TESTI A FRONTE
direttore
Giovanni Reale
segretari
Giuseppe Girgenti
Vincenzo Cicero
Roberto Radice
redazione
Claudio Marcellino
ARISTOTELE
L’ANIMA
Introduzione, traduzione, note e apparati di
Giancarlo Movia
Testo greco a fronte
Rusconi
Prima edizione maggio 1996
Tutti i diritti riservati
<D 1996 Rusconi Libri s.rJ., viale Sarca 235, 20126 Milano
ISBN 88-18-70168-1
BIBLIOTHECA
re ~biA
Questa edizione della traduzione dal greco del De anima di Aristotele a
cura di Giancarlo Movia riproduce, con alcune modifiche, la traduzione
pubblicata nel 1979 per la "Collana Filosofi antichi" del Centro di Studi
Filosofici di Gallarate d* Loffredo Editore di Napoli. Viene dunque pubbli
cata su licenza del «Centro di Studi Filosofici di Gallarate» e di Loffredo
Editore di Napoli.
Alla cara memoria
del mio zio materno Carlo Colaussi
Gorizia, 11.8.1914 - 3.4.1995
«I libri di Aristotele sull'anima, assieme ai
suoi trattati su particolari lati e stati della
medesima, sono ancora sempre l'opera
migliore o l'unica d'interesse speculativo
intorno a tale oggetto. Lo scopo essenziale
di una filosofia dello spirito può essere sol
tanto quello d'introdurre di nuovo nella
conoscenza dello spirito il concetto; e cosi,
anche, di risvegliare l'intelligenza di quei
libri aristotelici».
G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze
filosofiche in compendio, § 378.
«Il capitolo che nelle sue Lezioni sulla sto
ria della filosofia Hegel dedica ad Aristotele
è la migliore rappresentazione della filoso
fia aristotelica che a tutt'oggi possediamo...
Una ricapitolazione della filosofia aristoteli
ca così vasta e profonda non ha potuto, fino
ad oggi, riproporsi».
W. Wieland, La fisica di Aristotele,
pp. 40-42.
INTRODUZIONE
1. La centralità del trattato “Sull’anima” nell’ambito degli
scritti biologici di Aristotele. Il “De anima” come opera
di frontiera tra la fisica e la l.
In un passo abbastanza sorprendente del De caelo
Aristotele afferma che l’attività degli astri è «suppergiù
I Questa edizione della traduzione del De anima di Aristotele
riproduce, con alcune modifiche, la traduzione pubblicata nel 1979
(seconda edizione 1992) per la collana "Filosofi antichi” del Centro di
studi filosofici di Galla rate dall'Editore Loffredo di Napoli. A detta
traduzione si accompagnava il primo commentario analitico di tutta
l'opera scritto in Italia. Anche i Sommari sono ripresi, con qualche
aggiustamento, dall’edizione maggiore, mentre interamente nuovi
sono l'Introduzione, il Quadro generale dei contenuti e le Parole chiave.
Le Note, che corredano puntualmente la traduzione e offrono al letto
re gli indispensabili chiarimenti del testo, mettono a frutto i punti
essenziali del commentario dell'edizione maggiore, ma insieme lo inte
grano con i necessari aggiornamenti esegetici e bibliografici. Le novità
principali di questa nuova edizione sono da un lato un confronto più
circostanziato della psicologia aristotelica con le corrispondenti dottri
ne platoniche sull'anima, e dall’altro un riferimento costante all'inter-
pretazione hegeliana del De anima, certamente la più illuminante e la
più significativa dal punto di vista speculativo tra quelle proposte dalla
filosofia moderna.
II lettore che volesse approfondire le complesse questioni di carat
tere teorico e storico-erudito che il trattato aristotelico suscita potrà
servirsi, oltre che dell'edizione maggiore, anche dei miei saggi: Note sul
primo capitolo del ‘De anima” di Aristotele, in A A. W., Scritti in onore
di darlo Giacon, Padova 1972, pp. 87-101 \ Annotazioni sul primo capi
tolo del “De anima” di Aristotele, in AA.W., Saggi e ricerche, a cura di
C. Giacon, ivi 1972, pp. 15-25; e del volume: Due studi sul “De anima”
8 INTRODUZIONE
come quella degli animali e delle piante»2. È un’osserva
zione importante. Innanzitutto la sia pur relativa assimila
zione dell’attività degli astri a quella degli animali e delle
piante fa comprendere che Aristotele, come Platone,
ammetteva, secondo una credenza popolare, ma filosofi
camente assai elaborata, ¡’animazione dei corpi celesti3. In
secondo luogo una “ricerca sull’anima” come principio
del vivente in generale, qual è quella perseguita dal nostro
trattato4, colloca la psicologia in una posizione sopraordi
nata tanto rispetto all’astronomia (in quanto questa assu
me l’esistenza delle anime delle sfere celesti e degli astri)
quanto, e soprattutto, rispetto alle scienze biologiche spe
ciali (botanica, zoologia e “antropologia” filosofica)5.
In quanto però la psicologia si occupa di una determi
nata forma (l’anima) in relazione ad una determinata
materia (il corpo vivente), nell’ambito delle scienze teore
tiche essa costituisce una sezione della fisica, che ha a
tema le attività dei corpi capaci di movimento6. La fisica,
poi, coincide con quella che Aristotele chiama la “filoso
di Aristotele, ivi 1974. Sulla “storia degli effetti” della psicologia ari
stotelica si possono leggere i miei lavori: Anima e intelletto. Ricerche
sulla psicologia peripatetica da Teofrasto a Cratippo, ivi 1968; Alessandro
di Afrodisia tra naturalismo e misticismo, ivi 1970.
2 Cfr. Del cielo, II, 12, 292 b i s . (trad. di O. Longo, in Aristotele,
Opere, III, Fisica, Del cielo, Roma-Bari 1983).
3 Cfr. Platone, Fedone, 111 B; Timeo, 28 B-C; 38 C ss.; 41 D ss., e
O. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone. Rilettura della
metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle "Dottrine non scritte”,
Milano 199110 , pp. 591 s., 703 ss.
4 Aristotele, L'anima, I 1, 402 a 1-7.
5 Cfr. D. Kurz, Akribeia. Das ideal der Exaktheit bei den Griechen
bis Aristoteles, Gòppingen 1970, p. 134, e per Tespressione “antropo
logia filosofica”, atta a designare lo spazio che il nostro trattato dedica
all'anima umana, cioè all’intelletto, cfr. E. Berti, Profilo di Aristotele,
Roma 1979, p. 179.
6 L'anima, I, 1, 403 b 10-12.
INTRODUZIONE 9
fia seconda”, perché, in quanto tale, non perviene alla
conoscenza delle cause assolutamente prime e immateria
li dei fenomeni. La conoscenza di esse è di pertinenza
della “filosofia prima” o metafisica. La psicologia dun
que, insieme con la fisica, almeno in prima istanza sarà
una scienza subordinata alla metafisica7. Si può aggiunge
re che, nella prospettiva aristotelica, la matematica non
può costituire una “filosofia seconda”, giacché non ha per
oggetto, come la fisica, la sostanza (sia pure nel suo aspet
to mobile)8, ma soltanto certe determinazioni accidentali
(quelle quantitative) delle cose.
Il De anima di Aristotele è pertanto una specie di pro
logo o proemio di carattere generale alle trattazioni speci
fiche degli esseri viventi: sia di quelli celesti, sia, e in modo
particolare, di quelli terrestri: le piante e specialmente gli
animali. Precisiamo meglio: la psicologia, pervenendo alla
conoscenza dell’anima, attinge la “causa prima” di tutti i
fenomeni studiati nelle opere biologiche dello Stagirita: le
Ricerche sugli animali, le Parti degli animali, la
Riproduzione degli animali, il Moto degli animali, come
pure in quei piccoli trattati di psicologia e fisiologia che
vanno sotto il nome di Parva naturalia. Di tutti questi
scritti il De anima rappresenta il centro e il fondamento
teorico essenziale.
Aristotele, però, nell’ambito dell’“antropologia filoso-
7 Sul problema del rapporto intercorrente tra fisica e metafisica cfr.
gli approfondimenti di L. Ruggiu, Rapporti tra la "Metafisica" e la
"Fisica"di Aristotele, in AA.VV., Aristotele. Perché la metafisica. Studi
su alcttni concetti-chiave della "filosofia prima” aristotelica e sulla storia
dei loro influssi, a cura di A. Bausola e G. Reale, Milano 1994, pp. 319
ss. Vedi anche, del medesimo autore, il Saggio introduttivo all'edizione
della Fisica di Aristotele (Milano 1995), pp. V ss. (n. 16 di questa col
lana).
8 Cfr. E. Berti, Studi aristotelici, L’Aquila 1975, p. 58.
10 INTRODUZIONE
fica” che è parte costitutiva del trattato, individua una
caratteristica dell’anima che egli considera “separata dal
corpo” e indipendente da questo, e, come tale, oggetto
della “filosofia prima”9: si tratta dell’intelletto e, in parti
colare, dell’“intelletto produttivo”. Per questo aspetto il
trattato è parte integrante della metafisica. In tal modo
esso, considerato nella sua globalità, acquista una funzio
ne di cerniera e di collegamento tra fisica e metafisica che,
in termini moderni, si potrebbe esprimere come il pro
lungamento di una psicologia scientifica e sperimentale
(ma sempre basata sull’ontologia) in una antropologia
filosofica o addirittura, per esprimerci con Hegel, in una
“filosofia dello spirito”.
Hegel infatti così scrive: c’è «un duplice modo di con
siderare l’anima, e Aristotele li conosce entrambi: cioè la
maniera puramente razionale o logica, e la fisica o fisiolo
gica che in parte vediamo fino ad oggi procedere di con
serva»10. Ora Aristotele supera questi due modi opposti,
ma ugualmente unilaterali, di considerare l’anima (quello
della “dialettica” formalistica e quello della fisica natura
listica) in una “fìsica speculativa”. Questa, nel momento
in cui entra in campo l'intelletto, cede il posto alla “filo
sofia prima”, ossia, in termini hegeliani, alla considerazio
ne della libertà autodeterminantesi dello spirito11.
In aggiunta a quanto s’è detto va ricordato anche che
l’eccellenza della psicologia come scienza rispetto alle
scienze biologiche speciali è assicurata, secondo
Aristotele, sia dall’esattezza del metodo da lei impiegato
sia dal valore dell’oggetto di cui essa si occupa. Infatti, in
9 L’anima, 1,1, 403 b 15 s.
10 G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, trad. di E.
Codignola e G. Sanna, II: Dai Sofisti agli Scettici, Firenze 1932 (2a rist.
1967), p. 344. Heg^l si riferisce a L’anima, I, 1, 403 a 29 ss.
11 F. Chiereghin, L‘eredità greca nell’antropologia hegeliana,
«Verifiche», 18 (1989), pp. 262 s.
INTRODUZIONE 11
*>rimo luogo, Tanima del vivente, in quanto incorporea e
semplice’’, garantisce una conoscenza più astratta e
generale che non le discipline biologiche settoriali . Qui
12
Aristotele mette certamente a frutto l’equazione esattez
za-semplicità (= stabilità, saldezza) che Platone aveva teo
rizzato nel Timeo: «i discorsi hanno una affinità con le
cose stesse di cui sono espressione. Dunque, ciò che è sta
bile e saldo e che si manifesta mediante l’intelletto, con
viene che sia stabile ed immutabile, almeno nella misura
in cui si concede ai discorsi che siano inconfutabili ed
invincibili: di questo non deve mancare nulla»13 14. In
secondo luogo la stessa incorporeità dell’anima assicura
alla psicologia una preminenza tra le scienze biologiche
anche dal punto di vista del grado ontologico dell’ogget
to^.
2. La “carta” dell’ilemorfismo in campo psicologico.
Scrive Hegel: i tre libri Sull’anima «trattano in parte
dell’astratta natura universale dell’anima, di preferenza
però con indirizzo puramente polemico , ma poi, più a
15
12 L'anima, 1,1,402 a 1-4.
13 Platone, Timeo, 29 B-C (traci, di G. Reale, in Platone, Tutti gli
scritti\ a cura di G. Reale, Milano 1991).
14 Cfr. n. 12. Quanto stabilito in questo primo paragrafo rimane
vero indipendentemente dalla questione (un tempo assai dibattuta nel
quadro del problema più vasto dell "evoluzione spirituale di Aristotele)
della genesi e della cronologia del De anima. Gli interpreti tendono
ormai a convenire sulla fondamentale unità speculativa dell’opera,
benché credano possibile che la redazione di essa sia avvenuta in tempi
differenti (durante il cosiddetto periodo dei viaggi e negli anni dell’in
segnamento nel Liceo). Per una discussione in merito rimando ancora
alla mia edizione maggiore. Vedi inoltre E. Berti, Nuovi studi sulTevo-
luzione filosofica di Aristotele, «Elenchos», 14 (1993), pp. 91 ss.
15 Cfr. L'anima, II, 3, 414 b 20 ss., sulla necessità d’integrare la defi-
12 INTRODUZIONE
fondo, indagano con grande profondità speculativa la
natura dell’anima in lei stessa, non il suo essere (Sein), ma
la determinata maniera e possibilità della sua attività, poi
ché in questo consiste per Aristotele l’essere e l’essenza
dell’anima... Non dobbiamo aspettarci che Aristotele
nella dottrina sull’anima ci dia una cosiddetta metafisica
dell’anima16. Codesta considerazione metafisica difatti
propriamente presuppone che l’anima sia una cosa
(Ding), per cui ci si chiede che cosa sia, se sia semplice
ecc. Il concreto genio speculativo di Aristotele non si
occupa di codeste determinazioni astratte, ma... preferi
sce esaminare i modi della sua attività»17.
In realtà lo Stagirita, dopo l’esposizione e la critica
delle dottrine dei suoi predecessori18 — su cui ritorneremo
—, si chiede che cos’è l’anima, ed anche se è semplice o
composta di parti. Rispondendo però — come vedremo —
che l’anima è sostanza in quanto forma e che le sue
“parti” vanno intese come facoltà o funzioni distinte solo
“logicamente” e non, come pensava Platone, spazialmen
te, lascia capire che quello che soprattutto lo interessa è
appunto l’esame concreto delle attività dell’anima.
Certamente Aristotele è aH'origine della dottrina classica
della distinzione “reale” tra anima e facoltà e tra facoltà e
funzioni. Egli è anche all’origine — assieme a Platone —,
con la dottrina dell’intelletto che sopraggiunge in noi
“come una sostanza”, della teoria classica dello statuto
ontologico privilegiato dell’anima umana come “sostan
za” spirituale e immortale. Il punto cruciale che Hegel
nizione universale di anima con l’analisi delle singole anime e facoltà.
16 II riferimento è alla metafisica razionalistica dell’anima, contro
cui Hegel polemizza, ad es., nell’ Enciclopedia (vedi $ 34 e aggiunta).
17 Hegel, Lezioni, II, pp. 343 s.
18 L'anima, II. cc. 2-5.
INTRODUZIONE 13
coglie e che corrisponde perfettamente alla prospettiva
dello Stagirita è, tuttavia, che i fondamenti “sostanzialisti-
ci”, imprescindibili per la psicologia aristotelica, hanno
senso unicamente nella concretezza delle loro attività e
manifestazioni.
La domanda “che cos’è l’anima?” è imposta dall’esi
genza teorica di stabilire i “principi propri” della psicolo
gia come scienza autonoma: l’affermazione dell’esistenza
dell’anima e la sua definizione19.
Per questo compito Aristotele si avvale innanzitutto
del cosiddetto metodo della “divisione” ( diàiresis), di ori
gine platonico-accademica. Lo Stagirita, che ha sempre
rifiutato il metodo diairetico come procedimento dimo
strativo, lo ritiene invece idoneo per il reperimento e la
costruzione delle definizioni20. Nel nostro caso la divisio
ne (dicotomica o tricotomica) opera le seguenti distinzio
ni (che, poi, non possono non corrispondere alle fonda-
mentali articolazioni concettuali della metafisica e della
fisica aristoteliche): la sostanza è materia o forma o com
posto; la materia è potenza, la forma atto; l’atto è primo o
secondo; il corpo è naturale o artificiale; il corpo naturale
è vivente o non vivente21. È assai importante osservare
che, alla base di queste “divisioni”, sta la concezione
19 Sulle definizioni fondamentali di una scienza che includono
asserzioni di esistenza cfr. M. Mignucci, L'argomentazione dimostrativa
iti Aristotele. Commento agli “Analitici secondi”, I, Padova 1975, pp. 7
ss., ecc., e Ch.H. Kahn, La funzione del “nous” nella conoscenza dei
primi principi in “Analitici secondi" II 19, in AA.VV., Aristotele e la
conoscenza, a cura di G. Cambiano e L. Repici, Milano 1993, pp. 313
ss.
20 Cfr. A. von Fragstein, Die Diàiresis bei Aristoteles, Amsterdam
1967, pp. 78 ss.; Mignucci, L'argomentazione dimostrativa, I, pp. 67 ss.;
G. Movia, Apparenze, essere e verità. Commentario storico-filosofico al
“Sofista” di Platone, pref. di H. Kràmer, introd. di G. Reale, Milano
19942, p. 86.
21 L'anima, II, 1,412 a 3-11.
14 INTRODUZIONE
metafisica “ilemorfica” della realtà fisica22. A questo pro
posito molto giustamente è stato affermato che il secondo
libro del De anima, e in particolar modo il primo capito
lo, contiene la “carta”, ossia il testo fondamentale dell’ap
plicazione delTilemorfismo aristotelico (ossia della teoria
della composizione dei corpi sensibili di forma e materia)
al mondo vivente23.
In secondo luogo, per stabilire l’esistenza dell’anima e
pervenire alla sua definizione, Aristotele adotta — confor
memente al pluralismo metodologico caratteristico di
ogni sua ricerca24 — il metodo induttivo o a posteriori. Egli
inferisce l’esistenza dell’anima dall’esperienza dei corpi
viventi e del loro comportamento, e, più precisamente,
dall’accertamento delle loro funzioni vitali più primitive
e fondamentali: il nutrimento, la crescita e il deperimen
to25. Come è stato osservato, Aristotele fa uso di un meto
do simile a quello che la psicologia moderna chiamerà
“comportamentistico”26.
In definitiva, Aristotele così argomenta: il corpo viven
te ha la vita, ma non è la vita; dunque il corpo è, per così
dire, il soggetto di inerenza e di predicazione della vita, e
la vita è ciò che inerisce al corpo e “si predica” del corpo.
Pertanto l’anima non è il corpo, ma è ciò che “determina”
o perfeziona il corpo rendendolo animato, è la causa del
suo esser-tale, cioè del suo esser vivente, piuttosto che
non vivente, e la causa dell’esser-tale non può essere che
22 G. Reale, Stona della filosofia antica, II: Platone e Aristotele,
Milano 19875, pp. 466 s.
23 Ch. Lefèvre, Sur l’évolution d’Aristote en psychologie, Louvain
1972, p. 170.
24 Cfr. E. Berti, Aristotele nel Novecento, Roma-Bari 1992, pp.
265 s. *
23 Uanima, II, 1,412 a 11 ss.
26 Cfr. Berti, Profilo, p. 179.
INTRODUZIONE 15
la “forma” o essenza. L’anima, dunque — come con gran
de efficacia si è espresso Hegel — non è una “cosa”, ma il
principio del vivente, principio sostanziale ed essenziale,
non secondario e accidentale27, e dunque “atto primo”,
ossia ciò che determina, quale primo fondamento, il
corpo ad essere vivo e a svolgere le sue funzioni vitali28.
Aristotele propone, in successione, addirittura quattro
formule della definizione di anima29 * *; esse si possono sin
tetizzare nel seguente enunciato: “l’anima è sostanza in
quanto forma o atto primo di un corpo naturale che ha la
vita in potenza, ossia dotato di organi”.
In questo modo i dati reperiti col metodo induttivo o
a posteriori, vengono organizzati in una definizione rigo
rosa.
Non vi è dubbio che questa «è una delle più geniali
scoperte aristoteliche»10, specialmente perché lega inti
mamente l’anima al corpo, nel senso che è in forza dell’a-
nima stessa (fin dal momento in cui il seme agisce sulla
materia e la feconda) che il corpo giunge ad un certo livel
lo di complessità e quindi si dota di organi che il posses
so della vita richiede. La concezione aristotelica dell’ani
ma come “forma” e principio di organizzazione del corpo
a buon diritto è stata avvicinata a quello che la biologia
moderna ha chiamato “codice genetico” o “programma
genetico” inscritto nei cromosomi11.
Per questa via, l’anima aristotelica si differenzia netta
mente tanto dall’anima dei Presocratici, nella misura in
cui la identificavano con il principo fisico costitutivo del
27 Cfr. C. Giacon, Le grandi tesi del tomismo, Bologna 19671, pp.
69 s., 222 s.
28 L’anima,II, 1, 412 a 11-22; 4, 415 b 12-14.
29 Ivi, l , 4 1 2 a 11-b 6.
10 Berli, Studi aristotelici, p. 252.
11 Berti, Profilo, pp. 193 s., e Aristotele nel Novecento, pp. 253 s.
16 INTRODUZIONE
mondo, quanto con la dottrina di Platone e dei Pitagorici,
nella misura in cui la contrapponevano dualisticamene al
corpo32. Al tempo stesso la psicologia aristotelica è immu
ne dal dualismo anima-corpo d’ispirazione cartesiana33, e
pertanto si sottrae alla critica kantiana della psicologia
razionale, che, di fatto, colpisce unicamente la psicologia
rigidamente sostanzialistica e dualistica di Cartesio34.
3. Gli antecedenti della psicologia aristotelica. Aristotele e
Platone
I rapporti che la psicologia di Aristotele intrattiene
con le dottrine dei filosofi precedenti meritano però un
cenno a parte.
S’impone un’osservazione preliminare. Bisogna infatti
tener ben ferma la distinzione tra l’Aristotele “storico
della filosofìa” che, nonostante frequenti distorsioni e
fraintendimenti in cui incorre, costituisce la nostra fonte
principale per la conoscenza delle dottrine degli antichi, e
l’Aristotele “filosofo”, che quelle dottrine critica e confu
ta, spesso in modo assai arbitrario, al fine di far emergere
la superiorità della propria posizione35.
Ciò detto, quello che bisogna mettere in luce è che l’at
teggiamento che lo Stagirita assume di fronte ai contrap
posti punti di vista dei filosofi precedenti è, in generale —
32 Reale, Storia, II, p. 467 s.; E. Berti, Aristotele: dalla dialettica alla
filosofia prima, Padova 1975, p. 375, e Profilo, pp. 180 s.
33 Berti, Profilo, p. 181.
34 Cfr. P. Faggiotto, Introduzione alla metafisica kantiana dell'ana
logia, Milano 1989, pp. 85 ss.
33 Reale, Per una nuova interpretazione, p. 110. Cfr. anche J.
Mansfeld, Aristot{e, Plato, and thè Preplatonic Doxography and
Chronography, in AA.W., Storiografia e dossografia nella filosofia anti
ca, a cura di G. Cambiano, Torino 1986, pp. 1 ss.
INTRODUZIONE 17
qui nel De anima come negli altri trattati (a cominciare
dalla Metafisica) —, quello di unificarli in una sintesi
mediatrice36.
Nell’ambito di una psicologia che non vuol essere,
come quella dei predecessori, di tipo "antropocentrico” o
“antropomorfico”37, ma vuol avere un carattere biologico
generale, Aristotele accoglie le istanze fondamentali pro
spettate dagli antichi, che consideravano l’anima come
principio di movimento e di conoscenza, avente, per alcu
ni, anche il carattere delT“incorporeità”.
Su questo terreno comune d’intesa con la tradizione
filosofica, lo Stagirita fa emergere tuttavia i propri punti
di divergenza.
In primo luogo il movimento del vivente non può,
come ritenevano gli Atomisti, essere considerato effetto di
una causa meccanica (gli atomi sferici di fuoco, costituen
ti l’anima, dotati di moto perpetuo), ma già nelle piante,
con i fenomeni di nutrizione, crescita e riproduzione, è
finalisticamente orientato38.
Inoltre il problema della conoscenza s’incentra, nei
filosofi anteriori, sull’alternativa tra la conoscenza del
simile mediante il simile, una tesi che si ritrova in
Empedocle e in Platone, e la conoscenza del dissimile col
dissimile, una tesi che si riscontra in Eraclito e in
Democrito39. La posizione di Aristotele, sia al livello della
conoscenza sensitiva sia a quello della conoscenza intel
lettiva, media le due tesi sostenendo che la prima è vera
qualora l’oggetto venga conosciuto in atto e la seconda è
vera qualora l’oggetto sia conosciuto soltanto in poten-
36 Reale, Storia, II, pp. 467 s.
37 L‘anima,I, 1, 402 b 3-5.
38 Ivi, II, c. 4.
39 Ivi, I, cc. 2 e 5.
18 INTRODUZIONE
za40. La seconda tesi rappresenta perciò la conoscenza nel
momento in cui il soggetto dipende da altro da sé, la
prima nel momento in cui il soggetto s’identifica “inten
zionalmente” {nel senso classico della parola intentió) con
l’altro41.
Infine l’incorporeità dell’anima non può venir intesa,
come fecero i Pitagorici e Democrito, nei termini di una
materialità semplicemente più raffinata di quella del
corpo (come il pulviscolo atmosferico e gli atomi ignei).
Aristotele non può non dar ragione a Platone, che vede
nell’anima una natura “ideale”; l’anima dev’essere ricon
dotta all’immaterialità della forma, la quale, però, non è
una realtà a sé stante, ma l’“atto” del corpo, il principio
che lo struttura come corpo vivente42.
Un esempio illuminante delle modalità specifiche con
cui opera la “storiografia filosofica” di Aristotele ci viene
offerto dalla lettura che egli ci propone del Timeo di
Platone43. Lo Stagirita riassume in maniera sostanzial
mente corretta l’esposizione platonica della “creazione”
dell’Anima del mondo ad opera del Demiurgo. Senonché
avvicina subito la psicologia platonica a quella naturalisti
ca e meccanicistica di Democrito, mentre noi sappiamo
che i movimenti dell’Anima cosmica sono del tutto imma
teriali e, per di più, finalisticamente orientati. Eppure è
interessante rilevare che Aristotele, nel rivolgere le sue
numerose obiezioni, pressoché tutte fuori bersaglio, al
dialogo platonico, concentri la sua attenzione sull’“esten-
sione spaziale” propria dell’Anima del mondo. Egli così
coglie perfettamente la struttura dimensionale e “geome-
40 Ivi, II, c. 5; III, c. 4.
41 Cfr. anche Chiereghin, p. 241.
42 Reale, Storia, II, p. 468.
43 L’anima, I, 2, 404 b 16-18; 3, 406 b 26 ss.
INTRODUZIONE 19
trica” dell’Anima cosmica che, insieme con la determina
zione numerica e la capacità di muovere se stessa, costi
tuisce un suo tratto essenziale. Possiamo aggiungere che
tali “dimensioni” probabilmente dovevano presentarsi
nell’Anima in forma subordinata e di secondo rango
rispetto alle Dimensioni ideali di cui, in aggiunta ai Numeri
ideali, Platone trattava nelle “dottrine non scritte”44.
4. Osservazione empirica e speculazione filosofica: dalla
definizione universale di anima all’analisi delle singole
funzioni vitali.
La definizione di anima proposta da Aristotele nel
primo capitolo del secondo libro diceva che, ovvero esibi
va unicamente il fatto che l’anima è la forma, cioè il prin
cipio animatore del corpo vivente. Di questa definizione
Aristotele intende indicare anche il perché, la causa in
virtù della quale l’anima è forma. E ciò in base al princi
pio, più volte enunciato dallo Stagirita, che dei “fatti”, di
ciò che è più vicino alla sensazione, va ricercata la causa e
il fondamento razionale45. Già Platone aveva detto che,
fra gli oggetti sensibili, alcuni in particolare sollecitano la
ragione all’approfondimento46.
Ora Aristotele dimostra che l’anima è forma per il
motivo che la forma è la causa per cui un ente possiede
una certa proprietà, e l’anima è la causa delle proprietà
vitali e psichiche dei viventi: il vivere, il percepire, il pen
sare.
44 Reale, Per una nuova interpretazione, pp. 664 e 670; K. Gaiser,
La dottrina non scritta di Platone. Studi stélla fondazione sistematica e
storica delle scienze nella scuola di Platone, present, di G. Reale, introd.
di H. Krämer, trad. di V. Cicero, Milano 1994, PP- 51 S.
45 L'anima, II, 2, 413 a 11 ss.
46 Platone, Repubblica, VII, 523 B.
20 INTRODUZIONE
Nel corso, dunque, di questa stessa ricerca “razionale”
e mediante successivi approfondimenti, avvalendosi insie
me del metodo “comportamentistico”, ovvero osservando
empiricamente il comportamento dei viventi (piante, ani
mali e uomini), Aristotele ne coglie le diverse funzioni, e
di qui inferisce razionalmente i principi di tali funzioni,
ossia i diversi tipi di anima: la nutritiva, la sensitiva e l’in-
tellettiva47. Osservazione empirica e teorizzazione scienti
fico-filosofica procedono pertanto di pari passo.
Ma c’è di più. Non solo la definizione universale di
anima, pur essendo assolutamente vera, è sommaria e
approssimativa48 perché, come abbiamo visto, richiede di
essere dimostrata, ma anche perché esige di essere inte
grata dall’analisi delle singole specie di anime e dalla
determinazione del rapporto che unisce l’una all’altra49.
Spetta a Hegel il grande merito di aver forse per
primo, nell’età moderna, apprezzato e valorizzato specu
lativamente la posizione aristotelica su questo punto. Egli
scrive: «Aristotele osserva molto a proposito, che non si
deve ricercare un’anima, che sia il comune a tutte e
tre senza essere conforme a nessuna di esse in una qual
siasi forma determinata e semplice. Questa è un’osserva
zione profonda, nella quale si manifesta la differenza tra il
pensiero veramente speculativo e il pensiero soltanto logi
camente formale. Allo stesso modo, dice Aristotele, tra le
figure hanno reale esistenza soltanto il triangolo e le altre
figure determinate, come il quadrato, il parallelogrammo
ecc., mentre l’elemento comune, la figura in generale, è
vuoto ente di ragione, è soltanto un’astrazione»50.
Hegel non ha mai preso in considerazione la dottrina
47 L’anima, II, cc. 2-3. Cfr. Giacon, Le grandi tesi, pp. 69 s.
48 L’anima, II 1, 413 a 9 s.
49 Ivi, II, c. 3.
50 Hegel, Lezioni, II, p. 348.
INTRODUZIONE 21
aristotelica in dimensione, si potrebbe dire, “orizzontale”
dei molteplici significati dell’essere, incentrati tutti sulla
sostanza. Invece, certamente per l’affinità che vi scorge
con il proprio sistema di “deduzione” delle determinazio
ni del pensiero e del reale, apprezza molto la dottrina ari
stotelica in dimensione, diciamo, “verticale” del rapporto
di successione che vige tra le anime (e innanzitutto tra i
generi di sostanze51). L’anima inferiore è condizione del-
l’esserci di quella superiore, e questa contiene in potenza
quella, ossia è in grado di svolgere anche le funzioni di
quella. Mettendo a frutto il paragone delle figure geome
triche Hegel così spiega: «il triangolo è la prima figura,
quella veramente universale, che ricompare anche nel
quadrato ecc., come la figura ridotta alla più semplice
determinazione. Da un lato dunque si ha il triangolo
come figura particolare accanto al quadrato, al pentagono
ecc., ma — e questo è il grande pensiero di Aristotele —
esso è pure la figura veramente universale»52.
In effetti, per Aristotele, il termine “anima”, come
quello di “figura”, non ha un referente in un oggetto esi
stente separatamente in sé e per sé, come potrebbe essere
l’Anima cosmica di Platone; si potrebbe dire, con Hegel,
che è un “ente di ragione”. Ciò che è veramente “univer
sale”, cioè comune a tutte le anime, è la funzione vegeta
tiva, come nel caso delle figure rettilinee l’“universale" è
il triangolo.
Qual è però, secondo Aristotele, lo “statuto logico”
dell’anima? Bisogna riconoscere che egli non si pone
esplicitamente o, meglio, non risponde espressamente a
tale questione. Per usare la terminologia tradizionale, non
ci dice se il concetto di anima è univoco o equivoco o ana-
51 Devo quest’osservazione all’amico Prof. Renato Milan che qui
cordialmente ringrazio.
52 Hegel. Lezioni, II, p. 348.
22 INTRODUZIONE
logo. Con la dottrina del rapporto di consecuzione egli ci
dà però tutti gli elementi essenziali per ottenere una
risposta.
Alla luce di tale dottrina si dovrebbe affermare che la
nozione di anima come forma del corpo va intesa non già
come una nozione generica o univoca, ma come una
nozione “analoga”. Infatti mentre il genere ordinario (ad
es. “animale”) viene determinato dalle sue specie (“caval
lo”, “uomo”, ecc.), nel caso dell’anima ciò che funge da
genere (o meglio da “quasi-genere”) è una “specie indivi
sibile”, ossia la “specie” della funzione vegetativa.
Quest’ultima non viene specificata dalle funzioni superio
ri, ma, per così dire, è assorbita e inglobata in esse”.
La dottrina del rapporto di consecuzione delle anime
ha una grande importanza perché salda indissolubilmen
te il livello filosofico a quello empirico-scientifico del
nostro trattato. Aristotele è fermamente convinto che l’os
servazione empirica ci permette di scorgere le funzioni
degli esseri viventi e di constatare che alcune ne implica
no delle altre, senza tuttavia esservi implicate: ad es. che
la sensazione presuppone la nutrizione, ma non vicever
sa53 54.
L’osservazione del mondo della vita viene però salda
mente ancorata da Aristotele alla considerazione filosofi
ca, in questo caso alla fondamentale dottrina ontologica,
di derivazione platonica, del rapporto di “anteriorità e
posteriorità” secondo la natura e la sostanza55.
53 A.C. Lloyd, Genus, Species and Ordered Series in Aristotle,
«Phronesis», 7 (1962), pp. 72 ss.
54 Cfr. Giacon, Le grandi tesi, p. 70. In connessione con questa pro
blematica, si potrà ascoltare con molto profitto rintervista in video-
cassetta di V. Hòsle su ’Dall'intelligenza animale all’intelligenza umana
(“Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche ", 1992).
55 Cfr. Metafisica, V, 11, 1018 b 37 ss., e Reale, Per una nuova inter
pretazione, p. 242.
INTRODUZIONE 23
Riguardo però alla connessione tra l’anima in generale
e le sue facoltà e funzioni si presenta una seria difficoltà
metodologica. Aristotele si è proposto di formulare una
definizione di anima da cui sia possibile dedurre, secondo
il modello matematico, i suoi “accidenti per sé”, ossia
appunto le varie facoltà e funzioni56. In realtà questa
rimane una semplice dichiarazione di principio. Lo
Stagirita rimprovera i filosofi precedenti, ad es. i sosteni
tori della dottrina dell’anima-armonia ed anche
Senocrate, assertore della teoria deH’anima come numero
che muove se stesso, di non avere formulato definizioni
“scientifiche” deU’anima57.
Egli stesso, però, cade nella medesima difficoltà.
Anche per lui facoltà e funzioni sono conoscibili soltanto
a posteriori, in base all’esperienza esterna o interna58,
diretta o indiretta.
Su questo punto metodologico tra Hegel e Aristotele
si manifesta una differenza radicale. Secondo Hegel, il
difetto principale della psicologia aristotelica è che l’atti
vità dell’anima «appare in generale come una serie di
determinazioni successive, non riunite in un tutto secon
do la necessità» e il concetto, anche se «ciascuna di esse è
intesa con esattezza e profondità»59.
In effetti abbiamo visto che il rapporto di consecuzio
ne tra le anime-facoltà si configura come una relazione nel
senso che la facoltà inferiore è la condizione ontologica
dell’esistenza delle facoltà superiori, ma non già nel senso
che queste siano deducibili “logicamente” da quella,
56 L’anima, I, 1, 402 a 7 s.; 402 b 16 ss.
57 Ivi, I, cc. 4-5.
58 J. Owens, Aristotle's Defmition on Soul, in AA. W., Philomatbe
Staci ics and Essayt in thè Humanities in Memory of Philip Merlan, a
cura di R.B. Paimere R. Hamerton-Kelly, The Hague 1971, pp. 141 ss.
59 Hegel, Lezioni, II, p. 344.
24 INTRODUZIONE
anche se, e per Aristotele e per Hegel, il possesso delle
facoltà inferiori è finalizzato, e in modo del tutto partico
lare nell’uomo, a quello delle facoltà superiori60. Per
Aristotele funzioni e facoltà dell’anima non sono conosci
bili che empiricamente.
Ora, quello che per Hegel è un difetto, nella prospet
tiva aristotelica si dovrebbe dire che sia piuttosto un pre
gio, e va collegato alla concezione problematica e plurali
stica dell’esperienza propria dello Stagirita61, che non
intende perseguire l’unità sistematica delle determinazio
ni concettuali62.
In definitiva Aristotele, rinunciando di fatto all’appli
cazione del metodo delle matematiche alla psicologia,
non deduce dall’anima le facoltà, né una facoltà dall’al
tra, ma, tramite l’esperienza e quindi mediante un pro
cedimento a posteriori, dalle funzioni inferisce resisten
za delle facoltà e da queste quella delle anime corrispon
denti.
5. I tre cardini del finalismo in psicologia.
Per Aristotele l’anima è dunque la causa formale o l’es
senza del vivente, sia perché, come abbiamo visto, è causa
del suo esser-tale, ossia della vita del vivente, sia perché è
il suo atto, cioè la sua attualizzazione e realizzazione. Essa
è però anche causa motrice, ossia principio di tutti i movi
menti e mutamenti del vivente, di ordine sia locale, sia
quantitativo, sia qualitativo63. La dottrina dell’anima
60 Cfr. Chiereghin, Ueredità,pp. 259 ss.
61 Cfr. Berti, Profilo, p. 76 (sulla dottrina delle categorie in
Aristotele e in Hegel).
62 Cfr. Chiereghin, L·’eredità, pp. 256 s.
63 Uanima, II, 4, 415 b 8 ss.
INTRODUZIONE 25
come principio di movimento, che Platone ha prospetta
to dopo il Fedone e a partire specialmente dal Fedro**, è
dunque fatta propria dallo Stagirita, ma con la precisazio
ne che un siffatto principio motore è esso stesso di per sé
immobile, e mobile solo per accidente64 65.
Ma Tanima è anche, se non soprattutto, causa finale.
Aristotele stabilisce un primo punto cardine della sua
teleologia applicata alla psicologia mostrando che se il
vivente, con la nutrizione, conserva se stesso in se stesso,
e questo è precisamente il fine, nella pianta e nell’anima
le, dell’assunzione dell’alimento, esso, con la riproduzio
ne, conserva se stesso nella continuità della specie. Il
“fine”, nel senso di “ciò in vista di cui”, ossia lo scopo, l’o
biettivo del vivente è appunto — come già aveva visto
Platone66 — la conservazione e la perpetuazione della spe
cie. Fine dei viventi è dunque il loro stesso essere67, la
conservazione della loro forma, una concezione della fina
lità immanente che incontrerà la piena approvazione di
Hegel68.
Non soltanto, però, il vivente ha un fine ( immanente),
ma l’anima stessa è un fine. È questo il secondo cardine in
cui s’incentra il teleologismo della psicologia aristotelica.
L’anima è fine in entrambi i significati il cui il termine
“fine” può essere assunto. In primo luogo l’anima è fine
come obiettivo, perché è lo scopo cui tende il corpo, e ciò
in base al principio generale secondo cui si ha la potenza
proprio per l’atto69. In secondo luogo l’anima è fine come
beneficiario, perché utilizza il corpo come suo strumento
64 Fedro, 245 C-246 A. Gii. Reale, Storia, II, p. 467.
65 L'anima, I, cc. 3-4.
66 Simposio, 206 A ss.
67 Berti, Aristotele dalla dialettica, p. 377.
68 Hegel, Lezioni, II, pp. 318 ss.
69 Metafisica, IX, 8, 1050 a 9 s.
26 INTRODUZIONE
per esercitare le sue attività vitali, cognitive e operative.
Da questo punto di vista bisogna dire che il fine dei viven
ti non è altro che l’esercizio delle attività a loro peculia-
ri70.
Questa concezione del fine del vivente e dell’anima
come fine, in cui agisce l’Idea platonica nella sua essen
ziale dimensione teleologica, sta alla base del terzo cardi
ne del finalismo psicologico dello Stagirita, quello che
interessa direttamente le facoltà dell’anima. Proponendo
la distinzione tra il “vivere” e il “vivere bene”, lo Stagirita
può descrivere l’intero arco delle capacità e dei compiti
che spettano ai viventi: dalla vita semplicemente nutritiva
e riproduttiva sino, nell’uomo, all’agire etico e all’eserci
zio delle attività dello spirito, nelle quali la valorizzazione
della vita si dispiega più compiutamente71.
6. L.’anima vegetativa come la vera anima universale e l’i
nizio del “ritorno in sé” del soggetto.
I tratti essenziali della dottrina aristotelica dell’anima
nutritiva o vegetativa sono stati evidenziati con molta acu
tezza, ancora una volta, da Hegel. Quest’anima o funzio
ne «deve... intendersi come la prima che è attività, come
concetto universale dell’anima, in quanto esso è tale
senz’altra determinazione; o, come noi diremmo, la vita
delle piante è il “concetto” [= la possibilità non ancora
pienamente sviluppata] dell’organico»72.
L’anima vegetativa è il concetto universale di anima,
perché è a lei che si applica direttamente e principalmen-
70 Berti, Aristotele dalla dialettica, p. 378.
71 Cfr. L'anima, IH, cc. 9-13, e Chiereghin, L'eredità, pp. 260 s.
72 Hegel, Lezioni, II, pp. 349 s. (si veda anche ed. Bolland, p. 506
e n. 1).
INTRODUZIONE 27
te la definizione di anima come forma del corpo, ed è lei
che costituisce l’elemento comune a tutte le anime, quel
lo che ne assicura la continuità.
La funzione vegetativa è dunque coestensiva a tutti i
tipi di viventi, ma, insieme, è caratteristica delle piante,
ossia ne definisce compiutamente l’essenza. L’aver indivi
duato le funzioni vitali minime, l’averle riportate ad un
principio unitario qual è l’anima vegetativa, l’aver attri
buito quest’ultima anche alle forme più rudimentali di
vita vegetale, ha consentito ad Aristotele di creare la bio
logia generale. Già Platone aveva ascritto la funzione
nutritiva all’anima appetitiva73 74 75, ma anche quest’anima
inferiore è introdotta da Platone nell’ambito dell’analisi
del comportamento etico e psicologico dell’uomo e non
quindi, come l’anima inferiore di Aristotele, nell’ambito
dell’analisi generale dei viventi, e dunque in campo pro
priamente biologico74.
Della ricerca di Aristotele sull’anima vegetativa vanno
segnalati almeno due altri punti. Il primo concerne la
causa della nutrizione e della crescita del vivente. Essa
non può venir identificata col fuoco o, meglio, col calore
vitale, ma con l’anima stessa, che del calore si serve come
di uno strumento73. La dipendenza di Aristotele da
Platone per questa distinzione è assai chiara; nel Timeo,
infatti, tra le “cause ausiliarie” dei fenomeni corporei
viene indicato proprio il fuoco, mentre l’anima viene rico
nosciuta come causa vera e primaria76.
73 Timeo, 70 D ss.
74 Cfr. Reale, Storia, II, p. 469. Per Aristotele la facoltà appetitiva
presuppone quella nutritiva, mentre appetizione (o tendenza) e perce
zione si implicano mutuamente. Cfr. L’anima, III, cc. 9-11.
73 L’anima, II, 4, 416 a 9 ss.
76 Timeo, 46 C-D. Cfr. anche Leggi, X» 897 A-B: l’anima usa il
caldo, il freddo, ecc., come strumenti.
28 INTRODUZIONE
Il secondo punto riguarda il problema della natura
della nutrizione, con le due tesi contrapposte che “il
simile si nutre del simile” (una posizione sostenuta, tra
gli altri, da Platone77) e che “il contrario si nutre del con
trario” (una posizione a cui dovrebbe aver aderito
Eraclito). Anche in questo caso, come in quello della
conoscenza già visto sopra e su cui ritorneremo, il pro
blema è risolto da Aristotele distinguendo ciò che è in
potenza un alimento, ossia ciò che può fungere da ali
mento, dall’effettiva assunzione e assimilazione dell’ali
mento stesso. Sotto il primo rispetto è vera la seconda
tesi, sotto il secondo è vera la prima. Per esprimerci con
la terminologia hegeliana, già nella pianta, dunque, con
l’assimilazione delle sostanze nutritive, si ha un «ritorno
in sé» , che tuttavia «non ha per risultato il sorgere di un
se stesso, che si ponga in universalità interna e soggettiva
di fronte all’esteriorità, non ha per risultato un senti
mento di sé»78.
7. Uoggetto "immateriale” della sensazione. funzione
" c r i t i c a ” d e l l a sensibilità.
Il punto di partenza dell’analisi aristotelica della
facoltà sensitiva79 è che la percezione è una specie di
“alterazione”, in cui è implicato il corpo. È quanto già i
Presocratici avevano sostenuto e che vediamo espresso in
questo passaggio del Fedone platonico: «far ricerca per
mezzo del corpo significa far ricerca per mezzo dei
sensi»80.
77 Fedone, 96 C-D; Timeo81 A ss.
78 Hegel, Enciclopedia, S 347 (trad. di B. Croce).
79 L'anima, II, 5, 416 b 32 ss.
80 Fedone, 79 C (trad. di G. Reale).
INTRODUZIONE 29
Una siffatta alterazione della facoltà sensitiva, in
dipendenza dall’azione di un oggetto sensibile percepito
in atto e in connessione con una modificazione dell’orga
no sensorio, è però, secondo Aristotele, inseparabile dal
l’attività del soggetto.
Come abbiamo appena visto, già nell’assimilazione che
ha luogo nella nutrizione il vivente, anche il più semplice
vegetale, attua se stesso proprio a partire da ciò che subi
sce. A maggior ragione questo è vero nel caso della facoltà
sensitiva. Nella prospettiva hegeliana si potrebbe addirit
tura giungere a dire che, nella sensazione, il patire è sotto
il medesimo rispetto un attivarsi81. L’alterazione del sog
getto non va verso la sua dissoluzione, ma verso l’attua
zione di una possibilità, ossia verso la conservazione
{soteria) o, meglio, l’incremento e l’arricchimento del sog
getto82 *. La nozione di “conservazione” del soggetto che
Aristotele, seguendo Platone85, aveva impiegato nella
spiegazione finalistica della generazione dei viventi, trova
ora applicazione nell’interpretazione dei fenomeni per
cettivi.
Il ruolo attivo della sensazione diventa ancor più com
prensibile se si tiene presente che in essa, diversamente
dalla nutrizione, non viene assimilata — come ritenevano i
filosofi naturalisti — la materia dell’oggetto, ma solamente
la forma84. Se l’anima è forma e forma (dell’organo senso
rio) è pure il senso85, nella percezione delle forme sensi
bili esso non può non trovare il suo compimento e la sua
realizzazione.
81 Cfr. Chiereghin, L’eredità, p. 248.
82 L'anima, II, 5,417 b 2 ss.
85 Simposio, 208 A-B (trad. di G. Reale).
84 L'anima,II, c.12; III, cc. 2, 8 e 12.
85 Cfr. R.D. Hicks, in Aristode, De anima, [ed.], trad., introd. c
note a cura di R.D. H., Cambridge 1907 (rist. Amsterdam 1965;
Hildesheim 1990), pp. 416 s.
30 INTRODUZIONE
Per illustrare quest’aspetto della dottrina della sensa
zione Aristotele ricorre al celebre paragone della cera, già
utilizzato da Platone: la cera riceve l’impronta del sigillo,
e non il metallo di cui esso è costituito86.
La spiegazione che Hegel dà del paragone e della sua
portata teorica è illuminante: «l’azione dalTestemo, come
passività, è il primo; ma dopo interviene l’attività a far
proprio questo contenuto passivo. Questo è il punto di
vista veramente esatto circa la sensazione... La reazione
del senziente consiste dunque in questo ricevere attiva
mente in sé il sentito: questa è appunto l'attività nella pas
sività, è quella spontaneità che nella sensazione supera la
ricettività... Di fatto la cera non assume la forma; que
st’impressione resta figura e conformazione esterna in
essa, senza essere una forma della sua essenza, giacché, in
questo caso, essa cesserebbe d’esser cera» . Invece «l’ani
ma trasforma la forma del corpo esterno nella sua forma
propria, ed è identica con questa qualità astratta soltanto
perché è essa stessa codesta forma universale»87.
NeH’affermazione di Aristotele che «l’atto del sensibi
le e del senso sono il medesimo e unico atto, ma la loro
essenza non è la stessa»88 , Hegel individua anzi la vera
natura della sensazione. Egli crede di scorgervi l’opposi
zione dialettica di identità e differenza, giacché l’anima,
nel percepire, è l’unità nella differenza; il percepire in atto
è il superamento della separazione di soggettività e ogget
tività89.
D’altra parte i critici non hanno mancato di segnalare
una difficoltà nella dottrina della percezione come assun
zione della forma senza materia. Essa è bensì applicabile
^L’anima, II, 12, 424 a 17 ss. Cfr. Platone, Teeteto, 191 C-E.
87 Hegel, Lezioni, II, pp. 351 s., 354.
88 L’anima, III, 2, 425 b 26 s.
89 Hegel, Lezioni, II, pp. 354 ss.
INTRODUZIONE 31
alla vista e all’udito, cioè ai sensi a distanza per eccellen
za, ai sensi che si sogliono chiamare “pubblici”, sensi di
precisione e di esattezza, ma assai meno agli altri sensi. La
percezione della temperatura, dei sapori e degli odori
degli oggetti sembra infatti impossibile senza una qualche
trasmissione di materia90.
In ogni caso, secondo Aristotele, 1’“immaterialità”
degli oggetti della percezione è relativa. Benché la sensa
zione realizzi un affrancamento dalla materia che la
distingue nettamente dalla facoltà nutritiva, essa non con
sidera le forme in quanto separate dalla materia, perché
questa è la funzione specifica dell’intelletto, e quindi ha
per oggetto gli enti individuali sensibili91.
Infine il ruolo attivo del senso è confermato anche
dalla sua funzione di “giudizio” e, in particolare, dalla sua
natura di “giusto mezzo” e di “proporzione” fra i sensibi
li opposti che lo caratterizza92 *. A questa dottrina, di chia
ra matrice platonica, che trova nella nozione di “giusta
misura” (métrion; émmetron)del Politico e del Filebo il
suo modello ispiratore9*, è stato tuttavia obiettato, tra l’al-
90 Cfr. R. Sorabij, Aristotle o thè Five
«Philosophica] Rcview», 80 (1971), pp. 72 s.. e and Soul in
Aristotle, «Philosophy», 49 (1974), p. 74.
91 L’anima, II, 5, 417 b 16 ss. Quando Aristotele, negli Analitici
secondi (II, 19, 100 a 17), afferma che «la sensazione riguarda l’uni
versale: per esempio riguarda l’uomo e non Callia uomo» (trad. di M.
Mignucci, Bologna 1970) probabilmente assume il termine “sensazio
ne” in senso ampio, includendovi la percezione per accidente, l’imma
ginazione e la cooperazione dell’intelletto. Cfr. Kahn, La funzione, pp.
332 s. e n. 21.
92 L’anima, II, li, 423 b 30 ss., ecc.
9* Sulla sensazione nel Filebo cfr. M. Migliori, L'uomo fra piacere,
intelligenza e Bene. Commentario storico-filosofico al dt
Platone, introd. di Th. A. Szlezak, Milano 1993, p. 410.
32 INTRODUZIONE
tro, che noi percepiamo non solo qualità aventi un grado
diverso da quello dei nostri sensori, ma anche qualità
dello stesso nostro grado94.
8. Il processo di costituzione dell’oggetto: dalle percezioni
alle immagini.
L’anima e la facoltà sensitiva danno airanimale e
all’uomo le capacità di vedere, udire, odorare, gustare,
sentire il contatto con gli altri corpi95. Si offre dunque al
soggetto la possibilità di conoscere innanzitutto l’intero
arco di quelli che Aristotele chiama i “sensibili propri”96:
colori, suoni, odori, sapori, stati termici e grado di resi
stenza degli oggetti . Si tratta di sensibili “propri” perché
vengono colti esclusivamente dai sensi corrispondenti, ad
essi specializzati; sono sensibili “per sé” perché, insieme
con i cosiddetti “sensibili comuni”, costituiscono gli
oggetti alla percezione dei quali i sensi sono direttamente
finalizzati.
Più precisamente, ogni senso speciale è indirizzato a
percepire isolatamente i propri sensibili. Esso poi, in col
laborazione con gli altri sensi — producendosi così una
“percezione comune”97 — percepisce i “sensibili comuni”,
ossia il movimento, la quiete (o stabilità), l’unità, il nume
ro, la figura e la grandezza (o dimensione). L’origine della
nozione dei sensibili propri e, almeno in parte, di quelli
comuni si trova nel Teeteto platonico, dove tra gli ele-
94 I. Düring, Aristoteles. Darstellung und Interpretation seines
Denkens, Heidelberg 1966, p. 576; D.W. Hamlyn, Aristotle's De anima
Books II and III (with Certain Passages from Book I), trad., introd. e
note di D.W. H., Oxford^^óS, pp. 112 s.
95 Giacon, Le grandi tesi, p. 70.
96 Sulle tre classi di sensibili cfr. L’anima, II, c. 6; III, cc. 1,3 e 6.
97 Ivi, III, 1, 425 a 27.
INTRODUZIONE 33
menti comuni o universali delle cose, sono elencati l’unità
e il numero, la conoscenza dei quali non viene tuttavia
attribuita ai sensi, bensì all’anima stessa98.
Ma vi è una terza classe di sensibili, quella rappresen
tata dai “sensibili per accidente”, i quali corrispondono
agli stessi enti materiali in quanto tali. Si chiamano “sen
sibili per accidente” perché i sensi speciali sono finalizza
ti propriamente e direttamente alla percezione dei sensi
bili propri e di quelli comuni, e solo impropriamente e
indirettamente alla percezione di quelli accidentali.
L’occhio, ad es., è destinato per sé a percepire il colorito
e l’altezza di Paolo, piuttosto che Paolo in se stesso.
Questa “tipologia” dei sensibili99 condotta da
Aristotele dal punto di vista gnoseologico, viene da lui
integrata e precisata secondo una prospettiva ontologica.
Gli oggetti materiali sono sostanze individuali, di cui i sen
sibili propri sono qualità accidentali, mentre i sensibili
comuni costituiscono piuttosto delle relazioni fra le
sostanze corporee100.
Collegata tanto alla dimensione gnoseologica quanto a
quella ontologica dei sensibili è la determinazione del
valore veritativo della percezione dei medesimi. La perce
zione dei sensibili propri è sempre vera; come scriveva
Heidegger, «il vedere scopre sempre colori, l’udire scopre
sempre suoni»; la possibilità di errore è limitata all’ambi
to del genere di sensibili di competenza di ciascun senso
speciale. Più soggetta all’errore è la percezione dei sensi-
98 Platone, Teeteto, 184 E ss. Cfr. anche F. Chiereghin, Estere e
verità. Note a "Logik. Die Fragc nach der Wahrheit” di Martin
Heidegger, Trento 1984, pp. 101 s.
99 Cfr. W. Welsch, Aistbesis. Grundziige und Perspektiven der
Aristotelischen Sinneslebre, Stuttgart 1987, p. 207. Per una discussione
su quest’opera cfr. F. Volpi, Le problème de lP,iaisthesisM cbez Aristote,
«Études phénoménologiques», 9 (1993), pp. 27 ss.
ìoo Welsh, Aistbesis, p. 271.
34 INTRODUZIONE
bili per accidente, ossia l’attribuzione di un sensibile pro
prio ad un oggetto, e ancor più quella dei sensibili comu
ni. Per la vista, ad es., è relativamente facile, secondo
Aristotele, percepire il rosso; più incerto (eventualmente
anche a causa della distanza) è attribuirlo ad un dato
oggetto, e ancora più difficile è determinare esattamente
l’estensione di quell’oggetto101.
In ogni caso la facoltà sensitiva, con la percezione dei
sensibili propri e comuni e con i tentativi che essa perse
gue, sia pure tra prove ed errori, di attribuirli a singoli
enti materiali, è già impegnata nel processo di costituzio
ne e individuazione di oggetti. Tale processo si dispiega
ulteriormente sia attraverso funzioni percettive più com
plesse e superiori sia attraverso l’immaginazione, e al suo
culmine prevede l’intervento dell’intelletto102 103.
Infatti105, in primo luogo i sensi speciali sono capaci di
operare congiuntamente e simultaneamente e quindi, al
101 |vif pp 269 s. La citazione di Heidegger è presa da Essere e
tempo (trad. di P. Chiodi, Milano 1976, p. 53), su cui vedi Chiereghin,
Essere, p. 99. Volpi, Le problème, pp. 35 s. e n. 5, a proposito della per
cezione dei sensibili propri, distingue tra impossibilità di falsità (nel
senso che il coglimento deiroggetto percepibile, come nel caso dell'
“intellezione degli indivisibili”, si dà o non si dà) e possibilità di erro
re, e interpreta Tespressione “sempre vero” secondo la prospettiva
momentanea del percepibile che “di volta in volta è vero”.
102 Cfr. Kahn, La funzione, pp. 329 s. e n. 19: «La percezione sen
sibile sembra essere sufficiente per la cognizione degli animali, giacché
consente ad un cane di riconoscere il suo padrone e di distinguere il
suo padrone dal cavallo del padrone, senza sapere che il suo padrone
è un uomo o che il cavallo è un cavallo»». D’altra parte, proprio perché
«possono compiere alcune di queste discriminazioni, gli animali deb
bono avere una facoltà cognitiva che va oltre il senso e rimmaginazio-
ne strettamente intesi (essendo l'immaginazione solo sensazione che si
affievolisce). Aristotele manifestamente non tratta di questo problema;
Tommaso [d’Aquino] piarla qui di una vis aestimativa da parte degli
animali (Comment. in De anima, SS 397, 635 etc.)».
103 Lanima, III, 1, 425 a 20 ss.; 2, 426 b 8 ss.; 425 b 26 ss.
INTRODUZIONE 35
tempo stesso, sia di attribuire determinate qualità sensibi
li al medesimo oggetto (ad es., il giallo e l’amaro alla bile),
sia di coglierne la differenza (quest’ultima capacità era
stata attribuita da Platone direttamente all’anima104).
Il fenomeno della percezione simultanea e, nel con
tempo, della discriminazione dei sensibili è illustrato da
Aristotele con il paragone del punto geometrico, cui è
certamente affine la problematica dell’“istante” (tò
exàiphnes) del Parmenide platonico . L’analogia del
105
punto viene a sua volta spiegata con grande efficacia da
Hegel, benché il filosofo tedesco la ritraduca nei termini
della propria concezione della contraddizione dialettica.
Il punto (come l’istante), in quanto limite, «in un solo e
medesimo riguardo è un dividere e un unire» due seg
menti di una retta; «così pure anche la sensazione è a un
tempo un uno e un dividere, separato e inseparato, in
quanto il senziente in una sola unità ha contemporanea
mente dinanzi a sé anche la sensazione distinta, che in tal
modo soltanto ha un contenuto determinato»106.
In secondo luogo ciascun senso speciale è capace di
“riconoscere” il sensibile proprio di un altro senso. Ad es.
la vista può “percepire” il dolce. Infatti, essendo stati in
precedenza percepiti il giallo e il dolce del miele, la vista,
vedendo una seconda volta il giallo, per così dire lo
“vede” (indirettamente e accidentalmente) come dolce.
In terzo luogo, concomitante all’atto mediante cui cia
scun senso speciale coglie il sensibile a lui proprio, vi è la
consapevolezza che il senso ha di esercitarlo. Nel perce
pire ciò che appartiene all’oggetto, il senso sa di sentire, è
cosciente della propria percezione, della propria attività.
Percependo il proprio sensibile, il senso si percepisce
104 Teeteto, 185 A ss.
l°5 Parmenide, 156 D-E.
106 Hegel, Lezioni\ II p. 357.
36 INTRODUZIONE
insieme come attività operante107, e non deve ad un altro
senso tale coscienza di sé. Qui Aristotele mette a frutto
I’insegnamento platonico riguardo alla temperanza come
scienza di se stessa108, che esclude un processo all'infini
to109.
Attraverso la multiforme attività dei sensi e, in parti
colare, mediante la raccolta delle sensazioni esterne ad
opera di quello che Aristotele, specialmente nei Parva
naturalia, chiama “senso comune” e che la filosofia di tra
dizione classica chiamerà “senso interno”110, l’individua
zione degli oggetti acquista una sempre maggiore consi
stenza ed esattezza.
Esse vengono ulteriormente rafforzate da quella specie
di “prolungamento” o estensione della sensazione che è
costituita dall’immaginazione111. Con quest’ultima fun
zione il soggetto è ormai capace di rappresentarsi le cose
anche assenti (negli stessi termini Kant definirà 1’“imma
ginazione riproduttiva”112). La conservazione delle imma
gini degli oggetti nella memoria e l’accumulazione dei
fatti mnemonici nell’esperienza113 non richiedono ormai
più, secondo lo Stagirita, che l’intervento dell’intelletto.
Dai materiali cognitivi che ci sono offerti dall’espe-
107 C. Giacon, Interiorità e metafisica. Aristotele, Plotino, Agostino,
'Bonaventura, Tommaso, Rosmini, Bologna 1964, p. 32.
108 Platone, Carmide, 166 E ss.
109 Cfr. Platone, Teeteto, 200 B ss.
110 Cfr. Aristotele, La memoria e il richiamo alla memoria, 1,450 a
10; Il sonno e la veglia, 2, 455 a 12 ss.; inoltre Giacon, Le grandi tesi, p.
70.
111 L’anima, III, c. 3. Cfr. D. Frede, La funzione conoscitiva della
"phantasia”in Aristotele, in AA.VV., Aristotele e la conoscenza, p. 102.
112 I. Kant, Critica deliti ragione pura, trad. di G. Gentile e G.
Lombardo-Radice, riv. da V. Mathieu, I, Roma-Bari 1983, p. 145.
113 Reale, Storia, II, p. 476.
INTRODUZIONE 37
rienza sensibile l’inteUetto ricaverà infatti la conoscenza
delle essenze delle cose, ossia di quelle proprietà non sen
sibili esse sole abilitate a farci riconoscere e distinguere
adeguatamente i sensibili accidentali: “cane”, “cavallo”,
“uomo”, ecc. 114
9. Uno spazio per la metafisica: l'intelletto produttivo.
Passando dalla sensazione al pensiero — dice Hegel —
Aristotele «si eleva a un tono essenzialmente speculati
vo»115. L’intuizione di Anassagora di un Intelletto cosmi
co “non mescolato”, “puro” e sussistente di per sé viene
mediata da Aristotele con le categorie platoniche della
“seconda navigazione”116. Più in particolare, formulando
l’argomento dell’immaterialità degli oggetti delle opera
zioni proprie dell’intelletto117, Aristotele fa suo il nucleo
essenziale della prova platonica della spiritualità e immor
talità deU’anima118. Da allora la filosofia ispirata al pensie
ro classico, seguendo il metodo analitico, ha sempre
arguito rimmortalità dell’anima in base alla considerazio
ne della sua capacità di elevarsi alla conoscenza di verità
necessarie, universali ed eterne119.
I due capitoli del De anima sull’intelletto, e special-
mente il secondo120, sono di assai difficile comprensione e
hanno dato luogo a una innumerevole quantità di inter
pretazioni e commenti.
114 Kahn, La funzione, p. 330.
115 Hegel, Lezzoni, II, p. 357.
116 Reale, Storia, II, p. 477.
117 L'anima, III, c. 4.
118 Platone, Fedone, 78 B ss. Cfr. Giacon, Le grandi tesi, p. 73.
119 Faggiotto, Introduzione, p. 87.
120 L'anima, III, cc. 4-5.
38 INTRODUZIONE
Io credo che qualche ulteriore luce sul problema possa
venire da una recente puntualizzazione degli studiosi in
merito alle opere pubblicate, e in buona parte purtroppo
perdute, dello Stagirita. Uno specialista delFautorità di
Olof Gigon ha infatti potuto fondatamente sostenere che
non è né dimostrabile né verosimile che i dialoghi di
Aristotele siano state “opere giovanili”, e che, in ogni
caso, bisogna supporre che Aristotele si è sempre ricono
sciuto nei suoi dialoghi121. Ora, è documentato in modo
inequivocabile che, nelle opere pubblicate, lo Stagirita ha
affermato l’immortalità individuale dell’anima intellettiva
umana .122
Ci si potrebbe allora sentire incoraggiati ad attribuire
questa posizione anche alla dottrina dell’intelletto esposta
da Aristotele nel nostro trattato.
Nel De anima Aristotele riconosce la presenza nell’uo
mo di un unico intelletto, che però svolge due funzioni
distinte: una teoretica o conoscitiva adempiuta dall’“intel-
letto teoretico”, che ha per fine esclusivamente la cono
scenza della verità, ed una pratica od operativa, adempiu
ta dall’“intelletto pratico”, che orienta la volontà all’azio
ne. Rispetto, dunque, alla concezione platonica dell’ani
ma intellettiva che assorbe in sé, inseparabilmente, la
dimensione gnoseologica e quella assiologica, la concezio
ne aristotelica dei “due intelletti” mira ad assicurare alla
sfera conoscitiva e a quella etica una maggiore e recipro
ca autonomia.
Dell’intelletto pratico Aristotele si occupa in maniera
piuttosto sommaria e cursoria nella parte finale della
121 O. Gigon, in Aristotelis Opera, III: Librorum Deperditorum
Fragmenta, Berlin 1987, p. 230. Per una discussione su quest’edizione
cfr. E. Berti, La nuova edizione dei frammenti di Aristotele. Dialoghi e
opere filosofiche, «Elenchos», 10 (1989), pp. 198 ss.
122 E. Berti, Studi recenti sul "Peri philosophias* di Aristotele,
«Giornale di Metafisica», 20 <1965), p. 299.
INTRODUZIONE 39
nostra opera123, nell’ambito della trattazione della facolta
appetitiva e locomotoria. Qui viene comunque stabilito
che i processi di tendenza presuppongono sempre la
conoscenza di ciò che è o sembra un bene; che la ragione
pratica coglie infallibilmente il vero bene; che il bene o
ì’oggetto della tendenza funge da “motore immobile” del
l’azione. All’intelletto teoretico, come s’e detto, sono
invece dedicati due interi capitoli, con una specie di
appendice consacrata alle sue due operazioni fondamen
tali: la conoscenza infallibile delle essenze (e, quindi, l’ap
prensione dei concetti universali) e la formulazione di
giudizi124.
L’intelletto teoretico ha però, a sua volta, due dimen
sioni: una passiva, che è propria dell’“intelletto in poten
za”, e una attiva, che è caratteristica dell’“intelletto pro
duttivo”.
L’intelletto in potenza è passivo, in quanto è ricettivo
degli intelligibili, ma propriamente è impassibile. Infatti
non solo, come la facoltà sensitiva, è suscettibile di sem
pre nuove attivazioni125, ma, diversamente dal senso che
viene danneggiato da stimoli eccessivi, è potenziato nella
sua attività dall’apprensione degli intelligibili superiori e
più astratti. Inoltre non soltanto non è mescolato ad alcun
oggetto materiale, ma, a differenza dei sensi, non ha un
organo corporeo. Infine è pura potenza. La conoscenza
intellettiva è possibile all’uomo proprio perché c’è un’i
dentità potenziale, un’affinità strutturale tra intelletto e
intelligibile.
Aristotele, ispirandosi ancora una volta a Platone126,
123 Uanima, III, cc. 9-11.
124 Ivi, c. 6.
125 Chiereghin, L! eredità, pp. 248 e 250.
126 Teeteto, 191 C ss.
40 INTRODUZIONE
paragona tale potenzialità a quella di una tavoletta per
scrivere, su cui ancora non sia stato scritto nulla.
Tale analogia, e la concezione della potenzialità del
l'intelletto che vi è sottesa e che i critici hanno considera
to un “residuo” o un “avanzo” della dottrina platonica
della reminiscenza127, sono state interpretate da Hegel in
modo assai penetrante: «L’intelletto... non è una cosa, né
ha la passività di una lavagna: esso è l'attività medesima,
che non opera fuori di lei, come nel caso della lavagna. Il
paragone quindi si limita ad affermare che l’anima ha un
contenuto solo in quanto si pensa realmente. Dire che l’a
nima è questo libro non scritto significa dunque dire che
essa è tutto in sé ( art sich = in potenza), ma non è questa
totalità in se stessa {in sich selbst = dentro di sé, in atto):
allo stesso modo un libro secondo la possibilità può con
tenere tutto, ma realmente nulla, prima d’essere scritto.
Soltanto l’attività reale è il vero»128.
Conoscendo gli intelligibili in atto, l’intelletto conosce
se stesso. L’autocoscienza propria dell’intelligenza
dovrebbe essere però differente da quella che oggi si
suole chiamare “percezione di accompagnamento”129, e
che Aristotele attribuisce ai sensi speciali. Nel linguaggio
hegeliano, che ripete quello del Timeo platonico, biso
gnerebbe dire che, mentre l’autocoscienza dei sensi non li
libera dal passaggio rettilineo e indeterminato da perce
zione a percezione, l’autocoscienza dell’intelletto è rap
presentabile col movimento riflessivo e “concluso” della
circolarità150.
127 Cfr., ad es., W. Theiler, in Aristoteles, Über die Seele, trad. [e
note] di W. T., Berlin 19662, p. 118.
128 Hegel, Lezioni, II, p. 351.
129 H. Krämer, La “noesis noe la sua posizione nella
“Metafisica“ di Aristotele, in AlA. V V., A risto tele. Perché la metafisica, p.
183.
150 G.W.F. Hegel, Logica e metafisica di Jena (1804/05), a cura di F.
INTRODUZIONE 41
Eppure, nonostante tutto questo, Aristotele non esita
ad affermare che «l’intelletto passivo è corruttibile»131.
Per quale ragione? La risposta non può essere trovata che
riferendosi alla dottrina dell’intelletto produttivo.
Proprio in quanto pura possibilità di conoscere le
essenze immateriali (sostanziali e accidentali) delle cose,
le quali peraltro sono contenute in potenza nelle immagi
ni sensibili delle cose stesse, l’intelletto in potenza richie
de una “luce” intellettuale che attualizzi le immagini e di
conseguenza lui stesso. Questa “luce” o Sole — un’espres
sione metaforica con cui Platone aveva raffigurato l’idea
dei Bene e i primi Principi132 — è l’intelletto produttivo.
Questo intelletto - precisa Aristotele —, come l’intel
letto in potenza, «si trova nell’anima». Non è legittimo
interpretare quest’espressione nel senso che «la distinzio
ne attivo-passivo si deve trovare “anche nel caso dell’ani
ma”»133, e ancor meno, con Alessandro di Afrodisia, nel
senso che tale distinzione si verifica «nel caso dell’intel
letto»134. L’intelletto produttivo o attivo è «nell’anima» e,
quindi, non può essere Dio o un Intelletto separato, ma
appunto è una “parte” o, meglio, una facoltà dell’anima
umana. Anzi, se è lecito applicare alla relazione che uni
sce i due intelletti il rapporto di successione che collega le
varie anime fra loro, bisogna concludere che l’intelletto
attivo è la vera e unica anima dell’uomo, di cui tutti gli
altri aspetti e funzioni biopsichiche rappresentano facoltà
o, come direbbe Hegel, “momenti ideali”.
Ora il ruolo specifico di questo intelletto, come atto o
Chiereghin, Trento 1982, p. 136. Cfr., inoltre, Chiereghin, L’eredità,
pp. 250 s.
131 L’anima, III, 5, 430 a 24 s.
132 Platone, Repubblica, VI, 508 A ss.; Lettera VII, 341 C-D.
133 Kahn, La funzione, p. 339 n. 28.
134 Alessandro di Afrodisia, L’antma, 88, 17 ss.
42 INTRODUZIONE
«attività per essenza», è di astrarre gli intelligibili dalle
immagini sensibili in cui si trovano incorporate, una teo
ria «ampiamente aristotelica nello spirito, anche se non si
trova nella lettera del suo testo»155. In seguito alla forma
zione dei concetti universali, il nostro pensiero, con altre
operazioni, elabora giudizi affermativi e negativi, ragiona
menti induttivi e deduttivi e pertanto costruisce tutte le
scienze156.
Sempre in quanto “atto per essenza” all’intelletto atti
vo, e a maggior ragione, spettano i medesimi caratteri che
competono all’intelletto potenziale: la separabilità, l’inal
terabilità e la non mescolanza. È lui, propriamente, l’in
telletto che sopraggiunge in noi «dal di fuori»157, ossia che
è irriducibile al corpo e ai processi della generazione cor
porea.
È precisamente in virtù di questa dimensione metem
pirica e spirituale dell’uomo158 che il De anima apre uno
spazio alla metafisica.
In realtà l’intelletto potenziale dipende nella sua atti
vità dalle immagini sensibili e quindi, sia pure indiretta
mente, dal corpo; per questo motivo è corruttibile, come
pure transeunti sono i ricordi sensibili, le passioni, ecc.159.
Solo l’intelletto produttivo, la nostra vera anima, sempre
perché è atto per essenza ed è sempre in grado di opera
re, sopravvive alla morte e ai condizionamenti del corpo,
e acquista così la sua pura essenza.
Queste argomentazioni acquistano un senso completo
nelle opere pubblicate. Qui, infatti, Aristotele parla di
155 Kahn, La funzione, p. 337.
156 Giacon, Le grandi tesi, pp. 226 s.
157 L’anima, I, 4, 408 b 18 ss.i Riproduzione degli animali, li, 3, 736
b 27 s.
158 Reale, Storia, II, p. 480.
159 Cfr. L'anima, I, 4, 408 b 18 ss. e Giacon, Le grandi tesi, p. 72.
INTRODUZIONE 43
una condizione dell’anima umana che è ostacolata nelle
sue operazioni ed è limitata nell’acquisizione della cono
scenza, e di una condizione po mortem nella quale viene
risvegliata alla conoscenza intima dei principi eterni e
immortali, alla conoscenza che Dio stesso possiede in
modo continuo e perfetto140.
10. Conclusione.
Fissiamo, in conclusione, alcuni punti essenziali che il
lettore del De anima dovrebbe tenere sempre presenti.
1) La fisica aristotelica si occupa degli enti naturali —
distinti dagli oggetti prodotti dall’uomo — che hanno la
caratteristica fondamentale di possedere in sé un princi
pio di mutamento, attivo o passivo, ossia la tendenza
innata a produrre o a subire un mutamento141. La psico
logia, come sezione della fisica, si occupa di quegli enti,
gli esseri viventi, i quali possiedono in sé un principio di
movimento che coincide con la loro stessa anima142.
2) La definizione di anima come sostanza “in quanto
forma” lascia capire che la sostanza che è veramente in sé
e per sé è soltanto il vivente. Del vivente l’anima è l’es
senza o la forma sostanziale e le facoltà forme accidentali.
Se si prescinde dal caso particolare e dai problemi posti
dall’anima umana, bisogna dire che l’anima in generale
140 Aristotele, Eudemo, fr. 11 Ross; fr. 1012 Gigon; Sulla filosofia,
fr. 12 a Ross; fr. 947 Gigon. Cfr. A.P. Bos, Teologia cosmica e metaco
smica. Per una nuova interpretazione dei dialoghi perduti di Aristotele,
trad. di E. Perdi, introd. di G. Reale, Milano 1991, pp. 332 ss., partic.
338 e 357. Vedi inoltre Aristotele, Metafisica, XII, 7, 1072 b 14 ss.; 9,
1075 a 7 ss., e Chiereghin, Essere, pp. 126, 129 s., 155 ss. (sulla diffe
renza fra l'Intelligenza divina e quella umana, radicalmente finita).
141 Cfr. Aristotele, Fisica, II, 1, 192 b 8 ss. e Berti, Aristotele dalla
dialettica, pp. 342 e 306.
142 L’anima. II, 1, 412 b 15-17.
44 INTRODUZIONE
non è sostanza completa in sé e per sé, ma è appunto la
forma o l’“atto” del vivente143. Per Aristotele, dunque, la
visione “sostanzialistica” dell’anima è assolutamente
imprescindibile, ma va integrata con la nozione di “atto”,
e quindi con l’esame delle modalità concrete in cui l’atti
vità dell’anima si esplica nei diversi viventi. È del tutto
legittimo applicare all’anima aristotelica le celebri espres
sioni che Hegel, nella Prefazione alla Fenomenologia dello
spirito, scrive riguardo al “vero” e all’assoluto: «tutto
dipende dal concepire ed esprimere il vero non soltanto
come sostanza, bensì propriamente come soggetto»144.
Come non bisogna concepire l’anima quale sostanza esi
stente in sé e per sé, così non bisogna concepire le facoltà
come altrettante sostanze145. L’anima non è un sostrato
immobile che sostiene degli accidenti altrettanto immobi
li, ma è piuttosto un centro di attività, il principio attivo,
attraverso la mediazione delle facoltà, delle specifiche
operazioni del vivente.
3) Proprio perché l’anima è “forma” essenziale e,
quindi, principio di organizzazione del corpo, per un
verso non può condividere le caratteristiche di ciò che
essa organizza146, e per un altro non può intrattenere con
questo una relazione estrinseca e puramente accidenta
le147: l’anima è la forma di un corpo a lei appropriato.
Vengono così a cadere, secondo Aristotele, tanto il natu
ralismo quanto il dualismo psicologico, sostenuto rispet-
143 Giacon, Le grandi tesi, pp. 222 s.
144 G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, introd., trad., note
e apparati di V. Cicero, testo tedesco a fronte, Milano 1995, p. 67 (n.
19 di questa collana). Cfr. anche Hegel, Logica e metafisica di Jena, pp.
135 s., e Chiereghin, L'eredità, pp. 242 s.
145 Giacon, Le grandi tesi, p. 223.
146 L’anima, II, 1, 413 a 2-6. Cfr. Chiereghin, L’eredità, p. 266.
147 L’anima, I, 3, 407 b 12 ss. Cfr. Giacon, Le grandi tesi, p. 70.
INTRODUZIONE 45
tivamente dalla maggioranza dei Presocratici da un lato, e
dai Pitagorici e da Platone dall’altro.
4) Aristotele afferma, in funzione antiplatonica, che la
ricerca suU’anima non deve arrestarsi alla sola definizione
comune ai diversi tipi di anime, che finirebbe, nella sua
genericità, col non appartenere a nessuno di essi. Occorre
invece procedere all’analisi di tutt’e tre le singole specie di
anime: la vegetativa, la sensitiva e l’intellettiva. Mediante
la dottrina del rapporto di anteriorità e posteriorità lo
Stagirita mostra che queste tre anime formano un’unità, la
quale, proprio in virtù di quel rapporto, non è ottenuta
per giustapposizione, ma si costituisce dinamicamente.
Ciò si verifica nella maniera più compiuta nell’uomo, la
cui anima intellettiva è in grado di esercitare, oltre le fun
zioni a lei peculiari, anche le due funzioni inferiori. Ne
derivano due conseguenze assai importanti. La prima è
che nell’uomo non ci sono tre anime, ma un’unica e
medesima anima. La seconda è che l’anima intellettiva
diffonde, per così dire, il proprio tono spirituale anche
sulla dimensione sensibile e corporea dell’uomo148.
5) L’anima non è però solo causa formale e motrice,
ma anche causa finale del vivente e, quindi, condizione
primaria del finalismo immanente (del “divenire se stes
so”) del mondo della vita. Ora vivere per un fine — direb
be Hegel — è vivere per l’universale. Mentre però le pian
te e gli animali lavorano inconsciamente per l’universale,
ossia per la continuità della specie e per la conservazione
della loro forma, all’uomo, oltre a ciò, spetta un compito
più alto: di vivere consapevolmente per l’universale, di
valorizzare la vita sino ai più alti livelli dell’attività spiri
tuale149.
148 Chicreghin, L’eredità, pp. 263 s., 267 e 253.
149 Ivi, pp. 259 ss.
46 INTRODUZIONE
6) Se già nel fenomeno della nutrizione si produce un
attivarsi del passivo, ciò si realizza ancor meglio nella per
cezione. Essa, nel conoscere la forma senza la materia del
l’oggetto sensibile, si dimostra un atto compiuto e perfet
to, nel quale cioè il fine non è esteriore, ma coincide con
l’esercizio stesso dell’attività150. Il ruolo attivo del senso
comporta anche una funzione di “giudizio” e di “inter
pretazione” dei dati sensibili, che peraltro non va al di là
delle cognizioni particolari e degli esseri particolari151.
7) Attraverso sensazioni isolate, ma soprattutto
mediante percezioni simultanee e discriminazioni dei sen
sibili, come pure attraverso il senso “comune” e l’imma
ginazione, la memoria e l’esperienza, il soggetto giunge ad
individuare gli oggetti (i “sensibili per accidente”). Il loro
riconoscimento e la loro distinzione adeguata, mediante
l’apprensione delle loro essenze universali, è però compi
to esclusivo dell’intelletto.
8) In quanto dottrina dell’intelletto, la psicologia ari
stotelica da “fisica speculativa”152 trapassa a filosofia
prima o metafisica. La «questione più importante» 153 del
trattato, quella dell’intelletto produttivo, considerato sia
in se stesso sia in rapporto al destino dell’anima umana,
può trovare una risposta plausibile nelle riflessioni
seguenti. Esso è la luce intellettuale che, agendo sulle
immagini sensibili, è l’origine prima della formazione dei
concetti universali e, quindi, dei principi della ragione e
del valore delle scienze. Come “atto e attività per essenza”
l’intelletto produttivo, poi, è l’unica “parte” dell’anima
umana che sopravvive alla morte e che anzi, dopo la
morte, acquista la sua vera natura. Una conferma e un
iso ivi, pp 249 s.
151Giacon, Le grandi tesi, pp. 152 e 155.
152 Chiereghin, L’eredità, p. 262.
153 Cfr. Aristotele, Riproduzione degli animali, II, 3, 736 b 6 s.
INTRODUZIONE 47
ampliamento di questa dottrina si trova nelle opere pub
blicate. Qui Aristotele nega all’uomo, durante la sua vita
terrena, la capacità d’intuire direttamente le cause prime
ed eterne, ma la riserva tuttavia alla parte più elevata della
sua anima, dopo la sua separazione dal corpo.
9) Si è fatto cenno, nel corso di questa Introduzione, al
pluralismo metodologico caratteristico degli scritti di
Aristotele; il lettore del De anima potrà constatarlo, si può
dire, in ogni pagina del nostro trattato.
Vi è, innanzitutto, la complessa strumentazione teori
ca, di tipo metafisico-ontologico, che sorregge tutte le
argomentazioni dell’opera: dalla tavola delle categorie alle
dottrine dell’atto e della potenza e delle quattro cause del
divenire, e così via dicendo.
Inoltre largo posto ha nel De anima il metodo indutti
vo o a posteriori, che acquista anche i tratti di un vero e
proprio metodo “comportamentistico” il quale, dalle atti
vità del vivente, inferisce l’esistenza delle facoltà corri
spondenti e, quindi, dell’anima come loro principio. Mai
invece, o quasi mai, viene praticata la deduzione sillogi
stica, in conformità con la scelta costante di Aristotele che
riteneva superfluo un controllo delle proprie argomenta
zioni filosofiche mediante i sillogismi teorizzati dalla sua
logica154.
Ancora: qualche posto nella ricerca ha il metodo diai-
retico, che gioca un ruolo decisivo specialmente nella
enunciazione della definizione di anima.
Si aggiunga che conta molto, nel De , come in
ogni altra opera dello Stagirita, la discussione dialettica.
Essa si misura con le opinioni comuni, ma soprattutto —
in armonia con la concezione della dialettica professata
154 Cfr. M. Mignucci, LIinterpretazione hegeliana della logica di
Aristotele, in AA.VV., Hegel e Aristotele, Atti del Convegno di Cagliari
(11-15 aprile 1994), a cura di G. Movia [1996].
48 INTRODUZIONE
nei Topici — con le opinioni dei sapienti e, dunque, con la
tradizione scientifica (in particolare quella medica) e spe
cialmente con quella filosofica. Aristotele non nasconde i
punti di contatto che la sua psicologia ha con quelle dei
filosofi precedenti, e cerca di mostrare che essi avevano
anticipato alcune delle sue convinzioni. Più spesso egli
tenta una mediazione sintetica fra le loro opposte tesi. Ma
il caso più frequente è quello in cui Aristotele si accosta al
pensiero degli antichi con una finalità demolitrice. Il let
tore dovrà fare molta attenzione, nel percorrere le nutrite
serie di obiezioni che lo Stagirita rivolge agli autori prece
denti, a distinguere le critiche estrinseche da quelle — per
la verità meno numerose — immanenti, ossia dalle critiche
che non presuppongono nulla che l’avversario non possa
concedere155. E qui che lo Stagirita pratica il cosiddetto
élenchos (confutazione) che, costringendo la tesi dell’av
versario a contraddire se stessa, dimostra la verità della
tesi opposta.
Infine si rileveranno nella lettura del trattato il richia
mo assai frequente di Aristotele alla polivocità di molti
termini e concetti (a cominciare da quello di essere), il
costante confronto critico con i dati empirici e con gli usi
del linguaggio ordinario, nonché la proposta di vaste sin
tesi comparative, l’impiego di argomentazioni per analo
gia, e, da ultimo, il ricorso anche ad ardite similitudini e
paragoni per la spiegazione di rilevanti passaggi concet
tuali e la chiarificazione dei più vari fenomeni biologici e
psichici.
155 Cfr. Berti, Studi aristotelici, p, 188.
NOTIZIA BIOGRAFICA
384. Aristotele nasce a Stagira. Il padre Nicomaco era medico. Anche
la madre Festide proveniva da una famiglia di medici. È probabile
che, essendo Nicomaco diventato medico alla corte dei Macedoni
Aristotele abbia vissuto, almeno per un certo periodo, a Pella, dove
aveva sede la corte.
367. Platone si reca in Italia Meridionale e a Siracusa presso Dionigi;
l’Accademia fu, nel frattempo, forse diretta da Eudosso.
367/366. Aristotele giunge ad Atene ed entra nell’Accademia, proprio
nel momento in cui Platone era assente.
347. Muore Platone, e alla direzione dell’Accademia gii succede il
nipote Speusippo. Aristotele lascia Atene e si reca, probabilmente,
prima ad Atarneo, invitato dal tiranno Ermia, e subito dopo ad
Asso, citta che il tiranno aveva donato ai platonici Erasto e
Corisco, per le buone leggi che gli avevano preparato, e che aveva
no ottenuto grande successo.
347/345. Aristotele dirige una scuola ad Asso, insieme a Senocrate,
Erasto e Corisco,
345/344. Aristotele dirige una scuola a Mitilene in Lesbo, dove cono
sce Teofrasto e inizia una stabile collaborazione con lui.
343-342. Filippo il Macedone sceglie Aristotele come educatore del
figlio Alessandro, per intercessione di Ermia.
341/340. Ermia è fatto prigioniero e ucciso dai Persiani.
340/339. Alessandro assume la reggenza, e di conseguenza interrompe
i suoi studi. L’educazione impartita da Aristotele ad Alessandro
dura quindi circa un triennio.
339/338. Muore Speusippo, che era succeduto a Platone nella direzio
ne dell’Accademia. A Speusippo succede Senocrate. Con lui
Aristotele aveva già interrotto i rapporti, che diventeranno sempre
piu polemici.
50 NOTIZIA BIOGRAFICA
336. Alessandro succede al padre Filippo.
335. Alessandro distrugge Tebe e consolida la propria influenza su
Atene.
335/334. Aristotele, avvalendosi della situazione politica a lui favore
vole, ritorna in Atene e fonda la sua nuova Scuola, il Liceo, in anti
tesi con rAccademia. Dal punto di vista giuridico solo con il suc
cessore Teofrasto il Liceo verrà formalmente riconosciuto, ma di
fatto già con Aristotele la Scuola funziona regolarmente.
323. Muore Alessandro Magno e in Atene ha luogo una dura reazione
antimacedone.
322. A motivo dei suoi legami con Alessandro, Aristotele, per sicurez
za, deve fuggire da Atene, e recarsi a Calcide, dove aveva una casa
materna. Pare che gli avversari minacciassero di intentargli
(nascondendo i motivi politici sotto la maschera di motivi religio
si) un processo per “empietà” (analogo a quello che avevano inten
tato contro Socrate).
322 (ottobre). Aristotele muore a Calcide, dopo pochi mesi dal suo
arrivo, all’età di sessantadue anni.
Per quanto concerne la cronologia delle opere di Aristotele non è
possibile dire nulla con sicurezza. È possibile che alcune parti delle
opere esoteriche (di Scuola) siano state composte anche già a partire
dal periodo di Asso. Ma le ipotesi fatte non solo si sono rivelate mere
congetture, ma anche in larga misura decettive.
Le stesse opere essoteriche pubblicate da Aristotele, che si riteneva
risalissero al periodo accademico, in realtà dal punto di vista cronologi
co, risultano problematiche. È certo in ogni caso che Aristotele le ha
sempre citate e si è riconosciuto sempre in esse, senza eccezioni il che
mette in forse la tesi che le vorrebbe tutte quante opere giovanili.
N.B. Il testo greco che viene riprodotto a fronte della traduzione è
quello dell’edizione di riferimento di W.D. Ross, Aristotle, De
anima, Edited, with Introduction and Commentary, Clarendon
Press, Oxford 1961, con alcuna variazioni. Tutti i sommari che
introducono i singoli capitoli sono nostri.
ΑΡΙΣΤΟΤΕΛΟΥΣ
ΠΕΡΙ ΨΥΧΗΣ
ARISTOTELE
L’ANIMA
Testo greco con traduzione a fronte
LIBRO A
(primo)
1
[402 β] Των καλών και τιμίων τήν εΐδησιν
ύπολαμβάνοντες, μάλλον 5’ ετέραν έτέρας ή κατ’
ακρίβειαν ή τφ βελτιόνων τε και θαυμασιωτέρων
είναι, δι’ άμφότερα ταύτα τήν περί τής ψυχής
ιστορίαν εΰλόγως ά.ν εν πρώτοις τιθείημεν. δοκεί
δε και, [5] προς αλήθειαν άπασαν ή γνώσις αυτής
μεγάλα συμβάλλεσθαι, μάλιστα δέ προς τήν
φύσιν* έστι γάρ όίον άρχή των ζώων, έπιζητούμεν
δε θεωρήσαι και γνώναι τήν τε φύσιν αυτής καί
τήν ουσίαν, ειθ’ όσα συμβέβτ|κε περί αυτήν* ών
τά μεν ίδια πάθη τής ψυχής είναι δοκεί, τά δε δι’
[ 10] εκείνην καί τοίς ζφοις ύπάρχειν. πάντη δε
πάντως έστί των χαλεπωτάτιον λαβειν τινα πίστιν
περί αυτής, και γάρ, δντος κοινού τού ζητήματος
καί πολλοίς έτεροι ς, λέγω δέ τού περί τήν ουσίαν
καί τό τί έστι, τάχ’ άν τω δόξειε μία τις είναι
μέθοδος κατά πάντων περί ών βουλόμεθα γνώναι
τήν ούσίαν /7.57, ώσπερ καί τών κατά
συμβεβηκός ιδίων άπόδειξις, ώστε ζητητέον άν
εΐη τήν μέθοδον ταύτην εί δέ μή έστι μία τις καί
κοινή μέθοδος περί τό τί έστιν, έτι χαλεπώτερον
γίνεται τό πραγματευθή ναι· δεήσει γάρ λαβειν
περί έκαστον τίς ό τρόπος, έάν δέ φανερόν ή
πότερον άπόδειξις /20/ έστιν ή διαίρεσις ή καί τις
άλλη μέθοδος, έτι πολλας άπορίας έχει καί
1. Valore, metodo e problemi della psicologia
[402 a] Poiché consideriamo il sapere tra le cose belle
e degne d’onore, e una forma di sapere più di un’altra o
in rapporto al rigore o perché riguarda oggetti migliori e
più mirabili1, per entrambi questi motivi possiamo ragio
nevolmente porre ai primi posti la ricerca sull’anima2.
Sembra inoltre che la conoscenza dell’anima contri
buisca grandemente alla verità in tutti i campi, e special-
mente alla ricerca sulla natura5, giacché l’anima è come il
principio degli animali.
Noi ci prefiggiamo di considerare e conoscere la sua
natura ed essenza, e successivamente tutte le caratteristi
che che le competono. Di queste, alcune sembrano affe
zioni proprie dell’anima, mentre altre pare [10] che in
virtù sua appartengano agli animali4.
Ma in ogni senso ed in ogni maniera è tra le cose più
difficili ottenere una convinzione riguardo all’anima. E
infatti, essendo l’indagine (s’intende quella intorno alla
sostanza e a che cos’è una cosa) comune anche a molti
altri oggetti, potrebbe forse sembrare che esista un unico
metodo per tutte le cose di cui ci proponiamo di cono
scere l’essenza, [15] com’è unico il metodo della dimo
strazione delle proprietà che appartengono ad un ogget
to, e di conseguenza si dovrebbe cercare tale metodo. Ma
se non esiste un metodo unico e comune per la cono
scenza di che cos’è una cosa, la ricerca diventa ancora
più difficile, giacché si dovrà determinare quale sia il
procedimento da seguire per ciascun genere di cose. E
qualora fosse chiaro che questo metodo è la dimostrazio
ne5 [20]o la divisione6 o qualche altro procedimento,
comporta ancora molte difficoltà e incertezze chiedersi
56 L’ANIMA
πλάνας, εκ τίνων δει ζητειν- άλλαι γάρ άλλων
άρχαί, καθάπερ αριθμών καί επιπέδων.
πρώτον δ’ ίσως άναγκάϊον διελείν έν τίνι τών
γενών καί τί έστι, λέγω δε πότερον τόδε τι καί
ούσία ή ποιόν ή ποσόν, ή καί τις άλλη τών
διαιρεθεισών κατηγοριών, έτι δέ πότερον τών έν
δυνάμει όντων ή μάλλον έντελέχειά τις* διαφέρει
γάρ ού τι [402 μικρόν, σκεπτέον δέ καί εί
μεριστή ή άμερής, καί πότερον όμοειδης άπασα
ψυχή ή ού- εΐ δέ μή όμοειδης, πότερον εΐδει
διαφέρουσα ή γένει. νΰν μέν γάρ οί λέγοντες καί
ζητοΰντες περί ψυχής περί τής άνθρωπίνης μόνης
έοίκασιν ¡51 έπισκοπείν· εύλαβητέον δ’ όπως μή
λανθάνη πότερον έϊς ό λόγος αυτής έστι, καθά
περ ζώου, ή καθ’ έκαστον έτερος, όίον ίππου,
κυνός, άνθρώπου, θεού, τό δέ ζώον τό καθόλου
ήτοι οΰθέν έστιν ή ύστερον, ομοίως δέ κάν εί τι
κοινόν άλλο κατήγοροί το* έτι δέ, εί μή πολλοί
ψυχαί άλλά μόρια, πότερον δει ζητειν
πρότερον τήν όλην ψυχήν ή τά μόρια, χαλεπόν
δέ καί τούτων διορίσαι ποια πέφυκεν έτερα
άλλήλων, καί πότερον τά ^μόρια χρή ζητέϊν
πρότερον ή τά έργα αυτών, οι ον τό νοείν ή τον
νούν, καί τό αίσθάνεσθαι ή τό αισθητικόν-
ομοίως δέ καί έπί τών άλλων, εί δέ τά έργα
πρότερον, πάλιν άν τις / άπορήσειεν εί τά
άντικείμενα πρότερον τούτων ζητητέον, όίον τό
αισθητόν τού αισθητικού, καί τό νοητόν τού νού.
A 1 402 a 21 - 402 b 16 57
da quali cose debba cominciare la ricerca, poiché diversi
sono i principi dei diversi oggetti, ad esempio dei numeri
e delle superile!7.
In primo luogo è forse necessario stabilire in quale
genere Tanima si trovi e che cosa sia, intendo dire se sia
qualcosa di determinato e una sostanza, oppure una qua
lità o una quantità o [25] un’altra delle categorie che
abbiamo distinto8. Si deve inoltre determinare se sia tra
gli enti in potenza o piuttosto un atto, che non è una dif
ferenza [402 b] di poco conto9. Bisogna anche ricercare
se sia costituita di parti o sia priva di parti10. Inoltre se
ogni anima sia della stessa specie o no, e qualora non lo
sia, se le anime differiscano per la specie o per il genere11.
Infatti quelli che oggi discutono e fanno ricerche
sull’anima sembrano [5] prendere in considerazione la
sola anima umana12. Si deve invece far attenzione a che
non sfugga se ci sia un’unica definizione di anima, com’è
unica la definizione di animale, o se sia diversa per cia
scuna anima, com’è diversa la definizione di cavallo,
cane, uomo e dio, nel qual caso animale in universale è
nulla oppure è posteriore. La stessa cosa varrebbe se si
predicasse un altro termine comune. Di più, qualora non
ci siano molte anime, ma molte parti dell’anima, si deve
decidere se bisogna [10] esaminare prima l’intera anima
oppure le parti13. Difficile è anche determinare quali di
queste parti siano essenzialmente distinte tra loro14, e se
si debbano esaminare prima le parti o le loro attività, ad
esempio l’intellezione oppure l’intelletto, la sensazione
oppure la facoltà sensitiva, e così per gli altri casi. E qua
lora le attività debbano venir prima, si potrebbe, dacca
po, [15] chiedersi se si debbano esaminare i relativi
oggetti prima delle attività, ad esempio l’oggetto sensibile
prima della facoltà sensitiva, e quello intelligibile prima
dell’intelletto15.
58 L'ANIMA
έοικε δ’ ού μόνον τό τί έστι γνώναι χρήσιμον
είναι προς τό θεωρήσαι τάς αιτίας των
συμβεβηκότων τάΐς ούσίαις (ώσπερ εν τοις
μαθήμασι τί τό ευθύ και τό καμπύλον, ή τί
γραμμή και [20] επίπεδον, προς τό κατιδειν
πόσαις όρθάίς αί τού τριγώνου γωνίαι ΐσαι),
άλλα, καί άνάπαλιν τά συμβεβηκότα συμβάλ
λεται μέγα μέρος προς τό είδέναι τό τί έστιν
έπειδάν γάρ έχωμεν άποδιδόναι κατά τήν
φαντασίαν περί των συμβεβηκότων, ή πάντων ή
των πλείστων, τότε καί περί τής ουσίας [25]
έξομεν λέγειν κάλλιστα- πάσης γάρ άποδείξεως
άρχή τό τί έστιν, ώστε καθ’ οσους των ορισμών
μή συμβαίνει τά [403 β] συμβεβηκότα γνωρίζειν,
άλλά μηδ’ εικάσαι περί αυτών εύμαρές, δήλον ότι
διαλεκτικώς εΐρηνται καί κενώς άπαντες.
άπορίαν δ’ έχει καί τά πάθη τής ψυχής,
πότερόν έστι πάντα κοινά καί τοΰ έχοντος ή έστι
τι καί τής ψυχής ίδιον 15] αυτής· τοΰτο γάρ
λαβέιν μέν άναγκάϊον, οΰ ρςκδιον δέ. φαίνεται δε
τών μεν πλείστων ούθέν άνευ τοΰ σώματος
πάσχειν ουδέ ποιέίν, όίον όργίζεσθαι, θοιρρέίν,
έπιθυμεΐν, όλως αίσθάνεσθαι, μάλιστα δ’ έοικεν
ίδίφ τό νοείν* εί δ’ έστι καί τοΰτο φαντασία τις ή
μή άνευ φαντασίας, ούκ ένδέχοιτ’ άν ουδέ τοΰτ’
άνευ [10 ]σώματος είναι, εί μέν ουν έστι τι τών
τής ψυχής έργων ή παθημάτων ίδιον, ένδέχοιτ’ άν
αυτήν χωρίζεσθαι· εί δέ μηθέν έστιν ίδιον αύτή^,
ούκ άν είη χο>ριστή, αλλά καθάπερ τφ εύθέί, η
ευθύ, πολλά συμβαίνει, οίον άπτεσθαι τής
χαλκής σφαίρας κατά στιγμήν, ού μέντοι γ*
άψεται ούτως 1151 χωρισθέν τό εύθυ· άχώριστον
A 1 402 b 17 - 403 a 15 59
Sembra che non solo la conoscenza di che cos’è una
cosa sia utile a cogliere le cause degli accidenti delle
sostanze (come in matematica conoscere che cos’è il retto
e il curvo, o la linea e [20] la superficie è utile per sapere
a quanti retti siano uguali gli angoli del triangolo), ma
anche, viceversa, che gli accidenti contribuiscano in larga
misura a conoscere che cos’è una cosa. Quando infatti
siamo in grado di dar conto, in conformità all’esperienza,
di tutti (o della maggior parte) gli accidenti, allora potre
mo parlare anche dell’essenza nel modo più corretto.
Principio di ogni dimostrazione è infatti che cos’è la
cosa, e di conseguenza le definizioni che non consentono
[403 a] di conoscere gli accidenti e neppure di conget
turarli con facilità, evidentemente sono tutte formulate in
modo dialettico e vuoto16.
Pongono un problema17 anche le affezioni dcU’anima,
se cioè sono tutte comuni al soggetto che la possiede,
oppure se ce n’è qualcuna che sia propria della stessa
anima: comprendere ciò è necessario, ma non facile. Per
ciò che riguarda la maggior parte di queste affezioni,
risulta che Tanima non subisce e non opera nulla indi
pendentemente dal corpo, com’è il caso della collera, del
coraggio, del desiderio, e in generale della sensazione,
mentre il pensiero assomiglia molto ad un’affezione pro
pria dell’anima. Se però il pensiero è una specie d’imma
ginazione o non opera senza l’immaginazione, neppure
esso potrà essere indipendente [W] dal corpo. Se allora,
tra le attività o affezioni dell’anima, ce n'è qualcuna che
le sia propria, l’anima potrà avere un’esistenza separata;
ma se non c’è nessuna che le sia propria, non sarà sepa
rabile, e si troverà nella stessa condizione della retta in
quanto retta, la quale ha molte proprietà, ad esempio
quella di essere tangente alla sfera di bronzo18 in un
punto. Non è tuttavia essendo separata che la retta19
60 L'ANIMA
γάρ, εΐπερ άεί μετά σώματός τίνος έστιν. έοικε δε
και τά της ψυχής πάθη πάντα είναι μετά
σώματος, θυμός, πραότης, φόβος, έλεος, θάρσος,
έτι χαρά και τό φιλειν τε και μισεΐν άμα γάρ
τούτοις πάσχει τι τό σώμα, μηνύει δε τό ποτέ μεν
ισχυρών και εναργών παθημάτων συμ-
βαινόντων μηδέν παροξύ νεσθαι ή φοβεΐσθαι,
ενίοτε δ’ ύπό μικρών και άμαυρών κινεισθαι,
όταν όργά τό σώμα και ούτως έχη ώσπερ όταν
όργίζηται. έτι δε μάλλον τούτο φανερόν μηθενός
γάρ φοβερού συμβαίνοντος έν τοΐς πάθεσι
γίνονται τοΐς τού φοβούμενου, εί δ’ ούτως [25]
έχει, δήλον οτι τά πάθη λόγοι ένυλοί είσιν ώστε
οί όροι τοιούτοι όΐον “τό όργίζεσθαι κίνησίς τις
τού τοιουδί σώματος ή μέρους ή δυνάμεως ύπό
τούδε ένεκα τούδε", και διά ταύτα ήδη φυσικού
τό θεωρήσαι περί ψυχής, ή πάσης ή τής
τοιαύτης. διαφερόντως δ’ άν όρίσαιντο ό φυσικός
[τε] και ό διαλεκτικός [30] έκαστον αύτών, όιον
όργή τί έστιν ό μεν γάρ όρεξιν άντιλυπήσεως ή
τι τοιούτον, ό δέ ζέσιν τού περί καρδίαν αίματος
[403 ύ] και θερμού, τούτων δέ ό μεν την ύλην
άποδίδωσιν, ό δέ τό είδος και τον λόγον. ό_μέν
γάρ λόγος οδε τού πράγματος, άνάγκη δ’ είναι
τούτον έν ύλη τοιψ.δί, εί έσται* ώσπερ οικίας ό
μέν λόγος τοιούτος, οτι σκέπασμα κωλυτικόν
φθοράς [5] ΰπ’ άνέμων και όμβρων καί καυμάτων,
A 1 403 a 15 - 403 b 5 61
è tangente alla sfera in questo modo. Infatti è inseparabi
le, se è vero che esiste sempre in un dato corpo.
Sembra che anche le affezioni dell’anima abbiano
tutte un legame con il corpo: Tira, la tenerezza, la paura,
la pietà, il coraggio, e inoltre la gioia, l’amore e l’odio.
Infatti non appena esse si producono, il corpo subisce
una modificazione. Lo comprova il fatto che talvolta,
[20] pur presentandosi stimoli forti e manifesti, non ci si
irrita né si prova paura; mentre in altre circostanze siamo
mossi da stimoli piccoli ed appena percepibili, qualora il
corpo sia agitato e si trovi nella stessa condizione di
quando si è in collera. Ma un fatto ancor più evidente è
questo: pur non accadendo nulla che provochi timore, si
hanno le stesse emozioni di chi è impaurito. Ma se così
[25] stanno le cose, è manifesto che le affezioni
dell’anima sono forme contenute nella materia. Di conse
guenza le loro definizioni saranno, ad esempio, di questo
tipo: “la collera è un certo movimento di tale corpo o
parte o facoltà, prodotto da tale causa e avente tale fine”.
Per queste ragioni è senz’altro compito del fisico trattare
dell’anima: di ogni anima o del tipo di anima che s’è
appena descritto20.
Il fisico e il dialettico definirebbero però [30] ciascu
na di queste affezioni in modo diverso. Ad esempio: che
cos’è la collera? Mentre il dialettico21 la definirebbe
“desiderio di molestare a propria volta” (o qualcosa di
simile), il fisico la definirà “ebollizione del sangue [403
b] e del calore intorno al cuore”. Di costoro il fisico22
indica la materia, il dialettico la forma e l’essenza.
L’essenza della cosa in questione è infatti determinata,
ma, se deve esistere, è necessario che si realizzi in una
determinata materia. Analogamente la definizione di casa
può essere la seguente: “riparo che difende contro la
distruzione causata [5] da venti, piogge e caldo”, ma uno
62 L'ANIMA
6 δε φήσει λίθους και πλίνθους και ξύλα, έτερος
δ’ έν τούτοις το είδος <ού> ένεκα τωνδί. τίς ούν ό
φυσικός τούτων; πότερον ό περί την ύλην, τον δε
λόγον άγνοών, ή ό περί τον λόγον μόνον; ή
μάλλον ό έξ άμφοιν; εκείνων δέ δή τίς έκάτερος;
ή ούκ έστιν εις ό περί [1 τά πάθη της ύλης τά
μη χωριστά μη δ’ η χωριστά, άλλ’ ό φυσικός περϊ
άπανθ’ όσα τού τοιουδί σώματος και της
τοιαύτης ύλης έργα καί πάθη, όσα δε μη
τοιαύτα, άλλος, καί περί τινών μεν τεχνίτης, εάν
τύχη,_ οι ον τέκτων ή ιατρός, των δε μή χωριστών
μεν, ή δέ μη τοιούτου [ 1 5 ] σώματος πάθη καί έξ
άφαιρέσεως, ό μαθηματικός, ή δε κεχωρισμένα, ό
πρώτος φιλόσοφος; άλλ’ έπανιτέον όθεν ό λόγος,
έλέγομεν δή ότι τά πάθη της ψυχής ούτως
αχώριστα τής φυσικής ύλης τών ζφων, ή γε
τοιαύθ’ υπάρχει <οία> θυμός καί φόβος, καί ούχ
ώσπερ γραμμή καί επίπεδον. [20]
Έπισκοποΰντας δέ περί ψυχής άναγκαιον, άμα
διαπορούντας περί ών εύπορέΐν δει προελθόντας,
τάς τών προτέρων δόξας συμπαραλαμβάνειν όσοι
τι περί αυτής άπεφήναντο, όπως τά μέν καλώς
είρημένα λάβωμεν, εί δέ τι μη καλώς, τούτ’ εύ-
λαβηθώμεν. άρχή δέ τής ζητησεως προθέσθαι 7
τά μάλιστα δοκούνθ’ ύπάρχειν αύτή κατά
A 1, 403 b5 - 2, 403 b 25 63
dirà che è pietre, mattoni e legno, e un altro che è la
forma presente in questi materiali per un determinato
scopo. Chi di costoro è allora il fisico? Forse chi parla
della materia trascurando la forma? O chi parla soltanto
della forma? O non lo è piuttosto chi tiene conto di
entrambe?25 Ma allora chi è ciascuno degli altri due?
Certo non è uno solo che si occupa delle [10] affezioni
inseparabili della materia, e che non le considera in
quanto separabili. In effetti il fisico si occupa di tutte le
attività e affezioni di un determinato corpo e di una
determinata materia, mentre delle caratteristiche dei
corpi che non sono di questo tipo se ne occupa un altro:
di alcune s’interessa il tecnico secondo i casi, ad esempio
l’architetto o il medico. Le caratteristiche, poi, che non
sono separabili, e tuttavia non vengono considerate in
quanto [15] affezioni di un determinato corpo e sono
ottenute per astrazione, le studia il matematico24. In
quanto invece sono separate, le considera il filosofo
primo25.
Ma ritorniamo al punto di prima26. Dicevamo dunque
che le affezioni dell’anima sono inseparabili dalla materia
fisica degli animali, in quanto precisamente tali affezioni
sono, ad esempio, l’ira e il timore, e non come sono inse
parabili la linea e la superficie. [20]
2. Le dottrine psicologiche dei predecessori
La ricerca sull’anima richiede che, insieme all’esame
delle difficoltà che si devono risolvere nel corso della
trattazione, si raccolgano le opinioni dei predecessori che
si espressero in qualche modo intorno ad essa, e ciò per
accogliere quanto hanno detto correttamente ed evitare i
loro eventuali errori27. [25] Diamo inizio all’indagine sta-
64 L’ANIMA
φύσιν. τό έμψυχον δή τού άψυχου δυσί μάλιστα
διαφέρει ν δοκεΐ, κινήσει τε και τφ αισθάνεσθαι.
παρειλήφαμεν δε και παρά των προγενεστέρων
σχεδόν δύο ταΰτα περί ψυχής· φασί γάρ ένιοι και
μάλιστα και πρώτως ψυχήν είναι τό κινούν,
οίηθέντες δε [301 τό μή κινούμενον αυτό μή
ένδέχεσθαι κινεΐν έτερον, των κινούμενων τι τήν
ψυχήν ΰπέλαβον είναι, οθεν Δημόκριτος μεν [404
πύρ τι και θερμόν φησιν αυτήν είναι* άπειρων
γάρ οντων σχημάτων και ατόμων τά σφαιροειδή
πύρ και ψυχήν λέγει (όιον έν τφ «χέρι τά
καλούμενα ξύσματα, ά φαίνεται έν τάΐς διά των
θυρίδων άκτΐσιν), ών τήν μεν πανσπερμίαν [5]
στοιχεία λέγει τής όλης φύσεως (ομοίως δε και
Λεύκιππος), τούτων δε τά σφαιροειδή ψυχήν, διά
τό μάλιστα διά παντός δύνασθαι διαδύνειν τούς
τοιούτους ρυσμούς και κινεΐν τά λοιπά,
κινούμενα και αύτά, ύπολαμβάνοντες τήν ψυχήν
είναι τό παρέχον τοΐς ζφοις τήν κίνησιν- διό και
τού ζήν όρον είναι ¡ΙΟΊ τήν αναπνοήν
συνάγοντος γάρ τού περιέχοντος τά σώματα καί
έκθλίβοντος των σχημάτων τά παρέχοντα τοας
ζφοις τήν κίνησιν διά τό μηδ’ αύτά ήρεμεΐν
μηδέποτε, βοήθειαν γίνεσθαι θύραθεν έπεισιόντων
άλλων τοιούτων έν τφ άναπνέΐν* κωλύειν γαρ
αύτά καί τά ένυπάρχοντα έν τοΐς ζφοις [15] έκ-
κρίνεσθαι, συνανείργοντα τό συνάγον καί πηγνύ-
ον· καί ζήν δε έως άν δύνωνται τούτο ποιεΐν.
A 2. 403 b 25 - 404 a 16 65
bilendo le caratteristiche che, più di tutte, sembrano
appartenere airanima per sua natura. Ora pare che
l’essere animato si distingua dall’inanimato specialmente
per due proprietà: il movimento e la sensazione. Ed in
verità anche dai nostri predecessori, riguardo all’anima,
si può dire che abbiamo appreso queste due sole caratte
ristiche28. Infatti alcuni affermano che l’anima è princi
palmente e fondamentalmente la causa del movimento.
Ritenendo però29 che ciò [30] che non è esso stesso in
movimento, non può muovere un’altra cosa, sostengono
che l’anima è un essere in movimento.
Di qui Democrito30 afferma [404 a] che l’anima è una
specie di fuoco e di calore. Infatti, essendo infinite le
figure o atomi, chiama fuoco e anima quelli di forma sfe
rica, che sono paragonabili a quello che è chiamato pul
viscolo atmosferico, visibile nei raggi di sole che penetra
no dalle finestre31. Tutta la riserva seminale degli atomi
[5] la identifica con gli elementi dell’intera natura, e allo
stesso modo fa anche Leucippo. Gli atomi, poi, che
hanno forma sferica costituiscono l’anima, e ciò perché
tali configurazioni sono le più capaci d’insinuarsi dap
pertutto e di muovere gli altri atomi, essendo esse stesse
in movimento, giacché ritengono che l’anima sia ciò che
produce negli animali il movimento. Ed è per questa
ragione che [10] la respirazione è ciò che contraddistin
gue la vita. Siccome, infatti, l’aria circostante comprime i
corpi e ne espelle gli atomi che comunicano agli animali
il movimento (in quanto questi atomi non sono mai in
quiete), risulta d’aiuto il fatto che, nell’atto della respira
zione, entrano dall’esterno altri atomi simili. In effetti
questi atomi impediscono che [13] si distacchino quelli
che già si trovano dentro gli animali, tutt’insieme oppo
nendosi a ciò che li comprime e li condensa. Gli animali
vivono finché sono capaci di assolvere questa funzione.
66 ί'ΑΝΊΜΑ
εοικε δέ και τό παρά των Πυθαγορείων
λεγόμενον την αυτήν έχειν διάνοιαν· έφασαν γάρ
τινες αύτών ψυχήν είναι τά έν τω άέρι ξύσματα,
οί δε τό ταύτα κινούν, περί δε τούτων είρηται ότι
συνεχώς 120] φαίνεται κινούμενα, καν ή νηνεμία
παντελής, επί ταύτό δε φέρονται καί όσοι λέγουσι
τήν ψυχήν τό αύτό κινούν* έοίκασι γάρ ούτοι
πάντες ύπειληφέναι τήν κίνησιν οίκειότατον είναι
τή ψυχή, καί τά μέν άλλα πάντα κινεισθαι διά
τήν ψυχήν, ταύτην δ’ ύφ’ έαυτής, διά τό μηθέν
όράν κινούν ό / 2 5 1 μή καί αύτό κινείται, ομοίως
δε καί Αναξαγόρας ψυχήν είναι λέγει τήν
κινούσαν, καί ει τις άλλος ειρηκεν ώς τό παν
έκίνησε νοΰς* ού μήν παντελώς γ’ ώσπερ
Δημόκριτος, έκεινος μεν γάρ άπλώς ταύτόν ψυχήν
καί νούν (τό γάρ άληθές είναι τό φαινόμενον, διό
καλώς ποιήσαι [τον] "Ομηρον ώς ό "Εκτωρ
“κεΐτ* άλλοφρονέων*- ού δή χρήται τώ νώ ώς
δυνάμει τινί περί τήν αλήθειαν, άλλά ταύτό λέγει
ψυχήν καί νούν)· [404 ύ] Αναξαγόρας δ’ ήττον
διασαφεί περί αύτών· πολλαχού μεν γάρ τό αίτιον
τού καλώς και όρθώς τον νούν λέγει, έτέρωθι δε
τον νούν είναι ταύτόν τη ψυχή· έν άπασι γάρ
ύπάρχειν αύτόν τοΐς ζίόοις, καί μεγάλοις καί
μικρόΐς, καί τιμίοις καί [51 άτιμοτέροις- ού
φαίνεται δ’ ό γε κατά φρόνησιν λεγόμενος νούς
πάσιν ομοίως ύπάρχειν τόΐς ζωοις, άλλ’ ούδε τοΐς
άνθροιποις πάσιν.
όσοι μέν ουν έπί τό κινεισθαι τό έμψυχον
άπέβλεψαν, ούτοι τό κινητικώτατον ύπέλαβον
A 2. 404 a 16- 404 b 8 67
Pare32 che anche ciò che è stato affermato dai
Pitagorici avesse lo stesso significato. Infatti alcuni33 di
loro dissero che l’anima s’identifica col pulviscolo atmo
sferico; altri34 invece sostennero che l’anima è ciò che lo
muove. Riguardo a questo pulviscolo si afferma che
appare [20] muoversi continuamente, anche quando
l’assenza di vento sia totale. Alla medesima conclusione
pervengono anche coloro35 che asseriscono che l’anima è
ciò che muove se stesso. Pare, infatti, che tutti costoro
considerino il movimento come la proprietà più caratte
ristica dell’anima, e ritengano che tutte le altre cose si
muovono in virtù dell’anima, mentre essa si muove da sé.
E ciò perché non si constata mai che una cosa muova
[25] senza essere essa stessa in movimento.
Analoga è la posizione di Anassagora36, il quale dice
che l’anima è un principio motore, e di chi altri ha affer
mato che l’intelletto ha messo in movimento l’universo.
Anassagora tuttavia non si espresse proprio come
Democrito . Quest’ultimo, infatti, dice che anima e intel
37
letto sono assolutamente identici, giacché il vero è ciò che
appare ai sensi38, e pertanto correttamente aveva detto
Omero39 che [30] Ettore «giaceva altro pensando».
Perciò Democrito non fa uso dell’intelletto come di una
potenza che riguardi la verità, ma dice che anima e intel
letto sono la stessa cosa. [404 b] L’opinione di
Anassagora 40 al riguardo è meno netta. Più volte, infatti,
afferma che l’intelletto è causa della bellezza e dell’ordi
ne, ma altre volte che s’identifica con t'anima. Esso, infat
ti, si trova in tutti gli animali, grandi e piccoli, superiori
[5] e inferiori41. Ora non risulta che l’intelletto, quello
almeno definito come ragione42, si trovi allo stesso modo
in tutti gli animali: anzi, neppure in tutti gli uomini.
Coloro dunque che hanno rivolto la loro attenzione al
movimento dell’essere animato, ritennero l’anima ciò che
68 L'ANIMA
τήν ψυχήν· όσοι δ’ έπι τό γινώσκειν καί τό
αίσθάνεσθαι των όντων, ουτοι δε [10] λέγουσι
την ψυχήν τάς άρχάς, οι μεν πλείους ποιούντες,
ταύτας, οι δε μίαν, τούτην, ώσπερ^ Εμπεδοκλής
μεν έκ των στοιχείων πάντων, είναι δε καί
έκαστον ψυχήν τούτων, λέγων ούτως,
γαίη μεν γάρ γαίαν όπώπαμεν, ύδατι δ’ ύδωρ,
αίθέρι δ’ αιθέρα δίαν, άτάρ πυρί πύρ άΐδηλον,
στοργή δε στοργήν, νείκος δε τε νείκεϊ λυγρφ-/2Λ/
τον αυτόν δε τρόπον και Πλάτων εν τφ Τιμαίφ
τήν ψυχήν έκ των στοιχείων ποιεί· γινώσκεσθαι
γάρ τφ όμοίιρ τό ομοιον, τά δε πράγματα έκ των
άρχών είναι, ομοίως δε καί έν τοις περί
φιλοσοφίας λεγομένοις διωρίσθη, αύτό μεν [20] τό
ζφον έξ αυτής τής τού ενός Ιδέας καί τού πρώτου
μήκους καί πλάτους καί βάθους, τά δ’ άλλα
όμοιοτρόπως* έτι δε καί άλλως, νουν μεν τό έν,
έπιστήμην δέ τά δύο (μοναχώς γάρ έφ’ έν), τον δε
τού έπι πέδου αριθμόν δόξαν, αϊσθησιν δέ τον τού
στερεού, οί μέν γάρ άριθμοί τά είδη αυτά καί αί
[25] άρχαί έλέγοντο, είσι δ’ έκ των στοιχείων,
κρίνεται δέ τά πράγματα τά μέν νφ, τά δ’
έπιστήμη, τά δέ δόξη, τά δ’ αίσθήσει* είδη δ* οί
άριθμοί ουτοι των πραγμάτων.
έπεί δέ καί κινητικόν έδόκει ή ψυχή είναι καί
γνωριστικόν ούτως, ένιοι συνέπλεξαν έξ άμφόίν,
A 2, 404 b 8 - 29 69
è più capace di causare movimento; quelli invece che si
sono soffermati sul fatto che l’essere animato conosce e
percepisce gli enti, [10] affermano che l’anima è identica
ai principi; se ne ammettono molti, la identificano con
questi; se uno solo, con questo. Così Empedocle conside
ra l’anima costituita da tutti gli elementi, e ritiene che
anche ciascuno di essi sia anima, esprimendosi in questo
modo:
«con la terra noi conosciamo la terra, con l’acqua,
[l’acqua,
con l’etere l’etere divino, e col fuoco il fuoco distrut-
[tore,
con l’Amore l’Amore, e così la Discordia con la mal-
[vagia Discordia»4*.
Allo stesso modo anche Platone, nel Timeo, considera
l’anima composta dagli elementi. Il simile, infatti, viene
conosciuto dal simile, e gli oggetti sono costituiti dai
principi44.
Così pure nell’opera intitolata Sulla filosofia fu preci
sato che [20] il vivente in sé è formato dall’idea stessa di
uno e dalla prima lunghezza, larghezza e profondità, e
che gli altri oggetti sono costituiti in modo simile. Inoltre
fu stabilito, da un altro punto di vista, che l’intelletto è
l’uno, la scienza il due (in un modo solo, infatti, essa va
verso una cosa sola), l’opinione il numero della superfi
cie, la sensazione quello del solido. E infatti i numeri
[25] venivano chiamati le idee stesse e i principi, ma pure
i numeri sono costituiti dagli elementi. Tra gli oggetti,
poi, alcuni sono conosciuti dall’intelletto, altri dalla
scienza, altri dall’opinione, altri dalla sensazione, e i
numeri sono le idee degli oggetti45.
Ma poiché sembrava che l’anima fosse capace sia di
muovere sia di conoscere nel modo che s’è detto, alcuni
70 L'ANIMA
άποφηνάμενοι τήν ψυχήν αριθμόν [30] κινοΰνθ’
εαυτόν, διαφέρονται δε περί των αρχών, τίνες και
πόσαι, μάλιστα μεν οι σωματικάς ποιοΰντες^ τοΐς
άσωμάτους, [405 β] τούτοις δ’ οι μίξαντες και άπ’
άμφοίν τάς άρχάς άποφηνάμενοι. διαφέρονται δε
και περί τοΰ πλήθους- οι μεν γάρ μίαν οί δε
πλείους λέγουσιν. επομένως δε τουτοις καί τήν
ψυχήν άποδιδόασιν* τό γάρ κινητικόν τήν φύσιν
των [3] πρώτων ύπειλήφασιν, ούκ άλόγως. δθεν
έδοξέ τισι πΰρ είναι- καί γάρ τοΰτο
λεπτομερέστατόν τε καί μάλιστα των στοιχείων
άσώματον, έτι δέ κινείται τε καί κινεί τά άλλα
πρώτως. Δημόκριτος δέ καί γλαφυρωτέρως είρηκεν
άποφαινόμενος διά. τί τούτων έκάτερον ψυχήν
μεν γάρ είναι ταύτό καί νοΰν, τοΰτο δ’ είναι
των πρώτων καί άδιαιρέτων σωμάτων, κινητικόν
δε διά μικρομέρειαν καί τό σχήμα- των δε
σχημάτων εύκινητότατον τό σφαιροειδές λέγει-
τοιοΰτον δ’ είναι τόν τε νοΰν καί τό πΰρ.
’Αναξαγόρας δ’ έοικε μέν έτερον λέγειν ψυχήν τε
καί νοΰν, ώσπερ είπομεν καί πρότερον, χρήται δ’
[15] άμφοίν ώς μια. φύσει, πλήν άρχήν γε τόν
νοΰν τίθεται μάλιστα πάντων- μόνον γοΰν φησίν
αυτόν των όντων άπλοΰν είναι καί άμιγή τε καί
καθαρόν, άποδίδίοσι δ’ άμφω τή αυτή άρχή, τό τε
γινοίσκειν καί τό κινείν, λέγων νοΰν κινήσαι
A 2, 404 b 29 - 405 a 18 71
la costituirono di entrambe queste capacità, affermando
che l’anima è un numero [30 ] che muove se stesso46.
I nostri predecessori si differenziano però anche
riguardo ai principi, sulla loro natura e il loro numero47.
Specialmente quelli che li considerano corporei48 si
distinguono da coloro che li ritengono incorporei , [405 49
a] e da tutti costoro si differenziano quelli che li con
giungono e affermano che i principi sono dell’una e
dell’altra specie50. C’è inoltre contrasto anche riguardo al
numero: alcuni ammettono un solo principio, altri molti.
In coerenza con questi presupposti, essi hanno concepito
l’anima. Infatti [3] (non senza fondamento) hanno consi
derato anima quello dei principi che per sua natura è
capace di muovere. Di qui ad alcuni51 è sembrato che
l’anima fosse fuoco, poiché, tra gli elementi, è il più sotti
le e quello maggiormente incorporeo52, e inoltre ha come
caratteristica fondamentale quella di muoversi e di muo
vere le altre cose. A questo proposito Democrito si
espresse ancora più acutamente, indicando la ragione per
cui l’anima possiede entrambe queste caratteristiche.
L’anima, infatti, s’identifica con l’intelletto, [10] e questa
entità è composta dai corpi primi e indivisibili, ed è
mobile a causa della piccolezza delle parti e della loro
forma. Egli infatti asserisce che, tra le varie forme, quella
sferica è la più adatta a muoversi, e che tale forma hanno
l’intelletto e il fuoco.
Anassagora55, come abbiamo detto prima54, da un lato
sembra affermare la diversità di anima e intelletto, e
dall’altro si serve [13] di entrambi come di un’unica
natura, salvo a porre soprattutto l’intelletto come princi
pio. E certo, egli afferma, esso è il solo tra gli esseri che è
semplice55, non mescolato e puro. E attribuisce al mede
simo principio ambedue le capacità: quella di conoscere
e quella di muovere, dicendo che l’intelletto ha messo in
72 L'ANIMA
τό παν. έοικε δε καί Θαλής εξ ών άπομνημο-
νεύουσι κινητικόν [201 τι την ψυχήν ύπολαβεΐν,
είπερ τήν λίθον έφη ψυχήν έχειν, οτι τον σίδηρον
κινεί- Διογένης δ’ ώσπερ και έτεροί τινες «χέρα,
τούτον οίηθεις πάντων λεπτομερέστατον είναι και
αρχήν- καί διά τούτο γινώσκειν τε καί κινεί ν τήν
ψυχήν, ή μεν πρώτον έστι, καί έκ τούτου τά
λοιπά, γινόίσκειν, ή δε λεπτότατον, [25] ^ανητικόν
είναι, καί 'Ηράκλειτος δε την άρχήν ειναί ^ησι
ψυχήν, είπερ τήν άναθυμίασιν, εξ ής ταλλα
συνίστησιν- καί άσωματώτατόν τε καί ρέον άεί·
τό δε κινούμενον κινούμενος γινώσκεσθαι- έν
κινήσει δ’ είναι τά όντα κάκεινος ώετο καί οί
πολλοί, παραπλησίως δέ τούτοις καί Άλκμαίων
έοικεν [ 301 ΰπολαβεΐν περί ψυχής- φησί γάρ
αυτήν άθάνατον είναι διά τό έοικέναι τοΐς
άθανάτοις- τούτο δ’ ύπάρχειν αυτή ώς άεί
κινούμενη- κινεΐσθαι γάρ καί τά θεία πάντα
συνεχώς [405 ύ] άεί, σελήνην, ήλιον, τούς
αστέρας καί τον ουρανόν ολον. τών δέ φορτικότε
ρων καί ύδωρ τινες άπεφήναντο, καθάπερ ‘Ίππων -
πεισθήναι δ’ έοίκασιν έκ τής γονής, ότι πάντων
υγρά, καί γάρ ελέγχει τούς αίμα φάσκοντας ^τήν
ψυχήν, οτι ή γονή [5] ούχ αίμα- ταύτην δ’ είναι
τήν πρώτην ψυχήν, έτεροι δ’ αίμα, καθάπερ
Κριτίας, το αίσθάνεσθαι ψυχής οίκειότατον ύπο-
λαμβάνοντες, τούτο δ’ ύπάρχειν διά τήν τού
αίματος φύσιν. πάντα γάρ τά στοιχεία κριτήν
A 2. 405 a 18 - b 8 73
movimento l’universo. Sembra, da quello che ricordano,
che anche Talete [20] considerasse l’anima un principio
motore, se è vero che diceva che la calamita ha un’anima
perché attrae il ferro56.
Diogene57 poi, come alcuni altri58, affermò che
l’anima è aria, ritenendo che questa fosse l’elemento più
sottile di tutti e il principio. Ed è per questa ragione che
l’anima conosce e muove: in quanto è principio e da essa
derivano le altre cose, le conosce; in quanto è l’elemento
più sottile, [25]è capace di muovere59.
Anche Eraclito60 afferma che l’anima è il principio, se
è vero che è l’esalazione61 da cui sono costituite le altre
cose. Egli dice inoltre che è massimamente incorporea e
in un continuo fluire, e che ciò che è in movimento è
conosciuto da ciò che è in movimento. Che gli esseri fos
sero in movimento era opinione sua e dei più. Sembra
che pure Alcmeone62 [30] abbia avuto sull’anima un’opi
nione affine a quella di costoro65. Dice, infatti, che essa è
immortale perché assomiglia agli esseri immortali, e pos
siede questa somiglianza in quanto si muove sempre. In
effetti anche gli esseri divini si muovono tutti ininterrot
tamente [405 b] e sempre: la luna, il sole, gli astri e il
cielo intero64.
Tra i filosofi più rozzi, alcuni affermarono che l’anima
è acqua, come Ippone65. Costoro sembrano esserne stati
persuasi avendo preso in considerazione il seme, giacché
il seme in tutti gli animali è umido. E infatti egli confuta
coloro66 che ritengono che l’anima è sangue, poiché il
seme [5] non è sangue, e questo seme è la forma più sem
plice di anima. Altri dissero invece che l’anima è sangue,
come Crizia67, pensando che la sensazione sia ciò che vi è
di più caratteristico dell’anima, e che questa proprietà le
appartenga a causa della natura del sangue. Tutti gli ele
menti hanno quindi trovato un loro sostenitore, tranne la
74 L’ANIMA
εΐληφε, πλήν της γης· ταύτην δ’ ούθείς άποπέ-
φανται, πλήν εΐ τις αύτήν εΐρηκεν έκ [10] πάντων
είναι των στοιχείων ή πάντα.
ορίζονται δή πάντες την ψυχήν τρισίν ώς
είπείν, κινήσει, αίσΟήσει, τω άσωμάταν τούτων δ’
έκαστον ανάγεται προς τάς άρχάς. διό και οί τφ
γινιόσκειν οριζόμενοι αυτήν ή στοιχειον ή έκ των
στοιχείων ποιοΰσι, λέγοντες παραπλησίως
άλλήλοις, πλήν [15] ενός* φασί γάρ γινώσκεσθαι
τό δμοιον τφ όμοίφ· επειδή γάρ ή ψυχή πάντα
γινώσκει, συνιστάσιν αυτήν έκ πασών των
άρχών. όσοι μεν ούν μίαν τινά λεγουσιν αιτίαν
και στοιχειον έν, καί τήν ψυχήν έν τιθέασιν,
οίον πΰρ ή αέρα· οί δε πλείους λέγοντες τάς
άρχάς καί τήν ψυχήν πλείω ποιοΰσιν. [20]
’Αναξαγόρας δέ μόνος άπαθή φησιν είναι τον
νοΰν, καί κοινόν ούθέν ούθενί των άλλων έχειν.
τοιοΰτος δ’ ών πώς γνωριεί καί διά τίν’ αιτίαν,
ουτ’ έκεΐνος εΐρηκεν ούτ’ έκ τών είρημένων
συμφανές έστιν. οσοι δ’ έναντιώσεις ποιοΰσιν έν
τάίς άρχάϊς, καί τήν ψυχήν έκ τών έναντίων
συνιστάσιν οί δε θάτερον τών [25] έναντίων,
όίον θερμόν ή ψυχρόν ή τι τοιοΰτον άλλο, καί
τήν ψυχήν ομοίως έν τι τούτων τιθέασιν. διό καί
τοίς όνόμασιν άκολουθοΰσιν, οί μεν τό θερμόν
λέγοντες, ότι διά τούτο καί τό ζην ώνόμασται, οί
δε τό ψυχρόν, <διά τό> διά τήν άναπνοήν_ καί τήν
κατάψυξιν καλείσθαι ψυχήν, τά μεν ούν παρα-
δεδομένα περί 1301 ψυχής, καί δΓ άς αίτιας
λέγουσιν οΰτω, ταύτ’ έστίν.
A 2. 405 b 9 - 30 75
terra; questa nessuno la indica, eccetto chi68 ha affermato
che l’anima [10] è costituita da tutti gli elementi o s’iden
tifica con tutti gli elementi.
Pertanto69 si può dire che tutti definiscono l’anima in
base a tre caratteristiche: il movimento, la sensazione e
l’incorporeità70, e riconducono ciascuna di esse ai princi
pi. Così, coloro che definiscono l’anima rispetto alla
conoscenza, la identificano con un elemento71, oppure la
ritengono costituita dagli elementi72. In ciò più o meno
concordano tra loro, a parte [15] uno73. Infatti affermano
che il simile è conosciuto dal simile, e poiché l’anima
conosce tutte le cose, la compongono di tutti i principi.
Quindi quelli che ammettono un’unica causa ed un
unico elemento, ritengono che anche l’anima sia formata
di un solo elemento, ad esempio il fuoco o l’aria; coloro
invece che ammettono più principi, formano anche
l’anima di più principi. [20] Il solo Anassagora74 afferma
invece che l’intelletto è impassibile e che non ha nulla in
comune con alcuno degli altri oggetti. Ma, avendo una
tale natura, come e su quale fondamento possa conosce
re, egli non l’ha detto, né risulta chiaro da quello che ha
detto75. Coloro76 poi che ammettono che i principi costi
tuiscono i contrari, formano l’anima di contrari77; quelli
invece che assumono come principio uno o l’altro dei
[25] contrari, ad esempio il caldo78 o il freddo79 o alcun
ché di simile, affermano analogamente che l’anima è uno
di questi contrari. Essi anzi ricavano le loro dottrine dai
nomi80, alcuni asserendo che anima è il caldo, giacché la
parola ζην (“vivere”) deriva da ζέίν ("bollire”), altri che
è il freddo, perché è stata chiamata “anima” (ψυχή) a
motivo della respirazione e del raffreddamento
(κατάψυζις).
Queste sono dunque le dottrine [30] sull’anima che ci
sono state tramandate, e le ragioni su cui si fondano.
76 Ι/ΑΝΙΜΑ
Έπισκεπτέον δε πρώτον μεν περί κινήσεως-
ίσως γάρ ού μόνον ψευδός έστι τό την ούσίαν
αυτής τοιαύτην είναι ο'ίαν [406 β] φασίν οί
λέγοντες ψυχήν είναι τό κινούν εαυτό ή
δυνάμενον κινεΐν, άλλ’ εν τι των αδυνάτων τό
ύπάρχειν αυτή κίνησιν. ότι μεν ούν ούκ
άναγκαίον τό κινούν και αυτό κινεισθαι,
πρότερον εΐρηται. δίχως δε κινούμενου παντός — ή
γάρ καθ’ έτερον [5 ]ή καθ’ αυτό- καθ’ έτερον δέ
λέγομεν όσα κινείται τω εν κινουμένφ είναι, όιον
πλωτήρες- ού γάρ ομοίως κινούνται τφ πλοίφ- τό
μεν γάρ καθ’ αύτό κινείται, οι δε τφ εν
κινουμένφ είναι (δήλον δ’ έπι των μορίων- οικεία
μεν γάρ έστι κίνησις ποδών βάδισις, αύτη δέ και
άνθρώπων- ούχ ύπάρχει /207 δε τοΐς πλωτήρσι
τότε) — διχώς δή λεγομένου τού κινεισθαι νύν
έπισκοπούμεν περί τής ψυχής εί καθ’ αύτήν
κινείται καί μετέχει κινήσεως.
τεσσάρων δε κινήσεων ούσών, φοράς
άλλοιώσεως φθίσεως αύξήσειος, ή μίαν τούτων
κινοΐτ’ άν ή πλείους ή πάσας, εί δέ κινείται μή
κατά [151 συμβεβηκός, φύσει άν ύπαρχοι κίνησις
αύτή- εί δε τούτο, καί τόπος- πάσαι γάρ αί
λεχθείσαι κινήσεις εν τόπφ. εί δ’ έστίν ή ούσία
τής ψυχής τό κινείν έαυτήν, ού κατά συμβεβηκός
αύτή τό κινεισθαι υπάρξει, ώσπερ τφ λευκφ ή τφ
τριπήχει- κινείται γάρ καί ταύτα, άλλα κατά
A3. 405 b 31 -406 a 19 77
3. Critica delle teorie cinetiche e del «Timeo». La rela
zione tra anima e corpo
Anzitutto si deve prendere in considerazione il movi
mento. In effetti, forse non soltanto è falso che l’essenza
dell’anima sia quella che [406 a] ritengono coloro81 che
affermano che l’anima è ciò che muove od è capace di
muovere se stesso, ma è impossibile che essa sia dotata di
movimento. E che non sia necessario che ciò che muove
sia esso stesso in movimento, s’è detto anche precedente
mente82. In realtà una cosa può muoversi in due modi: o
per mezzo di un’altra [5] o da sé8>. Diciamo che si muo
vono per mezzo di un’altra, le cose che si muovono per il
fatto di trovarsi su una cosa che si muove, come avviene
ai naviganti. Essi, infatti, non si muovono nella stessa
maniera della nave, giacché questa si muove da sé ed essi
perché si trovano su una cosa che si muove. Quest’ulti
mo fatto risulta evidente se si considerano le loro mem
bra: il movimento proprio dei piedi, e quindi dell’uomo,
è infatti il camminare, ma esso [10] allora84 non è dato ai
naviganti. Pertanto, siccome “muoversi” si dice in due
sensi, vediamo ora se l’anima si muove e partecipa di per
sé del movimento.
Poiché i movimenti sono di quattro specie: sposta
mento, alterazione, diminuzione e accrescimento85,
l’anima dovrebbe muoversi o con uno o con più o con
tutti questi movimenti. Ora se essa non si muove [15]
accidentalmente, il movimento le apparterrà per natura;
ma se questo è vero, avrà anche uno spazio, poiché tutti i
suddetti movimenti si svolgono nello spazio86. Se poi
l’essenza dell’anima consiste nel muovere se stessa, il
movimento non le apparterrà accidentalmente, come
avviene per “bianco” o per “della misura di tre cubiti”87.
In effetti anche queste caratteristiche si muovono, ma
78 L'ANIMA
συμβεβηκός* [20] φ γάρ ΰπάρχουσιν, εκείνο
κινείται, τό σώμα. διο και ούκ έστι τόπος αυτών*
της δε ψυχής έσται, είπερ φύσει κινήσεως
μετέχει, έτι δ’ εί φύσει κινείται, καν βίςι
κινηθείη* καν ει βίςι, και φύσει, τον αυτόν δέ
τρόπον έχει και περί ηρεμίας* εις ό γάρ κινείται
φύσει, και ηρεμεί έν τούτω 125] φύσει* ομοίως δε
και εις ό κινείται βίςι, καί. ηρεμεί έν τούτφ βίςι.
πόίαι δέ βίαιοι τής ψυχής κινήσεις έσονται καί
ήρεμίαι, ουδέ πλάττειν βουλομένοις ρςίδιον
άποδοΰναι. έτι δ’ εί μέν άνω κινήσεται, πύρ
έσται, εί δέ κάτω, γή* τούτων γάρ των σωμάτων
αί κινήσεις αύται* ό δ’ αυτός λόγος καί [30] περί
των μεταξύ, έτι δ’ έπεί φαίνεται κινούσα τό
σώμα, ταύτας εύλογον κινέΐν τάς κινήσεις άς καί
αύτή κινείται, εί δέ τούτο, και άντιστρέψασιν
είπείν άληθές οτι ήν τό [406 ί>] σώμα κινείται,
ταύτην καί αύτή. τό δέ σώμα κινείται φορά'
ώστε καί ή ψυχή μεταβάλλοι άν κατά τό σώμα ή
όλη ή κατά μόρια μεθισταμένη. εί δέ τοΰτ’
ενδέχεται, καί έξελθούσαν είσιέναι πάλιν
ένδέχοιτ’ άν* τούτω δ’ έποιτ’ άν τό [5] άνίστασθαι
τά τεθνεώτα τών ζώων, την δέ κατά συμβεβηκός
κίνησιν καν ύφ’ έτέρου κινοίτο* ώσθείη γάρ άν
βίςι τό ζώον. ου δεί δέ ω τό ύφ’ έαυτοΰ κινείσθαι
έν τή ούσίςι, τούθ’ ΰπ’ άλλου κινείσθαι, πλήν εί
μη κατά συμβεβηκός, ώσπερ ουδέ τό καθ’ αυτό
A 3. 406 a 19 - 406 b 9 79
accidentalmente, [20] giacché ciò che si muove è il sog
getto in cui esse si trovano, ossia il corpo. Pertanto non
vi è un loro luogo, mentre dovrà esserci per l’anima, se
per natura partecipa del movimento. Inoltre se l’anima si
muove per natura, deve poter essere mossa anche per
costrizione, e se si muove per costrizione, può muoversi
anche per natura. Lo stesso principio vale pure per la
quiete. Infatti il termine verso cui un corpo si muove per
natura, è il luogo in cui trova quiete [25] per natura, e,
analogamente, il termine verso cui si muove per costri
zione, è il luogo in cui trova quiete per costrizione88. Ma
quali possano essere i movimenti e le quieti forzate
dell’anima non è facile stabilire, neppure per chi voglia
immaginarli89. Se poi 1’anima si muoverà verso l’alto, sarà
fuoco, se verso il basso, terra, poiché i movimenti di tali
corpi sono appunto questi90. Lo stesso discorso [30] si
applica ai movimenti intermedi91. Ancora: poiché si con
stata che l’anima muove il corpo, sarà ragionevole sup
porre che lo muova con gli stessi movimenti con cui essa
stessa si muove. Ma se è così, corrisponderà al vero affer
mare, reciprocamente, che con quel movimento con cui
[406 b] si muove il corpo, si muove pure l’anima. Ora il
corpo si muove per traslazione, e di conseguenza anche
l’anima si sposterà allo stesso modo del corpo, mutando
luogo o nella sua totalità o nelle sue parti92. Ma se è pos
sibile che ciò si verifichi, dovrebbe ugualmente esser pos
sibile che, una volta uscita dal corpo, l’anima vi rientri.
Da ciò seguirebbe che gli animali, [5] dopo la loro
morte, potrebbero tornare in vita93.
L’anima, poi, potrebbe bensì muoversi accidental
mente per l’azione di una causa esterna, giacché l’anima
le potrebbe essere spinto a forza. Ma ciò che si muove da
sé e in virtù della sua essenza, non può esser mosso da un
altro se non accidentalmente, allo stesso modo che il
80 L’ANIMA
αγαθόν η δι’ αύτό, τό μεν δι’ άλλο είναι, τό
6’ ετέρου ένεκεν. την δέ ψυχήν μάλιστα φαίη τις
άν υπό των αισθητών κινείσθαι, είπερ κινείται,
άλλα μην και εί κινεί γε αυτή αυτήν, και αυτή
κινόίτ’ άν, ώστ’ εί πάσα κίνησις έκστασίς έστι
τοΰ κινούμενου ή κινείται, και ή ψυχή έξίσταιτ’
άν έκ τής ουσίας, εί μή κατά συμβεβηκός έαυτήν
κινεί, [151 άλλ’ έστιν ή κίνησις τής ουσίας αυτής
καθ’ αυτήν, ένιοι δε και κινέίν φασι τήν ψυ^ήν
τό σώμα έν φ έστιν, ώς αυτή κινείται, οίον
Δημόκριτος, παραπλησίως λέγων Φιλίππφ τφ
κιομωδοδι δασκάλφ- φησι γάρ τον Δαίδαλον
κινουμένην ποιήσαι τήν ξυλίνην Άφροδίτην,
έγχέαντ’ άργυρον χυτόν- ομοίως δε [20] και
Δημόκριτος λέγει- κινουμένας γάρ φησι τάς
άδιαιρέτους σφαίρας, διά τό πεφυκέναι μηδέποτε
μένει ν, συνεφέλκειν καί κινέίν τό σώμα παν.
ήμείς δ’ έρωτήσομεν εί καί ήρέμησιν ποιεί τούτο
αυτό- πώς δε ποιήσει, χαλεπόν ή καί άδυνατον
είπείν. ολως δ’ ούχ οΰτω φαίνεται κινειν ή ψυχή
[25] τό ζώον, άλλα διά προαιρέσεώς τίνος καί
νοήσεως.
τον αυτόν δε τρόπον καί ό Τίμαιος φυσιολογέί
τήν ψυχήν κινειν τό σώμα- τώ γάρ κινείσθαι
αυτήν καί τό σώμα κινέίν διά τό συμπεπλέχθαι
προς αύτό. συνεστηκυίαν γάρ έκ τών στοιχείων
καί μεμερισμένην κατά τούς άρμονικούς
άριθμούς, όπως [30] αίσθησίν τε σύμ,φυτον άρμο-
νίας έχη καί τό παν φέρηται συμφώνους φοράς,
τήν εύθυοιρίαν είς κύκλον κατέκαμψεν* καί
διελών έκ τού ενός δύο κύκλους δισσαχή συνημ-
A 3, 406 b 9- 32 81
bene in sé e per sé94 non può esser tale in virtù d’altro o
[10] in vista d’altro. D’altra parte l’anima, se è mossa, si
potrebbe dire che è mossa soprattutto dagli oggetti sensi
bili95. Inoltre dire che l’anima muove se stessa, equivale a
dire che è mossa, e di conseguenza, se ogni movimento è
un allontanamento dalla propria condizione di ciò che si
muove in quanto si muove96, l’anima si allontanerà dalla
propria essenza97, se non si muove accidentalmente, [15]
ma il movimento riguarda la sua essenza per sé conside
rata. Alcuni98 affermano pure che l’anima muove il corpo
in cui si trova, con il movimento con cui si muove essa
stessa: ad esempio Democrito, che si esprime in modo
analogo all’autore di commedie Filippo99. Quest’ultimo
scrive, infatti, che Dedalo 100 aveva costruito un’Afrodite
di legno capace di movimento, con il versarvi dentro
dell’argento vivo. Simile [20] è la posizione di
Democrito. Egli afferma, infatti, che gli atomi di forma
sferica, dotati di movimento perché, per loro natura, non
possono mai rimanere in quiete, trascinano con sé e
muovono l’intero corpo. Ma viene da domandarsi se que
sti stessi atomi producano anche la quiete; come possano
farlo, è difficile, anzi impossibile dirlo. Da un punto di
vista più generale, è poi evidente che l’anima non muove
[25] l’animale in questo modo, ma mediante un proponi
mento e un pensiero101 .
Nello stesso modo anche il Timeo spiega da un punto
di vista naturalistico il fatto che l’anima muove il corpo,
giacché, muovendosi essa stessa, muove anche il corpo,
in quanto è congiunta ad esso. Infatti il Demiurgo costi
tuì l’anima di elementi e la divise secondo i numeri armo
nici, perché [30] possedesse il senso innato dell’armonia
e l’universo si muovesse con rivoluzioni armoniose. Il
Demiurgo piegò quindi la retta in un cerchio e, diviso
quest’unico cerchio in due cerchi che s’intersecavano in
82 L'ANIMA
μένους [407 β] πάλιν τον ένα διείλεν εί<^ επτά
κύκλους, ώς ούσας τάς τού ουρανού φοράς τάς
τής ψυχής κινήσεις.
πρώτον μεν ούν ού καλώς τό λέγειν την ψυχήν
μέγεθος είναι· τήν γάρ τοΰ παντός δήλον ότι
τοιαύτην είναι βούλεται όίόν ποτ’ έστιν ό [5]
καλούμενος νους (ού γάρ δή όίόν γ” ή αισθητική,
ούδ’ οι ον ή επιθυμητική- τούτων γάρ ή κίνησις
ού κυκλοφορία)- ό δε νους εις και συνεχής ώσπερ
και ή νόησις- ή δε νόησις τά νοήματα- ταύτα δε
τφ εφεξής εν, ώς ό αριθμός, άλλ’ ούχ ώς τό
μέγεθος- διόπερ ούδ’ ό νους οϋτω συνεχής, άλλ’
ήτοι άμερής ή /10] ούχ ώς μέγεθος τι συνεχής,
πώς γάρ δή και νοήσει, μέγεθος ών, πότερον
ότωοΰν τών μορίων τών αύτοΰ, μορίων δ’ ήτοι
κατά μέγεθος ή κατά στιγμήν, εί δει και τούτο
μόριον είπεΐν-, εί μεν ούν κατά στιγμήν, αύται δ’
άπειροι, δήλον ο')ς ουδέποτε διέξεισιν εί δε κατά
μέγεθος, πολλάκις ή άπειράκις νοήσει τό
αύτό. φαίνεται δε καί άπαξ ενδεχόμενον, εί δ’
ικανόν θιγέΐν ότωοΰν τών μορίων, τί δει κύκλφ
κινεΐσθαι, ή καί όλως μέγεθος έχειν; εί δ’
αναγκαίον νοήσαι τώ ολ^5 κύκλφ θιγόντα, τις
έστιν ή τοίς μορίοις θίξις-, έτι δε πώς νοήσει τό
μεριστόν άμερέί ή τό ά.μερές μεριστώ; άναγκαιον
δε τον [201 νοΰν είναι τον κύκλον τούτον- νού
μεν γάρ κίνησις νόησις κύκλου δε περιφορά- εί
A 3, 406 b 32-407 a 21 83
due punti, [407 a] divise a sua volta uno di questi cerchi
in altri sette, poiché le rivoluzioni del cielo venivano
identificate con i movimenti dell’anima102.
Ora in primo luogo non è esatto affermare che
l’anima è una grandezza. Infatti è manifesto che il Timeo
concepisce l’anima dell’universo come qualcosa di simile
a quello che [5] è chiamato intelletto, e non all’anima
sensitiva o desiderativa, giacché il movimento di queste
ultime non consiste in una traslazione circolare. Ma
l’intelletto è uno e continuo allo stesso modo dell’intelle
zione, e l’intellezione è identica agli intelligibili, i quali
formano un’unità di successione come quella del nume
ro, e non un’unità del tipo della grandezza. Pertanto
l’intelletto non è continuo in quest’ultimo senso, ma o è
senza parti, oppure [10] la sua continuità non è quella
della grandezza103. In che modo, poi, quest’anima pen
serà, se è una grandezza? Supponiamo che pensi con una
sua parte qualsiasi, intendendo per “parte” o la grandez
za o il punto (ammesso che il punto si possa definire
“parte”104). Ora se l’intelletto penserà mediante i punti,
siccome i punti sono infiniti, evidentemente non riuscirà
a percorrerli tutti sino alla fine; se poi penserà mediante
la grandezza, conoscerà più volte, anzi infinite volte il
medesimo oggetto, mentre [15J risulta possibile pensare
un oggetto anche una sola volta. Ma se è sufficiente che
l’intelligenza entri in contatto con l’oggetto con una sua
parte qualsiasi, perché deve muoversi in circolo, ed anzi,
più in generale, avere una grandezza? Qualora poi l’intel
letto debba pensare, mediante contatto, con l’intero cer
chio, quale funzione avrà il contatto105 per mezzo delle
parti? Inoltre come penserà il divisibile con l’indivisibile,
e l’indivisibile con il divisibile106? D’altro lato [20] questo
cerchio è necessariamente identico all’intelletto. Il movi
mento dell’intelletto è infatti l’intellezione, e quello del
84 L'ANIMA
ούν ή νόησις περιφορά, και νους άν εΐη ό κύκλος
ού ή τοιαύτη περιφορά νόησις. άει δέ δή τί
νοήσει (δει γάρ, εΐπερ άίδιο<^ ή περιφορά); των
μεν γάρ πρακτικών νοήσεων εστι πέρατα (πάσαι
γάρ ετέρου χάριν), αι δε θεωρητικοί τοίς
λόγοις ομοίως ορίζονται· λόγος δέ πας ορισμός ή
άπόδειξις· αί μέν ούν αποδείξεις και απ’ άρχής
και έχουσαί πως τέλος, τον συλλογισμόν η τό
συμπέρασμα (εί δέ μή περατοΰνται, άλλ’ ούκ
άνακάμπτουσί γε πάλιν έπ’ άρχήν, προσλαμβά-
νουσαι δ’ άει μέσον και άκρον εύθυποροΰσιν ή
δε [30] περιφορά πάλιν επ’ άρχήν άνακάμπτει)* οί
δ’ ορισμοί πάντες πεπερασμένοι, έτι εί ή αυτή
περιφορά πολλάκις, δεήσει πολλάκις νοείν τό
αύτό. έτι δ’ ή νόησις έοικεν ήρεμήσει τινι καί
έπιστάσει μάλλον ή κινήσει* τον αυτόν δε τρόπον
και ό συλλογισμός, άλλά. μήν ουδέ μακάριόν γε
τό μή ράδιον [407 1>] άλλά βίαιον- εί δ’ έστίν ή
κίνησις αυτής μή ουσία, παρά φύσιν άν κινοίτο.
επίπονον δέ και τό μεμΐχθαι τφ σώματι μή
δυνάμενον άπολυθήναι, καί προσέτι φευκτόν,
είπερ βέλτιον τφ νφ μή μετά σώματος είναι,
καθάπερ εϊωθέ 151 τε λέγεσθαι και πολλοί ς
συνδοκεί. άδηλος δέ καί τού κύκλιο φέρεσθαι τον
ουρανόν ή αιτία· ούτε γάρ τής ψυχής ή ούσία
αίτια τού κύκλιο φέρεσθαι, άλλά κατά
συμβεβηκός ούτω κινείται, ούτε τό σώμα αίτιον,
άλλ’ ή ψυχή μάλλον έκείνιρ. άλλά μήν ούδ’ ότι
A 3, 407 a 21 -b9 85
cerchio la rotazione; se allora l’intellezione è una rotazio
ne, l’intelletto è il cerchio dotato di tale rotazione, ossia
dell ’intellezione107.
Ma che cosa penserà eternamente? Perché deve farlo,
se la rotazione è eterna. Senonché i pensieri rivolti
all’azione hanno dei limiti (giacché mirano tutti ad uno
scopo) e, analogamente, quelli rivolti alla conoscen
za sono limitati dagli enunciati. Un enunciato, poi, può
essere una definizione oppure una dimostrazione. Ora le
dimostrazioni muovono da un principio ed hanno in
certo modo un termine, che è il sillogismo o conclusione.
Se poi non sono finite, certo non ripiegano daccapo
verso il principio, ma, aggiungendo sempre un nuovo
medio ed un nuovo estremo, procedono in linea retta,
mentre la [30] rotazione ripiega di nuovo verso il princi
pio. Per ciò che riguarda le definizioni, sono tutte delimi
tate. Ancora: se la medesima rotazione ha luogo più
volte, quest’anima dovrà pensare più volte il medesimo
oggetto. Inoltre l’intellezione assomiglia ad una quiete od
arresto, piuttosto che a un movimento, e lo stesso discor
so vale anche per il sillogismo108. Ma nemmeno si può
dire che si trovi in una condizione felice ciò che non è
agevole, [407 b] ma forzato. Ora se il movimento
dell’anima non è la sua essenza109, l’anima si muoverà
contro natura. Ancora: sarà per l’anima una dolorosa
fatica essere mescolata al corpo, non potendosene stacca
re; anzi, sarà una cosa da rifuggire, se, come si suole [5]
affermare e come molti110 ammettono, per l’intelletto è
preferibile non essere unito al corpo. Rimane poi oscura
la ragione del moto rotatorio del cielo. Infatti la causa di
tale movimento non è l’essenza dell’anima, poiché la sua
rotazione è accidentale111, e nemmeno il corpo, giacché è
piuttosto l’anima la causa del moto del corpo. E neppure
viene detto che il movimento rotatorio rappresenta un
86 L’ANIMA
βέλτιον λέγεται - καίτοι γ’ έχρήν διά [10] τούτο
τον θεόν κύκλω ποιεί ν φέρεσθαι τήν ψυχήν, δτι
βέλτιον αυτή το κινεΐσθαι τοΰ μένειν, κινείσθαι
6’ ούτως ή άλλως.
έπεί δ’ έστίν ή τοιαύτη σκέψις ετέρων λόγων
οίκειοτέρα, ταύτην μεν άφώμεν τό νΰν. έκεινο δέ
άτοπον συμβαίνει καί τούτψ τφ λόγφ καί τοίς
πλείστοις των περί ψυχής· [ 15] συνάπτουσι γάρ
καί τιθέασιν εις σώμα τήν ψυχήν, ούθέν
προσδιορίσαντες διά τίν’ αιτίαν καί πώς έχοντος
τοΰ σώματος, καίτοι δόξειεν άν τοΰτ’ άναγκάίον
είναι· διά γάρ τήν κοινωνίαν τό μεν ποιεί τό δε
πάσχει καί τό μεν κινείται τό δέ κινεί, τούτων δ’
ούθέν υπάρχει προς άλληλα τοίς τυχοΰσιν. [20] οί
δέ μόνον έπιχειροϋσι λέγειν ποιόν τι ή ψυχή,
περί δέ τοΰ δεξομένου σώματος ούθέν έτι
προσδιορίζουσιν, ώσπερ ενδεχόμενον κατά τούς
Πυθαγορικούς μύθους τήν τυχοΰσαν ψυχήν εις
τό τυχόν ένδύεσθαι σώμα, δοκεί γάρ έκαστον
ίδιον έχειν είδος καί μορφήν, παραπλήσιον δέ
λέγουσιν ώσπερ εΐ τις [25] φαίη τήν τεκτονικήν
εις αύλούς ένδύεσθαι· δει γάρ τήν μέν τέχνην
χρήσθαι τοίς όργάνοις, τήν δέ ψυχήν τφ σώματι.
4
Καί άλλη δέ τις δόξα παραδέδοται περί ψυχής,
πιθανή μέν πολλοίς ούδεμιάς ήττον των
λεγομένων, λόγον δ’ ώσπερ εύθύνοις δεδωκυία
κάν τοίς έν κοινφ γεγενημένοις λόγοις. [30]
αρμονίαν γάρ τινα αύτήν λέγουσι· καί γάρ
A 3, 407 b 9 - 4. 407 b 30 87
bene per l’anima112. Eppure sarebbe necessario che
Dio avesse mosso l’anima circolarmente, perché per lei è
meglio muoversi che rimanere in quiete, e muoversi in
questo modo piuttosto che in un altro113.
Ma siccome una ricerca di questo tipo è più pertinen
te ad altri discorsi114, per adesso tralasciamola. L’assur
dità in cui incorrono sia la dottrina del Timeo sia la mag
gior parte delle teorie sull’anima è la seguente: [15] con
giungono l’anima col corpo e la pongono in esso, senza
tuttavia indicare la ragione di quest’unione e la condizio
ne del corpo115. Questa precisazione sembra però indi
spensabile, perché, quando si realizza un’unione, un ele
mento agisce e l’altro subisce, uno è mosso e l’altro
muove, e nessuna di queste relazioni si verifica tra cose
prese a caso116. [20] Costoro117 invece si sforzano d’indi
care soltanto la natura dell’anima, ma, riguardo al corpo
che dovrà riceverla, non aggiungono alcuna spiegazione,
come se fosse possibile, secondo i miti pitagorici, che
qualunque anima entri in qualunque corpo118. In realtà è
manifesto che ogni corpo ha una specie e forma appro
priata. Questi filosofi si esprimono come chi [25] dicesse
che l’arte del carpentiere entra nei flauti. La tecnica deve
invece servirsi dei suoi strumenti e l’anima del suo
corpo119.
4. La dottrina dell’anima-armonia. Movimenti del
l’anima e l’intelletto. Prime sei obiezioni a Senocrate
È stata tramandata anche un’altra opinione
sull’anima120, per molti121 non meno persuasiva di quelle
menzionate, ma che ha già dovuto dar conto di sé, come
davanti ad un tribunale, anche nelle discussioni che si
fanno in comune122. [30] Affermano, infatti, che l’anima
88 L’ANIMA
τήν άρμονίαν κράσιν και σύνθεσιν εναντίων
είναι, και τό σώμα συγκεισθαι έξ εναντίων,
καίτοι γε ή μεν αρμονία λόγος τίς έστι των
μιχθέντων ή σύνθεσις, τήν δε ψυχήν ουδέτερον
οίόν τ’ είναι τούτων, έτι δε τό κινέϊν ούκ έστιν
αρμονίας, ψυχή δε [408 α~\ πάντες άπονέμουσι
τούτο μάλισθ’ ώς είπείν. αρμόζει δέ μάλλον καθ’
ύγιείας λέγειν άρμονίαν, καί όλως των
σωματικών αρετών, ή κατά ψυχής, φανερώτατον
δ’ εΐ τις άποδιδόναι πειραθείη τά πάθη καί τά
έργα τής ψυχής άρμονίρι τινί* χαλεπόν γάρ
έφαρμόζειν. έτι δ’ εί λέγομεν τήν άρμονίαν εις
δύο άποβλέποντες, κυριιότατα μεν, τών μεγεθών
έν τοΐς έχουσι κίνησιν καί θέσιν, τήν σύνθεσιν
αύτών, έπειδάν οϋτω συναρμόζιοσιν ώστε μηδέν
συγγενές παραδέχεσθαι, εντεύθεν δέ καί τον τών
μεμιγμένων λόγον — ούδετέρως μέν ούν [ΊΟ]
εύλογον, ή δέ σύνθεσις τών τού σώματος μερών
λίαν εύεξέταστος. πολλαί τε γάρ αί _ συνθέσεις
τών μερών καί πολλαχώς- τίνος^ ούν ή πώς
ύπολαβεΐν τον νούν χρή σύνθεσιν είναι, ή καί τό
αισθητικόν ή ύρεκτι κόν; ομοίως δέ άτοπον καί τό
τον λόγον τής μίξεως είναι τήν ψυχήν* ού γάρ
τον αύτόν έχει ¡15 ]λόγον ή μίξις τών στοιχείων
καθ’ ήν σάρξ καί καθ’ ήν όστούν. συμβήσεται
ούν πολλάς τε ψυχάς έχειν καί κατά παν τό
σώμα, εϊπερ πάντα μέν έκ τών στοιχείων
μεμιγμένων, ό δέ τής μίξεως λόγος άρμονία καί
A4, 407 b 30 -408 a 18 89
è una specie di armonia, giacché l’armonia è una mesco
lanza e una sintesi di contrari, e il corpo è composto da
contrari.
Senonché l’armonia è una data proporzione oppure
una sintesi degli elementi mescolati, mentre l’anima non
può essere nessuna di queste due cose123. Inoltre non è
una proprietà dell’armonia quella di causare il movimen
to, mentre [408 a] tutti, si può dire, attribuiscono
all’anima specialmente questa caratteristica124. Il termine
“armonia”, poi, si attaglia piuttosto alla salute e in gene
rale alle disposizioni corporee, che non all’anima125. Del
resto ciò risulta molto chiaro qualora si tenti di attribuire
le affezioni e le attività dell’anima ad una data armo
nia del corpo, giacché adattarle non è facile*26. Inoltre, se
parliamo di “armonia”, abbiamo di vista due cose. Nel
senso più proprio, che concerne le grandezze che hanno
movimento e posizione, armonia significa la loro compo
sizione, quando cioè sono disposte insieme in modo tale
da non poter accogliere un elemento della stessa specie.
Secondariamente armonia è la proporzione degli elemen
ti mescolati. Ebbene in nessuno dei due sensi127 è [10]
ragionevole affermare che l’anima è armonia. Che
l’anima sia la composizione delle parti del corpo è facil
mente confutabile. Molte, infatti, sono le composizioni
delle parti corporee, e di vario genere. Di quale parte del
corpo e in che modo si deve allora ammettere che sia una
sintesi l’intelletto12* o la facoltà sensitiva o quella appeti
tiva? Ugualmente129 assurdo è anche sostenere che
l’anima sia la proporzione della mescolanza. Non possie
de, infatti, la medesima [15] proporzione la mescolanza
degli elementi con la quale si forma la carne e quella con
cui si forma l’osso. Ne seguirà, pertanto, che si avranno
molte anime130 distribuite in tutto il corpo, se si ammette
che tutte le parti del corpo sono costituite dagli elementi
90 L’ANIMA
ψυχή, άπαιτήσειε δ’ άν τις τούτο γε καί παρ’
Έμπεδοκλέους· έκαστον^ γάρ αυτών λόγφ [20] τινί
φησιν είναι* πότερον ούν ό λόγος έστιν ή ψυχή,
ή μάλλον έτερόν τι ούσα έγγίνεται τόϊς μέρεσιν;
έτι δε πότερον ή φιλία τής τυχούσης αιτία μίξεως
ή τής κατά τον λόγον, και αυτή πότερον ό λόγος
έστιν ή παρά τον λόγον έτερόν τι; ταύτα μεν ουν
έχει τοιαύτας απορίας, εί δ’ έστιν έτερον ή [25]
ψυχή τής μίξεως, τί δή ποτέ άμα τφ σαρκι είναι
αναιρείται και τό τοίς άλλοις μορίοις τού ζφου-,
προς δε τούτοις εϊπερ μή έκαστον τών μορίων
ψυχήν έχει, εί μή έστιν ή ψυχή ό λόγος τής
μίξεως, τί έστιν ο φθείρεται τής ψυχής άπο-
λιπούσης;
οτι μεν ουν ούθ’ αρμονίαν όίόν είναι τήν
ψυχήν ¡30 !ούτε κύκλω περιφέρεσθαι, δήλον έκ
τών είρημένων. κατά συμβεβηκύς δε κινείσθαι,
καθάπερ εΐπομεν, έστι, καί κινείν έαυτήν, οίον
κινείσθαι μεν έν ω έστι, τούτο δε κινείσθαι υπό
τής ψυχής· άλλως δ’ ούχ οιόν τε κινείσθαι κατά
τόπον αυτήν, εύλογώτερον δ’ άπορήσειεν άν τις
περί αυτής ώς [408 Β] κινουμένης, είς τά τοιαύτα
άποβλέψας· φαμέν γάρ τήν ψυχήν λυπείσθαι
χαίρειν, θαρρείν φοβείσθαι, έτι δε όργίζεσθαί τε
καί αίσθάνεσθαι^ καί διανοείσθαι· ταύτα δε
πάντα κινήσεις είναι δοκούσιν. όθεν οίηθείη τις
άν αυτήν κινείσθαι· 151 τό δ’ ούκ έστιν
άναγκαίον. εί γάρ καί οτι μάλιστα τό λυπείσθαι
ή χαίρειν ή διανοείσθαι κινήσεις είσί, καί
έκαστον κινείσθαι τι τούτων, τό δέ κινείσθαι
>
A4, 408 a 1 8 - b 7 91
mescolati, e che la proporzione della mescolanza è armo
nia, ossia anima.
Quest'obiezione si potrebbe rivolgere anche ad
Empedocle . [20] Egli dice, infatti, che ciascuna parte
131
del corpo risulta da una data proporzione. Ma allora:
l’anima è identica alla proporzione132 o piuttosto giunge
nelle parti come un’entità distinta? Inoltre l’Amicizia è
causa di una mescolanza qualsiasi, oppure di quella che
risulta da una proporzione? E quest’Amicizia s’identifica
con la proporzione o è qualcosa di diverso dalla propor
zione? La dottrina dell’anima-armonia comporta dunque
queste difficoltà. D’altra parte133 se [25] l’anima è distin
ta dalla mescolanza, perché mai, insieme con l’essenza
della carne, si distrugge anche quella delle altre parti
dell’animale? Oltre a ciò, se non è vero che tutte le parti
corporee hanno un’anima, nel caso che l’anima non sia la
proporzione della mescolanza, che cos’è che si distrugge
quando l’anima abbandona il corpo?
Da quanto s’è detto è chiaro che l’anima non può
essere armonia [30] né muoversi circolarmente. Tuttavia,
come dicevamo134, è possibile che sia mossa e che muova
se stessa accidentalmente, e cioè che si muova nel corpo
in cui si trova e che questo venga mosso dall’anima. Un
diverso moto locale dell’anima non è possibile. D’altron
de la questione [408 b] del movimento dell’anima si
potrebbe porre con maggior fondatezza tenendo conto
dei fatti seguenti. Noi diciamo, infatti, che l’anima prova
dolore e gioia, coraggio e paura, e inoltre che si adira,
percepisce e pensa. Ora sembra che queste affezioni
siano movimenti, e pertanto si potrebbe credere che essa
si muova: [5] ma ciò non è necessario. Infatti ammettia
mo pure che il provar dolore o gioia e il pensare siano
movimenti quant’altri mai, che ciascuna di queste affe
zioni sia un movimento particolare, e che questo movi-
92 L'ANIMA
έστιν ύπό της ψυχής, οιον τό όργίζεσθαι η
φοβέίσθαι τό την καρδίαν ώδί κινεΐσθαι, τό δε
διανοεισθαι ή τι τοιούτον ίσως ή έτερόν τι,
τούτων δε [10]συμβαίνει τά μεν κατά φοράν
τινων κινουμένων, τά δε κατ’ άλλοίωσιν (ποια δε
και πώς, έτερός έστι λόγος), τό δε λεγειν
όργίζεσθαι την ψυχήν όμοιον καν εΐ τις λέγοι
την ψυχήν υφαίνει ν ή οίκοδομεΐν* βέλτιον γάρ
ίσιος μη λεγειν τήν ψυχήν ελεεί ν ή μανθάνειν ή
διανοεισθαι, άλλά τον [15] άνθρωπον τή ψυχή*
τούτο δε μή ώς έν εκείνη τής κινήσεως ούσης,
άλλ’ ότέ μεν μέχρι εκείνης, ότέ δ’ απ’ εκείνης,
οιον ή μεν αίσθησις άπό τωνδί, ή δ’ άνάμνησις
άπ’ εκείνης έπι τάς έν τοΐς αίσθητηρίοις κινήσεις
ή μονάς.
ό δε νους έοικεν έγγίνεσθαι ουσία τις ούσα,
και ου φθείρεσθαι. μάλιστα γάρ έφθείρετ’ άν [20]
ύπό τής έν τφ γήρα άμαυρώσεως, νΰν δ’ ώσπερ
έπι των αισθητηρίων συμβαίνει* εί γάρ λάβοι ό
πρεσβύτης όμμα τοιονδί, βλέποι άν ώσπερ και ό
νέος, ώστε τό γήρας ού τφ την ψυχήν τι
πεπονθέναι, άλλ’ έν ο), καθάπερ έν μέθαις και
νόσοις. και τό νοέίν δή καί τό θεωρεΐν
μαραίνεται /25/ άλλου τίνος έσω φθειρόμενου,
αύτό δε άπαθές έστιν. τό δε διανοεισθαι και
φιλειν ή μισεΐν ούκ έστιν έκείνου πάθη, άλλά
τουδί τού έχοντος έκεΐνο, ή έκείνο έχει, διό καί
τούτου φθειρομένου ούτε μνημονεύει ούτε φιλεί*
ού γάρ έκείνου ήν, άλλά τού κοινού, δ άπό-
*
A 4, 408 b 7-29 93
mento sia causato dall’anima. Ad esempio l’ira o il timore
sono determinati moti del cuore, e il pensiero è forse un
movimento di questo o di un altro organo155; di tali affe
zioni, [10] alcune si producono perché certe parti corpo
ree si muovono nel senso di una traslazione156, altre per
ché tali parti si muovono nel senso di un’alterazione157
(quali parti si muovano e in quale modo, è un’altra que
stione158). Tuttavia dire159 che l’anima è in collera equi
varrebbe a dire che l’anima tesse o che costruisce una
casa. In realtà forse è preferibile dire non che l’anima
prova compassione o apprende o pensa, ma l’uomo
per mezzo dell’anima . E ciò non nel senso che in essa
140
ci sia movimento, ma nel senso che questo talora giunge
sino a lei, talora parte da lei. Ad esempio la sensazione
muove da determinati oggetti, mentre il richiamo alla
memoria muove dall’anima verso i mutamenti o tracce
che permangono negli organi sensoriali.
Sembra poi che l’intelletto sopraggiunga come una
sostanza e che non si corrompa. In effetti potrebbe cor
rompersi specialmente [20] per l’indebolimento che con
segue alla vecchiaia. Ora invece accade in questo caso
qualcosa di simile a ciò che avviene negli organi sensori.
Se infatti il vecchio recuperasse un occhio adatto,
vedrebbe allo stesso modo del giovane. Di conseguenza
si giunge alla vecchiaia non già perché abbia subito
un’affezione l’anima, ma il corpo in cui essa si trova; e la
stessa cosa succede negli stati di ubriachezza e di malat
tia. Il pensiero quindi, e l’attività intellettiva, [25] viene
meno qualora un organo interno141 si corrompa, ma in se
stesso è impassibile. Pensare, amare od odiare non sono
proprietà dell’intelletto, ma di questo determinato sog
getto che lo possiede, in quanto lo possiede. Perciò,
quando questo soggetto si corrompe, Fintelletto non
ricorda né ama, poiché queste funzioni non erano sue,
94 L'ANIMA
λωλεν ό δε νούς ίσως θειότερόν τι καί απαθές
έστιν. [ 30]
δτι μεν ούν ούχ οίόν τε κινεισθαι την ψυχήν,
φανερόν εκ τούτων εί δ’ όλως μή κινείται, δήλον
ώς ούδ’ ύφ’ έαυτής. πολύ δε των είρημένων
άλογώτατον τό λέγειν αριθμόν είναι τήν ψυχήν
κινούνθ’ εαυτόν υπάρχει γάρ αύτοίς αδύνατα
πρώτα μεν τά έκ τού κινεισθαι συμβαίνοντα, ίδια
δ’ έκ τού [409 ά \ λέγειν αύτήν αριθμόν, πώς γάρ
χρή νοήσαι μονάδα κινουμένην^ και ύπό τίνος,
καί πώς, άμερή και άδιάφορον ούσαν; ή γάρ έστι
κινητική καί κινητή, διαφέρειν δεί. έτι δ’ έπεί
φασι κινηθείσαν γραμμήν έπίπεδον ποιεί ν,
στιγμήν δε [3] γραμμήν, καί αί τών μονάδων
κινήσεις γραμμαί έσονται* ή γάρ στιγμή μονάς
έστι θέσιν έχουσα, ό δ’ αριθμός τής ψυχής ήδη
πού έστι καί θέσιν έχει, έτι δ’ άριθμού μεν έάν
άφέλη τις άριθμόν ή μονάδα, λείπεται άλλος
άριθμός* τά. δέ φυτά καί τών ζώων πολλά
διαιρούμενα, ζή καί /10/ δοκεί τήν αύτήν ψυχήν
έχειν τφ εΐδει. δύξειε δ’ άν ούθέν διαφέρειν
μονάδας λέγειν ή σωμάτια, μικρά· καί γάρ έκ τών
Δημοκρίτου σφαιρίων έάν γένωνται στιγμαί,
μόνον δε μένη τό ποσόν, έσται [τι] έν αύτφ τό
μεν κινούν τό δε κινούμενον, ώσπερ έν τώ
συνεχεί· ού γάρ διά τό μεγέθει διαφέρειν ή [13]
μικρότητι συμβαίνει τό λεχθέν, άλλ’ ότι ποσόν·
διό άναγκαίον ειναί τι τό κι νήσον τάς μονάδας,
εί δ’ έν το> ζοκο τό κινούν ή ψυχή, καί έν
*
A 4. 408 b 29 - 409 a 17 95
ma del composto che è perito. L’intelletto invece è forse
qualcosa di più divino e di impassibile142.
Da quanto precede appare manifesto che l’anima non
può essere in movimento; ma se non si muove affatto,
evidentemente non si muove neppure da sé. Ma tra le
opinioni menzionate, di gran lunga la più insensata è
quella che afferma che l’anima è un numero che muove
se stesso145. I suoi sostenitori, infatti, incorrono nelle
assurdità, viste prima, che derivano dal ritenere che
l’anima si muove, come pure in quelle specifiche, che
risultano [409 a] dall’affermare che essa è un numero144.
In effetti come si deve concepire un’unità in movimento?
E da quale causa ed in quale modo è mossa, se è priva di
parti ed è indifferenziata145? Infatti, in quanto è movente
e insieme mossa, deve includere una differenza. Inoltre,
poiché affermano146 che la linea, muovendosi, produce la
superficie, ed il punto [5] la linea, anche i movimenti
delle unità saranno linee, giacché il punto è un’unità
avente posizione, e il numero dell’anima si trova certo in
un luogo ed occupa una posizione147. Ancora: se ad un
numero si sottrae un numero oppure un’unità, ne risulta
un numero diverso, mentre le piante e molti animali, pur
se vengono divisi, continuano a vivere e [10] sembra che
abbiano la medesima anima specifica148. Sembra anche
che non ci sia alcuna differenza tra il parlare di unità
oppure di piccoli corpuscoli. In effetti, se gli atomi sferici
di Democrito diventassero punti e rimanesse invariata
soltanto la loro quantità numerica, in essa, come avviene
in un corpo esteso, ci dovrà essere qualcosa che muove e
qualcosa che è mosso. [15] Questa conseguenza, infatti,
si verifica non già perché tra gli atomi ci sia una differen
za di grandezza o di piccolezza, ma perché formano una
quantità numerica. E perciò necessario che ci sia qualco
sa che possa muovere le unità. Ma se nell’animale ciò che
96 L'ANIMA
τφ άριΘμφ, ώστε ού τό κινούν και κινούμενον ή
ψυχή, άλλα τό κινούν μόνον, ενδέχεται δε δή πώς
μονάδα ταύτην είναι; δει γάρ υπάρχει ν τινά αύτή
[20] διαφοράν προς τάς αλλας, στιγμής δέ
μοναδικής τίς άν είη διαφορά πλήν θέσις; εί μέν
ούν είσίν έτεραι αί εν τφ σώματι μονάδες και αί
στιγμαί, εν τφ αύτφ έσονται αι μονάδες* καθέξει
γάρ <έκάσττι> χώραν στιγμής, καίτοι τί κωλύει εν
τφ αύτφ είναι, εί δύο, καί άπειρα; ών γάρ ό
τόπος άδιαιρετός, /25/ και αύτά. εί δ’ αί έν τφ
σώματι στιγμαί ό άριθμός ό τής ψυχής, ή εί ό
των έν τφ σώματι στιγμών άριθμός ή ψυχή, διά
τί ού πάντα ψυχήν έχουσι τά σώματα; στιγμαί
γάρ έν άπασι δοκούσιν είναι καί άπειροι, έτι δε
πώς όίόν τε χωρίζεσθαι τάς στιγμάς καί άπο-
λύεσθαι των σωμάτων, εί 1301 γε μή διαιρούνται
αί γραμμαί εις στιγμάς;
5
Συμβαίνει δε, καθάπερ είπομιεν, τή μεν ταύτό
λέγειν τοίς σώμα, τι λεπτομερές αύτήν τιθεισι, τή
δ’, ώσπερ [409 1>] Δημόκριτος κινέίσΟαί φησιν ύπό
τής ψυχής, ίδιον τό άτοπον. είπερ γάρ έστιν ή
ψυχή έν παντί τφ αίσθανομένφ σώματι,
A4, 409 a 17 - 5,409 b 2 97
muove è l’anima, questa dovrà fungere da principio
motore anche nel numero, e di conseguenza l’anima non
sarà insieme il motore e il mosso, ma soltanto il motore.
Ma allora in che modo questo motore può essere
un’unità? Tale unità, infatti, dovrebbe avere [20] una dif
ferenza in più rispetto alle altre unità. Ma in quale modo
un punto unitario potrebbe distinguersi da un altro, oltre
che per la posizione149? Se poi le unità dell’anima, che si
trovano nel corpo, sono distinte dai punti del corpo, le
unità psichiche si troveranno nello stesso luogo dei punti
corporei, giacché ciascuna unità psichica occuperà lo
spazio di un punto. Ma che cosa impedisce che, se nello
stesso luogo si trovano due di queste entità, se ne trovino
infinite? In realtà gli enti il cui luogo è indivisibile, [25]
sono anch’essi indivisibili150. Se invece il numero
dell’anima s’identifica coi punti del corpo, ovvero se
l’anima è identica al numero dei punti del corpo, per
quale ragione non tutti i corpi hanno un’anima? In tutti i
corpi sembra infatti che ci siano punti ed in numero infi
nito151. Inoltre com’è possibile che i punti si separino e si
distacchino dai corpi, se è vero [30] che le linee non sono
divisibili in punti152?
5. Conclusione della critica di Senocrate. Critiche delle
dottrine elementaristiche. Altre obiezioni alle dottri
ne dei predecessori. L’unità dell’anima
Costoro, come abbiamo detto155, da un lato finiscono
col sostenere la medesima tesi di coloro che154 ritengono
l’anima un corpo sottile, dall’altro, come C409 b]
Democrito155 che parla del movimento prodotto
dall’anima, incorrono in un’assurdità loro propria. Se è
vero, infatti, che l’anima è presente nell’intero corpo
98 L’ANIMA
άναγκαίον έν τψ αύτφ δύο είναι σώματα, εί
σώμά τι ή ψυχή· τοίς δ’ αριθμόν λέγουσιν, έν τή
μιφ στιγμή 15] πολλάς στιγμάς, και παν σώμα
ψυχήν έχειν, εί μή διαφέρων τις αριθμός
έγγίνεται και άλλος τις των ΰπαρχουσών έν τφ
σώματι στιγμών συμβαίνει τε κινέϊσθαι τό ζφον
ΰπό τού αριθμού, καθάπερ και Δημόκριτον αυτό
έφαμεν κινειν τί γάρ διαφέρει σφαίρας λέγειν
μικράς ή μονάδας μεγάλας, ή όλως μονάδας
φερομένας; άμφοτέρως γάρ άναγκαίον κινειν τό
ζφον τφ κινεί σθαι ταύτας. τοίς δή συμπλέξασιν
εις τό αΰτό κίνησιν καί άριθμόν ταύτά τε
συμβαίνει καί πολλά έτερα τοιαύτα* ού γάρ
μόνον ορισμόν ψυχής αδύνατον τοιούτον είναι,
αλλά και συμβεβηκός. δήλον δ’ εί [ 15] τις
έπιχειρήσειεν έκ τού λόγου τούτου τά πάθη καί
τά έργα τής ψυχής άποδιδόναι, όίον λογισμούς,
αισθήσεις, ήδονάς, λύπας, όσα άλλα τοιαύτα·
ώσπερ γάρ εΐπομεν πρότερον, ούδε μαντεύσασθαι
ΡΦ-διον έξ αυτών.
τριών δε τρόπων παραδεδομένων καθ’ οΰς
ορίζονται την [20] ψυχήν, οί μεν τό κινητικώ-
τατον άπεφήναντο τφ κινειν έαυτό, οί δε σώμα
τό λεπτομερέστατον ή τό άσωματώτατον τών
άλλων. ταύτα δε τίνας άπορίας τε καί
ΰπεναντιώσεις έχει, διεληλύθαμεν σχεδόν·
λείπεται δ’ έπισκέψασθαι πώς λέγεται τό έκ τών
στοιχείων αυτήν είναι, λεγουσι μεν γάρ, ΐν’
αίσθάνηταί τε 1251 τών όντων καί έκαστον
>
A 5. 409 b 2 - 25 99
capace di sensazione, nello stesso luogo si dovranno tro
vare due corpi, qualora l’anima sia un dato corpo; men
tre coloro che affermano che l’anima è un numero,
dovranno ammettere che in un solo punto ci siano
molti punti156, oppure che ogni corpo abbia un’anima157,
qualora il numero dell’anima che giunge nel corpo non
sia differente e non si distingua dai punti che si trovano
nel corpo. La tesi, poi, che l’animale è mosso dal numero
corrisponde a quella che dicevamo158 essere la posizione
di Democrito. In effetti che differenza fa se si parla di
piccole sfere, oppure di grandi unità o semplice-
mente di unità capaci di traslazione? In entrambi i casi si
deve ammettere che l’animale si muove perché si muovo
no tali atomi o unità. Pertanto coloro che combinano in
una medesima definizione movimento e numero vanno
incontro a queste difficoltà ed a molte altre simili. In
realtà è impossibile non solo che tali caratteristiche costi
tuiscano la definizione dell’anima, ma neppure le sue
proprietà. Ciò risulta manifesto se [15] si cerca di dedur
re da questa definizione le affezioni e le attività
dell’anima: ad esempio i ragionamenti, le sensazioni, i
piaceri, i dolori, ed altri fenomeni del genere. Come si è
detto in precedenza159, tali funzioni non è facile neppure
congetturarle muovendo da simili punti di partenza.
Dei tre tipi di definizione [20] dell’anima che ci sono
stati tramandati, uno afferma che essa è ciò che vi è di
più adatto a muovere, per il fatto che muove se stessa;
l’altro che è il corpo più sottile o il più incorporeo di
tutti gli altri. Abbiamo già spiegato a sufficienza quali
difficoltà e contraddizioni implichino tali teorie. Rimane
ora da considerare su quale fondamento si affermi che
l’anima è costituita dagli elementi. Questa teoria160 è
stata formulata per rendere possibile all’anima la perce
zione degli esseri [25] e la conoscenza di ciascuno di essi,
100 Ι/ΛΝΙΜΛ
γνωρίζη* άναγκάίον δε συμβαίνειν πολλά και
αδύνατα τφ λόγφ. τίθενται γάρ γνωρίζειν τφ
όμοίφ το ομοιον, ώσπερ άν εί τήν ψυχήν τά
πράγματα τιθέντες. ούκ έστι δε μόνα ταΰτα,
πολλά δε και έτερα, μάλλον δ’ ίσως άπειρα τον
αριθμόν τά εκ τούτων, εξ ών μεν ούν έστιν
‘έκαστον τούτιον, έστω γινώσκειν τήν ψυχήν και
αίσθάνεσθαι· άλλά τό σύνολον τίνι γνωριεί ή
αίσθήσεται, όίον τί θεός ή άνθρωπος ή σαρξ ή
όστοΰν; ομοίως δε καί [410 λ ] άλλο ότιοΰν των
συνθέτων ού γάρ όπωσοΰν έχοντα τά στοιχεία
τούτων έκαστον, άλλά λόγιο τινί και συνθέσει,
καθάπερ φησί καί Εμπεδοκλής τό όστοΰν
ή δε χθων έπίηρος εν εύστέρνοις χοάνοισιν
τώ δύο των ύκτώ μερέιον λάχε νήστιδος αίγλης,
τέσσαρα δ’ ‘Ηφαίστοιο* τά δ’ όστέα λευκά
[γένοντο.
ούδεν ούν όφελος ένειναι τά στοιχεία εν τή
ψυχή, εί μή καί οί λόγοι ένέσονται καί ή
σύνθεσις· γνωριεί γάρ έκαστον τό ομοιον, τό δ’
όστοΰν ή τον άνθρωπον ούθέν, εί μή καί ταΰτ’
[ΙΟΙ ένέσται. τούτο δ’ οτι άδύνατον, ούθέν δει
λέγειν- τίς γάρ άν άπορήσειεν εί ένεστιν έν τή
ψυχή λίθος ή άνθρωπος; ομοίως δε καί τό άγαθόν
καί τό μή άγαθόν τον αύτόν δε τρόπον καί περί
των άλλων.
έτι δε πολλαχώς λεγομένου τοΰ δντος
(σημαίνει γάρ τό μέν τόδέ τι, τό δε ποσόν ή
ποιόν ή καί 1 1 3 1 τι να άλλην των διαιρεθεισών
κατηγοριών) πότερον έξ απάντων έσται ή ψυχή ή
οΰ; άλλ* ού δοκεί κοινά πάντων είναι στοιχεία.
A 5, 409 b 25 -410 a 17 101
ma conduce inevitabilmente a molte conseguenze che
sono in contrasto con la ragione. Presuppongono161 inve
ro che l’anima conosca il simile col simile, ammettendo
che in certo modo è identica agli oggetti.
Tuttavia non esistono soltanto gli elementi, ma molte
altre cose (anzi, forse, innumerevoli), che sono composte
da questi elementi. [30] Ammettiamo pure che l’anima
conosca e percepisca gli elementi da cui è costituito cia
scun oggetto. Con che cosa però conoscerà o percepirà il
composto, ad esempio l’essenza di dio162, uomo, carne,
osso e, così pure, [410 a] di qualunque altra composizio
ne? In effetti ciascun composto non è formato da ele
menti combinati a caso, ma secondo una data proporzio
ne e sintesi, come lo stesso Empedocle163 si esprime
riguardo all’osso:
e la Terra generosa, nel suo capace seno, [3]
di otto parti ne accolse due, di Nestide e di luce,
e quattro di Efesto; e si formarono così le bianche
[ossa1M.
Non è pertanto di alcun aiuto che nell’anima si trovi
no gli elementi, se non vi si trovano anche le proporzioni
e la sintesi, poiché ogni elemento conoscerà bensì l’ele
mento che gli è simile, ma non vi sarà alcun ente che
conosca l’osso o l’uomo, a meno che questi oggetti non
[10] si trovino nell’anima. Ma che ciò sia impossibile non
c’è bisogno di dirlo. Chi, infatti, potrebbe chiedersi se
nell’anima c’è una pietra165 o un uomo, come pure il
bene e il non bene, e, allo stesso modo, gli altri
oggetti166? Inoltre, poiché l’essere si dice in molti sensi
(significa l’essere determinato, e la quantità, la qualità o
[13] un’altra delle categorie che si sono distinte)167,
l’anima sarà costituita da tutte le categorie oppure no?
Ora non sembra che ci siano elementi comuni a tutte le
102 L'ANIMA
άρ’ ούν δσα των ουσιών, έκ τούτων μόνον; πώς
ουν γινώσκει και τών άλλων έκαστον; ή
φήσουσιν έκαστου γένους είναι στοιχεία και
άρχάς ιδίας, έξ ών τήν ψυχήν συνεστάναι;
έσται άρα ποσόν και ποιόν και ουσία, άλλ’
αδύνατον έκ τών τού ποσού στοιχείων ουσίαν
είναι και μή ποσόν. τοίς δή λέγουσιν έκ πάντων
ταύτά τε και τοιαύθ’ έτερα συμβαίνει, άτοπον δε
καί τό φάναι μεν απαθές είναι τό δμοιον ύπό τού
όμοιου, αίσθάνεσθαι δε τό όμοιον τού όμοιου καί
γινώσκειν [25] τιρ όμοίψ τό όμοιον* τό δ’
αίσθάνεσθαι πάσχειν τι καί κινείσθαι τιθέασιν*
όμοίως δε καί τό νοέϊν τε καί γινώσκειν. πολλάς
δ’ άπορίας καί δυσχερείας έχοντος τού λέγειν,
καθάπερ ’Εμπεδοκλής, ώς τοίς σωματικοίς
στοιχείοις έκαστα γνωρίζεται, καί προς τό
όμοιον, μαρτυρεί τό νύν λεχθέν* ¡ 3 0 ] όσα γάρ
έστιν έν τοίς τών ζώων σώμασιν απλώς γής, οιον
[410 Η] όστά νεύρα τρίχες, ούθενός αίσθάνεσθαι
δοκεί, ώστ’ ούδέ τών όμοιων* καίτοι προσήκεν.
έτι δ’ έκάστη τών αρχών άγνοια πλείων ή
σύνεσις υπάρξει* γνώσεται μέν γάρ έν έκάστη,
πολλά δ’ άγνοήσει* πάντα γάρ ταλλα. συμβαίνει
δ’ [ 3 1 Έμπεδοκλεί γε καί άφρονέστατον είναι τον
θεόν· μόνος γάρ τών στοιχείων έν ού γνωριεί, τό
νείκος, τά δε θνητά πάντα* έκ πάντων γάρ
έκαστον, όλως τε διά τίν’ αιτίαν ούχ άπαντα
ψυχήν έχει τά όντα, έπειδή πάν ήτοι στοι χείον ή
έκ στοιχείου ένύς ή πλειόνων ή πάν των;
άνοτγκσίον γάρ έστιν έν τι [ Ί Ο ] γινώσκειν ή
*
A 5, 410 a 17 -b 10 103
categorie168. Sarà quindi formata soltanto da quelli delle
sostanze? Ma in che modo allora conoscerà ciascuna
delle altre categorie? Si potrebbe asserire che di ciascun
genere ci sono elementi e principi propri169 da cui [20] è
formata l’anima, e in tal caso essa sarà quantità, qualità e
sostanza. Senonché è impossibile che dagli elementi della
quantità risulti una sostanza e non una quantità. Coloro
dunque che affermano che l’anima è composta da tutti
gli elementi incorrono in queste difficoltà ed in altre
simili.
E pure assurdo sostenere da un lato che il simile rima
ne inalterato dall’azione del simile, e dall’altro che il simi
le percepisce il simile e conosce [23] il simile col simile.
Essi anzi ritengono che il percepire è una forma di altera
zione e di mutamento, e così pure il pensare e il conosce
re. Che comporti molti problemi e difficoltà asserire, con
Empedocle, che ogni cosa è conosciuta mediante gli ele
menti corporei del soggetto ed in relazione a ciò che le è
simile170, lo attesta quanto ora s’è detto. [30] In realtà
tutto ciò che nel corpo degli animali è formato soltanto
di terra, ad esempio [410 b] le ossa, i tendini ed i peli171,
sembra che non percepisca nulla, e pertanto neanche le
cose simili: eppure lo dovrebbe172. Inoltre di ciascun
principio sarà più propria l’ignoranza che non la cono
scenza, poiché conoscerà una cosa sola, ma ne ignorerà
molte, ossia tutte le altre. Ne consegue anche, [3] per
Empedocle almeno, che dio173 è il meno sapiente degli
esseri, giacché egli solo non conoscerà uno degli elemen
ti, la Discordia, mentre gli esseri mortali li conoscono
tutti, perché ogni mortale è composto di tutti. Da un
punto di vista più generale, perché mai non tutti gli esse
ri hanno un’anima174, se è vero che ogni ente s’identifica
od è costituito da un elemento o da più o da tutti? È,
infatti, necessario che ogni essere [10] conosca o un eie-
104 L’ANIMA
τινά ή πάντα, άπορήσειε δ’ άν τις και τί ποτ*
έστί τό ενοποιούν αυτά* ύλη γάρ εοικε τά γε
στοιχεία, κυριώτατον δ’ εκείνο τό συνέχον, ό τί
ποτ’ έστίν* τής δε ψυχής είναι τι κρείττον καί
άρχον αδύνατον* άδυνατώτερον δ’ ετι τού νού*
εύλογον γάρ τούτον είναι προγενέστατον καί
κύριον [15 ] κατά φύσιν, τά δε στοιχειά φασι
πρώτα των όντων είναι.
πάντες δε καί οί διά τό γνωρίζειν καί
αίσθάνεσθαι τά όντα την ψυχήν έκ των
στοιχείων λέγοντες αύτήν, καί οί τό
κινητικώτατον, ου περί πάσης λεγουσι ψυχής,
ούτε γάρ τά _ αισθανόμενα πάντα κινητικά
(φαίνεται γάρ είναι τινα 1 2 0 ] μόνιμα των ζώων
κατά τόπον* καίτοι δοκεί γε ταύτην μόνην των
κινήσεων κινείν ή ψυχή τό ζφον)* ομοίως δε καί
όσοι τον νούν καί τό αισθητικόν εκ των
στοιχείων ποιούσιν. φαίνεται γάρ τά τε φυτά ζήν
ου μετέχοντα φοράς ούδ’ αίσθήσεως, καί των
ζώων <τά> πολλά διάνοιαν ούκ εχειν. εί δε τις
καί ταύτα 1 2 5 1 παραχωρήσειε καί Θείη τον νούν
μέρος τι τής ψυχής, ομοίως δε καί τό αισθητικόν,
ούδ’ άν ούτω λεγοιεν καθόλου περί πάσης ψυχής
ούδε περί όλης ούδεμιάς. τούτο δε πέπονθε καί ό
έν τοί ς ’Ορφικοίς καλούμενοις έπεσι λόγος* φησί
γάρ τήν ψυχήν έκ τού όλου είσιέναι
άναπνεόντων, φερομένην ύπό / 3 0 ] των άνεμων,
ούχ οίόν τε δε τοίς φυτοίς τούτο συμβαίνειν ούδε
[411 β ] των ζώων ένίοις, είπερ μή πάντα άνα-
A 5. 410 b 10- 411 a 1 105
mento o alcuni o tutti. Si potrebbe anche chiedere che
cosa sia mai ciò che unifica gli esseri. Gli elementi, infat
ti, assomigliano piuttosto alla materia, mentre ciò che è
superiore è il principio che li unifica, qualunque esso sia.
Ora è impossibile che esista qualcosa di superiore
all’anima, che la comandi; ed ancor meno possibile è che
ci sia qualcosa di superiore airintelletto, poiché è ragio
nevole pensare che Pintelletto per sua natura esista
anteriormente ad ogni altra cosa e che comandi. Essi
invece affermano che gli elementi sono i primi tra gli
esseri175.
Inoltre sia coloro che affermano che l’anima è formata
da elementi (perché conosce e percepisce gli esseri), sia
quelli che la considerano ciò che è più atto a muovere,
non trattano di ogni specie di anima176. In realtà non tutti
gli esseri sensitivi sono dotati di movimento, giacché
risulta che alcuni [20] animali177 sono immobili nel
luogo. Eppure sembrerebbe che l’anima comunichi
all’animale almeno il moto locale. Una difficoltà analoga
può essere rivolta a coloro che ritengono che l’intelletto e
la facoltà sensitiva sono costituiti da elementi, poiché è
noto sia che le piante vivono, pur non essendo fornite di
locomozione178 né di sensazione, sia che la maggior parte
degli animali sono privi di ragione. Ma anche se si [25]
ammettesse tutto ciò, e si supponesse che l’intelletto è
una parte dell’anima, e parimenti la facoltà sensitiva,
neppure così essi riuscirebbero a dar conto in generale di
ogni specie di anima, né di alcuna anima considerata
nella sua globalità179. In questo inconveniente s’imbatte
anche la dottrina contenuta nei cosiddetti canti orfici180.
Vi si dice infatti che l’anima, portata dai [30] venti, pene
tra dall’universo negli esseri che respirano. Ora non è
possibile che ciò si verifichi nelle piante e neppure [411
a] in alcuni animali, se è vero che non tutti respirano181:
106 L’ANIMA
πνέουσιν* τούτο δε λέληθε τούς ούτως ύπειλη-
φότας. (εί δε δει την ψυχήν εκ των στοιχείων
ποιείν, ούΘέν δει έξ απάντων· ικανόν γάρ θάτερον
μέρος τής έναντιώσεως εαυτό τε κρίνειν καί το
άντικείμενον. /5/ καί γάρ τφ εύθεί καί αυτό καί
τό καμπύλον γινώσκομεν κριτής γάρ άμφοίν ό
κανών, τύ δε καμπύλον ούθ’ εαυτού ούτε τού
ευθέος.) καί έν τφ όλω δή τινες αυτήν μεμίχθαί
φασιν, δθεν ίσιος καί Θαλής φήθη πάντα πλήρη
θεών είναι, τούτο δ’ έχει τινάς απορίας· διά τίνα
γάρ αιτίαν έν μεν τφ 1 1 0 ] αέρι ή τφ πυρί ούσα ή
ψυχή ου ποιεί ζφον, έν δε τοίς μικτοίς, καί
ταύτα βελτίιον έν τούτοις είναι δοκούσα-,
(έπιζητήσειε δ’ άν τις καί διά τίν’ αιτίαν ή έν τφ
αέρι ψυχή τής έν τοίς ζφοις βελτίων έστί καί
άθανατωτέρα.) συμβαίνει δ’ άμφοτέρως άτοπο ν
καί παράλογον καί γάρ τό λέγει ν /757 ζφον τό
πύρ ή τον αέρα των παραλογωτέρων έστί, καί τό
μή λέγειν ζφα ψυχής ένούσης άτοπον. ύπολαβείν
δ’ έοίκασιν είναι τήν ψυχήν έν τούτοις ότι τό
δλον τοίς μορίοις όμοειδές* ώστ’ άναγκάίον
αύτοίς λέγειν καί τήν ψυχήν όμοειδή τοίς μορίοις
είναι, εί τώ άπολαμβάνεσθαί τι τού περιέχοντος
έν ( 2 0 ] τοίς ζφοις έμψυχα τά ζφα γίνεται, εί δ* ό
μεν άήρ διασπιόμενος όμοειδή ς, ή δε ψυχή
άνομοιομερής, τό μέν τι αυτής υπάρξει δήλον δτι,
τό δ’ ούχ υπάρξει, άναγκαίον ουν αυτήν ή
ομοιομερή είναι ή μή ένυπάρχειν έν ότιρούν
μορίορ τού παντός.
A 5. 411 a I 23 107
ed è precisamente questo che è sfuggito ai sostenitori di
tale dottrina. Se poi si deve ammettere che l’anima è for
mata da elementi, non per questo è necessario che sia
formata da tutti, poiché uno dei due termini della contra
rietà è sufficiente a discriminare se stesso ed il suo oppo
sto. [5] Infatti col retto conosciamo sia il retto che il
curvo * , giacché il regolo è il criterio di entrambi, men
1 2
tre il curvo non lo è né di se stesso né del retto.
Alcuni poi sostengono che l’anima si trova mescolata
all’universo; partendo di qui, forse, Talete185 pensò che
tutte le cose sono piene di dèi184. Ma questa opinione
comporta alcune difficoltà. Infatti per quale motivo
l’anima, quando si trova [10 nell’aria o nel fuoco185,
non produce un animale, ma nei composti sì, e ciò ben
ché sembri che si trovi in una condizione migliore quan
do è presente negli elementi? (Si potrebbe anche chie
dere per quale ragione l’anima che si trova nell’aria, sia
migliore e più immortale di quella presente negli anima
li). Ma questa teoria porta ad una conseguenza che, in
un caso, è illogica, e nell’altro assurda: affermare infatti
che [157 il fuoco e l’aria sono animali è quanto mai illo
gico, e non considerarli animali, se l’anima si trova in
essi, è assurdo. Inoltre sembra che essi abbiano ritenuto
che l’anima è presente in questi elementi, per il fatto
che il tutto è della stessa specie delle parti. Di conse
guenza essi sono costretti ad ammettere che anche
l’anima è della stessa specie delle sue parti, se è vero che
[20] gli animali diventano tali perché assumono una
parte dell’elemento ambiente. Ma se l’aria, che viene
suddivisa, è della stessa specie, mentre l’anima non è
omogenea186, evidentemente una parte dell’anima si tro
verà nell’aria e un’altra no. Necessariamente, dunque, o
l’anima è omogenea, oppure non si trova in qualunque
parte del tutto.
108 L'ANIMA
φανερόν ούν έκ των είρημένων ώς ούτε τό
γινώσκειν [ 2 5 ]υπάρχει τη ψυχή διά τό έκ των
στοιχείων είναι, ούτε τό κινείσθαι αύτήν καλώς
ούδ’ αληθώς λέγεται, έπεί δε τό γινώσκειν της
ψυχής έστί και τό αίσθάνεσθαί τε καί τό
δοξάζειν, έτι δε τό έπιΘυμείν και βούλεσθαι καί
δλως αί ορέξεις, γίνεται δε καί ή κατά τόπον
κίνησις τοίς ζφοις ΰπό τής [ 3 0 ] ψυχής, έτι δ’
αύξη τε καί άκμή καί φθίσις, πότερον δλη [411
ί>] τή ψυχή τούτων έκαστον υπάρχει, καί πάση
νοοΰμέν τε καί αίσθανόμεθα καί κινούμεθα καί
τών άλλων έκαστον ποιούμέν τε καί πάσχομεν, ή
μορίοις έτέροις έτερα; καί τό ζήν δη πότερον εν
τινι τούτων έστίν ένί ή καί εν πλείοσιν ή πάσιν,
ή καί άλλο τι [51 αίτιον; λέγουσι δη τινες
μεριστήν αύτήν, καί άλλοι μεν νοείν άλλψ δε
έπιΘυμείν. τί ούν δη ποτέ συνέχει τήν ψυχήν, εί
μεριστή πέφυκεν; ού γάρ δη τό γε σώμα· δοκεί
γάρ τουναντίον μάλλον ή ψυχή τό σώμα
συνέχει ν* έξελθούσης γοΰν διαπνείται καί
σήπεται. εί ούν έτερόν τι μίαν αύτήν ποιεί, [ 1 0 ]
εκείνο μάλιστ’ άν εϊη ψυχή, δεήσει δε πάλιν
κάκείνο ζητείν πότερον έν ή πολυμερές, εί μεν
γάρ έν, διά τί ούκ εύθέως καί ή ψυχή έν; εί δε
μεριστόν, πάλιν ό λόγος ζητήσει τί τό συνέχον
εκείνο, καί οΰτω δή πρόεισιν έπί τό άπειρον.
απορήσει ε δ’ άν τις καί περί τών μορίων
αυτής, ¡151 τίν’ έχει δύναμιν έκαστον έν τφ
σώματι. εί γάρ ή όλη ψυχή πάν τό σώμα συνέχει,
προσήκει καί τών μορίων έκαστον συνέχειν τι
τού σώματος, τούτο δ’ έοικεν άδυνάτιρ· ποιον γάρ
μόριο ν ή πώς ό νούς συνέξει, χαλεπόν καί
A 5.411 a 23 - b18 109
Da quanto s’è detto è chiaro sia che la conoscenza
non [25] appartiene all’anima per il fatto che è formata
da elementi, sia che non è esatto e non corrisponde a
verità affermare che essa si muove. D’altronde, poiché
sono proprietà dell’anima il conoscere, il percepire e
l’avere opinioni, ed inoltre il desiderare, il volere e in
generale le tendenze, e l’anima [30] produce negli anima
li lo spostamento locale, ed anche la crescita, la maturità
e la decrescita, chiediamoci: [411 b] ciascuna di queste
funzioni appartiene all’intera anima, e cioè con l’intera
anima pensiamo, percepiamo, ci muoviamo, e compiamo
o subiamo tutte le altre azioni, oppure con parti diverse
esercitiamo funzioni diverse187? Inoltre la vita risiede in
una sola di queste parti o in più o in tutte, oppure ha una
[5] causa distinta? Ora alcuni188 affermano che l’anima è
divisa in parti, e che con una pensa e con un’altra deside
ra. Ma, allora, qual è mai il principio unificatore
dell’anima, se essa per sua natura è divisa in parti?
Certamente non il corpo, giacché, al contrario, sembra
piuttosto che l’anima tenga unito il corpo, in quanto,
uscita l’anima, il corpo sùbito si dissolve ed imputridisce.
Se pertanto un’altra cosa produce l’unità dell’anima, [10]
sarà questa la vera anima. Ma, daccapo, anche riguardo a
questa bisognerà domandarsi se è una od ha molte parti.
Se è una, perché non attribuire sùbito l’unità all’anima
stessa? E se è divisa in parti, di nuovo col ragionamento
si ricercherà il principio che la tiene unita, e in tal modo
s’andrà all’infinito189.
Riguardo alle parti dell’anima si potrebbe chiedere
[15] quale funzione ciascuna eserciti nel corpo. Se infatti
l’anima intera dà unità a tutto il corpo, ciascuna parte
dell’anima dovrebbe conferire l’unità ad una data parte
del corpo. Ma ciò sembra impossibile. In effetti a quale
parte del corpo l’intelletto darà unità e in qual modo, è
110 L'ANIMA
πλάσαι. φαίνεται δε και τά φυτά διαιρούμενα ζην
καί των /20/ ζώων ενια των εντόμων, ώς τήν
αυτήν έχοντα ψυχήν τω είδει, εί καί μή άριθμφ’
έκάτερον γάρ των μορίων αΐσθησιν εχει καί
κινείται κατά τόπον επί τινα χρόνον, εί δε μή
διατελοΰσιν, ούθέν άτοπον- όργανα γάρ ούκ
έχουσιν ώστε σοίζειν τήν φύσιν. άλλ" ούδέν ήττον
εν έκατέρο) των μορίων 1 άπαντ’ ενυπάρχει τά
μόρια τής ψυχής, καί όμοειδή έστιν άλλήλοις καί
τή όλη, άλλήλοις μεν ώς οΰ χωριστά όντα, τή δ’
όλη ψυχή ώς ου διαιρετή ούση. εοικε δε καί ή εν
τόίς φυτοίς αρχή ψυχή τις είναι* μόνης γάρ
ταύτης κοινωνεί καί ζώα καί φυτά, καί αυτή μεν
χωρίζεται τής/20/ αισθητικής άρχής, αΐσθησιν δ’
ούθεν άνευ ταύτης έχει.
A 5,411b18-30 111
difficile immaginare190. Inoltre si può constatare che le
piante e, tra gli [20] animali, alcuni insetti191, benché
divisi, continuano a vivere, e ciò significa che i segmenti
hanno specificamente, anche se non numericamente, la
medesima anima192. Entrambi i segmenti, infatti, per un
certo tempo conservano la sensazione e si spostano local
mente. Se poi non rimangono a lungo così, non fa mera
viglia, giacché non hanno gli organi necessari a mantene
re la loro natura193. Cionondimeno in ciascuno dei due
segmenti [25] si trovano tutte le parti dell’anima, e le
parti dell’anima sono omogenee tra loro e rispetto
all’anima intera: tra loro, in quanto non sono separabili
l’una dall’altra, rispetto all’anima intera, in quanto non è
divisibile194. Sembra che anche il principio che è presente
nelle piante sia una forma di anima, giacché gii animali e
le piante hanno in comune questo solo principio. Tale
principio può esistere separatamente da [30] quello sen
sitivo, mentre senza di esso nessun animale può avere la
sensazione195.
1
[412 a] Τά μεν δη ύπό των πρότερον
παραδεδομένα περί ψυχής είρήσθω· πάλιν δ’
ώσπερ έξ ύπαρχής έπανίωμεν, [5Ί πειρώμενοι
διορίσαι τί έστι ψυχή καί τίς άν είη κοινότατος
λόγος αύτής. λέγομεν δή γένος έν τι των όντων
την ουσίαν, ταύτης δε τό μεν, ώς ύλην, ό καθ’
αυτό ούκ έστι τόδε τι, έτερον δε μορφήν και
είδος, καθ’ ήν ήδη λέγεται τόδε τι, και τρίτον τό
ε κ τούτων, έστι δ’ ή μεν ύλη δύναμις, τό δ’
είδος εντελέχεια, και τούτο δίχως, τό μεν ώς
έπιστήμιη, τό δ’ ο»ς τό θεωρείν.
ούσίαι δε μάλιστ’ είναι δοκούσι τά σώματα,
καί τούτων τά φυσικά· ταύτα γάρ των άλλων
άρχαί. των δε φυσικών τά μεν έχει ζωήν, τά δ’
ούκ έχει* ζωήν δε λέγομεν τήν δι’ αυτού τροφήν
τε καί αύξησιν και 1 1 5 / φθίσιν. ώστε παν σώμα
φυσικόν μετέχον ζωής ούσία άν είη, ούσία δ’
ούτως ώς συνθέτη, έπεί δ' έστι καί σώμα τοιόνδε,
ζο>ήν γάρ έχον, ούκ άν είη τό σώμα ή ψυχή· ού
γάρ έστι τών καθ’ υποκειμένου τό σώμα, μάλλον
δ’ ώς ύποκείμενον και „ύλη. άναγκάίον άρα τήν
ψυχήν ούσίαν [20] είναι ώς είδος σώματος
φυσικού δυνάμιει ζωήν έχοντος. ή δ’ ούσία
εντελέχεια· τοιούτου άρα σώματος εντελέχεια,
αύτη δε λέγεται διχώς, ή μεν ώς έπι—
1. Prima definizione di anima. L’unità del vivente.
Inseparabilità dell’anima
[412 a] Per ciò che riguarda le dottrine sullanima
tramandateci dai nostri predecessori può bastare quanto
si è detto. Riprendiamo ora di nuovo la strada come
dall’inizio, [5] cercando di determinare che cos’è l’anima
e qual è il suo concetto più generale. Noi chiamiamo un
certo genere1 di esseri sostanza2, e diciamo sostanza in un
primo senso la materia, la quale di per sé non è qualcosa
di determinato3; in un secondo la forma e la specie, in
virtù della quale precisamente si parla di qualcosa di
determinato3; e in un terzo senso il composto di queste
due. La materia poi è potenza e la [10] forma atto, e
l’atto si dice in due sensi: o come la conoscenza, o come
l’uso di essa4.
Ora sostanze sembrano essere soprattutto i corpi5 e
tra essi specialmente quelli naturali, giacché questi sono i
principi di tutti gli altri6. Tra i corpi naturali, poi, alcuni
possiedono la vita ed altri no; chiamiamo vita la capacità
di nutrirsi da sé, di crescere e [15] di deperire. Di conse
guenza ogni corpo naturale dotato di vita sarà sostanza,
e lo sarà precisamente nel senso di sostanza composta.
Ma poiché si tratta proprio di un corpo di una determi
nata specie7, e cioè che ha la vita, l’anima non è il corpo8,
giacché il corpo non è una delle determinazioni di un
soggetto9, ma piuttosto è esso stesso soggetto e materia.
Necessariamente dunque l’anima [20] è sostanza, nel
senso che è forma di un corpo naturale che ha la vita in
potenza10. Ora tale sostanza è atto, e pertanto l’anima è
atto del corpo che s’è detto. Atto, poi, si dice in due
116 L'ANIMA
στήμη, ή δ’ ώς το θεωρειν. φανερόν ούν ότι ώς
επιστήμη- εν γάρ τφ υπάρχει ν την ψυχήν και
ύπνος καί έγρήγορσίς έστιν, άνάλογον δ’ ή
μεν έγρήγορσίς τφ θεωρειν, ό δ’ ύπνος τφ έχειν
καί μη ένεργείν- προτέρα δε τή γενέσει επί τού
αυτού ή επιστήμη, διό ή ψυχή έστιν έντελεχεια ή
πρώτη σώματος φυσικού δυνάμει ζωήν έχοντος.
τοιούτον δε δ άν ή οργανικόν [412 1»]. (όργανα δε
καί τά των φυτών μέρη, άλλα παντελώς απλά,
οίον τό ψύλλον περικαρπίου σκέπασμα, τό δε
περικάρπιον καρπού· αί δε ρίζαι τφ στόματι
άνάλογον- άμφω γάρ έλκει τήν τροφήν.) εί δή τι
κοινόν έπί πάσης ψυχής 1 5 ] δει λέγειν, εΐη άν
έντελεχεια ή πρώτη σώματος φυσικού οργανικού,
διό καί ου δει ζητείν εί έν ή ψυχή καί τό σώμα,
ώσπερ ουδέ τον κηρόν καί τό σχήμα, ούδ’ όλως
τήν έκάστου ύλην καί τό ού ή ύλη- τό γάρ έν
καί τό είναι έπεί πλεοναχώς λέγεται, τό κυρίως ή
έντελέχειά έστιν. / 1 0 1
καθόλου μεν ούν είρηται τί έστιν ή ψυχή-
ουσία γάρ ή κατά τον λόγον, τούτο δε τό τί ήν
είναι τφ τοιοιδι σοίματι, καθάπερ εί τι τών
οργάνων φυσικόν ήν σώμα, οίον πέλεκυς- ήν μεν
γάρ άν τό πελεκει είναι ή ουσία αυτού, καί ή
ψυχή τούτο* χωρισθείσης δε ταύτης οϋκ άν έτι
πέλεκυς ήν, άλλ’ ή [ 1 5 ] όμωνύμως, νύν _δ’ έστι
πέλεκυς. ού γάρ τοιούτου σώματος τό τί ήν είναι
καί ό λόγος ή ψυχή, άλλα φυσικού τοιουδί,
έχοντος άρχήν κινήσεως καί στάσεως έν έαυτφ.
θεωρειν δε καί έπί τών μερών δει τό λεχθέν.
B 1,412 a 23 - b 18 117
sensi, o come la conoscenza o come l’esercizio di essa,
ed è chiaro che l’anima è atto nel senso in cui lo è la
conoscenza. Infatti l’esistenza sia del sonno che della
veglia implica quella dell’anima. Ora la veglia è
analoga all’uso della conoscenza, mentre il sonno al suo
possesso e non all’uso, e primo nell’ordine del divenire
rispetto al medesimo individuo11 è il possesso della
conoscenza. Perciò l’anima è l’atto primo12 di un corpo
naturale che ha la vita in potenza. Ma tale corpo è quel
lo che è dotato di organi. [412 b] (Organi sono anche le
parti delle piante, ma estremamente semplici. Ad esem
pio la foglia è la protezione del pericarpo e il pericarpo
del frutto, mentre le radici corrispondono alla bocca, in
quanto l’una e le altre prendono il nutrimento13). Se
dunque [5] si deve indicare una caratteristica comune
ad ogni specie di anima, si dirà che essa è l’atto primo di
un corpo naturale dotato di organi. Pertanto non c’è
bisogno di cercare se l’anima e il corpo formano
un’unità, allo stesso modo che non v’è da chiedersi se
formano un’unità la cera e la figura né, in generale, la
materia di una data cosa e ciò14 che ha per sostrato tale
materia. Se infatti l’uno e l’essere si dicono in molti
sensi, quello principale è l’atto15. [10]
S’è dunque detto, in generale, che cos’è l’anima: essa
è sostanza nel senso di forma, ovvero è l’essenza16 di un
determinato corpo. Così se uno strumento, ad esempio
una scure, fosse un corpo naturale, la sua essenza sareb
be di essere scure17, e quest’essenza sarebbe la sua
anima. Tolta questa essenza, la scure non esisterebbe
più se non [15] per omonimia18. Nel nostro esempio si
tratta però soltanto di una scure. In effetti l’anima non è
l’essenza e la forma di un corpo di quella specie, ma di
un determinato corpo naturale, che ha in se stesso il
principio del movimento e della quiete19. Ciò che s’è
118 L'ANIMA
εΐ γάρ ήν ό οφθαλμός ζφον, ψυχή άν ήν αύτού ή
όψις· αΰτη γάρ ουσία οφθαλμού ή [ 2 0 ] κατά τον
λόγον (ό δ’ οφθαλμός ύλη όψεως), ής
άπολειπούσης ούκέτ’ οφθαλμός, πλήν όμωνύμως,
καθάπερ ό λίθινος και ό γεγραμμένος. δεί δή
λαβέίν τό επί μέρους έφ’ όλου τού ζώντος
σώματος* άνάλογον γάρ έχει ώς τό μέρος προς τό
μέρος, ούτο*; ή όλη αισθησις προς τό όλον [ 2 5 ]
σώμια τό αισθητικόν, ή τοιούτον. έστι δε ού τό
άποβεβληκός την ψυχήν τό δυνάμει όν ώστε ζην,
αλλά τό έχον* τό δε σπέρμα καί ό καρπός τό
δυνάμει τοιονδί σώμα., ώς μέν ούν ή τμήσις καί ή
όρασις, ούτω καί ή έγρήγορσις εντελέχεια [413 β],
ώς δ’ ή όψις καί ή δύναμις τού οργάνου, ή
ψυχή-τό δε σώμα τό δυνάμει όν* άλλ’ ώσπερ
οφθαλμός ή κόρη καί ή όψις, κάκέΐ ή ψυχή καί
τό σώμα ζφον. ότι μέν ούν ούκ έστιν ή ψυχή
χωριστή τού σώματος, ή μέρη [ 5 ] τινά αυτής, εί
μεριστή πέφυκεν, ούκ άδηλον* ένίων γάρ ή
εντελέχεια τών μερών έστίν αύτών. ού μήν άλλ’
ένιά γε ούθέν κωλύει, διά τό μηθενός είναι
σώματος έντελεχείας. έτι δε άδηλον εί ούτως
εντελέχεια τού σώματος ή ψυχή ώσπερ πλωτήρ
πλοίου, τύπω μέν ούν ταύτη διωρίσθω καί [ 1 0 ]
ύπογεγράφθω περί ψυχής.
Λ
B 1, 412 b 18 - 413 a 10 119
detto si deve applicare anche alle parti corporee. Se
infatti l’occhio fosse un animale, la sua anima sarebbe la
vista, giacché questa è la sostanza dell’occhio, sostanza
[20] in quanto forma (mentre l’occhio20 è la materia della
vista). Se quest’essenza vien meno, non c’è più l’occhio
se non per omonimia, come l’occhio di pietra o dipinto.
Ora ciò che vale per una parte bisogna estenderlo
all’intero corpo vivente. Infatti la relazione esistente tra
parte e parte è analoga a quella che intercorre tra l’intera
facoltà sensitiva21 e l’intero [2corpo senziente in quan
to tale.
D’altronde non è il corpo che ha perduto l’anima22
quello che è capace di vivere, ma quello che la possiede,
mentre il seme ed il frutto costituiscono ciò che è in
potenza un corpo di tale specie23. Allora, come il fendere
e il vedere sono atto, così lo è la veglia, [413 a] mentre
l’anima è atto al modo della facoltà di vedere e della
capacità dello strumento24. Il corpo, poi, è ciò che è in
potenza, e come la pupilla e la vista formano l’occhio,
così, nel nostro caso, l’anima e il corpo formano l’anima
le. [5] ÌL quindi manifesto che l’anima (od alcune sue
parti, se per sua natura è divisibile in parti) non è separa
bile dal corpo, giacché l’attività di alcune sue parti è
l’atto delle corrispondenti parti del corpo. Ciononostante
nulla impedisce che almeno alcune parti25 siano separabi
li, in quanto non sono atto di nessun corpo. S’aggiunga
però che non è chiaro se l’anima sia atto del corpo come
il pilota lo è della nave26. A mo’ di abbozzo può dunque
bastare questa definizione e descrizione sommaria
dell’anima .27
120 L'ANIMA
Έπει δ’ εκ των ασαφών μεν φανερωτέρων δε
γίνεται τό σαφές και κατά τόν λόγον
γνωριμώτερον, πειρατέον πάλιν οϋτω γ’ έπελθεΐν
περί αύτής· ού γάρ μόνον τό ότι δει τόν
οριστικόν λόγον δηλούν, ώσπερ οί πλεΐστοι των
όρων ί 1 5 1 λέγουσιν, άλλα και τήν αιτίαν
ενυπάρχει ν και έμφαίνεσΘαι. νυν δ’ ώσπερ
συμπεράσμαθ’ οι λόγοι των όρων είσίν· οιον τί
έστιν ό τετραγωνισμός; τό ίσον έτερομήκει
ορθογώνιον είναι ισόπλευρον, ό δέ τοιούτος όρος
λόγος τοΰ συμπεράσματος· ό δε λέγων ότι έστιν ό
τετραγωνισμός μέσης εϋρεσις τού πράγματος
λέγει τό αίτιον, λέγομεν ούν, άρχήν λαβόντες της
σκέψεως, διωρίσθαι τό έμψυχον τού άψυχου τφ
ζην. πλεοναχώς δέ τού ζην λεγομένου, καν εν τι
τούτων ένυπάρχη μόνον, ζην αύτό φαμεν, όίον
νούς, άϊσθησις, κίνησις καί στάσις ή κατά
τόπον, έτι κίνησις ή κατά 1 2 5 ] τροφήν καί φθίσις
τε καί αύξησις. διό καί τά φυόμενα πάντα δοκέϊ
ζην- φαίνεται γάρ έν αύτοίς έχοντα δύναμιν καί
άρχήν τοιαύτην, δι’ ής αύξησίν τε καί φθίσιν
λαμβάνουσι κατά τούς εναντίους τόπους* οΰ γάρ
άνω μέν αύξεται, κάτω δ’ ού, άλλ’ ομοίως επ’
άμφω καί πάντη, όσα άεί 1 3 0 ] τρέφεται τε καί ζή
διά τέλους, έως άν δύνηται λαμβάνειν τροφήν.
χωρίζεσΟαι δέ τούτο μέν των άλλων δυνατόν, τά
δ’ άλλα τούτου άδύνατον έν τοίς θνητοίς.
φανερόν δ’ έπί των φυόμενων· ούδεμία γάρ
%
B 2, 413 a 11 - 33 121
2. Seconda definizione di anima. La “separabilità” del
parti dell’anima
Poiché da ciò che è confuso, e tuttavia più palese,
deriva ciò che è chiaro e più conosciuto razionalmente28,
bisogna tentare di riprendere da questo punto di vista la
ricerca sull’anima. Infatti il discorso definitorio non deve
mostrare soltanto il che, come fanno la maggior
parte delle definizioni, ma deve includere e manifestare
anche la causa29. Ora gli enunciati delle definizioni sono
simili a conclusioni30. Ad esempio, che cos’è la quadratu
ra? È la costruzione di un rettangolo equilatero equiva
lente ad una figura oblunga. Tale definizione è l’enuncia
to di una conclusione. Se invece si dice che la quadratura
è trovare una linea che funge da medio, [20] si dice la
causa del fatto31.
Riprendendo la ricerca dall’inizio, diciamo che l’esse
re animato si distingue dall’inanimato per il fatto che
vive. E poiché vivere si dice in molti sensi32, noi affermia
mo che un essere vive se ad esso appartiene anche una
sola di queste caratteristiche, e cioè l’intelletto, la sensa
zione, il moto e la quiete nel luogo, e inoltre il mutamen
to nel senso [25] della nutrizione, la decrescita e la cre
scita33. Pertanto sembra che vivano anche tutte le piante.
Risulta infatti che hanno in se stesse una facoltà ed un
principio in virtù del quale crescono e decrescono in
direzioni opposte (in realtà non crescono verso l’alto e
non verso il basso, ma ugualmente secondo entrambe ed
anzi tutte le direzioni, e ciò vale per tutte le piante che
[30] si nutrono costantemente, e che perciò continuano a
vivere sinché possono prendere il nutrimento). Questa
facoltà può esistere indipendentemente dalle altre, men
tre è impossibile che, negli esseri mortali, le altre esistano
indipendentemente da essa34. Ciò risulta manifesto nel
122 L'ANIMA
αύτοίς υπάρχει δύναμις άλλη [413 ύ] ψυχής, τό
μεν ούν ζην διά την άρχήν ταύτην υπάρχει τοΐς
ζώσι, τό δέ ζφον διά την αΐσθησιν πρώτως· κοιι
γάρ τά μη κινούμενα μηδ' άλλάττοντα τόπον,
έχοντα δ’ αΐσθησιν, ζφα λεγομεν και ού ζην
μόνον, αίσθησεως δε πρώτον [β] υπάρχει πάσιν
άφή· ώσπερ δε τό Θρεπτικόν δύναται χωρίζεσθαι
τής άφής και πάσης αίσθησεως, ούτως ή άφή των
άλλων αισθήσεων (Θρεπτικόν δε λεγομεν τό
τοιοΰτον μόριον τής ψυχής ού και τά φυόμενα
μετέχει), τά δε ζωα πάντα φαίνεται τήν άπτικήν
αΐσθησιν έχοντα· δΓ ήν δ’ αιτίαν Π έκάτερον
τούτων συμβέβηκεν, ύστερον έρούμεν.
νΰν δ’ έπι τοσούτον είρήσΟω μόνον, ότι έστΐν
ή ψυχή των είρημένων τούτων αρχή και τούτοις
ώρισται, Θρεπτικφ, αίσθητικφ, διανοητικφ,
κινήσει, πύτερον δε τούτων έκαστον έστι ψυχή ή
μόριον ψυχής, και εί μόριον, πότερον ούτως ώστ’
είναι χωριστόν / 73/λόγφ μόνον ή και τόπφ, περί
μεν τινών τούτων ού χαλεπόν ίδειν, ένια δε
απορίαν έχει, ώσπερ γάρ έπι των φυτών ένια
διαιρούμενα φαίνεται ζώντα και χωριζόμενα άπ’
άλλήλων, ώς ούσης τής έν αύτοις ψυχής
έντελεχείςι μεν μιας έν έκάστω φυτφ, δυνάμει δε
πλειόνων, ούτως όρώμεν και περί έτέρας [20]
διαφοράς τής ψυχής συμβάΐνον έπι τών έντόμων
έν τοΐς διατεμνομενοις* και γάρ αΐσθησιν
έκάτερον τών μερών έχει και κίνησιν τήν κατά
τόπον, εί δ’ αΐσθησιν, και φαντασίαν και ορεξιν*
όπου μεν γάρ αΐσθησις, και λύπη τε και ηδονή,
Η
B 2,413 a 33 -b23 123
caso delle piante, giacché in esse non si trova
nessun’altra facoltà [413 b] dell’anima. La vita, dunque,
appartiene ai viventi in virtù di questo principio, mentre
1’animale è tale principalmente per la sensazione. E
infatti degli esseri che non si muovono né cambiano
luogo, ma che possiedono la sensazione, noi diciamo
che sono animali e non soltanto che vivono55. Delle sen
sazioni, quella che principalmente appartiene a tutti
gli animali è il tatto. E come la facoltà nutritiva può esi
stere indipendentemente dal tatto e da ogni altro senso,
così il tatto può esistere senza gli altri sensi (diciamo
facoltà nutritiva quella parte dell’anima di cui partecipa
no anche le piante, mentre consta che gli animali possie
dono tutti il senso del tatto): per quale motivo [10]
avvengano questi due fatti, lo si dirà più oltre56. Per ora
ci si limiti ad affermare quanto segue: l’anima è il princi
pio delle facoltà menzionate ed è definita da esse, ovve
ro dalla facoltà nutritiva, sensitiva, razionale e dal movi
mento.
Ma ciascuno di questi principi è un’anima o una
parte dell’anima57? E se è una parte, è separabile [15]
soltanto logicamente od anche spazialmente58? In alcuni
casi non è difficile verificarlo, mentre altri comportano
delle difficoltà. Infatti, come a proposito delle piante si
nota che alcune continuano a vivere anche se vengono
divise59 e se le loro parti vengono separate le une dalle
altre (e ciò perché l’anima che si trova in esse è unica in
atto in ciascuna pianta, ma molteplice in potenza), la
stessa cosa vediamo che [20] accade anche per altre spe
cie di anima, ad esempio negli insetti, quando vengono
sezionati40. E infatti ciascun segmento ha la sensazione e
il movimento locale, e se ha la sensazione possiede pure
l’immaginazione41 e la tendenza, poiché dov’è la sensa
zione ci sono pure il dolore e il piacere, e dove si trova-
124 L'ANIMA
δπου δε ταΰτα, εξ ανάγκης καν επιθυμία, περί δε
τοΰ νού ¡ 2 5 1 καί τής θεωρητικής δυνάμεως ούδέν
πω φανερόν, άλλ" έοικε ψυχής γένος έτερον είναι,
καί τοΰτο μόνον ένδέχεσθαι χωρίζεσθαι, καθάπερ
τό άίδιον του φθαρτού, τά δε λοιπά μόρια τής
ψυχής φανερόν εκ τούτων ότι ούκ έστι χωριστά,
καθάπερ τινές φασιν· τω δε λόγφ ότι έτερα,
φανερόν αίσθητικώ / 3 0 ] γάρ είναι καί δοξαστικφ
έτερον, είπερ καί τό αίσθάνεσθαι τοΰ δοξάζειν,
ομοίως δε καί των άλλων έκαστον των
είρημένων. έτι δ’ ένίοις μεν των ζώων άπανθ’
υπάρχει ταΰτα, τισί δε τινά τούτων, έτέροις δε έν
μόνον (τούτο δέ ποιεί [414 β] διαφοράν των
ζφων)· διά τίνα δ’ αιτίαν, ύστερον έπισκεπτέον.
παραπλήσιον δε καί περί τάς αισθήσεις συμ-
βέβηκεν* τά μέν γάρ έχει πάσας, τά δέ τινάς, τά
δε μίαν την άναγκαιοτάτην, άφήν.
έπεί δε ω ζώμεν καί αίσθανόμεθα διχώς
λέγεται, [ 5 ] καθάπερ ω έπιστάμεθα (λέγομεν δέ τό
μέν επιστήμην τό δέ ψυχήν, έκατέρω γάρ τούτων
φαμέν έπίστασθαι), ομοίως δέ καί [φ] ύγιαίνομεν
τό μέν ύγιεία τό δέ μορίω τινί τού σώματος ή
καί όλφ, τούτων δ’ ή μέν έπιστήμη τε καί ύγίεια
μορφή καί ειδός τι καί λόγος καί όίον ένέργεια
[ 1 0 ] τοΰ δεκτικού, ή μέν τοΰ επιστημονικού, ή δέ
τοΰ ύγιαστοΰ (δοκεί γάρ έν τω πάσχοντι καί
διατιθεμένφ ή των ποιητικών ύπάρχειν ενέργεια),
ή ψυχή δέ τοΰτο ω ζώμεν καί αίσθανόμεθα καί
διανοούμεθα πρώτως - ώστε λόγος τις άν είη καί
ί
B2, 413 b 23 - 414 a 14 125
no questi necessariamente c’è anche il desiderio.
Riguardo poi all’intelletto e alla facoltà teoretica
nulla è ancora chiaro, ma sembra che sia un genere diver
so di anima, e che esso solo possa essere separato, come
l’eterno dal corruttibile42. Da quanto s’è detto è chiaro
invece che le rimanenti parti dell’anima non sono separa
bili, come alcuni4* affermano. Che però siano distinte
logicamente, è manifesto. [30] Infatti l’essenza della
facoltà sensitiva è distinta da quella della facoltà opinati-
va, se è vero che il percepire è diverso dall’avere un’opi
nione, e ciò vale per ciascuna delle altre facoltà di cui s’è
detto. Inoltre a certi animali appartengono tutte queste
facoltà, mentre ad altri soltanto alcune, e ad altri ancora
una sola44 (ed è questo fatto che determina [414 a] la dif
ferenza degli animali tra loro): per quale causa ciò si veri-
fichi bisognerà vedere successivamente45. Analogo è il
caso dei sensi: certi animali li possiedono tutti, altri alcu
ni, altri ancora uno solo, quello più necessario, ossia il
tatto.
“Ciò mediante cui viviamo e percepiamo” si dice in
due sensi, [5] come anche “ciò mediante cui conoscia
mo”. Con quest’ultima espressione, infatti, ci riferiamo
da un lato alla conoscenza e dall’altro all’anima, poiché
noi diciamo di conoscere e con l’una e con l’altra. Allo
stesso modo noi siamo sani da un Iato per la salute e
dall’altro in relazione ad una certa parte del corpo o al
corpo intero. Di queste cose, la conoscenza e la salute
sono la forma e una certa specie, ovvero l’essenza e, per
così dire, l’atto [10] del soggetto ricettivo, rispettiva
mente di quello capace di conoscenza e di quello capace
di salute (infatti sembra che l’atto di ciò che produce sia
presente in ciò che subisce e si trova in una certa dispo
sizione46), e l’anima è la causa primaria in virtù di cui
noi viviamo, percepiamo e pensiamo47. Conseguente-
126 L’ANIMA
είδος, άλλ’ ούχ ύλη και τό -υποκείμενον, τριχώς
γάρ [ 1 5 ] λεγομένης της ουσίας, καθάπερ εΐπομεν,
ών τό μεν είδος, τό δε ύλη, τό δε έξ άμφοΐν,
τούτων δ’ ή μεν ύλη δύναμις, τό δε είδος
εντελέχεια, έπεί τό έξ άμφόίν έμψυχον, ού τό
σώμα έστιν εντελέχεια ψυχής, άλλ’ αύτη
σώματός τίνος. _ και διά τούτο καλώς
ύπολαμβάνουσιν οις δοκει μήτ’ άνευ σοιματος
είναι μήτε σώμα τι ή ψυχή· σώμα μεν γάρ ούκ
έστι, σώματος δε τι, και διά τούτο έν σώματι
υπάρχει, και έν σώματι τοιούτω, και ούχ ώσπερ
οί πρότερον είς σώμα ένήρμοζον αύτήν, ούθέν
προσδιορίζοντες έν τίνι και ποίφ, καίπερ ούδέ
φαινομένου τού τυχόντος δέχεσθαι τό [ 2 5 ] τυχόν,
οΰτω δε γίνεται και κατά λόγον· έκάστου γάρ ή
έντελέχεια έν τφ δυνάμει ύπάρχοντι καί τή
οίκείςι ύλη πέφυκεν έγγίνεσθαι. ότι μεν ούν
έντελέχεια τίς έστι καί λόγος τού δύναμιν
έχοντος είναι τοιούτου, φανερόν έκ τούτων.
Τών δέ δυνάμεων τής ψυχής αί λεχθείσαι τοίς
μεν [ 3 0 ]ύπάρχουσι πα.σα.ι, καθάπερ είπομεν, τοις
δέ τινές αύτών, ένίοις δέ μία μόνη, δυνάμεις δ’
εΐπομεν θρεπτικόν, αισθητικόν, ορεκτικόν,
κινητικόν κατά τόπον, διανοητικόν, υπάρχει δέ
τοίς μέν φυτοίς τό θρεπτικόν μόνον, έτέροις δέ
[414 ύ] τούτο τε καί τό αισθητικόν, εί δέ τό
αισθητικόν, καί τό ορεκτικόν* δρεξις μεν γάρ
έπιθυμία καί θυμός καί βούλησις, τά δέ ζώα
B 2, 414 a 14 - 3, 414 b 3 127
mente l’anima dev’essere una certa essenza o forma, e
non materia e sostrato. In effetti, come abbiamo
affermato , la sostanza si dice in tre sensi: la forma, la
48
materia e il composto di una e dell’altra; di esse la mate
ria è potenza, mentre la forma atto. Dato che il compo
sto di quelle due sia animato, non è il corpo l’atto
dell’anima, ma questa è l’atto di un certo corpo. Per
questo motivo è esatta l’opinione di coloro49 i quali
ritengono che l’anima non [20] esista senza il corpo né
sia un corpo. In realtà non s’identifica col corpo, ma è
una proprietà del corpo50. Pertanto esiste in un corpo,
ed anzi in un corpo di una determinata specie, e non
come credevano i nostri predecessori51, che la facevano
entrare nel corpo, senza determinare la natura e la qua
lità di esso, benché non si verifichi mai che una cosa
qualunque accolga [25] una cosa qualunque. Ed è
ragionevole che così avvenga, giacché l’atto di ciascuna
cosa si realizza per sua natura in ciò che è in potenza e
nella materia appropriata. Da quanto precede risulta
dunque chiaro che l’anima è un certo atto ed una certa
essenza di ciò che ha la capacità di essere di una deter
minata natura.
3. La definizione e le facoltà dell’anima
Tra le suddette facoltà dell’anima ad alcuni viventi,
[30] come dicevamo52, appartengono tutte, ad altri alcu
ne, ad altri ancora una sola53. Abbiamo chiamato54
facoltà la nutritiva, la sensitiva, l’appetitiva, la locomo
toria e la razionale. Alle piante appartiene soltanto la
facoltà nutritiva, mentre agli altri viventi [414 b] questa
ed anche la sensitiva. Se poi vi è la facoltà sensitiva, c’è
anche l’appetitiva. Infatti l’appetizione può essere desi-
128 L’ANIMA
πάντ’ έχουσι μίαν γε των αισθήσεων, την αφήν
ω δ’ αϊσθησις υπάρχει, τούτφ ήδονή τε και λύπη
καί. τό [ 5 ] ήδύ τε και λυπηρόν, οις δε ταΰτα, καί.
επιθυμία* τού γάρ ή δέος όρεξις αϋτη. έτι δε τής
τροφής αΐσθησιν έχουσιν ή γάρ άφή τής τροφής
αϊσθησις- ξηροϊς γάρ και ύγροϊς και θερμοις και
ψυχροί ς τρέφεται τά ζώντα πάντα, τούτων δ’
αϊσθησις άφή, των δ’ άλλων αισθητών κατά
συμβεβηκός. 110] ούθέν γάρ εις τροφήν συμ
βάλλεται ψόφος ουδέ χρώμα ουδέ όσμή, ό δέ
χυμός εν τι τών άπτών έστιν. πείνα δέ καί δίψα
επιθυμία, καί ή μέν πείνα ξηρού καί θερμού, ή δέ
δίψα υγρού καί ψυχρού* ό δέ χυμός οίον ήδυσμά
τι τούτων έστίν. διασαφητέον δέ περί αύτών
ύστερον, νύν δ’ επί τοσούτον [ 1 5 1 είρήσθω, ότι
τών ζώντων τόΐς έχουσιν άφήν καί όρεξις
υπάρχει, περί δέ φαντασίας άδηλον, ύστερον δ’
έπισκεπτέον. ένίοις δέ προς τούτοι ς υπάρχει καί
τό κατά τόπον κινητικόν,_ έτέροις δέ καί τό
διανοητικόν τε καί νούς, όίον άνθρώποις καί εΐ
τι τοιούτον έτερον έστιν ή τιμιώτερον.
[201 δήλον ούν ότι τον αύτόν τρόπον εις άν είη
λόγος ψυχής τε καί σχήματος- ούτε γάρ εκεί,
σχήμα παρά τό τρίγωνον έστι καί τά εφεξής, ούτ’
ενταύθα ψυχή παρά τάς είρημένας. γένοιτο δ’ άν
καί επί τών σχημάτων λόγος κοινός, ός
εφαρμόσει μέν πάσιν, ίδιος δ’ ούδενός έσται
σχήματος, ομοίως δέ καί επί ταίς 1 2 5 ] είρημέναις
ψυχάΐς. διό γελοίον ζητείν τον κοινόν λόγον καί
\
B 3, 414 b 3 -25 129
derio, impulso e volontà. Ora tutti gli animali possiedo
no almeno un senso, il tatto. Ma chi ha la sensazione
possiede pure il piacere e il dolore e ciò che è piace
vole e doloroso55, e chi ha questi ultimi ha anche il desi
derio, perché esso è la tendenza verso ciò che piace.
Inoltre gli animali possiedono la sensazione dell’alimen
to, giacché il tatto è il senso dell’alimento56. In effetti
tutti gli esseri viventi si nutrono di elementi secchi ed
umidi57, caldi e freddi, e chi li percepisce è il tatto, men
tre gli altri sensibili il tatto li coglie accidentalmente58.
[10] In realtà il suono, il colore e l’odore non contribui
scono in nulla al nutrimento, mentre il sapore è una
delle qualità percepibili dal tatto59. Ora fame e sete sono
desideri, di secco e caldo la fame, di umido e freddo la
sete, ed il sapore è, per così dire, il condimento di questi
sensibili. Tali argomenti andranno chiariti più oltre60;
per ora [15] è sufficiente dire che, tra i viventi, quelli
che hanno il tatto61 possiedono anche la tendenza.
. Riguardo all’immaginazione la cosa non è chiara, e su
ciò s’indagherà più avanti62. Alcuni animali poi, oltre
queste, hanno anche la facoltà locomotoria, ed altri
pure la facoltà razionale e l’intelletto, ad esempio gli
uomini e, se esiste, qualche altro essere simile o superio
re65. [20]
È chiaro allora che una è la definizione di anima64
allo stesso modo che una è la definizione di figura65.
Infatti, come nel caso delle figure non esiste una figura
oltre il triangolo e le figure che ne conseguono, così, nel
caso delle anime, non esiste un’anima oltre quelle
dette . Si potrebbe certo formulare per le figure una
66
definizione comune, la quale però sarà bensì applicabile
a tutte, ma non sarà propria67 di nessuna figura, e lo
stesso si potrebbe fare per le [25] anime suddette. È
perciò ridicolo, in questi ed altri casi, cercare la defini-
130 L'ANIMA
έπί τούτων και έφ’ ετέρων, δς ούδενός έσται των
δντων ΐδιος^ λόγος, ούδέ κατά τό οίκεΐον καί
άτομον είδος, άφέντας τον τοιούτον.
(παραπλησίως δ’ έχει τώ περί των σχημάτων καί
τα κατά ψυχήν· άεί γάρ έν τω εφεξής υπάρχει
δυνάμει 1301 τ ό πρότερον έπί τε των σχημάτων
καί επί των έμ ψύχων, όΐον έν τετραγώνφ μέν
τρίγωνον, έν αίσθητικώ δε τό θρεπτικόν.) ώστε
καθ’ έκαστον ζητητέον, τίς έκάστου ψυχή, οιον
τίς φυτού και τίς ανθρώπου ή θηρίου, διά τίνα δ’
αιτίαν τω [415 a] έφεξής ούτως έχουσι, σκεπτέον.
άνευ μέν γάρ τού θρεπτικού τό αισθητικόν ούκ
έστιν· τού δ’ αισθητικού χωρίζεται τό θρεπτικόν
έν τοΐς φυτοΐς. πάλιν δ’ άνευ μέν τού απτικού
των άλλων αισθήσεων οΰδεμία υπάρχει, άφή δ’
άνευ των άλλων 1 3 1 υπάρχει * πολλά γάρ των ζφων
ούτ’ όψιν ούτ’ άκοήν έχουσιν ούτ’ οσμής
άισθησιν. και των αισθητικών δέ τά μέν έχει τό
κατά τόπον κινητικόν, τά δ’ ούκ έχει· τελευτάίον
δέ και έλάχιστα λογισμόν καί διάνοιαν· όίς μέν
γάρ υπάρχει λογισμός των φθαρτών, τούτοις και
τά λοιπά πάντα, Ι Ί Ο Ι όίς δ’ έκείνων έκαστον, ού
πάσι λογισμός, άλλα τοίς μέν ούδέ φαντασία, τά
δέ ταύτη μόνη ζώσιν. περί δέ τού θεωρητικού νού
έτερος λόγος, δτι μέν ούν ό περί τούτων έκάστου
λόγος, ούτος οίκειότατος καί περί ψυχής, δήλον.
B3, 414 b 25-415 a 13 131
zione comune, che non sarà la definizione propria di
nessun ente e non sarà riferibile ad una specie appro
priata e indivisibile, rinunciando a quest’ultima defini
zione68. Il caso delle figure è simile a quello dell’anima,
giacché sempre nel termine successivo è contenuto in
potenza [30] il termine antecedente, e ciò vale sia per le
figure come per gli esseri animati. Ad esempio nel qua
drilatero è contenuto il triangolo, e nella facoltà sensiti
va quella nutritiva69. Di conseguenza bisogna cercare
caso per caso qual è l’anima di ciascuna specie e cioè
della pianta, dell’uomo e del bruto. Per quale motivo,
poi, [415 a] le anime sono disposte in questa successio
ne, è cosa da vedersi70. In realtà senza la facoltà nutriti
va non esiste quella sensitiva, mentre nelle piante la
facoltà nutritiva esiste indipendentemente da quella
sensitiva. A sua volta senza il tatto non è presente nes
sun altro senso, mentre esso [3] esiste senza gli altri,
poiché molti animali non possiedono né la vista né
l’udito né la percezione dell’odore. Tra gli esseri, poi,
capaci di sensazione, alcuni hanno la facoltà locomoto
ria ed altri no. Pochissimi, infine, possiedono la ragione
e il pensiero. Infatti gli esseri corruttibili dotati di ragio
ne hanno anche tutte le altre facoltà, [10] mentre non
tutti coloro che possiedono una di queste facoltà hanno
la ragione; anzi alcuni non possiedono neppure l’imma-
ginazione, mentre altri vivono soltanto con questa™.
L’intelletto teoretico esige però un altro discorso72. È
chiaro, pertanto, che la trattazione di ciascuna di queste
facoltà è la più appropriata per la conoscenza del
l’anima73.
132 L'ANIMA
4
Άναγκαίον δε τον μέλλοντα περί τούτων
σκέψιν ποιείσθαι /7 5/ λαβέίν έκαστον αυτών τί
έστιν, ειθ’ οϋτως περί τών έχομένων και περί των
άλλων έπιζητεΐν. εί δε χρή λέγειν τί έκαστον
αυτών, οι ον τί τό νοητικόν ή τό αισθητικόν ή τό
θρεπτικόν, πρότερον έτι λεκτέον τί τό νοέίν και τί
τό αίσθάνεσθαν πρότεραι γάρ είσι τών δυνάμεων
αί ενεργεί αι και αί πράξεις κατά [20] τον λόγον,
εί δ’ οϋτως, τούτων 5’ έτι πρότερα τα άντικείμενα
δει τεθεωρηκέναι, περί εκείνων πρώτον άν δέοι
διορίσαι διά την αυτήν αιτίαν, οιον περί τροφής
καί αισθητού καί νοητού, ώστε πρώτον περί
τροφής καί γεννήσεως λεκτέον ή γάρ θρεπτική
ψυχή καί τοίς άλλοις υπάρχει, καί πρώτη καί
κοινοτάτη /25/ δύναμίς έστι ψυχής, καθ’ ήν
υπάρχει τό ζήν άπασιν. ής έστίν έργα γεννήσαι
καί τροφή χρήσθαι- φυσικώτατον γάρ τών έργων
τοΐς ζώσιν, οσα τέλεια καί μή πηρώματα ή τήν
γένεσιν αύτομάτην έχει, τό ποιήσαι έτερον οίον
αυτό, ζφον μεν ζφον, φυτόν δε φυτόν, ίνα τού άεί
καί τού θείου μετέχωσιν ή δύνανται· [415 b]
πάντα γάρ εκείνου ορέγεται, καί εκείνου ένεκα
πράττει δσα πράττει κατά φύσιν (τό^ δ’ ου ένεκα
διττόν, τό μέν ου, τό δε ω). έπεί οϋν κοινωνέίν
άδυνατεί τού άεί καί τού θείου τή συνεχείς*, διά
τό μηδέν ένδέχεσθαι τών φθαρτών ταύτό καί έν
[β] αριθμώ διαμένειν, ή δύναται μετέχει ν έκαστον,
κοινοινει τα.ύτη, τό μιέν μάλλον τό δ’ ήττον, καί
*
B 4, 415 a 14 - b 6 133
4. La facoltà nutritiva. La causalità dell’anima
Chi intende effettuare una ricerca sulle facoltà
dell’anima deve [15] stabilire che cos’è ciascuna di esse e
successivamente cercare le proprietà che ne conseguono
e le altre caratteristiche74. Ma se bisogna dire che cos’è
ciascuna di queste facoltà, ad esempio che cos’è la facoltà
intellettiva o sensitiva o nutritiva, prima ancora si deve
dire che cos’è l’intellezione e che cos’è la percezione, poi
ché le attività e le funzioni dal punto di vista [20] logico
sono anteriori alle facoltà. Ma se questo è vero, ancor
prima che le attività si devono prendere in considerazio
ne gli oggetti correlativi, poiché è di questi anzitutto, e
per lo stesso motivo, che si deve trattare, ossia dell’ali
mento, del sensibile e dell’intelligibile75.
Anzitutto si deve allora parlare della nutrizione e della
riproduzione, giacché l’anima nutritiva appartiene anche
agli altri viventi, ed è [25] la prima e la più comune
facoltà dell’anima, quella in virtù di cui a tutti appartiene
la vita76. Le sue funzioni sono la riproduzione e l’uso
dell’alimento77. Infatti la funzione più naturale degli esse
ri viventi, di quelli che hanno raggiunto lo sviluppo e non
sono menomati o non derivano da generazione sponta
nea78, è di produrre un altro individuo simile a sé: l’ani
male un animale e la pianta una pianta, e ciò per parteci
pare, nella misura del possibile, dell’eterno e del divino79.
[415 b] In effetti è a questo che tutti gli esseri tendono
ed è per questo fine che operano gli esseri che operano
secondo natura (“fine” ha due significati: “ciò in vista di
cui” e “colui a vantaggio del quale”)80. Poiché dunque
questi esseri non possono partecipare con continuità
dell’eterno e del divino, in quanto nessun essere corrutti
bile è in grado di [5] sopravvivere identico e uno di
numero, ciascuno si accomuna per quanto gli è possibile
134 L’ANIMA
διαμένει ούκ αύτό άλλ’ όιον αύτό, άριθμφ μεν
ούχ έν, εΐδει δ’ έν.
έστι δε ή ψυχή τού ζώντος σώματος αιτία καί
αρχή, ταύτα δε πολλαχώς λεγεται, ομοίως δ’ ή
ψυχή κατά τούς διωρισμένους τρόπους τρεις
αίτια- καί γάρ οθεν ή κίνησις καί ού ένεκα καί
ώς ή ουσία των έμψυχων σωμάτων ή ψυχή αιτία,
οτι μεν ούν ώς ουσία, δήλον τό γάρ αίτιον τοΰ
είναι πάσιν ή ουσία, τό δέ ζην τοίς ζώσι τό
είναι έστιν, αιτία δέ καί αρχή τούτου ή ψυχή,
έτι τοΰ δυνάμει όντος λόγος ή 115] εντελέχεια,
φανερόν δ’ ώς καί ού ένεκεν ή ψυχή αίτια- ώσπερ
γάρ ό νους ένεκα του ποιεί, τον αύτόν τρόπον
καί ή φύσις, και τούτ’ έστιν αυτής τέλος,
τοιοΰτον δ’ έν τοίς ζώοις ή ψυχή κατά^φύσιν*
πάντα γάρ τά φυσικά σώματα τής ψυχής όργανα,
καθάπερ τά των ζφων, ούτω καί τά των
φυτών, ώς ένεκα τής ψυχή^ όντα- διττώς δέ τό ού
ένεκα, τό τε ού και τό φ. άλλά μήν καί δθεν
πρώτον ή κατά τύπον κίνησις, ψυχή- ού πάσι δ’
υπάρχει τοίς ζώσιν ή δύναμις αύτη. έστι δέ καί
άλλοιιοσις καί αύξησις κατά ψυχήν- ή μέν γάρ
αίσθησις άλλοίωσίς τις είναι δοκεί, αισθά
νεται δ’ ούθέν ό μή μετέχει ψυχής, ομοίως δέ καί
περί αύξήσεώς τε καί φθίσεως έχει- ούδέν γάρ
φθίνει ούδ’ αύξεται φυσικώς μή τρεφόμενον,
τρέφεται δ’ ούθέν δ μή κοινωνεί ζωής.
’Εμπεδοκλής δ’ ού καλώς είρηκε τούτο προσ-
τιθείς, τήν αύξησιν συμβαίνει ν τοίς φυτοίς κάτω
μέν συρριζουμένοις διά [416 τό τήν γήν ούτω
*
B 4, 415 b 6 - 416 a 1 135
partecipare, chi più e chi meno, e sopravvive non in se
stesso, ma in un individuo simile a sé, non uno di nume
ro, ma uno nella specie.
L’anima è la causa e il principio del corpo vivente.
Ora causa e principio si dicono in molti sensi, e in
conformità a ciò l’anima è [10] causa secondo i tre modi
che abbiamo distinto81. Difatti Tanima è causa come
principio del movimento, come fine e come essenza dei
corpi animati. Che l’anima sia causa come essenza è
manifesto. In effetti l’essenza è per tutte le cose la causa
del loro essere82, e l’essere per i viventi è il vivere, e
causa e principio del vivere è l’anima. Inoltre [157 l’atto
è l’essenza dell’ente in potenza. È poi evidente che
l’anima è causa anche come fine. Allo stesso modo,
infatti, che l’intelletto83 agisce in vista di qualcosa, così
opera pure la natura, e questo è il suo scopo84. Ora negli
animali tale fine, conformemente alla natura, è l’anima.
In effetti tutti i corpi naturali sono strumenti dell’anima,
sia quelli degli animali come quelli [20] delie piante,
poiché esistono per l’anima (“fine” si dice in due sensi:
“ciò in vista di cui” e “colui a vantaggio del quale”)85.
Inoltre l’anima costituisce la prima origine del movi
mento locale, benché questa capacità non appartenga a
tutti i viventi. Ed anche l’alterazione e l’accrescimento
sono dovuti all’anima. Infatti la sensazione sembra esse
re una specie di alterazione, [25] e nessun essere che
non possieda l’anima percepisce. Lo stesso vale per
l’accrescimento e il decadimento, poiché nulla deperisce
o si sviluppa naturalmente se non si nutre, e nulla si
nutre se non partecipa della vita.
Ora non è corretto quanto afferma Empedocle86,
quando aggiunge che nelle piante si produce la crescita
verso il basso mediante lo sviluppo delle radici, perché
[416 a] la terra87 si muove naturalmente in questo
136 L'ANIMA
φέρεσθαι κατά φύσιν, άνω δε διά τό <τό> πύρ
ωσαύτως, ούτε γάρ τό άνω και κάτω καλώς
λαμβάνει (ού γάρ ταύτό πάσι τό άνω και κάτω
και τφ παντί, άλλ’ ώς ή κεφαλή των ζφων, ούτως
αι ρίζαι των φυτών, [51 εΐ χρή τά όργανα λέγειν
έτερα και ταύτά τοις έργοις) πρός δε τούτοις τί
τό συνέχον εις τάναντία φερόμενα τό πύρ και
την γην; διασπασθήσεται γάρ, εί μή τι έσται τό
κωλύον εί δ’ εσται, τοΰτ’ έστιν ή ψυχή, και τό
αίτιον τού αύξάνεσθαι και τρέφεσΘαι. δοκει δε
τισιν ή τού πυρός φύσις άπλώς αιτία της
τροφής και τής αύξήσεως είναι· και γάρ αυτό
φαίνεται μόνον των σωμάτων [ή των στοιχείων]
τρεφόμενον καί αύξόμενον, διό και εν τόίς φυτοΐς
καί έν τοΐς ζφοις ύπολάβοι τις άν τούτο είναι τό
εργαζόμενον, τό δε συναίτιον μεν πώς έστιν, ού
μήν άπλώς γε αίτιον, άλλά/7.5/ μάλλον ή ψυχή- ή
μεν γάρ τού πυρός αύξησις εις άπειρον, έως άν ή
τό καυστόν, τών δε φύσει συνισταμένων πάντων
έστι πέρας καί λόγος μεγέθους τε καί αύξήσεως·
ταύτα δέ ψυχής, άλλ’ ού πυρός, καί λόγου
μάλλον ή ύλης.
έπεί δ’ ή αύτή δύναμις τής ψυχής θρεπτική
καί γεννητική, /20/ περί τροφής άναγκαίον
διωρίσθαι πρώτον άφορίζεται γάρ πρρ£ τάς
άλλας δυνάμεις τφ έργο.) τούτω. δοκεί δ’ είναι ή
τροφή τό εναντίον τφ έναντι<ρ, ού πάν δε παντί,
άλλ’ δσα τών έναντι ων μή μόνον γένεσιν έξ
άλλήλων έχουσιν αλλά καί αυξη σιν· γίνεται γάρ
πολλά έξ άλλήλων, άλλ’ ού πάντα [25] ποσά, οιον
B4, 416 a 1 · 25 137
senso, e verso l’alto, perché questa è la direzione del
fuoco88. In effetti egli non intende esattamente l’alto e il
basso. L’alto e il basso non sono infatti gli stessi per cia
scuna cosa come per l’universo89, ma ciò che è la testa
per gli animali sono le radici per le piante, se gli
organi si devono considerare diversi o identici in rap
porto alle loro funzioni90. Inoltre qual è il principio che
tiene uniti il fuoco e la terra che si muovono lungo dire
zioni opposte? Giacché si divideranno, se non esiste
qualcosa che lo impedisca. E se c’è, questo qualcosa
sarà l’anima, ovvero la causa della crescita e della nutri
zione91. Sembra inoltre ad alcuni92 che la causa
della nutrizione e della crescita sia semplicemente la
natura del fuoco, poiché esso è l’unico dei corpi che
risulta alimentarsi ed accrescersi, e pertanto si potrebbe
pensare che, nelle piante e negli animali, questo elemen
to sia la causa di tali funzioni. Ora il fuoco95, quantun
que sia in certo modo concausa, non è affatto causa in
senso assoluto, ma [15] piuttosto lo è l’anima94.
L’aumento del fuoco procede infatti all’infinito, finché
c’è il combustibile, mentre per tutti gli esseri che sussi
stono naturalmente, c’è un limite ed una proporzione
della loro grandezza e della loro crescita. Esse dipendo
no dall’anima e non dal fuoco, dalla forma95 piuttosto
che dalla materia.
Poiché la medesima facoltà deU’anima è insieme
nutritiva e riproduttiva, [20] bisogna trattare anzitutto
della nutrizione, poiché essa si distingue dalle altre
facoltà per questa funzione. Sembra96 che il contrario
sia l’alimento del contrario; non però ogni contrario è
alimento di ogni contrario, ma quei contrari che non
solo derivano l’uno dall’altro, ma che anche si accresco
no l’un l’altro. In effetti molte cose derivano l’una
dall’altra, ma non tutte [25] hanno una quantità97,
138 L’ANIMA
υγιές εκ κάμνοντος. φαίνεται δ’ ούδ’ εκείνα τον
αυτόν τρόπον άλλήλοις είναι τροφή, άλλα τό μεν
ύδωρ τφ πυρ'ι τροφή, τό δε πΰρ ού τρέφει τό ύδωρ,
εν μεν ούν τοΐς άπλόίς σώμασι ταΰτ’ είναι δοκέί
μάλιστα τό μεν τροφή τό δε τρεφόμενον. απορίαν
δ’ έχει· φασί γάρ οί [30} μέν τό όμοιον τφ όμοίιρ
τρέφεσθαι, καθάπερ καί αύξάνεσθαι, τοις δ’
ώσπερ εΐπομεν τούμπαλιν δοκεί, τό εναντίον τφ
έναντίω, ώς άπαθοΰς όντος του όμοιου υπό τού
όμοιου, την δέ τροφήν δείν μεταβάλλειν καί
πέττεσθαι· ή δε μεταβολή πάσιν εις τό
άντικείμενον ή τό μεταξύ, έτι πάσχει ιή
τροφή ΰπό τοΰ τρεφόμενου, άλλ* ού τούτο υπό
τής Γ416 ί>] τροφής, ώσπερ ούδ’ ό τέκτων υπό τής
ύλης, άλλ’ ύπ’ εκείνου αυτή* ό δέ τέκτων
μεταβάλλει μόνον είς ενέργειαν έξ άργίας.
πότερον δ’ έστίν ή τροφή τό τελευτάίον
προσγινόμενον ή τό πρώτον, έχει διαφοράν, ει δ’
άμφω, άλλ’ ή [5] μέν άπεπτος ή δέ πεπεμμένη,
άμφοτέρως άν ένδέχοιτο τήν τροφήν λέγειν- η μέν
γάρ άπεπτος, τό έναντίον τφ έναντίω τρέφεται, ή
δέ πεπεμμένη, τό όμοιον τφ όμοίω. ώστε φανερόν
ότι λέγουσί τινα τρόπον άμφότεροι καί όρθώς καί
ούκ όρθώς.
έπεί δ’ ούθέν τρέφεται μή μετέχον ζωής, τό [10]
έμψυχον άν είη σώμα τό τρεφόμενον, ή έμψυχον,
ώστε καί ή τροφή προς έμψυχόν έστι, καί ού
κατά συμβεβηκός. έστι δ’ έτερον τροφή καί
αύξητικφ είναι· ή μέν γάρ ποσόν τι τό έμψυχον,
*
B 4. 416 a 25 - b 13 139
com’è il caso del sano che deriva dal malato. Risulta,
poi, che neppure i suddetti contrari sono nutrimento
l’uno dell’altro allo stesso modo98, ma, mentre l’acqua99 è
alimento del fuoco, il fuoco invece non alimenta l’acqua.
È pertanto specialmente nel caso dei corpi semplici che
sembra che dei due contrari uno sia l’alimento e l’altro
ciò che viene alimentato. Ma vi è una difficoltà. Alcuni,
infatti, sostengono [30] che il simile si nutre del simile, e
così pure si accresce. Altri100 invece, come dicevamo,
sono dell’avviso opposto: il contrario si nutre e s’accresce
del contrario. Infatti il simile non può subire un’altera
zione da parte del simile, mentre l’alimento muta ed è
elaborato, e la mutazione si ha sempre verso il termine
opposto o quello intermedio. Inoltre [33] l’alimento
subisce un’alterazione da parte di chi si alimenta, ma non
questo da parte di [416 b] quello101, così come non è il
costruttore a subire l’azione della materia, ma questa di
quello. Il costruttore muta soltanto dallo stato d’inattività
in quello di attività. C’è però una differenza se diciamo
alimento ciò che si aggiunge al corpo nel suo stato ulti
mo, oppure in quello originario. Se entrambi sono ali
mento, ma l’uno [3] è elaborato e l’altro no, si potrà par
lare di alimento secondo entrambe le teorie. In quanto
non è elaborato, si può dire infatti che il contrario si
nutre del contrario; in quanto è elaborato, si può dire
che il simile si nutre del simile. Di conseguenza è eviden
te che gli uni e gli altri in un certo senso si esprimono
correttamente, in un altro no.
Poiché non si nutre se non chi partecipa della vita,
[10] ciò che si nutre è il corpo animato in quanto è ani
mato, e pertanto il nutrimento ha relazione con l’essere
animato, e non accidentalmente102. Vi è però una diffe
renza tra “essere nutrimento” ed “essere causa di cresci
ta”. Infatti, in quanto l’essere animato ha una quan-
140 L'ANIMA
αυξητικόν, ή δε τόδε τι καί ούσία, τροφή (σώζει
γάρ την ουσίαν, καί μέχρι τούτου έστιν έως άν
[15] τρέφηται), καί γενέσεως ποιητικόν, οΰ του
τρεφόμενου, άλλ’ οιον τό τρεφόμενον ήδη γάρ
έστιν αύτοΰ ή ούσία, γέννα δ’ ούθέν αυτό εαυτό,
άλλα σοίζει. ώσθ’ ή μεν τοιαύτη τής ψυχής αρχή
δύναμίς έστιν οϊα σώζει ν τό έχον αυτήν ή
τοιοΰτον, ή δε τροφή παρασκευάζει ένεργειν* διό
στερηθέν [20] τροφής ού δύναται είναι, έπέί δ’
έστι τρία, τό τρεφόμενον καί φ τρέφεται καί τό
τρέφον, τό μεν τρέφον έστιν ή προ'πτ) ψυχή, τό δε
τρεφόμενον τό έχον ταύτην σώμα, φ δε τρέφεται,
ή τροφή, έπεί δε άπό τού τέλους άπαντα
προσαγορεύει ν δίκαιον, τέλος δε τό γεννήσαι οιον
αυτό, ¡25] είη άν ή πρώτη ψυχή γεννητική όίον
αυτό, έστι δε ώ τρέφει διττόν, ώσπερ καί φ
κυβερνά και ή χειρ καί τό πηδάλιον, τό μεν
κινούν καί κινούμενον, τό δέ κινούμενον μόνον,
πάσαν δ’ άναγκάιον τροφήν δύνασθαι πέττεσθαι,
εργάζεται δέ τήν πέψιν τό θερμόν* διό _ παν
έμψυχον έχει Θερμότητα. ¡30] τύπφ μεν ούν ή
τροφή τί έστιν εΐρηται* διασαφητέον δ’ έστίν
ύστερον περί αυτής έν τοίς οίκείοις λόγοις.
B 4, 416 b 13 - 31 141
tità10}, si parla di “causa di crescita”; in quanto tale esse
re è qualcosa di determinato e una sostanza, si parla di
“nutrimento” (giacché quest’ultimo conserva la sostan
za del vivente, il quale sussiste finché si nutre) c di
principio della generazione, non dell’essere che si nutre,
ma di un individuo simile all’essere che si nutre. Infatti
la sostanza di quest’ultimo sussiste già, e nessun essere
genera se stesso, ma si conserva. Di conseguenza tale
principio dell’anima è una facoltà capace di conservare
l’essere che la possiede in quanto tale104, e l’alimento è
ciò che le permette di agire. Perciò, privato di ali
mento, l’essere animato non può sussistere. E poiché ci
sono tre cose105: ciò che viene nutrito, ciò con cui si
nutre e ciò che nutre, diciamo che ciò che nutre è la
prima anima106, ciò che viene nutrito è il corpo che la
possiede, e ciò con cui questo si nutre è l’alimento. Ora,
poiché è giusto denominare ogni cosa dal suo fine, e il
fine è quello di generare un individuo simile a sé, [25] la
prima anima sarà quella che è capace di generare un
essere simile a sé107. “Ciò”, poi, “con cui nutre” ha due
sensi, come anche “ciò con cui governa” può indicare la
mano e il timone: l’una muove ed è mossa, l’altro è sol
tanto mosso. Ora ogni alimento deve poter essere elabo
rato, e ciò che produce la cozione è il calore; perciò
ogni essere animato è provvisto di calore108. [30] A mo’
di abbozzo s’è dunque detto che cos’è la nutrizione.
Ulteriori spiegazioni sull’argomento verranno date in
uno scritto specifico .
109
142 L'ANIMA
Διορισμένων δέ τούτων λέγωμεν κοινή περί
πάσης αίσθήσεως. ή δ’ αΐσθησις εν τώ κινείσθαί
τε και πάσχειν συμβαίνει, καθάπερ εΐρηται- δοκει
γάρ άλλοιωσίς τις ¡33] είναι, φασι δε τινες και το
δμοιον ύπό τού όμοιου πάσχειν. [417 α] τούτο δε
πώς δυνατόν ή άδύνατον, ε’ιρήκαμεν εν τοΐς
καθόλου λόγοι ς περί τού ποιεί ν και πάσχειν. έχει
δ’ άπορίαν διά τί και των αισθήσεων αυτών οΰ
γίνεται αΐσθησις, και διά τί άνευ των έξω ού
ποιοΰσιν αΐσθησιν, ένόντος πυρός και γης καί
των άλλων στοιχείοιν, ών έστιν ή αΐσθησις καθ’
αυτά ή τά συμβεβηκότα τούτοι ς. δήλον ούν ότι
τό αισθητικόν ούκ έστιν ένεργείςι, άλλα δυνάμει
μόνον, διό ούκ αισθάνεται, καθάπερ τό καυστόν
ού καίεται αύτό καθ’ αύτό άνευ τού καυστικού·
έκαιε γάρ άν εαυτό, καί ούθέν έδείτο τού
έντελεχείςι πυρός όντος. επειδή δέ τό
αίσθάνεσθαι λέγομεν διχώς (τό τε γάρ δυνάμει
άκούον καί όρων άκούειν καί όράν λέγομεν, καν
τύχη καθεύδον, καί τό ήδη ενεργούν), διχώς άν
λέγοιτο καί ή αΐσθησις, ή μέν ώς δυνάμει, ή δε
ώς ενεργεί«?., ομοίως δέ καί τό αισθητόν, τό τε
δυνάμει ον καί τό ενεργεί <?. πρώτον μέν ούν ώς
[13] τού αυτού όντος τού πάσχειν καί τού
κινείσθαι καί τού ένεργείν λέγωμεν καί γάρ
έστιν ή κίνησις ένέργειά τις, ατελής μέντοι,
καθάπερ εν έτέροις εΐρηται. πάντα δέ πάσχει καί
κινείται ΰπύ τού ποιητικού καί ένεργείςι όντος.
διό έστι μέν ο>ς ύπό τού όμοιου πάσχει, έστι δέ
ώς ύπό τού άνομοίου, καθάπερ εΐπομεν [20]
B5, 416 b 32-417 a 20 143
5. La facoltà sensitiva
Stabilite queste cose, dobbiamo parlare in generale
di ogni sensazione. Come s’è detto110, la sensazione con
siste nell’essere mossi e nel subire un’azione, giacché
sembra che [35] sia una specie di alterazione. Ora alcu
ni111 sostengono che il simile subisce l’azione del simile.
[417 a] In qual modo ciò sia possibile o impossibile, si è
detto nella trattazione generale sull’agire e il subire112.
Si presenta però un problema: perché non si ha sensa
zione degli stessi sensori, ovvero perché questi ultimi,
senza gli oggetti esterni, non percepiscono, benché in
essi si trovino il fuoco, la terra e gli altri elementi, i
quali sono oggetto di sensazione in se stessi o nei loro
accidenti113? Ovviamente la risposta è che la facoltà sen
sitiva non è in atto, ma soltanto in potenza, e perciò la
percezione non avviene114, alla stessa maniera che il
combustibile non brucia da se stesso, senza il combu
rente: in caso contrario brucerebbe da sé e non ci sareb
be affatto bisogno del fuoco esistente in atto. Poiché
[10] “percepire” si dice in due accezioni (giacché dicia
mo che ascolta e vede sia chi ascolta e vede in potenza,
anche se per caso dorma, sia chi presentemente ascolta
e vede in atto), anche la facoltà sensitiva ha due signifi
cati: in quanto è in potenza e in quanto è in atto. La
stessa cosa vale per l’oggetto sensibile: o è tale in poten
za o in atto. Cominciamo allora la trattazione [15]
ammettendo che subire, essere mosso ed agire siano la
stessa cosa. Infatti, come s’è detto in altri scritti115, il
movimento è una specie di atto116, benché imperfetto117.
Ora ogni essere che subisce un’azione ed è mosso, lo è
ad opera di un agente118 che si trova in atto. È pertanto
possibile, come abbiamo detto119, che una cosa subisca
l’azione del simile come pure del dissimile. [20] La cosa
144 1,'ΑΝΙΜΑ
πάσχει μεν γάρ τό άνόμοιον, πεπονθός δ’ δμοιόν
έστιν.
διαιρετέον δε κάι περί δυνάμεως και
εντελέχειας* νύν γάρ άπλώς έλέγομεν περί αύτών.
έστι μεν γάρ ούτως έπιστήμόν τι ώς άν εΐποιμεν
άνθρωπον επιστήμονα δτι ό άνθρωπος των
επιστημόνων και έχόντων επιστήμην- έστι δ’
ώς ήδη λέγομεν επιστήμονα τον έχοντα την
γραμματικήν- έκάτερος δε τούτων ού τον αύτόν
τρόπον δυνατός έστιν, άλλ’ ό μέν ότι τό γένος
τοιούτον και ή ύλη, ό δ’ ότι βουλή Θείς δυνατός
θεωρείν, άν μή τι κωλύση των έξωθεν* ό δ’ ήδη
θεωρών, έντελεχείςι ών και κυρίως έπιστάμενος
τόδε τό Α. [30 !άμφότεροι μέν ούν οί πρώτοι, κατά
δύναμιν έπι στήμονες [30αΙ <όντες, ένεργείςι
γίνονται έπιστήμονες,>
άλλ’ ό μέν διά μαθήσεως αλλοιωθείς καί
πολλάκις έξ έναντι ας μεταβαλών έξεως, ό δ’ έκ
τού έχειν την αριθμητικήν [417 ύ] ή την
γραμματικήν, μή ένεργείν δε, είς τό ένεργείν,
άλλον τρόπον.
ούκ έστι δ’ άπλ.ούν ουδέ τό πάσχειν, αλλά τό
μέν φθορά τις υπό τού έναντίου, τό δέ σωτηρία
μάλλον ϋπό τού έντελεχεία όντος τού δυνάμει
όντος καί όμοιου ούτως ώς [5] δύναμις έχει προς
έντελέχειαν* θειορούν γάρ γίνεται τό έχον τήν
έπιστήμην, όπερ ή ούκ έστιν άλλοιούσθαι (είς
αυτό γάρ ή έπίδοσις καί είς έντελέχειαν) ή
έτερον γένος άλλοι ώσεως. διό ού καλώς έχει
λέγει ν τό φρονούν, όταν φρονή, άλλοιούσθαι,
ώσπερ ούδέ τον οικοδόμον όταν οίκοδομή, τό
B 5, 417 a 20 - b 9 145
infatti che subisce è il dissimile, ma quando ha subito è
simile.
Riguardo alla potenza e all’atto è necessario fare una
distinzione, giacché ora ne abbiamo discusso in maniera
sommaria. Un essere è conoscente o al modo che direm
mo conoscente l’uomo, perché è uno degli esseri che
conoscono e che possiedono il sapere; oppure al
modo che diciamo ormai conoscente colui che possiede
la conoscenza della grammatica. Costoro non si trovano
in potenza allo stesso modo, ma il primo perché il suo
genere e la sua materia sono di un certo tipo120, il secon
do perché, qualora lo voglia, può esercitare la sua cono
scenza, purché qualche cosa di esterno non glielo impe
disca. Chi, poi, ormai esercita il suo sapere, si trova in
atto e conosce in senso vero e proprio questa determi
nata A. [30] Pertanto i primi due, che sono conoscenti
in potenza, diventano conoscenti in atto, ma il primo
subisce un’alterazione121 mediante l’apprendimento e
mula più volte dalla condizione contraria, mentre il
secondo, [417 b3 diversamente, dal possedere (ma
senza farne uso) l’aritmetica o la grammatica, passa ad
esercitarle.
Neppure “subire” ha un unico significato, ma in una
prima accezione è una specie di distruzione da parte del
contrario, in un’altra è piuttosto la conservazione, da
parte di ciò che è in atto, di ciò che è in potenza e che
gli è simile allo stesso modo che [5] la potenza ha rela
zione con l’atto. Infatti colui che possiede la conoscenza
passa ad esercitarla, e quest’attività o non è un’alterazio
ne (giacché è una crescita del soggetto verso se stesso e
la propria realizzazione), oppure è un genere diverso di
alterazione. Pertanto non è corretto affermare che chi
pensa, quando pensa, come pure l’architetto, quando
costruisce, subiscono un’alterazione. Per tal motivo il
146 L'ANIMA
μεν ούν [ΊΟ] εις εντελέχειαν άγειν εκ δυνάμει
δντος [κατά ] τό νοούν και φρονούν ού δι
δασκαλίαν άλλ’ έτέραν επωνυμίαν έχειν δίκαιον
τό δ’ εκ δυνάμει όντος μανθάνον καί λαμβάνον
επιστήμην υπό τού έντελεχείςχ δντος καί
διδασκαλικού ήτοι ουδέ πάσχειν φατέον, ώσπερ
εΐρηται, ή δυο τρόπους είναι /7.5/ άλλοιώσεως, την
τε έπί τάς στερητικός διαθέσεις μεταβολήν καί
τήν έπί τάς έξεις καί τήν φύσιν. τού δ’
αισθητικού ή μεν πραίτη μεταβολή γίνεται υπό
τού γεννώντος, όταν δέ γεννηθή, έχει ήδη, ώσπερ
έπιστήμην, καί τό αίσθάνεσθαι. τό κατ’ ένέργειαν
δε ομοίως λέγεται τφ θεωρεί ν διαφέρει δέ, δτι
[20] τού μεν τά ποιητικά τής ένεργείας έξωθεν, τό
ορατόν καί τό άκουστόν, ομοίως δέ καί τά λοιπά
των αισθητών, αίτιον δ’ δτι των καθ’ έκαστον ή
κατ’ ένέργειαν αίσθησις, ή δ’ έπιστήμη των
καθόλου* ταύτα δ’ έν αυτή πώς έστι τή ψυχή, διό
νοήσαι μεν έπ’ αύτφ, όπόταν βούληται,
αίσθάνεσθαι δ’ οΰκ έπ’ /25/ αύτφ- άναγκάίον γάρ
ύπάρχειν τό αισθητόν, ομοίως δέ τούτο έχει κάν
ταίς έπιστήμαις τάϊς των αισθητών, καί διά τήν
αυτήν αιτίαν, δτι τά αισθητά τών καθ’ έκαστα
καί τών έξωθεν.
άλλά περί μέν τούτων διασαφήσαι καιρός
γένοιτ’ άν καί είσαύθις- νύν δέ διωρίσθω τοσού-
τον, δτι οΰχ άπλού δντος τού [301 δυνάμει
λεγομένου, άλλά τού μέν ώσπερ άν είποιμεν τον
πάίδα δύνασθαι στρατηγείν, τού δέ ώς τον έν
ήλικίςχ δντα, ούτως έχει [418 β] τό αισθητικόν,
έπεί δ’ άνώνυμος αυτών ή διαφορά, δκόρισται δέ
περί αυτών δτι έτερα καί πώς έτερα, χρήσθαι
άναγκάίον το) πάσχειν καί άλλοιούσθαι ώς
B 5, 417 b 10 -418 a 3 147
[10] passaggio di un essere intelligente e pensante dalla
potenza all’atto non si chiama insegnamento, ma deve
avere un altro nome122. Riguardo poi a chi, essendo in
potenza, impara ed acquisisce la conoscenza da chi la
possiede in atto ed è idoneo ad insegnare, si deve dire o
che non subisce un’alterazione, come si è affermato123,
oppure che ci sono due modi di alterazione: il muta
mento verso le condizioni privative e quello verso gli stati
positivi e la natura del soggetto124.
Il primo mutamento dell’essere sensitivo è prodotto
dal generante: quando è generato, egli possiede ormai la
sensazione allo stesso modo che la scienza125. La sensa
zione in atto, poi, si può dire che sia analoga all’esercizio
della scienza, e tuttavia se ne distingue, poiché, [20] nel
suo caso, gli agenti che producono l’atto sono esterni: il
visibile, l’udibile, e così pure gli altri sensibili. La causa
di ciò è che la sensazione in atto ha per oggetto i singola
ri, mentre la scienza gli universali126, e questi ultimi in
certo modo127 si trovano nell’anima stessa. Pertanto il
pensare dipende dal soggetto, quando lo voglia, mentre il
percepire non dipende da [25] lui, giacché è necessaria la
presenza del sensibile. Una situazione analoga si verifica
anche nelle scienze che hanno per oggetto i sensibili128, e
per la stessa ragione, e cioè che i sensibili sono singolari
ed esterni. Ma l’occasione di chiarire questi punti si pre
senterà anche in séguito129.
Per ora è sufficiente aver stabilito che [30] l’espressio
ne “essere in potenza” non ha un solo significato. Come,
infatti, diremmo che può diventare stratego in un certo
modo il bambino e in un altro l’adulto, così si può parla
re di potenza anche [418 a] nel caso della facoltà sensiti
va. Ma poiché la differenza fra queste due “potenze” non
ha un nome (quantunque si sia stabilito che e come esse
si distinguono130), bisogna usare i termini “subire” ed
148 L'ANIMA
κυρίοις όνόμασιν. τό δ’ αισθητικόν δυνάμει έστίν
οίον το αισθητόν ήδη έντελεχείςς καθάπερ
εΐρηται. [ 5] πάσχει μεν ούν ούχ δμοιον ον,
πεπονθός δ’ ώμοίωται και έστιν οίον εκείνο.
6
Λεκτέον δε καθ’ έκάστην άϊσθησιν περί των
αισθητών πρώτον, λέγεται δε τό αισθητόν τριχώς,
ών δύο μέν καθ’ αυτά φαμεν αίσθάνεσθαι, τό δε
έν κατά συμβεβηκός. τών / 707 δε δυοΐν τό μεν
ΐδιόν έστιν έκάστης αίσθήσεως, τό δε κοινόν
πασών, λέγω δ’ ίδιον μέν δ μη ενδέχεται έτέρςι
αίσθήσει αίσθάνεσθαι, καί περί δ μη ένδέχεται
άπατηθήναι, οίον δψις χριόματος καί άκοή ψόφου
καί γεΰσις χυμού, ή δ’ άφή πλείους [μέν] έχει
διαφοράς, άλλ’ έκάστη γε κρίνει 1151 περί τούτων,
καί ούκ άπατάται δτι χρώμα ούδ’ δτι ψόφος,
άλλα τί τό κεχ^ωσμένον ή πού, ή τί τό ψοφούν ή
πού. τα μέν ούν τοιαύτα λέγεται ίδια έκάστης,
κοινά δέ κίνησις, ηρεμία, άριθμός, σχήμα,
μέγεθος- τά γάρ τοιαύτα ούδεμιάς έστιν ίδια,
άλλα κοινά πάσαις- καί γάρ άφή κίνησίς τίς 1201
έστιν αισθητή καί_ δψει. κατά συμβεβηκός δέ
λέγεται αισθητόν, οίον εί τό λευκόν είη Διάρους
υιός* κατά συμβεβηκός γάρ τούτου αισθάνεται,
δτι τώ λευκώ συμβέβηκε τούτο, ού αίσθάνεται-
διό καί ούδέν πάσχει ή τοιούτον ΰπό τού
αισθητού, τών δέ καθ’ αύτά αισθητών τά ίδια
κυρίως έστιν 1251 αισθητά, καί προς ά ή ούσία
πέφυκεν έκάστης αίσθήσεως.
B 5, 418 a 3-6, 418 a 25 149
“essere alterato” come se fossero termini appropriati131.
Ora, come s’è detto132, la facoltà sensitiva è in potenza
ciò che il sensibile è già in atto. Pertanto essa subisce,
poiché non è simile all’oggetto, mentre quando ha subito
assomiglia e diventa simile a quello.
6. Le tre specie di sensibili
Riguardo a ciascun senso, si deve parlare anzitutto dei
sensibili. Il sensibile può denotare tre specie di oggetti:
due diciamo che sono sensibili per sé ed uno per acci
dente133. Di [10] quei due, poi, uno è proprio di ciascun
senso, mentre l’altro è comune a tutti134. Dico “proprio”
quello che non può essere percepito con un altro
senso135, e rispetto a cui non è possibile l’errore: ad esem
pio per la vista il colore, per l’udito il suono e per il gusto
il sapore, mentre il tatto ha per oggetto molte varietà di
sensibili136. Tuttavia ogni senso giudica almeno [15] i
propri oggetti, e non s’inganna sul fatto che un colore o
un suono ci sia137, ma su che cosa e dove sia l’oggetto
colorato o sonoro. Tali sensibili, dunque, si dicono pro
pri di ciascun senso. I sensibili comuni138 sono invece il
movimento, la quiete, il numero, la figura e la grandezza,
giacché essi non sono propri di alcun senso, ma comuni a
tutti, in quanto un dato movimento [20] è percepibile sia
al tatto che alla vista. Si parla, poi, di sensibile per acci
dente quando, ad esempio, il bianco è figlio di Diare.
Infatti il figlio di Diare lo percepiamo accidentalmente,
perché al bianco accede il figlio di Diare che è percepi
to139. Perciò non subiamo alcuna azione dell’ente sensibi
le in quanto tale140. Dei sensibili per sé, quelli veramente
[25] tali sono i propri ed è a questi che si rapporta natu
ralmente141 l’essenza di ciascun senso.
150 L'ANIMA
7
Ού μεν ούν έστιν ή όψις, τούτ’ έστιν ορατόν,
ορατόν δ’ έστι χρώμα τε και ο λόγφ μεν έστιν
είπειν, ανώνυμον δέ τυγχάνει ον δηλον δε έσται
ό λέγομεν προελθούσι. τό γάρ ορατόν έστι χρώμα,
τούτο δ’ έστι τό έπί τού /30/ καθ' αύτό ορατού*
καθ’ αύτό δέ ού τφ λόγιο, άλλ’ δτι έν έαυτφ έχει
τό αίτιον τού είναι ορατόν, παν δε χρώμα κινητι
κόν [418 ί>] έστι τού κατ’ ένέργειαν διαφανούς,
και τούτ’ έστιν αυτού ή φύσις* διόπερ ούχ
ορατόν άνευ φωτός, άλλα παν τό έκαστου χρώμα
έν φωτί όράται. διό περί φωτός πρώτον λεκτέον τί
έστιν. έστι δη τι διαφανές, διαφανές δέ λέγω δ
έστι μέν /5/ ορατόν, ού καθ’ αύτό δέ ορατόν ώς
απλώς είπειν, άλλα δι’ άλλότριον χρώμα,
τοιούτον δε έστιν ,άήρ και ΰδωρ_ καί. πολλά τών
στερεών ού γάρ ή ύδωρ ούδ’ ή άήρ διαφανές,
άλλ’ δτι έστι τις φύσις ένυπάρχουσα ή αύτή έν
τούτοις άμφοτέροις καί έν τφ άΐδίφ τφ άνω
σώματι. φώ<^ δέ έστιν ή τούτου ένέργεια, Π01 τού
διαφανούς η διαφανές, δυνάμει δέ, έν φ τούτ’
έστί, καί τό σκότος, τό δέ φώς όίον χρώμα έστι
τού διαφανούς, όταν_ έντελεχείςι διαφανές ύπό
πυρός η τοιούτου οίον τό άνω σώμα* καί γάρ
τούτφ τι ύπάρχει έν καί ταύτόν. τί μέν ούν το
διαφανές καί τί τό φώς, εΐρηται, δτι ούτε πύρ
ούθ’ δλως /7 5/ σώμα ούδ’ άπορροή σώματος
ούδενός (εϊη γάρ άν σώμά τι καί ούτιος), άλλά
πυρός η τοιούτου τίνος παρουσία έν τφ διαφανεΐ*
ούτε γάρ δύο σοίματα άμα δυνατόν έν τφ αύτφ
είναι, δοκεί τε τό φώς έναντίον είναι τφ σκότει*
έστι δε τό σκότος στέρησις της τοιαύτης έξεως έκ
B 7, 418 a 26-b 19 151
7. La vista
Oggetto della vista è il visibile. Visibile è il colore e
inoltre ciò che può essere espresso con un discorso, ma
che si trova a non avere un nome: quanto intendiamo
dire sarà chiaro più avanti142. Il visibile è in effetti il colo
re, ed il colore è ciò che si trova sul [30] visibile per sé:
dico “per sé” non perché sia visibile per sua essenza, ma
perché possiede in se stesso143 la causa della sua visibilità.
Ora ogni colore [418 b] è capace di muovere144 il traspa
rente che si trova in atto145, e questa è la sua natura.
Pertanto il colore non è visibile senza la luce, ma ogni
colore di ciascuna cosa si vede nella luce. Bisogna perciò
dire anzitutto che cos'è la luce. Esiste dunque qualcosa
di trasparente. Chiamo trasparente ciò che è [3] visibile,
ma, per esprimermi propriamente, non visibile per sé,
bensì per mezzo di un colore estraneo. Tali sono Taria,
racqua e molti corpi solidi146. Non sono però trasparenti
in quanto acqua o aria, ma perché in essi è presente ima
determinata natura147, che è la medesima in entrambi e
nel corpo eterno che si trova in alto. La luce è Tatto di
questo148, [10] ossia del trasparente in quanto trasparen
te149. Dove il trasparente è in potenza, lì c'è il buio. La
luce è per così dire il colore del trasparente, quando il
trasparente è in atto per Fazione del fuoco o di qualcosa
di simile al corpo che sta in alto, poiché anche questo
possiede la stessa e medesima caratteristica150.
Che cosa dunque sia il trasparente e che cosa sia la
luce s’è detto: la luce non è fuoco né, in generale, [13] un
corpo né un'emanazione di alcun corpo151 (giacché anche
in questo caso sarebbe un corpo), ma è la presenza del
fuoco (o di qualcosa di simile) nel trasparente. Infatti è
impossibile che due corpi occupino contemporaneamen
te lo stesso luogo152. Inoltre sembra che la luce sia il con
trario del buio. Ma il buio è la privazione di tale stato nel
152 L'ANIMA
διαφανούς, ώστε δήλον δτι και ή τούτου
παρουσία τό φως έστιν. και ούκ όρθιος
’Εμπεδοκλής, ούδ’ εΐ τις άλλος ούτως έΐρηκεν, ώς
φερομενου τού φωτός και γιγνομένου ποτέ μεταξύ
τής γης καί. τού περιέχοντος, ήμάς δε
λανθάνοντος· τούτο γάρ έστι και παρά την τού
λόγου ένάργειαν και παρά τά φαινόμενα· έν [25]
μικρφ μεν γάρ διαστήματι λάθοι άν, απ’
ανατολής δ’ έπι δυσμάς το λανθάνειν μέγα λίαν
τό αίτημα.
έστι δε
χρώματος μεν δεκτικόν τό άχρουν, ψόφου δε τό
άψοφον. άχρουν δ’ έστι τό διαφανές και τό
αόρατον ή τό μόλις όρώμενον, όίον δοκέί τό
σκοτεινόν, τοιούτον δέ τό διαφανές [30] μέν, άλλ’
οΰχ δταν ή έντελεχεία διαφανές, άλλ’ όταν
δυνάμει* ή γάρ αυτή φύσις ότέ μέν σκότος ότέ δέ
φως [419 έστιν. ού πάντα δέ ορατά έν φωτί
έστιν, άλλά μόνον έκάστου τό οίκεΐον χρώμα*
ένια γάρ έν μέν τφ φωτι ούχ ύράται, έν δέ τφ
σκότει ποιεί αϊσΘησιν, οιον τά πυρώδη φαινόμενα
και λάμποντα (άνοίνυμα δ’ έστι ταύτα ένι
όνόματι), όίον 151 μύκης, κέρας, κεφαλαί Ιχθύων
καί. λεπίδες και οφθαλμοί* άλλ’ ούδενός όράται
τούτων τό οίκείον χρώμα, δι* ήν μέν ούν αιτίαν
ταύτα ύράται, άλλος λόγος* νύν δ’ έπί. τοσούτον
φανερόν έστιν, ότι τό μέν έν φωτι όρώμενον
χρώμα (διό καί ούχ όράται άνευ φωτός* τούτο
γάρ ήν αύτφ τό /70 ]χριόματι είναι, τό κινητικφ
είναι τού κατ’ ένέργειαν διαφανούς), ή δ’
εντελέχεια τού διαφανούς φώς έστιν. σημειον δέ
τούτου φανερόν· έάν γάρ τις θή τό έχον χρώμα
έπ’ αύτήν τήν όψιν, ούκ όψεται* άλλά τό μέν
χρώμα κινεί τό διαφανές, οιον τον άέρα, ύπό
B 7, 418 b 19-419« 14 153
trasparente; è quindi manifesto che [20] la luce è la pre
senza di questo stato. Inoltre non è esatta155 l’opinione di
Empedocle154 (e di chi altro si sia espresso come lui155), il
quale ritiene che la luce si muove, e che ad un certo
momento si trova fra la terra e il limite dell’universo156,
ma che ciò sfugge alla nostra percezione. In realtà questa
teoria contrasta sia con l’evidenza della ragione157 sia con
i fatti d’esperienza. Quel movimento158 [25] potrebbe
infatti passare inosservato in una piccola distanza, ma
che ci sfugga da oriente ad occidente è una pretesa dav
vero eccessiva.
Ricettivo del colore è ciò che non è colorato, come del
suono ciò che non è sonoro. Non colorato è il trasparen
te, e inoltre ciò che non si vede o si vede appena, come
sembra essere l’oscuro. Il trasparente è non colorato,
[30] non però quando è trasparente in atto, ma quando
lo è in potenza. Infatti la medesima natura159 talvolta
[419 a] è buio e talvolta luce. Non però tutti gli oggetti
visibili sono tali nella luce, ma soltanto il colore proprio
di ciascuno. In realtà alcuni oggetti nella luce non si
vedono, ed invece vengono percepiti nel buio, come
quelli che paiono di fuoco e che brillano (per i quali, tut
tavia, non c’è un unico nome), ad esempio [5] il fungo, il
corno160, e le teste, le squame e gli occhi dei pesci. Di
nessuno di questi oggetti è visibile il colore proprio.
Quale sia, poi, la causa per cui queste sostanze si vedono
è un’altra questione161. Per il momento risulta evidente
questo punto: ciò che si vede nella luce è il colore.
Pertanto non si vede senza la luce, giacché [10] l’essenza
propria del colore è, come dicevamo162, di essere capace
di muovere il trasparente in atto, e l’atto del trasparente è
la luce. Un chiaro indizio di questo fatto è il seguente: se
si pone l’oggetto colorato sullo stesso organo della vista,
non lo si vedrà165. In realtà il colore muove il trasparente,
154 L'ANIMA
τούτου δε συνεχούς όντος κινείται /2-57 τό
αισθητήριον, ού γάρ καλώς τούτο λέγει Δημό
κριτος, οίόμενος, εί γένοιτο κενόν τό μετοϊξύ,
όράσθαι αν ακριβώς και εί μύρμηξ έν τφ ούρανφ
εΐη· τούτο γάρ αδύνατόν έστιν. πάσχοντος γάρ τι
τού αισθητικού γίνεται τό όράν- ύπ’ αύτού μεν
ούν τού όρίομένου χριόματος αδύνατον* λείπεται
δη ύπό /20/ τού μεταξύ, ώστ’ άναγκαΐόν τι είναι
μεταξύ* κενού δε γενομένου ούχ ότι ακριβώς,
άλλ’ όλος ούθέν όφθήσεται.
δι* ήν μεν ούν αιτίαν τό χρώμα άναγκαΐόν έν
φωτί όράσθαι, εΐρηται. πύρ δε έν άμφοΐν όράται,
καί έν σκότει και έν φιοτί, και τούτο έξ ανάγκης*
τό γάρ διαφανές ύπό τούτου γίνεται διαφανές,
ό δ’ αύτός λόγος καί περί ψόφου και οσμής
έστιν* ούθέν γάρ αύτών άπτόμενον τού
αισθητηρίου ποιεί την αισθησιν, άλλ’ ύπό μέν
οσμής καί ψόφου τό μεταξύ κινείται, ύπό δέ
τούτου τών αίσΟητηρίιον έκάτερον* όταν δ’ έπ’
αύτύ τις έπιθή τό αισθητήριον τό ψοφούν ή τό
όζον, ούδεμίαν /30/ αισθησιν ποιήσει, περί δέ
άφής και γεύσεως έχει μέν όμοίως, ού φαίνεται
δέ* δι’ ήν δ’ αιτίαν, ύστερον έσται δήλον. τό δέ
μεταξύ ψόφων μέν άήρ, οσμής δ’ ανώνυμον*
κοινόν γάρ τι πάθος έπ’ άέρος καί ύδατος έστιν,
ώσπερ τό διαφανές χρώματι, οΰτω τφ έχοντι
οσμήν ό έν άμφοτέροις /551 ύπάρχει τούτοις*
φαίνεται γάρ και τά ένυδρα τών ζφων Γ419 ύ]
έχειν αισθησιν οσμής, άλλ’ ό μεν άνθρωπος, καί
τών πεζών όσα άναπνεΐ. άδυνατεΐ όσμάσθαι μη
άναπνέοντα. ή δ’ αιτία καί περί τούτων ύστερον
λεχθήσεται.
B 7, 419 a 14 - b 3 155
ad esempio l’aria, e da quest’ultima, che ha un’estensione
continua, è mosso [15] il sensorio. In effetti Democrito164
non dice bene, quando sostiene che, se il mezzo divenisse
vuoto, si vedrebbe distintamente anche una formica che
si trovasse in cielo. Questo è impossibile. Difatti il vedere
ha luogo quando la facoltà sensitiva subisce una modifi
cazione. Ora è impossibile che questa modificazione pro
venga dallo stesso colore nel momento in cui viene visto.
Rimane dunque che provenga dal [20] mezzo. Di conse
guenza è necessario che esista un mezzo. Ma se questo è
vuoto, un oggetto non solo non lo si vedrà distintamente,
ma non lo si vedrà affatto.
Si è dunque detto165 per quale motivo è necessario
che il colore sia visto nella luce. Il fuoco invece si vede in
entrambe le condizioni, sia nel buio sia nella luce, e
necessariamente, [25] poiché il trasparente diventa tale
per l’azione del fuoco. Lo stesso discorso vale anche per
il suono e l’odore. In effetti nessuno dei due, qualora
siano in diretto contatto con l’organo sensorio, vengono
percepiti, ma dall’odore e dal suono viene mosso il
mezzo, e da questo entrambi i sensori. Qualora invece si
ponga sopra lo stesso sensorio l’oggetto sonoro od odo
roso, [30] non si avrà alcuna sensazione. La stessa cosa
vale anche per il tatto e il gusto, benché non sembri: il
motivo di ciò verrà chiarito più avanti166. Il mezzo per i
suoni è l’aria, quello per l’odore non ha un nome. C’è
infatti una caratteristica comune all’aria e all’acqua, e
come il trasparente sta al colore, così questa caratteristi
ca, [35] che è presente in entrambi gli elementi, sta
all’oggetto odoroso167. In effetti risulta che anche gli ani
mali acquatici [419 b] percepiscono gli odori, mentre
l’uomo e gli animali terrestri che respirano non possono
percepire gli odori senza respirare. La causa di questo
fatto verrà detta successivamente168.
156 L'ANIMA
Νύν δε πρώτον περί ψόφου και ακοής
διορίσωμεν. έστι 131 δε διττός ό ψόφος* ό μεν γάρ
ενέργεια τις, ό δε δύναμις* τά μεν γάρ ού φαμεν
έχειν ψόφον, οίον σπόγγον, έρια, τά δ’ έχειν, οιον
χαλκόν καί όσα στερεά και λεία, ότι δόναται
ψοφήσαι (τούτο δ’ έστιν αυτού μεταξύ καί τής
άκοής έμποιήσαι ψόφον ενεργείςΟ* γίνεται δ’ ο
κατ’ ενέργειαν /70/ψόφος άεί τίνος πρός τι καί εν
τινι* πληγή γάρ έστιν ή ποιούσα, διό καί
αδύνατον ενός οντος γενέσθαι ψόφον* έτερον γάρ
τό τύπτον καί τό τυπτόμενον* ώστε τό ψοφούν
πρός τι ψοφεί* πληγή δ’ ού γίνεται άνευ φοράς,
ώσπερ δ’ εΐπομεν, ού τών τυχόντων πληγή ό
ψόφος* ούθένα γάρ ποιεί ψόφον /7.5/ έρια άν
πληγή, αλλά χαλκός και όσα λεία καί κοίλα* ό
μεν χαλκός ότι λείος, τά δέ κοίλα τή ανακλάσει
πολλας ποιεί πληγάς μετά. τήν πρώτη ν,
άδυνατούντος έξελΟείν τού κινηθεντος. έτι
ακούεται έν αέρι, κάν ϋδατι, άλλ’ ήττον, ^ ούκ
έστι δέ ψόφου κύριος ό άήρ ουδέ τό ύδωρ, άλλά
δει / 201 στερεών πληγήν γενέσθαι πρός άλλη λα
καί πρός τον αέρα, τούτο δέ γίνεται ^ όταν
ύπομένη πληγείς ό άήρ καί μή διαχυθή. διό έάν
ταχέως καί σφοδρώς πληγή, ψοφεί* δει γάρ
φθάσαι τήν κίνησιν τού ραπίζοντος την θρύψιν
τού άέρος, ώσπερ άν εί σωρόν ή όρμιαθόν ψάμμου
τύπτοι τις φερόμενον 1231 ταχύ, ήχώ δέ γίνεται
όταν, άπό τού άέρος ένύς γενομένου διά τό
B 8, 419 b 4-26 157
8. L’udito
Veniamo ora a trattare anzitutto169 del suono e
deirudito. [5] Il suono c’è in una duplice accezione:
l’uno è un atto e l’altro potenza. Alcune cose diciamo
infatti che non hanno suono, ad esempio la spugna e la
lana, mentre altre sì, come il bronzo e i corpi duri e lisci,
e ciò perché possono risuonare, ovvero produrre un
suono in atto fra loro e l’udito. [10] Il suono in atto è
sempre prodotto dall’urto di qualcosa contro qualcosa e
in qualcosa, perché ciò che lo produce è una percussio
ne. È pertanto impossibile che si abbia un suono in pre
senza di un solo oggetto, giacché il percuziente e il per
cosso sono distinti. Di conseguenza ciò che risuona,
risuona contro qualcosa, e la percussione non ha luogo
senza una traslazione170. Come s’è detto171, il suono non è
la percussione di due oggetti qualsiasi. Infatti [15] la
lana, se viene battuta, non emette alcun suono, ed invece
il bronzo e i corpi lisci e cavi sì: il bronzo perché è liscio,
mentre i corpi cavi, con la ripercussione, producono
molti colpi dopo il primo, giacché l’aria che è stata mossa
non può uscire. Inoltre il suono è udito nell’aria ed anche
(ma di meno) nell’acqua. Non è però l’aria né l’acqua la
causa principale del suono, ma deve [20] prodursi un
urto dei corpi solidi l’uno contro l’altro e contro l’aria.
Questo avviene quando l’aria, dopo essere stata percossa,
persiste e non si disperde. Se perciò la si colpisce veloce
mente e con forza172, risuona. Il movimento del corpo
percuziente deve infatti prevenire la dispersione dell’aria,
come sarebbe necessario fare se si volesse colpire un
mucchio o un vortice di sabbia che si muove [25] veloce
mente .
L’eco si produce quando, da173 una massa d’aria che
s’è formata in un corpo cavo che la limita e le impedisce
158 L'ANIMA
άγγειον xò διόρισαν και κωλΰσαν θρυφθήναι,
πάλιν ό άήρ άπωσθή, ώσπερ σφαίρα, έοικε δ* άεί
γίνεσθαι ηχώ, άλλ’ ού σαφής, έπει συμβαίνει γε
έπι τοΰ ψόφου καθάπερ και έπι τοΰ φωτός· και
γάρ τό φως άει ανακλάται (ουδέ γάρ άν
έγίνετο πάντη φως, άλλα σκότος έξω τοΰ
ήλιουμένου), άλλ’ οΰχ ούτως ανακλάται ώσπερ
άφ’ ΰδατος ή χαλκοΰ ή καί τίνος άλλου των
λείων, ώστε σκιάν ποιεΊν, ή τό φως όρίζομεν. τό
δε κενόν όρΟώς λέγεται κύριον τοΰ άκούειν. δοκει
γάρ είναι κενόν ό άήρ, ούτος δ’ έστιν ό ποιων
[331 άκούειν, όταν κινηΘή^ συνεχής και εις. άλλα
διά τό_ ψαθυρός [420 a] είναι ού γεγωνει, άν μή
λειον ή τό πληγέν. τότε δε έίς γίνεται άμα διά τό
επίπεδον εν γάρ τό τοΰ λείου επίπεδον.
ψοφητικόν μεν ούν τό κινητικόν ενός άέρος
συνεχείς μέχρις άκοής. ακοή δέ συμφυής <έστιν>
άήρ· διά δέ τό έν άέρι είναι, [3] κινούμενου τοΰ
έξω ό εΐσω κινείται, διόπερ ού πάντη τό ζφον
άκούει, ουδέ πάντη διέρχεται ό άήρ· ού γάρ
πάντη έχει άέρα τχό κινησόμενον μέρος και
έμψοφον. αυτός μέν δή άψοφον ό άήρ διά τό
εύθρυπτον* όταν δέ κωλυΟή ΟρύπτεσΟαι, ή τούτου
κίνησις ψόφος, ό δ’ έν τοΐς ώσιν έγκατψκοδό-
μηται προς τό /1 01 άκίνητος είναι, όπως άκριβώς
αίσθάνηται πάσας τάς διαφοράς τής κινήσεως.
διά ταΰτα δέ και έν ΰδατι άκούομεν, ότι οΰκ
εισέρχεται προς αυτόν τόν συμφυή άέρα- άλλ’
ούδ’ εις τό ούς, διά τάς έλικας, όταν δέ τοΰτο
%
B8, 419 b 26-420 a 15 159
di disperdersi, rana174 viene respinta indietro come una
palla. Sembra che l’eco si formi sempre, ma che non sia
perspicuo, giacché avviene per il suono un fenomeno
analogo a quello che accade per la luce. Anche la luce,
infatti, si riflette sempre [30] (in caso contrario la luce
non si estenderebbe dappertutto, ma ci sarebbe buio,
eccetto che nella zona illuminata dal sole), ma non sem
pre si riflette come quando viene riflessa dall’acqua o dal
bronzo o da un’altra superficie liscia, ossia in modo da
produrre l’ombra, mediante la quale determiniamo la
luce. Giustamente si dice, poi, che il vuoto è la causa
principale dell’udire175. Si ritiene176 infatti che l’aria sia
vuoto, e l’aria fa [35] udire quando venga mossa in con
dizioni di continuità e unità. Ma per la sua friabilità [420
a] non risuona, a meno che l’oggetto colpito non sia
liscio. In questo caso l’aria diventa contemporaneamente
una sola massa a causa della superficie, giacché la super
ficie di un corpo liscio è una.
Sonoro è dunque il corpo capace di muovere una
massa d’aria, che si estenda ininterrottamente sino
all’organo dell’udito. A quest’organo è congenita
dell’aria, e poiché esso si trova nell’aria esterna, [5] quan
do si muove questa, si muove anche quella interna.
Pertanto l’animale non ode con ogni parte del corpo né
l’aria penetra in ogni parte, giacché la parte che dev’esse
re messa in movimento e che deve ricevere il suono non
ha l’aria in ogni punto del corpo177. Di per se stessa, dun
que, l’aria non ha un suono, perché è facilmente friabile;
qualora però le si impedisca di frantumarsi, il suo movi
mento è suono. L’aria è racchiusa nelle orecchie [10] per
ché sia immobile e percepisca esattamente tutte le diffe
renze del movimento178. Per questa ragione udiamo
anche nell’acqua, perché essa non penetra fino nell’aria
congenita; anzi neppure nell’orecchio, a motivo delle cir-
160 L’ANIMA
συμβή, ούκ ακούει· ούδ’ άν ή μήνιγξ κάμη,
ώσπερ χό έπι τη κόρη [ δέρμα [όταν κάμη].
άλλα και σημεϊον τού άκούειν η μή τό ήχεΐν άει
τό ούς ώσπερ τό κεράς- άει γάρ οίκείαν τινά
κίνησιν ό άήρ κινείται ό έν τοΐς ώσίν, άλλ’ ό
ψόφος άλλότριος και ούκ ίδιος, και διά τούτο
φασιν άκούειν τφ κενφ και ήχούντι, ότι
άκούομεν τφ έχοντι οιρισμενον τον άέρα.
πότερον [20]
δε ψοφει τό τυπτόμενον ή τό τύπτον; ή και άμφω,
τρόπον δ’ έτερον; έστι γάρ ό ψόφος κίνησις τού
δυναμένου κινεί σθαι τον τρόπον τούτον ΰνπερ τά
άφαλλόμενα άπό των λείων, όταν τις κρούση, ου
δή παν, ώσπερ εΐρηται, ψοφει τυπτόμενον και
τύπτον, όιον εάν πατάξη βελόνη^ βελόνην, [25]
άλλα δει τό τυπτόμενον ομαλόν είναι, ώστε τον
άερα άΟροΰν άφάλλεσθαι και σείεσθαι. αί δε
διάφοροί των ψοφούντων έν τφ κατ’ ενέργειαν
ψόφφ δηλοΰνται· ώσπερ γάρ άνευ φωτός ούχ
όράται τά χραίματα, ούτως ούδ’ άνευ ψόφου τό
όξύ και τό βαρύ, ταύτα δε λέγεται κατά
μεταφοράν άπό [30] των άπτών· τό μεν γάρ όξύ
κινεί τήν αίσθησιν έν όλίγψ χρόνφ επί πολύ, τό
δε βαρύ έν πολλφ επ’ ολίγον, ού δή ταχύ τό όξύ,
τό δε βαρύ βραδύ, άλλά γίνεται τού μεν διά τό
τάχος ή κίνησις τοιαύτη, τού δε διά βραδύτητα,
[420 ύ] καί έοικεν άνάλογον έχειν τφ περί, την
άφήν όξει καί άμβλεν τό μεν γάρ όξύ όίον
κεντεΐ, τό δ’ άμβλύ οιον ωθεί, διά τό κινεΐν το
μεν έν όλίγφ τό δέ έν πολλφ, ώστε συμβαίνει τό
μεν ταχύ τό δε βραδύ είναι.
\
B8. 420· 13 -b4 161
convoluzioni179. Quando ciò accade ¡’orecchio non ode, e
neppure se la membrana180 è malata, come l’occhio non
vede [15] qualora sia leso l’involucro della pupilla181. Un
indizio, poi, che si ode o no è che l’orecchio182 risuoni
sempre come un corno185. Infatti l’aria contenuta nelle
orecchie si muove continuamente con un movimento
proprio; il suono però è esterno e non proprio. Per que
sto motivo alcuni affermano che si ode per mezzo di ciò
che è vuoto e risonante184, poiché udiamo mediante un
organo che ha una quantità d’aria determinata.
Ma [20] risuona il percosso o il percuziente? O piut
tosto risuonano entrambi, ma in modo diverso185? In
effetti il suono è un movimento di ciò che può essere
mosso186, allo stesso modo che gli oggetti rimbalzano
dalle superfici lisce, quando le si colpisca. Pertanto,
come s'è detto187, non tutto ciò che è percosso o percuo
te emette un suono (come quando, ad esempio, un ago
colpisce un ago), [25] ma ciò che viene percosso
dev’essere uniforme, cosicché l’aria rimbalzi e vibri tutta
insieme. Quanto poi alle differenze tra i corpi sonori,
esse si manifestano nel suono in atto. Come infatti senza
la luce non si vedono i colori, così senza il suono non si
distinguono l’acuto e il grave. Questi due termini sono
assunti per metafora dagli [30] oggetti del tatto, giacché
l’acuto muove il senso molto in poco tempo, mentre il
grave poco in molto tempo188. Non è però che189 l’acuto
s’identifichi col veloce e il grave col lento, ma nel primo
caso il movimento si effettua nel modo descritto a causa
della velocità, nel secondo a causa della lentezza. [420 b]
Tali qualità del suono sembrano avere un’analogia con
l’acuto e l’ottuso percepiti dal tatto. L’acuto infatti, per
così dire, punge, mentre l’ottuso spinge, poiché l’uno
muove il senso in poco tempo e l’altro in molto, sicché
ne consegue che l’uno è veloce e l’altro lento. [5]
162 L'ANIMA
περί μεν ούν ψόφου τούτη διωρίσθω. ή δε
φωνή ψόφος τίς έστιν εμψύχου- των γάρ άψυχων
ούθέν φωνει, άλλα καθ’ ομοιότητα λέγεται
φωνεΐν, όιον αυλός και λύρα και όσα άλλα των
άψύχων άπότασιν έχει και μέλος και διάλεκτον,
έοικε γάρ, ότι και ή φωνή ταύτ’ έχευ πολλά δε
των ζωων ούκ έχουσι ί 1 φωνήν, όιον τά τε
άναιμα και των έναίμων ιχθύες (καί τοϋτ’
εύλόγως, είπερ άέρος κίνησίς τίς έστιν ό ψόφος),
άλλ’ οι λεγόμενοι φωνεΐν, όιον <οί> έν τφ
Άχελωω, ψοφοΰσι τοίς βραγχίοις ή τινι έτέρφ
τοιούτφ, φίονή δ’ έστι ζώου ψόφος ού τφ τυχόντι
μορίφ. άλλ’ έπεί πάν ψοφέι τύπτοντός τίνος
καί τι καί έν τινι, τούτο δ’ έστιν άήρ, εύλόγως
άν φωνοίη ταΰτα μόνα όσα δέχεται τον αέρα, τφ
γάρ ήδη άναπνεομένφ καταχρήται ή φύσις έπί
δύο έργα — καθάπερ τή γλώττη έπί τε τήν γεύσιν
καί τήν διάλεκτον, ών ή μεν γεύσις άναγκαιον
(διό καί πλείοσιν υπάρχει), ή δ’ έρμηνεία
ένεκα τού ευ, ούτω καί τφ πνεύματι πρός τε τήν
θερμότητα τήν έντός ιός άναγκαιον <όν> (τό δ’
αίτιον έν έτέροις εΐρήσεται) καί προς τήν φωνήν
όπως ύπάρχη τό εύ. όργανον δε τή άναπνοη ό
φάρυγξ· ού δ’ ένεκα τό μόριύν έστι τούτο,
πνεύμων- τούτω γάρ τφ μορίφ πλέον έχει τό [25]
θερμόν τά πεζά των άλλων, δειται δε της
άναπνοης καί ό περί τήν' καρδίαν τόπος πρώτος,
διό άναγκαιον εισω άναπνεομένου είσιέναι τον
άέρα. όίστε ή πληγή τού άναπνεομένου άέρος ύπό
B 8. 420 b 5 - 28 163
Riguardo al suono può bastare quello che si è precisa
to. Quanto alla voce, essa è un suono dell’essere anima
to190. In effetti nessuno degli esseri inanimati emette una
voce, ma per somiglianza si dice che ce l’hanno, come il
flauto, la lira e quanti altri oggetti inanimati possiedono
registro, melodia ed articolazione. Essi sembrano avere
una voce, giacché la voce possiede queste proprietà.
Molti animali, però, non hanno [10] voce, ad esempio
quelli non sanguigni191 e, tra i sanguigni, i pesci (e ciò è
comprensibile, dal momento che il suono è un certo
movimento dell’aria). Quanto ai pesci di cui si dice che
abbiano la voce, come quelli dell’Acheloo192, essi emetto
no bensì suoni con le branchie o con un altro organo
simile, ma la voce è un suono dell’animale che non è pro
dotto con una qualsiasi parte del corpo. Ora, poiché ogni
emissione di suono si produce quando qualcosa urta
contro qualcosa e in qualcosa, ossia nell’aria, è ragione
vole pensare che emettano voce soltanto gli animali che
assumono l’aria. In effetti la natura si giova dell’aria già
inspirata per due funzioni: come utilizza la lingua sia per
il gusto che per il linguaggio (e di essi il gusto è necessa
rio, e pertanto appartiene a più animali, mentre la capa
cità di esprimersi [20] è in vista del bene191), allo stesso
modo fa uso del pneuma sia per il calore interno194, come
qualcosa di necessario (il motivo di ciò si dirà altrove195),
sia per la voce, al fine di uno stato più favorevole.
Organo della respirazione è la laringe, ed il fine per
cui questa parte corporea esiste è il polmone, poiché è
grazie al polmone che [25] gli animali terrestri possiedo
no più calore degli altri. La respirazione è però necessa
ria in primo luogo alla regione cardiaca196. Perciò, quan
do l’aria viene inspirata197, essa deve penetrare all’interno
del corpo. Quindi la voce è l’urto dell’aria inspirata con
tro la cosiddetta trachea, urto prodotto dall’anima che
164 L'ANIMA
της εν τούτοις τοΐς μορίοις ψυχής προς τήν
καλουμένην αρτηρίαν φωνή έστιν (ού γάρ πας
ζφου ψόφος φωνή,/30/ καΘάπερ εΐπομεν — έστι γάρ
και τη γλώττη ψοφειν και ώς οι βήττοντες — άλλα
δει έμψυχόν τε είναι τό τύπτον και μετά
φαντασίας τινός· σημαντικός γάρ δή τις ψόφος
έστιν ή φιυνή)* και ού τού άναπνεομένου άέρος
ώσπερ ή βήξ, [421 a] άλλα τούτω τύπτει τον έν τή
άρτηρίςΕ προς αύτήν. σημείον δέ τό μη δύνασθαι
φωνεΐν άναπνέοντα μηδ’ έκπνέοντα, άλλα
κατέχοντα· κινεί γάρ τούτιρ ό κατέχων. φανερόν
δε και διότι οί ιχθύες άφωνοι* ού γάρ έχουσι
φάρυγγα. τούτο 151 δέ τό μόριον ούκ έχουσιν δτι
ού δέχονται τον άερα ούδ’ άναπνέουσιν. δι* ήν
μέν ούν αιτίαν, έτερός έστι λόγος.
9
Περί δέ ύσμής και ύσφραντοϋ ήττον
εύδιόριστύν έστι των είρημένων ού γάρ δήλον
ποιόν τί έστιν ή όσμή, ούτως ώς ό ψόφος ή τό
χρώμα, αίτιον δ’ οτι την αΐσθησιν ταύτην ούκ
[101 έχομεν ά.κριβή, άλλα χείρω πολλών ζφων*
φαύλως γάρ άνθρωπος όσμάται, καί ούθενός
αισθάνεται τών όσφραντών άνευ τού λυπηρού ή
τού ήδεος, ώς ούκ όντος ακριβούς τού αισθητη
ρίου. εύλογον δ’ ούτω καί τά σκληρόφθαλμα τών
χρωμάτων αίσθάνεσθαι, καί μη δι αδήλους αύτοίς
είναι τάς 1151 διαφοράς τών χρο^μάτων πλήν τφ
φοβερφ και άφόβω- ούτω δέ καί περί τάς όσμάς
τό τών άνθρίόπων γένος, έοικε μέν γάρ άνάλογον
έχειν πρύς την γεύσιν, καί ομοίως τά είδη τών
B 8. 420 b 29 -9. 421 a 17 165
risiede in queste parti corporee198. Difatti, come s’è
detto , non ogni suono deli’animale è voce (giacché si
199
può emettere un suono anche con la lingua o tossendo),
ma il percuziente200 dev’essere animato ed accompagnar
si ad un’immagine201. In effetti la voce è un suono che
significa qualcosa202, e non semplicemente, come la tosse,
il suono dell’aria inspirata. [421 a] Con quest’aria il per
cuziente urta l’aria che si trova nella trachea contro la
trachea stessa. Una riprova di ciò è che non si può parla
re quando si inspira o si espira, ma quando si trattiene il
respiro: chi infatti trattiene il respiro, con esso produce
questo movimento. Ed è anche manifesto perché i pesci
sono privi di voce: perché non hanno laringe. E man
cano di questa parte corporea perché non assumono
l’aria e non respirano. Per quale causa ciò avvenga è un
altro discorso203.
9. L’olfatto
Per quanto riguarda l’olfatto e l’oggetto odoroso,
determinarli è meno facile che nei casi già esposti, poiché
la natura specifica dell’odore non è manifesta come quel
la del suono o del colore. La causa di ciò è che questo
senso [10] in noi non è acuto, ma inferiore a quello di
molti animali. In effetti l’uomo avverte debolmente gli
odori, e non percepisce nessun oggetto odoroso senza
dolore o piacere, e ciò perché questo sensorio non è
acuto. Verosimilmente gli animali con gli occhi duri204
percepiscono i colori in questo stesso modo, e cioè le
[13] differenze tra i colori non risultano ad essi evidenti
se non in quanto costituiscono o no un motivo di timore.
Ora la specie umana si trova in questa stessa situazione
rispetto agli odori. Infatti sembra bensì che l’olfatto sia
166 L’ANIMA
χυμών τοίς τής οσμής, άλλ’ άκριβεστέραν έχομεν
την γεύσιν διά τό είναι αυτήν άφήν τινα, ταυ την
δ’ έχειν την 120] αίσθησιν τον άνθρωπον
άκριβεστάτην* έν μεν γάρ ταις άλλαις λείπεται
πολλών τών ζφων, κατά δε τήν άφήν πολλφ τών
άλλων διαφερόντως ακριβοί· διό κάΐ φρονιμώ-
τατόν έστι τών ζώων, σημείον δε τό και έν τώ
γένει τών ανθρώπων παρά τό αισθητήριον τούτο
είναι ευφυείς και αφυείς, παρ’ άλλο 125] δε μηδέν*
οί μεν γάρ σκληρόσαρκοι αφυείς τήν διάνοιαν, οί
δε μαλακόσαρκοι ευφυείς.
έστι δ’, ώσπερ χυμός ό μεν
γλυκύς ό δε πικρός, οϋτω και όσμαί, άλλά τά μεν
έ^ουσι τήν άνάλογον οσμήν και χυμόν, λέγω δε
οιον γλυκεΐαν οσμήν και γλυκύν χυμόν, τά δε
τουναντίον, ομοίως δε καί δριμεία καί
αυστηρά καί οξεία καί λιπαρά έστιν όσμή. άλλ’
ώσπερ είπομεν, διά τό μή σφόδρα διαδήλους είναι
τάς ύσμάς ώσπερ τούς χυμούς, άπό τούτων εΐληφε
τά ονόματα [421 ί>] καθ’ ομοιότητα τών
πραγμάτων, ή μέν γάρ γλυκεία κρόκου καί
μέλιτος, ή δε δριμεία θύμου καί τών τοιούτων
τον αύτόν δε τρόπον καί έπί τών άλλων, έστι δ’
ώσπερ ή άκοή καί έκάστη τών αισθήσεων, ή μέν
τού άκουστοΰ 15] καί άνηκούστου, ή δε τού
ορατού καί άορά-του, καί ή όσφρησις τού
όσφραντού καί άν-οσφράντου. άνόσφραντον δε τό
μεν παρά τό ολως άδύνατον <είναι> έχειν οσμήν,
τό δε μικράν έχον καί φαύλην. ομοίως δε καί τό
άγευστον λέγεται.
έστι δέ καί ή όσφρησις διά τού μεταξύ, οιον
άέρος ή ύδατος* I 10] καί γάρ τά ένυδρα δοκούσιν
οσμής αίσθάνεσθαι, ομοίως καί τά έναιμα καί τά
άναιμα, ώσπερ καί ' τά έν τώ άέρι* καί γάρ
B 9, 421 a 17 - b 12 167
analogo al gusto e che le specie dei sapori siano simili a
quelle degli odori, ma il gusto è più acuto dell’olfatto,
perché è una specie di tatto, e questo è [20] il più acuto
dei sensi dell’uomo. In effetti, mentre negli altri sensi è
inferiore a molti animali, nell’acutezza del tatto di gran
lunga si distingue dagli altri. Per questo motivo è il più
intelligente degli animali. Un segno di questo fatto è che,
anche nella specie umana, ci sono ben dotati e mal dotati
in virtù di questo sensorio [25] e di nessun altro. Coloro
infatti che hanno la carne dura sono mal dotati quanto al
pensiero; quelli invece dalla carne tenera sono ben
dotati205.
Come un sapore è dolce o amaro, così lo sono anche
gli odori206, ma alcuni oggetti hanno odori e sapori analo
ghi, intendo dire, ad esempio, odore dolce e sapore
dolce, mentre per altri207 avviene il contrario. Allo stesso
modo [30] un odore può essere pungente, acre, acido e
grasso. Ma poiché, come s’è detto208, gli odori non sono
chiaramente distinguibili come i sapori, da questi209
hanno assunto il nome, [421 b] in base alla somiglianza
di tali oggetti: difatti210 l’odore dolce è quello del croco e
del miele, e l’odore pungente è quello del timo e di altre
cose simili, e allo stesso modo negli altri casi. Inoltre,
come l’udito e ciascun altro senso hanno per oggetto
l’udibile [5] e il non udibile, il visibile e il non visibile,
così l’olfatto ha per oggetto l’odorabile e l’inodoro211.
Inodoro è sia ciò che è tale perché è del tutto impossibile
che abbia odore, sia ciò che ne ha poco o debole. La stes
sa cosa si può dire anche per il non gustabile.
Anche l’olfatto opera attraverso il mezzo, ossia l’aria o
l’acqua. [10] Infatti gli animali acquatici, sia quelli san
guigni che quelli non sanguigni212, sembra che percepi
scano l’odore al pari di quelli che vivono nell’aria213,
giacché alcuni animali acquatici si muovono da lontano
168 L’ANIMA
τούτων ένια πόρρα>θεν άπαντά προς τήν τροφήν
ΰποσμα γινόμενα, διό και άπορον φαίνεται εί
πάντα μεν ομοίως όσμάται, ό δ’ άνθρωπος
άναπνέων μέν, μή άναπνέων δε [15] άλλ’ έκπνέων
ή κατέχων τό πνεύμα ούκ όσμάται, ούτε
πόρρωθεν ούτ’ έγγύθεν, ούδ’ άν επί τού μυκτήρος
εντός τεθή* καί τό μέν επ’ αύτφ τιθέμενον τφ
αίσθητηρίιρ άναίσθητον είναι κοινόν πάντων,
άλλα τό άνευ τού άναπνεΐν μή αίσθάνεσθαι ίδιον
¿7ά των άνθρώπων· δήλον δε πειρωμένοις- ώστε
[20] τά άναιμα, επειδή ούκ άναπνέουσιν, έτέραν
άν τιν’ αίσθησιν έχοι παρά τάς λεγομένας. άλλ’
άδύνατον, είπερ τής οσμής αισθάνεται- ή γάρ τού
όσφραντού αΐσθησις καί δυσώδους καί εύώδους
οσφρησίς έστιν. έτι δε καί φθειρόμενα φαίνεται
ύπό των ισχυρών ύσμών ύφ’ ώνπερ άνθρωπος,
οίον άσφάλτου [25] καί θείου καί των τοιούτων.
όσφραίνεσθαι μέν ούν άναγκαίον, άλλ’ ούκ
άναπνέοντα. έοικε δέ τοίς άνθροίποις διαφέρειν τό
αισθητήριον τούτο προς τό των άλλων ζφων,
ώσπερ τά όμματα προς τά των σκληροφθάλμων —
τά μέν γάρ έχει φράγμα καί ώσπερ έλυτρον τά
βλέφαρα, ά μή κινήσας / 301 μηδ’ άνασπάσας ούχ
όρά' τά δέ σκληρύφθαλμα ούδέν έχει τοιούτον,
άλλ’ εύθέως όρςί τά γινόμενα εν τφ διαφανει —
ούτως ούν καί τό ύσφραντικόν αισθητήριον τοΐς
μέν [422 η] άκαλυφές είναι, ώσπερ τό όμμα, τοις
δέ τον αέρα δεχομένοις έχειν έπικάλυμμα, δ
άναπνεόντων άποκαλύπτεται, διευρυνομένων των
φλεβίων καί των πόρων, καί διά τούτο τά
άναπνέοντα ούκ όσμάται έν τφ ΰγρφ- άναγκαίον
γάρ 15/ ύσφρανθήναι άναπνεύσαντα, τούτο δέ
B 9, 421 b 12 - 422 a 5 169
alla ricerca del cibo, guidati dall’odore. Si presenta per*
ciò una difficoltà: tutti gli animali percepiscono gli odori
allo stesso modo e l’uomo quando inspira; quando non
inspira, [15] ma espira o trattiene il pneuma non avverte
gli odori né da lontano né da vicino, neppure se l’oggetto
odoroso gli sia posto nell’interno, sulle narici214. Che
l’oggetto posto sullo stesso organo sensorio non sia per
cepibile, è un fenomeno comune a tutti gli animali; ma il
fatto di non percepire gli odori senza respirare è peculia
re degli uomini, come risulta dall’esperienza. Di conse
guenza [20] gli animali non sanguigni215, poiché non
respirano, dovrebbero avere un altro senso oltre quelli
suddetti. Ma ciò è impossibile, se questi animali percepi
scono davvero l’odore. Il senso, infatti, che percepisce
l’odorabile, sia sgradevole che gradevole, è l’olfatto216.
Inoltre risulta che gli animali non sanguigni muoiono per
l’azione degli stessi forti odori che sono letali per l’uomo:
ad esempio quelli del bitume, [25] dello zolfo e di
sostanze simili. Essi dunque devono percepire gli odori,
ma senza respirare217. Sembra che nell’uomo quest’orga
no sensorio differisca da quello degli altri animali, come i
suoi occhi differiscono da quelli degli animali con gli
occhi duri. E infatti gli occhi dell’uomo hanno come
riparo e involucro le palpebre, e se egli non le muove
[30] e non le solleva, non vede; gli animali con gli occhi
duri non hanno invece nulla di simile, ma vedono sùbito
ciò che si presenta nel trasparente. Allo stesso modo
l’organo olfattivo sembra che in alcuni animali [422 a}
sia scoperto, al pari dell’occhio, mentre in quelli che
immettono l’aria, pare che abbia una membrana, la quale
si rimuove quando respirano, a causa della dilatazione
delle vene e dei pori. Ed è per questo motivo che gli ani
mali che respirano non percepiscono l'odore nel liquido,
giacché [5] per percepirlo è necessario inspirare, e questa
170 L'ANIMA
ποιείν έν τφ ύγρφ αδύνατον, έστι δ’ ή όσμή τού
ξηρού (ώσπερ ό χυμός τού υγρού), τό δε
οσφραντικόν αισθητήριον δυνάμει τοιούτον.
10
Τό δε γευστόν έστιν άπτόν τι* και τούτ’ αίτιον
τού μή είναι αισθητόν διά τού μεταξύ άλλοτρίου
δντος σώματος- 1101 ουδέ γάρ ή άφή. και τό σώμα
δε έν φ ό χυμός, τό γευστόν, έν ύγρφ ώς ύλη*
τούτο δ’ άπτόν' τι. διό καν εί έν ύδατι ήμεν,
ήσθανόμεθ’ άν έμβληθέντος τού γλυκέος, ούκ ήν
δ’ άν ή αΐσθησις ήμΐν διά τού μεταξύ, άλλά τφ
μιχθήναι τφ ύγρφ, καθάπερ έπι τού ποτού, τό δέ
χρώμα/75/ ούχ ούτως όράται τφ μίγνυσθαι, ούδε
ταις άπορροίαις. ώς μεν ούν τό μεταξύ ούθέν
έστιν* ώς δε χρώμα τό ορατόν, οϋτω τό γευστόν ό
χυμός, ούθέν δέ ποιεί χυμού αϊσθησιν άνευ
ύγρότητος, άλλ’ έχει ένεργείςι ή δυνάμει
ύγρότητα, όιον τό άλμυρόν* εύτηκτόν τε γάρ
αυτό και συντηκτικύν γλιυττης. [201 ώσπερ δέ και
ή δψις έστι τού τε ορατού και τού άοράτου (τό
γάρ σκότος άύρατον, κρίνει δέ καί τούτο ή όψις),
έτι τε τού λίαν' λαμπρού (και γάρ τούτο άόρατον,
άλλον δέ τρόπον τού σκύτους), ομοίως δέ και ή
άκοή ψόφου τε και σιγής, ών τό μέν άκουστόν τό
δ’ ούκ άκουστόν, και μεγάλου ψόφου /25 καθά
περ ή δψις τού λαμπρού (ώσπερ γάρ ό μικρός
*
B 9.422 «5- 10,422 ■ 25 171
funzione è impossibile nel liquido. L’odore appartiene al
secco (come il sapore all’umido), e l’organo olfattivo è
potenzialmente tale218.
10. Il gusto
L’oggetto del gusto è una specie di tangibile, ed è que
sto il motivo per cui non è percepito mediante un corpo
estraneo che funga da mezzo, poiché ciò non si veri
fica neppure per il tatto219. Inoltre il corpo in cui si trova
il sapore (ossia l’oggetto del gusto) è nell’umido come
nella sua materia, e l’umido è qualcosa di tangibile.
Perciò, anche se stessimo nell’acqua, percepiremmo
bensì qualcosa di dolce che vi fosse stato immesso, e tut
tavia la sensazione non si avrebbe in noi attraverso un
mezzo, ma perché il dolce è stato mescolato col liquido,
come avviene per una bevanda220. Invece il colore [15]
non è percepito in questo modo, ossia mediante una
mescolanza, e neppure a causa di emanazioni221. Nel caso
del gusto non c’è dunque nulla che funga da mezzo; tut
tavia, come l’oggetto della vista è il colore, così l’oggetto
del gusto è il sapore. Nessuna cosa, poi, produce la sen
sazione del sapore senza umidità, e quest’umidità deve
averla in atto o in potenza, come ad esempio una sostan
za salata; questa, infatti, si scioglie essa stessa facilmente
ed ha potere solvente sulla lingua222. [20] Inoltre la vista
ha per oggetto il visibile e l’invisibile (il buio infatti è
invisibile, e la vista distingue anche questo)223, come pure
ciò che è troppo splendente224 (giacché anche questo è
invisibile, ma in modo diverso dal buio). Similmente
l’udito ha per oggetto il suono e il silenzio (il primo udi
bile, il secondo non udibile) ed anche il suono troppo
intenso, [25] al pari della vista che ha per oggetto lo
splendente (come, infatti, non è percepibile il suono
172 L'ANIMA
ψόφος ανήκουστος, τρόπον τινά και ό μέγας τε
και ό βίαιος), αόρατον δε το μεν όλως λέγεται,
ώσπερ και επ’ άλλων τό αδύνατον, τό δ' εάν
πεφυκός μη έχη ή φαύλως, ώσπερ τό άπουν κάΐ
τό άπύρηνον—ούτω δη και ή γεύσις τού γευστού
[30 / τε και άγεύστου, τούτο δε τό μικρόν ή
φαύλον έχον χυμόν ή φθαρτικύν της γεόσεως.
δοκέ! δ’ είναι αρχή τό ποτόν και άποτον (γεύσις
γάρ τις άμφότερα* άλλα τό μέν φαύλη και
φθαρτική [τής γεύσεως], τό δε κατά φύσιν)· έστι
δε κοινόν άφής και γεύσεως τό ποτόν. έπει δ’
υγρόν τό γευστόν, [422 ύ ] ανάγκη και τό
αισθητήριον αύτού μήτε ύγρόν είναι έντελεχείςι
μήτε αδύνατον ύγραίνεσθαι· πάσχει γάρ τι ή
γεύσις υπό τού γευστού, ή γευστόν. άναγκάίον
άρα ύγρανΟήναι τό δυνάμενον μέν ύγραίνεσθαι
σωζόμενον, μή ΰγρύν δέ, τό γευστικόν
αισθητήριον, σημέίον δέ τό μήτε κατάξηρον
ούσαν την γλώτταν αίσθάνεσθαι μήτε λίαν
ύγράν αϋτη γάρ άφή γίνεται τού πρώτου υγρού,
ώσπερ όταν προγευματίσας τις ισχυρού χυμού
γεύηται ετέρου, και οι ον τοΐς κάμνουσι πικρά
πάντα φαίνεται διά τό τή γλώττη πλήρει τοιαύτης
ύγρότητος [ΙΟΙ αίσθάνεσθαι. τά δ’ είδη των
χυμών, ώσπερ και επί των χρωμάτων, άπλά μέν
τάναντία, τό γλυκύ και τό πικρόν, έχόμενα δέ
τού μέν τό λιπαρόν, τού δέ τό άλμυρόν μεταξύ
δέ τούτων τό τε δριμύ και τό αύστηρόν καί
στρυφνόν και όξύ· σχεδόν γάρ αύται δοκούσιν
είναι διαφοραι χυμών. [151 ώστε τό γευστικόν έστι
τό δυνάμει τοιοΰτον, γευστόν δέ τό ποιητικόν
έντελεχεία αύτού.
B IO,422 a 25 - b 16 173
debole, in certo modo non lo è neppure il suono forte e
violento). “Invisibile”, poi, si dice o ciò che lo è in asso
luto225, allo stesso modo che in altri casi si parla di
impossibile, o ciò che, pur essendo visibile di natura sua,
non lo è di fatto o lo è debolmente, come nel caso
dell’animale senza piedi e del frutto senza seme. Così il
gusto ha per oggetto il gustabile [30] e il non gustabile, e
quest’ultimo è ciò che ha scarso o debole sapore, oppure
ciò che può distruggere il gusto226.
Il principio della distinzione sembra essere quello tra
il bevibile e il non bevibile, giacché entrambi227 sono una
forma di gusto228, ma il non bevibile è debole o distrutti
vo, mentre il bevibile è secondo natura. Inoltre il bevibile
è comune al tatto e al gusto229. Poiché l’oggetto gustabile
è umido, [422 b] il suo sensorio non dev’essere umido in
atto e neppure incapace di diventare umido. In effetti il
gusto subisce un’azione del gustabile in quanto tale.
Pertanto ciò che può essere inumidito, ma non è ancora
umido, ossia il [3] sensorio del gusto, dev’essere inumidi
to, conservando però la sua natura. Un indizio di ciò è
che la lingua non percepisce i sapori quando è compieta-
mente secca o troppo umida250. In quest’ultimo caso,
infatti, avviene un contatto251 con l’umido preesistente252,
come quando, gustato prima un forte sapore, se ne gusta
un altro, o come capita agli ammalati, ai quali ogni cosa
sembra amara, perché la [10] percepiscono con la lingua
piena di un’umidità amara. Le specie dei sapori si distin
guono come quelle dei colori: sapori semplici o contrari
(il dolce e l’amaro), quelli derivati (dal primo il grasso,
dal secondo il salato), e quelli intermedi tra questi ultimi
(il piccante, l’acre, l’aspro e l’acido)253. Sembra, infatti,
che siano queste, approssimativamente, le differenze dei
sapori. [13] La facoltà del gusto è allora in potenza tali
sapori, ed il gustabile è ciò che la fa passare in atto.
174 ίΛΑΝΙΜΑ
11
Περί δε τοΰ άπτοΰ και περί άφής ό αΰτός
λόγος· ει γάρ ή άφή μη μία έστιν αΐσθησις άλλά
πλείους, άναγκαΐον και τά απτά αισθητά πλείω
είναι, έχει δ’ απορίαν πότερον πλείους είσιν ή
μία, και τί τό αισθητήριον τό τοΰ άπτικοΰ,
πότερον ή σαρξ και έν τοις άλλοις τό άνάλογον,
ή οΰ, άλλα τοΰτο μέν έστι τό μεταξύ, τό δε
πρώτον αισθητήριον άλλο τί έστιν εντός, πάσα
γάρ αΐσθησις μιας έναντιώσεοας είναι δοκεΐ, οιον
όψις λευκού και μελανός, και άκοή οξέος καί
[25] βαρέος, και γεύσις πικρού καί γλυκέος* έν δέ
τφ άπτφ πολλαί ένεισιν έναντιώσεις, θερμόν
ψυχρόν, ξηρόν υγρόν, σκληρόν μαλακόν, καί των
άλλων όσα τοιαΰτα. έχει δέ τι να λύσιν πρός γε
ταύτην την απορίαν, ότι καί έπί των άλλων
αισθήσεων εισίν έναντι οκτεις πλείους, όιον έν
φωνή οΰ 1301 μόνον όξύτης καί βαρύτης, άλλα
καί μέγεθος καί μικρότης, καί λειότης καί
τραχύτης φωνής, καί τοιαύθ’ έτερα. είσί δέ καί
περί χρώμα διαφοραί τοιαύται έτεραι. άλλα τί τό
έν τό υποκείμενον, ώσπερ άκοη ψόφος, οΰτω τη
άφή, ούκ έστιν ένδηλον.
πότερον δ’ έστι τό αισθητήριον έντός, ή ου,
[423 άλλ’ ευθέως ή σάρξ, ούδέν δοκεΐ σημεΐον
είναι τό γίνεσθαι την αΐσθησιν άμα
θιγγανομένων. καί γάρ νΰν εΐ τις περί την σάρκα
περιτείνειεν όίον υμένα ποιήσας, ομοίως την
αΐσθησιν ευθέως άψάμενος ένσημανεΐ· καίτοι
δήλον ώς ούκ έστιν έν τούτα.) τό αισθητήριον
(ει δέ καί συμφυής γένοιτο, θάττον έτι διικνοΐτ’
άν ή αΐσθησις)· διό τό τοιοΰτον μόριον τού
σώματος έοικεν ούτως έχειν ώσπερ άν εί κύκλω
B 11, 422 b 17 - 423 a 7 175
11. Il tatto
Riguardo al tangibile e al tatto bisogna fare uno stesso
discorso234. Se, infatti, il tatto non è un unico senso, ma
più sensi, devono essere molti anche i sensibili tattili. Si
presenta però una difficoltà: il tatto [20] è più sensi od è
un senso solo? Inoltre qual è il sensorio della facoltà tat
tile, la carne e ciò che negli altri animali vi è di
analogo235, oppure questa è il mezzo, mentre il sensorio
primo è qualcos’altro, situato all’interno236? In effetti
ogni senso sembra riferirsi ad un’unica opposizione: la
vista termina al bianco e al nero, l’udito all’acuto e [25]
al grave, il gusto all’amaro e al dolce. Nel tangibile sono
incluse invece molte opposizioni: caldo-freddo, secco
umido, duro-molle, ed altre qualità simili. Una qualche
soluzione di questo problema sta nel fatto che anche a
proposito degli altri sensi ci sono molte opposizioni. Ad
esempio alla voce appartengono non [30] solo l’acutezza
e la gravità, ma anche la grandezza e la piccolezza di
volume, la levità e l’asprezza, ed altre simili caratteristi
che. Pure il colore presenta altre varietà di questo tipo.
Tuttavia non è chiaro che sia quell’unica cosa che funge
da oggetto del tatto, come il suono lo è dell’udito237.
Circa poi la questione se il sensorio è interno oppure
no, ma [423 a] immediatamente la carne, nessun indizio
sembra provenire dal fatto che la sensazione si produce
non appena avviene un contatto. E infatti, nella situazio
ne presente, se si238 confezionasse e si stendesse intorno
alla carne una specie di membrana, questa ugualmente,
toccato l'oggetto, segnalerebbe sùbito la sensazione, ben
ché sia evidente che [5] il sensorio non si trova nella
membrana. Se poi questa membrana fosse congenita239,
la sensazione si trasmetterebbe ancor più rapidamente.
Sembra, pertanto, che tale parte del corpo si trovi in una
176 L’ANIMA
ήμίν περιεπεφύκει ό αήρ· έδοκούμεν γάρ άν ένί
τινι αίσθάνεσθαι και ψόφου και χρώματος και
οσμής, και μία τις αΐσθησις είναι όψις άκοή
όσφρησις. νύν δε διά τό διοιρίσθαι δι’ ού γίνονται
αί κινήσεις, φανερά τά είρημένα αισθητήρια
έτερα όντα, έπι δε τής άφής τούτο νΰν άδηλον έξ
άερος μεν γάρ ή ΰδατος αδύνατον συστήναι τό
έμψυχον σώμα· δει γάρ τι στερεόν είναι* λείπεται
δή μικτόν εκ γής καί τούτων είναι, οιον βούλεται
είναι ή σάρξ / 7 και τό ανάλογον ώστε
άναγκάίον τό σώμα είναι τό μεταξύ τοΰ απτικού
προσπεφυκός, δι’ ού γίνονται αί αισθήσεις
πλείους ούσαι. δηλοΐ δ’ ότι πλείους ή έπι τής
γλώττης άφή· άπάντων γάρ τών άπτών
αισθάνεται κατά τό αύτύ μόριον καί χυμού, εί
μεν ούν καί ή άλλη σάρξ ήσθάνετο τού χυμού,
έδόκει άν ή / 201 αύτή καί μία είναι αΐσθησις ή
γεύσις καί ή άφή· νύν δέ δύο διά τό μη
άντιστρέφειν.
άπορήσειε δ’ άν τις, εί πάν σώμα βάθος έχει,
τούτο δ’ έστί τό τρίτον μέγεθος, ων δ’ έστί δύο
σωμάτων μεταξύ σώμά τι, ούκ ένδεχεται ταύτα
άλλήλων άπτεσθαι, τό δ’ ύγρόν ούκ έστιν
άνευ σώματος, ούδέ τό διερόν, άλλ’ άναγκοίιον
ύδωρ είναι ή έχειν ύδωρ, τά δέ άπτόμενα
άλλήλων έν τώ ϋδατι, μη ξηρών τών άκρων
όντων, άναγκαίον ύδωρ έχειν μεταξύ, ού άνάπλεα
τά έσχατα, εί δέ τούτ’ άληθές, άδύνατον άψασθαι
άλλο άλλου έν ύδατι, τύν αύτόν δέ τρόπον καί έν
τφ άερι (ομοίως γάρ έχει ό άήρ προς τά έν
αύτω καί τό ύδωρ προς τά έν τφ ύδατι, λανθάνει
B 11,423 a 7-31 177
situazione simile a quella delibarla che per natura fosse
tutt’intorno unita a noi: penseremmo, infatti240, di perce
pire con un solo organo il suono, il colore e l’odore, e
così la vista, l’udito [10] e l’olfatto ci sembrerebbero un
unico senso. Ora, poiché il mezzo attraverso cui avvengo
no tali movimenti è distinto dal corpo, evidentemente i
suddetti organi sono diversi tra loro. A proposito del
tatto questo punto è ancora oscuro241. È infatti impossi
bile che il corpo animato sia costituito d’aria o d’acqua,
poiché dev’essere qualcosa di solido. Rimane dunque che
sia un composto di terra e dei detti elementi, come
richiede di esserlo la carne [15e ciò che le è analogo. Di
conseguenza bisogna che il corpo242 costituisca il mezzo
unito per natura alla facoltà del tatto, ed è mediante que
sto mezzo che si producono più sensazioni. Che siano
più lo mostra il tatto localizzato nella lingua, giacché la
lingua percepisce tutti i tangibili con la medesima
parte24* con cui percepisce il sapore. Se dunque anche il
resto della carne avesse la percezione del sapore, potreb
be sembrare che [20] il gusto e il tatto fossero un solo e
medesimo senso, mentre in realtà sono due, poiché non
sono convertibili244.
Si presenta però una difficoltà. Ogni corpo ha una
profondità, e questa è la terza dimensione, e due corpi,
tra i quali sia posto un terzo, non possono essere in con
tatto245 tra loro. Ora l’umido non esiste senza un corpo, e
neppure il bagnato, ma necessariamente o sono acqua o
contengono acqua24<>. Ma i corpi che si trovano in contat
to nell’acqua, poiché le loro superfici non sono asciutte,
devono avere tra loro l’acqua, dalla quale sono ricoperte
le estremità. Ma se questo è vero, è impossibile che un
corpo sia in contatto con un altro nell’acqua, e neppure
nell’aria. Infatti la stessa relazione che ha l’aria [30] con
gli oggetti che si trovano in essa, ce l’ha l’acqua con gli
178 L'ANIMA
δε μάλλον ή μιας, ώσπερ και τά εν τώ ύδατι ζώα
[423 b] εί διερόν διερού άπτεται) — πότερον ουν
πάντων όμιοίως έστίν ή αΐσΟησις, ή άλλων άλλως,
καθάπερ νύν δοκεΐ ή μιέν γεύσις και ή άφή τώ
άπτεσΟαι, αι δ’ άλλαι άποθεν. το δ’ ούκ έστιν,
άλλα και το σκληρόν και τό μιαλακόν δι’ }
έτεριον αίσΟανόμεθα, ώσπερ και τό ψοφητικόν
και τό ορατόν και τό όσφραντόν- άλλα τά μεν
πόρρωθεν, τά δ’ έγγύθεν, διό λανθάνει· έπεί
α’ισθανόμεθά γε πάντων διά τού μέσου, άλλ’ επί
τούτων λανθάνει, καίτοι καθάπερ είπομεν καί
πρότερον, καν ει δι’ ύμιένος αίσθανοίμεθα των
άπτών απάντων Π 01 λανθάνοντος δτι διείργει,
ομοίως άν έχοιμιεν ώσπερ καί νύν εν τφ ϋδατι
καί έν τώ άέρι· δοκοΰμεν γάρ νύν αύτών
άπτεσθαι καί ούδέν είναι διά μέσου, άλλά
διαφέρει τό άπτόν τών ύρατών καί των
ψοφητικών, ότι έκείνο:>ν μεν αίσθανόμεθα τφ τό
μεταξύ ποιεί ν τι ή μιας, τών δε άπτών ούχ υπό τού
[151 μεταξύ άλλ’ άμια τφ μιεταξύ, ώσπερ ό δι’
άσπίδος πληγείς· ού γάρ η άσπίς πληγέίσα
έπάταξεν, άλλ’ άμ’ άμιφω συνέβη πληγή ναι. όλως
δ’ έοικεν ή σάρξ καί ή γλώττα, ώς ό άήρ καί τό
ύδωρ προς την όψιν καί την άκοήν καί την
όσφρησιν έχουσιν, ούτο>ς έχειν προς τό
αισθητήριον» ώσπερ 1201 εκείνων έκαστον, αυτού
δε τού αισθητηρίου άπτομιένου ούτ’ εκεί ούτ’
ενταύθα γένοιτ’ άν αΐσΟησις, οι ον εϊ τις σώμά τι
*
B 11,423 a 31 - 423b22 179
oggetti che si trovano nell’acqua; questo fatto però ci
sfugge maggiormente, come gli animali che vivono
nell’acqua non s’avvedono [423 b] che è un corpo
bagnato a toccare un corpo bagnato. Allora, c’è un solo
modo di percepire tutti gli oggetti, oppure i diversi
oggetti vengono percepiti in modo diverso, come si
pensa correntemente che il gusto e il tatto si esercitano
per contatto, mentre gli altri sensi operano a distanza?
Ma ciò247 non corrisponde al vero. Anche il duro e il
molle [5] li percepiamo mediante qualcos’altro, come il
sonoro, il visibile e l’odorabile, ma questi da lontano,
quelli da vicino, e per tale motivo il mezzo ci sfugge,
giacché noi percepiamo effettivamente tutti gli oggetti
attraverso il mezzo, che però nel caso del duro e del
molle ci sfugge. Tuttavia, come abbiamo detto prima,
anche se percepissimo tutti i tangibili attraverso una
membrana [10] la cui interposizione ci rimanesse nasco
sta, ci troveremmo nella medesima situazione in cui ci
troviamo ora quando siamo nell’acqua o nell’aria, poiché
adesso crediamo di toccare gli oggetti stessi, senza che ci
sia alcun intermediario. Il tangibile, però, differisce dagli
oggetti visibili e da quelli sonori, poiché questi li perce
piamo perché il mezzo esercita un’azione su di noi, men
tre i tangibili li percepiamo non per l’azione del [15]
mezzo, ma insieme col mezzo, come avviene a chi è col
pito attraverso lo scudo: lo scudo, infatti, non colpisce
costui dopo essere stato percosso, ma avviene che
entrambi siano colpiti contemporaneamente. In generale
sembra che la carne e la lingua si trovino rispetto al loro
organo sensorio nello stesso rapporto in cui [20] ciascu
no di questi, l’aria e l’acqua, si trovano rispetto alla vista,
all’udito e all’olfatto. Se l’oggetto fosse in diretto contat
to con l’organo sensorio, né in quel caso né in questo si
produrrebbe una sensazione, come se, ad esempio, si
180 L'ANIMA
λευκόν έπί τού όμματος θείη τό έσχατον, ή καν
δήλον ότι εντός τό του άπτοΰ αισθητικόν, οϋτω
γάρ άν συμβαίνοι όπερ και έπι των άλλων*
επιτιθεμένων γάρ έπι τό αισθητήριον [25] οϋκ
αισθάνεται, έπι δέ την σάρκα έπιτιθεμένων
αισθάνεται* ώστε τό μεταξύ τοΰ άπτικοΰ ή σάρξ.
άπτάί μέν ούν είσίν αι διαφοραί τοΰ σώματος
ή σώμα* λέγω δέ διαφοράς αι τά στοιχεία
διορίζουσι, θερμόν ψυχρόν, ξηρόν υγρόν, περί ών
είρήκαμεν πρότερον έν τοΐς περί των στοιχείων.
[30] τό δέ αισθητήριον αυτών τό απτικόν, και έν
φ ή καλούμενη άφή υπάρχει αϊσθησις πρώτφ, τό
δυνάμει τοιοΰτύν έστι μόριον* [424 β] τό γάρ
αίσθάνεσθαι πάσχειν τι έστίν* ώστε τό ποιούν,
οιον αυτό ένεργείιχ, τοιούτον έκεΐνο ποιεί,
δυνάμει δν. διό τού ομοίως θερμού καί ψυχρού, ή
σκληρού καί μαλακού, ούκ αίσθανόμεθα, άλλα
των υπερβολών, ώς τής αϊσθήσεως οιον
μεσότητύς τίνος 151 ούσης τής έν τοίς αίσθητοις
έναντιώσεως. καί διά τούτο κρίνει τά αισθητά, τό
γάρ μέσον κριτικόν γίνεται γάρ προς έκάτερον
αυτών θάτερον τών άκρων καί δει ώσπερ τό
μέλλον αίσθήσεσθαι λευκού καί μέλανος
μηδέτερον αυτών είναι ενεργείς*., δυνάμει δ* άμφω
(οϋτω δέ καί έπι τών άλλων), καί έπι τής [10]
άφής μήτε θερμόν μήτε ψυχρόν, έτι δ’ ώσπερ
ορατού καί αοράτου ήν πως ή όψις, ομοίως δέ
καί α\ λοιπαί τών άντι κειμένων, οϋτω καί ή άφή
τού άπτοΰ καί άνάπτου* άναπτον δ’ έστί τό τε
μικράν έχον πάμπαν διαφοράν τών άπτών, όίον
πέπονθεν ό άήρ, καί τών άπτών αί ύπερβολαί,
ί
B 11,423 b 22 - 424 a 15 181
ponesse un corpo bianco sulla superficie delFocchio.
Con ciò risulta chiaro che Tergano del tatto è interno248.
In questo modo, infatti, si verifica per il tatto ciò che
avviene per gli altri sensi. In realtà gli oggetti posti
sull’organo sensorio [25] noi non li percepiamo, mentre
quelli posti sulla carne sì. Di conseguenza la carne è il
mezzo della facoltà tattile.
Tangibili sono le differenze del corpo in quanto
corpo249. Chiamo “differenze” quelle che caratterizzano
gli elementi: caldo e freddo, secco e umido. Di esse
abbiamo parlato precedentemente nello scritto Sugli ele
menti1™. [30] Il sensorio relativo a tali qualità, ossia
l’organo tattile, cioè quello in cui principalmente ha sede
il senso chiamato tatto, è la parte corporea che è in
potenza tali qualità. [424 a] Percepire è infatti un subire,
e quindi l’agente251 rende simile a ciò che esso stesso è in
atto quello che è tale in potenza. Pertanto non percepia
mo il caldo e il freddo, o il duro e il molle che abbiano la
stessa nostra misura, ma gli eccessi252 di queste qualità, e
ciò perché il senso [5] è una specie di medietà dell’oppo
sizione che si ha nei sensibili. Ed è per questo motivo che
discrimina i sensibili. Il medio infatti ha la capacità di
distinguere divenendo, rispetto à ciascun estremo, il suo
opposto255. E come ciò che deve percepire il bianco e il
nero non dev’essere in atto nessuno dei due, ma entram
bi in potenza (e la stessa cosa vale anche per gli altri
sensi), così, nel caso del [10] tatto, l’organo non dev’esse
re né caldo né freddo. Inoltre, come la vista si diceva254
che ha per oggetto in certo modo il visibile e il non visi
bile, e ugualmente gli altri sensi hanno per oggetto qua
lità opposte, così pure il tatto ha per oggetto il tangibile e
il non tangibile. Non tangibile è sia ciò che ha in minimo
grado le caratteristiche dei tangibili, qual è il caso
dell’aria, sia l’eccesso dei tangibili, come [15] i corpi255
182 L'ANIMA
ώσπερ [15] τά φθαρτικά. καθ’ έκάστην μεν ούν
των αισθήσεων εϊρηται τύπω.
12
Καθόλου δε περί πόσης αίσθήσεως δει λαβεΐν
ότι ή μεν αΐσθησις έστι τό_ δεκτικόν των
αισθητών ειδών άνευ τής όλης, οΐον ό κηρός τού
δακτυλίου άνευ τοΰ σιδήρου καί του /20/ χρυσοΰ
δέχεται τό σημεΐον, λαμβάνει δε τό χρυσοόν ή τό
χαλκοΰν σημεΐον, άλλ’ ούχ ή χρυσός ή χαλκός·
ομοίως δέ και ή αΐσθησις έκαστου υπό τού
έχοντος χρώμα ή χυμόν ή ψόφον πάσχει, άλλ’
ούχ ή έκαστον εκείνων λέγεται, άλλ’ ή τοιονδί,
και κατά τον λόγον, αισθητήριον δε πρώτον έν
[25] φ ή τοιαύτη δύναμις. έστι μεν ούν ταύτόν,
τό δ’ είναι έτερον· μέγεθος μεν γάρ άν τι ειη τό
αίσθανόμενον, ού μην τό γε αίσθητι κφ είναι ούδ’
ή αΐσθησις μέγεθος έστιν, άλλα λόγος τις και
δύναμις εκείνου, φανερόν δ’ εκ τούτων και διά τί
ποτέ τών αισθητών αι ύπερβολαΐ φθείρουσι τά
[30] αισθητήρια (εάν γάρ ή Ισχυροτέρα τοΰ
αισθητηρίου ή κίνησις, λύεται ό λόγος-τούτο δ’
ήν ή αΐσθησις - ώσπερ και ή συμφωνία και ό
τόνος κρουομένων σφόδρα τών χορδών), και διά
τί ποτέ τά φυτά ούκ αισθάνεται, έχοντά τι
μόριον ψυχικόν και πάσχοντά τι ύπό τών απτών
(και γάρ ψύχεται [424 [»] και θερμαίνεται)· αίτιον
γάρ τό μή έχειν μεσότητα, μηδέ τοιαύτην αρχήν
οϊαν τά είδη δέχεσθαι τών αισθητών, αλλά
πάσχειν μετά τής ύλης.
άπορήσειε δ’ άν τις εΐ πάθοι
άν τι ύπ’ οσμής τό αδύνατον όσφρανθήναι, ή ύπό
B 11, 424 a 15 - 12, 424 b 4 183
che distruggono l’organo. Si è dunque parlato, sia pure
schematicamente, di ciascuno dei sensi.
12. Ancora sulla sensibilità in generale
Da un punto di vista generale, riguardo ad ogni sensa
zione, si deve ritenere che il senso è ciò che è atto ad
assumere le forme sensibili senza la materia, come la cera
[20] riceve l’impronta dell’anello senza il ferro o l’oro:
riceve bensì l’impronta dell’oro o del bronzo, ma non in
quanto è oro o bronzo. Analogamente il senso, rispetto a
ciascun sensibile, subisce l’azione di ciò che ha colore o
sapore o suono, ma non in quanto si tratti di ciascuno di
questi oggetti, bensì in quanto l’oggetto possiede una
determinata qualità e secondo la forma. Il sensorio
primo256 è ciò in [25] cui si trova tale capacità. L’organo e
la capacità sono dunque la medesima cosa, ma la loro
essenza è diversa257. L’organo che percepisce dev’essere,
infatti, una grandezza258, mentre l’essenza della facoltà
sensitiva (ovvero il senso) non è una grandezza, ma una
forma e capacità dell’organo. Da ciò risulta chiaro sia
perché gli eccessi dei sensibili distruggono i [30]
sensori 259 (se, infatti, l’impulso che subisce l’organo è
troppo forte, la forma — e cioè il senso — vien meno, come
vengono meno l’accordo e il tono qualora le corde siano
colpite violentemente), sia perché le piante non percepi
scono, pur avendo una determinata parte dell’anima260 e
pur subendo una certa azione dei tangibili (giacché
diventano fredde [424 b] e calde). La ragione è che esse
non hanno una medietà261 né un principio capace di rice
vere le forme dei sensibili, ma subiscono l’azione degli
oggetti insieme con la materia.
Ma si può porre una questione: ciò262 che non è capa
ce di percepire gli odori può subire un’azione dell’odore,
184 L'ANIMA
χρώματος τό Jß ]μή δυνάμενον ιδείν ομοίως δε
καί επί των άλλων, εί δε τό όσφραντόν οσμή, εί
τι ποιεί, την όσφρησιν ή όσμή ποιεί· ώστε των
αδυνάτων όσφρανθήναι ούθέν οίόν τε πάσ^ειν ύπ’
οσμής (ό δ’ αυτός λόγος καί έπι των άλλων)·
ουδέ των δυνατών, άλλ’ <ή> ή αισθητικόν
έκαστον, άμα δέ δηλον καί ούτως- ούτε γάρ
φως καί σκότος ούτε ψόφος ούτε όσμή ούδέν
ποιεί τα σιόματα, άλλ’ έν όίς έστίν, όίον άήρ ό
μετά βροντής διίστησι τό ξύλον. άλλα τά άπτά
καί οί χυμοί ποιοΰσιν· εΐ γάρ μτ|, ύπο τίνος άν
πάσχοι τά άψυχα καί άλλοιοίτο; άρ’ ουν κάκείνα
ποιήσει-, ή ού πάν σώμα παθητικόν ύπ’ οσμής
[15] καί^ ψόφου, καί τά πάσχοντα άόριστα, καί οΰ
μένει, όίον άήρ (όζει γάρ ώσπερ παθών τι); τί ουν
έστι τό όσμάσΟαι παρά τό πάσχειν τι; ή τό μεν
όσμάσθαι αίσθάνεσθαι, ό δ’ άήρ παθών ταχέως
αισθητός γίνεται;
\
B 12, 424 b 4 - 18 185
e ciò [5] che non è capace di vedere può subire l’azione
del colore, e così via per gli altri sensi? Ora se l’oggetto
dell’olfatto è l’odore, quest’ultimo, se produce un effetto,
produce l’atto olfattivo. Di conseguenza nessun essere
incapace di percepire gli odori può subire l’azione
dell’odore {e lo stesso discorso vale per gli altri sensi), e
nemmeno alcuno di quelli capaci di percezione, se non in
quanto ciascuno è dotato della specifica facoltà sensitiva.
Ciò risulta chiaro anche nel modo seguente. [10] Sui
corpi agiscono non già la luce e il buio, né il suono e
l’odore, ma gli intermediari in cui essi si trovano; ad
esempio è l’aria che s’accompagna al tuono a spaccare il
legno. Tuttavia gli oggetti tangibili e i sapori263 esercitano
un’azione sui corpi264; in caso contrario, da quale agente
gli esseri inanimati subirebbero un’azione e sarebbero
alterati? Forse che, allora, produrranno un’azione sui
corpi inanimati anche gli altri oggetti sensibili? Oppure
non ogni corpo può subire l’azione dell’odore e del
suono, ma quelli che la subiscono sono indeterminati e
instabili (ad esempio l’aria, che ha odore avendo subito
l’azione di qualcosa)? Che cos’è dunque percepire un
odore oltre che subire l’azione di qualcosa? Oppure,
mentre l’atto olfattivo è un percepire, l’aria, avendo subi
to una modificazione, diventa immediatamente percepi
bile263?
1
[424 b 22] "Οτι δ’ ούκ έστιν αίσθησις έτέρα
παρά τάς πέντε (λέγω δε ταύτας όψιν, ακοήν,
όσφρησιν, γεύσιν, άφήν), έκ τώνδε πιστεύσειεν άν
τις. εί γάρ παντός ού έστιν αίσΟησις άφή και
νύν αΐσΟησιν έχομεν (πάντα γάρ τά τού άπτού ή
άπτόν πάθη τή άφή ήμίν αισθητά έστιν), άνάγκη
τ’, εΐπερ εκλείπει τις αίσΟησις, και αισθητήριόν
τι ήμίν έκλείπειν, και όσων μεν αύτών άπτόμενοι
αίσθανόμεθα, τή άφή αισθητά έστιν, ήν
τυγχάνομεν έχοντες, οσα δε διά των μεταξύ καί
μη [301 αύτών άπτόμενοι, τόίς άπλόίς, λέγω δ’
οίον αέρι καί ϋδατι, έχει δ’ ούτως ώστ’ εί μέν δι*
ενός πλείω αισθητά έτερα όντα άλλήλων τφ
γένει, άνάγκη τον έχοντα ___ τό τοιούτον
αισθητήριον ά.μφοίν αισθητικόν είναι (οιον εί έξ
άέρος έστί τό αισθητήριον, καί έστιν ό άήρ καί
ψόφου καί χρόας), εί δε πλείω [425 λ ] τού αυτού,
όίον χρόας και άήρ καί ύδωρ (άμφω γάρ
διαφανή), καί ό τό έτερον αύτών έχων μόνον
αίσθήσεται τού δι’ ά.μφοίν, τών δε άπλών έκ δύο
τούτων αισθητήρια μόνον έστίν, έξ άέρος καί
ύδατος (ή μέν γάρ κόρη ύδατος, ή δ’ άκοή [5]
άέρος, ή δ’ δσφρησις θατέρου τούτων), τό δέ πύρ
ή ούθενός ή κοινόν πάντων (ούθέν γάρ άνευ
θερμότητος αισθητικόν), γη δέ ή ούθενός, ή έν τή
1. I cinque sensi specifici e il senso comune
[424 b 22] Che non esista un altro senso oltre i cin
que (per questi intendo la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto
e il tatto) ci si può persuadere in base alle considerazioni
seguenti. Di tutto ciò di cui il tatto è senso, [25] noi pos
sediamo effettivamente la sensazione, giacché tutte le
caratteristiche del tangibile in quanto tale ci sono perce
pibili mediante il tatto. Inoltre, mancandoci un senso,
necessariamente ci mancherà anche l’organo sensorio.
Tutto ciò, poi, che percepiamo per contatto è percepibile
col tatto, un senso che ci avviene di possedere, mentre
tutto ciò che percepiamo attraverso intermediari e non
per [30] contatto immediato1, lo percepiamo mediante i
corpi semplici, intendo dire l’aria e l’acqua. In tal caso
avviene che, se sono percepibili con un unico intermedia
rio più sensibili, differenti tra loro per il genere, chi pos
siede il sensorio corrispondente dev’esser capace di per
cepirli entrambi (ad esempio se il sensorio è composto
d’aria, e l’aria è il mezzo attraverso cui vengono percepiti
il suono e il colore)2. Se invece ci sono più intermediari
[425 a] per lo stesso oggetto sensibile (ad esempio sia
l’aria che l’acqua sono intermediarie del colore, poiché
entrambe sono trasparenti), anche chi possiede soltanto
uno di questi due mezzi, percepirà ciò che è percepibile
attraverso entrambi i mezzi3. Ora gli organi di senso sono
composti soltanto da questi due corpi semplici: Faria e
l’acqua (la pupilla è formata d’acqua, l’udito [5] d’aria e
l’olfatto dell’una o dell’altra4), mentre il fuoco o non è
presente in nessuno od è comune a tutti (giacché nulla è
in grado di percepire senza il calore), e la terra o non si
190 L'ANIMA
άφή μάλιστα μέμικται ιδίως, διό λείποιτ’ άν
μηθέν είναι αισθητήριον έξω ύδατος και άέρος,
ταύτα δε καί νύν έχουσιν ένια ζφα — πάσαι άρα
αί αισθήσεις έχονται [10 ]υπό των μή ατελών
μηδέ πεπηρωμένων (φαίνεται γάρ και ή άσπάλαξ
ύπό τό δέρμα έχουσα οφθαλμούς)· ώστ’ εί μή τι
έτερον έστι σώμα, και πάθος ό μηθενός έστι τών
ενταύθα σωμάτων, ούδεμία άν έκλείποι άϊσθησις.
άλλα μήν ούδέ τών κοινών οίίόν τ’ είναι
αισθητήριόν τι ίδιον, [15! ών έκαστη αίσθήσει
αίσθανόμεθα κατά συμβεβηκός, οίον κινήσεως,
στάσεως, σχήματος, μεγέθους, άριθμού, ενός-
ταύτα γάρ πάντα κινήσει αίσθανόμεθα, όίον
μέγεθος κινήσει (ώστε καί σχήμα* μέγεθος γάρ τι
τύ σχήμα), τό δ’ ήρεμούν τφ μή κινείσθαι, ό δ’
άριθμός τή άποφάσει τού συνεχούς, καί τοΐς
ίδίοις [201 (έκάστη γάρ έν αισθάνεται αΐσθησις)*
ώστε δήλον ότι αδύνατον ότουούν ιδίαν αίσθησιν
είναι τούτων, όΐον κινήσεως* ούτω γάρ έσται
ώσπερ νύν τή όψει τό γλυκύ αίσθανόμεθα* τούτο
δ’ ότι άμφοιν έχοντες τυγχάνομεν αίσθησιν, ή
όταν συμπέσοισιν άναγνωρίζομεν. εί δε μή,
οΰδαμώς άν άλλ’ ή κατά [25] συμβεβηκός
ήσθανόμεθα (όίον τον Κλέωνος υιόν ούχ ότι
Κλέωνος υιός, άλλ’ ότι ^ λευκός, τούτορ δε
συμιβέβηκεν υίφ Κλέωνος είναι)* τών δε κοινών
r 1. 425 a 7 - 27 191
trova in nessuno o, più che in altri sensi, è mescolata spe
cialmente nel tatto. Risulta perciò che non c’è nessun
organo sensorio al di fuori di quelli composti d’acqua e
d’aria, ed effettivamente questi organi alcuni animali li
possiedono5. Pertanto tutti i sensi sono posseduti
dagli animali non imperfetti né menomati (consta, infatti,
che anche la talpa ha gli occhi sotto la pelle). Di conse
guenza, a meno che non esista un altro corpo o una qua
lità che non appartenga ad alcuno dei corpi di quaggiù,
non ci può mancare nessun senso.
Ma nemmeno è possibile che vi sia un sensorio specia
le per i sensibili comuni, [15] che percepiamo accidental
mente con ciascun senso6, come il movimento, la quiete,
la figura, la grandezza, il numero e l’unità7. Infatti tutti
questi sensibili li percepiamo mediante un movimento8.
Ad esempio mediante il movimento percepiamo la gran
dezza9 (e quindi anche la figura, giacché la figura è una
grandezza), mentre ciò che è in quiete lo percepiamo per
la mancanza di movimento10, e il numero mediante la
negazione del continuo11, come pure per mezzo dei sen
sibili propri, [20] poiché ciascuna sensazione percepisce
un solo oggetto. Di conseguenza risulta chiaro che è
impossibile che ci sia un senso speciale12 per qualsivoglia
sensibile comune, ad esempio per il movimento. Se infat
ti ci fosse, percepiremmo15 i sensibili comuni allo stesso
modo in cui ora percepiamo il dolce con la vista14.
Questo ci è possibile perché ci troviamo ad avere la per
cezione di entrambi questi sensibili, mediante la quale li
riconosciamo nello stesso tempo in cui si presentano
insieme. Se non fosse così, non [25] percepiremmo i sen
sibili comuni in nessun’altra maniera che accidentalmen
te15, al modo in cui percepiamo il figlio di Cleone non
perché è figlio di Cleone, ma perché è bianco, ed al bian
co accade di essere figlio di Cleone. Invece riguardo ai
192 Ι.'ΛΝΙΜΛ
ήδη έχομεν αΐσθησιν κοινήν, ού κατά
συμβεβηκός- ούκ άρ’ έστίν ιδία· ούδαμώς γάρ άν
ήσθανόμεθα άλλ’ ή οϋτιος ώσπερ είρηται [τον
Κλέωνος υιόν 1301 ημάς ύράν], τά δ’ άλλήλων Ιδια
κατά συμβεβηκός αισθάνονται αί αισθήσεις, ούχ
ή αύταί, άλλ’ ή μία, όταν [425 ύ] άμα γένηται ή
αισθησις επί τού αύτού, οίον χολής ότι πικρά
και ξανθή (ού γάρ δή έτέρας γε τό είπεΐν δτι
άμφω εν)· διό και άπατάται, και εάν ή ξανθόν,
χολήν οίεται είναι, ζητήσειε δ’ άν τις τίνος *ένεκα
πλείους έ^ςομεν αισθήσεις, /5/άλλ’ ού μίαν μόνην,
ή όπως ήττον λανθάνη τά άκολουθούντα και
κοινά, όίον κίνησις καί μέγεθος και αριθμός; εί
γάρ ήν ή όψις μόνη, καί αΰτη λευκού, έλάνθανεν
άν μάλλον καν έδύκει ταύτόν είναι πάντα διά τό
άκολουθεΐν ά.λλήλοις άμα. χρώμα καί μέγεθος,
νύν δ’ έπεί καί εν έτέριο 1101 αίσθητω τά κοινά
υπάρχει, δήλον ποιεί οτι άλλο τι ’έκαστον αύτών.
Έπεί δ’ αίσθανόμεθα ότι όρώμεν καί
άκούομεν, άνάγκτι ή τή όψει αίσθάνεσθαι ότι
όρά, ή έτέρα. άλλ’ ή αύτή έσται τής όψεως καί
τού υποκειμένου χρώματος, ώστε ή δύο τού [15]
αύτού έσονται ή αύτή αύτής. έτι δ’ εί καί έτέρα
r 1,425 a 27 - 2, 425 b 15 193
sensibili comuni noi abbiamo effettivamente una perce
zione comune16, che non avviene accidentalmente17. Essa
dunque non è una sensazione speciale, altrimenti non li
percepiremmo in nessun’altra maniera che come s’è
detto. [30] I sensi, poi, percepiscono accidentalmente gli
uni gli oggetti propri degli altri18; non però considerati in
se stessi, ma in quanto formano un’unità, qualora [425
b] si abbia una percezione simultanea rispetto allo stesso
oggetto. Ad esempio, della bile percepiamo che è amara
e gialla (giacché non spetta certo ad un’altra percezione
dire che queste due qualità formano una sola cosa), ed è
per questo motivo che ci si inganna, e, se una cosa è gial
la, si crede che sia bile. Si potrebbe chiedersi a qual fine
siamo provvisti di più sensi e non di uno solo. Forse
perché siano meno inavvertiti i sensibili concomitanti19 e
comuni, ad esempio il movimento, la grandezza e il
numero? Se infatti possedessimo soltanto la vista, e que
sta percepisse il bianco, i sensibili comuni ci sfuggirebbe
ro maggiormente, e crederemmo che tutti i sensibili fos
sero la stessa cosa, per il fatto che colore e grandezza
s’accompagnano sempre tra loro. Ora, poiché [10] i sen
sibili comuni ineriscono anche in un altro sensibile20, tale
fatto rende manifesta la diversità di ciascuno di essi.
2. Coscienza della percezione. Senso e sensibile. Il senso
come “proporzione”. La discriminazione percettiva
Poiché noi percepiamo di vedere e di udire, o con la
vista si deve percepire che si vede, o con un altro senso.
Ma allora2* il medesimo senso percepirà la vista ed il
colore che ne costituisce l’oggetto, e di conseguenza o
due sensi [ 13] avranno il medesimo oggetto22 oppure un
senso avrà per oggetto se stesso. Inoltre se fosse un altro
194 L'ANIMA
έΐη ή τής δψεως αΐσθησις, ή εις άπειρον είσιν ή
αυτή τις έσται αυτής* ώστ’ επί τής πρώτης τούτο
ποιητέον. έχει δ’ απορίαν* εί γάρ το τή δψει
αίσθάνεσθαί έστιν όράν, όράται δε χρώμα ή τό
εχον, εί όψεταί τις τό όρων, και χρώμα έξει τό
όρων /20/ πρώτον, φανερόν τοίνυν ότι οΰχ εν τό
τή δψει αίσθάνεσθαί* και γάρ όταν μή όρώμεν,
τή δψει κρίνομεν και τό σκότος και τό φώς, άλλ’
ούχ ωσαύτως, έτι δε και τό όρων έστιν ώς
κεχρωμάτισται* τό γάρ αισθητήριον δεκτικόν του
αισθητού άνευ τής ύλης έκαστον* διό και
άπελθόντων τών αισθητών ενεισιν [25] αισθήσεις
και φαντασίαι έν τοΊς αίσθητηρίοις.
ή δέ τοΰ αισθητού ενέργεια καί τής αίσθήσεως
ή αυτή μέν έστι και μία, τό δ’ είναι ου τό αυτό
αύτάϊς* λέγω δ’ όίον ό ψόφος ό κατ’ ενέργειαν
καί ή ακοή ή κατ’ ενέργειαν* έστι γάρ ακοήν
έχοντα μή ακούειν, καί τό έχον ψόφον ούκ άεί
ψοφεί, όταν δ’ ενεργή 1301 τό δυνάμενον άκούειν
καί ψοφή τό δυνάμενον ψοφέίν, τότε ή κατ’
ένέργειαν άκοή άμα γίνεται καί ό κατ’ ένέργειαν
[426 a] ψόφος, ών εΐπειεν άν τις τό μεν είναι
άκουσιν τό δέ ψύφησιν. εί δή έστιν ή κίνησις
(καί ή ποίησις καί τό πάθος) έν τω κινουμένφ,
άνάγκη καί τόν ψόφον καί την άκοήν την κατ’
ενέργειαν έν τώ κατά δύναμιν είναι* ή γάρ τού
ποιητικού καί κινητικού [51 ένέργεια έν τφ
πάσχοντι έγγίνεται* διό ούκ άνάγκη τό κινούν
κινεΐσθαι. ή μέν ούν τού ψοφητικού ένέργειά έστι
ψόφος ή ψόφησις, ή δέ τού ακουστικού άκοή ή
άκουσις* διττόν γάρ ή άκοή, καί διττόν ό ψόφος,
ό δ’ αυτός λόγος καί έπί τών άλλων αισθήσεων
r 2, 425 b 15 - 426 a 9 195
il senso che percepisce la vista, o si andrà all'infinito
oppure un dato senso avrà sé per oggetto, e quindi sarà
meglio riconoscere tale capacità al primo25. Ma si presen
ta una difficoltà. Se infatti percepire con la vista è vedere,
e si vede il colore o l’oggetto che lo possiede, qualora si
veda ciò che vede, ciò che vede per primo sarà colo
rato. E manifesto tuttavia che “percepire con la vista”
non ha un unico significato24, giacché, anche quando non
stiamo vedendo, con la vista distinguiamo il buio e la
luce, ma non nello stesso modo25. Inoltre anche ciò che
vede è in certo modo colorato, poiché ciascun organo
sensorio è capace di assumere il sensibile senza la mate
ria. Ed è per questo motivo che, anche quando i sensibili
non sono presenti, [25] le sensazioni e le immagini per
mangono nei sensori.
L’atto del sensibile e del senso sono il medesimo ed
unico atto, ma la loro essenza non è la stessa: intendo, ad
esempio, il suono in atto e l’udito in atto26. È possibile
infatti che chi possiede l’udito non oda, così come
l’oggetto sonoro non sempre risuona. Quando però [30]
ciò che è capace di udire ode in atto, e ciò che è capace
di risuonare risuona, allora l’udito in atto e [426 a] il
suono in atto si producono simultaneamente, e si potreb
be chiamare il primo ascolto e il secondo sonorità. Se
allora il movimento (sia come azione che come passione)
si trova in ciò che è mosso27, necessariamente il suono in
atto e l’udito in atto devono trovarsi in ciò28 che li possie
de in potenza, poiché [5] l’azione del principio produtti
vo e motore si realizza in ciò che la riceve29, e quindi non
è necessario che ciò che muove sia mosso50. L’atto poi di
ciò che può risuonare è il suono ovvero la sonorità, e
quello di ciò che può udire è l’udito ovvero l’ascolto,
giacché come l’udito ha due significati, così li ha pure il
suono. Lo stesso discorso vale anche per gli altri sensi e
196 L’ANIMA
και αισθητών, ώσπερ γάρ και ή ποίησις και ή
[10] πάθησις έν τώ πάσχοντι άλλ’ ^ ούκ έν τφ
ποιούντι, οϋτω και ή τού αισθητοί) ενέργεια καί
ή τού αισθητικοί) έν τώ αίσθητικώ. άλλ’ έπ’
ένίων μεν ώνόμασται, όίον ή ψόφησις καί ή
άκουσις, έπ’ ένίων δ’ άνώνυμον θάτερον- δρασις
γάρ λέγεται ή τής όψεως ένέργεια, ή δε τού
χρώματος άνιονυμος, καί γεύσις ή τού /2 57
γευστικού, ή δε τού χυμού ανώνυμος, έπεί δε μία
μέν έστιν ένέργεια ή τού αισθητού καί τού
αισθητικού, τό δ’ είναι έτερον, ανάγκη άμα
φθείρεσθαι καί σώζεσθαι την οΰτω λεγομένην
ακοήν καί ψόφον, καί χυμόν δή καί γεύσιν, καί
τά άλλα ομοίως· τά. δέ κατά δύναμιν λεγάμενα
ούκ ανάγκη· 120/ άλλ’ ο*ι πρότερον φυσιολόγοι
τούτο ού καλώς έλεγον, ούθέν οίόμενοι ούτε
λευκόν ούτε μέλαν είναι άνευ όψεως, ουδέ χυμόν
άνευ γεύσεως. τή μέν γάρ έλεγον όρθώς, τή δ’
ούκ όρθώς- διχώς γάρ λεγομένης τής αίσθήσεως
καί τού αισθητού, τών μέν κατά δύναμιν τών δέ
κατ’ ένέργειαν, έπί τούτιον /25/ μέν συμβαίνει τό
λεχθέν, έπί δέ τών ετέρων ού συμβαίνει, άλλ’
έκέΐνοι απλώς έλεγον περί τών λεγομένων ούχ
απλώς.
εί δ’ ή φιονή συμφωνία τίς έστιν, ή δέ φωνή
καί ή άκοή έστιν ώς έν έστι [καί έστιν ώς ούχ έν
τό αύτύ], λόγος δ’ ή συμφωνία, άνάγκη καί τήν
ακοήν λόγον τινά είναι. / κ α ί διά τούτο καί
φθείρει έκαστον ύπερβάλλον, καί τό όξύ καί τό
βαρύ, τήν ακοήν ομοίως δέ καί έν χυμόίς τήν
[426 ύ] γεύσιν, και έν χρώμασι τήν όψιν τό
σφόδρα λαμπρόν ή ζοφερόν, καί έν όσφρήσει ή
ισχυρά όσμή, και γλυκεία καί πικρά, ο')ς λόγου
τινός όντος τής αίσθήσεως. διό καί ήδέα μέν,
r 2, 426 a 9 - b 3 197
sensibili. Come infatti Fazione e la [10] passione si trova
no in ciò che subisce e non in ciò che agisce, così Tatto
del sensibile e quello della facoltà sensitiva si trovano in
quest’ultima. Ma in alcuni casi entrambi gli atti hanno un
nome, ad esempio la sonorità e Tascolto, in altri invece
Funo e l’altro sono senza nome. Così Fatto della vista si
dice visione, mentre quello del colore non ha nome31, e
Fatto della [15] facoltà gustativa si dice degustazione,
mentre quello del sapore manca di nome32. Ora poiché
Fatto del sensibile e quello delia facoltà sensitiva è unico,
ma la loro essenza è diversa, Fudito e il suono così intesi
devono cessare e conservarsi simultaneamente, e così
pure il sapore e il gusto e gli altri sensi e sensibili, il che
invece non è necessario quando essi s’intendono in
potenza. [20] Su questo punto invece gli antichi fisiolo
gi33 non si espressero correttamente, ritenendo che il
bianco e il nero non esistono senza la vista, né il sapore
senza il gusto. In realtà per un aspetto dicevano bene,
per un altro no. Poiché infatti del senso e del sensibile si
può parlare in due modi, a seconda che vengano conside
rati in potenza oppure in atto, [25] quanto essi dicono si
applica al secondo caso, ma non al primo. In realtà essi
usavano in senso assoluto termini che non hanno un solo
significato34.
Se la voce è una specie di accordo35, e la voce e l’udito
sono in certo modo36 una sola cosa, e l’accordo è una
proporzione37, necessariamente anche Fudito è una spe
cie di proporzione. [30] È per questo motivo che ogni
eccesso, sia l’acuto che il grave, distrugge l’udito, e
ugualmente, nel caso dei sapori, l’eccesso distrugge il
[426 b] gusto, e, nel caso dei colori, il troppo splendente
e il troppo scuro distruggono la vista, e un odore troppo
forte, sia dolce che amaro, distrugge l’olfatto. Ciò avvie
ne perché il senso è una specie di proporzione. Pertanto i
198 1**ΑΝΙΜΛ
δταν ειλικρινή και άμικτα όντα άγηται εις τον
λόγον, όιον το όξύ ή 15] γλυκύ ή αλμυρόν, ήδέα
γάρ τότε· ΰλως δε μάλλον τό μικτόν, συμφωνία, ή
τό όξύ ή βαρύ, άφή δε τό Οερμαντόν ή ψυκτόν· ή
δ’ αίσθησις ό λόγος· ύπερβάλλοντα δέ λύει ή
φθείρει.
έκαστη μεν ούν αίσθησις τού ύποκειμένου
αισθητού έστίν, ύπάρχουσα έν τω αίσθητηρίω ή
αισθητήριον, και /70/ κρίνει τάς τού ύποκειμένου
αισθητού διαφοράς, όίον λευκόν μεν καί. μέλαν
όψις, γλυκύ δέ καί πικρόν γεύσις· όμοίως δ’ έχει
τούτο καί επί των άλλων, έπεί δέ καί τό λευκόν
καί τό γλυκύ καί έκαστον των αισθητών προς
έκαστον κρίνομεν, τίνι καί αίσθανόμεθα ότι
διαφέρει; ανάγκη δή 1151 αισθήσει· αισθητά γάρ
έστιν. ή καί δήλον ότι ή σαρξ ούκ έστι τό
έσχατον αισθητήριον· ανάγκη γάρ άν ήν
άπτόμενον αύτό κρίνειν τό κρίνον, ούτε δή
κεχωρισμένοις ενδέχεται κρίνειν ότι έτερον τό
γλυκύ τού λευκού, άλλά δει ένί τινι άμφω δ ή λα
είναι — ούτω μέν γάρ καν εί τού μέν έγώ τού δέ
σύ άΐσθοιο, /20/ δήλον άν εΐη ότι έτερα άλλήλων,
δει δέ τό έν λέγειν ότι έτερον· έτερον γάρ τό
γλυκύ τού λευκού· λέγει ά.ρα τό αυτό· ώστε ώς
λέγει, οϋτω καί νοεί καί αισθάνεται — ότι μέν ούν
ούχ όίόν τε κεχωρισμένοις κρίνειν τά
κεχωρισμένα, δήλον· οτι δ’ ούδ’ έν κεχωρισμένιρ
χρόνιο, έντεύθεν. ώσπερ γάρ τό αύτό [25] λέγει ότι
έτερον τό άγαθόν καί τό κακόν, ούτω καί δτε
θάτερον λέγει οτι έτερον καί θάτερον (ού κατά
r 2, 426 b 3 - 26 199
sensibili, ad esempio l’acuto, il dolce e il salato, sono
piacevoli quando, essendo puri e non mescolati, vengono
ricondotti alla proporzione58, perché è in questo caso che
sono piacevoli. Ma in generale la mescolanza e l’accordo
sono più piacevoli dell’acuto o del grave, e per il tatto è
più piacevole ciò che può essere riscaldato o raffredda
to59. Il senso è proporzione e gli eccessi Io dissolvono o
lo distruggono.
Ciascun senso si riferisce ad un oggetto sensibile, tro
vandosi nell’organo sensorio in quanto tale40, e [10]
discrimina le differenze del proprio oggetto sensibile: ad
esempio la vista distingue il bianco e il nero, il gusto il
dolce e l’amaro, e la stessa cosa si verifica per gli altri
sensi. Ma poiché noi distinguiamo sia il bianco sia il
dolce e ciascuno dei sensibili in rapporto a ciascun altro,
con che cosa41 percepiamo che essi differiscono?
Necessariamente [15] con una percezione, poiché si trat
ta di sensibili. Di qui risulta manifesto che la carne non
può essere l’ultimo organo sensorio42, giacché sarebbe
necessario che ciò che distingue i sensibili li distinguesse
mediante contatto. Ora non è possibile giudicare per
mezzo di sensi45 separati che il dolce è diverso dal bian
co, ma entrambi gli oggetti devono manifestarsi a qualco
sa di unico. In quel caso infatti, anche se io percepissi
l’uno e tu l’altro, [20] sarebbe chiaro che sono diversi tra
loro, mentre dev’esserci una sola cosa a dire che sono
diversi, giacché il dolce è diverso dal bianco. Dunque è
una stessa cosa che lo dice, e come lo dice così anche lo
pensa e lo percepisce44. È quindi evidente che non è pos
sibile giudicare sensibili separati mediante sensi separati.
Che poi ciò non sia possibile neppure in tempi separati45
risulta da quanto segue. Come infatti la stessa cosa [25]
afferma che il bene e il male sono diversi, così anche
quando dice che un oggetto è diverso da un altro (“quan-
200 L’ANIMA
συμβεβηκός τό δτε, λέγω δ’, όίον νυν λέγω ότι
έτερον, ού μέντοι ότι νϋν έτερον, άλλ’ οϋτω λέγει,
και νϋν και ότι νϋν)· άμα άρα. ώστε άχώριστον
και έν άχωρίστι») χρόνιρ. άλλα μην αδύνατον άμα
[30] τάς εναντίας κινήσεις κινείσθαι τό αύτό ή
αδιαίρετον, και έν άδιαιρέτιρ χρόνο), εί γάρ
γλυκύ, ώδί κινεί την αϊσθησιν [427 a] ή τήν
νόησιν, το δε πικρόν έναντίως, και τό λευκόν
έτέρως. άρ’ ούν άμα μεν άριθμφ αδιαίρετον και
άχώριστον τό κρίνον, τφ είναι δε κεχιορισμένον;
έστι δη [πως] ώς τό διαιρετόν των διηρημένων
αισθάνεται, έστι δ’ ώς ή αδιαίρετον· τφ [3] είναι
μεν γάρ διαιρετόν, τόπω δε και άριθμφ
άδιαίρετον. ή ούχ όίόν τε·, δυνάμιει μέν^ γάρ τό
αύτό καί άδιαίρετον τάναντία, τφ δ’ είναι ού,
άλλά τφ ενεργείσθαι διαιρετόν, καί ούχ όίόν τε
άμα λευκόν καί μέλαν είναι, ώστ’ ούδέ τά είδη
πάσχειν αύτών, εί τοιοϋτον ή αϊσθησις καί ή
νόησις. άλλ’ 1101 ώσπερ ην καλοϋσί τινες
στιγμήν, ή μία καί δύο, ταύτη <καί άδιαίρετος>
καί διαιρετή, ή μέν ούν άδιαίρετον, έν τό κρίνον
έστι καί άμα, ή δέ διαιρετόν υπάρχει, δίς τφ
αύτφ χρήται σημείω άμα· ή μέν ούν δίξ χρήται
τφ πέρατι, δύο κρίνει καί κεχωρισμένα, έστιν ώς
κεχωρισμένως· ή δε ένί, έν καί άμα. περί μέν [13]
r 2, 426 b 26 - 427 a 15 201
do” non ha un significato accidentale46; intendo, ad
esempio, quando dico “ora” che un oggetto è diverso da
un altro, e non che sono diversi “ora”; al contrario, sia si
afferma “ora” sia che sono diversi “ora”), e dunque
simultaneamente. Di conseguenza tale cosa è inseparabi
le ed opera in un tempo inseparabile. Ma tuttavia è
impossibile47 che [30] una medesima cosa, in quanto è
indivisibile ed opera in un tempo indivisibile, sia mossa
contemporaneamente da movimenti contrari. Se infatti
l’oggetto sensibile è dolce, muove il senso [427 a] o il
pensiero in un dato modo, mentre l’amaro lo muove in
modo contrario, ed il bianco in modo diverso. Forse che,
allora, ciò che giudica simultaneamente sarà numerica-
mente indivisibile ed inseparabile, ma separato nella sua
essenza? È quindi possibile che in certo modo il divisibi
le percepisca gli oggetti divisi, e che in un altro li perce
pisca in quanto è indivisibile, giacché [3] è divisibile
nell’essenza, ma è indivisibile localmente e numerica-
mente. Oppure ciò non è possibile? Infatti la stessa e
indivisibile cosa è identica ai contrari potenzialmente e
non essenzialmente, mentre è divisa in quanto si attualiz
za. Non è possibile che sia simultaneamente bianca e
nera, e quindi non può subire l’azione di queste due
forme, se la sensazione e il pensiero hanno tale capacità.
Ma avviene [10] come per quello che alcuni48 chiamano
punto, il quale, in quanto è uno e due, per ciò stesso è
insieme indivisibile e divisibile49. In quanto dunque ciò
che giudica è indivisibile, esso è uno e giudica simulta
neamente; in quanto invece è divisibile, usa due volte lo
stesso punto simultaneamente. In quanto perciò usa due
volte il limite, giudica due oggetti separati e, in certo
modo, separatamente; in quanto invece usa il limite come
uno, giudica un solo oggetto e simultaneamente50.
Riguardo [13] al principio in virtù del quale diciamo
202 L'ANIMA
ούν της αρχής η φαμεν τό ζφον αισθητικόν
είναι, διωρίσθω τον τρόπον τούτον.
Έπεί δε δύο διαφορσίς ορίζονται μάλιστα την
ψυχήν, κινήσει τε τη κατά τόπον καί τφ νοείν
καί φρονείν καί αισθάνεσθαι, δοκει δε καί τό
νοείν καί τό φρονείν ώσπερ / αίσθάνεσθαί τι
είναι (έν άμφοτέροις γάρ τούτοι ς κρίνει τι ή
ψυχή καί γνωρίζει των όντων), καί οϊ γε αρχαίοι
τό φρονείν καί τό αισθάνεσθαι ταύτόν είναι
φασιν — ώσπερ καί ’Εμπεδοκλής εΐρηκε 'προς
παρεόν γάρ μη τις άέξεται άνθραίποισιν” καί έν
άλλοις "οθεν σφίσιν αίει καί τό φρονείν [25]
άλλοία παρίσταταΓ, τό δ’ αυτό τούτοις βούλεται
καί τό Όμηρου "τοίος γάρ νύος έστίν", πάντες
γάρ ούτοι τό νοείν σοίματικύν ώσπερ τό
αισθάνεσθαι ύπολαμβάνουσιν, καί αίσθάνεσθαί
τε καί φρονείν τφ όμοίω τό όμοιον, ώσπερ καί έν
τοίς κατ’ άρχάς λόγοις διωρίσαμεν (καίτοι έδει
άμα καί περί [427 ί>] τού ήπατήσθαι αυτούς
λέγειν, οίκειότερον γάρ τοίς ζφοις, καί πλείω
χρόνον έν τούτφ διατελεί ή ψυχή- διό ανάγκη
ήτοι, ώσπερ ένιοι λέγουσι, πάντα τά φαινόμενα
είναι άληθή, ή την τοΰ άνομοίου θίξιν άπάτην
είναι, τούτο γάρ εναντίον τφ τό όμοιον τφ
όμοίω γνωρίζειν· δοκεϊ δε καί ή άπάτη καί ή
έπιστήμη των έναντίων ή αύτή είναι) — ότι μεν
ούν ού ταύτόν έστι τό αισθάνεσθαι καί τό
φρονείν, φανερόν τού μεν γάρ πάσι μιέτεστι, τού
δε όλίγοις των ζφων. άλλ’ ούδέ τό νοείν, έν φ
r 2„ 427 a 15 - 3 , 4 2 7 b 9 203
che Tanimale è capace di sensazione possono bastare
queste osservazioni.
3. Sensibilità, immaginazione e pensiero
L’anima viene definita principalmente in base a due
caratteristiche: da un lato il movimento locale e dall’altro
il pensiero, l’intelligenza e la sensazione51. Sembra52 che
il pensiero e l’intelligenza [20] siano una specie di sensa
zione (giacché con ambedue queste attività l’anima
distingue e conosce qualcosa degli esseri), e del resto gli
antichi affermano che l’intelligenza e la sensazione sono
la stessa cosa. Così Empedocle ha detto: «in rapporto a
ciò che è presente la mente si accresce negli uomini»53,
ed in altro luogo: «indi ad essi [25] si presentano sempre
diversi pensieri»54. La stessa cosa vuol significare il detto
di Omero: «tale è infatti la mente»55. In effetti tutti
costoro ritengono che il pensiero sia qualcosa di corpo
reo come la sensazione, e che la sensazione come l’intelli
genza sia del simile mediante il simile, come abbiamo
detto all’inizio della trattazione. Tuttavia [427 b] essi
avrebbero dovuto parlare nello stesso tempo anche
dell’errore , che è la condizione più caratteristica degli
56
animali, nella quale l’anima trascorre più lungo tempo.
Necessariamente perciò o, come dicono alcuni57, tutto
quello che appare ai sensi è vero, oppure l’errore consiste
nel contatto col dissimile, poiché quest’affermazione è il
contrario del principio che [5] il simile viene conosciuto
mediante il simile. Sembra però che, come la scienza dei
contrari è la stessa, così lo sia anche l’errore58. E poi
manifesto che la sensazione e l’intelligenza non sono la
stessa cosa, giacché di quella partecipano tutti gli anima
li, e di questa pochi59. Quanto al pensiero (che include
204 L'ANIMA
έστι τό όρθώς και τό μή όρθώς, το μεν όρθώς [10]
φρόνησις και επιστήμη και δόξα αληθής, τό δε
μή όρθώς τάναντία τούτων — ούδε τοΰτό έστι
ταύτό τφ αίσθάνεσθαι- ή μεν γάρ αίσθησις των
ιδίων άει αληθής, και πάσιν ύπάρχει τόίς ζωοις,
διανοείσθαι δ’ ενδέχεται καί ψευδώς, και ούδενί
ύπάρχει φ μή καί λόγος· φαντασία γάρ ’έτερον
καί [ 15] αίσθήσεως καί διανοίας, αύτη τε ού
γίγνεται άνευ αίσθήσεως, καί άνευ ταύτης ούκ
έστιν ύπόληψις. δτι δ’ ούκ έστιν ή αύτή νόησις
καί ύπόληψις, φανερόν, τούτο μεν γάρ τό πάθος
έφ’ ήμΐν έστιν, όταν βουλώμεθα (προ όμμάτων
γάρ έστι τι ποιήσασθαι, ώσπερ οί εν τόίς
μνημονικοίς τιθέμενοι καί είδωλοποιούντες),
δοξάζειν δ’ ούκ έφ’ ήμίν* ανάγκη γάρ ή
ψεύδεσθαι ή άληθεύειν. έτι δε όταν μεν δοξά-
σωμεν δεινόν τι ή φοβερόν, εύθύς συμπάσχομεν,
ομοίως δε καν Οαρραλέον· κατά δε τήν
φαντασίαν ωσαύτως έχομεν ώσπερ άν εί θειόμενοι
έν γραφή τά δεινά ή θαρραλέα, είσί δε καί αύτής
[251 τής ύπολήψειος διαφοραί, έπιστήμη καί δόξα
καί φρόνησις καί τάναντία τούτων, περί ών τής
διαφορά,ς έτερος έστω λόγος.
περί δε τού νοείν, έπεί έτερον τού αίσθά
νεσθαι, τούτου δε τό μέν φαντασία δοκεί είναι τό
δε ύπόληψις, περί φαντασίας διορίσαντας ούτω
περί θατέρου λεκτέον. [428 α] εί δή έστιν ή
φαντασία καθ’ ήν λέγομεν φάντασμά τι ήμίν
γίγνεσθαι καί μή εί τι κατά μεταφοράν λέγομεν,
μία τις έστι τούτων δύναμις ή έξις καθ’ άς
\
r 3,427 b 9 - 4 2 8 a 3 205
quello retto [10] e quello non retto; quello retto è saggez
za, scienza e opinione vera, quello non retto i contrari di
questi60), neppure esso è la stessa cosa che la sensazione.
In effetti la percezione dei sensibili propri è sempre vera
ed appartiene a tutti gli animali, mentre si può pensare
anche falsamente, ed il pensiero non si trova se non in
chi è fornito di ragione. L’immaginazione è infatti61
diversa sia dalla [15] sensazione sia dal pensiero, però
non esiste senza sensazione, e senza di essa non c’è
apprensione intellettiva. Che l’immaginazione non sia lo
stesso tipo di pensiero62 dell’apprensione intellettiva è
evidente. Quest’affezione dipende infatti da noi, quando
lo vogliamo (è possibile infatti raffigurarsi qualcosa
davanti agli occhi, come fanno coloro che dispongono le
cose nei luoghi mnemonici63 e [20] si costruiscono delle
immagini), ma avere un’opinione non dipende da noi,
poiché necessariamente con essa o si è nel falso o nel
vero. Inoltre, quando siamo dell’opinione che una cosa è
paurosa o temibile, proviamo immediatamente l’emozio
ne corrispondente, e così pure quando riteniamo che una
cosa è rassicurante, mentre nel caso dell’immaginazione
ci troviamo in una situazione analoga a quella di vedere
cose temibili o rassicuranti in un dipinto. Ci sono però
[25] diverse specie della stessa apprensione intellettiva:
scienza, opinione, saggezza, e i loro contrari, la cui diffe
renza sarà oggetto di un altro discorso64.
Riguardo al pensiero65, poiché è diverso dalla sensa
zione e sembra includere da un lato l’immaginazione e
dall’altro l’apprensione intellettiva, dopo aver trattato
dell’immaginazione, si dovrà parlare anche dell’appren
sione. 66 [428 a] Se allora l’immaginazione è ciò mediante
cui diciamo che si produce in noi un’“apparenza”67, e
non se diciamo qualcosa con un uso metaforico di
“immaginazione”68, essa è una delle facoltà o abiti con le
206 L· ANIMA
κρίνομεν καί άληθεύομεν ή ψευδύμεθα. τοιαΰται
δ’ είσιν αίσθησις, δόξα, επιστήμη, νους. ότι
μεν ούν ούκ έστιν αίσθησις, δήλον έκ τώνδε.
αίσθησις μεν γάρ ήτοι δύναμις ή ενέργεια, όίον
όψις καί όρασις, φαίνεται δε τι καί μηδετέ^ου
ύπάρχοντος τούτων, οίον τά εν τοίς ϋπνοις. είτα
αίσθησις μεν άεί πάρεστι, φαντασία δ’ ου. εί δε
τή ενεργεί α το αύτό, πσ.σιν άν/70/ένδεχ οιτο τοις
θηρίοις φαντασίαν υπάρχειν δοκει δ’ ου, οίον
μυρμηκι ή μελίττη, σκιόλη κι δ’ ου. είτα αί μεν
αληθείς άεί, αί δε φαντασίαι γίνονται αί πλείους
ψευδείς, έπειτα ουδέ λέγομεν, όταν ένεργώμεν
ακριβώς περί τό αισθητόν, ότι φαίνεται τούτο
ήμίν άνθρωπος, άλλα μάλλον όταν μή
έναργώς α’ισθανώμεθα. καί όπερ δη έλεγομεν
πρότερον, φαίνεται καί μύουσιν οράματα, άλλα
μην οΰδε των άεί άληθευουσών ούδεμία έσται,
όίον επιστήμη ή νους· έστι γάρ φαντασία καί
ψευδής, λείπεται άρα ΐδείν εί δόξα- γίνεται γάρ
δόξα και άληθής και ψευδής, άλλα [20] δόξη μεν
έπεται πίστις (ούκ ενδέχεται γάρ δοξάζοντα οίς
δοκεί μή πιστεύειν), των δε θηρίων ούθενί
υπάρχει πίστις, φαντασία δε πολλοίς. έτι πάση
μεν δόξη άκο λουθεί πίστις, πίστει δε τό
πεπείσθαι, πειθοί δε λόγος· των δε θηρίων ένίοις
φαντασία μέν υπάρχει, λόγος δ’ ού.
φανερόν τοίνυν [251
ότι ουδέ δόξα μετ’ αίσθήσεως, ουδέ δι’
αίσθήσεως, ουδέ συμπλοκή δύξης καί αίσθήσεως,
r 3. 428 a 3 26 207
quali giudichiamo e siamo nel vero o nel falso69. Tali
facoltà e abiti sono la sensazione, l’opinione, [5] la scien
za e l’intelletto. Che l’immaginazione non sia sensazione
è chiaro da quanto segue. La sensazione infatti o è poten
za o atto, come la vista e la visione, mentre qualcosa può
apparire benché né l’una né l’altra sia in questione, come
avviene per le immagini dei sogni. Inoltre la sensazione è
sempre presente, mentre l’immaginazione no. Ora se fos
sero la stessa cosa in atto, [10] rimmaginazione dovrebbe
trovarsi in tutti i bruti ed invece sembra di no. Ad esem
pio la formica e l’ape ne sono dotati, il verme no.
Ancora, le sensazioni sono sempre vere, mentre la mag
gior parte delle immagini risultano false70. Inoltre non è
quando esercitiamo con precisione la nostra attività su
un oggetto percepibile che diciamo che quest’oggetto ci
“appare” essere un uomo, ma piuttosto quando non [15]
lo percepiamo chiaramente71. E poi, come dicevamo
prima72, appaiono immagini visive anche a chi tiene gli
occhi chiusi. Ma rimmaginazione non è neppure alcuno
degli abiti che sono sempre nel vero, ad esempio la scien
za o l’intelletto, giacché può essere anche falsa. Resta
allora da vedere se è opinione, poiché l’opinione si pre
senta o come vera o come falsa. Ora [20] all’opinione
consegue la convinzione (non è intatti possibile avere
un’opinione su ciò di cui sembra che non si sia convinti),
e mentre nessun bruto ha la convinzione, in molti c’è
rimmaginazione. Inoltre73 ad ogni opinione s’accompa
gna la convinzione, ed alla convinzione la persuasione, ed
alla persuasione la ragione, e mentre in alcuni bruti c’è
l’immaginazione, non c’è invece la ragione.
È allora evidente [25] che l’immaginazione non può
essere né opinione accompagnata da sensazione, né opi
nione conseguente alla sensazione, né combinazione di
opinione e sensazione74, sia per i motivi suddetti75, sia
208 L'ANIMA
φαντασία άν εΐη, διά τε ταΰτα και δήλον δτι^ούκ
άλλου τίνος έσται ή δόξα, άλλ’ εκείνου, εΐπερ
έστιν, ου και ή αΐσθησις- λέγω δ\ έκ τής τού
λευκού δόξης και αίσΟήσεως ή συμπλοκή
φαντασία έσται· ού γάρ I30Ì δή έκ τής δόξης μεν
τής τού αγαθού, αίσθήσεως δε τής τού [428 b]
λευκού, τό ούν φαίνεσΟαι έσται τό δοξάζειν δπερ
αισθάνεται, μή κατά συμβεβηκός. φαίνεται δε γε
και ψευδή, περί ών άμα ύπόληψιν αληθή έχει,
οίον φαίνεται μεν ό ήλιος ποδιαΐος, πιστεύεται δ’
είναι μείζων τής οικουμένης· συμβαίνει [5] ουν
ήτοι άποβεβλη κέναι τήν εαυτού αληθή δόξαν, ήν
είχε, σιοζομένου τού πράγματος, μή έπιλαθόμενον
μηδε μεταπεισθέντα, ή εί έτι έχει, άνάγκη την
αύτήν άληθή είναι και ψευδή, άλλα ψευδής
έγένετο δτε λάθοι μεταπεσόν τό πράγμα, ούτ’ άρα
έν τι τούτο>ν έστιν ούτ’ έκ τούτων ή φαντασία.
[101 άλλ’ έπειδή έστι κινηθέντος τουδί κινεΐσθαι
έτερον ΰπό τούτου, ή δε φαντασία κίνησίς τις
δοκεΐ είναι και ούκ άνευ αίσΟήσεως γίνεσθαι
άλλ’ αίσθανομένοις και ών αΐσθησις έστιν, έστι
δέ γίνεσθαι κίνησιν ύπό τής ένεργείας τής
αίσθήσεως, και ταύτην όμοίαν άνάγκη είναι τή
αίσθήσει, εΐη άν 1151 αϋτη ή κίνησις ούτε άνευ
αίσθήσεως ένδεχομένη ούτε μή αίσθανομένοις
υπάρχειν, και πολλά κατ’ αύτήν και ποιείν κάΐ
πάσχειν τό έχον, και είναι και άληθή καί ψευδή,
τούτο δέ συμβαίνει διά τάδε· ή αΐσθησις των μεν
ιδίων αληθής έστιν ή δτι όλίγιστον έχουσα τό
r 3, 428 a 26 - 428 b 19 209
perché è chiaro che76 ¡’opinione non avrebbe altro ogget
to che quello, se esiste, che è l’oggetto della sensazione.
Intendo dire che l’immaginazione sarebbe la combinazio
ne dell’opinione riguardo al bianco e della sensazione del
bianco, giacché certamente non [30] potrebbe essere
l’unione dell’opinione sul buono e della sensazione del
[428 b] bianco. L’apparire a noi di qualcosa sarà dunque
avere un’opinione su ciò che si percepisce, e ciò non
accidentalmente77. Ma ci sono cose che appaiono anche
falsamente, di cui si ha al tempo stesso una persuasione
vera. Ad esempio il sole appare78 della grandezza di un
piede, ma si è convinti che sia più grande della terra abi
tata. Ne segue, allora, [5] o che si è abbandonata l’opi
nione vera che si aveva, benché l’oggetto sia rimasto lo
stesso e non ci si sia dimenticati di quella opinione né si
sia rimasti persuasi del contrario, oppure, se la si conser
va ancora, necessariamente la stessa opinione sarà vera e
falsa. Ma l’opinione potrebbe diventare falsa soltanto
qualora l’oggetto mutasse a nostra insaputa . Pertanto 79
l’immaginazione non è una di queste attività né risulta da
esse. [10]
È possibile che, quando una data cosa è mossa,
un’altra sia mossa da essa80. Ora l’immaginazione sembra
che sia una specie di movimento, e che non si produca
senza sensazione, ma soltanto negli esseri forniti di sensa
zione, e che riguardi ciò che è oggetto di sensazione. È
poi possibile che dall’attività della sensazione sia prodot
to un movimento, e questo dev’essere simile alla sensa
zione. [13] Tale movimento non può prodursi senza sen
sazione né trovarsi in esseri non forniti di sensazione; in
virtù di esso, chi lo possiede può esercitare e subire
molte azioni, ed esso può essere vero o falso. Ciò avviene
per i seguenti motivi. La percezione dei sensibili propri è
vera o comporta l’errore nella minima misura possibile81.
210 Ι.’ΑΝΙΜΑ
ψεύδος. δεύτερον δε τού /20/ συμβεβηκέναι ταύτα·
και ενταύθα η δη ενδέχεται διαψεύ εσθαι* ότι μεν
γάρ λευκόν, ού ψεύδεται, εί δε τούτο τό λευκόν η
άλλο τι, ψεύδεται, τρίτον δέ_ των κοινών καί
επομένων τοΐς συμβεβηκόσιν όΐς υπάρχει τά ίδια
(λέγω δ’ οίον κίνησις και μέγεθος) ά συμβέβηκε
τοίς αίσθητοΐς* περί ά /25/ μάλιστα ήδη έστιν
άπατηθήναι κατά την αΐσθησιν. ή δε κίνησις ή
υπό τής ένεργείας τής αίσθήσεως γινόμενη
διοίσει, ή άπό τούτων των τριών αισθήσεων, καί
ή μέν προίτη παρούσης τής αίσθήσεως άληθής, αί
δ’ έτεραι καί παρούσης καί άπούσης είεν άν
ψευδείς, καί μάλιστα όταν πόρρω τό αισθητόν
/30/ ή. εί ούν μηθέν άλλο έχει τά ε’ιρημένα ή [429
β] φαντασία (τούτο δ’ έστί τό λεχθέν), ή
φαντασία άν εΐη κίνησις υπό τής αίσθήσεως τής
κατ’ ένέργειαν γιγνομένη. έπεί δ’ ή όψις μάλιστα
αΐσθησίς έστι, και τό όνομα άπό τού φάους
εΐληφεν, ότι άνευ φωτός ούκ έστιν ίδείν. καί διά
τό έμμένειν /5/ και όμοιας είναι τάΐς αίσθήσεσι,
πολλά κατ’ αύτάς πράττει τά ζώα, τά μεν διά τό
μή έχειν νούν, όίον τά θηρία, τά δε διά τό
έπικαλύπτεσθαι τον νούν ένίοτε πάθει ή νόσψ ή
ύπνο.), όίον οί άνθρωποι, περί μεν ούν φαντασίας,
τί έστι καί διά τί έστιν, ε’ιρήσθω έπί τοσούτον.
Γ 3, 428 b 19 - 429 a 9 211
In secondo luogo c’è la percezione [20] che questi sensi
bili sono accidenti82, e in questo caso è già possibile
ingannarsi. Che infatti ci sia del bianco, non ci si ingan
na, ma ci si inganna sul fatto che il bianco sia questo o un
altro oggetto. In terzo luogo abbiamo la percezione dei
sensibili comuni e concomitanti a quelli accidentali in cui
ineriscono quelli propri (intendo, ad esempio, il movi
mento e la grandezza che accedono agli oggetti sensibili):
[25] è soprattutto riguardo ai sensibili comuni che è pos
sibile l’errore nella sensazione. Ora il movimento che
risulta dall’attività della sensazione sarà diverso a secon
da che provenga da uno o l’altro di questi tre tipi di sen
sazione. La prima specie di movimento è vera finché la
sensazione è presente, mentre gli altri due movimenti, sia
in presenza sia in assenza della sensazione, possono esse
re falsi, e specialmente qualora l’oggetto sensibile sia
distante. Se allora nessun’altra cosa possiede le caratteri
stiche suddette eccetto [429 a] l’immaginazione (ed essa
è ciò che s’è detto), l’immaginazione sarà un movimento
risultante dalla sensazione in atto85. E poiché la vista è il
senso per eccellenza84, l’immaginazione (φαντασία) ha
preso il nome dalla luce (φάος), giacché senza la luce
non è possibile vedere85. E per il fatto che le immagini
rimangono in noi [5] e sono simili alle sensazioni, gli ani
mali compiono molte azioni in accordo con esse, alcuni
perché non sono fomiti d’intelligenza, come i bruti, altri
perché talora hanno la mente oscurata dalla passione,
dalla malattia o dal sonno, come gli uomini. Riguardo
all’immaginazione, che cosa sia e perché sia quello che è,
s’è dunque detto a sufficienza. [10]
212 L'ANIMA
[101 Περί δε του μορίου τού της ψυχής φ
γινώσκει τε ή ψυχή καί φρονεί, είτε χωριστού
δντος είτε μή χωριστού κατά μέγεθος άλλα κατά
λόγον, σκεπτέον τίν’ έχει διαφοράν, και πώς ποτέ
γίνεται τύ νοέϊν. εί δή έστι τό νοειν ώσπερ τό
αίσθάνεσθαι, ή πάσχει ν τι αν εΐη ύπό τού
νοητού ή 1151 τι τοιοΰτον έτερον, απαθές άρα δει
είναι, δεκτικόν δέ τού είδους καί. δυνάμει
τοιοΰτον άλλα μή τούτο, και ομοίως έχειν, ώσπερ
τό αισθητικόν προς τά. αισθητά, οϋτω τον νοΰν
προς τά νοητά, άνάγκη άρα, έπέί πάντα νοεί,
άμιγή είναι, ώσπερ φησιν ’Αναξαγόρας, ϊνα
κράτη, τούτο δ’ έστινΊνα [201 γνωρίζη
(παρεμφαινόμενον γά.ρ κωλύει τό άλλότριον και
άντιφράττει)· ώστε μηδ’ αυτού είναι φύσιν
μηδεμίαν άλλ’ ή ταύτην, οτι δυνατός, ό άρα
καλούμενος τής ψυχής νούς (λέγω δέ νούν φ
διανοείται και υπολαμβάνει ή ψυχή) ούθέν έστιν
ένεργεία των όντιον πριν νοείν- διό ούδέ μεμιχθαι
[25J εύλογον αύτόν τφ σώματι- ποιος τις γάρ άν
γίγνοιτο, ή ψυχρός ή Θερμός, καν όργανόν τι εΐη^,
ώσπερ τφ αίσθητικφ· νύν δ* ούθέν έστιν. καί. ευ
δή οί λεγοντες τήν ψυχήν είναι τόπον ειδών,
πλήν οτι ούτε δλη άλλ’ ή νοητική, ούτε
έντελεχείςχ άλλα, δυνάμει τά είδη, οτι δ’ ούχ
όμοια ή άπάθεια [30/ τού αισθητικού και τού
νοητικού, φανερόν έπί τών αισθητηρίων και τής
αίσθήσεο)ς. ή μέν γάρ αίσθησις ού δύναται
αίσθάνεσθαι [429 ΚΙ έκ τού σφόδρα αισθητού,
r A.429 a 10 - b 1 213
4. L’intelletto in potenza
Riguardo alla parte deiranima con cui essa conosce e
pensa (sia questa parte separabile, sia non separabile
secondo la grandezza, ma soltanto logicamente86) si deve
ricercare quale sia la sua caratteristica specifica ed in
qual modo il pensiero si produca87. Ora se il pensare è
analogo al percepire, consisterà in un subire l’azione
dell’intelligibile o [15]in qualcos’altro di simile. Questa
parte dell’anima deve dunque essere impassibile, ma
ricettiva della forma , e dev’essere in potenza tale qual è
88
la forma, ma non identica ad essa; e nello stesso rappor
to in cui la facoltà sensitiva si trova rispetto agli oggetti
sensibili, l’intelletto si trova rispetto agli intelligibili. È
necessario dunque, poiché l’intelletto pensa tutte le
cose, che sia non mescolato, come dice Anassagora89, e
ciò perché domini, ossia90 perché [20] conosca (l’intru
sione, infatti, di qualcosa di estraneo lo ostacola ed inter
ferisce con lui91). Di conseguenza la sua natura non è
altro che questa: di essere in potenza. Dunque il cosid
detto intelletto che appartiene all’anima (chiamo intel
letto ciò con cui l’anima pensa ed apprende) non è in
atto nessuno degli enti prima di pensarli. Perciò non è
[25] ragionevole ammettere che sia mescolato al corpo,
perché assumerebbe una data qualità, e sarebbe freddo
o caldo, ed anche avrebbe un organo come la facoltà
sensitiva, mentre non ne ha alcuno. Quindi si esprimono
bene coloro92 i quali affermano che l’anima è il luogo
delle forme, solo che tale non è l’intera anima, ma quella
intellettiva, ed essa non è in atto, ma in potenza le
forme. Che poi l’impassibilità [30] della facoltà sensitiva
e quella della facoltà intellettiva non siano la stessa risul
ta evidente se si considerano gli organi sensori e il senso.
In effetti il senso non è in grado di percepire [429 b]
214 L'ANIMA
οίον ψόφου έκ των μεγάλωνψόφων, ούδ’ εκ των
Ισχυρών χρωμάτων και οσμών ούτε όράν ούτε
όσμάσθοα· άλλ’ ό νους όταν τι νόηση σφόδρα
νοητόν, ούχ ηττον νοεί τά υποδεέστερα, άλλα και
μάλλον- τό [5] μεν γάρ α’ισθητικόν ούκ άνευ
σώματος, ό δε χωριστός, όταν δ’ ούτως έκαστα
γένηται ώς ό επιστήμων λέγεται ό κατ’ ενέργειαν
(τούτο δε συμβαίνει όταν δύνηται ένεργειν δι*
αυτού), έστι μεν και τότε δυνάμει πως, ού μην
ομοίως και πριν μαΟείν η εΰρέίν- και αυτός δέ
αυτόν τότε δύναται νοεΐν.
έπει δ’ άλλο έστι τό μέγεθος καί τό μεγέθει
είναι, καί óócop καί ύδατι είναι (ούτω δέ καί έφ’
ετέρων πολλών, άλλ’ ούκ έπί πάντων- έπ’ ένίων
γάρ ταύτόν έστι), τό σαρκί είναι καί σάρκα ή
άλλφ ή άλλως έχοντι κρίνει- ή γάρ σάρξ ούκ
άνευ της ύλης, άλλ’ ώσπερ τό σιμόν, τόδε έν
τφδε. τώ/75/ μεν ούν αίσθητικφ τό θερμόν καί τό
ψυχρόν κρίνει, καί ών λόγος τις ή σάρξ- άλλφ
δέ, ήτοι χωριστώ η ώς ή κεκλασμένη έχει προς
αύτην όταν έκταθη, τό σαρκί είναι κρίνει, πάλιν
δ’ έπί τών έν άφαιρέσει όντο^ν τό ευθύ^ ώς τό
σιμόν- μιετά συνεχούς γάρ* τό^ δέ τί τ^ν είναι, εί
έστιν έτερον /20/ τό εύθεί είναι καί τό ευθύ,
άλλο- έστω γάρ δυάς. έτέρφ άρα ή έτέρως έχοντι
r 4, 429 b 1 - 21 215
dopo l’azione di un sensibile troppo intenso; ad esempio
non può udire il suono dopo aver percepito suoni trop
po forti, né può vedere o odorare dopo aver percepito
colori o odori troppo intensi. Invece l’intelletto, quando
ha pensato qualcosa di molto intelligibile93, non è meno,
ma anzi più capace di pensare gli intelligibili inferiori,
[5] giacché la facoltà sensitiva non è indipendente dal
corpo, mentre l’intelletto è separato. Quando poi l’intel
letto è divenuto ciascuno dei suoi oggetti, nel senso in
cui si dice “sapiente” chi lo è in atto (e questo avviene
quando può esercitare da sé la propria conoscenza),
anche allora è in certo modo in potenza, ma non come
prima di avere appreso o trovato; ed allora può pensare
se stesso94. [10]
Poiché sono diverse la grandezza e l’essenza della
grandezza, come l’acqua e l’essenza dell’acqua (e ciò vale
per molti altri casi, benché non per tutti, giacché in alcu
ni esse s’identificano95), il soggetto giudica l’essenza
della carne e la carne o con qualcosa di diverso o con
qualcosa che si trova in una diversa condizione96. Infatti
la carne non esiste senza la materia, ma, come il camuso,
è una determinata forma in una determinata materia.
[15] Pertanto con la facoltà sensitiva il soggetto distin
gue il caldo, il freddo e le altre qualità di cui la carne
costituisce una data proporzione; e con un’altra facoltà —
o separata da quella o in relazione ad essa al modo in cui
la linea spezzata sta a se stessa, quand’è estesa — distin
gue l’essenza della carne. Inoltre, nel caso degli enti otte
nuti per astrazione97, la retta è analoga al camuso (per
ché è unita al continuo98), mentre la sua essenza, se [20]
l’essenza della retta è diversa dalla retta, è qualcosa di
differente, e potrebbe essere99 la diade. Il soggetto per
ciò distingue tale essenza o con qualcosa di diverso o
con qualcosa che si trova in una diversa condizione100.
216 L’ANIMA
κρίνει, δλως αρα ώς χωριστά τά πράγματα της
Όλης, ούτω καί τά περί τον νοΰν.
άπορήσειε δ’
άν τις. εί ό νούς άπλούν έστι καί απαθές καί
μηθενί μηθέν έχει κοινόν, ώσπερ φησίν
’Αναξαγόρας, πως νοήσει, εί τό 125] νοείν πάσχειν
τί έστιν (ή γάρ τι κοινόν άμφοίν υπάρχει, τό μεν
ποιείν δοκεΐ τό δε πάσχειν), έτι δ’ εί νοητός καί
αυτός-, ή γάρ τοίς άλλοις νους υπάρξει, ει μή
κατ’ άλλο αυτός νοητός, έν δε τι τό νοητόν ειδει,
ή μεμιγμένον τι έξει, ό ποιεί νοητόν αυτόν ώσπερ
τάλλα. ή τό μεν πάσχειν κατά 130] κοινόν τι
διήρηται πρύτερον, οτι δυνάμει πώς έστι τά
νοητά ό νους, άλλ’ έντελεχείςι ούδέν, πριν άν
νοή· δυνάμει δ’ ούτως [430 a] ώσπερ έν
γραμματείω <Τ> μηθέν ενυπάρχει έντελεχείςι
γεγραμμένον οπερ συμβαίνει έπί τού νού. καί
αυτός δε νοητός έστιν ώσπερ τά νοητά, έπί μέν
γάρ των άνευ ύλης τό αύτό έστι τό νοούν καί τό
νοούμενον* ή γάρ έπιστήμη ή θεωρητική καί [5]
τό ούτως έπιστητόν τό αυτό έστιν (τού δέ μή άεί
νοείν τό αίτιον έπισκεπτέον)· έν δέ τοίς έχουσιν
ύλην δυνάμει έκαστον έστι των νοητών, ώστ’
έκείνοις μέν ούχ υπάρξει νούς (άνευ γάρ ύλης
δύναμις ò νούς των τοιούτων), έκείνιρ δέ τό
νοητόν υπάρξει. 110]
r 4. 429 b 21 -430 a 9 217
In generale, dunque, come gli oggetti sono separati dalla
materia, così viene a trovarsi l’intelletto101.
Si potrebbe porre una questione102: qualora l’intellet
to sia semplice e impassibile, e non abbia nulla in comu
ne con alcunché, come afferma Anassagora, in che modo
penserà, se il [25] pensare è una specie di subire? (Infatti
è in quanto due enti hanno qualcosa in comune, che
l’uno sembra agire e l’altro subire103). Inoltre l’intelletto è
esso stesso intelligibile104? Infatti o anche gli altri esseri105
saranno dotati d’intelletto, se106 l’intelletto non è intelligi
bile mediante qualcos’altro e se l’intelligibile è qualcosa
di specificamente unico; oppure107 l’intelletto avrà
mescolato in sé qualcosa 108 che lo rende intelligibile
come lo sono gli altri esseri. Ora riguardo al subire in
virtù di [30] un elemento in comune si è discusso prece
dentemente109, e ciò consente di affermare che l’intelletto
è in certo modo potenzialmente gli intelligibili, ma in
atto non è nessuno di essi prima di pensarli. Diciamo
“potenzialmente” allo stesso modo [430 a] di una tavo
letta per scrivere, sulla quale non ci sia attualmente nulla
di scritto. È precisamente questo il caso dell’intelletto.
Inoltre è esso stesso intelligibile come lo sono gli oggetti
intelligibili110. Infatti, nel caso degli oggetti senza mate
ria, il soggetto pensante e l’oggetto pensato sono la stessa
cosa, poiché la scienza teoretica [5] e il suo oggetto
s’identificano (del fatto che non si pensi sempre, si dovrà
ricercare la causa111). Invece negli oggetti che hanno
materia ciascuno degli intelligibili è presente potenzial
mente. Di conseguenza gli enti materiali non saranno
dotati di intelletto (giacché l’intelletto è la facoltà di
conoscere tali enti senza la loro materia), mentre esso
possederà l’inteUigibile112. [10]
218 L'ANIMA
Έπει δ’ ώσπερ έν άπάση τη φύσει έστί τι χό
μεν ύλη έκάστω γένει (τούτο δέ ο πάντα δυνάμει
εκείνα), έτερον δέ το αίτιον και ποιητικόν, τφ
ποιεί ν πάντα, όίον ή τέχνη προς την ύλην
πέπονθεν, ανάγκη και εν τη ψυχή υπάρχει ν
ταύτας τάς διαφοράς· και έστιν ό μεν τοιούτος
νούς τφ πάντα 1151 γίνεσθαι, ό δέ τφ πάντα
ποιείν, ώς έξις τις, οιον το φώς· τρόπον γάρ τινα
και τό φως ποιεί τά δυνάμει όντα χρώματα
ένεργείςι χρώματα, και ούτος ό νούς χωριστός
και άπαθής και άμιγής, τη ούσίςι ών ενέργεια*
άει γάρ τιμκότερον τό ποιούν τού πάσχοντος και
ή άρχή τής ύλης, τό δ’ 1201 αύτό έστιν ή κατ’
ενέργειαν επιστήμη τφ πράγματι* ή δέ κατά
δύναμιν χρύνω προτέρα έν τφ ένί, όλως δέ ουδέ
χρόνφ, άλλ’ ούχ ότέ μέν νοεί ύτέ δ’ ού νοεί,
χωρισθεις δ’ έστι μόνον τούθ’ οπερ έστί, καί
τούτο μόνον άΟάνατον καί άΐδιον (ού
μνημονεύομεν δέ, οτι τούτο μέν άπαθές, ό δέ
παθητικός 1251 νούς φθαρτός)· καί άνευ τούτου
ούθέν νοεί.
*Η μέν ούν των άδιαιρέτων νόησις έν τούτοις
περί ά ούκ έστι τό ψεύδος, έν όις δέ καί τό
ψεύδος καί τό άληθές σύνθεσίς τις ήδη νοημάτων
ώσπερ έν όντιον — κςχθάπερ ’Εμπεδοκλής έφη ‘ή
r 5. 430 a 10 - 6, 430 a 29 219
5. L'intelletto in potenza e l’intelletto produttivo113
Poiché, come nell’intera natura c’è qualcosa114 che
costituisce la materia per ciascun genere di cose (e ciò è
potenzialmente tutte quelle cose), e qualcos’altro che è la
causa e il principio produttivo, perché le produce
tutte , allo stesso modo che la tecnica si rapporta alla
115
sua materia, necessariamente queste differenze si trovano
anche nell’anima116. E c’è un intelletto analogo alla mate
ria perché [15] diviene tutte le cose117, ed un altro118 che
corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte,
come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo
modo119 anche la luce rende i colori che sono in potenza
colori in atto120. E questo intelletto è separabile, impassi
bile e non mescolato121, essendo atto per essenza122, poi
ché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il
principio è superiore alla materia. Ora123 [20] la cono
scenza in atto è identica all’oggetto, mentre quella in
potenza è anteriore per il tempo nell’individuo, ma, da
un punto di vista generale, non è anteriore neppure per il
tempo124; e non è che questo intelletto talora pensi e talo
ra non pensi125. Quando è separato, è soltanto quello che
è veramente, e questo solo è immortale ed eterno126 (ma
non ricordiamo, perché questo intelletto è impassibile,
mentre [25] l’intelletto passivo è corruttibile127), e senza
questo non c’è nulla che pensi128.
6. L’intellezione degli indivisibili
L’intellezione degli indivisibili riguarda le cose circa le
quali non è possibile il falso129. Nelle cose, invece, riguar
do a cui sono possibili il falso e il vero, c’è già una sintesi
di nozioni130, le quali formano come un ’unità. Al modo
220 L'ANIMA
πολλών μεν κύρσαι άναύχενες έβλάστησαν”,
έπειτα συντίθεσΟαι τή φι^λία, οϋτω και ταύτα
κεχωρισμένα συντίθεται, οιον το άσύμμετρον και
ή διάμετρος — αν δε [430 b] γενομένων ή έσο-
μένων, τον χρόνον προσεννοών καί. συντιθείς. τό
γάρ ψεύδος εν συνθέσει άεί- και γάρ αν τό
λευκόν μή λευκόν <φή, τό λευκόν και> τό μή
λευκόν συνέΟηκεν* ενδέχεται δε και διαίρεσιν
φάναι πάντα, άλλ’ ούν έστι γε ου μόνον τό
ψεύδος ή [3! αληθές ότι λευκός Κλέων έστίν,
άλλα και ότι ήν ή έσται. τό δε έν ποιούν
έκαστον, τούτο ό νούς.
τό δ’ άδιαιρετόν έπει
διχώς, ή δυνάμει ή ένεργεία, ούΟέν κωλύει νοείν
τό άδι αιρετόν, όταν νοή τό μήκος (άδι αιρετόν γάρ
ένεργεία), και έν χρόνοι άδιαιρέτιρ- ομοίως γάρ ό
χρόνος διαιρετός και αδιαίρετος τφ μήκει.
ούκουν έστιν είπείν έν τφ ήμίσει τί ένόει
έκατέριρ· οϋ γάρ έστιν, άν μή διαιρεθή, άλλ’ ή
δυνάμει, χωρίς δ’ έκάτερον νοών των ήμίσεων
διαιρεί και τύν χρόνον άμα, τότε δ’ οίονεί μήκη·
εί δ’ ιί>ς έξ άμφοιν, καί έν τφ χρόνω τφ έπ’
άμφόίν. τό δε μή κατά τό ποσύν άδιαίρετον άλλά
τφ [131 εΐδει νοεί έν άδιαιρέτιρ χρόνω καί
άδιαιρέτορ τής ψυχής, κατά συμβεβηκός δέ, καί
οΰχ ή έκείνα, διαιρετά ο νοεί καί έν ω χρόνψ,
άλλ’ ή αδιαίρετα· ένεστι γάρ κάν τούτοις τι
άδιαίρετον, άλλ’ ΐσοις ού χοιριστόν, ό ποιεί ένα
τον χρόνον καί τό μήκος, καί τούθ’ ομοίως
r 6, 430 a 29-430 b 19 221
in cui Empedocle1*1 disse: «ad essa [ ] di molti ger
minarono teste senza collo», [30] che poi furono con
giunte dall’Amicizia, così le nozioni, prima separate,
sono unite insieme: ad esempio quelle di “incommensu
rabile” e di “diagonale”132. Se poi la sintesi riguarda [430
b] eventi passati o futuri, si pensa in aggiunta e si combi
na anche il tempo133. In effetti il falso ha luogo sempre
nella sintesi, giacché, anche se si afferma che il bianco è
non bianco, si è operata una combinazione di bianco e
non bianco134. Tutte queste operazioni si possono chia
mare anche divisioni135. In ogni caso falso o [5] vero non
è soltanto che Cleone è bianco, ma anche che fu o sarà
bianco. Ciò che produce l’unità di ciascuna composizio
ne è l’intelletto.
Poiché rindivisibile si dice in due sensi, o in poten
za © in atto137, nulla impedisce di pensare l’indivisibile
136
quando si pensa la lunghezza (giacché essa è indivisa in
atto), e ciò in un tempo indiviso138, poiché il tempo è
divisibile e indivisibile allo stesso modo [10] della lun
ghezza. Non è quindi possibile dire che cosa l’intelletto
pensava in ciascuna metà di tempo: se infatti l’intero
non è diviso, ciascuna metà non esiste che in potenza.
Ma se si pensa separatamente ciascuna metà, si divide
insieme anche il tempo139, ed allora è come se le metà
fossero lunghezze; se poi si pensa la lunghezza come
composta di due metà, la si pensa anche nel tempo che
corrisponde alle due metà. Ciò, poi, che è indivisibile
non secondo la quantità, ma per la [ 13] specie140, lo si
pensa in un tempo indivisibile e con un atto indivisibile
dell’anima. Accidentalmente, e non in quanto tali, ciò
che si pensa e il tempo in cui lo si pensa sono divisibili,
ma li si pensa in quanto indivisibili141. C’è infatti anche
in questi qualcosa di indivisibile, ma probabilmente non
separato142, il quale produce l’unità del tempo e della
222 L’ANIMA
έν άπαντί έστι τφ συνεχεΊ, [20] και χρόνφ και
μήκει.
ή δε στιγμή και πάσα διαίρεσις,
και τό ούτως αδιαίρετον, δηλούται ώσπερ ή
στέρησις. και δμοιος ό λόγος έπι των άλλων, όίον
πώς το κακόν γνιορίζει ή τό μέλαν τφ έναντι φ
γάρ πο>ς γνωρίζει, δεί δε δυνάμει είναι τό
γνωρίζον και ένεΐναι έν αύτφ. εί δε τινι μηδέν
έστιν /23/ εναντίον [των αιτίων], αύτό γινώσκει
και ένεργείςι έστι και χωριστόν, έστι δ’ ή μεν
φάσις τι κατά τίνος, ώσπερ και ή άπόφασις, και
αληθής ή ψευδής πάσα^ ό δε νους ού πας, άλλ’ ό
τοΰ τί έστι κατά τό τί ήν είναι όληθής, και ού τι
κατά τίνος- άλλ’ ώσπερ τό ύράν τοΰ ίδιου
άληθές, εί δ’ άνθρωπος 1301 το λευκόν ή μη, ούκ
άληθές άεί, οϋτως έχει οσα άνευ ύλης.
[431 α] Τό δ’ αύτό έστιν ή κατ’ ένέργειοεν
έπιστήμη τφ πράγματι, ή δε κατά δύναμιν χρόνφ
προτέρα έν τφ ένί, δλως δε ούδέ χρόνφ- έστι γάρ
έξ έντελεχείςι όντος πάντα τά γιγνόμενα. —
φαίνεται δε τό μέν αισθητόν έκ δυνάμει όντος
τοΰ [5] αισθητικού ένεργεία ποιούν- ού γάρ
πάσχει ούδ’ άλλοιούται. διό άλλο είδος τούτο
κινήσεως- ή γάρ κίνησις τού ατελούς ένέργεια, ή
δ’ άπλώς_ ένέργεια έτέρα, ή τού τετελεσμένου. —
τό μέν ούν αίσθάνεσθαι ομοιον τφ φάναι μόνον
r 6. 430 b 19 - 7. 431 a 8 223
lunghezza. E questo esiste ugualmente in ogni continuo,
[20] sia tempo sia lunghezza.
Il punto ed ogni divisione143, e ciò che è indivisibile in
questo modo, si manifesta come la privazione144. Un
discorso simile vale anche per gli altri casi, ad esempio
per come si conosce il male o il nero, giacché in certo
senso si conoscono per mezzo del contrario. Il soggetto
che conosce dev’essere in potenza il contrario e questo
deve trovarsi in lui145. Ma se a qualcosa nulla è [25] con
trario, il soggetto stesso conosce l’oggetto stesso ed è in
atto e separato146. L’affermazione poi, come anche la
negazione, è predicare qualcosa di qualcosa, ed è sempre
vera o falsa. Questo non è invece sempre il caso
dell’intelletto: quando ha per oggetto ciò che una cosa è
secondo l’essenza, è vero, e non predica qualcosa di qual
cosa. Ma come il vedere l’oggetto proprio è vero (mentre
[30] non è sempre vero che il bianco sia o no un
uomo)147, così avviene per gli oggetti senza materia148.
7. Conoscenza ed azione
[431 al La conoscenza in atto è identica all’oggetto;
quella in potenza è anteriore per il tempo nell’individuo,
ma, da un punto di vista generale, non è anteriore nep
pure per il tempo149, giacché tutti gli esseri che divengo
no, divengono da qualcosa che esiste in atto150. È manife
sto che l’oggetto sensibile [5] fa passare all’atto la facoltà
sensitiva che era in potenza, giacché essa non subisce né
viene alterata. Perciò questa è un’altra specie di movi
mento, poiché il movimento è l’atto di ciò che è imper
fetto151, mentre l’atto in senso proprio, quello di ciò che
è perfetto, è diverso152. Il percepire è simile al solo dire e
al pensare153; quando invece l’oggetto è piacevole o dolo-
224 L'ANIMA
και νοεΐν δταν δε ήδύ ή λυπηρόν, οίον
καταφάσα ή άποφάσα διώκει ή φεύγει* και
έστι τό ήδεσθαι και λυπεί σθαι τό ένεργείν τη
αισθητική μεσότητι προς τό αγαθόν ή κακόν, η
τοιαύτα. και ή φυγή δε και ή όρεξις ταύτό, ή
κατ’ ενέργειαν, και ούχ έτερον τό ορεκτικόν και
τό φευκτικόν, ούτ’ άλλήλων ούτε τού αισθητικού*
αλλά τό είναι άλλο, τή δε διανοητική ψυχή [15]
τά φαντάσματα όίον αισθήματα υπάρχει, δταν δε
άγαθόν ή κακόν φήση ή άποφήση, φεύγει ή
διώκει* διό ούδέποτε νοεί άνευ φαντάσματος ή
ψυχή. - ώσπερ δε ό άήρ την κόρην τοιανδι
έποίησεν, αύτη δ’ έτερον, και ή άκοή ώσαύτως,
το δε έσχατον έν, και μία <ή> μεσάτης, τό δ’
είναι αύτή 1201 πλείιο...
— τίνι δ’ επικρίνει τί διαφέρει
γλυκύ καί θερμόν, εϊρηται μέν καί πρότερον,
λεκτέον δε και ώδε. έστι γάρ έν τι, οϋτω δε ώς ό
δρος, και ταύτα, έν τφ άνάλογον καί τφ άριθμφ
όντα, έχει <έκάτερον > προς έκάτερον ώς εκείνα
προς άλλη λα* τί γάρ διαφέρει τό άπορείν πώς τά
μή ομογενή κρίνει [251 ή τά εναντία, όίον λευκόν
καί μέλαν; έστω δή ώς τό Α τό λευκόν προς τό Β
τό μέλαν, τό Γ προς τό Δ [ώς εκείνα προς
άλληλα]* ώστε καί εναλλάξ, εί δή τά ΓΔ ένί είη
υπάρχοντα, οϋτιος έξει, ώσπερ καί τά ΑΒ, τό
αύτό μέν καί έν, τό δ’ είναι ού τό αύτό — κάκείνα
ομοίως, ό δ’ αύτύς [431 ί>] λόγος καί εί τό μέν Α
τό γλυκύ είη, τό δε Β τό λευκόν.
τά μέν ούν είδη τό νοητικόν έν τοίς
φαντάσμασι νοεί, καί ο>ς έν έκείνοι^ ώρισται
αύτφ τό διωκτύν καί φευκτόν, καί έκτος τής
r 7, 431 ■ 9 - 431 b 3 225
roso, Taruma lo persegue [10] o lo evita come se affer
masse o negasse154. Provare piacere e dolore è agire con
la medietà sensitiva155 riguardo al bene o al male, in
quanto tali. La ripulsa e Tappetizione, quella in atto,
sono la stessa cosa, e la facoltà appetitiva e quella repulsi
va non sono diverse né fra loro né dalla facoltà sensiti
va156, benché la loro essenza157 sia differente. Nell’anima
razionale [15] le immagini sono presenti al posto delle
sensazioni, e quando essa afferma o nega il bene o il
male, lo evita o lo persegue. Perciò l’anima non pensa
mai senza un’immagine. Come l’aria trasmette una data
qualità alla pupilla, e questa a qualcos’altro158, anche per
l’udito avviene così, ma l’ultima cosa è unica, ed è una
medietà unica, benché la sua essenza sia [20] moltepli
ce159.
Con che cosa si discerne la differenza tra dolce e
caldo è stato detto precedentemente160, ma lo si deve
ribadire anche nel modo seguente. È infatti qualcosa di
uno161, ma lo è allo stesso modo del limite, e queste
cose162, che formano un’unità per analogia e per numero,
si trovano in rapporto tra loro come si trovano in rappor
to tra loro quelle altre163. In che cosa infatti differisce
chiedersi come si distinguono i sensibili che non sono
dello stesso genere, [25] e come quelli contrari, ad esem
pio il bianco e il nero? Ammettiamo che come bianco,
sta a B, nero, così C stia a D164: ne seguirà anche il rap
porto inverso165. Se allora CD ineriscono in un’unica
cosa166, essi, come AB, saranno un’unica e medesima
cosa, benché la loro essenza non sia la stessa; e similmen
te avverrà per quegli altri167. Il medesimo [431 b] ragio
namento si avrebbe se A fosse dolce e B bianco.
La facoltà intellettiva pensa le forme nelle immagini, e
come in quelle forme si determina per essa l’oggetto da
perseguire o da evitare, così, al di fuori della sensazione,
226 L'ANIMA
αίσθήσεως,^ όταν επί των φαντασμάτων ή,
κινείται* οιον, αισθανόμενος τον φρυκτόν ότι
πύρ, [τή κοινή] όρων κι νούμενον γνωρίζει ότι
πολέμιος· ότε δέ τοίς εν τή ψυχή φαντάσμασιν ή
νοήμασιν, ώσπερ όρων, λογίζεται καί βουλεύεται
τά μέλλοντα προς τά παρόντα· καί όταν εϊπη ώς
εκεί το ήδύ ή λυπηρόν, ενταύθα φεύγει ή διώκει —
[10] καί όλως εν πράξει. καί τό άνευ δε πράξεως,
τό αληθές καί τό ψεύδος, έν τω αύτω γένει έστί
τω άγαθω καί τω κακφ· άλλα τω γε απλώς
διαφέρει καί τινί. — τά δε έν άφαιρέσει λεγάμενα
<νοεί> ώσπερ, εί <τις> τό σιμόν η μεν σιμόν ού,
κεχωρισμένως δε ή κοίλον [εί τις] ένόει ενεργείςι,
άνευ [15] της σαρκός άν ένόει έν η τό κοίλον —
οϋτω τά μαθηματικά, οΰ κεχωρισμένα, ώς
κεχωρισμένα νοεί, όταν νοηεκείνα, όλως δέ ό
νους έστιν, ό κατ’ ένέργειαν, τά πράγματα, άρα δ’
ένδέχεται των κεχωρι σμένων τι νοείν όντα αυτόν
μη κεχωρισμένον μεγέθους, ή ού, σκεπτέον
ύστερον. 1201
Νύν δέ, περί ψυχής τά λεχθέντα συγκεφα-
λαιώσαντες, είπωμεν πάλιν ότι ιί ψυχή τά όντα
πιός έστι πάντα· ή γάρ αισθητά τά όντα ή νοητά,
έστι δ’ ή έπιστήμη μέν τά επιστητά πως, ή δ’
αϊσθησις το. αισθητά· πώς δέ τούτο, δει ζητείν.
τέμνεται ούν ή έπιστήμη και ή αϊσθησις είς τά
[25] πράγματα, ή μέν δυνάμει είς τά δυνάμει,
r 7, 431 b 4 -8,431 b 25 227
quando si rivolge alle immagini, è mossa168. Ad esem
pio, chi percepisce la torcia perché è fuoco, sa, vedendo
la169 in movimento, che essa segnala il nemico. Talvolta
però, per mezzo delle immagini o pensieri che si trovano
nell’anima, il soggetto, come se le vedesse, calcola e deli
bera circa le cose future in relazione a quelle presenti; e
quando si dice, come lì170, che un oggetto è piacevole o
doloroso, così qui171 si evita o si persegue; [10] ed è ciò
che generalmente avviene nell’azione172. Ciò poi che non
ha rapporto con l’azione, ossia il vero e il falso, si trova
nello stesso genere173 del bene e del male, con la differen
za che i primi due hanno un valore assoluto, mentre gli
altri sono relativi a qualcuno17·*. Le cose di cui si parla
per astrazione175 l’intelletto le pensa come se si pensasse
attualmente il camuso non in quanto camuso, ma separa
tamente in quanto concavo: [15] lo si penserebbe senza
la carne in cui il concavo si trova. Così gli enti matemati
ci, che non sono separati, l’intelletto li pensa come sepa
rati, quando li pensa176. In generale rintelletto in atto è
identico ai suoi oggetti. Se poi sia o no possibile che
l’intelletto pensi qualcuno degli enti separati177, non
essendo esso stesso separato dalla grandezza , si dovrà
178
considerare successivamente. [20]
8. Ricapitolazione sulle facoltà conoscitive
Ora, ricapitolando ciò che s’è detto sull’anima, dicia
mo di nuovo che l’anima è in certo modo179 tutti gli esse
ri. Infatti gli esseri o sono sensibili oppure intelligibili, e
mentre la scienza è in certo modo gli oggetti della scien
za, la sensazione è gli oggetti della sensazione; come ciò
si verifichi, si deve ricercare180. La scienza e la sensazione
si dividono in corrispondenza con gli [25] oggetti: quella
228 L’ANIMA
ή δ’ έντελεχείςι εις τά έντελεχείςι· της δε ψυχής
τό αισθητικόν και τό επιστημονικόν δυνάμει
ταύτά έστι, τό μεν <τό> επιστητόν τό δε <τό>
αισθητόν, ανάγκη δ’ ή αυτά ή τά είδη είναι,
αυτά μεν δη ου; ού γάρ ό λίθος εν τη ψυχή,
άλλά τό [432 β] είδος· ώστε ή ψυχι'ι ώσπερ ή χειρ
έστιν- και γάρ ή χειρ όργανόν έστιν οργάνων,
κάΐ ό νους είδος ειδών καί ή αΐσθησις είδος
αισθητών, έπει δε ουδέ πράγμα ούθέν έστι παρά
τά μεγέθη, ώς δοκεί, τά αισθητά κεχωρισμένον,
εν /5] τοίς εϊδεσι τοίς αίσθητοΐς τά νοητά έστι,
τά τε εν άφαιρέσει λεγόμενα καί όσα των
αισθητών έξεις καί πάθη, καί διά τούτο ούτε μή
αισθανόμενος μηθέν ούθέν άν μάθοι ουδέ ξυνείη,
όταν τε θεωρή, ανάγκη άμα φάντασμά τι θεωρέίν-
τά γάρ φαντάσματα ώσπερ αίσθήματά έστι, [
πλήν άνευ ύλης. έστι δ’ ή φαντασία έτερον
φάσεως καί άποφάσεως· συμπλοκή γάρ νοημάτων
έστι τό άληθές ή ψεύδος, τά δέ πρώτα νοήματα
τί^ διοίσει τού μή φαντάσματα είναι; ή ουδέ
τάλλα φαντάσματα, άλλ’ ούκ άνευ φαντασμάτων.
[151
9
Έπεί δέ ή ψυχή κατά δύο ώρισται δυνάμεις ή
τών ζώων, τώ τε κριτικφ, ο διανοίας έργον έστι
καί αίσθήσεως, καί έτι τώ κινειν τήν κατά τόπον
κίνησιν, περί μέν αίσθήσεοις καί νού διωρίσθω
τοσαύτα, περί δέ τού κινούντος, τί ποτέ έστι τής
r 8, 431 b25 -9, 432 a 19 229
in potenza corrisponde agli oggetti in potenza, quella in
atto agli oggetti in atto; la facoltà sensitiva e quella intel
lettiva dell’anima sono in potenza questi oggetti181, la
prima il sensibile e la seconda rintelligibile. Tali facoltà
devono essere identiche o alle cose stesse182 o alle loro
forme. Ora non sono identiche alle cose stesse, poiché
non è la pietra che si trova nell’anima183, ma la [432 a]
sua forma. Di conseguenza l’anima è come la mano184,
giacché la mano è lo strumento degli strumenti, e l’intel
letto è la forma delle forme185 e il senso la forma dei sen
sibili. Poiché non c’è nessuna cosa, come sembra, che
esista separata dalle grandezze sensibili186, gli intelli
gibili si trovano nelle forme sensibili, sia quelli di cui si
parla per astrazione187 sia le proprietà ed affezioni188
degli oggetti sensibili. Per questo motivo, se non si perce
pisse nulla non si apprenderebbe né si comprenderebbe
nulla, e quando si pensa, necessariamente al tempo stesso
si pensa un’immagine. Infatti le immagini sono come le
sensazioni, [10] tranne che sono prive di materia189. Ma
l’immaginazione è diversa dall’affermazione e dalla nega
zione190, poiché il vero o il falso consiste in una connes
sione di nozioni191. Ma le prime nozioni192 in che cosa si
distingueranno dalle immagini? Certo neppure le altre193
sono immagini, ma non si hanno senza immagini. [15]
9. La facoltà locomotoria
Poiché l’anima (intendo quella degli animali) è stata
definita in rapporto a due capacità: quella
discriminatrice194, che è funzione del pensiero e del
senso, e inoltre quella di produrre il moto locale, riguar
do al senso e all’intelletto possono bastare le precisazioni
fatte; riguardo invece a ciò che muove, bisogna ricercare
230 Ι-'ΛΝΙΜΛ
ψυχής, σκεπτέον, πότερον εν τι μόριον αύτής
χωριστόν δν η μεγέθει ή λόγιρ, ή πάσα ή ψυχή,
και εί μόριόν τι, πότερον ϊδιόν τι παρά τά
είωθότα λέγεσθαι και τά είρημένα, ή τούτων εν
τι. έχει δε απορίαν ευθύς πώς τε δει μόρια λέγει ν
τής ψυχής καί πόσα, τρόπον γάρ τινα άπειρα
φαίνεται, και οΰ μόνον ά τινες 7 λέγουσι
διορίζοντες, λογιστικόν καί Ουμικόν καί
επιθυμητικόν, οι δε το λόγον έχον καί τό άλογον*
κατά γάρ τάς διαφοράς δΓ άς ταϋτα χωρίζουσι,
καί άλλα φαίνεται μύρια μείζω διάστασιν έχοντα
τούτων, περί ών καί νΰν εΐρηται, τό τε θρεπτικόν,
δ καί τοίς φυτοΐς υπάρχει καί πάσι τοίς
ζφοις, καί τό αισθητικόν, δ ούτε ώς άλογον ούτε
ώς λόγον έχον Οείη άν τις ρριδίως· έτι δε τό
φανταστικόν, [432 ύ] δ τω μεν είναι πάντων
έτερον, τίνι δέ τούτιον ταύτόν ή έτερον έχει
πολλήν απορίαν, εΐ τις Οήσει κεχωρισμένα μόρια
τής ψυχής· πρύς δέ τούτοις τό ορεκτικόν, δ καί
λόγο) καί δυνάμει έτερον άν δόξειεν είναι
πάντων, καί άτοπον δη 1 τό τούτο διασπάν* έν
τε τω λογιστική) γάρ ή βούλησις γίνεται, καί έν
τφ όιλόγω ή επιθυμία καί ύ θυμός- εί δε τρία ή
ψυχή, έν έκάστω έσται όρεξις. καί δη καί περί
ου νΰν ό λόγος ένέστηκε, τί τό κινούν κατά
τόπον τό ζωών έστιν; την μεν γάρ κατ’ αύξησιν
καί φθίσιν κίνησιν, άπασιν ύπάρχουσαν, 110] τό
πάσιν ύπάρχον δόξειεν άν κινείν, τό γεννητικόν
καί θρεπτικόν περί δέ αναπνοής καί έκπνοής,
καί ύπνου καί έγρηγύρσεο)ς, ύστερον έπισκεπτέον*
r 9, 432 a 19- b 12 231
che cosa esso sia nell’anima: se è una sua parte,
separabile per la grandezza o logicamente195, oppure se è
l’intera anima; e qualora sia una parte, se è una parte spe
ciale196, distinta da quelle usualmente nominate197 e da
quelle qui menzionate198, oppure se è una di esse.
Ma si presenta sùbito una difficoltà su come si debba
parlare di parti dell’anima e sul loro numero. Infatti, in
certo modo, pare che ce ne siano in numero infinito, e
non soltanto quelle che alcuni199 [25] nominano, quando
distinguono la parte razionale, la passionale e la desidera
tiva, o quelle che distinguono altri200, ossia quella fornita
di ragione e la irrazionale. Secondo infatti le differenze in
virtù delle quali essi operano tali distinzioni, risultano
altre parti, che hanno tra loro una distanza maggiore di
quelle201, e di cui si è già parlato: la facoltà nutritiva, che
è presente sia nelle piante come [30] in tutti gli
animali202, e la sensitiva, di cui non è agevole dire se sia
irrazionale o fornita di ragione205. Inoltre c’è la facoltà
immaginativa, [432 bj che da un lato è essenzialmente
diversa da tutte e dall’altro è molto difficile dire a quale
di queste parti sia identica e da quale sia diversa, se si
ammettono parti separate204 dell’anima205. Oltre a queste
la facoltà appetitiva, la quale per essenza e potenzialità
sembrerebbe diversa da tutte. E certo è assurdo [5] divi
derla, giacché nella parte razionale si avrebbe la volontà e
in quella irrazionale il desiderio c l’impulso. Se poi
l’anima sarà formata da tre parti, la tendenza ci sarà in
ciascuna di esse206.
Ma riguardo al punto che interessa il presente discor
so, che cos’è che muove localmente l’animale207? Infatti il
movimento di crescita e di decrescila, che si trova in
tutti, [10] sembrerebbe che lo causi la facoltà che è pre
sente in tutti, ossia la riproduttiva e nutritiva. Della respi
razione ed espirazione e del sonno c della veglia si dovrà
232 L’ANIMA
έχει γάρ καί ταύτα πολλήν απορίαν, άλλα περί
της κατά τόπον κινήσεως, τί τό κινούν τό ζφον
τήν πορευτικήν κίνησιν, σκεπτέον. ότι μεν ουν
[15] ούχ ή Θρεπτική δόναμις, δήλον άεί τε γάρ
ένεκά του ή κίνησις αΰτη, καί μετά φαντασίας
καί όρέξεοίς έστιν· ούΟέν γάρ μή όρεγόμενον ή
φεύγον κινείται άλλ’ ή βία· έτι καν τά φυτά
κινητικά ήν, καν ειχέ τι μόριον οργανικόν προς
την κίνησιν ταύτην. ομοίως δέ ούδε τό
αισθητικόν πολλά γάρ εστι των ζώων ά
αισθησιν μεν έχει, μόνιμα δ’ έστί καί άκίνητα
διά τέλους, εί ουν ή φύσις μήτε ποιεί μάτην
μηθέν μήτε άπολείπει τι των άναγκαίων, πλήν εν
τοίς πηρώμασι καί εν τοίς άτελέσιν, τά δε
τοιαύτα των ζίόων τέλεια καί ου πηρώματά έστιν
(σημείον δ’ ότι έστί γεννητικά καί άκμήν [251
έχει καί φΟίσιν) — ώστ’ ειχεν άν καί τά οργανικά
μέρη τής πορείας, αλλά μην ουδέ τό λογιστικόν
καί ό καλούμενος νους έστιν ό κινών* ό μεν γάρ
θεωρητικός οΰθέν Θείορεί πρακτόν, ουδέ λέγει περί
φευκτού καί διωκτού ούΟέν, άεί δε ή κίνησις ή
φεύγοντός τι ή διώκοντός τί έστιν. άλλ’ ούδ’ όταν
θεωρή τι τοιούτον, [301 ήδη κελεύει φεύγειν ή
διώκειν, οίον πολλάκις διανοείται φοβερόν τι ή
ήδύ, ού κελεύει δε φοβείσθαι, ή δε καρδία [433 β]
κινείται, άν δ’ ήδύ, έτερόν τι μόριον. έτι καί
έπιτάττοντος τού νού καί λεγούσης τής διανοίας
φεύγει ν τι ή διώκειν ού κινείται, άλλά κατά τήν
έπιθυμίαν πράττει, οίον ύ άκρατής. καί όλως δε
f9, 432 b 12 - 433 a 4 233
trattare successivamente208, poiché comportano molte
difficoltà. Quanto al movimento locale, si deve ricercare
che cos’è che muove ranimale con lo spostamento loco
motorio. [15]È chiaro che non è la facoltà nutritiva.
Infatti questo movimento è sempre in vista di qualcosa e
s’accompagna all’immaginazione e alla tendenza209, poi
ché nessun essere che non appetisca o non eviti alcunché,
si muove se non per costrizione. Inoltre anche le piante
sarebbero allora capaci di muoversi e avrebbero una
parte organica per questo movimento. Ugualmente non è
neppure la facoltà sensitiva, giacché [20] ci sono molti
animali forniti di sensazione, che tuttavia sono stazionari
e del tutto immobili. Se dunque la natura non fa nulla
invano210 né omette nulla di quanto è necessario, salvo
che negli esseri menomati e imperfetti, e i suddetti ani
mali sono perfettamente sviluppati e non menomati (ne è
segno il fatto che sono in grado di riprodursi e che [25]
raggiungono la maturità e il declino), ne consegue che
dovrebbero possedere anche le parti organiche per la
locomozione. Ma nemmeno si può dire che ciò che
muove sia la facoltà razionale e quello che è chiamato
intelletto. Infatti l’intelletto teoretico non pensa nulla di
ciò che è oggetto dell’azione, e nulla dice su ciò che si
deve evitare e perseguire, mentre il movimento è sempre
proprio di un essere che evita qualcosa o persegue qual
cosa. Ma neppure quando l’intelletto prende in conside
razione qualcosa di simile211, [30] per ciò stesso comanda
di evitare o di perseguire l’oggetto. Ad esempio spesso
pensa qualcosa di pauroso o di piacevole, e tuttavia non
comanda di temerlo, benché il cuore [433 a] si muova, o,
se l’oggetto è piacevole, qualche altra parte corporea212.
Inoltre, anche se l’intelletto ordina e la ragione dice di
evitare o di perseguire qualcosa, non ci si muove, ma si
agisce in conformità del desiderio, come avviene con
234 L’ANIMA
όρώμεν δτι ό έχων τήν ιατρικήν ούκ ίάται, ώς [5]
ετέρου τινό<^ κυρίου όντος τού ποιεί, ν κατά τήν
επιστήμην, άλλ’ οΰ τής επιστήμης, άλλα μήν ούδ’
ή δρεξις ταύτης κυρία τής κινήσεως· οί γάρ
εγκρατείς όρεγόμενοι και έπιθυμοΰντες ού
πράττουσιν ών έχουσι τήν δρεξιν, άλλ’
άκολουΟοϋσι τφ νώ.
10
Φαίνεται δε γε δύο ταύτα κινοΰντα, ή δρεξις ή
νους, ει / 70/ τις τήν φαντασίαν τιθείη ώς νόησίν
τινα- πολλοί γάρ παρά τήν επιστήμην
άκολουΟοϋσι τοίς φαντασίαις, και εν τοϊς άλλοις
ζφοις ού νόησις ούδέ λογισμός έστιν, αλλά
φαντασία, άμφιο άρα ταϋτα κινητικά κατά τόπον,
νοϋς κα'ι δρεξις, νους δέ 6 ένεκα του λογιζόμενος
και ό πρακτικός· διαφέρει /7 5/δε του Θεωρητικού
τφ τέλει. και ή δρεξις <δ’> ένεκα του πάσα* ού
γάρ ή δρεξις, αϋτη άρχή τοΰ πρακτικού νοϋ, τό
δ’ έσχατον άρχή τής πράξεως. ώστε εύλόγιος δύο
ταϋτα φαίνεται τά κινούντο., δρεξις και διάνοια
πρακτική* τό όρεκτύν γάρ κινεί, και διά τούτο ή
διάνοια κινεί, δτι άρχή αύτής έστι τό [201
όρεκτόν. και ή φαντασία δέ δταν κινή, ού κινεί
άνευ όρέξεως. έν δή τι τό κινούν, τό ορεκτικόν,
εί γάρ δύο, νοϋς και δρεξις, έκίνουν, κατά κοινόν
άν τι έκίνουν είδος· νύν δέ ό μέν νοϋς ού
r9, 433 a 4 - 10, 433 a 23 235
l’incontinente213. E in generale noi vediamo che chi pos
siede la scienza medica non sempre la esercita, poiché
non la conoscenza, ma qualcos’altro214 è il movente prin
cipale per agire conformemente alla conoscenza. Ma
neppure si può dire che sia la tendenza la causa principa
le di questo movimento, poiché i continenti, benché
abbiano tendenze e desideri, non fanno ciò verso cui
provano un’attrazione, ma seguono l’intelletto215.
10. Ancora sulla facoltà locomotoria
In ogni caso è evidente che le cause del movimento
sono queste due: la tendenza oppure l’intelletto216, se si
[10] considera l’immaginazione una specie di pensiero.
Infatti molti uomini, contro il sapere, seguono le immagi
ni, e negli altri animali non c’è pensiero né ragionamento,
ma immaginazione. Pertanto entrambi questi principi
sono cause della locomozione, l’intelletto e la
tendenza : s’intende l’intelletto che ragiona in vista di
217
qualcosa, ossia quello pratico; esso differisce [15] da
quello teoretico per lo scopo218. Ma anche ogni tendenza
è in vista di qualcosa, giacché l’oggetto della tendenza è il
punto di partenza dell’intelletto pratico219, e l’ultimo ter
mine220 è il punto di partenza dell’azione. Di conseguen
za è ragionevole che queste due risultino le cause del
movimento: la tendenza e il pensiero pratico, poiché
l’oggetto della tendenza muove, e per questo il pensiero
muove, perché [20] tale oggetto è il suo punto di parten
za. Anche l’immaginazione, quando muove, non muove
senza la tendenza. Pertanto c’è un unico motore: la
facoltà appetitiva221. Se infatti fossero due a muovere,
l’intelletto e la tendenza, muoverebbero in virtù di una
forma comune222. Ora, mentre risulta che l’intelletto non
236 L’ANIMA
φαίνεται κανών άνευ όρέξεως ("ή γάρ βούλησις
δρεξις, όταν δε κατά τον λογισμόν κινήται, καί.
κατά βούλησιν /25/ κινείται), ή δ’ δρεξις^κινεί,
και παρά τον λογισμόν· ή γάρ επιθυμία δρεξίς
τίς έστιν. νοΰς μεν ούν πας ορθός έστιν δρεξις δε
και φαντασία καί ορθή και ούκ όρθη. διό άεί
κινεί μεν τύ όρεκτύν, ά.λλά τοΰτ’ έστιν ή τό
αγαθόν ή τό φαινύμενον ά.γαθόν· ού πά.ν δε, άλλα
τό πρακτόν αγαθόν, πρακτόν δ’ έστι τό
ενδεχόμενον καί άλλως έχειν.
δτι μεν ούν ή τοιαύτη δύναμις κινεί της
ψυχής, ή καλούμενη [433 ύ] δρεξις, φανερόν, τοΐς
δε διαιρούσι τά μέρη της ψυχής, εάν κατά τάς
δυνάμεις διαιρώσι καί χωρίζωσι, πάμπολλα
γίνεται, θρεπτικόν, αισθητικόν, νοητικόν,
βουλευτικόν, έτι ορεκτικόν ταΰτα γάρ πλέον
διαφέρει άλληλων ή έπιθυμητικύν καί θυμικόν.
/57 έπεί δ’ ορέξεις γίνονται έναντίαι άλλήλαις,
τοΰτο δέ συμβαίνει όταν ύ λόγος καί αί
επιθυμίαν έναντίαι ώσι, γίνεται δ’ έν τοΐς χρόνου
αίσθησιν έχουσιν (ό μέν γάρ νοΰς διά τό μέλλον
άνθέλκειν κελεύει, ή δ’ έπιθυμία διά τό ήδη*
φαίνεται γάρ τό ηδη ήδύ καί απλώς ήδυ καί
αγαθόν απλώς, / 1 01 διά τό μη όρά,ν τό μέλλον),
εϊδει μέν έν άν εΐη τό κινούν, τό ορεκτικόν, η
ορεκτικόν — πρώτον δέ πάντων τό όρεκτόν* τούτο
γάρ κινεί ού κινούμενον, τώ νοηθηναι ή
φαντασθηναι - άριθμώ δέ πλείω τά. κινούντο., έπεί
δ’ έστι τρία, έν μέν τό κινούν, δεύτερον δ’ φ
r 10, 433 a 23 -b 14 237
muove senza la tendenza (poiché la volontà è una ten
denza, e quando ci si muove in conformità della ragione,
[25] ci si muove anche in conformità della volontà), la
tendenza muove invece anche contro la ragione223, giac
ché il desiderio è una forma di tendenza. L'intelletto dun
que è sempre retto, mentre la tendenza e l’immaginazio-
ne possono essere rette e non rette. Perciò è sempre
l'oggetto della tendenza che muove, ma questo o è il
bene o è ciò che appare come bene; non però ogni
bene224, ma il bene che è oggetto delibazione. Oggetto
dell'azione [30] è ciò che può essere anche altrimenti225.
[433 b] È chiaro dunque che è questa la facoltà
dell'anima che muove, quella chiamata tendenza. A colo
ro che dividono le parti dell’anima, se le dividono e le
separano secondo le loro potenzialità, ne risultano parec
chie: la nutritiva, la sensitiva, rintellettiva, la deliberativa,
ed inoltre l’appetitiva. Infatti queste parti differiscono tra
loro ben più che la parte desiderativa da quella passio
nale226. W E poiché si producono tendenze che sono
contrarie le une alle altre, e ciò avviene qualora la ragione
e i desideri siano contrari, e si verifica negli esseri che
hanno la percezione del tempo227 (infatti l'intelletto ordi
na di resistere in vista del futuro, mentre il desiderio
comanda sulla base del presente, giacché ciò che è imme
diatamente piacevole gli appare piacevole in senso asso
luto e bene in senso assoluto, [10] per il fatto che non
considera il futuro), ciò che muove sarà specificamente
unico, ossia la facoltà appetitiva in quanto tale (e anzi
tutto l’oggetto della tendenza, poiché questo muove
senza essere mosso , per il fatto di essere pensato o
228
immaginato), mentre numericamente i motori saranno
molteplici .
229
Poiché ci sono tre cose230: una il motore, la seconda
ciò con cui muove, la terza ciò che è mosso, e il motore è
238 L'ANIMA
κινεί, έτι τρίτον τό κινούμενον, τό δε κινούν
διττόν, [15 ]τό μεν ακίνητον, τό δε κινούν και
κινουμενον, έστι δή τό μεν ακίνητον τό πρακτόν
αγαθόν, τό δε κινούν καί. κινουμενον τό ορεκτι
κόν (κινείται γάρ τό κινουμενον ή ορέγεται, καί
ή ορεξις κίνησίς τίς έστιν, ή ενέργεια), τό δε
κινουμενον τό ζφον- ω δε κινεί όργάνιρ ή ορεξις,
ήδη τούτο σωματικόν έστιν—διό εν τοις
κοινόίς σώματος καί ψυχής έργοις θεωρητέον
περί αυτού. νύν δέ ώς έν κεφαλαίφ είπείν, τό
κινούν όργανι κώς όπου αρχή καί τελευτή τό
αυτό — όίον ό γιγγλυμός· ενταύθα γάρ τό κυρτόν
καί τό κοίλον τό μεν τελευτή τό δ’ άρχή (διό τό
μεν ηρεμεί τό δέ κινείται), λόγορ μέν έτερα [25]
όντα, μεγέθει δ’ άχιόριστα. πάντα γάρ ώσει καί
έλξει κινείται* διό δει, ώσπερ έν κύκλω, μένειν τι,
καί έντεύθεν άρχεσθαι την κίνησιν. όλως μεν
ουν, ώσπερ εΐρηται, ή ορεκτικόν τό ζφον, ταύτη
αυτού κινητικόν- ορεκτικόν δέ ούκ άνευ φαντα
σίας- φαντασία δέ πάσα ή λογιστική ή αισθη
τική. [30 ]ταύτης μέν ούν καί τά άλλα ζφα
μετέχει.
11
Σκεπτέον δέ καί περί των ατελών τί τό κινούν
έστιν, [434 α] όίς άφή μόνον υπάρχει αίσθησις,
πότερον ενδέχεται φαντασίαν ύπά,ρχειν τούτοις, ή
ού, καί επιθυμίαν, φαίνεται γάρ λύπη καί ηδονή
ένούσα, εί δέ ταύτα, καί έπιθυμίαν ανάγκη,
φαντασία δέ πώς άν ένείη; ή ώσπερ καί κινείται
r 10, 433 b 14 - 11. 434 a 4 239
duplice: [15] uno immobile, l’altro motore e mosso, il
motore immobile è allora il bene che è oggetto dell’azio
ne, il motore mosso è la facoltà appetitiva (giacché ciò
che è mosso231, è mosso in quanto appetisce, e la tenden
za è una specie di movimento o un’attività232), e ciò che è
mosso è l’animale, mentre lo strumento con cui la ten
denza muove è senz’altro corporeo, e perciò [20] lo si
deve esaminare tra le funzioni comuni al corpo e
all’anima. Ora, per esprimerci sommariamente, ciò che
muove in quanto strumento233 si trova lì dove principio e
fine s’identificano, com’è, ad esempio, la giuntura234; qui
infatti il convesso e il concavo costituiscono la fine e il
principio (per questo il secondo è in quiete, mentre il
primo si muove), [25] essendo diversi logicamente, ma
inseparabili per la grandezza235. Infatti tutte le cose si
muovono per spinta e per trazione, e perciò, come in un
cerchio, dev’esserci un punto che rimanga fermo e da cui
abbia inizio il movimento. In generale dunque, come si è
detto236, è in quanto ha la facoltà di tendere che l’animale
è capace di muovere se stesso, e non possiede questa
facoltà senza l’immaginazione. Ogni immaginazione poi è
razionale o sensitiva, [30] e di quest’ultima sono forniti
anche gli altri animali.
11. Locomozione, deliberazione e sillogismo pratico
Bisogna esaminare anche riguardo agli animali imper
fetti, [434 a] nei quali è presente soltanto il senso del
tatto237, che cos’è ciò che li muove, ossia se in essi posso
no o no trovarsi immaginazione e desiderio. Risulta infat
ti che in essi sono presenti il dolore e il piacere, e se
hanno questi, necessariamente hanno anche il desiderio.
Ma in che modo si troverà in loro l’immaginazione?
Forse, come essi si muovono in modo indeterminato238,
240 L'ANIMA
άορίστως, [5] και ταύτ’ ένεστι μεν, άορίστως δ’
ένεστιν. ή μεν ούν αισθητική φαντασία, ώσπερ
εΐρηται, και έν τοΐς άλλοις ζώοις υπάρχει, ή δε
βουλευτική έν τοΐς λογιστικοί ς (πότερον γάρ
πράξει τόδε η τάδε, λογισμού ήδη έστιν έργον*
και ανάγκη ένι μετρείν το μεΐζον γάρ διώκει*
ώστε δύναται έν έκ πλειόνων φαντασμάτων
ποιειν). και αίτιον τούτο τού δόξαν μή δοκειν
έχειν, δτι τήν έκ συλλογισμού οϋκ έχει, [αϋτη δέ
έκείνην]· διό τό βουλευτικόν ούκ έχει ή όρεξις*
νικςί 0’ ένίοτε και κινεί τήν βούλησιν* ότέ δ’
έκείνη ταύτην, όισπερ σφαίρα, ή δρεξις τήν
δρεξιν, δταν άκρασία γένηται* φύσει δέ άει ή [ 15]
άνω άρχικωτέρα και κινεί* ώστε τρεις φοράς ήδη
κινεισθαι. τό δ’ έπιστημονικόν οΰ κινείται, άλλα
μένει, έπει δ’ ή μεν καθόλου ΰπόληψις και λόγος,
ή δε τού καθ’ έκαστον (ή μέν γάρ λεγει δτι δει
τον τοιούτον τό τοιόνδε πράττειν, ή δέ δτι τόδε
τοιόνδε, κάγώ δέ τοιύσδε), ή δή αϋτη κινεί ή [20]
δόξα, ούχ ή καθόλου, ή άμφω, άλλ’ ή μέν
ήρεμοϋσα μάλλον, ή δ\ ου.
12
Τήν μέν ούν θρεπτικήν ψυχήν άνάγκη πάν
έχειν δτι περ άν ζή και ψυχήν έχη, άπύ γενέσεως
και μέχρι φθοράς· άνάγκη γάρ τό γενόμενον
r 11. 434 a 5 · 12. 434 a 24 241
[5] così queste funzioni sono bensì presenti, ma in forma
indeterminata. L’immaginazione sensitiva, come si è
detto * , si trova dunque anche negli altri animali, mentre
2 9
la deliberativa soltanto in quelli forniti di ragione. Infatti
decidere se fare questo o quello è ormai compito del
ragionamento, ed è necessario misurare con un’unica
cosa , poiché si persegue un bene più grande, e di con
240
seguenza di più [10] immagini241 si può formare una sola.
E questo è il motivo per cui non sembra che gli ani
mali sprovvisti di ragione abbiano l’opinione242, perché
non hanno l’immaginazione243 che consegue al ragiona
mento244, [mentre questa implica quella]245. Perciò la
tendenza non comporta la facoltà deliberativa; talvolta la
tendenza246 supera la volontà e muove il soggetto; talvol
ta invece quella tendenza supera e muove quest’altra
247come una palla, quando v’è incontinenza; ma per natu
ra è sempre la [15]tendenza superiore248 che domina e
muove, e quindi ci si muove precisamente con tre movi
menti. Invece la facoltà conoscitiva non è mossa, ma
rimane in quiete. E poiché un giudizio e una proposizio
ne è universale, e l’altra riguarda il singolare (infatti la
prima dice che un determinato soggetto deve fare una
determinata cosa, mentre la seconda dice che questa è
una determinata cosa e che io sono un determinato sog
getto), allora o è questa seconda [20] opinione, e non
quella universale, a muovere, oppure muovono entram
be, ma la prima rimanendo piuttosto in quiete, e la
seconda no249.
12. Il finalismo delle facoltà
Ogni essere che vive e che ha l’anima necessariamente
possiede l’anima nutritiva dalla nascita sino alla morte,
poiché l’essere generato deve avere crescita, maturità e
242 L'ANIMA
αύξησιν έχειν και ακμήν και φθίσιν, ταύτα δ’
άνευ τροφής αδύνατον· ανάγκη άρα ένειναι τήν
θρεπτικήν δύναμιν έν πάσι τοΐς φυομένοις και
φθίνουσιν- αϊσθησιν δ’ ούκ άναγκαΐον έν άπασι
τοΐς ζώσιν* ούτε γάρ όσων το σώμα άπλούν
ενδέχεται άφήν έχειν, [ούτε άνευ ταύτης οΐόν τε
ούθέν είναι ζώον] ούτε οσα μή δεκτικά των [30]
ειδών άνευ τής ύλης, το δε ζώον άναγκαΐον
αϊσθησιν έχειν, Ι30αΙ <ούδέ άνευ ταύτης οιόν τε
ούθέν είναι ζώον,>
εί μηθέν μάτην ποιεί ή φύσις. ένεκα του γάρ
πάντα υπάρχει τά φύσει, ή συμπτώματα έσται
τών ένεκα του. εΐ ούν παν σώμα πορευτικόν, μή
έχον αϊσθησιν, φθείρυιτο άν και [434 b] ε’ις τέλος
ουκ άν έλθοι, ό έστι φύσεως έργον (πώς γάρ
θρέψεταί; τοΐς μεν γάρ μονίμοις υπάρχει τούτο
όθεν πεφύκασιν, ούχ οιόν τε δέ σώμα έχειν μεν
ψυχήν και νούν κριτικόν, αϊσθησιν δέ μή έχειν,
μή μόνιμον όν, γενητόν δέ [— άλλά μήν [5] ούδέ
άγένητον] διά τί γάρ ούχ έξει-, ή γάρ τή ψυχή
βέλτιον ή τώ σώματι, νύν δ’ ουδέτερον· ή μέν γάρ
ού μάλλον νοήσει, τφ δ’ ούθέν έσται μάλλον δι’
έκεΐνο) - ούθέν άρα έχει ψυχήν σώμα μή μόνιμον
<όν> άνευ αίσθήσεως.
άλλά μήν εϊγε αϊσθησιν' έχει, άνάγκτ^ τό σώμα
είναι ή άπλοΰν I ΙΟΙ ή μικτόν, ούχ οιόν τε δέ
άπλούν άφήν γάρ ούχ έξει, έστι δέ άνάγκη
ταύτην έχειν. τούτο δέ έκ τώνδε δήλον. έπει γάρ
τό ζώον σώμα έμψυχόν έστι, σώμα δέ άπαν
άπτόν, άπτόν δέ τό αισθητόν άφή, άνάγκη [και] τό
τού ζφου σώμα άπτικόν είναι, εΐ μέλλει
σώζεσθαι τό ζώον. αΐ γάρ άλλαι αισθήσεις [15]
δι’ έτέρων αισθάνονται, όΐον όσφρησις όψις
r 12. 434 » 25 - 434 b 15 243
[25] decadimento, e queste funzioni sono impossibili
senza nutrimento. La facoltà nutritiva deve dunque tro
varsi in tutti gli esseri che crescono e decadono. La sen
sazione non è invece necessariamente presente in tutti i
viventi, giacché non possono avere il tatto né gli esseri il
cui corpo è semplice né quelli che non sono in grado di
ricevere le [30] forme senza la materia250. L’animale deve
invece possedere la sensazione (e senza di essa non può
esistere alcun animale), se la natura non fa nulla inva
no251. Infatti tutte le cose naturali esistono in vista di
qualcosa, o s’accompagnano alle cose che esistono in
vista di qualcosa. Ora ogni corpo252 capace di locomozio
ne, che non avesse sensazione, perirebbe e [434 b] non
giungerebbe allo scopo255 che è funzione della natura.
Come infatti si nutrirà? In effetti i viventi stazionari rica
vano il nutrimento dall’ambiente in cui sono nati. Ma
non è possibile che un corpo non stazionario254 e genera
to abbia un’anima e un intelletto capace di giudicare, e
non abbia la sensazione255. [5] Perché infatti non dovreb
be averla? Perché ciò sarebbe meglio o per l’anima o per
il corpo. Ora non si verifica nessuna di queste due even
tualità, perché né l’anima sarà più idonea a pensare, né il
corpo si troverà meglio per questo fatto. Dunque nessun
corpo non stazionario ha l’anima senza la sensazione.
Inoltre se possiede la sensazione, di necessità il corpo
o è semplice [10]o composto. Ora non è possibile che
sia semplice256, poiché allora non avrà il tatto, mentre è
necessario che ce l’abbia. Ciò risulta manifesto dalle
considerazioni seguenti. Poiché l’animale è un corpo
animato, ed ogni corpo è tangibile, e tangibile è ciò che
è percepibile per contatto257, il corpo dell’animale deve
avere la capacità tattile, se l’animale deve conservarsi. In
effetti gli altri sensi, [ 15] come l’olfatto, la vista e l’udito,
percepiscono attraverso altre cose258, mentre ciò che
244 L’ANIMA
άκοή· άπτόμενον δέ, εί μή έξει αΐσθησιν, ού
δυνήσεται τά μεν φεύγειν τά δε λαβεΐν. εί δε
τούτο, αδύνατον έσται σίόζεσθαι χό ζφον. διό και
ή γεύσίς έστιν ώσπερ ύφη τις· τροφής γάρ έστιν,
ή δε τροφή το σώμα απτόν, ψόφος δέ και
χρώμα, και όσμή ού τρέφει, ούδέ ποιεί ούτ’
αύξησι ν ούτε _ φθίσιν ώστε και την γεύσιν
ανάγκη άφήν είναι τι να, διά τό τού άπτού καί
θρεπτικού αΐσθησιν είναι- αύται μέν^ ούν
άναγκαίαι τώ ζφα>, καί φανερόν ότι ούχ οίόν τε
άνευ άφής είναι ζφον, αι δε άλλαι τού τε εύ
ένεκα καί γενει 1251 ζοκον ήδη ού τφ τυχόντι*
άλλα τισίν, όίον τφ πορευτικφ, άνάγκη ύπάρχειν·
εί γάρ μέλλει σίόζεσθαι, ού μόνον δει άπτόμενον
αίσθάνεσθαι άλλα καί άποθεν. τούτο δ’ άν εΐη, εί
διά τού μεταξύ αισθητικόν εΐη τφ εκείνο μεν ύπό
τού αισθητού πάσχει ν καί κινείσθαι, αύτό δ’ ύπ’
εκείνου, ώσπερ ί30 / γάρ τό κινούν κατά τόπον
μέχρι του μεταβάλλει ν ποιεί, καί τό ώσαν έτερον
ποιεί ώστε ώθεΐν, καί έστι διά μέσου ή κίνησις,
καί τό μεν πρώτον κινούν ίόθεί ούκ_ ώθούμενον,
τό δ’ έσχατον μόνον ίόθεί ται ούκ ώσαν, τό δέ
μέσον άμφιο, [435 -&Λ πολλά, δέ τά μέσα, ούτω καί
επ’ άλλοι(όσειος^ πλήν ότι μένοντος εν τφ αύτφ
τόπω άλλοιοί, οι ον εί εις κηρόν βάψειέ τις, μέχρι
τούτου έκινήθη, έίος έβαψεν* λίθος δέ ούδέν, άλλ’
ύδωρ μέχρι πόρρω· ό δ’ άήρ επί πλείστον_ κινείται
καί 15} ποιεί καί πάσχει, εάν μένη καί εις ή. διό
καί περί άνακλάσεως βέλτιον ή την όψιν
έξιούσαν άνακλάσθαι τον άέρα πάσχειν ύπό τού
σχήματος καί χρώματος, μέχρι περ ού άν ή εις.
r 12, 434 b 15 -435 a 245
entra in contatto con gli oggetti, se non possiede la sen
sazione, non potrà evitarne alcuni e prenderne altri. Ma
se è così, sarà impossibile che l’animale si conservi. Per
questo il gusto è una specie di tatto, poiché il suo ogget
to è l’alimento, e l’alimento è un corpo tangibile. Invece
il suono, [20] il colore e l’odore non nutrono e non pro
ducono né accrescimento né decadimento, e di conse
guenza il gusto dev’essere una specie di tatto, per il fatto
che è il senso di ciò che è tangibile e capace di nutrire.
Questi sensi sono dunque necessari all’animale, ed è evi
dente che senza il tatto non è possibile che l’animale esi
sta.
Gli altri sensi259 sono in vista del bene260, e [25] si tro
vano necessariamente non già in qualunque specie di ani
mali, ma in alcuni, come in quelli capaci di locomozione.
Se infatti devono conservarsi, bisogna che percepiscano
non solo per contatto, ma anche a distanza. Ciò si verifi
cherà qualora l’animale sia in grado di percepire tramite
il mezzo, essendo questo impressionato e mosso
dall’oggetto sensibile, e l’animale dal mezzo. Come [30]
infatti ciò che causa il moto locale produce il mutamento
fino ad un certo punto261, e ciò che spinge qualcos’altro
fa sì che questo spinga (il movimento essendo prodotto
attraverso un intermediario262), e il primo motore spinge
senza essere spinto, l’ultimo termine è soltanto spinto
senza spingere263, e l’intermediario fa l’una e l’altra cosa
[435 a] (e gli intermediari sono molti), lo stesso avviene
nell’alterazione264, salvo che l’agente produce l’alterazio
ne rimanendo il paziente nello stesso luogo265. Ad esem
pio, se s’immerge qualcosa nella cera, questa è mossa
fino al punto in cui l’oggetto è immerso; la pietra, invece,
non è mossa affatto, mentre l’acqua lo è fino a grande
distanza, e l’aria è mossa al massimo grado, ed [5] agisce
e patisce se rimane immobile e una266. Per questo, riguar
do alla riflessione, è meglio dire non che la visione, uscita
dall’occhio, si riflette267, ma che l’aria viene impressiona
246 L’ANIMA
έπί δε τού λείου έστιν εις* διό πάλιν ούτος τήν
δψιν κινεί, ώσπερ άν εί τό εν τφ κηρφ σημειον
διεδίδοτο μέχρι / 10] τού πέρατος.
13
'Ότι δ’ ούχ οιόν τε άπλούν είναι το τού ζφου
σώμα, φανερόν, λέγω δ’ οιον πύρινον ή άερινον.
άνευ μεν γάρ άφής ούδεμίαν ενδέχεται άλλην
αΐσθησιν έχειν (τό γάρ σώμα απτικόν τό έμψυχον
πάν, ώσπερ εΐρηται)* τά δε άλλα έξω γης
αισθητήρια μέν άν γένοιτο, πάντα δε τφ δι*
ετέρου αίσθάνεσΟαι ποιεί τήν αΐσθησιν, καί διά
τών μεταξύ, ή δ’ άφή τφ αυτών άπτεσθαί έστιν,
διό καί. τούνομα τούτο έχει, καίτοι και τά άλλα
αισθητήρια άφή αισθάνεται, άλλά δι’ ετέρου*
αύτη δε δοκεί μόνη δι’ αυτής, ώστε τών [20] μεν
τοιούτων στοιχείων ούθέν άν εΐη σώμα τού ζφου.
ουδέ δη γήΐνον. πάντων γάρ ή άφή τών απτών
έστιν ώσπερ μεσάτης, καί δεκτικόν τό
αισθητήριον ού μόνον οσαι διάφοροί γής είσίν,
άλλά καί θερμού καί ψυχρού καί τών άλλων
απτών άπάντοιν. καί διά τούτο τόίς όστοίς καί
τάίς θριξί /25/ καί τόΐς τοιούτοις μορίοις ούκ
αίσθανόμεθα, οτι γής έστιν, [435 1>] καί τά φυτά
διά τούτο ούδεμίαν έχει αΐσθησιν, ότι γής έστιν*
άνευ δέ άφής ούδεμίαν όΐόν τε άλλην ύπάρχειν,
τούτο δε τό αισθητήριον ούκ έστιν ούτε γής ούτε
άλλου τών στοιχείων ούδενός.
φανερόν τοίνυν οτι άνάγκη μόνης ταύτης
στερισκόμενα 151 τής αίσθήσεως τά ζφα
άποθνήσκειν ούτε γάρ ταύτην έχειν οιόν τε μή
ζφον ον, ούτε ζφον ον άλλην έχειν άνάγκη πλήν
ταύτην. καί διά τόύτο τά μέν άλλα αισθητά τάίς
r 12,435 a 8 - 13,435b7 247
vista, come se un sigillo impresso nella cera la attraver
sasse sino [10]al limite opposto.
13. Il corpo dell’animale. La finalità dei sensi
Che non è possibile che il corpo dell’animale sia sem
plice è evidente, intendo dire, ad esempio, di fuoco o di
aria. Infatti senza il tatto è impossibile avere alcun altro
senso, giacché, come s’è detto268, ogni corpo animato è
capace di sensazioni tattili. Ora gli [15] altri elementi,
eccetto la terra, potrebbero costituire i sensori, ma tutti
questi producono la sensazione per il fatto che percepi
scono attraverso un’altra cosa e mediante intermediari,
mentre il tatto si produce per il contatto con gli oggetti
stessi, e perciò porta questo nome. Certo anche gli altri
sensori percepiscono per contatto, ma attraverso un’altra
cosa, mentre sembra che il tatto percepisca da solo per
sé269. Di conseguenza [20] nessuno di tali elementi
potrebbe costituire il corpo dell’animale. Ma tale corpo
non può essere neppure di terra. Infatti il tatto è come
una medietà fra tutti i tangibili, e il suo organo sensorio è
ricettivo non solo delle qualità proprie della terra, ma
anche del caldo, del freddo e di tutti gli altri tangibili. E
per questo non percepiamo con le ossa, con i capelli [25]
e con parti simili, perché sono composte di terra; [435 b]
e per questo le piante non hanno alcuna sensazione, per
ché sono composte di terra. Ora senza il tatto non è pos
sibile che ci sia alcun altro senso, e questo sensorio non è
composto né di terra né di alcun altro elemento270.
È quindi evidente che di necessità, con la perdita di
questo solo [5] senso, gli animali muoiono. Non è infatti
possibile che abbia questo senso un essere che non è ani
male, né un essere che è animale deve avere271 un altro
senso oltre questo. Ed è per questa ragione che gli altri
248 L'ANIMA
ύπερβολαΐς ού διαφθείρει το ζφον, όίον χρώμα
και ψόφος και όσμηή, άλλα μόνον τα αισθητήρια
(άν μή /70/ κατά συμβεβηκός, οιον άν άμα τφ
ψόφφ ώσις γένηται και πληγή), και υπό
οραμάτων και οσμής έτερα κινείται, ά τη άφή
φθείρει (και ò χυμιός δε ή άμια συμβαίνει απτικόν
είναι, ταύτη φθείρει), ή δε των απτών υπερβολή,
οιον θερμών και ψυχρών καί σκληρών, άναι ρει
τό ζφον* [151 παντός μιεν γάρ υπερβολή αισθητού
αναιρεί τό αισθητήριον, ώστε και τό απτόν την
άφήν, ταύτη δε ώρισται το ζφον· άνευ γάρ αφής
δεδεικται ότι αδύνατον είναι ζφον. διό ή τών
απτών ύπερβολή ού μόνον τό αισθητήριον
φθείρει, άλλα και τό ζφον, ότι άνάγκη μιόνην
έχειν ταύτην. τάς δ’ άλλας /20/ αισθήσεις έχει τό
ζφον, ώσπερ εϊρηται, ού τού είναι ένεκα άλλα
τού εύ, οιον όψιν, έπει έν άέρι και ύδατι, όπως
όρςζ όλως δ’ έπει έν διαφανεί, γεύσιν δε διά τό
ήδύ και λυπηρόν, ΐνα αίσθάνηται τό έν τροφή
καί έπιθυμιή και κινήται, ακοήν δε όπως σημαί-
νηταί τι αύτφ [γλώτταν ¡251 δέ όπως σημαίνη τι
έτέρω].
r 13, 455 b 7 - 25 249
sensibili, ad esempio il colore, il suono e l’odore, con i
loro eccessi non distruggono l’animale, ma soltanto i sen
sori, salvo che [10] accidentalmente, ad esempio quando,
insieme col suono272, si producono un urto e un colpo; e
dagli oggetti visti273 e dall’odore274 sono mosse altre cose
che distruggono col contatto. Ed anche il sapore27’ in
tanto distrugge in quanto contemporaneamente gli avvie
ne di essere un oggetto tattile. Invece l’eccesso dei tangi
bili, ad esempio del caldo, del freddo e del duro, annien
ta l’animale. [13] Infatti l’eccesso di ogni sensibile
annienta l’organo sensorio, e di conseguenza anche il
tangibile annienta il tatto, con cui è stato definito276 l’ani
male, poiché si è mostrato277 che senza il tatto è impossi
bile che esista l’animale. Perciò l’eccesso dei tangibili non
soltanto distrugge il sensorio278, ma anche l’animale, giac
ché questo senso è il solo che l’animale deve avere. Gli
altri [20] sensi l’animale li ha, come si è detto279, non per
esistere, ma per il bene. Ad esempio, poiché vive nell’aria
e nell’acqua e, in generale, nel trasparente, ha la vista per
vedere, e il gusto, a causa del piacevole e del doloroso,
per percepirli nell’alimento, per desiderare e per muo
versi, e l’udito perché gli si indichi qualcosa.
NOTE AL TESTO
Libro I
1 Sul rigore e l’esattezza o il grado di astrazione del metodo e il
valore dell’oggetto come criteri per stabilire la graduazione gerarchica
delle scienze cfr. Aristotele, Analitici secondi, I, 27, e Metafisica, I, 2,
983 a 4 ss.
2 Se il primo posto in assoluto spetta alla metafisica e alla sua
dimensione "teologica", il primato della psicologia si configura soprat
tutto in rapporto alle scienze biologiche speciali.
3 La fisica.
4 Sulla deduzione dal “genere” o soggetto di una scienza dei suoi
“accidenti per sé” cfr. Analitici secondi, I, 7, 75 b 3 ss. Affezione "pro
pria” dell’anima è rintelletto, mentre affezioni comuni sono le funzio
ni psicofisiche, soggetto delle quali è il composto di anima e di corpo.
5 Una "dimostrazione" della definizione di anima verrà esibita nel
libro II, c. 2.
6 Nel libro II, c. 1, la definizione di anima verrà formulata median
te il ricorso al metodo diairetico.
7 Viene posta l'esigenza di stabilire i “principi propri” della psico
logia, in conformità con la dottrina degli Analitici secondi, I, 28, 87 a
38 ss.
8 Cfr. Metafisica, VII, 1; Categorie, 4 ss. Aristotele risponderà alla
questione affermando che l’anima è sostanza "in quanto forma”. Cfr.
libro II, c. 1.
9 Aristotele risponderà che Panima è “atto primo”. Cfr. sotto, 412
a 27 s.
10 Aristotele si pronuncerà a favore dell’unità dell’anima e della
distinzione funzionale delle facoltà. Cfr. sotto, 411 a 26 ss., ecc.
11 Aristotele sembra favorire la tesi che P “anima” non è un genere
ordinario e che, quindi, la sua nozione non è univoca, ma analoga. Cfr.
libro II, c. 3.
12 II riferimento polemico pare rivolto soprattutto a Platone e ai
254 NOTE
Platonici, la cui dottrina psicologica è d'impianto antrop dogi co
cosmologico, piuttosto che biologico.
13 La ricerca della definizione di anima precederà lo studio delle
facoltà, quantunque detta definizione presupponga la conoscenza dei
caratteri del mondo vivente e, dunque, la priorità “logica” delle attività
dell'anima.
14 A questo tema è dedicato pressoché interamente il nostro trat
tato.
15 La risposta di Aristotele, almeno in linea di principio, ai proble
mi posti in 402 b 11-16 verrà suggerita dalla dottrina del primato dei
ratto sulla potenza. Cfr. libro II, c. 4.
16 La psicologia, se non vuol ridursi a formulare definizioni “dia
lettiche e vuote” (su quest'espressione cfr. A. Jaulin, Kemarques sur
Vexpression aristotélicienne λογικώς καί κενώς , «Kairos », 1993 η.
4, ρρ. 99 ss.), cioè generiche ed astratte, deve far uso tanto del meto
do deduttivo (cfr. Analitici secondi\ 1,2, 71 b 9 ss., ecc.) quanto di quel
lo induttivo (cfr. Metafisica, VII, 10, 1035 b 16 ss.).
17 È il problema più importante e decisivo del trattato, la cui solu
zione verrà proposta nel libro III, c. 5: se cioè l'intelletto sia una facoltà
peculiare della sola anima umana e se, quindi, ne garantisca l'immate
rialità e l'immortalità.
18 Conservo χαλκής, espunto invece da Ross. Cfr. Analitici secon
di, I, 5, 74 a 38 s.
19 Mantengo χωρισθ£ν rò εύθυ, che Ross emenda in χωρισθέν
τι εύθυ. La retta gode della proprietà enunciata nel testo inerendo in
un corpo e non, come ritenevano i Platonici, avendo un'esistenza idea
le.
20 La psicologia, nella misura in cui tratta delle facoltà dell'anima
che dipendono dal corpo, costituisce una sezione della fisica.
21 Che si occupa solo degli aspetti formali dei fenomeni psichici, ad
es. nell'ambito delle discussioni o argomentazioni dialettiche, per le
quali cfr. Aristotele, Topici, libri I e Vili.
22 Ossia il fìsico “naturalista”, come Empedocle o Democrito. Cfr.
Metafisica, I, 3, 983 b 6 ss.
23 Si tratta del fisico “speculativo”, o filosofo della natura in senso
aristotelico, che tematizza inseparabilmente gli aspetti formali delle
cose e le loro basi materiali.
24 II termine “astrazione” (άφαίρεσις) è impiegato per lo più da
NOTE 255
Aristotele proprio con riferimento agli oggetti della matematica. Cfr.
J.J. Cleary, On thè Terminology of "Abstraction” in Aristotle,
«Phronesis», 30 (1985), pp. 13 ss., e M. Mignucci, In margine al con
cetto di forma nella "Metafisica” di Aristotele, in AA.W., Aristotele.
Perché la metafisica, a cura di A. Bausola e G. Reale, Milano 1994, p.
166.
25 L’originaria formula aristotelica “filosofia prima” (πρώτη φιΧο—
σοφία) è stata riespressa, forse già dagli immediati discepoli di
Aristotele, con il termine divenuto ormai canonico di “metafìsica”. Cfr.
Metafisica, VI, 1, 1026 a 27 ss., e G. Reale, in Aristotele, Metafisica,
saggio introd., testo greco con trad. a fronte e commentario a cura di
G. R., ed. maggiore rinnovata, I, Milano 1993, pp. 41 ss. e 46 ss.
26 Cfr. sopra, 403 a 28.
27 Importante principio delia “storiografia filosofica” di Aristotele.
Cfr. Introduzione, n. 35.
Ecco un primo schema bipartito in base a cui Aristotele catalo
ga le dottrine psicologiche dei predecessori.
29 A torto, secondo Aristotele. Cfr. libro I, c. 3.
30 Cfr. Leucippo, testimonianza 28 Diels-Kranz. Fra gli studi
recenti suiratomismo cfr. T. Cole, Democritus and thè Sources of Greek
Anthropology, Western Reserve University Press 1967; R. Loebl,
Demokrits Atome, Bonn 1976.
31 La similitudine è di origine pitagorica. Cfr. sotto, 404 a 18.
32 Cfr. Scuola Pitagorica, B, testimonianza 40 Diels-Kranz.
33 Di tendenza più materialistica.
34 Più raffinati, forse Ecfanto di Siracusa (cfr. testimonianza 1
Diels-Kranz).
35 Platone (cfr. Fedro, 245 C ss.; Leggi, X, 894 C ss. ) e Senocrate
(cfr. sotto, 404 b 27 ss.).
36 Cfr. testimonianza 99 Diels-Kranz. Qui Aristotele assimila l’ani
ma airintelletto anassagoreo come principio motore dell’universo. Cfr.
testimonianza 58 e fr. 12 Diels-Kranz, nonché D. Lanza, in
Anassagora, Testimonianze e frammenti, a cura di D. L., Firenze 1966,
p. 168 nota; inoltre D. Sider, The Fragments of Anaxagoras,
Meisenheim a.G. 1981; M. Schofield, An Essay on Anaxagoras,
Cambridge 1980.
37 Cfr. testimonianza 101 Diels-Kranz.
256 NOTE
38 Sulla natura intelligibile della verità “autentica” ammessa da
Democrito cfr. però fr. 11 Diels-Kranz. Sull'impossibilità per
Democrito di distinguere, a livello critico, sensazione e conoscenza
intellettiva vedi tuttavia G. Reale, Storia della filosofia antica, I, Milano
19875, pp. 182 ss.
39 Cfr. Iliade, XXIII, 698. La citazione è approssimativa.
40 Cfr. testimonianza 100 Diels-Kranz.
41 Probabilmente Anassagora distingueva dall'Intelletto come
principio ordinatore immanente nel tutto, Tanima come principio di
sensibilità, presente anche negli animali e nelle piante.
42 Teoretica e pratica.
43 Cfr. fr. 109 Diels-Kranz. Fra gli studi recenti su Empedocle cfr.
M.R. Wright, Empedocles: thè Extant Fragmen ts, New Haven 1981; B.
Inwood, The Poem of Empedocles, testo, trad. e introd. a cura di B. I.,
Toronto 1992. Ci sarebbe dunque, per Empedocle, una corrisponden
za stretta tra la struttura costitutiva dell'anima e quella del cosmo, in
virtù del principio che “il simile è conosciuto dal simile”.
44 Cfr. Platone, Timeo, 35 A ss., 37 A ss. L’Anima del mondo pla
tonica è formata degli stessi elementi, l*indivisibile e il divisibile, dei
quali sono costituiti gli oggetti di cui essa ha conoscenza: rispettiva
mente gli intelligibili e i sensibili. Sulla “creazione” dell’Anima da
parte del Demiurgo secondo una complessa struttura geometrica e
numerica cfr. G. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone.
Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle uDottrine
non scritte” Milano 199110 , pp. 657 ss.
45 Cfr. Aristotele, Sulla filosofia, fr. 11 Ross = Sul bene, fr. 97 Gigon.
Nel dialogo Sulla filosofia Aristotele riferiva la dottrina platonica dei
principi e dei numeri e dimensioni ideali esposta nel corso orale Sul
bene (cfr. Testimonia Platonica, 25 A Gaiser, in K. Gaiser, La dottrina
non scritta di Platone. Studi sulla fondazione sistematica e storica delle
scienze nella scuola di Platone, presentaz. di G. Reale, introd. di H.
Kràmer, trad. di V. Cicero, Milano 1994, pp. 51 ss. e Testimonia
Platonica, 25 A). Il nostro passo figura anche come fr. 98 nella edizio
ne di Speusippo curata da M. Isnardi Parente (Napoli 1980). Non
mancano i sostenitori dell’attribuzione del passo a Senocrate, a partire
da H. Cherniss, Aristotle’s Criticism of Plato and Academy, Baltimore
1944 (rist. New York 1962), pp. 565 ss. Platone, nelle dottrine non
scritte, faceva dipendere la realtà intelligibile (Idea di vivente e idee
specifiche di viventi) dai numeri e dalle dimensioni ideali, e questi dal
principio deU’Uno e della diade indefinita. Egli riconduceva altresì ai
NOTE 257
numeri e alle dimensioni ideali anche le funzioni conoscitive deirani-
ma. Cfr. Reale, Per una nuova in terp re fazione, pp. 647 s., 668 ss.; inol
tre E. Berti, Le dottrine platoniche non scritte “Intorno al Bene" nelle
testimonianze di Aristotele, in AA.W., Verso una nuova immagine di
Platone, a cura di G. Reale, Milano 1994, pp. 286 ss.
46 Cfr. Senocrate, fr. 60 Heinze; fr. 165 Isnardi Parente. Senocrate
interpreta matematicamente la dottrina platonica delFanima semoven
te ( Fedro, Timeo e Leggi) e formata di elementi (Timeo). Cfr. M.
Isnardi Parente, Per Vinterpretazione di Aristotele, De an. 404 b 18 ss.,
in AA.W., Philomathes. Studies and Essays in thè Humanities in
Memory of Ph. Merlan, a cura di R.B. Palmer e R. Hamerton-Kelly, The
Hague 1971, pp. 166 ss.
47 Si preannuncia un secondo schema bipartito di esposizione delle
dottrine dei predecessori.
48 Democrito, Talete, Eraclito.
49 I Pitagorici, Platone, Senocrate.
30 Empedocle (i quattro elementi e le due forze cosmiche), lo stes
so Democrito (gli atomi e il vuoto), Anassagora (le omeomerie e
Tlntelletto).
31 Democrito (cfr. testimonianza 101 Diels-Kranz) ed anche
Eraclito ed Ippaso.
32 Nel senso di “più fine”.
33 Testimonianza 100 Diels-Kranz.
34 Cfr. sopra, 404 b 1 ss.
35 Termine aristotelico, non anassagoreo.
36 Testimonianza 22 Diels-Kranz. Per Talete, dunque, anche la
natura non vivente è retta da forze motrici.
37 Testimonianza 20 Diels-Kranz. Su Diogene cfr. lo studio recen
te di A. Laks, Diogene d'Apollonie, Lille 1983.
38 Anassimene.
39 Diogene opera una mediazione tra Anassimene ed Anassagora.
Cfr. Reale, Storia della filosofia antica, I, p. 191
60 Testimonianza 15 Diels-Kranz. Su Eraclito cfr. i recenti contri
buti di C.H. Kahn, The Art and Thought of Heraclitus, Cambridge
1979, e di H.-M. Bartling, Feuer, Seele und Logos. Untersuchungen zu
einigen Heraklit-Fragmenten, Cuxhaven 1990; inoltre AA.W.,
Héraclite, «Revue de Philosophie Ancienne », 7 (1989), n. 2.
258 NOTE
61 Ossia il fuoco, che è il principio razionale della realtà e il costi
tutivo dell’anima.
62 Testimonianza 12 Diels-Kranz.
Talete, Diogene ed Eraclito.
64 Alcmeone fa propria la credenza nell’anima eterna e sempre in
movimento, di natura analoga a quella degli astri.
65 Testimonianza 10 Diels-Kranz.
66 Empedocle, il medico siciliano Filistione, il sofista Clizia.
67 Testimonianza 23 Diels-Kranz.
68 Empedocle e Crizia.
69 Ecco un terzo schema espositivo, questa volta tripartito.
70 Come mera finezza o sottigliezza.
71 Democrito, Diogene, Eraclito e Ippone.
72 Empedocle e Platone.
73 Aristotele evidenzia l’intuizione veramente nuova di Anassagora,
che il principio sia “separato" da tutto il resto. Cfr. Reale, Storta della
filosofia antica, I, pp. 167 s.
74 Testimonianza 100 Diels-Kranz.
75 L’Intelletto anassagoreo si mescola con le altre cose, senza che
queste si mescolino con esso (Reale, Storia della filosofia antica, I, p.
169). Ciò sembra comportare l'adozione del principio che il "dissimi
le si conosce col dissimile", un principio che comporta una difficoltà
nella quale apparentemente verrà coinvolto lo stesso Aristotele. Cfr.
sono, III, 4, 429 b 22 ss.
76 Cfr. Ippone, testimonianza 10 Diels-Kranz.
77 Trattasi di Empedocle.
78 Come Eraclito e Democrito.
79 Come Ippone.
80Cfr. anche Platone, Cratilo, 399 D ss., ecc.
81 Platone. Cfr. Leggi, X, 896 A ss.
82 Cfr. sopra, 403 b 28 ss.
83 Per la distinzione tra movimento per sé e per accidente cfr.
Fisica, V, 1, 224 a 21 ss.
84 Leggo τότε, mentre Ross accoglie la variante τόδε.
NOTE 259
85 Vengono escluse la generazione e la corruzione, giacché, per
Aristotele, non esiste movimento secondo la sostanza. Cfr. Metafisica,
XI, 12, 1068 a 10 s. Si tenga conto che, nelle obiezioni contro le dot
trine cinetiche dell’anima, lo Stagirita non distingue le concezioni
materialistiche da quelle spiritualistiche.
86 Cfr. Fisica, Vili, 7, 260 b i s .
87 Cfr. Fisica, IV, 4,211 a 22 s.
88 Sulla dottrina dei moti e dei luoghi naturali dei quattro elemen
ti cfr. Fisica, IV, 1, 208 b 8 ss.; 8, 215 a 1 ss.
89 L’allusione è ai “miti” platonici delPanima, specie a quello del-
Tanima come “carro alato”. Cfr. Fedro, 246 A ss.
90 Cfr. Del cielo, IV, 2, 308 b 13 ss.
91 Cfr. Del cielo, IV, 4,311 a 22 ss.
92 Si distingue la traslazione dalla rotazione. Cfr. Aristotele,
Generazione e corruzione, I, 5, 320 a 19 ss.
93 O. Gigon (in Aristoteles,... Von der Seele..., Zürich 1950, p. 227)
ricorda la storia del “re greco” narrata dall*Eudemo (fr. 11 Ross; fr.
1012 Gigon), ora identificato con Endimione di Elide da A.P. Bos,
Teologia cosmica e metacosmica. Per una nuova interpretazione dei dia
loghi perduti di Aristotele, trad. di E. Peroli, introd. di G. Reale,
Milano 1991, pp. 333 ss.
94 Ad es. la saggezza. Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea, I, 6, 1096
b 16 ss.
95 Cfr. sotto, libro II, c. 5.
96 È una variazione della più celebre definizione di movimento
come «atto di ciò che esiste in potenza, in quanto tale» (Fisica, III, 1,
201 a 10 s.; trad. di L. Ruggiu).
97 E quindi si autodistruggerà.
98 Cfr. Democrito, testimonianza 104 Diels-Kranz.
99 Cfr. Comicorum Atticorum Fragmenta, II, pp. 172-73, fr. 22
Kock.
100 ji leggendario scultore. Cfr. Platone, Eutifrone, 11 B-C.
101 Cfr. sotto, libro III, c. 10.
102 Aristotele riassume abbastanza correttamente l’esposizione pla
tonica della “creazione” dell’Anima del mondo (cfr. Timeo, 34 A ss.),
ma la prende troppo alla lettera. In particolare, la causalità esercitata
260 NOTE
dall'Anima sul corpo dell'universo non è meccanica, ma razionale e
teleologica. Inoltre i movimenti dell'Anima cosmica sono di natura
immateriale e non s'identificano, ma producono le rivoluzioni dei
corpi celesti.
103 Riconosciuto che l'Anima cosmica di Platone ha un'intelligen
za, ne deriva, per Aristotele, che essa non può essere una grandezza,
oppure che possiede una continuità analoga a quella del numero e non
dell'estensione spaziale. Sulla struttura numerica e insieme dimensio
nale dell'Anima del mondo cfr. Reale, Per una nuova interpretazione;
pp. 657 ss.
l°4 cfr Fisica, IV, 11, 220 a 18 ss.: il punto è il limite, e non una
parte della linea.
105 Aristotele interpreta il coglimento, da parte dell'Anima, degli
oggetti conoscibili (cfr. Timeo, 37 A 6: έφάπτπται) come un contatto
fisico di due grandezze.
106 È proprio la natura intermedia dell'Anima cosmica, ossia la
composizione dell'Identico, del Diverso e dell'Essere, mediati in fun
zione delFIndivisibile (soprasensibile) e del Divisibile (sensibile) (cfr.
Timeof 35 A ss.), che garantisce all'Anima la conoscenza dei due piani
della realtà: quello ideale e quello corporeo ( Timeo, 37 A-C). Cfr.
Reale, Per una nuova interpretazione, pp. 661 s.
107 per Platone la rotazione del cosmo è la manifestazione e l’ef
fetto del moto immateriale dell'Anima cosmica e della sua intelligenza
( Timeo, 34 A ss.).
108 Le difficoltà sollevate da Aristotele in 407 a 10-34 dipendono
dall'assunzione della finitezza del pensiero umano, mentre Platone,
con rimmagine della rotazione, rappresenta il pensiero continuo e infi
nito dell'intelligenza di cui è dotata l'Anima cosmica. Cfr. Chemiss,
Aristotle's Criticism of Plato, p. 405 n. 332.
109 Accolgo il testo dei mss. μ ή ουσία, emendato da Ross in ή
ουσία. Se il movimento eterno dell'Anima cosmica non le è essenzia
le, come Platone ritiene, allora sarà violento e contro natura.
110 Lo stesso Platone e i Platonici in generale.
111 Nel Timeo, 35 B ss., Platone spiega come il Demiurgo abbia
imposto all'Anima un automovimento.
112 Qui Aristotéle coglie uno dei cardini della dottrina dell’Anima
cosmica.
113 Platone spiega chiaramente perché il movimento circolare è il
NOTE 261
più appropriato al cielo: perché è quello che «soprattutto conviene
all’intelligenza e alla saggezza » (Timeo, 34 A; trad. di G. Reale).
114 I riferimenti suggeriti dai commentatori sono i più vari: la Fisica
(specialmente i libri V-VIII), e Del cielo (l’inizio), come anche
Metafisica, XII, 10, ed Etica Nicomachea, I, 6, 1096 b 30 s.
115 Da questa critica il Timeo resta immune. Il Demiurgo produce
i quattro elementi materiali del cosmo mediante forme geometriche e
numeri, e colloca il corpo del mondo entro un’Anima essa pure dota
ta di una struttura geometrica e numerica. Cfr. Timeo, 36 E-37 A, e
Reale, Per una nuova interpretazione, pp. 636 ss., 657 ss.
116 Cfr. Generazione e corruzione, I, 7, 323 b 29 ss.
117 Cfr. Scuola Pitagorica, B, testimonianza 39 Diels-Kranz.
118 Si discute fra gli studiosi se qui Aristotele accenni alla metem
psicosi.
119 Si preannuncia la dottrina ilcmorfica e, insieme, strumentalisti-
ca dei rapporti fra anima e corpo.
120 Cfr. Filolao, testimonianza 23 Diels-Kranz.
121 Soprattutto i Pitagorici; cfr. Filolao, fr. 11 Diels-Kranz. Su que
sto autore vedi ora C.A. Huffman, Pbilolaus of Croton Pythagorean and
Presocratic A Commentary on thè Fragments and Testimonia tvith
Interpretative Essays, Cambridge-New York 1993. Secondo H.
Gottschalk, Soul as Harmonia, «Phronesis », 16 (1971), pp. 190 ss., la
teoria dell’anima-armonia è un’invenzione di Platone a scopo dialetti
co (cfr. Fedone, 85 E ss., ecc.). Ma vedi anche F. Trabattoni, La dottri
na dell*anima-armonia nel "Fedone”, «EJenchos», 9 (1988), pp. 53 ss.
122 Richiamo alle discussioni dell’Accademia e del Peripato sulla
dottrina dell’anima-armonia. Esse dovevano avere come punti di rife
rimento il Fedone di Platone e YEudemo di Aristotele, su cui cfr. F.
Trabattoni, La teoria dell anima-armonia nelT “Eudemo'\ «Acme», 34
(1981), pp. 345 ss.
123 Cfr. Platone, Fedone, 92 E ss., e qui sotto, 408 A 5-18.
124 Cfr. Platone, Fedone, 93 A.
123 Cfr. Aristotele, Eudemo, fr. 7 Ross; frr. 59-72 Gigon (seconda
obiezione alla teoria dell’anima-armonia). Cfr. E. Berti, La filosofia del
primo Aristotele, Padova 1962, pp. 425, 430 s.: l’anima è sostanza e
quindi non ha contrario.
126 Cfr. Platone, Fedone, 94 B ss.
262 NOTE
127 Né in senso geometrico né in quello aritmetico.
128 Tanto più che, come vedremo, l’intelletto, secondo Aristotele,
non ha un organo corporeo. Cfr. sotto, libro III, c. 4.
129 Cfr. Empedocle, testimonianza 78 Diels-Kranz.
130 Aristotele denuncia l’assurdità del polianimismo.
131 Cfr. Empedocle, testimonianza 78 Diels-Kranz.
132 In questo caso si ricadrebbe nelle difficoltà della dottrina del-
ranima-armonia.
133 Due argomenti, dialetticamente contrapposti alla confutazione
della teoria dell’anima-armonia, a favore della teoria stessa. Il primo
evita il polianimismo, il secondo connette la dissoluzione del corpo al
venir meno dell’anima. Si tenga presente che, fra tutte le dottrine dei
predecessori, quella deU’anima-armonia è la più vicina alla tesi aristo
telica deirunità deH’anima e del corpo.
134 Cfr. sopra, 406 a 4 ss., ecc.
135 II moto del cuore o di un altro organo che accompagna il pen
siero va riferito airimmaginazione. Cfr. sotto, 111, 7, 431 a 14 ss.
136 Ad es., la palpitazione del cuore.
137 Ad es., l’ebollizione del sangue in un accesso d’ira.
138 Una probabile allusione alle Parti degli animali o al Moto degli
animali.
139 Leggo tò 5è Xéyeiv. Ross ha rò Òq Acyeiv.
140 È una tesi centrale della psicologia aristotelica che il soggetto
delle attività psichiche non è, propriamente, l’anima, ma l’uomo per
mezzo della sua anima.
141 II cuore.
142 Su quello che è il problema decisivo del trattato, lo statuto
ontologico dell’intelletto, il nostro passo apporta alcune precisazioni
assai rilevanti. Vi si afferma che l’intelletto umano è una “sostanza” che
sopraggiunge in noi dopo che, nell’individuo, si sono realizzate tutte le
condizioni necessarie a riceverlo, ossia le funzioni vegetative e sensiti
ve (cfr. Aristotele, Riproduzione degli animali, II, 3, 736 b 15 ss.). È un
intelletto immateriale e immortale, pur essendo condizionato (ma ciò
riguarda direttamente solo l’intelletto “possibile”) dai legami col
corpo. Se si legge il testo senza pregiudizi, e si tengono presenti i cc. 4-
5 del III libro, non si può negare che esso concordi sostanzialmente
NOTE 263
con la dottrina, professata da Aristotele nelle opere pubblicate, dcl-
Timmortalità dell'anima umana.
143 Cfr. Senocrate, fr. 195 Isnardi Parente. Vedi anche sopra, 404 b
27-30.
144 rsjella Sua critica a Senocrate, Aristotele presuppone la propria
dottrina del movimento, e in particolare la distinzione tra motore e
mosso, e, inoltre, che il “numero" della definizione senocratea sia una
pluralità di unità e che le unità siano riconducibili a punti.
145 Cfr. Fisica, VI, 10, 240 b 8 s.
146 i Pitagorici, probabilmente Archita. Cfr. Isnardi Parente,
Senocrate, p. 393.
147 Dunque i movimenti dell’anima non saranno attività psichiche,
ma, in virtù della concezione * genetica” degli enti geometrici, produ
zioni di linee!
148 Cfr. sotto, 411 b 19 ss.
149 L’avvicinamento (indebito) di Senocrate a Democrito consente
ad Aristotele di denunciare l’impossibilità di distinguere tra unità
punti motrici (quelle deH’anima) e unità-punti mosse (quelle del viven
te).
150 Cfr. Fisica, IV, 4, 211 a 27 ss.
151 Aristotele è contrario ad ogni forma di pampsichismo.
152 Un’anima formata da punti non sarà, come altrove pretende
Senocrate (cfr. fr. 209 Isnardi Parente), separabile e immortale, giacché
le linee non si risolvono in punti (ma, secondo la dottrina senocratea -
cfr. fr. 126 Isnardi Parente - in “linee indivisibili”). Come rileva Isnardi
Parente, Senocrate, p. 392, quest’ultima affermazione di Aristotele, che
concede che per Senocrate la linea non si risolve in punti, fa cadere la
sua critica in contraddizione con se stessa.
Cfr. sopra, 408 b 33 ss.
154 Diogene, Eraclito e Democrito.
155 Testimonianza 104 a Diels-Kranz.
156 Cfr. sopra, 409 a 21-25.
157 Cfr. sopra, 409 a 25-28.
158 Cfr. sopra, 403 b 28 ss., ecc.
159 Cfr. sopra, 402 b 16 ss., ecc.
160 Di Empedocle e Platone.
264 NOTE
161 Empedocle, Platone, Eraclito e Diogene.
162 Lo Sfero di Empedocle.
163 Fr. 96 Diels-Kranz.
164 La proporzione che dà luogo all’osso è in ottavi: due parti di
terra, una d’acqua, una d’aria, quattro di fuoco. Cfr. C. Gallavotti, in
Empedocle, Poema fisico e lustrale, a cura di C. G., Milano 1975, pp.
205 s.
165 Cfr. sotto, III, 8, 431 b 29 ss.
166 Le dottrine elementaristiche dell’anima non spiegano la cono
scenza degli oggetti né quella delle qualità e delle privazioni.
L’obiezione non infirma la dottrina platonica.
167 Sui molteplici significati dell’essere e la loro unitarietà cfr.
Reale, in Aristotele, Metafisica, I, pp. 83 ss.
168 Cfr. Metafisica, I, 9, 992 b 18 ss., ecc.
169 I principi delle sostanze e degli accidenti (materia, forma, pri
vazione) sono realmente diversi, e identici solo per analogia, ossia per
la funzione che esercitano nei diversi enti. Cfr. Metafisica, XII, 4, 1070
a 3 1 ss.
170 Conservo il testo dei mss. και 7τρός τό δμοιον.
171 Cfr. sotto, 435 a 24 ss.
172 Vedi tuttavia Empedocle, frr. 103, 109 e 110 Diels-Kranz. Si
osservi che, per Empedocle, il cuore e il sangue, in cui sono mescolati
tutti gli elementi, percepiscono gli oggetti nella loro interezza (cfr. fr.
115 Diels-Kranz).
173 Lo Sfero.
174 Si ripresenta la difficoltà del pampsichismo, che rappresenta
quasi una communis opinio tra i filosofi naturalisti.
175 È l’obiezione più rilevante. Gli elementi naturali vanno subor
dinati all’anima e all’intelletto, che sono le vere cause formali e finali e
che conferiscono unità al vivente e all’uomo.
176 Non raggiungono, dunque, due dei principali obiettivi che
Aristotele si prefigge: la definizione universale di anima e Pindividua-
zione delle sue facoltà specifiche.
177 Le ostriche, le spugne, ecc.
178 Conservo il testo tràdito φοράς ouÒ’.
179 Infatti tutte queste teorie ignorano la facoltà vegetativa, che è la
NOTE 265
facoltà fondamentale dei viventi. Cfr. sotto, II, 3, 414 b 20 ss.
180 Cfr. Orfeo, fr. 11 Oiels-Kxanz. SulTorfismo si vedano i recenti
contributi di M.L. West, The Orfic Poems, Oxford 1983, e W. Burkert,
Antichi culti misterici, trad. di M.R. Falivene, Roma-Bari 1989.
181 I pesci. Cfr. sotto, 421 a 3 ss.
182 O, meglio, il non-retto, secondo l’opposizione tra possesso e
privazione. Cfr. Metafisica, X, 4, 1055 b 11 ss.
183 Testimonianza 22 Diels-Kranz.
184 Ossia sono animate.
185 L’obiezione viene dunque estesa anche a Diogene e a Eraclito.
186 Infatti, per Aristotele, l’anima presenta facoltà diverse nelle
diverse classi di viventi.
187 Sono i problemi posti sopra: vedi 402 a-b e n. 10.
188 Platone. Cfr. sotto, 432 a 24 ss.
189 La divisione dell’anima in parti non può significare che esse
siano localmente separabili. Tale “divisione”, per non attentare all’u
nità del vivente, deve fondarsi su un principio di unità che è l’anima
stessa, peraltro funzionalmente distinta in facoltà. Sul divieto del pro
cesso all’infinito cfr. Analitici secondi, I, 20, 82 a 21 ss.
190 Cfr. sotto. III, 4, 429 a 24 ss.
191 Gli anellidi.
192 Sulla distinzione tra l'unità specifica e quella numerica cfr.
Metafisica, V, 6, 1016 b 3 1 ss.
193 A conservarsi in vita.
194 In parti localmente separabili.
195 Cfr. sotto, 414 a 32 ss.
Libro II
O categoria.
1
2 Cfr. Metafisica, libri VII-Vili; libro XII, cc. 1-5.
3 La forma, in senso ontologico, è il principio determinato e, al
tempo stesso, il principio che determina la cosa ad essere quello che è.
Cfr. Reale, in Aristotele, Metafisica, I, pp. 126 s.
4 La distinzione è fra l’atto primo e quello che gli Scolastici chia
meranno atto secondo. Sulla nozione di atto nella Metafisica aristoteli-
266 NOTE
ca cfr E. Berti, II concetto di atto nella "Metafisica” di Aristotele, in
AA.VV., L’atto aristotelico e le sue ermeneutiche, a cura di M. Sánchez
Sorondo, Roma 1990, pp. 43 ss.
5 Nella ricerca della definizione di anima Aristotele fa uso del
metodo a posteriori; egli parte dall’esperienza dei corpi viventi.
6 Dei corpi artificiali.
7 Ross fa precedere a τοιόνδε un καί.
8 Ross omette tó prima di σώμα.
9 Non è in un soggetto e non si dice di un soggetto (cfr. Categorie,
2, 1 a 20 ss.), ossia non inerisce ad altro e non si predica di altro.
10 Ossia che (come subito vedremo), in quanto dotato di organi, è
in grado di vivere.
11 Cfr. Metafisica, I, 8, 989 a 15 s., ecc.
12 Ossia il principio formale, la prima e fondamentale determina
zione del vivente, condizione di tutte le sue funzioni vitali, cognitive e
operative.
15 Viene richiamato il principio di analogia, basata suiridentità
delle funzioni. Cfr. anche sotto, 416 a 3 ss.
14 La forma.
15 Sull’essere, nelle dimensioni della potenza e dell’atto, cfr. Reale,
in Aristotele, Metafisica, I, pp. 97 ss.
16 Tò τι ήν είναι. Su quest'espressione tecnica di Aristotele, che
designa l’essenza specifica di una cosa, cfr. M. Mignucci,
L’argomentazione dimostrativa in Aristotele: Commento agli "Analitici
secondi", I, Padova 1975, pp. 439 ss.
17 Cioè di avere la capacità di fendere.
18 Avrebbe in comune con la vera scure solo il nome, ma non l’es
senza e la definizione- Cfr. Categorie, 1, 1 a 1 ss.
19 I corpi naturali (i quattro elementi, i minerali, i viventi), diversa-
mente da quelli artificiali, hanno tutti la capacità di produrre e subire
un mutamento (cfr. Fisica, II, 1, 192 b 13 ss.), ma i viventi (vegetali e
animali) secondo una modalità tutta specifica.
20 E particolarmente la pupilla. Cfr. sotto, 413 a 3.
21 L'intera anima è qui designata come l’insieme delle sue funzioni
percettive.
22 II cadavere.
NOTE 267
23 Seme e sperma sono corpi solo potenzialmente capaci di vivere.
Cfr. Riproduzione degli animali, II, I, 735 a 4 ss., ecc.
24 Ad es., della scure.
25 L'intelletto, che non è atto, ossia non vivifica nessun organo cor
poreo.
26 Aristotele pone il problema se l’anima, che è atto e forma del
corpo, è anche suo principio motore ed efficiente. Cfr. Ch. Lefèvre, Sur
Vévolution d’Aristote en psychologie, Louvain 1972, pp. 137 ss. Ross
nella riga 8 inserisce un ή dopo ψυχή.
27 Questa definizione, in sé esatta e, anzi, di fondamentale impor
tanza, dev'essere completata da una seconda, la quale, del fatto che l'a
nima è forma, esibisce la causa. Cfr. il cap. seguente.
28 La distinzione è tra conoscenza sensibile e quella intellettiva.
Cfr. Analitici secondi, I, 2, 71 b 34 ss.
29 Sulla distinzione tra la definizione che esibisce il “che” e quella
che manifesta il “perché” cfr. Analitici secondi, I, 13 e II, 10.
30 E quindi non contengono il termine medio, ossia la causa.
31 Per la costruzione della media proporzionale cfr. Euclide,
Elementi, VI, 13; trad. di A. Frajese e L. Maccioni, Torino 1970, p.
379; per l'operazione della quadratura cfr. Euclide, Elementi, II, 14;
trad. pp. 190-92.
32 È essenziale, in Aristotele, la polivocità del concetto di vita.
33 Vengono indicate le principali funzioni biopsichiche: intelligen
za, sensibilità, movimento e nutrizione. Il movimento locale implica la
possibilità della quiete.
34 La funzione vegetativa è condizione di ogni forma superiore di
vita. Aristotele, nelle anime delle sfere celesti e nei Motori immobili,
ammette però l’assoluta indipendenza deH'intelletto da qualsivoglia
facoltà inferiore.
35 Sugli animali stazionari cfr. sopra, 410 b 19 s.
36 Cfr. sotto, 434 a 22 ss., ecc.
37 Aristotele riprende le aporie del libro I, c. 1; vedi inoltre 411 a
24
38 Ossia: sono distinte concettualmente e per la loro funzione, e
quindi sono diffuse in tutto l'organismo, oppure sono localizzate in
diverse parti del corpo?
39 E trapiantate.
268 NOTE
40 Vedi sopra 411 b 19 ss. Cfr. E). Lanza, in Aristotele, La ricerca
psicologica. Antologia, a cura di D. L., Firenze 1977, p. 12 n. 6:
Aristotele scambia «il movimento che segue per un certo tempo alla
vivisezione con il moltiplicarsi della vita...Il problema teorico tuttavia
c’è, e concerne la localizzazione somatica di alcuni principi vitali, pro
blema che oggi sarebbe impostato come quello dell’organizzazione di
una colonia di protozoi monocellulari i quali stabiliscono funzioni uni
tarie, ma possono riassumere funzioni separate. Aristotele lo risolve
ricorrendo alla struttura categoriale [transcategoriale!] potenza/atto;
la separazione attualizza le facoltà vitali e psichiche».
41 L’immaginazione sensibile, distinta da quella deliberativa pro
pria degli uomini.
42 Cfr. sotto, libro III, cc. 4-5.
43 Platone. Cfr. sopra, 411 b 5. Platone, nella Repubblica e nel
Timeo; assegna al cervello, al petto e all’addome rispettivamente la
parte razionale, quella impulsiva e quella appetitiva dell’anima, ma
svincola la parte razionale dalla dipendenza fisiologica dall’organo cor
poreo, e quindi la considera immortale. Per la connessione della dot
trina platonica dell’anima, e in particolare del Fedro (dove il carro alato
simboleggia l’anima razionale e immortale), con la dottrina dei princi
pi cfr. Reale, Ter una nuova interpretazione, pp. 477 ss.
44 In realtà, agli animali competono almeno due funzioni: la nutri
tiva e la sensitiva. Cfr. sotto, 414 a 32 ss.
45 Cfr. sotto, libro III, cc. 12-13.
46Cfr. l’enunciato scolastico: actio est in patiente et non in agente.
47 È questa la seconda definizione di anima, in virtù della quale
Aristotele dimostra la prima (che l’anima è forma), e ciò in base alla
premessa che è principalmente in dipendenza dalla forma che un ente
possiede una data caratteristica.
48 Cfr. sopra, 412 a 6 ss.
491 sostenitori della dottrina dell’anima-armonia. Cfr. sopra, 407 b
27 ss.
50 Cfr. sopra, 412 a 18.
51 Specialmente i Pitagorici. Cfr. sopra, 407 b 13 ss.
52 Cfr. sopra, 413 a 31 ss.
53 Aristotele si riferisce, rispettivamente, agli uomini, agli animali e
alle piante.
NOTE
269
54 Cfr. sopra, 413 a 23 ss.
55 Cioè ha la capacità di discriminarli.
56 In quanto il gusto è una forma di tatto.
57 Cioè solidi e fluidi.
58 Sulla distinzione tra sensibili propri e sensibili per accidente cfr.
sotto, libro II, c. 6.
59 Ossia dal gusto.
60 Cfr. sotto, libro II, cc. 10-11.
61 Ossia gli animali.
62 Cfr. sotto, libro III, cc. 3, 10-11.
6* Le anime delle sfere celesti e i Motori immobili.
64 “L’anima è la forma del corpo*.
65 44La figura rettilinea è delimitata da più linee".
66 Non esiste per Aristotele, e neppure per Platone, una figura in
sé e per sé, l'idea separata di figura (cfr. Metafisica, III, 3, 999 a 6 ss.),
come non esiste, per Aristotele, un’anima in sé e per sé, ad es. l’Anima
del mondo ammessa invece da Platone.
67 Ossia esclusiva.
68 Aristotele non rimette in questione la legittimità, e anzi la neces
sità di una definizione universale di anima, ma precisa che essa non ha
come referente l’esistenza di un’anima separata, sussistente in sé e per
sé, e che dev’essere accompagnata dalle definizioni proprie delle sin
gole anime.
69 La dottrina del rapporto di successione tra le anime è funziona
le all’esclusione di un’anima separata, ma contiene tutti gli elementi
per determinare lo statuto logico della nozione di anima nel senso del-
Ì’omonimia προς (Év (o analogia di attribuzione). La dottrina del rap
porto di consecuzione intercorrente fra le anime, che costituisce la fon
damentale base teorica su cui si regge l’intero trattato, comporta che
ogni vivente possiede una sola anima e, inoltre, che Tanima intellettiva
deH’uomo, per cosi dire, impregna di sé tutte le attività vitali e psichi
che inferiori.
70 II motivo è indicato immediatamente dopo: fra il termine ante
riore e quello posteriore vige un rapporto di dipendenza ontologica
unilaterale e non biunivoca: il secondo non può essere senza il primo,
ma il primo può essere senza il secondo. Cfr. Metafisica, V, 11, 1018 b
37 ss., e Reale, Per una nuova interpretazione, p. 242.
270 NOTE
71 La maggior parte degli animali« privi dell’immaginazione delibe
rativa, vivono solo con rimmaginazione sensibile e con le facoltà in
essa implicate.
72 Esso non presuppone necessariamente le facoltà inferiori. Cfr.
sotto, libro III, cc. 4-8.
75 Infatti ciascuna facoltà definisce una specie particolare di anima.
74 La distinzione, stabilita in 402 a 7 s., tra definizione di anima e
deduzione delle facoltà, viene ora applicata alle facoltà e alle loro fun
zioni.
75 Cfr. sopra, 402 b 11 ss.
76 Questa è la ragione per cui la definizione di anima come forma
del corpo si applica direttamente all’anima vegetativa, e solo per ana
logia alle anime superiori.
77 Con il quale Pindividuo si conserva in se stesso.
78 Uindividuo che non proviene da generanti non può diventare
generante.
79 Cfr. Riproduzione degli animali, II, 1, 731 b 22 ss., inoltre
Platone, Simposio, 206 A ss.
80 Dei due sensi di fine, spesso richiamati da Aristotele (cfr., ad es.,
Metafisica, XII, 7, 1072 b I ss.), è qui a tema il primo, ossia Pobiettivo:
fine del vivente è la perpetuazione della specie.
81 Cfr. Metafisica, I, 3, 983 a 26 ss., ecc. Sulla componente aitiolo-
gica della metafisica aristotelica cfr. Reale, in Aristotele, Metafisica, I,
pp. 71 ss.
82 Del loro esser-tali, ossia del loro essere categoriale. Cfr. M.
Mignucci, In margine al concetto aristotelico di esistenza, in AA.W.,
Scritti in onore di Carlo Diano, Bologna 1975, pp. 247 s.
83 L’intelletto pratico.
84 Cfr. Fisica, II, 8, 198 b 10 ss.
85 L’anima è fine dell’organismo in entrambi i sensi di fine: è fine
come scopo da realizzare, perché sempre la forma è il termine verso cui
tende la materia (cfr. Metafisica, IX, 8, 1050 a 9 s.), ed è fine come
beneficiario, perché si serve del corpo come di uno strumento per eser
citare le proprie attività.
86 Testimonianza 70 Diels-Kranz.
87 Di cui le radici sono formate.
NOTE 271
88 Di cui, secondo Empedocle, sono formate le altre parti della
pianta.
89 Nella prospettiva cosmologica Paltò e il basso hanno un valore
oggettivo e assoluto, e corrispondono rispettivamente alla circonferen
za e al centro dell’universo. Cfr. Fisica, IV, 1, 208 b 8 ss.
90 Cfr. sopra, 412 b 3.
91 E principio dell’unità del vivente.
92 Eraclito (cfr. sopra, 405 b 26 ss.) e Ippaso; forse anche
Democrito.
93 Più precisamente, il calore vitale.
94 Sulla distinzione tra causa primaria di un fenomeno e mezzo
necessario per la sua effettuazione cfr. Platone, Fedone, 99 B; Timeo,
46 D ss.
95 E dal fine.
96 Si è pensato a Eraclito, Anassimene e Senofane. Cfr. C.W.
Mueller, Gleiches zu Gleichem. Ein Prinzip früh griechischen Denkens,
Wiesbaden 1965, p. 127.
97 Ossia un’estensione.
98 Secondo una relazione biunivoca.
99 L’olio, o la legna non troppo secca, o l’acqua stessa nella tra
sformazione degli elementi, fungono da materia del fuoco che è forma.
100 Specialmente Empedocle, Democrito e Anassagora.
101 E l’alimento che viene assimilato dal vivente, non questo da
quello!
102 La relazione tra alimento e vivente è necessaria ed essenziale.
103 Ossia delle dimensioni.
104 Cioè in quanto individuo.
105 Ross colloca le righe 20-23 dopo la riga 25.
106 L’anima nutritiva.
107 per Aristotele, infatti, il seme è un risultato della cozione del-
Palimento.
108 Mentre la facoltà nutritiva funge da motore immobile e il calo
re vitale da motore mosso, ralimento è soltanto mosso. Cfr.
Riproduzione degli animali, 11,4, 740 b 25 ss.
109 Nella Riproduzione degli animali\ oppure nello scritto perduto
272 NOTE
o forse solo progettato Sulla nutrizione (o Sull*accrescimento e la nutri
zione).
110 Cfr. sopra, 415 b 24.
111 Democrito ed Empedocle.
112 Cfr. Generazione e corruzione, 1,7.
113 Nelle loro qualità sensibili.
114 Se non per l’azione di un oggetto esterno, che sia percepibile in
atto.
115 Cfr. Fisica, III, 1, 201 a 10 s.; Metafisica, IX, 6, 1048 b 18 ss.,
ecc.
116 Per questa ragione, come s’è appena detto (rr. 15 s.), * essere
mosso” ed “agire” sono sinonimi.
117 Ossia non è un fine, ma un processo verso un fine.
118 Di una causa efficiente.
119 Cfr. sopra, 416 a 29 ss.
120 può diventare sapiente perché appartiene alla specie umana che
è provvista d’intelligenza.
121 O, meglio, un mutamento (γένεσις) dalla privazione (igno
ranza) al possesso (conoscenza).
122 θεωρία ο θεωρείv.
l2* Cfr. sopra, 417 b 14."Πσ7τερ εϊρηται è omesso da Ross.
124 Aristotele, dunque, propone la distinzione fondamentale tra
l’alterazione materiale, che comporta la trasformazione di qualità
opposte una nell’altra, e quindi la loro distruzione reciproca, e un tipo
speciale di alterazione, che ha luogo nei processi cognitivi, dalla per
cezione al pensiero, e che consiste nella conservazione e attuazione di
una potenzialità, e quindi nell’autorealizzazione del soggetto.
125 Al momento della nascita, l’uomo ha la “capacità” di percepire
e di acquisire la scienza.
126 Cfr. Analitici secondiI, 31, 87 b 28 ss., ecc.
127 Vale a dire in potenza.
128 Le scienze fisiche e anche le tecniche.
129 Cfr. sotto, libro III, cc. 4 ss.
130 La distinzione è fra la potenza (remota) rispetto al possesso di
qualcosa (cioè l’atto primo degli Scolastici) e la potenza (prossima)
NOTE 273
rispetto al suo uso (Patto secondo). Cfr., sopra, i passi 417 a 21 ss., 417
b 16 ss.
131 A designare Pattuazione di una capacità, ad es. la percezione in
atto.
132 Cfr. sopra, 417 a 6 ss.
133 I primi si percepiscono in se stessi, direttamente e immediata
mente; i secondi indirettamente, in concomitanza con i sensibili per sé.
134 Tanto i propri quanto i comuni sono percepibili per sé, perché
hanno in se stessi la causa della loro percepibilità.
133 Cfr. però sotto, 425 a 30 ss.
136 Cfr. sotto. 422 b 17 ss.
137 Non confonde il proprio sensibile con quello di un altro senso.
138 Cfr. Platone, Teeteto, 185 A ss.
139 II giudizio percettivo che esprime il coglimento di un sensibile
per accidente (“il bianco è figlio di Diare”) corrisponde alla predica
zione accidentale o impropria. Cfr. Aristotele, Analitici primi, I, 27, 43
a 32 ss., ecc.
140 II senso non termina all'oggetto in quanto tale, ma alle qualità
sensibili dell'oggetto.
141 Ossia è finalizzata.
142 Cfr. sotto 419 a 1 ss., sulle sostanze fosforescenti.
143 In quanto oggetto o superficie colorata.
144 Ossia di modificare qualitativamente.
145 Cioè illuminato.
146 II cristallo, il ghiaccio, ecc.
147 La trasparenza
148 L'etere di cui sono formate le sfere celesti.
149 E non, ad es., in quanto aria o acqua.
150 Cioè la capacità di illuminare.
151 La natura corporea (ignea) ed emanazionistica della luce fu
sostenuta da Empedocle, Platone c Democrito.
152 Cfr. Generazione e corruzione, I, 5, 321 a 8 s.
153 Ma, in realtà, lo è!
154 Testimonianza 57 Diels-Kranz.
274 NOTE
155 Platone, Timeo, 45 B ss., 58 C ss.
156 La volta celeste.
157 La quale, per Aristotele, dimostra che la luce non è una trasla
zione, ma una modificazione istantanea del diafano. Cfr. La percezione
e i percepibili, 6, 446 b 27 ss.
158 Della luce solare.
159 II trasparente.
160 Ross legge κρέας.
161 Cfr. La percezione e i percepibili, 2, 437 a 31 ss.
167 Cfr. sopra, 418 a 31 ss.
163 Ciò dimostra la natura di “senso a distanza" della vista.
164 Testimonianza 122 Diels-Kranz.
165 Cfr. sopra, 419 a 17 ss.
166 Cfr. sotto, libro II, cc. 10-11.
167 La caratteristica del mezzo delPolfatto si può chiamare “redo
lente", quella del mezzo dell'udito “risonante”.
168 Cfr. sotto, 421 b 13 ss., 424 b 17 s.
169 Dopo la trattazione della vista.
170 Senza lo spostamento locale del mezzo, ad es. Paria.
171 Cfr. sopra, 419 b 6.
172 Ad es. con una frusta.
173 Ross legge όταν, άέρος κτλ.
174 Colpita dall’emissione di un suono.
175 Ma non del suono. Cfr. sopra, 419 b 19.
176 Forse da parte di Alcmeone.
177 Se Paria è il “mezzo” del suono, la percezione uditiva richiede
un organo fornito d’aria, e questo non può essere che l’orecchio. Ross
ritiene corrotte le rr. 6-7 e propone di emendarle in TÒ Òt κινήσομε—
vov μέρος και έμψοφον γενησόμενον.
178 Tutte le varietà dei suoni.
179 II labirinto.
180 Del timpano.'
181 La cornea.
182 Quando lo si copra con una mano.
NOTE 275
183 Ross nelle ir. 15-16 emenda il testo tradito άλλα καί in άλλ’
ου e omette lo ócei.
184 Cfr. sopra, 419 b 3.
185 II primo subisce, il secondo agisce.
186 Dell’anima.
187 Cfr. sopra, 419 b 6 ss.
188 Cfr La percezione e i percepibili, 7, 448 a 19 ss.
189 Sembra un*affermazione diretta contro i filosofi pitagorici e
Platone.
19° Cioè degli animali.
191 Gli invertebrati. Cfr. Aristotele, Ricerche sugli animali, IV, 9,
535 a 28 ss.
192 Oggi Aspropòtamo; è il maggior fiume della Grecia.
193 Di una migliore condizione di vita.
194 Al fine di temperarlo.
195 Cfr. Aristotele, La respirazione, 7, 470 b 24 ss., ecc.
196 per Ja sua refrigerazione.
197 Ross corregge la lezione dei mss. άνα7τνεομένου in άναπνεό—
μενον.
198 Negli organi fonatori e respiratori, e principalmente nel cuore.
199 cfr. sopra, 420 b 13 s.
200 di organi fonatori.
201 Sensibile o mentale.
202 cfr. Aristotele, Sull*enunciazione, 2.
20> cfr. Le parti degli animali, III, 6, 669 a 1 ss., ecc.
204 E privi di palpebre, come i pesci.
205 Se la vista è il senso più esatto perché percepisce un maggior
numero di oggetti (sino ai moti del corpi celesti), il tatto è più esatto
perché coglie le differenze fondamentali degli enti sensibili: caldo e
freddo, umido e secco. Secondo Aristotele, al “mezzo” del tatto (la
carne) e al suo organo sensorio (il cuore) è poi dovuta la superiorità
intellettuale dell’uomo sugli animali e, a motivo di stati particolarmen
te favorevoli della carne e del cuore, anche quella di certi uomini su
altri.
206 Affermazione diretta probabilmente contro Platone che, nel
276 NOTE
Timeo (67 A), aveva distinto due sole specie di odori: i gradevoli e gli
sgradevoli.
207 Ad es., per la maggior parte dei profumi.
2°8 cfr sopra, 421 a 7 ss.
209 Από τούτων è espunto da Ross.
210 Γάρ è espunto da Ross.
211 La conoscenza dei contrari è una e la stessa.
212 Ad es., rispettivamente, i pesci e i gasteropodi.
213 I terrestri e i volatili.
214 Sul rapporto tra odorato e respirazione si veda anche Platone,
Timeov 66 E. Aristotele intende sostenere che Poifatto non è una forma
di tatto, come ritenevano i suoi predecessori, ad es. Democrito. Il fatto
però, rilevato dallo stesso Aristotele, che l’odorato (come anche l’udi-
to, nonostante l’affermazione contraria di U anima, II, 7, 419 b 25-30)
opera anche mediante un diretto contatto con gli oggetti odorosi (cfr.
R. Sorabji, Aristotle on Demarcating thè Five Senses, «Philosophical
Review», 80 (1971), p. 72 n. 42) rende meno netta la distinzione fra
sensi per contatto e sensi a distanza.
213 Ad es. gli insetti; inoltre gli animali privi di polmone, come i
pesci.
216 per Aristotele ogni facoltà è specificata dal suo oggetto. Cfr.
sopra, 415 a 20 ss.
217 Dunque la relazione tra olfatto e respirazione è accidentale.
218 Ma è umido in atto.
219 Ross legge τη άφή.
220 Anche questo fatto attenua di molto la distinzione aristotelica
tra sensi per contatto e sensi a distanza.
221 Cfr. sopra, 418 b 15 s.
222 Ne provoca la salivazione.
223 II senso percepisce il sensibile proprio e la sua privazione (cfr.
sopra, 421 b 3 ss.).
224 Ad es. il sole.
225 Ad es. un suono.
226 Cioè desensibilizzare il palato.
227 Ross legge άμφοτέρου e nelle rr. 32 s. του μέν e του δέ.
NOTE 277
228 Cioè di oggetto gustabile.
229 In quanto umido è oggetto del tatto, in quanto sapido del
gusto.
250 Anche la percezione gustativa richiede un giusto mezzo del sen
sorio.
231 Ross legge άφή.
232 La saliva.
233 Cfr. La percezione e i percepibili\ 4, 442 a 12 ss.
234 II loro studio deve procedere di pari passo.
235 Cfr. Ricerche sugli animali, III, 16, 519 b 26 s.; Le parti degli ani
mali, II, 8, 653 b 19 ss.
236 L’organo vero e proprio del tatto è il cuore.
2*7 Aristotele è consapevole che la molteplicità degli oggetti del
tatto dev’essere ricondotta ad almeno due distinti generi: la resistenza
e la temperatura. Cfr. R.D. Hicks, in Aristode, De anima, [ed.], trad.,
introd. e note di R.D. H., Cambridge 1907 (rist. Amsterdam 1965;
Hildesheim 1990), p. 405.
238 Nella r. 2 Ross dopo τις inserisce un tL
239 Ross reca συμφυές.
240 Non avendo presente la distinzione tra mezzo e organo della
percezione.
241 Se cioè sia uno o molteplice.
242 O, meglio, la carne.
243 L’estremità.
244 Dunque la carne è il mezzo di due sensi distinti.
245 Immediato.
246 L’umido è l’acqua, il bagnato ha l’acqua in superficie.
247 Che il gusto e il tatto percepiscano per contatto immediato,
senza un “mezzo’*.
248 Cfr. sopra n. 236, e Le parti degli animali, II, 10, 656 a 27 ss.,
ecc.
249 Del corpo sensibile e tangibile.
250 Cfr. Generazione e corruzione, II, 2-3.
251 L’oggetto percepibile.
278 NOTE
252 Ciò che costituisce una disparità per eccesso (ma anche per
difetto) rispetto allo stato del sensorio. Ma cfr. Introduzione, pp. 31 s.
253 Sul medio come il contrario dei due estremi cfr. Fisica, V, 1» 224
b 30 ss., ecc.
254 Cfr. sopra, 422 a 20 ss.
255 Ad es. il fuoco.
256 L’organo di ciascun senso.
257 Sono i principi intrinseci di una medesima realtà percettiva,
distinti realmente fra loro come la materia e la forma.
258 Estesa e corporea.
239 Si ricordi Penunciato scolastico: excellens sensibile corrumpit
sensum.
260 La facoltà vegetativa.
261 La carne che, negli animali, costituisce appunto la medietà fra i
tangibili.
262 Ad es. una pianta.
263 Ad es. gli acidi.
264 Sui minerali (e i vegetali).
265 II subire è condizione necessaria, ma non sufficiente, della per
cezione.
Libro III
1 Salva, beninteso, la funzione della carne come mezzo incorpora
to al soggetto percipiente.
2 Con un ragionamento per assurdo, Aristotele sembra voler esclu
dere che, dal fatto che più sensibili sono percepibili con lo stesso
“mezzo", si possa inferire la capacità di un senso di percepire i sensi
bili propri di un altro senso.
3 Questa è la tesi che corrisponde pienamente al punto di vista ari
stotelico. >
4 Negli animali terrestri è composto d’aria, negli acquatici d’acqua.
Ma cfr. anche La percezione e i percepibili\ 2, 438 b 20 s.
NOTE 279
3 Dispongono di tutti e cinque i sensi i vivipari terrestri ed i san
guigni ovipari. Cfr. Ricerche sugli ammali, IV, 8, 532 b 33 ss.
6 La percezione dei sensibili comuni è funzione comune di tutti i
sensi speciali, ma non è essenziale a nessuno di essi.
7 Dunque non c*è un sesto senso speciale né per la percezione dei
sensibili propri (cfr. sopra, 424 b 22 ss.) né per la percezione dei sen
sibili comuni. Entrambi i tipi di percezione sono indispensabili per
Tindividuazione degli oggetti e per la loro concettualizzazione. Nella r.
16 Ross omette evòc; per la distinzione tra uno e numero cfr.
Metafisica, V, 15, 1021 a 12 s., ecc.
8 Probabilmente il movimento degli oggetti esterni al percipiente.
Cfr. W. Welsch, Aisthesis. (drundzuge und Perspektivcn der
Aristotelischen Sirtrteslehre, Stuttgart 1987, p. 289.
9 Probabilmente nel senso che il movimento degli oggetti percepi
ti favorisce la conoscenza della loro grandezza o dimensione.
10 La conoscenza dei contrari è la stessa. Cfr. sopra, 411 a 3 ss.
11 Sul numero come quantità discreta cfr. Fisica, IV, 12, 220 b 2 s.,
ecc.
12 Un sesto senso speciale.
13 Mediante i cinque sensi speciali già riconosciuti come tali.
14 Ossia in modo del tutto accidentale e indiretto.
15 Ossia come i “sensibili per accidente" in senso stretto. Cfr.
sopra, libro II, c. 6.
16 A due o a più sensi speciali.
17 1 sensibili comuni sono sensibili “per accidente* in senso lato
(ossia in rapporto a ciascun senso speciale in sé considerato), ma sono
sensibili “per sé" rispetto alla “percezione comune" (ossia rispetto ad
una funzione comune a tutti i sensi speciali, considerati nella loro unità
e globalità).
18 Si ritorna al significato di “percezione accidentale" emerso in
425 a 22.
19 A quelli propri.
20 In un altro sensibile proprio, ad es. in un tangibile.
21 Cioè nella seconda ipotesi.
22 Ma un sensibile proprio non può esser percepito che dal senso
corrispondente.
280 NOTE
23 Dunque ogni senso speciale è cosciente della propria attività.
24 E, quindi, può comprendere anche Tatto dell’autocoscienza.
25 Ciò implica che la vista ha coscienza di sé attraverso concreti atti
percettivi.
26 Sono realmente identici, ma distinti logicamente, nella loro
nozione.
27 Cfr. Fisica, III, 3, 202 a 13 ss., ecc.
28 Nell’udito.
29 Si ricordi ancora Tenunciato scolastico: actio est in patiente et
non in agente. Cfr. sopra, Note al testo, libro II, n. 46.
30 Ciò che muove è l’oggetto sensibile, ciò che è mosso è il senso.
31 Potrebbe essere “colorazione”.
32 Potrebbe essere “ insaporamene”.
33 Probabilmente Democrito, ma anche Protagora.
34 II relativismo sensistico degli antichi è confutato da Aristotele in
base al primato ontologico dell’oggetto sensibile rispetto alla sensazio
ne, e alla loro identità “intenzionale” nell’atto percettivo.
35 Una mescolanza di suoni acuti e gravi.
36 Quando sono in atto.
37 O rapporto numerico di suoni acuti e gravi.
38 Si dovrebbe intendere: alla proporzione del senso nella perce
zione attuale.
39 Ossia il caldo e il freddo temperati.
40 Cioè nell’organo che è strumento corporeo per una specifica
attività percettiva.
41 Ross legge Tivi (indefinito).
42 Della discriminazione percettiva.
43 Sensi speciali. Aristotele polemizza probabilmente con Gorgia.
44 Aristotele riconosce nel soggetto una continuità tra percezione e
pensiero.
45 L’ipotesi di intervalli temporali nel processo percettivo è proba
bilmente ispirata ai Pitagorici. Cfr. La percezione e i percepibili, 7, 448
a 19 ss., ecc. '
46 Bensì essenziale.
NOTE 281
47 Aristotele si prospetta un'obiezione.
48 1 matematici.
49 Cfr. Fisica, IV, 11, 220 a 10 ss., ecc.
50 L’analogia del punto geometrico consente ad Aristotele un'ade
guata risposta all'obiezione: la coscienza del soggetto è numericamen
te una, ma distinta nelle sue funzioni (la percezione simultanea dell'u
nità dei sensibili e della loro differenza).
51 Cfr. sopra, 403 b 25 ss. “Pensiero” (νοεΐν) e “intelligenza”
(φρονείv) qui sono sinonimi.
52 È un'opinione consolidata, che Aristotele intende confutare.
55 Fr. 106 Diels-Kranz.
54 Fr. 108 Diels-Kranz.
55 Cfr. Odissea, XVIII, 136-37.
56 Ecco l'argomento “gnoseologico” che Aristotele oppone agli
antichi. Cfr. Lanza, in Aristotele, La ricerca psicologica, p. 29 n. 7.
57 Democrito. Cfr. sopra, 404 a 28 s.
58 Riguardo ai contrari (ai quali sono riducibili il simile c il dissi
mile) scienza, ignoranza ed errore sono gli stessi. Cfr. Analitici primi,
I, 1, 24 a 21, ecc.
59 Ecco l'argomento “classificatorio”. Cfr. qui sopra, n. 56.
^Stoltezza, ignoranza, opinione vera.
61 Questo passaggio presuppone un'obiezione del genere: anche
gli animali pensano, perché hanno l'immaginazione, che è altresì una
specie di sensazione.
62 In senso lato. Cfr. sotto, 433 a 9 s. Ross nella r. 17 espunge νόη—
σις.
Cfr. Aristotele, La memoria e il richiamo alla memoria, 2, 252 a
12 ss.
64Cfr lìtica Nicomachea, VI, 3, 1139 b 15 ss.
65 In senso lato.
66 Cfr. sotto, libro III, cc. 4 ss.
67 Un’apparenza sensoriale, avente una funzione conoscitiva. Cfr.
D. Frede, La funzione conoscitiva della “phantasia” in Aristotele, in
AA.VV, Aristotele e la conoscenza, a cura di G. Cambiano e L. Repici,
Milano 1993, p. 92 n. 3.
282 NOTE
68 II riferimento sembra essere al “formarsi delle immagini” o “fan
tasticare”. Cfr. sopra, 427 b 20, e Frede, cit. nella nota precedente.
69 Nelle rr. 3-4 Ross antepone a μία la particella interrogativa άρα
(con risposta negativa).
70 Ad es. le immagini residue delle sensazioni, le immagini dei
sogni, le allucinazioni, ecc.
71 Nella r. 15 Ross legge πότερον αληθής ή ψευδής.
72 Cfr. sopra, 425 b 24 s.
7^ Questo secondo argomento è eliminato da Ross.
74 Cfr., rispettivamente, Platone, Timeo, 52 A; Sofista, 264 A; 264
A-B.
75 per ¿1 fatto, cioè, che l’immaginazione non s’identifica né con l’o-
pinione né con la sensazione.
76 Ross legge διότι.
77 Nella prospettiva platonica, secondo Aristotele, il legame tra
opinione e sensazione è necessario e non comporta semplicemente
un’identità estensionale dei rispettivi oggetti.
78 Un’“apparenza” nel senso di inevitabile illusione sensoria.
79 Ross racchiude questa clausola fra due croci.
80 Cfr. Fisica, Vili, 5, 256 a 4 ss.
81 Ad es. la vista può confondere un colore con un altro.
82 Che i sensibili propri accedono agli oggetti sensibili, ad es. il
“bianco” al “figlio di Diare”. Si tratta della percezione dei sensibili
“per accidente”. Ross trasferisce dalla r. 24 alla r. 20 α συμβέβηκε
τοις αίσθητοίς.
È questa la definizione “causale” delFimmaginazione.
84 Cfr. sopra, Note al testo, libro II, n. 205.
85 Sull’immaginazione come “visualizzazione” cfr. sopra, 427 b 18.
86 Per Aristotele Pintelletto non ha una sede corporea ed è real
mente distinto dalle facoltà inferiori in quanto immateriale.
87 Questo secondo problema investe anche il capitolo seguente.
88 Della forma intelligibile. Nella conoscenza intellettiva l’attualiz
zarsi e l’attivarsi del passivo raggiunge il suo culmine.
89 Testimonianza 100 Diels-Kranz.
90 Così interpreta Aristotele.
NOTE 283
91 Si abbia presente Penunciato scolastico: intus existens probibet
extraneum.
92 Probabilmente i Platonici.
93 Gli intelligibili superiori e più astratti.
94 L’autocoscienza è concomitante alla conoscenza dell’oggetto
(cfr. anche Metafisica, XII, 7, 1072 b 19 ss., ecc.). Nella r. 9 Ross legge
Si’ aÙTOÙ.
95 Ad es., nei Motori immobili ente ed essenza si identificano.
96 Viene riaffermata da Aristotele la continuità tra sensibilità e
intelletto. Cfr. sopra, n. 44.
97 Cfr. sopra, 403 a 12 ss., ecc.
98 L’estensione spaziale come “materia intelligibile”. Cfr. Fisica, VI,
1, 23 1 a 25; Metafisica, VII, IO, 1036 a 9 ss.
"Come per i Pitagorici e i Platonici. Cfr. anche Euclide, 'Elementi,
I, def. 3.
100 L’apprensione dell’ente matematico e della sua essenza costi
tuiscono due momenti della medesima conoscenza intellettiva.
101 I gradi di astrazione della conoscenza intellettiva corrispondo
no ai gradi di separazione degli oggetti dalla materia.
102 Suggerita da quanto detto in 429 a 18 ss.
103 Cfr. sopra, 416 b 35 ss.
104 Cfr. sopra, 429 b 9.
105 Ossia tutti gli intelligibili.
106 Come pensava Anassagora.
107 Adottando il punto di vista degli altri filosofi naturalisti.
108 materiale.
109 Cfr. sopra, 417 b 2 ss.
110 In atto.
111 Cfr. sotto, 430 a 20 s.
112 In atto, e quindi non sarà mescolato con nulla di materiale.
113 È il capitolo più celebre e discusso dell’intero trattato.
1 1 4 Nella r. 10 Ross espunge sia ¿ù07rep sia fi.
115 È richiamato il principio di causalità efficiente. Cfr. Metafisica,
VII, 7, 1032 a 12 ss., ecc.
284 NOTE
116 Dunque i due intelletti sono facoltà dell’anima intellettiva
umana.
117 L’intelletto umano è capace di conoscere tutti gli intelligibili.
118 L’intelletto produttivo.
119 Come 44atto” del trasparente. Cfr. sopra, 418 b 9 s., ecc. Per il
paragone della luce cfr. Platone, Repubblicai, VI, 508 A ss.; Lettera VJI9
341 C-D.
120 L’intelletto produttivo, come facoltà dell’anima umana, trasfor
ma gli intelligibili in potenza in intelligibili in atto, ossia produce gli
universali "astraendo” le forme intelligibili dalle immagini sensibili.
121 Tre caratteri che appartengono aU’intelletto in potenza e, a
maggior ragione, all’intelletto produttivo.
122 L’intelletto produttivo è attualità pura ed essenziale e, di con
seguenza, principio di attualizzazione dell’intelletto potenziale.
123 Le rr. 19-22 sono state espunte da Ross.
124 La priorità cronologica, logica ed essenziale spetta alla cono
scenza in atto, ad es. a quella del maestro. Cfr. Metafisica, IX, 8.
125 L’attività dell’intelletto produttivo (in quanto atto per essenza)
non può subire di natura sua alcuna interruzione.
126 L’intelletto produttivo, alla morte dell’individuo di cui ha costi
tuito l’anima, si separa dal corpo e acquista la sua vera essenza, il pen
siero puro; esso è l’unica "parte” delPanima che fruisce dell’immorta
lità.
127 L’intelletto passivo o potenziale è corruttibile, insieme con tutte
le affezioni sensibili (percezioni, immagini, ricordi sensibili, passioni,
ecc.) cui è stato legato.
128 Senza l’intelletto produttivo non è possibile, per l’uomo, nes
sun pensiero.
129 L’intellezione dei singoli concetti è sempre vera; la sua alterna
tiva è unicamente l’ignoranza. Cfr. Metafisica, IX, 10, 1051 b 1 ss.
130 La proposizione o il giudizio.
131 Fr. 57 Diels-Kranz.
132 Nella proposizione "la diagonale è incommensurabile col lato
del quadrato”. Cfr. Euclide, Elementi, X, 117 (app. 27 Heiberg).
133 Cfr. Sull enunciazione, 3, 16 b 6 ss., ecc.; Platone, Sofista, 262
C-D. Nella r. 1 Ross legge rrpooevvoijùv ai>VTÌ0n<Ji.
NOTE 285
134 Cfr. Platone, Sofista, 263 A ss.
135 In ogni giudizio il soggetto è distinto dal predicato.
136 Ciò che non può in nessun modo essere diviso, ad es. il punto.
137 Ciò che è indiviso in atto, ma è divisibile in potenza, ad es. una
lunghezza.
138 Ossia istantaneamente. Cfr. Fisica, VI, 2, 233 a 10 ss. Nelle rr.
7-8 Ross prima di αδιαίρετον aggiunge διαιρετόν ή e prima di όταν
inserisce uno oiov.
139 Ossia si pensano le due metà in due tempi successivi.
140 Qualunque tipo di universale, non solo matematico. Cfr.
Metafisica, III, 3, 999 a 2 s., ecc. Ross sposta le rr. 14-15 alla r. 20.
141 L’intero (ad es. una lunghezza o il concetto generico di ’anima
le’), considerato in quanto indivisibile, è divisibile in parti solo acci
dentalmente. Ross nella r. 17 inserisce εκείνα dopo ή.
142 La loro forma o essenza immanente. Cfr. Metafisica, Vili, 6,
1045 a 7 ss.
143 Ossia il limite.
144 Anch’essa è un indivisibile.
145 Potenzialmente.
146 Probabilmente Aristotele si riferisce alle categorie che non
hanno contrario (sostanza e quantità; cfr. Categorie, 5, 3 b 24 ss., ecc.),
il quale non è conosciuto dal nostro intelletto nemmeno potenzial
mente. Cfr. E. Berti, The ìntellection of uIndivisibles” accorditig to
Aris tot le. “De anima” III 6, in AA.W., Aristotle on Mind and thè
Senses, Proceedings of thè Seventh Symposium Aristotelicum, a cura
di G.E.R. Lloyd e O.E.L. Owen, Cambridge 1978, p. 146. Ross nella r.
25 legge αυτό εαυτό e ενέργεια.
147 Ross pone fra due croci la clausola του ίδιου αληθές, εί 6’
άνθρωπος το λευκόν.
148 L’intellezione delle essenze immateriali degli enti materiali è
infallibile.
149 Cfr. sopra, 430 a 19 ss.
150 Cfr. Metafisica, IX, 8, 1049 b 24 s.
131 È un processo verso un fine.
152 È l’attualizzazione e il perfezionamento della facoltà sensitiva.
286 NOTE
153 Al pronunciare una singola parola e all'apprendere un singolo
concetto.
154 Che l'oggetto è piacevole o doloroso.
155 Con la facoltà sensitiva che funge da medietà tra gli oggetti
della tendenza.
156 Facoltà appetitiva e facoltà sensitiva si implicano mutuamente.
157 O funzione.
158 Al cuore, che è l'organo centrale della sensibilità.
159 L'unica facoltà sensitiva si specifica nei diversi sensi.
160 Cfr. sopra, 426 b 8 ss.
161 È l’unità e la collaborazione di gusto e tatto.
162 II dolce e il caldo.
163 L’amaro e il freddo. Siccome “dolce : amaro = caldo : freddo”,
dolce e caldo e amaro e freddo formano un'unità analogica (ovvero
adempiono la stessa funzione) e numerica (giacché appartengono alla
stessa cosa).
164 “Dolce: amaro”.
165 " A : C = B : D”.
166 fs/[a non sotto il medesimo rispetto.
167 per Q4 e DB. Nelle rr. 27-28 Ross, anziché ΓΔ e AB, legge FA,
e AB.
168 All’azione.
169 Ross conserva τή κοινή. Ma vedi anche Welsch, Aisthesis, p.
360 n. 49.
170 Nel caso della percezione.
171 Nel caso del pensiero.
172 Ross legge εν πράξει.
173 Nella stessa tavola dei contrari, di cui una serie è positiva e l'al
tra negativa, Cfr. Metafisicat IV, 2, 1004 b 27, ecc.
174 Cfr. Etica Nicomachea, III, 4, 1113 a 22 ss.
175 In particolare gli enti matematici.
176 Cfr. sopra, 403 a 12 ss., ecc. Ross nella r. 13 dopo λεγόμενα
aggiunge νοεί; nella r. 14 espunge ενεργείgt; nella r. 16 dopo ου
κεχωρισμενα inserisce δντα, e un ή dopo νοή.
NOTE 287
177 Le sostanze separate o Motori immobili. Cfr. sopra» 403 b 15 s.
178 L'intelletto» in quanto anima dell'uomo» non è separato dal
corpo.
179 Ossia in potenza.
180 È quanto Aristotele fa immediatamente
181 Ross legge ταύτά.
182 Composte di materia e di forma.
183 Come, secondo Aristotele, ritenevano i filosofi naturalisti, e in
particolare Empedocle. Cfr. sopra, 404 b 8 ss.
184 Cfr. Le parti degli animali, IV, 10, 687 a 7 ss. (discussione con
Anassagora).
185 La forma e lo strumento con cui apprendiamo le forme intelli
gibili degli oggetti.
186 Fatta salva l’esistenza delle sostanze immateriali, gli intelligibili
sono immanenti nelle sostanze sensibili.
187 In particolare gli enti matematici.
188 Essenziali o accidentali.
189 Mentre le sensazioni dipendono direttamente dagli oggetti
materiali, le immagini dipendono unicamente dalle sensazioni.
190 Le singole immagini si distinguono dai giudizi affermativi o
negativi.
191 Cfr. sopra, 430 a 26 ss.
192 I singoli concetti.
193 Ross legge ταυ τα.
194 o conoscitiva.
195 O per la sua funzione. È questa la posizione assunta da
Aristotele.
196 È questo il punto di vista aristotelico.
197 Ad es. nella dottrina platonica.
198 In questo trattato.
199 Platone.
200 piatone e i Platonici, e lo stesso Aristotele nell'Eudemo e nel
Protrettico.
201 Ossia delle tre parti dell’anima individuate da Platone.
288 NOTE
202 Dunque, secondo Aristotele, la dottrina tripartita trova appli
cazione nella sola anima umana. Si tenga comunque presente che
Platone sembra attribuire alla parte appetitiva anche la funzione nutri
tiva (cfr. Timeo, 70 D ss.).
203 In realtà Aristotele è ben consapevole del fatto che il processo
percettivo è un punto di partenza e una base necessaria per Pintelli-
genza umana, ma di per sé non è affatto partecipe di ragione. È per
questo motivo che la percezione appartiene a tutti gli animali.
204 Localmente separate.
205 La posizione definitiva di Aristotele in merito allo status dell’im-
maginazione sembra espressa ne I sogni, 1, 459 a 15 ss., ecc.: immagina
zione e percezione appartengono alla stessa facoltà sensitiva e si distin
guono unicamente per il loro ruolo. Cfr. Frede, La funzione, p. 93 n. 4.
206 Qui Aristotele afferma P unità della facoltà appetitiva e la sua
distinzione non spaziale, ma funzionale dalle altre facoltà. Negli scrit
ti di etica egli sottolinea, invece, proprio la distinzione fra la tendenza
razionale della volontà e quella irrazionale del desiderio. Ma vedi
anche sotto, 433 b 10 ss.
207 Si ricerca la causa efficiente del movimento locale delPanimale.
2°8 ]SJei cosiddetti Parva Naturalia.
209 Funzioni psichiche che non sono presupposte dalla facoltà
nutritiva.
210 Cfr. Te parti degli animali, II, 13, 658 a 8 s., ecc.
211 Ed è, quindi, intelletto "pratico”.
212 Ad es. gli organi sessuali.
213 Cfr. Etica Nicomachea, VII, 1 ss., ecc.
214 La tendenza verso un fine. Cfr. Fatica Nicomachea, VI, 2, 1139 a
35 s.
215 Cfr. Etica Nicomachea, I, 13, 1102 b 26 s., ecc.
216 È una prima, provvisoria risposta alla questione.
217 È una risposta più soddisfacente al problema, probabilmente
avanzata in polemica con Platone.
218 II fine delPintelletto pratico è Pazione virtuosa, quello dell’in-
telletto teoretico la conoscenza della verità speculativa.
219 È il "principio” del suo ragionamento o "calcolo” mentale.
220 Del ragionamento delPintelletto pratico.
NOTE 289
221 È questa ia risposta risolutiva alla questione: Punico motore
dell'azione è la facoltà appetitiva, la quale è comunque condizionata
dall'intelletto o dall’immaginazione. Si ricordi l'enunciato scolastico
nihil volitum quin praecognitum.
222 Di una comune capacità motrice.
223 Ma non senza rimmaginazione. Cfr. sopra, 433 a 20 s.
224 II bene in generale o anche l'idea platonica di Bene.
223 Il bene che si consegue con l'azione può variare nelle diverse
circostanze.
226 Cfr. sopra, 432 a 24 ss.
227 Soprattutto gli uomini.
228 Cfr. Moto degli animali, 6, 700 b 23 ss.; Metafisica, XII, 7, 1072
a 26 s.
229 La volontà, l’impeto e il desiderio e i loro rispettivi oggetti.
230 Cfr. Fisica, V, 5, 256 b 14 ss.; Metafisica, XII, 7, 1072 a 21 ss.
231 La facoltà appetitiva.
232 Ross legge ή ενεργεί«?.
233 II “pneuma innato”. Cfr. Moto degli animali, 10.
234 O articolazione.
235 Si distinguono per la funzione, ma le loro superfici coincidono.
236 Cfr. sopra, 433 b 10 ss.
237 Cfr. sopra, 425 a 9 s.; 428 a 11.
238 Cioè vago e indefinito.
239 Cfr. sopra, 433 b 29 s.
240 II criterio per la scelta dei mezzi è dato dal fine da conseguire.
241 Di più linee di azione.
242 Cfr. sopra, 428 a 18 ss.
243 O l’opinione.
244 Pratico.
245 Ross legge αΰτη δε κινεί.
246 Irrazionale. Nella r. 12 Ross dopo κινεί legge ότε μεν αυτή
εκείνην.
247 Si tratta di due desideri, entrambi irrazionali. Nella r. 13 Ross
dopo σφαίρα aggiunge σφαίραν.
290 NOTE
248 Quella razionale.
249 Nel sillogismo pratico la premessa maggiore ha il ruolo di
motore immobile, quella minore di motore mosso.
250 Si tratta delle piante. Nella r. 28 Ross legge αυτήν.
251 Cfr. sopra, 432 b 21.
252 Animato.
253 L’autoconservazione e la riproduzione.
254 Le piante e alcuni animali.
255 Nelle rr. 4-5 ometto άλλα μην ούδε άγένητον. Sul problema
della percezione degli astri implicato in questa clausola cfr. D.P.
Taormina, Plutarco dì Atene. L’Uno, l'Anima, le Forme, saggio introd.,
fonti, trad. c commento, Catania 1989, pp. 234 ss.
256 Cfr. sopra, 423 a 12 ss.; 434 a 27 s.
257 Tutti i corpi possono entrare in contatto tra loro. Nelle rr. 12-
13 Ross espunge απτόν 6ε το αισθητόν άφή.
258 Gli intermediari esterni, aria e acqua.
259 Quelli a distanza.
260 Cfr. sopra, 420 b 17 ss.; 435 b 21.
261 Ossia per il tempo necessario a muovere l’oggetto. Cfr. Fisica,
Vili, 5, 256 b 18 ss.
262 Gli intermediari del moto locale sono, insieme, motori e mossi.
263 Si tratta dell’oggetto soltanto mosso.
264 Nel mutamento qualitativo e, quindi, anche nella percezione a
distanza.
265 La facoltà sensitiva, nell’atto della percezione, non subisce uno
spostamento locale.
266 Sono dunque l’aria e l’acqua, in determinate condizioni, gli
intermediari più adatti a trasmettere le azioni degli oggetti.
267 Come pensavano Empedocle e Platone.
268 Cfr. sopra, 434 b 10 ss.
269 Sembra ai più, mentre, secondo Aristotele, anche il tatto perce
pisce attraverso un intermediario, la carne.
270 Dunque^ Tergano del tatto (la regione cardiaca) e il corpo stes
so dell’animale sono composti di tutti e quattro gli elementi.
271 In quanto animale.
NOTE 291
272 II fragore del tuono.
273 II fuoco o il fulmine.
274 II vapore nocivo.
275 il veleno.
276 Cfr. sopra, 435 b 4 ss.
277 Cfr. sopra, 434 b 9 ss.
278 L’intermediario e Porgano del tatto.
279 Cfr. sopra, 434 b 24.
Quadro generale dei contenuti e
Sommari
QUADRO GENERALE DEI CONTENUTI
11 primo libro del trattato contiene innanzitutto un capitolo
introduttivo allenterà opera, poi un capitolo espositivo delle
dottrine psicologiche dei predecessori, e infine tre capitoli dedi
cati alla discussione critica delle dottrine medesime.
Si comincia con un apprezzamento della “ricerca sull’ani-
maw per quanto riguarda la precisione del metodo e il valore
dell’oggetto preso in considerazione, e se ne rileva la fecondità
in ogni campo del sapere, teoretico e pratico, ma specialmente
nello studio della natura. Vengono poi stabiliti i temi fonda-
mentali del trattato, ossia Tanima stessa e le sue facoltà e fun
zioni. Nel sottolineare la necessità di individuare i “principi
propri” della psicologia si accenna ai procedimenti metodici
connessi alla formulazione e alla fondazione della definizione di
anima: la “divisione” e la “dimostrazione”. Si elencano quindi
otto problemi la cui soluzione è demandata al secondo e al terzo
libro, e che concernono, ancora, la definizione di anima, lo stu
dio delle sue facoltà e funzioni, e Pindividuazione degli oggetti
corrispondenti a tali funzioni. Il principio che guiderà la ricer
ca sarà quello delPanteriorità logica (gnoseologica) dell’atto
rispetto alla potenza. Rilevata poi la necessità della coordina
zione, nella ricerca sull’anima, del metodo deduttivo e di quel
lo induttivo, si formula il più importante problema del trattato:
quello dell’esistenza di una facoltà dell’anima, l’intelletto, indi-
pendente dal corpo. Il capitolo si chiude con una breve rasse
gna delle discipline che si occupano delle “forme” e delle pro
prietà delle cose: la dialettica, la tecnica, la matematica, la fisica
e, da ultimo, la “filosofia prima” o metafisica. In quest’ultima,
che ha a tema le forme “separate”, rientra quella sezione della
psicologia che si occupa dell’intelletto.
Nel secondo capitolo, stabilito il principio di carattere gene
rale che l’esposizione delle dottrine psicologiche dei filosofi
precedenti ha per fine di mettere a frutto le verità che vi sono
QUADRO GENERALE DEI CONTENUTI
296
proposte e di evitare di incorrere negli stessi loro errori, si rag
gruppano le teorie degli antichi in tre categorie. La prima con
tiene le dottrine di coloro che hanno qualificato l’anima come
principio di movimento e di conoscenza. Sul primo aspetto
hanno insistito i Pitagorici, gli Atomisti, Platone e Senocrate;
sul secondo, Empedocle e ancora Platone e Senocrate. La
seconda categoria raggruppa le teorie dei predecessori in base
alle connessioni che essi hanno stabilito fra l’anima da un Iato e
la natura e il numero dei principi del cosmo dall’altro. La terza
categoria mette in particolare evidenza la caratteristica delP
"incorporeità” dell’anima, che gli antichi hanno aggiunto a
quelle del movimento e della conoscenza.
Il terzo capitolo dà inizio alla discussione critica sulle dot
trine dei predecessori. Si rivolgono nove obiezioni alle dottrine
che affermano che l’anima si muove per sua natura. Tali obie
zioni si basano su due principi: che l’anima non può muoversi
con un movimento che coinvolga la sua essenza, ma unicamen
te con movimenti accidentali, e che l’anima non può muovere
l’animale, e in particolare l’uomo, come una causa fisica e mec
canica, ma mediante atti cognitivi e decisioni pratiche. Vengono
poi formulate otto critiche ad una dottrina specifica che
ammette Pautomovimento dell’anima: quella del Timeo di
Platone. Si conclude rimproverando i filosofi anteriori per non
aver compreso la necessità di associare determinati tipi di
anima a determinati tipi di corpo.
Prosegue, nel capitolo quarto, la discussione delle dottrine
dei filosofi precedenti, e si muovono cinque obiezioni alla teo
ria, di origine pitagorica, dell’anima-armonia, che pure è la dot
trina più vicina a quella di Aristotele, in quanto congiunge stret
tamente l’anima al corpo. Dopo una breve polemica con la
posizione di Empedocle, si indirizzano le prime sei obiezioni
alla dottrina senocratea dell’anima come numero semovente.
Nel corso del capitolo si profilano con sempre maggiore net
tezza le convinzioni teoriche dello Stagirita, in particolare sul
vivente, come soggetto vero e proprio, mediante l’anima, delle
funzioni biopsichiche; suH’anima come origine e termine del
movimento; sull’intelletto sostanziale e incorruttibile.
Con l’ultimo capitolo del primo libro si conclude la critica a
QUADRO GENERALE DEI CONTENUTI 297
Senocrate e vengono altresì rivolte sette obiezioni alle teorie ele-
mentaristiche deiranima, e specialmente a quella di Empedo
cle. Tanto queste dottrine, che definiscono la vita in funzione
della conoscenza, quanto quelle che ritengono il movimento o
la respirazione come i caratteri essenziali dell’anima, non per
vengono a una definizione di anima appropriata a tutti i viven
ti. Tale inconveniente è causato e insieme aggravato dal fatto
che tutte queste dottrine ignorano la funzione vegetativa, che è
implicata in tutte le attività superiori.
E>opo l’esposizione e la critica delle teorie psicologiche dei
filosofi anteriori, Aristotele, nel secondo e terzo libro del trat
tato, propone ormai in termini espliciti e articolati la propria
dottrina suiranima e le sue facoltà. Il secondo libro, nei primi
tre capitoli, affronta il tema della definizione deiranima e illu
stra il rapporto di successione che connette le tre anime-facoltà.
Il capitolo quarto è dedicato alla facoltà nutritiva; i capitoli
quinto e sesto trattano della facoltà sensitiva in generale e delle
tre specie dei sensibili; dal capitolo settimo airundicesimo ci si
occupa dei cinque sensi speciali, mentre il capitolo dodicesimo
riprende il tema dei caratteri generali della sensibilità. Lo stu
dio delle funzioni percettive superiori viene rinviato ai due
primi capitoli del terzo libro.
Si inizia, dunque, nel primo capitolo del secondo libro con
la definizione universale di anima come forma ed essenza del
corpo organico, definizione reperita attraverso una sequenza di
quattro formule parziali. Si stabilisce però in anticipo, col para
gone del “pilota”, che Fanima funge anche da principio moto
re e produttivo del vivente.
Il secondo capitolo “dimostra” la prima definizione di
anima tramite una seconda, che Aristotele enuncia nei termini
seguenti: «Fanima è la causa primaria in virtù di cui noi vivia
mo, pensiamo e percepiamo».
Nel terzo capitolo si affronta il problema della relazione tra
le diverse anime e facoltà e lo si risolve mediante la dottrina del
rapporto di anteriorità e posteriorità. Ne risulta un ordine
gerarchico di funzioni vitali e psichiche: quella di nutrizione,
sviluppo e riproduzione comune a tutti i viventi; la percettiva,
Fimmaginativa e Fappetitiva proprie di tutti gli animali (in alcu-
298
QUADRO GENERALE DEI CONTENUTI
ni è presente anche la facoltà locomotoria); quella razionale che
è possesso esclusivo dell’uomo. Per questa via resta tracciato il
piano di ricerca della parte rimanente delFopera.
Nel capitolo quarto si tratta della facoltà vegetativa, che è la
forma vitale fondamentale, a cui sono dovuti i fenomeni della
nutrizione, dello sviluppo e della riproduzione del vivente. Già
nella nutrizione, con l’assimilazione dell’alimento, comincia a
palesarsi l’attività del “soggetto”, mentre nella generazione il
Fine del vivente è la conservazione della specie e della forma.
Il capitolo quinto dà inizio alla ricerca sulla facoltà sensitiva
proponendo alcune considerazioni di carattere generale. Si ana
lizza la nozione di alterazione come attuazione e incremento del
soggetto che però, al livello della percezione, ha per suo ogget
to ancora e soltanto il singolare sensibile.
Nel capitolo sesto si distinguono due tipi di sensibile: per sé
e per accidente e, nelPambito dei sensibili per sé, quelli propri
e quelli comuni, indicando altresì, per ciascuna specie, il rispet
tivo valore di verità.
Con il capitolo settimo comincia lo studio dei cinque sensi
speciali, e innanzitutto dei tre sensi a distanza: vista, udito e
olfatto, ai quali sono dedicati rispettivamente i capitoli settimo,
ottavo e nono. La vista è la capacità di percepire il visibile, e
particolarmente il colore. La percezione visiva si produce qua
lora la sorgente luminosa “attivi”, ossia illumini il “mezzo”
esterno trasparente, ad es. l’aria. In questo modo il colore del
l’oggetto impressiona Paria illuminata, e quindi l’occhio. La
sensazione uditiva si origina dalla percussione di un corpo soli
do contro un altro in un “mezzo”. L’emissione del suono muove
Paria ambiente, la quale trasmette il suono all’orecchio muo
vendo Paria che vi è contenuta. Il mezzo dell’olfatto per gli ani
mali capaci di respirazione è Paria, per gli altri l’acqua. La sen
sazione olfattiva avviene perché gli oggetti emanano odori i
quali, trasmessi dal mezzo, pervengono alle narici dell’animale.
I sensi per contatto sono il tatto e il gusto che, per
Aristotele, è un^ sua specie. Il secondo è oggetto del capitolo
decimo, il primo dell’undicesimo. Il “mezzo” di questi due
sensi è la carne del percipiente, mentre il loro organo sensorio
è la carne prossima al cuore. Intermediario del gusto è precisa-
QUADRO GENERALE DEI CONTENUTI 299
mente la lingua che, attivata dal sapore, ne trasmette la perce
zione all'organo gustativo. Intermediario del tatto è la carne,
mentre l’organo tattile, localizzato nella regione cardiaca, assi-
mila a sé le diverse qualità tangibili dei corpi.
Il capitolo dodicesimo chiude il secondo libro con alcune
puntualizzazioni importanti sulla facoltà sensitiva in generale.
Si stabilisce che la percezione è la conoscenza della forma sen
sibile, senza la materia deiroggetto; che la facoltà sensitiva è
l’essenza e la capacità funzionale del corrispondente organo
sensorio; che la percezione è una recezione non semplicemente
passiva dell’oggetto.
Il terzo libro si occupa, nei primi due capitoli, delle funzio
ni percettive superiori. U terzo capitolo è dedicato aH’immagi-
nazione, mentre il quarto, quinto e sesto si incentrano sulla pro
blematica deirintelletto e sulle sue operazioni fondamentali. Il
capitolo settimo è una raccolta di considerazioni di argomento
vario, ma che corniciano ad affrontare il tema delle relazioni tra
conoscenza e azione, mentre Pottavo è una sorta di ricapitola
zione generale sulle facoltà conoscitive. I capitoli nono, decimo
e undicesimo sono consacrati alle funzioni locomotorie, appeti
tive e deliberative. L’opera si conclude con i capitoli dodicesi
mo e tredicesimo, in cui si affrontano i problemi del finalismo
delle facoltà e dei sensi e quello della struttura corporea dell’a
nimale.
Nel primo capitolo si dimostra che non ci sono altri sensi
oltre i cinque già trattati. Ci si occupa poi della percezione dei
sensibili comuni e del “riconoscimento”, da parte di ciascun
senso speciale, dei sensibili propri degli altri sensi. Il secondo
capitolo studia due altre complesse funzioni percettive: la
coscienza della percezione e la percezione simultanea dell’unità
e della differenza degli oggetti percepibili. La trattazione del
l’immaginazione occupa l’intero capitolo terzo. Essa viene defi
nita come un “mutamento” del soggetto capace di sensazione,
conseguente alla percezione in atto e simile a quest’ultima. Ne
risulta che le immagini, come tracce delle sensazioni, per un
verso fungono da termini di passaggio in direzione della cono
scenza intellettiva, e per un altro da principi del comportamen
to degli animali.
QUADRO GENERALE DEI CONTENUTI
300
Nel capitolo quarto si individua la funzione e si delineano i
caratteri dell’intelletto conoscitivo. È la facoltà dell’anima
umana preposta al pensiero; i suoi caratteri sono [’“impassibi
lità”, la non mescolanza con un organo corporeo e la pura
potenzialità in rapporto a tutti gli intelligibili. Proprio a motivo
di queste caratteristiche dell’intelletto “possibile” si deve infe
rire resistenza, nell’anima umana, di un intelletto produttivo —
di cui si tratta nel breve capitolo quinto — che è atto per essen
za. Il capitolo sesto ha a tema le due principali attività dell’in
telletto conoscitivo: l’apprensione degli “indivisibili”, ossia
delle essenze delle sostanze e degli accidenti, e la formulazione
di giudizi. Il settimo capitolo è una raccolta di pensieri fram
mentari intorno ad argomenti diversi, che tuttavia preparano la
discussione successiva sul rapporto tra conoscere ed agire. Un
riassunto sulle facoltà conoscitive (percezione, immaginazione e
pensiero) viene proposto nel capitolo ottavo.
Il trattato si conclude con tre capitoli (nono, decimo e undi
cesimo) dedicati alla facoltà locomotoria degli animali e al com
portamento morale dell’uomo, e due capitoli (dodicesimo e tre
dicesimo) che, riprendendo l’analisi delle facoltà deU’anima e,
in particolare, di quelle percettive, ne illustrano Porientamento
finalistico.
SOMMARI
Sommario di A 1
A) Elogio della psicologia: suo valore ed utilità. B) I due
problemi fondamentali del trattato: Panima e le sue funzioni. C)
Difficoltà nel reperimento del metodo per la definizione di
anima e dei principi della psicologia. D) Otto aporie sulla defi
nizione di anima e le sue facoltà e funzioni: (1) se Panima è
sostanza o accidente; (2) se è atto o potenza; (3) se è divisibile
in parti od è priva di parti; (4) se la sua definizione è univoca od
equivoca; (5) se deve avere la precedenza lo studio delPanima o
quello delle sue parti o facoltà; (6) quali sono le facoltà essen
zialmente distinte tra loro; (7) se deve precedere Pesame delle
facoltà o quello delle funzioni; (8) se deve avere la precedenza
lo studio delle funzioni o quello degli oggetti. E) Convergenza
nella psicologia di metodo deduttivo e metodo induttivo. F)
Una nona aporia: se i pathe delPanima sono tutti comuni anche
al corpo, o ne esiste uno che è proprio della sola anima. G) I
pathe comuni; tre tipi di definizione: naturalistica, dialettica e
fisica; discipline che si occupano dei pathe e delle forme: fisica,
tecnica, matematica e metafisica; inseparabilità dei pathe psi
chici e degli enti matematici.
Sommario di A 2
Utilità della ricerca sulle teorie dei proteroi. (1) L’anima
come principio di movimento e di conoscenza, (a) L’anima
come “motore mosso”: Democrito e Leucippo, i Pitagorici;
Platone e Senocrate; Anassagora e Democrito, (b) L’anima
come principio di conoscenza: Empedocle; Platone: il Timeo;
una dottrina già esposta nel De Philosophia. (c) L’anima come
principio di movimento e conoscenza: Senocrate. (2) L’anima e
302 SOMMARI
le archai del cosmo, (a) Uanima ignea: Democrito, (b) Un excur
sus: Anassagora e Talete. (c) L’anima-aria: Diogene di
Apollonia, (d) Una seconda digressione: Eraclito e Alcmeone.
(e) Uanima-acqua: Ippone; Crizia. (3) Uanima come principio
motore e conoscitivo e come entità “incorporea”. (a) Uanima e
le archai(b) Anassagora, (c) Uanima e i contrari.
Sommario di A 3
A) Premessa: movimento kathfhautò e movimento kath’he-
teron. B) Nove obiezioni alle dottrine che affermano che l’ani-
ma si muove "per sé". Uautocinèsi delFanima comporta le
seguenti assurde conseguenze: ( 1 )-(2) resistenza spaziale della
psyche; (3) l’ammissione nell’anima di movimenti per costrizio
ne; (4) ridentificazione della psyche con i quattro elementi
materiali; (5) l’uscita e il ritorno delFanima nel corpo. Si aggiun
ga che Fautomovimento delFanima (6) non può essere ricon
dotto all’azione di una causa esterna; (7) implica per la psyche
la perdita della sua essenza; (8) rende impossibile lo stato di
quiete dell’animale; (9) contrasta col finalismo del comporta
mento animale. C) Otto obiezioni alla psychogonia del Timeo:
(1) l’anima cosmica, in quanto identica al nous, non può essere
una grandezza spaziale; (2) se lo fosse, la conoscenza le sarebbe
impossibile od estremamente problematica. Quest’anima-intel
letto comporta (3) l’infinita circolarità del pensiero e (4) la ripe
tizione della conoscenza dello stesso oggetto. Il moto delFani
ma (5) non è consistente con la natura del sapere (teoretico,
"contemplativo”) come stabile possesso e (6) non può essere
non essenziale; (7) l’unione inseparabile delFanima-nous con il
corpo del cosmo dev’essere per lei dolorosa e indesiderabile.
Infine (8) il Timeo non indica chiaramente né la causa efficien
te né quella finale del moto rotatorio del cosmo. D) Una critica
alla maggior parte dei predecessori, e specialmente a Platone e
ai Pitagorici: essi ignorano la stretta relazione esistente tra
anima e corpo.
SOMMARI 303
Sommario di A 4
A) Cinque obiezioni alla teoria deH’anima-armonia: (1) l*a-
nima non è armonia né nel senso di logos né in quello di synthe
sis; (2) se lo fosse, non sarebbe causa motrice. Inoltre (3) il ter
mine “armonia” è più adatto a designare determinate condizio
ni corporee, che non le funzioni psichiche, anche perché (4) è
molto problematico assegnare una data attività psichica ad una
certa “armonia” corporea. (5) La dottrina deiranima-armonia
(a) come “composizione” delle parti corporee urta contro la
difficoltà di far corrispondere le varie funzioni psichiche alle
diverse “sintesi” corporee; (b) come “proporzione” della
mescolanza degli elementi corporei implica una molteplicità di
anime nel medesimo corpo. B) Tre dilemmi posti ad
Empedocle. C) Due aporie che conseguono al rifiuto della dot
trina deiranima-armonia. D) Ancora sul movimento deiranima:
il moto locale della psyche è puramente accidentale; i cosiddet
ti “movimenti deiranima” sono funzioni psichiche, che hanno
per soggetto il composto di anima e di corpo: ranimale o l’uo-
mo; l*anima non è mossa, ma è origine o termine di movimen
to. E) Uintelletto: sua sostanzialità e incorruttibilità, e sua fun
zione di “forma” o anima dell’uomo. F) Prime sei obiezioni alla
dottrina senocratea dell’anima come numero semovente: (1)
una “unità” in movimento contraddice la sua natura indifferen
ziata; (2) i movimenti dell’anima, in quanto insieme di punti,
non saranno attività psichiche, ma produzioni di linee; (3) la
sottrazione di una unità all’anima-numero ne muterebbe la
natura, mentre una pianta o un animale, pur divisi, conservano
la loro anima specifica; (4) se l’anima è un aggregato di punti in
movimento, dovrebbero propriamente costituire l’anima i punti
motori, e non quelli mossi; ma è noto che l’unica differenza tra
i punti si ha rispetto alla loro posizione; (5) se le unità che costi
tuiscono l’anima sono distinte dai punti che formano il corpo,
nel medesimo luogo si avrà una unità psichica ed un punto cor
poreo, anzi un numero infinito di unità e di punti; se invece le
unità psichiche s’identificano con i punti corporei, tutti i corpi
saranno animati; (6) un’anima identica ai punti del corpo non
può essere, come pretende Senocrate, separabile e immortale.
304 SOMMARI
Sommario di A 5
A) Conclusione della critica di Senocrate: riepilogo delle
obiezioni precedenti; una nuova aporia: dalla teoria senocratea
non sono deducibili le varie funzioni psichiche. B) Sette obie
zioni alle dottrine che considerano Tanima formata di elementi:
(1) tali teorie non spiegano la conoscenza della proporzione, e
quindi dell’essenza degli oggetti; (2) l’anima non può essere
composta da elementi comuni a tutte le categorie, né da quelli
propri soltanto delle sostanze, né da quelli propri delle sostan
ze e degli accidenti; (3) è un’incoerenza affermare l’interazione
dei dissimili, e insieme sostenere il principio che il simile cono
sce il simile; (4) se il simile conosce il simile, le parti corporee
formate di terra dovrebbero percepire gli oggetti ad esse omo
genei, ma ciò non avviene; (5) se il simile conosce il simile, cia
scun elemento conoscerà soltanto l’elemento corrispondente, e
così, ad es., il dio di Empedocle (ossia lo siero, che non ha in sé
la Discordia) sarà il meno sapiente degli esseri; (6) l’elementari-
smo implica ¿1 pampsichismo; (7) gli elementi materiali non
sono gli esseri primi, ma presuppongono un principio unifica
tore, che è ranima-intelletto. C) Altre aporie in cui incorrono le
dottrine dei predecessori: (1) le teorie che considerano il movi
mento come la caratteristica essenziale dell’anima sono smenti
te dall’esistenza di animali non dotati di locomozione; (2) le
dottrine elementaristiche, che assumono la conoscenza come
Felemento definitorio della vita, non tengono conto dell’insen-
sibilità delle piante e della irrazionalità di molti animali, ed
ignorano le funzioni vegetative proprie di ogni essere vivente;
(3) i poemi orfici, che connettono la vita alla respirazione,
vanno incontro ad una difficoltà simile; (4) un’ultima obiezione
alla teoria elementaristica: non è necessario che l’anima sia com
posta di tutti i contrari, poiché ciascun contrario conosce sé ed
il suo opposto; (5) due critiche alle dottrine che affermano che
l’anima è mescolata all’universo: (a) la vita animale non si trova
negli elementi ÌKf quanto tali, ma nei composti; (b) ciascun ele
mento corporeo è omogeneo alle sue parti, mentre l’anima pos
siede parti o facoltà diverse nei diversi viventi. D) L’unità del
l’anima: (1) l’anima, in quanto principio di unità, non può esse-
SOMMARI 305
re divisibile in parti realmente e spazialmente distinte; (2) se Pa
nima fosse divisibile, ogni sua parte dovrebbe costituire il prin
cipio unificatore di una data parte del corpo, mentre Pintellet-
to non ha alcun sostrato corporeo su cui esercitare tale funzio
ne; (3) il sezionamento di un vivente inferiore non pregiudica
Punita specifica della sua anima.
Sommario di B 1
A) La ricerca della definizione universale di anima. I tre
significati di sostanza. La materia è potenza e la forma atto. I
due sensi di atto. B) Le quattro formule della definizione di
anima. (1) Distinzioni preliminari: sostanze corporee; corpi
naturali; corpi naturali dotati di vita (vegetativa); Panima, in
quanto kategoroumenon, non è il corpo. (2) Prima formula: Pa
nima è la forma di un corpo capace di vita. (3) Seconda formu
la: Panima è atto. (4) Ancora sui due significati di atto. (5) Terza
formula: Panima è atto primo. (6) Il corpo organico. (7) Quarta
formula: Panima è l’atto primo di un corpo dotato di organi. C)
L'unità del vivente in virtù della forma-atto. D) Due esempi: l’a
nima (in quanto forma ed “essenza”) è paragonabile: (1) alla
funzione di uno strumento artigianale, la scure; (2) alla funzio
ne visiva delPocchio. Un’analogia: una facoltà dell’anima sta al
suo corrispondente organo corporeo come l’intera anima sta
all’intero corpo. E) Ulteriori precisazioni: (1) il corpo capace di
vivere è quello che possiede Panima in atto; (2) l’anima è atto
primo, il corpo è potenza e l’animale è formato di anima e di
corpo; (3) facoltà separabili e facoltà inseparabili dal corpo; (4)
un paragone: Panima come un pilota?
Sommario di B 2
(1) Ricerca di una seconda definizione di anima, che funga
da principio per la dimostrazione della prima. (2) Polivocità del
concetto di vita; anche le piante sono esseri viventi; la facoltà
nutritiva può esistere indipendentemente dalle altre facoltà, ed
306 SOMMARI
il tatto indipendentemente dagli altri sensi; Tanima è il princi
pio delle diverse facoltà del vivente. (3) La “separabilità" delle
parti deiranima: la maggior parte delle facoltà deiranima si
distinguono tra loro concettualmente e per la loro funzione, ma
non per il luogo; l'intelletto, invece, di per sé è capace di un’e
sistenza separata ed eterna. (4) Dimostrazione della prima defi
nizione di anima: se la causa principale dell’appartenenza ad un
ente di una data caratteristica è la forma, e Tanima è la causa
primaria delle nostre funzioni vitali e psichiche, l'anima sarà
forma, e lo sarà di un corpo a lei appropriato.
Sommario di B 3
(1) Presenza delle diverse facoltà dell'anima nelle varie spe
cie di viventi: nelle piante la sola facoltà nutritiva, in tutti gli
animali anche quella sensitiva (il tatto) e l'appetitiva, in alcuni
anche quella locomotoria, nell'uomo tutte le facoltà, compresa
quella razionale. (2) Definizione universale di anima e rapporto
di successione tra le anime o facoltà e tra i sensi. Non esiste
un'anima in sé e per sé, separata dalle specie particolari di
anima. La trattazione più appropriata intorno airanima è quel
la che concerne le singole anime o facoltà.
Sommario di B 4
A) Premessa metodologica: ( 1 ) la ricerca sulle facoltà dell'a
nima deve stabilire la loro essenza e le loro proprietà; (2) lo stu
dio delle facoltà dev’essere preceduto da quello sulle funzioni,
e questo dallo studio degli oggetti correlativi. B) La facoltà
nutritiva: (1) definizione e funzioni; (2) la riproduzione. C) La
triplice causalità dell’anima: essa (1) è causa formale od essenza
del vivente, sia perché è causa del suo essere-tale, sia perché
costituisce il suo “atto"; (2) è il fine dell'organismo vivente, sia
come finis qui ihtenditur sia come finis cui prodest\ (3) è causa
del moto locale e dei mutamenti quantitativi e qualitativi del
vivente. D) Critica di due teorie della nutrizione e della cresci-
SOMMARI 307
ta: (1) contro Empedocle: (a) la crescita delle piante non è
dovuta ai moti contrari degli elementi di cui sono formate, ma
al funzionamento di organi appropriati; (b) la dottrina di
Empedocle rende impossibile Punita del vivente, che non può
essere assicurata che dall’anima; (2) contro i sostenitori delia
teoria che l’anima è composta di fuoco: il fuoco o, meglio, il
calore vitale è soltanto uno strumento, e non la causa adeguata
dei fenomeni biologici, che è precisamente l’anima. E) Natura
delFalimento e della nutrizione: il contrario è nutrimento del
contrario, qualora l’alimento si trovi ancora nella sua condizio
ne originaria; il simile è nutrimento del simile, qualora l’ali
mento sia stato elaborato dall’organismo vivente. F) Ancora
sulla facoltà nutritiva: (1) il nutrimento si rapporta all’essere
vivente; (2) caratteristiche o funzioni dell’alimento: essere prin
cìpio di conservazione e di riproduzione, ed essere causa di cre
scita; (3) i fattori della funzione nutritiva o vegetativa: la facoltà
o anima nutritiva è la causa o il motore immobile della nutri
zione, il quale si serve di due strumenti, il calore vitale e l’ali
mento; il primo funge da motore mosso, mentre il secondo è
soltanto mosso.
Sommario di B 5
A) La facoltà sensitiva: (1) la sensazione è una specie di alte
razione da parte di un oggetto esterno; (2) la facoltà sensitiva si
attualizza per l’azione di un oggetto sensibile in atto; (3) senso,
sensazione e sensibile in potenza ed in atto. B) Azione e "pas
sione”, atto e potenza, simile e dissimile: (1) l’ente che subisce
un’azione ed è soggetto ad un processo di mutamento, lo è ad
opera di un ente in atto; il paziente, che deve subire l’azione
dell’agente, gli è dissimile, ma quando l’ha subita gli è simile;
(2) potenza come capacità di acquisire un habitus o come capa
cità di esercitarlo; atto come acquisizione dell 'habitus o come
uso di esso; (3) "passione” o alterazione come alteratio corrup
tiva, oppure come alteratio perfectiva, ossia come attuazione di
una possibilità; l’attuazione di un habitus è una alteratio perfec-
tiva\ (4) mutamento habitus all’attività; dalla potenzialità
308 SOMMARI
alVhabitus (anche questa è una alteratio perfectiva). C) Ancora
sulla facoltà sensitiva: (1) l’origine della facoltà sensitiva; la sen
sazione in atto dipende dal singolare sensibile; (2) potenza
rispetto alla facoltà sensitiva e rispetto alla sensazione; la facoltà
sensitiva, che deve subire Fazione dell’oggetto sensibile, è da lui
dissimile, ma quando Fha subita gli è simile.
Sommario di B 6
(1) Sensibili per sé: (a) sensibili propri (sensibili per sé strie-
to seti su); (b) sensibili comuni. (2) Sensibili per accidente.
Sommario di B 7
A) Oggetti della vista: il colore e le sostanze fosforescenti; il
colore (1) è localizzato sulla superficie dell’oggetto, ed è ciò che
lo rende percepibile alla vista; (2) produce un mutamento qua
litativo nel diafano in atto (ossia illuminato). B) Il “mezzo’: (1)
un corpo si dice diafano in virtù della sua naturale trasparenza;
(2) la luce: (a) è atto del trasparente in quanto tale, ovvero
“colore” del trasparente illuminato; (b) non è un corpo o un’e
manazione corpuscolare in movimento (come ritenevano
Empedocle, Democrito e Platone), ma semplicemente la pre
senza del fuoco nel trasparente, ossia l’illuminazione o lumino
sità di quest’ultimo; (3) il trasparente in potenza (ovvero il
buio) è incolore, e come tale può ricevere i colori; il trasparen
te in atto (ovvero illuminato) è la luce, la quale assume i diversi
colori degli oggetti. C) Ancora sugli oggetti visibili: i colori sono
visibili alla luce, le sostanze fosforescenti al buio. D) Il proces
so visivo dei colori: il colore dell’oggetto produce una modifi
cazione nel trasparente illuminato (ad es. nell’aria), e questo
nell’occhio. E) Senza il trasparente o “mezzo” (con buona pace
di Democrito) la sensazione visiva è impossibile. F) Un altro
oggetto visibile: il fuoco, percepibile al buio come alla luce. G)
Necessità di un “mezzo” anche per l’udito e l’olfatto, come
pure per il tatto e il gusto.
SOMMARI 309
Sommario di B 8
A) Il suono e i corpi sonori: (1) suono in atto e suono in
potenza; (2) corpi sonori e corpi non sonori, ossia incapaci di
emettere un suono. B) La produzione di un suono: avviene per
la percussione di un corpo solido contro un altro in un
"mezzo”. C) Il "mezzo” dei suoni: (1) quello più idoneo è l’aria
e, in via subordinata, l’acqua; (2) tali "mezzi” non sono però la
causa principale del suono, che è la percussione; (3) quest’ulti-
ma, per produrre il suono, deve effettuarsi con rapidità e forza,
al fine di prevenire la dispersione dell’aria; (4) l’eco è come un
rimbalzo dell’aria contro un’altra massa d’aria, ma non sempre
viene percepito distintamente; (5) l’aria è la causa principale
della sensazione uditiva. D) L’organo dell’udito: (1) contiene
aria congenita che viene mossa dall’aria esterna, a sua volta
mossa dal suono; (2) l’aria è racchiusa nell’orecchio interno per
ché rimanga immobile, e quindi perché si possano percepire
esattamente i suoni; (3) si ode anche nell’acqua, purché questa
non penetri nell’orecchio interno, ma trasmetta il suono all’aria
che vi è racchiusa; (4) quest’aria è sempre in movimento, e per
questa ragione l’orecchio risuona. E) Il percuziente e il percos
so sono entrambi cause del suono, ma a diverso titolo; differenti
qualità dei suoni: suono acuto e suono grave. F) La voce: (1) è
un suono proprio degli animali; (2) suoi caratteri: il registro, la
melodia e l’articolazione; (3) viene emessa soltanto dagli anima
li che respirano; (4) è uno dei due scopi per cui essi possiedono
pneuma e lingua; (5) è l’urto, prodotto dagli organi fonatori,
dell’aria inspirata contro la trachea; (6) è un suono significativo
unito ad un’immagine sensibile.
Sommario di B 9
A) L’olfatto e il suo oggetto: (1) non è agevole determinare
la caratteristica specifica dell’odore, perché l’olfatto è in noi più
debole che in molti altri animali; (2) l’olfatto è analogo al gusto
(e l’odore al sapore), ma questo (in quanto è una forma di tatto)
è di gran lunga più acuto di quello. B) Le specie di odori: (1)
310 SOMMARI
corrispondono a quelle dei sapori; (2) odori primari sono il
dolce e l’amaro, e tra questi due estremi si collocano il pungen
te, l’acre, Pacido, il grasso, ecc.; (3) gli odori si distinguono inol
tre in piacevoli e spiacevoli. C) Oggetto dell’olfatto non è sol
tanto l’odorabile, ma pure Pinodoro. E>) Il mezzo dell’olfatto: è
Paria, ma anche l’acqua, com’è comprovato dagli animali
acquatici e privi di polmone, anch’essi (come quelli che respi
rano) capaci di sensazioni olfattive. E) L’organo dell’olfatto: (1)
negli animali che respirano è provvisto di una membrana,
assente negli altri animali; (2) è potenzialmente secco.
Sommario di B 10
(1) Il gustabile è una specie di tangibile, com’è tangibile l’u
mido o liquido che funge da sostrato del sapore; (2) il "mezzo”
del gusto non è esterno al percipiente, come nei sensi a distan
za; (3) un oggetto diventa gustabile soltanto nell’umido; (4)
oggetti del gusto sono il gustabile e il non gustabile, che corri
spondono al bevibile e al non bevibile; (5) il sensorio del gusto
è potenzialmente umido; (6) le specie dei sapori: opposti (dolce
e amaro), derivati (grasso e salato) e intermedi (piccante, acre
ecc.); (7) la facoltà gustativa è attivata dal gustabile.
Sommario di B 11
(1) Se il tatto è una pluralità di sensi, anche i tangibili sono
molteplici. (2) Il tatto è un senso plurimo oppure unitario? Ed
il suo organo s’identifica con la carne od è situato all’interno del
corpo? (3) Il tatto ha per oggetto una pluralità di contrari, non
riducibili ad un genere unico; (4) la carne non è l’organo, ma il
“mezzo” del tatto; (5) non è chiaro se il tatto comprenda o no
più sensi; (6) il gusto non s’identifica col tatto; (7) come i corpi
in contatto nonv eliminano l’esistenza di un corpo intermedio
(l’aria o l’acqua), così tutti i sensi postulano l’esistenza di un
“mezzo”: quelli a distanza un mezzo esterno, quelli per contat
to la carne, la quale va distinta dall’organo tattile vero e prò-
SOMMARI 311
prio, che è interno al corpo ed è localizzabile nella regione car
diaca; (8) oggetto del tatto sono le quattro qualità elementari
dei corpi; (9) l’organo tattile è in potenza tali qualità, e si assi
mila ad esse; (10) il tatto, al pari di ogni altro senso, è una sorta
di “medietà” tra i sensibili e, come tale, è capace di discernerli;
(11) il tatto ha per oggetto il tangibile e il non tangibile.
Sommario di B 12
(1) Il senso è ricettivo della forma sensibile senza la materia
dell’oggetto; (2) la facoltà sensitiva è localizzata nel rispettivo
organo sensorio; (3) l’organo sensorio è un’entità corporea, e di
questa la facoltà costituisce l’essenza e la capacità operativa; (4)
di qui risulta manifesto sia perché i sensibili troppo forti di
struggono i sensori, sia perché le piante non percepiscono. (5)
La sensazione presuppone una “passione”, ma eccede quest’ul-
tima.
Sommario di r 1
(1) Non v’è alcun altro senso specifico oltre ai cinque già
esaminati, ciascuno riferibile ad uno degli elementi: l’organo
della vista è formato d’acqua, quello dell’udito d’aria, quello
dell’olfatto d’aria o d’acqua, quello del tatto e del gusto preva
lentemente di terra, mentre in tutti gli organi di senso è presen
te il fuoco sotto forma di calore vitale. (2) Il senso comune: (a)
non esiste uno speciale organo sensorio per i sensibili comuni,
percepiti accidentalmente dai sensi speciali; (b) i koinà si col
gono attraverso il movimento; (c) non esiste un sesto senso spe
ciale per i sensibili comuni, poiché altrimenti questi si ridur
rebbero a “sensibili per accidente”, al modo in cui un senso
speciale percepisce accidentalmente lo idioti di un altro senso,
od al modo in cui un senso speciale coglie accidentalmente l’og
getto cui inerisce un sensibile proprio; (d) il senso comune per
cepisce per sé i sensibili comuni; (e) ciascun senso speciale per
cepisce accidentalmente gli idia degli altri sensi; (f) l’esistenza di
312 SOMMARI
più sensi speciali per la percezione dei koinà ha per scopo di
rendere più agevole il loro riconoscimento.
Sommario di r 2
A) Coscienza della percezione: ciascun senso speciale è con
sapevole dei propri atti percettivi, e non deve tale coscienza di
sé ad un altro senso. B) Senso e sensibile: (1) senso e sensibile
in atto s’identificano nel medesimo processo percettivo, di cui
costituiscono l’uno l’aspetto soggettivo e l’altro quello oggetti
vo; (2) il sensibile e la sensazione in atto si trovano nel senso
stesso; (3) il senso e il sensibile s’identificano soltanto qualora si
trovino in atto, e non semplicemente in potenza, una distinzio
ne che è sfuggita ai fisiologi. C) Il senso, in quanto "proporzio
ne”, rimane danneggiato dai sensibili in eccesso, ed invece
prova sensazioni piacevoli soprattutto in presenza di sensibili
“mescolati” e proporzionati. D) La discriminazione percettiva:
(1 ) ogni senso speciale distingue le differenze del proprio ogget
to sensibile; (2) la discriminazione tra sensibili appartenenti a
sensi diversi: (a) tale discriminazione non può verificarsi che
mediante un atto percettivo; (b) non ha la carne come suo
primo organo sensorio; (c) non avviene per mezzo di due sensi
che giudichino separatamente, ma mediante la loro collabora
zione ed unità; (d) non si svolge in tempi distinti, ma simulta
neamente; (e) è opera del soggetto, numericamente ed essen
zialmente uno, ma "diviso” nella sua funzione discriminatrice.
Sommario di r 3
A) Pensiero e sensazione: (1) le principali funzioni dell’ani
ma sono quella cinetica e la conoscitiva; (2) ad alcuni sembra
che il pensiero sia una forma di percezione; (3) anzi gli antichi,
come Empedocle ed Omero, identificavano senz’altro pensiero
e sensazione; (4/ma questa tesi è falsa per le seguenti ragioni: (a)
essa non spiega l’esistenza dell’errore; (b) della sensibilità sono
provvisti tutti gli animali, mentre dell’intelligenza soltanto alcu-
SOMMARI 313
ni; (c) il pensiero può essere vero o falso ed appartiene ai soli
animali ragionevoli, ed invece la sensazione si trova in tutti gli
animali e, quando ha per oggetto i sensibili propri, è sempre
vera. B) L’immaginazione: (1) non s’identifica col pensiero: (a)
perché dipende da noi ed ammette un certo margine di arbitrio,
mentre Fopinione — che è una specie di bypolepsis o apprensio
ne intellettiva — o è vera o è falsa; (b) perché esser dell’opinione
che un oggetto è pericoloso provoca un’emozione immediata,
cosa che non avviene se esso è puramente immaginato come
tale; (2) sembra appartenere al noein; (3) la phantasta è una
facoltà in virtù di cui si parla di “apparenze” (phantasmata), ed
ha una capacità discriminativa in quanto con essa possiamo esse
re nel vero o nel falso; (4) Pimmaginazione non è sensazione per
i motivi seguenti: (a) le immagini dei sogni non si formano in
presenza di sensazioni in atto né s’identificano con la facoltà
sensitiva; (b) la sensazione si trova in tutti gli animali, e l’imma
ginazione (quella superiore) solo in alcuni; (c) la percezione dei
sensibili propri è sempre vera, mentre la maggior parte delle
immagini (illusioni sensorie, allucinazioni, ecc.) sono false; (d) il
termine “apparire” non è adeguato alle sensazioni chiare e pre
cise, ma a quelle indistinte; (e) le immagini permangono pur
nella sospensione del processo percettivo; (5) l’immaginazione,
in quanto ammette la possibilità di errore, non è scienza né intel
letto, che sono sempre nel vero; (6) ancora sulla differenza tra
immaginazione ed opinione: questa, ma non quella, s’accompa
gna sempre alla convinzione ed alla ragione; (7) con buona pace
di Platone, l’immaginazione non è combinazione ed accordo di
opinione e sensazione, perché possono darsi contemporanea
mente una falsa apparenza sensibile ed un’opinione vera; (8) la
definizione di phantasia'. (a) è un “mutamento” dell’essere sensi
tivo conseguente alla percezione in atto e simile a questa; (b)
Pimmaginazione relativa ai sensibili propri è vera, mentre quel
la riguardante i sensibili comuni e “per accidente” può essere
falsa; (c) phantasia trae il suo nome da <Jxxo<;, “luce”; (d) le
immagini, in quanto tracce delle sensazioni, fungono da princi
pi del comportamento degli animali.
314 SOMMARI
Sommario di r 4
A) L’intelletto e la facoltà sensitiva: (1) l’intelletto è la parte
dell’anima preposta al pensiero; (2) dall’analogia tra intelletto e
senso deriva che il nous: (a) è passivo nella misura in cui assu
me in sé gli intelligibili, ma propriamente è "impassibile” per
ché tale paschein non implica un’alterazione fisica, ma il perfe
zionamento e la realizzazione dell’intelletto; esso inoltre è ricet
tivo delle forme intelligibili, è in potenza ad esse e non ne pos
siede alcuna già in atto; (b) non è "mescolato” ad alcun ogget
to materiale (come fu intuito già da Anassagora, a differenza
degli altri fisiologi); (c) è "in potenza” tutti gli intelligibili; (3)
differenze tra nous ed aisthesis: (a) l’intelletto non ha un orga
no corporeo, ma è potenzialmente il “luogo delle forme”; (b)
Fapatheia del senso non lo assicura dalle affezioni del suo orga
no, mentre il nous non è affetto dai noeta, perché è “separato”
e indipendente dal corpo; (c) l’intelletto è in potenza all’eserci
zio della conoscenza ed è capace di pensare se stesso. B) Gli
oggetti dell’intelletto e del senso: (1) la aisthesis conosce gli
oggetti fisici, o meglio le loro qualità o forme sensibili; (2) il
nous apprende: (a) le essenze o forme intelligibili degli oggetti
fìsici; (b) gli enti matematico-geometrici e le loro essenze; (c) le
entità identiche alle loro essenze. C) Soluzione di due aporie:
(1) l’intellezione è possibile in quanto si dà un’identità poten
ziale di nous e noeton; (2) l’autocoscienza dell’intelletto conse
gue alla sua apprensione degli intelligibili in atto.
Sommario di r 5
(1) Si devono distinguere nell’anima umana due intelletti:
quello in potenza, che “diviene”, ossia conosce, tutti gli intelli
gibili, ed il poietikon, che li produce tutti; (2) l’intelletto pro
duttivo: (a) è atto per essenza, e quindi è separabile, impassibi
le ed immisto a maggior ragione dell’intelletto in potenza; (b) è
pensiero sempre in atto, mentre il dynatos passa dalla potenza
all’atto; (c) è immortale ed eterno, mentre l’intelletto in poten
za e "passivo” è corruttibile.
SOMMARI 315
Sommario di T 6
(1) Due operazioni deirinteiletto: (a) l’intellezione degli
“indivisibili* (ossia di singole nozioni corrispondenti, ad es., ad
enti matematici, come “diagonale* e “incommensurabile”, o ad
enti fisici, come “Cleone” e “bianco”), che, come puro cogli-
mento di essi, è sempre vera; (b) la loro unione in un giudizio,
che può essere vero o falso; (2) gli indivisibili secondo la quan
tità (ovvero gli enti matematici, come la lunghezza) e quelli
secondo la specie (ovvero qualunque tipo di universale, come
“uomo” o “triangolo"): (a) sono colti istantaneamente; (b) sono
divisibili rispettivamente in parti ed in individui; (c) vengono
considerati dalPintelletto in quanto indivisibili, e sono tali e
possiedono un’unità in virtù della loro forma immanente; (3) gli
indivisibili come i limiti (ad es. il punto) e le privazioni (“male”
o “nero”): (a) sono conosciuti per mezzo dei loro contrari; (b)
il soggetto che conosce un contrario è in potenza rispetto all’al
tro; (4) gli indivisibili (o universali) che non hanno contrario:
l’intelletto non è nemmeno potenzialmente il loro contrario; (5)
ancora sulle due operazioni deirinteiletto: (a) la predicazione
può essere vera o falsa; (b) l’intellezione delle essenze (sostan
ziali o accidentali) è sempre vera.
Sommario di r 7
A) Conoscenza attuale e conoscenza potenziale: (1) il pen
siero in potenza si attualizza in virtù di un pensiero già in atto;
(2) la facoltà sensitiva viene attualizzata e perfezionata dal sen
sibile in atto. B) Ruolo della percezione e del pensiero in rap
porto all’azione: (1) il desiderio e la ripulsa corrispondono
all’affermazione e alla negazione; (2) il piacere e il dolore sono
funzioni della facoltà sensitiva; (3) l’appetizione e la repulsione
sono aspetti di un’unica facoltà, la orexis, la quale si distingue
dallo aisthetikort solo per la funzione; (4) le immagini sono indi
spensabili al pensiero e all’attività pratica; (5) l’unica facoltà
sensitiva si specifica nei diversi sensi. C) La discriminazione
percettiva: (1) la discriminazione tra due sensibili di genere
316 SOMMARI
diverso è resa possibile dall’unità e collaborazione dei due sensi
corrispettivi; (2) i sensibili dello stesso genere o di genere diver
so trovano la loro unità nell’oggetto stesso. D) Ancora sull’im
portanza della percezione e del pensiero (come pure dell’im
maginazione) per l’azione pratica: (1) alcune azioni vengono
compiute in presenza di sensazioni; (2) altre vengono program
mate dall’intelletto sulla base delle sole immagini o idee; (3) il
vero e il falso hanno un valore assoluto, mentre il bene e il male
sono relativi alla persona. E) Ancora sulla conoscenza intelletti
va: (1) gli enti matematici come astrazioni dell’intelletto; (2)
possibilità della conoscenza degli enti separati.
Sommario di r 8
A) Le facoltà conoscitive e i loro oggetti: (1) l’anima in certo
modo, ossia in potenza, s’identifica con tutti gli enti, e precisa-
mente l’intelletto con gli intelligibili e il senso con i sensibili; (2)
la conoscenza (intellettiva e sensitiva) è in potenza o in atto allo
stesso modo degli oggetti corrispondenti; (3) le facoltà conosci
tive non s’identificano con gli oggetti in se stessi, ma con le loro
forme: Pintelletto apprende le forme intelligibili e il senso quel
le sensibili. B) Sensibilità, immaginazione e pensiero: (1) ogni
tipo di intelligibile si trova nel sensibile; (2) gli intelligibili ven
gono colti dall’intelletto sulla base delle sensazioni e delle
immagini; (3) le immagini si distinguono sia dai concetti singo
li come dal giudizio.
Sommario di r 9
A) La facoltà locomotoria: (1) s’identifica con Panima od è
una sua parte o facoltà? (2) se è una sua parte: (a) è separabile
dalle altre spazialmente o concettualmente? (b) è una nuova
facoltà o è una di quelle già riconosciute? B) Le parti o facoltà
dell’anima: la tripartizione e la bipartizione dell’anima adottate
da Platone e dai Platonici sono insufficienti: (1) perché ometto
no le facoltà nutritiva, sensitiva e immaginativa; (2) perché fra
zionano la orexis nelle singole parti dell’anima. C) La facoltà
SOMMARI 317
locomotoria: (1) non è all’origine né dei mutamenti vegetativi
come la crescita e la decrescita, né dei fenomeni fisiologici come
la respirazione e il sonno; (2) non è identica: (a) né alla facoltà
vegetativa; (b) né a quella sensitiva; (c) né airintelletto teoreti
co o pratico; (d) né alla tendenza e al desiderio.
Sommario di r 10
A) La causa della locomozione degli animali: (1) è la ten
denza o rintelletto, o, meglio, principi del movimento sono
entrambi: la tendenza e rintelletto (pratico); (2) l’oggetto della
orexis è il punto di partenza delPintelletto pratico, e l’ultimo
termine cui questo perviene col suo ragionamento, è il punto di
partenza dell’azione; (3) anche rimmaginazione non muove il
soggetto all’azione senza la orexis\ (4) la facoltà appetitiva è la
causa principale e, in questo senso, unica della locomozione,
giacché il desiderio muove senza rintelletto pratico, ma questo
non senza la volontà; (5) l’intelletto pratico è sempre retto, per
ché ha il suo “motore” nell’orckton che coincide col vero bene
(conseguibile con l’azione); invece la tendenza e l’immaginazio
ne possono essere anche non rette, qualora siano mosse da un
bene apparente; (é) la facoltà locomotoria è dunque la tenden
za. B) La tripartizione platonica dell’anima: cade nell’inconve
niente di trascurare facoltà essenziali. C) Ancora sulla facoltà
appetitiva e locomotoria: (1) la facoltà appetitiva possiede un’u
nità specifica ed una molteplicità numerica; (2) i fattori della
locomozione dell’animale: (a) motore immobile è il fine dell’a
zione; (b) motore mosso è la facoltà appetitiva che opera
mediante il pneuma innato; (c) il mosso è l’animale; (3) l’auto-
movimento dell’animale si basa s ull * ore ktikon, che a sua volta
presuppone l’immaginazione (razionale o sensitiva).
Sommario di r 11
(1) Cause della locomozione degli animali inferiori sono il
desiderio e una forma indeterminata di immaginazione; (2) tutti
gli animali possiedono l’immaginazione sensitiva, e l’uomo
318 SOMMARI
anche quella deliberativa, che gli consente di trovare i mezzi per
raggiungere un determinato fine; (3) può sembrare che gli ani
mali irragionevoli non abbiano opinione, perché sono privi di
immaginazione deliberativa; (4) la tendenza non implica di per
sé la deliberazione; (5) tre possibili “movimenti” o comporta
menti deiruomo: (a) il desiderio prevale sulla volontà; (b) un
desiderio prevale su un altro desiderio; (c) la volontà prevale sul
desiderio; (6) la facoltà conoscitiva è immobile; (7) nel sillogi
smo pratico la premessa universale funge da motore immobile,
quella particolare da motore mosso.
Sommario di r 12
(1) La facoltà nutritiva si trova in tutti i viventi, poiché senza
il nutrimento è impossibile ogni funzione biologica; (2) le pian
te sono prive di sensibilità, data la semplicità della loro struttu
ra e la loro incapacità di assumere le forme senza la materia; (3)
gli animali possiedono la facoltà sensitiva, che è la loro caratte
ristica essenziale, e senza la quale (particolarmente quelli capa
ci di locomozione) non potrebbero nutrirsi, e quindi conser
varsi in vita e giungere al loro pieno sviluppo; (4) non esiste un
animate dotato di intelletto, che sia privo del senso, perché ciò
non gioverebbe né alla sua attività intellettiva né alla conserva
zione del suo essere; (5) il tatto e il gusto sono indispensabili per
la sopravvivenza deiranimale; (6) i sensi a distanza: (a) sono in
vista del meglio, e negli animali dotati di locomozione esistono
per la loro autoconservazione; (b) presuppongono un oggetto
sensibile e un mezzo esterno al soggetto.
Sommario di r 13
(1) Il corpo deiranimale non è formato soltanto di acqua o
di aria o di fuoco, e neppure soltanto di terra; (2) il tatto è indi
spensabile alla vita deiranimale, mentre senza i sensi a distanza
ranimale può sopravvivere; (3) il tatto è finalizzato all’esistenza
deiranimale, mentre gli altri sensi sono in vista del meglio.
PAROLE CHIAVE
Abito: significa una condizione, ad es. l’ignoranza (417 a
32); un possesso, ad es. la conoscenza (417 b 16); una condi
zione o stato attivo, ad es. la luminosità del trasparente (418 b
19; 430 a 15); una facoltà deH’anima (428 a 3) o una proprietà
degli oggetti sensibili (432 a 6).
Accidente: è ciò che appartiene di per sé (“accidente per
sé”) ad una cosa, ma che non rientra nell’essenza e nella defini
zione della cosa stessa, ad es. una data proprietà di un ente geo
metrico (402 a 15; 402 b 18 ss.), o le facoltà dell’anima, che
sono realmente distinte da essa (409 b 14). Accidenti sono
anche le qualità sensibili degli elementi semplici (417 a 6). Vedi
Categoria.
Accrescimento o Aumento e Diminuzione: sono forme di
movimenti secondo la categoria della quantità (406 a 13; 416 a
25); nel vivente hanno l’anima come loro principio (411 a 30) e
rientrano fra le caratteristiche primarie della vita (412 a 14);
presuppongono la facoltà nutritiva (415 b 26 ss.; 432 b 9).
Affermazione: vedi Giudizio.
Affezione: indica una facoltà o funzione propria della sola
anima o del vivente in quanto composto di anima e di corpo
(402 a 9); una passione o un’emozione (403 a 24); la proprietà
o la forma di cui si occupa una scienza o una tecnica (403 b 10
ss.); la qualità del “mezzo” della percezione (419 a 33) o del-
l’oggetto percepibile (424 b 25); l’alterazione del soggetto (426
a 2).
Alterazione: è la forma del movimento secondo la categoria
della qualità (406 a 13); interessa gli organi corporei (408 b 11);
è dovuta all'anima e ad essa è riconducibile la percezione (415
b 23 s.); si dà o come trasformazione di qualità opposte o come
realizzazione di una potenzialità (417 b 2 ss.).
322 PAROLE CHIAVE
Analogia: è l’identità di rapporti propria delle proporzioni;
viene assunta come strumento ermeneutico per la spiegazione
dei fenomeni biopsichici. Ad es. 1’anima con le sue facoltà è
inseparabile dal corpo come la retta avente una data proprietà
è inseparabile dal corpo in cui inerisce (403 a 12 ss.); Fanima si
serve degli organi corporei come la tecnica dei suoi strumenti
(407 b 25 s.).
Anima: è definita come la sostanza in quanto forma o atto
primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza, ossia dota
to di organi (412 a 3 ss.); è definita anche come la causa princi
pale mediante cui noi viviamo, percepiamo e pensiamo (414 a
12 s.); questa seconda definizione è introdotta in vista della
dimostrazione della prima (413 all ss.); Fanima è principio di
tutte le sue facoltà: vegetativa (nelle piante), sensitiva e immagi
nativa (negli animali), intellettiva (nelFuomo), nonché delle
facoltà appetitiva e locomotoria; con ciò stesso è principio di
tutte le funzioni del vivente (413 b 2); tra le anime-facoltà vige
un rapporto ontologico di anteriorità e posteriorità (414 b 20
ss.); pertanto la distinzione delle facoltà non è spaziale, ma fun
zionale (411 a 24 ss.; 413 b 14 ss.); Fanima è causa formale, fina
le e motrice del vivente (415 b 8 ss.); è immortale solo Fanima
intellettiva o, meglio, Fintelletto produttivo (vedi Intelletto).
Animale: è definito dal possesso delFanima sensitiva (che
implica quello delle funzioni vegetative), almeno nelle sue atti
vità tattili; possiede almeno una forma inferiore di immagina
zione e le modalità più semplici della tendenza; la maggior
parte degli animali è dotata anche della facoltà locomotoria
(413 b 13 ss.; 414 a 29 ss.).
Aporia: è il problema che dev’essere individuato ed esplo
rato attraverso la formulazione e la discussione di due alterna
tive (una tesi e un’antitesi) tra loro contrarie o contraddittorie,
in vista della sua soluzione (402 a 23 ss.; 403 b 20 ss.).
Apparenza: è Foggetto e il contenuto proprio della fantasia
o immaginazione,*“ciò che a noi appare”, il fantasma o imma
gine, in corrispondenza delle diverse specie dei sensibili (vedi
Sensitiva, anima), oppure in coincidenza con Fesperienza sensi-
PAROLE CHIAVE 323
bile non ordinaria: immagini dei sogni, allucinazioni, ecc. (428
a 1 ss.).
Appetitiva, facoltà (e Appetizione): l’appetizione è funzio
ne della facoltà appetitiva, propria di tutti gli animali; produce
lo spostamento locale in quelli dotati di organi locomotori; la
facoltà appetitiva si distingue in volontà razionale e impulso e
desiderio irrazionali; ha per suo fine il possesso delPoggetto cui
tende, che funge da motore immobile dell’azione, mentre la
facoltà opera come motore mosso e il pneuma innato come
causa strumentale (libro III, cc. 9-11).
Astrazione: designa particolarmente l’apprensione degli
enti matematici, astratti dai corpi sensibili mediante l’intelletto
(403 b 15; 429 b 18; 431 b 12 ss.; 432 a 5 s.).
Attività: è la funzione operativa di una facoltà dell’anima,
che, a differenza del movimento (vedi), costituisce essa stessa
un fine; in virtù della teoria del primato logico-gnoseologico
dell’atto sulla potenza, la conoscenza delle attività è condizione
della conoscenza delle facoltà e della stessa anima (402 b 12;
412 a 11 ss.; 415 a 16 ss.; 417 a 14 ss.).
Atto e In atto: atto è sinonimo di forma; l’atto primo rispet
to a quello che verrà chiamato “atto secondo” è una determi
nazione primaria rispetto ad una derivata: così l’anima è atto
primo rispetto alle sue facoltà e funzioni (412 a 6 ss.); ente in
atto è l’ente che ha raggiunto la sua realizzazione e compiutez
za, la quale coincide con l’attuazione piena della sua forma o
essenza e con il conseguimento del proprio fine (415 a 26 ss.;
417 a 21 ss.); atto per essenza è l’intelletto produttivo (vedi
Intellettiva, anima).
Autocoscienza: è propria sia di ciascun senso speciale (425
b 12 ss.) sia, a un diverso livello, del pensiero (429 b 5 ss.); in
entrambi i casi, ma secondo due distinte modalità, consegue
alla conoscenza dell’oggetto.
Azione: è un qualunque influsso esercitato da un oggetto su
un altro oggetto, o di un oggetto su una facoltà dell’anima o
viceversa, o di una funzione dell’anima su un’altra (416 a 19 ss.;
324 PAROLE-CHIAVE
428 b 10 ss.; 430 a 10 ss.); significa anche un comportamento
deiranimale o dell’uomo, che ha il suo fine nel raggiungimento
di un bene percepito, immaginato o pensato (429 a 4 ss.; 433 b
12 ss.).
Bene: è l’oggetto della tendenza che, come fine da raggiun
gere, muove l’animale o l’uomo all’azione; dev’essere previa
mente conosciuto dalla sensibilità o dall’intelletto "pratico”;
può essere apparente e immediato, oppure vero bene pratico,
ossia conforme alla natura razionale dell'uomo (libro III, cc. 9-
11).
Caso: è un evento prodotto da una causa indeterminata; l’u
nità di anima e corpo non si verifica a caso: un determinato
corpo vivente ha come suo principio un determinato tipo di
anima (407 b 12 ss.).
Categoria: le categorie sono le originarie divisioni o "figure”
dell’essere e, insieme, i predicati o i generi sommi non ulterior
mente predicabili di altro e ai quali sono riportabili i termini di
ogni giudizio (402 a 23-25; 410 a 13 ss.); l’anima, in quanto
forma e atto primo, rientra nella categoria della sostanza (412 a
11 ss.), mentre le facoltà sono suoi accidenti per sé (402 b 16
ss.); Talimento conserva la sostanza del vivente e assicura la sua
crescita rispetto alla quantità (416 b 11 ss.).
Causa: le cause sono le condizioni e i fondamenti dell’esi
stenza e della modalità delle cose; sono di quattro tipi: la mate
ria, la forma, il principio efficiente e il fine (403 a 24 ss.; vedi
sotto le rispettive voci); l’anima è causa negli ultimi tre sensi
(415 b 8 ss.), il corpo vivente nel primo (412 a 16-19); la mede
sima distinzione vale anche tra la facoltà o funzione e il suo
organo corporeo; ai quattro tipi di causa è associata la causa
strumentale, avente carattere fisico e biologico (415 a 28 ss.;
416 b 20 ss.) oppure psicologico e cognitivo (432 a 3 ss.); le
cause e i principi di ciascuna cosa sono individualmente diver
si, ma identici analogicamente, ossia per la loro funzione (410 a
19; 430 a 10 ss.).,
Comune: indica le attività che l’anima esercita attraverso il
corpo (402 a 9 ss.); la definizione universale di anima; i sensibi-
PAROLE-CHIAVE 325
li percepiti con la collaborazione di tutti i sensi speciali. Vedi
Proprio e Universale.
Conoscenza: ha inizio dai sensi e dalle sensazioni, prosegue
con rimmaginazione che conserva i contenuti percettivi e cul
mina con la conoscenza intellettiva; la conoscenza sensitiva è
rassimilazione e il discernimento delle forme sensibili, quella
intellettiva delie forme intelligibili e universali; la conoscenza ha
una validità oggettiva; la percezione dei sensibili propri e l’ap
prensione dei singoli concetti sono infallibili. Vedi Sensitiva,
anima; Immaginazione; Intellettiva, anima.
Continuità: due termini sono detti continui quando hanno
un limite in comune; la continuità può essere spaziale (407 a 7
ss.) o temporale (415 b 3; 430 b 19 s.), o può riguardare un
corpo fìsico (419 a 14).
Contrario: costituisce, insieme col suo opposto, Popposizio-
ne massima alPinterno del medesimo genere; il contrario si
nutre del contrario in quanto l’alimento non è elaborato (416 b
6); la percezione di sensibili contrari (421 a 26 ss.; 422 b 23 ss.;
431 a 25); la conoscenza dei contrari è la stessa (411 a 4; 426 b
25); il senso è la medietà della contrarietà tra i sensibili (424 a
5); categorie che non hanno contrario (430 b 24-26); le tenden
ze contrarie (433 b 5-6).
Corpo: è la sostanza costituita di forma e materia; è natura
le o artificiale, ossia fabbricato dall’uomo (vedi Principio); è
semplice ed elementare (terra, acqua, aria, fuoco) o composto
di due o più elementi; è inorganico o dotato di organi e quindi
vivente (412 a 11 ss.); i corpi celesti sono costituiti di un “primo
elemento” incorruttibile, l’etere (418 b 9 ss.).
Corruzione: insieme alla generazione è il mutamento che ha
luogo nella categoria della sostanza (vedi) da un sostrato a un
non-sostrato; comporta la dissoluzione della sostanza (408 b 28
s.; 434 a 23). Denota anche il venir meno di una qualità ad
opera del suo contrario (417 b 2 ss.); il danneggiamento o
distruzione di un senso per l’azione di uno stimolo eccessivo
(424 a 17 ss.); la transitorietà delle anime o facoltà o funzioni
inferiori e dell’intelletto “passivo” (408 b 18 ss.; 430 a 24 s.).
326 PAROLE CHIAVE
Credenza: è strettamente connessa alFopinione e garantisce
la differenza di quest’ultima dalPimmaginazione (428 a 19 ss.).
Cuore: è Porgano in cui si ripercuotono le passioni dell’ani-
ma (403 a 31; 408 b 8); viene refrigerato mediante la respira
zione (420 b 26); è Porgano del tatto e del gusto (422 b 23).
Decisione: se la volontà riguarda il fine da raggiungere, e la
deliberazione stabilisce le varie azioni e i vari mezzi idonei a
raggiungere il fine, la decisione o scelta mette in opera quelle
azioni e quei mezzi che, tra quelli indicati dalla deliberazione, il
soggetto giudica più adatti a conseguire lo scopo (406 b 25; 434
a 7 ss.).
Definizione: è un enunciato che determina Pessenza della
cosa (407 a 25. 30) e che corrisponde al suo concetto universa
le; per non essere dialettica e vuota deve consentire di conosce
re gli accidenti per sé, ossia le proprietà essenziali della cosa; ciò
vale anche per la definizione di anima (402 b 26; 409 b 13 ss.);
definizione di un concetto univoco (vedi) o di un concetto
"analogo” (402 b 5 ss.).
Desiderio: appartiene al livello irrazionale della facoltà
appetitiva (433 b 5 ss.).
Dialettica: è una definizione generica e astratta, priva di
contenuto reale (403 a 2); è una ricerca che si interessa dei soli
aspetti formali delle cose (403 a 29)
Differente e Differenza: differenza per genere e per specie
(402 b 3); le differenze nelle funzioni che determinano i vari tipi
di anime e facoltà (413 b 20; 427 a 17; 432 a 27); i differenti
oggetti del tatto (418 a 14); differenti sono i termini intermedi
fra due contrari appartenenti allo stesso genere, ad es. tra il
bianco e il nero (421 a 15); le differenze o qualità primarie che
caratterizzano i quattro elementi (423 b 27-29); le differenze del
pensiero o apprensione intellettiva (427 b 9. 24-26); le differen
ze dell’anima intellettiva: Pintelletto in potenza e quello pro
duttivo (430 a 1^), Pintelletto teoretico e quello pratico (433 a
14); differenza tra oggetti conoscibili (432 a 12).
Dimostrazione: è un procedimento proprio della scienza
PAROLE CHIAVE 327
che consiste in un tipo particolare di sillogismo; dimostra le pro
prietà o accidenti per sé che appartengono ad un soggetto (402 a
15. 19); ha come suo principio o premessa l’essenza della cosa
espressa nella definizione (402 b 16 ss.); poste delle premesse,
ricava da queste una conclusione (407 a 24 ss.); la prima defini
zione di anima è dimostrata tramite la seconda (413 a 11 ss.)
Diversità e Diverso: diversità degli organi per la loro fun
zione (416 a 5). Diversità nell’essenza o definizione tra il senso
e l’organo sensorio (424 a 25); tra sensazione e sensibile in atto
(425 b 26 s.); tra ente ed essenza (429 b 10 ss.); tra le attività del
l’anima e tra le sue facoltà (431 a 12-14); tra l’organo centrale
della sensibilità, il cuore, e i diversi sensi (43 1 a 19 s.); tra i sen
sibili dello stesso genere e di genere diverso (431 a 28 s.).
Divisibile: ciò che può essere sottoposto al processo di divi
sione, come il continuo (vedi): 430 b 7 ss.
Divisione: metodo per organizzare i dati, reperiti induttiva
mente, in una definizione (402 a 20; 412 a 3 ss.); è sinonimo di
giudizio, in cui il soggetto è distinto dal predicato (430 b 3);
designa l’ente geometrico che funge da limite (430 b 20).
Dolore: la sensazione di piacere e di dolore è coestensiva alla
facoltà appetitiva c appartiene a tutti gli animali (431 a 8 ss.).
Efficiente, causa: è la causa che produce il passaggio di un
ente dalla potenza all’atto; più particolarmente è il principio da
cui proviene il movimento; l’anima è causa efficiente e primo
motore immobile di ogni mutamento del vivente (415 b 8 ss.);
la facoltà nutritiva è il motore immobile della nutrizione (416 b
20 ss.); l’oggetto sensibile è causa efficiente e motore immobile
della sensazione (416 b 33 ss.; 434 b 27 ss.); Pimmaginazione è
un mutamento prodotto da un altro mutamento, la percezione
(428 b 10 ss.); l’intelletto produttivo è causa efficiente della
conoscenza intellettiva (430 a 10 ss.); motore immobile dell’a
zione è il bene da conseguire, motore mosso è la facoltà appeti
tiva (433 b 11 ss.).
Elemento: è il componente primo e semplice di cui è costi
tuita una cosa; è la materia attuata come terra, acqua, aria,
328 PAROLE-CHIAVE
fuoco; qualità fondamentali dei quattro elementi sono caldo e
freddo, secco e umido combinate a coppie (423 b 28 s.); il
fuoco, sotto forma di calore vitale, è causa strumentale della
nutrizione e della crescita del vivente (416 a 11 ss.); ciascun
organo sensorio è composto di almeno due elementi (vedi
Sensitiva, anima); le piante sono formate prevalentemente di
terra, e per questo sono prive di percezione (435 a 24 ss.).
Errore: è impossibile nella percezione dei sensibili propri,
ma possibile in quella dei sensibili per accidente e soprattutto
dei sensibili comuni (418 a 12 ss.; 425 b 3; 428 b 18 ss.); Terro
re riguardo ai contrari è lo stesso (427 b 5 s.).
Essenza: è ciò per cui una cosa ha il proprio essere-tale (415
b 12 ss.); coincide con la forma (essenziale) e si esprime in una
definizione; si danno essenze delle sostanze ed essenze degli
accidenti, ad es. del vivente e delle sue attività (415 a 14 ss.);
essenza del corpo vivente è Tanima; spetta alla psicologia non
solo di reperire la definizione universale di anima e quella delle
anime particolari, ma anche di determinare l’essenza delle
facoltà, delle funzioni e degli oggetti corrispondenti (402 a 23
ss.; 414 a 29 ss.); le facoltà delTanima sono separabili tra loro
solo per Tes senza e la funzione (413 b 14 s.).
Essere: si dice originariamente in molti modi, cioè si dà
sempre e solo come determinato. Questi significati molteplici
corrispondono principalmente alla tavola delle categorie e alla
distinzione tra la potenza e Tatto (402 a 23 ss.; 410 a 13 ss.; 412
b 6 ss.).
Facoltà: è la primaria capacità operativa delTanima; Tanima
delle piante possiede una sola facoltà, quella vegetativa. Vedi
Anima.
Falso: è il giudizio che congiunge ciò che non è congiunto o
che disgiunge ciò che non è disgiunto nella realtà (430 a 27 ss.;
432 a 12): ad es. che Tanima sia un motore mosso (405 b 32);
come il vero, nor^ha rapporto con l’azione (431 b 11); talora è
assunto come sinonimo di errore (vedi) e riguarda sia le perce
zioni sia le immagini (428 all ss.).
PAROLE-CHIAVE 329
Figura: è uno dei sensibili comuni (418 a 18).
Filosofìa: la filosofia “prima” o, come verrà in seguito chia
mata, la metafisica considera gli enti e le caratteristiche degli
enti che sono separati concettualmente o realmente dalla mate
ria, secondo una dimensione ontologica e “teologica” (403 b 15
s.). Tra i suoi oggetti rientra Fintelletto produttivo, indipenden
te dal corpo, immortale ed eterno (430 a 10 ss.).
Fine e Causa finale: è una delle quattro cause, strettamente
connessa con la causa formale e con il bene; significa Fobietti-
vo da raggiungere e il beneficiario del raggiungimento di tale
obiettivo; nel primo senso fine del vivente è la conservazione di
sé in se stesso o nella specie; Fanima è fine in entrambi i sensi:
è Io scopo cui tende il corpo e ciò che utilizza il corpo come suo
strumento (415 a 26 ss.); fine della percezione e di ogni attività
conoscitiva è Fautorealizzazione del soggetto (417 b 2 ss.); i
sensi (ma anche Fintelletto) sono finalizzati all’autoconservazio-
ne delFanimale e a una migliore condizione di vita (420 b 16 ss.;
434 b 9 ss.); la facoltà appetitiva e locomotoria è alForigine di
processi finalizzati (432 b 15 ss.: «la natura non fa nulla inva
no»; 433 a 15).
Fisica: studia le attività e le affezioni del corpo in quanto
capace di movimento e che è fornito di una materia adatta a
questo requisito (403 b 10-12); comprende come una sua parte
la psicologia, nella misura in cui quest’ultima tratta delFanima
inseparabile dal corpo (402 a 6; 403 a 3 ss.).
Forma e Causa formale: è l’essenza o sostanza fondamen
tale di una cosa (vedi Essenza); forme separate sono le
Intelligenze motrici dei cieli (403 b 15 s.; 431 b 18 s.).
Funzione: è Fattività di una facoltà dell’anima e, tramite
questa, del vivente; la conoscenza di essa precede quella della
facoltà (402 b 10 ss.; 415 a 14 ss.). Vedi Attività.
Generazione: è la forma di mutamento che avviene secondo
la categoria della sostanza: da un non-sostrato a un sostrato, e
si oppone alla corruzione (vedi); indica il nascere e il prodursi
delle cose e il divenire in generale (412 a 26); avviene da un ter-
330 PAROLE-CHIAVE
mine particolare al suo contrario (416 a 23); come funzione del
l'anima vegetativa (vedi Vegetativa, anima) è la riproduzione
delle piante e degli animali (415 a 23 ss.).
Genere: è sinonimo di categoria, ossia di genere supremo
(402 a 23); è il sostrato delle differenze specifiche; la differenza
per il genere è più marcata di quella per la specie (402 b 3); è
sinonimo di specie (421 a 16); sensibili differenti per il genere
(424 b 32); si dice della serie positiva o negativa dei contrari
(431 b 11).
Giudizio: è la funzione “ critica * ovvero discriminativa pro
pria di tutte le facoltà conoscitive (vedi Conoscenza): 404 b 25,
428 a 3; è un enunciato che afferma o nega qualcosa di qualco
s'altro, ed è sempre vero o falso (430 b 26 ss.).
Grandezza: è una determinazione quantitativa continua
(407 a 3 ss.); il corpo naturale è una grandezza percepibile,
dotata di movimento e posizione (408 a 6-8; 432 a 4); la gran
dezza è uno dei sensibili comuni (418 a 18); è una proprietà
della voce (422 b 30); è un carattere degli organi sensori in
quanto corporei (424 a 26); le facoltà dell’anima non sono sepa
rabili dalle altre secondo la grandezza, ossia spazialmente e
localmente (429 a 11 s.; 432 a 20); la grandezza, ad es. la linea
retta, è distinta dalla sua essenza o definizione (429 b 10 ss.);
Pintelletto, come facoltà dell’anima umana, non è separato dalla
grandezza, ossia non è indipendente dal corpo (431 b 18 s.); le
parti delle articolazioni degli animali sono inseparabili per la
grandezza, ossia spazialmente (433 b 25).
Gusto: è una forma di tatto e, quindi, è un senso per con
tatto. Vedi libro II, c. 10, e Sensitiva, anima.
Idea: termine che indica il principio dell’Uno e i numeri e le
dimensioni ideali di cui Platone trattava nelle “dottrine non
scritte” (404 b 18 ss.).
Identico e Identità: identità o unità numerica dell’individuo
(415 b 4); identità degli organi per la loro funzione (416 a 5);
identità della proprietà della trasparenza nei corpi diafani (418
b 8); identità o unità numerica di senso e organo sensorio (424
PAROLE-CHIAVE 331
a 25; vedi Diversità e Diverso); il senso è potenzialmente identi
co ai contrari (427 a 6); identità di ente ed essenza (429 b 12);
identità potenziale o attuale di intelletto e intelligibili (429 b 29
ss.), di conoscente e oggetto conosciuto (431 b 20 ss. ).
Immaginazione:è la facoltà conoscitiva, produttiva di imma
gini, intermedia tra il senso e rintelletto. Vedi libro III, c. 3.
Immanenza: presenza di tutte le parti delPanima in entram
bi i segmenti dell’animale sezionato (411 b 25); la definizione
deve includere la causa (413 a 15); le facoltà sono immanenti al
vivente (413 a 23); la trasparenza è presente nei corpi diafani
(418 b 8); immanenza dei due intelletti neiranima umana (430
a 13).
Immobile: è Paria racchiusa nelle orecchie (420 a 10); è
sinonimo di stazionario (432 b 20); motore immobile è Panima
(405 b 31 ss.) e il bene che è oggetto dell’azione (433 b 15 s.).
Vedi Efficiente, causa.
Immortale: solo l’intelletto produttivo è immortale ed eter
no (430 a 23).
Imperfetto: ciò che è incompiuto e non può quindi rag
giungere il proprio fine; Panimale menomato (425 a 10; cfr. 415
a 27); Panimale dotato solo del senso del tatto (433 b 31).
Impossibile: ciò il cui contrario è necessariamente vero; poi
ché, ad es., è impossibile che l’anima sia dotata di movimento,
essa sarà necessariamente immobile (406 a 2).
Impulso: è la tendenza che, insieme col desiderio, appartie
ne alla parte irrazionale della facoltà appetitiva (433 b 10 ss.).
Incorporeo: è il corpo o elemento corporeo più sottile e fine
(405 a 7), ma anche ciò che è del tutto immateriale e spirituale
(404 b 31).
Individuo, Particolare e Singolare: Pindividuo per lo più
coincide con il sinolo di materia e forma (412 b 7); il singolare
è oggetto della sensazione in atto (417 b 22); la premessa parti
colare del sillogismo pratico (434 a 17).
332 PAROLE-CHIAVE
Indivisibile: ciò che è semplice e quindi non ammette divi
sione: ad es. il punto e Punita (409 a 24); la percezione indivisi
bile (unitaria e simultanea) dei sensibili di genere diverso; gli
indivisibili appresi dall’intelletto (libro III, c. 6),
Ingenerato: il corpo celeste (434 b 5).
Infinito: esiste solo in potenza, non in atto; sono infiniti i
punti del cerchio (407 a 13) e del corpo (409 a 28); è fatto divie
to del processo all’infinito (411 b 14).
Intellettiva, anima (e Intelletto): l’anima intellettiva è pro
pria dell’uomo e contiene le anime inferiori come sue facoltà
(414 b 20 ss.); l’intelletto teoretico, avente per fine la conoscen
za della verità (433 a 14 s.), si distingue in intelletto in potenza
e intelletto produttivo; il secondo agisce sul primo, facendolo
passare all’atto, attraverso la produzione degli universali astrat
ti dalle immagini sensibili (430 a 10 ss.); le funzioni proprie del
l’intelletto sono l’apprensione degli indivisibili, ossia delle sin
gole forme intelligibili astratte dalla materia (gli “universali”),
che è sempre vera, e la formulazione di giudizi, che possono
essere veri o falsi (430 a 26 ss.). Solo l’intelletto produttivo, che
è irriducibile alla generazione corporea (408 b 18 ss.) ed è indi-
pendente dal corpo nella propria attività, è immortale, mentre
l’intelletto in potenza è corruttibile (430 a 23 ss.); l’intelletto
pratico attiene alla condotta della vita umana (433 a 14 s.).
Intermediario o Mezzo: vedi Sensitiva, anima.
Istante o Ora: parte del tempo come limite, che collega pas
sato c futuro; percezione istantanea dei sensibili di genere diver
so (427 a 9 ss.); gli universali, e in particolare gli enti matematici,
vengono appresi istantaneamente dall’intelletto (430 b 7 ss.).
Limite: è il termine estremo di qualcosa (435 a 10); limite
del pensiero pratico è il fine perseguito; limiti del pensiero teo
retico sono le definizioni e le dimostrazioni (407 a 23 ss.); il
limite della crescita degli animali è determinato dalla loro forma
o anima specifica (416 a 16 ss.); limite è il punto (427 a 13; cfr.
430 b 20 ss.).
Linguaggio: ¡’utilizzazione della lingua per l’articolazione
PAROLE-CHIAVE 333
del linguaggio è in vista di una migliore condizione di vita (420
b 18).
Locomotoria, facoltà: vedi Appetitiva, facoltà.
Luogo e Spazio: le quattro specie di mutamento si svolgono
nello spazio (406 a 16); il luogo indivisibile dei punti e delle
unità (409 a 24); le facoltà delPanima non sono distinte spaziai·
mente (413 b 15); per la teoria dei luoghi naturali, che costitui
scono la sede cui ciascun elemento tende, alto e basso hanno un
valore assoluto (416 a 2 ss.); la percezione dei sensibili di gene
re diverso è spazialmente indivisibile (427 a 5); l’anima intellet
tiva è potenzialmente il “luogo” delle forme intelligibili (429 a
27); il mutamento qualitativo, ad es. la percezione, non implica
lo spostamento locale di chi lo subisce (435 a 2).
Male: rientra fra gli indivisibili costituiti dalle privazioni; si
conosce tramite il suo contrario, il bene (430 b 21 ss.): «malum
bono ciusque lege inclarescit» (Trendelenburg). Vedi Bette.
Matematica: studia le proprietà quantitative dei corpi sensi
bili, astraendole dagli stessi (403 b 14 s.; 431 b 12 ss. ).
Materia e Causa materiale: è il sostrato che accoglie la forma
e la potenza che è determinata dall’atto (412 a 6 ss.); materia
prima come pura potenza e materia seconda come materia già
formata (403 b 10-12); il corpo è la materia del vivente (412 a 11
ss.); l’alimento è la causa materiale e strumentale della nutrizio
ne (416 b 1.21); l’organo sensorio è il supporto materiale della
funzione sensitiva (412 b 18 ss.); Tumido è la materia in cui si
trova il corpo sapido (422 a 11); il senso non assume la materia
dell’oggetto (424 a 17 ss.); gli enti materiali non hanno intelletto
(430 a 8); Tintelletto in potenza funge da “materia” su cui agisce,
indirettamente, Tintelletto produttivo (430 a 10 ss.); la tecnica si
rapporta alla sua materia (430 a 13); superiorità della causa effi
ciente rispetto a quella materiale (430 a 19).
Medietà: il senso è la medietà tra i sensibili contrari (424 a
4).
Memoria e Richiamo alla memoria: il ricordo o richiamo
alla memoria è un processo che parte dall’anima e recupera le
334 PAROLE-CHIAVE
tracce delle sensazioni passate (408 b 17 s.); dopo la morte del
l’individuo l’intelletto non conserva i ricordi legati al composto
(408 b 28; 430 a 24); i "luoghi mnemonici” (427 b 19).
Mescolanza e Misto: mescolanza degli elementi nelle parti
del corpo degli animali secondo diverse proporzioni (408 a 14
ss.); il corpo composto è un misto (411 a 10; 434 a 10); la
mescolanza è l’accordo dei sensibili (426 b 5).
Metodo: unicità o molteplicità dei metodi per la conoscen
za delle essenze delle cose; metodi della divisione e della dimo
strazione (402 a 14 ss.).
Misura: la misura o il criterio che ci guida nell’azione è quel
la che ci permette di scegliere i mezzi più adatti a raggiungere il
fine (434 a 7 ss.).
Movimento o Mutamento: ogni forma di divenire, definito
come un «atto imperfetto», ossia un processo verso un fine (417
a 16; cfr. Fisica, III 1, 201 a 10 s.: «l’atto di ciò che esiste in
potenza, in quanto tale, è movimento»; 201 b 31 s., trad. di L.
Ruggiu); in senso stretto include solo Palterazione, l’accresci-
mento-diminuzione e non la generazione-corruzione (406 a 12
ss.; vedi le singole voci); movimenti per natura e per costrizio
ne (406 a 22 ss.), per spinta e per trazione (433 b 25); è uno dei
sensibili comuni (418 a 17).
Natura e Naturale: il mondo della natura sensibile è ogget
to della fisica (402 a 6; 430 a 10); si dice sia in quanto materia
(412 a 12) sia in quanto forma o essenza o carattere essenziale
(416 a 9; 429 a 21: la natura dell’intefletto in potenza).
Necessità e Necessario: caratterizza ciò che non può essere
diverso da come è; è necessaria la conclusione di un’argomen
tazione dimostrativa (412 a 19; 430 a 13); la causa necessaria
(materiale e meccanica o comunque avente il ruolo di condicio
sine qua non) è subordinata e indirizzata alla causa finale (414 a
3; 417 b 25; 420 b 16 ss.).
Negazione: vedi Giudizio.
Nome: è una voce che esprime la nozione di una cosa; nome
o termine appropriato (418 a 3); gli odori hanno assunto il
PAROLE CHIAVE 335
nome dai sapori (421 a 32), la fantasia da “luce” (429 a 3), il
tatto dal contatto con gli oggetti (435 a 17).
Numero: è uno dei sensibili comuni (418 a 18).
Oggetto: gli oggetti sono conoscibili anteriormente alle fun
zioni deir anima (402 a 15).
Olfatto: è uno dei sensi a distanza. Vedi libro II, c. 9, e
Sensitiva, anima.
Omonimia: si dice di cose che hanno il medesimo nome, ma
differenza di essenza e definizione; il vivente privo di anima è
tale solo di nome e non per l’essenza (412 b 10 ss.).
Opinione: è una forma di pensiero o di giudizio, e può esse
re vera o falsa (427 b 10. 25); ne sono sprovvisti gli animali (434
a 10).
Opposto: può essere il contrario (411 a 4; 416 a 34) o la pri
vazione (424 a 11: il “non tangibile”; cfr. 422 a 20 ss.).
Organo e Strumento: il corpo è strumento deiranima (415
b 19); Porgano è il supporto materiale delle funzioni biologiche
e psichiche (416 a 5; 429 a 26); Tintelletto non ha alcun organo
(429 a 26); la mano è lo strumento degli strumenti (432 a 2).
Vedi Causa.
Parte: parte delPanima è una facoltà (402 b 9); parte del
corpo è un organo (412 b 1).
Passione, Passivo, Patire: passione è una perturbazione
delle parti inferiori dell’anima connessa agli organi corporei
(403 a 3 ss.); passivo è ciò che può patire o subire Fazione di un
principio agente (417 b 2 ss.); passione come distruzione o
come attuazione (417 b 2 ss.); l’intelletto passivo (430 a 24); la
mente oscurata dalla passione (429 a 7).
Pensiero: nel suo significato specifico denota la ragione o il
pensiero discorsivo, cioè il pensiero che procede mediatamen
te, distinto dal pensiero intuitivo o noetico (407 a 23 ss.).
Per accidente: si dice di quei predicati che ineriscono a un
soggetto senza coinvolgere la sua essenza, come il movimento
336 PAROLE CHIAVE
dell’anima, che è mossa solo in quanto trasportata dal corpo
(406 a 14 ss.; 408 a 31); oppure degli oggetti sensibili che ven
gono percepiti dai sensi indirettamente e impropriamente (vedi
Sensitiva, anima).
Per sé: ciò che ha una relazione essenziale con qualcosa (vedi
Accidente) y come il nutrimento con il vivente (416 b 11), o una
classe di oggetti percepibili con i sensi (vedi Sensitiva, anima).
Percezione comune: ha per oggetto i sensibili comuni a tutti
i sensi (425 a 27).
Perfetto: ciò che è compiuto, che ha realizzato il proprio
fine; animale perfetto è quello che ha raggiunto lo sviluppo (415
a 27).
Permanente: ciò che rimane fermo e da cui ha inizio il movi
mento (433 b 26); la premessa maggiore del sillogismo pratico
rimane ferma, ossia funge da motore immobile (434 a 16; vedi
Efficiente, causa); nell’alterazione (ad es. nella percezione) il
paziente non subisce uno spostamento locale (435 a 1 ss.).
Persuasione: si accompagna alla credenza (vedi) e ad essa si
accompagna la ragione (428 a 23).
Piacere: vedi Dolore.
Pneuma: termine che significa respiro (420 b 20).
Polivocità: molteplicità di significati di un termine, ma sem
pre con riferimento ad un significato principale; polivocità di
essere e uno (410 a 13 ss.; 412 b 6 ss.); di causa e principio (415
b 2 ss.); di vita (413 a 22 ss.); di movimento (406 a 10 ss.); di
sostanza, atto e potenza (412 a 6 ss.; 417 a 10 ss.).
Possibile, Potenza e In potenza: possibile è ciò che non è
impossibile che sia: ad es. è possibile che la facoltà vegetativa
esista indipendentemente dalle altre (413 a 31); potenza è il
principio per cui una cosa è mossa o determinata o realizzata da
altro: ad es. la materia è potenza rispetto alla forma che è atto
(412 a 9); oppure\il principio di movimento o la capacità di ope
rare alcunché, come una facoltà delFanima, che è una potenza
attiva (413 a 26); in potenza è ciò che è capace di assumere una
PAROLE-CHIAVE 337
determinazione o di esercitare un’attività: ad es. il corpo natu
rale organico ha la vita in potenza (412 a 20), e la facoltà sensi
tiva ha la capacità di percepire gli oggetti sensibili (libro II, c.
5) come l’intelletto in potenza (o "possibile”) è capace di
apprendere le forme intelligibili (429 a 22); potenza prossima e
potenza remota (412 a 10 ss.; 417 a 21 ss.).
Pratico: vedi Bene.
Predicato: è un termine universale (402 b 8).
Principio: è il primo termine a partire dal quale una cosa è
prodotta o conosciuta; può essere interno o esterno alla cosa;
l’anima è il principio del vivente (402 a 6) e delle sue facoltà (413
b 12); i principi degli enti matematici (402 a 22); i principi delle
categorie (410 a 19): materia, forma e privazione; principio è
sinonimo di anima o facoltà (411 b 28; 413 a 27); i corpi natu
rali sono principi di quelli artificiali (412 a 12); il corpo natura
le ha in sé il principio del movimento e della quiete (412 b 17);
il principio o criterio per distinguere gli oggetti percepibili (422
a 31); è sinonimo di causa efficiente (430 a 19); l’oggetto della
tendenza è il principio dell’intelletto pratico e la conclusione del
ragionamento pratico è il principio delPazione (433 a 15 ss.).
Privazione: possesso (vedi Abito) e privazione sono uno dei
quattro generi di opposti (417 b 15 s.); le privazioni sono un
tipo di indivisibili appresi dall’intelletto (430 b 21); ogni senso
speciale ha per oggetto il sensibile proprio e la sua privazione
(421 b 3 ss.).
Proprio: ciò che appartiene in esclusiva a qualcosa; l’intel
letto è una facoltà che l’anima umana possiede in proprio (402
a 9 ss.); le definizioni proprie delle diverse anime (414 b 22); i
sensibili propri (418 a 10 ss.).
Psicologia: è la «ricerca intorno all’anima» (402 a 3 s.); com
prende varie dimensioni: metafisica, fisica, gnoseologica, e
quella relativa al comportamento dell’animale e all’azione
morale dell’uomo.
Qualità: è una delle categorie accidentali (402 a 24); l’intel
letto non ha alcuna qualità sensibile (429 a 25).
>38 PAROLE-CHIAVE
Quantità: è una delle categorie accidentali (402 a 24); è sino
nimo di numero (409 a 13); indica le dimensioni del vivente
(416 b 12); gli indivisibili secondo la quantità, ovvero gli enti
matematici (430 b 6 ss.).
Quiete: è l’assenza di movimento in ciò che è in grado di
muoversi (412 b 17); è uno dei sensibili comuni (418 a 17).
Repulsiva, facoltà: è identica alla facoltà appetitiva (vedi),
da cui si distingue solo per la funzione, quella di evitare ciò che
è male e procura dolore (431 a 10 ss.).
Saggezza: è una forma di pensiero “retto” e riguarda la
ragione pratica (427 b 10).
Sapere: il sapere o le scienze teoretiche sono le scienze che
hanno più valore e si distinguono tra loro per il rigore del meto
do e per l’oggetto da esse considerato (402 a 1 ss.).
Scienza: è una forma di pensiero “retto” (427 b 10); è sem
pre vera (428 a 17).
Segno: indizio o sintomo che consente un’inferenza (419 a
11; 420 a 15); riprova (421 a 23).
Semplice: corpo semplice è l’elemento (416 a 28); organi e
corpi relativamente semplici sono quelli delle piante (412 b 2;
434 a 28); i percepibili semplici, distinti da quelli derivati (422
b 11); l’intelletto in potenza è semplice o non mescolato con
altro (429 b 23).
Sensitiva, anima (e Senso): appartiene a tutti gli animali e
presuppone la facoltà vegetativa; ha una funzione biologica,
conoscitiva e operativa; il senso è ricettivo e insieme attivo; ter
mina ai singolari sensibili; è intenzionalmente (gnoseologica-
mente) identico all’oggetto; i suoi oggetti sono i sensibili per sé
(propri e comuni) e per accidente; solo la percezione dei sensi
bili propri è sempre vera; i cinque sensi speciali si distinguono
in sensi a distanza (vista, udito, olfatto) e sensi per contatto
(tatto e gusto}, a seconda che l’intermediario o mezzo sia ester
no (acqua o aria) o interno (la came o la lingua) al percipiente;
l’organo sensorio della vista è formato d’acqua, quello dell’udi-
PAROLE-CHIAVE 339
to d’aria, quello dell’olfatto d’aria o d’acqua, quello del tatto e
del gusto di terra, mentre in tutti i sensori è presente il calore
vitale; ogni senso speciale ha per oggetto il sensibile proprio e
la sua privazione; mentre la vista percepisce un maggior nume
ro di oggetti, il tatto percepisce le proprietà fondamentali dei
corpi; il senso è la medietà, la capacità discrirninatrice e la pro
porzione tra i sensibili contrari; assume le forme sensibili senza
la materia; la percezione comune a tutti i sensi speciali coglie i
sensibili comuni; percezione accidentale da parte di un senso
speciale del sensibile proprio di un altro senso; ogni senso spe
ciale ha coscienza di sé; unità dei sensi nella percezione dei sen
sibili di genere diverso; mediazione della sensibilità nelFattività
appetitiva e locomotoria deiranimale; ruolo dei sensi per la
sopravvivenza dell’animale e la valorizzazione della vita (libro
II, cc. 5-12; libro III, cc. 1-2, 13).
Separato: ciò che è considerato indipendentemente da altro,
come gli enti matematici (403 b 14 s.); ciò che sussiste indipen
dentemente da altro, come le Intelligenze motrici dei cieli (403
b 15); l’anima vegetativa delle piante separata dalle funzioni
superiori {411 b 29); l’intelletto separato e indipendente dal
corpo (429 b 5; 430 a 17); gli intelligibili separati dalla materia
(429 b 21).
Sillogismo: è sinonimo di ‘‘conseguente” o conclusione di
una dimostrazione (407 a 27); assomiglia ad una quiete o arre
sto (407 a 34); il sillogismo pratico (434 a l l ) .
Simile e Dissimile: sono gli opposti nella categoria della
qualità; il simile è nutrimento del simile, qualora l’alimento sia
stato elaborato (416 b 7); il paziente, ad es. la facoltà sensitiva,
che ha subito l’azione dell’agente, ad es. l’oggetto percepibile, è
simile a quest’ultimo (417 a 19 s.; 418 a 5 s.); le immagini sono
simili alle sensazioni (429 a 5); dissomiglianza tra l’impassibilità
del senso e quella dell'intelletto (429 a 29); la percezione del
sensibile proprio è simile alla pronuncia di un singolo termine
e all’apprensione di un singolo concetto (431 a 8).
Sinolo: la concreta unione di materia e forma (412 a 9); il
composto dei quattro elementi (409 b 31).
340 PAROLE CHIAVE
Sogno, Sonnoe Veglia: sonno e veglia implicano resistenza
dell’anima (412 a 24); le immagini dei sogni (428 a 8); la mente
oscurata dal sonno (429 a 7).
Sostanza: è il significato principale dell’essere; i tre sensi di
sostanza: materia, forma e sinolo (412 a 6 ss.); rintelletto
sopraggiunge in noi come una sostanza (408 b 19); la sostanza
corporea (412 all ss.; vedi Corpo); principi della sostanza cor
porea: materia, forma e privazione (410 a 17 ss.).
Sostrato: è ciò che è soggetto di inerenza e di predicazione;
il corpo non è una determinazione del sostrato, ma è sostrato
delle determinazioni (412 a 18 s.)
Spazio: vedi Luogo.
Specie: è una differenziazione del genere ad opera della dif
ferenza (402 b 3; 415 b7), ossia P“ ultima specie”, non ulterior
mente divisibile in specie (414 b 27); i sensibili che sono specie
di un unico genere (421 a 17).
Tatto: è un senso per contatto. Vedi libro II, c. 11, e
Sensitiva, anima.
Tecnica: disciplina, come la medicina e l’architettura, che si
occupa delle caratteristiche accidentali dei corpi (403 b 13); fa
uso di strumenti appropriati (407 b 26); agisce su un materiale
specifico (430 a 12).
Tempo: durata delle impressioni sonore (420 a 31); priorità
cronologica della conoscenza potenziale nell’individuo e prio
rità cronologica della conoscenza attuale da un punto di vista
generale (430 a 21); il giudizio contiene la connotazione tem
porale delPevento che esso esprime (430 b 1); intellezione istan
tanea e intellezione in tempi successivi (430 b 7 ss.); tendenza e
percezione del tempo (433 b 7). Vedi Istante.
Teoretico: è il pensiero indirizzato alla conoscenza (407 a
25); l’intelletto come facoltà teoretica (413 b 24 s.); la scienza
teoretica, ossi^ la conoscenza intellettiva in atto, s’identifica con
Pintelligibile in atto (430 a 4). Cfr. Intellettiva, anima.
PAROLE-CHIAVE 341
Traslazione: è la forma del movimento secondo la categoria
del luogo (406 a 13; 406 b 1 s.).
Udito: è uno dei sensi a distanza. Vedi libro II, c. 8, e
Anima, sensitiva.
Unità e Uno: l’uno ha tanti significati quanti ne ha Tessere
(412 b 8 s.); unità numerica, specifica e analogica (409 a 9 s.;
431 a 22 s.); Punita è uno dei sensibili comuni (425 a 16).
Universale: ciò che è atto a predicarsi di più, ad es. il con
cetto generico di “animale” (402 b 7); la conoscenza intellettiva
e scientifica ha per oggetto gli universali, presenti potenzial
mente nell'anima (417 b 23 s.); la premessa universale del sillo
gismo pratico (434 a 17).
Univoco: termine che ha un unico significato (402 b 5).
Uomo e Umano: la psicologia che considera la sola anima
umana (402 b 7); gradi diversi d'intelligenza negli uomini (404
b 6; 421 a 23 ss.); bipedismo e locomozione dell’uomo (406 a
9); è l’uomo, e non Panima, il soggetto proprio delle attività
(408 b 14).
Vegetativa, anima: è propria del vivente corporeo; è carat
teristica delle piante; le sue funzioni sono la nutrizione e la
riproduzione. Vedi libro II, c. 4; libro III, c. 12.
Verità: la verità in ogni campo del sapere (402 a 5); l’intel
letto come facoltà che riguarda la verità (404 a 31).
Vista: è uno dei sensi a distanza. Vedi libro II, c. 7, e Sensi
tiva, anima.
Vita: si dice in molti sensi (413 a 22).
Volontà: è la tendenza che corrisponde alla parte razionale
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INDICE DEI NOMI CITATI NEL «DE ANIMA»
ACHELOO: 40 b 12. 410 a 3; 28; 410 b 4; 415 b 28;
418 b 20; 427 a 23; 430 a 28.
AFRODITE: 406 bl9.
ERACLITO: 405 a Z5.
ALCMEONE: 405 a 29.
ETTORE: 404 a 30.
ANASSAGORA: 404 a 25; 404 b I;
405 a 13; 405 b 19; 429 a 19; 429 FILIPPO: 406 b 17.
b 24.
IPPONE: 405 b 2.
CLEONE: 425 a 25.26.27.29; 430 b 5.
LEUCIPPO: 404 a 5.
CRIZIA: 405 b 6.
OMERO: 404 a 29; 427 a 25.
DEDALO-. 406 bl8.
PITAGORICI: 404 a 17.
DEMOCRITO: 403 b 31; 404 a 27;
405 a 8; 406 b 17. 20; 409 a 12.
32; 409 b 8; 419 a 15. PLATONE: 404 b 16.
DI ARE: 418 a 21. SENOCRATE: vengono riferite le sue
dottrine (408 b 32 ss.), senza
DIOGENE: 405 a 21. nominarlo.
EFESTO: 410 a 6. TALETE: 405 a 19; 411 a 8.
EMPEDOCLE: 404 b 11; 408 a 19; TIMEO: 404 b 16; 406 b 26.
INDICE GENERALE
Introduzione
1. La centralità del trattato “Sull·anima” nell’ambito degli
scritti biologici di Aristotele. Il “De anima” come opera di
frontiera tra la fisica e la metafisica 7
2. La “carta” delPilemorfismo in campo psicologico 11
3. Gli antecedenti della psicologia aristotelica. Aristotele e
Platone 16
4. Osservazione empirica e speculazione filosofica: dalla defi
nizione universale di anima all’analisi delle singole funzio
ni vitali. 19
5. I tre cardini del finalismo in psicologia. 24
6. L’anima vegetativa come la vera anima universale e l’inizio
del “ritorno in sé” del soggetto 26
7. L’oggetto “immateriale” della sensazione. La funzione “cri
tica” della sensibilità. 28
8. Il processo di costituzione dell’oggetto: dalle percezioni
alle immagini 32
9. Uno spazio per la metafisica: l’intelletto produttivo 37
10. Conclusione 43
Notizia biografica 49
Aristotele, L’Anima 51
Libro A (primo)
1. Valore, metodo e problemi della psicologia 55
2. Le dottrine psicologiche dei predecessori 63
3. Critica delle teorie cinetiche e del «Timeo». La relazione
tra anima e corpo 77
378 INDICE GENERALE
4. La dottrina dell·anima-armonia. Movimenti del-Panima e
l’intelletto. Prime sei obiezioni a Senocrate 87
5. Conclusione della critica di Senocrate. Critiche delle dot
trine elementaristiche. Altre obiezioni alle dottrine dei
predecessori. L’unità deiranima 97
Libro B (secondo)
1. Prima definizione di anima. L’unità del vivente. Insepa
rabilità delPanima 115
2. Seconda definizione di anima. La “separabilità” delle parti
delPanima 121
3. La definizione e le facoltà delPanima 127
4. La facoltà nutritiva. La causalità delPanima 133
5. La facoltà sensitiva 143
6. Le tre specie di sensibili 149
7. La vista 151
8. L’udito 157
9. L’olfatto 165
10. Il gusto 171
11. Il tatto 175
12. Ancora sulla sensibilità in generale 183
Libro r (terzo)
1. I cinque sensi specifici e il senso comune 189
2. Coscienza della percezione. Senso e sensibile. Il senso
come “proporzione”. La discriminazione percettiva 193
3. Sensibilità, immaginazione e pensiero 203
4. L’intelletto in potenza 213
5. L’intelletto in potenza e l’intelletto produttivo 219
6. L’intellezione degli indivisibili 219
7. Conoscenza ed azione 223
8. Ricapitolazione sulle facoltà conoscitive 227
9. La facoltà locomotoria 229
10. Ancora sulla facoltà locomotoria 235
INDICE GENERALE 379
11. Locomozione, deliberazione e sillogismo pratico 239
12. Il finalismo delle facoltà 241
13. Il corpo delPanimale. La finalità dei sensi 247
Note al testo 251
Quadro generale dei contenuti 293
Sommari 301
Parole chiave 319
Bibliografia 343
1. Edizioni (in ordine cronologico) 345
2. Traduzioni e commenti 345
3. Commenti antichi 346
4. Commenti medioevali e moderni 347
5. Edizioni, traduzioni e commenti di altre opere di Aristotele
348
6. Edizioni, traduzioni e commenti di altri autori antichi 350
7. Studi 353
8. Sussidi filologici 374
Indice dei nomi citati da Aristotele 375
TESTI A FRONTE
Aristotele
Etica Nicomacbea
Testo greco a fronte
A cura dì Claudit/ Mazza retti
Aristotele
Fisica
Testo greco a fronte
A cura dt Litigi Ruggiti
Aristotele
Metafisica
Testo greco a fionte
A cura dt Giovanni Reale
Aristotele
Poetica
Testo greco a fronte
A cura di Da men ter/ Reset·
Platone
Apologia di Socrate
Testo greco a fronte
A cura dt Giovanni Reate
Platone
Fedro
Testo greco a fronte
A cura dt Giovanni Reale
Platone
Filebo
Testo greco a fronte
A cura di Maurizio Migliori
Platone
Parmettide
Testo greco a fronte
cura di Maurizio Migliori c Claudio Moreschtnt
Platone
Politico
Testo greco a fronte
A cura di Maurizio Migliori
Platone
Simposio
Testo greco u fronte
A cura di Giovanni Reale
Platone
Timeo
Testo greco a fronte
A cura di Giovanni Reale
Filone di Alessandria
L'erede delle cose divine
Giustino
Apologie
Testo greco a fronte
A cura di Giuseppe G ir genti
Porfirio
Isagoge
Testo greco a fronte. Versione latina di Severino Boezio
A cetra di Giuseppe Girgcntì
Porfirio
Sentenze sugli intellegibili
Testo greco a fronte. Versione latina Si Marsilio Ticino
A cura di Giuseppe Gir genti
Anonimo
Epistolario tra Seneca e san Paolo
lesto latino a fronte
A cura di Monica Natati
Agostino
Amore Assoluto
e «Terza Navigazione »
Testo latino a fronte
A cura di Giovanni Reale
Agostino
La natura del Bene
Testo latino a fronte
A cura di Giovanni Reale
Agostino
^ulla bugia
Testo latino a fronte
A cura dt Maria Bettetini
Anselmo d’Aosta
Monologion
Testo latino a fronte
A cura di Italo Sciato
Anseimo d’Aosta
Proslogion
Testo latino a fronte
A cura di Italo Scruto
Boezio
Consolazione della Filosofia
Testo latino a fronte
A cura di Luca Oberi elio
Bonaventura
Itinerario dell'anima a Dio
Testo latino a fronte
A cura di Letterio Mauro
Tommaso d’Aquino
L’ente e Vessenza
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Fenomenologia dello Spinto
Testo tedesco a fronte
A cura di Vincenzo Cicero
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Lineamenti di filosofia del Diritto
Testo tedesco a fronte
A cura di Vincenzo Cicero
Immanuel Kant
Critica della ragion pratica
Testo tedesco a fronte
A cura di Vittorio Mathicu
Immanuel Kant
Fondazione della metafisica dei costumi
Testo tedesco a fronte
A cura di Vittorio Mathteu
Immanuel Kant
La forma e i princìpi del mondo sensibile
e del mondo intelligibile
Testo latino a fronte
A cura di Ada Lamacchia
Immanuel Kant
La religione entro i limiti della semplice ragione
Testo tedesco a fronte
A cura di Vincenzo Cicero
e Massimo Roncoroni
Immanuel Kant
Prolegomeni ad ogni metafisica futura
che vorrà presentarsi come scienza
Testo tedesco a fronte
A cura di Pietro Martinetti
e Massimo Roncoroni
Novalis
l*a Cristianità o Europa
Testo tedesco a fronte
A cura di Alberto Reale
Blaise Pascal
Pensieri
Testo francese a Ironie
A cura di Adriano Bainola
Friedrich Wilhelm Joseph Schelling
Ricerche filosofiche
sull*essenza della libertà umana
Finito di stampare nell’aprile 1996
da « La Tipografica Varese S.p.A. »
Editore: Rusconi Libri s.r.l., viale Sarca 235, 20126 Milano
UXC AO' / le .¿.Ct7L
ateneo romano della santa croce
Neirambito della filosofia di Aristotele, l’indagine sull’anima
costituisce una sezione della fìsica o «filosofia seconda» subordi
nata alla «filosofia prima» o metafìsica. La psicologia aristoteli
ca si occupa di ricercare e indagare il principio del vivente in
generale e, quindi, di quegli enti, gli esseri viventi, i quali posseg
gono in sé un principio di movimento. L’anima coincide con tale
principio e risulta essere la forma sostanziale, l’«atto primo» del
vivente. Attraverso numerosi metodi (induttivo, diairetico, tiia-
lettico, analogico, comportamentistico) e a partire dal suo formi
dabile impianto metafisico-ontologico lo Stagirita elabora la
celebre tripartizione dell’anima (vegetativa, sensitiva, intelletti
va), sviluppa i dati reperiti in definizioni rigorose superando
tanto il naturalismo quanto il dualismo psicologico, e giun? e a
conclusioni che Hegel, duemila anni dopo, considererà opera di
un «concreto genio speculativo». Mentre le piante e gli animali
agiscono inconsapevolmente in vista di un fine loro proprio che
è la perpetuazione della specie, l’uomo, secondo Aristotele, è
chiamato ad un destino più alto: vivere consapevolmente per
l’universale; valorizzare la vita sino ai più alti livelli dell’attività
spirituale. La sua anima ingloba le caratteristiche dei vegetali e
degli animali ma è dotata di parti superiori come l’immagina
zione, la memoria, l’intelletto. È con quest’ultimo che la psicolo
gia aristotelica da «fìsica speculativa» trapassa a «filosofia
prima», il cui vertice — l’attività dell’«intelletto produttivo»,
capace di astrarre gli intelligibili dai sensibili — risulta essere
P«atto per essenza», in grado di operare sempre e, dunque, di
sopravvivere alla morte e ai · ondizionamenti del corpo: è lui *'he
sopraggiunge in noi «dal di fuori», ed è a lui che è affidata dopo
la morte la conoscenza intima dei princìpi eterni e immortali.
Quest’edizione è curata da Giancarlo Movia, studioso noto c
profondo di Aristotele. Si distingue per un’introduzione chiara e
illuminante; una traduzione fedele e rigorosa; le note puntuali e i
ricchi apparali {parole chiave, sommari, quadro generale dei con
tenuti, bibliografìa e indici). Ma le maggiori novità riguardano il
confronto circostanziato della psicologia aristotelica con le corri
spondenti dottrine platoniche sull’anima, e il riferimento costan
te all’interpretazione hegeliana del De anima, la più significativa
e penetrante di tutta la filosofìa moderna. Il testo greco a fronte
è quello dell’edizione di riferimento di W.D. Ross, Aristotle, De
anima, Oxford 1961, con alcuna variazioni.
TESTO INTEGRALE
Progetto grafico Maria Conforti SBN 88-18-70168-1
Realizzazione grafica Elena Pezzotta