Lesercito Normanno Nel Meridione Ditalia
Lesercito Normanno Nel Meridione Ditalia
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ISBN 978-88-908944-0-4
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
INTRODUZIONE
E' trascorso ormai quasi un quarto di secolo da quando, nel 1989, Errico
Cuozzo pubblicava il suo Quei maledetti Normanni, nel quale affrontava le
tematiche dell'organizzazione militare dei Normanni d'Italia. Quell'opera
rappresentò un fenomeno del tutto nuovo nel panorama storiografico italiano e,
in particolare, in quello degli studi meridionali. Per la prima volta, fatta forse
solo eccezione per qualche scritto di Piero Pieri sui Saraceni italiani, venivano
infranti quelli che erano stati fino ad allora quasi dei tabù storiografici:
cavalleria, armi, guerre e battaglie. Tali elementi erano stati sempre guardati
con diffidenza dagli storici nostrani, che forse li consideravano argomenti poco
consoni agli indirizzi dominanti nel campo degli studi storici tutti presi e
compresi tra le scuole cattolica, liberale e marxista, attente, da una parte alle
problematiche istituzionali e dall'altra alla “storia materiale”. Tali atteggiamenti
erano stati, invece, da tempo superati dalle storiografie d'oltralpe - soprattutto
da quella anglosassone, ma anche dalla tedesca, dalla francese ecc. -le quali
avevano promosso ricerche a vasto raggio, che dimostravano come la storia
militare non fosse da considerarsi solo come histoire bataille o événementielle,
ma, coniugando gli studi di carattere istituzionale con i più recenti indirizzi di
storia materiale e della mentalità, come vera e propria histoire à part entiere.
Cuozzo partiva dalla profonda conoscenza dei documenti maturata nel corso del
suo imponente lavoro sul Catalogus Baronum, che gli forniva gli strumenti per
delineare soprattutto il quadro degli obblighi militari in relazione allo status dei
milites, ma estendeva la ricerca anche alle fonti letterarie e iconografiche per
trovarvi indizi sull'armamento e la tattica.
A distanza di qualche anno, affascinato dalla lettura del libro, anch'io mi
cimentavo nella continuazione di tali studi pubblicando un breve saggio (“Fino
alle mura di Babilonia”...), nel quale riprendevo e approfondivo le suggestioni
di Cuozzo, limitandomi però al primo periodo della storia normanna
meridionale, quello della conquista e concentrandomi soprattutto sugli aspetti
della strategia, della tattica e degli armamenti. Era da allora, quindi, che si
sentiva l'esigenza della ripresa e dell'approfondimento di tali studi, ed ecco che
Cristian Guzzo, finalmente, ha provveduto alla bisogna fornendoci, con questo
suo prezioso lavoro, una nuova sintesi storiografica su questo importante
periodo storico - non solo del Mezzogiorno, ma d'Italia e d'Europa – e delle sue
vicende militari.
Infatti, studiare la storia militare dei Normanni italiani significa cercare di
dare risposta a tutte le domande relative al warfare della Cristianità dei secoli
centrali del Medioevo, caratterizzato dal sistema militare basato sul connubio
~ 5~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Giovanni Amatuccio
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L’esercito normanno nel meridione d’Italia
PREMESSA DELL’AUTORE
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L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Cristian Guzzo
~ 8~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
CAPITOLO PRIMO
1
Cfr. R. Allen Brown, I Normanni. Origine e storia dei guerrieri del Nord, tr. it.,
Casale Monferrato 1998, p. 27.
2
Quondam quidam Rotomagensis civitas Romana potius quam Dacisca utitur
eloquentia, et Bajocensia deferatur quantocius moenia et ibi volo ut sit, Botho, sub tua
custodia et enutriatur et educetur cum magna diligentia, fruens loquacitate Dacisca. Cfr.
Dudone Sancti Quintini decano, De Moribus et actis primorum Normannorum ducum, ed.
J. Lair, Caen 1865, pp. 221-22.
~ 9~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Norvegia, terra dalla quale proveniva Rollone (capo dei Vichinghi danesi cha
andarono a comporre il più importante nucleo invasore-colonizzatore della
Normandia), ebbe luogo solo a partire dal secolo XI con enormi difficoltà, in
larga parte generate dalla diffidenza che le popolazioni autoctone nutrivano
verso il culto cristiano, il medesimo che tentava di scalzare il predominio
religioso del dio Thor, per sostituirlo con quello del Nazzareno redentore3. Pur
antagoniste, tali divinità finirono gradatamente per essere accomunate e i loro
simboli distintivi, rispettivamente il martello (detto Mjolnir) e la croce, si
sovrapposero al punto da generare una sorta di ‘sincretismo coatto’ nel quale la
novella religione tentò di cassare l’impianto mitico-religioso ed atemporale del
paganesimo nordico, per sostituirlo con una teologia in grado di ricondurre il
destino dell’uomo ad una escatologia programmata, inquadrata in confini
prestabiliti di tempo e spazio.
Significativo è il fatto che presso il Nationalmuseet di Copenaghen, in
Danimarca, sia esposto uno stampo fusorio appartenuto ad un mercante dello
Jutland, contemporaneamente utilizzato per fabbricare croci e martelli di Thor4.
E la persistenza ancora nell’XI secolo, fra i discendenti dei pirati scandinavi, di
vetuste tradizioni che rimontavano alle ancestrali credenze, sarebbe attestata da
quanto verificatosi in occasione della battaglia di Vals-des Dunes, vicino Caen,
combattuta il 10 agosto del 1047 fra il duca Guglielmo ed alcuni baroni ribelli
della Normandia dell’ovest. In tale occasione il sedizioso Raoul Tesson decise
di impetrare il favore in battaglia di Thor, facendo risuonare l’antico grido di
guerra vichingo Tur Aie5 (ovvero Thor Aide o Toräïe = Thor assistimi), al
quale il nobile Guglielmo rispose prontamente con il Deus Aie, il medesimo
motto pronunziato nel 1066 dai Normanni vittoriosi sui Sassoni ad Hastings6.
E fu proprio in tale occasione che i Normanni manifestarono ancora una
volta quel legame ‘emozionale’ con la religione delle origini, recando sul
campo di battaglia non solo il vessillo che il duca Guglielmo aveva ricevuto in
3
Cfr. a tal proposito l’ottimo saggio di S. W. Nordeide, Thor's hammer in Norway.
A symbol of reaction against the Christian cross?, in: Old Norse Religion in long-term
perspectives. Origins, changes, and interactions, vol. 8, Vägar till Midgård. Ed. by A.
Andrén, K. Jennbert, C. Raudvere 2006, pp. 218-223.
4
Cfr. F. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, Firenze 19872, pp. 143-44.
5
Cfr. Master Wace, His chronicle of the Norman conquest from the Roman de
Rou, ed. E. Taylor, London 1837, p. 20, nota 11 e pp. 21-22.
6
Così come attestato anche dal poeta Bertrand de Born, nel suo Ieu chan, que.l
reys m’en a preguat: Qu’entre Frans’e Normandia vers Giortze ves Nuoumercant vuelh
qu’en auion cridar Arrat! e Mon Joy e Deus aïa. Cfr. The Poems of the Troubadour
Bertran De Born, ed. W. Paden, Jr., T. Sankovitch and P. H. Stämblein, Berkeley-Los
Angeles-London 1986, p. 209.
~ 10 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
7
Cfr. D. Bachrach, Religion and the conduct of war c. 333- c. 1215, Woodbridge
2003, p. 66.
8
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux; scena 48.
9
Huginn ok Muninn fliúga hverian dag iörmungrund yfir; óumk ek of Hugin at
hann aptr ne komit, þó siámk meirr um Munin. Cfr. Edda Sæmundar hinns fróda. Collectio
carminum veterum Scaldorum Sæmundiana dicta, ex recensione Erasmi Christiani Rask
curavit Arv. Aug. Afzelius, Holmiae 1818, p. 42.
10
Cfr. H. R. Ellis Davidson, Scandinavian Mythology, Middlesex 1969, p. 40.
11
A proposito dell’importanza degli stendardi consacrati in battaglia, cfr. D. S.
Bachrach, Religion and the Conduct of War, cit., pp. 93-94.
12
Cfr. F. Cardini, cit. p. 144 e p. 231.
~ 11 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
nel celebre arazzo di Bayeux. Ipotesi per altro recenti e autorevoli, hanno
evidenziato che il reperto aversino potrebbe verosimilmente ritrarre lo stesso
Sigurðr, nell’atto di trafiggere il drago Fafnir13.
fig. 1- Cavaliere con drago, seconda metà del secolo XI, Aversa, Cattedrale,
Deambulatorio. (Disegno di Katja Zaccheo)©. Per gentile concessione.
13
Cfr. F. Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale. Dai longobardi agli
svevi, Roma 1997, vol. I, pp. 145-47; V. Pace, M. D' Onofrio, Italia Romanica: La
Campania, Milano 1980, pp. 214-217.
14
Cfr. F. Abbate, cit., p. 146.
15
Sull’importanza della figura di San Giorgio nel mondo greco, C. Walter, The
Warrior Saints in Byzantine Art and Tradition, Aldershot 2003, pp. 51-56, 120-22, 130-34,
141, 281.
~ 12 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
16
Dum talia versus certamen properando perorantur, apparuit quidam eques,
splendidus in armis, equo albo insidens, album vexillum in summitate hastilis alligatum
ferens et desuper splendidam crucem, quasi a nostra acie progrediens, ut nostros ad
certamen promptiores redderet, fortissimo impetu hostes, ubi densiores erant, irrumpens.
Quo viso, nostri, hilariores effecti, Deum sanctumque Georgium ingeminantes et prae
gaudio tantae visionis compuncti, lacrimas fundendo, ipsum praecedentem promptissime
subsecuti sunt. Visum etiam fuit a pluribus in summitate hastilis comitis vexillum
dependens, crucem continens, a nullo, nisi divinitus, appositum. Cfr. MALATERRA, II
XXXIII. Cfr. anche A. Metcalfe, The Muslims of medieval Italy, Edimburgh 2009, p. 100.
17
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux, Scena 56.
18
Draco Normannicus è il titolo di un poema arturiano, composto, tra il 1167 ed il
1169, da Etienne de Rouen, monaco di Bec. Cfr. M. Leake Day (ed), Latin Arthurian
Literature, Cambridge 2005, pp. 48-49; S. Echard, Arthurian narrative in the Latin
tradition, Cambridge 1998, pp. 85-86.
19
Cfr. J. Tomilly Allen, Norman Sculture and the Medieval Bestiaries, Whitefish
2004, pp. 269-71; D. Park, The ‘Lewes group’ of wall Paintings in Sussex, in: Anglo-
Norman Studies, IV, Procedings of the Battle Conference, ed. R. Allen Brown, Woodbridge
1984, p. 219.
~ 13 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
20
Cfr. R. F. Johnson, Saint Michael the Archangel in Medieval English legend,
Woodbridge 2005, p. 63.
21
Su tutto, l’ottimo saggio di F. Monteleone, La voce dei santi: san Michele e la
vergine guerriera, in: XXV convegno nazionale sulla Preistoria- Protostoria- Storia della
Daunia, a cura di A. Gravina, San Severo 2005, pp. 327-330.
22
A. Lentini, Ricerche biografiche su Amato di Montecassino, in: Benedictina,
Anno IX (1955), fasc. 3-4, pp. 184-196.
23
Cfr. W. Smidt, Die "Historia Normannorum" von Amatus, in: Studi Gregoriani,
III (1948), pp. 173-231. Cfr. altresì F. Torraca, Amato di Montecassino e il suo traduttore,
in: Casinensia (1929), pp. 161-170.
24
Per la datazione dell’episodio mi sono affidato alle conclusioni di H. Hoffman,
Die Anfänge der Normannorum in Süditalien, in: Quellen und Forschungen aus
Italienischen Archiven und Bibliotheken, 49 (1969) pp. 95-114.
~ 14 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
degli abitanti di Salerno e del principe stesso che domandò loro di restare al
proprio servizio. I pellegrini transalpini declinarono però l’offerta, replicando
che avevano compiuto l’impresa solo per l’amore che nutrivano nei confronti di
Dio.
Costoro fecero ritorno in patria, accogliendo nel proprio seguito
ambasciatori longobardi, carichi di quei doni necessari ad allettare e reclutare
volenterosi guerrieri disposti ad emigrare nel Sud Italia, per servire sotto le
insegne di Gaimar25. Un’altra differente versione dell’arrivo dei discendenti di
Rollone nella nostra Penisola è quella fornitaci da Guglielmo di Puglia.
25
Avan mille [XVI. ans](b)puis que Christ, lo nostre Seignor, prist char en la
Virgine Marie, apparurent en lo monde XL. vaillant pelerin. Venoient del saint Sepulcre de
Jerusalem, pour aorer Ihesu Crist. Et vindrent a Salerne, laquelle estoit assegé de
Sarrasin, et tant mené mal qu'il(I) se vouloient rendre. Et, avant, Salerne estoit faite
tributaire de li Sarrazin. Més, se tarderent qu'il non paierent chascun an li tribut à lor
terme, encontinent (a) venoient li Sarrazin o tout molt de nefs, et tailloient et occioient et
gastoient la terre. Et li pelegrin de Normendie vindrent là. Non porent soustenir tant injure
de la seignorie de li Sarrazin, né que li Christiens en fussent subject a li Sarrazin. Cestui
pelegrin alerent à Guaimarie, serenissime principe, liquel governoit Salerne o droite
justice, et proierent qu'il lor fust donné arme et chevauz, et qu'il vouloient combatre contre
li Sarrazin; et non pour pris de monoie, més qu'il non pooient soustenir tant superbe de li
Sarrazin. Et demandoient chevaux. Et quant il orent pris armes et chevaux, ils assallirent li
Sarrazin et molt en occistrent; et molt s'encorurent vers la marine, et li autre fouirent par li
camp. Cfr. AMATO, I, XVII, pp. 21-24.
~ 15 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Tale storico riferì che, in un periodo compreso fra gli anni 1012 e 1017,
alcuni viaggiatori franco-settentrionali giunsero in visita devozionale al
santuario di San Michele sul Gargano e qui incontrarono un esule longobardo
di nome Melo, che decise di assoldarli per combattere contro i Bizantini.
Allettati dalle promesse di quell’uomo il quale decantò le ricchezze
della Puglia, i Normanni tornarono in forze e lo raggiunsero in Campania.
Melo allora fornì loro cavalli ed armi e li condusse in Puglia per guerreggiare
contro i Greci26. Pur divergendo tra loro, le narrazioni riportate da Amato di
Montecassino e di Guglielmo di Puglia presentano alcuni elementi comuni di
un certo interesse27.
I due cronisti sono concordi nell’affermare che il sopraggiungere dei
Normanni in Italia fu determinato dall’azione dei Longobardi che, per primi,
ebbero la ventura di imbattersi nei suddetti, riuscendone da subito a valutarne il
valore guerriero.
Entrambe le fonti evidenziano poi che i primi nuclei provenienti dal
Nord della Francia erano giunti pellegrini, secondo Amato, di ritorno da
Gerusalemme ed in visita al santuario michelita del Gargano, se dobbiamo
prestare fede alla testimonianza di Guglielmo di Puglia.
Ambedue gli storici conferiscono dunque risalto alle motivazioni spirituali che
avevano animato il lungo viaggio dalla Normandia di tali individui ma è forse
Guglielmo ad insinuare, con una chiosa semantica quasi impercettibile, il valore
provvidenziale dell’incontro con Melo, che sembrò verificarsi sotto l’ideale,
vigile sguardo dell’Arcangelo28. I Normanni che si trovano presso il santuario
26
Postquam gens Romam Normannica transit inermis, Fessa labore viae
Campanis substitit oris: Fama volat Latio Normannos applicuisse. Melus ut Italiam Gallos
cognovit adisse, Ocius accessit; dedit arma carentibus armis; Armatos secum comites
properare coegit. GUP, Lib. I, p. 101. Cfr. altresì G. S. Brown, The norman conquest of
Southern Italy and Sicily, London 2003, pp. 21-22; K. B. Wolf, Making History the
Normans and their Historians in the Eleventh Century, Philadelphia 1995, p. 9.
27
Una terza versione riguardante il primo arrivo dei Normanni in Italia, viene
fornita da Leone da Ostia. Tale cronista narra che mentre Melo si trovava in esilio a Capua,
presso tale località giunse un contingente di quaranta uomini provenienti dal nord della
Francia, che fuggivano dall’ira del loro signore, il conte di Normandia, cercando servizio
militare. Leone si sofferma sul fatto che tali individui fossero alti, di gradevole aspetto ed
espertissimi nell’uso delle armi. I loro capi erano Rodolfo di Tosny, Gosmanno, Rufino e
Stingardo: Melus interea Capuę cum principe morabatur. His primum diebus venerunt
Capuam Normanni aliquot, quadraginta fere numero, qui domini sui comitis Normannie
iram fugientes, tam ipsi quam plures eorum socii quaquaversum dispersi, sicubi reperirent
qui eos ad se recíperet requirebant, viri équidem et statura procéri, et habitu pulchri, et
armis experientissimi, quorum pręcipui erant vocabulo, Gislebertus Boterícus, Rodulfus
Todinensis, Gosmannus, Rufinus, atque Stigandus. Cfr. LEOST, Lib. II, p. 652, nota a.
28
Horum nonnulli Gargani culmina montis conscendere, tibi, Michael archangele,
voti debita solventes. Ibi quondam conspicientes more virum Greco vestitum, nomine
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L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Melum, exulis ignotam vestem capitique ligato insolitos mitrae mirantur adesse rotatus.
Hunc dum conspiciunt, qui set unde sit ipse requirunt. Se Langobardum natu civemque
fuisse ingenuum Bari, patriis respondit at esse finibus extorrem Graeca feritate coactum.
GUP, Lib. I, p. 98.
29
A. Campione, Culti e santuari micaelici nellItalia meridionale e insulare, in:
Culto e santuari di San Michele nell’Europa medievale. Atti del congresso internazionale di
studi, Bari-Monte Sant'Angelo, 5-8 aprile 2006, a cura di P. Bouet, G. Otranto, A. Vauchez,
Bari 2007, pp. 300-301.
~ 17 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
CAPITOLO SECONDO
30
Cfr. G. S. Brown, The norman conquest of Southern Italy and Sicily, cit., pp. 20
e ss.
31
Cfr. E. Johnson, Normandy and norman identity in southern italian chronicles,
in: Anglo-normans studies, XXVII, Proceedings of the Battle Conference, 2004, ed. J.
Gillingham, Woodbridge 2005, p. 98.
32
G. Breccia, Per contrastare a Ruberto Guiscardo....Note di storia militare sulla
conquista normanna del Mezzogiorno (1041-71), in: Annali della Facoltà di Lettere e
Filosofia. Università degli Studi di Basilicata, 9 (1999), p. 72.
33
Cfr. L. R. Ménanger, Pesanteur et étiologie de la colonisation normande de
l’Italie, in: Roberto il Guscardo e il suo tempo. Atti delle prime giornate normanno-sveve,
Bari 28-29 maggio 1973, Bari 19912, pp. 210-12 e nota 27, alla p. 212.
~ 18 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
34
In hoc templo, quod totum ex auro paratum est, statuas trium deorum veneratur
populus, ita ut potentissimus eorum Thor in medio solium habeat triclinio; hinc et inde
locum possident Wodan et Fricco[…]. Fricco, pacem voluptatemque largiens mortalibus.
Cuius etiam simulacrum fingunt cum ingenti priapo. Cfr. Adami Gesta Hammaburgensis
ecclesiae Pontificum, Scriptores rerum germanicarum in usum scholarum ex monumentis
Germaniae historicis recusi, Hannoverae 1876, Capitulum 26, pp. 174-175.
35
A tale proposito, cfr. L. Melazzo, The Normans through their languages, in:
Anglo-Norman Studies, XV. Procedings of the battle conference 1992, ed. M. Chibnall,
Woodbridge 1993, p. 247.
36
Cfr. L. R. Ménanger, cit., pp. 202-203 e pp. 368-86.
37
Cfr. E. Zanini, Le Italie bizantine: territorio, insediamenti ed economia nella
provincia bizantina d'Italia, VI-VIII secolo, Bari 1998, p. 90.
38
Cfr. P. Corsi, Bari tra Oriente ed Occidente, in: Il Concilio di Bari del 1098,
Atti del Convegno Storico Nazionale e celebrazione del IX Centenario del Concilio, a cura
di S. Palese e G. Locatelli, Bari 1999, p. 62.
39
Cfr. J. M. Martin, La Longobardia Meridionale, in: Il Regno dei Longoabardi in
Italia. Archeologia, Società, Istituzioni, a cura di S. Gasparri, Spoleto 2004, pp. 327-365.
Più in generale, a proposito della presenza longobarda nel sud Italia, V. Von Falkenhausen,
I Longobardi meridionali, in: Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, in: Storia d’Italia,
diretta da Giuseppe Galasso, vol. III, Torino 1983, pp. 251-364.
~ 19 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
secolo individuavano il più vasto regno longobardo con capitale Pavia40. Non è
infine possibile non menzionare l’esistenza di alcune aree dell’Italia centro-
meridionale continentale popolate, nel secolo IX, da enclavi saracene.
Fra queste ricordiamo la più rilevante, ubicata nei pressi della foce del
Garigliano, la quale forniva mercenari ai potentes cristiani, nonché ai Ρομαιοι
che li reclutarono in occasione della guerra di riconquista della Calabria e della
Puglia 41. Ci sembra, a tal proposito, interessante ricordare il caso di Siconolfo,
signore di Salerno, il quale nell’840 chiamò in proprio aiuto i Saraceni
insediati in una colonia che sorgeva sotto la collina di Traetto (non lontano
dalla città di Latina) detta Agliarini42, per guerreggiare contro Radalgiso (o
Radelchi) e Landolfo, rispettivamente signori di Benevento e Capua43. I territori
dell’Italia Meridionale sottoposti al dominio longobardo, erano suddivisi in tre
distinti principati che comprendevano la Campania ed alcuni territori limitrofi
di consistente entità.
Il principato di Salerno, sorto nell’839 dalla frammentazione del
Principato di Benevento, era indubbiamente il più esteso e copriva buona parte
della Campania meridionale e della Lucania44. Più a nord esisteva il Principato
di Capua, sorto nel IX secolo, che occupava grossomodo i confini della
provincia napoletana di Terra di Lavoro ed il Ducato (in seguito Principato) di
Benevento che venne fondato nel 571 dal condottiero longobardo Zottone45.
Vi era infine la Sicilia che, già dal secolo IX, era stata strappata dai
Saraceni a Bisanzio. Nell’827 d. C. l’Emiro aglabita di Ifriqiya, Ziyadat-Allah
aveva infatti approfittato della rivalità fra Costantino, stratego di Sicilia ed
40
Cfr. H. Houben, Potere politico e istituzioni monastiche nella ‘Langobardia
Minor’ (secolo VI-X), in: Longobardia e longobardi nell'Italia meridionale. Le istituzioni
ecclesiastiche. Atti del II Convegno internazionale Benevento, 29-31 maggio 1992, a cura
di G. Andenna e G. Picasso, Milano 1996, pp. 177-198; M. Caravale, Ordinamenti giuridici
dell’Europa Medievale, Bologna 1994, pp. 206-15; S. Gasparri, L'Italia meridionale
contesa tra Bizantini, Longobardi, Franchi e Saraceni, in: L’Italia dell’alto Medioevo,
Milano 1984 (Storia della società italiana, V), pp. 169-197.
41
A proposito dell’insediamento musulmano sito presso la foce del Garigliano, cfr.
G. Ciuffi, Memorie Storiche ed Archeologiche della città di Traetto, Napoli 1854, pp. 17-
18.
42
Ibid., p. 18.
43
Cfr. V. Salierno, I musulmani in Puglia e in Basilicata, Manduria 2000, p. 41.
44
M. Schipa, Storia del principato longobardo di Salerno, in: La Longobardia
meridionale 570-1077. Il ducato di Benevento. Il principato di Salerno, Ristampa con
introduzione e bibliografia, a cura di N. Acocella (Politica e Storia 19), Roma 1968, pp. 87-
278.
45
Fuit autem primus Langobardorum dux in Benevento nomine Zotto, qui in ea
principatus est per curricula viginti annorum. Cfr. P. Diacono, Historia Langobardorum,
in: Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI–IX, Monumenta Germaniae
Historica, ed. G. Waitz, Hannover 1878, p. 112.
~ 20 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Eufemio, comandante della flotta greca, per inviare dalla odierna Tunisia 70-
100 vascelli e 10.000 uomini in soccorso di quest’ultimo. Da questo momento
in poi sarebbe stato intrapreso un lungo confronto militare che avrebbe
condotto nel 902 alla definitiva occupazione da parte degli Aglabidi dell’isola
mediterranea46. Quando i Normanni misero per la prima volta piede in Italia, i
Bizantini stavano riconquistando terreno ai danni di Salerno e Benevento. I
nuovi arrivati furono pertanto assoldati come mercenari, per difendere le
popolazioni longobarde dai Greci ed occasionalmente dai Saraceni47.
I guerrieri d’oltralpe si distinsero da subito non solo per l’ampia
esperienza militare e per una non comune strenuitas, ma soprattutto per la
ferocia e le crudeltà, che li avrebbero progressivamente attirato l’odio ma anche
il rispetto delle popolazioni indigene48.
I Normanni giunsero in bande che contavano dai venticinque agli
ottanta uomini, agli ordini di un capo riconosciuto che assoldava guerrieri ed
amministrava il patrimonio comune, frutto dell’attività militari e dei bottini
ricavati attraverso la pratica dei saccheggi49. L’organizzazione di tali
compagnie non era dissimile da quella dal comitatus o gefolgshaft di origine
germanica, i cui membri erano accomunati dalla libera scelta di seguire un
condottiero eletto non già ex nobilitate ma ex virtute50.
Quest’ultimo doveva essere, più di chiunque altro, l’incarnazione della
strenuitas, del corage, della hardiesce (l’audacia) e del vaillantize (il valore)51,
in una parola della Normannitas, stante ad indicare il profilo identitario di un
gruppo eterogeneo di individui che tentavano di rimarcare la loro appartenenza
ad una gens, emotivamente e culturalmente legata alla propria madrepatria.
Solo dopo la morte di Roberto il Guiscardo ed in particolare dopo la fondazione
della monarchia siciliana nel 1130, l’imprinting franco-settentrionale sarebbe
stato risemantizzato dai sovrani di Sicilia, scarsamente interessati, in uno stato
multietnico quale fu del resto il Regnum Sicilie, a rimarcare le proprie origini
transalpine e non solo52.
46
Cfr. M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, vol. I, Firenze 1854, pp. 258 e
ss; R. Panetta, I Saraceni in Italia, Milano 1973, p. 27.
47
Cfr. M. Chibnall, I Normanni, tr. it, Genova 2005, p. 88.
48
Cfr. R. A. Brown, Normanni, cit., p. 107, p. 114, p. 124.
49
Cfr. M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, cit., vol. III, Firenze 1868, p. 29;
A. Settia, Gli strumenti e la tattica della conquista, in: I caratteri originari della conquista
normanna. Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130), Atti delle XVI giornate
normanno-sveve, Bari 5-8 ottobre 2004, a cura di R. Licinio e F. Violante, Bari 2006, p.
113; M. Chibnall, cit., p. 87.
50
Cfr. F. Cardini, Alle radici, cit., pp. 86-110.
51
Cfr. N. Webber, The Evolution of Norman Identity, Woodbridge 2005, pp. 60-71.
52
Cfr. R. H. C. Davis, The Normans and their Myth, London 1997, pp. 84-92; N.
Webber, cit., pp. 71-84.
~ 21 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
53
Cfr. N. Hooper, The housecarls in England in the eleventh century, in: Anglo-
Norman Warfare: Studies in Late Anglo-Saxon and Anglo-Norman Military, ed. M. J.
Strickland, Woodbridge 1992, pp. 2-9.
54
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura di Babilonia. Aspetti militari della conquista
normanna del Sud, in: Rassegna storica salernitana, XV (1998), p. 11; M. Chibnall, cit., p.
87.
55
Cfr. R. A. Brown, cit., p. 117.
56
Et quant il oi dire que par hardiesce de chevalier estoit sa terre assalie, manda
contre li Normant li plus fort home qu'il put trover. Et puiz la venue de ces autres, ordenant
la seconde bataille. Més li Grex perdirent et li Normant estoient touzjors ferme. Et de ce ot
grant dolor l'Empereor. Et manda grant multitude de gent, et ordena la tierce de bataille,
et la quarte, et la quinte. Et tout veincirent li Normant. Et ensi Melo, par la force de li
Normant, fu en lo trone de son honor. Cfr. AMATO, I, XXI, p. 28.
57
Cfr. J. J. Norwich, I normanni nel Sud 1016-1130, tr. it., Milano 19716, pp. 31-
32.
58
Multa Graecorum cum gente Basilius ire iussus, in hunc audax anno movet
arma sequenti, cui catapan facto cognomen erat Bagianus. Cfr. GUP, I, 103. Cfr. altresì G.
De Blasiis, La insurrezione pugliese e la conquista normanna, Napoli 1864, vol. I, p. 91.
~ 22 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
propria guardia personale. Per descrivere la moltitudine dei Greci, che contava
per altro un certo numero di Bucellari59, lo storico Amato di Montecassino
ricorda le loro lance che si ergevano fitte come un canneto60. Tale riferimento è
assai interessante, volendo presumibilmente alludere alla presenza sul campo di
numerose unità di fanteria che, nell’esercito bizantino dei secoli X-XI,
rivestivano un ruolo di primaria importanza.
Squadre di 7-10 soldati appiedati erano raccolte in unità di cinquanta
uomini o di cento, che costituivano una tassiarchia (qualcosa di simile alla
contemporanea brigata), soggiacente agli ordini di un tassiarca. Si suppone che
una tassiarchia potesse arrivare ad avere fino a 400 fanti pensanti provvisti di
scudi, coperti con armature di cuoio o trapuntate ed aventi, quale arma favorita,
la lancia.
Della tassiarchia facevano parte inoltre trecento arcieri, duecento fanti
leggeri armati di giavellotti e fionde e una nuova tipologia di soldati appiedati
detti menavlatoi, scelti per il loro coraggio, che venivano disposti alla testa
della fanteria, armati di lunghe e robuste lance, impiegate per contenere
l’impatto della cavalleria opponente. La cavalleria bizantina disponeva invece
di tre linee d’attacco; due composte da armati leggeri (lancieri ed arcieri) ed
una terza composta dai celebri kataphraktoi, schierati nella caratteristica
formazione a triangolo (o cuneus)61.
Ogni cavaliere catafratto indossava un klibanion, ovvero una lorica
lamellare corta, mentre braccia ed avambracci erano protetti da spesse
protezioni dette μανικέλια. Sotto il klibanion costoro recavano poi zabai
(ζάβαι), consistenti in sezioni di cotta ad anelli, o di piastre o di cuoio,
59
Cfr. G. Brown, cit., p. 22. I Bucellarii erano soldati a cavallo assai esperti, divisi
in ‘scudieri’ (hipaspisti) e lancieri (dorifori). Maurizio Imperatore, Strategikon. Manuale di
arte militare dell’Impero Romano d’Oriente, a cura di G. Cascarino, Rimini 2006, p. 41,
nota 4.
60
Et tant vindrent de gent sanz nombre, et lo champ fu tot plein de la multitude de
lo exercit de l'Empereor. Et sont veues les lances estroites come les canes sont en lo lieu où
il croissent, et venant, encontre, petit de Normant en l'aide de Melo. Cfr. AMATO, I, XXII,
p. 29.
61
Come scrive Amatuccio a proposito della battaglia di Oliveto, più che la forma
di un triangolo, lo schieramento dei kataphraktoi aveva quello di un trapezio che
dispiegava una prima linea di venti uomini ed aumentava, nelle linee successive, di quattro
in quattro fino ad arrivare all'ultima linea, la dodicesima, a sessantaquattro uomini. Scopo
di tale formazione era quello d'indirizzare la carica contro un determinato punto dello
schieramento nemico, quello dove di solito si trovava il comandante, per scardinarlo. I
Normanni contrapposero a questo tipo di tattica alquanto farraginosa uno schieramento
più snello e leggero, costituito da tre settori (due ali ed il centro) dispiegati su di una sola
linea, ma con compiti tattici ben delineati: al centro il nerbo di cavalleria, destinato alla
carica frontale, alle ali i fanti rinforzati da cavalieri appiedati. Cfr. G. Amatuccio, Fino
alle mura di Babilonia, cit., p. 12.
~ 23 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
62
Su tutto, rimando all’ottima tesi di dottorato, realizzata sotto la supervisione del
prof. Strickland e della dottoressa M. Dunn, di G. Theotokis, The campaigns of the Norman
dukes of southern Italy against Byzantium in the years between 1071 and 1108 AD.,
University of Glasow. Department of History, Glasgow 2010, pp. 99-100; A. M. Maffry
Talbot, D. F. Sullivan (eds), The history of Leo the Deacon: Bizantine Military Expansion
in the Thenth century, Washington D.C. 2005, pp. 5-6.
63
La presenza di guerrieri provenienti dall’Inghilterra fra le fila dei Variaghi al
servizio di Bisanzio, sarebbe attestato da Goffredo Malaterra: Angli vero, quos Waringos
appelant. MALATERRA, III, 17.
64
Caudatis bidentibus. Ibidem. Cfr. altresì P. Grotowski, Arms and Armour of the
Warrior Saints: Tradition and Innovation in Bizantine Iconography (843-1261), Leiden
2009, p. 375, nota 281; J. Godfrey, The Defeated Anglo-Saxons Take service with the
eastern emperor, in: Anglo-Norman Studies, I, Proceedings of the Battle Conference 1978,
ed. R. Allen Brown, Totava 1978, pp. 63-74.
65
Més pour un de li Normant furent mort molt de anemis; et en tant fu forte la
bataille que de .II.C.L. Normant non remestrent se non .x. AMATO, I, XXII, pp. 29-30; G.
De Blasiis, cit., p. 91. A proposito della battaglia di Canne, vedi altresì G. Di Perna, La
conquista normanna della Capitanata. Dalla ribellione di Melo alla battaglia di Civitate
(1009-1053), Poggio Imperiale 2000, pp. 49-52.
~ 24 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
66
Cfr. F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicilie,
vol. I, Paris 1907, p. 58.
67
Cfr. Theotokis, The campaigns, cit., p. 84.
~ 25 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
68
Ivi, p. 32; W. Holtzmann, Der Katepan Boioannes und die kirchliche
Organisation der Capitanata, in: Nachrichten der Akademie der Wissenschaften in
Göttingen, Philologisch-Historische Klasse, I (1960), pp. 21-39.
69
Cfr. G. Theotokis, The campaigns, cit., pp. 151-152; F. Chalandon, cit., p. 50 .
70
E. Cuozzo, Intorno alla prima contea normanna nell’Italia meridionale, in:
Cavalieri alla conquista del Sud. Studi in memoria di Léon-Robert Ménager, a cura di E.
Cuozzo e J. Martin, Roma-Bari 1998, pp. 171-193.
71
A. Gallo, Aversa normanna, Napoli 1938, pp. 3-23; G. De Blasiis, cit., p. 107 e
pp. 119-122, 144-147, 189-193; B. Vetere, Salerno “cattedrale”. Aversa e Troia. Città
nuove ? Galatina 1997, p. 9; S. Tramontana, I normanni in Italia: Linee di ricerca sui primi
insediamenti: Aspetti politici e militari, Messina 1970, vol. I, p. 127.
72
Cfr. V. D’Alessandro, Nobiltà e parentela nell’Italia normanna, in: Anglo
Norman Studies, XV, cit., pp. 91-92.
73
Cfr. F. Porsia, I segni sul territorio. Città e fortificazioni, in: I caratteri originari
della conquista normanna, in: I caratteri originari della conquista normanna, cit., p. 229.
Cfr. altresì G. De Blasiis, cit., p. 120.
~ 26 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
mestiere delle armi. Giunsero allora ad Aversa non solo Normanni ma anche
Bretoni e un certo numero di esuli in fuga da terre vicine alla suddetta città
campana, tutti accolti con benevolenza da Rainulfo74.
Nel frattempo, intorno al 1035, i primi esponenti della famiglia
Altavilla raggiunsero l’Italia. Costoro non erano malviventi forzati all’esilio
ma erano i figli di Tancredi, un vassallo di rango moderato del Contentin, per
altro valente uomo d’arme, il quale aveva prestato servizio presso il duca
Riccardo II di Normandia in qualità di comandante di una unità di dieci
cavalieri75. Dalla sua prima moglie Muriella costui ebbe cinque figli:
Guglielmo, detto Braccio di Ferro, Drogone, Unfredo, Goffredo e Serlo. Dopo
la morte di costei, la seconda moglie Fredesenda gli e ne donò altri sette:
Roberto, detto il Guscardo, Maugerio, Guglielmo, Alfredo, Uberto, Tancredi e
Ruggero76. Tutti ricevettero un addestramento militare. Poiché il patrimonio del
padre era insufficiente per essere equamente spartito tra la numerosa prole, la
maggioranza di questa abbandonò la terra d’origine, per andare alla ricerca di
un ingaggio mercenario in quell’Italia meridionale che dovette loro apparire
come una terra di grandi opportunità, una sorta di continente americano ante-
litteram, per coloro i quali coltivavano un’ambizione e nutrivano trascurabili
scrupoli di coscienza77.
Guglielmo Braccio di Ferro e Drogone cominciarono la loro carriera,
servendo come comandanti mercenari negli eserciti di vari duchi longobardi e
talora sotto le insegne di Bisanzio. Nel 1038 il novello imperatore Michele IV
organizzò una grande spedizione contro la Sicilia musulmana al comando del
generale Giorgio Maniace e si rivolse al principe longobardo di Capua e
Salerno in cerca di sostegno armato. Costui rispose all’appello del dinasta
74
Ibid., pp. 121-122.
75
Cfr. M. Chibnall, cit., p. 89.
76
Tancredus nomine, duxit uxorem, moribus et genere splendidam mulierem,
nomine [Moriellam], ex qua legali successione annorum quinque filios, postea futuros
comites, suscepit: Willelmum videlicet cognomine Ferrea-brachia, Drogonem, Humfredum,
Gaufredum et Serlonem.[…] Ducta vero Frensendis vocabatur, generositate et moribus
priore non inferior, quae legitimis terminis marito septem peperit filios, non minoris pretii
vel dignitatis a praedictis fratribus, quorum nomina subtitulamus hic: primus Robertus,
dictus a nativitate Guiscardus, postea totius Apuliae princeps et Calabriae dux, vir magni
consilii, ingenii, largitatis et audaciae; secundus Malgerius, tertius Willelmus, quartus
Alveredus, quintus Hubertus, sextus Tancredus, septimus Rogerius minor, postea Siciliae
debellator et comes. Cfr. MALATERRA, I, IV.
77
Primo patria digressi, per diversa loca militariter lucrum quaerentes, tandem
apud Apuliam, Italiae provinciam, Deo se ducente, pervenerunt. Ivi, I, V.
~ 27 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
78
Qui eius precantibus annuens, Guilelmum, Drogonem, et Hunfridum Tancredi
filios, qui noviter a Normannia venerat, cum trecentis aliis Normannis illi in auxilium misit.
Cfr. LEOST, Lib. II, 66, p. 675. Cfr anche, G. De Blasiis, cit., pp. 133-135.
79
Cfr. M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, cit., vol. II, Firenze 1858, pp.
380-82.
80
Maniacus non minimum gavisus, plurimum eorum auxilio fidens, navigio aptato,
Siciliam numeroso exercitu invadit, primoque Messanam, quia ripae, qua applicuit,
contigua erat, oppugnans, deditione foedus secum inire coëgit. Cfr. MALATERRA, I, VII.
81
Willelmus, Tancredi filius, qui Ferrea-brachia nuncupabatur, plurimum
indignatus, impetu facto, super eum irruit fortiterque congrediens, hostili robore deiectum
interfecit: unde et maxima laudis admiratione deinceps apud Graecos et apud Siculos fuit.
Ibid. Cfr. altresì F. Chalandon, cit., p. 93.
82
Cfr. G. Amatuccio, cit., p. 10; J. F. Haldon, Byzantine Warfare, Aldershot 2007,
p. 198.
83
Cfr. J. Shepard, The uses of the Franks in Eleventh-century Bysantium, in:
Anglo-norman studies, XV, cit., p. 285.
~ 28 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
84
G. Finlay, History of the Byzantine empire from DCCXVI to MLVII, Edimburg-
London 18562, p. 508, nota 1.
85
Quant la bataille de Sycille, dont nouz avons parlé devant, se faisoit, un qui se
clamoit Arduyn, servicial de saint Ambroise, archevesque de Melan, combatant soi en celle
bataille, abati un Sarrazin. Et lo caval de li Sarrazin estoit molt bel; si lo mena à son
hostel. Et li Duc de la militie troiz foiz manda pour lo cheval, et Arduine non lui vouloit
mander; e dist que o sa main victoriose l'avoit conquesté et o l'aide de Dieu. Et par lo
commandement de lo superbe Duc, injuriosement fu mené Arduino et lo cheval. Et, secont
la pessime costumance de li Grex, fu batut tout nu, et li cheval lui fu levé. Cfr. AMATO, I,
XIII, p. 72; LEOST, p. 675.
86
F. Chalandon, cit., 94; J. Norwich, cit., pp. 68-69.
87
Et prometent li Normant d'aler à ceste cose à laquelle sont envités. Et font une
compaingnie et sacrement ensemble avec Arduyne; et jurent que de ce qu'il aquesteroient
donroient la moitié à Arduyne. Et eslut li Conte .XII. pare, à liquel comanda que
equalement deuisent partir ce qu'il aquestoroient. Et lor donna troiz cens fortissimes
Normans, à liquel donali goffanon por veinchre. Cfr. AMATO, XVIII, p. 76. Mox idem
comes duodecim de sui capitaneos eligit, et ut aequaliter inter se adquirenda omnia,
dividant praecipit. LEOST, p. 675. Vedi inoltre altresì G. De Blasiis, cit., pp. 148-149; J. J.
Norwich, cit., pp. 71-73; cfr. C. G. Mor, Il valore giuridico del titolo «Dux Apuliae», in:
Roberto il Guiscardo e il suo tempo, cit., p. 232.
~ 29 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
trasformazione fosse stata agevolata dal fatto che in Italia il titolo di comes
conservasse già un proprio valore semantico circoscritto ad un territorio nel
quale il vocabolo greco Κόμες, di origine romano-orientale, era sinonimo di
topotereta, identificante il capo militare di una città, oppure l’esercente di
un’ancorché generica giurisdizione88. Il condottiero della comitiva avrebbe
esercitato una vera e propria giurisdizione in ordine al diritto militare; un diritto
questo prettamente consuetudinario, basato non sull’applicazione di una norma
certa ma lasciato, sovente, alla discrezionalità di colui che era chiamato a farlo
rispettare.
Coloro i quali si insediarono ad Aversa non avevano del resto ancora
maturato quell’idea di vassallaggio legata ad un mondo gerarchizzato nel quale
la fedeltà aveva un marcato connotato personale. Essi appartenevano invece ad
un ordine militare socialmente irreggimentato all’interno di quella res publica,
della quale si sentivano membri attivi.
In altre parole ci sembra utile ribadire che i Normanni di Aversa non
erano a conoscenza di un sistema coerente di carattere feudo-vassalatico e
pertanto diedero vita ad una struttura egualitaria basata sulla partecipazione
all’ordo militum, parzialmente mutuato dalla militia Neapolitanorum, composta
da uomini che erano entrati in possesso di terre di proprietà del Fisco Imperiale
e che si sentivano vincolati alla res publica della quale facevano parte89.
Ciò rappresentò un decisivo passo in avanti rispetto ai primi anni di
permanenza in Italia dei mercenari transalpini, durante i quali costoro posero le
loro spade al servizio dei principi longobardi e del duca di Napoli, seguendo il
mos militiae (termine giuridico che per altro trova riscontro anche in Tacito),90
vincolo consuetudinario che non cedette mai completamente il passo al nesso
personale-reale di matrice feudale, che obbligava il Signore a sostenere le spese
del vitto e del sostentamento dei milites, i quali erano a loro volta tenuti a
provvedere ai loro cavalli e alle loro armi91. In origine il termine miles non fu
necessariamente impiegato fra i Normanni per identificare l’appartenenza di un
individuo al ceppo aristocratico, stando invece a designare ed accomunare nel
ruolo di pari, tutti coloro che parteciparono militarmente alla conquista del
88
Cfr. F. Fiori, Tracce della presenza bizantina nella toponomastica dei territori
dell’Esarcato e della pentapoli fra VII e XIII secolo, in: Di un territorio di confine.
Archeologia e storia di un territorio di confine, a cura di C. Ravara Montebelli, Roma
2008, p. 94; C. G. Mor, cit.
89
Cfr. su tutto, E. Cuozzo, La militia Neapolitanorum: un modello per i milites
normanni di Aversa, in: Mélanges de l'école française de Rome, 107 (1995), pp. 31-38.
90
TACITO, Annales, I, VI, 36 : Ut mos militiae, factum esse quod imperasset, etc.
91
Cfr. E. Cuozzo, "Milites" e "testes" nella contea normanna di Principato, in:
Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, 88 (1979),
p. 148.
~ 30 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Sud92. La legittimazione del loro status derivò pertanto non già dal possesso di
terre, ma dall’esercizio del mestiere delle armi93.
Quando dunque la dominazione dei discendenti di Rollone venne
progressivamente a stabilizzarsi nel Mezzogiorno, il miles continuò per lungo
tempo a mantenere una posizione subordinata rispetto a coloro che incarnano
superiori poteri politici e territoriali94.
In una cultura marcatamente combattentistica come quella normanna
nella quale era attribuito grande valore all’abilità guerresca, la strenuitas poteva
dunque rappresentare motivo di notevole avanzamento sociale ma, nella
maggioranza dei casi, l’appartenenza alla militia designava l’affiliazione ad un
genus di subordinati.
Del resto il nucleo degli atti più antichi della dominazione normanna in
Italia, quello cioè composto dai documenti risalenti a Roberto il Guiscardo ed a
Ruggero I, non fanno mai menzione di milites quali membri dell’entourage dei
due sunnominati personaggi, dimostrando come non esistesse alcuna
sovrapposizione fra il rango aristocratico e l’appartenenza alla militia 95.
92
Cfr. E. I. Mineo, Nobiltà di stato: famiglie e identità aristocratiche nel tardo
Medioevo: la Sicilia, Roma 2001, p. 5.
93
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p. 18.
94
Cfr. E. I. Mineo, cit., p. 6.
95
Ivi, pp. 7-8.
96
Cfr. F. Chalandon, cit., p. 96; G. A. Loud, The age of Robert Guiscard: southern
Italy and the norman conquest, London 2000, pp. 78-80.
97
Cfr. G. De Blasiis, cit., pp. 150-51.
98
Ivi, p. 152; A. Settia, cit., pp. 111-112.
~ 31 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Normanni non ebbero difficoltà a fare accrescere in breve tempo la loro fama di
uomini crudeli ed invincibili, reputazione del resto necessaria a suscitare un
sempre crescente sgomento nei Bizantini che avevano, per altro, avuto modo di
sperimentare a loro spese, ma anche a loro favore, il vaillantize dei mercenari
transalpini. Ingenuamente Michele Doukeianos inviò un messaggero che
avrebbe dovuto intimare loro l’immediato abbandono delle terre imperiali,
arbitrariamente occupate.
L’eloquente risposta dei Normanni non tardò a farsi attendere. Goffredo
Malaterra ci ha tramandato il nome di Ugo, cognomento Tudebusem il quale,
dopo avere udito l’ultimatum del comandante greco, prese ad accarezzare il
destriero montato dal messo e ad un tratto sferrò sul capo dell’animale un
pugno talmente micidiale che uno ictu quasi mortuum deiecit 100. I guerrieri del
nord non avevano alcuna intenzione di arrendersi e l’uccisione del cavallo
(episodio per altro non privo di valenze agiografiche e leggendarie), dovrebbe
essere interpretata, scrive Settia, come un esempio preclaro non tanto della
forza dell’eroe, quanto della capacità di intimidire psicologicamente il
nemico101. Il 17 marzo 1041 l’esercito imperiale incontrò in battaglia campale
la coalizione normanno-longobarda, presso le sponde del fiume Oliveto (uno
dei principali affluenti della riva destra dell'Ofanto, ai confini tra la Capitanata
ed il territorio di Melfi)102. La coalizione suddetta poteva contare su
cinquecento soldati di fanteria e settecento cavalieri, fra i quali erano da
annoverarsi i trecento uomini inviati da Rainulfo Drengot 103. Pochi di loro
dovevano però possedere un equipaggiamento completo se Guglielmo di Puglia
si sofferma a ricordare che non erano numerosi coloro i quali potevano disporre
di uno scudo e di protezioni per il corpo104.
L'armata bizantina poteva contare su un contingente di Variaghi di
origine russa che il generale Doukeianos aveva condotto con sé da Bari105,
insieme a un tagma proveniente dall’Opsikion106 ed un meros dei Traci107. Il
99
Inde Venusiam, inde Asculum, inde Labellum, viriliter occupant. Cfr. LEOST,
Lib. II, 66, p. 675. Cfr. F. Chalandon, cit., p. 97; G. De Blasiis, cit., p. 152.
100
Cfr. MALATERRA, I, IX; G. De Blasiis, cit., p. 153.
101
Cfr. A. Settia, cit., p. 112.
102
G. Di Perna, cit., pp. 113-118.
103
G. De Blasiis, cit., p. 154.
104
Nam pedites tantum quingentos turba pedestris et septingentos comitatus
habebat equestris; Obtectos clipeis paucos lorica tuetur. Cfr. GUP, I, p. 112.
105
S. Blöndal, The Varangians of Byzantium, translated, revisited & written by B.
S. Benedikz, New York 19812, p. 70.
106
Opsikion fu uno dei themata dell'Impero Bizantino. In origine il suo territorio si
estendeva a partire dagli attuali confini della Turchia, in Europa, fino in Asia,
comprendendo Nicea ed una consistente porzione del territorio dell'Asia minore posseduto
dai Greci.
~ 32 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
107
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p. 8, nota 1.
108
Cfr. Maurizio Imperatore, cit., Libro I, 1, p. 43.
109
Ivi, p. 44.
110
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p. 12.
111
Cfr. Maurizio Imperatore, cit., Libro I, 2, p. 45.
112
Cfr. T. L. Gore, Neglected heroes. Leadership and war in the early medieval
period, Westport 1995, p. 89.
113
Digreditur cuneus longe paulisper equestris, contra quos cuneus Graecorum
mittitur unus. GUP, I, p. 112.
114
Cfr. G. De Blasiis, cit., p. 154, testo e nota 1; F. Chalandon, cit., p. 98.
~ 33 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
tentativo di sottrarsi all’impeto dei loro avversari 115. Michele Doukeianos riuscì
a stento a salvarsi, rifugiandosi insieme ai sopravvissuti sui vicini monti. Il
generale aveva fatto del proprio meglio per vincere la battaglia ma non si era
probabilmente reso conto che i Normanni del 1041 non erano più l’accozzaglia
di rozzi mercenari che Basilio Boioannes aveva, senza troppi sforzi, sconfitto a
Canne ventitre anni prima. Costoro avevano infatti avuto modo, nel corso degli
anni, di studiare molto da vicino l’assetto tattico-roganizzativo degli eserciti
costantinopolitaini, apprendendone e facendone proprie le tecniche militari.
I Normanni dovevano inoltre avere progressivamente sperimentato e
perfezionato nuove metodologie di combattimento, frutto non solo del bagaglio
specialistico acquisito sul campo ed in parte mutuato dalle loro terre di origine,
ma verosimilmente anche di addestramenti che, dopo la fondazione della contea
normanna di Aversa, dovettero essere sistematicamente praticati.
Le esercitazioni belliche dovettero per altro coinvolgere anche i
Longobardi i quali, pur valorosi, erano largamente digiuni di quell’armorum
doctrina che cominciarono ad apprendere dai loro compagni transalpini116. Se è
dunque perfettamente vero che nel corso della ribellione che condusse alla
battaglia di Olivento, i mercenari franco-settentrionali combatterono agli ordini
di tre condottieri longobardi, vale a dire Arduino, Atenolfo (fratello del principe
di Benevento)117 e Mariano Argiro, figlio di Melo, è comunque pensabile che
l’inquadramento delle truppe sul campo di battaglia dovesse essere, in buona
parte, frutto delle scelte tattiche suggerite dai comandanti Normanni.
Ruolo importante nella gestione dello scontro ebbe probabilmente
anche lo stesso Argiro, il quale aveva vissuto per lunghi anni a Costantinopoli,
ricoprendo incarichi di rilievo all’interno dell’esercito imperiale. Approfittando
del malcontento serpeggiante nel Mezzogiorno generato dalla coscrizione
obbligatoria imposta dai Greci per rimpolpare le fila delle truppe da spedire in
Sicilia, Argiro si schierò con i Normanni che lo riconobbero duca di Puglia118.
La sua esperienza nella coalizione longobardo-normanna fu allora
determinante, attesa la grande vittoria ottenuta ad Olivento su di un esercito,
che fatta eccezione per alcuni reparti d’elite come quelli variaghi, era in
115
Isti vero, ut fortissimi milites socios animantes, sed et ipsimet fortiter agentes,
multis ex hostibus prostratis, tandem in fugam reliquos dederunt, quos insequentes et
posteriores quosque caedentes, victoriam obtinuerunt, multis ex hostibus in flumine quod
Olivetum dicitur, dum transnatare cupiunt, submersis. Cfr. MALATERRA, I, IX.
116
Su tutto, cfr. H. Z. Tucci, Armi e armature, in: Strumenti, tempi e luoghi di
comunicazione nel Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle undecime Giornate normanno-
sveve: Bari, 26-29 ottobre 1993, a cura di G. Musca, V. Sivo, Bari 1995, p. 141.
117
Beneventani principis fratrem. LEOST, Lib. II, p. 675.
118
Cfr. J. Gay, L' Italia meridionale e l'Impero bizantino: dall'avvento di Basilio I
alla resa di Bari ai Normanni (867-1071), Bologna 1978, p. 432; G. S. Brown, cit., pp. 47 e
ss.
~ 34 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
119
Cfr. G. Amatuccio, cit., p. 11.
120
Cfr. J. Skylitzes, A Synopsis of Byzantine History, 811-1057, ed. J. Wortley,
Cambridge 2010, p. 401.
121
Cfr. G. De Blasiis, cit., p. 156; F. Chalandon, cit., p. 98.
122
Cfr. G. De Blasiis, cit., p. 156, nota 1.
123
Ut plures fuerint aquis absorti quam gladiis interempti. LEOST, LIb. II, 66, p.
676; S. Blöndal, The Varangians of Byzantium, cit., p. 70; G. De Blasiis, cit., p. 157; G. Di
Perna, cit., pp. 119-122.
124
G. De Blasiis, cit., pp. 158-159; S. Blöndal, cit., pp. 70-71.
125
Cfr. F. Chalandon, cit., p. 100.
126
Cfr. G. Amatuccio, cit., p. 8, nota 1.
~ 35 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
condiviso il bottino strappato ai Greci con chiunque si fosse arruolato fra le loro
schiere127. Il loro numero non poteva naturalmente competere con quello degli
effettivi costantinopolitani che, non lontano da Melfi, si apprestavano a mettere
in atto un terzo tentativo di domare l’insurrezione divampata nel Sud Italia.
Le truppe della coalizione si accamparono all’esterno della città, sul
monte Siricolo, presso Montepeloso, proprio di fronte agli acquartieramenti
bizantini, per sfruttare al meglio la posizione sopraelevata del luogo. I
Normanni intercettarono e s’impadronirono di un convoglio di bestiame
destinato ai Greci e riuscirono ben presto a costringere le truppe imperiali a
battaglia campale128. Era il 3 settembre del 1041. Come già in precedenza
specificato, Augusto Bugiano disponeva di un esercito di gran lunga superiore a
quello dei ribelli, ma non aveva ancora ben chiaro con quale sorta di pericolo
avrebbe dovuto cimentare se stesso ed i propri soldati. Ad imitazione di ogni
buon generale ‘romano’, egli dovette verosimilmente aderire ai precetti della
trattatistica militare, nella quale il suo popolo aveva codificato l’arte della
guerra. Come già in precedenza ricordato, lo pseudo-Maurizio suggeriva del
resto di accettare battaglia in campo aperto, solo in caso in cui si disponesse di
truppe di gran lunga superiori a quelle avversarie. Augusto Bugiano seguì alla
lettera tale precetto e fu la fine.
Le fasi preliminari dello scontro si rivelarono incerte, con i soldati di
entrambi gli schieramenti che ripiegavano vicendevolmente, per poi tornare
all’attacco129. Guglielmo di Altavilla giaceva intanto infermo nella propria
tenda a causa della febbre quartana. Dall’accampamento normanno-longobardo
collocato in posizione sopraelevata, egli seguiva le fasi della battaglia e quando
si rese conto che l’impeto dei suoi compagni stava perdendo vigore, si precipitò
al loro fianco, esortandoli con le parole e con l’esempio a riprendere
l’assalto130. Improvvisamente le linee greche cominciarono a cedere sotto
l’impeto dei lancieri avversari che riuscirono a scompaginarne le fila. Colti dal
panico, i Bizantini fuggirono cercando riparo nei boschi circostanti, mentre i
normanno-longobardi li inseguivano facendo strage dei macedoni e degli
127
Et donnoient et faisoient doner chevaux de la ricchesce de li Grex qu'il avoient
veinchut en bataille, et prometoient de doner part de ce qu'il acquesteroient a ceaux qui lor
aideroient contre li Grex. Et ensi orent la gent cuer et volenté de combatre contre li Grex.
AMATO, II, XXV, p. 86.
128
F. Chalandon, cit., p. 100. Come suggerito da Amato, i Normanni provocarono i
Greci allo scontro, agitando il loro gonfalone, gesto al quale costoro replicarono
sventolando, a loro volta, il loro stendardo di guerra: Et quant li Grex virent ce, il haucerent
lor gofanon. Et ensi li Normant et li Grezois [s']assemblerent a bataille. AMATO, II,
XXVI, p. 90.
129
Nunc hi, nunc illi fugiuntque fugantque fugantes. GUP, I, p. 119.
130
Cfr. MALATERRA, I, X.
~ 36 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
131
Cfr. G. De Blasiis, cit., p. 161.
132
Cfr. F. Chalandon, cit., p. 100.
133
Nam reliqui Galli, quos Appula terra tenebat, Argiroo Meli genito servire
volebant. Nam pater ipsius prior introducere Gallos, His et in Italia studuit dare munera
primus. GUP, I, p. 121.
134
Cfr. G. De Blasiis, cit., p. 164; J. J. Norwich, cit., pp. 76-77.
~ 37 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
135
Ivi, p. 77.
136
Et à ce qu'il fussent plus honorés de toz, dona à moillier à Guillerme, novel
conte, la fille de son frere, laquelle se clamoit Guide. AMATO, II, XXVIIII, p. 94.
137
C. G. Mor, Il valore giuridico del titolo «Dux Apuliae», cit., pp. 234-235.
138
Et en ceste maniere Guillerme ot Ascle; Drogo ot Venoze; Arnoline ot Eabelle;
Hugo Toutebove ot Monopoli; Rodulfe ot Canne Gautier La Cité; Pierre Trane; Rodolfe,
fill de Bebena, Saint Archangele; Tristan Monte Pelouz; Arbeo Argyneze; Ascletine La
Cerre; Ramfrede ot Malarbine c'est Monnerbin. EArduyne, secont lo sacrement donnerent
sa part, c'est la moitié de toutez choses, si come fu la co venance. Et Melfe, pour ce que
estoit la principal cité, fu commune à touz. AMATO, II, XXXI, p. 96; G. De Blasiis, cit.,
pp. 176-77.
139
MALATERRA, I, XII.
~ 38 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
brutali oppressori e ciò scatenò le ire delle popolazioni locali che si trovavano
ad essere, sovente, impotenti testimoni di angherie senza fine da parte di
costoro.
Gli esacerbati abitanti del Sud Italia cercarono alora di trovare una
seppur effimera ed indiretta vendetta, aggredendo indiscriminatamente i
pellegrini che dalla Normandia giungevano in Italia, sempre più vittime
desinate di aggressioni, rapine, percosse e violenze di ogni genere 140. Il novello
pontefice Leone IX, che paventava la creazione di una forte e aggressiva
enclave normanna ai confini con il Patrimonio di San Pietro, su esortazione del
cardinale Ildebrando di Soana, decise di intervenire militarmente contro
quell’accolita di predoni, per scacciarli definitivamente da quelle terre. Per
attuare il proprio disegno, il Papa ricercò l’alleanza dei Bizantini e di quei
potentati longobardi che, dopo avere iniziamente favorito la penetrazione dei
Normanni nel meridione della Penisola in funzione anti-greca, si trovavano ora
costretti ad arginarne la crescente influenza politica.
Alla coalizione pontificia ebbero allora ad unirsi Adenolfo, duca di
Gaeta, Landone, conte di Aquino, Landolfo, conte di Teano, Oderisio, figlio di
Borrello, Roffredo di Guardia, Pandolfo V di Capua, Pietro, arcivescovo di
Amalfi, Alberico, arcivescovo di Benevento e Federico di Lorena141. L’esercito
clavesignato guadagnò così truppe marchigiane, valvensi, campane, marse e
chietine, alle quali si aggiunsero settecento agguerriti mercenari provenienti
dalla Svevia142.
Leone IX guidò l’esercito verso il fiume Fortore e si accampò sotto le
mura di Civitate143. Egli attendeva l’arrivo delle truppe bizantine al comando di
Argiro, poiché gli accordi prevedevano il congiungimento di tutte le forze della
coalizione a Siponto. Il Pontefice era a capo di una poderosa armata e con
l’aiuto dei Greci intendeva attuare una manovra a tenaglia, che avrebbe dovuto
portare all’accerchiamento delle forze normanne, decisamente inferiori di
numero. Consci di tale pericolo gli Albani radunarono tutti gli uomini dei quali
potevano disporre e mossero rapidamente verso Troia e successivamente verso
nord, per impedire che le forze pietrine si congiungessero a quelle di Argiro144
(che capeggiava oltre alle milizie bizantine anche quelle pugliesi)145.
140
Cfr. R. Allen Brown, cit., p. 124.
141
Cfr. G. De Blasiis, cit., pp. 240-41.
142
Guarnerus Teutonicorum Albertusque duces non adduxere Suevos Plus
septingentos. GUP, II, p. 140. Vedi anche G. De Blasiis, cit., p. 241.
143
Hi cum Teutonicis ad ripam fluminis omnes nomine Fertorii tentoria fixca
locarant. Proxima nomen habens erat urbs a civibus ipsis. GUP, II, pp. 141-142.
144
Cfr. R. Allen Brown, cit., p. 125.
145
Cfr. G. De Blasiis, cit., p. 241.
~ 39 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
146
Vix proceres istos equites ter mille sequuntur et pauci pedites. GUP, II, p. 138.
147
Spectatis castris armantur, et agmine dextro Aversauorum comitem statuere
Ricardum, qui Longobardos adeat. Prior hunc comitatur Clara cohors equitum, mediaeque
cohortis agendae Unfredus contra fortes ad bella Suevos Eligitur ductor. Cornu servare
sinistram Robertus frater Calabra cum gente iubetur. Ivi, II, p. 142; Desquelles une en est
regie et governée par la main del conte Unfroy, et l'autre par lo conte Ricchart, et à la
tierce par Robert Viscart. Cfr. AMATO, III, p. 155.
148
Inter eos aderant Petrus et Galterus Amici Insignis soboles, simul Aureolanus,
Ubertus Muscaque Rainaldus, comes Hugo, comesque Girardus; Hic Beneventanis
praelatus, at hi Thelesinis. Hos Bovianensis comitis comitata Radulfi. GUP, II, p. 138.
149
Cfr. G. De Blasiis, cit., p. 244.
150
Et li Pape avec li evesque sallirent sur lo mur de la Cité, et regarda à la
multitude de ses cavaliers pour les absolvere de lor pechiez, et pardonna la penance que
pour lor pechié devoient faire. Et lorfait la croiz et lo[r] commanda de boche qu'il alent
combatre. Cfr. AMATO, III, p. 154.
~ 40 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
151
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura di Babilonia, cit., pp. 33-34. Cfr. G. De
Blasiis, cit., p. 247.
152
Cfr. l’introduzione storica a Vegetius, Epitome of Military Science, translated
with notes and introduction by N. P. Milner, Liverpool 1993, p. XIII.
153
C. Allmand (ed.), Vegetius: The Reception, Transmission and Legacy of a
roman text in the Middle ages, Cambridge 2001, p. 259.
~ 41 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
154
A proposito della battaglia di Civitate, M. Fuiano, La battaglia di Civitate
(1053), in: Archivio Storico Pugliese, II (1949), pp. 124-33 ed il recente lavoro di C. D.
Stanton, The Battle of Civitate: A Plausible Account, in: Journal of Medieval Military
History, XI (2013), pp. 25-56.
~ 42 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
CAPITOLO TERZO
157
Per un inquadramento territoriale, cfr. D. Nociti, Il toponimo Scribla e il primo
insediamento normanno in Calabria, in: Archivio Storico per la Calabria e la Lucania
XXXIV, (1965-1966), pp. 217-219.
158
Cfr. G. Teothokis, cit., p. 79.
159
Cfr. G. Noyé, Le château de Scribla et les fortifications normandes du bassin
du Crati de 1044 à 1139, in: Società, potere e popolo nell’età di Ruggero II. Atti delle III
Giornate normanno-sveve 1977, Bari 1979, pp. 207-24; G. Noyé, A. M. Flambard, Le
château de Scribla. Étude archéologique, in: Società, potere e popolo nell’età di Ruggero
II, ut supra, pp. 225-238; V. Von Falkenhausen, Il popolamento: etnie, feudi, insediamenti,
in: Terra e uomini nel Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle settime giornate normanno-
sveve, 1985, a cura di G. Musca Bari 1987, pp. 45 e 66.
160
Et adont prist Robert la moillier, laquelle se clamoit Adverarde. Et fu Girart
sont chevalier, de Robert. Et puiz vint en Calabre et acquesta villes et chasteaux; et devora
la terre. Cfr. AMATO, XI, p. 126; R. Allen Brown, cit., pp. 122-123.
161
Cfr. A. Settia, Gli strumenti, cit., pp. 113.114.
162
Cfr. J. J. Norwich, cit., p. 129.
~ 44 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
163
Ivi, p. 130. Et li Normant qui longuement estoient usé en bataille, combatoient
pour prendre la cité. Et cil de Capue estoient affleboiez de fame. AMATO, IV, 28, p. 202.
164
Cfr. M. Chibnall, cit., pp. 92-93.
165
Cfr. M. Chalandon, cit., p. 147.
166
Unde et simulatione fidelitatis traditione composita, castrum Neocastrense
accipientes, sexaginta Normannos, qui ad tuendum ibi castrum relicti erant, una die
peremerunt. Cfr. MALATERRA, I, XXVIII. Cfr. F. Chalandon, cit., p. 152.
167
Cfr. G. S. Brown, cit., p. 86.
168
Rogerius itaque, cum quod militibus suis largiretur minus abundaret, et ipsi sibi in
exigendo importuniores essent, a fratre expetit. Ille vero, pravorum consilio usus versus
eum, cum caeteris largus esset, illi strictior quam oportebat esse coepit. MALATERRA, I,
XXIII.
~ 45 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
e devastò a sua volta gli oliveti e le vigne che si trovavano nei dintorni del
castello di Scalea169, persistendo a mettere in pratica anche nei confronti di un
proprio consanguineo quella tattica di guerriglia, già profittevolmente adoperata
in Campania e in Puglia.
Ruggero, dal canto suo, era ben consapevole del fatto che il suo prestigio e
la sua autorità dipendessero non solo dal carisma personale ma, in buona parte,
dal consenso dei propri uomini i quali pretendevano il regolare pagamento del
soldo e le cui fila abbisognavano di essere sistematicamente rimpolpate da
nuove leve. Ed ecco che, probabilmente intorno alla fine del 1057, con un
reparto di soli tredici cavalieri, il giovane Altavilla aggredì una carovana di
mercanti che tornavano ad Amalfi, sequestrandoli e conducendoli prigionieri a
Scalea. I malcapitati vennero spogliati di tutti i loro averi e Ruggero raccolse un
bottino ricco abbastanza, da consentirgli, in breve tempo, di reclutare nuovi
combattenti170.
Intanto il sentimento antinormanno che nel 1058 aveva incoraggiato alla
sedizione gli abitanti di Nicastro, era divampato in tutta la regione e la concreta
minaccia di perdere il controllo della Calabria intera convinse i due fratelli alla
riconciliazione. In cambio di aiuto militare, Roberto offrì a Ruggero la metà dei
territori da lui sottomessi, più tutti i territori ancora da conquistare tra Squillace
e Reggio171, ancora nelle mani dei Greci.
Questi ultimi erano stati, dal canto loro, incapaci di opporre una efficace
resistenza al ‘forcing’ normanno, sia per l’assenza di un esercito regolare in
loco, che per la inadeguatezza degli aiuti militari inviati dall’impero d’Oriente,
costretto a dovere affidare i destini della Calabria alle modeste ‘forze armate’
autoctone ancora fedeli a Costantinopoli172.
169
Aliquandiu cum ipso commoratus, tandem castrum, quod Scalea dicitur, ab
ipso accepit; propter quod multas incursiones versus Guiscardum faciens, circumquaque
lacessivit. Quod cum Guiscardo relatum fuisset, exercitu commoto, idem castrum obsessum
vadit, et oliveta et vineas, quae urbi contigua erant, vastat. Ibidem. Cfr. anche F.
Chalandon, cit., p. 152.
170
At dum illos, quos praedaturi miserat, apud Scaleam praestolatur, Bervenis
quidam, a Melfa veniens, nuntiat melfetanos mercatores, onustos pretiosis opibus, a Melfa
versus Melfam haud procul a castro transire. Quo audito, non minimum gavisus, equum
insiliens, inter Gisualdum et Carbonariam, cum tredecim tantum militibus, mercatoribus
occurrit; captosque Scaleam deduxit; omniaque, quae secum habebant, diripiens, ipsos
etiam redimere fecit. Hac pecunia roboratus, largus distributor-centum sibi milites
allegavit, quibus, totam Apuliam crebris et diversis incursionibus dilacerans, Guiscardum
in tantum sollicitum reddebat, ut, adcquirendae Calabriae oblitus, iam quod acquisierat
pene amitteret. MALATERRA, I, XXVI.
171
Cfr. F. Chalandon, cit., pp. 152-153.
172
Cfr. M. Gallina, Gli stanziamenti della conquista. Resistenze e opposizioni, in: I
caratteri della conquista normanna, cit., pp. 166-67.
~ 46 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
173
Cfr. MALATERRA, I, XXXIV.
174
Porro illi, qui a Regio Sckillacium ingressi fuerant, cum viderent se ab illis
nimium infestari, quos Rogerius in novo castello ad hoc posuerat, nec diu ferre posse, de
nocte navem ingressi, Costantinopolim aufugiunt. Ivi, I. XXXVII.
175
Cfr. R. Rogers, Latin siege warfare in the Twelfth century, Oxford 19972, p.
95.
176
Cfr. MALATERRA, III, XV.
~ 47 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
alla fine, furono costretti a patteggiare con i Normanni che avevano loro inibito
ogni possibilità di entrare od uscire dalla città177.
La medesima tecnica fu impiegata durante l’assedio di Castrovillari nel
corso del quale i guerrieri del nord chiusero la città, attorniandola di strutture in
legno affinché ut nulla ex parte aditus ingrediendi, vel aliquid introducendi178.
In tale frangente Ruggero fece giungere uomini da Otranto e Taranto ed un gran
numero di Saraceni e di cavalieri e fanti cristiani ingrossarono le sue fila179.
Difficile è stabilire in quale modo fossero realizzati i castelli d’assedio,
anche se non si può escludere che si innalzassero su terrapieni, non dissimili
dalle motte, sulle quali i Normanni avevano l’abitudine di elevare i loro
manieri180. È opinione dello scrivente che tali strutture non fossero dissimili da
grosse torri, verosimilmente protette da palizzate, all’interno delle quali
trovavano ospitalità non soltanto gli uomini, ma anche i loro destrieri. I soldati
a presidio dovevano, del resto, non solo essere in grado di muoversi con
rapidità per bloccare ogni tentativo di entrata od uscita dalla città assediata, ma
dovevano altresì opporre una seppur minima forma resistenza ad eventuali,
improvvise sortite da parte degli assediati, nell’attesa di ricevere rinforzi dagli
acquartieramenti principali. Durante gli assedi i Normanni fecero anche uso del
vallo, ovvero di una linea difensiva fortificata composta da una staccionata con
terrapieno, nonché di siepi che altro non erano se non ispidi cespugli di rovi181.
Note sin dal tempo degli antichi Greci, le siepi avevano il compito di
rallentare l’avanzata dei cavalli, in caso di sortita. La realizzazione di castelli di
assedio e delle staccionate, parte integrante dei valli, necessitava naturalmente
di ingenti quantità di legname ed è perciò quasi scontato ritenere che i soldati
venissero impiegati non solo per le operazioni militari in senso stretto, ma
anche nel reperimento dei materiali necessari per costruire le fortificazioni
all’interno delle quali imbrigliare le città assediate.
Anche se le fonti nulla menzionano a riguardo, numerosi dovettero
essere i fanti reclutati fra le popolazioni autoctone che diedero decisivo impulso
alle conquiste normanne, prendendo parte attiva agli assedi delle città del
Mezzogiorno182 e probabilmente alle opere di disboscamento, necessarie alla
costruzione di macchine da guerra. La costante penuria di uomini abili alle armi
potrebbe poi altresì chiarire la ragione per la quale i ‘signori della guerra’
d’oltralpe mostrarono, almeno inizialmente una spiccata predilezione per gli
assedi statici. Tali forme ossidionali erano in grado di incidere profondamente
177
Ivi, III, XVII.
178
Ivi, IV, XXII.
179
Ibidem.
180
Cfr. A. Settia, cit., pp. 137-138.
181
Cfr. A. Jones, The Art of War in Western World, New York-Oxford 1989, p. 10.
182
Cfr. D. Douglas, The Norman Achievement, London 1969, pp. 79-80.
~ 48 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
183
Cfr. E. Cuozzo, Trasporti terrestri e militari, in: Strumenti, tempi e luoghi di
comunicazione nel Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle undecime Giornate normanno-
sveve: Bari, 26-29 ottobre 1993, a cura di G. Musca e V. Sivo, Bari 1995, p. 39 e p. 53.
184
Cfr. R. Rogers, cit., p. 107.
185
Cfr. A. Settia, cit., p. 139.
186
Cfr. R. Rogers, p. 109.
~ 49 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
187
Ivi, p. 115.
188
Caetereum Rex perpendens urbem munitissimam, manumque in ea bellatricem
consistere, ad ingenium vertitur, videlicet, oppidum, quod praeliando adiri non poterat,
artis peritia aggrederentur. Itaque molimine constructo, Rex illud paulatim ducendo, quo
minus civitas muniri conspiciebatur, approximari jubet, quo ita pacto exteri cum civibus
cominus per eam bellabant, macula alterutrum intorquentes. Interim autem dum ita
utrimque pugnaretur, Saraceni per illud instrumentum ligna, quibus fossatus repleretur,
instanter jactabant, alii autem ferreis rastris ab aggere summo nisu terrma trahentes, ligna
ipsa jactatione superplanare conabantur. Cfr. ATEL, Lib. II, caput XLII, p. 118.
189
Tancredus ergo dum fossatum impleri conspiceret, mox ignem atque fomentum,
quo facilius accenderetur, intus immittendum ad comburendum ligna accelerat. E contra
autem dum per canalem ligneum aqua derivata intus deflueret, ignis immissus extinguitur,
quo extincto, iterum qui erant in machina cum longissima pertica, in cujus summo uncinus
ingens ferreus erat, ipsum antemurale, quod et vuglo Barbacanus dicitur, divellere
incipiunt. At illi qui Barbacanum defendebant, videntes perticam Barbacanum diruentem,
eam violenter tenentes succidunt. Cumque sic terbio aluae perticae ad divellendum
extensae, terbio etiam ab eis succisae fuissent, postremo acriter iterum extendentes partem
ex eo non modicam diruerunt. Ibid., caput XLIII.
~ 50 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
dettati dall’antica trattatistica bizantina sull’arte della guerra ancora nel XII
secolo, quando le nuove scoperte della meccanicistica ossidionale si andavano
imponendo nel resto dell’Europa190. In una cultura militare come quella
normanna ancora profondamente permeata dalla tradizionale strenuitas che pur
risemantizzata dalla letteratura epica, conservava la sua massima espressione
nell’eroismo in battaglia, Ruggero seppe reinventare il modo di condurre la
guerra nel proprio regno. Il ‘vigore espressivo’ delle battaglie in campo aperto
fu infatti in buona parte surrogato da un’ apparente ‘staticità strategica’,
transitante per un ‘dinamismo ossidionale’, che alla fine si rivelò vincente. Nel
1132 Ruggero patì una grave sconfitta in campo aperto nei pressi del fiume
Sarno191 per opera del principe Roberto II di Capua e del conte Rainulfo di
Alife seguita, nel 1137, da un’ulteriore disfatta a Rignano. Rainulfo che del
sovrano siciliano era cognato per averne sposato la sorella Matilde192, incarnava
l’archetipo del cavaliere normanno ‘old style’ sempre pronto, come i primissimi
Altavilla ed i Drengot, ad affidare alle battaglie campali l’esito di un conflitto.
Dal canto suo Ruggero, pur restando fedele alle consuetudini militari
del suo popolo, fece della ‘sintassi’ ossidionale il predicato vitalizzante della
propria ars bellica.
Come già in precedenza evidenziato, i Normanni seppero servirsi con
intelligenza delle risorse umane presenti nel Mezzogiorno, sfruttando a loro
vantaggio le competenze ed i bagagli tecnici in campo guerresco e non solo di
quelle popolazioni. Talora però, pur di rimpolpare i ranghi delle truppe per le
loro campagne militari, costoro non si fecero scrupolo di assoldare uomini che
non avevano alcuna dimestichezza con le armi ma che tuttavia furono impiegati
in battaglia, dopo avere ricevuto un rigido addestramento. Fu questo il caso
della spedizione che il Guiscardo guidò nel 1081 contro Bisanzio quando,
secondo la testimonianza di Anna Comnena, fra le fila della propria fanteria
egli annoverava plebaglia sommariamente armata193, alla quale si aggiunsero
coscritti greci e longobardi che non avevano mai visto un’arma e che erano o
troppo giovani o troppo anziani per la guerra194. Al di là della lunga lotta che
190
Cfr. E. Cuozzo, Trasporti terrestri e militari, cit., pp. 38- 41.
191
Su tale battaglia, rinviamo a G. Amatuccio, La battaglia di Sarno (24 luglio
1132), in: Scritti offerti dal Centro Europeo di Studi Normanni a Mario Troso, a cura di G.
Mastrominico, Ariano Irpino 2012, «Medievalia», 2, pp. 13-32.
192
Cfr. A. Gambella, Medioevo alifano: potere e popolo nello stato normanno di
Alife, Roma 2007, pp. 90 e ss.
193
L’Imbecille vulgus al quale accenna MALATERRA, III, XXIV.
194
A tale proposito Anna Comnena scrive: Ma non dobbiamo omettere ciò che (il
Guiscardo, n. d. A) fece in Longobardia, prima del suo arrivo a Valona con il proprio
esercito. Egli fu sempre un uomo di temperamento tirannico ed assai forte ed ora ha preso
ad emulare la follia di Erode. Non essendo soddisfatto dei soldati che avevano seguito la
sua fortuna fin dall'inizio e che erano esperti di guerra, egli ha reclutato ed equipaggiato
~ 51 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
un nuovo esercito, senza alcuna distinzione di età. Costui ha raccolto tutti, di età inferiore
e superiore, da tutta la Longobardia e la Puglia, e li ha costretti al proprio servizio. Era
possibile scorgere fanciulli e ragazzi e poveri vecchi, che non avevano mai, nemmeno nei
loro sogni, visto un'arma, e che adesso erano vestiti di corazze e trasportavano scudi e
governavano i loro archi senza abilità e goffamente e che cadevano con la faccia per terra
quando veniva loro ordinato di marciare. Tali coscrizioni erano naturalmente la causa di
problemi senza fine in tutto la Longobardia; dovunque si ascoltavano i lamenti degli
uomini e il pianto delle donne che avevano condiviso le sventure della loro parenti. Una
era in lutto per il proprio marito, poiché aveva un’età troppo avanzata per il servizio;
un’altra per il figlio inesperto, una terza per suo fratello, che era un agricoltore o
impegnato in affari […]. Eppure, nonostante le sue reclute fossero assolutamente inesperte,
Roberto le sottopose ad addestramento quotidiano, portandole a buona disciplina. (T.d.A.).
Cfr. Anna Comnena, cit., I, XIV, pp. 36-37. Cfr. altresì G. Teothokis, cit., p. 67 e p. 198.
195
Il asemblatroiz rurmez de troiz manieres de gent: c'est de Iatin, de Grex et de
Sarrazin, et comanda que venissent molt de gent et de navie à garder lo port. Cfr.
AMATO, VIII, 15, p. 354.
196
Cfr. A. De Simone, Il Mezzogiorno normanno-svevo visto dall’Islam africano,
in: Il Mezzogiorno Normanno-Svevo visto Dall' Europa e dal Mondo Mediterraneo. Atti
delle Tredicesime giornate normanno-sveve, Bari 21-24 ottobre 1997, a cura di G. Musca,
Bari 1999, pp. 277 e ss; M. Bellomo, Società e Istituzioni dal medioevo agli inizi dell’età
moderna, Roma 19936, p. 292.
197
Cfr. H. Takayama, The administration of the Norman kingdom of Sicily, Leiden
1993, pp. 44-45.
~ 52 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
198
Cfr. A. Kiesewetter, Megareites di Brindisi, Maio di Monopoli e la signoria
sulle isole ionie, in: Archivio Storico Pugliese, anno 59, fasc. 1- 4 (gennaio dicembre 2006),
pp. 46-90; Id., Margarito (Megareites) di Brindisi, in: Dizionario Biografico degli Italiani,
Roma 2007, vol. 70, Roma 2008, pp. 109-113. Cfr. S. Runciman, Storia delle Crociate, tr.
it., Torino 19932, vol. II, p. 702.
199
Cfr. G. Teothokis, The Norman invasion of Sicily (1061-1072): Numbers and
Military Tactics, in: War in History 17 (2010), pp. 381-402. A proposito del trasporto per
mare dei cavalli per mare, cfr. Il fondamentale lavoro di C. D. Stanton, Norman naval
operations in the Mediterranean, Woodbridge 2011, pp. 242-246.
200
Cfr. G. Teothokis, The campains, cit., pp. 137-139.
201
Ivi, p. 198-199.
~ 53 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
essersi invece serviti di teride arabe, provviste di una poppa quadrata e di rampe
che potevano essere abbassate alla bisogna per scaricare gli animali202.
Qualunque fosse l’origine delle imbarcazioni adibite al trasporto dei
destrieri usate nelle campagne militari normanne, è ad ogni modo importante
evidenziare come nel meridione d’Italia esistesse una conoscenza dell’arte
militare per mare alquanto avanzata e, per quei tempi, assai moderna.
Quanto appreso nel Mezzogiorno da parte dei discendenti di Rollone
attraverso il processo di osmosi culturale, si sarebbe rivelato del resto
fondamentale per l’organizzazione della spedizione marittima che avrebbe
condotto l’esercito di Guglielmo il Conquistatore sulle coste dell’Inghilterra nel
1066. Dall’esame della Tapisserie di Bayeux203 si può agevolmente notare
come i Normanni d’oltralpe avessero fatto ormai propria la tecnica bizantina
del trasporto delle cavalcature via mare. Le navi impiegate da costoro avevano
la poppa e la prua decorate con sculture lignee di natura zoomorfa, molto simili
a quelli utilizzate sui drakkar, le celebri navi drago già in uso presso i
Vichinghi. La presenza di moduli navali di tal genere anche nel meridione
d’Italia sembrerebbe attestata dalla presenza, sul portale nord della chiesa di
San Giovanni al Sepolcro in Brindisi, di un graffito, riproducente un vascello
medievale con vele, remi e una prua zoomorfa204.
Gli scudi a goccia venivano appesi a prua ed a poppa, sporgenti all’esterno
dell’imbarcazione, per evitare che potessero occupare quello spazio necessario
202
Cfr. M. Bennett, Amphibious Operations from the Norman Conquest to the
Crusades of St. Louis, c. 1050-c. 1250, in: Amphibious Warfare 1000-1700, ed. D. J. B.
Trim, M.C. Fissel, Leiden 2006, pp. 54-55.
203
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux, scena 38.
204
G. Marella, La chiesa di San Giovanni al Sepolcro di Brindisi. Le architetture
europee a pianta centrale degli Ordini di Terrasanta, in: Deus Vult. Miscellanea di studi
sugli Ordini militari, a cura di C. Guzzo, N. Bagnarini, 2 (2012), p. 50. Il Dr. Marella, nel
corso di un colloquio privato per il quale lo ringrazio, mi ha comunicato di avere
parzialmente rettificato le proprie tesi a proposito del graffito navale brindisino, presente
sulle pareti esterne della chiesa di San Giovanni al Sepolcro di Brindisi. Alla luce di nuove
acquisizioni derivanti dall’esegesi di alcune iconografie coeve, egli ha ritenuto opportuno
spostare la datazione della suddetta iconografia dal XII al XIII secolo, pur attribuendo alla
forma navale incisa sul sacro edificio della città adriatica un’origine nord europea.
Concordo sostanzialmente con quanto affermato dal Dr. Marella e, a tal proposito, ritengo
opportuno rimarcare la notevole somiglianza dell’immagine brindisina, con una nave
vichinga incisa su un pezzo di legno (di circa 17-18 cm di lunghezza), risalente al secolo
XIII. Codesto reperto è stato ritrovato a Bergen, durante gli scavi condotti da Asbjørn E.
Herteig ed è oggi conservato presso l’Historisk Museum, Universitet i Bergen. Ciò
potrebbe dunque avvalorare l’ipotesi dell’origine nordica della nave e, verosimilmente,
anche di colui il quale la incise sulla parete di San Giovanni al Sepolcro. Cfr. G. Jones, I
Vichinghi, tr. it., Roma 19952, p. 335, fig. 56.
~ 54 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
ad ospitare gli uomini e le loro cavalcature. Quando però i vascelli erano adibiti
al solo trasporto dei combattenti, gli scudi erano posti all’interno dello scafo, al
fianco dei rematori o dei passeggeri205.
La consuetudine di annodare gli scudi alla poppa ed alla prua è per altro
attestato in area sud italiana alla fine del secolo XII, così come l’abitudine di
assicurarli al fianco della nave, legandoli però non all’interno ma all’esterno, al
fine di recuperare il maggiore spazio possibile per i viaggiatori 206. L’evoluzione
della marineria, spinse i Normanni a predisporre navi specifiche per il trasporto
non solo dei cavalli ma anche delle macchine di assedio.
205
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux; scene 5 e 38.
206
Cfr. Petrus De Ebulo, Liber ad honorem Augusti sive de rebus Siculis. Eine
Bilderchronik der Stauferzeit aus der Burgerbibliothek Bern, ed. T. Kölzer e M. Stahli, rev.
e trad ed. G. Becht-Jördens, J Thörbecke Verlag, Sigmaringen 1994, f. 119r, 120r.
207
Cfr. R. Rogers, cit., pp. 120-121.
~ 55 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
208
Cfr. S. Runciman, cit., vol. I, pp. 243-44.
209
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p. 45.
210
Cfr. F. Chalandon, cit., p. 187; G. De Blasiis, La insurrezione pugliese e la
conquista normanna nel secolo XI, Napoli 1864, vol. II, p. 128.
211
Cfr. E. Cuozzo, Trasporti terrestri e militari, cit., p. 53.
212
Ad portarum aditus crates prudenter adorsus, Sub quibus armatos obstantibus
insidiantes Ordinat, et turrim fabricat, quae lignea muris Prominet; ac iuxta de quaque
petraria parte Ponitur, adiuncto muros quo evertere possit Diversi generis tormento. GUP,
II, p. 158. Cfr. R. Rogers, cit., p. 96.
~ 56 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
terra con ponti di legno (tecnica ampiamente nota già al tempo dei Persiani)213
attraverso i quali la fanteria poteva, in caso di necessità, recare soccorso ai
marinai214. Costantinopoli rispose all’assedio inviando una flotta con viveri e
rinforzi che riuscì, nonostante gli attacchi della forza navale avversaria, a
raggiungere Bari.
Le operazioni militari si protrassero per tutto il 1069 ma senza risultati
apprezzabili per il Guiscardo ed a poco servirono le imponenti macchine
d’assedio che furono neutralizzate dagli abitanti della città. Ruggero intanto era
giunto dalla Sicilia, portando tutti gli uomini e le navi di cui poteva disporre.
L’imperatore era riuscito intanto ad allestire una flotta a Durazzo agli ordini del
normanno Jocelin, signore di Molfetta, che era stato il principale fomentatore
delle recenti rivolte contro l’autorità di Roberto in Puglia 215. La forza navale
giunta a Bari si scontrò con la flotta normanna ed ebbe la peggio. Nemmeno
una grave sciagura subita dagli ‘Albani’, quando centocinquanta di loro,
pesantemente equipaggiati, si spostarono contemporaneamente su di un lato di
un vascello facendolo capovolgere e restando tutti annegati, fu sufficiente per
risollevare le sorti della battaglia a favore delle armi greche216.
Jocelin fu catturato ed i Normanni ottennero così la loro prima vittoria
navale217. Il 16 aprile del 1071 il Guiscardo ed il fratello Ruggero fecero il loro
ingresso trionfale a Bari che dopo la disfatta della flotta bizantina, si era arresa
al duca di Puglia. Poco tempo dopo avere conquistato Bari, Roberto e Ruggero
rivolsero le loro attenzioni a Palermo, ancora in mano musulmana. Nell’agosto
del 1071 i Normanni bloccarono la città per mare e per terra, mentre gli
accampamenti furono posti a nord ed a est delle mura. Contrariamente a quanto
213
A tal proposito ci sembra utile ricordare che nel corso della seconda guerra
persiana, Serse decise di invadere la Grecia ed affidò al generale Mardonio il compito di
costruire un ponte di barche sull’Ellesponto, per traghettare l’esercito prima in Tracia e poi
in Tessaglia (anno 480 a. C.). Cfr. Erodoto, Storie, Libro VII, 8-10, 25, 34-36, 49, 54-56.
214
F. Chalandon, cit., p. 187; R. Rogers, cit., p. 97; G. De Blasiis, cit., vol. II, p.
130. L’impiego di un ponte di barche è attestato in occasione dell’assedio condotto contro
la città di Antiochia (21 ottobre 1097-2 giugno 1098), nel corso della prima crociata. Il
ponte suddetto venne, infatti, costruito sul fiume Oronte per collegare l’accampamento di
Goffredo di Buglione al villaggio di Talenki, ove sorgeva il cimitero musulmano. Tale
struttura lignea diede la possibilità alle truppe cristiane di raggiungere le strade per
Alessandretta e San Simeone. Cfr. S. Runciman, cit., vol. I, p. 188.
215
Urbis, cuius erat capiendae magna libido. Venturum auxilio Gocelinum fama
ferebat Multis imperii cum navibus. Cfr. GUP, II, p. 162.
216
Dumque fortiter congrediuntur, tanta vi quaedam ex nostris super navem illorum
grassata est, ut, ex uno latere cum pondere armorum incaute decurrente, centum
quinquaginta loricati ex nostris submergerentur. MALATERRA, II, XLIII.
217
Comes vero Gocelinum oppugnans superat: quem in suam navem exarmatam
recipiens, cum triumpho gloriosus ad fratrem remeat. Ibidem. Cfr. F. Chalandon, cit., 189.
~ 57 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
era avvenuto per Bari, Roberto decise di abbandonare la vecchia tattica dello
sbarramento permanente di navi che chiudeva l’entrata del porto.
Tale procedimento non aveva riscosso molto successo ed a Palermo
sarebbe stato impossibile attuarlo per ragioni topografiche. Egli ormeggiò
invece la sua forza navale costituita da Baresi, Calabresi e Greci prigionieri,
alle foci dell’Orento, tenendola pronta ad entrare rapidamente in azione218. Nel
tardo autunno del 1071 una flotta siculo-africana giunse al largo di Palermo e
Roberto emanò istruzioni ai suoi affinché tutti coloro che erano sotto il suo
comando, Normannis, Calabris, Barensibus, Argis Dux a se captis, ricevessero
la comunione219. La battaglia navale cominciò con un netto vantaggio per i
Saraceni i quali pare avessero eretto sui loro vascelli delle grosse tende di feltro
rosso, per proteggersi dai proiettili lanciati dai Normanni. Questi ultimi presero
progressivamente il sopravvento sugli avversari che furono costretti ben presto
alla ritirata. I palermitani tesero la grande catena che chiudeva l’ingresso del
porto ma inutilmente poiché le navi del Guiscardo infransero l’ostacolo e
completarono la distruzione della flotta siculo-africana, impadronendosi di
alcune imbarcazioni e dandone alle fiamme delle altre220.
La vittoria galvanizzò Roberto che il 5 gennaio 1072, alla testa di un
esercito composto da cavalleria pesante e fanteria, della quale facevano parte in
prevalenza arcieri e frombolieri, si diresse verso le mura di Palermo. La fanteria
ebbe il compito di bersagliare i bastioni con pietre e frecce. I Saraceni tentarono
a questo punto una sortita disperata contro la fanteria assediante che fu
ricacciata indietro221. Quando il Guiscardo si accorse di ciò che stava
accadendo ai suoi pedites, diede ordine alla cavalleria222 di caricare il nemico. Il
comando del condotiero Altavilla fu talmente tempestivo che i Saraceni furono
repentinamente messi in rotta. Guglielmo di Puglia ci informa che gli uomini di
Roberto inflissero ogni sorta di ferita ai musulmani, alcune con le spade, altre
con le lance, altre ancora con colpi di fionda e con le frecce223.
218
Cfr. F. Chalandon, cit., pp. 205-206.
219
GUP, II, p. 176.
220
Dum portum subeunt, mox opposuere cathenas, Cum quibus aequoreos aditus
prohibere solebant. His etiam fractis, quasdam de navibus horum Christicolae capiunt,
flammis plerasque perurunt. Ivi, II, p. 178. Cfr. anche J. J. Norwich, cit., p. 204. Cfr. altresì
M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Firenze 1868, vol. III, parte I, p. 125.
221
Muniri pedites fundis facit atque sagittis; Armatos equites secum procedere
iussit. Accedunt muro pedites, et moenia saxis Ac telis quatiunt. GUP, II, p. 178.
222
Che le sorti di quella piccola battaglia sotto le mura di Palermo fossero state
decise dall’impeto della cavalleria, sembrerebbe evincersi dal fatto che, dopo tale scontro, il
Guiscardo dovette intervenire con un discorso di incitamento ai propri equites: Robertus
quamquam longo certamine vidit Diffisos equites, coeptis insistere poscit. Ivi, II, p. 179.
223
Gens comitata ducem diversis sauciat hostem Vulneribus, quosdam gladiis, et
cuspide quosdam, Multos fundali iactut plerosque sagittis. Ibid, II, p. 178.
~ 58 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
224
Tali scale potevano essere semplici oppure reticolate, consistenti cioè in una
sorta di rete che era agganciata alle mura con una serie di rampini. Le scale d’assalto
avevano il nome di κλίμαξ σκυτίνη e pare fossero usate nel 1100 dal duca di Puglia
Ruggero Borsa, durante l’assedio di Canosa. Cfr. E. Cuozzo, Trasporti terrestri e militari,
cit., p. 50.
225
Subitement un qui se clamoit Archifrede se fist la croiz et sailli sur li mur.
Aprés loquel saillirent.IJ. autres; et, rote l'escalle, nul non lo pooit secorre. Et un monton
de li anemi lui vindrent encontre; ou la multitude enpaouri li Chrestien; et o l'arme li tailla
l'escut en main. Dont non porent soustenir cil troiz Normant. Et tant multitude se jetterent
de li mur, liquel, par la grace de Dieu, saint et sauf se retornerent à terre. AMATO, VI,
XVIIII, p. 280. Cfr. altresì M. Amari, cit., vol. III, parte I, p. 127.
226
Cfr. R. Rogers, cit., p. 98.
227
a Guiscardensibus scalis appositis, murus trascenditur. Urbs exterior capitur;
portae ferro sociis ad ingrediendum aperiuntur. Dux et comes cum omni exercitu infra
muros hospitantur. MALATERRA, II, XLV; Dont ceuz qui saillirent, sanz nulle
demorance, descendirent et operirent la porte. Et entrerent li chevalier, secutant cil qui
portoient arme. AMATO, VI, XVIIII, p. 280.
~ 59 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
228
Cfr. M. Amari, cit., vol. III, parte I, p. 129.
229
Ivi, pp. 131-32.
230
Cfr. Maurizio Imperatore, Strategikon, cit., X, 1, pp. 115-116.
~ 60 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
231
Ivi, VIII, I, p. 93.
232
Cfr. C. Allmand, Vegetius: The Reception, Transmission and Legacy, cit., p.
258.
233
Cfr. D. S. Bachrach, Religion and the Conduct of War, cit., pp. 87-88.
234
Ibid., p. 95.
235
Cfr. F. Chalandon, cit., p. 191.
~ 61 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
236
Cfr. M. Amari, vol. III, cit., parte II , pp. 60-61.
237
De cuius adventu comes non minimum gavisus, eum honorifice suscepit,
eiusque consilio, necdum hieme transacta, hebdomada videlicet proxima ante
quadragesimam, cum centum sexaginta militibus, ipsum Betumen secum, eo quod patriam
sciebat, ducens, Farumque ad Clibanum tegularum transiens, Siciliam invadit. Cfr.
MALATERRA, III, IV. Cfr. F. Chalandon, cit., pp. 193-94, riporta la testimonianza di Ibn
Khaldoun il quale riferì che l’esercito normanno contava seicento uomini. Tale dato non
sarebbe invero contrastante con il numero di centosessanta uomini riportato dal Malaterra,
il quale voleva probabilmente riferirsi alle truppe montate. A queste dovevano però essere
aggiunti tutti coloro i quali che facevano da contorno logistico ed organizzativo alla
spedizione. Cfr. altresì M. Amari, vol. III, parte II, cit., p. 61, nota 3.
238
A proposito della campagna normanna in Sicilia e dei suoi aspetti prettamente
militari, cfr. G. Theotokis, The Norman invasion of Sicily, cit., pp. 381-402
239
Cfr. R. Allen Brown, cit., pp. 132-133.
240
Cfr. M. Amari, vol. III, parte II, cit., p. 35 e p. 37.
241
Ivi, p. 25.
~ 62 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
242
Cfr. J. Johns, Arabic Administration in Norman Sicily: The Royal Diwan,
Cambridge 2002, p. 27.
243
Cfr. M. Amari, cit., vol. III, parte II, p. 27.
244
Cfr. G. Amatuccio, La battaglia di Sarno, cit., p. 23.
245
Il asembla troiz rurmez de troiz manieres de gent: c'est de Iatin, de Grex et de
Sarrazin, et comanda que venissent molt de gent et de navie à garder lo port. AMATO,
VIII, XIV, p. 354.
246
Elias Cartomensis qui ex Saracenis ad fidem Christi conversus. MALATERRA,
III, XXX. Cfr. anche F. Chalandon, cit., p. 334.
247
Cfr. G. Amatuccio, Saracen archers in southern Italy, in: Journal of the Society
of Archer-Antiquaries, vol. 41 (1998), p. 76.
248
Comes autem cum duce et principe in oppugnatione urbis attentissime
persistentes, machinamenta ad urbem capiendam artificiosissime aptant. Capuani primo
ludibrio habere, contemnendo ad defensionem sese ad invicem cohortari, duci tamen, vel
comiti se, si retinendo recipere velint, urbem reddere attentant. Sed nobilissimi principes,
~ 63 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
tali contingenti divenne per altro abituale per i Normanni e lo stesso Ruggero II
nel 1130 arruolò numerosi fanti saraceni nella guardia reale, i quali sostennero
le lotte intestine contro quei nobili ribelli che ostacolavano il progetto di
unificazione sotto un unico scettro di tutto il meridione d’Italia249.
La conversione al cristianesimo dei soldati islamici era ampiamente
scoraggiata dagli Altavilla, i quali desideravano avere al proprio comando
truppe che fossero non solo svincolate dal servizio militare feudale 250, ma che
non manifestassero quegli scrupoli religiosi in grado avvilire gli uomini d’arme
latini nel caso in cui questi ultimi fossero stati colpiti, con i loro condottieri, da
sanzioni spirituali.
In particolare, Ruggero I voleva essere sicuro, nel caso in cui le sue
relazioni con il Papato si fossero per qualunque motivo guastate, di potere in
ogni momento contare su un esercito musulmano di provata fedeltà251.
Non abbiamo purtroppo notizie riguardanti gli equipaggiamenti utilizzati da tali
uomini ma sappiamo che costoro erano comunque inquadrati in reparti
autonomi, guidati da propri comandanti e che conservavano i loro tradizionali
metodi di combattere. Quwaad ar-rumat, erano detti coloro i quali
comandavano le unità di arcieri e come abbiamo ampiamente dettagliato nel
corso della nostra trattazione, i Saraceni erano largamente impiegati dai
Normanni nella costruzione delle macchine di assedio e delle fortificazioni252.
Come era prevedibile, i contatti prolungati con i Normanni determinarono una
certa familiarità da parte dei Musulmani del sud d’Italia con il Cristianesimo.
Significativa è, a tale proposito, la testimonianza del monaco benedettino
anglosassone Eadmer che nella sua opera dedicata alla vita di Sant’Anselmo,
ricordò la visita di quest’ultimo, nel 1098, alle truppe di Ruggero Borsa
impegnate nell’assedio di Capua.
Negli accampamenti normanni vi erano anche un gran numero di
Saraceni agli ordini del Gran Conte Ruggero, fratello del Guiscardo. Essi
furono talmente colpiti e commossi dalla bontà di Anselmo, che molti di loro
presero a venerarlo, meditando di abbandonare la fede maomettana per
convertirsi al Cristianesimo. Tuttavia essi dovettero desistere da tale proposito,
temendo le ritorsioni dei loro condottieri normanni i quali non consentivano
hanc fraudem sibi nullatenus assumere volentes nisi ut principi reddantur, acquiescere
passi non sunt. At, ubi Capuani machinamenta apparata versus urbem appropiare vident,
quae prius ludibrio habebant, exhorrescentes, deditione urbis sese, consilio comitis,
committunt. Sicque ipso mediatore usi, vix suae fraudis impunitas impetratur. Principi pro
libitu suo urbs Capuana restituitur. MALATERRA, IV, XXVIII. Cfr. anche R. Rogers, cit.,
p. 101.
249
Cfr. G. Amatuccio, Saracen archers in southern Italy, cit., p. 27.
250
Id., La battaglia di Sarno, cit., p. 24.
251
Cfr. J. J. Norwich, cit., vol. I, p. 306.
252
G. Amatuccio, La battaglia di Sarno, cit., p. 25.
~ 64 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Tra la fine del secolo XI e gli inizi del XII, la società laica normanna
subì il fascino irresistibile della letteratura epica e del romanzo volgare. I
cavalieri del Nord amavano la loro storia e apprezzavano la poesia che
celebrava, in versi raffinati, l’esistenza eroica di guerrieri con i quali costoro
253
Paganos etiam, ut de christianis taceam. Siquidem nonnulli valium; nam eorum
multa millia in ipsam expeditionem secum adduxerat homo Ducis Rogerius Comes de
Sicilia; nonnulli inquam talium fama bonitatis ejus inter suos exciti mansionem nostram
frequentabant, et sumptis ab Anselmo corporalibus cibis gratiosi revertebantur,
admirandam viri benignitatem suis praedicantes, quam experiebantur. Unde in tanta
deinceps veneratione etiam apud eos habitus est, ut cum per castra illorum, quae in unum
locata transiremus, ingens multitudo eorum elevatis ad caelum manibus, et prospera
imprecarentur, et osculatis pro ritu suo manibus propriis, necne coram eo genibus flexis ,
pro sua eum benigna largitate, grates agendo venerarentur. Quorum etiam plurimi, velut
comperimus, se libenter ejus doctrinat instruendos submisissent, ac Christianae fidei jugo
sua per eum colla injecissent, si crudelitatem comitis sui pro hoc in se sevituram non
formidassent. Cfr. Eadmer, The Life of St. Anselm Archbishop of Canterbury, ed. R. W.
Southern, Toronto 1962, pp. 111-112.
254
Cfr. S. Tramontana, Ruggero I e la Sicilia musulmana, in: Il Mezzogiorno
normanno-svevo e le Crociate. Atti delle quattordicesime giornate normanno-sveve, Bari
17-20 ottobre 2000, a cura di G. Musca, Bari 2002, pp. 49-64.
255
Cfr. R. Hiestand, Boemondo e la I Crociata, in: Il Mezzogiorno normanno-
svevo e le Crociate, ut supra, pp. 65-94.
~ 65 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
256
Cfr. M. Chibnall, cit., p. 160.
257
Et fugae praesidio diffidens - cum paucis, qui secum erant, petram, quae ab
ipsa die Serlonis dicta est, cursu expetit. Qua ascensa, a dorso pro muro eius usus, diu
fortiter, sed nullo aliunde auxilio adventante, incassum dimicatur. Nam tandem confossus,
occubuit; nullusque ex omnibus, qui cum ipso erant - exceptis duobus, qui inter cadavera
mortuorum latitaverant - evasit. Serlone eviscerato, Saraceni cor extraxerunt; utque
audaciam eius, quae multa fuerat, conciperent, comedisse dicuntur. Capita vero occisorum
abscissa in Africam regi ad honorem, mittunt; sed caput Serlonis, stipiti impositum, per
plateas urbis delatum, a clamante est praeconizatum eius esse, a quo, prae caeteris, Sicilia
impugnabatur; hostes devictos; nullo simili superstite, Siciliam amodo suae sorti facile
cessuram. Cfr. MALATERRA, II, XLVI: M. Amari, cit., vol. III, parte I, pp. 135-36.
258
Ibid., p. 135, nota 1.
259
Cfr. M. C. Samaran, The Oxford manuscript of the Chanson de Roland: A
Paleographical note, in: Romania, 94 (1973), pp. 221-31; F. Ribezzo, Lecce, Brindisi,
Otranto nel ciclo creativo dell’epopea normanna e nella chanson de Roland, in: Archivio
Storico Pugliese, Anno V, fasc. I-IV (1952), p. 193.
~ 66 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
260
Cfr. K N, Ciggaar, Western Travellers to Constantinople: The West and
Byzantium, 962-1204, Leiden 1996, p. 182.
261
Cfr. M. Grégoire, La chanson de Roland et Bysance, in: Byzantion, XIV
(1939), p. 326 e ss; M. de Boüard, La Chanson de Roland et la Normandie, in: Annales de
Normandie, 2e année, 1 (1952). pp. 34-35.
262
Cfr. D. C. Douglas, The Song of Roland and the norman conquest of England,
in: French Studies, XIV (1960), pp. 99-116.
263
Così vengono chiamati i Normanni da Guglielmo di Puglia. Cfr. GUP, I, p. 98.
264
Cfr. J. H. Drell, Cultural syncretism and ethnic identity: The Norman
‘conquest’ of Southern Italy and Sicily, in: Journal of Medieval History, vol. 25, 3 (1999),
p. 189.
265
A tal proposito cfr. V. Sivo, Lingue e interpreti, in: Strumenti, tempi e luoghi di
comunicazione nel Mezzogiorno normanno-svevo, cit., pp. 89-111; Id., La cultura latina
nella Calabria dell’età normanno-sveva. Un bilancio storiografico, in: Studi Bitontini, 85-
86 (2008) pp. 5-32.
~ 67 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
chiave poetica dai cantori che facevano la spola fra l’Italia e la Francia e fatto
dai suddetti confluire nella chanson de Roland266.
Non può comunque essere sottovalutato l’apporto di quei Normanni che
avevano partecipato alle spedizioni militari nel Sud Italia e che erano poi
ritornati in patria, recando un patrimonio di racconti ed aneddoti che fu in parte
recepito nelle canzoni de Geste.
I giullari che si trovavano al seguito di Roberto il Guiscardo e di suo
fratello Ruggero dovettero percepire le grandi vittorie da questi conseguite
come una sorta di ideale continuazione delle imprese di Carlo Magno e di
Orlando. Naturalmente i cantori di tali imprese varcarono i confini della storia
per entrare in quelli della fantasia o meglio della meta-storia, attribuendo la
conquista dell’Italia meridionale e perfino dell’Inghilterra proprio al defunto
sovrano dei Franchi. Nei versi cantati della Chanson, Carlo aveva infatti
conquistato l’Apulia e la Calabria, imponendo il proprio dominio sui Romani,
sui Pugliesi e sui Siciliani di Palermo, ovvero su quelle popolazioni che, in un
modo o nell’altro, si erano battute contro Roberto il Guiscardo e da costui erano
state sconfitte267. Il profondo legame fra Carlo Magno ed il meridione d’Italia
venne poi ulteriormente ribadito, intorno al 1187, da Goffredo di Viterbo il
quale narrò che, di ritorno da un viaggio in Terra Santa, Carlo Magno approdò
in Sicilia in compagnia di Orlando ed Oliviero, che donarono i loro nomi a due
montagne dell’isola. Il fatto che esistessero due monti che prendessero il nome
dai più celebri paladini di Francia, doveva dunque avvalorare la leggenda
secondo la quale Carlo sarebbe effettivamente transitato dalla Sicilia con il
proprio seguito di cavalieri268.
L’attività dei giullari d’oltralpe si protrasse in Italia almeno fino alla
morte di re Guglielmo II, influenzando in maniera determinante anche le arti
figurative. Fu perciò ispirandosi a codesto milieu, che Pantaleone ideò lo
splendido mosaico di Otranto, completato negli ultimi anni del regno di
Guglielmo I (tra il 1163 ed il 1165), nel quale evidenti sono gli influssi del
ciclo di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda269, ideale alter ego della
tradizione epica carolingia. Nel pavimento musivo otrantino esiste, infatti, una
raffigurazione del leggendario sovrano anglosassone che cavalca un ariete,
brandendo una sorta di clava ed è interessante ricordare che, agli inizi del
266
F. Ribezzo, cit., pp. 193-194.
267
Cfr. B. Sholod, Charlemagne in Spain: The Cultural Legacy of Roncesvalles,
Genéve 1966, pp. 184-185.
268
Cfr. L. Michel, Les origines et les transformations de la Chanson de Roland.
Examen critique d'une théorie nouvelle, in: Revue belge de philologie et d'histoire. Tome
25 fasc. 1-2 (1946), p. 278.
269
Cfr. F. Ribezzo, cit., p. 196. Cfr. anche R. Alaggio, Brindisi medievale: natura,
santi e sovrani in una città di frontiera, Napoli 2009, p. 329.
~ 68 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
278
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux, scene da 54 a 58.
279
Cfr. R. Alaggio, cit., p. 341.
280
Cfr. E. Cuozzo, La cavalleria nel regno normanno di Sicilia, Atripalda 2008,
pp. 101-104.
281
Cfr. M. Keen, La cavalleria, tr. it., Napoli 1986, p. 175.
282
Cfr. Bernard de Clairvaux, Éloge de la nouvelle chevalerie, ed. P. Y. Emery
(Sourcer Chrétiennes, 367), Paris 1960, p. 59; C. Guzzo, I Templari e la guerra: strategie
militari ed ascesi monastica, in: Studia Monastica, vol. 51, fasc. 1 (2009), pp. 61-77.
283
Ibid., p. 63.
~ 71 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
284
Cfr. R. Barber, Graal, tr. it., Milano 2004, pp. 23-24 e 41.
285
E. Cuozzo, La cavalleria nel regno normanno di Sicilia, cit., pp. 102-103.
286
Cfr. F. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, cit., p. 70.
~ 72 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
287
Cfr. G. Marella, Movimento crociato, ordini monastico-militari e immaginario
collettivo negli affreschi salentini medievali, in: Pavalon. Laboratorio di Studi Templari
per le Province Meridionali. Atti III Convegno Nazionale, a cura di G. Giordano, C.
Guzzo, Manduria 2002, pp. 45-47.
288
Cfr. D. Matthew, The Norman Kingdom of Sicily, Cambridge 1992, p. 122; D.
Hüe, Les manuscrits sagiens d’Aspremont, in: Cultura Neolatina, 65, fasc. 3-4 (2005), pp.
187-208; M. Infurna, Un nuovo frammento franco-italiano della Chanson d’Aspremont, in:
Medioevo Romanzo, 26 (2002), pp. 69-81; M. Boni, Nuove ricerche intorno ai manoscritti
marciani della Chanson d’Aspremont, Memorie dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto
di Bologna. Classe di Scienze morali, serie 5, vol. 7 (1957-1959), Bologna 1960, pp. 22-43;
Id., I rifacimenti franco-italiani della Chanson d’Aspremont conservati nella Biblioteca
Marciana, in: Cultura Neolatina, 21 (1961), pp. 123-134; G. Brunetti, La Chanson
d’Aspremont e l’Italia: note sulla genesi e ricezione del testo, in: Critica del testo, t. 8, fasc.
2 (2006), pp. 643-668.
289
Cfr. C. Smith, Crusading in the Age of Joinville, Aldershot 2006, p. 33.
290
Et d’Aspremont u li camp furent grant, Si con li rois adoba Rollant il li çainst
al costé l’orie brant, Cho dist la gieste, Durendal le trencant. Cfr. L. Brandin, La chanson
d’Aspremont. Chanson de geste du XII siècle. Texte du manuscrit de Wollaton Hall, Paris
19212, vol. I, p. 1, versi 12-15.
~ 73 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
291
Cfr. E. Cuozzo, L’iconografia dei cavalieri nel regno normanno di Sicilia, in:
La civiltà cavalleresca e l’Europa. Ripensare alla storia della cavalleria. Atti de primo
convegno internazionale di studi. San Gimignano, Sala Tamagni 3-4 giugno 2006, a cura di
F. Cardini e I. Gagliardi, Pisa 2007, p. 54.
292
Ivi, pp. 51-52.
293
Cfr. C. D. Fonseca, Ruggero II e la storiografia del potere, in: Strumenti, tempi
e luoghi di comunicazione nel Mezzogiorno normanno-svevo, cit., p. 24. Vedi inoltre. R.
Elze, The Ordo for the coronation of King Roger II of Sicily: an example of dating from
internal evidence, in: Coronationis, ed. J. M. Bak, Berkeley 1990, pp. 165-178.
~ 74 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
294
H. Dilcher, Die historische Bedeutung der Assisen von Ariano fur Suditalien
und Europa, in: Le Assise di Ariano:1140-1990. Atti del convegno internazionale di studi
ad 850 anni dalla promulgazione, Ariano Irpino, 26-28 ottobre 1990, a cura di O. Zecchino,
Ariano Irpino 1994, p. 38. Cfr. altresì H. Houben, Sperimentazioni istituzionali nel regno
normanno di Sicilia (1130-1194), in: Pensiero e sperimentazioni istituzionali nella Societas
Christiana (1046-1250). Atti della sedicesima Settimana internazionale di studio, Mendola,
26-31 agosto 2004, a cura di G. Antenna, Milano 2007, p. 659.
295
Cfr. E. I. Mineo, Nobiltà di Stato. Famiglie e identità aristocratiche nel tardo
Medioevo: la Sicilia, Roma 2001, p. 12. Cfr. Le Assise di Ariano: testo critico, traduzione e
note a cura di O. Zecchino, Cava dei Tirreni 1984, pp. 39-40: Quisquis cum milite uno vel
cum pluribus, seu privato scelestem inierit factionem aut factionis dederit, vel susceperit
sacramentum, de nece etiam virorum illustrium, qui consiliis et consistorio nostro
intersunt, cogitaverint et tractaverint, eadem severitate voluntatem sceleris quaeffectum
puniri iura voluerunt, ipse quidem ut pote reus majestatis gladioeriatur, bonis eius omnibus
fisco addictis.
296
A proposito della magna expeditio, cfr. E. M. Jamison, Studies on the history of
medieval Sicily and South Italy, ed. D. Clementi and T. Kölzer, Aalen 1992, pp. 525-26.
297
Id., Additional Work on the Catalogus baronum, in: Bullettino dell'Istituto
Storico Italiano, LXXXIII, (1971), pp. 3 e ss. Cfr. anche E. Cuozzo, Chiesa e società
feudale nel regno di Sicilia, in: Chiesa e mondo feudale nei secoli X-XII. Atti della
dodicesima Settimana internazionale di studio, Mendola, 24-28 agosto 1992, Milano 1995,
p. 347.
298
Per quanto attiene alla datazione della compilazione del Catalogus, rinviamo a
I. Poma, Sulla data della composizione originaria del Catalogus Baronum, in: Archivio
Storico Siciliano, 47-48, (1927), pp. 233-39.
299
H. Takayama, The administration, cit., p. 156; J. Johns, Arabic administration
in Norman Sicily, cit., p. 185.
~ 75 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
300
Cfr. E. Cuozzo, La Cavalleria, cit., p. 175.
301
A proposito dei feudi presenti in Mutula, il Catalogus menziona integra feuda
III minus quarta. Et cum augmenento mittent in exercitu milites IV et medium. Cfr.
Catalogus Baronum Neapolitano in Regno versatium qui sub auspiciis Gulielmi
cognomento Boni ad Terram Sanctam sibi vindictam susceperunt (da questo momento
abbreviato in CBA) in: Cronisti e scrittori sincroni napoletani editi e inediti ordinati per
serie e pubblicati da Giuseppe Del Re, Napoli 1845, vol. I, p. 576.
302
A proposito dei milites offerti dalla Città di Venosa, Palaginus dixit, quod tenet
feudum militis, non tamen integre, et cum augmento obtulit milites II. Ibid., p. 578.
303
B. Capasso, Sul Catalogo dei Feudi e dei Feudatarii delle Provincie Napoletane
sotto la dominazione normanna, Napoli 1870, estratto dagli Atti dell’Accademia di
Archeologia, Letteratura e Belle Arti, Napoli 1868, p. 59.
304
A proposito della località Ripa Candida, viene ricordato che Joczolinus, sicut
inventum est, tenet villanos II et cum augmento obtulit militem I. Cfr. CBA, p. 578.
305
Goffridus Columbellus tenet in Barolo villanos II et affidatos IV. Ivi, p. 572.
306
B. Capasso, cit., pp. 51-52.
~ 76 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
feudi che si trovano in tali condizioni si univano fra loro per garantire
economicamente l’erogazione integrale della prestazione militare alla Curia del
re307. L’impegno economico per armare un miles era del resto assai consistente
e gravoso. A quest’ultimo bisognava infatti garantire la disponibilità di armi,
cavalli e di tutto il necessario all’esercizio dell’attività militare. Il cavaliere non
era poi mai solo poiché aveva al proprio seguito due scudieri o due armigeri,
anch’essi equipaggiati in modo consono.
I feudatari dovevano altresì fornire un certo numero servientes, termine
generico con il quale erano indicate quelle truppe ausiliarie composte da fanti,
balestrieri, sergenti a cavallo, o da uomini del popolo detti servientes defensati,
i quali potevano prestare il servizio armato a loro spese, oppure ricevendo le
armi dai loro signori ed il vitto dalla regia Curia308. Costoro potevano essere di
condizione libera o servile ed erano tenuti a fornire ai loro signori prestazioni e
servizi pro eorum defensa. Dalla natura dei loro servigi, essi furono dunque
detti defensati. Fatto di un certo rilievo è che, nel 1155, re Guglielmo I stabilì
che tutti coloro i quali nei territori del regno si trovavano nella condizione di
serventi defensati, appartenevano esclusivamente a lui309. Il Catalogus
quantificava le forze militari feudali in 11000 servientes e in 8620 cavalieri per
lo più infeudati. I Milites o Καβαλλαρίοι, secondo la nomenclatura di origine
greca dalla quale discende il termine proprio di cavaliere, erano tutti coloro che,
appartenendo alla nobiltà de genere militum, avevano ricevuto il cingulum
militiae. Sotto tale punto di vista anche i conti erano tecnicamente dei cavalieri,
poiché sottoposti alla cerimonia dell’addobbamento.
Il Catalogo distingueva i milites in titolari di feudi, in possessori titolari
di soli beni allodiali, non habentes feuda, od anche in militi semplici che non
possedevano nulla. Così i primi vennero chiamati milites feudati o infeudati ed i
secondi non feudati. Talora i milites feudati erano detti Terrerii o Terrarii, dalle
terre che possedevano in feudo310. Non è nelle intenzioni dello scrivente
addentrarsi ulteriormente nelle complesse vicende della riforma del sistema
feudale inaugurata dai sovrani Altavilla, per altro ampiamente e con profitto
esaminate da un punto di vista militare dal Cuozzo311. Ciò che invece risulta
interessante evidenziare è che gli sforzi profusi dagli Altavilla per costituire nel
meridione d’Italia un efficace sistema difensivo interno, basato sull’apporto de
sudditi tenuti alla leva obbligatoria e dei baroni feudali avrebbe ben presto
rivelato tutta la propria fragilità, soprattutto a cagione degli intrighi di questi
ultimi. Nella seconda metà del XII secolo, Bisanzio accarezzava ancora il
307
Ivi, p. 53 e idem, nota 4.
308
Ibid., pp. 62-63.
309
Ivi, pp. 63-64 e nota 2.
310
Cfr. B. Capasso, cit., pp. 56-57.
311
Cfr. E. Cuozzo, La Cavalleria, cit.
~ 77 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
312
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 174.
313
Ivi, p. 200.
314
Θωμας δέ τις γένος μέν Αντιοχεύς. Cfr. Ioannis Cinnami, Epitome rerum ab
Ioanne et Alexio Comnenis gestarum (Corpus scriptorum historiae byzantinae), ed. A.
Meineke, Bonn 1836, p. 159.
315
Іωαννάκιόν τέ τινα Κριτόπλην καί Παιράμην Πέρσην γένος, άμα Ιβηρσι καί
Μασαγέταις. Ibid., p. 167.
316
Cfr. E. Cuozzo, Il sistema difensivo del regno normanno di Sicilia e la frontiera
abruzzese nord-occidentale, in: Une région frontalière au Moyen Âge. Les vallées du
Turano et du Salto entre Sabine et Abruzzes, ed. E. Hubert, Roma 2000, pp. 277-278.
317
A cagione della propria infedeltà, Boemondo sarebbe stato catturato da re
Guglielmo ed imprigionato: Hac tempestate praefatus Comes Boamundus Tarsitanus a
Domno Rege Wilielmo captus, et in vinculis positus fuit. Cumque Rex ipse sibi pepercisset,
et a captione liberasset, non multo post Tarsiam reversus, subito lateris dolore correptus,
moriens ibidem vitae finem accepit, nullosque de suis heredibus in Comitatu Manuplellensi,
per quem Sanctum Clementem, et suam Piscariensem Ecclesiam offenderat, potuit ei
succedere. Cfr. Chronicon Casauriense, auctore Johanne Berardi ejusdem Coenobii
Monacho, ab ejus origine usque ab Annum MCLXXXII, quo scriptor florebat, deductum,
Libri I e II, Du-Chesnio e Ughellio; Libri III-V, Dacherio, in: L. A. Muratori, Rerum
Italicarum Scriptores, Milano 1726, tomo II, parte II, col. 897.
~ 78 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
318
Cfr. E. Cuozzo, Il sistema difensivo del regno normanno di Sicilia, cit., p. 278.
319
Ibidem. Cfr. altresì A. Ferrari, Feudi prenormanni dei Borrello tra Abruzzo e
Molise, Trento 2007, p. 125.
320
Cfr. E. Cuozzo, La contea normanna di Mottola e Castellaneta, in: Archivio
storico per le province napoletane, CX, (1992), p. 41; Id., Il sistema difensivo del regno
normanno di Sicilia, cit., p. 279.
321
Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 138.
322
Ivi, p. 141; G. B. Siragusa, Il regno di Guglielmo I in Sicilia: illustrato con
nuovi documenti, parte I, Palermo 1885, p. 50.
323
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 208.
~ 79 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
324
Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 143. Riportiamo la traduzione latina del passo
greco del Cinnamo (ed allo stesso modo faremo anche in seguito), per rendere
maggiormente agevole al lettore l’esame e la lettura della fonte, altrimenti consultabile in
greco: Scythae et quotquot erant sagittarii pedites turmarum in fronte stabant: Ducas cum
dimidia equitum parte et aliquot Scythis postremum, Bassavilla vero cum comitum
nonnullis aliis et cetero equitatu medium obtinuere locum. Cfr. altresì G. B. Siragusa, cit.,
p. 51.
325
Licet itaque ad eam redacti fuissent fortunam Romani, nihilo minus tandem
evasere victores. Quippe Ducas intra quondam ex lapidibud compactes muros e pericolo se
exemerat, cuiusmodi absque calce aut materia simili prata, quae urbium portis
obversantur, circumvallari solent. Nacti interea etiam pedites Romani locum idoneum,
lapides coniiciebant in Richardi militem, adeo ut plurimi qui fugae se dederant, inde se
rursum conglomerarent hostemque impeterent. Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 144. Vedi
anche F. Chalandon, cit., vol. II, p. 209.
326
Sed Tranita quidam sacerdos maioris molis lapidem e loco superiore deiiciens,
tibiam illius alteram assecutus, ad terram hominem prostravit, qui prae dolore sese su
binde dilacerabat ac vellicabat. At interato ictu collum illius cum attigisset sacerdos,
victum tandem et nequicquam supplicem supinat, adactoque in ventrem pigione, intestina
eximit omnia. Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 144.
327
Su tutto cfr. E. Cuozzo, Il sistema difensivo del regno normanno di Sicilia, cit.,
p. 280.
328
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 217.
~ 80 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
329
Pascha enim Christianorum postridie futurum erat. Eiusmodi otium ignaviae et
timiditati adscribendes oppidani, plurima facta eruptione ad ipsum usque valium excurrunt,
doner Romani aliquot inviti paene erumpunt, qui iis tandem propulsatis in castra
revertuntur. Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 159. Sull’assedio di Brindisi, cfr. il benemerito
scritto di E. Travaglini, Sulla presunta Zecca di Brindisi in età normanna e sui fatti occorsi
nella città dal 1042 al 1194, in: Brundisii Res, V (MCMLXXIII), pp. 157-250.
330
Thomas autem gente Antiochenus, qui iam dudum ad imperatorem transfugerat,
sumptis armis, vallo excedit, campumque perequitat. Ubi accessit ad urbem, fortissimum
quemque adi singularem provocat certamen. Cfr. Ioannis Cinnami, cit., pp. 159-160.
331
Ivi, p. 160.
332
Ivi, p. 160.
333
Su tale personaggio, J. Ljubarskij, John Kinnamos as a writer, in: Polypleuros
Nous. Miscellanea für Peter Schreiner zu seinem 60 Geburtstag (Byzantinisches Archiv,
19), ed. C. Scholz and G. Makris, Monaco 2000, pp. 164–173.
~ 81 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
334
Cfr. Snorri Sturluson, Edda di Snorri, a cura di G. Chiesa Isnardi, Milano 1975,
pp. 78.
335
M. M. Castellani, Troie dans le Roman de Troie de Benoît de Sainte-Maure et
ses continuations (XIIe-XIIIe siècles), in: Reconstruire Troie: Permanence et renaissances
d'une cité emblématique, ed. M. Fartzoff, M. Faudot, E. Geny, M. R. Guelfucci, Franche-
Comptè 2009, pp. 145-163; M. Keen, La cavalleria, cit., pp. 178-180.
336
Cfr. Ioannis Cinnami, cit., pp. 160-161.
337
ακροπόλεως, nel testo greco. Ivi, p. 161.
338
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, pp. 219.
339
Cfr. P. Stephenson, Byzantium's Balkan frontier: a political study of the
Northern Balkans, 900-1204, Cambridge 2000, p. 238.
340
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 226.
~ 82 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
esiguo numero di vascelli341, poiché il resto della sua forza navale era stata
rispedita in patria per imbarcare i rinforzi radunati dall’imperatore. Nonostante
le forze avversarie fossero soverchianti, il generale bizantino si incaricò della
difesa marittima, mentre l’armata di terra composta dai mercenari agli ordini di
Giovanni Angelo e del conte di Loritello sostenne il peso delle operazioni
militari terrestri342.
I vascelli siculi entrarono nel porto dieci alla volta in ordine sparso,
passando per l’attuale canale Pigonati. Nel corso della battaglia navale che
seguì i Bizantini ebbero temporaneamente la meglio, riuscendo a catturare
quattro navi normanne che si erano trovate in secca, con i rispettivi equipaggi.
Giovanni Cinnamo riferisce che nel corso degli scontri persero la vita 2000
nemici ma la cifra ci sembra francamente esagerata343. Approfittando della
momentanea vittoria, i Greci tentavano intanto un ennesimo assalto alla rocca
brindisina, impiegando una macchina di assedio chiamata testuggine. Il
generale Dukas era, infatti, consapevole della forza dell’esercito guidato da
Guglielmo e sperava di potere ancora prendere la città e di asserragliarvisi, in
modo da potere resistere alla controffensiva dell’Altavilla per il tempo
necessario all’arrivo dei rinforzi da Costantinopoli. I Normanni che ben
conoscevano la solidità della loro rocca, cominciarono allora a deridere i Greci.
La loro baldanza subì tuttavia ben presto un colpo micidiale, quando i
Bizantini che avevano nottetempo accostato la testuggine alle mura, riuscirono
a scavarne le fondamenta, estraendone alcune pietre dalla base. Nelle
intercapedini così create, essi accatastarono della legna che, una volta data alle
fiamme, provocò il repentino crollo della parete difensiva e la morte dei
difensori. I superstiti non si persero tuttavia d’animo e si asserragliarono nella
parte più interna del muro, evitando di opporre resistenza al nemico344.
Nel frattempo, una parte dei rinforzi richiesti erano giunti da Bisanzio al
comando di Alessio Briennio, figlio di Niceforo e di Anna Comnena345 e
dunque imperatoris Alexii ex filia nepote346.
Il Briennio aveva ricevuto dall’imperatore l’ordine di radunare un forte
esercito con il quale partire alla volta dell’Italia ma egli ignorò i voleri del suo
signore, imbarcandosi con le truppe delle quali disponeva in quel momento, per
recare soccorso nel più breve tempo possibile al generale Dukas.
341
Cfr. Ioannis Cinnami, cit., pp. 162-163. A proposito delle operazioni navali
messe in atto da entrambi gli schieramenti, rimando a C. D. Stanton, Norman naval
operations, cit., pp. 128-135.
342
Ivi, p. 162; F. Chalandon, cit., vol. II, pp. 226-227.
343
Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 163.
344
Su tutto, cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 164; E. Travaglini, Sulla presunta Zecca
di Brindisi, cit., p. 193, nota 98.
345
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 227.
346
Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 165.
~ 83 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
347
Nel menzionare i mercenari anconetani, Giovanni Cinnamo utilizza il termine
ιππεις anziché quello di καβαλλαρίοι, volendo in tal modo evidenziare lo status sociale di
questi guerrieri a cavallo che esercitavano la professione delle armi. Ivi, p. 165.
348
Robertus enim, qui hactenus arma cum illis coniunxerat, ut Gulielmum cum
validis copiis adventare percepit, viditque necdum Brundusii arce potios Romanos, a
commilitio recessit; eam obtendes causam, quasi excederet inde, ut copia quae in laboris
partem veinrent, contraheret. Equites praeterea ex Marca civitate duplicari sibi stipendium
postulantes, re non ostenta recessere. Idem. Cfr. altresì F. Chalandon, cit., vol. II, pp. 227-
228.
349
Ioannis Cinnami, cit., pp. 165-166.
350
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 228.
351
Nam aliorum sociorum quam plures ab iis sunt dilapsi, et Celtarum non
ignobilis turma, quae sub Romanis stipendia merebat, ad Gulielmum occultissime transivit.
Cfr. Ioannis Cinnami, cit., p. 167; E. Travaglini, cit., p. 195, nota 98.
352
Multiplicato dehinc exercitu, Brundusium venit; ubi cum Graecis conflicturus
ad pugnam jubet milites expediri. Graeci vero ubi Comitis Roberti, cujus praestolabantur
adventum, vident se defraudatos auxilio, quod unicum restabat consilium, fortunam eligunt
experiri. Anceps in principio pugna fuit, inde Graeci, non valentes amplius hostiles impetus
sustinere, fusi caesique sunt; magna pars eorum cum Ducibus suis Panormum transvecti.
Cfr. Hugonis Falcandi Historia, in: Cronisti e scrittori, cit., vol. I, p. 297.
~ 84 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
353
Sed mox quidam eques stipendiarius, e Romanorum phalange procurrens in
medium, hostem, qui singolari certamine secum vellet congedi, evocat. Ioannis Cinnami,
cit., p. 168.
354
καί Αλέξιος ό σρατηγός. Idem.
355
Cfr. E. Travaglini, cit., pp. 196-197.
356
Ivi, p. 199.
357
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 229; G. B. Siragusa, Il regno di Guglielmo I
in Sicilia, cit., p. 64.
358
Cfr. E. Travaglini, cit., p. 200.
359
Gladio nobis celitus commisso illius nomine invocato qui docuit manus
justorum ad prelium et digitos eorum ad bellum expugnavimus contrivimus et pedibus
equorum nostrorum conculcandas substravimus. Cfr. A. De Leo, Codice Diplomatico
Brindisino (492-1299), a cura di G. M. Monti e collaboratori, Trani 1940, vol. I, pp. 32-33,
doc. 17. Nel testo sopra riportato, non è difficile scorgere significativi addentellati con il
~ 85 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Siamo oramai lontani dal mondo di Sigurðr e del drago Fafnir, la cui leggenda
trovò la sua plastica collocazione nella cattedrale di Aversa.
Guglielmo si affida al verbo veterotestamentario per glorificare le
proprie imprese militari. Nonostante tutto egli si sente forse vicino ai suoi
predecessori che avevano scacciato i Bizantini dall’Italia, il cui retaggio eroico
diviene la cartina da tornasole di quella virtus guerriera che rappresenterà per i
Normanni un peculiare engramma etnico360.
La battaglia di Brindisi segnò per i Greci la fine delle guerre in suolo
361
italico . Subito dopo Guglielmo rivolse le proprie attenzioni nei confronti dei
cittadini di Bari che non solo gli si erano ribellati, ma avevano osato distruggere
le fortificazioni della cittadella.
Il prezzo dell’infedeltà consistette nella completa distruzione della città,
un tempo sede prestigiosa del Catepanato d’Italia362. Non vi fu ad ogni modo
scampo nemmeno per quei feudatari che si erano alleati con l’imperatore. Il
Conte Roberto di Loritello fuggì in Abruzzo mentre il principe Roberto di
Capua tentò di riparare presso la corte papale ma, cadde prigioniero di Riccardo
di Aquila, il quale lo inviò a Palermo dove fu fatto accecare dal re363. Il principe
Roberto era stato il primo grande vassallo di Guglielmo, il più potente e ricco
feudatario secondo forse solo al monarca. In virtù dei privilegi che aveva
conseguito, egli sarebbe dovuto restare fedele al proprio signore ma preferì
percorrere la strada della fronda.
Le vicende che avevano interessato il regnum Sicilie dall’invasione fino alla
grande vittoria di Brindisi, sarebbero di certo state degne della più avvincente
delle chansons de geste carolingie. Vi si trovavano i tradimenti dei potenti, le
gesta di un paladino che preferì trovare la morte sul campo di battaglia
affrontando soverchianti forze nemiche, piuttosto che disonorare se stesso ed il
proprio giuramento al re; manipoli di eroi senza nome che, asserragliati in una
città sotto attacco, si opposero ai loro assalitori, scambiandosi l’olifante del
coraggio e della resistenza a oltranza.
I protagonisti di questa storia non furono dunque solo i grandi feudatari
ma quelle migliaia di uomini, borghesi, villani, uomini di umili natali, che si
erano battuti per proteggere il regno dall’invasione di un impero lontano. Molto
sangue fu versato e quanto accadde in quel 1156 evidenziò l’estrema fragilità
primo verso del Salmo 144: Benedictus Dominus fortis meus qui docet manus meas ad
proelium et digitos meos ad bellum. Ps. 144: 1.
360
Interessanti riflessioni sul concetto di virtus nel mondo normanno in K. A.
Fenton, The question of Masculinity in William of Malmesbrury’s presentation of Wulfstan
of Worcester, in: Anglo-norman Studies. XXVIII Proceedings of the Battle Conference
2005, ed. C. P. Lewis, Woodbridge 2006, pp. 129-30.
361
Cfr. E. Travaglini, cit., p. 201.
362
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 230; G. B. Siragusa, cit., pp. 64-65.
363
Cfr. F. Chalandon, cit., vol. II, p. 231.
~ 86 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
364
Nel corso dell’assemblea di Silva Marca, Ruggero II aveva istituito una nuova
categoria di feudi, chiamata quaternata o in baronia, registrati cioè in quaternionibus
Curiae, o in quelli della dogana baronale. Si trattava di signorie sottoposte ad un rigido
controllo da parte del sovrano, il cui assenso era obbligatorio nel caso in cui le stesse
dovessero essere trasferite a terzi, anche quando la trasmissione riguardava i legittimi eredi
dei precedenti possessori. I feudi in baronia erano tenuti a fornire all’esercito regio un
numero di cavalieri proporzionato alla loro consistenza. A differenza però di quanto
avveniva per quelli comitali, i cavalieri dei feudi in baronia soggiacevano agli ordini di un
funzionario regio detto Connestabile, che esercitava le proprie prerogative all’interno di
distretti militari detti appunto connestabilie. Cfr. E. Cuozzo, La cavalleria, cit., pp. 75-76:
B. Capasso, Sul catalogo, cit., p. 46.
365
Cfr. E. Cuozzo, Il sistema difensivo del regno normanno di Sicilia, cit., p. 281.
366
Ibidem, p. 282.
~ 87 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
CAPITOLO QUARTO
367
Et li Guarani sont occis, et Puilloiz sont mort et Calabrois; et tuit cil qui pour
or et pour argent estoient venut à lo peril de la bataille, sans arme et sans sepulture
gesoient mort. MALATERRA, II , XXVI.
368
GUP, Lib. I, p. 101. Cfr. anche K. B. Wolf, Making History the Normans and
their Historians in the Eleventh Century, Philadelphia 1995, p. 9.
369
Obtectos clipeis paucos lorica tuetur. GUP, Lib. I, p. 112. Cfr. altresì A. Settia,
cit., p. 120.
370
chevalier fortissime multiplioient chascun jor. MALATERRA, I, XXXXIII.
~ 88 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
più idonei alla guerra con nuove leve. Essi erano perciò ben felici di associare
ai loro ranghi compatrioti, nonché malfattori locali e tutti coloro che
chiedevano asilo presso le loro comunità371. A tale proposito ci sembra utile
ricordare come, agli inizi della conquista della Calabria, Roberto il Guiscardo
avesse al proprio fianco una sessantina di uomini appartenenti a popolazioni
slave, probabilmente bulgari disertori dell’esercito greco, reclutati per
combattere sotto le sue insegne, che gli erano fedelissimi come fratelli 372.
Purtroppo il numero degli effettivi a disposizione dei ‘signori della
guerra’ franco-settentrionali non era mai sufficiente a soddisfare le esigenze di
un’imprenditorialità militare in continua espansione. È dunque per tale ragione
che essi ricorsero all’arruolamento di uomini forti ed adatti al combattimento
residenti nel meridione d’Italia, ai quali donarono i cavalli predati ai Bizantini
con lo scopo di persuaderli a combattere fra le loro fila373. Ed ecco che dopo
avere sconfitto i Greci nella battaglia di San Martino del 1058, scorgiamo
Ruggero d’Altavilla distribuire ai propri soldati spoglie, armi e cavalli sottratti
agli sconfitti374.
Non deve dunque stupire che l’ansia dei guerrieri di catturare i destrieri
durante gli scontri fosse un tema ricorrente anche nelle chansons de gestes e
che la vera largesse di un condottiero risiedesse nella sua munificenza a donare
ai propri fidi armi e cavalli375. Durante la campagna militare che culminò nelle
tre vittorie di Olivento, Montemaggiore e Montepeloso, la fanteria rivestì un
ruolo determinante nell’andamento delle operazioni e non vi è dubbio che,
almeno nei primi tempi, anche i cavalieri non disdegnassero di guerreggiare
appiedati, qualora le contingenze della battaglia lo avessero richiesto 376. Molti
di loro non potevano essere del resto considerati ancora veri e propri specialisti
371
Si vicinorum quis perniciosus ad ipsos confugiebat, eum gratanter suscipiebant.
Moribus et lingua, quoscumque venire videbant, Informant propria, gens efficiatur ut una.
Cfr. GUP, I, p. 108.
372
Guiscardus usque ad sexaginta, quos Sclavos appellant, totius Calabriae
gnaros, secum habens, quos quasi fratres fidelissimos sibi benefactis et maioribus
promissis effecerat, sciscitatus est ab eis utrum locum adibilem scirent, quo praedam posset
capi. MALATERRA, I, XVI; G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p. 38.
373
Et li Normant, d'autre part, non cessoient de querre li confin de Principat pour
home fort et soffisant de combatre. Et donnoient et faisoient doner chevaux de la ricchesce
de li Grex qu'il avoient veinchut en bataille, et prometoient de doner part de ce qu'il
acquesteroient a ceaux qui lor aideroient contre li Grex. AMATO, II, XXV, p. 108.
374
Cfr. MALATERRA, I, XXXII; Impetu facto, certamen iniit, omnesque quasi
circumagens, vix unum evadere permisit: de quorum spoliis et equis et armis omnes suos
abundantes fecit.
375
Cfr. M. Keen, cit., p. 63.
376
Cfr. A. Settia, cit., pp. 125-126.
~ 89 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
del combattimento montato, trattandosi per lo più di soggetti, che in virtù delle
loro abilità individuali, erano passati dal rango di fanti a quello di equites377.
Prova ne è il fatto che in occasione della guerra interna condotta contro
la nobiltà ribelle, Roberto il Guiscardo reclutò presso la città di Cosenza gli
abitanti esperti nel combattimento appiedato, fra i quali scelse i migliori da
impiegare nella cavalleria378.
L’aumento degli effettivi montati dipendente in buona parte dalla
disponibilità di cavalcature, fu naturalmente dettato dall’esigenza di rafforzare
l’impatto dell’esercito considerato che, verosimilmente negli anni ’40 del
secolo XI, una nuova sistema di combattimento proveniente dalla Francia
andava affermandosi anche nel meridione d’Italia, frutto di una probabile
importazione da parte degli immigrati normanni379. Facciamo riferimento
all’impiego, in formazioni di più cavalieri, della lancia abbassata (o in resta,
per utilizzare un termine improprio per il periodo storico trattato), che
consisteva nel caricare l’avversario con l’arma in posizione orizzontale, tenuta
saldamente immobilizzata sotto il braccio destro e opportunamente direzionata
verso il bersaglio tramite la mano380. Dall’osservazione dell’Arazzo di Bayeux
(realizzato intorno al 1076)381, si intuisce che i Normanni impiegassero la lancia
in altri tre modi differenti.
Un guerriero a cavallo poteva impugnarla approssimativamente nel
punto mediano, con il braccio destro teso, per assestare un colpo al fianco
dell’avversario382. Le immagini della Tapisserie ci mostrano inoltre cavalieri
che combattono con le hastae tenute all’altezza della spalla destra, impugnate
con il pollice rivolto verso l’alto. Tale rappresentazione sembrerebbe suggerire
che i guerrieri franco-settentrionali potessero lanciare la loro arma, imprimendo
alla stessa una potenza moltiplicata dalla velocità del cavallo, principio del
resto alla base anche della più celebre carica con la lancia abbassata impiegata
con profitto contro i Sassoni a Hastings383.
377
Cfr. H. Zug Tucci, Armi e Armature, in: Strumenti, tempi e luoghi di
comunicazione nel Mezzogiorno normanno-svevo, cit., p. 137.
378
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p. 38.
379
Cfr. A. Settia, cit., pp. 120-121.
380
M. Keen, cit., p. 57. Riflessioni interessanti e sempre valide, a proposito
dell’impiego della lancia, si ritrovano in D. J. Ross, L' originalité de "Turoldus": le
maniement de la lance, in: Cahiers de Civilisation Médiévale, VI (1963), nr. 6-22, pp. 127-
138.
381
Cfr. A. Settia, cit., p. 116.
382
M. Keen, cit., p. 59; Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le
Conquérant, Bayeux, scena 18.
383
Cfr. H. Zug Tucci, cit., p. 140. Come si evince dalla scena nr. 48 dell’Arazzo di
Bayeux, durante le marce di avvicinamento ai luoghi di operazioni i cavalieri usavano
tenere appoggiata la lancia in posizione verticale sul piede destro. L’arma aveva una punta
~ 90 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
docte manibus giratur eorum, Nec validos ictus dat lancea, praeminet ensis. Sunt etenim
longi specialiter et per acuti Illorum gladii; percussum a vertice corpus Scindere saepe
solent, et firmo stant pede, postquam deponuntur equis. Cfr. GUP, II, p. 140. Con la
battaglia di Civitate, osserva lo storico britannico John Gillingam, il vetusto universo
militare rappresentato dalla fanteria germanica, fu definitivamente scalzato dalle nuove
tipologie di combattimento, che prevedevano l’intervento della cavalleria pesante. Cfr. J.
Gillingam, An age of expanion c. 1023-1204, in: Medieval Warfare: a history, ed. M. H.
Keen, Oxford-New York 1999, p. 64.
390
Cfr. H. Zug Tucci, cit., pp. 146-147; M. Keen, cit., p. 60.
391
La cui datazione oscilla fra gli inizi e la fine del secolo XII. Cfr. E. Cuozzo,
L’iconografia dei cavalieri nel regno normanno di Sicilia, cit., p. 54.
392
Facciamo riferimento al Trifollaro di Ruggero I, recto, g. 10, 36, sec. XI. Cfr.
Corpus Nummorum Italicorum. Primo tentativo di un Catalogo Generale delle monete
medievali e moderne coniate in Italia o da italiani in altri paesi. Italia meridionale e
continentale (zecche minori), Roma 1939, vol. XVIII, p. 288, Tav. XVIII, nr. 18. Cfr. anche
I Normanni. Popolo d’Europa. MXXX–MCC, a cura di M. Onofrio, Padova 1994, pp. 442-
43, fig. 154.
393
Ivi, p. 143. Cfr. inoltre Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le
Conquérant, Bayeux, scene 51 e 54.
~ 92 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Fig. 5- Portale dei Cavalieri, Chiesa di San Nicola di Bari, sec. XII;
particolare (Foto dell’Autore)®.
394
Cfr. H. Zug Tucci, cit., p. 143.
395
Secondo la datazione convincentemente suggerita da E. Cuozzo, La cavalleria
nel regno normanno di Sicilia, cit., p. 85.
396
Petrus De Ebulo, Liber ad honorem Augusti sive de rebus Siculis, cit., 108r,
109r, 110r, 114r, 121r, 123r, 130r, 133r. Una traduzione italiana del Carmen venne
~ 93 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Fig. 6 – Cavaliere con lancia in resta. Timpano della chiesa di Santa Maria della Strada, metà
del XII sec. Particolare. (Foto di Mauro Piergigli)©. Per gentile concessione.
398
Per la consultazione delle immagini relative al bassorilievo persiano conservato
nel Museum of Art di Seattle e per l’iconografia tratta dal Ms. 1200. Or. della British
Library di Londra, rimando a H. Nicholson, D. Nicolle, God’s Warriors. Crusaders,
Saracens and the battle for Jerusalem, Oxford 2005, p. 24 e p. 101.
399
Cfr. I Normanni. Popolo d’Europa. MXXX–MCC, cit., pp. 385-386, fig. 31.
400
Per la datazione del chiostro, F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale,
cit., p. 182.
401
Cfr. R. Naldi, Ritorno al chiostro di Santa Sofia a Benevento, in: Bollettino
D’Arte, 60 (1990), marzo-aprile, p. 37, fig. 22.
402
Cfr. G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p. 20; D. Nicolle, Arms and armour of
the crusading era: 1050-1350. Western Europe and the Crusader States, New York 1988,
p. 34.
~ 95 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
403
Cfr. M G. Parani, Reconstructing the Reality of Images: Byzantine Material
Culture and religious iconography (11th-15th Centuries), Leiden-Boston 2003, p. 116, 127
e foto 121-122.
404
Cfr. N. G. Wilson, The Madrid Skylitzes, in: Scrittura e Civiltà, 2 (1978), pp.
209-219; A. Grabar, M. Manoucassas, L’illustration du manuscript de Skylitzès de la
Bibliothèque Nationale de Madrid, Venezia 1979.
405
Cfr. R. D’amato, A Prôtospatharios, Magistros, and Strategos Autokrator of
11th cent.: the equipment of Georgios Maniakes and his army according to the Skylitzes
Matritensis miniatures and other artistic sources of the middle Byzantine period, in:
ΠΟΡΦΥΡΑ, 4, Supplemento (2005), p. 20.
406
L’impiego del rivestimento in pelle d’asino è attestata, nell’esercito bizantino, a
partire dal secolo XI. Cfr. T. G. Kolias, Byzantinische Waffen, Wien 1988, pp. 92-93.
~ 96 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
412
Cfr. B. S. Bachrach, Some observations on the military administration of the
norman conquest, in: Anglo-Norman studies, VIII, Procedings of the Battle conference
1985, ed. R. A. Brown, Woodbridge 1986, p. 7.
413
Cfr. H. Houben, Templari o Teutonici? A proposito degli scudi crociati nella
Cripta del Crocefisso a Ugento, in: Pavalon. Laboratorio di studi templari per le province
meridionali. Atti del primo convegno nazionale Brindisi/Mesagne 17-18 ottobre 1998, a
cura di G. Giordano, C. Guzzo, Mesagne 1999, pp. 77-86.
414
Cfr. D. Nicolle, The Monreale Capitals and the military equipment of the later
norman Sicily, in: Gladius, XV (1980), p. 89, fig. 2, 4, 5, 6, 11 e p. 92, fig. 13 e 14.
415
Così come si evince da una miniatura risalente al 1023 che si trova all’interno
del Ms. 132 dell’Encilcopedia di Rabano Mauro, conservato nell’abbazia di Montecassino.
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., pp. 253-54. Per la
riproduzione al tratto della miniatura, ivi, p. 486, fig. 673.
~ 98 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
proprie. Non è dunque escluso che i primi Normanni giunti in Italia abbiano
potuto utilizzare, al posto del caratteristico usbergo, corazze lamellari o a
scaglie ed elmi di foggia bizantina, ma soprattutto longobarda. Del resto se è
pur vero che i Longobardi avevano adattato nel corso dei secoli il loro
armamento a quello in uso nel resto d’Europa, essi conservavano ancora talune
caratteristiche che non trovavano riscontri o precedenti nella panoplia di altre
popolazioni. Essi indossavano, infatti, il caratteristico elmo a cappuccio
sormontato da una sorta di bottone, munito di paraguance che si annodavano
sotto la gola416. Altra variante di elmo longobardo risalente all’XI secolo
munito di paraguance ma non del caratteristico bottone che compare nel
manoscritto 132 di Montecassino, è visionabile nel cosiddetto Exultet
beneventano del Museo Civico di Pisa417.
Al di là delle primigenie contaminazioni ed ibridazioni ‘italiche’ della
panoplia franco-settentrionale, i Normanni erano comunque noti per il
caratteristico elmo conico provvisto di nasale418, per altro utilizzato anche nella
penisola scandinava, come dimostrato dal ritrovamento in Svezia di una testa di
guerriero scolpita in corno d’alce risalente al secolo XI 419. Un’interessantissima
variante di elmi a nasale utilizzati intorno al 1075 nell’Italia meridionale forse
anche dai Normanni di epoca ducale è presente nel manoscritto Add. 30337
conservato presso la British Library di Londra. Si tratta nello specifico di un
Exultet cassinense in cui sono ritratti guerrieri con indosso corazze lamellari ed
elmi sormontati da piume420.
L’impiego di elmi a nasale da parte dei guerrieri d’oltralpe è
ampiamente documentato dall’arazzo di Bayeux421 e, per il Mezzogiorno, da
alcuni capitelli del Duomo di Monreale (che ne attestano in alcuni casi la
variante frigia)422 nonchè dalle splendide miniature a corredo del Liber ad
416
Ibidem, fig. 673, 673a, 673c. Cfr. altresì G. Amatuccio, Fino alle mura, cit., p.
15, nota 18.
417
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 486,
fig. 675a. Per la descrizione della miniatura, ivi pp. 254-255.
418
Cfr. K. De Vries, R. D. Smith, Medieval military technology, Toronto 20122, p.
65.
419
Si tratta del cosiddetto Guerriero di Sigtuna, databile ai secoli X-XI e ritrovato
appunto a Sitguna (Uppland). Il reperto fu rivenuto nel 1937 ed è un raffinato intaglio
misurante 29 X 4 cm., oggi conservato presso lo Statens Historica Museum di Stoccolma,
nr. rep. 22044. Cfr. I Normanni. Popolo d’Europa. MXXX – MCC, cit., p. 379, nr. 8; D.
Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 72.
420
Ivi, p. 255. Per l’immagine degli elmi piumati, ivi, p. 487, fig. 678a.
421
Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant, Bayeux,
scene 16-17-18-19-20-2122, 37, 47-48-49-5051-52-53-54-55-56-57-58.
422
Tali tipologie di elmi terminavano con una punta leggermente incurvata in
avanti. Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 489, fig.
690q, p. 490, fig. 690af e per i commenti sulla panoplia siculo-normanna, ivi, pp. 259-260.
~ 99 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
honorem Augusti di Pietro da Eboli, risalenti alle fine del secolo XII. In
entrambi i documenti iconografici, sembra ravvisarsi un certo gusto per l’uso di
elmi dipinti e per l’impiego di disegni assai semplici423, rispondenti non solo ad
un mero intento esornativo o all’esplicazione, come nel caso dell’opera di
Pietro da Eboli, di una sorta di protoaraldica, per altro già precedentemente
evidenziata, nel trattare le decorazioni degli scudi. La necessità incombente era,
infatti, quella di rendere facilmente identificabile il miles sul campo di battaglia
e non vi è dubbio che l’uso di elmi dipinti o di motivi ornamentali sugli scudi,
contribuisse in maniera decisiva a tale scopo.
Se ad ogni modo il costume di dipingere gli elmi è documentabile
attraverso l’osservazione dell’Arazzo di Bayeux, l’adozione di disegni
schematici è già presente in area iberica in una miniatura del Codex Calixtinus,
databile fra il 1138 ed il 1173424. In essa vediamo rappresentati Carlo Magno,
Orlando e gli altri paladini impegnati a proteggere dai Mori la strada per
Compostella, in modo da consentire un sicuro pellegrinaggio al sepolcro di San
Giacomo. Ad eccezione del Sacro Romano imperatore che cinge la corona, tutti
gli altri milites calzano elmi con nasale nella variante frigia (o sormontati da
una sorta di bottone), sui quali si intravede distintamente una croce dipinta425.
Ad ogni modo il copricapo militare con nasale, per quanto ampiamente
utilizzato in ambito normanno, fu ben presto integrato da altre tipologie prive
del nasale medesimo (così come documentato dal cavaliere ritratto sul timpano
di Santa Maria della Strada)426 o cosiddette a maschera, documentate nel
chiostro di Monreale e così chiamate poiché aggiungevano un ulteriore
protezione metallica per il volto (seconda meta del secolo XII) 427. Nel sacro
edificio siculo che rappresenta un tesoro d’inestimabile valore per lo studio
della panoplia normanna, è poi presente un altro interessante capitello nel quale
sono ritratte due guardie addormentate al sepolcro di Cristo. Una delle due
stringe fra le mani uno scudo tondo e calza un elmo attorno al quale
sembrerebbe potersi scorgere un turbante arrotolato428. Scudi tondi, si ritrovano
fra le mani di due guerrieri di colore in altri capitelli di Monreale429. Esempi di
scudi circolari impugnati da Saraceni sono documentati anche a Brindisi, presso
il portale settentrionale della chiesa di San Giovanni al Sepolcro (fig. 10), sul
portale maggiore della Cattedrale di Bari430 ed in un frammento musivo della
Cattedrale di Giovinazzo, databile al secolo XII, nel quale si intravede un
guerriero musulmano con scudo tondo, mentre esce dalla porta della città431.
Ma se tali tipologie di scudi vennero sempre meno impiegati dai Normanni che
vi preferirono i moduli a goccia, altrettanto non può dirsi per il regno di Leòn,
area dal quale proviene una miniatura nella Bibbia Seguande di Sant’Isidoro
dove compare un guerriero armato all’occidentale con elmo frigio sul capo che
impugna uno scudo tondo a motivi ornamentali ondati, simili a quelli raffigurati
sull’arazzo di Bayeux432.
428
D. Nicolle, The Monreale Capitals, p. 97; Id., Arms and armour of the
crusading era: 1050-1350, cit., p. 490, 690ad, 690ae.
429
Ibidem, p. 489, fig. 690g, p. 490, fig. 690t, 690u; Id., The Monreale Capitals,
p. 92, foto III.
430
P. Belli D’Elia, Segni e immagini delle Crociate nel Mezzogiorno normanno-
svevo, in: Il Mezzogiorno normanno-svevo e le Crociate, cit., p. 328, foto 1.
431
Ivi, p. 327.
432
Per l’esame critico della panoplia, D. Nicolle, Arms and armour of the
crusading era: 1050-1350, cit., pp. 153-154. Per l’iconografia, p. 427, ivi, 387c.
~ 101 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Fig. 10 – da sx. Chiesa di San Giovanni al Sepolcro di Brindisi, fine sec. XI, inizi XII, portale
settentrionale (foto dell’Autore)©; Fig. 11 – Chiostro del Duomo di Monreale, capitello
raffigurante fanti normanni con spada e scudo recante motivo decorativo ad ‘escarboucle’.
Seconda metà del sec. XII (schizzo eseguito dall’Autore)©.
433
A proposito dell’impiego in area normanna dell’usbergo, cfr. K. De Vries, R.
D. Smith, Medieval military technology, cit., p. 64.
~ 102 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Fig. 12 - Chiostro del Duomo di Monreale. Capitello raffigurante fante leggero armato di spada
a due fili e scudo recante motivo decorativo a ‘escarboucle’ (Foto di Vito Maglie) ©.
Per gentile concessione.
434
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., pp.
250-51.
435
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux, scene 18, 19, 40, 41, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 57, 58.
436
Ibidem, scene 19-20.
437
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 149
e p. 424, 368a, 368c; ivi, 9.151 e p. 426, fig. 378a. 378b.
~ 103 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Fig. 13 – Cripta di San Biagio, San Vito dei Normanni (Br); Santo militare armato di scudo a
motivi bianchi e rossi, anno 1196 (foto di Giuseppe Marella) ©.
Per gentile concessione.
438
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux, scena 21.
439
Ivi, scene 47, 50, 52.
440
Cfr. H. Zug Tucci, cit., p. 134.
~ 104 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
441
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux, scene 9, 10, 12, 22, 37, 46, 50, 51, 53, 54, 55, 56, 57, 58.
442
Cfr. I Normanni. Popolo d’Europa, cit., p. 384, fig. 26-27.
443
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 490,
fig. 690z.
444
Cfr. Musée de la Tapisserie de Bayeux, Centre Guillaume Le Conquérant,
Bayeux, scena 51.
445
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., pp.
256-257 e p. 487, fig. 680e.
446
Cfr. A. Settia, cit., p. 133.
~ 105 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
Fig. 15- Portale dei Cavalieri, Chiesa di San Nicola di Bari, sec. XII;
particolare (Foto dell’Autore)®.
447
Cfr. G. Amatuccio, Studi di storia militare medievale, Milano 2009, pp. 146-48;
Id., Aspetti dell’interscambio di tecnologia militare nel Mezzogiorno normannosvevo, in:
Cultura cittadina e documentazione. Formazione e circolazione di modelli, Bologna 12-13
ottobre 2006, a cura di A. L. Trombetti Budriesi, Bologna 2009, pp. 306-307.
448
Cfr. Petrus De Ebulo, Liber ad honorem Augusti sive de rebus Siculis. Eine
Bilderchronik der Stauferzeit aus der Burgerbibliothek Bern, cit., pp. 12-13.
~ 106 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
449
Ivi, pp. 275-85.
450
Ivi, f. 110r, 11r, 117r, 131r, 132r, 190r,
451
Ivi, 117r.
452
Ivi, 111r; A. Settia, Comuni in guerra: armi ed eserciti nell'Italia delle città,
Bologna 1993, p. 180.
453
Cfr. Petrus De Ebulo, Liber ad honorem Augusti, cit., ff. 102r, 109r, 116r, 131r.
~ 107 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
XI454. L’anonimo Vaticano che scrive ai tempi di Ruggero II, nel ricordare la
battaglia avvenuta nel 1086 nelle acque di Siracusa fra le truppe di Ruggero I di
Altavilla e l’emiro Bernavert, si sofferma sul fatto che i Normanni furono in
grado di avere la meglio nello scontro, grazie all’uso dell’arco e della balestra,
il cui impiego era completamente ignoto agli Arabi455. L’uso di tale arma non
era del resto solo sconosciuto ai Saraceni di Sicilia ma anche ai Greci che
vivevano sull’altra sponda dell’Adriatico. Anna Comnena ricorda, a tal
proposito, che nel 1096 durante uno scontro navale contro i Normanni di
Salerno agli ordini di Riccardo di Principato, i Bizantini sperimentarono a loro
spese l’efficacia della τζᾶγγρα (tzangra), ovvero della balestra fino a quel
momento ignota agli eserciti costantinopolitani456. La storica bizantina che
appare decisamente stupita da tale congegno, si sofferma ad illustrarne le
caratteristiche tecniche e la estrema pericolosità in combattimento:
[…] Questa balestra è una sorta di arco dei barbari, affatto conosciuto dai
Greci; e non viene teso dalla mano destra tirando la corda, mentre la sinistra tende l'arco
in senso contrario ma colui che carica questa macchina da guerra a lunga gittata […]
spinge entrambi i piedi con forza contro il semicerchio dell’arco mentre, con le due mani,
tira la corda con tutte le sue forze nella direzione contraria.
Nel bel mezzo della corda vi è un incavo, una sorta di bicchiere cilindrico
assicurato alla fune medesima, lungo all’incirca come una freccia di dimensioni
considerevoli che si allunga dalla corda a buona parte del centro dell'arco e, attraverso
di esso, frecce di molti tipi vengono scagliate.
Le frecce utilizzate con questo arco sono leggere e corte, ma molto spesse, dotate
di una punta di ferro assai pesante. E nello scagliarle, la corda le rilascia con violenza ed
enorme forza […] e sono in grado di penetrare attraverso uno scudo, quindi di tagliare
un corsaletto di ferro pesante, uscendo dall’altro lato.
Tale violenza ed ineluttabilità ha lo scagliare frecce di questo tipo. Tale dardo è
noto per la capacita di forare una statua di bronzo, e se colpisce le mura di una città
molto grande la punta della freccia sporge sul lato interno, oppure è sepolta nel bel
mezzo del muro e si perde. Tale è allora questo mostro di una balestra, in verità
un'invenzione diabolica. E l'uomo infelice che è colpito da essa, muore senza sentire
nulla, nemmeno il colpo, per quanto forte esso sia[…]457.
454
Essendo l’opera di Amato pervenutaci solo attraverso una trascrizione francese
del secolo XIV, è più che probabile che il volgarizzatore abbia potuto alterarne il lessico
militare. Cfr. A. Settia, Gli strumenti e la tattica della conquista, cit., p. 131. Sullo stesso
problema, cfr. altresì G. Amatuccio, Aspetti dell’interscambio di tecnologia militare, cit.,
pp. 303-304.
455
Fonte citata da A. Settia, Gli armamenti, Gli strumenti e la tattica della
conquista, cit., p. 132.
456
G. Amatuccio, Aspetti dell’interscambio di tecnologia militare nel Mezzogiorno
normannosvevo, cit., p. 303.
457
Cfr. Anna Comnena, cit., X, 8, pp. 255-56.
~ 108 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
La diffusione della balestra presso le regioni del Sud Italia nel secolo XI
si verificò ad ogni modo rapidamente ed anche gli Arabi che militavano
nell’esercito normanno dovettero utilizzarla, divenendo ben presto esperti nella
fabbricazione stessa dell’arma458. Nella sua dovizia, il De Rebus ci consegna
una serie di raffigurazioni che evidenziano, all’interno dell’esercito normanno,
la differenziazione tra fanteria pesante e leggera. Di un certo interesse sono
infatti due miniature specifiche del manoscritto in questione. La prima racconta
la presa di San Germano da parte di dell’esercito imperiale ed è assai
interessante poiché raffigura alcuni fanti leggeri armati di scudo e di una sorta
di daga che aggrediscono e tentano di disarcionare Dietpold di Sveinshaupt,
infliggendo delle ferite al di lui destriero.
Due delle daghe che potrebbero forse avere qualche addentellato con i
lunghi pugnali presenti in manoscritti greci come ad esempio nel Libro di
Giobbe databile al IX secolo459 quando non addirittura con i sax di derivazione
longobardo-franca, sono provviste di lama diritta mentre il terzo appare come
un pugnale ricurvo, di probabile origine eurasiatica. Interessante è poi
all’interno della medesima miniatura la rappresentazione di due ulteriori fanti,
vestiti di una semplice tunica; uno armato di ascia corta che brandisce con le
due mani, mentre il secondo, che cinge il capo con un turbante di foggia
saracena, viene disarmato da un cavaliere costretto a combattere appiedato,
poiché il suo cavallo era stato abbattuto durante lo scontro460.
L’uso del pugnale suggerisce naturalmente che tali pedites dovevano
essere assai esperti nel combattimento corpo a corpo e soprattutto nel rendere la
vita difficile ai cavalieri che potevano essere attaccati da piccoli gruppi di
costoro, aventi il compito di uccidere i palafreni, per procurare la caduta del
miles.
È infatti noto che i cavalieri, avessero, una volta disarcionati, oggettive
difficoltà a combattere appiedati a causa dell’armamento pesante portato
indosso. Un’autorevole conferma a quanto sopra riportato, ci viene ancora una
volta da Anna Comnena la quale ricorda che durante la prima crociata,
l’imperatore Alessio consigliò ai suoi uomini di attaccare gli irruenti cavalieri
di Boemondo di Altavilla, uccidendone i cavalli con le frecce perché, una volta
privati dei loro animali, i Normanni potevano essere agevolmente catturati461.
Tale escamotage fu per altro adottato nel 1062 a Troina quando i
Saraceni crivellarono di dardi il cavallo di Ruggero I, lasciandolo appiedato ed
in balia dei propri nemici nel bel mezzo della mischia. Ciò costrinse costui a
458
G. Amatuccio, Aspetti dell’interscambio di tecnologia militare nel Mezzogiorno
normannosvevo, cit., p. 303.
459
Cfr. D. Nicolle, The Monreale Capitals, cit., p. 102.
460
Cfr. Petrus De Ebulo, Liber ad honorem Augusti, cit., f. 130r.
461
Cfr. Anna Comnena, cit., XIII, 8, pp. 341-342.
~ 109 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
462
Quadam itaque die, certamine inito, comes, equo insidens, ut suis succurrat,
sese hostibus medium dedit. Hostes vero, eo cognito, versus eum fortiori impetu transientes,
equum eius spiculis confodiunt; ipsum cum equo, humi deiectum, manibus corripiunt, quasi
taurum ad victimam reluctantem, usque ad sibi tutiorem locum nituntur pertrahere
puniendum. Porro comes, in tanto discrimine positus, pristinarum virium non immemor,
ensem, quo accinctus erat, exercens in modum falcis virens pratum resecantis,
circumquaque impiger vibrando ducens, pluribus interemptis, sola dextra et Dei adiutorio
liberatur: tanta strage de inimicis facta, ut, sicut in condensibus saltibus iacerent a vento
dirupta ligna, sic circumquaque sibi adiacerent hostium ab ipso perempta cadavera.
MALATERRA, II, XXX.
463
Cfr. D. Nicolle, The Monreale Capitals, cit., p. 101.
464
Id., Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 259, ivi, fig.
690d.
465
Ivi, p. 490, fig. 690r.
466
Cfr. G. Marella, La chiesa di San Giovanni al Sepolcro di Brindisi, cit., pp. 45-
48.
467
Cfr. Anna Comnena, cit., III, XII, p. 97.
468
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 491,
fig. 690al, 690am.
~ 110 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
469
Id., The Monreale Capitals, cit., p. 92 e p. 101.
470
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 489,
fig. 690g, p. 490, fig. 690t, 690u.
471
Ivi, p. 491, fig. 690ar, 690as, 690at, 690au; Id., The Monreale Capitals, cit., p.
88.
472
Id., Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 493, fig. 695a,
695b, 685c, 695d, 695e, 695f, 695g, 695h, 695i.
473
E non di San Giorgio, come ritenuto da D. Nicolle, The Monreale Capitals, cit.
p. 98 ed in Id., Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 257.
Sull’identificazione del santo, cfr. M. Rotili, Museo del Sannio nell'abbazia di Santa Sofia e
nella Rocca dei rettori di Benevento, Roma 1967, p. 16.
474
La locale devozione nei confronti di San Mercurio da parte dei Longobardi, si
può spiegare come interpretazione in chiave cristiana di Wotan, il dio guerriero per
eccellenza delle popolazioni germaniche. Cfr. A. Vuolo, Agiografia beneventana, in:
Longobardia e longobardi nell’Italia meridionale. Le istituzioni ecclesiastiche, a cura di G.
Antenna e G. Ricasso, Milano 1996, pp. 212-213.
475
Cfr. D. Nicolle, Arms and armour of the crusading era: 1050-1350, cit., p. 258,
ivi, p. 489, fig. 689a.
~ 111 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
europei, bizantini ed islamici, ci dicono molto anche sulle truppe al servizio dei
signori che commissionarono la costruzione del monumento siculo476.
Fig. 16 - Chiostro del Duomo di Monreale. Capitello raffigurante fante leggero armato di lancia
ad una mano e di scudo decorato ai bordi con motivi romboidali e provvisto di piccolo umbone.
(Foto di Vito Maglie)©. Per gentile concessione.
476
Id., The Monreale Capitals, cit., p. 87.
477
Ivi, p. 88.
478
Ivi, pp. 90-91.
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~ 113 ~
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EPILOGO
~ 114 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
~ 115 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
alcuna a servirsi del sostegno armato di soldati di fede islamica, che andarono a
costituire il nerbo più fedele delle loro truppe.
Se dunque è pur vero che la propaganda religiosa permeò fortemente la
letteratura eroica secolare contribuendo ad acuire lo iato fra occidente cristiano
ed oriente musulmano, è altrettanto vero che gli ex homines boreales si
guardarono bene da esacerbare i conati propagandistici di una Chiesa ‘militante
e militarista’, limitandosi ad estrapolare dall’epica quei modelli di valore e di
coraggio ai quali ispirare le loro azioni.
E se numerosi edifici sacri di età normanna del sud Italia, dalla Puglia
alla Sicilia, divennero i preziosi contenitori di opere artistiche che ritraevano
combattimenti tra Cristiani e Saraceni, ciò non fu necessariamente l’espressione
di una volontà di elevare il tono dello scontro fra culture che, al contrario,
furono capaci di coesistere pacificamente e prosperare. Evidenze in gran parte
scultoree presenti in area sicula (ma non solo), ci consegnano splendidi esempi
di come, a fianco agli armamenti di origine franco-settentrionale, fossero
largamente impiegate, nella seconda metà del secolo XII, panoplie di origine
greco-saracena e come guerrieri normanni combattessero al fianco di uomini
dalla pelle scura e di Bizantini che non rinunciavano alle loro armature a
scaglie o ai loro klibanion, realizzando, pur con tutti le cautele del caso, quel
processo di integrazione che transitò non solo attraverso il semplice
interscambio culturale, ma attraverso la condivisione di un comune destino di
sangue, di gloria e di morte sui campi di battaglia.
~ 116 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
BIBLIOGRAFIA
Fonti Primarie
~ 117 ~
L’esercito normanno nel meridione d’Italia
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L’esercito normanno nel meridione d’Italia
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INDICE
Introduzione………………………………………………………….………p. 5;
Premessa dell’Autore……………………………………..……………….…p. 7;
Epilogo…………………………………………………………………..…...p. 114;
Bibliografia…………………………………………………………….…….p. 117;
Crediti delle illustrazioni…………………………………………...….……..p. 126;
Indice…………………………………………….…………………………...p. 127.
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Cristian Guzzo©