Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
362 visualizzazioni15 pagine

Storia Medievale Riassunto

L'Italia nell'Alto Medioevo fu caratterizzata dalla separazione tra Impero d'Oriente e Occidente. Giustiniano cercò di riunificare l'Impero sotto Bisanzio conquistando l'Africa e l'Italia, ma i Longobardi invasero l'Italia nel 568 fondando un regno con capitale a Pavia.
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato DOCX, PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
362 visualizzazioni15 pagine

Storia Medievale Riassunto

L'Italia nell'Alto Medioevo fu caratterizzata dalla separazione tra Impero d'Oriente e Occidente. Giustiniano cercò di riunificare l'Impero sotto Bisanzio conquistando l'Africa e l'Italia, ma i Longobardi invasero l'Italia nel 568 fondando un regno con capitale a Pavia.
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato DOCX, PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 15

L'Italia nell'alto Medioevo: dall’imperatore Giustiniano ai Longobardi.

Alla morte di Teodosio, nel 395 d. C., l'impero d'oriente e quello d'occidente si separarono definitivamente.
Rispetto alla parte occidentale, l'impero d'Oriente era più popolato, più organizzato, comprendeva territori più ricchi,
come l'Egitto e l'Asia, ed era talmente forte militarmente da poter resistere alle invasioni barbariche . In Oriente,
inoltre, nessuno metteva in discussione la divinità e l'autorità dell'imperatore che controllava anche la Chiesa.
Nel 527 divenne imperatore d’oriente un grande personaggio, di nome Giustiniano, che si pose l'obiettivo di
riunificare di nuovo l'impero romano sotto un unico imperatore. Per rendere unito l'impero, era necessaria una
religione unica e per questo motivo Giustiniano perseguitò con durezza sia le eresie cristiane sia i residui di
paganesimo, chiudendo la scuola di Atene, fondata da Platone, e bruciando molti libri pagani.
Nei primi anni dell’impero Giustiniano fu costretto a sedare una violenta rivolta, provocata dal forte aumento
delle tasse. Dopo aver riportato la calma, nel 532 firmò una pace con il potente impero Sasanide. In seguito,
approfittando di un periodo di tranquillità con i barbari, Giustiniano cominciò a mettere in atto il suo ambizioso
programma di riunire l’impero romano. In questo suo progetto fu aiutato da un grande generale, di nome Belisario,
che nel 533, in poche settimane sconfisse i Vandali e riconquistò il nord Africa, la Sardegna e la Corsica.
Approfittando del caos che si era creato in Italia con la morte di Teodorico e con l'uccisione di sua figlia
Amalasunta, dopo l'Africa Giustiniano sottrasse ai Goti anche l'Italia. Nel 535 Belisario sbarcò in Sicilia e la
conquistò facilmente; poi risalì la penisola ma arrivò a Ravenna soltanto nel 540. La conquista dell'Italia non fu veloce
come quella del nord Africa e infatti la guerra tra i Bizantini e i Goti – guerra “Greco-gotica” – fu molto lunga e
sanguinosa.
Spaventata e invidiosa dei successi di Belisario, però, la nobiltà bizantina fece di tutto per screditarlo agli occhi di
Giustiniano che alla fine si fece convincere e lo richiamò a Costantinopoli. Approfittando dell'assenza di Belisario, i
Goti si ripresero tutte le conquiste italiane, compresa Roma. A quel punto Giustiniano fu costretto a rimandarlo in
Italia ma la guerra andò ugualmente a rilento anche per via della peste. Alla fine le truppe bizantine riuscirono a
riprendere il controllo della penisola italiana soltanto nel 553. L’Italia, percorsa in lungo e in largo da eserciti stranieri,
ne uscì distrutta, spopolata e profondamente impoverita; addirittura fu costretta a pagare forti tasse per ripianare i costi
della guerra. Alla fine Giustiniano nel 554 annunziò la riunificazione dell’impero romano. Affidò l'Italia ad un Esarca,
una specie di governatore, con sede a Ravenna dalla quale si poteva facilmente raggiungere Costantinopoli. L'Esarca
divise i territori in ducati e affidò l'amministrazione ai duchi che piano piano divennero molto potenti.
Il progetto di Giustiniano però era ormai anacronistico, oltre che costoso da gestire e difficile da difendere. Nel
frattempo, a complicare ancor di più la situazione, ripresero le scorrerie degli Unni e finì la tregua con l’impero
Sasanide.
Oltre al tentativo di riformare l’impero romano, Giustiniano – grazie al grande giurista Triboniano – passò alla
storia per il Corpus iuris civilis, un'opera che ebbe il grande merito di sistemare e raccogliere tutte le migliori leggi del
diritto romano. Se tutto il mondo ancora oggi conosce e studia il diritto romano è proprio grazie all’opera di
Giustiniano, altrimenti molte leggi sarebbero andate perdute.
Alla morte di Giustiniano, nel 565, l'impero visse un periodo di profonda crisi sia perché le guerre avevano
prosciugato le finanze statali sia perché era arrivata un'altra popolazione che aveva occupato parte del nord Italia, i
Longobardi. I Longobardi erano dei guerrieri seminomadi che provenivano dalla Scandinavia e dal I secolo a. C. in
poi erano scesi verso sud. Nel 526 si stabilirono in Pannonia, l'attuale Ungheria, e nel 568, guidati dal re Alboino, si
diressero verso l'Italia, soprattutto a causa della pressione degli Unni. Quando arrivarono, trovarono la penisola
distrutta dalla guerra, spopolata dalla peste e impoverita dalle tasse. Nel giro di tre anni i Longobardi riuscirono a
cacciare i Bizantini da gran parte dell'Italia, fondando un regno con capitale Pavia. In seguito alcuni nobili longobardi
si spostarono verso sud e fondarono i ducati di Spoleto e di Benevento. L'espansione longobarda si arrestò perché il re
Alboino fu ucciso da sua moglie Rosmunda.
Lo stanziamento dei Longobardi in Italia fu una vera e propria frattura, peggiore di quella del 476. Sin dal III
secolo a. C. l'Italia era sempre stata unita dal punto di vista territoriale: ora invece c'erano due potenze a contendersela
(rimase divisa fino al 1861). Inoltre i popoli precedenti, come i Goti, conoscevano e stimavano il mondo romano, i
Longobardi invece non avevano quasi mai avuto contatti con il mondo latino e per questo si mostrarono molto duri,
saccheggiarono e distrussero. Le strade romane furono abbandonate, i commerci si bloccarono e l'agricoltura decadde.
Alcuni romani, scappando dai saccheggi dei Longobardi, si rifugiarono nella laguna veneta e fondarono Venezia.
Col passare del tempo i guerrieri seminomadi Longobardi si trasformarono in un popolo pacifico e commerciante:
si convertirono al cattolicesimo, anche se forzatamente, e permisero i matrimoni misti . Simbolo di questa
trasformazione nel 643 fu l'Editto di Rotari, dal nome del re Rotari, che fece raccogliere e tradurre in latino tutte le
norme germaniche consuetudinarie, cioè orali: è la più completa raccolta di leggi dei regni romano-barbarici. Le pene
divennero più miti e il diritto di faida – lo scontro tra famiglie per risolvere un problema – fu vietato. Il re Liutprando
favorì anche un certo sviluppo economico e incoraggiò i contatti commerciali con l'Italia bizantina.

1
Nonostante la conversione, la chiesa di Roma non si fidava dei Longobardi perché credeva che volessero
impadronirsi del Lazio.
Oltre a non vedere i buon occhio i Longobardi, il papa era preoccupato anche dalla presenza dei Bizantini in
Italia, visto che gli imperatori orientali, così come facevano in Oriente, volevano controllare anche la Chiesa di Roma.
Alcune volte gli imperatori fecero addirittura arrestare i papi; Martino I, ad esempio, nel 653 fu deportato a
Costantinopoli e fu lasciato morire in carcere.
Nel 726 si aprì una disputa tra la Chiesa e l'imperatore d'Oriente, Leone III, che dichiarò l'Iconoclastia, cioè la
lotta contro tutte le immagini sacre. Secondo questa dottrina il culto delle icone, cioè statue e immagini sacre, poteva
sfociare nell'idolatria e quindi nel paganesimo. La distruzione delle raffigurazioni di Gesù e dei santi aveva anche
motivi politici, perché le icone più venerate arricchivano i monasteri, grazie alle donazioni dei pellegrini.
Distruggendo le icone, si indeboliva il potere dei monasteri e di conseguenza di tutta la Chiesa.
Chiaramente i Longobardi approfittarono dello scontro tra la Chiesa e i Bizantini e conquistarono alcuni territori
anche vicino Roma; il re Liutprando, però, nel 728, per non inimicarsi il papa, donò alcune terre alla Chiesa. Questa
donazione passa alla storia come la “Donazione di Sutri”, che può essere considerata il primo atto della fondazione
dello Stato della Chiesa.

La diffusione dell'Islam
Nell'Arabia preislamica vivevano alcune tribù nomadi, chiamate Beduini, specializzate nell'allevamento e nel
saccheggio. Vicino alle oasi, invece, si formarono alcune importanti città che vivevano di commercio grazie alle vie
carovaniere. La Mecca divenne la città più importante e più ricca della penisola arabica. Dal punto di vista religioso gli
Arabi erano politeisti e in particolare adoravano la Pietra nera, custodita a La Mecca, venerata con pellegrinaggi e
cerimonie sacre.
Maometto nacque a La Mecca intorno al 570 da una famiglia di mercanti di modeste condizioni. Rimase
orfano a sei anni e intorno al 595, dopo il matrimonio con una ricca vedova, visse una profonda crisi religiosa che lo
portò a ritirarsi e a dedicarsi alla preghiera. Nel 610, all'età di 40 anni, gli comparve l'arcangelo Gabriele che lo
incaricò di diffondere una religione rigidamente monoteista: in questo modo divenne l'ultimo profeta di Allah. In poco
tempo, attorno a lui, si radunò una grande comunità di fedeli, che furono chiamati Musulmani, cioè sottomessi alla
volontà di Dio. Le verità rivelate a Maometto furono scritte nel Corano, che vuol dire Predicazione. La sua
predicazione fu accolta soprattutto dagli umili ma infastidì la ricca comunità di mercanti, soprattutto perché Maometto
condannava gli idoli che richiamavano tanti pellegrini e ottimi affari. Visto che a La Mecca l'ostilità nei suoi confronti
cresceva sempre più, Maometto fu invitato dagli abitanti della città di Yàthrib, che fu chiamata Medina (città del
Profeta), secondo centro commerciale della penisola arabica.
Il 16 luglio 622 Maometto lasciò La Mecca e andò a Medina. Questa data si chiama Egira ed è considerata
l'anno zero per tutti i Musulmani del mondo (Egira vuol dire trasferimento): da quel momento in poi nasceva la
Umma, cioè una comunità unita dalla religione. A Medina Maometto divenne non solo un capo spirituale ma anche un
capo politico e militare. Nel 624 Maometto sconfisse i pagani nella battaglia di Badr e sei anni dopo, nel 630, ritornò a
La Mecca da trionfatore, al grido di Allah akbar: distrusse gli idoli, tranne la pietra nera, e impose la religione
musulmana. Infine morì nel 632.
Maometto in pochi anni era riuscito ad unificare sotto una sola religione la penisola araba, che per secoli era
rimasta divisa in tribù, guidate da uno sceicco. L'Islam indirizzò le secolari aspirazioni guerriere non più nei confronti
delle razzie, bensì verso l'espansione in nome di Dio.
Maometto non aveva dato indicazioni per la sua successione e quindi, quando morì, si aprì un aspro scontro.
Alcuni sostenevano che il successore doveva essere scelto tra coloro i quali lo avevano seguito dall'inizio della
predicazione, altri invece che il successore doveva essere il suo parente più prossimo, Alì, cugino e genero di
Maometto, perché aveva sposato la figlia del Profeta, Fatima. Vinse la prima fazione e il primo profeta fu Abu Bakr,
grande amico e suocero di Maometto. Da questo momento in poi, dal 632 al 661, l'Islam fu governato da quattro califfi
elettivi, chiamati ortodossi.
In questo periodo, l'Islam sottrasse vasti territori all'impero bizantino e fece crollare del tutto l'impero persiano
sasanide. Nelle terre conquistate – Siria, Egitto, Palestina e Iran – i musulmani furono accolti bene, perché
abbassarono le tasse e lasciarono la libertà di religione ai Dhimmi, cioé ai cristiani e agli ebrei, perché facevano parte
delle religioni rivelate. Invece con i pagani si dimostrarono molto duri. I Dhimmi, oltre a pagare una tassa in più,
chiamata Jizia, non potevano sposare una donna musulmana, testimoniare nei tribunali, portare armi e arruolarsi
nell'esercito.
Il quarto e ultimo profeta fu il genero di Maometto, Alì, ma un'importante famiglia di La Mecca, gli
Omayyadi, si ribellò ad Alì e fece scoppiare una lunga guerra civile che si concluse nel 661 con la morte di Alì. La
dinastia omayyade si trasferì a Damasco, creò un forte stato monarchico, rese ereditario il califfato e promosse una

2
grande campagna di conquista. Chi stava dalla parte di Alì e chiedeva che il successore di Maometto fosse uno dei
membri della famiglia del Profeta, fu chiamato Sciita (oggi gli Sciiti sono il 10% dei musulmani, soprattutto in Iran).
Sotto la dinastia degli Omayyadi, nel 674, i musulmani arrivarono persino a porre d'assedio alla città di
Costantinopoli, senza successo però. Nel 711 una spedizione arabo-berbera sottrasse la penisola iberica ai visigoti e
nel 719 oltrepassarono i Pirenei e occuparono la Francia del sud. L'avanzata dei Musulmani nel cuore d'Europa fu
bloccata soltanto nel 732 dai Franchi di Carlo Martello nella famosa battaglia di Poitiers.
L'eccessiva espansione territoriale, l'esasperato accentramento monarchico e gli scontri tra sunniti e sciiti
portarono alla decadenza della dinastia Omayyade che, nel 750, fu abbattuta da una rivolta capeggiata dalla dinastia
degli Abbasidi, il cui califfo discendeva da uno zio di Maometto. Quasi tutti i membri della dinastia omayyade furono
sterminati, tranne l'ultimo erede, che riuscì a fuggire in Spagna e a fondare l'emirato di Cordova. Superata la grave
crisi politica, la nuova dinastia fondò Baghdad che in pochi anni divenne una metropoli. Il califfo Abbaside comprese
che i domini erano troppo vasti e decise di sospendere l'aggressiva campagna di espansione promossa dagli Omayyadi:
le uniche conquiste in questo periodo furono Creta e la Sicilia. Grazie alla conquista della Sicilia e alla grande civiltà
abbaside, nell'827, Palermo divenne la città più bella dell'occidente e si inserì nei ricchi traffici commerciali
musulmani.
Dalla metà del X secolo in poi, però, nel mondo musulmano si diffusero i primi segnali di crisi e di
frantumazione politica. I domini islamici si divisero in tre califfati: il califfato abbaside di Baghdad, sunnita; il potente
califfato fatimida con sede a Il Cairo, sciita, e il califfato di Cordova, in Spagna. Inoltre agli inizi dell'XI secolo nei
mari stava crescendo il potere politico-commerciale delle città marinare, come Venezia, Pisa e Genova, e il papato
cominciava ad assumere un ruolo importante nella lotta contro la religione islamica . Addirittura nel 1034 Pisa andò
fino in Africa ad insidiare i possedimenti islamici e, insieme a Genova, cacciò i pirati musulmani da tutto il
Mediterraneo nord occidentale. I pisani, nel 1063, alleati dei normanni, attaccarono il porto di Palermo e
saccheggiarono numerose navi musulmane. Gli abbasidi non riuscirono a fronteggiare tali minacce e decaddero
velocemente; i turchi Selgiuchidi, infatti, nel 1055, occuparono Baghdad e piano piano ridussero drasticamente i
domini abbasidi.

Il Feudalesimo e Carlo Magno


Tra i regni romano-barbarici quello che ha inciso maggiormente nella storia d'Europa è il regno dei Franchi. Il re
Clodoveo, (482-511) della dinastia dei Merovingi, riuscì a creare un popolo nuovo – soprattutto grazie ai matrimoni
misti – a portare avanti una politica di espansione ai danni dei Burgundi e dei Visigoti e soprattutto ad ottenere un
potente alleato, come il papa, grazie alla conversione al Cristianesimo. In questo modo riuscì ad unificare tutta la
Gallia, da allora in poi chiamata Francia.
Alla morte di Clodoveo, nel 511, il regno fu diviso tra i suoi quattro figli maschi. Questi regni però, erano più
piccoli e più deboli e di conseguenza furono governati dalla nobiltà che tenne per sé la carica di “Maestro di palazzo”,
considerato il più importante tra i funzionari pubblici, una specie di primo ministro. I “Maestri di palazzo” gestivano i
vasti possedimenti del re e, visto che i sovrani – definiti “Re fannulloni” – non si interessavano alla gestione del regno,
i Maestri di palazzo aumentarono enormemente il loro potere.
In uno di questi regni, la carica di Maestro di palazzo fu tenuta da Carlo Martello (690-741), della famiglia dei
Pipinidi, che completò la conquista di tutti gli altri regni, già cominciata da suo padre Pipino. Dopo aver riunificato
tutta la Francia, di fatto divenne più importante del re. Il nome di Carlo Martello è legato alla celebre vittoria di
Poitiers, nel 732, nella quale i Franchi bloccarono l'avanzata musulmana in Europa. Carlo Martello inoltre fece
un'importante alleanza con la Chiesa di Roma e riuscì a tenere a bada l'aristocrazia con ampie donazioni di terre,
tramite un vincolo che fu chiamato “ Vassallatico”. In questo legame, tipico della tradizione germanica, i giovani
soldati giuravano fedeltà al loro capo e al sovrano.
Anche se non era re, prima di morire, Carlo Martello divise i suoi vasti territori tra i suoi due figli, Carlomanno e
Pipino detto il breve. Pipino (714-768), però, ben presto riuscì a costringere suo fratello Carlomanno a farsi monaco e
a governare da solo. Nonostante il potere accumulato, Pipino era ancora maestro di palazzo, visto che il re era
Childerico III, ultimo discendente dei Merovingi. Pipino, invece di detronizzare il re e prendere il suo posto, per non
fare arrabbiare la nobiltà franca, chiese aiuto al papa, unica autorità europea riconosciuta da tutti . Nel 750, il papa
Zaccaria, alla ricerca di un difensore, affermò che il potere spettava a chi lo esercitava sul popolo. Pipino, quindi, con
l'appoggio della Chiesa, convocò un'assemblea di nobili e depose il re. L'anno successivo fu incoronato ufficialmente
re.
Nel frattempo i Longobardi, che non sapevano dell'accordo tra il papa e i Franchi, ripresero le ostilità contro i
bizantini e minacciarono Roma. Nel 754 il papa Stefano II si recò in Francia per chiedere l'aiuto di Pipino e nel
frattempo lo incoronò personalmente. Pipino a quel punto scese in Italia, sconfisse i Longobardi, riprese Ravenna e
consegnò le terre conquistate al papa che ormai, dopo la Donazione di Liutprando e questa donazione, era a tutti gli
effetti un capo politico. Con il nuovo re Longobardo, di nome Desiderio, i Longobardi e i Franchi fecero la pace,
3
sancita dal matrimonio dei due figli di Pipino, Carlo e Carlomanno, con due figlie di Desiderio, Ermengarda e
Gerberga.
Pipino il breve morì nel 768 e il regno franco fu diviso tra i suoi due figli. Carlomanno però tre anni dopo morì
misteriosamente e, nonostante avesse figli maschi, i suoi possedimenti passarono a Carlo, detto “Magno”, che da quel
momento, fino all'814, governò da solo.
Carlo Magno per prima cosa decise di cacciare i Longobardi dall'Italia e per far questo, dopo aver ripudiato sua
moglie Ermengarda, nel 773 scese in Italia, cacciò i Longobardi e si impossessò di buona parte dell'Italia del nord.
L'espansionismo franco non si fermò ai Longobardi e infatti Carlo Magno dichiarò guerra ai Sassoni (Germania)
e ai Frisoni (Olanda) che furono costretti a convertirsi al cristianesimo con metodi ferocissimi, come le deportazioni di
massa. Carlo Magno provò a spingersi anche in Spagna, ma fu sconfitto pesantemente dagli Arabi. L'esercito in ritirata
fu sconfitto dai baschi nella famosa “Rotta di Roncisvalle” che sta alla base dei poemi epici francesi, come la
“Chanson de Roland”.
Il regno franco di Carlo Magno era molto vasto e andava dall'Emilia alla Danimarca; era dai tempi di Giustiniano
che non si vedeva una cosa del genere: mancava soltanto una legittimazione ufficiale per far diventare Carlo simile
agli imperatori d'oriente. E l'occasione arrivò presto!
La nobiltà romana aveva da poco deposto papa Leone III, amico di Carlo Magno, che intervenne subito in sua
difesa, sconfisse i nobili e lo riportò in carica. Per ringraziarlo, il giorno di Natale dell'800 il papa incoronò Carlo
Magno imperatore del “Sacro romano impero” nella basilica di San Pietro . Gli imperatori d'oriente non la presero
bene perché si consideravano i soli eredi dell'impero romano, ma dovettero accettarlo. Anche se Carlo Magno si
considerava il continuatore della Roma imperiale, le differenze tra i due imperi erano tante: innanzi tutto l'impero
romano era un basato sul mare, quello carolingio sulla terra; inoltre la struttura burocratica dell'impero romano era
avanzata, invece l'impero carolingio non aveva nemmeno una corte. Carlo Magno in un secondo momento scelse
Aquisgrana come sede del suo impero e vi fece costruire un palazzo imperiale. Nonostante Carlo Magno fosse quasi
analfabeta, in questo palazzo accolse intellettuali e filosofi di ogni parte d'Europa e creò la “Scuola Palatina” che
riprese l'uso della lingua latina, potenziò gli Scriptoria, cioè dei luoghi dove si riproducevano i testi cristiani, e per
rendere più facile la scrittura, incoraggiò l'uso della minuscola carolina. Per questo motivo si può parlare di “Rinascita
culturale carolina”.
Oltre alla chiesa, Carlo Magno si assicurò la fedeltà della nobiltà che negli altri regno romanobarbarici era molto
irrequieta. Ciò fu reso possibile grazie ad un accordo personale tra il sovrano e il nobile sulla base di un legame
vassallatico fondato sulla fedeltà reciproca. Grazie a questo accordo un nobile, detto Vassallo, (una specie di
rappresentante del re) si metteva sotto la protezione del sovrano, gli giurava fedeltà e si impegnava a fornirgli aiuto in
caso di necessità. Il re, in cambio della fedeltà, concedeva un feudo, cioè un territorio, che il vassallo doveva gestire
solo temporaneamente, senza diventarne possessore. Lo scambio di questa promessa si chiamava Omaggio e veniva
fatto in una cerimonia nella quale il vassallo si inginocchiava davanti al signore e gli giuragli fedeltà: il legame era
sacro e quindi disattenderlo sarebbe stato un disonore.
Grazie a questo rapporto vassallatico, l'impero fu suddiviso in 250 contee, affidate ai conti che dovevano
riscuotere le imposte, amministrare la giustizia, gestire l'ordine pubblico e organizzare la difesa. Nelle zone di confine
furono create circoscrizioni più grandi, chiamate Marche, con compiti di difesa. Le zone più turbolente, come la
Sassonia, divennero circoscrizioni ancora più grandi chiamate Ducati. Conti, duchi e marchesi erano controllati dai
“Missi dominici” che per ordine di Carlo servegliavano il loro operato .
Carlo Magno nell'806 – in vita – divise il suo impero ai suoi tre figli maschi, Pipino, Carlo e Ludovico, ma Pipino
morì nell'810 e Carlo l'anno successivo. Quando Carlo Magno morì, nell'814, rimase in vita il solo Ludovico e quindi
non ci fu alcun problema di successione. Ludovico strinse ancor di più l'alleanza con la chiesa – per questo fu detto il
Pio – e proseguì la politica del padre. Anche lui, divise l'impero ai suoi tre figli (Lotario, Pipino e Ludovico II detto il
Germanico), mentre era in vita. La successione però si complicò, perché Pipino morì subito dopo e nel frattempo, da
un secondo matrimonio, era nato Carlo, detto il Calvo, che voleva una parte del Regno; i tre ovviamente litigarono e
cercarono addirittura di deporlo. Alla morte di Ludovico, nell'840, l'impero andò al primogenito, Lotario, l'Aquitania a
Carlo e la Baviera a Ludovico. Dopo tante lotte, Carlo e Ludovico nell'842 stipularono il giuramento di Strasburgo,
contro Lotario, e firmarono il Trattato di Verdun (843), la più antica testimonianza delle lingue volgari (francese e
tedesco). Secondo questo accordo, a Carlo il calvo andò il regno occidentale, l'odierna Francia; a Ludovico andò il
regno orientale, l'odierna Germania, e a Lotario l'impero vero e proprio, la parte di mezzo, dall'Olanda all'Italia del
nord.
Alcuni decenni dopo, nell'884, Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, riuscì a riunire di nuovo tutte le
tre parti dell'impero ma solo per poco tempo e nell'887 fu deposto.

Gli “Ottoni”

4
Tra la fine del IX e gli inizi del X secolo i regni di Germania, Francia e Italia furono scossi da una lunga serie
di scontri tra famiglie nobiliari che cercavano di impadronirsi del potere, senza che i re potessero bloccarle. Nel
frattempo, in quegli anni i regni europei furono scossi dai saccheggi dei pirati musulmani, che misero in allarme tutte
le città costiere, e dalle invasioni barbariche dei Normanni e degli Ungari che erano riusciti addirittura ad arrivare a
Parigi. Per difendersi dai saccheggi e dalle invasioni barbariche, molte persone scapparono dalle città e si trasferirono
nelle campagne dove sorsero dei castelli che sarebbero potuti resistere alle eventuali invasioni: questo fenomeno è
definito “Incastellamento”. Nei territori circostanti ai castelli, il signore si appropriò del diritto del prelievo fiscale e
della gestione della giustizia, che in teoria sarebbero spettati ai re.
Ad un certo punto i re decisero di tenere a bada la nobiltà, di cacciare i “Barbari” e di prendersi il potere.
Questo tentativo di rafforzamento del potere regio cominciò in Francia dove il re all'inizio controllava soltanto una
piccola parte tra la Senna e la Loira, con capitale Parigi. Infatti, nel 987, il nuovo re di Francia, Ugo Capeto, della
dinastia dei Capetingi, si pose l'obiettivo di indebolire la nobiltà e di ristabilire l'autorità del re.
Contemporaneamente, anche in Germania l'imperatore cercò di limitare il potere della nobiltà e di comandare
da solo. In Germania, nel 936, Ottone I detto “Il grande”, della dinastia dei duchi di Sassonia, fu incoronato re di
Germania ad Aquisgrana. Il suo ambizioso progetto era quello di indebolire la nobiltà con l'aiuto del papa. Per ottenere
l'appoggio della Chiesa, nominò i Vescovi suoi vassalli, attraverso un giuramento vassallatico, come se fossero dei
normali nobili. La mossa di far diventare i Vescovi anche Conti fu una mossa intelligente, perché i vescovi erano
tenuti al celibato e quindi non potevano avere figli legittimi; in questo modo, quando i vescovi morivano, i feudi
sarebbero ritornati nelle mani del re. Invece i nobili avrebbero tramandato i feudi ai loro figli e il re non avrebbe più
potuto controllare quelle terre. Ottone I fece anche di più. Visto che i vescovi erano suoi vassalli, e quindi gli
dovevano obbedienza, cominciò a nominare anche i vescovi – prerogativa che in realtà spettava al papa – facendo
cominciare lo scontro tra papa e imperatore.
In seguito, Ottone I, per riportare l'ordine, scese in Italia, sconfisse facilmente i nobili e si fece incoronare re
d'Italia. Subito dopo però dovette abbandonare in fretta la penisola a causa di un'invasione degli Ungari i quali furono
sconfitti definitivamente da Ottone nel 955. In seguito si spinse fino nel sud Italia per tentare di sottrarre territori agli
Arabi ma fu sconfitto.
Nel 962 Ottone I tornò di nuovo in Italia e si fece incoronare imperatore dal papa, rifondando l'impero
carolingio. La differenza con l'impero di Carlo Magno – entrambi considerati sacri per via dell'appoggio della Chiesa
– è che Carlo si servì dell'aiuto della nobiltà, Ottone invece dovette combattere le prepotenze dei nobili.
Per cercare di porre un freno alla crisi del papato – ognuno nominava un papa tutto suo – Ottone I fece una
legge chiamata “Privilegium Othonis” con la quale confermò tutte le donazioni fatte da Carlo Magno alla chiesa, ma
in cambio stabilì che l'elezione del papa, per essere valida, doveva essere accettata dall'imperatore. Era una mossa
molto furba perché avrebbe reso il papa inferiore all'imperatore. Al posto di questo privilegio, Ottone avrebbe difeso il
papato dalla violenta e avida nobiltà romana. Facendo valere questa sua prerogativa, nel 963, Ottone I depose il papa
in vigore e ne nominò uno nuovo. Riuscì a farsi riconoscere il titolo di imperatore anche dall'imperatore di Bisanzio;
l'accordo fu sigillato dalle nozze del figlio di Ottone I, Ottone II, con la principessa bizantina Teofano.
Alla morte di Ottone I, nel 973, gli successe il figlio Ottone II, che riprese i progetti di espansione nell'Italia
meridionale, già inaugurati dal padre, ma nel 982 fu sconfitto pesantemente dagli Arabi e morì l'anno dopo. A lui
successe il figlio Ottone III, che però all'epoca aveva solo tre anni, e l'impero fu retto dalla madre Teofano. Ottone III
fu incoronato imperatore soltanto nel 996, all'età di sedici anni. Dopo esser diventato imperatore, fece nominare papa
uno dei suoi precettori, stabilendo ancora una volta la superiorità dell'imperatore sul papa.
Ottone III si pose l'obiettivo di riformare l'impero e soprattutto di riportare Roma al centro d'Europa . Il suo
trasferimento a Roma, però, fece arrabbiare sia la nobiltà tedesca che quella romana; la nobiltà tedesca si sentì
abbandonata e pensò che il centro dell'impero non fosse più la Germania; la nobiltà romana invece non voleva un
imperatore potente tra i piedi altrimenti non avrebbe potuto fare di testa propria. Nel 1001 Ottone III fu costretto da
una rivolta ad abbandonare Roma e l'anno successivo morì di malattia, per la gioia dei nobili di mezza Europa. La
nobiltà tedesca assegnò la corona imperiale e il regno di Germania a Enrico II di Baviera.
Nel frattempo cominciò un profondo rinnovamento della Chiesa; in mezzo ad un clero e ad un papato corrotto ,
ignorante e violento, una parte della Chiesa si era interrogata su come riportare la Cristianità sulla retta via. Il punto di
partenza del rinnovamento furono i monasteri, come ad esempio quello di Cluny, fondato in Francia nel 910. I monaci
di Cluny si sottrassero dalla gerarchia del vescovo e dissero di ricevere ordini soltanto dal papa.

L'ascesa dell'anno Mille


L'anno 1000 è una data molto importante nella storia dell'Europa sia per il suo valore simbolico sia perché
rappresenta l'inizio di un processo di crescita economica, politica e militare che farà diventare il continente europeo la
potenza al mondo. Poco prima dell'anno 1000 l'Europa era debole militarmente, divisa politicamente, povera

5
economicamente e spopolata demograficamente. Dopo la caduta dell'impero romano, nel 476 d. C., nonostante ci sia
stato il tentativo di Carlo Magno, l'Europa entrò in un periodo di profonda crisi che durò alcuni secoli.
La prima potenza al mondo, intorno all'anno Mille, era la Cina. Durante la dinastia Song, che rimase in carica dal
960 al 1274, la Cina infatti conobbe un periodo di grandissimo splendore culturale, economico, produttivo e
soprattutto demografico: utilizzava la carta-moneta, aveva una potente marina militare – la prima al mondo – aveva
già inventato la polvere da sparo e utilizzava la bussola [brujula] e la stampa.
Un'altra grande potenza mondiale era rappresentata dai califfati musulmani, specializzati nel commercio
internazionale tra oriente e occidente, specialmente quello di lusso (oro, spezie, seta e schiavi). I domini musulmani
erano diffusi dalla Spagna all'India, ma erano molto litigiosi tra di loro e non riuscirono mai a formare un impero
unico. I califfati erano ricchi, anche grazie ai pirati musulmani che terrorizzavano e saccheggiavano le coste
dell'Europa cristiana; i loro centri culturali e commerciali risiedevano in città grandi e ricche, con corti favolosi, come
Baghdad, Il Cairo e Cordova. In occidente non vi erano città paragonabili ai fasti di quelle musulmane.
Anche l'impero bizantino era più ricco dell'Europa; sebbene fosse ormai in netto declino, conservava il controllo
di parecchie rotte commerciali.
In questo quadro internazionale l'Europa occupava un ruolo piccolo e modesto. I vari regni europei erano divisi,
poveri e spopolati, ma a partire dall'anno Mille in poi, qualcosa, piano piano, cominciò a muoversi. La rincorsa
dell'Europa durò parecchi secoli, ma alla fine le permetterà di diventare la prima potenza al mondo. E tutto cominciò
proprio nell'anno Mille.
La prima cosa da sottolineare è che non si tratta di una rivoluzione, cioè di un cambiamento improvviso; adesso,
infatti, gli storici sono soliti sostenere che si tratta di piccoli segnali di miglioramento, ma continui e duraturi. La
prima battuta d'arresto di questa crescita avvenne soltanto a metà del XIV secolo, a causa della “peste nera”.
Le cause di questa ascesa furono molteplici, ma quelli più importanti furono l'aumento della popolazione e
l'aumento delle terre coltivate. In realtà gli storici non sanno con esattezza se è nato prima l'uovo o la gallina, cioè se
tutto è cominciato con l'aumento della popolazione che ha provocato l'aumento delle terre coltivate oppure il contrario.
È giusto dire che la maggior parte degli storici propendono per la prima ipotesi.
La popolazione europea è passata da 18 milioni del 500 d. C – queste cifre sono da prendere con le molle perché
non ci sono dati attendibili – a 40 milioni nell'anno 1000 e infine a 80 milioni nel 1300. Per i tassi medioevali di
crescita, è un aumento demografico molto significativo e mai prima di allora l'Europa era stata così popolata. Una
delle prove della crescita demografica è la costruzione di nuove mura cittadine.
Come abbiamo già detto, secondo la maggioranza degli storici, la crescita demografica ha fatto sì che gli europei
mettessero a coltura nuove terre per dar da mangiare a tutti, soprattutto in un momento in cui le nuove invenzioni
tecnologiche avrebbero reso più semplice l'aumento della produzione agricola. Molti storici, fino a qualche decennio
fa, a tal proposito parlarono di rivoluzione agricola. Quali sono queste innovazioni tecnologiche che avrebbero reso
possibile l'aumento della produzione agricola?
La cosa più importante è la rotazione triennale. In precedenza, per non stressare troppo i campi, in assenza quasi
totale di concimi – quelli naturali erano molto scarsi e soltanto pochi se li potevano permettere – il campo era diviso in
due parti. Una metà veniva coltivata e l'altra metà veniva lasciata a maggese, cioè a riposo.
Si capì che se il campo fosse stato diviso in tre parti, non si sarebbe stancato troppo e avrebbe prodotto di più :
una parte sarebbe stata coltivata, ad esempio, a grano, una parte a legumi e l'ultima lasciata a riposo. In questo modo si
sarebbe potuto sfruttare il 66% del campo, rispetto al 50% precedente, facendo aumentare la terra coltivabile in un sol
colpo del 16%. Inoltre, la rotazione triennale avrebbe protetto meglio i contadini durante le carestie rispetto alla
monocoltura cerealicola; infatti, se ci fosse stata una carestia che avrebbe colpito il grano, il contadino avrebbe potuto
mangiare i legumi, riuscendo in questo modo a non morire di fame.
Altre innovazioni molto importanti, che influenzarono l'aumento della produttività, furono l'introduzione
dell'aratro di metallo, i mulini ad acqua, il collare rigido e la ferratura dei cavalli.
L'aratro di metallo, al posto di quello di legno che si rompeva più facilmente, riusciva a penetrare più in
profondità nel terreno e quindi era più efficace. Però era molto costoso e i contadini non riuscivano a permetterselo. In
alcune zone dell'Europa, come il meridione d'Italia, l'aratro di metallo si diffuse più di mezzo millennio dopo.
I mulini ad acqua si diffusero soprattutto nel nord della Francia e in Inghilterra, zone piene di corsi d'acqua. I
mulini riuscivano a ridurre la manodopera e di conseguenza anche il prezzo del prodotto; chiaramente, soltanto
proprietari agiati (ricchi) avevano a disposizione il proprio mulino ad acqua.
Il collare rigido era una scoperta molto semplice, a costo zero, ma molto importante per l'impatto che ebbe. In
precedenza l'aratro si legava al collo del bue che rischiava di essere strozzato se fosse andato veloce e quindi non
riusciva a lavorare bene. Quando l'attacco del collare si spostò sotto il petto, molto più muscoloso, il bue riuscì ad
arare molto più terreno, più in profondità e in minor tempo. Anche la ferratura degli zoccoli era efficace, perché
riusciva a far lavorare meglio gli animali.

6
Un'altra motivazione – molto importante per alcuni, più marginale per altri – fu l'aumento delle temperature
medie che riuscì a far crescere la produttività delle terre, soprattutto nelle zone più fredde dell'Europa.
Questo aumento della popolazione e della produttività iniziò nelle campagne, dove viveva la stragrande
maggioranza della popolazione, ma poi si riversò anche nelle città, dove molti contadini andavano a vendere parte del
raccolto in eccesso. La crescita delle città – che dopo la caduta dell'impero romano e soprattutto durante le invasioni
“barbariche” si erano spopolate – diede nuovo impulso alle attività commerciali e artigianali. Come si è già detto,
questo processo avvenne nel corso di parecchi decenni e non deve essere inteso come qualcosa di istantaneo; inoltre
non avvenne in tutti i luoghi nello stesso modo, perché in alcune zone fu più lento, in altre più impetuoso.
Un evento importante che influì sulla rinascita delle città fu la fine delle invasioni barbariche. I saccheggi di
quelle popolazioni, che la storiografica unanimamente chiama barbari, infatti colpivano maggiormente le città, dove il
bottino era maggiore; di conseguenza molti cittadini si trasferirono in campagna; scampato il pericolo, tornarono.
Inoltre in questi anni alcune città europee, prima fra tutte Pisa, riuscirono a cacciare i pirati musulmani dal
Mediterraneo occidentale. Lo sviluppo delle città mise in crisi l'economia curtense, cioè quell'economia chiusa di tipo
feudale fondata sull'autosussistenza: tutto quello che quei piccoli villaggi, chiamati curtes, raccoglievano, lo
consumavano al proprio interno e non c'era una parte che andava venduta. Nelle città, inoltre, si favorì la divisione del
lavoro e la specializzazione professionale. Si diffuse di nuovo la moneta, soprattutto per i commerci più importanti, e
si diffusero anche organizzazioni simili a banche che prestavano denaro a interesse.
Tutto ciò fu accompagnato dalla diffusione di una nuova cultura, di tipo laico e razionale. La sede della
diffusione di questa nuova cultura fu l'università.
L'aumento delle terre dissodate (per coltivare) partì dal disboscamento dei boschi e fu portato avanti non dai
singoli, ma dalle comunità, dai monasteri e dai signori feudali. E fu proprio accanto ai castelli dei nobili o ai monasteri
che nacquero dei borghi, dove vivevano artigiani e mercanti – proprio per questo chiamati borghesi – che vivevano
delle spese dei nobili e degli ecclesiastici. Alla lunga questa classe sociale si rivelò importatissima perché spazzò via
l'economia feudale.

I Comuni
I Comuni furono un grande esperimento politico che partì dal nord Italia, ma che nel giro di alcuni decenni si
diffuse anche in altre parti d'Europa. A guardar bene però tra i Comuni italiani e quelli europei c'erano alcune
differenze; la differenza più importante è che i Comuni italiani controllavano anche il contado attorno e così si
garantivano più ricchezza e una maggiore produzione agricola. Invece i comuni europei non controllavano le zone
agricole circostanti e quindi erano meno ricchi e più deboli. Inoltre i Comuni italiani si svilupparono in contrasto col
potere politico: l'Impero era debole e loro preferirono autogovernarsi. Nel resto d'Europa, invece, non c'era questo
vuoto di potere, perché c'erano le monarchie; di conseguenza in Europa i Comuni non nacquero contro il potere
politico, ma in accordo. In qualche caso i Comuni europei furono aiutati dai sovrani contro l'alta nobiltà, vero pericolo
per i sovrani.
Le due cose che influenzarono maggiormente lo sviluppo dei Comuni italiani furono l'ascesa dell'anno Mille e la
debolezza dell'impero.
Della prima ne abbiamo già parlato e abbiamo detto che, dopo l'anno Mille, la popolazione residente nelle città
aumentò, in qualche caso in maniera considerevole. Inoltre, grazie all'aumento della produzione agricola, nelle città si
rivitalizzarono i mercati, gli scambi commerciali e la classe mercantile. Nel giro di alcuni decenni quindi i Comuni
divennero più ricchi e più popolosi e soprattutto più borghesi, cioè vi risiedevano più persone che lavorano e meno
nobiltà.
Il secondo punto è molto importante. I Comuni facevano parte integrante dell'Impero che però in quel periodo era
debolissimo. Innanzi tutto bisogna dire che quando parliamo di impero, parliamo del Sacro Romano Impero,
quell'impero che era nato dalla rottura dell'impero di Carlo Magno e che si estendeva dall'Olanda fino alla Romagna.
Il Sacro Romano impero era un impero elettivo e quindi, ogni volta che moriva un imperatore, non c'era il figlio
dell'imperatore da incoronare subito, ma puntualmente scoppiavano dei disordini tra le famiglie che aspiravano a
piazzare uno dei loro figli come imperatore. Queste liti, alla morte di Enrico V, nel 1125, furono più aspre del solito e
l'impero rimase senza imperatore per quasi trent'anni, fino al 1152 quando fu eletto re di Germania Federico I, detto
il Barbarossa, che fu incoronato imperatore dal papa soltanto nel 1155.
Durante questo periodo, i Comuni italiani, lasciati in balia di se stessi, si organizzarono e si autogovernarono. Le
famiglie più influenti, in assenza di ordini dall'alto, si misero d'accordo e fecero una sorta di associazione per portare
avanti il comune. Visto che nessuno lo faceva, cominciarono a riscuotere le tasse, a coniare moneta e a fare la guerra.
Solitamente gli storici, nel riassumere la storia dell'ascesa dei comuni italiani, individuano tre fasi.

7
1) Fase Consolare. Questa fase fu gestita dalla nobiltà che per prima si era preoccupata di organizzare il comune
per difendere i propri interessi. La famiglie più influenti nominarono dei rappresentanti, chiamati consoli, che
duravano in carica un anno. I consoli e tutti i cittadini si riunivano in degli arenghi, una sorta di piccoli parlamenti
dove si prendevano le decisioni per il governo del Comune. Si occupavano della pace e della guerra, del commercio,
delle liti, delle opere pubbliche e delle tasse. Il problema è che questi arenghi erano molto litigiosi e molte volte il
comune era bloccato per gli scontri fra le varie fazioni.
2) Fase Podestarile. Siccome gli arenghi erano molto litigiosi e tendevano a fare gli interessi di una famiglia
piuttosto che quelli di tutto il Comune, nel XII secolo, per evitare lo scontro armato, i Comuni chiamarono un Podestà,
un magistrato estraneo alla città che avrebbe dovuto gestire gli interesse del Comune in maniera equa e non di parte.
In questa seconda fase la gestione del Comune non rimase nelle mani soltanto dei ceti nobiliari, perché anche i ceti
medi – borghesi che piano piano erano diventati ricchi – riuscirono a far sentire la loro voce. La piccola borghesia era
però esclusa dalla gestione della città.
3) Fase popolare. In questa ultima fase la parte più popolare della popolazione, cioè la piccola borghesia e gli
artigiani, si organizzarono in Arti o corporazioni e cercarono di frenare lo strapotere dei ceti più ricchi: alcune
corporazioni addirittura si armarono. Le arti, dette anche Corporazioni, erano delle assemblee di persone appartenenti
ai vari mestieri, (panettieri, macellai etc etc) che si occupavano di garantire la bontà dei metodi di lavorazioni, di
evitare le frodi, si occupavano anche degli orari di lavoro, dei salari e del mutuo soccorso: se un membro della
corporazione moriva prima che suo figlio fosse diventato a sua volta “mastro”, la corporazione si occupava di aiutare
economicamente la vedova e i figli del membro defunto. Le Arti erano divise in arti maggiori, quelli più ricchi, e le
arti minori, quelli più poveri.
Nonostante le varie fasi e i vari cambiamenti, i Comuni italiani rimasero sempre molto litigiosi e le varie fazioni
si diedero aspra battaglia. Alcune fazioni si schierarono a fianco dell'imperatore, prendendo i nomi di Ghibellini, e
altri si schierarono a fianco del papa, prendendo il nome di Guelfi. Di solito i Comuni più piccoli erano seguaci
dell'imperatore, perché cercavano qualcuno che li avrebbe potuto difendere dall'arroganza dei comuni più grandi,
come ad esempio Milano.
Il caso più famoso dello scontro tra Guelfi e Ghibellini è quello di Firenze, per via di Dante Alighieri, ma tutto
questo accadeva anche negli altri comuni italiani. Anche a Milano e Bologna lo scontro tra le varie fazioni fu
durissimo. Oltre allo scontro tra guelfi e ghibellini, vi era lo scontro tra arti maggiori e arti minori, una sorta di scontro
di classe, come il Tumulto dei Ciompi che accadde a Firenze.
A causa di questa litigiosità, la situazione era del tutto insostenibile e quindi alla fine una famiglia prese il potere
con la forza e fondò una Signoria ereditaria: comandava uno solo e quindi non c'era bisogno che famiglie litigassero .
Tra i Comuni più attivi dal punto di vista commerciale vi erano le città marinare che si arricchirono grazie
all'aumento dei traffici commerciali e riuscirono a cacciare la pirateria musulmana. Approfittando della debolezza
dell'impero bizantino, in particolar modo emersero Amalfi, Pisa, Genova e Venezia.
Le città marinare, però, a differenza dei comuni del nord Italia, non controllavano il contado, infatti, invece di
guardare alla campagna, guardavano al mare. Inoltre – cosa molto importante – in quelle che la storiografia chiama
repubbliche marinare non vi era la pesantissima litigiosità degli altri comuni perché la gestione del potere era
saldamente nelle mani dell'aristocrazia mercantile, non terriera, che era appoggiata da tutto il popolo; di conseguenza i
contrasti sociali erano molto limitati.
La prima “città marinara” a svilupparsi fu Amalfi che beneficiava dei contatti commerciali con il mondo arabo e
soprattutto con la Sicilia araba. Era venuta a conoscenza dei miglioramenti tecnici dei musulmani, primo fra tutti la
bussola. Amalfi declinò quando la concorrenza di Pisa si fece aspra e soprattutto quando la Sicilia passò ai Normanni,
fidati amici appunto dei pisani.
Pisa, infatti, sin dall'inizio non cercò l'accordo con i musulmani e proprio per questo si alleò con i Normanni, che
stavano cercando di conquistare la Sicilia, strappandola proprio agli arabi.
Genova sustitui Pisa e riuscì a fondare basi commerciali in tutto il Mediterraneo e a fondare un grande impero.
Infine si sviluppo Venezia, quella che più di tutti riusci a creare un impero commerciale potentissimo che durò
parecchi secoli. Di fatto Venezia era un possedimento dell'impero bizantino e anche in questo caso, grazie alla
debolezza dell'impero, riuscì a creare un grosso dominio prima sui mari e poi anche sulla terraferma. Quando l'impero
bizantino fu attaccato dai Normanni, nel 1083, i veneziani lo difesero e furono ripagati con importanti monopoli
commerciali.

Federico I Barbarossa e la Lega Lombarda

8
Nel Medioevo esistevano due superpotenze, Chiesa e Impero, che avevano interessi politici e militari
contrapposti. Inoltre ognuno voleva avere il primato sull'altro e soprattutto entrambi avevano pretese universali, cioè
volevano comandare su tutta la Cristianità, allora considerata l'intero universo (l'altro, il diverso era creduto inferiore).
Dopo il concordato di Worms, nel 1122 – che rappresentò una tregua nello scontro secolare tra papato e impero –
il conflitto tra le due parti si riaprì con l'elezione a imperatore di Federico I, detto il Barbarossa.
L'impero comprendeva la Germania, parte dell'attuale Francia, il nord Italia, l'odierna Svizzera, l'Austria,
l'Olanda, il Belgio e parte della Polonia e della Lituania: un impero molto vasto, ma molto fragile, sia perché era
difficile da governare (le comunicazioni erano complicatissime) sia perché l'impero era elettivo. Ciò vuol dire che, alla
morte dell'imperatore, non c'era subito il figlio dell'imperatore da incoronare e se non si fosse trovato un accordo, ci
sarebbe stato un aspro scontro tra le varie famiglie. Nel 1125 morì l'imperatore Enrico V di Franconia – colui il quale
aveva firmato il Concordato di Worms – e la nobiltà tedesca litigò per chi dovesse diventare imperatore. Si divise in
due grandi fazioni: i duchi di Baveria, poi chiamati Guelfi perché il loro capostipite si chiamava Welf, e i duchi di
Svevia, poi chiamati Ghibellini perché il loro quartier generale si trovava nel castello Waiblingen . Questo vuoto di
potere permise ai Comuni di gestire da soli gli affari interni, però tutto cambiò nel 1152 quando le due fazioni
trovarono un accordo e si spartirono il territorio tedesco: il duca di Svevia, Federico, fu nominato re di Germania –
che per tradizione poi diventava imperatore – e il suo nemico divenne signore della Baviera e della Svevia.
La prima cosa che Federico I Barbarossa fece, fu quella di ristabilire la legalità nei Comuni italiani che era stata
usurpata durante il vuoto di potere. Prima di partire per l'Italia, però, rafforzò il controllo sulla nobiltà tedesca, che fino
a poco prima lo aveva contrastato fortemente, e cercò un accordò con la chiesa di Germania; soltanto allora partì per
l'Italia per ristabilire l'ordine.
I Comuni erano quelli che avevano più da perdere, anche perché in Italia molti speravano nella venuta di Federico
Barbarossa per risolvere i loro problemi.
I comuni più piccoli, infatti, furono i primi a invocare l'intervento dell'imperatore perché erano terrorizzati di
essere invasi dai comuni più grandi, come ad esempio Milano. Anche il papa invocò l'intervento dell'imperatore sia
contro la nobiltà romana, che contestava l'autorità del papa, sia – soprattutto – contro i normanni che erano fortissimi e
volevano conquistare dei territori ecclesiastici. Chiaramente Federico Barbarossa non se lo fece ripetere due volte e
accettò la proposta del papa di scendere in Italia e di riportare la legalità; era quello che aspettava e nel 1154 scese in
Italia, come sovrano legittimo.
La prima cosa che fece fu quella di convocare una dieta (un'assemblea) a Roncaglia, vicino Piacenza, e dichiarò
nulle tutte le regalie imposte mentre l'Impero era senza imperatore. Le regalie erano tutte quelle cose che avrebbe
dovuto fare l'imperatore, come riscuotere le tasse, battere moneta, imporre dazi etc. etc. Tutte queste cose, per legge,
spettavano all'imperatore ma, durante il vuoto di potere, lo avevano fatto i Comuni in maniera del tutto arbitraria. Loro
si difesero dicendo che non avevano alternativa, perché se non l'avessero fatto loro, i Comuni sarebbero caduti
nell'anarchia; l'imperatore, però, non volle sentire scuse. Federico I, quindi, dichiarò nullo tutto ciò che avevano
deliberato i Comuni e ribadì che gli obblighi feudali dei vassalli e delle città nei confronti della nobiltà erano validi e
dovevano essere rispettati. Secondo questi obblighi feudali tutti i sudditi – anche quelli delle città – dovevano obbedire
alla nobiltà, dovevano rivolgersi ai nobili in caso di controversie e liti – invece di risolverle da soli – dovevano dargli
aiuto militare in caso di guerra e tante altre cose che gli abitanti delle città avevano fatto finta di dimenticare.
Se i comuni avessero annullato tutte le tasse (diritti) che avevano imposto e tutte le decisioni che avevano già
preso, come chiedeva l'imperatore, per loro sarebbe stata la fine. I Comuni chiaramente non accettarono le decisioni
dell'imperatore e lui, per vendicarsi, ne distrusse alcune decine, le prime che gli capitarono sotto mano, tra cui Asti.
Credendo di aver distrutto l'opposizione comunale, Federico I si recò a Roma per aiutare il papa, come promesso,
e arrestò il principale oppositore politico e religioso del papa, il monaco Arnaldo da Brescia, che invocava una chiesa
nuova, più povera e meno corrotta. Inoltre Arnaldo aveva proclamato l'autonomia del comune di Roma dalla Chiesa e
questo il papa non lo avrebbe potuto tollerare. Federico lo consegnò al papa che lo scomunicò subito e poco dopo lo
dichiarò eretico e lo bruciò vivo. Per ringraziarlo, il papa, nel 1155, lo incoronò imperatore. Adesso a Federico non
rimaneva che bloccare l'avanzata Normanna, così come era stato concordato col papa, ma, mentre stava per
intervenire, fu costretto a tornare in Germania per una rivolta interna. Il papa, non difeso dall'imperatore, si terrorizzò
talmente tanto dei normanni che propose loro un accordo e loro accettarono. Nel 1156, infatti, il papa concesse ai
Normanni i feudi di Sicilia, di Puglia e di Capua; la Sicilia però era nelle mani degli arabi e loro, per risolvere il
problema, organizzarono subito una spedizione per conquistarla.
Nel 1158 l'imperatore Federico Barbarossa tornò di nuovo in Italia e questa volta con un potente esercito;
convocò un'altra dieta, ancora a Roncaglia, e ribadì che a comandare era soltanto lui, che i Comuni avrebbero dovuto
restituire tutto ciò di cui si erano impossessati durante il vuoto di potere e che avrebbero dovuto accogliere gli
ambasciatori dell'imperatore senza fare tante storie.
Le cose cambiarono di nuovo nel 1159, quando fu eletto un nuovo papa, Alessandro III, che per prima cosa
affermò la supremazia del papa sull'imperatore. A Federico questa affermazione non piacque per nulla e fece eleggere
9
un papa tutto suo, più docile, che si premurò a sostenere che papa e imperatore erano sullo stesso livello. Mentre
l'imperatore litigava con il papa su chi fosse più importante dell'altro, i Comuni lombardi ne approfittarono e insorsero
di nuovo; lo scontro, soprattutto all'inizio, fu favorevole all'imperatore: il papa Alessandro III fu costretto all'esilio e la
città più forte d'Italia, a capo della rivolta – Milano – fu saccheggiata e distrutta.
Quando tornò in Germania, i Comuni si organizzarono di nuovo, ma questa volta, prima di insorgere, a Pontida,
nel 1167, firmarono un accordo tra i vari Comuni, chiamata Lega Lombarda. Il papa non perse l'occasione per
fermare il suo nemico e si alleò subito con gli insorti e scomunicò tutti gli alleati dell'imperatore. La scomunica, nel
Medioevo, era una condanna molto grave, perché tutti gli accordi, i vincoli economici o feudali presi con gli
scomunicati non erano più validi. Per una cultura che si basava sull'onore, essere scomunicati era un colpo terribile.
Alla lega anti imperiale si unirono anche i normanni di Sicilia, sia perché erano alleati del papa, sia perché nel
meridione d'Italia, l'imperatore ostacolava la loro espansione. A completare l'opera contro l'imperatore si unirono
anche i bizantini e Venezia: era una sorta di guerra mondiale che contrapponeva un'area vastissima: da un lato
l'imperatore e alcuni Comuni, dall'altro tutto il resto d'Europa.
Le due fazioni si scontrarono a Legnano, nel 1176, e vinse la coalizione capeggiata dai Comuni, anche grazie ad
una tecnica militare nuova: il Carroccio. Il Carroccio era un grande carro, trainato da tanti buoi, sul quale vi erano
degli arcieri che riuscirono a spingersi tra le file nemiche, a formare un muro di lance e a gettare scompiglio tra le
forze imperiali. Bisogna riconoscere che la storiografia italiana ha esagerato l'importanza militare del Carroccio e che
la vittoria dei Comuni è stata resa possibile grazie alla superiorità militare della coalizione.
L'imperatore Federico I, che in quella battaglia rischiò addirittura di essere fatto prigioniero, capì che non avrebbe
potuto farcela e cercò di accordarsi con i nemici, però separatamente, primo fra tutti col papa; infatti ritirò l'antipapa e
Alessandro III ritirò la scomunica.
Dopo l'uscita del papa dalla coalizione, piano piano molti altri se ne andarono e quindi Federico riuscì, nel 1183,
a firmare la pace di Costanza: ai Comuni furono riconosciute tutte le libertà e tutto ciò che nel frattempo avevano
deciso, comprese le elezione dei magistrati comunali, ma dovettero riconobbero l'autorità imperiale e giurargli fedeltà.
Nel 1186, proprio mentre sembrava indebolito, Federico riuscì ad ottenere un grande successo diplomatico: fece
sposare suo figlio Enrico VI con Costanza d'Altavilla, figlia di Guglielmo, re normanno di Sicilia. In questo modo il
papa sarebbe stato accerchiato da nord e da sud.
Federico I morì nel 1190 in realtà in un modo non molto glorioso: morì attraversando un fiume, mentre stava
partecipando alla terza Crociata. Probabilmente non riuscì a risollevarsi per via della pesante armatura.
Suo figlio Enrico VI divenne imperatore nel 1194 e, quando morì il re Guglielmo, divenne anche re di Sicilia.
Enrico VI, però, morì a soli 32 anni, lasciando suo figlio Federico, di soli tre anni. Alla morte di Enrico la costituzione
di un grande impero si arrestò, ma soltanto temporaneamente.

Le Crociate
Con il termine “Crociate” si intende l'espansione territoriale tentata dall'Europa, tra la fine dell'XI e gli inizi del
XIII secolo, verso il Medio Oriente, zona molto ricca e molto importante per il controllo del Mediterraneo e delle tratte
commerciali. All'inizio non si trattò di un fenomeno unitario, perché ognuno pensava di risolvere i propri problemi
economici, sociali e demografici con la conquista di nuove terre, ma alla fine, tramite il collante della religione, le
Crociate si trasformarono in un fenomeno che permise la diffusione dell'idea di Europa, soprattutto grazie al nemico
comune descritto come malvagio e addirittura mostruoso.
Questo espansionismo territoriale non si spiegherebbe senza la crescita demografica che avvenne a partire
dall'anno Mille in poi e che piano piano cominciò ad essere impetuosa. Quando a metà del XIV secolo, con la peste
nera, la crescita demografica si interruppe, anche la spinta espansionistica europea si bloccò e riprese alla fine del XV
quando la crescita demografica riprese nuovamente.
La spinta verso nuove terre ebbe un grande successo popolare perché si unì a scelte religiose molto care anche
alle fasce più basse della popolazione, alla voglia di difendere il cristianesimo e all'esigenza di liberare dai musulmani
il Santo Sepolcro e la città di Gerusalemme.
Per convincere gli europei ad appoggiare gli interessi economici e commerciali delle fasce più alte della
popolazione fu creata una fake news. Quando nel 1071 i turchi Selgiuchidi conquistarono la Palestina e si
impadronirono della Terra santa e di Gerusalemme, infatti si diffuse la notizie che i Turchi avrebbero ostacolato in
tutti i modi i pellegrinaggi cristiani, anche attraverso violenze inaudite e deportazioni di masse. In realtà le fonti –
resoconti di viaggi, diari dei missionari, Cronache cristiane e musulmane – non citavano questo problema; anzi pare
che ci siano stati appositi accordi politici per garantire i pellegrinaggi, grazie al pagamento di una tassa per il
passaggio.

10
Siccome si diffusero queste voci sui saraceni, – cosi durante il Medioevo si chiamavano i musulmani – per
difendersi, i cristiani cominciavano a fare i pellegrinaggi armati e nel frattempo, visto che i pellegrinaggi erano costosi
e i pellegrini erano armati, ne approfittarono per fare i primi saccheggi.
L'impero bizantino, per difendersi dall'inarrestabile avanzata turca e della minaccia normanna che insidiava i
territori bizantini nel sud Italia, chiese aiuto al papa. Il papa era felice di aiutare la Chiesa di Bisanzio perché sperava
che, aiutando l'impero bizantino, avrebbe potuto riunire di nuovo la Chiesa d'occidente e la Chiesa d'oriente, separate
nel 1054 dallo scisma d'Oriente.
Nel 1095 Urbano II, proprio per rispondere alla richiesta di aiuto da parte dell'imperatore bizantino, invocò la
Prima Crociata, per liberare i luoghi della Terra Santa ma soprattutto per aiutare i bizantini contro l'avanzata
musulmana. A chi partecipava alla lotta contro i musulmani, il papa garantiva l'indulgenza plenaria dei peccati, cioè
una sorta di perdono di tutti i peccati. Le masse povere non sapevano nemmeno dove si trovasse Gerusalemme che,
per loro, era una sorta di mito religioso ed economico.
Questo invito del papa ebbe un grandissimo successo perché trovò terreno fertile.
- La motivazione principale, come abbiamo già detto, fu l'aumento della popolazione che rese necessario sia
nuove terre da sfruttare, sia nuove rotte commerciali.
- La nobiltà minore, che reclamava spazio, colse la palla in balzo e aderì alla proposta del papa, per via della
possibilità della conquista di nuove terre e del saccheggio.
- Le masse povere e contadine volevano nuove terre da mettere a coltura .
- Le città marinare volevano nuove rotte commerciali .
Tutte le classi sociali, quindi, erano d'accordo con la proposta del papa, mescolando il fanatismo religioso della
nobiltà, l'avidità commerciale delle città marinare e la disperazione delle masse contadine.
Nel 1096, a pochi mesi dall'invito del papa, prima ancora che si organizzasse una Crociata “ufficiale”, si radunò
una massa informe di esaltati, straccioni, monaci, visionari, preti, avventurieri, malati e persino donne e bambini, sotto
la guida di Pietro l'Eremita; questi disperati passarono alla storia come la “Crociata dei pezzenti” (barboni). Mentre
viaggiavano verso la Terra santa, si macchiarono di saccheggi e di tanti altri crimini, soprattutto contro gli ebrei.
Arrivati in medio oriente, però, furono facilmente sterminati e i sopravvissuti deportati come schiavi.
Dopo questo fallimentare tentativo, la prima Crociata vera e propria fu organizzata dal papa Urbano II – dal 1096
al 1099 – ma questa volta ebbe il sostegno della nobiltà normanna e francese e fu guidata dal grande condottiero
Goffredo di Buglione. I musulmani furono colti di sorpresa perché credettero che anche questa seconda crociata
sarebbe stata come la prima; questa volta, invece, era molto organizzata e le truppe erano disciplinate e ben addestrate.
Inoltre questa Crociata ebbe l'appoggio dell'imperatore bizantino, al quale i Crociati avevano promesso di restituire
tutte le terre sottratte dai turchi, che prima erano nelle mani dei bizantini. Alla fine, come era facilmente prevedibile, i
Crociati non restituirono proprio nulla.
Nel 1099 Gerusalemme fu conquistata dopo un lungo assedio e dopo un'inutile carneficina della popolazione
inerme. Goffredo di Buglione fu proclamato re di Gerusalemme, ma dovette accontentare l'affamata nobiltà europea
che voleva un pezzo delle terre conquistate.
Dopo la conquista di Gerusalemme, l'esercitò Crociato si dileguò, dedicandosi soltanto al saccheggio. Le terre
conquistate formarono alcuni piccoli regni cristiani, formalmente fedeli a Goffredo di Buglione, ma nei fatti
indipendenti. Per difendere le preziose conquiste fatte, furono creati degli ordini monastico-cavallereschi, a metà tra
monaci e soldati che avrebbero difeso i luoghi santi con la fede e con le armi, come ad esempio i Templari. Questo
ordine monastico ben presto divenne ricchissimo grazie ai lasciti della nobiltà. A capo dei Templari fu eletto il Gran
Maestro.
Nel 1144 i musulmani riconquistarono la città di Edessa e il papa, per riprendersela, lanciò la seconda Crociata
che però si dimostrò un disastro.
Nel 1187 il temibile Saladino (Sultano d'Egitto) riconquistò anche Gerusalemme e il papa fu costretto a bandire
un'altra Crociata, altrettanto disastrosa. A questa Crociata partecipò addirittura l'imperatore Federico I, detto il
Barbarossa, che però morì annegando mentre stava tentando di oltrepassare un fiume. Piano piano le motivazioni
religiose si persero; infatti nella quarta Crociata, che avvenne tra il 1202 e il 1204, i Crociati si diressero contro
Costantinopoli. In questa occasione Venezia riuscì a sottrarre importantissime rotte commerciali ai bizantini.
Solo una volta, in una spedizione condotta contro l'Egitto, i Crociati riuscirono ad ottenere alcuni importanti
successi, ma non si accontentarono di un accordo col Sultano d'Egitto e continuarono ad avanzare; alla fine
chiaramente furono uccisi.

11
Tra le varie sconfitte dei Cristiani, l'unico successo fu quello portato a casa dall'imperatore Federico II di Svevia
che si accordò col Sultano d'Egitto e riuscì a liberare i luoghi santi, per dieci anni, senza spargere una goccia di
sangue. Il papa, però, si arrabbiò per l'oltraggio: non si poteva trovare un accordo con i musulmani.
In ultima analisi, i risultati positivi prodotti dai crociati furono pochissimi:
– I luoghi santi furono conquistati per poco meno di novant'anni.
– Gli episodi di intolleranza religiosa, contro i musulmani e contro gli ebrei, aumentarono a dismisura.
– La nobiltà si indebitò senza aver ottenuto né nuove terre né i tesori tanto sperati .
– Il papa non ottenne né la riunione della Chiesa d'oriente con quella d'occidente, né la Terra santa, ma fu
riconosciuto da tutti come guida politico-militare al di sopra dei popoli e dei regni.
– Le uniche entità politiche che ottenere ottimi risultati commerciali ed economici furono le città marinare, le
quali avevano avuto il compito di rifornire i crociati di cibo e di armi.
– Le crociate, infine, ebbero anche il risultato da accelerare la fine dell'impero bizantino e l'ascesa di quello
turco.

Federico II di Svevia
Dopo la morte di Enrico VI, l'impero attraversò un periodo di crisi e ne approfittò il papa Innocenzo III. Nel
1197, alla morte di Enrico il suo unico figlio, Federico aveva soltanto 3 anni; l'anno successivo, nel 1198, Federico
perse anche sua madre, Costanza d'Altavilla, e fu affidato alle cure del papa Innocenzo III, che si prese l'impegno,
non in maniera disinteressata, di proteggerlo e di educarlo.
Innocenzo III, ormai senza rivali, rilanciò il suo progetto universalistico, cioè di comandare su tutto l'universo
cristiano. Per prima cosa fece eleggere re di Germania Ottone IV, con il quale aveva raggiunto degli accordi politici e
territoriali. Dopo aver fatto eleggere un sovrano docile, il papa portò avanti il suo progetto di fondare una Teocrazia
(potere di Dio), cioè una sorta di potere assoluto che proveniva direttamente da Dio, incentrato sulla figura del papa, al
di sopra di tutto e di tutti. In un'enciclica, Innocenzo III paragonò il suo potere al sole e quello dell'imperatore alla
luna, che prende luce dal sole (Dante teorizzerà, contro Innocenzo III, nellala teoria dei due soli. Prg XVI).
A Federico, ancora sotto sua tutela, fece promettere che non avrebbe mai riunito la corona imperiale con quella di
Sicilia, per non essere accerchiato sia da nord sia da sud. Nei suoi territori si comportò da vero e proprio sovrano:
obbligò i nobili romani a giurargli fedeltà, fu intollerante e feroce contro i nemici, organizzò Crociate, cercò di
cacciare i musulmani dalla Spagna, fondò il terribile Tribunale dell'Inquisizione, promosse violentissime persecuzioni
contro gli ebrei, e, nel 1208, rase al suolo la città di Albi – cittadina nel sud della Francia – nella quale si era diffusa
l'eresia dei Catari.
Ad un certo punto, però, Ottone IV – che nel frattempo era stato nominato imperatore – cercò di sfuggire dalla
morsa del papa e non rispettò alcuni accordi presi; Innocenzo III lo fece deporre immediatamente e al suo posto fece
eleggere re di Germania proprio Federico, pensando di poterlo controllare.
Federico II di Svevia – all'età di 4 anni – era già diventato re di Sicilia, nel 1212 (18 anni) fu incoronato anche re
di Germania. Qualche anno dopo, nel 1215, fu incoronato imperatore dapprima ad Aquisgrana e poi a Roma, nel 1220.
Federico II di Svevia fu l'ultimo imperatore a coltivare l'idea di un impero universale; dopo di lui l'avanzata delle
monarchie nazionali renderà impossibile questo progetto. Fu l'ultimo imperatore medioevale – e da tale si comportò in
Germania – ma fu anche il primo sovrano moderno – e da tale si comportò in Sicilia. Molti concetti politici dell'età
moderna, come vedremo in seguito, prendono spunto proprio da Federico II.
All'inizio Federico si mostrò docile ai voleri del papa, ma quando Innocenzo III morì, nel 1216, mise in atto il suo
grandioso progetto politico, per riportare l'impero al di sopra di tutto e di tutti, anche del papato stesso.
Per prima cosa cercò un accordo con la nobiltà tedesca, con la quale si dimostrò molto morbido . Per evitare di
dover fare come fece suo nonno, Federico Barbarossa, – il quale fu costretto ad abbandonare più volte la lotta contro i
Comuni italiani per sedare le rivolte della nobiltà tedesca – fece molte concessioni all'aristocrazia di Germania:
concesse di battere moneta e di costruire fortezze, in cambio della loro fedeltà.
Dopo aver sistemato le cose in Germania, si trasferì in Sicilia, vero centro politico del suo regno. Nel 1220 fu
incoronato imperatore dal papa, con la promessa di fare una crociata in Terra santa, crociata che però Federico
rimandava di volta in volta. Le libertà che l'imperatore concesse alla nobiltà tedesca non furono in alcun modo messe
in atto in Sicilia e anzi accentrò il potere su di sé e limitò quello dei nobili, del clero e delle città.
Le caratteristiche del potere di Federico II in Sicilia furono:

12
– centralizzazione del potere: limitò i compiti della nobiltà, del clero e dei comuni e accentrò il potere su di sé
e sulla corte.
– laicizzazione del potere: mise dei funzionari laici, a lui fedeli, per controllare il Regno. Creò una burocrazia
laica e degli uffici pubblici per aumentare la presenza della Stato nel territorio; per far questo fu costretto ad
aumentare le tasse. Nei suoi territori quello che contava di più era la fedeltà al re e non la religione che si professava:
potevi essere cattolico, ortodosso, musulmano o ebreo non aveva alcuna importanza, altrimenti, se avessero
disubbidito, si sarebbe mostrato durissimo, così come accadde nell'ultimo periodo ai musulmani di Sicilia che si
rivoltarono contro l'imperatore e furono deportati;
– uniformò le leggi: nel 1231 fece adottare un nuovo codice di leggi, chiamate Costituzioni Melfitane, che
raccoglieva le leggi migliori della tradizione bizantina, normanna e saracena, ed eliminava una quantità di leggi inutili.
Il testo era scritto e valido per tutti, in modo che potesse superare il diritto consuetudinario (orale), secondo il qualle si
giudicava così come si era sempre fatto, per tradizione, cioè per consuetudine, senza cambiare mai nulla. In ogni parte
del Regno fondò dei tribunali nei quali giudici laici giudicavano in maniera uguale tutti, senza distinzione di classe
sociale o religione. Per preparare nel migliore dei modi i nuovi giudici, ma anche i nuovi dipendenti pubblici, nel
1224, fondò l'Università di Napoli;
– creò un esercito regolare e non composto di mercenari, pagato dallo Stato per difendere lo Stato e non pagato
dai nobili per difendere i loro interessi contro lo Stato (nell'esercito c'erano addirittura i musulmani);
– promosse la cultura: fondò la Scuola siciliana, l'Università di Napoli e nella sua corte raccolse molti
scienziati e poeti.
Quando fu eletto papa, nel 1227, Gregorio IX fece pressione affinché Federico rispettasse la promessa fatta di
partecipare ad una Crociata, sia per toglierselo dai piedi per un po' sia per tastare la fedeltà dell'imperatore nei suoi
confronti. Federico, però, non era intenzionato a combattere contro i musulmani perché nella sua corte palermitana e
nel suo esercito c'erano molti musulmani. Però, quando fu minacciato dal papa di essere scomunicato, lui accettò di
partire. Alla fine ottenne ottimi risultati, ma tramite un accordo col Sultano, senza alcun spargimento di sangue; riuscì
infatti ad ottenere il controllo di Gerusalemme per dieci anni. Il papa, per questo accordo con i musulmani, si arrabbiò
talmente tanto da scomunicarlo e lo accusò addirittura di avere simpatie per i musulmani.
Dopo aver organizzato nel migliore dei modi il sud Italia, Federico si spostò al nord, per cercare di riuscire là
dove suo nonno Federico I non era mai riuscito, cioè riportare i Comuni – che ormai erano diventati una grande
potenza economica – sotto il controllo dell'impero.
Nello scontro tra i Comuni e l'impero era ancora in vigore la pace di Costanza, firmata da Federico I, nella
quale si consideravano valide tutte le decisioni prese dai Comuni durante il vuoto di potere dell'impero, ma i Comuni,
in cambio, avrebbero giurato fedeltà all'imperatore e all'occorrenza lo avrebbero aiutato anche militarmente . Nel
frattempo, mentre Federico II era piccolo, i Comuni italiani avevano sbadatamente dimenticato quest'accordo e
avevano continuato a fare di testa propria. Federico II voleva soltanto ricordare ai Comuni di rispettare l'accordo che
loro stessi avevano firmato. Alcuni Comuni – i comuni guelfi – non ne vollero sapere e, appoggiati dal papa, si
strinsero di nuovo in un'alleanza che però fu battuta da Federico II a Cortenuova nel 1237, col quale si schierarono
molti Comuni ghibellini.
Anche questa volta la coalizione anti imperiale fu appoggiata dal papa, che scomunicò l'imperatore; Federico
resistette fino a quando il nuovo papa, Innocenzo IV, nel 1245, convocò un concilio a Lione nel quale ribadì la
scomunica, fece circolare la voce che Federico fosse un eretico e addirittura lo depose. Federico II cercò di resistere
con tutte le sue forze alla deposizione ma, ormai vecchio e stanco, non ci riuscì. Poco dopo, nel 1250, morì e con lui
morì anche l'idea di un impero universale. Da questo momento in poi l'impero comincerà a perdere potere.
In Sicilia l'azione di Federico fu portata avanti da suo figlio Manfredi, ma, per liberarsi definitivamente di
loro, il papa regalò la Sicilia a Carlo d'Angiò, figlio del re di Francia; a Carlo d'Angiò non rimaneva altro da fare che
cacciare gli Svevi e così fece. Carlo, nel 1266, sconfisse gli Svevi a Benevento e divenne re di Sicilia, anche se per
pochissimo tempo; infatti fu cacciato da una sollevazione popolare – chiamata i Vespri siciliani – nel 1282, e la
Sicilia passò a Pietro III d'Aragona, che aveva sposato la figlia di Manfredi .
Qualche decennio dopo decadde anche l'idea di una Chiesa universale; infatti, il papa Bonifacio VIII, fu
schiaffeggiato, nel 1303, da Filippo IV il Bello, re di Francia, (schiaffo d'Anagni) e fu imprigionato .
Le due superpotenze del Medioevo, papato e impero, erano finite per sempre.

13
La Crisi del Trecento
La crisi del Trecento rappresenta la prima grande battuta d'arresto – sia dal punto di vista demografico sia da
quello economico – della crescita europea, cominciata a partire dall'anno Mille. La produzione europea, per i mezzi
tecnici di quel periodo, non poteva seguire il veloce ritmo di crescita della popolazione e quindi la situazione divenne
esplosiva.
Un economista inglese, Thomas Robert Malths, alla fine del Settecento aveva già capito tutto. Secondo lui la
produzione cresceva secondo una progressione aritmetica (cioè 1, 2, 3, 4, 5 etc. etc.), invece la popolazione cresceva
secondo una progressione geometrica (cioè 1, 2, 4, 8, 16 etc. etc.). Si comprende che, col passare dei decenni, ci
sarebbe stato un aumento della popolazione più veloce della produzione agricola, la quale, nonostante i miglioramenti
tecnici di allora, non riusciva a tenere il passo della popolazione. Quando la situazione sarebbe diventata insostenibile,
secondo Malthus, sarebbe stata la stessa natura a mettere dei “freni”: la peste nera può essere considerata uno di questi
freni per riequilibrare popolazione e risorse.
Ogni volta che la popolazione aumentava si mettevano a coltura nuove terre che però erano sempre più lontane
dalle città, scarse d'acqua, dure e rocciose e rendevano via via sempre di meno. Arrivò il momento in cui l'espansione
territoriale si dovette arrestare perché le terre rimaste incolte non erano produttive: se un contadino doveva morire di
fame lavorando, tanto valeva che moriva di fame non lavorando e vivendo di elemosina. Non appena alle terre poco
produttive si unì la carestia, i contadini, disperati, abbandonarono tutto e si riversarono nelle città in cerca di lavoretti o
di elemosina.
La crisi del Trecento è un evento molto importante che secondo molti storici conclude il Medioevo e inaugura
l'età moderna. La Crisi del Trecento è soprattutto caratterizzata da un grandissima esplosione di peste che, nel 1348,
investì tutta Europa: è la stessa peste dalla quale scappano i dieci ragazzi del Decameron di Boccaccio.
Prima dello scoppio dell'epidemia di peste, però, in tutta Europa ci furono alcuni importanti segnali di
rallentamento economico, produttivo e demografico: ci furono una serie di guerre che provocarono migliaia di morti,
una fra tutte la Guerra dei Cento anni, combattuta tra Francia e Inghilterra a partire dal 1337; ci furono anche delle
grandi carestie, provocate anche da una serie di annate molto piovose. Con le carestie, i prezzi del grano aumentarono
e alcuni disperati, colpiti dalla fame, si trasferirono nelle città nelle quali vissero in condizioni igieniche disperate,
vivendo per strada di elemosina e di ruberie.
In queste condizioni igieniche e con questa debolezza cronica della popolazione, provocata dalla
sottoalimentazione, fu facile per la peste, quando sbarcò, espandersi velocemente e decimare la popolazione.
A complicare ancora di più la situazione, contribuirono le decisione prese dalla autorità cittadine: siccome la
peste – come tutte le malattie in genere – era considerata una punizione divina, le autorità cittadine per calmare l'ira di
Dio, organizzarono delle belle processioni, per pregare insieme e per chiedere al buon Dio la fine della peste.
Chiaramente una processione nella quale delle persone stavano a stretto contatto l'una con l'altra fu un'idea pessima e
la pesta si diffuse in maniera inesorabile.
La peste era una malattia dei topi che si trasmetteva all'uomo soprattutto tramite le pulci . Proveniva dall'oriente e,
attraverso una colonia genovese, arrivò con una nave a Messina. I medici del XIV non sapevano cosa fare e alcune
volte le cure erano peggiori della malattia stessa. L'unica cosa che consigliavano era di starsene isolati in campagna
per evitare di essere contagiati. Soltanto parecchi anni dopo, capirono che i sospetti casi di peste dovevano rimanere in
quarantena e anche per questo istituirono i lazzaretti, degli ospedali.
La popolazione europea, nel 1330, si aggirava grosso modo intorno agli 80 milioni di abitanti; nel 1350 era
intorno ai 55 e nel 1400 l'Europa contava 35 milioni. Un abbassamento così brusco della popolazione fece crollare la
produzione, perché molti campi rimasero senza nessuno che potesse raccogliere il grano. Inoltre quel poco di grano
che veniva raccolto costava pochissimo, perché il consumo si ridusse in maniera drastica: i sopravvissuti avevano a
disposizione tante terre libere e quindi il grano lo raccoglievano dalle loro terre e non andavano a comprarlo.
Crollando il prezzo del grano, i produttori, e quindi i proprietari terrieri e la nobiltà, persero un mucchio di soldi e di
conseguenza anche potere politico. Tutto il sistema economico feudale si basava sulle rendite – cioè i soldi che la
nobiltà prendeva dall'affitto delle terre – e quindi entrò in crisi tutta un'epoca. Se a pochi metri da casa mia, trovavo un
bel pezzo di terra libero, perché avrei dovuto chiederne in affitto uno al nobile del paese? Per questo motivo
aumentarono i contadini liberi, che non erano costretti a chiedere una terra in affitto e soprattutto non dovevano
sottostare ai pesantissimi obblighi feudali.
È proprio per questo che molti storici definirono la Crisi del Trecento la fine del Medioevo.
La nobiltà, per cercare di non perdere troppi soldi delle rendite, cercò di spremere ancor di più i pochi contadini
rimasti, aumentando le tasse e alzando i canoni di affitti. Chiaramente ne nacquero un sacco di scontri tra la nobiltà e i
contadini, che in molti posti riuscirono a strappare importanti concessioni. Questi scontri furono particolarmente feroci
in Francia e si furono chiamati jacqueries, a cui si aggiunsero anche gli operai delle città . In qualche caso, coma ad

14
esempio in Olanda, a queste proteste sociali si unirono rivendicazioni religiosi e alcuni andavano in giro dicendo che
stava per arrivare la fine del mondo.
A Firenze, nel 1378, si ribellarono i Ciompi, cioè gli operai non specializzati dell'industria della lana: chiedevano
stipendi più alti e di poter partecipare al governo della città. In un primo momento ebbero la meglio, ma in seguito la
rivolta fu repressa con durezza.
Insieme alle sollevazioni contadine, nel frattempo la rabbia si indirizzò contro gli ebrei e i musulmani, considerati
i colpevoli di tutto e di tutti. In questi anni cominciò a diffondersi l'idea di un complotto contro la cristianità, ordito
proprio dagli ebrei e dai musulmani. Gli ebrei, infatti, furono accusati di essersi messi d'accordo col sultano
musulmano di Spagna, per annientare la cristianità e quale miglior occasione di una peste che era venuta proprio
dall'oriente? Alcuni ebrei addirittura confessarono questo progetto di sterminio, ma lo fecero soltanto dopo atroci
torture.
La nobiltà cercò in tutti i modi di conservare tutto il suo potere, ma non ci riuscì: cercò di vietare gli aumenti di
stipendio per gli operai, aumentò l'affitto delle terre e aumentò le tasse. I nobili più intelligenti cambiarono stile di vita
e si misero a lavorare, gestendo direttamente la propria terra; altri convertirono le loro aziende agricole in colture
nuove che rendevano molto di più, come ad esempio l'olio, la vite, il cotone, la canapa, prodotti importantissimi per i
centri tessili dell'Italia del nord.
Da un lato la nobiltà perse potere economico e politico, dall'altro la borghesia divenne sempre più ricca e più
importante. I lavoratori specializzati – ad esempio i muratori – erano rimasti in pochi e quindi il loro lavoro veniva
pagato di più.
Oltre alla crisi della nobiltà, anche il papato e l'impero, le due superpotenze del Medioevo, caddero in crisi.

15

Potrebbero piacerti anche