Carile-Posto A Tavola e Gerarchia Delle Portate
Carile-Posto A Tavola e Gerarchia Delle Portate
ANTONIO CARILE
Alla corte romano-orientale gli aspetti simbolici dell’ordine sacrale dell’impero e della
trascendenza del potere imperiale1 prevalgono su ogni altro interesse circa l’etichetta del banchetto,
le portate e le qualità dei cibi. I banchetti, cioè pranzi di gala con invitati, erano rari e comunque
riservati all’alta gerarchia e alla corte2. Non conosciamo la frequenza dei banchetti presso
poteva oscillare da uno al mese a uno all’anno3. Siamo meglio informati sui banchetti cletòria che si
Gli invitati, che comprendono ogni giorno 12 indigenti fatti distendere nella nona tavola a sinistra
dell’imperatore, vanno dai 168 del giorno di Natale, ai 204 di tutti gli altri giorni, tranne 216
ecclesiastici al sesto e al dodicesimo giorno. I dodici invitati alla tavola dell’imperatore, a parte gli
ecclesiastici del sesto e del dodicesimo giorno, appartengono ai livelli più alti della gerarchia aulica
di diciotto gradi: magistroi (XIV grado), anthypatoi (XIII grado), patrikioi (XII grado)
(specialmente fra i patrikioi quelli insigniti della funzione di strateghi), con due posti riservati a vari
ufficiali militari di corte. Tutti vengono avvicendati secondo il loro grado di giorno in giorno.
1
A. CARILE, Il potere imperiale: imperatore e corte da Giustiniano ai Macedoni, in LXII Settimana Internazionale di
Studio della Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, “Le corti nell’Alto Medioevo”, Spoleto 24-29
aprile 2014, Spoleto 2015, pp.25-96, 2 ill.
2
Gli studi sulla alimentazione bizantina sono ancora carenti sotto il profilo della edizione dei testi dietologici e della
definizione delle possibilità alimentari negli ambiti territoriali molto diversificati. Ancora valide le indicazioni di ricerca
suggerite da E. KISSLINGER, L’alimentazione a Bisanzio, in Rivista di Bizantinistica (Rivista di Studi Bizantini e Slavi
VI), 1,1(1991), pp. 63-72. cfr. D. PAPANICOLA - BAKIRTZIS (ed.), Buzantinwvn Diatrofhv kai Mageireivai, Praktikav
hmerivdaς periv thς diatrofhvς sto Buzavntio, Thessalonike 2005; I. ANAGNOSTAKIS, Buzantinovς oinikovς politismovς
to paravdeigma thς Biqunivaς, Athenai 2008. A. DALBY, Tastes of Byzantium. The cuisine of a legendary Empire,
London New York 2003, 20102, purtroppo difettoso sotto il profilo filologico-testuale poiché offre traduzioni di testi
dietologici indebitamente fuse senza una chiara definizione dei luoghi di estrazione. Rimane insuperato per ora PH.
KOUKOULÈS, Buzantinwn bivoς kai; politismovς, 5, Athenai 1952, pp. 9-135, cui si rifanno gli storici posteriori, anche
se la ricerca di continuità dal medioevo all’età contemporanea è interessante sotto il profilo folklorico ma lascia
perplessi circa le scansioni cronologiche.
3
CECAUMENI Strategikòn, 110.
1
L’imperatore con il suo cerimoniale del cletorion coinvolge quanti più membri della gerarchia è
possibile, per alimentare il senso di coesione gerarchica e l’orgoglio di appartenenza ad una élite 4. Il
banchetto è contornato da musiche, canti e balli5 (eseguiti da uomini e anche da dignitari), segna
persino la presenza di un buffone che deve far ridere l’imperatore con le sue deformità fisiche e le
sue spiritosaggini. Ogni volta che i voukalioi6, cioè i cantori, smettono di cantare le lodi
dell’imperatore (basilivkia), i commensali brindano alla salute dell’imperatore nei loro chalìntzia7,
Nel bios di santo Stefano iuniore, Costantino V, l’esecrato imperatore della memoria ortodossa,
viene rimproverato di celebrare la festa dei Broumalia, che durava dal 24 novembre al 17 dicembre,
per tanti giorni quante sono le lettere dell’alfabeto, cioè ventiquattro, quando si festeggiavano le
persone con la lettera iniziale del nome corrispondente al giorno. Costantino di primo mattino
stazionava sotto il portico delle Scole al suono delle cetre, con bevute e con i canti in onore di
Dioniso e di Brumos9, che era stato in realtà nel passato pagano un appellativo di Dioniso Bromios.
Il giorno con lettera iniziale del nome della imperatrice i banchetti erano due, uno al giorno e uno
alla sera. I banchetti comportavano un dono finale dell’imperatore che variava dal nomisma per i
4
Ho già rilevato questa finalità sociale in varie cerimonie imperiale in A. CARILE, La funzione cerimoniale dei
dittici eburnei a Bisanzio, in “Orpheus. Rivista di Umanità Classica e Cristiana”, 2008-2009, n.s. XXIX-XXX, Acireale
Roma 2011, pp. 93-110. ID., Il percorso e l’ordine delle processioni domenicali a Santa Sofia dell’imperatore bizantino
nel X secolo, in Multa et Varia. Studi offerti a Maria Marcella Ferraccioli e Gianfranco Giraudo, a cura di FLORINA
CRET CIURE, VIVIANA NOSILIA, ADRIANO PAVAN I, Milano 2012, 187-216.
5
A. CARILE, Le cerimonie musicali alla corte di Bisanzio, in Il piacere del testo. Saggi e studi per Albano Biondi, a
cura di A. PROSPERI, I-II, Roma 2001, pp. 779-811. A. LIVERI, Der Tanz in der mittel und spätbyzantinischen Kunst, in
Wiener Byzantinistik und Neogräzistik, Beiträge zum Symposium Vierzig Jahre Institut für Byzantinistik und
Neogräzistik der Universität Wien in Gedenken an Herbert Hunger, (Wien, 4-7 Dezember 2002), Herausgegeben von
W. HOERANDNER J. KODER M. A. STASSINOPOULOU, Wien 2004, pp. 287-298.
6
KOUKOULES, op. cit. (nota 2), pp. 196-197.
7
KOUKOULES, op. cit. (nota 2) p. 156.
8
S. ORIGONE, Il pregio e la rarità dell’esotismo. Le gemme d’oriente e il mondo mercantile, in Polidoro. Studi offerti
ad Antonio Carile, A cura di G. VESPIGNANI, II, Spoleto 2013, pp. 577-596.
9
La vie d’Etienne le Jeune par Etienne le Diacre, Introduction, édition et traduction par M.F. AUZÉPY, Variorum 1997,
63, pp. 164-165 e traduzione pp. 262-263; 66, p. 167 e traduzione p.266.
10
KOUKOULES, op. cit. (nota 2), pp. 200-201.
2
Ma nel XV secolo i banchetti imperiali con inviti erano ridotti a soli cinque all’anno 11 e il
cerimoniale seguito e descritto minuziosamente quanto alle acclamazioni e al vestiario non può
applicarsi ai secoli anteriori12. Basti pensare che nel XV secolo al podestà dei Genovesi viene
offerta una corona di pane kolivkion13 e viene dimesso dalla sala del banchetto14.
comparivano15. La novella 117 cap. viii, 4 del 542 di Giustiniano consentiva il divorzio al marito la
cui moglie avesse partecipato ad un banchetto con uomini estranei senza la espressa volontà del
marito16. In occasione del ricevimento della gran principessa di Kiev Olga nel 957 le donne
imperiali con i figli imberbi ricevettero la archontissa Rosias nel triclinio di Giustiniano Rinotmeta
(edificato nel 694) mentre l’imperatore Costantino VII Porfirogenito convitava nel triclinio del XIX
letti gli uomini del seguito, cioè gli ambasciatori, i parenti maschi di Olga e i grandi mercanti russi
Olga un piatto gemmato con 500 miliaresia (cioè in tutto nomismata 41 e 8 miliaresia), oltre ai
matrimonio, che ad un banchetto aristocratico si sarebbe distesa sul letto tricliniare al posto d’onore,
è proposta da Procopio in un contesto talmente diffamatorio che non può essere presa in
considerazione19.
11
J. VERPEAUX, Pseudo-Kodinos, Traité des offices, Paris 1976, p. 219, rr.27-31, p. 220, rr.1-7. Pseudo-Kodinos and
the Constantinopolitan Court: Offices and Ceremonies, R. MACRIDES J.A. MUNITZ D. ANGELOV, Ashgate 2013, pp.
166-167.
12
VERPEAUX, Pseudo-Kodinos, cit. (nota 19), pp. 207-223. Pseudo-Kodinos and the Constantinopolitan Court, cit.
(nota 19), pp. 150-171.
13
KOUKOULES, op. cit. (nota 2), 5, p.24.
14
VERPEAUX, Pseudo-Kodinos, cit. (nota 19), p. 209, rr. 5-7. Pseudo-Kodinos and the Constantinopolitan Court, cit.
(nota 19), pp.152-153.
15
Vita di san Filarete il misericordioso, 138.KOUKOULES, op. cit. (nota 2), pp. 169-170 .
16
Si cum viris nolente marito extraneis convivit aut cum eis lavatur. KOUKOULES, op. cit. (nota 2), p. 170.
17
KOUKOULES, op. cit. (nota 2), p. 170. K. DIETERICH, Hofleben in Byzanz, Augsgburg 1978, pp. 93-96. O. KRESTEN,
“Staatsempfänge” in Kaiserpalast von Konstantinopel um die Mitte des 10. Jahrhunderts. Beobachtungen zu Kapitel II
15 des sogenannten “Zeremonienbuches”, Wien 2000, p. 34-37. Il saggio è una ampia disamina della data effettiva del
ricevimento di Olga se nel 948 o nel 957.
1838
De caer. II, 345.
19
Anecdota 9, 17-19, p. 59, 13-23 (HAURY WIRTH).
3
C’erano tre pasti nella dieta aristocratica:
il progeuma, colazione al mattino, che Costantino VII Porfirogenito denomina krama, di solito
veniva denominato per eccellenza ariston20. Circa la frequenza dei banchetti Cecaumeno nell’XI
secolo sembra fissare due estremi: una volta al mese o una volta all’anno. I banchetti di corte
vengono di solito presentati nelle fonti come particolarmente ricchi di cibi e di vini, anche se non si
entra nel dettaglio delle sequenze delle portate ad eccezione egli antipasti e del dessert il doulkion.
Ma non mancavano considerazioni scherzose di convitati circa la “fame d’argento” cioè piatti
d’argento ma con porzioni scarse.21 Perciò spesso all’atto degli inviti si promettevano cibi scelti e
abbondanti22.
Nel palazzo imperiale la cura delle tavole veniva sovrintesa dal papias. Nei palazzi
dell’aristocrazia, la padrona di casa faceva lavare la tavola e la faceva ricoprire con una tovaglia
mensalion più o meno ricco23. Venivano disposte delle salviette mandylia (termine sopravvissuto a
Ravenna fino a pochi anni fa nel termine “e mandìl”) e si aggiungevano ciotole per detergersi le
mani, che toccavano direttamente alcune parti del cibo, anche se si disponeva di cucchiai 24,
forchette e coltelli, che ci sono pervenuti in vari materiali, dal legno, all’argento e all’oro. Le ciotole
d’argento o d’oro (nipteria) venivano riempite di acqua calda versata da una cucuma alla fine del
banchetto25.
20
Ph. Koukoulès, in Epeterìs Byzantinòn Spoudòn, 1932, pp. 97-99. Mi chiedo se i ferraresi nel 1432 non abbiano
confuso àriston (pranzo di mezzogiorno) con àrista cioè ottimo conferendo tale appellativo ad una bistecca di maiale.
Cfr. F. CARDINI,
21
Anthologia Palatina, XI 313 p. 607: “Uno invitatomi a pranzo con fame d’argento m’uccise/ presentandomi piatti da
digiuno./ Io, nella fame lucente d’argento gridai:/ “A me la grascia in piatti di terraglia!”.
22
KOUKOULES, op. cit. (nota 2), p. 186.
23
Eustazio di Tessalonica, Opuscula, PG 136, 664D, D.C.H ESSELING, Essai sur la civilisation byzantine, Paris
1907, p. 247. KOUKOULES, op. cit. (nota 2), p. 146.
24
Si vedano i cucchiai di vario materiale, anche di osso, nella collezione Tsolozides, Sulloghv Gewrgivou Tsolozivdh.
To Buzavntion me th mavtia enov sullevkth, Aqhvna 2001, pp. 43-44, nn. 59-61.
25
Sulla varietà delle stoviglie e sull’apparato delle tavole signorili e sulla denominazione dei pasti, variabili nei secoli e
nelle regioni, si vedano le insuperate dettagliate ricerche linguistiche e tipologiche di P H. KOUKOULES, Buzantinwn
bivoς kai; politismovς, 5, Athenai 1952, pp. 136-165. Sull’uso di sapone e acqua calda, con successiva aspersione delle
mani con una lozione dopo il pasto aristocratico cfr. KOUKOULES, op. cit., p. 182-185. Sui chalintzia cfr. J. F. HALDON,
Constantine Porphyrogenitus Three Treatises on Imperial Military Expeditions, Wien 1990, C 217 p. 108 e nota p. 213.
4
Fino al secolo X si mantenne l’uso nelle case signorili di stendersi su di un letto conviviale attorno
ad un tavolo rotondo oppure a sigma; l’uso si mantenne poi solo in alcuni pranzi solenni a corte. Il
posto d’onore era a sinistra dell’anfitrione. Prima di mettersi a tavola i convitati si toglievano le
calzature usate per strada e ne calzavano altre pulite. Nell’ottobre 1107 all’avviso della notizia dello
sbarco normanno in Epiro, l’imperatore Alessio Comneno si stava slacciando le stringhe delle
calzature per recarsi a pranzo: “Intanto mettiamoci a tavola”26. Nei banchetti di corte che si
tenevano nel triclinio dei XIX letti, si disponevano 12 convitati per ciascun letto tricliniare in rigido
I convitati recitavano in primo luogo una preghiera quindi vuotavano un calice di vino speziato alla
salute dell’anfitrione.27
Nelle case aristocratiche nei pranzi solenni si usavano alcune portate minsoi: antipasti ta prodorpia,
arrosti to optiminson, pesci variamente cucinati, e dessert doulkion, consistente in frutta e dolci28.
Ma le nostre fonti nulla ci dicono circa l’ordine delle portate, a parte gli antipasti e il dessert il
doulkion. Perciò bisogna rivolgersi ad altre testimonianze, per apprezzare le quali bisogna tener
conto dei livelli alimentari dei vari strati della popolazione. Circa i banchetti di corte il Cletorologio
informano puntigliosamente sull’ordine di precedenza dei dignitari e degli invitati e sui saloni in cui
si svolgono; ma nulla ci dicono dei cibi e del loro ordine sulla tavola ad eccezione degli antipasti e
del dessert. All’imperatore viene ad ogni portata presentato il piatto con il cibo. Ma il resto dei
convitati debbono servirsi dal piatto di portata. Perciò per avere un’idea dei cibi presentati in tavola
dobbiamo ispirarci ai calendari nutrizionali che danno prescrizioni accurate per ciascun mese
26
ANNA COMNENA, Alexias, XII, 9, 7 , III, 85.
27
Tutte le fonti sono state citate da KOUKOULES, op. cit. (nota 33), pp. 190-194.
28
KOUKOULÈS, in Epeterìs Byzantinòn Spoudòn, 1933, 133.
5
I livelli alimentari dei vari strati della popolazione si scalavano in una serie verticale di classi
differenti, quattro, secondo il tentativo di definizione della Patlagean (1977)29 per la società romano-
orientale dal IV al VII secolo; condizioni che peraltro variarono grazie all’incremento di rese
agrarie e di rendite signorili dal X secolo in poi30. Cristoforo di Mitilene nell’XI secolo lamenta le
diseguaglianze alimentari fra le persone: “ E’ giusto questo, o Logos mio creatore, che gli uomini,
anche se sono tutti un sol fango e la medesima polvere ed unica sia la loro natura, conducano vita in
qualche modo diseguale? Eppure tra loro, alcuni non soltanto sono satolli di quanto è necessario a
vivere, ma anzi molto più si impinguano del superfluo per la vita. Gli altri, invece, bramano
addirittura un boccone di pane o, per meglio dire, anche le briciole della mensa” 31. Il tema risaliva
alla polemica pelagiana del De divitiis degli inizi del V secolo: “Ti sembra giusto che uno abbondi
di cose superflue e l’altro sia privo anche di ciò che gli serve per gli usi quotidiani? Che uno sia
32
snervato dall’eccessiva abbondanza e l’altro disfatto dalla necessità?” Le variazioni più
rimarchevoli erano determinate dalle differenze regionali, soprattutto fra regioni costiere, le pianure
dell’altopiano anatolico in cui prevaleva l’allevamento del bestiame, cavalli, pecore, capre e anche
bovini. Nella legge agraria (VIII secolo) non si citano né galline, né muli, né cavalli mentre si
incontrano costantemente bovini, ovini, asini, maiali e cani 33. La grande estensione delle coste, dal
Mar Nero allo Ionio, poneva il pesce al centro del sistema di approvvigionamento: i mari delle isole
greche erano altamente pescosi e presentavano ben 447 specie di pesci rispetto alle 540 dell’intero
Mediterraneo. Erano comuni i crostacei come la granceola e le aragoste, i cefalopodi come le seppie
29
E. PATLAGEAN, Pauvreté économique et pauvreté sociale à Byzance 4 e-7e siècles, Paris La Haye 1977, pp. 38 sgg.
E. JEANSELME L. OECONOMOS, Aliments et recettes culinaires des Byzantins, in Proceedings of the 3rd International
Congress of the History of the Medicine, London 1922, pp. 155-168.
30
A. HARVEY, Economic Expansion in the Byzantine Empire 900-1200, Cambridge et alibi 1989, pp. 163 ss.
31
CRISTOFORO DI MITILENE, Canzoniere, Catania 1983, n. 13, pp. 60-62 (trad. C. CRIMI).
32
De divitiis, 8,1. P. BROWN, Per la cruna di un ago. La ricchezza, la caduta di Roma e lo sviluppo del cristianesimo,
350-550 d.C., tr. it. Torino 2014, (ed. or. 2012), pp.438-439.
33
L. MARGETIC, La legge agraria. Accenni ad alcuni problemi della storia del diritto, in Rivista di Studi Bizantini e
Slavi, 5 (1985), pp. 103-135, cfr. p. 124.
6
e i polipi, oltre ai mammiferi di mare come i delfini e le foche 34. Le isole greche oltre al pesce sono
anche fornitrici di capre35. I pesci più pregiati erano quelli di taglia maggiore, a tal fine esposti
verticalmente sui banchi dei pescivendoli in ordine di grandezza 36. Determinante per il livello dei
consumi alimentari era la scala delle rendite signorili. Il ricorso al mercato 37 era possibile per i
prodotti delle proprie tenute, ma integravano con alimenti rari e costosi, e soprattutto con largo uso
di spezie importate dall’India attraverso le certa ampiezza di qualità alimentari diverse mentre i
contadini si limitavano alla propria produzione ortofrutticola e a qualità di pane difficilmente di solo
grano38.
probabilmente il panis aedium, una rendita granaria di abitazioni di un certo tono costruite nel
periodo fra Costantino e Costante ma comprendente anche l’antico panis gradilis, cioè pane o grano
34
K. AYODEJI, A Day Life of Cyrton the Fisherman, in The Greek Islands and the Sea, Proceedings of the First
International Colloquium held at Hellenic Institute, Royal Holloway, University of London, 21-22 September 2001,
Edited by J. CHRYSOSTOMIDES CH. DENDRINOS J. HARRIS, Camberley 2004, p. 1.
35
CH. CONSTANTAKOPOULOU, Pracing Goats in the Context. Heracleia, IG XII, 7, 509 and the Mini Island Networks of
the Aegean, ibidem, pp. 17-31.
36
A. CARILE, Le corporazioni dei pescivendoli e dei pescatori a Costantinopoli nel X secolo - The Guilds of
Fishmongers and Fishermen in Constantinople in the 10 th Century, in Incontro Internazionale nel 1050° anniversario
della carta piscatoria ravennate International Meeting on the 1050 th Anniversary of the Carta Piscatoria Ravennate,
Ordine della Casa Matha Ravenna - Fishmongers' Company London, Ravenna 16 ottobre 1993, Ravenna 1994, pp. 17-
35.
37
Sui rifornimenti alimentari della capitale si veda l’uso del Libro dell’eparco abbondantemente fatto da G. DAGRON,
The Urban Economy, Seventh-Twelft Centuries, in The Economic History of Byzantium from Seventh through the
Fifteenth Century, A. LAIOU Editor in chief, CH. BOURAS C. MORRISSON N. OIKONOMIDES+ C. PITSAKIS, II,
Washington 2002, pp. 445-461. H. KOEPSTEIN, Vorbemerkungen zur Bedeutung der landwirstschaftlichen
Produktivitkräfte im frühen Byzanz , in Produktivitkräfte und Gesellschaftsformationen in vorkapitalistischer Zeit,
Herausgegeben von J. HERRMANN I. SELLNOW, Berlin 1982, pp. 563-571. H. ANTONIADIS-BIBIKOU, Démographie,
salaires et prix à Byzance au XIe siècle, in Annales, 27 (1972), pp. 215-246. Abbiamo anche notizia di una
taricopravrissa cioè venditrice di pesce salato in J. MASPERO, Papyrus grecs d’époque byzantine. Catalogue général
des antiquités égyptiennes du Musée du Caire, rist. Osnabruck Milan 1973, (ed. or. 1911), n. 67023 r. 8, p. 53 mentre
nell’Eparchicòn biblion, XIII, 1, p. 118, r. 563 (J. KODER, Das Eparchenbuch Leons des Weisens, Wien 1991, Corpus
Fontium Historiae Byzantinae XXXIII, Series Vindobonensis) abbiamo testimonianza di icquvas tetariceumevnous fra
gli alimentari venduti dal saldamarios
38
Sulle molteplici qualità di pane di almeno tre qualità diverse cfr. KOUKOULES, op. cit. (nota2), pp. 12-35: katharòs,
silignites, semidalites, ryparoi, kivaroi, piterata, krithina, ek vikou kai erebinthou, kollyra, voukellaton, gastran,
paxamas.
3947
KOUKOULES, op. cit. (nota2), p. 31. Sul controllo del rifornimento granario della capitale cfr. J.L. TEAL, The Grain
Supply of Byzantine Empire, 330-1025, in Dumbarton Oaks Papers 13(1952), pp. 87-139. A. E. LAIOU, Monopoly and
Privilege: the Byzantine Reaction to the Genoese Presence in the Black Sea, in Oriente e Occidente tra Medioevo ed
età moderna. Studi in onore di G. Pistarino, a cura di L. BALLETTO, II, Genova 1997, pp. 675-686, cfr, p. 685,
7
distribuito ad un certo numero di aventi diritto. Temistio afferma che attraverso l’annona civica
poteva “sfamare i suoi schiavi” to;n limo;n ajkeisqai twn ajndrapovdwn40. Fozio ricorda che ancora
al suo tempo l’annona civica distribuiva 14.000 modii di grano al giorno, pari, secondo i calcoli di
Carrié, a 100.000 razioni in grado di nutrire 160.000//200.000 adulti lasciandone al mercato libero
fra 200.000 e 240.000.41 Va tenuto conto che anche dopo la perdita dell’Egitto
dal Mar Nero, dalla Tracia, dalla Sicilia e dall’Asia Minore. L’editto XIII, cap. 8 di Giustiniano del
8.000.000 di unità non sappiamo se artabe o modii. La differenza fra le due unità di misura era
notevole. Anzitutto erano in uso due tipi di modius, l’italico di 6 kg e il castrense di 10,2 kg. Una
artaba corrispondeva a tre modii. Si pensa che l’editto indicasse modii italici, perché in tal caso la
cifra di Fozio corriponderebbe alla quantità giornaliera prevedibile del 8.000.000 di modii l’anno42.
Nel complesso uno strato significativo della popolazione della capitale poteva contare su grano a
titolo gratuito, fatto questo che calmierava il prezzo delle granaglie a Costantinopoli. Certamente la
testimonianza di Temistio lascia credere che la qualità delle granaglie distribuite non fosse di prima
qualità. L’usanza di distribuire alimentari a titolo gratuito viene ancora ricordata nel secolo XI da
Cristoforo di Mitilene secondo cui in occasione della festa dei SS. Apostoli nelle chiese si
Per il mondo bizantino è necessario precisare che per tutti gli ortodossi, indigenti e benestanti,
corre l’obbligo dei giorni di digiuno previsti dalla ortodossia. I giorni di digiuno austero ricorrono il
mercoledì e il venerdì del corso dell’anno ad eccezione della settimana da Natale alla vigilia della
40
Or. 23, 292, R. MAISANO, TEMISTIO Discorsi, Torino 1995, J.-M. CARRIÉ, L’institution annonaire de la premiere à la
deuxième Rome: continuité et innovation, in Nourrir les cités de Méditerranée. Antiquité – Temps Modernes, Sous la
direction de B. MARIN et C. VIRLOUVET, Paris 2003, p. 160. Annona civica come privilegio del populus, cfr. BROWN,
op.cit., pp. 96, 97, 156, 157.
41
CARRIÉ, art. cit. (nota 48), p. 164. PHOTIUS 80, 59b.
42
B. SIRKS, Some Observations on Edictum Justiniani XIII, 8, A Reaction to Jean-Michel Carrié, in Nourrir les cités,
cit. (nota 48), p. 213.
43
CRISTOFORO DI MITILENE, Canzoniere, Catania 1983, n. 128, pp. 167-168 (trad. G. MUSUMECI).
8
Epifania, la settimana di Pasqua e la settimana dopo la Pentecoste (della Trinità). Digiunare nella
Il digiuno austero consisteva nella proibizione di carne e ogni suo prodotto come il brodo di carne,
proibizione del pesce, delle uova, dei latticini, dell’olio d’oliva, del vino e delle bevande alcoliche.
Sono però consentiti molluschi e crostacei, carni considerate di basso valore nutritivo, per cui non
Vi sono poi i giorni di digiuno medio, cioè il sabato e la domenica della grande quaresima, il
mercoledì e il giovedì della quaresima degli apostoli (agosto-settembre). Sono ammessi olio e vino.
Vi sono i giorni di digiuno largo quando sono ammessi olio, vino e pesce. Si tratta della
Annunciazione, della domenica delle palme, sabato e domenica della quaresima degli apostoli.
Dalla domenica dopo Pentecoste fino al 28 giugno, e durante la Quaresima degli apostoli e lunedì,
mercoledì e venerdì è prescritto il digiuno austero, martedì e giovedì il digiuno medio, sabato e
domenica il digiuno largo. Si tenga conto che i periodi di digiuno vennero osservati anche dalle
Per circa i due terzi dell’anno è consentito consumare alimentari secondo le proprie possibilità.
La cucina aristocratica era caratterizzata da spezie e sapori esotici, nelle cucine aristocratiche
affluivano i prodotti locali dell’Egeo, dei Balcani e dell’Anatolia oltre che del Mar Nero. Per avere
un’idea delle elaborazioni culinarie dei cuochi dell’alta gerarchia si può considerare una ricetta del
medico greco Antimo, del VI secolo, che dedicò al re franco Teoderico (511-534) con il De
44
CRISTOFORO DI MITILENE, Canzoniere, Catania 1983, n. 135 p. 172, (trad. C. CRIMI), ritiene lo storione un pesce
pregiato.
45
A. KARPOZELOS, Realia in Byzantine Epistolography X-XII C., in Byzantinische Zeitschrift 77(1984), p. 25. D.
JACOBY, Caviar Trading in Byzantium, in Mare et litora. Essays presented to S. Karpov for his 60° Birthday, Edited by
R. SHUKUROV, Moscow 2009, pp. 349-363 ma è centrato su epoche posteriori all’XI secolo. Teodoro Prodromo può
anzi elencare il caviale fra i cibi di un povero assieme agli sgombri alla palamita e alle sardine salate cfr. TEODORO
PRODROMO, Tre carmi satirici, Traduzione con testo a fronte e note a cura di A. GARZYA, Napoli 1972, p. 27.
46
A. CARILE, L'Europa dall'Atlantico agli Urali, Bologna "I martedì" Centro San Domenico, 5 giugno 1992, pp. 3-34
ristampato in Materiali di storia bizantina, Bologna 1994, cap. III, 1, con il titolo: L’Europa dall’Atlantico agli Urali:
tradizione o attualita?, pp. 319-342. M. GAGARINE, Bionde erano le messi dell’Ukraina. Unagrande famiglia
aristocratica russa prima e dopo la Rivoluzione d’Ottobre, Prefazione di MACHA MERIL, traduzione di L. FUBINI,
Milano 1992, ed. fr. 1989. L’attrice Macha Meril era la nipote della principessa Gagarine.
9
observatione ciborum consonante con altri manuali dietologici come il perì trophòn dynàmeon
(L’efficacia dei cibi) di Simeone Seth (seconda metà dell’XI secolo) o del medico Ierofilo (X
secolo). Avverte un testo costruito dal Dalby sulla base di Simeone Seth e del De Cibis: “La carne è
più nutriente di ogni altro cibo e rende sano il corpo. Chi mangia carne regolarmente e beve vino
può cucinare in umido o bollito. Le prescrizioni sono le seguenti: bollire in acqua fresca, poi
metterlo in una casseruola con mezzo bicchiere di aceto forte, del porro, delle radici di sedano e
finocchio, e far cuocere per un’ora. Poi aggiungere miele in quantità pari alla metà dell’aceto
impiegato, cuocere a fuoco basso, mescolando frequentemente il tegame “con le vostre mani” in
modo che le salse si mescolino bene con la carne. Poi pestare in un mortaio di terraglia 50 grani di
pepe, un po’ di chiodi di nardo e chiodi di garofano, aggiungere un po’ di vino e quando è ben
impastato versare nel tegame e mescolare bene. “Dar tempo perché le spezie perdano la loro
individualità e cedano il loro sapore alla salsa prima di cavare dal fuoco. Se oltre al miele disponete
di mosto o di mosto concentrato potete scegliere uno dei tre ingredienti. Non far uso del tegame di
rame ma il sapore è migliore se cotto in terraglia”. Questo tipo di cucina richiede oltre ad
ingredienti piuttosto particolari molto tempo e un numero notevole di cuochi e di inservienti come
47
A. DALBY, Tastes of Byzantium. The Cuisine of a Legendary Empire, New York 2010, pp. 132 e 142-144. Il
discutibile procedimento combinatorio non trova pieno riscontro in SYMEON SETH, Perì trophòn dynàmeon katà
stoicheion, Syntagma de alimentorrum facultatibus facultatibus, ed. B. LANGKAVEL, Leipzig 1868, che a pp. 118-119
esalta le varie qualità della carne di porco e dedica altri capitoli agli agnelli p. 20, alla carne bovina pp. 26-27, alle gru
pp. 30-31, alle gazzelle p. 33, alla carne di cervo pp. 35-37, al tonno e ai pesci pp. 43-45, al cefalo, al ghiozzo, ai
granchi, alle aragoste pp, 59-60, alle lepri pp. 61-62, al branzino p. 63, alle anatre pp. 71-72, al pescespada pp.73-47 alle
quaglie pp. 80-81, al paguro pp. 83-84, alle pernici pp. 85-86, alle colombaceee pp. 86-87, alle pecore p. 88, alla seppia
p. 99, alla triglia pp. 106-107, ai fagiani pp. 117-118, al maiale pp. 119-121, alle oche pp.121-122, ma nel complesso le
140pp. Sono dedicat soprattutto alle verdure. Alla frutta e alle spezie.
48
KOUKOULES, op. cit. (nota 2), p. 181. Si vedano le testimonianze di varie fonti da Clemente Alessandrino a san
Giovanni Crisostomo a san Basilio a Tzetzes in KOUKOULES, op. cit. pp. 186-188.
10
La carne è talmente importante che nel banchetto magico per evocare i demoni 49 a scopo
divinatorio compaiono vari alimenti vegetali e animali ma il piatto principale per il capo dei demoni
sembra essere molta carne ben cotta, di bue, di montone e di cervo, ma sono interdetti i pesci. Si fa
uso anche di sangue appena spillato dagli animali uccisi da parte dei “cuochi” demoniaci.
L’apparato della tavola, chiusa nella vina un complicato disegno, tracciato sul suolo con un coltello
a manico nero, e nel pentacolo è lussuoso. Il coltello piantato sul tavolo costringe i demoni a non
derivare da una koiné risalente ai papiri magici e certamente il demone denominato Kalì ton oréon
50
la bella dei monti, una donna a coda di serpente, che veniva evocata il 1 agosto a mezzogiorno,
cioè il primo giorno della quaresima di agosto, somiglia alla Delfine 51, moglie di Tifone, l’uomo
serpente noto dalla scultura dell’Acropoli anteriore alla distruzione persiana e dal bassorilievo
pergameno di Scopas, derivante dal demone uomo serpente Illuyankas52 ittita e ancor presente nel
folklore di Tarso: in questa città è stata dedicata una fontana con statua, al demone serpente con
duplice testa di femmina, all’inizio e alla fine del corpo, Samaràs: ma gli studi sulla magia e le
49
Sulla demonologia bizantina soprattutto dal punto di vista iconografico cfr. M. FALLA CASTELFRANCHI, Il diavolo a
Bisanzio. Aspetti iconografico-iconologici e liturgici, in Il diavolo nel Medioevo, Atti del XLIX Convegno Storico
Internazionale, Todi 14-17 ottobre 2012, Spoleto 2013, pp. 605-626. P. I. VOCOTOPOULOS, Demons, Reptiles and the
Devil in Representations of the Baptism in Eukosmiva. Studi miscellanei per il 75° di Vincenzo Poggi S.J., a cura di V.
RUGGIERI e L. PIERALLI, Soveria Mannelli (Catanzaro), 2003, pp. 617-624. M. M. HINTERBERGER, O telcivn sth
bυzantinh; logotecniva: Bavskanoς daivmwn kai; fqonero;ς ajvnqrwpoς, in Aureus. Volume dedicated to professor E.
K. Chrysos, editors T. G. KOLIAS +K. G. PITSAKIS , Associate Editor C. SYNELLIS, Athens 2014, pp. 225-242. J.
NIMMO SMITH, Magic at the Crossroad in thr sixth Century, in E. JEFFREYS, Byzantine Style, Religion and Civilization
in Honour of Sir Steven Runciman, Cambridge et alibi 2006, pp. 224-237.
50
R. P.H. GREENFIELD, Tradition of Belief in late Byzantine Demonology, Amsterdam 1988, p. 254. I saggi inclusi in
Les savoirs magiques et leur transmission de l’Antiquité à la Renaissance, Textes réunis et édités par V. DASEN et J.-M.
SPIESER, Firenze 2014 coprono aree cronologiche più tarde anche se i riferimenti necromantici e catoptromantici
presentano alcune analogie, come la presenza del fanciullo intermediario. La vina e il pentacolo non sono neppure citati
mentre si cita il circolo salomonico, tracciato con un coltello o disegnato con carbone o gesso..
51
K. KERÉNYI, Dioniso, Archetipo della vita indistruttibile, tr. it. di L. DEL CORNO, Milano 1992 (ed. or. 1976), p. 64.
Ibidem, p. 65.
52
Ibidem, p. 64.
53
A. DELATTE, Anecdota Atheniensia, I, Textes inédits relatifs à l’histoire des religions, Liège 1927; ST. VLAVIANOS-
TOMASZYK, Les démons se mettent à table: les festins démoniaques dans les rituels magiques byzantins et post-
byzantins (XVe-XVIIIe s.), in Medioevo Greco. Rivista di storia e filologia bizantina, 12 (2012), pp. 313-335. Noto che la
partecipazione di un “fanciullo puro e vergine” alla evocazione demoniaca conferisce alla testimonianza un aspetto
sinistro tenuto conto di quanto viene accusato a Costantino V: egli avrebbe praticato sul luogo di una chiesa sconsacrata
e demolita la evocazione dei demioni con il sacrificio del fanciullo Suflamio cfr. La vie d’Etienne le Jeune par Etienne
le Diacre, Introduction, édition et traduction par M.F. AUZÉPY, Variorum 1997, 64 p. 165 e p. 264 n. 404.
11
Asterio, metropolita di Amasea, morto nel 410, aveva stigmatizzati l’uso delle spezie in cucina:
“Divenendo sempre più elaborati di giorno in giorno, il nostro lusso ci spinge a intridere il nostro
cibo con aromi dell’India. I mercanti di spezie al giorno d’oggi sembrano lavorare non per i medici
ma per i cuochi”54 . Due influenze si combinano per produrre una grande quantità di sapori forti. Il
calendario ecclesiastico con i suoi numerosi giorni di digiuno quando vino, carne, pesce e latticini
sono vietati: era la occasione per produrre piatti saporiti e piccanti a base di verdure, molluschi e
crostacei. L’altra influenza era quella dei nutrizionisti che avevano codificato l’effetto dei singoli
ingredienti sia per gli umori che compongono il corpo: sangue, flegma cioè muco, bile gialla e bile
nera; sia per i singoli organi e la fertilità maschile. Si tratta dunque di verificare il temperamento di
ciascuno se caldo, freddo, bilioso, melanconico e vanno pertanto conosciute le proprietà dei singoli
cibi da utilizzare secondo la costituzione fisica. Le spezie divennero pertanto l’ingrediente sempre
necessario sia nel corso della cottura dei cibi da utilizzare secondo la costituzione fisica. Le spezie
divennero pertanto l’ingrediente sempre necessario sia nel corso della cottura dei cibi sia a tavola
come additivo per implementare il gusto di ogni piatto e la sua efficacia dietetica. Vini dolcificati,
vari tipi di oinoméli cioè miscela di miele e vini rari, (il mulsum latino, che ancora si produce come
vino raro), liquori di datteri e altre piante, frutta candite, salse di pesce fermentato (garos),
Il sistema nutrizionale definito da Galeno nel suo manuale del II secolo “Sulle proprietà dei cibi”
divulgato nel compendio del grande medico Oribasio nel IV-V secolo, ebbe a dominare la scienza e
la prassi nutrizionistica del mondo bizantino. In primo luogo egli propose la teoria degli umori, i
quattro umori che debbono essere in equilibrio in un corpo sano. La costituzione dei singoli
individui è determinata dalla prevalenza di uno degli umori: sanguigna, se prevale il sangue,
flegmatica se prevale il flegma, collerica se prevale la bile gialla, malinconica se prevale la bile
nera. Secondo questa teoria la malattia è provocata dal conflitto fra questi umori. Il medico al pari
54
ASTERIO DI AMASEA, Omelie 1.5.3. H.-G. BECK, Kirche und Theologische Literatur im Byzantinischen Reich,
München 1959, p. 167. Sull’uso terapeutico delle spezie cfr. G. G. LITAVRIN, Malade et médecin à Byzance, XIe-XIVe
siècles. Remarques sur le cod. Plut. VII 19 de la Bibliothèque de Lorenzo de’ Medici à Florence, in Maladie et société
à Byzance, a cura di E. PATLAGEAN, Spoleto1993, pp. 97-102, cfr. p. 99.
12
del nutrizionista deve mettere in equilibrio questi umori per una buona salute. Perciò va individuato
l’effetto dei singoli cibi. Quali umori produce o elimina il singolo cibo? Quanto influisce sul
processo digestivo nel conseguimento della sua efficacia? Conseguentemente tenuto conto degli
effetti dei cibi è possibile stabilire un sistema efficace di cibi e bevande come dieta giornaliera atta a
fornire nutrimento e al tempo stesso ristabilire un equilibrio degli umori. Il testo Categorie dei cibi
e il calendario nutrizionale mensile non erano soltanto di consultazione per i medici ma erano di
largo uso come mostra il De cibis dedicato ad un imperatore del VII secolo. I bizantini che potevano
permettersi una scelta di cibi stavano attenti alla propria costituzione e al proprio temperamento,
conseguentemente si curavano dell’effetto di cibi e bevande su questa loro costituzione. A tal fine
disponevano di testi brevi o anche molto estesi come quelli di Simeone Seth, il medico di origine
antiochena dell’imperatore Romano III Argiro (1028-1034), con il titolo di magistros (XIV grado
su diciotto titoli aulici) che compose il Perì trophòn dynàmeon55. Fu anche attivo alla corte di
Alessio I Comneno per il quale tradusse dall’arabo Kalila va Dimna con il titolo Stefanita e
della cucina aristocratica per cui venivano impiegate con abbondanza da chi poteva permetterselo
Il banchetto aristocratico era anche caratterizzato dagli aromi che avevano effetto sulla salute: rose
e violette erano intese come piante medicinali e venivano anche usate in emulsioni di vino 56. Anche
il gelsomino veniva utilizzato come aroma e come additivo dei cibi mentre il basilico e la
maggiorana sembrano meno utilizzati. Zafferano57 garofano e noce moscata sono ancora in uso, ma
i bizantini facevano uso anche di muschio, ambra grigia, canfora, e essenza di rose 58, sandalo e
55
De alimentorum facultatibus, ed. B. LANGKAVEL, Leipzig 1868; A. DELATTE, Anecdota atheniensia, 2 voll., Paris
1927-1935.
56
G. C. MANIATIS, The Byzantine Wine Making Industry, in Byzantion 83(2013), pp. 229-273.
57
Zafferano, garum, aglio, pesce fritto, vino, sale, farina e volatili sono citati nelle tavole doganali di Anazarbo e di
Cagliari fra la metà del V e del VI secolo cfr. C. MORRISSON J.-. SODINI, The Sixth Century Economy, in The Economic
History of Byzantium, cit. I, Washington 2002, p. 207. Per le varie attività alimentari cfr. L. ROBERT, Noms de métiers
dans des documents byzantins, in Caristevrion eiς jvAnaston K. jvOrlandon, 1964, pp. 208-247
58
CRISTOFORO DI MITILENE, Canzoniere, Catania 1983, n. 117, pp. 157-158 (trad. C. CRIMI) la considera una essenza
troppo lussuosa per un monaco.
13
aloe59. Una celebre appassionata di aromatoterapia era la imperatrice Zoe, che aveva impiantato nei
suoi appartamenti un laboratorio di spezie e profumi, con bracieri accesi anche d’estate 60. Non
avrebbero i profumi61.
La maggioranza delle spezie, sulla cui efficacia nelle finalità nutrizionistiche si è già insistito, sono
considerate “calde e secche”. La canfora e l’essenza di rose sono considerata fredde e umide. Di
conseguenza sono possibili le combinazioni necessarie. I cibi andavano accordati alle singole
stagioni e in relazione alla costituzione di chi doveva fruirne per cui ai singoli aristocratici a tavola
veniva offerta una scelta di salsiere saltzavria da cui ciascuno poteva attingere la spezia di cui
Nei vini si faceva largo uso di resina mastice (pistacia lentiscus), anice, rose e assenzio. Il medico
di Pergamo Oribasio62 (Pergamo 325 - Bisanzio 403) nel IV secolo, divenuto medico
dell’imperatore Giuliano e poi richiamato a corte dopo un periodo di esilio seguito alla caduta di
Giuliano, nelle sue Collezioni mediche Synagogai iatrikai privilegia tre aromi: zafferano, mastice e
storace (styrax officinalis) che serviva per il vino di storace. Nei Geoponica AiJ peri; gewrgivaς
ejklogaiv compilati nel 944-959 e dedicato a Costantino VII Porfirogenito 63, probabilmente basato
sul lavoro dello scolastico Cassiano Basso, sono elencati molti tipi di vino: speziato alle rose,
all’aneto, all’anice, al miele, alle pere, al baccara, all’alloro, al finocchio, all’uva non matura, al
prezzemolo, alla ruta, al fieno greco, all’issopo, al sedano, alle mele, all’assenzio; poi vini
medicamentosi: vino purgativo; vino atto a produrre latte nelle puerpere; vino contro la dissenteria.
59
DALBY, op.cit. (nota 55), p. 142.
60
CH. DIEHL, Figure bizantine, Introduzione di S. RONCHEY, Traduzione di M. S. RUFFOLO, Torino 2007 (ed. or. 1927),
p. 195.
61
M. MAVROUDI, Licit and Illicit Divination. Empress Zoe and the Icon of Christ Antiphonetes, in Les savoirs
magiques, cit. (n. 34), pp. 431-432, 437, 442, 454, 457, 460.
62
Sunagogai; iatrikaiv Synagogai iatrikai, ed. J. RAEDER, in Corpus Medicorum Graecorum, Leizig Berlin 1928-1933.
C.U. BUSSMAKER CH. V. DAREMBERG, Oeuvres d’Oribase, 6voll., Paris 1851-1876.
63
Si tratta di una compilazione dalla lunga gestazione: nel IV-V secolo Vindanio Anatolio di Berito ebbe a comporre la
Sunagwgh; gewrgikwn ejpithdeumavtwn estratta da autori anteriori che avevano trattato argomenti concernenti
l’agricoltura. Nel VI-VII secolo Cassiano Basso Scolastico utilizzando anche Didimo di Alessandria del IV-V secolo
autore di Gewrgikav completa l’opera di Vindanio Anatolio in 12 libri. Nel X secolo un autore della cerchia di
Costantino VII Porfirogenito completa l’opera in venti libri e la intitola AiJ peri; gewrgivaς ejklogaiv. Burgundione da
Pisa nel secolo XII ha tradotto alcuni capitoli sul vino nel suo Liber de vindemiis. Geoponica sive Cassiani Bassi
scholastici De re rustica eclogae, recensuit H. BECKH, Leipzig 1895.
14
I vini migliori sono quello detti Amineo, di Taso, di Coos, di Chio. Il vino di Monemvasia sembra
umori come elementi dietologici: “La natura e l’efficacia dei cibi e delle bevande si ricava dal
sapore e dall’odore. Ci sono otto sapori: dolce, amaro, salato, piccante, oleoso, insapore,
astringente, lassativo. Il dolce è caldo e umido, è adatto per chi ha una costituzione equilibrata e
aumenta la produzione di sangue sano. Invece produce bile gialla a chi ha una costituzione calda,
asciutta, biliosa. L’amaro ha più calore e secchezza, alleggerisce e dissolve il flegma, fa maturare
gli umori spessi e aiuta chi ha costituzione fredda e umida”. Disponiamo di una serie di manuali
bizantini come il de alimentis, il Perì tes ek ton zoòn trophés nei quali si analizzano le qualità dei
cibi e delle bevande e i relativi effetti. Ad esempio il riso è considerato un astringente, i legumi e i
lupini sono indigesti e producono umori spessi. Le lenticchie producono un eccesso di bile nera. Il
pane di farina di grano è il cibo migliore e più nutriente specialmente se bianco confezionato con un
po’ di lievito e di sale; se si aggiunge un po’ di anice e di semi di finocchio nonché di mastice il
pane è eccellente. Se lo si vuole più tenero va impastato con olio di mandorla. L’acqua di sorgente è
con un certo numero di ricette che contemplavano una cucina molto speziata, con molto pepe e
cannella, mostarda, aglio, maiale arrosto marinato con vino al miele, olive salate, garum, volatili.
Cibi e ingredienti variano di mese in mese a seconda degli umori su cui influiscono (Davis). Ad
esempio nel calendario nutrizionale si prescrivono anche i bagni, da quattro a otto al mese, nonché
le lozioni per tutto il corpo, financo le cadenze amorose. Nel mese di giugno ci si deve astenere
64
DELATTE, 467-469.
15
Il vino è molto consigliato bianco o rosso secondo la complessione di ciascuno ma si avverte che se
bevuto in eccesso danneggia fegato, cervello e nervi65. E’ registrato anche un uso terapeutico del
vino, perfino in affezioni oculari. 66Gli eccessi nel bere sono ascritti a colpa di Michele III, vero o
falso che fosse l’assunto denigratorio diffuso dopo il suo assassinio. Accuse analoghe con
sottolineatura di scostumatezza sessuale sono rivolte alla memoria di Alessandro (912-913), che
avrebbe avuto la intenzione di escludere dalla successione, sottoponendolo alla castrazione, il nipote
Costantino VII Porfirogenito ancora nella sua minore età. Cristoforo di Mitilene esorta il retore
Mena a fare discorsi invece di bere67. Fra i tipi di frutta fresca o secca, i più nutrienti sono i fichi
freschi68 e secchi e l’uva passita. I datteri sono molto nutrienti ma danno mal di testa e bloccano la
digestione: nei maschi incrementano il seme. Le ciliege sono fredde e umide. Diminuiscono la bile
gialla e il calore della costituzione ma possono causare mal di stomaco e bile nera. Le costituzioni
calde debbono consumare pesche. Per evitare le conseguenze nocive di ciliegie e pesche si deve
Le sorbe e il sesamo fermano la diarrea. Il pistacchio è indicato per la espulsione dei calcoli renali.
Le olive in conserva kolymbàdes sono astringenti e stimolano l’appetito. Specialmente adatte sono
le olive conservate in aceto. Le melagrane dolci sono calde e umide, sono consigliate per le malattie
del torace e dei polmoni. Le mele fanno bene al fegato e al cuore. I meloni sono sconsigliabili per le
costituzioni fredde, assunti in grande quantità sono emetici. I cetrioli freschi o sottaceto sono
diuretici. Sono piante medicinali rose, violette, mirto e gelsomino, particolarmente valido per i reni.
La preghiera è prescritta da tutti i padri della chiesa: Clemente di Alessandria la prescrive all’inizio
e alla fine del pasto69. Quelli che non pregano in occasione del pasto sono porci 70. Anche san Basilio
prescrive la preghiera all’inizio del pasto71. Secondo Giovanni Damasceno “la tavola che non rende
65
I. ANAGNOSTAKIS and T. PAPAMASTORAKIS, Ekmanhς neoς Bakcoς. The Drunkenness of Noah in medieval Art, in
Byzantium matures. Choices, sensitivities and Modes of Expression (eleventh to fifteenth centuries), Edited by CH.
ANGELIDI, Athens 2004, pp. 209-258.
66
R. MASULLO, L’impiego del vino nella terapia di alcune affezioni oculari, in Atti del VI Congresso Nazionale
dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini, Syculorum Gymnasium, n.s. 57 (2004), pp. 525-530.
67
CRISTOFORO DI MITILENE, Canzoniere, Catania 1983, n. 37 p. 81 (trad. M. SOLARINO).
68
Ibidem, n. 88 p. 130 (trad. C. CRIMI): Cristoforo afferma di preferire i fichi all’uva.
69
PG 54 c. 650.
70
PG 58, cc. 546, 740.
71
PG 32 c. 124.
16
memoria a Dio non differisce in niente dalla mangiatoia delle bestie” 72. Anche il calzolaio descritto
da Teodoro Prodromo (1100-1170 circa) secolo recita un kurie euloghson prima di far colazione73.
A corte il patriarca dava inizio al banchetto con la preghiera “Benedizione del signore su di noi e su
questa tavola”74. Anche all’esercito Leone VI nei suoi Tacticà (11, 21) prescrive la preghiera prima
dei pasti.
Sulle tavole degli indigenti comparivano scodelle e piatti comuni da portata di legno o di terracotta
da cui i convitati prendevano il cibo con le mani, da cui la necessità del lavarsi le mani al termine
del pasto. Nell’alta gerarchia era considerato rozzo immergere la mano nel piatto da portata 75. I cibi
si dovevano correttamente prendere con due o tre dita e i pezzi di carne non dovevano essere
smembrati con le mani, da cui la presenza di coltelli o addirittura di scalchi. L’uso della forchetta a
76
due o tre rebbi doveva essere di uso ricercato e piuttosto raro anche presso gli aristocratici .
L’introduzione del ducato delle Venezie a Rialto della forchetta ad opera di una dama bizantina,
fosse la moglie di Domenico Selvo nell’XI secolo, fosse Maria Argiropula, “neptis” di Basilio II e
Costantino VIII, sposata nel 1005-100677 a Giovanni, figlio del doge Pietro II Orseolo, oltre allo
scandalo di Pier Damiani, ha lasciato una traccia nel veneziano in cui la forchetta si chiama
grecamente piròn.
Una varietà di recipienti e di piatti da tavola, in argento e in ceramica, è ben testimoniata per via
archeologica assieme a calici di vetro o di metalli pregiati compresa una splendida anfora d’oro
massiccio.
imperiale il banchetto dell’igumeno78 e il preteso pasto sostanzioso del suo vicino di casa calzolaio:
72
PG 95 c. 1413.
73
C. HESSELING H. PERNOT, Poèmes prodromiques en langue vulgaire, Amsterdam 1910, IV, 75. Tre carmi satirici,
Traduzione con testo a fronte a cura di A. GARZYA, Napoli 1972, p. 48. W. HOERANDNER, Theodoros Prodromos und
die Gedichsammlung des Cod. Marc. Gr. XI, 22, in Jahrbuch Oesterrerische Byzantinische Geschichte, 16 (1967), pp.
91-99. ID., Prodromos –Reminiszenzen bei Dichtern der nikaenischen Zeit, in Byzantinische Forschungen, 4 (1972),
pp. 88-104. Non è da tutti accettato che i quattro componimenti sotto il nome di Ptochoprodromos siano ascrivibli allo
stesso poeta piuttosto che a un certo Ilarion Prodromo. M. ALEXIOU, The Poverty of Ecriture and the Craft of Writing.
Towards a Reappraisal of the Prodromic Poems, in Byzantine and Modern Greek Studies, 10(1986),pp. 1-40. Versos
del gramàtico senor Teodoro Prodromo el Pobre o Poemas Ptochoprodròmicos, Editados por J. M. EGEA, Granada
2001, p.
74
CONST. PORPHYR. De caer. 79, 13; 96, 3.
75
E. KARAPIDAKIS, Les bonnes manières au Moyen Age, in in Byzantium matures. Choices, sensitivities and Modes of
Expression (eleventh to fifteenth centuries), Edited by CH. ANGELIDI, Athens 2004, p. 199. Più in generale sulla
educazione “romana” cfr. J. SHEPARD, Manners maketh Romans? Young Barbarians at the Emperor’s Court, in E.
JEFFREYS, Byzantine Style, Religion and Civilization in Honour of Sir Steven Runciman, Cambridge et alibi 2006, pp.
135-158.
76
M. HATZIDAKIS, Couteaux et fourchettes 1909, p. 110. JERPHANION, Les églises rupestres de Cappadoce, pl. 65, 7,
101, 177,2, 281, 1.
77
J.-F. VANNIER, Familles Byzantines. Les Argyroi (IX-XII siècles), Byzantina 1, Paris 1975, p. 43.
78
E. JEANSELME L. OECONOMOS, Satire contre les Higoumenes, in Byzantion, 1(1924), pp. 317-339.
17
all’aurora si fa comprare della trippa e del formaggio valacco, beve tre o quattro coppe di vino e si
mette al lavoro. A mezzogiorno ordina: bollito, pesce marinato e spezzatino di carne. Si lava, si
siede, beve una grande coppa di vino dolce, recita una preghiera e mangia 79. Il poeta invece si deve
accontentare di pane e tonno o pesce in salamoia80. Siamo in un contesto burlesco, e il conto che si
può fare delle affermazioni del poeta è esclusivamente letterario quanto agli effettivi consumi.
Se dovessimo tener conto delle figurazioni a mosaico, in uno splendido pavimento a mosaico di
Daphne ad Antiochia di Siria compaiono piatti d’argento su un tavolo di marmo nero, grandi
carciofi, salsiere con una salsa bianca, piedi di porco alla griglia - che peraltro sono considerati
negativamente, assieme alle orecchie e al muso, nei trattati dietologici - uova in contenitori di
smalto blu, prosciutto, anatra arrosto, dolci in vari strati di biscotto, frutta e sparsi sulla tavola pani
rotondi e un grande cantaro di vino. Nelle miniature più tarde vengono mostrate tavole con tovaglia,
con commensali seduti attorno, forniti di piatti, coltelli, calici e talvolta forchette e cucchiai. Sui
“Chi beve vino con misura, non a sazietà, vendemmierà una salute sicura e genuina” 81afferma nel
IX secolo Giovanni Georgide che riprende anche la condanna del vino di san Basilio 82 entrata anche
nei Sacra parallela norme di comportamento derivate dagli Hierà di Giovanni Damasceno (viii
secolo): “L’ebrezza è la rovina del pensiero, la distruzione del vigore, una vecchiaia precoce, la
morte in breve tempo”83. Secondo Gregorio di Nazianzo (IV secolo) il vino “è il risveglio della
79
THEOD. PRODROM. Poèmes prodromiques à Jean Comnène, vv. 54-63. CH.DIEHL , Figures byzantines, II, p.
54.
80
ejmporeuevsqwsan deJ krevaς, ijcquvaς tetariceumevnouς, Eparchicon biblion, ΧΙΙΙ,1, ed. cit. (nota 45).
Taricopravtissa ...J. MASPERO, Papyrus Grecs d’époque byzantine. Catalogue général des antiquités égyptiennes du
Musée du Caire, rist. Osnabruck Milano 1973 ed. or. 1911, n. 67, 23 r. 8 p. 53.
81
Sententiae a Joanne Georgigda monacho collectae, n. 798 in P. ODORICO, Il prato e l’ape. Il sapere sentenzioso del
monaco Giovanni, Wien 1986, p. 209.
82
Hom in ebr. 7, PG 31 c. 457B = Sententiae a Joanne Georgida monacho collectae, n. 677, in ODORICO, op.cit. (nota
89), p. 209.
83
PG 96 c. 161D. E.V. MALTESE, Per una storia del vino nella cultura bizantina. Appunti dalla letteratura profana, in
Storie del vino, a cura di P. SCARPI, Milano 1991, pp. 193-205.
18
passione che si era esaurita. La materia affluendo rinforza la fiamma” 84 mentre “l’acqua è la
migliore delle bevande: è la mente sicura, quando la crapula afferra la ragione la intorbida”85.
In realtà il vino viene prodotto in grande quantità e circola largamente secondo una scala di qualità
che ne assicura il consumo a tutti gli strati sociali. Paolo Silenziario esalta ancora nel VI secolo il
piacere del vino: “Brinderemo, o bevitori di vino, a Lieo che eccita il riso: coi calici allontaneremo i
rovinosi pensieri, per noi cibo e bevanda sia il vino che dà gioia: voglia pur altri avere
immortalità”86. In seguito si esaltano con più pruderie le virtù curative del vino. Leone il filosofo
(IX-X secolo) afferma: “Fredda è la vecchiaia, e la sua costituzione, ahimé, catarrosa per natura, il
mese di febbraio è il più gelido… Perché allora tu che mi vedi afflitto nella morsa del freddo
micidiale mi prescrivi di bere acqua?” 87. Cecaumeno, rivolgendosi alla figura sociale del
proprietario terriero, esorta a produrre molto vino per profitto: “Vino cerca di produrne molto ma
consumane poco, perché chi banchetta una volta al mese o all’anno perde la testa e tutta la sua vita
Michele Psello (1018 ca – 1078) compose l’Encomio del vino. Dopo il pane nulla è più utile per il
nutrimento umano del vino “come nell’anima ci differenziamo dagli animali per la facoltà
razionale, così nel regime alimentare ci distinguiamo da loro per l’uso del vino” 89. “Il vino è cosa
buona sempre per tutti”90 “L’albero di Adamo fu nocivo e letale, la pianta di Noè benefica e datrice
di vita”91, “non c’è nulla assolutamente di più grande né di pari al vino che è il tipo typos del sangue
divino nel mistero sacrifico, purificazione del peccato e salvezza del mondo” 92. “se poi c’è qualcuno
che beve acqua ,… sceglie di vivere come le bestie per la rozzezza (apeirokalia) o ignoranza
84
GREG. NAZIAZ. Carmina, I, ii, 32, 105-106 = Sententiae a Joanne Georgida monacho collectae, n. 41, in Odorico, op.
cit. (nota 89), p. 270.
85
Ibid., 32, 31-32 = Sententiae a Joanne Georgida monacho collectae, n. 1043, in ODORICO, op.cit. (nota 89), p. 236.
86
Anthologia Palatina, XI 60, 1-2, 9-10.
87
77 III, p. 412 Cougny.
88
Νομος γεωργικος p.. 229, 19 Litavrin (G.G. LITAVRIN (ED.), Soviety i rasskazy Kekaumena. Socinenie vizantoloskogo
polkivodca XI veka, Moskva 1972).
89
A.R. LITTLEWOOD (ED.), Michaelis Pselli Oratoria minora, Bibliotheca Teubneriana, Leipzig 1985, 30, pp. 111-116
(p.111, 14 sg.).
90
Ibidem, p. 112, 35.66
91
Ibidem, p. 111, 24 sg.
92
Ibidem, p. 115, 136-142.
19
(kenodoxia)93. Certamente “bisogna evitare l’intemperanza, sapendo che la misura è la cosa
Banchetti e cibi rari vengono topicamente rimproverati dai padri della chiesa ai ricchi, grandi
“La vanagloria, il desiderio di piacere agli uomini e l’agire per mettersi in mostra sono vietati
assolutamente in ogni circostanza ai cristiani… Noi vediamo che hoi exothen si vergognano della
umiliazione della povertà e si preoccupano di ogni abbondanza di cibi e di ogni lusso, quando
Dunque non è decoroso che ci procuriamo da fuori oggetti d’argento o tovaglie orlate di porpora,
giacigli morbidi o tappeti fini, così non dobbiamo scervellarci per cibi che sono del tutto estranei al
nostro regime abituale. Il correre di qua e di là alla ricerca di cose di cui non sentiamo
l’indispensabilità per i nostri bisogni ma sono state inventate per un piacere miserabile e per una
vanagloria letale, non solo è vergognoso e dissonante rispetto all’obiettivo che a noi è proposto, ma
anche reca con sé un danno non comune… il lusso è un male ed è da fuggire”. Basilio si attiene al
concetto della “sufficienza”. Col termine sufficiente indica la condizione che non è né di mancanza
né di superfluo dei beni che sono necessari. “La sufficienza è peraltro varia ed è relativa alla
condizione del corpo e alla necessità della situazione. Uno ha necessità di un cibo più abbondante e
più robusto perché svolge un lavoro faticoso, un altro un cibo più scarso e delicato e in tutto adatto
alla sua debole costituzione; ma in genere per tutti c’è necessità d’un nutrimento più economico e
“In ogni caso tuttavia è indispensabile che ci sia accuratezza e decoro della mensa, senza che in
Il banchetto riguarda ad ogni modo uno strato molto ridotto della popolazione. I grandi consumatori
di carne e vino sono soggetti a forme di gotta rovinose per tutto il corpo. Costantino IX Monomaco
93
Ibidem, p. 113, 72-77.
94
Ibidem, p. 113, 82-83.
95
BASILIO DI CESAREA, La cura del povero e l’onere della ricchezza. Testi dalle regole e dalle omelie, a cura di L.F.
PIZZOLATO, Regole diffuse, 20, Milano 2013, pp. 185-187. Cfr. BROWN, op.cit. (nota 40), p. 437.
20
subisce attacchi di gotta invalidante il cui decorso è descritto a Psello; anche un guerriero come
Alessio I Comneno soffriva di gotta che veniva curata dalla moglie Irene. Cristoforo di Mitilene (XI
Gli altri,
Gli schiavi domestici sono trattati umanamente da Teoctista (740-C. 802) la severa madre di san
Teodoro di Studio con un pezzo di pane e di lardo un po’ di vino nei giorni feriali, mentre nei giorni
festivi venivano fornito loro anche qualche dolce, carne fresca, pollame e pesce 97, digiuno
permettendo. La dama Teoctista apparteneva ad uno strato alto della popolazione, faceva parte
dell’alta burocrazia sia per famiglia di origine sia per matrimonio ed era addirittura parente di
Teodota la moglie di Costantino VI sposata contro i canoni nel 795, che dette origine al cosiddetto
scisma mechiano e alla quale Teoctista divenuta monaca rifiutò l’ingresso nel suo monastero per
una visita atta a legittimarne il ruolo sociale a Costantinopoli. Teodoro Prodromo fra XI e XII
secolo trova a fatica nella sua dispensa pane, tonno e sgombero in salamoia.
Ai poveri si offre pane di una delle tre qualità disponibili e vino di bassa qualità, come il vino
valacco, per di più annacquato. Il pasto più comune per le classi inferiori consiste in pane,
formaggio98, legumi – di solito fagioli secchi o freschi conditi con olio di oliva – farinata di avena,
99
olive verdi e nere, uova e vino. Carne e pesce erano raramente consumati dalle classi inferiori.
Una curiosità è l’uso della salsa di olive secondo Simeone Seth: “Dicono che se qualcuno bagnerà
con la salsa delle olive la casa, in essa distruggerà le pulci, soprattutto se a questa mescolerà
insieme una parte di cumino selvatico tritato” 100 Michel Kaplan101 ha calcolato sulla base della dieta
del monaco Damiano del 1101-1102 un bilancio alimentare completo anche se non forse estensibile
a tutta la popolazione in generale: Frumento 155, 5 kg. Pari a 500 grammi al giorno di pane
96
CRISTOFORO DI MITILENE, Canzoniere, Catania 1983, n. 22, pp. 68-69 (trad. C. Crimi).
97
TEODORO STUDITA, Catechesi – Epitafio per la madre,a cura di A. PIGNANI, Napoli 2007, cap.5 righe 134-140.
98
G.C. MANIATIS, The Byzantine Cheesemaking Industry, in Byzantion, 84(2014), pp.257-283.
99
P. CHARANIS, Some Apects of daily Life in Byzantium, in The Greek Orthodox Theological Review, 8 (1962-1963),
pp. 63-65. E. KISSLINGER, L’alimentazione a Bisanzio, in Rivista di Bizantinistica, 1(1991), pp. 63-72.
100
SYMEON SETH, Syntagma de Facultatibus Alimentorum, ed. B. LANGKAVEL, Leipzig 1868, p. 39 rr. 5-7. 39. H.-G.
BECK, Geschichte der Byzantinischen Volksliteratur, Muenich 1971, pp. 41-45.
101
M. KAPLAN, Les hommes et la terre à Byzance du Vie au XIe siècle, Paris 1992, p. 26.
21
integrale; Leguminose 38.9kg. Vino 410,01 litri; olio 3.41 litri; miele 102.01 per un totale di
947.000 calorie pari a 2.600 calorie al giorno. Il consumo del vino, risulta nel complesso tossico per
il fegato102 perché comporta una media di poco più di un litro al giorno ma i molti giorni di digiuno
ne aumentano la quantità nei giorni leciti. Noto che un litro al giorno era la quantità consumata nei
monasteri benedettini occidentali come a Subiaco prima della guerra , poi ridotta alla metà. Ma
102
Rimando alla eccellente tesi svolta dal dietologo dott. Vanes Pezzoli, L’alimentazione a Bisanzio fra cultura e
società, tesi di laurea in Storia Bizantina discussa presso la Università di Bologna Facoltà di Lettere e Filosofia,
nell’anno accademico 1996-1997 sotto la mia relazione.
103
M. DEBISKA, Diet: A Comparison of Food Consumption between some eastern and western Monasteries in the 4th-
12th Century, in Byzantion, 55 (1985), pp. 431-462.
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