nostra tunica ’@ un segno di porpora; che vuol dire il segno di porpora? Ogni soldato del re porta un segno di porpora sul suo mantello. Poiché infatti i xe si veste di porpora, tutti i suoi soldati porraao della porpora sul loro mantello cio® Pabito regale?, per indi- Care che i soldati appartengono al te e combattono per Tui; e cost anche noi portiamo un segno di porpora sulla nostra tunica per indicare che combattiamo per Cristo fe che dobbiamo patire tutto quello che lui ha patito € sopportato per noi. E infatti nostro Signore al momento della passione era vestito di un mantello di porpora (Gv 19,2) anzitatto in quanto te; perché egli é «il re dei re e Signore dei signori » (Ap 19,16); e poi in quan- to & stato schernito da quegli empi, E noi dunque che portiamo il ii porpora, promettiamo, come ho Aetto, di sofftite tutto quello che lui ha patito. E come i soldato non abandons il suo servizio per andarsene a fare il contadino o il mercante, perché verrebbe meno al suo compito, come dice ’apostolo: « Nessuno quando presta servizio militare si intralcia nelle faccende della vvita comune, se vuol piacere a colui che I’ha arruolato » (2 Tm 2,4), cost anche noi vogliamo lottare per non essere distratti dalle cose del mondo, ¢ occuparci di Dio solo, come dice Papostolo parlando della vergine, che si prcoceupa delle cose del Signoze assiduamente e senza distrazioni (1 Cor 7,3435). 16. Abbiamo anche una cintura; perché portiamo Ja cinture? La cintura che portiamo indica anzitutto che siamo pronti_al lavoro, Chiunque vuol lavorsre, difatti, comincia a cingersi e poi si mette a lavorare, come sta scritto: « Siano cinti i vostri fianchi » (Le 12,35). Vie 9° Cfr, Palladio, Historia Lausiaca, 32,3 (tad. it. in Palladio, La storia Lavsiace, Milano 1974, p. 152) dove i dice che { monsci di jo portavano sulla cocoa ua segno di porpora a forms ai croce. Aa anche un altro significato: come la cintura & fatta di pelle morta, cos) anche noi abbiamo messo a morte il nostro amore del piacere. La cintura infatti vien messa intomno ai fanchi; ora & qui che ci sono i teni che si dice siano Ia fonte dei de- sideri del’anima. Lo dice anche I’Apostolo: « Mettete a morte le membra che appartengono alla tetra, fornica- se impact a» Ae 3,5). 5 siamo uno scapolare; lo scapolare si mette a forma di croce sulle nostre spalle; cio® portiamo sulle nostre spalle il simbolo della croce, come sta scrit- er aa Ja tua as e hers {Me 16:24), Che cos’ Ia croce se non Ja morte perfetta che si compie in noi grazie alla fede in Cristo? Perché la fede, dicono i Detti dei Padti, ricopre sempre gli ostacoli © rende possibile quell’opera che ci porta alla motte perfetta, Questopera consiste nel crocifiggere se stessi a tutto quello che appartiene a questo mondo e dopo aver ab- bandonato i genitori, nel lottare anche contro Paffetto per loro € allo stesso modo non basta rinunciare alle ricchezze, ai beni, ed ogni altra cosa, bisogna rinunciare anche a sentirne il desiderio, come gid dicevamo. Questa é eee need . Prendiamo anche un cappuccio che 2 simbolo di umilta. Lo portano infatti i bambini piccoli, che non hanno malizia, gli adulti non portano il cappuccio. Noi Io portiamo per questo, per diventare come bambini quanto a malizia, come dice Papostolo: «Non siate co- me bambini nei giudizi, ma siate come bambini quanto a malizia » (1 Cor 14,20). Che significa essere bambini ‘quanto a malizia? I bambino che non conosce ancora il male se viene insultato, non of adita; 2c riccve onore, non se ne vanta; se gli prendiamo quel che 2 suo, non se ne tattrista; 8 bambino quanto a malizia; non testa attaccato a una pessfone, non ricerca Ia gloria. Il cappuccio anche un simbolo dell’amore di Dio; perché come il cappuccio ricopre e tiene calda Ja testa aed ino, cod anche 'amore di Dio ricopre la no- oy sto i Dees det Pade: all eappuc- So & simbolo delPamote di Dio nostro Salvatore che protegge Ia parte superiore dell’anima e circonda di cute H nostro essere bambini in Cristo difendendoci da quan- ti continuamente cercano di colpire e di far del male » ®. 19. Ecco, teniamo ai nostri fianchi Ja cintura, clo& ta morte delle concupiscenza irrazionale e sulle spalle lo scapolare, ciot la ctoce, Ed ecco anche il cappuccio, segno deilinnocenza e dellinfanzia in Cristo. « Vivia- mo dunque una vita conforme al nostro abito, come hhanno detto i Padri, per non portare un abito che ci estraneo >", ma come, abbiamo_sbbandonato cose, abbandoniamo anche le piccole; abbiamo onato il mondo, abbandoniamo anche le sue atttazio serché, come dicevo, le attrazioni del mondo anche Thite cose piccolissime, da nulla, veramente di nessun conto, ci legano di nuovo al mondo senza che ce ne pis crorgiamo. i; Ee tenque vogliamo essere completamente libe- si, inpariame a apecaire la nostra volonta e cost, poco Biota, eon Vatato di Dio avanzeremo ¢ arriveremo Tt piena liberazione dalle pasioni. Nulla infatti cosl utile all’vomo quanto spezzare la propria volont’; in Meats in questo modo si sorpassa quasi ognaltra vir. Game‘ 'uono che © in ago Sope oun cst ppunto tna via pit breve e la segue e per questa vie gua- Ups Yardoa: parce di strada, cost anche chi per- coe esta waa delo spezaare la proptia volont®. Spez- Zando la propria volonta infatti, si ottiene il distacco dalle cose e tramite il distacco si attiva, con Paiuto di Dio, alle pefetta « apéthela >", # possibile spezzare Doroeo rs cele momeso's oa il it npowo Sch civiene, Dorotia size unile di cuore, & Ia Uber spituale dei gl di Dio he hanno sestarato Fimmegine divina dent di sé, 76 dieci volte la propria volonta in un tempo brevissimos vi dico come. Uno sta passeggiando e vede qualcosa; il suo pen- siero gli dice: «Guarda I> ma lui risponde al suo pensiero: «No, non guardo» e speza cosi Ia propria volont’ e non guarda. Poi incontra altri che stanno lo € il suo pensiero gli dice: «Di anche tu que- sta parola» e spezea la sua volonta e non la dice. E di suovo il suo peasiero gli suggerisce: « Va’ a chiedere al fratello che 2 in cacina che cosa sta preperando » e lui non ci va e spezza la sua volonta. Vede una cosa e il suo pensieto gli suggerisce: « Chiedi chi Pha pottata», ma Jui spezza la sua volonta e non lo chiede. E se continva a fare cost, si abitua a spezzare la propria volonta e dalle piccole cose passer’ tranquillamente anche alle grandi © arrivera cosi a non avere pid una sua volont&; qua- Tunque cosa succeda, la accetta con pace, come se fosse stato Iui stesso a volerla. E cost proprio lui che non ‘vuole fare I propria volonta, si ritrova a farla sempre perché, dal momento che non ha volonta propria, ogni cosa che capita 2 sua volonti. E cost, come dicevo, si ritrova libero da ogni attaccamento alle passioni ¢ tra- mite questa Jiberazione dalle passioni ragpiunge I apé- >. 21. Vedete a quale progress ci conduce poco pet volta Jo spezzare Ja nostra volontt? Quale fu la gran- dezza del beato Dositeo! quale era stata Ia sua vita ptima di entrare in monastero! una vita di molleze e comodita, non aveva mai sentito dire una parola di Dio eppure avete sentito a quali altezze Jo hanso portato in poco tempo Ja sua fedele obbedienza e lo spex- zare la propria volonta; e sapete anche come Dio lo ha glorificato e non ha lasciato che la sua virti rimanesse nascosta, ma I’ha rivelata al santo Anziano, che lo vide stare in mezzo ai santi e godere della loro beatitudine ®, 1 Cir, Vita di Dositeo, 11, pp. 5859. 7 22, Vi racconto anche un altro fatto simile" avve- ruta in mia presenza, perché impatiate come Pobbedi Pilon avere voloni propria liberino Puomo perfino Galle morte, Una volta mentte eto nel monastero di abba Seridos, arrivd 1a un discepolo di un ‘Anziano lla regione di Ascalone per svolgere una commissione Gal suo abba, Dal suo Anziano aveva ticevuto Vordine Gi sientrare nella sua cella quella sera stessa, Nel frat- ‘tempo azriva un, fortissimo, una violenta piog- fia, tuonava e il torrente It vicino ea in piena; eppure Exel fratello voleva ripartire a motivo della parole del- PAnsiano. Noi lo preghiamo di restate, pensando che era im- possibile che potesse salvarsi se attraversava il fume; Toa quello non si lasciava convincete a restare. Finiamo per dire: « Andiamo con lui fino al fiume; come Jo ve- Bra, si decidera da solo a ritornare indietro». Ce ne fandemmo dunque con Iui e arrivati al fiume, quello si toglic le vest, se le Jega sopra la testa, cinge il mantello jntorno ai fanchi e si butta nel fiume in mezzo a quella terribile corrente, Noi stavamo Ii sbalorditi e terrotiz- ati temendo che motisse; ma quello. continuava a nuo- fare; si trovd in un attimo sul’altra riva, si simise le yest, si voltd verso di noi, fece una metania, ci salutd ese ne andd di corsa, E noi restammo meravigliati stupiti di fronte alla potenze della sua virth, perché mentre noi restavamo a guardare pieni di paura, lui ave- Ya attraversato i] fiume senza pericolo grazie alla sua obbedienza.. 23, Un fatto anzlogo accadde a un fratello che Pab- ba aveva al villogg’o da una certa petsona che faceva le commissioni pet Jui, per sbtigare alcune fac- ‘cende per il monastero, Quel fratello come si vide tra- Scinato ad una turpe unione dalla figlia di questa per- sona, disse soltanto: « O Dio, liberami, per le preghiexe 46 TI sacconto compare anche in sltre raccolte. Teodoro Studite xi- chiama questo episodio in una sua cetechesi. 78 del Padre mio! » e si trovd sullistante sulla strada di Scete, in viaggio di ritorno dal suo Padre". Guardate Ia potenza della virtd, guardate il potere di una parola! quale aiuto si riceve per il solo fatto di invocare 1a pre- ghiera del proprio Padre! solo per aver detto: « O Dio, per le preghiere del Padre mio, liberami! » si trovd im- mediatamente sulla strada, Considerate 1a loro umilta Jn loro fede! : __ Si trovavano in difficolta e l’Anziano voleva mandate 41 fratello da una certa persona nel villagsio, che faceva Je commissioni per loro. Non gli disse: «Va» ma gli chiese « Vuoi andare? ». E cost anche il fratello non rispose: «Vado » ma gli disse: «Fard come vuoi», petché temeva da un lato di cadere in qualche peceato, altro lato temeva di disobbedire al Padre. E poiché la situazione era sempre pid difficile, PAnziano sli disse: «Su parti! ». Non gli disse: « Spero nel mio Dio che ti protegger’ » ma: « Per le preghiere del Padre mio spero nel mio Dio che ti protegger’ ». E cos) anche il fratello pando si tov in tentazone, non disse: « 0 Dip mio, mi, ma dis io, reghiere del Pa dre mio, liberamil ». E cost anno df loro sponeva la sua fiducia nelle preghiere del suo Padre. Guardate come hanno unito I'obbedienza allumilta! Infatti come quando si attaccano a un catto i caval, i piss animeli ee srocedese Soseme altrimenti il carro ‘spezza, occorre Vo! ienza sia sempre compagnata dal! uni : sme & possibile meritare una grazia cost grande, se Ba'al ai fc cieleiee' camel uaare peers ie ppria volonta, se, dopo essetsi consegnati a Dio, non ci si consegna al proprio Padre, senza esitare in nulla, ma obbedencio in tutto come quei due fratelli, nella certexca di obbedire cost a Dio? lora si @ degni di ricevere mi- sericordia, degni di ricevere la salvezza. 3 Apofiegmi, Ammonio il Nitriota 3 ci i. em ate | lo sos 3 (Mort Ip. 19), sre se 19 24, Si racconta questo fatto", San Basilio, visitando i suai monaster, disse a uno degli ighmeni: « Hai nel monastero qualche fratello che sia sulla via della sal- Yenza? >. L’altro gli rispose: « Grazie alle tue preghiere, Eignore, vogliamo essere salvati tutti». Ma san Basilio gli chiese di nuovo. «C’® qui qualche fratello che sia Sulla via della salveza? ». E l'abba, che era anche lui in uomo spirituale, comprese ¢ rispose: «Siw. « Con- ducilo qui», gli disse il santo. Arrivd quel fratello e il Santo gli disse «Dammi di che lavarmi >. Tl fratello se ne andd e gli portd Loccorrentte per Javarsi. Dopo es- sersi lavato, san Basilio prese l'acqua e disse al fratello: acPrendi ¢ lavati anche tu». Il fratello senza obiettare ‘nulla, si lascid versare V'acqua dal santo; dopo averlo fost messo alla prova, san Basilio gli disse ancora: ‘, Non prdvo diatd alouna ttiblazione, non vi era mai nulla che mi preoccupasse, Come mi assaiva tun pensieto, prendevo la tavoletia e scrivevo all’An- ano. Gil ponevo domande per Iter, fat pina ‘essere a suo servizio, e non avevo ancora fnito di sczivere che git ne provavo conforto © glovamento, Non eecro) la Gairinnt preceztipestoneY ens} fal pans| | Matncn’ conotcevo Ja potenza della virtd, avevo sentito che la Scritara dice che ® necessatio attaversare molte tibo- lazioni per entrate nel Regno dei cel, e cost mi inquie- tavo perché non avevo tibolaroni. Ma come rivets ‘mio timore all’Anziano, mi disse: «Non tormencirt, fon © moti. Chiungue 1 afida=allobbedienza del Padei, gode di questa tranquillita e di questa pace ». 81 LUMILTA isse uno degli Anziani: «Prima di ogni altra cousins eek Aiitomila, dobbiamo. essere (eeu a chiedere « Perdonctemi» ad ognl patola che ‘civien detta, perché Tumilta annienta ogni inganno del- $ rtrsario »'. Qual & il senso profoado di questa pe- ‘ola dell’Anziano? Perché dice che prima di ogni altra Teen abbiamo bisogno dell'umilta e non invece: «prima Gi ogni altra cosa abbiamo bisogno di sobrietA »? Dice Sofa P'Apostolo: «Ogai atleta & sobtio in tutto» (1 Cor 9,25) 0 perché non dice: «Prima di ogni altra Cosa abbiamo bisogno del timore di Dio»? Difetti sta Seeitto: « Principio della sapienza 2 il timore del Signo- te» (Sal 110,10); ed anche «Il timore del Signore tiene lontani dal male» (Prv 15,27). E perché l’Anzia- no non dice: «Prima di ogni altra cosa abbiamo biso- pao di fare Pelemosina o ebbiamo bisogno della fede »? Tnfatti sta scritto: «L’elemosina ¢ Ja fede purificano i peccati» (Prv 15,27) ¢ Papostolo dice: « Senza Ja fede Petmpossibile piacere a Dio » (Eb 11,6). Se donque & im- ssibile piacere a Dio senza la fede, se I’elemosina e la je pica pci ete can il snore del Signore ic lont ann atte, come mai PAnziano d brig isn cose abbiamo bloga dun’ ln fe cose che pure ot oe PEVAnsiano wool faci capte che n€ il timore di Dic, ‘né il fare V’elemosina, né la fede, né la sobrietd né al- ne a oth mon possono essere realizate senza T'- 1 pote i abba Iuin (PE, 144, p. 160) 82 sono cosi necessa- | milta, Percid dice; « Prima di ogni altra cosa, abbiamo ogo dell’umilta e dobbiamo essere pronti a dire: ‘Perdonatemi!” ad ogni patola che ci vien deta, perché ‘Vumilta annienta ogni inganno del nemico e avversario ». 27. Beco, fratelli, vedete quel @ la potenza dell'umil- 18, vedete quale efficacia ha il dire: « Perdonatemi! », Perché il Divisore vien chiamato non soltanto nemi- co, ma auche avversario? Si chiama nemico perché odia Tomo, odia il bene, perché & sempre pronto a tendere insidie; si chiama avversatio perché cerca di impedire ogni opera buona. Uno vuol pregare? Il Divisore si op- pane, gliclo impedisce facendo nascere in lui pensieri malvagi, continue distrazioni, oppure gettendolo nel- Vacedia*, Uno vuol fare lelemosina? e il Divisore glielo con I'attaccamento al denaro, l'avarizia. Un alto vuole vegliare? Gliclo impedisce con la pigrizia ¢ Pindolenza; e cost si oppone ad ogni opera buona che ce:chiamo di fare. Per questo vien chiamato non soltan- 2 Lise indica scorssiamento, tstera e sconferto senes una cause precisa, Céx, Evagtio, Praktikes VIL (G40, 27580) «Il de- g il demote mevilat 211 pid opp atiamente il soonaco vero Tort cists, © {b wssefia fino llora otras Comin'a col - mente iflento gine del wl, tnty lento de sembrare 4 ‘di quatants ore. Dopo eninge | monaco a ce 0 ad sce cult cele ef oserete il Eortempor ‘vedere. fe guulche fratello venga a trovado... Quindl Jo assile con il dispusto eel porto, ita © deal impegni scelti,sezseceadogli con siderazioni eseun sian eo fom, demons ile Bede «| al Seo. Da aueste sopatstion, To spito ‘provocs el soliario ii desderio Gl vivere in altro huogo, dove pi) agewole sin tovsre il ‘dove Fimpeano asceico sia piv ewe Pest Bem io non dipende 83 EEE ‘co, ma anche avversario, Ed @ con Pumilta, dun- Bethe si possono ‘annientare tutti gli inganni del ne- pe Veromente grande infatti ? Pumilta. Tutti santi ann camminato nella via dellumilta e grazie a questa parm? fanno abbreviato il cammino, come sta scritto: farica Mie la mia umiliazione e la mia fatica e perdona Sgn mio peccato » (Sal 24,18). L'umilta infatsi, anche Ger fn pub fare entrare nel Regno dei cieli come diceva abba Giovanni’, ma pit lentamente. Uniliamoci dun- eRe un poco anche noi e saremo salvati e se non pos- sie sottoporci a grandi fatiche a motivo della nostra Jabolera, cerchiamo almeno di umiliarci. Ed io ho fede Stite miseticordia di Dio, ho fede che per il poco che fac- Bete in questa via dell'cmilt3, ci troviamo anche noi 18 Gave sono i santi che hanno ‘affrontato grandi fatiche cove ilo Dio. Si, noi siamo deboli e non possiamo sot ‘Spore! a grandi fatiche, ma non potremmo almeno umi- TT rate, beato chi possiede Pumilta! Grande @ Tamilta; ha deGnito molto bene chi pessiede Ia, vera romiltd quel santo che dice: «L’umilta non si adira Bove ad ita nessuno >‘, Sembra una cosa strana pet- The Pemilea si contrappone soltanto all’orgoglio, custo- Gisce Pucmo proprio dell’orgoglio € invece ci si adira ghche a motivo delle ticchezze e dei cibis come ® possi- Bile dire donque: «L’umiltd non si adira ¢ non muove A ite nesguno >? Grande 2 T'umilta come dicevo; he 4 potere di attizare nell’anima la grazia di Dio, E cost Ta praia stessa di Dio castodisce l'anima anche da queste alge due gravi passioni: perché c't forse qualcosa di pitt grave che adiratsi o irritare il ? Come ha detto Eyagtio: « E cosa assolutamente estranea al monaco I'an- dare in collera >’. E veramente se chi si adira non & 3 Giovanni il profeta Nic. 277. 1 Gorm eed 103) Naw 115. 5 Questo apoftegma non si trova sotto il_nome di Evagrio ‘citato da Zosima sotto il nome di Macario (PE 11,35, p. 112). 84 immediatamente soccorso dall'umilt’a, a poco a poco giunge ad uno stato demoniaco, turba continuamente gli altei ed & continuamente turbato. Per questo dunque quel santo dice: « L’umilta non si adira e non fa adirare nessuno ». 30. Ma perché mai dico che l’umilti protegge da quelle due passioni? Ma Pumilta protege anima da ogni passione e da ogni tentazione. Quando sant’Anto- nio vide tutti i tranelli tesi dal Divisore e chiese gemen- do a Dio: «Chi mai ne potra sfuggire? » che cosa gli rispose Dio? «L’umiltd vi potra sfuggire». E quale al- tra pelt meravigliosa aggiunse? « E non hanno presa su » Catissimo, vedi qual 2 Ja potenza, qual & Ia grazia della visth? Tn vert nulla be pid fora del'omila, niente pud prevalere su di essa. Se qualcosa di spiace- vole accade a chi @ umile, se Ja prendeta subito con se stesso, penseti di esserselo meritato; non si metter’d certo a tmmproverare peaeort ne a fare sicadete la colpa su qualcun altro. ‘insomme senza turbar- si, senza affiggersi, in piena pace. Per questo V'umilt’ non si adira e non muove ad ira nessuno. Per questo giustamente il santo ha detto: « Prima di ogni altra cosa abbiamo bisogno dell'umilta ». 31. Ci sono due tipi di umilta, cost come due sono i tipi di orgoglio. Il primo tipo di ongoglio si ha quando si disprezza il fratello, quando non lo si tiene in nessun conto e ci si giudica supetiori a lui. Ma se si sta attenti, se non si vigilanti, poco per volta si giunge al secondo tipo di ozgoglio che consiste nell’inorgoglirsi contro Dio stesso e nell’attribuire a se stessi, e non a Dio, quello che si 2 riusciti a fare di buono. Fratelli miei, in verit’ ho conosciuto una volta uno che eta giunto a questo stato pietoso. Alinizio quando un altro fratello gli sivolgeva la parola, Jo disprezzava; diceva: « E chi @ mai costui? Non ci sono che Zosima © Apoftegmi, Antonio 7 (Mortati I, p. 85). 85 i suoi discepoli. Poi comincid a provar disprezzo an- di loro e a dire: «Non c’® che Macario», Poco mai Basilio e Gregorio? fro e Paolo», Gli dissi: «In veriti, fratello, se vai avanti cosi arriveral a disprezzare anche loro». Crede- temi, poco dopo comincid a dire: « Chi 2 Pietro, chi & Paolo? Nessuno, non ¢’é che la Santa Trinita ». E infine diede prova d'otgoglio contro Dio stesso e fu Ia sua z0- yim, Per quest fal mi, dobbiamo lotte conso Ja prima specie di orgoglio perché non succeda che poco pet volta finiamo pet cadere nelVorgoglio totale e com- to. 32, Esiste poi un orgoglio tipico del mondo e un or- lio ti la vita monastica. L’orgoglio mondano consiste nell'innalzarsi al di sopra del fratello perché si & pid ricchi, pitt belli, perché si indossano vesti pitt belle 9 si & pit nobili di iui. Quando dungue ci accorgiamo di vantarci di queste cose 0 di essere orgogliosi perché i nostro monastero & pit grande, pid ricco 0 abbiamo molti fratelli, dobbiamo sapere che siamo an- cora immersi nellorgoglio del mondo. A volte si ot- gogliosi anche per i doni naturali: se ci si vanta, ad esempio, di avere una bella voce e di cantare bene i sal- mi, oppure di essere abili ¢ precisi nel lavoro’, di saper servite correttamente. Anche se si tratta di motivi pit: santi dei primi, questo 2 ancora Porgoglio del mondo. Lorgoglio tipico della vita monastica consiste nel vantarsi di fare langhe vedlic, di digiunare, di essere pii, di compiere sante pratiche ascetiche, di essere pieni di fervore o additittura nell’umiliarsi ma per riceverne 1. Questo 2 Porgoglic monastic, CS una differen- za: se proprio dobbiamo vanterci, vantiamoct per lo meno di cose monsstiche ¢ non delle cose del mondo. 1 Cir, Vita di Dositeo, 7, p. 55. 86 Ecco, abbiamo spiegato quali siano il primo e il secondo genere di orgoglio; e abbiamo parimenti definito Por- goglio mondano e quello della vita moaastica. V: ora quali sono i due generi di umilta, 353, Il primo genere di umilta consiste nello stimare il proprio fratello pit intelligence € superiore in tuttos in una parola, come disse quel santo nel « mettersi al di sotto di tutti», Il secondo genere di umiltd consiste nelPattribuire a Dio tutto quello che tiusciamo a fare, Questa 2 Yumiltd perfetia dei santi, che nasce natural. mente dalla pratica dei i. Accade infatti come alle piante cariche di frutti; i frotti fanno piegare i rami verso terra, i rami che non portano frutti invece salgono dititti verso alto. Ci sono alcune piante che non danno frutto, finché i loro rami si innalzano verso il cielo, ma se si prende una pietra e la si appende ai rami per trascinarli verso tetra, allora canno fratti, Cost avviene anche all’anima: quando @ umiliata, porta frat- to, e quanto pid porta frutto, tanto pid si umilia, poiché quanto pid i santi si avvicinano a Dio, tanto pitt si tico- noscono peccatori?, 34. Ricordo che un giorno patlavamo dell’umiltd; un notabile di Gaza ci senti dite che quanto pid ci si avvicina a Dio, tanto pit ci si riconosce peccatori e pie- no di stupore ci chiese: « Come & possibile? ». Gli ri sposi: « Signore, tu che sei una persona importante, chi pensi di essere nella tua cittA? » « Mi considero il pitt grande, il primo della citta ». Gli chiesi: «E se te ne vai a Cesarea, chi penseresti di essere? » «Mi considererei sictcpottets sti stematics XV.82 (Morte p- 293, Cf. anche aS ere 3 ewe Iensiero & con Dio. B cosa grande invece vedere s¢ stesi el di sotto i ogni ceeatura. Questo infattie la fatica del corpo conducono al Ponited » (Mortaci 1, p. 165). |? Cir, Apoftegmi, Matoés 2: « Tl padre Matols disse: ‘Quanto pit Yaomo ai avvicina a Dio, tanto pid i vede pecetore. Ll profeta Issa dnl cuando vide Die, pocamb micelle impo» (Morr I, P. 87 infetiore ai grandi che stanno Ia». Gli dissi: « E se an- dassi ad Antiochia? come ti considereresti? » Mi rispo- se: «Mi considererei un provinciale », Gli dissi: «E a Costantinopoli, vieino allimperatore, 18 chi ti sentire- sti? » Mi rispose: «Mi considererei un miserabile ». E allora gli dissi: «Ecco, cosi sono i santi; quanto pit si avvicinano a Dio, tanto pitt si siconoscono peccatori. ‘Abramo quando vide il Signore, si defind terra ¢ cenere (Gn 18,27). E Isaia disse: ‘Misero e impuro sono io’ (Is 6,5). E cost anche Daniele nella fossa dei leoni, quando venne Abacuc a portargli da mangiate dicendo- li: ‘Prendi il cibo che Dio ti ha mandsto’ che disse? Cost esclamd: ‘Dio dunque si 2 ricordato di me?” (Dn 14,3637). Vedi quale umilt& possedeva il suo cuore! Era nella fossa con i leoni eppure non gli facevano al- cun male, né la prima né Ie seconda volta (Dn 6 ¢ 14) € nonostante tutti questi pieno di meravi- "Dio dunque si 2 ricordato di me?” ». 95. Vedete Pemilta del sant, vedete qual 2 la di sposizione del loro cuore? E pure quando Dio li man- dava in aiuto agli uomini rifistavano per umilta, perché volevano sfugaire ad ogni gloria, Se si getta uno strac- cio sporco addosso ad un uomo vestito di seta, questi cerca di scansatlo per non sporcare le sue vesti prezio- se; cesl anche i santi, rivestiti delle virti, cereano di rifuggire Ja gloria degli uomini per non essere mac- chiati, Ma chi desidera Ia gloria assomiglia ad un uomo nudo che & sempre in cerca di un pezzo di stofia qual- siasi o di qualsiasi altra cosa per ricoprire Ja sua inde- cemza; cost anche chi 2 mudo di virth, cetea la gloria de- eli uomini. T santi, dunque, inviati da Dio in aiuto ogli altri non accettavano per umilt’. Mose anzi diceva: «Ti prego, scegliti un altro che sia capsce; io scno bal- impacciato a patlare » (Es 4,10). E Geremia dicevs: «Sono troppo giovane! » (Ger 1,6). Gid lo di- cevo: ciascuno dei santi insomma aveva raggiunto que- 88 sta umilt& perché metteva in pratica i comandamenti. Nessuno pud esprimere a parole in cosa consista questa uumilta, 0 come nasca nell’anima, se non Ja si ® appresa con Vesperienza; nessuno pud apprenderla a pazole. 36. Un giorno abba Zosima stava parlando dell'smil- 18 un professore di retorica, che era [8 con Ini, sen- tendo le sue parole, desiderava capime con, precisione ir senso ¢ gli chiese: « Dimmi, come & possibile che tu nsideri peccatore? non sai che sei santo, adorno di vvirti? guarda come osservi i comandamenti! Tu che fai ueste cose, come puoi considerarti peccatore? ». L’An- ziano non rivsciva a trovare una risposta, ma si limitava a ripetere: . Beco quest’Anziano ci ha aperto gli occhi, ci ha fatto ppereepire qualcosa dell'umilta e ci ha indicato la via per raggiungetla. Ma nessuno pud dire come sia 'umilta © come nesca nell’anima; come ho ripetuto spesso, non 2 possibile comptenderla con un ragionamento, se non abbiamo merita‘o di apptenderla con le nostre opete. I Padri ci hanno perd detto che cosa ci conduce all's Nei Detti dei Fadsi" si zacconta che un fratello chiese all’Anziano: « Che cos’e I’umilt&? » e I'Anziano rispose: «L'umilta 2 unfopera grande e divina; Ja via dell'umilta 2 una via di fatica per il corpo, fatiche compiute con di- soernimento; @ mettere se stessi al di sotto di ogni crea- tara e invocare Dio senza sosta». Questa ® la via del- Tumilta; ma Pumilta & divina e sfugge ad ogni com- prensione, 4 Apoftesmi, Agatone 29: «Raccontarono che il padre Agatone alcatel cenbles oye conccnsy sa lb non iabar ‘cisions, imbraceave per pia 4] remo; quando dei fall si reea- ‘yano ui, sobita dopo Ta. preghiera-appazecciava la tavola can le ani. Eis infatt Prono dame di Dy. Quando fu vicno alls mor: i fmoobil. fratelll Jo soo -comandament }; ma sono un uomo, Come posso sapere se la fn opets @ stata gadita « Dio? ». «Non bal dutta nelle tue opere — dicono i fratelli - che esse siano secondo Dio? ». Dice loro l'anziano: ‘Non mi sento sieao di lla fino a che non avrd incontato Di} una cosa infatti @ il giadizio di Dio ¢ un'altra quello degli uomini », fon pula pie ache sono ccipalos. mod nal lla Lo ve fon peslermal pi sono occupato»- Seto lie a ilo nslPategiementa Slut pop ami agen, Avova argo sande ‘ogni cosa, @ soleva dite: Mer ee Tuomo ‘pon ‘Progredisce nemmeno in ae » (Mortari I, 1 Apottega see sstatin XV,82 (Mortatip. 93) 90 38. Perché dice che le fatiche del corpo portano anima all'umilta? Perché le fatiche del corpo sono una virth per anima? Mettere se stessi al di sotto di tutti infatti, Pabbiamo gia detto in precedenza, & il modo per combattere Ia prima forma di orgeglio. Se ci si mette al a sotto di tutti, come & possibile . Ma & im- 98 possibile giungere al perfetto timore, se non si passa prima per quello iniziale’, 48. Sono tre i modi, come dice san Basilio, con cui possiamo piacere a Dio*. Possiamo piacergli per timore del castigo, ¢ siamo cos} nella condizione di servi, op- pure pensiamo di riceverne un guadagno, © cost fac ‘mo tutto quello che ci viene ordinato in vista del nostro vantaggio e in questo senso siamo come dei mercenari oppare facciamo il bene per se stesso e siamo nella con- dizione del figlio. Quando il fglio infatti ariva all’eta di ragione non fa la volonta del padte per timore del ca- stigo 0 pet ticeverne una ricompensa, ma per amore, € mantiene pet lui Pamore e il rispetto dovuti a un padte nella convinzione che tutto cid che appartiene al padre & suo, Costui merita di sentirsi dire: « Non sei pid schia- vo, ma figlio ed erede di Dio tramite Cristo » (Gal 4,7). Costui, come dicevamo, non teme pit Dio di quel timo- te iniziale, ma ama, come dice sant’Antonio: « Ormai on temo pid Dio, To amo», E quando il Signore dopo che Abramo gli aveva sacrificato il figlio gli disse: «Ora so che tu temi Dio» (Gn 22,12) voleva patlare di quel perfetto timore che nasce dell’smore. Come avrebbe potuto dire: «Ora so...>? Perdonatemi, quali opere aveva compiuto Abramo! Aveva obtedito a Dio, aveva ebbandonato tutti i suoi beni, se ne eta andato in terra straniera, in mezzo ad un popolo idolatra dove rnon vi era nemmeno traccia del culto di Dio, e per di pid) aveva sopportato anche la terribile prova’ del sacti- ficio del tglio, e dopo tutto questo Dio gli aveva detto: « Ora so che tu temi Dio »; & chiato che intendeva par- Tate del timore perfetto, quello dei santi. I santi non fanno pitt la volonta di Dio per timore del castigo 0 per ricevere una ticompensa, ma perché lo amano, come ho 4 Cfe. Cassiano, Collationes XI,13 (S.C. 54, p. 15) 2 Basilio, Proem. in Reg. fs, tract. (PG 31,896B). 3 Apaftegii, Antonio 32: Il padce Antonio disse To non temo Dio, lo amo, Perché amore eaccia il timore » (Mortari I, p. 92). 99 ripetuto pit: volte, e temono di fare qualcosa contro la volonta di colui che amano. Per questo lapos « L’amore scaccia il timore ». I santi non agiscono pit timore, ma temono per amore. — Peg, Questo 2 il perfetwo timore; m4, come gid di- cevo, non & possibile raggiungere il perfetto timore se non si ottiene prima il timore iniziale. Sta scritto infa ‘Principio della sapienaa ® il timore del Signore » (Sal 110,10) e ancora: « Principio e fine 2 il timore di Dio » (Brv 1,7; 9,10; 22,4). La Scrittura chiama « principio » ore iniziale; poi c’ il timore perfetto, quello dei seati, I dimore’inisele & quello che proviamo, ac Come Ia vernice protegge i lo, cost ques Ccastodiace cuore da ogni male; infat sta srtto: « Cal timoze del Signore ci si allontana dal male » (Pry 15,27). Chi dunque si allontana dal male per pauta del castigo, come lo schiavo che ha paura del padrone, poco per volta giunge anche a fare il bene, ¢ facendo il bene, poco per volta, comincia a sperare di ricevere una ti- compensa pet le sue opere buone, come il metcenario, Quando poi continua a fuggite il male, come 0, pesfiinore come lo schiavo, ¢ oe a compiere 7 nella speranza di ricevere la ricompensa come mercenatio, se con aiuto di Dio persevera nel bene € attacca sempre pit il suo cuore a Dio, finira per gustare il vero bene, ne fard espetienza e non vorri separar- sene mai pit. Chi ormai, come dice ’apostolo, pot’ se- paratlo dall’amore di Cristo? (Rm 8,35) ¢ allora attiva alla misura di amore del Figlio e ama il bene per se stesso e teme perché ama, Questo & il grande ¢ perfetto timore, 50. Per questo anche il profeta, per insegnarci la differenza tra questi due generi di timore, diceva: « Ve~ nite, figli, ascol:atemi, vi insegnerd il timore del Signo- ze» (Sal 33,12). Meditate con cura ogni parola del pro- feta, come ogni parola abbia un senso profondo. Anzi- tutto dice: « Venite a me» e ci invita alla virtt, Poi 100 aggiunge anche: «Figli>; i santi chiamano figli quelli che si sono laiciati trasfigurare dalla loro parola, ab- bandonando il male per avvicinarsi al bene, come dice ¥apostolo:, «ali mici,che fo di nuovo parosiso nel dolore finché non sia formato Cristo in voi » (Gal 4,19), Poi, dopo averci chiamato ed invitato a questa trasfigu. zazione dice: «Vi insegnerd il timore del Signore >. Vedete come ci parla il santo, con quale franchezzal Noi, quando vogliamo fare qualche discorso spirituale, cominciamo sempre col dite: « Volete che ci mettiamo a discutere, a meditate sul timore di Dio 0 su qualche altra visti? ». Ul santo profeta non fa cost, con tutta franchezza ci dice: « Venite, fgli, ascoltatemi, vi inse- gnerd il timore del Signore. ‘Chi 8 'uomo che’ vucle la vita, che vuole vedere giorni felici? » (Sal 33,13). E come se qualcuzo gli rispondesse: «Si, lo voslio, inse- gnami come vivere € vedere giomni felici », Io istruisce con queste parcle: «'Trattieni la tua lingua dal male ¢ Te tue labbra da parole di inganno » (Sel 33,14). Ecco recide ancora Ia pratica del male tramite il timore di Dio. «Tratteneze la lingua dal male» significa non fe- rire in nessun modo Ia coscienza del prossimo, non par Jar male degli altti, non i « Custodire le labbra da parole di inganno » 2 non ingannare mai il prossimo. Poi dice ancota: « Allontanati dal male ». Prima ha par. ato di alcuni peccati in particolare: parlar male del fra- tello, ingannarlo..., € giunge poi al male in generale: « Allontanati dal male », cio8 fuggi semplicemente ogni male, allontanati da tutto quello che ti pud trascinare al peccato, Ma il profeta non si 2 limitato a queste pa- role ¢ poi ba taciuto, ma ha aggiunto: « E fa il bene » perché a volte & possibile non compiete ingiustizie, ep- Pure non aver misericordia, non provar odio per nes- suno eppure vivere senza amare. E dunque ha ben detto il profeta: « Allontanati dal male e fa il bene ». Ecco, ci fa vedete cuei tre stati successivi di cui par- lavamo prima: con il timore di Dio il profeta ci ha gui 101 dato lontano dal male, ci ha spinto a salite verso il bene. Chi 8 ormai reso degno di non compiere pitt il male e di fogeirlo, viene naturalmente guidato dai santi a com- piere il bene. Dopo queste parole il profeta ne fa seguire molto opportunamente altre derivanti da queste «Cer- ca la pace e perseguila » (Sal 33,15). Non ba detto sol- tanto: «Cerca», ma, petseguila, corrile dietro per im- padronirtene. 51, Meditate queste parole, vedete con quanta pre- cisione ci parla if santo profeta. Quando qualcuno & reso degno di allontanarsi dal male © con aiuto di Di si sforza di compiere il bene, subito il nemico, il Divi- sore, lo assale e gli fa guerra. E allora lotta, soffte, tormentato! non solo perché teme di ritornare di nuovo 1 fare il male, come dicevamo dello schiavo, ma anche spera fa ricompensa del bene, come il mercena- Ho, In questa lotta, in questo combattimento corpo a Corpo con il nemico, continua a fare il bene, ma in mezzo a grandi tormenti . Ma quando Dio gli man- de il suo afuto, quando comincia abitualmente a fare il bene, allota intravvede il riposo, allora poco a poco prova la pace, allora percepisce quale sia il tormento della lotta e quale sia Ja gioia e la felicitd della pace. E cos} cerca questa pace, si sforza di ottenerla in ogni modo, si affretta a cercare di raggiungerla, per poterla prendere e possederla pienamente, pet farla dimorate nel suo cuote. Quale felicitd pit grande che Varrivare a questo stato? Costui, 'abbiamo gia ripetuto pit volte, & nella condizione di figlio. Veramente «beati quanti fanno la pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). E chi potra dire che costui fa il bene per altro motivo che non sia per la gioia del bene per se stesso? Chi conosce questa gioia, se non chi I'ha provata? Co- stui allora conosceri anche ill timore perfetto, come spesso abbiamo detto, Ecco: ora sappiamo in cosa consiste il perfetto timore dei santi ¢ in cosa consiste il timote iniziale, quello che 102 sroviame sppiamo che cosa ci fa fuggire e dove i fa attivare il timore di Dio. Ora vogliamo apprendere come si forma in noi il timore di Dio e che cosa ce ne separa. 52. I Padri hanno detto che I'uomo ottiene il timore i Dio mantenendo viva Ia memoria delle morte e del castigo’, chiedendosi ogni sera come ha trascorso la giornate ¢ ogni mattino come ha passato la notte, guar- dandosi dall'essere sfrontato’, at i ad un uomo che abbia timore di Dio. Si racconta infatti che un fra- tello domandd a un Anziano: «Padre, che devo fare per avere il timore di Dio? » E l’Anziano gli disse: « Va, attaccati ad un uomo che tema Dio, e standogli vicino, per il fatto stesso che lui teme Dio, insegnera anche a te a temerlo»', Noi invece scacciamo lontano da noi il timore di Dio perché ci comportiamo in modo opposto, non teniamo viva la memoria della morte e del castigo, non badiamo a noi bea ci interroghiame sul nostro modo di vivere, ma ‘viviamo superficialmente in compagnia di gente superficiale e lasciandoci andare a dire e fate qua- Tungue cosa: e questo 2 il male pegeiore, 8 la completa ovina. Che altro infatti allontana dalPanima il timore di Dio pit che il lasciarsi andare a dire e fare qualunque cosa? Per questo abba Agatone, interrogato su quest'ar- gomento, disse che Veccessiva liberia & come un vento ‘ Apoftegmi Cronio 3: «Un fratello disse al : I ert let re tr i fg. vga We we ee ee dice Vanziano ~ ritirandosi da occupazione ¢ Ped oe pesado conte ace aca elon e alga di Di Mortar 9 308 5 Lett. guardandosi dalla perresia, Questa parola etimologicamente sips ie tatto >, Ne soho dria due ces in sels pontivo dns non dat a Do aan gc co eprine Iecesive Uber @ perca eo ompotamen i bente, Ia Scorer sicurezza c. tise, aioe —_ peor i temine vene usta in seo postivo una sola volta ‘nel § 50 qui tradotio con l'espressione « senza esi © Apoltcen! Poomen 65 (Horan Il, p. 99). 103 bruciante che quando si leva, fa fuggire tutti davanti a lui distrugge i fratti degli alberi’, Vedi, catissimo, qual 3 la forea il forore di una passione? Chiesero di nuovo ad abba Agatone «Ma allota & cosi dannosa !’eccessiva liberta? » Rispose: «Non esi- ste una passione peasiore di questa; 2 la madre di tutte Je passioni ». Molto giustamente e con grande s disse che leccessiva Ibert’ & madre di tutte le pessioni; infatti essa scaccia dall’anima il timore di Dio. E se col timore di Dio ci si tiene lontani dal male, allora dove non c’é timore di Dio, lt regna ogni passione. Dio ci li- beri dalla rovinosa passione della sfrontatezzal 53. Questa sfrontatezza si presenta sotto molte for- me, Ci si pud permettere troppa libert nel parlare, nel nostro modo di comportarci o addirittura di guardare: per sfrontatezza si atriva a dire stupidaggini, a far di- scorsi mondani, a dire una battuta dietro T'altra ¢ a provocare risate sconvenienti; 2 sfrontatezza toccare qualcuno senza necessiti, allungare le mani su un fra- ‘ello per divertitsi, daze spintoni 0 togliere qualcos dalle mani del prossimo 0 guardarlo in modo sfacciato. Tutto questo nacce dall’essere sfrontat ayviene perché non c’é nell’anima il timore di Dio; e da qui_poco per volta si arriva perfino al disprezzo totale, E per questo che Dio quando diede i comanda- menti della legge, dis disse: «Rendete rispettosi i figli di Tstaele » (Lv 15,31). Perché se non c’ rispetto, non & possibile rendere onoze a Dio, né fare attenzione an- che ad un solo comandamento, di qualunque si tratti. Per questo non c’é niente di pit terribile della sfronta- tezza che & madre di ogni passione, perché scaccia il ri- spetto, scaccia il timore di Dio, genera il disprezzo. B perché avete sfrontatezza pli uni con gli altri che vi sver- gognate a vicenda, sparlate gli uni degli altri, vi fate del male, Come uno di voi vede qualcosa che non va, subito va a patlarne con gli altri e a gettarlo nel cuore 7 Apoftegmi Agatone I (Mortari I, p. 114). 104 i un altro fratello; in questo modo fa del male non solo a se stesso, ma anche al fratello perché semina un veleno maligno nel suo cuore. E spesso il fratello era immerso nella preghiera, 0 in qualche altra opera buo- na, e quello azriva e gli offre un argomento di cui chiac- chierare, e cost non solo gli impedisce di continuare nel bene che sta facendo, ma lo induce in tentazione. Enon c'é nulla di pit grave di questo, nulla di pit dannoso che fat del male non solo a se stessi, ma anche al prossimo. 54. Fratelli, siamo rispettosi, temiamo di far del male a noi stessi e agli alti, onotiamoci l'un Paltro e sforziamoci di non disprezzarci a vicenda perché anche questo, come ha detto un Anziano, una forma di sfron- tatezza, E se qualcuno vede il fratello commettere un peccato, non ne abbia disprezzo, non resti neppure in silenzio lasciando cosi che il fratello si perda, non lo sicopra neppute di timproveri, né parli male di lui, ma pieno i compassione e di timote di Dio vada a riferire quel che ha visto a chi @ in grado di correggere il fratello, oppure parli Ini stesso con amore e umilt’ dicendogli: «Perdonami, fratello mio, non sono molto attento ma credo che in questa cosa non ci stiamo comportando be- ne». E se non ascolta, lo dica a un altro che, a suo pa- rere, ha pit confidenza con Jui, oppure ne parli a chi presicde alla comunit’ o all’Abba a seconda della gra- vita della cosa ¢ non si inguicti*, Ma, ho gia detto, parli proponendosi di corneggere il fratello e non per . far Pettegoler, pe calunnario o dlisnezztl, 0 come si suol dire, perché serva di esempio anche agli altri, o per condannarlo, fingendo di agire per il suo bene, men- ‘re in cuor suo non ha affatto quest’intenzione. In verit’ se parla all'abba ma non perché vuole la corresione del fratello © perché ne ha patito danno, allora pecca; si tratta di maldicenza, Esamini il suo 8 Cle, Letera TI, p. 232, 105 cuore: se vi discerne che una qualche passione Jo agita, non dica nulla, Ma se vede con chiarezza che vuole par~ Tate perché ba compassione del prossimo e vuole esser- ali utile, ma di lui un pensiero passionale gli & i impedimento, confidi all’abba con umilt’ il male suo Pepe aoraiusns he vnls peliee perc ato rende testimonianza sidero . ta avverto abche che dentro di me si mescola qualche pensiero generato dalla pas- sione. Non so, forse & perché una volta ho litigato con questo fratello o forse ® un qualche pensiero inganne- ole che wuole impedirmi di patlare © di far st che lf tello si cotzegge, non Io so neppure io». E cos) sard Yabba stesso a dire se @ bene parlare oppure no. ‘A volte capita di patlare ma non per essere utili al fratello o pezché se ne ha patito danno o si prova ran- core canto di Ini, ma semplicemente perché si 2 trasci- nati da parole dette a vanvera. A che servono queste chiacchiere? Spesso il fratello viene a sapere che si patlato di Iui e ne resta turbato, cecosi si angoscia esi aggitnge ancora altro male a quello gia compiuto. Ma quando si parla per essere utili al fra- , come dicevamo, e solo per questo motivo, Dio non che ne nasca turbamento, non permette che ne derivi tribolazione 0 danno aleuno. 55. Gia lo dicevamo, state attenti, vegliate sulla vo- stra lingua, Nessuno dica parole cattive al suo prossimo, non lo ferisca né con Je parole, né con gesti o atteggia~ menti o in qualsiasi altro modo. Non siate suscettibili non inguietatevi appena un fratello vi dice una parola, ton rispondetepli male, non restate in collera con lui. Non son cose degne di uomini che lottano pet ottenere In salvezze, Acquistate il timore di Dio, ma insieme al timore il rispetto. Quando vi incontrate, ciascuno pieghi Ia testa di fronte al fratello, come dicevamo, ciascuno si umilii davanti a Djo e davanti al fratello © spezzi Ia propria 106 volonti in favore del fratello, E davvero bene fare cost, cedere al fratello ¢ rendergli onore noi per primis. chi & pronto a cedere avra un guadagno maggiore dell’atzo. To non so se mai mi & capitato di far qualcosa di buono, mn se sono ato tein Tonto aul male, so questo futo non ho mai preferito me stesso al mio fratello, ma bo sempre messo il fratello davanti a me. 56. Una volta, quando ero ancora nel monastero di abba Setidos, il fratello che serviva I'anaiano abba Gio- vanni, compagno di abba Barsanufio, si ammald e abba Seridos mi mand® a servie Vanziano, To che gid abbrac- iavo Ja porta della sua cella dal di fuori, come si adora Ja Croce preziose, quanto pit: adoravo questo servizio! E chi non avrebbe desiderato di poter servire questo santo? Diceva cose meravigliose; ¢ ogni giorno, quando avevo finito di svclgere il mio incarico, facevo une me- tanta per congedarmi e andarmene e abba Giovanni mi diceva sempre q cosa. L’Anziano era solito ripe- tere quattro « parole » ogni sera; come gi dicevo, quan- do stavo per andarmene, mi diceva una di queste parole. Diceva cost: «Una volta per tutte, — aveva Pabitudine di iniziare sempre cosl ogni suo discorso — una volta per tutte, fratello, Dio custodisca amore, I Padri han- no detto: « Rispeitare la coscienza del prossimo genera Tumilta »®, Un’altra sera mi disse: « Una volta per tutte, fratello, Dio custodisca Pamote! I Padri hanno detto: «Non ho mai anteposto la mia volont a quella di mio fratello». Un’altza volta di nuovo mi disse: «Una volta per futte, fratello, Dio custodisce Vamore. Fuggi tutto quello che viene dell'uomo e sarai salvato >, # Anofiepmi, Isi, Logos XVTA (PG 40,1480), ‘V'Eunuco_ “el padre Giovanni raccontd: ‘ai anteposto il alo ‘ ea alpine Me dss ‘Fuga’ al wom cant eaters Rrsalone eon i uocua E Waves» Gore Hp 25 107 i nuovo mi disse: «Una volta per tutte, fratello, Dio custodisca I'amore. Portate i pesi eli uni degli altzi e cost compirete Ja legge di Cristo » (Gal 6,2). La sera, quando me ne andavo, I'Anziano mi ripeteva sempre wna di queste quattro parole, cost come si da i viatico a chi parte ed io serbavo queste parole perché ai anstedsero per tuts Ja mia vite ‘Ma nonostante avessi tale confidenza con il santo fossi cosi contento di essere al suo servizio, appena av- verti che un fratello sofftiva perché avrebbe deside- rato essere lui a servire ’Anziano, andai a trovare I’ € lo pregai dicendogli: « Padre, se Jo ritieni cosa buona, trovo che per questo servizio sia pit adatto quel tal fratello ». Ma né Vabba n€ J’Anziano accettarono. To avevo fatto tutto il possibile perché il fratello fosse messo davanti a me, F, nei nove anni che passai nel monastero di abba non mi risulta di aver mai zivolto una parola cattiva a qualcuno; eppure avevo tun incatico da svolgere, Jo dico perché non si pensi che non ne avessi alcuno. Credetemi, so bene che cosa mi fece un fra- tello! "Un glomo mi segul dal infer fino alla chiesa coprendomi di insulti ed io continuai a camminare da- vanti a Iui senza dirgli neppure una parola. Ma Pabba Jo venne a sapete, non so chi glielo avesse raccontato, ¢ voleva punite quel fratello, ma io restai ai suoi piedi pregendole: «No, per amore del Signore, colpa mia; che male ha fatto? » E di nuovo, un altro fratello sia per- ché stava subendo qualche tentazione, sia perché era un uomo semplice e zotico, Dio sa perché, per un certo tem- po di notte urinava vicino alla mia testa cod che mi inondava letto. Alllo stesso modo, altri fratelli venivano ogni giorno ig fig, Ji Mente er ancora a cont, il padre, Arsenio prop) Bose sera tari 1, 97). 108 a sbattere Je loro stuoie davanti alla mia cella ed en- ‘travano nella mia cella cos] tante cimici che non riuscivo ad ucciderle; erano cos numerose a causa del gran caldo, Poi quando andavo a dormite, si avventavano tutte su di me, Ero cosi stanco che mi addormentavo subito, ma quando mi svegliavo, mi trovavo completa- mente divorato in tutto il corpo. Eppure non dissi mai: «Non fare cosi! » 0 « Ma perché fai questo? ». Non mi risulta, come ho gia detto, di aver mai detto una parola che potesse ferire o far del male a qualcuno. Imparate anche voi a portare i pesi gli uni degli alti (Gal 6,2), imparate a xispettarvi a vicenda, E se a qual- cano capita di sentire una spiacevole 0 di dover sopportare qualcose che non gli piace, non si lasci su- bito scorageiare, non si isrti subito; al momento della lotta, quando gli viene offerta un'occasione di crescita spitituale, non si faccia trovare con il cuore disattento ¢ nepligente, senza forza, incapace di sopportare la mi- nima provocazione. Non assomigliate ai meloni che mar- ciscono subito appena son toccati da un sassolino da nulla, Cercate di avere un cuore saldo, paziente, il vo- stro amore vicendevole sopporti tutto, qualsiasi cosa accada. 58. Se ricevete un incatico o vi trovate a dover chie- dere qualcosa al giardiniere oppure all’economo 0 al cuoco 0 a qualsiasi altro fratello che lavori con voi, cer- cate, sia chi chiede sia quello che ha Pincatico, di re- stare nella calma, di non lasciarvi turbare, di non farvi trascinare a moti di antipatia o ad altre passioni; badate di non fare la vostra volont’ in nulla e di non cercare siustificazioni per il vostro comportamento cost da al- Tontanarvi dal comandamento di Dio. Di qualsiasi cosa si tratti, disprezzatela, non preoccupatevi. Certo V'indif- fetenza & cosa cattiva, ma non vale propio la pena di Jase! subere Ia pace da une facomde quale, non vi le alla propria anima, i venite a capo di quella faccende a 109 Dungue in qualsiasi situazione, fosse pure estrema- mente seria e grave, non voglio che facciate mai nulla per spirito di contesa, lasciandovi turbare; state certi che qualsiasi cosa fate, grande o piccola che sia, come ho detto, non @ che Vottava parte di quello che cerchia- mo nella nostra vita, ma conservare la pace anche se ‘non riusciamo a svolzere bene il nostro compito, & la meti, quattro ottavi, di quello che cerchiamo. Vedete quanto ¢ gtande la differenza! 59. Quando dungue avete un incarico da svolgere e volete svolzerlo bene, alla perfezione, siate pieni di zelo nel compierlo, e cosi realizzerete Vottava parte, ma cer- cate pure di conservare la pace, ¢ realizzerete la meta 0 i quattro ottavi. Ma se per adempiere al proprio inca- rico si viene inevit trascinati a deviare dai co- mandamenti o si finisce per far del male a se stessi o agli altri non 2 certo cosa buona perdere la meta per salvare un ottavo. Se vedete qualcuno comportarsi in questa maniera, sappiate che non assolve il suo compito con saggezza: continua a litigate e a totmentare se stesso el prossimo solo per orgoglio, per desiderio di piacere agli altti, per sentitsi dire, ala fine, che non c'é nessuno che faccia le cose meglio di Ini. Ma che bravo! Ma que- sta non @ certo una vittoria, fratelli miei, & la sconfitta, il disastro totale! Ecco io vi dico che se affido un qualche incarico ad uno di oi e costui si accorge che questo lavoro & fonte di turbimento, che gli procura solo danno, lasci per- dere; budate anon far del male né a voi stessi, né agli altri, lasciate stare quell’incarico, badate soltanto a non turbervi a vicenda, Ve I'ho gia detto, in questo modo perderete Ia met& per compiere un ottavo; non satebbe certo una cosa ragionevole! 60. Non vi dico questo petché subito vi perdiate d'animo ¢ lasciate perdere quel che state facendo, per- ché tinunciate ¢ trascuriate qualsiasi faccenda mettendo a tacere fa vostra coscienza pur di non avere pit preoc- 110 cupazioni. Né ve lo dico perché vi rifiutiate di obbedire cisscuno di voi dica: «Non posso farlo; mi sarebbe di danno, non mi conviene ». Con queste scuse non vi ‘assumereste mai alcun incarico e non potreste mai adem- piere ai comandamenti di Dio. Vi ho detto questo per- ché cerchiate con tutte le vostre forze di svolgere ogni incatico nelP”amore, sottomettendovi umilmente gli uni agli altri, onorandovi ed esortandovi a vicenda. Niente ha pitk forza delPamilta; se uno di voi a un certo mo- mento vede che il suo fratello @ turbato 0 si accorge di essersi lasciato turbare, Iasci perdere, cedete Puno allaltro, non insistete fino a che ne nasca del male, L’ho ripetuto migliaia di volte, molto meglio che la fac- non sia svolta secondo i vostri desideri, ma se- cando le possibilita del momento e non per ostinazione © per pretesa di aver ragione, anche se vi pare che ci sia motivo di inquietarvi ¢ turbarvi a vicenda e perdere cost la meta, i quattro ottavi. E ben diverso il danno che se ne ticava! Capita spesso di perdere anche Pottava parte senza fate assolutamente niente; questo accade a chi agisce per spitito di contesa, er principio, se facciamo qualcosa @ perché ne vo- asliamo trarre qualche vantaggio; ma che cosa guadagne- emo se non siamo capaci di umiliarci gli uni di fronte agli altri? Ma anzi al contrario ci turbiamo e affliggiamo a vicenda. Sapete che cosa si dice nei Detti dei Padri: «Dal nostro prossimo vengono la vita e la morte »®. Meditate sempre queste cose, fratelli, riflettete sui detti dei santi Padri. Sforzatevi nell’amore e nel timore di Dio di cercare quanto giova a voi stessi e agli altri. 2 Apoltegni, Antonio 9: «Disse ancora: B dal prossino che ci vengono la vita ¢ ia motte, Perché, xe giadagniamo i fratello, & Dio che guadagniamo, € se scandalizziamo il fratello, @ centro Cristo che no (Moran pr 9), “Salle de protiow che avver il gin, La pusbole del giudizio & presente in filigrana in questo testo: il fratello & identifi- ‘eato con, Cee coasted ee detto di abba Feri i ee Dito > (ioe tat Typ. 148; Apdo 3). mere lo ui E cost qualsiad cosa accada potrete trame profitto progredire con Paiuto di Dio. Dio stesso, il nostro Dio, Pamico degli uomini, ci faccia dono del'timore di Dio perché sta scritto: «Temi Dio e custodisci i suoi co- ti; questo & compito di ogni uomo» (Qo 12,13). 112 v NON BISOGNA AFFIDARSI AI PROPRI GIUDIZI 61. Sta scritto nel libro dei Proverbi: «Colui il quale non ha chi Jo guidi, cade come una foglia; la sal veuza sta in un gran numero di consigli » (Prv 11, a4). Esaminate il senso di queste parole, fratelli; vedete ch cosa ci integna la Santa Scrttar: ‘ci mette in guardia perché non contiamo su noi stessi, non ci siteniamo saggi, non crediamo di essere capaci di esser guide macstzi a noi stessi, Abbiamo bisogno di aiuto, dopo Dio, abbiamo bisogno di pessone che ci guidino, Non C2 niente di pitt miserabile e fragile di chi non ha nes- suno che lo guidi sulla via di Dio. Che cosa dice la Scrittura? « Chi non ba nessuno che lo guidi, cade come una foglia». Da principio la foglia sempre verde, ri- gogliosa e bella, poi, poco per volta, secca e cade © finisce pet non farle attenzione e calpestatla. Cost anche all’ non ha nessano che io & sempre pieno di zelo e di fervore per i digiuni, le veglie, la eine Yobbedienza e ogni altra opera buona; poi poco per volta Ventusiasmo ini- ziale si spegne; se non = nessuno che lo guidi, che ali- menti e tiaccenda quel fervore, inaridisce senza nep- 1 Gls, Pallado, Hist. Laue 27,1; «Un alto ancora cham To- ‘vita difficile a narrasi, per non dite impos {papers si ere exteniato dlVinsegnameato © dalla compagita dal Yue dt gomini sant, © anche dala la pagecipone conte eg ‘per allontan ‘punto di alfermate che els Ca so repel ala eee sae epee ‘egli ® andato errando sino ad oggi per iy ant aa tn coe vin, exe pio dae, questa sorte lomeo a causa della sua folle presunzione, eecondo quanto io gid cade se fol’ (cd chen P. 143), 113 accorgersene, cade e si trova in potere dei nemici She fanno ci lui totto quello che vopliona. ‘Ma di quelli che rivelano i loro pensieti ¢ che chie- dono consiglio in tutto quello che fanno, la Scrittara dice: «La salvezza sta in un gran numero di consigli». Non dice «un gran numero di consigli » perché chie- diamo consiglio a tutti, ma perché chiediamo consiglio in tutto, evidentemente, a colui in cai dobbiamo aver piena confidenza; e non dobbiamo tacere alcune cose dimne altre, dobbiamo dize tutto, e chiedere consiglio, fome ho detto, su tutto. Per chi si comporta in questo modo, le salvezza sta vetamente in un gran momero consi 2. Infatti se P'uomo non sivela tutto quanto vi dentro di lu, sopratauto se be abbandonato da poco ana vita di cattive abitudini, il Divisore trova in lui una vo- ont propria o una pretesa di autogiustificazione e su- bito se ne serve per farlo cadere. ‘Quando il Divisore infatti vede che uno non wole ppeceate, non 2 cos} sprovveduto nella sua malvagita da Suggeritgli cost immediatamente wn peccato chiaro e ma- rilesto. Non gli dice: « Va a prostituirti» o «Ruba». Sa che non vogliamo far queste cose ¢ non insiste a ri- peterei quello che non vogliamo, ma, come dicevo, ap- pena scopre che abbiamo anche una sola volonta prooria 0 una pretesa di autogiustificazione, se ne serve a nostro Genno, con pretesti apparentemente ragionevoli. Per (questo sta ancora scrito: «Tl Maligno fa del ‘male quando @ accompagnato da pretese di giustizia » (Prv 11,15)*, Tl Maligno 2 il Divisore; fa del male quando si bnisce a pretese di autogiustificarione, ciot alle no- tre pretese di autogiustificarci. Allora diventa ancora pitt forte, il danno che pud fare 2 maggiore, pud agire con pid energia, 2 La frase citata da Doroteo ® tatta du Pry 11,15 dove perd si dice: «11 Maligno fe del male quando si associa al giusto », Do:oteo ‘itando a memoria ha cambiato un po! i testo. 114 Quando infatti ci attacchiamo alla nostra volonta ¢ , Se Puomo labbardona, anch’egli dira: Nel mio Dio scavalcherd it ‘moro. Me se alla voloid concore a protest et glut, Toomo si ‘Procura slilizione » (Mortari II, p, 96). us Sng il Nemico lo fa cadere come vale. Per questo ta sctitto: « Il Meligno fa ill male, a accompagnato da una pretesa di giustiia; epi odia la parola che am- ‘monisce » (Prv 11,15). 7 64. Sta sctitto: «Beli odia la parola che ammoni- sce» perché il malvagio non solo odia la parola stessa che lo ammonisce, ma non ne sopporta nemmeno la vo- ce, anzi, odia la parola stessa che ammonisce, cio® il fatto stesso che si parli per fare un'osservazione. ‘Mi spiego: prima ancora che chi chiede consiglio sull'utilita di quello che vuol fate faccia qualcosa, prima ancora di sapere se osservera o meno quello che gli vien detto, il Nemico odia il fatto stesso di chiedere € ascol- tare consigli utili; non sopporta nemmeno di sentire queste parole e se ne va. Ve ne spiego il motivo: sa che pet il solo fatto che si chieda o si parli delPutilita di quella cosa, verra scopecto il suo disegno malvagio non C8 niente che odi e tema tanto quanto Pessere to, perché in questo modo non pud pid tendere tzanelli come gli pare. Se infatti I’anima si mette al si- curo tivelando tutto © ascoltando da qualcuno che sa: “Fa questo, non fare quest’altzo; questa cosa @ buona, quesaltea non & buona, questo & solo un tentativo di autogiustificarsi, quest’eitzo & volont& propria» e an- cora: « Non & il momento di fare questa cosa» e un’altra volta: «2 ota il momento giusto », allora il znon troverd pid uo’occesione per procuratle danno, non sapri come farla cadere, pesché, come dicevo, si las guidare in ogni cosa ed & al sicuro da ogni parte. ‘ st: toecee I Malve trova in un gran numero di consigli». Invece il Malva- lo non vuole questo 1o odia perché voole fare il male € gode soprattutto di chi non ha nessuno che lo guidi’. Perché? perché «cade come foglia ». 4 Apoftegm, Poemen 101: «Ua fratello chiese al padre Poemen: Porch goa resco 0 term nel des agit aezioi 1 miei pene isd?” Dice a lai Feaulanor "Il padze Giovanni Nano dise che di 116 65. Vedi, il Malvagio amava quel fratello di cui patld pure ad abba Macario: « Ho un fratello che come mi vede, si contotce come il vento’, Son questi gli uomini che il demonio ama, di questi gicisce, di queste persone che non hanno nessuno che li guidi, che non si affidano a chi, dopo Dio, pud aiutarli e dar loro una mano. Non andd forse da tutti i fratelli quel demonio che il santo Macario vide, un giorno, catico di file piene di golosita? Non le offs! a tutti?’ Ma ciascuno di oro avvertt che si trattava di un tranello, corse a ma- nifestate i suoi pensieri, ¢ cosl tovd aiuto nel momento della tentazione © percid il Malvagio non ebbe forza contro di loro, non trovd che quel fratello che si fdava di se stesso, e non aveva nessuno che Jo aiutasse, se ne burld, ¢ se ne andd via ringraziandolo e maledicendo ali altsi. Ma come raccontd la cosa a san Macatio e gli disse il nome del fratello, il santo corse da Iui, e scopr) il motivo della sua rovina. Vide che non voleva confes- sate i suoi mali, che non eta abituato ad aptire il suo cuore; & per questo che il Nemico lo faceva gitare come voleva. Il santo gli chiese: «Come va, fratello? ». Ri- spose: «Bene, graze alle rue preghere». Di nuovo gli ese: «Non ti fanno guerra i pensicri? », Rispose: «No, per ora sto bene» e non voleva confessare nulla, finché il santo riuscl sapientemente a convincerlo a dire quel che aveva nel cuore. Lo fertificd con Ia parola di Dio e se ne titornd indietro. Il Nemico come d’abitu- dine, ritornd volendo farlo cadeze, ma ne restd svergo- gnato. Lo trovd saldo, trovd che non si Iasciava pren- dere in giro e se ne andd dunque senza aver fatto nulla, svergogtato anche da questo fratello, E cost quando di santo gli chiese di nuovo: «Come sta quel fratello tuo amico? » non lo chiamd pit amico, ma nemico, e lo ma- Iedisse dicendo: « Anche Iui se ne va lontano da me, alla nezicogode tanto come di chi non manifesta isi pesieri» (Borat Tp. 108) eer Fhpoftesti, Macasio 3 (Mortasi IL, p, 12). 17 anche lui non mi da pit retta, anzi & diventato il pitt selvatico di atti ». 66. Vedi perché il Nemico « odia Ia patola che am- monisce »? Perché desidera sempre la nostra rovina, Vedi perché ama quelli che ripongono in se stessi la oto fiducia? Perché collaborano con il demonio, e cosh si ingannano da soli‘, Per conto mio, non conosco altro motivo di caduta per il monaco che il fidarsi del proprio cuore. Alcuni dicono: «L'uomo cade in peccato per questo o per quest’altro motivo », ma io, come ho detto, non ho mai visto altra caduta che non sia dovuta a que- sto, Vedi uno cadere? Sappi che contava su se stesso. Non c’ niente di pid: grave che contare su di sé, non % niente di pid dannoso. ‘Dio mi ha protetto ¢ ho sempre temuto questo pesi- colo, Quando mi trovavo nel monastero di abba Seridos, confidavo tatto all’Anziano, ad abba Giovanni e mai, come ho detto, mi permettevo di fare qualcosa senza chiedere il suo parere. A volte il pensiero mi diceva: «Non sara questa la risposta dell’Anziano? Perché mai infastidirlo? » ma rispondevo al pensiero: «Si male- detto tu e il tuo discernimento, maledetta la tua intel- ligenza, Ja tua prudenze e Ja tua scienza! Quel che sai, te ha rivelato il demonio », E me ne andavo a interro- gare I’Anziano; a volte mi tispondeva proprio come ave- vo pensato e allora il pensicro mi diceva: «E allora? B quello che ti avevo detto, non. eta inopportuno che tu scomodassi PAnziano? ». Ma io rispondevo: « Ora va bene, ora questo viene dallo Spirito santo, Quel che viene da te 2 male, viene dai demoni, & generato dalle passioni >. E cosi fon mi permettevo mai di seguire un mio pen- siero senza chiedere consiglio, Credetemi, fratelli, vivevo in grande pace, senza preoccupazioni, a tal punto che 6 fr, Apofteami Antonio 37: «Ho visto monaci dopo molte fa- Ses Co Seared des aoe I pore uo ef ol fo crnuncicel'» (Mora 1, p. 94) 118 mi dispiaceva ¢ mi sembra di avervene gid detto il mo- tivo" Sentve dire itd ches «E acsoenrio ateares sare molte tribolazioni per entrate nel Regno di Dio » (At 14,22) e invece vedevo che non avevo alcuna tribo- Tazionel Ed avevo paura, ero tuzbato perché non cono- scevo la causa di questa pace, finché non me lo spiegd T’Anziano: «Non essere turbato, Chiunque si afida ai Padri e fa loro obbedienza possiede questa pace e que- sea calma >. 67. Fratelli, abbiate cura anche voi di chiedere sem- pre consiglio e di non contare su voi stessi; ¢ imparate quale calma, quale gioia, quale pace, porta con sé Pati darsi ai padti! __ Ma poiché vi ho detto che non ero mai turbato, sen- tite anche che cosa mi gccadde un giorno. Mi trovavo ancora 12 nel cenobio (di abba Seridos); una volta mi assall una tristezza immensa, insopportabile, exo cos) af- fitto ¢ scoraggiato, che sembrava quasi che dovessi esa- Jare Pultimo respito, Questo tormento eta un inganno dei demoni; una prova simile nasce dalla gelosia dei demoni, 2 une prova molto dura, ma di breve darata: si 8 avvolti di tenebre, non si trova consolazione slcuna, né un attimo di pace, si @ vinti dall’angoscia e dall’ap- Pressione... ma subito viene nell’anima la grazia di Dio, altrimenti nessuno potrebbe sostenere una prove del ge- nere. Immerso, come ho detto, in questa prova ¢ in ues engosci, me ne stave un giozo nel core del monastero scoraggiato, supplicando Dio per questo, € al'improvviso guatdo in chiesa e vedo una persona: era vestita come un vescovo, portava un mantcllo d’er- mellino ed entrava nel santuatio. Non mi avvicinavo ‘mai a-un estraneo senza necessit’ o senza esservi man- dato, ma questa volta qualcosa mi spingeva e lo seguii. Rimase in piedi per un certo tempo, con le mani tese al cielo. To, dietro a lui, pregavo pieno di timore perché il vederlo mi aveva riempito di paura. Quando termind 7 Cir. § 25, p. 80. 19 Ja sua preghiera, si voltd, venne verso di me e pitt mi si avvicinava pit avvertivo che la tristezza e la paura mi Invciavano, Poi, come si ferm> davanti a me, tese 1a ‘mano, mi toccd i petto e Io batté con le dita dicendo: ‘Con pazienza ho atteso il Signore e si 2 piegato su di me, ha prestato ascelto alla mia preghiera e mi ha fatto tuscire da un lago di miseria e dal fango. Ha posto i miei piedi sulla roccia e ha reso saldi i miei passt. Ha messo sulla mia bocca un canto auovo, una lode al nostro Dio » (Sal 39,2-4). Ripeté per tre volte questi versetti e in- tanto, come ho gid detto, mi batteva il petto, e poi se ne andd. Subito il mio cuore fu pieno di luce, gioia, consolazione, : mi trovai diventato un altro! Uscii di corsa dietro a Iui per cercarlo ma non lo tro- vai; eta sparito, Da quel momento, per misericordia i Dio, non ricordo di esser mai pili stato tormentato a tristezza o paura, ma il Signore mi ha protetto finora per le preghiere di quei santi Anziani. 68. Vi ho raccontato queste cose per farvi vedere di quale pace, di quale calma, di quale tranquillita. go- dano quelli che non contano su se stessi ma si affidano a Dio, e a quelli che, dopo Dio, possono guidarli. Qui regna il bene, Pumiltd, Ie pace, Ia gioia! Perché tormen- tarsi invano? Non 2 possibile rageiungere la salvezza in altro modo. Ma forse qualcuro sta pensando: che deve fare chi non ha nessuno cui chiedere consiglio? In realta Dio non abbandona mai chi vuole veramente con tutto il cuore la sua volonta, ma lo guida sempre secondo il suo volere, $i, davvero, se uno indirizza realmente il suo cuore alla yolonta di Dio, Dio da luce a un bambino perché gli dica Ia sua volonta. Ma se qualcuno non de- sideta sinceramente la volonti di Dio, anche se va da tun profeta, Dio metze nel cuore del profeta una risposta conforme alla malvagita del suo cuore, come dice 1a Scrittura: «Se un profeta si lascia sedurre e fa una profezia, io, il Signore, ho sedotto quel profeta» (Ez 120 14,9), Per questo dobbiamo inditizzarci con tutte le no- stre forze alla volonti di Dio, e non fidarci del nostro cuore, Se una cosa & buona é sentiamo un santo dite che & buona, dobbiamo considerarla tale, senza fidarci pet questo di noi stessi perché ormai Ia facciamo bene, come deve essere fatta. Ma dobbiamo fare del nostro meglio, e poi riferimne di nuovo per sapere se Pabbiamo fatta bene, e ancora dopo tutto questo non dobbiamo esser tranquilli, ma attendere arche il git i Di come quel santo, abba Agatone. Gli chiesero: « Anche tu hai timore, padre? » rispose: «Ho fatto quel che potevo ma non so se la mia opera & stata gradita a Dio. Una cosa infatti 2 il giudiéo di Dio e uraltra quella wor Dio ci protegga dal peticolo di contare su nol stessi e ci accordi di custodire fermamente la via dei nostri Padi! * Apoftegmi, Agatone 29 (Mortari I, p, 122). 121 VI NON BISOGNA GIUDICARE IL PROSSIMO 69. Fratelli, se ricordassimo Je patole dei santi An- ziani, se continuassimo a meditarle, difficilmente ca- dremmo in peccato, difficlmente trascuteremmo di ba- dare a noi stessi. E se, come essi ci hanno detto, non disprezzassimo le piccoie cose, che sembrano di nessun conto, non cadremmo in gravi peccati*. Ve lo ripeto sempre, queste cose che di pet sé non sono gravi, dire ad esempio: «Che c’8 di male in questo e in quello » genctano nell’anima cattive abitudini, e poco per volta si comincia a disprezzare anche le cose importanti. Hai visto che peccato grave & givdicare ill prossimo? Che 2 di pit grave? C’e forse qualcosa che Dio odia di pit, da cui si volge via con pid ortore? Anche i Padri hanno detto che non c’é niente di pegeio del giudicare il pros- simo%; eppure da queste cose di per s¢ insignificanti, si ariva ad un mae cost grande, en i sospetta simo fer piccole cose, si dice: Che e di male st ascolto quel che dice quel fratello? Che male ©’ se anch’io dico una parola? Che c's di male se guardo quel che fa quel fratello 0 quell’ospite? ». E si comincia cost a dimenticare i propri peccati ¢ a inte- ressatsi del prossimo; e da questo nasce il giudizio sul prossimo, la maldicenza, il disprezzo e si finisce cos! 1 Cfr, Basilio, Piccole Regole 4: «Non un iota, non un apice della egge cadrh, ha dichiarato il Signore, prima che tutto sia compiuto, ‘hn agsicurato che ali vomini dovranno rendere conto, nel giomo del ‘giodizio, di ogni parola infondata che banno detto. Petco non onsidersre nulla come senza importanca, perché chi disprezea qualec ‘6, ne yeteh dispremato. D'altronde, quale colpa oseremo Tie. 15 te [Apotco he det che wioehd i lege a ofende Dio?» (PG 31,1084C), Apoficgrai, Naw 97 (Mortati p. 381). 122 per cadere in quegli stessi peccati che si condannano negli altri. Se non si pensa ai propri mali, se non si piange, come dicono i Padri, sul proprio morto*, non & sibile correggersi, si sta sempre a guardare quel che ‘a il prossimo. Non c’é nulla che irriti tanto Dio, non ?® nulla che riduca tanto ’'uomo a uno stato di spogla. I ‘alone e di abbandono da parte di Dio quanto’il fatto | di pocr male del prossimo, di giudicarlo o di disprez- | tzatlo. 70. Altra cose 2 infatti parlar male, altra cosa giu- dicare e altra cosa disprezzare. Parlar male & dire di uno: ‘eI tale ha mentito », oppure: « Si & adirato », oppu «Ha fornicato », e cost via. Sié gia parlato male di lui, cio? si sono dette parole cattive sul suo conto, si & par Jato del suo peccato, spinti dalla passione. Giudicare invece & dire: «Quel tale 2 un bugiatdo, & sempre in collera, 2 un fornicatore ». Ecco, si & giudi- cata la disposizione stessa del suo cuore, ci si pronuncia sull'intera sua vita, si esprime un giudizio su di lui e Jo si giudica in base a questo giudizio. E questo & grave. Altra cosa @ dire: «Si adirato », altra cosa 2 dire: «E un womo itoso» ed esprimere cosl un giudizio su tutta la sua vita, Giudicare é un peccato gravissimo, pit grave di ogni altro, al punto che Cristo stesso ha detto: « Ipoctita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere 1a pagliuzza dall’occhio 3 Apoftegmi, Most 18: «Conclusione di tutro questo &: non giu- dicare Ht prossino. Tnfatt quando fa mano del Signore vecse ogni Peete Dice fell feels «Che oom Sere quose? « ctigae, “aie Fain — che, se presiamo ations smart ‘Tests peccath non vellamo quel: del pressino, Saicbbe Colla se un womo che hw in ease il proocio morte, lo lace, per andare 8 plangere dctt'aeco» {Mortar My p- 38). ‘Poemen 6: « ll padte Poeinen disse: ‘In un certo Taogo wi etan0 de grin nin were un mete, Lio ie fru et e fangere quello deleliro», A quesie parole Tunziano fa proso da compunsion®, af ramment) ici che wrern fatto © dice: Feegpen, bain ti, ma fo gh gel tere» (Nor p. fl). 123 pig! del tuo fratello » (Le 6,42). Il Signore ha paragonato il eccato del prossimo a una pagliuzze, il givdicare invece 4 una trave, tanto grave & giudicare il prossimo, peccato iti grande forse di qualsiasi altro, Anche quel fariseo che pregava e ringraziava Dio per le opere buone che aveva compiuto, non mentiva, diceva Ja veritt: ma non & per questo che fa condannato, Dobbiamo infatti rin- graziare Dio per il bene che ci ha concesso di fare, per- [tat ha para cor eek aan Noa fa done que condannato per aver detto: «Non sono come gli al- tzi uomini » (Le 18,11), ma quando, rivolgendosi verso i] pubblicano, disse: «NE come questo pubblicano », qui commise un grave peccato; diede un giudizio sulla sua stessa persona, sulla disposizione del suo cuote, in- somma, su tutta la sua vita. E per questo il pubblicano se ne and® vie giustificato a differenza di quello. 71. Non c’ peccato pit grave e terribile, come dico spesso, del giudicare il prossimo. Perché piuttosto non giudichiamo noi stessi ¢ i nostri li che conosciamo cosi bene ¢ di cui dovremo render conto a Dio? Perché vogliamo metterci al posto di Dio ed esser roi a giudi- cate? Che cosa pretendiamo dalle sue creature? Non dovremmo tremare sentendo quel che & accaduto 2 quel grande Anziano? Aveva saputo che un fratello aveva fornicato e aveva detto: « Quanto male ha fatto! » Non sapete quale storia terrficante si racconta su di lui nella Vita e Detti dei Padri*. Un santo angelo portd davanti a Jui Panima del fratello che aveva peccato ¢ gli disse: «Ecco, colui che tu hai giudicato, 2 morto. Dove vuoi che Io mandi, nel Regno o al castigo eterno? ». Vi & forse una responsabilita pit: terribile di questa? Che voleva dire Pangelo all’Anziano se non: «Dato che tu sei il giudice dei giusti e dei peccatori, dimmi comandi per questa anima? Vuoi farle misericordia 0 ‘vuoi castigatla? ». uel santo Anziano rimase cosi sconvolto da passare 4 Apoftegmi, Isacco di Tebe 1 (Morteri I, p. 289). 124 il resto della sua vita in gemiti lactime e mille fatiche, supplicando Dio di perdonargl il suo pesato, E quests fece dopo che si era prostrato con la faccia a terra ai piedi dell’angelo e ne aveva ricevato il perdono*, Le parole dell’angelo infatti: « Koco Dio ti ha mo- strato quanto sia grave giudicare il prossimo; non farlo ‘mai pit » erano un segno di perdono. Ma |’Anziano non si ro id consolare da quella sua afflizione, fino a quando mon. 72. E noi che cosa ptetendiamo dunqse dal prossi mo? Perché vogliamo portare un peso che non ci spetta? Abbiamo di che preoccuparci, fratelli! Ciascuno badi a” se stesso e ai propri mali. Solo a Dio spetta giustificare e condannare, a Ini che conosce la situazione di ciascuno, i sue forze, i] suo pea di ry i eal a suo temperamento, le sue possibilitd e giudica scuno secondo tutto quello che Iui solo tones Dio fatti gindica in modo diverso un vescovo o uo principe, Vigimeno e il discepolo, ’Anziano e il giovane, chi malato e chi 8 sano. E chi pud conoscere questi gindizi, ‘se non colui che tutto ha creato, che tutto ha plasmato e he tutto conosce? 73. Ricordo d’aver sentito che una volta accadde gee fatto, Giunse in una certa citta una nave catica i schiavi. Viveva in quella citta una santa vergine che si preoccupava della sua salvezza; senti che era arrivata quella nave e ne gio perché pensava di comperare una Bambine piccola piccola. Cost ragionava tra sée sé: «La prendetd, In educherd come voglio io, senza lasciarle conoscere 1a malvagitt di questo mondo». Mandd a jamare il padrone della nave e trovo che aveva pro- ptio due bambine piccole piccole, che rispondevano. si suoi desideri e subito, piena di gioia, pagd ill prezzo do- ‘vuto € prese con sé una due bambine, Tl padrone della nave eta appena uscitn dalla essa di quell: santa, 5 Quest'ukima parte del reccoato non. compere nell'spoftegma, 2 pervenuin a Doroteo tit la edie onde 125, avera fatto solo pochi passi, quando incontrd una mi- serabile commediaate. Questa donna vide Valtra bam. bina che era con lui e desidetd comperarla ¢ la prese; si accordd sul prezzo, pagd e se ne anda con Ja bambina. Vedete il mistero di Dio, vedete il suo giudizio! Chi tebe spiegare questo mistero? La santa vergine prende una bembing, la educe nel timore dt Dic’ Ie insegna ogni opera buona, Ia istraisce sulla vite mona. Oe Je offre insomma il buon odore dei comandamenti li Dio, La commediante invece prese quell’altra poverina per famne uno strumento del diavolo, E che altro poteva iasconarkalefuallal ceeecgcistatesiieenVelrsvina cella) sce anima? Che possiamo dunque dire di questo terribile giudizio? Tutte e due erano piccole, tutte e due furono esse in veodita senza sepete a chi sarebbero andate, ef'una si trovd nelle mani di Dio, Plea eadde in quelle del diavolo. E forse possibile sostenere che Dio richiede Je stesse cose all’una e allaltra? Come potrebbe? E se tutte e due cadono nel peceato di fornicazione, 0 in qualche altro peccato, anche se il peccato @ identico, & possibile sostenere che vengano giudicate con la stessa misuta? Come si pud concepire una cosa del genere? Luna apprese quanto riguarda il giudizio e il Regno di Dio, e giorno e notte meditava la parola di Dio, V'altra infelice non vide né ascoltd mai niente di buono; tutt’al- PeeMreseases farlin feacrmeenee|deddamoniol!Efcocme|> possibile che sia tichiesto a tutte e due lo stesso rigore? 74, L’aomo dunque non pud saper nulla dei giudizi di Dio, ma Dio solo capisce tutto e pud giudicare cia- scuno, come fui solo sa, In veritA pad succedere che un fratello nella sua semplicta faccia quelcosa e quell'unica cosa 2 gradita a Dio pid che Ja tua vita intera, e tu ti fai suo gindice e Io condanni? E se pure pli capita di peccare, come puoi sapere quente lote ba sortenato, uante volte ha verseto il sangue prima di fare il male? Forse il suo peccato & computato a siustizia agli occhi 126 di Dio, perché Dio vedendo Ja sua pena, il torr ite he ba patio prima di fare il male ne ha mi ita © nrdia e Jo petdore. E se Dio lo perdona, tu oseresti condan- narlo perdendo Ja tua anima? Che ne di quante Jacrime a versato davanti a Dio per questo suo’ pec } cato? Tu hai visto i lel suo» ~pentimento. _A volte non ci accontentiamo di giudicare, ma arti- viamo anche @ disprezzare, L'ho gia detto: una cosa in- fatti ® giudicare, altra cosa disprezzare, Disprezziamo un fratello quando non solo lo giudichiamo, ma ne provie. mo anche disprezzo, ciot detestiamo il pzossimo, ne ab- biamo disgusto come fosse qualcosa di ripugnante ed & cosa peagiore e molto pit grave che il giudicare. _ 75. Ma chi vuol essere salvato non bada nemmeno ai peccati del prossimo, pensa sempre ai propri, e cost fa propresi, Come ad ésempio faceva quel monaco che vide il fratello peccare e disse :, «Guai a me! ha peccato Jui, domani io sicuramente ». Vedi che prudenza! Vedi com’era ben disposto il suo cuote, co- me ha trovato subito il modo di evitare di giudicare i fratello! Dicendo: « Sicuramente domani peccherd io »*, si @ inculeato timote e inguietudine per il peccato che avrebbe potuto compiere e cosl ha evitato di giudicate il prossimo. Ma non si 2 limitato a non giudicatlo, si & abbassato al di sotto del fratello, dicendo: «Lui si pente del suo peceato, io invece non mi pento certa- mente, non ci arrivo di certo, non ho proprio Ia forza di pentirm: », Vedi Ia luce che riempie quest’anima vina. Non solo ha potuto evitare di giudicare il prossi- mo, ma si pure messo al di sotto di lui. E noi, mise- rabili creature, giuclichicmo, proviamo avversione per ali alte, Ii disprezziamo se ci capita di vedere, 0 udite, 0 anche solo di sospettare qualcosa. Ma quel che & pegsio, non contenti del male che facciamo 2 noi stessi, appena incontriamo un altro fratello, gli diciamo subito: «B Apoftegni, Naw 327. 127 accaduta questa cosa » € cosi facciamo del male anche a Tui e seminiamo il peccato nel suo cuore, Non abbiamo timore di colui che ha detto: « Guai a chi fa bere veleno al suo prossimo » (Ab 2,15). Ma noi facciamo le opere del diavolo e non ce ne importa nulla. Che altro fa un demonio se non turbate e far del male? E noi aiutiamo il demonio ad operate Ia rovina nostra e del prossimo. Chi fa del male ad un’anima infatti aiuta il demonio nella sua opera, chi invece le fa del bene opera con i santi_angeli. 76. Ma da dove ci vengono tutti questi mali se non dal fatto che non abbiamo in noi l'amore? Se avessimo in noi l'amore unito alla compassione e pena, non ci cu- reremmo di quardare ai peccati del prossimo, come dice anche Ja Scrittura: « L’amote non tiene conto del male, tutto copre...» (1 Cor 13,5-6) e «L’amore copre una moltitudine di peccati » (1 Pt 4,8). Se noi dunque, come ho detto, avessimo in noi ’amore, I'amore stesso copri- rebbe ogni peccato; e noi saremmo come i santi quando vedono i difetti degli uomini. Non son certo ciechi i santi, cost da non vedere i peccati. E chi odia il peccato tanto quanto i santi? Eppure non odiano chi ha com- meso il peccato, non lo giudicano, non fuzyouv lontano da Jui, ma ne hanno compassione, lo consigliano, lo con- solano, hanno cura di lui come di un membro malato, fanno di tutto per salvarlo. Quando i pescatori gettano I'amo in mare e prendono tun grosso pesce, se sentono che si dibatte e si agita, non Io tirano subito sulla barca: la lenza si spezzerebbe e tutto andrebbe perduto; ma gli danno abilmente del filo ¢ Io lasciano andate, dove vuole; appena sentono che il pesce si ormai stancato, che il suo vigote si & calmato, ‘cominciano «a tirare il filo poco per volta. E cost anche i santi con Ja loro pazienza ¢ il loro amore attirano a sé il fratello e non lo cacciano via a calci, disgustati; ma, come una madre, se ha un figlio deforme, non I’sbban- | inorridita, ‘ma yolentieri 1o adorna e'fa tutto il “per conteagerlo al to: dla de. male ad aliti e per crescere Pamnore a O © Der ste possibile per pre ck i ba pect derlo bello, cost i santi protegao 10, se, ne prendono cura mi Che fece il santo Ammonas’ quando i fratelli turbati vennero a dirgli: « Vieni a vedere, abba, c’8 una donna Z co di quel fratello »? Quale misericordia dimo- strd, ysale amore aveva in cuore quel santo! Saj che il fratello teneva nascosta la Sonate la Botte ¢ quando attivd, si sedette sopra la botte e diede ordine che cercassero per tutta la cella. Ma i fratelli non la trovarono e allota disse loro: « Dio vi perdoni »; ¢ cost Hi svergognd e li aiutd a non credere facilmente al male che vien detto contro il prossimo. B poi fece rinsavire anche quel fratello non solo protexgendolo dopo Dio, ma anche correggendolo al momento opportuno, Fece uscire tutti; quindi gli prese semplicemente la mano e gli dis. se: «Bada a te stesso, fratello», Immediatamente il fratello fu preso da dolore e compunzione, immediata- ‘mente agirono sul suo cuore amore e Ia compassione dell’Anziano, 77. Acquistiamo dunque anche noi Pamore, cerchia- mo di aver anche noi compassione pcr i fratelli e cos ci terremo lontani dalla texribile maldicenza, dal giudicare © disprezzare gli altri. Offtiamo aiuto 0: bra del nostro corpo. Chi xr ) in qualche prega € nti per et Ti, come diceva anche abba Zosima®. Tnsomma noi aban. dona il membto malato, non si volge via disgustato dal cattivo odore, ma fe di tatto per guatite. Cost dobbiamo 1 Avot, Ammonas 10 (Mori I, p. 127) * Zosimna (PE IT, 37, p. 115). eo 129 3. a itegnamenti spiritual aver compassione anche noi gli uni degli altri, aver cura di noi stessi da soli o con l’siuto di altri pid capaci, pensare ¢ far di tutto per esser d’aiuto a noi stessi e agli altzi, Perché come dice Papostolo: « Siamo membra gli sani degli altri» (Rm 12,5). E se dunque noi tutti for- © miamo un solo corpo e se ciascuno, per la sua parte, x00 command —P siamo membre gli uni degli altsi, se un membro soffre, tutti i membri soffrono insieme a lui (1 Cor 12,26). lo voi che cosa sono le comunita? non sono un ‘unico corpo, in cui tutti sono gli uni depli al- i??, Quelli che le governano sono la testa, quelli che vigilano e correggono sono gli occhis quelli che prestano aiuto con Ia parola sone la bocca; quelli che obbedis sono le orecchie; quelli che lavorano, le mani; i piedi, i fratelli che adempiono i diversi incarichi € ser- zi. Sei Ia testa? Governa. Sei Vocchio? Sorveglia, os- serva. Sei Ja bocca? Parla, offri aiuto. Sei Yorecchio? Obbedisci. Sei la mano? Levora. Sei il piede? Compi Pincatico che ti ® stato affidato. Ciascuno, secondo le sue possibilita, lavori a vantaggio del corpo e badate di sivtarvi sempre Pun altro sia ammaestrandovi a vi- ¢ serninando la parola di Dio nel cuore del fra- tello, sia consolandolo nel tempo di affizione e offren- dogli aiuto nel lavoro, Insomma, ciascuno secondo le sue capacith, cercate di restare uniti gli uni agli altri pesché quanto pit si & unital prossimo, tanto pi si & niti_e Dio. aa 78, Perché comprendiate il senso profondo di que- ste parole, vi do un’immagine tratta dai Padri. Imma- inate che per terra vi sia un cerchio, una linea circolare ttacciata con un compasso dal punto centrale. Si chiama centro il punto che sta proprio in mezzo al. cerchio. Prestate attenzione a quel che vi disd. Immaginate che questo cerchio sia il mondo, il punto centrale del cerchio Dio i raggi che dalla circonferenza vanno al centro 9 Che, Basilio, Piceole Regole 7 ¢ 24 (PG 31,928-929 ¢ 981.984) in cui 8 presente questo stesso paregone. 130 siano le vie cio? i modi di vivere degli uomini. Poiché dungue i santi, spinti dal desiderio di avvicinarsi a Dio, avanzano verso l'inteno, quanto pit avanzano, tanto pit si avvicinano a Dio e si avvicinano gli uni agli altci. Quanto pid si avvicinano a Dio, tanto pid si avvicinano gli uni agli altri e quanto pid si avvicinano gli uni agli altsi, tanto pit si avvicinano a Dio. E immaginate nello stesso modo la separazione. Infatti 8 chiaro che quando si separano da Dio e ritornano verso Pesterno, quanto pit escono e si allontanano da Dio, tanto pit si allon- tanano gli uni dagli altri e quanto pid si allontanano gli uni dagli altri tanto pit: si allontanano anche da Dio. Dio ci renda degni di ascoltare quello che ci 2 utile e di metterlo in pratica! Perché cuanto pitt ci preoccu- iamo e ci sforziamo di mettere in pratica quel che ab- biamo ascoltato, tanto pit anche Dio ci da sempre la sualuce e ci fa conoscere la sua volonti, 131 vil IL DISPREZZO DI SE 79. Fratelli, cerchiamo di capire perché volte non ci turbiamo quando ci vengono dette parole cattive e e Iasciamo passare come se neppure Pavessimo sentite; altre volte invece come le sentiamo, subito ne restiamo tutbati, Qual & la causa di questa diversita? E questa cosa ha una sola causa oppure molte? Io vedo che ve ne sono molte; dire che ce n’8 una sola che 2 origine a tutte le altre, Vi spiego come. Anzitutto si 2 il caso di un fratello che ha appena terminato la sua preghiera o Ia sua meditezione’; e si trova, per cost dire, ben disposto e sopporta il fratello e passa oltre senza lasciarsi turbare. Oppure un fratello ha simpatia per un altro e sopporta senza turbarsi tutto quello che viene da questo fratello, O ancora uno disprezza il fra- tello che vuole fargli del male, non gli importa nulla di tutto quello che viene da lui, non lo considera neppure un essere umano, non tiene conto né di quel che dice né di quel che fa. 80. Vi racconto un fatto straordinario. Nel cenobio prima che io me ne venissi via, c’era un fratello che non. vedevo mai turbarsi né irtitarsi con altri; eppure pa volte vidi che molti lo insultavano e lo provocavano. quel giovane fratello sopportava gli insulti e le provo- cazioni di clascuno come se non gli dessero assoluta- mente il minimo fastidio. To non finive mai di meravi- pliarmi della sua infinita pazienza e desideravo sapere come fosse giunto a tale virti, Un giorno lo presi in 1 Kédoua: propelamente ¢1o sure sedoto»; nel Haguagglo m0- nso intial Sexare tanqulll nell solsdine per'un tempo dtc oplmento edi preghcra 132 disparte, feci una metanta’ e lo prezai di spiegarmi quali pensieri custodiva nel suo cuore di fronte agli insulti ea tutte le tae che dovera soporte, pe dim strare una co fe parienza. Mi tispose con grande semplicita ¢ francheza: «To non faccio altro che stare attento a queste ingiurie e sopportare quel che viene da oro come un cane soppotta tutto da patte degli uomini ». A queste parole abbassai la testa e mi dissi: « Questo fratello ha trovato la via ». Feci il segno di croce e me ne andai pregando Dio di proteggere sia me che questo fratello, 81. A.volte, come ho detto, non ci si turba semplice- mente perché si disprezza chi ci ha fatto del male: ma questa @ certamente una rovina! Invece restiamo turbati © ci itritiamo con un fratello che ei fa del male perché in quel momento il nostro cuore non ® ben disposto oppure perché proviamo evversione per quel fratello. Potrei aggiungete anche altri motivi, come si @ detto in vario modo, ma se cerchiamo con cura, che Yorigine di ogni turbamento sta nel non voler simpro- verare se stessi. B per questo motivo che siamo sempre angosciati e non troviamo mai pace. Non dobbiamo stu- pirci, infatti, se tutti i santi dicono che non esiste altra via al di fuori di questa’, Vediamo che nessuno ha mai trovato la pace seguendo un'altra via; ¢ noi pensiamo di poter trovar la pace e di seguite una via diritta senza mai accettare di timproverare noi stessi! In realtA se Tomo compie anche migliaia di opere buone, ma non persevera in questa via, non smetterd mai di fer sofftire ai alte i sire Tai seo tutta Ie su fica sar vana, Ma quale gioia, quale pace prover’, dovunque va- da, chi timprovera se’ stesso, come disse anche abba 2 La metania (et di penitenza) un profoadojachioo fino a tena Giles ie doo 0 setecmese at neta Panties erdono © teraplcemen ¢ rapeto 24 com. front di Dio o dt an fratello, aaa * Apoftegmi, Teoflo 1 (Moztaci I, p. 235) 133 Poemen‘. Qualunque cosa gli accade, qualunque male 0 qualunque offesa patisca, qualunque tribolazione lo col- ge, non ne resta turbato, perché gid da prima pensa di ‘essersela meritata. Esiste fotse un’altra via che pid di questa ci permetta di vivere senza preoccupazioni? Z 82. Ma si dird: «Se un fratello mi tormenta ed io esamnino me stesso e non mi sembra di avergli offetto al- un pretesto per il suo comportamento, come posso rim- proverare me stesso? ». In realt’ chi esamina se stesso con timore di Dio, si accorge che certamente ha offerto qualche motivo 0 con le sue azioni 0 con Je sue parole 0 con il suo nto. Ma se, come sostiene, scopre \\ dinon aver ‘alcun motivo in quel preciso istante, * con ogni probabilita ha tormentato quel fratello altre volte per la stessa cosa o per un’altra, o forse ha tormen- tato un altro fratello e per questo peccato o spesso anche per un peccato diverso, metitava di patire una qualche sofferenca, Cost, come dicevo, se uno esamina se stesso con timore di Dio e scruta con attenzione Ja sua coscien- za, si scopre sempre responsibile di quel che @ accaduto. ‘A volte un fratello crede di essere in pace, tranquillo ‘ma come un altro gli rivolge una patola molesta, subito ne resta turbato ¢ per questo crede di aver ragione a rattristarsi e dice contro di Iai: «Se questo fratello non fosse venuto a parlarmi e a turbarmi, non avrei pecca- to», Lluso! E un ragionamento shagliato! Ha forse mes- so dentro di Ioi la passione dicendogli quella parola? Gli ha semplicemente manifestato la passione che aveva dentto di sé perché, se lo vuole, possa pentirsene. Costui infatti essomiglia a un pane di stano puto che all'esterno ha un otti timo aspetto ma come vien spezzato, lascia ve- dere i suo marciume, Cosi anche quel fratello se ne stava in pace, come credeva, ma dentro di sé aveva una passione e non Jo sapeva?, I bastata una sola parola del 4 Apoftegmi, Poemen 95 (Mortari II, p. 107) cfr. Zosima (PE 1,46, 0) PE i, Cassano, Conf XVL3 (SC. 64, p. 25) 134 fratello per scoprire il marciume nascosto dentro di lui. Se dunque vaole ottenere misericordia, faccia peniten- 2a, purifichi il suo cuore, avanzi, e vedri che deve piut- tosto ringraziare il fratello per essergli stato di aiuto. 83. Non sara mai pit cost schiacciato sotto i peso delle prove; pitt avanzera e pitt le trovera leggere. Pid si procede nel cammino infatti e pitt si diventa forti, capaci di sopportare tutto quello che ci accede. Una bestia da soma robusta porta facilmeate un grosso catico e, se per caso inciampa, si tialza subito; quasi non s’accorge nem- meno di aver inciampato. Ma se invece la bestia & debole, Gualsiasi catico da nulla le pesa e, se cade, le occorte aiuto per potersi rialzare. Cost avviene anche a n0i quanto pit agisce in noi il peccato, tanto pid siamo mi- seri, perché il peccato immiserisce e corrompe il pec- catore ¢ allora quelunque cosa gli accada, Popprime. Ma se Puomo avanza nel cammino, quello che un tempo Vopprimeva gli diventa via via piti leggero. E cost ci & di grande aiuto, ci procura pace, ci fa avanzare nel mino, il fatto di accusare noi stessi e non gli altri in ttatto quello che ci sccade, Tanto pid che nulla ci pud accadere senza che Dio Io abbia voluto. 84. «Ma, pud forse dite qualcuno, come posso non turbarmi se ho bisogno di qualcosa e non Ia ottengo? Ne ho assolutamente bisogno ». Non c’é ragione neanche in questo caso di rimproverate altsi o di irritarsi con altri. Se ha realmente bisogno di una cosa, come va so- stenendo, € non Ja ottiene, deve dire: « Cristo sa me- glio di me che ho bisogno di avere questa cosa ¢ lui stesso sari al posto di questa cosa 0 di questo cibo ». T figli di Tseacle mangiarono Ja manna nel deserto per quarant’anni e benché la manna fosse di una sola spe- cic, si trasformava in cid di cui ciascuno aveva bisogno (Sap 16,21). Era salata per chi aveva bisogno di sale, pet chi aveva bisogno di cibi dolei, si adattava alle diverse necessitA di ciascuno, Se dunque qualcuno ha bisogno di un uovo e non riceve che della verdura, rifletta 135 > quello.che ci. ~p esidica: «Se veramente mi fosse utile, Dio me l'avreb-| | be mandsto, Del resto & possibile che questa verdura | mi faccia quel che mi farebbe un vovo». Ho fede in Dio che cid gli sat& computato come se avesse affrontato il martirio. E se metita davveto di essere esaudito, Dio convincer’ il cuore dei Sataceni a fargli miseticordia secondo Ie sue necessiti; ma se non lo merita oppure se non @ utile, non sari esaudito neppure se costruira un cielo nuovo e una terra nuova‘, Certamente a volte si ha anche di pit: di quel che occotre, a volte non si ha nemmeno il necessario. Dio nella sua misericordia dona a ciascuno quanto gli 2 necessario, ma talvolta a qualcun: di anche del superfluo e Jo fa per mostrargli qui grande il suo amore per gli uomini e per insegnargli a rendere grazie, Ma quando Dio non gli da il necessatio, opera tramite la sua parola quel che dovrebbe operare quella cosa di cui aveva bisogno e gli insegna cosi la Per ogni cosa dunque dobbiamo guardare in alto, sia che riceviamo del bene da qualcano sia che rice viamo del male e dobbiamo rendere grazie per tutto 4 accade, continuando a rimproverare not stessi e ripetendo quel che dissero i Padri: «Se ci ac- cade qualcosa di buono 2 per decisione di Dio, se ci accade qualcosa di male & a motive dei nostri peccati » 7. ~P Jn verit’ tutte le nostre sofferenze vengono dai nostri peccati. I santi infatti, quando soffrono, soffrono per i nome di Dio o perché sia manifestata Ja loro virtit a vantaggio di molti o petché si moltiplichi la ricompensa che riceveranno da Dio. Ma come potremo dir questo di noi, poveri come siamo? Peccando cost ogni momen- to, andando dietro alle nostre passiani, ahbiamo abban- donato la via diritta che ci hanno insegnato i Padri, via che consiste nell’accusare se stessi, pet seguite Ja via tortuosa che consiste nell’accusare il prossimo. Ciascuno i noi cerca di far ricadete la colps sul fratello qualsiasi 4 ‘Apofcg, Poemen 48 (Mota TI p95) + ABstcget Saoeo 34 Wownsl pay 136 ee cosa avvenga e ciascuno & negligente € disobbediente ¢ osiamo chieder conto dei comandamenti al nostro pros- simo! 85, Una volta vennero a trovarmi due fratelli che erano in collera l'uno con Paltro, Il pitt anziano diceva del pitt piccolo: « Quando gli chiedo di far qualcosa, si irrita e mi irrito anch’io perché penso che se avesse fi- ducia in me, se mi amasse, accetterebbe senza esitare tutto quel che dico e faccio », Ed anche il pitt giovane diceva: «Perdonatemi, mio signore; non mi patla con timore di Dio, vuole semplicemente darmi ordini. Ed & pet questo, credo, che il mio cuore non ha fiducia, come dicono i Padri»'. Osservate come i due fratelli s! accu- savano Pun Valtro e nessuno dei due accusava se stesso. Un'altra volta, altei due fratelli in collera tra loro cevano Ja metania, ma continuavano a non fidarsi [un dellaltto. L’uno diceva «Mi ha fatto la metania, ma questo suo gesto di perdono non veniva dal cuote, ¢ cot ‘non mi sono fidato, ticordando quel che dicono i Padti ». Laltro diceva: « Non eta disposto ad amarmi prima che ali chiedessi perdono e cost io non mi fido ». Carissimo, vedi che inganno, che ragionamenti perversi? Dio solo sa quanto resto sconvolto al vedere che ci serviamo an- vuto gettar la colpa su di sé; Puno doveva dire: «La metanta che ho fatto al fratello, non veniva dal cuore, pet questo Dio non gli ha dato fiducia in me». E altro: Non cto disposi ad amare mio fratello prime che mi chiedesse perdono, pet questo Dio non gli ha dato f- ducia in me ». E cosi dovevano fare anche gli altri due, quelli prima di questi. I primo avrebbe covuto dire: «Gli patlo con arroganza ¢ per questo Dio non da fidu- Gia in me al mio fratello >. L-altso avrebbe dovato dire: 41 mio fratello mi da ordini con umilt’ e amore, ma io sono un ribelle e non ho timor di Dio». Ma nessono * Apoftegmi, Poemen 80 (Mortai II, p. 104), 137 wy di loro trovd Ia via ¢ accusd se stesso; ciascuno invece diede Ja colpa al prossimo, 86. Vedi, & per questo che non riusciamo ad avan- zare nel nostro cammino, a i utili in qualche ma- niera, ma passiamo il tempo @ timuginare i nostri pen- sieri gli uni. autogiustilica, ciascuno trascura se stesso, come ho detto prima, non obbedisce a nulla e poi chiede conto dei co- mmapend al altri. E cost non prendiamo neppure Yr .. Non appena riceviamo luce su qual- sad oh ae Nes SPs al prosimo © lo im proveriamo dicendo: « Avrebbe dovuto far questo; per- ché non Vha fatto? ». Ma perché non chiediamo conto dei mmenti a noi stessi, perché non timproveria- mo noi stessi che non li osserviamo? Dove & quell’Anziano a cui avevano chiesto: « Padre, qual & Vopern pid grande in questa via? ». Rispose: «Liaceusare e biasimare sempte se stessi e fu lodato da chi Paveva interrogato. E aggiunse: «Non ce altra via che questa »?. Anche abba Poemen, gemendo disse: «Jn questa casa sono entrate tutte le vitth tranne una; senza questa 'uomo a stento resta in piedi ». en a seto quale fosse, Rispose: « che l'uomo bis sop E anche san Antonio dice che Fopera feaie delPuomo consiste nel gettare su di sf il proptio pec- cato davanti a Dio e attendersi tentazioni fino all’ultimo respiro". E ovunque vediamo che i Pad:i trovarono la pace seguendo questa regola e facendo risalite tutto, anche le piccole cose, alla volonta di Dio. 87. Cosi si comportd quel santo Anziano che era ammalato®. I fratello invece di unite del miele a quel che doveva mangiare, vi mise dell‘olio di lino che @ dan- nosissimo. Eppure I’Anzieno non disse nulla, ne mangid , Tool 1 (Mower 1 9235 done ‘Kote, Teen i ‘t, i 2 Se ee era pt) 138 in silenzio due volte, come gli occorreva ¢ non rimpro- vvetd in cuor suo il fratello, dicendo che aveva agito per disprezzo. Non solo, ma non disse neppure una che potesse rattristarlo. Quando il fratello si accorse di quel che aveva fatto, comincid a disperatsi e a dire: « Abba, ti ho ucciso e tu hai taciuto lasciando che io fa- ‘cessi questo peccato ». Ma I’Anziano con grande mitezza gi rispose: « Figliolo, non disperarti; se Dio avesse vo- to che mangiassi del miele, mi avresti messo del mic- Je» ¢ fece immediatamente risalire alla volonta di Dio quel che era accaduto, Ma che centra Dio, mio buon Anziano? Il fratello si & sbagliato e tu dici: «Se Dio avesse voluto,..», Che cosa c’entra Dio con tutto que- sto? « Si, disse I’Anziano, se Dio avesse voluto che man- giassi del miele, il fratello mi avrebbe messo del miele ». Era molto malato e per molti giorni non aveva potuto prendete cibo eppure non si adird con il fratello, ma fece risalite alla volonti di Dio quel che era accaduto € restd in pace. Diceva bene ’Anziaro, sapeva infatti che ‘se Dio avesse voluto che mangiasse del miele, avrebbe trasformato in miele quell’olio nauseabondo. 88. E noi invece ad ogni occasione assaliamo il no- stro prossimo, lo accusiamo di disprezzarci e di disobbe- dire alla propria coscienza. Come sentiamo una parola, subito Vinterpretiamo male e diciamo: «Se non avesse voluto ferirmi, non Vavrebbe detta ». Dove & quel santo che disse di Simet: « Lasciatelo maledire, poiché & il Si- gnote che gli ha detto di maledire Davide! » (2 Sam 16, 10). Dio diceva ad un assassino di maledire il profeta? E come glielo avrebbe potuto dire Dio? Ma il profeta nella sua saogezasepeva che nll eta nell'ima Ja tmiscricordia di Dio pid delle tentazioni, soprattutto di quelle che ci arrivano in tempo di edi tribola- zione, Percid disse: « Lasciate che m: Davide, per- ché ?'il Signore che glielo ha ordinato ». E per gual mo- tivo? «Forse il Signore guardera la mia afllizione e mi xendera il bene in cambio della maledizione di costui ». 139 ‘Vedi con che sapienza agiva il profeta? Si adirava con ‘quelli che volevano castigare Sime} che lo uccideva e di- ceva: «Che ho io in comune con voi, figli di Zeruia? Lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Si- gnore >. Noi invece ci guardiamo bene dal dire di un fratello: «II Signore gliclo ha ordinato » ma come sentiamo una parole faciamo come il ane che clpto da una peta, Jason stare ci lia trata ¢ comre a mordere 1a ple- at Bchetaed| i comportiamo in questo marion she doniamo Dio il quale permette che ei assalgano le prove per putificarci dai nostri peccati e rincorriamo il pros- simo, dicendo: «Perché mi ha detto questa parola? Perché ha fatto questo? ». E mentre potremmo trarre uun grande giovamento da tali cose, invece inganniamo noi stessi, perché non riconosciamo che tutto avviene per volere di Dio secondo quel che conviene a ciascuno. Q Che Dio ci doni afdnperaze spirituale grazie alle pre- © ghiere dei santi! Am: soil peragone deiva de Basilio, Hom, adv, iratos, 6 (PG 31,368D- 140 peo Vir IL RANCORE 89, Evagrio disse: «B cosa estrenea ai monaci adi- tarsi ¢ contristare un fratello »', E ancor Chi 2 riu- scito a dominate la collera, ha trionfato sui demoni; ma chi & dominato da questa passione, 8 assolutamente estra- astica >, ece. Che dite allora di noi miamo all'ira e alla collera, ma giun- giamo fino a nutrire rancore? Che altro dobbiamo fare, se non affliggerci di questo nostro stato miserabile e in- degno di un vomo? Siamo dunque vigilanti, fratelli, ¢ Yenlamo in aato a noi stesi dopo Dio per liberarci da questa passione amara e ‘Qualeuno a volte in elt fa una metanta ad un fra- cello, poiché i due evidentemente si sono tutbati o irti- tati Puno contro Paltro, ma anche dopo la metania re- sta triste ¢ medita pensieri di male contro quel fra- tello. Costai non deve considerare di poca importanza ‘questi pensieti, deve immediatamente metterli 2 tacere! Questo & rancore! Dobbiamo esser molto vigilanti, co- me ho detto, dobbiamo pentire, Iottare per non soffer- marci in questi penseri cost peticolosi. Infatti facendo Ia metanta, in obbedienza al comandamento, quel fra- tello ha cahuaio per il momento Ja collera, ma non ha ancora lottato contro il rancore; e per questo & ancora conttistato con il fratello, Una cosa 2 il rancore, un’altra Vira, unaltre la collera, un’altra ancora il turbamento. 90.. Vi faccio un esempio perché possiate capire. Chi accende il fuoco, allinizio ha soltanto un piccolo pezz0 di carbone infuocato: questo carboncino & Ia parola del 2 Apotteguu di Macasio citto da Zosima (PE 1135, p. 112). 2 Evagrio, De malign. cogit. 14 (PG 79,1216BC). 141 fratello che ci ha offeso; non che un catboncino; che altro pud essere Ja parola di un tuo fratello? Se la sop- porti, spegnerai il carbone. Ma se cominci a pensare: « Perché mi ha detto questo? So io come sispondergli! » @; «Se non avesse voluto offendermi, non avrebbe detto. Cred che ancivio so come fag de! male», all ra metti sul fuoco della legna sottile, come chi accende il fuoco, ¢ fai del fumo: il turbamento. Tl turbamento consiste nel rimuginare i nostri pensieri fino ad eccitare {I nostro cuore e questa eccitazione diventa audacia te- smeraria, ci spinge a vendicarci del prossimo, come disse abba Marco: « Se meditiamo pensieti di male, eccitiamo il nostro cuore, se iavece Ii estipiamo con la preghiera e Ja speranza, avremo un. cuote conttito»’. Se avessi sopportato la ppiccola parola del fratello, avresti potato spegnere, come ho detto, il carboncino infuocato prima che comparisse il turbamento. Se vuoi, puoi calmate su- bito anche il tarbamento eppena compare, eostodenda il silenzio, pregando, facendo una sola metania che venga dal cuore. Ma se invece continui a far fumo, ciod ad esaltare ed eccitare il tuo cuore pensando: «Pezché mi ha detto questo? Ho anch'io qualcosa da dirgli! », con {I continuo scontzo, diciamo cos}, dei tuoi pensieri, ri- scaldi il cuore e provochi il fuoco della collera. La ‘col- era, come dice san Basilio, @ Iebollizione del sangae fntorno al cuore’, Cost nasce la collera, & quella che chiamiamo irascibilita, Se vuoi, puoi spegnere anche que- sta, prima che si trasformi in ira; ma se continu a tur- arti e a turbare gli altsi, fai come chi ha gettato legna sul fuoco e il fuoco divampa sempre pitt e cost infine si forma il carbone cio’ Pira 91. Cosi diceva anche aba Zosima quando gli chie- sero di spicgare questa «Dove non c’t collera, non 8 lotta. Infatti se appena siamo turbati, appena appaiono il famo e le scintlle, timproveriamo noi stessi 3 Marco Yeremita, De lege spitit. 14 (PG 65, 908A). 4 Basilio in Isaiam 5,181 (PG 30,4244), 142 facciamo subito una metanla, prima che avvampi il fuoco e diventi collera, possiamo rimanere nella pace. Ma se dopo che @ venuta la collera non ci calmiamo, ma ci lasciamo turbare ed itritare, assomigliamo, come ab- biamo detto, a chi getta legna sul fuoco e lo tiene acceso fino a formare grosse braci. E come la brace, divenuta carbone, vien messa da parte ¢ resiste molti anai senza rovinarsi © marcire, ueppure se vien bagnata dall’acqua, cosi Fira se perdura a lungo, si trasforma in rancore ¢ poi non ce ne si potra liberate se non versando sangue. Ecco, vi ho spiegato la differenza; capitela bene! Avete inteso che cosa sia il turbamento iniziale, che cosa sia Ia collera e che cosa siano Vira e il rancore. Ve come a partire da una sola parola si giunga a un male cost grande? Se fin dall’inizio avessimo rimproverato noi stessi, avessimo sopportato la parola del fratello senza volerci vendicare, senza rispondere ad una ¢ola parola con due © addivittura cingue, e render male per male, avremmo potuto evitare tutti questi mali. Per questo non smetto mai di dirvi: estinpate le passioni finché sono nate poco, prima che diventino forti e voi abbiate a soffrite a causa loro. ‘Altra cosa infatti estirpare une piantina e altra cosa stadicare un albero grande. 92. Nalla mi sorprende di pitt del fatto che non ci rendiamo conto di quello che recitiamo nei salmi. Ogni giorno recitando i salmi, proferiamo maledizioni contro di nol e non ce ne accorgiamo. Non dovremmo sapere quel che diciamo nei salmi? Diciamo sempre: « Se ho reso male per male, che io cada spogliato dai miei ne- mici » (Sal 7,5). Che vuol dire: « Che io cada»? Finché si resta in piedi, si ha Ia forza di resistere al nemico, si danno colpi e li'si riceve, si vince e si 2 sconfitti, ma si & sempre in piedi, Ma se si attiva a cadere, come & pos- sibile lottare da terta contro il nemico? Eppure noi ci auguriamo non solo di cadere di fronte ai nostri nemici, 143 sma additittura di cadere spogliati. E che significa: « ca- dere spopliati davanti ai nemici? ». Abbiamo detto che «cadere» significa non avere pid la forza di opporre resistenza, significa essere stesi a terra, « L’essere spo- Bint signlce non aver in nol proprio nent di tucno, nemmeno per poterci rialzare, Chi infatti pud acsetcioel estas aieasareal cae a Pattacco. E poi diciamo: «I nemico mi insegua e mi raggiun- a> Ga 7,6); n00 solo «mi i insegua», ma anche « mi raggiunga >, per cadere nelle sue mani, in suo pieno po- tere, perché ci getta a terra ad ogni occasione, se ren- diamo il male a chi ci ha fatto del male. E non preghiamo solo per questo, ma anche perché «calpesti a tetra la nostra vite! » Che cosa significa «la nostra vita»? La nostra vita sono le virtl e noi cl augutiamo che Ja nostra vita sia calpestata a terra, cio® che ci rivolgiamo alle cose della testa, che tutti i nostri pensieri siano rivolti alla tetra, « E trascini nella polvere Ja mia gloria» (Sal 7,6). Che cos’ la nostra gloria se non Pintelligenza spitituale che Pobbedienza ai santi co- mandamenti genera in nofp Diciamo dungue che il ne i Ia nostra gloria in nostra vergogna, come dice Pepostolo (Fl 3,19), che la tascat ella potvere © renda terrestre la nostra vita e la nostra gloria, cosl che non abbiamo pid pensieri secondo Dio, ma solo pensieri del corpo, pensieti carnali, come quelli di cui Dio diceva: «11 mio spitito non restera sempre negli uomini, perché sono carne » (Gn 6,3). 93. Si pud rendere male per male non solo con le azioni, ma anche con le parole o con il comportamento, L’ono sembra non rendete il male ricevuto con ezioni, ma lo fa poi a parole, come ho detto, 0 con il suo at- teggiamento, Accade infatti di turbere il fratello con un semplice atteggiamento, con un gesto 0 uno sguatdo; & possibile infatti ferire il fratello anche con uno sguardo © un gesto, ma anche questo @ render male per male. 144 ‘Un altro sta attento a non render male per male né con azioni, né con parole, né con atteggiamenti o gesti, ma nel suo cuore ¢ contristato contro il fratello ed é irritato con lui. Vedete la diversita di queste situazioni. Un altro non @ neppure contristato con il fratello ma se vient a sapere che quilcun altro gli ha fatto del male, ha bron- tolato contro di lui o I’ha offeso, ne gioisce ¢ cosi finisce anche lui per rendere male per male nel suo cuore. Un altro non conserva il male in cuor suo e neppure gioisce se sente che viene offeso chi gli ha fatto del male, ma addirittura, se il fratello soffre, soffre anche lui, perd non & contento che quel fratello sia felice, si turba se vede che @ onorato, che & tranguillo; @ anche questa una forma di rancote, anche se meno gtave. Si deve invece gioire se il fratello @ felice, e fare di tutto per servitlo e cercare di dargli onore in ogni cosa, di fare tutto cid che desidera. 94, Abbiamo detto all’inizio del discorso che un fra- tello pud fare Ja metanta ad un altro, eppure dopo la metanla rimanete ancora contristato contro di lui, e di- ciamo che, facendo la metania, ha calmato Vira del mo- ‘mento, ma non ha ancora lottato contro il rancore. Un altro fratello invece quando un altro l’offende, se si fanno subito la metania e cost si riconciliano, & in pace con il fratello, non ha risentimenti nel suo cuore per quello che gli ha fatto. Ma se per caso nel giorni successivi que- sto fratello gli dice una parole cattiva, comincia a ricor- dare anche goal che aveva detto la volta precedente e si turba per se presenti e passate. Assomiglia a un uomo che medica una ferita che si 2 fatto; il medica- mento ha guatito la ferita, I’ba cicatrizzata, ma la parte malata resta pitt debole; se Je vien tirata addosso una pietra, si ferisce pit facilmente di ogni altra parte del corpo e ticomincia subito a sanguinare. Cost avviene an- che a quel fratello; aveva una ferita, I’ha curata con un medicamento, ciot con la metania, e come nel caso del primo fratello, ha guarito 1a ferita, cio Vira; ha comin- 145 ciato a curare anche il rancore, vegliando a non conser- vare alcin ricordo cattivo nel suo cuote e questo corri- sponde al cicatrizzare Ja fetita. Ma non ha ancora vinto completamente il rancote, ne resta ancora una traccia, Ja cicatrice fa st che tutta Ia ferita si tiapra facilmen- te al pid piccolo colpo. Deve dunque lottate per far sparire completamente anche la cicatrice, firché ricte- sca interamente la pelle e non resti pid alcun segno, cost che non si capisca nemmeno pid che in quel punto vi era una ferita. Ma come potri riuscicvi? Pregando con tutto il cuore per chi I'ha fatto soffrite, dicendo: «O Dic, soccorti il mio fratello e vieni in mio siuto grazie alle sue preghiere ». Pregando per il fratello da prova di compassione e di amore e al tempo stesso si uumilia perché chiede aiuto grazie alle preghiere del fra- tello. La dove vi & compassione, amore, umilta, che pos- sono fare Ia collera, il rancore 0 le altre passioni? Cost disse anche abba Zosima: « Anche se il diavolo e tutti i suoi demoni mettono in opera ogni loro macchinazione malvagis, tutti i loro inganni sono resi vani e sono an- nientati dall’umiltA del comandamento di Cristo »’. E. anche un altro Anziano diceva: « Chi prega per i suoi nemici, non conoscera il rancore », 95." Mettete in pratica, cercate di capire in profondita Ie parole che ascoltate. ‘Davvero se non le mettete in pratica, non potete com- prendetle solo a parole. Chi, volendo imparare un me- stiere, si accontenta di apprenderlo « parole? Sicura- mente per prima cosa comincerd a fare, disfare, rifare e distruggere e cost poco per volta, perseverando con pa- zienza nel suo lavoro, imparera la sua arte e Dio, ve- dendo la sua buona volonti e i suoi sforzi, lo aiutera nella sua fatica, E noi vorremmo apprendere «Tarte delle 3 PE 1, 46, p. 171; Evagrio, Ad », 26 (BG 79, 1128CD) Zovime, Actoguia 5 (RG 78,1688A) ¢ Apoftegmi Daniele 3 (Mortar I, pei. © Evagtio, Sententiae, 14 (PG 40,1277). 146 arti” a parole, senza metterci al’opera? Come 2 possi- bile? Bediamo ‘a noi stessi, fratelli, lavorlamo picai di zelo finché c’t tempo. Dio ci conceda di ricordare e di custodire le parole che abbiamo ascoltato, perché non siano per noi motivo di condanna nel giorno del giv- dizio! 1 Gregotio di Nazianzo, Orat 11,16 (PG 35,4254). 147 LA MENZOGNA 96. Fratelli, voglio ricordarvi alcane cose a propo- sito della menzogna, perché vedo che non vi preoccu- pate affatto di custodie la vostra lingua, per questo cos) facilmente siamo trascinati a molti mali. Vedete, fratelli miei, come vi sipeto sempre, ci si abitua a tutto? al bene ¢ al male. Dobbiamo essere molto vigilanti per non la- sciatci sorprendere dalla menzogna. Chi unito a Dio; la menzogna & estranea a infatti: «Le menzogna viene dal Maligno» e ancora: «Egli ¢ menzogneso e padre della menzogna» (Gv 8, 44). Ecco: Ja Scrittura chiama il diavolo padre della menzogna, Dio invece @ la Veriti, egli stesso infatti dice: «To sono Ia Via, la Verit’ e la Vita » (Gv 14,6). Guar- date dungue da chi ci sepatiamo e a chi ci attacchiamo dicendo menzogne! B chiaro! Ci attacchiamo al Maligno! Se dunque vogliamo veramente essere salvati, dobbiamo amare a veriti com tutte Ie nostre forze, con ogni zelo, puardarci da ogni menzogna, perché non ci sepati dalla verit’ e dalla vita. 97. Ci sono tre modi diversi di essere menzogneri: nei pensieri, nelle parole, o nella vita stessa, Mente con i pensieri chi accoglie i sospetti che si insinuano nella sua mente, Vede un fratello parlare con un altro, sospetta € dice: «B di me che stanno perlando » e se intertom- pone la Toro eonversarione, di suowo peasa V'abbiano tto apposta a causa sua. Se uno dice una parola, pensa che Io faccia per fargli del male; insomma, in ogi cosa sospetta del prossimo e dice: « Per me ha fatto questo, pet me ba detto questaltro ». Costai @ quello che mente nei suoi pensieri perché non dice nulla secondo verita, ma sclo in base e congetture sue personali. E di 148 qui nasce Ia curiositA, Ja maldicenza, l'abitudine di ascol- tare gli altri di nascosto, di litigare, di giudicare. A volte uno sospetta di una cosa e da quanto poi, si trova che era vera; e costui se ne serve come pretesto, dice che vuol cotteggersi e continua a curio- sare dappertutto. Pensa tra sé ¢ sé: «Se dicono qual- cosa sul mio conto, vedo quale errote mi si rimprovera € posso correggetmi ». Ma il principio stesso di questo comportamento viene dal Maligno, he origine dalla men- zogna: non sapeva nulla e ha congetturato cose che non sapeva. Come pud un albero cattivo dare fratti buoni? !, Se veramente vuole correggetsi, quando un fratello eli dice: «Non fare questo » 0 « Perché hai fatto questo? » non si turbi, ma faccia una metania ¢ lo ringrazi; allora si che potrd correggersi. E Dio se vede che questa @ la sua intenzione, non lo lascia sbagliare, gli manda sempre chi deve correggerlo, Ma il dite: «E per la mia corre- zione che mi fido delle mie congetture » e poi restare ad ascoltate gli altri di nascosto e curiosare dappertutto, 2 una falsa giustificazione suggerita dal diavolo che vuole arci, 98. Una volta, quando mi trovavo nel cenobio, eto tentato di giudicare gli altzi in base al loro atteggiamento ‘esterno, ‘Ma una volta mi capitd questo fatto; un giorno passd Fisratd(s te uns Soames pocioea ca eae non so come, ne fui attirato e la guardai negli occhi subito pensai fosse una prostituta. Rimasi molto turbato di fronte a questo mio pensiero e lo manifestai all’An- iano, ad abba Giovanni: «Padre, che devo fare? Che io lo voglia o no, come vedo una persona deduco suo atteggiamento esterno il suo stato interiore ». « Co- me? — mi disse l’Anziano — Chi ha un difetto naturale rnon cerca in ogni modo di correggetlo? Non & possibile conoscere il suo stato interiore a partire da questo di- fetto. Non fidarti mai dei tuoi sospetti! Una regola di 1 Che. Me 7.18. 149 stotta distorce anche quel che diritto. Le nostre con- getture ingannano e fanno del male ». Da allora se il mio pensieto mi diceva del sole: « il sole» o delle tenebre « sono le tenebre » non mi favo, Nulla & pit: grave che far congetture, sono cosi dannose Tunga ci convincono e ci fanno credere di ve- dete cose che non esistono e non sono mai esistite. 99. Vi racconto, a questo proposito, un fatto straor- dinario di cui sono stato testimone quando mi trovavo ancora nel cenobio, C’era Ja un fratello che sofftiva ter- ribilmente di questo vizio. Si fidava talmente dei suoi so- spetti che era convinto che le cose stessero realmente come lui se Je immaginava ¢ non ammetteva che non fos- se cost. Con il passare del tempo questo suo vizio pes- giorava a tal punto che i demoni Jo convinsero a lasciarsi ‘trarre completamente in inganno tanto che un giorno entrd nel?orto per vedere quel che succedeva — non smetteva mai di sorvegliare e ascoltare tutto — e gli sem- brd di vedere un fratello rubate dei fichi e mangiatseli. Era un venerd}, poco prima delle due. Convinto di aver realmente visto il fatto, si nascose, a suo dire, scl senza dir nulla, Durante la liturgia’, stette di nuovo at- tento pet vedere che cosa avrebbe fatto al momento della comunione i fratello, quello che aveva rubato e mangiato i fichi, Come vide che il fratello si lavava le mani per andare a far Ja comunione, corse dall’abba a dirgli: « Quel fratello sta per andate a ricevere la comunione con gli altri, ma tu ordina che non gli venga data perché questa mattina V’ho visto rubare i fichi del giardino e mangiarseli ». Tn quell'istante quel fratello stave andan- do a ricevere la comunione con grande compunzione; era uno dei pitt fervorosi. L’abba come lo vide, lo chiamd ima che si avvicinasse al sacerdote che distribuiva Pencavestn, fo prose in dispar ¢ gl chiese: «Fratel- Jo, dimmi, cosa hai fatto quest’oggi? ». Gli disse Pabba: 2 La teadaione lett del temine gsco sare sina I amine pud indicee sa Tuficio divino che | ociresi. “ 150 «Stamattina, quando sei andato nell’orto, che cosa hai fatto? », 0 fratello, stupito, gli rispose: « Padre, non ho nep- visto Vorto quest’ogei, non eto neppure in mona- Fiero, Sono appena rlentato. Subltn dopo ls pega della notte ’economo mi ha mandato a fare una commis- sione ». Occorreva recatsi a diverse miglia di distanza per svolgere quell'incarico e il fratello era titornato appena in tempo per Ia liturgia, L’abba mandd a chiamare !'eco- nomo e gli chiese: «Dove hai mandato questo fratel- Jo? ». L'economo rispose quel che gi gli aveva detto i fratello: «L’ho mandato nel tal villaggio » poi fece una metania e gli disse: « Perdonami, padre! Stavi riposando dopo la preghiera della notte ¢ per questo non Pho man- dato da te a chiedere il permesso ». L’abba, saputo come stavano le cose, li mandd a ricevere Peucarestia con la sua benedzione. Poi chad i feaelo che nasi sem pre sospetti, lo rimproverd ¢ gli proibi di accostarsi al- V’Eucarestia, Non solo, dopo Ja liturgia convocd tutti i fratelli svergognando il fratello davanti a tutti. In que- sto modo raggiunse un triplice fine: confuse il diavolo, indicandolo quale fonte prima di ogni congettuta, pro- card al fratello i perdono del suo peccato ¢ Paiuto di Dio per l’avvenite tramite quell’ umiliazione, rese gli altri fratelli pitt attenti a non fidarsi mai delle supposizioni personali. E rivolse poi una lunga ammonizione su que- sto tema a noi e a quel fratello: ci disse che non vi 2 nulla di pitt dannoso che nutrire sospetti e ce Io dimo- strd raccontando quel che era accaduto. 100, In diversi modi i Padti ci hanno dato anche altti insegnamenti simili per metterci in guardia sul danno che viene dal fidarci delle nostre congetture. Fratelli, sforziamoci dunque con tutte Je nostre forze di non cre- dete mai ai nostri sospetti. Nulla distoglie cost tanto Yuomo dal fere attenzione ai suoi peccati, spingendolo a interessarsi di cose che non lo riguardano. E non ne nasce nulla di buono! Questa cattiva abitudine @ solo 151 fonte di turbamento e di sofferenze continue e cost I’uo- mo non si preoccupa mai di ottenere il timore di Dio. Anche se a motivo della nostra malvagiti nascono in noi cattive supposizioni, trasformiamole subito in pensieri di bene e non ne subiremo alcun danno. Il far congetture & fonte di malvagtd e non concede mai pace, Ecco: in ‘questo consiste l'esser menzogneri nei propri pensieri. 101. E menzognero nel patlare chi, ad esempio, quan- za in ritardo per la preghiera della notte invece di dire: « Perdonami, sono stato pigro ad alzarmi» di- ce: « Avevo le febbre, mi girava Ia testa, non potevo i, ero senza forze ». Dice dieci parole false invece di fare una sola metanta ¢ di umiliarsi. Se poi qualcuno Jo rimprovera, inventa mille scuse per non ester rimpro- verato, Allo stesso modo, se per caso litiga con un fra- tello, cerca continuamente di giustficarsi dicendo: «Ma sei tu che hai detto questo, ma sei tu che hai fatto que- sto, ma non I’ho detto io; ma I’ha detto quell’altro, ma qui, ma Ja...» unicamente per non essere umiliato. E ancora, se desidera qualche cosa, non dice con sempli- ita: « Voglio questa cosa », ma cetca mille altre manie- re, dice: «Soffto di questo male e ho bisogno di quella cosa» oppure: «Mi 2 stata prescritta questa cosa» € continuera a mentire finché non vede soddisfatti i suoi desideri, Tutti i peccati nascono dall’amore del piacere, dalPettaccamento al denaro 0 dall’orgoglio ed anche la menzogna nasce da questi tre vizi, Si mente o per evi- tare di ricevere rimproveri ¢ umiliazioni, oppure per soddisfare i propri desideri o per realizzare qualche gua dagno, Chi mente continua 4 smoginare i suo pensixt ideando tutti i sotterfugi possibili per raggiungere i suoi fini. Questo tale non viene mai ereduto, ma anche se dice Ja verita nessuno pud mai fidarsi di Ini; ma anche quel che dice di vero & sempre ambiguo. 102. A volte perd pud anche presentarsi un caso di estrema necessiti, in cui se non si mente, almeno in par- te, si provocano mali e ancor pid grandi. In 152 una situazione del genere, se ci si vede costretti, occorre mentire per evitate mali, o pericoli maggiori. Come disse anche Alba Alonio ad abba Agatone: « Ecco, due uomini commettono un delitto davanti a te ¢ uno fagge nella tua cella. Un funzionario, che lo sta cercan- do, chiede: « Sei stato testimone del delitto? ». Se non cerchi sotterfugi, consegni quest'somo alla morte >? ‘Non bisogna considerare con leggerezza il fatto d’aver mentito in caso di estrema necesita, ma bisogna pentitsi, piangere davanti a Dio e considerare Paccaduto come un momento di prova: non capiti spesso di dover mentite! Basta una voita su mille! Una medicina contro i morsi delle bestie o un lassativo fanno male se presi di conti- ‘uo, ma una volta ogni tanto, e se proprio & necessatio, sono utili, Bisogna fare cost anche nel far uso della men- zogna; se ® necessario mentire, lo si faccia pure ma cid avvenga una volta su mille, ¢ solo, come ho detto, in caso di estrema necessita e ficendo poi vedere a Dio con timore e tremore che lo facciamo con buone intenzicni e ci troviamo in caso di estrema necessitA, Solo cost agi- remo sotto Ia protezione di Dio, altrimenti anche in questo caso ci faremo 103. Ecco, abbiamo spiegato chi 2 colui che mente nei pensieti e chi 2 colui che mente con le parole; cra vogliamo spiegate anche chi colui che mente con la vita stessa. Mente con Ja sua stessa vita chi finge di essere casto ma non lo 2, Pavaro che patla sempre di elemosine € tesse le lodi della catita, Porgoglioso che ammira Puril- 18, ma non Pammira certo con l'intenzione di darle lode perché in questo caso comincerebbe a confessare la pro- pria debolezza dicendo: «Povero me! non ho alcun be- ne! ». E dopo aver confessato la propria debolezza, allora si che potrebbe ammirare e cantare Ie Jodi della’ virti! E non 2 neppure per evitare scandali che fa 'elogio della virtt, perché allora dovrebbe dire: « Povero me! 2 Apoftegmi, Alonio 4 (Mortari I, p. 145). 153 sono pieno di passioni, perché dovrei esser di scandalo anche ad un altro? perché far del male anche ad un altro, impormi un peso in pit? », e pur essendo peccatore, pottebbe avvicinarsi al bene. L’umilta infatti consiste nel considerarsi miserabile ¢ la compassione nell’aver cura del prossimo. Ma chi mente, come ho detto, non ammira la virtt perché intende avviciuarsi al bene, ri- corre al nome di questa virti, ne parla solo come se Jui stesso la possedesse 0 per nascondere la proptia vergo- gna 0, a volte, soltanto per far del male e ingannare qualcuno, Nessun male, nessuna eresia, nemmeno il de- monio stesso, riescono a ingannarci se non simulando la virtl, come dice PApostolo: «Il diavolo si traveste da angelo di luce » (2 Cor 11,14), Non é gran cosa dunque se anche i suoi servitori si travestono in servitori di giu- stizia. Cost dungue anche chi & bugiardo, sia perché te- me di esser svetgognato perché non ha voluto umiliarsi, sia, come ho detto, che voglia sedusre ¢ ingannare qual- ccuno, parla delle virts, le loda e le ammira come se Je possedesse e ne avesse esperienze. Costui mente con Ja sua stessa vita, non @ sinceto, ha un cuote doppio: ha una faccia allesterno, un’altra al di dentro. Tutta la sua vita non & che doppiezza, una continva commedia! Ecco, abbiamo perlato della menzogna che viene dal ‘Maligno; della veriti abbiamo detto che la Verita 2 Dio. Faggiamo dunque Ja menzogna, fratelli, per non condi- videre Ia sorte del Maligno, sforziamoc! ci possedere Ia verita per essere uniti a colui che ha detto: «Io sono Js verth (Gy 14,6), Dio oi renda deg della oa ve ital 154 x DOBBIAMO ESSER VIGILANTI NEL SEGUIRE LA VIA DI DIO SENZA PERDERE DI VISTA LA META 104, Badiamo a noi stessi, fratelli, siamo vigilanti'. Chi ci restituixa il tempo presente se lo perdiamo? In realt8 potremo cercare i giotni perduti, ma non riusci- temo certamente a trovarli, Abba Arsenio si ripeteva continuamente: « Arsenio, perché sei uscito dal mon- do? »?, Ma noi siamo cost poco solleciti che non sap- piamo neppure perché siamo usciti dal mondo, non sap- piamo neppure che cosa volevamo; € cosi non solo non facciamo mai alcun progresso, ma siamo pure sempre nell’afflizione. E questo ci accade perché il nostro cuore non @ attento; se davvero volessimo lottare un poco, non dovremmo sofftire né faticare a lungo. Anche se allinizio infatti occorre far violenza a se stessi, poi, poco per volta perseverando nella lotta, si fanno progressi e alla fine si fa tutto con pace, perché Dio vede che ci sia- i violenza ¢ ci porge il suo aiuto, “Anche noi dunque facciamo violenza a noi stessi, met- tiamoci all’opera, cerchiamo per lo meno di volere il bene perché anche se non abbiamo ancora raggiunto la perfezione, gia il solo fatto di volere il bene ® per noi Vinizio della salvezza. Perché dal volere giungeremo, in- sieme a Dio, anche a lottare e dalla lotta riceveremo aiuto per l'acquisizione delle virtt; per questo uno dei pat dice: « Veran il tuo sangue ¢ sev! Jo Spidmon?, ioe lotta e giungerai al possesso della virtd. 105., Quando dovevo stadiare le sclenze profane, al Tinizio facevo molta fatica; per me ptendere un libro in Tatts Ia tadivione asceten (lle sep (Sato dob} ego, Arsenio 40 (Morea T, p- 110). 3 Apoftegmi, Longino 5 (Mortari 1, p. 135). 155 % | | mano era come cercare di catturare una belva feroce. Ma come iniziai a farmi violenza di continuo, Dio venne in mio aiuto ¢ mi abituai cosh bene che non mi rendevo pit conto di quel che mangiavo e bevevo, di come dot- sivo, tanta eta la mia passione per lo studio. Non mi Jasciavo mai trascinare ad un pranzo con gli amici, non andavo mai a conversare con loro nel tempo riservato allo studio, eppure mi pieceva stare con gli altri e volevo ai miei compagni. Come il professore ci congedava, facevo il bagno (avevo bisogno infatti di fare il bagno tutti i giorni, perché Peccesso di lavoro mi disseccava completamente il corpo), € poi mi ritiravo a casa mia senza sapere quel che avrei mangiato: non ero capace di farmi distrarre neppure dalla scelta del cibo; del resto c'era una persona fidata che mi preparava quel che vo- eva. Prendevo dunque quel che mi aveva preparato ¢ di tanto in tanto mi chinavo 2 guardate il libro che te- nevo accanto a me. Anche quando dormivo me lo te- nevo vicino sul comodino, dotmivo un po’ di tempo e poi subito mi mettevo di nuovo a leggere. E di nuovo a sera, come mi rititevo, dopo la preghiera del Iucer- nario, accendevo la lampada e restavo a leggere fino a notte fonda, Eto cost, non avevo altro piacere che quello dello studio. Quando dunque venni in monastero, mi dicevo: « Se con V’applicazione e Pabitudine si raggiunge una cost grande sete di sapere, una cosi grande passione per lo studio profano, quanto pid grande sari Ja sete di conoscere ¢ lo zelo per Ja virti? », e questi pensieri mi davano una grande forza. Cost se uno vuol giungere all’acquisizione della virti, non deve lasciatsi vincere dalla dispersione e dalla di- strazione. Chi vuol imparare Parte del falegname non si interessa di altze arti e cosl 8 anche per chi vuole ap- prendeze [arte spiritual: non deve occuparsi d’altro, ma deve applicatsi giomo e notte a quel che pud fare w per ottenerla‘, Chi non agisce cosl, non solo non fa 4 Cfe. Cassiano, Collationes, XVILI2 (S.C. 64, p. 12). 156 x alcun progresso, ma finirA anche per cedere allo scon- ¢ forto, perché non si propone alcun fine da raggiungere, | Se non c’é vigilanza, se non c’t lotta, & facile perdersi e abbandonare il cammino della viet. : 106. Le virti stanno nel mezzo, sono la via regale di cui quel santo Anziano disse: « Percorrete la via re- gale ¢ misurate le miglia »*. Le virti sono la via di mezzo, ai lati si eccede in un senso o nell’altro. Per questo sta scritto: «Non deviate né a destra né a sini- stra» (Pry 4,27) ma percorti la via regale (Nm 20,17). E San Basilio dice: « E retto di cuore colui che non cerca cose grandi né si accontenta facilmente, ma che se~ gue la via di mezzo, le virth»*, Questo intendo dire: §l male non @ nulla in se stesso, perché non ha né essenza né sostanza’. Non sia mai! Ma 2 'anima che genera il male quando si allontana dalla virth e si lascia vincere dalle passioni che la tormentano e non le lasciano pace. ‘Ad esempio i vetmi non sono dentro al legno, ma si for- ‘mano non appena il legno comincia a marcire e lo divo- ano; il ferro produce la ruggine e poi la ruggine lo cor- rode; i vestiti fanno Je tarme e poi le tarme Ii mangiano. E cost dunque anche l’anima genera il male, che dap- prima non aveva né essenza né sostanza, € poi essa viene punita dal mele. Ginstamente san Gregorio disse: « Co- me il fuoco prodotto dal legno lo consuma, cost ill male consuma i malvagi»'. Possiamo vederne un esempio ‘nei malati: chi vive in maniera disordinata e non bada alla sua salute, provoca nel suo corpo eccesso 0 ca- renza di fluidi e quindi uno squilibrio. Prima di quel momento la malattia non c’era, non esisteva neppute € di nuovo quando il corpo guarisce, non Ia si trova da nessuna parte, Allo stesso modo anche il male & Ia ma- 5 Anoftegn, Besiaming 5 (Mortar I, p. 161). 1 SESH a Bs Vil) GG 2922, . 2 Cle. Diadoco af Fotis, Capita goostice 3 € Evagtio, De Octo Vis (°C 127) regorio di Naxianzo, Orat XXIULA (PG 35,1152C). 57 lattia dell’anima’ che ha perduto la sua salute naturale, cio® Ja virti. Per questo abbiamo detto che la virti ¢ la via di mezzo: ad esempio il coraggio & la via di mezzo tra la viltd e audacia, Pumiltd la via di mezzo tra Por. goglio ¢ il servilismo, il rispetto dellaltro 2 la via di mezzo tra la timidezza e Vinsolenza; ed & cost anche per tutte le altre virth. L'como divenuto degno di tutte cue- ste virth & ioso agli occhi di Dio: anche se sembra che mangi, beva, dors come tuttl gli alts uomini, le virtd Jo rendono prezioso agli occhi di Dio. Ma se non & vigilante, se non bada a se stesso, facilmente devia dalla strada a destra o a sinistra, verso un eccesso 0 una ca- Fenza,¢ provoct a miata: aR 107. Ecco, questa ® Ja via regale percorsa da tutti i santi. Le «miglia » sono Je diverse tappe che dobbiamo sempre misurare per sapere dove siamo, a che miglio siamo arrivati, a che tappa ci troviamo, Mi spiego: sia- mo dei pellegrini che hanno come meta del loro viaggio Ja cittA santa. Siamo usciti da una stessa citt3, ma gli uni hanno percorso cingue miglia e si sono fermati; altri ne hanno percorse diec, altri sono atrivati a met stra da, altri non si sono neppure mossi, sono usciti dalla cittd, ma sono restati fuori, alle porte, immersi nella sua stmosfera maleodorante. Quelli che si sono messi in cammino, a volte, dopo aver fatto due miglia, si sono perduti e son ritomnati indietro, o addiritturs han cam- minato pet due miglia e tornano indietro di cinque. Altri sono atrivati finc alla cittd, ma sono restati fuori senza entrarvi. Ecco, cost siamo anche noi. Alcuni di noi infatti hanno lsciato il mondo e sono entrati in monastero perché mi- ravano all’acquisizione della virtt. Di costoro alcuni hanno avanzato wn po’ e poi si sono fermati; altri hanno 2 Cft, Basilio, Hom. in Hexaem. IX, 4 (PG 29,1963), vi della vite spirituale con il visgs’o verso Gerusalem- sue, ta cltih delle pace © frequence nella lettcratuze eristiana antica, fr. Evagrio Pontico, Letceta 39 (ed. Frankenberg, p. 391). 158 avanzato un po’ di pit, altri sono arrivati a meta strada € poi si sono fermati. Ve ne sono alcuni. che non hanno fatto proptio niente; & sembrato che uscissero dal mon- do, ma in realtd sono rimasti legati alle cose del mondo, sue passioni, immersi nella sua atia maleodorante. Altri fanno un po’ di bene, e subito dopo lo distruggono, alconi ne distruggono addirittura di pid’ di quanto ne abbiano fatto, Altri hanno acquisito le virti, ma sono corgogliosi ¢ hanno disprezzato il prossimo cosi sono restati fuori dalla cittd, senza potervi entrare; nemmeno costoro hanno raggiunto le meta, poiché benché fossero giunti alla porta della cittt, ne sono rimasti fuori: an- ch’essi non hanno raggiunto il loro scopo. Ognuno dunque sappia dove si trova", Veda se per caso, una volta uscito dalla saa citti & rimasto fuori, accanto alla porta, immerso nella sua aria male- odorante. Ha percorso un lungo cammino o solo un po- co? E arrivato a meta strada? O forse @ avanzato di due riglia per pol tipercorzere in senso contratio Io stesso tratto di strada? O & tornato indietro di cinque miglia dopo averne percorso due? B arrivato fino alla citta ed 2 entrato in Gerusalemme? Oppure ha raggiunto Ia cit- £8, senza potervi entrare? Ciascuno sappia a che punto 2 atrivato, dove si trova. 108. Ci sono nell'uomo tre diversi modi di compor- tarsi ® di fronte alle passioais vi 2 chi agisce sotto il do- minio delle passioni, chi cerca di opporre loro resistenza chi le sradica completamente. Agisce sotto il dominio della passione chi ne compie le opete e le custodisce dentro di sé, le oppone resistenza chi non ne fa le opere ma non vuole nemmeno estirpatia, trova mille scuse pet :docats) aveva originariamente tivo, indicava Ja pace della conterplasione, Poi ® passato fad indicare sermplicemente Ia « condizione », lo « stato d'animo » buo- ‘0 o cattivo che sis, i termine ricorre pid volte in tutto fl eapitolo © si cercato di specificarne il senso a seconds del contesto. 1 Chr Isla, Logos XX, 20 (BG 40,1650), 2 termine greco qui seo (ear: 159 non combatterla ¢ tenerla nel cuore; stadica Ia passione chi lotta e compie opere che Ia contrastino. Tutto questo vale per molte e diverse passioni. Fac- ciamo un esempio. Ditemi di quale volete che parliamo ¢ Ja prenderemo in esame, Velete che parliamo della su- petbia? o della fornicazione? 0 forse dell’orgoglio, dato che spesso ce ne lasciamo dominare? B per orgoglio che Ron siamo capaci di sopportare_una parole detta da un fratello, A volte uno sente una sola parola e subite si turba ¢ risponde con cinque o addirittura dieci parole a quella sola che gli era stata deta! Comincia a litigare, semina discordia e quando ha finito di litigare non smette di meditare il male contro il fratello che gli ha detto guella parola, Serba rancore contro di lui, si rammarica di non avergli risposto ancor pit duramente di come ha fatto, medita in cuor suo parole ancora pid cattive e continua a sipetere: «Ma perché non gli ho detto que- sto? Ho ancora questaltro da ditgli», cd & sempre fue, soso. Ecco il primo modo di comportarsi di fronte alla passione; lasciare che diventi abitudine. Dio ce ne liberi! questo modo di agité ® sicuramente votato el castigo; ‘ogni peccato che viene compinto, infatti, merita T'infer- no, Anche se volesse convertirsi, chi 2 ormai vinto dal- Vebitudine, non avra Ja forza di vincere da solo questa passione, a meno che non riceva aiuto dai santi, come hanno detto anche i Padri, Per questo vi ripeto semt sforzatevi di stadicate le passioni prima che diventino abitudini. Un altro, turbato da una patola che gli stata detta, tisponde anche Ini cingue o dieci parole a quella sola, si rammarica di non averne dette altre tre volte peggiori, @ afflitto © serba rancote."Ma dopo qualche giomo si Pente. Un altro Iascia passare una settimana in quexo stato, prima di pentirsi, un altro ancora si ittita, si mette a litigare, si turba e turba gli altri, ma poi si pente immediatamente. Ecco, il comportamento di tutti co- « 160 \ storo & diverso, eppure viene sempre dallinferno perché agiscono tutti sotto il dominio delle passioni, 109. Parliamo ora anche di quelli che oppongono stesistenza alle passioni, Un fratello sente una parola, se ne rattrista in cuor suo, ma si rattrista non per l’oflesa riceyuta ma per Ja sua incapaciti a sopportarla. Cost si comporta chi lotta, chi cerca di resistere alle passioni. Un altro fa ogni sforzo per lottare, ma finisce per soc- combere sotto il peso della passione, Un altro non vuole rispondere con parole esttive, ma vinto dall’abitudine. Un altro ancora lotta per non dite assolutamente nulla Gi male, ma poi si rattrista per Voffesa ticevuta; perd ticonosce che @ male Vessersi rattristati e ne fa subito penitenza. Un altro non si aflligge dPessere stato offeso, ma non ne & neppure contento. Ecco, tutti costoro op. pongono resistenza alla passione. Ve ne sono due che si differenziano dagli altti: quello che 2 veouto meno nella lotta e guello che & stato vinto dall’abitudine; questi due corrono lo stesso pericolo di quelli che agi- scono sotto il dominio della passione. Li ho annoverati tra quelli che resistono alla passione perché nellinten- zione resistono alla passione e non vogliono fame le fopere, ma se ne rattristano ¢ lottano. I Padti hanno detto che tutto quello che anima non vuole, é di breve durata”. Questi fratelli devono esaminare con cura se stessi per vedere se per caso non siano ancora legati non dico alla passione stessa, ma a une delle sue cause © per, questo si lasciano vincete e trascinare al male, Alcuni Y / i nsistene-»-une_passione, ma-solo_perché sono spinti da un’altta, Un fratello custo« ‘Silenzio ‘orgoglio, un altro pet piacere agli uomini o per qual- Ziel alta pesione, Costoro quran fl male cou il male, <7 Ma abba Poemen ha detio che Ie malvagiti non disirugee mai la malvagitt"", Costoro dunque, per quanto si illu- dano, agiscono ancora per impulse delle passioni. 1 Afton, Ronen 95 (Moc pA 161 110, Voglio parluse infine anche di quelli che sra- icano le passioni. A volte uno si rallegra quando viene maltrattato, ma lo fa in vista della ricompensa. B uno di quelli che stadicano le passioni, ma senza sapienza. Up altro si rallegra d'esser stato maltrattato ed & convinto di aver metitato quest offesa, perché Tui stesso ne aveva il motivo. Costui sradica le passioni con sapien- za, petché esser imultrattati, dane la colpa a se stessi € pensare di meritare le offese ricevute ? un'opera piente. Chiungue infatti icendo: che chi io, eli > ck E quando & maltrattato, deve anch’eglt maftzaitare e di sprezzare se stesso in cuor suo, per umiliarsi dentro di sé, mentte viene umiliato al di fuori. Un altro, non solo si rallegra delle offese ricevute e se ne considera respon- sabile, ma si rattrista anche di vedere turbato chi I'ha offeso, Che Dio ci porti ad una tale condizione! 111. Vedete quanto si estendono questi tre diversi modi di agite! Ciascuno di noi, dunque, come ho detto, sappia a che punto si trova, Mette ancora in opera le passioni volutamente ¢ Ie trattiene oppure non lo fa Volutamente ma & vincolato o trascinato dalla forza del- Tabitudine? e poi, dopo aver agito, se ne afligge ¢ se ne pente? oppure lotta per tesistere alla passione con sapienza 0 perché @ spinto da un’altra passione? Ab- biamo gid detto che talvolta si custodisce i! silenzio per io 0 per piacere agli uomini o semplicemente per qualche considerazione umana, Ha cominciato a sradi- care la passione? Lo fa con sapienza, opere conirarie alla passione di cui soffre? Ciascuno sappia si ttova, a quale miglio & atrivato. solo, infatti, dobbiamo esaminare noi stessi ogni giomo®, dobbiamo farlo anche ogni anno, ogni mese', ‘ogni settimana ¢ domandarci: «La settimana passata % Cir. Issis, Logos XV, (PG 49,11410),. 1 C&z. Giovanni Cxisostomo, in Io, hom, LXXXIIT.S (PG 59,454). 162 cost mi dominava questa passione; ora a che punto so- no? », Allo stesso modo ogni anno dobbiamo ditci: «L’anno scorso ero cosi vinto da questa passione; ed ora @ che punto sono? ». E ogni volta dobbiamo chie- derci se abbiamo fatto qualche progresso o se siamo sem- pre allo stesso punto, 0 se siamo addirittura pegsiorati. 112. Dio ci dia la forza, se non di sradicare le pas- one, per lo meno di non agire sotto il suo dominio, ma di opporle resistenza! E davvero grave agize per impulso di fone. ¢ non. apporle resistenza. Vi do un igli sotto il dominio Arecce lenciate di rz pianta ‘nel cuore. Ma chi oppone resistenza elle passioni @ simile a un uomo che, preso di mira dal ne- ‘ico, si riveste di una corazza e non 2 colpito da nes- suna freccia; chi sradica le passioni 2 simile a chi spezza e frecce che il nemico gli tira oppure le rinvia, le tira al cuore del nemico, come dice il salmo: « La loro spada entri nel loro cuore, le loro frecce siano spezzate > (Sel 36,19). Fatll,efrsamect anche noi dungue se proprio non possiamo respingere le spade cuo- Fe, per lo mieao di non aflersare lelore Frese pet colptcl nel cuore da soi rvesiamodipiutosto di una corarea non essere colpiti, Dio, nella sua , ci protegga, et rend vigilanti e ci guidi nella sua via. Amen! 163 x DOBBIAMO ESSER SOLLECITI NEL TRONCARE LE PASSIONI PRIMA DI ABITUARCI AL MALE 113, Fratelli, osservate attentamente come stanno le cose, badate di non trascurare voi stessi perché anche la minima disattenzione ci fa correre gravi rischi, Sono «p- pena andato a far visita a un fratello e l'ho trovato in Convalescenza, Patlavamo con Ini e son venuto a sapere che aveva avuto Ia febbre solo per sette giorni, eppure ne sono passati altri quaranta e non si & ancora ristabi- Jito completamente. Vedete, fratelli, che guaio perdere Ja salute! Non si da importanza a piccoli disturbi e non ‘si.sa che ci vuole molta fatica ¢ molto tempo prima di_ tiprendetsi_anche solo da una lesgera malattia, soprat- tutto se si® di costituzione fragile. Quel poveretto ha avuto la febbre per sette giorni ma nonostante sia pss- sato tanto tempo, non & ancora riuscito a ristabilitsi. Lo stesso accade anche all’anima: si compie qualche pec- cato anche non molto grave € poi per quanto tempo si. ima_di riprendersi! ‘Ma per giustificare Ia debolezza del corpo troviamo diversi motivi: 0 che le medicine non fanno effetto per- ché sono vecchie, o che il medico @ inesperto e da una medicina pet un’altra, oppure che il malato & disobbe- diente e non osserva le prescrizioni del medico. Ma per Yanima non @ cost: non possiamo dire infatti che il me- ico 2 inesperto, o che non ci ha dato le medicine adatte. E Cristo il medico delle nostre anime#, 2 lui che tutto ‘conosce ¢ che da la medicine adatta ad ogni passione. ‘Ad esempio, ci da i comandamenti.sul’'nmilth come 1 1 Per Pimmagine di Cristo medico dell'anima oft. Ignazio d’Antio chia, Poneen eg Biesint 7.2 Orgone, Hom. in Te, XTIL2 (PCB, 831); Hom in ler. XVLLS (GCS THY, p. 156}; Evagrio Poacico, Let? tera 42 (ed, Frankenberg, p. 995). 164 medio per Porgoglio, quelli sulla temperanza per guarirel dell’amore per i piaceti, il comandamento dell’elemosi- na contro lavarizia; insomma per ogni passione vi & come rimedio un comandamento adatto. I! medico dun- que non @ inesperto, ma non si pud neppure dire che i rimedi non siano eflicaci perché sono vecchi. I coman- damenti di Cristo infatti non invecchiano mai; anzi ‘quanto pit li si pratica tanto pid si rinnovano. Dunque non vi é nessun ostacolo che impedisca la salute dell'ani- ma se non Ja sua disobbedienza. 114. Badiamo dunque a noi stessi, fratelli; siamo vigilanti finché abbiamo tempo. Perché non badiamo a noi stessi? Facclamo qualcosa di buono per trovar aiuto nel momento della tentazione. Perché vogliamo perdere Ja nostra vita? Abbiamo ascoltato tante ammonizioni ma non ce ne curiamo, anzi le disprezziamo. Vediamo che i nostri fratelli ci sono portati via, ma noi non restia- ‘mo vigilanti, sapendo che poco a poco ci avviciniamo anche noi alla morte. Ecco son passate due o tre ore da quando abbiamo cominciato a patlare, siamo un po’ pid vicini alla morte, vediamo che perdiamo il tempo e on ne proviamo timore. Come non ricordare la parola di quell’Anziano che diceva: « Chi perde dell’oro e del- Vargento potra anche trovarne dell'altro, ma chi perde il suo tempo, non ne potr trovare altro »?7, Davvero po- tremo anche cercare un’ora del nostro tempo, ma non Ja troveremo mai. Quanti desidererebbero ascoltare una ‘patola di Dio ¢ non possono fatlo? E noi che ne ascol- tiamo tante, le disprezziamo e non ci risvegliamo dal no- stro sonno. Dio sa quanto mi colpisce Ja nostra inco- scienza! Potremmo essere salvati e non lo vogliamo! Potremmo strappare le passioni finché son giovani, ma non ce ne preoccupiamo; lasciamo che si rafforzino den- tro di noi fino a farci compiere i mali pid: grandi. Una. cosa infatti & estirpare. una piantina che subito viene. 2 Apoftegmi, serie sistematica X40 (Mortazi, p. 252) Nau 265. 165 strappata, ve V’ho ripetuto tante volte, ma & un’altra cosa sradicare un grosso alberto! §, — spoli:”« Strnppa questo cipresso >: era ‘un alberello molto piccolo e il fratello 10 strappd subite con una mano sola. L’Anziano gli indicd un altro cipresso pit grande del primo e gli disse: « Strappa anche que. Sto». Quellp lo scosse con le duc mani e lo sttanpo, L liene indicd un altro, ancora piti grande ed gli riuscl a strapparlo con pid fatica. Gliene indicd un altro ancora pid grande, il discepolo si mise a seuoterlo a Tungo ma con grande fatica e sudore riusc) a sradicare anche quello, Infine PAnziano gliene indicd un altro pit grande ancora c il discepolo, nonostante tutti f suol zi, non tiusd a strapparlo. L’Anziano vedendo che non ci riusciva, ordind ad un altro fratello di alzarsi e di aiutatlo, e'cosi in due tiuscitono a strapparlo. _ «Ecco cost avviene anche per le prccion!, fratelli — disse allora PAnziano ai fratelli — finché sono piccole, se vogliamo, possiamo estrpariefaclmente. Ma'ce nom prestiamo loro attenzione perché sono piccole, si raffor- Zano € quanto pid si raffotzano tanto pid) dobbiamo fe ticare per riuscite a toglierle, Se poi ai sono rafforzate contro di noi, non riusciremo pita estirparle nonostante tutti { noste sforei a meno che non verano in nostro aiuto i santi che dopo Dio, hanno cura di Dio ». Vedete qual & la forza desli insegnamenti dei santi Anziani! Anche il Profeta ci istruisce su questo stesso tema quando dice nel salmo: « Figlia di Bubilooia, la sisera, beato chi ti ripaghera per quello che ci hai fatto; beato chi prendet i tuoi bambini e li getter’ contro la Toccia » (Sal 136,8-9). 6. Esaminiamo con ordine le sue parole, una per una. Chiama Babilonia Ia confusione, cost interpreta 3 Cf, Bursanufio, Nic. 552. 166 questo nome a pattire dal termine Babel, che & precisa- mente Sichem; chiama « figlia di Babilonia » Finiquita, perché nell’anima regna dapprima Ja confusione, poi dalla confusione nasce il peccato. Chiama misera questa figlia di Babilonia perché, come vi ho detto anche altre volte, il male non ha nza.né sostanza, & Ja nostra -disattenzione che Jo fa esistere ¢ la nostra correzione lo fa dis di nuovo nel nulla. Il santo profeta, rivol- gendosi alla fglia di Babilonia dice dunque: «Beato chi ti restituira il male che ci hai fatto ». Guardiamo che cosa abbiamo dato, che cosa abbiamo ricevuto in cambio cosa vogliamo restituire, Abbiamo dato la nostra volonta e abbiamo ricevuto in cambio il peccato. Le parole del Salmo proclamano beato chi «sestituisce » il eccato e «restituire il peccato» vuol die non com- pierlo pit. E poi dice: « Besto chi prendera i tuoi bam- bini e li scaglier’ contro la roccia > cio® -beato chi fin dallinizio non lascia che tutto quello che viene da te, cio’ i pensieri di male, crescano in lui e mettano in opera il male, ma li prende subito, finché sono ancora . Gli chiesi: « Vuoi che vada io a dirglielo? ». «Come vuoi, Padze » mi rispose "Andai dunque a rifetite In cosa all’sbba e mi disse: «Per favore, prenditi cura, come meglio puoi, di que- sto fratello ». Me ne presi cura dunque ¢ patlei di Tut al fratello incarieato della dispensa, gli diet; « Abbi Ia bonta di dare a questo fratello tutto quel che vuole a qualsiasi ora te lo venga a chiedere. Non rifiutargli mai nulla! », Tl fratello ascoltd e disse: « D’accordo ». Quel fratello gli chiese del cibo per alcuni giorni, poi venne a ditmi: « Perdonami, padte, ho ricominciato di nuovo a rubare ». Gli dissi: « Perché? Lincaticato della dispen- sa non ti da tutto quello che vuoi? ». Mi rispose: «Si. Perdonami. Mi da tutto quello che voglio ma io di lui ho vergogna >. Gli chiesi: «E di me hai vergogna? >. «No» mi rispose. Gli dissi: «E allora, quando vuoi qualcosa, vieni a chiederlo a me e non rubare mai pit! ». ‘A quel tempo avevo V’incarico dell’infermetia, Il fra- tello veniva da me ¢ riceveva tutto quel che desidetava. ‘Ma dopo aleuni giorni ricomincid a rubare. Venne da me tutto triste, dicendomi: «Ecco, ho ripreso a rubare». Gli chicsi: « Perché, fratello mio? Non ti do tutto quello che vuoi? » « St» mi tispose. Gli dissi: «E hai vergogua a7 di dover ricevere le cose da me? » «No» mi ris, Gi dissi: «EB allora perché rubi? » Mi disse: « Perdo- nami, non so perché; ma rubo cos) semplicemente per rubare », Allora gli dissi: «Dimmi la verit3, che ne fai di quel che hei rubato? ». Mi rispose: «Lo do all’ no». E si scoprt che quel fratello rubava fave, datteri, fichi, cipolle, insomma qualsiasi cosa trovasse; nascon’ deva qualcosa sotto la sua coperta, qualcosa da qualche alts parte, poi, non sapendo che farsne di tute quelle cose, vedendo che andavano a mele, eS :, le gettava via o le __ 122, Ecco, vedete che cosa vuol dire avete una pas- sione divenata abitudine? Che disgrazia, che miseria! Questo fratello sapeva che era una cosa cattiva, sapeva di fareil male, ne era addolorato, piangeva, eppure quel- Vinfelice era trascinato dalla malvagia abitudine che pet Ja sua precedente negligenva si era formata in lui. Gin- stamente diceva abba Nisteroo: «Chi & trascinato da una passione, diventa schiavo di quella passione » '. Dio nella sua bonta i liberi dalle cattive abitudini perché non si dica anche di noi: «A che serve il mio sangue, a che serve che io discenda nella tomba? » (Sal 29,10). __ Vi ho gia spfegato in vari modi come si cade sotto Al dominio delVabitudine. Non si chiama certo iracondo chi si2 adirato una volta, né impudico chi ha commesso un'impuriti, né si dita miseticordioso chi una volta ha ne ¢ il male, praticati in maniera continua, gene- sano un’abitudine nell'uomo e questa abitudine stessa & motivo di sflerens 0 di pace, Abbiamo gil spicgto in vati modi come il bene dia pace all’anima e come il male la castighi. La virth @ naturale ed & dentro di noi, i suoi germi sono indistruttibili?, Ho detto dungue che ® Citmione non idence ma I ees0 coneeto com 135 pelty 3p 18; Ie, Pome VTA CRS a LB, aa ig Paton L386 a0) Capt esl 140 (BO 172 pitt facciamo il bene e pitt prendiamo I'abitudine alla virtt, riprendiamo cio’ la nostra condizione originale, sitorniamo al nostro stato di integrit’ iniziale; cost come csi sabia alla Joce dopo una malin agli eck, oa recupera Ja propria salute naturale dopo qualche altra fhalatia, Manon aceade la tessa cosa per il tuale; fa- cendo i male prendiamo un’abitudine che ci? estranea contro natura, prendiamo una specie di malattia pesti- Jenziale ¢ non potremo pid ritrovare 1a salute se non ‘ticeveremo aiuto in abbondanza, se non pregheremo a Jango, se non verseremo molte lacrime che riescano 4 commuovere Cristo perché ci facia misericordia. Possiamo notare la stessa cosa anche per Ja salute del corpo. Alcuni cibi, ad esempio, producono un umore che da malinconia ad esempio i cavoli, Ie lenticchie ed altti cibi. Non per aver mangiato i cavoli, le lenticchie altri cibi una o due volte che si forma un umore ‘me- Janconico’, ma se mangiamo abitualmente questi cibi, si forma un eccesso di tmore che provoca febbri bro- cienti, alcuni cibi portano anche innumerevoli altsi fa- stidi, 1 cosh anche per anima; se si persevera nel pec- ato, nasce nell’anima una cattiva abitudine ed & questa cattiva abitudine che la punisce. 123. Dovete perd sapere anche questo; a volte si 2 attratti pitt facilmente da una qualche passione: ¢ basta che agiamo anche una sola volta sotto il dominio di quella passione, per correre il rischio di trasformarla immediatamente in abitudine. La stessa cosa avviene anche per il corpo. Se qualcuno soffre gia di umore me- Ianconico per la sua passata negligenza, basta anche un solo cibo di questo genere pet eccitare e tisvegliare su- bito quell’umore. Occorre dunque essere molto vigilanti, pieni di zelo ¢ di timore per non cadere in abitudini malvage. Cre~ detemi, fratelli, chi possiede anche solo una passione trasformata in abitudine, & votato al castigo, pud anche compiere dieci opere buone ¢ una sola cattiva, spinto 173 dall'abitudine © quest'unica cattiva azione, frutto Pabitudine, ha il sopravvento sulle dieci buone. E aa se un’aquila riuscisse a liberarsi dal laccio ma vi lasciasse impigliata un’unghia; basta questa piccola cosa per an- nientare Ja sua forza, Pud anche tiuscire a liberarsi dal Jaccio, ma se_vi resta impigliata solo un'unghia, non ne ancora prigioniera? Il cacciatore roe ucciderla quando: vorra. E la stessa cosa anche per Panima. Basta che pos sieda ‘anche solo una passione divenuta abitudine © il nemico potra abbatterla quando meglio gli pare perché tramite quella passione Ja tiene sotto il suo potere. Per questo non smetto mai di dirvi: «Non lasciate che una passione si trasformi in voi in abitudine! Ma lottiamo, domandando a Dio giomo e notte di non farci cadere in tentezione. E sc, poveri uomini come siamo, siamo vinti € cadiamo in peccato, sforziatmoci subito di rial- zarci, facciamo penitenza, pisngiamo davanti alla bonta di Dio, siamo vigilanti, lottiamo. Dio vedra la nostra buona volonta, vedrd come ci umiliamo, quanto ci di- spiace d’aver peccato ¢ ci tender la mano e ci fart sericordia, Amen >. 174 x DEVE TEMERE DIO E NON TRALASCIARE MAT DI PENSARE ALLA PROPRIA SALVEZZA CHI VUOL ESSER SALVATO. 124. Quando ero malato, sofftivo di dolori ai piedi, vennero a trovarmi alcani fratelli e mi chiesero quale fosse la causa della mia malattia. Credo che il loro in- tento fosse duplice: volevano anzitutto consolarmi e distrarmi un po’ dai miei mali e poi offrirmi l’occasione i dire loro qualche parola che Ii edificasse. Ma poiché allora il male non mi permetteva di parlarvi come avrei Yoluto, bisogna che mi ascoltiate ora. E piacevole par- Tare della sofferenza quando ormai & passata. Tutt! quelli che si trovano in barca sul mare, quando infuria la tem- esta, sono nelPangoscia, ma come la tempzsta 2 pas- ‘sata, provano gioia e piacere a raccontarsi a vic Guel che 2 accaduto, Fratelli, come tipeto sempre, & ‘cosa buona far risalire tutto quel che accade a Dio e ire che nulla avviene senza di lui. Dio sa perfeteamente che una data cosa @ buona ed 2 utile ed & lui che Pha fatta cost, anche se vi & poi qualcos’altro che "ha cau- sata, Ad esempio: potevo dite che mi eto ammalato perché mi ero sforzsto a mangiate di pid per acconten- tare gli ospiti con cui cenavo e cosi il mio stomaco si cera appesantito, sera formato un afflusso nel mio piede he teva provoceto un teatatismo, Potevo trovere fnche tre diverse eause per la mia malatua; non ne mancano cera Pe cr wool ee e aa it giusto e pi utile dite che questo tuto perché Bio sapeva che mi avrebbe fatto del bene. Dio non fa ‘nulla che non sia buono, tutto quello che fa & buono. Non biogaa dango perder! animo per gue che c Capita, me come he detto, dobbiamo far rislize tutto Silla prevvidenza di Dio e restate in pace. 135. ‘Alcon si lasciano talmente abbattere dalle pro- 175 ve da arrivare a rinunciare alla vita stessa; trovano dolce ¢ la morte par di esseme lberat, ma danno prova di non aver alcuna comprensione spirituste, danno prova i ignoranza; non sanno quale tertibile destino li attenda dopo aver lasciato questo corpo! Frat, 2 per Famore infinito di Dio verso 'uomo che siamo in questo mondo, aa sappiame cos} poco sulle cose dell’al di 1a che tro- viamo insopportabili della terra. Ma non é cosi! Non conoscete quel detto dei Padri! che dice: « fratello che pativa una grande prova disse ¢ un Assia: no: «La mia anima desidera la morte! » e l’Anziano Bil tispose:_« perché fugge la provs e non. nares conto che il castigo futuro § molto peggiore di cuesta Prova». Un altro fratello domandd ad un Anziano: «Perché sono tormentato dall’scedia, quando resto in celle? ». L’Anziano gli rispose: « Perché non hai ancora contemplato il riposo che speriamo, né il enstigo futuro. Se tu ci pensassi seriamente, resteresti nella tua cella senza lasciarti yincere dall’acedia anche se fosse piena di vermi e tu vi fossi immerso fino al collo »?. _Mi soi voremmo esere salva cntnuando dor mite, per questo ci scoraggiamo le prove quando dovremmo invece ringtaziare Dio e considerate beatl di poter sofftire un po” qui sulla terra, per trovate un po’ di riposo nellal di 1a, 126. Anche Evagrio? diceva che chi, in preda alle passioni, preg Dio ai affrettare Ja sua morte, somiglia 4 un melato che chiede al falegname di distruggere. al pid presto il suo letto di dolore. Grazie al cor 10, infatti, Fanima 2 distratta e consolata dalle passionl: imangia, beve, dotme, si incontra con gli altti uomini si diverts con i suoi amici. Ma quando esce dal corpo, resta sola con le sue passioni che diventano un castigo continuo, ¢1ggh tote 2 inedito, ma & segnaato nel ms. Pais gr. 1598, Apoteam, see sitematcs, VIE 28 (Mortar, p. 148) Naw 196. 2 Eragro, Capita gnost 1V,76 (PO 28,168). 176 E soggiogata ¢ consumata dalle passioni che la invadono, Jacerata a tal punto che non riesce pitt nemmeno a ri- cordarsi di Dio. Il ricordo di Dio, infatti, consola ma, come dice anche il samo: «Mi sono ticordato di Dio e ho gioito » (Sal 76,4); ma le passioni non Je per~ mettono neppure di ricordarsi di Dio’, Volete che vi faccia un esempio per capite quel che voglio dire? Venga uno di voi, lo chiuderd in una cella buia, vi resterd anche solo tre giorni senza mangiare né bere, senza dormire, senza incontrare nessuno, senza re- itare salmi né pregate, senza neppure ricordarsi di Dio fe vedra che cosa gli faranno le passioni! E qui siamo ancora sulla tetra, quanto pitt dovra soffrire quando I’ani- ma usciri dal corpo e sari tutta sola in preda alle pas- sioni. 127. Che cosa dovra dunque patie quellinfelice ad opera loro? Vedendo quel che soffre qui sulla terra, potete immaginare anche le sofferenze dell’al di I8. Quan- do uno ha la febbre, che cosa lo fa bruciare? Che fuoeo, che legna Jo fa bruciare in quel modo? Ma se uno si trova a soffrire di umori melanconici, ad avere un corpo poco equilibrato, non & questa mancanza di equilibrio che Jo fa bruciate, lo turba sempre e gli tormenta Ja vita? Cost avviene anche per Panima sogsiogata dalle passioni; l'infelice & costantemente tottarata dalle pro- prie abitudini malvage, dimora costantemente nell'ama- to ricordo e nella penosa compagnia delle passioni che Ja fanno bruciare ¢ Ia consumano continuamente. E chi potri, fratelli, descrivere oltre a questo quei luoghi spa- ventosi, quei corpi sottoposti al castigo, che collaborano con le anime per tal genere di sofferenza e di tortura senza mai perire, chi poiri descrivere adic. bile, le tenebre, le potenze inesorabili nei loto castighi, 411 score di Dio & uno de semi pit Seequen! nella tadsione patistca, ——s ‘Ronda di Dio 2 pit neces che resptare» die Gregaio «i Neanzo (Flom 27, PC 3646), Clr, snebe Basilio. Regulae fuss tract, 2 (PG 31,921) ¢ Ep. 2 (PG 32,229). 177 ali altri mille supplizi meritati dalle azioni e dai pensieti malvegi, di cui si parla qua e Id nelle Divine Scritture? Come ii'santi, grazie al bene che hanno compiuto, tro- vano posto in luoghi di luce e di gioia insieme agli an- , cost anche i peccatoti trovano posto in Iuoghi te- nebrosi e oscuti, pieni di terrore e di spavento, come dicono i santi. Che c' di pid tertibile € miserabile di quei luoghi in cui sono mandati i demoni? Che cosa c& di pit amaro del castigo cui sono condannati? Eppure i peccatori sono castigati insieme ai demoni stessi, come sta scritto: «Andate via lontano da me malede:ti, al fuoco etemo preparato per il diavolo e i suoi angeli» a ay la Ma Ja cosa pit terribile & quella che dice san Giovanni Crisostomo: « Anche se non scortesse un fiu- ‘me, di fuoco, né ci fossero angeli terzibili, il solo fatto che alcuni womini siano chiamati a ricevere lode ¢ gloria, altri invece siano vergognosamente scacciati, perché non vedano Ia gloria di Dio, il castigo di questo disonote, nostra coscienza e il ricordo stesso del male compiuto, come gid abbiamo detto, sono peggiori di mille tertibili tormenti. ‘Come dicono i Padri, le anime si ricordano di tutte Je cose della terra: parole, azioni, pensieti e non tiescono mai a dimenticarle. Le parole del salmo: «In quel giorno svaniranno tutti i loro pensieri » (Sal 145,4) si riferi- scono ai pensieri di questo mondo, quelli ad esempio che riguardano edifici, proprieti, parenti, figli, ed ogni ge- nete di commercio. Come Y’anima esce dal corpo, tutto questo svanisce; anima non se ne ricorda pit, non se ne preoccupa pitt. Ma tutto quello che ha fatto per amore del bene o per opera di una passione, lo ricorda: 5 Giovanni Crisostomo, Ad Theod. Lepsum, I,12 (PG 47,294), 178 nulla va petduto, Lanima conserva sempre il ricordo delle persone cui ha fatto del bene o dalle quali ne ha ricevuto; ¢ cost anima si ticordera sempre della persona da cui ha ricevuto o a cui ha fatto del male. L’anima, come ho detto, non pud distruggere nulla di quello che ha fatto in questo mondo, ma ricorda tutto dopo che ha Jasciato questo corpo, anzi ne ha una conoscenza ancora pik penetrante, ancor pid lucida, perché @ Jiberata da questo cotpo fatto di terra, 129. Un giorno parlavamo di quest’argomento con tn grande Anziano ed egli ci diceva: «L’anima, dopo fessef uscita dal corpo, si ticorda della passione che ha messo in pratica, del peccato compfuto e si ticorda an- che della persona con cui I’ha compiuto ». To gli dicey «Forse non é cosi, forse l’anima deve conservare Ja cat- tiva abitudine nata in lei per aver compiuto il peccato, ed 2 di quest’abitudine che si ricorda ». Continuammo a discatere a Jango su questo punto perché volevamo com- prendetlo a fondo, Ma P’Anziano non ne era persuaso, sosteneva che l’anima ticorda il genere di peccato com- piuto, i Iuogo dove I’ha compiuto e sicorda pute con chi Pha compiuto. E davvero, se cosl, 1a nostea sorte 2 ancota pit terzibile, se non badiamo a noi stessi. Per questo non smetto mai di dirvi: « Badate di coltivare Buoni pensieri per titrovarli nell’al di ld perché quel che abbiamo qui sulla terra, se ne verra via con noi, lo avre- ‘mo anche nell’al di Ia ». Fratelli, preocespiamoci dunque i sfuggite a tale sorte, diamoci da fare e Dio ci far’ miseticordia, Perché & lui, come dice il salmo, « la spe- ii i ii quelli che sono lon- tani sul mare » (Sal 64,6). che si trovano ai con- fini della terra sono gli uomini immersi nella malvagit? totale; i Jontani sul mare sono quelli che vivono nella pit: profonda ignoranza. Eppure Cristo & la loro spe- 1 sanzal 130. Basta un po’ di sforzo, facciamo un po’ di fatica per ticevere miseticordia. Un campo pitt trascurato 179 lssciato incolto e pit si riempie di rovi e di spine’; & quando si va a ripulitlo, quanto pid sono i rovi, tanto pit si insanguinera le mani chi vuole estispare quelle Bae ative dhe lato cess oa tempo della sua negligenza, B impossibile non raccogliere quello che si ha seminato. Chi vuole ripulire il suo aoe) dun- que, per prima cosa deve estizpare bene tutte le exbacce, ‘Ma se non strappa con cura tutte le radici, ma Je tagli soltanto al di sopra, cresceranno di nuovo. Deve dun- que, come dicevo, strappare proprio le tadici, ¢ dopo averlo ben ripulito dalle erbacce e dalle spine, da tutte queste piante insomma, deve rigirare la terra, spaccate Ie zolle, e poi atare il campo, e solo quando avr’ cost preparato, allora potra gettarvi del buon seme. Se infat- ti, dopo tutto questo lavoro, lo lescia incolto, ie exbacce ritomeranno e trovando Ia tetra fresca e ben preparata, vi getteranno radici profonde e cresceranno ancora pit, robuste e pit numerose, 131. E cos! anche per Vanima, Per prima cosa oc cote estirpare ogni cattiva tendenza, ormai radicata nel- anima, ogni abitudine malvagia perché niente peggio delle abitudini malvage. Anche san Basilio dice: « Oc. corre Iottare a lungo per riuscire a dominate una cattiva itudine perché un’abitudine consolidata da Jungo tem- po acquista notmalmente una forza naturale »’. Qccorre dunque lottare, come ho detto, non solo contro le abi- tudini malvage e contro le passioni, ma anche contro le Toro cause, che ne sono le adie. Se non si strappano Je radici, inevitabilmente ricresceranno i rovi. Alcune passioni infatti, se si riesce a soy 1e la causa, non hanno pit: nessuna forza. Ad esempio Vinvidia di per sé non & niente, ma risale a diverse cause: uno é il desi- derio di gloria: abbiamo invidia di chi 8 onorato 0 sti ‘mato pid di noi perché vorremmo ricevere onore. Anche Tira nasce da altre cause, principalmente dall’amore del $ Stesn immagine in Teun, Lopes XVIL4 (PG 40,1145A). 1 aslo, Regan nee’ 6 (BG S192 7 OA) 180 piacere. Anche Evagrio se ne ricordava quando tiportava Te parole di un santo che diceva: « Elimino ogni piace-e pet sottrarre ogni pretesto allira»', Tutti i Pacti, del fest insegnano che ogni passione nasce de, quete tre cause: amore della gloria, del denaro e del piacere, come vi ho gia spiegato in vatio modo. 132. Biso, wwe climinare non soltanto Je pas- sioni, ma anche Je loro cause e cambiare cost il nostro modo di comportarci facendo penitenza e versando la- crime. Allora potremo cominciare a spargere il buon se- me ciot le opere buone. Parlando del campo abbiamo detto che se dopo averlo ripulito e ben lavorato non vi gettiamo un buon seme, ritornano le erbacce e trovando il terreno fresco ¢ morbido, vi mettono radici ancor pitt salde; avviene la stessa cosa anche nell’uomo. Se dopo aver mutato il suo comportamento e aver fatto peni- tenza delle opere passate, non si preoccupa di fare opere uone € non mira all’acquisizione delle virtt, gli acca- dra quel che si dice nell’evangelo: « Quando lo spirito immondo @ uscito da un uomo, si aggira in luoghi aridi in cerea di riposoe non dice: ‘Ritomerd nella ia casa da cui sono uscito’. Venuto, la trova tipulita e adoma, Allora va, prende con sé altti sette spiriti peg- gioti di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condi- Zione finale di quell'vomo diventa peggiore della prima » (Le 11,24-27). 133. E impossibile, in effetti, restare_sempre nella i i ina inevitabilmente o verso il meglio 9 vetso il peggio. Perci6, chiunque vuol essere salvato non solo deve astenersi dal male, ma deve fare il bene, come dice il salmo: « Allontanati dal male fa’ il bene » (Sal 36,27). Nom ha detto soltanto: « Al- ontanati dal male» ma anche: « fa’ il bene». Uno ad esempio & abituato a compiere ingiustizia? non solo non deve pit essere ingiusto con nessuno, ma deve anche # Bvaprio, Praktikos 1199 (PG. 40,1252B), > Baal, Kop. bet. 52286 (PG 31,1085 e 1824). 181 fate giustizia, Uno 2 dissoluto? non solo non deve es- serlo pit, ma deve anche essere temperante, H iroso? non si aditi pit © acquisti la mitezza! Era orgoglioso? smetta di innalzersi al di sopra degli altri, si umilii! B questo il significato delle parole del salmo: « Allonta- nati dal male e fa’ il bene», Ad ogni passione, infatti, si contrappone una virth. Allorgoglio Pumilta, all’amore del denato la cata, alla Tussuria la temperanza, allo sco- raggiamento la pazienza, allira la mitezza, all’odio Yamo- te. Ad ogni passione insomma si contrappone una virt. 134. Vi ho ripetato pit volte queste cose. Poiché dungue abbiamo scacciato le virti per introdusre al loro posto le passioni, dobbiamo sforzarci non solo di scac- Gare le passioni, ma anche di restituite alle virti il loro post ‘oi possediamo le virtd per natura: ci sono date da Dio. Creando I’uomo, Dio le ha seminate dentro di lui, come sta eee Fuomo a nos imma gine ¢ somiglianza » (Gn 1,26). «A immagine » perché Dio ha creato Panima immortale e libera, «a somtigiian: 2a» perché ha seminato in lui le virth™. Sta scritto in- fatti: « Siate miseticordiosi come il vostro Padre che & nei cieli 2 misericordioso » (Le 6,36). « Siate santi, per- ché io sono santo » (Lv 11,44). E anche l’apostolo dice: «Siate benevoli gli uni verso gli altri» (Ef 4,32) e il salmo dice: « Il Signore # buono con quelli che Jo atten- dono» (Sal 144.9) e altre parole simili. Questo & il senso delle parole «a somiglianza». E cost Dio ci ha dato Je virth per natura, ma le passioni, invece, non le abbiamo per natura perché non hanno né essenza né sostanza. Assomigliano alle tenebre che non esistono di er sé stesse, ma sono una « passione » dell’atmosfera, come dice san Basilio", esistono soltanto perché manca Ja luce. L’anima, allontanatasi dalle virti: per amore del 1 Turta Ja twadaion oxlentale distngue a psc da Or spit UT 113-63) te ime "omg! come fa a Suto, Hom, in Heram, 115 (PG 29400). 182 piacere, si 2 procurate Te passioni ¢ le ha consolidate dentro di sé. . 135. Dopo aver ripulito e ben lavorato il campo, come ho detto, dobbiamo gettarvi del buon seme pezché dia frutti buoni. Ma chi semina il campo quando vi getta iI seme, deve nasconderlo, deve farlo entrare dentro la tetra, sitrimenti verranno gli uccelli a prenderlo ¢ andra perduto, Dopo averlo nascosto sotto terra, aspetterd Ta misericordia di Dio, che gli man la piogin ¢ faccia crescere il grano. I] contadino pud moltiplicare le sue fatiche per ripulire e Javorare la tetra ¢ seminare, ma se Dio non fa piovere su quel che ha seminato, tutta la sua fatica sat’ inutile. Dobbiamo fare cost anche noi: se fac- ‘ciamo qualcosa di buono, dobbiamo tencrlo nascosto con Frumiltd e gettare in Dio 1a nostra debolezza, pregandolo Gi guardare i nostel sforzi, altrimenti resteranno inutili. 136. A volte la pioggia cade sul seme e lo fa germo- dliare, ma poi non viene pid a tempo dovato ¢ Ia pian- fina secca e muore perché ha bisogno di pioggia di tanto in tanto ed anche il germoglio finché non si rafforzato. Non si pud mai stare tranquilli A volte quando il grano 2 crescuty si 8 formate I sigs, arivano e cavallette 0 la grandine 0 qualcos’altro che distrugge il raccolto, $ Io stesso anche per l'anima. Quando ha faticato pet putificarsi da ogni passione, come abbiamo detto, ¢ mira all’acquisizione delle virth, deve sempre contare sulla misericordia di Dio e sulla sua protezione, per timore idonata e disperdersi. Come abbiamo det- to che il seme secea e muote anche dopo che & germo- gliato, & cresciuto ed ba dato frutto, se di tanto in tanto non & bagnato dalla piogia, cost avviene anche per I'uo- mo. Se, dopo tutto quello che ha fatto, Dio gli toslic per ‘un po’ la sua protezione ¢ T'abbandona, @ perduto. E Dio abbandona I’uomo quando fa azioni contrarie alla sua condizione; ad esempio se eta pieno di amore di 12 Bvagsio, Lettern 41 (trad. in Hausher « Les legons d'un contem- platifs, cit, p. 71). 183 Dio ¢ poi si lascia andare e diventa negligente oppure se eta umile ¢ poi diventa orgoglioso. E Dio non abl dona tanto il negligente alla sua negligenza e Porgoplioso al suo orgoglio quanto abbandona chi era pieno di amore di Dio e “liventa negligente, chi era umile e diventa orgoglioso, Questi sono peccati contro Ia proptia condi- zione ¢ Dio abbandona chi li compic. Per questo san Basilio® giudica in modo diverso il peccato di chi era pieno di fervore e di chi invece era negligente, 137. Dopo che ci si @ guardati da tutti questi peri- coli, occorze ancora vegliare, se si fa un po’ di bene, a non compierlo per orgoglio o per piacere agli uomini, o per qualche altro motivo umano, per non distruggere quel po’ di bene che si 2 fatto, come abbiamo detto a proposito delle cavallette, della grandine e degli altti flagelli che rovinano i raccolti, E di nuovo quando si la- vora la terra il contadino non pud restarsene tranquillo, senza preoccupation, neppure quando il raccolto non hha patito alcun danno e si & conservato fino al tempo della mietitura: pud ancora succedere che dopo che ha mietuto il campo, terminata la sua fatica, venga qualche womo malvagio spinto dall’odio ¢ dia fuoco al raccolto, distruggendo cos} tutti i suoi fratti e la sua fatica. E cost finché non vede il grano ripulito e riposto nel granaio, on pud starsene iranquillo. E cost anche l'uomo che @ riuscito a sfuggire a tutti questi pericoli che abbiamo ricordato, non deve nemmeno allora starsene tranquillo, che, dopo tutto questo, il diavolo trovi il modo di ingannarlo seminando nel suo cuore pensieri di auto- giustificazione, di orgoglio, di incredulita o di eresia, e non solo rende vana tutta Ia sua fatica, ma riesce perfino a separarlo da Dio. Riesce a fargli con un solo pensiero quello che non eta rluscito con Pazione. A volte anche un solo pensicro, infatti, pud separarci da Dio, se To accogliamo ¢ lo facciamo nostro. Cost chi + ! Basil Hom in Bs, VILS (RG 292408-D). In pis, Prov cee sion d ae Bip ° 184 mente essere salvato, non deve starsene tranquillo fing all'ultima sespim ", Occorre molia fatica dunque, molta tenzione; occerre chiedere incessantemente 3 Dio di froteggery a slvarcl per la soa boat gloria del s10 santo nome. Amen! 1 Gir, Apoftegm, Antonio il grande 4 (Mortar I, p. 84). 185 xm DOBBIAMO SOPPORTARE LE TENTAZIONI SENZA TURBARCI RENDENDO GRAZIE A DIO 138. Giustamente abba Poemen disse i a cui si pesos il monaco appare nll amie? ‘monaco ‘si mette veramente al jizio di deve, come dice il libro della Saplensa! Peenort al tentazioni per non lasciarsi sorprendere né turbare da quanto gli accadra, e creda che nulla pud avvenire senza che Dio lo voglia. Dove ela Provvidenza di Dio, tutto quel che avviene & senz’altro buono ¢ utile all’anima poiché tutto quello che Dio fa con noi, Io fa per il nostro bene, perché ci ama e ha compassione di ha detto lApostolo, dobbiamo render grazie in’ ogni cosa (1 Ts 5,18) alla sua bont’ e non scoraggiarci mai, non abbatterci di fronte a quello che di capita, ma accettare ‘ogni evento con umilta e spetanza in Dio, senza lasciarci rurbare, certl, come dicevo, che tutto quello che Dio fa con noi, lo fa perché & buono, perché ci ama ¢ lo fa senz’altro bene. Non & possibile che le cose vadano bene se non @ Dio nella sua misericordia a disporre cos}. aes ia un ie, e non dubita del suo -, qualsiasi cosa l’amico gli faccia patire, penosa, sata certo che "ha fatta per acest Sos mai che abbia voluto fargli del male. Quanto pit dob- biamo esser certi che tutto quello che ha fatto Dio che cia cteato, che ci ha condotio dal nulla all’esistenza e che per noi si 2 fatto uomo e per noi & morto, lo ha fatto per bontd verso di noi, per amore! Di un amico posso anche pensare che mi vuole bene e che ha dell’af- fetto pet me, ma che non ha sufficiente capacitd di com- 4 Apsteni,Roemn 1 (Mora Tp 87. 186 prensione per occuparsi delle mie cose e co, come sem- ‘bra, pud fami del male, anche senza volerlo. Ma non possiamo dir questo di Dio perché & Jui Ja fonte della sapienza, sa che cosa ci conviene, ¢ in vista di questo wredispone ogni minima cosa, Di un amico posso di vcore che mi vuol bene, che ha dell’afetto per me, che tiesce a capire che cosa mi @ utile, ma che non riesce ad ‘essermi di aiuto Ia dove invece crede di esserlo. Ma di Dio non possiamo dire neanche questo, Per lui tutto & possibile, nulla & impossibile davanti « Tui, Sappiamo Eunque che Dio ama le sua creatura, vuole il suo bene, he £ lui la fonte della sapienza e sa come provvedere a foi, che nulla gli & impossibile, perché tutto & sottomes- ‘s0 alla sua volonta. Dobbiamo sapere che tutto quello the fa & per il nostro bene e dobbiamo accettare tutto fon rendimenti di grazie, come abbiamo de:to prima, Sh quanto viene da un Signore benevolo e buono, anche se si tratta di cose che ci fanno soffrire. Tutto viene da un giusto giudizio e Dio, che 2 cos} misericordioso, non resta indifferente di fronte alle tribolazioni che ci af. 140. Ma spesso si dubita e ci si chiede: «Ma se nelle avversit’ la sofferenza ci porta a peccate, come pos- fiamo pensare che esse accadono per il nostro bene? ». ‘Ma noi pecchiamo nelle avversit’ soltanto perché non vogliamo far fatica, non vogliamo sopportare neppure la minima sofferenza, né contrariet2. Dio infatti non peimette che siamo provati al di 1a delle nostte forze, come dice PApostolo: «Dio & fedele, non petmetter’ che siate tentati al di 1a delle vostre forze» (1 Cor 10, 13). Ma noi non abbiamo pazienza, non vogliamo fare neanche un po’ di fatica, non accettiamo umilmente quel che ci capita e cost ci lasciamo abbattere e pit cerchiamo di sfuggire le tentazioni, pitt ne siamo oppressi, ci scorag- giamo e non riusciamo 4 libetarcene. Vi sono aleuni che devono nuotare; se conoscono i segreti del nuoto, quan- do si scontrano con un’onda, si immergono nell’acqua 187 oe ay ¢ Ia lasciano passare sopra di Joro e cost poi passono continuare a nuotare senza difficolta. Ma se lavece ve, gliono resistere all’ondata, ne sono respinti e rigettati Jontano; come ricominciano a nuotare, attiva un’altra onda e,'se di nuovo le oppongeno resistenza, vengono ancora Tespintl eget foot e eas alata invano non vanno avanti. Ma se, come dicevo, si abb ai sotto delle onde, si umilfano le onde parsetame renee far loro del male, potranno continuare a nuotare finché vogliono e fare quel che devono. __ Ela stessa cosa anche per le tentazioni. Se le soppor- tiamo con pazienza e umilt3, passeranno senza farci del male; ma se ci lasciamo turbare, alliggere, se ne diamo Ia colpa a tutti gli altri, facciamo def male a noi stessi, Je rendiamo ancot pid insopportabili e cos! non solo non ne oveniamo aloun vanteggio, ma ei facciamo pure del 141. Le tentazioni sono di ide aiuto chi le sopporta senza turburs. Anche quando una prssione a tormenta, non dobbiamo lasciarci turbate. £ segno di ignoranza e di orgoglio lasciarsi turbare quando ci assale ualche passione; avviene perché aon conosciamo Ia no- stta condizione, perché vogliamo fuggire Ia fatica, come soggiogato dalle passioni si stupisce se-lo tormentana? Pesche si turbe, se ne iatearns Te opere? Hiai in te la passione e ti turbi? dite Je radici ¢ ti chiedi: «Ma perché mi torment Sopportala_piuttosto, lotta, iavoca Dio! giunto a mettere in ptatica una passione 2 impossibile che non ne sia tormentato. «TI loro strumenti sono den- to di te — come disse abba Sisoes ~. Restituisci quel che 4 Apoftesmi (PE 1,28, p. 99) Nau 297. 188 loro appattiene e se ne andranno »‘, Per strumenti in- tendeva cid che & la causa delle passioni. Finché dungue Je amiamo e le mettiamo in pratica, satemo inevitabil- mente soggiogati da pensieri che ci costtingono « met- tere in pratica le passioni anche se non lo vogliamo, poi- ché ci siamo consegnati volontariamente nelle loro mani. 142. E quel che dice il profeta quando patla di Efraim che «ha maltrattato il suo avversario» cod Ia sua coscienza e «ha calpestato il diritto » (Os 5,11). «Ha desidersto I’Kgitto ed & stata condotta con la forza tra gli Assiri» (Os 7,11). I Padri chiamano Egitio Ja volonta della carne, che ci spinge 2 soddisfare i desideri del corpo e a rendere sensuale lo spirito; chiamano As: siti i pensieri suggeriti dalle passioni che agitano e tur- ‘bano Jo spitito, lo riempiono di immagini impure e lo trascinano con la forza a commettere il peccato anche se non Jo vuole’, Quando ci si consegna deliberatamente ai desideti della'carne, si viene trascinati con Ia forza tra gli Assiti, anche se non si vuole, per diventare schiavi di Nebucodonosor. Ben lo sapeva il profetal Per questo si rattristava ¢ diceva loro: «Non andate in Egitto! » (Ger 49,19)*. «Che fate, infelici? Umiliatevi un poco, cutvate ie spalle, lavorate per il re di Babilonia, dimo- rate nella terra dei vostri padti ». E poi li incoraggia dicendo: «Non temete il re di Babilonia perché Dio con noi per salvarci dalla sua mano » (Ger 49,11). Pro- fetizza anche la tribolazione che li colpira, se non obbe- discono a Dio. « Se andrete in Egitto — dice — vi trove- rete in luoghi impraticabili, ridotti in schiavith, preda della maledizione e degli oltraggi ». Ma quelli gli tispo- sero: «Non dimoreremo in questa terra, Andremo in Epitto perché [A non vedremo pit guerra, non udremo pid squilli di tromba, non patiremo pit Ia fame » (Ger 49,13-14), Vi andarono dungue e si misero spontanea- 4 Apottegn, Sods 6 (Mortai Th, p. 162), 3 Tada, topos TV (PG S017). # Nel testo ebraico Ger 2,19. 129 mente a servizio del Faraone, ma poi furono trascinati con Ia forza tra gli Assiri e, anche se non Io volevano, divennero loro schiavi. 143. Meditate attentamente queste parole. Chi non hha ancora messo in pratica una passione, anche se i pen- sieti gli fanno guerza, si trova ancora nella sua citt’, & ancora libero ¢ anzi ha anche Dio che lo aiuta. Se dun- que si umilia davanti a lui, se sopporia il giogo della ten- tazione che lo fa sofitire, rendeado grazie a Dio e lottan- do un poco, aiuto di Dio Io libereta dalla tentezione. ‘Ma se vuole evitare qualsiasi fatica e cede ai desideri della carne, allora sar’ trasportato con la forza nella terra degli Assiti e li dovsd servite anche se non vuole. ‘Ma i! profeta dice loro ancora: « Pregate per la vita di Nabucodonosor perché dalla sua vita dipende la nostra salvezza » (Bar 1,11), Nabucodonosor vuol dire: non scoraggiatsi di fronte alle prove che ci vengono dalle tentazioni, non tirarci indietro, ma sopportarle umil- mente, pensando d’averle meritate; significa ancora cre- dete che non metitiamo che questo peso ci sia toko, piuttosto che Ja tentazione duri a lungo, rimanga e diventi ancora pit forte, nella convinzione che sia che ne conosciamo il motivo sia che per il momento non lo conosciamo, da Dio non pud mai venire nulla di in- giusto. Un fratello sconsolato piangeva perché Dio lo aveva liberato dalla tentazione ¢ diceva: « Signore, non sono degno di sofftire un poco? »”. Si racconta che un disce- polo di un grande Anziano un giomo fu tentato dalla fotnicazione. L’Anziano vedendolo sofftire, gli disse: « Vaoi che preghi Dio di darti sollievo da questa guer- 1a? ». Ma il fratello rispose: « Sto sofftendo, abba, ma vedo in me il frutto della mia fatica. Chiedi dunque questo a Dio, che mi doni la pazienza »*, 144, Ecco, costoro desiderano veramente essere sal- 7 Apotegal * Aotebmy, se 190 sistematica VII,22 (Mortar, p, 141) Naw 192. sistematica V,20 (Mortar, p. 101) Naw 170. X vati! Questo 2 sopportare umilmente il giogo e pregare per la vita di Nabucodonosor. Per questo dice il profeta: « Perché dalla sua vita dipende la vostra salvezza ». Dize come quel fratello: « Vedo in me il frutto della mia fa- tica» & come dire: « Dalla sua vita dipende Ia mia sal- vvezza ». Come dimostra anche ’Anziano che risponde al iscepolo: « Oggi so che hai fatto progressi nella vita spitituale e che ormai mi superi ». Quando uno infatti lotta per non compiere un peccato e comincia a lottare anche contro i pensieri suggeriti dalle passicni, si umilia ¢ soffre in questo combattimento, ma questa sofferenza nella lotta lo purifica e lo riporta allo steto di natura. Come abbiamo detio 2 per. ignoranza, i a‘ pte enon conosce i] tormento delle passioni, non lotta nem- meno per esseze purificato. Anche il salmo dice a questo proposito: « Quando i peccatori spuntano come l'erba fe compaiono tutti quelli che fanno il male & per essere annientati per sempre» (Sal 91,18). «I peccatori che spuntano come Perba» sono i pensieri suggeriti dalle passioni. L’erba infatti & fragile e senza forza. Quando dungue i pensieri di passione spuntano nell’anima, allora compaiono, cio’ si rivelano chiaramente tutti quelli che fanno il male, cio’ le passioni per essere annientate per sempte, Quando infatti le passioni si svelano a quelli che combattono, vengono annientate da essi 145. Considerate la logica di queste parole, Anzitut- +0 sorgono i pensieri di passione, poi si manifestano le passioni e vengono cosi annientate. Cost accade a chi lot- ta, Ma noi che commettiamo il peccato e seguiamo sempre le passioni, non sappiamo né quando nascoro i pensieri, rné quando si manifestano le passioni e cost non possia- mo combattere contro di esse. Siamo ancora git, in Egit- ‘to, a far mattoni per il Faraone. Chi ci concederi di aver 191 per lo meno coscienza della nostra amata schiavith, pet- ché ci umiliamo e possiamo ottenere misericordia? ‘Quando i figli di Israele erano in Egitto, schiavi del Faraone, facevano mattoni; quelli che fanno mattoni, sono sempre curvati verso il basso, con gli occhi volti a tetra; € cost il diavolo calpesta il nostro discernimento, ci impedisce qualsiasi pensicro spirituale, di costringe @ preoceuparci soltanto delle cose della tetra e a compiere solo queste, se ci lasciamo dominare da lui ¢ compiamo i peceato?’. Con i mattoni che avevano preparato, i di Istaele costruirono tze cittd fortificate: Pitom, Ram- ses e On ciot Eliopoli (Es 1,11): queste tre cittd sono Yamore del piacere, Pamore del denaro e amore della gloria, fonti di ogni peccato. 146. Quando Dio invid, Most per far uscire dal- VEgitto i figli di Istaele e liberarli dalla schiavitd. del Faraone, costui rese ancora pitt duro il loro lavoro e disse; «Fannulloni, siete! Fannulloni, per questo dite: ‘Andiamo ad offtire sacrifici al Signore Dio nostro!” » (Es 5,17). Cosi anche il diavolo quando vede che Dio si china’ su un uomo per fargli misericordia, per dargli sollievo dalle passioni sia tramite la sua pavola, sia tra- mite uno dei suoi servi, lo opprime ancor di pit sotto il peso della passione ¢ lo assale con maggior forza. I Pa- di, sapendo questo, fortificano gli uomini con il loro insegnamento e non lasciano che siano vinti dal timor uno dice: « Sei ceduto? Rialzati. Caci di nuovo? Rit \ ati ancora, ete. ». Un altro dice: «La forza di quelli j che vogliono acquistaze Ja virtt consiste nel non scorag- ~ | giarsi quando cadono, ma a riprendere con zelo Ja lot- | ta" Ciascuno a modo suo tende Ja mano a chi & com- battuto e tormentato dal nemico. Cosi facendo i Padri si * Questa lenura simbolice della fabbricazione di mattoni rsnle ed Origene (Hom. in Bx. 1,9) diviene poi tmdisionle nella esegesi pe- ulsres ‘O hpoftegmi, Sisoés 38 (Mortai IL, p. 173) # pete avtrihnito ad abba Most (PE 1,28, p. 99) citsto da Isaia, Logos XVI,4 (PG 40,1148B-C). 192 ib ispiravano alla divina Scrittura IA dove dice: « Forse che chi cade non si rialza e chi perde Ja strada non torna in- dietro? » (Ger 8,4). «Ritorate a me, figli, e guarird Ie vostre ferite » dice il Signore (Ger 3,22) ¢ ad altri passi simili. 147. Quando Dio fece pesare Ja sua mano sul Fa- raone € sui suoi servi, e volle far partire i figli di Israc- Ie, disse a Most: « Andate, offtite sactifici al Si Dio vostro, solo lasciate qui le vostre pecore ¢ i vostri buoi» (Es 10,24). Le pecore e i buoi rappresentano i pensieti dello spirito; il Faraone voleva continuare a do- minarli, sperando in questo modo di far ritornare a sé i figli di Istaele. Ma Mos? gli rispose: «No, tach darai sactifici e olocausti da offrire al Signore nostro Dio, anche il nostro bestiame verra con noi: neppure un'unghia ne resterd qui » (Es 10,25-26). Quando Most fece uscire i fighi di Istaele dall’Egitto e fece loro attra- versare il Mar Rosso, Dio li voleva condurte alle set- tanta palme e alle dodici sorgenti d’acqua e cost li con- dusse dapprima a Mara, dove il popolo si lament p non trovava da bere, perché Pacqua era amara, poi da ‘Mara [i condusse a quel posto dove vi erano settanta palme e dodici sorgenti d’acqua (Es 15,22-27)%, 148. E cos} anche Panima che ha smesso di compiere ~ il peceato e ha attraversato il mare spirituale, dapprima deve faticare nella lotta.e sopportare molte tribolazioni: attraverso le tribolazioni entrer nel santo riposo. « Pet- ch6 & necessario passare attraverso molte tribolazioni per entrare nel regno dei cieli » (At 14,22). Le tribolazioni infatti richiamano sull’anima la misericordia di Dio, cost come i venti chiamano Ja pioggia. E come la pioggia troppo frequente rovina il seme appena germogliato ne distragge il frutto e i venti invece lo fanno seccare poco a poco e lo rendono forte, cost avviene anche per Tanima. Se Panima si lascia andare, sinuncia a vigilare e 11 Cir. Tinterpretazione simbolice dellepisodio data da Origene in Hom. in Bx, VII1-3 (ed. Paotine, p. 219). 193 7. o-insegnaments spiritual si concede riposo, va verso la dissipazione e la dispersio- ne; Te tentazion! invece 1a rendono salda, e Puniscono a Dio come dice il profeta: « Signore, nella tribolazione ci ‘siamo ricordati di te » (Is 26,16). L’abbiamo gia detto: non dobbiamo lasciarci tuxbare, non dobbiamo scotag- glarci di fronte alle tentazioni, dobbiamo esset pazienti, render grazie a Dio e supplicarlo sempre umilmente di aver compassione della nostra debolezza, di metterci al ripato da ogni tentazione, a gloria sua, Amen! 194 xIV LEDIFICIO SPIRITUALE E L’ARMONIA DELLE VIRTU! 149. La Scrittura dice di quelle donne che lasciavano vivere i figli maschi degli Istaeliti che « poiché avevano temuto Dio, egli diede loro una casa» (Es 1,21)%, Si tratta forse di case materiali? Ma perché dire che si co- struirono una casa per aver avuto timore di Dio quando ci viene insegnato il contratio, che per timore di Dio dobbiamo abbandonare anche quelle che possediamo? (Mt 19,29). Non si tratta dunque di case materiali, ma della casa dell’anima, che ci possiamo costnuite se osser- viamo i comandamenti di Dio. Con queste parole la Scrittura ci insegna che il timore di Dio dispone !’anima ad osservare i co1 lamenti e che con i comandamenti si costruisce la casa dell’anima. Vigiliamo anche noi su i i, i i timore di Dio e costruiamoci delle case per trovarvi rifugio nella cattiva stagione, in caso di pioggia, fulmini e tuoni; la cattiva stagione infatti & veramente tetribile per chi non ha una casa. 150. Ma come si costruisce Ia casa dellanima? Pos- siamo apprendere i segreti di quest’arte guardando a come vengono costruite le case materiali. Chi vuole co- struirsi una casa, deve zenderla salda in ogni punto, fis- satla sui quattro lati € non badare ad un lato solo, tra- scurando gli altri; non setvirebbe a niente, anzi, Ia sua fatica ¢ i suoi soldi andrebbero perduti. B cost anche per Panima, L’uomo non deve trascurare alcun lato della sua costruzione, ma innalzarla ugualmente su tutti i lati 4 Ctr, Apofiegmi, Pusu: 130 (Mouas Ip, 116), 2.Cir commento di Origene au questo testo (Hom, in Ex, 1,12: 4 due lcrsirc! sono PAnvico el Neowo Testament, le case ragpre ‘seatano slmbolicimente laches) 195 con atmonia, B quel che dice abba Giovanni: « Voglio che Pvomo prenda un po’ di ogni virtt e non che faccia come alcuni che si attaccano ad una sola virtt, ‘adano ad essa sola, in essa sola si esetcitano trascurando Te altre»?, Forse hanno fatto grandi progressi in questa virtti e€ cosl non sono viuti passione contraria, sono perd ingennati © oppressi dalle altre passioni, ma on se ne preoceypano e eredono di possede-e grand ‘cose, Costoto sono simili a un uomo che costruisce un nro solo, Io innalza il pid possibile e guardando P'al- Tass del inoro,crede di aver fatto qualcosa di grandio- s0: non si tende conto che come attivera il vento, Jo Bien terra perché solo, non appoggia su altri muri Del resto non si pud trovare riparo accanto ad un solo ‘muro, si testera scoperti da tutti gli altri lati. Non biso- gna fate cosi! Chi vuol costruizsi una casa per avere un rparo, deve costruire da tutti i lati e rencerla salda da i parte. a Vi dico come: anzitutto bisogna gettare le fon- damenta, cio la fede; senza la fede, infatti, come dice FApostolo, & impossibile piacere a Dio (Eb 11,6). Poi 1 questo fondamento sari possibile erigere una costru- zione ben proporzionata, Gli viene oferta un’occasione di obbedite? Metta una pictra alla sua costruzione: facca obbedienza, Un fratello si irtita con Iui? aggiunga tunvaltra pietra: sia paziente. Deve praticare la temperan- va? sia temperante © aggiungerd un'altra pictra. Deve porre alla sua costrozione una pietra di ogoi visti che Fa possibilita di praticare e potrd cos) costruize tutti i Iati'con pietre di compassione, di rinuncia alla propria volonti, di mitezza, ece. Ein tutto questo deve aver cura Ulin perseveranza‘e del coraggi: sono le pictre ¢'an- folo che rendono salde le eostrazione e congiungono us sino con Taltro impedendo foro di incinasi o di di- Splungers, Senza peroeveranza e senza coraggio infatti 3 Apoftegmi, Giovanni Nano 34 (Mortari I, p. 254). 196 non si raggiunge la perfezione in nessuna virti. Chi non ha coragzio, non avra neppure perseveranza e senza per- severanza non si pud far nulla di buono. Pet questo il Signore ha detto: «Con la vostra perseveranza salvate Je vostre anime » (Le 21,19). E cos) chi costruisce un auto deve poggiare ogni pietta su un po’ di fango; se Je sistema [’una sull’altra senza mettervi in mezzo del fango, le pietre si disgiungono ¢ la casa crolla, Tl fango 2 Pumilta, 2 fatto di tetra e tutti lo calpestano. Una virt senza umilta non 2 virth: anche nei Detti dei Padri si dice: «Come & impossibile costruire una nave senza chiodi, cosi impossibile che 'uomo si salvi senza umil- ti», Se si fa qualcosa di buono, bisogna farlo con umil- tie allora umilta conserverd quello che si 2 fatto. La casa deve avere anche le cosiddette giunture; sono la discrezione che rende salda la casa, unisce le pietre Puna alfaltra ¢ rende compatta la costruzione dandole inoltre ‘un certo . Il tetto poi Ia catita che 2 il compimento delle virtd, cost come il tetto lo & della casa (Col 3,14). Poi, dopo i tetto, c’2 il parapetto della terrazza. Che cos’® il para- petto? Sta scritto nella Legge: « Quando costuirete una casa, farete un parapetto intomno alla terrazza, perché i bambini non cadano » (Dt 22,8)°. Il parapetto ¢ Pumil- 18 perché essa corona e custodisce tutte le virth. E come ogni virtd deve essere accompagnata dalfumilea, cost come abbiamo detto che ogni pietra deve poggiare sul fango, cost la perfezione della virth ha ancora bisogno land « memoria il testo lo modifies. S"Apottegmi, Matoés 2 (Mortati Il, p. 39) 197 che nascono nell’anima; bisogna custodirli nell’umilta, perché non cadano dal tetto, ciot dalla perfezione della virtit. 152. Ecco, la casa 2 finita: ha le giunture, il tetto, ecco anche il parapetto, a costruzione & com- piuta, Non Je manca pitt nulla, dungue? Si, abbiamo tra- Fasciato wna cosa. Quale? Che chi costruisce sia abile. Se non Jo &, fa pendere un po” Ia costruzione e prima 0 pot la casa cade. B abile a costruire chi agisce con se- Pienza, A volte si fa ogni sforzo per raggiungere une ‘virth, ma non si agisce con sapienza e cos) tutta Ia fatica che #i 2 fatta va perdata, non si conclude nulla, non si tiesce a terminate Popera, si pone una pietra ¢ la si to- lie. Vie poi chi ne mette una e ne tozlie dues ad esem- pio: Ecco che attiva da te un fratello e ti dice qual- Cosa che ti turba o ti ferisce, ma tu resti in silenzio ¢ fai na metana; eco, bal posto una pits. Ma pal ai da un altro fratello ¢ gli dici: « Quel tale mi ha of- Feso, mi ha detto questo e quest’altro; ma sono restato in silenzio e ho fatto una metania ». Ecco: hal posto tuna pietma e ne hai tolte due. Si pud anche fare 1a me- tania per ricevete lode, unendo cos) I'umilta alla vana- ploria: e questo & porre una pietra e toglietla. Chi invece fa la metania con sapienza, 2 convinto di aver fatto qual- cosa di male, di esser lui stesso la causa di quel che & ‘accaduto. E cost che si fa Ja metania con sapienza. Un altro custodisce il silenzio, ma non Jo fa con sapienza perché crede di fare un atto di virt; in realtA.non fa pro- Pijo niente. Ma chi tace con sapienza, si giudica inde i parlare, come hanno detto i Padi’. E questo il silen- io praticato con sapienza, Un altro non ha molta stima Gi sé e crede di fare qualcosa di grande e di essere umile, € non s@ che non fa proprio niente perché non agisce ‘con sapienza. Non aver stima di sé con sapienza, 2 consi- Gerersi come un nulla, indegni di esser contati tra gli uomini, come si disse abe Most: « Moto, dalla pelle co- 7 Apoltegmi, serie sistematica XV,79 (Mortari, p. 292) Naw 321. 198 Jor di tetra, dato che non sei perché vuoi dare in mezzo agli vomini? ~~ [a . E ancora: uno serve un malato, ma in vis prac ammeeno ges fatto con sapienza. E poi se gli capita qualcosa di spiacevole, subito lascia petdere questa opera Euone, non la porta 4 termine per ‘non agisce con sepienza. Chi invece serve un malato con sapienza, lo fa per imparare ad aver compassione, pet ottenere viscere di misericordia; chi ha quest’inten. zione, qualunque cosa gli capiti, sia una prova che gli giunge dallesterno, sia che il malato perda la pazienza con lui, sopporta senza lasciarsi turbare, attento allo sco- po che si era prefisso, sa che & pid il bene che il malato fa a lui di quanto lui stesso ne faccia al malato. Crede- temi: chi serve un malato con sapienza @ liberato anche dalle passioni ¢ dalle tentazioni, To conosciuto un fra- tello tormentato da pensieti impuri che ne fu liberato per aver servito un fratello malato di dissenteria. Anche Evagtio racconta che un grande Anziano riusci a liberare un fratello da simili pensieri che Jo tormentavano di notte prescrivendogli di servize i malatie di fare digiuno. An futlo, che glen chiedeva il motivo, disse: «Nol Ie pi della misricordin &n grado di spegnere tall pa E ancora chi si dedica allsscesi per vanagloria o con- vinto’ di praticare una virth non ‘episce con sapicnza, Per questo comincia poi a disprezzare il fratello, cre- lendo di essere chissi chi, e cosi non solo mette una pietra e ne toglie due, ma rischia di far crollare tutto il muto perché ha giudicsto il fratello. Ma chi vuole otte- nere il dominio di sé con sapienza, non si considera vir- tuoso, non vuole ricevere onore come un asceta, ma sper di sng a dominare se eso ad seis a zza e di raggiungece cost Pumilta perché, come di- cone i Padti, Ia via delVurilta sono le fatiche pastes § Apofteani, Mow 4 (Morse Tp. 32), 9 Evagrio, Pralctks, 1,91 (BG 40,12498), 199 compiute con sapienza, Insomma bisogna esercitarsi in ogni virti fino a farla propria, a trasformarla in abitu- dine, Allora, come abbiamo detto, si & buoni costruttori, abili, capaci di costraire una casa ben solida. 154. Chi dungue, con V’aiuto di Dio, vuole giungere near uniter terry sono troppo sublimi, non posso raggiungerle »". Chi dice co- sinon spera nell’aiuto di Dio oppure manca di zelo nel compiere il bene. Esaminiamo una vitth a vostra scelta vedrete che dipende da noi tiuscite a praticarla, se lo vogliamo, Sta sctitto: « Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19,18). Non guardare quanto sei lontano da questa virtt, non cominciare a spaventarti e a dire: «Ma come posso amare il mio prossimo come me stes- 30? Come posso preoccuparmi delle sue tribolazioni co- me delle mie e soprattutto come posso conoscere le sof- ferenze nascoste nel suo cuore, che non posso vedere € conoscere come vedo e conosco le mie? ». Non indugiare su questi pensieri, non pensare che sia tanto dificile rag- giungere una virti. Mettiti all’opera confidando in Dio. Metti davanti a lui i tuoi propositi, la tua buona volont& e vedrai quale aiuto ti dard perché possa portare a com- pimento quel che hai iniziato. S'Vi feccio un esempio: immagina due scale, l'una porta in alto verso il ciclo, Paltra in basso, agli inferi. ‘Tu ti trovi sulla terra tra Ie due scale. Non cominciare a pensare ea dire: «Ma come potrd prendere il volo € trovarmi d'un tratto in cima alla scala? »®. Non 2 pos- sibile e Dio non te lo chiede, Ma bada per lo meno di non scendere in basso; non far del male al tuo prossi- ‘mo, non ferirlo, non patlar male di lui, non offenderlo, non disprezzarlo, Poi comincia a fare un po’ di bene; 1® Apoftegm, serie sistematica, XV,82 (Moctasi,p. 293) Neu 323. 8 ee Sos KAW (0 4011398) «Non scree deendo “Come posto acqustae la vst, peceatere come S000?" » "tcl. Nic, 83: « Mettendo un piese sul rio sclino, non biso- ‘getiereinmedistamente Talo sulin». Basi, Letera a volet 422 (ed. Proline, p. 16). 200 di una parola di conforto al tuo fratello, cerca di averne gompessene, dali qullo i cui a bisopno, Ecol on lendo un gradino per volta, con I’aiuto di Di iN i in cima lla sede eee Poco per volta continuando ad ajutare il tuo prossi- mo, giungerai enche a desiderare il suo bene quanto il tuo, il suo interesse quanto il tuo, ed @ questo l’« ame- rai il prossimo tuo come te stesso'». Se cerchiamo, tro- vyeremo ¢ se domandiamo a Dio, ci illuminera. Dice in- fatti il Signore nell’Evangelo: « Chiedete e vi sara dato, cercate © troverete, bussate vi sara aperto » (Mt 7,7; Le 11,9). Dice « chiedete » perché lo supplichiamo nella proghiera. Cercure poi ® esaminare come nasce questa virth, che cosa ce la procura, che cosa dobbiamo fare per ottenerls, Chiederselo ogni giomo ® compiere le parole: «Cerete ¢ froveete», Busare & comple i comandament con le mani che si ‘ani indicano fagire dell'uomo, a Dobbiamo, dunque, non soltanto domandare, ma an- che cercare e mettere in pratica, sforzandod, come dice PApostolo, di essere pronti per ogni opera buona (2'Tmn 3,17). Che cosa significa « ptonti»? Chi vuol costruire tuna nave, prepita anzitatto quello che gli occorre per Ta nave fino ai legni pid piccoli, fino alla pit piccola quantita di pece e di stoppa; la donna che vuol tessere tuna tela, prepara fino al pit piccolo ago e filo; questo si dice esser pronto, aver preparato tutto quello che serve, 155. Siamo dunque anche noi pronti ad ogni opera buona, interamente disposti a fare la volontt dt Dio con sapienza, come eli vuole, come gli piace. Che vuol dire Papostolo con le parole: «La volonta di Dio, cid che 2 buono, a lui gradito © perfetto »? (Rm 12,2)”. Tutto avviene perché Dio lo permette o perché’ cod vnole, come sta sctitto nel profeta: « Io sono il Signore che formo la luce e creo le tenebte » (Is 45,7) e anco- 4% Dototeo si ispita « Basilio, Reg. br. t. 276 (PG 31,1273.1276). 201 ra: «Avviene forse nella citta una sventura che non sia dovuta al Signore? » (Am 3,6). Per male intende tutte le sventure, tutte le prove che ei capitano a no- stra correzione a causa della nostra malvagiti: carestia, peste, sicciti, malattie, guerte. Tutti questi mali non di attivano perch Dio Ii gradisce, ma perché Ii permette; Dio permette che avvengano per il nostro bene. Ma Dio rnon vuole che desideriamo questi mali o che additittura facciamo qualcosa perché ‘Ad esempio Ia vo- ont’ di Dio permette che una cittd venga distratta, ma non vuole che, poiché questo avviene per sua volonta, noi le diamo fuoco e Ja facciamo bruciate, 0 che prem diamo delle accette Ia demoliamo. Dio permette che tuno sia afflito 0 si ammali; ma non vuole che, poiché sto avviene per sua volont2, noi lo afligeiamo 0 amo: «E volonta di Dio che sia malato; non dobbiamo averne misericordia ». Dio non vuole questo, non vuole che collaboriamo con la sua volonta quando petmette il male. Vuole che siamo buoni, non vuole che desideriamo quello che Iui fa. Ma che cosa vuole che desideriamo? quello che lui vucle di buono, quello che avviene, come ho detto, per sua benevolenza, cio® tutto quello che 2 oggetto di un comandamento: amatsi a vicenda, aver compassione, fare Pelemosina, ecc. Que- sto 2 quello cke Dio wuole di buono. Che cosa significa poi « cid che gli 2 gradito »? An- che facendo il bene non si fa necessariamente quello che 8 gradito a Dio, Ne spiego il motivo. Un tale trova ‘un’orfana povera e bella; incentato dalla sua bellezza, la prende con sé ¢ la alleva perché & orfana. Ecco: questo certo 2 volonti di Dio, @ cosa buona, ma non & «cid che gli & gradito ». Quello che & gradito a Dio 2 fare Yelemosina noa per calcoli umani ma per amore del bene in se stesso, per compassione. Questo & «cid che 2 gradito a Dio». Tnfine « cid che & perfetto » 2 fare I’elemosina senza cesser avati o sprezzanti né villani, ma dando tutto i 202 peal con cuore Iatgo, & dare come se si ricevesse, & fare del bene come se fossero gli altri a farne a noi: «cid, che & perfetto ». Cosi si “is volonta di Dio, oa dice P'Apostolo, « cid che & buono, a Iui gradito e per. fetto », cost si agisce con sapienza, 156. oat eee quale sia il bene delP’cle- ‘mosina, quale sia la sua grazia; grande @ il potere del- Telemosina, ud cancellare i peccati, come a il pro- feta: «Riscatto dell’uomo & la sua ricchezza » (Pry 13,8) e altrove: « Riscatta i tuoi peccati con Pelemesi- na» (Dn 4,24). Il Signore stesso ha detto: «Siate mi- seticordiosi come @ miseticordioso il Padre vostro celc- ste» (Le 6,36), Non ha detto: « Digiunate come digiuna il Padre vostro che & nei cieli », né: « Siate poveri come @ povero il Padre vostro che & nei cieli », Ma « siate mi- seticordiosi, come ® misericordioso il Padre vostto che B nei cieli». Questa virti in patticolate imita Dio; 2 propria di Dio. Bisogna dunque, come abbiamo detto, avere sempre gli occhi fissi alla meta e agire con sapienaa, ‘Vi sono infatti molte motivazioni diverse anche nel fare Telemosina. L’uno fa Velemosina perché il suo campo sia benedetto, e Dio benedice il suo campo; Paltro fa Telemosina perché non naufraghi la sua nave, e Dio la mete in salvo; un altro ancora Ja fa per i suoi figl e Dio li protegge; un altro Ia fa per riceverne onore e Dio gli di onore. Dio non respinge nessuno, di a clascuno quello che vuole, se non é di danno per Ia sua anima, ‘Ma tutti costoro hanno (gia) ricevuto la Joro ricompen 8a; non si sono tiservati niente presso Dio, perché il fine che si proponevano non eta Vutilita della loro ani- ma, Hai fatto V’clemosina perch€ il tue campo sla be- nedetto? Dio ha benedetto il tuo campo; l’hai fatto per i tuoi figli? Dio ha protetto i tuoi figli; Phai fatta per SS ee te ca dato, Che altro ti deve ancora i ia dato Ia ricompensa che hai fatto. G ee 157. Un altro fa Ielemosina per sfuggite al castigo 203 futuro; ecco, costui agisce per la sua anima, costui agi- sce secondo Dio, ma non proprio come Dio vuole per- ché @ ancora nella condizi servo, Il servo infatti non fa Ja volonti del suo Signore spontaneamente, ma perché teme di essere castigato, cosi anche costui agisce per sfuggire al castigo e Dio lo preserva dal castigo. Un altro £2 Pelemosina per averne Ja ricompensa; @ un motivo migliore del primo ma neppure costui agi sce ancora come vuole Dio; non 2 ancora nella condi- zione del figlio, ma come il mercenatio fa quel che vuole il suo padrone solo per ricevere la ricompensa del pa- drone, cost anche costui agisce in vista della ricompensa. Ci sono tre modi di fare il bene, come dice san Basilio". So di avervelo gia detto altte volte. O lo facciamo pet timore del castigo ¢ siamo allora nella condizione del servo, o per riceverne la ricompensa e siamo allora nella condizione del mercenstio, oppure per amoze del bene in se stesso e siamo nella condizione del figlio. Il figtio infatti fa 1a volonta del Padre non perché ne ha timore, 0 perché desideta ricevere da lui la ricom- pensa, ma perché vuole servirlo, vuole dargli onore ¢ soddisfare i suoi desideri, Cosi dunque anche noi dob- biamo fare V'elemosina per il bene in se stesso, avendo compassione gli uni degli altri come delle nostre mem- bra, servendo Taltro cosi come se fossimo noi ad essere serviti da Iui, dando come se ricevessimo, Questa @ Pele- mosina fatta con sapienza; in questo modo, come gid abbiamo detto, ci troveremo nella condizione del figlio. 158. Nessuno pud dire: « Sono povero e non bo di che far Pelemosina ». Anche se non puoi dare come dan- no quel ricchi che gettano i loro doni nel tesoro (Me 12,41; Le 21,3), dai due monete, come la povera ve- dova; Dio accetta pi volentieri questo tuo dono che i doni dei ricchi. Non hai neppure due monete? ma pe: Jo meno sei in buona salute e puoi fate misericordia servendo il tuo fratello malato. Non puoi fare neppure ¥ Basilio, Proem, in Reg, fus. tract (PG 31,896B). 204 questo? Ma puoi forse trovare parole di consolazione Ber il two fratello, Fag dunque misercordia con le pe role ¢ ascolta Colui che dice: «Una parola @ pitt di un dono » (Sir 18,16). Supponi: non puoi fargli misericor- dia neppate a patole, ma se non altro, puoi sopportare il tuo Ltutello se 2 in collera e si itita con te: lo vedi tormentato dal nemico comune e invect di dirgli una parola che Io irriterA ancor di pid, puoi zestare in silen- zio e avere misericordia di lui, cosi facendo lo strapperai al nemico, E se il tuo fratello pecca contro di te, puoi averne miseticotdia e perdonare il suo peccato per s- sere anche tu perdonato da Dio. Sta sctitto infetti: «Perdonate e sarete perdonati » (Le 6,37), farai dunque tisericordia al tuo fratello i peccati com- messi contro di te. Dio infatti ci ha dato il potere, se lo vogliamo, di perdonarci Pun Paltro i peccati, e se non puoi far misericordia al suo corpo, fella alla sua anima; vi & forse misericordia pit grande di questa? Come Vania & piti preziosa del corpo cosi la miseticordia fatta all’anima & superiore a quella fatta al corpo. Nes- suno, dungue, pud dire: «Non posso esercitare la mi- seticotdia ». Ciascuno secondo Ie sue possibilit ¢ la sua situazione pud fare misericordia, deve soltanto state attento a compiere con sapienza il bene che fa, come anche sbbiamo spiegato a proposito di ciascuna virth. Abbiamo detto infatti che chi agisce con sapienza 2 un costruttore abile € sperimentato, costraisce solidamente Ja sua casa e di lui dice anche ’Evangelo: «'uomo sag- gio costruisce Ia sua casa sulla roccia» (Mt 7,24) € ‘fessuna avversit’ potrd farla vacillare, Che Dio, amico degli uomini, ci conceda di ascoltare e di mettere in Pratica quel che ascoltiamo perché queste parole non isuonino a nostra condanna nel giotno del giudizio, A lui le gloria nei secoli dei secoli, Amen! 205 xv I SANTI DIGIUNI 159. Nella Legge Dio ordind ai figli di Israele di offtire ogni anno La decima di tutti i loro beni (Nm 18) fe grazie « questa oferta venivano benedetti in ogni loro ‘opera. I santi apostoli che conoscevano questo comando di Dio’, decisero, per venirci in aiuto e farci del bene, di trasmetterlo anche a noi sotto una forma migliore ¢ pit sublime, i chiesero cio? di offrire a Dio la decima parte dei giorni della nostra vita, di consacrarli a lui, per essete benedetti in ogni nostra opera ed espiare ‘ogni anno i peccati di tutta 'annata. Calcolarono la de- ‘cima parte dell’anno e santificarono per noi sui trecento- sessantacingue giorni dell’anno queste sette settimane di digiuno; fissarono cost sette settimane. In seguito i Padri convennero di aggiungere ad esse un’altra setti- mana pet ied anche per predisporte quanti affrontano Ia fatica del digiuno © per onorare questo i digiuno con il numero dei santi quararta giornt ad il Signore. Le otto settimane infatti, escludendo i sabati e le domeniche, fanno quaranta giorni, onorando con un calcolo a parte il digiuno del sabato santo perché 2 il pit santo, unico digiuno di tutto Panno in giorno di sabato, Le sette settimane in- vvece, eschidendo i sabati ¢ le domeniche, fanno tren- tacinque giomni; aggiungendo il digiano del Sabato san- to e umvaltra mezza giornata costituita dalla gloriosa e Tuminosa notte di Pasqua, si arriva a trentasei giorni € mezzo che sono esattamente la decima parte dei trecen- tosessantacinque giomi dell’anno, Infatti la decima par- 4 J Padti credevano che la Quaresima fosse stata istiaita in epoca spesoic. Ct, Geolame, Epist 41 a Mare, Leone Magno Sem. VE 206 te di trecento 2 trenta e di sessanta & sei, Ia decima patte di cinque giorni & mezza giomnata; insieme fanno frentasei gioti e mezzo, come abbiamo dette, Eqacets Ja possiamo chiamate la decima dellanno; i sant? apo! sili Phanno consecrate ala pentenea pet purfcre tome ho detto, 1 peceati di tuto Panno® 160, Frateli, beato chi in questi santi giomi custo- discc se stesso come si conviene! Infatti anche se arcade di peccae, dato che & un essere mano, per Boles ope nego, Dio gi be ofl qs santigiorni in cui pensar alla propria anima, vigilare Pace cu died! hae pentcroe cca ficato dai peccati di tutto anno, e cost la sua shima viene lberata dal peso del peccato © pud accostars! con cuore puro al santo giorno della Resuttezione, Divenuto tomo nuovo grazie ella penitenan dei sand dgiany, par. tecipa ai sinti mister! senza teverne condanna, ditcora nella gioia e nella letizia sptituale, celebrando in co. anione con Dio i cinquanta giorni Gno alla tanta Pen. fecoste, T cinguenta slom! af Pasqua, ai dice, sono la esurresione delPenima®, ed & per dame un teguo che non pieghiamo le ginocchia in chiesa Gurante tutto il tempo ci Pass 161. Chiunque in cuesti giotni vuol essete purifi- cato dei peccat! di tatto Pannoy deve anzitatte guardats! dalla mancanse di discreione nel mangiare. La mancan- ‘za di diserezione nel cbo infatti, come dicono i Padi, Bfonie di ogal male nel'uomo', Deve inolure stare at ‘tento anon rompere il digiuno se non per grevi motivi f non rcercare abi delicati,a non epperantis’ mangian. doe bevendo oltre misura. Vi sono infatti due tipi di ingordigie. A volte si 8 tentati wulla qualita del uno, ad esempio, non vuole necessatiamente mangiate molto ma desideta cibi delicati. Costui quando mangia 4 Gt Gn, Callan 25 (SC. 6.10), 4 Apotepy Antonio 22 (ova fy po 90) 207 un cibo che gli piace, 2 talmente dominato dal piacere che prova, che lo tiene a hung in bocca, masticandolo a lungo e senza avere il cozaggio di ingoiarlo per il pia- cere che ne prova, E questo si chiama golosita (che in reco si dice Isimarghia). Un altro 2 tentato sulla quan- tit del cibo, non vuole cibi buoni, non gli importa che siano delicati, che siano buoni o ‘cattivi, desidera sol- tanto mangiaze; di qualsiasi cibo si tratti, non desidera altro che riempirsene il ventre. E questa si chiama ghiot- tonetia (che in greco si dice gasirimarghla), Vi spiego i motivo di questi nomi, « Margainein » negli scrittori pagani significa esser fuori di sé e si chiama ‘margos’ chi 2 fuoti di sé. Quando qualcuno ha questa malattia, _questa follia di volersi riempire il ventre, si dice che ha Ta « gastrimarghi ‘si Quando invece si tratta soltanto del si di Ia « laimanghta » che sigi 62. Chi vuole purificersi dai suoi peccati deve vi- gilare attentamente ed evitare queste cose. Non si man- gia infatti per un bisogno del corpo, ma per una pas- sione e se si accondiscende a questa passione, si pecca, Nel matrimonio legittimo ¢ nella fornicazione Pato 2 identico, ma 2 lo scopo che crea la diversiti; Puno si unisce per date la vita a dei figli, Paltro per soddisfare il proprio piacere. Avviene lo stesso anche per il cibo, & una medesima azione mangiare per bisogno o mangiare pet il proprio piacere, ma & lo scopo che fa il peccato. ~Mangia per bisogno chi stabilisce quanto deve mangiare. ‘al giomo, e poi ved sce la sua razione di cibo se si rende conto di mangiare troppo ¢ i cnst Jo stomaco; se, invece, questa tazione di ci solo non lo appesantisce, ma non basta a sostenerlo, Vaumenta e mangia un po’ di pi. In questo modo si rende esattamente conto dei suoi bisogni e poi si attiene a quanto ha fissato non per soddisfare il proprio piacere, ma per mantenere forte il suo corpo. E anche quello 208 che mangiamo dobbiamo prenderlo rendendo grazie a Dio e giudicarci indegni di qualsiasi conforto; non biso- pow - Quando mi trovave ancota nel cenobio, un giorno andai a trovare un Arziano ~ c’erano molti An- Ziani nel monasteto. Trovai il fratello incaricato di s vitlo che mangiava con lui, lo presi in disparte e gli dissi: « Fratello, tu sai che questi Anziani che vedi man- giare ¢ che epparentemente ticevono sollievo, sono co- me degli uomini che hanno comperato una borsa e hanno continuamente lavorato per riuscire a riempirla. Poi hanno sigillata e hanno continuato a lavorare; e si sono messi da parte altre mille monete per averne da spen- ere in caro di blsogno senza toccare il denaro dalla borsa. E cosi anche questi Anziani hanno continuato a Javorare e ad ammassare tesori; dopo averli sigillati, hhanno lavorato ancora un po’, quel tanto da avere in caso di malattia 0 al sopraggivagere della vecchiaia senza ‘toceare il tesoro messo da parte. Ma noi non siamo nep- ‘pure riusciti a comperare la borsa, come potremo spen- dere? », Per questo, come ho detto, anche se prendiamo cibo per bisogno, dobbiamo giudicarci indegni di qual- siasi attenzione, indegni della stessa vita monastica e ptendere con timore il necestatio. E cost non sara per noi motivo di condanne, 164. Questo per quanto siguarda la temperanza del ventre. Non dobbiamo vigilire soltanto sul cibo, ma dobbiamo allo stesso modo evitare ogni altro peccato; digiuniamo con il ventre, inate anche con Ja lingua, tenendoci Jontani dalla maldicenza, dalla men- pe cals Elacchicre, chi = cali oes calla ine somma da ogni peccato che si compie con Ja lingua. Dobbiamo far digiunare allo stesso modo anche gli occhi, non guardare cose vane, non essere sfacciati, non osser- 209 vare sfrontatamente gli altri e dobbiamo impedire ogni azione malvagia anche alle mani e ai piedi. Praticando cosi un digiuno gradito a Dio, come dice san Basilio’, estenendoci da tutto il male che si compie con ciascuno dei nostri sensi, artiviamo al santo giorno della Resar- rezione, come gia abbiamo detto, come uomini nuovi, purificati, degni di partecipare ai santi misteti dopo es- ser usciti anzitutto incontro al nostro Signore, avedo accolto con palme ¢ rami d'ulivo mentre entrava nella citt santa seduto su un asino (Mc 11,1-8; Gv 12,13). 165. Che significa « seduto su un asino »? Il Verbo di Dio sedette su un asino per convertire l’anima dive- nuta, come dice i profeta (Sal 48,21), irregionevole, simile alle bestie senza ragione e per sottometterla alla sua divinita, Che significa andargli incontro con palme ¢ rami d’ulivo? Quando qualcuno va a combattere con- tro il nemico ¢ ritorna vincitore, ciascuno dei suoi cono- scenti gli va incontro con delle pale, proclamendclo vincitore; Je palme infatti sono un simbolo di vittoria. D’altra parte quando qualcuno subisce un’ingiustizia ¢ vuole far ricotso a chi pad vendicerlo, porta dei rami @alivo ¢ gride chiedendo che gli sia fata misericordia e gli sia dato aiuto; Vulivo infatti & simbolo di miseri- cordia®, Per questo anche noi andiamo incontro a C:i- sto nostro Signore con delle palme proclamandolo vin- citore perché Cristo ha vinto il nemico per noi e con dei rami d’ulivo, invocando la sua miseticordia, perché come ha vinto il nemico per noi, cost anche noi, chie- dendo il suo aiuto, siamo vincitori tramite lui e possia- mio portare i segni di vittoria non solo per la vittoria che ha riportato lui per noi, ma anche per quella che riporteremo noi grazie a lui, grazie alle preghiere di tutti i santi. H 43 Basilio, De ieiunio hom; Il, 7 (PG 31,196D), 6 Clr, Origene, In Cant,’ comm. IT (PG 13,130); Gregorio di Nisga in Cant. Rom. TIE (PG 44.519A e 820821). 7 Chr, Pseucdo-Atenasio, Sermo in Ramos palmarum (PG 26,13134). 210 XVI SPIEGAZIONE DI ALCUNE PAROLE DI SAN GREGORIO CANTATE. NEL GIORNO DELLA SANTA PASQUA' 166. Vi direi volentieri alcune parole sugli inni che cantiamo, perché non siate distratti dalla melodia ma anche la vostra mente si accordi con le parole che can tate. Che cosa abbiamo cantato? B dl giomo della Resurrezione facciamo offerta delle nostre vite. Anticamente i figli di Israele nelle loro feste o nelle foro assemblee offzivano doni al Signore, secondo quan- to prescriveva la legge, sacrifici, olocausti, offerta di pri mizie, ece, San Gregorio invita anche noi a far festa al Signore, come facevano i figli di Israele. Ci invita di- cendo: B id giorno della Resurrezione cio’, il giorno della festa santa, & il giorno della divina assembles, & il giorno della Pasqua di Cristo. Che cos’® Ia Pasqua di Cristo? I figli di Israele fecero la Pasqua, il passagsio, quando uscirono dalla terra di Egitto; Ja Pasqua di adesso invece, che san Gregotio ci chiede di celebrare, ® quella che compie anima quando esce dal- TEgitto spirituale, cio8 dal peccato?, Infatti quando Panima passa dal peccato alla virt, allora compie il pas- saggio in onore del Signore, come ha detto Evagrio: «la Pésqua del Signore & uscize dal male »*, 4 Il testo di questo tropario deriva da Gregorio di Nazianzo, Orat 144 GG 33596h3978), ; Lge ® snibolo del peceto (78 nelPesegesicbtscs ci one). ‘Da Origenc in poi questa interpretazione diventa tradizionale nell’ese- 25% pattie, (Oxigene, Hom. in Gen, XV. e XVI, Hom in Fe. V2). Ares Seems at mean, 0"(PC 40279 eb Crewman, ». 156), aL 167. Oggi dunque 2 Ja Pasqua del Signore, giomo splendente di festa, giorno della resurrezione di Cristo, che ka inchiodato sulla croce il peccato, che @ morto per noi e per noi 2 risorto. Portiamo dunque anche noi dei doni al Signore, offtiamo sactifici, olocausti, ma non di animali senza ragione, il Cristo non li vuole: « Non hai voluto sactifici e di animali senza ragione, non ti sei compiaciato in olocausti di vitelli e di pecore » (Eb 10,5-6; Sal 39,7) e Isaia dice: «‘Che me ne importa dei vostri sactifici senza numero’ dice il Signore > (Is 1,11). Ma poiché l’Agnello di Dio @ stato immolato per noi, come dice ’Apostolo: « Cristo, nostra Pasqua, 2 stato immolato per noi » (1 Cor 5,7) per togliere il pec- cato dal mondo e «si 2 fatto mefedizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno per ‘iscat- tarci dalla maledizione della legge » (Gal 3,13), ¢ fare di noi dei figli (Gal 4,5), dobbiamo anche noi offtirgli un dono che gli sia gradito, Ma quale dono, quale sa- dobbiamo offtire a Cristo nel giomo della Resur- li gtaditi, dal momento che non vuole sacrifici di animali senza ragione? San Gregorio di nuovo ce lo insegna; ci dice: E il giorno della Resurrezione © poi aggiunge: facciamo offerta delle nostre vite. Come dice anche 'Apostolo: « Offtite i vostti corpi come sactificio vivente santo e gradito a Dio; & questo il vostro calto spiritual» (Rm 12,1). 168. Come dobbiamo fare dunue per offrire i no- stti compi a Dio come sacrificio vivente e santo? non facendo pit «la volonta della came e dei nostri pen- sieti> (Ef 2,3) ma «camminando secondo lo spitito, senza compiere i desideri della carne » (Gal 5,16). Que- sto «@ mettere a morte le membra che appartengono alla terta » (Col 3,5), questo vien detto sacrificio vivente, 212 eS see santo e gtadito a Dio, Perché lo si chiama sacrificio vi- vente? Perché animale destinato al sacrificio @ immo- Jato e muore, invece i santi che offrono se stessi a Dio, ‘si sactificano da vivi ogni giorno, come dice Davide: «A causa tua siamo consegnati alla morte ogni giorno, siamo teattatl come pecore da macello > (Sal 43,22). E quello che dice san Gregorio: Facciamo offerta delle nostre vite cit offtiamo noi stessi in sacrificio, diamo morte ogni giorno ¢ noi stessi, come hanno fatto anche tutti i santi, a causa di Cristo nostro Dio che @ morto per noi. Ma come si sono dati la morte? « Non amando né il mondo né le cose del mondo » come dicono le lettere cattoliche (1 Gy 2,15), rinunciando « ai desideri della came, ai desideri degli occhi, € alla superbia della vita» (1 Gv 2,16) cio® all’amore del piacere, del denaro e della va- nagloria, prendendo la croce e seguendo Cristo (Mt 16, 24), crocifiggendo il mondo per noi stessi e noi stessi per il mondo (Gal 6,14). A questo proposito PApostolo dice: « Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la loro carne con le sue passion ¢ i suoi desideri » (Gal 5,24). Ecco, cosi i santi si sono dati la motte. 169. Ma come hanno offerto Ia loro vita? Non vi- vendo per se stessi, ma sottomettendosi ai comanda- menti di Dio, rinunciando alle loro volonta a causa del ito e per amore di Dio e del prossimo, come disse san Pietro: « Ecco abt Jasciato tutto e ti ab- biamo seguito » (Mt 19,27). Che cosa aveva Jasciato? Non aveva né beni, né ricchezze, né oro né argento; possedeva soltanto Ia sua rete da pesca, gid rovinata dal- Puso, come ha detto san Giovanni Crisostomo‘, Ma ha Tasciato, come dice, tutte le sue volonti*, ogni deside- si propri pensieri e recidere le proprie 213 tio delle cose del mondo ed 2 chiaro che se avesse avuto Hicchezze 0 beni avrebbe disprezzato anche quelli. Poi hha preso Ja sua croce ¢ ha seguito Cristo conformemente a quelle parola che dice: «Non sono pit! io che vivo, ito di vita» (Gn 2,7). Nostro Signote stesso quan- ce alte vit one la forma umnans, ese carne 60 ee mente umana, insomma divenne uomo in tutto Be ee nel peceato, fece entrare luomo in familia. econ Ini, fi a0 pet coat de, Bene dungue ¢ sit Cenente san Gregorio ha detto: «L'uomo @ Ja crea- fia pid preziosa e pili vicina a Dio ». : TA. Poi agghunge ancor pili chiatamente: Rendiamo alVimmagine cid > conforme all’immagine. ma 2 Cristo che vive in me» (Gal 2,20). Ecco, cos) santi si sono offerti, hanno messo a morte in se stess} come abbiamo detto, ogni desiderio, ogni oe pria e hanno vissuto solo per Cristo e per i suoi coman. damenti. 170, E cost anche noi tacciamo oferta delle nostre vite ‘Ma come? Lo veniamo a sapere call Apoars ape come insegna san Gregorio; vuole inftti che siamo dies « Psifchamos oe Ramo pura la ostza imme 1a creatura pit preciosa per Dio. tale quale Vbbiamo tices levis cat na Veramente di tutte le creature visibili Puomo 2 la del pc esia bellezza, Davide diceva nella sua preziosa, Tutte le altre il Creatore le ha condotte all’ Hhelleze. Di, Gignore, nella toa benevolenza hai dato itenza con una patola: «Sia questo» e fa e ancora pet ia Lellezea » (Sal 29,8). Putifichiamo appaia Ia terra ed apparve, appaiano le ecque, ce pe se ma allt ot immagine, petché Dio la (Ga 1,3,11,20), L'uomo, invece, lo ha plasmato © om dura noi essi come ce Vha data, senza macchia né nato con Ie sue mani, mise a suo servizio tutte le altre: se (EE 5,27) né nulla del genere. creature, Je cred per Ia sua felicita, facendolo re di tutta’ sop , Ja creazione e gli procurd la gioia delle delizie de! Rentiamo all’immagine : sadiso (Gn 2), E cosa ancora pitt metavigliosa, anche cid che 2 conforme all’immagine. Riconosciamo la nostra dignita. guando Tuga, a equa del suo pecan, deile di questa condizione, Dio ve lo sipoutd pee mezzo del san- i quali beni immensi siamo stati fatti .diamo di quali beni immensi siamo stati fa Bree immagine ci chi siamo stati creati. Non misco- gue del suo Figlio unigenito. E cost di tutte le creature visibili Puomo ¢ la pit: preziosa, ¢ non solo la pit! p: Geetame i dort grandiosi che ct ‘ono sua fat de Dio srivie soltanto alla sua bont& e non ai nost Ri ziosa, ma come ha detto san Gregorio 2 Ta pit vicina, Fovosciamo che siamo fatti a immagine di Dio che ci ha Sta sctitto infatti: « Facciamo I'uomo a nostra imma: ere: — ine e somiglianza» (Gn 1,26); e ancora: «Dio cred Onoriamo colui che ci ha fatti a sua immagine, Yuomno, a immagine di Dio lo cred e soffid sul suo volta Non offendismo immagine di Dio, ond Je quale ano soe ct Co Ted cao lata drone 215 yolont per amore di Dio. Questo 8 anche il significato delle parole: Eezo nol sbbimo lascato toto et abbiano sega», 214 cost il re e attirarsi il castigo? Adopera invece colori pretiosi ¢ splendenti, degni di un’immagine regale. A volte addirittura nelle immagini dei re si meitono anche amine d'oro e si cerca di riprodurre tutti gli ornament xegali per quanto 2 possibile, perch€ si veda Fimmagin che ha ogni caratteristica propria del re e si creda quasi di vedere il re stesso, talmente Fimmagine + magnifica ¢ splendida. E noi, dunque non disonoriame Colui che ci ha fatto a sua immagine! Siamo fatti a immagine di Dio; tendiamo pura e preziosa la nostra immagine, ren- diamola degna del suo Modell, Perché se si estiga chi disonorato immagine di un re, che & un essere visi- bile ¢ della nostra stessa razza, quale castigo patiremo noi, se disprezziamo limmagine divina che @ in noi e non Je rendiamo la purezza, come ha detto il santo, cid che & conforme all’immagine? Onoriamo danque il modello originale. 172, Riconosciamo il senso del mistero ¢ per chi Cristo 2 morto. Questo @ il senso del mistero della morte di Cristo: avevamo offuscato le nostra conformita allimmagine di Dio a causa dei nostri peccati e per questo eravamo morti, come dice PApostolo, per le nostte colpe e per i nostri peccati (Ef 2,1). Ma Dio che ci aveva fatti a sua immagine, mosso a compassione per la sua creatura, per a sua immagine, si 8 fatto uomo per noi ¢ ha accettato ii morire per tutti, per ticondurre noi, che eravamo alla vita che avevamo perduto a causa della ribel- Tione. Lui stesso, salito sulla sua santa croce, ha croci- fisso il peccato a motivo del quale eravamo stati scac- ciati dal paradiso, ha fatto prigionieri i prigionieri, come dice la Scrittura (Sal 67,19; Ef 4,8). Che significa « ha fatto prigionieri i prigionieri »? In scguito alla ribellio- ne di Adamo eravamo sotto il potere del nemico’, Le anime degli uomini, quando uscivano dal corpo, anda Clr. Origene, Hom. in Ex, VI9 (ed. Paoline, p. 211). 216 ‘yano guindi agli inferi, poiché il Paradiso eta chiuso. RANG, sali in ako mala vanca croce, sulla caoce che da Ja vita, ci ha liberato con il suo sangue dalla schiavith cui ci aveva ridotto il nemico a causa della disobbedienza, cio ci ha di nuovo strappato alle mani del nemico ¢ ci ha fatto suoi prigionieri dopo aver vinto ¢ rovesciato chi ci teneva prigionieri. Per questo vien detto «far prigionicti i prigionieri », Questo 2 il senso del mistero. Per questo Cristo motto per noi, per ri- condurre alla vita noi che eravamo morti, come ha detto i santo’, Siamo stati dunque strappati ‘agli inferi dal- Tamore di Cristo e ormai sta in nof entrare in paradiso. I nemico infatti non & pid nostro come prima, non ci tiene pitt in schiavitd. : 173. Soltanto stiamo attenti, fratelli! Guatdiamoci dalloperare il peccato! Ve ho git detto pit: volte che ogni peccato compiuto ci rende di nuovo schiavi del ne- mico, perché di nostra spontanea volont’ ci abbassiamo a servire noi stessi. Non @ una vergogna, non 2 una di- serazia terribile andare a gettarci di nuovo negli inferi dopo che Cristo ce ne ha liberato con il suo sangue? ‘Non metitiamo un castigo ancor pitt terribile e spaven- toso? Dio, amico degli uomini, abbia misericordia di noi, i conceda di avere uno spirito di vigilanza per com- prendere ed esser di aiuto a noi stessi, perché possiamo trovare un po’ di misericordia nel giorno del giudizio! 5) tt Basi, Letra 83, atbuta« Brasio Pntco (ed Pain, 5). 217 XVII SPIEGAZIONE DI ALCUNE PAROLE DI SAN GREGORIO CANTATE IN ONORE DEI SANTI MARTIRI zati, torturati, fatti a pezzi mentre ancora erano in vita. I camefici a volte tagliavano loro le mani, i piedi, la Fingua, strappavano loro gli occhi, strappavano le cami Siatiroifsni Ginché appuriva la stratters ¢ In fotioa delle loro viscere. E i santi, come ho detto, ancora in ‘vita, ancora coscienti, sopportavano tutte queste tortu- 174, Pratl, 2 bello cantare int competi con pe re, ed 2 per questo motivo che sono det! vittime vi- role di santi teofori perché sempre e ovunque si preoc- en, capano di insegnarci tutto quanto concorre ad illumi- nare Je nostre anime. Ogni volta i Joro inni ci offrono Ja possibilita di imparare qual 2 il senso della festa che si celebta, sia che si tratti di una festa del Signore, dei santi mattiti o dei Padri, o di qualsiasi altro giorno santo e solenne. Dobbiamo dunque anche noi cantare con attenzione e stare attenti al significato delle parole dei santi perché non sia soltanto Ta nostra bocca a can- tare, come si dice nel Detti dei Padi!, ma anche il no- stto cuore si accordi con le nostre fabbra. Dall'inno precedente, abbiamo appreso, secondo le nostre capa- ita, alcune cose sulla santa Pasqua. Vediamo ora cosa ci vuole inseznare san Gregorio anche a proposito dei santi martiti. Nell’inno che abbiamo cantato in loro ‘onore, composto con le sue parole, si dice: Ma vengono chiamati clocausti dotati di ra- gione? Perché una cosa @ il sactificio e un’altra Polo- causto. Quando non si offre la pecora tutta intera, ma solo le primizie, come sta scritto nella legge: «la spalla destra, iLlobo del fegato, i due reni ed alte parti simili » (Ly 3,4) quelli che offrivano queste parti, presentavano tun secrificio, cio® un’offerta di primizie e questo si chia- ‘ma sactifcio. Olocausto & quando viene offerta Ia pecora, iL bue o qualche altro animale tutto intero ¢ lo bruciano completamente, come sta sctitto: «la testa, con i piedi ¢ gli intestini » (Lv 8,24; 4,11); a volte bruciano anche In pelle e gli escreménti, insomma bruciano tutto (Ly 8,17): e questo si chiama olocausto. Cost i figli di Istae~ Te compivano i sactifici e gli olocausti secondo le pre- sexizioni della legge. 176. Ma quei sactifici ¢ quegli olocausti erano sim- Iholo delle anime che vogliono essere salvate e offtirsi a Dio. Vi racconto alcune cose dette dai Padri, perché venendole a sapere, ne siate edificati e offriate nutri- ‘mento alle vostre anime. La spalla, dicono, rappresenta Ia forza, le mani indi- ano Vazione, come gid abbiamo detto altre volte. La spilla & donque Ia forza della mano. Offrivano dunque ‘Ia forza della mano destra, cio’ Te opere buone perché Inmano destza indica il bene? Anche tutte le altre parti di cui abbiamo parlato, il lobo del fegato, i due reni e i loro grasso, L’anca e il grasso delle cosce, il cuore, le Vittime viventi olocausti di esseri dotati di ragione? © cost via, 175. Che significa « vittime viventi »? ‘Vittima’ 2 tutto quanto 2 offetto in sacrificio « Dio, ad esempio una pecora, un bue o un altro animale, Perché dungue san Gregorio dice dei santi martiri: « vittime viventi »? La pecora offerta per il sacrificio uceisa, poi viene smembrata, Dic. I santi martiri invece venivano smembrati, sgoz- 1 Apoftegmi, Elia 6 (Mortari I, p. 216). 2 rio di Nazianzo, Orat, Is od SBR Ona. EXTILAS (PG 36252), XKIVA 218 > Clr, Cassiano, Collationes XIT55 (S.C. 54, p. 126). 219 costole ¢ tutto il testo sono anch’esse dei simboli. « Tut- te quete cose dice 'Apostoo, aecaddeo loro in fgur, € sono state sctitte ad ammonimento nostro » (1 Cor 10,11). Vi spiego come. L’anima, come dice san Gre; io’, & formata da tte parti; comprende infatti la facolth concupiscibile, quella irascibile, e quella razionale. 1 figli di Istacle offrivano dunque il Jobo del fegato. II fegato secondo i Padri @ la sede dei desideri; il lobo & Lestremita superiore del fegato, dunque offtivano sim- bolicamente Ja parte pit alta della facol:’ concupisci- bile, cio Je sue primizie, Ia parte migliore e pid pre- ziosa. Questo significa non amare nulla pit di Dio, non preferize alcuna delle cose desiderabili al desiderio di Dio; abbiamo detto infatti che offrivano la parte pitt pre- ziosa. Anche i reni, e il loro grasso, Panca e il grasso delle cosce hanno cottispondentemente lo stesso sipnifi- cato perché anche queste parti sono sede dei desideri. Ecco: tutte queste parti, come abbiamo detto, sono simboli della facolt8 concnpiscibile. II cuore & simbolo della facolt’ irascibile perché, secondo i Pedri, & sede della collera, Anche San Basilio spiega questo dicendo: «La collera 2 un ribollimento ¢ un sommovimento del sangue intomno al cuore »’, Le costole poi sono simbolo della facolta razionale e questo 2 il senso che danno al petto. Per questo si dice che anche Most quando rivestl Aronne dell’cbito sacerdotale, gli mise sul petto il pet- torale del giudizio, secondo il comandamento divino (Es 28,15). Tutte queste parti della vittima, dunque, come abbiamo detto, sono simboli dell’anima che con aiuto di Dio si purifica mediante Ia pratica di comandamenti e sitoma allo stato di natura. Anche Evagrio, difatt, dice che Vanima dotata di ragione agisce secondo natura uando Ia sua facoltd concupiscibile desidera la virt, la 4 Evagrio (Praktikos 1,61: PG 40,1236A) cost dice di Gregorio di Nugianzo (Curm. Ti,a7,9.12: PG 5/ 0828). 5 Basilio, in Is 5,181 (PG 30424A). 220 facolta irascibile lotta per ottenerla ¢ la facolta razionale si dedica alla contemplazione degli esseri*, 177. Cost quando i fig di Isracle offtivano in sacti- ficio una pecota, un bue o qualche altro animale, prele- vavano queste parti delle vittime e le deponevano sul- Yaltare davanti al Signore; e questo @ chiamato sacti- ficio. L’olocausto invece & quando offrivano la vittima tutta intera bruciandola completamente. L’olocausto ‘uun’offerta integra, compen perfetta, come abbiamo det- to anche prima, & simbolo di quelli che sono perfetti, di quelli che dicono: « Ecco abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito » (Mt 19,27). Ba questa misura che il Signore invitava quel tale che gli disse: «Tutto questo Pho osservato fin dalla mia giovinezza ». Gli tispose: «Una sola cosa ti manca», Quale? Questa: « Prendi Ja tua croce e vieni dietro « me » (Lc 18,21; Mt 16,24), I santi mattiri si sono offerti dunque interamente a Dio, hhanno offetto non solo se stessi, ma anche tutto quello che avevano, tutto quello che stava accanto a loro, Per- ché, come dice san Basilio’, altro & quello che siamo, altro quello che possediamo, altro & quello che & accanto: a noi ve 'ho git detto anche altre volte. Noi siamo gue offerti a Dio con tutto il loro cuore, con tutta Ia Toro anima, con tutte Je loro forze, come sta scritto: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta Ja tua mente » (Mt 22,37). Disprezzarono non solo i figli, le mogli, Ia gloria, Je xic- chezze e ogni altro avere, ma anche il loro stesso corpo, € per questo son chiamati « olocausti » e « olocausti ra- gionevoli » perché Puomo & un animale dotato di ra- gione, € vittime perfette per Dio. # Evagrio, Praktikos 1,38 (PG 40,1233-1236), 7 Basilio, Hom, in ilad ‘Attende tbi ips? 3 (PG 31,2044), 221 178. Poi seguono le parole: Pecore che conoscono Dio e da Lui conosciute, Come conoscono Dio? Come il Signore stesso ci ha insegnato, quando dice: «Le mie pecore ascoltano la mia voce ¢ io conosco le mie pecore ed esse mi cono- scono > (Gv 10,27 ¢ 14). Perché ha detto: «Le mie pecore ascoltano la mia voce »? perché voleva dire: ob- Bediscono alle mie parole, osservano i miei comanda- menti e pet questo mi conoscono; 2 infatti osservando i comandamenti che i santi si avvicinano a Dio e pid si avvicinano a lui, pid lo conoscono e sono da Lui cono- sciuti, Ma poiché Dio conosce tutto, anche i segreti pit profondi, ancke le cose che non sono, perché dunque san Gregorio dice dei santi «che sono. conosciuti da Dio»? Perché, come ho detto, accostandosi a Lui me- diante Vobbedienza ai comandamenti, lo conoscono ¢ sono da Lui conosciuti. Infatti pik uno si ritira e si al- ontana da qualcuno, pit si dice che lo ignora ed 2 da Tui ignorato, e parimenti chi si avvicina si dice che co- nosce ed 2 conosciuto. B in questo senso che si dice che anche Dio non conosce i peccatori, perché i peccatori si allontanano da Ini, Per questo anche il Signore stesso dice loro: « In verit’ vi dico, non vi conosco » (Mt 25, 12). I santi dunque, come ho detto spesso, pit acqui- stano virti, osservando i comandamenti, pit sono in intimit& con Dio e pitt sono in intimita con Dio, meglio Jo conoscono e sono da lui conosciuti. 179. Inaccessibile ai lupi il loro recinto'. Si chiama recinto un Iuogo chiuso in cui il pastore raduna le pecote e le tiene al sicuro cos) che i lupi non e possano sbranare e i Iadri non le possano rubare. Se i zecinto ha una breccia da qualche parte, i lupi ei ladri © Gregorio di Nazlanzo, Orat. J0OUITA5 (PG 36,2334-B), 222 potranno entrarvi facilmente e sacchegeiarlo, II recinto dei santi @ dangue sicuro ben custodito da ogni lato, «La — come ha detto il Signore -i ladri non scassinano non rubano » (Mt 6,20) né possono fare altri danni, Fratelli, preghiamo dunque, perché siamo resi degni anche noi di pascolate con Joro e di trovarci nel Iuogo della loro gioia beata ¢ del loro riposo. Anche se non raggiungiame la condizione dei santi e se non siamo degni di partecipare alla loro gloria, potremo almeno non es- sere esclusi dal Paradiso, se saremo vigilanti, se faremo un po’ violenza a noi stessi, come dice san Clemente: «Se non si sieeve I corona, cs sfori peslomeno di non essere troppo lontani da quelli che I’hanno ricevuta ». Nel palazzo dell’imperatore ci sono grandi e illustri fun- zionati, ad esempio i senator, i patriai, i generili, i go- vernatori, i membri del consiglio imperiale; sano tutti funzioneri importanti. Ma nello stesso palazzo ve ne sono altri che Javorano per pochi soldi eppure anche di loto si dice che sono a servizio dell'imperatore, anch’essi sono all'intemo del palazzo, ¢ se non hanno Ja gloria dei grandi, per Jo meno sono Ia dentro. Poco per volta, di grado in grado, a volte arrivano anch’essi a cariche importanti e ad alte dignita. E cost anche noi cerchiamo di evitare di compiete il peccato, per sfuggire almeno al- Finferno; e cosi, per amore che Cristo ha per noi, po- tremo ottenere di entrare in Paradiso, grazie alle pre- ghiete di tutti i suoi santi, Amen! * Lettera LI di S. Clemente 7,3 (PG 1,337B). 223 LETTERE VARIE DI ABBA DOROTEO. DETTI VARI DELLO STESSO ABBA DOROTEO I AD ALCUNT MONACI CHE VIVEVANO IN CELLE APPARTATE! E CHE LO INTERROGAVANO SULL'OPPORTUNITA DI INCONTRARE I FRATELLI 180. I Padri dicono che meta della vita monastica a nel & ipapete in cella, Hise Saas trare gli Anziani’. Con queste parole ci vogliono dire che occorre essere ugualmente vigilanti sia nella cella che fuori della cella e che bisogna sapere anche per qual motivo dobbiamo custodire la solitudine e per qual mo- tivo dobbiamo incontrare i Padsi o i fratelli. Chi, dun- que, vigila a tale scopo, cerca di fare come hanno detto i Padri*: quando & in cella prega, medita, fa qualche piccolo lavoro manuale, per quanto 2 possibile, domina 1 suoi pensieri; quando incontra gli altri, riflette e si rende conto della sua condizione*. Vede se gli & utile © meno incontrare i fratelli, e se pud ritornarsene in cella senza averne patito danno. Se si accorge di averne patito danno in qualcosa, riconosce Ia sua debolezza, Ticonosce di non aver ancora imparato nulla dalla soli: tudine e rientra umilmente nella sua cella, versa lacti- me, fa penitenza, invoca Dio a soccorso della sua debo- Jezza ¢ rimane cost tranquillo in cella vegliando sul suo cuore. Poi ritorna di nuovo tra gli uomini, vede se ri- cade negli stessi mali o in altri, quindi ritorna ancora 1 chutes: erano monaci che dopo esser stati provai pet un ‘zrto tempo nelia itn cennbitica, oi riticavino nella sotudiae: Pas sarano le tegzior parte della seftinana nella loro cella one Dregando. 7 Apofeegma inedito di abba Poemen. 3 Apotcumi, Poemen 168 (Mona Ti, p, 122) 4 Kacdccaoic: & un termine useto de Evugio, oig tse posi indo spc dal conte ad indicare semplicemente «ln eandiione », lo" stto dh to « cattivo che a I termine feotte pla vale el Gon eels 18 cereato ai speclicane I senso a seconde del contsto’ es 0 ino bas eee 227 nella sua cella ¢ fa di nuovo le stesse cose, fa penitenza, versa lactime, supplica Dio per la sua situazione. La cella infatti eleva lo spirito, ma gli uomini mettono alla prova. A ragione i Padri banno detto che timanere in cells 2 met della vita monastica, e incontrare gli an- ziani Paltra meta. 181. E voi dunque, quando vi incor reli, di di cella € non atti, come han- chi va in giro senza mo- tivo’, Chiunque intraprende qualcosa, deve quindi asso- li Totamente prefiggersi un fine, deve sape ju pine’ “E quale deve essere il nostro fine quando ci sli uni con gli altri? Anzitutto la cariti; & stato detto Ris OSH infatti: «Quando vedi i tuo fratello, vedi il Sea 4£28 4S0%'Dio tuo »® In secondo Iuogo per ascoltare la parola |S Dio, infatti quando i ai iti animato; spesso quello che uno non sa, un altro lo : i conto, come ho git in precedenza, della nostr one. Ad esem- pio: supponi che uno vada a mangiare con gli altri, bada a se stesso e vede se, quando gli viene offerto un cibo i prelibato che gli piace, & capace di dominarsi ¢ di non t prenderne oppure se cerca di averne di pili del suo fra- i tello ¢ di prenderne in quantita maggiore, oppure, se | il cibo & servito in porzioni, se cerca di prendersi la | parte pid grossa e di lasciare al fratello la pit piccola. | | A volte non ci si vergogna neppute di allungare la mano \ per spingore Ia parte piti piccola davanti al fratello ¢ i mettere davanti a sé le pit grande. Che differenza | tza la porzione pitt grande e la pitt piccola? Che grande | | » diversit’ c'® tra Je due parti per esser prepotenti con il tello © peceare per cose da nulla? E ancora: cerca di dominarsi di fronte a una quantit’ di cibi svariati? Op- pure, come capita spesso, di fronte a cibi svariati ne man- 4 Maro Veremits, De lege spit 54 (BG 65,9120). lo 4 Apotteymi, Apollo 3 (Horta I, p. 148). gia avidamente fino a farne indigestione? Sta attento a hon essere sfrontato? Soffre se vede che un fratello pitt stimato di lui, & trattato con pit attenzione? Se vede che un fratello & sfrontato con un altro e continua 8 chaccherare con Iu, oppure se vede che religente in qualcosa, cerca di non badazgli ¢ di non giudicarlo? Cerca di osservare piuttosto i fratelli pit zelanti, cerca di fare quel che si dice di abba Antonio’ che appren- deva e custodiva il bene che vedeva in ciascuno di quelli che andava a trovare, Ia mitezza dell'uno, Pumilta del- Yaltzo, amore della solitudine di un altro ancora, e cost riuniva in sé tutto il bene che trovava in cisscuno? Ecco: dobbiamo fare cost anche noi! B per questo motivo che dobbiamo far visita Puno al’altro e quando ritorniamo nella nostra cella, dobbiamo esaminare noi stessi e ren- detci conto se-ne abbiamo ottenuto danno o giovamento in qualcosa. Se scopriamo di essere stati presetvati da qualche male, rendiamo grazie a Dio che ci ha protetto, cost che non subissimo alean danno; ma se in qualcosa abbiamo peccato, facciamo penitenza, versiamo lacrime, piangiamo sulla nostra condizione! . 182, Ciascuno infatti riceve 2 profitto della _Brop jone spitimale perché gli aliri non cl pas: ‘Sono nuocere; qualsiasi danno patiamo, @ frutto, come ho detio, della nostra situazione spirituale, Come peto sempre, da ogni cosa, se lo vogliamo, possiamo tratre sia il bene che il male. Vi faccio un esempio per- ché vi rendiate conto che @ davvero cosi, Un tale si trova una notte da qualche parte, non parlo di un mo- naco, ma di una cualsiasi persona in citt). Gli passano accanto tre uomini: l'uno pensa di Ini: « Costui aspetta qualcano per prostituirsi »; il secondo invece pensa si ‘tratti di un ladro, e il terzo pensa: « Costui ha chiamato Tamico della casa vicina e aspetta che scenda per andare con Iui a pregare da qualche patte ». Ecco tutti e tre hanno visto la stessa persona, nello stesso luogo, ep- 7 Vita di Antonio c. 4 (PG 26,8468). 229 pure non hanno pensato di lui la stessa cosa ma I'uno ‘ha immaginato una cosa, l’altro un’altra e il terzo un’al- ‘tra ancora, ciascuno Ja propria condizione. Ac- cade quel che succede a dei corp! che hanno in sé umori cattivi o melanconici: qualsiasi cbo prendano, lo tra- sformano subito in un umore cattivo, anche a¢ il dbo @ sano ¢ Ja colpa non é del cibo, ma é il corpo che, come ho detto, ha una cattiva salute e poiché reagisce forza. tamente secondo Ia sua condizione, rovina ogni cibo. Cost se abbiamo preso l’abitudine al male, qualsiasi cosa i fa del male; anche se si tratta di qualcosa di utile, ci fa del mele. Immagina che si metta‘un po’ di assenio in un vaso di miele. Quel poco di assenzio non sivscitd @ rovinare tutto il vaso ¢ a rendere amaro tutto il miele? Facciamo cosi anche noi! Diffondiamo un po’ deltanasese che 3 ole rviiamo i bere fat dal prossimo, lo guardiamo a partire dalla nostra sitvazione spirituale e lo rendiamo conforme alla malvagit? del no- fro cuore Ma chi ha buone abitudini, assomiglia ad un uomo in buona salute, Anche se mangia qualcosa di dannoso, lo roa a eines del ae, a ‘buoni, umori € neppure quel cibo cattivo gli male, per- ché, come bo detto, in boone salate e asin t Gho secondo lo stato del suo corpo. Come abbiamo detto a proposito del corpo malato che per il suo cattivo stato ‘trasforma anche i cibi buoni in umori cattivi, cost anche iLcorpo sano, conformemente alla soa buona selute, ta. sforma anche =i eho cattivo in umori buoni. Vi faccio un esempio Possiate capire. I] maiale @ un ani- male sanissimo, Si nutre di carrube, di noccioli di datteri e i patrume, ma poiché il suo corpo & sano, tresfonaa questi cibi in buoni umori. E cost anche noi se abbiamo buone abitudini, se & buona la nostra situazione spiti- tuale, possiamo, come ho gia detto prima, trarre van- * Apoftegmi, PE 1,27, p. 78 ¢ Erma, il Postore 33 (Citt2 nuova ed, p. 280). 230 tapylo da ogni cosa, anche da quanto di per sé non sa- utile, Molto bene dice il libro dei Proverbi: « Chi osserva con occhio mite, ricever’ misericordia » (Pry 12,13) e altrove dice: « Ogni cosa ¢ awversa per 'uomo stolta» (Pry 14,7). (183) Ho sentito dire di un fratello che, quando an- dava@ trovate un altro fratello, se vedeva che Ia sua cella era trascurata e in disordine, diceva tra sé © sé: «Beato questo fratello! come @ discaccato da tutte le cose della terra! volge ogni suo pensiero alle cose del- Valto cos! che non si cura neppure di siordinare la sua cella! ». E ancora, se andava a trovare un altro fratello ¢ vedeva che Ja sua cella eta riordinate, pulita e adorna, diceva di nuovo tra sé ¢ sé: « La cella di questo fratello rispecchia Ia sua anima. Tale Jo stato della sua anima, tale quello della sua cella! ». Non diceva mai di nessuno: « Costui disordinato > 0 « costui ® vanitoso » ma gra- zie alla bonta del suo cuore, traeva profitto da ogni cosa. Dio nella sua boot conceda anche a noi un cuore buono, perché possiamo tratre profitto da tutto e non pensate mai male del pro: Se Ia nostra cattiveria i ispita 0 ci suggerisce pensieri malvagi, trasformiamoli immediatamente in pensieri di bene il non ve- dere il male del prossimo, con Paiuto di Dio, genera la ta. 231 0 A QUELLI CHE PRESIEDONO AI MONASTERI gz AI LORO DISCEPOLI. COME GLI UNI DEBBANO PRESIEDERE AI FRATELLI E COME QUESTI DEBBANO ESSER LORO SOTTOMESSI 184. Se presiedi ai fratelli, abbi cura di loro con cuo- ze severo ¢ con viscere di miseticordia, insegna con pa- role e opere come debbano comportarsi, insegna soprat- tutto con le opere, perché Pesempio ® malto pit efficace, Se ti & possibile sii loro modello anche nelle fatiche del corpo, se invece sei debole, sii loro modello per la bont& el tuo cuore e per i frutti dello Spisito enumerati dal- Tapostolo: amore, gioia, pace, benevolenza, aflabilita, bonta, fedel:a, mitezza, dominio a s (Gal 5,22). Non isritarti oltre misura di fronte ai pec- cati, ma fa vedere, senza tarbarti, il danno che ne deriva € se devi rimproverare, fallo con un atteggiamento con- veniente ¢ al momento opportuno, Non essere intransi- gente per i peccati lievi, come se fossi un giudice supre- ‘mo, non rimproverare in continuazione: ‘non serebbe sopportabile infatti e per di pit Pabitudine a ricevere rimproveri genera insensibilitt e disptezzo. Non essere autotitario nel dare ordini, ma in ogni cosa consigliati umilmente con il fratello perché questo modo di fare stimola i fratelli, Ii convince pid facilmente ed 2 fonte di pace per il prossimo, | ts. "Se-un futello ol oppone zesstensa ¢ 20 fn, goat momento sei irritato, custodisci Ja lingua, pet nor < nulla con ira, non Jascis 4 tuo cuore si ecciticon- tro di lui; ricordati che & tuo fratello, membto di Cri- sto, immagine di Dio messa alla prova dal nostro_ne- mico comune. Abbi pieti di quest'immagine di Dio, temi che il Divisore la riduca in schiaviti per Ja ferita causata dalla collera e la metta a morte ispirandole ran- core, provocando cost Ja rovina di un uomo, per il quale Cristo @ morto (1 Cor 8,11) a motivo della nostra ne- 232 sligenza, Ricordati che anche tu a motivo della tua ira sei sottoposto allo stesso givdizio, e ricordandoti della tua debolezza, abbi compassione del tuo fratello, Rendt grazie perché ti viene oferta un’occasione di perdona- ze, affinché anche tu ottenga da Dio il perdono peri tuoi peccati pit gravi e pit numerosi. Dice Ja Scrittura: « Perdonate e vi sar’ perdonato » (Le 6,37). Ma pensi di fare del male al tuo fratello se sei pasiente con lui? Lapostolo ordina di vincere il male con il bene (Rm 12,21) e non il male con il male. E anche i Pedr! di- cono: «Se rimproverando un altro, ti lasci prendere dall'za, soddisfi una tua passione »'; nessun vomo sag- sio distrugge la propria casa per costruire quella del prossimo. 186. Se il tuo turbamento persiste, fa vielenza al tuo cuore € prega con queste parole: «O Dio, amico degli vomini e delle anime, tu che nella tua ineffabile bonta Gi hai guidato dal nulla allesistenza per farci partecipi dei tuoi beni, ¢ che ci hai richiamato quando ci eravamo allontanati dai tuoi comandamenti, tramite il sangue del ‘tuo unigenito Figlio, nostro salvatore, anche ora vieni in aiuto alla nostra debolezza e come un tempo hai tim- proverato il mate in tempesta, cost rimprovera anche ora il turbamento del nostro cuore; non esser privato in uno ‘stesso momento dei tuoi due figli messi a morte dal ‘pec cato, non dirci: « A che serve il mio sangue, a che serve che io scenda nella fossa? » (Sal 29,10). E: «In verits, in verita vi dico non vi conosco » (Mt 25,12), perché le nostre lampade, ptive di olio, si sono spente ». E dopo che avrai rappacificato il tuo cuore con que- sta preghiere’, allora potrai con avvedutezza e umilh, secondo il precetto dell’apostolo, ammonire, rimprove. rare, esortare (2 Tm 4,2) e curate e correggete il fratello, come un membro malato, Allora infatti il fratello accet. tera la correzione con fiducia, sari lui stesso a condan. 3 Apoftegmi, Macario 17 (Mortari IL, p. 18). 2 Che fala (PG 40,158) » 233 9a inseenementt spirittt narsi per Ja sua durezza, Con Ia tua pace avrai dato pace al suo cuore, Nulla dunque ti separi dai santi inse- ‘gnamenti che Cristo ci ha consegnato: «Imparate da me che vi dico che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Occorte infatti innanzitutto essere in pace, cost che il nostro cuore non si turbi neppure per giusti motivi © a proposito di un comandamento, certi che compiamo tutti i comandamenti in vista dell’amore e della purezza di cuore’, Teattando cost il tuo fratello, sentirai Ja voce che dice: « Se tu separerai cid che & ptezioso da cid che 2 vile, sarai come Ia mia bocca » (Ger 15,12). 187. Quanto a te che devi fare obbedienza, non fi- darti mai del tu0 cuore perché le antiche passioni Phan- no reso cieco, Non seguire in nulla il tuo parere, non decidere nulla da te stesso, senza chieder consiglio. Non pensare, non credere che quel che pensi tu sia pit ragio- nevole ¢ giusto di quanto ti dice chi ti guida, non farti giudice delle sue azioni, un givdice che tante volte si & sbngliato! B un inganno del Maligno che vuole ostaco- Jare Ia tua obbedienza fiduciosa in tutto e la salvezza che ne deriva! Si sottomesso in picna pace e seguirai la via dei Padri senza correre sischi, senza sbegliare. Fa’ violenza a te stesso in ogni cosa e spezza la tua volont’ ¢, per grazia di Cristo, ti abituerai a spezzate Ja tua vo- Tontd, tiuscizai a farlo senza sforzo e senza fatica come se tutto avvenisse secondo i tuoi desideri, perché non vorrai pili che le cose avvengano secondo la tua volonta, ma vottai quel che accade, e cost sarai in pace con tutti. Questo avviene pet lo meno quando quel che accade non comporta disobbedienza ai comandamenti di Dio o dei Padri, Lotta per trovare in tutto la possibilita di accusare te stesso ed esser sopientemente saldo nella convinzione di essere indegno di stima‘. Credi che tutto 2 fe, Cassiano, Collationes 1,7 (S.C. 42, p. 84-85). 4 Te adnquoroy bun termine che letreralmente significa: privo di ‘yoto, a suttegio, Vaol dire considerarsi insigniffcanti, non eredersi mportantio degni di attensione. P un'espressione usata pi volte da Barsanulio (cit. ep. 257,259,271... Nella Ep 272 Barsanufio dive: 234 quello che ei riguarda avviene per disegno di Dio, anche 15 minime cove @topporteal senza turban rtto quello che ti accaded.'Credi che Pessere disprezato e offeso & per te un rimedio contro Porgoglio e prega per quelli fe Gaiam, come per i tuo veri medic, cero e Fert Pomilea he chi fagge chi lo fa initare, fugge le nitenoe Nem corsa at conoscere Ja malvagit del tuo prossimo, non fdatti dei sospetii che mutri contro di lui. Anche se la nostea mal- vagitt i fa nescere, sforzati di trasformarli in pensieti di bene, Rendi grave in euto © acquistera la bonthe la Ma innanzi tutto, ciascuno di noi custodi Seer pry es simo e delle cose*. Prima di dire 0 di fare qualcosa’ esa, siniamo con cura se questo & conforme alla volonts di Dio, Poi, dovo aver prac, parla o alamo, gee tamo davanti a Dio le nostra impotenza, Fla sua bantd i accompagni in tutto! m “_ qu A CHI HA L'INCARICO DI SOVRINTENDERE ALLA DISPENSA 188. Se non vuoi cedere allita e al rancore, auscate i to core alle eve her an mare come tuo il pitt piccolo oggetto, ma guardati al disprezzarlo come se non valesse nulla, non averse il sainimo valore. Dai a chi ti chiede, © non angustiant se quel che hai dato vien rotto o tovinato per negli genza, Devi compottarti cost, ma non per dispreazo sfenteee tg prose ecm aon din + pr Se U mr garg de «renin 235 verso quanto 2 di proprieti del monastero, perché anzi devi averne cura con tutte le tue forze e con tutto il tuo zelo, ma per custodire la pace ¢ Ja calma nel tuo cuore, mastrando sempre a Dio tutto quello che puoi. Ci riu- scitai, se amministrerai i beni non come beni tuoi, ma come offerti a Dio e soltanto affidati alle tue cure. E cosl non i ataccheral ad etsi, come ho detto, ma nep- pure li disprezzerai. Se non ti proponi questa meta, sta certo che non smetterai di esser turbato e di turbare gli altri. Iv AL MEDESIMO 189, Domanda: Il mio spirito gioisce nell’ascoltare le tue parole e vorrei essere come tu dici. Come mai non mi trovo pronto, quando 2 il momento di agire? Risposta: Petché non mediti continuamente queste parole. Se ti vuoi comportare cosi al momento oppor- tno, meditale sempre, dimora in esse ¢ ho fede in Dio che farai progressi, Unisci la preghiera alla meditazione; cura i malati, anzitutto per acquistare la compassione, come ho dctto spesso, poi, perché Dio susciti qualcuno che ti cari quando anche tu sarai malato, perché dice la Scrittura: « Con Ja misure con la quale misurate, sarete misutati» (Mt 7,2). Se cerchi di far qualcosa con co- scienza secondo le tue possibilita, devi anche sapere ed essere convinto che non conosci ancora Ia vera via, & devi accettare con gioia senza turbarti e senza soffrime, di sentirti dire che hai sbagliato proprio in quello che pensavi di fate con coscienza. Il giudizio di quelli che certamente sono pitt saggi di te, corregge quello che era 4 fr, § 5859, 236 difettoso e rende pit: sicuro quello che hei fatto di buono. Sforcati di avanzare, ¢ cos! qualsisl preva assalga sia nel corpo che nello spirito, potrai soppor. tarla pazientemente senza turbartie senza essrne snes ciato. Se ti si accusa di qualcosa che non hai fatto, non ti agitare, non irritarti ma fa’ subito una metania a chi te Tha detto, ¢ digli umilmente: « Perdonami e prega per me». Resta in silenzio, come di i Padri'. Se ti si chiede se & vero quello di cui ti si accusa, fai umi, mente una mctania ¢ di in ruta vetita come stanno Te cose. Dopo aver parlato, fai un'altra metania umilmen, te, € di ancora: « Perdonami e ptega per me >. Vv AL MEDESIMO. . Che devo fate poiché non sono nello stesso stato danimo nei rapporti con i frateli? ___Risposta: Non puoi ancora esserlo, Sforzati almeno di non patire scandalo in nalla, non giudicare nessuno, non spatlare di nessuno, non badare alle parole, alle azioni o ai gesti di fratelli che non ti sono di edifice. ione. Cerca piuttosto di trovare edilicazione in tutto, Non cercare di far bella figura per quel che dici o fai ¢ “Ton vantarti. Acquista la liberta nel tuo comportamento, Jibertd nel parlare, anche nelle pid piccole cose. Sapp! che, se chi & combattuto 0 tormentato da un pensiero di assione ne compie le opere, xinsalda Ta passione che 8 lui, perché Ia rende pid forte, Ia rende cio’ potente -€ cos essa potra combatterlo ¢ tormentarlo ancora di ‘Pil. Ma se invece lotta e oppone resistenza ai suoi pen- * Gir, Apoficgini, Most 3 (Mortari TI, p. 32) is peg oa Sa Me. ae aa 237 sieri, ed anzi compic opere contratie a quei pensieri, come ho detto spesso, rende debole Ja passione, le to- lie la forza di combattere e tormentarlo. E cost Iottando poco per volta con ’aiuto di Dio, riesce a dominare la passione stessa. VI AL MEDESIMO 191. Domanda: Perché abba Poemen ha detto: Questi tre punti sono essenziali: temere il Signore, pregere il Signore e fare del bene al prossimo? Risposta: L’amziano ha detto: « temere il Signore » perché il timore del Signore precede ogni vist, « prin- Cipio di sapienza, infatsi, 2 il timore del Signore » (Sal 110,10) e anche perché nessuno senza timore di Dio, pud ragsiungere una virtt, né riesce a far nulla di buo- no; «con il timore del Signore, infatti, ciascuno si al- Jontana dal male » (Prv 16,6). Ha poi detto: « pregate il Signore » perché se I'uomo non ha Paiuto di Dio non pud raggiungere alcuna vitta, non pud far nulla di buono, come ho detto, anche se ha timore di Dio e vuole il bene ¢ si sforza in ogni modo di compierlo, Sono assolutamente necessari infatti sia i nostri sforai che Paiuto di Dio. L’uomo dunque, ba sempre bisogno di prepare ¢ invocare Dio perché lo aiuti e collabori con lui in ogni cosa, «Fare il prossimo » infine, & proprio della carita. Ora, chi teme il Signore e prega Dio é utile soltanto a se stesso, ma daltra parte ogni virti riceve compimento nell’arore il prossimo, Per questo Panaiano ha detto: ‘fare ill Peal er castait ietacil acta aan ioe loll prega, si deve anche essere utili al prossimo e fargli del 2 Apoftegmi, Poemen 160 (Mortari II, p. 121). 238 bene. Questo, come ho detto, ® proprio della cati 2 Ia petfecione della visti, come dice il santo meee (Rin '13,10; 1 Cor 13,13), S H santo apostolo vit AUN FRATELLO CHE L’AVEVA INTERR SULL'INSENSIBILITA DELT-ANIMA o> E SUL RAFFREDDAMENTO DELLA CARITA 192. Fratello, per vincere Vinsensibilita dellanima 2 bene leggere costantemente le divine Seritture ei det dei Padti Teofori, che generano compunzione nel caore, conviene custodie il ricordo dei terribili gindisi di Dio, ricordare che V'anima uscizA dal corpo ¢ incontrera Ie tettibili potenze con cui ha compiuto il male nel breve tempo di questa misera vita e che dovz’ comparire de. vanti al teribile e imparciale tribunale di Cristo pet ten. dete conto davanti a Dio, davanti a tutti i suoi angelt © issomma davanti ad ogni creatura, non solo di ognt azio. ne, ma anche di ogni parola e di ogni pensiero, Ricordati continuamente anche delle patole che dita il Giudice terrible © giusto a quelli che saranno alla sua sinistra: « Via lontano da me, i, nel fuoco eterno prepa- rato per il diavolo e per i suoi angeli » (Mt 25,41). EB bene ricordarsi anche delle grandi tribolezioni umane, wfiuché Yanima dura ¢ insensibile tiesca, anche se a malapena, ad addolcitsi e a prende coc la pro- ‘pria miseria. Quanto allindebolirsi della earita per {fra {eli questo viene dl fatto che accogl i sospedt, i Si del fuo cuore e non vuoi sopportate m i feline core lla che contrasti Devi dungue innanzitutto, con V'aiuto di Dio, non credere assolutamente ai tuoi sospetti e fare ogni cforzo ‘Pet umiliarti davanti ai fratelli e spezzare in loro favore 239 Ja tua volonta. Se un fratello ti offende o ti turba, prega pet Ini, come hanno detto i padri', pensa che ti procura grand beni, che & un medico che ti guarisce dall’amore del piacere, E cost anche la tua collera si calmer’, poi- cché, secondo i santi padri, «la carith & un freno per Ja collera »?, Ma prima di tutto, supplica Dio di renderti vigilante, di darti Pintelligenza spirituale per sapere che cosa «vuole di buono, cid che & a Ini gradito e perfet- to» (Rm 12,2), e che ti doni la forza per essere pronto per ogni opera buona. ‘Vul A UN FRATELLO OPPRESSO DA UNA TENTAZIONE 193, Figlio mio, anzitutto noi non ignoriamo i dise- gni di Dio ¢ dobbiamo lasciare che sia Ini a guidarci; To dobbiamo fare soprattutto in queso momento. Se wuoi giudicare quel che accade in base a ragionamenti umani, invece di gettare in Dio il tuo affanno, non farai altro che sofftire. Quando ti opprimong pensieri che ti fanno guerra, devi dunque gridare a Dio: «Signore, come vuoi e come sai, iia questa cosa». La Provvidenza di Dio infatti, opera spesso in senso con- tratio a quello che pensavamo o speravamo, quello che si sperava avvenisse in un cetto modo, si tivela diverso nella realt2. Insomma al momento della tentazione, oc- corre restare pazienti, pregare e non yoler dominare 0 credere di dominare, come ho detto, pensieri che ven- gono dai demoni con pensieri uman.. Abba Poemen che lo sapeva, diceva che la parola della Scrittura « Non 2 fr, Igaia (Ang, p- 189). 2 Bvagrio: Pralwikos 1,26 (PG 40,1228D} A Apoftegtal, Macario 19 (Moctari IZ, p. 19). 240 preoccupatevi per ill domani » (Mt 6,34) & stata tn uomo oppresso dalla tentzione’. Certe dell ena di queste parole, abbandona dunque, figlio mio, ogni ‘tuo pensiero, per quanto sapiente possa essere, tieni salda la spetanza in Dio «che fa molio di pit di quanto possiamo domandate ¢ pensare » (Ef 3,20). Avrei po- tute rispondere a tutto quello che mi dicevi, ma non voglio discutere né con te, né con me stesso, & molto meglio oo persever! nella vie dell speraze di Dio, perché via la i affanno it si- ora, Tl Signore sia con tel SR e x AL MEDESIMO: 194, Filo mi, rcordati di Golui che ha deto: «B Recessario attraversare molte tribolazioni ent nel regno dei cieli » (At 14,22), non ha specticat as traverso queste 0 quest’aitre tibolazioni», ha detto semplicemente: « attraverso molte tribolazioni ». Sop. porta cosi quelle che ti giungono rendendo grazie, con sapienza, € se hai peccato, considera dolci le tribole- zion che ti 10! Se non hai peccato, pensa che ti purificano dalle passioni o ti procurano il Regho dei cieli. II Dio amico degli uomini e delle anime, che ha rimproverato il vento e il mare, facendo venire la calma (Le 8,24) rimproverer’ pure la tentazione che ti oppri- me, figlio mio! E Dio ti conceda di aprire il tuo cuore perché ta possa conoscere Je malvagitt del nemico. ? Apoftegmi, Pormen 126 (Mortati II, p. 115). 241 x A UN FRATELLO COLPITO DA UNA LUNGA MALATTIA E DA VARIE SVENTURE 195. Ti prego, figlio mio, sit paziente ¢ rendi grazie pet eid 1 Soa ee colgono in questa malattia, se- condo Ia parola: « Accogli come cosa buona tutto quello che ti succede, perché i disegni della Prowviderza si compiano su di te come @ a lei gradito, figlio mio. Sii coraggioso dungue, sii saldo nel Signore e nei dsegni che ha su di te. Dio sia con te! XI A UN FRATELLO CHE SI TROVAVA IN TENTAZIONE 196. Pace a te in Cristo, fratello! Convinci il tuo cuore che hai certamente offerto un pretesto alle ten- tazione anche se per il momento non ne trovi la causa. Accusa te stesso, sii paziente e prega. Credo nella mi- sericordia ¢ nella bonta di Cristo Signore che allontane- 11 da te Ia tentazione, L’Apostolo ha detto: «La pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodira i vostri cuori > (Fil 4,7). XID AL MEDESIMO 197. Figlio mio, non meravigliarti se nella via che ee i lo call ta i spine e a volte nel fango, pet ritornare poi sul cammino piano, Quelli che com: battono infatti, a volte cadono, a volte fanno cadere gli altri. «Non 2 forse un tempo di prova la vita dell'woree sulla terra? » ha detto il grande Giobbe (Gb 7,1). Eun altro santo dice: «L'uomo che non ® stato sottopose alla tentazione, non ha ancora dato Prova di sé>*. Noi, infatti, siamo sottomessi a tentazioni nel vivere la no- stra fodc perché possiamo dar prova di nol stessi ¢ potché impariamo a combattere. « E necessatio attraver. sare molte tribolazioni, dice il Signore, pet entrare nel tegno dei cieli» (At 14,22). La speranza della meta ci sia dunque di aiuto in ogni circostanza, Tl santo apostolo Per incoraggiarci ad aver pazienza dice: « Dio & fedele, son permettera che siate tentati al di Ja delle vostre for. ze, ma insieme alla tentazione vi dara anche la via di uscita e la forza di sopportarla » (1 Cor 10,13). Nostro Signore, che & realmente la verita, ti consoli con queste parole: « Voi avzete tribolazione nel mondo, ma corag. gio, io ho vinto il mondo » (Gv 16,33), Medita queste parole, dimora in esse. Ricordati del Signore, ¢ la sua Bont filio mio, 1 accompapnesh fa tate oxche Bok 8 un Dio di miseticordia e conosce la nostra impotensa, Lui stesso sgriderd di nuovo le onde e fata venire la nel tuo cuore grazie alle preghiere dei suoi santi. XI AL MEDESIMO 198. Come le ombte seguono i corpi, cost anche Je tentazioni seguono i comandamenti. « Nessuno, infatti, dice Antonio il Grande, potra entrare nel Regno dei cie- Ii, se non 2 tentato »!. Non meravigliarti dungue, figlio 4 Ci, Siracide 34,10; Giac 1,12, 4 Apoftegmi, Antonio 5: « Beli disse encora: ‘Nessuno, se non ten- ‘ato, pub entrare nel regno del cell; di fatto ~ dice ~ tog ic tentazioni fe nessuno si salva » (Mortar I, p. 85). 243, mio, se preoccupandoti della tua salvezza, incontri ten- tazioni ¢ tribolazioni, Pazienta senza turDarti, prega rendendo grazie d’aver meritato di esset messo alla pro- va su di un comandamento, perché il tuo cuore si eset- citi nella lotta ¢ dia prova di sé. Il Dio di bonta ti con- ceda di essere vigilante e paziente nel tempo della ten- tazione! xv AL MEDESIMO 199, Abba Poemen' ha giustamente pensato che le parole della Scrittura: «Non preoceupatevi pet il do- mani » (Mt 6,34) fossero state dette per un womo pro- vato dalla tentazione. E le parole ‘getta nel Signore il two affanno’ (Sal 54,23), le riferisce ad un‘identica situazio- ne. Figlio mio, allontana dungue i pensieri secondo gli uomini ¢ tieni ferma la speranza in Dio, che porta a com- pimento molto di pi di quanto possiamo immaginare € Ia speranza in Dio ti dari pace. Figlio mio, il Signore ti aiuti grazie alle preghiere dei santi. Occorre che te niamo lontani da noi questi pensieri, noi che non con- fidiamo nel domani. xv AL MEDESIMO 200. Noi siamo creazione e opera del Dio buono € amico degli uomini, che ha detto: «Come @ vero che io vivo, dice il Signore, non voglio la morte del pec- 4 Apoftegmi, Poemen 126 (Mortati II, p. 115). 244 catore, ma che si converta e viva » (Ez 33,11) ¢ ancora: «Non sono venuto a chiamare i givsti, ma i peccatori! » (Mt 9,13) alla conversione. Se & cost dunque e noi lo crediamo, gettiamo il nostro affanno nel Signore ¢ lui stesso ei autrita (Sal 54,23) cio’ ci dara la salvezza, Per- ha cura di noi; Iui stesso consolera anche il tuo cue. te, filo mio, grazie alle preghiere dei santi. Amen. XVI AUN FRATELLO MALATO CHE AVEVA DIVERSI PENSIERI A PROPOSITO DEI FRATELLI CHE PROVVEDEVANO AI SUOI BISOGNI 201. Nel nome di Gesi Cristo. Fratello mio, non abbiamo aloun dititto sul prossimo, Per amore infatti dobbiamo lasciar perdete ogni nostro diritto, dobbiamo assolutamente tinunciarvi. Nessuno dice al suo prossi- mo: ‘Petché non mi ami’ ma compie gesti d'amore ¢ cosl trascina all’amore anche il prossimo, Quanto ai bi. sogni del corpo, se qualcuno merita di ricevere confor- to, Dio convincer’ anche il cuote dei Saraceni? a fargli misericordia secondo i suoi bisogni. Ma se non lo me- tita 0 se ha bisogno di cotrezione e non & bene che ri- ceva conforto, potrebbe anche costruite un cielo nuovo € una terra nuova, ma non troveri pace. D’altra parte se dici che sei di peso ai fratelli, confessi d’esser pre- suntuoso. Nessuno che offra al suo prossimo, che desi- dera essere salvato, la possibilitA di adempiere a un co- lamento di Dio, dice: «Gli sono di peso». Chi odia la gente irritante, odia la mitewa, Chi sfugge chi Jo fa iritare, fugge la’ pace in Cristo. Figlio mio, Dio, amico degli uomini, ci protegga con Ia sua grazia per le preghiere dei santi. Amen! 1 Che, § 84, 245 DETTI VARI DELLO STESSO ABBA DOROTEO 202. 1. Abba Doroteo diceva: «B impossibile che chi é legato al proprio punto di vista 0 al proprio modo di pensare, accetti 0 si conformi al bene del prossimo ». 2, Diceva ancora: «Poiché siamo dominati dalle passioni, non dobbiamo assolutamente fidarci del nostro cuore; una regola distorta, infatti, rende distorto anche quanto 2 diritto »’, 3. Diceva ancora: «Chi non disprezza tutto quanto appartiene alla tetra, la gloria, la pace del corpo, ed anche le pretese di giustizia, non pud spezzare la propria volont’, non pud liberarsi dall'ira e dalla tristeza, non pud procurare pace al prossimo », 4, Diceva ancora: «Non & gran cosa non giudicare 0 anche aver compassione per il fratello che & nell’affi- zione e si getta ai tuoi piedi; ma @ cosa grande non giudicare ¢ non andare in collera con il fratello che ti contraddice con passione, non approvare chi lo giudica ¢ tallegrarsi con chi ti viene preferito ». 5. Diceva ancora: «Non cercare 'amore del prossi- ‘mo perché chi lo cetca si turba se non Fottiene. Sii tu piuttosto a dimostrare amore per il tuo prossimo e ad accontentarlo € cost trascinerai il prossimo al- Yamore ». 6. Diceva ancora: « Se qualeuno fa qualcosa secondo Dio, sicuramente sara assalito dalla tentazione perché ‘ogni opera buona & preceduta o seguita dalla tentazione, € quanto & secondo Dio non & confermato finché non & stato messo alla prova dalla tentazione », 1 Of. § 98. 246 7. Diceva ancota: « Nulla fa Punit’ tanto legratsi delle stesse cose e avere gli steal sextimegnne, 8. Diceva ancora: «2 segno di umilta non dispren, zare il bene fatto dal prostimo; occorte sccoglist es siconoscenza, per quanto piccolo e minimo sia». 9. Diceva ancora: «In ogni cixcostenca preter sare secondo Popnione del mio Posie fate ee guendo la sua opinione, piuttost i guendo la piuttosto che seguire la mia © 10. Diceva ancora: « B bene in ogni occasione cedere a se stessi un po? meno del necessarie Neos bene aver soddisfaione in tattom Non ® 11. Diceva ancora: «In tutto quello che mi ® acca. denn ho mal veloc sepief sagataz deg cand ni, ma faccio sempre quel poco che posso in ogni eaffido tutto a Dione” nn ae 12. Diceva ancora: «Chi non ha volontd propri fa sempre quello che vuole; siccome infatti non ha vo. Tonti propria, qualunque cosa accada lo soddisfa esi tuova a fare sempre Ja sua volontl. Non vuole infatti che Je cose avvengano secondo la sua volontd, ma le vuole come accadono »?, 13. Diceva ancora: «Non bisogna cotteggere il fra- tello nel momento stesso in cui ie eccato, né in altri moment, se lo si fa per desiderio di vendetta ». 14, Diceva ancora: « L'amore secondo Dio & pit fore te anche dell’amore secondo natura >. = 15, Diceva ancora: «Non bisogne fare il male ne pure per echetzo, Accede a volte che allinizio si facea I male per schero e poi, ensa vlel, cis abil « >. 16. Diceva ancora: «Non bisogna yoler essere libe- rati da una passione per desiderio di sfuggire alla tribo- 2 Chr, § 20. § 187. 247 Jazione, ma perché la si odia veramente, come dice Ia Sctitmuta: « Li odiavo di odio totale » (Sal 138,22). 17. Diceva ancora: «E impossibile adirarsi con il pprossimo, se prima il nostro cuore non si & esaltato con- tro di lui, e se non Jo si & disprezzato considerandosi su- petiori a lui». 28, Die aco: «Chis uc quando reve un rimprovero 0 una cotrezione una passione, dinorisa che compiva vlan se opee quel sione. Se invece sopporta il rimprovero 0 Ia cotre- Zone senza tatbementodimontra che ene vinto da ceed. Ja passione e che ne compiva Ie opere senza averne co- scienza >, ABBREVIAZIONI INDICI 688 Tot dclov narpds Sittiv 208% "Howtos (ediione dei dscorsi di abba Isa a care deh nee naco Augustinos - Gerusalemme 1911) W. Frankenberg, Evagtius Ponticus, Berlino 1912 I Padti del deserto - Detti, a cura di L, Mortiti, Roma 1972 (serie sistematica) Vita ¢ detti dei Padri del deserto, a cura di L, ‘Mortari, Roma 1975 (serie alfabetica) BiBhog Wuywgedeoréen ... Bapouveveloy xa Tadvon: Vokes ied (edizione delle lettere di Barsanufio ¢ Giovanni a cura di Nicodemo Agio- ite) Paolo Everghetints, Euvarywyh sv Deogéyyuy pnudcay xal Bibmoxadiay xv deopépun xab dyluv narépwy, 4 voll, Atene 1975-1961 Patrologia Greca Patrologia Orientale di Graffin Sources Chrétiennes 251 GENESI INDICE SCRITTURISTICO 214 182,214 63 214 213 63 3 3 cs) 6 63 91,144 66 88 99 93 192 195 38 192 193 193, 193 66 66 66. 220 219 219 219 219 182 104 200 NUMERI 18 20,17 DEUTERONOMIO 878 Nella prima colonna sono indicati i capitoli e i versetti ci- cat (Secondo i TXX), nella seconde di seoie alle pagines g8 Saase 29 23 143 us sit 25 172,233 98 101 101 102 16 181 212 23 210 244,245, 179) 216 1515 764 7923 918 106,18 110,10 118,96 136,89 138,22 1435 1449 145.4 PROVERBI 47 427 522 39 9,10 Ths 1s 1213 38) 147, 15,27 166 22,4 QOELET 1213 SAPIENZA 413 1621 SIRACIDE, 18,16 ISAIA 16 1AL 65 2616 457 Gi 82,100,238 47 182 178 100 157 67 47 100 13 114,116 21 203 Bi 82,100 238 400 n2 45 5 205 a2 88 194 201 9 49 (ebr 42),11 49 (ebr 42)13-14 49 (cbr 42),19 BARUCH, 41-12 ‘EZECHIELE 149 331 DANIELE 424 6 14,3637 OSEA 93. 245 OMANI 11,28 o 514 1129 45,61,69,234 7,19 1130 46 722 16,24 75213221 8, 19,621 a Bi 1927 45213221 122 19,29 ‘95 25 Bu Zaz Uae i z 25 AL 178239 13,10 10,17-20, n 57, 11s 210 73435 47 80,119,193,241,243 INDICE DELLE CITAZIONI PATRISTICHE oui ETE Gregorio di Necanza Hom. adr Testy 140 Oat hie a Hou, 2 de jejunio,7 24 rat. 23, Regulze fos. tract. rat: 244 Bh } Broeiaiure gant rat 2513, 6 Regulae fus. tract. 6 180 rat, 33, 21 eas rat. 39,7 a Clemente Orat. 45,9 6 TL Ep. VIL3. 223 / 7 APOFTEGMI DEI PADRI Giovanni Crisostomo Serie alfabetic Poemen 17 161 eage 140 172 foo Vit eg erie alfabetica men ia gnostica, 1 . ‘Antonio 4 138 Sisoes 6 189 Cobia oat, om, 213 Antonio 5 243 Sisoes 34 136 1,76 176 ; ‘Antonio 7 85 Sisoés 38 192 De malignis Marco VEremita Antonio 3 m2 cont. XIV at De his qui put. 197 70 Antonio 32 9 Serie anonima Praktikos Proemium | 76 De lege spitic. 14 142 ‘Arsenio 40 135 N's 6 Braktikos 26 240 De lege spirit. 54 228 Aguone 1 Joe No, 122 Broktkos 058 221 ane tone 84 ktikos 161 alladee ‘Agatone 29 90,121 N ist BB Baktkeste a2 Hise: Laws. 32374 -Ammona Bo 129 iN 170 190 Broktibos 1191 rat Losi onio 3 192 190 Praketikos 11,59 ima. po) 4 153, N Fd 176 Sententiae 14 Leo aici 15 (PG 78) 72 pollo 3 i N 265 165 Sententiae 40 loguia Basilio 1 80 N 293 B ‘Adloguia (PE 11,37) Beniamino 5 b7 N 297 188 129,134,141 146 Hlia 6 218 N 321 198 Teofilo 1 13438 N33 200 Giovanni Noo 34 196 N 327 17 Tsacco il Tehano 124 ALTRI APOFTEGMI Macedo 3 iy Epo Mace a mete ioMacat Maio 17 Bg Mow 8 ye 4 92,5 -oemen 227 Mose 18 123 Sincletica 197 Matoés 2 87,197 | Anonimo 176 Poemen 6 123 Poemen 13 186 Anastasio: Vita Antoaii: 229 5 Poemen 54 15 Poemen 65 103 Basilio it Grande Poemen 80 137 Hom.in iflud: Attende 221 Poemen 93 161 Hom. in Isa 142,220 Poemen 126 241.244 Homi 182) Poemen 134 438 34 Poemen 160 238 184 257 pag. 7 10 17 27 29 32 32 34 38 aL 43 45 50 61 63 82 93 98 113 4122 132 INTRODUZIONE Il monachesimo in Palestina Ui deserto di Gara La vita di Doroteo Lopera di Doroteo UI problema del testo Le fonti Linsegnamento spirituale Principio di sapienza @ il timore del Signore Bisogna attraversare molte tribolazioni pet en- ‘tare nel regno di Dio Prendete il mio giogo sopra di voi ¢ imparate da ‘me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le anime vostre AVVERTENZA - LETTERA VITA DI ABBA DOSITEO Avvertenza Lettera Vita di Abba Dositeo INSEGNAMENTI VARI DEL NOSTRO SANTO PADRE DOROTEO AI SUOI DISCEPOLI I Larinuncia IL L’umilta IIL La coscienza IV Il timore di Dio ‘V Non bisogna affdarsi ai propri giudizt ‘VI Non bisogna giudicare il prossimo VIL It disprezzo di sé 141 148 155 164 175 186 195 206 21 218 225 27 232 235 236 27 BB 29 240 241 242 242 242 VII It rancore IK Le menzogna X Dobbiarso essere vigilasti net seguire la via 4i Dio senza perdere di vista la meta XX Dobbiamo esser solleciti nel troncare le pas- sioni prima di abituarci al male XII Deve temere Dio ¢ non tralasciare mai di ensare alla propria salvezza chi vuol es- sere salvato Dobbiamo supportare le tentationi senza tur- barci, rendendo grazie a Dio XLV Leedificio spirituale'e Varmonia delle virti XV I santi digivini XVI Spiegazione di alcune parole di Sen Gregorio cantate nel giorno della Santa Pasqua XVII Spiegazione di alcune parole di Sen Gregorio. cantate in onore dei santi martiri LETTERE VARIE DI ABBA DOROTEO I Ad alcunt monaci che viveoano in celle eppartate e che lo interrogavano sull’op- Portunita di incontrare i fratelli IL A quelli che presiedono ai monasteri ¢ ai loro discepoli. Come gli uni debbano pre. siedere ai fratelli e come questi debbano essere loro sottomessi MIL A chi ha Vincarico di sovrintendere alla di- Spensa IV Al medesimo V Al medesimo VI Al medesimo ‘VIL A un fratello che Yaveva interrogato sullin- sensibiita dell’anima e sul rafiredéamen. to della carita VILL A wre fratello oppresso da una tentazione IK Al medesinno X Aun fratello colpito de una lunga malattia e da varie sventure XI A un fratello che si trovava in tentezione XII Al medesino 243 244 244 245 246 251 252 256 XU Al medesino XIV Al medesino HVE Ato fella maato che ane diversi pen- sieri a proposito dei jratelli che provvede- vano ai suoi bisognt ETII VARI DELLO STESSO DERBBA DOROTEO “Abbreviazioni Indice scrittuistico Indice delle citazioni patristiche

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