Governance Dello Sviluppo Locale Nelle Langhe Garofoli
Governance Dello Sviluppo Locale Nelle Langhe Garofoli
NELLE LANGHE
Versione provvisoria
Giugno 2011
Documento prodotto nell’ambito della Rete Rurale Nazionale
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Indice
1.INTRODUZIONE ................................................................................................................ 6
2.LE TENDENZE SOCIO-ECONOMICHE RECENTI...................................................................... 7
3.IL SISTEMA PRODUTTIVO LOCALE ...................................................................................... 9
3.1. STRUTTURA E ARTICOLAZIONE DEL SISTEMA LOCALE................................................................ 9
3.2. IL DISTRETTO AGRO-ALIMENTARE ........................................................................................ 9
3.3. IL SISTEMA INTEGRATO TERRITORIALE ................................................................................. 11
4.LE POLITICHE DI SVILUPPO LOCALE E GLI STRUMENTI UTILIZZATI ..................................... 13
5.IL PROGRAMMA LEADER+ E LA NUOVA PROGRAMMAZIONE ........................................... 15
6.ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI .................................................................................... 18
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI .............................................................................................. 20
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1. Introduzione
L’area delle Langhe-Roero rappresenta un’area di indiscutibile interesse sia dal punto di vista
dell’organizzazione della produzione e delle caratteristiche specifiche del modello di sviluppo
sia per la verifica dell’impatto delle politiche di sviluppo e della capacità di innescare strategie
ed azioni di sviluppo locale.
L’area della Langhe-Roero rappresenta, oggi, una delle aree più famose di produzione
vitivinicola di qualità in Italia e, soprattutto, sembra rappresentare un caso esemplare di
sviluppo integrato territoriale per la capacità di far interagire diverse dimensioni della vita
economica, sociale e culturale del territorio. Un’area che è riuscita, specie negli ultimi anni ad
integrare la produzione agricola di qualità con il settore della trasformazione industriale, con
l’attrattività turistica, con l’espansione dei servizi e, soprattutto, con la capacità di integrare
produzione materiale e la valorizzazione dei beni culturali e della tradizione del territorio. Il
territorio della Langhe-Roero è divenuto uno dei luoghi più interessanti dal punto di vista
dell’organizzazione di eventi culturali (almeno nell’Italia delle piccole città), con
l’organizzazione del Premio Grinzane Cavour, con l’organizzazione degli eventi della
Fondazione Culturale “Emanuele di Mirafiore”, con la Fondazione Cesare Pavese, con
l’organizzazioni di parchi letterari e di ecomusei. Non è forse un caso che è in questa area che
si è generata e sviluppata l’idea di “Slow Food” (oltre che della Università gastronomica di
Pollenzo) ed è stata concepita la creazione di Eataly, che rappresenta un interessane incrocio
di promozione dei prodotti agricoli e gastronomici di qualità e della cultura del territorio.
Esiste , dunque, una specifica cultura del territorio ed una consistente identità territoriale che
innerva l’organizzazione della società locale che ha una lontana origine (dall’Alba medievale
orgogliosa della sua libertà comunale all’esperienza partigiana nelle Langhe che porta alla
costituzione della Repubblica di Alba nell’autunno dl 1944) e che determina un elevato senso
di appartenenza alla comunità locale, come d’altronde la grande partecipazione della comunità
delle Langhe al recente funerale di Pietro Ferrero (con lutto cittadino esteso a tutti i comuni
delle vallate attorno ad Alba) ha potuto ulteriormente dimostrare.
1
In questo senso il caso Ferrero ricorda nel modello di relazioni impresa – territorio i casi relativamente analoghi
della Olivetti ad Ivrea e nel Cavanese e della Merloni a Fabriano e nei suoi dintorni.
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2. Le tendenze socio-economiche recenti
Un indicatore che difficilmente inganna gli osservatori è quello della tenuta demografica in
aree collinari e periferiche che rappresenta un forte segnale di autosufficienza economica delle
aree analizzate.
Dopo la diminuzione della popolazione dei primi anni del dopoguerra e dell’avvio del miracolo
economico italiano, vi è stata nelle Langhe una inversione di tendenza che è già iniziata negli
anni ’60. Tra il 1961 e il 1981 c’è stato un leggero aumento che è poi ancora cresciuto
nell’ultimo decennio intercensuario (1991-2001), frutto di un saldo naturale negativo ma di un
saldo migratorio fortemente positivo, determinato soprattutto da una crescente attrattività di
popolazione dall’estero. L’area delle Langhe-Roero presenta, infatti, una più alta proporzione
di residenti stranieri (31,7 per mille) non solo rispetto alle altre aree collinari del Piemonte ma
anche rispetto alla media regionale (pari a 25,1 per mille) (Aimone, Landini, 2004).
Tutto ciò ha garantito di mantenere una struttura demografica per età sufficientemente
articolata e sostenibile nel tempo, senza l’apparizione del fenomeno di progressivo
invecchiamento e con insufficienza di forze da lavoro che, generalmente si osserva nelle aree
rurali e periferiche che presentano un elevato tasso di dipendenza (proporzione di non attivi su
popolazione attiva). Nell’area Langhe-Roero la quota di persone residenti comprese nella
classe di età 20-44 è, infatti, pari al 35,1% sostanzialmente allineata alla media regionale.
2
Può essere utile il riferimento al libro di Fuà e Zacchia (1983) proprio per l’analisi dei processi di trasformazione
senza fratture e che mantengono alcune caratteristiche distintive, specie dal punto di vista demografico e
dell’insediamento territoriale, senza grandi rivolgimenti della struttura produttiva e della dimensione delle imprese.
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Il settore agricolo mantiene una quota sufficientemente elevata di forza lavoro (7.9%) e mostra
una tenuta della SAU totale. La viticoltura non retrocede per quanto riguarda l’uso del
territorio agricolo e soprattutto l’ 86% della SAU è iscritta agli albi della DOC e della DOCG. Una
alta quota di aziende agricole, infine, praticano agricoltura biologica, raggiungendo la più alta
quota a livello regionale. Tutto ciò sottolinea ulteriormente il forte orientamento alla qualità
della produzione che sembra rappresentare una delle caratteristiche specifiche del territorio
analizzato.
Sono, infine, presenti sul territorio vasto (considerata l’agglomerazione di imprese a Canelli)
anche aziende enomeccaniche che hanno consentito il cambiamento organizzativo e
l’introduzione di tecniche più efficienti e l’interazione dinamica cliente – fornitore tipica dei
processi innovativi che si basano sulla prossimità territoriale.
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I dati che provengono dall’elaborazione dei dati censuari del 2001 danno per l’intera area vitivinicola compresa
nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria un valore di 272 unità locali e di 3.277 addetti (Intesa Sanpaolo, 2011) e,
quindi, sembrerebbero più elevati di quelli provenienti dal Censimento intermedio.
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3. Il sistema produttivo locale
Agricoltura 8.774
Settori industriali e terziari collegati 1.950
di cui:
Industria agro-alimentare 688
Fabbricazione macchine agricole e per agro-industria 71
Intermediari comm. dettaglio e ingrosso 1.060
Servizi all’agricoltura 142
Totale imprese 10.644
Fonte: imprese attive presso il registro Ditte della CCIAA di Cuneo, nostra rielaborazione da
Garavaglia (2009).
Rilevante è il numero delle imprese nel settore della trasformazione alimentare (circa 700
aziende) e nel settore dell’intermediazione commerciale (dettaglio – molti dei quali con negozi
specializzati - e ingrosso) dei beni agricoli e agro-alimentari (con oltre 1000 aziende) ma è
interessante anche il numero di imprese di servizi all’agricoltura (quasi 150 aziende) e nel
settore della fabbricazione di macchinari per l’agricoltura e per l’agro-industria (oltre 70
aziende).
Siamo dunque in presenza di un sistema complesso, articolato e interattivo che è alla base
della dinamica imprenditoriale e della produzione di idee innovative che hanno sensibilmente
modificato la posizione relativa del sistema produttivo delle Langhe nel contesto nazionale e
internazionale.
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Il ruolo del Consorzio del Barolo e del Barbaresco, fondato nel 1934 e che attualmente
presenta 460 aziende associate, è stato particolarmente rilevante sia nel promuovere il
prodotto del Langhe e del Roero sia per favorire l’accesso a risorse tecnico-professionali
pregiate e spesso non reclutabili a livello della singola azienda produttrice.
L’attenzione al prodotto di qualità e la ricerca di una posizione di visibilità sul mercato spinge i
produttori ad una doppia strategia: una strategia di certificazione del prodotto di qualità del
territorio e di promozione dell’immagine collettiva attraverso il Consorzio e una strategia di
promozione del brand dell’azienda e di difesa di una posizione di “nicchia” da parte delle
singole aziende. La strategia di promozione commerciale dei prodotti tipici dell’area è stata
ulteriormente rafforzata con la costituzione del Consorzio export che riunisce oltre 60
produttori vitivinicoli e che si propone il raggiungimento di obiettivi più focalizzati ed orientati
a specifici mercati di sbocco all’estero. Azioni collettive e attività consortili (Associazioni
temporanee di impresa – ATI – e strategie di vendita collettiva) sono praticate anche dalle
Associazioni di categoria che raccolgono le imprese di minor dimensione per facilitare sia
l’accesso al mercato che una maggior capacità di negoziazione del prezzo5.
Il numero rilevante di produttori di qualità e soci del Consorzio determina una strategia aperta,
condivisa e non controllata da pochi produttori. Notevole è, dunque, la differenza rispetto ad
altri Consorzi in altre aree del paese, ma anche rispetto al Consorzio dello Spumante d’Asti,
ove il ruolo dei principali produttori e delle grandi imprese è molto più rilevante. Solo 15
imprese producono oltre 0,5 milioni di bottiglie6 e i tre più importanti produttori del Consorzio
del Barolo e Barbaresco, dal punto di vista quantitativo, producono soltanto l’8% circa dei 66
milioni di bottiglie prodotte annualmente dai soci del Consorzio7.
La qualità delle risorse umane e l’articolazione delle professionalità (tecnici agronomi, enologi,
addetti commerciali, esperti di controllo di gestione, manager, esperti di mercati
internazionali, esperti di comunicazione, …) è notevolmente aumentata negli ultimi anni,
essendo una condizione necessaria per l’organizzazione di una strategia di riposizionamento
delle imprese locali verso il prodotto di qualità e per allontanarsi da una competizione basata
sui costi di produzione. Allo stesso tempo il ruolo degli esperti e dei servizi specifici alla
produzione agro-alimentare si è ulteriormente accresciuto. Tutto ciò ha reso necessaria una
ristrutturazione del sistema formativo che si è parzialmente riorganizzato per consentire la
formazione di nuovi tecnici e quadri (cfr. il riferimento alle nuove iniziative formative nel
4
Sono circa 1.000 gli imbottigliatori in loco che possono usufruire della DOCG mentre sono diverse migliaia i
produttori vitivinicoli. Questo fa sì che una parte rilevante del vino delle Langhe – Roero viene ancora venduto sfuso
agli imbottigliatori.
5
È sufficiente ricordare l’organizzazione di iniziative collettive da parte della Coldiretti sia per la vendita diretta che
per la vendita alla grande distribuzione (cfr. l’introduzione del marchio “Fattoria Amica” attraverso il quale viene
venduto il vino imbottigliato dei piccoli produttori).
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Un’impresa produce oltre 2 M di bottiglie, 4 imprese producono tra 1 e 2 M di bottiglie e 10 imprese producono
tra 0,5 e 1 M di bottiglie.
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Il 60% della produzione dei vini che fanno riferimento alle denominazioni del Consorzio è autovinificata, il 14%
della produzione è conferito alle Cantine Sociali e il 26% è venduto sfuso agli imbottigliatori.
10
prossimo paragrafo).
Ciò probabilmente spiega anche il ruolo delle banche locali che hanno sempre manifestato un
forte radicamento territoriale. Credo si possa parlare, senza alcun dubbio, dell’esistenza e della
mobilitazione di un capitale di prossimità nell’area delle Langhe e del Roero, a partire
dall’esperienza di forte radicamento della Cassa di Risparmio di Cuneo (e successivamente
della Fondazione della CRC), sia prima che dopo le fusioni bancarie intervenute, ma
soprattutto del mantenimento dell’autonomia di diverse banche locali (Banca di Alba8 – che ha
aggregato diverse Banche Cooperative del territorio -, Cassa di Risparmio di Bra) che
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La Banca di Alba rappresenta la più grande Banca di Credito Cooperativo esistente in Italia per quanto riguarda il
numero dei soci, che sono pari a 35.000 circa.
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consentono di conservare un forte legame con le imprese del territorio, favorendo il reimpiego
delle risorse finanziarie locali in investimenti produttivi delle imprese del territorio,
mantenendo alcune condizioni fondamentali per un processo di sviluppo endogeno e per una
continuità temporale del sistema produttivo locale.
Questo spiega altresì il ruolo giocato da istituzioni specifiche sia nei processi di valorizzazione
turistica, sia nei processi formativi adeguati e coerenti al cambiamento della struttura
produttiva, sia all’accompagnamento delle strategie delle imprese e della gestione delle
politiche di sviluppo locale. In questo senso, sembra di rilievo anche il ruolo della Fondazione
CRC che vorrebbe assumere sempre più un ruolo di promozione dei processi di sviluppo locale,
a partire dall’interpretazione dei processi di cambiamento economico per giungere al ruolo di
selettore e regolatore di processi di sviluppo, come stimolatore dell’iniziativa pubblica e
privata e come integratore a livello territoriale più ampio di progetti pensati localmente
(Garavaglia, 2009) . Una funzione, dunque complessa ed ambiziosa ma che consentirebbe
crescita di consapevolezza locale e integrazione delle risorse finanziarie per progetti complessi
e condotti strategicamente nell’interesse dell’intera comunità locale.
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4. Le politiche di sviluppo locale e gli strumenti
utilizzati
Numerosi sono stati gli strumenti di supporto per le politiche e le strategie di sviluppo locale
nel territorio.
Sono state introdotte diverse leggi regionali per la valorizzazione delle risorse e per facilitare
strategie di sviluppo “bottom – up” per cogliere le opportunità provenienti da una domanda di
beni e servizi differenziati e fortemente connessi alla dotazione paesaggistica e culturale. Basti
pensare alla legge istitutiva del distretto del vino (L.R. 20/99) e alla legge per la valorizzazione
del patrimonio territoriale e delle comunità locali (L.R. 31/95) ma anche alle carte tematiche e
alle indicazioni del Piano territoriale Regionale che individua non solo aree protette ed aree di
elevata qualità paesistico-ambientale ma anche aree storico-culturali.
Alcune considerazioni possono essere effettuate con riferimento alla logica delle relazioni
formazione-lavoro. Il buon esito delle relazioni scuola-lavoro sembra sufficientemente
suffragato sia dall’osservazione dell’esistenza di una formazione sufficientemente orientata
agli istituti di orientamento agrario e alberghiero, comprese iniziative di corsi universitari
mirati ai problemi formativi del territorio (Corso di viticoltura ed enologia ad Alba, organizzato
dalla facoltà di Agraria di Torino e Corso di Scienze Gastronomiche a Pollenzo-Bra) sia dal
numero elevato di avviamenti al lavoro, in forte crescita nei primi anni dello scorso decennio
(prima della grande crisi che sembra tuttavia non aver toccato in modo rilevante il territorio),
dando luogo mediamente a 18.000 avviamenti all’anno. Ancora una volta, anche la dinamica
degli avviamenti al lavoro nell’area studio è stata notevolmente superiore a quella fatte
registrare nelle altre aree della collina piemontese e nel totale regionale.
Infine, alcune considerazioni sull’orientamento alla qualità del prodotto e alla capacità diffusa
di promozione. L’attenzione alla cultura materiale e ai prodotti di qualità si può osservare
anche con il numero rilevante di marchi di origine che sono stati introdotti e certificati nel
territorio, non solo per il vino DOC e DOCG (con un ruolo particolarmente importante dei
Consorzi (a partire dal Consorzio Barolo e Barbaresco) ma anche per i formaggi DOP (Bra,
Raschera, Toma). Stesso ruolo giocano le numerose Fiere (a partire dalla Fiera del Tartufo) e la
partecipazione dei produttori artigiani della gastronomia locale alle fiere e mostre organizzate
altrove.
Per quanto riguarda, infine, la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, numerose sono
le iniziative che hanno rivitalizzato castelli e borghi medievali come numerosi sono stati i
progetti culturali e museali avviati negli anni recenti, dagli ecomusei (l’ecomuseo delle
“Rocche” e l’ecomuseo dei “Terrazzamenti”) al Museo del vino a Barolo, dai parchi letterari e
premi letterari alla Strada romantica delle Langhe e del Roero (con l’organizzazione di undici
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tappe attrezzate da Vezzo d’Alba a Camerana).
Tutto ciò ha dato luogo ad una capacità di mobilitazione di attori diversi, pubblici e privati, con
competenze professionali talvolta complementari talvolta apparentemente lontani ma che i
progetti avviati hanno messo in relazione generando nuove competenze e capacità creativa
precedentemente inimmaginabili. Il risultato finale è un sistema integrato territoriale che
riesce a mettere assieme la produzione primaria agricola sino alla valorizzazione delle
competenze culturali, artistiche e creative e che intesse costruendo una trama complessa con
le altre competenze (artigiane, industriali, commerciali, di servizio) necessarie
all’identificazione dei prodotti del territorio, alla loro promozione e alla comunicazione,
all’attrattività nei riguardi di operatori esterni (sia consumatori-utenti che tecnici, imprenditori
e “professional” che innervano di nuove competenze ed idee il tessuto produttivo del
territorio).
La capacità progettuale del territorio è particolarmente elevata, come evidenziato anche dal
lancio di Slow Food e di Eataly, ma anche dalla recente presentazione della candidatura
Unesco da parte del territorio delle Langhe-Roero. Non va, inoltre, dimenticata la grande
capacità imprenditoriale diffusa che ha alimentato l’attenzione al prodotto di qualità e alla
riproduzione dei vecchi saperi e mestieri, combinandoli con l’attenzione alle nuove
competenze e alle nuove professionalità su cui si è basata la dinamica della produzione
vitivinicola del territorio e la promozione della sua immagine. Una caratteristica fondamentale
dell’imprenditorialità locale è, inoltre, l’attenzione agli investimenti sia nelle aziende esistenti
che in nuove imprese in settori complementari (dall’ingresso storico nel settore vitivinicolo da
parte di imprenditori operanti in settori diversi – sino alla recente acquisizione dell’azienda
Fontanafredda da parte di imprenditori locali - agli investimenti in strutture ricettive da parte
di imprenditori del settore agro-industriale). Tutto ciò ha favorito la crescente integrazione
intersettoriale dell’economia locale e la costruzione di un modello di sviluppo che tiene nel
massimo rispetto la difesa sia dell’ambiente che del paesaggio, con una consapevolezza diffusa
tra gli imprenditori che l’immagine del prodotto di qualità debba essere necessariamente
accompagnata dall’immagine di un territorio di qualità.
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5. Il programma Leader+ e la nuova programmazione
Questo paragrafo si occuperà delle politiche di sviluppo rurale, anche a seguito delle
modificazioni intervenute nella programmazione dei fondi europei, e dei programmi che sono
stato gestiti a livello locale e regionale.
Si deve, innanzitutto, notare che la Regione Piemonte non ha introdotto, nella nuova
programmazione, lo strumento del Progetto Integrato Territoriale (PIT) che molte regioni
italiane hanno introdotto nel Piano di Sviluppo Rurale ma che, allo stesso tempo, ha introdotto
i Programmi Territoriali Integrati (PTI) nel Piano Regionale di Sviluppo con lo scopo di definire
gli obiettivi di sviluppo a scala vasta e con il necessario coordinamento con le strategie che
dovrebbero intraprendere i differenti sistemi locali della regione e delle differenti province.
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I comuni interessati dal progetto sono i seguenti: Vezzo d’Alba, Magliano Alfieri, Neive, Treiso, Trezzo Tinella,
Benevello, Sinio, Cissone, Murazzano, Mombarcaro e Camerana. L’itinerario è molto articolato, coinvolgendo aree
ambientali e paesaggistiche di pregio – comprese le colline raccontate da Beppe Fenoglio - ma anche aree con
patrimonio artistico e architettonico in un territorio relativamente vasto e che passa dai 300 ai 900 metri di altezza
sul maree coinvolgendo comuni spesso ai margini della valorizzazione turistica ed economica nel suo complesso.
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Non tutti gli “stakeholder” convergono su una interpretazione positiva dell’intervento con l’organizzazione
dell’itinerario tematico perché ad alcuni sembra un’operazione molto astratta (per la mancanza di operatività e per
la difficoltà a mobilitare iniziative economiche) e con scarsi effetti non solo diretti ma anche indiretti, ad esempio
sulla modificazione dei comportamenti degli operatori economici locali. Secondo alcuni interlocutori sarebbe stata
più opportuna l’organizzazione di una “strada dei formaggi”.
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Gli obiettivi dell’integrazione e dell’intersettorialità ottengono i risultati più significativi tra i
settori agricolo/agroalimentare e turistico e, in misura minore, con quelli della cultura e
dell’ambiente. La Regione Piemonte è consapevole che spesso Leader+ ha offerto agli
operatori e alla popolazione prospettive di collaborazione nuove ed innovative che spesso
vengono raccolte. Tuttavia è spesso mancata una “visione” più ampia del concetto di
integrazione. Alcuni Piani di sviluppo locale (PSL) hanno puntato eccessivamente sullo sviluppo
di singoli casi esemplari piuttosto che incasellarli nell’ambito di una strategia complessiva
(Regione Piemonte, 2008, p. 91).
Il Gal Langhe-Roero ha gestito i progetti Leader, lanciando vari bandi11, soprattutto bandi di
filiera, con il 70% delle azioni organizzate in Alta Langa.
Per quanto riguarda l’integrazione delle iniziative, che rappresenta una delle questioni
fondamentali per un sviluppo integrato territoriale (Garofoli, 2003; Courlet, 2008), l’Autorità di
Gestione ha rimarcato la difficoltà, a causa di nuovi regolamenti e strumenti troppo rigidi oltre
che alla mancata corrispondenza tra priorità regionali e priorità locali, ad imbastire piani di
sviluppo locale realmente integrati. “Il rischio è dunque quello di trasformare i PSL in “piccoli
PSR” dove l’integrazione è sulla carta ma di difficile attuazione nella realtà” (Regione
Piemonte, 2008, p. 88).
Numerose sono le critiche espresse da molti operatori locali (sia pubblici che privati) rispetto
agli strumenti della nuova programmazione. Si sottolineano, in particolare, la farraginosità
degli strumenti12, i tempi lunghi delle procedure burocratiche (dalla predisposizione dei bandi
alle procedure della selezione e, soprattutto, dei tempi di erogazione dei contributi), il
modesto volume complessivo delle risorse finanziarie pubbliche mobilitabili13. .
Non bisogna, poi, dimenticare che l’obiettivo fondamentale del secondo pilastro è
l’integrazione territoriale e, quindi, intersettoriale – a partire dall’integrazione di filiera. La vera
integrazione territoriale si ottiene, tuttavia, solo se esiste a monte una strategia di sviluppo
integrata e non, viceversa, sommando tra di loro singole azioni, pur di per sé a carattere
integrato, però di fatto slegate tra loro (Regione Piemonte, 2008). L’integrazione territoriale, in
altri termini, spesso dipende da una storia di collaborazione e di integrazione tra gli attori che a
sua volta è conseguenza di una cultura e di una consapevolezza diffusa tra gli operatori locali
che si costruisce nel tempo (via le relazioni tecniche e commerciali tra le imprese) e con
sensibilizzazione e animazione degli attori per la individuazione di piste di collaborazione e di
integrazione produttiva nell’interesse delle imprese coinvolte e del sistema locale. In questo
senso, sembrerebbe più importante lavorare sull’animazione degli attori, sulla crescita della
cultura economica, sulla rivelazione delle opportunità di investimento e, quindi, sulla capacità
di progetto territoriale piuttosto che lanciare bandi per la distribuzione di una quantità
relativamente scarsa di contributi finanziari.
11
L’ultimo bando è stato lanciato alla fine del 2010 ed è scaduto nel febbraio 2011 (con oltre 60 candidature) ed è
ora nella fase di selezione delle candidature.
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È sufficiente pensare al rilevante ed eccessivo numero di pagine dei documenti pubblici, a partire dal Piano di
Sviluppo Rurale, e dei bandi ma soprattutto al continuo emergere di nuovi termini e concetti che spesso sono,
tuttavia, “mascheramento” o nuove definizioni di vecchi concetti (“old wine in new bottles” utilizzando una
metafora spesso utilizzata nella letteratura internazionale e che ben si adatta all’area di studio) che rischiano
tuttavia di arrivare come uno “tsunami” sugli operatori locali e che provocano sconcerto e incomprensione.
13
Il bando GAL scaduto nel febbraio 2011 ha una capacità di mobilitare risorse finanziarie pubbliche inferiori a
1Meuro per interventi pluriennali per praticamente tutta l’area delle Langhe e del Roero.
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In assenza di una capacità di organizzare sviluppo territoriale e di innescare investimenti
complementari tra imprese e settori, è evidente che le associazioni imprenditoriali
mantengono prioritariamente l’attenzione sugli strumenti del primo pilastro e che, con questa
percezione degli strumenti dello sviluppo rurale, accompagnano le aziende agricole nelle loro
scelte di investimento e di predisposizione di candidature per i finanziamenti pubblici
privilegiando la ristrutturazione dei vigneti e la promozione della produzione.
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6. Alcune considerazioni finali
Il carattere specifico del processo di sviluppo e trasformazione dell’area Langhe-Roero è
sicuramente dato dalla progressiva integrazione e dalla stretta sinergia tra la produzione
vitivinicola e gli altri settori di specializzazione dell’economia locale (enogastronomia, turismo,
indotto industriale, servizi specializzati alle imprese). Ovviamente la forte dinamica dei settori
portanti del sistema economico locale trascina altri settori produttivi non direttamente
connessi alla attività produttive dei settori di specializzazione attraverso le “connessioni di
consumo” per dirla con Hirschman (o quella parte del sistema produttivo che si usa chiamare
recentemente, specie in Francia, “economia residenziale”)14. E’ questo processo indiretto che
prevalentemente fa tenere l’occupazione anche nel settore del commercio, a differenza di
quanto avviene in altre parti della regione.
La capacità di reazione e di trasformazione di questo territorio trae origine dai suoi punti di
forza e dalla capacità di cogliere le opportunità di mercato e, quindi, dai caratteri endogeni del
processo di sviluppo, fortemente radicati nell’identità, nel patrimonio e nella cultura locale.
E’ in atto un processo di progressivo allargamento della “catena del valore” sul territorio dal
settore enogastronomico al terziario (sino alla valorizzazione dei beni culturali), tanto da
potersi parlare di un sistema innovativo agro-terziario (o “agropolitano” per dirla con John
Friedmann) (Friedmann, Weaver, 1979) che assume sempre più i caratteri di un sistema
economico territoriale integrato15.
Nonostante i caratteri specifici caratteristici del territorio vasto delle Langhe e del Roero,
sembra importante distinguere l’Alta Langa rispetto all’area centrale e più ricca. L’Alta Langa,
nonostante il forte legame con la produzione della Ferrero (sia per la fornitura della nocciola
sia per l’elevato numero di lavoratori pendolari alle loro dipendenze) che ha consentito negli
scorsi decenni un relativo equilibrio economico-sociale, presenta elementi di minore
dinamicità economica e demografica rispetto alla Bassa Langa. Le politiche di sviluppo locale e
gli strumenti di sostegno del secondo asse della politica agricola rappresentano, dunque, un
rilevante contrappeso alla relativa marginalità economica dell’Alta Langa che i recenti tagli
finanziari allo Stato locale sta rendendo più acuta. Il programma Leader ha assunto, quindi, un
ruolo importante e la maggior parte delle risorse del programma sono state utilizzate nell’Alta
Langa promuovendo l’attenzione allo sviluppo agrituristico e ad iniziative di coordinamento
per la valorizzazione del beni ambientali e paesaggistici.
Negli ultimi tempi è emersa una nuova opportunità di valorizzazione economica dell’Alta Langa
14
Si possono trovare alcuni riferimenti in altre aree italiane e straniere che hanno mobilitato una crescita della
domanda interna a seguito dell’aumento sia degli “input” dei settori basati sulla domanda esterna sia dei consumi
interni derivati dei redditi dell’esportazione e del turismo. L’aumento di domanda interna (diretta e indiretta)
genera, di conseguenza, l’aumento di investimenti e l’ingresso di nuove imprese in settori che la possano soddisfare
(cfr. Garofoli, 2003).
15
D’altronde, questo tipo di esperienza di sviluppo territoriale sta diventando una opportunità particolarmente
realistica in molte aree di sviluppo rurale e di elevata qualità ambientale, basti pensare all’area dell’Alta Provenza
(Manosque-Forcalquier) e alle numerose aree in Toscana, Umbria e Marche che stanno innescando processi di
inversione demografica e, soprattutto, di modificazione della composizione per profili professionali della
popolazione, dando rilievo crescente a nuovi residenti che sono in grado di svolgere funzioni di tipo urbano (con
fornitura di servizi specializzati) e con un ruolo di “ponte” e di raccordo culturale con le aree urbane e con i mercati
(cfr. Garofoli, 2005).
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con il lancio di un nuovo prodotto tipico riconosciuto con il DOC “Spumante Alta Langa”, dopo
un periodo di sperimentazione con l’impiantazione di 70 ettari, e che potrebbe permettere un
consistente flusso di nuovi investimenti produttivi nell’area. Le particolari caratteristiche del
prodotto ad alta quota (come recentemente avvenuto anche in altre aree italiane e straniere),
accompagnato ovviamente da maggiori costi di produzione, potrebbe aprire una nuova
interessante “nicchia di mercato” con prezzi relativamente alti e l’aumento di produzione
vitivinicola nell’area che è attualmente bloccata dai vincoli dei marchi di origine, espandendo
geograficamente l’area di produzione anche se per vini completamente differenti16.
Dalle testimonianze raccolte, sembra di essere in un’area di grande vitalità e di grande capacità
di innescare idee innovative che si basano sulla valorizzazione delle risorse del territorio e che
mobilitano diversi operatori e che spingono ulteriormente altri operatori ad entrare in
interazione o a proporre iniziative altrettanto nuove ed interessanti17.
Ciò che sembra emergere è, inoltre, un interessante “divide” di comportamento tra l’area più
ricca (Alba e il centro più pregiato dell’area vitivinicola) e l’area più povera dell’alta collina e
che fa parte della Comunità Montana. Mentre nella seconda sub-area il ruolo delle politiche di
sviluppo e la capacità di mobilitare risorse finanziarie divengono strategiche e il ruolo del
partenariato pubblico - privato segue le procedure richieste dalle leggi e dai regolamenti
comunitari, nella prima area si osserva una grande capacità di trovare soluzioni ai problemi che
sopraggiungono o di individuare nuovi progetti che provengono dagli operatori privati e che
assumono una logica molto informale di “governance” dello sviluppo, senza ricorrere alle
modalità tipicamente istituzionali che gli strumenti operativi delle politiche di sviluppo
rendono necessari. In altri termini, la “governance” dello sviluppo nell’Alta Langa è dettata dal
“government”, mentre la “governance” dello sviluppo nell’area più ricca è determinata dalla
dinamica tra gli operatori privati che si mobilitano, aggregandosi per omogeneità di idee e
comportamenti, in logiche tipiche delle agglomerazioni di imprese per superare gli ostacoli
della soglia dimensionale di accesso alle capacità strategiche.
L’area centrale delle Langhe-Roero presenta, dunque, una forte identità ed una elevata
capacità di “governance”, con un ruolo cruciale dei progetti e degli investimenti degli operatori
privati e con modalità di “governance”molto informali e che permettono l’avvio di attività e di
investimenti complementari.
Nella parte centrale delle Langhe e del Roero, detto in altro modo, la capacità della comunità
locale di individuare una interpretazione condivisa e un coordinamento leggero è opera di
alcuni operatori innovativi ed aperti che fanno da apripista per nuove strategie di
riposizionamento del sistema locale nel contesto nazionale e internazionale, seguendo le
modalità che i distretti industriali storici hanno effettuato negli anni della “grande ascesa”
quando quasi nessuno parlava né di distretti industriali né di politiche di sviluppo locale.
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Sono state raccolte alcune opinioni discordi tra gli intervistati anche su questa opportunità. Alcuni operatori si
sono mostrati un poco più scettici sia per il debole ammontare degli investimenti sinora effettuati dalle imprese sia
per il ruolo centrale assunto dalle sette grandi imprese dello spumante d’Asti che sono state quelle maggiormente
coinvolte nel processo di sperimentazione e di riconoscimento del marchio di origine dello Spumante Alta Langa .
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C’è tuttavia, tra gli operatori intervistati, chi nota una difficoltà di ingresso di nuovi imprenditori dall’esterno e la
mancanza di vere nuove idee imprenditoriali in quanto la “rendita di posizione” dei produttori di qualità e il blocco
di offerta di terreni per la produzione DOCG non spinge all’innovazione né nell’introduzione di nuovi vini e di nuove
procedure di vinificazione né all’innovazione in altri prodotti e settori.
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Riferimenti bibliografici
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