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Pedagogia Del Basso Medioevo

Nel basso medioevo si sviluppano le scuole monastiche e quelle ecclesiastiche per formare monaci e chierici. Compaiono anche le prime forme di educazione intellettuale per l'aristocrazia. Nascono poi le università tra il XII e XIII secolo come luoghi di insegnamento superiore organizzati in facoltà.
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Pedagogia Del Basso Medioevo

Nel basso medioevo si sviluppano le scuole monastiche e quelle ecclesiastiche per formare monaci e chierici. Compaiono anche le prime forme di educazione intellettuale per l'aristocrazia. Nascono poi le università tra il XII e XIII secolo come luoghi di insegnamento superiore organizzati in facoltà.
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PEDAGOGIA DEL BASSO MEDIOEVO

Nel basso medioevo la formazione dell’aristocrazia continua ad ispirarsi alla


cavalleria ma oltre le prestazioni di preparazione fisica e militare compaiono anche i
primi elementi di educazione intellettuale. Il percorso per diventare cavalieri a lungo
ed è previsto in più tappe. Inizia verso sette anni e si diventa paggio poi si diventa
scudiero e solo successivamente cavaliere. Questo iter così lungo è dovuto
all’acquisizione di valori precisi e di virtù cortesi. Nel basso medioevo iniziano poi
anche a prosperare la scuola monastica e le scuole ecclesiastiche. le scuole
monastiche erano destinate alla formazione di futuri monaci mentre le scuole
ecclesiastiche erano rivolte alla formazione dei fanciulli che erano destinati al
sacerdozio, ovvero chierici. Potevano essere scuole episcopali oppure sorgere in
parrocchie rurali (presbiteriani).

Queste scuole poi si trasformano in veri e propri poli culturali e già nell’VIII secolo i
monasteri erano dotati di biblioteche ben forniti anche di SCRIPTORIA, studi dove
vengono copiati gli scritti di carattere religioso anche di opere profane. Quando
parliamo di rinascita carolingia invece ci rifacciamo all’espressione coniata da
Ampère che indica il rinnovamento culturale in Occidente all’epoca di Carlo Magno.
Nei secoli ottavo nono nono i monasteri alle scuole ecclesiastiche si dedicano allo
studio della teologia ed iniziano ad aprirsi alle arti liberali del Trivio e del quadrivio.
Il Trivio sono tre materie grammatica retoriche e dialettica, mentre per quadrivio si
intendono le materie di aritmetica geometria musica e astronomia. l’attività di
predicazione assume nuovo slancio e tra il 12º e il XIII secolo la chiesa ha bisogno di
rafforzare la predicazione nascono così due ordini di mendicanti:

- i domenicani

- i francescani

Che danno un contributo all’opera di educazione religiosa delle popolazioni. Si


ricorda in questo periodo periodo San Francesco d’Assisi con l’opera il cantico di
Frate Sole. Nascono nel Tardo medioevo le scuole in cui si insegna il latino per i ceti
superiori e nelle scuole si insegna il volgare per i ceti inferiori. Per le scuole con il
programma di latino c’erano delle opere ben precise da studiare. I testi erano in modo
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particolare quelli di autori classici romani e per quanto riguarda le scuole con il
programma volgare invece i libri provenivano dalla cultura volgare adulta.

LE SCHOLAE

La maggior parte degli studi del tardo medioevo erano avviati al sapere delle scuole
private e vi erano due tipologie. Alcuni maestri fungevano da precettori da altri
invece facevano lezione privata nella propria abitazione. Verso la fine del XIII secolo
le città liberate dalla soggezione di un signore iniziarono ad investire nell’istruzione
attraverso la fondazione di scuole comunali si rafforza così l’idea che per la
formazione dei giovani deve essere una funzione di un pubblico interesse di cui si
devono occupare responsabili dell’amministrazione cittadina. I comuni di solito
assumevano due o al massimo tre maestri che così divenivano pubblici funzionari
stipendiati per assolvere un servizio per la comunità come il medico e il chirurgo
comunale. Sul piano del curriculum i maestri potevano essere chiamati ad insegnare
il programma latino oppure il programma volgare e comunque richiesto loro di
occuparsi anche della formazione morale degli alunni che dovevano essere forgiati a
una corretta condotta di vita cristiana soprattutto tramite loro esempio. Sono
soprattutto i centri minori a sovvenzionare le scuole comunali in quanto i
maggiorenni del luogo dispongono di finanze meno cospicue rispetto alle classi
abbienti dei centri maggiori non hanno risorse necessarie per assumere precettori
privati. Nell’alto medioevo l’apprendimento di un mestiere era affidato
essenzialmente alla famiglia per cui i fanciulli seguivano generalmente le orme del
padre e dopo l’anno 1000 si afferma un ceto artigiano e mercantile sempre più
dinamico che avanza nuove esigenze educative. La formazione degli aspiranti
artigiani comincia a essere affidata a dei maestri esperti che accolgono nella loro casa
e nella loro bottega i fanciulli a partire dai sette anni fino alle età adulta per insegnare
loro le tecniche del mestiere. Nel corso del XIII secolo questo percorso di
apprendistato viene a essere formato attraverso precise regole dettate dalla
corporazione di mestiere e questo processo favorisce la nascita di vere e proprie
scuole di arti e mestieri rivolte a tutelare le varie categorie professionali. Le età in cui
il ragazzo avvia l’apprendistato della durata dello stesso variano a seconda dei
diversi mestieri. La formazione dell’artigiano contemplava l’apprendimento della
lettura e della scrittura anche se spesso le corporazioni collaboravano con le scuole
cittadine. Tutto leader educativo era basato sul concetto positivo del lavoro e
sull’esempio morale professionale del maestro. Per quanto riguarda educazione dei
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futuri mercanti molte scuole si attivarono per offrire l’insegnamento dell’abaco, una
matematica pratica adottata per risolvere problemi relativi all’attività di affari. La
matematica classica e la matematica filosofica insegnata dalle università non
rispondono a queste istanze ed emerge così una nuova matematica appunto detta
abaco definita in ambito occidentale da Leonardo Fibonacci, dove nell’opera Liber
abaci una sorta di enciclopedia matematica applicata a concrete situazioni
commerciali commerciali che godette di grandi fortune e dalla quale si prese spunto
per trasmettere l’insegnamento dell’abaco. La storia dell’educazione del basso
medioevo era rappresentata dalla nascita delle università che si sviluppano
soprattutto tra il 12º e il XIII secolo e si possono distinguere tre diverse modalità di
origine e diffusione delle università per cui abbiamo:

- università spontanee

- Università nate per secessione

- Università di fondazione

Altri elementi sull’origine di questa nuova istruzione medievale sono strettamente


connessi al significato del termine università che deriva dal latino universitas che in
epoca medievale indica le corporazioni di mestieri ovvero ovvero le associazioni di
pari che codificano i diritti doveri della propria categoria professionale attraverso
precisi statuti. a questo modello si ispira all’istruzione che prende il nome di
università costituita grazie all’impegno di corporazione di studenti e docenti che si
assumono l’onere di far funzionare ogni istituto dedicato all’insegnamento superiore
designato solitamente all’epoca con il termine di studium. Negli studi si vengono a
costruire le facoltà organi organismi responsabili dell’attività didattica e si
distinguono quattro facoltà di stretto rapporto gerarchico tra loro quali le facoltà delle
Artest dove si insegnavano le arti liberali preparava alle tre facoltà maggiori di diritto
medicina e teologia. Le nazioni sono le associazioni nate per assicurare la buona
accoglienza e l’assistenza degli studenti e si costituirono sulla base di un criterio
geografico piuttosto ampio. L’attività di insegnamento nell’università medievale si
basa sulla letture e sul commento del testo degli autori e sul piano didattico vi erano
due momenti ben distinti:
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- la lectio la lezione che era incentrata sulla presentazione lettura e commento degli
autores e aveva come protagonista assoluto il docente mentre gli studenti si
limitavano a prendere appunti

- la disputatio invece, la disputa, prevedeva discussione attorno a un problema del


quale si presentavano gli argomenti pro e contro per arrivare poi ad una soluzione
finale secondo un procedimento autenticamente dialettico. Le dispute potevano
essere ordinarie perché facevano parte della prassi didattica universitaria e
rappresentavano l’elemento più vivo e caratterizzante mentre le dispute straordinarie
potevano interessare qualsiasi argomento ed erano tenute davanti a tutti i membri
della facoltà uno o due volte all’anno in occasioni particolari. Negli studia Vigevano
organizzazione gerarchica mutuata proprio dal mondo delle corporazioni che
prevedeva una distinzione netta tra studenti, baccellieri e dottori. Terminato il
programma di studio universitario lo studente poteva accedere all’esame che
conferiva la licentia docendi ovvero la facoltà di insegnare e all’inizio questo era
l’unico titolo conferito dagli studi ma successivamente furono introdotte anche i titoli
di baccalaureato e di dottorato. Il baccalaureato veniva concesso a quanti
dimostravano di conoscere i testi fondamentali in programma e di tenere un corso di
lezioni; Il dottorato invece era un titolo formale che veniva conferito a seguito di una
cerimonia pubblica che prevedeva due dispute tenute dal candidato e la consegna di
insegne di grado dal forte valore simbolico. Ma l’elemento che più di ogni altro
contanti distinguere la realtà universitaria medievale è il carattere internazionale del
corpo docente e della componente studentesca che spesso conduceva una vita
itinerante spostandosi da una sede all’altra agevolati dall’uso del latino come lingua
dotta comune.
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Modelli educativi al tempo della scolastica

Gli autori che troviamo al tempo della scolastica nata nel IX secolo
dall’insegnamento nelle scuole religiose, è una concezione filosofica e teologica che
caratterizza il pensiero medievale fino all’umanesimo. La principale questione sulla
quale si concentrano i pensatori della scolastica il rapporto tra fede e ragione che ha
importanti ripercussioni anche sul terreno educativo. Gli esponenti maggiori della
scolastica che si sono occupati delle questioni pedagogiche sono:

- Ugo di San vittore

- Bonaventura da Bagnoregio

- Tommaso d’Aquino

UGO DI SAN VITTORE

Il sapere filosofico e teologico della scolastica trova nelle scuole religiose il suo
principale terreno di elaborazione culturale. Centrale nella riflessione dei filosofi
scolastici e la questione del rapporto tra verità rivelata da Dio e accettata dai credenti
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per fede e la verità indagata dai filosofi analizzata per mezzo della ragione. Ugo di
San vittore focalizza la sua riflessione sulla mistica concepita come punto di
raccordo dell’intero percorso di conoscenza, Bonaventura da Bagnoregio nega la
filosofia come scienza autonoma e concepisce la conoscenza come frutto
dell’illuminazione divina mentre Tommaso d’Aquino segna ragione il compito di
chiarire alcune tematiche della dottrina cristiana con il supporto della Grazia di
Divina.

Il teologo e filosofo scolastico di San vittore deve il suo nome alla rinomata scuola
parigina di San vittore a cui è legata la maggior parte della sua esistenza prima come
studente e poi come docente ed espone la concezione del sapere nella sua opera
DIDASCALICON. Ugo di San vittore si propone di fornire agli studenti
un’introduzione allo studio scientifico che gli possa guidare nel cammino verso la
conoscenza e leggere deve concludersi con il raccoglimento dell’anima altrimenti
avverte l’autore ogni sforzo dello studente sarà vano. Secondo il teologo tutti i saperi
sono utili ma li inserisce all’interno di un preciso schema gerarchico e stabilisce una
prima distinzione tra:

- arti meccaniche che richiedono un’applicazione manuale hanno di norma come


prodotto finale un manufatto

- arti liberali che descrive con il concetto di disciplina in quanto si fondano sulla
speculazione intellettuale condotta secondo le regole della logica la quale è concepita
come una scienza a sestante distinta dalle altre arti liberali in quanto consente di
sviluppare argomentazioni. la filosofia come arte delle arti e di disciplina delle
discipline è indicata come lo strumento necessario per accedere alla teologia la quale
a sua volta va subordinata alla mistica. Nella concezione di cui San vittore la mistica
si pone al vertice del percorso di conoscenza in quanto si traduce in quello slancio di
amore che permette di andare oltre i limiti dell’indagine razionale di perdersi nella
contemplazione di Dio.

BONAVENTURA DA BAGNOREGIO

È uno dei massimi rappresentanti della filosofia scolastica francescana e la


riflessione di Bonaventura da Bagnoregio si colloca in un periodo in cui la filosofia
di Aristotele si sta diffondendo nelle maggiori università europee. Egli condanna
aristotelismo inteso come filosofia tutta umana e autonoma e si impegna nella difesa
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della sapienza cristiana nel solco tracciato da Agostino di Ippona uno dei quattro
dottori occidentali della chiesa. per Bonaventura il percorso conoscitivo è un
cammino della mente verso Dio che sale dalla contemplazione delle cose terrene alle
eterne ritrovando fuori di sé, grado esteriore dentro di sé, grado interiore e sopra di sé
grado esterno l’impronta e l’immagine di Dio. Per Bonaventura la conoscenza è
un’ascesa mistica che consente l’elevazione dell’anima a Dio fino all’estasi stato in
cui l’individuo si pone in comunicazione diretta con Dio. Per abbona Tura la scienza
in sé è vana curiositas, l’unica forma di conoscenza ammessa è quella contemplativa
che permette all’uomo di sollevarsi dalle tenebre del peccato e di aprirsi
all’illuminazione di Dio. Tutte le scienze vanno subordinate alla teologia indicata
come guida dell’intelletto fidei verso la visione estatica di Dio. Il maestro deve
orientare e affiancare il discente nell’acquisizione del sapere e dalla sua a due potenti
armi la parola e l’esempio.

Per tramite della parola deve trasmettere il suo pensiero all’allievo e per mezzo
dell’esempio deve mostrare come fare buon uso della ragione. La sapienza che deriva
dal maestro però è confinata nei limiti delle conoscenze umane e c’è infatti un unico
maestro dal quale procedono tutte le forme di sapere. Questa centralità della figura di
Cristo è ribadita da Bonaventura nell’itinerario della mente verso Dio, la sua opera
più nota scritta nel 1259 durante un soggiorno alla Verna nel quale egli si propone di
rileggere il miracolo delle stimmate, ricevute da San Francesco sul monte del 1224,
alla luce delle sue conoscenze teologiche.

SAN TOMMASO D’AQUINO

Tommaso d’Aquino è il massimo esponente della filosofia scolastica egli si propone


di fondere il pensiero di Aristotele con il cristianesimo e di affermare il ruolo attivo
della ragione nella ricerca di verità. San Tommaso recupera il valore dell’esperienza
come momento iniziale del processo conoscitivo ma rispetto ad Aristotele eleva
l’individuo ad una dignità superiore riconoscendolo come persona creatura di Dio
con un valore in sé. Tommaso d’Aquino fa Una distinzione fra teologia e filosofia
che riconosce come scienze autonome e l’uno è fondata sulla rivelazione divina e
l’altra sul lume della ragione con rapporti vicendevoli per cui l’uno aiuta l’altro senza
entrare in contraddizione perché tanto la ragione quanto la rivelazione sono fonti di
verità. In questo modo introduce un’incrinatura in quel sistema culturale piramidale
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impostato da Sant’Agostino che poneva al vertice la teologia liberando così la ricerca


razionale della dipendenza dalla teologia. Sul piano dell’etica sostiene anche
l’importanza del bene dell’uomo come soggetto naturale in quanto uomo. A livello di
pensiero politico supera la concezione strumentale dello Stato rispetto alla chiesa
avanzata da Santo Agostino individua il bene comune il fine della politica
richiamando il fedele dall’impegno politico. San Tommaso si occupa di questioni
pedagogiche approfondendo in particolare il problema della conoscenza il rapporto
maestro- scolaro in due scritti:

- nell’11ª delle questioni disputate sulla verità chiamata anche de Magistro

- somma teologica

San Tommaso espone la sua teoria sul rapporto educativo tra maestro ed educando
muovendo dal confronto con la dottrina di Sant’Agostino e con le posizioni degli
aristotelici arabi secondo le quali il soggetto possiede interiormente la scienza e
quindi il maestro può solo favorire l’apprendimento in contenuti che già sono
nell’alunno. Questa teoria viene accolta e superata da San Tommaso e sostiene che
l’alunno possiede i principi primi della scienza che provengono da Dio e sono
costitutivi del suo intelletto ma non possiede la scienza come organizzazione ordinata
di concetti. Questo passaggio richiede l’intervento di un agente esterno il maestro che
deve rendere effettiva la conoscenza dell’alunno permettendo il passaggio dalla
conoscenza impotenza alla conoscenza in atto. Tommaso non nega la possibilità che
un soggetto possa apprendere da sé, ma distingue la scienza acquisita con la ricerca
personale invenzione da quella che deriva dall’insegnamento di un maestro, doctrina.
L’inventio si esplica in un procedimento di scoperta del soggetto che non può dirsi
maestro di se stesso perché non preesiste e lui una scienza già formata. La doctrina
consiste nel sapere che l’alunno acquisisce attraverso la guida di un maestro il quale
si richiede di possedere la scienza in atto per poter condurre l’alunno dare forma
piena ai concetti posseduti in potenza.

Umanesimo e Rinascimento: lo scenario italiano. Il tema dell’educazione assume


una posizione centrale nelle riflessioni degli intellettuali del quattrocento e del
cinquecento. Diversi sono gli scritti prodotti in questo periodo ed avranno una
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profonda influenza sulle opere pedagogiche sulle esperienze educative coeve


successive. Nelle vivaci signorie corti italiane emergono destinatari particolari
dell’educazione come il principe, il cittadino e il cortigiano. Se ne sono occupati:

- Pier Paolo Vergerio

- Maffeo Vegio

- Baldassarre Castiglione

L’educazione umanistica secondo PIER PAOLO VERGERIO

I concetti di umanesimo Rinascimento sono stati da alcuni studiosi distinti limitando


il concetto di umanesimo all’aspetto letterario del fenomeno e quello del
Rinascimento agli aspetti artistici. I termini umanesimo e Rinascimento invece
costituiscono due aspetti di un complesso fenomeno culturale che ha iniziato in Italia
a partire dalla metà del XIV secolo e diffuso poi in tutto Europa nel corso del
Cinquecento. Si fonda sulla riscoperta delle lettere e della dignità dell’uomo. Al
centro di questo periodo c’è l’idea di rinascita, di nascita a nuova vita che attraversa
tutti gli ambiti dalle arti alla vita civile che muove dal rinnovate interesse per l’uomo
e per tutte le attività che lo vedono protagonista. i primi umanisti esprimono una
profonda fiducia nelle capacità dell’uomo nella sua possibilità di creare il proprio
destino, di nominare il caso e la fortuna in virtù all’ingegno e alle abilità personali. si
fa strada anche un nuovo modello antropologico che pone l’uomo al centro
dell’universo ed esalta l’espressione del suo intelletto. Gli umanisti non solo si fanno
promotori della dignità dell’uomo Faber fortuna sue, ma si sentono anche artefici
della riscoperta dei classici.la cultura classica inoltre non viene percepita come
un’archetipo lontano per pochi eruditi, ma come modello vivo e fonte di ispirazione a
cui guardare costantemente Per attuare al meglio quella rinascita dell’uomo artefice
del mondo a cui si ispira tutta l’epoca. Pier Paolo Vergerio è considerato il primo
pedagogista dell’umanesimo il suo scritto più significativo è i nobili costumi e gli
studi liberali degli adolescenti. L’opera ritenuta il primo trattato educativo del
quattrocento. si presenta come una sorta di manifesto programmatico per la
formazione del principe e più in generale di quanto è diverso titolo sono chiamati a
ricoprire funzioni di comando, incarichi pubblici o a collaborare con il principe nel
governo della città. Si affronta per la prima volta in maniera compiuta riprendendo la
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lezione di Quintiliano il concetto di educazione liberale. l’educazione secondo


pedagogista va impartita sin dalla più tenera età sia per evitare che si radichino
cattiva abitudini sia per correggere per tempo le asperità dell’indole naturale.
Nell’educazione morale si deve ricercare l’amore per la gloria e per la lode mentre in
quella intellettuale si debbono affinare le capacità critiche, affinché il principe sia
predisposto sin da fanciullo esercitare il suo ruolo di comando, mantenendo
autonomia di ragione. ai genitori spetta il compito della prima formazione nella quale
debbono fare attenzione a tenere il fanciullo lontano dall’ozio attraverso occupazioni
in grado di giovare al corpo e allo spirito. È apprezzato l’esercizio fisico che dal
gioco della prima infanzia Passa all’addestramento militare della giovinezza.
Numerose sono le discipline che caratterizzano il programma di studi liberali ma un
ruolo fondamentale assegnato a storia filosofia morale ed eloquenza. Sul piano del
metodo di studio, Vergerio consiglia di procedere per gradi di assecondare le
caratteristiche dell’ingegno del soggetto e di incoraggiare la verifica del livello di
conoscenza da questi acquisito attraverso il confronto con gli altri.

MAFFEO VEGIO

È noto per l’opera l’educazione dei figli e i loro buoni costumi che si presenta come
uno degli esempi rappresentativi della concezione pedagogico umanistica. Articolato
in sei libri il trattato si focalizza sulla formazione del nuovo civis secondo la
prospettiva del cristianesimo umanistico che intende coniugare l’ideale educativo
umanistico e principi cristiani. Si concentra anche sul sentimento della verecondia,
atteggiamento di decoro e rispetto verso il prossimo e verso Dio. L’educazione dei
figli i loro buoni costumi si presenta come il trattato più organico e completo
dell’epoca in quanto condensa al suo interno tutti i motivi chiave della pedagogia
umanistica:

- l’importanza delle cure fisiche del fanciullo

- l’atteggiamento dei genitori


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- le punizioni e i castighi

- la scelta del maestro

- i pregi dell’istruzione pubblica

- la gradualità nell’apprendimento

- il piano di studi incentrato sui classici e sull’antico testamento e coronato dallo


studio della filosofia

-l’attenzione all’indole del fanciullo

Maffeo Vegio sostiene che bisogna condurre una vita all’insegna della virtù.

BALDASSARRE E LA CORTE COME LUOGO DI FORMAZIONE

Baldassarre Castiglione incarna il modello del perfetto uomo di corte colto delegante
dalle spiccate doti diplomatiche. Il suo nome è legato a una delle opere più
rappresentative della cultura rinascimentale, il cortigiano. Il cortigiano è ambientato
nella corte di Urbino e ne rappresenta un fedele ritratto come svela lo stesso autore
nelle dedica al vescovo portoghese Miguel de Silva. l’opera una struttura dialogica e
vede intervenire personaggi realmente presenti nelle corti urbinate allo scopo di
delineare le caratteristiche del perfetto cortigiano e della sua compagna. Il testo si
articola in quattro libri:

- nel primo libro si definiscono le qualità del cortigiano

- nel secondo libro si chiarisce in quali circostanze e come il buon cortigiano deve
mettere a frutto le abilità di cui è dotato

- nel terzo libro si delinea il profilo della perfetta donna di palazzo


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- nel quarto libro entra nel merito del rapporto tra cortigiano e principe

Il cortigiano non è solo un’opera letteraria ma si connota anche per una forte valenza
pedagogica in quanto si occupa della formazione di un uomo di corte che appare ben
+1 semplice figura ornamentale completamente assertiva al suo principe concentrata
su questioni puramente esteriori. L’uomo di corte tratteggiata da Castiglione è la
quinta essenza dell’uomo rinascimentale colto aggraziato e connotato da un grande
rigore morale. Le qualità del cortigiano sono tutte riassunte in quel concetto di
grazia. La grazia di cui parla Castiglione deriva da un lungo apprendistato.
Castiglione si discosta dall’idea dominante tra gli intellettuali del suo tempo che
volevano una donna intellettivamente inferiore all’uomo e fragile emotivamente. la
donna a cui guarda Castiglione è una protagonista della vita di palazzo e accanto alle
consuete virtù domestiche egli la adorna di qualità pubbliche importanti per
intrattenere le azioni mondane: la bellezza, l’affidabilità, la gentilezza, la vivacità di
ingegno e la cultura. Il cortegiano ebbe numerose edizioni e traduzioni nel corso del
cinquecento ed è senz’altro il libro libro che è meglio rappresenta l’ideale
antropologico del Rinascimento. Esercitò un grande influsso sul generazioni
successive sia a livello di trattatistica comportamentale come mostra il caso del
galateo del monsignor della Casa sia a livello di artistica pedagogica tanto che
l’opera fu fonte di ispirazione anche per Locke.
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La scuola umanistica

Vittorino da Feltre ha legato la sua fama alla corte di Mantova dove realizzato
l’esperienza più completa di Contubernium della sua prestigiosa carriera di
educatore. Vittorino lo ribattezza con il nome di Ca Zoiosa, Giocosa. Intende
trasformarlo in un luogo di studio piacevole e sereno. Vittorino oltre ai discepoli
delle famiglie più altolocate accetta anche giovani di brillante ingegno provenienti da
famiglie modeste che mantiene a sue spese. In questa scuola Vittorino mette appunto
un piano formativo e circa il programma di studi sappiamo che grazie alle
testimonianze degli allievi dell’umanista veneto si iniziava con l’apprendimento della
grammatica latina e greca. Seguiva lo studio della dialettica e della retorica a uno
stadio di avanzamento successivo secondo il classico schema delle arti liberali gli
allievi completato lo studio delle arti del Trivio affrontavano quello delle arti del
quadrivio: aritmetica, geometria, astrologia e musica. Coronamento del percorso di
studi si poneva la filosofia che veniva appresa attraverso le opere di Platone e
Aristotele. di pari passo alla formazione intellettuale Vittorino nella scuola curava
anche l’educazione fisica, la danza, il canto, la musica e la formazione morale e
religiosa degli allievi in linea con quella di educazione a tutto tondo che caratterizza
la sua epoca che mira a rendere liberi gli uomini ovvero in grado di esercitare al
meglio le proprie facoltà attraverso un percorso educativo in grado di contemplare
tutte le dimensioni dell’essere umano secondo il modello umanistico del tempo.
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GUARINO VERONESE

Si deve l’esperienza più completa del contubernium. Egli progetta un percorso di


studi molto rigoroso ispirato dall’istituzione oratoria di Quintiliano influenzato anche
dall’opera di Vergerio. Veronese distinse il percorso percorso di studi nella sua
scuola in tre corsi:

- elementare

- grammaticale

- retorico

Nel corso elementare si curavano i primi elementi dello studio Studio studio della
grammatica latina, ponendo molta attenzione sulla pronuncia della dizione. Il corso
grammaticale era distinto in due parti portate avanti parallelamente: la metodica e la
storica. Nella parte metodica si approfondiva la conoscenza del latino e si avviava
quella del greco, nella parte storica invece si procedeva con la lettura diretta degli
autori antichi al fine di fornire gli allievi un bagaglio di conoscenze e letterarie,
geografiche, storiche e di esempi di virtù. Con il corso retorico si chiudeva l’iter
studiorum proposto nella scuola di Guarino. Questa parte si prefiggeva di formare il
buon oratore di curare lo stile epistolare attraverso le opere di Cicerone e Quintiliano.
Anche nella scuola di Guarino la formazione della mente si doveva armonizzare con
quella del corpo e dello spirito.
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UNO SGUARDO ALL’EUROPA. IL NUOVO IDEALE DI VITA


DELL’UMANESIMO FORMATO SI È SVILUPPATOSI NELLE CITTÀ E
NELLE FIORENTI CORTI ITALIANE CONQUISTA L’EUROPA EUROPA
DANDO VITA NUOVE ISTITUZIONI A BIBLIOTECA ALIMENTANDO LA
STAMPA IL PENSIERO DI BRILLANTE INTELLETTUALI, CITTADINI
DEL MONDO CHE REINTERPRETANO LA CULTURA DEGLI ANTICHI
ALLA LUCE DEI VALORI DEL CRISTIANESIMO. TRA GLI AUTORI
RICORDIAMO: ERASMO DA ROTTERDAM, JUAN LOUIS VIVES E
MONTAIGNE.

Geert Groote è un predicatore di umanista che opera in Olanda. Una delle pratiche
fondamentali perseguita dai fratelli della vita comune consiste nella collatio ovvero
nella conversazione su un argomento biblico o religioso tenuta la domenica
pomeriggio alla presenza di tutti i fratelli e di persone secolari. Groote sostiene che la
sapienza si fonda sulla conoscenza della Bibbia ed ispirata dalla vita e dalle sentenze
dei padri della chiesa. Predica lo studio della Bibbia presenta le esigenza della lettura
come una necessità religiosa e diviene una delle voci più rilevanti della devotio
moderna, ovvero quel movimento spirituale sorto in Olanda nella seconda metà del
XIV secolo il cui fine è quello di restaurare un’autentica pratica di vita cristiana
basata sul costante impegno unire la propria vita a quella di Cristo imitandolo. I
fratelli della vita comune all’inizio non si pongono obiettivi specificatamente
educativi ma negli atti di fondazione delle loro case si fa sempre riferimento alla
necessità di affiancare la formazione intellettuale e morale dei giovani. All’inizio nei
vari centri dei fratelli della vita comune si fondano convitti dette case dei poveri e in
un secondo momento ai convitti vengono affiancate delle vere e proprie scuole nelle
quali si mette appunto un modello d’istruzione dalla carica fortemente innovativa
descritto poi dallo storico Brizzi in questo modo

Il loro ordine di studi supera la rigida partizione del Trivio e del quadrivio,
introducendo anche discipline proprie dell’insegnamento universitario; le loro
scuole sono divise in classi, ciascuna con un proprio maestro un proprio
programma, poste secondo una gerarchizzazione determinata da un’ordinata
successione dei contenuti degli studi. L’introduzione della divisione degli studenti
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in the curie rappresenta uno degli elementi fondamentali del nuovo metodo
didattico che fa un ampio ricorso al mutuo insegnamento fra gli allievi e
all'emulazione. Gli esami di passaggio da una classe a quella superiore, l’uso
regolato di premi e punizioni, l’introduzione formale dell’istruzione religiosa,
l’obbligo della lingua latina all’interno della scuola, l’esercizio della memoria e
l’addestramento nella declamazione.

Al centro del programma di studi dei fratelli della vita comune ci sono i punti forti
della rivoluzione umanistica: le lingue classiche Unite alle discipline del Trivio,
grammatica dialettica e retorica. Le novità più importanti si registrano sul piano
dell’organizzazione didattica dove abbiamo alunni assegnati a classi graduate,
affidate a un maestro caratterizzate da un preciso programma, esercizi di vario tipo
per consolidare i contenuti appresi e momenti di verifica in itinere e finali, per
determinare il passaggio alla classe successiva.

ERASMO DA ROTTERDAM

Erasmo Da Rotterdam mira a una sintesi armonica tra cristianesimo e umanesimo in


quanto crede che solo attraverso un autentico rinnovamento culturale si possa attuare
una vera riforma dei costumi. La cultura a cui guar Erasmo si fonda sull’amore per le
Bonae Litterae, che va coltivato sin dalla più tenera età insieme all’autonomia di
giudizio e una religiosità vissuta interiormente. Egli si scaglia contro le metodologie
di insegnamento tradizionali, che trova distanti enormemente da questo modello
educativo e ne smaschera tutte le nefande conseguenze nelle pungenti pagine che
riserva ai grammatici pedanti nell'elogio della follia. Per Erasmo lo studio deve
cominciare dalla grammatica latina e greca perché tutto quanto c’è di buono in
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circolazione è stato scritto in queste due lingue. Per questo egli ritiene che accanto
agli studi Humanitas, si debba curare anche l’interiorizzazione del Vangelo, tanto più
se il progetto formativo in questione riguarda un principe destinato a guidare la
comunità. Infatti, per Erasmo il vero principe cristiano riflette l’immagine di Cristo e
deve gestire il potere pensando non solo al bene dei propri sudditi, ma coltivando
come obiettivo primario la pace e la concordia universale. Erasmo dedica molto
spazio alla condanna delle guerre e all’esortazione alla pace nell’educazione del
principe cristiano. Il proprium del pensiero di Erasmo va rintracciato nell’unione tra
antichità e spirito cristiano. Egli concepisce gli studi classici come strumento di
perfezionamento morale e religioso in questo assunto di concentrazioni più
importante di Erasmo quella che fece il faro dell’età sua uno di quegli uomini che
illuminano tutto il secolo e trasformano lo spirito.

JUAN LUIS VIVES

Juan Luis Vives mutuo molta parte della sua concezione educativa da Erasmo dal
quale egli si considera discepolo ma è anche capace di offrire un contributo
innovativo e del tutto personale alla storia della pedagogia. La sua opera principale è
l’insegnamento delle discipline. Nel primo libro tratta dell’origine degli studi. Per
Vives pietas ed erudizione devono andare di pari passo. Nel secondo libro sono
considerate le scuole descrive l’Ideal tipo del maestro. Egli vorrebbe scuole fondate
in luoghi salubri, lontane dai centri cittadini in modo da promuovere l’attività fisica
dei ragazzi e il gioco che ritiene utilissimi per valutare le attività attitudini dei singoli
e promuoverne lo sviluppo armonico. il maestro non solo lo dovrebbe avere un
gradus artium acquisito attraverso la frequenza della facoltà di lettere ma anche un
gradus docentis attribuito al termine di un periodo di tirocinio effettuato sotto la
supervisione di un insegnante esperto. Rispetto alle qualità del maestro Vives Non
solo lo vuole dotto e virtuoso, ma anche dotato di un particolare acume psicologico e
della capacità di modulare l’azione educativa sulla base dell’osservazione diretta
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dell’alunno. Egli introduce anche il concetto di valutazione collegiale, in quanto


contempla la necessità del confronto tra maestri per valutare l’indole dell’alunno e i
metodi migliori per educarlo. Nel terzo libro l’autore approfondisce il discorso
relativo all’apprendimento delle lingue. L’umanista spagnolo ritiene sia opportuno
valorizzare anche l’apprendimento della lingua materna, che l’alunno dovrà
possedere correttamente imparare ad arricchire. Nel quarto libro Vives si sofferma
sulle discipline circa lo studio della retorica Moni a evitare limitazione pedissequa
Cicerone e incoraggia uno studio atto a favorire un utilizzo del tutto personale delle
tecniche oratorie. Per la dialettica suggerisce i testi più validi per apprenderle si
scaglia contro l’uso distorto della disciplina praticato presso la Sorbona. Alle arti del
quadrivio non dedica grande attenzione, le braccia tutte sotto la parola matematica e
si limita ad indicare Aristotele come l’autorità imprescindibile in ambito scientifico,
sottolineando anche l’importanza del contatto diretto con il libro della natura. Nel
quinto libro si occupa del rapporto tra studi e vita e in particolare si concentra sul
valore degli studi di storia e filosofia che ritiene fondamentali per acquisire quella
prudenza e perizia necessarie per muoversi adeguatamente nel mondo a seconda
delle persone dei luoghi, dei tempi e delle cose. L’educazione femminile provvede
alla formazione delle fanciulle e la loro preparazione si deve concentrare su autori
religiosi e sui libri dall’alto contenuto morale che permettono alla donna di
correggere quella frivolezza e volubilità tipiche del suo genere. L’ideale a cui ispira è
quello della moglie devota è soggetto al marito virtuosa padrona di casa che vive
ritirata impegnata nel lavoro domestico e nella preghiera.
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MONTAIGNE DELL’UOMO SAGGIO

Montaigne è certamente una delle figure di maggior rilievo del Cinquecento francese
francese ma l’influenza dei suoi saggi, un’opera che ha per oggetto la condizione
umana nella sua dimensione reale il rapporto con le cose e con il mondo, va ben oltre
i confini del suo paese. Il pensiero di Montaigne a un carattere eclettico nel senso che
non si lega ad alcuna scuola di pensiero particolare ma sviluppa le sue riflessioni
armonizzando indirizzi diversi. Critica i metodi educativi del suo tempo basati sulla
logica del nozionismo fino a se stesso e sul principio di autorità che spingono ad
accumulare acriticamente i contenuti. Un nozionismo contro il quale si era espresso
anche Rebelais. Montaigne ritiene che il compito principale dell’opera educativo sia
quello di formare non grammatici o eruditi ma uomini in grado di esercitare le
proprie capacità di riflessione e di giudizio. Montaigne ritiene che un buon maestro
debba essere in grado di mettersi in sintonia con l’effettiva natura dell’educando
perché ogni soggetto ha bisogno di essere accompagnato in un percorso formativo
adatto alle sue specifiche caratteristiche. Il maestro deve essere guidato da una severa
dolcezza che permette di conquistare l’animo dei giovani all’amore degli studi,
ricorrendo a ben altre armi che quelle avvilenti dell’Verga e della spietatezza.
Mantenne l’esperienza diretta e confronto con gli altri come strumenti didattici e se
possibile anche attraverso il viaggio al quale l’umanista francese attribuisce un
grande valore formativo.
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