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Romanticismo in Italia - Manzoni

Il documento descrive l'avvento del Romanticismo in Italia nel 19° secolo. Un articolo di Madame de Staël del 1816 invitò gli intellettuali italiani ad aprirsi alle letterature straniere moderne, suscitando reazioni contrastanti. Nel 1818 un gruppo di romantici diede vita alla rivista 'Il Conciliatore' per promuovere una cultura rinnovata e accessibile a tutti.

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Romanticismo in Italia - Manzoni

Il documento descrive l'avvento del Romanticismo in Italia nel 19° secolo. Un articolo di Madame de Staël del 1816 invitò gli intellettuali italiani ad aprirsi alle letterature straniere moderne, suscitando reazioni contrastanti. Nel 1818 un gruppo di romantici diede vita alla rivista 'Il Conciliatore' per promuovere una cultura rinnovata e accessibile a tutti.

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IL ROMANTICISMO IN ITALIA

Ciò che diede l’impulso al formarsi di un movimento romantico in Italia fu la pubblicazione di un


articolo di Madame de Staël nel 1816 dal titolo “Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni”. In questo
testo disprezzava la decadenza della cultura italiana ed invitava l’italiano ad uscire dal culto del
passato, aprendosi alle correnti più vive della letteratura europea moderna. L’articolo suscitò subito
violente reazioni da parte dei classicisti e si distinsero le voci di intellettuali come Giordani o Botta
che ribadivano il carattere immutabile ed eterno dei principi artistici. In realtà erano anche mossi da
sinceri intenti patriottici e si reggevano a difesa delle tradizioni culturali italiane, che temevano
potessero essere snaturate dall’assunzione di temi e forme letterarie straniere. Nel 1818 il gruppo
degli intellettuali romantici Pellico, Borsieri, di Breme, Visconti diede vita ad un giornale: “Il
Conciliatore”.
I romantici affermavano l’esigenza di una cultura rinnovata e moderna: difatti si voleva mettere un
freno al latino e al greco, e cercare di aprirsi ad un pubblico molto più ampio poiché la cultura era
inutile se destinata solo ai pochi, ad un pubblico d’élite. Inoltre, il fine dei poeti romantici era che la
loro letteratura si ispirasse al vero.
Si può anche fare un confronto tra Romanticismo ed Illuminismo italiano: entrambi sono molto
diversi poiché sono opposti, ma se pensiamo all’ambiente di Milano possiamo trovare delle
similitudini dei contenuti, dato che entrambi trattavano il vero.

“Un invito ad aprirsi alle letterature straniere moderne” — Madame de Staël


Madame de Staël sostiene che quando i letterati di un paese cadono nella ripetizione di idee e
immagini, è un segno di impoverimento delle fantasie e di sterilizzazione delle lettere. Propone che
gli italiani traducano poesie inglesi e tedesche per introdurre novità, suggerendo di guardare oltre
le Alpi per conoscere e non solo imitare le usanze straniere. Sottolinea l'importanza della
traduzione dei drammi, poiché il teatro ha un ruolo centrale nella letteratura. Critica gli eruditi che si
attaccano alle vecchie tradizioni e gli scrittori che si affidano solo alla bellezza della lingua senza
contenuto. Infine, esorta gli intellettuali italiani a cercare l'originalità e la verità nei concetti e nello
stile, anziché accontentarsi di vuoti discorsi.

“La poesia popolare” — Giovanni Berchet


Grisostomo nella sua lettera al figliolo riflette sulla natura della poesia popolare, sottolineando
come ogni individuo, dal più umile al più ricco, abbia una tendenza innata alla poesia, sebbene in
molti questa sia solo passiva. Descrive come la civiltà e l'eccesso di stimoli possano appesantire la
fantasia e il cuore, rendendo meno sensibili alle emozioni poetiche. Confronta la mancanza di
sensibilità poetica di un contadino con l'indifferenza culturale di un cittadino parigino agiato.
Grisostomo argomenta che, sebbene la stupidità e la civilizzazione estrema possano ostacolare la
poesia, esistono sempre individui capaci di apprezzarla. Discute delle diverse classi sociali e delle
loro attitudini verso la poesia, sostenendo che il vero pubblico dei poeti è costituito da coloro che
sono in grado di emozionarsi. Infine, afferma che la vera poesia è quella che riesce a comunicare
con questo pubblico più ampio, definendo così la poesia popolare come l'unica autentica, sebbene
ci siano eccezioni.

POESIA PATRIOTTICA
La poesia romantica italiana è in primo luogo poesia patriottica, colma di passioni risorgimentali ed
intesa a fini pratici come incitare la lotta, esaltare le glorie del passato, disprezzare il dispotismo e
l’oppressione straniera. Ha perciò un carattere oratorio. Data la sua destinazione ed il suo intento
di far presa immediata sui lettori questa poesia punta ad un linguaggio di popolare facilità.
L’esponente più significativo di questo genere è Giovanni Berchet.

POESIA SATIRICA E GENERI NARRATIVI


Accanto alla poesia patriottica si può collocare quella satirica di Giusti. Di Giusti ricordiamo i suoi
“Scherzi” che possono avere obiettivi politici e patriottici, ma spesso sono satira di costume. Due
generi poetici molto diffusi e popolari nell’età romantica in Italia sono la novella in versi e la ballata.
La novella in versi è un componimento di tipo narrativo che predilige motivi sentimentali, con
intensi contrasti passionali e scene lacrimevoli. La ballata invece si ispira ad un gusto affine.

POESIA DIALETTALE
La poesia dialettale rappresenta una vera e propria rivoluzione. Belli e Porta giungono ad una
rivoluzione copernicana, potremmo chiamarla, nella poesia: non solo perché affrontano zone della
realtà tradizionalmente escluse dalla letteratura, ma anche perché presentano la realtà da un’ottica
dal basso. Sappiamo che la realtà è sempre stata presentata esclusivamente dall’alto. Mentre
adesso lo scrittore adotta un’ottica dal basso, quella degli stessi popolani.

“Le cappelle papale” — Giuseppe Gioachino Belli

MANZONI
Manzoni nacque a Milano nel 1785, dal conte Piero e da Giulia Beccaria. Trascorse l’adolescenza
in collegi dove ricette un’educazione classica. Uscito dal collegio a 16 anni, si inserì nell’ambiente
culturale milanese e conobbe poeti famosi come Monti e Foscolo. Nel 1805, dopo la morte di Carlo
Imbonati, andò a Parigi dalla madre e tra i due nacque un rapporto molto intenso. A Parigi Manzoni
entrò in contatto con gli ideologi (Fauriel, De Tracy), un gruppo di intellettuali che erano gli eredi
del patrimonio illuministico. Per quanto riguarda la sua conversione, sappiamo che è abbastanza
difficile ricostruirne bene le fasi poiché Manzoni ha sempre mantenuto un certo riguardo su questo
argomento. Sicuramente la moglie Enrichetta Blondel influì su questa conversione, visto che
proprio a Parigi si era convertita al cattolicesimo (c’era anche un credo: un giorno ebbe un attacco
di panico, poiché era agorafobico, e andò a rifugiarsi in una chiesa). Nel 1810 lasciò Parigi per
ritornare a Milano e ritornò cambiato: lasciò perdere la poesia classicheggiante e si concentrò sulla
stesura degli Inni Sacri, che aprirono la strada ad una serie di opere romantiche. Nel 1821 iniziò la
stesura dei Promessi Sposi. Nel 1860 fu nominato senatore del Regno di Sardegna e poi del
Regno d’Italia. Morì a Milano nel 1873.

LE OPERE CLASSICISTE
Prima della conversione Manzoni era classicista, di fatti le sue opere erano piene di rimandi alla
mitologia. Nel 1801 scrive una visione allegorica in terzine, il “Trionfo della libertà”. Scrisse poi
l’“Adda”, dedicato a Monti e quattro Sermoni, i quali, prendendo come modello Parini, vanno contro
gli aspetti del costume contemporaneo. Durante il periodo parigino (1805) scrisse il “Carme in
morte di Carlo Imbonati”: si pensava che Carlo Imbonati avesse lasciato a Manzoni dei consigli,
dopo essere apparso in sogno, e allora lui decise di raccoglierli all’interno di questo carme.
Consigli più importanti: 1) Sentir e meditare (ascoltare il cuore e il cervello in questo esatto ordine);
2) Il santo Vero mai non tradir (lui persegue sempre il vero, non lo potrà mai tradire).
Infine, nel 1809 compone “Urania”, un poemetto che tratta il valore incivilitore della bellezza e delle
arti.
DOPO LA CONVERSIONE
Scrisse le “Osservazioni sulla morale cattolica”: qui sottolinea il fatto che lui crede in Dio e nella
religione, anche se in realtà ciò in cui crede veramente sono le figure che rappresentano la chiesa:
ovvero papi, vescovi, parroci.
Per quanto riguarda la letteratura, sappiamo che dopo la conversione odia i classici perché i
romani avevano perseguitato ed ucciso i cristiani. Nasce, inoltre, il bisogno di una letteratura che
guardi al “vero” della condizione storica. Tutti i grandi autori fino a quel momento avevano usato le
regole d’azione, spazio e tempo: Manzoni sarà il primo a non usarle più. In seguito, la letteratura
dove avere 3 principali caratteristiche: 1) UTILE per scopo; 2) VERO per soggetto; 3)
INTERESSANTE per mezzo, al fine che la gente ascoltasse e leggesse le sue opere.
Per quanto riguarda la religione, era molto importante perché la fede permetteva di arrivare al
romanticismo. Inoltre, la fede non ti liberava dai problemi, ma ti dava la forza necessaria per
superarli.

INNI SACRI
Gli “Inni Sacri” sono la prima opera di Manzoni dopo la conversione (1812-1815). Forniscono un
esempio di poesia nuova, dato che Manzoni rifiutava una poesia per professionisti ed auspicava
ad una poesia accessibile a tutti. Proprio per questo motivo la scrisse prima scoppiasse la
polemica fra classicisti e romantici. Inoltre, nello stesso momento in cui Manzoni stava scrivendo
gli Inni Sacri, Foscolo stava scrivendo le Grazie. In quest’opera Manzoni rifiuta la mitologia e va a
comporre opere religiose. Era un’opera popolare, difatti ritroviamo le basi romantiche dato che, per
esempio, voleva renderla accessibile a tutti. Inoltre, sappiamo che assume un carattere corale dato
che il poeta non dice più “io” ma “noi”. Aveva progettato 12 inni ma alla fine ne scrisse solamente
quattro: “La Resurrezione”, “Il Natale”, “La Passione”, “Il nome di Maria”. Scisse poi un quinto inno
più in seguito: “La Pentecoste”.

5 MAGGIO

LE TRAGEDIE
Con la tragedia Manzoni arriva al vertice. Le tragedie manzoniane seguono il vero, che viene
cercato nella storia dato che non c’è nient’altro di più vero. Manzoni con le tragedie vuole collocare
i conflitti dei suoi personaggi in un contesto storico determinato, ricostruito con fedeltà e precisione
nei suoi costumi, evitando astrazioni. Secondo Manzoni il poeta dovrà essere fedele al vero
storico, pertanto non si dovevano inventare fatti, ma bisognava attenersi alla storia.

IL CONTE DI CARMAGNOLA
Il conte di Carmagnola era un capitano di ventura che lavorava per Milano ottenendo grandi vittorie
contro Venezia ed arrivò a sposare la figlia del duca di Milano. Passa poi al servizio di Venezia
assicurando vittorie contro Milano. I veneziani però, dopo le vittorie, iniziano a sospettare del conte
poiché era un po’ troppo clemente verso i prigionieri. Pertanto, lo attirano a Venezia, lo fanno
incarcerare e lo condannano a morte.
Sappiamo che Manzoni ha studiato molto bene questo caso e sappiamo che il conte è sempre
stato molto fedele sia a Milano che a Venezia. Secondo gli studi manzoniani il conte era innocente
ed il messaggio difatti che voleva trasmettere Manzoni è che alcune persone fanno delle cose per
il bene della società ma non vengono comprese e vengono imprigionate. Pertanto, il messaggio
che vuole far passare Manzoni è che la vita è ingiusta. Sappiamo però che secondo recenti studi il
conte in realtà era un traditore.
ADELCHI
Ermengarda, figlia di Desiderio re dei Longobardi, è stata ripudiata dal marito Carlo Magno, e torna
dal padre. Desiderio allora vuole vendicarsi costringendo il Papa Adriano I ad incoronare re dei
Franchi i figli di Carlo Magno, che si erano rifugiati presso di lui. Arriva a Desiderio poi un
messaggio di Carlo Magno che gli sollecita di restituire le terre sottratte al Papa; desiderio si rifiuta
e la guerra inizia. Carlo, però, è bloccato allo sbocco della Valle di Susa, ma il diacono Martino gli
rivela un passaggio che gli permette di aggirare i longobardi. Entra in gioco allora il figlio di
desiderio, Adelchi, che prova ad opporsi ai Franchi ma invano. Nel frattempo, Ermengarda è
andata in un convento per dimenticare l’amore che continua a provare per il marito, ma nel
momento in cui scopre che Carlo si risposa è assalita dal delirio e muore. Ci sono continue lotte e
Adelchi resiste fino a Verona. Desiderio viene fatto prigioniero e arriva la notizia che Verona è
caduta. Adelchi viene portato in scena ferito e morente e con le ultime parole chiede al vincitore di
essere pietoso verso il padre e muore da vero cristiano.

I CORI
Nelle sue tragedie Manzoni torna a mettere il coro. Il coro però aveva una funzione diversa
adesso: serviva a Manzoni per esprimere i suoi commenti, le sue opinioni, certe osservazioni e
spiegazioni.

“Morte di Adelchi: la visione pessimistica della storia”

“Coro dell’atto III”

PROMESSI SPOSI
Esistono tre redazioni la prima il Fermo e Lucia diversissima da quella che abbiamo noi oggi, la
ventisettana (1827) in cui Manzoni usa il fiorentino letterario e la quarantana del 1840 che è
appunto l’edizione definitiva in cui Manzoni usa il fiorentino parlato dell’Ottocento. È il primo
romanzo storico, un genere completamente, nuovo che permette a Manzoni di esprime grande
libertà. Sceglie di rappresentare la realtà umile e ambienta la vicenda nella Lombardia del 1600
che era sotto la dominazione spagnola. Ciò lo fa per creare un parallelismo con la situazione
attuale nell’Ottocento, dato che p era sotto la dominazione austriaca. Per accentuare la finzione
storica Manzoni finge di aver trovato un manoscritto da cui copia la storia che in realtà è inventata,
ma ci sono fatti realmente accaduti. Inoltre, sono presenti anche personaggi veramente esistiti
come il cardinale Borromeo o la monca di Monza. I protagonisti Renzo e Lucia riescono a superare
le difficoltà grazie alla divina provvidenza.

LIBERALISMO E CRISTIANESIMO
il romanzo si nutre dei principi della nascente borghesia liberale, però con la componente laica si
fonde indissolubilmente anche la componente religiosa. Lo scrittore ritiene che la religione sia la
vera forza riformatrice, perché agisce alla radice del male della società, cambiando nel profondo
l’animo umano ed inoltre può riuscire la dove le riforme politiche hanno fallito.

L’INTRECCIO DEL ROMANZO E LA FORMAZIONE DI RENZO E LUCIA


la vicenda prende le mosse da una situazione iniziale di quiete di severità serenità: i due sposi
promessi vagheggiano un avvenire di tranquilla felicità.in realtà questa situazione di idillio è solo
apparente: la condizione di due giovani è già insidiato dal male della storia rappresentato da Don
Rodrigo. Le vicende che ritroviamo all’interno della storia disegnano una sorta di romanzo di
formazione.
Per quanto riguarda Renzo sappiamo che lui raggiunge la massima disperazione quando era nel
lazzaretto. Nel lazzaretto vede fra Cristoforo, con la peste, che gli fa un regalo: gli dice che riesce
Don Rodrigo, il colpevole di tutti i loro mali. Renzo vuole farlo fuori, ma fra Cristoforo convince
Renzo a pregare per lui a perdonarlo. Nel momento in cui Renzo perdona Don Rodrigo, abbiamo
la completa formazione di reddito, pertanto con ciò diventa uomo.
Lucia invece era convinta che se una persona fosse buona non l’capitasse niente. Anche se sei
buono però il male c’è sempre e non lo può evitare: le disgrazie capitano sempre, in qualsiasi
situazione bisogna solo avere fede. La fede ti dà la forza di superare le disgrazie.

SUGO DELLA STORIA E RIFIUTO DELL’IDILLIO


Il sugo della storia si manifesta nel fatto che loro conclusero che i guai vennero spesso, ma che
comportarsi bene e in un modo innocente non basta a tenerli lontano; e che quando vengono
colpevoli o non colpevoli, la fiducia di Dio li addolcisce. Compare così il concetto della
provvida/sventura.

NARRATORE
Le vicende sono raccontate da un narratore esterno, più in particolare da un narratore onnisciente.
Il narratore onnisciente conosce passato, presente futuro, è formato dagli avvenimenti che si
svolgono contemporaneamente i luoghi diversi o inaccessibili ai testimoni e sa quello che pensano
e sentano dell’intimo tutti i personaggi. Solo per ottenere particolari effetti, Manzoni limitati allora
l’onniscienza del suo narratore: è il caso per esempio dell’episodio dell’innominato, in cui la voce
narrante si dichiara impossibilitato a dire rinnovare il personaggio. Quello del romanzo manzoniano
è anche un narratore palese: interviene infatti continuamente dall’illustrare antefatti e vicende
anteriori due personaggi.

L’IRONIA
Nel romanzo manzoniano vi può essere dell’autoironia, ovvero possono essere presenti dei
momenti in cui il narratore guarda con distacco se stesso e la propria operazione di scrittura. A
volte l’ironia è rivolta agli ipotetici lettori. Così avviene nelle pagine conclusive del romanzo, dove il
narratore si astiene dal raccontare la vita tranquilla e felice dei due sposi perché “seccherebbe a
morte il lettore”. Un’ironia analoga si riconosce nella pagina finale del romanzo, dopo la
fondamentale presa di coscienza di Renzo e di Lucia sul senso dei loro guai.
È presente anche un’ironia verso gli stessi personaggi. L’ironia può colpire lo stesso Renzo,
andando a sottolineare i suoi errori e le sue ingenuità di ragazzo fondamentalmente buono ma
impetuoso ed imprudente. Però è comunque un’ironia affettuosa verso il giovane che sbaglia, ma
dietro di essa si coglie un fondo amaro.

“Libertinaggio e sacrilegio: la seduzione di Geltrude”


Il passo tratta del giovane scellerato Signor Egidio, il cui padre lo ha educato con l'obiettivo di
renderlo simile a sé stesso, ovvero un attaccabrighe. Dopo la morte dei genitori, Egidio eredita la
loro cerchia di amici e segue le loro inclinazioni. La sua passione predominante è l'amoreggiare,
ma la sua educazione lo ha abituato anche alla violenza e al pericolo. Egli prende di mira la
Signora del monastero vicino, Geltrude, e comincia a molestare lei e le sue educande. Geltrude,
inizialmente sconvolta dalla sua audacia, finisce per cedere alle sue avances per paura e per la
convinzione distorta che quelle azioni siano giustificate. Con il tempo, Geltrude diventa sempre più
corrotta moralmente, finendo per coinvolgere anche due suore del monastero nel suo disfacimento
morale.

“La sventurata”
Il passo racconta di Gertrude, una monaca con privilegi speciali, che vive accanto a una casa
abitata da un giovane scellerato di nome Egidio. Egidio osa rivolgerle la parola, e Gertrude, attratta
dall'attenzione, inizia a cambiare la sua condotta, diventando apparentemente più regolare.
Tuttavia, la sua ipocrisia viene presto scoperta quando ritorna ai suoi soliti comportamenti ribelli
contro la vita claustrale. Una conversa, dopo essere stata maltrattata dalla signora, minaccia di
rivelare qualcosa di cui è a conoscenza. Da quel momento in poi, la signora diventa agitata e,
improvvisamente, la conversa scompare misteriosamente, lasciando il monastero in
preoccupazione e sospetto.

“L’Innominato”
Nel Fermo e Lucia non è circondato dal mistero, ha un soprannome. I promessi sposi invece
possiamo vedere come Manzoni voglia dare un senso di mistero a questo personaggio: difatti le
sue azioni malvagie vengono celate.
Innominato —> Conte del Sagrato

TESI AUTORI EUROPEI ROMANTICI


“La melancolia romantica e l’ansia d’assoluto” — Schlegel
Questo testo discute le differenze tra la poesia antica e moderna, con particolare enfasi sul ruolo
della melancolia nel genio poetico dei Moderni. Sottolinea che, mentre i Greci vedevano l'ideale
della natura umana nell'armonia e nella felice proporzione delle facoltà, i Moderni percepiscono
una disunione interna nell'uomo, cercando di conciliare i mondi dei sensi e dell'anima attraverso la
poesia. Conclude riflettendo sul fatto che mentre i Greci hanno raggiunto una perfezione
determinata nei loro modelli poetici, i Moderni, con la loro aspirazione verso l'infinito, possono
avere delle difficoltà nel soddisfare appieno se stessi, dato che le loro opere sono imperfette e
talvolta mal comprese.

“Ode al vento occidentale” — Shelley


È composta da 14 versi ed è divisa in 5 stanze. In ogni stanza il poeta descrive gli effetti del vento
sulla natura.
Il vento è considerato un potere cosmico capace di influenzare l'intero universo. Le strofe sono
così divise:
 Nella prima strofa: il vento è descritto come l'essenza del cambiamento delle stagioni,
come forza in grado di distruggere e di preservare:
 Nella seconda strofa: si descrivono gli effetti del vento sull'aria;
 Nella terza strofa: si descrivono gli effetti del vento sopra e sotto il mare;
 Nella quarta strofa: il poeta implora il vento di sollevarlo dalla sua prostrazione;
 Nell'ultima strofa il poeta si identifica col vento, diventando lui stesso profeta del
cambiamento dell'umanità.

“La rovina della casa degli Usher” — Edgar Allan Poe


Un uomo di cui non sappiamo né il nome, né l’età, né la vicenda personale riceve una lettera
dall’amico di infanzia. Il mittente è Roderick Usher e la lettera contiene la richiesta di raggiungerlo
al più presto nella sua antica dimora di famiglia, la casa Usher. Dopo un giorno di viaggio a cavallo
il protagonista giunge alla dimora e resta colpito dall’atmosfera tenebre. Gli alberi spogli e
scheletrici e la casa – apparentemente integra, conservata e ben salda – si riflettono in una
profonda pozza d’acqua nera che che esala dei miasmi mefitici. Mentre osserva una fessura che
parte dal tetto dell’edificio e percorre la facciata a zig zag fino a perdersi nelle acque della tetra
pozza, il narratore viene fatto entrare in casa e accompagnato al cospetto del padrone di casa che
lo riceve steso sul divano.
Roderick appare in pessimo stato di salute: emaciato, di un pallore spettrale, gli occhi lucidi, i
capelli sporchi e lunghi. Lui stesso spiega all’amico di essere affetto da un’ipersensibilità morbosa
che lo rende intollerante ai cibi conditi, all’odore dei fiori, alla luce del sole. Anche sua sorella, Lady
Madeline, è malata e spesso cade in catalessi. Nei giorni successivi la salute di Lady Madeline si
aggrava e il protagonista cerca di distrarre l’amico dipingendo, leggendo e ascoltando la musica
improvvisata della sua chitarra. Una sera Usher annuncia la morte di sua sorella e chiede all’amico
di aiutarlo a portare il cadavere nelle segrete della casa prima della sua definitiva sepoltura.
Durante il macabro trasporto lo scrittore nota la straordinaria somiglianza dei due Usher e scopre
che erano gemelli.
Nei giorni successivi, la stato nervoso e ossessivo di Roderick sembra peggiorare: l’uomo vaga per
le stanze della casa come in stato confusionale e a volte si fissa come se udisse suoni inesistenti.
Durante una notte in cui infuria un uragano, mentre i due amici sono intenti a leggere per farsi
compagnia, dai sotterranei della casa si levano dei tetri rimbombi che gettano Roderick in uno
stato di profondo turbamento. Usher è convinto di aver sepolto viva la sorella e di averne sentito i
disperati movimenti nella bara nei giorni successivi alla chiusura. Avendo fatto finta di niente, ora
crede che la sorella voglia vendicarsi del fatto di averla sepolta senza tenere in considerazione i
suoi episodi di morte apparente!
Nel pieno della notte, nel momento più violento dell’uragano la porta della stanza si spalanca
d’improvviso e appare Lady Madeline, avvolta nel sudario insanguinato, che si getta sul fratello
trascinandolo a terra morto dal terrore.
Sconvolto dagli eventi, lo scrittore scappa dalla casa. Mentre fugge si gira a guardare la dimora.
Una strana luce proveniente dalla rossa luna piena splende attraverso la fessura a zig zag
dell’edificio, che si allarga sempre più.
Sotto il vento sferzante casa Usher crolla rovinosamente. Il cumulo di macerie si inabissano nella
tenebrosa pozza d’acqua, che dopo averle inghiottite, si chiude placidamente.

“Il gran demonio vagante dei mari” — Melville


Il testo discute la leggenda della Balena Bianca, nota come Moby Dick, e il terrore che essa incute
nei cuori dei marinai. Le voci e le superstizioni legate a questa creatura si sono diffuse attraverso i
mari, alimentando il panico tra i cacciatori di balene. Viene descritta la Balena Bianca come una
forza sovrannaturale, con poteri di ubiquità e immortalità attribuiti ad essa. Tuttavia, anche senza
queste credenze, la sua struttura fisica e il suo comportamento mostrano una malvagità e una
ferocia che la rendono temibile. Il capitano Achab, vittima di un attacco della balena che gli ha
mutilato la gamba, nutre un odio feroce nei suoi confronti, identificandola come la personificazione
di tutti i mali e le frustrazioni umane. Decide di cacciare la Balena Bianca con un equipaggio
composto principalmente da individui moralmente compromessi, che sembrano essere stati scelti
da una fatalità infernale per aiutare Achab nella sua vendetta. Il narratore, Ishmael, riflette sul
mistero e l'oscurità della mente umana, suggerendo che il desiderio di affrontare il male più
mortale può essere irresistibile anche quando è chiaro il pericolo che comporta.

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