Giovanni Reale Platone
Giovanni Reale Platone
Sul Platina: S. BISSOLATI, Le vite di due illustri cremo- Egli sostiene che spazio e tempo non sono pu-
nesi, Milano 1856, pp. 62 ss.; G. GAIDA, introduzione re forme dell’intuizione, ma hanno il loro fon-
all’ed. cit.; N. CAREGARO NEGRIN, Il «De felicitate» di F. damento anche nelle cose (in particolare rim-
Zabarella e due trattati sul bene e la felicità del secolo provera a Kant di non aver riconosciuto l’intui-
XV, in «Classici e Neolatini», 2 (1906), pp. 288 ss.; bilità del temporalmente determinato), e
V. ZABUGHIN, Giulio Pomponio Leto, vol. I: Saggio cri- ugualmente accade con le forme della cono-
tico, Roma-Grottaferrata 1909, pp. 58 ss.; E. GARIN, scenza intellettiva. Unendo psicologia e fisio-
Filosofi italiani del Quattrocento, Firenze 1942, pp. logia, Platner considera l’anima come una fa-
263-273 (con pagine scelte); E. GARIN, Prosatori latini
coltà rappresentativa che sta con il corpo in
del Quattrocento, «La letteratura italiana», vol. XIII,
azione reciproca; in questo modo alla psicolo-
Milano-Napoli 1952 (testi, pp. 206-211); F. BATTA-
GLIA, Il pensiero pedagogico del Rinascimento, «I classi-
gia (su Platner ebbe una rilevante influenza la
ci della pedagogia italiana», vol. III, Firenze 1960, psicologia meccanicistica di Ch. Bonnet) viene
pp.; G. SAITTA, Il pensiero italiano nell’Umanesimo e nel affidato il compito di un’analisi pragmatica
Rinascimento, vol. I: L’Umanesimo Firenze 19612, pp. della capacità conoscitiva umana. La dimo-
390-99; E. GARIN, Storia della filosofia italiana, Torino strazione di Dio è condotta con ragioni teleo-
19672, vol. I, pp. 324-327, 354 (scritti e bibl.); A. CAM- logiche; il raggiungimento della felicità attra-
PANA - P. MEDIOLI MASOTTI (a cura di), Bartolomeo Sac- verso la virtù è scopo e meta delle azioni uma-
chi il Platina (Piadena 1421-Roma 1481), «Atti del ne. Questo egli afferma contro Hume in Ueber
convegno internazionale di studi per il V centena- den Atheismus. Ein Gespräch, Leipzig 1781. Il ri-
rio: Cremona, 14-15 novembre 1981», «Medioevo e fiuto della prospettiva kantiana in campo teo-
umanesimo», vol. LXII, Padova 1986; A. KRÜMMEL, s. retico (dove Platner assume un atteggiamento
v. in T. BAUTZ (a cura di), Biographisch-Bibliographi- scettico) non si estende però al campo della
sches Kirchenlexikon, Herzberg 1970-2000, vol. VIII, ragione pratica, dove invece, specialmente ne-
coll. 1154-1155; W. BENZIGER, Zur Theorie von Krieg gli ultimi anni, egli mostra di accettare una
und Frieden in der italienischen Renaissance: die «Di- morale fondata sul dovere, ritenendo ambiguo
sputatio de pace et bello» zwischen Bartolomeo Platina e insufficiente il principio della felicità. Le
und Rodrigo Sánchez de Arévalo und andere anlässlich convinzioni filosofiche di Platner, assieme a
der Pax Paolina (Rom 1468) entstandene Schriften quelle di Herder e Jacobi, influenzarono in mo-
(con ed.), Frankfurt am Main 1996.
do particolare Jean Paul; dell’influsso di Plat-
ner risentì anche la dottrina psicologistica di
PLATNER, ERNST. – Filosofo e medico tede-
Platner Fr.E. Beneke.
sco, n. a Lipsia l’11 giu. 1744, m. ivi il 27 dic. M. Longo
1818. BIBL.: A. WRESCHNER, Ernst Platner und Kants
Studiò a Lipsia e vi divenne nel 1770 professo- Erkenntnistheorie mit besonderer Berüsichtigung von
re straordinario di medicina, poi ordinario di Tetens und Aenesidemus, Berlin 1891; H. SCHULZ, Ue-
fisiologia (1780), straordinario (1801) e ordina- ber Ernst Platner, Leipzig 1911; M. LONGO, Scuola di
rio (1811) di filosofia. Fu in rapporti molto Gottinga e «Popularphilosophie», in G. SANTINELLO (a
stretti con il circolo illuminista di Berlino (Gar- cura di), Storia delle storie generali della filosofia, vol.
ve, Mendelssohn, Nicolai) ed ebbe tra gli udi- III: Il secondo illuminismo e l'età kantiana, Padova
tori Fichte e Reinhold. Opere: Anthropologie für 1988, pp. 706-707.
Aerzte und Weltweise, Leipzig 1772-73, 2 voll.;
Philosophische Aphorismen, ivi 1776-82, 2 voll.; PLATONE (Plavtwn). – Filosofo greco. Il suo
Platone
Quaestiones physiologicae, ivi 1794; Lehrbuch der pensiero fu assai influente nell’antichità, nel
Logik und Metaphysik, ivi 1795; Quaestiones me- Medioevo bizantino, nel Rinascimento, non-
dicinae forensis, ivi 1797-817; Opuscula academi- ché – anche se in differente misura – in età mo-
ca, a cura di C.G. Neumann, ivi 1824. L’opera derna e contemporanea. Rimane a tutt’oggi
più nota sono i Philosophische Aphorismen, che uno dei pensatori preferiti dagli uomini di cul-
nella II edizione contengono un serrato con- tura, e le sue opere, a partire dagli ultimi de-
fronto con il pensiero kantiano. Influenzato da cenni del secolo XX, sono le più richieste.
Leibniz e munito di un notevole apparato filo- SOMMARIO: I. Vita e fondazione dell’Accademia:
logico e storico sui pensatori antichi e con- 1. Il vero nome del filosofo. - 2. Il primo viaggio in
temporanei, Platner riesce spesso a rettificare, Italia e in Sicilia. - 3. Gli altri due viaggi in Sicilia
anche polemicamente, le concezioni del kanti- e la morte di Platone. - 4. Fondazione dell’Accade-
smo, specialmente sulla filosofia leibniziana. mia e sua finalità. - II. Gli scritti di Platone e va-
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losofo presocratico da lui più apprezzato: gli in Italia, nel 388 a. C., quando era sui qua-
dedicò il più complesso dei suoi dialoghi, e lo rant’anni, e poi anche dei successivi viaggi in
qualificò, con un verso omerico, «venerando e Sicilia. A spingere Platone in Italia dovette cer-
terribile insieme»). Ebbe anche grandissima tamente essere il desiderio di conoscere le co-
stima per i pitagorici, come conferma Aristote- munità dei pitagorici (conobbe infatti perso-
le. Diogene Laerzio (op. cit., III 9, VIII 84) ci in- nalmente Archita, come sappiamo dalla Lette-
forma inoltre che si fece comprare da Dione i ra VII). Durante questo viaggio in Italia, Plato-
libri pitagorici scritti da Filolao, ad alto prezzo. ne fu invitato in Sicilia, a Siracusa, dal tiranno
Fu comunque decisivo l’incontro con Socrate, Dionigi I. E probabilmente Platone sperava di
che avvenne probabilmente quando Platone inculcare nel tiranno l’ideale del re-filosofo
era sui vent’anni. È certo, però, che Platone (che già egli aveva esposto nel Gorgia, opera
frequentò Socrate, dapprima, con lo stesso in- che probabilmente precede il viaggio o è in
tento con cui lo frequentò la maggior parte de- coincidenza con esso). Ma a Siracusa Platone
gli altri giovani, cioè non per fare della filosofia venne ben presto in urto col tiranno e con la
lo scopo della propria vita, ma per prepararsi, corte (probabilmente proprio sostenendo quei
mediante la filosofia, all’attività politica. Ma principi espressi nel Gorgia). Invece, strinse un
gli eventi indirizzarono in tutt’altro senso la forte vincolo di amicizia con Dione, parente
sua vita. del tiranno, in cui Platone credette di trovare
Platone dovette avere già nel 404-03 a. C. un un discepolo capace di diventare re-filosofo.
primo contatto diretto con la vita politica, Dionigi si irritò con Platone al punto – dice
quando l’aristocrazia prese il potere, e due dei Diogene Laerzio (op. cit., III, 19) – da farlo ven-
suoi congiunti, Carmide e Crizia, ebbero parti dere come schiavo da un ambasciatore sparta-
di primo piano nel governo oligarchico. Dovet- no a Egina (qualcuno pensa che forse, più
te però trattarsi di una esperienza amara e de- semplicemente, costretto a sbarcare a Egina,
ludente, a causa dei metodi faziosi e violenti che era in guerra con Atene, Platone fu tratte-
che Platone vide mettere in atto proprio da co- nuto come schiavo). Fortunatamente, fu ri-
loro in cui aveva nutrito fiducia. Tuttavia, il di- scattato da Anniceride di Cirene, che si trovava
sgusto per i metodi della politica praticata in a Egina (Diogene Laerzio, op. cit., III, 20).
Atene dovette raggiungere il culmine nel 399 3. Gli altri due viaggi in Sicilia e la morte di Pla-
a. C., quando Socrate fu condannato a morte tone. – Platone si recò una seconda volta in Si-
(Diogene Laerzio, op. cit., III 6). E della condan- cilia nel 367 a. C. Era morto Dionigi I e gli era
na di Socrate furono responsabili non gli ari- succeduto il figlio Dionigi II, che, a dire di Dio-
stocratici ma i democratici (che a breve distan- ne, ben più del padre avrebbe potuto favorire i
za di tempo avevano ripreso il potere). E così disegni di Platone. Ma Dionigi II si rivelò della
Platone si convinse che, per il momento, era stessa risma del padre. Esiliò Dione, accusan-
bene per lui tenersi lontano dalla politica mi- dolo di tramare contro di lui, e trattenne Plato-
litante. ne quasi come un prigioniero. Solo perché im-
Dopo il 399 Platone fu a Megara con alcuni al- pegnato in una guerra, Dionigi II lasciò, infine,
tri socratici, ospite di Euclide (probabilmente che Platone ritornasse ad Atene.
per evitare possibili persecuzioni in cui avreb- Nel 361-60 a. C. Platone si recò una terza volta
be potuto incorrere, per aver fatto parte del cir- in Sicilia, per il seguente motivo. Ritornato ad
colo socratico). Ma a Megara dovette fermarsi Atene, vi trovò Dione che ivi si era rifugiato, il
solo per breve tempo. Diogene Laerzio ci infor- quale lo convinse ad accogliere un nuovo pres-
ma che andò a Cirene da Teodoro il matemati- sante invito di Dionigi (che di nuovo voleva a
co, e successivamente in Italia, dai pitagorici corte Platone, al fine di completare la propria
Filolao ed Eurito. Sempre secondo Diogene preparazione filosofica), sperando che, in tal
Laerzio (op. cit., III 6-7), in seguito si sarebbe modo, Dionigi avrebbe riammesso anche lui a
recato in Egitto dai profeti; ma la notizia non Siracusa. Ma fu un grave errore credere nei
ha conferme. Platone avrebbe anche deciso mutati sentimenti di Dionigi. Platone avrebbe
d’incontrarsi con i Magi, ma sarebbe stato co- rischiato certamente molto, se non fossero in-
stretto a rinunciarvi; ma anche questa notizia tervenuti Archita e i tarantini a salvarlo (Dione
non ha conferme. riuscirà, nel 357 a. C., a prendere il potere in Si-
2. Il primo viaggio in Italia e in Sicilia. – Dalla racusa, ma per non molto: fu infatti ucciso in
Lettera VII sappiamo con certezza del viaggio una congiura nel 353 a. C.). Nel 360 Platone ri-
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Filippo di Opunte. Delle Lettere si è ricuperata connessi con la struttura della composizione
in particolare l’autenticità della VII (a partire dei dialoghi; 3) quelli fondati sui criteri lingui-
dagli inizi del Novecento da U. von Wilamowitz stici e stilistici; 4) quelli desunti da fonti ester-
Moellendorff, Platon, Berlin 19595), che è di ne e da indicazioni interne agli scritti stessi.
grande importanza, per le ragioni di cui dire- Il primo criterio risulta essere piuttosto pro-
mo. Certamente non autentici sono sei altri blematico, in quanto Platone maturava le sue
dialoghi, al di fuori delle tetralogie, giunti sot- dottrine nell’ambito dell’oralità e successiva-
to il nome di Platone, ma già dagli antichi rico- mente le fissava per iscritto. Inoltre, quando
nosciuti spuri: Sul giusto, Sulla virtù, Demodo- non presentava in un certo scritto una dottrina
co, Sisifo, Erissia, Assioco, nonché lo scritto dal che noi ci aspetteremmo di trovare, dato l’ar-
titolo Definizioni. gomento discusso, ciò non significava che non
Da tempo gli studiosi si sono accorti che da avesse ancora scoperto quella dottrina. Infatti
nessuno dei singoli dialoghi si ricava il pensie- – come sappiamo – egli adeguava i contenuti
ro di Platone nel suo complesso. I due dialoghi e le loro implicazioni alle capacità dell’anima
che, sommati fra di loro, ne presentano il qua- del personaggio scelto come deuteragonista,
dro più ricco sono la Repubblica e il Timeo (che ed escludeva ciò che quel personaggio non sa-
lo stesso Platone presenta come consecutivi rebbe stato comunque in grado di recepire.
nell’azione drammaturgica). Ma questi stessi Pertanto, l’argomento ex silentio non regge, se
scritti rimandano a qualcosa di ulteriore, sen- non in qualche caso e in modo assai parziale.
za contare, poi, che in essi manca l’importante L’argomento basato sulla struttura della com-
tematica di Eros, e una serie di approfondi- posizione del dialogo ha un certo peso. Infatti,
menti che vengono presentati in vari altri dia- nella Repubblica (392 c - 396 e) egli distingue
loghi. Chi vuol conoscere veramente Platone due forme di esposizione: quella dialogica di-
deve fare una lettura trasversale di tutti i suoi retta, ossia imitatrice del dialogo parlato, e
dialoghi. quella narrativa, che racconta il dialogo in mo-
2. La questione della loro successione cronologica. do indiretto, e giudica la seconda migliore del-
– Il problema della cronologia degli scritti pla- la prima. In tal modo si spiegano bene le ra-
tonici è stato introdotto per la prima volta da gioni per cui dopo aver composto i primi dia-
K.F. Hermann (con l’opera Geschichte und Sy- loghi nella prima maniera, sia successivamen-
stem der platonischen Philosophie, Heidelberg te passato alla seconda. Ma nel Teeteto (143 c)
1839), e si è sempre più sviluppato, fino al egli dichiara la sua intenzione di ritornare al
punto da essere assunto come canone erme- dialogo diretto. Di conseguenza si possono di-
neutico per una adeguata comprensione di stinguere i seguenti gruppi di dialoghi disposti
Platone. Ma il problema della cronologia dei in ordine cronologico:
dialoghi, di per sé, è solubile solamente in ma- a) dialoghi in forma drammatica: Eutifrone,
niera approssimativa, e, per i motivi che vedre- Apologia di Socrate, Critone, Lachete, Ippia mino-
mo, è solo di parziale utilità per la compren- re, Alcibiade minore, Gorgia, Menone, Ione, Ippia
sione del pensiero platonico e della sua effet- maggiore, Cratilo.
tiva evoluzione. Il lettore interessato potrà tro- b) dialoghi in forma narrativa: Protagora, Euti-
vare in H. Thesleff, Studies in Platonic Chronolo- demo, Clitofonte, Liside, Carmide, Simposio, Fe-
gy (Helsinki 1982), un elenco delle proposte done, Repubblica.
fatte da ben centotrentadue autori (op. cit., pp. c) dialoghi in cui torna a predominare la forma
8-17), con una dettagliata discussione dei cri- drammatica: Parmenide, Menesseno, Fedro, Tee-
teri seguiti dagli autori e una ricchissima bi- teto, Sofista, Politico, Filebo, Timeo, Crizia, Leggi.
bliografia (ibi, pp. 237-263). Si veda inoltre L. I risultati raggiunti, applicando criteri lingui-
Brandwood, The Chronology of Plato’s Dialogues stici e stilistici, sono stati differenti, ma su tut-
(Cambridge 1990), che esamina in modo det- ti emergono quelli raggiunti da W. Luto-
tagliato le proposte di una ventina di studiosi slawski, The Origin and Growth of Plato’s Logic
che hanno applicato soprattutto criteri stilo- (London 1987, 19052): Apologia, Eutifrone, Cri-
metrici, con vari schemi e quadri sinottici. tone, Carmide, Lachete, Protagora, Menone, Euti-
Gli elementi su cui ci si può basare per la rico- demo, Gorgia, Cratilo, Convito, Fedone, Repubbli-
struzione della successione cronologica degli ca, Fedro, Teeteto, Parmenide, Sofista, Politico, Fi-
scritti platonici sono i seguenti: 1) quelli con- lebo, Timeo, Crizia, Leggi. Si tenga in ogni caso
nessi con i loro contenuti concettuali; 2) quelli presente il fatto che Platone rivedeva e ritocca-
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per trattare della «città seconda»; e Socrate ri- lezák, Platone e la scrittura della filosofia, tr. it. di
mane fuori proprio perché rappresenta la «cit- G. Reale, Milano 1988, 19923, passim).
tà ideale», e la sua assenza indica in modo em- Questo comporta un ridimensionamento dei
blematico che al di sopra della «città seconda» criteri secondo cui si è cercato di ricostruire
di cui si parla in quest’opera c’è la «città pri- l’epoca di composizione degli scritti platonici.
ma», quella che veramente vale. Ci si basava, infatti, oltre che su criteri di carat-
4. La tecnica dell’intitolazione dei dialoghi e il suo tere stilometrico, come sopra abbiamo visto,
significato. – Ricordiamo che solo in pochi casi sulla presenza o assenza nei dialoghi di certe
il titolo è dato dall’argomento trattato: Simpo- dottrine che, dati i problemi trattati via via, ci
sio, Repubblica, Sofista, Politico, Leggi; inoltre, si aspetterebbe che venissero chiamate in cau-
solo in casi eccezionali il protagonista dà tito- sa in quanto risolutive. Invece il personaggio
lo al dialogo, come nel caso del Parmenide e drammaturgico di Socrate procede secondo i
del Timeo. Il protagonista dei dialoghi della criteri stabiliti dalla dialettica: introduce solo
giovinezza e della maturità, e – nel senso sopra quei concetti ritenuti opportuni in quel preci-
spiegato – anche della vecchiaia, è Socrate, ma so momento, avendo di fronte a sé come deu-
in una veste particolare, ossia come la ma- teragonista quella determinata anima, con
schera emblematica del vero filosofo e del ve- quelle particolari capacità (cfr. Fedro, 266 e -
ro dialettico, e, quindi, come il personaggio 272 b; 277 b-c).
drammaturgico mediante il quale Platone Si tenga inoltre presente che le azioni dei dia-
esprime il proprio pensiero. In effetti, il nome loghi di Platone sono sempre creazioni e in-
di Socrate compare in un solo dialogo, ossia venzioni poetiche, fatte al servizio dei conte-
nella celebre Apologia di Socrate. La ragione di nuti e non viceversa. Naturalmente così come,
questo fatto è assai chiara: mentre in tutti gli per Platone, bisogna presentare a un’anima
altri dialoghi Socrate compare appunto come semplice discorsi semplici, come abbiamo vi-
dramatis persona, nell’Apologia compare come sto, bisogna presentare «a un’anima comples-
personaggio reale, ossia nei suoi tratti storici: sa discorsi complessi e che comprendano tut-
al Socrate dell’Apologia Platone fa dire quelle te le armonie» (Fedro, 277 c): questo è, in par-
cose che ha veramente detto nella difesa al ticolare, il caso del Parmenide. Platone fa par-
processo. lare un personaggio che considera come il
Ma per quali ragioni Platone intitola i suoi dia- maggiore dei filosofi naturalisti, e quindi gli fa
loghi con i nomi dei deuteragonisti? Mette in at- presentare «discorsi complessi e che com-
to una regola aurea, che illustra in maniera prendono tutte le armonie». Nel Parmenide, in-
dettagliata nel Fedro (269 e ss.). Nei singoli fatti, troviamo addirittura una fittissima rete di
dialoghi egli presenta una discussione sulla messaggi trasversali e allusioni alle dottrine
cosa di cui tratta non in astratto, bensì in con- non scritte, di cui diremo. E in questo dialogo
creto, ossia secondo la dimensione imposta il deuteragonista diventa addirittura protagoni-
dalle capacità dell’anima dell’interlocutore di sta, ma il gruppo di coloro che intervengono è
comprendere i suoi messaggi, come sotto pre- una sorta di incarnazione dell’intelligenza filo-
ciseremo. sofica: oltre a Parmenide, Socrate, Zenone di
Va inoltre tenuto presente il fatto che il dialet- Elea (il maggior discepolo di Parmenide) e un
tico, per Platone, è colui che è in grado di co- giovanissimo Aristotele (che potrebbe essere
gliere non solo il momento giusto di parlare, una maschera del filosofo, già critico della te-
ma anche quello di tacere. E il tacere assunto oria delle idee nell’Accademia), con tutte le
da Socrate in alcuni dialoghi è dovuto proprio conseguenze che questo comporta in funzione
a questa regola: con il tipo di personaggio con della terza regola dell’arte dello scrivere.
cui discute, Socrate, appunto come vero dia- Riletto in quest’ottica l’intero corpus degli
lettico, deve tacere, perché l’anima di quel per- scritti platonici risulta assai più comprensibile
sonaggio in quel momento non è in grado di e godibile (cfr. M. Migliori, Dialettica e verità.
recepire gli sviluppi del problema e la sua so- Commentario filosofico al «Parmenide di Plato-
luzione. Si scopre, in questo modo, che molte ne», Milano 1990).
«aporie» dei dialoghi platonici hanno una fun- III. GLI SCRITTI E LE «DOTTRINE NON SCRITTE» DI PLA-
zione drammaturgica, quindi rientrano in una TONE. – Il nostro filosofo non affidò tutto il suo
tattica metodologica ben precisa (su questo pensiero agli scritti, ma le cose di maggior va-
problema è essenziale il volume di Th.A. Sz- lore, ossia i fondamenti ultimativi della sua fi-
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sarebbe stato inutile, oltre che per i motivi già ascoltarono la conferenza di Platone Intorno al
spiegati, anche per il fatto che le verità supre- Bene. Infatti ciascuno vi era andato, pensando
me «si riassumono in poche parole» (Lettera VII, di poter apprendere uno di questi che sono
344 d-e), di modo che chi le ha capite le fissa considerati beni umani, come la ricchezza, la
bene nella propria anima e non le dimentica salute e la forza e, in generale, una meraviglio-
più (cfr. G. Reale, Platone alla ricerca della sa- sa felicità. Ma quando risultò che i discorsi
pienza segreta, Milano 1998, Milano 2004, vertevano intorno a cose matematiche, numeri,
20052, pp. 15-119). geometria e astronomia, e, da ultimo, si sosteneva
2. Le notizie sulle «dottrine non scritte» di Platone che esiste un Bene, una Unità, io credo che que-
pervenuteci attraverso la tradizione indiretta. – sto sia sembrato qualcosa del tutto parados-
Aristotele ci ha detto che questi insegnamenti sale. Di conseguenza alcuni la disprezzarono,
che Platone comunicava solo mediante l’«ora- altri la biasimarono».
lità» venivano chiamati «dottrine non scritte» Dunque, sulla esistenza di precise «dottrine
(in Fisica, IV, 2, 209 b 13 precisa che ciò che Pla- non scritte» – chiamate anche «esoteriche» –
tone diceva nel Timeo lo esprimeva in maniera di Platone c’è una sicurezza indiscutibile.
differente ejn toi'" legomevnoi" ajgravfoi" dovgma- 4. In che senso gli scritti rimandano struttural-
sin). Pertanto, non si tratta di una semplice mente al non-scritto. – Inoltre, va precisato
«ipotesi», come qualcuno ha erroneamente quanto segue: poiché c’erano queste «dottrine
inteso, ma di un dato di fatto incontrovertibile, non scritte» oltre quelle scritte, noi siamo in
ossia si trattava di dottrine che «venivano grado di comprendere i dialoghi platonici nel-
chiamate (ejn toi'" legomevnoi")» dalla commu- la loro portata, ossia non solo in tutto ciò che
nis opinio «a[grafa dovgmata». dicono, ma anche in tutto ciò a cui fanno con-
Simplicio, citando Alessandro di Afrodisia, ci tinue allusioni, solo se prendiamo in corretta
riferisce che sulla dottrina dei principi, che considerazione anche le testimonianze della
erano i contenuti di tali «dottrine non scritte», tradizione indiretta. Una riconferma di questa
hanno parlato Speusippo e Senocrate e anche prospettiva viene dal contributo di Szlezák, il
altri che assistettero al corso Intorno al bene di quale, partendo proprio dall’esame dei dialo-
Platone: «Infatti – egli precisa – tutti misero ghi e restando nel loro ambito (e quindi senza
per iscritto e conservarono l’opinione di Plato- entrare in modo dettagliato nel merito delle
ne, e dicono che egli fa uso di questi principi». «dottrine non-scritte» tramandateci dalla tra-
E sempre Simplicio menziona anche «Eracli- dizione indiretta), dimostra che il «soccorso»
de», «Estieo» e «altri discepoli», che misero orale che va portato allo scritto e di cui parla il
per iscritto il pensiero «non scritto» di Platone Fedro, costituisce proprio la struttura portante
(si veda la raccolta delle testimonianze di tali di tutti gli scritti platonici, già a partire da
autori nelle opere di Gaiser, Krämer, Findlay, quelli della giovinezza. Platone concepisce lo
Richard, citate sotto in X.3). scritto filosofico come scritto non-autarchico,
3. La lezione o il corso di lezioni pubbliche tenute ossia come scritto che dal punto di vista del
eccezionalmente da Platone intorno al bene, di cui contenuto rimanda a qualcosa che va al di là di
parlava nelle sue lezioni all’interno dell’Accade- esso, di cui bisogna tenere conto se si vuole
mia. – Platone, mentre si è rifiutato di mettere intenderne a fondo il messaggio. Le analitiche
per iscritto queste sue dottrine orali, ha accet- dimostrazioni fornite da Szlezák sono partico-
tato di portarle in pubblico al di fuori dell’Ac- larmente interessanti, perché dimostrano co-
cademia almeno in una lezione (o in un ciclo me questo «soccorso» si debba realizzare a
di lezioni orali), il cui esito fu, però, esatta- differenti livelli, e per giunta in una maniera
mente quello che egli sostiene che avrebbero molto estesa. Ad alcuni livelli, questi «soccor-
provocato suoi eventuali scritti su tali argo- si» sono portati nelle parti successive del me-
menti in molte persone. Infatti, suscitò incom- desimo scritto; ad altri livelli implicano dottri-
prensioni, e quindi disprezzo e biasimo, come ne che si trovano presenti in altri dialoghi; ma
ci dice questa importantissima testimonianza il soccorso che porta ai fondamenti ultimativi
di Aristosseno (Elementi di armonia, 11, 39-40 non si trova nei dialoghi, ed è esattamente
= Gaiser, Testimonia Platonica, tr. it. di V. Cice- quello che Platone non ha voluto mettere per
ro, Milano 1998, 7): «Come Aristotele soleva iscritto, e che la tradizione indiretta ci ha tra-
sempre raccontare, questa era l’impressione mandato (cfr. Th. Szlezák, Platone e la scrittura
che provava la maggior parte di coloro che della filosofia, passim).
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to, un pensiero, una rappresentazione mentale, «incorporeo» assume quel significato e quella
qualcosa insomma che ci riporta sul piano psi- valenza concettuale, che ancora oggi noi gli at-
cologico e noologico; Platone, per contro, con tribuiamo (cfr. G. Reale, Per una nuova interpre-
«idea» intendeva, in un certo senso, qualcosa tazione di Platone, pp. 170 ss.).
che costituisce l’oggetto specifico del pensiero, 3) Ripetutamente le idee sono qualificate da
vale a dire ciò a cui il pensiero si rivolge in ma- Platone come il «vero essere», come ciò che è
niera strutturale, ciò senza cui il pensiero non «essere in senso pieno», insomma come «es-
sarebbe pensiero: insomma, l’idea platonica sere assoluto». Questo carattere ha strettissi-
non è affatto un puro «ente di ragione», bensì mi rapporti con i due già esaminati e con quel-
un «essere», anzi quell’essere che è assolutamente li che sotto esamineremo, e costituisce come il
il vero essere. nesso che li collega tutti strettamente. L’«essere»
Le idee rappresentano la figura speculativa del delle idee è quel tipo di essere che è puramen-
pensiero di Platone che ha avuto maggior suc- te intelligibile e incorporeo, che non nasce né pe-
cesso, che ha stimolato il maggior numero di risce in alcuna maniera, ed è, quindi, in sé e per
ripensamenti teoretici e che ha ispirato alcuni sé in senso globale, ben distinto quindi
dei più grandi pensatori, proprio in alcuni dall’essere sensibile. Ecco le conclusioni che
punti centrali delle loro dottrine, con tutta una Platone trae nel Fedone (78 d - 79 a): «Poniamo
serie di conseguenze facilmente immaginabili, dunque, se vuoi, egli soggiunse, due specie di esseri
che non hanno semplificato, ma hanno com- (duvo ei[dh tw'n o[ntwn) una visibile e l’altra invisi-
plicato la comprensione di esse. I caratteri ba- bile. E che l’invisibile permanga sempre nella
silari delle idee – stando sulla base oggettiva medesima condizione e che il visibile non per-
dei testi – si possono riassumere nei sei se- manga mai nella medesima condizione» (cfr.
guenti, che vengono richiamati ripetutamente anche Simposio, 210 e - 211 b; Fedone, 73 c-d;
in molti scritti: 1) l’intelligibilità (l’idea è per ec- Fedro, 246 c ss.).
cellenza oggetto dell’intelletto e coglibile solo 4) E veniamo al carattere della «immutabilità»
dall’intelletto); 2) l’incorporeità (l’idea appar- e 5) a quello della «perseità» delle idee, che
tiene a una dimensione totalmente diversa dal costituiscono una esplicazione e una determi-
mondo corporeo sensibile); 3) l’essere in senso nazione specifica del carattere di «essere pu-
pieno (le idee sono l’«essere che veramente ro». Platone connette strettamente questi due
è»); 4) l’immutabilità (le idee sono sottratte a caratteri che risultano molto importanti ai fini
qualsiasi forma di cambiamento, oltre che al di intendere il suo pensiero. Platone ha matu-
nascere e al perire); 5) la perseità (le idee sono rato e fissato la sua teoria delle idee in oppo-
«in sé e per sé», ossia assolutamente oggetti- sizione a due forme di relativismo, fra loro
ve); 6) l’unità (le idee sono, ciascuna, una uni- strettamente collegate. a) La prima forma è
tà, unificante la molteplicità delle cose che di quella di origine eraclitea (cui fa riferimento,
esse partecipano). ma in modo fortemente riduttivo, lo stesso
1) L’«intelligibilità» esprime un carattere es- Aristotele), la quale, proclamando il perenne
senziale delle idee, che le contrappone al sensi- flusso e la radicale mobilità di tutte le cose,
bile, e che quindi le impone come una sfera di giungeva, di fatto e di diritto, a disperdere cia-
realtà sussistente al di sopra del sensibile mede- scuna cosa in una molteplicità irriducibile di
simo, e che appunto per questo risulta coglibi- mobili stati relativi, e quindi finiva con il ren-
le solo con l’intelligenza che sappia distaccarsi derla inafferrabile, inconoscibile, inintelligibi-
adeguatamente dai sensi. È, questa, la cospi- le. b) La seconda è quella sofistico-protagorea,
cua distinzione del piano metafisico dal piano fisi- che riduceva ogni realtà e ogni azione a qual-
co, fatta, nella maniera più netta, per la prima cosa di puramente soggettivo, e faceva del sog-
volta nella storia del pensiero occidentale (cfr. getto medesimo la misura, ossia il criterio di ve-
ad esempio Fedone, 65 c ss.; Repubblica, VII, rità di tutte le cose. Dunque, le idee a) hanno
passim). una realtà che non è trascinata nel divenire e
2) L’intelligibile – appunto in quanto non è co- b) che non è relativa al soggetto, e quindi im-
glibile con i sensi, che colgono solamente il plica strutturale stabilità e oggettività (cfr.
corporeo, bensì solamente dall’intelligenza, Cratilo, 385 e - 386 a; 439 b - 440 a).
che trascende la dimensione del fisico e del 6) L’ultimo carattere delle idee (il sesto fra
corporeo – è, per sua natura, «incorporeo» quelli che abbiamo sopra elencati), riveste una
(Politico, 286 a). Proprio con Platone, il termine importanza veramente eccezionale, ed è quel-
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gna fare un ulteriore passo, e rendere conto do. Tuttavia, malgrado la sua superiorità as-
del postulato delle idee con un ulteriore po- siologica, non avrebbe potenza ed efficacia
stulato adeguato, e precisa anche che chi è fi- produttiva senza il principio antitetico. Per
losofo dovrà farlo. l’esattezza, bisogna precisare che non si do-
L’intero procedimento argomentativo del dia- vrebbe neppure parlare di «due» principi, qua-
logo, che è basato appunto sui postulati delle lora si intendesse il due in senso aritmetico e
idee, conclude ribadendo, in maniera forte- non metafisico. Infatti, i numeri, come vedre-
mente allusiva: «Anche i postulati che prima mo, sono posteriori ai principi e da essi deri-
abbiamo posti [scil. i postulati delle idee], an- vati, e il due non si può applicare ai principi se
che se a voi sembrano degni di fede, dovranno non in senso metaforico, ossia in senso proto-
tuttavia essere riesaminati con precisione tipico. Più che di «dualismo» dei principi si
maggiore. E se li approfondirete quanto con- dovrebbe parlare, in modo più corretto, di «bi-
viene [scil. giungendo alla dottrina dei princi- polarismo», come abbiamo sopra già detto, in
pi], come credo, li comprenderete nella misura senso appunto metafisico protologico (cfr. Ari-
in cui un uomo li possa comprendere. E se stotele, Metafisica, I, 6, 987 b 18-21; 988 a 7-17;
questo vi risulterà chiaro, allora non dovrete XIV, 2, 1089 a 2 ss.; Teofrasto, Metafisica, 6 b 11-
cercare niente più oltre» (Fedone, 107 b). 16; Alessandro di Afrodisia, Commentario alla
5. Struttura bipolare della realtà a tutti i livelli. – Metafisica di Aristotele, in Commentaria in Ari-
Naturalmente, viene subito da chiedersi per stotelem Graeca, vol. I, a cura di M. Hayduck, Be-
quale ragione al vertice protologico della me- rolini 1891, p. 56, 6 ss.; Simplicio, Commentario
tafisica platonica non ci sia un unico principio alla Fisica di Aristotele, in Commentaria in Ari-
primo e supremo, bensì due principi. Il proble- stotelem Graeca, vol. IX, a cura di H. Diels, Bero-
ma metafisico per eccellenza per i greci è stato lini 1882, pp. 247, 30 ss. e i vari documenti ri-
per molto tempo il seguente: perché ci sono i portati in Gaiser, Richard ecc.).
molti? Perché e come dall’uno derivano i molti? 6. Valenze ontologiche, gnoseologiche e assiologiche
Per risolvere il problema Platone assume una dei principi. – Il primo principio (e il secondo
posizione protologica radicale: egli tenta di per antitesi in senso opposto), così come è a)
spiegare la molteplicità in funzione di un prin- fondamento dell’essere, è anche b) fondamen-
cipio antitetico all’uno, ossia la diade, secon- to anche della conoscibilità delle cose e c) del
do uno schema metafisico bipolare. loro valore.
L’uno come principio primo e supremo non è, a) L’uno, agendo sul principio diadico illimita-
ovviamente l’uno aritmetico, ma l’uno metafi- to, indeterminato, disordinata molteplicità, lo
sico (l’uno come misura suprema di tutte le de-termina, lo de-limita, lo ordina, lo unifica,
cose), ossia principio che dà unità a tutti i li- producendo in tal modo l’essere a vari livelli,
velli, determinando e ordinando il principio nel modo che abbiamo sopra chiarito.
antitetico. L’uno aritmetico non è se non una b) L’essere, in quanto de-terminato, de-limita-
derivazione dall’uno metafisico. La diade o to, ordinato e unificato, è di conseguenza co-
dualità non è il due, ma è radice della molte- noscibile. Infatti, solo ciò che è determinato,
plicità e della differenziazione a tutti i livelli. limitato, ordinato e unificato risulta essere co-
La formula esoterica completa è questa: «Dia- noscibile. La verità e la conoscibilità delle co-
de indefinita di grande-e-piccolo». La diade è se dipendono pertanto dall’azione dell’uno
concepita come dualità di grande-e-piccolo esercitata sulla diade, che, di per sé, in quanto
nel senso che è infinita grandezza e infinita indeterminata, illimitata, disordinata molte-
piccolezza, nel senso che è incomposta ten- plicità, sarebbe inconoscibile.
denza all’infinitamente grande e all’infinita- c) L’uno, pertanto, produce ordine e stabilità
mente piccolo in tutti i sensi, del più e meno, nell’essere, e quindi valore, in quanto ciò che
maggiore e minore, e quindi è strutturale dise- è determinato, delimitato, ordinato e unificato
guaglianza. In altri termini si può dire che la è anche buono e bello. Il bene è l’uno stesso e
diade nei suoi più alti gradi è una sorta di «ma- tutto ciò che dall’uno deriva. La virtù si inseri-
teria intelligibile», mentre nel suo grado più sce esattamente in tale prospettiva come ordi-
basso è una «materia sensibile», come vedre- ne impresso dall’uno su ciò che di per sé tende
mo. I due principi così intesi sono pertanto all’eccesso e al difetto, ossia come unità nella
ugualmente originari, anche se il primo, dal molteplicità. Ben si comprende, pertanto, la
punto di vista del valore, è superiore al secon- ragione per cui le lezioni platoniche sulle
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informe le forme, facendolo essere appunto un sostenendo che essa è impossibile: infatti,
cosmo. non si può cercare e conoscere ciò che non si
Il demiurgo, sulla base della visione o contem- conosce, perché, se anche lo si trovasse, non
plazione di ciò che è sempre allo stesso modo, lo si potrebbe riconoscere, mancando il mezzo
deve portare in atto l’idea e la potenza di quel per poterlo riconoscere; e neppure ha senso
modello. Per spiegare quest’opera del demiur- cercare ciò che si conosce, perché già lo si co-
go, Platone si avvale degli enti matematici co- nosce. Proprio per superare questa aporia,
me «intermedi», i quali, come sappiamo, sono Platone trova una nuovissima via a partire dal
intelligibili, ma ciascuno di essi è molteplice. Menone: la conoscenza è anamnesi, cioè una
E proprio mediante questi enti matematici il forma di «ricordo», un riemergere di ciò che
demiurgo struttura la materia sensibile infor- esiste già da sempre nell’interiorità della no-
me in modo da riprodurre in forma di immagi- stra anima. Il Menone presenta la dottrina in
ne il modello ideale, operando in tal modo un una duplice forma: una mitica e una dialettica.
«misto» con una struttura bipolare. La prima forma si rifà alle dottrine orfico-pita-
Il demiurgo, pertanto, modella la realtà infor- goriche dei «sacerdoti», secondo le quali l’ani-
me, che era in totale disordine, mediante «for- ma è immortale ed è più volte rinata. La morte
me geometriche» e «numeri». Pertanto, la ra- non è che il termine di una delle vite dell’ani-
zionalità dei corpi sensibili e del mondo cor- ma in un corpo; la nascita non è che il ricomin-
poreo sensibile in generale dipende esatta- ciare di una nuova vita, che viene ad aggiun-
mente dalla struttura geometrica e matemati- gersi alla serie delle precedenti. L’anima, per-
ca, che rende possibile l’«imitazione» dei mo- tanto, ha visto e conosciuto tutta la realtà nel-
delli intelligibili. Numeri, punto, linea, super- la sua globalità: la realtà dell’aldilà e la realtà
ficie, struttura tridimensionale e corpi geome- dell’aldiqua. Se così è, conclude Platone, è fa-
trici, sul piano degli enti matematici sono pu- cile capire come l’anima possa conoscere e ap-
ramente intelligibili; sinteticamente combina- prendere: essa deve semplicemente trarre da sé
ti e sintetizzati con la realtà materiale sensibi- medesima la verità che sostanzialmente possie-
le, danno origine ai corpi che vediamo e toc- de, e possiede da sempre: e questo «trarre da
chiamo, mediante una penetrazione capillare sé» la verità è un «ricordare» (Menone, 81 c-d).
che struttura il principio materiale sensibile di Subito dopo l’esposizione mitologica, Platone
per sé caotico, fin nei minimi particolari. fa un «esperimento maieutico», che ha una
Si tenga presente il fatto che gli elementi geo- straordinaria portata dimostrativa. Interroga
metrici derivano a loro volta dai principi primi, uno schiavo assolutamente ignaro di geome-
con al vertice, naturalmente, l’uno. Pertanto, tria, e riesce a fargli risolvere, solamente inter-
l’Intelligenza demiurgica incentra tutta quanta rogandolo socraticamente con «metodo ma-
la sua opera sull’uno e sulla sua esplicazione a ieutico», una complessa questione di geome-
vari livelli, ossia sul bene-uno, misura supre- tria (in sostanza implicante la conoscenza del
ma di tutte le cose (tesi espressa addirittura teorema di Pitagora). Dunque – così argomen-
per iscritto nel finale del Filebo), portando a ta allora Platone – poiché lo schiavo non aveva
unità, in varie forme e in vari modi la moltepli- prima imparato la geometria, e poiché non gli
cità disordinata. Dice Platone: «Dio possiede è stata fornita da nessuno la soluzione, dal
in misura adeguata la scienza e a un tempo la momento che egli ha saputo guadagnarla da solo
potenza per mescolare molte cose in unità e di (sia pure con l’ausilio del metodo dialettico-
nuovo scioglierle dall’unità in molte; ma non maieutico), non resta che concludere che egli
c’è nessuno degli uomini che sappia fare, né l’ha tratta dal di dentro di se stesso, dalla propria
l’una né l’altra cosa, né ci sarà in avvenire» (Ti- anima, ossia che se ne è «ricordato». Come
meo, 68 d; tutti i testi in cui Platone parla del conseguenza, che deriva dall’esserci la verità
demiurgo, con tutte le implicazioni e conse- nell’anima, Platone deduce l’immortalità e la
guenze di tale dottrina si troveranno in G. Re- perennità della medesima (ibi, 82 b - 86 c).
ale, Per una nuova interpretazione di Platone, pp. Gli studiosi hanno spesso ripetuto che la dot-
496-712). trina della anamnesi è nata in Platone da in-
V. DOTTRINA DELLA CONOSCENZA. – 1. L’«anamne- flussi orfico-pitagorici; ma, dopo quanto ab-
si», radice e condizione della conoscenza nel «Me- biamo spiegato, è chiaro che almeno altrettan-
none». – Gli eristi avevano tentato di bloccare to peso ebbe, nella genesi della dottrina, la
capziosamente il problema della conoscenza, maieutica socratica. È evidente, infatti, che, per
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triche, la nóesis si riferisce alle idee nei loro vale a dire la struttura di «arithmos-logos»
rapporti dialettici ed è coglimento, mediante dell’intelligibile in tutti i sensi, fino a giungere
la dialettica, delle idee e del principio supre- alle supreme idee, e, infine, all’astrazione ulti-
mo e assoluto (ossia dell’idea del bene) con mativa dell’unità assoluta.
tutti i loro nessi fondativi e partecipativi (Re- VI. EROTICA E BELLEZZA. – 1. Il concetto di amicizia
pubblica, VI, 509 c ss.). e il primo amico. – Socrate aveva già elevato
5. La dialettica e i suoi fondamenti ontologici. – l’indagine sull’amicizia a livello di problema fi-
L’intelletto e l’«intellezione», lasciati le sensa- losofico. Platone riprende da Socrate l’impo-
zioni e il sensibile e ogni elemento legato al stazione del problema, ma, nella soluzione,
sensibile, colgono, con un procedimento che è procede oltre Socrate, ancora una volta sulla
insieme «discorsivo» e «intuitivo», le pure base dei risultati della «seconda navigazione».
idee, i loro nessi positivi e negativi, cioè tutti i Le trattazioni platoniche dell’amicizia (filiva)
loro legami di implicanza e di escludenza, e ri- e dell’amore (e[rw") da alcuni sono fuse insie-
salgono da idea a idea, fino al coglimento del- me, ma ciò è errato, perché esse, pur avendo
la suprema idea – che è il principio primo e su- molto in comune, non coincidono, e vanno
premo, ossia il bene/uno – e quindi dell’incon- quindi distinte. Nella greca philía prevale l’ele-
dizionato. Questo procedimento per cui l’in- mento razionale, o per lo meno non gioca un
telletto prima passa dal sensibile all’intelligi- ruolo determinante quella passione e quella
bile, e poi trascorre da idea a idea è la «dialet- «divina mania» che è invece caratteristica pe-
tica». culiare di Eros, ed è per questo che Platone
La dialettica ha due forme particolari median- studia, separatamente, la prima nel Liside e il
te le quali opera. 1) C’è, in primo luogo, una secondo nel Simposio, nonché nel grande di-
dialettica «ascensiva», che è quella che libera scorso centrale del Fedro.
dai sensi e dal sensibile, porta alle idee e poi, Al di là delle aporie di cui è disseminato il Li-
da idea a idea, alla suprema idea con procedi- side, si ricava, con una certa chiarezza, quanto
mento sinottico (che via via abbraccia la mol- segue. L’amicizia non nasce né fra «simili» né
teplicità nell’unità). 2) In secondo luogo c’è fra «dissimili»; l’amicizia non nasce fra buono
una dialettica «discensiva», la quale, com- e buono né fra cattivo e buono (o fra buono e
piendo il cammino opposto, parte dall’idea cattivo), e meno che mai fra cattivo e cattivo. È
suprema, o da idee generali (da «metaidee») e, piuttosto l’«intermedio» (il «né-buono-né-cat-
procedendo per divisione (procedimento diai- tivo») che è amico del buono. E l’«intermedio»
retico), cioè distinguendo via via idee particola- è amico del buono a causa del male che c’è in
ri contenute nelle generali sulla base delle ar- lui (naturalmente deve trattarsi di un male che
ticolazioni in cui si esplicano, giunge alle idee non condizioni interamente l’intermedio), e a
che non includono in sé ulteriori idee. In que- causa del desiderio del bene, che gli manca,
sto modo la dialettica discensiva perviene a ma che in qualche modo gli è proprio, essendo
stabilire il posto che una data idea occupa nella appunto intermedio.
struttura gerarchica del mondo ideale, e perciò L’intermedio può essere definito, oltre che co-
giunge a comprendere la complessa trama di me ciò che non è né cattivo né buono, anche
rapporti che collega le parti e il tutto (cfr. Re- come ciò che è, insieme, e cattivo e buono. Ma
pubblica, VII, 533 c ss.; Fedro, 265 e ss.; Sofista, l’amicizia per Platone non si svolge in senso
253 d ss.; Filebo, 15 d, passim). puramente e semplicemente «orizzontale»,
6. La cifra emblematica della dialettica platonica. per così dire, ma soprattutto si erge in senso
– La cifra emblematica della dialettica platoni- «verticale», ossia nella dimensione della tra-
ca possiamo riassumerla nel modo seguente: scendenza. Ciò che noi cerchiamo nelle umane
dal sensibile porta all’intelligibile (dal piano amicizie rimanda sempre a qualcosa di ulteriore:
fisico al metafisico), raccogliendo la moltepli- ogni amicizia assume un senso solo in funzio-
cità del sensibile a vari livelli nelle unità ne di un «primo amico», che coincide con il
dell’intelligibile, ossia nelle idee (primo livello bene supremo (Liside, 219 c-d).
della «seconda navigazione»); quindi percorre 2. Eros come fruizione spirituale del bello in di-
in tutti i sensi la molteplicità di struttura pira- mensione ontologica e assiologica. – Secondo Pla-
midale degli intelligibili, cogliendo in tutti i tone, la fruizione del bello non ha luogo me-
sensi l’unità-nella-molteplicità (e, per conver- diante l’«arte», ossia in quelle dimensioni che
so, l’esplicarsi dell’unità nella molteplicità), oggi diremmo di carattere «estetico». Infatti, i
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che rinchiudere negli orizzonti delle piccole glie questo bello e con esso si unisce in una
cose umane e mortali; occorre guadagnare forma di unio mystica.
quell’influsso divino che proviene dall’ispira- La grandiosa pagina del finale del discorso
zione erotica con giusta temperanza. Eros vie- messo in bocca alla sacerdotessa Diotima di
ne presentato da Platone anche come quella Mantinea (ibi, 211 d - 212 c) e certe espressioni
forza che tramite la visione del bello nell’ama- come: «È questo il momento della vita che più
to ridà le ali e fa volare l’anima verso l’assoluto di ogni altro è degno di essere vissuto da un
(Fedro, 255 c ss.). uomo, quando contempla il bello in sé», e in
6. I cinque gradi della bellezza e «la scala di Eros». particolare: «Contemplarlo solo e stare insie-
– La via erotica che porta alla visione e alla me a lui (qea'sqai movnon kai; sunei'nai)» e «con-
fruizione del bello assoluto, è stata espressa templare e rimanere unito a esso (qewmevnou kai;
da Platone con la grandiosa metafora della sunovnto" aujtw/')» – anticipano quella che sarà
«scala di Eros», costituita da cinque gradini chiamata «esperienza mistica».
che bisogna percorrere (Simposio, 210 a - 212 a). VII. CONCEZIONE DELL’UOMO, DELLA SUA VITA MORA-
1) Il primo gradino della scala dell’Eros consi- LE E DEI SUOI DESTINI. – 1. L’antitesi fra l’anima e il
ste nell’amore per la «bellezza che è nei corpi». corpo e concezione «dualistica» dell’uomo. – So-
Esso consiste non tanto nel piacere legato al pra abbiamo visto in che senso il «dualismo»
sesso, quanto nella ricerca di quella emozione metafisico di Platone sia da intendere in modo
(di quell’«urto metafisico», potremmo dire) corretto, e significhi, sostanzialmente, che il
che produce la visione e la fruizione della bel- sensibile si spiega solo supponendo l’esisten-
lezza, già a partire da quella che si manifesta za di realtà soprasensibili. Ben diversa è la po-
nei corpi. sizione assunta da Platone a proposito della
2) Ma l’uomo – come abbiamo visto – non è il concezione dell’uomo: in questo ambito il
suo corpo, bensì la sua anima. Pertanto, la «dualismo» acquista una rilevanza e una por-
«vera bellezza» dell’uomo non è quella del suo tata assai più forti; il «dualismo metafisico» si
corpo, bensì quella della sua anima: la prima è congiunge a un «dualismo religioso-misterio-
l’«apparenza del bello», la seconda è la «vera sofico orfico», con tutta una serie di conse-
bellezza dell’uomo». guenze, come ora vedremo.
3) Sul terzo gradino si collocano le creazioni Suonano in modo emblematico le immagini
dell’anima che, nella bellezza, produce «figli del corpo come tomba e come prigione o guscio
spirituali» come quelli che Licurgo lasciò a d’ostrica. Nel Gorgia si dice che «il corpo (soma)
Sparta e Solone ad Atene. Questa bellezza è per noi una tomba (sema)» (493 a). Nel Cra-
consiste in quell’«armonia» e in quella «giusta tilo viene spiegato come segue: «Alcuni chia-
misura» da cui deriva la «virtù», e in particola- mano il corpo (soma) tomba (sema) dell’anima,
re la temperanza e la giustizia su cui si basano come se essa vi si trovasse sepolta nella vita
gli stati ben ordinati. presente» (400 c). Nel Fedone, facendo espres-
4) Il quarto grado consiste nelle scienze e nella so richiamo ai «misteri», si dice: «Noi uomini
bellezza che è loro propria. Le scienze, con al siamo come chiusi in una custodia» (62 b). E
vertice quelle matematiche, dischiudono a lar- nel Fedro si ribadisce che, mentre prima le no-
go raggio l’«ordine», il «definito» e la «giusta stre anime erano semplici, beate e in pura lu-
misura», che sono connotati essenziali del ce, e quindi eravamo «puri e non tumulati in
bello. questo sepolcro che ora ci portiamo appresso
5) Il quinto e supremo grado coincide con la e che chiamiamo corpo, imprigionati in esso
«visione del bello in sé», ossia con quel mo- come l’ostrica» (250 c).
mento in cui il bello si manifesta. Il «bello» Naturalmente queste sono immagini voluta-
non è se non il «bene» che si manifesta. Di con- mente urtanti e provocatorie, ma sono espres-
seguenza, la salita mediante la «scala di Eros» sioni di un pensiero ben preciso: il più grande
al «bello assoluto» coincide con la salita della male di cui soffre l’anima deriva dal corpo (cfr.
dialettica, la quale parte appunto dalle cose Fedone, 82 d - 83 e). E anche nella Repubblica
sensibili per giungere alle forme e alle idee, e Platone presenta una immagine dell’anima
– passando proprio attraverso le scienze mate- nel corpo incrostata di infiniti mali come il dio
matiche – giunge alla visione del «bene asso- Glauco incrostato da conchiglie, alghe e pietre
luto» che è «l’uno», che è «misura suprema di e quindi non riconoscibile nella sua vera for-
tutte le cose». E l’Eros al suo più alto grado co- ma, con straordinari tocchi poetici (611 d - 612
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narici adunche, bianco a vedersi e con gli occhi tutto nel suo significato religioso, assunto in
neri, amante di gloria con temperanza e con particolare nel pensiero cristiano. Con «virtù»
pudore e amico di retta opinione, non richiede si traduce il termine greco areté. Ma nel pensie-
la frusta e lo si guida soltanto con il segnale di ro ellenico in generale questo termine ha un
comando e con la parola». L’altro cavallo, sim- significato assai più vasto, e in particolare in
bolo della forza concupiscibile, «è invece stor- Platone si impone addirittura come un concet-
to, grosso, mal formato, di dura cervice e di to base della sua ontologia, e non lo si intende
collo massiccio, di naso schiacciato, di pelo se non ricostruendo l’area semantica che rico-
nero, di occhi grigi, iniettati di sangue, amico pre. Il concetto greco di virtù (areté) si estende
della protervia e dell’impostura, villoso intor- a tutta quanta la realtà, e quindi dalle cose più
no alle orecchie, sordo, a stento ubbidisce a piccole a quelle più grandi e anzi al cosmo nel
una frusta fornita di pungoli» (253 d-e). suo complesso (cfr. Gorgia, 506 d - 507 a).
4. Precisazioni concettuali sulla struttura ontolo- Nella Repubblica viene ribadito lo stesso con-
gica dell’anima contenute nel «Timeo». – L’ani- cetto in modo marcato: virtù come ordine, pro-
ma è creata dal demiurgo stesso, nel modo porzione, armonia, giusta misura. Essa è l’at-
che segue. In primo luogo, opera una «mesco- tuazione nelle cose in generale e nell’anima in
lanza» di opposte idee, quelle dell’essere, particolare del bene, che, come abbiamo visto,
dell’identità e della differenza «indivisibili» e è l’uno, misura suprema di tutte le cose (Re-
quelle corrispondenti «divisibili», e ottenendo pubblica, IV, 443 c-e). Mediante la virtù l’uomo
in tal modo le idee di essere, identità e differenza realizza in pienezza la natura che le è propria,
«intermedie». Ulteriormente «mescola» le tre e quindi è vero uomo, e di conseguenza riceve-
idee intermedie, in modo da formare un’idea rà un premio adeguato nell’aldilà, mentre il vi-
unitaria derivante da queste tre realtà, e strut- zioso verrà punito in conformità a ciò che ha
turando questa mescolanza secondo rapporti fatto.
numerici armonici in modo conveniente (Ti- 6. La complessa problematica della «metempsico-
meo, 34 b ss.). si». – La concezione di Platone dell’aldilà,
Come ogni forma di essere l’anima ha quindi espressa per la prima volta nel Gorgia (523 a
una struttura bipolare, ma in modo speciale, ss.), è di per sé chiara e lineare. Essa si intrec-
ossia duplice. Infatti l’anima è, come gli enti cia però con la dottrina orfico-pitagorica della
matematici, intermedia-mediatrice fra il mon- «metempsicosi», senza però combaciare con
do intelligibile e quello sensibile. Si spiega in essa in modo perfetto, con notevoli variazioni
tal modo per quali ragioni, a partire dal Fedone, nel Fedone, nella Repubblica e nel Fedro.
Platone affermi che l’essere dell’anima non è Intanto, è bene rilevare che la dottrina della
identico all’essere delle idee, bensì congenere «reincarnazione delle anime» in Platone assu-
e simile ad esso, ossia analogo ad esso. L’ani- me due forme e due significati piuttosto diver-
ma, in qualche modo rispecchia l’intera realtà si fra loro. La prima forma è quella che ci viene
ed è esattamente quello che i filosofi platonici presentata in modo dettagliato nel Fedone, do-
del Rinascimento diranno: copula mundi. ve si dice che le anime che hanno vissuto una
Non solo l’anima in generale, ma anche quella vita eccessivamente legata ai corpi, alle pas-
razionale, nella Repubblica è considerata un sioni, agli amori e ai godimenti, non riescono
«composto di molti» e una «bellissima sinte- a separarsi, con la morte, interamente dal cor-
si» (Repubblica, X, 611 b 5-6). Le anime concu- poreo, diventato a esse connaturato. Di conse-
piscibili e quelle irascibili non sono se non guenza, queste anime vagolano per un certo
una esplicazione, nella dimensione del sensi- tempo, per paura dell’Ade, attorno ai sepolcri
bile, di forze contenute nel modello originario come fantasmi, fino a che, attratte dal deside-
dell’anima quando essa si unisce ai corpi, os- rio del corporeo, non si leghino nuovamente ai
sia, come Platone dice espressamente, sono corpi e non solo di uomini ma anche di anima-
«condizioni e forme che l’anima assume nella li, in conformità alla bassezza del tenore di vita
vita umana», ossia nella vita terrena (ibi, X, morale tenuto nella precedente vita (Fedone,
612 a), e sono mortali, come si dice nel Timeo 81 c - 82 c).
(69 c ss.). Nella Repubblica (X, 614 a - 621 d) Platone par-
5. La virtù come un portare ordine nel disordine, la di un secondo genere di «reincarnazione
unità nella molteplicità, e attuare la giusta misu- delle anime», notevolmente diverso da que-
ra. – L’uomo moderno intende «virtù» soprat- sto. Le anime sono in numero limitato, sicché,
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ta Platone si era occupato di politica (W. Jae- 3. Le tre classi sociali dello stato ideale e loro signi-
ger, Paideia: la formazione dell’uomo greco, tr. it. ficato. – Alla prima classe, quella dei contadini,
di L. Emery e A. Setti, Milano 2003). artigiani e mercanti, è concesso il possesso di
Tutta l’opera di Platone «filosofo» vuol essere, beni e di ricchezze (non troppe, ma nemmeno
insieme, di «politico» nel senso ideale. D’altra troppo poche). Invece ai difensori dello stato
parte, oltre alle sue esperienze siciliane, i titoli non sarà concesso alcun possesso di beni e di
stessi delle opere che seguiranno il Gorgia lo ricchezze; essi avranno abitazioni e mense co-
confermano: il capolavoro centrale del pensie- muni e riceveranno i viveri dagli altri cittadini
ro platonico è la Repubblica, a mezzo dei dialo- come compenso della loro attività.
ghi dialettici si colloca il Politico, l’ultima vasta Questa limitazione si rende necessaria per il
opera cui Platone lavorò negli anni della vec- superiore bene e per la felicità dello stato: nel-
chiaia sono le Leggi. lo stato perfetto, infatti, non può essere parti-
2. Perché e come nasce lo stato. – Nella Repubblica colarmente felice una classe soltanto, in quan-
(II, 369 ss.) Platone dimostra le ragioni per cui to per l’equilibrata felicità dello stato nella sua
lo stato è necessario. Ciascuno di noi non è interezza ogni classe deve partecipare alla feli-
«autarchico», ossia non basta a se medesimo. cità solo per quel tanto che consente la natura.
Il cespite dello stato è dunque il nostro biso- I custodi, inoltre, dovranno vigilare che nello
gno. E i nostri bisogni sono molteplici, e di stato così costruito non si introducano muta-
conseguenza ciascuno di noi necessita non già menti né eccessi di vario genere, che lo porte-
di uno o di pochi, ma di molti altri uomini che rebbero in rovina (ibi, IV, 419 a ss.).
provvedano a questi bisogni. Nascono così le 4. Natura, valore e importanza della giustizia. –
differenti professioni, che solo uomini diversi Senza la giustizia non c’è lo stato. Bisogna
possono adeguatamente esercitare. Ciascun quindi stabilire che cosa essa sia. Per fare que-
uomo, infatti, non nasce del tutto simile agli sto, è necessario determinare le quattro virtù
altri, bensì con differenze naturali e, quindi, at- fondamentali: oltre la «giustizia», anche la
to a fare lavori differenti. «sapienza», la «fortezza» e la «temperanza».
Ma lo stato, oltre che della classe addetta alle Lo stato perfetto possiede la «sapienza»
professioni di pace, che mirano a soddisfare (soqiva) perché ha «buon consiglio» (eujbouliva),
gli essenziali bisogni della vita, ha pure biso- che è una «scienza» (ejpisthvmh) diversa dalle
gno di una classe di «custodi» e di guerrieri. scienze e tecniche particolari, perché ha come
Infatti, col crescere dei bisogni, la città deve oggetto il corretto modo di comportarsi dello
annettersi nuovi territori o anche semplice- stato nei confronti di se stesso e nei confronti
mente difendersi da nemici. Costoro – per lo degli altri stati, ed è posseduta solamente dai
stesso principio sopra esposto –, al fine di po- custodi perfetti, ossia dai governanti. Lo stato
ter ben compiere la loro opera, dovranno esse- è dunque «sapiente» per la classe dei suoi go-
re dotati, innanzitutto, di un fisico adeguato e vernanti (ibi, IV, 428 b ss.).
di una «appropriata indole». Inoltre, se per la La «fortezza» o «coraggio» (ajndreiva) è la capa-
prima classe di cittadini non era necessaria cità di conservare con costanza l’«opinione
una speciale educazione, essendo le usuali retta» in materia di cose pericolose e non pe-
professioni agevoli da apprendere, per la clas- ricolose, senza lasciarsi vincere dai piaceri o
se dei custodi dello stato è indispensabile una dai dolori o dalle paure o dalle passioni. È
accuratissima educazione. La cultura (poesia e quindi la virtù propria soprattutto dei guerrie-
musica) e la ginnastica saranno gli strumenti ri, e, di conseguenza, lo stato è forte per la
più idonei per educare il corpo e l’anima del classe dei suoi guerrieri (ibi, IV, 429 a ss.).
custode (ibi, II, 373 b ss.). La «temperanza» (swfrosuvnh) è una specie di
Nell’ambito dei custodi, bisognerà distinguere «ordine», di «autodominio» o disciplina
quelli che dovranno ubbidire e quelli che do- (ejgkravteia) dei piaceri e dei desideri. Essa si
vranno comandare. Questi ultimi saranno i trova particolarmente nella terza classe di cit-
reggitori dello stato, e dovranno essere coloro tadini, ma non è esclusiva di essa e si estende
che maggiormente avranno amato la città e a tutto lo stato, facendo in modo che le classi
che per tutta la vita avranno compiuto con il inferiori si accordino completamente con le
maggior zelo l’utile e il bene di essa. Costoro, superiori, e quindi armonizzino perfettamente
come vedremo, sono i veri filosofi, i quali co- con esse. Lo stato temperante, dunque, è
stituiscono la terza classe (ibi, III, 412 b ss.). quello in cui i più deboli si accordano con i più
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ologico. Il divino diventa così, oltre che fonda- verni e le costituzioni «non provengono da una
mento dell’essere e del cosmo e della vita pri- quercia o da una rupe», bensì «dai costumi
vata degli uomini, anche il fondamento della morali che vi sono negli stati».
vita degli uomini in dimensione politica, il ve- Le forme corrotte di governo sono, in ordine,
ro cardine della polis (ibi, V, 500 b ss.). le seguenti: 1) la «timocrazia», che è una forma
8. L’educazione dei filosofi nello stato ideale e la di governo che poggia sul riconoscimento
«conoscenza massima». – In uno stato, quale è dell’onore (che in greco si dice appunto ti'mo",
quello vagheggiato da Platone, diventa della donde il nome timocrazia) quale supremo va-
massima importanza la selezione dei giovani lore (ibi, VIII, 545 d ss.); 2) l’«oligarchia», che è
dotati di autentica natura filosofica (ossia dei una forma di governo fondata sulla ricchezza
giovani in cui predomina la parte razionale del- intesa come supremo valore, e quindi gestita
l’anima sulle altre due) e la loro educazione. da quei pochi che detengono le ricchezze (ibi,
Per quanti sono destinati a diventare reggitori- VIII, 550 c ss.); 3) la «democrazia», che Platone
filosofi l’educazione ginnico-musicale, che ab- intende nel senso peggiorativo di demagogia
biamo visto stabilita per i custodi in generale, (ibi, VIII, 555 b ss.); 4) la «tirannide», che per il
non costituisce se non un momento prope- nostro filosofo rappresenta un vero flagello
deutico. Infatti, questo tipo di educazione è in dell’umanità (ibi, VIII, 560 e ss.).
grado di rendere l’uomo armonico e ben ordi- Solamente in uno stato ideale l’uomo raggiun-
nata la sua vita, ma non è in grado di portare ge la felicità, non solo sulla terra ma anche do-
alla conoscenza delle cause da cui dipendono po morte, ossia per sempre. Il grandioso mito
quell’ordine e quell’armonia. La meta escatologico di Er che chiude la Repubblica (X,
dell’educazione filosofica è proprio questa: 614 a ss.) esprime il senso ultimo della politica
giungere alla «conoscenza massima» (mevgi- platonica: la vera politica è quella che ci salva
ston mavqhma) del «bene in sé» (ibi, VI, 504 d non solo nel tempo ma per l’eterno.
ss.). La «lunga strada» (ibi, VI, 503 e - 504 e) Nella costruzione platonica dello stato ideale
che porta a tale conoscenza passa attraverso la vi sono indubbiamente aspetti e momenti
matematica, la geometria piana e solida, «utopici» e «mitici», ma non sono se non ele-
l’astronomia e la scienza dell’armonia: tutte menti drammaturgici di cui Platone si serve
queste scienze, infatti, costringono l’anima ad per esprimere una verità di fondo. La Repubbli-
avvalersi dell’intelligenza e la portano a con- ca esprime fondamentalmente – facendo uso
tatto con una parte dell’essere privilegiato (gli di mito e di utopia – un «ideale realizzabile»,
enti e le leggi matematico-geometriche). Ma il anche se storicamente lo stato perfetto non
tratto di gran lunga più impegnativo e arduo esiste. Lo stato ideale è realizzabile nell’«inte-
della lunga strada è costituito dalla dialettica, riore dell’uomo», nella sua anima. Se il vero sta-
con cui l’anima si scioglie completamente dal to non esiste «fuori di noi», lo possiamo tutta-
sensibile per raggiungere l’essere puro delle via costruire «in noi stessi», seguendo nel no-
idee, e, procedendo attraverso le idee, giunge stro intimo la vera politica (ibi, IX, 591 c - 592
alla visione del bene (ibi, VI e VII, passim). b; cfr. W. Jaeger, Paideia, pp. 1309-1310).
9. Le quattro forme di stato imperfette e corrotte. – 10. Il problema del «Politico». – Era tuttavia ne-
La costruzione dello stato perfetto e l’analisi cessario che Platone fornisse, oltre al modello
del tipo umano ad esso corrispondente voleva dello stato ideale, punti di riferimento più rea-
dimostrare che esiste una strutturale corri- listici, ossia indicazioni di costituzioni storica-
spondenza fra virtù e felicità, e che la seconda mente attuabili, e che quindi riproponesse la
non è se non il necessario effetto della prima. problematica politica con altra ottica. Per ri-
Platone nei libri ottavo e nono della Repubblica spondere a queste esigenze, Platone maturò il
fornisce una sorta di «controprova», proce- disegno dello «stato secondo», ossia dello
dendo all’analisi delle forme di costituzioni stato che viene dopo quello ideale: uno stato
degeneri e dei tipi umani ad esse corrispon- che tiene conto non solo del «come l’uomo
denti, al fine di dimostrare che, nella misura in deve essere», ma del «come egli effettivamen-
cui esse via via scadono in virtù, scadono altre- te è». Nacquero così il Politico e le Leggi.
sì in felicità. Tutta questa parte delle analisi Nel Politico, considerando gli uomini e gli stati
platoniche risulta sorretta dal principio della così come effettivamente sono, Platone si do-
perfetta corrispondenza fra l’anima e i costumi manda se sia meglio porre l’uomo di stato al di
dell’individuo e le istituzioni dello stato: i go- sopra della legge, o, viceversa, porre la legge
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Lachete, Liside, Ippia maggiore, Ippia minore, Menes- tón. Doctrinas no escritas. Antologia, Bilbao 1998. Si
seno; R. RADICE: Clitofonte, Repubblica, Crizia, Minos- vedano inoltre i testi basilari sulla storia degli effet-
se, Leggi, Epinomide, Lettere. Vi sono numerose tra- ti di Platone e del platonismo nell’antichità raccolti
duzioni di singoli dialoghi, di varia portata e valore, nell’imponente opera iniziata da H. Dörrie e prose-
le cui indicazioni si troveranno negli strumenti bi- guita da M. Baltes, Der Platonismus in der Antike.
bliografici sotto citati, in particolare in W. TOTOK, Grundlage - System - Entwicklung, che così si artico-
Handbuch der Geschichte der Philosophie, vol. I, nuova la. I: H. DÖRRIE, Die geschichtlichen Würzeln des Plato-
ed., Frankfurt am Main 19972, pp. 236-302 (con la nismus, Bausteine 1-35, testo, tr. ted. e commento,
letteratura critica afferente). Stuttgart - Bad Cannstatt 1987; II: H. DÖRRIE, Der hel-
II. LESSICI. – F. AST, Lexicon Platonicum sive vocum lenistiche Rahmen des kaiserzeitlichen Platonismus,
Platonicarum index, Leipzig 1835-1838, 3 voll., rist. Bausteine 36-72, testo, tr. ted. e commento a cura di
anast., Darmstadt 1956, 2 voll.; E. DES PLACES, Lexi- M. Baltes - A. Dörrie - F. Mann, Stuttgart - Bad Cann-
que de la langue philosophique et religieuse de Platon, statt 1990; III: H. DÖRRIE - M. BALTES, Der Platonismus
Paris 1964, 2 voll. I nomi di persona si troveranno in im 2. und 3. Jahrhundert nach Christus, Bausteine
J. ZÜRCHER, Lexicon Academicum, Paderborn 1954; L. 73–100, testo, tr. ted. e commento, Bad Cannstatt
BRANDWOOD, A Word Index to Plato, Leeds 1976. Su- 1993; IV: H. DÖRRIE - M. BALTES, Die philosophische
pera, ora, tutti i precedenti il seguente lessico pub- Lehre des Platonismus. Einige grundlegende Axiome -
blicato sia in edizione cartacea sia in edizione elet- Platonische Physik (im antiken Verständnis) I, Bauste-
tronica: R. RADICE - R. BOMBACIGNO, Plato, «Lexicon», ine 101-124, testo, tr. ted. e commento, Stuttgart -
vol. I, a cura di R. Radice, edizione elettronica a cura Bad Cannstatt 1996; V: H. DÖRRIE - M. BALTES, Die
di R. Bombacigno, Milano 2004. philosophische Lehre des Platonismus. Einige grund-
III. EDIZIONI E TRADUZIONI DELLE TESTIMONIANZE SULLE legende Axiome - Platonisce Physik (im antiken Ver-
«DOTTRINE NON SCRITTE» E SULLA STORIA DEGLI INFLUSSI DI ständnis) II, Bausteine 125-150, testo, tr. ted. e com-
PLATONE. – I testi sulle «dottrine non scritte» di Pla- mento, Stuttgart - Bad Cannstatt 1998; VI/1: H. DÖR-
tone sono stati editi da K. GAISER, Testimonia Plato- RIE - M. BALTES, Die philosophische Lehre des Platoni-
nica. Le antiche testimonianze sulle dottrine non scritte smus. Von der «Seele» als der Ursache aller sinnvollen
di Platone, introduzione e impostazione grafico-ti- Abläufe, Bausteine 151-168, testo, tr. ted. e com-
pografica di G. Reale, traduzione, indice e revisione mento, Stuttgart - Bad Cannstatt 2002; VI/2: H. DÖR-
dei testi di V. Cicero, Milano 1998 (ed. originale RIE - M. BALTES, Die philosophische Lehre des Platoni-
1963). Un’altra raccolta con diversa impostazione è smus. Von der «Seele» als der Ursache aller sinnvollen
quella di H. KRÄMER, Platone e i fondamenti della me- Abläufe, Bausteine 169–181, testo, tr. ted. e com-
tafisica. Saggio sulla teoria dei principi e sulle dottrine mento, Stuttgart - Bad Cannstatt 2002.
non scritte di Platone con una raccolta dei documenti IV. COMMENTARI E SCOLII ANTICHI. – Dei numerosi com-
fondamentali in edizione biligue e bibliografia, introdu- mentari scritti nell’antichità solo pochi sono giunti
zione e tr. it. di G. Reale, Milano 1982, 20016. Abbia- fino a noi. Ecco, in ordine alfabetico, gli autori di
mo tradotto anche la raccolta di Findlay (senza te- cui possediamo commentari platonici: ANONIMO ME-
sto greco a fronte): J.N. FINDLAY, Platone. Le dottrine DIOPLATONICO, CALCIDIO, DAMASCIO, ERMIA, GIAMBLICO,
scritte e non scritte. Con una raccolta delle testimonian- OLIMPIODORO, PROCLO. Si vedano, inoltre, per le anti-
ze antiche sulle dottrine non scritte, introduzione e tra- che introduzioni a Platone e per le antiche sintesi
duzione delle testimonianze antiche sulle dottrine non del suo pensiero che ci sono pervenute: ALBINO/AL-
scritte, tr. it. a cura di G. Reale, Milano 1994. Si veda CINOO, APULEIO, DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi, l. III.
inoltre M. ISNARDI PARENTE, Testimonia Platonica. Per Le indicazioni delle edizioni delle opere di questi
una raccolta dei principali passi della tradizione indiret- autori si troveranno negli strumenti bibliografici
ta riguardante i legovmena a[grafa dovgmata: le testi- sotto citati (cfr. in particoplare G. REALE, Storia della
monianze di Aristotele, «Atti della Accademia Nazio- filosofia greca e romana, vol. X, Milano 2004, sotto le
nale dei Lincei. Classe di Scienze Morali, Storiche e voci dei singoli autori citati). Per gli Scolii cfr. C.F.
Filologiche», serie IX, vol. VIII, fasc. 4, Roma 1997; HERMANN, Platonis Dialogi secundum Thrasylli tetralo-
M. ISNARDI PARENTE, Testimonia Platonica. Per una gias dispositi, «Bibliotheca Scriptorum Graecorum et
raccolta delle principali testimonianze sui legovmena Romanorum Teubneriana», Lipsiae 1851-53, 1877-
a[grafa dovgmata: testimonianze di età ellenistica e di 80, 1921-36, vol. VI, pp. 223-396; FR. DE FOREST ALLEN
età imperiale, «Atti della Accademia Nazionale dei - J. BURNET - C. POMEROY PARKER - G. CHASE GREENE,
Lincei. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filosofi- Scholia Platonica, Haverfordiae (Pennsylvania) 1938;
che», serie IX, vol. X, fasc. 1, Roma 1998. In francese M. CARBONARA NADDEI, Gli scoli greci al «Gorgia» di
si veda M.-D. RICHARD, L’Enseignement oral de Platon. Platone, Bologna 1976. I commenti moderni, le edi-
Une nouvelle interprétation du platonisme, prefazione zioni annotate e le analisi dei singoli scritti platoni-
di P. Hadot, Paris 1986, pp. 243-381 (nuova ed. ci sono innumerevoli. È da tener presente che, talo-
2006). In spagnolo si veda J.R. ARANA MARCOS, Pla- ra, i commentari sono annessi alle edizioni del te-
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