Testi Meta sica
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Fides et ratio
§§ 82, 83 e 97
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82. Questo ruolo sapienziale non potrebbe, peraltro, essere svolto da una loso a che non fosse
essa stessa un sapere autentico e vero, cioè rivolto non soltanto ad aspetti particolari e relativi —
siano essi funzionali, formali o utili — del reale, ma alla sua verità totale e de nitiva, ossia
all'essere stesso dell'oggetto di conoscenza. Ecco, dunque, una seconda esigenza: appurare la
capacità dell'uomo di giungere alla conoscenza della verità; una conoscenza, peraltro, che attinga
la verità oggettiva, mediante quella adaequatio rei et intellectus a cui si riferiscono i Dottori della
Scolastica.(99) Questa esigenza, propria della fede, è stata esplicitamente ria ermata dal Concilio
Vaticano II: « L'intelligenza, infatti, non si restringe all'ambito dei fenomeni soltanto, ma può
conquistare la realtà intelligibile con vera certezza, anche se, per conseguenza del peccato, si
trova in parte oscurata e debilitata ». (100)
Una loso a radicalmente fenomenista o relativista risulterebbe inadeguata a recare questo aiuto
nell'approfondimento della ricchezza contenuta nella parola di Dio. La Sacra Scrittura, infatti,
presuppone sempre che l'uomo, anche se colpevole di doppiezza e di menzogna, sia capace di
conoscere e di a errare la verità limpida e semplice. Nei Libri Sacri, e in particolare nel Nuovo
Testamento, si trovano testi e a ermazioni di portata propriamente ontologica. Gli autori ispirati,
infatti, hanno inteso formulare a ermazioni vere, tali cioè da esprimere la realtà oggettiva. Non si
può dire che la tradizione cattolica abbia commesso un errore quando ha compreso alcuni testi di
san Giovanni e di san Paolo come a ermazioni sull'essere stesso di Cristo. La teologia, quando si
applica a comprendere e spiegare queste a ermazioni, ha bisogno pertanto dell'apporto di una
loso a che non rinneghi la possibilità di una conoscenza oggettivamente vera, per quanto
sempre perfezionabile. Quanto detto vale anche per i giudizi della coscienza morale, che la Sacra
Scrittura suppone poter essere oggettivamente veri. (101)
83. Le due suddette esigenze ne comportano una terza: è necessaria una loso a di portata
autenticamente meta sica, capace cioè di trascendere i dati empirici per giungere, nella sua
ricerca della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante. E un'esigenza, questa, implicita
sia nella conoscenza a carattere sapienziale che in quella a carattere analitico; in particolare, è
un'esigenza propria della conoscenza del bene morale, il cui fondamento ultimo è il Bene sommo,
Dio stesso. Non intendo qui parlare della meta sica come di una scuola speci ca o di una
particolare corrente storica. Desidero solo a ermare che la realtà e la verità trascendono il fattuale
e l'empirico, e voglio rivendicare la capacità che l'uomo possiede di conoscere questa
dimensione trascendente e meta sica in modo vero e certo, benché imperfetto ed analogico. In
questo senso, la meta sica non va vista in alternativa all'antropologia, giacché è proprio la
meta sica che consente di dare fondamento al concetto di dignità della persona in forza della sua
condizione spirituale. La persona, in particolare, costituisce un ambito privilegiato per l'incontro
con l'essere e, dunque, con la ri essione meta sica.
Ovunque l'uomo scopre la presenza di un richiamo all'assoluto e al trascendente, lì gli si apre uno
spiraglio verso la dimensione meta sica del reale: nella verità, nella bellezza, nei valori morali,
nella persona altrui, nell'essere stesso, in Dio. Una grande s da che ci aspetta al termine di
questo millennio è quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal
fenomeno al fondamento. Non è possibile fermarsi alla sola esperienza; anche quando questa
esprime e rende manifesta l'interiorità dell'uomo e la sua spiritualità, è necessario che la
ri essione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge. Un
pensiero loso co che ri utasse ogni apertura meta sica, pertanto, sarebbe radicalmente
inadeguato a svolgere una funzione mediatrice nella comprensione della Rivelazione.
La parola di Dio fa continui riferimenti a ciò che oltrepassa l'esperienza e persino il pensiero
dell'uomo; ma questo « mistero » non potrebbe essere rivelato, né la teologia potrebbe renderlo in
qualche modo intelligibile, (102) se la conoscenza umana fosse rigorosamente limitata al mondo
dell'esperienza sensibile. La meta sica, pertanto, si pone come mediazione privilegiata nella
ricerca teologica. Una teologia priva dell'orizzonte meta sico non riuscirebbe ad approdare oltre
l'analisi dell'esperienza religiosa e non permetterebbe all'intellectus dei di esprimere con
coerenza il valore universale e trascendente della verità rivelata.
Se tanto insisto sulla componente meta sica, è perché sono convinto che questa è la strada
obbligata per superare la situazione di crisi che pervade oggi grandi settori della loso a e per
correggere così alcuni comportamenti erronei di usi nella nostra società.
97. Se compito importante della teologia è l'interpretazione delle fonti, impegno ulteriore e anche
più delicato ed esigente è la comprensione della verità rivelata, o l'elaborazione dell'intellectus
dei. Come già ho accennato, l'intellectus dei richiede l'apporto di una loso a dell'essere, che
consenta innanzitutto alla teologia dogmatica di svolgere in modo adeguato le sue funzioni. Il
pragmatismo dogmatico degli inizi di questo secolo, secondo cui le verità di fede non sarebbero
altro che regole di comportamento, è già stato ri utato e rigettato; (114) ciò nonostante, rimane
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sempre la tentazione di comprendere queste verità in maniera puramente funzionale. In questo
caso, si cadrebbe in uno schema inadeguato, riduttivo, e sprovvisto dell'incisività speculativa
necessaria. Una cristologia, ad esempio, che procedesse unilateralmente « dal basso », come
oggi si suole dire, o una ecclesiologia, elaborata unicamente sul modello delle società civili,
di cilmente potrebbero evitare il pericolo di tale riduzionismo.
Se l'intellectus dei vuole integrare tutta la ricchezza della tradizione teologica, deve ricorrere alla
loso a dell'essere. Questa dovrà essere in grado di riproporre il problema dell'essere secondo le
esigenze e gli apporti di tutta la tradizione loso ca, anche quella più recente, evitando di cadere
in sterili ripetizioni di schemi antiquati. La loso a dell'essere, nel quadro della tradizione
meta sica cristiana, è una loso a dinamica che vede la realtà nelle sue strutture ontologiche,
causali e comunicative. Essa trova la sua forza e perennità nel fatto di fondarsi sull'atto stesso
dell'essere, che permette l'apertura piena e globale verso tutta la realtà, oltrepassando ogni limite
no a raggiungere Colui che a tutto dona compimento. (115) Nella teologia, che riceve i suoi
principi dalla Rivelazione quale nuova fonte di conoscenza, questa prospettiva trova conferma
secondo l'intimo rapporto tra fede e razionalità meta sica.
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