Il 0% ha trovato utile questo documento (1 voto)
280 visualizzazioni52 pagine

01 - Lezioni - Di - Diritto - Amministrativo - D - Alberti - Capitoli - Da - 2 - A - 7

Il documento tratta dei principi fondamentali del diritto amministrativo, distinguendo tra principi tipici dell'amministrazione pubblica come legalità, imparzialità, buon andamento, ragionevolezza e proporzionalità, e principi generali del diritto applicabili alle pubbliche amministrazioni. Vengono inoltre descritti i diversi soggetti che pongono i principi giuridici come la legislazione, la giurisprudenza e le norme sovranazionali.

Caricato da

palacla
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato DOC, PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (1 voto)
280 visualizzazioni52 pagine

01 - Lezioni - Di - Diritto - Amministrativo - D - Alberti - Capitoli - Da - 2 - A - 7

Il documento tratta dei principi fondamentali del diritto amministrativo, distinguendo tra principi tipici dell'amministrazione pubblica come legalità, imparzialità, buon andamento, ragionevolezza e proporzionalità, e principi generali del diritto applicabili alle pubbliche amministrazioni. Vengono inoltre descritti i diversi soggetti che pongono i principi giuridici come la legislazione, la giurisprudenza e le norme sovranazionali.

Caricato da

palacla
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato DOC, PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 52

Cap 2 I PRINCIPI DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

La globalizzazione giuridica ha fatto sì che alle norme nazionali e subnazionali si


siano aggiunte le norme dell’ordinamento comunitario e delle discipline
internazionali. Possiamo dire, quindi, di vivere in un sistema giuridico articolato su
più livelli. E questo vale per tutte le branche del diritto ma in particolar modo per
quei sistemi giuridici non codificati: come il d. internazionale, il d. comunitario e il d.
amministrativo.
In questa situazione i principi giuridici svolgono un ruolo molto importante anche per
la loro funzione di ricondurre ad una maggiore uniformità le discipline frammentate.
I principi operano come vere e proprie norme giuridiche e sono caratterizzati da un
contenuto e da un riconoscimento generale..

Chi pone i principi? I principi possono essere posti dalla legislazione. Può trattarsi
della Cost tanto che nel nostro ordinamento l’Art 97 Cost fa espresso riferimento a 2
principi fondamentali per l’amministrare pubblico cioè l’imparzialità e il buon
andamento. Oppure possono essere posti dal legislatore ordinario ad es la legge
241/1990 prevede i principi di economicità, efficacia, di pubblicità e trasparenza. O
ancora il Codice civile stabilisce i principi di correttezza e di buona fede che possono
essere applicati anche all’attività dell’amministrazione pubblica.
Oppure possono essere posti dalla legislazione ultranazionale, ad es il Trattato sul
funzionamento dell’UE prevede il principio di libera concorrenza e impone alle
misure normative e amministrative di adeguarsi ad esso.
Molto importate è anche il ruolo svolto dalla giurisprudenza nella formazione dei
principi. Da un lato troviamo i cd principi sans texte cioè principi privi di una
esplicita previsione normativa e sono stabiliti dall’opera dei giudici. E dall’altro
possiamo trovare delle determinazioni giurisprudenziali o meglio precisazioni o
definizioni effettuate dai giudici su principi che si ritrovano nelle leggi.

TIPI DI PRINCIPI
Nel diritto amministrativo si possono distinguere :
1. principi tipici e propri dell’amministrazione pubblica
2. e principi generali del diritto applicabili anche alle pubbliche amministrazioni

I PRINCIPI TIPICI E PROPRI DELL’AMMINISTRAZIONE


PUBBLICA trovano il loro significato essenziale nella regolazione dell’ attività
amministrative pur potendo essere applicati anche ad attività di altri pubblici poteri e
in alcuni casi limitati anche ad attività di soggetti privati.

IL PRINCIPIO DI LEGALITA
Prevede che l’attività amministrativa deve trovare una base nella legge. Questo
principio non ha un fondamento costituzionale ma ci sono alcune norme della Cost
che fanno riferimento ad esso come l’Art 23 della Cost i base al quale “nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Il legislatore ha previsto un visione limitata di tale principio quando all’art 1 della
legge 241/90 ha stabilito che “ l’attività amministrativa persegue i fini determinati
dalla legge”. In questo caso il riferimento è solo ai fini mentre il principio di legalità
vuole che i tipi e i presupposti dell’atto amministrativo siano previsti dalla legge. In
altra parole la legalità confina con la tipicità e la nominatività degli atti
amministrativi ovvero atti unilaterali e autoritativi della PA.
Il principio di legalità si pone come argine a protezione del cittadino nei confronti
dell’attività autoritativa della PA e questo è evidente nell’art 23 Cost che richiede una
base di legge nei casi di prestazioni imposte dal pubblico potere.
Il principio di legalità ha subito un importate evoluzione cioè si è passati dalla
necessaria osservanza della legge al necessario rispetto del diritto. Quindi la PA deve
rispettare non solo le leggi ma anche i principi di diritto (es ragionevolezza) privi di
un espressa previsione legislativa. Inoltre la PA deve rispettare anzitutto le norme
comunitarie che prevalgono su quelle nazionali, infatti se una norma nazionale
contrasta con una norma comunitaria deve essere disapplicata.

IL PRINCIPIO DI IMPARZIALITà

Trova fondamento nella Cost all’art 97 in base al quale “ i pubblici uffici sono
organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione”.
La dottrina ha collegato l’imparzialità al corretto esercizio delle scelte della PA che
implicano una ponderazioni tra interessi diversi (interessi pubblici, privati e collettivi)
di conseguenza tale principio entra in gioco quando la PA agisce come autorità
nell’esercizio del potere discrezionale.
L’imparzialità vale come divieto di discriminazioni, favoritismi e preferenze per cui
confina con l’uguaglianza. Inoltre la giurisprudenza ha fatto discendere dal principio
di imparzialità alcuni obblighi specifici delle pubbliche amministrazioni:
 innanzitutto l’obbligo di determinare criteri e modalità prima di procedere.
Tale obbligo in alcuni casi è stabilito dal legislatore ed in altri è imposto per
via giurisprudenziale
 in secondo luogo la PA ha l’obbligo di compiere una valutazione adeguata
di tutti gli interessi in gioco (pubblici, privati e collettivi) prima di decidere
e il mancato rispetto di tale obbligo può comportare l’invalidità del
provvedimento amministrativo per eccesso di potere
 infine un altro obbligo è quello di astensione del funzionario amministrativo
in caso di conflitto di interessi. La mancata astensione produce l’invalidità
non solo dell’atto amministrativo ma anche dell’atto del collegio
amministrativo senza che si possa far valere la cd prova di resistenza
IL PRINCIPIO DEL BUON ANDAMENTO

Tale principio, come quello dell’imparzialità, è previsto all’art 97 Cost. è un


concetto molto ampio che fa pensare al comportamento del buon padre di famiglia e
come tale può trovare applicazione sia all’attività pubblicistica e autoritativa della
PA e sia all’attività consensuale o contrattuale.
Il principio del buon andamento è connesso ai criteri di economicità (minor costo)e
di efficacia (che misura i rapporto tra i risultati ottenuti e gli obiettivi prestabiliti)
della PA. E’ legato anche al diritto ad una buona amministrazione (la PA deve
perseguire la migliore realizzazione dell’interesse pubblico) ed è legato anche alla
tempestività dell’azione amministrativa (di provvedere entro un termine stabilito)

IL PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA

E’ un principio di origine giurisprudenziale. Il punto di riferimento della


ragionevolezza è stato l’obbligo di motivazione dell’atto, della decisine , del
provvedimento amministrativo che appunto devono avere una motivazione
ragionevole. Il controllo giurisprudenziale sulla ragionevolezza della motivazione
amministrativa ha conosciuto un’evoluzione importante soprattutto in Gran Bretagna
dove il giudice inizialmente aveva impiegato un concetto molto labile di
ragionevolezza secondo il quale la decisione amministrativa viola il principio di
ragionevolezza quando viene adottata una scelta talmente assurda che nessuna
persona ragionevole avrebbe mai pensato di adottare (il caso dell’insegnante
licenziata solo per il colore dei suoi capelli). Il giudice poi è passato ad un concetto
ben diverso di ragionevolezza che lo ha portato a censurare atti della PA
contraddittori, illogici dotati di motivazioni irrazionali e incoerenti.
Il principio di ragionevolezza è legato, quindi, alle attività autoritative dei poteri
pubblici cioè l’attività legislativa o l’attività amministrativa pubblicistica.

IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’

Anche il principio di proporzionalità, come la ragionevolezza, è di origine


giurisprudenziale. 3 sono i profili essenziali della proporzionalità:
1. la decisione deve essere adeguata al fine che si intende realizzare
2. la misura adottata non deve eccedere quello che è necessario per
raggiungere il fine prefissato e che non esistano misure meno restrittive
nei confronti degli amministrati. Ad es se si presenta una scelta tra più
opzioni, occorre ricorrere a quella meno restrittiva perché non si possono
imporre obblighi e restrizioni alla libertà del cittadino in misura superiore a
quella necessaria per raggiungere gli scopi che l’amministrazione deve
realizzare.
3. deve sussistere una equilibrata proporzione tra le utilità pubbliche e i
sacrifici imposti. In altre parole il sacrificio delle situazioni giuridiche
soggettive che il provvedimento amministrativo comporta deve essere
proporzionato rispetto al beneficio ottenuto
ad es la giurisprudenza ha ritenuto non proporzionato un provvedimento
amministrativo che imponeva la sospensione dei lavori di una zona di rispetto di una
sorgente poiché l’amministrazione non aveva verificato le misure idonee a rendere
compatibile l’edificazione con il rispetto delle risorse idriche.
La valutazione del giudice sul proporzionato o non proporzionato equilibrio tra
benefici ottenuti e sacrifici imposti può comportare un controllo di merito
sull’azione amministrativa che è consentito al giudice in casi espressamente previsti
dal legislatore.

IL PRINCIPIO DI PARTECIPAZIONE

Prevede che l’amministrato possa esprimere la propria “voce” (oralmente o per


iscritto) prima della decisione amministrativa e che possa partecipare al procedimento
che conduce al provvedimento finale.
Il principio di partecipazione confina con il principio del contraddittorio del diritto
processuale. L elemento comune ai 2 principi è la garanzia data alla voce
dell’amministrato. Mentre la differenza sta nel fatto che la partecipazione riguarda la
facoltà degli amministrati di manifestare propri interessi all’interno del procedimento
amministrativo preliminare all’adozione della decisione finale. Il contraddittorio
invece individua quelle vicende nelle quali i destinatari dell’azione amministrativa
sono legittimati ad interloquire su tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai fini
della decisione amministrativa. Il contraddittorio interviene in procedimenti
amministrativi di tipo processuale che coinvolgono l’amministrazione e un privato
(es procedimento disciplinare).
iL principio della partecipazione trova un limite nella legge 241/90 che esclude
l’applicabilità delle garanzie partecipatorie ai procedimenti con contenuti ed effetti
generali per i quali valgono le relative norme speciali. Si tratta di procedimenti rivolti
ad un insieme indeterminato di destinatari (es piani urbanistici che riguardano tutti i
soggetti che insistono su un territorio). Quindi il principio di partecipazione vale solo
per quei procedimenti particolari che si rivolgono ad uno o + destinatari determinati e
non per quelli generali.
Il mancato rispetto del principio di partecipazione dovrebbe viziare il provvedimento
finale rendendolo annullabile ma è stata introdotta una norma controversa secondo la
quale il provvedimento vincolato, non discrezionale, adottato in violazione di norme
sul procedimento non è annullabile se sia palese che il suo contenuto non avrebbe
potuto essere diverso da quello adottato in concreto. In ogni caso il provvedimento
anche discrezionale non è annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del
procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato in concreto.
L’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEL PROVVEDIMENTO
AMMINISTRATIVO

I provvedimenti giurisdizionali sono soggetti all’obbligo di motivazione ai sensi


dell’art 111 Cost. Successivamente l’obbligo di motivazione si è esteso anche ai
provvedimenti amministrativi ma questo non ha un fondamento costituzione ma la
legge sul procedimento amministrativo, la 241/90 ha incluso tra i principi la
motivazione del provvedimento.
La motivazione deve comprendere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che
hanno determinato la decisione amministrativa in relazione ai risultati dell’istruttoria.
Per cui la motivazione riguarda gli elementi di fatto e di diritto sui quali si basa il
provvedimento. Ma come per la partecipazione, la legge 241/90 non prevede
l’obbligo della motivazione per i provvedimenti con contenuti generali.
La mancanza di motivazione o la motivazione insufficiente o irragionevole
producono l’invalidità del provvedimento finale.

IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI

Affinchè la voce dell’amministrato si possa esprimere con maggiore efficacia, è


necessario che essa si fondi su una “visione” degli atti e dei documenti del
procedimento che conduce alla decisione amministrativa.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è stato introdotto solo recentemente
nel diritto amministrativo e il nostro ordinamento lo ha riconosciuto con la legge
241/90 la quale configura il diritto di accesso ai documenti amministrativi come
principio generale dell’attività amministrativa.
Tale diritto ha un ambito molto esteso sia sul piano soggettivo che sul piano
oggettivo:
 sul piano soggettivo (dei soggetti) il diritto di accesso si esercita nei confronti
delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti
pubblici e dei gestori dei servizi pubblici. Per “pubbliche amministrazioni” si
intendono sia i soggetti di diritto pubblico sia i soggetti di diritto privato
limitatamente alla loro attività di pubblico interesse. Questa estensione crea
problemi per i gestori privati di servizi di pubblica utilità come le
telecomunicazioni o l’energia elettrica che si trovano ad essere sottoposti a
vincoli molto gravosi per l’attività d’impresa
 sul piano oggettivo il diritto di accesso si applica sia alle attività autoritative
delle pubbliche amministrazioni e sia alle attività di tipo non autoritativo come
quelle contrattuali o imprenditoriali. La ragione sta nel fatto che il diritto di
accesso per legge è orientato al fine di favorire la partecipazione e di assicurare
l’imparzialità e la trasparenza.
Le esclusioni dal diritto di accesso sono fattispecie tassative ed espressamente
previste dalla legge (art 24 legge 241/90).
I PRINCIPI COMUNI A SOGGETTI PUBBLICI E PRIVATI sono
principi generali del diritto e come tali applicabili non solo alla PA ma anche a
soggetti privati.

IL PRINCIPIO DI BUONA FEDE

Il principio di buona fede lo ritroviamo nel codice civile a proposito dell’attività


contrattuale e precontrattuale . l’art 1337 stabilisce che le parti, nello svolgimento
delle trattative e nelle formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona
fede oppure l art 1375 prevede che il contratto deve essere eseguito secondo buona
fede. Nel diritto amministrativo il principio di buona fede è canone generale
dell’attività amministrativa e si applica sia all’attività privatistica come
nell’esecuzione di contratti pubblici e sia all’attività pubblicistica collegata o meno
con i contratti.

IL PRINCIPIO DI CORRETTEZZA

Anche tale principio trova fondamento nel Codice Civile, la materia è quella delle
obbligazioni. L’ art 1175 stabilisce che il debitore e il creditore devono comportarsi
secondo le regole della correttezza di conseguenza la correttezza vale per le parti di
un rapporto obbligatorio. Come sappiamo le obbligazioni derivano da contratto, da
fatto illecito e da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità
dell’ordinamento giuridico; quindi le obbligazioni possono derivare anche da
procedimento e da provvedimento amministrativo.
Nel diritto amministrativo tale principio si applica alla materia dei contratti delle PA
ma anche al procedimento e al provvedimento in quanto nel procedimento si viene a
creare un contratto tra PA e privato che è simile ad un rapporto obbligatorio.
La violazione della correttezza può comportare una responsabilità contrattuale della
pubblica amministrazione che comporta l’inversione dell’onere della prova
ponendolo a carico dell’amministrazione.
Quindi anche il principio di correttezza è diventato canone generale dell’attività
amministrativa nelle sue manifestazioni privatistiche e pubblicistiche.

IL PRINCIPIO DELLA CONCORRENZA

E’ nato dal diritto commerciale e vale per le imprese cioè tale principio enuncia che
devono essere assicurate eguali chance alle imprese che intendono entrare nel
mercato. Vi sono norme comunitarie e nazionali che vietano le intese tra imprese che
restringono la concorrenza e che ostacolano il gioco concorrenziale.
Negli ultimi anni tale principio è diventato principio generale applicabile anche ai
soggetti pubblici e ai pubblici poteri. Esso si applica non solo alle imprese gestite
dalla mano pubblica(vi rientrano le norme dirette alle imprese) ma anche ai poteri
pubblici quali i legislatori e le pubbliche amministrazioni.
La norma + importate è quella contenuta nell’art 19 del TFUE che obbliga le
istituzioni dell’UE e gli stati membri a conformarsi al principio di una economia di
mercato aperta e in libera concorrenza. Se nn si conformano al principio di
concorrenza possono scattare delle procedure comunitarie di infrazione o in caso di
regole di concorrenza immediatamente efficaci, le autorità giudiziali o amministrative
devono disapplicare le misure contrastanti con la norma comunitaria.
Nella nostra Cost, al titolo V viene stabilito che i legislatori statali e regionali devono
rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario tra cui il principio di libera
concorrenza. E vien attribuita in maniera esclusiva alla legislazione statale la materia
denominata “tutela della concorrenza”, per cui se le Regioni nella loro legislazione
concorrente penetrano in questa materia, vi è spazio per il sindacato della Corte
Costituzionale. Quindi possiamo dire che il principio di libera concorrenza
condiziona non solo l’attività delle imprese (pubbliche e private) ma anche l’azione
legislativa

IL PRINCIPIO DELLA TRASPARENZA

Ha trovato sviluppo nel diritto commerciale soprattutto in materia di mercati


finanziari in quanto le imprese che operano nel settore bancario devono rispettare
l’obbligo di trasparenza a favore dei risparmiatori i quali in tale obbligo trovano una
garanzia poiche i rischi legati a certe azioni o obbligazioni devono essere chiaramente
evidenziati a tutela del consumatore.
La trasparenza è diventata un principio generale anche per le attività delle pubbliche
amministrazioni e la giurisprudenza riconduce a tale principio vicende come
l’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo, il diritto di accesso ai
documenti e la pubblicità di alcune fasi di procedure di concorso o di aggiudicazione
di contratti pubblici..
In sostanza anche il principio di trasparenza che è principio generale comune a
soggetti pubblici e privati, per la PA diventa cogente in relazione sia all’attività
privatistica che pubblicistica.

LA DIVERSA PORTATA DEI PRINCIPI NEL DIRITTO


AMMINISTRATIVO

I principi propri e tipici dell’amministrazione pubblica (imparzialità e


proporzionalità) e i principi generali che operano anche in diritto amministrativo
(come la buona fede e la correttezza) hanno una diversa portata in quanto:
 i principi tipici e propri dell’amministrazione pubblica si applicano solo a
quella parte dell’attività amministrativa che ha natura autoritativa e
pubblicistica. Trovano il loro fondamento nell’essere contrappesi a favore
dell’amministrato nei confronti dell’esercizio del potere amministrativo di
natura pubblicistica. Fanno eccezione il buon andamento e il diritto di accesso
ai documenti amministrativi che invece hanno portata generale in quanto si
applicano anche alle attività amministrative privatistiche.
 I principi generali e comuni a soggetti privati e pubblici hanno acquisito
portata generale nel diritto amministrativo in quanto si applicano a tutte le
attività amministrative sia privatistiche che pubblicistiche. Sono canoni
generali dell’azione amministrativa e servono sia da contrappeso all’autorità,
al potere amministrativo di tipo pubblicistico e sia da criteri equilibratori
dell’attività privatistica della PA.

LE FUNZIONI DEI PRINCIPI

Sono 3 le funzioni principali dei principi giuridici:


1. la funzione interpretativa delle disposizioni
2. la funzione integrativa delle norme
3. e la funzione limitativa del potere

per quanto riguarda la funzione interpretativa, l’interprete deve leggere le norme alla
luce dei principi e quindi ad es prevale l’interpretazione delle norme che è + in
armonia con i principi del diritto

la funzione integrativa viene svolta quando ci sono delle lacune che non possono
essere colmate facendo ricorso all’ analogia e allora l’interprete fa ricorso ai principi.
L’art 12 delle disposizioni preliminari al Cod. Civ. stabilisce che si impiegano i
principi generali dell’ordinamento dello Stato ma tale art va letto in modi + ampio
includendovi anche i principi comunitari

ed infine vi è la funzione limitativa del potere che nel diritto amministrativo riveste
un ruolo importante. Infatti tutti i principi tipici e propri dell’amministrazione
pubblica hanno svolto e continuano a svolgere la funzione di contrappeso al potere
pubblicistico della PA ma anche i principi comuni a soggetti pubblici e privati
tendono a limitare il potere pubblicistico dell’amministrazione
CAP 3 L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

LA PROBLEMATICA DELL’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

Il diritto amministrativo nasce e si sviluppa attorno al problema dell’attività


amministrativa. Le questioni giuridiche più rilevanti riguardano:
 il concetto di PA come apparato
 il rapporto tra politica e amministrazione
 le figure soggettive che fanno parte della PA (ministeri, enti pubblici..)
 le strutture che operano nell’ambito delle figure soggettive (uffici e organi)
 i rapporti organizzativi tra tali strutture
 i nessi tra organizzazione dello stato e degli altri enti territoriali.

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. CONCETTO E AMBITO.

Pubblica amministrazione può significare sia l’attività amministrativa e sia l’insieme


degli apparati che la svolgono.
Definire la PA come apparato non è semplice anche perché le PA hanno assunto
dimensioni grandissime a causa dell’aumento delle funzioni attribuite ai pubblici
poteri.
La dottrina ci ha fornito una nozione residuale e ha sottolineato che le PA occupano
una posizione intermedia tra la collettività e gli organo costituzionali e in questo
modi si distinguono sia dagli apparati del potere legislativo e sia da quelli del potere
giudiziario.
Si è detto ,poi, che le PA sono strutture che svolgono un’attività caratterizzata dalla
cura concreta di interessi pubblici, tale attività si distingue da quella legislativa in
quanto cura astratta di interessi pubblici e da quella giurisdizionale che è un ‘attività
di decisione super partes e non cura di interessi.

Per inquadrare il concetto di PA è necessario partire dalla Costituzione. L’art 97


stabilisce che i “pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge “. E’ la
legge quindi che provvede alla loro organizzazione. Inoltre l’art 97 dispone che alla
PA si accede mediante concorso. In questo modo la Cost evidenzia dei tratti
caratteristici delle PA e cioè:
 l’organizzazione per legge
 e il principio del concorso per reclutamento

Per evidenziare le PA è possibile utilizzare alcune indicazioni che provengono dal


legislatore ordinario il quale non ci da una definizione di PA ma indica delle figure
soggettive a cui si applicano norme sull’organizzazione, sull’impiego, sui
procedimenti, sui contratti e sulla giurisdizione.
Molto importante è il d.lgs 165/2001 sui dipendenti pubblici, che contiene un elenco
delle PA tenute ad applicare il regime di impiego pubblico. Tale decreto dispone che
per amministrazioni pubbliche si intendono:
 tutte le amministrazioni dello Stato compresi gli istituti e scuole di ogni ordine
e grado
 le Regioni, le provincie,i Comuni, le Comunità montane
 le istituzioni universitarie
 le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura
 tutti gli enti pubblici non economici
 gli enti del servizio sanitario nazionale

Tale elenco non comprende le autorità amministrative indipendenti che cmq possono
essere ricondotte tra le PA in quanto applicano un regime di pubblico impiego anche
se speciale.

La legge 241/1990 sul procedimento amministrativo menzione le PA che sono tenute


ad applicare i principi e le regole da essa dettati. In particolare le amministrazioni
statali e gli enti pubblici nazionali sono tenuti a conformarsi a tutte le norme della
legge 241 mentre le società con totale o prevalente capitale pubblico sono tenute ad
applicare le leggi solo se svolgono funzioni amministrative.

A livello comunitario non esiste una definizione condivisa di PA. L’art 45 del TFUE
stabilisce una deroga alla libertà di circolazione dei lavoratori per gli impieghi nella
PA. Sotto questo punto di vista si considerano PA solo quelle strutture che svolgono
funzioni pubbliche di rilievo (ministeri della giustizia) per le quali siano da garantire
gli interessi nazionali.
Sempre in ambito comunitario un regolamento CE ha demandato agli istituti
nazionali di statistica(ISTAT) il compito di formulare un elenco delle unità
istituzionali che fanno parte del settore “amministrazioni pubbliche” e sono
ricomprese:
 organismi pubblici che gestiscono e fiananziano attività consistenti nel fornire
ala collettività beni e servizi non destinabili alla vendita
 le istituzioni senza scopo di lucro controllate e finanziate prevalentemente da
amministrazioni pubbliche
 i fondi pensione

Inoltre i soggetti pubblici considerate PA sono sottoposti al controllo e alla


giurisdizione della Corte dei Conti e ai sensi degli art 100 e 103 Cost sono ricompresi
anche figure soggettive di natura privata purchè stabilmente finanziate dallo Stato o
da altri enti pubblici.

Quindi da un punto di vista soggettivo e dell’organizzazione è difficile giungere ad


una definizione unitaria di PA o meglio Pubbliche amministrazioni. Ciò che
possiamo dire è che ci si riferisce ad un insieme di strutture definite PA dalla legge e
da essa organizzate alle quali si applicano determinati regimi giuridici consistenti:
1. nel d.lgs 165/2001 sulla disciplina del rapporto di pubblico impiego
2. la legge 241/1990 sulla disciplina del procedimento amministrativo
3. nella disciplina del controllo contabile e del sindacato giurisdizionale della
Corte dei Conti
4. nella sottoposizione alla giurisdizione del giudice amministrativo

alcune di queste strutture sono sottoposte a tutti i regimi e sono le PA in senso


proprio (i ministeri, l agenzie amministrative, gli enti pubblici e le autorità
indipendenti). Mentre altre strutture sono soggette solo ad alcuni regimi come le
società in partecipazione pubblica a cui si applica il controllo della Corte dei Conti se
la partecipazione pubblica è prevalente o la legge 241 se la partecipazione pubblica è
totale o prevalente ma limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative.

In conclusione le figure soggettive + importanti che rientrano nell’ambito delle


PA sono:
1. i ministeri
2. le agenzie amministrative
3. gli enti pubblici
4. le società in partecipazione pubblica e le autorità indipendenti.

Alcune figure soggettive sono dotate di personalità giuridica come le agenzie


amministrative o gli enti pubblici; mentre altre sono prive di personalità giuridica
come i ministeri o le autorità indipendenti. Ma cmq sono tutte figure soggettive cioè
centri di imputazione di relazioni giuridiche.
Nell’ambito di queste figure soggettive operano delle strutture chiamati uffici o
organi a seconda che la loro azione sia interna o esterna.

I RAPPORTI TRA POLITICA E AMMINISTRAZIONE

Nel quadro della separazione dei poteri, la PA è stata collocata nell’ambito


dell’apparato e del potere esecutivo e questo sta a significare supremazia del governo
e dei ministri sulla PA. La figura organizzativa tipica è quella del ministero che è
capo gerarchico dell’organizzazione ministeriale avente struttura piramidale cioè. Al
vertice sta il ministro che è figura politica e amministrativa, sotto di lui si collocano
le varie direzioni e uffici.
Ma aumentando le funzioni svolte dalle PA, cioè non + solo funzioni d’ordine
attribuite alle amministrazioni dello Stato liberale(ordine pubblico, sicurezza, difesa
giustizia) ma ad esse sia aggiungono funzioni di Welfare, di benessere sociale come
la sanità o la previdenza, il governo e i ministri non riescono più a seguire tutti gli
affari amministrativi. Cos’ assumono importanza le strutture amministrative che
prima erano sottomesse ai ministri in particolare i dirigenti amministrativi e i
funzionari.

La cost sembra fornire 2 immagini del rapporto tra politica e amministrazione:


 da un lato l’art 95 sottolinea il ruolo essenziale della politica nei confronti della
PA dove prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri mantiene l’unità
di indirizzo politico e amministrativo promuovendo e coordinando l’attività dei
ministri
 dall’altro la Cost apre verso una autonomia dell’amministrazione pubblica art
97 in materia di organizzazione dei pubblici uffici e sul principio di
imparzialità della PA.

I MINISTERI

Le leggi cavourriane configuravano il ministero come una struttura piramidale. Tutti i


poteri spettavano al ministro che si trovava al vertice del suo dicastero. Sotto il
ministro stavano uffici meramente servienti che non diventavano organi perché i
rapporti con l’esterno passavano esclusivamente per il ministro.
Verso la fine dell’800 sono aumentate le funzioni affidate ai ministeri in quanto lo
Stato borghese che si era limitato a svolgere funzioni d’ordine ha lasciato spazio alla
Stato Pluriclasse dispensatore di servizi,imprenditore e regolatore dell’economia. In
questo quadro, era impossibile per il ministro occupare così tante funzioni e così i
funzionari più elevati degli uffici ministeriali hanno ricevuto deleghe guadagnando
un autonomia decisionale.
Intorno al 1970 è stata varata una riforma che ha attribuito ai dirigenti specifiche
competenze proprie. In questo modo le strutture amministrative da loro dirette non
erano più meri uffici servienti del ministro ma diventavano organi chiamati ad
adottare atti aventi rilevanza esterna.
E’ stata poi varata una seconda riforma che ha attribuito al ministro solo le funzioni
di indirizzo politico e di controllo mentre ai dirigenti vengono affidate tutte le
funzioni di gestione amministrativa. E’ stato poi stabilito un numero contenuto di
ministri(12) sulla base che i ministri non possono moltiplicarsi in funzione delle
esigenze della politica.
Per quanto riguarda l’organizzazione interna dei misteri, questa è eterogenea:
 gli uffici dirigenziali generali di livello superiore e i relativi compiti sono
individuati con regolamento emanato da ciascun ministro
 gli uffici dirigenziali non generali di livello inferiore e i relativi compiti sono
individuati con decreto ministeriale di natura non regolamentare.

Vi sono 2 modelli ministeriali:


1. i ministeri articolati in dipartimenti
2. e i ministeri articolati in direzioni generali
I dipartimenti sono strutture che svolgono funzioni riguardanti grandi aree di
materie omogenee come il dipartimento del tesoro che si occupa di tutti gli affari
riguardanti la spesa pubblica. A Capo del dipartimento vi è appunto un capo
dipartimento che svolge compiti di coordinamento, controllo e direzione degli uffici
dirigenziali generali

Le direzioni generali sono strutture a cui vengono affidate materie di ambito più
ristretto rispetto a quelle dei dipartimenti come ad es la direzione generale per le
questiono globali del ministero degli affari esteri che si occupa dello sviluppo
economico e commerciale, questioni finanziarie globali, preparazione dei vertici del
G8 e del G20. E solo nei ministeri con direzioni generali è prevista la figura del
segretario generale che opera alle dirette dipendenze del ministro ed è filtro tra
politica e amministrazione.

E’ stato quindi superato il sistema piramidale. Il ministro sta sempre al vertice ma


viene effettuata un distinzione di funzioni tra ministri e uffici ministeriali.
Ai ministri spetta l’indirizzo politico e il controllo della sua attuazione, agli uffici
ministeriali spetta la gestione amministrativa e l’adozione di tutti gli atti
amministrativi che hanno rilevanza verso l’esterno.

LE AGENZIE AMMINISTRATIVE

In Italia il temine agenzie amministrative è stato utilizzato per riferirsi ad


amministrazioni pubbliche dotate di funzioni tecnico-operative. Alla fine degli anni
90 è intervenuta la prima normativa organica sulle agenzie amministrative che ha
confermato le loro funzioni tecnico-operative ed ha aggiunto che la disciplina si
occupa solo delle agenzie di interesse nazionale
Si distingue un modello generale e uno speciale di agenzie.

Le agenzie del modello generale hanno autonomia ma sono sottoposte ai poteri di


indirizzo e vigilanza di un ministro. A capo di tali agenzie vi è un direttore generale
di nomina governativa e inoltre gli statuti delle agenzie vengono adottati con
regolamento. Si tratta di pseudo-statuti poiche manca piena autonomia statutaria in
quanto vengono proposti dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri
competenti ed adottati con regolamento governativo

Le agenzie del modello speciale ricevono una regolazione derogatoria rispetto a


quella del modello generale e in esse vi rientrano le agenzie fiscali. Alle agenzie del
modello speciale viene riconosciuta autonomia regolamentare, amministrativa,
patrimoniale, contabile e soprattutto autonomia statutaria in quanto non è previsto che
gli statuti siano proposti da organi governativi e adottati con regolamento del
governo.
GLI ENTI PUBBLICI

Fino al 900 gli enti pubblici erano quasi esclusivamente enti territoriali al di la dello
Stato, i comini e le provincie. Dall’inizio del 900 cominciano a svilupparsi enti
pubblici non territoriali ma funzionali.
Gli enti pubblici territoriali sono enti politici che perseguono tutti gli interessi
pubblici che si manifestano all’interno del loro territorio.
Mentre gli enti pubblici funzionali curano un solo interesse pubblico o un insieme
determinato di interessi pubblici.
Per il diritto amministrativo l’aspetto più importante degli enti pubblici territoriali è
quello che riguarda le funzioni amministrative di tali enti. La riforma del Titolo V
Cost ha superato la precedente visione basata su un parallelismo tra funzioni
legislative e funzioni amministrative delle Regione. La nuova disciplina distingue le
2 funzioni e quindi: le funzioni amministrativa sono attribuite ai Comini ma al fine di
assicurarne l’esercizio unitario possono essere conferite a Provincie, Citta
metropolitane, Regioni e Stato in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza. Quindi gli enti territoriali sono titolari di funzioni amministrative solo in
virtù di leggi dello stato o delle Regioni che conferiscono le relative competenze.

Oggetto del diritto amministrativo sono gli enti pubblici funzionali. Si distinguono:
 gli enti pubblici economici
 enti pubblici non economici

Gli enti pubblici economici sono persone giuridiche e gestiscono imprese. Sono stati
enti pubblici economici, prima di essere trasformati in società per azioni, l’ENEL, le
Ferrovie dello Stato e le Poste Italiane.
Gli atti adottati dagli enti pubblici economici NON sono provvedimenti
amministrativi ma atti negoziali. Il rapporto di lavoro è privatistico e le relative
controversie rientrano nella competenza del giudice ordinario come giudice del
lavoro. Inizialmente la giurisdizione ordinaria era una caratteristica propria dell’ente
pubblico economico rispetto all’ente pubblico non economico ma ora non lo è più
perché il rapporto di lavoro è stato privatizzato anche nell’ente pubblico non
economico e quindi anche per questo vale la giurisdizione ordinaria.
La Figura dell’ente pubblico economico è entrata però in crisi che ha portato ad una
stagione di privatizzazioni. Si distinguono :
 privatizzazioni formali cioè la trasformazione dell’ente pubblico economico
in società per azioni che però può rimanere in mano pubblica.
 Privatizzazioni sostanziali comportano il passaggio dell’impresa dalla mano
pubblica alla mano privata. È quello che è accaduto all’ENEL

Gli enti pubblici non economici sono persone giuridiche di diritto pubblico
disciplinate da norme derogatorie rispetto alle regole civilistiche su associazioni,
fondazioni e società. Il perseguimento di un fine pubblico non è sufficiente a
qualificare una struttura giuridica come ente pubblico anche perché anche persone
private possono essere chiamate a realizzare fini pubblici. Così la giurisprudenza ha
elaborato una serie di indici idonei a riconoscere un ente pubblico cioè:
 Il perseguimento di fini pubblici
 Titolarità di poteri autoritativi
 Istituzione da parte dello Stato o di altro ente pubblico
 Percezione di contributi pubblici
 E e assoggettamento a controlli di pubblici poteri
 Se vi è ancora incertezza sulla natura pubblica dell’ente si deve dare rilievo
alla qualificazione operata dalla legge.

LE SOCIETA’ IN PARTECIPAZIONE PUBBLICA

È gestita da soggetti pubblici ed è stata la principale manifestazione dello Stato


imprenditore. Le ferrovie dello Stato e le Poste Italiane sono esempi di imprese che
hanno attraversato 3 fasi: dall’amministrazione autonoma dello stato con limitata
autonomia decisionale, all’ente pubblico economico, alla società in partecipazione
pubblica.
La figura della società in partecipazione pubblica ha avuto un importante sviluppo
grazie alle vicende dell’ IRI (istituto per la ricostruzione industriale). La crisi
americana del 29 si ripercosse anche in Europa e provocò difficoltà per le banche che
detenevano azioni di imprese in crisi. Venne così istituito l’IRI struttura transitoria
per procedere all’acquisto di azioni e al risanamento delle società. Nel 1937 l’IRI
divenne stabile e costituì holdings che hanno acquisito azioni di imprese operanti in
vari settori (siderurgico, meccanico, delle comunicazioni) diventando società in
partecipazione pubblica.

La società in partecipazione pubblica è persona giuridica di diritto privato regolata da


norme del codice civile anche se vi sono diverse deroghe come sulla nomina di
amministratori e sindaci.

Nelle società in partecipazione pubblica, lo statuto può prevedere la cd. Golden share
cioè un’azione che ha come titolare il ministro di riferimento e comporta poteri
rilevanti come il diritto di veto del ministro su acquisto di azioni considerate
inopportune. Ma secondo la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha ritenuto
che la golden share consente un controllo sproporzionato rispetto alla partecipazione
azionaria del governo nella società e gli stati hanno reagito stabilendo dei limiti
all’operatività della golden share.
Inoltre la giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito che finchè la
partecipazione pubblica è prevalente vale il controllo della Corte dei Conti.
Le società in partecipazione pubblica, tendono ad uscire dall’ambito della PA quando
la presenza pubblica diventa minoritaria ma rientrano i tale ambito quando la
presenza pubblica resta maggioritaria e in questo caso si pone il problema del
rapporto tra politica e amministrazione.
Vi è sicuramente un ampia autonomia delle società in partecipazione pubblica
rispetto alla politica. Quando la partecipazione pubblica è totalitaria, il rapporto tra
politica e amministrazione può equipararsi a quello che si ritrova negli enti pubblici
(l’indirizzo spetta alla società e la vigilanza al ministro). Quando la partecipazione
pubblica è maggioritaria, l’autonomia si espande. Cmq in ogni caso i poteri
ministeriali non si esprimono con atti pubblicistici ma con strumenti negoziali.

LE AUTORITA’ INDIPENDENTI

Sono 2 le caratteristiche essenziali delle autorità indipendenti:


1. l’elevata esperienza tecnica
2. l’estraneità rispetto all’indirizzo politico e al controllo dell’esecutivo

riguardo all’esperienza tecnica, le autorità indipendenti devono avere conoscenze


tecniche elevate perché non si tratta solo di compiti operativi (come per le agenzie)
ma si tratta anche di complesse funzioni regolatorie o quasi-giudiziali.

L’estraneità all’indirizzo politico e al controllo dell’esecutivo è caratteristica


essenziale che giustifica l’aggettivo indipendenti cioè indipendenza dal potere
governativo.

Le autorità indipendenti sono nate e si sono sviluppate in modi diversi, giuristi


francesi hanno sostenuto che se sono amministrazioni non possono essere
indipendenti e se sono indipendenti non possono essere amministrazioni. Intorno agli
anni 70 tale figura si è sviluppata anche in Italia come la CONSOB, L’autorità
garante della concorrenza e del mercato o l’autorità per l’energia elettrica e il gas.

Il diritto comunitario ha dato un rilevante contributo allo sviluppo delle autorità


indipendenti. Il sistema europea delle banche centrali prevede che le banche centrali
nazionali siano indipendenti dai rispettivi governi per lo svolgimento delle funzioni di
politica monetaria.
Oppure in materia di comunicazioni elettroniche le direttive comunitarie del 2002
hanno stabilito che gli Stati membri devono avvalersi di autorità indipendenti.
L’indipendenza vale per le imprese che forniscono reti e servizi di comunicazioni ma
anche nei confronti del governo se questo conserva la proprietà o il controllo delle
imprese.
La ragione di fondo del ricorso ad autorità indipendenti è che si tratta di regolare
territori sensibili nei quali si ritrovano diritti fondamentali ( tutela del risparmio,
garanzia della libera concorrenza, tutela dei mezzi di comunicazione di massa). E
l’indipendenza è garantita dalle procedure di nomina degli organi di vertice poche in
queste procedure il Governo non interviene. Ad es il governatore della Banca d’Italia
è nominato con decreto del PdR su proposta del Presidente del consiglio dei ministri
sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia.
Infine per quanto riguarda il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti adottati
dalle autorità indipendenti, il giudice amministrativo che è competente in via
esclusiva a giudicare su tali provvedimenti, ha chiarito che il controllo giudiziale è
pieno sui fatti e sul rispetto del procedimento mentre sulle valutazioni tecniche il
giudice può verificare l’errore ma non può sostituirsi all’amministrazione.

ORGANI E UFFICI

Le figure soggettive si articolano in uffici che sono unità strutturali elementari di


ogni organizzazione pubblica o privata , di tipo burocratico o imprenditoriale.
Gli uffici si distinguono in:
 meri uffici svolgono solo attività interna alle figure soggettive
 uffici-organi compiono atti idonei a manifestare all’esterno la volontà delle
figure soggettive e generalmente sono gli strumenti attraverso i quali agiscono
le persone giuridiche. Diversamente dalla rappresentanza nella quale in
rappresentante compie atti in nome e per conto del rappresentato, l’ufficio-
organo imputa alla persona giuridica per la quale opera le intere fattispecie
giuridiche con la conseguenza che si imputano all’ente per il quel l’organo
opera. I titolari di uffici-organi sono di diversa natura, può trattarsi di singole
persone fisiche o di collegi, di titolari professionisti o onorari.

Se il preposto è una singola persona fisica si è in presenza di un organo monocratico


(presidente di un ente pubblico)

Se il preposto è un collegio si ha un organo collegiale (consiglio di amministrazione


di un ente pubblico)

Il titolare professionale presta un opera continuativa e retribuita presso la figura


soggettiva (come il funzionario preposto ad un ufficio dirigenziale generale)

Il titolare onorario svolge le sue funzioni a titolo gratuito (come i componenti di un


comitato di studio o di consulenza)

Il titolare dell’ufficio è legato alla figura soggettiva di appartenenza da 2 rapporti


giuridici:

1. il rapporto di servizio che è un rapporto di tipo patrimoniale e riguarda la


remunerazione per le prestazioni fornite dal titolare dell’ufficio
2. il rapporto d’ufficio è un rapporto di tipo funzionale e è legato all’esercizio
delle competenze affidate all’ufficio
RAPPORTI ORGANIZZATIVI: GERARCHIA, DIREZIONE, CONTROLLO
E COORDINAMENTO

Tra le figure soggettive e tra i loro uffici troviamo rapporti organizzativi di diverso
tipo.
Per quanto riguarda i rapporti organizzativi tra figure soggettive , gli enti pubblici
non economici e le agenzie amministrative sono sottoposti a controlli esercitati dai
ministeri.
Mentre i rapporti organizzativi tra uffici si possono distinguere in rapporti di
gerarchia, direzione, controllo e coordinamento.

La gerarchia è un rapporto che corre tra l’ufficio sovraordinato e un ufficio


sottordinato, quindi è una relazione organizzativa tra uffici e riguarda le persone
fisiche in quanto titolari di quegli uffici.
La gerarchia si caratterizza da un insieme di poteri che spettano all’ufficio
sopraordinato nei confronti dell’ufficio sottordinato. Vi è quindi un potere d’ordine a
cui l’ufficio sottordinato ha l’obbligo di conformarsi di conseguenza l’ordine è
vincolante. Se poi il titolare dell’ufficio sottordinato ritiene palesemente illegittimo
l’ordine deve darne riscontro all’ufficio sopraordinato dichiarandone le ragioni.
La gerarchia comporta il potere di annullamento d’ufficio, il potere di decisione dei
ricorsi gerarchici e il potere di controllo. Il tipico rapporto gerarchico è quello tra
uffici dirigenziali in quanto gli uffici dirigenziali di livello generale sono
gerarchicamente sovraordinati agli uffici dirigenziali di livello non generale.

Il rapporto organizzativo di direzione si caratterizza perché l’ufficio sopraordinato


non ha un potere di ordine ma di direttiva nei confronti dell’ufficio sottordinato.
L’ufficio sottordinato può discostarsi dalla direttiva dandone adeguata motivazione e
in alcuni casi l’ufficio sottordinato formula una prposta sui contenuti della direttiva
che è destinato a ricevere e questo accade nell’ipotesi del rapporto tra ministro e
dirigente che ormai non è piu di gerarchia ma di direzione

Poteri di controllo sono attribuiti agli uffici sopra ordinati nei confronti degli uffici
sottordinati sia nella gerarchia che nella direzione (come il potere di approvazione
degli atti). I rapporti di controllo sono caratterizzati da un giudizio formulato in
applicazione ad un parametro che ad es può consistere nel riconoscere o negare
validità o efficacia all’atto sottoposto a controllo a seconda che il giudizio sia positivo
o negativo. Sotto questo profilo ci sono elementi comuni tra il controllo
giurisdizionale e i controlli amministrativi.
I controlli amministrativi hanno subito modifiche. Il giudizio tradizionale viene
formulato in base al paramentro della conformità alla legge, l’oggetto del controllo è
l’atto adottato dalla struttura controllata. Tipico è il controllo esercitato dalla Corte
dei Conti sugli atti del governo.
Successivamente si è passati dal giudizio basato sul parametro della conformità alla
legge, al giudizio sull’efficienza, sull’efficacia e sull’economicità. In questo caso
l’oggetto del controllo non è + solo l’atto ma l’attività posta in essere dalla struttura
sottoposta a controllo

Infine per quanto riguarda il coordinamento esso consiste nel realizzare forme di
collegamento tra le attività svolte da strutture diverse per il perseguimento di fini
comuni. Caratteristica del coordinamento è il potere spettante ad un organo ad hoc o a
uno di quelli che vi siano interessati (cd Coordinatore) di impartire disposizioni
idonee a realizzare un disegno unitario e di vigilare sulla loro osservanza e
attuazione. Si pensi ai comitati interministeriali o alla conferenza di servizi.
CAP 4 IL PERSONALE DELLE PUBBLICHE
AMMINISTRAZIONI

GLI IMPIEGATI : LE TRASFORMAZIONI DEL RAPPORTO DI LAVORO.

Il rapporto di lavoro degli impiegati delle PA si è modificato nel tempo. Fino alla fine
dell 800 il rapporto era di natura privatistica : l’atto costitutivo del rapporto era
qualificato come contratto e gli atti successivi (come promozioni, trasferimenti,
licenziamenti) erano considerati atti negoziali della PA datore di lavoro e le
controversie erano decise dal giudice ordinario.
All’inizio del 900 c è stata una progressiva “pubblicizzazione” del rapporto di
impiego presso le amministrazioni. La natura privatistica si è trasformata in
pubblicistica e gli atti piu rilevanti del rapporto tra PA e impiegato sono stati
configurati non come atti negoziali ma come provvedimenti amministrativi unilaterali
e la competenza giurisdizionale è passata in gran parte al giudice amministrativo.
Verso il 1960 c è stata una nuova trasformazione. Si è aperta la via per una
privatizzazione o meglio verso un ritorno alla configurazione privatistica ma la vera e
propria svolta si è avuta negli anni 90 con il d.lgs 29/1993 modificato dal d.lgs
165/2001 con il quale la contrattazione collettiva è diventata la fonte principale di
regolazione del rapporto di impiego presso le PA e la maggior parte delle
controversie è passata alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario come
giudice del lavoro.

LA NORMATIVA ATTUALE DEGLI IMPIEGATI

Quindi la natura giuridica del rapporto di impiego presso le PA è chiaramente


privatistica. E’ un rapporto regolato dal codice civile, dalle leggi sui rapporti di
lavoro subordinato nell’impresa, dal d.lgs 165/2001 e dalla contrattazione collettiva.
Gli atti principali del rapporto di impiego pubblico hanno natura negoziale (quindi,
promozioni trasferimenti…) sono stati privatizzati.
Solo 2 profili rimangono di natura pubblicistica cioè:
1. la fase del concorso pubblico per il reclutamento
2. e rapporti di impiego di determinate categorie di personale come i magistrati
ordinari, amministrativi, gli avvocati, il personale militare, le forze di polizia

Non mancano però deroghe alle norme privatistiche tanto che possiamo dire di essere
di fronte non al diritto amministrativo ma a un diritto speciale di lavoro.
Non si applicano le norme privatistiche alla disciplina delle mansioni superiori a
quelle assegnate, per la contrattazione collettiva sono previste procedure ah hoc ed
infine l’esercizio del d.di sciopero è sottoposto a specifiche limitazioni quando si
tratta di servizi pubblici essenziali.
Per quanto riguarda la giurisdizione è del giudice ordinario in funzione di giudice del
lavoro che ha la pienezza dei poteri nei confronti degli atti negoziali
dell’amministrazione. Il giudice ordinario può annullare o modificare gli atti
dell’amministrazione datore di lavoro non aventi natura di provvedimenti
amministrativi.
Il giudice ordinario si limita a disapplicare provvedimenti legislativi che incidono
direttamente sul rapporto di lavoro perché opera il divieto di annullamento, ciò
accade quando ad es il giudice si trova di fronte ad un atto amministrativo di
riorganizzazione degli uffici che sta alla base di un trasferimento personale. Infine al
giudice ordinario sono anche devolute le controversie relative ai comportamenti
antisindacali dell’amministrazione ai sensi dell’art 28 Statuto.

I DIRIGENTI. L’EVOLUZIONE DELLE FORMULE LEGISLATIVE

Per quanto riguarda i dirigenti, storicamente ci sono state 3 formule:


1. la prima è stata introdotta dalla legislazione cavourriana sui ministeri in cui
tutte le funzioni decisionali spettavano al ministro il quale , semmai, poteva
delegare ai dirigenti l’emanazione di singoli e specifici provvedimenti.
2. la seconda formula è intervenuta con la riforma della dirigenza negli anni 70
con la quale alcune competenze per legge sono state affidate ai dirigenti per
l’adozione di determinati provvedimenti. Il ministro non ha più poteri di ordine
ma di direttiva. Vi sono 3 qualifiche dirigenziali: il dirigente generale, il
dirigente superiore e il primo dirigente.
3. la terza formula è stata introdotta dal d.lgs 165/2001 e prosegue fino ad oggi.
Si basa sulla distinzione tra indirizzo politico e controllo sulla sua attuazione
affidati al ministro da un lato e gestione amministrativa affidata al dirigente
dall’altro. Con questa legge si è giunti ad un elenco degli atti di competenza
degli organi di governo a cui spettano le decisioni in materia di atti normativi,
la definizione di obiettivi, piani , programmi e direttive generali…. Mentre epr
i dirigenti vale una competenza definita dalla legge in via generale in quanto
ad essi spetta l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi compresi quelli
che impegnano l’amministrazione verso l’esterno e anche la gestione
finanziaria, tecnica e amministrativa. Tali attribuzioni possono essere derogate
sono espressamente e ad opera di specifiche disposizioni di legge. Le
qualifiche dirigenziali da 3 diventano 2 : la qualifica superiore è quella di
dirigente generale e la qualifica iniziale è quella di dirigente.

Si distinguono 3 tipologie di funzioni dirigenziali conferite mediante appositi


incarichi:

1. gli incarichi di segretario generale (capo dipartimento di un ministero)


2. gli incarichi apicali conferiti con decreto del PdR previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente a personale con
qualifica di dirigente
3. gli incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale generale (direzioni
generali di un ministero) conferiti a funzionari con qualifica di dirigente o a
esterni con particolari requisiti

tutti gli incarichi sono a tempo determinato e ai sensi della legge 165/2001 la durata
doveva essere non inferiore a 2 anni e non superiore a 7 ma la legge 145/2002 ha
introdotto delle modifiche e ha stabilito una durata massima di 3 anni per gli incarichi
apicali e per quelli di direzione di uffici dirigenziali di livello generale e una durata
massima di 5 anni per gli altri.
La legge 145/2002 ha anche stabilito per gli incarichi apicali e per gli incarichi ad
esterni la cessazione decorsi 90 gg dal voto di fiducia del governo e per gli incarichi
di direzione di uffici dirigenziali generali la cessazione al 70° giorno dalla data di
entrata in vigore della legge. Si tratta di meccanismi di spoils sistem in base ai quali
alcuni incarichi dirigenziali terminano al mutare dei governi o cmq prima della
scadenza natutrale. La Corte ha però dichiarato l’illegittimità costituzionale di tali
sistemi per violazione del principio di continuità e di buon andamento dell’azione
amministrativa in quanto il dirigente ha bisogno di un tempo certo e adeguato per
poter attuare le direttive del ministro. Recentemente il legislatore è intervenuto di
nuovo sullo spoils sistem prevedendo che è possibile disporre il passaggio dei
dirigenti, di qualunque qualifica, ad altro incarico prima della scadenza dell’incarico
in corso.
CAP 5 TIPOLOGIA DELLE ATTIVITA’ E SITUAZIONI
SOGGETTIVE

TIPOLOGIA DELLE ATTIVITA’ AMMINISTRATIVE

Le PA agiscono con modalità e fini diversi. Sono 2 i principali tipi di attività


amministrativa:
1. l’attività pubblicistica e autoritativa
2. l’attività privatistica e consensuale

L’attività pubblicistica e autoritativa è quella tipica delle PA con la quale nasce il


diritto amministrativo. Questa attività si esprime con l’adozione di provvedimenti
amministrativi i cui effetti giuridici si producono indipendentemente dal consenso
degli amministrati. Si tratta di atti unilaterali della PA conclusivi di procedimenti e
costitutivi di situazioni giuridiche soggettive o di interessi legittimo

L’attività privatistica e consensuale si esprime con l’adozione di strumenti pattizi


cioè attraverso la stipulazione di contratti, di convenzioni, di accordi. Tale attività è
regolata dal diritto privato sia pure con deroghe al diritto amministrativo.

FUNZIONI PUBBLICHE E SERVIZI PUBBLICI

Il termine funzione può avere significati giuridici diversi.


Innanzitutto il termine funzione sta ad indicare un’attività giuridicamente rilevante
nel suo complesso.
Il termine “funzione amministrativa” sta ad indicare l’insieme delle attività svolte
dalle PA e ricomprende sia le attività pubblicistiche e autoritative e sia le attività
privatistiche e consensuali.
Vi è una nozione più ristretta di funzione quando si parla di “funzione pubblica”,
tale nozione si è consolidata quando è sorta la distinzione tra “pubbliche funzioni” e
“servizi pubblici”.

La funzione pubblica indica le attività delle PA finalizzate a dettare prescrizioni. Le


funzioni pubbliche coincidono quindi con le attività che possono essere svolte
esclusivamente da PA e sono manifestazioni della sovranità dello Stato come le
attività di Polizia, militari, di politica estera. Si tratta di attività che sono diretta
espressione dell’autorità e vengono poste in essere tramite provvedimenti
amministrativi

Mentre il concetto di servizio pubblico fa riferimento a quelle attività svolte e


controllate da PA e finalizzate a fornire prestazioni ai cittadini. esempi di servizi
pubblici sono l’istruzione, la sanità, il servizio postale o i trasporti. Si tratta di attività
che possono essere svolte sia da poteri pubblici che da soggetti privati.
La dottrina francese aveva introdotto una distinzione : cioè che il servizio pubblico
può essere di tipo amministrativo erogato da una PA ed è soggetto a norme
pubblicistiche (istruzione impartita in una scuola statale) oppure può essere di tipo
economico e gestito da un impresa pubblica o privata in partecipazione totale o
parziale delle Stato o di enti locali e soggetto a norme privatistiche(distribuzione di
energia elettrica). Cmq tutti i tipi di servizi pubblici sono sottoposti ad alcune regole e
principi pubblicistici come il principio di continuità, eguaglianza, adeguamento alle
esigenze degli utenti. Tale distinzione è penetrata anche in Italia.

Occorre distinguere poi, una nozione soggettiva e una nozione oggettiva di servizio
pubblico.

Secondo la nozione soggettiva diventa servizio pubblico un’attività di prestazione


nel momento in cui essa è assunta in mano pubblica. Ciò che conta è l’assunzione da
parte di un soggetto pubblico indipendentemente dalle caratteristiche dell’attività,
purchè sia attività di prestazione.

Mentre secondo la nozione oggettiva è servizio pubblico un’attività di prestazione


che presenta determinate caratteristiche oggettive a prescindere dalla titolarità
soggettiva; può essere gestita da soggetti pubblici o privati purchè sia soggetta a una
regolamentazione pubblica che per il gestore comporta una sottrazione della libera
disponibilità dei fini operativi e l’imposizione dei vincoli che vanno oltre all’interesse
individuale dello stesso gestore.
La concezione oggettiva ha trovato posto anche in Italia in base all’art 43 Cost
secondo cui possono essere assunte in mano pubblica attività che si riferiscono a
servizi pubblici essenziali. In pratica il legislatore costituzionale ha previsto
l’assunzione in mano pubblica di servizi prima gestiti da privati ma aventi rilevanza
pubblica.
Il problema però resta aperto: ad es nell’ordinamento comunitario il servizio
ferroviario è attività d’impresa ma alcune prestazioni, anche se svolte da imprese
private, vanno cmq garantite a tutti gli utenti come i servizi per i pendolari a costi
contenuti. In altre parole alcune prestazioni relative a determinati settori (trasporto,
energia elettrica) anche se erogate da imprese private possono essere considerate
come servizi pubblici.

ATTIVITA’ DI IMPRESA PUBBLICA

Le PA possono svolgere direttamente attività d’impresa, si parla quindi di imprese


pubbliche.
Può trattarsi di attività di mera impresa quando prevale l’aspetto della produzione e
della vendita come per le attività industriali (PA che gestiscono imprese
automobilistiche) oppure
Puo trattarsi di attività imprenditoriale che dà luogo ad un servizio pubblico di tipo
economico quando prevale l’aspetto delle prestazioni rese agli utenti (distribuzione
dell’energia elettrica)

Cmq il regime dell’impresa pubblica è soggetta al diritto privato e in ogni caso


l’impresa pubblica è sottoposta alle regole della concorrenza che costituiscono diritto
comune alle imprese pubbliche e private. Le regole di concorrenza incontrano però
un limite cioè non trovano applicazione per tutto ciò che è legato all’adempimento
della specifica missione loro affidata. Ad es i gestori pubblici dei servizi postali sono
tenuti a garantire come specifica missione il cd servizio universale cioè devono
rendere prestazioni di base su tutto il territorio nazionale a prezzi ragionevoli per tutti
gli utenti.

A partire dagli anni 80 è forte la tendenza alla privatizzazione di imprese pubbliche.


Si distingue tra privatizzazione formale e privatizzazione sostanziale (vedi dietro).

IL POTERE DISCREZIONALE DELLA PA E LA


DISCREZIONALITA’ TECNICA

il tipico potere che la PA esercita nell’attività pubblicistica e autoritativa è la


discrezionalità amministrativa.
Inizialmente tale potere era stato definito dalla dottrina e dalla giurisprudenza come
potere di adottare la scelta + opportuna e + idonea nel perseguimento del pubblico
interesse con incidenza sulle situazioni giuridiche soggettive dei privati. In quanto
tale scelta poteva riguardare il Se adottare un provvedimento amministrativo, con
quale contenuto e a quali condizioni.
Si è passati poi ad una nuova definizione di potere discrezionale fondata su una
concezione pluralistica dei pubblici poteri e dei loro rapporti con i cittadini. Si parte
dalla premessa che le PA non perseguono un solo interesse pubblico ma hanno di
fronte una pluralità di interessi pubblici, collettivi, diffusi e privati e su questa base
sono chiamate a prendere decisioni.
Ad es se per costruire una strada pubblica c è bisogno di espropriare terreni privati,
l’amministrazione espropriante avrà di fronte vari interessi cioè l’interesse pubblico
alla viabilità che è l’interesse primario,l’interesse pubblico alla tutela della salute,
l’interesse diffuso alla protezione dell’ambiente, l’interesse collettivo di associazioni
di vario tipo e interessi privati come quelli dei proprietari che si oppongono
all’espropriazione. L’amministrazione dovrà tener conto di tutti questi interessi e
quindi il potere discrezionale della PA consiste nella ponderazione tra interessi
pubblici, privati, collettivi e diffusi.
Il controllo del giudice amministrativo sul provvedimento amministrativo
riguarda la legittimità non il merito della scelta discrezionale. Tornando
all’esempio dell’esproprio, il giudice non può sindacare l’opportunità della scelta di
espropriare o non espropriare in quanti il giudice non può sostituirsi alla valutazione
dell’amministrazione ma può verificare la coerenza, la razionalità della misura
amministrativa, la sufficienza degli interessi valutati discrezionalmente
dall’amministrazione e la proporzionalità del provvedimento in relazione agli
interessi sacrificati.
Sono stati posti dei limiti al potere discrezionale della PA. Ad es una norma della
legge 241/1990 prevede che la concessione di sovvenzioni, di contributi o vantaggi
economici a soggetti pubblici e privati, è subordinata alla predeterminazione e alla
pubblicazione da parte delle amministrazioni precedenti dei criteri e delle modalità a
cui le stesse amministrazioni devono attenersi.
La PA può anche essere titolare di discrezionalità tecnica. In questo caso siamo al di
fuori del vero e proprio potere discrezionale della PA in quanto non vi è
ponderazione di interessi diversi ma la discrezionalità tecnica comporta
l’applicazione di regole tecniche ad una determinata fattispecie ad es una
certificazione di un medico di una struttura pubblica sul grado di invalidità di una
persona.
La giurisprudenza ha anche introdotto il concetto di valutazione tecnica complessa.
E’ il caso di materie complesse in cui si applicano regole di scienze non esatte o
concetti indeterminati ne sono es la valutazione di impatto ambientale o il piano
regolatore generale

L’AUTONOMIA NEGOZIALE DELLA PA

Nell’attività privatistica e contrattuale, la PA fa valere una situazione soggettiva di


autonomia negoziale. Cioè quando la PA contratta sta su un piano di parità con il suo
interlocutore, con il privato, con l’amministrato. Quindi non può costituire,
modificare o estinguere unilateralmente situazione soggettive dell’interlocutore. Si
basa tutto sul consenso.
Vi possono essere momenti pubblicistici: ad es prima della stipulazione di un
contratto d’appalto vi è una particolare procedura chiamata “ad evidenza pubblica”
che serve a individuare e scegliere il contraente.
Oppure anche quando il contratto è stato stipulato, possono intervenire misure di
diritto pubblico: ad es una concessione amministrativa di natura contrattuale può
essere revocata per interesse pubblico.
Ad di la di questi momenti, l esecuzione del rapporto consensuale si basa sulla logica
del diritto privato.
Si applica il codice civile in modo completo per i contratti e le convenzioni tanto da
poter ritenere che vale l’atipicità dei contratti nei limiti dell’art 1322.
Mentre si applica in modo parziale per gli accordi integrativi o sostitutivi di
provvedimento per i quali il legislatore stabilisce che valgono solo i principi del
codice civile in materia di obbligazioni e contratti (correttezza, buona fede,
diligenza).
La competenza giurisdizionale sull’esercizio dell’autonomia negoziale della PA è del
giudice ordinario (es sull’esecuzione di appalti) ma ci sono dei casi in cui vale la
giurisdizione del giudice amministrativo ad es per le concessioni amministrative di
beni e servizi pubblici.

L’INTERESSE LEGITTIMO E IL DIRITTO SOGGETTIVO

Tradizionalmente, di fronte al potere della PA, l’amministrato era in posizione di


soggezione.
In Itali, la legge del 1865 sul contenzioso amministrativo stabilì di devolvere alla
giurisdizione del giudice ordinario tutte le cause per contravvenzioni e tutte le
materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico in cui vi possa
essere interessata la PA.
In questo modo si riconosceva la sussistenza, di fronte al potere amministrativo, di
diritti soggettivi del privato e che ad essi fosse garantita la tutela giurisdizionale
dinanzi al giudice ordinario.
Ma vi potevano essere delle situazioni in cui il privato non era titolare di un diritto
civile o politico e la tutela di questi non-diritti era affidata alle autorità amministrative
che vi provvedevano con decreti motivati contro i quali si poteva proporre ricorso
amministrativo.
In altre parole era riconosciuta una tutela giurisdizionale per i diritti soggettivi
nei confronti della pubblica amministrazione e una tutela meramente
amministrativa per quelle situazioni non qualificate come diritti soggettivi.
Ma la legge del 1865 ebbe un’attuazione incompleta.
La giurisprudenza sostenne che quando l’amministrazione emanava provvedimenti
amministrativi non poteva esservi spazio per i diritti soggettivi e per la giurisdizione
del giudice ordinario, in pratica stabilì una sorta di incompatibilità tra potere
amministrativo e diritto soggettivo. La motivazione era che la PA quando agisce
come autorità, come potere, trova davanti a sé situazioni soggettive private che non
sono diritti e tali situazioni giuridiche non ricevono la tutela giurisdizionale ma
amministrativa. Secondo la giurisprudenza i diritti soggettivi sussistono solo se la PA
agisce in una posizione di parità rispetto agli amministrati ad es quando stipula
contratti e non adotta provvedimenti unilaterali.
In questa situazione la protezione dei diritti degli amministrati di fronte all’esercizio
del potere amministrativo era molto precaria.

Ma nel 1889 il legislatore intervenne per assicurare una tutela + adeguata alle
situazioni soggettive non qualificabili come diritti. Venne istituita la Quarta sezione
del Consiglio di Stato per la giustizia amministrativa che aveva la competenza di
decidere i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge
contro atti e provvedimenti dell’autorità amministrativa e che abbiano ad oggetto
interessi di individui.
La Quarta sezione del Consiglio di Stato non era qualificata dalla legge come autorità
giurisdizionale ma era un giudice speciale diverso dal giudice ordinario, era un
giudice amministrativo.
Quindi la legge del 1889 ha previsto che di fronte al potere amministrativo, stanno
situazioni soggettive del privato qualificate come “interessi” dotati di tutela simile a
quella giurisdizionale.
Si è passati dalla soggezione dell’amministrato nei confronti del potere
amministrativo, ad una situazione giuridica attiva di interesse; e proprio questo
passaggio ha avviato la vicenda concettuale dell’interesse legittimo.

Ad elaborare per primo la teoria dell’interesse legittimo è stato Oreste Ranelletti. Il


suo pensiero era questo: cioè di fronte ai poteri di imperium della PA, l’amministrato
è titolare di un interesse privato che per la sua realizzazione è strettamente collegato
al perseguimento dell’interesse pubblico. Si tratta di un interesse “occasionalmente
protetto” tutelato solo indirettamente rispetto ai fini pubblici che l’amministrazione è
chiamata a realizzare.
Ad es se viene bandito un concorso per l’accesso al pubblico impiego, il partecipante
che aspira all’assunzione non ha un diritto soggettivo ad essere incluso tra i vincitori
ma ha un interesse a che la procedura di concorso si svolga nel rispetto della legge. E
se viene escluso illegittimamente da una commissione giudicatrice, il partecipante ha
titolo ad impugnare la graduatoria e chiederne l’annullamento dinanzi alla Quarta
sezione
Vi può essere anche il caso di un amministrato titolare di un diritto soggettivo e una
PA che esercita un potere autoritativo che incide su quel diritto: è il caso del
proprietario di fronte all’amministrazione che procede a un’espropriazione nel
pubblico interesse. In questo caso la forza dell’interesse pubblico è tale che il diritto
di proprietà del proprietario si affievolisce di fronte al potere amministrativo, diventa
un diritto affievolito che non è più un diritto soggettivo pieno. Anche in questo caso il
privato ha un interesse a che l’amministrazione agisca secondo legalità.

Nel corso del 900 c è stata un importante evoluzione che ha portato a qualificare
l’interesse legittimo non più solo come situazione soggettiva meramente processuale,
ma come situazione sostanziale che riceve tutela ancor prima dell’adozione del
provvedimento. E le norme sul procedimento amministrativo hanno previsto
strumenti di garanzia preventiva dell’interesse legittimo come la facoltà di presentare
osservazioni e memorie e il diritto di accesso ai documenti amministrativi. Tutto ciò
offre all’amministrato la possibilità di far valere le sue ragioni prima che
l’amministrazione decida.
L’interesse legittimo resta cmq una situazione giuridica soggettiva che ha di fronte a
sé un potere autoritativo della PA. Si tratta in genere di un potere discrezionale.
Quindi l’interesse legittimo non è munito del potere decisionale di fondo che
caratterizza il diritto soggettivo. Tale potere di fondo spetta alla PA che cmq deve
valutare tutte le ragioni fatte valere dal privato prima della decisione.
Invece il diritto soggettivo ha di fronte a sé una situazione passiva
dell’amministrazione , di dovere o di obbligo, o un provvedimento che non produce
alcun effetto come l’atto nullo o inesistente e che quindi non esprime alcun potere.
Di fronte al potere discrezionale della PA non può esservi diritto soggettivo anche se
la giurisprudenza aveva fatto un’eccezione e aveva ritenuto che alcuni diritti rilevanti
(come il diritto alla salute) restavano tali anche di fronte alla discrezionalità
amministrativa, facendone derivare la competenza giurisdizionale del giudice
ordinario sulle relative controversie. Oggi tale orientamento è superato.

La rilevanza pratica della distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo è


nata per via dell’individuazione del giudice competente:
 il giudice amministrativo è competente per le controversie sugli interessi
legittimi mentre
 il giudice ordinario è competente per le controversie sui diritto soggettivi

l’introduzione della giurisdizione amministrativa esclusiva ha ridotto l’importanza


della distinzione. La giurisdizione amministrativa esclusiva, consente al giudice
amministrativo di conoscere non solo di interessi legittimo ma anche di diritti
soggettivi.
Cosi il “criterio della materia” è diventato il parametro per attribuire al giudice
amministrativo la giurisdizione esclusiva e a volte anche per individuare la
competenza giurisdizionale del giudice ordinario. (ad es la materia del pubblico
impiego per molti anni è stata affidata alla giurisdizione amministrativa esclusiva ma
poi è passata alla giurisdizione del giudice ordinario).
Al fine di circoscrivere l’ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva, la Corte
Cost ha stabilito che nelle materie per le quali è prevista dalla legge in base all’art
103 Cost, sussiste solo se il privato ha dinanzi a sé un’amministrazione che agisce in
veste di autorità.
Quindi affinche sussista la giurisdizione amministrativa esclusiva, non basta solo il
criterio della materia attribuita per legge a tale giurisdizione, ma occorre anche che
l’amministrazione agisce in veste di autorità.
Oggi il codice del processo amministrativo considera l’esercizio del potere
amministrativo autoritativo, come criterio generale per l’individuazione della
giurisdizione amministrativa, anche al di la di quella esclusiva, e al tempo stesso
continua a riferirsi alle situazioni soggettive. Il codice stabilisce che sono devolute
alla giurisdizione amministrativa, le controversie nelle quali si faccia questione di
interessi legittimi e nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi
che riguardano l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo.

Un altro effetto concreto derivante dalla distinzione tra interesse legittimo e diritto
soggettivo è quello del risarcimento del danno ingiusto causato dalla PA che
tradizionalmente era ammesso solo per la lesione di diritti soggettivi e non di interessi
legittimi.
La giurisprudenza ha poi preso in considerazione l’ipotesi di lesione dei cd. Interessi
legittimi oppositivi: è il caso dell’interesse del proprietario che si oppone
all’espropriazione. In questo caso il d. di proprietà si affievolisce di fronte al potere
della PA e il privato diventa titolare di una situazione di interesse legittimo
oppositivo che gli consente di proporre ricorso al giudice amministrativo. Se il
giudice stabilisce che il provvedimento di espropriazione è illegittimo e lo annulla, il
diritto soggettivo originario si riespande e vi è possibilità di agire in giudizio per il
risarcimento del danno ingiusto. Prima l’azione si proponeva davanti al giudice
ordinario, ma dal 2000 è competente lo stesso giudice amministrativo.
Quindi per giustificare la tutela risarcitoria di un interesse legittimo oppositivo, era
necessario che preesistesse un diritto soggettivo.
Il pieno riconoscimento della risarcibilità di interessi legittimi si è avuto quando la
tutela risarcitoria è stata ammessa anche in assenza di un diritto soggettivo
preesistente e ciò si verifica quando vengono lesi i cd interessi legittimi pretensivi.
E’ il caso del privato che chiede una concessione o un’autorizzazione e subisce un
provvedimento di diniego. Anche se in origine non vi era alcun diritto soggettivo ma
sempre e solo un interesse legittimo, la giurisprudenza ne ha riconosciuto la
risarcibilità se il provvedimento della PA sia illecito.
Unica differenza tra risarcimento per violazione dei diritti soggettivi e risarcimento
per lesione di interesse legittimo è che:
 nel risarcimento per lesione di interesse legittimo derivante da provvedimento
amministrativi illecito, l’azione di condanna dinanzi al giudice amministrativo
può proporsi nei termini di decadenza (maggiori dei 60 gg della dec ordinaria)
e non di prescrizione come è per la lesione di diritti soggettivi.
CAP 6 IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

DEFINIZIONI E PRINCIPI GENERLI DEL PROCEDIMENTO

Il procedimento amministrativo è una sequenza di atti, adottati da amministrazioni


pubbliche e da privati, che sfociano in un provvedimento amministrativo. È la legge
241/1990 che detta le regole generali sui procedimenti che si concludono con un
provvedimento amministrativo unilaterale o con un accordo sostitutivo di
provvedimento.
Il procedimento si articola in diverse fasi:

1. la fase dell’iniziativa che dà avvio al procedimento in quale può essere


iniziato:
 d’ufficio
 o su istanza del privato

2. la fase dell’istruttoria nella quale vengono accertati i fatti e vengono acquisiti


gli interessi rilevanti al fine della decisione. In questa fase intervengono atti
amministrativi come:
 pareri
 valutazioni tecniche
 certificazioni

e atti privati come:


 memorie
 osservazioni
 richieste di accesso ai documenti amministrativi
 autocertificazioni

3. la fase decisionale in cui si adotta il provvedimento amministrativo o si


conclude l’accordo sostitutivo di provvedimento

4. la fase integrativa che si ha quando il provvedimento amministrativo è


sottoposto a controlli al cui esito positivo è subordinata la sua operatività

Il procedimento deve rispettare dei principi dettati dalla legge 241/1990 come il
principio di legalità, di economicità, di efficacia, di imparzialità e di trasparenza;
deve rispettare i principi dell’ordinamento comunitario come la concorrenza e la
proporzionalità e deve rispettare anche i principi elaborati dalla giurisprudenza come
la buona fede, la correttezza e la ragionevolezza.
Al rispetto di questi principi sono tenuti anche i soggetti privati preposti all’esercizio
da attività amministrative.
IL TERMINE DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO E IL SILENZIO

Le PA hanno il dovere di adottare un provvedimento a conclusione del procedimento


se questo consegua obbligatoriamente ad un’istanza o deve essere iniziato d’ufficio.
Quindi nei casi in cui l’avvio del procedimento è obbligatorio sussiste un obbligo di
concluderlo con un espresso provvedimento.
Per quanto riguarda l’obbligo di concludere il provvedimento, sono previsti diversi
meccanismi per la fissazione del termine.
Il termine decorre dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento
dell’istanza di parte.
Per le amministrazioni statali i termini sono fissati con decreti di natura
regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta dei ministri
competenti e con i ministri per la PA e per la semplificazione normativa e cmq in
ogni caso il termine non può essere superiore a 90 gg.
Termini superiori a 90 gg (ma non superiori a 180), possono essere stabiliti solo in
presenza di determinati presupposti che la legge considera indispensabili e con una
procedura rafforzata.
In assenza di fissazione del termine vale un termine residuale di 30 gg.
I termini possono essere sospesi una sola volta e per non + di 30gg per l’acquisizione
di informazioni non attestate nei documenti già in possesso della PA.
Per quanto riguarda le conseguenza del mancato rispetto del termine occorre fare
una distinzione:
 se il procedimento è iniziato d’ufficio, in alcuni casi la legge stabilisce che
l’amministrazione non possa provvedere e debba riattivare la procedura. (ad es
in materia di espropriazione il decorso del termine per l’emanazione del
decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica
utilità che ne è il presupposto)
 se invece il procedimento è a istanza di parte ed è finalizzato all’adozione di
un provvedimento favorevole al privato(autorizzazioni) ci sono diverse ipotesi:
1. in alcuni casi vale il cd silenzio assenso cioè l’inerzia
dell’amministrazione che perdura dopo la scadenza del termine di
conclusione del procedimento equivale a provvedimento di
accoglimento della domanda (salve le ipotesi in cui l’amministrazione
indica una conferenza di servizi). Il silenzio assenso riguarda i
procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti
amministrativi. Sono previste però delle eccezioni: un’eccezione si ha
se la legge qualifichi espressamente l’inerzia della PA come rigetto
dell’istanza (un caso è quello riguardante la richiesta di accesso ai
documenti amministrativi.
2. al di fuori dell’ambito del silenzio assenso, se l’amministrazione non
provvede nel termine si ha il cd. Silenzio inadempimento cioè
l’amministrazione è inadempiente perchè non ha concluso il
procedimento. Per i casi di silenzio inadempimento è previsto il ricorso
al giudice amministrativo il quale può ordinare che l’amministrazione
rimasta inerte provveda entro un termine lasciandogli la scelta sui
contenuti del provvedimento. Al rimedio giurisdizionale si aggiunge la
facoltà del privato di chiedere, allo scadere del termine di conclusione
del procedimento, l’intervento (in sostituzione dell’amministrazione
inerte) di un altro funzionario designato dall’amministrazione al fine di
concludere il procedimento.

L’inosservanza del termine non è un mero comportamento dell’amministrazione ma


configura un mancato esercizio del potere amministrativo e comporta le lesione di
un interesse legittimo. Quindi non vi è una mera aspettativa nei confronti
dell’adozione del provvedimento ma un vero e proprio interesse legittimo pretensivo.

OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEL PROVVEDIMENTO

Tra i principi del procedimento vi rientra l’obbligo di motivazione del provvedimento


amministrativo e la motivazione deve indicare sia i presupposti di fatto e sia le
ragioni giuridiche della decisione. Non è richiesta la motivazione per gli atti
normativi e per quelli a contenuto generale cioè atti come le ordinanze di necessità e
di urgenza o i piani urbanistici.

GLI ALTRI ISTITUTI DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Tra le varie fasi del procedimento amministrativo, 2 sono gli aspetti principali da
prendere in considerazione:
1. le garanzie di partecipazione degli interessati al procedimento cioè la
facoltà dell’amministrato di far valere le proprie ragioni e di vedere i
documenti prima che la decisione sia presa
2. la semplificazione dell’azione amministrativa

ma prima di procedere all’analisi di questi 2 aspetti occorre soffermarci sul


responsabile del procedimento a cui sono affidati il corretto svolgimento
dell’istruttoria e alcune volte la decisione stessa.

IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO

La figura del responsabile del procedimento è stata introdotta con la legge 241/1990 e
consente agli amministrati di avere un interlocutore certo e individuato lungo il corso
del procedimento amministrativo.
Le PA sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento, l’unità
organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento
procedimentale. Da qui l’identificazione del funzionario responsabile.
Il responsabile:
 adotta ogni misura per l’adeguato svolgimento dell’istruttoria
 valuta i pre-requisiti per l’emanazione del provvedimento (ad es valuta la
capacità tecnico-finanziaria del privato per poter ottenere una autorizzazione
 accerta fatti e può esperire ispezioni
 può indire la conferenza di servizi

L’accertamento dei fatti può essere semplice quando riguarda semplicemente dati
come l’età o il luogo di nascita. O può essere complesso e può riguardare ad es lo
stato dei luoghi ai fini dell’espropriazione.

Per quanto riguarda le ispezioni, questi strumenti sono molto delicati perché ad es
ordinando l’accesso presso la sede di un impresa, l’amministrazione incide su diritti
fondamentali. Per questo motivo vi è sempre la necessità di un fondamento normativo
espresso che preveda e giustifichi l’ispezione. Alle ispezioni non si applica l’istituto
della comunicazione di avvio del procedimento perché la comunicazione preventiva
vanificherebbe l’utilità dell’ispezione

Infine per quanto riguarda il nesso tra responsabile del procedimento e decisione ,
in alcuni casi il responsabile può adottare il provvedimento finale. Generalmente il
responsabile trasmette gli atti istruttori all’organo competente ad adottare la
decisione dai quali non può discostarsi se non indicandone la motivazione nel
provvedimento finale.

LE GARANZIE DI PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO: LA VOCE

La garanzia riconosciuta all’amministrato di partecipare al procedimento potendo far


valere la propria voce, le proprie ragioni prima che la decisione sia presa, costituisce
il fine principale che si intende realizzare con il procedimento amministrativo.

LA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO

A seguito dell’istanza privata o dell’iniziativa di ufficio, interviene la


comunicazione di avvio del procedimento.
La comunicazione di avvio è rivolta:
1. ai diretti destinatari del provvedimento
2. ai soggetti che per legge debbono intervenirvi
3. anche ai soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento
finale.
A seguito della comunicazione tali soggetti possono far valere le propria voce.
La comunicazione deve essere personale, al singolo destinatario e qualora non sia
possibile si può ricorrere a forme di pubblicità idonee ad es la pubblicazione in
giornali di ampia diffusione.
Gli elementi che devono essere contenuti nella comunicazione sono:
 l’oggetto del procedimento
 l’ufficio
 il termine di conclusione
 e l’ufficio presso il quale si può prendere visione dei documenti.

LA FACOLTA’ DI PRESENTARE MEMORIE E L’OBBLIGO


DELL’AMMINISTRAZIONE DI VALUTARLE

I destinatari della comunicazione di avvio possono prendere visione dei documenti e


possono far valere le proprie ragioni presentando memorie scritte e documenti.
Quindi la voce si fa sentire per iscritto. La PA poi ha l’obbligo di valutare tali
memorie e documenti se pertinenti all’oggetto del procedimento, la mancata
osservanza di tale obbligo può rendere il provvedimento finale viziato da eccesso di
potere per incompleta istruttoria.
Se manca la comunicazione di avvio, all’interessato può essere preclusa la
partecipazione al procedimento a meno che non venga a conoscenza in altri modi del
procedimento avviato. Dà perplessità la norma che prevede la non annullabilità del
provvedimento per mancata comunicazione di avvio purchè l’amministrazione
dimostri nel successivo giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello adottato

LA VISIONE

La legge 241/90 ha introdotto insieme alla garanzia della voce, quella della visione
cioè la garanzia di poter vedere i documenti amministrativi.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi : La legge ha riconosciuto il
diritto d’accesso come diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia
dei documenti amministrativi.
In quanto principio generale, l’accesso ha portata che trascende lo stesso
procedimento tanto che si può avere:
 un accesso extra-procedimentale cioè indipendente da un procedimento avviato
 e un accesso procedimentale cioè nell’ambito dell’istruttoria amministrativa.

Le regole sull’accesso si applicano anche a soggetti privati preposti alle attività


amministrative e il diritto d’accesso può considerarsi come vero e proprio diritto
soggettivo perché la PA o il gestore di pubblico servizio, non esercitano un’autentica
discrezionalità amministrativa ma si limitano ad accertare i requisiti e i presupposti
previsti dalla legge.
Deve trattarsi di un “documento amministrativo” cioè non solo documenti cartacei
ma anche ogni rappresentazione grafica, elettromagnetica o di qualunque altra specie
detenuta da una PA e relativa all’attività di pubblico interesse.
Il soggetto che richiede l’accesso deve avere un interesse diretto, concreto e attuale
che corrisponde ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al
quale si è richiesto l’accesso.
Ipotesi di esclusione dall’accesso: Vi sono esclusioni ex lege ed esclusioni
demandate a regolamento governativo nell’ambito dei criteri fissati dalla legge.
La legge 241/90 esclude direttamente dall’accesso quei documenti coperti da segreto
di Stato e i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dalla legge o da
regolamento.
La legge rinvia a regolamento governativo altri casi di sottrazione dall’accesso a
documenti amministrativi e possono essere sottratti documenti la cui divulgazione
può provocare una lesione specifica e individuata a interessi particolari come la
sicurezza, la difesa, l’esercizio della sovranità nazionale e le relazioni internazionali
ma anche documenti la cui visione possa pregiudicare la politica monetaria e
valutaria.
Altro limite ai casi di esclusione dall’accesso è quello che si fonda sul diritto di difesa
infatti deve essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi.
Quindi il diritto di difesa conferisce al diritto di accesso una consistenza particolare
perche trattandosi di 2 principi giuridici (l’accesso e il d.di difesa) possono prevalere
su disposizioni di legge che stabiliscono forme di segreto o di divieto di divulgazione.
Sta poi al giudice la valutazione caso per caso.
L’esercizio e la tutela del diritto di accesso: l’esercizio del diritto di accesso si
concretizza nell’esame dei documenti amministrativi.
La legge 241/90 e il regolamento in materia di accesso (184/2006) disciplinano il
procedimento che
 inizia con la richiesta di accesso deve essere motivata e per legge deve essere
indirizzata all’amministrazione che ha formato il documento o lo detiene o
cmq competente a formare l’atto conclusivo
 e termina con il suo accoglimento o non accoglimento

Il procedimento per l’accesso può essere formale o informale.

Il procedimento è informale se non vi sono dubbi sulla legittimazione del richiedente,


sulla sussistenza dell’interesse collegato al documento e sull’accessibilità del
documento. In questo caso la richiesta viene esaminata immediatamente senza
formalità ed è accolta mediante esibizione del documento.

Il procedimento è informale se ci sono dubbi sulla legittimazione del richiedente,


sulla sua identità, sulla sussistenza dell’interesse e sull’accessibilità del documento. E
in questi casi la PA invita l’interessato a presentare una richiesta formale.
Il procedimento formale deve terminare in 30gg e può concludersi con
l’accoglimento o il non accoglimento della richiesta:
 l’accoglimento indica l’ufficio presso il quale è possibile prendere visione dei
documenti
 il non accoglimento può portare:
1. alla limitazione rispetto alla richiesta
2. al differimento dell’accesso
3. o al rifiuto
La limitazione può aversi se uno o + documenti richiesti rientrano nei casi di
esclusione ex lege o di sottrazione stabilita per regolamento.

Il rifiuto si può avere se tutti i documenti richiesti sono esclusi dall’accesso o se


l’istante non è legittimato o se la richiesta non è motivata

Mentre il differimento è da preferire al rifiuto se è idoneo ad assicurare temporanea


tutela agli interessi previsti dalla norma sull’esclusione dall’accesso disposta per
regolamento o per salvaguardare specifiche esigenze dell’amministrazione.

La tutela nei confronti del non accoglimento può seguire la via giurisdizionale o
amministrativa.
La legge prevede che in caso di rifiuto o differimento dell’accesso, l’interessato può
proporre ricorso al Tribunale amministrativo Regionale o presentare istanza ad
difensore civico.
Al difensore civico l’interessato può chiedere il riesame della decisione di non
accoglimento e se non interviene alcuna pronuncia nei 30gg successivi all’istanza
questa si intende respinta. Se il difensore civico ritiene illegittimo il non
accoglimento della richiesta di accesso viene informata l’autorità che ha adottato la
decisione negativa la quale o può confermare la sua decisione o può consentire
l’accesso.

La tutela amministrativa sospende i termini per il ricorso giurisdizionale e segue un


procedimento abbreviato cioè il TAR decide in camera di consiglio entro 30gg dalla
scadenza del termine di deposito del ricorso. Il giudice amministrativo che esercita
giurisdizione esclusiva, se sussistono i presupposti, ordina all’amministrazione
competente di esibire i documenti richiesti.

I LIMITI DELLE GARANZIE DI PARTECIPAZIONE

Vi è un limite posto alle garanzie di partecipazione a causa di una disposizione


contenuta nella legge 241/90 a proposito dell’ambito di applicazione di tali garanzie.
Infatti tali garanzie non si applicano nei confronti dell’attività della PA diretta ad
emanare atti normativi, amministrativi generali per i quali valgono le relative norme
che ne regolano la formazione. (es l’adozione di ordinanze di necessità e di urgenza,
atti regolamentari o piani urbanistici) per questi procedimenti infatti valgono le
disposizioni speciali che li disciplinano.

LA SEMPLIFICAZIONE DEL PROCEDIMENTO

Le principali forme di semplificazione del procedimento introdotte dalla legge


241/1990 sono:
 i pareri
 le valutazioni tecniche
 le certificazioni
 la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività)

I PARERI

Sono atti strumentali del procedimento che intervengono nella fase dell’istruttoria.
Sono dichiarazioni di giudizio di cui si avvale l’amministrazione che adotta il
provvedimento finale per raggiungere una decisione che tenga in considerazione gli
interessi o gli elementi tecnico-conoscitivi di competenza dell’organo che formula il
parere. (es l’ autorità garante della concorrenza e del mercato è tenuta ad acquisire il
parere dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni in caso di abuso di posizione
dominante nel settore delle telecomunicazioni)
Il parere può essere:
 obbligatorio cioè è la legge che prevede l’obbligo di richiedere il parere
 facoltativo cioè è l’autorità che adotta il provvedimento finale che può
richiedere un parere se lo ritiene utile per giungere ad una soluzione +
immediata.

Per quanto riguarda gli effetti del parere: questo non vincola l’autorità decidente ma
ha valore consultivo. Ci sono dei casi di pareri vincolanti chiamati pareri conformi in
cui il parere acquista valore di un vero e proprio provvedimento preliminare a cui si
deve conformare la decisione finale.

Per quanto riguarda la semplificazione, il legislatore ha previsto forme di


accelerazione dell’attività consultiva cioè i pareri obbligatori vanno resi entro 20gg
dal ricevimento della richiesta. Se è richiesto un parere facoltativo, l’organo
consultivo deve immediatamente comunicare il termine entro il quale verrà reso il
parere ma cmq non oltre 20gg. E se il parere non è reso nei termini previsti, l’autorità
che lo ha richiesto procede indipendentemente dall’espressione del parere.
Ci sono cmq delle eccezioni, infatti queste forme di semplificazione non si applicano
se i pareri devono essere resi da PA preposte alla tutela ambientale, paesaggistica,
territoriale e alla salute dei cittadini in quanto per queste materie la semplificazione
potrebbe nuocere ad una valutazione di interessi particolarmente qualificati.

VALUTAZIONI TECNICHE

Anche le valutazioni tecniche sono atti strumentali del procedimento che


intervengono nella fase istruttoria e anch’esse sono valutazioni di giudizio come i
pareri. Ma a differenza dei pareri, le valutazioni tecniche sono accertamenti tecnici
complessi di fatti o situazioni materiali svolti da organismi con un elevata
competenza specialistica come ad esempio valutazioni sullo stato dei luoghi in aree
sottoposte a procedimenti espropriativi o relative alla tossicità di un prodotto.
Inoltre mentre il parere interviene su uno schema di decisione, la valutazione tecnica
ha a che fare con un presupposto del decidere e per questo ha una maggiore influenza
nei confronti del provvedimento finale. (ad es se si accerta la tossicità di un prodotto,
questo sarà ritirato dal mercato).
Le valutazioni tecniche sono effettuate da organi appositi diversi
dall’amministrazione decidente come l’Istituto superiore della Sanità.
Il legislatore ha previsto forme di semplificazione procedimentale infatti le
disposizioni legislative possono stabilire un termine entro il quale l’accertamento
deve essere effettuato e in mancanza vale il termine di 90gg dalla richiesta di
valutazione tecnica. Se l’organismo competente non provvede entro i termini, il
responsabile del procedimento deve chiedere le valutazioni tecniche ad altri organi
della PA dotati di capacità e competenza tecnica equivalente.
È chiara quindi la differenza rispetto alla semplificazione prevista per i pareri: infatti
per i pareri se non viene rispettato il termine per il rilascio del parere,
l’amministrazione decidente può cmq procedere mentre nel caso di valutazioni
tecniche ad esse non si può rinunciare ma si può ricorrere ad altri organismi tecnici
diversi da quelli che non hanno rispettato il termine. In ogni caso si evita lo stallo del
procedimento.
Tali semplificazioni cmq non si applicano(eccezioni) se la valutazione deve essere
effettuata da organismi preposti alla tutela ambientale, paesaggistica e alla tutela dei
cittadini.

CERTIFICAZIONI

Sono atti amministrativi dichiarativi attraverso i quali un pubblico ufficio attesta un


determinato fatto, un atto, uno stato o una qualità personale attribuendo ad essi
certezza. Quindi le certificazioni hanno una funzione dichiarativa e certativa.
Il certificato è il documento che contiene la certificazione ad ha efficacia dell’atto
pubblico per cui fa piena prova fino a querela di falso della provenienza del
documento dal pubblico ufficiale. Ad es ai fini dell’ammissione ad un concorso per
l’assunzione presso un ministero, il candidato è tenuto a presentare certificati che
attestano una certa residenza o di aver conseguito la laurea.
Nell’intento di semplificare, la legge 241/90 consente all’interessato di poter provare
determinati fatti, atti, stati e qualità senza esibire i relativi certificati e richiama la
legge 15/1968 che aveva dettato norme di semplificazione prevedendo forme di
autocertificazione. Tale legge però è stata abrogata dopo l’approvazione della legge
241 ed è stato varato un testo unico sulla documentazione amministrativa. Il TU
prevede forme di semplificazione consistenti in dichiarazioni sostitutive cioè atti
soggettivamente e oggettivamente privati che sostituiscono certificazioni pubbliche .
Ci sono 2 tipi di dichiarazioni sostitutive:
1. la dichiarazione sostitutiva di certificazione che è un atto privato
sottoscritto dall’interessato in sostituzione del certificato come documento che
attesta stati, qualità personali e fatti contenuti in elenchi o registri pubblici
accertati da un pubblico ufficiale.
2. la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che è un documento
sottoscritto dall’interessato riguardante stati, qualità e fatti di sua diretta
conoscenza non compresi in pubblici registri e quindi non suscettibili di essere
comprovati con dichiarazione sostitutiva di certificazione.

LA CONFERENZA DI SERVIZI

Un’importante strumento di semplificazione procedimentale è la conferenza di


servizi. In questo caso la semplificazione si ottiene garantendo accordi tra PA diverse
che intervengono su uno stesso procedimento o in procedimenti legati tra loro. Quindi
la conferenza di servizi consente un esame contestuale dei vari interessi pubblici che
generalmente sarebbero presi in considerazione in un ordine sequenziale, questo
quindi, permette un coordinamento tra amministrazioni portatrici di diversi interessi.
La conferenza di servizi può intervenire nella fase istruttoria o nella fase decisoria.
Nella fase istruttoria la conferenza non è obbligatoria mentre nella fase decisoria è
obbligatoria quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, nulla osta o
assensi di altre PA e non li ottenga, entro 30gg dalla ricezione della relativa richiesta.
Per quanto riguarda la disciplina dello svolgimento della conferenza di servizi, la
prima riunione deve essere convocata entro 15gg dall’indizione o entro 30gg nei casi
di particolare complessità dell’istruttoria. Nella prima riunione viene fissato il
termine per l’adozione della decisione conclusiva e tali termini sono tempi che si
aggiungono ai termini del procedimento.
Ciascuna della amministrazioni convocate prende parte alla conferenza tramite un
unico rappresentante che ha il potere di esprimere in modo vincolante la volontà
dell’amministrazione.
Per quanto riguarda il criterio decisionale, l’amministrazione procedente valuta i
risultati della conferenza e tiene conto delle posizioni prevalenti espresse in quella
sede. Il criterio delle posizioni dominanti non equivale a quello della maggioranza
delle posizioni espresse ma prende in considerazione la diversa rilevanza degli
interessi fatti valere.
Gli eventuali dissensi delle amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza
possono essere superati dall’amministrazione procedente se non sono prevalenti ma
vanno cmq motivati.
La conferenza di servizi non da luogo ad un organo collegiale ma è piuttosto un luogo
in cui vengono acquisite modalità di semplificazione dell’azione amministrativa per
cui ad essa non si applicano le regole in materia di organi collegiali.
La determinazione conclusiva del procedimento viene adottata tenendo conto delle
posizioni prevalenti espresse in sede di conferenza e sostituisce ogni altro assenso di
competenza della amministrazioni partecipanti.
Esistono poi alcuni dissensi qualificati cioè relativi a materie e interessi che il
legislatore considera meritevoli di particolare garanzia. Tali dissensi non possono
essere superati in sede di conferenza ed hanno come effetto quello di rimettere la
decisione in sede governativa. E affinche ciò avvenga, il dissenso deve provenire da
un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistica, del patrimonio
storico-artistico, alla tutela della salute e dell’incolumità pubblica. Si tratta di materie
di ambito + esteso di quelle previste per la semplificazione di pareri e valutazioni
tecniche. Cmq in caso di dissenso qualificato, l’amministrazione procedente rimette
la decisione al Consiglio dei ministri che si pronuncia entro 60gg.

LA SCIA (SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA’)

A volte la semplificazione si concretizza nella riduzione degli oneri burocratici che


gravano sullo svolgimento delle attività dei privati. Tale semplificazione prevede che
quando un privato intende avviare una propria attività ad es imprenditoriale, alcuni
atti o procedimenti amministrativi vengono eliminati e sostituiti da atti e
procedimenti privati. In questi casi si ha una vera e propria liberalizzazione delle
attività.
Nel nostro ordinamento lo schema normativo è contenuto nell’art 19 della legge sul
procedimento che disciplina la la Segnalazione Certificata di Inizio Attività
(SCIA). Il regime si fonda su un solo atto del privato cioè la segnalazione di inizio
attività e dalla data di presentazione della segnalazione , corredata di documentazione
prevista dalla norma, l’attività può essere iniziata.
La SCIA quindi ha natura di atto del privato che sostituisce il procedimento
autorizzatorio preliminare. Ma l’atto autorizzatorio per essere sostituito dall’atto del
privato, deve essere privo di discrezionalità amministrativa ma deve limitarsi al
mero accertamento dei requisiti di legge. Alla PA resta un potere di intervento che ha
il fine di accertare la sussistenza o meno delle condizioni, delle modalità e dei fatti
che legittimano l’avvio dell’attività del privato. Si tratta di un controllo successivo
che può essere esercitato entro 60gg dal ricevimento della segnalazione di inizio
attività e si caratterizza per l’assenza di discrezionalità in quanto si limita a verificare
quanto dichiarato dal privato. Se si accerta che i requisiti e i presupposti non
sussistono, l’amministrazione ha il potere-dovere di adottare motivati provvedimenti
che vietano di proseguire l’attività.
Le controversie che nascono nell’applicazione delle norme sulla SCIA sono di
competenza del giudice amministrativo il quale deve affrontare anche il problema
della tutela del terzo che lamenti un pregiudizio dall’inizio dell’attività. Secondo la
giurisprudenza il terzo può esperire un’azione di annullamento.
Le fattispecie escluse dalle norme sulla SCIA sono quelle riguardanti la difesa
nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, il diritto d’asilo, la cittadinanza, e
l’amministrazione della giustizia, e sono esclusi anche gli atti imposti dalla normativa
comunitaria.

IL SILENZIO ASSENSO

Vedi “conseguenze del mancato rispetto del termine nel procedimento d’ufficio e ad
istanza di parte”
In caso di inerzia in procedimenti a istanza di parte, l’inerzia dell’amministrazione è
da considerarsi come accoglimento dell’istanza se la stessa amministrazione non
comunica all’istante il provvedimento negativo o non indice entro 30gg dalla
presentazione dell’istanza una conferenza di servizi: è questi il silenzio assenso.
Il silenzio assenso è un importante forma di semplificazione procedurale dove il
decorso del tempo gioca a favore dell’amministrato e non si richiedono particolari
indagini della PA ai fini dell’accoglimento dell’istanza.
Il silenzio assenso è regolato dalla legge 241/90, inizialmente tale figura aveva un
ambito limitato in quanto valeva solo per i procedimenti previsti da appositi
regolamenti. Ora si è avuta una generalizzazione di tale figura e può trovare
applicazione a tutti i procedimenti a istanza di parte salve le tassative eccezioni.
Nei casi di silenzio assenso la legge prevede che l’amministrazione possa assumere
decisioni in via di autotutela adottando provvedimenti di revoca o di annullamento
d’ufficio. C è cioè, un provvedimento di primo grado, tacito, che accoglie l’istanza e
l’amministrazione può revocarlo o annullarlo d’ufficio se ricorrono i presupposti. Il
terzo leso dal silenzio può chiedere in via giurisdizionale l’annullamento del
provvedimento tacito.
Ci sono delle eccezioni al silenzio assenso cioè:
1. il silenzio non opera nel caso di atti e procedimenti che intervengono in
materie riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa
nazionale, l’immigrazione, l’asilo politico, la cittadinanza e la salute pubblica.
Non vengono indicate l’amministrazione della giustizia e delle finanze nelle
quali il silenzio assenso può operare.
2. una seconda eccezione riguarda i casi in cui la normativa comunitaria impone
l’adozione di provvedimenti amministrativi formali non taciti (autorizzazioni
bancarie o licenze per i servizi postali)
3. una terza eccezione riguarda le ipotesi in cui la legge qualifica esplicitamente il
silenzio come rigetto dell’istanza
4. ed infine il silenzio assenso non opera per gli atti e i procedimenti
appositamente indicati in decreti del Presidente del Consiglio.
CAP 7 PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI

NOZIONI E CARATTERI DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Intorno all’800 l’atto d’imperio della PA ha assunto un ruolo primario. LA dottrina


del 900 guardò agli elementi del negozio del diritto privato per spiegare le
caratteristiche degli atti amministrativi (e poi del provvedimento) ma ben presto si
discostò dall’influenza privatistica.
Sempre +, con il passare del tempo, il provvedimento è stato inserito all’interno di un
procedimento amministrativo.
Il provvedimento è l’atto + importante del procedimento, è l’atto conclusivo del
procedimento, è l’atto costitutivi in senso giuridico in quanto è l’unico che
costituisce, modifica o estingue situazioni soggettive degli amministrati.
La costitutività è strettamente legata all’imperatività in quanto incidenza sulle
situazioni soggettive è unilaterale e prescinde dal consenso dell’amministrato. Inoltre
la costitutività fa si che il provvedimento sia l’unico atto del procedimento
impugnabile dinanzi al giudice.

TIPI DI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI

A seconda del contenuto e degli effetti che producono, possiamo distinguere diversi
tipi di provvedimenti amministrativi. Innanzitutto si distinguono:

1. i provvedimenti amministrativi generali


2. provvedimenti amministrativi particolari o puntuali

I provvedimenti amministrativi generali sono rivolti ad un insieme indeterminato


di destinatari (es sono le direttive emanate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas
che riguardano tutte le imprese operanti in questi settori) I provvedimenti
amministrativi generali si distinguono dagli atti normativi secondari come i
regolamenti in quanto questi possono essere adottati da figure soggettive della PA
(ministro o autorità indipendente), sono fonti del diritto in quanto oltre ad essere
indirizzati ad una generalità di destinatari, sono caratterizzati anche dall’astrattezza e
dall’idoneità di innovare l’ordinamento giuridico.

I provvedimenti amministrativi particolari o puntuali sono diretti ad un


destinatario o ad un insieme determinato di destinatari sono es un’autorizzazione
conferita ad un privato o una sanzione pecuniaria irrogata ad un impresa.

Questa distinzione rileva sul piano pratico perche i 2 regolamenti sono soggetti a
regimi giuridici diversi. Infatti ai procedimenti che portano all’adozione di
provvedimenti amministrativi generali, non si applicano le norme sulla
partecipazione previste dalla legge 241/90 ma valgono le norme speciali di settore
(art 13) e ad essi non si applica neanche il principio dell’obbligo di motivazione.
Nell’ambito dei provvedimenti particolari si distinguono:

1. provvedimenti ampliativi
2. e provvedimenti restrittivi o limitativi delle situazioni giuridiche soggettive
degli amministrati.

Tra i provvedimenti ampliativi sono ricompresi:

1. le autorizzazioni
2. e le concessioni amministrative

la differenza tra questi 2 provvedimenti è che:

 le autorizzazioni sono provvedimenti che rimuovono un vincolo all’esercizio


di un diritto preesistente in capo all’amministrato. Le Autorizzazioni
amministrative sono state sostituite in buona parte da atti soggettivamente e
oggettivamente privati come le dichiarazioni di inizio attività o le segnalazioni
certificate di inizio attività
 le concessioni amministrative invece sono provvedimenti che conferiscono al
privato diritti e poteri nuovi. La dottrina ha sottolineato che il nuovo diritto
conferito al concessionario riguarda beni o attività riservate alla PA e
indisponibili dal privato: ad es la concessione di beni demaniali attribuisce al
concessionario un diritto d’uso su un bene che prima era indisponibile dal
privato in quanto appartenente al pubblico potere. Possiamo dire che le
concessioni più importanti non sono provvedimenti amministrativi ma hanno la
natura di contratti tra amministrazioni concedenti e imprese concessionarie.

Tra i provvedimenti limitativi assumono importanza:

1. i provvedimenti ablatori
2. i provvedimenti amministrativi sanzionatori

Le ablazioni modificano o estinguono diritti personali, diritti reali o rapporti


obbligatori. Gli ordini incidono su libertà e diritti personali come ad es l’ordine di
evacuazione da un luogo colpito da calamità naturali. Poi si possono avere
provvedimenti amministrativi che impongono obbligazioni ai privati nei confronti di
pubblici poteri ad es l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può imporre
obblighi di contrarre a imprese dominanti a favore di imprese nuove che entrano nel
mercato.

I provvedimenti amministrativi sanzionatori hanno il fine di reprimere le


infrazioni alla legge o ad altri provvedimenti amministrativi. Le infrazioni non
assumono rilevanza penale ma integrano illeciti amministrativi. Tipico es sono i
provvedimenti che irrogano sanzioni pecuniarie amministrative ed es per violazioni
del codice della strada, oppure sanzioni disciplinari a carico di dipendenti pubblici
non contrattualizzati.

Queste classificazioni (autorizzazioni, concessioni, ablazioni e provvedimenti


sanzionatori) possono riguardare anche i rispettivi procedimenti amministrativi
(autorizza tori, concessori, ablatori e sanzionatori).
Se le autorizzazioni e le concessioni vengono considerate come procedimenti che
come provvedimenti, ne risulta che i procedimenti autorizza tori sono procedimenti
a istanza di parte che si concludono con un provvedimento espresso o tacito (nel caso
del silenzio assenso), mentre i procedimenti conccessori si basano sul
perfezionamento del contratto che costituisce il rapporto concessorio.
I procedimenti ablatori tendono ad assicurare al massimo le garanzie di
partecipazione di coloro che possono riceverne pregiudizio.
Mentre nei procedimenti sanzionatori si esercita la potestà punitiva delle PA per cui
il procedimento assume una veste quasi-giurisdizionale.

EFFICACIA ED ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO

Occorre distinguere:

1. l’efficacia
2. l’esecutività
3. l’esecutorietà del provvedimento amministrativo

L’efficacia è l’idoneità a produrre effetti ad es l’espropriazione è idonea ad


estinguere il diritto di proprietà del destinatario

L’esecutività può assumere significati diversi. Delle volte essa è equiparata


all’efficacia; altre volte essa sta ad indicare l’eseguibilità del provvedimento cioè
l’attitudine del provvedimento a conseguire concretamente i suoi effetti. L’esecutività
è equiparata all’eseguibilità nella disciplina dettata dalla legge 241 dove stabilisce
che il provvedimento efficace va immediatamente eseguito, salva diversa previsione
di legge o dello stesso provvedimento (art 21)

L’esecutorietà è il potere della PA di procedere all’esecuzione coattiva del


provvedimento nel caso in cui l’amministrato non ottemperi ad un obbligo posto a
suo carico, ostacolando in questo modo la realizzazione del risultato della PA

La disciplina attuale dell’efficacia, dell’esecutività e dell’esecutorietà è dettata dalla


legge 241/90:

 per quanto riguarda l’efficacia, il provvedimento può essere


immediatamente idoneo a produrre effetti ma ci sono casi in cui sussistono
limiti in quanto il provvedimento amministrativo come i negozio privato, può
contenere degli elementi accidentali che incidono sull’efficacia, cioè vi
possono essere clausole che prevedono una condizione un termine o un modo.
 Per quanto riguarda l’esecutività, la regola generale è che l’esecutività del
provvedimento efficace è immediata. Ma la legge o lo stesso provvedimento
possono stabilire diversamente infatti l’esecutività e l’efficacia possono essere
sospese per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario dallo stesso
organo che ha adottato il provvedimento. In questo caso il giudice
amministrativo può adottare la misura cautelare della sospensione.
 Infine per quanto riguarda l’esecutorietà il legislatore ha stabilito dei limiti,
cioè essa opera nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge. Quindi è
necessaria una espressa previsione di legge e la legge 241 fa rinvio a
disposizioni legislative ad hoc che stabiliscono le fattispecie e i modi in cui
l’esecutorietà può operare. In ogni caso il provvedimento costitutivo di
obblighi deve indicare il termine e le modalità dell’esecuzione da parte del
soggetto obbligato e qualora l’interessato non ottemperi, la PA può adottare
una previa diffida e può provvedere all’esecuzione coattiva sempre nelle
ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge.

L’INVALIDITA’ DEL PROVVEDIMENTO: I CASI DI ANNULLABILITA’ E


LE IPOTESI DI ILLEGITTIMITA’ NON INVALIDANTE

La legge del 1889 aveva istituito la Quarta sezione del Consiglio di Stato e stabilì che
questa poteva annullare provvedimenti amministrativi viziati da:

1. incompetenza
2. violazione di legge
3. ed eccesso di potere

sono i 3 vizi di legittimità. Fu poi la giurisprudenza della Quarta sezione a precisare


le diverse figure di invalidità riconducibili ai 3 vizi.
Ora le legge 241/90 ha nuovamente elencato i 3 vizi di legittimità all’art 21 comma 1.

L’incompetenza è difetto di competenza e un provvedimento adottato da un organo


sprovvisto della competenza specifica, è affetto dal vizio di incompetenza. L’atto è
annullabile e può essere convalidato tramite l’adozione del provvedimento da parte
dell’organo competente: ad es i provvedimenti considerati illegittimi per
incompetenza della giunta comunale, possono essere convalidati dal consiglio
comunale

La violazione di legge si ha quando il provvedimento non è conforme ad una


specifica disposizione normativa (di legge o di regolamento). Ad es è in violazione di
legge il provvedimento amministrativo privo di motivazione in quanto contrastante
con l’obbligo di motivazione previsto all’art 3 della legge 241.
La legge 241 ha previsto e regolato 2 ipotesi in cui il mancato rispetto di norme
NON comporta annullabilità del provvedimento. Si tratta della cd. Illegittimità
non invalidante.:

1. la prima ipotesi prevede che non è annullabile il provvedimento adottato in


violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti se il
provvedimento ha natura non discrezionale, cioè non vincolata e se sia palese
che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello
adottato.

2. la seconda ipotesi prevede che il provvedimento amministrativo non è


annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento se
l’amministrazione dimostra in giudizio che il contenuto del provvedimento non
avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.

Queste 2 ipotesi hanno introdotto una sorta di illegittimità sanabile la cui ratio è
ispirata ad una logica del raggiungimento del risultato cioè si attribuisce molta
rilevanza al raggiungimento di un risultato o di uno scopo utile al pubblico interesse
che non può essere vanificato dalla sussistenza di vizi formali o procedurali.

Sussistono, però delle difficoltà applicative di queste norme;

 per quanto riguarda la non annullabilità del provvedimento adottato in


violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, è difficile
tracciare una linea di confine tra provvedimenti discrezionali e non
discrezionali ed è difficile individuare quale sia l’ambito delle norme sul
procedimento o sulla forma degli atti la cui violazione da luogo a non
annullabilità prevista dalla disposizione. Ad es anche l’obbligo di motivazione
è una norma inclusa nella legge sul procedimento e riguarda la forma ma in
questo caso è da ritenere che che vi sia violazione di legge che comporta
annullabilità anche perché la legge 241 contiene una norma apposita
sull’obbligo di motivazione (art 3)

 per quanto riguarda la non annullabilità del provvedimento per mancata


comunicazione d’avvio, la comunicazione d’avvio apre la fase delle garanzie
di partecipazione dell’amministrato al procedimento stesso e il difetto di
comunicazione può precludere del tutto l’operato di tali garanzie a meno che
l’amministrato non venga a conoscenza in altro modo del procedimento
avviato. La legge tedesca sul procedimento amministrativo, a cui si ispira in
parte l’art 21 della legge 2412, non contiene un previsione sulla non
annullabilità per mancata comunicazione di avvio del procedimento e
l’ordinamento tedesco considera la partecipazione un principio del sistema
amministrativo la cui violazione da luogo annullabilità del provvedimento. Un
altro punto importante riguarda l’onere della prova che l’amministrazione deve
dare in giudizio dove è tenuta a dimostrare che il contenuto del provvedimento
emanato in mancanza di comunicazione d’avvio, non avrebbe potuto essere
diverso da quello adottato. La giurisprudenza ha chiarito non si può
costringere la PA a dimostrare che ogni eventuale contributo partecipativo
dell’amministrato non avrebbe cambiato l’esito del provvedimento e quindi
deve ritenersi che grava sul privato l’onere di allegare gli eventuali elementi
conoscitivi in suo possesso se avesse ricevuto la comunicazione d’avvio e che
spetti all’amministrazione dimostrare che anche se quegli elementi fossero stati
allegati, il contenuto del provvedimento non sarebbe cambiato.

Per quanto riguarda l’eccesso di potere, la figura di partenza è stata quella dello
sviamento di potere. L’esperienza francese aveva portato ad annullare
provvedimenti amministrativi che perseguivano un fine diverso da quello previsto
dalle norme. Ma lo sviamento di potere poteva funzionare in una situazione in cui la
legge attribuiva ad una determinata amministrazione il fine di perseguire un interesse
pubblico unitario e ben identificabile. Ma con lo sviluppo del pluralismo, una stessa
amministrazione poteva ricevere in titolarità una serie di interessi pubblici per cui
cominciava ad essere difficile individuare lo sviamento rispetto all’interesse, al fine
previsto dalla legge.
Nacquero cosi alcune ipotesi di eccesso di potere chiamate “ sintomatiche” come :

1. il travisamento di fatto
2. motivazione insufficiente
3. insufficienza degli interessi valutati
4. irragionevolezza
5. difetto di proporzionalità

il travisamento di fatto si ha quando l’amministrazione fonda la sua decisione sulla


premessa che sussista un fatto che in realtà non esiste o presenta caratteristiche
diverse (es lo stato di un luogo)

riguardo alla motivazione insufficiente, il giudice amministrativo aveva censurato


per eccesso di potere dei provvedimenti con motivazione quantitativamente
insufficiente. In seguito il giudice ha esteso la sua verifica alla qualità della
motivazione ed ha considerato motivazioni illogiche o contraddittorie come segnali di
eccesso di potere. Cmq il difetto di motivazione o meglio l’assenza di motivazione
rientra più nlla violazione di legge che nell’eccesso di potere.

Riguardo all’insufficienza degli interesse valutati, il giudice controlla se


l’amministrazione abbia effettuato una valutazione compiuta e sufficiente degli
interessi prima di procedere all’adozione del provvedimento e il difetto o
l’insufficiente della valutazione è ipotesi di eccesso di potere.
Riguardo all’irragionevolezza, nell’ordinamento britannico, la decisione
amministrativa è stata considerata irragionevole e quindi invalida solo nei casi in cui
l’amministrazione adottava una scelta che nessuna persona di buon senso avrebbe
mai adottato. Progressivamente poi il sindacato del giudice sulla ragionevolezza è
diventato + intenso e il giudice ora valuta la coerenza dell’intero procedimento,
l’eventuale sussistenza di perplessità e il nesso tra gli intenti e gli obiettivi realizzati

Infine per quanto riguarda il difetto di proporzionalità, il giudica amministrativo


valuta se il provvedimento sia adeguato al fine che l’amministrazione intende
perseguire ed effettua un bilanciamento tra i benefici ottenuti per il pubblico interesse
e i sacrifici imposti ai privati

Ciò che accomuna le diverse figure di eccesso di potere è che il provvedimento e


l’attività della PA non sono valutate in base al parametro della loro conformità al
contenuto di una norma (come avviene con la violazione di legge) ma il controllo del
giudice prende in esame i fini effettivamente perseguiti dall’amministrazione . per cui
il controllo sull’eccesso di potere viene esercitato sulla base del criterio di conformità
dell’azione amministrativa rispetto ai principi giuridici. Ci troviamo nell’ambito di un
controllo sulla legittimità.

I CASI DI NULLITA’

In dottrina e in giurisprudenza sono sorte delle incertezze sul concetto di nullità del
provvedimento amministrativo.
Da un lato il Consiglio di Stato ha assunto un atteggiamento di rifiuto nei confronti
della nullità ed ha sostenuto che la nullità comporta l’inefficacia ad initio di un atto e
questo non si addice alle caratteristiche dell’azione della PA che è finalizzata al
perseguimento del pubblico interesse e quindi se è affetta da vizi dovrebbe trattarsi di
vizi che non vanifichino del tutto e dall’inizio l’efficacia dell’azione amministrativa
ma sostiene che quei vizi dovrebbero essere ricondotti alla categoria
dell’annullabilità.
Dall’altro lato la dottrina ha spostato il discorso sul piano della teoria generale degli
atti giuridici e quindi si è ammessa accanto all’annullabilità anche la nullità e quindi
l’inidoneità del provvedimento di produrre effetti ab initio.
La giurisprudenza ha svolto un ruolo importante quando la Cassazione ha introdotto
la categoria della carenza di potere cioè casi in cui il potere amministrativo manca
del tutto e poiché il potere non esiste, il provvedimento è nullo ab initio e non
produce effetti, quindi non è imperativo e lascia inalterata la sfera giuridica del
destinatario. Di conseguenza il giudice competente a conoscere della carenza di
potere è il giudice ordinario, non ol giudice amministrativo.
La giurisprudenza di cassazione ha stabilito che la carenza di potere vi fosse nei casi
di difetto di attribuzione cioè in casi in cui non c è incompetenza ma vi è il vizio
della mancanza di attribuzione o perché il potere esercitato non rientra tra quelli
spettanti ad una PA o perché spetta ad una PA totalmente diversa.
La suprema corte ha ricondotto alla carenza di potere anche altre ipotesi caratterizzate
non dal difetto di attribuzione ma dalla mancanza di un presupposto essenziale per
l’emanazione di un provvedimento (ad es un’espropriazione adottata senza la previa
dichiarazione di pubblico interesse .

La legge 241/90 è intervenuta in materia di nullità dandole un fondamento


normativo esplicito. (art 21 septies comma1) . la norma stabilisce che vi è nullità
del provvedimento amministrativo se:

1. ne mancano gli elementi essenziali


2. se vi è un difetto assoluto di attribuzione
3. se il provvedimento è stato adottato in violazione o elusione del giudicato
4. e negli altri casi espressamente previsti dalla legge.

Non è facile stabilire i confini della prima ipotesi di nullità cioè la mancanza di
elementi essenziali in quanto non esiste una espressa previsione normativa che
identifica gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo a differenza di
quanto accade per gli elementi del contratto. Ad es la motivazione potrebbe essere
considerata elemento essenziale ma la sua mancanza dà luogo a violazione di legge e
quindi ad annullabilità, non a nullità.
Il giudice amministrativo considera elementi essenziali del provvedimento il
soggetto, l’oggetto, la volontà e la forma.

L’ipotesi di difetto assoluto di attribuzione coincide con la carenza di potere cioè


ipotesi in cui sussiste il vizio della mancata attribuzione

L’ipotesi della violazione o elusione del giudicato si ha quando il provvedimento


amministrativo non si conforma ad una sentenza passata in giudicato e ciò è rilevante
in tema di competenza giurisdizionale.
Infatti la norma stabilisce che le questioni che riguardano la nullità dei provvedimenti
amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo.
Resta però aperto il problema della competenza giurisdizionale per le altre 2 ipotesi
di nullità (mancanza di elementi essenziali e difetto assoluto di attribuzione):

 se si ritiene che il criterio per individuare la giurisdizione del giudice


amministrativo consista nell’esercizio del potere amministrativo
indipendentemente dalle situazioni soggettive coinvolte, bisogna dire che la
giurisdizione spetti al giudice ordinario perché nei casi di nullità il potere
manca e non può essere esercitato
 se invece si sceglie di dare rilievo anche alle situazioni giuridiche soggettive ,
la competenza giurisdizionale dovrebbe essere de giudice ordinario nei casi in
cui il privato sia titolare di un preesistente diritto soggettivo che non viene
toccato dal provvedimento affetto da nullità in quanto l’atto non produce alcun
effetto. Mentre il giudice amministrativo sarebbe competente nel caso in cui la
situazione giuridica soggettiva del privato sia qualificabile come interesse
legittimo e rimanga tale (ad es un diniego di autorizzazione affetto da nullità
per difetto assoluto di attribuzione)

infine per quel che riguarda gli altri casi di nullità previsti espressamente dalla
legge ci fa capire che in questo caso la nullità deve restare in un ambito circoscritto;
possono considerarsi le ipotesi di casi di assunzione all’impiego pubblico in assenza
di concorso.

I PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI DI SECONDO GRADO

Sono dei provvedimenti attraverso i quali l’amministrazione interviene su


provvedimenti gia adottati. Sono espressione della potestà di autotutela decisoria che
consiste nell’emanazione di atti che incidono su precedenti provvedimenti per
assicurarne la legittimità o la rispondenza all’interesse pubblico.

Tra i provvedimenti di 2° grado, le figure principali sono 2:

1. l’annullamento d’ufficio
2. e la revoca

l’annullamento d’ufficio è un provvedimento di 2° grado che rimuove un


provvedimento affetto da vizio di legittimità. Alla base dell’annullamento devono
sussistere ragioni di interesse pubblico e tale interesse deve essere attuale cioè
esistente al momento dell’annullamento
quindi l’amministrazione deve svolgere una valutazione comparativa tra l’interesse
pubblico all’annullamento e gli interessi di cui sono portatori i soggetti sui quali
incide direttamente il provvedimento originario e i contro interessati. Ad es
un’autorizzazione rilasciata a favore di un privato, questo avrà interesse alla
conservazione dell’atto, mentre se si tratta di un provvedimento limitativo della sfera
giuridica del privato, avrà interesse alla rimozione. Viceversa per i contro interessati.
Quindi l’annullamento di ufficio poiché comporta una valutazione comparativa tra
interessi è un provvedimento discrezionale.
Competente ad adottare l’annullamento è lo stesso organo che ha emanato il
provvedimento di 1°grado o un altro organo previsto dalla legge e gli effetti
dell’annullamento d’ufficio retroagiscono.
L’illegittimità del provvedimento di primo grado può essere sanata con un atto di
convalida. È il caso dell’incompetenza in cui il provvedimento è annullabile perché
emanato da un ufficio privo di competenza ma può essere convalidato tramite
l’adozione da parte dell’organo dotato di competenza.

La revoca è un provvedimento di 2° grado che rimuove un precedente


provvedimento non perché illegittimo ma perché sono sopraggiunti nuovo motivi di
pubblico interesse o è cambiata la situazione di fatto e vi è una nuova valutazione
dell’interesse pubblico.
Quindi al revoca non intende eliminare una illegittimità ma si basa su valutazioni di
fatto o di opportunità.
La revoca opera ex nunc, non ha effetti retroattivi. Infatti la norma prevede che la
revoca determina la non idoneità del provvedimento revocato a produrre effetti
ulteriori.

Un’altra figura di provvedimento amministrativo di 2°grado è la sospensione che ha


una disciplina legislativa specifica nella legge 241. la legge prevede che l’esecuzione
di un provvedimento amministrativo può essere sospesa per gravi ragioni e per il
termine strettamente necessario. Il termine della sospensione è specificatamente
indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato una sola volta.
La sospensione quindi è una misure provvisoria , di durata limitata e generalmente è
propedeutica ad un provvedimento di annullamento o di revoca. Si pensi ad una
sospensione e poi alla revoca di un finanziamento pubblico.

Potrebbero piacerti anche