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sociela’ e StoriaSOMMARIO
anno XXXIV ~n. 134 — ottobre-dicembre 2011
Niccold Guasti, La Compagnia del Gesit nel secondo settecento
Fabrizio Melai, Sul significato del “platonismo” di Peramds nel
suo Commentarius (1793)
Paolo Bianchini, Educazione alla tradizione. I gesuiti e la scuola
tra soppressione e Restaurazione
Martin M. Morales, Las huellas de la resistencia
Girolamo Imbruglia, Osservazioni conclusive
Enrico Berbenni, Banche miste e ciclo immobiliare. L’esperienza
di Comit e Credit (1918-1934)
Beni culturali e organizzazione della ricerca
Silvia Bobbi, Le carte di Princeton del viceré Eugenio: una fonte
documentaria quasi dimenticata per la storia militare del Re-
gno d'Italia (1805-1814)
Antonio Prampolini, Internet e l’uso pubblico della storia. Dalle
riflessioni di Nicola Gallerano alle indagini di Antonino Cri-
scione sui siti web
Abstracts
Schede a cura di: Nicola Lorenzo Barile, Adolfo Bernardello, Laura
Bertone, Paolo Calcagno, Luca Ceriotti, Lucia Frattarelli, Davide
Maffi, Germano Maifreda, Tito Menzani, Elena Papagna, Gian
Paolo G. Scharf
Sono segnalati lavori di: B. Del Bo, E. Brambilla, J.F. Dubost,
C. Ebert, E. Goldberg, A. Marcos Martin, S. Onger, P. Palmieri,
D. Potter, R. Rapple, A. Zorzi.
e inoltre: I! Collegio degli ingegneri e architetti di Milano; Com-
prendere le monarchie iberiche. Risorse materiali e rappresenta-
zioni del potere; «Con animo virile. Donne e potere nel Mezzo-
giorno medievale (secoli XI-XV); L’enquéte au Moyen Age; No-
blesse et états princiers en Italie et en France au XVe siécle.
Libri ricevuti
Hanno collaborato a questo fascicolo
Hanno collaborato in qualita di referees nell’annata 2011
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877ENGLISH SUMMARY
Year XXXIV — n. 134 — october-december 2011
Niccold Guasti, The Society of Jesus in the late eighteenth century:
an overview
Fabrizio Melai, Platonism in Peramds’ Commentarius (1793)
Paolo Bianchini, On traditional education. Jesuits and teaching
between suppression and restoration
Martin M. Morales, Traces of the resistance
Girolamo Imbruglia, Conclusive remarks
Enrico Berbenni, Universal banks and real estate cycle. The expe-
rience of Banca Commerciale Italiana and Credito Italiano
(1918-1934)
Source materials and historical research
Silvia Bobbi, The Beauharnais Collection at Princeton: a half-for-
gotten source for the military history of the napoleonic King-
dom of Italy (1805-1814)
Antonio Prampolini, Internet and the public use of history. From of
Nicola Gallerano’s remarks to Antonino Criscione’s surveys of
the web sites
Abstracts
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815SUL SIGNIFICATO DEL “PLATONISMO” DI PERAMAS
NEL SUO COMMENTARIUS (1793)
di Fabrizio Melai
Certamente molto é stato detto sull’ opera pit: nota di José Manuel Peram:
il De administratione guaranica comparate ad rem publicam Platonis com-
mentarius, il cui titolo descrittivo & stato anche tradotto in castigliano, in ma-
niera pitt spiccia ma certo pit eclatante, con La Repiiblica de Platon y los
Guaranies'. Cid che pid ha colpito la curiosita degli storici, e la fantasia di
molti altri, @ certamente il parallelismo tracciato fra lo stato ideale platonico ¢
le famose Riduzioni del Paraguay; forse questo accostamento singolare ha
contribuito a rafforzare l’immagine mitologica che circola sul Paraguay gesui-
tico, almeno a partire dal Cristianesimo felice?, la sua manifestazione maggio-
re, anche se non originaria’, Naturalmente, @ stato facile per molti seguire il
parallelismo tracciato da Peramés, fino ad attribuire un carattere mitologico
alla stessa esperienza storica delle Riduzioni, tanto da individuarne il modello
ora nello stato incaico, ora nelle comunita apostoliche, ora addirittura nelle
1. titola la sua prima edizione moderna curata da J. Cortés del Pino (1946), ri-
prodotta anastaticamente in nuova edizione ad Asuncién (Editorial Paroquial San Rafael)
2003. C’é poi Platén y los Guarantes, a cura di FF. Martinez e B. Melia, Asuncién (2004).
Infine, una traduzione italiana non del tutto fedele intitolata Guaranica [De administratione
guaranica comparate ad rempublicam Platonis commentarius], traduzione, introduzione ¢
note di Stelio Cro (1994),
2. Ovviamente, si allude alla notissima opera /I Cristianesimo felice nelle missioni de’
padri della Compagnia di Gesit nel Paraguai, di Muratori (1743-49). L’opera di Muratori
ebbe una diffusione vastissima, tanto da essere tradotta in francese fin da subito ed edita a
Parigi (1754): Relation des missions du Paraguai. Fra le ristampe modeme, segnaliamo
quella a cura di P, Collo (1985), Quanto poi alla presenza del mito delle Riduzioni para-
guaiane nel dibattito politologico enropeo fra seicento € settecento, resta inaggirabile Im-
bruglia (1983); in particolare, su Muratori e la sua opera, pp. 166-169.
3. La prima attestazione di un'immagine “mitica” — cio non storica ~ delle Riduzioni
del Paraguay ci fu con le Lettres édifiantes et curieuses, opera di propaganda missionaria
preparata e propagata dagli stessi gesuiti a partire dalla fine del Seicento; in essa, le missio-
ni paraguaiane erano presentate come una vera attualizzazione dell’ ideale comunitario delle
prime chiese cristiane. Imbruglia (1983) pp. 113-142.
Societa e storia n. 134, 2011674 _F. Melai
utopie politiche rinascimentali‘. In questa relazione proverd dunque a misurare
a portata di questo “platonismo”, cercando di evidenziame i limiti e le conta-
minazioni, di ipotizzarne gli scopi.
Innanzitutto, conviene forse spendere qualche parola sul contesto culturale
italiano, in cui l’utilizzo che Peramés fa di Platone si presenta come un hapax.
In effetti, il panorama culturale italiano della seconda meta del XVIII secolo,
nonostante il risveglio dell’erudizione umanistica e il rinnovato studio delle
lettere classiche, non presenta particolari rielaborazioni 0 rifiessioni sull’opera
del filosofo ateniese. Vi era perd una sorta di brodo culturale che segnala un
rinnovato interesse per le opere politiche dell’ Ateniese, come testimoniano al-
cune traduzioni della Repubblica a opera di cultori delle lettere classiche, pub-
blicate a Venezia alla fine degli anni ottanta’. C’erano poi certamente stati al-
cuni intellettuali che lo avevano studiato e preso a modello: fra questi, l’esem-
pio illustre del Gerdil, che trasse spunti dall’ opera platonica per la sua pedago-
gia anti-russoviana, come anche nella sua apologetica del cristianesimo®. Tut-
tavia, un antecedente pit diretto dell’ispirazione apologetica del Commenta-
rius si pud semmai trovare nei curiosi Aforismi del divino Platone ad arresta-
re il morbo epicureo da filosofo cristiano (1770), opera del filogiansenista fra-
te minore osservante Bernardo da Venezia, il quale perd si concentrava sulla
rilevanza etico-sociale della filosofia platonica, piuttosto che sull’aspetto pitt
propriamente politico’. Peramds si distingue da tale contesto, a cui & soltanto
in parte inseribile, per aver fatto riferimento a Platone proprio al fine di pro-
porre un modello politico, citando a piene mani le due maggiori opere del filo-
sofo ateniese sul tema: la Repubblica e le Leggi.
E infatti cosa ormai acquisita dalla storiografia ~ anche se, purtroppo, non
molto divulgata in quella italiana* ~ che la consuetudine con i testi platonici e
greci in generale, Peramés la consegui non certo in Italia, dove anzi lo trovia-
mo piuttosto isolato, ma in Spagna. E merito di Batllori e del suo maestro Ca-
4, Una rassegna sufficiente di queste varie interpretazioni si trova in Armani (1977);
Pautore aderisce peraltro a un punto di vista originale, che scaturisce dal confronto fra 'u-
topia di Campanella e la realizzazione paraguaiana, ipotizzando suggestive contaminazioni
fra la costruzione teorica dell’eterodosso frate domenicano e l’impresa missionaria dei figli
di sant’Ignazio, Un’interpretazione recente e interessante del Commentarius, che esce dalla
solita letteratura sull’argomento, & invece quella di Morales (2010).
5. Troviamo infatti La repubblica di Platone, o sia dialogo sopra la giustizia tradotto
dal padre Michelangelo Bonotto domenicano (1781); ¢ i Dialoghi sopra la giustizia (1789)
pubblicati a Venezia dallo stampatore Zatta, notoriamente vicino ai gesuiti
6. Per esempio, nella sua ntroduzione allo studio della religione (1755), opera incom-
piuta che aveva un fine squisitamente apologetico; ma anche Pimpresa maggiore del Gerdil,
le Reflexions sur la théorie, et la pratique de l'éducation contre les principes de M. Rous-
seaut (1763), meglio noto, poi, col titolo di Anti-Eimilio; per una panoramica sul Gerdil e la
sua opera, Lantrua (1952) e Stella (1999).
7. Cf. [Bernardo da Venezia}1777, t. III, pp. 145-193 ¢ 289-332.
8. Per esempio, Cro, nell’introdurre la summenzionata traduzione italiana del Commen-
tarius, individua Italia quale luogo in cui Peramas acquisi familiarit’ con il neoplator
smo.Sul significato del “platonismo” di Peramds nel suo Commentarius (1793) 675
sanovas, l’avere situato in Cervera, e pili esattamente nel circolo umanistico di
José Finestres, il contesto in cui il nostro si impratichi nelle lettere classiche®.
Infatti, Finestres fu uno dei pochissimi intellettuali nella Spagna settecentesca
ad aver aperto le porte allo studio degli autori greci!®; giurista di formazione,
arrivd a creare intorno a sé un gruppo di amici e di allievi che, informalmente
e nella sua abitazione privata, a Cervera, approfondivano gli studi umanistici"!.
Casanovas ha altrettanto bene spiegato le finalita di questo cenacolo: la lettura
assidua dei classici non aveva finalita meramente estetiche, ma era anzi un ten-
tativo di svecchiare il percorso di studi universitario tradizionale per cercare un
confronto con i temi nuovi che la filosofia poneva all’estero”. Infatti, l’ambito
in cui si mosse il circolo di Cervera fu fondamentalmente giuridico, finalizza-
to cercare una nuova apologetica della teoria del diritto naturale, senza fare an-
cora ricorso all’ ormai criticatissimo e percid indebolito sistema scolastico-ari-
stotelico. Questa strada fu tentata, sostiene Casanovas, nel ricorso ai pensatori
dell’antichita e nell’apertura alle scienze naturali; si noti, di passaggio, l’inten-
to fondamentalmente apologetico di questa operazione: approcciare il pensiero
moderno attraverso un contesto filosofico tradizionale, o almeno compatibile
con la tradizione!?.
Gli anni di Cervera furono importanti per la formazione di Peramés. La ap-
prese un bello stile nella scrittura latina, che gli procurd qualche notoriet& in
Paraguay ¢ in Italia, Ma soprattutto, recepi la missione di cercare nella clas-
sicita latina e greca la via per arrivare al centro del dibattito culturale moderno:
forse fu a causa di questa impostazione che, esiliato, si ritrovd praticamente
jsolato nel contesto culturale italiano, il quale invece era forse piii sensibile
alle novit& del pensiero nuovo, soprattutto sotto le specie di un “illuminismo
9. Casanovas (1953); Batllori (1966) pp. 345-354; sul contesto dell’istruzione classica
nella Spagna del settecento, Gil (1995) pp. 279-298; Mestre Sanchis (2002). Invece, sulla
presenza di Platone nella trasmissione della spiritualita ¢ dei modelli d’insegnamento gesui-
ti, cfr, Fumaroli (1980) p. 375
10. L’altro grande grecista spagnolo del settecento, assieme a Finestres, fu Mayans, at-
tivo a Valencia; entrambi furono allievi di collegi gesuiti, di cui perd criticarono l’approc-
cio pedagogico; lo stesso Mayans da questa critica trasse la volonta di riformare gli studi
classici, attuandola nel circolo che formd intorno a sé a Valencia, significamente conosciu-
to come i novatores. Cfr. Mestre Sanchis (2002) p. 54. Sulluniversita di Cervera, di nuova
fondazione, ¢ sul suo ruolo nel tentativo di svecchiamento dell'insegnamento universitario
spagnolo nel XVIII secolo, Prats i Cuevas (1993).
11. Casanovas (1953) p. 75.
12. Ivi, pp. 163-164.
13. Secondo i ricordi del padre Gallisé, allievo di Finestres, i giovani entravano nel suo
circolo per abbeverarsi alla scienza del maestro, che reputavano come un “Platone cristi
no”, Cfit, Mestre Sanchis (2002) p. 82. Il circolo di Finestres parve troppo spregiudicato agli
occhi degli spiriti pitt conservatori, che evidentemente non colsero l'intento apologetico
«insieme; esso fu quindi, nel 1759, disperso d’autorita, nel timore che s’introducessero in
Spagna le idee dell’ illuminismo. Ivi, pp. 137-138.
14. Anche soltanto una lettura superficiale delle sue opere denuncia il modello stilistico
tacitiano, consapevolemente contrapposto a quello ciceroniano, tipico della pedagogia ge-
suita tradizionale.676 F. Melai
religioso” che nella Penisola rimontava molto addietro e aveva l’esempio illu-
stre del Muratori. Paradossalmente, si pud osservare che Peramés non fu isola-
to nel suo isolamento: I’incomprensione profonda fra i gesuiti spagnoli esiliati
e gli stessi loro confratelli italiani & uno degli aspetti piti tragici, dal lato uma-
no, € interessanti da quello storiografico, della vicenda dell’ extrafiamiento'.
Tuttavia nel suo caso si aggiunge la particolarita di vedere un umanista di non
comune competenza, che si ritrova emarginato nella stessa patria dell’umane-
simo; per di pit, a differenza di tanti suoi confratelli ed ex colleghi di Cervera,
non ottenne una sistemazione nell’ambiente universitario di Bologna, I’unico
che potesse dargli modo di far valere le sue doti, né, per quel che sappiamo,
cercd di gravitarvi. E questo un fatto che lo stesso Batllori osserva, senza tut-
tavia darne una spiegazione.
A mio giudizio, ci si & troppo spesso soffermati soltanto sull’aspetto esteti-
co degli scritti di Peramés, colpiti dal suo latino pulito ed esatto, dallo stile
splendidamente tacitiano. In effetti, essi sono quasi tutti da classificare fra gli
esempi di retorica accademica gesuitica, dalle Laudationes quinque del 1766
al De invento novo orbe del 1777, al poema in onore del vescovo Mancinforte
di Faenza del 1787, per arrivare fino ai due menologi dei suoi confratelli del
1791 e del 1793'S, Tuttavia, in questi ultimi scritti, ormai alla fine della vita di
Peramés, si nota un accento diferente; lo schema agiografico & mantenuto,
come é nella tipologia del genere, ma soprattutto nel De vita et moribus trede-
cim virorum paraguaycorum, del 1793, travalica in un tono apertamente apo-
logetico. I confratelli di cui trata, hanno tutti patito l’espulsione del 1767, ed &
soltanto questo il tratto comune a tutti loro; soltanto per aver subito I’esilio e
per averlo sopportato in modo esemplare, sono degni di ricevere una memoria
riverente. B in una sorta di appendice di questo libro, pubblicato postumo e
dalla vicenda editoriale non del tutto chiara'’, che troviamo anche il De admi-
nistratione Guaranica comparate ad rempublicam Platonis commentarius,
15. Un esempio lampante dell'isolamento culturale che subivano i gesuiti spagnoli
espulsi, anche quelli che pitt cercavano rapporti con l’ambiente accademico italiano, 2 il fal-
limento del dialogo fra alcuni ignaziani valenzani e gli accademici fiorentini. Cfr. Guasti
(2006) pp. 293-329.
16. Si allude ai Clarissimi vir DD. Ignatii Duarti et Quirosii, Collegii Monserratensis
Cordubee in America conditoris, laudationes quingue, del 1766; De invento Novo Orbe in-
ductoque illuc Christi Sacrificium Libri tres (1777); Adveniente Faventiam illustrissimo ac
reverendissimo episcopo d.d. Dominico ¢ marchion. Manciforte etc. (1787); De vita et mo-
ribus sex Sacerdotum Paraguaycorum (1791); De vita et moribus tredecim Virorum Para-
guaycorum (1793). Per una rassegna bibliografica completa delle opere di Peramas, pubbli-
cate e manoscritte, cfr. Furlong (1952),
17. José Manuel Peramés mori il 23 maggio del 1793 a Faenza, lasciando la sua ultima
opera, il De vita et moribus tredecim, terminata ma non ancora edita; non & dato sapere chi
abbia seguito le fasi finali della pubblicazione, avvenuta nello stesso anno, ma & probabile
che sia stato il fratello Ignacio, anch’egli gesuita ¢ in esilio con la Provincia d’ Aragona, cui
apparteneva. Di fatto, a Ignacio Peramés la bibliografia attribuisce unanime I’anonima Jo-
sephi Emmanuelis Peramasii vitae synopsis, contenuta nel De vita et moribus tredecim
pp. XVII-XVIIL, che costituisce Ia fonte principale sulla vita di José Manuel.Sul significato del “platonismo" di Peramds nel suo Commentarius (1793) 677
quella comparazione fra l’immaginazione politica platonica e le Riduzioni del
Paraguay, che fa l’oggetto di questo breve saggio. In tale maniera, il Commen-
tarius entra in una relazione testuale con le agiografie contenute nel resto del
volume, illuminandosi a vicenda e rivelandosi come parti di un unico progetto.
Da una parte infatti vediamo le biografie di tredici gesuiti di vario grado e
differenti eta che, trovandosi a subire |’espulsione per motivi che non erano in
grado di comprendere, accettarono la nuova piega che prendevano gli eventi,
sottoponendosi ad essa con spirito di penitenza. II fatto che siano l’espulsione e
Vesilio I’evento capitale di tutte queste agiografie, ci é rivelato non soltanto da
una semplice comparazione fra di loro, ma anche da alcuni particolari di gran-
de significato. Un esempio fra tutti: ogni biografia riporta per titolo i] nome del
soggetto trattato e la sua qualifica nella Compagnia di Gesii, ma soltanto quel-
la che egli aveva al momento dell’espulsione. Di conseguenza, accanto al nome
di Francisco Urrejola leggiamo il titolo di “scholasticus”, mentre egli fece in
tempo ad essere ordinato sacerdote, prima di morire'*. Dunque, il titolo di spet-
tanza sarebbe stato “sacerdos”, se non fosse che la raccolta di biografie scritta
da Peramds non & evidentemente un semplice menologio, sia pure molto artico-
lato ed elaborato, ma una specie di raccolta della memoria collettiva dell’ ex-
traftamiento, il cui unico tema & scomposto nelle vite di alcuni di quelli che lo
hanno subito. Dalla fondamentale importanza dell’espulsione e dell’esilio, de-
riva dunque l’attenzione verso il modo in cui gli espulsi hanno affrontato la
prova; costantemente li vediamo, nel racconto di Peramés, soffrire per una pu-
nizione che percepivano ingiusta, ma preoccupati soprattutto di mantenersi fe-
deli alla Compagnia di Gest. Un altro esempio, € quanto raccontato sulla mor-
te del padre Agull6; durante una riunione dei suoi confratelli a Faenza, nel
1772, ebbe l’incarico di tenere un sermone. Salito sul pulpito, fece un bilancio
della propria vita, rimproverandosi soltanto di non avere seguito con abbastan-
za rigore le regole della Compagnia. Sceso dal pulpito spird””.
Il richiamo al rigore che pervade la raccolta biografica, ci indica con suffi-
ciente chiarezza che Peramés si ispird, nel delinearla, alle esortazioni e alle
opere di Domingo Muriel, ultimo provinciale del Paraguay, che alla vigilia
della soppressione della Compagnia, nei primi mesi del 1773, diramd ai suoi
sottoposti una lettera, in cui sottolineava molto la necessita di conservare il ri-
gore nell’ osservanza delle regole e delle consuetudini dell’Ordine”®. In parti-
colare, esortava i suoi da una parte a continuare, anche se avessero dovuto ab-
bandonare la vita comunitaria, a trovare il tempo per gli esercizi spirituali e
Vesame di coscienza, e dall’altra a sopportare tutto con pazienza per fare delle
sofferenze ingiustamente subite un’offerta capace di permettere alla Divina
18. Peramés (1793), p. 364 sgg.; eff. Storni (1980), p. 291.
19. Peramas (1793), p. 402.
20. Per un profilo bio-bibliografico, seppur sommario, di Muriel, Furlong (1934), e Fur-
long (1955). La lettera di Muriel & stata pubblicata dal padre Hernéndez S.J., noto studioso
delle Riduzioni paraguaiane dell’inizio del secolo scorso, in appendice alla biografia che F.
Miranda, allievo di Muriel, dedicd al maestro scomparso, nell’ambito dell’istruzione del
suo processo canonico: Miranda (1916) pp. 493-524678 _F. Melai
Provvidenza di riscattare la vita della Compagnia di Gesu, che sarebbe cosi ri-
sorta. E dunque in questo contesto di sostanziale reazione nei confronti della
rovina della Compagnia e di fortissima istanza di conservazione delle sue nor-
me, che dobbiamo leggere la serie di biografie che Peramas ha avuto cura di
scrivere; non sappiamo se abbia agito su mandato di Muriel, ma & evidente che
si & mosso sulla sua falsariga, per costruire come un pantheon della Provincia
paraguaiana, di cui fanno parte soltanto coloro che, di fronte alla distruzione
causata dall’espulsione, dall’esilio e poi dalla soppressione, si mantennero fe-
deli alla loro vocazione ignaziana”!
Dunque la serie biografica del De vita et moribus tredecim virorum para-
guaycorum aveva un valore apologetico all’interno della Compagnia, o per
meglio dire di quel che restava della provincia paraguaiana, sulla scia del pro-
vincialato di Muriel; infatti, era diretta a santificare la memoria di coloro che
avevano mantenuto alta, in mezzo a tante difficolta, la bandiera di Ignazio. In-
vece il Commentarius che l’accompagna é esplicitamente diretto all’esterno,
cio® proietta l’identita della Compagnia verso una nuova battaglia. Nessuno
ignora infatti che il suo testo pud essere agevolmente analizzato sotto due pro-
fili: da una parte, il confronto serrato fra la teoria politica platonica e la pratica
delle missioni paraguaiane; dall’altra, l’utilizzo polemico che viene fatto di
questa identificazione, per criticare radicalmente gli esiti della Rivoluzione in
Francia. Troppo spesso, devo dire, la storiografia si & soffermata sul primo
aspetto, pitt che sul secondo, arrivando cosi a sottovalutare il lato polemico
dello scritto, che pure & esplicito fin dall’inizio. Si legge infatti:
Siquando tempus ullum fuit celebrem illam Rempublicam Platonis in usu deducendi,
hoc est profecto, cum insanientis Philosophiae Epicureus grex, exosus majorum nostro-
rum sancta instituta, rectumque gubernandi modum, omnia susque deque vertit, atque
aliud ex alio in die comminiscitur, ut felices (si superis placet) populos efficiat (p. 1).
‘Vediamo come fin dal debutto sia chiaro in realt& l’intento di Peramds di
attaccare radicalmente le idee nuove che venivano dalla Francia. In particola~
re, il fatto che usi l’appellativo “epicureo” per designare i “filosofi” autori del
misfatto, non é una semplice invettiva, mirante a colpire le qualita morali dei
suoi avversari polemici; & anzi un giudizio politico completo, di cui trovere-
mo conferma nel resto del testo. Infatti, nella tradizione della filosofia scola-
stica, il pensiero epicureo era caratterizzato, per quel che riguarda la teoria
politica, dall’asserzione secondo cui il vincolo sociale, e di conseguenza il
potere politico, era una mera convenzione, un’emanazione positiva che non
aveva riscontro nella natura umana e che percid era sempre possibile mettere
21. Significativo, del resto, é il fatto che citi con sommo rispetto i Rudimenta juris na-
turalis, et gentium, recente opera pseudonima dello stesso Muriel (1791), in cui spicca Pin-
tento apologetico di intervenire sul vecchio dibattito giusnaturalistico attorno alle tesi di Pu-
fendorf - cfr. Venturi (1976) pp. 251-252 ~ per volgerlo a criticare la concezione positiva
del diritto esplosa durante la Rivoluzione in Francia: obiettivo, questo, che & al centro anche
della polemica del Commentarius.Sul significato del “platonismo” di Peramds nel suo Commentarius (1793) 679
in discussione”. In altre parole, Peramés coglie nel processo rivoluzionario in
Francia I’affermazione di una concezione politica differente da quella tradi-
zionale; per cui, alla stretta corrispondenza fra natura, intesa come espressio-
ne razionale della creazione divina, e potere politico, veniva sostituita una
concezione per cui il potere & frutto di una convenzione storica. In breve, il
diritto positivo prendeva il posto del diritto naturale.
Quale fosse in realtd il pensiero di Peramés, lo troviamo poco pid avanti:
quod a nobis dicenda sic coniuncta sint cum mysteriis Christianae institutionis, ut pla-
ne constet ab hac una pendere bonum publicum, tantoque beatiores esse populos,
quanto obsequentiores sunt Christi praeceptis, ac divini cultu veraeque fidei tenaciores
(p. 2).
Troviamo qui una corrispondenza speculare fra ordine divino, naturale e
politico: la felicita stessa dei popoli dipende strettamente, addirittura, dall’ assi-
duita alle preghiere pubbliche. E questa una idea assai tradizionale, che affon-
da le sue radici nella filosofia scolastica e che si basa su una concezione og-
gettivistica del bene comune: un oggettivismo etico che toglie la felicita popo-
lare dal basso delle convenzioni sociali e del consenso, per incastonarlo nel
cielo dei concetti immutabili. Fin qui, cid che Peramés crede e vuole ribadire;
tuttavia, @ facile comprendere come questo procedimento risulti alla fine sin
troppo automatico ¢ tutto sommato trovi dei limiti nella sua astrattezza. Le Ri-
duzioni paraguaiane lo soccorrono su questo punto; esse devono fornire al ra-
gionamento politico una sorta di concretezza esperienziale. La politica non &
una scienza sperimentale, ma sembra che Peramés voglia invece fornire una ri-
prova di quel che dice, e a questo scopo si avvale del confronto fra Platone e il
Paraguay, che rivela cosi la sua essenza polemica.
In Francia, di fronte alla novita di cid che stava accadendo, fra gli stessi ri-
voluzionari si cercavano referenti nell’ antichita, in un’epoca cioé precedente
alla commistione fra potere politico e Chiesa cristiana, e Sparta ed Atene era-
no ormai frequenti nel discorso politico, in un periodo che aveva fatto della rie
scoperta dell’ antico una moda culturale”*. Peramés si inserisce su questo piano
di confronto, accettando di cercare nell’antichita un modello teorico adatto a
spiegare la sua concezione politica. Naturalmente, possiamo chiederci perché
abbia fatto ricorso proprio a Platone; credo che potremmo individuarne la ra-
gione innanzitutto nel prestigio che restava da sempre legato al suo nome, ¢ in
particolare alla fama della sua Repubblica, la prima fra tutte le utopie. In se-
condo Iuogo, perché il sistema platonico gli avrebbe permesso di veicolare gli
stessi concetti, senza molti degli inconvenienti a cui andava incontro invece i]
sistema scolastico-aristotelico, oramai quasi completamente screditato nel-
22. Un'esemplificazione recente di questa lettura, si ha in Ambrosetti (1964) p. 43; in-
vece, sull’effettiva portata dello studio di Epicuro nella formazione del pensiero illuminista,
cfr. Robertson (2005), pp. 316-324.
23. Cfr. Guerci (1979); per una ricostruzione di pit ampia portata delle influenze del-
Pantichita greca sul pensiero politico occidentale, Cambiano (2000).680_F. Melai
VEuropa colta. Ma non dobbiamo trascurare il platonismo di ispirazione cri-
stiana che aveva respirato a Cervera, nella casa di Finestres”*.
Infatti, lo Stato teorizzato da Platone nella Repubblica aveva alcuni punti
forti, che trovavano facile corrispondenza nel regime delle Riduzioni. Innanzi-
tutto, ovviamente, il regime economico comunitario, che dava modo di portare
avanti un perfetto parallelismo tra la teoria platonica e la pratica paraguaiana.
Questo da anzi modo a Peramés di dilungarsi in una lunga descrizione del si-
stema economico che vigeva nelle Riduzioni, che tutto sommato nulla aggiun-
ge a quel che gia era stato scritto molte volte, ¢ molte volte divulgato, fra gli
altri dal Cristianesimo felice di Muratori?5. Ma la descrizione parallela dei due
sistemi mantiene una perfetta aderenza anche per molti altri aspetti: la fruga-
lita della vita quotidiana, il tetto massimo di abitanti per ogni citta, la disposi-
zione urbanistica regolare degli abitati e la centralita che gli edifici di culto e
gli altri edifici pubblici vi dovevano avere. In tutto cid Peramés ripercorre con
una certa consapevolezza il mito preesistente della felicita del Paraguay.
Tuttavia, se teniamo presente qual era lo scopo ultimo del Commentarius,
cio’ 1a critica delle nuove idee sociali, ci accorgiamo che tutte queste coinci-
denze sono soltanto il quadro in cui trovare il punto che realmente sta a cuore
a Peramés, owvero il ruolo che la religione e il clero devono avere in una so-
cieta politicamente organizzata. Com’é noto, fin dal 1790 si era creato in Fran-
cia un contrasto fra una parte degli ecclesiastici e i] nuovo ordine istituzionale
a causa della Costituzione civile del clero, contrasto che si era approfondito in
seguito alla richiesta del giuramento civile del gennaio 1791; di fronte a questo
attentato alla posizione tradizionale del Primo Stato, era intervenuto lo stesso
papa Pio VI nel marzo successivo, con una condanna della Costituzione civile
che spazzd via buona parte delle possibilita di mettere ancora la pace fra il cle-
ro costituzionale e quello refrattario, e fra questo e il nuovo ordine istituziona-
le. Riflettendo su questi eventi, Peramds ha buon gioco a richiamarsi all’auto-
rita di Platone, per ribadire la necessita di un ordine sociale fondato sulla reli-
gione; anzi, sulla scorta della Repubblica, attua un’ identificazione piuttosto fa-
cile fra i “re-filosofi” e i missionari, visti entrambi come incaricati di garantire
la corrispondenza fra l’ordine naturale e l’ordine sociale. Si trata, né pit né
meno, del richiamo a un ordine sostanzialmente ierocratico, in cui il clero & vi-
sto come depositario delle leggi politiche fondamentali.
Se tuttavia fino a questo punto é facile ravvisare alcune somiglianze, sia
pure superficiali, fra l’ordinamento delle Riduzioni ¢ lo Stato platonico, vi
sono anche ambiti in cui il paragone & molto pit difficile, e rischia di essere
controproducente. Uno di questi &, ad esempio, il regime coniugale. Come si
sa, Platone aveva teorizzato che la comunione dei beni dovesse essere comple-
ta nella sua utopia, per cui doveva essere eliminata anche la famiglia e il li-
gnaggio come primo nucleo della propriet& privata: i bambini avrebbero dovu-
24, Sull’influenza di Platone sull’insieme del pensicro moderno e contemporaneo,
Vieillard-Baron (1988); Goldschmidt (1990).
25. Cfr. Muratori (1985) pp. 156-164.Sul significato del “platonismo” di Peramds nel suo Commentarius (1793) 681
to ignorare i propri padri, ed essere cresciuti tutti insieme allo stesso modo
dall’intera comunita. Ugualmente, l’istituzione matrimoniale non era prevista,
e anche le donne avrebbero dovuto essere in comune”*. Ora, un’istituzione si-
mile alla pedagogia platonica era possibile riscontrarla nelle scuole delle Ridu-
zioni, in cui tutti i bambini erano educati insieme, tuttavia Peramas, e si pud
facilmente comprenderlo, non poteva consentire all’ abolizione del matrimonio
e della famiglia. Su questo punto anzi dissente e critica apertamente Platone,
accusandolo di non essere stato in grado di comprendere tutte le conseguenze
della sua proposta: dissoluzione morale, liti e rovina sociale’. La questione
matrimoniale gli da anzi spunto per affrontare un problema molto pid vasto:
quello della legge naturale. Con un riferimento ai filosofi moderni, sospira in-
fatti Peramas:
nia hominis officia, et bene
posse blaterant (p. 31).
subit mihi cogitatio nostri seculi philosophorum, qui o
ordinandae Reipublicae statuta e sola naturae lege defini
Aggiunge poco dopo:
sane magnifici isti legis naturalis laudatores, eo demum relabuntur, ut alii fatum ad-
struant, alii hominem e mera materia confient, et cum belluis componant, alii prorsus
Athei sunt. Itaque (quod prius dicta consequimur) sola Religio divinitus inspirata ve~
rum justi, et injusti; boni et mali discrimen ostendere potest, et mentis errores discute-
re, et mores regere (p. 32, nota).
Come si vede, si rinnova qui la critica verso coloro (cita soltanto Bayle)
che hanno escluso che la religione possa avere un ruolo nella definizione dei
valori sociali fondamentali; @ la rivendicazione del possesso del potere di defi-
nire e interpretare la legge naturale, in virti della concezione tradizionale cri-
stiana. La legge naturale scompare ed & indeterminabile, afferma Peramds, se
non la si definisce alla luce della Rivelazione cristiana: I’ ordine naturale riflet-
te il progetto della creazione e di conseguenza la filosofia non pud che essere
ancella della teologia, secondo l’adagio medievale. Nell’affermare cid, non
esita neanche a chiamare in causa lo stesso Rousseau, per ribadire come alla
religione spetti il ruolo di fondamento categorico del tessuto sociale.
E infatti quando arriva a trattare del fondamento della societa, che Peramas
ayverte tutti i limiti del parallelismo impostato con la teoria platonica enuncia-
ta nella Repubblica. Qui infatti manca qualsiasi origine, che dia ragione della
necessaria conformita fra lo Stato inteso come esperienza storica e l’idea a-
storica e celeste che lo forma; ovvero, altrimenti detto, fra la teoria soggettiva
e lesperienza sociale dello Stato. A questo punto, ricorre dunque a un mito
fondativo, che non trova perd nella Repubblica, ma nelle Leggi, un libro molto
26. Nel quinto libro della si legge: «Che queste donne siano in comune di tutti questi
uomini, ¢ nessuna coabiti con nessuno in particolare. E anche i figli sian comuni, Né il ge-
nitore conosca la propria prole, né il figlio il genitore»; of. Platone (1994) vol. Il, p. 172.
27. Peramds (1793) pp. 30-31682 F. Melai
pil tardo, in cui Platone aveva riveduto molte delle sue dottrine. Sulla sua
scorta, Peramas descrive una storia ciclica dell’umanita, ripetutamente sotto-
posta a catastrofi come enormi diluvi e inondazioni, che distruggono ogni ci-
vilta. Al termine di questi cataclismi, i superstiti si sarebbero riuniti sulle mon-
tagne ¢ in luoghi isolati, dove avrebbero dato vita a comunita patriarcali. Pos-
siamo poi leggere:
Ut respiravit tandem a malis vel motae, vel exustae, vel demersae terrae, superstes ho-
minum stirpes, convenere in locum unum alii atque alii, majorque sensim coetus cac-
tus est. Hinc ex studiorum operumque similitudine, et desiderio mutuae opis, commu-
nisque auxilii, conjunctis invicem animis, coaluit nova societas (p. 70).
Questo passo & nient’altro che la parafrasi dell’analogo brano delle Leggi
di Platone (681 a-b), che perd Peramés sente il bisogno di commentare con
una nota che ne precisi il significato:
Homines in societatem vitae, civitatisque convenire secundum instinctum naturae hu-
manae est: singuli enim hominum, aut etiam familiare seorsum agentes plurimis et uti-
litatem corporis, et ad animi institutionem disciplinamque necessario carerent. Ut au-
tem debitus Dei amor, et cultus ex ipsa hominis intelligentis vi, et intima proprietate
descendit, coeuntibus multis in vitae societatem, officia religionis multo melius, mutuis
civium exemplis, et praefectorum jussis, constant (p. 70, nota).
Pur senza averne trovato I’ appiglio nel testo platonico, che pure riporta pra-
ticamente identico, Peramds si premura di inserire la concezione cristiana del-
la legge naturale, per dare forza alla sua argomentazione.
Un procedimento simile lo possiamo trovare anche in un passo di poco suc-
cessivo, e almeno altrettanto importante.
Habito inter se consilio, designarunt quondam arbitros, qui singularum tribuum consue-
tudines examinarent, et aptiores publico bono eligerent. Exin unum ex iis, qui mente, et
animi altitudine, et prudentia, reliquis anteibant, sibi communiter praefecerunt, ut ex-
pensos jam mores, et probatos judicum illorum consensu, deduci in usus, et pro lege ha-
beri juberet, ac plebem, et plebis item priscos duces, justo imperio regeret, adjectis, si
opus esset, novis repagulis boni publici. Ecce tibi incunabola, atque exordia latarum le-
gum, et principia inducti regni, jurisque communis fontem, et originem; idque vel Deo
ipso auctore, qui humanae providens naturae alios hominum gubernari vult ab aliis,
quorum persona et auctoritas divino humanogue jure sacra et inviolabilis est (p. 71).
Il mito delle comunita patriarcali che si aggregano e, di fronte alla diffor-
mita dei costumi, stabiliscono dei giudici che le guidino nell’unione, @ ancora
una volta una semplice paraftasi del testo platonico (681 c-d). Del resto, & evi-
dente come un tale ruolo si adatti alla perfezione alla descrizione, che di li a
breve Peramés fa, del processo di fondazione delle Riduzioni paraguaiane; i
gesuiti in quel caso agirono quasi esattamente nel modo descritto, dal momen-
to che effettivamente riuscirono a radunare tribi diverse di indigeni e portarle
sotto un’unica legge alla vita civile. In questo passo & ancora ribadito e anzi
esaltato il ruolo sociale dei ministri della religione, che sono fatti addiritturaSul significato del “platonismo” di Peramds nel suo Commentarius (1793) 683
fondatori delle istituzioni civili. Tuttavia, & interessante notare come, anche in
questo caso, Peramés senta la necessita di chiosare la parafrasi del testo plato-
nico con un commento che ne modifica chiaramente e significativamente il
senso. Infatti, con le ultime righe, arriva a sostenere che, comunque, il proces-
so di aggregazione sociale avviene per volonta divina, e che addirittura cid di
fatto costituisca i] fondamento originario di una concezione del potere di tipo
monarchico; non possiamo infatti interpretare in altro modo un potere attribui-
to una volta e per sempre, inamovibile e quasi irreformabile perché fondato
sulla legge eterna e, di conseguenza, sulla legge naturale che ne promana. Ov-
viamente, niente di tutto questo si trova nelle Leggi di Platone, da cui & anzi
del tutto lontana quest’idea del trasferimento del potere per diritto divino.
Dobbiamo cercare altrove la fonte per questo concetto, e lo troviamo nel suari-
smo. Non dimentichiamo infatti dell’immensa fortuna di cui Suérez continud a
godere negli istituti di educazione superiore dei gesuiti nel regno di Spagna
ancora nel XVIII secolo, secondo quel che ci @ stato dimostrato dalle indagini
storiografiche condotte sui cataloghi delle biblioteche di alcuni dei maggiori
collegi iberici®®. Nella sua monumentale opera De legibus, Sudtez (1975) in-
fatti affronta lo stesso tema del mito di fondazione del vincolo sociale e del
potere politico e, distinguendo fra la semplice folla di individui e la societa
vera e propria, afferma:
Alio ergo modo consideranda est hominum multitudo, quatenus speciali voluntate seu
communi consensu in unum corpus politicum congregantur uno societatis vinculo et ut
mutuo se iuvent in ordine ad unum finem politicum, quomodo efficiunt unum corpus
mysticum, quod moraliter dici potest per se esse unum; illudque consequenter indiget
uno capite. In tali ergo communitate, ut sic, est hac potestas ex natura rei; ita ut non sit
in hominum protestate ita conjugari et impedire hanc potestatem (p. 25).
Il potere politico per Sudrez si fonda su un patto sociale originario ed & tra~
slato, non delegato, in senso monarchico o almeno aristocratico, nel momento
stesso in cui é fondato”’, In questo senso, teoricamente storico e storicamente
mitologico, & declinato il precetto paolino dell’ omnis potestas a Deo. Il mito
fondativo del patto sociale secondo Platone ha somiglianze notevoli con la teo-
ria della costituzione del patto sociale secondo Suérez; la differenza fonda-
mentale é che, nella determinazione positiva della costituzione giuridica della
societa, il filosofo spagnolo, calato nei problemi della costituzione dello Stato
monarchico, afferma che il potere, una volta stretto il patto sociale, é trasferito
una volta e per sempre ai suoi detentori, mitologicamente eletti®. Il fatto che
Peramés ricorra a questo concetto, estraneo al testo platonico, ci da anche la
chiave per comprendere il motivo per cui ha lasciato, su questo snodo proble-
matico, la Repubblica per ricorrere alle Leggi di Platone, come se fosse andato
in cerca di qualcosa che corrispondesse meglio alla dottrina che intendeva pro-
28. Cfr. Arias de Saavedra (1998), p. 619.
29. Cfr. Giacon (1950), vol. III, p. 164.
30. Ivi, pp. 162-163; eft. Hépfl (2004), pp. 248-261.684 _F. Melai
pugnare. Di conseguenza lascia I’astrazione ideale che & propria della Repub-
blica, per adottare il mito fondativo contenuto nelle Leggi, proprio perché tale
mito ha una maggiore rispondenza rispetto al testo di Sudrez, che gli & conti-
nuamente presente. Inoltre, il ricorso al rispecchiamento astratto fra un’idea
politica celeste e la sua realizzazione terrestre, benché possa dargli il destro
per un’ulteriore difesa del primato divino, e percid religioso, nella legge natu-
rale, tuttavia saprebbe troppo di quell’astrattezza che rimprovera ai filosofi
moderni e alle realizzazioni della Rivoluzione in Francia, a cui intende anzi
contrapporre la dottrina politica tradizionale in virth del suo maggiore reali-
smo, owvero rispondenza al diritto divino-naturale.
Intorno a questo tema vediamo dunque tutta la difficolta di Peramds. Infat-
ti, prima ha cercato di dare un fondamento non soltanto ideale, ma anche stori-
co alla sua concezione politica, per mezzo del mito originario che & andato a
cercare nelle Leggi di Platone. Ma ha comunque avvertito il problema che il
testo platonico continua a porgli, perché insufficiente al suo scopo principale,
che @ quello di dare una nuova argomentazione apologetica della dottrina poli-
tica tradizionale. Ed & a questo punto che il confronto fra l’utopia platonica e
le Riduzioni diventa pericolante, e Peramés sente |’ esigenza di rafforzarlo con
inserzioni eterogenee, tratte dalla dottrina politica suarista; il modello platoni-
co & seguito nei suoi molteplici aspetti, ma qui si rivela essere fallace, perché
su un punto fondamentale lo vediamo messo in disparte, a favore di una impo-
stazione pil tradizionale e, percid, pid sicura?!,
Dobbiamo dunque riconsiderare il supposto “platonismo” di Peramés per
vedervi soltanto un espediente retorico, adatto soltanto alla polemica coi filo-
sofi moderni? In realta, @ possibile che Peramds sia sincero nella sua ricerca di
una strada nuova, attraverso cui riproporre la concezione politica tradizionale,
vincolandovi la rivendicazione della ierocrazia, cioé del ruolo essenziale del
clero e della religione nella fondazione e nella conservazione del patto sociale;
31. In effetti, la tensione fra il fondamento apologetico del Commentarius ¢ il riferi-
mento platonico fu notata anche dalla recensione che gli dedicd l’intransigente Giornale ec-
clesiastico di Roma; V'anonimo recensore, pur lodando molto il volume sia per lo stile, che
per il contenuto, ritenne perd di dover prendere recisamente le distanze dall’ampia trattazio-
ne della politologia platonica, di cui dice: «Tra le leggi di repubblica, che ha dettato questo
preteso Dio de’ filosofi, ve ne sono alcune di buone, e di mediocti, ma ve ne sono di pessi-
me; € le pessime, che ha dato, come bastano a distruggere la vera religione, e la onest& de”
costumi, cosi bastavano a mandare in rovina ogni citt& e repubblica». Nonostante cid, rin-
traccia motivo di elogio in quello che, abbiamo visto, era il reale intento apologetico, anti-
utopistico ¢ antilluministico di Peramés, che acutamente sintetizza: «Tuttavia siamo sicuri,
che ottima é stata lintenzione del sig. Peramas [...], ed egli avra voluto far vedere, che i
Predicatori del Vangelo, e gli uomini apostolici degli antichi cosi come de” moderni secoli
senza pensare, 0 leggere mai Platone, hanno saputo realizzare quello, che i superbi filosofi
appena han saputo disegnare nelle loro sterili carte, anzi hanno sorpassato in infinito i van-
tati sistemi de” filosofi, introducendo in nazioni barbare e selvaggie una innocenza di cuore,
e di mente, una esemplarita, una santita di costumi, cui non han saputo mai né desiderare,
né immaginare tutti i pretesi sapienti del secolo». Giornale ecclesiastico di Roma, 21 mar-
20 1795 (XI), p. 42. Cfr. Pignatelli (1974), pp. 180-181Sul significato del “platonismo” di Peraméds nel suo Commentarius (1793) 685
tuttavia, il tentativo di utilizzare Platone, al di 1a di numerose coincidenze, tan-
to favorevoli quanto superficiali, si rivela insufficiente. Di fronte ai fatti nuovi
che vengono dalla Francia, in un mondo che stava cambiando radicalmente,
non riesce a trovare una maniera soddisfacente per tradurre il vecchio nel nuo-
vo, anzi per far difendere il vecchio dal nuovo.
Quasi abbandonando tale tentativo, dunque, nelle ultime parti del Commen-
tarius Peramds si lascia andare all’ invettiva diretta nei confronti di Raynal, che
aveva denunciato |’ autoritarismo che i gesuiti avevano imposto in Paraguay, ¢
nel fare cid rinuncia a ogni finzione e mette allo scoperto l’idea che sottende la
sua opera. Afferma infatti:
Evangelium politicae felicitatis (qui finis est societatis civilis) firmissimum praesidium
est, adjectis ab eo fabricae legis naturalis per se imbecilli novis ejusdem validissimis
munimentis, et propugnaculis, quae ab hominum coetibus arcent quidquid turbare po-
test rectum rei communis ordinem. Atque is quidem ordo id exigit, ut tales sint cives,
quales esse debent erga Deum, erga se ipsos, erga socios, quibuscum vivant, quae tria
perfectam hominis vitam et conditionem continent, Ecce hic tibi summam doctrinae
Christianae, cui si applices docilem et humilem animum (nam sapientia quae de sur-
sum est non revelatur superbis sed parvulis) disces profecto nihil omisso in divina
Evangelii institutione, quod urbes beatas efficiat (p. 127)
Poche pagine dopo, erompe poi nell’affermazione: «Explicui, Raynal, quae
sit vera THEOCRATIA. Haec est una, quae Rempublicam justam, et tranquil-
lam, et felicem reddit» (p. 130).
Naturalmente, molte altre cose sarebbero da osservare su quest’opera, che
si rivela essere assai piti complessa di quanto possa apparire a un primo sguar-
do, Tuttavia, in conclusione, possiamo trarre alcuni spunti dall’analisi che ab-
biamo svolto. Innanzitutto, abbiamo visto come il Commentarius debba essere
inserito in un confronto testuale, che comprende anche una specie di menolo-
gio di ex gesuiti paraguaiani defunti, il quale in realt& si traduce in una lunga
apologia della Compagnia di Gesii e delle sue regole, che quegli uomini aveva-
no saputo conservare virtuosamente. Le vite di quei religiosi, secondo il con-
sueto schema agiografico, hanno anzi lo scopo di confermare in quelle stesse
regole i sopravvissuti all’espulsione e all’estinzione della Compagnia, seguen-
do Vindirizzo apologetico elaborato da Muriel fin dal 1773. In questo senso
possiamo pensare che il Commentarius dovesse presentare una sorta di “punto
@origine” della provincia paraguaiana, che in quelle biografie si ritrovava illu-
strata; di conseguenza, l’intero volume verrebbe ad essere un museo letterario,
in cui si trovano le glorie della provincia, ovvero da una parte ’esperienza del-
le Riduzioni, gid da tempo largamente celebrata, e dall’altra la storia degli ulti-
mi anni, vista attraverso le virti eroiche di alcuni dei suoi membri.
Inoltre, possiamo anche ritenere che lo schema intransigente messo in piedi
da Muriel possa illuminare anche il Commentarius, oltre alle biografie che lo
accompagnano; che quindi l’obiettivo polemico di questo, cio’ l’evento rivolu-
zionario in Francia, sia interpretato come un nuovo episodio di scontro, sempre
pid radicale, con la modernita, a cui attribuire per analogia la stessa rovina che686 F. Melai
aveva travolto, trent’anni prima, la Compagnia di Gesi. A questo proposito po-
tremmo dunque pensare che, sia il Commentarius che le biografie, rappresenti-
no una bandiera di identita, attorno a cui chiamare a raccolta lo sparuto gruppo
dei superstiti che perseveravano nell’osservanza delle regole ignaziane.
Ma l'istanza conservatrice posta da Muriel la vediamo funzionare anche ad
un altro livello di lettura, quando guardiamo il Commentarius dal punto di vista
dell’ claborazione teoretico-politica. Sappiamo infatti che gid dalla sua giovi-
nezza, quando frequentava il cenacolo di Finestres a Cervera, Peramds aveva
avuto modo di approfondire le teorie del diritto naturale attraverso lo studio dei
testi dell’ antichita classica, in particolare greca, in una chiave sostanzialmente
apologetica. Tuttavia assistiamo alla difficolta con cui Peramés cerca difendere
le concezioni tradizionali seguendo la strada indicata da Finestres, facendo ri-
corso a strumenti retorici e concettuali nuovi, come il richiamo all’autorita di
Platone. I] tentativo riesce soltanto in superficie, perché in punti fondamentali
l’impianto platonico non riesce ad essere del tutto convincente; mentre é sfrut-
tato fino in fondo quando si tratta di asserire il tema essenziale del ruolo socia-
le della religione, e di conseguenza del clero. Su questo punto, perd, il platoni-
smo viene sostanzialmente, anche se tacitamente, affiancato da inserimenti
eclettici per quel che riguarda il tema essenziale della definizione dei fonda-
menti giuridici del potere politico**. Tuttavia, se la prova alla fine fallisce ri-
spetto alle intenzioni, cid non significa che non porti a esiti interessanti per il
nostro sguardo. Cosi, vediamo persistere sotto la crosta platonica una concezio-
ne politica di altro genere, legata alla dottrina suarista del potere, tradizionale
punto qualificante della riflessione politologica gesuitica. Per di pit, nella foga
polemica, Peramas arriva a prospettare, senza approfondirlo, un legame sostan-
ziale tra religione, e in particolare religione cristiana, e civilt&, che perd non ri-
propone in termini usuali. Insomma, sembra che non riesca né a ricaleare gli
schemi politici tradizionali, di cui avverte la crisi epocale, né a sopravanzarli in
uno schema politico nuovo, che resta tutt’al pit abbozzato, o intuito, in quella
prospettiva teocratica, che avra uno sviluppo pieno soltanto con la maturazione
del pensiero intransigente e tradizionalista, all’inizio del secolo successivo.
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32. In questo senso, Peramds si inserisce appieno nell’apologetica “romana” che, a pau
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