Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
94 visualizzazioni8 pagine

Arte Ripasso Verifica

Il documento descrive l'architettura romanica in Italia tra XI e XII secolo. Vengono presentati i caratteri costruttivi e stilistici, con focus sulla basilica di Sant'Ambrogio a Milano e sul duomo di Modena. Vengono inoltre analizzate le differenze regionali tra la Toscana, con esempi a Pisa, e l'Emilia.

Caricato da

giorgiacorso25
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
94 visualizzazioni8 pagine

Arte Ripasso Verifica

Il documento descrive l'architettura romanica in Italia tra XI e XII secolo. Vengono presentati i caratteri costruttivi e stilistici, con focus sulla basilica di Sant'Ambrogio a Milano e sul duomo di Modena. Vengono inoltre analizzate le differenze regionali tra la Toscana, con esempi a Pisa, e l'Emilia.

Caricato da

giorgiacorso25
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 8

arte ripasso verifica

il contesto storico-culturale
A partire dall’anno mille fino alla metà del XII secolo l'Europa attraversa una fase
espansionistica sul piano economico e culturale, che porta ad un rinnovamento profondo e
duraturo.
Gli scambi tra oriente e occidente si intensificano per via delle crociate. C’è l’affermazione
dei comuni.
il cristianesimo
Affermazione di un nuovo sistema di valori, sia nella sfera socio-politica che in quella
morale. L’età romanica si sviluppa nel segno del cristianesimo. La ragione non era più
antitetica alla fede ma era uno strumento di emancipazione anche spirituale.

un linguaggio europeo
L’arte romanica riscontra una produzione sostanzialmente omogenea sotto il profilo tecnico
e stilistico, che recupera elementi stilistici tradizionali dell’arte classica romana, dell’arte
bizantina, germanica e araba, ed ha una grande varietà espressiva da luogo a luogo.
In italia ha assunto caratteri diversi dalle diverse regioni.

alle origini dell’architettura romanica


I caratteri costruttivi e tipologici dell’architettura romanica vengono sperimentati soprattutto
nella basilica cristiana.
L’architettura romanica si basa su una memoria di tecniche antiche ed elementi
dell’architettura romana e tardoantica (come le lesene, le arcate cieche, e archetti pensili,
nelle pareti esterne, oppure, dell'architettura ottoniana le cripte). Il più importante di tutti è
l’arco a pieno centro, cioè un arco in cui la curva è una semicirconferenza perfetta.

due modelli costruttivi nel territorio italiano


Le differenze tra regione e regione rendono difficile comporre un inventario della soluzione
costruttive e tipologiche del romanico in Italia, si possono, però, individuare due linee di
tendenza principali:
- Una tendenza derivata dai modelli delle grandi basiliche paleocristiane, che si
diffonde a Pisa e a Firenze, poi in Toscana e in molte parti dell’Italia;
- Una tendenza fa riferimento alle strutture articolate e massicce dell’architettura tardo
imperiale, che si diffonde nei territori lombardo-emiliani, in Umbria e in altri territori
italiani;

il ruolo guida dell’architettura lombardo-emiliana


In Lombardia e in Emilia, nei decenni a cavallo tra il XI e il XII secolo, si verifica un’intensa
attività costruttiva. Prevale la tendenza a riferirsi all’austera monumentalità dell’architettura
tardo imperiale, con coperture in muratura in genere voltate a crociera.
la basilica di Sant’Ambrogio Milano è il duomo di Modena saranno considerati dei prototipi
nell’area lombardo-emiliana.

1
La basilica di Sant’Ambrogio
La basilica di Sant’Ambrogio sorge su una precedente costruzione fatta erigere tra il 379 e
386 da Sant’Ambrogio, vescovo di Milano.

L’interno
L’interno è organizzato secondo un rigoroso criterio proporzionale: la chiesa è composta
dall’addizione di moduli pressoché quadrati, corrispondenti alle campate. A ogni campata
della navata maggiore corrispondono due campate in ciascuna delle navate laterali.
voltea a crociera e separate da pilastri posti alternativamente
Le navate sono coperte coinvolte
grandi e più piccoli. Viene quindi utilizzato un sistema costruttivo alternato, basato cioè su
l'avvicendarsi di elementi portanti di maggiori e minori dimensioni.
L’atmosfera severa e raccolta all’interno è dovuta anche agli effetti della luce, che si diffonde
da poche, studiate aperture in modo da valorizzare l’impianto architettonico.

L’esterno
Nella facciata, del tipo a capanna, si apre un profondo loggiato a doppio ordine, che a livello
inferiore si collega con due ali che definiscono il profondo cortile, detto quadriportico. Questo
spazio è caratterizzato dall’alternarsi del mattone a vista e della pietra che evidenzia le parti
di sostegno. Anche il quadriportico è scandito dall’accostamento di campate pressoché
quadrate, coperte da volte a crociera.
La conformazione a capanna della facciata non lascia trasparire la distribuzione dello spazio
interno in navate di diversa altezza, questa autonomia evidenzia la funzione di soglia, luogo
di meditazione tra lo spazio sacro della chiesa e quello del quadriportico, che inizialmente
riservato ai catecumeni, divenne un luogo pubblico utilizzato per assemblee e mercati.
Due torri campanarie affiancano la chiesa: quella di destra, il campanile dei monaci, viene
realizzata al tempo di Angilberto II, mentre la seconda, il campanile dei canonici, fatta
potta negli
anni 1128-1144.

L’architettura in Emilia e in Veneto


Il duomo di Modena
L’edificazione del Duomo di Modena prese avvio nel 1099. la chiesa sostituì una costruzione
paleocristiana, ed è stata costruita da Maestro Lanfranco, giunto a Modena probabilmente
con me estraneo lombarde. Lo affiancò anche in cantiere lo scultore Wiligelmo. Seguirò nel
1600 l’attività dei maestri Campionesi.
L’edificio presenta una pianta longitudinale priva di transetto, con tre navate absidate,
organizzate strutturalmente secondo un sistema alternato: colonne si alternano a pilastri
polistili. Grandi aperture trifore si affacciano sulla navata mediana e sembrano annunciare i
matronei, che in realtà non esistono perché privi di pavimento.
L’intero perimetro esterno dell’edificio percorso da una teoria di arcate cieche in cui si apre
un loggiato continuo di tripli archetti a tutto sesto (triforio), che riecheggiano le trifore che si
affacciano lungo la navata centrale.
La facciata, a salienti, equilibrata al punto da essere in iscrivibile in un quadrato. Due robusti
contrafforti la dividono in tre parti, anticipando lo schema tripartito dell’interno.
Il portale principale, così come i due aperti sul fianco destro, è introdotto da protiro, ovvero
un piccolo portico sostenuto da colonne, a loro volta rette da leoni di età romana, simbolo di
esterno
autorità a difesa dello spazio sacro, che si chiamano stilofori.
L’edificio mostra come gli elementi strutturali abbiano un preciso significato estetico: ad
esempio, i tuoi contrapposti nella facciata si assottigliano all’altezza danneggiato, perché qui

2
non devono sorreggere il peso del tetto e delle navate laterali. Questo aspetto puramente
strutturale determina un forte risalto volumetrico.

l’architettura in Toscana
Nei secoli XI e XII la Toscana è inserita nei grandi flussi commerciali e culturali: è
attraversata, ad esempio, da vie di pellegrinaggio che collegano l’Europa centro
settentrionale a Roma o alle regioni del Medio Oriente. La Repubblica marinara di Pisa, già
autonoma dall’X secolo, nel XII secolo giunge a dominare un territorio esteso da
Portovenere in Liguria fino a Civitavecchia in Lazio (1162), a cui si aggiunge la Sardegna.
Sul piano internazionale, la città sostiene la prima crociata, appoggia i normanni nella
conquista della Sicilia e contribuisce a frenare l’avanzata degli arabi.
Un ruolo di prestigio è assolto anche da Firenze. Diffusi nel territorio sono poi movimenti
monastici: in particolare i due ordini benedettini riformati, il cluniacense, originario della
Borgogna, e il vallombrosano, nato a Firenze nel 1039 per volontà di San Giovanni
Gualberto.

L’architettura a Pisa
L’architettura in Toscana presenta caratteri peculiari, l’aspetto che la caratterizza
maggiormente l’attenzione verso il linguaggio classico, che è intesa e inferenze i centri di
maggiore impulso.
Pisa conserva molte vestigia etrusche e romane, come sarcofagi e frammenti marmorei che
possono essere riutilizzati come materiali di spoglio.
Nella seconda metà del X secolo Pisa, peraltro, ha mezzi sufficienti per rinnovare i principali
edifici religiosi e civili e realizza, come il campo dei miracoli, un complesso monumentale in
grado di gareggiare idealmente con le grandi costruzioni di Roma imperiale.
È proprio dai modelli paleocristiani che costruttori pisani prendono spunto per realizzare i
monumenti simbolo della città, probabilmente sotto la spinta della spiritualità benedettina.

Piazza dei Miracoli


Per esaltare il prestigio economico e politico raggiunto dalla città, il governo pisano avviò la
costruzione di una nuova area sacra nel settore settentrionale della città; si tratta di un vero
e proprio complesso monumentale, la piazza dei miracoli, con il Duomo, il battistero, la torre
campanaria e il camposanto monumentale. Solo la chiesa fu completata in età romanica,
mentre gli altri edifici, progettati entro il XII secolo, sono espressioni gotiche.

(piccola storia noiosa di persone che volevano fare robe)


il complesso fu voluto dal vescovo guido, ma fu sostenuto anche dalle istituzioni civiche, che
vollero legare il grande progetto alla storia recente della città: una epigrafe sulla facciata del
Duomo spiega come i finanziamenti siano il bottino della guerra vinta a Palermo nel 1063
contro gli arabi. L’abbinamento lungo lo stesso asse del Duomo, a impianto longitudinale, e
del battistero circolare rievoca il complesso del santo sepolcro a Gerusalemme: una
soluzione già presente in impianti coevi nella penisola, ma che qui assume un’inedita
dimensione monumentale.

(architetti e robe varie)

3
Il duomo fu iniziato nel 1063 sotto la guida dell’architetto Buscheto, come sappiamo dalla
lapide che accompagna la sua tomba, e fu consacrato nel 1118. Dal 1150 al 1160 venne
ampliato nella parte anteriore da Rainaldo, che ne disegnò anche la facciata, poi completata
entro la fine del XII secolo. Successivamente la direzione dei lavori nell’area monumentale
spettò a Dio ti salvi, che nel 1152 ideò il battistero, e quindi a Bonanno Pisano, il probabile
progettista della Torre campanaria (1173).

schema architetti b
- 1063 Buscheto
- 1150-60 Rainaldo
- 1152 Diotisalvi (battistero)
- 1173 Bonanno Pisano

Il Duomo di Pisa
L’edificio assunse dimensioni monumentali a seguito dei lavori di Rainaldo: presenta una
pianta a croce latina con cinque navate nell’aula principale e ben ben 3 entra nel transetto i cui
bracci sono absidi. L’interne solenne, con i quattro colonnati che dividono le navate, ma allo
stesso tempo è alleggerito dalle bifore che, affacciate sulla navata centrale, compongonom
luminoso piano traforato.
All’esterno l’edificio si presenta come un insieme di volumi ben definiti, accordati dal gioco
delle logge (in facciata e riprese nell’abside) e delle arcate cieche a livello di terra che
ripercorrono l’intero perimetro.
nella facciata e nella abside la superficie si arricchisce di giochi sensibili alla luce, con arcate
cieche a livello inferiore e profonde logge negli ordini superiori; i fianchi e il transetto, invece,
sono solcati da lesene. Sulla facciata a salienti i vuoti prevalgono sui pieni, grazie ai quattro
ordini dibase
superiori, che, seguendo gli spioventi del tetto, determinano un sorprendente effetto
di leggerezza. L’intera superficie, poi, è ricoperta da un rivestimento marmoreo a fasce
bicrome che risalta il colore e che verrà ripreso negli altri edifici dell’area sacra.
gli architetti del Duomo sono riusciti a fondere diversi linguaggi, espressione delle culture
artistiche incontrate sulle rotte commerciali commerciali. Motivi lombardi, le loggette e
matronei, si confrontano con motivi bizantini, la cupola a bulbo, arabi, i piedritto posti sopra i
castelli, che innalzano l’imposta degli g gli archi, l’arco acuto che introduce in presbiterio,
armeni, i rombi a tarsie marmoree disposti entro gli archi ciechi. La cupola a base
ellissoidale ed è sostenuta da quattro gran grandiosi pilastri.

Il Battistero
I lavori del battistero iniziarono nel 1152 sotto la direzione di Diotisalvi ma, a seguito di
numerose interruzioni, si conclusero solo nel XV secolo.
L’edificioèa pianta circolare. Posto sonda asse della facciata del duomo, ne riprende le arcate
cieche e loggette; a seguito degli interventi di Nicola e Giovanni pisano, due grandi architetti
scultori attivi tra il XIII e il XIV secolo, questi motivi vengono filtrati attraverso l’eleganza
ornamentale dello stile gotico. Sotto la direzione di Nicola viene costruito il secondo ordine di
oggetti, a due a due cuspidate e sormontate da pinnacoli; con Giovanni viene realizzato
l’ordine superiore di finestre.
(le ultime righe non le metto)

4
L’architettura arabo-normanna in Sicilia
Dopo la lunga fase di conquista della Sicilia da parte degli Arabi (826-902), per due secoli
l'isola entrò nella sfera commerciale e culturale dell'Oriente islamico, ricevendone stimoli
così profondi da acquisirne i caratteri sia nell'architettura sia nelle arti figurative.
I successivi sovrani normanni della dinastia degli Altavilla, conquistata l'isola nel 1061, si
adoperarono per l'integrazione con la cultura artistica araba, utilizzandone le maestranze di
costruttori e di decoratori; inoltre, chiamarono anche mosaicisti da Costantinopoli, creando le
premesse per un confronto stilistico senza precedenti.
In Età romanica, dunque, la Sicilia accentuò la propria vocazione di luogo d'incontro e di
rielaborazione culturale, giungendo a risultati di assoluta originalità.
Dal 1130 Ruggero II, con la nomina a re di Sicilia, consolidò il proprio potere attraverso la
commissione di opere architettoniche rappresentative. Dapprima promosse la costruzione di
fortificazioni e piccole costruzioni sacre, per lo più a pianta centrale, sul modello bizantino;
più avanti, puntò a consolidare la propria immagine realizzando grandi edifici simbolici,
soprattutto in Sicilia occidentale. Ricordiamo la Cappella Palatina a Palermo, il Duomo di
Cefalù, il Duomo di Monreale e i palazzi civili, come quelli del Parco Reale del capoluogo
siciliano.
Negli edifici, sacri e civili, l'apporto arabo è riconoscibile nella rigorosa semplicità dei volumi
e nella ricchezza decorativa, con prevalenza all'esterno di motivi a intreccio.
All'interno, dominano i disegni geometrici complessi e dai colori luminosi ottenuti con la
terracotta smaltata, i mosaici e i soffitti a cassettoni o a muqarnas (tecnica decorativa a
rilievo del tipo "a stalattite") realizzati in stucco, ceramica, retra, mattoni o legno.
La cultura bizantina si manifesta negli ampi cicli musivi, con soggetti figurativi su sfondo oro
disposti sulle superfici interne degli edifici.
Il contributo normanno si afferma, infine, soprattutto nell'architettura: i volumi sono possenti
e slanciati, anche se ingentiliti da lesene, arcate cieche e intrecci decorativi di derivazione
islamica.

l’incontro di culture diverse


La pittura romanica si rinnova più lentamente rispetto all'architettura e alla scultura. Essa
infatti è condizionata dalla tradizione bizantina, oppure, nei cicli sacri ad affresco o a
mosaico, dalle opere altomedievali, sia nei temi iconografici sia nei caratteri stilistici.
Nei principali centri della cristianità si radicalizzano precise tendenze: Roma, con i grandi
mosaici absidali, vagheggia il ritorno allo stile paleocristiano, ricco di simbolismi e magnifico
nelle dimensioni. Montecassino, nel Lazio, si propone come centro di irradiazione della
raffinata arte costantinopolitana. La Lombardia, che già aveva svolto un importante ruolo
economico e culturale nei periodi longobardo e carolingio, ora diviene fulcro di diffusione di
modelli formali rinnovati, sia in Italia centro-meridionale, soprattutto nel versante adriatico,
sia nei territori d'Oltralpe, in particolare in Borgogna.
In genere, però, l'Italia diviene il terreno d'incontro di culture figurative diverse, favorito dai
viaggi degli artisti e dalla circolazione internazionale delle miniature. Il
confronto principale avviene tra il linguaggio bizantino e i modelli tardoantichi e
paleocristiani; non mancano, però, percorsi legati alla storia dei luoghi, come l'applicazione
di motivi arabi in Campania e in Sicilia.
L'arte dei secoli XI e XII segna il lento avvio del processo di avvicinamento del linguaggio
aulico bizantino al mondo concreto dell'uomo. Ciò avviene in modo più spontaneo nelle

5
realtà che hanno mantenuto contatti con la tradizione antica, grazie anche alla disponibilità
di testimonianze dirette; altrove, avviene attraverso la radicalizzazione del classicismo
ottoniano o la contaminazione con i motivi occidentali di matrice più popolare.
Il recupero della dimensione mondana si traduce, in generale, nella riscoperta del
naturalismo. Permangono, tuttavia, la rigidità solenne dei soggetti sacri, la linea stilizzata,
l'assenza di volume e di profondità spaziale, che rallentano l'emancipazione dalle forme
antinaturalistiche che erano state dominanti nella figurazione altomedievale.
Le scene figurate devono illustrare i dogmi della Chiesa, primo fra tutti quello della
Redenzione.

La pittura su tavola
La pittura su tavola era diffusa nel mondo antico, dall'Egitto alla Roma imperiale. Caduta in
disuso nell'Alto Medioevo, tornò progressivamente in auge dal XII secolo nell'Europa
cristiana: grazie ai costi di realizzazione relativamente con-
tenuti, alla resistenza del materiale e alla possibilità di ricavarne diversi formati, risultò infatti
adatta sia all'esposizione di grandi opere negli altari sia per la devozione privata.
Le pitture su tavola seguono tre principali tipi iconografici:
• la croce dipinta, spesso di grandi dimensioni perché i fedeli potessero vederla da lontano;
• la Maestà, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e spesso accompagnata da
angeli, di minori dimensioni e talvolta reggenti il trono;
• la pala agiografica, con episodi che narrano la vita di un santo.
Per tutta la prima metà del XII secolo i primi due tipi mantennero una stretta relazione con i
corrispettivi modelli scultorei (prevalentemente lignei o in metallo, realizzati a sbalzo), sia
nelle soluzioni compositive e iconografiche sia per l'uso dello stucco a rilievo.

La croce dipinta
Felice unione tra l'opera di pittura e quella dei maestri carpentieri, la croce dipinta di grandi
dimensioni comparve probabilmente in Umbria o in Toscana. Si tratta di opere culturali
generalmente progettate per essere collocate nella zona presbiteriale, sospese in
corrispondenza dell'altare o dell'iconostasi. In altri casi, potevano essere osservate da vicino
dai fedeli, come dimostra la minuta decorazione laterale con episodi della vita e della
Passione di Cristo, o come prova, in alcuni casi, il compromesso stato di
conservazione della tavola in corrispondenza dei piedi del Redentore, che venivano toccati o
baciati dai fedeli.

Largamente diffuse in tutta Europa fino al Quattrocento, le croci dipinte raffiguranti Gesù
Cristo secondo due principali tipologie iconografiche, il Christus triumphans e il
Christus patiens.
Christus triumphans
Nell'immagine del Christus triumphans, Cristo è rappresentato vivo sulla croce, non mostra
sofferenza e afferma il proprio trionfo sulla morte. L'origine va forse ricercata in esempi di
Età carolingia e ottoniana, alla cui scelta non è estranea la volontà della Chiesa di
identificarsi con il Cristo trionfante.
Esemplare il Crocefisso di Sarzana, datato 1138 e firmato da Guglielmo sulla cimasa con
un'iscrizione in esametri, che attesta la cultura anche letteraria dell'autore. Al centro, nel
tabellone, Cristo, con sguardo vivido, trionfa sulla morte.
All'equilibrio solenne della figura di Cristo fa riscontro una composizione più concitata e
dinamica nelle parti narrative, che trova soluzione nella scena dell'Ascensione posta sulla

6
cimasa. Secondo la tipologia consueta, sullo scomparto spiccano le figure di Maria e
Giovanni, mentre in basso sono riportati sei episodi della Passione. Le figure risaltano,
nonostante la complessità delle singole composizioni, grazie al netto linearismo dei contorni
e all'uso di pochi e contrastati colori, in cui il rosso funge da contrappunto simbolico e visivo
all'oro.
Christus patiens
Nel XIII secolo il modello del Christus triumphans fu sostituito dalla rappresentazione più
umanizzata del Christus patiens, il Cristo morente sulla croce. Si tratta di un'iconografia già
utilizzata in Oriente dall'inizio dell'XI secolo e introdotta in Italia in relazione alla nuova
sensibilità gotica per l'espressione tutta umana della sofferenza.

La miniatura
Come abbiamo visto a pag. 284, nel Medioevo i libri manoscritti di particolare pregio, quali
Bibbie o messali, erano frequentemente arricchiti da decorazioni miniate.
A partire dal XIII secolo l'uso della miniatura si estese dai libri destinati alla liturgia o alla
devozione personale ai testi laici, di cultura umanistica e scientifica, o all'illustrazione di
cronache e soggetti cavallereschi. Questa attività, sostenuta anche dai centri universitari, ha
contribuito a creare un ricchissimo patrimonio figurativo. In molti casi gli artisti miniatori
erano gli stessi che lavoravano nei grandi
cicli di affreschi.
In Italia i più importanti codici miniati dell'Età romanica furono realizzati nello scriptorium
dell'Abbazia di Mon-tecassino. Questi testi, anche se non di mano bizantina, consentono di
comprendere il modo in cui il linguaggio bizantino è penetrato nella penisola; nelle pagine
miniate si affiancano soggetti iconografici latini e orientali, ma anche motivi dell'Europa del
Nord, come le figure zoomorfe o vegetali. Ricordiamo i Moralia di San Gregorio Magno
(1022-1035), il Lezionario, le Storie di San Benedetto [f. 24.4].
Lo scriptorium rimase attivo fino al XV secolo, benché la sua spinta creativa fosse andata
esaurendosi qualche decennio dopo la morte dell'abate Desiderio (1087).

La pittura ad affresco
La pittura ad affresco (per i cui caratteri tecnici vedi pag.
208) si affermò dall'XI secolo grazie alla sua immediatezza comunicativa e perché consente
di colmare, con un costo contenuto, le ampie superfici interne delle chiese, nelle quali,
rispetto all'Età paleocristiana, si riducono le superfici finestrate.
A nord, nelle regioni alpine, il contatto con la pittura otto-niana d'Oltralpe è testimoniato dai
frammenti di affreschi della Collegiata di Sant'Orso ad Aosta. Realizzati nella prima metà
dell'XI secolo, essi propongono figure dalla vigorosa espressività, dipinti con spontaneità.
A Galliano, presso Como, l'arcivescovo Ariberto di Inti-miano promuove, all'alba dell'XI
secolo, un programma di rinnovamento architettonico e figurativo.
Nella Chiesa di San Vincenzo [f. 245] viene realizzato un ciclo pittorico (1007 circa),
comprendente l'abside e le navate; nella prima domina un solenne Cristo in mandor-la, con
profeti, martiri ed eletti: è una Teofania derivata dall'antico motivo dell'imperatore scortato dai
soldati e osannato dal popolo, reso con un tono intensamente espressivo dai decisi effetti
plastici. I riferimenti all'Età romana sono confermati dai motivi delle cornici, che si sviluppano
in modo unitario dall'abside alle navate. In queste, l'intervento pittorico mostra la mano di un
diverso maestro, meno incisivo e caratterizzato da uno stile più semplice, adatto alla fluida
narrazione di storie, come episodi biblici e vite di santi.

7
A Roma, dove il rapporto con la grande tradizione tar-doantica aveva favorito il perdurare di
motivi classici, caratteri di sorprendente modernità sono riscontrabili negli affreschi della
Basilica inferiore di San Clemente (1080-1099, f. 24.6), con Storie di San Clemente e di
Sant'Alessio. Qui vanno sottolineate le soluzioni di ricercata eleganza lineare e il tentativo di
contestualizzare in fondali architettonici.

Potrebbero piacerti anche