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Primo Levi

Il libro di Primo Levi descrive le terribili condizioni nei campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Racconta le sofferenze inflitte agli ebrei e ad altri prigionieri e invita il lettore a non dimenticare questi orrori per evitare che si ripetano.
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Il libro di Primo Levi descrive le terribili condizioni nei campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Racconta le sofferenze inflitte agli ebrei e ad altri prigionieri e invita il lettore a non dimenticare questi orrori per evitare che si ripetano.
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Se questo è un uomo.

di
Primo Levi

Voi che vivete sicuri


Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo


Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si o per un no.

Considerate se questa è una donna,


Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato;

Vi comando queste parole


Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Note di risposta:

Domanda:
Nel suo libro non si trovano espressioni di odio nei confronti dei
tedeschi, né rancore, né desiderio di vendetta. Perché?
Risposta:
Come mia indole personale non sono facile all’odio; del resto, nei
mesi in cui questo libro è stato scritto, e cioè nel 1946, il nazismo e
il fascismo sembravano veramente senza volto; sembravano ritornati
nel nulla, svaniti come un sogno mostruoso; giustamente e
meritatamente, così come spariscono i fantasmi al canto del gallo.
Come avrei potuto coltivare rancore, volere vendetta, contro una
schiera di fantasmi?
Non molti anni dopo, l’Europa e l’Italia si sono accorti che questa era
una ingenua illusione: il fascismo era ben lontano dall’essere morto,
era soltanto nascosto, incistato; stava facendo la sua muta, per
ricomparire poi in una veste nuova, un po’ meno riconoscibile, un po’
più rispettabile, più adatta al nuovo mondo che era uscito dalla
catastrofe della seconda guerra mondiale che il fascismo stesso
aveva provocata.
Domanda:
Come si spiega l’odio fanatico dei nazisti contro gli ebrei?
Risposta:
L’avversione contro gli ebrei, impropriamente detta antisemitismo, è
un caso particolare di un fenomeno più vasto, e cioè dell’avversione
contro chi è diverso da noi.
In Germania, in specie, per tutto il secolo scorso una serie
ininterrotta di filosofi e di politici avevano insistito su una
teorizzazione fanatica, secondo cui il popolo tedesco, per troppo
tempo diviso ed umiliato, era depositario del primato in Europa e
forse nel mondo, era erede di remote e nobilissime tradizioni e
civiltà, ed era costituito da individui sostanzialmente omogenei per
sangue e razza. I popoli tedeschi avrebbero dovuto costituirsi in uno
Stato forte e guerriero, egemone in Europa, rivestito di una maestà
quasi divina.
Hitler e il nazismo si impadroniscono di questa idea e la portano alle
estreme conseguenze: si devono sterminare gli ebrei perché sono
diversi, perché sono eredi di una cultura in cui si ragiona e si discute
prima di obbedire, perché osservano una religione in cui è vietato
inchinarsi ad adorare gli idoli, perché fanno parte di una sottospecie
umana più lontana dai tedeschi che le scimmie dagli uomini, perché
sono colpevoli di tutto: del rapace capitalismo americano e del
bolscevismo sovietico, della sconfitta del 1918, dell’inflazione del
1923; liberalismo, democrazia, socialismo e comunismo sono
sataniche invenzioni ebraiche che minacciano la solidità monolitica
dello Stato nazista.
Nella pratica quotidiana dei campi di sterminio trovano la loro
realizzazione l’odio e il disprezzo diffusi dalla propaganda nazista.
Qui non c’era solo la morte, ma una folla di dettagli maniaci e
simbolici, tutti tesi a dimostrare e confermare che gli ebrei, e gli
zingari, e gli slavi, sono bestiame, strame, immondezza. Si ricordi il
tatuaggio di Auschwitz, che imponeva agli uomini il marchio che si
usa per i buoi; Il viaggio in vagoni bestiame, mai aperti, in modo da
costringere i deportati a giacere per giorni nelle proprie lordure; il
numero di matricola in sostituzione del nome; la mancata
distribuzione di cucchiai (eppure i magazzini ne erano pieni!) per cui
i prigionieri avrebbero dovuto lambire la zuppa come i cani. Lo
stesso modo che fu scelto per lo sterminio era apertamente
simbolico: si doveva usare lo stesso gas velenoso che si usava per
disinfestare le stive delle navi ed i locali invasi da cimici o pidocchi.
Quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve
comprendere, perché comprendere è quasi giustificare. Infatti
“comprendere” un proponimento o un comportamento umano
significa (anche etimologicamente) contenerlo, contenerne l’autore,
mettersi al suo posto, identificarsi con lui. Ora nessun uomo normale
potrà mai identificarsi con Hitler, Himmler, Goebbels, Eichmann e
infiniti altri. Questo ci sgomenta, ed insieme ci porta sollievo:
perché forse è desiderabile che le loro parole e le loro opere non ci
riescano più comprensibili. Sono parole ed opere non umane, anzi
controumane, senza precedenti storici, a stento paragonabili alle
vicende più crudeli della lotta biologica per l’esistenza. A questa
lotta può essere ricondotta la guerra: ma Auschwitz non ha nulla a
che vedere con la guerra, non ne è un episodio, non ne è una forma
estrema. La guerra è un terribile fatto di sempre: è deprecabile ma è
in noi, ha una sua razionalità, la “comprendiamo”.
Ma nell’odio nazista non c’è razionalità: è un odio che non è in noi, è
fuori dell’uomo, è un frutto velenoso nato dal tronco funesto del
fascismo, ma è fuori ed oltre il fascismo stesso. Non possiamo
capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce, e stare in
guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario,
perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono
nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.
Per questo meditare su quanto è avvenuto è un dovere di tutti. Tutti
devono sapere, o ricordare, che Hitler e Mussolini, quando parlavano
pubblicamente, venivano creduti, applauditi, ammirati, adorati come
dei. Erano “capi carismatici”. Le idee che proclamavano non erano
sempre le stesse, e in generale erano aberranti, o sciocche, o
crudeli; eppure vennero osannati e seguiti fino alla loro morte da
milioni di fedeli.
Occorre quindi essere diffidenti con chi cerca di convincerci con
strumenti diversi dalla ragione, ossia con i “capi carismatici”:
dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri il nostro giudizio e la
nostra volontà.
Poiché è difficile distinguere i profeti veri dai falsi, è bene avere in
sospetto tutti i profeti.
Un nuovo fascismo, col suo strascico di intolleranza, di
sopraffazione e di servitù, può nascere fuori dal nostro paese ed
esservi importato, magari in punta di piedi e facendosi chiamare con
altri nomi; oppure può scatenarsi dall’interno con una violenza tale
da sbaragliare tutti i ripari.
Per trovare la forza di resistere è indispensabile mantenere viva la
memoria di quanto è avvenuto nel cuore dell’Europa, e non molto
tempo addietro; ciò può essere di ammonimento e di sostegno.

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