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Evangelii Gaudium Note Di Sintesi

Questo documento riassume i primi quattro capitoli dell'esortazione apostolica 'Evangelii Gaudium' di Papa Francesco. Il documento invita tutti i cattolici ad evangelizzare e ad uscire dalle proprie comodità per raggiungere tutti con il Vangelo. Discute inoltre i diversi livelli di evangelizzazione e l'importanza di annunciare la gioia del Vangelo a tutti.

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Evangelii Gaudium Note Di Sintesi

Questo documento riassume i primi quattro capitoli dell'esortazione apostolica 'Evangelii Gaudium' di Papa Francesco. Il documento invita tutti i cattolici ad evangelizzare e ad uscire dalle proprie comodità per raggiungere tutti con il Vangelo. Discute inoltre i diversi livelli di evangelizzazione e l'importanza di annunciare la gioia del Vangelo a tutti.

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A cura del dott. Daniele Malerba

Note di sintesi su

“EVANGELII GAUDIUM”
“Esortazione apostolica del Santo Padre Francesco ai vescovi ai presbiteri e ai diaconi alle persone consacrate e ai fedeli laici
sull’annuncio del vangelo nel mondo attuale.”

A cura del dott. D. Malerba

«Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16).


Citato al punto 9 di E. G.

Sommario
Capitolo primo. .................................................................................................................................................. 2

Capitolo secondo. .............................................................................................................................................. 3

Capitolo terzo. ................................................................................................................................................... 5

Capitolo quarto. ................................................................................................................................................. 6

Capitolo quinto. ................................................................................................................................................. 8

1
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Capitolo primo.

[Paragrafo I e II]

Questa esortazione apostolica è un forte invito, rivolto a tutti i cattolici, ad evangelizzare, a costruire una Chiesa in uscita, ma
in uscita per evangelizzare (dunque anche verso persone di altre religioni e verso gli immigrati 1). Anche se le modalità precise
vanno rinviate alle iniziative locali2, l’esortazione non vuole essere un trattato ma una sottolineatura dell’importanza del
tema3.
«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal
peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento»; inizia così, esortando poi ad invitare gli altri ad accogliere la gioia che
nasce dall’incontro con Gesù. E l’evangelizzazione, anche quando si fa nel pianto, si fa pregustando la gioia futura, si
evangelizza nella gioia (EG 10).
E sebbene le modalità di muoversi di Dio e dello Spirito sono sempre nuove, sebbene eterne, non dimentica la storia «Il
credente è fondamentalmente “uno che fa memoria” » (EG 13).

La evangelizzazione si ha su tre livelli (EG 14):

1. «pastorale ordinaria» per i fedeli che frequentano o per quelli «che conservano una fede cattolica intensa e sincera, esprimendola
in diversi modi, benché non partecipino frequentemente al culto», orientata alla crescita dei credenti;
2. pastorale per «le persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo»;
3. e infine «l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo
hanno sempre rifiutato” sottolineando che “i cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone
un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile».
Anche se onestamente non capisco l’ultima frase di questo punto: “la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”, mi
riesce difficile che la Chiesa evangelizzi ma questi non si convertano e così non faccia proseliti, se propone un così grande
dono. Poiché mi sembra che una cosa includa inevitabilmente l’altra, anche se in modo involontario. In effetti l’importanza
dell’annuncio e della evangelizzazione, della tensione missionaria, che si ha al punto 15, viene di continuo sottolineata4, fino
a dire che ogni struttura ecclesiale deve diventare “canale” adeguato di evangelizzazione (EG 29), pur sottolineando
l’importanza particolare della parrocchia (EG 30) [questo implica che ogni appartenente del nostro gruppo di AIPPC debba
radicarsi nel proprio tessuto parrocchiale]. In un processo di «discernimento, purificazione e riforma» (EG 30), comune (EG 31),
nuovo e creativo (EG 32).

[Paragrafo III - IV]


La comunicazione di questa tensione missionaria va fatta tenendo conto dei limiti del linguaggio e delle circostanze (EG45),
e della strumentalizzazione dei media moderni, che selezionano le informazioni da dare al pubblico, e quindi va fatta
cercando di fare passare il messaggio essenziale (EG 34 - 35). Questo messaggio ha delle gerarchie e «In questo nucleo
fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (EG 36) cosicché l’opera
dello Spirito Santo e la Misericordia sono le prime da annunciare (EG37) 5,6; e tuttavia il messaggio va dato con adeguato

1
Al punto 23 arriva a dire: «Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte
le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno».
2
E.G. 16 «Non credo neppure che si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la
Chiesa e il mondo. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei
loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione” » ed EG 20 «Ogni cristiano e ogni comunità
discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il
coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo ».
3
E.G. 17 «non l’ho fatto con l’intenzione di offrire un trattato, ma solo per mostrare l’importante incidenza pratica di questi argomenti nel compito
attuale della Chiesa. Tutti essi infatti aiutano a delineare un determinato stile evangelizzatore che invito ad assumere in ogni attività che si realizzi».
4
E.G. 23 «L’Apocalisse parla di un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e a ogni nazione, tribù, lingua e popolo (Ap 14,6) », il
papa invita a prendere l’iniziativa senza paura della zizzania (EG 24) e a costituire «in tutte le regioni della terra» uno «stato permanente di
missione» E.G. 25

22

5
EG 37 riporta la Summa Theologiae, I-II, q. 108, art. 1: « L’elemento principale della nuova legge è la grazia dello Spirito Santo, che si manifesta nella fede
che agisce per mezzo dell’amore ».

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equilibrio in tutta la sua interezza (EG 38 e 39), capace di cogliere i contributi delle scienze in un dibattito libero (EG 40) [e
anche in questo caso il nostro contributo può essere importante], usando un linguaggio utile a trasmettere la fede vera
(critica qui un linguaggio ortodosso che non trasmette la vera fede di Gesù, nonostante i suoi buoni intenti – EG41).

Al punto 43 fa una affermazione che va colta in modo adeguato e, da come è stata scritta, può lasciare delle perplessità e
spazio a cattive interpretazioni. Citando San Tommaso d’Aquino, che cita a sua volta sant’Agostino, dice infatti: «i precetti
aggiunti dalla Chiesa posteriormente si devono esigere con moderazione “per non appesantire la vita ai fedeli” e trasformare la nostra religione in
una schiavitù, quando “la misericordia di Dio ha voluto che fosse libera”» (Summa Theologiae, I-II, q. 107, art. 4.). A mio avviso
questa argomentazione rischia di far cadere nello stesso errore che vorrebbe evitare, cioè far pensare che il problema sia
proporre una vita morale, magari con la soluzione di pretenderla meno esigente; trasmette, forse involontariamente, l’idea
che la proposta della chiesa sia una proposta morale, ma questo inverte i termini del problema: la moralità è il risultato
implicito della vita spirituale, e qualcosa che l’aiuta, non l’obiettivo primario, noi non seguiamo la moralità ma seguiamo
Cristo e siamo morali per seguire Cristo e non seguiamo Cristo per essere morali. Così l’avere una buona moralità è segno di
libertà: va da se che se abbiamo un buon rapporto con Cristo, proprio per questo, siamo liberi di essere morali, così la
moralità non è un peso ma il segno della nostra libertà, non vi è contrasto tra libertà e vita morale, è il peccato che rende
schiavi e non la vita morale. La vita morale richiede impegno, ma se tale impegno è rifiutato, vuol dire che ancora dobbiamo
lavorare sulla nostra conversione, quando saremo in vera comunione con Cristo la vita morale sarà una gioia vera. In effetti
molto opportunamente all’EG 44 si raccomanda di far camminare, anche se a piccoli passi e tenuto conto delle difficoltà,
verso una maggiore moralità, verso nuove tappe di crescita.

[paragrafo V]

EG 46: “Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso” e direi
anche non correre con il mondo nella sua direzione senza senso. In questo paragrafo si invita a non lasciare sole le periferie
e ad occuparci di poveri e feriti (anche se a mio avviso a volte le periferie vere si trovano tra i ricchi e i potenti, periferie più
pericolose perché sono le povertà spirituali quelle più terribili).
Un punto che potrebbe dare luogo a cattive interpretazioni è in EG 47 “Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale,
tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto
quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un
premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli.51 Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chia-
mati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori”. Ora è chiaro che
non spetta ai laici decidere chi fare accedere ai sacramenti oppure no, va anche detto che Cristo va difeso da atti sacrileghi
come accedere alla comunione in peccato mortale con nessuna intenzioni di conversione (come oggi a volte accade) o, ancor
peggio, senza esser battezzati, resta ovvio che accedere ai sacramenti deve fare parte del proprio percorso di conversione,
morale e spirituale, e presuppone che chi lo fa si impegna con tutte le sue forze in questo percorso. Girando la riflessione a
noi stessi, tutti siamo tenuti ad una conoscenza e ad un impegno spirituale e morale sempre più profondo. Ritengo che non
sia ammessa la superficialità in persone che fanno il nostro lavoro.

Capitolo secondo.
Inizia il capitolo rilevando l’importanza del discernimento e di comprendere i segni dei tempi (EG 50 -51), vi è in questo
capitolo il tentativo di fare un quadro della situazione in cui ci muoviamo.

[paragrafo I]
Il nostro tempo è caratterizzato da successi nello sviluppo ma anche da situazioni pericolose e invivibili (EG 52), non si
deve tollerare l’emarginazione sociale e l’esclusione (EG 53), [noto che tale pensiero qui è di tipo socio-politico e non
spirituale, si rischia di confondere i due aspetti come escludentesi a vicenda], esclusione che tende ad essere mascherata dalla
fantasia di « “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una
maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata» (EG 54), si è sviluppato un “ideale
egoistico”, “ una globalizzazione dell’indifferenza” (EG 54) in cui vi è una “idolatria del denaro”, una “brama di potere e dell’avere senza
limiti” un aumento della forbice tra i pochi ricchi e i tanti poveri, un negare il diritto del controllo degli stati (EG 55-56), un
consumismo sfrenato e una inutile corsa agli armamenti (EG 60), un rifiuto di Dio e dell’Etica (EG 57), il papa esorta
affinché i ricchi aiutino i poveri e vi sia etica nel controllo della finanza (EG 58), ricorda che l’esclusione dei poveri può
portare a risposte violente.

6
EG 37 riporta la Summa Theologiae, II-II, q. 30, art. 4. « Per questo afferma che, in quanto all’agire esteriore, la misericordia è la più grande di
tutte le virtù: « La misericordia è in se stessa la più grande delle virtù, infatti spetta ad essa donare ad altri e, quello che più conta, sollevare le
miserie altrui. Ora questo è compito specialmente di chi è superiore, ecco perché si dice che è proprio di Dio usare misericordia, e in questo
specialmente si manifesta la sua onnipotenza ».
3
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Il documento sottolinea infine che vi sono sfide culturali con attacchi alla libertà religiosa e persecuzioni talvolta feroci ai
cristiani, oltre che un attacco culturale con la proposta di un relativismo morale e di una comunicazione che tende a portarci
ad una notevole superficialità [e questa è cosa che riguarda anche noi e come siamo stati formati] che vuole portare la fede in
un ambito solo privato (EG 61 - 64). Tuttavia si sottolinea che la chiesa è credibile anche sulle questioni che il mondo rifiuta
(EG 65), accenna alle difficoltà della famiglia e della perdita di legami.
Ed è qui che, in contrasto a quello che succede in molti paesi e nel mondo in cui nascono guerre e scontri si sottolinea il
compito dei cristiani di costruire ponti proponendoci come coloro che costruiscono relazioni e mediazioni tra i conflitti (EG
66 -67): «Mentre nel mondo, specialmente in alcuni Paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di
riconoscere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, stringere relazioni e aiutarci « a portare i pesi gli uni degli altri » (gal 6,2)», dunque
ancora una volta si riferisce ad una azione politica e politico-sociale della evangelizzazione, non ad una azione dal basso
diretta verso le singole persone, nel confondere i due livelli si correrebbe il rischio di dover mediare sulle scelte morali dei
singoli, sulle quali non è ammessa invece mediazione ma semplice indicazione della strada.
In EG 68 il documento sottolinea una importante risorsa: “Una cultura popolare evangelizzata contiene valori di fede e di solidarietà
che possono provocare lo sviluppo di una società più giusta e credente, …“ al punto successivo invece rileva “Nei Paesi di tradizione
cattolica si tratterà di accompagnare, curare e rafforzare la ricchezza che già esiste, e nei Paesi di altre tradizioni religiose o profondamente
secolarizzati si tratterà di favorire nuovi processi di evangelizzazione della cultura, ….”, in una ottica di crescita, poi dice che “nel caso di,
culture popolari di popolazioni cattoliche possiamo riconoscere alcune debolezze che devono ancora essere sanate dal Vangelo: il maschilismo,
l’alcolismo, la violenza domestica, una scarsa partecipazione all’Eucaristia, credenze fataliste o superstiziose che fanno ricorrere alla stregoneria,
eccetera. Ma è proprio la pietà popolare il miglior punto di partenza per sanarle e liberarle”, credo però che questo manifesti un po’ di
confusione, penso che pensare la cultura cattolica popolare in questi termini è uno stereotipo diffuso ma falso, nel quale
assolutamente non mi riconosco: coloro che si comportano così sono completamente fuori da una cultura cattolica, anche
da quella popolare, sono apostati del cattolicesimo, ora mi pare che mescolare la cultura cattolica con chi l’ha rifiutata
mettendola sullo stesso pentolone crei una certa confusione di intenti: queste persone che si comportano così devono
riscoprire le “culture popolari di popolazioni cattoliche”, cioè si deve proporre loro una rievangelizzazione, perché non
hanno niente a che fare, neanche lontanamente, con il cattolicesimo o la sua cultura, neppure popolare, semmai saranno un
suo inquinamento..
Anche il punto 70 sembra interessante, in effetti evidenzia come attualmente le gente cerca risposte al crollo spirituale che
non riesce a trovare nella chiesa cattolica ufficiale, su questo andrebbe fatta una riflessione e un discernimento più
approfondito, soprattutto sul modo di giudicare le “forme esteriori di tradizioni di alcuni gruppi, …” e le “ ipotetiche rivelazioni
private che si assolutizzano”, che potrebbero anche essere viste come tentativi di ricerca, o proporre risorse, e non sempre
contrapposte alla “pietà popolare”.
In effetti ai punti successivi si parla opportunamente di necessità di ritornare all’impegno evangelizzatore nelle città,
impegno difficile ma indispensabile dal quale sembriamo esserci tirati indietro (EG 71-75).

[paragrafo II]
“Il nostro dolore e la nostra vergogna per i peccati di alcuni membri della Chiesa, e per i propri, non devono far dimenticare quanti cristiani danno
la vita per amore…” (EG 76) ma l’influsso della cultura globalizzata può condizionare il loro lavoro e, se si rileva la necessità
di trovare luoghi e spazi per rigenerare il rapporto con Gesù, si vogliono anche indicare le tentazioni che colpiscono gli
operatori pastorali (EG 77). Al punto successivo indica le prime tre tentazioni: “un’accentuazione dell’individualismo, una crisi
d’identità e un calo del fervore” (EG 78).
Al punto 79 sottolinea il rischio di considerare la cultura cattolica come inferiore a quello che propone il mondo con un
rischio di ritiro (lo riporto integralmente data la sua importanza per il nostro dibattito interno7) e dello sviluppo di un
relativismo culturale o di coltivare la ricerca di vantaggi economici o di potere (EG 80). Si richiama alla necessità di dedicare
tempo alla evangelizzazione e alla missione e di combattere la propria accidia in questo (EG 81), anche quando l’accidia (che
ha diverse ragioni) mina l’entusiasmo della evangelizzazione (EG 82) ed emerge uno spirito di morte e tristezza (EG 83),
bisogna agire senza avere paura delle difficoltà che il mondo pone e che devono essere viste come stimoli per crescere,
fiduciosi nello Spirito e nella Divina Provvidenza (EG 84) senza perdere il fervore e lasciarsi andare alla sfiducia (EG 85).
Invita non farsi scoraggiare se in alcuni luoghi vi è una “desertificazione spirituale”, “frutto del progetto di società che vogliono costruirsi
senza Dio o che distruggono le loro radici cristiane” e se in alcuni paesi “la resistenza violenta al cristianesimo obbliga i cristiani a vivere la loro
fede quasi di nascosto nel Paese che amano. Questa è un’altra forma molto dolorosa di deserto” (EG 86). L’EG 87 - 90 invita all’incontro
con l’altro senza paura e senza schermi ma parla in termini generici e sembra riferirsi soprattutto dell’incontro all’interno
della Chiesa Cattolica (e ovviamente sempre con un intento evangelizzatore per proporre la fede di Gesù vero che guarisce e
risana), dato che poi sottolinea i problemi interni alla chiesa in questo, invita ad incarnare in un incontro reale con l’altro,
nella proposta di una fraternità concreta, ma anche per trovare sostegno e aiuto, rilevando come questa fraternità mistica
risani.

7
EG 79 « La cultura mediatica e qualche ambiente intellettuale a volte trasmettono una marcata sfiducia nei confronti del messaggio della Chiesa, e un certo disincanto. Come
conseguenza, molti operatori pastorali, benché preghino, sviluppano una sorta di complesso di inferiorità, che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro
convinzioni. Si produce allora un circolo vizioso, perché così non sono felici di quello che sono e di quello che fanno, non si sentono identificati con la missione evangelizzatrice, e questo
indebolisce l’impegno. Finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono. In questo modo il
compito dell’evangelizzazione diventa forzato e si dedicano ad esso pochi sforzi e un tempo molto limitato».
4
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Ma, avverte, per fare questo non bisogna esser mondani, preoccupandosi delle cose esteriori, ma mettere Gesù al primo
posto (EG 93). Non proponendo uno gnosticismo, culturalmente affascinante, ma immanente; o un cattolicesimo
“neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori
agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico” [anche se non ho capito a chi si
riferisca il papa in questo caso] (EG 94 - 95). Interessante al punto 96- 97 il riferimento alla chiesa come esercito che
combatte, e rischia di combattere non per Gesù ma per altre cause e creare una chiesa mondana, e in guerra interna (EG 98
- 100) invitando a pregare per le persone con cui siamo arrabbiati (EG 101) [da psicologo però va rilevato che la rabbia è
cosa sana in realtà e se emerge va valutato il motivo per cui emerge perché in genere ha le sue ragioni, cioè necessìta di un
suo percorso di elaborazione].
Al punto 102 si sottolinea l’importanza dei laici, dice che vengono poco coinvolti per una scarsa preparazione e per un
eccessivo clericalismo, a e a volte coinvolti all’interno e non all’esterno e sottolinea che “La formazione dei laici e
l’evangelizzazione delle categorie professionali e intellettuali rappresentano un’importante sfida pastorale” EG
102, [sottolineatura e grassetto mio, per noi è di fondamentale importanza questo passaggio]. Si sottolinea l’importanza delle
donne nell’impegno ecclesiale ma anche nella maternità EG 103, l’importanza della donna e il fatto che debba essere
maggiormente coinvolta non include l’ingresso al sacerdozio che, sebbene maschile, è per il servizio e non per il potere, e
non ha a che fare con la dignità e la santità che sono di ciascuno (EG 104). Invita poi al coinvolgimento dei giovani e riflette
sulla mancanza di vocazioni (EG 105 – 107) invitano alla fine al coraggio di intraprendere l’impresa evangelizzatrice (EG
108 – 109).

Capitolo terzo.
Il capitolo comincia con il ricordare l’esortazione di San Giovanni Paolo II: «non vi può essere vera evangelizzazione senza l’esplicita
proclamazione che Gesù è il Signore », e senza che vi sia un « primato della proclamazione di Gesù Cristo in ogni attività di evangelizzazione » e
che « non vi può essere vera evangelizzazione senza l’esplicita proclamazione che Gesù è il Signore », e senza che vi sia un « primato della
proclamazione di Gesù Cristo in ogni attività di evangelizzazione »8 [e spero che ciò sia chiaro per tutti noi, si va verso gli altri per
proclamare Cristo e non per un generico ascolto di tutti] e ancora: «la Chiesa “deve compiere il suo destino provvidenziale,
l’evangelizzazione, come gioiosa, paziente e progressiva predicazione della morte salvifica e della Risurrezione di Gesù Cristo, dev’essere la vostra
priorità assoluta”. Questo vale per tutti». (EG 110)

[paragrafo I]
Chi evangelizza è la chiesa intera in quanto popolo in cammino (EG 111) (quindi anche ciascuno di noi), che deve fare
discepoli tutti i popoli (EG 113) in quanto opera della misericordia di Dio, dello spirito e del primato della grazia (EG 112),
“luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo”
(EG 114), incarnata nelle varie culture che accolgono il messaggio di Cristo (EG 115 - 116), la diversità culturale è così
ricchezza quando ci opera lo spirito santo (non so però perché non lo si ha più quando “a volte nella Chiesa cadiamo nella
vanitosa sacralizzazione della propria cultura, e con ciò possiamo mostrare più fanatismo che autentico fervore evangelizzatore” questa frase
contraddice in effetti in parte la precedente: se la cultura è cattolica è informata dal cattolicesimo, in effetti al punto 118 parla
di cultura europea identificandola come cattolica, ma non credo si tratti della stessa cosa, soprattutto in questo periodo di
apostasia).
In tutti i battezzati c’è lo Spirito Santo e il Sensus Fidei e quindi devono evangelizzare (EG 119) e siamo tutti discepoli-
missionari (EG 120) per il quale scopo siamo chiamati anche a formarsi (EG 121).
Lo Spirito si manifesta in modo diverso in ogni cultura si esprime così una pietà popolare che manifesta una sete di Dio (EG
122-123), una grazia dello Spirito Santo, una mistica popolare, un luogo teologico (EG 124-126) [ma non è questo che
determina una “vanitosa sacralizzazione della propria cultura” ?].
Invita poi alla predicazione personale nel quotidiano (EG 127-129) e a fare crescere ed integrare i carismi (EG 129-130),
credo qui che il nostro lavoro possa essere considerato un carisma. Si sottolinea in questo l’importanza della scienza e della
cultura (EG 132-134).

[paragrafo II] - [paragrafo III]


Parla qui dell’omelia, salto tutto dato che noi di omelie non ne facciamo, però rilevo come al paragrafo III si sottolinei che è
indispensabile essere coerenti con la verità evangelica (attenzione quanto mai necessaria in questo documento storico), la
necessità dello studio e della conoscenza del testo e una modalità appropriata e pedagogica per proporlo (su questo
potremmo esser di aiuto), e che sia veramente di aiuto alle persone.

[paragrafo IV]

8
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Asia (6 novembre 1999), 19: AAS 92 (2000), 478.
5
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Si sottolinea l’importanza della crescita nell’amore che però parte dall’annuncio Kerygmatico e dalla sua proposta, il che
“esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza
cordiale che non condanna” (EG 165) (interessante che questo è un atteggiamento, non è il contenuto, interessante anche
notare il lapsus, l’evangelizzatore propone l’annuncio, non l’accoglie, forse voleva dire che aiuta gli altri ad accoglierlo, è un
lapsus interessante su cui riflettere: in tutta questa esortazione non si parla mai di come reagiscono coloro che ricevono
l’annuncio come, in realtà, non esistessero). Al successivo punto si propone l’importanza di una nuova mistagogia. Non ho
capito cosa voglia dire che “bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della
Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti” (non capisco cosa intenda). Infine invita, sul piano morale, ad
evangelizzare pronendo il bene che viene dal cattolicesimo piuttosto che visioni apocalittiche di condanna del male (ma su
questa parte andrebbe fatto un approfondimento, una cosa così mi sembra manchi dell’equilibrio proposto all’inizio della
esortazione, inoltre mi pare che questo tipo di evangelizzazione per ora non ha dato i risultati sperati, credo che qui si rischi
di confondere il concetto dell’uso della minaccia come evangelizzazione – se non ti converti andrai all’inferno!-, con il
concetto dell’ammonire il peccatore, non sono due spazi sovrapponibili) (EG 168).

Ai punti successivi si parla dell’accompagnamento spirituale personale sulla qual cosa potremmo dare anche noi il nostro
contributo (come in effetti indicato nella successiva enciclica Amori Laetitia) che accompagni verso Dio, importante poi è lo
studio della santa scrittura (EG 173-175).

Capitolo quarto.
[paragrafo I]
Mi lascia perplessa questa affermazione: “nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri” (EG 177),
pensavo che nel cuore del Vangelo ci fosse il Kerygma, cioè l’annuncio della’Amore di Dio per l’uomo, i comunisti mettono
al centro il sociale, a mio avviso si ritrova qui la stessa confusione sulla morale che avevo già enunciato più sopra, si mette il
sociale davanti all’amore per Gesù. Nel EG 178 si nota “Dal cuore del Vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e
promozione umana,” d’accordo, ma tale annuncio deve essere accolto (EG 179), e anche qui non si fa cenno al fatto che il
messaggio possa essere rifiutato, come se l’uscita includesse necessariamente la sua accettazione, la accentazione è invece
premessa perché si realizzi la fraternità e l’amore proposti (EG 180-182), questo indipendentemente dal mio atteggiamento
giudicante verso gli altri (che non c’entra niente con l’evangelizzazione, è altra questione che non va sovrapposta, tanto è che
i pastori possono esprimere opinioni sul sociale). Importante è la sottolineatura che la fede non sia solo fatto privato (EG
183-184).

[paragrafo II]
Si sottolinea la necessità di occuparsi dei poveri e del sociale in un atteggiamento di solidarietà nell’ascolto del grido dei
poveri (EG 186-196). Noto che questo però non è cosa legata all’evangelizzazione in senso stretto ma all’impegno socio-
politico che la chiesa deve porsi (ma si tratta di persone già convertite però), il rischio è confondere i due elementi, la
giustizia sociopolitica è infatti frutto della conversione non l’obiettivo principale della conversione. Tanto è che poi al EG
200 parla proprio della mancanza di attenzione spirituale per i poveri, ed è esattamente quello che intendo io per
evangelizzazione.
Il punto successivo continua a sottolineare l’importanza di un adeguato impegno socio-politico e di un obbligo ad
interessarsi ai poveri e alla giustizia, cosa per cui è importante trovare nuove strade (EG 201).
Continua dicendo che i piani di intervento non devono essere solo assistenziali (che possono essere solo soluzioni
provvisorie) ma devono prevedere “la rinuncia all’autonomia assoluta dei mercati” (EG 202), e la politica economica dovrebbe
essere strutturata sulla dignità delle persone e del bene comune9, che è qualcosa di più importante della mera crescita
economica (EG 20).
Poi si prega Dio che ci doni politici adeguati alla scopo poiché “La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle
forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune” (cita 10) di modo che l’economia divenga “l’arte di raggiungere un’adeguata
amministrazione della casa comune”, oggi che le soluzioni sono sempre più globale e sempre meno locali, le comunità della chiesa
che non si occupano di questo coltivano una mondanità spirituale (questo mi lascia perplesso). (EG 207) (io sono buono lo
dico per il vostro bene - EG 208). Continua con la necessità di prendersi cura dei più fragili (EG 209-210), integrare i più
deboli, liberare gli schiavi (EG 211), aiutare le donne in difficoltà (EG 212), prevenire gli aborti, la morte cioè dei nascituri, i
bambini più indifesi, base, questa, per la difesa dei diritti umani e offesa al creatore (EG 213), non vi è riforma su questo e

9 EG 203 “Quante parole sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei
beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia. Non possiamo più
confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi,
meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero
assistenzialismo. Lungi da me il proporre un populismo irresponsabile, ma l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività
riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi.”

10
Cfr Commission sociale des évêques de France, Dichiarazione Réhabiliter la politique (17 febbraio 1999); Pio XI Messaggio, 18 dicembre 1927.

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non è progressista risolvere i problemi uccidendo le vite umane, ed è importante aiutare le donne a non abortire (EG 214),
salvare la creazione (EG 215), a tutto ciò tutti i cristiani sono chiamati (EG 216).

[paragrafo III]
I punti da EG 217 a EG 221 sottolineano l’importanza della cura del povero per la costruzione della pace che non è
semplice assenza di guerra ed è legata allo sviluppo integrale dell’uomo e alla giustizia sociale, che si basa su quattro principi
che vengono di seguito elencati (Il tempo è superiore allo spazio, L’unità prevale sul conflitto, Il tutto è superiore alla parte). Per la verità
mi sembrano concetti un po’ troppo astratti e che non capisco per nulla, che non so se sono detti in riferimento ad
interventi psico-sociali o di evangelizzazione.

EG 224 - 225 Il tempo è superiore allo spazio: “Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati
immediati.” Dopo avere detto che questo è importante per i processi socio –politici (poiché è di questo che sista occupando)
dice anche che“Questo criterio è molto appropriato anche per l’evangelizzazione, che richiede di tener presente l’orizzonte, di adottare i processi
possibili e la strada lunga”, “La parabola del grano e della zizzania (cfr Mt 13, 24-30) descrive un aspetto importante dell’evangelizzazione, che
consiste nel mostrare come il nemico può occupare lo spazio del Regno e causare danno con la zizzania, ma è vinto dalla bontà del grano che si
manifesta con il tempo” (per la verità non riesco a capire il senso di questa affermazione, dato che la zizzania non è vinta dalla
bontà ma dal giudizio finale… cioè alla fine del tempo, boh! E della nostra bontà fa parte di un impegno celere, non di un
ciondolare in attesa che le cose si risolvano da sole, che invece è zizzania che ci sarà imputata, boh!),

EG 225 - 230 L’unità prevale sul conflitto Anche questo concetto mi è oscuro, considera che gli altri desiderino la pace e
l’assenza di conflitto, nega la necessità di autodifesa a volte necessaria, in effetti il punto che vuole affermare è “necessario
postulare un principio che è indispensabile per costruire l’amicizia sociale: l’unità è superiore al conflitto. La solidarietà, intesa nel suo significato
più profondo e di sfida, diventa così uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono rag-
giungere una pluriforme unità che genera nuova vita. Non significa puntare al sincretismo, né all’assorbimento di uno nell’altro, ma alla
risoluzione su di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto” , mi sembra una affermazione
francamente poco realistica, che parta dal presupposto che gli altri siano già convertiti e condividano lo stesso modo di
operare, tanto è che al punto 230 si parla dello “Spirito che armonizza tutte le diversità”, credo parli dello Spirito Santo e quindi
proponga una ottica cattolica, e consideri che tutte le diversità possono essere “riconciliate” e “integrate”.

EG 230- 231 - La realtà è più importante dell’idea. Condivido, è per questo che resto perplesso di fronte ai punti sopra. Peraltro
si intende riconoscere la realtà di Cristo e fare nella pratica le opere di pace e giustizia necessarie.

EG 234 – 237 - Il tutto è superiore alla parte. Concetto preso probabilmente dalla Gestalt (“il tutto è diverso dalla somma delle
sue parti”), dice che si deve lavorare nel vicino in una ottica più ampia, il tutto in cui le parti si integrano (ma non tutto può
essere integrato, mi sembra una idea un po’ confusa), il vangelo possiede un criterio di totalità che gli è intrinseco, nel senso
che deve essere annunciato a tutti, ma non per questo integra in sé ogni cosa, boh

[paragrafo IV]
EG 238 - 242 Anche di questo paragrafo mi sono oscure molte cose, in particolare non capisco cosa si intenda con la parola
“dialogo”, riporto comunque passaggi che mi sembrano significativi “L’evangelizzazione implica anche un cammino di dialogo. Per la
Chiesa, in questo tempo ci sono in modo particolare tre ambiti di dialogo”… “ il dialogo con gli Stati, con la società – che comprende il dialogo
con le culture e le scienze – e quello con altri credenti che non fanno parte della Chiesa cattolica”. In tutti i casi « la Chiesa parla a partire da
quella luce che le offre la fede », apporta la sua esperienza di duemila anni e conserva sempre nella memoria le vite e le sofferenze degli esseri
umani”, “Si tratta di un accordo per vivere insieme, di un patto sociale e culturale… Sulla base dei principi di sussidiarietà e di solidarietà”.
“Anche il dialogo tra scienza e fede è parte dell’azione evangelizzatrice che favorisce la pace”. Nella collaborazione per la pace, la cura e la
promozione del bene comune e della società. In altre parole non si tratta di proclamare Cristo ma di trovare una strada per il
bene comune (ma non si può parlare con il demonio). Mette tuttavia in luce come va discriminata una reale ragione
scientifica (che va accettata anche dalla fede) da una ideologia che strumentalizza la scienza (EG 243).
Sottolinea poi l’importanza dell’ecumenismo proponendo la “pienezza della cattolicità”, l’ecumenismo (cioè il rapporto tra
religioni cristiane) è via imprescindibile per l’evangelizzazione, si tratta di “di raccogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come
un dono anche per noi”.
Si richiama all’importanza dell’amicizia con il popolo Ebreo dove Dio continua ad operare (EG 247-248).
E l’importanza del dialogo interreligioso “Un atteggiamento di apertura nella verità e nell’amore deve caratterizzare il dialogo con i credenti
delle religioni non cristiane, nonostante i vari ostacoli e le difficoltà, particolarmente i fondamentalismi da ambo le parti. Questo dialogo
interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose”.
Sottolineando che si cerca il dialogo senza sincretismi e tenendo conto che “non si deve mai trascurare il vincolo essenziale tra
dialogo e annuncio”. Non manca di sottolineare il dialogo con l’islam e il rispetto con persone che condividono lo stesso Dio
misericordioso, “I non cristiani, per la gratuita iniziativa divina, e fedeli alla loro coscienza, possono vivere « giustificati mediante la grazia di
Dio » (Commissione Teologica Internazionale, Il cristianesimo e le religioni (1996), 72: Ench. Vat. 15, n. 1061). Questo però

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giustifica il fatto che la evangelizzazione è protesa a cercare la pace nel mondo non a diffondere il messaggio di Gesù, e che
questo può essere compatibile con ogni religione, però così il rischio di sincretismo o indifferentismo è potentissimo, e mi
chiedo però a che serva la Chiesa Cattolica, non basta l’ONU? Mi sembra che questa impostazione abbia qualche problema
di coerenza interna, in particolare con il magistero precedente in cui “extra ecclesia nulla salus”.
Comunque sottolinea il diritto a scegliere il proprio credo religioso e chi cerca sinceramente la verità, la bontà e la bellezza
(EG 255 - 258), però anche ricordando che questo diritto non può essere assoluto (“il rispetto dovuto alle minoranze …non deve
mettere a tacere la maggioranza” EG 255), inoltre sottolinea l’importanza di non cadere in arbitrarie generalizzazioni (EG 256).

Capitolo quinto.
EG 259 “evangelizzatori che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo” che si invita ad invocare, … che pregano e lavorano” Qui
siamo invitati a ritornare alla fonte, a non spaventarci e scoraggiarci per le difficoltà “Senza momenti prolungati di adorazione, di
incontro orante con la Parola, di dialogo sincero con il Signore, facilmente i compiti si svuotano di significato, ci indeboliamo per la stanchezza e le
difficoltà, e il fervore si spegne. La Chiesa non può fare a meno del polmone della preghiera, ..” (EG 260) e a tornare alla preghiera e al
rapporto con Gesù e il vangelo11, pregare e lavorare (EG 261-262), senza perdere coraggio nelle difficoltà (EG 263). La
motivazione che ci spinge è l’amore per Gesù, con cui dobbiamo coltivare la relazione (EG 264), cosa da portare ad ogni
popolo che questo annuncio sta aspettando (e questo ci porta ad un entusiasmo missionario) (EG 265). Ma questo
entusiasmo nasce da avere la consapevolezza che è fondamentale conoscere Gesù, non è lo stesso essere con Gesù o non
esserci (EG 266) [molto bello questo passaggio], il rapporto con il Padre è la motivazione che spinge (EG 267). Ma anche la
passione per il popolo di Dio al quale guarda Gesù (EG 268) che è modello di questa evangelizzazione (EG 269), toccando
le piaghe di Gesù nella miseria umana(EG 270), dando ragione della nostra speranza ma non come nemici che puntano il
dito e condannano (EG271), ma in pace e vincendo il male con il bene, amando il nostro prossimo (EG272). Tutti siamo
chiamati a questa missione: “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come
marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare” (EG273) e riconoscere anche il valore
dell’altro per Gesù (EG274).
Non dobbiamo pensare che la nostra azione è inutile e per questo rinunciare e chiudersi nelle nostre comodità (EG275),
perché la resurrezione di Gesù è forza senza eguali, anche quando le cose sembrano proprio brutte (EG276), senza farci
abbattere dalla stanchezza quando i risultati sono scarsi (EG277), credendo in Lui (interessante il versetto: “La fede significa
anche credere in Lui” – corsivo grassetto mio: ma la fede è propriamente credere in Gesù?, non “anche”, divertente refuso),
nel lievito del vangelo (EG278), con la certezza interiore che Lui agisce anche se non si vede in modo manifesto (molto bella
questa riflessione),non va perduto nulla e lo Spirito opera (EG279), ma bisogna avere fiducia nello Spirito Santo e invocarlo
e lasciarsi trasportare dal suo mare(EG280), [e questo proprio un bell’incoraggiamento].

Importante è la preghiera di intercessione (EG281), ringraziando e rendendo grazie (EG282), l’intercessione è dei grandi
uomini di Dio (EG283).
In mezzo al popolo di Dio sta sempre Maria (EG284), a cui ha affidato la Chiesa quando era sotto la croce (EG285) 12, come
una vera madre per noi, che con noi cammina e combatte e ci aiuta a sopportare le sofferenze (EG286)13, alla quale
chiediamo di intercedere (EG287), ricordando che “Vi è uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice della Chiesa” (EG288).
Segue preghiera a Maria.

11
EG 260 “In quest’ultimo capitolo non offrirò una sintesi della spiritualità cristiana, né svilupperò grandi temi come la preghiera, l’adorazione eucaristica o la celebrazione della
fede, sui quali disponiamo già di preziosi testi magisteriali e celebri scritti di grandi autori. Non pretendo di rimpiazzare né di superare tanta ricchezza. Semplicemente proporrò alcune
riflessioni circa lo spirito della nuova evangelizzazione”.

12
Il testo riporta questa frase del Beato Isacco della Stella, che riporto perché molto bella: « Nelle Scritture divinamente ispirate, quello che si intende in generale della Chiesa, vergine e madre,
si intende in particolare della Vergine Maria […] Si può parimenti dire che ciascuna anima fedele è sposa del Verbo di Dio, madre di Cristo, figlia e sorella, vergine e madre feconda […]. Cristo rimase nove
mesi nel seno di Maria, rimarrà nel tabernacolo della fede della Chiesa fino alla consumazione dei secoli; e, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele, per i secoli dei secoli » (Isacco della Stella, Sermo
51: PL 194, 1863.1865).

13
Qui cita una parola detta a Maria a san Juan Diego, anche in questo caso la riporto perché molto bella: « Non si turbi il tuo cuore […] Non ci sono qui io, che son tua Madre? ». Nican
Mopohua, 118-119).
8

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