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Croce Indagini Su Hegel

Il documento descrive un ipotetico incontro tra Hegel e un filosofo napoletano di nome Francesco Sanseverino negli ultimi mesi della vita di Hegel. Sanseverino esprime la sua ammirazione per l'orientamento della filosofia di Hegel verso la storia, la poesia e la religione, a differenza di Kant.
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Croce Indagini Su Hegel

Il documento descrive un ipotetico incontro tra Hegel e un filosofo napoletano di nome Francesco Sanseverino negli ultimi mesi della vita di Hegel. Sanseverino esprime la sua ammirazione per l'orientamento della filosofia di Hegel verso la storia, la poesia e la religione, a differenza di Kant.
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BENEDETTO CROCE

SAGGI FILOSOFICI

XIV

INDAGINI SU HEGEL

SCHIARIMENTI FILOSOFICI

BARI

GIUS . LATERZA & FIGLI


TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI
1952
SAGGI FILOSOFICI

XIV

INDAGINI SU HEGEL

E SCHIARIMENTI FILOSOFICI
.
BENEDETTO CROCE

INDAGINI SU HEGEL

SCHIARIMENTI FILOSOFICI

BARI
GIUS . LATERZA & FIGLI
TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI
1952
PROPRIETÀ LETTERARIA

GENNAIO MCMLII - 90041


B2948

665

RAFFAELE MATTIOLI

M825668
AVVERTENZA

Il primo saggio di questo volume compendia in


forma di una novella ciò che mi attraeva e ciò che
mi distaccava fortemente dallo Hegel, vicenda che
sempre si rinnova in me verso quel sommo pensa
tore. Il secondo riguarda quel che sempre mi ha le
gato a lui, la sua dialettica, e potrebbe intitolarsi ,
come il libro dell'inglese Stirling, Il segreto dello Hegel,
ma non nel senso che Hegel avesse un segreto che
l'interprete dovesse costringerlo a rivelare , sí nel
l'altro e diverso che egli aveva nel suo sistema qual
cosa che non vedeva chiaramente e che noi abbiamo
necessità di ricercare. Avrei desiderato esporre le mie
ragioni in proposito in una memoria ampia e secondo
le regole, ma, non potendo ora far questo , mi sono
ristretto a enunciare la mia tesi e a tracciarne la di
mostrazione , sicuro che ciò basti al lettore sagace,
tanto più che ho anche spiegato perché Hegel non
avrebbe potuto accettare quella tesi , quantunque fosse
la buona .
Nel resto del volume si parla ancora di Hegel,
ma anche e soprattutto si offre una serie di schiari
VIII AVVERTENZA

menti su concetti di qualche importanza, che sono di


solito turbati da insufficienze e da confusioni.

Dedico questo volume a Raffaele Mattioli, che mi


ha dato e dà continue prove della sua amicizia in
questa età della vita in cui dell'amicizia si sente piú
forte il bisogno ed essa torna più cara.

Sant'Agnello di Sorrento , 28 luglio 1951 .


B. C.
PARTE I

INDAGINI SU HEGEL

B. CROCE, Indagini.
1

1
21/10

HEGEL NELLA SUA STANZA DA STUDIO .


I

UNA PAGINA SCONOSCIUTA


DEGLI ULTIMI MESI DELLA VITA DI HEGEL .

- Che cosa c'è ? - disse il professor Hegel , levando la

testa dal suo grande tavolo da studio e dalle carte nelle


quali era immerso e interrogando la servetta che entrava
dopo che egli aveva udito picchiare al prossimo uscio della
casa .
――― Un signore forestiere che desidera sapere se può

riceverlo , e parlare con Lei . Ha scritto qui il suo nome .


Il professore lesse : Francesco Sanseverino di Napoli ,
e si ricordò subito del giovane napoletano che era venuto
a fargli visita in Berlino circa sette anni innanzi , nella
primavera del 1824, munito di lettera di presentazione di
un generale e diplomatico austriaco che era in Italia . Quel
giovane aveva fatto la conoscenza della Germania nel 1812
1813, come ufficiale in uno dei reggimenti napoletani che
parteciparono alla spedizione napoleonica in Russia e poi
alle fazioni della guerra seguite nel territorio tedesco ; e,
intelligente e studioso com'era , aveva saggiato la qualità e
il vigore e l'originalità della vita intellettuale di quel paese
e ne era stato attirato . Tornato a Napoli , continuò a pro
curarsi e a leggere libri tedeschi e a nutrire il desiderio
di rivisitare la Germania per entrare in migliore intrinse
chezza con la sua nuova cultura e con la nuova sua filo
4 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

sofia. E quando , nel 1819 , gli riuscí di recarsi per la se


conda volta a Berlino , gli accadde di assistere all'ascesa
dell'astro hegeliano , udí l'eco della solenne prolusione del
l'anno innanzi , nell'inaugurare che Hegel fece le sue le
zioni universitarie , nella quale il popolo tedesco era desi
gnato l' eletto di Dio nella filosofia » , e osservò come
nello Hegel confluisse l'impeto verso la grandezza e il pre
dominio filosofico con l'impeto di fiducia nella nuova pos
sanza dello stato prussiano dopo la guerra di liberazione .
E nel 1824, quando imprese il suo nuovo viaggio , aveva
già compiuto accurate letture e fatto oggetto di tenaci me
ditazioni tutti i libri pubblicati dallo Hegel , la Fenomeno
logia, la grande Logica , la piccola Enciclopedia , e , ultimo ,
la Filosofia del diritto , e si era anche procurato qualcuna
delle dissertazioni sparsamente pubblicate in riviste ; ma si
trovava ancora nel periodo dell'apprendimento e del rimu
ginamento dell'appreso , piú bramoso di ancora ascoltare
che di parlare . Allo Hegel fece una visita di ossequio , nella
quale gli disse l'amore e il lavoro che consacrava all'opera
di lui , e l'aspettazione di ritrovare attraverso di essa sé
stesso ; e piacque al maestro per la semplicità e schiettezza
delle sue parole , e anche per qualche tratto di quella ironia
napoletana su sé medesimo guardato come in spettacolo ,
con una comprensione che non esclude il sorriso . Ascoltò
il Sanseverino lezioni di lui nell'Università e conobbe e
conversò con alcuni dei maggiori suoi scolari di allora , il
Marheineke , il Gans , lo Henning , lo Hotho , il Michelet,
coorte fedele del maestro ; ma neppure con essi si impegnò
in dispute . Allo Hegel manifestò il proposito di tornare a
visitarlo di lí a qualche anno e vi fu benevolmente inco
raggiato. E di nuovo nella sua Napoli riprese le indagini
e meditazioni, e poté leggere l'Enciclopedia, grandemente
ampliata e arricchita , edita nel 1827 , e si rassegnò a non
conoscere i corsi di lezioni che poi gli scolari dovevano
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 5

pubblicare, utilissimi senza dubbio per gli svolgimenti che


presentavano, specie quelli di storia della filosofia e di
Estetica, dei quali per altro nei libri dello Hegel erano
in nuce i principî e la configurazione essenziale . Tornò
finalmente al declinare dell'estate del 1831 , e seppe che il
maestro era da poco rientrato dalla campagna , dove aveva
condotto la sua famiglia per scansare il forte dell'epidemia
colerica che aveva imperversato anche in Germania .
Accolto con cortesia dallo Hegel , uomo di buona società
e scevro della ruvidezza di cui i tedeschi talora si facevano
un vanto, e datagli notizia del suo lavoro negli anni inter
corsi (schivò per altro di dirgli che aveva partecipato alla
rivoluzione costituzionale napoletana del 1820-21 , sapendo
come lo Hegel pensasse in politica e come quelle rivolu
zioni o convulsioni giudicasse una inferiorità dei popoli
latini » ) , venne al motivo della visita e al tema del discorso ,
quando il maestro gli domandò a quali conclusioni aves
sero messo capo gli studî da lui proseguiti .
Il Sanseverino gli chiese il permesso di dirgli , anzi
tutto , piú in particolare per quali ragioni egli sommamente
amava la sua filosofia , cioè l'atteggiamento stesso della sua
filosofia, che in primo luogo gli sembrava nascente da
bisogni mentali molto più ricchi e molto più moderni che
non quelli del pur rivoluzionario Kant .
Il Kant - gli disse era orientato verso le scienze fi
sico-matematiche , come il vero e proprio campo del cono
scere umano, e di esse era stato anche diretto cultore . Ma
trascurò e quasi ignorò la storia dell'umanità , e perfino
ebbe cognizioni saltuarie e lacunose della storia stessa
del filosofare . Fu poco sensibile alla poesia : i suoi poeti
erano Orazio e Pope ; delle altre arti non ebbe esperienza ,
se non forse della musica , che giudicò « arte indiscreta » ,
perché si faceva udire anche quando non si aveva voglia
di ascoltarla . Per un miracolo di acume critico , raccogliendo
6 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

le osservazioni dei nuovi discorritori intorno al gusto , giunse


a segnare in modo negativo ma profondo alcuni caratteri
della bellezza ; ma non identificò questa con l'arte , e l'arte
concepí come un giuoco combinato d'intelletto e d'imma
ginazione , che era poi un concetto non troppo lontano da
quello tradizionale del rivestimento immaginoso di un in
segnamento . La mancanza di senso storico rese deboli le
sue teorie di politica ; la mancanza di senso poetico , le sue
concezioni religiose ; l'etica sua stessa era austera, ma anche
astratta e poco umana. Fu un rivoluzionario che serbò cul
tura quasi affatto settecentesca : un romantico nella sintesi
a priori , nella concezione del bello, nei postulati della pra
tica , con educazione intellettualistica di classicista. ――――― Ma
la filosofia di Lei , _____ concluse l'interlocutore napoletano -
è tutt'altra cosa : orientata non verso la fisica e la mate
matica , ma verso la poesia , di cui è il complemento , la
religione , di cui è la chiarificazione , e la storia, che ne è
la concretezza ed attualità . Con tal sorta di interessi essa
risponde più di ogni altra alla natura della filosofia e al
bisogno morale dell'età moderna .
E poi - soggiunse un'altra cosa mi piace nella fisio
nomia del suo filosofare . Io sento in esso , nonostante la
severità e talora aridità didascalica , l'uomo che ha provato
le passioni , l'uomo che ha amato e ha vissuto . Poteva mai
il Kant scrivere le poche parole della Filosofia del diritto
che definiscono e dignificano lo stato coniugale , nel quale
l'istinto naturale perde la sua importanza e sopr'esso si
forma il vincolo spirituale e sostanziale , indissolubile , su
periore all'accidentalità delle passioni e del libito ? Non
ripeterò come il celibatario Kant definiva il matrimonio ,
che per lui era un contratto . Né un Kant si sarebbe mai
incantato , come fa Lei , ad ammirare la Maddalena peni
tente , dipinta dai pittori italiani , si da provare indulgenza
e interpretarne gentilmente i sentimenti e la vita, perché
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 7

(e si direbbe che in quel punto sia vinto anche Lei dalle


seduzioni della peccatrice ) quella bellezza , piena di senti
mento, non poteva non aver amato nobilmente e profon
damente , e l'eccesso del dolore e della penitenza era da
dire , se mai, il suo errore, il suo bello e commovente er
rore . E quale disdegno e quale scherno per gli asceti della
propria perfezione morale, per gli scrupolosi tormentatori
di sé stessi nell'ansia di quella ! Cosa importa al mondo
- dice ad essi --- la vostra stentata e studiata perfezione ,
in cui penetra nell'affanno un che di egoistico e di vani
toso ; che cosa importa al mondo , che vuole e aspetta opere
fattive ? Avete peccato : bene , non ci pensate troppo e redi
metevi nel lavoro . E mi piace di ritrovare sotto il filosofo
l'uomo al quale scappa talora la pazienza, e che di Newton ,
inteso come il simbolo della concezione meccanica della
realtà , nel ricordare la scoperta in lui occasionata dalla
caduta di un pomo sulla testa , non si trattiene dal celiare ,
osservando che il pomo fu sempre di cattivo augurio al
genere umano, avendo cagionato col peccato di Eva il
discacciamento dell'uomo dal paradiso terrestre , e poi , col
giudizio di Paride , la guerra di Troia , e , ora , la fisica
newtoniana ; e che al suo, del resto degnissimo , collega
Schleiermacher, il quale restringe la religione al senti
mento di dipendenza » , osserva motteggiando che , a questo
patto , il migliore dei cristiani sarebbe da dire il cane » .
Lo Hegel sorrise a queste citazioni di suoi motti sati
rici , e particolarmente a quelle che gli risvegliavano il ri
cordo di casi della sua vita , dei suoi amori e di un figlio
naturale che aveva messo al mondo , fino alle piccole ge
losie che dava talvolta alla sua ancor giovane moglie , da
lui amata e venerata, per il troppo galanteggiare con le
belle cantanti .
- Dichiarata la mia, se mi permette di dire cosí , sim
patia pel suo filosofare , per la fisionomia del suo filosofare ,
8 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

mi spetta di determinare quali credo che siano le grandi


verità che Lei ha introdotte nella filosofia , le quali , per
disconosciute, negate o vilipese che possano essere (e nei
suoi avversarî odierni si vedono già i segni di coteste ribel
lioni e riluttanze) , nessuno potrà mai piú sradicare e sem
pre rispunteranno dalle radici . Ma , anche per questo , ho
bisogno di un suo permesso . Io non posso dire queste ve
rità come le dice Lei , con le parole che adopera e con
l'ordine , i presupposti e le conseguenze e riferenze che
presentano . Se ciò dovessi fare , meglio mi converrebbe
tacere . La poesia di un poeta posso, anzi debbo , leggere
trasfondendomi e immergendomi nelle sue parole , nei suoi
suoni e nei suoi ritmi , unendo cosí l'anima mia a quella
di lui, attivo unicamente con lui in tutto ciò in cui è poeta .
Ma una sentenza filosofica deve essere ricevuta dal pen
siero , cioè un pensiero da un altro pensiero , e questo la
riceve abbracciandola e avvolgendola di sé, e solo cosí ,
elaborandola criticamente , la comprende .
--- In verità, ―――― osservò lo Hegel -
- io sono diventato
alquanto impaziente dei troppi ripetitori delle mie formule .
Tempo fa, mi si mise attorno un ungherese , che per darmi
prova del suo possesso della mia filosofia , imparava a mente
pagine e pagine dei miei libri e me le recitava ; e io , per
togliermelo dattorno , dovei dirgli che tutto questo era eroico
e suscitava ammirazione , ma attestava poco ingegno spe
culativo . Anche l'amabilissimo signor Cousin non mi reca
molto conforto , perché s'interessa molto alla mia filosofia ,
ma rinunzia preventivamente a capirla come cosa a lui su
periore o da lui lontana . « Ah ! que c'est difficile tout ça! "
esclama , stringendosi disperatamente la testa tra le mani ,
quando qualche mio scolaro gli fornisce le spiegazioni che
chiede . Ed egli aspettava impaziente , come mi diceva in
una sua lettera , l'edizione nuova dell'Enciclopedia per « en
attraper quelque chose » , per « ajuster à sa taille quelques
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 9

lambeaux de mes grandes pensées » . Perfino i miei scolari


mi danno qualche scontento con la troppa loro fedeltà , che
tende a rendere statico ciò che sento in me ancora dina
mico , e temo delle adesioni in cui prevale la fiducia nel
maestro e con essa l'unilateralità e il fanatismo della scuola.
Anch'io desidero , e ho aspettato invano , finora , di vedere
il mio pensiero tornarmi innanzi con l'intermedio di un'al
tra mente che intenda e comprenda ; cioè , come dice Lei ,
che intenda criticamente e traduca in altre parole . Dun
que, sto ad ascoltare con molto interessamento quali sieno
le mie verità , enunciate da Lei a suo modo .
- - Anzitutto , l'averla fatta finita con l'assurda teoria
dei concetti filosofici, distaccati dai fatti , pensabili per sé
fuori dei fatti , e con quella non meno assurda dei fatti
affermabili per sé senza i concetti . Il concetto , che è l'uni
versale concreto o Idea che si dica , è unità di universale
e individuale , e pertanto giudizio in azione . Cosí il nuovo
concetto del concetto filosofico nasce dalla sintesi a priori
kantiana ; ma Lei ha avuto il merito di trarre questa fuori
dalla particolare riferenza alla scienza fisico - matematica
per la quale il Kant l'aveva dapprima costruita , e ricono
scerla legge del conoscere (e meglio ancora si dovrebbe
dire dello spirito) in tutte le sue forme ; e nel giudizio
vero ha visto non punto una classificazione o proposizione
empirica, ma un giudizio di categorie ossia un valore.
Ora, posto il concetto dell'universale concreto , cade la
distinzione delle verità di ragione » e delle « verità di
fatto , essendo ogni verità di ragione e di fatto insieme ;
e, conseguenza anche d'immensa importanza , cade non
solo la separazione ma anche la distinzione di storia e
filosofia. Ogni proposizione storica contiene un'affermazione
filosofica, e ogni proposizione filosofica un'affermazione sto
rica . La storia è redenta dallo spregio in cui è stata seco
larmente tenuta come mero ragguaglio di fatti , e la filosofia
10 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

dalla vacuità e inutilità di cui è stata e suol essere tacciata .


Ma a questa implicita identificazione di grandissima con
seguenza nella vita mentale, a questo risanamento di una
scissione generalmente ammessa e professata , si accompagna
una dissociazione , ―――― che è la sua seconda grande verità e
di non minore importanza , di due forme mentali , mala
mente strette tra loro e a vicenda modellate l'una sull'altra ,
e di cui sempre si è procurata l'unità , cioè della filosofia
e della scienza . I concetti delle scienze - Lei avverte -
sono prodotto dell'intelletto , non della ragione, sono arbi
trarî e non necessarî, ubbidiscono a bisogni non filosofici
ma pratici . Con ciò la filosofia acquista la piena sua auto
nomia rispetto alla scienza e la scienza rispetto alla filo
sofia : il problema dell'una non è quello dell'altra . La terza
grande sua verità è la risoluzione definitiva del dualismo
del positivo e del negativo, del bene e del male , della
luce e delle tenebre , di Ormudz e di Arimane , mercè della
dimostrazione che il negativo non sta di fronte ma dentro
il positivo , il male non di fronte al bene , ma dentro il
bene , il nulla non di fronte all'essere ma nell'essere , sic
ché il vero essere è il divenire . Il momento negativo non
è una realtà per sé , ma è la realtà stessa còlta nel suo
divenire, nello sforzo del distacco e superamento di una
forma e del raggiungimento di un'altra , quando la forma
che deve esser superata e che resiste o cerca di sottrarsi
al superamento , si atteggia per ciò stesso come negativa e
come male , errore , bruttezza, morte . Da questa dialettica
discende il solenne aforismo : che « ciò che è reale è razio
nale e ciò che è razionale è reale > " ossia il carattere sacro
o divino ( perché voluto da Dio ) del passato e della storia,
sulla quale si costruisce e dalla quale si progredisce , ma
di cui nessuna parte si può negare o condannare senza
negare o condannare e disfare tutta la tela della storia e
della realtà . Ma la verità inoppugnabile di quell'aforismo
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 11

talora par vacillare in chi sente la presenza ben effettiva


e terrificante del male contro cui combatte ; e perciò biso
gna aggiungere che la dualità di razionale e reale , abolita
dal pensiero storico , è posta e sempre ristabilita e tenuta
salda dalla coscienza pratica e morale , che con essa defi
nisce i termini di sé stessa (il Sein e il Sollen) , che è non
teorica verità ma azione pratica e morale . Con che tutti i
paurosi di non si sa quale sparizione dal mondo della co
scienza morale , e di un adeguamento del male al bene , e
della sostituzione della brutalità del fatto al giudizio e al
l'azione morale, dovrebbero restare rassicurati .
- disse lo Hegel - rico
— In queste sue interpretazioni
nosco il mio pensiero ; ma c'è qualcosa di piú che io non
vi ho messo e che non mi pare di potervi mettere , come
l'identificazione della filosofia con la storiografia , e il ca
rattere pratico delle scienze naturali , e il diverso rapporto
del razionale col reale nella realtà storica e nell'azione
pratica e morale ; e sopratutto c'è molto di meno di quello
che vi ho congiunto come essenziale nel mio sistema .
――― Per questo ho sentito il dovere di dichiararle in anti

cipazione che il suo pensiero , quale l'avrei esposto com


pendiandolo , era quello solo che potevo esporre io come
vero o inverato , passato attraverso la mia mente , e di con
seguenza anche con illazioni che Lei non aveva tratte , e
senza altre illazioni e svolgimenti da Lei tratti ed eseguiti ,
che non riesco a pensare come veri . Vorrà anche questa
volta tollerare una mia dichiarazione , togliendole ogni ombra
di arroganza e prendendola nel solo senso, che anche il ge
nio ha, oltre del divino , dell'umano , che fa rifulgere il di
vino? Quando dai grandi e fecondi principî da Lei posti
passo all'attuazione datane nel suo sistema, mi pare che
una forza maligna sia di frequente intervenuta a stornare
quei principî dalle loro logiche conseguenze , e costringere
Lei ad accettare ciò che ad essi era intrinsecamente estraneo
12 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

e contrario, e peggio ancora a trattarlo con quella dialet


tica alla quale non si prestano, e , peggio dei peggio , a
superficializzare e rendere meccanica questa dialettica col
rivolgerla a tale uso . Ora, come ciò sia accaduto io non
so dire , perché , se la verità giustifica sé stessa e afferma
le sue ragioni , l'errore non può narrare la sua genesi di
non verità con la quale si confesserebbe errore e si smen
tirebbe, e il critico , o l'autore fatto critico del proprio pen
siero , può ben definire in che un errore consista , ma non
già come mai particolarmente sia venuto con lui al mondo .
Su questo punto sono possibili solo congetture più o meno
astratte e psicologiche , se non ci si voglia contentare di
un'affermazione generica , come è quella che ogni errore
nasce dal seguire un impulso diverso dal puro pensiero ,
un impulso di varia sorta ma sempre nel fondo variamente
interessato . Se , per esempio , dicessi che l'errore in Lei è
nato dall'essersi fatto dominare da tradizionali concezioni
religiose , o da tradizionali dottrine e partizioni e metodi
di scuola, avrei bensí segnato un rapporto tra quegli er
rori e quelle concezioni e dottrine , ma non avrei spiegato
il non spiegabile ; perché come mai il suo genio possente ,
che a tanti convincimenti e preconcetti secolari si è ribel
lato e li ha abbattuti , sarebbe poi soggiaciuto ad essi in
altri casi, ossia non avrebbe proseguito la geniale opera di
confutazione ? In verità , di quel che non è accaduto non
si può assegnare il perché ; e un errore è in ultima ana
lisi un concetto non attuato , cioè presunto , ma non pen
sato e non accaduto .
-- Ebbene - disse Hegel , - lasciando la ricerca di
questo perché , che anche io non credo ben definibile e del
quale forse il problema stesso è insussistente , mi dica tutta
quella parte che le riesce inaccettabile del mio sistema.
Faccia pure contro di me una puntuale requisitoria , e io
l'ascolterò volentieri , perché mi consolerà energeticamente
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 13

non solo delle insipide critiche che mi vengono rivolte in


riviste ed in opuscoli , ma anche delle troppe lodi e con
sensi , dai quali io sono avvolto . Vedo bene che Lei non è
un baldanzoso contradittore come se ne incontrano tanti ,
che infastidiscono per la inutilità e vanità del loro con
tradire, ma uno spirito raccolto e meditativo , nel quale
il contradire nasce nell'indagine e fa parte dell'inda
gine.
- E io profitto della sua bontà e della licenza che mi

concede di stendere una sorta di requisitoria , come Lei la


chiama, che , per la sua stessa irruenza , è una forma fa
vorevole alla nettezza degli enunciati critici , cosa comoda
altrettanto a me che a Lei , che non ha tempo da perdere :
l'irruenza , del resto , è , in questo caso , un mezzo letterario
e non già manifestazione di poca reverenza . E per comin
ciare che cosa le ha dato (vorrei domandarle non senza
stupore) il diritto d'ideare e comporre una Filosofia della
natura » , dopo aver messo a nudo nel Verstand, nell'intel
letto astratto , che procede per convenzioni e arbitrarie
divisioni dell'indivisibile , il costruttore della scienza della
natura, e con ciò avere raggiunto la necessaria , sebbene
non asserita o non espressa , conclusione , che la Natura in
quanto esterna non ha altra realtà fuori di questa scienza
naturale e con questa affatto coincide , cioè che non è piú
I
lecito parlare di una natura come forma o grado della }
realtà, né come « l'altro in sé » , contrapposto allo spirito ,
perché il mistero della natura è stato già da Lei svelato
mercé di una semplice analisi logica ? Ebbene , nonostante
ciò , a dispetto di ciò , Lei ha continuato ad ammettere la
realtà della natura, e una superscienza o filosofia di essa ,
la Filosofia della natura » , con la quale ha fatto rivivere
l'antiquato aristotelismo e le semimitologiche filosofie natu
rali del Rinascimento, contro cui e per cui Galileo aveva
eretto la scienza fisico -matematica e sperimentale , laddove
14 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

Lei ha ripigliato dalle mani del suo giovane amico Schel


ling l'antiquata Filosofia della natura , l'ha rielaborata e
l'ha fatta sua propria ; e non ha temuto questo dono che
le veniva da un ingegno agile e vivace ma di cui dové I
riconoscere la scarsa robustezza e l'inferiorità speculativa
rispetto al pensiero suo . E pazienza se cotesta Filosofia
della natura si fosse aggregata al suo sistema di là e di
sopra la scienza della natura , senza legame alcuno con
questa, come una allegoria o una fantasia da accettare o
da respingere . Ma Lei l'ha messa in relazione di continuità
con la scienza della natura, i cui concetti « verrebbero in
contro » , preparerebbero l'ulteriore lavoro della filosofia :
quei concetti che , nascendo da convenzioni ed arbitrî, la
filosofia non può accettare né come suoi precursori né come
suoi aiuti , e di cui deve fare dinanzi a sé tavola rasa,
perché non le appartengono neppure come materiale da
costruzione . E, come se non bastasse questa pratica nega
zione della teoria logica delle scienze naturali , che è uno
dei più importanti principî da Lei posti, un principio re
dentore , ecco anche in un altro campo formarsi una scienza
filosofica che è la negazione dell'unità della filosofia con
la storia : la Filosofia della storia » . Perché se filosofia e
storia si identificano nell'unità dell'universale concreto ,
non si può ideare una filosofia che renda filosofica la storia ,
la quale è già in sé e per sé filosofia ; e Lei , per quella
filosofia , ha smarrito l'intima unità di filosofia e storia.
A ciò ha concorso la poca considerazione in cui ha sempre
tenuto gli storici quali narratori di fatti senza pensiero ;
ma un piú attento esame le avrebbe mostrato che , sempre
che si faccia storia e non cronaca , il pensiero interviene a
interpretare e qualificare e spiritualizzare il racconto , e
tanto migliore e più profondo e più ricco è quel racconto 1
·
quanto migliore e più profonda e più ricca è l'opera del
pensiero , cosicché non vi è modo di spezzare l'unico e con
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 15

tinuo processo e indicare il punto in cui si inserirebbe


l'opera del filosofo , che già si trova nell'inizio stesso . In
verità, in questa parte non dovrebbe esserci piú altro che
una raccomandazione pedagogica da fare : cioè, agli storici
di svolgere e correggere e approfondire la filosofia che im
plicitamente adoperano, e smettere la loro paura del filoso
fare , e ai filosofi di smettere il loro dispregio e la loro
ignoranza delle cose storiche , e attendere a una filosofia
migliore di quella che fecero in passato e che ancora fanno ,
una filosofia per l'appunto piú attinente alla conoscenza
dell'uomo e con ciò della storia . La « Filosofia della storia »
ha riscontro nel profetismo ebraico e nel teologismo cri
stiano, e , sparita quasi del tutto dalla storiografia del Rina
scimento , ma mantenutasi nel teologismo delle università
protestanti, ricomparve nella filosofia post -kantiana e ha
trovato in Lei un autorevole sostenitore , sebbene non sia
né filosofia né storia , sí invece un'oscillazione che danneg
gia altrettanto il momento filosofico quanto quello storio
grafico. Perfino nella storia della filosofia, nella quale la
sua benemerenza è somma, cosí per le nuove e originali
interpretazioni dei grandi filosofi date da un genio ad essi
pari come per averla sollevata sulla storia puramente eru
dita e sull'altra parzialmente impegnata nella difesa di sin
gole scuole o di un neutro ed eclettico filosofare , il metodo
della Filosofia della storia introduce nella storia della filo
sofia il disegno predeterminato di un unico problema che la
filosofia prenderebbe a indagare al suo inizio , indagherebbe
sempre più profondamente nel corso dei tempi , e finirebbe
col risolvere e con ciò chiudere la propria storia ; e il me
desimo o l'analogo accade nella storia dell'arte e della reli
gione, tutte collocate , mercé di quel trattamento filosofico di
superstoria , in letti procustei , e tutte bramose di uscire da
quelle costrizioni e prendere un piú libero andamento , cioè
tanto più schiettamente filosofico quanto meno vi s'intro
16 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

duce una duplicata e arbitraria filosofia , un artificioso pre


concetto disegno.
Hegel seguí con attenzione quest'atto di accusa , special
mente quel che vi si diceva dell'elemento turbatore che si
sarebbe introdotto nei suoi corsi di storia della filosofia,
dell'arte, della religione , dello stato , che avevano allora
grandissimo favore ; ma non disse verbo.
Il Sanseverino continuò : -- E nemmeno intendo perché
mai Lei abbia voluto serbare la tripartizione usuale nelle
scuole tedesche del settecento e che d'altronde aveva una
lunga storia, risalente nell'antichità agli stoici , di Logica
e Metafisica in primo piano , e Filosofia della natura e Fi
losofia dello spirito in secondo . Dato il bando alla Filosofia
della natura, per le ragioni che le ho assegnate , e confron
tando tra loro la Logica con la Filosofia dello spirito , non
si vede come la prima non salti tutta nella seconda e non
si sciolga in essa . Una Filosofia dello spirito , nella quale
lo spirito logico non abbia intero il suo sviluppo , mal si
regge . D'altro canto, la Logica , da Lei esposta , è già in
parte essa stessa una Filosofia dello spirito , perché abbraccia
lo spirito conoscitivo e lo spirito pratico , e lo spirito asso
luto o dialettico che è il nerbo della filosofia , e altresí l'uf
ficio antidialettico e dividente e astraente dell'intelletto ,
che è il padre delle scienze ; dal che si vede che almeno
in parte le sue categorie sono intese come forme dello spi
rito , sebbene altre di queste vengano omesse, e in altre
parti le categorie si susseguano quale catalogo di concetti
da chiarire . Mi astengo dall'entrare in particolari circa le
teorie del diritto , della politica , dell'arte , della religione ,
dello spirito assoluto ; ma mi par certo che la Logica , messa
a capo del sistema, tenga quel posto al modo che nei vecchi
sistemi di scuola, con l'ufficio di organo che serve a co
struire il sistema, laddove in una filosofia come Filosofia
dello spirito non può costruire sé stessa se nello stesso
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 17

atto non costruisce il tutto ossia il pieno concetto dello


spirito . Ma quel che primariamente mi viene innanzi in
questo sistema come contrario ai grandi principî logici di
sopra stabiliti non sono soltanto le sue partizioni e il col
locamento dato alle varie dottrine , ma anche e sopratutto
il fine a cui il sistema è indirizzato e il metodo che ado
pera. Esso risponde di tutto punto ad una storia del mondo
e della sua creazione , anzi di Dio prima della creazione
del mondo , che ha a sua disposizione tutte le categorie
necessarie per un mondo da creare , e si risolve finalmente
a crearlo, uscendo da sé , facendosi altro , facendosi natura ,
e poi dalla natura che ha per animatore il suo soffio di
vino, riemerge nell'uomo , nella coscienza e nello spirito
dell'uomo e si fa a grado a grado spirito soggettivo ossia
conoscitivo, e da questo trapassa , convertendosi in spirito
oggettivo ossia pratico , e crea il mondo del diritto , della
moralità, dell'economia, della politica , della storia , e dalla
storia torna infine a sé stesso come spirito assoluto , dap
prima coi due progressivi ma insufficienti conati dell'arte
e della religione , e poi come Idea pura , con intera e defi
nitiva soddisfazione e godimento di sé stesso . Tale è il
quadro della sua filosofia , che è una storia del cosmo , e
una storia con tema dato e con fine predeterminato , sicché
tutti i passi che in essa si compiono sono un concatenamento
di soluzioni tutte sempre meno imperfette, ma tutte sempre
imperfette, salvo l'ultima che segna la fine del mondo e
l'entrata nel regno dei cieli . Come mai un pensiero , che
col concetto dell'Universale concreto aveva liberato l'uomo
dal fantasma della natura e fatto di questa una costruzione
del suo arbitrio , arbitrio non arbitrario evidentemente perché
torna utile a certi fini , e in compenso gli aveva dato il
campo sterminato della storia , col perpetuo suo divenire ,
con l'infinita creazione di forme sempre nuove , come mai
questo pensiero ricade in una concezione di trascendente

B. CROCE, Indagini.
18 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

religiosità, per modo che già qui , tra gli scolari che La
attorniano e coi quali mi è accaduto di conversare, ho
udito di un rinnovato teismo o di una rinnovata e chiari
ficante teologia cristiana?
Il maestro aveva ascoltato senza battere palpebra questa
critica e questa invettiva ; ma il Sanseverino , pure affret
tandosi alla fine , aggiunse un corollario :
- E il metodo ? — disse - il metodo che dovrebbe es

sere quello dialettico e con questo nome si adopera nella


costruzione del sistema , non è forse la distruzione della
dialettica stessa, se mai si potesse distruggere una grande
verità una volta che la mente l'ha fermata e formulata ?
Distruggerla Lei , maestro , non poteva , la forza a cui Lei
ha aperto il varco della caverna montana in cui stava rin
serrata, è ormai nel mondo e nessuno potrà mai scacciar
1
nela o annullarla o fiaccarla , neppure il suo liberatore , nel 1
cui arbitrio essa non è mai stata e anche senza di lui con
tinuerà col proprio vigore e col proprio diritto a dominare
e correggere e giudicare , cercando e trovando altri che le
prestino quei servigi che Lei , dopo avergliene prestato uno
immenso e in perpetuo memorando, par che non voglia piú
darle . Non voglia o non possa , perché tale è la sorte del
l'uomo , dell'uomo superiore , che viene al mondo con una
missione e l'adempie , ma sa che l'opera del pensiero , l'opera
umana va all'infinito , e deve rassegnarsi a che la lampada
della vita passi ad altre mani . Un grande filosofo napole
tano , che Lei forse non ha ancora letto o non ha potuto
studiare , sebbene in questi ultimi anni l'opera sua mag
giore sia stata tradotta in tedesco , un genio nel quale po
trebbe ravvisare non solo un suo precursore , ma tale che
soddisfa talune esigenze da Lei trascurate e che , quantunque
cattolico di professione , assai più di Lei è libero nel fatto
dai vincoli delle vecchie concezioni religiose , - - ho detto
Giambattista Vico , - dopo avere scritto e riscritto più volte
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 19

il suo capolavoro si arrestò e sentí di aver terminato il


còmpito suo nel mondo e in due versi di un suo sonetto
fermò questo evento della sua storia personale : « Dalla tre
mante man cade il mio stile, E dei pensier s'è chiuso il
mio tesauro » . Ma , per tornare alla dialettica , com'era essa
nata e che cosa è poi diventata ? Era nata per spazzar via
il dualismo del positivo e del negativo , del vero e dell'er
rore , della vita e della morte , del bene e del male, e per
ciò aveva per suoi termini le forme , le categorie , i valori
dello spirito, il vero, il bello, il bene , l'adatto al fine , e i
loro contrarî, e per ciò era, nell'atto stesso , distinzione di
queste forme e trapasso dall'una all'altra , divenire , attra
verso il purgatorio o l'inferno del niente , o come altro si
chiami il potente - impotente negativo dell'essere , per modo
che l'uomo a ogni istante conquista il bene , il bello , l'utile ,
il vero, e a ogni istante è a rischio di perderlo se non ne
acquista un altro nuovo , come gli è comandato dalla sua +
spirituale natura. Ma questo carattere categoriale e questa
distinzione intrinseca alla dialettica si sono obliterati in
Lei , nel corso della costruzione del sistema , nel quale ha
dialettizzato il non dialettizzabile, i concetti empirici e i
collettivi processi storici , con un dialettizzare arbitrario e
di mera formula , il che le è accaduto per effetto del dise
gno storico -teologico che ha accettato e si è sforzato di
eseguire , sicché non mai il contemplatore potrà , innanzi
al dispiegarsi di quella storia affannosa di continue delu
sioni , emettere il grido di Faust all'attimo fuggente : - Fèr
mati , sei bello ; e sempre si troverà dinanzi un atto che
non dà questo momento di soddisfazione e di riposo , perché
non si fa mai uno dentro di sé, la contradizione gli è
sempre intrinseca , intrinseco l'affanno a uscirne fuori . Bene
e male, in verità, in questa visione cancellano i loro con
fini : il bene che non è mai si converte nel male che è
sempre, salvoché nell'istante ultimo e definitivo , dove poi
C

20 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

s'incontra l'altro inconveniente, che quello che non è più,


è il mondo stesso : il mondo nel quale viviamo e che la
filosofia deve farci conoscere e confortarci a viverlo de
gnamente .
Hegel non aveva maí interrotto il Sanseverino ed era
rimasto attento ma taciturno . Egli sentiva quel che ci sa
rebbe stato di poco cortese e di poco intelligente nell'attac
care una disputa con un uomo che aveva a lungo meditato
sui libri di lui , e che era venuto fiduciosamente a versargli
nell'animo e nella mente le conclusioni del suo travaglio
di molti anni , le quali avevano il diritto di essere rime
ditate da lui prima di farle oggetto di contradizione e di
disputa o anche di maggiore o minore assenso ; né , d'al
tronde , l'interlocutore aspettava risposta , consapevole come
era che a obiezioni di quella sorta non è dato a un ingegno
serio di arrendersi , ma solo di rimeditarle a tempo e luogo
e stare a vedere se daranno nuovo stimolo e apriranno
nuove vie al proprio pensiero nel suo corso originale .
Ascoltò, dunque, e tacque ; e, invece di entrare in discorsi
di filosofia, a questo punto si levò , passò familiarmente
sotto il braccio dell'interlocutore il suo e lo condusse a una
finestra del suo studio . La sua era una piccola casa su un
braccio della Sprea , al Kupfergraben , prossima alla città
e pure lontana dai rumori della città ; ed egli mostrò al
l'ospite il castello di Monbijou , che si vedeva di fronte ,
e i giardini e i già iniziati edifizî dei grandi Musei . E , in
quella pausa , gli domandò semplicemente e affettuosamente
che cosa contava di fare al suo ritorno in Napoli .
Mi propongo di continuare ad essere suo scrupoloso ,
grato e devoto discepolo , che non dimenticherà mai quanto
ha imparato da Lei , e come da Lei sia stato tratto alle
maggiori alture del pensiero , liberato da dubbî e contrasti
tormentosi , reso spregiatore del volgare e superficiale filo
sofare al quale si attengono i piú. Ma il compito che io

t
1. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 21

do a me stesso sarà di abbozzare la sistemazione che, a


mio senso , discende logicamente dalle sue alte verità spe
culative e che non è quella che l'ambiente e la tradizione
tedesca hanno indotto Lei a dare : non teologica come
quella, ma laica ; non complicata e pesante come quella ,
ma semplice e agile . Se dal concetto di universale concreto
si deduce l'unità della filosofia con la storia ―――――― deduzione
che Lei non ha voluto e non vuol ammettere , ma che è
necessaria , -
— ciò che veramente occupa e riempie di sé
tutto il campo della conoscenza è la storia ; come , del resto ,
è conforme al bisogno umano , che non è di conoscere idee
per sé ma fatti , realtà concreta , alla cui conoscenza le idee
sono indispensabili ma strumentali . E se la cosa sta cosí,
quale forma prenderà la filosofia ? Non altra che quella di
una Logica della storia , cioè della chiarificazione dei con
cetti mercé dei quali si attua l'interpretazione storica .
Senonché quella logica o metodologia non è cosa di poco ,
perché è né piú né meno che un'intera Filosofia dello spi
rito ; e una filosofia che non si esaurisce in nessun libro ,
perché è in continuo moto di crescenza , e la storia , col
suo muoversi , suscitando nuovi problemi al pensiero , prov
vede a far che non si arresti mai . La filosofia non è mai
definitiva e i sistemi non sono statici ma sempre in moto , Į
e meglio si chiamerebbero provvisorie sistemazioni , quasi
fermate per prender fiato dove si può prenderlo, come al
termine di un periodo di senso compiuto . Nessuno di quelli
che si sono presentati come problemi nella filosofia rimane
escluso da questa filosofia dello spirito , che tutti li accoglie
e li risolve riconducendoli a problemi dello spirito , nella
cui cerchia solamente , se hanno un senso , sono risolubili .
I signori professori di filosofia non temano , dunque , dalla
concezione metodologica della filosofia un impoverimento
del filosofare, perché, per contrario, essa è un accresci
mento, e vuole spiriti alacri , come , a dir vero , quei si
22 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

gnori professori , che si trastullano con vecchi e inconclu


denti e sterili problemi, non sogliono essere . E in questa
Filosofia dello spirito sarà da rifare la teoria dell'arte o
estetica, sgombrandola di quanto vi resta delle vecchie
retoriche e poetiche e dei recenti psicologismi e intendendo
nella sua originalità il principio estetico col purificarlo e
preservarlo da ogni contaminazione , sia panlogistica sia
edonistica. Saranno insieme da fondare una filosofia della
vitalità o dell'utilità che si chiami , unificando quanto ne
sta disperso nelle teorie della politica, dell'economia , delle
passioni , e in altre ; sarà da comporre una teoria della sto
riografia, con una congiunta critica e storia di questa ; e
lascio da parte altri desiderata che mi stanno in mente .
Napoli, con gl'ingegni che vi concorrono dalle provincie
dell'Italia meridionale , è un paese in certo modo disposto
e propizio a questi studî ; essa ha dato all'Italia quasi tutti i
filosofi degni del nome ed è aperta alle sublimi speculazioni ,
ma senza sminuire in sé un certo senso realistico che ri
conduce al concreto e allo storico . Di questa robustezza del
filosofare in Napoli si avvidero o ebbero sentore Herder ,
Hamann, lo stesso Goethe . E ora , col nuovo e giovane re ,
si respira ; speranze e fiducie rinascono ; si moltiplicano
assai vivaci « studî privati » , come li chiamiamo , cioè scuole
di carattere universitario fuori della università e dovute a
libera scelta dei desiderosi d'imparare ; circolano libri stra
nieri , e si pubblicano riviste fatte con intenti serî e da
i
scrittori ben preparati : cosicché io non sono scontento di t
tornare colà . Anche la sua filosofia comincia ad essere
nota, ma ahimè , proprio come io non vorrei che fosse :
come una sorta di religione razionalizzata , i cui cultori già
prendono aria ed accenti sacerdotali e tenderanno a for
mare una chiesa . È il pericolo che bisognerà sventare .
Cosí conversando , chiusero la giornata e i loro due
cuori si sentirono vicini come le loro due menti , perché
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 23

l'opposizione delle idee crea talora una sorta di vicinanza


e di fraternità . Hegel , quando il Sanseverino si accommiatò ,
gli disse con certa commozione affettuosa , che contava sopra
una non lontana sua nuova visita a Berlino .
Ma, nei giorni che seguirono, sempre ebbe la mente à
quella conversazione , procurando di riesaminare le sue
teorie al lume delle obiezioni che gli erano state mosse
dal gentiluomo napoletano , provandosi tra sé e sé a difen
derle , ripreso da dubbî che gli erano affiorati altre volte,
ma non con la forza che avevano ora . Hegel aveva medi
tato una filosofia che dava fondo all'universo e chiudeva
la storia ; il suo sistema epilogava, ordinava e compieva
millennî di lavoro filosofico , di ciascun altro sistema rico
noscendo il contributo che aveva recato , e tutti riconsa
crando con un possente atto finale di correzione e di sin
tesi ; e , dopo di esso , la storia dell'uomo era pervenuta al
suo compimento, ricongiungendo la fine al principio, né si
vedeva donde potesse nascere altro stimolo e altra materia
di lavoro . Ma cotesta , che poteva sembrare colossale pre
sunzione , era conseguenza del disegno adottato di una filo
sofia esemplata sulla tradizionale storia religiosa della crea
zione, del corso laborioso del mondo e della sua risoluzione
nel sopramondo , e perciò andava scevra nel suo autore di
quell'esaltazione di sé medesimo , di quell'aspettazione di
plauso presente e di trionfo futuro , di quel fanatismo che
animava, per esempio, un Tommaso Campanella , l'annun
ziatore della Città del Sole e della perfezione che in essa
il mondo avrebbe raggiunto prima che il caos tornasse le
cose all'uno. La sovranità filosofica, che egli aveva eserci
tata nell'ultimo decennio e che stava ancora in pieno vi
gore, non l'inebriava . Né è da credere che fosse soddi
sfatto e sicuro dell'opera sua : il figlio Carlo lo udí esclamare:
<< Quale Dio mi ha dannato a fare il filosofo? » ; la moglie
raccontava che spesso , nel mezzo del suo lavoro , lo udiva
24 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

mormorare : « Non ne caverò le mani ! » ; e mi pare anche


giusto quel che lasciò scritto il Thaulow, che, se mai , Hegel
pensava che la filosofia dovesse cominciare dopo lui , ma
non mai che egli la terminasse . Quella obiezione , cosi netta
e tagliente, che gli era stata detta e ragionata da un visi
tatore che veniva di lontano e pure gli si era fatto cosí
vicino : - Il pensiero informatore è sommamente geniale ,
ma il sistema, in luogo di potenziarne la virtú , lo conta L
mina, lo infiacchisce e lo compromette, - gli stava fissa
nell'animo . Ma , d'altra parte, la sua vita mentale si era con
lungo studio consolidata in quel ricco sistema ; e anche se
avesse accolto la critica che ora gli veniva non da un av
versario ma da un disinteressato e spregiudicato e amoroso
lettore e discepolo , ripercorrere all'indietro la via che aveva
percorsa in oltre quarant'anni d'intenso travaglio , e modi
ficarne il percorso e giungere a un punto diverso da quello
che aveva creduto di arrivo , e sul quale aveva tessuto e
disteso la grande tela del suo insegnamento che era diven
tato oramai un aspetto della missione politica della Prus
sia, tale còmpito, se gli si affacciava all'immaginazione ,
lo sopraffaceva e quasi lo spauriva , perché donde avrebbe
attinto la forza all'uopo richiesta , quella forza che non è
di puro pensiero ma del concentramento di tutte le forze
di un essere umano , anche di quelle che si chiamano fisi
che, di tutta la sua passionalità , del suo entusiasmo , della
sua dedizione , del suo sacrificio , come se altro nel mondo
non esista o piuttosto sia tutto contratto in quel fine da
raggiungere , e solo cosí egli possa fisicamente respirare e
vivere ? Ciò aveva provato in passato , sopratutto nella grande
sua crisi mentale all'uscire dalla gioventú, come angoscia
infernale e come gioia divina , sentendosi voluttuosamente
consumare in quell'opera di dolore e di amore , nel tempo
in cui compose la Fenomenologia , e ne mise sotto il braccio
il manoscritto mentre ancora non si era spenta l'eco dei
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 25

cannoni di Jena . Ma donde sarebbe ora rifluita , quella


forza, nelle sue vene ? E il rifluire non avrebbe avuto bensí
del prodigioso, ma di un prodigioso , se si fosse attuato ,
contro natura e quasi incestuoso?
E un sentimento di umiltà e di rinunzia gli nasceva
nel cuore , e pensava che l'opera che aveva compiuta, nella
sua verità e nel suo errore , era stata voluta cosí non da
lui ma dall'ispirazione e dalla necessità , da quanto di me
glio era in lui , tuttoché iscritto e circoscritto dalla umana
debolezza, e in questa forma giovava che restasse al mondo ,
nel momento storico a cui il mondo era pervenuto , come
ammaestramento ma insieme come esperimento e ammoni
mento, per quello che a esso apportava di positivo e per
petuo e per quello che gli metteva innanzi di negativo , di
contradittorio, d'insufficiente , da disfare , da raddrizzare ,
da collocare altrimenti , materia di lavoro nuovo , di nuova
opera da creare , e di uomo nuovo . E un senso lo visitava ,
che aveva dell'eroico e del paterno insieme , pari a quello
di Ettore, che, guardando con orgoglio il figlioletto , pen
sava che le genti avrebbero detto : Non fu cosí forte il
padre ». E si sorprendeva anche talora a ridire a sé stesso
i versi del vecchio Giambattista Vico , appresigli dall'amico
napoletano, sul tesoro di pensieri che gli era stato aperto
largamente per tanti anni ed ora si era chiuso per lui , e si
sarebbe riaperto per altri ; e in una con l'umiltà , che chie
deva il dimitte, gli sorgeva la tranquilla coscienza che egli
era stato servus Domini e sull'altare di Dio deponeva l'opera
che gli aveva comandata e gli aveva fatta compiere non
oltre il limite da Lui segnato .
Sí , tutto questo era vero , e la conclusione era giusta .
Ma quando a un uomo di pensiero si dice che nel pen
siero, nel quale egli riposava come in una verità, si è intro
dotto un errore , o di ciò gli si suscita il sospetto , come si
può poi addormentare in lui il pungolo del rimorso e far
26 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

che egli conviva , senza disamina e senza correzione o con


futazione , con quell'errore? Come si può pretendere che se
ne rimanga freddo e indifferente verso ciò che è stato il
fine della sua vita e di cui sente la responsabilità morale
di curare e proteggere l'incontaminata purezza ?
E questa inquietudine e questa trafittura Hegel non riu
sciva ad allontanare dall'animo suo , ripigliando intera la
fiducia nell'opera della sua vita, che era il pane che spez
zava agli avidi uditori nell'aula dell'università berlinese .
Egli era bensí ancora ricco di vigore mentale : proprio in
quell'anno, scosso dalle risonanze degli avvenimenti rivo
luzionarî di Francia, aveva scritto , in conformità della sua
fede politica , con robusto spirito conservatore , sospettoso
degli hommes à principes che si levano contro gli hommes
d'état, un lungo articolo contro il Reform Bill inglese , e ar
ricchiva di continuo le sue lezioni di nuovi svolgimenti ,
né gli sarebbe riuscito di acconciarsi al consiglio della sag
gezza e fermarsi al già fatto, quando avesse perduto per
lui la certezza dell'acquistata e posseduta verità .
Era questo il suo stato d'animo , quando il colera , che
si era andato ritirando da Berlino , a un tratto si rivolse
indietro e , con un colpo fulmineo , portò via in poche ore
proprio lui , il maggior filosofo del suo tempo , il 14 novem
bre di quell'anno 1831. E i fedeli e amorosi suoi scolari ,
prendendo a pubblicare , in aggiunta alle opere da lui
scritte, una dozzina di volumi delle sue lezioni , dettero
sempre più spicco alla forma del sistema , come si era orga
nata e particolareggiata nell'insegnamento accademico , e
poco o niente conosciuta restò per allora la preistoria di
esso , la storia della formazione travagliosa di quel suo pen C
siero , che solo dopo circa un secolo doveva essere rico
struita sulle inedite carte giovanili . E solo circa un secolo
dopo si riprese la tesi che lo studioso napoletano aveva
esposta a Hegel nella conversazione di sopra riferita ; e si
I. UNA PAGINA DELLA VITA DI HEGEL 27

mise in contrasto l'Hegel filosofo con l'Hegel architetto di


sistema, l'Hegel vivo, come fu detto , e l'Hegel morto .
Questa crisi, allora , non accadde più nella sola cerchia
napoletana , dove Hegel era stato molto studiato nell'otto
cento e dove conservò fedeli anche nell'età positivistica ,
ma in quella generalmente italiana ; e in Italia il pensiero
di Hegel filosofo ha ripreso da allora la sua vigorosa azione
in una sistemazione del tutto diversa da quella che a lui
piacque , e se ne sono tratte conseguenze che non erano da
lui volute e sono state rifatte da capo a fondo teorie che
egli aveva accettate dai suoi predecessori e che non si po
tevano conservare ; e il nome stesso della sua sistemazione
è stato cangiato perché quello d ' « idealismo assoluto » non
le si adattava piú e non ne incideva il tratto fondamentale ,
onde spontaneo è nato quello, che le è proprio , di « stori
cismo assoluto . Come che sia, Hegel ora ci appartiene ;
e che non ci basti è ovvio effetto del suo appartenerci e
del possesso che di lui abbiamo , perché il possesso di un
pensiero vale solo in quanto prepara nuova vita e nuovo
pensiero ¹ .

30 settembre 1948.

¹ È necessario che io avverta che questa < pagina sconosciuta


degli ultimi mesi della vita di Hegel > è una mia fantasia ? Un ghi
ribizzo che mi è venuto in mente in una notte di scarso sonno e
che ho preso ad attuare al mattino ? E se il lettore mi rivolgesse la
classica formula della domanda del cardinale Ippolito a messer Lu
dovico , gli risponderei che la materia l'ho tratta dalla mia dimesti
chezza col pensiero di Hegel e dall'avere troppe volte , tra me e me,
dialogato con lui , cioè parlato mentalmente a lui . Del resto , non
manca del tutto in questa fantasia alcunché di storico , perché tracce
di un atteggiamento fecondamente critico verso la filosofia hegeliana
sono veramente nella cultura della Napoli ottocentesca , se non allora
nel 1830, circa la metà del secolo , benché non siano da cercare presso
gli hegeliani ortodossi , e neppure nel piú severo e piú pensoso di
essi tutti, Bertrando Spaventa, ma in un ingegno fresco e spregiu
28 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

dicato che di filosofia non faceva professione (e pur ne possedeva


di più schietta e genuina che non coloro che ne facevano profes
sione), in Francesco de Sanctis : si veda piú innanzi lo scritto sulle
<< riforme > della filosofia e su quella della hegeliana in particolare .
Quanto all'opportunità di questa compendiosa esposizione del pro
blema hegeliano , dirò che essa m'è stata suggerita dalle due ultime
monografie pubblicate in Italia sullo Hegel , quelle del Martinetti
e del De Ruggiero , la prima delle quali è di un egregio insegnante ,
formatosi nell'ambiente positivistico dell'Ottocento, quando pareva
verità bene stabilita che Hegel fosse poco più di un ciarlatano dagli
oscuri detti , e la seconda , che reca una ben diversa estimazione
del suo autore ed è informata della odierna letteratura intorno a lui,
par che difetti nella coscienza che Hegel , con la sua dottrina dell'uni
versale e della dialettica , iniziò in filosofia una rivoluzione, la quale,
dopo una lunga stasi , ora ha ripreso con impeto il suo corso ; e che,
poiché egli chiuse i suoi possenti e rivoluzionarî concetti in un si
stema d'impronta teologica , lavorato in gran parte con metodo di
falsa dialettica, a noi è imposto il dovere di liberarli da quella costri
zione per ridar ad essi vitale efficacia nel pensiero nostro . Critica
e virtú affermatrice di nuova verità, che sono indivisibili sempre,
hanno , nel caso presente di Hegel, particolare importanza , perché
valgono a determinare l'indirizzo generale della filosofia del nostro
tempo, cioè la via nella quale questa deve necessariamente e logi
camente muoversi , e che , del resto , già nel fatto ha preso a per
correre.
[I

HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA .

DELLE CATEGORIE DELLO SPIRITO E DELLA DIALETTICA.

Debbo dire , perché è la verità , che non ho mai com


preso la giustificazione della ricerca , che è piaciuta a fi
losofi anche grandi , del primo concetto che la mente pensa
e sul quale si fonderebbero tutti i concetti susseguenti .
È mio convincimento, e sarà forse mia limitatezza , credere
fermamente che l'uomo a ogni istante pensa il tutto , non
essendo possibile pensare un concetto senza metterlo in
relazione con gli altri via via occorrenti e che di volta in
volta appaiono come un tutto . Perciò , fin dall'inizio , scan
sai la metafisica e delineai una semplice Filosofia dello
spirito , fondata su una tetrade di concetti supremi , nella
quale ciascuno di essi si dimostrava d'infinita fecondità
nell'ordine dei problemi a cui presiedeva. Ricordo che ci
fu chi volle tentare l'arguzia col denominarmi ripetuta
mente, nella speranza che il suo detto avesse fortuna , il
filosofo delle quattro parole ; ma io gli tolsi subito le
speranze col manifestare la mia meraviglia che egli chia
masse parole > il Vero, il Buono, il Bello e l'Utile , cioè
i valori e gl'ideali che al genere umano sono costati fati
30 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

che e sangue ; e il troppo facilmente arguto avversario


tacque . Poi mi fu attaccato un nuovo litigio, perché quel
< quattro veniva inteso come numero, e perciò accresci
bile e diminuibile all'infinito ; e anche me ne sbrigai col
fare osservare che la mia Tetrade somigliava a uno dei
<< numeri sacri » degli antichi e alla santissima Triade o
Trinità dei cristiani in ciò , che i suoi termini erano in re
lazione fra loro e formavano sistema ed unità .
Una terza opposizione incontrai che ancora di tanto in
tanto si riaccende , e fu per avere introdotto , tra le quattro
forme dello spirito o categorie supreme , l'Utile, che aveva
sempre avuto un trattamento disdegnoso o un posto secon
dario dai filosofi , specie da quelli cosiddetti idealisti . È da
notare che io era rimasto colpito dal vedere parecchi com
plessi scientifici , come la Politica, il Diritto , l'Economia,
errare, privi di un vero concetto filosofico , smarriti e per
plessi tra le altre scienze , e , peggio ancora , l'Utile , che
non trovava la considerazione dovutagli , versarsi in quelle
altre scienze , avvelenandole e corrompendole , come nei
tanti Utilitarismi , morale , estetico , e persino logico . Ciò
f
mi persuase dapprima ad adottare quel nome di Utile o di
Economico o di Conveniente; ma poiché la mia ricerca fu 1
progredita fino ad un certo punto di maturità , mi parve
piú opportuno che si dovesse chiamarlo il Vitale o la Vi
talità, che è veramente la radice comune di quelle tratta
zioni scientifiche . La Vitalità è una integrazione necessaria
delle diverse forme dello spirito , le quali non avrebbero
voce , né altri organi né forze , se , per assurda ipotesi , re
stassero avulse da essa , o sarebbero proprie non di uomini
ma di creature angeliche , che non ci sono note nell'espe
rienza . Il Kant distingueva tra il « Gefallen » , la serena
commozione del bello , e il « Vergnügen , il piacere sen
suale , e diceva bene ; ma avrebbe detto male se avesse
I
pensato che , simultaneamente con l'approvazione del bello ,
II. HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 31

non nasca in tutta la persona umana un fremito di piacere ,


congiunto con quella approvazione. E, del pari che nel
l'arte , spontaneo prorompe quel piacere nella scienza , perché
il raggiungimento di una verità suscita gioia ed entusiasmo ,
e talvolta una sorta di delirio , simile a quello di Archi
mede e del suo « eureka » ; e , infine , l'attuazione di un'a
zione buona è accompagnata da un sentimento di benes
sere, che non ha da vedere con la gioia egoistica.
Ma se in tutta questa parte l'Utile o la Vitalità esercita
un ufficio integratore delle altre forme dello spirito e ne
convalida con l'attuazione l'armonia , in un altro suo aspetto ,
provocando il nuovo, esercita un ufficio rivoluzionario col
suggerire problemi da risolvere all'arte, al pensiero e alla
morale. Quell'irrequietezza dello spirito muove da lei , per
ché la Vitalità è irrequietezza e non si soddisfa mai . Dove è
l'anima e dove il corpo in questa visione unitaria ? Si deve
fare uno sforzo per pensare che queste due forme abbiano
potuto essere distaccate tra loro , foggiando quel dualismo
dal quale ogni sincera filosofia aborre. Dove è mai l'Essere
puro e il non Essere , che Hegel stesso diceva due vacuità ,
privi di qualsiasi determinatezza , e sola realtà l'indisso
lubile unione dei due , il Divenire ?
Ma a questo punto, ripensando a Hegel, mi sono tor
nate in mente tutte le dispute che si fecero nella scuola
sulle prime categorie della Logica e la conclusione che
prevalse che Hegel non fosse riuscito ad assegnare come
venisse al mondo la Dialettica , la quale egli pur sentí e
fece sentire come nessun filosofo mai . Si veda per la Ger
mania la Logica e Metafisica di Kuno Fischer, e per l'Ita
lia la sottile memoria di Bertrando Spaventa sulle prime
categorie della logica hegeliana , i quali entrambi rimasero
pensosi della dimostrazione data dal Trendelenburg , che
non era hegeliano , e la cui soluzione positiva che la Dia
lettica nascesse dal Movimento essi non accettavano, ma
32 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

la cui dimostrazione negativa non potevano veramente


confutare .
Lo Spaventa finí col concludere che « quegli che turba
la tranquilla immobilità, l'oscuro impenetrabile sonno del
l'assoluto ed ingenito Essere , questa infinita potenza , questo
1
gran Prevaricatore ' è il Pensare » ¹ ; e a questo concetto
del Pensare puro , del Pensare in atto a contrasto del Pen
siero pensato , avviò la filosofia , senza accorgersi che in tal
modo apriva il varco a quell'Idealismo attuale che testé ha 1
mortificato per alcuni anni la filosofia italiana. Come Hegel ,
egli commise l'errore di voler spiegare la vivente realtà
cominciando e continuando con le astrazioni .
Anch'io fui dell'avviso , sin da quando scrissi il Saggio
sullo Hegel e la Logica , che Hegel non avesse giustificato
la Dialettica , ma per un errore tutto suo , per avere tra
scurato o non approfondito il momento precedente a quello
dialettico e che è fondamentale , la Distinzione , nel cui moto
ha luogo il contrasto dialettico . Questa mia osservazione ,
che era giusta, bastava per allora al mio fine , e da allora
in poi ho insistito tanto sul carattere dinamico della Di
stinzione che mi pare sufficiente quanto ne è detto .
Lo Spaventa, innanzi alle prime categorie della Logica
hegeliana , restava quasi smarrito : « Perché il No, il Non
Essere, la negazione ? E dopo e nonostante il Si, l'Essere,
l'affermazione ? Perché non è solo il Si? Perché tutto non
è Essere? Questo è lo stesso problema del mondo , lo stesso
enigma della vita nella sua massima semplicità logica » 2.
Cosí, riaprendo le porte all'astrattezza del pensare , le ria
priva anche all'asserzione della vita come enigma .
Giova dare scarsa fede ai misteri e agli enigmi della
vita, i quali sembrano cosí gravi appunto perché si risol

¹ Scritti filosofici, ed . Gentile (Napoli , 1900) , p . 216 .


2 Op. cit., pp. 215-16.
II. HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 33

vono in modo assai semplice ed ovvio , che è l'ultimo al


quale il pensiero ricorra : in questa parte mio maestro resta
Volfango Goethe . Possiamo noi fare l'errata - corrige al
mondo? Togliere la morte o il dolore o il male dal tes
suto della vita ? Con molta mortificazione , riflettendo , ci
avvediamo che col togliere qualcuna di queste cose si toglie
la vita stessa e la realtà . È da mettere in guardia contro
il cercare , come si dice , la ragione delle cose , perché in
questa ricerca è molto facile cadere in puerilità o in so
fismi . Il pensare ragionevole ha per suo carattere l'accet
tazione di quel che si impone come una realtà che non si
può pensare a cangiare . L'abbiamo, per cosí dire, innanzi
agli occhi ; l'adesione intellettuale segue senza ostacolo alla
certezza che la realtà , che è una modificazione dell'essere
nostro stesso , c'infonde .
Piuttosto , anziché questa ragione del ragionevole , sa
rebbe il caso qui di osservare la dialettica nella sua storia ,
e domandarsi perché cosí tardi essa sia assurta nella nostra
filosofia tra i principî fondamentali .
Certo vi furono entusiastici pensatori dialettici , a co
minciare dall'antico Eraclito, e a noverare i parecchi che
seguirono nei tempi moderni , il Cusano , Giordano Bruno,
Jacobo Böhme. Ma non produssero per questo riguardo un
largo moto delle menti , e non riuscirono a improntare di
quel principio la filosofia . Nei detti comuni , nelle riflessioni
incidentali , tutti lo possedevano e vi attingevano , ma non
signoreggiava le anime , perché la civiltà antica , e in di
verso modo quella cristiana , non ne sentivano urgente la
necessità . Ma quando nel secolo decimottavo si vagheggiò
l'idea di un mondo di troppo superficiale ragionevolezza ,
con fede in una semplicistica liberazione dall'errore e dal :
male , cominciò a sentirsi il bisogno della Dialettica : ricor
dare lo Hamann , che diceva di un accenno , da lui trovato
in un libro del Bruno , alla coincidentia oppositorum , che

B. CROCE, Indagini. 3
34 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

egli non riusciva a comprenderla né a dimenticarla . Sul


finire del secolo , per eminenza antistorico , la Dialettica si
profila come l'espressione stessa della Storicità . E quan
tunque il secolo seguente mancasse nel suo corso al suo
dovere di liberare il grande e vigoroso assertore della Dia
lettica, Hegel , dalle sue superstizioni teologiche e dalla sua
artificiosa trattazione logica , e preferisse al correggerlo il
rinnegarlo a parole, non si può dire che avesse obliato il
frutto della sua lezione , come attesta il culto della Storia
cosí fervido in tutto il secolo , e gli stessi errati tentativi
d'introdurla nella scienza della Natura. Il ventesimo secolo
ha visto il concetto della Dialettica riaccettato tra i prin
cipî supremi e , integrato dal concetto speculativo della
Distinzione , ripigliare l'azione critica contro ogni forma
d'intellettualismo .

II

DEL NESSO TRA LA VITALITÀ E LA DIALETTICA.


Risposta a un quesito proposto.

Alcuni mesi fa , scrivendo nella rivista Il Mondo , pro


posi un punto bello e difficile di filosofia : le relazioni tra
la categoria della Vitalità e l'origine della Dialettica . Fui
mosso a ciò da un sentimento tra scherzoso e serio , cioè,
per una parte, dalla voglia che altri parlasse e io me ne
stessi in silenzio e ascoltante, e per l'altra , dal timore , il
quale dovrebbe effettivamente turbare un filosofo nel tor
nare su un lavoro da lui eseguito in gioventù , che egli
non può dire se , nella ripresa , migliorerà o peggiorerà,
perché , come a coloro che invecchiano si consiglia di la
sciar stare versi e pocsia che felicemente trattarono da

1 In alcune parole aggiunte come chiusa allo scritto precedente.


II. HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 35

giovani , il simile sembra da consigliare al filosofo , pel


quale le teorie elaborate in gioventú furono frutto di ispi
razione a segno che egli talora non le intende agevolmente
o non le intende piú a dovere .
Comunque , al mio invito non ho ricevuto risposta , e
dunque dirò le conclusioni a cui sono pervenuto e che mi
paiono nuove , indictaeque prius , e domando scusa in pre
cedenza per quel tanto di aspetto insolente che è sempre
nelle pretese del nuovo .
Per categoria della Vitalità è da intendere quella in
cui l'individuo soddisfa le proprie volizioni e brame di
benessere individuale . Come tale , è di natura sua amorale;
il che non deve formare oggetto di scandalo perché le ca
tegorie che costituiscono la realtà della vita non sono tutte
direttamente qualificate dalla moralità, che è una sola di
esse. Del resto , relativamente amorale , se non addirittura
immorale, è stata tenuta a ragione l'arte o la poesia , per
la quale (senza ricorrere al frusto esempio di Platone, che
in sostanza volle in un suo paradosso interpretare la ca
tegoria della poesia) è da ricordare la diffidenza degli spi
riti severi e di quelli religiosi , che si manifesta contro la
profanità dell'arte , accusandola di coltivare la voluttà e la
sensualità. Neppure la filosofia o la scienza possono respin
gere del tutto un simile sospetto di amoralità , perché esse ,
al pari dell'arte verso la bellezza , rivendicano a loro fine
la verità, indifferenti a ogni altro riguardo .
Né bisogna lasciarsi distrarre e attrarre dalla Vitalità
già domata e regolata dalla morale e perdere cosí di vista
quella che qui sola conta per noi e sola ha il nostro inte
ressamento, che è la Vitalità cruda e verde , selvatica e
intatta da ogni educazione ulteriore . Essa offre la « mate
ria alle categorie successive, giusta la legge che regge
il circolo delle categorie , che quella , che prima fu forma » ,
si presta poi all'ufficio di materia » ; né solo offre la ma
36 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

teria , ma dà la cooperazione , fornendo alle forme succes


sive le forze che furono sue . In effetto, come è già di sopra
notato , quelle resterebbero senza voce e senza gesto , im
potenti ad esprimersi , se non le soccorresse la forma vitale
che dà alle loro verità, ai loro sogni di bellezza , alle loro
azioni sublimi ed eroiche il piacere e il dolore , comune
manifestazione in cui culmina ogni vita .
Altri caratteri delle altre forme si spiegano con la ne
gatività persistente in quella della Vitalità ; come è del
cosiddetto peccato originale » , che tutti sentiamo di avere
in noi , almeno da Adamo in poi , e che costringe a racco
mandare sempre , rigorosamente , la perfezione alle nostre
azioni e a rassegnarci sempre a qualche imperfezione , e a
non inorgoglirci e anzi a dar luogo a un moto di umiltà col
confessare che l'uomo è moralmente mediocre . O anche
nella pendenza in cui si scivola nella nostra attività , che
è di seguitare a svolgere l'azione che ci è familiare e age
vole , oltre il caso che solo le è proprio , onde il filosofo
filosofeggia quando dovrebbe operare, l'artista sostituisce
con fantasmi di sentimento il lavoro che tocca alla mente
indagatrice e il moralmente scrupoloso diventa pedante dei
suoi scrupoli , e via dicendo : con la continua vigilanza e
necessità di correzione che a ciò è richiesta .
Ora, chi non vede , innanzi alle cose di cui siamo ve
nuti discorrendo intorno a questo processo spirituale , quel
! superare da parte del superiore l'inferiore che è proprio
della Dialettica , quel negare il male conservandolo e tras
figurandolo in bene ? Perché senza dubbio il benessere ,
nel chiuso e ingenuo suo egoismo , è il male in tutte le
sue conseguenze, anche le piú terrificanti , e il male è vinto
dalle categorie ulteriori , che non aboliscono la sua forza
e ne fanno forza di bene. E questa è la grande scoperta
di Hegel ; questa l'integrazione da lui compiuta della filo
sofia. A chi mi domanda che cosa abbia fatto Hegel , io
II. HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 37

rispondo che ha redento il mondo dal male perché ha giu


stificato questo nel suo ufficio di elemento vitale .
Per questa grande scoperta Hegel pagò un prezzo troppo
gravoso, che senza dubbio poteva risparmiarsi con suo e no
stro vantaggio . Ma egli praticamente non poté , perché
quella scoperta lo aveva inebriato e lo trascinava dietro a
sé ; cosicché , messa la sua verità in forma di una triade
composta di una proposizione affermativa , di un'altra ne
gativa e di una terza conciliativa , di simili triadi compose
una rete immensa che avvolse l'universo, nel quale tutti i
concetti rivestirono quell'uniformetto triadico . Altresí egli
si dié a credere di avere cosí formulato una nuova Logica ,
la Logica dialettica, e di essa compose la prima parte del
sistema . Che la scoperta della Dialettica non fosse una Lo
gica fu forse sospettato da lui stesso quando a quella « Lo
gica accompagnò quasi sinonimo la parola Metafisica » .
Certo non riesce di congiungerla alle trattazioni logiche
senza fare un salto , e a me sembra ora che la sua grande
scoperta fosse tutta in una ricerca di alta Etica. Non già che
egli non rinnovasse grandemente e in certo senso creasse
la Logica filosofica, come altre parti della filosofia : era un
uomo di genio, e questo si sente dappertutto nell'opera
sua . Ma gli altri suoi pensieri non avevano che vedere col
problema dialettico , almeno quale a noi è apparso .
La sorte della filosofia hegeliana nel secolo decimonono
è tra le più singolari , perché , dopo un primo periodo di
entusiasmo degli scolari , fu combattuta e circondata nelle
università da orrore (che era e non era horror sacer) , a se
gno che la collezione delle sue opere fatta dagli scolari
non fu piú , durante il secolo , ristampata . Eppure si sen
tiva che quel filosofo , tanto screditato dai suoi colleghi e
professori , era il solo veramente vivo , il solo forse pari ai
tempi nuovi . Quel secolo fu chiamato il secolo della Storia ,
e Hegel aveva rinnovato il concetto del corso storico ,
38 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

fornendo con la sua dialettica un concetto più profondo e


più adeguato di ciò che è svolgimento storico ; onde se i pro
gressisti e illuministi filosofi del secolo innanzi avevano
spregiato la storia come conservatrice dell'irrazionalità e
del male che si era accumulato nel passato , il nuovo se
colo l'aveva riamicata col progresso e fuso i due concetti
in uno solo. Il suo risorgimento nei primi decennî del se
colo ventesimo , scrutato intimamente , si vede essere do
vuto soprattutto al pensiero storico , che regna nell'intimità
degli animi , nel mondo altamente umano , laddove la scienza
naturale regna nel campo pratico del mondo industriale .

III

POSCRITTO .

Questi miei due scritti sullo Hegel suscitano in me ,


prima che in altri , il dubbio se in essi sia una interpre
tazione e correzione di una teoria hegeliana , o non invece
una teoria mia . È un dubbio , a dir vero , che ci insidia
sempre nelle esposizioni dei sistemi dei filosofi e delle sto
rie della filosofia , perché noi siamo consapevoli d'introdurre
in quei determinati giri di parole una forza vigile ed esu
berante, che nel fatto va oltre le parole dell'autore e con
fluisce col nostro pensiero costruttivo . A me sta in mente
che i filosofi tutti , se potessero risorgere dalle loro tombe ,
leverebbero una vivace protesta contro i loro storici , e non
senza fondate ragioni . Ma gli storici si difenderebbero col
ricordare che il loro ufficio è di tener vive le indagini e
discussioni filosofiche per il progresso del vero , e ciò non
si può ottenere se non col considerare chiuse e definitive
le affermazioni che si leggono nei loro testi , e andare oltre
di esse .
II. HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 39

A me è parso sempre , e credo di non essermi ingan


nato, che Hegel chiamasse e trattasse come opposti anche
gli ordini di concetti che tali non erano se non in appa
renza o presi superficialmente , e soprattutto non mi parve
che in lui gli opposti o contrarî avessero mai senso pre
ciso e univoco di coppie di termini tra loro in perpetua
ostilità, come il vero e il falso , il buono e il cattivo , il
bello e il brutto, l'utile e il nocivo, e che Hegel non ebbe
viva e netta la differenza tra l'astrazione e la distinzione ,
e sovente spezzò un concetto in due parti astratte che , in
quanto tali , erano niente e che egli trattò come reali da risol
vere in un terzo termine , come gli accadde nella triade del
l'Essere e del Non essere e del Divenire . Le vere distinzioni
speculative non sono astrazioni , e la buona filosofia italiana ,
insegnataci dal Vico , trattò come categorie spirituali o
forme dello spirito forze e virtú reali ed esistenti , come
la virtú della Fantasia e quella della Mente pura, e con
ciò si argomentò di costruire una Scienza dell'Umanità .
Anche in Francia il Pascal rappresenta in certo modo que
sta protesta del concreto contro l'astrattezza cartesiana. Ora
se i pensieri da me svolti in questi scritti non avessero
niente da vedere col pensiero di Hegel, si potrebbe negare
ad essi ogni valore ermeneutico nei suoi rapporti . Ma non
è cosí, perché io ho osservato che le diadi dei contrarî,
nel senso rigoroso ed unico in cui le ho concepite , si con
tengono per l'appunto anche in Hegel nel rapporto che
egli chiamava di superamento , che è possibile solo mercé
del pungolo di un dolore e di uno sforzo d'insofferenza , e
che il rinnovarsi continuo di questa discordia e supera
mento era per lui la trama stessa della vita . Non riusci
rei a spiegare la grande impressione che sempre fece la
speculazione dialettica hegeliana senza questa sua potenza
a penetrare nel profondo della vita intima, nella sua
contrarietà e nella sua unità ; né riuscirei a rendermi
40 PARTE 1. INDAGINI SU HEGEL

ragione dell'influsso potente da essa esercitato sugli studî


storici , senza la compattezza che per virtú sua riceve lo
svolgimento della storia umana. Mi pare che ciò sia un
duplice argomento di aver colto la buona interpretazione ,
o almeno di esserci andato vicino , sia pure non sussidiata
quanto si vorrebbe da dichiarazioni esplicite del suo autore .
La sistemazione hegeliana , come è noto, è caduta tutta ; e
che cosa è il potente pensiero , che pure traspira da quella
ruina? Per conto mio , mi sono acquietato in una spiega
zione sufficiente , sebbene abbia della congettura .
E non bisogna dimenticare che Hegel trovava , come
precedente della sua storiografia , quella illuministica, che
credeva possibile con la « ragione , come essa diceva , di
indurre gli uomini a seguire il bene ed abbandonare la
pratica e l'abito del male , e questo considerava il dovere
prossimo che era imposto alla nuova età . Ma sebbene pro
prio nei nostri giorni per capriccio della storiografia marxi
stica si sia levato un improvviso e grande entusiasmo per
gli altri storici illuministi , giudicandoli soli e veri promo
tori di bene , e tutti gli altri che manifestarono diverso
parere , siano tenuti ciechi conservatori o « reazionarî » ,
è da avvertire che quelli erano bambini in fatto di intel
ligenza storica, e i cosiddetti reazionarî , giganti come il
Vico, che Luigi Settembrini fa parlare in una sua pagina
ai giovani dal più al meno illuministi , i quali, con l'espe
rienza fatta di poi , finiscono con l'ammettere che aveva
ragione il vecchio , egli aveva senno assai » ¹ . Hegel scorse
a primo sguardo che la teoria illuministica , presa in senso
assoluto , importava né piú né meno che la sparizione della
storia, che è nulla senza il contrasto del male , e non cred
nessuna illusione che il male non fosse il male, ma lo in

Lezioni di lett. it. , II , pp . 41-2.


II. HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 41

tese al tempo stesso nel suo aspetto di forza progressiva ,


incontrandosi anche qui con un pensiero del Vico che at
tribuiva alla legislazione , guidata dalla Provvidenza divina ,
di moderare le umane passioni e farne umane virtú , con
vertendo la ferocia , l'avarizia e l'ambizione, i tre vizî che
stanno attraverso del genere umano e lo menerebbero alla
distruzione, nella milizia , nella mercatanzia e nella corte
(la politica o lo stato) , cioè la fortezza , l'opulenza e la sa
pienza delle Repubbliche¹ . Hegel non guardava le cose
umane da ottimista o da pessimista , ma con la necessaria
superiorità su questi due atteggiamenti unilaterali . Non c'è
nella vita umana esperienza e tristezza di male che possa
distruggere l'esperienza e la gioia del bene nei nostri vivi
ricordi personali e nelle immagini che ce ne serbano l'arte
e la storia . Ci sono certi momenti in cui l'uomo , preso da
disperazione e desolazione , è disposto e bramoso di distrug
gere materialmente la sua vita ; ma nel piú dei casi trova
forza di resistenza , e molti è da credere che non si sareb
bero ammazzati se avessero avuto accanto in quell'istante
qualcuno che avesse pronunziato , indovinandola, la parola
amica al loro cuore e alla loro ragione .
Naturalmente , bisogna mettere da parte le obiezioni
che verrebbero dal vecchio modo della dialettica hegeliana
e dal pensare che questa accada non soltanto dentro e tra
gli esseri viventi e spirituali , ma nelle cose stesse della
natura ; e non accettare l'arbitraria distinzione che è in
quella filosofia della natura tra il vitale e lo spirituale ,
perché a ciò contraddice il giusto principio del sistema
stesso , che pone il Divenire come continuo e inesorabile ,
e per conseguenza impone un trapasso dialettico dal vitale
allo spirituale . Ma noi dobbiamo intendere in modo più

¹ Scienza nuova, Degli elementi , V e VII.


4
1

42 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

diretto questo passaggio, ricordando che nessuna categoria


dello spirito sta astrattamente da sola , e tutte hanno in sé
l'opera nascosta delle altre, perché lo spirito nella sua di
stinzione è pur uno . Non c'è egoista che , per grandissimo
che si pensi , sappia essere del tutto egoistico, e che in
qualche recesso della sua anima non abbia una sensibilità
e una nostalgia per il bene , che in lui prende forma di
1
un affetto per qualche creatura umana o per qualche cosa.
Una vita che s'intessa tutta di piaceri e di voluttà , di am
bizioni e di sterili trionfi , si distenderebbe desolata e in
sopportabile, se dal suo fondo non sorgesse la possibilità
delle elevazioni e il passaggio dalla categoria vitale alla
categoria morale .

IV

UN ESEMPIO.

Un esempio assai ovvio ma chiaro ed efficace della


Dialettica hegeliana come a noi par di intenderla , è offerto
dal rapporto di amore e matrimonio . L'amore è una con
dizione giovanile, nella quale rapimento e incantamento si
incontrano col dolore e che si discopre in ultimo , in mi
sura maggiore o minore , come illusione. Chi si è tratto
fuori da un amore vede con occhi nuovi il processo di
sentimenti che ha vissuto , e si meraviglia esso stesso del
modo come gli appariva l'altro essere amante e delle qualità
che gli attribuiva , e spesso l'antico amore si cangia in ri
pugnanza e in odio, e , di solito, in indifferenza . La poesia
che ha per suo principale contenuto la vicenda dell'amore I
è sembrata ad alcuni filosofi , e tra gli altri a Giordano Bruno,
quasi sciocca e ridicola al pari di quella dei poeti burle
schi , che celebravano oggetti tra i meno degni di cele
brazione . Nel che si dimentica un piccolo particolare ma
II . HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 43

essenziale : che quella vita ha del poetico e rivela nella sua


forma prima e ingenua il cuore umano , e attraverso la crea
zione estetica reca all'uomo grande conforto e ammaestra
mento. Certo quello stato d'animo va corretto e Hegel giu
stamente in un primo momento lo sopprime e lo toglie via .
Ma questo momento è insieme il tutto , perché non si può
togliere niente dalla realtà senza superarla , cioè senza
sostituirla con uno stato d'animo che sia più alto e forte
del primo ; e ciò Hegel chiama togliere e serbare e insieme
elevare ossia superare . Si conserva in quello stato superiore
ciò che era stato acquistato nell'inferiore : tutti i fini che
si volevano giustamente raggiungere nel primo impeto ,
come l'avere compagni nelle lotte necessarie e collabora
tori nelle opere a cominciare da quella semplicissima di
comporre una famiglia e mettere al mondo figliuoli ; tutto
ciò che l'amore per sé non poteva dare , o lo dava solo in
modo assai rozzo ed imperfetto .
Il matrimonio , si dice , è « la tomba dell'amore » , e deve
essere cosí perché è la grande istituzione umana che sorge
sopra esso , risolvendo i problemi che esso non può risol
vere. I coniugi parlano dei fatti sessuali , ai quali tanta
importanza attribuiscono gli amanti , con piena indifferenza ,
e ciò viene a dire Hegel in alcuni luoghi della Filosofia
del diritto e di altre sue opere in cui si discorre del ma
trimonio cogliendone la verità. Ma bisogna anche ricono
scere che nella nuova condizione l'antica non è del tutto
abolita, e che non v'ha uomo che non guardi di tempo in
tempo la donna che è diventata sua moglie , né donna che
non guardi suo marito, con gli occhi con cui si videro
quando si amarono per la prima volta ; e vi sono coppie
di vecchi che sorridendo vietano altrui ogni sguardo nei
loro cuori perché serbano non poco in sé degli innamorati
che essi furono nella piena gioventú . Tutto ciò diminuisce
alquanto la purezza e l'austerità del superamento hegeliano ,
44 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

ma è una conferma che nella concezione della vita umana


non si può abolire la parte o la particella che vi rimane
sempre del peccato originale » ¹ .

NOTA.
?

Saranno quarantacinque anni o giú di lí , che io mi ri


volsi a uno studio dello Hegel per trarne consiglio circa
la continuazione dei miei lavori filosofici ; e il frutto di
quello studio fu un libro nel quale mi parve di aver di
mostrato che la visione generale del mondo in cui Hegel
costruiva, con logica che era insieme metafisica , il suo si
stema, doveva essere abbandonata, ma che la Dialettica
per la prima volta rendeva possibile una teoria della Sto
ria , comprovandone la positività . La Dialettica fu veramente
una propria creazione di Hegel , perché prima di lui si
era parlato più volte dei concetti contrarî, ma girandovi
intorno quasi un mistero , senza trarne vere e proprie
conclusioni . Ma Hegel per primo con pensiero vigoroso
concepí la Dialettica come un elevamento , cioè soppressione
e conservazione ad una , per ascendere più in alto nella
vita dello spirito , il che non era dato senza serbare tutte
le forze possedute ed acquisite , liberate dagli elementi di
ventati estranei . Per altro, non mi tornò possibile in quel
primo tempo scorgere l'origine di questa dottrina e darle
il suo posto tra i processi dello spirito umano in una filo
sofia come la mia , che voleva essere unicamente Filosofia
dello spirito. Hegel assai si era compiaciuto di paragoni
con la meccanica , come quello della leva di cui i due
<< momenti » si convertono l'uno nell'altro e sono simbolo

1 Vedi il mio breve saggio sul Peccato originale, in questo volume.


II . HEGEL E L'ORIGINE DELLA DIALETTICA 45

della Dialettica. E quando mi venne in mente che l'origine


sua fosse non nel Pensiero (come lo Spaventa aveva affer
mato) , ma nella sfera vitale dello spirito , che non potrebbe
assestarsi e durare nella pura persistenza e prosecuzione
del benessere individuale , perché si corromperebbe e mo
rirebbe e farebbe morire la realtà tutta , se , uscendo da
quella strettoia, non rendesse esplicito il legame con l'uni
versale, facendo passaggio cosí alla sfera morale , mi avvidi
che Hegel non avrebbe potuto mai seguirmi su questa via ,
per una ragione intrinseca al suo sistema : per avere egli ,
in contraddizione col miglior sé stesso , posta una Natura
e una correlativa filosofia della Natura , alla quale assegnava
una parte dello Spirito, congiungendolo a vuoto con quella
inesistente realtà .
Cosí , nei miei tardi anni , posso continuare la mia opera
intorno alla filosofia di Hegel , mio amore e mio cruccio ,
intrapresa da me nel vigore giovanile e nella quale, dopo
averla sgombrata di una parte tradizionale e di una siste
matica arbitraria, procurai di meglio fondare le grandi ve
rità che egli , piú che altro filosofo forse , disse al mondo
moderno. A quest'opera appartengono le poche presenti
noterelle sull'origine della Dialettica .

1951.
III

OTTIMISMO E PESSIMISMO.

La Dialettica toglie ogni fondamento alla controversia


se la vita sia un bene o un male , e alle concezioni di una
filosofia ottimistica o pessimistica che si dica .
Il piacere e il dolore , il bene e il male non sono sepa
rabili e non c'è felicità che non sia venata di dolore o
turbata da riflessioni sul da fare. La riprova di ciò sta nel
detto che il bello è solo nel passato : « sol nel passato è il
bello , sol ne la morte è il vero » : nel passato , cioè nella
immaginazione, che , eseguendo una scelta , serba l'astratto
aspetto gradevole delle cose e non trova poi mai di ciò
conferma nei documenti , cioè nella storia effettiva , che non
è l'immaginazione .
Distinguibili , se non separabili , sono il piacere e il do
lore , il bene e il male , che pur nella loro contrarietà si
legano l'uno all'altro , vivono l'uno nell'altro e si condi
zionano a vicenda . Ogni bene lascia sempre dietro di sé
uno strascico di male da correggere , e , se non fosse cosí ,
il mondo risolverebbe tutti i suoi problemi in un attimo,
cioè non esisterebbe .
Assai superficialmente trattato fu questo ordine di con
cetti nel secolo decimottavo , quando si volle quantificarli col
calcolo dei piaceri e dei dolori , e si doveva in ciò fallire
come si falli . In quel secolo, per il sentimentalismo che soc
III. OTTIMISMO E PESSIMISMO 47

correva di qualche compenso l'intellettualismo prevalente ,


si dibatté anche il problema se all'uomo spettasse il di
ritto al suicidio , cioè a disfarsi di una vita in cui le gioie
sono di troppo inferiori ai dolori . Il problema è facil
mente risoluto dalla coscienza morale , che vieta di farsi
altrui persuasore di morte con l'esempio della propria
morte, e che al suicida non concede neppure l'indulgenza,
ma solo la compassione .
Beni e piaceri , mali e dolori , considerati come riflessi
soggettivi , sono chiusi ciascuno in sé ; ma nella congiun
zione concreta e oggettiva dimostrano col compenetrarsi
la loro fecondità di processo storico . La concezione fu già
precorsa, sebbene non ragionata , dalle religioni , che rico
noscevano nell'unione di quei due momenti la sapienza di
Dio nel governo del mondo .
Ciò importa che il superamento che la Dialettica com
pie di una questione assai cara al comune discutere , è del
tutto mentale e non ha che vedere con la realtà pratica
del male e con le sofferenze e il dolore , i quali non spa
riscono al lume della verità e anzi ne sono confermati .
Ricordo che nella mia giovinezza , nell'esperienza che al
lora feci dell ' hegelismo napoletano , conobbi uomini che
avevano fatto trapasso immediato dalla sfera filosofica alla
sfera pratica e credevano che fosse loro dovere affermare
in ogni proposito la bontà e la santità della vita. Uno di
essi , tra gli altri , mi tratteggiò una volta , nell'angolo di
un piccolo caffé di Napoli dove stavamo a discorrere lui
ed io soli , lo spettacolo del magnifico universo , quale egli
lo vedeva hegelianamente , che passa trionfale sul male e
sul bene, sulla gioia e sul dolore , contro tutta la protesta
e rivolta del sentire individuale , e conchiudeva la sua ca
lorosa oratoria con lo scorgere sé stesso in mezzo a que
sta magnificenza dell'universo e farsi ammonire da una
voce dall'alto : « Che cosa vuoi ? » ( e qui il suo nome ) : « tu
48 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

sei un nulla e degno di morire . Taci dunque e muori . »


Quei filosofi vestivano con dignità, avevano le barbe ben
curate e un sorriso amichevole per tutti , e a me che ora
li ricordo danno ancora una sorta d'intenerimento perché
erano uomini davvero di somma bontà . Ma noi che non par
tecipiamo della ingenuità di quei primi filosofi che si erano
inebriati di Hegel , e nondimeno siamo rispettosi della filo
sofia sua e della sapienza divina , sentiamo la vita pratica e
il nostro dovere di combattere dolore e male nelle nuove
forme in cui di continuo si presentano , portandovi l'animo
di chi vorrebbe scacciarli dal mondo e insieme la mente
di chi sa che ciò è impossibile , e che la nostra azione , in
quel fare, ha altra e più efficace parte. La filosofia è inte
gratrice e non despota nella vita dello spirito , e neces
sarie integratrici sono tutte le altre categorie spirituali ,
ciascuna con la sua originalità . La gloria di Dio si attua
attraverso la gloria dell'uomo, al quale , se vien tolta ogni
speranza di natura edonistica , rimane la severa soddisfa
zione di avere. con la fatica dell'opera sua , ben servito la
causa dell'umanità .
La fatica propria ; cioé il lavoro , e il lavoro è sempre
disinteressato , ed attinge il suo fine in sé stesso e non in
altro da sé stesso , perché , quando ciò avviene , è chiamato ,
e si chiama da sé , lavoro servile. Lo scrupolo che l'accom
pagna ne è l'espressione pura ed ha carattere religioso : di
una religione che non conosce beatitudine e rende l'uomo
pensoso e accresce gli stimoli del suo fare . Si direbbe che
con questo si giunga per nuova via alle soglie del mistero ,
e di là alle immaginazioni di un'altra vita . Ma non ce n'è
nulla , e con quella rinunzia alla beatitudine l'uomo paga,
semplicemente, la sua nobiltà .
E questa nobiltà fa sí che noi ci distacchiamo dall'opera
nostra e la poniamo sopra di noi. La nutriamo col nostro
dolore , ci consumiamo in essa per farla bella; ma la sua
III. OTTIMISMO E PESSIMISMO 49

bellezza appena intravediamo nell'attimo creativo e tosto


ne siamo separati , sospinti a nuovi compiti , a risolvere
nuovi problemi . L'opera , che si dice nostra, appartiene al
mondo tutto , che ne è il vero creatore, e noi gli operai
addetti al produrre .
Discorrendo della concezione della storia in Hegel ,
scrissi che non è né pessimistica né ottimistica , ma piutto
sto è da dire drammatica o tragica ¹ ; e poiché quella visione
si riporta alla dottrina etica che abbiamo esposta o inter
pretata, è da soggiungere che nella tragedia si afferma la
nobiltà del fare umano , che pacatamente affronta dolore e
morte per compiere l'opera sua .
Nell'ultimo secolo e mezzo è accaduto un profondo ri
volgimento negli studi storici proprio per avere tolto via
dalla vecchia definizione della storia l'ufficio che le si im
poneva di giudicare secondo bontà o cattiveria i suoi per
sonaggi , e si è rinunziato , per questo rispetto, a celebrare
Cornelio Tacito come il vero modello degli storici ; cosicché
si è stabilito che la storia debba spiegare come le cose sono
andate e astenersi dal pronunziare parole di premio o di
castigo. Sarebbe forse troppo ardito riportare al solo Hegel
questo rivolgimento considerandolo suo autore , perché vi
ha operato una disposizione generale degli spiriti , della
quale sarebbe lungo passare a rassegna tutti gli elementi
che vi sono entrati . Ma è certo che la sua giustificazione teo
rica si ritrova nella dialettica hegeliana.
Non prenderemo sul serio coloro che lodano la severità
dei vecchi tempi e dei vecchi storici e deplorano la ten
denza dei nuovi alla indulgenza , alle giustificazioni e al
l'abbracciamento universale . La Dialettica non vuole mol
lizie e richiede che il male sviluppi tutta la sua potenza al
pari del bene : non può concepire la cosa altrimenti perché

¹ Saggio su Hegel , quarta edizione (Bari, Laterza , 1948) p . 40.

B. CROCE, Indagini.
50 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

è una dottrina della forza e non della debolezza spirituale .


Ma poniamo che nel contrasto vinca provvisoriamente o re
lativamente il bene sul male ( poiché di una vittoria asso
luta di uno dei due termini non è da parlare come cou
traria alle ragioni della realtà) : ne consegue un progresso
della vita umana , essendosi gli avversarî del bene conver
titi o piegati . E si supponga invece che la vittoria sia del
l'altro termine , del male sul bene : ricomincia con quell'atto
stesso un lungo processo di ascosa o di aperta ribellione ,
che alla fine darà luogo a un progresso più solido e piú
sicuro di quello che si sarebbe aspettato per l'altra via . Ed
ecco come la teoria hegeliana della Dialettica è da ricono
scere fondamento logico della storiografia moderna .

1951.
IV

UNITÀ DIALETTICA DI INTUIZIONE ED ESPRESSIONE .

Il mio trattato di Estetica si apriva con l'affermazione


che l'intuizione è tutt'uno con l'espressione . Questa sen
tenza non fu dagli intelligenti presa come paradosso ; ma
gli obbiettatori furono e sono numerosi , specie tra coloro
che s'immaginano di avere la testa piena di idee splen
denti e vedono la distanza invalicabile tra quel possederle
e il poterle esprimere , cioè possederle realmente . Ma ,
parlando sul serio , siffatta unità non è confinata alla Este
tica, e si trova in ogni altro atto dello spirito ; nella Lo
gica, in cui il pensiero è indivisibile dal parlare ; nella
Pratica, in cui la volontà è già sempre in moto come
azione ; nella Morale , in cui il sé stesso coincide sempre
con la elevazione sopra sé stesso ; e infine nella impossibi
lità, per quanto studio ci si metta , di pensare , o soltanto
d'immaginare, un'anima senza il corpo .
L'unità filosofica non se ne sta tranquilla e inerte , l'un
termine accanto all'altro termine, ma è attiva e combattiva
in una lotta di opposti . Mi è stato talvolta obbiettato che
i miei « distinti » si comportano come opposti , o con essi
vengono confusi ; ma cosí debbono atteggiarsi le forme
dello spirito nell'istante in cui la forma superiore vince l'in
52 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

feriore . Il rapporto dell'unione necessaria e filosofica fu dal


Kant denominato sintesi a priori ; ma lo Hegel , che appro
fondi e perfezionò la scoperta kantiana , la disse una oppo
sizione e la chiamò « dialettica » . Il bene e il male , la verità
e l'errore sono lo stesso che il pensiero e la fantasia ,
l'azione morale e l'astrattamente utilitaria , e il male e
l'errore non hanno l'esistenza assoluta ma quella relativa
in questo svolgimento in cui sembra che sia male ed errore
ciò che si ha di fronte e di cui si vuol fare un amico o
un compagno ; donde il convincimento, che affiora presso i
filosofi , della inesistenza del male e dell'errore , ossia della
loro relatività , che non consente ad essi un valore effettivo
e positivo. La dialettica è rimasta per quasi un secolo ne
gletta o disconosciuta , ma la filosofia odierna ha il dovere
di rifarla oggetto delle sue meditazioni . L'unità della intui
zione e dell'espressione non vuol dire che essa non sia nel
tempo stesso un processo più o meno laborioso .
Per tornare alla diade intuizione- espressione è vano
postulare un momento iniziale in cui le due siano separate ,
e quando si pensa che la forza dell'intuizione sia tanto
superiore a quella della espressione da attuarla rapidamente ,
come nelle pagine che nascono spontanee e perfette senza
un pentimento e una correzione , si guardi bene e si vedrà
che la virtú , che sembra miracolo , è nient'altro che lavoro
accumulato, sia pure in modo inconsapevole .
Alle dispute sull'unità o meno dell'intuizione e del
l'espressione si collegano in certo modo le altre sulla divi
sione delle arti , perché quella teoria fa dell'arte una crea
zione intima dello spirito che non può mettersi in nessuna
relazione altro che empirica con una visione della vita clas

1 Su questo punto si veda una mia recensione del 1924, scritta


in modo molto chiaro, di un libro sull'Errore , in Ultimi saggi (2ª ed. ,
Bari , 1948) , pp. 340-347.
IV . INTUIZIONE ED ESPRESSIONE 53

sificata e naturalizzata mercé di una spartizione delle cose


che formerebbero circoli , ciascuno tra limiti fissi e fisici .
Ciò che va contro la logica è assurdo e non può vincere
il punto in una controversia filosofica . Quando, or sono
cinquanta anni , io vidi il più di me giovane amico , Alfredo
Gargiulo, proporsi di dimostrare che la distinzione delle
arti , da me negata , era la più grande sventura che potesse
accadere alla scienza dell'estetica , e , da sua parte ideare
un libro che fosse impiantato nel vecchio modo di Lessing,
dico un Libro delle Arti » , feci il facile pronostico che
egli non ne avrebbe cavato mai le mani e che quel libro
non sarebbe stato mai scritto . E, nel corso di cinquanta
anni , non è stato scritto e postumi ne sono stati pubblicati
per cura di un suo devoto e diligentissimo editore , gli ap
punti e le pagine che in qualche modo si riferivano a quel
l'argomento sí che tutti possono ora giudicarne . Il Gar
giulo , che mi pare che si illudesse di poter rinnovare la
teoria della distinzione delle arti prescindendo dalla filo
sofia, non si accorgeva che quella era anch'essa filosofia,
ma sbagliata .

¹ Scritti di estetica , a cura di Manlio Castiglione (Firenze , Le Mon


nier, 1952).
V

VARIETÀ .

LE COSIDDETTE RIFORME DELLA FILOSOFIA ›


E IN PARTICOLARE DI QUELLA HEGELIANA.

Nella Rivista di storia della filosofia , che si pubblica in


Milano, si legge un articolo degno di discussione , dovuto
al dott. Andrea Vasa, sulla storia della interpretazione e ri
forma della filosofia hegeliana , che avrebbe messo capo al
cosiddetto neohegelismo o neoidealismo italiano : storia
che l'autore divide in tre epoche , la prima delle quali sa
rebbe segnata dal nome di Bertrando Spaventa , la seconda
dal nome del Gentile col suo << idealismo attuale > 9 e la
terza dal mio con lo storicismo assoluto » .
Ma che cosa significa « riforma di una filosofia ? Ecco
una piccola domanda che non si pongono , ch'io sappia ,
coloro che discorrono e disputano di questo argomento; e
mi pare che neppure il Vasa se la sia posta . Nessuna filo
sofia è riforma di un'altra se non nel senso che tutte le
filosofie sono riforme » , cioè si legano a concetti , che esse
accettano, di filosofie precedenti , e tutte sono per ciò stesso
nuove , perché quel legarsi è il punto di partenza per i loro

1 Nel fasc . III-IV dell'anno III della rivista, 1948, pp. 275-82.
V. VARIETÀ 55

nuovi concetti . « Neobegelismo » , « neoidealismo » , e simil


mente < neotomismo » , « neokantismo » , e cosí via , sono gros
solane classificazioni impressionistiche di dilettanti e orec
chianti e suggeriscono l'immagine di un vecchio abito ritinto
e rivoltato ; il che non è certamente conforme al caso del
l'uomo che seriamente pensa , per il quale , nella congiunzione
del passato col presente , che è il farsi della storia, il pri
mato è del presente e non del passato , del nuovo e non
del presupposto del nuovo¹ .
Ora se , per venire al caso dello Hegel , riformare non
si può da chi ripeta , immobili , i concetti di lui o li rigetti
tutti , ma solo da colui che nel nuovo suo pensiero ha ado
prato , mettendoli in nuove relazioni e di nuova luce rischia
randoli, uno o più concetti o dottrine hegeliane, né lo Spa
venta né l'autore dell'idealismo attuale , a dir vero , fecero
riforma alcuna della filosofia hegeliana, sebbene il secondo
se ne desse vanto nel titolo di un suo libro² .
Lo Spaventa, spirito raccolto e mente severa, rimase tut
tavia ligio alle trattazioni che Hegel aveva dato delle varie
parti della sua filosofia, componendo una Fenomenologia e
una Logica, e per l'Etica compendiando la hegeliana Fi
losofia del diritto , e , anche quando gli accadde di dover
discorrere di un libro italiano di estetica³ , restringendosi
senz'altro a contrapporgli il verbo dell ' Estetica hegeliana ,
senza darsi punto per inteso che il suo amico e allora com
pagno di esilio, Francesco de Sanctis , aveva già sorpassato
in critica letteraria la teoria estetica hegeliana . Né mai
dubitò della possibilità logica della Filosofia della storia e
della Filosofia della natura , le due grandi pietre di scandalo

Si vedano critica e satira di questi nèo > nei miei Discorsi di


varia filosofia, I, 107-15; II , 15-17.
La riforma della dialettica hegeliana (Messina , Principato, 1910) .
3 Il Corso di Estetica di V. de Castro , da lui recensito nel Ci
mento di Torino del 1855 , V, 549-55.
56 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

di quel sistema, sebbene non le svolgesse nei particolari ;


e dei suoi discepoli ci furono alcuni che le tentarono , e uno
di essi , buon conoscitore di filosofia tedesca e italiana e:
anima candidissima , a me che lo punzecchiavo col mio scet
ticismo verso quelle scienze e gli dicevo , tra l'altro, che lo
Spaventa non solo non le aveva svolte ma non aveva neppure
saputo indicare la via per la quale si potesse pervenire a una
Filosofia della natura , * rispose con religiosa umiltà : « Egli
la conosceva , ma non ce la volle dire » . E sebbene paresse
che lo Spaventa facesse contrasto all'altro hegeliano della
università di Napoli , Augusto Vera, che aveva tradotto in
francese la grande Enciclopedia , e per il quale il testo del
maestro era come una Bibbia da commentare , entrambi si
movevano nei quadri del sistema , sicché il pio discepolo
al quale ho ora alluso , nelle prime parole di una sua pro
lusione universitaria si dichiarò figlio di Bertrando Spa
venta e di Augusto Vera » , suscitando l'allegria degli studenti
per l'annunzio di questa mirabile confluenza di due paternità.
In realtà, lo Spaventa né prendeva vero interesse alle dia
lettiche da continuare o da rifare della natura e della sto
. ria, né in questi due campi possedeva cognizioni specifiche ,
e neppure si era curato mai di penetrare nei problemi delle
singole scienze filosofiche , pago di dare tutta la sua atten
zione e meditazione al centro metafisico , mosso dall'ansia
di risolvere in modo rigorosamente razionale il problema
del conoscere e dell'essere , di Dio e del mondo . Perciò si
chiuse nella indagine delle prime categorie della Logica,
l'Essere , il Nulla, il Divenire e l'Essere determinato , che ,
come egli stesso diceva , erano il suo cavallo di battaglia » ,
l'unico cavallo che cavalcò sempre , « perché gli pareva che
contenesse il problema del mondo » ¹ . Di qui la correzione
da lui introdotta , portando innanzi i tentativi di Carlo

¹1 Scritti filosofici, ed . Gentile , pp. 215-16 . Vedi sopra II , 1 .


V. VARIETÀ 57

Werder e di Kuno Fischer , nella fondamentale triade hege


liana, nella quale l'Essere gli si scoperse l'operatore del
movimento dialettico, e non in quanto Essere pensato » ,
ma pensante » 0 << Atto del Pensiero , il Dio che crea
e che governa, con continua creazione , il mondo . Ma, vero
o no che sia questo suo concetto, non era il medesimo di
quello hegeliano , per il quale Dio non è il Pensiero ma
l'Idea, unità di conoscere e volere , sintesi suprema di
tutti i gradi della natura e dello spirito . Lo Hegel , sebbene
cada piú volte nel panlogismo come nel definire l'arte pen
siero imperfetto che si nega e s'invera nella filosofia, e
nel convertire le empiriche classi dei fenomeni della na
tura e le empiriche epoche della storia in dialettica di
concetti speculativi , non è però , considerato nel principio
del suo sistema, panlogistico , e sempre negli svolgimenti
di esso distinse la pratica, che è passione e azione , dalla
teoria , e non mai concepí Dio come puro atto di Pensiero ,
né la sua dialettica era nel solo Pensiero ma nella realtà
tutta; cosicché -- lo Hegel osservava , - se l'opposizione o
contradizione si tenesse nient'altro che una macchia , la
macchia sarebbe nelle cose stesse e non solo nel pensiero .
Ma il concetto della realtà come pensiero informa tutta la
critica e la storia della filosofia , che lo Spaventa venne co
struendo . Egli dunque non riformò la filosofia hegeliana ,
ma la sostituí con una metafisica del Pensiero o , come la
chiamò, con la metafisica della Mente ».
L'idealismo attuale portò all'estremo l'Atto del pensiero
innalzato a unico principio dallo Spaventa, con questo dip
piú che, comprendendo esso il Tutto, essendo l'atto del
pensiero tutt'insieme immaginazione , volontà , azione, mo
ralità, smarriva la forma razionale e logicistica , che serbava
nello Spaventa, e si faceva un incognito indistinto , che si
possiede e ci possiede ma che si sente e non si discerne .
Tanti anni fa , discorrendo io con l'autore di tale filosofia ,
58 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

egli mi disse: « La mia posizione è originale , e non ha


altro riscontro che nel misticismo » ; e io gli replicai : « Non
solo trova riscontro , ma è misticismo , misticismo statico e
non dinamico, se il misticismo ha la sua verità nel negare
distinzioni fallaci e insufficienti e tornare al fremito della
vita che semplicemente si vive , in essa riimmergendosi e
sommergendosi con la conseguenza di riemergerne e cogliere
col pensiero distinzioni non fallaci o meno inadeguate delle
precedenti, che sono state negate ; ma dal tuo misticismo
non esce nessuna verità distinta e va perduta la concreta
unità, che è unità in quanto sistema di distinzioni » . Onde ,
se lo Spaventa dava a vedere una tal quale freddezza o
indifferenza per le particolari dottrine e si stava pago nel
ripetere quel che lo Hegel ne aveva scritto con la fiducia
che fosse il meglio che per intanto se ne potesse dire , l'idea
lismo attuale tolse ad esse carattere di verità, abbassan
dole tutte a distinzioni e asserzioni empiriche, abbandonan
dole tutte a una seconda logica, alla < logica del pensato » ,
che non era la logica superiore e anzi non era logica della
verità, la quale si esauriva nel pensiero in atto , ossia nel
fremito o brivido mistico . Questo dualismo di logiche è
riprova della assenza di logicità in quella dottrina, nella
quale la logica superiore era uno stato d'animo mistico
e la inferiore un arbitrio empirico , e di conseguenza né
morale né politica o economia o diritto né poesia e arte
né scienze naturali né discipline matematiche vi trovavano
il loro fondamento , cioè la loro giustificazione. Donde il
senso di monotonia e vacuità che accompagnò sempre quel
filosofare , che annullava ogni problema filosofico e storico
e dinanzi a ciascuno di essi non aveva altro da dire o da
ripetere se non che qualsiasi moto dello spirito , qualsiasi
fatto storico , è « pensiero in atto e non si distingue da un
altro qualsiasi per la sua qualità , giacché simili distinzioni ,
cadendo nel pensato » , sono tutte astratte ed empiriche :
V. VARIETÀ 59

dove, del resto , l'empirico stesso smarriva ogni senso , non


trovando piú il suo opposto in un atto seriamente logico .
La luce vivissima che la mente dello Hegel spargeva, in
forza delle verità da lui stabilite , su moltissimi problemi
filosofici o metodologici , la ricchezza degli originali giudizi
storici , il suo possente interessamento ai più diversi aspetti
della realtà , venivano tutti a mancare in quella pretesa ri
forma della sua dialettica. Restavano nondimeno in essa,
per pigrizia , alcune delle teorie meno felici dello Hegel ,
come quella dello Stato che terrebbe il primato nella vita
morale , o dell'arte che sarebbe nient'altro che tendenza a
farsi filosofia e raggiungerebbe perciò questo fine col mo
rire nel bacio del Signore , convertendosi nella pienezza
filosofica dell'idealismo attuale.
Parlare di sé stesso non è gradevole ; ma poiché nella
esposizione storico - critica del dott. Vasa io sono messo terzo
nella serie, e ho mostrato che le due asserite riforme , prima
e seconda, non riformarono niente , non avendo niente con
servato dei concetti dello Hegel , e perciò non avendo di
nessuno di questi fatto sgabello per salire più in alto e vedere
piú largo , che è il solo mezzo per scrutare più in fondo ,
sono pur costretto a far notare che dello Hegel io serbai ,
da mia parte , dottrine di somma importanza e di forza ri
voluzionaria , come la nuova forma della sintesi a priori ,
concreta fusione dell'universale col singolare ; l'essere che
è divenire e il negativo che è nel seno stesso del positivo
ed è la molla dello svolgimento e insieme unifica il reale
dissipando il dualismo dei valori ed affermando la coinci
denza della razionalità con la realtà , e perciò con la storia ; la
tendenza , se anche non bene e genuinamente attuata, a
congiungere filosofia e storia ; l'intelletto come proprio co
struttore delle scienze , e altre cose che sarebbe lungo qui
partitamente enumerare . Ma queste verità hegeliane ho pro
curato di tener vive e rinvigorire col liberarle dagli errori
60 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

che lo Hegel non aveva superati o nei quali si era impi


gliato , come l'avere esteso la trattazione della dialettica
degli opposti colà dove essa non ha e non può aver luogo ,
e , fondamentale , l'avere smarrito il momento parimente es
senziale e indivisibile da quello dell'opposizione , la distin
zione, non già astratta né empirica ma speculativa : errore
di somma gravità perché non solo svisava o debilitava la
trattazione delle particolari sfere dello spirito , ma concor
reva a dare allo svolgimento un andamento teologico e
trascendente per il quale esso si annullava in una stasi
finale, riposandosi nell'Idea a pieno conseguita, cessazione
della Unruhe che è della realtà e del pensiero. Alla Logica
Metafisica hegeliana con le sue due filosofie della Natura e
dello Spirito mi parve di dover sostituire l'unica Filosofia
dello spirito, che non è una psicologia ma per l'appunto
una filosofia , e non descrive classi di stati d'animo ma
svolge e dialettizza i concetti puri ossia i valori dello spi
rito , e si tiene sicura di ottenere sempre da questo che è
il genuino pensare filosofico la soluzione di tutti i problemi
che sempre nuovi si presentano di carattere metafisico , i
quali o sono da essa posti nei loro termini proprî o chiariti
di falsa posizione. La conseguenza ulteriore è l'effettiva
unità , che cosi si raggiunge , della filosofia e della storia ,
e non già dell'astratta filosofia con sé stessa in una arbi
traria e fantastica anticipazione della storia o Filosofia della
storia . Ne deriva anche , nel campo , per cosí dire , pedago
gico , la sparizione del filosofo che pretende di affisare
unicamente il cielo senza ben fermare i piedi sulla terra ,
e che scorre superficialmente sulle scienze filosofiche parti
colari che pur sono la vita stessa effettiva della filosofia , e
insegue una inesistente filosofia generale » , cioè astratta ,
e disdegna la realtà che non è generalità ma storia , e si
mantiene sublimemente ignorante e , gettato nel mezzo dei
fatti , si fa conoscere fanciullesco nell'intenderli e nel ma
V. VARIETÀ 61

neggiarli. Scrissi o dissi (chè non ben ricordo) di augurare


per mio conto alla corporazione dei cultori e professori
di filosofia un uomo « austero e pio » , come il Carducci im
maginava ed effigiava il suo Gian della Bella , che « trasse
i baroni a pettinare il lin » , sicché il loro pugno già con
tratto al brando si spianò nell'opera plebea » ; ossia che
mettesse i cultori tutti di filosofia a una o più qualità di lavoro
particolare , di letteratura o di storia o di matematica o di
scienza naturale , dai quali soltanto sarebbe sorta in loro
l'effettiva e sempre nuova problematica filosofica . Il mio
studio è stato, insomma , di togliere sempre più al filosofo
il carattere teologale, che perfino lo Hegel gli aveva con
servato, e dargli sempre piùú quello umanistico , che egli ,
per un altro verso , gli era venuto conferendo . Ma qui mi
arresto , perché se parlare di sé stesso non è gradevole , ri
petere sé stesso è mortificante, anche quando per l'ordine
del discorso non se ne possa far di meno . Aggiungerò solo
che ogni riforma filosofica si fonda sempre su tutto il corso
della storia del filosofare , che tutta è , in quell'atto , oggetto
di riforma, e che quando , come è il caso nostro , si parla
piú specificamente di riforma hegeliana o di altra filosofia,
si vuole significare che si tien conto precipuo dei concetti di
una filosofia che è stata prima trascurata , fraintesa e disco
nosciuta ; e che ciò fosse accaduto per lo Hegel era un fatto ,
e che perciò convenisse procurargli il riconoscimento che
gli si doveva era un altro fatto , e che l'adempimento di
questo dovere abbia procacciato a chi l'ha adempiuto il
titolo di neohegeliano o di altro neo è un terzo fatto ,
benché venga da parte di quegli ignari che, come diceva
Dante, chiamavano la sua donna col nome di Beatrice , « li
quali non sapeano che si chiamare » . Una riforma della fi
losofia di Hegel non può differire, insomma , da quella che
Platone fece del socratismo , Aristotele del platonismo e lo
stesso Hegel del kantismo.
62 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

-
Ma si dirà : Tu , dunque , che respingi come maestro lo
Spaventa e come compagno l'autore dell'idealismo attuale,
ti ergi maestro unicamente di te stesso ? ―――― No , certamente ,
perché , a non dir altro, ho avuto sempre presente l'epi
gramma del Goethe che un tempo tradussi in italiano , su
chi pretende di non aver mai avuto maestri e che perciò
resta ein Narr auf eigner Hand , uno sciocco di prima mano ;
e perché un maestro, anche nei rispetti specifici della filo
sofia hegeliana, mi par di averlo avuto, sebbene non potessi
trovarlo nei filosofi puri , cioè nei professori di filosofia , che
anch'essi , del resto , mi riuscirono tutt'altro che inutili , e,
per esempio, il mio lungo sodalizio (che le vicende politiche
dovevano dolorosamente spezzare) col Gentile , molto giovò ,
non so se a lui , ma senza dubbio a me , perché mi spinse
a coltivare più di proposito e integralmente la filosofia, e
perché mi dette in lui un compagno che seguiva un indi
rizzo che non era il mio e che stimolava la mia alacrità
mentale in quello mio , che era diverso . Mio maestro io sa
lutavo un uomo che , al pari di me , veniva dagli studî par
ticolari della letteratura e della storia , e da questi , cioè dalle
difficoltà metodologiche che incontrava in questi , si era di
volta in volta innalzato alla meditazione filosofica , e aveva
còlto verità che i filosofi puri e di professione non colgono :
Francesco de Sanctis , che io non conobbi di persona , ma
nei suoi libri , fatti a me familiari sin dagli anni del liceo .
Il De Sanctis , primo in Italia , aveva nella sua scuola pri
vata in Napoli d'innanzi il 1848 insegnato per due anni
l'Estetica dello Hegel , valendosi della traduzione francese
del Bénard ; e poi nei tre anni e mezzo in cui fu chiuso
come liberale nelle carceri di Castel dell ' Uovo in Napoli ,
apprese lingua e letteratura tedesca e studiò le opere dello
Hegel e tradusse i primi due volumi della Wissenschaft der
Logik, che egli , per meglio appropriarsela, ridusse in quadri
sinottici . Io posseggo il quaderno autografo di questi quadri ,
V. VARIETÀ 63

che comprende le teorie dell' Essere e dell ' Essenza, donatomi


da un suo scolaro ed amico di quel tempo , e insegnante dopo
il 1860 di greco nell ' Università di Napoli , Ferdinando Flo
res , il quale fu altresí mio insegnante nel liceo e, quando
ini fece questo dono , era mio collega in una accademia na
poletana . La concezione hegeliana della vita il De Sanctis
aveva accettata già nel 1850, uscendo dai due stadî, che
aveva percorsi negli anni precedenti , di neocattolico alla
Manzoni e di pessimista alla Leopardi , e nel suo carme La
prigione delineava lo spirito umano, che , movendo dai miti
e passando per i dogmi , è ormai conscio di sé e si fa ir
repugnabile ed onnipotente » 2. Ma egli studiava la filosofia
dello Hegel non per curiosità letteraria o per vaghezza in
tellettuale ed eristica , sí invece per nutrire il giudizio e
trarne guida per la vita ; sicché già prima , nelle lezioni pre
quarantottesche , dove non gli giovava , la confutava , col ri
gettare la critica della poesia condotta secondo il concetto >
che la poesia dovrebbe contenere e la deduzione dalla qua
lità e bontà di questo della bontà della poesia , benché at
tribuisse , come accade, tale errore non a Hegel ma ai suoi
scolari ; e il logorio critico continuò sempre nel decennio
seguente dell'esilio , intorno ai due ordini di studî da lui
coltivati, la poesia e la storia, pel primo dei quali concluse
tra il 1855 e il '58 con la critica dell ' Estetica dell' Idea ossia
della teoria hegeliana³, e poi con la delineazione della nuova
Estetica della forma aconcettuale , che è trasfigurazione dello
stato d'animo o contenuto psichico in opera d'arte¹ ; e , circa

Si veda la nota : Studi hegeliani di Francesco de Sanctis , nella


Critica, vol. VII , 1909 , pp. 240-2.
2 Si veda di lui La prigione, versi di un italiano (Torino , tip. Be
nedetto , 1853) : nella prefaz.
3 Pagine del 1858 , edite da me in Ricerche e documenti desancti
siani, fasc. IV (Napoli, 1914 ) , pp . 1-14.
Nella introd . al Saggio sul Petrarca ( 1869) , e in quello sul Set
tembrini e i suoi critici dello stesso anno (raccolti nei Nuovi saggi cri
tici) : vedi spec. nel secondo (sec . ediz . ) , nota a pp. 239-40.
64 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

la storia , già nel 1858 il suo scolaro e compagno di esilio ,


Diomede Marvasi , plaudiva al maestro che aveva dato un
calcio al sistema dell'identità assoluta » perché non aveva
creduto che fosse bastevole a spiegargli la Vita » ¹ , e nel 1860
egli stesso ribadiva in una lettera che 4 Hegel , inchiudendo
in sistema ed alzando nel suo il passato , sopprime il futuro » 2.
Allora aveva altresí in fastidio gli apriorismi vuoti e le triadi
artificiali , che abbondavano in quel sistema ; ma anche al
lora, nel 1860 , al suo bizzarro scolaro Vittorio Imbriani , re
catosi per studî in Germania e che tempestava contro lo
Hegel , diceva severamente ammonendolo : « Dibattiti quanto
vuoi , il tuo spirito non può uscire da Hegel , divenuto la base
e la formola del pensiero moderno » ³. E quando , dopo il '70,
fece buon viso a quel che chiamava « realismo » e che egli
sperava risanamento della malattia romantica e rinvigori
mento intellettuale e morale , il nome di Hegel ricorse ancora
nelle sue pagine e nel realismo gli parve vedere un ulteriore
o un desiderabile sviluppo di quel pensiero , e di Hegel ri
parlò nella sua conferenza del 1879 sul verismo dello Zola,
nella quale , confessando che il sistema di lui era ito in
pezzi » , affermava che in esso sono due principî che ani
mano tutto il nuovo movimento : il « divenire » , base dello
svolgimento o evoluzione , e l ' « esistere » , base del realismo¹ .
Certo non potevo trovare nel De Sanctis tutta la problema
tica e la critica che più tardi ho sviluppato io stesso; ma
questo s'intende da sé e perciò si può sottintendere.
Non è mia colpa di omissione se il rapporto che la mia
interpretazione e riforma totale dello hegelismo ha con la cri
tica e sostituzione dell'estetica hegeliana a cui il De Sanctis

1 In nota alle Lettere da Zurigo del De Sanctis (ed . Croce , Na


poli , 1913) , pp . 86-87.
2 Lettere dall'esilio (ed . Croce , Bari, 1938) , p . 338.
3 Loc. cit.
4
Appendice alla conferenza : Zola e l'Assommoir (1879).
V. VARIETÀ 65

dié l'avviamento , e coi suoi sparsi accenni critici su altri


punti e sul carattere generale del sistema , non sia stato da
altri avvertito e inteso , quantunque sin dal 1912 io mi dessi
cura di raccogliere quanto ci avanza intorno a questa parte
del suo pensiero e la esponessi in un saggio che reca per
titolo: Il De Sanctis e l'hegelismo¹ . Che cosa potevo far di
piú? < Cosi aveva parlato il De Sanctis » ; e come , seguitando,
parlassi io , con quali legami col suo dire e con quali dif
ferenze e aggiunte e conclusioni , era da leggere nei miei
libri.
La storia che il dottor Vasa si è provato a fare dell'in
terpretazione e riforma dello hegelismo in Italia si assomma
per lui nell'essere stata questa filosofia ridotta a filosofia
dell'immanenza , ristretta esclusivamente in una filosofia
dello spirito e prescissa dalla sua base metafisica ; e questo
sarà per avventura errore , ma errore tutto mio , del quale
debbo assumere la responsabilità , perché non si trova né
nello Spaventa che conservava la Logica- Metafisica , la Filo
sofia della natura e la Filosofia della storia ; né nell'idea
lismo attuale , che relegava la Filosofia dello spirito nella
sfera dell'empirismo , consegnandola poco riverentemente
alla spregevole « logica del pensato e dell'inattuale » , e a
suo modo pur ammetteva Filosofia della natura e Filosofia
della storia, e , d'altra parte , manifestò sempre il suo osse
quio e la sua tenerezza per la Metafisica .
Tuttavia, prima di discorrere di ciò , desidero sbaraz
zarmi di due altri appunti particolari o incidentali , il primo
dei quali è di avere io soppresso la distinzione hegeliana tra
Fenomenologia e Sistema . E, certo, l'ho soppressa, perché
non riesco a concepire un'antesala alla sala della filosofia ;
su di che assai si disputò nella scuola e disquisiva anche

Nel vol.: Saggio sullo Hegel ed altri scritti di storia della filoso
fia (Bari, 1913, quarta ediz. , 1948).

B. CROCE, Indagini. 5
66 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

Bertrando Spaventa col fratello Silvio, lui esule e quello


nell'ergastolo di Santo Stefano¹ ; e molti altri poi disputa
rono , impacciati dal riapparire di una Fenomenologia dello
spirito nel mezzo della Filosofia dello spirito come una
sua sezione o sottosezione . Ma io finii col persuadermi che
il libro intitolato Fenomenologia dello spirito era nient'altro
che una prima forma del sistema hegeliano , incoraggiato
in ciò anche dal fatto che , in ultimo, lo Hegel medesimo
lo riconobbe come un'opera a sé, essendo noto che , nel
preparare nel 1831 una nuova edizione di quel libro pub
blicato nel 1807 , innanzi che la morte lo sorprendesse ai
primi fogli da lui corretti , aveva cancellato nel titolo il so
pratitolo: System der Wissenschaft. Erster Teil, e aveva la
sciato solo Phänomenologie des Geistes, e a questa sua vo
lontà e indicazione gli scolari , editori delle sue opere com
plete , si attennero . E già nell'Enciclopedia, che dà intero
il sistema, manca ogni introduzione fenomenologica, e , giu
stificata non senza qualche impaccio questa soppressione ,
le sono sostituite come preliminari della Logica » le tre
< posizioni del pensiero rispetto all'oggettività » , l'empiri
smo , la filosofia critica e il sapere immediato , che erano
una sorta di anticipazione fra teorica e storica.
Il secondo appunto riguarda che io non abbia tenuto
conto degli interpreti metafisici dello Hegel ; ma , sebbene
io confessi di non poter affermare di aver letto tutti e neppure
la maggior parte dei libri scritti intorno allo Hegel o di
poter assicurare che non me ne sia sfuggito alcuno dei no
tevoli , quelli dei due autori che egli cita come il primo e
l'ultimo deila serie taciuta , il Marx ed il Mac Taggart, li
ho letti , e debbo mettere in dubbio che la interpretazione
e riforma del Marx abbia importanza alcuna filosofica , per

¹ Si veda nel vol . Silvio Spaventa, dal 1848 al 1860, lettere, scritti,
documenti (sec. ed . , Bari 1923) , pp . 231-46.
V. VARIETÀ 67

ché egli non fece altro che sostituire , perseguendo un fine.


politico- sociale , principî metafisici a principî metafisici ,
come nello stesso tempo Max Stirner sostituiva all'Idea
l'Anarchia . Della dialettica hegeliana il Marx, in verità , non
intese niente , e nel Capitale gli piacque, come disse , di
« kokettiren » con essa per far dispetto a coloro che allora
le gridavano contro; cioè si piacque di applicarla ad una
scienza di calcolo , qual'è l'economia politica, di carattere
matematico e non punto speculativo e dialettico , e peggio
giocherellò con la dialettica quando volle spiegarla sul serio
nel libro contro il Dühring¹ . Il Mac Taggart, dal 1896 al
1901 , dié fuori una serie di volumi sulla dialettica hege
liana , sulle categorie soggettive e quelle oggettive , sull'idea
e poi sulla filosofia della natura o cosmologia , che non mi
parve che apportassero nuove e feconde interpretazioni ; né
dopo quei libri egli pubblicò altro, ed essendomi occorso ,
alcuni anni dopo , di domandare a un amico inglese che
cosa fosse accaduto del Mac Taggart, ne ebbi per risposta
che si era annoiato della filosofia e si era dato a leggere
ogni sorta di romanzi ! (Tra parentesi : gli scrittori inglesi
danno sovente di coteste sorprese a noi italiani e latini .
Avevo letto con ammirazione un eccellente libro del Raleigh
sullo Shakespeare, e , domandato di lui , mi fu risposto che
aveva lasciato la letteratura perché si era acceso di pas
sione per l'areonautica e , in un faticoso viaggio in aereo
verso la Mesopotamia , si era ammalato e ne era morto . Un
caso inverso fu quello del Wildon Carr , professore di filo
sofia dell'università di Londra , che aveva scritto un libro
intorno alle mie teorie sulla poesia e sulla storia, e mi fece
ogni sorta di amorevolezze in una mia andata a Londra , del
quale, avendo domandato che cosa facesse prima di diven

Su di ciò , v . Filosofia e storic grafia (Bari , 1949) , pp . 293-99.


68 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

tare insegnante colà, mi fu risposto che era agente di cam


bio e si era ritirato dagli affari , preso d'amore per la fi
losofia. )
Ma torniamo alla mutilazione che avrei eseguita del
pensiero dello Hegel . Senza quelle mutilazioni , ossia quegli
sceveramenti , non è possibile pensare né critica né storia,
ossia storia critica, della filosofia , e anzi nessuna storia , per
ché la storia è sempre congiungimento di un presente con
un passato, e il presente non si assimila al passato né forma
giudizio storico se non inquadrando di sé il passato , accet
tandone alcune parti e negandone altre con accettazione
e negazione filosofica e storica, che è qualificazione delle
varie parti di una filosofia , delle quali alcune vengono in
cluse nel nuovo filosofare e altre escluse perché non filo
sofiche. Questo processo importa , per ulteriore conseguenza ,
che ogni storia della filosofia è incremento di teorie filoso
fiche e ogni teoria è incremento di storia , cioè che questi
due atti sono un atto solo . Ridare uno scrittore intero , nella
sua realtà fuori di noi , è impossibile, non foss'altro perché
superfluo, avendo questo già fatto lo scrittore di sé mede
simo con lo scrivere le sue pagine, che si possono leggere
anche senza intenderle e giudicarle , ossia col trattarle come
una poesia e accoglierne l'aspetto letterario come l'espres
sione di un sentire personale , nel quale le cose che vi si di
cono e le parole con cui sono dette non hanno ulteriore e loro
proprio significato . E ciò ho veduto fare , or è mezzo secolo,
da un coltissimo professore in un liceo di provincia , il quale
se leggeva Platone era Platone , se Kant era Kant, se Herbert
Spencer era Herbert Spencer, in una sorta di contempla
zione estetica . Ora , quello che Hegel disse io non l'ho toc
cato, e anzi l'ho anche tradotto in italiano quanto piú fe
delmente sapevo . Se avessi soppresso pezzi della sua Enci
clopedia, avrei mutilato l'opera di lui ; ma , col giudicarlo ,
l'ho rispettato tutto , solo determinando il rapporto che è
V. VARIETÀ 69

tra le cose che egli disse e che stimo di valore specula


tivo , e le altre , parimente da lui dette , che stimo prive di
quel valore.
Ciò posto, l'unica questione che è da muovere circa lo
sceveramento della filosofia hegeliana dalle sue parti meta
fisiche è di quel che sia Metafisica e definirne il concetto
per risolvere se sia di un atto mentale che abbia coerenza
e realtà o di cosa contradittoria e inesistente . E a questa
seconda conclusione sono pervenuti coloro che la esclu
dono dalla sfera della verità e della filosofia , come una
formazione ibrida tra mitologica e naturalistica , fantastica e
arbitraria, che non è né poesia né filosofia né scienza , ma
è dovuta, nell'ultima radice , a motivi pratici ed affettivi .
E se tale essa è , non si vede come possa servire da fonda
mento a una Filosofia dello spirito , e senz'altro conviene
espungerla come cosa estranea e turbatrice del logico di
scorso . Se ben si consideri , tutte le accuse che si son fatte
alla filosofia , si riducono , in quanto sono fondate , alla sua
<< inutilità ; e inutile è veramente la Metafisica , non appor
tando nessun lume alla migliore conoscenza dello spirito
o, in concreto , della storia.
Il Vasa , del resto , non difende alcuna delle metafisiche
od ontologie che sono state proposte , e solo problematica
mente accenna alla necessità di ritentare quella sorta di
formazione mentale . « Si ha forse , ormai -— egli conclude
qualche ragione di pensare che, finché il problema di una
Ontologia non si pone in tutta la sua immanente necessità
(una necessità che Dio sa quanto abbia a che fare con certe
C
precipitose rinascite ' odierne della Metafisica ' ) , l'assunto
stesso fondamentale dello hegelismo rimane incomprensibile;
cosí come l'articolarsi dello spirito in un orizzonte di pos
sibilità più vasto del guscio della sua attualità . » Sono pa
role piuttosto oscure , dalle quali non si riesce a desumere
altro che un sentimento di delusione e di angustia dinanzi
70 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

alle verità e alle chiare dimostrazioni della Filosofia dello


spirito , che dissolve le concezioni trascendenti e metafisiche
col riportarle ai loro motivi di carattere non logico: una de
lusione che pare riecheggiare il leopardiano : Conosciuto ,
il mondo non cresce, anzi si scema » ; sicché l'attualità dello
spirito è sentita, e cosí chiamata , « un guscio da schiudere o
infrangere perché voli libera fuori di esso l'angelica far
falla . Anche Bertrando Spaventa ha scritto in qualche parte
che egli talvolta era preso dalla brama di possedere un « cer
vello sopra il cervello : brama paurosa , perché aprirebbe
la via ad una serie infinita di « cervelli su cervelli » , inser
vibili, laddove l'unico cervello pur qualche servigio rende .
Lo spirito sa che il suo orizzonte è sempre il più vasto di
tutti , perché contiene e domina tutti i sogni dei più vasti
orizzonti e li conosce per quel che sono, cioè comprensibili
stati d'animo e incidenti psichici ; e sa che non deve te
mere di soffocare mai nella strettezza del suo àmbito mon
diale , perché sempre avrà in esso qualche lavoro da com
piere , che , appassionandolo di gioia e di dolore , tutto lo
occuperà nell'opera che ha tra le mani , alla quale altre
precessero ed altre succederanno in perpetuo , senza mai
posa, ma anche senza l'agio di annoiarsi .

1949.

II

L'ODIERNO RINASCIMENTO ESISTENZIALISTICO » DI HEGEL.

Da almeno dieci anni in qua il nome di Hegel è tor


nato, con ritmo assai più frequente che mai non usasse , nei
libri e nei discorsi , e ora si dice di un suo « odierno rina
scimento » , sorto da una nuova interpretazione dell'opera
sua e dall'efficacia che essa ora eserciterebbe o sarebbe
chiamata ad esercitare .
V. VARIETÀ 71

Questa odierna fortuna del suo nome si riporta a volta


a volta, per parlare con esattezza , a due ordini di fatti intrin
secamente assai diversi ; il primo dei quali accade in Russia
e nei paesi che la potenza russa domina e piega con la forza
a un estrinseco pensare ortodosso , e nei cittadini di altri
stati che aspirano alla medesima sudditanza , e che per in
tanto le si preparano , imitandone i gusti e celebrandone i
riti . Colà Hegel è stato gettato tra le braccia di colui a cui
piacque dirsi suo figlio , Carlo Marx, e la forza di questo pa
rentado gli ha dato fama e accresciuto la sua gloria come
progenitore di quella dialettica che il comunismo col suo
materialismo storico avrebbe poi adoperato per giungere alla
dittatura proletaria e allo stato totalitario . Pensatori gigan
teschi , o piuttosto poderosi giganti ma pur bonarî, che si
degnano, negli intermezzi della loro politica , di soccorrere
del loro genio speculativo e del loro immenso sapere i loro
filosofi , come usò Lenin e come usa lo Stalin , ne avrebbero
commentato , svolto e accresciuto la dottrina ; e intorno a loro
accorrono in calca i fedeli che ne vigilano l'un nell'altro
la scrupolosa fedeltà , come abbiamo potuto vedere anche
noi negli echi che di siffatta letteratura sono venuti fino
a noi in Italia. Ma poiché tutto questo non è né filosofia
né vita di pensiero , ma nuda e cruda politica , e non offre
già una nuova interpretazione del pensiero hegeliano , ma
soffoca ogni pensiero sotto la violenza della pratica che al
pensiero si sostituisce e lo nomina bensí ma invano , è
cosa che qui , come è ovvio , non ci riguarda.
Ma non è cosí del secondo senso nel quale si parla di
un odierno rinascimento hegeliano , che invece ci riguarda ,
perché vuol ricongiungersi all'esistenzialismo e consi
ste in problemi dottrinali da risolvere e da schiarire , e in
concreti e determinati lavori di carattere speculativo . Il
piú e il meglio di questa letteratura è stato prodotto pre
cipuamente in Francia, e suo capostipite credo che sia
72 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

l'acuto ed elegante libro del Wahl , Le malheur de la con


science dans la philosophie de Hegel ( 1929 ) . Ma vedo ora che
la stessa guisa di interessamento per lo Hegel si è trapian
tata nella Repubblica Argentina, e un intero quaderno di
studî sull'argomento è venuto fuori in occasione del primo
congresso nazionale di filosofia ivi tenuto nel marzo-aprile
del 1949. Il quaderno¹ , che è molto attraente per chi studia
questa sorta di problemi , si apre con una dissertazione ,
Esistenza e filosofia , del prof. Michele A. Virasoro , alla quale
seguono alcune pagine del prof. Carlos Astrada, Vitalità
della Fenomenologia dello spirito , introduzione a una serie
di ampie rassegne dei predetti recenti libri francesi del
l'Hyppolite, del Niel , del Kojève , e anche di un libro
scritto in tedesco dal noto marxista ungaro-russo Lukács ,
che già presentai ai lettori italiani nel suo aspetto di
interprete , ahimè !, della tragedia di Gretchen nel Faust
col criterio della lotta di classe 2 ; e le cui elucubrazioni ,
che pretendono di mettere in rapporto la dialettica hege
liana con l'economia , non debbono essere considerate in
questa sede , ma rimandate a quella che , come abbiamo
detto, non ci riguarda .
Ora, quale è il concetto animatore del « rinascimento »
hegeliano , di cui si è dato l'annunzio? Lo dirò in breve con
le parole del Virasoro ³ : « Il rinascimento , che è in atto , de
gli studi hegeliani , è segnato dal manifesto predominio
dell'interessamento alla Fenomenologia dello spirito e agli
scritti giovanili , fatti conoscere per primo dal Dilthey e
dal suo scolaro Hermann Nohl . La sensibilità filosofica mo

1 Fasc. II dei Cuadernos de filosofia, pubblicati dall'Istituto di


Filosofia dell'Università di Buenos Aires, Facoltà di filosofia e let
tere (Buenos Aires , 1949 ).
2 V. Quaderni della Critica , XIV , 110-12.
3 Fasc. cit., pp . 38 e sgg.: Sopra una nuova interpretazione della
Fenomenologia (il libro dell' Hyppolite).
V. VARIETÀ 73

derna ha trovato in essi , e in un'elaborazione che è pre


cisa ed originale e ancor viva , non pochi dei motivi centrali
della fenomenologia di Husserl e dell'esistenzialismo hei
deggeriano. Il pensiero della filosofia totale di Hegel , da
questo punto di vista della Fenomenologia, ci permette di
scoprire uno Hegel molto più concreto , piú nutrito di ir
razionalità e vitalità, di quel che si scorgeva dal punto di
vista della Scienza della Logica o dell'Enciclopedia . L'A
strada ribadisce questa trasvalutazione di valori dell'opera
hegeliana e ne coglie occasione per dare anche a me , vec
chio studioso di Hegel , una sorta di congedo : « Ciò che è
piú vivo del pensiero di Hegel non è l'avere apportato
una logica della filosofia e il concetto come logico ,
universale e concreto ' , nozioni che non importano altro
che sussidi strumentali del pensare filosofico , né il sistema
intrinsecamente concluso , la cui legge suprema è la ra
gione ' ; ma il nerbo di questo , la dialettica , che , lasciando
da parte l'aspetto euristico e il metodologico , è una pro
spettiva aperta sopra la struttura del reale e la vita con
creta dello spirito » .
Veramente , proprio la scoperta hegeliana della dialet
tica > era il tema del mio libro ed era essa quella « lo
gica della filosofia » , della quale facevo merito a Hegel e
che mi pare non molto rispettosamente designata come « sus
sidio strumentale » ; e, quanto al sistema chiuso di He
gel, io mi adoprai, secondo le mie forze , a riaprirlo e a
mostrarne le viziature nelle varie parti e a criticare l'idea
stessa di sistema chiuso e definitivo . Ma non è il caso qui
di fare le mie difese e debbo piuttosto spiegare quale fosse
il problema che allora , più di quarant'anni fa , mi proposi

1 Art. cit. , p . 33.


Allusione al titolo del mio libro del 1906 , che era : Ciò che e
vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel.
74 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

rispetto a Hegel e che fu il medesimo problema che aveva


travagliato il secolo decimonono e non era stato risoluto :
in primo luogo, il diritto e il valore della dialettica , e in
secondo il modo nel quale Hegel l'aveva concepita e ma
neggiata per costruire il suo sistema enciclopedico , che
abbracciava la teoria e la storia di tutte le forme della
realtà . Era questa l'opera grandiosa alla quale egli aveva
atteso dopo avere scritto la Fenomenologia, quando smise
l'andamento semipoetico tenuto in quel libro e adottò lo
stile acroamatico , e (se ne avvedesse o no per allora , come
se ne avvide certamente dipoi) non considerò più la Fe
nomenologia come « prima parte del sistema , e neppure
forse come un ' « introduzione al sistema » , ma la lasciò
come un libro a sé , col quale gli era parso di avere sgom
brato il terreno e aperto la strada alla trattazione sistema
tica ; e , insomma , dal periodo preparatorio della sua vita
mentale entrò in un coordinato svolgimento e in una siste
matica esposizione dei concetti ai quali era pervenuto e
che in parte aveva già sommariamente enunciati . Cosí nac
quero l'una dopo l'altra la grande Logica , l'Enciclopedia ,
la Filosofia del diritto , e tutte le speciali trattazioni che
furono poi ricavate dai suoi appunti e dai quaderni degli
scolari .
È arrischiato in filosofia (molto piú arrischiato che non
sia in fatto di poesia) , sebbene non sia da escludere in
modo assoluto , tornare dalle opere dell'uomo maturo a quelle
della età giovanile , nelle quali c'è o si crede di sentire
una freschezza e genialità che andò perduta quando si
aspettava che seguissero le opere piú robuste . Ma , a ogni
modo , che tale fosse il caso di Hegel , è da negare reci
samente.
Quando scrissi e pubblicai il mio saggio del 1906 , io
non potevo conoscere l'edizione fatta dal Nohl degli ine
diti giovanili , che venne fuori in quel tempo stesso o l'anno
V. VARIETÀ 75

dopo¹ , e solo negli anni appresso ne presi notizia , e lessi


altresí parecchi dei lavori che vi si riferivano, compresa
la minutissima monografia dello Haering . Ebbene , se avessi
conosciuto allora tutto quel materiale , certo mi avrebbe
recato varia istruzione e piacere e ne avrei forse tratto
schiarimenti intorno ad alcuni particolari ; ma il problema
che io mi ero proposto si fondava tutto sullo Hegel del
venticinquennio della sua grande attività di scrittore e di
insegnante ; su quello Hegel che tiene il suo posto immor
tale nella storia della filosofia e che fu una forza operante
o inquietante nel pensiero dell'ottocento ed è ancor oggi nel
nostro, il quale ha ancora da apprendervi e ancora vi sco
prirà germi e presentimenti di nuovi concetti da elaborare .
I suoi lavori giovanili , inclusa o , meglio , esclusa da
essi la Fenomenologia, che offre il trapasso al sistema svi
luppato e particolareggiato e all'età virile dell'autore , e
perciò appartiene e non appartiene a questa , si possono
guardare , e sono stati guardati, in due modi assai diversi ;
il primo dei quali è psicologico e biografico , e non critico
e storico, e si fa ad accompagnare Hegel nelle vie che per
corse, in quelle in cui persistette e andò innanzi , in quelle
che abbandonò , nei disegni e lavori che dapprima formò
e intraprese, nei sentimenti e pensieri che più a lungo lo
dominarono e in simili vicende della sua anima . Né i suoi
studî teologici e la prepotente religiosità dei suoi anni gio
vanili sono stati una scoperta venutaci da quegli scritti
giovanili , perché già se ne sapeva e se ne vedeva quanto
bastava da non meravigliarsi del molto che nel sistema
sviluppato egli mostrava di avere ritenuto di teologale e
della concezione o mitologia giudaico- cristiana ; e io ricordo

Ora ne abbiamo una piccola scelta ben tradotta in italiano e


commentata di ENRICO DE NEGRI , I principi di Hegel : frammenti gio
vanili , scritti del periodo jenense , prefazione alla Fenomenologia (Fi
renze , La nuova Italia , 1949).
76 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

di avere ricevuto di ciò l'avvertimento fin sui banchi del


l'università e nell'insegnamento , allora herbartiano , di
Antonio Labriola . A ogni modo , quella forma di ricerca
psicologica ha il suo diritto , e nel Dilthey e in altri che
la ripresero dopo di lui fu condotta solitamente con acume
e con finezza .
L'altro e più vivace interessamento , che è dei nostri
giorni ed è nato da pochi anni in qua , presenta anzitutto
un curioso aneddoto letterario . Perché il danese Kierke
gaard, al quale fa capo la corrente di pensiero che ora si
chiama dell'esistenzialismo , si pose diretto avversario di
Hegel, e lo aborrí e vide in lui , come si dice , la sua be
stia nera » ; ma , in realtà , si contrappose non allo speci
fico filosofare di Hegel , ma a Hegel nel suo carattere di
filosofo, ultimo nel tempo e sublime rappresentante del se
colare filosofare umano ; e un Kierkegaard antihegeliano
per eminenza occupò molto le menti e corse nelle parole
di tutti coloro che a lui accennavano , laddove , a mio senso,
dopo aver ben chiarito che l'opposizione di lui era contro
il filosofare in genere , si sarebbe dovuto trarre la conse
guenza che Kierkegaard poteva chiamarsi mistico , poeta,
neurastenico , o altro che fosse , appartenendo a una sfera
cosí diversa ed estranea che la contrapposizione di lui e
di Hegel non aveva nessun senso , perché nessun urto po
teva accadere tra i due, e nessuna scintilla di progresso
filosofico scattarne . E nessuna ne è scattata , e niente che
abbia pregio o almeno carattere filosofico si può dire
che sia provenuto dagli esistenzialisti , tra i quali lo Hei
degger (che è certamente il meglio dotato speculativamente ,
come si vede in alcuni particolari suoi concetti) , è rimasto
prigioniero dell'errato principio iniziale , il Niente ; e altri ,
per superare il Niente , ha volto le spalle alla filosofia che
è critica , e si è riattaccato al domma e alla rivelazione ,
diventando o tornando semplice cattolico o addirittura ri
V. VARIETÀ 77

vestendo abito talare ; e altri ancora hanno procurato di


congiungere all'esistenzialismo niente meno che lo stori
cismo (si veda , per horrescere, il trattamento che della sto
ria fa nel suo recente speciale volume sull'argomento uno
di costoro, il Jaspers) ; e altri è passato al pretto materia
lismo , di cui non si avverte gran bisogno né si vede la
giustificazione in un'età in cui la stessa fisica e le altre
scienze hanno abbandonato o vengono sempre più volati
lizzando il concetto di materia .
Senonché , a furia di parlare di Hegel e della repu
gnanza che per lui , sull'esempio di Kierkegaard, deve
provare ogni esistenzialista o professante l'esistenzialismo ,
ci fu qualcuno tra i cosí disposti o mal disposti o diffidenti
che ebbe curiosità di aprire qualche volume di Hegel , e
ne è seguita una rapida mutazione di atteggiamento , giunta
inaspettata, e che non si sa quanto sarebbe piaciuta a Kier
kegaard. Si mise la mano sulla Fenomenologia, che non è
vero che fosse stata mai trascurata dai seguaci o dagli stu
diosi di Hegel ' , ma che era ignorata dal più dei lettori ,
anche perché non tradotta in nessuna altra lingua euro
pea , e difficilissimo era intenderne le continue e sottintese

Per un esempio , si può vedere come nella Fenomenologia si trava.


gliasse uno dei primi e piú serî hegeliani napoletani della prima ora,
già poco dopo il 1848, Bertrando Spaventa ; e come ardentemente ne
discutessero lui e il fratello Silvio , chiuso nell'ergastolo di Santo Ste
fano, nel 1857 e 1858, in una serie di lettere pubblicate da me (in
B. SPAVENTA, Dal 1848 al 1861 , 2 ed., Bari, 1923) : lo chiamava , tra
l'altro (p. 252), << questo diabolico ma meraviglioso libro , nel quale
è una originalità, una freschezza , una maniera ardita di dire , di
fare ecc. , che mi ricorda Dante : è il creatore di un nuovo mondo ,
che trova una nuova forma » .
La traduzione che se ne pubblicò in Napoli nel 1863, insieme
con quasi tutte le altre opere di Hegel, è da ricordare unicamente
come documento dell'entusiasmo e dello zelo per Hegel ; ma era af
fatto illeggibile , né credo che sia mai stata letta da alcuno . Solo in
tempi recenti, in Inghilterra, in Italia , in Francia, ne sono apparse
traduzioni degne .
78 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

allusioni storiche . Ricordo un mio incontro col Bergson ,


nel 1911 , quando egli si meravigliò con me per averlo io
ravvicinato allo Hegel nella sua critica delle étiquettes alle
quali egli riportava i concetti della scienza e che era , in
sostanza , la critica hegeliana dell'intelletto astratto , del
Verstand, e per avergli detto che quella critica della scienza
era stata da lui , Bergson , eseguita in nome e per conto del
l'intuition , potenza non logica ma estetica , laddove Hegel ,
più profondo , l'aveva compiuta , come si vede , con Ver
nunft. - Cela m'étonne , parce que Hegel était un intel

lectualiste . Ma no , era proprio l'opposto . Leggete la Fe
nomenologia, dove vi parrà quasi un poeta o un dramma
turgo o un romanziere . - E l'onesto Bergson , che essendo
uomo di molto valore non temeva di dichiarare i limiti
del suo sapere : Je vous avoue que je n'ai jamais lu
Hegel . Il faudra bien le lire . ――――― Ma non So se avesse
poi il tempo di iniziarne la lettura , perché egli allora
si era in certo modo arrestato sulle posizioni che aveva
raggiunte .
Dunque , qualche esistenzialista di buona volontà apri
la Fenomenologia dello spirito e si avvide con meraviglia
che Hegel aveva ben sentito la tragedia della coscienza
empirica e sensibile e l'aveva analizzata ed esemplificata
anche storicamente nella sezione della coscienza infelice ,
della « conscience malheureuse » . « Tu non sapevi che io
loico fossi » : diceva il dantesco diavolo a Guido di Mon
tefeltro . Voi non sapevate che io fossi , a luogo giusto ,
esistenzialista » : parve dire Hegel agli esistenzialisti sba
lorditi.
Il rapporto che essi notarono tra Hegel e l'esistenzia
lismo ben sussiste ed era ed è giustamente affermato; ma
qui, insieme con la verità , si coglie l'errore della loro
dottrina, perché il niente , in cui si aggira la coscienza
infelice , rimanda all'essere di cui è l'opposto e il correla
V. VARIETÀ 79

tivo , e non sta di sopra o di fuori all'essere , ma dentro


di esso , cioè non si può pensare l'essere se non come in
sieme non essere , come divenire . Ma chi , come Hegel , com
pie questo passaggio, si apre la via per giungere al con
cetto dello spirito : e perciò non è dato vedere in lui il
precursore dell'esistenzialismo , ma , per contrario , nell'esi
stenzialismo è da vedere il relitto di un processo inferiore ,
che Hegel svolgeva e superava . Del resto, anche nei saggi
raccolti nel quaderno che mi è venuto dall'Argentina , è
riconosciuta in questa parte la superiorità di Hegel , che
non si fermò all'astratto individuale e non smarrí mai il
rapporto con l'universale ; e sebbene per un altro verso gli
si muovano obiezioni , coteste obiezioni , legittime o no che
siano, non possono abbassarlo al livello dell'esistenzialismo ,
ma confermano soltanto che nessuna filosofia è mai defi
nitiva e tutte sono da continuare col riformarle , di quella
riforma che è momento perpetuo e continuo della storia
del pensiero , cioè integrandone le conclusioni con le solu
zioni dei nuovi problemi che la vita incessantemente genera
e propone e che rioperano sugli antichi e li compongono
nella nuova verità .
Per questa ragione Hegel non si può fare rinascere col
ricondurlo a problemi già da lui trattati e ad errori già
da lui negati nel suo periodo giovanile e preparatorio, ma
unicamente col tener vive le verità che pensò nella pie
nezza delle sue forze superiori e disciplinate , e ricercare
invece per quali ragioni egli non riuscí ad attuare la sua
tendenza più profonda e più vera , della quale era imper
fettamente consapevole , l'unità , la nuova e schietta unità
della filosofia con la storia, e aberrò in una duplicazione
fantastica della storia , che fu la Filosofia della storia , e in
una analoga Filosofia della natura , cedendo alla pressione
delle tradizionali credenze religiose , e la dialettica stessa ,
cioè la chiave che gli aveva disserrato le sue grandi verità ,
80 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

corruppe e pervertí per un altro verso in un arbitrario for


malismo , che inebriava forse l'immaginazione , ma non
soddisfaceva il pensiero , che è critica .
Delle quali cose si è da me bastevolmente discorso
altrove.

1949.

III

IDENTITÀ DELLA REALTÀ E DELLA RAZIONALITÀ.

Di questa famosa sentenza dello Hegel scrissi piú volte ,


che era giusta e profonda , ma bisognava intenderla in
modo più rigoroso che non avesse fatto l'autore , ossia ,
in altri termini , correggerla in più punti¹ . Ripiglio ora
la parola, non solo per le divergenze che sono sorte in
proposito, ma anche per esemplificare con un altro caso
tipico la difficoltà cosí di accettare come di rifiutare il pen
siero di Hegel . La difficoltà viene da ciò , che Hegel ebbe
un grande e rivoluzionario pensiero e lo manifestò ; ma
egli era come un uomo che nel parlare è tirato di qua e
di là da coloro che gli stanno attorno e che vogliono che
parli a lor modo e lo costringono a fare dichiarazioni tali
che piacciano a loro o che si accordino con le loro opinioni
e credenze . Solo che questa gente che lo interrompeva e
lo sviava , la quale nell'immagine adoperata sarebbe stata
intorno a lui , era, invece, lui stesso , che aveva in sé quegli
abiti , quelle credenze , quelle immaginazioni ; egli che era
un genio speculativo del più alto grado, ma legato alla
religione tradizionale e alle concezioni teologiche ; egli che
era scrittore robusto e caustico , ma tenero del modo acca

¹ Si veda, tra gli altri luoghi dei miei libri , Saggio sullo Hegel
(4ª ed. , pp . 156-58); Ultimi saggi (2ª ed . , p . 239).
V. VARIETÀ 81

demico di esporre e del gergo filosofico ; egli che era di


straordinaria potenza logica sí da affrontare e abbattere il
leviatano della logica tradizionale intellettualistica e for
malistica, eppure lasciò che nel suo pensiero sublime si
formasse un deteriore intellettualismo logico , attraverso un
immaginoso formalismo triadico , piú arbitrario (se nel
mondo degli arbitrî si potesse dividere il più dal meno)
che non quello scolastico .
Dunque, ecco come io intendo la sentenza : Ciò che
è razionale è reale e ciò che è reale è razionale » .
La intendo come la salutare e radicale liberazione del
pensiero storico da ogni approvazione e disapprovazione
del realmente accaduto, che bisogna soltanto intendere
quale sia nelle sue molteplici forme e nel modo in cui
queste si legano tra loro ; in altri termini , l'esercizio del
giudizio logico nella sua distinzione da quello che si chiama
pratico , che giudizio non è, ma (come anche si chiama)
< giudizio di valore , cioè presa di posizione pro e contro
certi fatti del passato , ai quali non spetta un giudizio di
tal sorta che li governi , perché Dio stesso , se li ha voluti
cosí, li ha approvati come razionali e conformi all'anda
mento del mondo .
E circa la reciproca , ossia che il razionale è sempre
reale, dò ragione al detto dello Hegel che un razionale
impotente sarebbe ben miserabile o addirittura ridicolo ;
ma tale esso non è perché quando sul serio si pone e si
ama e si serve un ideale , questo è con ciò stesso attuato ,
attuato nell'individuo e nella cerchia a cui si estende l'azione
dell'individuo ; ché altro non si può richiedere alla razio
nalità e alla realtà . Chi ha l'ideale della libertà desidere
rebbe (perché il desiderio va sempre oltre la volontà) che
a tutti i popoli della terra fossero estese le istituzioni e la
pratica liberale ; ma deve riconoscere che vi sono popoli
che non si possono attualmente spingere piú su della con

B. CROCE, Indagini. 6
82 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

dizione politica che li soddisfa o contro cui non vogliono


ribellarsi . Bisogna dunque aspettare. « Come farete - do
mandò uno di noi scolari di settantacinque anni fa al nostro
insegnante di pedagogia, Antonio Labriola -- ad educare coi
vostri metodi un papuano ? » E il professore : « Per intanto
lo faccio schiavo , e poi si vedrà se al suo figlio o al suo
nipote si possa insegnare a leggere in una lingua europea › .
E con ciò ripeteva l'applicazione fatta dallo Hegel del
< Timor domini - cioè , del padrone , -- principium sapien
tiae . Dunque , il razionale si fa sempre realtà e sta con
tutte le altre realtà , ciascuna , al suo posto , razionale .
A questa mia interpretazione si può opporre che tale
non poteva essere il pensiero dello Hegel, che concepí una
scienza chiamata Filosofia della storia » , una contempla
trice storia superiore che non era storia ma mitologia po
litica, di carattere cosí tendenzioso che faceva culminare
e terminare la storia universale nella attuazione che della
libertà avrebbero data i Germani , o addirittura lo stato
prussiano, e apriva la via al pangermanesimo e al razzi
smo. Oltre a ciò egli fu sempre ammiratore degli uomini
della forza , esecutori dei disegni divini anche a prezzo di
deroghe alle leggi morali .
Ma, in verità, che lo Hegel non avesse pensato a risol
vere nel modo da me presentato di sopra il duplice aspetto
del problema, risulta dalla ben nota osservazione di critica
difesa da lui apposta al paragrafo 6 della Enciclopedia delle
scienze filosofiche. Qui egli , invece di insistere sulla realtà
di tutte le parti della storia , che si tengono l'una con l'altra,
ed essa è da considerare perciò o tutta razionale o tutta
irrazionale , distingue nella storia fatti razionali perché ve
ramente reali e fatti irrazionali e irreali insieme . Sprezzante
è il suo tono su questo punto , perché egli supponeva
- dice - nei lettori << tanta cultura da sapere che l'esi
stenza in parte è apparenza e in parte realtà ; e sebbene
V. VARIETÀ 83

nella vita ordinaria si chiami a casaccio realtà ogni ca


priccio, l'errore , il male, e ciò che è su questa linea , come
pure ogni e qualsiasi difettiva e passeggiera esistenza , già
per l'ordinario modo di pensare un'esistenza accidentale
non meriterà l'enfatico nome di reale ; - l'accidentale è
un'esistenza che non ha altro maggior valore di un pos
sibile , che può non essere allo stesso modo che è » . Se
nonché il rinvio che egli qui fa alla sua Wissenschaft der
Logik non giustifica il discacciamento dal campo della storia
del cosiddetto « accidentale » , →→→→ quantunque sia da notare
che egli prende la parola in senso diverso dall'usuale nella
Logica, nella quale la sostanza » era distinta dall ' acci
dente , che poteva variare , laddove la sostanza rimaneva
costante come (tale era l'esempio adoperato ) l'uomo è so
stanzialmente uomo tuttoché sia bianco come un ario o
nero come un etiope , determinazione che non può man
care nella realtà , sebbene questo o quel colore non incida
nella determinazione . Nello Hegel, l'accidentale è il pos
sibile che si attua o no , e con l'attuarsi si fa non solo
reale ma necessario . E anche qui le altre cose che lo
Hegel considera irreali , tali non sono : né le difettive
e passeggiere esistenze » , né l'errore né il male né il ca
priccio , perché il carattere negativo della nullità non lo rice
vono, come egli stesso aminette, nel divenire se non guar
date dal grado superiore dell'essere determinato , quando
appaiono oltrepassate, ma per sé stesso l'errore ha la sua
positività, poniamo , nella spensieratezza o svagamento del
l'organismo che si riposa dalla tensione del pensare , nel
preferire la soddisfazione di un piacere sensibile allo sforzo
del fare, nel capriccio e nello sfogo della fantasia nel giuoco ,
e simili : tutti elementi reali della vita organica o fisiolo

1 Si veda Wissenschaft der Logik, 1. II , sez . III , cap . II , B : nella


trad. ital . del Moni , II , 207-09.
84 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

gica che si chiami , e tutti perciò non apparenze ma parti


della realtà.
Ma nella seconda parte della sentenza : « Ciò che è ra
zionale è reale » , par che nella difesa e interpretazione
sullo Hegel teorico prenda la mano lo Hegel conservatore
che prosegue la sua polemica di scrittore della Restaura
zione ; come si sente nelle sue parole nelle quali la lingua
batte sul punctum dolens. L'idea (egli dice , e dice bene)
non è impotente, ma la separazione di essa dalla realtà
è specialmente cara all'intelletto che tiene i sogni delle
sue astrazioni per alcunché di verace, ed è tutto gonfio
del suo dover essere , che anche nel campo politico va
predicando assai volentieri , quasi che il mondo aspettasse
quei dettami per apprendere come deve essere ma non è » .
Certo (concede ) allorché l'intelletto col suo dover essere
si rivolge contro cose , istituzioni , condizioni etc. triviali ,
estrinseche e passeggiere , che possono anche serbare per
un certo tempo e per certe particolari classi di uomini una
grande importanza relativa, avrà anche ragione , e troverà
in quel caso molte cose che non rispondono ad esigenze
giuste ed universali ; ma chi nota ciò ha torto quando im
magina di aggirarsi , con siffatti oggetti e col loro dover
essere , nella cerchia degli interessi della scienza politica .
Questa scienza « ha da fare solo con l'idea che non è tanto
impotente da restringersi a dover essere solo e non essere
mai effettivamente ; ha da fare perciò con una realtà di
cui questi oggetti , istituzioni , condizioni etc. , sono solo il
lato esteriore e superficiale . La risposta è, a dir vero, un
po ' aberrante, perché si riduce a dire che , nel complesso
e nel grande , la razionalità è , nel mondo , realtà ; e che
le piccole e secondarie e triviali e fuggevoli deficienze non
importano gran che ; quando la questione non è del più
o del meno dell'attuazione , ma di stabilire se l'ideale abbia
o no la potenza di attuarsi sempre , se veramente gli spetta la
V. VARIETÀ 85

vita operosa dell'ideale. A noi pare che sia da rispondere :


◄ sempre , con risposta di intrinseco carattere filosofico ,
ancorché in apparenza paradossale od errata ; allo Hegel
parve che bastasse rispondere : quasi sempre » ; ed era
risposta non filosofica .
La conseguenza del discorso sarebbe fin qui che le teorie
da me enunciate in principio come interpretazioni della sen
tenza dello Hegel sulla coincidenza della razionalità con la
realtà non sono dello Hegel e che io se le credo giuste , debbo
affermarle e sostenerle come mie, con mio personale im
pegno e responsabilità . Perché , dunque, darle come inter
pretazioni dello Hegel ? Perché in me sono sorte e si sono
formate leggendo quelle pagine dello Hegel e perché non
riesco a segnare nettamente dove il pensiero dello Hegel
si arresti o devii e dove cominci il mio , e se il mio è il
logico sviluppo di quello iniziato da Hegel e da lui non
coerentemente proseguito , e perciò se l'autore della formula
corretta sia io o lui , Hegel , il migliore Hegel . Tutte cose
che, riguardando la nostra personale psicologia, hanno
scarsa importanza , a fronte della oggettiva verità . E io
confesso che per chi mi ha insegnato una verità o mi ha
dato la spinta a conquistarla , la mia gratitudine è tanta
che mi fa maggior piacere pensare che sia un caro e sicuro
dono che mi viene da lui anziché cosa laboriosamente co
struita da me con il dubbio che sempre accompagna la
grandezza di quel che noi abbiamo costruito . Altri non si
comporta cosí , e gode e si compiace quando scopre o crede
di avere scoperto un errore del suo maestro e se ne fa
oggetto di vanto ; e somiglia all'indegno Cham che trovò
il padre dormente ebbro e scomposto e non lo ricoverse e
anzi quel che aveva veduto « monstravit duobus fratribus
suis » , i quali , Sem e Japhet , camminando all'indietro e
stornando gli sguardi , lo ricoprirono e Noè , destatosi dalla
occasionale ebrezza (era contadino e aveva molto faticato
nella sua vigna) , li benedisse entrambi .
86 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

Il compianto amico Guido de Ruggiero, discorrendo


del luogo hegeliano che abbiamo esaminato, credette di
poterne dare una interpretazione (come egli dichiara) < di
vergente essenzialmente dalla mia ¹ ; ma questa iniziò col
sostituire l' « è » del testo con un < si fa , onde il reale si
fa razionale e il razionale reale. Tuttavia la troppo ardita
modificazione del testo non gli giova ed egli stesso è per
plesso se il senso che da questo si trae di un circolo tra
la realizzazione che è nella razionalità e l'esigenza razio
nale che anima la realtà sia hegeliano , e certamente non
è, e non pare che sia neppure un profondo pensiero, per
ché è un dualismo male unificato . In ogni caso il De Rug
giero soggiunge che lo Hegel fu inferiore alla sua dialettica
e di ciò trova la ragione nel suo teologismo , nel suo astratto
razionalismo enciclopedico, nello spirito di sistema , nella
mania delle divisioni che menava lo Hegel al panlogismo .
Ma questi errori del sistema nascono dal non avere , nella
sua genesi , tenuto conto della distinzione , non di quella
empirica ma di quella speculativa , il che lo fa entrare in
una dialettica la quale , da lui fortemente sentita , si svolge
nell'arbitrario e nel fantastico, perché priva del momento
della distinzione , che la mantenga severamente logica e
non panlogistica , e non chiudente la storia in un sistema
definito , che la fa morire . Tale è il difetto , come già ebbi
occasione di indicare, che vizia l'interpretazione e la cri
tica dello Hegel offerta dal libro del De Ruggiero . Anche
in questo problema del rapporto del reale col razionale la
mancanza della distinzione fa sí che lo Hegel non prende
nel loro rigore né la categoria del teorico né quella del
pratico, del Sein e del Sollen , e finisce con l'introdurre il
Sollen nel Sein, e d'altra parte col non veder che il Sollen
non è mai impotenza se è veramente un Sollen e come tale

Hegel, p. 268.
V. VARIETÀ 87

creatore di nuova realtà e di nuova storia . Coniurant amice


nella totalità dello spirito , ma ciascuna perché è quello
che è , l'una teoresi e l'altra praxis , e perciò anche coniu
rant amice, cioè nessuna delle due si fa dissolvere dall'al
tra, affinché l'altra a sua volta non si dissolva. Non so che
cosa ci si guadagni col fare invece della amicizia - inimicizia
delle due , invece di una differenza e di una lotta d'amori ,
un ermafroditismo, sterile per definizione .
1950.

IV

HEGEL E LA STORIOGRAFIA.

Da qualche tempo tra me ed alcuni di coloro che mi


fanno l'onore di prendere interesse , positivo o negativo
che sia, alle cose mie, si è legato uno scambio di parole
che non oso chiamare un dialogo perché , rispondendo io
alle obiezioni rivoltemi con precisi argomenti di ragione
e di fatto , mi si ripete letteralmente l'obiezione come se
non fossi penetrato con la mia mente nelle menti altrui .
Mi viene il dubbio che io, nel rispondere , abbia presup
posto negli interlocutori conoscenze che a me erano fami
liari, e che, per condurre il discorso ad una conclusione ,
occorra qualche cosa non so se di più profondo o di più
elementare .
La questione è se lo storicismo odierno , lo storicismo
assoluto, del quale io ho parlato, sia , o no , lo stesso dello
storicismo hegeliano o una sua variante ; al che io ho già
risposto che lo storicismo odierno è il preciso opposto dello
storicismo hegeliano ed è nato da una radicale opposizione
logica ad esso. Ed eccomi a chiarire che lo storicismo hege
liano ha il carattere di una profezia che non ha da vedere
con la filosofia né con la storia ; di una profezia che si
88 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

rannoda più particolarmente al profetismo ebraico o al


famoso sogno di Daniele .
La profezia ha la sua origine e la sua essenza in una
condizione di animo in cui fervono le passioni , ed esprime
soprattutto una speranza o un dolore per gli eventi che so
pravverranno. La forma di profezia è quella indebita di
una storia del futuro , laddove la forma genuina della pas
sione che ingenuamente in essa si esprime non è storia né
vera né falsa .
Il sogno di Daniele , diventato la dottrina delle quattro
monarchie e ampliato con la storia del mondo dalla sua
creazione alla sua fine e coronato dal giudizio universale
e dal passaggio nella vita eterna , dominò nella storiografia
del Medio evo ; ma sparí quasi senza critica , dissipandosi
come nebbia al sole del Rinascimento , anzitutto nella nostra
Italia, che perfezionò le storie dei proprî tempi ed elaborò
nello stesso modo quelle del passato dei popoli , ma volle
ignorare affatto , anche come cornice , le quattro monarchie
e gli annessi . Questa vecchia credenza sopravvisse , forse
quasi solamente, in Germania , che nelle sue scuole e nei
suoi insegnamenti teologici continuò a coltivarla.
Ora la nuova filosofia tedesca , con Hegel soprattutto
ma anche con gli altri e minori , si tirò dietro tutto questo
bagaglio e ne fece la Filosofia della storia . Da mia parte
mi sono sempre doluto di veder designato come autore
di Filosofia della storia Giambattista Vico , vero ingegno
italiano , che sentiva l'importanza delle tradizioni del Ri
nascimento , il quale non tenne mai conto di quella tradi
zione teologica e non la ammise nei suoi quadri come
materia degna di essere perfezionata e stabilí l'unità della
filosofia con la filologia . La Filosofia della storia non è
storia né filosofia perché, diversamente da quel che fa ogni
mente storica, chiude tra un cominciamento assoluto e una
fine assoluta una serie di fatti che da quel cominciamento
V. VARIETÀ 89

e da quella fine sono colorati e falsati . Il cominciamento


è immaginario , ma la fine non è neppure immaginabile ,
perché, composta di negazioni , non può prendere nessuna
configurazione . La conoscenza storica in essa si fa suicida .
Fu grande l'entusiasmo che suscitò questo nuovo signi
ficato della « Filosofia della storia » , formula che nel sette
cento aveva voluto dire semplicemente , secondo l'uso lin
guistico del tempo , riflessioni varie sulla storia , ed ora
pretendeva di sollevarsi sopra essa tutta e sostituirla col
suo edifizio . Si riattaccano alla Filosofia della storia i libri
che si scrissero allora e poi per celebrare il primato dei
singoli popoli , nel che fecero a gara gli scrittori dei
popoli meno fortunati politicamente , come il Gioberti col
Primato d'Italia, il Ciezkowski col Primato della Polonia,
gli slavi con le tante fantasie sulla Santa Russia che do
veva sostituire l'immorale civiltà occidentale , e i tedeschi
che dovevano con la loro razza giovane e pura far valere
la sola degna umanità ; e via discorrendo . Ma , oltre i pri
mati dei popoli , il movimento socialistico , che esprimeva
i bisogni del nuovo secolo liberale , degenerò anch'esso
in una Filosofia della storia per opera del Marx , il quale
(non si vuole udirlo dire , ma bisogna dirlo) concepí una
Filosofia della storia di tipo perfettamente hegeliano orto
dosso, che cominciava con una sorta di paradiso terrestre
del comunismo primitivo , e passava per i tre stadî della
progrediente umanità, rappresentata dalla schiavitú , dalla
servitú e dal proletariato, fino a risolversi in una negazione
della storia come lotta di classi e nell'abolizione dello Stato,
che è come dire abolizione di una parte essenziale dello
spirito umano.
Io non so come mai non si sia pensato a contrapporre ,
in nostalgico ricordo , allo storicismo odierno questo fa
stoso storicismo della Filosofia della storia che venne alla
sua acme e alla crisi nel 1848. Ma i molti libri di quel
90 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

genere e di quel tempo sono cosí dimenticati che non si


è pensato neppure a trarne argomento per screditare il
moto presente . Tuttavia converrebbe conoscerli per appren
dere con la dovuta riprovazione che cosa fosse e che cosa
volesse la Filosofia della storia .
Un fatto grave fu che tutti gli storici si misero contro
di essa e , non riuscendo a criticarla direttamente perché
essi non erano polemisti filosofici , si limitarono a mormo
rare delle sue stravaganze e dei suoi errori di fatto e all'oc
correnza a schernirla e a riderne. Ma gli storici , che quei
filosofi alteramente trattavano come poveri storici di pro
fessione (von Fach) , avevano piena ragione , sebbene non
sapessero farsela rendere , e tutto ciò che si veniva a cono
scere di storia proveniva da loro, ché dalla Filosofia della
storia non venne mai niente .
Torto essi avevano soltanto nel prendersela con la filo
sofia , scambiando per filosofia la Filosofia della storia . A
questo eccesso di difesa che la paura del presuntuoso av
versario provocava, bisognava rispondere con la debita
calma : che essi storici non potevano negare che , nel nar
rare la storia , dovevano conoscere la natura delle cose di
cui parlavano , della politica e della morale , se narravano
di fatti politici o morali , della filosofia o dell'arte, se di
fatti filosofici o artistici . E tutte queste conoscenze erano
insieme filosofia, posseduta, intraveduta in modo più o
meno sicuro , ma filosofia , e nella filosofia dovevano avere
il loro progresso .
A provvedere a questo bisogno per gli studî di una
maggiore e migliore conoscenza della filosofia, è sorta la
teoria della storia , la quale , svolta che sia largamente, si
dimostra nient'altro che tutta la filosofia o tutta la Filosofia
dello spirito , come si dice , esclusa la cosiddetta metafisica
e la rivelazione religiosa ( si veda questo trapasso da teoria
della storia a filosofia intera farsi inconsapevolmente nella
V. VARIETÀ 91

parte sistematica del Grundriss der Historik del Droysen) ¹ .


Tuttavia non vorrei che si credesse che io pretenda rendere
filosofi tutti gli storici , il che sarebbe insigne pedanteria dalla
quale il cielo mi guardi . Vi sono storici d'istinto, inconscî
della filosofia alla quale servono , e bisogna non annoiarli
con l'imporre loro un corso di studî del quale non sentono
attualmente il bisogno . Ma è indispensabile che in una società
di studî bene ordinati esista un certo numero di storici e di
filosofi appieno consapevoli gli uni e gli altri che filosofia e
storia si nutrono a vicenda, e che , separate , l'una e l'altra
muoiono. Vengono i casi nei quali l'istinto non basta e
ha bisogno di essere sorretto dalla metodica conoscenza
scientifica, alla quale è prudente affrettarsi a non far ri
nunzia. Ma, per dire qui un'ultima parola a confermare
l'opposizione che il nostro storicismo ha verso quello di
Hegel (tale è l'oggetto di questo breve discorso) , gioverà
rammentare che lo storicismo muove dalla dottrina che fu
di alcuni filosofi del Rinascimento , della conversione del
vero col fatto , dottrina di carattere scettico come riserbante
il conoscere solo a Dio , precluso all'uomo . Cosí anche la
tenne il Vico nei suoi primordî filosofici , ma nella Scienza
nuova la riconobbe adatta essa sola a cogliere la realtà
della storia . Il pensiero moderno deve estendersi altresí
alla cosiddetta natura per rendersi conto del fondo reale >
delle scienze , che sta al disotto del loro lavorio di astra
zione e ne giustifica l'utilità .

1951 .

¹ In J. G. DROYSEN, Historik (München u . Berlin , Oldenbourg ,


1937) , cioè nella nuova e grande edizione procuratane da R. Hübner
per l'Accademia delle Scienze di Berlino, dove si può osservare come
non solo il Grundriss nella parte che s'intitola del System (pp . 345
356), ma tutto l'ampio svolgimento delle lezioni ( pp . 188-270) tendes
sero a una completa trattazione della filosofia .
92 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

UN CRITICO INGLESE DELLA LOGICA DI HEGEL.

Il Mure mi designa (e confesso che il suo detto mi ha


recato molto piacere) « the most brilliant and sympathetic
modern critic of Hegel2 ; ed io voglio spiegare come
abbia potuto in qualche modo meritare questa sua lode.
Quando mi rivolsi ad Hegel , non ero più un novellino ,
né in filosofia né nella esperienza delle cose umane , e ri
conobbi facilmente in lui la grande forza della tradizione
ebraico-cristiana nella struttura del suo sistema, e, insieme,
e in modo più pericoloso , la tendenza ad accettare e con
vertire in filosofiche le distinzioni empiriche delle scienze
e del comune discorso . Ma nel tempo stesso sentii di essere
innanzi ad uno dei più potenti genî filosofici dell'umanità,
che, come sempre i suoi pari , sapeva mettersi in diretta
relazione con la realtà e riuscire sommamente concreto , e,
direi , realistico , sia nel pensare il concetto filosofico o idea
come universale e individuale in una , e la realtà come
divenire e il divenire come processo di contrarî che è la
dialettica, e sia nella sua concezione della morale , cosí
alta su ogni edonismo ed egoismo , cosí repugnante ad ogni
sorta di sentimentalismi e di romanticismi . L'amore e la
devozione per Hegel non sono in me diminuiti dal duro
lavoro di stare in guardia contro il suo teologismo e contro
la sua tendenza a consacrare in filosofia le distinzioni vol
gari, e mi avvenne di pensare che l'uomo di genio è co
1
stretto sovente a pagare un compenso per le verità che 1

G. R. G. MURE, An Introduction to Hegel (Oxford , Clarendon


Press, 1948); A Study of Hegel's Logic ( ibid . , 1950) .
2
A study, p . 345 .
V. VARIETÀ 93

egli scopre col lasciare passare , nella stanchezza dello


sforzo che quelle gli costano , una o altra opinione comune
che la sua critica rinunzia a sottomettere al suo vaglio .
Il Mure dice che io mi son fatto troppo facile il distin
guere uno Hegel morto da uno Hegel vivo , ché Hegel è
in ogni sua parte l'uno e l'altro insieme , strettamente in
trecciati le sue virtú e i suoi difetti , e ubiquitous¹ . Gli è
per questo che io ho voluto impacciarmi il meno possibile
con una critica che segua il suo testo passo per passo : per
non riuscire insopportabile con una continua accusa dei
suoi errori e un continuo risalto dato alle sue verità ; e
ho preferito enunciare per mio conto le grandi verità che
si debbono ad Hegel e poi in sede separata gli errori
dovuti al suo teologismo e alla sua accettazione delle clas
sificazioni dell'intelletto , da lui considerato parte della filo
sofia da doversi integrare con la filosofia intera , togliendo
con ciò ogni nerbo alla sua distinzione , ricca d'impensate
e gravissime conseguenze, del Verstand e della Vernunft.
Egli fu qui veramente , come l'Alfieri sentiva di sé , « un
gigante con un nano a lato » .
Il Mure dice che io cerco di escludere radicalmente
dalla filosofia ogni differenza contingente ed empirica e
restare dialettico 2 ; il che è vero . Ma dice anche che il
mio sistema di categorie non può sfuggire alla taccia di
essere una classificazione empirica, il che mi umilierebbe
molto avendo io preteso che le categorie da me enunciate
siano speculative e di valore assoluto . E, in verità, ho
invitato più volte i miei obbiettatori a dimostrarmi che
non sia vero che l'umanità abbia sempre raccolto i suoi
valori sotto i quattro termini del vero , del buono , del bello
é dell'utile , tenendomi pronto alla contraria dimostrazione

A study, p . 294.
A study, p . 345 .
94 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

che altre categorie fuori di queste non possono esservi , e


che se altre se ne enunciano , esse , quando non sono pa
role senza senso , si riconducono sempre ad alcuna delle
quattro. Ma ecco che il Mure, operando come la lancia di
Achille o come la spada Durlindana di Orlando , che in
un sol colpo tagliava e cuciva , sicché il colpo dato si sen
tiva appena, aggiunge che per suo conto ha dimostrato
che di nessun sistema filosofico gli elementi possono inte
ramente sfuggire alla taccia di empirismo ¹ . E qui la qui
stione non sarebbe più del mio pensiero particolare, ma
della natura stessa della filosofia.
Il Mure si avvede che nelle nostre affermazioni di ve
rità universale non riusciamo mai a purificarci di ogni
riferimento sensuale e che questa è la legge della filosofia .
Ma è legge anche della morale e dell'Estetica e dell'Eco
nomica, ed io credo che egli abbia ragione , ma con ciò
non abbia invalidato l'assolutezza della mia filosofia. Una
quarantina di anni fa io scrissi alcune pagine contro la
<‹ perfezione » , e cioè non già contro lo stimolo del fare
conseguendo il fine , del perficere, ma della ricerca di una
perfezione che sarebbe la morte di ogni vita spirituale .
Nel passaggio da un grado all'altro dello spirito , noi siamo
accompagnati da tutto lo spirito , che possiamo dominare
con una determinata categoria , ma non mutilare di un'altra
categoria, come avverrebbe se il dominio fosse una sop
pressione radicale . Ricordavo la diffidenza che si ha per
le opere perfette , che sono, in verità , piuttosto opere < cor
rette e mancano di vita . Ricordavo di aver tante volte
udito esprimere da poeti e altri scrittori il desiderio di
lasciare alla posterità nient'altro che « dieci pagine per
fette , senza macula alcuna : che era sintomo sicuro di
impotenza . Né è il caso di dire che se in un nostro atto 1

1
Op. cit., p. 369.
V. VARIETÀ 95

si introduce un elemento negativo , tutto esso è contami


nato , perché , facevo notare , un atto dello spirito non è
una somma meccanica di punti , come s'immagina che sia
la linea geometrica , ma è l'indivisibile e non il divisibile ,
il continuo e non il discontinuo , l'impeto che si lancia in
alto e non la massa pesante e misurabile , e perciò si dice
che un'opera d'arte o c'è o non c'è , o è viva o è morta ,
senza mezzi termini ; che un pensiero è fondamentalmente
indovinato o fondamentalmente sbagliato, che una azione
o è generata dall'amore del bene ed è intrinsecamente
morale, o è mossa da calcolo economico ed è intrinseca
mente utilitaria . Il Vico non amava la « diligenza » , che
è una minuta e perché minuta anco tarda virtú » ' e < dee
perdersi nel lavorare d'intorno ad argomenti che hanno
della grandezza » , ed era d'accordo in ciò con l'autore del
Sublime 2.
Il Mure vuole con troppa benevolenza verso di me non
solo addolcirmi la taccia di empirismo col rimandare i miei
errori all'errore o alla natura di ogni filosofia , ma dichia
rare l'eccellenza della mia distinzione delle due forme di
azione, economica e morale , che non esita a dire ammire
vole, e la mia concezione dell'arte come a major philo
sophical achievement 3. Io gli sono grato specialmente
di questo riconoscimento , nel quale ho avuto ed ho ancora
i piú numerosi obiettatori . Costoro non mi perdonano di
aver pensato che la trinità del vero , del buono e del bello
fosse zoppicante e di averla , con l'integrazione di un
quarto piede , assisa in modo più saldo . Ma giacché si è
anche fatta menzione di cose estetiche , dirò che il Mure
giudica che la mia teoria del linguaggio è ben più larga

1 Etica e politica (3ª ed . , 1945 ), pp. 138-42.


Opere, V, p. 74 (Aggiunte all'autobiografia).
A study, p. 369, cfr. p. 336.
96 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

di quella dello Hegel , la cui angustia è attestata dal fatto


che non tien conto del linguaggio che non sia di parole
articolate, e dall'ignorare la natura fantastica del linguag
gio , che non è un atto logico né un segno su cui si con
venga. Una spiegazione mi piace dargli per la mia teoria
della comunicazione » estetica , che escludo dall'arte ri
mandandola alla pratica e alla tecnica 2 ; la quale esclusione
ha il fine di mantenere il primato della fantasia nel pro
cesso dell'arte , ma non già di impedire la stretta unione
del fare e del comunicare , tantoché nel comunicare do
primario rilievo al comunicare a sé stessi , quando il poeta
pronunzia o scrive la parola che è parte integrale della
sua opera, e il pittore similmente pone il suo tocco di
pennello . Ma quando di questa parte estrinseca dell'arte
si vuol dare la teoria , questa diventa di necessità una rac
colta di concetti che hanno il loro fondamento nelle scienze
naturali .
Infine , io debbo essere anche grato al Mure perché ha
detto l'impressione di povertà che il mio filosofare suscita .
Con pochi concetti categoriali , ma d'inesausta fecondità ,
io ho potuto risolvere le questioni che si agitavano nel
campo della filosofia : questioni che , nascendo dall'indebita
introduzione di concetti empirici , scoprivano la loro nullità .
Quando, or è un mezzo secolo , pubblicando l'Estetica ,
buttai via le dissertazioni sui limiti delle arti , sui generi
letterarî, sulle categorie del bello (sublime, comico, umo
1
ristico , ecc .) , un professore italiano deplorò che io spiantassi
tutti i bei giardini ♪ che gli estetici avevano piantati e col
tivati , cioè chiamava , quelle stupidità , giardini . Ma il Mure ,
anche qui operando da Achille e da Orlando, subito dopo
aver formulata l'accusa corre al riparo , facendo osservare

A study, pp . 14-16.
2 A study cit. , p . 339 nota .
V. VARIETÀ 97

la copia di cognizioni storiche che entra nei miei libri filo


sofici . Ed è questa la risposta giusta : la filosofia deve spie
gare la storia ed esserne spiegata ; e i concetti empirici a
ciò non valgono e si dimostrano alla prova inettissimi .
Questa conversazione , che è alquanto pro domo sua o
meglio promossa dal desiderio di trovarmi d'accordo col
Mure in problemi che mi sono cari, non investe diretta
mente l'opera che egli ha dedicato allo Hegel e che mi
sembra uno dei più serî prodotti degli studî hegeliani
che in Inghilterra si ravvivarono insieme con quelli che
s'iniziarono in Italia . Ritrovo nelle sue pagine il nome del
Collingwood, che troppo presto è mancato agli studî ed
a noi , e la comune diffidenza per i volumi hegeliani del
Mac Taggart. Io spero di poter ancora riparlare dell'opera
sua con la serietà che merita ¹ .

1950.

1 Intorno al Mure si veda ora il saggio di R. FRANCHINI , Morte e


resurrezione della dialettica da Hegel a Croce (nella rivista Letterature
moderne, 1951 (1) , p. 292 sgg.).

B. CROCE, Indagini. 7
VI

HEGEL E MARX .

LA FILOSOFIA GIOVANILE DEL MARX E IL SUO ARRESTO DI SVOLGIMENTO .

La traduzione degli scritti economico- filosofici , composti


nel 1844 , che il Bobbio ha compiuto con ammirevole cura¹ ,
giunge opportuna nello sforzo che si fa ora di restituire il
volto scientifico del Marx, sfigurato da quando il suo nome
è diventato un motto di partito e ha perso ogni altro signi
ficato. In questi scritti giovanili si trovano affermate con
evidenza e candore cose le quali solo un occhio sagace ed
esperto sa scorgere nella sua opera della maturità .
Che cosa voleva egli in quella sorta di programma che
preparò nel 1844 del suo lavoro filosofico ? Rifare il sistema
hegeliano , serbandone l'inquadramento e riempiendolo di
nuova materia e interessi : il che valeva appigliarsi alla
parte vecchia e caduca dello Hegel e trascurare quella
originale e fecondissima , difficile e ancora involuta e della
quale è ancor oggi in noi attuale l'azione . L'inquadramento ,
principio, mezzo e fine , era l'esposizione di una delle solite
storie- profezie di caduta e redenzione del genere umano

1 CARLO MARX , Manoscritti economico- filosofici del 1844, a cura di


N. Bobbio (Torino, Einaudi, 1919).
VI. HEGEL E MARX 99

nella forma che aveva presa nella religione biblico- evan


gelica : onde lo Hegel , narrato come l'Idea , dopo avere
percorso la logica di tutte le categorie che la componevano ,
si era risoluta ad alienarsi nella creazione della natura , e
in questa alienazione aveva percorso un'ascensione fino
alla vita organica , la faceva , con nuova negazione , entrare
nella via dello spirito , anch'essa ascendente , e cosí tornare
a sé stessa come in sua sede, rinvigorita , a quanto sembra,
dal duplice viaggio . Carlo Marx volle farci assistere a un
diverso viaggio, ma non diverso di ritmo , che s'iniziava
con una caduta del genere umano nella triste avventura
della proprietà privata , opera di una sorta di demone sbu
cato non si sa donde, lungo la quale percorreva tre stadii ,
della schiavitú , della servitú e del proletariato , e dall'ul
timo finalmente otteneva, per negazione della negazione,
l'avvento della età definitiva, quella del Comunismo .
Erano due diverse storie dell'umanità , entrambe meto
dologicamente arbitrarie , ricalcate sul medesimo schema ;
ma delle due quella hegeliana abbracciava tutta la civiltà ,
l'orientale , la greca, la romana, la moderna o germanica,
e le loro religioni , le loro filosofie e le forme della loro
arte, laddove la concezione marxistica le negava tutte,
considerandole nient'altro che strumenti o maschere della
proprietà privata , il che toglieva ogni realtà alla poesia
di Omero o di Shakespeare , al filosofare di Platone o di
Kant ; e anche quando si trattava di fatti economici , si
avvertiva che erano piuttosto spauracchi che realtà , perché
l'economia privata e la pubblica , la proprietà privata e
quella comune o statale, sono due forme che non si pos
sono mai abolire del tutto l'una a vantaggio dell'altra , e
sempre persistono ; e i valori morali non si ripartiscono
secondo le condizioni rispettive di proprietarî e proletarî ,
giacché quelli come questi nascono quali nascono in una
società cosí ordinata , e dentro di essa e con quegli ordi
100 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

namenti svolgono i loro pensieri e le loro azioni , nei quali


sta la loro storia. Senza dire che quasi soltanto dalla classe
che chiamano « borghese » sono venuti tutti coloro che pro
posero e sollecitarono modificazioni e riforme nell'ordina
mento della proprietà e idearono lo stesso comunismo, e
che il santo che volle sua sposa la Povertà , e a lei pro
cacciò innumeri seguaci , Francesco d'Assisi , era figlio del
ricco Pietro Bernardone.
Per aggiungere un esempio della inconsistenza di questa
storia si osservi quanto vi si dice della divisione tra l'ope
raio e il suo lavoro , che egli esegue con estraneità , per
forza , e insomma con pena, e il cui prodotto è un oggetto
che si distacca dal suo produttore ed appartiene ad altri .
Ora, anche nel lavoro piú congeniale , come quello del
filosofo che risolve problemi di verità o dell'artista che
crea opere di bellezza , il momento della pena è inelimi
nabile , e si partorisce con dolore , e anche il loro prodotto
si distacca da loro e cosí poco a loro appartiene che il
filosofo e il poeta possono restare inferiori e incomprensivi
innanzi alla loro opera stessa , e altri comprenderla e ri
prenderla e portarla innanzi come essi non sanno o non
possono fare. Per questa ragione si raccomanda, in istoria,
di cercare sempre la realtà dell'opera e della sua vita , e non
quella del suo produttore , che nell'opera si è tutto fuso e
perduto . L'operaio, come qualunque altro uomo , non può
fare l'opera se non amandola , e col darle il suo amore la
perfeziona e la distacca da sé .
Siffatte filosofie o piuttosto storie -profezie urtano tutte
nell'impossibilità di chiudere lo svolgimento designato e
di porre una realtà ultima e determinata ; e in effetto dello
Hegel si discusse , senza venirne a capo , se intendesse ri
durre in termini speculativi il cristianesimo che aveva di
chiarato religione assoluta » (e il Marx lo accusava , non
senza qualche fondamento, di essere partito in corsa per
VI. HEGEL E MARX 101

superare le religioni ed esservi ricascato dentro) ; ma egli ,


Marx, non seppe mai dire che cosa fosse il comunismo ,
del quale parlava . Escludeva bensí quel che chiamava il
< comunismo rozzo , che era la proprietà privata stessa
che tentava di porsi come comunità politica > e aveva
per segno caratteristico della sua abiezione la comunanza
delle donne, la donna diventata proprietà della comunità ;
ma escludeva anche il comunismo di natura politica , quello
che può formarsi cosí in una società dispotica come in
una democratica , e , infine , l'altro che aveva soppresso lo
stato , ma con ciò non aveva soppresso ancora la proprietà
privata per non essersi appropriato, l'essenza dell'uomo
mediante l'uomo e per l'uomo » . Il comunismo vero e
proprio si avrebbe soltanto in questo ritorno dell'uomo per
sé, dell ' « uomo come essere sociale , cioè umano » , in un com
piutissimo materialismo che sarebbe nello stesso tempo
compiutissimo « umanismo » . Egli definiva questo « la vera
risoluzione dell'antagonismo tra la natura e l'uomo , tra
l'uomo e l'uomo , della contesa tra l'esistenza e l'essenza ,
tra l'oggettivazione e l'auto- affermazione , tra la libertà e
la necessità , tra l'individuo e il genere » ; e , in breve ,
la soluzione -- la soluzione consapevole - dell' enigma
della storia » .
Che si riesca a ricavare da parole come queste un senso
determinato io dubito , e che il Marx stesso lo possedesse
dubito altresí e l'avere egli sempre schivato dipoi di schia
rire questo punto , e l'essersela cavata con barzellette e
motti di spirito , mi pare indizio di ciò; ma, cosí dicendo ,
mi guardo bene dal credere o dall'insinuare che egli , falso
profeta, ingannasse i suoi fedeli . Probabile mi sembra
invece che dovesse essere tenacemente persuaso che una
forma perfetta della vita umana si doveva pensarla e per
tanto perseguirne l'attuazione ; e , insomma , che egli restasse
prigioniero di una illusione.
102 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

In quegli anni della sua gioventú era venuto nel primo


piano dei problemi politici quello che , in ragione della sua
eminenza, fu denominato la questione sociale , portato
reale della rivoluzione industriale, la quale , nel meraviglioso
accrescimento della produzione e della ricchezza , poneva
gli operai in condizioni dolorose e per più rispetti inferiori
a quelle che godevano e che li proteggevano nei vecchi
tempi. Il Marx fu preso per essa, come tanti altri dei suoi
coetanei , di passione e di fervore, di amore e di odio ; ma
insieme un'altra passione, contemporanea e tedesca, lo
possedette: quella per la filosofia hegeliana ; ed egli riuní
le due passioni , quella filosofica e quella politica , e nel
seno dell'una trasfuse l'altra .
Senonché proprio Hegel era incagliato nel grande er
rore che, avendo dato l'avviamento alla filosofia dinamica
e storica con la dialettica e il divenire , pretese rinserrarla
in una costruzione statica , in un sistema chiuso e defini
tivo ; e il Marx, pur discostandosi o credendo di essersi
discostato dallo Hegel in altre cose, in questa gli rimase
legato strettamente , non turbato da dubbio alcuno . Ed ec
colo a cercare la forma sociale perfetta con la quale risol
vere la questione sociale e che fu il suo comunismo mate
rialistico ed umanistico , nel quale l'idea si conciliava con
la realtà e la natura con l'umanità .
Era ammissibile cotesta forma sociale perfetta ? Cotesta
forma che la società teoricamente avrebbe assunta , e che ,
benché storica , sarebbe stata perfetta ? Non c'era , in questo
concetto , contradizione in termini ? La storia può arrestare
sé stessa e continuare a sussistere come realtà ? La storia
non è forse perpetuo superamento di sé stessa ? Se lo Hegel
ebbe torto nel tentar di costruire un sistema definitivo , il
principio dialettico, o dinamico che si voglia chiamarlo ,
questo principio , che è la sua gloria , non lo avrebbe man
dato in aria , riaffermando la sua sovranità? E lo ha man
VI. HEGEL E MARX 103

dato in aria, e ha rifiutato nella stessa storia della filosofia


il concetto hegeliano che legava i sistemi l'uno all'altro
in una catena di sempre maggiore perfezione per metter
capo a quello perfetto , che era per avventura proprio il
suo. La storia della filosofia si viene ora , per contrario ,
concependo come una serie di monografie , ciascuna delle
quali è formata dal nuovo problema che occupa la mente
del pensatore, che investiga i proprî precedenti e le pro
prie relazioni ; e questa forma dovrà prevalere perché è
la sola rispondente al fatto .
Cosí per ogni altra parte della storia , il definitivo non
sussiste, e per la stessa 4 questione sociale » , che continuò ,
dopo il Marx , e continua ad occupare le menti dei pub
blicisti e l'opera dei parlamenti . E questa è la realtà sto
rica, sempre A imperfetta , all'opposto della forma perfetta
con cui il Marx stimava di risolvere l ' « enigma della storia »
e di cui rimane il ricordo nelle sue pagine giovanili .
Le quali pagine suggeriscono anche un'altra osserva
zione, in tutta quella parte in cui entrano le dottrine degli
economisti allora famosi : che le sue critiche sono di carat
tere filosofico e morale , e l'economia politica , se anche i
suoi cultori incidentalmente manifestano le loro tendenze
filosofiche e morali , non è né filosofia né morale , ma un
metodo per calcolare e intendere le condizioni della pro
duzione economica . Sicché , quantunque egli tanto batta
gliasse contro gli economisti , questi , in genere , non se ne
dettero per intesi : e ragionevolmente , perché i suoi con
cetti, a cominciare da quelli del « sopravalore » , non erano
di scienza economica , ma artificiose costruzioni per sorreg
gere l'utopia che stava nel fondo dei suoi pensieri .

1950.
104 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

II

LA MONOTONIA E LA VACUITÀ DELLA STORIOGRAFIA COMUNISTICA.

La storiografia manipolata da coloro che professano la


dottrina comunistica scorre monotona, vuota e desolata
mente noiosa , come non può non sentire chiunque si faccia
a leggerla. E quando, interrompendo la monotonia e la
noia della lettura, si leva l'occhio verso la molteplice sto
T
riografia di diversa origine , cosí colorita, della nostra vita
attuale e della nostra vita umana , cosí appassionante , cosí
commovente, con tanti fili legata alle posizioni e ai pensieri
della realtà , si è presi da irresistibile attrazione verso di essa ,
e la noia è fugata . Ma la severità comunistica condanna e
dispregia ogni altra storiografia e la chiama « borghese » o
< volgare , da quando è sorta al mondo quella di Carlo Marx ,
che, con una potenza che si potrebbe definire storico-radio
scopica, rese trasparente nel gran corpo della storia lo sche
letro che tutto la regge, la struttura economica , e mercè
di questo concetto interpretò con sicurezza non solo tutta
la storia europea degli ultimi due secoli ma quella univer
T
sale , perché la sostanza di tutte è sempre la stessa : l'in
degno sfruttamento che le minoranze dirigenti hanno sem
pre finora fatto dei popoli . E, dopo lo stupore della grande
I
scoperta, una pia cura è stata rivolta anche agli sparsi
e parziali suoi precursori ; e tra essi al Saint- Simon , che
primo avrebbe definito il carattere classistico della Rivolu
zione francese, e poi al superstite compagno del Babeuf,
Filippo Buonarroti , che in quella rivoluzione vide l'urto
di due sistemi , il sistema dell'egoismo » o della proprietà !
privata e il sistema dell'eguaglianza sociale » o comuni
smo, e la sopraffazione che il primo riusci a compiere sul
secondo , abbattendo Robespierre e ponendo fine al salutare !
i

1
VI. HEGEL E MARX 105

metodo del Terrore . Anche in Italia si è affacciato il pro


posito di rinnegare tutta la esistente storia del Risorgimento
nazionale e di scriverne un'altra da cima a fondo nuova
e scientifica , condotta col criterio economico e materiali
stico ; e si è trovato a questa un precursore in Carlo Pisa
cane , che nella impresa di Sapri incontrò morte e gloria , ma
meriterebbe, a quanto si dice , altra gloria in altro campo
per avere iniziato , sin dal 1850 , la trattazione che oggi
ancora si desidera e per la quale egli aveva bevuto alle
fonti del contemporaneo socialismo e comunismo francese.
E intellettuali e professori , convertitisi di recente al verbo
nuovo , si arrabattano in consimile lavoro , né mancano tra
essi taluni che , avvicendando timidezza e coraggio, vor
rebbero ubbidire alle istruzioni del partito e venire incontro
ai suoi desiderî, facendosi a trattare con lo stesso metodo
la storia della nostra poesia ; ma in tal riguardo sarebbe da
consigliare caritatevolmente ai volenterosi di andar piano ,
perché gl'italiani non facilmente si acconciano a vedere
strapazzare e svisare le creazioni del genio artistico .
Tuttavia, se gli storti giudizî e le stravaganti richieste.
che ho ricordato non mi commuovono più del necessario ,
c'è un punto di carattere teoretico e critico che suscita la
mia maraviglia . Come mai ―――― mi domando - il comunismo
si tiene capace di scrivere una storia, esso che della storia
è assoluta negazione?
La storia è storia di lotte , e il comunismo non vuol
sapere di lotte , tranne che per metter fine una buona
volta a tutte con una sua azione violenta , e per intanto
combatterne assiduamente gli autori e le cause . Suo ideale
è la pace tra gli uomini ; e poiché la lotta nasce , secondo
esso crede , dall'opera del male contro il bene, il mezzo di
toglierla dal mondo è di togliere dal mondo il male ; e
poiché, procedendo nell'indagine e venendo al concreto ,
le cagioni del male sarebbero nella proprietà privata e nei
106 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

congiunti istituti , toglier via la proprietà privata, conside


randola il male dei mali , perché fonte di tutti gli altri .
Ottenuto con ciò l'effetto della rimozione del male , dovrebbe
sorgere il dubbio se la storia , che è storia di lotte , e queste
dal male hanno alimento , possa continuare , e in tal guisa
si configurerebbe l'epoca che si aprirebbe dopo la fine delle
lotte e che non sarebbe veramente epoca, cioè una tappa
differenziata nella storia, perché presenterebbe piuttosto i
caratteri di quella che si chiama eternità » . Ma questo
dubbio che sorge in noi non viene in alcuna considerazione
presso gli ardenti sterminatori della lotta tra gli uomini
e instauratori della pace perpetua , i quali , in ogni caso ,
potrebbero superbamente rispondere : Fiat iustitia et pereat
mundus, non importa che Hegel introducesse nel detto la
savia correzione : ne pereat mundus.
Tutto dunque , in questo raziocinare , va molto sempli
cemente o piuttosto semplicisticamente ; ma il male sta poi
(se si concede il bisticcio) proprio in quel concetto del
male , che , per chi vuol sul serio meditarvi sopra, serba
grandi sorprese . E per meditarvi sopra bisogna cominciare
da quei moti d'animo che in ogni parte e ad ogni momento
della vita noi combattiamo in noi stessi , considerandoli
come male . Male sarà , per esempio, un atto che ho com
piuto per trasporto di passione , e del quale non ho scrutato
la qualità e le conseguenze , e che perciò non ho sentito
né giudicato come tale , fino al momento in cui mi appare
in questo nuovo aspetto e mi dà quella forma di dolore
che si chiama rimorso , e con esso la brama di cancellarlo
nel solo modo in cui si può cancellare ciò che si è fatto
ed è accaduto , che è di fargli succedere un altro e diverso
atto . In questo processo di rimorso e di interiori sforzi ,
pervengo alfine al nuovo atto liberatore , nel quale mi sod
disfo : senonché , acquistata questa calma , riguardando quel
che prima mi addolorava e tormentava come male , lo vedo
VI . HEGEL E MARX 107

con altro occhio ; e penso che non fu tutto male ma ebbe


anche del bene , perché , senza di esso , non sarei giunto
alla nuova condizione in cui sto piú saldo e sicuro nel
bene , avendo fatto l'esperienza di me stesso e della irri
flessiva impetuosità che in me si annidava e che mi lasciò
trascorrere a un atto che , in quel momento, mi pareva
necessario e plausibile . Non tutto male ? Ma come un atto
effettivo può essere composto di male e di bene , cioè con
traddittorio e , per la contraddizione , ineseguibile ? Bisogna
dunque risolversi e in omaggio alla logica e alla verità
dire che quell'atto fu un bene , e che mi appariva e mi
doveva apparire male nel nuovo atto da eseguire e nello
sforzo che mi costava , e che mi doveva costare , il distacco
dall'atto precedente per la conquista del nuovo . Quell'ap
parenza cela la presenza stessa del nuovo processo che si
compie e che è processo di bene , al quale spetta la realtà ,
essendo l'altro apparenza, cioè nient'altro che esso stesso ,
in quanto adopera uno stimolo per la nuova azione , fa
sentire l'avvertimento di una minaccia , ma non pronuncia
un giudizio di valore logico . Il medesimo processo si può
esemplificare nel farsi della verità , quando pensiamo e ci
soddisfacciamo di una dottrina che abbiamo costruita o ab
biamo accolta, la quale dipoi viene corrosa dal dubbio e
per il dubbio entriamo in una penosa condizione , come di
chi brancola nel buio, in cui non siamo in grado nep
pure di dimostrare falso ciò che prima avevamo accettato ,
perché per questa negazione è necessaria una nuova mi
sura , una nuova dottrina , che non ancora possediamo ; ma ,
venutine alfine in possesso, la prima dottrina (se fu un
atto di pensiero e non un vanitoso flatus vocis o un'ubbria
catura dell'immaginazione) ci si dimostra anch'essa vera,
ma da essere integrata , come è stata, da una nuova verità;
cosicché noi possediamo quella e questa unificate , che in
questa unificazione hanno il loro vigore . La conclusione è
108 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

che il male quando è realtà non è male , ma quando è male


non è realtà ; la qual cosa non esclude che la coscienza
morale abbia per suo strumento questo fantasma dell'irra
zionale e del male, e che qui veramente la « legge » , la
vera legge che è quella della coscienza , produce, retro
spettivamente, il < peccato » , esercitando il suo supremo
diritto di operare in modo che la realtà non perda la sua
realtà col restare staticamente inerte e annullarsi , ma si
svolga e cresca su se stessa .
Ciò che è dell'uomo come individuo è parimente del
l'uomo sociale ossia della società umana , nella quale le
particolari forze spirituali si vedono , pur sul tronco della
comune umanità , impersonate in uomini che lottano tra
loro e ciascuno di essi è a volta a volta nemico e amico ,
vinto e vincitore ; e questa è la storia che va all'infinito ,
perché, se mai la serie si chiudesse nel finito , avverrebbe
semplicemente questo : che il mondo più non esisterebbe .
Donde appare evidente che il filato raziocinio comunistico
intorno alla lotta e al male è stato costruito senza aver
definito né la lotta né il male, ma adoperando questi due
termini a orecchio . E adoperato a orecchio è anche quello
della proprietà privata e della sua abolizione ; perché la
proprietà privata non si potrà mai radicalmente abolirla
in quanto coincide col concetto dell'individuo , che non
vive già come classe o altra generalità ma con sé stesso ,
e, se esiste , ha la proprietà di sé stesso e di quanto lo fa
esistere ; benché si possa ben modificarla nelle sue forme
e proporzioni, e sia stata modificata innumeri volte nella
storia , e sia , e sia stata sempre, in parte , non già privata
ina pubblica e statale e comune , e forse sarà possibile ren
dere sempre più larga questa parte , ed è un problema
affatto contingente , cioè legato a luoghi e a tempi, quello
di risolvere sino a qual segno si possa e si debba ampliare
la parte comune e statale senza diminuire , anzi accrescendo
VI. HEGEL E MARX 109

la produzione dei mezzi del vivere ; - e le modificazioni


sono correlative a particolari circostanze e possono richie
dere ora allargamenti e ora restringimenti dell'attività sta
tale . In questa sfera l'esperienza è sola maestra .
Significante altamente dell'indole del comunismo , e
chiara conferma della sua consapevole o inconsapevole ne
gazione della storia , è l'avversione e la repugnanza che
esso ha sempre dimostrato per un concetto fondamentale
della vita dello spirito e della storia , quello della « libertà » ,
che non solo nelle vecchie utopie del tipo della Città del
sole non trovava luogo , ma anche nei partiti comunistici
moderni , che procurano di attuarsi per vie pratiche e po
litiche , vien combattuto , a cominciare dalla già ricordata
Società degli Eguali del Babeuf (a cui si deve la richiesta
di una libertà reale , che integri la libertà formale » :
prova aperta della ottusità a intendere il concetto della
libertà, che è sempre formale » ossia « morale » , e non
mai condizionato dal possesso di particolari beni econo
mici ) , fino giú giú alle teorie del Marx , che irrise sempre
la libertà, salvo a consigliare di appoggiare gli sforzi dei
liberali contro i regimi assoluti per liberarsi poi degli
occasionali alleati e compiere da soli il salto , come egli lo
chiamava , dal regno della Necessità al regno della Li
bertà » , che non si sa che cosa potesse essere , ma si sa
che la sua porta d'entrata era la dittatura » , gabellata
per provvisoria » , e che esso avrebbe comportato l ' « abo
lizione dello Stato » , cioè della prima istituzione di garanzia
della libertà , che è la forma giuridica . Altra solenne con
ferma è l'irriverenza , nel Marx, per tutte le forme della
vita spirituale , religione , filosofia , scienza , poesia : irrive
renza e disistima che già dettero segno di sé negli inizii
del comunismo moderno col soprannominato Babeuf, nel
cui primo Manifesto della Società degli Eguali era scritto
che il valore dell'intelligenza è cosa di opinione » , e che
110 PARTE 1. INDAGINI SU HEGEL

bisogna ancora esaminare se il valore della forza del


tutto naturale e fisica non lo valga » ; tanto più che « sono
gl'intellettuali stessi che hanno dato sí alto pregio ai con
cetti del loro cervello » ; e poi le parole , che destarono
contrasto tra i compilatori e parvero imprudenti ad alcuni :
<< Periscano , se occorre , tutte le arti , purché ci resti l'egua
glianza effettiva » . Il Marx fece peggio , perché annullò il
valore autonomo di quelle forme , teorizzandole come nien
t'altro che maschere o « soprastrutture » della lotta di classe ,
sicché per lui non restava se non un'unica forma vera,
quella dell'economia , che per altro , essendo in lui isolata ,
senza relazione con altre forme , decadeva anch'essa da
forma spirituale a qualcosa di materiale , e materialismo ›
chiamò perciò il Marx la sua dottrina, nella quale erano
impensabili religione , filosofia , arte , scienza , moralità e le
loro correlative storie . E quella storia di millennî, quella
< storia universale , nella quale, insieme col dolore degli
uomini , spira il loro amore, insieme con le sventure stanno
le glorie, coi travagli le creazioni dell'alto pensiero, le
scoperte della scienza , le opere belle dell'arte , le azioni
degli eroi , i sacrifici dei martiri, nel Marx si abbuia in
una storia di non altro che diversa ma continua oppres
sione dei popoli , di miserie e di orrori , con la sola spe
ranza di un apocalittico millennio . Onde io , che ho sempre
ripugnato e ripugno alla dottrina naturalistica e fatalistica
delle razze , non posso in questo caso astenermi dal pen
sare , non già propriamente al sangue , ma alle tradizioni
e abiti giudaici del loro autore , e a quel che nella singo
lare formazione storica della gente ebrea avvertivano i
romani come il loro « adversus omnes alios hostile odium » ,
trasferito a odio di tutta la storia umana , antichità classica,
medioevo cristiano , libertà moderna , che, invece di essere
rappresentata da Omero, da Dante e Shakespeare , da Pla
tone , da Kant e da Hegel , viene rappresentata dallo Schiavo ,
VI. HEGEL E MARX 111

dal Servo , dal Proletario . Questa loro visione si connette


con ciò che Volfango Goethe, nei Wanderjahre, notava
degli ebrei che essi non possono fondersi con noi , perché
non riconoscono ―― diceva ―――――――― le origini storiche della nostra
civiltà e a loro ripugna la nostra storia , che non è la storia
loro, informata a una loro singolare idea di dominazione .
Ma, checché sia di questo problema psicologico e quale
che sia la soluzione che gli si dia , rimane l'errore della
storia concepita come male e della riduzione di tutta la
vita spirituale a maschera del male .
La radice ultima dell'ideale comunistico , che non si
trova nell'attiva vita spirituale e morale degli uomini , si
scopre agevolmente nella brama vana e puerile della libe
razione dalla fatica e dal dolore , indivisibili dalla vita e
stimoli della vita , e , in quanto la sua origine è tale, non
ha niente da vedere col desiderio , come si usa dire , di una
< umanità migliore , che sempre è vivo negli uomini e si
attua, quando e come si può , nelle particolarità delle azioni ,
e degli avanzamenti . Qui il desiderio di un'umanità migliore
è inteso , invece , nel senso di una umanità che sia diversa
essenzialmente dall'umanità che è la nostra , di un mondo
che sia diverso dal mondo che noi conosciamo : che è il
mito del << di là » , dell ' « altro mondo » , Eliso , Eden , Para
diso , Regno degli Eletti , o altro consimile. Certo, nel mito
c'è sempre, insieme con le combinazioni dell'immagina
zione, uno spunto di verità , sebbene in veste non filosofica,
e in questo caso la verità sta nel concetto della vita im
mortale , in cui lo spirito è libero dal corpo , non sente e
non soffre col corpo , ha raggiunto pace e riposo , e tuttavia
non resta inoperoso e impartecipe alla realtà del mondo :
nel concetto dell'opera umana che si eterna di là dalla vita
dell'individuo , nella storia che sopr'essa si prosegue e che
ad essa ha riferimento e sostegno ; dell'immortalità effettiva
non solo di coloro di cui la fama suona , ma di tutti gli
112 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

altri di cui i nomi sono dimenticati , e non perciò essi non


vivono nel nostro mondo e non esercitano l'ufficio che fu
il loro . È questo il fine delle opere che l'uomo crea - nos,
non nobis, facendole il più possibile belle affinché si di
stacchino da lui , persona transeunte , e vivano in una sfera
superiore , non fuori ma dentro la vita stessa . Tuttavia ac
cade che il mito venga materializzato , e ciò ch'era stato
dapprima portato e posto fuori del mondo , vi sia riportato ,
non per riconoscerlo come l'idealità di cui sopra s'è di
scorso, ma come un fine particolare da attuare material
mente sulla terra ; il che è , per piú lungo giro , un'altra via
per pervenire all'ideale comunistico. Il Marx non solo ri
percorse questa via già aperta dalle religioni , ma vi ag
giunse un altro mito religioso , quello del paradiso perduto
e da riacquistare , che in lui divenne il mito del comunismo
primitivo , che andò perso nel corso della storia e la perdita
si espiò con una sequela graduale di castighi , con le tre
età della schiavitú , del servaggio e del salariato , finché si
riguadagnerà nel ripristinato comunismo razionalizzato e
fatto consapevole di sé stesso .
La conclusione , da noi mercé l'analisi dei concetti ot
tenuta , della nullità dell'ideale comunistico non ha uopo
di essere convalidata dalla narrazione storica , che questo
non può fare , e che, invece , da quell'analisi riceve la spie
gazione del perché l'ideale comunistico non si sia mai at
tuato . Giuoco d'idilliaca immaginazione nei vecchi libri di
utopia comunistica , esso fu presto smentito quando tentò
di attuarsi con la fondazione di colonie per virtú di piccole
società di fedeli ed entusiasti , le quali trassero vita stentata
e presto si estinsero . Il Marx aspettò per piú tempo la ca
tastrofe rivoluzionaria della società borghese , prevedendola
prossima di decennio in decennio , e pensando che si sa
rebbe aperta con una crisi nell'economia mondiale , pari a
quella di cui si era avuto saggio negli anni 1846-47 , che
VI. HEGEL E MARX 113

avevano perciò , secondo lui , generato il '48 e le sue grandi


speranze, deluse poi per la chiusura della crisi ; ma queste
crisi generali , che egli credeva conseguenze necessarie ed
effetti fatali dell'ordinamento capitalistico, non si ripeterono,
e il Jevons finí , circa quel tempo , con l'attribuirne la causa
alle macchie del sole ! Comunque , dei grandi Stati nessuno
ha avuto mai una rivoluzione con assetto comunistico ; né
ai nostri giorni forma eccezione il caso della Russia e degli
stati e territorî dalle sue armi per effetto della guerra oc
cupati , perché solo in apparenza la Russia è comunistica ,
come ormai sanno tutti - — tutti , diciamo , quelli che hanno
occhi per vedere e orecchi per udire ; ―――― i quali sanno altresí
che il comunismo e le dottrine del Marx , a cui i suoi uo
mini politici si richiamano , valgono alla politica russa da
strumento di propaganda . Uno scrittore tedesco , che viaggiò
quel paese nei primi anni dell'istituito regime bolscevico ,
maravigliato di non vedere negli ordinamenti l'attuazione
del comunismo , e ricevendo per risposta a ogni sua do
manda che quel che non c'era si sarebbe avuto più tardi ,
osservò sorridendo che, per questa parte almeno , in Russia
il verbo si coniuga sempre al futuro . La qualità di regime
politico che è stata foggiata colà e che porta il nome di
comunismo, non abolisce lo Stato , come il Marx prescri
veva, anzi lo pone fortissimo e assoluto come non mai fu per
il passato, neppure con lo czarismo , che « totalitario » non
era o non era giunto in ciò al culmine odierno ; non si è
ottenuta l'eguaglianza economica e la misura dei salarî è
disugualissima tra gli operai e gli alti gradi ; non si per
mettono scioperi e il contadino è come affisso alla terra e
l'operaio alla sua industria ; non si riesce a far nascere
nuova filosofia, arte , religione , morale, che siano quel che
questi nomi importano e , insieme , materialistiche e prole
tarie; ma ben si riesce ad abbassare la vita spirituale in
tutte le sue manifestazioni , se anche non si possa di queste

B. CROCE, Indagini, 8
114 PARTE 1. INDAGINI SU HEGEL

strappare gli ascosi germi , dai quali rinasceranno nel


modo stesso che nella età che si disse primitiva e selvaggia
nacquero .
La nullità della storiografia comunistica non può essere
paragonata a quella della storiografia che si chiama « ten
denziosa e che viene a giusta ragione riprovata per le
alterazioni che introduce nel quadro della verità al fine di
conseguire effetti oratorî e predeterminate azioni pratiche ,
giacché le pecche di questa sono falsificazioni parziali e non
una falsificazione totale della storia , che , in ogni altro ri
guardo , essa procura , pei suoi stessi fini , di rispettare quanto
piú può . Ma la storiografia comunistica , negando l'idea
stessa genuina della vita, sostituendole quella dualistica , e
parsistica o manichea , della lotta del bene contro il male ,
del bene che è l'eguaglianza contro il male che è l'inegua
glianza, mettendo capo al trionfo finale dell'eguaglianza ,
che farebbe sparire la disuguaglianza e cosí abolirebbe la
storia, è falsificazione e nullificazione totale. La storiografia
ha per suo fondamentale carattere quella che comunemente
si chiama « oggettività » e « imparzialità » , cioè nega i fatti
concepiti di natura negativa, che sarebbero contraddizioni
in termini , e riporta tutti i fatti alla loro positività, rico
noscendo di ciascuno la razionalità , ossia l'ufficio tenuto
nel tutto che l'occhio dello storico scorge , e con ciò la re
ciprocità del legame con gli altri fatti , che li adegua e di
gnifica tutti al pari del medico che esegue una diagnosi , I
lo storico conosce la malattia solo in quanto la conosce non
come cosa estranea alla natura , ma come processo naturale
tra gli altri processi naturali . E tanto la coscienza storica
è ferma in questo convincimento , e tanto è sicura di sé
stessa e della impossibilità di venir meno alla sua propria
natura ed essenza , che , attenendosi all'omnia munda mundis,
non dubita di ammettere in sua compagnia le tendenze
pratiche dello scrittore di storie , come si vede dal piú al
VI. HEGEL E MARX 115

meno in tutti i libri di storia, dai quali , anche senza espli


cite professioni di fede , è ben facile ricavarle . Per uno
scambio , ciò è stato recato a prova che una trattazione sto
rica realmente imparziale non è attuabile e non è mai stata
al mondo, o se n'è vagheggiata come attuazione l'indiffe
renza della cronaca e del puro filologismo ; laddove biso
gnava semplicemente dire che il libro di storia non è
esclusivamente pensiero storico » e , pel fatto stesso che
si concreta nella parola e nello stile , dà intera la persona
lità dell'uomo e dello scrittore , il quale , per storico o per
filosofo che sia , non può deporla lasciandola alla porta , se
nella sua stessa parola , nel timbro della sua parola , quella
risuona . Ma lo storico, nel prendere con sé compagno il
suo sé stesso praticamente e moralmente impegnato, non
solo non confonde , ma fa vieppiú netta risaltare la distin
zione tra il pensatore e l'uomo di passione , e con ciò si
può dire che rammenti all'uomo intero che ogni pensiero
storico deve metter capo all'azione personale e al dovere
morale. Ed ecco perché ogni libro di storia contiene un
elemento di oratoria , di raccomandazione , di polemica po
litica, e sarebbe cattivo indizio che mancasse la passione
per la materia che è oggetto di storia : passione che acuisce
l'intelligenza stessa dello storico , laddove la tiepidezza e
l'indifferenza tendono a traviarla , come s'è accennato ,
verso il mero cronachismo e filologismo . In quali limiti
l'un elemento debba contenersi rispetto all'altro, l'intel
lettivo verso il passionale , è questione che il gusto lette
rario caso per caso risolve : quel gusto che si chiama anche
il senso del conveniente .
Ma la nullità della storiografia comunistica ha il suo
suggello nel fatto che il comunismo , incapace come è di

1 Si veda Filosofia e storiografia, saggi (Bari , 1949) , pp. 122-27: « Le


espressioni affettive nei libri degli storici » .
116 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

ogni storiografia , non può scrivere , ossia pensare , neppure


la storia di sé stesso , e resterebbe senza storia se non lo
raccogliesse nella sua liberale larghezza la storiografia senza
partito o imparziale, la storiografia filosofica e critica, che
non può certo trascurare un gruppo di fatti cosi cospicuo
come quello che nell'ultimo secolo e mezzo s ' iscrive sotto
nome di comunismo . Senonché , nel trattarlo , verrà a lu
meggiarlo alquanto diversamente da come tenta di presen
tarlo la pseudostoriografia o l'invettiva storicamente colo
rata dei comunisti , perchè , anzitutto , la genesi mentale di
esso non si trova direttamente nelle sofferenze e nelle agi
tazioni delle masse operaie, ma nel pensiero che ha innal
zato (come non accadde né per le rivolte degli schiavi e
dei gladiatori dell'antichità, né per le jacqueries e guerre
di contadini di tempi posteriori ) quei movimenti e convul
sioni sociali a problemi , e perciò negli uomini di cultura
e nella coscienza morale , cristiana e liberale , che riempi
quei problemi della propria sollecitudine , e nella classe
politica che li venne traducendo in pratici provvedimenti ;
donde il fatto , strano in apparenza ma ovvio nella realtà,
che i promotori del comunismo e socialismo furono tutti di
quella classe che la faziosa polemica denomina e aborrisce
e sprezza come « borghese » . E certamente i primi atti a
difesa dei lavoratori e ad affermazione dei loro diritti ven
nero dai parlamenti , che , con le grandi inchieste come
quelle inglesi sulle condizioni del lavoro , iniziarono la le
gislazione sociale , la quale si è estesa sempre più nel se
colo trascorso da allora . Nacque nella prima metà dell'otto
cento la parola questione sociale , considerata la grande
questione del secolo : parola che , sebbene suscitasse la

1 In proposito cfr. il saggio: Considerazioni sul problema morale


dei nostri giorni ( 1944) , in CROCE, Pensiero politico e politica attuale
(Bari, 1946) , pp. 3-24.
VI. HEGEL E MARX 117

vivace negazione di qualche uomo politico come il Gam


betta (ma il detto famigerato del Gambetta si trova già, e
assai bene ragionato, in una lettera del Flaubert del 1857) :
La question sociale n'existe pas » , veniva negata nelle
aspettazioni utopiche che portava in sé , ma non nei fatti
che adombrava , i quali erano la nuova fisionomia dell'in
dustria moderna e della classe operaia che a questa si lega ,
e il sentimento che si era formato della somma gravità dei
contrasti e conflitti che ne nascevano, e del bisogno di re
golarli senza che , per raccogliere il frutto , si abbattesse
l'albero. Ma l'opera attiva e paziente dei governi era dai
comunisti sospettata , screditata e male accolta, perché essi
pensavano di dover tagliare e non già sciogliere il nodo
o i nodi, e con la violenza mettere in atto in modo inte
grale il loro ideale e il trapasso o salto dalla esistente a
una affatto nuova società , della qual cosa si è di sopra ac
cennata la critica , e perciò anteponevano il peggioramento
delle condizioni sociali che , stimolando alla rivolta , dava
speranza di aprire un processo rivoluzionario . E tuttavia
con la sua negazione e con le sue minacce il comunismo
operò pure in qualche modo positivamente col disporre gli
uomini e le classi riluttanti a cedere alla necessità dei tempi ,
non potendosi contare sugli entusiasmi generosi , su quelle
<< Notti del quattro agosto » , che sono rare e di labili effetti .
Altre formazioni o effetti sociali del comunismo furono
meno pregevoli e meno fecondi di bene , come l' « odio di
classe , piuttosto che spontaneamente sentito , introdotto o
eccitato negli animi delle classi popolari con la facile al
leanza dei poco salutari sentimenti della cupidigia e del
l'invidia ; la diminuzione del posto che prima si riconosceva
alla cultura e la sostituzione ad essa della incultura della
propaganda, che lascia sussistere e per di più avvelena
l'ignoranza ; il poco riguardoso trattamento verso le stesse
classi proletarie , delle quali i demagoghi si valgono , col
118 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

nome di masse > " al grado di proiettili umani per i loro


fanatismi o le loro ambizioni , ma che essi né ben conoscono
né amano , come furono sentite , comprese e fatte amare dagli
artisti di un tempo, e non di partito , perché quelli di par
tito sono privi di questo dono o lo perdono nell'assumere tale
ufficio, né par che giovino le scuole speciali aperte in Russia
di arte proletaria , tanto poco proficue all'arte quanto al pro
letariato . Tuttavia queste cose inutili o dannose non erano
tali da impensierire troppo sulla sorte della società umana ,
essendo l'ignoranza sterile e le sue radici deboli . Ciò che
ha determinato le nuove fortune del comunismo non è stata
la sua forza ideale e sociale , ma le grandi guerre del se
colo ventesimo , che hanno portato alla distruzione o piut
tosto al suicidio della possente e operosa e fiorente Germania
e a dividere l'Europa , e si può dire il mondo , in due po
tenze o due gruppi di contrapposte potenze : l'uno , nel suo
complesso storico e liberale , che è dell'Occidente , e l'altro
antistorico e dittatoriale, che è dell'Oriente , con a capo la
Russia; e questa potenza , che , come ogni potenza , è ten
denzialmente imperialistica , non poteva certamente in sede
di politica e di guerra rinunziare a un mezzo che le si of
friva pronto ed efficace , e non innalzare la bandiera del
comunismo e del marxismo e con essa indurre , se non la
scissione, il turbamento nel seno dei popoli avversarî, e
cosí indebolirli . Per tali vie il comunismo è asceso ad una
forza che era ben lungi dall'avere prima delle due guerre ,
quando già languiva dappertutto, ed è ora delle maggiori
che siano nel mondo ; sebbene nel toccare questo alto grado
di forza si sia intieramente disciolto come comunismo , sco
prendo l'irrealtà del suo ideale, e sia divenuto semplice
mente K slavismo » , cioè la maschera di quella minaccia
slava che si profilò sull'Europa e sul mondo subito dopo
la vittoria riportata dalla Russia contro Napoleone, e che,
dopo esser passata per molteplici vicende nel corso di un
VI. HEGEL E MARX 119

secolo e per lunghi tratti quasi scomparsa e come dimen


ticata , si è ravvivata infine , raccolta e maturata con la ca
duta dello czarismo e della non ingenerosa ma scettica e
fantastica e infingarda nobiltà che lo circondava, e con
l'avvento di un nuovo czarismo , che ha messo in atto una
rivoluzione sociale , ed è formato e sostenuto da gerarchie
spregiudicate , non intese ad altro che alla volontà di po
tenza e armate di tecnica moderna . Come in Russia , cosí
nelle menti dei comunisti che formano grossi partiti in altri
paesi non c'è più nulla del comunismo d'un tempo , razio
nalistico e umanitario, ma l'incanto dell ' imperialismo slavo
a cui essi soggiacciono e che comunicano ad altrui quasi
fato imminente dell'Europa e del mondo; sicché, pur con
tinuandosi a recitare il catechismo marxistico , si avverte
che questo è recitato tanto piú insistentemente quanto meno
è creduto e quanto meno si fa sentire nella scienza e nella
cultura, che nel fatto vanno innanzi senza di esso , tuttoché
infastidite dal rimbombo della sua voce stentorea . La sto
riografia comunistica si viene ora convertendo in una di
versamente atteggiata storiografia del bene contro il male ,
della Russia comunistica e umanitaria e zelatrice di pace
contro il mondo occidentale capitalistico dal cuore antiumano
dell'usuraio e spietatamente bramoso di nuove guerre e di
nuovo spargimento di sangue . Non oso affermare che vi sia
gente, usa alla critica e usa a discendere nel fondo di sé
stessa, che creda a questa nuova mitologia della luce e della
tenebra; ma certo moltissimi ve ne ha che si persuadono
di credervi , la qual cosa induce a penose considerazioni
chi non molto ami vivere in tempi in cui abbondano la
rozzezza spirituale e l'indistinzione della menzogna dalla
verità, e il dire il contrario di quel che si sa vero , e gli
sguardi stanno fissi al proprio comodo o alla propria paura ,
e l'anima si è indurita a tal segno che pare di vedersi di
nanzi non uomini come noi , ma automi meccanicamente
120 PARTE I. INDAGINI SU HEGEL

costruiti e forti di meccanica coerenza , coi quali non si pos.


siede comunanza alcuna di pensieri e di affetti , ed è precluso
ogni reciproco abbandono . Ma , di tra le ombre di questo
pessimismo, pur torna la visione dei tanti che soffrono la
medesima tristezza, e , nel raccogliere in sé questa frater
nità di dolore , si ritempra di continuo in noi la risolutezza
a difendere tenacemente il retaggio ricevuto dagli spiriti
che hanno creato , con lavoro di secoli , questa che è l'unica
idea di civiltà, che sia dato pensare come perpetuo amplia
mento e arricchimento di sé stessa e che a noi , che pas
siamo ora sulla terra , è ora affidata .

1949.
PARTE II

SCHIARIMENTI FILOSOFICI
I

OSSERVAZIONI INTORNO ALLA DOTTRINA DELLE CATEGORIE.

La dottrina delle Categorie o dei supremi predicabili


del giudizio , inclusa nell'organo aristotelico , è stata ordi
nariamente considerata parte della trattazione della scienza
logica.
Ma, se vi si riflette , non può avere consimile colloca
zione , perché sorpassa l'àmbito della Logica in quanto
questa è particolare scienza filosofica e quella investe le
altre parti tutte della filosofia , essendo ciascuno dei supremi
predicabili a capo di un corrispondente ordine di realtà e
di una particolare scienza filosofica , sicché , presa in quella
estensione , la dottrina delle Categorie non solo non può
includersi nella Logica , ma la Logica è inclusa in essa
come la categoria del pensiero , distinta da quella della fan
tasia e del volere e della moralità.
E, sebbene tutte le categorie siano pensabili e pensate
come concetti , per sé non sono concetti , ma potenze del
fare spirituale , strette bensí l'una l'altra da un intrinseco
nesso unitario, ma non riducibili tutte a una sola di esse
nella propria singolarità , né risolubili tutte in un x che le
anneghi e le annulli ; onde la dottrina delle Categorie sta,
con la stessa sua presenza , contro ogni panlogismo , pane
stetismo , paneticismo e simili , e contro il misticismo che li
neutralizza tutti in sé stesso .
124 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Per essere realtà , la singola categoria deve andare unita


di volta in volta con una materia ( — prendo , come è chiaro ,
questo termine nel senso aristotelico di una forma che un'al
tra forma susseguente investe ed abbassa a sua materia — ) , in
un'unione cosí fatta che è fusione piena, per modo che nella
realtà che ne nasce non siano apprensibili la categoria e il ca
tegorizzato , la forma e la materia , ciascuna per sé ; e perciò
nella realtà in quanto pensiero la categoria deve essere il
pensiero, e la materia l'intuizione , e cosí formarsi il giu
dizio che è l'effettivo pensare , per il quale vale la formola
kantiana che senza la categoria l'intuizione sarebbe cieca
e senza l'intuizione la categoria resterebbe vuota . Ma l'a
nalogo di questa formola vale per tutti gli altri atti spiri
tuali , giacché anche la fantasia o categoria estetica sarebbe
vuota senza la materia che le porge la volontà in quanto
sentimento e passione , e questa sarebbe cieca senza la luce
intuitiva della fantasia ; e cosí , correlativamente , per le
forme pratiche . Donde il detto del filosofo che tutte le cose
si producono giudicandosi e ciascuna di esse è un giudizio
(il che si esprime meglio in lingua tedesca , nella quale il
giudizio si dice Urtheil) .
Nella realtà come pensiero , il concetto non precede né
segue il giudizio ed è il giudizio stesso ; e del pari l'uno
e l'altro si identificano col sillogismo , perché non si con
cettualizza né si giudica senza ragionare . La distinzione di
queste tre forme , che si legge nei trattati di Logica, è gram
maticale o verbale , come si dice , e non logica.
Il concetto del concetto è , pertanto , distinto dal con
cetto della categoria , in quanto questo è più comprensivo
che non sia la sola sfera del concetto ; ma in tutte le sfere
l'incarnazione della categoria, ossia la sua unione con la
materia , è piena fusione , e la descrizione analitica del pro
cesso dell'unione rischia di diventare mitologica se non lo
si contiene nei suoi limiti didascalici . Variano solo la par
I. LA DOTTRINA DELLE CATEGORIE 125

ticolarità della categoria e la particolarità della materia,


che se per il pensiero è l'intuizione , per l'intuizione è la
passione o sentimento , e per la vita morale l'appetito o
cupiditas, e per la sfera utilitaria o economica la moltepli
cità delle cupiditates, da ridurre di volta in volta ad una
per uscire dall'indifferenza ed operare .
E a tutte esse la materia viene dal corso storico , e in
quanto esse tutte le danno la forma storica, di storia nuova
e presente rispetto alla storia passata, tutte sono formazioni
storiche . Onde accade che il concetto di categoria in quanto
concetto del concetto sia in continua formazione ossia in
arricchimento storico . Affatto inammissibile sarebbe, se non
fosse inconsapevolmente metaforica , l'espressione che un
tempo si usava per designare i concetti col chiamarli << so
prastorici » : se non ci fosse il divenire e la storia, non ci
sarebbe alcuna realtà e perciò anche nessun pensiero e nes
sun concetto, fuor che in mente Dei , di un Dio solitario,
trascendente e mitologico.
Ma la sollecitudine che portava a collocare il pensiero.
in un empireo soprastorico , sebbene poi di questa colloca
zione non potesse fare se non un uso meramente metafo
rico, aveva qualche giustificazione , in quanto trepida e vi
gile cura contro la confusione dei concetti puri coi concetti
empirici , tra i quali vediamo sovente i primi , cioè i con
cetti della categoria, mescolati , disconosciuti e tolti in
iscambio , sicché , nell'impeto di questa difesa , si andava
oltre il segno , pretendendo di tenerli puri financo dalla
storia, con procedimento altrettanto semplicistico quanto
quello di mantenere pura l'anima col privarla del corpo.
Dal loro carattere storico non viene detrazione alcuna di
purità ossia di universalità ai concetti , ma soltanto ad essi
miglior fondamento e maggiore saldezza . I concetti empi
rici, insieme con gli astratti , si distinguono nettamente dai
concetti speculativo- storici in ciò , che quelli sono con
126 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

venzionali e pratici e questi teorici e schietti (quσɛ e non


νόμῳ ).
Ma questa differenza dei concetti puri e storici dagli
impuri o improprî e dagli astratti e matematici, conduce
a notare che nelle tabelle delle categorie sogliono andare
inclusi cosí quelli che hanno realtà di pensiero come quelli
che l'hanno solo di uso pratico e convenzionale. La filo
sofia non può trattare se non dei primi , e dei secondi solo
schiarire , in rapporto ai primi , la genesi logica , e non già
usurpare le parti dei naturalisti e fisici e matematici , de
terminando quali e quanti siano o debbano essere , cioè
quanti e quali ai cultori delle scienze torni comodo di fog
giare ai fini del sapere scientifico o di abbandonare come
non più redditizî a questo fine .
Purgare, dunque, secondo questo criterio , le tabelle
delle categorie dal miscuglio che s'incontra anche nelle
più famose, nella aristotelica , nella kantiana e nella hege
liana, è indispensabile , e considerare categorie solo quelle
che appartengono o attengono alla filosofia come sinonimi
o aspetti delle categorie supreme , alle quali bisogna sem
pre riportarsi . La tabella aristotelica delle dieci categorie ,
con le aggiunte cinque o postcategorie , non ci dà nessuna
dichiarazione del criterio con cui fa condotta , e somiglia
un'enumerazione di cose sparpagliate , che non giustificano
né il posto a cui sono state innalzate né perché debbano
esse sole occuparlo ; quella kantiana enuncia bensí il criterio ,
ma questo è forse il più infelice che si potesse mai adottare,
cioè le forme verbali e grammaticali , che servono indiffe
rentemente a giudizî filosofici e non filosofici , proprî e im
proprî, e anche a mere situazioni psicologiche ; quella hege
liana , preceduta dall'esigenza già sentita e manifestata dal
Fichte di una deduzione delle categorie , si prova a con
giungerle col logico filo di uno svolgimento che , conforme
all ' Idea hegeliana dello svolgimento, va da imperfetto a
I. LA DOTTRINA DELLE CATEGORIE 127

sempre meno imperfetto fino al culmine della perfezione,


nel quale si arresta , annullando sé stesso nell'immobile
sopramondo della contemplazione ; e anche nello Hegel le
categorie speculative e quelle naturalistiche si susseguono
e si avvicendano frammiste e confondono i diversi loro
caratteri . Poi , salvo che da qualche epigono, la dottrina
delle categorie , intesa come parte della scienza logica , non
è stata più coltivata , non perché metodicamente confutata
e sostituita, ma forse piuttosto perché si avvertiva nel fatto
la sua aridità e infecondità e la si trascurava come su
perflua.
E, quando ricomparve, aveva cangiato aspetto e nome,
e si chiamava Teoria dei valori » , e , dimentica di sé
stessa e inconsapevole dei suoi doveri e dei suoi diritti ,
non fu riconosciuta neppure da altri e non fu posta, che
io sappia o ricordi , in relazione con l'antica dottrina che
prendeva nome dalle categorie . Lo Hegel aveva pensato
ed enunciato nella sua Scienza della logica una grande ve
rità : cioè che sola forma genuina del giudizio è quella che
egli chiamò giudizio del concetto » , ossia tale che , po
nendo un oggetto in relazione col concetto , determina se
l'oggetto sia vero o falso , buono o cattivo, bello o brutto,
e simili , e che solo contiene un vero e proprio atto giudi
cativo, osservando a conferma che , anche nella vita ordi
naria, « solo questo si chiama giudicare » ¹ . Ma gli autori
delle teorie del valore , che avevano smarrito la tradi
zione della grande filosofia e aborrivano (come in generale

1 Queste pagine dello Hegel non mi pare che abbiano ricevuto


il debito risalto e abbiano richiamato la meditazione che meritavano ,
la quale , in un altro riguardo, avrebbe condotto a critiche contro
lo stesso loro autore: v. Wissenschaft der Logik, ed. Lasson , libro III ,
cap. 2 (trad. it . del Moni , III , 118 : cfr. 76-90 ; e v. anche Encykl.,
ed. Lasson, 167-178 (trad . ital . del Croce , pp . 148-154). Altri schia
rimenti in proposito nelle mie Nuove pagine sparse (II , 138-42).
128 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

allora si aborriva ) , e quasi avevano scomunicato Hegel , e


l'unico loro congiungimento col passato dell'età gloriosa
del pensiero tedesco era in un pensatore , notevole solo per
ché tenace oppositore reazionario , lo Herbart, non sospet
tarono che essi si incontravano col concetto hegeliano del
giudizio nella sua severità logica in cui il valore coincide
con l'essere, il razionale col reale , e inclinarono al concetto
herbartiano del valore come qualcosa di alogico e di ag
giuntivo, un Zusatz di piacere e dispiacere , di approva
zione e disapprovazione , che seguiva alla riconosciuta ve
rità : ossia guardarono nel giudizio di approvazione e ri
provazione non quello che era il discernimento di un positivo
da un positivo diverso , cioè la sua forza conoscitiva, ma
la disposizione sentimentale che è già atto pratico e voli
tivo e promuove una nuova realtà . Cosí la loro nuova
dottrina delle categorie come valori nacque debole , e non
si legò e fuse intrinsecamente coi fatti e con la storia.
E poiché essi non intesero la grande verità del giudi
zio come giudizio del concetto e pertanto della realtà come
valore , di uno o di altro ordine , del vero , del bello , del
buono , dell'utile , non potevano passare al problema della
<< deduzione » o , meglio, dello svolgimento delle catego
rie » o « valori » o forme dello spirito , e metterlo per
la via propria della soluzione , che lo Hegel , il quale aveva
sentito più fortemente di ogni altro la serietà ed urgenza
di questo problema , non aveva indovinata , né poteva , posto
il suo panlogismo e il suo teologismo . L'avere noi , nel
dare di sopra esempî di categorie , recato forme dello spi
rito , tacendo di tutte quelle che tali non sono, ma parti

¹ Sui giudizî di valore nel senso herbartiano rimando alla critica


che ne feci nella Filosofia della pratica (sesta ed. , Bari, 1950), pp. 26-29,
e a un mio saggio nel volume: Saggio su Hegel e altri di storia della
filosofia ( terza ediz. , Bari , 1949) , pp . 396-410 : I giudizî di valore nella
filosofia moderna › .
I. LA DOTTRINA DELLE CATEGORIE 129

colari operazioni e di ordine non schiettamente conoscitivo


(come la categoria di causa ed effetto , o quella di
<< azione reciproca » , le quali appartengono alla scienza
della natura e diventano calamitose se vengono introdotte
nelle scienze filosofiche) , questo nostro esclusivo riferimento ,
nelle osservazioni che siamo venuti facendo , alle cose O
meglio agli atti dello spirito e non alle cose della natura
dei naturalisti , viene giustificato e confermato dalla conclu
sione a cui abbiamo messo capo . Senonché il legame tra
le categorie non può essere una deduzione da una di esse ,
a cui si dia la virtú di genitrice di tutte le altre da una
unità astratta e immobile , come è l'unità matematica , o,
peggio ancora, una generazione all'infinito di sempre
nuove categorie che sarebbe il suicidio della categoria e , in
vece della storicità » , darebbe il fenomenismo » ¹ . Il loro
legame vero non è altro che l'eterno loro implicarsi l'una
nell'altra e venire ciascuna al primo posto e ciascuna rien
trare nel circolo eterno , come la Beatrice del paradiso dan
tesco , che sorride e riguarda e poi si volge alla « eterna
fontana » .
Se non m'inganno , la critica e la storia che ho deli
neate , dichiarano la morte della vecchia dottrina delle ca
tegorie, trascinantesi ancora come viva in qualche epigono
nel quale era spento il senso della freschezza e originalità

¹ Discussi particolarmente questa dottrina, che fu del cosiddetto


idealismo attuale , col De Ruggiero , che era un assai vivace seguace
di quella scuola : si veda questa discussione del 1921-22, rist . in Pa
gine sparse (Napoli , 1943 ), III , 392-416 . E il De Ruggiero, anche
lungo tempo dopo che si era distaccato da quella scuola, rimase im
pigliato nella fenomenistica concezione della categoria, come si vede
nel suo ultimo libro sullo Hegel (Bari, Laterza, 1948 ) , dove esce a
dire che non è da < coartare la logica in un sistema chiuso di cate
gorie, impotente a racchiudere l'infinita attività categorizzante del
pensiero » (p . 211 ) . Ma l'attività categorizzante del pensiero è il giu
dizio , ossia la fusione o sintesi di categoria e intuizione , di univer
sale e singolare.

B. CROCE, Indagini. 9
130 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

del filosofare, come nella Kategorienlehre dello Hartmann ,


che è passata senza alcuna efficacia sulle menti ; ma al
tempo stesso annunziano la sua resurrezione nella teoria
delle forme dello spirito , une e distinte e creatrici eterne
della realtà come storia , e une e distinte nel pensiero giu
dicante .
Ma poiché mi è accaduto di dover tornare sulla dottrina
delle categorie a questo modo elaborata, mi pare opportuno
un accenno al profilarsi , che si suol notare , di esse e dei
loro problemi nelle religioni e nelle teologie, la qual cosa
ha la sua verità , se è vero , come è vero , che le religioni
e le congiunte teologie siano il precedente delle filosofie .
Cosí Hegel insiste sulla importanza del dogma cristiano
della Trinità, e altri, variamente, su quello della < omousia
o della parità delle persone divine e del loro ufficio pro
gressivo dal Padre al Figlio e allo Spirito santo , e della
concezione di Satana avversario e servo di Dio , e simili ; e
si legge, per esempio , in un pregevole libro italiano sulla
storia della filosofia cristiana , che con l'omousia , procla
mata dal concilio di Nicea , « siamo già agli albori del mondo
moderno » , perché « essa ci dice che l'ansia del divenire
non è una degradazione del mondo , che la perfezione non
sta solo nel passato , nell'intatta virtú dei padri , ma per
mane identica nei figli , e ripone questa identità in un rap
porto superiore alla personalità degli uni e degli altri , ma
immanente a questi non meno che a quelli » ¹ : in altri ter
mini , appare il concetto del progresso » . E certamente
è da dubitare che nelle religioni e teologie affiorino o siano
tendenze verso certi concetti e suggestioni a porli , e solo
per una sorta di reverenza alle origini si traducono volen
tieri le formule delle nostre nuove verità nelle formule loro

1 DE RUGGIERO, Storia della filosofia : parte seconda : La filosofia


del cristianesimo , vol . II (2ª ed. , Bari , 1934) , p . 12.
1. LA DOTTRINA DELLE CATEGORIE 131

antiche e solenni . Ma non bisogna mai dimenticare che le


religioni sono sempre < mitologia » , cioè , come diceva il
Vico , una inopia della mente, che , non ancora abbastanza
forte, si acconcia a convivere con le immaginazioni , e che
la filosofia nasce , sí , su questo suo precedente , ma nasce
con lo slegare questo legame e col ripigliare da capo il
problema per virtú del pensiero e della critica che gli è
intrinseca : cosicché le sue categorie sono categorie logiche:
la trinità o triade onde la contrarietà si svolge e la supera è
dialettica , cioè un pensiero speculativo , e non è la trinità
cristiana ; e dappertutto spariscono le persor.e dinanzi alle
forme e ai momenti dello spirito . Ciò sia detto per impedire
o schiarire confusioni e intendere i nuovi valori conoscitivi
che adottano i vecchi nomi di « dualità » , « triade » o « te
trade » o di altri dei cosiddetti << numeri sacri » , con le
unite fantasticherie e arguzie e accademismi ancora im
perversanti nel cinque e seicento , che Galileo scacciò dalle.
scienze fisiche e naturali , laddove la filosofia moderna
adopra quei vocaboli per comodo verbale .
Piuttosto gioverebbe meglio indagare a qual fine la dot
trina moderna delle categorie si venne elaborando nel modo
che ho di sopra esposto , sul qual punto a me pare evi
dente che esse furono il processo logico e intrinseco al
moto della filosofia verso la sua unione e fusione con la
storiografia ossia col pensiero storico : il che forse solo oggi
è diventato a pieno consapevole come non fu nel suo prin
cipale promotore , il Kant. Il giudizio storico ha la duplice
sua premessa nel documento interiore o interiorizzato o in
tuizione , e nel pensamento delle categorie e della loro.
dialettica .
In effetto , uno dei primi e più profondi indagatori del
rapporto delle categorie , il Vico , le chiamò storia ideale
eterna , nella quale corrono le storie particolari che si
pensano nel tempo : che è un bel detto e che piace adot
132 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

tare pur con la dovuta cautela. E necessario è avvertire


che se per motivo di risalto nel discorso si divide l'una
categoria dall'altra, non bisogna mai dimenticare che cia
scuna richiama tutte le altre, perché la loro distinzione è
insieme unità, l'unità dello spirito. E bisogna pensare an
che che esse sono , come si è detto , « potenze del fare » ,
e come tali non stanno inerti né docili , ma ciascuna aspira
a persistere andando oltre il suo ufficio , donde una sorta
di bellum omnium contra omnes , l'opposizione , che è gene
rata dalla distinzione stessa, in quanto dà vita allo spirito
e fa di ogni suo atto una conquista . L'opposizione sorge
in tutte le categorie , e non già da categorie materiali con
tro le spirituali , come suole concepirla il dualismo .
II

INTORNO ALLA CATEGORIA DELLA VITALITÀ.

Torno di tanto in tanto su un punto che stimo di molta


importanza per una concezione serrata e non contradittoria
della libertà, circa il quale mi sono state mosse o ancora
mi si muovono obiezioni che io , sebbene le abbia sempre
accuratamente raccolte ed esaminate , non ho potuto rico
noscere valide e molto meno atte ad aprire nuove vie .
Il punto è quello in cui , fin da cinquanta anni or sono,
agli inizi del mio qualsiasi filosofare, feci la proposta di
aggiungere alla veneranda triade dei valori e delle forme
dello spirito, il Vero , il Buono e il Bello, la forma che de
signai come dell' Utile o dell'Economico , e di poi , e forse
meglio, della pura e semplice Vitalità : quarta categoria ,
che ampliava quel numero sacro della triade alla tetrade ,
che anch'essa figurò nell'antichità presso alcuni popoli
come sacra ed è , come forse non è l'altra , ricca di corri
spondenze e d'interne armonie , che i pitagorici avvertirono.
Oggi mi è capitato di svolgere da capo il filo delle mie
considerazioni in proposito, avendo per caso riaperto i
Metaphysische Anfangsgründe der Tugendlehre, uno di quei
libri del Kant che va un po ' terra terra a paragone delle
tre Critiche, ma che è sempre la parola di un serio e co
scienzioso pensatore .
Ora, proprio al principio di quel libro si trova una di
visione dei doveri morali in doveri dell'uomo con l'uomo
134 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e dell'uomo con esseri non umani , e la prima classe sud


divisa in doveri verso sé stesso e doveri verso gli altri
uomini , e la seconda in doveri verso esseri subumani e
doveri verso esseri sovrumani . E , soffermandomi alla prima
suddivisione che il Kant determina , per i doveri verso sé
stesso, nel principio della perfezione , e per quelli verso
gli altri uomini , nel principio della felicità , e senza ora
proseguire verso gli esseri « subumani » e quelli « sovru
mani » , ho ritrovato qui lo sviamento che accade con l'intro
durre i concetti di sé e degli altri , e della perfezione propria
e della felicità altrui , nel concetto dell'azione morale , la quale
è sempre rivolta a quel che è comune agli uni e agli altri
e supera gli uni e gli altri , come l'elevamento della vita,
il dispiegamento della libertà. L'individuo perfeziona sé
stesso sempre che opera un atto di elevamento , e perché
cerca questo e non la felicità propria , cosí non la felicità
deve procurare o mantenere negli altri , ma l'elevamento ,
e, secondo tal criterio , approvarli o biasimarli .
Fuori di ciò , verso il mero « sé stesso » non hanno luogo
doveri morali , perché quel sé stesso è la mera vitalità , che
per sé si afferma e svolge di qua dalla morale; sebbene
sia condizione e premessa della morale e l'uomo non po
trebbe esser poesia , pensiero , moralità , se anzitutto non
fosse spirito vivente.
Terribile forza questa , per sé affatto amorale , della vi
talità , che genera e asservisce o divora gli individui , che
è gioia ed è dolore, che è epopea ed è tragedia , che è riso
ed è pianto , che fa che l'uomo ora si senta pari a un Dio ,
ora miserabile e vile; terribile forza che la poesia doma e
trasfigura con la magia della bellezza , il pensiero discerne ❤
e conosce nella sua realtà e nella realtà delle sue illusioni ,
e la coscienza e volontà morale impronta di sé e santifica
ma che svela sempre la sua forza propria , con le sue ra
gioni che si fanno valere oltre la nostra volontà e riim
mergono di volta in volta l'umanità nella barbarie , che
1
II. LA CATEGORIA DELLA VITALITÀ 135

precede la civiltà , e alla civiltà succede interrompendola


per far sorgere in lei nuove condizioni e nuove premesse .
L'uomo non può negare il diritto di essa , la forza della
vitalità , perché le appartiene, come non può negare quelle
della poesia, del pensiero , della vita morale, alle quali pa
rimente appartiene , né può negare lo spirito in universale ,
perché l'ha in sé come sua forma eterna .
È povero frutto d'immaginazione spezzare questa unità,
contrapponendo un'anima senza corpo a un corpo senz'ani
ma, uno spirito a una materia , una natura interna a una na
tura esterna, perché la critica dimostra che il circolo è tra
forme spirituali , tutte del pari razionali e distinte tra loro ,
circolo della distinzione che è tutto insieme rapporto e unità .
La quarta categoria o quarta forma spirituale , della
quale mi feci avvocato e patrocinatore , mi valse a dar or
dine e fondamento a teorie e discipline che erravano stac
cate come << teoria delle passioni » , « teoria dell'amore » ,
< regole della prudenza , « regole della politica » , « leggi
dell'economia » , « filosofia del diritto e simili , e che i fi
losofi o degradavano come irrimediabilmente empiriche, o
discioglievano in altri concetti filosofici , o da essi malamente
le distinguevano , togliendo di conseguenza solidità e pu
rezza alla stessa Filosofia della morale e alla sua lunga
polemica contro l'utile , che a ragione è da superare e in
tegrare, ma che a torto viene , nella sua positività , discono
sciuto . Il processo di fondazione della nuova scienza filo
sofica incontra difficoltà simili a quelle che ritardarono per
secoli il sorgere sulle Poetiche , sulle Teorie delle arti , sulle
Teorie del bello , sulle Teorie del linguaggio , e simili altre
sconnesse e piene di artifici e di preconcetti , della scienza
unitaria dell ' Estetica , come scienza della pura espressione
che le abbraccia e fonde e schiarisce tutte , portandole ad
energia critica e speculativa .
Ma il guadagno di questa filosofia dell'economicità , del
l'utilità o della vitalità che si dica , rappresentava nella
136 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

mia mente l'ulteriore dissoluzione e nuova fondazione dei


conati che ancora erravano tra contradizioni e fantasticherie
come filosofie della natura » , materialistiche o idealistiche
che volessero essere , perché convertivano il concetto astratto
della natura delle scienze fisiche e naturali , nell'altro , reale
e spirituale insieme , della vitalità , di quella lebendige Natur,
a cui Faust anelava, circondato come era da barattoli e
ampolle e strumenti e ossame di morti , cioè dai mezzi della
scienza , che è grigia , in confronto dell'albero della vita ,
che verdeggia. Con questa dissoluzione e risoluzione mi
son trovato a dar la mano alle teorie della convenzionalità
e dei fini economici o di comodo della scienza : prosaica
ma seria e intelligente teoria moderna , non importa che si
accompagni di frequente nei suoi cultori di dispregio verso
la filosofia, perché essa , senza che se ne avveda , apporta
acqua al mulino della filosofia , e di ciò noi le abbiamo grati
tudine, riconoscendole un merito suo del quale le manca
l'adeguata coscienza .
A coloro che riluttano ad accettare questa visione del
mondo come angusta e disperata io non so che mi dire ,
perché tengo che la verità non possa esser mai angusta, e
la vita, come lotta che sempre si rinnova cangiando , non
possa esser mai senza speranza . Tutt'al piú , resto stupito
che si vada in cerca ancora di una filosofia che dia la sua
garanzia a un ideale che sarà paradisiaco - di un paradiso,
in cielo o in terra, — ma che non si riesce a pensare e nep
pure a immaginare ; e mi vuol parere che preferibile sia
un ideale in cui si avvicendano momenti infernali e mo- .
menti paradisiaci , riconoscendo i primi come condizione
dei secondi ; e mi vuol parere che esso sia più vicino allo
spontaneo sentire umano e al modo nel quale pratichiamo,
e sopportiamo , la vita.
III

IL PECCATO ORIGINALE .

Che la pagina nella quale , poniamo , il Vico ritrasse


il sorgere della coscienza morale nei selvaggi o , come
egli li chiama, nei bestioni umani , allo scoppio del fulmine
e all'idea che suggeriva di un Dio , e le altre che altri
ha scritto riguardanti il sorgere del pensiero e del lin
guaggio, siano sublimi , è ben da concedere . Ma esse non
adeguano la realtà della vita spirituale , nella quale non c'è ,
spiritualmente , il prima e il poi come divisioni temporali ,
ina solo come riferimento ai concetti e al loro ordine ideale .
Non ci sono prima bestioni selvaggi , e poi uomini forniti
di coscienza morale ; ma uomini che sono l'uno e l'altro
insieme, perché lo spirito è tutto in una volta e non si forma
a pezzi .
E poiché in questa natura dello spirito , molteplice ed
una, si accende e consuma l'opposizione che nasce dalla
distinzione delle forme , e , come si dice , dalla lotta del
bene col male, consegue l'impossibilità per l'uomo di farsi
tutto bene o tutto male . Può l'uomo vincere questi e quei
mali particolari in sé stesso , ma non potrà mai vincere il
male . Coloro che si propongono questo fine , entrano in un
processo di follia perché vorrebbero vivere contro la legge
della vita . E questo dell'unità della vita nel bene e nel
male è il vero peccato originale, che non ha redenzione
138 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

per sangue che si versi dagli dèi o dai figliuoli di Dio ,


almeno nella vita che noi conosciamo e che sola possiamo
concepire .
Certo, a guardare il mondo morale nei suoi estremi del
l'uomo buono e dello scellerato , par di avere la prova del
contrario , cioè della netta distinzione tra i due; ma una voce
segreta in ciascuno di noi toglie ogni illusione sulla inferma
o malferma natura dell'uomo; ciascuno di noi sente il sel
vaggio che è in lui ( e che forse sarebbe far torto agli ani
mali se si chiamasse l ' « animale » ) : lo sente fremere e rug
gire , e allorché egli esercita la propria virtú morale , lo
distrae in cose che gli paiono innocenti e secondarie e lo
lascia cosi sfogare l'émpito suo . Quando altro manchi , c'è
la regione dei sogni , nella quale senza attualmente peccare
si accarezzano desiderî che nessuno oserebbe confessare e
quasi neppure confessa a sé stesso . Chi è mediocremente
onesto (come Amleto diceva di sé , tra stima e disprezzo e
quasi vergognando) , si rassegna e indulge alla forza vitale
che ha in sé e che non sarebbe potenza se non sapesse
essere anche prepotenza . Il filosofo osserva che su quella
forza conviene usare impero ma non tirannide , perché ,
domata e umiliata che fosse , c'è rischio che , resa incapace
di male , sarebbe inetta anche al bene, raggiungendo quella
perfezione morale che sarebbe la morte della morale per
mancanza di alimento . Da ciò anche l'insofferenza che gli
uomini severi provano alle lodi , che essi sentono quasi un
consentire , accettandole , a una menzogna sociale.
L'arte può fornire di questo la prova, perché noi non
potremmo rifare in noi e comprendere le creature dell'arte
senza partecipare alle loro passioni , e nell'arte gli esseri
perfetti sono considerati figure convenzionali , e convenzio
nali altresí gli uomini demoniaci , e il nostro consenso va
a tutti quelli che già Aristotele chiamava ‹ mediocri » , cioè
umani , nei quali ci possiamo riconoscere .
III. IL PECCATO ORIGINALE 139

Una visione affatto diversa ci apre innanzi la storia : la


vera storia, che non è quella che insegue le colpe degli
uomini , ma l'altra che intende a dire ciò che l'uomo ha
fatto . Non dunque i suoi peccati , ma le azioni con le quali
ha creato con dure fatiche quanto vi ha di nobile , di utile ,
di vero e di bello nel mondo . Perciò si dice che la poesia
parla al nostro cuore e la storia alla nostra ragione .
Vien la voglia di domandare in questa riaffermata im
purità dell'uomo quale consolazione possa essere in una
vita cosí fatta , nella quale anche il dovere con tutte le sue
rinunzie non può promettere il sentimento di piena sod
disfazione nella propria purità , e anzi ci rende più chiaro
veggenti su quello che a ogni uomo manca . Ci troviamo
cosí a ripetere la domanda : « se la vita valga la pena di
essere vissuta » : che è una domanda volgare e della quale
si avverte , senza riuscire a rendersene ragione, la volga
rità . E la ragione c'è e facile è confutare quella domanda
che ha origine eudemonistica , tantoché parla di una sod
disfazione non raggiungibile. Peggio ancora, quando questo
si versa nella stupidità di mettersi ad almanaccare un cal
colo di piaceri e dolori per consolarci o per farci disperare
della vita, perché è evidente che nessun piacere per intenso
che sia può consolare di alcun dolore e ciascun piacere e
ciascun dolore sta chiuso in sé . Ma nella coscienza morale
si ritrova piena l'accettazione della vita , perché noi non
siamo fuori della vita e posti innanzi alla domanda se dob
biamo entrare o no a godere e partecipare a uno spetta
colo, e quando siamo nati al mondo già ci stringono da
ogni banda affetti e doveri verso la vita degli altri uomini
e verso il tutto . Raccoglieremo da essi gioie e dolori , e
proprio non saranno le gioie che ci persuaderanno e i do
lori che ci dissuaderanno dall'accettarla , ma la vita stessa
che va oltre quelle considerazioni ; e averla servita quanto
meglio abbiamo potuto è l'unico conforto col quale ci di
partiamo da lei .
IV

IL PENSIERO VOLGARE E IL PENSIERO VERO .

Si suol parlare con dispregio di un pensiero volgare.


E che cos'è mai il pensiero volgare ? Non certo quello del
popolo, e dell'uomo piú modesto che si dia . Sembra che
tutti intendano il riferimento di quella parola, ma nessuno
lo dice esplicitamente .
Mi ci voglio provare io , e non importa che quel che
dirò suoni alla prima paradossale . Il pensiero volgare non
è altro che dare pienezza di realtà ai generi , alle specie ,
alle classi , e ragionarne quasi fossero cose esistenti : è , come
si dice , ragionare su parole o per clichés e pregiudizî, ri
petendo il detto altrui . Il pensiero non volgare è, invece ,
pensare col proprio cervello e guardare coi proprî occhi ,
cogliere il particolare e il singolare delle cose , il proprio
di esse, aver vivo il senso dell'individualità .
Ma l'individualità è sempre in riferimento all'univer
salità, ed ecco il punto difficile , perché sembra che con ciò
si richieda filosofia e che tutti debbano essere filosofi pro
fessionali . Senonché la difficoltà si supera facilmente da
chi abbia il coraggio di riflettere .
Certo, il pensare non volgare include sempre l'opera
della filosofia ; ma la filosofia è intrinseca all'uomo , e lavora
in lui anche quando egli non se ne avvede . E se essa solo
ci dice la verità , non è concepibile un'altra verità che le
IV . PENSIERO VOLGARE E PENSIERO VERO 141

stia a fronte , e perciò l'unica verità che l'uomo di volta


in volta afferma , se non è volgare , è di necessità filosofica .
Il che si suole esprimere col dire che il senno o il buon
senso vale tutte le filosofie ; ma , poiché non c'è ragione
alcuna di negare al filosofo professionale il senno o il buon
senso , si deve ammettere che egli partecipi della comune
umanità pensante , e questo lo faccia filosofo . Un formida
bile argomento , ma di mera apparenza , contro ciò che di
ciamo , è che i libri dei filosofi, anche grandi , presentano
molte cose contro il buon senso ; e noi dobbiamo ammettere
che cosí è , e riconoscere che la cosa è difficilmente evita
bile . Un filosofo sorge per combattere il pensiero volgare
in alcune delle sue manifestazioni , e riesce a dissiparle.
Ma, nel far ciò , molti altri pensieri volgari restano nel
mondo e nel filosofo stesso che ha compiuto quell'atto di
liberazione . E sarebbe troppa felicità se cosí non fosse , e
pertanto una felicità infelice , perché , se errori non avan
zassero o se noi non ne creassimo di nuovi sulle nuove
verità, noi non penseremmo . Prendete il caso di Hegel , che
ha dato alla cultura filosofica il concetto della dialettica;
e lo vedrete in uno svolgimento grandioso di sistema con
sacrare innumeri distinzioni del pensiero volgare ragionan
dole , come non doveva , con la stessa dialettica che avrebbe
dovuto esserne la negazione . Egli conservava non solo la
triade del Logo o Dio , dello Spirito e della Natura , ma trat
tava dialetticamente i cinque sensi e quasi quasi le cinque
parti del mondo . Sicché la filosofia contemporanea è in
continuo travaglio per spogliare Hegel della sua finta ric
chezza , lasciandolo solo col concetto della dialettica che è
la sua ricchezza vera : nudo , ma di quella nudità che è la
verità, e direi , la santità.
Bisogna dunque abbandonare , per ragionare con verità ,
tutte le distinzioni di generi e specie e classi che si dicono ,
con giusta diffidenza , « empiriche » , perché formate col con
142 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

corso dell'immaginazione , e attenersi alle sole distinzioni


che nascono dall'universale e sono la forma concreta del
l'universalità , quelle che si chiamano le categorie . In
ciò coincide il filosofo e l'uomo di buon senso , il primo
con piena e continua consapevolezza del suo fare , il secondo
con consapevolezza intermittente .
Da mia parte, questo pensiero mi dominava e mi tormen
tava anche quando non lo conoscevo , e fin dai miei primi
passi avvertivo che non si poteva fare filosofia se non di ciò
che possediamo come storici nel suo particolare e nel suo
singolare. La mia prima prova in filosofia , che fu l'Estetica, è
stata accompagnata e seguita da lavoro critico su quasi tutte
le parti della poesia italiana e su tutte le maggiori opere di
quelle antiche e straniere , e non da dilettante ma da persona
che è capace anche di qualche acribia filologica . Il problema
particolare mi suscitava e mi permetteva di porre bene e
risolvere quello universale , sicché la mia Estetica concre
sceva con la mia critica e storiografia letteraria , e cosí ha
continuato sempre e cosí continuerà , usque dum vivam , nel
suo svolgersi . Allo stesso modo mi sono condotto verso le
forme pratiche e morali dello spirito e verso la filosofia
stessa, nelle quali parti tutte ho fornito trattazioni storiche ,
cioè storie della filosofia e monografie su singoli filosofi, e
storie , come le ho chiamate , etico- politiche di popoli e di
epoche; e dove mi pareva che il limite della mia compe
tenza impedisse un diretto dialogo , come nel caso delle
scienze fisiche e naturali , mi sono tenuto soprattutto a ciò
che osservavo nel campo di quelle scienze pur naturali , che si
sono formate su problemi evidentemente spirituali, come
la grammatica o l'economia , e per il resto mi ha avvalo
rato il convincimento che in un mondo in cui tutto è vita
non possono esservi cose non viventi , ossia l'ente materia,
e il mondo non può essere diviso in due mondi , uno dei
quali affatto impensabile, perché non sperimentato .
IV . PENSIERO VOLGARE E PENSIERO VERO 143

Ma, poiché mi accade di parlare di me, voglio dire che


nell'accoglienza avuta in Italia e fuori dal mio filosofare
ai principî di questo secolo, concorse in gran parte questa
sua concretezza ; e anzitutto il mio aborrimento dal gergo
filosofico , che spesso cela l'incertezza e l'oscurità del pen
siero, preferendo da mia parte , quanto più è possibile , ser
virmi del linguaggio ordinario ; e poi , avere sventato obie
zioni di carattere generico , spingendo innanzi ad esse una
schiera di riprove di fatto che i cosí obiettanti non riuscivano
a fronteggiare , sicché scoprivano chiaro il loro parlare in
aria. Una filosofia che si credette oppormi , e che abbandonò
il principio dell'inseparabilità dell'universale e del parti
colare , tentò di cavarsi dall ' impaccio con l'ideare un atto
puro del pensiero che una superiore logica consentiva di
affermare e col lasciare con disdegno che il mondo venisse
nel suo particolare e nel suo singolare pensato mercé d'una
logica inferiore , dichiarata falsa in partenza ; il che signi
ficava, da una parte , nell'alto , porre un torbido misticismo,
e in tutto il resto insediare a fare i suoi comodi il pensiero
volgare . Questa filosofia ora è morta perché non è stata mai
viva, nel qual caso vivrebbe in una sua modificazione ; ma
io la vorrei viva in qualche guisa ancora a lungo affinché
serva da salutare ammonimento ai filosofi di non sottrarsi
al loro dovere , che è l'intelligenza delle cose .
Come accade nel mondo letterario, questo nuovo pen
siero attirò alcuni serî spiriti giovanili , e molti orecchianti
che seguono la moda , onde coloro che non sapevano come
contradirmi sfogavano il loro malumore prendendosela coi
cosiddetti « scolari » che il maestro, « padre incorrotto di
corrotti figli » , avrebbe generati . Il maestro, a dir vero ,
osservava lo spettacolo con certa ironia , e una volta a questi
sciocchi e convenzionali lamenti contro gli scolari rispose
celiando , che egli aveva udito dire da una balia che il primo
latte esce sempre leggiero , e che dunque bisognava avere
la pazienza di aspettare .
144 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Fatto sta che il complesso di questo lavoro filosofico ,


sempre accrescendosi , ha sorpassato due guerre , ed ora ha
scolari che non sono scolari e sono ricercatori e pensatori
originali . E innanzi a questa filosofia , di cui ho spiegato
l'origine , sono sorti nuovi e strani atteggiamenti , di cui il
piú comune è dire che non si sa ora come combatterla e
come sostituirla, eppure si sente che bisogna sostituirla
perché essa non soddisfa; quasi un malessere che si avverta
ignorandone l'origine o riponendola a casaccio nelle cose
circostanti . E non viene il dubbio che nel corso del pro
cesso di ricerca e di guarigione , scenda dal cielo o sorga
dal profondo la grazia dell'illuminazione, e ciò che non
soddisfaceva, perché non era compreso , venga alfine com
preso . Ma un'altra obiezione è molto piú grave , accusando
questa dottrina come tale che impedisce all'Italia l'adesione
alla cultura marxistica > e denunziandola perciò come la
vera e grande nemica del progresso e della verità . L'equi
voco di questa strana accusa sta nel chiamare « cultura
marxistica » la ignoranza di tutta la filosofia che si è fatta
nei secoli e alla quale la mia, bene o male, si lega; e il
celebrare invece come filosofia un comportamento nato dalla
persuasione che non si tratta di conoscere il mondo ma
di cangiarlo ».
Non si nega che nel fatto ciò possa in qualche modo
accadere, e che, gridando quella richiesta come verità che
vuole ubbidienza , pur non riuscendo a sopprimere la filo
sofia , ossia il pensiero, un abbassamento mentale spaven
toso possa essere indotto nell'umana società . Ma anche in
questo caso non c'è da smarrirsi , perché la verità deve
essere difesa fino all'estremo , e , sopraffatta dagli eventi ,
non può essere spenta da forza alcuna , mettendo sempre
verdi germogli , che ritrovano le verità che in passato fu
rono pensate , e le arricchiscono di nuovi pensieri .
V

LA TRADUZIONE IN PROSA DELLA PAROLA « GENIO » .

Il libro del dottor Sergio Voronoff, Du crétin au génie,


che esce ora in edizione speciale riveduta e fuori commercio
(Parigi, 1950) , è tutto pieno dell'idea del genio che vi è
esaltato in ogni forma della vita, e specie nell'arte e nella
scienza .
Forse sarebbe stato opportuno tenere la via opposta , e
cercare di uscire fuori da questa esaltazione , e intendere
piú esattamente che cosa sia ciò che si chiama « genio » , e to
gliere ad esso l'aspetto di prodigio . Con questo aspetto esso
apparve fin dall'antichità greco-romana , quando si affacciò
l'idea del furore o della manía divina dei poeti : idea che
via via, specie nei tempi moderni , si estese alle altre forme
del vero e anche alle opere pratiche , passandosi a celebrare
i genî della guerra, della politica, e cosí via , tanto che
ora non sembra si possa impedire di estendere la genialità
a tutte le sfere della attività umana . In che propriamente
consiste il genio ? Io credo che bisognerebbe identificarlo
con ciò che si chiama « originalità » del pensare e del fare ,
la quale originalità ha gran pregio come opposizione con
tinua alla tendenza della pigra accettazione di ciò che fu
vero, ma è diventato insufficiente innanzi alle nuove do
mande della vita . Ciò posto , è da riconoscere che la genia

B. CROCE, Indagini . 10
146 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

lità come la originalità non sta confinata in alcuni uomini ,


ma in misura maggiore o minore è in ogni uomo , il quale
senza di essa minaccerebbe di diventare una macchina.
Osservazione che è tanto piú necessaria in quanto , discor
rendosi dei genî, accade di riconoscere , sia pure con un
senso di meraviglia , che ciascuno di essi è più o meno
limitato nelle sue attività , ed è inetto ed ottuso innanzi a
parti della vita di somma importanza . Certamente il filosofo
o il poeta non hanno il dovere , per attestare la loro eccel
lenza, di dar prova di reciproca incapacità l'uno a inten
dere la filosofia e l'altro a intendere la poesia , e cosí anche
di dimostrarsi l'uno e l'altro inesperti della vita pratica e
costretti a starne lontani per non danneggiarne l'andamento ,
e per non lasciarsi aggirare ridicolmente quando procurano
di operare in quelle sfere . Poeti e filosofi grandissimi det
tero prova di essere avveduti nelle cose pratiche e di buon
consiglio; ma si possono addurre in gran copia aneddoti
del contrario , e con ciò viene comprovato in modo drastico
il limite che ciascun uomo ha nel suo fare , e che non bi
sogna dimenticare nell'ammirazione verso i genî . D'altra
parte , non bisogna dimenticare che gli uomini non si pre
stano a distinzioni e divisioni nette , e che non solo bisogna
negare che vi siano uomini senza alcuna originalità , che
varrebbe non essere addirittura uomini , ma tener presente
la molteplicità delle attitudini umane e delle opere richieste
ai singoli uomini , il che rende impossibile di circoscrivere
l'umanità ai cosiddetti genî .
Ma un passo più grave si suol fare nell'affermare la
genialità come cosa riserbata ad alcuni uomini e negata
agli altri , con l'introdurre la distinzione tra ciò che si fa
consciamente e ciò che si fa inconsciamente , e , cosa sin
golare , con l'attribuire il maggiore pregio al secondo caso .
Si ode di frequente poeti , artisti di ogni sorta , scienziati ,
e via discorrendo , ridurre al minimo e addirittura annul
V. LA TRADUZIONE IN PROSA DELLA PAROLA « GENIO » 147

lare i loro meriti , attribuendoli all'inconscio o alla fortuna,


o ad altro che l'uomo non crea lui , come dovrebbe essere
suo orgoglio , ma riceve in dono . Ora io non voglio negare
che in queste espressioni ci sia talvolta una lodevole e dirò
pure una commovente umiltà , che è un correttivo delle
tante arroganze e vanterie che c'infastidiscono . Ma debbo
dire , parlando in generale , quella che a me sembra la ve
rità sulle asserzioni che ciò che facciamo di opere non sia
dovuto a noi ma ci sia venuto dal di fuori o dall'alto .
Nonché umiltà , c'è in questo dire un compiacersi di sé
stesso come di colui che è favorito da Dio o prediletto da
una singolare fortuna . La vanità umana si nasconde nelle
forme piú strane e lontane.
Ma perché questo giuoco di vanità sia possibile , è indi
spensabile che nella realtà delle cose ci sia quel principio
che viene poi cosí stranamente travolto ; e quel principio è
l'unità dell'universale e dell ' individuale, che fa apparire
ciò che l'uomo fa come nostro e insieme non nostro . Quando
una verità assurge in noi , quando un'opera di bellezza si
presenta alla nostra fantasia e alla nostra parola , quando
un ritrovato risolve un ordine di problemi pratici , la nostra
sorpresa è tanta , che dimentichiamo che ciò l'abbiamo fatto
noi col nostro lavoro , e ci sembra che appartenga a un
mondo di bellezza e di verità e di ordine che stia lí fuori
di noi e che per grazia ci disserri le sue porte , e parliamo
allora dei nostri smarrimenti , del non aver saputo come
andare innanzi , del caso e della fortuna che ci ha soccorso ;
e non ci avvediamo che appunto tutto ciò sono le nostre
fatiche per ottenere quello che abbiamo ottenuto . L'univer
sale è in noi , ma non in quanto si sostituisca a noi , e noi
metta in ozio . Tutto ciò è espresso dal buon senso , detto che
le buone fortune capitano solo a quelli che le hanno con ogni
sforzo cercate . Con questo richiamo alla teoria resta con
futata radicalmente la distinzione tra un fare non geniale
148 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e un fare geniale, mostrando che il primo non esiste se


non come l'ombra di quello geniale , cioè dell'originale.
Il Voronoff, da studioso quale è della natura , vuole tro
vare nei fatti fisiologici , e specialmente nelle conformazioni
del cervello , la realtà di ciò che si chiama genio . Io non
lo seguirò in questi particolari della sua esposizione , che
mi pare che tenda a un dualismo di spirito e di materia ,
a << reazioni , come egli dice , « intracellulari del cervello
che riducono la materia vivente in atomi atti a liberare
due radiazioni , l'una mentale e l'altra elettrica , che sareb
bero il pensiero accompagnato da una corrente elettrica » .
Con ciò gli sembra di non avere abbassato il posto del
l'uomo nella natura , ma per contrario di averlo nobilitato
mostrando che « nella nostra costituzione entra la materia
di cui ogni atomo è un pensiero che ci rialza , perché noi
non siamo volgari argille , ma spiriti incorporati nella ma
teria . Confesso che comprendo poco quest'uso della pa
rola «‹ materia » e la sua antitesi con lo spirito , io che non
riconosco al concetto di materia altra funzione che quella
datagli da Aristotele , cioè di una forma dello spirito che
<< si fa materia » , ossia punto di partenza di una forma su
periore . Fuori di questo semplicissimo ma essenzialissimo
concetto non riesco a trovare nessun contenuto al concetto
di materia come tutto o parte della realtà . Si ode ora un
gran parlare , o piuttosto vociferare , della materia come
concetto supremo per interpretare la realtà : concetto che
poteva a stento sorreggersi un secolo fa , al tempo di Feuer
bach , e dei suoi ripetitori Marx ed Engels , e che oggi serve
solo all'uso di un partito politico .
La scienza dei nostri tempi mi pare avviata tutta contro
la materia , intesa nel vecchio modo , e perciò non c'è
neanche luogo a studiare combinazioni e transazioni fra i
concetti dello spirito e del suo inesistente avversario : dello
spirito ossia del principio attivo che è in ogni cosa e che

D
V. LA TRADUZIONE IN PROSA DELLA PAROLA « GENIO » 149

soffia dove vuole . Il che non toglie naturalmente il merito


ai lavori per i quali il Voronoff si è reso insigne , di gua
rire i cretini con l'inserzione della mancata glandola tiroide ,
astenendosi , come ne avrebbe la potenza , di trasformare
i genî in cretini , dappoiché ha scoperto il punto d'appoggio
della loro genialità .
La medicina e la chirurgia non sono la filosofia, e si
servono coi mezzi a loro proprî.
VI

LA STORIOGRAFIA MERAMENTE POLITICA


E IL PESSIMISMO MORALE .

Che cosa è cotesta visione storica che offre il Jouvenel


nel suo libro , dotto e acuto e vivace , Du pouvoir¹ , una
visione che stringe il cuore per il travaglioso passato e lo
getta in una cupa disperazione verso l'avvenire? Dunque ,
l'Umanità ha avuto sempre di contro o sopra di sé un mostro
feroce e vorace , chiamato il Potere , o , piú comunemente ,
lo Stato , che l'ha , con continua , con crescente avidità,
addentata e strappatole a pezzo a pezzo il suo bene piú
caro, la libertà ; e ora che sembra giunto all'estremo di
questa orgia, non è sazio e dà segni di aver piú fame di
prima e rugge minaccioso ? È una realtà o un sognato in
cubo? A tenerlo per realtà ci dispongono l'immagine , che
non si riesce a cancellare o ad attenuare , degli spettacoli
orrendi che abbiamo veduti e sostenuti da più decennî di
perduta pace , e la trepidazione del peggio; ma a scuoterlo
via da noi come un incubo , sta volenterosa la speranza,
suprema dea dei mortali . Ed ecco alla speranza viene in
soccorso l'abito critico , che a un tratto m'inonda la mente
di un fascio di sua luce ; e io mi dico , confortato e quasi

Mi valgo dell'accurata versione italiana di P. Serini : Bertrand


DE JOUVENEL, Il Potere. Storia naturale del suo sviluppo (Milano , Riz
zoli , 1947).
VI . STORIOGRAFIA POLITICA E PESSIMISMO 151

rasserenato : - È il solito tiro pessimistico che stava per


giocarmi , anche questa volta , una mia vecchia conoscenza ,
quella che nella mia metodologia storiografica ho denomi
nato la storiografia meramente , astrattamente politica .
Nessuna delle forze dello spirito , nessuna delle forme
della storia può essere isolata dalle altre tutte, dall'unità
dello spirito e della storia , senza renderla inintelligibile
alla mente , pericolosa alla vita . Com'è bella la poesia ! Ma
staccatela dalla vita di cui è espressione e purificazione
nella serenità della fantasia , e non la intenderete né la
godrete piú , e , invece dell'artista creatore , incontrerete
l'odioso estetizzante a vuoto . Com'è salutare la forza spe
culativa che sgombra le ricorrenti tenebre e nelle sue for
mule dà la chiave a comprendere gli eventi della realtà !
Ma esercitatela senza i fatti che le forniscono la materia ;
e, invece del filosofo sapiente e nella sua sicurezza logica
commosso ancora dalle passioni a cui ha partecipato , avrete
il frigido scolastico e professore . Com'è severa nostra amica
la dolorosa e amorosa coscienza morale , che quelle passioni
accoglie in sé , superandole e dirigendole ! Ma astraetela da
queste , e avrete lo stupido moralista che uccide , credendo
di renderlo piú puro e piú fermo , il germe stesso della mo
rale. E del pari , com'è necessaria e feconda la politica , e
la produzione delle utilità e , in generale, l'economia ! Ma
tentate di plasmare con queste forze sole la vita, e avrete
l'impoliticità della politica , l'inutilità delle astratte utilità ,
o la falsificazione dell'una e delle altre , che smarriscono
la loro ragion d'essere e il loro ufficio , e , fatte indebita
mente signore assolute , non hanno niente più da signoreg
giare che valga . Ciascuna di quelle forme , privata dalle
altre che la riempivano , resta come un mucchio di bucce
vuote, delle quali non si sa che cosa fare , se non riempirle
della nostra delusione e ravvivarle unicamente col nostro
spasimo pessimistico .
152 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Il Jouvenel viene da sé stesso a mettere la testa ( mi


si perdoni l'immagine ) sotto la ghigliottina della critica ,
cioè sotto le sentenze della metodologia , perché in un
punto , studiando il Potere o lo Stato e le guerre che sono
suoi effetti , dice che cosa sia per lui la Storia . Che sarebbe ,
per l'appunto , questo : una inconcludente e dissennata se
quela di vicende militari , un fare e perdere e rifare e ri
perdere conquiste . Guardate -- cosí invita i suoi lettori -
« la carta d'Europa , non immobile quale la presenta la
geografia politica, ma in continuo movimento come fu nel
corso dei secoli , e osservate come la macchia rosa o blu o
gialla, che rappresenta una determinata dominazione , tal
volta si allarghi a spese di una o più altre , tal'altra si re
stringa sotto la pressione di quelle vicine . Essa spinge dei
pseudopodi verso il mare, si allunga lungo un fiume , sca
valca un monte , assorbe e digerisce un corpo estraneo. In
fine , perde il suo vigore e un bel giorno scompare , preda
di un'altra voracità . Tutte queste macchie palpitanti evo
cano la immagine di un brulichio di amèbe sotto il micro
scopio » . « E tale , ahimè , - - conclude ――― è la Storia » 1. Na
turalmente , alla storia cosí concepita egli non può trovare
un < centro » , un principio unitario ; e nota che , per la man
canza di un centro , si ricorre all'espediente di foggiare un
personaggio centrale , il guerriero e conquistatore; e con ciò
Osserva - la storia certamente guadagna parecchio , ot
tenendo continuità di svolgimento » , ma anche si riduce
a mera letteratura » , e poiché quei personaggi , che sono
singoli individui , passano e muoiono , e la loro serie prende
andamento discontinuo di piani separati da vuoti » , nel
l'ottocento ad essi si sostituirono le più lungamente vitali
persone-Nazioni » 2. Senonché la Storia, come non è quella

¹ Op. cit. , p . 140 .


2 Op. cit. , p . 102.
VI. STORIOGRAFIA POLITICA E PESSIMISMO 153

che il Jouvenel descrive , cosí non troverà mai centro e


unità nelle cose o persone individuali o collettive , collocate
fuori di noi (sono note le disperate disquisizioni e dispute
sull'unità della storia d'Italia , di Francia , di Germania e
degli altri popoli , tutte indeterminabili o di determinazioni
zoppicanti) , ma unicamente nel problema particolare di co
noscenza di un evento o di un nesso di eventi che la ri
chiesta pratica e morale dell'azione impone alla nostra
mente di compiere , affinché sulla conoscenza sorga in cia
scuno di noi la deliberazione e risoluzione delle cose da
imprendere . La vita di quel problema conferisce vita e
unità all'indagine e al racconto storico , e col variare dei
problemi variano le storie e si rinnovano col rinarrarle
quelle che sembrano dei medesimi fatti già noti . L'unità,
anche qui (come Goethe diceva della Natura) , sta nel cuore
dell'uomo .
Se , dunque, si vuole dare un senso alla storia politica
e pensarla nella sua interezza e verità , bisogna " prendere
non le bucce vuote ma le bucce piene , non l'astratta e iso
lata politica ma quella concreta e in relazione con le altre
forme dello spirito umano , con la storia religiosa e filoso
fica e morale e poetica ed artistica, con tutta la storia spi
ritalis che il cristianesimo mise in alto e della quale l'an
tichità greco -romana aveva dato sparsi saggi e un generico
e implicito presentimento , e con tutta la storia della ci
viltà , come fu chiamata e raccomandata nel settecento e
come si perfezionò nell'ottocento e novecento . In essa tro
vano il loro luogo , coi pensatori e coi poeti , con gli apo
stoli e coi santi , anche gli uomini della spada e della po
litica sagacia e risolutezza , che lavorano , consapevoli o no,
per la vita spirituale dell'umanità , e ispirano le sue epopee,
e che si discernono per questa loro creatività di civiltà dai
semplici eversori e distruttori , Alessandro da un Attila e
Cesare da un Gengiskan , attivi questi secondi nella civiltà
154 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

solo in quanto negatori , come attivo è il dolore umano da


cui nacque l' « italo canto » , ossia ogni canto , come ogni
acquisto di verità e ogni inventività morale .
La libertà è continuamente oppressa e depressa e an
nullata dallo Stato e dalla sua politica ? E che cosa sono
quelli che abbiamo ora ricordati , poemi e pitture e sculture
e architetture , e sistemazioni filosofiche e scientifiche e te
cniche, e sentimenti e istituti morali e produzioni di ric
chezze, se non opere della libertà immortale , che si son
fatte nonostante i contrasti e le oppressioni politiche , e anzi
nutrendosi di essi , traendone vantaggio , e spesso nutren
doli di sé e innalzandoli alla loro dignità ? La libertà è legge
della vita spirituale o morale che si dica , e non è già il
fatto che alcuni o molti possano vivere a loro comodo o a
loro capriccio e stidare o raffrenare il potere dello Stato o ,
come gli anarchici , rifiutare ogni sorta di assetto politico :
la sua origine non è terrena , nella soddisfazione di inte
ressi terreni , ma caelestis origo . Il Jouvenel celebra la libertà
fortemente asserita e vittoriosamente difesa dai patres e dal
baronaggio e dalla nobiltà , e poi dalla borghesia , contro
i monarchi assoluti che identificano l'interesse dello Stato
col loro interesse personale; ma quei patrizî e quei feuda
tarî e nobili e quei borghesi , da lui lodati , similmente
identificavano i loro interessi personali o generali di classe
con quelle che chiamavano le libertà » o « la libertà » , e
quando riuscivano a farle valere , vincevano il loro punto
in questione, ma non mettevano al mondo nessuna genuina
libertà . Che se , accanto a quegli interessi , favorirono arti
e scienze e cultura e taluni buoni istituti o generose e di
sinteressate riforme politiche, come in taluni tempi patrizî
e nobili e mercanti o industriali pur fecero (e fecero altresí
re assoluti e perfino tiranni ) , ciò non ha che vedere col
loro carattere di classe politica o economica , che non si
lega a quelle opere con nodo sostanziale , intrinseco e ne
VI . STORIOGRAFIA POLITICA E PESSIMISMO 155

cessario, e rappresenta altri aspetti delle loro fisionomie ,


altre parti della nostra anima. Il Jouvenel considera quelle
particolari classi di uomini come strumenti pratici delle
idee che per discendere nei fatti hanno bisogno di forze po
litiche, contrariamente - egli dice - alla dottrina dello Hegel ,
che affidava la storia alle pure idee , senza braccio e senza
forza di muscoli ; e avrebbe ragione in questa censura, se
lo Hegel avesse detto o pensato mai una pari ingenuità ,
laddove egli insisté sempre sulla necessità delle passioni
e sulla differenza tra filosofo e uomo di stato ; la sua Idea
stessa era ben armata , se si pensa che era né piú né meno
che Dio creatore e reggitore dell'universo (ma questo sia
detto per incidente e tra parentesi ) . La libertà è sempre
spirito e corpo insieme , vuole attuare e attua i suoi ideali ;
e in questa attuazione , quando fa d'uopo , accetta a suoi
strumenti anche forze eterogenee , indifferenti o poco sen
sibili ai suoi ideali morali , con alcune di quelle « al
leanze » , di cui la vita umana è tutta contesta o ricamata
e che non recano scandalo , come non è certo oggetto di
scandalo che io , che ora scrivo per esporre e sostenere
questi concetti che stimo veri e giusti , mi sia alleato a un
editore , cioè a un industriale , senza del quale essi non
sarebbero né stampati né divulgati . Senonché non bisogna
lasciar confondere tra loro , e contaminare, i termini delle
alleanze , come il Jouvenel fa inavvedutamente in istoria ,
unificando nelle stesse persone l'interesse del patrizio , del
barone feudale o del borghese, personalità politiche ed eco
nomiche , e la difesa e promozione delle libertà, che , opera
spirituale , ha genesi spirituale sua propria ; e come si usa
in pratica da gente senza scrupoli o abbietta, che riduce
pensiero, poesia , religione e virtú morale a maschere di
interessi economici e politici . Le quali maschere, o « sopra
strutture protettive , furono ciò solo che il Marx vedeva
e intendeva delle creazioni del pensiero , dell'arte , della
156 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

morale, della religione , e che solo dicono d'intendere e di


vedere le torme dei suoi odierni ripetitori , che abbassano
a meccaniche idiozie quelli che nel Marx, uomo d'ingegno ,
furono paradossi ingegnosi . Da mia parte, mi presi cura
di dimostrare che il vocabolo « borghese designa due qua
lità di fatti del tutto diverse: le istituzioni economiche che
sono proprie della moderna civiltà industriale , e il pensiero,
la morale , la religione , l'arte , e insomma tutte le parti
della vita spirituale della medesima età . Se alcuno vuole
in simile riferimento chiamare « borghese » il cogito di Car
tesio , il verum factum di Vico o la sintesi a priori di Kant ,
faccia pure; ma badi a non inferire logiche conseguenze
da una poco felice metafora .
Il vigore della libertà e creatività spirituale , con la con
giunta fioritura della civiltà, non ha pari intensità ed espan
sione nelle varie epoche della storia; e , sebbene con l'in
troduzione di siffatte misure del piú e meno nel qualitativo
e non misurabile , s'introduca un evidente errore , è con
sentito usarne le parole come di innocue espressioni abbre
viative per designare i tratti generici di certi complessi di
qualità a riscontro e contrasto di altri complessi ; donde le
età barbariche , che vengono distinte dalle civili » , le
« progredienti » , distinte dalle « decadenti » , e simili , lad
dove il processo effettuale è unico , e quelle si legano a
queste in dialettico svolgimento . Distinzioni , dunque , che
valgono quel che valgono e nel solo uso anzidetto . Con tali
dichiarazioni è da intendere e accettare il problema che
forma oggetto cosí del libro del Jouvenel come oggi di tutti
noi che , in un senso o nell'altro , in esso ci travagliamo ,
pensosi della sorte che minaccia la nostra civiltà . Pure ,
nell'accettarlo , non bisogna dare esclusivo rilievo alle ten
denze politiche che destano inquietudine e che si osservano
dappertutto , diverse ed opposte a quelle dell'ottocento , come
la statizzazione della vita , l'irrigidimento e meccanizzamento
VI. STORIOGRAFIA POLITICA E PESSIMISMO 157

dei partiti politici , la loro dipendenza dalle direzioni che


ne governano autoritariamente i rappresentanti , allonta
nando nelle rielezioni coloro che hanno dato segni d'indi
pendenza o tenendoli in soggezione col restringere il voto
segreto , e preferendo gli ubbidienti o disciplinati, come li
chiamano, ai liberi e agli intelligenti , e gl'incapaci ai tecni
camente capaci : il conseguente irrigidimento dei partiti ,
ehe tolgono efficacia e fecondità ai dibattiti parlamentari ,
diventati di mera apparenza perché le risoluzioni sono pre
fisse dai dirigenti ; il formarsi di partiti che godono di una
sicura maggioranza assoluta e hanno di fronte una oppo
sizione impotente a determinare crisi ; l'implicito avvia
mento al partito unico che serba il nome di partito e nega
la cosa , perché è regime di dittatura . Pari o maggiore
rilievo meritano , perché in essi è l'origine delle tendenze
che si lamentano , il generale infiacchimento dell'ideale e
del sentimento della libertà, e l'impoverimento dell'attività
spirituale: celati o imbellettati dalle meraviglie della tecnica
che la scienza , dal secolo di Galileo in poi , è venuta ela
borando e che ora padroneggia forze paurose le quali hanno
già rese distruggitrici come non mai le guerre , e potreb
bero spegnere la vita del genere umano sulla terra. Questo
processo di dissolvimento spirituale si è manifestato con
tanta rapidità, quasi esplosione , nel secondo decennio del
novecento , da sembrar cosa nuova e inaspettata; ma si era
andato preparando nel secolo precedente e l'avevano pre
veduto, o acutamente percepito col penetrare nel fondo delle
cose, tra gli altri, il Tocqueville e Jacopo Burckhardt, che
ne rimasero come smarriti , non sapendo alla lucidezza del
l'analisi far seguire la visione dei rimedî . Ché infatti i ri
medî non erano da cercare in riforme politiche , sociali ed
economiche , ma in qualche cosa di più profondo , nelle zone
religiose dell'anima ; e né le tradizionali religioni soccor
revano di speranze , per essere troppo vecchie e troppo
158 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

inadeguate dinanzi al mondo odierno , che è cosí possente


di forze contrastanti e cosí ricco di esperienze mentali e
morali ; né si poteva pensare a religioni artificialmente esco
gitate come quelle sansimoniana e positivistica , e prendere
in prestito il buddismo , come pure ha proposto taluno , dal
l'Asia per darlo all'Europa , a cui era disadatto; e , d'altra
parte , la religione , la redentrice non dommatica religione
della libertà , che aveva suscitato fervore e apostolato e mar
tirî e sacrificî ed entusiasmi quasi oltre la metà dell'otto
cento, era troppo aristocratica e fine e troppo elevata di
natura sua , e non si riusciva a tradurla , e anzi ripugnava a
tradursi , nelle mitologie che le moltitudini chiedono. Ad uso
di queste , altre mitologie sorsero ed ebbero fortuna , ma
tali che aggravavano il male , conducendo inconsapevoli ,
sotto specie di libertà e di giustizia , al duro asservimento
finale , alla perdita propter vitam delle vivendi causas. La
« malattia del secolo » , il romanticismo , non fu vinta dal
positivismo e scientificismo , astratti e semplicistici , e anzi si
fece piú torbida e più sensuale , e operò nei miti politici
del novecento, come il nazionalismo e il razzismo , e nel
l'irrazionalismo invadente . Le filosofie che ebbero presa
sugli animi furono, non già quelle seriamente filosofiche ,
ma le variamente passionali e praticistiche, come il nietzschia
nismo , esaltante la volontà di potenza , e il marxismo , che,
spregiando l'indugiarsi a conoscere il mondo , sollecita a
cangiarlo; e , infine , ora l'esistenzialismo , che muove dal
pensiero del nulla e in esso resta affascinato e chiuso . La
poesia e l'arte si sono , col futurismo e con le sue varianti , A

e con l'ermetismo , rivoltate contro l'eterna legge del bello ,


e contro tutti i genî, che nei secoli e nei millennî l'osser
varono e che per essa furono genî , e hanno tagliato il le
game con l'animo umano , trastullandosi sterilmente col
frammentario impressionismo e col sensualismo. Quale
maraviglia che coteste disposizioni morali , coteste forme di
VI. STORIOGRAFIA POLITICA E PESSIMISMO 159

pensiero o piuttosto di non pensiero , cotesta poesia impoetica


preparino e agevolino le tendenze politiche che conducono
dove si è detto ? La mortificazione del pensiero, l'impove
rimento del senso della bellezza , lo spegnersi del fervore
religioso e morale , inclinano alla passività e alla volontaria
servitú , che in alcuni o in molti si colora di una religio
sità, che è fanatismo .
Si direbbe che il Jouvenel , nella sua analisi , disperi
dell'avvenire e , volgendo indietro lo sguardo ai suoi pre
cursori nel segnare il corso naturale del Potere , e chiaman
doli inutili Cassandre » , metta anche sé stesso in questa
schiera. E perché furono e sono essi tanto « inutili ? » << Sap
piamo noi -egli dice , e sono le parole con le quali il suo
libro si chiude - se il corso delle società non sia governato
da leggi ignote ? se è in loro potere evitare gli errori di
cui muoiono? se non vi siano incamminate dallo stesso im
pulso che le portò alla maturità ? se la loro fioritura e la
loro fruttificazione non avvengano al prezzo di uno scoppio
delle forme in cui si era accumulato il loro vigore ? Fuoco
di artificio che lascerebbe dietro a sé soltanto una massa
amorfa, votata al despotismo , o all'anarchia ... » .
In effetto, questo non sappiamo , ma è tra i possibili :
senonché, e appunto perché non lo sappiamo, non possiamo
trarne regola per il nostro personale fare, che è ciò a cui
non ci è dato sottrarci rimanendo inerti . Il Jouvenel stesso
discorre sagacemente , appunto in questo capitolo ultimo ,
del comportamento » o dell ' « educazione alla vita sociale »
lamentando la condizione in cui è caduta nei giorni nostri ²;
e con ciò ha implicitamente additata a noi l'opera nostra
e il nostro dovere . Ciascuno di noi può contribuire , quoti
dianamente , nei più varî modi , a restaurare, a rinsaldare ,

¹ Op. cit. , p. 388.


Op. cit. , p. 377 sgg.
160 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

a rendere piú operoso e combattente l'amore della libertà ;


e senza pretendere o attendere l'assurdo , ossia che la po
litica cangi la natura sua , contrapporle una forza non po
litica, che essa non può sopprimere mai radicalmente perché
rigermina sempre nuova nel petto dell'uomo , e con la quale
dovrà sempre, per buona politica , fare i conti . La purezza
di questo nostro fare è a noi stessi assicurata dalla persua
sione che quello che cosí facciamo apporta salute ai nostri
stessi avversarî e nemici , uomini come noi , che non pos
sono non avere nel cuore come noi il germe della libertà,
l'amore del vero e del bello , e che sovente non la catti
veria ma una fallace immagine di bene rende , come si è
detto , fanatici .
Si riuscirà, con l'onesta opera pertinace, a salvare alle
nuove generazioni il prossimo avvenire ? O il presente la
voro fruttificherà ad altri e più lontani secoli ? (Vano non
sarà mai , perché la libertà si risolleva sempre, come ele
mento essenziale della vita , e si riattacca alla sua tradizione . )
Noi non sappiamo il corso degli eventi , ma sappiamo che
la libertà c'è stata ed è ancora al mondo, ancorché ora vi
stia come ecclesia pressa e non come ecclesia triumphans, e
per intanto dobbiamo continuare a celebrarla e a mante
nerla viva in noi e in altri , soffrendo e aspettando .
VII

LA STORIA ETICO- POLITICA E LE ALTRE STORIE .

<< Storia etico- politica è parola che si adopera un po'


da tutti , dai professori ai giornalisti , e finirà con l'entrare
nei vocabolarî, e può darsi che sia entrata in alcuni , il
che io non so . Quella parola credo di averla foggiata io
anni or sono, e per una ragione che spiega la sua presente
fortuna 1. Quale nome dare a quella storia che per eminenza
si chiamava senz'altro (e non era giusto) la storia? La
si diceva altresí « storia politica , e la cosa non mi con
tentava perché concedeva un indebito primato alla politica
sulla morale , e nel fatto non si atteneva poi sempre a questo
criterio, ma faceva allusione alla vita morale dei popoli,
senza ordine logico e senza compiutezza . Ma storia mo
rale > non mi andava a garbo neppur essa , perché il titolo
aveva dell'untuoso e del presuntuoso , e suonava male.
Dunque, tradussi il morale » in « etico > (perché la lingua
greca giova molto a dar modo di fare buona figura) , e ag
giunsi « politica » , perché s'intendesse che quell' « etico » era
cosa di molto peso e abbracciava , a dir poco , tutta la vita
pubblica dell'uomo, implicando il rimanente.
Un altro vantaggio di questa terminologia era che per
essa spariva quella << storia senza aggettivo » che in fondo

Si vedano Discorsi di varia filosofia (Bari , 1945) , I , 200-01 .

B. CROCE, Indagini. 11
162 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

mirava a ciò che abbiamo detto e non riusciva a dirlo , e


ne venivano convalidate le altre che portano ciascuna un
nome specifico e si distinguono da lei e tra loro : storia della
poesia e dell'arte, storia della filosofia e del pensiero , ecc .
Corrispondono queste storie , com'è noto, alle fondamen
tali categorie dello spirito , nascenti tutte sul medesimo
tronco .
La distinzione non vuol già dire che non attingano tutte
al comune fondo che è la realtà o la vita , ma che vi attin
gono la loro materia ed esse sono forma che trasfigura
e assimila in tal guisa la materia che per sé rimane come
una mera astrazione . Si prenda , ad esempio , la storia della
poesia, dove più spontanea viene sulle labbra la parola
<< creazione » . Le grandi opere della storia della poesia solo
per accidente hanno riscontro nelle grandi epoche della
storia etico-politica ; e quando si dice che una poesia ha
esercitato il suo influsso » su un atteggiamento morale ,
si ricordi che quel vocabolo « influsso > è di origine astro
logica e ha del vago e misterioso , che nasconde il pro
cesso reale .
A un dipresso si dica il medesimo della storia della
filosofia, che è la seconda grande storia della sfera teore
tica, e che anche essa non ha altra materia che la realtà
e la vita, e passa da filosofo originale a filosofo originale ,
da problema a problema nuovo , e tutto elabora ad modum
recipientis.
Rimane una quarta forma di storia categoriale , la prima
della sfera pratica , ed è quella che si chiama storia eco
nomica senz'altro e alla quale io ho cercato di mostrare
che convenientemente si addirebbe il nome e il concetto
di storia tecnica , che nella sua estensione e compren
sione include la cosiddetta scienza naturale conforme alla
moderna gnoseologia delle scienze . E poiché la politica è
anch'essa una tecnica , tutte esse sono incluse come grado
VII. LA STORIA ETICO- POLITICA 163

inferiore nella superiorità dell'etico - politico ¹ . Accenno che


questa inclusione rende possibile di dare una soluzione sod
disfacente a problemi come quello del liberismo e dell'op
posta economia di stato , insolubile nei termini economici ,
perché è di natura sua etico e non economico , e sempre è
praticamente risoluto con transazioni in cui l'astratta eco
nomia viene sacrificata 2.

1 Si veda il saggio Come si debba concepire la pura storiografia eco


nomica, in Discorsi di varia filosofia, I , 190-208.
2 Si veda il mio scritto La terza via, in Discorsi cit. , II , 194-99.
Ma ora particolarmente GIORGIO TAGLIACOZZO , Croce and the nature
of economic science ( in The Quarterly Journal of Economics , volume LIX,
maggio 1945) , e dello stesso, Croce and the economic liberalism, 1950.
Cfr. ciò che si dice in proposito in Economisti napoletani dei se
coli XVII e XVIII, editi dal Tagliacozzo (Bologna , Cappelli , 1937 ).
È da notare il desiderio che sorge in questa critica del Tagliacozzo
di un ritorno all'indirizzo della scienza economica anteriore ad Adamo
Smith ( p. es. , all'opera del Galiani ) , meglio ispirata di quella liberistica,
che doveva spingersi fino al fanatismo del Bastiat.
F

VIII

LA QUESTIONE DEL MACHIAVELLI .

Ho avuto occasione di leggere in questi ultimi anni pa.


recchi libri , italiani e stranieri , sul Machiavelli ; e , ricer
cando l'intima ragione dello scontento che mi avevano
lasciato , l'ho ritrovata, come in altri casi simili o analoghi ,
nella deficienza o nell'insufficienza di logica speculativa
con cui vi era stato trattato il relativo problema , o « que
stione del Machiavelli » , la quale non è, come si crede ,
una questione di morale , ma di filosofia della morale, e ,
come di natura filosofica , richiede quel modo di logica.
So bene che al Machiavelli è stata negata la qualità di
filosofo e che si è sorriso di coloro che vogliono farlo fi
losoficamente parlare, e la sua importanza è stata riposta
in altre cose , tra le quali c'è una che si suole ancora ri
petere ma che confesso di non intendere : cioè , che egli
non fece altro che mettere in iscritto quello che era il co
stume dell'età sua. Un amanuense o un echeggiatore mi
pare che non solo non sia un pensatore , ma neppure uno
scrittore , che, per essere interprete di una età , deve esserne
il critico, cioè intenderla e discernerla e qualificarla. Un'al
tra interpretazione del Machiavelli , che il Foscolo nei Sepol
cri mise in bellissimi versi e che già era stata escogitata
da Benedetto Spinoza , ne faceva uno svelatore ai popoli
delle oppressioni e crudeltà dei sovrani assoluti : alla qual
VIII. LA QUESTIONE DEL MACHIAVELLI 165

cosa il Machiavelli non pensò mai . Una terza lo considera


ardente patriota italiano , che sulla salvezza e grandezza
della patria raccolse tutti gli sforzi della sua mente e tutta
la passione del suo cuore ; e questo è vero, ma in questo
egli ebbe molti e nobilissimi suoi pari , laddove nell'atteg
giamento mentale che fu veramente il suo , fu solo o primo,
sicché ebbe molti consapevoli o inconsapevoli scolari anche
tra quelli che lo rinnegavano o credevano di rinnegarlo.
Come si riconosce se uno scrittore , un problema , una
teoria, un concetto ha o no carattere speculativo ? Non certo
dal molto definire e dal molto costruire in sistema , né dalla
terminologia tecnica che si adopera, perché questo usano
fare anche i semplici < professori di filosofia » , dai quali
non mai si è riconosciuto un qualsiasi acquisto filosofico
originale , perché , ripetitori e manipolatori del già trovato ,
se ne rimangono nell'esteriore . L'inventività filosofica si
può presentare senza nessuna di codeste esteriorità , senza
formule definitorie , senza ordine sistematico , senza linguag
gio tecnico o da iniziati , consistendo essenzialmente nel
l'approfondire i concetti nei quali si traducono i valori
dello spirito, le categorie del reale, e che perciò sono cosa
del tutto diversa e disparata rispetto ai concetti che si
chiamano empirici e che designano gruppi o classi di fatti.
Si vuole un segno sicuro per differenziarli da questi se
condi ? Semplicissimo : i concetti filosofici sono sempre le
gati ai loro contrarî, e gli empirici non mai . Dire « vero »
è dire falso » , dire « bene » è dire « male » , dire «« bello »
è dire « brutto » , dire « utile » è dire disutile o « dannoso » .
Ma i concetti empirici non hanno questo a loro estraneo
complemento : il cavallo o altro concetto zoologico non ha
di fronte l'anti- cavallo , col quale , per essere sé stesso , con
tinuamente combatterebbe . La consuetudine del fare empi
rico , diventata una piega mentale , porta ad apprendere e
a trattare i concetti- valori come concetti empirici , che è ,
166 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

(direi , per adottare metafore conformi ai nostri lieti tempi) ,


come maneggiare bombe non esplose , inconsapevoli della
forza grande che in esse è racchiusa e del pericolo di por
tarle in giro in quel modo sconsiderato . Sforzi molteplici si
sono adoperati a mostrare che come la poesia ha quella che
si può dire una sua particolare logica , e le matematiche ne
hanno una loro , e le scienze naturali altresí , e l'essere uomo
onesto ha la sua, cosí anche la filosofia ha il diritto di
averne una propria, che bisogna imparare a rispettare , e non
pretendere senza di essa risolvere problemi filosofici come
con l'aritmetica delle quattro operazioni non si risolvono
problemi di calcolo infinitesimale . E questi sforzi di certo
non sono parole al vento , ma non riescono all'effetto se non
nei ben disposti : donde le confuse trattazioni e superficiali
soluzioni di molti problemi , tra i quali è questo circa il
Machiavelli e la natura della politica . Accade che anche co
loro che accolgono o propongono la giusta risoluzione di
questo problema , non possedendo la piena ed esercitata co
scienza del suo presupposto metodico , non la possono forte
mente assicurare nella loro mente ; e si è dato il caso curioso
che taluno che aveva scritto un libro che pareva intelligente
e limpido sul concetto della politica del Machiavelli , un anno
o poco più di un anno dopo ne cantò la palinodia , smar
rito alle prime obiezioni che gli furono mosse e che ave
vano la forza attrattiva dell'evidenza volgare e triviale che
si riveste di buon senso .
Il Machiavelli si trovò dinanzi l'antinomia di politica
e morale , resa acuta dal tramonto del dominio che la dot
trina della chiesa cattolica aveva mantenuto per secoli , fa
cendo della politica un capitolo della morale, e , quando di
verge dai precetti della morale, considerandola come male .
Ed egli ardí asserire che la politica non è né la morale né la
negazione della morale, cioè il male, ma ha l'esser suo po-.
sitivo e distinto come forza vitale che nessun'altra forza
VIII. LA QUESTIONE DEL MACHIAVELLI 167

può abbattere e nessun raziocinio cancellare , come non si


vince e non si cancella ciò che è necessario .
L'importanza di questa asserzione del Machiavelli è di
mostrata dal duplice ed opposto sentimento col quale fu
accolta da una parte, di soddisfazione della verità , onde
la politica veniva trasferita dalla oscurezza della pratica e
dalla perplessità dei giudizî alla luminosità della teoria , e,
dall'altra, come di un sospetto, una riluttanza , una paura
e un conseguente scongiuro al veder sorgere accanto alla
morale una forza che non è la sua , non messa da lei al
mondo e che pareva capace di sopraffarla. L'uno e l'altro
sentimento erano quanto spontanei altrettanto giustificati ;
ma le conclusioni che nascono dall ' uno come dall'altro
debbono essere entrambe corrette e modificate .
E, cominciando dal primo , bisogna tener fermo e sem
pre rammentarci che scoperte si possono bensí fare di
fatti singoli prima da noi non conosciuti , ma non mai dei
valori e categorie spirituali che sono operosi in ogni istante
della vita e dei quali si ha sempre in qualche modo cono
scenza . Se cosí non fosse , lo spirito sarebbe sempre estra
neo a sé stesso , privo di autocoscienza . Cosicché parlare
della scoperta di uno o altro di quei valori è un dire me
taforico per significare le vicende storiche , nelle quali uno
o altro di essi perde rilievo e al paragone di altri è come
dimenticato ; ed ecco una diversa vicenda fa sí che riceva
risalto e si ravvivi e splenda come non mai . Cosí si dice
che Socrate scoperse la forma del concetto ; ma, certo, non
si vuol dire con ciò che i pensatori presocratici , un Era
clito o un Parmenide o un Anassagora , e tutti quanti , non
conoscessero la forma del concetto , nella quale solitamente
si esprimevano; ma che Socrate la rafforzò e garantí nella
sua serietà e severità contro i sofisti di quei tempi e di
tutti i tempi , che , giocherellando con essa , la fanno come
dileguare dalle menti . Cosí non si crederà che la scoperta
F

168 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

della scienza estetica che si fece nel secolo decimottavo ,


due volte e per vie diverse e con diversi effetti , dal Vico
e dal Kant, offerse , essa per la prima , i concetti della poesia
e dell'arte , del bello e del brutto , i quali sempre vissero nella
mente dell'uomo e generarono i giudizî sulle opere di poe
sia e dell'arte tutta , e sceverarono le genuine dalle fallaci ,
e innalzarono sulle altre i capolavori del genio , e alla gioia )
delle visioni estetiche aggiunsero la consapevolezza critica •
dell'esser loro ; perché quella « scoperta » fu, contro il ra
zionalismo intellettualistico e matematizzante cartesiano ,
spregiatore e irrisore della poesia, la rivendicazione ed
esaltazione della fantasia creatrice e del conoscere intuitivo.
Perfino la coscienza morale non fu, come pur si dice, una
scoperta dovuta al cristianesimo , perché essa operava come
poteva nell'antichità precedente al cristianesimo , col quale ,
congiunta all'aspettazione di una vita oltreterrena di mo
rale perfezione, ottenne una sorta di primato . Del pari ,
antichità e medioevo fecero politica e nel farla la conosce
vano e ne disputavano, e si sono accennati i motivi che
ne resero necessaria l'energica e spregiudicata affermazione
che prese nome dal Machiavelli e che parve , e doveva ap
parire , una scoperta di cosa inaudita prius.
Ma anche lo sbigottimento e l'errore e gli scongiuri
contro quella dottrina , che si acuirono nella accusa di em
pietà e di malvagità lanciata al Machiavelli , si converti
ranno in un giudizio di verità se si riconosce che l'affer
mazione di lui sul valore positivo e originale della politica e
delle leggi che la governano bisognava che fosse messa in
armonia con la pari positività e originalità e con l'autonomia
dell'altro termine della diade , la moralità , perché questo
era il nuovo problema che si apriva col Machiavelli , non
potendosi tornare indietro da lui e considerare la politica
come una specificazione o una parte dell'etica stessa , o come
il male , l'azione del diavolo : che è ancora oggi la teoria

1
VIII. LA QUESTIONE DEL MACHIAVELLI 169

che si scodella agli scolari dai cosiddetti filosofi cattolici ,


(il cui limite è in questo aggettivo posto al sostantivo di
filosofo, che non patisce aggettivo di sorta al pari di quello
di poeta che è sempre secundum poesim e non secundum
aliud) . Né la positività della coscienza morale poteva essere
piú abolita dopo il cristianesimo , né quella della politica
dopo il Machiavelli . E il Machiavelli non solo non negò la
morale , ma fu egli stesso una delle più alte e dolorose anime
morali che la storia ci faccia conoscere , e anelò e cercò
sempre l'attuazione della moralità nel mondo , e le male
dizioni di cui fu oggetto accrescono soltanto l'aneddotica
dei calunniati da coloro che non sanno quello che si di
cono. In un recente e per più rispetti pregevole libro sul
Machiavelli si conferma la verità di questo mio giudizio 2º ,
che io estendo anche a quella che è la maggiore delle com
medie che il prelodato autore chiama « oscene » e interpreta
come dovute ai momenti in cui , per dimenticare la sua tri
stezza , egli si abbandonava alla gioia piú banale e alla
baldoria scurrile » ³ : la Mandragola , che non è oscena ma
dolorosa, e non è commedia ma ha della tragedia , come
non poteva non essere in un autore che nel prologo diceva:
Scusate , che s'ingegna Con questi van pensieri Fare il
suo tristo tempo più suave » ¹ . Lo stesso autore , che rifiuta
al Machiavelli il nome di filosofo e non bene intende l'an
tinomia di politica e morale dalla quale io ho preso le mosse
(antinomia che è formula modellata su quella della « guerra
tra poesia e filosofia » , che si combattette tra i primi filo
sofi greci e Omero e che ancora durava in Platone), pro

1 GOFFREDO QUADRI , Niccolò Machiavelli e la concezione politica della


coscienza morale ( Firenze , La Nuova Italia, s . a. ma 1949) ..
Si veda Etica e politica (2ª ed . , Bari , 1945) , pp. 251-52.
3 QUADRI, op. cit. , pp . 249-50 .
CROCE, Poesia popolare e poesia d'arte (2ª ed . , Bari , 1946) , pa
gine 245-48.
1

170 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

pone una sua nuova interpretazione del Machiavelli come


di uno spirito che , vedendo non piú possibile assidere l'o
pera morale sul crollato fondamento teologico , l'assideva
sulla politica e costruiva politicamente una nuova coscienza
morale conforme alla nuova età : la qual cosa da mia parte
sarei disposto ad ammettere, perché il Machiavelli , uomo
del Rinascimento e ben piantato sulla terra , non altrimenti
doveva concepire la morale, come non altrimenti allora si
vennero concependo la scienza , la filosofia , la poesia, l'arte ,
il costume; ma dico che questa era una conseguenza pra
tica della verità filosofica da lui « scoperta » , e che sempre
in questa bisogna cercare il centro della sua anima , il prin
cipio generatore dell'opera sua .
Il Machiavelli , dunque , non sacrificò la morale alla po
litica , ma dell ' una e dell' altra ammise l'autonomia , e quello
che in lui manca è l'esigenza di mediare le due autonomie ,
che non si potevano lasciare l'una accanto all'altra , l'una
come una realtà da accettare , l'altra come un desiderio
insoddisfatto ma fondamentale e inestinguibile quale fre
meva nel suo petto e si manifesta in molte sue ardenti
espressioni . Fu questo il suo errore ? Io esiterei nel rispon
dere si > a questa domanda , perché temo che questo si »
involgerebbe tutti i filosofi , perché ogni filosofo tratta certi
problemi e non riesce a trattarne altri , e tanto meno il
Machiavelli che non fu uomo dedito tutto alle indagini teo
riche , ma di affari e di azione e a cui l'azione fu portata
via e che di ciò non si consolò mai né mai vi si rassegnò .
Egli aveva fatto bene la sua parte di lavoro : non gli si
poteva chiedere che ne facesse un' altra, che non propose
a sé stesso¹ .

In una lettera del Busini del 23 gennaio 1549 (innanzi alla Sto
ria del Varchi , ed . Bettoni , lett . XI ) , nella quale si parla degli ul
timi giorni del Machiavelli , si può vedere riflesso nei fatti questo
VIII. LA QUESTIONE DEL MACHIAVELLI 171

E questo secondo problema fu subito raccolto dalle ge


nerazioni seguenti e per circa un secolo e mezzo si dibatté
vivacemente la questione del rapporto tra politica e inorale ,
la questione non di lui , Machiavelli , ma su lui , resa pos
sibile dall'opera sua . E si cercò da alcuni , dai più fanatici
moralisti , di negare la questione stessa , respingendo radi
calmente la scoperta » del Machiavelli , e da altri piú tem
perati e più avveduti , di conciliarla con l'autonomia della
morale e con la dottrina ortodossa , e da qualcuno , piú lo
gico e piú acuto, come fu, nel seicento, Ludovico Zuccolo ,
di serbare autonomia e positività alla politica e definire
questa buona o cattiva moralmente , secondo il fine ultimo
a cui la coscienza dell'uomo la indirizza¹ . Ma sebbene que
sta ultima soluzione si approssimi al segno e quasi lo tocchi ,
la soluzione vera e intima non poteva aversi se non anche
qui mercé della logica che si confà alla natura del pro
blema e che è quella filosofica.
In effetto , il carattere che si è rilevato dei concetti di
valore spirituale, che ciascuno di essi è legato al suo con
trario, porta di conseguenza che una logica che sia della
stasi , come è proprio della logica classificatoria , non ha

conflitto morale non rischiarato sufficientemente da luce teoretica.


Il Busini attesta che l'universale , per conto del suo Principe, l'o
diava : ai ricchi pareva che quel libro fosse stato un documento da
insegnare al duca tôr loro tutta la roba, a' poveri tutta la libertà,
ai Piagnoni che ei fosse un eretico , ai tristi più triste , o piú valente
di loro : laddove Pietro Carnesecchi , venuto con lui da Roma , l'udi
molte volte sospirare avendo inteso che la città era libera , e credo >
(concluse il Busini) · che si dolesse dei modi suoi , perché infa ti
amava la libertà e straordinarissimamente, ma si doleva di essersi
impacciato con papa Chimenti . E dice anche che < mori malissimo
contento, burlando » : quasi si direbbe come un uomo a cui non riesca
di darsi piena ragione , né pieno torto.
1 Storia dell'età barocca in Italia (2ª ed. , Bari , 1946 ), pp. 74-98 ,
dove in modo conciso ma intero è dato il succo di questa copiosis
sima letteratura .
172 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

nerbo filosofico e non serve all'uopo , perché quella com


prensione dei contrarî vuole una trattazione filosofica della
contrarietà , dello svolgimento o dialettica » , come si usa
denominarla . Politica e morale sono insieme distinte e unite ;
distinte , perché la politica è solo parte di quella attività che
conviene intendere nel suo intero e considerare forma ne
cessaria tra le altre necessarie forme spirituali , la « vitalità ›
o economicità » , la quale tesse la vita individuale , e la mo
ralità intende invece a volgerla ai fini della vita universale:
con che le due formule sono tra loro legate e nella loro
distinzione unite . Ora , che questo sia vero riceve conferma
dalla trattazione che forza e moralità hanno nella prima
delle filosofie moderne che si fondò sullo svolgimento o
<< corso e ricorso » , e concepí la realtà umana come storia :
la Scienza nuova del Vico , nella quale dalla forza o poli
tica si passa all'etica che è della mente tutta spiegata » ,
dello spirito nella sua integralità ; e il Machiavelli riceve
la giustificazione o l'inizio della giustificazione che egli
non aveva curato di darsi . Ma su ciò non debbo soffermarmi ,
avendone già discorso altrove¹ .
Se il Machiavelli non può essere tacciato di errore per
non aver risoluto lui le questioni che , suscitate dal suo
pensiero in altre menti , furono da altre menti trattate e
risolute , un errore o un'ombra di errore è certamente in
lui , nel quale piú apertamente e grandiosamente si impi
gliò dipoi lo Hegel ; cioè nell'ammettere che le infrazioni
alla morale , le azioni cattive , i delitti possano essere be
nefici o condizioni di bene nella storia . Sul qual punto è
richiesta la piú netta e rigorosa intransigenza , perché mai
e poi mai si dovrà consentire che la morale conceda di
fare quel che la coscienza , cioè essa stessa , dichiara che

1 Oltreché nel libro La filosofia di G. B. Vico (4ª ed. , Bari, 1947,


pp. 103-04) , in Etica e Politica, ed . cit. , pp . 253-56.
VIII. LA QUESTIONE DEL MACHIAVELLI 173

non è da fare a niun patto . La derogabilità alle leggi mo


rali che alcuni teologi sostennero sopra esempî della Bib
bia ( la quale , in verità, per questa parte è una lettura
poco edificante) , fu respinta da altri teologi , che giusta
mente scorsero in ciò una negazione dell'idea di Dio e
della sua coincidenza con la moralità che è lui medesimo¹.
Ma il Machiavelli non tenta di risuscitare la teoria della
derogabilità e lascia fuori dalla questione Dio ; e ciò a cui
si appella è il fatto , il fatto che gli mostra che certi pro
cessi che furono processi storici e creazioni e innalzamenti
degli Stati e della civiltà non sarebbero accaduti se l'im
pedimento che li precedeva non fosse stato tolto via con
atto delittuoso. Un esempio solo , di quelli da lui recati ,
può bastare per tutti : Romolo che , persuaso di cosa che
egli , come il Machiavelli , teneva vera , che , per fondare
uno stato , bisogna la compatta volontà di un solo e non
quella divisa di due , ammazza il fratello Remo e fonda
Roma e apre il corso della sua storia gloriosa ; sicché il
Machiavelli osserva che non mai ingegno savio riprenderà
alcuno di alcuna azione straordinaria che per ordinare o
costituire una repubblica usasse : conviene bene che , accu
sandolo il fatto, lo effetto lo scusi , e quando sia buono
come quello di Romolo , sempre lo scuserà » . Si sente in que
sta conclusione , che a lui s'impone, una certa perplessità
che è superata dalla autorità del fatto al quale si appella ,

Le cose che su questo punto dice l'autore sopraricordato del


più recente libro sul Machiavelli , di azioni delle quali , se anche
non è morale lo scopo , l'azione stessa è morale in quanto è indirizzata
al bene (p . 245 ) , e delle « deroghe necessarie , evidentemente utili
nell'ordine della moralità, come un'accidentalità di questa , imposta
dalla limitazione della realtà materiale » ( p . 247) , e della < distinzione
tra una moralità- principio e una moralità- precettistica , la quale è
la parte legale e giuridica della morale (p . 248) , sono tutte propo
sizioni condannate in etica, almeno da quando sorse la critica del
Pascal e dello Schleiermacher, e non si prestano a difesa che vo
glia ritentarsene .
174 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e che egli tiene indubbio . Ma è poi indubbio ? Donde veniva


al Machiavelli questa sicurezza ?
Anche qui navighiamo nelle acque della filosofia : quella
sicurezza veniva al Machiavelli da una concezione filoso
fica, che egli accettava come tanti antichi e tanti contem
poranei suoi e contemporanei nostri : dal determinismo o
causalismo , che reggerebbe la storia . E se i fatti storici
sono una catena di cause ed effetti , ogni anello della catena
è necessario all'avvenimento, né si può sopprimerlo se non
sopprimendo l'avvenimento . Qui la logica non fa una grinza;
nessun anello è lecito togliere , nessuno dichiarare non neces
1
sario o non operativo , o meno operativo degli altri tutti : tutti I
coniurant amice . Ma la cosa va diversamente , se , invece di
negare questo , si neghi la premessa stessa , cioè che la sto
ria sia da concepire deterministicamente e si componga in
catena di cause ed effetti , e a questa dottrina si contrap
ponga l'altra che la storia è storia di libertà , una sequela
di atti creativi , varî di valore e di efficacia , e l'efficacia
degli errori , delle colpe e dei delitti è nella loro negati
vità, nel provocare l'orrore , il castigo, la correzione, la
condanna, l'espiazione , e non già nel lavoro costruttivo.
E la creatività e la libertà della storia è del Tutto , ossia
degli individui bensi , ma nella reciprocità delle reazioni
tra loro onde compongono il Tutto , e non degli individui
astratti e della illusione in ciascuno di fare quel che è fatto
dal Tutto : che è , a un dipresso , la critica che un filosofo
della generazione seguente a quella di lui , Tommaso Cam
panella , moveva al Machiavelli di non vedere che le cose
umane dipendono << entibus ex primis unde nos sumus et
non ex nobis » , presentimento , sebbene ancora avvolto di
trascendenza , di quella che sarà la Provvidenza vi
chiana¹ . Per converso , non per l'errore causalistico , ma

Storia dell'età barocca , cit. , pp . 78-79.


VIII. LA QUESTIONE DEL MACHIAVELLI 175

per la persistenza in lui di quello biblico - teologico della


derogazione divina alle leggi morali , lo Hegel era condotto
alla escogitazione dei suoi << weltgeschichtliche Individuen >
(individui della storia del mondo) , mandatarî ed esecutori
della volontà di Dio , che guidano le crisi e producono i
grandi avvenimenti della storia del mondo , e , in ciò fare ,
violano diritti rispettabili e sacri , e calpestano fiori inno
centi , incuranti del biasimo morale¹ ; e forse il suo errore
riusci praticamente assai più dannoso che non quello del
nostro Machiavelli , perché questi stimava che non si po
tesse non indulgere a coloro che , col commettere atti ri
provevoli , avevano spianato la via al bene , come gli pa
reva che l'effetto > cioè la storia attestasse , rassegnandosi
alfatto nella sua durezza irremovibile ; e il filosofo te
desco dava l'illusione a molti folli o inetti di essere diret
tamente incaricati da Dio di figurare da grandi uomini
mondiali e di non tener conto di leggi morali per esaltare
il proprio popolo e sé medesimi in esso . Se una migliore
teoria storica avesse mostrato al Machiavelli che la storia
non dava e non poteva dare quella attestazione e conferma ,
certo l'animo suo , che era < acceso d'uno immenso desi
derio di seguire i tempi buoni , avrebbe meglio inter
pretato la dolorosa forzata imitazione che i tempi cattivi ,
in cui viveva , costringevano a fare, per difesa , dei pro
cedimenti dei tempi cattivi . Il Machiavelli era un genio ,
ma italiano , e perciò sennato ; e il genio che nasce altrove
non sempre è sennato .
Come che sia, avendo la verità della dottrina del Ma
chiavelli sulla autonomia della politica la sua dimostrazione
nella difficile logica filosofica, e perciò incontrando le fa
cili obbiezioni della logica empirica e classificatoria, e,

Si veda in proposito il mio saggio in Filosofia e storiografia


(Bari , 1949), pp . 139-51 .
176 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

d'altra parte , l'error suo , attribuito a perversione morale , "


trovando la sua spiegazione e la sua scusa nel causalismo
storico , la cui critica e sostituzione è , di certo , filosofica
mente difficile , ne viene di conseguenza che probabilmente
la questione del Machiavelli resterà una di quelle che non
si chiuderanno mai e non passeranno agli archivî , diver
samente dalle altre le cui conclusioni sono ormai a un di
presso pacifiche . Il che par che riceva conferma dalla quan
tità e dalla qualità dei libri che si continuano a pubblicare
sull'argomento . Del resto , quando il De Sanctis , nel 1869,
ricorrendo il quarto centenario della nascita del Machia
velli , dichiarò che la storia della critica sul Machiavelli
era la storia di una questione posta male ed egli la mise
nei suoi veri termini e sostanzialmente la risolse , nessuno
volle imparare da lui e , nel decennio seguente , il suo ex
scolaro Pasquale Villari , tutt'altro che adusato e disposto
alla tensione speculativa, pubblicò una estesa monografia
sul Machiavelli , nella quale , da empirista e insieme da mo
ralista all'inglese, ripeteva il biasimo all'autore che pren
deva a soggetto dell'opera sua , per non aver tenuto conto
della moralità nel trattare di politica , e si spacciò dell'in
segnamento fornitogli dal De Sanctis col giudicarlo oscil
lante fra tendenze opposte » e pregevole solo per talune
<< descrizioni vivaci » ; cioè dimostrò di non aver compreso
nulla di nulla del Machiavelli e dell'alta critica alla quale
egli aveva diritto , capace di adeguare l'altezza della sua
mente e dell'animo suo .
IX

CONSIDERAZIONI SULLA PREISTORIA .

Tra gli storici e i « preistorici (intendo i cultori della


storiografia sulle età primitive , e non è colpa mia se qui
si sfiora ancora una volta l'impaccio del duplice uso del
vocabolostoria » ) c'è una ormai vecchia ruggine, che,
sebbene si sia cercato di toglier via, resta sempre o sempre
ricompare in vario modo . Voglio mostrare che ciò non na
sce da indegnità dell'uno o dell'altro dei due generi di
lavoro, che hanno entrambi piena ragione di esistere , ma
dai concetti errati che si suole avere della storia , e che,
se è difficile estirpare dai cervelli un po' grossi , possono
bene essere rettificati e schiariti in altri che non riluttano
agli sforzi della riflessione e , dirò pure , della meditazione.
Una prima forma di accusa che i preistorici portano
agli storici è questa : che la storia è per essi un corpo
senza testa né estremità , un organismo vivente ma mutilo,
perché manca di una parte di quel che gli è necessario » ¹ ;

¹ Si vedano questi e simili lamenti nel recente e pregevole libro


della signora P. LAVIOSA ZAMBOTTI , Le origini e la diffusione della ci
viltà: introduzione alla storia universale ( ed. francese , Paris , 1949) ; o
anche nei due volumi sulla Preistoria del prof. GIOVANNI PATRONI (Mi
lano, Vallardi , s . a. , ma 1937) , introduzione o prima parte di una
Storia d'Italia, che , movendo da essa , va fino al secolo decimonono .
In modo intrinseco ed oggettivo il contrasto di storia e preistoria
è lumeggiato da C. L. LEVY STRAUSS , Histoire et ethnologie (in Revue de
métaphysique et de morale, a. LIV, nn . 3-4 , luglio- ottobre 1949, pa
gine 363-91 ).

B. CROCE, Indagini. 12
178 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e io debbo subito , opponendo metafora a metafora , prote


stare che la storia non ha testa » (e , di conseguenza , nep
pure piedi e mani o altre estremità) .
L'uomo è gettato nella storia , ossia nell'esistenza ,
come dicono gli esistenzialisti con tono di tristezza e bri
vido di orrore , quasi si possa prima « essere » e poi « esi
stere , e accettare o rifiutare l'esistere . Vero è che talvolta
si odono uscire dalle labbra dei mortali proposizioni come
questa : < vorrei non essere mai nato ! » : che è per l'appunto
una locuzione , come la chiamerebbe Aristotele , non logica
ma retorica, la quale esprime il convulso di una dispera
zione e non già un pensiero ragionevole, perché il nascere
o no non può essere oggetto di una scelta nostra .
Ora essere gettati nella storia vuol dire che l'uomo
si abbraccia a tanta e tale storia quanta e quale di volta
in volta serve al suo individuo essere , e che questo quanto
e quale non è già la storia universale e panoramica che
si suole immaginare, ma una storia particolare , ossia anche
universale bensi , ma solo in quanto l'universale vive e si
pensa sempre individuato nel particolare . Nessun senso di
incompiutezza né di mutilazione sorge da ciò , e neppure
è necessario un atto di rassegnazione ai limiti imposti al
l'uomo , ricordando a sé stesso il parvum parva decent » ,
perché limitarsi è operare sul serio , e la frenesia dell'illimi
tato presto si converte nella delusione di stare ad acchiap
pare il vuoto . Nel nostro limite , di volta in volta , si vive
nel pieno , tutto presi , come si è , nel fine che si persegue ,
nella passione di amore che è la vita .
Se ciò è vero ( ed è vero , cioè filosoficamente corretto
e al tempo stesso evidente al buon senso) , non rimane al
tro che spiegare come mai sia nato o nasca lo stravagante
pensiero che la storia debba avere un principio ed una
fine, e partire da un punto per percorrere un processo di
distinzioni che dia l'uno tutto determinato e ad esso ricon
IX . CONSIDERAZIONI SULLA PREISTORIA 179

duca. Orbene : il pensiero di questa unità, che è circolo


eterno delle sue distinzioni , è proprio di quella che si
chiama filosofia , indispensabile per pensare la storia ma
in questo pensamento storico si richiede che sia presente
l'altro dei due termini della sintesi a priori , l'intuizione ,
dando luogo al pensiero o giudizio storico . E togliere l'e
lemento categorico in iscambio col tutto del giudizio è tes
sere una fantasiosa storia, quale si vede nelle mitologie e
religioni o nelle loro frigide ed esangui imitazioni accade
miche conosciute col nome di « Filosofie della storia » , e in
realtà in almanaccamenti, che, per amore di filosofia , distrug
gono la storia, che è concreta filosofia ; e vogliono darle
principio e fine e comporla in sistema , che sarebbe come
voler dare al pane che è stato tagliato il tagliente del col
tello col quale è stato tagliato e farne un nuovo e sublime
coltello: il che è senza dubbio un grosso imbroglio mentale .
Questa critica forse ricerca , per essere intesa e compresa ,
molta industria d'ingegno ; ma anche essa ha l'alleanza del
buon senso, il quale, quando altro manchi , risponde , come
in questo caso ha risposto , con lo sbadiglio della noia di
nanzi a tutte le costruzioni , su cui altri si affaticano, di
Filosofia della storia . Dunque , la storia non ha uopo né di
testa né di estremità, né di principio né di fine , né dei
sette giorni della creazione né del giorno del giudizio uni
versale, coi quali termini si apriva e si chiudeva la chro
nica mundi, la storia universale, che , per motivi religiosi
e teologici , regnò nel pensiero medievale .
Piú modestamente, altri preistorici chiedono che essa
riconosca di aver bisogno di qualche cosa che la preceda,
di un < atrio o di un << antisala » , come del resto suona
la parola stessa : pre-istoria. E con ciò , anzitutto , non pre
tendono di offrire alla storia la testa che le mancherebbe,
ma, forse inconsapevolmente, vengono a negare alla prei
storia l'omogeneità con la storia, perché la pongono fuori
180 PARTE 11. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

della storia (prima o dopo non importa) , come fornita di


un suo carattere diverso , che mal si cela con le immagini
prese da questa o quella parte di un edifizio . E che sia
cosí, è confermato dal contenuto che si assegna a quella
disciplina , la quale ebbe , come è noto , suoi primi racco
glitori e studiosi i naturalisti , e più particolarmente i geo
logi e gli anatomisti , che cominciarono a descrivere strati
della terra e reliquie di ossa e formarono un corpo di
scienza : lavoro più tardi ricevuto e proseguito ed arric
chito dagli archeologi che gli assegnarono una sezione nella
loro disciplina e la tennero distinta dalla filologia, perché ,
diversamente da questa , indaga età nelle quali non si era
ancora inventata la scrittura. Il che, a dir vero , non segna
una differenza sostanziale , considerato che l'uomo non si
manifesta solo con le voci articolate e per mezzo della scrit
tura , ma anche con le altre cose che egli produce ; e le
ricerche di preistoria fanno parte di tutto quel complesso
che si chiama filologia e che appresta materiali allo storico .
Né la sede originaria della preistoria , che sono le scienze
naturali , contrasta col suo carattere filologico , perché rac
cogliere con zelo e accuratezza dati di fatto , raggrupparli
secondo somiglianze e diversità, notarne le relazioni , clas
sificarli e tenerli in ordine , è proprio l'ufficio delle scienze
naturali , laddove la storia ha il suo proprio , non nel ma
nipolare gli atti umani ridotti a cose , ma nel conoscerli
nella loro realtà e individualità irriducibile , nel loro essere
concreto che coincide con la loro genesi e con la loro vita .
E certo la filologia è un precedente della storiografia , ma
un precedente che nel progresso storico non entra se non
in quanto l'anima umana si vale degli stimoli di essa per
rievocare sentimenti ed immagini che trae dal suo proprio
fondo e che , unificandosi con l'elemento categoriale, pro
ducono, come si è detto , il giudizio o racconto storico . Per
sé, la filologia è muta ; porre innanzi alla mente i docu
IX . CONSIDERAZIONI SULLA PREISTORIA 181

menti scritti o dipinti o scolpiti , o quali che altri sieno, è


porre innanzi fatti resi esterni ed estranei , e questa ester
nità ed estraneità bisogna vincere , a un dipresso come
Hegel diceva che fanno gli animali , i quali negano l'ester
nità delle cose e le idealizzano col mangiarle e trasfonderle
nella loro propria vitalità . Cosí, non l'inerte filologia, ma
la vivente anima si disposa con l'animus e sale al pen
siero.
Ciò posto, e per riprendere l'immagine adoperata dai
cultori della preistoria , far di questa un « atrio » o un' « an
tisala > dell'edificio storico sarebbe come valersi a tal fine
di un cantiere di materiali e strumenti da costruzione . Na
turale è, dunque, il senso dell'incongruente e dello sforzato
che consegue al fatto o all'idea dell'unione tra preistoria,
o filologia mera e grezza , e storia ; naturale la repugnanza
e il non voler sapere di una sedicente storia , che è una
rassegna di dati forniti dalla preistoria e pur pretende di
accompagnarsi con la storia. E tuttavia parecchi scrittori
si sono lasciati indurre a premettere alle loro storie una
prima parte o una << introduzione » preistorica , e la discor
danza tra le due trattazioni è stata attenuata , o è quasi
del tutto svanita nella misura in cui quella storia meno
aveva del suo proprio carattere e piú si avvicinava (come
sovente accadde , particolarmente nel periodo positivistico
e filologistico) alla compilazione filologica , il che conferiva
al lavoro una sorta di omogeneità ; ma tanto più strideva
quanto piú prevalevano in essa schietti e vigorosi motivi
storiografici ; e cosí si intende , per citare un esempio, l'abor
rimento e il dispregio che il Mommsen , nella cui storia di
Roma forte era la passione e visione politica , dimostrò
sempre verso la preistoria, alla quale non risparmiò ben
noti suoi motti satirici , ingiusti insieme e giustissimi . Non
parlerò poi di coloro che preistoria e storia parificano nella
favola di un unico fatto fondamentale che produca il tutto
182 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e spieghi i fatti particolari : favola inventata più di un se


colo fa, ma ora adottata per fini di propaganda da un par
tito politico , nel cui bagaglio d'idee si trova travestita la
vecchia Filosofia della storia, o storia mitologica e teolo
gica, che racconta come la spinta vitale o economica da
esso chiamata Materia, dopo aver goduto nella preistoria
l'Eden del primitivo comunismo, si squilibra nella lotta di
classe , cangia tre volte i modi di questa , e , al chiudersi
del terzo, torna donde era mossa e inaugura una nuova
vita, di cui non si sa altro se non che sarà il regno della
Libertà : una vita di libertà, alla quale non potrebbe toc
care altra sorte che la medesima dell'esempio kantiano
della famosa colomba , la quale aveva creduto di poter vo
lare piú agilmente con l'abolire l'ostacolo dell'aria , e in
vece cadde a terra , perché quell'ostacolo faceva parte es
senziale del suo volo . Teorie come queste non si riesce ,
per isforzi che si facciano, a pensarle; ma ciò non fa d'uopo ,
perché non è necessario che siano pensate , e basta a chi
le propone che siano vociferate ai fini della propaganda .
A questo punto si potrà osservare che io ho finora par
lato sempre della storia vera e propria , della storia ge
nuina, ma non ho definito che cosa questa sia ; il che viene
in me da un semplice ritegno a infastidire gli altri e me
stesso con le ripetizioni , cioè per l'appunto con le vocife
razioni . Tuttavia , poiché è necessario per la iunctura rerum,
dirò aforisticamente che la storia genuina non è altro che
la soddisfazione di un bisogno morale, che costringe ad
affisare un fatto , un gruppo o un ordine di fatti , un evento
politico o morale , una affermazione filosofica , una creazione
di poesia e bellezza , per intenderne bene la genesi ossia
il carattere, e metterci in grado di deliberare una nostra
azione o un orientamento e avvenimento della nostra vita ,
particolare sempre, perché noi viviamo nel particolare , uni
versale sempre perché in quel particolare si contiene l'uni
IX . CONSIDERAZIONI SULLA PREISTORIA 183

versale . Perciò la storia è opera altamente ispirata e ani


mata come ogni visione di verità : laddove la filologia è
opera pratica, notazione di particolari slegati o legati solo
estrinsecamente e cronachisticamente, da convertire, per quel
tanto che via via occorre, in stimoli di evocazione storica .
E qui dove potrebbe sembrare che abbiamo scavato
l'abisso tra le due, tra la preistoria che è filologia e la
storia che è pensiero , si ritrova invece l'effettivo loro con
giungimento , che non è da iniziare ma è in atto e si ac
cresce di continuo . E noi abbiamo bensí negato l'equipa
razione e l'esterno accostamento delle trattazioni preistoriche
a quelle storiche, ma non già la congiunzione intrinseca
che vive nelle cose stesse. La risoluzione dei nostri svariati
problemi storici richiede che noi tocchiamo e facciamo ri
sonare molteplici tasti e i riferimenti ai piú varî dati di
fatto che concorrono e si annodano in essi , tra i quali non
possono mancare quelli della preistoria con parte piú o
meno larga secondo la qualità dei problemi trattati ; e sa
ranno ora le invenzioni tecniche che aprirono la via ad
altre di tempi posteriori e alle nostre moderne e che spesso
sopravvivono nelle moderne , negli utensili domestici , nelle
armi , nei mezzi del navigare; ora credenze religiose , che
si vennero poi perfezionando e affinando , e altre che durano
tuttora nelle loro forme antichissime ; ora sentimenti di pu
dore, di orrore , di ferocia o di crudeltà, che riaffiorano
tra i nostri o prorompono violenti ; ora finanche , tra gl'in
fantili tentativi di arte simboleggiante , nei graffiti e nei ri
lievi , l'apparire di fulgurazioni schiettamente artistiche ,
in certe visioni , per esempio , di animali , còlti con pronta
fantasia ; e via discorrendo , come sarebbe troppo facile fare
entrando nell'ovvio .
Ma niente più di questo? - si dirà . — Una storia a
sprazzi? La pienezza delle relazioni storiche , quale l'abbiamo
per la storia antica, medievale e moderna, non l'avremmo
184 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

per l'età preistorica ? Mi par difficile , perché troppo il


genere umano ha distanziato quelle condizioni primitive
e non ne serba il ricordo , come noi non serbiamo quello
di quando eravamo nelle fasce , e appunto solo a sprazzi
l'altro degli anni dell'infanzia . Di ciò era consapevole colui
che per il primo gettò lo sguardo con profondità filosofica
sulla storia delle età primitive, e più volte parlò delle aspre
difficoltà , della fatica molesta e grave , che avrebbe
dovuto sostenere per discendere da queste nostre umane
ingentilite nature a quelle affatto fiere ed immani dei
primordî dell'umanità, essendoci ora « naturalmente niegato
di poter entrare nella vasta immaginazione di que ' primi
uomini , le menti de ' quali di nulla erano astratte , di nulla
erano assottigliate , di nulla spiritualizzate , perché erano
tutte immerse ne ' sensi , tutte rintuzzate dalle passioni , tutte
seppellite ne ' corpi » , onde « appena intendere si può , af
fatto immaginare non si può , come pensassero i primi
uomini che fondarono l'umanità gentilesca » ¹ . Cosí avessero
i dotti, che al Vico seguirono , appreso da lui questo rite
gno e riconosciuto che l'ostacolo è nella cosa stessa e in
noi stessi, perché si sarebbero risparmiate arbitrarie o ba
nali interpretazioni e insipidi romanzi preistorici , dei quali
non pochi sono stati composti che prestano ai primitivi i
nostri sentimenti e concetti . Al che si aggiunge che manca
in noi dinanzi a quell'età il potente stimolo della ragion
pratica e morale che aguzzi la nostra mente e ci faccia
battere alle loro porte per aprirle o per schiuderle più di
quello che finora sia riuscito . Coi greci e coi romani , con
gli orientali stessi , per non dire del medioevo e dei secoli
seguenti, de re nostra agitur : essi sono ancora legati ai
nostri grandi problemi , come non accade con le età pri

1 Scienza nuova, ed . Nicolini (nelle Opere complete, Bari, Laterza,


1914-41 ) , §§ 338 e 379.
IX. CONSIDERAZIONI SULLA PREISTORIA 185

mitive ; e si sa che non tutte le storie c'interessano e che


fu grande storditezza ideare, come pur si fece , compilazioni
di storia universale secondo un criterio di totalità geogra
fica, quando anche il Ranke , nella sua trattazione di quella
materia , aveva dichiarato il criterio a cui si era attenuto
di includervi solo i popoli che operarono l'uno sull'altro » .
Della restante umanità da noi remota con la quale le re
lazioni sono superficiali , non si cercano né si compongono
storie affiatate , come ne componiamo e ne leggiamo per
l'Inghilterra e per la Germania ; ma ci contentiamo , quasi
naturalizzando piuttosto che storicizzando , di caratteristiche
dell'indole e dei costumi e di altre determinazioni che ci
giova praticamente conoscere per guardarci da loro o per
adoperarli ai nostri fini .
E se anche ci riuscirà ( il che certamente non è tra gli
impossibili¹ ) di convertire da preistoria a storia alcuni se
coli o alcuni popoli che ora ne stanno fuori , avremo spo
stato un limite, ma non vinto la preistoria, perché bisogna

¹I LEVY STRAUSS (art. cit . ) cerca una conciliazione tra storia ed


etnologia ( nella quale va compresa , come paleontologia, la preistoria)
mercé l'uso da parte dell'etnologia del metodo che si tiene dalla lin
guistica, ed è probabile che qualche parziale storicizzamento della
etnologia e preistoria possa con ciò ottenersi, specie dopo che questa
ha abbandonato il metodo naturalistico delle leggi fonetiche e ha
preso quello , ben altrimenti storico, rappresentato dall'indirizzo del
Gilliéron. Senonché è bene tener presente che la parola, per costante
che paia, è sempre una nuova creazione in ogni atto del linguaggio ,
e che l'etimologia non si propone di far la storia della genuina pa
rola, da noi rivendicata alla creazione estetica , sibbene di determi
nare le occasioni che dalla storia sociale e politica vengono alle
nuove creazioni , ossia la materia di queste , e , con ciò , la Linguistica
diventa parte della storia civile . E si noti anche che la serie di quella
storia è sempre solo approssimativamente determinata , perché le
variazioni sono innumeri , onde è necessario ricorrere nei vuoti di
documenti alle congetture e alle loro semplificazioni . Gli ampi vo
lumi che sono stati consacrati alla storia di un singolo vocabolo ,
per dotti e acuti che siano, sono da leggere con questa intesa.
186 PARTE 11. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

ben mettersi in mente che il motivo maggiore dell'esage


rato interessamento che si prova per le età primitive viene
dall'illusione (non voglio chiamarla col nome severo che
meriterebbe) di raggiungere per quella via le « origini » ,
di ascendere , come diceva sospirando il buon Wagner , fa
mulus di Faust, zu den Quellen » , alle fonti , al fatto o
ai fatti originarî e strappare il velo al mistero dell'umanità .
Non si bada in simile speranza che i fatti non sono mai
< originarî , ma sempre originati D dall'unica fonte che
è lo Spirito vivente con le sue eterne categorie creatrici
delle storiche opere ed avvenimenti , e che perciò quella
tentata ricerca delle origini per la via dei fatti è una sorta
di empietà. Ma , se non empietà , sono certamente libri sba
gliati quelli che con tal metodo si sono scritti o si scrivono
sull'origine del Pensiero, della Morale , della Religione , del
Linguaggio e della Poesia , della Vita e della Storia, che
non sono fatti storici né preistorici , ma idee speculative .
X

ILLUSIONI DEGLI AUTORI SUI « LORO » AUTORI .

Mi è accaduto altre volte di accennare al fanatismo che ,


nel periodo filologistico della storiografia , si accese per la
cosiddetta ricerca delle fonti , e per quella che era una
sua derivazione (e , tutt'insieme, un ampliamento e un'at
tenuazione della parola fonti » ) , la ricerca degli << influssi
di cultura > (Kultureinflüsse) . Siffatta disciplina talora si
inorgogliva di severità scientifica , denominandosi storia
comparata » , dietro l'esempio della linguistica o glottologia ,
che si era chiamata Linguistica comparata » , e arieggiava
l '<< Anatomie comparée » , che col Cuvier era venuta in fama
nei primi dell'Ottocento . Ma , nella storiografia, a quel vo
cabolo che poco le si addiceva si univa un pregio vero,
che essa allora aveva acquistato , per essersi fornita di una
bene addestrata e ricca filologia, la quale padroneggiava
piú lingue che prima non usasse e si versava in luoghi e
tempi varî e lontani , il che le conferiva una sorta di at
traenza . Né a questa fui insensibile io , come giovane che
allora ero , e disegnai un ampio lavoro sugli « influssi »
esercitati in Italia dal pensiero , dalla letteratura e dal co
stume degli altri popoli europei , dal secolo decimoquinto
al decimonono, e cominciai da quello che molto ricorreva
nelle parole , ma che meno di tutti era conosciuto nei suoi
particolari, del popolo e della cultura della Spagna . Tut
188 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

tavia, andando innanzi nelle ricerche che con molta dili


genza conducevo , provai come un senso d'inconcludenza
e di vuoto , che mi faceva avvertire che non cosí, mercé
una sequela o una somma di estrinseci contatti tra le
cose , si faceva storia ; e finii col mettere da banda quel
lavoro, del quale un troncone rimase in un libro sulla
Spagna nella vita italiana del Rinascimento , che nel fatto
si compone di una serie di mie osservazioni su alcuni
aspetti della vita italiana e spagnuola di quell'età , messe
insieme con qualche abilità letteraria . Senonché , pure scri
vendo quel libro , mi guardai bene dalle pretese che altri
attribuiva allo studio delle fonti e degli influssi , quasi fos
sero rivelazioni di profondità e di ravvolgimenti e di se
greti della storia, laddove in sostanza erano poco più che
filologia ed erudizione, se anche non inelegante e talvolta
perfino peregrina .
Dall'esperienza che avevo fatta mi rimase come una
ribellione contro la pseudostoriografia dalla quale m'ero
lasciato attirare e che mi aveva deluso , e perciò non le
risparmiai critica e satira¹ . Ma poi anche la ribellione si
placò o piuttosto prese migliore e maggiore ragione, per
avere, con piú largo sguardo, riconosciuto in quella dot
trina delle fonti una delle molte inferenze logiche dello
errore piú generale di trasferire nella storiografia il con
cetto di causa » , peculiare alle scienze naturali o posi
tive D (come anche le si chiamava, non curando l'ammo
nimento del lucus a non lucendo) . Se la storia è perpetua
creazione , come intenderla col farla effetto meccanico di
una causa? Se essa è somma concretezza , come applicarle
quel metodo foggiato per rendere servigio nel maneggio
delle generalizzazioni e astrazioni ? E se la storia procede
di atto in atto sempre varia ma sempre coerente ed intera ,

¹ Per esempio, nel libro La poesia (Bari, 1946) , pp . 162-63 , 332-33.


X. ILLUSIONI DEGLI AUTORI SUI LORO » AUTORI 189

come si può scindere l'unico atto nei due , l'uno dei quali
è fonte » e l'altro attuazione » , l'uno fuori dell'altro ,
riunendoli poi tra loro in una consecuzione estrinseca ?
E se la consecuzione si concepisce intrinseca , dove se ne
va la distinzione , e quale consecuzione sarebbe mai quella ,
o, per contrario , dove se ne va la dualità di atto > e
< fonte dell'atto ?
Ma non divagherò più oltre da quello che è l'oggetto
del mio presente discorso , al quale l'apparente divagazione
serve da preambolo dichiarativo . L'oggetto che voglio qui
chiarire è un punto particolare . ―――― - Come si debbono inten
dere i racconti che pensatori insigni ci hanno lasciati di
se stessi e della loro vita mentale, dichiarando il loro de
bito verso pensatori precedenti ? Qui par che ci sia un caso
indubitabile di rapporto di un pensiero con la sua fonte ,
dal momento che l'autore stesso attesta d'aver bevuto a
quella fonte . Per dare un esempio solo : che cosa pensare
di Emmanuele Kant, che attribuisce a David Hume il me
rito di averlo , con la scepsi circa il principio di causa ,
scosso dal sonno dogmatico e apertagli la via del critici
smo ?
Che cosa pensarne ? Che la cosa non è vera : cioè , non
già che il Kant dicesse il falso , ma che interpretava ine
sattamente quel che era avvenuto in lui nella maturazione
del suo pensiero.
Per rendere più persuasiva questa mia negazione , sarà
bene tener presente che il caso del pensatore verso il suo
o i suoi predecessori è di tutti gli uomini in tutte le altre.
parti della loro vita , cosí teoretica come pratica ; e il poeta
riconoscerà suo maestro il poeta che più parlò al suo cuore
e alla sua fantasia , e gli apprese l'arte , come Dante che
confessava di aver tolto a Virgilio proprio ciò che non gli
tolse, ossia in cui non gli è neppure affine , <« lo bello stile » ;
e l'uomo politico e il magistrato che rammenta le massime
190 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

che gl'inculcarono coloro a cui si trovò accanto da gio


vane e gli esempî che gli porsero ; e l'uomo morale e re
ligioso che si commuove al ricordo che il meglio di sé
stesso lo deve alle anime buone e severe che incontrò agli
inizî e in certi momenti critici della sua vita , o anche a
umili persone che gli dissero parole che non poté piú di
menticare e che gl'impedirono per sempre certe durezze
o certe sconsideratezze . Ma , si badi , non solo dagli altri
uomini noi riceviamo questi soccorsi e questi beneficî, ma
dalle cose che sono a noi soccorrevoli e propizie , come a
Galileo la lampada oscillante nel duomo di Pisa e al New
ton il pomo che gli cadde sulla testa , e l'una e l'altro oc
casioni a entrambi di famose dottrine scientifiche ; e ma
gari la < grida » secentesca che il Manzoni lesse per caso
sui bravi che vietavano e imponevano matrimoni, e che
gli suscitò l'idea dei Promessi sposi ; o come avviene a
chi ama un luogo dove gli si lení il dolore o gli si sgom
brò la tristezza in cui era caduto , e vorrebbe tornar colà
quando dolore e tristezza lo rivisitano , e spesso saggia
mente si ferma al desiderio e al grato ricordo , perché , nel
suo segreto, teme la delusione .
Il buon senso , in effetto , non manca di osservare che
tali cose accadono bensí , ma soltanto in animi disposti ,
preparati e attivi , e restano inefficaci sugli altri animi ;
nel che il rapporto di causa ed effetto è rinnegato e si
adopera un diverso rapporto, anch'esso naturalistico ed
astratto , ma che in un certo senso sembra piú avvicinarsi
al vero, essendo il simboleggiamento naturalistico di una
verità che non ha trovato ancora la sua forma piena : il
rapporto di « azione reciproca » , che bene si può immagi
nare come di due esseri umani , o di un uomo e una donna
che si precipitano l'uno nelle braccia dell'altra, ma che
non si può pensare come rapporto logico , nel quale esiste
solo come rapporto di contrarietà . Riteniamo , dunque , que
X. ILLUSIONI DEGLI AUTORI SUI « LORO » AUTORI 191

sto punto : che il buon senso non crede a pieno ai casi


in quel modo descritti , anche se non li revoca formal
mente in dubbio e non ne dà diversa interpretazione .
Per dare codesta diversa interpretazione , bisogna affer
mare che la nuova teoria , la nuova opera di poesia e di
arte in genere, la nuova azione economica e politica, la
nuova opera morale è di chi l'ha compiuta , e che in nulla
ha potuto aiutarlo o collaborarvi un altro individuo sin
golo . È inconcepibile che un'opera che ha la sua unità ,
e che è venuta fuori tutta di un getto , si componga di un
pezzo appartenente ad un'altra opera che sarebbe venuta
ad inserirsi in lei . Non già che un'opera si possa farla
senza precedenti ; ma i precedenti , che sono tutta la storia
che portiamo nella nostra mente e nella nostra anima , e
che nel caso della filosofia è più da vicino la storia della
filosofia, non stanno verso la nostra opera come determi
nanti , ma nel rapporto di materia a forma , la quale
configura la materia e la risolve in sé . Anche lo Hume
entrò certamente nelle meditazioni del Kant ; ma la cri
tica che questi fece dello Hume e la nuova via che in
quella congiuntura aperse a se stesso , furono opera del
Kant e nessuna parte ne tocca allo Hume .
È forse necessario ripetere ancora una volta che l'o
pera che in nessuna parte tocca allo Hume non perciò è
proprietà del Kant in quanto persona ? L'opera del Kant
e di ogni filosofo , come di ogni poeta , di ogni uomo nella
sua particolare attività , è sempre sovrapersonale, perché
(si suol dire comunemente) nasce dallo spirito del tempo
e della società a cui egli appartiene , collaboranti con lui ;
e noi dobbiamo dire , piú esattamente e piú veracemente ,
dalla storia del mondo , che creò quell'opera, valendosi ,
in quel caso , come di demiurgo della persona di Emma
nuele Kant : tanto che l'opera , conchiusa che sia , si stacca
dalla persona, che rimane inferiore a lei , ed è mortale , ed
192 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

essa si perpetua nella vita del cosmo , dove concorre a


preparare altre opere , altri pensieri , altre azioni . L'opera
afferma la sua realtà col non appartenere ad alcuno ed
essere di tutti , tutta per diretto ed indiretto di tutti e ope
rante in tutti . E ciascuno di noi cosí la possiede , come lei
stessa e non come di pertinenza di colui che le prestò la
sua persona o le prestò il suo nome. Proprietà letteraria,
fama e onori , lucri economici , uffici , scritte sulla tomba
e statue nelle piazze , e simili , vengono da istituzioni so
ciali che regolano le condizioni del lavoro degli scrittori ;
ma l'opera sta in un rapporto soltanto estrinseco e occa
sionale con queste cose, che, un po ' prima un po ' dopo ,
cedono o sono dimenticate, lasciandole solamente il carat
tere di proprietà pubblica.
Ma , se il fatto sta cosí e se da ciò è evidente che l'in
dividuo non può attribuire ad un altro individuo una parte
attiva nell'ufficio a lui commesso e da lui esercitato e por
tato a termine , che cosa sono dunque quelle designazioni
che un autore fa del suo o dei suoi autori , che gli avreb
bero ispirato la sua opera o in essa lo avrebbero aiutato ,
e la gratitudine che a quelli professa ? Sono commozioni e
stati d'animo del pensatore e ricercatore stesso , che, nel
suo travaglio , nello sforzo per superare gli ostacoli e con
seguire il fine , spera e dispera e teme di non conseguirlo
e si sente avvolto di tenebre , quando a un tratto la luce
si fa in lui , la gioia lo inonda e , con la gioia , l'impeto di
ringraziare chi gliel'ha procurata , e poiché colui non è
persona ma è l'universale che è dappertutto e governa il
tutto , e non s'incontra delimitato in un uomo , la fanta
sia , stimolata dal sentimento , gli foggia in un singolo uomo
il mediatore a lui di verità , di bene, di bellezza , di forza ,
e quello abbraccia e ringrazia e lo chiama suo maestro e
suo autore , e lo addita pubblicamente tale e vuole verso
di esso farsi minore e confessarsi tale . Queste creazioni
X. ILLUSIONI DEGLI AUTORI SUI « LORO » Autori 193

della fantasia sono in noi frequentissime in ogni ordine


dell'attività e della vita ; e l'uomo (come diceva Giacomo
Leopardi) , quella idea , quella idealizzazione , anche nei
corporali amplessi inchina ed ama » . E la trasferisce , come
si è accennato, persino alle creature non umanamente vi
venti , alle cose , e le fa a lui datrici di beatitudine e og
getti di gratitudine . Sinceramente, dunque , egli travede
in altri pensatori i suoi maestri e autori , ed è sincero nel
suo sentimento , quantunque , come nell'amore , crede di
pensare e invece sente, crede di giudicare e invece è ra
pito dalla fantasia . Il giudizio del rapporto tra lui e gli
altri pensatori si pensa certamente, ma dallo storico , che
di lui e degli altri fa suo oggetto e vede di ciascuno quello
che apporta di problemi, di soluzioni e di concetti nuovi ;
ma in quella designazione di maestro e discepolo , l'uomo
non pensa da storico , ed è un animo variamente com
mosso , tra ostacoli e cessazioni di ostacoli , tra speranze e
disperanze , e alfine esultante : troppo interessato da eser
citare il disinteressato giudizio .
D'altronde , che queste commozioni e stati d'animo e
queste congiunte fantasie e illusioni siano di tutti i pen
satori che pur vivono nella disinteressata passione del vero ,
del bello , del bene, è confermato dal fatto che l'uomo
mediocre non ne è capace , e si sforza per contrario di di
stinguere sé stesso da ogni altro e di asserire la propria
originalità : quasi che questa non coincida con ogni atto
dell'uomo , se è veramente un atto , cioè effettuale e non
già immaginario e meramente asserito . Gli è che i pen
satori serî e perciò veramente originali intendono o in
qualche modo avvertono sempre che l'opera a cui essi la
vorano è sovrapersonale e non la concepiscono loro pro
prietà privata , laddove i mediocri , che non sentono in sé
vigore sufficiente , tanto più si studiano di coprire e di na
scondere persino a sé stessi , con la parola e con la iat

B. CROCE, Indagini. 18
194 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

tanza , quella loro deficienza , e lasciano la modestia agli


altri e prendono per sé l'immodestia . Essi , in realtà, tra
passano inconsapevoli dall'opera, che è sovrapersonale e
non ammette proprietà privata, alla proprietà giuridica di
questa che la società istituisce e finge ai suoi fini pratici ;
e, come nella gara economica, cercano di sopraffare gli
altri e di sgombrare il campo a loro vantaggio . Cosí né
Dante né Shakespeare né Goethe accusarono mai di essere
stati da altri derubati, e muovono codeste accuse letterati
e artisti mestieranti , simili a quello che descrive il Daudet
in un suo romanzo e che aveva composto una lirica sola ,
e sempre quella recitava , risonante del verso sublime : « Oui ,
je crois à l'amour , comme je crois en Dieu » , e affliggeva
la donna che lo amava e lo ammirava , informandola quo
tidianamente e tristemente che qualcuno gli aveva portato
via l'idea di un suo capolavoro , da lui non ben custodita .
Ma nessuno porterà mai via un'idea a un pensatore o a un
poeta che abbiano « stile » , come non si poteva strappare
ad Ercole la clava che egli solo sapeva maneggiare .
Stavo in queste meditazioni quando mi è giunto un nuovo
libro su Giambattista Vico , che prende a illustrare i quat
tro autori (o « auttori » , come al Vico piaceva chiamarli ,
battendo sull'etimologia latina) , che espressamente questi
indica ed esalta nella sua autobiografia come tali che con
corsero alla formazione della Scienza nuova. Furono essi ,
prima Platone e Tacito , e poi Bacone, che egli chiamò i
<< tre singolari suoi autori » , e si propose di « sempre aver
gli avanti gli occhi » ; ai quali tre piú tardi aggiunse il
quarto , che divenne per lui il maggiore, Ugo Grozio 2. In
verità , questa indicazione data dall'autore dei suoi autori

¹ GUIDO FASSÒ, I ‹ quattro autori » del Vico, saggio sulla genesi


della Scienza nuova ( Milano, Giuffré , 1949).
Autobiografia, ediz. Croce-Nicolini ( in Opere , V, pp. 26 e 39) .
X. ILLUSIONI DEGLI AUTORI SUI LORO » AUTORI 195

a me parve di poco aiuto per l'interpretazione e l'intelli


genza del pensiero del Vico , e nella mia monografia sulla
sua filosofia ne tenni poco conto , preferendo studiare que
sto pensiero in sé stesso , cioè nella sua interna logica ;
e anche manifestai qua e là qualche dubbio sull'esattezza
dell'indicazione . Ma il nuovo indagatore , Guido Fassò , mi
viene a conforto col suo ottimo lavoro ¹ , che dà una dili
gentissima ed acuta interpretazione ed esposizione del
corso non già logico ma storico o , per meglio dire , psico
logico della formazione della Scienza nuova : esposizione
che è utile possedere e che si segue con curiosità. Con
pari bravura è condotta la ricerca di quel che il Vico at
tinse o credette di attingere ai quattro suoi autori ; ma,
perdurando in me per questa parte lo scetticismo , quel
che piú mi piace è la conclusione a cui il Fassò perviene .
I quattro autori ― egli dice - sono in parte ciascuno
di essi effettiva causa di un suo determinato atteggia
mento intellettuale , e in parte simbolo del momento della
formazione del suo pensiero che corrisponde a quell'atteg
giamento » 2. Platone gl'insegna l'universale , Tacito il reale ,
Bacone il superamento del contrasto di ideale e reale , e
Grozio va piú oltre in questa mediazione . Ma , in realtà,
né da alcuno dei quattro né da essi presi insieme gli fu
rivelato il principio dell'identità di vero e certo , di filoso
fia e storia, che fu creato da lui ; come da lui fu creato
quel principio , che è fondamentale nella sua filosofia , della
conversione del vero col fatto , del quale egli non indica
alcun autore , e il cui significato profondo non gli fu mai
del tutto palese , sicché « venne per alquanto tempo agendo

1 Genesi storica e genesi logica della · Scienza nuova » ( estratto dalla


Rivista internazionale di filosofia del diritto, Milano, Bocca , 1948, fa
scicolo III-IV , pp. 319-36) .
Lo spaziato è mio.
196 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

nel più profondo del suo pensiero all'insaputa di chi lo


aveva scoperto . Lasciamo in disparte questa osservazione ,
che è molto giusta, dello scarso rilievo che la formolazione
di quel principio ha nella Scienza nuova , ma che forse non
dové essere già effetto di scarsa consapevolezza della sua
importanza , sí invece di troppa consapevolezza del peri
colo che recava con sé, se già un accenno di Galileo alla
identità del pensiero umano col divino aveva eccitato so
spetti e minacce . Ma alla dimostrazione del Fassò che i
quattro autori non furono causa effettiva della teoria della
identità di certo e vero , di filologia e storia conviene sog
giungere che , a nostro avviso , tali non potevano essere ,
perché il pensiero non opera per causalità sul pensiero ;
e, passando alla seconda parte che egli distingue , concordo
in massima con lui : senonché i quattro autori del Vico fu
rono proprio simbolo » , ossia mitizzamento di quattro mo
menti del suo stesso pensiero ? Furono , cioè , conforme il
Fassò si propone di trattarli , formazioni di « caratteri poe
tici » , simili a quelli che il Vico , di spirito poetico dotato ,
giudicò che fossero Omero e Romolo , metà realtà e metà
immaginazione ? Io parlerei più semplicemente di illusioni
dell'immaginazione , prodotte dal sentimento di aspettazione
e di entusiasmo , ond'egli , come suole , lesse in quegli
scrittori se medesimo , conforme al processo di sopra ra
gionato ed esposto , del quale il caso del Vico fornisce ,
se non m'inganno, uno spiccantissimo esempio .
XI

LA STORIA COME POESIA, E LA POESIA COME STORIA .

La lettura di uno scritto postumo di Rudolf Borchardt


mi ha risvegliato nella mente, dove stavano come asso
pite , teorie e discussioni che erano vive sessanta anni fa ,
e si aggiravano sul quesito se la storia sia una scienza o
un'arte ; e sebbene i più in virtú del positivismo domi
nante sostenessero il suo carattere di scienza , c'erano di
quelli che si acconciavano nella soluzione eclettica e con
tradittoria : che la storia sia insieme una scienza e un'arte .
Debbo dire che io , quando nella mia prima memoria
sulla storiografia del 1893 ridussi la storia al concetto
generale dell'arte , non mi riferivo a questo dibattito , ma
esprimevo una reazione contro lo scientificismo dominante ,
la quale mi fece vedere la storia come legata al concetto
dell'arte assai piú che non a quello della scienza . Ma
l'arte di cui io parlavo era un'arte che meritava un altro
nome, cioè filosofia, sorella della poesia , nella quale fini
con lo sboccare la mia ricerca, che identificò filosofia e
storia .
Invece, nelle dispute che ho ricordate di sopra , si trat
tava del problema se la storia avesse verità di fatto o non

RUDOLF BORCHARDT, Das Geschichtsbild der Ilias (in Die Neue Rund
schau , 1950 (LXI) , I , pp . 74-87).
198 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

soltanto una verità di idea , e cioè più o meno d'immagi


nazione , e non fosse , come fin dal secolo decimottavo era
stato detto , « une fable convenue » .
Anche grandi libri di storia, come quella romana del
Mommsen, che erano stati largamente letti ed avevano
esaltato gli animi -
— la storia del Mommsen , con la mira
bile apoteosi terminale della persona di Giulio Cesare ,
concorrevano a ciò . Il Mommsen stesso nella sua fase ma
tura uscí in giudizî e confessioni che dicevano il suo scet
ticismo , osservando che si sapeva tanto poco degli impe
ratori quanto dei re di Roma, e che non alla storia ma
alla poesia spettava di ritrovare il volto di Arminio , che la
storia cerca invano ; ed egli si dette a grandiose ricerche
epigrafiche e d'ogni altra sorta di filologia e a scrivere la
storia del Diritto pubblico di Roma, e abbandonò lo stile
del suo libro giovanile scrivendo il volume sulla condi
zione delle provincie al tempo imperiale, che fu una delu
sione per coloro che aspettavano il seguito dell'altro libro ,
quantunque il nuovo libro fosse un capolavoro di esattezza
storica . Si disse e si ripetette che nessuno poteva rifare il
ritratto di Tiberio , che Tacito aveva creato per l'eterno .
Come mai tutte queste paure sull'impossibilità di rag
giungere la verità storica sono state superate? Direi con
l'accrescere questa paura stessa , col mostrare che una
gran parte di quella che è considerata storia va soggetta
intrinsecamente al dubbio , perché gli storici si piacciono
di giudicare virtú ed errori dei personaggi che , come si
dice, guidarono le sorti dei popoli e di ogni uomo che la
fama carezzò o vituperò , e non c'è un sol caso di questi
giudizî che non sia irrimediabilmente contestabile e , nella
sua stessa base , traballante . Quasi conseguenza nacque negli
studi storici la manía delle riabilitazioni e delle demoli
zioni, che imperversò per parecchi anni e cedette solo alla
.
stanchezza del non concludere e alla reazione del buon
XI. LA STORIA COME POESIA 199

senso di appagarsi nei discorsi ordinarî dei giudizî ordi


narî più o meno fissati dal consenso delle genti o dalla
tradizione . In realtà , io ho chiamato tutta questa parte
data alla storia col nome di « Aneddotica » , e l'ho in certo
modo sminuita con questo nome . Ma sarei dolente di tale
effetto , perché torna impossibile all'animo umano di non
commemorare gli uomini insigni della storia , cari al cuore
del popolo , cari al cuore di ciascuno di noi , e sarebbe
grande tristezza e grossolanità disumana passare innanzi
ad essi indifferenti . E poi la storia vera, la storia che se
riamente ci interessa , non è questa ; e noi la cerchiamo
sempre oltre di questa , come sarà facile persuadersi con
le seguenti considerazioni .
Se moviamo a domandarci quale sia la storia del pen
siero umano che si dice comunemente Storia della filoso
fia, noi vediamo che la personalità degli uomini vi è igno
rata di solito o trascurata perché il problema è unicamente
di ben chiarire l'indole di un pensiero e intenderne la ge
nesi e la dialettica . Sono rari i libri sulle vite private dei
filosofi e non destano interesse, come non ne destarono
forse troppo agli stessi filosofi che le vissero . Qui dunque
della commemorazione aneddotica si sente scarsa voglia.
Sembra invece che il carattere personale abbia interesse
grandissimo nella Storia della poesia e delle arti , a
guardare l'immensa letteratura biografica che si è accu
mulata in essa . Ma quella letteratura in parte soddisfa la
curiosità degli oziosi , in parte risponde al bisogno di discor
rere in qualche modo delle cose dell'arte per soddisfare
il desiderio di coloro che non la sentono e non se ne in
tendono e pur vogliono parlarne . Il critico letterario , come
l'uomo di gusto , la prima cosa che fa nell'entrare in rela
zione con le opere di poesia, è di allontanare tutto ciò che
riguarda le persone come distraente dallo studio religioso
dell'arte . E in verità noi non sappiamo nulla o quasi di
200 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Omero, e nei tempi moderni nulla o quasi di Shakespeare,


e tutti abbiamo l'animo pieno delle loro opere che benissimo
conosciamo.
Ma non è da credere che diverso sia il caso della sto
ria politica e civile , perché neppur qui la ricerca del ca
rattere pratico e morale dei personaggi ha il valore pri
mario , che spetta unicamente al processo dei fatti che con
dussero alla nuova formazione sociale e politica , la quale
è lí , innanzi agli occhi , se anche si ignorino le persone
dei tanti che vi hanno collaborato. Il valore seconda
rio o il non valore resta solo ai giudizî di capacità e in
capacità, di moralità e di immoralità che gli storici serî
distribuiscono con molta parsimonia, perché considerano
che quegli uomini stessi non erano in grado di giudicarsi
in modo realmente giusto. La storia, uscendo dal suo vero
còmpito , commette infinite ingiustizie.
L'articolo del Borchardt (che è di uno scrittore il quale
visse tutta la sua vita in Italia e gl'italiani hanno igno
rato, tantoché ora sorge il bisogno di tradurre i suoi prin
cipali scritti ) mi avrebbe rituffato nelle discussioni e incer
tezze di sessanta anni fa e nelle unite malinconie ; ma
giunge ora dopo che alla storia abbiamo riconosciuto il
suo vero ufficio , ed essa, se ci fa ricordare e rimeditare
il passato, ci lascia tranquilli perché abbiamo còlto il frutto
delle aporie che i critici avevano beneficamente sofferte e
sorpassate intorno alla sua natura .
XII

LE TEORIE STORIOGRAFICHE DI FEDERICO MEINECKE .

Che il Meinecke potesse rappresentare in Germania una


unificazione della storia con la filosofia quale io procuravo
di avviare in Italia , credetti alla prima quando egli pub
blicò il suo libro sul cosmopolitismo e lo stato nazionale .
Ma via via la lettura delle opere posteriori di lui e la co
noscenza della sua derivazione intellettuale mi fecero av
vertito delle molte differenze che sono tra noi e mi spin
sero a contradirlo in cose fondamentali , il che non sminuí
in me la stima pei suoi lavori e per la sua dottrina e pro
bità scientifiche . Lo Hofer , nella sua recente opera sulla
Storiografia e la concezione del mondo ' , non esita a conside
rarmi , nel punto a cui è giunta ai tempi nostri la teoria
della storia, come il piú diretto avversario del Meinecke :
posizione che io accetto con rassegnazione, riconoscendo
che la cosa sta pur cosí , e che giova che la discussione
abbia un pieno svolgimento .
Tutto quello che poteva dirsi in difesa della teoria del
Meinecke è detto nel volume dello Hofer , ed io posso pas
sare senz'altro a chiarire la controparte che è rappresen

1 WALTER HOFER, Geschichtsschreibung und Weltanschauung, Betrach


tungen zum Werk F. Meineckes, München , Oldenbourg, 1950. V. par
tic. pp. 10 sgg. , 347 sgg. , 362 sgg . , 385 sgg.
202 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

tata dal mio pensiero e che riguarda tre punti essenziali ,


che sono : in primo luogo, una correzione di molto rilievo
che io ho proposto di una teoria della logica ; in secondo
luogo, il rapporto di Spirito e Natura ; e in terzo luogo ,
la necessità del pensare dialettico , che , sebbene già sia en
trato nell'anima europea da un secolo e mezzo , non vi ha
raggiunto una piena consapevolezza dottrinale .
Dunque, la correzione da introdurre nella Logica è
questa. Ammessa la dottrina del giudizio che esso consti
della categoria e della intuizione , e che a questa dottrina
corrisponda unicamente il giudizio storico , bisogna avver
tire che c'è una forma di giudizio che pare si sottragga
a quella esigenza dell'elemento intuitivo e di esperienza ,
che sarebbero le definizioni filosofiche, le quali si aggirano
nel campo del puro pensiero , ossia delle categorie e della
loro sistemazione , cosa della quale disputano i filosofi .
Veramente , gli equivoci nati nella Logica per l'abito
di prendere i concetti nella forma verbale degli esempî
che superficialmente e astrattamente se ne recano senza
penetrare nella realtà del pensiero , sono molti ; ma questo
è dei più gravi . Le definizioni filosofiche non sono niente
di fisso e continuamente cangiano senza che con ciò sia
alterata o cangiata la categoria a cui esse si riferiscono ,
e anzi con l'effetto che quella categoria ne riceve mag
gior luce , ossia la luce che è opportuno di volta in volta
conferirle. In altri termini : se si procede nell'atto di pro
nunziare una definizione a domandare perché ciò si faccia,
si acquista la certezza che ciò si fa per ragioni polemi
che e per mettere in chiaro qualcosa che è ignorato, ne
gato o contestato . Ed ecco che di sotto il cozzo dei
concetti si scopre a un tratto l'intuizione , che dà luogo
a quel giudizio, che si chiama la definizione , cioè uno stato
di spirito che, in ultima analisi , è un fatto storico, di un
individuo o di una società o di un'epoca, e ha nella
XII. LE TEORIE STORIOGRAFICHE DEL MEINECKE 203

storia le sue radici spesso assai complicate , cosicché col


dibattito sulla definizione da dare comincia già un processo
di cognizione storica ¹ . Per questa ragione la storia è sem
pre una con la filosofia, proposizione che ha la sua reci
proca nell'altra , che la filosofia deve sempre unificarsi con
la storia, perché è strano che si sia immaginato che io
voglia dare un enorme carico ai poveri storici che già ne
hanno uno assai grave sulle loro spalle (la filologia con
tutte le sue specificazioni ) , e non gravare i filosofi che
sono di solito molto sfaccendati , facendosi lecito di igno
rare i particolari delle cose umane . Si dirà che questa
pretesa urta col fatto , perché la comune opinione è d'av
viso che gli storici debbono fare gli storici e i filosofi i
filosofi ; ma questa è appunto la malattia da curare . Al
quale fine, per non esagerare la difficoltà , bisogna con
cedere che la differenza di filosofi e storici può restare
come accentuazione di attitudini , le quali , per quanto si
scoprano in ultima analisi una attitudine sola , richiedono
maggiore o minore disposizione naturale a certi lavori piú
che a certi altri . Ma vi sono casi in cui questa unità ap
pare anche all'aperto, e molto istruttivo è quello del Vico
che con le sue scoperte di filosofia dello spirito scoprí in
sieme, riunendo filosofia e filologia , la vera linea della
storia romana, della storia della poesia , e di quella del
costume barbarico : il che egli salutò col nome di Scienza
nuova.
Riconosciuti tutti i giudizi come giudizi di realtà , la
teoria del giudizio importa che la materia che è oggetto
di essa sia omogenea , e poiché si ammette che vi sia un
mondo della storia non se ne può ammettere un altro che
sia della non- storia, designato con questo carattere mera

1 Si veda la mia Logica, parte I, sezione II, cap. V ; e parte II,


cap. IV.
204 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

mente negativo . E tale sarebbe il mondo cosiddetto della


natura, sorretto da un principio materiale che nessuno ha
saputo mai pensare con verità. Ma da questo mondo sup
posto nasce il dualismo , che è rovina di ogni pensiero e
fonte di ogni trascendenza religiosa , perché , data quella
inassimilabile compagna alla storia , non resta altro che
congiungerla con lei per forza mediante un terzo termine ,
che sarà un Dio prepotente o qualche debole surrogato di
lui. Anche il Meinecke cade nel dualismo ed è in esso raf
forzato dalla sua confessione religiosa. Bisogna mettersi
bene in mente che dualismo importa né piú né meno che
rinunzia a filosofare .
In ultimo , la mancanza di ogni dialettica rende impos
sibile di trattare convenientemente lo svolgimento dello
spirito per necessarî contrasti , e persuade a concepire i
contrasti come alcunché di disumano e diabolico . Questo
è il difetto del Meinecke nella sua trattazione della Ragion
di stato , che veramente è un rendere le armi a Satana e
affrancarlo dalla sua qualità di servitore di Dio . Non fece
cosí Nicolò Machiavelli , e perciò io ho dovuto ammonire
che questi troverà contradittori o , peggio ancora , moralistici
interpreti sempre che non sia inteso con la dialettica di
cui ingenuamente era animato senza averne piena coscienza
logica.
Su questi tre punti capitali né il Meinecke né il suo
amoroso discepolo danno alcuna spiegazione : ne verbum
quidem.
Ho detto che la mia opposizione al Meinecke esclude
ogni sentimento di poca riverenza ; ma vorrei che fosse
inteso che pari atteggiamento ho verso il Ranke , nonostante
la vivacità della mia critica, lettore come sono dei suoi
attraenti volumi ; e la riprova di ciò è che una simile cri
tica vivace circa la sua mancanza di problema storico ho
rivolta a Jacopo Burckhardt, del quale ammiro i lavori sul
XII. LE TEORIE STORIOGRAFICHE DEL MEINECKE 205

Rinascimento e sull'Arte e, vorrei dire , resto stupito del


suo acuto spirito di odiatore della democrazia , che lo rese
persino mirabile profeta di quel che sarebbe diventata
nella sua fatale degenerazione la democrazia, anche di fronte
alle classi operaie , negli Stati totalitarî o , come li chia
mano , di « democrazia progressiva › .
XIII

PER LA STORIA DELLA FILOLOGIA.

Forse è da aggiungere qualche parola a schiarimento


del rapporto di filologia e storia, prendendo le mosse dal
l'unità di filologia e filosofia che il Vico per il primo
affermò col giudicare che avessero « mancato per metà cosí
i filosofi che non accertarono le loro ragioni con le auto
rità dei filologi , come i filologi che non curarono d'avve
rare le loro autorità con la ragione de ' filosofi » ¹ . Questa
proposizione , facendola passare attraverso la dottrina kan
tiana , è stata tradotta nella sintesi a priori di filosofia e
filologia.
La traduzione è , nel fondo , giusta, ma conviene av
vertire che , presa la filologia nel suo senso peculiare , essa
non può dar luogo , direttamente , a una sintesi con la fi
losofia, per la ragione che il suo è un lavoro di carattere
pratico, e come tale ha un suo proprio fine , che è di rac
cogliere e curare la buona conservazione del materiale utile
alla indagine storica . Tutte le sue operazioni si rappor
tano a questo fine , da quelle onde si resero benemeriti gli
umanisti , indefessi ricercatori e scopritori di antichi codici ,
alle altre che si attengono al restauro e all'emendazione

Scienza nuova seconda, 1. I , sez . II , 10.


XIII. PER LA STORIA DELLA FILOLOGIA 207

dei testi , o anche all'adoprare le testimonianze in modo


che diano le maggiori garanzie di esattezza . La storia della
filologia propriamente si muove in questo campo e , quando
le si domanda altro, si esce dai suoi confini .
Ora, l'elemento sensitivo o intuitivo col quale nella
sintesi storica si congiunge la categoria ermeneutica , è
l'anima umana con le esperienze che porta con sé e dalle
quali è formata nella sua realtà e concretezza , l'anima che
è il documento vivo da interpretare e pensare, la coscienza
da innalzare ad autocoscienza . E verso questa coscienza
la filologia in quanto mero strumento non ha altro ufficio
che di stimolo al ricordo e rimane inefficace e distaccata
nei casi in cui il ricordo non si risveglia. Il Vico la ri
conduceva, in effetto , alla << coscienza del certo , alla
quale la filosofia apporta la ragione , e cioè « la scienza
del vero ; e qui si ha la sintesi del sensibile e dell'intel
ligibile, dell ' intuizione e delle categorie .
Posta questa definizione , non è possibile, a rigor di
termini , concepire una storia , che stia per sé , della filolo
gia, ossia della coscienza del certo , e, parimente, non è
possibile concepire una storia , che stia per sé , della cate
goria cioè dell'astratta filosofia , e poiché sola reale nel co
noscere è la sintesi delle due , cioè la storia che è filoso
fia e la filosofia che è storia, si pone la necessità, pur nella
divisione meramente letteraria o libraria dei loro assunti ,
di trattare della filosofia sempre nei suoi riferimenti sto
rici e della storia sempre in quelli filosofici , serbando alla
filologia in quanto strumentale la trattazione che si è detta
di sopra e che suole a torto spregiarsi come estrinseca,
quando , invece , in quella forma risponde al concetto che
le è proprio . Qualche trattazione , come quella dotta e pene

1
Luogo citato .
208 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

trante del Bernardini e del Righi ' , che considera altrimenti


la filologia, si attiene precipuamente al travaglio onde la
filologia, presso alcuni suoi cultori , cercò di innalzarsi e
definirsi come storia senza né mantenersi nel suo diverso
e pratico carattere né risolversi nella pienezza della storia:
conati osservabili , importanti ed istruttivi , ma che non
sono la storia specifica della filologia, che , del resto , è
stata già data largamente in buoni lavori speciali , dovuti
soprattutto alla solerzia scientifica germanica.

1 A. BERNARDINI-G. RIGHI, Il concetto di filologia e di cultura clas


sica nel pensiero moderno (Bari, Laterza, 1947) .
XIV

UN AMMONIMENTO CIRCA LA STORIOGRAFIA ECONOMICA .

È da notare che nella antichità greco-romana fiorí la


storia politica o, come ora noi diremmo , etico - politica ; si
ebbero anche notevoli incunaboli di storia della filosofia
e della letteratura ; ma non fu dato alcun risalto a una
storiografia economica, quantunque riferimenti di storia
economica si trovino in vari libri . Il medesimo è da dire
non solo del medioevo , ma dei tempi moderni , nei quali ,
come è naturale , si moltiplicarono storie dei viaggi e dei
commerci e storie delle invenzioni, legate come queste
sono alla storia delle scienze , ma una storia economica
non formò corpo a sé .
Si direbbe che l'uomo faccia volentieri la storia delle
sue passioni , degli ideali , dei sogni che abbracciano la
vita sociale e politica di cui egli è parte , e insieme di
quelle forme dello spirito umano che attraverso le passioni
cercano la serenità , come l'arte e la filosofia e la religione .
Ma il vero è che la storia economica si riempie di seria
passione come le altre , e tuttavia non è pervenuta , rispetto
alla storia civile o etico- politica , a quel riconoscimento di
parità che solo con grande lentezza e non senza contrasti
ha ottenuto la storia della poesia e delle arti rispetto alla
storia della filosofia . Queste e quella erano infatti consi
derate un tempo come pertinenti alle facultates inferiores

B. CROCK, Indagini. 14
210 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

dell'anima umana, le une alle facultates inferiores cogno


scendi, le altre alle facultates inferiores agendi . Cosí si giunge
sul finire del secolo decimonono, quando la scena storio
grafica ebbe un gran mutamento, e la storia economica si
sovrappose alle altre come la sola reale del genere umano.
Ciò accadde perché qualche anno prima del 1848 due gio
vani tedeschi , che studiavano filosofia, si avvisarono che il
dramma dell'umanità consista tutto nella guerra per il pos
sesso dei mezzi del vivere , e il resto sia un pretesto e una
illusione o una fantasmagoria . La storia universale fu, dun
que, schematizzata nelle epoche che questa guerra econo
mica avrebbe percorso .
Venuta di moda la dottrina del Marx e dell'Engels ,
tanta fu la forza suggestiva del quadro che essi dipinge
vano , tanta per l'animo umano è l'attraenza del nuovo ,
che gli uomini si lasciarono tranquillamente persuadere che
coloro che ressero e innalzarono i popoli , e le schiere che
seguirono entusiastiche Alessandro Magno e Napoleone , e
quelle che fecero la grandezza di Roma , e gli spiriti pen
sosi che meditarono la storia dei poemi omerici o del poema
sacro e dell ' < io penso cartesiano e della sintesi a priori
kantiana , servissero tutti senza avvedersene al raggiungi
mento di fini meramente economici .
Negli ultimi anni del secolo decimonono parve che si
stabilisse trionfante la scuola del materialismo storico e gli
studiosi di storia dal piú al meno ne furono presi o con
taminati . Poi ci fu una reazione che durò sino alla fine
della prima guerra mondiale.
Ed è una fortuna per le sorti della verità che questa dot
trina si sia oggi unita con la politica di un popolo e di un
partito , cosí evidentemente cercata e voluta a vantaggio di
essa da renderne evidente la critica e il conseguente scien
tifico rifiuto. Nei paesi nei quali la pressione di partito
manca , la storia spazia ancora largamente nei dominî che
XIV . LA STORIOGRAFIA ECONOMICA 211

sono veramente suoi , se anche la diligenza dei ricercatori


faccia raccogliere con cura grande i fatti di ogni sorta, e
tra questi anche quelli dell'economia .
Pure, in questa condizione di cose , accade di osservare
la compiacenza e l'orgoglio coi quali studiosi di storia , che
sono spesso altrettanto buoni filologi quanto innocenti nella
vita degli affari e dei guadagni , paiono offrire le più insi
gnificanti notizie economiche come se appartengano al fiore
della storia e all'aristocrazia delle ricerche che per questa
si esercitano .
Nei tempi della mia gioventú la compiacenza e l'orgo
glio si mostravano in altre cose, e soprattutto nelle scoperte
delle cosiddette « fonti di un racconto o di una poesia,
a cui dava grande importanza la filosofia deterministica di
quel tempo ; e l'ammirazione , e talvolta un sorriso , avvol
geva i loro scopritori . Un simile sorriso meritano oggi le
ultime vestigia dell'infatuazione che la dottrina del mate
rialismo storico produsse sul finire del secolo decimonono .
XV

LA SCIENZA DELLE FIABE .

Si suol dire storia delle arti , storia delle filosofie , storia


delle religioni , etc. Ma questa è una ben distratta enume.
razione, che può suscitare la non ingiusta protesta che le
religioni non sono una storia particolare fra le altre della
vita umana, ma una storia che abbraccia tutto , la filosofia
come l'arte , la morale come la politica.
Da ciò senza dubbio una antinomia della storia della
civiltà, profanamente intesa , con la storia delle religioni ,
quando questa è fondata su un carattere che lo spirito cri
tico non ammette, cioè che le religioni non sono prodotto
del pensiero ma del sentimento e della correlativa imma
ginazione o rivelazione . La storia critica prende un atteg
giamento di diffidenza verso la storia mista d'immagina
zioni , e questo suo atteggiamento va anche oltre quel che
si suole comunemente considerare di appartenenza delle
varie religioni ed investe ogni opera della immaginazione
che si sostituisca al giudizio .
L'elemento immaginativo è quello che si chiama l'ele
mento mitologico , e le religioni sono tutte, nel loro fondo ,
mitologie , dalle più elementari alle piú alte . Mitologie che
trovano il loro ufficio e il loro senso nello spirito religioso ;
ma appunto perciò non si può parlare di una storia della
mitologia per sé , e quando questi studi (e fu ai principî
XV. LA SCIENZA DELLE FIABE 213

dell'ottocento) si fornirono di un metodo rigoroso e pre


sero un carattere severo , resero senza dubbio gran servigio
alla storia della religione , ma non acquistarono un'indi
pendenza, che era contraria alla loro natura .
Staccati dalla religione , i miti diventano semplici pro
dotti di immaginazione , buoni a intrattenere , a dilettare ,
a spaventare, e anche materia di arte , che la fantasia anima
di nuovi motivi , ma che non posseggono piú quella sal
dezza di carattere che consiste nella unione con la religione .
Ed è superfluo addurre esempî di ciò , perché basta solo il
ricordo di quel che accadde della mitologia antica nei se
coli del Rinascimento e dell'età moderna , quando delle
figure o storie mitologiche si fece uso cosí frequente da
diventare abuso , e ne nacque in ultimo una sorta di sazietà
e di disgusto, che per altro non toglie che , quando un vero
genio di poeta si è volto o si volge a qualcuna di quelle
favole, ne tragga sempre una poesia.
Ma io ho fatto questo prologo forse troppo lungo per
giungere a una conclusione su un argomento molto piccino ,
che è questo. Corre pel mondo una grande quantità di rac
conti tradizionali , e spesso tali che più popoli e più epoche
vi partecipano avendoli quasi in comune ; e sono come una
mitologia popolare , priva di religiosità determinata , ma a
cui non manca neppure un certo carattere di meraviglioso ,
come è noto dalla introduzione in essa di personaggi che
si chiamano le Fate e gli Orchi . Questi racconti da piú
secoli sono stati raccolti in opere complessive , delle quali
alcune delle più antiche sono diventate famose , come il
Pentamerone del Basile e i Contes de ma mère l'Oye del
Perrault, a cui si sono aggiunte le moltissime raccolte fatte
dalla diligenza degli eruditi , che non guarda troppo al valore
di ciò che raccoglie, se anche caschi nell'insulso , purché sia
decorato del nome di Folklore . Ed ora ecco che nei tempi
nostri a questo ammasso di racconti si vuol dare una di
214 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

gnità, riportandoli alla comune origine da un fatto sociale .


L'idea che ha avuto maggior fortuna è che siano da rife
rire alle condizioni delle società primitive e preistoriche,
e serbino traccia di costumanze di quel tempo .
Che ciò sia possibile in qualche caso non è da negare ,
quantunque dimostrarlo in modo positivo riesca quasi im
possibile . Ma impossibile è certamente ridurre tutta questa
massa di racconti a un unico ordine di fatti che li abbia
generati e , privi di un simile legame, essi rimangono quel
che sono: narrazioni d'immaginazioni , che valgono quel
che vale il prodotto d'immaginazione . Questo valore non
è, se non di rado , di verità storicamente accertabile , for
nita dell'interesse relativo; ma è eventualmente un valore
o di curiosità e trattenimento o di arte. Intendiamo dei
migliori di essi , che sono diventati popolari perché curiosi
per la loro materia , o perché hanno dato luogo a pagine
di arte, e il resto si lascia che stia per sopportazione nelle
raccolte degli eruditi che , come si è detto , hanno il do
vere di non temere troppo delle cose che valgono poco ,
e insieme l'umana debolezza di attribuirsi , per mezzo di
esse, un'importanza .
Ma quel che si è mostrato impossibile in fatto di mito
logia, sciolto che sia il suo legame con la religione , non
diventerà certo possibile con le fiabe e le storielle popo
lari unicamente per procurare la soddisfazione ai dotti di
inventare , per tal via, una nuova scienza ¹ .

Già nel 1862 il Sainte-Beuve, col suo molto buon senso , respin
geva anticipatamente le ambiziose teorie sulle fiabe (nei Nouveaux
Lundis, II , pp . 437-38 ) : « Je ne crois pas que les choses se passent
ainsi à l'égard de ces charmantes fleurs qu'on appelle les contes
populaires ou les contes de fées . Celui qui les invente et qui les
débite d'abord n'y met pas tant de façon, pas tant de malice ni de
profondeur. Il est un âge pour ces fleurs d'or de l'imagination , pour
ces productions spontanées du génie humain enfant ou adolescent.
XV. LA SCIENZA DELLE FIABE 215

Si l'on pouvait voir dans une sorte d'aquarium la formation et le


progrès de la fable de Psyché à ses divers états d'éclosion et de
croissance , je me persuade que l'on reconnaîtrait que cela a com
mencé bien simplement, par un conte qui s'est grossi peu à peu ,
mais que ni la philosophie ni la théologie n'ont présidé à l'heureuse
venue du germe ; ç'a été, si j'ose ainsi parler en naturaliste , un glo
bule, une cellule qui a prêté au développement et qui a réussi » .
XVI

IL POSTO DEL DE SANCTIS


NELLA STORIA DELLA CRITICA D'ARTE .

Vorrei dire in breve la ragione della importanza grande


che il De Sanctis ha nella storia della critica italiana d'arte,
che quasi a noi sembra cominciare con lui .
Chi si può ricordare prima di lui , a lui prossimo ? Certo ,
il Foscolo . E del Foscolo egli scrisse , nel suo saggio re
lativo , che questi considerava « un lavoro d'arte come un
fenomeno psicologico , e ne cercava i motivi nell'animo
dello scrittore e nell'ambiente del secolo in cui nacque » ¹ .
Veramente , bisognerebbe bene interpretare quel « psicolo
gico , di cui parlava il De Sanctis , che era un prendere
interesse all'anima e all'azione del poeta di là dalla poe
sia , cioè all'uomo morale , e , per esempio, dare grande
rilievo all'intento , che Dante ebbe , di promuovere con
l'opera sua una riforma della Chiesa cattolica ; ovvero lu
meggiare l'ardimento suo nell'offendere senza riguardo
uomini e cose, che avrebbe potuto facilmente farlo incor
rere nella fine che toccò a Jacopo del Cassero , caduto in
ira di quel da Esti 2. Il Foscolo , che è uno dei poeti più

¹ Nuovi saggi critici, seconda edizione (Napoli, 1879) , p. 164.


' Purgatorio, V, 66-81 ; Prose letterarie ( Firenze, Le Monnier, III ,
1850) , p. 160 sgg.
XVI . Il de SANCTIS E LA CRITICA D'ARTE 217

colti e affinati d'Italia , robusto e delicatissimo insieme ,


non era certo indifferente alla forma dell'arte o di essa
inesperto , come si vede nei giudizî letterarî che gli occorse
pronunziare e che sono sempre sicuri e calzanti . Ma non
ebbe nel rapporto dell'arte quell'interessamento che si
chiama filosofico, a comprenderne in modo chiaro la na
tura; né intorno a ciò aveva letture e studî che non fossero
accidentali , come si può vedere dal capitolo del Donadoni
sulle conoscenze estetiche del Foscolo ' , dal quale risulta
che egli non aveva conoscenza di altra letteratura che set
tecentesca , del Conti o del Batteux , e che il suo originario .
e radicato sensismo gli vietava ogni concetto della fantasia
come creazione e perciò poesia . Egli non vedeva se non
due termini soli , il sentimento e il pensiero , perché - di
ceva - < la vita dell'uomo sta perpetuamente in un moto
alterno di questi due , e le sensazioni producono idee
nella memoria, le idee mantengono desiderî nel cuore , i
desiderî formano immaginazioni nella fantasia , le immagi
nazioni alimentano le passioni , le passioni fissano le opi
nioni » . Per queste ragioni non dava nessuna importanza
alla distinzione di materia e forma , che dichiarava nulla e
tautologica, perché i due termini portano allo stesso ³.
Ma bisogna domandarsi che cosa fosse quello studio del
l'uomo in Foscolo , che gli faceva mettere da parte ogni
altra cosa, e non è difficile avvedersi che nella famosa sua
orazione, Dell'origine e dell'uffizio della letteratura, non vi
si parla né dell'origine né dell'uffizio , ma che quelle pa
role stanno a designare qualcosa che in Italia , ai tempi

E. DONADONI, Ugo Foscolo pensatore, critico, poeta (Palermo , San


dron s . a. , ma 1910 ) , pp . 191-226 .
* FOSCOLO, Experimento sopra un metodo di istituzioni letterarie de
sunte dai principi della letteratura ( in Saggi di critica , Firenze , Le Mon
nier, I, 1859 ) , pp . 539-544.
3 Prose letterarie (Firenze, Le Monnier, IV, 1850) , p . 131 .
218 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

del Foscolo , aveva grandissima importanza , cioè la neces


sità di riformare profondamente il carattere della letteratura
negli uomini che la coltivavano , facendola finita coi meri
letterati, coi cruscanti , che dal Cinquecento in poi ave
vano inondato l'Italia con le loro chiacchiere vuote e le adu
lazioni , dimentichi di ogni vita civile , di ogni affetto politico.
La via qui era stata aperta dall'Alfieri . Il Foscolo vi entrò
dentro risoluto , e la gioventù calda, ingenua e numero
sissima » accorse a udirlo ' . Fu una missione da lui accet
tata, e la sua vita stessa , in tutti i suoi aspetti , valse di
esempio.
Dopo Foscolo , non saprei pensare ad altro critico da
avvicinare al De Sanctis se non forse Giovita Scalvini , il
che è detto qui nel puro rapporto ideale , cioè tenendo conto
che il De Sanctis non poté conoscere quegli scritti che ri
masero allora , e in parte rimangono ancora, inediti . Lo
Scalvini , venuto un po ' più tardi del Foscolo , non sentiva il
bisogno della polemica antiletteraria , ma trepidava ancora
per le sorti della letteratura italiana , che aveva chiuso il suo
primo e grande ciclo nel sei e settecento , e cosí riposato
a lungo ; e ai suoi tempi dava segni di rinascita con poeti
quali appunto il Foscolo ed Alessandro Manzoni , che fu il
suo autore prediletto . Lo Scalvini aveva gusto squisito e
molto acume . Il saggio sul Faust, del quale ci restano molti
frammenti , desta meraviglia per la penetrazione del cri
tico , che pure scriveva quando sul Goethe correvano giu
dizî convenzionali e superficiali . Diversamente dal Foscolo ,
egli , che aveva vissuto alcun tempo in Germania e aveva
studiato la filosofia tedesca , non ignorava che la disciplina
allora prediletta era, accanto alla Filosofia della storia ,

1 Cit. dal Santini nel proemio alla sua nuova ed. delle Lezioni
(Firenze, Le Monnier, 1933) , p . xvш .
Si veda nei miei Aneddoti di varia letteratura (Napoli , 1942, III) ,
pp. 121-137 quel che ho scritto dello Scalvini.
XVI. IL DE SANCTIS E LA CRITICA D'ARTE 219

l'Estetica, circa la quale scrivevano i grandi , i grandis


simi e i piccolissimi . Ma di sue indagini e concetti sul
l'arte non si sa nulla e forse trascurò anche egli questa
parte.
Il De Sanctis ebbe la fortuna di nascere in un paese e
tra uomini che assai amavano e coltivavano la filosofia ,
e questa introdussero anche negli studî letterarî ; né lo
distraevano le condizioni presenti della letteratura italiana ,
perché agli Alfieri e ai Foscolo si erano aggiunti da poco
il Manzoni e il Leopardi , e già in ogni parte d'Italia i
giovani romantici , come il Guerrazzi , il Grossi , il D'Aze
glio , andavano sicuri all'avvenire , senza dire che il moto
del Risorgimento riempiva gli animi di passioni e di
speranze .
E, con grande dolore del buon marchese Puoti , che
allora amorosamente curava le sorti letterarie dei giovani
napoletani, purista e grammatico , il De Sanctis , scolaro
da lui prediletto , si occupò invece presto di Estetica , e
poté attingere addirittura l'estetica hegeliana , che egli
coltivò con entusiasmo per alcuni anni , ma non sí che ne
fosse traviato nel suo miglior pensiero, perché ne rifiutò
quanto serbava di astratto concettualismo estetico . Tuttavia
il De Sanctis non scrisse un'Estetica , né vi pensò mai , e
le sue idee sull'arte sono esposte o richiamate nel corso
delle sue critiche sui poeti in modo sempre occasionale .
L'unica pagina teorica che dà di esse una vista d'insieme
si trova in una nota al saggio sulla storia letteraria del
Settembrini, scritto nel 1869 , ed è veramente molto netta
e sicura.
Pure c'è in questa nota una lacuna in un punto di
somma importanza , perché , parlando del contenuto e della
forma, dice che il contenuto vive e si muove nel cervello

Nuovi saggi critici, pp. 239-40 .


220 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

dell'artista e diventa forma , la quale è perciò il contenuto


esso medesimo in quanto è arte , e la forma non è a priori ,
non è qualcosa che stia da sé e diversa dal contenuto quasi
ornamento o veste o apparenza o aggiunta di esso ; anzi è
essa generata dal contenuto attivo nella mente dell'artista :
tal contenuto , tal forma » . E sta bene , tutto bene. E benis
simo quel contrasto tra la forma secondo il suo pensiero e
la forma dei retori . Il De Sanctis non cade neppure per
un momento nel presentare , secondo che avvenne al Fo
scolo, come superflua la distinzione di forma e contenuto ,
perché egli sa che la forma , essa sola , è veramente l'arte ;
ma, con tutto ciò , non riesce a determinare che cosa sia
nell'arte la forma » , parola che si usa per tutte le altre
opere dello spirito , e anzitutto per la logica.
Che cosa è la forma estetica ? È necessario darle il suo
nome, e questo nome è stato dato non dal De Sanctis , ma
da un suo successore nel lavoro della critica , che l'ha chia
mata l' « intuizione » , e con ciò l'ha distinta da tutte le altre
forme dello spirito .
L'indeterminatezza di questa forma non altrimenti
qualificata produsse nel De Sanctis molteplici errori, perché
lo indusse più volte ad adoprare nella sua storia letteraria
quelle caratteristiche concettuali dei poeti che aveva con
giusta ragione rimproverate allo Hegel, e persino a non
liberarsi del fantasma di un Bello estraneo all'Arte , come
gli cápita di fare nella stessa nota in cui scrisse la sua
professione di fede, nella quale parlò di un bello « reale » ,
che si troverebbe nella « natura » , e di un contenuto che
fuori della forma può essere rimasto inoperoso e fiacco ,
quantunque bello ed importante . Gli fu anche impossi
bile prendere posizione nel problema delle arti , se cioè
fosse ciascuna affetta da una angustia, come parve al Les
sing, o in realtà fosse ciascuna compiutamente libera di
spaziare nel regno dello spirito . Anche la differenza sostan
XVI. IL DE SANCTIS E LA CRITICA D'ARTE 221

ziale tra poesia e letteratura non attirò la sua attenzione ,


e ciò lo portò a confondere molte volte la vita della poesia ,
che è opera del singolo poeta , con la vita morale , che è
di un popolo o della maggioranza rappresentatrice di un
popolo.
Un anti - De Sanctis ora, sarebbe per queste e simili
parti assai facile a compilare e , se niente di ciò è stato
fatto di proposito contro di lui , non è solo per la riverenza
che trattiene dal sottoporre a critica facile , e per conse
guenza pedantesca, uno scrittore come lui , dal quale abbiamo
tanto imparato , e di cui ci siamo , per cosí dire , nutriti , ma
soprattutto per l'impressione che lasciano i suoi difetti,
che danno come un senso di immaturità giovanile e di un
pensiero cosí ricco che avrebbe fornito esso medesimo la
correzione di quella indeterminatezza . Questo pensiero era
la forma intesa da lui in modo nuovo ed opposto , come
abbiamo detto , a quello che le davano i retori . Riconoscere
quella forma come intuizione , potenza conoscitiva del tutto
distinta dalla Logica e di necessità sua antecedente , era
ciò che si prestava agevole a chi ai problemi del De Sanctis
si accostava movendo da una disposizione e continuità filo
sofica maggiore di quanto egli avesse posseduto , e mirava
ad assicurare il frutto dell'opera sua .
XVII

STATO DEGLI STUDI ESTETICI IN ITALIA.

Si è compiuto un cinquantennio dalla prima trattazione


da me data in Italia della mia Estetica , che è la memoria
delle Tesi fondamentali, seguita dopo circa due anni dal
volume compiuto ; e a me sembra non inopportuno fare al
cune considerazioni su quel che è accaduto in questa parte
in questo corso di tempo .
L'Estetica , della quale discorriamo , sorgeva sopra una
storia di questa scienza , che era poi questa scienza stessa,
vista nella sua genesi : storia che si è venuta elaborando
e affinando insieme con essa . Cominciò in Grecia con Pla
tone e Aristotele e altri pensatori , per opera dei quali la
poesia e l'arte si staccarono da quel che era meramente
pratico e piacevole ai sensi e s'innalzarono nella sfera del
l'alta spiritualità ; onde Aristotele considerò la poesia come
prossima alla filosofia e partecipe della universalità di essa.
Questi pensieri furono ripresi nel Rinascimento italiano
mercé le fervide discussioni sul frammento aristotelico della
Poetica ; e nel tardo Rinascimento , ossia nel secolo decimo
settimo, fu sentito fortemente ciò che è proprio della poesia
nel campo conoscitivo e si parlò per la prima volta o con
accento nuovo del gusto , del genio , delle prime appren
sioni e soprattutto della fantasia. Donde la teoria della
poesia nella Scienza nuova del Vico come teoria della fan
tasia creatrice, della quale egli faceva sommi rappresen
XVII. GLI STUDI ESTETICI IN ITALIA 223

tanti Omero e Dante. Parallelamente al Vico , anche il


Leibniz discerneva , al di sotto del conoscere intellettuale
e di quello che con terminologia scolastica si chiamava il
conoscere distinto , un altro conoscere , chiaro e non
distinto , che era sede delle piccole percezioni e nutriva
di sé la poesia . Raccolse il pensiero del maestro l'acuto
Baumgarten in una nuova scienza , che egli chiamò Este
tica e della quale determinò il posto che le spettava nella
vita dello spirito . Il secolo decimottavo fu alacre nelle in
dagini e controversie sul bello e sul gusto e sul genio ,
che ebbero la loro conclusione nella Critica del giudizio,
nella quale il Kant riuscí a fissare i caratteri del bello
senza avvedersi che con ciò era definito tutto insieme il
carattere dell'arte , che egli invece trattò da parte , in un
capitolo sulla bellezza aderente , e concepí l'arte non come
opera della Fantasia creatrice ma come un giuoco della
fantasia e dell'intelletto. Il luogo dell'arte rimase incerto
nella scuola che successe e che fu l'idealistica , la quale
ora l'esaltava superiore alla filosofia (Schelling) , ora l'abbas
sava a una forma di essa inadeguata e provvisoria , che fu
la dottrina della Estetica hegeliana , alla quale toccò mag
giore divulgazione ed autorità . Solo lo Schleiermacher , nei
suoi corsi universitarî sull'Estetica , rimasti ignoti e senza
efficacia, si tenne fedele all'indirizzo del Baumgarten , che
arricchi di profondi concetti . La crisi dell'Estetica hege
liana non si ebbe in Germania mercé l'opposizione del
formalismo dello Herbart e molto meno degli eclettici che
sommavano contenuto e forma , cioè intendevano dualisti
camente questo rapporto ; ma in Italia, attraverso la critica
letteraria del De Sanctis, che innalzò a principio supremo
la forma, intesa come forma fantastica, libera e intatta dal
concetto. Al De Sanctis si riattacca l'Estetica nuova , che ,
collocando l'arte nella Filosofia dello spirito e facendone
il momento intuitivo del conoscere , ne studia tutti i rap
224 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

porti , sgombra via generi letterarî, divisioni delle arti ,


modificazioni del bello e simili distinzioni superficiali , e
mette fine all'altro ingenuo dualismo estetico identificando
l'intuizione con l'espressione estetica e col linguaggio in
universale. È da avvertire che la nuova sistemazione non
lascia sopravvivere e direttamente confuta un vecchio e con
fusionario dualismo di un bello d'arte e di un bello puro o
metafisico , il quale ultimo non si trova in nessuna parte e
non è da assegnargli nessun luogo nel campo spirituale ,
perché come alla mente corrisponde la verità logica , alla
coscienza pratica la moralità , e alla vita l'utilità, cosí alla
fantasia il bello che si dice d'arte e che è tutto il bello .
Il dualismo estetico è presso tutti gli antichi filosofi ( la
kalokagatheia » fu un'impotenza di analisi propria dello
spirito greco); ma continuò anche nel Cristianesimo e nel
rinascimento, si ritrova presso Kant e Hegel e i loro se
guaci , e persino compare talvolta nel De Sanctis , sebbene
incidentalmente . E nella recente Estetica tedesca si è ten
tato da parecchi di porre due scienze : una , la scienza del
l'Arte , che ha per oggetto la teoria dell'arte, l'altra del
Bello puro o metafisico , e due storie diverse delle due dot
trine , riserbando la seconda all'Estetica propriamente detta :
che è veramente correr dietro al fictum cibum della favoletta .
Coi principi della nuova Estetica si è molto lavorato
in Italia in questi cinquant'anni , e il lavoro è stato anzi
tutto dell'autore stesso delle Tesi fondamentali , che , a dir
vero , non ha mai cessato , in questi cinquant'anni , di ri
pensare i problemi già risoluti della Estetica, e di porne
di nuovi , nati di continuo dalla critica assiduamente eser
citata da lui sulla poesia e sulla letteratura ; sicché il suo
primo trattato , pubblicato completo nel 1902 , rimane come
uno schema di ciò che l'Estetica è poi diventata , arric
chita di tutti gli elementi posteriormente aggiunti , che
bisogna ricercare negli altri volumi dell'autore , né solo in
XVII . GLI STUDÎ ESTETICI IN ITALIA 225

quelli che prendono nome dall'Estetica ma nei concreti e


speciali di critica e storia , e anche di note e controversie .
Piú volte si è parlato della seconda o terza forma dell'Este
tica di lui : ma , in realtà , si tratta di un progresso e arric
chimento continuo del pensiero che sarebbe impossibile
dividere in sezioni di prima, seconda e terza Estetica.
Il buon esempio , dato dall'autore stesso del libro , è stato
seguito dai molti che con piena libertà hanno preso a lavo
rare nel campo dell'Estetica , sia con trattazioni speciali
riguardanti la musica e le arti cosiddette figurative ed
architettoniche (e ora anche la cinematografia) , sia nel culto
assiduo della critica poetica ed artistica . In questo campo
ferve il lavoro dell'Estetica in Italia , e in Italia soltanto .
In effetto , niente di diverso e di serio è intervenuto a
distrarre da questo compatto lavoro . Perché non sono certo
da lodare i tentativi di professori ignoranti e dispettosi e
di dilettanti di varia sorta di presentare e raccomandare
agli studiosi italiani come degni loro maestri meschini
scrittorelli in lingue straniere . Di uno dei quali , che aveva
scombiccherato alcuni insulsi aforismi sull'arte senza me
todo alcuno né ingegno , si è osato affermare che, diversa
mente dagli estetici italiani , generici ed astratti , veniva
fuori da esperienza e pratica dell'arte ; quando tutta l'odierna
Estetica italiana nasce essa veramente da siffatta esperienza,
movendo , come ho detto , da un critico insigne , Francesco
de Sanctis , e continuata da critici delle varie arti , che ri
scontrano in ciascuna i caratteri che sono di tutte ; né quelli
di loro che si sono innalzati alla filosofia hanno tralasciato
l'antica e cara loro predilezione e professione.
Mi sia lecito osservare che nel caso dei nostri studî , non
meno che negli studî in genere , è grave colpa di uomini di
scarsa responsabilità morale l'abuso che si fa della parola
< giovinezza e l'adulazione pei giovani quasi portatori di
prodigiosi doni . È frequente leggere nei giornali l'affer

B. CROCE, Indagini. 15
226 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

mazione che i giovani chiedono e vogliono una nuova Este


tica, e la faranno per loro conto , se altri non gliela darà.
Parole che non hanno alcun senso, e per le quali composi
già un apologo satirico , che è la sola critica di cui sia
degno il goffo fraseggio in cui le vanità si avviluppano .
Bisogna per contrario inculcare il rispetto per il passato
e la necessità di intenderlo prima di abbandonarlo , e pro
prio per poterlo fruttuosamente abbandonare e cangiare ; e ,
insomma, la necessità di fare di esso quella storia che noi
abbiamo fatta e facciamo di continuo nel nostro lavoro .
Ho ristretto il mio discorso all'Italia, nella quale posso
dire con sicurezza che non c'è altro di vivo e serio in questa
parte se non il movimento descritto e ancora in piena cre
scenza . Ma anche nei paesi stranieri l'estetica italiana fece
sentire la sua efficacia , ed io ricorderò che in Inghilterra
fra i primi suoi apostoli fu il valente critico teatrale del
Times, il Walckley , che scrisse bellissime pagine in difesa
dell'Estetica italiana , le quali si possono in parte leggere
nei volumi in cui raccolse o furono raccolti i suoi scritti .
Il Walckley condusse anche una vivace polemica in difesa
di quell'Estetica contro il Bosanquet 2 , professore di Cam
bridge e autore di una storia dell'Estetica , che si atteneva
a un prudente e temperato hegelismo . Anche io , pel quale
il Bosanquet provava sulle prime una sorta di paurosa dif
fidenza , ricevetti poi sue lettere ed entrai in relazioni con
lui che furono bonarie e amichevoli , e di lui criticai , a
istanza di un suo collega inglese , quel che egli aveva cre
duto di poter dire in difesa della sentenza hegeliana sulla
morte necessaria dell'arte , che sarebbe stata già in pieno
corso nei tempi moderni . Un altro inglese , L. A. Smith ,

↑ Si veda Nuove estetiche, in Conversazioni critiche, V, 382-84 .


Per le mie relazioni col Bosanquet, si vedano Aneddoti di varia
letteratura , III, 357-64 ; per la critica della sentenza hegeliana, la
Revue de métaphysique, 1933 , e rist . in Ultimi saggi, pp. 147-60.
XVII. GLI STUDI ESTETICI IN ITALIA 227

scrisse un garbato libretto , una « lettera aperta al profes


sore di poesia di Oxford , per rendergli chiari e patrocinare
presso di lui i concetti sull'arte e sulla critica d'arte del
l'Estetica italiana . Anche il Collingwood compose volumi
pregevoli nel nostro indirizzo 2. In Germania di esso furono
seguaci in prima linea Carlo Vossler e altri linguisti o filo
sofi del linguaggio, che allora rinnovarono quegli studi colà ,
e Giulio von Schlosser, austriaco, storico dell'arte ; ma tut
tavia l'Estetica era in Germania in condizioni assai basse
nei psicologi e teorici della cosiddetta Einfühlung, e qual
che segno buono dava solo in scrittori indipendenti , come
fu quel gruppo che si strinse intorno al Fiedler. Allorché
scoppiò la guerra, da dotti tedeschi si sosteneva la neces
sità di creare due scienze indipendenti , l'una la teoria del
l'arte , la Kunsttheorie , e l'altra la metafisica del Bello, la
Schönheitmetaphysik ; ossia, in altri termini , essi risalivano
all'errore che fu di Emmanuele Kant di non accorgersi che
il concetto del Bello, se non trova posto nella teoria del
l'Arte, non può trovar posto in nessun altro luogo. Non so
che cosa sia accaduto poi ; fatto sta che il Baeumler, che
era dei piú autorevoli di quell'indirizzo , piantò Filosofia ed
Estetica , per accorrere, come egli avvertí in una lettera ,
sotto i vessilli del Führer . La Francia è purtroppo, nono
stante gli accenni felici ma insufficienti del Bergson , nelle
peggiori condizioni che si possano immaginare in fatto di
Estetica . La sua tradizione estetica è stata debolissima,
anche nei tempi migliori : il Taine , che ebbe riputazione
di teorico e di filosofo dell'arte , era un degno uomo, che
sulle cose dell'arte s'illudeva di pensare . In una recente
Revue d'Esthétique, nel primo numero , ho letto questa affer

The nature of art, an open letter etc. (Oxford , 1924 ; v. in Con


versazioni critiche, III , 55-57.
* Sul COLLINGWOOD , Nuove pagine sparse , I ( Napoli, Ricciardi, 1949) ,
pp. 25-39.
228 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

mazione incredibile : che l'arte consiste nel plaire e che


ciò fu detto in un verso del Molière , e da quel verso tolse
l'idea il Kant che ne fece la Critica del giudizio ! Sembra
che la Francia, come ho già più volte fatto notare, non
dimentichi la sua vera e grande tradizione , che fu scolastica
prima e cartesiana dopo , e in tutte le sue parti chiusa al
concetto della fantasia creatrice. La vendetta contro i suoi
autori di Estetica venne fatta dai suoi artisti geniali (Flau
bert, Baudelaire , Becque) , che protestarono per gli orrori
scritti contro l'arte dai loro accademici . Come è naturale,
i trattatisti francesi dell ' Estetica non conoscono la storia
dell'Estetica e si rifanno sempre da capo , stimando di
muoversi sempre sopra un terreno vergine .
Ma io non condurrò oltre questi sguardi alle condizioni
dell'Estetica nei varî paesi del mondo , pago per ora di
ciò che si è fatto e si fa in Italia e augurando ad esso
l'avvenire propizio . Che se in Europa il marxismo vincesse ,
gli studi di Estetica diventerebbero (questo è il loro pre
segnato destino) studî eretici , e tutti ripeterebbero a coro
(e i professori in prima fila su tutti), col Marx, che l'arte
è in funzione della lotta di classe e deve ora servire al pro
letariato . Bella conclusione di tutta la fulgente storia del
l'Arte , che la pura umanità ha creato nei secoli !
XVIII

LA POESIA , OPERA DI VERITÀ;


LA LETTERATURA , OPERA DI CIVILTÀ ¹ .

La poesia e la letteratura formarono oggetto di tratta


zione teorica , come di due discipline , già nell'antichità greca ;
e Aristotele le espose in due suoi libri , nella Poetica , della
quale ci resta un lungo frammento , e nella Retorica , che ci
resta intera . Le Retoriche erano , sostanzialmente , manuali
per gli avvocati , e in genere per gli uomini pubblici ; e a
questo proposito voglio dirvi che la ragione per la quale
in italiano la parola si pronuncia e si scrive , indifferente
mente , con un to (contro l'etimo greco) con due , è che
quella disciplina , nel Duecento e nel Trecento , era stimata
necessaria ai 4 rettori , ai magistrati a cui si affidava il
governo orettoria D delle terre; come vidi dimostrato coi
testi alla mano , anni addietro , nell'appendice del libro , che
mi fu dato a leggere manoscritto , di un dotto francese :
il Pézard , su Brunetto Latini : libro finora, che io sappia ,
inedito , e perciò questa notizia, che non manca di curiosità ,
è una primizia e forse un'indiscrezione , che l'autore vorrà
perdonarmi.

1 Questo scritto che aggiunge alcuni concetti alla trattazione


da me data dei rapporti di poesia e letteratura, è tratto dalla serie
delle conferenze fatte da me nel 1950 agli alunni dell'Istituto sto
rico di Napoli , pubblicate in volume a parte .
230 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Il legame tra Poetica e Retorica si strinse pel fatto che


l'ultima parte di questa seconda disciplina , che trattava
dell'arte del dire, - περὶ τῆς λέξεως, - cominciò a distac
carsi e a formare , nei tempi moderni , corpo separato , e
fini coll'essere considerata quasi séguito e complemento
della Poetica, la quale trattava dei generi letterarî, laddove
l'arte del dire dava le regole dello scrivere bello, come la
grammatica di quello corretto . Cosi nella Poetica si versa
rono tutti i concetti della Retorica , la distinzione di conte
nuto e di forma, del parlar nudo e del parlar ornato, e del
proprio e del metaforico, e dei vari modi delle metafore e
figure, e via discorrendo , e della legge generale che reg
geva l'uso di tutte quelle distinzioni e che è il concetto del
лоέлоν о сопveniente .
Ma quando io mi misi a lavorare a una nuova costru
zione dell'Estetica, con le altre cose che buttai a mare , come
i << generi letterarî » e la teoria delle modificazioni del
Bello e quella dei « limiti delle arti , scacciai dalla teoria
della poesia e dell'arte la Retorica » , e contro di essa
fui particolarmente feroce, perché mi pareva di leggere in
ogni suo articolo un disconoscimento e una offesa di ciò che
è la poesia.
E , per cominciare dalla distinzione e divisione del con
tenuto dalla forma, dov'è mai , io dissi , in poesia, un con
tenuto , distinto dalla forma poetica ? C'è bensí , come suo
precedente, una materia , che sono gli affetti umani ; ma
questa materia riceve appunto forma poetica , e quando di
una poesia si vuole assegnare il carattere , non si può far
altro se non leggerla o recitarla , non perdendone né una
sillaba né una virgola né un accento , perché tutte queste
cose e altre ancora concorrono a determinarne il carattere ;
e se, per un fine didascalico , se ne mette in risalto questo o
quel particolare , essi non valgono mai né singolarmente né
nel loro cumulo a farla conoscere e a darne la vera e indivi
XVIII. LA LETTERATURA OPERA DI CIVILTÀ 231

dua fisionomia , che richiede la diretta visione o intuizione .


Contenuto e forma , nella poesia, sono fusi e indistinguibili ,
come in unico atto . Che se fosse altrimenti , la poesia non
sarebbe verità , ma veste allegorica di una verità , cioè non
poesia. La parola nella poesia non è veste della poesia , ma
è la poesia stessa ; dico la parola spirituale , e non già
l'astratto suono fisico come nelle bizzarre e forse scherzose
ammirazioni del Gautier per Minos e per Pasiphaé, e nei
malinconici cerretanesimi del Mallarmé o di altri deca
denti . E, poi , che cosa è l'espressione « ornata o l'espres
sione « nuda » ? Come può essere nuda un'espressione se è
espressiva, e come può essere ornata , cioè caricata di qual
che cosa che sarebbe un dippiù dell'espressione , estraneo
a questa ? E come si possono distinguere e dividere le pa
role < proprie » dalle metaforiche ossia immaginose , se
l'espressione poetica è sempre propria ed è sempre imma
gine , opera della fantasia creatrice ? E che cosa è codesto
лоέлоν, сodesto conveniente o adatto », in cui si ripone
il valore della forma espressiva e il criterio del giudizio ,
quando l'unico valore e criterio della poesia è la bellezza ?
E la bellezza è fulgore teoretico , ma il conveniente è una
designazione pratica , come di una scarpa che calzi bene il
piede , o di un contegno che giovi a un effetto che si vuol
conseguire . Insomma , se si vuol negare la poesia, basta
snocciolare come sue tutte le qualità che sono dell'espres
sione retorica e letteraria , ed essa è bella e morta, e se
si vuol dire ciò che essa è , basta affermare il contrario di
ciascuna di quelle qualità.
Dopo che io ebbi cosí rivendicata la poesia, respin
gendo da lei la retorica o letteratura, e salvato quel che
volevo mettere in salvo e ben premunire, non mi curai
più che tanto della letteratura » , alla quale non andava
allora primariamente il mio interesse . Tale è, del resto ,
l'andamento normale della ricerca scientifica, che procede
232 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

per pause, e la pausa s'interrompe e il lavoro si ripiglia


solo quando un nuovo problema sorge nell'animo e solle
cita la nostra mente . Un nuovo problema è un nuovo tor
mento, ma anche una nuova voluttà, un < dolce amore ›
come lo chiama san Tommaso nell'annunziare a Dante il
nuovo punto dottrinale che egli passa a svolgere :
... Quando l'una paglia è trita,
quando la sua semenza è già riposta,
a batter l'altra dolce amor m'invita .

In verità , avere respinto le invasioni e le usurpazioni


che la teoria retorica, o letteraria che si dica, dell'espres
sione faceva o tentava nella teoria della poesia , non im
portava che si fosse respinta la letteratura, e nemmeno la
teoria, la quale, falsa se riferita alla poesia, ben poteva
non essere falsa in una diversa sfera . Per respingere la
letteratura stessa bisognava negarne la positività e il valore ,
e affermarne l'intrinseca negatività , cioè farne il concetto
di un errore . Ora è vero che già ai tempi della mia gio
vinezza il nome di letteratura » suonava sovente dispre
giativo (« Et tout le reste est littérature ! » ) , ma con ciò non
si diceva, né s'intendeva dire altro , se non che la poesia
non è letteratura ma musica ( « De la musique avant toute
chose » ) , cioè arte pura . E si diceva anche cattiva lette
ratura » , con che si ammetteva che vi fosse quella « buona » ;

e , del resto , ciascuno di noi procura di fare nei suoi scritti


la piú sopportabile letteratura che egli sa, con gli studî a
ciò indirizzati , con gli sforzi sempre continuati , col cor
reggere ripetutamente i primi getti delle proprie scritture;
e sta di fatto che a nessuno gusta di essere chiamato illet
terato o barbarico o goffo o di cattivo gusto ; sicché la ri
spettabilità e il diritto della letteratura sono fuori questione .
Anche della Retorica il nome diventò mal sonante , specie
per opera dei romantici , i quali del resto ne misero al
XVIII. LA LETTERATURA OPERA DI CIVILTÀ 233

mondo un'altra per proprio conto , che certamente era meno


seria e meno utile di quella che ancor oggi dovrebbe essere
letta e studiata nelle istituzioni , per esempio, di Quintiliano.
Alessandro Manzoni , il classico e virgiliano Manzoni , nel
l'introduzione ai Promessi sposi , derideva la retorica del
suo Anonimo secentesco e la grandine dei suoi concettini
e metafore, ma riconosceva l'esigenza eventuale di un po'
di retorica, discreta , fine, di buon gusto ».
La questione che si presenta non cade su ciò , ma su
altro , e si può dividerla per chiarezza in tre punti : 1 ) da
qual bisogno nasce la letteratura; 2) in qual modo essa si
fa; 3) e da quale forma dello spirito è lavorata . Su di ciò
ho scritto di proposito in un mio libro d'introduzione agli
studi della poesia e della letteratura (La poesia) , e vi torno
sopra ora, non solo per intrattenermi con voi di questo
argomento, ma anche per aggiungere qualche considera
zione che allora non mi venne in mente . Soglio , come ogni
persona che si sente responsabile di quel che fa, ripensare
sempre le cose che ho scritte e pubblicate , e saggiarle e
riesaminarle , per vedere se vi scopro inesattezze e lacune e
se si possa ulteriormente svilupparle; e talvolta, per questo
mio scrupolo di correggere e migliorare , mi sono ve
duto stranamente accusato di contradizione e d'incoerenza :
come se la coerenza fosse nel restare immobile e non già
nell'acquisto di sempre più ricca coerenza , il che richiede
che ci moviamo . L'uomo (dice il proverbio napoletano)
<< non nasce imparato » , cioè sapendo quello che solo man
mano si apprende ; e bisognerebbe aggiungere che nep
pur muore « imparato » , e perciò suol fare come, anni
addietro , un chirurgo napoletano , che era mio collega nel
Senato , il quale , sentendosi a un tratto colpito da malore
mentre conduceva un'operazione , passò , morente , il bisturi
a un compagno , dicendogli : - Continua tu .
E, sul primo punto , dico che , poiché l'anima umana è
234 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

poetica o musicale che si chiami , e sente il potere dell'ar


monia e della bellezza , ha in sé il bisogno di estenderne
sempre più il dominio e togliere e modificare ciò che , con
la sua presenza , la impedisce, la turba e l'offende . Nel
fatto , questo non si può sempre: i dolori lievi parlano , ma
i grandi tacciono o danno in parole e gesti incomposti ;
il capitano , nel caldo della battaglia , emette un grido, come
diceva il Parini, << lacerator di ben costrutti orecchi ; e
le belle concioni egli le recita poi solo nelle pagine della
antica storiografia , che prediligeva tali sorte di ornamenti ;
chi è in preda a un suo violento sentire , perfino si vergo
gna di studiarne, se potesse , la bella espressione , sceman
done l'irruenza , che gli è come sacra , del sacro della pas
sione; chi brama ardentemente di raggiungere un suo fine ,
non si trattiene dal dire e ridire verbosamente quel che
chiede e che gli sta a cuore ; perfino il pensatore , a cui ba
lena una verità, deve rassegnarsi sovente a non tradurla
in espressione adeguata e bella, e appagarsi di un segno o
di un contrassegno , di una linea , di uno sgorbio , magari
di un motto convenzionale , da imprimere forte nella sua
memoria, che valga da ricordo e da stimolo per farla
ribalenare e risplendere quando ne avrà l'agio e gliene
tornerà la propizia disposizione mentale . In tutti questi
casi si soggiace ad ostacoli come si soggiace a una ma
lattia , senza accettarla e coltivarla , ma sospirando e fre
mendo e ripromettendosi di venirne fuori quando si potrà ,
e di conferire ai proprî sentimenti e volizioni e pensieri
la luce che la poesia ha acceso nell'anima e che è luce
inestinguibile . E quella luce che li ha rivestiti , o che li
rivestirà, li ingentilisce, sgombra da essi la barbarie, li
rende « urbani » o « cittadini » (άotelot , come dicevano i
greci) ; e la letteratura , che compie tale opera e rende ci
vili le espressioni immediate o naturali , è grande parte di
quella che si chiama, appunto , la Civiltà .
XVIII. LA LETTERATURA OPERA DI CIVILTÀ 235

Pure, e passiamo al secondo punto, che ciò si sia fatto


e si faccia è indubbio , e , non foss'altro, le nostre scuole
di lettere lo attestano ; ma in qual modo ciò si ottenga non
è chiaro , e i teorici , ch'io sappia, non lo dicono , e pochi
forse vi hanno fermato l'attenzione e cercato di determi
narlo . Perché è evidente che la cosa non si fa e non si
può fare per un intervento e servizio richiesto allo spirito
o genio poetico , che non si lascia piegare e asservire (sal
voché per modo di dire) , ed è , come l'amore di Carmen,
un oiseau sauvage, que l'on ne peut apprivoiser, e , se mai
interviene di proprio impulso , tira tutto a sé , tutto risolve
in sé, ogni affetto , ogni volizione , ogni pensiero . Non
resta, dunque , che trasferire nella attività pratica dello
spírito l'adottamento della forma poetica (o estetica che si
chiami) , astratta dalla poesia , a uso di ciò che in sé e per
sé stesso non è poetico. È possibile questo ? E , anzitutto ,
vi è altro esempio di tale sorta di operazione fuori del
campo estetico, qualcosa che le sia analogo, e che spieghi
e giustifichi un trasferimento di carattere « formale , 0,
piú propriamente parlando, « formalistico » ?
C'è, e non so come non vi si sia pensato ; c'è nel campo
della Logica, dove , oltre la logica profonda e sostanziosa
che è pensamento dell'universale nell ' individuale , si cono
sce una logica che si potrebbe chiamare di superficie, una
logica puramente sillogistica e formalistica , che può rive
stire anche affermazioni non vere e che tollera e perfino
sollecita che ciò talora si faccia, per l'effetto che se ne
ottiene di abbreviare le dispute e più agevolmente per
venire, mercé della critica , allo stabilimento o al ristabi
limento della verità, o , quanto meno (come accade in
certe questioni pratiche) , a un accordo illusoriamente lo
gico , un accordo da Azzeccagarbugli , ma che per intanto
chiude o sospende un litigio dannoso per il suo stesso pro
lungarsi , e perciò da rimandarne la definizione a miglior
236 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

tempo. È questa la logica utens, che la civiltà europea deve


soprattutto all'Organo aristotelico e al grande uso e arric
chimento che ne fece la medievale scolastica . Che non si
sia detta una verità che bisognava dire o confutato un
errore che bisognava confutare , è certo un male , o anche
un gran male e da provvedere a ripararlo ; ma ancor peggio
se l'errore sia presentato in forma confusa, disordinata,
scorretta, contradittoria a ogni passo , mescolata lungo tutto
il suo corso di asserzioni passionali , e che fa cascare le
braccia al critico e correttore , il quale si dà per vinto
innanzi alla costanza e violenza di quella ignoranza, e
finisce non col vincerla ma col volgerle le spalle e abban
donarla al suo destino . In paragone , preferibile è dunque
che l'errore bensí resti provvisoriamente a capo del razio
cinio, ma si presenti concatenato nel suo séguito , tanto
concatenato da venirne acconciamente preparato a lasciarsi
arrestare e giustiziare al termine del ben filato raziocinio ,
che ha reso trasparente la falsità originaria e presenta
un involontario reum confitentem . L'importanza dell'educa
zione al ragionare in forma » , che l'Europa ricevé nei due
millennî dai sofisti e filosofi ellenici alle università catto
liche del medioevo , proseguita poi nelle università e scuole
laiche , non sempre ha avuto il giusto riconoscimento che
meritava, sia perché non si pregiano abbastanza i beni
diventati di comune possesso ed uso , sia perché gli spiriti
si volgevano intanto all'altra e speculativa e dialettica e
profonda logica , da cui quella formalistica talvolta distraeva
e a cui faceva sleale concorrenza ; ma, dove la mancanza
ne era grande e di questa si soffrivano le conseguenze ,
fu avvertita, e ricordo segnatamente il richiamo di un
russo , il Tschadaieff, nel 1829 , che accusò nell'assenza
di quel logicismo una deficienza del suo popolo, con tri
stezza ammonendo : « Le syllogisme de l'Occident nous est
inconnu » .
XVIII. LA LETTERATURA OPERA DI CIVILTÀ 237

Ora , quel che la logica formalistica fa , rivestendo di


sé la verità e rendendola di più sicura comunicazione , e
nel medesimo modo l'errore , rendendolo più limpido e con
ciò più facile a smascherare , ossia lasciando intatta cosi
la verità come l'errore e tessendo per l'uno e per l'altra
una veste logicistica, che reca i suoi benefici in quanto
tale e, in ogni caso , mantiene la discussione nella sfera
del ragionamento e impedisce di ricorrere alla commozione
degli affetti e ad altre scappatoie , quello stesso fa, analo
gamente, il formalismo estetico , che tratta quel che è giudi
zio e filosofia, quel che è storia , quel che è scienza ,
o anche esortazione e minaccia e lusinga o amore e dolore ,
tutto insomma il non poetico in sé e per sé come se fosse
poetico , curando l'armonia del dire , il ritmo , la melodia ,
la coerenza delle immagini , il vario loro risalto , tutti quei
particolari e anche quelle minuzie necessarie alla buona
prosa, ossia alla buona letteratura . Sulla quale se per caso
si apre a volo una ispirazione di genuina poesia , tosto il
cuore ne gioisce ; ma nello stesso punto si rinchiude e la
allontana come una tentazione verso quello che è di pre
sente vietato o la differisce ad altro momento . Il letterato
o prosatore non vuol far poesia , nella quale sente la ne
mica che dissiperebbe, col solo toccarla , la tela da lui sa
pientemente tessuta ; ma vuol prendere a proprio uso l ' « idea >
della poesia, l ' « esteticità » , si potrebbe dire , senza la poe
ticità » , la sua superficie senza la terza dimensione , la sua
forma che non è tale se si scinde dal contenuto , cioè da
sé stessa, e rimane una veste vuota , adoprabile come tale ,
e che è veste di tutti i colori e di tutti i toni di colore
che siano di volta in volta conformi allo spirito del lette
rato e prosatore , cosicché questi è , secondo che fa al caso ,
austero, sereno, solenne , conversevole , gaio . E talvolta ac
cade che egli si dica o si creda disdegnoso della lettera
tura, e affermi di volere scrivere con le parole che gli
238 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

escono dal petto e nel modo in cui comunemente e popo


larmente si parla; ma non bisogna in ciò prestargli fede,
perché egli non mente già , ma certo s'inganna, e in quei
casi suol essere più letterato che mai , piú spontaneamente
letterato perché la buona letteratura è divenuta in lui na
tura, da dargli quasi l'impressione di abbandonarsi al na
turale e al popolare, quanto più è sottilmente artistico e
schivo e aristocratico . E tal'altra volta è disdegnoso e sprez
zante verso la poesia , la quale a confronto della lettera
tura gli pare cosa frivola , come potrei mostrare , se fosse
il caso , con adeguate citazioni , che per brevità ora ometto .
È stato notato che i greci e i romani osservavano rigoro
samente la separazione della poesia e della prosa nelle per
sone degli scrittori , e che né di Sofocle o di Euripide , né
di Virgilio o Lucrezio o Properzio , restano prose , e di Ci
cerone, sommo prosatore e letterato , che tentò di scrivere
in versi , passarono in proverbio i ridenda poëmata , i versi
ridicoli . Piú versatili sono stati e sono i poeti moderni
che hanno composto e compongono buone e serie prose;
ma queste cose ora io qui dico in via informativa , senza
trarne conseguenze, o tutt'al piú perché altri vi rifletta
sopra. Piuttosto non voglio tralasciare l'accenno che le
opere letterarie » non s'incontrano solo nell'arte cosid
detta della parola o della voce articolata , ma del pari nelle
arti , nelle pittoriche e plastiche , nella musica , nell'archi
tettura , e gli intenditori e i critici le riconoscono subito ,
sebbene abbiano poi il torto di spregiarle , quando in realtà
serbano il loro proprio valore e tengono benissimo il posto
che è il loro .
Rimane il terzo punto: quale è il demiurgo della prosa
o letteratura ? Naturalmente , bisogna scartare la soluzione
che in essa operino l'uno e l'altro insieme , il poeta e il
non poeta e coniurent amice, perché tale accordo è impos
sibile (salvo per modo di dire) , e darebbe pessimi prodotti ,
XVIII. LA LETTERATURA OPERA DI CIVILTÀ 239

ottenuti con una serie di transazioni e di stonature. Ma


neppure si può dire che sia il poeta solo , il cui carattere
insofferente e prepotente , dominatore e spregiatore di ogni
contenuto che stia e resista per sé, abbiamo già rammen
tato . Il contenuto va rispettato in tutta la sua serietà e de
terminatezza , o che sia quello del pensiero filosofico e sto
rico e della costruzione scientifica , o della volontà intesa
a indurre in altri un determinato stato d'animo per spin
gerli o persuaderli a un'azione , o della effusione del pro
prio animo agitato ; e la serietà ne è tanta che se , nel sod
disfare l'esigenza estetica , questa non è sentita come com
plemento e perfezione del pensiero o dell'azione o della
commozione in cui si è impegnati , il contenuto non si allea
con la forma estetica , che gli rimane estranea come una
veste disadatta e impacciante. Solo il tatto pratico , che è
frutto di lunga educazione , riesce a quell'adattamento , ope
rando quasi abilità diplomatica che accordi due volontà
senza che l'una diminuisca sé per l'altra , ma in guisa che
l'una ritrovi nell'altra un interesse a entrambe comune, e
l'energia dell'espressione naturale ceda di sé soltanto quello
che non le giova e non le serve e acquisti quel che giova
e serve , la luce della bellezza , e questa non stia per sé
ma per la forza che presta all'altra . Il tatto pratico opera
nella letteratura analogamente al < gusto estetico , nella
formazione della poesia ; non come il genio creatore col
quodam sensu sine ratione et arte , ma con l'avvedimento
che calcola e sceglie , come appunto si fa nel lavorare
un istrumento tecnico . Il demiurgo è , dunque , qui l'inge
gno pratico, identico in ogni lavoro pratico , ma diverso
secondo i diversi problemi che gli tocca risolvere ; non
certo è quello dell'ingegnere che costruisce una macchina
.
o del chimico che compone un farmaco o del militare che
dispone un'azione di artiglieria e d'incursione aerea , ma
bene di chi vuol presentare in bell'assetto , e insieme nella
240 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

pienezza dell'esser suo , ciò che ha prodotto come filosofo ,


storico, scienziato , oratore e uomo politico, o semplicemente
ciò che lo ha commosso , i suoi affetti e sentimenti .
A qual punto della sua indagine l'antico avversario
della Retorica, che egli già aborrí perché era stata intro
dotta o lasciata penetrare nel recinto sacro della poesia,
si dispone, come un poeta del nostro Risorgimento voleva
in un verso famoso che si comportassero gli italiani verso
i tedeschi col tornare con essi fratelli dopoché quelli aves
sero ripassato le Alpi ; ed egli , dopo avere scacciata la Re
torica lungi da quel recinto , sente il dovere e prova il
piacere di conciliarsi con lei , e anzi di proteggerla e perfino
suggerirle le difese, che essa non era in grado di fare .
E le dirà che inconsapevolmente essa tendeva a dare una
teoria non della poesia ma della letteratura, e per questa
forniva o tentava di fornire i concetti che le erano proprî,
e, anzitutto il primo e fondamentale , quello pratico dell'a
datto o conveniente , il лоÉлоν. E anche a ragione essa di
stingueva, nella letteratura , il contenuto e la forma , il corpo
e la veste, e questa chiamava l'ornato; ed è equo altresí
interpretare bonariamente o generosamente la qualità di
espressione che , in contrapposto della ornata o metaforica ,
essa chiama « propria » « nuda » , e intenderla come
l'espressione naturale , selvatica o barbarica , la parola non
esteticamente elaborata e rischiarata e che rimane , quale
è, estranea all'arte .
Prima di chiudere questa conversazione , mi soffermerò
ancora per qualche istante sul concetto della civiltà come
ingentilimento umano , di cui la formazione e il progresso
dell'espressione letteraria è , come abbiamo detto di passata,
parte cospicua. Ma , in verità , quell'irradiamento della virtú
poetica o estetica non si esercita soltanto in una parte della
civiltà, ma in tutta la civiltà , perché da lei vengono i co
stumi e i rapporti gentili e cavallereschi che regnano nelle
XVIII. LA LETTERATURA OPERA DI CIVILTÀ 241

società umane : vengono tutti , persino (che cosa possiamo


dire che fermi meglio la verità ferendo l'immaginazione ,
del cerimoniale delle esecuzioni capitali , almeno di quelle
dei vecchi tempi ?) quando l'esecutore delle alte opere - an
che il suo nome era nobilitato — , prima di metter la mano
sul condannato , gli si buttava ai ginocchi e gli chiedeva per
dono perché non faceva il gesto suo per odio ma per ubbi
dienza al comando dei tutori della legge . Alla Estetica (che i
filosofi delle scuole considerano scienza di una specialità di
secondaria importanza e trattano leggermente) io ho attri
buito, in un mio saggio , efficacia di prim'ordine su tutte
le altre parti della filosofia , i cui problemi trovano analo
gia e rispondenza nei suoi , e ne vengono aiutati nelle cor
relative soluzioni ; ma conviene a questa aggiungere, pa
rallelamente , l'altra efficacia che la poesia e l'arte , non
come teoria , ma come concreta arte e poesia , esercitano
sulle istituzioni sociali , politiche e morali . Mi dorrebbe se
questa possanza che io riconosco alla scienza dell'arte nel
campo teorico, e all'arte stessa nel campo pratico , fosse con
siderata come un paradosso nel quale mi compiaccia per
effetto della predilezione che ho dimostrato per questi studî :
e, per togliere a quanto qui dico ogni sospetto di para
dosso , ricorderò che lo stesso pensiero è già nell'antica
idea del poeta , istitutore dei popoli che egli trasse fuori
dalla barbarie e col suono della lira li mosse a costruire
le loro città .
In siffatta dominante efficacia della poesia cosí nella
genesi della letteratura come in quella del costume sociale ,
trova qui luogo opportuno un breve commento che farò a
un importante pensiero del Goethe , sul quale non per la
prima volta richiamo l'attenzione , ma che rimane tuttavia
poco conosciuto , onde non se ne ricava il frutto che con
tiene . Neppure in Francia, dove avrebbe dovuto destare
molto interessamento perché si riferisce direttamente a una

B. CROCE, Indagini. 16
242 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

particolarità dello spirito francese , vi si è badato; e , per


quel che io ne so, fu discusso soltanto nel suo Tableau
de la poésie française au XVI siècle, dal Sainte-Beuve che
lo conobbe e adoperò su una , peggio che incomprensibile,
immaginaria traduzione francese , fatta da due ignoranti ,
sicché è come se non fosse stato punto colà conosciuto.
In quella pagina , che è una nota alla traduzione del Neveu de
Rameau del Diderot , e s'intitola Geschmack ( Gusto) , si dimo
stra che in Francia , specie dal tempo di Luigi XIV, « i di
versi generi di poesia vennero trattati come diversi circoli
sociali , a ciascuno dei quali è anche appropriato un partico
lare contegno » , secondo che si stia soli tra uomini o in com
pagnia di donne o di personaggi ragguardevoli ; e le conve
nances, che si adoperano in questi rapporti della buona
società, furono trasportate alle tragedie, alle commedie , alle
odi e agli altri generi letterarî , escludendo o ammettendo
certe immagini e parole secondo le convenienze presunte,
e, di conseguenza , goût, in Francia , aveva un significato
affatto diverso e quasi opposto al Geschmack tedesco , che era
il gusto poetico . Ora questa applicazione delle regole della
buona società alla poesia era certamente più stravagante e
piú rovinosa che non le errate distinzioni , ma praticamente
accomodanti , della Retorica , perché quelle tormentavano i
grandi poeti e carezzavano i piccoli e insipidi ; ma il fatto che
in Francia potessero applicarsi le regole del Galateo mondano
alle opere della poesia , da che cosa era reso agevole se non
appunto dal provenire le une e le altre regole , quelle della
letteratura e quelle del buon comportamento sociale, dalla
stessa fonte , cioè da un estetizzamento formalistico cosí
delle espressioni immediate e naturali come delle relazioni
sociali ? E vi ho voluto parlare di questa osservazione goe
thiana sul concetto francese del goût come per porre un
bel suggello al mio discorso di oggi , che mi ha costretto
a molte e difficili distinzioni ( difficili , perché a loro fanno
XVIII. LA LETTERATURA OPERA DI CIVILTÀ 243

resistenza abitudini mentali inveterate), e io so bene di


non aver potuto e di non potere introdurre nelle vostre
menti le soluzioni che sono le mie , se voi non le ritroverete
per vostro conto e col vostro sforzo come vostre , o per
vostro conto non ne troverete altre migliori , da superare
queste e sostituirle , rimeditando i problemi e i teorizza
menti dei quali vi ho informati.
XIX

IL COMPITO PROPRIO DELLA CRITICA D'ARTE .

Vorrei richiamare ancora una volta la critica d'arte a


pensieri di modestia e di dignità insieme, che è ciò che
onora ogni opera umana .
La critica della poesia, e in generale estetica, si poteva
un tempo , nell'età cosiddetta accademica » , chiamare in
certo senso « tribunalizia » , appoggiata com'era a un codice
di regole arbitrarie e fisse , che consentivano un giudizio
netto e sicuro del bello e del brutto , e , in virtú di questo
codice, non si peritava di condannare cose evidentemente
belle e di lodarne altre non meno evidentemente brutte . La
ribellione contro le regole è stata salutare , perché ha tolto
alla critica una falsa forza , che era una prepotenza .
La critica stessa si avvantaggiò perché si sentí libera
e, acquistata nuova coscienza del suo potere , affermò che
il suo compito era di evocare e ricreare le opere d'arte
conforme al processo creativo dell'artista .
Ma forse in ciò essa cadeva , piuttosto che in un errore,
in una non felice espressione per designare il suo potere ,
perché è chiarissimo che nessuno può mai rifare l'opera
di un artista , neanche il suo autore stesso . Un'opera d'arte
si può a mala pena descriverla, accompagnata da tutte le
deficienze della descrizione, delle quali è consapevole chi
si sforza a meglio descrivere . Ma descrivere è in certi li
XIX . COMPITO DELLA CRITICA D'ARTE 245

miti utile , anche quando il critico rechi il testo della poesia


stessa per ragionarvi intorno . Se il critico si rende conto
di quello che egli fa di effettivo nel suo lavoro , non vi
trova altro che una sequela di affermazioni e dimostrazioni
per togliere al lettore la difficoltà che egli suole o può even
tualmente incontrare secondo luoghi e tempi.
È un lavoro di non piccolo pregio , perché non solo im
porta possedere un concetto preciso dell'arte , ma innumeri
cognizioni di carattere storico e un gusto sempre attivo e
guardingo . Tanto vero che coloro che acquistano l'eccel
lenza in questo campo sono pochi , e gli altri fanno quel
che possono ; senza parlare della turba infinita che ciarla
d'arte movendo, secondo i casi , al sorriso , o all'impazienza ,
chi se ne intende .
Non diversamente o più di quello che abbiamo di sopra
definito fa un critico dell'altezza di Francesco de Sanctis
nei suoi saggi piú celebrati ; e ne prendo in esempio il
notissimo a tutti su Francesca da Rimini . Ecco : questo
saggio s'apre con la rassegna di una serie di questioni che
i critici (e talvolta persino un Foscolo) avevano trasportato
in quell'episodio e che volgevano su cose affatto estranee
di questa sorta : perché Dante non si fosse avvalso della
storiella inventata dal Boccaccio sull'essere stata ingannata
Francesca nelle nozze con la sostituzione che fu fatta del
l'amato Paolo col fratello; sulla ragione di avere con tanta
pietà parlato di lei , se ciò venisse o no dall'essere stato
ospite e beneficato in casa sua ; e se Dio fu indulgente unen
dola in eterno a Paolo , sia pure nell'inferno , considerando
che il suo fu un fallo e non un peccato pieno, e via di
cendo : dispute per le quali il De Sanctis consigliava i suoi
lettori che avevano fatto i debiti studî di lettere e di storia,
di buttar via i comenti e avvezzarsi a leggere gli autori
soli con soli . Dopo di che egli traccia una rapida storia dei
precedenti della figurazione della donna nel medio evo e
246 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

spiega che costruzioni più o meno artificiali erano quelle


della poesia provenzale e dugentistica , e che Beatrice è
meno che donna perché è il genere o il tipo , non l'indi
viduo, e che con Francesca entra nella poesia la donna che
non ha alcuna qualità volgare o malvagia, e neppure buona ,
ma solamente ama e nell'amore si consuma e si perde.
(Anzi in questa parte egli forse fu trasportato oltre il suo
pensiero, affermando addirittura che la donna senza il pec
cato d'amore non è poetica, dimentico per un momento di
Antigone e di Cordelia e di altre figure femminili, doleis
sime figlie e sorelle . Ma bisogna rammentare che il De
Sanctis, quando primamente ideò quel saggio , era giovane
e romantico . ) Con questo concetto interpreta egli e com
menta le parole di Francesca , ed è severissimo verso i
commentatori che le traducono malamente in prosa, « gente
senza cuore o grossolana , che guasta ogni più delicata bel
lezza di sentimento » , e contro coloro che non sentono in
ogni parola di Francesca la gioia e l'affanno insieme , l'amore
ed il peccato , l'amarezza dell'amore che ha per dote l'in
ferno, la voluttà dell'inferno che ha per soggiorno l'amore ;
la vita insomma nei suoi contrasti , l'uomo che è angelo e
demonio .
Io non trovo in questo saggio del De Sanctis la evoca
zione >» e la « ri- creazione » della poesia di Dante, ma un alto
e finissimo lavorio della mente intorno a questa poesia.
Si dirà che il saggio del De Sanctis è scritto con calore ed
entusiasmo; ma ciò non muta il carattere suo perfettamente
intellettuale , perché anche l'intelletto comporta calore ed
entusiasmo . E a questo calore tutto intellettuale deve aspi
rare come a modello il critico e tenerlo unico suo fine; ed
egli gioisce quando riesce in tutto o in parte a rimuovere
pregiudizi ed errori, e incontra lettori che di questo alle
viamento sappiano profittare. Naturalmente la critica , non
potendo sottrarsi alla storia che si svolge , deve tornare
XIX. COMPITO DELLA CRITICA D'ARTE 247

sugli stessi oggetti e combattere i nuovi ostacoli che si sono


sostituiti agli antichi . Anch'io (chiedo perdono di questo
accenno personale) , tornando settanta o ottanta anni dopo
del De Sanctis su quella pagina di Dante , non ho avuto
luogo a ripigliare i problemi che il saggio del De Sanctis
agitava e le sue conclusioni ho tacitamente accettate tutte ,
soggiungendo alcune considerazioni mie . La critica ( si dice
in questo senso ) invecchia ; ma il suo invecchiare non è un
morire, è diventare un sottinteso ; ché se viene negata o
altrimenti disconosciuta , sa ringiovanire a un tratto e ridi
ventare voce ammonitrice e squillante .
Potrebbe sembrare , per quel che si è detto , che l'este
tica o filosofia dell'arte stia da una parte , e la critica dal
l'altra, ignara dell'esistenza di quella forza nuova; ma ciò
che solo qui si è voluto raccomandare è che il critico non
usurpi il campo dell'arte e nemmeno del gusto che ha la
sua spontaneità, perché nel rimanente è chiaro che teoria
dell'arte e critica non stanno in una stessa mente con le
spalle voltate l'una all'altra, e che il critico non dovrà at
tenersi a concetti che la scienza ha confutato . Cosí non gli
sarà lecito di parlare di poesia con tutti i pregiudizi del
l'estetica classicistica , o di pittura con le antiquate teorie
sui limiti lessinghiani delle arti . Se fa questo , il meno che
gli può toccare è di dare occasione a compatire la sua in
genua ignoranza .
XX

LA CRITICA STILISTICA .

Due atteggiamenti sono possibili verso la poesia: quello


del lettore e quello del critico ; il primo, che vive la poesia,
e il secondo che la pensa . Non che possano andare dis
giunti il lettore , nel suo vivere la pocsia , è a volta a
volta e ammirato e rapito , disgustato e furente , e vuol ren
dersi ragione di ciò , e perciò sorge sopra di lui la critica,
che è il pensiero filosofico , il quale fa succedere alle im
pressioni e ai sentimenti i concetti e pronunzia il giudizio .
In questa cerchia si compie il giro intero della poesia.
Non c'è altro da desiderare . No , - dicono alcuni — c'è da
fare dell'altro , che è la critica stilistica » ; del cui nome,
infatti , risuona oggi la moda.
Or bene, questo di più è talvolta inteso in modo molto
bonario , cioè si chiede di veder particolareggiato il giu
dizio critico , e non già lasciato lí , vero ma rigido e laco
7
nico. E per questa parte bisogna rimettersi al senso della
opportunità e al buon gusto, che , secondo i casi, decide
sulla lunghezza o la brevità degli svolgimenti , sul dire
ancora dell'altro o sul tacere per aver detto tutto l'essen
ziale o tutto l'occorrente ¹ .

¹ A proposito delle lezioni che faceva sugli episodî dell'Ariosto,


nella sua scuola, il De Sanctis scrive : « In queste letture io ero mi
XX. LA CRITICA STILISTICA 249

Anche un'altra forma critica si suol chiamare ora col


nome di < stilistica , ed è coltivata particolarmente ¡ dai
valenti filologi che hanno insieme conoscenza e sentimento
di poesia, i quali volentieri mettono in essa predilezioni
rispondenti alla loro specialità professionale , come altri ,
che sono cultori di filosofia ed anche essi intendenti di
poesia, fanno sentire questa preparazione precipua nella
loro critica . Tutto ciò non dà luogo a differenza sostanziale ,
perché filosofia e filologia sono il fondo comune su cui si
muovono coloro che esercitano la critica d'arte . Questi tratti
valgono tutt'al più a determinare le fisionomie particolari
degli scrittori .
Ma non ci sono solo simili sensi innocenti nella richie
sta che si fa della critica stilistica , alla quale si unisce su
bito un'intenzione di guardare piú addentro nelle cose
dell'arte . Piú addentro ? Più di quello che abbiano fatto o
possano ancor fare il gusto con la sua fine e delicata sensi
bilità , e la filosofia , senza la quale non sarebbe il giudizio
dell'arte ? La cosa mi pare strana, perché , come ho detto ,
non vedo che della poesia si possa far altro che viverla
e pensarla . Per questo sono preso innanzi alla richiesta da
un misto di curiosità e di diffidenza .
Ed ecco che la mia diffidenza riceve piena conferma,
perchè gli stilistici si mettono a fare un'operazione molto
pericolosa, o piuttosto assurda, che è di dividere il signi
ficato dal significante , la forma dal contenuto , l'intuizione
dall'espressione. La poesia in tanto è al mondo in quanto
si attua in lei uno dei modi della sintesi a priori , la fu
sione completa del sentimento e della fantasia , e in tanto
è possibile pensarla in quanto questa sintesi stessa , intatta

nuto ne' più delicati particolari dello stile e della lingua , e dicevano
ch'era un altro , perché pareva che dalle più alte contemplazioni
scendessi nelle più umili sfere (La giovinezza di F. de Sanctis,
Napoli, 1889, p . 327) .
250 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e rispettata, viene pensata come giudizio , cioè come nuova


e rigorosa sintesi .
La divisione di contenuto da forma , di pensiero da pa
rola, si usa , come è noto, nei vocabolarî , che vorrebbero,
ma non possono, fare altro, e si adoprano alla meglio ad
avviare chi li consulta a trovare per suo conto la parola
giusta . Ci sarebbe una forma ideale per questa riunione di
significato e di significante, e sarebbe la cosiddetta << armo
nia imitativa » , che poi ne dà la mera illusione e riesce
piú propriamente efficace ai fini del comico e del carica
turale .
La vera e propria critica stilistica che oggi ci affligge
è alleata alla cosiddetta poesia nuova » , e ne è manife
I
stazione, cioè uno dei tanti modi con cui quella sorta di
poesia cerca d'imporsi al mondo , che non vuol sapere di lei ,
quantunque soggiaccia spesso alla sua prepotenza e sopporti
la sua presenza . Mi è capitato sott'occhio testé l'articolo
di un critico stilistico che parla dell' « esagitato provincia
lismo di un Carducci , contro cui spiega in battaglia una
decina o più di nomi della moderna poesia italiana , che
dovrebbero figurare tra i non provinciali , i raffinati , gli
< europei » . C'è da credere che per questa via finiranno
col prendere con le due mani il coraggio e spregiare Dante
e Shakespeare come provinciali (tale , del resto, è il
loro segreto convincimento, come si desume dai loro libri) .
Ma la loro eleganza mondana a me appare come quella di
veri e proprî provinciali , che hanno fatto in città provvista
di molte fialette di profumi .
L'ultimo libro che ho letto sulla critica stilistica è stato
pubblicato nel 1950 ed è opera di Dámaso Alonso , valente
critico spagnuolo , al quale dobbiamo lavori importanti per
l'intelligenza della poesia del Góngora. E nel suo libro
(Poesía española. Ensayo de métodos y límites estilísticos,
Madrid , Gredos , 1950 ) si trovano per due terzi in forma
XX. LA CRITICA STILISTICA 251

di esemplificazione saggi di critica letteraria , e forse per


un terzo una costruzione teorica , che può trascurarsi a
confronto della critica concreta . In essa, infatti , l'Alonso ,
non pago di avere distinto la critica nei due momenti del
lettore e del critico , postula un terzo momento , che dovrebbe
dare un vero studio scientifico della poesia e rivelarne il
mistero. Ma l'Alonso non ha badato che nel secondo mo
mento da lui ammesso , in quello della critica , è inclusa la
più ampia ricerca che si possa dare di carattere filosofico
intorno alla poesia , il cui mistero non è diverso da quello
che si trova in ogni forma dello spirito , cioé non è un mi
stero ma la definizione della natura della poesia . Del re
sto, l'Alonso non ha praticamente molta fiducia nella cri
tica stilistica , da lui posta come il momento supremo ma
che egli non considera capace di altro che di « approssi
mazioni alla verità . Basta questo concetto per dire che il
risultato del suo libro è , per questa parte , negativo .
I

XXI

LA STORIA DELLA POESIA E DELL'ARTE


NELLA SUA PECULIARITÀ.

La storia della poesia e dell'arte tutta non consiste in


altro che nella affermazione della realtà di un'opera di bel
lezza , la quale viene a inserirsi nella storia dello spirito
umano .
Questa affermazione , che sembra assai semplice , com
pendia in sé un lungo e complesso lavorio mentale , perché
è evidente che è necessario per essa aver conoscenza in
tima di quell'opera , e cioè avere ripetuto in sé stesso il
processo creativo che fu dell'artista, averlo descritto con
parole che non possono adeguarlo ma servono a tenerlo
presente o a ricordarlo, e averlo spiegato e difeso a sé stesso
e ad altrui . Filologia e critica letteraria vi sono comprese
con le loro molteplici determinazioni , per modo che tutto
è contenuto in questo giudizio: che la cosa che ci sta dinanzi
è bella .
È un procedimento del tutto conforme alla natura del
l'oggetto che consideriamo ed è perciò la sua vera storia,
la storia della poesia e dell'arte . Le opere belle vi com.
paiono con il loro affatto proprio insostituibile carattere ,
¡
quasi un miracolo che accade nell'anima del poeta e a cui
gli uomini tutti partecipano . La forma logica di questo la
vorio intellettuale non può essere che il saggio o la mono 1
·
XXI . LA PECUliarità della storia delLA POESIA 253

grafia, che consente bensi le collezioni di saggi, raggrup


pati per uno o altro fine che si proponga, ma esclude
assolutamente l'unificazione in qualcosa che tutti li risolva
in sé e quasi attinga cosí un significato superiore . È chiaro
che questa storia non si possa ridurla ad altro modo di
storia, come, per esempio, quella della filosofia in cui le
singole opere sono concatenate in un processo unico e per
ciò si parla di svolgimento . Il lettore , che diventa lo sto
rico della poesia , si identifica del tutto col suo autore ; ma
il lettore e storico della filosofia , che è esso stesso filosofo ,
è di necessità concorrente, rivale e correttore di tutti i filo
sofi dei quali fa la storia e che mira a sciogliere in sé. È
impossibile perciò estendere alla poesia il metodo della fi
losofia, e dare lo svolgimento della poesia nei secoli o in
un periodo qualsiasi .
La poca chiarezza su questa situazione e differenza fon
damentale delle due storie fa sí che chi asserisce il carat
tere proprio della storia della poesia in quella sua forma
che è di monografia, incontri l'opposizione di una maggio
ranza ( destinata a convertirsi in minoranza e alfine sparire)
dei conservatori del non conservabile . Costoro chiedono per
l'appunto un quissimile della storia della filosofia per la
storia della poesia , e questo loro ircocervo chiamano la vera
e compiuta storia letteraria , ed è invece un prodotto ibrido
che talora si riduce a un accozzamento di cognizioni di
diversa natura messe insieme in opere di compilazione o
in tali che giovino ai fini didascalici della scuola, ma
tal'altra diventa un errore e una perversione logica che
pretende convellere la natura delle cose . In questo secondo
caso, in cui la cosiddetta storia letteraria assume sembiante
di storia rigorosa , le opere di poesia perdono la loro schietta
natura e sono come asservite a significare concetti , inav
vedutamente mettendo il piede in una via nella quale la
storia della poesia dovrebbe perdersi o essere di alcune o
254 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

di molte delle sue parti mutilata . Io non voglio addurre altri


esempî di ciò che da un libro da me molto studiato e molto
amato e che ancora considero capitale per la storia della
nostra poesia , quale è quello di Francesco de Sanctis . Ma in
quel libro , per le condizioni dei tempi , per l'azione della
cosiddetta Filosofia della storia , per la tendenza talvolta a
ciò che è ingegnoso e brillante ma non esatto , si introduce
questa sorta di scienza sofisticata per la quale il secolo di
Dante dà luogo a un frazionamento dell'anima di Dante
in tanti aspetti particolari da comprendere l'opera di Dino
Compagni e quella di Caterina da Siena ; l'Orlando furioso
riceve la caratteristica falsa di rappresentante dello spirito
italiano , reso indifferente a tutto salvo che alla bellezza
artistica, e , per venire ai tempi più vicini , la poesia italiana
dell'ottocento, di Foscolo, di Leopardi, di Manzoni e degli
altri , è lumeggiata come quella di due opposte scuole , il cui
carattere è dato dalla politica dei partiti : la scuola mode
rata e la scuola democratica . Io so bene che il libro del
De Sanctis contiene quasi tutto il meglio che si sia detto
sulla poesia italiana ; ma per molta parte lo leggo espun
gendo sempre dai suoi giudizî questo elemento estraneo ,
del quale ogni lettore sagace ha il dovere di liberarlo .
Per mio conto , avendo molto penato negli anni giova
nili a cercare una forma adatta di storia della poesia , sentii
come una libertà di respiro quando adottai il metodo mo
nografico o per saggi , e potei soddisfare il mio bisogno
critico mercé l'esclusivo colloquio col singolo poeta e con
tutti quei poeti che via via mi interessavano , senza piú
esser costretto a cercare in tutti qualcosa che non poteva
essere in loro , e, quel che è piú , a colloquî forzati con poeti
verso i quali attualmente il mio animo non era disposto all'in
teressamento che meritano o non aveva niente di proprio da
dire. Non mi pare, ora che mi volgo indietro a guardare la
mia molteplice opera di critico letterario, che il metodo se
guito l'abbia compromessa e privata o scemata di verità.
XXI . LA PECULIarità dellA STORIA DELLA POESIA 255

Voglio soltanto chiarire che quando dico che tutto di


pende dalla personalità del poeta fo coincidere il senso
della parola personalità con quello di opera (il poeta
è niente altro che la sua poesia) , e perciò è del tutto fuori
luogo la contestazione che mi si è fatta ricordandomi che
vi sono poeti che hanno avuto varie personalità successive
o alternanti, cosa di cui con molte altre relative alla per
sonalità del poeta ho trattato a lungo nel mio libro La
poesia (parte III , cap . VI) , e qui non ridico ; e circa l'obie
zione , che , a furia di individualizzare , l'opera potrebbe
uscirne polverizzata e ridotta al singolo verso o alla sin
gola parola, non ci vuol molto a comprendere che l'opera
è da intendere nella sua organica unità che le dà l'esistenza
effettiva.
Mi è parsa molto curiosa la soluzione che i signori Re
nato Wellek e Agostino Warren hanno di recente dato al
problema che ho discusso di sopra in una loro Theory of
Literature¹ . Osservano essi che la storia letteraria non è
propriamente storia , perché è la conoscenza del presente ,
dell'onnipresente , del perpetuamente presente , e che il con
cetto dello svolgimento in serie di opere d'arte offre diffi
coltà insormontabili , e tra l'altro non può avere mai carattere
evoluzionistico come quello della biologia , non avendo l'arte
niente da fare con l'idea di un progresso uniforme verso
un unico modello eterno ; ma , d'altra parte , dicono che un
estremo personalismo potrebbe condurre all'opinione che
ogni opera individuale di arte stia completamente isolata ,
il che significherebbe in pratica che è incomunicabile e in
comprensibile . In verità, i concetti sulla storia di questi
due scrittori mi sembrano insostenibili , perché la storia.

¹ Del loro libro ho conoscenza solo indiretta per un articolo di


M. PRAZ , in Comparative Literature di Oregon , vol . II , 1950, pp. 97
106, intitolato Literary History.
L

256 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

letteraria è storia , e in quanto tale serba il carattere di ogni


storia ; né posso consentire che il concetto di personalità
conduca all'isolamento e all'incomunicabilità e alla incom
prensibilità dell'opera perché la personalità va sempre con
giunta con l'universale . Ma , lasciando tutto ciò e guardando I
T
alla soluzione positiva che essi offrono del nostro problema

della storia letteraria , vedo , con mia somma meraviglia , che
essi sono disposti a disfarsi non meno della storia come svol
gimento che della storia come personalità ; e prognosticano
invece che l'avvenire della storia letteraria sarà in una
storia della Poetica , delle direzioni del gusto e della sen
sibilità , stabilita con puri criterî letterarî, e non già come
riflessione passiva o copia dello svolgimento politico , sociale
o anche intellettuale . In altri termini , invece di aver che
fare con le opere di poesia che sono venute al mondo e
vivono eterne , e ci riempiono di entusiasmo e di gioia,
staremmo a divertirci con la piú miserabile manifestazione
della vita letteraria , che sono i programmi e i gusti ambi
ziosi delle scuole e delle scolette che anche oggi infestano
poesia e letteratura , delle quali sono le nemiche . I genuini
poeti non sanno di codeste scuole e scolette , e passano attra
verso esse incontaminati , ancorché talvolta ingenuamente
ne parlino o credano di prenderle sul serio . Essi hanno le
loro vere scuole unicamente nell'anima loro e nel loro genio .

}
XXII

POESIA E NON POESIA.

Discernere la poesia dalla non poesia è un atto spon


taneo dello spirito , il che non vuol dire che non costi sforzi
e non voglia lunga educazione . A volte una sorta di frigi
dezza si prova innanzi a poesie bellissime ; altra volta , le
nostre immaginazioni si interpongono tra noi e la poesia ,
illudendoci di bellezze inesistenti , che sono il ricordo di
estranee commozioni ; altra volta è difficile scoprire la poesia
perché essa si è presentata frammista e avvolta dalla non
poesia. Ma la spontaneità del riconoscimento è il presup
posto della sua necessità . Appresa che sia una poesia , ci
pare impossibile di non averla ravvisata prima.
Si cerca talvolta un segno a cui riconoscerla con sicu
rezza; ma poiché questo segno non può essere qualcosa di
esterno e diverso da lei , sarà la sua definizione , la parola
del filosofo che definisce che cosa è poesia . Senonché que
sta definizione stessa presuppone la spontaneità del rico
noscimento fondamentale, che è nell'alto piacere del gusto ,
realmente provato. A chi non sa per questa via diretta che
cosa è poesia, le definizioni non sono di nessun aiuto . Il filo
sofo conferma il pensiero che è in germe nello spirito umano ,
che la poesia è verità: le diverse teorie , tentate nelle vi
cende della scienza estetica, non possono cancellare questa,

B. CROCE, Indagini. 17
258 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

che le confuta tutte . Ma la difficoltà , se non è in ciò , è nel


dover ammettere che la poesia è una verità parziale , una
verità in immagini , che ha bisogno di venir compiuta . Or
bene, è strano che non si veda che la poesia è sempre
seguita dal pensiero che le dà compimento: pensiero che
si può trovare in azione accanto ad essa in un lavoro men
tale che l'umanità ha sempre fatto e che stoltamente è stato
talvolta negato e deriso : la critica , la quale sorge accanto ad
essa a guisa di rampollo . La poesia non è certamente cri
tica , ma lo spirito umano nel distinguere sé in sé non si
taglia in pezzi , e ciò che ha distinto congiunge nel tutto:
Erst unterscheiden, dann verbinden , come diceva Goethe. Lo
stesso mondo delle immagini , che pare il suo regno esclu
sivo , ricompare attraverso la critica e la filosofia nel mondo
della realtà , la storia .
Si dice che la poesia sia linguaggio , che è un detto
sovente vago e confuso e anche errato , ma che conviene
confermare chiarendo la natura del linguaggio , del puro
linguaggio, nel significato che qui ha la parola « puro , che
tanto vale quanto vero » linguaggio . Perché il linguaggio è
il fiat lux della creazione del mondo , e una lunga tradizione
e una solenne affermazione filosofica del Vico lo identificò
col canto , e solo perché esiste come valore estetico è dato
chiedergli concorso per le altre relazioni della vita . Si dice di
solito che il linguaggio , nato per ragioni pratiche , si innalza
poi a linguaggio poetico; ma in realtà il processo è proprio
l'inverso. Il linguaggio pratico è tutto contesto di meta
fore e di parole che furono poesie .
A questo punto è necessaria una dichiarazione : cioè che
quel che per comodo di discorso io riferisco alla poesia, si
estende a tutte le arti , che tutte a lor modo parlano , come
si può riconoscere sgombrando le confusioni e gli errori
che nascono dal preconcetto della diversità e singolarità di
ciascuna arte . E continuo nel mio dire .
XXII. POESIA E NON POESIA 259

Il linguaggio , cioè l'espressione puramente poetica e


diretta a soddisfare il bisogno poetico col canto, diventa
mezzo di comunicazione fra gli uomini e da poesia si fa
prosa . E suona comando o preghiera, lusinga o minaccia,
trattenimento e giuoco, oratoria o confessione dell'essere
proprio e altresí trasmissione di scienza nelle forme che si
dicono didascaliche . Donde la formazione della lettera
tura <
accanto alla poesia , che non è uno dei suoi generi »
ma è il fiore che sorge sullo stelo della poesia e che gli
uomini colgono e adoperano .
Di qui la facilità di confondere poesia e non poesia spe
cialmente in certe manifestazioni in cui solo l'occhio sagace
può non lasciarsi ingannare circa la reale natura di ciò che
si ha dinanzi . Vero è che si pensò più volte al possesso
che si aveva di un segno della poesia , il verso . Ma questo
segno di distinzione fu ben presto (già nella Poetica ari
stotelica) criticato e mostrato insufficiente come ogni segno
materialmente preso, nel quale, guardando dall'esterno ,
poesia e prosa restano indiscernibili . Il Carducci troppo
umilmente disse una volta che la poesia vuole un piede
montato piú su della prosa » ; ma lo stesso Carducci ben
sapeva, e lo disse altra volta , che la poesia è la potenza
di << abbracciare in un attimo e compatire l'Universo » .
Le scritture nelle quali , come abbiamo detto , è difficile
discernere il poetico e il non poetico , sono quelle nelle
quali l'uomo, parlando di sé e degli affetti e delle vicende
sue vissute , sale a un'eloquenza trascinante e sfiora talvolta
la poesia ; sicché il lettore commosso ha l'illusione di vivere
in un mondo affatto poetico . Ma una sorta di sospetto cinge
queste scritture , che vieta di collocarle senz'altro accanto
alla grande poesia . Per esse è sorta la distinzione tra tem
peramento virile e temperamento femminile in poesia , che
è di qualche uso per notare empiricamente una differenza
che si avverte nella produzione letteraria femminile di fronte
260 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

alla maschile , ma non ha né assolutezza né saldezza reale .


Anche uno scrittore che destò molta attenzione ai principî
del secolo, il Weininger, in un suo libro: Sesso e carattere,
in cui si teorizzava a lungo la differenza spirituale del
maschio e della femmina, finiva col concludere che pote
vano darsi donne-uomini e uomini - donne e che la sua teoria
valeva come la costruzione di un'idea platonica.
L'unico criterio per distinguere la poesia creatrice dalla
letteratura di effusione , lo stile virile dal femminile , è il
concetto del classico » , inteso non nel modo superficiale del
classicismo , come un rivale del romantico , ma come tale
che contiene in sé il romantico perché di esso si nutrisce . Al
pari di Sofocle, classico è Goethe delle scene di Marghe
rita ; al pari di Omero , Shakespeare del Macbeth e del
Giulio Cesare; al pari di Virgilio , Dante , quando narra
l'amore- perdizione di Francesca o l'immensa passione per
la patria di Farinata che lo tormenta piú del suo letto di
fuoco dell'Inferno .
Linguaggio primigenio o linguaggio divino , come molte
volte la poesia è stata detta , essa è in realtà il linguaggio
profondo e perpetuo dell'uomo ; e quando in un tempo pare
che la sua voce non risuoni in nuovi poeti , l'umanità avi
damente si volge a quelli che parlarono per lei nei secoli .
XXIII

L'ARCHITETTURA COME COPIA DI UNA REALTÀ » .

Nel 1937 Heinrich Zimmer , in un suo studio sul tempio


degli Indu , disse che « gli edifizî non hanno bisogno di
rappresentare cosa alcuna e possono esaurire il loro com
pito nel delimitare e proteggere un interno verso un esterno » ,
ma che il tempio degli Indu « non si esauriva in questa
finalità, ed era opera di Abbild , di copia di una realtà , la
rappresentazione plastica di una città celeste a forma di
terrazze, conducenti al sopramondo del Dio, il quale aveva
la sua immagine culturale nella cella » ; onde venivano chia
mati , ed erano , « carri » verso il Dio . Nel 1938 Lothar Kit
schelt dimostrò che la primitiva basilica cristiana ritraeva
la Gerusalemme celeste , già forse alla sua origine nel terzo
secolo , ma certo nell'età costantiniana quando ebbe la sua
maggiore espressione nell'occidente con papa Damaso e
nell'oriente con gl'imperatori Teodosî, e suo riferimento
erano i tratti della città antica , della quale dava una in
terpretatio christiana . E Adalberto Kith , nel 1944, disser
tando sulla primitiva lumiera romanica e il suo simbolismo
nei duomi ottoniani , nella quale si librano giganteschi cer
chi metallici con otto o dodici torricelle che misurano fino
a sei metri di diametro , vi riconosceva anche lui la Geru
salemme celeste . Ma già nel 1936 Joseph Sedlmayr trattava
delle costruzioni gotiche interpretate a questo modo , copia
262 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

del cielo , del paradiso, città , fortezza o sala di Dio , e di


chiarava che tale era la radice poetica della cattedrale » ;
e ora egli stesso , in una memoria presentata all'Accademia
delle scienze di Vienna , tirando le somme di queste mol
teplici indagini , studia l'architettura come « arte di copia »
(o Abbild che si dica , che appunto vale « copia » ) ¹ . Il Sedl
mayr estende tale interpretazione a tutta l'architettura mo
numentale che appare negli inizi delle civiltà : al tempio
sumerico , che aveva il suo riscontro nella famosa torre
babilonese, monte di Dio nel senso cosmologico; ai templi
dei Maya e Atzeki nel Perú e nel Messico ; a quelli egiziani ;
alle tombe di Micene; alla Hagia Sophia dell'imperatore
Giustiniano; alle chiese bizantine e russe: a tutta la grande
architettura, insomma , con la sola eccezione di quella della
Grecia antica , per la quale il tempio è semplicemente la
casa del Dio , e poi dell'architettura dell'età moderna euro
pea, che è di carattere affatto sensuoso e priva di quel
superiore significato , che pure i romani in età tarda colti
varono, forse sotto l'influsso orientale , nel Panteon , come
immagine del cosmo . Nell'età moderna , << smitizzata » che
sia, pur si trovano tracce dell'antico , della primitiva con
cezione , nelle reggie dei sovrani : che cosa mai sono gli
edifizî e i giardini di Versailles se non il ritratto dell'im
pero del Re Sole ? E, per un altro verso , che cosa furono
gli edifizî e l'ordinamento della esposizione di Parigi del
1878 se non un'immagine del cosmo come visio pacis?
Tutto ciò era stato disconosciuto dai più recenti critici
e storici dell'architettura , perché essi avevano tolto in
iscambio questi significati con le « allegorie » , che s'intro
ducono a cose fatte (ma la città celeste e la sua copia archi

¹ HANS SEDLMAYR , Architektur als abbildende Kunst (in Oesterrei


chische Akademie der Wissenschaft, Philosophisch-Histor. Klasse, 22 no
vembre 1944, Wien, Rohrer , 1948 ).
XXIII. L'ARCHITETTURA COME COPIA DI REALTÀ 263

tettonica non stanno in due piani diversi , come un'idea


estranea con un edifizio , e sono due cose sullo stesso piano ,
tutt'e due edifizi) ; e poi , perché prevaleva nelle menti
degli storici l'architettura greca o moderna , senza signi
ficato , puramente sensuosa ; e poi ancora perché era stata
largita autonomia alle singole arti , che non piú tutte in
sieme concorrevano nell ' unità del tempio e della cattedrale ,
architettura , scultura , pittura, poesia e musica . E quan
tunque a questa unità mirasse Riccardo Wagner con la sua
teoria dell'Opera , egli considerò la riunione di tutte le arti
arte dell'avvenire » , ignaro che era invece arte del pas
sato o , meglio, del primitivo ed originario, e che aveva
carattere culturale e sacrale , onde in lui il genuino rap
porto estetico si presentava capovolto . Ma un nuovo largo
campo si schiude ora alla storia dell'arte, una « fertilissima
terra nuova » , una vera e propria storia artistica , che sarà
dell'avvenire , e per un verso darà la storia delle grandi
opere sintetiche o totalitarie , sacralmente unificate , fino
alla dissoluzione e secolarizzazione moderna di questo
grande patrimonio ; e per l'altro , la storia delle opere to
talitarie, e dell'architettura che le sostiene, donde si avrà
la vera storia delle arti figurative. E, in questa concezione
della storia dell'arte , è da notare che la secolarizzazione >
sarebbe la dissoluzione di un'arte superiore , e di un'arte
alla quale per altro non solo l'età moderna europea ma
anche la Grecia antica non avrebbe preso parte , perché ,
a quel che sembra , la Grecia nacque « smitizzata › e < se
colarizzata » .
Una sorta di timidezza mi prende a fronte di tanta in
novazione vagheggiata e sperata e di tanta dottrina di stu
diosi specialisti dell'architettura ; e quasi non oso muovere
le mie obiezioni , che sono di carattere molto radicale , per
ché sorgono non da contestazione di queste o quelle affer
mazioni di fatto , ma da contestazione dei principî che reg
264 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

gono le affermazioni di fatto . Tuttavia , poiché ai principî


spetta la precedenza , mi fo animo, e dico per quali ragioni
tutte queste teorie non mi paiono sostenibili .
E comincio dalla parola Abbild o copia, che non può
aver nessun luogo nel trattare della vita dell'arte come
arte, perché la copia non è altro che la meccanica ripro
duzione o il duplicato più o meno fedele di un oggetto
materiale , che sia una pittura o una statua o un'architet
tura, e ubbidisce a fini di comodo e di utilità. Fuori di
questa sfera economica, il concetto e la parola stessa di
copia sono stati sbanditi cosí dall'arte come da ogni teo
retico produrre , o si ricordano il primo per designare un'im
possibilità, e la seconda con un sorriso , sia che si parli
dell'arte come imitazione e copia della realtà , sia del co
noscere come Abbild e scolastica adaequatio intellectus et
rei.
Certo una città terrena » si può bene , non già copiarla
ma descriverla con la parola ; e questo si fa in libri di
storia e di geografia e di topografia ; e anche una città
celeste > vien descritta nei libri di teologia , a lor modo ,
e a questo si provò anche Dante , sebbene il giudizio una
nime dei lettori opinasse che le sue descrizioni erano me
glio informate circa l'Inferno e il Purgatorio che non circa
il Paradiso , dove assai abusò del concetto di luce , e con
}1
tutto ciò , pervenuto all'empireo innanzi a Dio , non poté
ridire quel che vide . Ma , rimanendo nelle descrizioni della
città terrena, alle quali la logica appresta i concetti adatti ,
bisogna avvertire che se da quelle descrizioni si passa alla
poesia o all'arte , nel trapasso tutte esse cascano , perché
la poesia e l'arte operano non con concetti e descrizioni
del reale ma con fantasie , a cui porge materia il sublimato
sentimento dell'artista : sicché , anche quando le fantasie di
lui richiamano tratti osservati nella realtà , quei tratti non
piú sono cose ma immagini o metafore del sentimento . E
XXIII. L'ARCHITETTURA COME COPIA DI REALTÀ 265

l'architettura è arte appunto perché crea, come tutte le


altre arti, immagini di vita trasfigurata in bellezza ; e per
ciò , sempre che fa cosa bella , non già che sia priva di
significato ma non ha bisogno di significato diverso o di
stinguibile da sé stessa , né un qualsiasi significato , da essa
distinguibile e distinto , può considerarsi , come lo considera
il Sedlmayr, poeticità dell'architettura » , né poeticità della
poesia o di ogni altra arte .
Può ben darsi , dunque , che nella mente di alcuni o di
molti o di tutti gli architetti siano stati o siano riferimenti
a cose reali o credute per fede , a città terrene o a città
celesti ; ma nelle opere loro non vi sono , perché non pos
sono esservi . E se accade di notarne tracce , si tratta o di
cose secondarie e indifferenti o di relitti e maculae piú o
meno gravi , o (ed è il caso più frequente) di artifiziose in
terpretazioni e di illusioni altrui , e , in ogni caso , enunciate
che siano come il significato di quelle opere , starebbero
sempre nel rapporto di allegoria , di quelle allegorie che
anche il Sedlmayr aborre come estranee , e tuttavia senza
avvedersene introduce come realtà esemplate nell ' Abbild .
Egli chiama nachträglich, aggiunte o introdotte dipoi , le
allegorie che respinge come estranee; ma o che siano pen
sate prima o dopo o nelle pause del corso della creazione
artistica, tutte sono estranee perché impossibile è fonderle
con le immagini poetiche , impossibile quanto è impossibile
vivere un'immagine nell'atto stesso che la si sostituisce o
la si dissolve con una riflessione . Perciò la storiografia mo
derna dell'architettura si è comportata rettamente quando
si è discaricata di tutta la simbologia circa le cattedrali e
altri edifizi , della quale tanti dotti volumi sono pieni : il
che non vuol dire che abbia tolti dal mondo quei volumi ,
ma li ha rimandati , per le parti loro che sono storicamente
esatte , alla storia della cultura , allontanandole dalla storia
dell'architettura come arte . Il medesimo , contro le dottrine
266 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

di Dante , si è fatto verso le sue allegorie , le quali , serie


com'erano in mente sua , sono tanto inesistenti nella sua
poesia quanto quelle ciarlatanesche di Giambattista Marino
nell'Adone. Poniamo che ciò che il Sedlmayr dice di Ver
sailles sia vero e non già una sua impressione o fantasti
cheria o argutezza , e che sia vero quel che dice degli edi
fizî dell ' Esposizione parigina del 1878. Ebbene , se nelle
architetture e nei giardini di Versailles si sente qualcosa
dell'impero di Luigi XIV , o nello scenario dell ' Esposizione
del 1878 della celebrazione della pace nell'operosità del
lavoro mondiale , questi sentimenti saranno penetrati o
avranno avuto risonanza nelle linee di quelle opere mercé
la fantasia dei loro architetti che avevano accolto in sé,
trasfigurandole , le impressioni maestose di una potenza
regale o la diversa maestà del mondo pacifico dell'industria
e del lavoro .
Anche non si può non muovere un'obiezione fondamen
tale circa il concetto dell'opera sintetica e totalitaria a cui
le varie arti concorrerebbero . Anzitutto , non è vero che
nell'estetica moderna sia stata conferita autonomia alle sin
gole arti , perché , per contrario , quel che modernamente è
stato negato è l'errore , che aveva una lunga storia e che
il Lessing consacrò, dei < limiti , cioè dell'autonomia delle
arti » , e con ciò si è riconosciuta una ben piú vasta e anzi
infinita autonomia, che è quella di ogni singola opera d'arte,
che, comunque la si classifichi nella estrinseca classifica
zione delle singole arti , vive per sé , ha già in sé la pro
pria poesia, musica , pittura , scultura , architettura, è totale
in sé , e non come parte di un'altra o legata con un'altra
a un fine comune . Ovviamente , per vederla in questa sua
pienezza di realtà , bisogna coglierla quando , entrata nel
l'anima nostra, vi dispiega liberamente sé stessa . Ma , del
pari, non c'è a priori alcun impedimento a un'opera ar
tistica che si componga di due o più di quelle che , guar
XXIII . L'ARCHITETTURA COME COPIA DI REALTÀ 267

date dall'estrinseco ossia fisicamente , si dicono arti distinte


e diverse: come , del resto , comprova l'arte dell'attore , che
combina mimica e parola e, mercé della scenografia , pit
tura e architettura . Quel che non è da concedere è che si
ottenga, come pensò Riccardo Wagner, una maggiore po
tenza di arte col riunire i mezzi pratici di arti diverse ,
perché questo sarebbe togliere in iscambio la quantità mag
giore o minore degli strumenti adoperati nella comunica
zione con l'intensità espressiva dell'opera , che ha l'unica
sua misura in sé stessa¹ . In coteste riunioni o accade la
fusione indirizzata a un effetto unico o un esterno acco
stamento e avvicendamento di opere , brutte o belle che
sieno , di cui ciascuna sta da sé o si sforza di stare da sé .
Nei libri di poesie , illustrati da un disegnatore , di solito
o si leggono le poesie o si guardano le figure , tendendo le
une ad attrarre a sé e a distrarre dalle altre , e reciproca
mente ; onde più facilmente le due serie si mettono d'ac
cordo in composizioni di carattere giocoso nelle quali si
scherza a gara , con la parola e col bulino , e una certa
ironia aleggia sul tutto .
Ma basti di ciò . Se le cose che ho sin qui dette sono
giuste, la conseguenza da trarne è che nella storia del
l'architettura o dell'arte , come in ogni altro lavoro storico ,
bisogna dare primaria importanza alla metodologia dei
problemi : che è ciò che facciamo in Italia, e che in Austria ,
alla quale appartengono gli scrittori di cui ho dianzi di
scorso , benissimo faceva il mio sempre compianto amico
Julius von Schlosser .

1 Si vedano in proposito le acute discussioni del Parente , La


musica e le arti ( Bari , 1936) , spec. nei capp . X-XIII .
40
XXIV

L'UNITÀ DEL REALE .

All'ammonimento tante volte rivoltomi che il pensiero


filosofico debba cercare l'unità del reale, ho risposto , con
molta pazienza , che questo è ovvio , ma che l'unità spe
culativa non è quella astratta e passiva dell'aritmetica , sí
invece è concreta` ed attiva , e perciò sarebbe meglio dire
che la realtà fa in perpetuo la sua unità e non la possiede
come dono di natura . E, per farla, deve contenere in sé
il suo opposto , la molteplicità , e il rapporto di forma e
materia , che non può attingere da un mondo esterno allo
spirito umano , affatto inconcepibile .
Fermiamoci ancora un istante sulle quattro forme nelle
quali a me è parso che si esplichi lo spirito umano ; e dico
a me con un sentimento che può essere di modestia , giac
ché quei quattro , e non più di quattro , l'umanità stessa
ha indicato come suoi supremi principi , e qualunque altro
si pensi di aggiungervi si dimostra facilmente riducibile
ad alcuno dei quattro o al confuso accostamento di due o
piú di essi . Ora ogni volta che l'uomo passa a un'azione
trova questi quattro principî nella disposizione di uno a
fronte degli altri tre , che , per cosí dire , reprime e com
prime e tiene da banda, avvertendo la pressione che essi
esercitano . L'un principio sta di volta in volta verso gli
altri come forma contro materia .
XXIV. L'UNITÀ DEL REALE 269

Di ciò è prova anche l'assurdo in cui si sente che si


cade sempre che a una di queste forme si tenta di dare
il primato sulle altre , che è un modo di ricadere nella
falsa unità che abbiamo detta astratta e passiva . Cosí un
gran numero di filosofi ha preteso di considerare tutto lo
spirito come pensiero , e altri in minor numero come vo
lontà , e qualcuno ha messo a capo del sistema del reale
la fantasia e innumeri altri hanno dato il primato alla
vitalità e alla natura o alla materia , come l'hanno
variamente chiamata . È parso di solito che ciò sia prova
dell'energia di una mente davvero filosofica ; ma a me pare
che tale sia da dire solo quella che riconosce la realtà
delle distinzioni e tiene fermo ad esse , anche a rischio di
trovarsi d'accordo col comune buon senso , cosa che torna
umiliante agli orgogliosi , ma è confortevole a coloro che
amano il vero dovunque si trovi . Uno scrittore di cose fi
losofiche , che testé in Italia aveva esaltato su tutte le altre
categorie quella dello Stato , ha ardito di dichiarare , che la
storia della filosofia e della poesia e le altre tutte sono
astratte a paragone di quella dello Stato o della politica.
Ma quale migliore conferma dell'unità di tutte le forme
spirituali che il vederle sempre presenti ciascuna in tutte ,
se anche una sola vinca in un dato momento e prepari
cosí negli altri momenti la vittoria delle altre ? E , insieme
con ciò , è da notare che in questo susseguirsi delle forme
l'ordine non è capriccioso o casuale , ma rigorosamente lo
gico , e dalla fantasia si passa al pensiero e dallo spirito
teoretico al pratico come azione vitale e infine come vo
lontà morale. Ma il primo non è un primo assoluto e ri
chiama il processo della serie precedente e su di esso sorge;
e questa sequela di corsi e di ricorsi ebbe il giusto nome
dal Vico, che primo la illustrò filosoficamente . Con la con
cezione di questi circoli spirituali il Vico si liberò dalla
concezione che si può chiamare cuspidale , il cui vizio è
270 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

di porre in ultimo la perfezione dello svolgimento, e con


ciò presentare come difettivi tutti i gradi intermedî e,
peggio che difettivo, quello ultimo , perché è la morte del
processo. Il Vico non dié in questo errore e concepí la
vita dello spirito come veramente eterna.
XXV

LE OPERE .

Intrinseco alla concezione storicistica è che il pensiero


del mondo sia, e che sia un sèguito di contrasti e di gare
tra le sue parti che di continuo si dividono e squilibrano ,
e di continuo si riequilibrano e si compongono in armonia .
Una scienza , che si chiamò e si chiama Metafisica , si
sforza di scrutarlo piú in fondo e di determinare le ragioni
dell'esser suo ; ma è una scienza sterile , che non illumina
nulla . Domandarsi perché e come il mondo sia quel che è ,
non ha senso , non conoscendo l'uomo altra realtà fuori
di quella e non essendo il nulla in quanto tale una realtà .
Per mio conto , ho pensato che ciò che solo si può fare
è una Filosofia dello spirito che ci renda possibile di ben
intendere il mondo in movimento , la storia . La metafisica
ha troppo indotto a trascurare la filosofia dello spirito , ri
masta in alcune sue parti assai sommaria ed incerta . In
siffatta ricostruzione storica è da guardare non agli uomini
nella loro vita che si dice personale o privata , ma alle loro
opere ossia al loro lavoro . Le opere sono attuate certamente
anche dai muscoli e dai nervi degli uomini , ma non si con
fondono con questi , e una sorta di ripugnanza si avverte
quando ciò si faccia. Le passioni private circondano da
ogni parte le opere degli uomini , ma queste rimangono
distinte e superiori .
272 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

È proprio delle opere il valore oggettivo e rivolto al


l'universale . E chi le compie si appella volentieri all ' ispi
razione , quasi forza estranea che sia intervenuta benefica ,
e prova un sentimento ora di compiacenza ed ora di umiltà.
Anche si avverte che sono opere nelle quali il mondo tutto
in ogni sua parte concorre , onde sarebbe semplicistico
quanto arbitrario riferirle unicamente a un individuo de
terminato .
Alle piú alte di queste opere , a una bella poesia, a una
nuova e profonda verità , a un'istituzione che ha innalzato
l'umanità , a una religione che ha raccolto intorno a sé
innumeri anime , si suol dare l'epiteto di « divino » . E di
vine sono dette perché in loro piú si sente il momento
dell'accordo tra gli uomini , ai quali sembra che dal cielo
calino a loro la pace e la gioia .
L'uomo non ha altro conforto che l'avere creato o par
tecipato alla creazione di queste opere che sono la sua
vita eterna , ed è tanto l'amore e la devozione per esse
che, perché fulgide sopravvivano nel ricordo di tutti, ri
nunzia persino ad esserne noto come l'autore e lascia con
tranquillo animo che il tempo e le circostanze portino via
le sillabe , che vi furono come per caso legate . Sembra a
lui che , parlando di sé stesse e per sé stesse , parlino an
che di lui .
XXVI

UNA TRANQUILLA RIVOLUZIONE FILOSOFICA.

Se mi si domanda in che consiste il grande acquisto


filosofico che la nostra età, ancorché senza troppo avve
dersene, ha fatto , direi che è il capovolgimento delle cre
denze positivistiche , un ricredersi sul loro conto cosí radicale
che sembra miracoloso.
Le scienze naturali e le discipline matematiche , di buona
grazia hanno ceduto alla filosofia il privilegio della verità ,
ed esse rassegnatamente , o addirittura sorridendo , confes
sano che i loro concetti sono concetti di comodo e di pra
tica utilità, che non hanno niente da vedere con la medi
tazione del vero . Un tedesco ha scritto addirittura che le
scienze sono niente altro che un Kochbuch , un libro di cu
cina , offerto agli uomini perché se ne valgano per produrre
i tanti oggetti a loro utili nella vita.
Non ridirò i nomi degli scienziati , non meno che dei
filosofi , i quali hanno compiuto questa necessaria conver
sione, dal Bergson e dal Poincaré in Francia all'Avenarius
e al Mach in Germania . Si può dire che l'opera compiuta
abbia avuto un carattere collettivo .
Certo , fa meraviglia alla prima che la distinzione , nota
ad Aristotele e ad altri antichi filosofi , tra concetti puri e
concetti empirici e misti di determinazioni materiali , non
ignota agli scolastici che vi spesero molte fatiche intorno ,

B. CROCE , Indagini. 18
274 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

non certo assente nella filosofia dei tempi moderni , non


avesse prima dei giorni nostri prodotto le conseguenze che
ha prodotto. La ragione forse dell'impedimento era in ciò,
che non si sospettava o non si vedeva chiara la ragione di
comodo , che è la vera autrice dei concetti empirici e astratti ,
e perciò li si considerava ancora come di interesse cono
scitivo e rivolti a servire la verità e non l'utilità . Si os
servi come Hegel , che con tanta insistenza contrappose la
Vernunft e il Verstand, la ragione e l'intelletto inteso in
senso peggiorativo , non dubiti poi di affidare all'intelletto
un ufficio conoscitivo , cioè di collaborazione alla verità, di
sgrossamento , per cosí dire , di questa in una prima fase di
lavoro, che verrebbe incontro alla ragione e le offrirebbe
coi suoi prodotti una agevolezza . Inoltre , nella vecchia
filosofia la conoscenza individuale non era molto pregiata
e regnava una sorta di pregiudizio a vantaggio della scienza ,
che è de universalibus .
Ma ora, nel venire alle conseguenze della rinunzia fatta
dalle scienze alla loro pretesa conoscitiva, la filosofia , ser
bando i suoi antichi diritti , si è arricchita di tutta la co
noscenza dell'individuale , ossia di tutta la storia, attuando
in pieno la nuova idea dell'universale che è coincidenza
con l'individuale . E si badi che nel nuovo senso la storia
comprende molto più che prima non solesse , perché ab
braccia tutta intera la cosiddetta storia della natura . Tutta
la natura infatti appare vivente e la parola meccanico >
è uscita fuori dall'uso fattone già con tanta larghezza per
grandi sezioni della realtà.
Vero è che non si avverte da nessuna parte un senso
di nuova fratellanza dell'uomo con gli altri esseri naturali ,
che abbia carattere di un ampliamento morale . Noi amiamo
talvolta cavalli e cani e gatti che sono nelle nostre case ,
con affetto tenerissimo , e ci pare che rispondano e ci com
prendano ; ma continua questo rapporto ad aver sempre un
XXVI . UNA TRANQUILLA RIVOLUZIONE 275

carattere privato e personale , con ricco contributo del no


stro sentimento e della nostra fantasia . E vi ha di questo
una chiara ragione . Abbiamo detto che tutta la natura è
vivente , ma non già che tutta sia favellante , e la favella,
o la parola, rende possibile la comunicazione delle menti
e dei cuori fra gli uomini , e la mancanza di essa la im
pedisce verso gli animali . Diremmo che bisogna ancora
aspettare che , come vuole qualche filosofo , gli animali
muovano un altro passo per salire a un grado di superiore
perfezione con l'acquisto della parola ; ma , se questo av
venisse , simultaneamente , per il generale progresso cosmico ,
anche l'uomo compirebbe un nuovo passo e la condizione
sarebbe la stessa perché la mancanza di reciproca intelli
genza resterebbe . Ma non corriamo dietro le immagina
zioni , che è difficile convalidare, e atteniamoci alla realtà
del mondo quale è e quale la conosciamo . In questa realtà
è avvenuto nell'ultimo mezzo secolo il rivolgimento che ab
biamo descritto e che è di grandissima importanza .
A proposito : una filosofia che si è tenuta fuori di questo
moto moderno è il materialismo storico di Carlo Marx, or
goglioso, a quanto sembra , di essere nato prima del 1848 ;
e per questa ragione il Lenin , che era, per chi nol sa
pesse, grande conoscitore di scienze naturali , e altresí
grande filosofo , scolaro del non meno grande in ciò Fe
derico Engels , deve aver scritto un libro , che io ho trovato
citato ma non ho mai letto , contro l'empirio - criticismo ,
cioè contro Avenarius e Mach , che sono dichiarati da lui
filosofi reazionarî . Vogliamo incorrere anche noi in cosif
fatta scomunica ? Dante , in simile caso , avrebbe risposto:
Reazionario a questo modo , « onor mi tegno » .
XXVII

LA FORMA LETTERARIA MODERNA DELLA FILOSOFIA.

Non è raro leggere di tanto in tanto una parola di rim


pianto per i grandiosi sistemi di filosofia che nel corso dei
secoli hanno promesso di rispondere in modo definitivo alle
ansiose domande sull'uomo e il suo destino .
Se questo rimpianto fosse dei soliti sulla caduta delle
consolanti illusioni, non vi sarebbe altro da dire , salvo
far notare che consolanti non possono essere le illusioni ;
ma talvolta vi va unito il pensiero della perduta forza di
entusiasmo e di convincimento nella verità, e perciò della
inferiorità dei nostri tempi rispetto agli antichi . E quando
c'è questa intenzione, bisogna osservare che non è chiara
nelle menti la gravità dell'errore della cosiddetta << filoso
fia definitiva » . Perché il sistema della verità definitiva im
porta né piú né meno , in ultima analisi , che a un dato
momento l'uomo abbia esaurito tutte le domande da muo
vere sulla natura delle cose e riconosca l'inutilità di pen
sare ancora . Ma se l'uomo non pensasse, che cosa farebbe ?
La sua condizione sarebbe altrettanto spaventosa quanto
quella di un morto vivente , che debba compiere nuovi atti
di pensiero e di vita . All'uomo , per sua fortuna , non è
dato il definitivo, ma l'eternamente provvisorio , non l'esau
rimento del suo còmpito , ma la prosecuzione all'infinito ;
XXVII. FORMA LETTERARIA DELLA FILOSOFIA 277

e se a questo fine fatiche e dolori sono necessarî, può ben


confortarsi nel pensiero che questi non gli mancheranno mai .
D'altra parte, non è da supporre che nel tempo in cui
si lavoravano i sistemi definitivi , le cose andassero troppo
diversamente da come vanno adesso . I filosofi si combat
tevano tra loro con pari ardore , e assai spesso un mede
simo filosofo combatteva con sé medesimo , eseguendo con
versioni che egli credeva definitive e che erano invece,
come tali , illusioni alquanto più lunghe . Mancava , insomma,
in essi non il fatto della verità, ma unicamente l'esatta e
piena consapevolezza della verità nel suo essere indefi
nitivo.
Direi che il castigo di questa illusione o di questa su
perbia era una critica che si moveva alla filosofia: critica
volgare bensí, ma alla quale rispondere non si sapeva .
Cioè che i filosofi si contradicono tra loro e quel che l'uno
afferma verità, l'altro nega come errore ; sicché la storia
della filosofia è la storia di questo spettacolo comico , preso
sul serio. Conseguenza tirata a fil di logica, perché quei
sistemi definitivi , chiusi ciascuno in sé stesso , parevano
non poter fare altro che cozzare a modo di palle di bi
gliardo . Ma solo la non definitività delle filosofie dà loro
un senso e un ufficio e fonda la loro storia , togliendo la
falsa immagine degli enunciati che si contradicono l'un
l'altro , quando invece nel campo della filosofia si sosten
gono l'un l'altro e ritrovano ciascuno il suo giusto posto,
porgendo da esso la mano al creduto nemico . Tutti essi
nascono nell'ebrezza della creazione logica in una mente
individua e insieme universale . I libri dei filosofi sono pieni
di queste celebrazioni di pace dopo lunghe guerre , neces
sarie al radicarsi dei termini che l'uomo ha posti non in
vano . Il che non importa che non vi siano nei filosofi cose
dette invano , le quali vi sono certamente , ma sono parole
vuote di cose.
278 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Ma nell'abbandonare l'idea del sistema unico e defi


nitivo, tanto più bisogna insistere nel conservare e racco
mandare l'idea che la corregge delle particolari sistema
zioni , attribuendo ad esse quel pregio del definitivo che
loro spetta sempre che siano eseguite a perfezione . Ordine
e sintesi è la mente dell'uomo , e nessuna verità egli pensa
senza riferirla al suo centro , espressamente o tacitamente ,
per cosi confermarla , e , se questo non fa , la verità stessa
non può formarsi . Parlando con rigore , l'uomo non può
mai professare un sistema unico e definitivo , ma una se
quela di sistemi tutti definitivi , che sono volta per volta i
suoi pensieri . Una serie che nell'individuo si chiude non
con l'esaurimento logico , ma con la morte fisica .
Per attenerci alle sistemazioni che propriamente si di
cono filosofiche perché per esse si richiede una maggiore
complessità di condizioni , giova ricordare che non può fi
losoficamente sistemare chi ignora a qual punto siano giunti
i singoli problemi , e rimane incerto perciò sulle domande ,
che egli formula con le parole e non col pensiero . Ma ,
rammentando di passata i molti doveri della serietà filoso
fica , bisogna d'altra parte dire che ogni filosofo dalla caduta
delle filosofie definitive , o piuttosto da quella della credenza
in esse , acquista una sua propria originalità , grande o pic
cola che sia, e si sottrae , o meglio scuote via la seccatura
di dover rispondere alle interrogazioni che si suole rivol
gergli sulla scuola a cui appartiene e sul filosofo a cui ha
giurato fedeltà . La gente inesperta è lieta sempre di poter
classificare i filosofi secondo i nomi dei loro presunti padri ,
quando occorrerebbe invece differenziarli individuandoli e
stimare il contributo da ciascuno di essi arrecato alla storia
del pensiero . Non intendiamo con ciò vietare in assoluto
il richiamo ai filosofi precedenti ; ma insistiamo che il filo
sofo precedente non è quello presente e che classificare non
è giudicare .
XXVII. FORMA LETTERARIA DELLA FILOSOFIA 279

Con queste norme , e posto che ci sia nel filosofo qualche


attitudine letteraria , i libri moderni di filosofia possono as
sumere un andamento piú sciolto e un aspetto meno im
pacciato e provinciale di quelli che imitano ancora i libri
dei vecchi filosofi sistematici .
XXVIII

FILOSOFIA AMERICANA E FILOSOFIA EUROPEA .

Max H. Fisch e Thomas Bergin si sono dati da piú


anni a studiare il pensiero e l'opera del Vico , e nel 1944
hanno pubblicato la traduzione della sua < Autobiografia › ,
ottimamente illustrata sotto l'aspetto storico , e nel 1948 la
traduzione completa dell'opera maggiore, la < Scienza
nuova » ; coi quali lavori si sono messi alla testa di tutti
i traduttori che il filosofo napoletano ha avuto finora nelle
lingue straniere e sono di ottimo augurio che negli Stati
Uniti di America il pensiero vichiano possa esercitare un'ef
ficacia pari o superiore a quella che esercita in Italia.
Il Fisch mi ha , in questi giorni , donato una sua pub
blicazione , con la data del 1951 , che s'intitola : Classic
American Philosophers e comprende sei saggi su sei di
versi autori , seguiti ciascuno da una scelta di pagine di
sei filosofi , che sono: il Peirce , il James , il Royce, il San
tayana, il Dewey, e il sesto , veramente non americano , ma
che ebbe strette relazioni coi filosofi di colà e dimorò a
lungo in America, il Whitehead . Da sua parte , egli ha
aggiunto una istruttiva introduzione generale sulle rela
zioni che ebbero fra loro questi filosofi , assai amichevoli
e fraterne, pur nella varietà degli indirizzi , e ha spiegato
perché li abbia chiamati classici » , formando essi una
serie che può in certo modo avvicinarsi a quella tra De
mocrito e Aristotele in Grecia , tra Abelardo e Tommaso d'A
quino e Duns Scoto nel medioevo , tra Bacone e Hume in
XXVIII. FILOSOFIA AMERICANA ED EUROPEA 281

Inghilterra, tra Kant e Hegel in Germania . Sono tutti scrit


tori freschi e, si direbbe , giovanili .
Tre di essi appartengono al movimento che si denominò
del Pragmatismo , delineato per primo dal Peirce, al quale
si unirono il James e il Dewey ; ma gli altri tre rappre
sentano altri interessi mentali e altre dottrine .
Non sarei sincero se non dicessi che a me il Pragma
tismo (sul quale il Fisch c'informa ma che non difende)
non pare che abbia l'importanza che gli si è data in Ame
rica e sparsamente in Europa . Si suol far merito a questi
filosofi di avere affermato che la conoscenza non è « copia
della realtà ma « invenzione » . Senonché io ricordo che ero
giovanissimo e dai miei maestri napoletani idealisti udivo
inculcare che la conoscenza non è « Abbild » , cioè , appunto ,
copia della realtà , ma è creazione : del che mi persuasi
quando giunsero gli anni del bene intendere. E l'aver te
nuto conto che nel processo del conoscere lo spirito entra
con la sua potenza volitiva si trova già in Cartesio , che
assegnava alla volontà il pronunziare il giudizio del vero
e del falso , premessa della dottrina dell'origine pratica del
l'errore; tanto più che il Pragmatismo esclude da questo
intervento la volontà meramente individuale o , come si
dice , privata . E parimente non sembra un'idea rivoluzio
naria che conoscere una cosa sia aspettare da essa alcuni
effetti sensibili ; il che è inerente al concetto di una cosa .
Né oserei ripetere ciò che scrisse il Bergson nella introdu
zione a un libro del James , che il Pragmatismo è una con
tinuazione del kantismo , il quale aveva detto che la verità
dipende dalla struttura generale dello spirito umano , e
il Pragmatismo aggiungeva , o per lo meno implicava (dice
sempre il Bergson) che la struttura dello spirito umano è
effetto della libera iniziativa di un certo numero di spiriti
individuali . Non bisogna scherzare con le parole, soprat
tutto quando si tratta di trovare un compagno al pensiero
di Kant e alla sua sintesi a priori .
282 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Del resto , quei filosofi che molto si mostrarono avversi


alla filosofia speculativa in genere e a Hegel in particolare ,
furono tutti più o meno hegeliani nella loro gioventú . Il
James ciò confessava parlando della sua intenzione pole
mica, ma, insieme , della crescente sua riverenza per il fi
losofo tedesco ; il Dewey dice che Hegel lasciò un deposito
permanente nel suo pensiero , e che in lui ammira una
straordinaria profondità ed acutezza ; e il Peirce , nel 1893 ,
nell'ultimo tempo della sua vita , quando assai si trava
gliava a costruire un suo sistema filosofico che non con
dusse a termine , si proponeva di notare l'affinità che avrebbe
avuto con quello hegeliano e rimpiangeva che Hegel non
fosse stato educato in un laboratorio fisico invece che nel
seminario teologico ( lascio di decidere quale delle due edu
cazioni sia più diseducativa) . Questi luoghi dei loro scritti
ricorda il Fisch nella introduzione .
Ma quali che fossero gli errori dello Hegel (e sono ,
quasi intera, la parte strutturale del suo sistema) abbas
sarlo al laboratorio di un fisico era una strana idea, perché
Hegel avrebbe dovuto essere proseguito e purgato degli
errori col portarlo più in alto , e perciò non con una po
sitivistica correzione condotta d'intesa con le scienze , ma
col trasferirlo nell'aere puro della filosofia , che in lui era
contrastato dalla tradizione teologica e dall'ossequio verso la
scienza empirica. Come il « forte inebriato » , egli aveva
emesso l'anelito della vita superiore nelle parti del suo
pensiero che davvero furono sue e che si distaccavano cosí
dalla teologia come dalla fisica per attingere solo quella
Filosofia che i Greci concepirono sorella maggiore , sorella
severa, della Poesia . Se quei futuri pragmatisti non lo aves
sero studiato da giovani e fossero giunti a lui , sedato il
bollore giovanile , nella maturità , è probabile che gli avreb
bero perdonato gli errori e avrebbero abbracciato le sue
grandi verità .
XXIX

INTORNO ALL'ESTETICA
E ALLA TEORIA DEL CONOSCERE DEL DEWEY.

È stato celebrato in questi giorni (20 ottobre 1949) il


nonagesimo genetliaco di John Dewey, e anche io ho in
viato il mio reverente saluto all'uomo che ha difeso , nella
sua lunga opera scientifica, le fondamentali verità della
vita umana , intellettuale , morale e politica , la libertà in
tutte le sue forme, in mezzo a un mondo che troppo spesso
la smarrisce o cerca addirittura di sconfessarla. Non è la
prima volta che io mi senta in più intima e sostanziale e
viva unione con alcuno che discorda da me in filosofia (il
Dewey, empirista e prammatista; io , speculativo e storicista) ,
che non con altri che concordano ; come non è la prima
volta che sia stato sorpreso di grata maraviglia al vedermi
dinanzi in una arida landa la bellezza di un fiore inaspet
tato . Mi parve necessario , tuttavia , e doveroso per since
rità e per evitare equivoci , introdurre nel mio saluto qual
ehe parola di riserva sulla diversità dei nostri presupposti
filosofici ; e ora mi pare utile soggiungere alcune cose in
questa parte che è teorica e , come anche si dice , affatto
oggettiva .
Il Dewey cominciò tardi ad esser noto in Italia , dove
(oltre le traduzioni dei libri dello hegeliano Royce) , grande
divulgazione aveva avuto un altro filosofo americano , acuto
284 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e arguto scrittore, ma non al Dewey comparabile per so


lidità , il James , del quale furono tradotti i Principi di psi
cologia e altri volumi . Il Dewey aveva attirato, in rife
rimento ai concetti pedagogici , l'attenzione del Lombardo
Radice; ma solo nel 1931 il De Ruggiero delineò di lui un
compiuto profilo nei saggi sui Filosofi del novecento , che a
mia richiesta componeva allora per la Critica¹ .
Al pari del Lombardo Radice (che era un pedagogista
ma idealistico) , il De Ruggiero presto si avvide che le con
clusioni alle quali il Dewey perveniva nei varî ordini di
problemi filosofici che trattava , erano in logico dissidio con
la sua pertinace professione di empirista e pragmatista . E
pensò che, se « l'idealismo non era per lui un risultato » ,
era tuttavia una linea di movimento , di cui andava ac
quistando sempre più viva coscienza ; e questo giudizio ,
o piuttosto previsione , ribadí alla fine del suo saggio, dopo
aver dimostrato che gli sviluppi metafisici , etici e peda
gogici delle dottrine del Dewey sorpassano di gran lunga
le premesse pragmatistiche e strumentalistiche iniziali » . Per
intanto , in attesa dello svolgimento ulteriore del quale si
teneva sicuro , il De Ruggiero offriva ai lettori italiani la
traduzione della Ricostruzione filosofica , piuttosto che come
un nuovo sistema, come uno stimolo e un tonico mentale » ,
atto a risvegliare il senso dei problemi concreti e a su
scitare il salutare disgusto per le formule e gli schemi cri
stallizzati > 3 : lode che veramente meritava .
Delle speranze , che aveva accolte , il De Ruggiero non
parlò piú; e il nuovo libro del Dewey, la sua Estetica, ve

¹ Vol. XXIX , fasc . del 20 settembre 1931 , pp. 341-57 .


2 Bari, Laterza, 1931 .
3 Si veda il saggio del De Ruggiero , preposto come introduzione
alla Ricostruzione filosofica , pp. 9, 31 , e v. anche l'avvertenza al vo
lume, che fu scritta dal De Ruggiero.
XXIX . L'ESTETICA DEL DEWEY 285

nuta fuori nel 1934 , giungeva circa l'arte , quasi in ogni


punto , alle medesime conclusioni alle quali era giunta l'este
tica italiana nei trent'anni precedenti , e io che scrissi una
recensione di quel libro del Dewey 2 , fornii a prova di ciò
un catalogo delle tesi sostenute dall'autore ; ma quanto alla
filosofia che egli chiama idealistica > od < organica » , e
che è a un dipresso tutta quanta quella che si è avuta dai
greci a noi , o almeno la più cospicua, il suo aborrimento ,
contrariamente alla previsione del De Ruggiero , rimaneva
fermissimo e, direi , ferocissimo ; né vedendo io come questo
si potesse giustificare , fui costretto a ricorrere a congetture
psicologiche, che accompagnai coi prudenti << forse » . La
contradizione tra le concrete dottrine della sua Estetica e
il metodo professato, e la rispondenza di esse col metodo
condannato , era cosí evidente , che uno scolaro del Dewey ,
in una raccolta di studî intorno a lui , ne mosse rispettosa
e angosciata ma risoluta protesta al maestro ³ .
La mia recensione fu , alcuni anni dopo , tradotta e ri
stampata nel Journal of Aesthetics and Art Criticism , di
Baltimore , dove la direzione della rivista la fece seguire
da una risposta o commento del Dewey , il quale si spacciò
del lungo catalogo da me compilato (che aveva anche un
« eccetera » ) , con l'osservare che , per non dir troppo , non
voleva dire che si tratta di « luoghi comuni » (« common
places ) , e si restringeva ad affermare che sono « ragione
volmente familiari ai conoscitori e ai colti saggisti e scrit
tori , che è un modo eufemistico e cortese per significare

Art as experience , New York, 1931 .


2 Nella Critica, XXVII , 1940 , pp . 348-53: raccolto ora in Discorsi
di varia filosofia, II , 112-19.
3 The philosophy of John Dewey (Evanston a . Chicago , Princeton
University, 1939) ; v . pp. 369-90 , 519-54.
4 Vol . VI , n. 1 , marzo 1948.
B «
but they are reasonably familiar to connoisseurs and to cul
tivated essayists and critics : v . il commento che si è detto del fasc .
cit. , a pp. 208-9.
286 PARTE H. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

che sono < luoghi comuni » , relativi ai problemi estetici .


Veramente io potevo essere orgoglioso di avere luoghi « in
comune col Dewey , ma non sono lieto né per me né per
lui di avere teorizzato con lui luoghi-comuni » , che non
solo farebbero torto a me , che non soglio cosí trastullarmi ,
ma anche a lui , perché quei « luoghi comuni > formano la
massima parte di quanto c'è di positivo nella sua Estetica .
Ma quei pretesi luoghi - comuni sono tanto poco comuni , che
hanno vinto solo dopo lotte e dispute spesso secolari , le
quali ancor oggi di volta in volta si riaccendono: come , per
esempio, la negazione della distinzione dell'arte in arti sin
gole , aventi ciascuna il suo peculiare circolo estetico , con
la quale negazione si sfata la teoria, considerata una sco
perta definitiva , del Lessing nel Laocoonte; e come l'esclu
sione dell'altra teoria delle Modificazioni del Bello » , con
cui si scaccia dall'estetica una immensa letteratura sul Su
blime , sul Tragico, sul Comico , sull'Umoristico , sul Gra
zioso , e via dicendo , che era ampiamente, sebbene mala
mente, ragionata nei sistemi tedeschi ( ma non solo in quelli
tedeschi) e in molteplici monografie , e ci si libera da un
confusissimo e pesante ingombro; e come la tesi che linee ,
colori , luci , ombre e simili non sono nell'arte determina
zioni fisiche , ma espressioni di moti dell'anima umana, tesi
con la quale si colpisce tutta la poesia e l'arte e la critica
d'arte decadente , che imperversa ai nostri giorni . E via
discorrendo , perché mi pare che questi tre « luoghi comuni ›
bastino all'uopo . Infine , l'abbassamento e il dispregio che
cosí ne fa il Dewey non solo mi riesce mortificante nel ripen
sare a tutti i travagli che quelle teorie mi dettero nei miei
anni di buon vigore (e alle fatiche che eventualmente mi
danno talora per difenderle e perfezionarle) , ma mi procura
una delusione , perché , ritrovandole nel libro del Dewey ,
le credetti frutto di pari o simili fatiche da lui durate e me
ne confortai come conferma della verità di esse e della uti
XXIX . L'ESTETICA DEL DEWEY 287

lità del lavoro da me compiuto . Quanto alla letteratura


estetica e a quella dei conoscitori , saggisti e critici , la co
nosco , a dir vero, anche troppo, e so che ben vi si può
trovare, come è naturale , qualche affermazione singola ,
qualche altra parziale e qualche accenno ad alcuno di quei
concetti (quando non vi si trovino , come è più facile , gli
opposti pregiudizî) ; ma tutti insieme , e riportati tutti al
medesimo principio , non si trovano se non nella mia Este
tica e nei lavori complementari che l'hanno seguita nei miei
scritti sullo stesso argomento ¹ .
Ma l'altra risposta , che è l'altra « fin de non recevoir »
oppostami dal Dewey, è , da mia parte , irricevibile e mi
porta a toccare dei non buoni effetti onde l'empirismo e il
prammatismo danneggiano le grandi e belle verità che il
Dewey insegna nei suoi libri . Egli risponde che non trova
nella mia recensione un terreno comune ( « common ground » )
per una discussione 2. Io non gli avevo chiesto questa , per
naturale discretezza e perché so per personale esperienza che
non sempre si ha la voglia di rispondere e disputare , né già
per poca stima che si abbia dell'avversario , sí invece so
vente perché la mente è impegnata in altri studî o l'animo
commosso da altri ordini di affetti, o anche perché si è
stanchi di rinnovare dispute già più volte sostenute o di
tornare su certi problemi sui quali non si ha niente di so
stanzialmente nuovo da dire . Ma rispondere che non c'è
terreno comune tra noi (come risponde il Dewey ) non si
può , non solo perché sarebbe segno di poca fiducia nella
bontà di Dio , ma per il fatto che lui ed io siamo sul ter
reno della filosofia , che entrambi abbiamo studiata e amata ,

1 Aggiungo che sebbene il Dewey dichiari che egli in fatto di


estetica non ha letto altri libri che quelli inglesi, ciò non farebbe
difficoltà perché la mia Estetica si leggeva tradotta in inglese.
2 A comment, in fasc . cit. , pp. 7-9.
288 PARTE II. SCHIARIMENTI FILOSOFICI

e su quel terreno ci sentiamo in un contrasto , che non ci


lascia indifferenti o , almeno, non lascia me indifferente .
Ora due vie di uscita vi sono da quel contrasto : la
prima, che uno degli avversarî confuti totalmente la tesi
dell'altro e cosí la sostituisca con la sua ; e la seconda che ,
nel corso della disputa , ciascuno reciprocamente riconosca
la parte di verità e la parte di errore che è nell'altro , ed
elidendo le due parti inferme , si ritrovino nella salute del
vero, a questo modo da entrambi attestato. Per esempio,
il Dewey dovrebbe abbandonare l'empirismo e , se non ab
bandonare, fortemente correggere il suo pragmatismo ; e io ,
non potendo dargli in olocausto il metodo col quale ho ot
tenuto e ragionato le verità estetiche che egli a sua volta
ha affermate , gli darò quello che egli crede ma non è il
mio, cioè la parte deteriore della filosofia tedesca della
prima metà dell'ottocento, e più propriamente della hege
liana, a cominciare da quell'Assoluto di cui egli ha molta
paura e che, a dir vero, era un Assoluto non poco teolo
gico e trascendente o semitrascendente , e si rendeva col
pevole di molti arbitrî, ai quali , e in prima linea al con
cettualismo estetico hegeliano , si oppongono tutti i miei
concetti sull'arte e sulla critica dell'arte , come al suo teo
logismo le mie dottrine della storia .
Ma poiché è naturalissimo che egli non abbandoni né
il tradizionale e a suo modo glorioso empirismo anglosas
sone né il pragmatismo americano , come è naturale che io
non abbandoni la posizione che ho a lungo costruita e for
tificata , non mi resta che dimostrare con qualche esempio
che il suo metodo empirico e pragmatistico gl'impedisce
di fondare e dimostrare veramente le sue luminose affer
mazioni, alle quali un connaturato senso della verità lo ha
portato.
Nel saggio del De Ruggiero del 1931 mi soffermò con
mia soddisfazione il punto nel quale si riferiva il pensiero
XXIX . L'ESTETICA DEL DEWEY 289

del Dewey circa lo studio della storia : che << ciò che ne
uccide la vitalità è la segregazione dai modi e dagli inte
ressi della vita sociale presente . Il passato , come mero pas
sato , non conta piú : lasciate i morti seppellire i loro morti .
Il quadro della storia , invece , si anima se la conoscenza
del passato viene considerata come la chiave per intendere
il presente . Il vero punto di partenza della storia è sempre
una certa situazione presente , coi suoi problemi individua
lizzati > ¹ .
Era la teoria stessa che io avevo enunciata nella mia
memoria accademica del 1912 : Storia, cronache e false storie²,
nella quale sostenevo che storia è soltanto quella che nasce
da un interesse del presente che rianima e fa rivivere il
passato, e che senza quest'anima il passato rimane un
mucchio di dati estrinseci e sconnessi , quali sono appunto
le annotazioni che si chiamano cronache; e che , per questo
venir sempre animata da un interesse del presente , ogni
vera e viva storia è storia non « del passato » , ma « con
temporanea » . A questa conclusione avevano messo capo le
mie ricerche di logica , nelle quali mi si era fatto chiaro
che unica forma del pensiero è il giudizio storico , e che
questo giudizio è la genuina << sintesi a priori » logica che
il Kant aveva ben definita , ma aveva poi cercata nei giu
dizî delle scienze , incorrendo in un errore analogo a quello
del Vico , che aveva dapprima ritrovato nelle matematiche
l'attuazione del suo principio che si conosce solo ciò che
noi stessi facciamo » , ma più tardi si avvide che le mate
matiche ciò operano solo nei dominî dell'astrazione e che
l'attuazione non astratta ma reale del principio si consegue

1 DE RUGGIERO, introd . cit. , p . 30 .


2 In Atti dell'Accademia pontaniana del 1912, raccolta dipoi in
Teoria e storia della storiografia, 1ª ed. , Bari , 1916, 6ª ed . , 1948 (trad .
inglese, London , Harray , 1921 ) .

B. CROCE, Indagini. 19
290 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

solo nella verità storica , dall'uomo pensata perché la sua


storia l'ha fatta lui . E questa teoria della contemporaneità
della storia fu oggetto dei miei studî e lavori degli anni
seguenti , che da una parte mi fecero vedere sempre più
stretto il legame della storia col bisogno pratico e morale ,
che la genera, e il passaggio dalla verità della storia al
l'azione che la virtú pratica e morale crea, e da questa ,
di nuovo, al momento conoscitivo da cui prorompe la nuova
azione , e cosi via all'infinito . Il processo descritto è chia
ramente processo circolare , onde la fine si ricongiunge in
perpetuo col suo cominciamento; e il processo circolare è
l'unità dello spirito , coincidente affatto con le distinzioni
che dialetticamente lo compongono . La verità, che è bale
nata alla mente del Dewey e che egli ha còlta, riceve cosí
l'avviamento a una dimostrazione speculativa .
Ma nella trattazione empirica e pragmatistica del Dewey
questa verità che egli (come già Kant la sua) chiamari
voluzione copernicana nella filosofia » , non può mai otte
nere un'adeguata dimostrazione , perché ha un comincia
mento che non si sa donde nasca e che porta il nome del
vecchio e inetto concetto di sensazione » 2 , e lo interpreta
come attività pratica , la quale dovrebbe , agitandosi e in
tensificandosi in sé , produrre un conoscere che , non si sa
come, si fa poi indipendente , se è « relegato in una posi
zione derivata, secondaria in origine » , e tale rimane anche
se la sua importanza, una volta che si è stabilita , è sover
chiante » ³: una parola , quest'ultima , che par che suoni
molto prossima all'Ueberwindung o superamento hegeliano ,

Si veda il numero unico di New Republic del 20 ottobre 1949 :


John Dewey: a special issue on the occasion of his 90th Birthday, a pa
gina 36.
2 Sul " mito » , ora tramontato o quasi , della " sensazione , v. Di
scorsi di varia filosofia, II , 1-7.
Cosi in Ricostruzione filosofica , trad. , p . 106.
XXIX . L'ESTETICA DEL DEWEY 291

ma che non ha la forza di compiere un superamento che


non sia un « piétiner sur place » .
Questo processo che non è processo e sta fra l'immo
bile e il saltellante , ha cosí strano andamento perché em
piricamente e pragmatisticamente il Dewey non può vincere
il dualismo di spirito e natura ed è tratto ad illudersi di
averlo vinto mercé di un processo continuativo di natura
spirito , al quale la lineetta congiuntiva delle due parole
darebbe la vittoria che la logica speculativa , discernendo
i concetti categoriali dai concetti empirici , e il fare della
Vernunft da quello del Verstand, e risolvendo il mondo.
esterno nel mondo interno , la natura nello spirito , può , essa
sola, attuare . E perché mai , nella sua Estetica , il Dewey
fa cattivo viso alla mia affermazione dell'unità dell ' intuire
e dell'esprimere , che , se vi si riflette , dovrebbe avere il
suo gradimento perché presenta l'uomo non come un essere
astratto ma come un « essere vivente » ( « a living being » ) ¹ ;
perché mai , dunque , non gli piace se non perché egli serba
il dualismo , e perciò non gli riesce di pensare l'intuizione
come nell'atto stesso espressione , la volontà come azione ,
l'anima come nell'atto stesso corpo vivente ? Nello stesso
proposito dice nella sua Estetica e ripete nelle postille alla
mia recensione, che io voglio « subordinare la creazione
dell'arte e il godimento estetico a un preconcepito sistema
di filosofia » : leggendo le quali parole al mio indirizzo ,
mi è parso di sognare e di esse stupiranno certamente i
non pochi che conoscono i miei lavori di estetica o qual
cuno dei miei molti volumi di critica e storia della poesia
e mi vedono accusato gratuitamente del contrario di ciò

1 Art as experience , pp. 294-95.


wish to subordinate creation of art and aesthetic enjoyment
to a preconceived system of philosophy » : fasc . cit. , p . 208 ; e cfr. Art
as experience, pp . 294-95.
292 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

che ho sempre affermato e in ogni occasione acremente


difeso . Non avrei mai immaginato che, in America, un
uomo come il Dewey mi dovesse presentare come il tipo
< estremo di una follia filosofica , che egli , giustamente
questa volta, non reputa neppur degna di esser da lui con
futata , ma che (mi perdoni ) non è degna neppur di me .
In verità, empirismo e pragmatismo non gli sono stati
buoni consiglieri , come si può vedere, tra l'altro , dalla sua
stessa deduzione che la filosofia idealistica ed organica abbia
per riflesso politico conservatorismo e autoritarismo , e quella
empirica, invece , libertà e progresso ¹ . Forse egli qui aveva
la mente a certi atteggiamenti politici dei filosofi tedeschi
dell'età classica ( i quali , del resto , non furon di tutti , e non
del Kant e non del Jacobi) ; ma , se avesse guardato anche
ad altri paesi , avrebbe incontrato tra i filosofi « idealisti >
e « organici molti ribelli e rivoluzionarî politici, e in
somma si sarebbe persuaso che tra quelle due diverse teorie
logiche e quei due diversi atteggiamenti politici non c'è
alcuna correlazione .
E con ciò , nonostante quanto sono qui venuto dicendo
per scrupolo di lealtà verso quello che stimo vero, io serbo
sempre ammirazione e gratitudine per le tante verità , alta
mente se pure talora inconsapevolmente speculative , che il
Dewey ha definite e inculcate nei suoi libri , e che egli can
didamente crede di aver conseguite per virtú del suo em
pirismo e pragmatismo, ma , in realtà , deve unicamente alla
geniale perspicacia di cui la natura lo ha fornito , e che
quell'empirismo e quel pragmatismo possono o hanno po
tuto qua e là obumbrare , ma non mai , per fortuna sua e
nostra , soffocare e spegnere .

1 Ricostruzione filosofica, spec. p. 115 sgg.


XXX

SCIENZIATI CONTRO LA FILOSOFIA.

In un bel volume del Keynes su Politici ed economisti,


tradotto testé in italiano (Torino , Einaudi , 1951 ) , si legge
in ultimo la commemorazione di un giovane economista,
morto a ventisei anni , nel 1930 , Frank P. Ramsey , come
una perdita ancora rimpianta dell'economia pura che egli
coltivava, sebbene ( si aggiunge) suoi interessi predomi
nanti fossero la filosofia e la logica matematica » . Fu infatti
traduttore e illustratore della logica matematica di Bertrando
Russell , e < filosofo insiste a chiamarlo e considerarlo il
Keynes, il quale da una raccolta postuma di varî suoi
saggi, estrae una breve ma, a quanto sembra , preziosa
< antologia dei suoi pensieri (pp . 288-90) .
Giova leggerne qualcuno, per esempio questo , messo a
capo di tutti . « La filosofia deve avere una qualche utilità,
ed essere presa sul serio ; deve illuminare i nostri pensieri
e parimenti le nostre azioni ; in caso contrario , si riduce
a una disposizione a crearsi ostacoli , a una indagine desti
nata a stabilire che cosí è : in altre parole , l'affermazione
centrale della filosofia finisce per essere che la filosofia è
un non senso » (p . 293) . Non credo che si possa pensare
un pensiero piú povero di questo , e la forma letteraria è
in armonia , perché l'autore scrive come non è lecito scrivere .
294 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

Ma c'è di peggio : In filosofia , prendiamo le afferma


zioni da noi fatte nella scienza e nella vita quotidiana
e cerchiamo di presentarle con termini primitivi , defini
zioni ecc . In sostanza , la filosofia è un sistema di definizioni
o, troppo spesso , un sistema di descrizioni del modo come
delle definizioni potrebbero essere date » ( p . 294) . Senza
qui rinnovare la nostra meraviglia per l'arte letteraria
dello scrittore , osserviamo che c'è qui il solito volgaris
simo errore che la filosofia desuma i suoi concetti dalle
scienze , e li traduca nel suo linguaggio o gergo . Come si
sa , il contrario è il vero , perché le scienze lavorano sui
concetti della realtà che i filosofi meditano , ed esse li ap
propriano ai loro fini pratici mercé di astrazioni e con
venzioni . Tutto ciò è ormai un segreto che è stato divul
gato dai teorici stessi delle scienze; ma c'è ragione di te
mere che i cultori di queste non sospettino che la materia
del loro lavoro presuppone la filosofia, dalla quale è loro
apportata. E quanto alle definizioni , che sono qui avvilite
in semplici « descrizioni , non è il caso di spiegare che la
moderna scienza della logica ha dimostrato che le defini
zioni non sono quei brevi giri di parole superficializzati
nella logica formalistica , ma conclusioni di processi spesso
lunghissimi svoltisi nella storia e ricchi di infinite riferenze .
Dice anche: Mi sembra che nel processo di chiarimento
del nostro pensiero , noi giungiamo a termini e frasi che
non possiamo chiarire nell'ovvio modo di definirne il signi
ficato . Ad esempio , non possiamo definire termini teoretici ,
ma possiamo spiegare come sono usati , spiegazione nella
quale siamo costretti a tener presenti non soltanto gli og
getti intorno ai quali parliamo » ( p . 294 ) . Cioè , si dà come
costrizione e infelicità , se ho ben compreso , l'indissolubile
relazione degli oggetti con gli atti mentali .
<< Scienza, storia e politica si prestano alla discussione
solo per i tecnici . Gli altri hanno bisogno di maggiori in
XXX . SCIENZIATI CONTRO LA FILOSOFIA 295

formazioni e , finché non le hanno avute , non possono che


accettare sulla autorità le opinioni dei più qualificati >›
(p . 296) . Anche di questo pensiero non riusciamo a cogliere
la profondità , e ci pare che se non fosse stato messo in pa
role scritte , la carta si sarebbe rallegrata di non doverne
sopportare l'inutile peso .
<< Poi c'è la filosofia , divenuta anch'essa troppo tecnica
per il profano, senza contare che la conclusione del maggior
filosofo moderno è che un soggetto filosofia » non esista ,
che essa è un'attività , non una dottrina , e nonché rispon
dere a quesiti , serve soltanto a guarire le emicranie » (p . 296) .
Non è detto chi sia questo spiritoso filosofo moderno; ma
non pare da identificare con l'autore che nella pagina che
segue dice alquanto diversamente: « Se dovessi scrivere la
mia Weltanschauung, non la chiamerei : In che cosa eredo ',
C
ma che cosa sento ' , ricollegandomi cosí all'idea di Wittgen
stein , che la filosofia non dà credenze , ma serve solo ad
alleviare sensazioni di disagio intellettuale » (p . 297) . Il che
pare che non si possa fare senza comunicare credenze , cioé ,
in questo caso , senza pensare e discutere pensieri .
Infine, c'è l'Estetica , ivi compresa la letteratura , sog
getto che ci appassiona più di tutti , ma di cui non si può
dire che , in senso proprio , si discuta . Le nostre argomen
tazioni sono povere; siamo sempre al punto di chi tira un
bue grasso , deve essere grasso anche lui ' ; e ben poco ab
biamo da dire sui problemi psicologici in cui l'Estetica si
risolve , per esempio perché certe combinazioni di colori
diano sensazioni tutte particolari . Ancora una volta , quel
che amiamo fare in realtà è un confronto di esperienza
pratica estremamente utile, in questo caso , perché il critico
può segnalare ad altri cose intorno alle quali , se vi porranno
mente, otterranno sensazioni che altrimenti non sarebbero
forse riusciti ad avere . Non discutiamo né possiamo discu
tere se un'opera d'arte sia migliore di un'altra > (pp . 296-97) .
296 PARTE II . SCHIARIMENTI FILOSOFICI

E qui non si capisce che cosa siano le sensazioni tutte


particolari » ; e quale merito sia quello di un critico di se
gnalare cose che potranno dare ad altri sensazioni che al
trimenti non sarebbero forse riusciti ad avere ; e quale uti
lità vi sia a mettere in linea una serie di sensazioni che
non conclude per mancanza del tertium comparationis, il
quale è dato dal criterio oggettivo dell'opera , dal bello .
Il Wittgenstein, che fu suo compagno di studî presso il
Russell , è ricordato anche in un altro punto (p . 295) per rim
proverarlo di scetticismo per aver detto che « tutte le nostre
proposizioni quotidiane sono perfettamente a posto » , e che
< pensare illogicamente è impossibile . Ci pare che questa
sia una verità ovvia . Tutte le parole che ci escono di bocca
stanno al loro posto perché ci sono uscite di bocca . Ma questo
non vuol dire che siano parole logiche , perché le parole
si combinano anche per fini diversi da quelli della logica.
Ho trascritto solo alcuni brani di questi pensieri del
Ramsey, e mi pare che bastino per contestare la qualità
di filosofo che il Keynes gli attribuisce ( e con ciò si direbbe
che giudichi sé stesso , negando a sé stesso quella qualità).
L'origine di questo atteggiamento è nella necessità in
cui l'uomo si trova di ridurre la realtà in frammenti per
meglio adoprarla , donde la difficoltà e la frequente impos
sibilità pratica di tornare all'unità , perchè i frammenti si
chiudono l'uno contro l'altro e ciascuno tende a formare
centro e a prendere la parte che non gli spetta. Non è ba
stato il crollo del Positivismo , il cui assunto era una filo
sofia fondata e formata dalle scienze , un sogno a cui si è
dovuto rinunziare per la nullità stessa di ciò a cui metteva
capo . Non pare che basti neppure la chiara dimostrazione
data dalla nuova teoria della scienza che il metodo di questa
proceda per astrazioni e convenzioni , giacché, invece di
trarre da ciò che il pensiero che è veramente pensiero , non è
mai astratto e che il pensiero genuino ed effettivo non è con
XXX . SCIENZIATI CONTRO LA FILOSOFIA 297

venzionale , molti , se non i piú , ne traggono la conseguenza


che l'astrazione e convenzionalità è il carattere di ogni vero .
In fondo, ciò che manca è la cultura , la coscienza sempre
presente della realtà spirituale e della sua unità, dalla quale
discende e dipende lo stesso specialismo delle scienze . I
filosofi pensano a condurre essi la loro polizia e la loro giu
stizia nella cerchia del filosofare , e perciò non possono tolle
rare che levino la voce in consimili faccende i meri scienzati ,
togliendo pretesto da errori , immaginarî o anche reali , dei
filosofi, che in quanto tali non sono da essi giudicabili .
Agli scienziati specialisti , che ci hanno abbastanza annoiato
con le loro freddure e facezie antifilosofiche e non vogliono
smetterne il vezzo , i filosofi debbono seriamente raccoman
dare di fornirsi di quella cultura senza la quale non si
vive degnamente nel mondo della civiltà e per la quale non
si sa neppure tacere dinanzi ai problemi di cui si ignorano
i termini e il valore. La commedia del Cinquecento , e i
trattati e i dialoghi dei dotti e dei filosofi di allora , si
compiacevano nel delineare satiricamente la figura del Pe
dante; e se oggi le nostre commedie trascurano la roz
zezza , - e diciamo pure , se cosí piace , l'ingenuità , - che
si nota in molti , in troppi scienziati , gli è che i felici
giorni dell'umanismo sono passati .
1

1
INDICE DEI NOMI

Abelardo , 280. Buonarroti Filippo, 104.


Alessandro, 153 , 210. Burckhardt Jacopo, 157 , 204.
Alfieri, 93 , 218, 219. Busini, 170 n. - 171 n.
Alonso Dámaso, 250-251 .
Anassagora , 167. Campanella Tommaso , 23, 174.
Archimede, 31 . Carducci , 61 , 250 , 259.
Ariosto, 248 n., 254. Carnesecchi Pietro 171 n.
Aristotele, 61 , 123 , 124 , 126 , 138 , Carr Wildon, 67.
148, 178, 222 , 229 , 236, 273, 280. Cartesio, 156 , 281 .
Astrada Carlos , 72 , 73. Castiglione Manlio, 53 n.
Attila, 153. Caterina da Siena, 254.
Avenarius, 273 , 275 . Cesare, 153 , 198.
Chimenti, papa, 171 n.
Babeuf, 104, 109-110. Ciezkowski , 89 .
Bacone, 194, 195 , 280. Cicerone, 238.
Baeumler, 227. Collingwood, 97, 227.
Basile, 213. Compagni Dino, 254.
Bastiat, 163 n. Conti, 217.
Batteux, 217. Cousin, 8.
Baudelaire, 228. Cusano, 33.
Baumgarten, 223. Cuvier, 187.
Becque, 228.
Bénard, 62. Damaso, papa, 261 .
Bergin Thomas, 280. Dante, 61 , 110, 189 , 194 , 216 , 223 ,
232, 245-247 , 250 , 254, 260, 264 ,
Bergson, 78 , 227 , 273 , 281.
Bernardini A., 208. 266, 275.
Bobbio Norberto , 98 . Daudet, 194.
Boccaccio, 245. D'Azeglio, 219.
Böhme Jacobo, 33. De Castro V. , 55 n.
Borchardt Rudolf, 197, 200. De Jouvenel Bertrand, 150 , 152
Bosanquet, 226. 156, 159.
Bruno Giordano, 33 , 42. Democrito , 280.
300 INDICE DEI NOMI

De Negri Enrico, 75 n. Grozio Ugo, 194 , 195.


De Ruggiero Guido, 28 n., 86 , 129 n., Guerrazzi, 219.
130 n., 284-285 , 288.
De Sanctis Francesco, 28 n. , 55, Haering, 75.
62, 63, 64, 65, 176, 216-221 , 223 Hamann, 22, 33.
224, 245-247, 248 n., 249 n., 254. Hartmann. 130.
Dewey, 280-282, 283-292. Hegel, 3-120 , 127-130 , 141 , 155 ,
Diderot, 242. 172 , 175, 184, 220, 224, 274 , 281 ,
Dilthey, 72 , 76. 282.
Donadoni, 217. Heidegger, 73, 76.
Droysen J. G., 91 . Henning, 4.
Duns Scoto, 280. Herbart, 128, 223.
Herder, 22.
Engels, 148, 210, 275. Hofer Walter, 201.
Eraclito, 33, 167. Hotho, 4.
Euripide, 238. Hübner R., 91 .
Evanston, 285 n. Hume David, 189 , 191 , 280.
Fassò Guido, 194 n., 195 , 196 . Husserl, 73.
Hyppolite, 72.
Feuerbach, 148.
Fichte, 126. Imbriani Vittorio, 64.
Fiedler, 227.
Fisch Max, 280-282. Jacobi, 292.
Fischer Kuno, 31 , 57. James, 280-282, 284.
Flaubert, 117 , 228. Jaspers, 77.
Flores Ferdinando , 63. Jevons, 113.
Foscolo, 164 , 216-220 , 245, 254.
Francesco d'Assisi, 100. Kant, 5 , 6, 9, 30, 52 , 99, 110, 124,
Franchini R., 97 n. 126 , 131 , 133-134, 156 , 168, 182 ,
189, 191 , 223 , 224 , 227 , 228 , 281 ,
Galiani, 163 n. 289, 290, 292.
Galileo, 13 , 131 , 157 , 190 , 196. Keynes, 293, 296.
Gambetta, 117. Kierkegaard, 76-77.
Gans, 4. Kith Adalberto, 261.
Gargiulo Alfredo, 53 . Kitschelt Lothar, 261.
Gautier, 231 . Kojève, 72.
Gengiskan, 153.
Gentile, 54, 55, 56 n. , 57-58, 62. Labriola Antonio, 76 , 82.
Gilliéron, 185 n. Lasson, 127 n.
Gioberti, 89. Latini Brunetto , 229.
Giustiniano, 262. Laviosa Zambotti P., 177 n.
Goethe Volfango, 22, 33, 62, 111 , Leibniz, 223.
153, 194 , 218 , 241-242 , 258, 260. Lenin, 71 , 275.
Góngora, 250. Leopardi Giacomo, 63, 193, 219,
Grossi, 219 . 254.
301
INDICE DEI NOMI

Platone , 35 , 61 , 99 , 110 , 169 , 194 ,


Lessing , 53 , 220 , 266 , 286. 195, 222.
Levy Strauss C. L., 177 n ., 185 n.
Poincaré , 273.
Lombardo Radice , 284.
Pope, 5.
Lucrezio , 238. Praz Mario, 255 n.
Luigi XIV, 242 , 266.
Properzio , 238.
Lukács, 72.
Puoti, 219.
Mach, 273 , 275. Quadri Goffredo , 169 n.
Machiavelli , 164-176 , 204.
Quintiliano, 233.
Mac Taggart , 66 , 67 , 97.
Mallarmé , 231.
Raleigh , 67.
Manzoni , 63 , 190 , 218 , 219 , 233 , Ramsey Frank, 293-296 .
254.
Ranke , 185 , 204.
Marheineke , 4.
Marino Giambattista , 266. Righi G., 208.
Robespierre , 104 .
Martinetti , 28 n.
Marvasi Diomede , 64. Royce, 280 , 283.
Russell Bertrand , 293, 296.
Marx, 66-67 , 71 , 89, 98-120 , 144,
148 , 155-156 , 210, 228, 275.
Sainte -Beuve , 214 n., 242.
Meinecke Federico , 201 , 204.
Saint-Simon , 104.
Michelet , 4. Sanseverino Francesco, 3-23.
Molière, 228.
Santayana , 280.
Mommsen, 181 , 198.
Santini, 218.
Moni, 83 n. , 127 n .
Scalvini Giovita, 212.
Mure G. R. G., 92-97.
Schelling , 14 , 223.
Schleiermacher , 7, 173 n. , 223.
Napoleone , 118 , 210 . Schlosser Giulio, 227 , 267.
Newton , 7, 190. Sedlmayr Joseph , 261-262 , 265-266 .
Niel, 72. Serini P., 150 n.
Nohl Hermann , 72 , 74.
Settembrini Luigi, 40, 219 .
Shakespeare , 67 , 99, 110, 194, 200,
Omero , 99, 110, 169, 196 , 200, 223, 250, 260.
260. Smith Adamo, 163 n.
Orazio, 5. Smith L. A. , 226-227.
Socrate, 167.
Parente A., 267 n.
Sofocle, 238, 260.
Parini, 234. Spaventa Bertrando, 27 n., 31 , 32 ,
Parmenide , 167. 54-58, 62, 65 , 66 , 70, 77 n.
Pascal, 39, 173 n. Spaventa Silvio, 66, 77 n.
Patroni Giovanni , 177 n.
Spinoza Benedetto, 164 .
Peirce , 280-282 . Stalin, 71 .
Perrault, 213. Stirner Max, 57.
Pézard , 229.
Pietro Bernardone , 100.
Tacito Cornelio , 49, 194 , 195 , 198 .
Pisacane Carlo, 105.
302 INDICE DEI NOMI

Taine, 227. Virasoro Michele, 72.


Tagliacozzo Giorgio, 163 n. Virgilio, 189 , 238, 260.
Thaulow, 24. Voronoff Sergio, 145 , 148, 149.
Tiberio, 198. Vossler Carlo , 227.
Tocqueville, 157.
Tommaso d'Aquino, 280. Wagner Riccardo, 186 , 263 , 267.
Trendelenburg, 31 . Wahl, 72 .
Tschadaieff (Ciadaev) , 236 . Walckley, 226.
Warren Agostino, 255.
Varchi, 170 n. Weininger, 260.
Vasa Andrea, 54, 59, 65, 69. Wellek Renato, 255.
Vera Augusto, 56. Werder Carlo, 56-57.
Vico Giambattista , 18, 25 , 39, 40, Whitehead , 280.
41 , 88, 91 , 95 , 131 , 137, 156 , Wittgenstein, 295 , 296 .
168, 172 , 184, 194-196 , 203 , 206 ,
207, 222-223, 258, 269-270 , 280 , Zimmer Heinrich, 261 .
289-290. Zola, 64.
Villari Pasquale, 176. Zuccolo Ludovico, 171.
INDICE

AVVERTENZA . p. VII

PARTE I

INDAGINI SU HEGEL

I. Una pagina sconosciuta degli ultimi mesi della vita di


Hegel . p. 3
II. Hegel e l'origine della Dialettica :
1. Delle categorie dello Spirito e della Dialettica 29
II. Del nesso tra la Vitalità e la Dialettica . Risposta
a un quesito proposto 34
III. Poscritto . 38
iv. Un esempio • 42
V. Nota 44

III. Ottimismo e pessimismo 46


IV. Unità dialettica di intuizione ed espressione 51
V. Varietà :
I. Le cosiddette « riforme della filosofia >> e in par
ticolare di quella hegeliana . 54
yg!

II. L'odierno << rinascimento esistenzialistico » di Hegel 70


ཌརྞ
: ཱུ

III. Identità della realtà e della razionalità • 80


iv. Hegel e la storiografia 87
V. Un critico inglese della Logica di Hegel 92
304 INDICE

VI. Hegel e Marx :


I. La filosofia giovanile del Marx e il suo arresto di
svolgimento . p. 98
II. La monotonia e la vacuità della storiografia comu
nistica 104

PARTE 11

SCHIARIMENTI FILOSOFICI

I. Osservazioni intorno alla dottrina delle categorie 123


II. Intorno alla categoria della vitalità • · P. 133
III. Il peccato originale • 137
IV. Il pensiero volgare e il pensiero vero 140
V. La traduzione in prosa della parola « genio » • 145
VI. La storiografia meramente politica e il pessimismo
morale 150
VII. La storia etico -politica e le altre storie 161
VIII. La questione del Machiavelli · • 164
IX. Considerazioni sulla preistoria • • 177
X. Illusioni degli autori sui <« loro » autori · 187
XI. La storia come poesia, e la poesia come storia 197
XII. Le teorie storiografiche di Federico Meinecke • 201
XIII . Per la storia della filologia 206
XIV. Un ammonimento circa la storiografia economica 209
XV. La scienza delle fiabe 212
XVI . Il posto del De Sanctis nella storia della critica
d'arte • • . 216
XVII. Stato degli studî estetici in Italia 222
XVIII. La poesia, opera di verità; la letteratura, opera
di civiltà .. 229
XIX. Il compito proprio della critica d'arte 244
> XX . La critica stilistica . . 248
XXI . La storia della poesia e dell'arte nella sua pecu
liarità . . . 252
XXII. Poesia e non poesia 257
INDICE 305
¡
XXIII . L'architettura come « copia di una realtà » • P. 261
XXIV. L'unità del reale 268
XXV. Le opere · 271
XXVI. Una tranquilla rivoluzione filosofica . 273
XXVII. La forma letteraria moderna della filosofia • 276
XXVIII. Filosofia americana e filosofia europea . 280
XXIX. Intorno all'estetica e alla teoria del conoscere
del Dewey 283
XXX. Scienziati contro la filosofia 293
INDICE DEI NOMI 299
"

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