La Resa Dei Conti. Il Kosovo Litalia e L PDF
La Resa Dei Conti. Il Kosovo Litalia e L PDF
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Luca Micheletta
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A LA RESA DEI CONTI
PI Il Kosovo, l’Italia e
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la dissoluzione della Jugoslavia
(1939-1941)
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TO Con gesti misurati, trassero fuori i loro
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gran dama è morta… Albanesi, all’armi,
lo slavo ci ruba il Kosovo.
Furono ascoltati, e tutti, pur non capendo
nulla delle loro parole, li seguivano con
attenzione, lo sguardo assorto, pieno di
malinconia e d’incomprensione.
Tre canti funebri per il Kosovo, Ismail Kadaré
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T O Indice
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E R IRREDENTISMO KOSOVARO
P
1. Il problema del Kosovo all’indomani dell’occupazione italiana
IA dell’Albania ............................................................................................... 13
II
APPELLO PER LA LIBERAZIONE
III
IL PROBLEMA JUGOSLAVO
IV
VITTORIA MUTILATA
UT
3. I negoziati tra Roma e Tirana sulla Grande Albania .......................... 138
L'A
4. L’occupazione del Kosovo e della Macedonia .................................... 149
5. I tentativi italo-albanesi di riunificare il Kosovo ................................ 154
E R
6. La situazione nel Kosovo “liberato” .................................................... 161
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PIA V
CO MACEDONIA CONTESA
Cartine .....................................................................................................248
Abbreviazioni
B.: busta
T O
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Carte Gab.: Carte Gabinetto
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cit.: citato
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D./DD.: documento/documenti
DDI/Documenti Diplomatici Italiani
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DGFP: Documents on German Foreign Policy
A
PIed.: edizione
CO
f.: fascicolo
Gab-AP: Gabinetto Affari Politici
Gab. Alb: Gabinetto Albania
n.: numero
p./pp.: pagina/pagine
prot.: protocollo
s.: serie
s. d.: senza data
sf.: sottofascicolo
s.n.: senza numero
ss.: seguenti
SSAA: Sottosegretariato Affari Albanesi
t.: telegramma
telespr.: telespresso
t.p.c.: telegramma per corriere
UC: Ufficio Coordinamento
Uff.: ufficio
v.: vedi
vol./voll.: volume/volumi
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Irredentismo kosovaro
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PI1. Il problema del Kosovo all’indomani
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dell’occupazione italiana dell’Albania
Il Kosovo ha da sempre avuto un’importanza particolare per la
storia della nazione albanese; è in questa terra che, nel 1878, du-
rante il grande sconvolgimento balcanico iniziato tre anni prima ai
danni dell’Impero ottomano, nacque la lega di Prizren, avvio del
risorgimento nazionale del popolo albanese, che doveva culmi-
nare, il 28 novembre 1912, con la dichiarazione d’indipendenza di
Valona. Nel programma della lega figurava la difesa dei quattro
vilajet turchi di Scutari, Kosovo, Monastir e Janina, come terre ap-
partenenti alla nazione albanese, ma la nascita dello stato albane-
se, avvenuta per effetto della conferenza di Londra del 1913, lasciò
incompiuta l’unificazione nazionale. Le guerre balcaniche e le paci
che ne seguirono, infatti, decretarono la spartizione della storica
regione del Kosovo tra Montenegro e Serbia1. Vantando secolari
1
Su questi avvenimenti, v. ARBEN PUTO, L’indépendance albanaise et la
diplomatie des grandes puissances 1912-1914, Tirana, Editions “8 Nëntori”, 1982;
E.C. HELMREICH, The Diplomacy of the Balkan Wars 1912-1913, Cambridge,
Harvard University Press, 1938. Più in generale sulle vicende internazionali
relative alla nascita dell’Albania, STAVRO SKENDI, Albanian National Awakening
1878-1912, Princeton, Princeton University Press, 1967; J. SWIRE, Albania. The
Rise of a Kingdom, London, Williams & Norgate, 1929; LUIGI ALBERTINI, Le
origini della guerra del 1914, vol. I: Le relazioni europee dal Congresso di Berlino
14 La resa dei conti
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Con la nascita dell’Albania si pose da subito, dunque, il proble-
ma di un’incompiuta unificazione nazionale, che vedeva proprio
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nella separazione degli albanesi del Kosovo dal resto dell’Albania
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come titolo quello di “re degli albanesi” e non d’Albania, solle-
vando non poche perplessità a livello internazionale; e gli accordi
A
PIsegreti presi con l’Italia in quello stesso anno facevano espressa
CO
menzione ad un appoggio italiano perché all’Albania fossero
restituiti i suoi figli abitanti “al di là del confine orientale”5.
4
Sui rapporti italo-albanesi negli anni Venti del Novecento, v. PIETRO
PASTORELLI, Italia e Albania 1924-1927. Origini diplomatiche del Trattato di Tirana
del 22 novembre 1927, Firenze, Biblioteca della Rivista di Studi Politici Interna-
zionali, 1967. Molti contributi interessanti in G. DAMMACCO (a cura di), L’omi-
cidio politico di Luigi Gurakuqi, Cacucci, Bari, 1988.
5
Sul negoziato italo-albanese, v. lo studio sulla politica estera del fascismo
tra il 1922 e il 1935 di FRANCESCO LEFEBVRE D’OVIDIO, L’intesa italo-francese del
1935 nella politica di Mussolini, Roma, 1984, pp. 159-160. Il testo dello scambio
di lettere segrete è in Sola a Mussolini, 21 agosto 1928, in DDI, s. VII, vol. VI,
D. 570. V. anche, sulla politica estera fascista in relazione ai Balcani, ENNIO DI
NOLFO, Mussolini e la politica estera italiana (1919-1933), Cedam, Padova, 1960;
ENZO COLLOTTI, Fascismo e politica di potenza. Politica estera 1922-1939, Milano,
La Nuova Italia, 2000. Sulle relazioni economiche tra Italia e Albania, v. ALES-
SANDRO ROSELLI, Italia e Albania: relazioni finanziarie nel ventennio fascista, Il
Mulino, Bologna 1986, e gli studi di MATTEO PIZZIGALLO, L’AGIP degli anni
ruggenti (1926-1932), Milano, Giuffrè, 1984 e La “politica estera” dell’AGIP (1933-
1940). Diplomazia economica e petrolio, Milano, Giuffrè, 1992. Sul contrasto italo-
jugoslavo circa l’Albania, v. MASSIMO BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia
(1922-1939), Bari, Edizioni B.A. Graphis, 2006. Sulla politica interna del re
degli albanesi, v. J. SWIRE, King Zog’s Albania, London, Robert Hale and Co,
1937; MICHAEL SCHMIDT-NEKE, Entstehung und Ausbau der Koenigsdiktatur in
Albanien (1912-1939). Regierungsbildungen, Herrschaftsweise und Machteliten in
einem jungen Balkanstaat, Muenchen, Oldenbourg, 1987; ROBERTO MOROZZO
16 La resa dei conti
PIA
European Monographs, 1984.
6
Sull’occupazione dell’Albania, v. MOROZZO DELLA ROCCA, Nazione e re-
P ER
di di vera e propria persecuzione politica”8.
L’accordo turco-jugoslavo rispondeva sia alla volontà di Bel-
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PIgrado di sbarazzarsi dell’elemento albanese, sia al desiderio di
CO
Ankara di colonizzare l’interno dell’Anatolia con popolazione
contadina di religione musulmana. Ufficialmente, dunque, si trat-
tava di trasferire turchi, non albanesi, ma giocando sulla confu-
sione tra etnia e religione di fatto il trasferimento aveva come og-
getto la comunità albanese. Con l’equivoco della religione, quindi,
e in pieno accordo col governo turco, le autorità di Belgrado erano
riuscite a trasferire in Anatolia decine di migliaia di albanesi mu-
sulmani, secondo calcoli albanesi circa 80.000 individui, nel corso
dei quindici anni di vigore dell’accordo.
L’accordo, che secondo fonti albanesi era stato rinnovato e am-
pliato nell’ottobre 1938, prevedeva l’emigrazione in Turchia da
250.000 a 300.000 “turchi” abitanti in Jugoslavia. Ma risultava chia-
ro che, in realtà, nello stato jugoslavo la consistenza della comu-
nità turca era assai inferiore: di turchi propriamente detti se ne
potevano contare circa 25.000, tra l’altro decisamente contrari ad
essere deportati entro gli angusti confini della rinata Turchia e per
di più nelle steppe anatoliche9. Concentrati nei grossi centri urbani
8
Indelli a Ciano, 7 giugno 1939, n. 2372/791, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kos-
sovese.
9
Promemoria per l’Eccellenza il Sottosegretario di Stato per gli Affari Albanesi,
in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kossovo. Sul documento si
legge l’annotazione che il promemoria era stato consegnato da Shtylla il 28
18 La resa dei conti
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quanto per ragioni economiche, dovute ai riflessi della grande cri-
si economica del 1929. I contraccolpi della crisi americana, giunti
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con qualche ritardo in Europa rispetto al crollo di Wall Street, fe-
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famiglie albanesi viventi nel çiflik.
A più di venti anni dall’annessione del Kosovo, non sembrava
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PIesservi, dunque, per le autorità serbe altro rimedio per stabilire
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definitivamente il proprio controllo sulla regione che la cacciata
degli albanesi, vuoi con la riforma agraria, vuoi con l’emigrazione
forzata in Turchia. Lo dimostrava una relazione di P. Kumović,
ispettore del ministero degli Interni jugoslavo, stilata nel dicembre
1938, che sosteneva come unica vera soluzione del problema na-
zionale serbo proprio il “trasferimento” degli albanesi del Kosovo
e il suo ripopolamento con l’elemento serbo. Con rammarico si
constatava che il tentativo di colonizzazione, protrattosi ininterrot-
tamente dal 1913, non aveva dato i risultati sperati né in Voivodina
né nella Serbia meridionale a causa di ritardi e indecisione. Da
ultimo, spiegava la relazione, proprio nel momento in cui gli
albanesi e i turchi si stavano decidendo all’emigrazione in massa,
erano sopraggiunte le elezioni che avevano “intralciato e rovinato
tutto il lavoro delle nostre autorità agrarie”. D’altro canto, la nuo-
va convenzione turco-jugoslava per il trasferimento di albanesi e
turchi, già parafata, non era stata ratificata dai rispettivi parlamen-
ti, mentre erano falliti i tentativi fatti dall’Albania per bloccarla
convincendo il governo turco a ripudiarla. Le pressioni diploma-
tiche di Tirana presso il governo di Ankara e il sostegno ottenuto a
livello internazionale con l’interessamento della Germania, che
aveva compiuto un passo sul governo turco per impedire la
convenzione, non avevano infatti potuto scalfire i solidi legami
20 La resa dei conti
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l’esecuzione della convenzione stessa, “perché non dobbiamo di-
menticare che nella Serbia meridionale ci sono oggi 732.000
PIA
albanesi e turchi, - 280.000 - 300.000 bulgari e appena 220.000 serbi,
11
Shtylla ricordava che era stato appositamente compiuto un viaggio di
Mehmed Konica ad Ankara, e che sia l’incaricato d’affari albanese nella ca-
pitale turca, sia i ministri di Germania a Tirana e Ankara avevano tentato di
intervenire per impedire l’attuazione dell’accordo.
Irredentismo kosovaro 21
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possesso della casa e della terra a lui destinati e con questo resa
conclusa la sua installazione”. Va da sé che il trasferimento non
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PIprevedeva nessun tipo di consenso od opzione da parte dei tra-
CO
sferiti, anzi Kumović non nascondeva che né albanesi né turchi
avessero alcuna volontà di lasciare le loro terre12.
Ma l’appello accorato a risolvere la questione nazionale serba
lanciato da Kumović non giunse in un momento favorevole. Alla
metà del 1939, infatti, un’ulteriore spinta a non esasperare le
condizioni della popolazione albanese venne anche dal particolare
clima elettorale. Sia l’ex presidente del Consiglio, Stojadinović, sia
il governo in carica, guidato da Dragisa Cvetković, desideravano
mantenere un accordo con i capi della minoranza albanese, accor-
do che all’epoca delle precedenti elezioni aveva fruttato l’apporto
al partito governativo di 180.000 voti e l’elezione alla Skupština, il
parlamento di Belgrado, di alcuni deputati albanesi kosovari.
Tra gli esponenti della minoranza albanese spiccava per ruolo
e lignaggio Ferhad Bey Draga, persona influentissima nel Kosovo,
12
Problema e metodi. Il trasferimento degli albanesi e dei turchi della Serbia
meridionale in Turchia, relazione di P. Kumović, m.p., ispettore del Ministero
degli Interni, Belgrado, 23 dicembre 1938, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kosso-
vese. Su questi aspetti della questione kosovara, v. JENS REUTER, Serbien und
Kosovo – Das Ende Eines Mythos, in Der Kosovo Konflikt, cit., pp. 139-148.
Il testo della convenzione turco-jugoslava è in ELSIE ROBERT, Kosovo
in the Heart of the Powder Keg, Boulder (CO), East European Monograph, 1997,
pp. 425-434.
22 La resa dei conti
che era uno dei personaggi chiave delle vicende politiche koso-
vare da più di un ventennio. Personalità dalle mille sfaccettature,
come molti altri notabili kosovari, poteva apparire di volta in volta
E
come despota e signore delle sue terre ma anche come patriota
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albanese; come protettore degli slavi ma anche come loro aguz-
zino; come filo-jugoslavo ma anche come irriducibile oppositore
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di Belgrado13. Da tutti, però, era considerato il vero “capo” degli
L
albanesi della regione tanto da divenire l’uomo più importante an-
P ER
che per la politica dispiegata dagli italiani a partire dal 1939.
Ferhad Bey Draga era, tra l’altro, presidente della Comunità
PIA
musulmana di Skopje, vero centro della vita politica e sociale dei
13
Su Ferhad Bey Draga, v. DOGO, Kosovo, cit., ad indicem e MALCOM, Sto-
ria del Kosovo, cit., ad indicem. V. anche, ROBERT ELSIE, Historical Dictionary of
Kosova, Lanham (MA), The Scarecrow Press Inc., 2004, p. 53.
14
Sulla crisi interna jugoslava e la caduta di Stojadinovic, v. J.B. HOPTNER,
Yugoslavia in Crisis 1934-1941, New York and London, Columbia University
Press, 1962, pp. 128-129.
Irredentismo kosovaro 23
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Belgrado. E anche ora, dall’esilio, Zog contava di mantenere il con-
trollo dei capi kosovari per la particolare politica che stava perse-
A
PIguendo in funzione di un suo possibile ritorno sul trono d’Albania.
CO
2. Il tentativo di re Zog di organizzare la resistenza
anti-italiana in Kosovo
L’ex sovrano albanese non aveva certo abbandonato le speranze di
un futuro ritorno in patria dopo la cacciata degli italiani15. Si era
rifugiato inizialmente in Turchia e da Istanbul sperava di com-
porre le fila della resistenza anti-italiana, godendo da parte del
governo turco di un sostegno sicuro e non strumentale, come si
sarebbero potuti invece rivelare quelli greco e serbo. I legami sto-
rici tra albanesi e turchi, la solidarietà musulmana, i contatti e le
amicizie che la classe dirigente albanese manteneva col mondo
politico dell’ex Impero ottomano, di cui era stata parte importante
fino all’indipendenza dell’Albania, l’allineamento internazionale
della Turchia alla Gran Bretagna e alla Francia contro la minaccia
italiana nel Mediterraneo, fecero di Istanbul uno dei centri più
importanti della lotta anti-italiana degli albanesi. Nella ex capitale
ottomana, inoltre, risultava agli italiani che fossero presenti espo-
nenti di primo piano dell’opposizione all’Italia, come l’ex capo
15
Alcune pagine all’attività di re Zog dopo il 1939 ed in particolare ai suoi
rapporti con il governo britannico le dedica FISCHER, King Zog, cit., pp. 290-298.
24 La resa dei conti
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ministro di Zog, che sarebbe rimasto nella capitale turca dopo la
partenza del re, con lo scopo di organizzare la resistenza, di creare
PIA
cellule di propaganda e attuare azioni terroristiche contro l’Italia
16
Sulla figura di Abaz Kupi, v. FISCHER, Albania at War, cit., pp. 103-104
e ROBERT ELSIE, Historical Dictionary of Albania, Lanham (MA), The Scarecrow
Press Inc., 2004, pp. 244-245.
17
De Peppo a Ciano, 17 giugno 1939, t. 2975/67, in ASMAE, SSAA, B. 19, f.
Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania.
18
De Peppo a Ciano, 27 giugno 1939, t. cifra 3128/70; Straneo a Ankara, Bel-
grado e Atene, giugno 1939, telespr. 219953/C; SSAA a Jacomoni, 6 luglio 1939,
telespr. 221296/730; De Peppo a Ciano, 6 luglio 1939, telespr. 1207/663, in
ASMAE, SSAA, B. 19 f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania;
Ministero dell’Interno a Ministero degli Esteri, 2 ottobre 1939, 443/81961, in
ASMAE, SSAA, B. 19 f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania.
Il rapporto trasmetteva informazioni confidenziali dell’inizio di settembre.
19
Ministero dell’Interno a Ministero degli Esteri, 22 febbraio 1940, prot. 443/
55343, in ASMAE, SSAA, B. 19 f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con
Irredentismo kosovaro 25
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musulmana. Aveva loro assicurato che in Egitto si era formato un
comitato, “con diramazioni nei paesi musulmani, comprese le
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PIIndie”, per raccogliere fondi in suo supporto e che soldi aveva
CO
ricevuto anche da Francia e Gran Bretagna21. Gli avvenimenti
dell’aprile 1939 avevano, giocoforza, gettato l’ex re albanese nelle
braccia degli anglo-francesi, da cui sperava di riguadagnare il
trono alla fine di una guerra europea che si annunciava sempre
più prossima. Ma la ricerca dell’amicizia anglo-francese compor-
tava l’allineamento e la solidarietà col governo di Belgrado, alleato
della Francia e amico della Gran Bretagna, e di conseguenza
l’attenuazione delle spinte centrifughe in Jugoslavia, dove pure si
erano rifugiati molti suoi seguaci o esuli politici contrari all’unione
con l’Italia. Zog sperava di tenere legati a sé gli esponenti della co-
munità kosovara al fine di affievolire le spinte irredentiste e an-
tijugoslave che, al contrario, la diplomazia italiana tentava, nello
stesso torno di tempo, di cavalcare. La lotta agli italiani, dunque,
l’Albania.
20
De Peppo a Ciano, 26 ottobre 1939, telespr. 3381/880, in ASMAE, SSAA, B.
19, f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania. V. anche, su ciò,
quanto scriveva il console generale a Istanbul Badoglio: Badoglio a Ciano, 28
dicembre 1939, telespr. 4199/1040, in ASMAE, SSAA, B. 80, f. Collettività
albanesi all’estero.
21
Indelli a Ciano, 10 giugno 1939, telespr. 2430/810, in ASMAE, SSAA, B. 19,
f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania. Il documento ha il
visto di Mussolini.
26 La resa dei conti
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do finanziariamente per liberare l’Albania dall’Italia. L’ex sovrano
sostenne di avere ricevuto ampie assicurazioni da autorevoli amici
PIA
britannici e francesi che dopo l’imminente guerra, nella nuova si-
22
Appunto per Ciano del SSAA, Uff. I, 14 agosto 1939, con allegata Relazione
informativa a firma di Shtylla, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
23
Appunto per Ciano del SSAA, Uff. I, 14 agosto 1939, con allegata Relazione
informativa a firma di Shtylla, cit.
Irredentismo kosovaro 27
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recato di persona ad Istanbul per incontrare Zog e organizzare la
resistenza. Al fine di contrapporsi a quest’azione francese e con
A
PIl’obiettivo ultimo di smembrare la Jugoslavia e creare una Grande
CO
Albania, Blakçovi invitava le autorità italiane a entrare in contatto
con i capi kosovari, in particolare con Ferhad Draga, campione di
fedeltà agli ideali della nazione albanese, attraverso Rexhep
Mitrovica, altro noto leader irredentista del Kosovo, parente di
Ferhad Draga ed ex membro dell’assemblea che nel 1912, a
Valona, aveva proclamato l’indipendenza dell’Albania24.
Forte dei sostegni politici e finanziari internazionali acquisiti,
Zog puntava a metter su una capillare organizzazione di resisten-
za anti-italiana e aveva cominciato col dare a Ferhad Bey Draga un
piccolo contributo come anticipo, promettendo larghi appoggi
finanziari anche agli altri capi kosovari e insistendo sull’oppor-
tunità di tenere buoni rapporti con la Jugoslavia in funzione anti-
italiana. Per essere più convincente, l’ex sovrano aveva affermato
24
Jacomoni a Ciano, 11 luglio 1939, telespr. 3476/1017, con allegato Prome-
moria del 24 giugno 1939, a firma di Ionuz Blakçovi. Risultava che Zog aveva
inviato a Skopje anche Hysen Selmani col compito di portare finanziamenti ai
suoi sostenitori e a Murat Kaloshi. Blakçovi confermava che l’ex sovrano
aveva promesso anche a Ferhad Draga e ad altre personalità del Kosovo im-
portanti somme di denaro, mentre si diceva certo che personaggi del calibro
di Ali Klisura a Parigi e Naim Storava a Tetovo avevano rifiutato i soldi di
Zog perché ritenevano, come altri esuli rientrati in Albania, utile al loro paese
la politica italiana.
28 La resa dei conti
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avrebbe ancora guardato alla Jugoslavia, ma solo il tempo neces-
sario per sbarazzarsi dell’Italia.
25
Appunto per Ciano del SSAA, Uff. I, 14 agosto 1939, con allegata Relazione
informativa a firma di Shtylla, cit.
26
Sulla politica estera di re Zog negli anni venti, oltre a FISCHER, King Zog,
cit., GIOVANNI ZAMBONI, Mussolinis Expansionspolitik auf dem Balkan, Hamburg,
Helmut Buske Verlag, 1970, e PASTORELLI, Italia e Albania, 1924-1927, cit.
27
Shtylla aggiungeva che lo Stato Maggiore serbo aveva aiutato all’inizio il
famigerato Bazi i Canit che si trovava con Konica e altri esuli alle terme di
Irredentismo kosovaro 29
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vano arrestati e deportati, che la popolazione era maltrattata; che
le autorità italiane sostenevano l’elemento cattolico contro quello
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PImusulmano; che Mussolini aveva assicurato a Belgrado il suo
CO
disinteresse per l’accordo tra Jugoslavia e Turchia che avrebbe
permesso la deportazione di 270.000 kosovari, censiti dai serbi
come turchi29. Il ministro d’Italia a Belgrado, Indelli, riferiva a fine
settembre simili notizie, spiegando che la propaganda aveva il fine
di convincere i kosovari a lasciare la Jugoslavia e a trasferirsi in
Turchia, benché egli non fosse sicuro che dietro queste notizie vi
fosse solo il governo jugoslavo30.
D’altra parte, che gli oppositori al nuovo ordine di cose rice-
vessero ospitalità e appoggio da parte dei paesi confinanti con
l’Albania era cosa che era stata accertata anche dai servizi militari
italiani. Già in luglio il comando dei carabinieri aveva fatto pre-
sente l’esistenza di una pericolosa attività in senso anti-italiano e
aveva richiesto “un’energica azione diplomatica” presso i governi
Vernjizi.
28
Appunto per Ciano del SSAA, Uff. I, 14 agosto 1939, con allegata Relazione
informativa a firma di Shtylla, cit.; Guidotti a Mae, 9 luglio 1939, t.p.c. 13778/039;
Guidotti a Mae, 9 luglio 1939, telespr. 2866/981 (il documento reca il visto di
Mussolini), in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Vedi una schematica bio-
grafia di Angelinović, ivi.
29
Legazione a Sofia a ministero degli Esteri, 12 agosto 1939, telespr. 4055/1710,
con allegata informativa da fonte fiduciaria albanese.
30
Indelli a Ciano, 30 settembre 1939, telespr. 4481/1180, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Sussidi ad albanesi del Kosovo.
30 La resa dei conti
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cemente contro queste illazioni, negando recisamente non solo che
il suo governo fornisse sostegno e protezione ai profughi albanesi,
PIA
ma anche che fosse a conoscenza e tollerasse una loro attività anti-
31
SSAA alle legazioni di Belgrado e Atene, 27 luglio 1939, telespr. 224106/C
con cui trasmette contenuto di Jacomoni a Ciano, luglio 1939, telespr. 3381/ 995,
(in ASMAE, SSAA, B. 19, f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Alba-
nia) che a sua volta trasmetteva un rapporto dei carabinieri. Il documento ha il
visto di Mussolini.
32
Guidotti a Ciano, 1 agosto 1939, telespr. 3049/102, in ASMAE, SSAA, B. 19,
f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania.
33
V. CIANO, Diario, alla data del 4 e 6 agosto 1939.
34
Grazzi a Ciano, 5 luglio 1939, telespr. 5111/780; Grazzi a Ciano, 18 agosto
1939, telespr. 6405/996, in ASMAE, SSAA, B. 19, f. Attività anti-italiana di pae-
si confinanti con l’Albania. I documenti recano il visto di Mussolini.
Irredentismo kosovaro 31
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governo di Roma fin dal momento dell’occupazione. Alla metà di
aprile del 1939, si era presentato all’ambasciata italiana a Parigi, in
T O
compagnia di Spiro Zilo, Sherif Voça, ex membro della Skupština,
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originario di Kosovska Mitrovica. Deputato con un certo seguito
L
in Kosovo, Sherif Voça aveva militato nel gruppo di Stojadinović,
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ma aveva perso il seggio nelle elezioni del dicembre 1938. Sherif
Voça aveva consegnato un appello firmato da alcune decine di
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PI
notabili kosovari che chiedevano all’Italia un pronto intervento in
favore della liberazione della popolazione albanese dal giogo
CO serbo. L’ex deputato, affermando che la popolazione era già ar-
mata e non aspettava altro che un suo cenno per iniziare una solle-
vazione, aveva chiesto di andare a Roma e parlare dei suoi pro-
getti insurrezionali con le autorità governative.
L’ambasciatore italiano a Parigi, Guariglia, si era mantenuto
estremamente cauto, ma ne aveva subito dato notizia a Palazzo
Chigi, dove la questione destò un certo interesse e finì dritta sul
tavolo di Mussolini35. Sherif Voça potè dunque proseguire per
Roma, dove prese contatti con un funzionario del gabinetto di
Ciano, chiedendo di essere ricevuto dal ministro o da Mussolini e
di poter poi tornare in Albania. Non conoscendo Voça, data la
delicatezza della materia, le autorità italiane agirono con molta
circospezione e si premurarono di sottoporlo a stretta sorveglian-
za da parte della polizia e di iniziare una serie di indagini per
comprendere l’affidabilità dell’uomo e il valore della sua propo-
sta. Su Voça, però, non si ebbero le necessarie referenze. Alla
polizia risultava che egli fosse un avventuriero e stesse tentando
visto di Mussolini. V anche Caprinica a Marieni, lettera del 18 aprile 1939, prot.
n. 2552. Entrambi documenti in ASMAE, SSAA, B. 19, f. Attività anti-italiana
di paesi confinanti con l’Albania.
32 La resa dei conti
P ER
poco raccomandabile”37.
Un giudizio pesantemente negativo su di lui dette anche
PIA
Shtylla. Sherif Voça non aveva mai collaborato col gruppo dirigen-
36
Ministero dell’Interno a ministero degli Esteri, 30 maggio 1939, Rapporto riser-
vatissimo su Sherif Voça, prot. N. 443/68740, con allegate relazioni dei suoi
pedinamenti durante il mese di maggio 1939, in ASMAE, SSAA, B. 19, f. Atti-
vità anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania.
37
Guidotti a Ciano, 25 luglio 1939, telespr. 3004/64 in ASMAE, SSAA, B. 19,
f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania.
38
Promemoria di Shtylla per il Comm. Straneo, s. d., in ASMAE, SSAA, B. 19,
f. Attività anti-italiana di paesi confinanti con l’Albania.
Irredentismo kosovaro 33
a riparare in Grecia39.
Gestire l’eredità irredentista di Zog, insomma, era affare piut-
tosto complesso, ma Indelli riteneva “nostro evidente interesse di
E
mantener[la] in vita e, se del caso, di sviluppar[la] e diriger[la] con
R
T O
somma cautela”. Secondo informazioni che gli aveva fornito pro-
prio l’ex ministro d’Albania a Belgrado, Tahir Shtylla, re Zog
'A U
aveva messo a disposizione della legazione albanese un fondo se-
L
greto col quale sovvenzionare varie associazioni, più una trentina
P ER
di singoli studenti. La sovvenzione ammontava a circa 4.500 fran-
chi albanesi al mese, di cui 1.200 franchi mensili destinati esclusi-
A
PIvamente a Ferhad Bey Draga e famiglia. Poiché i sussidi erano
CO
stati erogati fino al marzo precedente e vi era un arretrato di tre
mesi, cioè 13.500 franchi albanesi, Indelli si pronunciava sicura-
mente per la liquidazione dell’arretrato, per la continuazione del
sussidio e per prendere in esame “più che l’opportunità, la neces-
sità” di aumentarne l’importo data la nuova situazione. Propone-
va però di mantenere i rapporti con la minoranza albanese attra-
verso l’assegnazione alla legazione di due funzionari albanesi40.
Lo stimolo che pervenne da Belgrado non cadde nel vuoto.
Solerte come sempre nel sostenere le rivendicazioni nazionali
albanesi, Jacomoni, informato da Shtylla a Tirana della richiesta, si
fece parte diligente e premette su Ciano, che la approvò agli inizi
di luglio. La luogotenenza, quindi, attraverso Çomora, inviò gli
arretrati richiesti con due assegni in sterline per il controvalore di
13.620 franchi albanesi, quanto bastava a coprire le tre ultime
mensilità (aprile, maggio e giugno) di fondi destinati ad associa-
zioni e personalità del Kosovo41.
39
Jacomoni a Ciano, 5 agosto 1939, telespr. n. 4661/1475, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
40
Indelli a ministero degli Esteri, 7 giugno 1939 n. 2372/791; Indelli a ministero
degli Esteri, 10 giugno 1939, telespr. 2429/809, in ASMAE, SSAA, B. 79, f.
Kossovese. Il telespresso del 10 giugno reca il visto di Mussolini.
41
Jacomoni a Ciano, 26 giugno 1939, t.p.c. 11762/0360 P.R.; Ciano a Indelli, 2
34 La resa dei conti
P ER
ganda per l’Italia e di incoraggiamento dell’irredentismo koso-
varo, che Palazzo Chigi promuovesse l’intitolazione di alcune vie
PIA
di una città d’Italia ai nomi di Luigj Gurakuqi, Bajram Curri e
P ER
dui), in Egitto (circa 30.000 individui), negli Stati Uniti (circa
300.000 individui), e attraverso questi centri si sarebbe operato in
A
PIKosovo e Ciamuria. Si sarebbe pubblicato a Bucarest e Costanza
CO
un giornale albanese filo-italiano.
In un secondo momento, si sarebbe agito direttamente nelle
due regioni irredente, con la pubblicazione di un “buon libro di
religione maomettana scritto nei dialetti kosovaro e çamerista”,
con quella dei canti epici della Kosova “celebranti le lotte contro lo
slavo”, con l’edizione di altri opuscoli e libri albanesi “di amena
lettura”, col finanziamento di borse di studio a giovani di quelle
regioni desiderosi di studiare in Italia. A Tirana si sarebbe potuto
dare vita a un giornale settimanale a carattere politico-letterario,
“redatto dalle migliori penne d’Albania”, che seguisse la vita delle
comunità albanesi all’estero e che ispirasse l’irredentismo e il filo-
fascismo oltre confine. Come terza fase, al culmine di questa opera
di penetrazione culturale, vi sarebbe stata la “preparazione di una
sollevazione armata”, con l’invio, attraverso agenti fidati, di fondi
e armi ai capi kosovari per la costituzione di una milizia fascista
pronta all’uso, che tutto sommato ricalcasse la struttura dei
caratteristici e tradizionali komitadji del Kosovo44.
44
Appunto per S.E. Ciano e Promemoria per S.E. Ciano, 5 agosto 1939, in
ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
36 La resa dei conti
R E
verno di Roma e gli irredentisti kosovari. Conosceva quel mondo
alla perfezione e conosceva molto bene anche l’Italia. Scriveva e
T O
parlava benissimo l’italiano ed era stato, prima di divenire mini-
'A U
stro d’Albania a Belgrado, incaricato d’affari alla legazione a Ro-
L
ma e console generale a Bari. Come gli altri nazionalisti albanesi,
P ER
riteneva che solo con l’aiuto italiano si sarebbe potuta completare
l’unità nazionale di tutti gli albanesi e certo non disdegnava nem-
PIA
meno l’opportunità di mantenere e migliorare la sua posizione per-
sonale nel nuovo ordine di cose creato dall’occupazione italiana.
CO Al momento della venuta a Roma della delegazione albanese
per offrire la corona d’Albania al re d’Italia, nell’aprile 1939, Jaco-
moni aveva pensato di affidargli la carica di ministro dei Lavori
Pubblici, e Shtylla era appositamente venuto da Belgrado nel
maggio seguente per perorare la sua nomina a ministro45. Ma su di
lui una serie di informazioni confidenziali lasciavano molti dubbi:
si era informati che egli aveva sostenuto insistentemente presso il
governo jugoslavo fino all’ultimo momento un intervento militare
contro l’Italia e a favore di Zog46; che a Roma aveva contatti con
studenti albanesi contrari all’occupazione italiana47; che si era e-
spresso con don Lazer Shantoja, frate francescano e anch’egli esule
albanese vicino agli italiani, in toni poco lusinghieri sull’attività
italiana in favore dell’Albania. Ancora nell’ottobre 1939, la polizia
italiana, incaricata di assumere informazioni su Shtylla, confer-
mava che da fonte albanese si apprendeva che egli parlava male
45
Appunto del 17 aprile 1939, in ASMAE, SSAA, B. 9, f. Shtylla Tahir.
46
Ministero degli Esteri a SSAA, 27 aprile 1939, telespr. 212670; Ministero
dell’Interno a SSAA, 18 agosto 1939, prot. 443/76549, in ASMAE, SSAA, B. 9, f.
Shtylla Tahir.
47
Ministero dell’Interno a SSAA, 14 maggio 1939, prot. 443/65885, in ASMAE,
SSAA, B. 9, f. Shtylla Tahir.
Irredentismo kosovaro 37
P ER
moni, che infine gli affidò la carica di consulente politico della
luogotenenza, con un non disprezzabile stipendio di 1.000 franchi
A
PIalbanesi al mese, l’ex diplomatico non riuscì a divenire membro
CO
del governo Verlaci; ma nemmeno a rientrare, come pure avrebbe
desiderato, nel ministero degli Affari Esteri italo-albanese col gra-
do di ministro plenipotenziario, come ad esempio era stato fatto
per Xhemil Dino, ex ambasciatore di Zog a Londra e Sofia, nonché
genero di Verlaci. Shtylla, tuttavia, svolse il suo compito con gran-
de solerzia e convinzione, fungendo da stimolo continuo della
politica italiana di sostegno all’irredentismo kosovaro e per con-
verso di attrazione verso l’Italia dei capi della comunità albanese
in Jugoslavia. Nell’estate del 1939, Shtylla fece la spola tra Roma,
Tirana e Belgrado, dove tornò per riprendere i contatti con i capi
kosovari e fare opera di propaganda a favore dell’Italia49.
Secondo quanto da lui venne poi riferito a Roma, nella capitale
jugoslava aveva avuto una serie di colloqui con vari esponenti
politici e notabili, nel corso dei quali, oltre a illustrare come la si-
tuazione albanese fosse già notevolmente migliorata rispetto al re-
gime di Zog, aveva spiegato come l’Albania stessa si sarebbe inqua-
48
Ministero dell’Interno a SSAA, 7 ottobre 1939, 443/82606, in ASMAE, SSAA,
B. 9, f. Shtylla Tahir.
49
Appunto per Ciano del SSAA, Uff. I, 14 agosto 1939, con allegato Prome-
moria per S.E. il Luogotenente Generale. Programma dell’attività da svolgere nelle
minoranze albanesi in Jugoslavia, a firma di Shtylla, in ASMAE, SSAA, B. 79, f.
Kossovese.
38 La resa dei conti
P ER
di come siamo, non potevamo essere in nessun’altra situazione,
quindi ogni cambiamento non può essere che a nostro favore”50.
CO Ferhad Bey Draga, che era appena rientrato da Istanbul, dove ave-
va incontrato Zog. Assieme agli altri capi albanesi già convertiti
alla causa della collaborazione con l’Italia aveva fatto pressioni
affinché anche l’influente notabile si liberasse dai legami che anco-
ra teneva in vita con Zog e abbracciasse l’idea imperiale fascista,
impegnandosi a iniziare subito la lotta per l’annessione all’Alba-
nia. Le iniziali resistenze di Ferhad Bey Draga, secondo Shtylla,
erano state infine superate e anche lui aveva accettato la somma
offertagli dall’Italia. L’ex diplomatico albanese poteva così saluta-
re con gioia questo successo: “Questa adesione è di un’importanza
capitale perché senza Ferhat Draga non avremmo potuto fare
nulla, tanto grande è la sua influenza presso le minoranze albanesi
in Jugoslavia, mentre se lui si fosse buttato in altro campo avrem-
mo avuto grande danno per i nostri interessi e ci avrebbe messo
nell’impossibilità di svolgere il nostro programma nei riguardi di
tali minoranze”51.
Ottenuta l’adesione di Draga, Shtylla aveva concordato un
programma di collaborazione e un’organizzazione per realizzarlo.
Si sarebbe costituito, sotto la guida dello stesso Draga, un comitato
50
Ivi.
51
Ivi.
Irredentismo kosovaro 39
P ER
del comitato sarebbero stati incaricati di tenere i contatti con i
bulgaro-macedoni e con gli irredentisti montenegrini. Altri due
A
PImembri avrebbero curato gli aspetti logistici, ovvero la fornitura
CO
di armi alla popolazione attraverso il confine albanese quando
fosse giunto il momento.
Shtylla, tuttavia, notava come al centro dell’azione irredentista
doveva rimanere la Comunità musulmana di Skopje, presieduta
da Ferhad Bey Draga, che nel suo Consiglio superiore aveva parec-
chi membri ora facenti parte del comitato politico filo-italiano ap-
pena costituitosi. La Comunità musulmana di Skopje, cui, secondo
la stima di Shtylla, che certo non eccedeva per difetto, facevano ca-
po 950.000 persone, compresi 30-40 mila turchi, aveva una rendita
di 6 milioni di dinari l’anno ed era finanziata annualmente con
cifre variabili, ma mai superiori a 3 milioni. L’ex diplomatico alba-
nese proponeva a Roma anche il finanziamento della Comunità,
sia per le sue ordinarie attività, sia allo scopo di creare pensionati
gestiti dal Gajret nelle sei sottoprefetture del Kosovo dove esiste-
vano dei licei, pensionati nei quali ospitare giovani studenti biso-
52
Membri del comitato avrebbero dovuto essere Xhevat bey Begolli e
Asim Hoxha e, probabilmente, anche Gani Bey Kryeziu. Quest’ultimo, secon-
do Shtylla, non era più in buoni termini con le autorità jugoslave e si era
mostrato molto interessato alle sue proposte. Gani avrebbe desiderato lottare
per il Kosovo e per l’Italia anche perché era divenuto nemico personale di
Zog, che accusava di avergli ucciso il fratello. Shtylla escludeva dal comitato
Zenel Strazimiri perché non affidabile.
40 La resa dei conti
P ER
ché a singoli individui, anche jugoslavi, che già in passato erano
stati finanziati e che era necessario continuare a farlo.
53
Promemoria per S.E. il Luogotenente Generale. Programma dell’attività da
svolgere nelle minoranze albanesi in Jugoslavia, a firma di Shtylla, cit. Shtylla
rimase a Roma all’albergo Eden fino al 16 agosto poi partì per Korça.
Irredentismo kosovaro 41
E
Il piano italiano di sostegno delle minoranze albanesi in Jugo-
R
T O
slavia e in Grecia si stava appena abbozzando quando scoppiò la
seconda guerra mondiale. L’attacco alla Polonia e l’inizio della
'A U
guerra europea, il 1° settembre, rappresentarono per l’Europa e
L
per la politica estera italiana uno spartiacque, i cui contraccolpi si
P ER
sentirono anche sulla politica jugoslava e albanese di Palazzo
Chigi. Il 9 settembre Ciano comunicò seccamente alla luogotenen-
A
PI
za a Tirana di “sospendere fino a nuovo ordine le manifestazioni e
CO
attività irredentistiche albanesi, sia nei riguardi del Kosovo che
della Ciamuria”54.
In questa decisione fu certo preminente il desiderio di non
turbare per il momento i rapporti con la Jugoslavia. Il problema
della Jugoslavia era estremamente delicato poiché implicava una
soluzione nell’ambito dei rapporti tra le due potenze dell’Asse e
investiva dunque la complessità della politica estera italiana del
momento55. I contatti tra diplomazia italiana ed esponenti kosova-
ri, d’altronde, non erano passati inosservati alla polizia jugoslava
fin dal viaggio agli inizi di luglio a Belgrado e Zagabria di Shtylla,
personaggio già ben conosciuto e inviso agli jugoslavi. Il vicemi-
nistro degli esteri, Smiljanić, ne aveva fatto cenno a Guidotti, che
all’epoca aveva consigliato l’immediata partenza di Shtylla per
Tirana appena ultimata la sua missione56.
54
Ciano a Jacomoni, 9 settembre 1939, telespr. 231152/1737, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Kossovese.
55
V. in proposito, GIANLUCA ANDRÉ, La guerra in Europa, 1° settembre 1939
- 22 giugno 1941, Milano, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1964,
pp. 286-301. Sui rapporti italo-jugoslavi si veda il fondamentale studio di
ALFREDO BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941. Diplomazia della Neutralità, Milano,
Giuffrè, 1978, pp. 213 e ss.
56
Guidotti a Ciano, 6 luglio 1939, t.p.c. 3277/035; Ciano a Guidotti, s.d., s.n., in
ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
42 La resa dei conti
P ER
minoranza albanese in Jugoslavia e il mantenimento di rapporti
con essa furono avocati, per decisione di Ciano, direttamente a
PIA
Roma e alla luogotenenza a Tirana58. Ma accanto alla prudenza nei
57
Guidotti a Ciano, 9 agosto 1939, t.p.c. 3616/049, in ASMAE, SSAA, B. 79, f.
Kossovese.
58
Appunto segreto, 14 agosto 1939; Indelli a Ciano, 23 agosto 1939, telespr.
3150/196 bis, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Benini a Indelli, 1 settembre
1939, t.p.c. 19045 p.r., ivi. Vedi anche I Documenti Diplomatici Italiani, s. VIII,
vol. XIII, Roma, Ministero degli Affari Esteri, 1953, D. 528.
59
Guidotti a Ciano, 23 novembre 1939, telespr. 5446/1481, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese. Palazzo Chigi trasmetteva la notizia a Jacomoni, in pratica
facendo proprio quanto detto da Guidotti. Benini a Jacomoni, 7 dicembre 1939.,
telespr. 242598/3037, ivi.
Irredentismo kosovaro 43
P ER
tenente raccomandava inutilmente che l’ex diplomatico albanese
fosse ricevuto da Ciano, che si occupava personalmente della
A
PIquestione del Kosovo60. Shtylla tornò a insistere il 21 settembre per
CO
avere un appuntamento col ministro. A suo giudizio era asso-
lutamente necessario, dopo lo scioglimento, il 26 agosto, della
Skupština e del Senato in Jugoslavia e in vista delle future elezioni,
sostenere i capi del Kosovo, pena la perdita dei seggi che avevano
in precedenza. Proponeva quindi l’invio di aiuti finanziari e diret-
tive politiche, usando come tramite Çomora, distaccato alla lega-
zione italiana a Belgrado. Anche questa volta, tuttavia, la richiesta
di Shtylla non fu accolta e si preferì attendere61.
Così alla metà d’ottobre, l’infaticabile Shtylla lanciò ancora una
volta una accorata esortazione a Palazzo Chigi. Comunicò che gli
ex deputati kosovari insieme al gruppo di Ferhad Bey Draga gli
lanciavano “appelli disperati” affinché non fossero abbandonati,
sicuri di perdere tutti i seggi conquistati alle precedenti elezioni se
non avessero ricevuto aiuto. Shtylla sottoponeva una lista dei fi-
nanziamenti che ricevevano queste personalità da Zog, e faceva
presente ancora una volta l’impellente necessità di riprendere il
60
Jacomoni a Anfuso, 7 settembre 1939, Jacomoni a Ciano, 6 settembre 1939,
telespr. 6622/2208, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Jacomoni inviava
anche due promemoria rimessigli da Shtylla, identici a quelli presentati
dall’ex diplomatico albanese al sottosegretariato a metà agosto.
61
Appunto del SSAA, 21 settembre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kosso-
vese. Il documento reca l’annotazione: “attendere”.
44 La resa dei conti
P ER
redentismo albanese, come quella che si era profilata, venne man-
tenuto. Shtylla riferì a Straneo, funzionario del sottosegretariato
PIA
per gli affari albanesi, che il ministro degli Esteri italiano concor-
CO dava sul fatto che bisognasse far qualcosa per gli ex deputati e
senatori del Kosovo, ma che “tutto il resto invece deve restare fer-
mo fino a nuovo ordine”63.
62
La somma doveva essere così ripartita: 800 franchi albanesi a Ferhad Bey
Draga e 140 a suo figlio Salahedin; 100 al giornale Naš Dom, pubblicato a
Skopje, a carattere religioso ma che si interessava alle minoranze; 60 franchi
ad Aqif Gjilani, ottimo informatore; 80 franchi ciascuno ai due studenti nazio-
nalisti che facevano propaganda Nezir Sejfo e Hajri Zejno; 60 franchi a cia-
scuno dei tredici studenti membri della società Besa di Belgrado; 500 franchi
alla società stessa per le sue necessità; 70 franchi per aiutare studenti poveri;
150 franchi a religiosi musulmani; 350 franchi a personalità jugoslave che
simpatizzavano con il movimento kosovaro; 250 franchi a Xhevat Bey Begolli,
capo influente della minoranza, appartenente alla storica famiglia dei Begolli
di Ipek, fratello di Qerim Bey che risiedeva a Tirana e designato a capo di un
comitato che eventualmente si fosse formato a Tirana; 100 franchi a Asim
Hoxha, influente esponente del clero di Giakova ed ex deputato, bisognoso di
soldi per la rielezione; 100 franchi a testa alle società culturali nazionali di
Tetovo e di Rahovec; 30 franchi a testa a sedici studenti poveri di scuola
secondaria di Skopje; 200 franchi per spese di corriere più altri 200 franchi per
mantenere l’automobile del ministro.
63
Appunto segreto del 21 ottobre 1939, con allegata lista dei nominativi che si
sovvenzionavano in Jugoslavia e Appunto sull’aumento della sovvenzione “K”, in
ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. In altra lista lo stesso Shtylla proponeva
degli aumenti che avrebbero fatto lievitare la cifra da 13.500 franchi albanesi al
Irredentismo kosovaro 45
P ER
ottenere la nomina a senatore di Ferhad Bey Draga, nomina già
promessagli da Stojadinović, ma non concretizzatasi a causa della
A
PIcaduta dello statista jugoslavo. Insomma, convinto che si potesse-
CO
ro con successo aumentare i seggi alla Skupština ad almeno 12 con
una buona propaganda, Shtylla chiedeva per il gruppo di Ferhad
Bey Draga 50.000 o 60.000 franchi albanesi da consegnarsi in unica
soluzione invitando uno o due membri del gruppo in Albania o in
Italia e in ogni caso controllando che fossero spesi per gli obiettivi
prefissati64.
Ma aspetti locali e considerazioni generali concorrevano a spin-
gere il governo italiano a tenere una linea molto prudente. Prime
fra tutte, ovviamente, pesavano le considerazioni sui rapporti con
la Jugoslavia. Come accennato, agli incoraggiamenti a sostenere
l’irredentismo kosovaro provenienti da Tirana si contrappo-
nevano i consigli alla prudenza che venivano dalla legazione di
Belgrado. A fine novembre, Indelli era venuto di persona a Roma
P ER
seggi alla Skupština”. Sull’appunto preparato dal sottosegretariato
per Ciano si legge un visibile “Va bene”, segno inequivocabile del
PIA
consenso del ministro alle idee di Indelli65.
65
Appunto segreto del 30 novembre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi
ad albanesi nel Kosovo. Il documento reca il timbro “Visto da S.E. il Ministro”
e la scritta “Va bene”.
66
Jacomoni a Benini 18 dicembre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad
albanesi nel Kosovo. Sul documento si leggono due annotazioni: la prima di
Benini, “A Jacomoni che ne parli lui con S.E. il Ministro”; la seconda del segre-
tario di Benini, Soardi: “Mostrato a S.E. Jacomoni che mi ha assicurato che si
sarebbe ricordato di parlarne a S.E. Ciano. Soardi. 21 dicembre 1939”.
Irredentismo kosovaro 47
esponenti kosovari.
Il programma di vasti finanziamenti sostenuto dalla luogote-
nenza e da Shtylla continuò ad essere accantonato, mentre si
E
ripiegò su un programma ridotto e diverso come genere. Non si
R
T O
trattava più di sostenere notabili o esponenti politici, ma si optò
per sussidiare la pubblicazione di un giornale nazionalista a
'A U
Skopje. L’idea era stata lanciata dai capi della minoranza albanese
L
nell’agosto precedente e trasmessa alla legazione attraverso il
P ER
cavalier Rosa, reggente il consolato di Bitolj. A Roma l’idea piac-
que e si chiese a Rosa di assumere maggiori informazioni, che il
A
PIconsole trasmise, agli inizi di dicembre, nella forma di una detta-
CO
gliata relazione compilata dagli stessi proponenti albanesi.
La relazione sosteneva l’utilità di pubblicare due volte al mese
e su quattro pagine un giornale in lingua turca e serba, ispirato
all’Islam, che raccogliesse gli intellettuali e che facesse opera di
propaganda per l’idea albanese, ma che soprattutto alimentasse
l’agitazione contro il trasferimento degli albanesi e contro il seque-
stro dei beni degli albanesi del Kosovo. Direttore e caporedattore
del giornale sarebbe stato l’influente Sulejman Aski Efendi, pro-
fessore di teologia della Scuola superiore di religione islamica, già
occupatosi di giornalismo quando a Skopje si pubblicavano gior-
nali turchi. Per la lingua turca si prevedeva la collaborazione di
Shabani Efendi Jashar, altro patriota ora segretario del Vakif di
Kumanovo. L’importo richiesto per l’avvio della pubblicazione
era di 7.500 dinari per i primi sei mesi, ovvero circa 20.000 lire
italiane in totale, da inviare segretamente a Sulejman67. Anche su
ciò, naturalmente, Jacomoni dette un parere molto positivo, tro-
vando astuto lo stratagemma di pubblicare un giornale in lingua
turca o serba per ingannare le autorità jugoslave, e proponendo la
67
Indelli a Ciano, 9 dicembre 1939, telespr. 5700/1591, con allegata relazione
da parte albanese circa costi e scopi della pubblicazione, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
48 La resa dei conti
P ER
all’operazione70. A partire dagli inizi del 1940, dunque, comincia-
rono a maturare le condizioni per un maggiore impegno italiano a
PIA
favore degli albanesi irredenti. Ebbe certo peso nella decisione di
68
Jacomoni a ministero degli Esteri, 5 gennaio 1940, telespr. 398/87, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Kossovese.
69
SSAA a Belgrado e Tirana, 7 gennaio 1940, telespr. 08084/71, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Kossovese.
70
Appunto per il Ministro, 14 febbraio 1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kos-
sovese. Il documento reca l’annotazione “SI”.
Irredentismo kosovaro 49
P ER
nesi era stata data soddisfazione: le espulsioni erano state sospese
sine die e alcuni agenti erano stati puniti per abuso di potere71.
A
PI Questi eventi, tuttavia, non dimostravano, a parere della diplo-
CO
mazia italiana, la scelta del governo jugoslavo di una linea politica
radicalmente diversa nei confronti della comunità albanese. Come
prima, la linea della durezza sarebbe prevalsa tanto più che gli
albanesi del Kosovo guardavano con simpatia a ciò che stava acca-
dendo in Albania. Ma proprio le simpatie riscosse dall’Italia spin-
gevano le autorità serbe quantomeno ad alleggerire la pressione
sulla comunità albanese.
Il console italiano a Skopje, Roberto Venturini, che sarebbe di-
venuto uno degli uomini chiave della politica irredentista albane-
se di Palazzo Chigi, si spingeva a spiegare la mancanza di rea-
zione da parte della polizia e la condiscendenza del Bano del
Vardar di fronte all’eclatante e massiccia protesta di dicembre con
il timore serbo che gli albanesi si riversassero in massa a chiedere
protezione presso gli uffici del consolato italiano, come risultava
per certo che qualcuno di loro aveva proposto72. A fine aprile lo
stesso Venturini confermava che la diminuzione delle vessazioni
contro gli albanesi cui si stava assistendo, come ad esempio la non
71
Venturini (da Skopje) a Indelli, 13 dicembre 1939, telespr. 1378/217, in
ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
72
Indelli a Ciano, 20 dicembre 1939, telespr. 5875/1652, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese. Venturini a Belgrado, 12 gennaio 1940, telespr. 40/11; Indelli a
Ciano, 27 gennaio 1940, telespr. 340/115, ivi.
50 La resa dei conti
P ER
va che le minoranze albanesi in Jugoslavia erano “entusiasmate
per l’unione dell’Albania all’Italia e hanno vive speranze che an-
PIA
che le loro regioni verranno unite all’Albania Fascista nel quadro
P ER
contatto con i circoli politici della capitale al fine di procacciarsi
sovvenzioni promettendo l’appoggio dei kosovari ai candidati del
A
PIgoverno in caso di elezioni. Il console italiano giustificava il rinno-
CO
vato bisogno di denaro da parte dell’esponente kosovaro con le
spese che doveva sostenere per l’amante, con il diminuito reddito
della sua segheria a Kosovska Mitrovica, ormai carica di ipoteche,
e con il cessato finanziamento da parte di Zog, dopo un ultimo
versamento di 400 napoleoni d’oro nel giugno 1939.
Ferhad Draga, dunque, aveva fatto dei passi presso il consolato
italiano. Venturini scriveva che egli, pur non pronunciandosi
apertamente, era favorevole all’Italia: “non solo non ci sarebbe
ostile per principio, ma sarebbe disposto, purché pagato e bene, a
riallacciare relazioni analoghe a quelle già avute con il governo
albanese”76. La decisione sul sostegno all’irredentismo kosovaro,
però, tardò ancora un po’, essendo il riflesso degli orientamenti di
fondo della politica dell’Italia verso la Jugoslavia e, più in gene-
rale, della sua complessiva politica balcanica. Questi orientamenti
maturarono solo nel mese seguente, in maggio, di fronte alle inar-
restabili avanzate delle armate germaniche in Francia.
75
Indelli a ministero degli Esteri, 29 febbraio 1940, telespr. 757/233, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Kossovese.
76
Venturini a Belgrado, 16 aprile 1940, telespr. 465/93, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese. A margine, il documento reca l’annotazione: “Ferhad sem-
brerebbe incline a servirci dietro compensi e si troverebbe in difficoltà finan-
ziarie. Ha fatto proposte in tal senso a Belgrado (legazione)”.
R E
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PIA
CO
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T O II
Appello per la liberazione
'A U
L
P ER
A
PI1. Il sostegno agli albanesi del Kosovo nel quadro
CO
della politica balcanica dell’Italia
L’idea di tenere desto l’irredentismo albanese in Kosovo a fini
anti-jugoslavi si saldò con quella di una più generale revisione
della carta politica dell’Albania, risollevando a tutto tondo il pro-
blema dell’incompletezza della sua unità nazionale. Accanto a
quella del Kosovo, infatti, benché con un profilo senz’altro minore,
un’altra importante questione nazionale si era aperta al momento
della nascita dello stato albanese. All’epoca, infatti, una piccola
parte della nazione albanese era stata incorporata anche nei con-
fini della Grecia, in una zona che gli albanesi storicamente chiama-
no Ciamuria. Si trattava di un numero esiguo di persone se para-
gonato a quello della popolazione albanese che era rimasta dentro
i confini del Montenegro o ancor più dentro quelli della Serbia, ma
la questione rimase molto viva e molto sentita dalla classe diri-
gente schipetara per tutto il periodo tra le due guerre mondiali1.
1
Sul problema della Ciamuria e sulla disputa confinaria tra Albania e Gre-
cia a livello internazionale, v. la fondamentale raccolta di documenti
Dokumente për Çamërinë 1912-1939, (përgatitur nga K. Naska), Tiranë, Dituria,
1999; nonché DIMITRIS MICHALOPOULOS, The Moslems of Chamuria and the
Exchange of population between Greece and Turkey, in “Balkan Studies”, 1986/2;
B.P. PAPADAKIS, Histoire diplomatique de la question Nord-Epirote, 1912-1957,
54 La resa dei conti
P ER
di intervenire nei Balcani. Fu in questo quadro che si accantonò,
per il momento, l’ipotesi di un attacco alla Jugoslavia e si optò per
PIA
una guerra contro la Grecia, da farsi, appunto, riscoprendo pro-
Athènes, 1957; PASTORELLI, L’Albania nella politica estera italiana 1914-1920, cit.;
LUCA MICHELETTA, La lotta per il “limes” greco-albanese e l’eccidio Tellini, in OR-
NELLA FERRAJOLO (a cura di), Il caso Tellini. Dall’eccidio di Janina all’occupazione
di Corfù, Milano, Giuffrè, 2005; NICHOLAS PETSALIS-DIOMIDIS, Greece at the
Paris Peace Conference 1919, Thessaloniki, Institute for Balkan Studies, 1978;
MIRANDA VICKERS, The Cham Issue - Albanian National & Property Claims in
Greece, “Conflict Studies Research Center”, April 2002; LUIGI VILLARI, La prote-
zione delle minoranze, Pubblicazioni dell’Associazione Romana per la Società
delle Nazioni, Roma, 1925; M. VOKSHI, Tutta l’Albania di tutti gli albanesi,
Roma, “La Vita Italiana”, 1931; TOM J. WINNIFRITH, Badlands-Borderlands. A
History of Southern Albania/Northern Epirus, London, Duckworth, 2002. V. an-
che “Estratto dal libro di Dhimiter Berati, Lo scopo e l’organizzazione della Lega
delle Nazioni, Tirana, 1931 (trad. dall’albanese): La minorità albanese in Grecia e la
Lega delle Nazioni. Secondo Berati, il totale degli albanesi in Grecia era di
90.000, di cui 50.000 viventi nella regione ciamuriota in senso stretto.
Appello per la liberazione 55
P ER
Ciano a sbarazzarsi del generale e a imporre al comando delle
truppe in Albania Sebastiano Visconti Prasca, uomo di sua fiducia,
A
PIdisposto a seguire con meno imbarazzi le direttive provenienti da
CO
Roma4.
Proprio in conseguenza delle indicazioni date da Ciano a fine
maggio, Jacomoni riprese l’idea di un’azione verso le minoranze
albanesi irredente, compresa quella della Ciamuria, in un quadro
però del tutto diverso, consono alla nuova situazione data dalla
certezza dell’intervento in guerra dell’Italia e di un’estensione del
conflitto ai Balcani. E volò a Roma agli inizi di giugno proprio per
discuterne personalmente con Ciano e avere direttamente dal
ministro, ovvero dal «duce», informazioni sul futuro e direttive
per l’azione da spiegare. Il luogotenente incontrò Ciano e Benini
2
V. BRECCIA, Jugoslavia, 1939-1941, cit., pp. 285 ss; GIUSEPPE CONTI, La
guerra del fascismo, in L. GOGLIA, R. MORO, L. NUTI, Guerra e Pace nell’I-
talia del Novecento. Politica estera, cultura politica e correnti dell’opinione
pubblica, Bologna, Il Mulino, 2006, pp. 123 ss.
3
Sulla riunione del 23 maggio, oltre alle memorie dei protagonisti
(v. JACOMONI, La politica dell’Italia in Albania, Cappelli, Bologna, 1956, pp. 225-
226; CIANO, Diario, cit.), si rimanda alle ricostruzioni più recenti, basate an-
ch’esse però sul racconto dei presenti: MACGREGOR KNOX, La guerra di Musso-
lini, cit., pp. 165-167; MARIO MONTANARI, L’esercito italiano nella campagna di
Grecia, Roma, Stato Maggiore dell’Esercito, 1991, 2a ed., p. 24.
4
Su ciò, v. MONTANARI, L’esercito italiano nella campagna di Grecia, cit.,
pp. 26 ss. Alla esauriente opera di Montanari si rimanda, inoltre, per tutti gli
aspetti militari della organizzazione dell’attacco alla Grecia.
56 La resa dei conti
P ER
del 2 giugno ruotavano intorno all’ipotesi di una guerra offensiva
nei Balcani contro la Grecia e contro la Jugoslavia: il rapporto di
PIA
Nebil Dino era dedicato, infatti, alla situazione generale interna-
P ER
sulla consistenza e sulle caratteristiche etniche e culturali delle
popolazioni balcaniche, Jacomoni, al contrario di quanto sostenne
A
PIdurante il processo di epurazione e nel suo noto libro sulla politica
CO
dell’Italia in Albania, prendeva proprio in considerazione una
guerra offensiva nei Balcani, affermando che a tale scopo si poteva
puntare ad avere “un efficace appoggio” dalle minoranze alba-
nesi. Il programma tracciato dal luogotenente prevedeva l’instau-
razione di una collaborazione con tutte le minoranze albanesi,
collaborazione che, coordinata e diretta da Tirana, avrebbe dovuto
realizzarsi contemporaneamente verso tutti i settori ma in forme
diverse a secondo degli ambienti in cui si sarebbe operato e degli
scopi da raggiungere.
Jacomoni articolava questa collaborazione in una serie di fasi,
riprendendo concetti e modalità che già il sottosegretariato aveva
avuto modo di illustrare a Ciano nell’agosto precedente. Si sareb-
be iniziato con l’invio di fidati agenti per prendere contatti o
rafforzare quelli già esistenti con i capi locali onde stabilire le linee
di azione futura; in un secondo momento, a un segnale convenuto,
i capi delle minoranze avrebbero spinto la popolazione a inscenare
agitazioni e dimostrazioni a carattere irredentista; raggiunto un
certo livello di intensità delle agitazioni, gli irredentisti avrebbero
fatto seguire atti di terrorismo, sabotaggi ecc., quali il taglio delle
linee telegrafiche o la distruzione di ponti e ferrovie, per recare
danno all’azione difensiva dell’esercito e delle autorità locali, e
avrebbero proceduto alla formazione di bande locali con il con-
58 La resa dei conti
P ER
espongono a gravi rischi se non si fanno convinte che la nostra
azione, una volta iniziata, sarà condotta a termine rapidamente e
PIA
sicuramente”. Queste considerazioni lo portavano a concludere
5
“Per attuazione del programma sopra indicato – scriveva Jacomoni –oc-
correrebbero: ....Milioni (in valuta jugoslava, greca, albanese, inglese, francese
italiana). - un istruttore nel maneggio di esplosivi. - 6.000 fucili, con adeguato
munizionamento, e 2.000 bombe a mano per le bande. - Come già rappresen-
tato dai comandi delle forze armate in Albania una nostra azione offensiva in
Appello per la liberazione 59
P ER
tenersi pronto a organizzare delle bande in Albania prop. detta
non appena ne abbia istruzioni. 2 giugno 1940”6.
A
PI
CO
Come si è anticipato, il 5 giugno si ebbe a Palazzo Chigi una se-
conda riunione con Ciano, dedicata questa volta esclusivamente
alla questione del Kosovo, che al momento era stata posta in
secondo piano, data la decisone di agire in un primo tempo contro
la Grecia. Il fascicolo con il quale Jacomoni e Benini si presenta-
rono a discutere con Ciano conteneva un promemoria compilato
da Shtylla e consegnato il 28 maggio al sottosegretariato per dargli
modo di studiarlo e di sostenere la sua richiesta di presentarlo
personalmente al ministro7, nonché un appunto che essi avevano
preparato per l’incontro. È semplice, quindi, seguire attraverso
questi due documenti il contenuto delle conversazioni.
Il promemoria di Shtylla ricordava, innanzitutto, il programma
d’aiuti che egli aveva proposto l’anno precedente, concordando
sulla decisione di Palazzo Chigi di sospenderlo. Ma ricordava
pure che il governo italiano aveva sospeso quel minimo sostegno
che gli albanesi di Jugoslavia ricevevano da Zog, demoralizzando
le organizzazioni albanesi, in particolare quelle studentesche che
P ER
rappresentante delle minoranze albanesi, possibilmente Ferhad
Bey Draga, a Trieste. Da allora – continuava Shtylla – la situazione
PIA
delle minoranze si era aggravata e capi influenti potevano essersi
P ER
e a collaborare a patto di un sussidio finanziario.
L’appunto, inoltre, affermava che il promemoria di Shtylla era
A
PIcorretto e veritiero. Si discostava, però, da esso perché valutava al
CO
contrario opportuno, per non destare i sospetti jugoslavi, evitare
incontri con il maggiorente kosovaro a Trieste e soprattutto
scartava l’ipotesi che lo potesse incontrare Shtylla. Benini e Jaco-
moni proponevano invece di contattare Ferhad Draga attraverso
fiduciari e proporgli un finanziamento ordinario per i capi koso-
vari e un sussidio personale; di erogare un sussidio straordinario
per favorire l’elezione dei candidati più opportuni; di tornare ad
aiutare gli studenti albanesi a Belgrado; di agire mediante
fiduciari, diretti dalla legazione a Belgrado e dalla luogotenenza;
di valersi della collaborazione di Shytlla a Tirana; di “predisporre
cautamente da Tirana i quadri e le condizioni per un’eventuale
azione di bande allo scopo di farle agire quando le circostanze si
maturassero”. Il tutto ovviamente doveva essere coordinato da
Palazzo Chigi. Sull’appunto si può leggere la minuta del solito
diligente Scammacca: “Il presente appunto è stato presentato
all’Ecc. il ministro Ciano dal sottosegretario Benini e dal Luogo-
tenente Jacomoni il 5 giugno 1940. XVIII. L’Eccellenza Ciano ha
approvato le proposte”; e si può anche leggere un laconico “SI”
siglato con un inconfondibile “ZB”, Zenone Benini9. A suggello di
9
Appunto segreto per Ciano, 5 giugno 1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kos-
sovese.
62 La resa dei conti
E
Appare di tutta evidenza che i colloqui che si svolsero a Palazzo
R
T O
Chigi nella prima settimana di giugno tra Ciano, Jacomoni e
Benini, avevano il fine di mettere a punto le modalità per dare il
'A U
via alla guerra parallela nella regione balcanica. Essi confermano,
L
dunque, per quanto riguarda la situazione politica generale, che a
P ER
Roma si discuteva della concreta possibilità di estendere il con-
flitto ai Balcani, con un attacco alla Grecia e/o alla Jugoslavia, già
PIA
prima dell’attacco alla Francia e subito dopo il 27-28 maggio, la
10
V. RENZO DE FELICE, Mussolini l’alleato. L’Italia in guerra 1940-1943. Dalla
guerra “breve” alla guerra lunga, Torino, Einaudi, 1990, p. 89. V. anche le consi-
derazioni di ENNIO DI NOLFO, Mussolini e la decisione italiana di entrare nella
seconda guerra mondiale, in L’Italia e la politica di potenza in Europa (1938-1940),
a cura di ENNIO DI NOLFO, ROMAN H. RAINERO, BRUNELLO VIGEZZI, Milano,
Marzorati, 1985, pp. 19-38.
11
V. le considerazioni di ENZO COLLOTTI, La politica dell’Italia nel settore da-
nubiano-balcanico dal patto di Monaco all’armistizio italiano, in E. COLLOTTI -
T. SALA - G. VACCARINO (a cura di), L’Italia nell’Europa danubiana durante la
seconda guerra mondiale, Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di
Liberazione, Milano, 1967, pp. 20-25. Inoltre, v. ENZO COLLOTTI, L’Italia dall’in-
tervento alla guerra parallela, in L’Italia nella seconda guerra mondiale e nella
resistenza, a cura di F. FERRATINI TOSI, G. GRASSI, M. LEGNANI, Milano, Angeli,
1988; LEOPOLDO NUTI, I problemi storiografici connessi con l’intervento italiano
nella seconda guerra mondiale, in “Storia delle Relazioni Internazionali”, 1985,
vol. 1, n. 2.
12
V. LUCA MICHELETTA, La questione della Ciamuria e l’attacco italiano alla
Appello per la liberazione 63
italiani nei confronti del sempre più forte e temuto alleato germa-
nico. Al di là delle apparenze e della retorica del momento, ci pare
che per Ciano, e certo anche per Mussolini, fosse proprio questa la
E
“vera” guerra da combattere, quella contro l’assoluto dominio che
R
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la Germania, trionfante ormai in Francia e garantita dall’accordo
con l’Unione Sovietica del 23 agosto 1939, aveva ottenuto sull’Eu-
'A U
ropa. In quel torno di tempo, le percezioni italiane rispetto alla
L
Grecia avevano tutte un unico comun denominatore: la crescente
P ER
influenza della Germania in Grecia a scapito non solo di quella
anglo-francese, ma anche di quella italiana. Spingeva a questa con-
A
PIclusione l’esame di tutta una serie di fattori trasversali all’econo-
CO
mia e alla politica. La Grecia si stava orientando verso Berlino, ora
che aveva perso la Gran Bretagna come protettrice, perché l’imma-
gine della Germania nel paese era enorme, perché quasi tutto il
commercio greco era dipendente da quello tedesco, perché il ditta-
tore greco, Metaxas, era un generale di cultura esclusivamente
tedesca, ex primo aiutante di Re Costantino, simbolo del germano-
filismo; perché, infine, le preoccupazioni di Atene nei confronti
delle mire dell’Italia la spingevano, per la sua stessa salvezza, nel-
le braccia della Germania.
In questo quadro, per la politica italiana l’appoggio all’irreden-
tismo albanese diveniva uno degli strumenti principali per creare
l’”ordine nuovo”, revisionando, proprio a partire dall’Albania,
sulla base del principio di nazionalità, con la minaccia e con l’uso
della forza, l’assetto politico-territoriale dei Balcani in modo con-
forme alle esigenze dell’Italia. Non fu certo un caso che i colloqui
di inizio giugno avessero tutti come fulcro proprio l’Albania e le
sue minoranze oltre confine, contemplate in un generale program-
ma di completamento dell’unità nazionale di tutti gli albanesi. La
Grande Albania diveniva perciò il possibile architrave di una
futura egemonia italiana nei Balcani e con ciò anche l’antemurale
P ER
gere a ultimo martire della antica catena di persecuzioni e spolia-
zioni compiute dal governo greco contro i ciamurioti, di cui si
PIA
mettevano in evidenza di contro l’attaccamento alla patria e la
13
V. GIANLUCA ANDRÈ, La politica estera del governo fascista durante la
seconda guerra mondiale, in RENZO DE FELICE (a cura di), L’Italia tra tedeschi e
alleati. La politica estera fascista e la seconda guerra mondiale, Bologna, Il Mulino
1973, pp. 122-123. Vedi anche, per i rapporti italo-tedeschi, MARTIN L. VAN
CREVELD, Hitler’s Strategy 1940-1941. The Balkan Clue, Cambridge, Cambridge
University Press, 1973, pp. 11-13.
14
V. CIANO, Diario alla data del 17 agosto.
15
V. MARIO TOSCANO, Una mancata intesa italo-sovietica nel 1940 e 1941,
Firenze, Sansoni, 1953, p. 42. Sulle relazioni italo-russe nel cruciale periodo
1939-41, v. GIORGIO PETRACCHI, Da San Pietroburgo a Mosca. La diplomazia ita-
liana in Russia 1861/1941, Roma, Bonacci, 1993, pp. 339-373.
Appello per la liberazione 65
P ER
Benché l’idea di Mussolini di sbarazzarsi, prima o poi, della Jugo-
slavia rimanesse intatta, per il momento si evitò di portare alla
A
PIcrisi finale i rapporti con Belgrado17.
CO
2. L’organizzazione della rete irredentistica albanese
Come effetto dei colloqui di inizio giugno, tuttavia, si ebbe la deci-
sione di riprendere l’azione di sostegno ai kosovari registrata
nell’appunto presentato e approvato da Ciano il 5 giugno. Il sot-
tosegretariato iniziò subito l’organizzazione per l’esecuzione delle
direttive ivi contenute. Scammacca ricordava a Jacomoni che per
dare fiducia alle regioni irredente dell’Albania bisognava “im-
16
Alfieri a Ciano, 17 agosto 1940, in DDI, s. IX, vol. V, D. 431. Secondo
CREVELD, Hitler’s Strategy 1940-1941. The Balkan Clue, cit., pp. 13-21, il veto te-
desco era inteso solo per la Iugoslavia e non per un eventuale attacco alla Gre-
cia. Secondo Creveld, Alfieri non comprese il pensiero di Ribbentrop. Tutta-
via, anche a Metaxas risultava che l’Italia fosse stata trattenuta dal compiere
l’estremo passo contro la Grecia proprio dall’intervento della Germania,
v. Michael Palairet a Halifax, 22 agosto 1940, in British Documents on Foreign
Affairs, Part III, Series F, Europe, Volume 21, Italy and South-Eastern Europe,
July 1940 - December 1940, D. 40. V., inoltre, quanto ha scritto GERHARD
L. WEINBERG, Il mondo in armi. Storia globale della Seconda Guerra Mondiale, Tori-
no, Utet, 2007, pp. 225-226.
17
Sui rapporti italo-jugoslavi in questo periodo, v. ancora BRECCIA, Jugo-
slavia 1939-1941, cit., pp. 301-331.
66 La resa dei conti
P ER
to di imprimatur serbo a Skopje, o magari nella stessa Belgrado”,
prima uscita di una serie di pubblicazioni di storia, religione e
PIA
poesia a carattere nazionale albanese. Quanto alla parte più
P ER
una serie di colloqui avuti al sottosegretariato, che si incaricò di
preparare, insieme a un promemoria per Scammacca, l’ennesimo
A
PIelenco di personalità e associazioni da finanziare. Shtylla espri-
CO
meva il parere di sospendere ancora per un po’ la vasta azione
politica che egli stesso aveva immaginato nell’estate del 1939, ma
caldeggiava nuovamente la ripresa dei contatti con i capi delle
minoranze albanesi e un aiuto finanziario alle persone che aveva-
no più immediato bisogno. Occorreva, inoltre, a suo giudizio, pre-
parare il terreno per le elezioni che ci sarebbero state probabil-
mente l’autunno successivo in base alla legge emanata in seguito
all’accordo croato-serbo stipulato l’anno precedente.
Poste queste premesse di carattere generale, l’ex diplomatico
albanese entrava nel vivo della questione ricordando, ancora una
volta, che Zog spendeva per il sostegno alle minoranze 4.540
franchi albanesi mensili; somma che egli proponeva di aumentare
fino a 5.000, rivedendo però la lista dei beneficiari e le quote da
attribuirsi, sia inserendo qualche beneficiario in più, sia ritoccando
le somme in favore di particolari personaggi, quali ad esempio gli
ex deputati kosovari, in gravi condizioni economiche dopo lo scio-
Ferad Bey Draga. Benini a Mameli, 30 luglio 1940, telespr. 17363/e con allegato
Appunto del 26 luglio a firma di Benini. Anfuso a Mameli, 8 luglio 1940; Appunto
per il sottosegretariato, 8 luglio 1940, n. 04356, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferad
Bey Draga.
21
Appunto di Scamacca per Ciano, 16725/1645 con allegato Appunto per Beni-
ni, 21 giugno 1940, con il “Si” di Benini, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
68 La resa dei conti
P ER
naggi e società da sovvenzionare e un secondo elenco compren-
dente soltanto studenti, frequentanti l’università di Belgrado o
PIA
quelle di Sarajevo o di Zagabria o studenti del ginnasio a Skopje.
22
Promemoria per il barone Scammacca, con allegato elenco dei beneficiari, com-
pilati da Shtylla e consegnati a Scammacca il 22 giugno 1940, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. Shtylla partì per Tirana in
aereo da Brindisi giovedì 27 giugno 1940.
23
Scammacca a Mameli, 26 giugno 1940, lettera n. 71/16997/1751, con allegati
elenchi, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. Vale la
pena di osservare che Scammacca ripeteva a Mameli pari passo il brano della
lettera inviata a Jacomoni il 21 giugno sulla minestra da tenere in caldo e sulla
cautela da serbare.
Appello per la liberazione 69
P ER
mente, su quella kosovara, a Tirana, invece, di preparare uno stu-
dio “corredato di dati statistici e da grafici dimostrativi” sulle
A
PIminoranze in Grecia e Jugoslavia. Sia Mameli che Jacomoni erano
CO
informati che si sarebbe incaricato dell’opera anche Shtylla, in mo-
do da poter fare poi una comparazione delle risultanze dei tre
studi e avere quindi un’idea della situazione da tre punti di vista
anche geograficamente diversi. Al luogotenente si suggeriva, tra
l’altro, di rivolgersi, se lo avesse ritenuto opportuno, a sua volta
ad altre persone per studi particolari come ad esempio l’avvocato
Jake Koçi per la comunità kosovara, o forse l’ex ministro Alizoti o
il signor Constantin Hariton per la comunità in territorio greco24.
Infine, sempre in quei giorni di fine giugno, Scammacca inte-
ressava Jacomoni affinché si adoperasse per stampare qualche
pubblicazione di carattere nazionale albanese su aspetti folclori-
stici, religiosi o epico-narrativi, secondo quanto in precedenza
concordato. Occorreva a suo giudizio, “un libricino di poche pagi-
ne per risvegliare nel fondo dello stomaco a quella gente le antiche
voci della razza”, e certo anche qualche libro religioso in albanese
per musulmani, cattolici e ortodossi. Della pubblicazione, a Tira-
na, si poteva parlare con il ministro dell’Istruzione, Koliqi, che po-
sedeva un prezioso materiale di epica popolare albanese, mentre a
Roma il sottosegretariato aveva già interessato della cosa don
24
Scammacca a Mameli, 26 giugno 1940, lettera n. 71-17104/1781; Scammacca
a Jacomoni, 26 giugno 1940, lettera segreta 71/17103/2186, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
70 La resa dei conti
P ER
Venturini26.
Diverso invece il ritmo e soprattutto l’azione svolta a Tirana.
PIA
Qui si dovevano preparare i precedenti del problema della Cia-
25
Scammacca a Jacomoni, 27 giugno 1940, lettera n. 71/17906/2145, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Kossovese.
26
Guidotti a Scammacca, lettera dell’8 luglio 1940. A nome di Venturini, Gui-
dotti chiedeva di avvertire Tirana di evitare l’invio di materiale di propa-
ganda albanese verso Tirana per posta ordinaria. Il 20 luglio, Scammacca
poteva comunicare che Benini aveva interessato Jacomoni circa l’invio di
materiale propagandistico. Scammacca a Guidotti, 20 luglio 1940, 71/17990/2108,
Benini a Jacomoni, 23 luglio 1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
27
Jacomoni a Scammacca, 1 luglio 1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
Appello per la liberazione 71
P ER
minoranza kosovara29. Insomma la richiesta di fondi, secondo
Jacomoni, dipendeva a sua volta dall’ampiezza dell’azione che a
A
PIRoma si desiderava fare, ma che egli si poteva regolare sulla som-
CO
ma disponibile30.
La risposta della legazione a Belgrado circa l’azione da svolge-
re verso gli albanesi di Jugoslavia giunse, invece, come vedremo,
più tardi, agli inizi di settembre. Come si è ricordato, per tutto il
mese di agosto si sviluppò una forte crisi tra Roma e Atene a pro-
posito nel noto caso dell’uccisione del ciamuriota Daut Hoxha e
solo alla fine del mese Palazzo Chigi rinunciò temporaneamente
all’idea, che pure aveva coltivato, di sferrare l’attacco alla Grecia.
D’altro canto, la situazione locale in Kosovo, durante la primavera
e l’estate 1940, non aveva registrato, vista nell’ottica albanese,
alcun segno di miglioramento. Atto particolarmente risentito dagli
albanesi di Jugoslavia era stato il commissariamento della Comu-
nità musulmana di Skopje. Il 17 maggio 1940, infatti, con decreto
del ministero della Giustizia, che esercitava il controllo statale
sulla Comunità religiosa musulmana del Regno, il governo di Bel-
28
Appunto di Scammacca per Benini del 15 luglio, in ASMAE, SSAA, B. 79, f.
Kossovese. Vedi anche ivi, Appunto per l’Eccellenza. Ministero della Guerra. SIM.
Ufficio Albania, Tirana 9 luglio 1940.
29
Scammacca a Jacomoni, 20 luglio 1940, lettera 71/17989/2508, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Kossovese..
30
Jacomoni a Scammacca, 26 luglio 1940, lettera 2418R, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese..
72 La resa dei conti
P ER
rati da questo compito gli altri organi della Comunità, quali la
Dieta, che era l’organo legislativo elettivo, e il Comitato, a sua vol-
PIA
ta formato da membri della Dieta, cui spettava l’amministrazione
CO dei beni.
Il provvedimento veniva giustificato con il sospetto di irre-
golarità amministrative, ma i membri della Dieta sospesa, in gran
parte albanesi, sostenevano che si volesse con esso colpire proprio
il cuore politico, oltre che religioso, della comunità albanese. Si
riteneva che Belgrado avesse voluto togliere di mano a Ferhad Bey
Draga e ai suoi fedeli, che detenevano la maggioranza dei voti
nella Dieta, lo strumento più utile per mantenere un ascendente
sui musulmani albanesi della Serbia, anche perché circolavano
voci sul fatto che la Comunità musulmana sarebbe stata da tempo
agli ordini di Tirana. Notizie apprese da Venturini indicavano che
Ferhad Bey Draga aveva avuto il suggerimento di dimettersi dalla
Dieta dal ministro della Giustizia, Lazar Marković, che pure gli
aveva ricordato la propaganda fatta contro di lui dal foglio locale
Naš Dom.
Risultava inoltre che il notabile albanese si stava adoperando
per far revocare il provvedimento e che aveva suggerito agli
organi della Comunità che erano stati sospesi di astenersi dal dare
le consegne ai commissari se non dietro ordine del Reis-ul-Ulema
o se obbligati dalla forza pubblica. Venturini commentava che il
provvedimento aveva destato molta sfavorevole impressione negli
ambienti musulmani, benché si ammettesse la possibilità di illeciti
Appello per la liberazione 73
P ER
governativa, dato che Belgrado non poteva più esercitare sugli
albanesi ulteriori pressioni senza alimentare ancor di più le tanto
A
PItemute simpatie verso l’Italia31.
CO
Insomma, mentre secondo gli osservatori italiani sempre più
chiaro appariva il desiderio dei kosovari di scrollarsi di dosso il
giogo serbo, Belgrado invece continuava ad usare, con alterne for-
tune, ogni utile mezzo per facilitare il trasferimento degli albanesi
e per convincere i capi della minoranza e gli esuli a lottare contro
l’occupante italiano e a mettere da parte le istanze irredentiste. A
fine luglio, il console italiano a Bitolj informava che sarebbero
partiti con destinazione Turchia alcuni contadini capifamiglia con
le loro numerose famiglie al seguito32. Risultava anche agli italiani
che il Bano del Vardar era riuscito ad attrarre un gruppo di capi
albanesi, che avevano fatto professione di amicizia per la Jugo-
slavia e di volontà di lotta contro l’Italia che occupava l’Albania33.
Si ebbe pure notizia che addirittura il noto esule politico Qazim
Kokoshi, atteggiandosi a capo dei kosovari, fosse andato al mini-
stero degli Esteri jugoslavo e avesse rinunciato a ogni rivendica-
31
Scammacca a Jacomoni, 28 giugno 1940, telespr. 71/17933/2165, con allegato
stralcio di telespr. di Venturini da Skopje in data 25 maggio 1940, in ASMAE,
SSAA, B. 31, f. “Associazione islamica della Serbia meridionale”.
32
Mameli a Ciano, 28 luglio 1940, telespr. 3163/1230, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
33
Mameli a Ciano, 12 agosto 1940, telespr. 3444/1319, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
74 La resa dei conti
P ER
10% dei riservisti serbi e il 90% di quelli di nazionalità albanese,
privando, tra l’altro, di braccia per i lavori campestri la comunità
PIA
albanese. I richiamati albanesi venivano utilizzati per costruire
34
Mameli a Ciano, 29 agosto 1940, telespr. 3678/1402, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
35
Jacomoni a Ciano, 16 agosto 1940, t.p.c. 4073/0251, in ASMAE, SSAA, B. 79,
f. Kossovese.
36
Mameli a Ciano, 31 agosto 1940, telespr. 3676/1400, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
37
Mameli a Ciano, 20 agosto 1940, telespr. 3560/1358, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese.
Appello per la liberazione 75
P ER
d’esaltazione e di fiducia per l’Italia. Muhamed Slatko, ex sena-
tore, podestà di Debar, e tra i più influenti uomini del Dibrano,
A
PIall’epoca anche proprietario di un albergo e di un cinematografo a
CO
Skopje, gli aveva assicurato che i kosovari “sono felicissimi di
vedere che il destino dell’Albania è indissolubilmente legato a
quello dell’Italia vittoriosa e ciò determinerà sicuramente la loro
unione con la Madrepatria”38.
Anche l’ex senatore Xhafer, notabile e medico di Tetovo, si era
espresso nello stesso senso: i kosovari speravano nella liberazione
e attendevano l’unione all’Albania e all’Italia. Gli jugoslavi erano
consapevoli di questi sentimenti e cercavano di allentare la pres-
sione più brutale sugli albanesi, ma ormai era troppo tardi. Insie-
me agli albanesi anche le altre nazionalità, come i bulgaro-mace-
doni, attendevano la liberazione. Molti di essi, anche a causa delle
persecuzioni del regime, avevano abbracciato il comunismo39. In
Jugoslavia, una politica filo-governativa da parte delle minoranze
non era più possibile. Secondo Çomora, il capo del partito croato e
vicepresidente del Consiglio, Maček, aveva perso a causa di essa il
38
Relazione di Sofo Çomora su suoi contatti durante un viaggio a Skopje alla fine
di agosto 1940, trasmessa dal SSAA all’ufficio AEM il 17 ottobre 1940, in
ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
39
Il diplomatico albanese riferiva anche che sia Xhafer che Slatko gli
avevano chiesto notizie di Shtylla, cui erano legati da particolari vincoli di
amicizia per aver collaborato con lui nella politica verso la minoranze alba-
nese quando Shtylla dirigeva la legazione a Belgrado.
76 La resa dei conti
P ER
sentandola come “un’esposizione e al tempo stesso una critica al
punto di vista jugoslavo” e come una sintesi equilibrata e non una
PIA
tesi propagandistica “della quale – scrisse ironicamente – non ti
40
Relazione di Sofo Çomora su suoi contatti durante un viaggio a Skopje alla fine
di agosto 1940, cit.
Appello per la liberazione 77
luogo della storica battaglia contro gli ottomani del 1389, corri-
spondente in gran parte a quella che i serbi chiamavano la Stara
Srbija, ovvero la Vecchia Serbia.
E
Gli albanesi formavano una massa nazionale compatta, pur se
R
T O
esistevano zone in cui gli slavi erano la nazionalità predominante.
Dal punto di vista geografico, il Kosovo non rappresentava un’u-
'A U
nità ben definita, dato che i suoi confini, eccetto che a nord, erano
L
indeterminati, ovvero non esistevano barriere naturali, limiti geo-
P ER
grafici che lo delimitassero e lo individuassero. Sempre conside-
rando la geografia del territorio, inoltre, la regione kosovara non
A
PIformava un’unità geografica né con la Jugoslavia né con l’Albania.
CO
Il legame con quest’ultima era dato esclusivamente dal criterio
etnico.
Stabilite consistenza e localizzazione della comunità albanese
in Jugoslavia, Venturini passava a tratteggiare la società kosovara.
Si leggeva che gli albanesi della Banovina del Vardar, corri-
spondente all’incirca alla Macedonia, erano Toschi e che tra di loro
molti erano di religione ortodossa, mentre quelli abitanti nel
Kosovo propriamente detto erano nella stragrande maggioranza
musulmani e legati all’Albania del nord; parlavano, infatti, ghego,
ed erano organizzati, con qualche attenuazione, nei tipici clan, i fiš,
che avevano particolari caratteristiche per i gruppi cattolici, ri-
scontrabili anche nei correligionari cattolici malissori dell’Albania.
Gli albanesi del Kosovo rimanevano legati ai valori della “belli-
cosa fierezza, l’intransigente concetto dell’onore famigliare e della
solidarietà fra parenti, la severa moralità, la pronta diffidenza di
fronte allo straniero e in genere di fronte all’estraneo”.
Poco urbanizzati, gli albanesi erano in maggioranza agricoltori
e vivevano nelle kulle, sorta di case fortificate, “pronte a respingere
un attacco o a servir di base per una spedizione armata: e non
mancherebbero se necessario le armi che sono ancora nascoste in
grandi quantità ad onta delle perquisizioni e delle minacce”. Il
loro tenore di vita era modestissimo, le comunità erano poco aper-
78 La resa dei conti
P ER
smo. I musulmani avevano come suprema autorità spirituale il
Reis ul Ulema di Sarajevo, ma dipendevano territorialmente dal-
PIA
l’Ulema Mejlis di Skopje. Gli uffici religiosi erano detti in lingua
P ER
stessa solo a condizioni che troppo spesso debbono tradursi in
denaro corrente”. Proprio la mancanza di una classe dirigente na-
A
PIzionale aveva portato all’impossibilità di coagulare il sentimento
CO
nazionale contro i serbi e contro l’opera di sopraffazione e snazio-
nalizzazione messa da loro in atto. Anche i deputati e senatori
albanesi alla Skupština non avevano fatto o potuto fare mai nulla.
In breve, la minoranza albanese non godeva di nessun diritto, an-
che perché i diritti sul rispetto delle minoranze nazionali firmati a
Parigi nel 1919 erano stati sempre inapplicati.
Ma quali indicazioni politiche forniva a Roma Venturini dopo
aver tracciato questo disperato quadro della società kosovara,
schiacciata dai serbi e senza possibilità di reagire per mancanza di
una classe dirigente adatta? La più importante era contenuta nelle
parole con cui concludeva la sua relazione: “È basandomi su ele-
menti di giudizio raccolti in un anno di attenta, fredda osser-
vazione, che affermo che la grandissima maggioranza degli alba-
nesi del Kossovese, ed in genere di Jugoslavia, vede nel Duce il
suo protettore ed attende la liberazione dalle forze armate dell’I-
talia”41.
41
Mameli a Scammacca, lettera del 6 settembre 1940, n. 3728/1419, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Kossovo. Rivendicazioni albanesi.
80 La resa dei conti
E
La situazione generale in Kosovo, dunque, sembrava ottimale per
R
T O
la ripresa dei finanziamenti alla minoranza albanese. Il 2 settem-
bre, Mameli inviò, finalmente, la relazione richiestagli con le opi-
'A U
nioni della legazione circa le modalità e la distribuzione degli aiuti
L
a favore degli albanesi del Kosovo. Comunicò anche, contempo-
P ER
raneamente, di aver consegnato attraverso un fiduciario 40.000
dinari, circa 16.000 lire italiane, a Ferhad Bey Draga, come quote di
PIA
finanziamento per luglio e agosto 1940, chiedendo che la somma
CO gli fosse rimborsata sul suo conto corrente presso la Banca d’I-
talia42.
Circa le modalità, il diplomatico, dopo consultazioni con l’e-
sperto Venturini, era giunto alla conclusione che non si potesse
fornire “un’assistenza diretta al popolo nelle forme e con i mezzi
con i quali viene praticata attualmente in Albania”. I beneficiari
sarebbero stati perseguitati o scoraggiati dalle autorità di polizia
jugoslave e quindi era “necessario, anche se in se stesso non è l’i-
deale, ricorrere al sistema dei capi che del resto è quello tradizio-
nalmente seguito nei paesi musulmani. È tuttavia beninteso che la
maggior parte delle sovvenzioni dovranno essere a sua volta
distribuite ai più poveri; né ci mancheranno i mezzi di accertarci
che ciò effettivamente avvenga”. Sovvenzioni che Mameli riteneva
potessero divenire un “mezzo costante di sprone e di controllo di
tutta l’organizzazione gerarchica del Kossovese”43.
42
Mameli a Ciano, 2 settembre 1940, telespr. 3651/1391, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo; anche la somma da restituire a Mameli
fu prelevata dal fondo riservato Albania “A”, dopo aver ottenuto il consenso
del gabinetto di Ciano. V. Appunto per il gabinetto di Ciano, 17 settembre 1940,
71/19944/2960, con allegato Appunto del Sottosegretariato in data 12 settembre
1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferad Bey Draga..
43
Mameli a Scammacca, lettera del 2 settembre 1940, in ASMAE, SSAA, B. 79,
Appello per la liberazione 81
P ER
tettore di tutti gli albanesi dentro e fuori dei confini, un protettore
i cui mezzi sono infinitamente superiori a quelli della piccola
A
PIAlbania di un tempo”. E questo comportava che i finanziamenti
CO
del passato non erano più adeguati, ma era necessario, per non
provocare una delusione, renderli consoni alle speranze che infon-
deva l’Italia.
Il piano delle sovvenzioni era stato dunque stravolto e Mameli
allegava due liste, la A e la B, che cumulativamente avrebbero
comportato un esborso di 231.200 dinari al mese (pari a 101.728
lire) di cui 174.500 (76.780 lire) a personalità politiche del Kosovo,
38.700 a studenti (pari a 17.028 lire), 18.000 (7.920 lire) a Venturini
per finanziare attraverso il clero la minoranza albanese cattolica,
che certo non bisognava trascurare. Inoltre, Venturini chiedeva
che fosse a lui assegnato un primo fondo di 15.000 dinari da distri-
buire a persone veramente bisognose che avrebbero chiesto aiuto
al consolato italiano a Skopje. Mameli tornava sul concetto del-
l’impossibilità, a causa dei controlli di polizia, di sostentare la mi-
noranza albanese in modo diretto, ad esempio finanziando orga-
nizzazioni dopolavoristiche o cucine popolari, e sulla necessità di
appoggiarsi alla struttura politico-sociale “attualmente esistente”.
Ovvero la gerarchia della Comunità che faceva capo a Ferhad Bey
Draga, capo riconosciuto e rispettato degli albanesi del Kosovo,
cui poi sarebbe spettato far giungere le somme agli altri finanziati.
P ER
dinari più altri 15.000 da destinare a Venturini, per un totale di
708.000 dinari45.
44
Alla fine del 1939, Mameli aveva inviato a Roma le seguenti notizie circa
personalità del Kosovo: Kadri Sali era stato deputato alla Skupština, il che
dimostrava che il suo nome era gradito alle autorità serbe, e collaboratore del
senatore Ugrin Joksimović. Anche la sua candidatura al Vakif di Skopje era
stata sostenuta dagli jugoslavi. Kadri manteneva ottime relazioni col Bano e le
altre autorità jugoslave. Mustafà Durgu, ex deputato di Prizren, serbofilo, era
stato varie volte in seno al Vakif e sembrava si fosse espresso negativamente
nei confronti della causa albanese. Qemal Osman Kumbaragija era turco e cer-
cava di salvaguardare le sue ingenti proprietà dalla riforma agraria col fare
politica filo-jugoslava e antialbanese. Mameli a Ciano, 9 dicembre 1939, telespr.
5699/1590, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo.
45
Mameli a Ciano, 2 settembre 1940, telespr. 3702/1412, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo.
46
Sulla lista compilata da Mameli vi è infatti scritto a lapis “aggiungere” i
summenzionati.
Appello per la liberazione 83
P ER
cavano le circostanze del momento come non adatte a intrapren-
dere un’azione concreta. Ogni decisione sull’argomento era quindi
A
PIrinviata48.
CO
Senonché, del tutto inaspettatamente, la decisione presa da
Ciano venne di lì a poco mutata per effetto di una netta presa di
posizione di Ferhad Bey Draga in favore dell’Italia. Con lettera
datata 8 ottobre 1940, Ferhad Bey Draga si era indirizzato al Re
Imperatore per chiedere aiuto per la liberazione del Kosovo e per
la sua unione all’Albania sotto lo scettro dei Savoia e con la pro-
tezione dell’Italia fascista. Ferhad Draga lamentava le sofferenze
del suo popolo sotto il giogo serbo e affermava che esso attendeva
“la salvezza e la liberazione soltanto dalla splendida stella di Casa
Savoia”, così proseguendo: “Questo popolo di un milione che Vi
considera come proprio Re, aspetta l’ora di entrare sotto la prote-
zione di Vostra Maestà e di essere guidato dal Genio del Duce
Mussolini. Maestà, in nome del popolo albanese del Kossovo, che
desidera e aspetta ansiosamente di unirsi ai propri fratelli e al fie-
ro popolo italiano Vi rivolgo umile preghiera di accoglierci come
47
Appunto per Ciano, s.d. L’appunto, databile alla metà-fine di settembre, è
in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. Sullo stesso appun-
to, accanto al timbro “Visto da S.E. il Ministro” e al “No” di Benini, si può leg-
gere una nota di Scammacca che riferisce che Ciano approvò successivamente
il programma ma in misura più ridotta.
48
Tommasi a Mameli, 4 ottobre 1940, lettera 71/20384/3144, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo.
84 La resa dei conti
P ER
re a Ferat Bey Draga che il suo gesto è stato molto apprezzato”50.
Ma l’appello fornì la più forte arma di persuasione che si potesse
PIA
aspettare nei confronti del governo di Roma anche a Mameli, cui il
49
Mameli a Ciano, 11 ottobre 1940, lettera n. 4396/1704 con allegata la lettera,
con relativa traduzione, a firma di Ferhad Bey Draga, datata 8 ottobre 1940, in
ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. Il documento fu “vi-
sto” dal «duce» e, ovviamente, da Ciano.
50
Ciano a Mameli. 26 ottobre 1940, lettera n. 1/6122, in ASMAE, SSAA, B. 79,
f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo.
Appello per la liberazione 85
P ER
voci. Occorreva attribuire a Ferhad Bey Draga, anziché 36.000
dinari mensili, almeno 70.000, in modo che egli potesse a sua volta
A
PIfinanziare chi avesse voluto. Bisognava poi mantenere il finanzia-
CO
mento degli studenti, “l’elemento più dinamico della minoranza”,
con la spesa prevista di 38.700 dinari al mese. Indispensabile, infi-
ne, gli appariva assegnare 15.000 dinari mensili al consolato di
Skopje per le opere di assistenza a carattere locale. Così ridotto il
piano avrebbe comportato l’esborso di una cifra complessiva di
123.700 dinari, ovvero di circa 50.000 lire italiane mensili, la metà
esatta rispetto a quella prevista nel piano originale, pari a 246.200
dinari. Insomma, a giudizio del ministro d’Italia a Belgrado, con
tale cifra si sarebbero ridotti al minimo i danni e si sarebbe man-
tenuta per ogni evenienza una situazione favorevole all’Italia51.
Questa volta l’appello della legazione a Belgrado, così forte-
mente corroborato dalla lettera di Ferhad Bey Draga, non cadde
nel vuoto e finalmente Ciano, alla cui decisione non doveva certo
essere estraneo Mussolini, pronunziò il suo “Si”52. A Roma, dun-
que, si iniziò nuovamente l’esame delle proposte di Mameli, il
quale venne informato poco dopo da Scammacca e Benini che il
ministero aveva non solo aderito al suo secondo piano di aiuti ai
51
Mameli a Benini, 14 ottobre 1940, lettera n. 4438/1719, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo.
52
Sulla lettera di Mameli figura il timbro “Visto dall’Eccellenza Ciano”, e
un “Si”. Scammacca ne dette notizia a Mameli il 18 ottobre 1940, con t. 3276/
322, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
86 La resa dei conti
P ER
albanesi 38.700 (17.028 lire), agli albanesi cattolici del kosovese
18.000 (7.920 lire), al consolato di Skopje 15.000 (6.600 lire), a
PIA
Mameli 25.000 (10.000 lire), per un importo totale di 166.700 di-
CO nari, cioè 72.348 lire italiane al mese. Questa somma sarebbe stata
versata trimestralmente sul conto corrente di Mameli presso la
Banca d’Italia53.
Per dare l’idea dell’importanza attribuita all’irredentismo koso-
varo, basti pensare che nel dicembre 1940, attraverso l’ispettore di
polizia Ercole Conti, Palazzo Chigi finanziava il gruppo croato di
Ante Pavelić con 75.000 lire al mese, aumentate dal gennaio 1941,
ormai in prossimità della guerra alla Jugoslavia, a lire 90.000 al
mese. Dalla stessa data Pavelić percepì una sovvenzione personale
53
Benini a Mameli, telespr. 71/21435/3615. Vedi anche, Appunto per Benini,
24 ottobre 1940 e Scammacca a Mameli, lettera del 25 ottobre 1940 in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. Benini informava Mameli che
Shtylla suggeriva, inoltre, di corrispondere a Iliaz Agushi, poiché benestante,
un’indennità saltuaria; di non dare un assegno fisso al presidente della
“Besa”, per non scatenare una lotta per la presidenza, ma di accantonare le
somme per future iniziative della società stessa; di sovvenzionare una serie di
personalità quali Xhevat Mahmud Begolli, Shefket Begolli, Asim Pluzha,
Ibrahim Lutfija, Kadri Sali, Slatko Mohamed Efendi, Hafus Sherif Jashari, che
comparivano in un elenco, nonché una quarantina di studenti del Velike
Medrese, la scuola di teologia di Skopje, che preparava a diventare Hoxha per
dar loro modo di accedere all’università, studenti che, in passato, erano sov-
venzionati da Zog. Era bene non dimenticare, infine, lo studente di giurispru-
denza Asslan Boletini, protetto di Ferhad Draga.
Appello per la liberazione 87
54
Si veda DDI, s. IX, vol. VI, DD. 260 e 392.
55
Appunto per il gabinetto dell’Eccellenza il Ministro, a firma di Scammacca,
26 ottobre 1940, n. 71/21431/3591. Appunto Anfuso per Benini, 06204, 31 ottobre
1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo.
56
V. FORTUNATO MINNITI, Fino alla guerra. Strategie e conflitto nella politica
di potenza di Mussolini 1923-1940, Napoli, ESI, 2000, p. 221.
57
Hitler a Mussolini, lettera del 20 novembre 1940, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 140.
88 La resa dei conti
P ER
responsabili dell’insuccesso militare.
Il fallimento dell’attacco alla Grecia si riverberò con effetti
PIA
drammatici sul prestigio internazionale dell’Italia e su quello del
58
V. sulla guerra alla Grecia l’ormai classico, MARIO CERVI, Storia della
guerra di Grecia ottobre 1940-aprile 1941, Milano, BUR, 2001.
59
V. sugli aspetti militari del conflitto, MATTHEW WILLINGHAM, Perilous
Commitment. The Battle for Greece and Crete 1940-1941, Spellmount, Staplehurst,
2005, pp. 14-38; LUCIO CEVA, Italia e Grecia 1940-1941. Una guerra a parte, in
L’Italia in Guerra. 1940-43, Brescia, Annali della Fondazione Luigi Micheletti
n. 5, 1990-91, pp. 191-199.
60
V. DE FELICE, Mussolini, cit., pp. 315, ss.
61
Sulla polemica tra italiani e tedeschi riguardo all’impresa di Grecia e in
generale alla situazione balcanica successiva ad essa, v. GERHARD SCHREIBER,
“Due popoli una vittoria”? Gli italiani nei Balcani nel giudizio dell’alleato germanico,
in L’Italia in guerra 1940-43, Annali della Fondazione Luigi Micheletti n. 5,
Brescia, 1990-91, pp. 95-118.
Appello per la liberazione 89
che fece, ma che certo non ingannò né i leader politici del Reich né
lo stato maggiore tedesco, di allontanare la responsabilità per gli
esiti della guerra dal governo e dai vertici militari italiani, riget-
E
tandola sulla mancanza di combattività dei militari albanesi, sulle
R
T O
improvvise condizioni meteorologiche e sulla mancata coopera-
zione bulgara, che aveva permesso alla Grecia di trasferire otto
'A U
divisioni su fronte albanese62. Tre fattori, questi, che certo avevano
L
giocato qualche ruolo, ma che erano lungi dall’essere quello deci-
sivo.
P ER
Il «duce», d’altro canto, sia per ragioni di prestigio, sia per ti-
A
PImore di un’ingombrante presenza tedesca, resistette dall’accettare
CO
un aiuto diretto delle truppe tedesche sul fronte albanese, pure
proposto da Berlino. Roma, come al solito, preferì richiedere alla
Germania consistenti aiuti in materie prime e materiali bellici, un
sostegno che per la mentalità del «duce» appariva meno frustrante
e forse anche meno “pericoloso”63. Ciò che sembrava assolutamen-
te indispensabile agli occhi dell’alleato germanico, soprattutto
dopo il ripiegamento dell’esercito italiano e l’invasione dell’Alba-
nia da parte della Grecia, era di mantenere le posizioni ed evitare
che i greci si stabilissero sulla costa albanese64. Anche nelle more
della preparazione del passaggio delle truppe tedesche dalla Ro-
mania alla Bulgaria, da dove, poi, avrebbero portato l’attacco alla
Grecia, per il comando tedesco l’imperativo d’ordine militare de-
gli italiani doveva essere quello di resistere sul fronte di ripiega-
mento e di non perdere Valona. La perdita di Valona avrebbe si-
gnificato consegnare ai greci, e quindi ai britannici, una posta-
zione eccezionale per il controllo strategico dell’Adriatico, che
sarebbe divenuta una sicura minaccia per l’Italia meridionale e,
anche se non lo si diceva esplicitamente, per la stessa Germania.
L’attacco tedesco alla Grecia, a partire dalla Bulgaria, infatti, non
62
Mussolini a Hitler, lettera del 22 novembre 1940, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 146.
63
V. DDI, serie IX, vol. VI, DD. 258, 309, 323.
64
Appunto di Ansaldo per Ciano, 11 dicembre 1940, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 281.
90 La resa dei conti
P ER
meno nel senso che si era ridotta al minimo la libertà di manovra
dell’Italia e bloccata la possibilità di ogni sua ulteriore iniziativa
PIA
autonoma. Ma ciò non significò, e in questo si può ben concordare
65
Cosmelli a Ciano, 6 gennaio 1940, in DDI, serie IX, v. VI, D. 415, che con-
tiene un rapporto di Marras sul suo colloquio con il generale Jodl.
66
V. DE FELICE, Mussolini l’alleato, cit., pp. 359-362.
R E
O III
IlTproblema jugoslavo
'A U
L
P ER
A
PI1. Jugoslavia 1941: un destino ineluttabile?
P ER
dell’accordo, seguendo, ancora una volta, le raccomandazioni che
pervennero da Berlino. Secondo la Wilhelmstrasse non vi poteva
PIA
essere alcun aiuto militare da parte tedesca contro la Grecia se non
1
Si rimanda per tutto ciò a MASSIMO BUCARELLI, Disgregazione iugoslava e
questione serba nella politica italiana, in FRANCESCO CACCAMO - LUCIANO MON-
ZALI, L’occupazione italiana della Iugoslavia (1941-1943), Roma, Le Lettere, 2008,
pp. 18-27; nonché BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia (1922-1939), cit. Sui
progetti imperialisti del fascismo, v. A.A. KALLIS, Fascist Ideology. Territory and
Expansionism in Italy and Germany, 1922-1945, Londra e New York, 2000, pp. 47
ss.; e il più recente studio di DAVIDE RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo. Le
politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940-1943), Torino, 2003,
pp. 69 ss. V. anche, BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 304-307, nonché
S. LOI, Le operazioni delle unità italiane in Jugoslavia (1941-1943), Roma, 1978,
pp. 32 ss.
2
V. ANDRÈ, La guerra in Europa, cit., pp. 664 ss.; DE FELICE, Mussolini
l’alleato, cit., pp. 290 ss.; STEFANO BIANCHINI - FRANCESCO PRIVITERA, 6 aprile
1941, Milano, Marzorati, 1993, pp. 44-46.
Il problema jugoslavo 93
P ER
gherese segnalò a quello italiano addirittura che, sotto l’influenza
della forte agitazione anti-italiana, si parlava negli ambienti mili-
A
PItari serbi della possibilità di “irruzione” in Albania4. Era sicuro,
CO
tuttavia, che le autorità militari jugoslave, approfittando delle no-
tizie catastrofiche date da radio Londra sulle operazioni al fronte
greco, avevano tentato di organizzare bande armate tipo četnici tra
elementi albanesi del Kosovo, benché non fossero riuscite a realiz-
zare il loro piano per l’intervento di Ferhad Bey Draga5.
A partire dal novembre 1940, dunque, trovando interlocutori
interessati a Belgrado, cui premeva evitare uno scontro armato
con la macchina bellica tedesca e al contempo guadagnare qualche
posizione territoriale strategica significativa che permettesse di
sopravvivere in un futuro dominato dalle due potenze dell’Asse,
come il porto di Salonicco, sbocco al mare alternativo alle ormai
irrecuperabili coste albanesi settentrionali6, si snodarono due pa-
3
Jacomoni a ministero degli Esteri, 10 maggio 1940, telespr. 35938/4391, in
ASMAE, SSAA, B. 31, f. Movimento truppe jugoslave. Leader degli esuli alba-
nesi a Belgrado risultava essere Qazim Kokoshi, stipendiato dal governo serbo
con 6.000 dinari al mese, mentre ai suoi fedeli andava una cifra compresa tra
600 e 1200 dinari al mese.
4
Talamo a ministero degli Esteri, 9 novembre 1940, telespr. 5318/239, in
ASMAE, SSAA, B. 81.
5
Mameli a Ciano, 30 dicembre 1940, telespr. 5777/2273, in ASMAE, SSAA, B.
60, f. Fuoriusciti albanesi in Jugoslavia. Incidenti di frontiera. Il documento fu
letto e sottolineato da Mussolini.
6
V. BUCARELLI, Disgregazione iugoslava e questione serba nella politica italiana,
94 La resa dei conti
P ER
di non aggressione, e a blandire il governo jugoslavo, ergendosi
addirittura a protettore della Jugoslavia contro le mire italiane7.
cit., p. 21.
7
Sui rapporti jugoslavo-tedeschi e il negoziato per l’adesione al tripartito,
v. FRANK C. LITTLEFIELD, Germany and Yugoslavia, 1933-1941, The German
Conquest of Yugoslavia, Boulder (CO), East European Monographs, 1988,
pp. 87-109.
8
Ciano a Mussolini, Bari, 8 febbraio 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 553. V.
BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 369 ss., e pp. 443-444. Appunto di Musso-
lini, 4 febbraio 1941; Ciano a Cosmelli, 5 febbraio 1941, in DDI, s. IX, vol. VI,
DD. 535 e 538; Memorandum di Weizsäcker, 5 febbraio 1941, in DGFP, s. D, vol.
XII, D. 15.
Il problema jugoslavo 95
P ER
mazia per lenire od ovviare alla debolezza militare non ebbe nes-
suna realizzazione concreta. Accortosi della piega che stava pren-
A
PIdendo il negoziato italo-jugoslavo, come asse all’interno dell’Asse,
CO
e del significato che poteva acquisire nell’ambito dei rapporti con
l’alleato italiano, Hitler impose a Mussolini una battuta d’arresto,
con la scusa di attendere, prima di entrare nel vivo delle questioni,
i risultati del parallelo negoziato tra Berlino e Belgrado11.
Condotto sul filo della minaccia e con tutte le blandizie pos-
sibili, questo negoziato condusse, come arcinoto, all’adesione della
Jugoslavia al Tripartito il 25 marzo 1941. Vale la pena di notare
che l’Italia e la Germania, al momento della firma jugoslava, dette-
ro, con uno scambio di note, precise assicurazioni a Belgrado circa
lo sbocco al mare a Salonicco, il non coinvolgimento del paese in
guerra, escludendo la possibilità di passaggio delle truppe italo-
tedesche in territorio jugoslavo e, soprattutto, il rispetto della sua
integrità territoriale12. In tal modo, mentre la Jugoslavia diveniva
9
Appunto di Mussolini, 4 febbraio 1941, e Ciano a Cosmelli, 5 febbraio 1941, cit.;
BIANCHINI - PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 47-48.
10
V. H. JAMES BURGWYN, L’impero sull’Adriatico. Mussolini e la conquista
della Jugoslavia 1941-1943, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2006, p. 51.
11
Weizsäcker a Ribbentrop, 25 febbraio 1941; Rintelen a Weizsäcker, 27 febbraio
1941; Colloquio tra Hitler e Ciano alla presenza di Ribbentrop, Salisburgo, 2 marzo
1941, in DGFP, s. D, vol. XII, DD. 85, 97 e 117; Cosmelli a Ciano, 28 febbraio 1941;
Anfuso a Mussolini, 2 marzo 1941; Anfuso a Mameli, 3 marzo 1941, in DDI, s. IX,
vol. VI, DD. 655, 671 e 672.
12
Ribbentrop a Heeren, 7 marzo 1941; Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 7 marzo
96 La resa dei conti
P ER
del governo Cvetković, la proclamazione della maggiore età del
diciassettenne Pietro II, erede del re Alessandro, affinché potesse
PIA
assumere la corona, e la nomina di un nuovo esecutivo guidato
1941; Schweimer a Mackensen, 8 marzo 1941, in DGFP, s. D, vol. XII, DD. 130, 131
e 138; Anfuso a Ciano, 8 marzo 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 696. V. anche
ANDRÈ, La guerra in Europa, cit., pp. 713-714; BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941,
cit., pp. 565-569.
13
Magistrati a Ciano, 28 febbraio 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, DD. 648 e 649.
Il problema jugoslavo 97
P ER
l’addetto militare e il rappresentante tedeschi a Belgrado la stessa
impressione: che l’atteggiamento tedesco verso la Jugoslavia si era
A
PIevoluto e che dall’iniziale convinzione di lasciarla così come era
CO
almeno fino alla fine del conflitto si era giunti alla conclusione che
anche la Jugoslavia, invece, doveva seguire la precisa volontà del-
l’Asse15. Insomma, c’era poco da dubitare sul destino futuro della
Jugoslavia. I timori largamente diffusi tra la popolazione e le sfere
dirigenti serbe di fare la fine della Romania se avessero riposto
fiducia nell’Asse erano del tutto giustificati, almeno nella misura
in cui, per converso, lo erano le alte aspettative di revisione territo-
riale che coltivavano croati, albanesi e macedoni16.
14
V. J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 250 ss.; BRECCIA, Jugoslavia
1939-1941, cit., pp. 550 ss.; G.F. VRBANIĆ, The Failure to Save the First Yugoslavia,
cit., pp. 115 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 142-143.
15
Ministero degli Esteri a SSAA, 9 gennaio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 81; il
documento trasmetteva un telespresso di Mameli da Belgrado del 1 gennaio.
16
Era questo il senso di quanto Mameli riferì sull’atteggiamento dell’opi-
nione pubblica jugoslava e serba in particolare all’indomani del secondo
arbitrato di Vienna, con cui la Romania fu obbligata a cedere parte della
Transilvania all’Ungheria. V. Ministero degli Esteri a SSAA, 10 settembre 1940,
telespr. 23696, in ASMAE, SSAA, B. 32 f. Arbitrato di Vienna.
98 La resa dei conti
E
Da quando l’Italia aveva occupato l’Albania e di fatto era divenuta
R
T O
una potenza balcanica e, ancor più, dopo la sua entrata in guerra,
Roma era divenuta la meta di ogni sorta di appello alla “libe-
'A U
razione” dal giogo serbo. E non furono solo gli albanesi di Tirana
L
o quelli del Kosovo, come abbiamo visto finora, o i nazionalisti
P ER
croati da lungo tempo legati al regime fascista, ad auspicare
un’azione diplomatica o militare italiana o tedesca con il fine di
PIA
smembrare la Jugoslavia. Incessantemente, a partire dal 1939,
17
Comando superiore delle Forze armate d’Albania. Ufficio I. Notizie d’oltre fron-
tiera del 9 ottobre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 67.
Il problema jugoslavo 99
P ER
gli albanesi resistevano alla leva ed erano pronti a sollevarsi per
ricongiungersi alla madre patria; i montenegrini puntavano a libe-
A
PIrarsi dall’oppressione serba e molti uomini si erano dati alla mac-
CO
chia per non prestare il servizio militare nell’esercito jugoslavo19.
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, la disfatta della Francia e il
crollo, che si presumeva ormai prossimo, della resistenza britan-
nica, queste voci si infittirono fino a raffigurare la Jugoslavia come
un ribollente calderone sull’orlo di un’esplosione. Il generale Ago-
stinucci, comandante dei Carabinieri in Albania, comunicò al Ser-
vizio Informazioni Militare, poco prima dell’avanzata italiana in
Grecia, che gli veniva segnalato “da fonte sicura” un vivissimo
malcontento tra la popolazione e l’esercito jugoslavi, per i continui
18
Scammacca a Jacomoni, 14 maggio 1940, telespr. 71/14575/1143, in ASMAE,
SSAA, B. 31, f. Situazione politica interna jugoslava. Nuccio aveva inviato a
partire dal 1939 rapporti catastrofici sulla situazione interna jugoslava. Già
nell’estate del 1939, prima dello scoppio del conflitto mondiale, scrisse che
l’opinione pubblica era in attesa di una conflagrazione bellica ed era distratta
dai gravi problemi interni e dalla lotte nazionali. Riferiva, poi, che si diceva
che le autorità serbe avrebbero potuto fomentare una sommossa in Albania,
appoggiando i fuoriusciti albanesi. La cosa importante da notare, come si è
detto, è che i rapporti di Nuccio finivano spesso sul tavolo di Mussolini, che li
vistava e sottolineava. Nuccio a Mameli, 16 agosto 1939, telespr. circolare 2247/
336, ivi. Il documento reca il Visto dal «duce» e le sue tipiche sottolineature.
19
Jacomoni a ministero degli Esteri, 15 maggio 1940, telespr. 36634/4599, in
ASMAE, SSAA, B. 31, f. Movimento jugoslavo. Il documento reca a margine la
“M” di Mussolini.
100 La resa dei conti
P ER
ed esprime anche pubblicamente tali suoi sentimenti”20.
Il governo jugoslavo, inoltre, come misura ulteriore di sicurez-
PIA
za interna, a fine gennaio 1941 richiamò alle armi i macedoni e gli
P ER
Anche per gli irredentisti macedoni, dunque, l’Italia potenza
“balcanica” dette l’avvio a una nuova campagna di iniziative per
A
PIscrollarsi di dosso il centralismo serbo. Come noto, periodici
CO
contatti tra il governo di Mussolini e gli irredentisti macedoni ve
ne erano sempre stati23, ma è evidente che la nuova posizione del-
l’Italia, le aspettative che essa suscitava e il ruolo primario che si
immaginava avrebbe assunto nei Balcani facilitarono la loro
ripresa. Nel gennaio 1940, due noti attivisti macedoni, il dottor
Filippo Athanassov e l’avvocato Dimiter Chalev, contattarono
l’addetto speciale per gli affari albanesi della legazione di Sofia,
Atlas Koçi, per offrire la loro collaborazione alla politica balcanica
dell’Italia. Proposero, nell’immediato, la fondazione di un perio-
dico in quattro lingue dal titolo Revue des Balkans, da pubblicarsi in
Svizzera o a Budapest, che avrebbe dovuto trattare dei problemi
22
Campbell to Halifax, 6 novembre 1940, con allegato rapporto del vice-
console a Skopje, Thomas, sulla situazione generale in Macedonia, in British
Documents on Foreign Affairs, Part III, Series F, Europe, Volume 21, Italy and
South-Eastern Europe, July 1940-December 1941, D. 47, pp. 464-469.
23
Sui rapporti tra Italia e irredentismo macedone negli anni venti, v. GIAM-
PIERO CAROCCI, La politica estera dell’Italia fascista (1925-1928), Bari, Laterza,
1969, pp. 85-93; H. JAMES BURGWYN, Il revisionismo fascista. La sfida di Mussolini
alle grandi potenze nei Balcani e sul Danubio 1925-1933, Milano, Feltrinelli, 1973,
pp. 84-94; BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit. pp. 147-153; STEFAN TROEBST,
Mussolini, Makedonien und Die Mächte 1922-1930. Die “Innere Makedonische Re-
volutionäre Organization” in der Südosteuropapolitik des faschistischen Italien, Böhlau
Verlag, Köln-Wien, 1987, pp. 323-370.
102 La resa dei conti
P ER
vo ordine europeo26. L’attacco italiano alla Grecia aveva poi ri-
scontrato molte simpatie a Sofia, proprio perché prometteva un
PIA
regolamento di conti con l’ellenismo che opprimeva i fratelli bul-
24
Appunto del 13 febbraio 1940, in ASMAE, SSAA, B. 31, Rapporti italo-
bulgari. Athanassov era nato a Kosturi, nella Macedonia greca, e faceva parte
del “movimento macedone federalista”; benché non comunista, nel 1924
aveva cercato di dare al movimento, per fini tattici, una svolta filo-moscovita.
Chalev, invece, era nativo di Skopje, della quale era stato anche sindaco.
25
Appunto per Ciano, 15 febbraio 1940, in ASMAE, SSAA, B. 31, Rapporti
italo-bulgari. L’appunto era una sintesi di quello del 13 febbraio. Sull’appunto
a mano vi è scritto “lasciar cadere. S. E. Ciano. 16-II”.
26
Il fascicolo era firmato da Nikola Stoyanov, presidente dell’Istituto ed ex
direttore generale del debito pubblico e ex segretario del Ministero delle fi-
nanze, nativo di Doiran, dai due vicepresidenti, Alexander Stanischev, nativo
di Kukusc, rettore dell’università San Kliment di Sofia, e D. Silianovsky, pro-
fessore dell’università di Sofia, originario di Krusciovo, e dagli altri 9 membri,
tutti intellettuali nativi della Macedonia.
27
Ministero degli Esteri a Berlino, 23 novembre 1940, t.p.c. 46217, in ASMAE,
SSAA, B. 31, Rapporti italo-bulgari.
Il problema jugoslavo 103
P ER
Venturini - vigilia della firma del trattato di Craiova, mancavano
solo le bandiere bulgare a Skopje per dare l’aspetto di una città
A
PIcelebrante un grande avvenimento nazionale. Gli albanesi, a loro
CO
volta, si rallegravano pensando che tra breve sarebbe arrivata
anche la loro ora. I serbi, sempre più esasperati, lanciavano ana-
temi contro la Germania e l’Italia, esultavano alla Gran Bretagna e
criticavano la Russia, facendo propositi – “sinceri credo”, osservò
Venturini - di resistere a qualsiasi cessione28.
E che quest’effervescenza nazionale si potesse tramutare in
qualcosa di ben più concreto risultò anche al comando dei carabi-
nieri di Tirana che, nello stesso periodo, poteva asserire, sulla base
di riservate informazioni, che un’eventuale offensiva italiana ver-
so Prespa e Ohrid avrebbe trovato resistenza solo nelle comunità
serbe. L’elemento macedone si mostrava, invece, favorevole all’I-
talia, benché fosse evidente che i bulgari-macedoni, pur appro-
vando la politica di amicizia verso l’Italia mantenuta da Sofia, nel
caso di una revisione territoriale aspiravano a riunirsi alla madre-
patria29. Anche tra le truppe si manifestava malcontento. I mace-
doni richiamati alle armi davano forti segni di insofferenza e di
indisciplina nell’esercito iugoslavo30.
28
Venturini a Mameli, 9 settembre 1940, telespr. 1026/272, in ASMAE, SSAA,
B. 32.
29
Jacomoni a Ciano, 19 settembre 1940, telespr. 48975/6631, in ASMAE, SSAA,
B. 32. Il documento ha il visto di Ciano.
30
Rapporto di Venturini del 14 agosto 1940, allegato a MAE a Ministero della
104 La resa dei conti
P ER
sollevare la popolazione macedone e chiedere poi l’unione alla
Bulgaria nel caso di un’azione italiana contro la Grecia; e che an-
PIA
che il Comitato Centrale Macedone, capeggiato da Ivan Mihailov,
P ER
convocato al ministero della Guerra e incaricato di creare bande
irregolari di macedoni atte a entrare in azione in territorio greco a
A
PIpartire da marzo, data in cui era prevista la calata dei tedeschi in
CO
Grecia35.
34
Buti a SSAA, 24 ottobre 1940, t.p.c. 33405, in ASMAE, SSAA, B. 31, Rap-
porti italo-bulgari.
35
Ministero degli Esteri a ministero della Guerra, 12 gennaio 1941, telespr.
34R/00375, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Movimento macedone.
36
Mameli a Ciano, 30 novembre 1940, telespr. 5159/2017, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Ferat Bey Draga; Appunto segreto di Anfuso del gennaio 1941, n. 00374, in
ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
106 La resa dei conti
P ER
in volta, personalmente contattato Draga, concordandone anche la
ripartizione tra le altre personalità kosovare, politiche e religiose, e
PIA
i gruppi studenteschi. Per soddisfare i molteplici “impegni di
P ER
gli esuli albanesi concentrati a Skopje, di cui i servizi britannici si
erano valsi, sarebbero stati trasferiti in altra zona40.
A
PI Quanto al rilancio di una nuova e più attenta politica delle na-
CO
zionalità, grande risalto ebbe sulla stampa jugoslava di novembre
la convocazione da parte del primo ministro Cvektović di una
delegazione di ex deputati albanesi alla Skupština, tra cui Sherif
Voça, con i quali si erano toccati i principali punti di attrito tra il
governo e la minoranza schipetara. Nel colloquio, si discussero,
tra l’altro, due questioni particolarmente delicate: il provvedimen-
to di commissariamento della Comunità islamica di Skopje che,
come si ricorderà, era stato preso nel maggio del 1940, provocando
il risentimento e le proteste da parte di Ferhad Draga, e le ingiuste
procedure attuative della riforma agraria. La stampa riportò che,
sul primo punto, i delegati si dichiararono d’accordo al manteni-
mento del commissariamento, mentre sul secondo si appellarono
al primo ministro affinché si tenessero in giusta considerazione le
legittime aspettative dei proprietari albanesi. E la propaganda
serba ebbe facile occasione per rimarcare come, a chiusura dell’in-
contro, la delegazione albanese esprimesse platealmente il proprio
compiacimento per le misure prese dal governo a favore della
Comunità musulmana e per le assicurazioni ricevute dal primo
39
Mameli a Ciano, 10 dicembre 1940, telespr. 5467/2129, in ASMAE, SSAA, B.
79, f. Kossovese.
40
Buti a SSAA, 31 gennaio 1941, telespr. 12/02296, in ASMAE, SSAA, B. 79,
f. Kossovese.
108 La resa dei conti
ministro41.
Pronto a controbattere quella che riteneva semplicemente una
subdola mossa propagandistica fu proprio Ferhad Draga, che il 18
E
novembre indirizzò una lettera di vibrata protesta al vicepresiden-
R
T O
te del consiglio, il croato Vladko Maček. Draga non solo rimarcava
le sofferenze e le vessazioni che la sua gente continuava a patire
'A U
ad opera di Belgrado, ma svelava anche i retroscena della visita
L
della delegazione albanese dal presidente del consiglio jugoslavo,
P ER
fornendone una sua propria versione. Spiegava, infatti, che la de-
legazione musulmana recatasi da Cvetković era stata prezzolata
PIA
ed ingannata dal governo centrale e che, tra l’altro, i più ignoranti
41
Si veda l’articolo Una delegazione musulmana dal presidente del consiglio sig.
Draghisa Cvetkovic, nella rivista Politika, Belgrado, 13 novembre 1940.
Il problema jugoslavo 109
P ER
estradizione di cittadini di etnia albanese alla volta della Turchia.
Un certo numero di essi, tra cui lo stesso capo della colonia alba-
A
PInese di Skopje, aveva dovuto abbandonare tutti i propri averi e
CO
rifugiarsi in Albania. I passi fatti dal consolato italiano per impe-
dirla erano stati inutili, con la conseguenza di produrre una gran-
de delusione degli albanesi circa la protezione loro offerta dall’Ita-
lia. Si rischiava, in tal modo, di vanificare tutta l’azione dispiegata
dall’Italia e dallo stesso Venturini in Kosovo43.
Esasperazione per le condizioni della comunità albanese che
non miglioravano, sentore che la “resa dei conti” con la Jugoslavia
era prossima e, non esclusa, la volontà di rafforzare la propria
posizione personale contro eventuali rivali interni, spinsero agli
inizi di marzo Ferhad Draga a chiedere al fiduciario italiano se
fosse possibile ricevere armi e munizioni dall’Italia per i suoi fede-
li, “per essere pronto a partecipare ad ogni evenienza che si pre-
sentasse favorevole per realizzare il disegno di unirsi agli albanesi
dell’oltre confine”44. Lungaggini burocratiche fecero sì che la
richiesta pervenisse al capo del Servizio Informazioni Militare,
42
Mameli a Ciano, 3 dicembre 1940, telespr. 5305/2057, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Kossovese, con allegata lettera di Ferhad Draga a Vlatko Macek, 18 no-
vembre 1940.
43
Vidau a Venturini, 5 aprile 1941, telespr. 34/R/3772, in ASMAE, SSAA,
B. 78, f. Minoranze.
44
Bonfatti (addetto militare a Belgrado) al Gabinetto del ministero della Guerra,
8 marzo 1941, n. 682 in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat Bey Draga.
110 La resa dei conti
P ER
Ferhad Draga e seguaci non ebbero, tuttavia, il tempo di essere
armati dall’Italia (il che evidentemente non significava che non
PIA
possedessero armi e che non le usassero nel corso delle ostilità)
45
Cesare Amè (capo del servizio SIM) a ministero degli Esteri, 21 marzo 1941,
n. C/9229, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat Bey Draga.
46
Benini a Ministero della Guerra, 4 aprile 1941, telespr. 71/03597, in ASMAE,
SSAA, B. 79, f. Ferat Bey Draga. A causa dello scoppio delle ostilità con la
Jugoslavia, il Ministero bloccò l’invio dei finanziamenti per gli albanesi del
Kosovo relativi al secondo trimestre del 1941, non apparendo sicuro il trasfe-
rimento di fondi a Belgrado. Appunto Scammacca per il Gabinetto del Ministro,
8 aprile 1941, n. 71/03756/1657, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi
nel Kosovo.
Il problema jugoslavo 111
P ER
delle Forze Armate d’Albania aveva predisposto la costituzione
nelle regioni del Mahti, della Mirdizia, di Piscopeja e di Cerevode,
A
PIcon il compito di badare alla sicurezza della popolazione nelle
CO
zone in cui non operavano le truppe regolari e di praticare la
controguerriglia. A partire dal 6 aprile, come ispettore generale
delle bande armate fu nominato il ministro Bottai, che insieme ad
altri gerarchi fascisti era stato spronato da Mussolini a partecipare
direttamente alle operazioni militari come gesto simbolico nei
confronti dell’opinione pubblica italiana49.
Bottai assunse il grado di tenente colonnello e lavorò al com-
pletamento della loro organizzazione a stretto contatto con Koliqi
e con il tenente colonnello dei carabinieri, Andrea De Leo, militare
che aveva svolto delicati incarichi in Albania e che riscuoteva un
alto grado di consenso e di simpatia tra la popolazione albanese.
Di tutti i suoi collaboratori Bottai dette giudizi superlativi. Del
podestà di Scutari, Kakarriqi, elogiò la totale abnegazione alla
causa, di Koliqi scrisse che “La sua parola valse a superare diffe-
renze di condizioni sociali e di religione”. “Al fervore dei cattolici,
47
V. OWEN PEARSON, Albania in Occupation and War. From Fascism to Com-
munism 1940-1945, New York, The Centre for Albanian Studies, I.B. Tauris,
2005, pp. 137-141; FISCHER, Albania at War, cit., pp. 110-111.
48
Sui problemi relativi al contributo militare albanese alla guerra, v. PIERO
CROCIANI, Gli albanesi nelle forze armate italiane (1939-1943), Roma, Stato
Maggiore dell’Esercito, 2001.
49
V. CIANO, Diario, alla data dell’8 e del 17 gennaio 1941.
112 La resa dei conti
P ER
militari e politiche italiane alcune considerazioni d’ordine gene-
rale, che vale la pena di registrare. Bottai raccontava che il 9 aprile
PIA
la situazione a Scutari appariva molto fosca poiché si temeva
Al comando delle bande c’erano: nello scutarino Kol Bibe Mirakaj, vice
50
segretario del partito, con 400 armati, parte dei quali sotto la guida di Pashuk
Biba; nella regione dei Dukagini il seniore Ndoc Gjeloshi con 100 armati; Kol
Ndoci, bayraktar di Shala, e Lulash Gjeloshi bayraktar di Shoshi, guidavano
350 uomini; nella zona di Postriba Sulço Bey Bushati, Ministro di Stato, aveva
Il problema jugoslavo 113
P ER
ta”, era stata comunque una dottrina “significativa”, “saggiamente
ispirata a uno sfruttamento dei valori e delle attitudini del com-
A
PIbattente albanese, strettamente legato alle ragioni e alle tradizioni
CO
della sua terra, intesa e sentita come stanza della sua famiglia e dei
suoi beni materiali e morali”.
Si entrava così nel punto centrale e, dal nostro punto di vista,
più importante delle relazioni di Bottai: “Forse, mi sia consentito
di uscire per un attimo solo dall’oggetto di questa relazione, il
segreto d’una durevole collaborazione italo-albanese risiede tutto
nella nostra capacità d’intendere e d’interpretare codeste forze ge-
nuine e semplici, avviandole senza snaturarle a un senso più vivo
e attuale della funzione del nuovo Stato albanese nel quadro del-
l’Impero di Roma”. Bottai denunciava l’ostilità d’ordine psicolo-
gico che da parte italiana aveva accompagnato l’organizzazione
delle bande, ostilità dovuta alla totale incomprensione dello spi-
rito con cui esse erano state costituite, ovvero far diventare “la
raccolto bande di fedeli con circa 130 armati; Prek Gjet Marku guidava
50 uomini; nell’Hoti operava Gjon Luli con 25 uomini; Nik Gjeloshi comanda-
va 30 armati nella zona di Castrati; una trentina ne aveva anche Vat Marashi a
Shkreli; a Boga Tot Gjeri con 20 uomini; a Vermoshi Preng Gali con 30; Marka
Gjoni comandava 1000 armati nella Mirdizia; il ten. col. Borshi con 15 militi
lungo la Bojana. Nel kosovano c’erano Halit Osmani e Lufti Spahija con 100
armati ciascuno; pattugliava il Dibrano Selim Gijtani Kaloshi con 500 armati;
Halil Alija ne guidava 480 a Debar; Beqir Valteri con 100 nel Mahti, a Bureli;
nel durazzese il senatore Kruja con 150 nella zona di Kruja.
114 La resa dei conti
P ER
ciatrice di classi e di popoli, possa senza danno ignorarlo”. Dalle
bande si deve partire se si vuole dare al popolo albanese una fun-
PIA
zione nel complesso delle forze armate dell’impero. “Noi abbiamo
51
Jacomoni a Ciano, 27 aprile 1941, telespr. 5790/1885, con allegate Relazioni
di Bottai al comandante superiore delle Forze Armate d’Albania e al Luogotenente del
Re, da Tirana, 14 aprile 1941 e da Scutari 16 aprile 1941; Le relazioni furono
pubblicate in Storia Illustrata f. del novembre 1980. Vedi anche, per il periodo
considerato, GIUSEPPE BOTTAI, Diario 1935-1944, Milano, Rizzoli, 1989, a cura
di GIORDANO BRUNO GUERRI.
R E
O IV
TVittoria mutilata
'A U
L
P ER
A
PI1. La nascita della Grande Albania e la divisione
CO
del Kosovo
La guerra alla Jugoslavia e la velocità delle operazioni militari
posero con urgenza proprio il problema della difesa degli interessi
italiani e albanesi sull’altra sponda dell’Adriatico1. Già con l’attac-
co tedesco alla Grecia e la sua rapida disfatta Roma aveva ribadito
i suoi desiderata riguardo ai territori greci. Alla fine di marzo era
stato proprio Mussolini a ipotizzare che la Grecia fosse occupata e
divisa in due zone d’influenza, richiedendo che all’Italia fossero
attribuite le isole ioniche, Corfù, Zante, Cefalonia, ecc., per ragioni
strategiche, e che all’Albania fosse ceduta tutta la Ciamuria fino a
Prevesa per motivazioni etniche2. A pochi giorni dall’inizio delle
ostilità contro Belgrado, a Palazzo Chigi si cominciarono ad
approntare, in via preliminare, una serie di più specifici studi circa
la sistemazione confinaria futura della penisola balcanica sia da
parte del sottosegretariato per gli affari albanesi, che degli altri
organi del ministero degli Esteri. Si era consapevoli, tuttavia, che
molto sarebbe dipeso dall’andamento delle operazioni militari e
1
Sulle operazioni militari italiane contro la Jugoslavia, v. LOI, Le operazioni
delle unità italiane in Jugoslavia (1941-1943), cit., pp. 60 ss.
2
Alfieri a Mussolini, 22 marzo 1941; Mussolini a Alfieri, 23 marzo 1941, in
DDI, s. IX, vol. VI, DD. 761 e 766.
116 La resa dei conti
P ER
Anche per quanto riguardava i territori abitati da albanesi, in
un altro appunto preparato dal sottosegretariato e interamente de-
PIA
dicato all’Albania, si insisteva su un programma massimo di occu-
P ER
dubbio vantaggio di separare la Serbia dalla Bulgaria, interpo-
nendo nella massa della popolazione slava un corridoio albano-
A
PIromeno, di paesi ed etnie, dunque, sicuramente fedeli all’Italia5.
CO
Con il far ciò, si sarebbe andati incontro anche ad una pres-
sante richiesta che era venuta più volte da Bucarest, dove il ge-
nerale Antonescu e il suo ministro degli esteri, Mihail Antonescu,
insistevano affinché l’Italia si interessasse alla sorte dei macedo-
romeni, considerati dalla propaganda romena dell’epoca i “rap-
presentanti della superstite romanità dei Balcani fuori della Roma-
nia”. Il governo di Bucarest, inoltre, di fronte all’ingrandimento
dell’Ungheria e a quello previsto della Bulgaria, avrebbe visto con
estremo favore l’annessione all’Albania di maggiori territori a est,
che avrebbe offerto un appoggio territoriale e uno sbocco verso
l’Adriatico al piccolo stato romeno6.
Tuttavia, l’idea di un’Albania con i confini al Danubio, pur se
attraente dal punto di vista imperiale, risultava improponibile do-
po il fallimento della guerra di Grecia e in quella delicata fase dei
5
Appunto senza data, ma precedente a Vienna, in ASMAE, AP, Jugoslavia,
B. 106, f. “Rivendicazioni degli stati successori della Jugoslavia”.
6
Ghigi a Ministero degli Esteri, 20 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 945.
Antonescu fu a Roma alla metà di novembre 1940. Non si dispone dei verbali
dei suoi colloqui con i vertici italiani, ma v. CIANO, Diario, alla data in questio-
ne, nonché DDI, s. IX, vol. VI, D. 72 nota 2; sui rapporti italo-romeni più in
generale, GIULIANO CAROLI, Rapporti militari fra Italia e Romania dal 1918 al
1945, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, 2000.
118 La resa dei conti
CO do” fra l’alto corso dell’Ibar, la catena del Kopaonik (q. 2017),
Kursumilija, i monti della Crnagora, lo sbocco sud della
stretta di Kaçanik, lo Zar Planina e la frontiera Nord Est
albanese. Questo quadrilatero contiene la massa più impor-
tante e compatta degli albanesi in territorio jugoslavo (circa
500.000). Molti altri nuclei albanesi sono stabiliti però anche
nei territori limitrofi e ad est della Jurna Morava, frammisti
alla massa serbo-bulgara»;
«b) Una zona della Macedonia che, partendo dalla re-
gione del Kossovo sopra descritta, discende in una fascia
adiacente alla frontiera dell’attuale Albania fino alla regio-
ne dei Laghi di Ocrida e Presba. In questa zona vivono due-
centomila albanesi frammisti in proporzioni variabili con
popolazioni bulgaro-macedoni»;
«c) Una fascia del Montenegro, popolata più o meno
densamente di albanesi, che corre parallelamente al confine
attuale da Spizza-Virpazar a Novi Pazar, includendo nel-
l’Albania tutto il Lago di Scutari, e lasciando al Montenegro
Podgoriza e Andrijevica. Proseguendo a Nord Est (verso
Novi Pazar) la massa albanese è preponderante a sud del-
l’Alto Ibar ricongiungendosi con la zona del Kossovo anzi
descritta. Si può calcolare a circa 200.000 anime la popola-
zione albanese di questa zona».
P ER
– scriveva il diplomatico italiano – una delimitazione etnica e terri-
toriale precisa fra albanesi e bulgaro-macedoni è assai difficile, per
A
PInon dire impossibile, specie nella zona periferica del kossovese
CO
(soprattutto intorno a Skopje) e, ancora maggiormente, nella Ma-
cedonia meridionale e nella zona dei Laghi (Ocrida)”.
Scammacca non forniva risposte concrete ai problemi posti,
spiegando che la soluzione più equa si poteva raggiungere con
transazioni e compromessi e con sacrifici reciproci, con adozioni
di speciali regimi e con scambi di popolazione, ove possibile. Tut-
tavia, nel procedere alla delimitazione del confine era opportuno
considerare alcuni fattori politici, quali la necessità di non scon-
tentare l’elemento bulgaro-macedone per assicurarsi l’amicizia e la
collaborazione della Bulgaria nei Balcani; l’opportunità di non
includere dentro i nuovi confini dell’Albania forti nuclei bulgari-
macedoni che avrebbero acceso dinamiche irredentistiche (Skopje,
a suo parere, doveva andare senz’altro ai bulgari-macedoni); la
convenienza di dare un’equa soddisfazione all’Albania che aveva
affidato la tutela dei suoi interessi all’Italia; e, infine, le ragioni di
ordine militare ed economico, l’esistenza di miniere e di bacini
lacustri o di vie di comunicazione, le ragioni storiche che per
talune zone consigliavano l’annessione all’Albania anche se l’ele-
mento etnico non era predominante rispetto a quello bulgaro-
macedone, come nel caso dei laghi macedoni7.
7
Appunto di Scammacca del 14 aprile 1941, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Com-
120 La resa dei conti
P ER
chi. Quest’ultimo, capo del Gabinetto Armistizio-Pace e uomo di
fiducia di Ciano, si stava freneticamente interessando, proprio in
PIA
quei giorni, di formulare un piano di riassetto generale dello spa-
missione albanese per la delimitazione dei confini. Una nota a margine del-
l’appunto dice: “Il presente appunto approvato dall’Ecc. Benini, è stato rimesso
al Gabinetto, alla Direz. Gen. AEM e al Ministro Pietromarchi. Scammacca”.
All’appunto era allegato un altro appunto circa le regioni della Jugoslavia
rivendicate dall’Albania con l’enumerazione di tutti i principali distretti e con
le percentuali relative alle popolazioni.
8
V. PIETROMARCHI, Diario, alle date del 16 e 18 aprile, cit. in RODOGNO, Il
Nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa
(1940-1943), cit., pp. 107-108.
Vittoria mutilata 121
P ER
e la vasta zona tra Skopje e Kumanovo nelle quali invece l’ele-
mento albanese era a sua volta maggioritario.
A
PI Gli allegati predisposti dal diplomatico italiano prendevano in
CO
esame altre due ipotesi di rimaneggiamento della carta politica
balcanica. La prima era quella di una transitoria sistemazione del-
la Macedonia come regione autonoma o indipendente, che egli,
tuttavia, giudicava decisamente contraria agli interessi dell’Al-
bania e dell’Italia. Una Macedonia a sé stante non avrebbe sopito
le speranze di una parte della popolazione di un’annessione alla
Bulgaria, mentre avrebbe ancor più fomentato l’irredentismo ver-
so le zone abitate da bulgaro-macedoni da assegnarsi all’Albania.
Altro fattore da considerare era che i bulgaro-macedoni sarebbero
potuti divenire clientela politica della Germania o della Russia,
che aveva spesso sostenuto l’idea di una Macedonia autonoma. La
migliore soluzione, insomma, appariva quella della spartizione tra
Albania e Bulgaria. Offrire a Sofia l’annessione di una parte co-
spicua della Macedonia avrebbe facilitato, tra l’altro, la soluzione
della delimitazione confinaria con il nuovo stato albanese.
La seconda ipotesi esaminata da Scammacca era quella di am-
pliare le richieste in favore dell’Albania fino a richiedere uno
sbocco sul Mare Egeo, nel caso in cui alla Bulgaria fosse stata attri-
buita oltre la Tracia anche parte della Macedonia greca con Salo-
nicco. Soddisfatte così in massima parte le aspirazioni bulgaro-
macedoni, si poteva pensare a un’annessione all’Albania di una
striscia di territorio della Macedonia greca fino al golfo di Salonic-
122 La resa dei conti
co, beninteso con l’esclusione della città e del porto. Con la costru-
zione di una ferrovia e di una strada che collegassero l’Adriatico
all’Egeo, questa sistemazione avrebbe arrecato enormi vantaggi,
E
aprendo una via commerciale diretta dall’Albania e dunque
R
T O
dall’Italia verso il Levante. L’unico grave inconveniente che tale
soluzione presentava era quello di inglobare dentro i confini della
'A U
nuova Albania consistenti popolazioni greche e bulgaro-macedo-
L
ni, con tutto ciò che ne sarebbe conseguito in termini di irreden-
P ER
tismo e problemi di minoranze per il nuovo Stato; Scammacca,
quindi, consigliava di prenderla in considerazione solo se si fosse
PIA
ritenuto possibile attuare consistenti scambi di popolazione9.
9
Appunto di Scammacca del 17 aprile 1941 circa la sistemazione confinaria
dell’Albania nei confronti della Grecia e della Jugoslavia e circa talune questioni rela-
tive al futuro assetto di quei territori, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Commissione
albanese per la delimitazione dei confini. Allegato 1: Macedonia. Allegato 2:
Ipotesi di uno sbocco dell’Albania sul Mare Egeo. L’appunto reca la scritta: “Il
presente appunto, approvato dall’Ecc. Benini, è stato rimesso al Ministro
Pietromarchi (Uff. Armistizio e Pace). Scammacca”.
Vittoria mutilata 123
P ER
a Roma al momento erano la sistemazione dell’alto Adriatico e il
controllo della costa jugoslava senza soffermarsi sull’estensione e
A
PIsulla profondità delle acquisizioni territoriali albanesi nella
CO
penisola balcanica. Il fiasco della campagna di Grecia e la rapida e
vittoriosa calata tedesca verso il Mediterraneo fornivano preoccu-
pazioni tali da imporre diverse priorità e da far accantonare, ma
solo temporaneamente, le visioni imperiali che si erano concepite
solo qualche mese prima basandosi sull’ingrandimento dell’Alba-
nia.
Tuttavia, proprio nella sistemazione dell’alto Adriatico, le spe-
ranze degli italiani dovevano ben presto dissolversi. Proprio il
17 aprile, infatti, l’ambasciatore tedesco a Roma, Mackensen, reca-
pitò la proposta di Hitler di aprire una discussione sulla spartizio-
ne del territorio jugoslavo e di concordare un incontro tra Ciano e
Ribbentrop a Vienna per la fine della settimana allo scopo di cono-
scere le aspettative italiane. Ma, al contempo, Hitler comunicava
che la Germania aveva portato avanti il proprio confine fino ad
annettere la Slovenia settentrionale e chiedeva di considerare or-
mai questi territori come facenti parte del Terzo Reich11. Rispetto
10
Mussolini a Ciano, 17 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 923; in una co-
pia dell’appunto, reperita in ASMAE, AP, B. 106, il punto relativo al Montene-
gro è sottolineato e reca al margine la scritta “No”.
11
Sugli obiettivi e l’organizzazione dell’occupazione tedesca della Jugosla-
via, v. l’esaustiva opera a cura di BERNARD R. KRONER, ROLF-DIETER MULLER,
HANS UMBREIT, Germany and the Second World War, vol. V, Organization and
124 La resa dei conti
P ER
contentino si aggiungeva che la Germania avrebbe lasciato mano
libera al «duce» per i territori a sud della Croazia, senza specifi-
PIA
care che cosa si intendesse con questa espressione12. Si chiarì poco
P ER
infatti, l’idea di un’incorporazione del Montenegro all’Albania,
benché con uno statuto autonomo, e si puntò invece sulla sua
A
PIcostituzione a stato indipendente. Decisivo in questo mutamento
CO
fu il rifiuto di Vittorio Emanuele III di assumere la corona monte-
negrina, come sarebbe di fatto avvenuto nel caso di un’inclusione
del Montenegro nell’Albania15.
Apertisi con un colloquio tra Ciano e Hitler sulla situazione ge-
nerale, i negoziati di Vienna sullo smembramento della Jugoslavia
proseguirono tra i due ministri degli Esteri16. Già dal primo incon-
14
Non si dispone di un verbale dei colloqui tra Hitler e Boris, ma il loro
contenuto è chiaro da altri documenti tedeschi: Memorandum Wezsaecker,
17 aprile 1941; telegramma Clodius - Richthofen, 24 aprile 1941, in DGFP, serie D,
vol. XII, DD. 362 e 393. V. anche V. MARSHALL LEE MILLER, Bulgaria during the
Second World War, Stanford (CA), Stanford University Press, 1975, p. 55.
15
Ancora il 18 aprile, in un appunto sullo smembramento della Jugoslavia
che, come ci dice una nota a margine, fu uno degli atti di preparazione del
convegno di Vienna e che in generale ricalcava quanto stabilito da Mussolini il
giorno prima, il Montenegro compariva come autonomo e aggregato all’Alba-
nia. Si prevedeva, comunque, l’annessione di Dulcigno all’Albania e la ces-
sione di Termos al Montenegro: Appunto del 18 aprile 1941, in ASMAE, AP,
Jugoslavia, B. 107, f. Rivendicazioni degli stati successori della Jugoslavia. Si
veda sulle vicende confinarie montenegrine e sull’atteggiamento della casa
reale italiana, ANDREA UNGARI, Casa Savoia e la diplomazia fascista nei Balcani e
FRANCESCO CACCAMO, L’occupazione del Montenegro: dai progetti indipendenti-
stici alla collaborazione con i četnici, in CACCAMO - MONZALI (a cura di), L’occu-
pazione italiana della Iugoslavia (1941-1943), cit., pp. 133-219; 309-354.
16
Sulle trattative di Vienna e la spartizione della Jugoslavia in generale, si
126 La resa dei conti
tro con Ribbentrop molte cose divennero più chiare. Ciano prese
consapevolezza, carte alla mano, che la nuova e ormai definitiva
frontiera della Germania in territorio sloveno era molto più a sud
E
di quello che si era immaginato, giungendo a tre chilometri da
R
T O
Lubiana17; che lo stato croato pensato a Berlino includeva tutta la
Bosnia-Erzegovina nella sua antica frontiera, comprendendo lun-
'A U
ghi tratti di costa dalmatica; che Ribbentrop era contrario all’unio-
L
ne personale italo-croata, ritenendo che la Croazia dovesse orbi-
P ER
tare nel sistema politico-economico del Terzo Reich. Ma che,
tuttavia, di fronte alle proteste di Ciano circa la Dalmazia, ricono-
PIA
sceva il diritto dell’Italia di accordarsi con la Croazia sui confini e
P ER
un appunto in cui si affermava che, a prescindere dalla questione
etnica, che vedeva un’assoluta maggioranza albanese nelle regioni
A
PIdi Tetovo, Gostivar e Kičevo, sarebbe stato necessario tracciare il
CO
confine albanese-bulgaro sulla catena montuosa passante ad
oriente di tali località e dei sottostanti laghi di Ohrid e Presba dai
quali nasceva il Drin, il maggior fiume albanese. Molte altre
importanti ragioni militavano in favore di questa soluzione: avere
una frontiera naturale breve, robusta e unitaria; disporre di una
comunicazione diretta e facile tra la zona di Pristina e quella dei
Laghi che serviva di arroccamento a tutta la frontiera; dare una
conveniente profondità al territorio albanese. In tal modo, inoltre,
si sarebbe facilitato anche lo sbocco economico verso l’interno
della Macedonia bulgara e verso i territori dell’antica Serbia.
Tuttavia, l’appunto aggiungeva, in considerazione del favore
con cui il Führer aveva accolto le preghiere di re Boris “si può
ammettere che la linea di frontiera sopradetta sia intaccata per un
breve tratto da una piccola “enclave” bulgara intorno alla zona di
Ohrid. La retrocessione, invece, di tutto il confine su una linea più
arretrata lederebbe troppo fortemente gli interessi albanesi, sia dal
punto di vista etnico, sia dal punto di vista economico, sia dal
punto di vista militare”19.
18
Ciano a Mussolini, 21 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 956. Memo-
randum di Schmidt sul colloquio tra Ciano e Ribbentrop del 21 aprile 1941, in DGFP,
vol. XII, D. 378.
19
Appunto sulla linea di frontiera albanese-bulgara, in DDI, s. IX, vol. VI. La
128 La resa dei conti
P ER
entrare nella questione della sua unione personale con l’Italia, ma
lasciando che tale questione fosse risolta tra Roma e Zagabria.
nota in calce al testo pubblicato nei DDI, con evidente confusione, dice che
esso fu rimesso da Ribbentrop a Ciano. Esso fu rimesso, invece, da Ciano a
Ribbentrop il 21 aprile, come si legge in una postilla a margine del documento
originale in ASMAE, UC, B. 26, f. 3.
20
Sulle controversie politiche e confinarie tra Italia e Germania sulla
Croazia e tra Italia e Croazia, v. LUCIANO MONZALI, La difficile alleanza con la
Croazia ustascia, in CACCAMO - MONZALI (a cura di), L’occupazione italiana della
Iugoslavia (1941-1943), cit., pp. 61-131.
Vittoria mutilata 129
P ER
Vienna soddisfaceva solo in parte le aspirazioni italiane e albanesi.
A settentrione, infatti, non erano state attribuite all’Albania le
A
PIregioni di Kukavica e quella di Mitrovica, con l’importante bacino
CO
minerario di Trepča, voluto dai tedeschi, ma sul quale gli italiani
avevano pure messo gli occhi per via delle sue potenzialità econo-
miche. Basti pensare che dalle miniere di Trepča, a cominciare
dalla metà del 1941, partì alla volta delle fabbriche tedesche un
treno al giorno con 500 tonnellate di piombo e zinco concentrati.
Fino alla fine della guerra si stima che le miniere di Trepča forni-
rono il 40% del fabbisogno di piombo della Germania22.
Fuori dello stato albanese rimanevano, inoltre, le regioni di
Metohja, Podujevo e Medvedja a nord; Kaçanik, il bacino mineario
di Belovište, tutta la vallata di Skopje e tutta la valle del Fiume
Treska a sud est; a sud, la città di Ohrid con la zona circostante. Al
contrario, si osservava in una sorta di bilancio compiuto a Palazzo
Chigi dopo Vienna, le rivendicazioni bulgare erano state soddi-
sfatte quasi integralmente. Rispetto alle rivendicazioni di Sofia, in-
fatti, restavano esterne al territorio bulgaro, oltre alla parte di
Macedonia attribuita all’Albania, la maggior parte del distretto di
Pirot e della Morava, ad eccezione della fascia di frontiera inclu-
Colloquio tra Ciano e Ribbentrop, 22 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 967.
21
Memorandum Schmidt dei colloqui tra Ciano e Ribbentrop del 22 aprile 1941, in
DGFP, vol. XII, D. 385.
22
V. MALCOM, Storia del Kosovo, cit., p. 338.
130 La resa dei conti
P ER
condo il censimento del 31 luglio, e 1882 kmq nel Carnaro con
81.711 abitanti, sempre secondo il censimento del 31 luglio; più
PIA
6.109 kmq in Dalmazia con 393.000 abitanti.); all’Albania erano
23
Appunto sulle rivendicazioni territoriali dei vari stati successori della Jugosla-
via, 30 aprile 1941, AEM (Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo) - Uff. II,
in ASMAE, AP, Jugoslavia, B. 106.
24
Su ciò v. ENIKŐ A. SAJTI, Hungarians in Voivodina 1918-1947, New York,
East European Monographs, Atlantic Research and Publications, Columbia
University Press, 2003, pp. 191, ss.
25
Fonte Ripartizione dei territori già jugoslavi. Appunto di Pietromarchi del 10
novembre 1941, in ASMAE, SSAA, B. 78. L’appunto spiegava che la stima era
stata fatta dall’Ufficio Gabinetto Affari Politici. Pietromarchi annotava nel suo
Diario che tra Italia e Germania si sarebbe aperta “un’era di pericolosi intri-
ghi” per la Croazia e che in generale l’Italia usciva dalla spartizione della Ju-
goslavia e dalla nuova situazione geopolitica dei Balcani in posizione netta-
mente più debole della Germania: v. RODOGNO, Il Nuovo ordine mediterraneo,
Vittoria mutilata 131
E
Della spartizione concordata a Vienna gli albanesi non ebbero in-
R
T O
formazioni ufficiali se non in giugno. Il governo di Roma fu molto
prudente nel fare esplicite e precise promesse. Fin dall’inizio della
'A U
guerra con la Jugoslavia, Ciano orientò la propaganda attraverso
L
la stampa e la radio a rimanere sulle generali circa le future deli-
P ER
mitazioni dei confini in Kosovo e in Ciamuria e sull’assetto poli-
tico finale di queste regioni26. Ma, già da fine aprile, molte voci si
A
PI
propagarono circa i negoziati in Austria, suscitando, a secondo dei
CO
casi, preoccupazione, perplessità o giubilo. Ciano e Mussolini fu-
rono letteralmente inondati da una serie di messaggi che richie-
devano sostegno e “giustizia” nei confronti dei vecchi oppressori
serbi, messaggi che venivano oltre che dagli albanesi anche dai
bulgari-macedoni, dagli aromeni, dai montenegrini.
I nazionalisti albanesi si mobilitarono da subito con una serie
di iniziative e di appelli al governo di Roma affinché sostenesse le
pretese storiche della Grande Albania. Il 17 aprile, Ahmed Dino,
figlio del deputato albanese nonché nipote del ministro degli
Esteri ottomano che nel 1880 aveva resistito con le armi alla
decisione del trattato di Berlino di assegnare una parte dei territori
etnicamente albanesi alla Grecia, si rivolse a Mussolini affinché
l’Italia riparasse i torti subiti dai ciamurioti27. Il 19 aprile con un
messaggio al «duce», Ismet Kryeziu ed altri esuli albanesi del
Kosovo, della Macedonia, del Montenegro e della Ciamuria che si
erano rifugiati in Albania per sfuggire alle persecuzioni salutarono
cit., p. 109.
26
Ciano a Jacomoni, 13 aprile 1941, t. 12399pr/392, in ASMAE, SSAA, B. 78,
f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini.
27
Ahmed Dino a Mussolini, 17 aprile 1941, t. 3246R., in ASMAE, AP, Jugosla-
via, B. 106, f. Rivendicazioni degli stati successori della Jugoslavia, Appello
per la liberazione della Ciamuria.
132 La resa dei conti
P ER
Tirana delle iniziative propagandistiche che aveva preso a questo
fine, specificando: “Sotto voce di Kossova sono comprese le se-
PIA
guenti regioni che appartengono all’Albania politicamente ed etni-
28
Messaggio al Duce, 19 aprile 1941, t. 3370, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Mi-
noranze.
29
Le lettere sono in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. Il Komiteti
Kosovarë Shqipnis era formato da Hinzi Meraki, Mark Temali, Adem Selimi,
Idriz Ajeti. Oltre alla traduzione, nel fascicolo vi è anche l’autografo.
30
Jacomoni a Ciano, 20 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, DD. 948 e 949.
Vittoria mutilata 133
P ER
italiano che la situazione nel Kosovo settentrionale e in particolare
nella zona di Mitrovica era grave come pure lo era quella degli al-
A
PIbanesi della Macedonia. Il palese favore dei tedeschi per i bulgaro-
CO
macedoni lasciava gli albanesi di quelle zone esposti a rappresa-
glie e persecuzioni da parte della popolazione bulgaro-macedone
e delle stesse autorità bulgare. Ferhad chiese anche il permesso di
poter tornare a Mitrovica, suo paese natale, al fine di svolgere
un’urgente azione a favore della causa albanese. Dato che, come si
ricorderà, a Vienna si era concordato di lasciare Mitrovica alla Ser-
bia, Mameli lo sconsigliò, suggerendo che prima ne parlasse con le
autorità italiane alle quali avrebbe potuto riferire sulla situazione e
riceverne istruzioni31.
Il memorandum di Ferhad Draga, al di là delle ormai rituali
felicitazioni per la grande vittoria dell’Asse, i ringraziamenti per la
liberazione ottenuta e gli omaggi al «duce» e al Führer, entrava
subito nel vivo della questione macedone, con accenti di grave
preoccupazione: “la notizia dell’arrivo dell’esercito bulgaro a Skoplje
e Bitolj ci ha amareggiati ed abbiamo sentito un colpo al nostro
nazionalismo, sebbene crediamo che la questione di Skoplje e di
Bitolj non sia ancora risolta definitivamente con l’arrivo dell’eser-
di Ferhad Draga in data 26 aprile, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat Bey Draga.
V. anche Mameli a Ciano, 30 aprile 1941, t. 17 da Timisoara trasmesso dal con-
sole De Michelis il 1° maggio con t. 12534/38, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat
Bey Draga.
134 La resa dei conti
P ER
Presevo, Biljaca e Bujanovce. Il triangolo Skopje-Kumanovo-Presevo,
sosteneva Ferhad Draga, aveva nel 1918 il 95% di abitanti albanesi
PIA
e, solo successivamente, con il ritorno delle autorità serbe, terrore
Origins, History, Politics, Ithaca, Cornewell University Press, 1984, pp. 297-304.
Vasilije Trbić di Dalj (Slavonia) era un monaco serbo fuggito nel 1902 dal
Monte Athos essendo stato accusato di aver ucciso alcuni monaci greci. Trbić
fu effettivamente eletto deputato all’assemblea nazionale nel 1924.
Vittoria mutilata 135
P ER
dava la città di Ohrid. A dimostrazione della sua appartenenza
alla nazione albanese citava lo studio “serbi e albanesi” del dott.
A
PISuflaj, ucciso dalla polizia serba a Zagabria, che nel 1925 aveva
CO
provato sulla base di incontestabili documenti storici che Ohrid
era albanese prima dell’arrivo dei turchi, come lo era ancora oggi
per la sua popolazione in maggioranza albanese. Altri punti di
appoggio storico per dimostrare che la regione Skopje-Kumanovo-
Presevo era albanese, Ferhad li reperiva nell’Enciclopedia edita a
Costantinopoli in turco da Sami Frasheri molti anni prima, con
allegata carta etnica.
A lungo, poi, indugiava sui suoi ricordi degli orrori dell’occu-
pazione bulgara durante la prima guerra mondiale da Skopje fino
a Kosovska Mitrovica, dei massacri perpetrati a danno degli alba-
nesi, delle fughe di popolazione da Kumanovo, Krescevo, Gnilane,
Ferizović, Prizren e Pristina, interi paesi che la sua gente aveva ab-
bandonato per rifugiarsi nel territorio sotto occupazione austriaca.
“Sotto l’impressione di questi ancora freschi e troppo gravi ricordi
– scriveva – si può supporre con quale terrore e paura gli albanesi
considerino l’occupazione bulgara”. Il notabile albanese chiudeva
il suo memorandum asserendo che tutto ciò che aveva scritto
poteva essere dimostrato con documenti storici e lanciando un
appello affinché fossero soddisfatte le aspirazioni territoriali da lui
indicate: “prego nel modo più sincero e più serio che sia data
grande importanza e presa in considerazione questa mia domanda
quale espressione della volontà di un milione di albanesi”. Per il
136 La resa dei conti
'A U
La proposta fatta da Mameli di un abboccamento diretto tra i
L
responsabili italiani e Ferhad Draga fu subito accolta a Roma. Sia
P ER
il sottosegretariato che il gabinetto di Ciano giudicarono impro-
crastinabile un coinvolgimento del capo albanese nell’assetto rag-
PIA
giunto a Vienna e proposero un suo viaggio a Tirana o a Roma34.
33
Memorandum per la R. Legazione d’Italia in Belgrado a firma di Ferad Bey
Draga e con data Belgrado 26 aprile 1941, trasmesso con telespr. 71/04805/1046 di
Scammacca a Jacomoni, 13 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat Bey
Draga.
34
Appunto autografo di Scammacca del 31 aprile 1941, in ASMAE, SSAA,
B. 79, f. Ferat Bey Draga. Vi si leggeva ancora: “Pregare Mameli di mandare
l’uomo più importante d’Albania a Roma o Tirana. Meglio Tirana dove gli
darebbero istruzioni per ulteriore andata a casa sua”. V. anche Anfuso a Ma-
meli, 3 maggio 1941, t. 14766/11 e Anfuso a Jacomoni, 3 maggio 1941, t. 14769/488,
in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat Bey Draga.
35
Una nota a margine scritta da Scammacca sull’incartamento relativo al
memorandum di Ferhad Draga constatava subito che “Mitrovizza è esclusa
dal territorio alb. e assegnata alla Serbia”.
36
Appunto per Ciano del SSAA, 13 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 79,
f. Ferat Bey Draga. Sull’appunto, che sosteneva l’utilità di un incontro tra
Ciano e Ferhad Draga, vi è il timbro “Visto dal ministro” e a mano la scritta
“Si”. Vedi anche Appunto di Scammacca per il Gab-AP, 16 maggio 1941, 71/04976/
Vittoria mutilata 137
P ER
fonda amarezza per la permanenza di Mitrovica entro i confini
della Serbia38. Durante la permanenza a Roma, il capo kosovaro fu
A
PIoggetto delle più cortesi attenzioni ed ebbe vari contatti con il
CO
sottosegretariato, intesi a fargli comprendere l’importanza delle
soluzioni raggiunte, i limiti invalicabili che esse avevano trovato e
la necessità che la popolazione del Kosovo si rassegnasse alla
nuova situazione ed evitasse il ricorso alla violenza nelle regioni
ancora rivendicate. Ferhad Draga fu ricevuto da Ciano e poco
prima di ripartire espresse il «suo vivissimo desiderio di ottenere
l’alto onore di essere ricevuto in udienza dal «duce»39. Desiderio
che fu certo esaudito, vista l’insistenza del sottosegretariato. Era
importante accordare l’udienza dal «duce» non solo per la rile-
vanza della personalità di Draga, ma anche per rafforzare il suo
prestigio in vista della missione di pacificazione degli animi che
avrebbe dovuto compiere40.
Alla partenza da Roma, l’8 luglio, Draga ricevette una “gratifi-
P ER
berlina Fiat 1100 che gli si era concessa per metterlo in condizione
di svolgere i suoi incarichi, si acquistasse per lui una vettura
PIA
nuova42.
CO
3. I negoziati tra Roma e Tirana sulla Grande Albania
Il soggiorno del capo kosovaro a Roma si ebbe contemporanea-
mente alla missione svolta nella capitale italiana da una delega-
zione della Commissione albanese per la delimitazione dei confini.
Questo organo, costituitosi a Tirana sotto la presidenza di Tefik
Mborja, segretario del partito fascista albanese, raggruppava, oltre
al presidente del Consiglio Superiore Fascista Corporativo,
Terence Toçi43, e molti membri del governo e ministri di Stato, an-
che vari senatori, consiglieri superiori, gerarchi, alte personalità
albanesi, e numerosi rappresentanti dei territori liberati. La Com-
missione inviò a Roma una delegazione con il compito di presen-
tare il punto di vista albanese e di appurare quanto si era deciso
circa i confini della futura Albania.
41
Appunto per Benini, 27 giugno 1941; Appunto per il Gabinetto di Ciano, 2 lu-
glio 1941 71/07060/91, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat Bey Draga.
42
Ciano a Jacomoni, 5 dicembre 1941, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Ferat Bey
Draga.
43
Sull’importante figura e sull’opera dell’italo-albanese Terence Toçi,
v. RITA TOCCI, Terenzio Tocci mio padre (Ricordi e Pensieri), Corigliano Calabro,
Arti Grafiche Ioniche, 1977.
Vittoria mutilata 139
P ER
zione con quanto era stato stabilito a Vienna che ci si pose l’inter-
rogativo se non fosse ormai opportuno informarla delle decisioni
A
PIsulle nuove frontiere45. Ciano rispose positivamente e Pietromar-
CO
chi e Scammacca provvidero, nel corso di una riunione a Palazzo
Chigi, il 22 maggio, a mettere al corrente la delegazione albanese
della nuova sistemazione confinaria. I delegati albanesi conven-
nero pienamente sull’importanza dei risultati che si erano rag-
giunti e che i due funzionari italiani, carte alla mano, si sforzarono
di magnificare, ma domandarono che in sede di delimitazione dei
confini si apportassero delle modifiche “per ragioni puramente
sentimentali”.
La prima richiesta riguardava il piccolo territorio montene-
grino di Plava, che aveva scarso valore economico, ma era d’im-
portanza storica e morale enorme per l’Albania, in quanto luogo
delle lotte nazionali dell’epopea cantata dal sommo poeta albane-
se, il francescano padre Gjergj Fishta. Inoltre, pur non pretenden-
do di rimettere in discussione l’intero confine a nord del Kosovo
44
Scammacca a Jacomoni, 24 maggio 1941, lettera n. 71/05275/1248, in ASMAE,
SSAA, B. 78, f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini.
45
Appunto del SSAA, Ufficio I, Roma, 19 maggio 1941 in ASMAE, SSAA,
B. 78, f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini. Sull’appunto è
scritto: “Sua Ecc. Benini ha sottoposto l’appunto all’Ecc. il Ministro, il quale
autorizza a mettere al corrente gli albanesi. 19 maggio 1941. Scammacca”. Su
una copia dell’Appunto è anche scritto: “L’Ecc. Ciano ha autorizzato. Si è
provveduto informare i membri della Deleg. Alb. Nel senso voluto. Sc.”
140 La resa dei conti
P ER
Naum, soddisfaceva pienamente gli albanesi46. A conclusione di
questo primo giro di consultazioni, il governo albanese venne in-
PIA
formato ufficialmente del nuovo tracciato confinario, mentre la
46
Appunto per l’Eccellenza il Ministro del SSAA, Ufficio I, Roma, 22 maggio
1941 (l’appunto reca la scritta “Visto dall’Ecc. il Ministro”), in ASMAE, SSAA,
B. 78, f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini.
47
Appunto per l’Eccellenza il Ministro del SSAA, Ufficio I, Roma, 25 maggio
1941, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Commissione albanese per la delimitazione
dei confini.
48
Appunto per Ciano, senza data, sulla riunione del 7 giugno 1941, tra Scammac-
ca, Di Fossombrone, consigliere giuridico del Ministero, e la delegazione albanese, in
ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1.
Vittoria mutilata 141
P ER
modello degli accordi sulla minoranza tedesca dell’Alto Adige,
trovò compattamente contrari tutti i delegati albanesi. In realtà, al
A
PIdi là delle belle parole e delle pure sincere espressioni di compiaci-
CO
mento per l’allargamento territoriale dell’Albania, per gli albanesi
non c’era nulla che si doveva rendere definitivo nella sistemazione
confinaria e tanto meno come base della futura pace.
A dimostrarlo valgano le considerazioni che sia Kruja, sia
Berati e Alizoti misero per iscritto proprio sul problema del desti-
no degli albanesi rimasti fuori dal Regno, tutte tese a confutare
ogni altra soluzione, che certo era stata loro proposta, che non fos-
se quella degli accordi di protezione delle minoranze. Kruja bocciò
drasticamente l’idea di uno scambio di popolazioni con una serie
di convincenti argomentazioni. Innanzitutto, il numero degli
albanesi rimanenti in territorio serbo e bulgaro era il doppio dei
serbi e bulgari che sarebbero rimasti in quello albanese. Il nuovo
stato albanese, dunque, non era preparato, e non lo sarebbe stato
in un breve lasso di tempo, a ricevere improvvisamente queste
quarantamila famiglie, ovvero 200.000 nuovi abitanti. Altra ragio-
ne era la differenza climatica tra le regioni d’origine degli emi-
grandi e le zone agricole nelle quali sarebbero stati destinati, rite-
nute meno salubri. Il trasferimento di queste popolazioni veniva
poi bollato come “inumano” perché effettuato contro la volontà
degli stessi albanesi, tenacemente attaccati alla loro terra natia;
infine, dal punto di vista politico, un’evacuazione degli albanesi
avrebbe pregiudicato definitivamente la sorte futura di quei
142 La resa dei conti
territori.
Il sistema delle opzioni, altro rimedio esaminato da Kruja, pur
in apparenza più equo, poneva gli optanti di fronte all’atroce
E
dilemma di scegliere tra il richiamo “del sangue”, il richiamo della
R
T O
nazione, e le proprie radici, la terra che custodiva le spoglie dei
loro cari. Vi era poi un problema politico non indifferente nell’a-
'A U
dottarlo, cioè il rischio di dover accettare un trasferimento unilate-
L
rale, dato che con tutta probabilità le minoranze albanesi avreb-
P ER
bero optato per trasferirsi nel nuovo stato albanese, mentre bul-
gari e serbi in Albania, che il senatore stimava intorno ai centomila
PIA
individui, non avrebbero optato per il trasferimento entro i propri
CO stati nazionali. Non c’era altra soluzione, quindi, che quella degli
accordi bilaterali per assicurare alle minoranze di entrambe le
parti la tutela dei diritti di minoranza. Con convinzione Kruja
affermava: “È vero che questi diritti, garantiti nel passato dalla de-
funta S.d.N. sono stati impunemente calpestati. Ma questa viola-
zione si è potuta consumare dai più forti contro i più deboli che
non erano protetti che dall’impotente Società delle Nazioni. Gli
accordi bilaterali hanno invece funzionato abbastanza bene, per-
ché le parti contraenti avevano nelle proprie mani la stessa arma
di rappresaglie. Ciò è anche il caso nostro oggi. Se i governi bul-
garo e serbo mancassero ai propri obblighi verso le minoranze
albanesi, altrettanto farebbe il governo albanese verso quelle bul-
gare e serbe”49.
Anche Berati e Alizoti vennero alle conclusioni di Kruja, più o
meno con le stesse motivazioni, ma furono più espliciti sulle fina-
lità che ci si proponeva. Insistettero, infatti, sull’idea che uno
scambio di popolazioni avrebbe pregiudicato, inutilmente, il futu-
ro delle terre evacuate, mentre si potevano tranquillamente atten-
dere tempi migliori, confidando sul fatto che l’elemento albanese
Il problema delle minoranze albanesi. Appunti del senatore Kruja (gli appunti
49
P ER
cordo. Vi era, tra l’altro, il rischio che gli slavi abitanti in Albania,
ritenuti circa 100-150.000, optassero sì per la Bulgaria, ma rima-
A
PInessero concentrati lì dove erano, ovvero nella zona confinaria a
CO
stretto contatto con lo stato nazionale, dando vita a nuovi feno-
meni di irredentismo.
I due delegati albanesi ipotizzavano anche la possibilità di
un’opzione con l’obbligo di cambiamento di domicilio entro un
certo periodo di tempo, ma solo per respingerla come foriera di
gravi inconvenienti: si sarebbe data in mano a bulgari e serbi
un’ “arma temibile” per costringere gli albanesi a emigrare, adot-
tando misure vessatorie per spingerli a optare per l’Albania. Inol-
tre, come aveva già sostenuto Kruja, Berati e Alizoti erano del
parere che la popolazione slava presente nei nuovi confini albane-
si, più sensibile alle ingiunzioni delle autorità religiose e civili
bulgare, avrebbe optato in misura trascurabile, dando luogo a un
trasferimento unilaterale. Non rimaneva, dunque, anche per loro
che il sistema della protezione delle minoranze nazionali basato su
accordi bilaterali che, come aveva dimostrato quello tra Romania e
Jugoslavia, avrebbero assicurato efficacemente una reciprocità di
trattamento delle rispettive minoranze.
L’Albania, d’altro canto, era pronta a garantire alla minoranza
slava scuole in madrelingua, libertà di religione e forme d’autono-
mia politica, chiedendo per le minoranze albanesi un identico
trattamento. Gli accordi bilaterali, dunque, garantiti dal Nuovo
Ordine imposto dall’Italia e dalla Germania, erano l’unica strada
144 La resa dei conti
P ER
albanesi dovevano rimanere dove erano e non dovevano essere
assorbite affinché potessero attendere, in un futuro imprecisato,
PIA
l’arrivo dell’Albania. La sistemazione confinaria della Grande Al-
dei nuovi confini, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1 su cui si legge la minuta di Scam-
macca: Promemoria “del Ministro Berati, sul quale è d’accordo anche l’Ecc.
Alizoti. Rimesso il 10. VI.1940/XIX”.
Vittoria mutilata 145
P ER
turchi di Scutari, Kosovo, Monastir e Janina. Era l’Albania della
Lega di Prizren del 1878 ed era ancora quella per tutti i patrioti
A
PIalbanesi anche nel 1941. La lotta per l’unità nazionale del popolo
CO
albanese aveva solo conseguito un traguardo ragguardevole, ma
era lungi dall’essersi conclusa. Per gli albanesi d’Albania, dunque,
come per quelli del Kosovo, la vittoria conseguita contro la Jugo-
slavia era sentita come una vittoria mutilata.
A fine giugno la delegazione ritornò a Tirana dove la Commis-
sione, sotto la presidenza di Mborja, si riunì in seduta plenaria per
ascoltare la lunga relazione letta da Kruja sull’attività svolta a
Roma e sui risultati conseguiti. La seduta fu abbastanza movimen-
tata per l’evidente insoddisfazione dimostrata da molti membri
con richieste di chiarimento ed espressioni di preoccupazione per
la sorte dei territori non ancora assegnati, che costrinsero Kruja e
Mborja a far opera di rasserenamento degli animi52. In quest’opera
di distensione, trovarono un valido appoggio in Terence Toçi, che
pronunciò un vigoroso e solenne discorso di fronte al Consiglio
superiore corporativo, che magnificava il grande traguardo rag-
giunto e si incentrava sulla missione di avanguardia dell’impero
che veniva ora affidata all’Albania nei Balcani. Un contributo alla
moderazione fu poi apportato dalle misure che a Roma si erano
51
Appunto di Scammacca per il GAB-AP, 22 giugno 1941, 71/06605/1799, in
ASMAE, SSAA, B. 78, f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini.
52
Jacomoni a Ciano, 30 giugno 1941, t. 6447/561, in ASMAE, SSAA, B. 78,
f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini.
146 La resa dei conti
P ER
contrario di Mazzolini, alto commissario per il Montenegro, si
erano orientati nel senso di dare soddisfazione alle richieste degli
PIA
albanesi inoltrate da Jacomoni54.
53
Jacomoni a Ciano, 2 luglio 1941, t. 6584/0180, in ASMAE, SSAA, B. 78,
f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini.
54
Sulle vicende montenegrine, v. GIANNI SCIPIONE ROSSI, Mussolini e il
diplomatico. La vita e i diari di Serafino Mazzolini, un monarchico a Salò, Soveria
Mannelli, Rubettino, 2005, pp. 97-111. In particolare sulla questione dei confini
con l’Albania v. qui stesso il Diario di Mazzolini alla data del 21 maggio 1941.
55
Meloni a Ministero degli Esteri, telespr. 9777, senza data, ma di fine giu-
gno, in ASMAE, SSAA, B. 78 f. “Montenegro”. Col dispaccio si trasmetteva un
appello, datato 27 maggio da Scutari, e firmato dal presidente del municipio
di Tuzi Sherif Hyseni, dal presidente di quello di Gruda Dok Martini, e con le
firme di Bajram Muji da Tuzi, Nikoll Miri e Gjek Çuni da Gruda e Hasan Begu
da Vranje. Vi si legge sopra un appunto: “La questione è ormai decisa in senso
favorevole all’Albania limitatamente a Hoti e Gruda. Sc.”
56
V. CIANO, Diario, alla data del 30 giugno 1941.
Vittoria mutilata 147
P ER
vento, ma forse non fu estranea alla decisione del «duce» anche la
volontà di dare un colpo al prestigio della monarchia che ripetuta-
A
PImente si era espressa in favore del mantenimento del Montenegro
CO
nei confini del 191459. L’Albania, dunque, si ingrandiva a scapito
del Montenegro con le regioni di Peć e Giakoviza, di Plava e
Gusinje, di Tuzi, Hoti e Grudi e di Dulcigno (Ulcinj). Ciano scrisse
a Jacomoni di far rilevare come l’Italia realizzasse un “sogno seco-
lare” degli albanesi, mentre con Mazzolini si premurò di insistere
sul fatto che le frontiere avevano un “valore puramente morale ed
amministrativo trovandosi ambedue i popoli nell’orbita di Ro-
ma”60.
Era evidente che la decisione italiana doveva essere recepita in
modo assai diverso in Montenegro e in Albania. Mazzolini comu-
nicò da subito le profonde impressioni suscitate presso i montene-
grini e l’aggravarsi della situazione da ogni punto di vista e l’im-
57
Appunto urgente del SSAA, Ufficio I, Roma, 5 luglio 1941, in ASMAE, SSAA,
B. 78, f. Commissione albanese per la delimitazione dei confini. Vi si legge
sopra:”L’Ecc. il Ministro riceverà Koliqi e Kruja. Sc.”.
58
Mazzolini a Ciano, 8 luglio 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 362. V. anche il
Diario di Mazzolini alle date del 7, 11, 12 luglio 1941, in ROSSI, Mussolini e il
diplomatico, cit.
59
V. a questo proposito anche CIANO, Diario, alle date del 10 e 21 maggio
1941, nonché il Diario di Mazzolini alle date dell’11, 22 e 26 maggio 1941, in
ROSSI, Mussolini e il diplomatico, cit.
60
Ciano a Jacomoni, 8 luglio 1941 e Ciano a Mazzolini, 9 luglio 1941, in DDI, s.
IX, vol. VII, DD. 363 e 367.
148 La resa dei conti
P ER
mente, come nel secolo passato come all’ancora di salvezza e
all’antica protettrice antiottomana-antimusulmana e antitedesca.
R E
dalla comunità albanese del Kosovo come l’agognato segnale della
prossima unione con l’Albania. Consapevoli dell’orientamento de-
T O
gli albanesi e prive di ogni fiducia rispetto alla loro lealtà, le
'A U
autorità di Belgrado avevano evitato il richiamo alle armi dei ven-
L
ticinquemila albanesi del Kosovo che pure avevano già prestato
P ER
servizio militare sotto il Regno jugoslavo65. L’occupazione da parte
delle armate tedesche e italiane fu alquanto veloce. L’8 aprile i
A
PI
tedeschi entrarono a Skopje, il 10 erano alle porte di Prizren, che
venne però occupata dagli italiani il 14. Gli albanesi del Kosovo
CO avevano atteso la liberazione e avevano salutato con gioia l’arrivo
dell’esercito italiano, chiaro indice della sicura realizzazione delle
loro speranze. Molte comunità albanesi, tuttavia, trovandosi al di
fuori della linea di occupazione italiana, cominciarono a nutrire
preoccupazioni circa la loro unione con il resto dell’Albania. Gravi
lagnanze generò poi la decisione tedesca di permettere l’avanzata
dell’esercito bulgaro nelle zone della Macedonia precedentemente
occupate dalla Germania, ma che Berlino aveva promesso di
assegnare alla Bulgaria66.
L’intervento bulgaro, iniziato il 21 aprile, era stato da tempo
dettagliatamente pianificato e riguardò un’estesa regione che nel
suo complesso, e in particolare per la zona settentrionale, venne
definita prendendo come base l’accordo che era intercorso tra
Berlino e Sofia nel 1915, all’epoca dell’entrata della Bulgaria nella
prima guerra mondiale a fianco degli Imperi centrali. La regione
P ER
Benché la stampa di Sofia mettesse subito in risalto il fatto che la
questione macedone si era risolta grazie alla politica filo-asse e che
PIA
con una semplice carta geografica si potessero apprezzare i van-
67
Magistrati a Ciano, 21 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 962; Magistrati a
Ciano, 23 aprile 1941, t.p.c. 1689/0195, in ASMAE, AP, Jugoslavia, B. 107, f. Si-
tuazione in Macedonia.
68
Scammacca a Jacomoni, 8 maggio 1941, telespr. 04571/913, in ASMAE,
SSAA, B. 31, f. Rapporti italo-bulgari.
69
Sull’occupazione della Macedonia da parte dell’esercito bulgaro, v. KOFOS,
Nationalism and Communism, cit., pp. 108-110, che però, parlando degli eccessi
bulgari in Macedonia, dimentica completamente l’esistenza dell’elemento
etnico albanese.
Vittoria mutilata 151
P ER
bulgari e albanesi era divenuta in breve incandescente e non erano
mancati gli incidenti, favoriti anche dal fatto che gli albanesi
A
PIavevano fatto incetta di armi abbandonate dall’esercito serbo
CO
durante la ritirata. I bulgari si stavano dando da fare, quindi, per
imporre la loro amministrazione e provvedere al disarmo degli
albanesi, ma con metodi di una tale brutalità che più volte, ma
inutilmente, lo stesso Venturini era stato costretto a intervenire
presso le autorità militari competenti.
Una situazione, tra l’altro, che rischiava di peggiorare, man
mano che l’esercito tedesco si fosse ritirato per lasciare posto a
quello bulgaro, lasciandolo privo di ogni freno. “Insultare e per-
cuotere un Albanese perché porta il fez, pretendere che una donna
albanese musulmana si scopra il viso, irridere chi afferma di esse-
re italiano perché l’Albania è Italia, – riferiva il console italiano –
parlare della prossima invasione dell’Albania, e poi, soprattutto,
derubare gli Albanesi di quanto hanno, dall’oro all’onore delle
donne addosso alle quali diecine e diecine di soldati cercano con
gesti sconci armi inesistenti, ecco la pratica quotidiana dei militari
bulgari di occupazione”. Ma, a suo giudizio, non si trattava soltan-
to di atti ripetuti di violenza perpetrati da un esercito d’occupa-
zione. Erano vere e proprie “spedizioni punitive”, “sicuro indizio
di un sistema e di un programma”. Gli eccessi, infatti, erano così
sproporzionati e l’odio mostrato dai bulgari così acceso che tutto
portava a “ritenere che il loro atteggiamento risponda ad un pre-
ciso piano inteso ad eliminare con tutti i mezzi il problema alba-
152 La resa dei conti
fascista71.P ER
quali bisognava assicurare la “benevola protezione” del governo
70
Venturini a Legazione Belgrado, 4 maggio 1941, telesp. 403/169R, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
71
Ciano a Verlaci, lettera del 18 giugno 1941, n. 71/06301/2682, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 9.
72
Verlaci a Ciano, 4 giugno 1941, n. 625/17/18/19, in ASMAE, SSAA, B. 77,
f. 2. Con la lettera Verlaci rimetteva le seguenti relazioni sulla situazione dei
territori al di fuori dell’Albania: relazione sulla situazione a Struga e nel suo di-
stretto, in data 28 maggio 1941 e a firma del prefetto di Scutari, Riza Drini; relazione
sulla situazione politica del Kosovo a firma Banush Hoxhë-Sadillari, Tirana, 29 mag-
gio 1941; relazione del sindaco di Prizren, Tahir Kolgjini, Prizren, 25 maggio 1941.
Vittoria mutilata 153
P ER
vincere gli albanesi a rassegnarsi circa il destino di quelle terre, ma
la maggior parte della comunità albanese resisteva nella speranza
A
PIdi un’unione con l’Albania73.
CO
Effettivamente, già il 21 aprile 1941 il generale di divisione
Eberhardt, comandante delle truppe tedesche in Kosovo, aveva
organizzato un incontro con i notabili albanesi disposti a colla-
borare, guidati da Xhafer Deva, del quale si diceva fosse serbofilo
e ingaggiato in precedenza dal servizio di spionaggio tedesco. Du-
rante la riunione, Eberhardt promise l’istituzione di un’ammini-
strazione locale albanese e ampie concessioni riguardo all’insegna-
mento in lingua albanese. Si concordò, inoltre, la creazione di una
gendarmeria albanese, con un migliaio di uomini all’incirca, che
dovevano poi essere aumentati con il reclutamento di altri mille
volontari74. Più cautela i tedeschi mostrarono, invece, di fronte alle
istanze di espulsione dell’elemento montenegrino e serbo: Eberhardt
fu d’accordo a interessarsi in futuro della questione purché la cosa
fosse fatta “in modo ragionevole e pacifico”75.
73
Relazione sulla situazione politica del Kosovo a firma Banush Hoxhë-Sadillari,
Tirana 29 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2.
74
Su ciò v. VICKERS, Between Serb and Albanian, cit., p. 121; TOMASEVICH,
War and Revolution, cit., p. 149.
75
V. MALCOM, Storia del Kosovo, cit., pp. 330-331.
154 La resa dei conti
R E
al pari di Xhafer Deva, a rassegnarsi all’idea di rimanere dentro i
confini della Serbia. In giugno, il sindaco di Mitrovica, Mustafa
T O
Shabani, anche in rappresentanza della popolazione albanese di
'A U
Podujevo e Vuciterni, e il sindaco di Novi Pazar, Aqif Bluta, invia-
L
rono alle autorità militari tedesche una petizione in questo senso e
P ER
per richiedere l’instaurazione di un’amministrazione come quella
che si era avuta nel 1915-18 durante l’occupazione austro-unga-
PIA
rica. Le autorità tedesche di Mitrovica ribadirono, però, l’inten-
zione di restaurare un’amministrazione serba e l’obbligo degli
CO albanesi di collaborare con essa. I due esponenti kosovari, per rea-
zione, respinsero ogni collaborazione con i serbi, invocando l’oc-
cupazione italiana e il ricongiungimento alla patria albanese. Vista
l’ostinazione degli albanesi, il comando tedesco di Mitrovica sensi-
bilizzò i superiori gerarchici a Belgrado, che a loro volta invita-
rono i due notabili kosovari a recarsi nella capitale per discutere
del loro atteggiamento con il comandante militare della Serbia.
Il 16 e 17 giugno Mustafa Shabani e Aqif Bluta furono ricevuti
al comando militare tedesco della Serbia, dove tuttavia fu loro
confermato quanto sapevano: i quattro distretti albanesi sarebbero
rimasti per tutta la guerra dentro i confini della Serbia e sotto
l’amministrazione di Belgrado. Gli albanesi erano invitati a colla-
borare con le autorità civili serbe, con la promessa che dopo il
conflitto si sarebbe presa una decisione definitiva. La risposta dei
rappresentanti albanesi fu nuovamente negativa e i due ribadi-
rono il desiderio della popolazione che rappresentavano di unirsi
alla madrepatria quanto prima. Se ciò non fosse stato possibile,
bisognava comunque evitare un’amministrazione serba nei di-
stretti, lasciando l’occupazione tedesca fino alla pace. Forme di
autonomia locale, pure riproposte, non sembravano sufficienti ai
due rappresentanti kosovari, che giunsero a chiedere l’occupa-
Vittoria mutilata 155
P ER
loro causa, pregando per una pronta occupazione italiana e per
l’annessione all’Albania sotto la corona dei Savoia76. La situazione
A
PInel Kosovo occupato dalla Germania era, dunque, lungi dall’es-
CO
sere pacificata o semplicemente normalizzata. D’altra parte, il
governo serbo guidato prima da Ačimović e poi, dall’agosto 1941,
da Nedić, si sarebbe sempre accanitamente opposto a ogni ricono-
scimento del carattere albanese della zona. Pressioni provenienti
da Tirana e il desiderio di accattivarsi l’ala più nazionalista dello
schieramento politico albanese spinsero l’Italia a sostenere ripetu-
tamente la causa degli albanesi rimasti dentro i confini del gover-
natorato militare della Serbia.
Il governo albanese interessò continuamente Palazzo Chigi alle
sorti della regione kosovara non annessa, nella mai sopita speran-
za di poter estendere in futuro i confini dell’Albania. Personaggi
quali Ibrahim Lutfiu, Aqif Bluta, Mustafa Shabani e, soprattutto,
Ali Draga, figlio di Ferhad, che era tornato a Mitrovica, tennero
costantemente informate le autorità di Tirana dei negoziati che la
comunità albanese affrontò con i tedeschi e con i serbi al fine di
76
Theodoli a Berlino, SSAA, Tirana, Comando supremo, 16 luglio 1941, telespr.
02834; Guidotti a ministero degli Esteri, 21 giugno 1941, telespr. 255/127 da
Belgrado, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. Come si vede, è molto discu-
tibile quanto scrive Fischer che, fuorviato dai documenti tedeschi che ha
utilizzato, afferma categoricamente che gli albanesi consideravano l’ammini-
strazione tedesca a Mitrovica come “a model occupation regime”: v. FISCHER,
Albania at War, cit., pp. 85-86.
156 La resa dei conti
P ER
lo status di minoranza etnica. Il nuovo regime amministrativo pre-
vedeva un vice-bano albanese e assicurava agli albanesi la parteci-
PIA
pazione alle varie istituzioni preposte all’amministrazione civile,
77
Comandante militare della Serbia, Verbale delle conversazioni per l’ammissione
degli albanesi nella Amministrazione della giustizia serba. Belgrado 12 luglio 1941.
Ai negoziati parteciparono per gli albanesi Ali Draga, Aqif Bluta, Xhafer Deva
e Mustafa Shabani.
78
Il decreto fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Novo Vreme) del-
l’8 agosto 1941 ed era firmato da tutti i commissari serbi. È in ASMAE, SSAA,
B. 78, f. Minoranze.
Vittoria mutilata 157
P ER
fronte alle spese di viaggio. Jacomoni dette subito il suo assenso, a
patto che la delegazione kosovara durante il suo soggiorno in
A
PIGermania facesse capo all’ambasciata italiana a Berlino e che fosse
CO
accompagnata da un funzionario albanese del ruolo speciale del
ministero degli Esteri italiano, quale ad esempio Shtylla.
Anche Corrias, capo dell’ufficio Albania del gabinetto del mini-
stro80, al quale erano stati affidati gli affari albanesi dopo l’aboli-
zione del sottosegretariato, voluta nel vano intento di rendere più
autonoma la Grande Albania, si pronunciò favorevolmente. A suo
giudizio, inoltre, la delegazione kosovara poteva approfittare del
viaggio a Berlino per chiedere l’autorizzazione alla creazione di
sedi del partito fascista albanese nei distretti sotto amministra-
zione serba, sembrando questo lo strumento più utile per tenere
desto l’attaccamento alla madrepatria albanese nelle comunità non
annesse fin tanto che esse fossero rimaste nei confini della Serbia81.
Ciano, tuttavia, fece opposizione alla proposta per due ragioni
79
Memorandum del Comitato Kosovaro a Verlaci, in ASMAE, SSAA, B. 78,
f. Minoranze. Il memorandum era firmato da Bedri Pejani, Rexhep Mitrovica,
Xhelal Mitrovica.
80
Sulla figura di Corrias, v. FRANCESCO CORRIAS, Un diplomatico italiano del
novecento. L’ambasciatore Angelino Corrias 1903-1977, Soveria Mannelli, Rubbet-
tino, 2003.
81
GAB-ALB. Appunto per l’Eccellenza il Ministro, 17 settembre 1941, in ASMAE,
SSAA, B. 78, f. Minoranze. Sull’appunto Ciano annotò: “Corrias. Parlarne al
mio ritorno a Roma”.
158 La resa dei conti
P ER
interessi stessi dell’Italia e dell’Albania, rimettere in discussione
l’assetto stabilito a Vienna. Il ministro italiano, dunque, respinse
PIA
l’idea di una missione a Berlino, ma concordò con una soluzione
margine, l’appunto con le proposte reca la scritta “SI”, segno del consenso di
Ciano.
Vittoria mutilata 159
'A U
La costante ingerenza nelle vicende del Kosovo serbo, per
L
quanto a Roma ci si sforzasse di mantenerla su un tono minore,
P ER
non fu certo gradita alle autorità tedesche. Lamentarono continue
infrazioni del confine da parte degli albanesi del Regno allo scopo
A
PIdi fare opera di propaganda per l’annessione85, e risposero con
CO
una serie di iniziative di contro-propaganda che a loro volta urta-
rono gli italiani. Il Kosovo divenne in breve uno dei tanti terreni di
frizione tra Roma e Berlino, generati dalla sistemazione della peni-
sola balcanica e, più in generale, dalla conduzione della guerra. La
propaganda, del resto, come in tutti i Balcani, prendeva le forme
più impensabili. In novembre, molte voci, alle quali pareva non
fossero estranei agenti tedeschi e dietro cui si sospettava addirit-
tura che vi fosse lo zampino del console generale tedesco a Tirana,
Peter H. Pfeiffer, giunsero a Roma per dare come possibile la con-
cessione di una vera e propria autonomia al Kosovo serbo come
primo passo per la ricostituzione di un’Albania etnica sotto in-
fluenza della Germania. Si parlò di una futura offerta della corona
della regione al figlio dell’ex monarca albanese, principe Wied, ora
ufficiale tedesco86.
83
Traduzione di una petizione di Ali Draga al capo della sezione per l’istruzione
del Comando miliare della Serbia, KVR, Belgrado, 12 agosto 1941, in ASMAE,
SSAA, B. 78, f. Minoranze.
84
Ministero degli Esteri a Tirana, 19 novembre 1941, telespr. 71/13953/386, in
ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze.
85
Mameli a Ciano, 4 dicembre 1941, t. 11440R/435, in ASMAE, SSAA, B. 77, f.
9, Movimento macedone.
86
Comando generale a Ministero degli Affari Esteri, Promemoria del 4 novembre
160 La resa dei conti
P ER
ma il ministro italiano confidò al suo diario tutti i suoi dubbi circa
il fatto che Berlino avrebbe seriamente preso delle misure88.
nei Balcani alla fine di novembre 1941 durante la sua visita in Ger-
mania. Ciano sensibilizzò il suo omologo tedesco anche ai generali
problemi che si presentavano in Kosovo e insistette, secondo i
E
desideri albanesi, per la cessione della zona di Mitrovica all’Italia.
R
T O
Ribbentrop, tuttavia, pur impegnandosi a interessarsi delle pro-
blematiche della regione, evitò ogni discussione e declinò ogni ad-
'A U
debito, affermando di non conoscere i particolari delle questioni e
L
attribuendo ogni responsabilità a funzionari e comandanti militari
P ER
sul posto91. Mackensen fu nuovamente istruito a ricordare agli ita-
liani che quanto concordato a Vienna aveva un carattere definiti-
A
PIvo, se Palazzo Chigi avesse risollevato la domanda di una cessione
CO
di Mitrovica92. Il problema dell’unificazione del Kosovo, d’altra
parte, era solo una delle tante questioni che agitavano i rapporti
tra Roma e Berlino e certamente non la più idonea a turbarli in
profondità93.
91
Ciano a Mussolini, 24-27 novembre 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 786.
V. anche TOMASEVICH, War and Revolution, cit., p. 150.
92
V. FISCHER, Albania at War, cit., p. 87.
93
Jacomoni a Ciano, 9 dicembre 1941, t. 11609R/1102-1103, in ASMAE, SSAA,
B. 77, f. 9, Movimento macedone.
162 La resa dei conti
P ER
tegrato i funzionari serbi fuggiti durante le operazioni militari, so-
stenendo che finché non si fosse proceduto all’annessione doveva
PIA
rimanere in piedi la vecchia amministrazione.
94
Relazione del podestà di Prizren, Tahir Kolgjini, Prizren, 25 maggio 1941,
Vittoria mutilata 163
P ER
gere ogni addebito. Il podestà di Prizren, interrogato per fornire
dati più precisi su fatti e luoghi non era stato in grado di rispon-
A
PIdere. Le sue accuse si dovevano, dunque, considerare prive di fon-
CO
damento.
Quanto all’atteggiamento delle autorità militari verso gli alba-
nesi, il Comando supremo precisava che solo nei primi giorni di
occupazione del Kosovo si erano utilizzati interpreti serbi, croati o
montenegrini, ma che questi erano stati sostituiti appena possibile
da albanesi; che nessun funzionario jugoslavo, già destituito dai
tedeschi, era stato rimesso in carica, eccetto i magistrati secondo
quanto stabilito direttamente dal governo italiano; che i carabi-
nieri avevano agito secondo le leggi e non avevano mai tenuto un
comportamento di favore verso gli slavi; che non vi erano stati
mai reclami da parte della popolazione circa comportamenti scor-
retti avvenuti durante le perquisizioni in case albanesi allo scopo
di sequestrarvi armi. Si informava, infine, che non si era verificata
nessuna vendita di immobili da parte di famiglie serbe che si
erano allontanate dal Kosovo96.
Le preoccupazioni di Tirana, le tensioni tra autorità militari ita-
P ER
misurato la portata e le conseguenze. L’un contro l’altro armati
stavano montenegrini, serbi, albanesi, bulgaro-macedoni e mace-
PIA
doni autonomisti, aromeni, greci, četnici serbi, komitadji bulgari,
P ER
anzi, non farebbero che aggravare la situazione nel caso si schie-
rassero, come è probabile, dalla parte degli albanesi. Solo con azio-
A
PIne energica e giusta, rimovendo abusi e soprusi, neutralizzando
CO
propagande ostili, provvedendo alle necessità economiche (vetto-
vagliamento, indennizzi, ecc.) si riuscirà a dare a quelle popolazio-
ni la fiducia nel governo e, con essa, la tranquillità”97. Una ricetta
abbastanza astratta, quella proposta dal generale italiano, se non
nella richiesta di non inviare funzionari albanesi, ma anche questa
richiesta, tuttavia, prevedibilmente irrealizzabile: come si poteva
impedire il trasferimento all’amministrazione albanese delle terre
occupate se l’Italia a partire dall’attacco alla Grecia aveva combat-
tuto sotto l’incessante propaganda della realizzazione della Gran-
de Albania?
L’appello del Comando supremo, con quei tratti accusatori per
l’inerzia che sembrava dimostrare Palazzo Chigi, provocò una sec-
ca risposta di Ciano, in cui si osservava che la gravità della situa-
zione era nota, come prevedibili erano i contrasti etnici, e che il
ministero degli Esteri si stava prodigando come poteva per porvi
rimedio. Si erano prese misure per l’approvvigionamento delle
popolazioni, istruzioni continue erano date a tutte le autorità in
Albania e si era già inviato in missione come alto commissario ci-
gno 1941, t.n. 20317, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. “Minoranze”. Il dispaccio tra-
smetteva il rapporto di Alessandro Pirzio Biroli al Comando supremo,
n. 08973 del 16 giugno 1941 sulla situazione nel dibrano e nel kosovese.
166 La resa dei conti
P ER
misure di ordine pubblico con l’oculatezza e prontezza di cui ave-
vano già dato prova i presidi militari locali98.
B. 78, f. Minoranze.
99
Parini a ministero degli Esteri, 2 giugno 1941, t. 17179/406, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 2.
Vittoria mutilata 167
nei loro uffici, mentre gli slavi non avevano alcun desiderio di
collaborare in posizioni subalterne agli albanesi e speravano nella
non facile possibilità di emigrare in Serbia o Montenegro. Al di
E
fuori della cittadina, erano maggiormente visibili i segni delle pas-
R
T O
sate rappresaglie, le campagne erano devastate, le case bruciate,
gli slavi, ormai profughi, andavano a rifugiarsi ai margini delle
'A U
città dove potevano più facilmente godere della protezione delle
L
truppe italiane. Soffiava sul fuoco dei rancori il clero ortodosso e
P ER
musulmano100.
A Gjakova e Peć, al di là di singoli episodi di efferatezza, Umil-
A
PItà trovò una situazione identica e forse anche peggiore. A Pristina,
CO
che le truppe italiane avevano occupato in giugno, dopo l’evacua-
zione tedesca e a patto che i tedeschi mantenessero il loro perso-
nale nella gestione della ferrovia, la realtà era poi drammatica:
“non una sola casa aveva il tetto o gli infissi, che erano stati bru-
ciati, e non una sola stalla conteneva alcun capo di bestiame. Uo-
mini e donne erravano per la pianura, senza tetto, e trovavano
rifugio nelle anfrattuosità del terreno, in capanne improvvisate, e
sotto gli alberi dei non rari boschetti. A Cossovopolje, a Liplian e
negli altri villaggi, tutto era rovina e squallore”101.
Umiltà, oltre a occuparsi delle necessità più urgenti delle popo-
lazioni, impostò un programma di graduale transizione all’ammi-
nistrazione civile basato sulla permanenza provvisoria delle leggi
jugoslave in materia di imposte, sanità ed economia. Anche per
l’amministrazione della giustizia, leggi e magistratura rimanevano
quelle jugoslave, ma con l’assistenza di giudici albanesi inviati da
Tirana. Un forte impulso ci si proponeva di dare all’insegnamento
della lingua albanese, attraverso l’invio dall’Albania di maestri
preparati che affiancassero l’opera degli insegnanti slavi. Solo la
gestione delle infrastrutture, per ovvi motivi, rimaneva di spettan-
100
V. CARLO UMILTÀ, Jugoslavia e Albania. Memorie di un diplomatico, Mila-
no, Garzanti, 1947, pp. 110-111.
101
V. UMILTÀ, Jugoslavia e Albania, cit., p. 115.
168 La resa dei conti
P ER
co italiano, ma si ispirava a ragioni politiche sulle quali Mussolini
stesso aveva concordato: dal momento che la questione dei confini
PIA
era stata grosso modo definita, si trattava di dare agli albanesi,
102
Scammacca a Meloni, Tirana, 21 giugno 1941, t. 23542PR/682; Meloni a
Scammacca, 22 giugno 1941, t. 20555PR/523, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2
103
V. Gazzetta Ufficiale del 14 luglio 1941.
104
V. MALCOM, Storia del Kosovo, cit., pp. 329 e 332-333. Sulla situazione nei
territori annessi all’Albania, v. anche RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo,
cit., pp. 352-356.
Vittoria mutilata 169
P ER
meno di un mese e a portare a termine il compito già ad agosto105.
Furono, inoltre, istituite molte scuole elementari nei vari distretti
A
PIkosovari106, potendo contare, a differenza del Kosovo serbo, su
CO
personale qualificato e competente proveniente dal resto dell’Al-
bania. Fallimentare fu, invece, il tentativo di Alizoti di cambiare
sistema di riscossione delle imposte per uniformarlo a quello
albanese. In breve nessuno pagò più le tasse, gli slavi come forma
di protesta per la nuova situazione, e gli albanesi con il pretesto
che, a causa della guerra, non avevano sufficienti redditi107.
Ma, al di là del successo o dell’insuccesso delle singole misure,
ciò che inficiò in generale l’azione di Feizi Alizoti fu il boicottaggio
sistematico cui fu sottoposta da parte dello stesso governo di
Tirana. Le richieste e le proposte di Alizoti trovarono nei fatti poca
accoglienza da parte del governo centrale, che in breve ambì a sba-
razzarsi dell’alto commissario per passare a una gestione diretta
dei territori liberati. Gelosie burocratiche e lotte intestine nella
classe dirigente albanese impedirono finanche che l’alto commis-
sariato disponesse di un adeguato numero di funzionari efficienti
e preparati per giungere a una normalizzazione delle terre annes-
se che non fosse solo di facciata. La conseguenza fu che le rivalità
etniche, invece di cessare, si ravvivarono dando vita, in ottobre e
novembre 1941, a veri e propri scontri armati tra slavi e albanesi.
105
V. UMILTÀ, Jugoslavia e Albania, cit., p. 127.
106
V. TOMASEVICH, War and Revolution, cit., p. 151.
107
V. UMILTÀ Jugoslavia e Albania, cit., p. 134.
170 La resa dei conti
P ER
militari italiani e con la liberalità con cui si concedevano110. Ma al
di là della indubbia potenza del fascino femminile, non c’è troppo
PIA
da stupirsi se per mentalità, religione, condizioni sociali e livello
CO culturale fosse più facile per gli italiani avere contatti con gli slavi
che non con gli albanesi del Kosovo, società ancora chiusa e tenuta
per decenni in stato di arretratezza e ignoranza dallo stato jugo-
slavo.
CO
della Macedonia
L’occupazione bulgara, iniziata a fine aprile, si estese rapidamen-
te, secondo gli accordi intervenuti con l’alto comando germanico,
fino a una linea che partendo da un punto stabilito tra Skopje e
Tetovo andava verso sud fino alla frontiera ellenica, comprenden-
do le cittadine di Bitolj e Prilep. I limiti della zona di occupazione
bulgara furono annunciati il 17 aprile 1941 e il 14 maggio si pro-
clamò l’annessione formale dei territori occupati, che furono poi
allargati per includervi Ohrid, dopo un accordo con l’Italia, il
15 maggio1. Contemporaneamente, il 14 maggio, il bollettino di
guerra italiano annunziò pubblicamente l’occupazione italiana di
Tetovo, Struga e delle altre zone al confine occidentale albanese,
dimostrando nei fatti quale fosse la linea di demarcazione tra
Albania e Bulgaria raggiunta a Vienna2. Da parte sua la Germania,
con un accordo del 24 aprile, stipulato dal suo commissario per gli
affari economici, Clodius, si era assicurata diritti minerari e diritti
di transito sulle ferrovie e sulle zone occupate dalla Bulgaria3.
1
V. MILLER, Bulgaria during the Second World War, cit., p. 129.
2
Magistrati a Ciano, 14 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
3
Il protocollo economico fu firmato da Ribbentrop e Popov il 24 aprile;
v. il testo in DGFP, serie D, vol. XII, D. 393.
172 La resa dei conti
P ER
immediatamente alla nomina di nuovi prelati per le principali sedi
vescovili dei territori occupati.
London, 1950, pp. 31 ss.; MILLER, Bulgaria during the Second World War, cit.,
pp. 126-128.
Macedonia contesa 173
P ER
di Berlino provocò la punizione di qualche militare bulgaro e
l’invio di istruzioni tese ad evitare il ripetersi di simili incidenti.
A
PIMa ciò non arrestò il programma di forzata colonizzazione della
CO
Tracia. A fine 1941, il governo bulgaro emanò un decreto in base al
quale tutte le proprietà immobiliari, rurali o urbane, e quelle mo-
biliari che appartenevano o a bulgari emigrati come risultato della
prima guerra mondiale o a greci che erano fuggiti durante le ulti-
me operazioni militari dovevano essere messe a disposizioni di
cittadini bulgari che si volevano stabilire in Tracia e una serie di
privilegi erano garantiti ai contadini che avrebbero voluto trasfe-
rirsi lì6.
Complicata si presentò da subito anche la situazione nella zona
di Ohrid e Struga. Per effetto della politica di snazionalizzazione
compiuta da Belgrado, gli albanesi rimanevano in stragrande
maggioranza solo nelle campagne di Struga, mentre i bulgaro-ma-
cedoni prevalevano sia nelle due cittadine sia nella campagna di
5
Zamboni a Ciano, 29 maggio 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 179. Il presi-
dente del consiglio greco, Tsolakoglu, chiese l’intervento del governo di
Berlino contro le atrocità commesse dai bulgari contro la popolazione greca.
Ma l’Auswärtiges Amt rispose che non intendeva farsi interprete delle proteste
greche verso governi esteri, pur autorizzando il suo rappresentante ad Atene,
Altenburg, a segnalare a titolo personale i fatti al suo collega bulgaro.
6
Simopoulos a Eden, 3 dicembre 1941, in British Documents on Foreign Affairs,
Part III, Series F, Europe, Volume 21, Italy and South-Eastern Europe, July
1940-December 1940, D. 36, p. 443.
174 La resa dei conti
P ER
se da parte sua sentimenti di riconoscenza al «duce» e a Vittorio
Emanuele III, inneggiando alla liberazione ottenuta dall’Italia9.
7
Telegramma del 12 aprile 1941 per Mussolini a firma di Ivan T. Balabanov e
Giorgio P. Kisselov, e Appunto del SSAA, 13 aprile 1941, in ASMAE, SSAA, B. 31.
8
Scammacca a Jacomoni, 2 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 31, f. Rapporti
italo-bulgari. Il messaggio di ringraziamento al «duce» reca la data del 24
aprile ed è a firma di Demetrio Tetschkov.
9
Parini a Ministero degli Esteri, 31 maggio 1941, t. 5260/111, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 2.
Macedonia contesa 175
P ER
sul tempo anche le iniziative di Tirana. Jacomoni, infatti, aveva
disposto l’invio di molte bandiere italiane e di un certo numero di
A
PIfunzionari albanesi, con il fine di abituare lentamente almeno una
CO
parte dei bulgaro-macedoni alla prospettiva di una convivenza
con gli albanesi nella comunità imperiale di Roma. Era un’idea che
cominciava a guadagnare terreno e che, secondo il luogotenente,
avrebbe potuto sanare i contrasti e addirittura superarli. Nel ten-
tativo di rimediare a questa situazione, d’accordo con i militari, no-
minò un commissario straordinario italiano al comune di Ohrid,
mentre le autorità militari decisero di trasferire da Struga a Ohrid
la sede del comando del raggruppamento camicie nere del gen.
Biscaccianti, che occupava la zona dei laghi.
Il quadro generale della Macedonia occidentale si presentò,
tuttavia, ben presto molto complicato10. La propaganda bulgara
dilagò con una serie di iniziative tese al risveglio dell’irredentismo
bulgaro-macedone e all’unione con la Bulgaria. Con il pretesto di
rendere omaggio a Biscaccianti, il 19 aprile giunsero a Struga due
ufficiali bulgari, il colonnello Tremikov e il tenente Bankov, prove-
nienti da Bitolj. Durante la loro visita un gruppo di circa duecento
bulgaro-macedoni si radunò davanti alla sede del comando italia-
no sventolando, come atto di omaggio, bandiere italiane, tedesche
10
Offre il punto di vista macedone degli avvenimenti in Macedonia in
questo frangente, il saggio di TATJANA CRISMAN MALEV, Aspetti di una occupa-
zione: gli italiani nella Macedonia occidentale, in L’Italia in Guerra. 1940-43, Annali
della Fondazione Luigi Micheletti, cit., pp. 171-184.
176 La resa dei conti
P ER
costretti, per timore di violenze, a impedire una controdimostra-
zione che gli albanesi avevano organizzato a Struga. Il 20 aprile,
PIA
altri due ufficiali bulgari arrivarono in macchina a Ohrid, con un
11
Sorice a Ministero degli Esteri, 17 maggio 1941, 131674/77.2.11, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 2, con allegato manifesto di propaganda bulgara. Altri episodi
erano stati segnalati dalla luogotenenza a Tirana. Jacomoni, infatti, informò
Roma che il 7 maggio pomeriggio erano giunti a Debar, provenienti da
Skopje, un deputato e un giornalista bulgari decisi a andare a Ohrid per fini di
propaganda. I carabinieri, anche in questo caso, non avevano dato il permes-
so. Come era accaduto altre volte, Palazzo Chigi incaricò Magistrati di interes-
sare Sofia al fine di evitare occasioni di incidenti. Anfuso a Magistrati, 21 maggio
1941, t. 17149PR/174, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2.
Macedonia contesa 177
P ER
dava che durante la prima guerra mondiale Tetovo, Debar e Ohrid
erano state annesse alla Bulgaria in virtù dell’alleanza tedesco-bul-
A
PIgara del 1915 e si avanzava, a giustificazione delle rivendicazioni,
CO
anche l’argomentazione geopolitica, sull’assurdità di staccare
queste cittadine e la regione di Tetovo dal resto della Macedonia.
Per risolvere il problema degli albanesi lì residenti, si proponeva
uno scambio di popolazione con i 70.000 macedoni che sarebbero
entrati nei nuovi confini dell’Albania12. Al diplomatico italiano
chiesero anche maggiore protezione contro eventuali violenze da
parte di gruppi albanesi, richiesta che Magistrati girò a Roma con
l’invito a fare qualcosa13.
Questi episodi avevano acuito e continuavano ad acuire gli
attriti già esistenti tra le nazionalità, incoraggiando i bulgaro-ma-
cedoni ad assumere una posizione sempre più filo-bulgara e, per
contro, turbando la popolazione albanese fuori e dentro i confini
dell’Albania. A Tirana, scrisse Jacomoni dopo pochi giorni di
occupazione bulgara, l’opinione pubblica era “sensibilissima alle
vicende di quella regione cui rivendicazione all’Albania è delle
12
Appunto per il SSAA, 6 giugno 1941, n. 02001, in ASMAE, SSAA, B. 77,
f. 2. Con l’appunto si restituiva al gabinetto il memoriale Esposizione dei Bulgari
delle regioni di Ocrida, Struga, Debar, Chicevo, Gostivar, Galitchnik e Tetovo, Sofia,
14 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. Il memoriale recava le firme
autografe dei rappresentanti bulgari delle cittadine.
13
Magistrati a Ciano, 17 maggio 1941, t. 4630/469 R.; Magistrati a Ciano, 19
maggio 1941, telespr. 1903/596, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2.
178 La resa dei conti
P ER
state promesse; oppure, spedendo civili e militari come agenti di
propaganda nei centri dove non poteva operare un’occupazione
PIA
militare, ma che rientravano nelle sue ambizioni nazionali, come
Minoranze.
15
Appunto del SSAA, Uff. I, 29 aprile 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
L’appunto, inviato a Pietromarchi, fu poi “sospeso”.
Macedonia contesa 179
P ER
macedoni e quelli albanesi in cui si concordava la cessione alla
Bulgaria delle cittadine di Ohrid, Struga, e Ressen, mentre si sta-
A
PIbiliva un plebiscito per decidere della sorte di Debar16.
CO
Su Ohrid, tuttavia, data la sua importanza per la cultura e la
religione bulgara, Magistrati suggeriva, se si era orientati a ce-
derla, di farlo subito e prendersi il merito di fronte ai bulgari di un
sacrificio in nome dell’amicizia tra Roma e Sofia, evitando di
sottostare a una sconveniente mediazione tedesca17. La Germania,
infatti, appariva del tutto favorevole a dare le più ampie soddisfa-
zioni all’alleata e fedele Bulgaria. Berlino riteneva impossibile
negare Ohrid alla Bulgaria, per non minare l’incerto e infiammato
quadro politico interno bulgaro e indebolire ancor di più la figura
di re Boris18. Il 4 maggio, Hitler in persona aveva definito legittima
l’annessione alla Bulgaria della Macedonia, quale debito storico e
morale dei tedeschi nei confronti dei fedeli fratelli d’arme della
grande guerra.
Effettivamente, come Magistrati aveva auspicato, pur non es-
sendo ancora state rese pubbliche congiuntamente da Italia e Ger-
mania le decisioni prese a Vienna, Palazzo Chigi si conformò velo-
cemente ad esse circa la cessione di Ohrid. La presenza italiana
nella cittadina fu dunque breve, ma lasciò una traccia significativa.
16
Magistrati a Ciano 24 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 4.
17
Ministero degli Esteri ad ambasciata a Berlino, 5 maggio 1941, telespr. 09761,
in ASMAE, SSAA, B. 31, f. Rapporti italo-bulgari.
18
Richthofen a Ribbentrop, 16 aprile 1941, in DGFP, s. D, vol. XII, D. 357.
180 La resa dei conti
P ER
ne, la cittadina fu imbandierata a festa con vessilli italiani e tede-
schi e tappezzata di ritratti di Vittorio Emanuele III e del «duce».
PIA
Una dimostrazione di riconoscenza, secondo il console italiano a
19
Console a Bitolj a Legazione Belgrado, 12 maggio 1941, telespr. 231/87, in
ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 2.
Macedonia contesa 181
P ER
misure provvisorie, l’invio di un funzionario di partito e di un se-
gretario politico con due o tre “camerati” che conoscessero l’italia-
A
PIno, di una decina di insegnanti, e di 2.000-3.000 abbecedari e altri
CO
libri di lettura.
Fin troppo prevedibile era l’indicazione che dava il funzionario
albanese per normalizzare definitivamente la situazione: pronta
annessione di Struga all’Albania e rifiuto di ogni idea, pure ven-
tilata dai bulgari, di tenere un plebiscito solo per il suo circon-
dario. Come non si era fatto alcun plebiscito a Skopje e dintorni,
che le truppe bulgare avevano semplicemente occupato, così non
era il caso di farlo per Struga. La pianura di Struga, d’altra parte,
era il secolare granaio che approvvigionava le montagne di Mokra,
Cermenika e una parte delle montagne di Debar ed era il loro
principale mercato fin dal 1912. La sua appartenenza all’Albania,
dunque, non era discutibile20.
Come le zone di Ohrid, Debar e Struga, anche la regione di
Tetovo rientrava tra le zone rivendicate dall’irredentismo bulgaro.
A Tetovo, centro a circa 45 km da Skopje assegnato a Vienna al-
l’Albania, i reparti italiani fecero la loro prima apparizione il 9
20
Relazione sulla situazione a Struga e distretto, Struga, 28 maggio 1941, a firma
del prefetto di Scutari Riza Drini, in SSAA, B. 77, f. 2. La relazione, insieme ad
altre relative alla situazione nei territori occupati dall’Italia, fu, come già detto,
rimessa da Verlaci a Ciano con lettera del 4 giugno 1941, n. 625/ 17/18/19. Tutti
i documenti sono in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. Le relazioni furono date in
lettura a Mussolini.
182 La resa dei conti
P ER
cerimonie per l’insediamento dei comandi italiani a Tetovo, un
gruppo di bulgaro-macedoni era stato attaccato da albanesi armati
PIA
che avevano fatto 2 morti e 3 feriti21. La notizia, tuttavia, che non
SSAA, B. 77, f. 2.
22
Sorice a Ministero degli Esteri, 1 giugno 1941, n. 135708/77.2.15, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 2. Comando superiore forze armate Albania.
Macedonia contesa 183
P ER
colpevoli soprattutto di aver avuto e di avere fede nell’Italia fa-
scista”23. Di passi a Sofia il governo di Roma ne fece parecchi, ma
A
PIla situazione non migliorò.
CO
Nel corso di maggio, la tensione tra i due gruppi nazionali si
inasprì. Il fatto che migliaia di albanesi avesse intonato il grido
“Skupi! Skupi!” (Skopje) aveva fornito alle autorità bulgare il
pretesto per inasprire il loro atteggiamento verso la popolazione
albanese nella loro zona di occupazione e in particolare a Skopje,
dove si erano registrati violenze in massa e soprusi d’ogni genere.
Gli albanesi erano accusati di essere infidi e di portare i loro co-
pricapo tradizionali bianchi, le qeleshe, in segno di sfida e di resi-
stenza. Il quartiere musulmano di Skopje era stato militarizzato,
con pattuglie armate sempre in movimento e posti di blocco con
mitragliatrici. Chi portava la qeleshe, o anche semplicemente il fez
rosso, veniva portato in edifici statali o municipali e percosso con
brutalità, minacciato, insultato o trattenuto in arresto.
Contemporaneamente, si erano registrati casi di vessatorie per-
quisizioni notturne, furti e violenze contro le donne. Gli albanesi
avevano accolto l’invito di Venturini a mantenere la calma e si
erano limitati a inviare una delegazione presso il generale von
P ER
l’indegno comportamento delle sue truppe e il danno che ne veni-
va al prestigio dell’Asse. A seguito del passo, Lindemann era in-
PIA
tervenuto, ma la risposta del comandante Mikhov era stata sem-
24
Scammacca a Magistrati, 15 giugno 1841, telespr. 71/06095, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 1, sf. 9. con allegato Venturini a Legazione a Belgrado, 18 maggio
1941, telespr. 436/187. Secondo quanto si apprese a Roma, durante le
manifestazioni di Skopje erano stati arrestati in totale 350 albanesi accusati di
portare il copricapo bianco come segno di sfida nazionalistica. Su questi
episodi v. anche British Documents on Foreign Affairs, Part III, Series F, Europe,
Volume 21, Italy and South-Eastern Europe, July 1940-December 1941, D. 61,
allegato, pp. 489-490.
Macedonia contesa 185
P ER
Guerra e alla luogotenenza di disporre ogni misura per evitare
violenze da parte albanese contro la popolazione bulgaro-mace-
A
PIdone26.
CO
Nello stesso torno di tempo, Ciano incaricò Magistrati di com-
piere un passo speciale per la protezione degli albanesi di Ohrid,
passata al controllo bulgaro dopo l’evacuazione italiana. Roma
fece valere il fatto di non aver mai discusso l’appartenenza alla
Bulgaria di Ohrid, dando piena e pronta soddisfazione alle riven-
dicazioni di Sofia, ma al contempo richiese precise assicurazioni
sia per quanto riguardava il trattamento della popolazione albane-
se presente nella regione di Ohrid stessa, sia per conservare la
piena e totale disponibilità delle acque del lago omonimo. Il lago
formava con il bacino del Drin un unico complesso per il quale a
Roma si stavano eseguendo importanti studi di sistemazione i-
droelettrica. Dato l’interesse albanese sul lago, Ciano propose di
negoziare rapidamente uno scambio di note con il quale si sarebbe
dovuto riconoscere all’Italia il diritto di disporre pienamente delle
acque del lago stesso e, al contempo, costituire una commissione
mista per la determinazione dei confini27. Era il primo tentativo da
25
Magistrati a Ciano, 12 maggio 1941, t. 4327/447, in ASMAE, AP, Jugo-
slavia, B. 107, f. Situazione in Macedonia.
26
SSAA al Ministero della Guerra e alla luogotenenza a Belgrado, 21 maggio
1941, in SSAA, B. 31, f. Rapporti italo-bulgari.
27
Ciano a Magistrati, 21 maggio 1941, t. 140R./175, in ASMAE, SSAA, B. 77,
f. 1.
186 La resa dei conti
P ER
alle comunità albanesi e inviare subito istruzioni in questo senso
alle autorità bulgare in loco, civili e militari28. Magistrati girò la
PIA
richiesta di Palazzo Chigi a Popov, che prese nota, dando ogni
28
Ciano a Magistrati, 31 maggio 1941, t. 19002PR/195, in ASMAE, SSAA,
B. 77, f. 1, sf. 1.
29
Magistrati a Ciano, 5 giugno 1941, telespr. 2169, in ASMAE, SSAA, B. 77, f.
1, sf. 1.
Macedonia contesa 187
R E
2. Roma e Sofia nella tormenta
T O
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A partire dall’aprile 1941, a causa dei dissidi sulla spartizione
'A
L
della Macedonia, i rapporti tra Roma e Sofia attraversarono un
ER
periodo di forte tensione. Il governo bulgaro, in apparenza, non
P
biasimò mai quella stretta cooperazione con l’alleato italiano che a
A
PI
Roma si auspicava, ma in Bulgaria non si poteva celare il fatto che
l’Italia rappresentasse e sostenesse la Grande Albania e le sue
CO aspirazioni su territori rivendicati dall’irredentismo bulgaro. Ine-
vitabili sembrarono, dunque, almeno nella fase iniziale, gli attriti
con Sofia per via della sistemazione confinaria e le antiche frizioni
tra i diversi gruppi etnici in Macedonia. Gli albanesi ricorrevano e
sarebbero ricorsi alla protezione di Roma, mentre i bulgaro-mace-
doni a quella di Sofia. Circolava ancora una grossa quantità di
armi dell’ex esercito jugoslavo e la facilità con cui, per tradizione,
quelle popolazioni mettevano mano alle armi non rendeva facile il
ritorno alla normalità.
Consapevole della difficoltà della situazione, il governo bulga-
ro cercò di inviare, un po’ dovunque, amministratori civili esperti
e capaci di gestire rapporti interetnici, oltre che sufficientemente
autorevoli per impedire violenze da parte delle truppe di occupa-
zione. A Bitolj, per esempio, era stato inviato Pavlov, ex deputato
al parlamento ottomano, nonché ex ministro di Bulgaria ad
Ankara fino al 1936. Tuttavia, l’indisciplina delle truppe, che i
diplomatici italiani non esitavano a definire elementi di riserva e
di scarto, visto che le truppe migliori erano state destinate a sorve-
gliare il confine con la Turchia, aggravava e avrebbe aggravato in
futuro le difficoltà30.
30
Magistrati a Ciano, 8 maggio 1941, rapporto dal titolo Italia, Albania e Bul-
188 La resa dei conti
P ER
la Grande Bulgaria a tutto vantaggio dell’influenza economica e
politica italiana nei Balcani. La contesa territoriale tra Roma, Tira-
PIA
na e Sofia era prevedibile e scontata, ma non si doveva permettere
P ER
parte bulgara. A fine aprile, parlando del suo viaggio in Macedo-
nia con Magistrati, Filov aveva accennato alla ripresa del progetto
A
PIdi ferrovia diretta tra Sofia e Skopje, primo importante tratto del
CO
collegamento ferroviario tra Albania e Bulgaria; collegamento che
con il rifacimento dell’arteria stradale avrebbe dovuto costituire
quella parallela “Antidanubio” che poteva far gravitare in Adria-
tico una parte delle correnti economiche, che altrimenti sarebbero
state obbligatoriamente indirizzate verso Salonicco, qualunque
fosse stata la sua sorte futura. Era un segno, per Magistrati, che i
bulgari comprendevano l’importanza economica di un collega-
mento tra Bulgaria ed Europa occidentale tramite l’Albania, a
tutto vantaggio del miglioramento dei rapporti tra Roma e Sofia33.
L’analisi di Magistrati sul futuro delle relazioni tra Roma e
Sofia e sul ruolo di ponte che la Grande Albania avrebbe dovuto
svolgere non faceva una pecca, almeno in teoria, e si inseriva pie-
namente e coerentemente nel disegno da lungo tempo coltivato a
Roma di fare dell’Albania il piedistallo territoriale dell’influenza
italiana nei Balcani, la base dell’impero. Tuttavia, il presente delle
32
Magistrati a Ciano, 8 maggio 1941, rapporto dal titolo Italia, Albania e
Bulgaria, cit.
33
SSAA a Luogotenenza, 7 maggio 1941, telespr. 71/04552/910, con il quale si
trasmetteva il t. da Sofia n. 0205 del 1 maggio. SSAA alle Ambasciate Berlino,
Mosca, Ankara, ecc., 19 maggio 1941, telespr. 12/10870, con il quale trasmetteva
quanto riferito da Magistrati il 5 maggio. Entrambi documenti in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
190 La resa dei conti
P ER
per il passaggio a Sofia del “Fuoco sacro”, custodito nell’antica
capitale bulgara di Preslav, che, come per la fiaccola olimpionica
PIA
del 1936, venne condotto con un sistema a staffetta fino ai limiti
34
Benini a Luogotenenza, 15 maggio 1941, in SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. Magistrati
informava che il comando superiore tedesco aveva autorizzato l’occupazione
da parte bulgara di una striscia di territori serbi nella regione della Morava
sulla direttrice verso Niš, che il governo bulgaro avrebbe annunciato in
parlamento l’acquisto territoriale e che un vescovo bulgaro sarebbe subito
stato inviato a Ohrid.
35
Ministero degli Esteri ad ambasciata a Berlino, 28 maggio 1941, t.p.c. 1847281,
in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
Macedonia contesa 191
P ER
“Abbasso la guerra imperialistica italiana! Viva la Germania e la
Russia!”36.
A
PI I circoli responsabili, comunque, condannarono queste mani-
CO
festazioni e, in generale, almeno in apparenza, erano più disposti a
valutare serenamente i problemi e a trarre anche soddisfazione dai
risultati che si erano raggiunti. Né da parte della corte, né da parte
di membri del governo o da altre alte cariche pubbliche venne mai
pubblicamente messa in discussione la demarcazione territoriale
raggiunta a Vienna. L’unica eccezione era stato il pubblico appello
a riconoscere le ambizioni bulgare rivolto al popolo italiano dal
presidente del parlamento sofiota, la Sobranje, Logofetov, che però
gli era costato le dimissioni e la sua sostituzione con Hristo
Kalkov, politico più moderato e ritenuto notoriamente filo-italia-
no. Kalfov era subito sceso in campo per gettare acqua sul fuoco e
aveva ispirato il suo discorso del 27 maggio a toni di riconoscenza
verso l’Italia e le sue truppe.
Lo stesso Alexander Stanischev, influente capo delle Organiz-
zazioni macedoni e presidente dell’Associazione bulgaro-tedesca
di Sofia, ammise che la Bulgaria aveva ottenuto più di quanto si
aspettasse e che era giusto che l’Italia tutelasse gli interessi alba-
nesi. Il ministro degli Esteri, Popov, aveva minimizzato la propa-
ganda anti-italiana come originata da persone di scarso rilievo
36
Magistrati a Ciano, 28 maggio 1941, telespr. 2051/635, in ASMAE, SSAA,
B. 77, f. 1, sf. 1.
192 La resa dei conti
P ER
se la Bulgaria non voleva divenire un Reichsprotektorat – ribadiva il
diplomatico italiano – non poteva che appoggiarsi anche all’Italia.
PIA
Lo strappo che si era verificato per il contenzioso territoriale si
37
Magistrati a Ciano, 28 maggio 1941, telespr. 2051/635, in ASMAE, SSAA, B.
77, f. 1, sf. 1.
Macedonia contesa 193
P ER
Il governo italiano accolse gli inviti di Magistrati e moltiplicò
gli sforzi per accelerare la conclusione di un trattato italo-bulgaro.
A
PIRe Boris fu in visita da Vittorio Emanuele III alla metà di giugno, i
CO
governanti bulgari si recarono a Roma a fine luglio, ma il tutto
non portò, come diremo, ai risultati sperati. Il momento scelto per
il negoziato italo-bulgaro fu tutt’altro che propizio e l’esaltazione
nazionalista che si respirava in Bulgaria dava quantomeno ragione
alle ritrosie del governo di Sofia. In giugno, la propaganda “irre-
dentistica” verso le zone passate sotto il controllo italiano si risve-
gliò con vari articoli sul quotidiano Utro, con la fondazione di un
nuova testata a Skopje dal titolo La Bulgaria integrale (Zelokupna) e
con l’accesa rivendicazione della regione di Tetovo compiuta dal
giornale Macedonia di Sofia39.
Il 16 giugno, a Ohrid, durante il corteo in onore della festa del
principe ereditario Simeone, erano sfilate cinque donne in abito
nero da lutto e con catene alle mani, e sul petto cartelli indicanti i
nomi di Tetovo, Gostivar, Kičevo, Struga e Debar40. Ancor più
38
Magistrati a Ciano, 2 giugno 1941, telespr. 2109, in ASMAE, SSAA, B. 77, f.
1, sf 1. Sulla pesante influenza raggiunta dalla Germania in Bulgaria, v. Rendel
a Halifax, 21 settembre e 2 e 11 ottobre 1940, in British Documents on Foreign Affairs,
Part III, Series F, Europe, Volume 21, Italy and South-Eastern Europe, July
1940-December 1940, DD. 9, 13 e 12.
39
Venturini a Legazione Sofia, 29 giugno 1941, telespr. 571, in ASMAE, SSAA,
B. 77, f. 2
40
Magistrati a Ciano, 28 giugno 1941, telespr. 2593/784 in ASMAE, SSAA,
194 La resa dei conti
P ER
na, lamentando la perdurante apertura di scuole serbe e il fatto,
già denunziato dagli albanesi, che a Struga vi fosse ancora un pre-
PIA
fetto serbo e un’amministrazione di lingua serba. Il 19 giugno,
B. 77, f. 2.
41
Ciano a Comando supremo e Luogotenenza, 19 giugno 1941, 71/06355/C, in
ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 6.
42
Luogotenenza a Ministero degli Esteri, 11 giugno 1941, telespr. 8657/3659, in
Macedonia contesa 195
P ER
ingerenza della chiesa bulgara43.
Da Pristina, addirittura, il generale D’Aponte segnalò infiltra-
A
PIzioni di militari a scopo di propaganda, con volantini tendenti a
CO
mettere in luce le origini comuni bulgare, la convenienza econo-
mica che Pristina fosse legata a Skopje, la debolezza dell’esercito
italiano in rapporto a quello bulgaro, l’occupazione italiana del
Kosovo avvenuta solo grazie all’aiuto bulgaro. La propaganda mi-
rava a far presa sui sentimenti delle classi più basse della popola-
zione, le quali lamentavano il comportamento dei militari italiani,
sia per la consegna delle armi cui erano state sottoposte, sia perché
era stato loro impedito il tentativo, compiuto anche dagli albanesi,
di imporsi sugli ex dominatori serbi e procedere all’immediata
occupazione dei terreni da questi posseduti e coltivati44.
Lo stesso Pirzio Biroli, comandante superiore delle forze ar-
mate in Albania, denunciava al comando supremo la propaganda
anti-italiana e albanese compiuta dall’esercito, dalla radio e dalla
stessa chiesa ortodossa bulgari45. Divenne ben presto chiaro ai
comandi militari italiani, che al di là delle smentite del governo
P ER
inizi di giugno a Ciano una serie di relazioni compilate da fun-
zionari albanesi con una chiara denuncia delle sofferenze causate
PIA
alla popolazione albanese dai militari bulgari47; una perorazione
P ER
a fuoco con morti e feriti, sedato in ultimo dal brutale intervento
delle truppe tedesche che avevano raso al suolo quattro villaggi51.
A
PIAgli inizi di luglio vi fu una nuova segnalazione di soprusi, questa
CO
volta su albanesi nella zona ad est del lago di Prespa, che avevano
subito minacce, intimidazioni per la consegna delle armi e obbligo
di far uso della lingua bulgara52.
E nel torno di tempo in cui si tentò il negoziato italo-bulgaro
sui confini non era mancato nemmeno un grave incidente tra le
truppe italiane e quelle bulgare. Si verificò la notte tra il 10 e l’11
luglio a causa della richiesta da parte del comando italiano a
Tetovo a quello bulgaro di Skopje di evacuare la zona della mi-
niera di cromo a Jezerina, nei pressi del monte Ljuboten, e far
posto all’occupazione italiana. L’addetto militare italiano a Sofia
fu immediatamente informato che il presidio militare bulgaro
avrebbe opposto resistenza armata ad un’eventuale avanzata ita-
liana.
Magistrati fu subito convocato al ministero degli Esteri, dove il
50
Si veda ancora sulla difficile situazione etnica in Macedonia occidentale
e soprattutto sui timori bulgari per il passaggio delle zone sotto occupazione
italiana all’amministrazione albanese, le testimonianze coeve di FRANCESCO
CATALUCCIO, Tempo di attesa al Sateska, Giuntina, Firenze, 1943, pp. 195-199.
51
Luogotenenza a ministero degli Esteri, 17 giugno 1941, telespr. 9072/3767, in
ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 9.
52
Luogotenenza (Meloni) a ministero degli Esteri, 1 luglio 1941, telespr.
10218/4087, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1.
198 La resa dei conti
P ER
venne risolto velocemente con un accordo tra gli stessi comandi
militari italiano e bulgaro53. Non c’era, ovviamente, né da parte di
PIA
Roma, né da parte di Sofia il desiderio di alzare la tensione fino ad
53
Magistrati a Ciano, 11 luglio 1941, t. 6861R. /645-646, in ASMAE, SSAA,
B. 77, f. 2.
54
Appunto di Scammacca per Pietromarchi, 11 luglio 1941, in ASMAE, SSAA,
B. 77, f. 2. Scammacca si preoccupò anche di chiedere a Meloni di accertarsi
che non si trattasse della miniera di Jezerina, oggetto di richieste da parte
dell’AMMI, perché, se così fosse stato, la cosa non avrebbe riguardato i bulga-
ri, ma i tedeschi, presso quali erano stati già fatti passi. Appunto per l’Eccellenza
il Ministro, 11 luglio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2
Macedonia contesa 199
P ER
rettifica della linea di Vienna nei pressi di Kačanik. Contribuivano
a fortificare la posizione dei militari, sia le discrepanze tra la linea
A
PIdi demarcazione stabilita sulle carte utilizzate a Vienna e quella
CO
marcata nelle carte che i tedeschi avevano poi dato ai bulgari, sia
la convinzione che in caso di controversie la Germania avrebbe
dato loro ragione56. Effettivamente, il governo bulgaro informò
subito Berlino dell’incidente, presentando le rivendicazioni terri-
toriali italiane e chiedendo ed ottenendo sostegno nel rifiutarle57.
Per il governo tedesco non vi era alcun dubbio, né ci poteva essere
alcun malinteso con gli italiani sul fatto che la miniera di cromo di
Jezerina rientrasse nel territorio bulgaro e fosse sfruttata dalla Ger-
mania in base agli accordi economici bulgaro-tedeschi58.
La linea di confine tracciata a Vienna sembrava essere messa in
discussione da tutte le parti. Non piaceva agli albanesi e nemmeno
ai bulgari e vi erano timori che anche i tedeschi, per loro specifiche
ragioni, potessero chiederne una rettifica a favore della Bulgaria.
Con molta preoccupazione, Ciano aveva ricevuto comunicazione
dal comando supremo che le autorità militari tedesche, che dirige-
55
Magistrati a Ciano, 2 giugno 1941, telespr. 2109, in ASMAE, SSAA, B. 77, f.
1, sf 1.
56
Magistrati a Ciano, 11 luglio 1941, t. 6892R./652 in ASMAE, SSAA, B. 77,
f. 2.
57
Memorandum Woermann, 11 luglio 1941, in DGFP, s. D, vol. XIII, D. 94 e
nota 1.
58
Clodius a Ribbentrop, 14 luglio 1941, in DGFP, s. D, vol. XIII, D. 106.
200 La resa dei conti
59
Ciano a Comando Supremo, 13 giugno 1941, telespr. 71/06012/C, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 2.
Macedonia contesa 201
P ER
cedoni-bulgari avevano subito preso possesso di tutti municipi e
delle direzioni di polizia escludendo gli altri elementi etnici. Era
A
PIuna dimostrazione palese che essi intendevano riservarsi, e in mo-
CO
do esclusivo, la gestione della cosa pubblica in Macedonia, trascu-
rando gli altri gruppi nazionali, anche il più numeroso di essi,
quello albanese. A differenza di prima, si temeva ora che l’Italia
potesse contrastare il programma territoriale massimo bulgaro-
macedone, schierandosi a difesa delle pretese albanesi. E se prima
del crollo jugoslavo i macedoni avevano guardato con favore a un
protettorato italiano, in cui sarebbero venuti a trovarsi in condizio-
ni di parità con altri gruppi etnici, ora invece guardavano all’Italia
come al paese che imponeva una spartizione della Macedonia o
ostacolava il ricongiungimento di tutti i territori macedoni alla
Bulgaria, privando il gruppo bulgaro-macedone della posizione
egemonica in cui inaspettatamente si era trovato con l’occupa-
zione bulgara61.
Tuttavia, anche la soluzione “totalitaria” bulgara, decisa dopo
il crollo jugoslavo, non aveva soddisfatto tutti i bulgaro-macedoni
ed era facile prevedere che si sarebbe sviluppato un attrito tra
autonomismo bulgaro-macedone e centralismo sofiota. Con il con-
solidarsi dell’occupazione militare e dell’amministrazione bulgare
cominciarono, infatti, i primi sussulti dell’autonomismo macedo-
60
Castellani (console a Bitolj) a Legazione a Belgrado, 5 maggio 1941, telespr.
217/83, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
61
Castellani a Legazione a Belgrado, 5 maggio 1941, cit.
202 La resa dei conti
P ER
produttive, le tasse esose, rendevano difficile l’integrazione dei
bulgaro-macedoni nella nuova Grande Bulgaria63. L’atteggiamento
PIA
dei militari bulgari, che nei confronti degli albanesi si manifestava
CO con soprusi, violenze contro le donne e furti, non di rado ebbe co-
me vittime proprio i fratelli bulgaro-macedoni, destando profonda
riprovazione, indignazione e rancore. Era facile poi, e ancor più
indisponente, per la popolazione paragonare quest’atteggiamento
a quello corretto e ordinato delle truppe tedesche che ancora rima-
nevano a Skopje per conservare direttamente il controllo della
ferrovia Skopje-Salonicco.
Al malcontento per gli eccessi dei soldati si aggiunse quello per
l’auspicata ampia autonomia negata da Sofia, per l’esclusione dei
capi politici locali dalle più prestigiose e remunerative cariche
pubbliche, assunte da funzionari provenienti dalla Bulgaria o da
emigrati bulgaro-macedoni tornati dopo molti anni nelle regioni
d’origine, per il timore scatenato dai bulgari di vendicarsi di colo-
ro che si erano “venduti” ai serbi, per l’imposizione di cambiare il
leva alla pari con il dinaro, mentre il cambio ufficiale era stato sta-
bilito in 100 leva per 160 dinari. I bulgari sembravano non avve-
62
Su ciò, v. PLAMEN S. TZVETKOV, A History of the Balkans. A Regional
Overview from a Bulgarian Perspective, cit. pp. 234-235.
63
V. MILLER, Bulgaria during the Second World War, cit., p. 122-123; v. anche,
sul senso di forte distinzione sentito dai bulgaro-macedoni nei confronti di
Sofia, oltre che delle altre nazionalità vicine, quanto riferiva di prima mano
CATALUCCIO, Tempo di attesa al Sateska, cit.
Macedonia contesa 203
P ER
“nuovo ordine” imposto dall’Asse nei Balcani. L’attacco della Ger-
mania all’Unione Sovietica accese le speranze degli autonomisti
A
PIche proprio da lì potesse venire un nuovo radicale cambiamento e
CO
fece da lievito alle già esistenti forti simpatie per l’ideologia comu-
nista. Autonomismo macedone e comunismo si saldarono nella
lotta contro il nuovo ordine balcanico, benché i due fenomeni non
avessero la stessa origine o risultassero sempre collegati. Una par-
te del movimento autonomista bulgaro-macedone, probabilmente
minoritaria e destinata ad assottigliarsi sempre di più, attribuì ini-
zialmente proprio alla presenza bulgara la diffusione di ideologie
come il comunismo e l’anarchismo65. Alle spinte autonomiste il
governo di Sofia reagì con l’intensificazione della propaganda
politica a favore dell’annessionismo, con il sostegno alla Chiesa
ortodossa bulgara e, infine, con la riorganizzazione dei vecchi
komitadji ilindeici sotto la guida dei vecchi capi dell’Organizza-
zione Rivoluzionaria Macedone66.
Sia il console Castellani da Bitolj che Venturini da Skopje
64
Venturini a Legazione a Belgrado, 4 maggio 1941, telespr. 402/168, in ASMAE,
AP, Jugoslavia, B. 107, f. Situazione in Macedonia.
65
Castellani alla Legazione a Sofia, 23 giugno 1941, telespr. 299/95, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 1,
66
Castellani alla Legazione a Sofia, 18 agosto 1941, n. 448/48, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 1. Ministero degli Esteri a Berlino, 20 ottobre 1941, telespr. 12/
23090/C, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1 nel quale si riferiva quanto riportato dal
console a Bitolj in data 24 settembre 1941.
204 La resa dei conti
P ER
cale e la guerra europea che si estendeva a macchia d’olio fino a
divenire guerra globale, prima coinvolgendo il colosso russo, poi
PIA
quelli giapponese e americano. Con l’aggravarsi della crisi politica
P ER
macedone, dirigendosi contro l’Italia accusata di aver commesso
un’ingiustizia e di aver strappato a favore della Grande Albania
A
PIterre bulgaro-macedoni68. La propaganda bulgara aveva, insom-
CO
ma, molte ragioni per mostrare un’Italia nemica, ma il riverbero
sui rapporti tra Sofia e Roma non poteva che essere negativo.
68
Ministero degli Esteri a Comando supremo, 17 novembre 1941, telespr.
25396/C, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1. Il Ministero riferiva ancora quanto
riportato dal console in Bitolj il 21 ottobre.
206 La resa dei conti
P ER
demolita, la Macedonia era stata spartita equamente tra Bulgaria e
Albania, e Tirana e Sofia avevano avute immense soddisfazioni
PIA
territoriali: sarebbe stato dunque abbastanza facile fissare il con-
CO fine con un accordo tra due alleati, Roma e Sofia, sulla base della
linea di demarcazione stabilita con Ribbentrop a Vienna, con
qualche necessario ritocco. Cosa lo avrebbe impedito?
Alle prime aperture italiane di fine maggio, il governo bulgaro
rispose confermando il desiderio di negoziare un accordo sui
confini e di procedere anche ad alcune rettifiche territoriali intorno
ai laghi di Ohrid e Prespa69. Convinto dell’utilità di chiudere pre-
sto la controversia sui confini, Palazzo Chigi sperò di concludere il
negoziato in poche battute e di firmare l’accordo durante la visita
a Roma di Popov e Filov, che era stata prevista per fine giugno. In
fin dei conti, quello cui puntavano gli italiani non pareva un obiet-
tivo irraggiungibile: si trattava di dare in linea di massima appli-
cazione alla demarcazione stabilita a Vienna, apportandovi quelle
modifiche suggerite dall’idea di rendere il confine più razionale
possibile e, ovviamente, di migliorarlo per rispondere alle necessi-
tà dell’Albania.
Palazzo Chigi incaricò Magistrati di arare il terreno, mostrando
la liberalità e la comprensione che l’Italia aveva sempre avuto per
la Bulgaria e proponendo di addivenire ad uno scambio di note su
tutti i punti di interesse italiano: una rettifica della linea di demar-
69
Magistrati a Ciano, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 234.
Macedonia contesa 207
P ER
rimaste in territorio bulgaro70. Accordi bilaterali per la protezione
delle minoranze, come si ricorderà, erano stati scelti come miglior
A
PImezzo di tutela della popolazione albanese entro i confini bulgari
CO
nelle discussioni che si erano avute a Roma con la delegazione per
la delimitazione dei confini inviata da Tirana71.
Le proposte italiane, però, a Sofia caddero nel vuoto. E non
poteva essere diversamente. Da parte bulgara non c’era nessuna
intenzione di sistemare il confine secondo le intenzioni italiane,
seguendo la linea di Vienna e venendo addirittura incontro a
nuove richieste per favorire l’Albania. Quanto stabilito a Vienna
era, di fatto, del tutto insoddisfacente per l’irredentismo bulgaro,
le cui pretese territoriali se ne discostavano di molto, appuntan-
dosi, come si è visto, su Debar, Struga, Kičevo, Gostivar, Tetovo,
sul monastero di San Naum, ecc. La loro soddisfazione integrale
avrebbe comportato un profondo arretramento verso occidente
70
SSAA, Uff. I, Appunto del 12 giugno 1941, in AP, Jugoslavia, B. 106, f. 3,
Rivendicazioni degli Stati successori della Jugoslavia.
71
Ancora prima della visita dei governanti bulgari a Roma, a fine luglio, si
ricordava a Ciano che, ove nel corso dei colloqui si fosse toccata la questione
delle minoranze, la decisione presa concordemente da italiani e albanesi,
durante il soggiorno della delegazione albanese sui confini, era quella di scar-
tare scambi di popolazione o opzioni per stipulare accordi bilaterali di
protezione delle minoranze. V. Appunto per l’Eccellenza il Ministro, 18 luglio
1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1. L’appunto reca a margine la seguente mi-
nuta di Scammacca: “Visto dall’Ecc. il Ministro. Nello scambio di lettere con i
bulgari è stato inserito il concetto degli accordi bilaterali”.
208 La resa dei conti
P ER
recatosi in visita in Italia il 10 e 11 giugno, con il fine proprio di
presentare le rivendicazioni bulgare, non al governo italiano, ma
PIA
al sovrano d’Albania, il suocero Vittorio Emanuele III72. Dopo aver
Vittorio Emanuele III a Mussolini, 11 giugno 1941, in DDI, s. IX, vol. VII,
73
D. 244.
74
Daneo a Ciano, 18 giugno 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 272.
Macedonia contesa 209
P ER
della tattica dilatoria bulgara. Il giorno seguente, in maniera ulti-
mativa, Ciano comunicò al governo di Sofia che, se desiderava
A
PIfissare le frontiere tra Albania e Bulgaria, sarebbe stato bene che il
CO
ministro degli Esteri bulgaro fosse venuto a Roma entro la setti-
mana, minacciando, in caso contrario, di provvedervi con un atto
unilaterale da parte dell’Italia, sulla base di quanto stabilito a
Vienna con Ribbentrop77. Secondo il Diario di Ciano, il 30 giugno a
Palazzo Venezia si tenne una riunione tra lui, Mussolini e Pietro-
marchi nella quale si decise che se i bulgari “ciurla[va]no nel ma-
nico” le frontiere sarebbero state decise con atto unilaterale78.
Per nulla impressionato dalla minaccia, il governo bulgaro la-
sciò cadere la cosa. Popov, al contrario, richiese un nuovo rinvio
della visita di almeno una settimana, facendo presente che a Roma
si sarebbe recato anche il primo ministro, al momento impegnato
dalla politica interna, e che la conferenza avrebbe avuto come og-
getto altre importanti questioni e non solo il trattato di confine79. Il
negoziato segnò dunque una battuta d’arresto.
Magistrati fu a Roma a fine giugno per studiare insieme ai di-
75
Sulle ripercussioni della guerra russo-tedesca sulla posizione interna-
zionale della Bulgaria, v. PASTORELLI, L’estensione del conflitto, cit., pp. 329-330.
76
Magistrati a Ciano, 28 giugno 1941, telespr. 2593/784 in ASMAE, SSAA,
B. 77, f. 2.
77
Ciano a Magistrati, 29 giugno 1941 in DDI, s. IX, vol. VII, D. 327.
78
V. CIANO, Diario, alla data del 30 giugno.
79
Magistrati a Ciano, 30 giugno 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 329.
210 La resa dei conti
P ER
Kačanik assegnato a Vienna alla Bulgaria. Considerazioni politi-
che, quali le vessazioni che l’esercito bulgaro compiva quotidiana-
PIA
mente sulla popolazione albanese, ed etniche, ovvero il fatto che la
80
Appunto per il GAB-AP relativo alla sistemazione territoriale e confinaria fra
Macedonia contesa 211
P ER
Roma era prevista per la metà di luglio e certo avrebbe avuto una
grossa importanza per la Bulgaria. Era la prima visita all’estero
A
PIche il governo bulgaro faceva dopo le vaste realizzazioni territo-
CO
riali e la effettuava proprio nel paese confinante, l’Italia.
Particolarmente significativo per gli antichi legami della Bulga-
ria con la Russia e le nuove relazioni con l’Asse e specialmente con
l’Italia era che si sarebbe svolta all’inizio della crociata antibolsce-
vica e antirussa in Europa82. Mostrava – secondo Magistrati – che i
tradizionali legami slavi tra Sofia e Mosca si allentavano e che,
orbitando la Bulgaria intorno all’Asse, un’attenzione speciale era
data all’Italia. Ma queste premesse positive circa la visita dei go-
vernanti bulgari a Roma si inquadravano in un contesto di politica
internazionale generale e nulla avevano a che fare con un accordo
con l’Italia circa la sistemazione confinaria tra Albania e Bulgaria.
Al termine di vari colloqui avuti da quando era rientrato a
Sofia, sia con il presidente del Consiglio, sia con il segretario
generale del ministero degli Esteri, a metà luglio l’ambasciatore
italiano comunicò a Roma che il governo di Sofia per motivi di
P ER
Quello di Sofia non era comunque un no definitivo. A parere
del governo bulgaro in futuro, quando sarebbe stata definitiva-
PIA
mente regolata la questione dell’acquisizione della Macedonia
Questione di Kačanik.
Macedonia contesa 213
P ER
nella zona dei Laghi di Ocrida e Presba indispensabili per raffor-
zare la loro personale situazione all’interno. Ho tenuto duro più
A
PIper forma che per convinzione: qualche piccola concessione potrà
CO
anche venire fatta in sede di commissione mista”86. Dal canto loro,
anche i bulgari confidarono ai tedeschi che i risultati del vertice
romano non andarono oltre un superficiale miglioramento del-
l’atmosfera tra i due paesi e generiche promesse di venire a un
compromesso sui confini87.
Nonostante il fascino che le istituzioni create dal fascismo eser-
citavano sulla classe dirigente bulgara, rispetto a quelle, invece,
poco apprezzate della Germania e ritenute poco adatte alla società
bulgara, sul piano dei rapporti diplomatici non si segnarono pro-
gressi. Il modello italiano, con scorno dei tedeschi, attraeva di più i
bulgari88, ma non bastò a superare i contrasti territoriali.
La visita dei governanti bulgari, che seguiva di un mese quella
di re Boris, non portò dunque quel nuovo slancio nelle relazioni
85
V. CIANO, Diario, alla data del 19 luglio 1941.
86
V. CIANO, Diario, alla data del 21 luglio 1941. Magistrati propose, anche,
allo scopo di migliorare le relazioni tra Albania e Bulgaria, che a Roma si
organizzasse un incontro diretto dei ministri bulgari con qualche esponente
albanese correligionario, Magistrati a Ciano, 9 luglio 1941, in DDI, s. IX, vol. VII,
D. 365.
87
Memorandum Woermann, 31 luglio 1941, in DGFP, serie D, vol. XIII,
D. 170.
88
Sull’apprezzamento del modello fascista da parte della classe dirigente
bulgara, v. MILLER, Bulgaria during the Second World War, cit., p. 82.
214 La resa dei conti
P ER
e dal governatore della Banca nazionale bulgara, Gounev. Con-
temporaneamente Magistrati e Popov firmarono a Sofia un accor-
PIA
do tariffario sul commercio di filati e di tessuti89. Ma tutto ciò non
Magistrati a Ciano, 10 ottobre 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 636. Sulla
89
gara tra Italia e Germania per l’influenza sulla Bulgaria, v. ENZO COLLOTTI, Il
ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania per il Nuovo Ordine Europeo,
in “Il Movimento di liberazione in Italia”, luglio-settembre 1972, f. n. 108.
Macedonia contesa 215
'A U
Consolatorie erano, dunque, ma solo per un futuro sempre più
L
lontano, le convincenti considerazioni di Magistrati circa i rapporti
P ER
tra Roma e Sofia. Agli inizi di novembre, nel fare un giro panora-
mico della situazione degli ultimi sei mesi, il diplomatico italiano
A
PItornò a far osservare che, dopo gli sconvolgimenti bellici nei Bal-
CO
cani, la Bulgaria ne era divenuto il più grande paese, bagnato da
due mari e dal più grande fiume d’Europa e per la prima volta
anche confinante con l’Italia. Non poteva quindi essere estranea
all’interesse italiano, sia perché era l’unico paese “indipendente”
con il quale confinava il sistema italo-albanese, sia perché con l’ac-
quisto della Tracia greca era divenuta un paese mediterraneo, che
si affacciava sulla regione che anche i tedeschi riconoscevano
come di esclusiva pertinenza italiana. D’altra parte, la mancanza
di rapporti stretti fino ad allora permetteva di iniziare un cam-
mino di collaborazione senza ostilità preconcette o antichi rancori,
come ci potevano essere tra i popoli balcanici.
La frontiera comune, dunque, non sarebbe stata un diaframma
ma una base di partenza per una politica comune. Il contrario
sarebbe stato un assurdo: la Grande Albania doveva essere la testa
di ponte dell’influenza italiana nei Balcani non un ostacolo ad
essa. La Germania, secondo il diplomatico italiano, aveva com-
preso il nuovo ruolo della Bulgaria e aveva manifestato particolare
interesse per essa. I tedeschi – scrisse – “sono riusciti a permeare
90
G. Relli a Ministero degli Esteri e alla Legazione a Sofia, 25 settembre 1941,
telespr. 552/188, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1
91
Jacomoni a Ciano, 20 novembre 1941, telespr. 22867/7902, in ASMAE,
SSAA, B. 77, f. 2.
216 La resa dei conti
del loro succo tutti i principali rami dell’attività del Paese”. Dopo
una breve infatuazione per la Serbia e per la Grecia, Berlino era
tornata prepotentemente vicina a Sofia. La rivolta serba, minac-
E
ciando le essenziali vie di comunicazione destinate ad unire le basi
R
T O
germaniche agli utilissimi porti bulgari sul mar Nero alla vigilia
dell’azione verso il Caucaso contro l’Unione Sovietica, aveva
'A U
gettato di nuovo la Germania nelle braccia della Bulgaria92.
L
Insomma, sul finire dell’anno la situazione balcanica era ancora
P ER
più complicata di quanto non lo fosse al momento della disso-
luzione jugoslava. Conflitti interetnici, resistenza nazionale, lotta
PIA
comunista, guerra civile, non lasciavano più sperare in una veloce
P ER
dal 5 all’8 novembre, per ascoltarne i bisogni e impartire istruzio-
ni, non mancando nemmeno di affermare, nella sua allocuzione,
A
PIche il clero macedone dovesse rimanere custode del “bulgarismo”.
CO
In una significativa conversazione in russo con Relli, Filarete
aveva espresso la felicità dei bulgari e della chiesa bulgara di con-
finare con l’Italia: essa auspicava ardentemente che l’Italia annet-
tesse l’Albania, vi istituisse una propria amministrazione, e com-
pisse la sua alta missione di civiltà convertendo al cristianesimo
tutti gli albanesi. La Bulgaria, d’altra parte, non aveva più aspira-
zioni su quelle terre di confine, i bulgari rimasti in Albania erano
appena 75.000. Filarete chiese che venissero allontanati dall’Alba-
nia i preti ortodossi di origine greca a cominciare dal vescovo di
Tirana e che le autorità italiane si interessassero del santuario di
San Naum. Il monastero, assegnato all’Albania, era una delle ri-
vendicazioni più care alla religiosità bulgara. Tuttavia, pur essen-
do un monastero ortodosso, San Naum estendeva la sua influenza
religiosa anche sulle popolazioni albanesi non cristiane. Durante
la sagra di San Naum del luglio 1941 ben 5.000 pellegrini albanesi,
per la maggior parte musulmani, avevano onorato e festeggiato il
santo94.
Filarete domandò pure che gli italiani nominassero un curatore
o un amministratore del monastero, che era attualmente gestito da
con Appunto dell’11 luglio 1941, n. 3104/1, a firma di Lorusso Attoma, in ASMAE,
SSAA, B. 153/26, f. Stampa e propaganda.
218 La resa dei conti
P ER
zione della Russia, esprimendo la speranza che “la risurrezione di
quel popolo avvenga al più presto e che la chiesa ortodossa ne
PIA
partecipi attivamente”95.
CO
95
Magistrati a Ciano, 25 novembre 1941, telespr. 5477/1561, trasmetteva
quanto gli aveva riferito con rapporto il console a Bitolj, G. Relli.
R E
Epilogo
T O
'A U
L
P ER
Si può ben affermare che alla fine del 1941, a ormai nove mesi
A
PI
dalla dissoluzione della Jugoslavia, non vi era nessun segno di
normalizzazione né di stabilizzazione dello spazio balcanico. La
CO Grande Albania era ancora una creatura informe, che cercava di
sopravvivere tra spinte interne al cambiamento e violenti attriti
con i suoi vicini. Proprio l’incapacità di mettere ordine nelle nuove
province fu tra le cause, alla fine del 1941, della liquidazione del
governo Verlaci, che aveva guidato la nazione schipetara dal 1939.
A Verlaci, che tuttavia fu compensato con la nomina a ministro di
Stato, si imputò scarsa energia nell’adozione di misure adeguate
per i nuovi territori, nonché debolezza nel contrastare efficace-
mente la propaganda che veniva da oltre frontiera, specialmente
dalla zona di Mitrovica. In realtà, l’idea di un cambio al vertice si
era fatta strada a Roma fin dalla metà dell’anno, al fine di raffor-
zare il consenso al governo, includendovi personalità di spicco
della cultura e della politica e dando più autonomia all’Albania
una volta che si fossero sistemati i problemi confinari1.
A questo stesso fine, nel novembre 1941, come si è accennato,
era stato abolito il sottosegretariato per gli affari albanesi, l’organo
che più di ogni altro aveva simboleggiato il controllo di Roma sul
paese delle aquile. Jacomoni propose alla guida del nuovo gover-
no Mustafa Kruja, uomo che coniugava all’accanita fede naziona-
lista la fedeltà all’Italia, dalla quale aveva ricevuto costanti incen-
1
V. CIANO, Diario, alla data del 13 giugno 1941.
220 La resa dei conti
P ER
albanese. A Kruja, oltre alla presidenza, andò anche il ministero
degli Interni, al quale fu aggiunto un sottosegretario di stato, nella
PIA
persona di Mark Gjonmarkaj, figlio del senatore Marka Gjoni,
CO principe cattolico della Mirdizia, uno dei capi politici e militari più
potenti del nord. Shuk Gurakuqi, ex deputato di Scutari, ebbe il
ministero delle Finanze, mentre al ministero dell’Economia fu
posto Fuad Bey Dibra, personalità molto in vista nelle terre
redente; Iliaz Agushi, notabile del Kosovo ed ex prefetto di Pri-
stina, dove si era distinto per efficienza e imparzialità dopo l’occu-
pazione italiana, fu incaricato dei Lavori Pubblici. A Tahir Shtylla
andò il ministero delle Terre Liberate con funzioni ispettive e di
coordinamento.
2
V. CIANO, Diario, alla data dell’11 novembre 1941.
3
Ciano a Jacomoni, 31 ottobre 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 734.
Epilogo 221
P ER
Ma l’orientamento accesamente nazionalista che pervadeva il
governo di Tirana finì per ripercuotersi pesantemente anche sui
A
PIrapporti con i paesi vicini. Il programma di Kruja era quello di
CO
completare l’unificazione nazionale della Grande Albania e di
sfruttare ogni possibile occasione per estendere i confini. Palazzo
Chigi venne come mai incalzato con le problematiche relative agli
albanesi ancora irredenti. Alla metà di febbraio 1942, durante una
sua visita a Roma, Kruja abbordò la questione di nuove rettifiche
ai confini montenegrini, quelle del resto ritenute di più facile
attuazione dopo che il Montenegro era divenuto un governatorato
militare sotto controllo italiano5. Alla richiesta non fu dato seguito,
ma il problema si aggravò a partire dalla metà del 1942, quando
nel governo albanese il ministero delle Terre Liberate passò a
Eqrem Bey Vlora, latifondista di Valona, ex diplomatico turco e
poi deputato al parlamento di Tirana, che impostò una politica
ispirata da eccessi nazionalistici e lotta antislava.
Vlora iniziò una potente campagna propagandistica in favore
dell’annessione di una striscia di territori nelle regioni di Berane,
Bijelopolie e Sjenica, rimaste al Montenegro, ma nelle quali si
stimava risiedessero circa 80.000 albanesi. Il contrasto con gli slavi
montenegrini finì per esasperarsi ponendo il governo di Roma in
grossa difficoltà. Come in precedenza, gli italiani resistettero a
4
V. FISCHER, Albania at War, cit., pp. 115-117.
5
V. CIANO, Diario, alla data del 16 febbraio 1942.
222 La resa dei conti
P ER
la direzione nel luglio 19426.
Anche questa soluzione, però, non si provò esente da gravi
PIA
problemi. Alla fine del 1942, ricordò Umiltà, a causa della propa-
6
V. UMILTÀ, Jugoslavia e Albania, cit., p. 146-148.
7
V. UMILTÀ, Jugoslavia e Albania, cit., pp. 156-161.
Epilogo 223
P ER
presentante del ministero degli Esteri tedesco in Serbia, Felix
Benzler, di una misura temporanea che non avrebbe inficiato la
A
PIgiurisdizione tedesca sulla Serbia, né l’amministrazione civile del-
CO
le autorità periferiche serbe.
Ma a conferma di quanto aveva altre volte rilevato8, il diplo-
matico italiano osservò che il comando germanico si era ben guar-
dato, per giungere allo scopo di rendere disponibili delle truppe,
di lasciare il Kosovo serbo all’occupazione militare italiana, come
pure sarebbe stato naturale. L’occupazione bulgara, inoltre, a suo
giudizio, non solo avrebbe dato un pesante colpo alla tenuta del
governo collaborazionista serbo guidato dal generale Nedić, ma
avrebbe messo vieppiù in difficoltà gli italiani, poiché aveva già
spinto schiere di serbi armati a sottrarsi all’esercito bulgaro e a en-
trare nel Kosovo albanese, in Montenegro e in Bosnia, aumentan-
do così il numero dei partigiani nei territori sotto controllo del-
l’Italia9.
Proprio l’impossibilità riscontrata di ottenere in qualche forma
il controllo albanese-italiano sul Kosovo serbo spinse Palazzo
Chigi, sempre su pressione del governo di Tirana, a mobilitarsi
nuovamente, nella primavera del 1942, presso il governo tedesco
in favore degli albanesi rimasti in Serbia. Questa volta si batté sul
tasto della lotta al comunismo, mettendo in risalto come questo
8
Mameli a Ciano, 12 dicembre 1941, in DDI, s. IX, vol. VIII, D. 11
9
Mameli a Ciano, 2 gennaio 1942, in DDI, s. IX, vol. VIII, D. 94.
224 La resa dei conti
P ER
nese e quindi sulla necessità di permettere una collaborazione di
personale proveniente dall’Albania, come solo rimedio per la loro
PIA
applicazione.
P ER
manico, Feine, sul fatto che in occasione della prima occupazione
bulgara le autorità germaniche avevano dichiarato che sarebbe
A
PIstato escluso il Kosovo non annesso. Feine rispose che vi era stato
CO
un nuovo accordo con i bulgari, perché le truppe germaniche era-
no necessarie altrove, ma che l’occupazione bulgara del Kosovo
serbo sarebbe stata temporanea, e che i comandi superiori germa-
nici sarebbero rimasti al loro posto per assicurare l’ordine e il
controllo sull’amministrazione13. Il sindaco di Mitrovica prospettò
alle autorità tedesche una situazione irreparabile, ma ebbe la stes-
sa risposta circa la provvisorietà dell’occupazione, da concludersi
in quattro, cinque settimane14.
Magistrati fu subito invitato da Palazzo Chigi a fare un passo
sul primo ministro bulgaro in favore della protezione delle
popolazioni albanesi. Ne parlò anche con il ministro della Guerra,
il generale Mihov, che a sua volta sensibilizzò il generale Nikolov,
comandante l’armata bulgara in Serbia. Tutti si sentirono in grado
di dare assicurazioni circa il retto comportamento delle truppe,
benché, dati i precedenti, c’era poco da fidarsi sul fatto che alle
12
V. MALCOM, Storia del Kosovo, cit., p. 331.
13
Berio a Luogotenenza, 10 gennaio 1943, t.p.c., 843/PR, in ASMAE, Carte
Gab., Armistizio-Pace, B. 27 f. Situazione politica in Serbia.
14
Meloni a ministero degli Esteri, Gab-Alb, 9 gennaio 1943, t.p.c. 1085PR/23, e
Giorgio Spalazzi (incaricato d’affari a Belgrado) a Ciano, 9 gennaio 1943, t. 155R/19,
in ASMAE, Carte Gab., Armistizio-Pace, B. 27, f. Situazione politica in Serbia.
226 La resa dei conti
PIA
sto, aveva cominciato a divenire precaria alla fine del 1941, quan-
15
Magistrati a Ciano, 12 gennaio 1943, in DDI, s. IX, vol. IX, D. 481; Ma-
gistrati a ministero degli Esteri, 14 e 18 gennaio 1943, t. 268R/24 e t.p.c. 438R/018,
in Carte Gab., Armistizio-Pace Busta 27, f. Situazione politica in Serbia.
16
Giorgio Spalazzi (incaricato d’affari a Belgrado) a Ciano, 16 gennaio 1943,
telespr. 124/37, in ASMAE, Carte Gab., Armistizio-Pace, B. 26.
17
Sugli sviluppi politici della resistenza, oltre a POLLO e PUTO, The History
of Albania from its origins to the present day, London-Boston, Routledge, 1981,
v. anche FISCHER, Albania at War, cit., 121 ss.; KOLA, The Mith of Greater Albania,
cit., pp. 25-31. STAVRO SKENDI (a cura di), Albania, London, Atlantic Press,
1957, pp. 76-80; VICKERS, The Albanians, cit., pp. 145-159.
Epilogo 227
P ER
l’intellettuale della lega di Prizren. Composto di liberali e mode-
rati dal punto di vista ideologico, il Balli Kombëtar si pose come
A
PIchiaro programma il mantenimento della Grande Albania, tanto
CO
che molti membri del governo Kruja e, dopo le sue dimissioni nel
gennaio 1943, dei seguenti deboli governi albanesi, guidati da
Eqrem Libohova e Maliq Bushati, guardarono con simpatia al
Fronte, di cui tutto sommato potevano sposare appieno il pro-
gramma di mantenimento dell’indipendenza e dell’unità nazio-
nale nei confini del 1941. Il Fronte Nazionale attirò in particolare
gli albanesi kosovari, dato che le sue direttive politiche davano
maggiore affidamento circa le posizioni nazionali. Il partito comu-
nista albanese, al contrario, ebbe scarsissima diffusione in Kosovo,
sia per i suoi stretti legami con quello jugoslavo, sia per la base
slava del movimento comunista in generale.
Nella sua lotta di liberazione contro gli italiani, infatti, il partito
comunista albanese, proprio perché filiazione di quello jugoslavo,
non riuscì mai a risolvere chiaramente il dilemma relativo al de-
stino del Kosovo, né quello della reale indipendenza dell’Albania,
che vedeva piuttosto inquadrata in una federazione balcanica con
gli altri popoli slavi19. Ne conseguì che, nonostante le frequenti
incomprensioni o l’atteggiamento dell’esercito italiano ritenuto
troppo filo-slavo, i legami dei kosovari con l’Italia “liberatrice”, fu-
18
V. FISCHER, Albania at War, cit., pp. 136-137.
19
V. MALCOM, Storia del Kosovo, 337-342; VICKERS, Between Serb and Albanian,
cit., pp. 123-133.
228 La resa dei conti
P ER
popolazioni… Gente bella, forte, moralmente sana, virilmente
disciplinata, profondamente patriota. È legata veramente a noi
PIA
(escluso naturalmente l’elemento montenegrino e slavo). Soldati
Study in Guerrilla Warfare, Macmillan, London, 1948, p. 58. V. anche KOLA, The
Mith of Greater Albania, cit., pp. 41-44.
22
Pariani a Guariglia, 13 agosto 1943, in DDI, s. IX, vol. X , D. 660. Su questi
aspetti, v. FEDERICO EICHBERG, Il fascio littorio e l’aquila di Skanderbeg. Italia e
Albania 1939-1945, Roma, Editrice Apes, 1997, pp. 115-119.
Epilogo 229
P ER
qualsiasi velleità di mantenimento dei confini del 1941. La que-
stione del Kosovo veniva così riportata ai termini in cui si trovava
A
PInel 1939. Sarebbe passato più di mezzo secolo prima che essa si
CO
ponesse, analogamente a quanto accaduto durante la seconda
guerra mondiale, drammaticamente all’attenzione internazionale
con il secondo smembramento della Jugoslavia, la sconfitta serba e
l’avvio della seconda “liberazione” del Kosovo.
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TO
'A U
L
P ER
PIA
CO
R E
Indice dei nomi
T O
'A U
L
R
PE Milan, 155.
Acimović, Begu, Hasan, 146n.
PIA
Adile, sorella di Zog, 28.
Agostinucci, Crispino, 99, 100.
Benini, Zenone, 46, 46n, 55, 59, 60,
61, 62, 66, 68, 70n, 82, 83, 83n, 85,
136, 136n, 137, 138, 139, 139n, 140, Drangov, Kiril, 104.
146, 147, 152, 157, 157n, 158, 158n, Drini, Riza, 181.
160, 161, 165, 166, 178, 181n, 185, Durgu, Mustafa, 48, 82n.
R
207n, 209, 211n, 212, 213, 220.
E
186, 194, 196, 198, 199, 200, 205, Eberhardt, generale, 153.
Feine, Gerhard, 225.
T O
Cincar-Marković, Aleksandar, 42. Filarete, vescovo di Loveč, 217.
'A
Christić, Bocko, 30.
U
Chalev, Dimiter, 101, 102n. Filov, Bogdan, 172, 189, 206, 209,
212.
L
Clodius, Carl, 171. Fishta, Gjergj, 139.
75. P ER
Çomora, Sofo, 32, 33, 43, 44, 45n, 46, Frasheri, Abdyl, 227.
Frasheri, Mehdi, 227, 228.
PIA
Conti, Ercole, 86.
Corrias, Angelino, 157, 157n.
Frasheri, Mit’hat, 227.
Frasheri, Sami, 135.
'A U
Hoxha, Asim, 39n, 44n.
Hoxhë-Sadillari, Banush, 152n, 153n.
222, 227.
Kulenović, Dzafer, 50.
L
Indelli, Mario, 29, 33, 45, 46. Kumbaragija, Qemal, 82n.
P ER
Inonu, Ismet, 20.
Jacomoni di San Savino, Francesco,
Kumović, P., 19, 20, 21.
Kupi, Abaz, 24, 111.
A
PI
36, 42n, 43, 43n, 46, , 46n, 47, 48, Libohova, Eqrem, 227.
50, 55, 57, 58, 58n, 59, 60, 61, 62, Lindemann von, generale, 183, 184.
Mborja, Tefik, 132, 138, 145. Pirzio Biroli, Alessandro, 164, 165n,
Meloni, Salvatore, 60, 198n. 166, 195.
Meraki, Hinzi, 132n. Pluzha, Asim, 86n.
Metaxas, Ioannis, 63, 65n.
Mihailov, Ivan, 104. R E Popov, Ivan, 171n, 178, 186, 191,
206, 209, 212, 214.
Mihov, Nikola, 225.
T O Prishtina, Hasan, 34.
'A U
Mikhov, generale, 182, 184, 203.
Minniti, Fortunato, 87.
Prishtina, Ilias, 38, 48.
Protogerov, Alexander, 105.
L
Mirakaj, Kol Bibe, 112n. Raganović, 194.
P ER
Miri, Nikoll, 146n.
Mitrovica, Xhelal, 157n.
Ranza, Ferruccio, 54.
Relli, Guido, 204n, 217, 218n.
PIA
Mitrovica, Rexhep, 27, 157n.
Molotov, Vjaceslav, 40.
Ribbentrop, Joachim von, 48, 64,
65n, 123, 124, 126, 127, 128, 128n,
CO Mozart, Wolfgang Amadeus, 193. 160, 161, 171n, 178, 206, 209.
Muji, Bajram, 146n. Rosa, cavalier, 47.
Mussolini, Benito, 25n, 29, 29n, 30n, Scammacca, Michele, 59, 61, 65, 66,
31, 31n, 54, 62, 63, 65, 80, 83, 84, 67n, 67, 68, 68n, 69, 70, 70n, 71, 76,
85, 87, 88, 90, 91, 95, 96, 99, 99n, 83n, 85, 85n, 118, 119, 120, 121,
101, 111, 115, 122, 123, 124, 131, 122, 139, 139n, 144n, 198n, 207n.
140, 146, 147, 148, 168, 174, 181n, Sejfo, Nezir, 44n.
196n, 198, 208, 209, 220, 221, 228. Selimi, Adem, 132n.
Ndoci, Kol, 112n. Selmani, Hysen, 27n, 28.
Nikolov, Assen, 225. Shabani, Mustafa, 154, 155, 156n.
Nedić, Milan, 155, 223, 224. Shabani, Jashar, 47.
Nuccio, Alfredo, 98, 99n. Shamdanov, Pero, 105.
Oakley-Hill, Dayrell, 110. Shantoja, Lazer, 36, 70.
Osmani, Halit, 113n. Shatku, Tefik, 24.
Paolo reggente di Jugoslavia, 96 Shatku, Shefki, 24.
Pariani, Alberto, 37, 228. Shykrija, Hasan, 82.
Pavelić, Ante, 86, 128. Shtylla, Tahir, 18n, 20n, 26, 28, 32,
Pavlov, 187. 33, 34, 36, 37, 38, 39, 39n, 40, 40n,
Pejani, Bedri, 157n. 41, 42, 43, 43n, 44, 44n, 45, 45n, 46,
Pfeiffer, Peter H., 159. 47, 56, 59, 59n, 60, 60n, 61, 62, 67,
Petrović, 30. 68, 68n, 69, 70, 71, 75n, 81, 82, 86n,
Pietro II di Jugoslavia, 96. 106, 139, 157, 158, 220.
Pietromarchi, Luca, 120, 120n, 122n, Silianovsky, D., 102n.
130n, 139, 160, 178n, 209. Simović, Dusan, 96.
Indice dei nomi 247
Slatko, Muhamed, 45, 75, 75n, 82, Umiltà, Carlo, 166, 167, 168, 170, 222.
86n. Valteri, Beqir, 113n.
Slivenski, Ivan, 104n. Veniaminov, 194.
Smiljanić, Miloje, 41.
Soardi, Carlo Andrea, 46n, 66. R E Venturini, Roberto, 49, 51, 70, 70n,
72, 73, 74, 76, 77, 78, 79, 80, 81, 82,
Spahija, Lutfi, 113n.
T O 103, 104, 106, 109, 151, 170, 182,
Spaho, Fehim, 22.
Spaho, Mehmed, 22.'A U 183, 183n, 184, 203, 204n.
Verlaci, Shevket, 37, 132, 139, 152,
L
Spiro, Zilo, 31. 152n, 161, 181n, 196, 219.
P
191.
ER
Stanischev, Alexander, 102n, 104, Visconti Prasca, Sebastiano, 55, 70,
104n.
A
PI
Stojadinović, Milan, 20, 21, 22, 31, 45. Vittorio Emanuele III di Savoia, 80,
Stoyanov, Nikola, 102n. 84, 85, 125, 140, 174, 180, 193, 208.