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Dieta Chetogenica e Digiuno Intermittente - Marco Dabizzi

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Sommario

Dieta chetogenica e digiuno intermittente

1. | Introduzione

2. | Obiettivi

3. | Bruciare grassi o zuccheri?

4. | Differenza tra una dieta low carb e una dieta chetogenica

5. | La keto-flu: influenza cheto fra miti e verità

6. | Nascita della dieta chetogenica moderna

7. | L’importanza degli ormoni

8. | Tutto sui grassi

9. | Come iniziare la dieta chetogenica

10. | Aumentare il peso con la dieta chetogenica

11. | I benefici della dieta chetogenica

12. | La dieta chetogenica e le sue variazioni

13. | Dieta chetogenica e sport

14. | Alimenti da includere e alimenti da eliminare

15. | Un esempio di piano alimentare

16. | Ormoni e dieta chetogenica

17. | Digiuno intermittente


18. | Alcool

19. | Guida ai dolcificanti

20. | Guida a oli e grassi

21. | Ricette per la salute e per il piacere

22. | Domande frequenti

23. | Ringraziamenti
MARCO DABIZZI

LA DIETA CHETOGENICA
COME DIMAGRIRE E
RICONQUISTARE LA PROPRIA
SALUTE
Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
COPYRIGHT MARCO DABIZZI 2023
PEAKHUMAN.COM.AU
Editing e cura del testo [email protected]

L e informazioni contenute in questo libro si intendono espresse


per soli fini educativi, conoscitivi e divulgativi. Tutti gli
argomenti e i concetti trattati in questo testo non possono e non
vogliono, neppure implicitamente, sostituire i consigli medici. Il
lettore che intende intraprendere un qualsiasi regime alimentare, o
dieta, deve sempre consultare il proprio medico per determinare con
adeguatezza un piano personalizzato sulla base delle proprie
condizione mediche e di salute. La lettura delle informazioni
contenute in questo libro non può, in alcun modo, creare o sostituire
il rapporto medico-paziente.
A mia moglie Antonella
Senza di lei avrei potuto finire questo libro in molto meno tempo ma
la mia vita sarebbe stata miserabile e, sopratutto, noiosa

A mia figlia Greta


Forse coglierà l’occasione di leggere qualcosa di mio, visto che non
risponde mai ai miei messaggi.
LA DIETA CHETOGENICA

1 . Introduzione
2. Obiettivi
3. Bruciare grassi o zuccheri?
4. Differenza tra una dieta low carb e una dieta chetogenica
5. La keto-flu: influenza cheto fra miti e verità
5.1 Rimedi per la Keto-flu
6. Nascita della dieta chetogenica moderna
7. L’importanza degli ormoni
8. Tutto sui grassi
8.1. Colesterolo, amico o nemico?
8.2. I grassi per mantenere in salute il cervello
8.3. Ma non si ingrassa a mangiare i grassi?
8.4. Quali grassi mangiare
9. Come iniziare la dieta chetogenica
9.1. Se avete la pressione alta
9.2. Se avete il diabete
9.3. Celiachia e dieta chetogenica
10. Aumentare il peso con la dieta chetogenica
11. I benefici della dieta chetogenica
11.1. I benefici per il cervello e i mitocondri
11.2. I benefici per i tumori
11.3. I benefici per il diabete
11.4. I benefici per l'ipertensione
11.5. I benefici per le malattie autoimmuni
12. La dieta chetogenica e le sue variazioni
12.1. La dieta carnivora o a zero carboidrati
12.2. La dieta paleolitica o paleo
12.3. La dieta PSMF (Protein Sparing Modified Fast) o digiuno
modificato
12.4. La dieta Atkins
12.5. La dieta durante lo svezzamento
12.6. La dieta per i bambini
13. Dieta chetogenica e sport
13.1. Allenarsi per vivere più a lungo
13.2. Cinque motivi per allenarsi con i pesi
14. Alimenti da includere e alimenti da eliminare
15. Un esempio di piano alimentare
16. Ormoni e dieta chetogenica
16.1. Insulina
16.2. Testosterone
17. Digiuno intermittente
17.1. Che cosa è, esattamente, il digiuno intermittente
17.2. Chi non dovrebbe fare il digiuno intermittente
18. Alcool
19. Guida ai dolcificanti
19.1. Stevia
19.2. Estratto di monk fruit
19.3. Eritritolo
19.4. Taumatina
19.5. Miele
19.6. Fruttosio
19.7. Altri dolcificanti
19.8. Considerazioni finali sui dolcificanti
20. Guida a oli e grassi
21. Ricette per la salute e per il piacere
21.1. Pane di farina di mandorle ai semi vari
21.2. Panini alla farina di mandorle
21.3. Panini alla farina di cocco
21.4. Pollo con funghi, broccoli e groviera
21.5. Brodo di ossa con curcuma e crema di cocco
21.6. Paté di fegatini di pollo al Cognac
21.7. Salmone con crema al limone
21.8. Uova alla diavola con tonno e capperi
21.9. Maionese facile facile
21.1. Sego fatto in casa
21.11. Mousse al caffè su ganache di cioccolato
21.12. Cheesecake al limone
21.13. "Gelato" allo yogurt con frutti di bosco
21.14. Fudge cacao e cocco
21.15. Granola al cioccolato
22. Domande frequenti
23. Ringraziamenti
1.
Introduzione

N on faccio fatica ad ammettere che per almeno un paio d'anni il


concetto di dieta chetogenica mi era parso troppo estremo
per poter essere adottato come base per uno stile di vita duraturo
nel tempo.
Certo, i vantaggi in termini di salute metabolica mi erano già
evidenti, soprattutto in persone afflitte da determinate malattie come
il diabete o l'epilessia, ma faticavo a vedere la dieta chetogenica
come uno strumento efficace per la maggioranza delle persone. In
quegli anni, dopo aver aperto gli occhi grazie al genio e all'intuizione
di uno dei pionieri dell'alimentazione, Giovanni Cianti, cominciai a
seguire, con buoni risultati, una dieta a basso contenuto di
carboidrati.
Grazie a quel tipo di dieta ero stato in grado di ridurre
significativamente i disturbi causati da una disgraziata prescrizione
di farmaci. Prima di iniziare la dieta low carb soffrivo di una terribile
artrite alle mani, tale, a volte, da impedirmi anche movimenti e azioni
banali nella vita di tutti i giorni. I sintomi cominciarono a ridursi
notevolmente fin dal momento in cui ridussi la quantità di carboidrati
ed eliminai, completamente, il glutine dalla mia dieta. A quel tempo,
la mia fiducia nella medicina allopatica era ancora pressoché
assoluta ma sentirsi ridicolizzati dal reumatologo dell'ospedale
perché dalle scansioni non risultava alcuna traccia di artrite, (quando
il più delle volte non riuscivo più nemmeno ad aprire un barattolo di
sottaceti) mi portò a esplorare soluzioni alternative.
Il libro di Giovanni Cianti "Cattivo come il pane" fu per me un vero e
proprio shock. Da ex atleta di diverse discipline, con anni di
competizioni di nuoto e body building alle spalle, l'idea che i
carboidrati potessero essere responsabili dei miei problemi di salute
mi sembrò così aliena che per alcuni giorni mi rifiutai di andare
avanti nella lettura di quel libro.
Non è possibile, mi dicevo, che i carboidrati siano così dannosi per
la salute, li abbiamo sempre mangiati e i medici e i dietologi ci
ripetono continuamente quanto siano salutari, soprattutto quelli
integrali.
Come ex atleta, avevo passato gran parte della mia vita adulta a
cercare di eliminare il più possibile i grassi, in particolare i "terribili"
grassi saturi, e a mangiare enormi quantità di carboidrati per avere
più energia e mantenermi in salute.
Possibile che avessi sbagliato? Giovanni Cianti è stato un
precursore in vari campi e furono le sue tesi che mi spinsero ad
approfondire l'argomento e a testare in prima persona una dieta a
basso contenuto di carboidrati e a zero glutine. Il passo da una dieta
a ridottissimo contenuto di carboidrati a una dieta puramente
chetogenica fu breve ma, significativo. La decisione di scrivere
questo libro è arrivata dopo aver sperimentato in prima persona gli
eccellenti risultati in termini di forma fisica e salute generale e dopo
aver visto questi stessi ottimi risultati in innumerevoli altre persone,
convinte a provare la dieta chetogenica a seguito di una semplice
chiacchierata in palestra.
Alcuni decidono di iniziare questa dieta perché non riescono a
controllare la loro tendenza ad abbuffarsi con carboidrati e zuccheri.
Altri, invece, sono soggetti pre-diabetici, o diabetici, e vorrebbero
avere un controllo più diretto sulla glicemia e sull’insulina. Altri
ancora lo fanno perché in fondo è naturale per gli esseri umani
ritornare a mangiare i cibi con i quali ci siamo evoluti.
Qualunque sia la ragione per cui una persona inizi a fare una dieta
chetogenica, è oramai un fatto concreto quello che ci sia un numero
sempre più crescente di persone che scoprono un modo semplice e
naturale per stare meglio e perdere peso.
In questo breve volume spiegherò i vantaggi di una dieta
chetogenica intesa non solo come strumento utile al miglioramento
della salute e del benessere generale ma anche come mezzo di
potenziamento delle prestazioni atletiche in molteplici discipline
sportive, fino alla possibilità di incrementare le capacità di
concentrazione e di ragionamento.
Per raggiungere questa consapevolezza, però, occorre effettuare un
vero e proprio cambiamento di paradigma e abbandonare il concetto
fallace di calorie e di metabolismo umano simile a una fornace dove
i nutrienti vengono bruciati e producono energia come in un
laboratorio chimico.
Occorre abbracciare la realtà dei fatti nella quale è ben chiara la
risposta ormonale ai diversi tipi di dieta e l’enorme influenza che
assumono gli orari dei pasti, importanti quanto (se non in misura
persino maggiore) il totale delle calorie ingerite.
2.
Obiettivi

L 'obiettivo primario di una dieta chetogenica ben formulata


(prendete nota di questa importante precisazione, ci tornerò
ancora più avanti) è la salute. Il dimagrimento che ne consegue è
solo un benvenuto effetto collaterale. Essere magri e malati è solo
una soddisfazione temporanea, quello a cui si dovrebbe aspirare,
invece, è una vita lunga e in salute.
La dieta chetogenica può essere certamente utilizzata per
mantenere il peso corporeo o, addirittura, per incrementarlo ma non
deve essere vista solo come un mero strumento di dimagrimento.
Infatti, in questo contesto, il termine "dieta" non mi entusiasma
particolarmente perché questo non è un regime alimentare da
seguire per un breve periodo ma, piuttosto, una scelta a lungo
termine, un vero e proprio stile di vita da mantenere per sempre.
Il meccanismo principale attraverso il quale avviene un
miglioramento della salute è la forte riduzione dei picchi di insulina,
un’ormone la cui produzione è connessa direttamente alla quantità e
alla frequenza dei carboidrati ingeriti con la dieta. Per ridurre al
minimo la produzione di insulina occorre, quindi, eliminare i
carboidrati o, perlomeno, ridurli a un livello estremamente basso, di
solito indicato in venti grammi al giorno. Venti grammi al giorno sono
pochi, anzi pochissimi, in pratica sono solo quelli contenuti nella
verdura o poco più.
Un tipo di dieta come questa, soprattutto per un italiano, rappresenta
un cambio di prospettiva enorme, spesso drammatico, perché
significa eliminare pane, pasta, pizza, prodotti da forno, riso, legumi
e buona parte della frutta.
“Ma sei pazzo? Cosa rimarrebbe da mangiare?” penserete.
La risposta è: cibo vero. Quello stesso cibo che durante milioni di
anni di evoluzione ci ha trasformati in esseri umani dotati di un
cervello di grandi dimensioni e di intelligenza. Una ben formulata
dieta chetogenica si basa su carne, soprattutto di erbivori, pesce di
ogni tipo, pollame, cacciagione, noci, verdure non amidacee, frutta a
basso contenuto di zuccheri e, a seconda del vostro stato di salute,
anche di formaggi stagionati (o fermentati) e derivati del latte
preferibilmente non pastorizzato, meglio ancora se di capra o di
pecora.
Detta dieta sarà in grado di migliorare la vostra salute in maniera
considerevole e potrete tenere sotto controllo il peso senza la
preoccupazione di contare le calorie e pesare gli alimenti.
Inoltre, potrete minimizzare il rischio di contrarre le varie malattie
metaboliche come il diabete, il cancro, le malattie cardiovascolari, la
demenza, l’artrite, la tiroidite di Hashimoto, la PCOS etc..., la cui
diffusione cresce di anno in anno. Per le persone obese la dieta
chetogenica è l’unico vero modo di dimagrire in modo significativo e
definitivo senza soffrire la fame, mangiando pasti gustosi e
gratificanti.
Chi ha provato a dimagrire seguendo il concetto delle calorie lo sa
bene. Non voglio dire che attraverso il calcolo delle calorie non si
possano ottenere dei risultati. Il problema è un altro, il problema è
che quei risultati non si possono mantenere nel tempo perché sono
stati ottenuti soffrendo la fame e non si può soffrire la fame per tutta
la vita.
3.
Bruciare grassi o zuccheri?

Q uando nella nostra dieta ci sono sufficienti carboidrati (ovvero


zuccheri) il nostro corpo li utilizzerà per produrre energia
perché gli zuccheri rappresentano un “carburante” eccellente per il
nostro metabolismo. Ma gli esseri umani hanno capacità di
adattamento eccezionali e si sono evoluti adottando diete anche
molto diverse fra loro, alcune basate solo su grassi e carne, altre –
quando la cacciagione non era disponibile – basate su radici e frutti.
Se gli zuccheri sono la fonte energetica più redditizia, perché mai
dovrebbero farci male? La risposta è semplice. In natura le fonti
disponibili di zucchero sono scarsissime. La frutta che conosciamo e
consumiamo oggi si è diffusa solo a partire da poche centinaia di
anni fa; i grani e i cereali hanno fatto la loro comparsa nelle colture
solo circa 10.000 anni fa, ovvero, un lasso di tempo brevissimo
parlando in termini evoluzionistici.
C'è poi la complicata questione del benessere dei mitocondri, quei
piccoli organelli che si trovano nelle nostre cellule. Per i mitocondri,
che servono a produrre quell'energia indispensabile per la vita, il
rendimento è assolutamente migliore quando come “carburante”
utilizzano i grassi invece degli zuccheri, producendo, inoltre, meno
sostanze dannose di scarto. Nei seguenti capitoli troverete più
informazioni rispetto a questo argomento.
Per ottimizzare la produzione di energia occorre, dunque,
“convincere” il nostro metabolismo a utilizzare i grassi invece che gli
zuccheri e questa inversione si ottiene semplicemente mangiando
meno carboidrati.
La condizione risultante è un adattamento al metabolismo dei grassi
che vengono più facilmente utilizzati come fonte di energia anche se
gli zuccheri rimangono quella principale. Per un atleta di discipline di
lunga durata la condizione appena citata è molto favorevole perché
consente allo sportivo di portare a termine gare lunghe come una
maratona senza dover assumere zuccheri durante la corsa ma
utilizzando, facilmente, le riserve di grasso per produrre energia.
“Bruciare” grassi, però, non è metabolicamente molto efficiente ed è
per questa ragione che esiste anche un altro stato, stato attraverso il
quale dai grassi si producono i corpi chetonici, o chetoni, che
possono essere utilizzati a scopo energetico in maniera ben più
efficiente rispetto ai grassi.
I chetoni sono delle molecole che vengono prodotte quando la
quantità di carboidrati è sufficientemente bassa e possono essere
utilizzati come fonte di energia non solo dai muscoli ma anche dal
cervello. Quali sono i problemi più importanti legati al metabolismo
“brucia” zuccheri? Quando il metabolismo utilizza gli zuccheri come
fonte principale di energia, non riesce ad accedere facilmente alle
riserve di grasso immagazzinate nelle cellule adipose.
Un atleta che decide di seguire questa strada dovrà mangiare con
frequenza alte quantità di carboidrati perché quelli immagazzinati nei
muscoli e nel fegato, sotto forma di glicogeno, sono molto pochi.
Inoltre, la fluttuazione ormonale causata dai carboidrati è
responsabile dell’accumulo di grasso, della fame e del calo di
energia a breve distanza dai pasti e di tutti i problemi di salute
derivanti dai costanti ed elevati livelli di insulina. Una persona in
chetosi, invece, potrà ossidare (ovvero “bruciare”) molto più
efficientemente i grassi, sia quelli inseriti nella dieta, sia quelli che si
trovano nei depositi adiposi.
Nel primo caso questi grassi verranno utilizzati per produrre energia
e non verranno depositati nelle maniglie dell’amore, nel secondo
caso, quando i grassi nella dieta sono bassi, si bruceranno dette
maniglie dell’amore per produrre energia.
Per gli atleti, e non solo per loro, c’è poi un altro notevole vantaggio.
Quando il metabolismo utilizzerà chetoni e acidi grassi per produrre
energia, le scorte di glicogeno resteranno intatte, pronte per essere
utilizzate quando sarà richiesta una rapida immissione di energia,
come ad esempio durante intense attività sportive, partite di calcio o
tennis. Un altro punto importantissimo per la salute generale e l'anti-
invecchiamento è l'efficienza dei mitocondri.
Come anticipato, sono dei piccoli organelli (alcuni dicono siano
addirittura batteri con i quali ci siamo evoluti in simbiosi) che
producono energia all'interno delle nostre cellule.
Per produrre energia, i mitocondri possono utilizzare glucosio
(derivato dalla digestione dei carboidrati), grassi o chetoni ma il
processo è molto meno efficiente quando utilizzano il glucosio.
Inoltre, in questo caso, l’utilizzo del glucosio produce sostanze di
scarto come i radicali liberi che risultano tossici per l'organismo
perché in gran misura responsabili di tutte le malattie, a partire dai
tumori.
Un altro importante vantaggio nel bruciare grassi è la possibilità di
digiunare senza avvertire la fame perché quando il nostro corpo si
trova in chetosi, ha un costante accesso alle riserve di grasso
immagazzinate nelle cellule adipose, che sono sufficienti per fornire
energia per molti giorni anche nel caso di persone magrissime.
Questo permette di abbinare alla dieta chetogenica altre importanti
strategie antiaging come il digiuno intermittente che, teoricamente, è
possibile fare anche mangiando carboidrati ma che è, praticamente,
irrealizzabile per lunghi periodi per via della costante fame che ne
deriva.
E, visto che non è possibile riuscire a rimanere costantemente
affamati per più di qualche mese, a meno di non avere un'incredibile
forza di volontà, ricomincerete a mangiare ingrassando come e più
di prima, con lo svantaggio aggiuntivo di aver perso massa
muscolare durante il dimagrimento.
4.
Differenza tra una dieta low carb e una
dieta chetogenica

C 'è spesso confusione sulle differenze fra una dieta low carb e
una dieta chetogenica. Entrambe limitano il consumo di
carboidrati ma mentre in una dieta low carb il nostro corpo utilizzerà
soprattutto acidi grassi a scopo energetico, oltre a un pochino di
glucosio, in una dieta chetogenica utilizzerà, invece, soprattutto acidi
grassi e chetoni.
Per produrre energia, gli esseri umani possono utilizzare glucosio,
acidi grassi, amino acidi (derivati dalle proteine) e corpi chetonici o
chetoni. L’uso di uno o dell’altro dipende dallo stato metabolico della
singola persona e dalle condizioni fisiche per le quali, in percentuale,
queste sostanze verranno impiegate.
Lo stato di fitness, la quantità di esercizio fisico fatta, il bilanciamento
ormonale, la quantità di glucosio immagazzinata nei muscoli e nel
fegato e, soprattutto, l'alimentazione seguita, determineranno la
priorità nell'utilizzo di queste sostanze come fonte energetica.
Infatti, quando la dieta di una persona è alta in carboidrati, il glucosio
sarà di gran lunga la fonte energetica preferita. Maggiore sarà il
consumo di grassi e minore quello di carboidrati, maggiore sarà
l'utilizzo di acidi grassi a scopo energetico e minore sarà quello del
glucosio, fino a raggiungere un livello in cui gli acidi grassi saranno
la fonte preferita, stato che viene definito come "fat adapted",
ovvero, adattamento ai grassi. Essere “fat adapted” è un vantaggio
notevole soprattutto per persone attive, atleti, perché la quantità di
glicogeno (che è un tipo di zucchero) immagazzinata nei muscoli e
nel fegato è ridotta e viene facilmente esaurita in un paio d'ore di
attività fisica intensa.
È questo il motivo per il quale durante le gare maratoneti e ciclisti
devono ricorrere a snack di glucosio per riempire quel serbatoio di
zucchero oramai consumato.
Il problema è che durante le competizioni, spesso, gli snack causano
problemi di digestione e i casi di atleti costretti al ritiro sono
molteplici, senza considerare i danni alla salute.
Quando, invece, la quantità di carboidrati consumati in un giorno è
ancora più bassa (per bassa intendiamo un limite di venti grammi al
giorno) il nostro corpo produce nel fegato delle sostanze chiamate
chetoni, da cui il termine dieta chetogenica.
Questi chetoni sono indispensabili perché alcuni tessuti, come ad
esempio il nostro cervello, non possono utilizzare acidi grassi a
scopo energetico ma solo glucosio o, appunto, chetoni.
La differenza fra dieta low carb e dieta chetogenica è dunque la
presenza o meno di questi chetoni. Sono proprio i chetoni a essere i
diretti responsabili di molti vantaggi in termini di prestazioni atletiche,
salute, lucidità mentale, risoluzione di problemi legati al cervello e
miglioramento di numerose patologie del sistema nervoso come
l'epilessia.
5.
La keto-flu: influenza cheto fra miti e
verità

M olte fra le persone che vorrebbero provare la dieta


chetogenica hanno sentito parlare della keto-flu, o influenza
chetogenica, e ne temono gli effetti tanto da rinunciare a provare
questo tipo di alimentazione.
Tale preoccupazione, a mio giudizio, è largamente esagerata.
Vediamo subito nel dettaglio cosa è, veramente, la tanto temuta
keto-flu.
Quando si passa da un'alimentazione ricca in carboidrati a una
alimentazione chetogenica, le prime due o tre settimane sono quelle
più critiche.
Vi farò un esempio pratico. Immaginate un drogato che provasse a
smettere di consumare eroina. Non esagero quando sostengo che la
dipendenza da carboidrati può avere effetti simili a quelli derivati
dalla dipendenza da droghe.
Certamente gli esiti di dipendenza da carboidrati possono essere
molto più lievi rispetto agli effetti di una tossicodipendenza ma
l'intensità delle conseguenze è sempre, e ampiamente, legata allo
stato di fitness di una persona e all'efficienza del suo metabolismo.
Sicuramente, un atleta di alto livello sperimenterà degli effetti
lievissimi o, probabilmente, nessun effetto mentre una persona
sovrappeso e sedentaria potrà avere qualche temporaneo disagio.
La durata dei sintomi potrà variare da un periodo che va da qualche
giorno fino a una settimana, il tempo necessario all'organismo per
passare dal “bruciare” zuccheri a scopo energetico a “bruciare”
grassi e chetoni.
I sintomi più comuni sono: bassa energia, a volte mal di testa,
annebbiamento mentale, svogliatezza, stitichezza o diarrea, nausea,
fame compulsiva.
Seguendo alcuni semplici accorgimenti questi sintomi possono
essere in gran parte evitati, o ridotti, sopratutto per chi cominciasse
la dieta chetogenica in un momento in cui la sua forma metabolica
non fosse nella sua massima efficienza, mentre atleti e persone con
una buona salute metabolica molto probabilmente non
sperimenteranno alcuno di questi effetti.
Tra questi accorgimenti troviamo sicuramente la scelta della
strategia da adottare per ridurre i carboidrati. Molti ritengono che sia
preferibile il tutto e subito, ovvero, abbassare improvvisamente i
carboidrati a un massimo di venti grammi al giorno, mentre altri
optano per una riduzione graduale dei carboidrati, opzione che,
sicuramente, crea meno stress all'organismo e ha meno probabilità
di causare i sintomi dell'influenza chetogenica.

5.1.

Rimedi per la Keto-flu


A: Elettroliti

S pesso basta solo un pizzico di sale da cucina con un bicchiere


d'acqua per far passare quel fastidioso cerchio alla testa e
quella sensazione di debolezza. Riducendo i carboidrati nella dieta
aumenta il fabbisogno di sale, soprattutto nella prima fase di
adattamento al nuovo regime alimentare. Smettendo di mangiare
carboidrati, infatti, si svuotano parzialmente le riserve di glicogeno
nei muscoli e di conseguenza si perde molta acqua. Perdendo
acqua, si perdono sodio e potassio e i bassi livelli di questi elettroliti
causano, nella stragrande maggioranza dei casi, i sintomi della
keto-flu. Questo aumentato bisogno di elettroliti continuerà anche
una volta che l’organismo si sarà adattato alla nuova dieta, perché i
bassi livelli di insulina che si ottengono con una dieta chetogenica
portano a una ridotta ritenzione di sodio. Spesso la carenza di sodio
dipende anche dal fatto che verranno eliminati tutti i cibi industriali
che, oltre ai carboidrati, contengono spesso molto sodio. Sarà,
dunque, un bene compensare queste perdite salando in maniera
adeguata tutto quello che mangerete. In questa fase, un eccellente
modo per fare il pieno di elettroliti è bere il brodo di ossa, salato
ovviamente, e integrare con l'avocado che è ricchissimo di potassio,
oltre che essere un frutto molto gustoso e adatto a tantissime ricette.
Per regolare i livelli di sodio e potassio è importante avere anche
sufficiente magnesio, un minerale purtroppo oggi sempre più carente
nella catena alimentare. I semi di zucca, o le noci, sono una discreta
fonte di magnesio e, proprio in questo momento di transizione da
una dieta ricca di carboidrati a una dieta chetogenica, rappresentano
un ottimo snack. Qualora il magnesio fosse comunque basso potrà
essere utile integrarlo.

B: Idratazione

C ome accennato nel paragrafo precedente, sugli elettroliti, in


questa prima fase di passaggio si tende a perdere molta
acqua ed è per questo motivo che c'è sempre il rischio che si
presenti una leggera disidratazione i cui sintomi sono più o meno
coincidenti con quelli della keto-flu. In questi casi, la miglior cosa da
fare è bere un'acqua ricca di minerali o aggiungere alla vostra acqua
un prodotto rimineralizzante altrimenti, paradossalmente, la
disidratazione potrebbe persino peggiorare.
C: Grassi

P er rendere questa fase di transizione il più breve possibile,


oltre a eliminare i carboidrati, è anche opportuno incrementare
il consumo di grassi. L’incremento dei grassi non aiuterà
immediatamente la perdita di peso (se questo è il vostro obiettivo
principale) ma vi porterà più velocemente ad uno stato di flessibilità
metabolica. Alcuni grassi, come i trigliceridi a catena media (MCT)
contenuti ad esempio nella crema di cocco, o gli acidi grassi omega-
3 come quelli contenuti nel pesce azzurro o nel salmone, sembrano
essere di particolare aiuto in tal senso, sia in un momento in cui è
consigliabile un apporto maggiore di grassi, sia come alimento da
mantenere nel tempo all’interno di una ben formulata dieta
chetogenica.

D: Attività fisica

I n queste prime settimane di passaggio, il mio consiglio è di


svolgere attività fisica moderata. Niente sessioni ad alte ripetizioni
in palestra, niente HIIT troppo intenso, niente sforzi prolungati.
L'attività fisica ideale durante il momento di transizione può essere
rappresentata da serie di 4-5 ripetizioni con 3-4 minuti di recupero
fra serie in palestra, HIIT con sprint, ad esempio sulla cyclette, da
massimo dieci secondi con 3-4 minuti di riposo a ritmo blando o,
semplicemente, dedicarsi a belle camminate a ritmo veloce, corsette
o piacevoli pedalate in bicicletta. Se seguirete queste indicazioni,
molto probabilmente, non sperimenterete alcun sintomo attribuito
all'influenza chetogenica.
6.
Nascita della dieta chetogenica
moderna

L a dieta chetogenica moderna fu definita nel 1924 alla Mayo


Clinic, uno dei principali ospedali universitari americani dove
vengono formati i migliori medici degli U.S.A. Il Dottor Russell Wilder
era alla ricerca di un trattamento per un tipo di epilessia che non
rispondeva ai farmaci e si ispirò ad alcune ricerche risalenti all’inizio
del ventesimo secolo che dimostravano come, attraverso il digiuno, i
pazienti affetti da questa malattia avessero tratto notevoli benefici.
Ovviamente, il digiuno non poteva essere impiegato come cura
permanente ma Wilder ipotizzò che fossero i corpi chetonici prodotti
durante il digiuno ad aiutare gli epilettici. La dieta chetogenica
terapeutica è estrema perché il 90% delle calorie proviene dai grassi
(contro circa il 60-70% di una dieta chetogenica ad alte proteine) ma
è incredibilmente efficace non solo per l'epilessia ma anche per
molte tipologie di tumori. È un vero peccato che dopo quasi cento
anni ci siano state solo una manciata di ricerche scientifiche sugli
effetti della dieta chetogenica. Non solo, uno studio Cochrane
definisce gran parte di queste ricerche come ricerche spazzatura.
Potrebbe forse sorgere il dubbio che certi risultati siano viziati da un
atteggiamento generale di scetticismo che, quasi dal principio,
tendano a escludere gli effetti benefici della dieta chetogenica non
considerandola come una dieta valida ed efficace. Eppure la dieta
chetogenica non costa nulla ed evita farmaci incredibilmente costosi.
Inoltre, una dieta chetogenica ben formulata si basa su cibi veri e
naturali: carne, uova, burro, verdure, quanto di più lontano possa
esistere dal concetto di industria alimentare. Parliamo di una dieta,
quindi, che se adottata da un grande numero di persone potrebbe
ridurre sensibilmente i profitti e lo status di importanza di tutte quelle
enormi corporations i cui interessi sono ben lontani dalla salute e dal
benessere dei consumatori. Non è certamente difficile immaginare
come mai la quasi totalità dei media, medici e dietologi ritengano la
dieta chetogenica come la peggiore in assoluto. Viviamo in un tempo
in cui il denaro comanda più di qualsiasi altra cosa e mi sento di
dare un consiglio generale che è quello di ricominciare a vivere
ascoltando il proprio corpo, nutrendolo con gli alimenti più adatti alla
sua crescita, al suo sviluppo e al suo metabolismo.
7.
L’importanza degli ormoni

I fautori delle diete a basse calorie non considerano l’importanza


fondamentale degli ormoni che, alla fine, determinano sempre il
successo, o l’insuccesso, di una determinata dieta. Prendiamo ad
esempio la leptina. Dopo aver adottato per anni diete ricche di
carboidrati e povere di grassi, così come suggerito dalle linee guida
ufficiali sulla nutrizione, le nostre cellule diventano resistenti a
questo ormone, fatto che inficia il senso di sazietà.
Infatti, si possono mangiare anche grandi quantità di cibo ma, una
volta che la pancia sarà piena, si sperimenterà sempre un senso di
fame che porterà a mangiare più spesso tra i pasti e a introdurre cibi
poco salutari come gli snacks. Inoltre, esiste un ulteriore e
importante aspetto che non viene mai adeguatamente pubblicizzato.
Una dieta chetogenica corretta può aiutare a riequilibrare gli ormoni
sessuali femminili fuori controllo attenuando le vampate di calore,
migliorando i livelli di energia, il basso desiderio sessuale, la perdita
di massa ossea, gli sbalzi d'umore e tanti altri fastidiosi sintomi
associati alla perimenopausa, alla menopausa, alla sindrome
premestruale e alla post-menopausa. Nelle donne, la sindrome
premestruale può avere sintomi molto fastidiosi fra i quali, crampi,
malumore, irritabilità, depressione, acne e stanchezza. La causa di
questi sintomi è spesso la dominanza estrogenica, ovvero un
eccesso di estrogeni e una carenza di progesterone quasi sempre
dovuta a una dieta composta da troppi zuccheri e carboidrati
raffinati. Questo problema si risolverebbe facilmente grazie alla dieta
chetogenica.
Lo stesso principio vale per gli uomini perché quando i livelli di
insulina sono costantemente elevati, a causa dell’ingestione
continua di carboidrati, il livello degli ormoni sessuali maschili può
calare notevolmente e questa può essere, certamente, una delle
cause del costante calo di testosterone negli uomini degli ultimi
cinquant’anni.
La dieta chetogenica ha un comprovato effetto di innalzamento dei
livelli di testosterone soprattutto quando include grassi animali di
qualità come tuorli d’uovo e carne rossa. Il testosterone è un ormone
importantissimo per la salute degli uomini ma persino per la salute
delle donne visto che la produzione di questo ormone nel genere
femminile raggiunge il picco a circa vent'anni per poi calare
costantemente durante l’invecchiamento.
Bassi livelli di questo ormone causano affaticamento, depressione,
calo della libido, problemi erettivi, perdita di massa muscolare,
aumento del grasso e - soprattutto nelle donne - rischio di anemia.
Per mantenere livelli ottimali di testosterone occorre fare esercizio
fisico, soprattutto con pesi, avere una buona igiene del sonno,
evitare i cibi commerciali che contengono conservanti e additivi che
hanno, spesso, un effetto deprimente su questo ormone.
Occorre, inoltre, ridurre il consumo di alcool, soprattutto birra
(estrogenica) e mangiare cibo non processato ricco di grassi saturi e
colesterolo. Sono consapevole del fatto che questo sia esattamente
il contrario di quanto raccomandato da medici e dietologi
contemporanei.
Il testosterone, così come altri ormoni sessuali, è prodotto nel
nostro organismo a partire dal colesterolo. Nonostante sia vero che
gli esseri umani sono in grado di produrre autonomamente il
colesterolo, tanto che buona parte di quello necessario al
sostentamento delle funzioni quotidiane è prodotto dall’organismo
anche senza mangiare grassi saturi, si tratta però di un processo
particolarmente dispendioso dal punto di vista fisiologico.
8.
Tutto sui grassi

L 'idea che i grassi saturi causino malattie cardiache fu introdotta,


sulla base di deboli prove associative, circa settanta anni fa.
Nei decenni seguenti, tutti i vari studi clinici che hanno cercato di
avvalorare questa ipotesi non hanno mai potuto stabilire un nesso
causale. Nonostante la mancanza della pur minima prova scientifica
sulla correlazione fra grassi nella dieta e malattie cardiovascolari,
ogni medico, o dietologo, ha continuato a ripetere la storia dei
"grassi che occludono le arterie" e a prescrivere farmaci per ridurre i
livelli di colesterolo. Circa un decennio fa sono state pubblicate
numerose ricerche che hanno chiaramente mostrato come non ci sia
alcuna relazione fra i grassi saturi e le malattie cardiovascolari, tra
grassi saturi e mortalità per malattie cardiovascolare o fra grassi
saturi e mortalità totale ma i medici continuano a ripetere lo stesso
ritornello, demonizzando i grassi e il colesterolo.
Se la scienza sta lentamente, et obtorto collo, rinunciando a dare la
colpa ai grassi dei danni fatti dai carboidrati, giornalisti e politici
sembrano mostrare, invece, una forte resistenza a queste evidenze.
Infatti, i media continuano a scrivere articoli e a promulgare linee
guida alimentari basate sulla vecchia e fallace correlazione fra grassi
saturi e malattie cardiovascolari. Il primo scienziato che parlò di
un'associazione fra grassi saturi e salute cardiovascolare fu, negli
anni Cinquanta, Ancel Keys. Dopo aver viaggiato a lungo
nell'Europa del dopoguerra fece alcune osservazioni sulla salute di
certe popolazioni del Sud Europa, in particolare in Sardegna,
Spagna e Napoli, dove in quegli anni la dieta era basata quasi
esclusivamente su grani e verdure. Keys constatò che il tasso di
malattie cardiovascolari di quelle zone era più basso rispetto al resto
del continente.
Lo studio “Sette Paesi di Keys” si basava sull'analisi della dieta e
delle condizioni di salute di 13.000 uomini in sette nazioni diverse e
mostrava un apparente collegamento tra le malattie cardiache e la
dieta. Nel 1961 Keys, descritto dai colleghi come dotato di una
personalità aggressiva e molto persuasiva, si assicurò una posizione
nel comitato nutrizionale dell'American Heart Association, le cui linee
guida dietetiche erano considerate all'epoca il gold standard.
Poco dopo l'arrivo di Keys, l'AHA emanò le sue prime linee guida sui
grassi saturi e nei venti anni successivi i presunti mali dei grassi
saturi divennero la nuova ortodossia della medicina occidentale.
Oggi sappiamo che gli studi di Keys - dal Sette Paesi al Minnesota
Coronary Experiment - avevano tutti in comune la violazione di
diverse norme scientifiche fondamentali. In pratica, erano frodi. Nello
studio dei Sette Paesi, ad esempio, Keys analizzò i dati di ben più di
sette nazioni ma, per pubblicare una ricerca che avvalorasse le sue
teorie, selezionò solo i Paesi compatibili con la sua ipotesi. Nella
ricerca fu esclusa la Francia, una nazione con una dieta ad alto
consumo di grassi dove, rispetto alla media, vi erano poche malattie
cardiache, così come altri Paesi nei quali si consumavano molti
grassi ma le persone non soffrivano di alti tassi di problemi
cardiovascolari.
Per oltre mezzo secolo, la scienza ha indicato nei grassi animali il
peggior colpevole della dieta moderna, contribuendo in modo
sostanziale al successo delle diete ad alto contenuto di carboidrati e
costringendo le aziende del settore alimentare, e delle bevande, a
creare prodotti a basso contenuto di grassi e di conseguenza quasi
sempre ad alto contenuto di zuccheri.
La guerra che medici e istituzioni pubbliche hanno perpetrato a
scapito dei grassi saturi si è verificata, più o meno,
contemporaneamente in tutto il mondo occidentale e ha avuto
l'effetto di incoraggiare i consumatori a mangiare carboidrati anziché
grassi - almeno il 25% in più dall'inizio degli anni Settanta -
contribuendo all'esplosione dell'obesità e della sindrome metabolica
con malattie come diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e
tumori.

8.1.

Colesterolo, amico o nemico?

“M a, il colesterolo non fa male? Tutti quei cibi ricchi di


colesterolo saranno sicuramente pericolosi per la salute e
metteranno a rischio di malattie cardiovascolari!” In realtà il
colesterolo è una molecola incredibilmente importante per la nostra
salute, talmente importante che è indispensabile in ogni singola
cellula del nostro corpo. Se le nostre cellule fossero sprovviste di
colesterolo, noi moriremmo in meno di ventiquattro ore. Non solo, il
nostro cervello è composto in buona parte proprio dal colesterolo e,
non so a voi, ma a me limitare il consumo di una molecola così
indispensabile per la salute non sembra una buona idea. E, infatti,
non lo è. La teoria del colesterolo come causa delle malattie
cardiovascolari è smentita dalle ricerche[1] e dall'osservazione della
realtà, una cosa che troppo spesso i medici in camice bianco
dimenticano di fare. Il colesterolo è essenziale per la produzione di
ormoni sessuali, inclusi gli estrogeni, il progesterone e il
testosterone, oltre che per la produzione di vitamina D. La vitamina
D è una molecola assolutamente indispensabile per rimanere in
salute e perché il nostro organismo possa trarre da questa molecola
i maggiori benefici, è necessario che i suoi livelli siano sempre
piuttosto alti. Il colesterolo non solo non è dannoso ma è vitale per
ogni cellula del nostro corpo tanto che senza non potremmo vivere.
Il colesterolo non è il responsabile dei danni alle arterie ma è, al
contrario, la sostanza utilizzata dal nostro organismo per riparare i
vasi sanguigni quando questi sono danneggiati dalle infiammazioni.
È un po' come quando c'è un incidente sulla strada e vediamo le
ambulanze sul luogo dello scontro.
Non sono le ambulanze a causare gli incidenti, le ambulanze si
trovano lì per aiutare, soccorrere i feriti. Se riducessimo il numero
delle ambulanze sulla strada non risolveremmo, ovviamente, il
problema degli incidenti. Funziona più o meno allo stesso modo con
chi vende le medicine per abbassare il colesterolo. Vorrebbero farci
credere che siano lì per aiutarci, combattendo l’infiammazione e
ricoprendo la parete dell’arteria danneggiata.
Il problema, però, è che ridurre i livelli di colesterolo non sarà mai il
modo migliore per risolvere il problema delle infiammazioni, così
come ridurre le ambulanze sulla strada non risolverà il problema
degli incidenti. L'importanza del colesterolo è così grande che
quando non ne assumiamo abbastanza il nostro fegato, con un
grande dispendio di energia, incrementa la sua produzione per
mantenere dei livelli accettabili. Nonostante l’introduzione tramite la
dieta di dosi sufficienti di colesterolo, il fegato produrrà comunque
circa tre quarti del fabbisogno ed è quindi evidente che introdurne
meno non servirà ad altro se non a mettere sotto stress il fegato che
si attiverà per produrne ancora di più. La scienza è molto chiara sul
fatto che livelli alti di colesterolo (quelli che oggigiorno vengono
definiti alti) non siano pericolosi ma siano, almeno fino a un certo
punto, protettivi. Infatti, tutti gli studi epidemiologici mostrano
un'associazione inversa fra livelli di colesterolo e mortalità per tutte
le cause, soprattutto quella per tumori. Ovvero, più alto è il
colesterolo e meno si muore. Non sembra avere molto senso
abbassarlo, giusto? Se proprio siete ansiosi e volete avere qualche
rassicurazione in più, c'è un valore, verificabile attraverso gli esami
del sangue, che può indicarvi il vostro rischio per malattie
cardiovascolari in maniera molto più attendibile rispetto al valore del
colesterolo.
Si tratta del rapporto fra trigliceridi e colesterolo HDL. Per avere un
basso rischio dovrebbe essere pari a 1 o meno di 1. Se il vostro è
più alto, non importa se il colesterolo totale sia basso, avrete un
rischio maggiore di infarto o ictus. Se invece il rapporto è pari a 1, o
meno di 1, non importa quanto il colesterolo totale sia alto, il vostro
rischio sarà bassissimo.
Il rapporto fra trigliceridi e HDL non dovrebbe però essere utilizzato
per le persone di origine sub-sahariana. Questi popoli, infatti, non
mostrano alti livelli di trigliceridi nel sangue anche in caso di forme
gravi di resistenza all'insulina. Questo accade a causa di differenti
tipi degli enzimi lipasi che metabolizzano i trigliceridi. A differenza
dei popoli caucasici o asiatici, le persone di origine sub-sahariana
resistenti all'insulina mostrano anomalie dei livelli del glucosio nel
sangue, obesità e pressione arteriosa alta ma non presentano,
invece, alti trigliceridi e basso colesterolo HDL, quindi, nel loro caso,
questo indice non ha alcun valore. Se oltre che ansiosi siete,
persino, ipocondriaci e avete il timore di essere a rischio di malattie
cardiovascolari, fatevi misurare il CAC, che è l'indice di
calcificazione delle arterie, e se questo valore sarà alto smettete di
mangiare carboidrati, andate al sole e mangiate tanto burro, carne e
cibi ricchi di vitamina K2 (fino ad integrarla, se occorre).

8.2.

I grassi per mantenere in salute il


cervello

N el pensiero comune contemporaneo, i grassi sono visti in


modo assolutamente negativo, come un rivestimento
corporeo isolante, il più delle volte eccessivo e antiestetico, oltre che
ben poco salutare. Questo è sbagliato perché i grassi sono un
importantissimo nutriente che ha funzioni essenziali per la fisiologia
umana, dall'assorbimento di altri nutrienti al mantenimento di un
efficiente sistema immunitario.
Un altro mito da sfatare è quello che vuole che i grassi saturi siano
di origine animale mentre quelli insaturi siano di origine vegetale. In
realtà ogni cibo, proveniente dal mondo animale o dal mondo
vegetale, contiene un misto di grassi saturi, monoinsaturi e
polinsaturi, così come verrà spiegato nel dettaglio nell'apposito
capitolo sulla composizione dei vari oli e grassi alimentari.
Una delle tante scuse utilizzate dai vari ufficiali sanitari per
promuovere nelle loro linee guida alimentari i cibi di origine vegetale
è la presenza di due grassi polinsaturi essenziali: l'acido alfa-
linoleico (ALA), che fa parte della famiglia degli omega-3, e l'acido
linoleico (LA) che è, invece, un omega-6. Quello che, però, non
viene specificato è che entrambi gli acidi grassi (ALA e LA) si
trovano in un grande numero di cibi di origine animale e non è,
dunque, necessario mangiare verdure per assumerne in ampie
quantità, a patto di mangiare sufficienti grassi.
In realtà non è neppure necessario assumere questi acidi grassi dal
cibo, perché il nostro corpo li utilizza per produrre tre altri tipi di acidi
grassi, ovvero l'omega-3 acido eicosapentaenoico (EPA), l'omega-6
acido arachidonico (ARA), e soprattutto l'omega-3 acido
docosaesanoico (DHA). Si tratta di un discorso un pochino tecnico, e
forse noioso, ma è particolarmente importante. Seguitemi e
capirete perché.
Nessuno dei tre acidi grassi sopra menzionati, Omega-3 EPA,
Omega-6 ARA e Omega-3 DHA, esiste in alimenti di origine
vegetale. Soprattutto il DHA è particolarmente importante perché
costituisce circa il 15% del totale del nostro cervello che è composto
per quasi il 70% da grassi. Il DHA è, inoltre, fondamentale per la
formazione della mielina, quella sostanza che come una guaina
riveste i nostri nervi e li isola elettricamente, consentendogli di
trasmettere i loro specifici segnali. Quando ci sono problemi a
questa guaina di mielina, ci sono anche seri problemi neurologici,
particolarmente invalidanti.
Se un acido grasso che costituisce una buona parte del vostro
cervello, e riveste tutti i vostri nervi, vi sembra qualcosa di
importante, ebbene, lo è. Ma c'è di più. Molti scienziati, infatti,
ritengono che il DHA sia la molecola responsabile del nostro essere
coscienti e del pensiero astratto, oltre che delle memorie. Questo
acido grasso è, dunque, assolutamente indispensabile per lo
sviluppo della corteccia cerebrale e rappresenta l'essenza stessa
dell'essere umani.
A partire dal terzo trimestre in cui il bambino si trova nel grembo
della madre, e fino a circa due anni di età, bassi livelli di DHA
possono causare danni cognitivi, incorretto sviluppo del cervello e
della visione, disturbi psichiatrici fino a un'estrema aggressività e
autismo.
È, quindi, estremamente importante che questo nutriente sia
presente nell'alimentazione delle donne incinta e dei bambini in
tenera età. Ergo, per avere buoni livelli di DHA è necessario che la
dieta sia ricca di cibi di origine animale, soprattutto grassi.
La possibile conversione dall'ALA (che si trova anche nei vegetali) al
DHA è infatti solo teorica. Alcuni studi sembrano mostrare un 10% di
efficienza, ovvero un tasso estremamente basso, ma molti altre
ricerche riportano una conversione pari a zero ed è per questo
motivo che, sopratutto nel caso di bambini al di sotto di due anni di
età, la scienza indica chiaramente la necessità di fornire questo
essenziale nutriente attraverso la dieta.
Inoltre, l'importanza del DHA cresce in proporzione l'avanzare
dell'età, una fase della vita che vede cambiamenti causati dallo
stress ossidativo, dalla diminuita efficienza dei mitocondri e dai
danni degenerativi al DNA, ovvero solo alcuni dei problemi che si
verificano quando i livelli di DHA sono insufficienti.
Avere bassi livelli di questo acido grasso durante la vecchiaia
rappresenta un fattore direttamente collegato al rischio di Alzheimer,
la più comune forma di demenza senile. Vediamo subito quali sono i
cibi che contengono più DHA. Essendo un omega-3, molti di voi
avranno già intuito che pesci grassi come salmone, sgombro,
aringhe, sardine e acciughe siano la fonte più ricca anche se, in
quantità minori, si trovano pure nelle uova e nella carne di animali
alimentati al pascolo.
La saggezza popolare vedeva le mamme infilare giù per la gola dei
bambini (visto il gusto non particolarmente piacevole) un cucchiaio di
olio di fegato di merluzzo per mantenerli sani e forti. Quelle mamme
non sbagliavano perché è proprio nell'olio di fegato di merluzzo che
si trova una delle fonti principali di DHA.

8.3.

Ma non si ingrassa a mangiare i


grassi?

F acciamo subito chiarezza su un punto fondamentale.


Nonostante la dieta chetogenica venga spesso promossa o
descritta come una dieta ad alte quantità di grassi, in realtà, può non
esserlo affatto. Questa confusione deriva dallo sviluppo della prima
dieta chetogenica moderna, nata per curare l’epilessia e definita,
solitamente, “chetogenica terapeutica”. Tuttavia la dieta
“chetogenica terapeutica” è un regime alimentare a zero carboidrati
ma anche a basse proteine per la necessità di tenere l’insulina con i
livelli più bassi in assoluto (anche le proteine stimolano una certa
produzione di insulina).
L’unica definizione corretta di una dieta chetogenica è quella di una
dieta che induca l’organismo a produrre corpi chetonici, condizione
che si realizza riducendo i carboidrati sotto una certa quantità
giornaliera. Quindi, ci possono essere diete chetogeniche ad alti
grassi, a bassi grassi, “pulite” (ovvero con cibi salutari), “sporche”
(ad esempio usando oli di semi), paleo, non paleo e così via. La
scelta del tipo di dieta chetogenica dipenderà certamente dagli
obiettivi che la persona stessa si pone ma, in questo libro, si
discuterà soprattutto della dieta chetogenica non terapeutica “pulita”,
con quantità di grassi variabili a seconda che si voglia perdere peso
oppure no. Sostanzialmente, in questo tipo di alimentazione si
mangiano ampie quantità di proteine (carne e pesce) a sazietà. Se si
desidera perdere peso si potrà limitare il consumo di grassi così da
utilizzare, a scopo energetico, quelli che abbiamo su pancia o glutei.
Se, invece, si vuole mantenere o aumentare il peso (ad esempio
aumentare la massa muscolare tramite allenamento con i pesi) si
incrementerà la quantità di grassi “buoni, come uova, carne rossa
grassa, burro, olio extra vergine di oliva (moderatamente e
possibilmente a crudo visto che è pur sempre un grasso insaturo) e
così via.
La quantità ideale di proteine giornaliere è intorno ai 1,6 – 2,2
grammi per kg di peso corporeo. Ovvero, per una donna di circa 60
kg (non in sovrappeso) da poco meno di 100 grammi a poco più di
120 grammi al giorno mentre, per un uomo di 80 kg (non in
sovrappeso) da 130 a 170 grammi al giorno. Per raggiungere questi
livelli di proteine è consigliabile mangiare carne, pesce e uova a
sazietà. Forse oggigiorno sono poche le persone che sono in grado
di ingerire queste quantità di proteine ma questo accade perché ci
siamo allontanati così tanto dal modo di mangiare ancestrale che
non ricordiamo più come si nutrivano i nostri antenati. Solo per fare
un esempio, 100 grammi di proteine corrispondono a circa 500
grammi di carne oppure a 400 grammi di carne e quattro uova.
È importante notare come le proteine siano il macronutriente più
saziante, quindi, se si volesse perdere peso, dovrebbero essere
inserite nella dieta in modo prioritario. Una volta stabilita la quota
proteica ideale, si dovrebbero utilizzare i grassi come leva per
influenzare la perdita (o meno) di grasso corporeo, aumentandoli o
diminuendoli a seconda dell'obiettivo specifico.

8.4.
Quali grassi mangiare

N on tutti i grassi sono uguali, anzi. La qualità dei grassi è una


delle cose più importanti dell'alimentazione e forse vi
sorprenderà sapere che i grassi raccomandati dalle linee guida
alimentari sono in realtà i peggiori per la vostra salute. Impossibile,
direte, medici e dietologi non si presterebbero mai a un inganno di
questa portata! Eppure, così come avrete modo di constatare,
quando sono i medici e i dietologi contemporanei a stilare
programmi e modelli, puntualmente, alcuni conti non tornano. Ma
facciamo un passo indietro.
Ci sono tre tipi di grassi, categorizzati a seconda della loro
predisposizione a ossidarsi: grassi saturi (SFA), monoinsaturi
(MUFA) e polinsaturi (PUFA). L'ossidazione è una brutta cosa, è
quello che fa arrugginire la vostra auto e nel caso dei grassi provoca
l'irrancidimento. Non sembra sano mangiare grassi irranciditi,
giusto?
E, infatti, non lo è. Questo, inoltre, è il motivo per il quale le pareti
delle nostre cellule sono fatte di grassi saturi, perché per quella
importantissima funzione serve un materiale stabile e robusto. Ma,
come è possibile che i grassi saturi non ci facciano venire un infarto?
Ogni medico che si rispetti, cardiologo o dietologo, consiglia di non
superare il 10-15% di grassi saturi nella dieta. Tuttavia, osservando
il mondo reale le cose sembrano essere decisamente diverse. Un
classico esempio sono le popolazioni che vivono nelle Isole del
Pacifico.
Alcune presentano un elevatissimo consumo di grassi saturi (fino al
40-50% delle calorie, soprattutto da cocco) abbinato a bassi
carboidrati, in altre, invece, i grassi saturi sono abbinati ad alti
carboidrati. In ciascuno di questi esempi, l'elevata quantità dei grassi
saturi nella dieta ha un effetto protettivo verso le malattie
cardiovascolari e la sindrome metabolica. Addirittura, in popolazioni
che abbinano alti grassi saturi e alti carboidrati, i grassi mostrano di
ridurre il tasso di diabete e dimostrano di abbassare i tassi di obesità
in popolazioni che presentano obesità diffusa con un’incidenza di
malattie metaboliche minore di quello che ci si aspetterebbe.
Lo stesso tipo di paradosso si ripropone anche in popolazioni quasi
esclusivamente carnivore in Africa e in Paesi come la Francia e
regioni del Nord Europa dove si usano molti più grassi saturi rispetto
ai paesi mediterranei ma dove il tasso di malattie cardiovascolari è lo
stesso o, addirittura, più basso rispetto ai paesi con una dieta
tipicamente meno ricca di grassi saturi.
Nel caso della Francia, i ricercatori si sono inventati anche il
cosiddetto "Paradosso Francese", spiegando come le alte quantità
di vino rosso proteggessero in qualche modo dagli effetti nefasti di
burro, formaggi e lardo ma questo "paradosso" non spiega come
questo fatto possa essere possibile in Germania, o in Norvegia,
dove il vino Bordeaux non è una bevanda così popolare.
Dunque, i grassi da mangiare sono prevalentemente quelli saturi,
ovvero quelli contenuti nei tagli di carne di ruminante (vacca, pecora
e capra), nel burro e in altri latticini a latte intero come formaggi e
panna, nel tuorlo delle uova, nel sego, nell'olio di cocco, oltre a quelli
contenuti nei pesci grassi, dal pesce azzurro fino al salmone.
Merita un discorso a parte il grasso del maiale perché la sua qualità
dipende interamente dalla dieta dell'animale stesso e purtroppo,
oggigiorno, questa è composta prevalentemente da oli di tipo
vegetale e farine di cereali e legumi. Una volta, per indicare
qualcosa di veramente terribile per la salute, si diceva "Questa
schifezza non la daresti neppure al maiale". Eppure, oggi, è proprio
quello che viene fatto e il problema è che questi animali, a differenza
dei ruminanti, non sono in grado di sintetizzare gli acidi grassi, per
cui, la qualità del loro grasso sarà la stessa del grasso che gli verrà
somministrato attraverso il mangime.
Non dico di evitare il maiale ma in questo caso è opportuno ridurre il
consumo di questa carne a una o due volte alla settimana.
Inoltre, andranno completamente evitati anche tutti gli oli di semi e di
legumi, composti quasi esclusivamente da acidi grassi polinsaturi,
ovvero i più dannosi. Così facendo si manterrà un elevato rapporto
fra grassi saturi e grassi polinsaturi (questi ultimi da evitare a tutti i
costi) in un equilibrio fondamentale per la salute generale
dell’organismo e per la perdita di peso, se necessaria.
In tutto questo, in quale parte (buona o cattiva?) si trova l’olio extra
vergine di oliva? Diciamo che si trova a metà, nel senso che questo
olio non è un grasso così dannoso come gli oli di semi in quanto è
fatto soprattutto da acidi grassi monoinsaturi, sicuramente migliori di
quelli polinsaturi ma certamente peggiori di quelli saturi. Utilizzatelo,
dunque, per condire a freddo, con moderazione, tenendo a mente
che se il vostro obbiettivo è il dimagrimento sarebbe opportuno
eliminarlo completamente dalla vostra dieta.
9.
Come iniziare la dieta chetogenica

U na persona che non presenta particolari problemi di salute


può iniziare una dieta chetogenica riducendo i carboidrati
introdotti giornalmente a meno di 20 grammi. Tutto qui. Potreste
gettare il libro nel cestino della spazzatura, ora, e iniziare. Per
entrare in chetosi non avreste bisogno di sapere altro. Tuttavia, se
desiderate approfondire la questione e cercare di capire quale tipo di
dieta chetogenica possa fare al vostro caso, adattandola meglio ai
vostri obbiettivi e alle vostre particolari esigenze, allora, vi consiglio
vivamente di continuare a leggere.
Principalmente, una dieta chetogenica è così definita per il fatto di
essere in chetosi, uno stato metabolico nel quale il nostro corpo
utilizza i grassi per produrre corpi chetonici. I corpi chetonici saranno
utilizzati, al posto degli zuccheri, per produrre energia, quella che
servirà al nostro organismo per essere sano e forte. Il passaggio
completo a questo tipo di stato metabolico richiede un periodo di
tempo variabile che può essere anche di sole ventiquattro ore nelle
quali si introducano non più di circa 20 grammi di carboidrati. La
quantità esatta è difficile da stabilire e varia da persona a persona,
soprattutto a seconda del livello di fitness ma, generalmente, questa
è la quota accettata sotto la quale si entra, comunque, in chetosi. I
20 grammi di carboidrati al giorno sono quasi sempre contati senza
considerare quelli presenti nelle verdure non amidacee come
broccoli, spinaci, cavolfiore, e quelli presenti nei frutti come
pomodori o avocado. L’avocado è un frutto che fa spesso capolino
nei menu chetogenici grazie al suo alto contenuto in grassi saturi.
Per restare sotto questa soglia occorre eliminare, del tutto, i
carboidrati, compresi tutti i cereali e i grani come riso, grano, mais,
avena (e altri) i legumi, tutti gli zuccheri, le bevande gassate e i
succhi di frutta, soprattutto quelli composti al 100% da frutta. Un
buon modo di cominciare la dieta chetogenica è quello di eliminare
completamente la frutta zuccherina. Una volta che ci si adatta, si
potranno reintrodurre moderate quantità di frutti a basso contenuto
di zuccheri, come ad esempio i frutti di bosco. Un altro gruppo di cibi
da eliminare sono i tuberi, dalle patate alle carote, dalle patate dolci
alle barbabietole, compresi i vegetali ad alto contenuto di zuccheri
come le zucche.
La frutta secca è spesso inclusa anche nelle prime fasi di una dieta
chetogenica, è un ottimo snack, ma occorre stare attenti perché è
facile esagerare. Mangiare un pugno di pistacchi è un modo
eccellente per far passare la fame a metà pomeriggio ma meglio non
mangiarne un intero sacchetto perché contengono carboidrati e molti
grassi polinsaturi. Nella prima fase della dieta chetogenica i grassi
potranno essere usati, liberamente, per saziare. Intendo sia i grassi
naturalmente presenti nella carne sia quelli aggiunti. Aumentare la
quota di grassi servirà a far passare la voglia di carboidrati, vi
manterrà sazi e aiuterà il vostro metabolismo a passare più
velocemente dal bruciare zuccheri al bruciare acidi grassi e chetoni.
Una volta che vi sarete adattati potrete variare la quota dei grassi
nella dieta in base all'obiettivo che vi sarete preposti. Se siete degli
atleti, o fate intensa attività sportiva, potrete aumentarli. Al contrario,
se vorrete perdere peso, li diminuirete. Vi ricordo che, ovviamente,
per usufruire di tutti i benefici della dieta chetogenica dovremmo
intenderla come uno stile di vita a lungo termine e non come una
dieta da intraprendere per due settimane prima della prova costume.

9.1.

Se avete la pressione alta


e avete la pressione alta, iniziare una dieta chetogenica potrebbe
essere il modo migliore per abbassarla in modo naturale,

S spesso in maniera tale da eliminare l'uso dei farmaci. Ci sono,


però, alcune cose di cui dovreste essere consapevoli. Se
intraprenderete una dieta chetogenica e proseguirete con
l’assunzione dei farmaci prescritti per abbassare la vostra pressione,
ci sarà un rischio concreto che l'abbassamento naturale causato
dalla dieta renda quei farmaci fin troppo efficaci e che la vostra
pressione scenda fin troppo.
A volte, anche solo un paio di settimane in chetosi possono avere un
drastico effetto di abbassamento della pressione ed è per questo
motivo che, se state prendendo dei farmaci, dovrete monitorare
eventuali sintomi di bassa pressione e, se necessario, discutere con
il vostro medico sulla possibilità di ridurre il dosaggio o,
eventualmente, eliminare completamente l’assunzione del farmaco.
Un problema può essere rappresentato dal fatto che i sintomi di
pressione bassa sono molto simili a quelli che alcune persone
sperimentano nei primi giorni di dieta keto-flu, quindi, sarà di
fondamentale importanza misurare la vostra pressione qualora si
presentassero sintomi come debolezza o giramenti di testa. Un altro
aspetto da tenere assolutamente in considerazione è l'uso del sale.
In una dieta chetogenica, normalmente, è preferibile condire gli
alimenti con un buon quantitativo di sale, soprattutto durante le
prime due settimane di dieta è preferibile assumerlo in dosi più alte
del normale per ridurre, o eliminare, i sintomi della possibile keto-flu.
Se avete la pressione alta è preferibile, per cautela, non
incrementare la dose di sale giornaliera e nel peggiore dei casi
sperimenterete qualche giorno di debolezza dovuti al fatto che il
vostro metabolismo si sta adattando alla chetosi.

9.2.
Se avete il diabete

I benefici che le diete a bassi carboidrati apportano nei soggetti


diabetici sono talmente evidenti che anche lo CSIRO, l'ente di
ricerca governativo australiano (analogo al CNR italiano), ha
pubblicato un libro e ha attivato un sito web dove incoraggia i
pazienti diabetici a seguire questo tipo di regime alimentare.
Innanzitutto, se siete in sovrappeso, o se siete obesi, perdere peso è
uno dei modi principali per rallentare la progressione del pre-diabete
o del diabete di tipo 2 e abbiamo già mostrato come la dieta
chetogenica sia particolarmente efficace per questo obbiettivo,
ovvero perdere peso.
Ma sarà, soprattutto, attraverso la significativa diminuzione dei
carboidrati che si ridurrà notevolmente la glicemia e il corpo, di
conseguenza, produrrà meno insulina. La riduzione della
produzione di insulina sarà l'aspetto che porterà i migliori benefici ai
soggetti con diabete di tipo 2 ma anche a quelli con diabete di tipo 1.
Questo è anche il motivo per il quale le persone che assumono
medicinali per il diabete, principalmente insulina, prima di limitare il
consumo di carboidrati dovrebbero sempre consultare il proprio
medico e tenere un monitoraggio costante, soprattutto durante i
primi mesi di dieta chetogenica. La riduzione degli zuccheri dovrà
sempre essere seguita da un adeguamento nel dosaggio di tali
farmaci in modo da evitare livelli di glucosio pericolosamente bassi.
In alcuni casi l’assunzione di dosi più basse di insulina, diminuite per
poter ridurre eventuali errori di dosaggio, ha mostrato che possono
insorgere gravi conseguenze, persino fatali. Fatta questa doverosa
premessa, una dieta chetogenica ha, non solo la possibilità di ridurre
drasticamente l'uso di quei medicinali ma presenta, inoltre, la
concreta possibilità di portare a una totale remissione del diabete di
tipo 2 e a un uso molto inferiore dell'insulina nei pazienti con diabete
tipo 1.
Le iniezioni di insulina servono, infatti, a tenere sotto controllo i
picchi di glucosio nel sangue causati dalla digestione dei carboidrati.
Se non mangerete quasi più carboidrati non avrete più quei picchi e,
di conseguenza, dovrete variare, spesso in modo drastico, il
dosaggio dell'insulina e degli altri medicinali utilizzati per tenere sotto
controllo il diabete. Continuare ad assumere le stesse dosi di
farmaci rischierebbe di portarvi verso ipoglicemie potenzialmente
molto pericolose.

9.3.

Celiachia e dieta chetogenica

C irca l'1% della popolazione dei paesi occidentali è celiaco, con


un tasso di diffusione maggiore tra le donne rispetto agli
uomini. La percentuale dell’ 1% definita dagli organismi preposti è
ridicolmente sottostimata perché la diagnosi di celiachia, invece che
essere stabilita durante i primi segnali di intolleranza viene quasi
sempre accertata solo quando sono sopraggiunti dei danni
particolarmente avanzati. La celiachia è un disordine ritenuto di
origine autoimmune (è curioso notare come oggigiorno nel mondo
occidentale ci sia un’esplosione di tutte queste malattie autoimmuni,
malattie pressoché inesistenti fino a sessanta anni fa) dovuto alla
presenza di glutine e lectine. Il glutine è una proteina contenuta nei
cereali come il grano, l'avena, l'orzo e altri grani ed è il principale
responsabile del disordine.
Le lectine, presenti anch’esse nei cereali, contribuiscono
all’infiammazione seppur in modo minore rispetto al glutine. In un
paziente celiaco, anche tracce microscopiche di glutine danneggiano
i villi intestinali con conseguente malassorbimento, malnutrizione,
oltre a un incrementato rischio di malattie della tiroide, osteoporosi,
tumori di vario tipo e ulteriori patologie autoimmuni. La celiachia è
difficile da diagnosticare e spesso si manifesta con diarrea (sintomo
comune a moltissimi altri problemi), anemia e lesioni alla bocca che
molti attribuiscono al virus herpes. La dieta chetogenica esclude tutti
i grani e tutti i cereali, inclusi quelli che contengono glutine, e risulta
quindi la dieta ideale per i celiaci, soprattutto quando escluda anche
altre lectine (il glutine può essere considerato una lectina) come
quelle contenute nelle solanacee (pomodori, melanzane, patate...) e
nei legumi. Nel caso di celiachia e dieta chetogenica non ci sono
particolari precauzioni da prendere, anzi. Le capacità
antinfiammatorie della dieta aiuteranno significativamente in caso di
celiachia o di altri disturbi causati dal glutine.
Ad ogni modo, sarebbe opportuno che i soggetti celiaci (sopratutto
quelli che gradiscono sostituire i prodotti con glutine con prodotti che
non contengono glutine) sapessero che i prodotti commerciali da
forno “gluten free” sono assolutamente da evitare perché si tratta,
quasi sempre, di prodotti elaborati con farine diverse da quelle del
grano ma con un’alta percentuale di amidi. Gli amidi sono terribili per
i picchi insulinici perché provocano, o rischiano di aggravare,
problemi alla tiroide o il PCOS, la sindrome da ovaio policistico, che
ha una forte connessione con il mangiare glutine e carboidrati in
generale.
Purtroppo per i celiaci italiani, la cui dieta è prettamente basata su
pane e pasta, non ci sono sul mercato sostituti di qualità
apprezzabile. Esistono diversi tipi di ricette chetogeniche per panini
gluten free ma, per chi è abituato al sapore, alla consistenza e alla
croccantezza del pane tradizionale, ad esempio, non sarà difficile
riscontrare una certa delusione e insoddisfazione. Si tratta, infatti, di
prodotti alternativi che possono ricreare l’idea di un certo alimento
ma che, chiaramente, non potranno mai riprodurlo in modo identico.
10.
Aumentare il peso con la dieta
chetogenica

E rroneamente, molte persone pensano che la dieta


chetogenica serva solo ed esclusivamente a perdere peso.
Questo fatto è assolutamente comprensibile visto che grazie agli
eccellenti risultati raggiungibili attraverso questo tipo di dieta sono,
oramai, numerosi gli specialisti dell’alimentazione che la
promuovono per la sua efficacia in termini di esiti concreti sul
dimagrimento. Ma la dieta chetogenica non è unicamente una dieta
che può essere utilizzata per eliminare con successo peso e grasso
in accumulo. Pochi sanno che attraverso questo regime alimentare è
anche possibile aumentare la massa muscolare. “Ma i body builder
mangiano ampie quantità di carboidrati!”
Ecco un altro mito da sfatare. Infatti, la storia del body building è
piena di esempi di atleti che seguivano una dieta chetogenica, la
famosa dieta "carne e acqua". Soprattutto nell'epoca d'oro del
culturismo, questo particolare tipo di dieta chetogenica,
essenzialmente una dieta carnivora pura, veniva seguita nel periodo
lontano dalle gare per aumentare la massa muscolare senza
ingrassare particolarmente.
È importante capire che per aumentare la massa muscolare del
nostro corpo servono, essenzialmente, due condizioni: uno stimolo
muscolare progressivamente crescente, che si ottiene sollevando
pesi in palestra, e un'alimentazione che contenga sufficienti proteine
e offra un surplus di energia rispetto a quanto richiesto, per
promuovere la generazione di nuovo tessuto muscolare.
Una sufficiente quantità di proteine è fondamentale e le proteine si
possono paragonare ai mattoni per costruire una casa. Se le
proteine sono insufficienti, avere uno stuolo di muratori con cemento
e cazzuole non servirà a nulla.
Per aumentare di peso occorrerà mantenere i livelli più alti del range
consigliato in una dieta chetogenica, ovvero intorno ai 2,2 grammi al
giorno di proteine per kg di peso corporeo, una quantità da
incrementare ulteriormente, anche fino a 3 grammi per kg di peso
corporeo al giorno, qualora si volesse migliorare la definizione. In
quest’ultimo caso si abbasseranno progressivamente le quantità di
grasso mentre le proteine eserciteranno una funzione anti-
catabolica, preservando la massa muscolare anche in deficit
energetico. Per aumentare la massa muscolare, oltre alle proteine,
servirà avere abbondante energia.
Quelle proteine saranno utilizzate per creare nuovo muscolo e quella
energia verrà fornita dai grassi che andranno incrementati,
indicativamente, a 50-60 grammi al giorno rispetto alla quantità
sufficiente per mantenere il peso stabile.
Come anticipato, per ottenere certi risultati servirebbe anche uno
stimolo muscolare crescente. Anche se non è questa la sede per
trattare l'argomento dell'allenamento in palestra mirato alla crescita
muscolare, basterà fare l'esempio del mitico Milo di Crotone. Milo
era un lottatore dell’antica Grecia che, in preparazione per le
Olimpiadi, ogni giorno portava un vitello sulla schiena. Visto che il
peso del vitello cresceva quotidianamente, allo stesso modo, Milo,
incrementava quotidianamente la sua forza, fino a quando fu in
grado di portare, senza difficoltà, una vacca adulta. Nella realtà degli
esercizi eseguiti in palestra sarà impossibile aumentare
costantemente il peso sollevato e l'aumento progressivo del carico
dovrà, quindi, venire da una combinazione di aumento del peso,
aumento del volume di allenamento e aumento dell'intensità.
11.
I benefici della dieta chetogenica

C ome accennato in uno dei precedenti capitoli, la dieta


chetogenica fu utilizzata in ambito terapeutico soprattutto per
il trattamento dell'epilessia ma sono molteplici le condizioni e i
disordini per i quali questa tipologia di alimentazione porta notevoli
vantaggi.
Spesso, gli straordinari benefici riscontrati con la dieta chetogenica
portano a un uso dei farmaci nettamente inferiore. In molti casi,
addirittura, i trattamenti farmacologici non sono più necessari perché
la sola dieta risolve, completamente, la patologia preesistente.

11.1.

I benefici per il cervello e i mitocondri

N on vi fate spaventare dalle parolone, i mitocondri sono


sostanzialmente dei piccoli organuli che all’interno delle
nostre cellule producono l'energia necessaria per la nostra vita. Se
pare che siano importanti è proprio perché lo sono, infatti,
mantenerli in piena efficienza è il modo migliore per avere una vita
lunga e in salute.
I mitocondri sono estremamente più efficienti quando l’organismo in
cui si trovano riceve alimenti compatibili con una dieta chetogenica
rispetto a quando ricevono carboidrati, zuccheri in generale. Infatti,
queste piccolissime strutture si sono evolute essenzialmente per
usare i grassi, riducendo così il carico tossico provocato dall'utilizzo
del glucosio per produrre energia.
Infatti, mentre i grassi possono essere usati dai mitocondri in modo
diretto, i carboidrati dovranno essere processati dalle cellule prima
che i mitocondri li possano utilizzare per lo scopo preciso di
generare l’energia necessaria al nostro organismo.
Molte malattie autoimmuni causano un calo dell’energia prodotta dai
mitocondri e questo calo può determinare la comparsa di malattie
come ad esempio tumori, sclerosi multipla, fibromialgia o artrite
reumatoide.
In questo caso la dieta chetogenica è in grado di intervenire sia sulle
cause della malattia, sia sull'efficienza dei mitocondri e, di
conseguenza, sui livelli di energia.
È importante sapere che avere mitocondri in ottima forma significa
rallentare l'invecchiamento dal punto di vista funzionale ed estetico.
Quando l’attività mitocondriale inizia a essere compromessa, infatti,
il nostro corpo concentra l'energia per le sue funzioni più importanti
e fra queste, ad esempio, non rientra la tonicità delle parti adipose e
della pelle del viso. Mitocondri sani e funzionali significa un volto più
giovanile. E il cervello?Il detto mens sana in corpore sano è vecchio
ma sempre valido e la dieta chetogenica è perfetta anche per il
cervello.
Ci sono ampie indicazioni che sia stata proprio la dieta chetogenica
a far crescere e sviluppare il cervello degli esseri umani durante i tre
milioni di anni di evoluzione. Oggigiorno, quella crescita sembra
quasi essersi fermata e, per di più, pare che negli ultimi decenni le
malattie degenerative del cervello come atrofia, Alzheimer,
Parkinson e demenza siano diventate la norma.
I nostri due organi più importanti sono il cervello e il cuore. Non è un
caso se proprio questi due organi si siano evoluti utilizzando i
chetoni come forma preferita di energia. Infatti, l’uso dei corpi
chetonici determina una resa superiore rispetto all’uso del glucosio,
fino a un 25% di maggiore efficienza da parte dei mitocondri.
I chetoni possono attraversare la barriera sangue-cervello e fornire
direttamente ai neuroni l'energia necessaria. È per questo motivo
che in molte malattie degenerative, quando il cervello non è in grado
di utilizzare correttamente l'energia prodotta dal glucosio, la dieta
chetogenica è in grado di produrre sensibili miglioramenti.
Grazie alle proprietà dei chetoni, la dieta chetogenica sembra essere
particolarmente benefica per l'umore e molte ricerche suggeriscono
che questo tipo di alimentazione potrebbe apportare benefici per
diverse condizioni di salute mentale come la depressione, il disturbo
bipolare, la schizofrenia e la demenza.
Essere in uno stato di chetosi sembra avere un'influenza positiva sul
cervello che va dall'effetto antiossidante all'aumento della lucidità
mentale fino a un generale senso di benessere.
È stato dimostrato che la chetosi aumenta la produzione di un
neurotrasmettitore comune nel cervello, il GABA, la cui carenza
sembra essere responsabile di diversi disturbi. Gli studi condotti
sull'uso della dieta chetogenica nell'epilessia, ad esempio, tendono a
dimostrare che un buon equilibrio del GABA porta a una migliore
concentrazione mentale e a una riduzione dello stress e dell'ansia.
Inoltre, contrariamente alla convinzione comune secondo la quale il
glucosio sarebbe essenziale per il cervello, i corpi chetonici prodotti
dal grasso durante una dieta chetogenica, come il beta-
idrossibutirrato, possono fornire un carburante alternativo per il
cervello ancora più efficiente rispetto al glucosio.
Si ritiene anche che i chetoni aumentino il numero di mitocondri delle
cellule cerebrali incrementando i livelli di energia in tali cellule.
Tale aspetto è particolarmente importante poiché molti disturbi
mentali hanno in comune un problema principale, ovvero la carenza
di produzione di energia nelle cellule del cervello ed è probabilmente
questo il motivo principale per il quale una dieta chetogenica
presenta dei profondi effetti migliorativi sulla salute mentale e sulle
condizioni neurodegenerative. Alcune ricerche in merito hanno
suggerito come, effettivamente, la dieta chetogenica riduca lo stress
ossidativo, l'infiammazione nel cervello e i livelli di infiammazione.
Inoltre, grazie all’utilizzo dei corpi chetonici come combustibile vi è
un aumento dell'energia che contribuisce al miglioramento delle
funzioni cerebrali. Gli studi hanno dimostrato che uno dei motivi per i
quali la dieta chetogenica potrebbe dare degli ottimi risultati nel
trattamento delle crisi epilettiche potrebbe essere l'aumento dei livelli
di un importante molecola, il glutatione.
Questa molecola viene definita come il grande antiossidante,
fondamentale per un gran numero di processi fisiologici e per il
mantenimento di un efficiente sistema immunitario.
L’aumento dei livelli di glutatione andrebbe, quindi, a beneficio non
solo nel trattamento dell'epilessia ma anche in termini di salute e
benessere generale dell’organismo. Insomma, il nostro cervello, che
è fatto quasi interamente di grassi, preferisce di gran lunga utilizzare
chetoni piuttosto che glucosio.

11.2.

I benefici per i tumori

Q uando le cellule perdono l'abilità di produrre l'energia di cui


hanno bisogno attraverso la normale respirazione cellulare,
utilizzano la glicolisi tramite la fermentazione. Si tratta di un
meccanismo antichissimo che, durante l’evoluzione della vita sulla
terra, veniva usato da tutti gli organismi viventi, prima che
l'atmosfera terrestre avesse abbondanti quantità di ossigeno.
Tale meccanismo, seppur antichissimo, è per certi versi poco
efficiente, molto meno efficiente del metabolismo adottato dai
mitocondri quando questi utilizzano i grassi per produrre energia,
come avviene durante la chetosi. In alcuni casi, l’uso della
fermentazione provoca le mutazioni genetiche che sono state
spesso trovate nei tumori e che sono, dunque, una conseguenza del
tumore e non una causa. Per questo motivo, le terapie utilizzate fino
a oggi per la cura dei tumori non sono riuscite a portare dei risultati
concreti ma si sono basate, fondamentalmente, su false premesse.
Il glucosio e la glutammina (un aminoacido) sono i substrati che le
cellule tumorali utilizzano nella fermentazione e sono anche le
sostanze che servono al tumore per produrre nuove cellule. La
caratteristica delle cellule tumorali a crescita veloce fu dimostrata da
Otto Warburg nel 1924 e fu proprio grazie a queste sue ricerche che
fu insignito del premio Nobel per la medicina.
A seguito di queste informazioni, sembrerebbe logico a tutti (tranne
agli oncologi e ai ricercatori delle case farmaceutiche,
evidentemente) che la miglior strategia terapeutica contro i tumori
sarebbe quella di eliminare, o ridurre il più possibile, queste
sostanze dalla dieta. Eppure pare non sia così logico nonostante, ad
esempio, uno dei metodi usati per verificare la presenza di certi
tumori sia quello di far bere ai pazienti un bicchierone di acqua e
glucosio e verificare quali siano le cellule che per prime utilizzeranno
quel nutriente.
Quelle cellule saranno le cellule tumorali. Una dieta chetogenica ben
formulata ha un enorme potenziale terapeutico per la cura dei
tumori. Infatti, le cellule cancerose non hanno l'adattabilità
metabolica di utilizzare i chetoni come fonte energetica mentre le
cellule sane, utilizzando i chetoni al posto del glucosio, possono
sopravvivere e, addirittura, prosperare. Eliminare i carboidrati dalla
dieta (tutti, inclusi quelli delle verdure e della frutta) permette
letteralmente di far morire di fame le cellule tumorali.
Ma, non si tratta solo di eliminare i carboidrati dalla dieta. La dieta
chetogenica terapeutica per i tumori andrebbe, infatti, calibrata per
ogni tipologia di cancro, pur mantenendo basi comuni. Per esempio,
nel caso di un tumore al seno, alla tiroide, all'utero o alla prostata,
tutti tumori sensibili agli estrogeni, è opportuno eliminare i latticini
dalla dieta a causa dei metaboliti degli estrogeni presenti nei grassi
di burro e formaggi. Nei malati di tumore è quasi sempre
raccomandata la precauzione di eliminare i latticini per via della
capacità anabolica di questi alimenti, legata al fatto di stimolare la
produzione di insulina.
In generale, la dieta chetogenica terapeutica più utilizzata in questi
casi è una dieta molto restrittiva, che contiene zero carboidrati, la
quantità minima possibile di acidi grassi polinsaturi (contenuti in oli di
semi, noci e frutta secca ma anche nel grasso di maiale e pollo),
zero latticini e il minimo necessario di proteine per mantenere la
massa muscolare con un alto contenuto di grassi saturi per arrivare
al totale di calorie giornaliero, che non deve essere troppo basso.
Trovare un buon dietologo che abbia esperienza con diete
chetogeniche per queste specifiche patologie è, dunque,
fondamentale e molti bravi oncologi sono spesso in grado di dare
delle indicazioni su chi rivolgersi, avendo cura di evitare la troppa
visibilità per non incorrere nelle ire delle associazioni dei medici.

11.3.

I benefici per il diabete

L a dieta chetogenica è un regime alimentare a basso contenuto


di carboidrati e per questo motivo può

carboidrati
risultare molto
vantaggiosa per i diabetici. Innanzitutto, ridurre significativamente i
introdotti abitualmente nella dieta ha un effetto
importante sulla glicemia, tanto da richiedere un adattamento del
dosaggio dei farmaci usati per il disordine. La glicemia potrà
stabilizzarsi al punto tale da far entrare la malattia in completa
remissione. In questo caso, il trattamento farmacologico non sarà,
assolutamente, più necessario. Inoltre, la dieta chetogenica potrà
aiutare a ridurre il rischio di complicanze del diabete (in larga parte
causate dagli elevati livelli di zucchero nel sangue) come danni ai
nervi, ai reni e agli occhi. Molti studi dimostrano come il solo uso
della dieta permetta di ridurre significativamente le complicanze più
gravi che portano alla amputazione di arti o alla rimozione dei globi
oculari. Oltretutto, meno glucosio e meno insulina in circolo equivale
a un minor rischio di sviluppare tumori. I benefici della dieta
chetogenica non si fermano qui. Infatti, questo tipo di alimentazione
rende molto più semplice la perdita concreta di peso fino a dei livelli
ottimali. L'eccesso di peso è un fattore di rischio importante perché
può aggravare in maniera notevole i sintomi del diabete e le
complicanze da esso derivate, incluse quelle cardiovascolari, con
una notevole riduzione dei livelli dei trigliceridi nel sangue, uno dei
principali fattori di rischio per le malattie cardiache. In sintesi, la dieta
chetogenica offre molteplici vantaggi alle persone che soffrono di
diabete, compreso il miglioramento del controllo glicemico, il calo
considerevole del rischio di complicanze, la perdita di peso, la
riduzione dell’infiammazione e i conseguenti vantaggi sulla salute
cardiovascolare.

11.4.

I benefici per l'ipertensione

L a dieta chetogenica può aiutare a contrastare l'ipertensione


arteriosa attraverso diversi meccanismi. Così come per chi
soffre di diabete, essere in sovrappeso (o essere obeso o avere
un’alta infiammazione) risulta essere un fattore di rischio
particolarmente elevato per chi è soggetto a ipertensione.
Fortunatamente, il regime alimentare di tipo chetogenico riesce,
nella maggior parte dei casi, a ridurre questi rischi. Un modo in cui la
dieta chetogenica può aiutare a contrastare l'ipertensione è quello
della riduzione della resistenza all'insulina. L'insulino-resistenza è
una condizione in cui l'organismo ha difficoltà a utilizzare
correttamente l'insulina, con conseguenti livelli elevati di questo
ormone nel sangue. Livelli elevati di insulina possono contribuire
all'ipertensione causando la ritenzione di sodio da parte dei reni che
farà aumentare, conseguentemente, la pressione e il volume del
sangue. Riducendo la resistenza all'insulina, la dieta chetogenica
può contribuire a migliorare i livelli di pressione sanguigna.

11.5.

I benefici per le malattie autoimmuni

N on vi è alcun dubbio che una delle emergenze sanitarie degli


ultimi decenni sia l'esplosione di malattie autoimmuni, una
vasta categoria di condizioni mediche accomunata da elevato stress
ossidativo e infiammazione sistemica. L'elenco di queste malattie è
lungo. Qui di seguito troverete una lista delle più diffuse alle quali
andrebbero aggiunte tutte quelle condizioni mediche che hanno,
almeno in parte, una componente autoimmune.
Principali malattie autoimmuni:
Anemia perniciosa
Artrite reumatoide
Diabete di tipo 1
Epatite autoimmune
Lupus eritematoso sistemico (LES)
Malattia celiaca
Malattia di Addison
Malattia di Graves
Malattia infiammatoria intestinale (IBD)
Miastenia grave
Polimialgia reumatica
Psoriasi
Sclerosi multipla (SM)
Sindrome di Goodpasture
Sindrome di Guillain-Barre
Sindrome di Sjögren
Spondilite anchilosante
Tiroidite di Hashimoto
Vasculite
Vitiligine

È , dunque, evidente come un intervento dietetico possa avere


enormi benefici sulla salute di un numero enorme di persone
afflitte da queste patologie per le quali, spesso, non esiste alcuna
cura ma solo dei trattamenti per alleviare o tenere sotto controllo i
sintomi. Ma vediamo subito, nello specifico, in che modo la dieta
chetogenica potrà aiutare le persone che soffrono delle patologie
elencate qui sopra. Lo stress ossidativo è una situazione che si
verifica quando l'organismo presenta uno squilibrio tra radicali liberi
e antiossidanti.
Tale scompenso, spesso causato dal livello eccessivo di zuccheri nel
sangue, può portare a danni ai tessuti e a incrementare
l'infiammazione. La dieta chetogenica contribuisce alla diminuzione
dell’infiammazione perché i chetoni sono molecole che agiscono
naturalmente come antiossidanti e proteggono le cellule dai danni
ossidativi.
Oltre ad avere un effetto sullo stress ossidativo, la dieta chetogenica
ha un'importante funzione di riduzione dell'infiammazione cronica
perché riduce la proliferazione di molecole infiammatorie, come le
citochine, prodotte quando si mangia una dieta ricca di carboidrati.
L'uso degli stessi chetoni, come fonte di energia primaria, ha un
effetto di riduzione dell'infiammazione.
Inoltre, chi adotterà una dieta di tipo chetogenico scoprirà un
salutare cambiamento nel microbiota intestinale.
Non è ancora ben chiaro quale sia la composizione ideale di questa
fondamentale parte della nostra biologia ma la realtà dei fatti ci
mostra che, eliminando il più possibile i carboidrati dalla dieta,
quell'enorme mistura di batteri e microbi che abbiamo nel sistema
gastrointestinale produrrà delle sostanze che ridurranno
l'infiammazione intestinale. L'effetto dei chetoni sulle malattie
autoimmuni è, persino, più diretto. Infatti, in caso di malattie come la
sclerosi multipla (nella quale il sistema immunitario attacca la guaina
protettiva dei nervi, arrivando a limitare la capacità di questi di
trasportare il segnale nervoso) i chetoni forniranno un tipo di energia
alternativa che agirà come fonte di energia diretta per il sistema
nervoso e per il cervello, aiutandoli a mantenerne la funzionalità e a
ridurre i sintomi della malattia.
12.
La dieta chetogenica e le sue
variazioni

L a dieta chetogenica offre numerose varianti, ciascuna con le


proprie peculiarità. La scelta del tipo di dieta da seguire
dovrebbe essere legata e adattata agli obiettivi che si desiderano
ottenere e alle condizioni mediche specifiche di ciascun soggetto. In
questo capitolo troverete una descrizione dei tipi più popolari di dieta
chetogenica.

12.1.

La dieta carnivora o a zero carboidrati

L a dieta carnivora è per definizione una dieta chetogenica a


zero carboidrati perché gli unici alimenti concessi sono carne,
pesce, uova e organi come cuore, fegato, polmoni. Alcuni carnivori
apportano delle variazioni a questa dieta aggiungendo altri alimenti
di origine animale, ma derivati, come latticini e, in alcuni casi,
addirittura il miele (in dosi moderate, tali da mantenere l’organismo
ampiamente in chetosi). L'idea è quella di mangiare solamente cibo
specifico per gli esseri umani, eliminando del tutto sostanze come
acido fitico, lectine e fibre che non sono necessarie per la salute e
che, anzi, causano spesso una moltitudine di condizioni mediche.
Proprio per i motivi appena descritti, la dieta carnivora stretta viene
spesso utilizzata come primo passo per risolvere i problemi di salute
legati alle intolleranze alimentari. Generalmente, si pratica per un
mese al termine del quale verranno reintrodotti gli altri cibi, uno alla
volta, osservando le reazioni del paziente.
In questo contesto, la dieta chetogenica carnivora stretta è la
perfetta dieta a eliminazione e a differenza di altre diete a
eliminazione fornisce tutti i macro e micro nutrienti necessari
all’organismo e può essere mantenuta, dunque, ben più delle poche
settimane. Addirittura, secondo molti proponenti la dieta carnivora
stretta potrebbe, anzi dovrebbe, essere mantenuta a vita.
A mio parere, gli effetti salutari di questo tipo di dieta sono
incontrovertibili e ritengo che questa sia la migliore strategia
alimentare non solo per curarsi e rimanere in salute ma anche per
ottenere i migliori risultati per rallentare l’invecchiamento e per
preservare la salute mentale.
Ne sono consapevole, sono dichiarazioni forti e ammetto di seguire
questa dieta solo saltuariamente, soprattutto quando si riaffacciano
problemi all'apparato gastrointestinale. Sono stati proprio quei
problemi ad avermi spinto, oramai molti anni fa, a passare alla dieta
chetogenica carnivora, che è quella che preferisco adottare per
buona parte dell'anno, ovvero una dieta chetogenica basata su
carne e un minimo di prodotti di origine vegetale.
I benefici della dieta carnivora includono la perdita di peso fino a
trovare un equilibrio naturale e questo è un aspetto molto importante
perché sappiamo quanto l’obesità sia, di per sé, una delle principali
cause, o concause, di molte malattie metaboliche, soprattutto a
causa dell'aumento dell'infiammazione sistemica.
Meno grasso addominale significa meno infiammazione e questo è
già un eccellente risultato. Idealmente, in una dieta carnivora si
dovrebbero consumare anche gli organi degli animali,
preferibilmente ruminanti (vacca, pecora o capra) allevati al pascolo.
Il fegato, ad esempio, fornisce un'enorme quantità di vitamine e
minerali, i tessuti connettivi sono ricchissimi del prezioso collagene,
una proteina che aiuta a mantenere sane le articolazioni e la pelle,
oltre a migliorare il recupero muscolare dopo un allenamento.
Come nel caso di altri tipi di diete chetogeniche (ricordiamoci che
quella carnivora è, in pratica, una variazione della dieta
chetogenica), si dovrebbe mangiare a sazietà e solo nel caso in cui
si volesse perdere peso occorrerebbe concentrarsi sopratutto sulle
proteine, evitando di mangiare troppo grasso perché si rischierebbe
di rallentare, o fermare, il dimagrimento. La quantità ideale di
proteine da mangiare rimane sempre intorno ai 2 grammi al giorno
per kg di peso corporeo.
Qualora ci trovassimo nella condizione di essere abbondantemente
in sovrappeso, i 2 grammi saranno per kg di peso corporeo ideale.
Mangiata questa quota di proteine si potranno mangiare grassi a
sazietà.
In merito ai pasti, si dovrebbe mangiare quando si ha fame e la
maggioranza delle persone che seguono una dieta carnivora si
adatta automaticamente a una forma di digiuno intermittente, con
solo due pasti al giorno o, spesso, anche a un solo pasto al giorno,
proprio grazie al potere saziante di proteine e grassi.

12.2.

La dieta paleolitica o paleo

C ome indicato nei primi capitoli, una dieta chetogenica può


essere paleo o non paleo. Ma, cosa significa? La dieta paleo,
o paleolitica, cerca di riprodurre il regime alimentare dei nostri
antenati che erano, sostanzialmente, cacciatori e raccoglitori.
Questa dieta fu ideata dal dottor Loren Cordain e definita nel suo
libro “La dieta paleo” (2002) al quale seguì "La dieta paleo per gli
atleti" scritto insieme a Joe Friel, un autore noto per i suoi libri
sull'allenamento. Il principale obbiettivo di Cordain era
semplicemente quello di determinare la dieta ottimale per gli esseri
umani.
La dieta paleolitica include carne, pesce, uova, frutta e noci, verdure,
ma elimina oli di semi, latticini, legumi e zucchero, e riduce
fortemente le piante della famiglia delle solanacee.
La dieta paleo può essere chetogenica (e molti che la seguono
preferiscono questo stile) ma può anche avere significative quote di
carboidrati, da frutta, tuberi come patate dolci oltre a noci, mandorle,
pistacchi e altra frutta secca.
La versione tradizionale della paleo, proposta anche per gli sportivi,
è una dieta a moderato contenuto di carboidrati e più alta in proteine
e grassi rispetto alle diete standard. Questo tipo di alimentazione,
detto anche low carb, è un'eccellente versione della dieta
chetogenica e viene utilizzata per trattare molti problemi di salute.
La dieta paleo può essere una dieta molto più restrittiva di altre diete
chetogeniche perché elimina completamente anche i latticini, a
esclusione del ghee, pomodori, peperoni, melanzane e legumi ma è,
sicuramente, ben più accettata e ben più facile da seguire rispetto
della dieta carnivora. Inoltre, se mantenuta con bassi carboidrati
risulta una dieta estremamente utile per ridurre l’infiammazione.

12.3.

La dieta PSMF (Protein Sparing


Modified Fast) o digiuno modificato

L a dieta PSMF (Protein sparing modified fast) è una variazione


molto particolare della dieta chetogenica ideata per perdere
grasso senza ridurre la massa muscolare o, perlomeno, per
contenere questa perdita. Infatti, ogni volta che mangiamo meno
nutrienti di quelli necessari al nostro metabolismo, c'è il rischio
concreto che il nostro corpo, oltre ad utilizzare le risorse energetiche
immagazzinate nei grassi facendoci dimagrire, utilizzi anche gli
aminoacidi contenuti nelle proteine dei muscoli. Questo è, ad
esempio, il motivo per il quale diete come quella chetogenica
permettono, in modo più facile e mirato, di perdere grasso ma non
muscolo.
Infatti, a differenza di una dieta a base di carboidrati, in un regime
alimentare di tipo chetogenico il metabolismo del nostro organismo
diventa particolarmente efficiente nel bruciare grassi per produrre
energia. La dieta PSMF, in sintesi, è un regime alimentare che
predilige le proteine (moltissime per mantenere la massa muscolare)
e introduce pochissimi grassi o carboidrati. Questo tipo di dieta è
ideale per brevi periodi e non è intesa come una dieta a lungo
termine. Personalmente ho visto fin troppe persone rovinate da diete
tradizionali a base di pochi grassi e poche proteine. In molti casi,
non solo si perde molta massa muscolare, restituendo una falsa
illusione di dimagrimento, ma si tende a perdere anche del tessuto
in organi importantissimi come il cuore (che è un muscolo) o nelle
ossa a scapito della mineralizzazione, con effetti gravissimi
soprattutto sulle persone più anziane e sulle donne.
Alla base della dieta PSMF c'è un'alimentazione ricca di fonti magre
di proteine che devono essere almeno di 2 grammi per kg di peso
corporeo. Per una persona di 80 kg questo significa almeno 160
grammi di proteine al giorno, pari a circa 800 grammi di petto di pollo
sgrassato. Molti studi, però, sembrano indicare in 2,6 grammi la
quantità di proteine ideale per mantenere la massa muscolare,
ovvero - sempre nel caso di una persona di 80 kg - 208 grammi
equivalenti a, circa, 1 kg di pollo.
Le regole da adottare, seguendo il profilo alimentare PSMF,
sarebbero le seguenti: tagli magri e accuratamente sgrassati di
vitello, pollo, tacchino, agnello o maiale, pesce bianco di ogni tipo,
gamberi, cozze e vongole, bianchi d'uovo, proteine in polvere. I
grassi non sarebbero ammessi se non la quantità giusta, o il minimo
indispensabile, per la cottura e il condimento, in maniera tale da
accentuare il più possibile, il consumo del proprio grasso corporeo. I
carboidrati, così come i grassi, andrebbero ridotti al minimo. In
questo modo verrebbe incrementata la velocità di svuotamento del
glicogeno immagazzinato nei muscoli e nel fegato e i livelli di
insulina resterebbero bassi. Idealmente, i carboidrati dovrebbero
stare sotto i 30 grammi al giorno, più o meno come in una dieta
chetogenica (possiamo dire che, a tutti gli effetti, la PSMF è una
tipologia di dieta chetogenica).
Ovviamente, non ingerendo grassi e carboidrati ma mangiando solo
carni magre, occorrerà introdurre nella dieta una buona quantità di
verdure, sia per riempirsi la pancia sia per ottenere una certa varietà
alimentare. Si potranno scegliere verdure a bassi carboidrati come
broccoli, cavolfiore, asparagi, vari tipi di lattuga, spinaci e, in
generale, tutte le verdure a foglia verde. Aglio e cipolla in
moderazione.
Il problema sarà cucinare le verdure perché senza usare grassi le
opzioni di cottura si limiteranno a verdure bollite o al vapore, oppure
cotte in padella antiaderente con l’aggiunta di acqua e pochissimo
olio. Tra le varie integrazioni possibili, oltre alle già citate proteine in
polvere che potranno essere di aiuto a chi avrà difficoltà a ingozzarsi
con ampie quantità di petto di pollo scondito, è vivamente
raccomandata l’integrazione di elettroliti (sodio, potassio, magnesio)
da abbinare a un complesso multivitaminico che compenserà i
micronutrienti non presenti nel cibo. Personalmente, consiglio di
assumere anche del collagene, sciolto in una cucchiaiata di yogurt
naturale magro (senza zuccheri aggiunti) e del brodo di ossa, così
da aumentare i livelli glicina, un amminoacido di fondamentale
importanza vista la grande quantità di metionina contenuta nella
carne.
Qualora si volesse accelerare il dimagrimento, il consiglio sarebbe
quello di fare dell'esercizio fisico che consumi le scorte di glicogeno
dei muscoli. Un esempio di allenamento potrebbe essere il circuit
training in palestra, passando da esercizio a esercizio senza riposo,
favorendo movimenti multiarticolari come panca, squat e trazioni alla
sbarra. Normalmente, la dieta PSMF si effettua per brevi periodi,
una settimana o poco più.
In alternativa può essere utilizzata con successo in una dieta
combinata cinque:due (5:2), ovvero, mangiando normalmente per
cinque giorni la settimana e adottando il regime alimentare PSMF
per i restanti due giorni, evitando il digiuno completo.
A causa del rischio di carenze di vitamine liposolubili (rischio
derivato dai pochi grassi presenti in questo tipo di dieta) e dello
stress generale sull’organismo, non raccomando mai la dieta PSMF
per periodi più lunghi da quelli indicati.
In maniera assoluta, sconsiglio questo tipo di dieta alle donne in
attesa e alle donne che sono alla ricerca di una gravidanza.

12.4.

La dieta Atkins

L a dieta Atkins è stata, forse, la prima dieta low carb a grande


diffusione. Questa dieta deve il suo nome a Robert Atkins che
la ideò all'inizio degli anni Settanta. Si tratta di una dieta a bassi
carboidrati basata su carne, pesce, verdure a foglia, noci e semi,
formaggi. Prevede una fase iniziale a bassissimi carboidrati,
praticamente chetogenica, e delle fasi successive di mantenimento
nella fascia più alta della definizione low carb.
In realtà, ci sono diverse variazioni della dieta Atkins ma quella
originale, conosciuta come Atkins 20, è suddivisa in quattro fasi
distinte. Nella prima fase, che sarà quella necessaria alla perdita di
peso iniziale, la quantità di carboidrati sarà ridotta fino alla soglia
chetogenica di un massimo di 20 grammi al giorno. Questa fase
dovrebbe essere seguita fino ad arrivare a 7-8 kg dal peso ideale. La
seconda fase, che dovrebbe essere seguita fino ad arrivare a 5 kg
dal peso ideale, vedrà la reintroduzione di qualche carboidrato,
soprattutto da noci e frutti di bosco, nella quantità di 5 grammi
aggiuntivi a settimana fino a un massimo di 80 grammi totali.
La terza fase sarà quella di mantenimento mentre nella quarta, e
ultima fase, vi sarà il piano alimentare che andrà seguito per il lungo
periodo. Sicuramente, la dieta Atkins presenta dei vantaggi
indiscutibili rispetto ad altre diete più tradizionali come quella
mediterranea ad esempio, ma, a mio parere, resta un problema
poco trascurabile. Infatti, una volta raggiunta la fase di
mantenimento e quindi dopo il dimagrimento iniziale ottenuto
durante la fase chetogenica, questo tipo di dieta prevede un
“premio” di carboidrati. In questo modo, purtroppo, sarà piuttosto
facile includere nuove ed eccessive quantità di zuccheri vanificando i
risultati raggiunti e perdendo i benefici ottenuti dal punto di vista
salutare.

12.5.

La dieta durante lo svezzamento

L a dieta durante lo svezzamento dovrebbe avere abbondanti


macro e micro nutrienti e sufficienti calorie per i bisogni della
crescita del bambino. Ma quali sono questi macro nutrienti? Le linee
guida del governo americano per i bambini dai sei agli undici mesi
non suggeriscono alcuna raccomandazione specifica se non un
generale incoraggiamento all’introduzione nella dieta di cibi di tutti i
gruppi alimentari, oltre a sottolineare il rischio in questa fascia d'età
di possibili deficienze in ferro, zinco, proteine, vitamina D, colina e
potassio, tutti nutrienti ben abbondanti in carne e uova.
L'Oxford Academy precisa anche che durante questa fase
dell'infanzia, e negli anni seguenti, i grassi siano fondamentali per il
corretto sviluppo neurologico e per lo sviluppo del cervello e, in
effetti, il latte materno fornisce grasso per circa la metà delle calorie.
Sembra che molti dei problemi di allergie alimentari dipendano dalla
non esposizione dei bambini piccoli agli allergeni e appare, dunque,
appropriato aggiungere nella dieta dello svezzamento cibi contenenti
potenziali allergeni come latte, uova, pesce e frutti di mare, soia,
noci, noccioline e frutta secca, con l'unica eccezione del glutine
perché alcune ricerche suggeriscono che far mangiare cibi
contenenti glutine durante i primi mesi di vita incrementi la possibilità
che i bambini diventino intolleranti.
Uno svezzamento fatto con carne, pesce, uova, interiora, frutta e
verdura fornirà anche una buona quantità di carboidrati proveniente
soprattutto da tuberi amidacei come barbabietole, patate e patate
dolci, oltre che da frutta a basso contenuto di zuccheri come limoni,
cocco, avocado, frutti di bosco e pomodori.
I frutti a più alto contenuto di zuccheri, come ad esempio l’uva o le
banane, potrebbero essere inseriti occasionalmente sotto forma di
speciale leccornia. Inoltre, sarà importante introdurre nella dieta una
buona quota di grassi animali, sia quelli della carne sia quelli del
latte, del burro e dei formaggi a latte crudo abbinati, o alternati, con
alcuni grassi vegetali di qualità come l’olio extra vergine di oliva,
l’olio di cocco e l’olio di avocado. Durante il primissimo periodo della
vita di ogni bambino sarebbe bene evitare, quanto più possibile,
grani e cereali.
Tali alimenti si aggiungeranno, certamente, in seguito sotto forma di
biscottini, dolcetti e merendine varie consumate per le feste o
durante i pomeriggi passati con gli amichetti o con i nonni. Per i
bambini è anche giusto che sia così, l'importante è che questi cibi
vengano consumati in modo occasionale e non diventino parte
integrante della dieta quotidiana. Una categoria di cibi da escludere
completamente durante lo svezzamento è, sicuramente, quella degli
oli di semi che, in realtà, dovrebbero essere eliminati persino dalle
diete destinate agli adulti.
12.6.

La dieta per i bambini

D opo lo svezzamento, in realtà, i bambini non hanno davvero


bisogno di una dieta diversa da quella degli adulti. Siamo
animali appartenenti alla stessa specie e beneficiamo degli stessi
macro e micro nutrienti, anche se in quantità diverse. Sembrerebbe
logico, quindi, preparare ai nostri figli gli stessi piatti che prepariamo
per noi stessi e questo sarebbe anche un ottimo metodo nell’ottica di
una buona educazione alimentare perché i bambini potrebbero
abituarsi, fin da piccoli, a non ricevere un cibo "speciale" preparato
appositamente per loro.
La loro istintiva repulsione per molte verdure non dovrebbe essere
vista come un problema perché, invece dei broccoli o dei cavoletti di
Bruxelles, i vostri figli trarranno maggiori benefici da un bel taglio di
carne grassa o, meglio ancora, da una ricca porzione di organi.
Tutto senza forzature e, soprattutto, senza integralismi visto che i
bambini, se sani, hanno una tolleranza agli zuccheri molto più alta
degli adulti e sarà sufficiente farli mangiare in modo corretto durante
in pasti in famiglia per lasciarli liberi di gustare un gelato la domenica
o una fetta di torta alla festa di compleanno dell’amichetto.
La caramella occasionale non è un problema, il problema è premiarli
con le caramelle quando fanno qualcosa di buono, abituandoli a
percepire i dolciumi come una ricompensa.
Preparate, invece, dei ghiaccioli ai frutti di bosco frullati con
l’aggiunta di un pochino di panna come dessert, o snack, vedrete
che li apprezzeranno come e più delle caramelle. Se consideriamo
che il corpo dei bambini si sviluppa a una velocità incredibile,
soprattutto oltre gli otto anni, i nostri figli avranno bisogno di
abbondanti nutrienti per evitare carenze alimentari che potrebbero
creare situazioni pericolose e portare a difetti nello sviluppo.
Durante la crescita, il ferro è uno degli elementi più importanti,
fondamentale per lo sviluppo neurologico ma anche per la crescita
fisica e la creazione di nuovi globuli rossi nel sangue. Per questo
motivo, la carne rossa e gli organi come un bel patè di fegatini di
pollo, o di anatra, saranno particolarmente importanti.
Lo zinco è un altro elemento fondamentale, sia per la crescita, sia
per il mantenimento del sistema immunitario. Una carenza di questo
elemento porta, spesso, a un ritardo nello sviluppo.
Molti alimenti che lo contengono in grandi quantità non fanno
tipicamente parte della dieta dei bambini (ostriche, cozze, vongole,
aragoste, granchio) ma, per fortuna, è abbondante in tutta la carne
rossa e in quella di maiale.
Un altro minerale fondamentale per lo sviluppo fisico e mentale è lo
iodio e, a parte fare vacanze al mare, per i condimenti a tavola è
bene usare a tavola sale iodato. Un contenuto insufficiente di iodio
nella dieta dei bambini causa una statura ridotta e uno scarso
sviluppo mentale.
Le vitamine fondamentali sono tutte quelle di origine animale
(gruppo A, gruppo B e in particolare B12, D e K2) oltre alla vitamina
C. Il mio consiglio è quello di mangiare carne, pesce azzurro e
formaggi e preparare delle belle limonate (o mangiare un'arancia
come frutta) che saranno sufficienti a coprirne il fabbisogno. Un altro
micronutriente davvero importante per lo sviluppo è la colina,
contenuta in grandi quantità nel rosso d'uovo. Un bello zabaione con
un cucchiaino di miele sarà per il bambino un eccellente e gradito
dessert.
Ma, mangiare la carne e tutti quei grassi saturi, non farà male ai
bambini? Pensiamoci un attimo. Un neonato mangia quasi solo, o
esclusivamente, latte materno per circa il primo anno della sua vita,
se non più a lungo. Si tratta di un alimento i cui grassi sono circa al
40% grassi saturi, ovvero la stessa percentuale di grassi saturi
contenuti nella carne, nelle uova e nei formaggi.
Come si può pensare che l'alimento che li ha nutriti nei primi mesi di
vita possa diventare, improvvisamente, deleterio appena un po' più
grandicelli? La realtà è che i grassi saturi sono indispensabili sia per
bambini, sia per adulti, perché compongono una buona parte delle
fondamentali strutture del nostro corpo, dalla membrana delle cellule
fino al cervello.
E, dunque, quale tipo di dieta adottare? La risposta è semplice. Una
dieta basata su carne, uova, pesce, verdure, formaggi, frutta e
carboidrati come patate, o patate dolci, e altri tuberi ricchi di amidi e,
occasionalmente, anche del riso, da preferire in brodo con un buon
brodo di ossa.
Il regime alimentare appena descritto è, in pratica, una dieta paleo a
bassi carboidrati con l’aggiunta dei formaggi. Definizione lunga, lo
so, sopratutto per il sottoscritto che odia le definizioni in ogni caso.
13.
Dieta chetogenica e sport

“S ono un atleta, ho bisogno di carboidrati!” Non ricordo più


quante volte ho sentito, o letto, questa affermazione.
Occorre fare, subito, alcune precisazioni. La necessità di mangiare
alte quantità di carboidrati per ottenere le migliori prestazioni
sportive rappresenta, senza ombra di dubbio, un mito, o una
leggenda metropolitana se preferite. È, certamente corretto
affermare che per alcune discipline una dieta basata sui carboidrati
consenta prestazioni migliori ma, in molte altre, è vero l'esatto
contrario.
Inoltre, sopratutto se non siete atleti professionisti, occorre
considerare il costo in termini di salute e benessere fisico generale
che le diete ad alti carboidrati possono determinare. Come detto nei
capitoli precedenti, se per produrre energia il nostro organismo
utilizzerà i chetoni, non ci sarà quell’enorme quantità di radicali liberi
che, invece, sarebbe prodotta nel caso di una dieta ad alti
carboidrati.
I radicali liberi sono molecole che vengono generate nei mitocondri,
soprattutto quando questi per produrre energia devono utilizzare
glucosio. La quantità di glucosio circolante nel corpo deve essere
tenuta sotto controllo dagli antiossidanti e dalle membrane cellulari
ma quando i radicali liberi diventano troppi, come nel caso degli
atleti che seguano una dieta ad alti carboidrati, causano l'aumento
dell’infiammazione che deprimere il sistema immunitario, peggiora la
salute del tratto gastrointestinale e velocizza il processo di
invecchiamento.
Questi disturbi potrebbero apparire secondari per un atleta
professionista ma, in realtà, uno dei problemi principali per gli
sportivi d'elite è il numero degli infortuni e il recupero da malattie
stagionali incrementate, proprio, da infiammazione elevata e sistema
immunitario depresso. Come già anticipato, ci sono delle discipline
sportive per le quali un'alimentazione a base di carboidrati non offre
alcun vantaggio rispetto a una dieta chetogenica e, in alcuni casi,
quella con i carboidrati è addirittura peggiore.
In generale, ogni attività fisica continua della durata massima di due
ore viene svolta più efficacemente utilizzando carboidrati come fonte
energetica ma, oltre quella durata, un metabolismo basato sui
chetoni e sugli acidi grassi offre un vantaggio che aumenta con
l'aumentare della durata della prestazione atletica.
Discipline intermittenti come il calcio, la pallacanestro o il tennis,
sono sostanzialmente neutre dal punto di vista delle prestazioni ma
molti atleti preferiscono utilizzare una dieta chetogenica per
migliorare il recupero e per ridurre il rischio di infortuni dovuto
all'infiammazione. Se vi definite “atleti” per il solo fatto di giocare a
calcetto una volta a settimana, o perché vi dedicate a una corsetta la
domenica mattina, sappiate che per voi la dieta chetogenica andrà
benissimo.

13.1.

Allenarsi per vivere più a lungo

P er mantenersi forti e in forma, così come per vivere bene e a


lungo, l’esercizio fisico è fondamentale. Ma qual è,
esattamente, il miglior tipo di allenamento per ottenere benessere e
buona forma fisica?
Questo capitolo affronterà il tema dell'allenamento cardiovascolare
in Zona 2, forse il migliore per incrementare la propria salute
metabolica e l'efficienza dei mitocondri. Vi ho già parlato dei
mitocondri, quegli organelli che producono energia nelle nostre
cellule.
Spesso, dalla produzione di energia provengono anche delle
sostanze di scarto (i famosi radicali liberi) che sono particolarmente
tossiche per la nostra salute. Più manterrete in salute i vostri
mitocondri, migliore sarà la vostra salute e, così, più lunga la vostra
vita. Non è poco!
Ma facciamo un passo indietro e vediamo di capire cosa sia
l’allenamento Zona 2 e perché sia tanto importante.
L'allenamento in Zona 1 (eseguito correndo, nuotando, andando in
bicicletta o vogando) oltre a essere quello più leggero e rilassato è
anche quello durante il quale il nostro corpo utilizza gli acidi grassi,
ovvero il grasso immagazzinato nelle nostre cellule adipose, per
produrre energia.
Aumentando di un pochino l’intensità, ma restando sempre a bassa
potenza, si arriva all'allenamento in Zona 2 basato anch’esso
sull'utilizzo degli acidi grassi e da un’ampia disponibilità di ossigeno.
Incrementando ulteriormente il passo, si arriverebbe all’allenamento
in Zona 3 (e oltre) dove la principale fonte di energia per i muscoli
diventerebbe il glicogeno, ovvero le scorte di carboidrati che
abbiamo accumulato nei muscoli e nel fegato.
Normalmente, allenarsi in Zona 2 significa mantenere una frequenza
cardiaca che va dal 60% al 70% di quella massima, ovvero
un’intensità facile da mantenere per lunghi periodi. Un esempio di
questo allenamento potrebbe essere rappresentato da una corsa
svolta mentre si conversa con una amico, senza che ci sia il fiatone.
La stragrande maggioranza degli atleti professionisti spende ore e
ore allenandosi a questa intensità mentre gli amatori di solito
preferiscono fare allenamenti molto più intensi perché ritengono, a
torto, che allenarsi in Zona 2 sia inutile. Invece, allenarsi in Zona 2
porta le nostre cellule a produrre più mitocondri e avere più
mitocondri significa avere più energia, energia che si traduce in
prestazioni migliori per gli atleti e in un metabolismo più efficiente
per tutti gli altri.
Inoltre, la Zona 2 consente al proprio corpo di diventare più efficiente
nel passare da un carburante all'altro per produrre energia,
favorendo il dimagrimento (in Zona 2 si bruciano i grassi, ricordate?)
e migliorando la salute metabolica. Un altro grande vantaggio
dell'allenamento in Zona 2 è il miglioramento generale della salute
cardiovascolare che si realizza anche attraverso la riduzione della
frequenza cardiaca a riposo. Inoltre, con una maggiore capacità
aerobica, i muscoli avranno a disposizione più ossigeno sia durante
sia dopo l'allenamento, migliorando la capacità di recupero ed
eliminando più velocemente l'accumulo di acido lattico.
Questo tipo di esercizio fisico è ideale per chi soffre di problemi di
resistenza all’insulina perché si otterranno dei miglioramenti sulla
sensibilità dell’organismo, il quale incrementerà la sua capacità di
rispondere alla presenza di carboidrati nell'alimentazione e regolerà
meglio la produzione di insulina.
Un sistema molto semplice per calcolare la frequenza cardiaca
necessaria per rimanere in Zona 2 (anche se non completamente
accurato) è quello di calcolare la frequenza massima usando la
formula sottostante:
220 - la vostra età
Fate riferimento al valore risultante e allenatevi mantenendo una
frequenza che vada dal 60% al 70% di quel valore. Ad esempio, per
una persona di 50 anni il range di frequenza sarà quello seguente:
220-50 = 170
60% di 170 = 102
70% di 170 = 119
Ovviamente, questa è una guida generale e l'esatta determinazione
dipenderà anche dal tipo di esercizio e dalla quantità di muscoli
utilizzati, dipendentemente dal tipo di attività svolta. Il rematore, per
fare un esempio, utilizzerà molti più muscoli rispetto a chi pratica la
corsa e, comunque, per determinare se allenamento che state
praticando venga svolto alla giusta intensità, rimarrà valida la regola
del poter conversare senza troppa difficoltà durante l'esercizio.
Se la vostra forma fisica non vi consente di correre e di rimanere in
Zona 2, potrete camminare di buon passo o alternare corsetta e
camminata, cercando sempre di non far salire troppo la frequenza
cardiaca.
Per i principianti, un paio di sessioni da 20 minuti, due o tre volte la
settimana, rappresentano un ottimo modo per cominciare a godere
dei benefici di questo allenamento. Successivamente si potrà
incrementare il tempo, in modo progressivo, fino ad arrivare a un’ora
di allenamento continuo. Solo quando sarete in grado di mantenere
il passo per un'ora, potrete ridurre la frequenza di esercizio a due
volte la settimana e incrementare la durata del tempo fino a 90
minuti per sessione.

13.2.

Cinque motivi per allenarsi con i pesi

L 'allenamento contro una resistenza, che sia a corpo libero, con


i pesi o con bande elastiche, offre notevoli vantaggi che non si
limitano esclusivamente allo sviluppo muscolare. Vediamo quali
sono i principali.
1) Densità ossea
Le ossa si comportano esattamente come i muscoli, se non ricevono
un sufficiente stress riducono la loro massa e, in questo caso,
perdono densità. Una ridotta densità ossea favorisce le fratture che
possono rappresentare una delle cause di morte nelle persone
anziane. Per mantenere, o per migliorare, la densità ossea occorre
mettere le ossa sotto carico e l'allenamento con i pesi è un modo
pratico e sicuro per farlo. Squat, affondi, esercizi in piedi per il torso
e le braccia, camminata del contadino (camminare tenendo dei pesi
in entrambe le mani) sono tutti metodi efficaci per migliorare la
salute delle vostre ossa e renderle più forti.
2) Salute mentale
Sono diversi gli studi che mostrano come svolgere un esercizio
fisico, soprattutto contro una resistenza, migliori la salute mentale, lo
stato di depressione e di ansia. I risultati sono particolarmente
accentuati nei soggetti diabetici e nelle persone anziane con
capacità cognitive ridotte e pare che uno dei motivi sia proprio il
miglioramento della sensibilità all'insulina. Da questo punto di vista,
abbinare l'esercizio fisico a una dieta con bassi carboidrati offre
ancora più vantaggi .
3) I benefici verso il dolore cronico
Rispetto ad altre tipologie di esercizio, l'allenamento contro
resistenza sembra aiutare maggiormente le persone che soffrono di
fibromialgia, soprattutto le donne. In generale, l'allenamento riduce
l'infiammazione sistemica e di conseguenza ha un effetto calmante
sui dolori cronici.
4) I benefici verso il fegato grasso
Il fegato grasso, o steatosi epatica, è una malattia degenerativa
molto subdola i cui sintomi solitamente appaiono una volta che un
danno sostanziale è stato oramai fatto. Sicuramente, l'allenamento
con i pesi riesce a portare notevoli benefici ai pazienti che
presentano il fegato grasso, indipendentemente dalla perdita di
peso.
5) Miglioramento della forza e della stabilità
Invecchiando, la perdita della forza è spesso causa di cadute
invalidanti e di limitazione ai movimenti. Andando avanti con l’età, il
semplice atto di alzarsi da una poltrona diventa difficile, così come
diventa difficile fare le scale o portare un sacchetto della spesa.
Allenarsi con i pesi, a qualunque età, permette di incrementare
notevolmente la forza fisica migliorando, indiscutibilmente, la qualità
della vita di adulti e anziani.
Quello che, invece, l'allenamento con i pesi non riesce a fare, anche
se le palestre sono piene di persone che sperano nel contrario, è
dimagrire se non si cambia anche la dieta.
Il vecchio adagio "You can't outrun a bad diet", ovvero, “Non puoi
contrastare una dieta sbagliata correndo” è ancor più valido per i
pesi. Infatti, il dimagrimento si ottiene soprattutto a tavola anche se
questo non è un motivo valido per non alzarsi dal divano e non
andare in palestra.
14.
Alimenti da includere e alimenti da
eliminare

L e seguenti tabelle, che comprendono un’importante elenco di


alimenti, vi indicheranno quali sono i cibi che potrete mangiare
in abbondanza, i cibi che potrete consumare in quantità limitate e i
cibi che dovrete evitare del tutto.
La lista (che per ovvi motivi non potrà essere completa) utilizza un
semplice sistema a semaforo per darvi un'idea immediata su cosa
sia possibile mangiare liberamente, sugli alimenti ai quali bisogna
fare attenzione in termini di quantità (per rimanere all’interno dalla
quota giornaliera consentita di carboidrati) e sui cibi che non
dovrebbero far parte della nostra dieta se non occasionalmente e in
quantità molto limitate.
In merito agli alimenti consentiti, quelli indicati con il colore verde, il
fatto che siano ammessi non significa che alcuni di questi non
dovranno essere eliminati, o ridotti, in caso di particolari patologie o
qualora si intendesse perdere peso.
In altri casi, il consiglio di limitare il consumo di alcuni cibi è dovuto al
contenuto particolarmente elevato di certi micronutrienti. È questo il
caso, ad esempio, delle noci brasiliane che sono ricchissime di
selenio e per le quali se ne consiglia il consumo di due, massimo tre,
al giorno. Per la frutta secca e i semi si raccomanda sempre un uso
moderato a causa del considerevole contenuto di acidi grassi
polinsaturi e anti-nutrienti.
Nota importante
Il contenuto in carboidrati è riferito a quelli effettivamente digeribili, a
esclusione, quindi, delle fibre. Occorre fare molta attenzione perché
negli U.S.A., ad esempio, alla voce carboidrati totali vengono
riportate anche le fibre mentre in Europa, e in Australia, vengono
giustamente escluse. I valori inseriti nelle tabelle sottostanti si
riferiscono a 100 grammi di prodotto edibile crudo, ovvero, senza
buccia o guscio.
- OK: Alimento consentito.
- !: Alimento consentito con limitazioni.
- X: Alimento consentito solo occasionalmente.
TABELLE

Verdure e tuberi (per Carboidrati,


100g) grammi

Asparagi 1,4 OK

Baccelli freschi 2,2 OK

Broccoli 0,4 OK

Cavoletti di Bruxelles 2,1 OK

Cavolo 2,8 OK

Cavolfiore 3,3 OK

Carciofi 0,9 OK

Carote 6,6 !

Cetriolo 1,5 OK

Cicoria 3,3 OK

Cipolline primavera 4,6 OK

Cipolle rosse 5,5 OK

Cipolle bianche 5,8 OK


Germogli di bamboo 3,3 OK

Granturco dolce 12,5 X

Finocchio 3,3 OK

Fagiolini 3,3 OK

Funghi champignon 1,3 OK

Kohlrabi 4,2 OK

Lattuga romana 1,8 OK

Lattuga Iceberg 2,1 OK

Melanzana 2,6 OK

Patate 10,7 X

Patate dolci 14,1 X

Peperoni verdi 2,5 OK

Peperoni gialli 3,9 OK

Peperoni rossi 4,4 OK

Piselli 8,1 !
Pomodori 3,0 OK

Pomodorini 3,5 OK

Radicchio 2,3 OK

Rape rosse 8,4 !

Ravanelli 2,0 OK

Sedano 1,4 OK

Spinaci 0,6 OK

Verza rossa 3,3 OK

Zucca 6,5 !

Zucchini 3,1 OK

Frutta (per 100g) Carboidrati, grammi

Albicocche 7,7 !

Ananas 7,9 !

Arance 8,2 !
Avocado 0,2 OK

Banane 19,6 X

Cachi 16,1 X

Ciliegie 12,9 X

Fichi 12,0 X

Fichi d'India 8,8 !

Fragole 3,9 OK

Lamponi 6,8 !

Limoni 1,8 OK

Mandarini 9,8 !

Mango 13,4 X

Mela Granny Smith 10,5 X

Mela Golden Delicious 10,8 X

Melograno 13,5 X

Mirtilli 9,6 !

!
More 7,5

Passion fruit 5,7 OK

Pera Bartlett 11,8 X

Pesche 8,7 !

Pesche noce 9,1 !

Pompelmi 4,8 OK

Susine 7,1 !

Carne (per 100g) Prot. Grassi Carb.

Macinato magro 22,9 4,1 0 OK

Macinato grasso 22,5 10,4 0 OK

Manzo sgrassato 23,6 2,4 0 OK

Manzo, filetto 21,4 4,3 0 OK

Pollo, petto senza pelle 22,5 0,8 0 OK

Pollo, cosce con pelle 17,6 9,3 0 OK


Pollo, fegatini 16,9 4,8 0 OK

Pollo, macinato 21,4 1,1 0 OK

Pollo, ali 16,1 17,4 0 OK

Agnello, braciola di spalla 18,2 17,9 0 OK

Agnello, cotoletta 20,9 6,2 0 OK

Maiale, filetto 23,1 1,1 0 OK

Maiale, cotoletta 21,0 13,1 0 OK

Maiale, scamerita 18,9 15,4 0 OK

Coniglio, intero 23,2 2,1 0 OK

Tacchino, petto 21,6 3,3 0 OK


Pesce e frutti di mare (per
Prot. Grassi Carb.
100g)

Acciughe sott’olio sgocciolate 25,4 8,9 0 OK

Calamari 16,7 1,2 0 OK

Capesante 15,6 0,8 3,4 OK

Cozze 11,7 2,7 3,4 OK

Dentice 20,3 1,6 0 OK

Gamberi 20,7 0,8 0 OK

Orate 19,6 5,1 0 OK

Ostriche 10,8 2,2 0,6 OK

Polpo 14,9 1,0 0 OK

Salmone dell'Atlantico 20,5 16,7 0 OK

Salmone affumicato 24,3 10,1 0 OK

Sarde 19,7 2,9 0 OK

Sgombro 19,3 6,3 0 OK


Tonno 23,4 1 0 OK

Triglie 19,2 6,0 0 OK

Trote 19,6 8,4 0 OK

Vongole 10,2 2,5 2,2 OK

Latticini e uova (per 100g) Prot. Grassi Carb.

Brie 18,6 31,5 0 OK

Caprino fresco 21,2 21,7 0,9 OK

Edam 27,4 27,2 0 OK

Gorgonzola 20,9 32,4 0 OK

Gouda 25 27 2,2 OK

Latte intero 3,4 3,5 5,5 !

Mozzarella, bocconcini 16,6 20,2 0 OK

Panna 2,1 37,2 2,5 OK

Panna acida 1,9 35,6 1,6 OK


Parmigiano Reggiano 32 30 0 OK

Pecorino fresco 22 30 0,5 OK

Pecorino stagionato 26 35 0 OK

Ricotta di pecora 10 13 4,5 !

Uova, albume 11,2 0 0,4 OK

Uova, tuorlo 15,6 28,2 0,2 OK

Uova intere 12,6 8,5 0,3 OK

Yogurt greco intero 9 5 3,5 !

Yogurt intero 3,8 3,9 4,3 !

Noci e semi, per 100g Prot. Grassi Carb.

Anacardi 17 49,2 22,9 X

Castagne 3,4 0,2 32,1 X

Chia 23,8 29,8 3,1 !

Farina di cocco 6,9 65,4 7,3 !


Macadamia 9,2 74 4,5 !

Mandorle 19,7 50,5 5,4 !

Nocciole 14,8 61,4 5,1 !

Noccioline tostate 24,4 51,7 14,4 X

Noci brasiliane 14,4 68,5 2,1 !

Noci 14,4 69,2 3 !

Pinoli 13 70 4,5 !

Pistacchi 19,7 50,6 15,8 X

Semi di girasole 24,7 48,3 3,1 !

Semi di lino 21,6 32,6 2,8 !

Semi di zucca 30,2 45 2,1 OK


15.
Un esempio di piano alimentare

P rima di mostrarvi un esempio di piano alimentare vorrei


precisare che sarete sempre voi a scegliere quali alimenti
mangiare e questo dipenderà sicuramente dai vostri gusti, dal tempo
che avrete a disposizione per cucinare, dal tipo di dieta chetogenica
che vorrete seguire e dagli ingredienti che avrete a disposizione.
Includo qui sotto un esempio di piano alimentare per una settimana.
Si tratta dei piatti che cucino normalmente e che potrebbero ispirarvi
a preparare il vostro piano personalizzato.
Per chi ama fare colazione, inserirò anche un esempio di questo
pasto anche se io, oramai da anni, seguo il digiuno intermittente
consumando solo due pasti al giorno, ovvero, il pranzo e la cena. In
un capitolo più avanti troverete tante ricette per preparare questi
piatti.
Colazione Pranzo Cena

Uova al Bistecca di
Insalata di
tegamino manzo,
pollo con
cotte nel insalata greca
lattuga,
Lunedì sego, (lattuga mista,
cipolla rossa,
contorno di olive kalamata,
avocado e
pancetta cipolla rossa e
pomodorini
croccante feta)

Frittata Uova alla


Salmone con
ripiena di diavola con
crema al
formaggio tonno,
Martedì limone, verdure
brie e maionese,
all'aglio e
spinaci capperi, olive
peperoncino
saltati e acciughe

Tagliata di
Panino con
bavetta di
prosciutto, Pollo al curry in
manzo con
fontina, salsa di crema
Mercoledì rucola,
patè di di cocco con
scaglie di
olive e cipolle e porri
parmigiano e
rucola
funghi

Giovedì Patè di Pollo arrosto Saltimbocca


fegatini di con salsa di alla romana,
pollo su yogurt greco, insalata
pane limone e aglio verde
tostato

Stir fry di Tonno in


manzo, con scatola con
Yogurt
zenzero, aglio, cipolle rosse
greco con
Venerdì cipolline sottaceto, in
frutti di
primavera, alternativa
bosco
zucchini e bok sgombro o
choy sarde

Ossobuco con Polpettine di


cipolle e vino gamberi,
Cheto
rosso, macinato di
Sabato granola con
contorno di maiale con
yogurt
purè di zenzero e
cavolfiore aglio

Tartare di
manzo con
Rosticciana di
uovo,
Zabaione maiale arrosto
Domenica senape,
con caffè con erbette,
capperi e
burro e aglio
cetriolini
sottaceto
Questi sono solo alcuni esempi di quello che potrete mangiare ma
basterà attingere alle ricette della cucina tradizionale italiana per
trovarne innumerevoli altri, come per esempio:
- Hamburger grigliati con insalata di cipolla rossa tritata, pomodorini
e avocado.
- Polpette di manzo e maiale cotte in un sugo ristretto di pomodoro.
- Bollito misto con pinzimonio di radici, sedano e finocchio.
- Salsicce di maiale alla griglia con contorno di crauti.
- Stinchi di agnello con "risotto" di cavolfiore ai funghi.
- Pancetta di maiale al forno con radici arrosto.
- Anatra confit con cavolfiore cotto in burro con aglio e peperoncino.
- Salmone grigliato con maionese al wasabi.
- Gamberi bolliti interi con maionese o salsa tartara.
- Insalatina tiepida di calamari, gamberi e polpo.
- Piatto misto di affettati e formaggi, olive e patè con crostini
chetogenici.
- Panini chetogenici con salame, affettati salse varie, rillette e
sottaceti.
- Alette di pollo arrosto con salsa al gorgonzola.
- Cozze con aglio e peperoncino con antipasto di ostriche al limone.
- Calamari ripieni con gamberi e noci di macadamia.
- Capesante alla carbonara.
- Una porzione ridotta dei piatti del pranzo oppure, spesso, gli avanzi
del giorno prima.
16.
Ormoni e dieta chetogenica

G li ormoni sono molecole estremamente potenti. Quando i


livelli ormonali sono insufficienti, o sbilanciati, si ha un danno
alla salute. Viceversa, se i livelli sono ottimali, si avrà un grande
beneficio e un importante miglioramento in termini di benessere
generale. La dieta, lo stile di vita e, in particolare, l’esercizio fisico
hanno un'importanza fondamentale per la produzione degli ormoni.

16.1.

Insulina

L ’insulina influenza in maniera molto importante la salute e


condiziona la produzione di altri ormoni, inclusi gli estrogeni e il
testosterone. È per questo motivo che quando si tratta di diete
chetogeniche (o low carb) si parla, sopratutto, di questo ormone.
Quando una persona mangia prevalentemente carboidrati (non
importa se integrali o raffinati) stimola una costante produzione di
insulina aumentando il rischio che le cellule del suo corpo non
reagiscano più all’ormone stesso e non assorbano più tutto quel
glucosio in circolo. Visto e considerato che, oltre un certo livello, il
glucosio nel sangue è tossico, spetterà al fegato metabolizzarlo,
trasformandolo in grasso.
La condizione appena descritta si chiama resistenza all'insulina ed è
un disturbo molto diffuso sopratutto nelle donne che si trovano in
un’età vicina alla menopausa. I sintomi più comuni in menopausa
sono quelli di vampate di calore, fatica diffusa e aumento del peso.
Se per alleviare, o comprendere la natura di quei sintomi,
consulterete il vostro medico, probabilmente, egli riferirà l’intero
problema alla menopausa stessa, indirizzandovi verso uno
specialista endocrinologo per un trattamento ormonale. Passando
da una dieta ad alto consumo di carboidrati a una dieta low carb o,
meglio ancora, a una dieta chetogenica, l’eliminazione dei
carboidrati porterà un immediato miglioramento e le cellule, con il
tempo, ritorneranno sensibili all’insulina.
A quel punto ci sarà una riduzione dei sintomi della menopausa, si
perderà peso e, soprattutto, si ridurrà in modo notevole il rischio di
malattie cardiovascolari e demenza. Qualora uno degli obbiettivi
fosse anche quello di perdere tutto il peso in eccesso, occorrerebbe
eliminare dalla dieta non solo i carboidrati ma anche i latticini
perché, nonostante la produzione di insulina venga stimolata
sopratutto dai carboidrati, in parte minore, l’insulina viene stimolata
anche da alcune proteine come quelle contenute nel latte e nei suoi
derivati.
Quindi, il mio consiglio è di eliminare anche i latticini finché non si
raggiunga il peso desiderato e, per le donne in menopausa, finché i
sintomi come vampate di calore o fatica non siano scomparsi. Dal
punto di vista del dimagrimento, va tenuto conto che se mangiamo
spesso durante la giornata, indipendentemente dal numero di calorie
consumate (non serve quasi a nulla contarle), si avrà una continua
produzione di insulina.
Il problema è che l'insulina è un antagonista dell'ormone della
crescita (GH) che, invece, aiuta a bruciare i grassi. Più insulina in
circolo, a parità di cibo ingerito, significa un maggiore aumento di
peso. Per questa ragione, il metodo più efficace per dimagrire e per
mantenere il peso corretto è abbinare una dieta chetogenica "pulita"
al digiuno intermittente.
Il digiuno intermittente prevede solo due pasti al giorno distribuiti in
una finestra temporale ristretta, ad esempio, consumando il pranzo
all'una e poi la cena alle otto. Nel seguente capitolo troverete
maggiori informazioni su questo argomento.
16.2.

Testosterone

I n tutto il mondo, a esclusione del continente africano, si sta


verificando un costante e progressivo calo dei livelli di
testosterone negli uomini, in tutte le fasce d'età. Il testosterone è
fondamentale per la salute e bassi livelli di questo ormone hanno un
impatto drammatico sulla qualità della vita.
Nonostante ci siano molte opzioni per ripristinare livelli corretti, come
le terapie farmacologiche e i vari supplementi, è indubbio che una
ben formulata dieta chetogenica permetta di ripristinarne i livelli e
ottenere risultati eccezionali.
Il testosterone è un ormone steroideo che è attivo in molteplici
processi metabolici a partire da quelli anabolici, come la crescita
delle ossa e dei muscoli, fino alla produzione di sperma e all'utilizzo
degli acidi grassi presenti nel sangue. Bassi livelli di questo ormone
(in continuo calo, oramai da decenni) comportano riduzione della
libido, problemi di erezione, aumento di grasso, rischio di fragilità
delle ossa, perdita di massa muscolare fino ad arrivare alla
sarcopenia, con rischio di morte enormemente aumentato negli
anziani.
Il testosterone non è importante solo per gli uomini ma lo è anche
per le donne. Infatti, nonostante i medici di solito parlino di salute
femminile sempre e solo in merito agli estrogeni, il testosterone,
anche se in misura molto inferiore rispetto agli uomini, rappresenta
l'ormone sessuale più presente nelle donne.
La produzione di questo importante ormone è condizionata da molti
fattori. Alcuni, come l’età e la genetica, sono al di fuori del nostro
controllo mentre altri sono modificabili attraverso il corretto stile di
vita e la giusta dieta. Lo stile di vita, in questo caso, è un fattore
importante quanto la dieta stessa perché per mantenere alti i livelli di
testosterone è fondamentale dormire bene e fare esercizi di forza
come il sollevamento pesi in palestra.
Una buona igiene del sonno è fondamentale per la salute. Infatti,
dormire (anche solo per una settimana) cinque ore per notte, invece
delle otto ore raccomandate, può causare un calo dei livelli di
testosterone fino al 15%. Dal punto di vista della dieta, l'effetto dei
carboidrati sul testosterone è tutt'ora controverso ma la dieta
chetogenica sembra poter offrire un significativo vantaggio per la
produzione di questo ormone.
Probabilmente, tale vantaggio è dovuto a un insieme di fattori fra i
quali il maggior consumo di carne rossa con conseguente aumento
del colesterolo, la perdita di grasso e l'eliminazione di bevande
estrogeniche come la birra.
È importante notare come la produzione di testosterone dipenda da
alcune vitamine e minerali la cui carenza potrebbe ridurre i livelli
totali di questo ormone. La vitamina D è una di quelle vitamine e
sappiamo come sia implicata, più o meno, in tutti i principali processi
fisiologici e come sia, essa stessa, un vero e proprio ormone.
Molti studi correlano i livelli di vitamina D con la produzione di
testosterone e uno in particolare mostra come supplementare la
vitamina D fino a raggiungere livelli medi (circa 3000 UI al giorno)
abbia portato, nel giro di un anno, a un aumento di circa il 30% del
valore del testosterone libero. E
sporsi al sole il più frequentemente possibile sembra sia, sempre
più, un’ottima idea per migliorare la salute e l’umore. La produzione
di testosterone dipende, come anticipato, anche da altre vitamine,
come la E e la C, mentre fra i minerali è noto da tempo il ruolo dello
zinco, un oligoelemento presente in abbondanza nelle ostriche, nelle
cozze e, persino, nella carne rossa. Oltre alle vitamine e ai minerali,
un elemento fondamentale per mantenere buoni livelli di
testosterone è il grasso introdotto nella dieta, soprattutto quello
animale.
Le diete a bassi grassi (o a basse calorie) hanno più volte dimostrato
di ridurre significativamente i livelli di questo ormone e, soprattutto,
hanno provato come siano i grassi saturi e monoinsaturi a
mantenerne elevati i livelli di testosterone mentre i grassi polinsaturi,
ovvero quelli contenuti in ampie quantità negli oli di semi, hanno
mostrato esattamente l'effetto opposto.
17.
Digiuno intermittente

I l modo più facile per iniziare il digiuno intermittente è saltare la


colazione o, se preferite, la cena. Se vi sentite soddisfatti da
questa affermazione, e volete provare, potete scorrere fino al
prossimo paragrafo e continuare a leggere il libro, non c’è altro da
sapere. Ovviamente, dopo aver fatto un’affermazione così
categorica e controcorrente, sento già le grida di chi ha letto anni e
anni di articoli su giornali e riviste, le urla dei dietologi accreditati, gli
avvertimenti dei medici sovrappeso con un titolo incorniciato sullo
sfondo: “La colazione è il pasto più importante della giornata!”
Abbiate pazienza e continuate a seguirmi, vi spiegherò come e
perché vi abbiano mentito.
Il problema della scienza moderna è che tende a rimanere attaccata
ai propri errori e a resistere a ogni tentativo di correggerli. Una volta
che un “fatto scientifico” (termine che di per sé dovrebbe suscitare
l’orrore di ogni scienziato) viene stabilito, risulta pressoché
impossibile rovesciarlo e, anche quando questo potesse avvenire, la
scienza farà di tutto per tenere all’oscuro la popolazione generale di
questo cambiamento.
Come già anticipato nei capitoli precedenti, esempi recenti in termini
di alimentazione e salute sono il colesterolo e il sale, due elementi
demonizzati per decenni e che solo recentemente sono stati
completamente assolti dall’accusa di provocare danni alla salute
delle persone. Nonostante un elevato numero di ricerche pubblicate
sulle maggiori riviste scientifiche cancelli completamente decenni di
supposizioni infondate (ma ritenute assolutamente veritiere) sui
danni causati dal sale e dal colesterolo, nulla di tutto questo riesce
mai ad arrivare alle persone comuni.
L’utente che non abbia accesso alle ricerche scientifiche rimane
all’oscuro dei nuovi dati perché vi è, inoltre, un completo disinteresse
da parte dei mezzi di informazioni che, spesso, continuano a
perpetuare le favole del colesterolo come causa delle malattie
cardiovascolari e del sale come causa dell’ipertensione.

17.1.

Che cosa è, esattamente, il digiuno


intermittente

I l digiuno è semplicemente l’atto volontario del non mangiare e,


normalmente, questo include qualunque bevanda tranne acqua,
caffè nero non zuccherato e tè (o tisane non zuccherate). I vantaggi
di questa pratica sono notevoli e si sommano a quelli analoghi offerti
dalla dieta chetogenica, potenziandone l’effetto:
- Perdita di grasso mantenendo la massa muscolare.
- Miglioramento delle condizioni dei soggetti diabetici con una
glicemia a digiuno più bassa, insulina e leptina più basse e una
diminuzione della resistenza all'insulina.
- Miglioramento della memoria.
- Accelerata riparazione dei tessuti.
- Riduzione dello stress ossidativo e dell'infiammazione.
- Incremento dei livelli di ormone della crescita (GH).
- Benefici alla salute cardiovascolare con migliorata pressione
arteriosa e meno pulsazioni a riposo.
- Prestazioni fisiche incrementate, soprattutto in termini di
resistenza.
- Protezione da malattie e rallentamento dell'invecchiamento tramite
modifiche alle espressioni di diversi geni.
Troppo bello per essere vero? In realtà non è il digiuno intermittente
che porta questi benefici ma è il mangiare tre pasti al giorno o,
addirittura, cinque come è di moda oggigiorno con tutti gli snack, a
essere innaturale per gli esseri umani e a creare le condizioni per le
malattie metaboliche. Senza accorgercene, tutti noi ogni giorno
facciamo un digiuno intermittente di almeno dieci-dodici ore. Finire di
cenare alle otto della sera e fare colazione alle otto della mattina del
giorno seguente è, a tutti gli effetti, un digiuno intermittente 12-12,
ovvero, con una finestra di dodici ore nell’arco di un giorno durante
la quale vengono consumati i pasti.
In sintesi, il digiuno intermittente è un’estensione di quella finestra
dalle normali dodici ore fino alle quindici-diciotto ore. Tutto qui.
Saltare la colazione e avere il proprio pranzo alle mezzogiorno
significa estendere le ore di digiuno da dodici a sedici.
Così facile? Sì. Di questi tempi se il vostro stile di vita alimentare è
quello tipico dei paesi occidentali, oltre a mettere a rischio la vostra
salute e il vostro giro vita, è probabile che il vostro primo pensiero
sarà come poter saltare la colazione senza morire di fame. Eppure
in Italia l’abitudine della colazione non è una realtà così radicata nel
passato e nelle tradizioni.
Infatti, in tempi non troppo lontani, una tazzina di caffè era tutto
quello che l’italiano medio aveva la mattina. Se state già seguendo
una dieta chetogenica, almeno da qualche mese, il digiuno
intermittente sarà incredibilmente facile da seguire perché non
avrete più quel senso di fame generato dagli ormoni in seguito
all'ingestione di carboidrati.
Se, invece, la prima cosa che fate appena svegli è bere una tazza di
latte con biscotti e merendine varie o mangiare un tramezzino o una
schiacciatina, per voi, i primi giorni senza la colazione saranno più
difficili e si presenterà qualche strascico sulla vostra energia (più
mentale che fisica) e sul vostro senso di fame. Ovviamente questi
effetti saranno limitati nel tempo, fino a soli pochi giorni,
dipendentemente dal vostro stato di salute metabolica. Ad esempio,
un soggetto diabetico sentirà la fame maggiormente durante i primi
giorni di digiuno, fino a che le fluttuazioni di glucosio nel sangue non
si stabilizzeranno, mentre una persona in salute con poco grasso
corporeo si abituerà molto più rapidamente.
Certamente, il digiuno intermittente potrebbe essere spiegato in
termini più elaborati rispetto alla semplice definizione del saltare la
colazione ma per chi avesse semplicemente voglia di ottenere i
risultati promessi, senza approfondire il meccanismo di
funzionamento, non c'è molto altro da sapere.
Così come recita lo slogan pubblicitario di una nota azienda di
abbigliamento sportivo, “Just do it!” “Fallo!”. Non è importante
concentrarsi sui dettagli, non importa ossessionarsi su orari e
misurazioni, è sufficiente saltare la colazione e non spizzicare dopo
cena per ottenere incredibili benefici in termini di dimagrimento e
non solo.
Persino la sensazione di fame mattutina, che alcuni potranno
provare durante i primi giorni, sarà una sensazione soprattutto
psicologica. Siamo fin troppo abituati alla colazione, spesso la
prepariamo anche se non abbiamo davvero fame ma lo facciamo
perché siamo convinti che sia importante, che ci faccia bene.
Dopotutto, è definita come il pasto più importante, consigliato anche
a persone malate, sovrappeso o, addirittura, obese.

17.2.
Chi non dovrebbe fare il digiuno
intermittente

I l digiuno intermittente è un potente strumento utile al


mantenimento della salute ma, per alcune categorie di persone,
presenta delle controindicazioni non trascurabili. Se, ad esempio,
siete in gravidanza o in fase di allattamento, oppure siete sottopeso
o avete la porfiria, un tipo di malattia metabolica, non dovreste
cominciare alcun tipo di digiuno, neppure quello intermittente. Se,
invece, avete disfunzioni renali, disturbi delle ghiandole surrenali,
soffrite di diabete o avete un tumore, se avete disturbi legati
all’alimentazione come la bulimia e l’anoressia o se siete minorenni,
la possibilità di iniziare il digiuno intermittente dovrebbe essere
attentamente valutata con il vostro medico.
18.
Alcool

I ndipendentemente dal seguire o meno una dieta chetogenica,


parlare di alcool è sempre difficile, è un argomento polarizzante.
Generalmente, l’alcool per l’organismo umano è ritenuto una
tossina. Ci sono, però, molti studi che mostrano come lo sia solo
oltre una certa quantità al di sotto della quale potrebbe essere
addirittura benefico o, quantomeno, non dannoso.
L'alcool è presente nell’alimentazione umana fin da tempi
antichissimi, ben prima della comparsa dei grani e dei cereali. È una
bevanda comunemente consumata a tavola durante i pasti o nei bar
dove si beve in compagnia di parenti e amici.
Ma, è possibile bere alcool durante una dieta chetogenica? Ancora
una volta vale la medesima risposta. Dipende dalle quantità. Un
bicchiere di vino a cena o un bicchierino di distillato non avranno un
effetto significativo sulla chetosi ma è bene considerare gli zuccheri
che, nelle bevande più svariate, vengono associati all’alcool.
Parlo, ad esempio, dei vini dolci, dei cocktails o della birra. In questi
casi non sarà l'alcool in sé a interrompere il processo di chetosi ma
saranno, invece, gli zuccheri aggiunti a farlo. Scegliere vini secchi,
vini rossi non da dessert, vino bianchi brut, birre a zero carboidrati e
distillati come la grappa, il whisky, il cognac, la tequila o la vodka, vi
permetterà di godervi una serata fuori con gli amici senza dover fare
particolari rinunce.
Infatti, queste bevande, a differenza del rum ad esempio, non
contengono zuccheri aggiunti. Vorrei porre una nota sul fatto che,
per un processo ancora non chiaro, chi segue la dieta chetogenica è
molto più suscettibile agli effetti dell'alcool rispetto a chi segue una
dieta con consumo di carboidrati.
Attenzione perché, il più delle volte, due bicchieri di vino potrebbero
essere il vostro limite massimo che se superato potrebbe esporvi a
rischi e pericoli. Per questo motivo consiglio sempre di bere con
cautela e responsabilità.
Un altro aspetto importante da considerare è il seguente. Qualora il
vostro obbiettivo fosse quello di perdere peso, sappiate che il
consumo di l'alcool rallenterà il dimagrimento perché il corpo lo
utilizzerà come fonte di energia. Fino a quando l’alcool non sarà
stato utilizzato completamente, l’organismo non sfrutterà il grasso in
eccesso per produrre chetoni e, di conseguenza, il dimagrimento
sarà temporaneamente interrotto.
19.
Guida ai dolcificanti

N el mondo della nutrizione, l'argomento dolcificanti è molto


dibattuto. È un termine generico che raggruppa zuccheri,
dolcificanti senza impatto sulla glicemia e dolcificanti a basso
impatto sulla glicemia. La mia preferenza va ai dolcificanti naturali
che abbiano un impatto minimo, o nullo, sulla glicemia come la
stevia e l'estratto di monk fruit.

19.1.

Stevia

L a stevia è un dolcificante prodotto da una pianta (la stevia


rebaudiana) molto utilizzata in Sud America, così come la
yerba mate. Le foglie di stevia possono essere utilizzate sotto forma
di infuso per dolcificare tè e bevande ma possono anche essere
essiccate e macinate. La stevia disponibile in commercio è un
estratto purissimo delle sostanze responsabili del tipico gusto dolce
della pianta. L’estratto di stevia è enormemente più dolce dello
zucchero classico, infatti, a seconda della composizione può essere
da 250 a 450 volte più dolce, ovvero, 1 solo grammo di stevia può
dolcificare quasi quanto 500 grammi di zucchero.
Il risultato di alcune ricerche potrebbe dimostrare come l'utilizzo
della stevia causi una secrezione di insulina e potrebbe, quindi,
aumentare il rischio di diventare resistenti all'insulina stessa ma si
tratta di studi in vitro, ovvero, eseguiti su cellule disposte in un
piattino in laboratorio e non studi diretti sulle persone. Tutto questo
significa che non vi è alcuna diretta correlazione fra il consumo di
stevia e la produzione di insulina tanto che, in Giappone, questa
pianta è usata da decenni per il trattamento del diabete di tipo 2
proprio per la sua capacità di sensibilizzare all'insulina e aiutare la
riduzione della glicemia postprandiale. L’effetto di abbassamento
della glicemia postprandiale è stato dimostrato persino in altri studi
nei quali la stevia mostrava di poter controllare il livello di glucosio
nel sangue enormemente meglio rispetto ad altri dolcificanti.
Visto il suo enorme potere dolcificante, la stevia è quasi sempre
commercializzata in un mix composto da eritritolo, o altri polialcoli,
per renderne più agevole il dosaggio e rendere la dolcezza
complessiva uguale a quella dello zucchero, cucchiaio per cucchiaio.

19.2.

Estratto di monk fruit

L ’estratto di monk fruit, a differenza dell’estratto di stevia, è un


dolcificante estratto dal frutto piuttosto che dalle foglie. Occorre
fare attenzione perché in commercio si trovano estratti di monk fruit
che includono la polpa del frutto e, di conseguenza, gli zuccheri in
essa contenuti si troveranno aggiunti al prodotto finale. Il frutto della
pianta, dal nome botanico Siraitia grosvenorii, viene chiamato
"Frutto del frate" perchè fin dal XIII secolo veniva coltivato in Cina
dai monaci buddisti che ne apprezzavano la dolcezza. Così come
nel caso della stevia, l'estratto di monk fruit è molto più dolce dello
zucchero, circa 250 volte più dolce, e non sembra avere alcun
effetto significativo sulla glicemia. Così come per la stevia, i
dolcificanti a base di monk fruit che si trovano in commercio sono
quasi tutti basati su una miscela mista contenente eritritolo.
19.3.

Eritritolo

L 'eritritolo è un polialcol e fa parte di una categoria di sostanze


spesso derivate dagli zuccheri presenti in natura, ad esempio
gli zuccheri della frutta. L'eritritolo viene prodotto attraverso la
fermentazione del glucosio (o del saccarosio) e ha una dolcezza
leggermente inferiore al normale zucchero di canna, ovvero, pari a
circa il 60%. Avendo un potere dolcificante più basso, questo
significa che per sostituire 100 grammi di zucchero occorrerà
utilizzare quasi 180 grammi di eritritolo. Nonostante il suo discreto
potere dolcificante, l'eritritolo è considerato un dolcificante a
bassissime calorie (quasi zero) e non incide, se non marginalmente,
sulla glicemia. Inoltre, pare che possa funzionare efficacemente sia
come antisettico del cavo orale sia come protettivo contro la placca.
L’eritritolo è, persino, prodotto dal nostro organismo dove è coinvolto
in specifiche funzioni correlate con alcuni liquidi corporei, come il
plasma e il liquido amniotico, e con certi tessuti come la cornea. La
stragrande maggioranza dell'eritritolo ingerito non è assorbita dal
nostro tratto digerente e quasi il 90% viene espulso attraverso le
urine. Tra gli effetti indesiderati correlati al consumo di eritritolo
troviamo dei possibili discomfort gastrointestinali tra i quali, gonfiori,
flatulenza e diarrea. È importante sapere che tali effetti sembrano
strettamente legati alla quantità utilizzata e si verificano in dosi molto
alte, ad esempio con quasi 0,8 grammi di eritritolo per kg di peso
corporeo. Per evitare l’insorgere di questi effetti collaterali sarà
dunque opportuno evitare dosi eccessive.

19.4.

Taumatina
a taumatina è un altro dolcificante naturale estratto dal frutto di una

L
pianta, in questo caso dalla pianta tropicale Katemfe (nome
botanico Thaumatococcus daniellii). La taumatina presenta
interessanti caratteristiche, prima fra tutte il suo incredibile
potere dolcificante che si ritiene possa essere tra le 2000 e le 2500
volte superiore a quello dello zucchero comune. Per darvi un’idea,
un solo grammo di taumatina dolcifica quanto due chilogrammi (e
più) di zucchero. La straordinaria capacità di dolcificazione di questo
estratto permette di usare dosi estremamente limitate di taumatina
anche se, viste le piccolissime quantità che andrebbero utilizzate, è
abbastanza difficile regolare il dosaggio in modo corretto. Così come
per l'eritritolo e per altri polialcoli, l’estratto di katemfe non causa
problemi ai denti e non ha mostrato effetti avversi neppure in dosi
elevate fino a oltre 5 grammi che, per un uomo di 80 kg di peso
corporeo, significherebbe assumere 400 grammi di taumatina con un
potere dolcificante equivalente a 800 kg di zucchero al giorno! La
taumatina è, inoltre, una proteina facilmente digeribile e non causa
alcun problema al tratto gastrointestinale dove viene completamente
inattivata senza alcun tipo di influenza sulla glicemia.

19.5.

Miele

N ella comunità chetogenica e carnivora l’uso del miele è molto


discusso. Da una parte si tratta di un prodotto composto
sostanzialmente da zuccheri, in particolare glucosio e fruttosio ma,
dall'altra, sembra avere delle interessanti proprietà salutari che - in
dosi molto ridotte - sembrano renderlo adatto anche per le diete a
bassi, o bassissimi, carboidrati.
Essendo il miele un prodotto di origine animale, il suo uso è ben
accettato anche da parte di chi segue una dieta carnivora e pare ci
siano chiare indicazioni sul fatto che il miele naturale (per naturale
intendo quello non filtrato e non pastorizzato, certamente non quello
commercializzato nei supermercati) produca sulla nostra biologia
degli effetti ben diversi da quelli prodotti dagli altri zuccheri. Infatti, in
alcuni studi clinici, il miele naturale ha mostrato delle capacità
interessanti come quella di ridurre i livelli di glucosio nel sangue
(rispetto all’uso di zucchero e glucosio), di diminuire i valori della
proteina c-reattiva (si tratta di un indice di infiammazione) e di
abbassare i livelli di omocisteina e trigliceridi.
Soprattutto il miele di colore più scuro, che presenta alti livelli di
metaboliti dell’ossido di azoto, sembra poter migliorare la risposta
dell'istamina e di conseguenza portare dei benefici in caso di
allergie.
Al contrario di eritritolo e taumatina, il miele, anche quello più puro,
naturale e biologico, può peggiorare la salute dei vostri denti perché
è ricco di fruttosio e contribuisce al carico quotidiano di carboidrati
totali. Per questa ragione consiglio di farne un uso estremamente
moderato.

19.6.

Fruttosio

I l fruttosio è il principale zucchero della frutta (facile da


immaginare, vero?) e rappresenta circa la metà del contenuto di
zucchero presente mentre l’altra metà è rappresentata dal glucosio.
Alti livelli di fruttosio nella dieta creano notevoli problemi perché il
fruttosio ha la capacità di "spegnere" l'ormone leptina, quell’ormone
deputato a segnalare all’organismo la sensazione di sazietà e che,
quindi, ci porta a smettere di mangiare. In parole povere, con il
fruttosio non si sente il senso di sazietà e si mangia di più, a volte
molto di più.
Questo è uno dei motivi per i quali il fruttosio viene aggiunto a un
enorme numero di prodotti industriali nonostante il costo di questo
zucchero non sia propriamente basso. Inoltre, occorre evidenziare
che oltre a inibire il senso di sazietà, anche piccole quantità di
fruttosio hanno conseguenze enormi per la salute del fegato e sulla
resistenza all'insulina e, di conseguenza, sul metabolismo dei grassi.
La steatosi epatica, o NAFLD, è causata principalmente dal fruttosio
nella dieta e rischia di degenerare in cirrosi fino ad arrivare a mettere
a rischio la vita del paziente. Il fruttosio ha anche una fondamentale
importanza sul metabolismo dell'acido urico perché il suo consumo
va ad aumentare il rischio di ipertensione e di elevata glicemia
tramite un processo fisiologico nel quale la metabolizzazione del
fruttosio causa un aumento dei livelli di acido urico. Questo processo
è probabilmente frutto dell'evoluzione durante la quale gli ominidi
avevano scarsissimo accesso alla frutta (solo per poche settimane
l'anno) ed era, quindi, importante usare il fruttosio per accumulare
più grasso possibile in vista dell'inverno, quando il cibo sarebbe
stato scarso.
Il fruttosio, inoltre, incrementa anche la produzione di vasopressina,
un ormone responsabile dell'aumento della pressione arteriosa, e
riduce l'eliminazione dei liquidi attraverso i reni.
Considerato che oggi il problema della necessità di accumulare
grasso in vista dell'inverno non esiste più e considerato che gli
uomini hanno un costante accesso al cibo, il fruttosio è una delle
cause principali (tramite gli incrementati livelli di acido urico)
dell'obesità e della sindrome metabolica che potrà presentarsi anche
in assenza di obesità. I danni causati dal fruttosio si estendono
anche ai mitocondri. L'eccesso di questo tipo di zucchero causerà
una ridotta efficienza mitocondriale che, come abbiamo già visto,
esporrà a pesanti implicazioni anche in termini di rischio di patologie
tumorali. A causa del suo basso indice glicemico, il fruttosio viene
spesso ed erroneamente consigliato persino ai soggetti diabetici.
Pur essendo vero che non provoca un significativo incremento della
glicemia e un rilascio eccessivo di insulina, è altrettanto vero che il
fruttosio viene metabolizzato nel fegato, con tutte le conseguenze
per la salute elencate nelle righe precedenti.

19.7.

Altri dolcificanti

L a lista dei dolcificanti naturali e artificiali sarebbe lunghissima


ma, sostanzialmente, se non li avete trovati tra quelli elencati
nei paragrafi precedenti, sarebbe meglio evitarli, inclusi quelli definiti
a zero o a basse calorie. Uno tra questi potrebbe essere l’allulosio,
un dolcificante che si sta diffondendo parecchio e che, spesso,
causa problemi digestivi. Certo, un dolcetto occasionale dolcificato
con sucralosio o con una bustina di acesulfame-k nel caffè al bar
non vi ucciderà ma, di certo, si tratta di qualcosa che non mi sento di
consigliare.

19.8.

Considerazioni finali sui dolcificanti

L a discussione sui dolcificanti va oltre il fatto che questi prodotti


abbiano molte o poche calorie e va, anche, oltre il fatto che
influenzino o meno la glicemia perché, al netto di questi due
problemi, rimarrebbe la questione della fase cefalica della
secrezione di insulina.
Infatti, questa fase si verifica quando si sta per mangiare qualcosa di
dolce o dopo aver mangiato un cibo dal gusto dolce, nonostante il
cibo consumato non contenga zuccheri o non alzi la glicemia. Ci
sono indicazioni che questo fenomeno possa generare in una
risposta insulinica indipendentemente dall’innalzamento della
glicemia.
Tale risposta insulinica potrà, ad esempio, interrompere un digiuno e
portare a un aumento del desiderio di mangiare fermando,
temporaneamente, la sensazione naturale di sazietà.
Tutti i dolcificanti andrebbero, quindi, utilizzati moderatamente e in
modo occasionale, non come parte dell'alimentazione quotidiana,
soprattutto se vorreste dimagrire.
Sicuramente, nella fase iniziale di una dieta chetogenica (o low carb)
mangiare dei dessert preparati con questi prodotti potrebbe essere
un modo per completare, più facilmente, la transizione.
All’inizio sarà abbastanza normale, quasi naturale, esagerare con il
consumo di dolci chetogenici ma, una volta superata questa fase,
sarà bene mantenere un minimo di moderazione e limitare l'uso di
qualsiasi dolcificante.
20.
Guida a oli e grassi

I n linea generale, l'alimentazione umana dovrebbe avere un


elevato rapporto fra acidi grassi saturi (SFA), acidi grassi
monoinsaturi (MUFA) e, soprattutto, acidi grassi polinsaturi (PUFA).
Nonostante per decenni l'American Heart Association e altre
organizzazioni sanitarie abbiano consigliato di ridurre l'assunzione di
grassi saturi, a oggi, gli studi non sono riusciti a mostrare alcun
legame fra i grassi saturi e le malattie cardiache ma hanno, invece,
evidenziato un'associazione fra alti livelli di grassi saturi nella dieta
e bassa mortalità per tutte le cause. Dal punto di vista scientifico,
l'associazione fra malattie cardiovascolari e grassi saturi è stata
dunque completamente smentita ma medici e dietologi continuano a
raccomandare di evitarli e passare invece ai "salutari" oli vegetali,
quelli che sono contenuti in tutti i prodotti industriali, sopratutto in
quelli a basso costo. In realtà, sono proprio gli acidi grassi polinsaturi
che dovrebbero essere ridotti al minimo perché, probabilmente, sono
i principali responsabili dell'obesità e delle malattie metaboliche.
Inoltre, gli acidi grassi polinsaturi possono essere più dannosi degli
zuccheri perché hanno un effetto invecchiante sui tessuti e un effetto
particolarmente dannoso sul cervello e sul sistema nervoso. L'effetto
devastante di questi grassi può raggiungere anche altri organi
come, ad esempio, la pelle, facendole perdere la naturale capacità
di non bruciarsi sotto al sole.
Nonostante gli omega-3 siano tecnicamente degli acidi grassi
polinsaturi, dovrebbero essere abbondantemente presenti in una
dieta ben bilanciata. Personalmente consiglio di assumere questi
importanti grassi attraverso il consumo di cibo naturale come carne
e latticini provenienti da animali allevati al pascolo, da uova da
galline free range e da pesce fresco grasso (salmone, sardine,
sgombri) piuttosto che assumerli attraverso gli oli, spesso non puri o,
addirittura, irranciditi.
Questa guida vi mostrerà il contenuto specifico di vari oli grazie a
una suddivisione tra acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi
con un breve commento per ciascuno di essi

B reve nota alla consultazione:


SFA: Saturated Fatty Acids, Acidi grassi saturi.
MUFA: Mono Unsaturated Fatty Acids, Acidi grassi monoinsaturi.
PUFA: Poly Unsaturated Fatty Acids, Acidi grassi polinsaturi
Burro e ghee
Il burro è ricavato dalla panna. La panna contiene soprattutto una
componente grassa, proteine e una quantità minima di zuccheri,
lattosio e galattosio. Il burro ha una composizione in acidi grassi
eccellente pochissimi grassi monoinsaturi e alte quantità di acido
stearico che facilita il dimagrimento. Generalmente il burro non è
particolarmente adatto per cucinare, se non a bassa temperatura,
ma è uno dei grassi principali utilizzati nella dieta chetogenica.
Il ghee, o burro chiarificato, è un burro al quale sono state tolte le
frazioni di zuccheri e proteine, lasciando quindi solo la parte grassa.
Grazie a questo accorgimento, il ghee si conserva facilmente a
temperatura ambiente per lunghi periodi di tempo. Il ghee, inoltre,
ha un punto di fumo molto più alto rispetto al burro, proprietà che lo
rende meglio utilizzabile per cucinare. La composizione in acidi
grassi del ghee è sostanzialmente identica a quella del burro con
quantità maggiori ma con le stesse proporzioni.
Composizione burro e ghee:
26% MUFA
3% PUFA
66% SFA

S ego
Il sego è un tipo di grasso che si presenta solido a
temperatura ambiente. È ottenuto principalmente dal grasso bovino
ma anche da quello ovino ed equino. Essendo il sego un prodotto
derivato da diversi animali, le proporzioni degli acidi grassi possono
variare leggermente (non in modo così significativo) a seconda
dell’animale dal quale è stato ottenuto. Perché si possano sciogliere
e separare in parte solida e liquida (la parte liquida sarà costituita dal
sego), i grassi animali dovranno essere riscaldati a bassa
temperatura. Il sego ha una lunga durata e i suoi usi sono molteplici.
È un grasso perfetto per cotture ad alte temperature, inclusa la
frittura che sarà particolarmente croccante e asciutta, ed è un
ingrediente ottimo per preparare creme e saponi.
Composizione sego:
46% MUFA
2% PUFA
50% SFA

L ardo
Il lardo è ottenuto tramite un processo identico a quello usato
per il sego ma viene prodotto utilizzando, esclusivamente, il grasso
di maiale. Il lardo ha, spesso, un sapore più pronunciato rispetto ad
altri grassi e questo aspetto lo rende ideale per molte preparazioni
ma poco adatto per altre, a differenza del sego che presenta un
gusto decisamente più delicato e neutro. Così come il sego, anche il
lardo è ottimo per le cotture in padella o le fritture ed è
particolarmente gustoso con le verdure. Un tempo, il grasso del
maiale veniva usato al posto del burro e solo oggi, grazie alla
rivisitazione della cucina tradizionale, il suo uso in cucina sta
tornando di nuovo popolare.
Composizione lardo:
45% MUFA
2% PUFA
11% SFA

O lio di canola (o semi di rapa)


L’olio di canola è un olio prodotto dai semi di rapa attraverso
un procedimento complesso di eliminazione dell'acido erucico, una
molecola particolarmente tossica che, oltretutto, ha un sapore
amarissimo. In questi ultimi anni, la diffusione dell’olio di canola sta
aumentando significativamente e molti medici lo raccomandano
perché è ricco di acidi grassi omega-3. Nonostante quest’olio
contenga ottime quantità di acidi grassi omega-3, personalmente, mi
sento di consigliarne un uso molto ridotto perché dubito fortemente
che, dopo essere stato riscaldato a oltre 260°C per la sua
produzione, rimanga anche una minima frazione integra, e non
irrancidita, di omega-3. Nonostante ciò, l’olio di canola è da preferire
a tutti gli altri oli di semi perché ha, comunque, una buona
percentuale di acidi grassi monoinsaturi, così come l'olio di oliva.
Composizione olio di canola:
55-60% MUFA
23% Omega-6 PUFA
6-10% Omega-3 PUFA
7% SFA
O lio di arachidi
L’olio di arachidi è uno degli oli più usati per le fritture,
sopratutto quelle casalinghe, grazie al suo alto contenuto di acidi
grassi monoinsaturi. Proprio per questa ragione è migliore dell'olio
di mais e dell’olio di semi di girasole. Bisogna ricordare però che
l’olio di arachidi può facilmente irrancidirsi e, essendo estratto da un
legume, non dovrebbe essere minimamente considerato da chi
segue una dieta paleo o chetogenica.
Composizione olio di arachidi:
44% MUFA
38% PUFA
18% SFA
Olio di semi di girasole
L’olio di semi di girasole può essere considerato uno tra i peggiori
oli. Infatti, con un contenuto altissimo di acidi grassi polinsaturi e
pressoché zero omega-3 dovrebbe essere assolutamente evitato.
L’olio di girasole è generalmente molto usato nei ristoranti,
probabilmente perché si tratta di uno degli oli più economici sul
mercato. Personalmente, sono all’oscuro del motivo (forse una
questione di marketing) per il quale questo olio, nonostante le sua
scarsissima qualità, venga ritenuto uno dei più salutari. Alcune volte
sarebbe proprio il caso di orientare le nostre scelte di acquisto nella
direzione opposta a quella promossa dai media attraverso consigli e
pubblicità.
Composizione olio di semi di girasole:
20% MUFA
70% PUFA
10% SFA

O lio di semi di cotone


L’olio di cotone è il mio olio preferito soprattutto quando
voglio mostrare come le aziende possano, intenzionalmente,
distruggere la salute delle persone con l’unico scopo di guadagnare
un profitto. Fino a non molto tempo fa, a causa della tossicità per gli
uomini e per gli animali, i contadini dovevano smaltire i semi del
cotone attraverso il pagamento di una tassa. Ma l'industria
alimentare, che sembra essere sempre in grado di produrre oro dal
letame, in tempi recenti ha riproposto questo olio non propriamente
commestibile. Visto che parliamo dell'olio più economico sul mercato
non sarà difficile capire perché l’olio di cotone sia utilizzatissimo,
sopratutto da ristoranti e industria alimentare. È bene evidenziare
che oltre alla sua tossicità naturale, questo tipo di olio viene prodotto
esclusivamente da semi geneticamente modificati. Inoltre, come se
non bastasse, viene venduto quasi esclusivamente con una parte
idrogenata che mantenga stabili le sue caratteristiche organolettiche.
Aggiungo solo tre parole: stateci alla larga.
Composizione olio di semi di cotone:
15% MUFA
59% PUFA
26% SFA

O lio di oliva (include sansa ed extra vergine)


L'olio extra vergine di oliva, quando non adulterato o
miscelato con altri oli, è un buon olio da usare nel contesto di una
dieta ricca di grassi saturi così da mantenere una buona proporzione
tra MUFA e SFA. Consiglio di usare l’olio extra vergine per condire le
pietanze crude o cotte e di evitare, invece, l'olio di sansa e l’olio di
oliva perché sono prodotti di bassa qualità estratti attraverso l’uso di
acidi (o tramite il calore) e quindi largamente irranciditi. Sicuramente
un blend di olio di oliva e olio extravergine delicato è l’opzione
migliore per ottenere una buona maionese; se venisse montata solo
con l’olio extra vergine di oliva, verrebbe troppo amara. Se, invece,
volete preparare una maionese ancora più buona il mio consiglio è
quello di sostituire l’olio con il burro.

C omposizione olio di oliva:


70-74% MUFA
3-24% Omega-6 PUFA
1% Omega-3 PUFA
14% SFA

O lio di mais
L’olio di mais è presente sul mercato soprattutto grazie agli
enormi sussidi che vengono dati ai contadini che coltivano il mais
negli Stati Uniti. Si tratta di un olio largamente composto da acidi
grassi polinsaturi e, quindi, consiglio di evitarlo con cura.
Composizione olio di mais:
22% MUFA
64% PUFA
14% SFA

lio di cocco
L'olio di cocco ottenuto da spremitura a freddo è un grasso

O eccellente e versatile anche se il gusto accentuato lo rende


meno adatto alla cottura di carne o pesce. Vista l'altissima
percentuale di acidi grassi saturi, l’olio di cocco è estremamente
stabile tanto da poter essere conservato a temperatura ambiente.
Composizione olio di cocco:
6% MUFA
2% PUFA
92% SFA

O lio di palma
Non voglio entrare nel merito dei problemi che le piantagioni
di palma possano avere dal punto di vista ecologico. Credo sia noto
a tutti che la palma non sia, certamente, l'unico prodotto
dell'agricoltura per il quale enormi aree del mondo vengano
disboscate. Dal punto di vista alimentare e salutare, invece, l'olio di
palma è ricco in acidi grassi saturi ed è molto stabile termicamente.
L'olio rosso di palma ha, inoltre, un contenuto altissimo di coenzima
Q10 e vitamina E.
Composizione olio di palma:
38% MUFA
10% PUFA
52% SFA
21.
Ricette per la salute e per il piacere

C ucinare alimenti adatti a una dieta chetogenica non è affatto


difficile. In pratica, quasi tutti i secondi piatti della tradizione
italiana sono già chetogenici o lo possono diventare con poche
modifiche. Dagli arrosti agli stufati, dall'ossobuco alla trippa alla
fiorentina passando attraverso tutti i piatti di pesce e i frutti di mare,
già questo piccolo elenco propone piatti di tipo chetogenico. Tanti
altri lo diventeranno con il solo accorgimento di eliminare eventuali
componenti come le patate o la farina. Un purè di cavolfiore potrà
egregiamente prendere il posto di un purè di patate; zucchini e altre
verdure a dadini sostituiranno le patate che siete abituati ad
aggiungerle al vostro stufato e usando la panna, allungata con un
pizzico di acqua, potrete anche fare a meno del latte. Poi, abbiamo
tutto il mondo dei dolci, cibo che dovrebbe rimanere una delizia
consumata solo durante le occasioni speciali ma che, anche
all’interno di una dieta chetogenica, è molto facile da preparare e da
adattare per tutti i gusti e per tutte le esigenze. Qui di seguito
troverete alcune ricette che vi daranno un'idea di quello che si può
mangiare in una dieta chetogenica. L'elenco è forzatamente limitato
e fuori dallo scopo di questo libro anche se propone alcuni tipi di
pane chetogenico e alcuni sfiziosi dessert cosicché anche i primi
mesi di questo nuovo stile di vita possano essere appaganti dal
punto di vista gastronomico. Infatti, grazie alla mia esperienza, ho
notato che molte tra le persone che cominciano una dieta
chetogenica, prima di riprendere la vecchia ma sempre buona
abitudine di mangiare cibi “veri” e non altamente processati, tendono
a cercare dei sostituti chetogenici ai cibi che consumavano fino al
giorno prima di cominciare la nuova dieta. Questo accade sopratutto
nel primo periodo, nel momento di passaggio tra una dieta e l’altra,
e essere integralisti, in questo caso, non aiuta. Mangiare una fetta
di pane contenente un po' di mandorle tritate o un dolcino
chetogenico dolcificato con stevia ed eritritolo sarà certamente
meglio che mangiare un bombolone fritto, una merendina industriale
o una fetta di pane classico contenente glutine e additivi. Se questi
dolci chetogenici possono aiutare a passare da una dieta non
salutare a una dieta benefica e sana, ben vengano.
Buon appetito!
21.1.

Pane di farina di mandorle ai semi vari

Q uesta è una ricetta davvero facile, dal risultato sorprendente,


un pane soffice e leggero del tutto simile al pane in cassetta.
Per preparare questo pane occorre l’uso di abbondante farina di
mandorle che porta ad avere circa 3 grammi di carboidrati per fetta e
un pochino di acidi grassi polinsaturi che sarebbe bene limitare. Per
questi motivi, non fatene un uso esagerato, soprattutto se
consumate altre mandorle o noci.

I ngredienti:
170 g di farina di mandorle
20 g di buccia di psillio macinata fine
2 cucchiaini di lievito per dolci
2 cucchiai di semi di zucca, tritati grossolanamente
2 cucchiai di semi di sesamo
Un pizzico abbondante di sale
2 uova grandi
4 albumi di uova grandi
2 cucchiai di aceto di mele
85 g di burro non salato, fuso e leggermente raffreddato
120 ml di acqua bollente
Preparazione:
Preriscaldate il forno a 170°C. Foderate con carta da forno l'interno
di una pirofila rettangolare da circa 22x12 cm. In una ciotola
mischiate bene la farina di mandorle, lo psillio, il lievito per dolci, i
semi e il sale. Mettette da parte il composto. In un'altra ciotola
sbattete insieme le uova, gli albumi, l'aceto e il burro e aggiungete il
tutto agli ingredienti secchi che avete messo da parte nella prima
ciotola.
Mescolate bene e aggiungete, lentamente, l'acqua bollente.
L'impasto così preparato andrà versato nella teglia foderata con la
carta da forno e cotto circa 75 minuti o fino a che non sarà bello
dorato. Una volta trascorso il tempo di cottura, spegnete il forno e
lasciate raffreddare il pane all'interno per circa mezz'ora
mantenendo lo sportello leggermente aperto.

21.2.

Panini alla farina di mandorle

S e seguirete una dieta chetogenica non potrete mangiare il


pane. Sopratutto per gli italiani si tratta, sicuramente, di una
rinuncia piuttosto difficile ma con il tempo ci si abitua a non usarlo e
sarà facile scoprire come ci siano delle invitanti alternative. I panini
chetogenici, ad esempio, sono dei panini molto morbidi, davvero
ottimi e pratici per essere farciti con gli ingredienti che più preferite.
Io li preparo spesso con il prosciutto cotto e il formaggio. Il pane
chetogenico può anche essere tagliato a fette e tostato per la
preparazione di sfiziosi crostini. Prima di tostare il pane ricordatevi di
lasciarlo riposare almeno qualche giorno in modo che durante la
tostatura diventi ancora più croccante.
Ingredienti:
140 g di farina di mandorle o mandorle intere
50 g di buccia di psillio macinata fine
10 g di lievito per dolci (baking powder)
Sale
2 cucchiaini di aceto di mele
240 g di acqua calda
3 bianchi d'uovo
Preparazione:
Prendete delle mandorle intere e tritatele il più finemente possibile
con un food processor. Mischiate bene tutti gli ingredienti secchi e
poi aggiungete i liquidi e i bianchi d'uovo. Con l’aiuto di un frullino,
frullate il composto per un minuto e formate dei bocconcini di forma
circolare, o allungata, a vostro piacimento (la forma allungata è
perfetta per preparare degli squisiti hot dog). Disponete le forme su
un vassoio da forno avendo cura di riporle ben distanziate tra loro.
Questo tipo di pane chetogenico cresce molto e le dosi indicate negli
ingredienti sono sufficienti per la preparazione di circa otto piccoli
panini. Cuocete a 160°C per un'ora e lasciate freddare per bene
prima di assaggiare.

21.3.

Panini alla farina di cocco

L a farina di cocco è un eccellente ingrediente per molte


preparazioni chetogeniche o low carb. Si abbina benissimo allo
psillio perché ha un'ottima capacità di assorbire i liquidi. Questa
ricetta è perfetta per preparare dei soffici panini per hamburger o per
hot dog (facendoli di forma allungata) molto gustosi anche con il
burro, il salame e i cetriolini oppure con maionese, prosciutto e
rucola. Insomma, come preferite! Ciascun panino ha poco più di 1
grammo di carboidrati.
Ingredienti:
60 g di farina di cocco (quella fine, non il cocco grattugiato)
10 g di buccia di psillio macinata fine
Un pizzico di sale
4 uova grandi
190 g di acqua
60 g di burro

P reparazione:
Unite fra loro tutti gli ingredienti secchi e mischiate per bene.
Sbattete le uova con una frusta, aggiungete il burro fuso e l'acqua e
continuate a sbattere fino a che il composto non sarà
completamente amalgamato. Aggiungete gli ingredienti secchi al mix
appena preparato con le uova e mischiate fino a ottenere un impasto
particolarmente denso.
Se il composto dovesse avere una consistenza troppo molle potrete
aggiungere un briciolo di psillio. A seguire, dividete l'impasto in una
decina di panini e metteteli su un vassoio da forno (con carta forno
o, meglio ancora, tappetino di silicone). Fate cuocere a 180°C per
circa 30-35 minuti e, al termine, lasciate freddare.

21.4.

Pollo con funghi, broccoli e groviera


l pollo con funghi, broccoli e groviera è un ottimo piatto, ricco di

I proteine e ingredienti sfiziosi.

I ngredienti:
Olio extra vergine di oliva o sego
Burro
Sovracosce o petto di pollo
1 testa di broccolo
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
1 peperoncino
Funghi a piacere
Formaggio groviera o provolone grattugiato
Preparazione:
Saltate il pollo in un pochino di sego o olio extra vergine d'oliva.
Inizialmente tenete il fuoco alto, per fare in modo che si crei una
sorta di crosticina, e poi a fuoco più basso per finire di cuocere il
pollo ma senza cuocerlo troppo. Salate, pepate e trasferite su un
piatto. In una padella aggiungete del burro e cuocete l'aglio e il
peperoncino tritati. Unite i broccoli tagliati a pezzetti, tostateli e
copriteli con un coperchio. Aggiungete meno di mezzo bicchiere
d'acqua, se necessario, per portarli a cottura. A fine cottura,
trasferite il tutto in una ciotola. Cuocete ora le cipolle tagliate fini,
aggiungete i funghi a pezzi e aggiustate di sale e pepe. Disponete
tutte i componenti in una pirofila imburrata, cospargete il formaggio
grattugiato sopra agli altri ingredienti e infornate in modalità grill
finché il formaggio sarà fuso e sarà diventato leggermente dorato.
21.5.

Brodo di ossa con curcuma e crema


di cocco

I l brodo di ossa è uno dei piatti più utilizzati da chi segue una dieta
chetogenica o low carb. Si tratta di un piatto semplice ma
ricchissimo di minerali e altri nutrienti, buono per la salute generale e
quella del tratto gastrointestinale in particolare.
Il brodo di ossa è facilissimo da preparare e può essere consumato
nelle fredde sere d’inverno o la mattina appena alzati per iniziare al
meglio la giornata.
Ingredienti:
Ossa di manzo, pollo o agnello
Sego o olio extra vergine di oliva
Mezzo cucchiaio di zenzero fresco grattugiato p.p.
Mezzo cucchiaio di curcuma
Cipolline fresche tritate
Crema di cocco
Sale
Pepe

reparazione:
Per preparare il brodo partirete dalle ossa che potranno

P essere di una qualunque combinazione di manzo, pollo o


agnello. Tostate le ossa in una pentola d'acciaio con un
pochino di sego o olio extra vergine d'oliva per rendere il gusto del
brodo più deciso, poi copritele d'acqua fredda e portate a bollore.
Mettete il coperchio e fate bollire a fiamma molto bassa per almeno
sette-otto ore.
Se volete estrarre dalle ossa il maggior quantitativo possibile di
nutrienti allora, lasciate bollire lentamente fino a ventiquattro ore. In
questo caso, per maggiore sicurezza, potrete utilizzare una pentola
di tipo elettrico (non è mai una buona idea lasciare il fornello a gas
acceso durante la notte!).
Quando la cottura sarà terminata, filtrate il brodo con un colino di
metallo a maglia fine e riponete il brodo in frigo dopo averlo fatto
freddare a temperatura ambiente. Se preferite un brodo più magro vi
consiglio di eliminare l’eventuale grasso che si accumulerà in
superficie, quello che sarà diventato più rappreso, solido. Non
gettate comunque quel grasso, sciacquatelo bene e mettetelo in un
contenitore di vetro da riporre nel frigo; lo potrete utilizzare per la
cottura della carne o delle uova.
Dopo una notte in frigo, il brodo dovrà avere la consistenza
gelatinosa di un budino, segno che conterrà ampie quantità di
collagene.
Per preparare la versione di ispirazione asiatica di questo brodo, con
la curcuma e la crema di cocco, mettete in una pentola una tazza di
brodo per porzione, aggiungete mezzo cucchiaio di zenzero fresco
grattugiato a persona, mezzo cucchiaio di curcuma, un pochino di
cipolline fresche tritate, sale, pepe e crema di cocco a piacere.
Portate a bollore mescolando bene e servite caldo. Questa base può
essere usata per preparare veloci zuppe in stile asiatico
aggiungendo pollo sfilacciato, uova sode o pesce come gustosi
gamberi.
21.6.

Paté di fegatini di pollo al Cognac

L e interiora rappresentano un alimento molto importante,


contengono una quantità incredibilmente elevata di nutrienti
(sopratutto il fegato) e dovrebbero far parte di ogni dieta bilanciata. Il
gusto delle interiora è abbastanza lontano da quello a cui siamo
abituati nel mondo occidentale ma, per fortuna, possiamo ricorrere
alla preparazione di ricette sfiziose come quella del paté, un ottimo
modo per includere i preziosi nutrienti delle frattaglie all’interno nella
nostra dieta. Questa ricetta si può preparare e poi congelare in
piccoli barattoli di vetro, così da averne sempre un pochino a
disposizione.
Il paté di fegatini di pollo può essere servito con sottaceti e cetriolini,
con il kimchi o con altre verdure fermentate. Delizioso anche
spalmato su pane o crackers chetogenici, il paté di fegato è un
eccellente antipasto, perfetto per iniziare una cena da soli o in
compagnia.
Ingredienti:
2 cucchiai di burro per la riduzione
100 g di burro per i fegatini
1 cipolla tritata
2 foglie di alloro
4 foglie di salvia
Mezzo bicchiere di cognac o brandy
500 g di fegatini di pollo
2 acciughe
Capperi sotto sale ben sciacquati
Burro per mantecare
Sale
Pepe

P reparazione:
Fate soffriggere due cucchiai di burro con la cipolla a fuoco
medio-basso per circa 10-15 minuti, mescolando di tanto in tanto,
fino a quando la cipolla sarà morbida e leggermente caramellata.
Aggiungete le foglie di alloro, la salvia e le due acciughe, versate il
Cognac e portate avanti la cottura a fuoco lento finché il composto
diventerà simile a una glassa. Mettete da parte, rimuovete le foglie di
alloro e salvia e fate raffreddare.
Scaldate circa 100 grammi di burro, aggiungete i fegatini a pezzi e i
capperi e fate cuocere finché i fegatini non saranno dorati ma ancora
leggermente rosati al centro. Togliete dalla padella e mettete da
parte a raffreddare. Unite i fegatini cotti alla riduzione di cipolla e
cognac in un frullatore e frullate fino a ottenere una crema
omogenea. Aggiungete sale e pepe a piacere e frullate ancora un
paio di volte per amalgamare il tutto. Se il composto sarà troppo
liquido, aggiungerete qualche cubetto di burro fino a ottenere la
consistenza desiderata. Se volete ottenere una grana più fine,
passate il paté attraverso un setaccio a trama sottile. Versate il paté
in barattoli, o ciotole, avendo cura di lasciare uno spazio di mezzo
centimetro in cima che ricoprirete con burro fuso. Mettete in
frigorifero per 4-6 ore per far rapprendere correttamente.

21.7.
Salmone con crema al limone

I l salmone è un pesce davvero squisito, le sue carni sono ricche di


acidi grassi essenziali omega-3 e contengono un notevole
quantitativo di proteine, sali minerali e vitamine.
Ingredienti:
80 ml di brodo vegetale
150 ml di panna
Prezzemolo ed erba cipollina
Il succo di mezzo limone
Sego o olio extra vergine di oliva
500 g di salmone
50 g di burro
1 spicchio d'aglio tritato finemente
1 peperoncino piccolo
Broccoli, spinaci o cavolfiore
Sale
Pepe

P reparazione:
Fate bollire il brodo in una casseruola, aggiungete la panna, le
erbette finemente tritate e il succo di limone. Salate e pepate quanto
basta. Lasciate sul fuoco bassissimo girando ogni tanto e lasciando
addensare la salsa.
Nel frattempo saltate il salmone in una padella con il sego o l'olio,
salate e cucinate al punto desiderato. Il salmone si presta
particolarmente bene a essere cotto "al sangue", con una crosticina
dorata esterna ma con un cuore ancora crudo, solo intiepidito. Se
avete scelto un trancio con la pelle, disponete la parte con la pelle
sul fondo della padella e lasciate cuocere a fuoco basso, senza
girare, fino a che la pelle sarà bella croccante. Successivamente,
girate e lasciate cuocere per circa trenta-sessanta secondi o fino alla
cottura più desiderata.
Per il contorno, soffriggete l'aglio e il peperoncino con il burro,
aggiungete le verdure e saltate a fuoco alto per qualche minuto,
portando le verdure a cottura ma lasciandole abbastanza croccanti.
Aggiungete un pizzico di sale. Disponete il salmone in un piatto
piano, versate sopra la salsa al limone oramai addensata e servite
con il contorno di verdure all'aglio e peperoncino.

21.8.

Uova alla diavola con tonno e capperi

L e uova alla diavola sono un classico apprezzato in tutto il


mondo, perfette per una cena estiva o per uno snack veloce,
ricche di nutrienti e terribilmente gustose.
La preparazione è veloce, le uova si conservano per qualche giorno
e possono essere preparate in anticipo. Questa ricetta si presta
benissimo a essere modificata con gli ingredienti che avete in casa e
nel frigo.

I ngredienti:
6 uova
6 acciughe sott’olio
Capperi sotto sale sciacquati bene (in alternativa capperi sottaceto)
100 g di tonno sott’olio ben sgocciolato
Paprika dolce
Peperoncino fresco
3-4 cucchiai di maionese
Sale

P reparazione:
Mettete le uova in un pentolino e copritele con almeno due
dita d'acqua. Portate a bollore e fate lessare per 5-6 minuti.
L'albume dovrà risultare ben cotto e sodo mentre il tuorlo dovrà
essere ancora morbido al centro. Sbriciolate il tonno e unitelo alla
maionese e al tuorlo delle uova che avrete nel frattempo sbucciato
e fatto freddare. Aggiungete un pochino di capperi a piacere,
schiacciate bene il tutto con una forchetta e amalgamate l'impasto.
In alternativa ai capperi potete usare dei cetriolini sottaceto
sminuzzati o altre verdure sottaceto, se preferite. Assaggiate e,
eventualmente, aggiungete del sale. Con un cucchiaio riempite gli
albumi d'uovo con il composto appena preparato, poggiate
un’acciuga sopra ciascun uovo e spolverate con paprika e
peperoncino a piacere.

21.9.

Maionese facile facile


na buona maionese rende la cucina chetogenica molto più
piacevole. Questa salsa si abbina perfettamente a uova sode,
hamburger, panini con prosciutto o salame, salmone arrosto e a una

U miriade di altri piatti.


Le versioni commerciali della maionese sono un concentrato di tutti
gli ingredienti che andrebbero evitati, a partire dall'olio di semi, ed è
per questo motivo che è consigliato prepararla in casa.
La maionese è il risultato dell'emulsione fra un uovo e un grasso.
Invece dell'olio di semi potrete usare un olio extra vergine di oliva
delicato o anche un misto composto da un olio extravergine e un
olio di oliva non extra vergine.
Sarebbe meglio evitare l’olio extravergine più robusto perché
darebbe un sapore amaro alla maionese. In alternativa è anche
possibile sostituire l’olio con il burro, il risultato sarà un pochino
diverso, sopratutto in termini di consistenza, ma il sapore sarà
particolarmente gustoso sulla carne.

I ngredienti:
250 g di olio o burro (fuso ma non caldo)
1 uovo intero grande oppure 1 uovo più 1 tuorlo
1 cucchiaino di senape di Dijone
Il succo di mezzo limone
La buccia grattugiata di mezzo limone (non trattato)
Sale

P reparazione:
Il procedimento più facile e veloce per preparare la maionese
è tramite l'uso del frullatore a immersione. Mettete l'olio nel
contenitore del frullatore, aggiungete tutti gli altri ingredienti,
immergete il frullatore fino in fondo e frullate alla massima velocità
per circa dieci secondi.
Poi, portate il frullatore verso l'alto, molto lentamente, fino a che tutto
l'olio sarà emulsionato. Potrete consumare la maionese subito o
conservarla in frigo, in un barattolo di vetro, fino una settimana di
tempo.

21.10.

Sego fatto in casa

I l sego è il grasso più versatile da usare in cucina e ha, inoltre,


tantissimi impieghi per la preparazione di cosmetici, creme e
saponi per il viso e per il corpo.
Il sego commerciale è fatto con un misto di grasso ovino, bovino e
caprino (spesso anche equino) e non c'è nulla di male
nell'acquistarlo già pronto al supermercato.
Se vorrete, potrete comunque cimentarvi nel prepararlo da soli, vi
accorgerete di quanto sarà facile e utile riutilizzare l'eccesso di
grasso che avrete in casa se solitamente acquistate tagli interi di
carne.
Chiedete al vostro macellaio di fiducia di procurarvi del grasso
surrenale di bovino (suet) che è il grasso migliore grazie all'altissima
percentuale di acidi grassi saturi contenuti. Il risultato sarà un sego
di alta qualità, neutro e privo di odore.
Ingredienti:
Grasso ovino, bovino, caprino o equino
1 bicchiere di acqua
P reparazione:
Per la preparazione consiglio di usare una di quelle pentole
elettriche per la cottura lenta ma andrà bene anche un pentolone
tenuto sul fuoco bassissimo. Tagliate il grasso a dadini, mettetelo
nella pentola con un bicchiere d'acqua (molti non aggiungono acqua
ma a mio parere rende la cottura più delicata) e lasciate sciogliere
delicatamente fino a quando tutti i pezzetti di grasso saranno
precipitati in fondo alla pentola e tutto il grasso sarà completamente
liquefatto. Il tempo necessario dipende dalla dimensione dei pezzetti
di grasso.
A questo punto, versate il grasso sciolto in un contenitore di vetro
passando il sego attraverso un colino di metallo a trama fine per
eliminare tutte le impurità. Una volta terminato questo passaggio
potrete mettere in frigo per far solidificare. Quando il prodotto sarà
ben solidificato, rimuovete il "pane" di sego dal contenitore, l'acqua
rimarrà sul fondo e sarà probabilmente scura e gelatinosa. Ripulite il
"pane" dalle impurità rimaste sul fondo aiutandovi con dell'acqua e
con un coltello, raschiando dove necessario. A questo punto il sego
sarà pronto, perfetto per cucinare e per essere conservato a
temperatura ambiente per un’infinità di tempo.
Qualora vorreste usare il sego come gel per i capelli o come crema
da viso, dovrete eseguire un ulteriore passaggio di purificazione che
consentirà l’eliminazione più profonda di odori e impurità. In questo
caso, rimettete il "pane" nella pentola con l’aggiunta di acqua, fate
sciogliere a fuoco lentissimo e poi bollire, a fiamma bassissima, per
un'oretta. Al termine della cottura filtrate con il colino di metallo e
con un panno pulito di cotone bianco (meglio ancora con un tessuto
per la preparazione dei formaggi). Mettete di nuovo in frigo per
solidificare e poi ripulite il fondo. Se il grasso di partenza non è
quello surrenale, e ha molte inclusioni di carne o tendini, si può fare
un terzo passaggio per ripulirlo ancora ma, solitamente, due
passaggi sono più che sufficienti.
21.11.

Mousse al caffè su ganache di


cioccolato

Q uesta ricetta è alla portata di tutti, un dolce davvero delizioso.


Sfido chiunque a credere che sia pressoché a zero
carboidrati.
Ingredienti per la base:
170 g di burro
115 g di cioccolato fondente al 90%
30 g di cacao amaro
120 g di stevia miscelata con eritritolo
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
4 uova grandi
60 ml di caffè preparato con la moka (oppure metà caffè e metà
Cognac)
2 g di xantan gum

P reparazione:
La base di questa ricetta è per un dolce preparato in uno
stampo quadrato di circa 20x20 cm. In un pentolino sciogliete il
burro, il cioccolato e aggiungete il cacao. Mischiate bene, poi togliete
dal fuoco e aggiungete il dolcificante e la vaniglia. Lasciate
raffreddare per 5 minuti. Aggiungete le uova, una alla volta, girando
accuratamente con la frusta prima di aggiungere il seguente uovo.
Una volta che tutte le uova saranno ben amalgamate, aggiungete il
caffè e continuate a girare. Distribuite sopra il composto lo xantan
gum e frullate vigorosamente. Mettete in teglia con forno
preriscaldato a 160°C e lasciate cuocere per circa 13-15 minuti.
L’impasto deve rimanere molto soffice, non deve cuocere ma solo
asciugare.

I ngredienti per la crema:


250 g di mascarpone
100 g di panna acida
100 g di cream cheese
100 g di stevia miscelata con eritritolo
100 ml di caffè espresso
15 g di caffè solubile
400 ml di panna
6 g di gelatina in fogli

P reparazione:
Preparate una moka di caffè e fatela raffreddare. Aggiungete il
caffè solubile. Nel frattempo, mettete la gelatina a bagno in acqua
fredda, mischiate bene il mascarpone, la panna acida e il
formaggio. Aggiungete il dolcificante e il caffè freddo e lavorate
bene l'impasto con le fruste.
Montate la panna in un recipiente (ricordatevi di tenerne circa 20
grammi da parte) e incorporatela con il mix di mascarpone
aiutandovi con movimenti delicati dal basso verso l'alto, per non
smontare il composto.
Prendete la panna tenuta da parte, scaldatela e unite a questa la
gelatina sciolta e ben strizzata. Unite la gelatina al mix. Mettete
questa crema sopra la base già fredda e conservate in frigo per
diverse ore (meglio se per una notte).

21.12.

Cheesecake al limone

L a cheesecake è un dolce che si presta particolarmente bene


alla conversione in ricetta low carb, o chetogenica, perché per
la mousse sarà sufficiente sostituire lo zucchero con il dolcificante
(la classica miscela di stevia ed eritritolo, ad esempio), e la base
potrà essere fatta facilmente usando mandorle, o cocco, al posto
della farina. Questa ricetta è stata testata innumerevoli volte, a cena
con amici o in famiglia, ed è sempre stata un successo. La
preparazione della base potrà essere usata per qualunque tipo di
cheesecake.

I ngredienti per la base:


45 g di farina di mandorle (se partite dalle mandorle intere,
macinatele bene con un tritatutto)
La buccia grattugiata di un limone non trattato
10 g di dolcificante
Un pizzico di sale
20 g di burro fuso
P reparazione base:
Mettete della carta forno sul fondo e sulle pareti di una forma
apribile rotonda di circa 17-20 cm di diametro. Ungete la teglia con
un pochino di burro fuso. Mischiate insieme la farina di mandorle, la
buccia del limone grattugiato, il dolcificante e il sale. Aggiungete il
burro fuso fino a che il composto diventerà grumoso. Riponete il
tutto sul fondo della teglia, pressate bene e cuocete in forno per
circa 10 minuti a 160°C. A cottura ultimata mettete da parte la base

I ngredienti per la crema:


450 g di cream cheese
120 g di dolcificante
La buccia grattugiata di un limone non trattato
60 ml di succo di limone fresco
1 uovo grande (a temperatura ambiente)
2 bianchi d'uova grandi (a temperatura ambiente)
2 cucchiai di panna da montare

P reparazione crema e cottura:


Lavorate la cream cheese con le fruste elettriche fino a che
diventerà bella soffice. Aggiungete il dolcificante e continuate a
lavorare. Unite la buccia e il succo di un limone fino a che tutti gli
ingredienti saranno ben amalgamati. Aggiungete l'uovo e gli albumi
e continuate a lavorare con le fruste. Versate la panna e lavorate
ancora, ma non troppo. Disponete sulla base già pronta la crema
appena ottenuta, smuovetela leggermente per farla pareggiare.
Mettete in forno a 150°C per circa 30 minuti. La crema dovrà essere
ben cotta sui bordi ma il centro dovrà avere la consistenza della
gelatina. Prima di mangiare, lasciate freddare e mettete in frigo per
almeno tre-quattro ore.

21.13.

"Gelato" allo yogurt con frutti di


bosco

I l “gelato” allo yogurt con frutti di bosco è uno dei dessert più
semplici ma allo stesso tempo deliziosi, con pochissimi
carboidrati e facile da personalizzare con spezie come la vaniglia o
la cannella. Utilizzate un buon yogurt greco a latte intero o, meglio
ancora, uno yogurt di capra. Per chi volesse evitare i latticini si può
usare anche lo yogurt di cocco.
Ingredienti:
Uno yogurt intero
Un cucchiaino di miele
Una manciata di lamponi, mirtilli e more
Qualche foglia di menta per decorare

P reparazione:
Mettete nel frullatore un paio di cucchiai di yogurt e i frutti di
bosco surgelati, adattando le quantità alla densità desiderata. Più
yogurt (o anche una piccola quantità di acqua) per avere un prodotto
finale più liquido, più frutti di bosco surgelati per avere una
consistenza più simile a quella di un vero e proprio gelato.

21.14 .

Fudge cacao e cocco

I l fudge è un tipo di dolcetto molto popolare nei paesi


anglosassoni, ha una consistenza a metà fra quella del croccante
morbido e quella del cioccolato e si presta molto bene per un piccolo
ma delizioso morso a fine pasto.
Ingredienti:
80 g di olio di cocco, morbido ma ancora solido
140 g di burro morbido, tenuto a temperatura ambiente
30 g di cacao in polvere
30 g di dolcificante (stevia miscelata con eritritolo)
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1/2 cucchiaino di olio di mandorle
1 pizzico di sale
Nocciole, noci e macadamia a piacere

P reparazione:
Mettete l’olio di cocco e il burro in una ciotola e frullate con
delle fruste elettriche (o con un minipimer) per qualche minuto, fino a
che il composto sarà liscio e lucido. Aggiungete gli altri ingredienti e
mescolate bene a mano fino a incorporare tutto il cacao.
Successivamente, prendete le fruste elettriche per mischiare e
amalgamare a fondo.
Prendete una teglia, foderatela con carta imburrata e versateci
l'impasto. Idealmente, il composto dovrebbe essere alto circa 1 o 2
cm. Cospargete la parte alta con la frutta secca grossolanamente
tritata, o intera, e mettere il tutto nel congelatore fino a che l'impasto
non si sarà solidificato.
Il fudge si conserva molto bene in un contenitore di vetro sigillato da
tenere nel congelatore. Quando lo toglierete dal freezer potrete
mangiarlo subito perché diventerà presto soffice o, a seconda della
temperatura esterna, addirittura, liquido. Per ottenere un fudge più
solido potrete aggiungere all’impasto 50 g di cioccolato fondente al
90% .

21.15.

Granola al cioccolato

L a granola al cioccolato è davvero perfetta per una colazione


veloce e gustosa, è così buona che potrei definirla quasi un
dessert.
Nonostante il nome, la granola non contiene né cereali ad alti
carboidrati né zuccheri aggiunti. È ottima servita sopra lo yogurt
greco o con la panna.

I ngredienti:
130 g di nocciole
130 g di noci
100 g di farina di nocciole (o nocciole tritate finemente con un food
processor)
100 g di olio di cocco o burro
25 g di cacao in polvere
100 g di stevia miscelata con eritritolo
Un pizzico di sale
Preparazione:
Tritate grossolanamente le nocciole e le noci. In una ciotola
mischiate questo trito con la farina di nocciole, il cacao magro in
polvere, la stevia e il pizzico di sale mescolando per bene tutti gli
ingredienti. Aggiungete al composto l'olio di cocco (o il burro fuso)
mischiando fino a quando si formerano dei grumi. A questo punto
trasferite la granola in una teglia foderata di carta da forno, pressate
bene così da favorire la formazione di grumi che rimarranno
croccanti. Mettete la teglia in forno a 150°C per circa 5 minuti,
togliete dal forno, girate il composto (facendo attenzione a non
sbriciolare troppo i grumi), e rimettete a cuocere per altri altri 5
minuti.
Dopo 10 minuti totali di cottura, girate la granola un’altra volta e
infornate, ancora, per 5 minuti (la cottura totale sarà, dunque, di
circa 15 minuti) o fino a che non sarà bello croccante. Passato il
tempo di cottura, spegnete il forno e lasciate la teglia all'interno per
altri 15 minuti, verificando che la temperatura del vostro forno cali a
sufficienza e non bruci la granola (alcuni forni sono più isolati di altri
e mantengono il calore più a lungo). Lasciate freddare
completamente e conservate in un vaso di vetro a chiusura
ermetica. La vostra granola sarà pronta all’uso per essere aggiunta
alle vostre colazioni, o merende, preferite.
22.
Domande frequenti

Q uanto tempo ci vuole per diventare cheto-adattati?


La maggior parte delle ricerca scientifiche e delle prove
aneddotiche sembrano indicare un periodo estremamente variabile
che va da qualche giorno, per individui come atleti di elite o persone
molto in forma, fino anche a dodici settimane, per persone obese e
inattive, con una media di tempo di adattamento di circa quattro
settimane.
Quanto più sarete determinati a evitare i carboidrati (sopratutto nelle
prime settimane di dieta chetogenica), tanto più rapidamente
supererete la fase di cheto-adattamento. Potrete anche accelerare il
processo impegnandovi in qualsiasi forma di esercizio fisico
sostenuto, dal sollevamento pesi in palestra all'aerobica, attività che
costringerà il vostro corpo ad attingere ai suoi depositi di grasso.

E siste una dieta chetogenica per uomini e una per donne?


No. La dieta è la medesima per entrambi i sessi perché fra
uomini e donne non vi è è alcuna differenza, o distinzione
particolare, che possa giustificare una dieta differente. I cibi da
mangiare sono gli stessi e la giusta quantità di proteine varierà in
proporzione al peso ideale e non in base al sesso.

L a dieta chetogenica include tantissimi grassi?


No o, meglio, dipende. Una dieta chetogenica è definita tale
dalla (quasi) completa assenza di carboidrati e questo è l'unico
criterio che la descrive. La quantità di grassi assunti può essere
variabile e dipende dagli obiettivi che si intendono raggiungere in
termini di dimagrimento o di aumento di peso. Spesso, in una dieta
chetogenica, la quantità di grassi è più alta rispetto alla media delle
diete occidentali tradizionali ma non sarà il fatto di mangiare più
grassi che vi fa entrare più profondamente in chetosi.

S ono incinta, posso seguire una dieta chetogenica?


La risposta è incerta. Da una parte, ampie prove dimostrano
che le donne appartenenti a popolazioni che seguono diete
sostanzialmente chetogeniche non abbiano alcun problema in
gravidanza, dall'altra, purtroppo, non ci sono in letteratura medica
ricerche specifiche in merito. La logica farebbe pensare che una
dieta con quantità sufficienti di nutrienti sia, in ogni caso, adeguata e
possa addirittura portare dei benefici ma per cautela durante la
gravidanza sarebbe più opportuno passare a una dieta a ridotto
contenuto di carboidrati piuttosto che a una dieta chetogenica.

P osso seguire una dieta chetogenica escludendo alcuni, o


tutti, i prodotti di origine animale ?
È estremamente difficile ottenere un’adeguata quantità di proteine
da fonti diverse da quelle animali senza ingerire anche alte quantità
di carboidrati. Tutte le fonti vegetali di proteine, infatti, abbinano una
modesta quantità di questo fondamentale macronutriente a una
sostanziale quantità di zuccheri. Inoltre, le proteine di tipo vegetale
sono perlopiù di basso valore biologico, ovvero, non contengono tutti
gli aminoacidi essenziali di cui l’organismo ha bisogno per poterle
utilizzare correttamente.
I vegetariani che consumano uova e latticini, ed eventualmente
anche pesce, potrebbero farcela ma il prezzo sarebbe quello una
dieta monotona e ripetitiva con una quantità insufficiente di proteine.
Una dieta vegana, invece, non potrà mai essere chetogenica a
meno che non si faccia ricorso a enormi quantità di supplementi
proteici e vitaminici.

C osa può farmi uscire dalla chetosi e come posso


rientrarvi rapidamente?
È piuttosto facile uscire dalla chetosi e per farlo è sufficiente
mangiare anche una quantità modesta di carboidrati. Infatti, proprio
a causa dell'insulina prodotta per metabolizzare i carboidrati, lo stato
metabolico di chetosi verrà presto interrotto. Per rientrare
velocemente in chetosi, invece, si può fare un breve digiuno o
utilizzare grassi estremamente chetogenici come quelli MCT. Nella
stragrande maggioranza dei casi però non sarà necessario fare nulla
se non riprendere la corretta dieta inserendo al massimo 20 grammi
di carboidrati al giorno.

C osa accade al mio corpo se decido di non seguire più una


dieta chetogenica?
La cosa più probabile che potrà accadere sarà l’ aumento di peso
che, anche grazie a una maggiore ritenzione idrica, si verificherà
sopratutto nei primi due-tre giorni di interruzione della dieta. Dal
punto di vista pratico non ci sono controindicazioni nel passare
frequentemente da una dieta chetogenica a una dieta ad alti
carboidrati se non il fatto che in quest'ultima fase si perderanno i
benefici della dieta chetogenica. Se deciderete di seguire in modo
infrequente una dieta low carb, o chetogenica, potrete comunque
godere di alcuni dei benefici di questo tipo di alimentazione e ogni
riduzione dei carboidrati andrà a favore della vostra salute.

vero che la dieta chetogenica è pericolosa per la salute?


No. Essere in chetosi è perfettamente sicuro per la salute,

È anzi, si può affermare che la chetosi sia il nostro stato


metabolico naturale nonché quello preferito dalla nostra
fisiologia. Molti confondono il termine chetosi con il termine
chetoacidosi, uno stato metabolico pericoloso che si verifica solo
nelle persone diabetiche quando nel sangue ci sono elevati livelli di
zuccheri e non abbastanza insulina.

C osa posso mangiare quando mi trovo in viaggio o sono


fuori per lavoro?
Mangiare chetogenico in un ristorante, o anche in un fast food,
solitamente non è difficile. In linea generale basterà evitare la pasta
e il pane per andare sul sicuro. Tutte le catene di fast food offrono la
possibilità di ordinare solamente gli hamburger con la lattuga, senza
panino e senza salse, e oggigiorno gli hamburger di tutte le principali
catene internazionali sono fatti al 100% da carne, senza farine o
riempitivi. Durante brevi viaggi, invece, potrete portare con voi uova
sode, noci, carne secca, o biltong, da consumare come snack.

L a dieta chetogenica può avere effetti benefici per la salute?


Sono molte le condizioni mediche che beneficiano di una dieta
chetogenica, da sola o abbinata a terapie farmacologiche. Il diabete
è la principale, soprattutto per il diabete di tipo 2. Oltre al diabete ci
sono tante altre malattie neurologiche, tra cui l'epilessia, il morbo di
Alzheimer, il morbo di Parkinson, gli spasmi infantili e la SLA che
possono trarre un vero miglioramento da questo tipo di
alimentazione. La dieta chetogenica ha anche effetti positivi in caso
di problemi alla tiroide, aiuta a ridurre la pressione sanguigna
quando eccessiva e riduce il livello dei trigliceridi. Inoltre, questa
dieta è estremamente efficace per controllare e ridurre il peso
corporeo portando enormi benefici indiretti per quanto riguarda il
rischio di malattie metaboliche, cardiovascolari e tumori.
L a dieta chetogenica è costosa?
La dieta chetogenica è generalmente più costosa di una dieta
"normale", soprattutto se paragonata a una dieta composta
essenzialmente da pane e pasta. Però, a parità di nutrienti, non solo
non è più costosa ma quasi sempre è meno costosa di una dieta
tradizionale. Mangiare chetogenico non significa mangiare bistecca
e filetto due volte al giorno. Anche rimanendo nell'ambito della carne
ci sono tanti tagli molto meno costosi e ugualmente nutrienti come
tutti i tagli da stufato o bollito, il macinato e gli organi. Le uova e il
pollame sono un altro modo per mangiare correttamente spendendo
cifre ragionevoli e per chi volesse provare una dieta carnivora (la più
chetogenica di tutte) il risparmio che si ottiene non acquistando
verdure, olio e altri cibi di contorno, spesso, compensa il costo
maggiore sostenuto per le proteine.

È possibile seguire una dieta chetogenica a lungo termine?


Si. Gli esseri umani, fino alla scoperta dell'agricoltura,
avvenuta "solo" diecimila anni fa, si sono evoluti per milioni di anni
mangiando solo la carne delle prede cacciate, occasionali frutti
(quando disponibili) erbe e verdure non amidacee, rimanendo,
quindi, pressoché in uno stato di chetosi costante. È stato solo con
l'avvento dell'agricoltura che c'è stato uno spostamento sul
metabolismo degli zuccheri come conseguenza della disponibilità
offerta da grani e cereali che gli uomini iniziarono a coltivare e
mangiare. Alcune ricerche condotte su pazienti osservati per periodi
fino a due anni hanno mostrato che il tipo di alimentazione proteica,
e senza carboidrati, migliora la salute generale. Milioni di persone in
tutto il mondo seguono questa dieta da anni, incluso chi scrive, e
grazie agli evidenti benefici che comporta non hanno alcuna
intenzione di interromperla. In termini di evoluzione umana, gli ultimi
diecimila anni sono un periodo estremamente breve della nostra
storia tanto che il nostro organismo non si è ancora adattato
all'introduzione dei carboidrati come elemento costante della nostra
dieta e ancora meno alle lectine e al glutine. Non è una caso il fatto
che la sindrome metabolica causata dai carboidrati e i problemi
creati dal glutine siano oggigiorno tra le principali cause di morte e
malattia. In questo contesto, possiamo senza dubbio affermare che
seguire una dieta chetogenicasia la condizione preferibile per gli
esseri umani.

M a il cervello non ha bisogno di zuccheri?


Durante la chetosi il cervello è in grado di utilizzare
efficacemente i chetoni prodotti nel fegato a partire dai grassi. Non
sempre però la produzione di chetoni può essere sufficiente per le
esigenze del cervello. In questi casi la nostra fisiologia è
perfettamente in grado di produrre tutto il glucosio necessario a
quest’organo grazie a un processo chiamato gluconeogenesi che,
quando richiesto, converte altri nutrienti in zuccheri anche quando la
dieta alimentare non ne contiene. Questo meccanismo consente di
mantenere costante il livello di glicemia nel sangue e di fornire
sempre la quantità di energia ottimale per il cervello.

È vero che la dieta chetogenica è carente di importanti


nutrienti?
No, è quasi sempre vero il contrario. La dieta chetogenica si basa su
alimenti ad alta densità di nutrienti come carne, latticini e uova che
contengono ampie quantità di proteine, eccellenti acidi grassi e tutta
una serie di fondamentali micronutrienti come vitamine e minerali
che si trovano solo in cibi di origine animale. I carboidrati non sono
essenziali per il metabolismo umano e non contengono alcun
micronutriente che non sia abbondantemente disponibile in carne,
uova e verdure. Inoltre, tutti i grani contengono alte quantità di acido
fitico e altri anti nutrienti che riducono, spesso sensibilmente,
l'assorbimento di molti minerali durante la digestione.
M i hanno detto che la dieta chetogenica aumenta il rischio
di depressione. È vero?
Incredibilmente, nonostante la dieta chetogenica sia utilizzata da
decenni in ambito psichiatrico proprio per trattare depressione e altre
serie malattie mentali, questo dubbio infondato continua a
diffondersi. Probabilmente, la questione nasce dal fatto che molte
persone che vengono da una dieta ad alti zuccheri, nel momento in
cui passano a una dieta chetogenica, possono sperimentare una
settimana, o due, di ridotta energia, irritabilità e annebbiamento
mentale dovuta alla cosiddetta keto-flu o influenza chetogenica. Ma
passato quel periodo, una dieta chetogenica, o anche low carb,
consente di avere meno sbalzi d'umore, un'attitudine più positiva, più
energie e acuità mentale così come dimostrato da molti studi e
dall'uso che tutt'ora viene fatto con la dieta chetogenica per trattare
disordini anche seri come la schizofrenia.

L a dieta chetogenica può danneggiare i reni?


Nonostante la dieta chetogenica sia una dieta con proteine più
alte rispetto a una classica dieta occidentale, questo non significa
che sia, in assoluto, una dieta ad alte proteine. La quantità
raccomandata di proteine va da 1,6 a 2,2 grammi per kg di peso
corporeo (peso corporeo ideale se siete sovrappeso) al giorno e
tutte le ricerche che mostrano un qualche danno ai reni fanno
riferimento a valori anche doppi e mantenuti per lunghi periodi.
Anche riuscendo a mangiare 3 grammi di proteine per kg di peso
corporeo al giorno, e vi garantisco che per una persona normale è
pressoché impossibile, un eventuale danno ai reni potrebbe avvenire
solamente nel caso di persone con una funzionalità renale già
seriamente compromessa, ovvero con la compresenza di malattie la
cui gravità è vicina a richiedere trattamenti di dialisi. In tutti gli altri
casi le ricerche hanno dimostrato che alte proteine, fino a 3 grammi
per kg di peso corporeo al giorno, non hanno alcun effetto negativo
sui reni e addirittura portano a un miglioramento della funzionalità
renale quando questa sia compromessa. Bisogna notare come una
delle principali cause di compromessa funzionalità renale sia il
diabete, proprio una condizione medica che beneficerebbe
enormemente dal passare da una dieta ad alti carboidrati a una
dieta chetogenica, o low carb. Per questi motivi possiamo affermare
che la dieta chetogenica abbia un effetto positivo, non negativo,
sulla funzionalità renale.

È bene ridurre la quantità di sale nei cibi?


Come abbiamo già accennato nel capitolo sulla keto-flu, il
comune sale è un componente fondamentale di una corretta dieta
chetogenica, spesso trascurato soprattutto in questi tempi in cui
viene costantemente, e senza ragione, demonizzato. Fino a non
molto tempo fa il sale veniva considerato un bene prezioso. Intere
civiltà si sono sviluppate nelle vicinanze di fonti di sale e nei secoli
sono diventati di uso comune detti come "È il sale della terra", per
indicare una persona onesta e di valore, oppure il termine stesso
"salario", che deriva dal pagamento in sale fatto ai soldati dell'Impero
Romano.
Il sodio, che è uno dei componenti del sale, è un minerale di cui
l'organismo non può fare a meno e che rischia di essere carente con
la dieta chetogenica, per via della minore ritenzione idrica e del
ridotto o azzerato consumo di cibo industriale che ne è ricco.
Non abbiate paura a salare generosamente il cibo, le ricerche
scientifiche dimostrano ampiamente come il sale nella dieta non
abbia nulla a che fare con l'ipertensione.
Senza sufficiente sale, al contrario, si possono sperimentare
spiacevoli effetti come affaticamento, crampi o annebbiamento
mentale ma anche difficoltà a digerire visto che il cloro contenuto nel
sale serve a produrre nel nostro stomaco l'acido idrocloridrico.
23.
Ringraziamenti

Q uesto libro nasce dalla collaborazione e dagli incoraggiamenti


di numerose persone, molte delle quali ho avuto l’onore di
aiutare nel percorso di dimagrimento e riconquista della salute persa
a causa di una dieta scorretta e uno stile di vita innaturale. Buona
parte degli stimoli per la stesura di questo testo sono arrivati da
perfetti sconosciuti con i quali si è instaurato un rapporto fatto di
dialoghi quotidiani scambiati attraverso Internet.
Questo è stato un segno importante e incoraggiante, sopratutto in
un’epoca in cui si vedono, spesso, solo gli aspetti negativi della
comunicazione e dell’interazione digitale.
Nonostante io apprezzi maggiormente la realtà vera e concreta fatta
di incontri autentici con amici e conoscenti, meglio se davanti a un
fuoco e a della carne arrostita, una comunità online può diventare
altrettanto reale e può regalarti un supporto così grande tanto da
incoraggiarti a continuare a parlare di dieta e salute.
È stato così importante avere di fronte a me un piccolo, ma grande,
pubblico curioso di conoscere e sapere come migliorare la propria
salute e il proprio benessere fisico. Tra tutte le persone che mi
hanno spinto a studiare, e a fare ricerca su alimentazione e
allenamento con i pesi, vi è il maestro Giovanni Angelo Cianti,
ovvero colui che più mi ha ispirato, uno dei più poliedrici geni che ho
avuto l’onore di conoscere.
Se non fosse stato per lui, probabilmente, adesso sarei grasso,
diabetico e pieno di farmaci per curare, o minimizzare, i sintomi
derivati dalle malattie metaboliche. Infine, vorrei ringraziare Eleonora
Aresu per aver avuto la pazienza di correggere i miei errori e
sistemare i miei contorti paragrafi.
[1]LDL-C does not cause cardiovascular disease: a comprehensive
review of the current literature
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30198808/

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