12 aprile 2017 - 11:20
È una guerra di religione
(di Roberto de Mattei) La strage di Tanta e di Alessandria è un brusco richiamo
alla realtà per papa Francesco, alla vigilia del suo viaggio in Egitto. Gli attentati in
Medio Oriente, come in Europa, non sono sciagure naturali, evitabili con incontri
ecumenici, come quello che papa Bergoglio avrà il 28 aprile con il Grande Imam di
Al-Azhar, ma sono episodi che ci ricordano l’esistenza sulla terra di profonde
divisioni ideologiche e religiose che possono essere sanate solo dal ritorno alla
verità.
E la prima verità da ricordare, se non si vuole mentire a sé stessi e al mondo, è che
gli attentatori di Alessandra e di Tanta, come quelli di Stoccolma e di Londra, non
sono squilibrati o psicolabili, ma portatori di una visione religiosa che dal VII
secolo combatte il Cristianesimo. Non solo l’Europa, ma l’Occidente e l’Oriente
cristiano, hanno definito nei secoli la propria identità difendendosi dagli attacchi
dell’Islam, che non ha mai rinunciato alla sua egemonia universale.
Diversa è l’analisi di papa Francesco che, nell’Omelia della Domenica delle Palme
ha ribadito la sua vicinanza a coloro che «soffrono per un lavoro da schiavi, soffrono
per i drammi familiari, per le malattie. Soffrono a causa delle guerre e del terrorismo,
a causa degli interessi che muovono le armi e le fanno colpire».
Alzando quindi gli occhi dal foglio, il Papa ha aggiunto: preghiamo anche per la
conversione del cuore «di quelli che fanno e trafficano le armi». Papa Bergoglio
ribadisce quanto ha spesso dichiarato: non è né l’Islam in sé stesso, e neppure una
sua deviazione a minacciare la pace nel mondo, ma gli “interessi economici” dei
trafficanti di armi.
Nell’intervista con il giornalista Henrique Cymerman, pubblicata sul quotidiano
catalano La Vanguardia il 12 giugno 2014, Francesco aveva affermato: «Scartiamo
un’intera generazione per mantenere un sistema economico che non regge più, un
sistema che per sopravvivere deve fare la guerra, come hanno fatto sempre i grandi
imperi. Ma, visto che non si può fare la terza guerra mondiale, allora si fanno guerre
locali. E questo cosa significa? Che si fabbricano e si vendono armi, e così facendo i
bilanci delle economie idolatriche, le grandi economie mondiali che sacrificano
l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro, ovviamente si sanano».
Il Papa non sembra credere che si possa scegliere di vivere e di morire per inseguire
un sogno politico o religioso. Ciò che muove la storia sono gli interessi economici
che un tempo erano quelli della classe borghese contro la classe proletaria, oggi
sono quelli delle multinazionali e dei paesi capitalisti contro “i poveri della terra”.
A questa visione degli eventi, che discende direttamente dall’economicismo
marxista, si contrappone oggi quella geopolitica del presidente degli Stati Uniti
Donald Trump e del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
Trump e Putin, hanno riscoperto gli interessi nazionali dei rispettivi paesi e sullo
scacchiere del Medio Oriente combattono una dura partita sul piano diplomatico e
su quello mediatico, non escludendo di trasporla sul piano militare. L’Islam agita a
sua volta lo spettro della guerra religiosa nel mondo.
Quali sono le parole che, alla vigilia della Santa Pasqua, i fedeli attendono dal Capo
della Chiesa cattolica? Aspettiamo di sentirci dire che le vere cause delle guerre non
sono né di ordine economico, né di ordine politico, ma innanzitutto di ordine
religioso e morale. Esse hanno le loro origini più profonde nel cuore degli uomini e
la loro radice ultima nel peccato. È per redimere il mondo dal peccato che Gesù
Cristo ha sofferto la sua Passione, che oggi è anche la Passione di una Chiesa
perseguitata in tutto il mondo.
Nella preghiera per la pace che compose l’8 settembre 1914, non appena esplose il
primo conflitto mondiale, Benedetto XV esortò a implorare privatamente e
pubblicamente «Dio, arbitro e dominatore di tutte le cose, affinché, memore della sua
misericordia, allontani questo flagello dell’ira con il quale fa giustizia dei peccati dei
popoli. Imploriamo che nei nostri voti comuni ci assista e favorisca la Vergine Madre
di Dio, la cui faustissima nascita, che celebriamo in questo stesso giorno, rifulse al
travagliato genere umano come aurora di pace, dovendo ella dare alla luce Colui nel
quale l’eterno Padre volle riconciliare tutte le cose, “rappacificando con il sangue
della sua croce sia le cose che sono sulla terra, sia quelle che sono nei cieli” (1 Col. 1,
20)».
È un sogno immaginare che un Papa possa rivolgere all’umanità parole di questo
genere in una situazione internazionale tempestosa come quella che oggi viviamo?
(Roberto de Mattei, Il Tempo, 10 aprile 2017)
Noi cristiani copti, vittime usate dal potere Il nostro vanto nell'essere martiri di Cristo»
di Benedetta Frigerio12-04-2017 AA+A++
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Colpiti ripetutamente, consapevoli di essere un capro espiatorio di tutte le forze interne al paese, i
cristiani copti d’Egitto si apprestano a celebrare la Pasqua “con letizia nonostante gli attentati di
domenica. Anzi, con ancor più fervore, riempiono numerosi le Chiese: perché per noi la Pasqua è il
culmine della gioia, il premio del nostro sacrificio unito a quello di Cristo”. A parlare con fierezza
dopo le stragi di Tanta e Alessandria, dove domenica scorsa 47 cristiani sono morti e 126 sono stati
feriti, è padre Antoin Alan, egiziano di Alessandria trasferito nel 2013 a Roma come parroco nella
chiesa dei cristiani copti.
La vostra chiesa è martoriata da secoli, ma negli ultimi anni le persecuzioni stanno
aumentando, con un’escalation durante le cosiddette “primavere arabe”. Come mai?
Le cosiddette “primavere arabe” sono state fomentate facendo leva sul desiderio di migliorare la
situazione del paese per ottenre l’effetto contrario: creare disordine e così incrementare il potere dei
gruppi radicali. Questi sono riusciti così in ciò che avevano già progettato da anni: il presidente
Mubarak fu sostituito dal governo islamico radicale di Morsi, creando problemi enormi ai cristiani.
In questo periodo, infatti, i membri dei Fratelli musulmani furono inseriti all’interno delle
istituzioni e dell’amministrazione governativa, seminando un radicalismo intollerante. Le violenze
contro i cristiani in quel periodo erano infatti ripetute, perché i radicali islamici attaccavano
continuamente le chiese, le scuole e i conventi.
Poi nel 2013 prese il potere al-Sisi. Come è cambiata da allora la situazione dei cristiani?
Da quando Morsi è stato deposto il 30 luglio del 2013, la situazione è mutata perché il presidente al-
Sisi è un mussulmano filo moderato con obiettivi precisi: combattere il terrorismo interno al paese
e, come dichiara in tutti i suoi discorsi, cambiare il linguaggio delle predicazioni nelle moschee e
nelle scuole, data la presenza dei radicali all’interno delle istituzioni e delle università. Ritengo che
questo sia molto importante.
Eppure gli attentati continuano.
Al tempo di Mubarack gli attentati, giunti all’apice con Morsi, erano già all’ordine del giorno. Da
sempre i cristiani vengono usati nel conflitto fra il governo e l’islam radicale. Noi siamo gli
obiettivi utilizzati per dare l’immagine di un paese istabile e senza libertà. Sappiamo di essere un
capro espiatorio di due forze, delle istituzioni e degli islamisti, che ci usano entrambi nella loro lotta
per il potere, come accade ai cristiani in tutto il Medio Oriente.
Come vivete la persecuzione? Temete la scomparsa dei cristiani?
Le posso testimoniare che accade il contrario: ho appena finito di parlare con un giovane egiziano
che mi ribadiva che le chiese sono sempre più piene. Più cresce la persecuzione più la fede
aumenta: la risposta della nostra gente è incredibile, fa commuovere. Ripeto, quando una chiesa
viene attaccata si riempie più di prima. Mi ha impressionato vedere la testimonianza del figlio del
custode della cattedrale di Alesandria attaccata dal kamikaze domenica. Suo padre lo aveva fermato
chiedendogli di sottoporsi ai controlli. Questo ha costretto il terrorista a farsi saltare in aria fuori
dalla chiesa riducendo il numero delle vittime. Perciò il figlio del custode parlava di lui come di un
martire eroe, spiegando di essere non solo fiero ma grato di poter offrire al suo bambino che nascerà
fra due settimane l’eredità della fede di un nonno martire. E' incredibile, ma davvero questa gente
non ha paura. Basti pensare che subito dopo l’attentato i parrocchiani hanno dichiarato di essere
consapevoli da sempre del proprio ruolo di martiri. E anche le predicazioni sono sul perdono e la
preghiera per i nemici.
Da dove nasce una fede per cui i fedeli sono disposti a perdere la vita piuttosto che non
partecipare alla Messa?
Per noi la celebrazione e la liturgia sono tutto. Le nostre liturgie sono lunghe e profonde, perché la
Messa é essenziale per un cristiano: è l'incontro con Cristo che fa dei fedeli una cosa sola con il
corpo del Signore. Durante i funerali c’è un momento in cui tutta la liturgia si ferma e il popolo
insieme invoca ripetutamente in coro “oh Dio, oh Dio…salvaci” testimoniando una fede
potentissima. Per questo, ad esempio, mia madre, che abita davanti a una chiesa controllata e
blindata, va sempre e comunque a Messa. Soprattutto durante la Settimana Santa, in cui si prega
tutto il giorno, si digiuna e si fa penitenza in attesa della Pasqua.
Non temete nemmeno di portare i bambini piccoli in chiesa?
Sappiamo che morire martiri è un privilegio: per il mondo é una follia, ma la fede semplice della
mia gente la rende consapevole che la vita non finisce qui e che il martirio è una grazia che ha come
premio la vita eterna.
Come celebrerete questa Pasqua?
La Pasqua è il centro della vita e dell'anno e la vivremo come sempre nella preghiera e nel digiuno,
con veglie anche notturne in Chiesa. Siccome la chiesa copta vive una vita di penitenza tutto l'anno,
con solo 100 giorni in cui non vige il digiuno, attendiamo la Pasqua di resurrezione con grande
trepidazione. Perché la Pasqua ci dà speranza di fronte ad ogni persecuzione, anche quella sottile
che sperimentiamo ogni giorno, ricordandoci che Dio è vivo e che noi vivremo con Lui per sempre.
Per questo la fede semplice dei copti è una fede comunque gioiosa.