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Bozza Di Tesi Sui Rapporti Fra Letteratura e Cinema

Il documento tratta del rapporto tra cinema e letteratura. Descrive come molti film si sono ispirati a romanzi e opere letterarie e come alcuni scrittori abbiano trovato ispirazione nel cinema. Vengono analizzati vari aspetti storici e artistici di questo rapporto tra i due media.

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Bozza Di Tesi Sui Rapporti Fra Letteratura e Cinema

Il documento tratta del rapporto tra cinema e letteratura. Descrive come molti film si sono ispirati a romanzi e opere letterarie e come alcuni scrittori abbiano trovato ispirazione nel cinema. Vengono analizzati vari aspetti storici e artistici di questo rapporto tra i due media.

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I rapporti tra il cinema e la Letteratura

Indice:
-Introduzione………………………………………………………………….pag.3
-Capitolo 1…………………………………………………………………….pag.5
-Capitolo 2…………………………………………………………………...pag.15
-Capitolo 3…………………………………………………………………...pag.21
-Conclusioni………………………………………………………………..pag.33
-Bibliografia…………………………………………………………………pag.34
Introduzione
Quando guardiamo un film, vogliamo immergerci in un’altra realtà, a volte per
trovare risposte, per ascoltare le nostre emozioni o semplicemente per il piacere di
ascoltare e vedere una storia. Il cinema ci ha fatto sognare, ci ha fatto pensare, ci
ha impressionato, ci ha fatto ridere. Ma è possibile sia frutto soltanto della sua
arte?
Molti romanzi hanno ispirato a far intraprendere i registi e sceneggiatori a
realizzare film che percorrono le loro storie.
Sicuramente come non mai il cinema si è rivelato uno strumento documentaristico
per eccellenza, in grado di immergerci quasi realmente dentro la realtà proiettata.
Si rivela così un mezzo antropologico, in cui si possono conoscere altre culture e
costumi, facendoci porgere domande su cosa è differente rispetto a noi. Diventa
così anche un mezzo filosofico, perché ci fa riflettere su domande sulla vita.
Per il cinema il tempo è una freccia rispetto alla letteratura. La scrittura può
coinvolgerci per diverso tempo in un ambiente, in una situazione, grazie alle sue
descrizioni accurate. In un certo senso riflette il tempo personale. Il cinema invece
raccoglie ogni elemento descrittivo per riportarlo spesso in un singolo istante. Si
trova qui probabilmente la magia del cinema, in grado di evocare in noi un mondo
narrato, sotto i nostri occhi e le nostre impressioni comunicano con ciò che
l’autore vuole esaltare.
Durante il corso del tempo il cinema si adatta ai generi letterari. Qui il rapporto
diventa più stretto, adottando gli specifici strumenti narrativi.
Non mancano tuttavia critiche sul cinema da parte della società. Spesso i film
subiscono delle censure perché i film non sono idonei o contrastano la politica.
Allora il cinema subisce a volte battute d’arresto, e non divulga la sua potenza
universale, quella che vuole far conoscere ogni uomo, ogni vita, ogni Paese, per
un sapere multiculturale. Qual è quindi il confine fra la linea che divide una forma
d’arte dalla politica? O il film può essere un ulteriore strumento indagatore per
capire le dinamiche del potere? Lo strumento cinematografico quindi può essere
così un valido aiuto per immettere nelle menti degli spettatori idee e immagini, e
ci fa supporre sulla nostra mente e quanto può credere qualcosa contro la sua
volontà.
Quanto può indagare la realtà? Quanto può essere espressivo? Il cinema quindi
crea delle sue personali correnti, per essere uno strumento puramente artistico di
per sé.
Voglio quindi tracciare ogni momento in cui il cinema ha creato un’alleanza con il
cinema per tracciare proprio un ulteriore storia del cinema legata alla letteratura.
Più specificamente argomenterà del Surrealismo, che si presenta come il genere
più attraente influenzando il genere dell’horror, del fantastico e della commedia
romantica.
Primo capitolo
Sin dalle sue origini, il cinema voleva seguire un suo personale percorso artistico,
per richiamare una novità per l’intrattenimento. Ma non si può discorrere della sua
linea di evoluzione senza parlare del suo rapporto con la letteratura.
Rispetto al teatro, il cinema crea una sua singolarità testuale, avendo modi
interpretativi diversi da quelli teatrali. L’intreccio narrativo si presenta meno
intricato e la prima operazione da eseguire è intuire il soggetto.
Il cinema, a differenza della letteratura che era considerata la forma di cultura per
eccellenza, esprimendosi in audio e in immagini in movimento era difficile
poterlo paragonare alla pari con la letteratura. Entrambi hanno con sé il sistema di
espressione del racconto per la creazione della storia.
Ma non è solo da parte del cinema la sua intenzione a voler creare legami con la
letteratura, e molti scrittori hanno ritenuto ispirante prendere modelli caratteriali
del cinema.
I primi passi del linguaggio cinematografico non sono ancora chiari e inizialmente
si utilizza principalmente l’inquadratura come tecnica narrativa.
Il cinema si servì anche della musica per aumentare la sua espressività. Sebastiano
Arturo Luciani curò l’importanza del ritmo visivo dell’opera cinematografica e la
necessità di combinare i segni visivi con quelli sonori ampliandone il significato.

Quindi il cinema inizialmente ha fatto capire, con i primi esperimenti tecnologici,


di voler raccontare delle storie, come in ‘L’innaffiatore innaffiato’ di Louis
Lumière, che, insieme a suo fratello Auguste, ideò il cinématographe.
Si può intuire nel film di Lumière uno schema che segue nella storia, ossia un
esordio, un intrigo, uno scioglimento e un epilogo, ma gli eventi sono ancora solo
rappresentati e non raccontati.
Il cinema raggiunge un linguaggio e una struttura narrativa con ‘The birth of the
nation’ e ‘Intolerance’. In ‘Intolerance’, Griffith parte dal tema dell’intolleranza
attraverso i secoli, unendo quattro storie separate fra loro, ambientate in periodi
storici diversi. Griffith ricorre a una narrazione a incastro, servendosi di didascalie
e di allegorie per fare un salto nel tempo fra una storia e l’altra.
A Porter sono state aggiudicate tutte le innovazioni prima del 1908, compreso il
primo film narrativo ‘Life of an American Fireman’ in cui il sogno del pompiere
di una donna e un bambino in pericolo è raffigurato con la nuvola di un fumetto.
Girò anche una famosa versione teatrale tratta dal romanzo ‘La capanna dello Zio
Tom’. Il film era composto da un susseguirsi di scene raggruppate in una sola
inquadratura, collegate da didascalie, usate per la prima volta in un film
americano.
Dai primi decenni del ‘900 i primi a capire che il cinema era un mezzo molto
efficace furono i futuristi. Proprio come nei quadri, anche qui volevano dare
all’immagine diverse emozioni e significati, slegandola dalla realtà. In questo
modo si reinventano funzioni narrative allontanandosi dai procedimenti
tradizionali.
Ma non si ha molto materiale a disposizione, inducendoci a pensare che questa
corrente non sia esistita. L’unico film del 1916 realizzato da Marinetti, Balla,
Corra e Settimelli è andato perduto, con poco pubblico e non molto influente.

Tuttavia nei manifesti teorici fra il 1909 e il 1916 il cinema futurista è dichiarato
come “presenza” tecnica e formale della società contemporanea.

A partire dal 1904 il cinema commerciale americano volle seguire la strada della
narrazione, così le storie si fecero progressivamente più lunghe ricorrendo a più
inquadrature. Intravedendo che l’attenzione dello spettatore andava guidata,
mettevano in atto più frequentemente una catena narrativa di cause ed effetti, e più
tardi le azioni cominciarono a essere motivate da cause psicologiche.

Nel periodo dei nickelodeons i film, diventati generalmente più lunghi, richiesero
un numero maggiore di didascalie.

In Italia fra i primi che ha intuito l’eccezionalità del mezzo filmico fu


D’Annunzio, che considerò il cinema come un modo per ampliare
l’immaginazione artistica e aprire quella collettiva, indirizzandosi a una
realizzazione di un’opera d’arte totale.
D’Annunzio si affianca alla lavorazione di ‘Cabiria’ per le didascalie con
Giovanni Pastrone, portando in scena la storia romana antica. Le avventure e le
passioni del passato sono riscoperte a favore di un nuovo interesse per la romanità
che il cinema seguiva in quel periodo.

Luigi Pirandello prende una propria via rispetto alla letteratura tout court. Si servì
del cinema in modo da mettere in luce la critica su come, sia il tramontare della
letteratura e del romanzo e sia la scomparsa dell’autore avvengano in
contemporanea, segnando entrambi l’età della massificazione culturale. In
‘Quaderni di Serafino Gubbio operatore’ mette in risalto, nella scena finale, la sua
polemica contro la macchina da presa paragonandolo come un atto di svendita
della vita e della natura. Serafino doveva riprendere Aldo Nuti che dovendo
uccidere una tigre, per sbaglio uccide l’attrice Varia Nestoroff, finendo con
l’essere a sua volta sbranato dall’animale. Serafino così rimane sconvolto.

Non sarà solo la letteratura alta a far adottare ai film i suoi soggetti e personaggi.
Quando la Cines volle realizzare il suo primo lungometraggio, scelse ‘Pinocchio’
di Collodi, assumendo così Guillaume, un maestro del cinema comico.

Nel 1911 la Milano films produce l’ ‘Inferno’, diretto da Bertolini e Padovan,


enunciando la prima dimostrazione della potenza culturale del nuovo medium. I
direttori trasferiscono sulla pellicola iconografica delle tavole di Gustav Doré. E’
così la prima opera a chiedere una valenza artistica.

La Svezia dagli anni Dieci inizia a produrre improvvisamente film innovativi,


come nel film di Stiller ‘Il tesoro di Arne’, adattamento di una storia di Selma
Lagerlof ambientata nel Rinascimento svedese.

‘Terje Vigen’ di Sjostrom, tratto dal poema di Ibsen, rivela l’abilità del regista di
rendere il paesaggio un elemento espressivo dell’azione, adoperando il mare come
sfondo della vicenda e come uno specchio su cui si riflette il protagonista, creando
già suggestive atmosfere legate alla corrente artistica dell’impressionismo.

In Francia, Ferdinand Zecca, congiunge il realismo e il documentarismo


fotografico, adottati dai Lumière, con l’impianto drammatico dei romanzi sociali
di Zola. Il serial continuava a riscuotere successo a differenza degli altri Paesi. I
serials basati su romanzi popolari strappacuore, come ‘Les deux gamines’ di
Feuillade furono i risultati dei cambiamenti avvenuti per l’esaltazione posta
precedentemente ai serial dedicati alla malavita.

Gli autori francesi impressionisti ambivano al cinema come una forma d’arte.
Erano indirizzati a guidare lo spettatore attraverso suggestioni ed evocazioni per
un’esperienza emotiva secondo un concetto proprio dell’estetica romantica e
simbolista tardo ottocentesca.

Tecniche come il flashback, usate per mostrare il pensiero dei personaggi, furono
usate molto spesso dagli autori espressionisti. L’intreccio di questi film dipendeva
in gran parte dalle motivazioni psicologiche seguendo comunque i rapporti di
causa ed effetto. In ‘Il fu Mattia Pascal’ di L’Herbier segue i sogni della
protagonista, rifacendosi al romanzo di Pirandello.

I surrealisti vollero tradurre in immagini o parole il linguaggio dei sogni. Ray


realizzò ‘L’etoile de mer’ ispirata a un testo del poeta Robert Desnos.

‘Un chien andalou’ di Bunuel è l’esempio più lampante della scrittura automatica
surrealista applicata al linguaggio cinematografico, per il flusso delle inquadrature
che si susseguono. I personaggi non hanno un’identità precisa e la dimensione
temporale in cui vengono inglobati è aleggiante spostandosi in ambienti non
precisi. Bunuel ricorre a soluzioni narrative come alle didascalie, ma le
indicazioni cronologiche non seguono un rapporto coerente con i fatti successivi.

Ci fu una collaborazione casuale fra lo scenografo Dudley Murphy, Man Ray e il


poeta Ezra Pound a Parigi: egli firmò così la fotografia di ‘Ballet mécanique’,
diretto dal pittore Fernand Lèger. Il film montò immagini di oggetti comuni con i
dipinti realizzati da Lèger. Alcune scene furono inquadrate con uno stile
innovativo come le immagini prismatiche di volti di donna.

Seguendo questo lavoro molti artisti captarono la possibilità di realizzare opere


non narrative, in cui predominavano solo le qualità visive astratte del mondo
fisico, opponendosi così al cinema commerciale che prediligeva il carattere
narrativo. I teorici del film, che aspiravano ad un cinema puro, sostenevano infatti
che la didascalia interrompeva l’azione, distruggendo la linearità ritmica delle
immagini, asservendo più che altro la letteratura. Il cinema doveva essere puro
persino dall’intrusione della musica d’accompagnamento, in quanto non
prevedevano mezzi che non fossero specifici del film.

Il cinema in Germania nei primi anni Dieci era ininfluente e così si iniziò a
trasporre le opere migliori della letteratura assumendo autori di fama per
riscrivere soggetti originali, e nel 1913 seguì la nascita dell’Autorenfilm, e il
termine autore occorreva a promuovere il film riferendosi al testo celebre da cui si
è sviluppato il soggetto. Nelle opere impressioniste, l’azione si sussegue a scosse
e la narrazione ha pause. ‘Il gabinetto del dottor Caligari’ (1920), diretto da
Robert Wiene è l’esempio ideale del film espressionista ma anche il pioniere per
l’evoluzione del cinema horror e fantastico. Il film inizia con la visione di un
giardino, in cui Francis racconta a un conoscente una storia vissuta da lui. Segue
poi un flashback che cambia il luogo con la cittadina di Holstenwall, in cui
avvengono omicidi ad opera di Cesare, ma orchestrato dal dottor Caligari. La fine
del racconto svela che il narratore è in realtà un malato di mente ricoverato in un
manicomio gestito da Caligari. Il film unisce le influenze della tradizione
filosofica e letteraria del romanticismo tedesco e della narrativa popolare,
evidenziando il clima grigio della Germania di quegli anni, caratterizzato da
difficoltà economiche e sociali.

Non mancano anche suggestioni fantastiche e scenari medievali, come nelle due
parti che compongono ‘I Nibelunghi’ di Pabst, ‘La morte di Sigfrido’ e ‘La
vendetta di Crimilde’, basate sul poema epico nazionale tedesco.

Tuttavia molti artisti abbandonarono l’espressionismo per avvicinarsi alla Nuova


Oggettività, una tendenza che si accosta al realismo e all’analisi sociale. In questa
nuova tendenza Piel Jutzi realizza ‘Berlin Alexanderplatz’ tratto dal romanzo di
Alfred Doblin.

Ejzenstejn, Vertov, Pudovkin, Kulesov e i formalisti sono accomunati dall’idea di


definire l’immagine cinematografica in diversi modi di significare, tentando di
attribuire, attraverso il montaggio, il massimo potere metaforico al linguaggio
cinematografico, seguendo procedimenti del tutto analoghi a quelli osservati nella
lingua poetica.
Gran parte dei film di Protazanov metteva in scena adattamenti delle opere di
Puskin e Tolstoj, come ‘Otets Serghij’ (1917).

Quando fu introdotto il sonoro verso la fine degli anni Venti, molti registi di
origine europea e con una formazione teatrale si diressero negli studios di
Hollywood. William Wyler diresse ‘Piccole volpi’, un adattamento da Lillian
Helman. Frank Borzage diresse melodrammi sentimentali come ‘Addio alle armi’,
adattamento del romanzo di Hemingway. George Cukor si dedicò ad adattamenti
letterari come ‘Margherita Gautier’.

Nel periodo del sonoro l’horror era uno dei generi più importanti. La Universal
iniziò con ‘Dracula’ dal romanzo di Bram Stok.

La Depressione risvegliò l’interesse per i problemi sociali. John Ford si rifece al


romanzo di John Steinbeck con ‘Furore’, storia sui contadini dell’Oklahoma
rovinati dalla Depressione.

Il genere del noir invece deriva dal romanzo poliziesco hard-boiled americano,
con autori come Hammett e Chandler. Dalle loro opere poi rimontate in film si
poteva intravedere l’influenza dell’espressionismo tedesco e del realismo poetico
francese. Ne ‘La fiamma del peccato’ di Billy Wilder sono presenti tutti gli
elementi tipici del noir: la narrazione in voce over, una tenebrosa ambientazione
urbana e una storia d’amore destinata a finire nei peggiori dei modi.

Molto spesso nella produzione sovietica del sonoro si raccontavano storie di


eroismo di gente comune. Maksim Gor’kij ispiró Pudovkin per il suo romanzo ‘La
madre’ pubblicato nel 1907 e Mark Donskoij realizzò ben tre film su di lui:
‘L’infanzia di Gor’kij’, ‘Tra la gente’, ‘Le mie università’. I racconti di Gor’kij si
incentrano sul mancato apprendimento scolastico del protagonista che riesce a far
risaltare la sua grandezza con la sua vicinanza al popolo.

Sacha Guitry iniziò il suo percorso nel mondo del cinema essendo già da prima
romanziere di commedie raffinate, tant’è che il suo cinema fu inteso come un
“teatro filmato”. Fra i suoi film spicca ‘Il romanzo di un baro’ tratto da un suo
scritto. La vicenda di un truffatore viene narrata con la voce del protagonista,
raccontando sempre con la sua voce i dialoghi degli altri personaggi.
Renoir, in ‘La regola del gioco’, desidera ritornare allo spirito classico, cosicché si
abbandona a diverse suggestioni teatrali e musicali, riportando un breve brano di
‘Il matrimonio di Figaro’ di Beaumarchais.

In Francia si assiste alla nascita del movimento letterario l’Ecole du regard e di


uno cinematografico, la Nouvelle Vague. In letteratura i romanzi dell’Ecole du
regard sono direttamente influenzati dai procedimenti espressivi del cinema: il
lavoro letterario elimina il rapporto con le strutture narrative, con la storia, con la
psicologia, la rappresentazione delle relazioni in un quadro sociale, e come fa la
macchina da presa si limita alla registrazione dei fatti. In questo modo si vuole
identificare il punto di vista della macchina da presa con quello del personaggio.
Proprio come in ‘Le margheritine’ di Vera Chytilova che utilizza inquadrature per
rendere l’immagine irrisoria delle eroine sugli uomini.

Daschiell Hammet e Raymond Chandler sono i primi autori del genere del noir
hollywoodiano, oltre ad essere protagonisti degli anni ’30 della scrittura creativa e
della creazione cinematografica.

Il neorealismo inizia a raccontare ciò che succede nella società attraverso vicende
attingendo ai fatti di cronaca dopo la seconda guerra mondiale in modi abbastanza
lontane da quelli tradizionali. Si voleva esplorare i problemi della vita rurale come
in ‘Riso amaro’ di De Santis. Con ‘La terra trema’ Visconti narra la ribellione fra
un gruppo di pescatori siciliani contro i grossisti di pesce che li sfruttano,
marcando i cambiamenti sociali che si stavano verificando. Adatta il film a ‘I
Malavoglia’ di Verga.

Ma la prima opera di Luchino Visconti, ‘Ossessione’ è tratta infatti da un romanzo


hard boiled dell’americano Cain, ‘Il postino suona sempre due volte’, un romanzo
sociale.

Il neorealismo non fu accolto molto bene, specialmente dai funzionari del


dopoguerra che vedevano l’Italia in queste elaborazioni come provata dalla
povertà. I politici volevano proprio evitare che questa visione fosse vera per
indicare come invece ci si stava indirizzando verso la prosperità. Anche la chiesa
cattolica condannò i film per il modo in cui si descriveva la vita della classe
operaria.

In Italia la crisi del Neorealismo coinciderà con la crisi della società e delle
convenzioni letterarie. ‘Senso’ di Visconti, tratto dalla novella di Cammillo Boito,
attesta il passaggio ‘dalla cronaca alla storia’, così come venne sostenuto da
Guido Aristarco, nelle pagine della rivista “Cinema nuovo”. Visconti ribalta però
il modello di Boito: le vicende private di Livia e Franz Mahler offrono il pretesto
per riflettere sulla storia nazionale ed europea in anni di trasformazioni decisive,
ossia il progresso di unificazione italiana, volgendo lo sguardo sulla decadenza del
mondo aristocratico nel momento della caduta dell’impero asburgico.

Pier Paolo Pasolini sosteneva che non si poteva cominciare un discorso sul cinema
come lingua espressiva senza considerare la semiotica. Il cinema una volta trovato
il soggetto poetico deve metterlo nella condizione di dover interpretare e di essere
interpretato, e quindi di significare.

Pasolini riporterà una drammatica visione del mondo, collocandosi dietro


l’obiettivo per far fronte a uno scenario della realtà umana inglobato da uno
schermo che si estranea da essa, attingendo dal suo modo di scrivere.

La semiotica cinematografica cresce più rapidamente rispetto alla lingua perché


l’arte e il linguaggio nel cinema si fondono più agevolmente rispetto al linguaggio
parlato.

Metz ritiene che i codici cinematografi hanno un loro modo di comporsi, creando
un “discorso per immagini” senza l’uso della parola.

Jean Mitry sostiene persino che l’immagine cinematografica può arrivare ad


essere una trasposizione mentale, in cui portando con sé la realtà, si trasfigura.

Tuttavia la semiotica non potrà continuare a sostenere l’analisi del film. Si


imboccheranno così nuove strade, come quella di Leo Brudy che distingue cinema
aperto e cinema chiuso. Il primo è il cinema di autore, il secondo è il cinema di
genere, più produttivo rispetto a quello di autore perché da più libertà alla forma,
mettendo in sovrapposizione la forma e il contenuto.
Francesco Casetti ritiene che ci sia un rapporto che si instaura fra l’opera e lo
spettatore. Quest’ultimo crea un dialogo ma al tempo stesso interpreta ciò che gli
viene proiettato.

Nasce un contrasto fra formalisti e teorici del realismo verso il periodo del
secondo conflitto bellico. Umberto Barbaro dice in merito di Kracauer, che non
sospetta che il soggetto e l’idea non costituiscono il contenuto dell’arte e che la
forma sia qualcosa di diverso dalla tecnica esteriormente intesa, soffermandosi
all‘idea che è la sola responsabile della forma.

Negli anni Quaranta c’era chi vedeva nel sonoro un mezzo che consentiva di
spostare l’interesse nel fruitore a partire dai moduli espressivi con cui viene
riprodotto il reale alle forme con cui interpretiamo il nostro modo di vivere.

Prima degli anni ’50 le produzioni degli studios iniziarono ad essere indirizzati
per un pubblico familiare. La Disney produsse riduzioni di romanzi per ragazzi,
come ‘Zanna gialla’ di Stevenson e classici di avventura ‘L’isola del tesoro’ di
Haskin.

Dopo la seconda guerra mondiale il cinema brasiliano promosse il Cinema Novo,


e influenzati dal neorealismo italiano e dalla Nouvelle Vague vollero mettere in
luce i problemi della loro nazione, come le minoranze etniche, attraverso i
documentari, prendendo spunto dalle nuove proposte letterarie contemporanee.
‘Vite aride’ di Nelson Pereira dos Santos, tratta la vita dei contadini, in particolare
di Fabiano che cerca di trovare lavoro durante la siccità degli anni Quaranta,
rimontando il romanzo di Graciliano Ramos.

Il film poetico catturava un’emozione ricorrendo a una struttura narrativa proprio


come il poeta esprime la sua fugace intuizione in un verso. Il regista che si avvalse
di elaborare il genere fu Stan Brakhage con ‘L’anello prodigioso’. Si iniziò a
costruire così il film-diario, in cui il regista riporta le sensazioni quotidiane, come
in ‘Walden’ di Mekas.

Negli anni Sessanta, ci fu un calo costante della frequenza nelle sale e Hollywood
non sapeva quali fossero i desideri degli spettatori. In questo momento si fece
affidamento ai romanzi di Ian Feliming, dirigendo l’attenzione su intrighi,
combattimenti, ironia, inseguimenti e spazio a scenografie spettacolari. ‘Agente
007, missione Goldfinger’ di Guy Hamilton del 1964 e i film successivi della serie
di James Bond fecero molta fortuna.

Negli anni Ottanta Altman adattò testi teatrali come ‘Secret Honor’, ‘Follia
d’amore’. Praticando la narrazione decentrata fa una critica alla società con
‘America oggi, Gosford Park’.

A partire dal romanzo di Mario Puzo, Coppola da vita a una celebre narrazione
che ha come sfondo la società statunitense, con ‘Il padrino’ (1972). Rappresenta
uno dei primi modi dell’industria cinematografica americana di creare prodotti
che possono garantire la serialità.

Nel caso di George Lucas con ‘Guerre Stellari’, è la scrittura che si adatta al film,
creando un franchise in cui fumetti e videogiochi attingono a una serie di grande
successo fra i ragazzi, portando una grande novità nel genere fantascientifico.

I testi mediali iniziano ad essere rielaborati dalle comunità dei fan, come un film,
una poesia o una nuova canzone ma anche nuove storie.

Disegnatori di fumetti iniziano a disegnare per i film di animazione, come


Windsor McCay con ‘Little Nemo’ riprendendo i personaggi di ‘Little Nemo in
Slumberland’. Con il successo dei graphic novel e dei supereroi affiorano nuovi
registi di animazione come George Dunning con ‘Yellow Submarine’ che crea
disegni animati psichedelici delle canzoni dei Beatles.

Il pubblico inizia a diventare protagonista di un nuovo mondo della


comunicazione, introdotto dal suono-immagine cambiando la sfera del quotidiano,
e le funzioni cognitive dello spettatore vengono intensificate.
2 capitolo

Per Antonio Borgese il cinema non può essere considerato un’arte autonoma
perché è una tecnica di riproduzione che segue la pittura, la poesia e la musica,
presentando un proprio linguaggio. Il cinema riempie sia gli spazi come lo fa la
pittura, segue il ritmo del racconto come nella scrittura e segue un tempo come
nella musica. Tutto ciò viene percepito da chi guarda il film come vuole il suo
autore.

Se nel cinema delle attrazioni lo spettatore guarda l’attore consapevole di essere


ripreso davanti a una platea, il cinema narrativo tratteggia il suo perimetro dal
pubblico per presentare il suo mondo lontano e indipendente da noi.

Il cinema crea un racconto esprimendo nuovamente l’esperienza. Partendo da una


costruzione narrativa, ha già i requisiti per raccontare una storia. La narrazione nel
cinema comporta tutte quelle operazioni in grado di trasformare la storia nel
racconto: il montaggio, la costruzione degli ambienti, la recitazione e i movimenti
di macchina.

Ci sono tre modelli narrativi:

-Il modello narrativo classico, iniziato ad essere utilizzato dalla seconda metà
degli anni Dieci nell’industria cinematografica hollywoodiana. Ogni elemento ha
una funzione precisa e segue il suo scopo (narrazione forte). In questa linea
narrativa principale ci sono altre linee secondarie che possono avere esiti diversi
rispetto a quelle prestabilite della principale (sistema double plot). Per far avere
sotto controllo l’articolazione temporale della storia allo spettatore, le digressioni
temporali come i flashback, sono ben indicate.

-Il modello narrativo moderno, sviluppatosi a partire dagli anni Cinquanta.


L’azione non è più centrale e non produce determinate evoluzioni. Il personaggio
non è del tutto caratterizzato e neanche i finali lasciando ogni strada possibile. Si
viene a creare un’antinarrazione in cui le azioni non hanno una loro coerenza e le
linee temporali sono sovrapposte. Questo tipo di narrazione è stata infatti
utilizzata nel Neorealismo e nella Nouvelle Vague, in cui i dialoghi vengono in
primo piano rispetto all’azione. Si intende quindi una narrazione debole. In questo
modo in Neorealismo prende proprio il sopravvento nel delineare la sua visione
attenta, liberandosi dai dettami del tempo.

-Il modello narrativo post-moderno, creatosi verso gli anni Ottanta. L’intreccio
della storia è complesso con diversi sviluppi di senso, dovuto anche per
l’imprevedibilità dei personaggi. Non si ha infatti né un inizio né una fine. Questo
modello non può che essere influenzato dalla nuova età mediatica. Segue infatti
un tempo neutro, il tempo del web, discernendo dall’intertestualità.

In un film possono essere presenti più modelli narrativi, diventando così


metadiscorsivo.

Si chiama enunciatore colui che raggruppa i piani di narrazione attraverso i segni


iconici, verbali e musicali. L’enunciatario invece designa le operazioni di lettura
del film.

Genette distingue tre tipi di focalizzazione:

-focalizzazione zero: l’enunciatore posiziona lo spettatore nella sua onniscienza.

-focalizzazione interna: il punto di vista dello spettatore è connesso con quello del
personaggio.

-focalizzazione esterna: il punto di vista dello spettatore coincide con quello del
narratore, che non è onnisciente.

Si segna così una differenza fra due tipi di narratori: il narratore extradiegetico e il
narratore intradiegetico. Il narratore extradiegetico è l’autore del film o anche più
persone che stabiliscono l’enunciazione. Il narratore intradiegetico è un narratore
che si trova anche nella condizione di un personaggio.

Lo sceneggiatore nel momento in cui deve adattare un romanzo è alle prese con il
taglio in quanto si trova ad elementi che eccedono. Ricorre quindi al principio di
sottrazione portandoci a comprendere che cosa possiamo trovare di più nel testo
letterario rispetto al film. Oltre al principio di sottrazione c’è anche quello
dell’addizione, che comporta invece ad analizzare ciò che si trova di più nel film
rispetto al testo. C’è poi la condensazione, ossia quegli elementi dell’opera in cui
sono presenti nel film in maniera ridotta. Con l’espansione invece elementi del
romanzo vengono prolungati nel film. La variazione propone elementi del
romanzo nel film caratterizzandoli nuovamente. Infine lo spostamento crea
momenti diversi delle situazioni del film rispetto all’intreccio del romanzo.

L’inquadratura è l’elemento principale del linguaggio cinematografico che si


elabora sia in modo temporale sia in quello spaziale.

Nell’elaborazione temporale si monta uno stralcio di ripresa compresa tra due


stacchi di montaggio. Nell’elaborazione spaziale si taglia lo spazio attraverso la
macchina da presa.

Il passaggio da un’inquadratura a un’altra comporta un cambiamento del punto di


vista. Si utilizzano così alcuni strumenti per elaborarlo come la dissolvenza in cui
l’immagine scompare in maniera progressiva fino al nero. Mentre la dissolvenza
incrociata fa apparire successivamente un’altra immagine.

La scena è il susseguirsi di più inquadrature, che corrisponde ad un unico episodio


narrativo che si svolge in un unico luogo in una continuità temporale. L’insieme
di più scene creano una sequenza e l’azione può creare salti temporali e spaziali.

I registi sovietici erano soliti seguire il cosiddetto “montaggio delle attrazioni” in


cui montavano relazioni spaziali. Si collegavano due azioni per esprimere un
concetto.

I campi di ripresa focalizzano la loro attenzione sull’ambiente. Il campo


lunghissimo prende un vasto spazio e la figura umana non compare oppure è
molto ridimensionata rispetto allo spazio mostrato. Nel campo lungo invece la
ripresa è più ravvicinata distinguendosi sia lo spazio che la figura umana. Nel
campo medio la visione del personaggio è equilibrata con quella dello spazio. Il
campo totale invece riprende interamente l’ambiente.

Per quanto riguarda i piani si possono individuare: la figura intera; piano


americano; la mezza figura; primo piano; primissimo piano; particolare; dettaglio.
La panoramica è la rotazione della cinepresa sul proprio asse.

Con la macchina a mano in ‘Cloberfield’ di Matt Reeves (2008) segue i


protagonisti alla scoperta della catastrofe.
L’intersecarsi di due o più linee narrative lo si rende con il montaggio parallelo in
cui due o più sequenze ambientate in spazi e tempi diversi sono mostrate in modo
alternato legate fra di loro attraverso analogie, come nelle quattro linee narrative
in ‘Intolerance’ di Griffith. Diverso è il montaggio alternato, dove le inquadrature
di due eventi che si verificano nello stesso momento in luoghi collegati fra di loro,
come le sequenze fra gli inseguitori e gli inseguiti.

Tutto ciò che forma l’inquadratura, le luci e i colori che creano l’atmosfera
emotiva che lo spettatore percepisce è l’elemento plastico. A volte si adottano
certi modi di utilizzarli a seconda di quello che si vuole far comprendere. La luce
piatta serve per la descrizione, una luce radente profilando ombre lunghe crea
un’atmosfera da dramma, un controluce creerà un alone di mistero e una luce dal
basso rende deforme i volti.

Negli anni Venti gli autori di Hollywood iniziarono a sistemare davanti


all’obiettivo tessuti trasparenti o filtri per creare immagini flou. Divenne una
tecnica che distinse significativamente lo stile narrativo classico, perché in questo
modo si richiamava l’attenzione dello spettatore verso il primo piano.

Facendo riferimento al diegetico e all’extradiegetico, il cinema si avvale di molti


elementi non diegetici, cioè che non fanno parte della storia in sé, come i titoli di
testa e di coda, la musica di accompagnamento. Molto spesso gli inserti non
diegetici, ossia immagini che non fanno parte in modo diretto nella storia,
propongono modi di legare determinati momenti della storia che servono ad
ampliare la conoscenza di una specifica scena.

Quando si diffusero i nickelodeons ci si orientava verso due tipi di didascalie:

-quelle descrittive in cui i testi erano rivolti in terza persona presentando l’azione
o facendo un riassunto dell’inizio dell’azione. A volte si utilizzavano direttamente
i titoli dei capitoli di un libro in modo da segnalare i salti temporali tra le scene.

-quelle narrative in cui erano immesse informazioni provenienti dall’azione, come


nel momento di un dialogo.
Le informazioni si arricchivano tramite la voice over. Oltre ad essere un aiuto
indispensabile per la comprensione del film, poteva accompagnare un certo punto
di vista dello spettatore rispetto a un personaggio o distaccarsi dal suo mondo.

Quindi un’operazione importante che il regista, l’attore e l’operatore hanno è


cercare di comunicare senza l’uso delle parole e lo spettatore deve trovare il modo
di comprendere la loro espressione. L’espressività a cui fanno riferimento risiede
proprio nella cine-semantica che ha in sé l’insieme di espressività mimica che noi
usiamo naturalmente rendendola facilmente comprensibile quando la si riporta nel
film. Il cinema però ha elaborato un proprio sistema linguistico che bisogna
“decifrare”.

Nel film il tempo si costruisce in maniera più articolato rispetto al tempo epico e
quello drammatico. Nel tempo epico infatti si prende in considerazione solo il
tempo dell’azione, e in quello drammatico il tempo dell’azione e quello dello
spettatore che vanno di pari passo. Nel film si dispone di tre tempi: il tempo
dell’azione nel passato, il tempo dell’immagine che si muove nel presente e il
tempo dello spettatore che va in contemporanea con quello dell’immagine.

I modi che il cinema utilizza attraverso lo spazio e il tempo si possono rapportare


anche sul piano fra il reale e l’immaginario, avvalendosi del montaggio.

Il tempo cinematografico ha anche una doppia funzione: il tempo materiale della


pellicola e dell’inquadratura, e quello del film, cioè come il linguaggio
cinematografico crea la sua dimensione temporale.

Per tempo della pellicola ci si riferisce nella distinzione fra lungometraggio,


mediometraggio e cortometraggio, che hanno una durata diversa. La temporalità
dell’inquadratura ha diverse durate:

-la durata assoluta, il tempo che si trova fra i due stacchi di montaggio

-la durata relativa, la differenza fra la durata assoluta e il tempo di lettura


dell’inquadratura, che si rinvia anche a fattori soggettivi.

-la durata relativa insufficiente, in cui le inquadrature non sono riconoscibili nei
suoi elementi.
-la durata relativa sovrabbondante: la durata assoluta dell’inquadratura è
sproporzionata rispetto al tempo di lettura di cui si ha bisogno per decodificarla.

Il cinema ha elaborato quindi delle vere e proprie leggi di collegamento delle


inquadrature. Se in un film si vede una persona prima in un luogo e poi in un
altro, che non è quello precedente, tra le due situazioni deve passare un certo
tempo in cui la persona non deve comparire. Si adottano così tre modalità: si fa
vedere il primo luogo dopo che la persona non c’è o il secondo luogo prima che
arrivi, o altrimenti si utilizza uno “stacco” in cui si svolge una scena altrove dove
la persona non partecipa. Lo stacco era una consuetudine del cinema muto, ma era
necessaria anche una didascalia.

Dall’inizio delle prime operazioni filmiche si creano diversi modi per segnare
spazi collegati fra loro, mostrando il personaggio che guarda in una direzione
fuori campo e staccando su ciò che il personaggio sta osservando. Verso gli anni
Dieci si usò il raccordo di sguardo in cui il personaggio guarda fuori campo ma
dalla seconda inquadratura, capendo ciò che guarda, non è propriamente il punto
di vista del personaggio.

Dopo si iniziò a usare anche il doppio raccordo di sguardo: un personaggio guarda


fuori campo un altro personaggio, che nell’inquadratura di dopo osserva nella
direzione opposta rispetto al primo.

L’emozione nel cinema non si viene a creare tanto da ciò che si rappresenta ma
dai segni con cui si rappresenta.

Nella ‘Camera verde’ Truffaut marca la sua particolare trasposizione. Si può


individuare il conflitto fra l’eterno e il provvisorio in Davenne e Cécilia . Davenne
è convinto di dover rimanere fedele a un unico amore mentre Cécilia è pronta a
voler ricominciare da capo con un altro amore. Davenne si colloca ai margini
della società perché è fedele alla sua unica idea.

Nella scena delle fotografie dei morti con cui nel film Davenne orna la sua
cappella, non si preoccupa della verosimiglianza, né del tempo storico della
diegesi, infatti le persone fotografate sono già scomparse in un periodo storico
precedente o non lo sono ancora.
La scenografia può essere decorativa, se fa da sfondo all’azione, ma anche
drammaturgica narrativa in cui diventa essa stessa personaggio. E produttiva, se
svolge una funzione di metafora.

La semiotica del cinema traccia un distacco fra la narrazione del film che è
mediato dal linguaggio, e l’immagine cinematografica che ha un senso diretto e
instantaneo.

La sceneggiatura è quindi il primo step per l’inizio della creazione del racconto
filmico, che comprende: l’idea drammatica, cioè un racconto in breve l’oggetto
del film; il soggetto che indica sommariamente il protagonista, il luogo, lo spazio
e il tempo e la storia; la scaletta, ossia le varie scene che compongono l’intreccio;
il trattamento, il racconto riformulato in prosa.

Nel cinema classico hollywoodiano si utilizzava il continuity, in cui la


sceneggiatura divideva l’azione in quadrature numerate. Nella fase di
pianificazione lo scenografo si serviva della sceneggiatura per capire il set
necessario da allestire. Ogni numero che era indicato sul ‘ciak’ era uguale a quello
del copione. Tutte le riprese venivano poi coordinare fra di loro.

Lo storyboard ha un ruolo essenziale perché rielabora la sceneggiatura in


immagini, costituendo la definizione dei piani, gli angoli di ripresa.

Se per i film muti erano necessarie le didascalie per capire i film esportati in altri
Paesi, il sonoro aprì diverse difficoltà, come proprio il divario della lingua. Dopo
problemi sulla sincronizzazione fra le parole straniere e il labiale degli attori, o il
rifiuto dei sottotitoli dal pubblico, si ritenne indispensabile girare i film in più
versioni, ognuna per ogni lingua. Ma molto rapidamente questa idea non portò a
una soluzione efficace. Più tardi, nel 1931, il mixaggio si era perfezionato e
l’introduzione del suono ispirò anche altre nazioni oltre agli Stati Uniti.
Capitolo terzo

Il cinema surrealista si distingue per le sue scene di forte impatto emotivo per il
suo scopo principale di svincolarsi dalla realtà e rappresentare il mondo onirico.
Si afferma a Parigi negli anni ’20 durante il periodo del muto, e si riaggancia agli
studi di psicanalisi di Freud. La sua nascita è segnata oltre che dal ‘Manifesto
surrealista’ (1924), dalla prima opera di Soupault e Breton, ‘Les Champs
Magnétiques.

Il termine ‘Surrealismo’ fu adottato da Apollinaire per ‘Il balletto di Diaghilev’ di


Parade e per il suo dramma ‘Les Mamelles de Tirésias’. Successivamente volle
significare “realtà superiore”. Breton lo ritenne come “automatismo psichico
puro”, ad indicare come il modo di esprimersi del Surrealismo è il reale
funzionamento del pensiero.

Viene creato a favore sia degli artisti dadaisti che da quelli surrealisti, uniti
dall’aspirazione di voler creare combinazioni insolite. Gli artisti più influenti di
questo movimento furono grandi pittori, come Joan Mirò, René Magritte, Max
Ernst, Paul Klee, Salvador Dalì.

Walter Benjamin individuò nei movimenti irregolari della macchina da presa una
somiglianza con la struttura dell’inconscio.

Anche se nei libri di storia del cinema e dai critici del cinema è poco discusso, il
surrealismo fu il primo movimento letterario e artistico ad essere associato al
cinema. Il suo successo sta soprattutto nel suo trasporto irrazionale.

Viene da pensare che il tema fondamentale sia quello psicologico, ma


coinvolgendo lo spettatore in atmosfere sognanti, tratta temi anche politici e sulla
modernità.

Certamente era un valido avversario del teatro a creare illusioni, se non più
efficaci grazie alla maestria degli strumenti cinematografici. Così il film
surrealista crea un valido gemello del reale sogno, i nostri occhi sono svegli e
osservano come se fossero chiusi mentre sogniamo nella realtà.
Il primo film fu ‘The coquille and the Clergyman’ del 1928, diretto da Germaine
Dulac e con la sceneggiatura di Antonin Artaud. Le tecniche proprie del
surrealismo sono dovute a questo primo film, come lo split-screen di un poliziotto
che appare con il viso diviso a metà. Ci furono diverse critiche e diverse
osservazioni, in quanto non aveva un significato di fondo. Alcuni ritennero che si
rifacesse all’espressionismo tedesco.

Percorrendo la logica del sogno le storie si rifacevano alle allusioni sessuali e


generalmente anomale. Man Ray realizza ‘Emak Bakia’, e usando magistralmente
la fotografia evoca la condizione mentale di una donna.

Il film ‘Un chien andalou’ di Bunuel, con l’aiuto di Salvador Dalì, racconta sogni
basati su di loro. Il protagonista prova un’intensa passione verso una donna da
renderlo matto e i suoi innumerevole tentativi lo conducono al fallimento. I suoi
intenti si associano alle pulsioni di morte. Compaiono animali e oggetti che non
hanno riferimenti oggettivi con la storia, risaltando la critica verso le opere
d’avanguardia coeve. La linea narrativa viene totalmente eliminata per ogni
materia irrazionale.

Questa apparente discontinuità logica fra la narratività e riferimenti visivi fra


trapelare proprio il linguaggio poetico del cinema surrealista che lo
contraddistingue. Il film presenta personaggi imprecisi in un tempo a sua volta
indefinito, che si trovano in ambienti vaghi. Questi espedienti non servono solo a
tracciare il genere, ma erano indirizzate anche contro la società borghese proprio
per i temi scandolosi a quell’epoca, come la pazzia e le pulsioni umane. Il
movimento surrealista riteneva infatti che proprio il razionalismo era il principale
colpevole per aver generato disagi nella società che si stava vivendo in quel
periodo. Il movimento si venne a creare proprio fra la prima e la seconda guerra
mondiale. Non vuole però avere una posizione solo critica rispetto alla vita
cosciente e alla società ma bensì fungere da ponte fra la dimensione conscia e
quella inconscia. In questo modo si viene a creare proprio quella surrealtà che è
uno dei principali compiti che si vuole trasportare nei film surrealisti. Questo
interesse dallo svincolarsi dalla realtà nasce anche dal fatto che fino a quel
momento l’arte inglobata da regole imposte dalla politica del tempo, in modo da
evitare eventuali rivoluzioni in Europa. Tuttavia obiettivo di questa poetica era al
solo fine artistico e per lo scopo di far entrare le persone nella sua sfera
psicologica e spirituale, come riflesso del loro mondo interiore, restando tutt’ora
come modello per scrittori, artisti e registi per composizioni riflessive.

Se si vuole dare un’interpretazione al film può essere quella degli ostacoli che
emergono attraverso le pulsioni erotiche, a causa della società spagnola degli anni
’20 molto soffocante. Ma soprattutto sono ostacoli generati dal Super-Io, ossia i
modelli di riferimento accumulati sin dalla nascita che orienta le nostre scelte. I
personaggi così si abbandonano per poi ricercarsi in un vortice di pazzia e di forti
sentimenti.

In ‘Viridiana’ (1961), un film davvero peccaminoso per la società spagnola sotto


il regime franchista in quanto il personaggio di Don Jaime stupra sua nipote
Viridiana.

Ne ‘L’angelo sterminatore’ la descrizione della borghesia è più accentuata. Una


borghesia ormai caduta, che si dedica solo ai piaceri carnali. I personaggi sono
intrappolati in una casa, ma potranno uscire solo se ritornano alle loro precedenti
posizioni di quando è iniziata la cena. Il simboleggiare un ritorno al tempo iniziale
può sembrare una soluzione ma non dal punto di vista metaforico, come se la vita
borghese non possa uscire dal loro solito tempo che vive, fra eccessi, inganni e
squallore.

Questo modo di far trascendere le riflessioni o immagini forti con l’interiorità di


chi legge o di chi osserva non sempre sono state accolte con grande semplicità,
generando conflitto nel lettore e nello spettatore.

L’aspetto moderno del cinema di Bunuel sta nei suoi esperimenti narrativi. Fa uso
di ripetizioni e digressioni, passando dalla realtà all’immaginazione. In ‘Il fascino
discreto della borghesia’ presenta scene interrotte a causa dei sogni dei personaggi
che interrompono un possibile risvolto narrativo.

Esattamente come nel sogno, il surrealismo cinematografico vuole dilatare i tempi


o accelerarli, astrarre lo spazio, capovolgere il senso della realtà. Il sogno quindi
può significare uno spazio non conforme alla realtà o uno spazio che non ha
proprietà reali, appunto surreali in cui ogni logica di ciò che possiamo considerare
reale cade per far posto alla dimensione non tangibile per l’essere umano ma
tangibile per la sua mente.

Il montaggio seguita l’interruzione della continuità narrativa, richiamando la


consapevolezza dello spettatore di un ruolo non più passivo sulla tecnica del
montaggio.

Il punto di vista che adottano i surrealisti è quindi quello dello spettatore, come se
un loro sogno riflesso nello schermo istantaneamente narra una storia.

Principalmente l’amor fou è uno dei temi che ha fatto scalpore fra la gente, perché
l’amore è visto con atteggiamenti che vanno al di fuori del solo sentimento, un
amore fuori dal comune ed eccessivo che si scontra con la sfera morale. A
trasportarlo in un film è “L’age d’or” in cui collaborano Dalì e Bunuel. Rispetto
ad ‘Un chien andalou’ c’è una linearità narrativa. L’intenso sentimento fra due
amanti viene attaccata dai tabù della società e della famiglia. Questa storia,
esplicitamente una critica alla reale società, viene giudicata come offensiva dagli
esponenti antisemiti tant’è che in Francia fu proibita la sua proiezione fino al
1950.

In ‘Las Hurdes – Terre sans pain’ Bunuel da un occhio più ravvicinato alla società
spagnola, quella di Las Hurdes, in forma documentaristica, contemplando una
regione contadina povera. Non si può certo affermare che il film sia surreale,
perché il regista prende una piega esplicitamente surreale, ma sicuramente sarà un
elemento significativo per i suoi successivi lavori. Si rifà al surrealismo per il
documentare i problemi che osserva.

Il cinema surrealista svolge due funzioni nello spettatore: un modo per evadere
dalla realtà per esplorare le mete più nascoste della dimensione onirica e una
critica in quanto ci mostra la differenza del controllo razionale della vita conscia
da quella della veglia.

La poetica surrealista mira così più al contenuto che alla forma, in modo da far
risaltare l’aspetto autentico dell’azione e del pensiero. Così si sottoscrive un
ulteriore critica alla società, sempre più orientata all’aspetto puramente formale, e
un rifiuto anche all’arte stessa perché consapevolmente la tecnica va a situarsi in
un secondo piano. Come possono infatti essere trasportati le pulsioni più intime
dell’animo umano se non si prelevano dalla loro forma. In parole semplici, in un
film surrealista non ci si aspetta un dialogo semplice e normale che possa avvenire
nella quotidianità, come una conversazione fra due innamorati. In un sogno invece
diversi particolari possono offuscare e distorcere una situazione apparentemente
normale. Bunuel infatti scrive che quando incontrò Dalì a Figueras, raccontò al
pittore di aver sognato una nuvola che tagliava con una lama la luna e lui a sua
volta gli raccontò il suo sogno di tenere per mano tante formiche. Proprio da
quell’unione di sogni si venne a creare ‘Un chien andalou’.

La poetica surrealista in Italia va contro con la stessa lingua proprio perché è


determinate il suo automatismo della parola, non sposandosi molto bene con le
strette regole grammaticali della lingua italiana. Fra chi cercava di oscurare il
surrealismo è Umberto Eco considerandolo un modo per fare romanzi di
fantascienza.

Non mancano opposizioni nettamente politiche come quelle di Fortini sostenendo


che la sinistra rivoluzionaria doveva schierarsi con ciò che veniva presentato dal
surrealismo, proponendo progetti culturali contrastanti. Fortini quindi crede che il
progetto di Breton che si vuole svincolare dalle visioni chiuse ed elitarie della
società, inconsapevolmente ripercorre quel mondo dove la cultura è massificata.

Spatola sosteneva fermamente il surrealismo perché la poesia nasce


principalmente dallo scopo di far avvertire nell’animo umano le sensazioni più
profonde. Questo nuovo sistema stravolge ancora di più perché non ci si affida più
a una struttura poetica preimpostata per poi “conquistare” il sentimento che si
vuole comunicare, ma l’irregolarità delle parole che vogliono unire il vero e il
sogno è l’ulteriore spinta verso il più profondo sentire dell’uomo.

Questa apparente non curanza di un uso premeditato della tecnica poetica e


proprio l’altro compito che il surrealismo svolge nel campo politico. Spatola nella
‘Proposta per un manifesto politico’ (1965) spiega che l’assurdità del surrealismo
può proporre l’ulteriore anormalità che la quotidianità vive. Così la nuova poetica
opera per una rivoluzione sia letteraria che politica.
La scrittura, consiglia Breton, è affidata al primo e naturale impulso dal più
nascosto luogo dell’animo.

Si ricordano importanti autori del romanzo nero, come Lewis, Maturin,


Hoffmann, che si affidano alla “magia” surrealista per risaltare quegli aspetti
misteriosi della storia. Non manca di certo l’humor nero, il quale la sua ricerca
avviene insieme a quella del meraviglioso, condotta da Swift, Cros e Nouveau.

Artaud, Péret, Masson, Vitrac si focalizzano sulla libertà totale dell’individuo.


Libero da ogni aspetto, sia letterario, lontano dal classicismo, sia religioso,
respingendo il cattolicesimo, sia politico, a sfavore del nazionalismo.

La politica diviene per un momento una forza, per Breton e Aragon che,
sostenendo il comunismo, formulando una poesia decisa e ferma contro il nazismo
tedesco.

La poetica surrealista non viaggiava a vuoto ma seguiva certe tecniche innovative.


Esisteva ad esempio il ‘cadavre exquis’: più artisti collaborano nello stesso lavoro.
Ogni partecipante scrive una parte di una poesia e chi doveva scrivere dopo
doveva attenersi solo alla parola finale scritta dall’artista successivo.

Verso gli anni ’50 uno dei nomi più influenti di questo genere fu senza dubbio
Hitchcock che con ‘Io ti salverò’ riflette il tema della colpa. La storia così si
incentra su come la psicanalisi può risolvere i conflitti interiori, in questo caso
l’amnesia che subisce il dottor Antonio Edwardes, con l’aiuto della dottoressa
Costanza.

Il cinema surrealista si avvale della tecnica del stop-motion, che catturando ogni
singolo fotogramma, crea un’illusione nel movimento creando una suggestione
ipnotica. Si può trovare nelle opere di Jan Svankmajer per creare atmosfere
paurose. In ‘Meat Love’ il cibo prende vita venendo così a creare un
cortometraggio grottesco culinario. Si può così notare come il regista vuole
affrontare il tema del consumo.

Man Ray in ‘L’etoile de mer’ fece uso dello split-screen per incastonare le
immagini di una stella marina, di un vaso e di una ruota, richiamando l’arte
surrealista che era solita intersecare diversi elementi del tutto scollegati fra loro e
irreali.

Il tema dell’incomunicabilità viene trasportato in ‘Dimensions of Dialogue’. I


discorsi possono piacevoli ma anche seccanti, come fra due teste di argilla.

In ‘Oscurità, Luce, Oscurità’ sono gli organi umani a essere viventi. In una stanza
ognuno vive una vita propria, per poi essere riappacificati in modi buffi
assorbendo lo spazio che li ospita. L’essere di questi organi ritorna in una
situazione piuttosto bizzarra. Il tema che vuole comunicare è quello dell’eternità
del tempo di un’anima che non trova il suo posto ideale, in un corpo deforme,
proprio come vuole significare la scultura di Michelangelo ‘Ragazzo
accovacciato’

Una piccola stanza che vede l’ingresso, uno dopo l’altro, di tutti gli organi del
corpo umano in un atto di assemblamento inevitabile che di minuto in minuto
risucchia lo spazio a favore della forma. Durante l’assemblamento l’abile
artigiano del cinema si diverte a mischiare fra di loro figure che dispongono di
vita propria, come una lingua che cammina e un cervello che muove i suoi due
emisferi come veri e propri arti, non manca poi dell’ironia durante l’ingresso dei
genitali. Oscurità, luce, oscurità, il titolo, ed è proprio nel buio che inizia
questo rendez-vous fra vecchi amici, per poi terminare con una comunione che da
senso ai singoli solo in quanto gruppo e in quanto unica entità, un senso che non
ha più bisogno di luce e ricerca, ma che fine a sé stesso può tornare nell’oblio.
Nella sua integrità l’essere non dispone più di nessuno spazio vitale e ricorda
proprio il Ragazzo accovacciato (1524) scultura di Michelangelo che fra i suoi
significati annoverava quella di anima destinata a non trovare la propria
collocazione per l’eternità. Questo potrebbe essere uno spunto interessante per
dare un significato all’uomo di Švankmajer costretto a passare un tempo
indefinito (forse l’eternità) accovacciato all’interno di una stanza buia senza
alcuna possibilità di movimento, senza alcuna possibilità di tornare libero nella
sua scomposizione e senza poter più far pulsare ogni suo singolo organo, ma
costretto ad una collaborazione collettiva per poter vivere un’esistenza buia.
La scrittura automatica si costruiva a partire dall’opera del collage. Nel senso che
i surrealisti per avere giuste impressioni si recavano da una sala del cinema a
un’altra per collegare ed essere ispirati da immagini prese un po’ da una parte e un
po’ da un’altra e realizzando un personale trasporto emozionale.

Il surrealismo quindi non è stata una scuola, ma un modo di guardare la vita e il


cinema, in quanto nasce soprattutto come un pensiero filosofico. Questa
concezione troppo astratta, seppur guardata in maniera nuova e positiva, non aiutò
una concreta e duratura produzione. ‘Le coquille et le clergyman’ scritto da
Artaud e diretto da Dulac segna proprio questa barriera, fra il momento dell’idea
che sboccia al momento del montaggio, un’operazione di per sé borghese in
quanto la tecnica delinea linee che non possono uscire da un modo di agire
contrariamente al pensiero surreale che tenta proprio di uscire da barriere pre-
inquadrate.

Si antepongono così Kyorou Ado e Alain e Odette Virmaux. Il primo sostiene che
il cinema è proprio da considerarsi come l’essenza dell’esperienza surrealista, gli
ultimi invece credono che il surrealismo tocca il suo punto più alto nella teoria e
nei suoi scritti.

Ad ogni modo, quando il film è nella fase della sua realizzazione, perde il suo
contenuto puramente surrealistico per asservire l’arte cinematografica per l’arte.

David Lynch in “Blue Rose” descrive la vita provinciale americana in


un’ambientazione postindustriale, in un’atmosfera sognante attraverso il contrasto
di luce e ombra e tende rosse che non rendono preciso il tempo in cui la vicenda
viene narrata. Le donne che vengono collocate sono rappresentate come delle
femme fatale o donne in crisi esistenziale.

In ‘Elephant man’ stabilisce un accordo con il pubblico per identificarsi con


l’angoscia di un ribelle che desiderati però avere un riscatto sociale.

Certo Lynch preferisce atmosfere oniriche e ambienti fantastici, ma ci si può


allontanare anche da ambienti reali per percepirne diversi, come Hollywood.
‘Mulholland Drive’ riflette sullo sdoppiamento di personalità.
David Lynch si ritiene un sound man, seguendo ogni fase della progettazione
delle sonorità, per raggiungere il feel, cioè l’insieme di ogni elemento sensoriale.
Questa accuratezza sul sonoro lo si può trovare in ‘Mulholland Drive’, dove
riflette nuovamente l’ambiente di Hollywood, in cui persino il silenzio viene
percepito, creando sensazioni a volte di disagio a volte di pericolo, accentuare da
brani jazz.

Un uso molto importante che il cinema surrealista pratica è il simbolismo.


Jodorowsky si avvale del linguaggio dei simboli per la sua psicomagico,
attraversando diversi atti. L’atto poetico, creando una diversa realtà dando stimoli
positivi. L’atto teatrale, che segue i precedente ma con una struttura. L’atto
onirico, che porta a vivere i sogni nella fase di veglia in modo da capire i simboli
dei messaggi che vogliono trasmettere i sogni. L’atto magico, che interloquisce
con l’inconscio e infine l’atto psicomagico che risolve il problema dell’atto
onirico.

Con ‘La montagna sacra’ il regista immerge lo spettatore nel proprio mondo,
attraverso filosofie mistiche e immagini simboliche.

Nel cinema il Surrealismo trova il perfetto modo per esprimere tutta la sua
efficacia, poiché i mezzi filmici sono tutti correlati con gli obiettivi del
Surrealismo, ossia il silenzio, il buio della sala, la luce che abbaglia l’oscurità fra
una scena e un’altra che crea offuscamento e disorientamento.

Il Surrealismo influenza registi neorealisti, come Fellini, che attraverso i suoi


ricordi autobiografici, li filtra con stili surreali attraverso la malinconia e la sua
impronta satirica.

Ken Russell riporta nel cinema il romanzo di fantascienza di Paddy Chaefsky


“Altre ipostasi”. La storia è basata sugli studi di John S. Lilly sugli stati che
possono causare le droghe psicoattive in delle vasche singole.

Il Surrealismo non è estraneo alle donne, che contribuiscono all’importanza del


movimento con tematiche a loro più personali ma di egual misura alle altre, ossia
il ruolo oppressivo che la società del tempo impone alla donna, che rinnega la sua
libertà. Il cortometraggio “Meshes of the Afternoon” di Maya Deren. La
dimensione onirica affronta il tema del suicidio, attraverso l’uso di simboli, come
la chiave che si trasforma in coltello, o lo specchio al posto del volto che la donna
sogna di rincorrere, un’allusione alle imposizioni della società.

Fantastic Planet di René Laloux narra di una razza aliena che ha un rapporto con
l’uomo esattamente alla pari come quello con gli animali. L’immagine che crea
Topor è l’elemento più suggestivo del film che si sposa perfettamente con la
musica psichedelica.

Spesso la musica è proprio il soggetto da cui i film surrealisti attingono. Alan


Parker gira un’opera rock, omaggiando ‘The Wall’ dei Pink Floyd. Le immagini
animate traducono la musica del gruppo rock, connettendosi sia con le proprie
emozioni che con le proprie riflessioni sulla vita.

‘Enter de Void’ di Gaspar Noè. Il regista utilizza le sue vere esperienze


psichedeliche, raccontando il passaggio fra la vita e la morte attraverso strumenti
audiovisivi.

In ‘House’ di Nobuhiko Obayashi si può trovare un insieme di elementi presi dai


drammi romantici, dal grottesco, dal fantastico e dalla commedia, collegando il
tutto per un film horror di grande impatto

“2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick coniuga fantascienza e poesia


per viaggiare ai confini dell’uomo e della vita, del tempo e dello spazio.

Il digitale ha saputo fare esperimenti ben congeniati, come ‘Inception’ di


Cristopher Nolan, in cui il protagonista è un agente dei sogni. Saranno proprio
questi a fargli condurre una missione per riportarlo alla sua famiglia.

Oltre che influenze dadaiste, per il modo in cui si vuole comunicare una nuovo
modo di vedere la realtà a favore della pure creazione artistica, per una protesta
contro tutte le oppressioni che intralciavano l’arte esplorativa, il surrealismo
affonda le sue radici anche nel Decadentismo, come in Baudelaire, per il modo in
cui viene raffigurata la carnalità dell’uomo, i suoi vizi, che portano in maniera
ancora più cruenta la sua morte.
Fu dedicato molto spazio sul versante teorico proprio perché rappresentava una
nuova conoscenza che doveva essere divulgata. Vennero così fondate le riviste
‘La Révolution surrealiste’ e il ‘Bureau des recherches surréalites’ nel 1924 e
attraverso argomenti che spaziano la politica, antropologia oltre che cinema,
letteratura e pittura il Surrealismo vuole così dare la sua impronta
multidisciplinare.

Il secondo manifesto del Surrealismo fu proprio indirizzato ad essere un appello di


rivolta sociale e politica, pubblicato da Breton nel 1930.

Il Surrealismo ci fa molto riflettere. E’ davvero reale ciò che crediamo che lo sia?
E’ possibile attraverso suggestioni allucinatorie trovare l’essenza di una verità?
Sappiamo solo che appena siamo di fronte a un film, ma anche a un quadro
surrealista, dobbiamo andare contro le nostre stesse convinzioni.
Conclusioni
Bibliografia

-Kristin Thompson, David Bordwell, a cura di E. Mosconi e D. Bruni, 2010,


Storia del cinema, un’introduzione, McGraw-Hill Education, Milano.

-D. Dorfles, E.Princi, G.Pieranti, A.Vettese, 2017, Capire l’arte 3, Atlas,


Bergamo.

-R. Cavalluzzi, 2000, Cinema e Letteratura, B. A. Graphis, Bari.

-S. Cortellazzo, D. Tomasi, 1998, Letteratura e Cinema, GLF editori Laterza,


Bari.

-G. P. Brunetta, 1976, Letteratura e Cinema, Zanichelli, Bologna

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