GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
Author(s): Giovanni Soranzo
Source: Aevum , GENNAIO-GIUGNO 1949, Anno 23, Fasc. 1/2 (GENNAIO-GIUGNO 1949),
pp. 131-158
Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
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GREGORIO VII E GLI ST TI VASSALLI DELLA CHIESA
Gi al tempo di Gregorio VII la Chiesa Romana esercitava una so
vranit pi o meno nominale su vari stati d'Europa o se proprio fattiva*
mente non T esercitava, perch era discussa o contr stala, ne affermava
i diritti.
Non alludo qui al dominio temporale, che aveva avuto con le note
donazioni di Liutprando, di Pipino il Breve, di Cartomagno e dei suc
cessivi imperatori (1); n comprendo i patrimonio, che la Chiesa gi in
antico aveva posseduto, vere propri t immobiliari dono per lo pi di
sovrani o di principi. Questi e detto dominio hanno una storia ben no
ta, sulla quale qui non luogo di ritornare.
Neppure intendo di parlare dei diritti della S. Sede, conseguiti per
il duplice testamento della contessa Matilde di Canossa, dettato primie
ramente alla presenza di papa Gregorio VII, se non da questo sollecita
to (2), certo approvato e accettato ; non ne parlo, anche perch la dona
zione in esso testamento compresa, fu tenacemente contestata in nome
dell'autorit imperiale, quando dopo la morte della contessa, si volle da
re ad esso esecuzione; rileviamo per che la donazione matildina com
prendeva oltre i domini, che essa aveva in Italia, anche quelli che le
competevano di l dalle Alpi, quale vedova ed erede di Goffredo, duca
di Lorena. La sovranit , di eui si vuol far parola, non riguarda le terre
(1) Le varie parti del dominio temporale della S. Sede sono pi d'una volta nominate
in lettere di Gregorio VII. Cfr. Registrum Gregorii VII edito da E. CASPAR in M. G. H.
Epistolae selectae, lib. V, n. 14a, pag. 371.
(2) ll testo della donazione della contessa Matilde, giunto sino a noi, dell'anno 1102.
Sin dalle prime parole si accenna che primieramente esso fu steso al tempo di Gregorio
e alla sua presenza (per interuenfum domini papae Gregorii VII) nel palazzo Latera
nense e precisamente nella cappella della S. Croce; ci deve essere avvenuto nel 1079 o
1080, certo dopo che essa era rimasta vedova di Goffredo, duca di Lorena. Il testo della
donazione puoi vedere in M. G. Constitutiones et acta, I, pp. 654-655. Non so se sia
stata da altri rilevata l'espressione per interoentum, che non pu ritenersi sin nimo del
1'ablativo latino praesentia; per questo sopra, ho avanzato il dubbio che a fare la dona
zione la contessa Matilde sia stata consigliata, spinta dal Papa.
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GIOVANNI SORANZO
d'Italia, n ha avuto origine da particolari donazioni di re e di principi,
ma fu acquisita variamente, per diversi titoli, spesso non ben chiari.
Buona parte di questi presunti o veri diritti sovrani della S. Sede
risultano affermati o acquisiti durante il pontificato di Gregorio VII o
nel tempo, in eui egli fu al servizio della Chiesa Romana da Leone IX
in poi, collaborator assiduo e autorevole.
Sotto questo aspetto converrebbe condurre Tesposizione secondo un
criterio cronol gico; ma qui non int ressa tanto il grad ale estendersi nel
tempo di questa singolare sovranit pontificia, quanto il diffondersi di
essa nei vari paesi e il modo, con eui fu da Gregorio VII affermata o
sostenuta.
Perci seguir un ordine, dir cos geogr fico: prima tratter di ci
che avvenne al riguardo nei paesi occidentali e poi neirEuropa Orientale.
*
* *
Gi nei primi giorni del suo pon
(non era ancora consacrato papa
viata ai principi cristiani, per eso
gna, ancora in buona parte occup
lare affermazione: Non latere vos c
proprii iuris Sancti Petri fuisse e
patum, lege tarnen iustitiae non e
stolicae Sedi ex aequo pertinere
Il papa dunque sollecitava i prin
(si rivolse appunto omnibus princ
volentibus ) e in pari tempo mett
timore che qualcuno di questi pen
mi qualsiasi diritto di conquista i
Che cosa intendeva il papa col
ivi si legge, oppure, come scrive
rum? Evidentemente egli pensava
gna romana, divisa in citeriore e
gna era diviso in pi domini: nei r
e d'Aragona, in quello del Portog
Mussulmani sin dall'ottavo sec lo.
(1) Registrum ut s., lib. I, n. 7, p. ll.
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GREGORIO VII E GLl STATI VASSALLI DELLA CHIESA
Se detto regno, cio la penisola ib rica tutta, apparteneva soltanto
alla S. Sede (... nulli mortalium, sed soli Apostol cete Sedi... pertinere),
i detti re cristiani erano dei vassalli di questa, nessuno eccettuato. Su
che fondava il papa questa affermazione di alta sovranit sulla Spagna?
Quale Torigine di questo presunto dominio della Chiesa romana?
nzitutto si pu asserire che mai (che si sappia) nessun predeces
sore di Gregorio VII fece simile affermazione e che mai esercizio di so
vranit fu esplicato in alcun tempo dalia S. Sede, n dai principi o dalle
comunanz cristiane di Spagna venne alcun riconoscimento al riguardo.
N vale supporre che Gregorio VII abbia detta affermazione messa
innanzi, per diffidare i principi cristiani, che fossero andati al soccorso
della Spagna, daU'impadronirsi di qualsiasi parte di quel territorio; F af
fermazione resta in tutto il suo valore, perch la vedremo ripetuta in
altri doeumenti gregoriani posteriori. Il papa nella sua lettera non offre
alcun elemento positivo, che permetta di giustificare detta asserzione di
sovranit ; solo afferma che la sovranit di San Pietro datava da antico
tempo (ab antiquo). Il terminus post quern non pu essere che il tempo
di Costantino; d'allora in poi. Nulla d' improbabile che egli si basasse
sulla falsa donazione di Costantino; egli non la nomina, ma quel docu
mento non era dimenticato in Roma, nella Corte e nella Curia papale.
E noto che il testo greco della medesima, meno di vent* anni innanzi,
era stato portato per incarico di papa Leone IX dal cardinale legato
Umberto di Moyen-Moutier alla Corte di Costantinopoli, forse per farlo
accettare come autentico (tale a Roma lo si credeva) da quel sovrano.
E noto che secondo il famigerato documento Costantino imperatore
avrebbe donato alla Chiesa Romana con Roma e con le terre d'Italia il
dominio di tutte le Hesperiae partes , cio di tutto VOccidente.
Con la sua lettera, senza accennare ad alcun accordo precedente
mente concluso coi detti principi di Spagna, Gregorio VII autorizzava il
conte Evolo de Roucy (de Roceio sull'Aisne) ad entrare per onore di
San Pietro in Spagna (in terram Hispaniae), s'intende in quella anco
ra occupata dagli Infedeli, e quindi a muover loro guerra, desideroso
com'era di strapparla a costoro. Con detto conte - dice ancora Gre
gorio VII nella lettera - era stato stipulato un accordo a nome di pa
pa Alessandro II suo predecessore, per il quale accordo quanto detto
Evolo avesse conquistato, sarebbe stato da lui tenuto e governato per
parte di San Pietro, cio come vassallo della Chiesa Romana (1).
(1) Ibid. pp. 11-12 .. . Itaque comes Eoulus de Roceio, cuius famam apud DOS
haud obscuram esse putamus, terram Ulam ad honorem Sandi Petri ingredi et a pa
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GIOVANNI SORANZO
Il papa non si preoccupava se i re, principi, signori della penisola ib -
rica, coi loro antenati, che da secoli combattevano nella terra natia con
tro i Mussulmani, potessero considerare detto conte francese come un
intruso; n alludeva a provocazioni di guerra da parte dei Mussulmani
di Spagna, forse perch di fronte a loro, considerati invasori, lo stato di
guerra si considerava permanente.
Il papa, considerando alto dominio della S. Sede il regno di Spa
gna, senz'altro ordinava la spedizione militare e autorizzava Timpresa e
1'eventuate presa di possesso da parte di esso conte.
Se e come e con qual esito la spedizione sia stata attuata, poco o
punto si sa (1).
In lettera di qualche anno dopo Gregorio VII ritornava sull'argomen
to dei diritti della S. Sede sui regno di Spagna e precisamente in una
del 28 giugno 1077, diretta ai re, ai conti, ai primati (principes) di quel
regno. Dopo una lunga esposizione sui doveri dei preposti al governo
dei popoli, dichiarava di non poter, come i predetti, ignorare che re
gnum Hispaniae ex antiquis constitutionibus beato Petro et S. R. Eccle
siae in ius et proprietatem esse traditum (2).
ganorum manibus eripere cupiens, bane concessionem ab apost lica sede obtinuit, ut
partem Ulam, unde paganos suo studio et adiuncto sibi a/iorum auxilio expeliere pos
set, sub condicione inter nos factae pactionis ex parte Sandi Petri possideret. In al
tra lettera dello stesso giorno, diretta a Gerardo, vescovo di Ostia, e a Raimbaldo sud
diacono, legato pontificio in Francia, Gregorio VII ricorda quanto sopra e quanto ancora
il suo predecessore Alessandro II in m rito aveva ordinato ed egli stesso allora aveva
loro significato per suo ordine, essi legati cio erano stati invitati a favorire T impresa del
conte Evolo e conosciuto il patto sulla impresa spagnuola, da costui conchiuso con la
S. Sede, a mandar l , dove il conte fosse andato, persone atte, sia a torre gli errori di
dottrina cristiana, diffusi tra quelle popo azioni, sia a far valere gPinteressi della Chie
sa alla stregua del patto suddetto, qualora le operazioni militari avessero sortito buon
esito. Che se per avventura ci avevano omesso, oppure, se mai detto patto non fosse
stato tenuto presente dagli altri principi e signori, che separatamente da detto conte fos
sero accorsi o fossero per venire con loro truppe, detto Evolo sia aiutato a far rispettare
il patto da lui concluso con la S. Sede. Di questo particolare compito incaricassero Y abate
Ugo di Cluny; a tale intento la missione di costui riguardasse solo la Spagna, non altra
regione. (Ibid. I, n. 6, pp. 9-10 [Roma 1073]). llo stesso scopo l doveva dirigersi col
consiglio degli stessi legati pontifici, che erano in Francia, e dell'abate Ugo di Cluny il
nuovo legato pontificio Ugo Candido, al fine di far osservare e rispettare da quanti in
Spagna volessero militare 1' accordo suddetto e i diritti della S. Sede. Che se i combattenti
forestieri, in buona o in mala fede, a ci non fossero disposti, li ammonissero a desistere
dall'impresa contro gli Infedeli piuttosto che farsi violatori dei diritti della Chiesa. Ibid. I, n. 7.
(1) Un vago accenno, come avverte il Caspar in nota al Registrum, loc. cit., in
SUGERO ( Vita di Lodovico it Grande (M. G. IX. 55. XXVI); cfr. anche ANSELMO, Histoire
g n alogique de la maison royale de France, VIII, p. 861.
(2) Registrum. lib. IV, n. 28, pp. 345-346.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
Dunque anche i monarchi e i signori di Spagna ignoravano o di
chiaravano di ignorare questa sovranit papale sulle loro terre; se Tigno
ravano sinceramente, ovvio che siffatta tradizione mancava o era scom
parsa; se fingevano d'ignorarla, vuol dire che non la riconoscevano, n
la volevano riconoscere.
A quali antiche costituzioni si appellava Gregorio VII? Antiche co
stituzioni non potevano essere che di origine imperiale o regia; se di
esse un ricordo, che in qualche modo comprenda anche la Spagna, ri
mane, questo altro non che il Constitutum Constantini, cio la falsa
donazione di Costantino, a eui pure sopra abbiamo accennato. Comun
que sia, dette antiche costituzioni, relative al regno di Spagna e alla
S. Sede, certo non le conosceva Gregorio Magno, che fu in fr quente
corrispondenza epistolare e diplom tica con Recaredo, re dei Visigoti,
dominante in Spagna un sec lo prima delle conquiste spagnuole; le let
tere di Gregorio Magno non hanno alcun, nemmeno indiretto, accenno
a presunti diritti acquisiti o esercitati dalla S. Sede sui regno di Spagna.
Il documento papale del 28 giugno 1077 continuava dicendo che le
difficolt dei tempi e una certa negligenza dei suoi predecessori erano
concorse a porre in oblio i diritti della Chiesa (1). Ma, poich per di
vina clemenza essi re e signori avevano ottenuta la vittoria sugli Infede
li, egli richiamava alla loro memoria quei diritti, affinch non incorres
sero in colpa presso Dio e sperava che, conosciuta la verit , essi volessero
essere veri e fedeli principi cristiani. Perci accreditava loro quali suoi
legati Amato, vescovo di Ol ron, e Frotardo, abate di Saint Pons de
Thomi res.
Il tono della lettera lascia intravedere che il papa prevedeva o te
meva un rifiuto o un misconoscimento dei diritti della Chiesa; perci
ancora nella chiusa della lettera insiste sui richiamo (2).
Il registro gregoriano contiene parecchie altre lettere, di materia
ecclesiastica e profana, relative al regno di Spagna e aile sing le Co
rone di quello, ma nessun'altra allude a diritti temporali della S. Sede,
n a controversie sorte in m rito (3).
(1) Ibid.: ... nam postquam regnum i/lud (Hispaniae) a Saracenis et pgganis per
oasum est et seroitiumt quod beato Petro sotebat fieri..., rerum et proprietatis me
moria diiabi coepit.
(2) Ibid.: . . . cognita veritate (vogliamo) . . . potius statuta christianorum princi
pum et exempta sequamini, quam eorum impietatem, qui christianum nomen magis
cupiunt persequi quam venerari.
(3) Si ha notizia di una lettera di Gregorio VII, forse del 1078, non compresa nel
Registrum, nella quale questi stabiliva i confini e i diritti della chiesa di lacea (= Hue
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GIOVANNI SORANZO
*
* *
Anche sui regno di Francia si eb
cune, sia pure modeste, rivendicazio
Per mezzo dei suoi legati Pietro, v
cipe di Salerno, inviato nella Gallia n
ti gli abitanti della Gallia, uno per
Pietro, almeno un denaro all'anno,
st lo) come pastore e padre secon
suo dire - era che Carlo (Magno) im
custodito nell'archivio della Chiesa
gliere in tre luoghi 1200 lire ad s
ad Aquisgrana, a Le Puy-en-Velay
ciascuno volesse offrire spontaneam
- a suo dire - lo stesso grande im
Sassonia, che col favore dell'Apost l
un segno di devozione e di liberta (
dano in iscritto e i savi tra loro be
False siffatte tradizioni, la prima
monianza (2), la seconda si trova
Liutprando (3). Gregorio VII nello z
sea) a richiesta di Garcia, vescovo, figlio
1063), che, a detta del papa aveva costituito il
rata la setta toletana, aveva accettate le leg
. . . ipse namque christianissimus rex clao
Hispania tributarium fecit, quasi alter Mo
stitione, leges ac consuetudines romanas r
pontificum romanorum, 1, p. 629, n. 5098; R
p. 405. P. F. KEHR nei suoi Papsturkonden in
e segg.) accenna al sunnominato documento
nomi di Ramiro I con suo figlio Sancio (10
amicizia con Roma, ospit Ugo Candido, il c
gna dallo stesso papa. Cfr. Registrum I, pp
si tratta di un documento falso, perch gli an
corrispondono a quelli del pontificato di G
dato ben pi remote origini ai presunti diritti
cio alla stessa conquista spagnuola.
(1) Registrum, VIII, n. 23, pp. 566-567 (a. 10
papali detti.
(2) JAFF -LOEWENFELD, Regesta etc. n. 4292.
(3) MIGNE, P. L" t. CXXIX, col. 1151.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
consuetudini della Chiesa, si lascio trarre in inganno. Non si conosce
l'esito di questa richiesta papale.
*
* *
Una controversia speciale fu, a q
a riguardo della Bretagna.
Secondo una bolla, che va sot
la quale pare non si possa dubit
alFabate dell'abbazia benedettin
gna) in questi termini: La Bret
sone della vostra gente, non sol
tanti stata commessa alla tute
nostri antecessori - continua il
che sopra abbiamo notato simile
trascurato Tesercizio di questa t
Noi per intendiamo di riparare
rivivere questa eura apost lica p
ci a maggior ragione siamo disp
tezione e assistenza nostra (1).
Il secondo tentativo, che si co
altro documento, e precisamente
legato di papa Pasquale II in Fra
retta al conte di Bretagna Cona
la sua meraviglia che detto Cont
alla S. Sede, dalia quale egli rip
Nei due documenti non si parl
so la S. Sede si fa menzione in a
che papa Pasquale II in data 8 no
ne all'abbazia di Quimperl , obb
(1) POUQUET DU HAUT-JUSS R. A
Si ge, in Studi gregorio ni raccolti da
mento gregoriano, di eui sopra, fu dal p
to dal Cartulaire de Y abbaye de Sainte
Barthou, 2a ediz. a. 1902, in Biblioth. b
nes, fase. IV ad. a.
(2) Cartulaire de l'abbaye de Redon
antecessores vestros, sicut in scriptis
papa, principatum suum tenuisse, manif
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d'oro (1); in altro si attesta che papa Leone IX gi in data 13 aprile
1050 aveva accordata la protezione della S. Sede all'abbazia di Redon,
previo un annuo censo (2).
Altri documenti accennano a rapporti delPabbazia di Redon con la
S. Sede, risalenti al IX sec lo, e a conferme di protezione da parte di
papi, tra le quali una dello stesso Gregorio VII (3).
Su quale fondamento poggiava il presunto alto diritto della S. Sede
sulla Bretagna? L'accenno agli imperatori nella bolla del 1078 allude
evidentemente alla falsa donazione di Costantino.
La letteratura bretone e in v rit anche la pontificia sono mute al
riguardo: consta solo che le due abbazie erano censuarie della medesi
ma e se qualche indiretto accenno c' in fonti del sec lo XI, esso ef*
fetto dello stato d'animo, determinato dal ricordo di detta bolla (4).
*
* *
Anche sui regno d'Inghilterra G
rivendicazioni.
Guglielmo I, re d'Inghilterra, avrebbe dovuto il regno all'aiuto della
S. Sede, oltre che al suo valore personale come condottiero conquista
tore di quella Corona. Egli sino al 1066 era stato duca di Normandia e
in detto anno aveva compiuta la conquista della Gran Bretagna, che a
suo dire, gli spettava per precisa promessa di Edoardo il Confessore,
ultimo legittimo re, regno che alla morte di costui (6 gennaio 1066) era
stato usurpato da Aroldo, figlio del conte Godwin, governatore gi del
Wessex.
Forse in previsione di questa sua impresa egli aveva coltivate le
buone relazioni con la S. Sede e in particolare coi papi Nicol II ed
Alessandro II, immediati predecessori di Gregorio VII.
Orderico Vitale, cronista inglese del sec lo seguente, che si mostra
sicuramente informato, racconta che Guglielmo, volendo muover guerra
ad Aroldo, consulto i grandi laici ed ecclesiastici del ducato di Norman
dia (e di parecchi di questi da i nomi), li trovo di pareri discordi : al
(1) Cartulaire ... de Quimperl , ad a.; cfr. POUQUET DU M.-J., op. cit. p. 191.
(2) Cartulaire ... de Redon, ad a.; cfr. POUQUET DU M.-J>, op. cit.
(3) Un documento dice 1'abbazia di Redon sottoposta alla diretta giurisdizione della
S. Sede (iure proprio Sanofi Petri); cfr. POUQUET DU H.-J., op. cit. p. 193.
(4) Ibid., p. 194.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
lora - egli scrive - il duca mand a Roma Gisleberto, arcidiacono di
Lisieux, a richiedere su quanto era avvenuto il consiglio di papa Ales
sandro IL II papa, udito quanto gli fu riferito, diede il suo favore al le
gittimo duca, gli ordin di prendere risolutamente le armi contro lo sper
giuro e gli ieee avere il vessillo di San Pietro, affinch per i meriti di
questo fosse protetto da ogni pericolo (1). Se cosi, come pare, papa
Zaccaria aveva fatto scuola I
Chi negli anni precedenti avrebbe conciliato a Guglielmo di Nor
mandia il favore della S. Sede sarebbe stato lo stesso Ildebrando da
Soana, poi papa Gregorio VII.
Questi in una lettera del 24 aprile 1080, diretta al re, per dolersi
di certi atteggiamenti di lui punto riguardosi verso la S. Sede e verso
la sua stessa personale dignit pontificia, ricorda d'avergli dato molte
prove d'affetto, ancora prima d'essere eletto papa e di averio molto fa
vorito neir incremento della sua potenza pol tica, nel raggiungimento della
stessa dignit regia; Taveva tanto favorito che da alcuni confratelli gli
era stata data F infamante taccia d'aver prestato mano all'impresa (la
conquista del regno) piena di orrori e di sangue. Gregorio VII - sog
giunge - che dinanzi a si gravi recriminazioni egli si confortava d'aver
agito con retta coscienza e nella fiducia che il re, quanto pi fosse sta
to fatto potente, tanto pi avrebbe aiutato la causa di Dio e della sua
Chiesa (2).
<1) ORDERICO VITALE, Historia ecclesiastical parte III, lib. Ill, 17; cfr. MIGNE, P.
L. t. CLXXXV1II, col. 285; ediz. Le pr vost, t. II, p. 122-123: ... Tandem (Wuillelmus
dux) Gislibertum Lexooiensem archidiaconum Romam misit et de his quae accide
rant, ah Alexandro papa consilium requisiuit. Papa vero, auditis rebusquae contige
rant, legitimo duci favit, audacter arma sumere contra periurum praecepit et vexillum
Sandi Petri apostoli, cuius merit is ab omni periculo def ender etur, transmisit.
(2) Registrum, VII, n. 23, p. 500: ... Notum esse tibi credo, excellentissime fili,
(cosi il papa a re Guglielmo) priusquam pontificale culmen ascender em, quantum sem
per te sincerae devotionis affedu amavi, qualem etiam me tuis negotiis et quam ef
ficacem exhibui insuper ut ad regale fastigium cresceres, quanto studio laboravi. Qua
pro re a quibusdam fratribus magnam poene infamiam pertuli, summurmurantibus
quod ad tanta homicidio perpetrando (la conquista dell'Inghilterra) tanto favore meam
operam impendissem. Deus vero in mea conscientia testis erat, quam recto id animo
faceram ..Gi in altra lettera Gregorio VII aveva scritto al re, ricordandogli che a
lui San Pietro aveva molto largito (mutta tribuisse). bid. I, n. 70, p. 102 (Roma 4 apri
le 1074). Anche in lettera diretta a Lanfranco, arcivescpvo di Cantorbery, primate d'Inghil
terra, Gregorio VII ricord la sua antica amicizia e il suo affetto per il re (. .. quern -
regem - inter cet eros illius dignitatis semper di lex im us .. .). Ibid. VI, n. 30, p. 443
(25 marzo 1079) ; in altra al re accenna cosi : ... amieitiae nostrae pristinae circa eum
(regem) memores . .. Ibid. VII, n. 1, p. 459. Anche all'arcivescovo detto Gregorio VII si
diceva legato da antico affetto (antiquum amoris pig nus). Ibid. loc. cit. p. 443.
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GIOVANNI SORANZO
In quali circostanze sono corse si efficaci personali rapporli tra Gu
glielmo .di Normandia e Ildebrando da Soana ?
Come noto, questi svolse, d'ordine dei papi che lo precedettero
pi missioni all'estero, in Germania e in Francia.
Prima ando in Germania, quando accompagn in esilio Gregorio VI,
il papa deposto nel concilio di Sutri (1046), e li lo assistette sino alla
morte (1048) (1). Ritorn a Roma al seguito del nuovo papa Leone IX
(1049). Per incarico di questo nel 1052, come pare, ando in Francia, per
risolvere varie controversie ecclesiastiche, fra le quali Findagine sul
Feresia di Berengario di Tours (2).
Quando giunse la notizia della morte di Leone IX (f 19 agosto 1054),
Ildebrando era ancora di l dalle Alpi e li attese istruzioni da Roma e
dal nuovo papa Vittore II (1055-1057) e intanto presenzi a vari concili
di riforma della Chiesa. Ritorn in Italia (1057) con lo stesso papa Vit
tore II, che era venuto in Germania. Come noto, questo mori, prima di
rientrare a Roma.
Dal nuovo papa Stefano IX (1057-1058) Ildebrando fu mandato in
Germania per trattative con quella Corie e precisamente con la mite
reggente Agnese di Poitiers, vedova di Enrico III imperatore (f 1056) e
madre di Enrico IV. Di l rientr in Italia solo nel giugno del 1058 in
occasion? delFelezione del nuovo papa, che fu Nicol II (3).
Durante quegli anni per rapporti diretti e nei successivi per corri
spondenza epistolare o per mezzo di altri inviati pontifici si svolsero le
amichevoli relazioni tra Guglielmo, duca di Normandia, e Ildebrando da
Soana; quando quegli si preparo alla conquista delFInghilterra, secondo
i diritti veri o presunti che vantava, sapeva di poter contare sui consen
so e sui favore della S. Sede : Ildebrando da Soana era presso papa
Alessandro II suo autorevolissimo fautore.
Con la grande vittoria di Hastings (14 ottobre 1066) Guglielmo de
bell il suo avversario Aroldo e divent arbitro della Corona inglese;
il 25 dicembre seguente si fece incoronare re nella chiesa di Westminster.
Come egli abbia ricambiato la S. Sede per Faiuto morale datogli,
le fonti non dicono; dalle lettere dei primi anni di pontificato di Gre
gorio VII appare che sino allora ottime si mantennero le relazioni di re
Guglielmo I con papa Alessandro II e poi con Gregorio VII stesso, tan
(1) BORINO B. B., I nuit us ultra montes cum d. papa Gregorio abii, m S tu di gre
goriani cit., pp. 3-48.
(2) FLICHE, La reforme, etc. I, pp. 377 e sgg.
(3) Registrum, lib. I, n. 32, p. 82.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
to che questi asserisce che il re era forse T nico sovrano, veramente
fedele alla Chiesa (... carissimum et unicum filium S. R. Ecclesiae).
Ancora in data 4 aprile 1078, accreditandogli il legato liberto suddiaco
no, fa del re questo singolare elogio : ... inter reges tum more, tum
hon state qua nites, tum liberali prudentia qua muniris, te speciali di
lectione amplectimur (1)*
Ma poi tra il re e il papa Torizzonte si oscuro un po'; sorse dap
prima una grave controversia per certa corresponsione pecuniaria, che
la S. Sede soleva esigere da chiese e da comunit ecclesiastiche di quel
regno. Guglielmo I, instauratore di una nuova dinast a, volle forse por
re un limite a questa uscita del denaro inglese dallo Stato? Comunque
Gregorio VII gli ricord che quelTannuale pagamento da parte di chie
se o di comunit religiose inglesi alla Chiesa Romana datava dai tempi
di Gregorio Magno e precisamente dal tempo della conversione di quel
pop lo al cattolicismo, somma che solo a met era devoluta alla S. Sede,
perch il resto era a favore della chiesa di S. Maria in Roma, detta
Schola Anglorum per uso di quei frati (2).
La controversia si trascino a lungo, come pare, e si inaspri tanto
che il re viet ai vescovi del regno e allo stesso arcivescovo di Can
terbury di recarsi a Roma alla visita ad Umina. Di ci ebbe a lagnar
si Gregorio VII in una lettera del 25 marzo del 1079 indirizzata a Lan
franco arcivescovo, lettera di rimprovero, perch da tanto tempo questi
non si faceva vedere a Roma, e di accorata meraviglia che il re, molto
beneficato dalia S. Sede, tanto osasse contro di essa (3).
Simili rimostranze ripet pochi mesi dopo il papa in una sua lettera
al legato pontificio liberto suddiacono. Se non che questi gli aveva si
gnificato che Teuzone monaco, con lui designato legato pontificio in
Francia, aveva fatto al re dichiarazioni, che questi aveva male accolte.
Il papa nella stessa lettera scrisse che egli non aveva dato a Teuzone
(1) Registrum, V, n. 19.
(2) JAFF -WATTEMBACH, Regesta Pontificum Romanorum, n. 4552 ; FABRE P., tude
sur le "Liber censuum " etc. p. 123. Cosi Gregorio si espresse gi in una lettera del 4
aprile 1074, diretta al re: ... Rebus vero Sandi Petri, quae in Anglia cotliguntur, sic
te ut luis invigilare admonemus, sic liberalitati tuae ut tua commisimus ut pium et
propitium debitorem Petrum repperias etc. Registrum Oregorii VII, lib. I, n. 70, p. 102.
Il FLICHE (La Reforme etc. II, pp. 345-346) si pr occupa di mettere in evidenza che que
sto contributo (pensio) dovuto dall'Inghilterra a Roma non era indizio di uno stato di
vassallaggio. In s e per s Tillazione appare ovvia; inquadrata nel complesso dei rap
port che veniamo esponendo, acquista diverso significato.
(3) Registrum, lib, VI, n. 30, pp. 443-444.
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GIOVANNI SORANZO
siffatto incarico; ammise tuttavia che la S. Sede aveva gravi motivi, di
lamento a riguardo del re, perche aveva impedito ai vescovi e agli ar
civescovi suoi sudditi di venire a Roma; percio il papa ordinb al legato
Uberto d'ammonire con prudenza il re, dicendo che <come mal soppor
terebbe che dai suoi sudditi non gli fosse fatto onore, cosi egli non do
veva recar detrimento alla S. R. Chiesa, ma dimostrando gratitudine, pro
curare di acquistarsi il favore del B. Pietro>. In corrispondenza al primo
termine del paragone, nel secondo il concetto della sudditanza e pru
dentemente taciuto, ma chiaramente implicito (1).
Simile paragone sott'altra forma il papa ripetera pochi mesi dopo,
pure in lettera al re : < Come tu esigeresti il debito onore da colui che
hai fatto potentissimo re di piccolo e miserrimo servo, che era, cosi tu,
che en servo e schiavo del peccato, misero e poverello (sorte comune
ai nati di questo mondo), sei stato da Dio elevato a dignitA e potenza
regia, fatti sempre un dovere di onorare Oesui, che tanto ti inalzb>. An
che qui il secondo lato del paragone non e in tutto conseguente al pri
mo, ma l'allusione evidente la poteva trarre il re (2). It re insomma do
veva ricordare il grande aiuto avuto dalla Chiesa Romana nell'acquisto
del regno e della Corona inglese e quindi come tale (cosi pensava Ore
gorio VII) non solo essere riconoscente, ma fedele e devoto suddito di
San Pietro e quindi del papa, suo Vicario.
Quale o quali gravi dichiarazioni di sua iniziativa il messo pontificio
Teuzone aveva fatto al re, che tanto se ne era doluto? Secondo una let
tera, come e probabile, del marzo 1079, compresa fra le Epistole di Lan
franco, arcivescovo di Canterbury, il re Ouglielmo I scrisse al papa:
((It vostro legato Uberto mi ha invitato a nome vostro a prestare giura
mento di fedeltA a voi e ai vostri predecessori e mi ha detto che dovevo
essere pibi diligente nell'invio del denaro, che i miei predecessori ave
vano cura d'inviare alla Chiesa Romana. Di questi due moniti accettai
solo il secondo. Mi rifiutai di prestare il giuramento, perche ne io, ne I
(1) Registrum, VII, n. 1, p. 459 (23 settembre 1079): .. . (rex) quatenus honorem,
quem sibi a subditis suis graviter ferret non exhiben, S. R. Ecclesiae non tantopere
laboret imminuere et debitas gratias agendo, gratiam beati Petri procuret acquirere.
La missione di liberto suddiacono, di Teuzone con Ugo di Die in Francia datava dal mar
zo 1077, Ibid. III, 17, p. 322.
(2) Ibid. VII, n. 23, p. 500 (24 aprile 1080): ... Shut enim oelles ab eo, quern ex
misero et paup rrimo servo potentissimum regem fecisses, non immerito honorari, sic
et tu* quern ex servo peccati misero et paupercolo - ita quippe omnes nascimur -
regem Deus gratis fecit, honoratorem tuum, protectorem atque adiutorem tuum omni
potentem Jesum honorare semper festina. Cfr. anche la lettera di Gregorio VII al re
dell'8 magg o 1080. Ibid., VII, p. 25, pp. 505-506.
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GREGORIO VII E GU STATI VASSALLI DELLA CHIESA
miei predecessor! l'hanno prestato ai vostri. Quanto al denaro esso non
stato debitamente raccolto in questi tre ultimi anni, perch io sono
stato impegnato in Francia; ma ora che sono di ritorno in Inghilterra,
mi affretto a spedirvi ci che stato raccolto sino al mio arrivo ; e per
il resto ve lo mander ,per mezzo degli inviati del nostro fedele Lan
franco (1).
Ha il re equivocato, attribuendo al legato papale liberto, invece che
a Teuzone, la dichiarazione, a eui qui si accenna o stata diversa la
dichiarazione di quest*ultimo spiaciuta al re? Ritengo pi probabile il
primo caso e che unica sia stata la dichiarazione.
Nella lettera, che abbiamo gi citata, del 24 aprile 1080 ( circa un
anno dopo) Gregorio VII non accenn esplicitamente alla controversia,
ma vi alluse, esortando il re a tributare il debito onore a San Pietro, a
eui doveva la sua fortuna pol tica; nella chiusa il papa aggiunse che
altra esortazione desiderava di fargli, ma si rimetteva per questa agli
inviati del re, venuti a Roma col legato pontificio liberto (2).
Il registro gregoriano non contiene pi che vaghi accenni alla con
troversia. Ad ogni modo chiaro in quali termini Roma aveva creduto
di poter delineare i rapporti tra la S. Sede e la Corona inglese.
* *
Anche la DANIMARCA Gregorio
vincoli qiuridici alla S. Sede, com
(1) MlGNE, P. L., t. CL, p. 517; t. CXL
soribus tuis fidelitatem faciam et de p
Ecclesiam mittere solebant, melius cogit
delitatem facer nolui, nee volo, quia ne
cessoribus tuis id fecisse comperio ... -
tre anni per la ribellione di Roberto di Co
e rientr in Inghilterra finito l'assedio di
mente la lettera del re al papa, che acce
1079. Cfr. FLICHE, La r forme etc. II, p. 3
(2) Registrum, VII, n. 23, p. 501. Anch
pontifici Ugo di Die e Amato, vescovo di O
molta prudenza e moderazione nell' infligg
di Normandia e ci per riguardo al re, il
ut opt a mus, se habeat ", tuttavia non usa
(probabilmente di Enrico IV, re di Germ
strum, VIII, n. 5, pp. 579-580. Ancora d
buoni rapporti col re; gli scrive, ricorda
ranza che il re si mantenga sempre "in
studio,,', si duole tuttavia che egli abbia fa
ricorda che il re non doveva giudicare i
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GIOVANNI SORANZO
a Sven II (Suein), re dei Danesi, d tate ambedue da Roma, Tuna del 25
gennaio 1075, Taltra del 17 aprile dello stesso anno (1).
Detto re aveva sollecitato dalia S. Sede, v vente papa Alessandro II,
cert favori d' ndole ecelesiastica per prestigio del suo regno, tra Taltro
che la Danimarca non avesse pi a dipendere eclesi sticamente dal pa
triarcato di Amburgo-Brema, ma avesse una sua propria sede primaziale,
sotto il patrocinio della quale il regno fosse posto. Essendo stato poi,
dopo la morte di Alessandro II, assunto al pontificato Gregorio VII, sen
za che il desiderio del re fosse stato appagato, il papa gli mando messi,
perch avessero a trattare in m rito. Per gli inviati pontifici non pote
rono attraversare la Germania, allora turbata dalia guerra (sassone) e
fecero ritorno a Roma. Questo ppunto ricorda il papa nella prima di
dette lettere e soggiunge, dicendosi memore della personale cordiale
corrispondenza gi avuta col re, mentre egli era cardinale di cono; era
disposto a venire incontro a quanto al re stava a cuore, purch gli man
dasse alT uopo a Roma suoi messi, ai quali poteva affidare anche il suo
desiderio, come in passato gli aveva fatto sapere, di commettere s e il
suo regno alla tutela di San Pietro e di esser appoggiato dall'autorit
della S. Sede.
La seconda lettera incalza nuovamente il re, a volersi valere delTau
torit della S. Sede, e gli fa intendere che la sua richiesta, in quanto
v'era di lecito, sarebbe stata favorevolmente accolta (2).
Questi accenni se li colleghiamo con T invito fatto da papa Alessan
dro II a detto re dei Danesi a pagare il censo del suo regno ( censum
regni tui ), come gi i suoi predecessori, non quale offerta alT altare, ma
quale debito verso la Chiesa romana (3), chiariscono il valore del dupli
ce richiamo di Gregorio VII a re Sveno IL
La prima citata lettera di Gregorio VII ad esso re fornisce un altro
particolare di vivo int resse per questo nostro studio. Scrisse adunque il
papa: Qjialora la Chiesa Romana intraprendesse una spedizione contro
popoli non cristiani (prophanos) e nemici di Dio e avesse bisogno delle
(1) Registrum, lib. II, rm. 51 e 75, pp. 192-193, 237-238. Ibid., n. 51, pp. 192-193:
u ... si te ac regnum tuum, sicut per legatos tuos aliquoties accepimus, apostolorum
principi pia devotione committere et eius auctoritate fulcire uolueris, fid les nuntios
ad nos sine dilatione transmitiere stu des . .. ".
(2) Ibid. rt. 75, pp. 237-238: ... ideo tibi... mandamus ut, si quid est, unde indiges,
quod auctoritas Romanae Ecclesiae possit tibi iuste larglri per nuntios tuos et per
hos quos nunc mittimus, no bis notum facias quatenus, in quantum fas est, te honore
mus et praedictam reoerentiam regni tui merita dignitate donamus.
(3) Epistolae et diplomata Alexandri II papae. MlGNE, P. L., t. XLV1, VI, p. 1283.
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OREGORIO VII E OLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
tue forze armate, potra essa contare sulla tua collaborazione? C'e anche
non lontana da no! una provincia ricchissima (opulentissima), sita in pros
simita del mare, che e tenuta da meschini e imbelli (viles et ignavi) ere
tici; la, se, come ci fece sapere un vescovo danese tuo suddito, e tuo
proposito di mandare uno dei tuoi figli con una schiera di fedeli solda
ti a servizio della S. Sede, potrebbe questi stabilirsi quake duce, principe
e difensore della Cristianita> (1).
Meno importa sapere quale fosse questa terra, che sarebbe stata ri
conosciuta a titolo di conquista ad uno dei figli di Sveno (2), ne se fosse
lecita un'impresa simile di conquista, mancando qualsiasi provocazione;
interessa invece il fatto che essa impresa era considerata un servizio
prestato alla S. Sede, fatto che, se non erro, non ebbe precedenti nei
tempi pregregoriani.
*
* *
In Oermania rivendicazioni papa
mido accenno a presunta offerta d
re in una lettera di Oregorio VII d
oltre, anche perche sull'autenticit
del Registrum Gregorii sono stati
Ii conflitto del papa col re era
pontificato; Enrico IV, assistito d
dato prova di non voler sottostar
Roma; la lotta tra loro scoppia v
breve parentesi di Canossa, non s
(1) Registrum etc. II, n. 51, p. 194.
(2) Qualcuno ha pensato che la terra no
no dell'Italia m ridionale; non si pu dire
et ignavi, tutt' altro, n eretici ; eppoi quel
lo della S. Sede, anche se irrequieto; alt
mazia e di Croazia: cfr. Sisic, Geschichte
Caspar in nota a p. 194 detta del Regist
anche allora terra opulentissima, n abitata
dalle conquiste turche in Asia Minore; pa
spiciente l'Egeo; se non che l si estende
soccorso di questo il papa, come appare d
mente vicine all'Italia di l dal mare, era
ab tate in grande maggioranza da infedeli ,
(3) Registrum, lib. VIII, n. 25, pp. 566-56
suoi legati Pietro, vescovo di Albano, e Gis
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Aevum - Anno XXIII - 10
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GIOVANNI SORANZO
rio VII e anche dopo di lui sino al 1122. I diritti della regia corona
furono tenacemente difesi; quindi sulla Germania o parte di essa non
furono possibili, ch* io sappia, rivendicazioni di sovranit da parte della
S. Sede,
* *
Non cosi in BOEMIA. La, quando
nava il duca Vratislao II (1065-1092
Ottone di Moravia.
Pochi mesi dopo, dacch era pap
scrisse, lagnandosi che qualcuno tr
l'invio aile loro parti di legati pont
era dovuto a negligenza dei suoi pr
fatti vivi al riguardo. Ma, aggiunse
di disprezzo e di dileggio gli inviati
dato che di portare la divina parola
a rispettar la missione a quelli com
Altra lettera di Gregorio VII all
cembre 1073 non ha allusioni a pr
regno; solo contiene un cenno di de
dal duca a papa Alessandro II, c
molto largo di concessioni, peres. T
suole conceder . Gregorio VII si dic
zia, qualche altro segno di benevo
suoi inviati (2).
Di controversie ecclesiastiche in
del papa allo stesso duca diretta i
tre del 18 marzo seguente manda
stesso (5); cosi ancora in altra del
desimo, senza che in queste si allud
re verso Roma (6). Solo in una lett
in data 22 settembre 1074, cenno c
to significare la sua devozione e f
Pietro e presentare allo stesso nella
(1) Ibid., I, n. 21, pp. 27-28. - (2) Regist
1, nn. 44-45, pp. 67-69. - (4) Ibid. I, n. 59
- (6) Ibid. I, n. 78, pp. 111-112.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
(sub nomine census) cento marche d'argento di buona zecca; il papa
10 ringrazia con commosse parole (1).
Il quasi sovrabbondante ringraziamento farebbe in verit supporre
che si trattasse di dono, che il papa non si aspettava e tanto meno in
quella misura e cio di un dono straordinario, punto giustificato da una
tradizione. Va da s che se la dichiarazione di fedelt e di devozione
non fosse seguita dal cenno del censo, potrebbe dirsi che era una ma
nifestazione sentimentale; ma poich Tuna e l'altro sono connessi, il va
lore giuridico, sia pure limitato, appare evidente.
Si osservato che la Boemia era vassalla dell'Impero; ma anche
vero che non era vassalla docile, anzi smaniosa della sua indipendenza.
Quindi il rapporto stabilito appare chiaro: il duca manda a significare
11 suo desiderio d'esser protetto dalia S. Sede e in cambio offre il pa
gamento di un censo; questa richiesta o offerta di carattere vassallatico
il papa accetta con caldo animo, certo confidando di poter giustificare
la cosa amichevolmente presso la Corte tedesca e presso il giovane re
Enrico IV, che ancora era nelle grazie del papa (2).
Le relazioni tra la S. Sede e il duca ebbero un tono di cordialit ,
che si offusc poi quando press,o il papa il duca fu accusato di aver
relazione con gli scomunicati e soprattutto quando il duca, per aver la
regia corona, fece causa comune con Enrico IV.
* *
Un po' meglio siamo informati s
REGNO D' UNGHERIA verso la S. S
Il vincolo feudale della Corona d
stabilito al tempo di papa Silvest
re d'Ungheria (1000-1038). Questi p
noscenza, gi nei primi anni di reg
per esso papa la Chiesa Romana.
Ma nessun documento o testo co
dimostrazione delPautenticit di qu
tazione di questa, quale ci data d
plicista e strana e quindi punto o
(1) Ibid. II, n. 7, pp. 135-136.
(2) Ibid. II, n. 71, pp. 131-132 (17 aprile 10
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GIOVANNI SORANZO
Oregorio VII in una sua lettera del 28 ottobre 1074 rimprovera il re
d'Ungheria Salomone, perche, a quanto gli constava, aveva accettato in
beneficio o feudo il regno dal re di Oermania Enrico IV (1). Il papa
considerava questo atto dei re, se realmente seguito, come offesa e me
nomazione dei diritti della Chiesa: il re Salomone - diceva il papa -
dai maggiorenti della sua terra poteva essere informato che <il regno
d'Ungheria spettava alla Chiesa Romana, perche offerto e devotamente
consegnato con ogni suo diritto e potere al beato Pietro da Stefano I >.
< Inoltre - soggiunge come cosa nota - Enrico III imperatore, espu
gnando in onore di San Pietro (sic) quel regno, battuto re Ovo, a vit
toria compiuta (5 luglio 1044), ne trasmise la lancia e la corona al
corpo di San Pietro e per gloria del suo trionfo invio le regie sue in
segne la, dove riconobbe risiedere il fondamento della sua dignita >.
Il re Salomone era percib invitato a far atto di formale riconosci
mento dell'alta sovranita della S. Sede su quel regno, dopo d'aver re
spinte le pretese del re di Oermania. Che se re Salomone a cio non si
fosse indotto, egli papa, in quanto gli sara dato, con 1'aiuto di Dio e
messo da parte ogni timore, affetto o riguardo personale a chicchessia,
fara valere 1'onore di Dio. Se invece il re darA la dovuta soddisfazione
alla S. Sede, questa lo riguarderA come figlio devoto (2).
Il competitore di Salomone era il duca ungherese Oeisa, che pure
aspirando ad essere re d'Ungheria, invece che al re tedesco, si era ri
volto al papa per aiuto; questi aveva fatto calorosa accoglienza alle sue
dimostrazioni di devozione e offerte di sudditanza e lo aveva incorag
giato a confidare nella S. Sede (3).
Ne era seguito frattanto un conflitto armato, una vera e propria
guerra civile, per contesa della regia corona, lotta che fu decisa in fa
Yore di Oeisa.
Per lettere e per messi, ancora prima che questa decisione seguis
se, ad evitare equivoci e malintesi il papa volle ricordare a Oeisa che
<il regno d'Ungheria, come altri nobilissimi regni, doveva godere della
propria libertA e che a nessun titolare di altro regno, se non alla Chie
(1) Re Salomone aveva mandato a chiedere ad Enrico IV di volerlo aiutare a ricupe
rare il trono, che egli diceva essergli stato usurpato; questo avuto, senz'altro si sarebbe
dichiarato suo tributario e vassallo. L MPERTO, Annales ad a. 1074 (ed. Holder-Egger p. 197).
*(2) R gistrum II, n. 13, p. 143. Del gesto di Enrico III verso la Chiesa Romana dopo
la vittoria in Ungheria cenno in BONIZONE, Ad amicum lib. V in M. G. H. Libelli de lite
I pp. 583-584 ; cir. ARNOLFO, Gesta archiepiscoporum mediolanensium, lib. III, cap. 6 in
M. G. H. SS., t. VIII, p. 18.
(3) Registrum I, n. 58, pp. 85-86 (Roma 17 marzo 1074).
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GREGORIO VII E GU STATI VASSALLI DELLA CHIESA
sa Romana quello apparteneva e che la Chiesa non suole riguardare i
suoi sudditi come servi, ma accettarli come figli . Al papa stava a cuo
re che sui trono d'Ungheria sed sse un re libero e non un reg lo ,
cio un re suddito di un altro titolare di regno (ut rex ibi, non regulus
fiat) (1). Tale si era fatto Salomone rispetto al re di Germania, era
diventato cio di questo un reg lo ; per aver cosi gravemente manca
to ai diritti della S. Sede, aveva perduto i titoli, che prima avrebbe po
tuto mettere innanzi.
Spettava ora a re Geisa, a eui gli eventi erano stati propizi, dichia
rare su quale piano intendeva porre i suoi rapporti di titolare del regno
d'Ungheria rispetto alla S. Sede (2).
Non consta se Geisa abbia o meno compiuto l'atto di sudditanza
richiestogli. Due anni dopo questi mori (25 aprile 1077) e gli successe
Ladislao suo fratello, che fu invitato dal papa a prestare l'atto di sud
ditanza (3).
Il 21 marzo 1079 Gregorio VII ha la viva illusione di potersi com
piacere con Ladislao, re d'Ungheria, perch da reiterate relazioni dei
suoi inviati e per attestazioni conformi di persone fedeli alla Chiesa Ro
mana gli era data assicurazione che egli, il re, era pronto con tutto
T animo, come ogni principe religioso (religiosa potestas) a prestare
servizio al beato Pietro e ad obbedire al Romano Pontefice, come con
veniva ad un figlio di libero animo. Di queste verbali assicurazioni Gre
gorio VII si diceva assai lieto e sperava di vedere che ad esse corri
spondessero i " fatti ; perci lo pregava di voler, per compiacenza alla S.
Sede, av re per raccomandati i conti E. O. L. e i loro cavalieri, fedeli
di San Pietro e cultori della giustizia, che erano stati esiliati con ingiu
sta sentenza. Il papa sapeva che il re, di sua iniziativa, fino ad ora ave
va provveduto al loro soccorso e voleva che essi sapessero che ora
per la fedelt di San Pietro e per il papale intervento erano loro venuti
larghi aiuti e conforti.
Aggiunte altre esortazioni di cristiano governo del suo pop lo, il
papa chiudeva la lettera, dicendo che ai suoi messi aveva dato Tincari
co di esortarlo a voler mandare a Roma nuovi inviati, che lo assicuras
sero in m rito a quanto gli era stato comunicato; sapeva che aveva
(1) Ibid., II, n. 63, pp. 218-219 (Roma 23 marzo 1075) Gregorio VII, a Geisa duca
degli Ungheresi ; ibid. II, n. 70, pp. 229-230 (Roma 17 aprile 1075). Lo stesso allo stesso.
(2) Ibid., II, n. 70, p. 230.
(3) Ibid., IV, n. 25, pp. 339-340 (Carpineto 9 giugno 1077). Il papa a Neemia arci
vescovo di Gran (= Estergom).
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GIOVANNI SORANZO
mandato suoi messi, ma di questi nessuno si era presentato a lui. Per
ci gli ripeteva la raccomandazione di eui sopra (1).
Questa lettera non ci fornisce alcun diretto argomento in m rito
air andamento dei rapporti vassallatici della Corona d'Ungheria con la
S. Sede, ma il suo tono e i suoi accenni attestano che le relazioni di
questo sovrano con Roma non erano state n iritime, n buone; il papa,
pare, non sa che pensare del re, se bene o male; da due anni il re era
salito al trono e non aveva fatto conoscere le sue disposizioni riguardo
alla S. Sede nell'ordine temporale.
Par lecito desumere che la richiesta di vassallaggio fatta al re da
Gregorio VII non avesse creato uno stato degli animi cordiale; al papa
dalla Corona d'Ungheria si davano o si facevano dare buone parole e
nulla pi .
Certo anche il re d'Ungheria stava attento al cruento conflitto, che
ormai da tre anni era impegnato tra Roma e la Corte di Germania; in
tali condizioni Roma non poteva fare la voce grossa, perch anch'essa
aveva bisogno di aiuti e di amicizie.
*
* *
Tra i sollecitati da Gregorio VII
protetti o vassalli della S. Sede non
co tempo fatto stato cristiano, che. e
e le popolazioni pagane o scismati
tazioni papali sono un veni mecum
In data 20 aprile 1075 da Roma
Boleslao II di conoscere l'affetto, c
zelo ardente, col quale egli e i suoi
la dilatazione della fede cristiana. R
pa si diceva desideroso di conferir
re pi graditi e pi utili alla poten
minio, per es. la costituzione di
altre sedi vescovili, giacch quelle
risdizione a pregiudizio della eura
il papa mandava ad esso duca i suo
(1) Ibid., VI, n. 29, pp. 441-442 (Roma 2
d' Ungheria.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
potesse dare nuovo incremento all'organizzazione ecclesiastica nel suo
stato e attuare la riforma necessaria (1).
La lettera in s e per s considerata era di contenuto strettamente
ecclesiastico; ma collocata nel tempo e nelle circostanze, determinate
dall'azione intraprendente di Gregorio VII, pare tutt'altro che estraneo
il pensiero di lui d'invitare, o comunque di fare entrare anche la Polo
nia fra gli stati vassalli o protetti dalia S. Sede.
La Polonia era sotto la sfera d'influenza pol tica dell'Impero. Offri
re, come faceva il papa ad essa, una sede metropolitana era dare a
quella chiesa nazionale una certa autonom a, era uno staccarla dalia
dipendenza della chiesa tedesca e quindi un favorire la sua autonom a
pol tica e magari Televazione del ducato a regno, come per altri prin
cipi s'era fatto. Tanto favore per esigeva una corrispondenza da parte
del duca e questa era di mettersi sotto la protezione della S. Sede,
di legarsi ad essa con un qualche vincolo vassallatico, sia pur blando,
libero , come amava dire Gregorio VII.
Se questo abbia ottenuto allora il papa non consta; ma si sa che
anche la Polonia in seguito per sua difesa contro i pi o meno potenti
vicini si premunir della protezione papale.
Mentre in Ungheria Y origine dell* alta sovranit
stata anteriore al pontificato, anzi alla vila stessa,
egli non avrebbe avuto che F idea di far rivivere un
gno di D LM ZIA E CROAZI , egli ebbe P iniziativa d
Una collezione di canoni della fine dell* XI sec lo
il testo del giuramento di fedelt , prestato da Svon
duca di Croazia e Dalmazia, a Gepizone, abate
SS. Bonifazio e Alessio sulP Aventino a Roma, leg
rio VII, e per questo alla S. Sede.
Io Demetrio, 'detto Svonimiro, per la provviden
Croazia e Dalmazia, ricevendo il pubblico potere
zone, legato apost lico di Nostro Signore, papa G
stabilito re di Croazia e di Dalmazia per mezzo d
e voto unanime del clero e del pop lo, a questa c
(1) Ibid. II, n. 73, pp. 233-235 (Roma 20 aprile 1075). Greg
duca di Polonia, (dux Poloniorum).
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6IOVANNI SORANZO
dardo, della spada, dello scettro e della corona, vi prometto solenne
mente d'eseguire senz'alcuna restrizione tutti gli ordini, che io riceverb
dal sommo pontefice, osserverb in tutte le circostanze la fedelta alla
S. Sede, e tutto cib che in questo reame la medesima, come i suoi le
gati, avranno ordinato o ordineranno, io eseguir0> (1).
Non e menzionato, ma era implicito 1'obbligo d'un annuo tributo!
La sudditanza vassallatica qui appare completa. Come mai ]a S. Sede e
giunta ad arbitrarsi di conferire una corona di uno stato che non le era
soggetto e di porre condizioni cosi precise e cosi gravi insieme? Evi
dentemente il gia duca Svonimiro, mettendosi sotto l'alta sovraniti della
S. Sede,. lusingato di ottenere, grazie a questa, la regia corona e di po
ter riposare solito le robuste ali di Roma di fronte alle eventuali riven
dicazioni dell'Impero Oreco o di Venezia o della Corona d'Ungheria o
ancora della vicina Serbia, s'e lasciato andare a tanto impegno, che e
impossibile fosse sincero e fosse duraturo nei propositi di chi tanto
si legava'
Sul testo del giuramento, benche in copia tanto tarda, par che non
si possa sollevare dubbio di sorta, perche sta ad attestarne implicita
mente il contenuto una lettera del registro originale di Oregorio VII
con data del 7 ottobre 1079. In questa if papa esprimeva al nobile ca
valiere Wezelino la sua meraviglia nel saperlo, contrariamente alla pro
messa prestata al beato Pietro e alla Chiesa, ribelle al re stabilito in
Dalmazia dalla S. Sede ( . . . contra eum, quem in Dalmatia regem
auctoritas apostolica constituit, tu modo coneris insurgere): lo diffida a
nome di San Pietro dall'osare di prender le armi contro il re, il che
sarebbe come combattere contro la S. Sede. Se plausibili recriminazioni
egli aveva da mettere innanzi in confronto di detto re, egli doveva in
vocare il giudizio della medesima. Qualora Wezelino non s'inducesse
ad accogliere il monito papale, per insistere nella ribellione, contro di
lui sarebbe sguainata la spada di San Pietro e sarebbero punite la sua
audacia e quella dei suoi fautori; se invece rientrera nell'obbedienza,
avra la benevolenza della Chiesa (2).
I due documenti s'accordano nel precisare i rapporti tra il nuovo
regno di Dalmazia e la S. Sede: non possibile infirmare ii loro valore.
(1) Il testo del giuramento, prestato in occasione dell' incoronazione, compreso negli
atti del sinodo di Dalmazia, che fu presieduto dal detto legato nel 1071, testo inserito nel
la Col/ectio canonum del cardinale Deusdedit III, 278 ediz. Martinucci, pp. 381-385; cir.
anche MURATORI, Antiquitates Italiae Medii Aeui, V, 840; FLICHE, La r forme etc. II,
pp. 332.
(2) Registrum VII, n. 4, pp. 463-464.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
*
* *
Anche la SERBIA fu compresa ne
di Gregorio VII. Era allora re de
casa Vojislav (1051-1081). Nel 10
rio VII, per chiedere il dono del
conferimento del pallio per Parciv
Il dono del vessillo di S. Pietr
protezione della Chiesa e, come s'
il conquistatore, al riconosciment
mit dell'impresa, che la Corona
vero o presunto nemico della Cris
era fatto a favore di un arcivesco
gnificava spesso anche la possib
nazionale, non dipendente cio da a
quella della Chiesa romana; conces
ma spesso invocata con intenti po
un motivo: un contrasto di premi
vescovo di Spalato Lorenzo.
Il papa risp se benevolmente a r
pontificio Pietro era in contrasto
egli, papa, non poteva dare una s
ti; perci sollecitava Tinvio di mes
versia, che lo rendessero edotto d
honor a nobis cognosci) (1). La pr
volendo forse il papa risolvere in
N il Registro di Gregorio VII,
in proposito. Ma ad ogni modo
sollecitudini spirituali e temporali
*
* *
Anche sulla RUSSIA spazi Y intr
do, come attesta una sua lettera d
comunica a Demetrio (Isjislav, f
(1) bid. V, n. 12, p. 365: (Roma 9 genn
Serbi; HOFMANN G., Papst Gregor VU und
vol. I (1947) p. 177.
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GIOVANNI SORANZO
Russorum) e alla regina consorte che il loro figlio (Jaropolk), venuto
alla visita d lie tombe degli Apostoli, si era presentato a lui papa, di
chiarando che per mano sua, egli voleva ottenere esso regno quale dono
di San Pietro e asserendo senza esitazione che tale sua richiesta sareb
be stata dal re suo padre ratif cala e confermata, se accolta dal favore
e dall'autorit della Chiesa Romana. Apprezzando come giusti quia
usia oidebantur questi voti e petizioni - scrive il papa - e perl'asse
rito consenso del re e per la devozione del richiedente abbiamo dato
il nostro assenso e a nome di San Pietro gli abbiamo fatto simb lica
consegna del potere del vostro regno con questa intenzione e con que
sto benevolo sentimento che il beato Pietro custodisca voi, il vostro
regno, tutti i vostri beni e con ogni tranquillit , onore e gloria, vi faccia
conservare sino alla fine della vostra vita il regno e, finito il corso
della terrena esistenza, vi faccia gustare T eterna gloria. Sappiano le
Vostre Serenit - c< ttinua il papa - che noi saremo prontissimi, ogni
qualvolta ricorrerete air autorit di questa S. Sede per giusto int resse,
ad esaudirvi . Accr dita loro suoi legati e raccomanda che questi siano
aiutati nell'esercizio della loro missione (1).
Oscuro appare il movente di cosi singolare manifestazione da parte
del principe russo, che dichiarava di agire col pieno consenso paterno.
Intendeva egli d'instaurare una pol tica di amicizia con Roma, che il
padre di sua iniziativa non aveva fatto e non voleva personalmente in
traprendere? Si sa che la Russia era stata terra di apostolato della
Chiesa e dei monaci greci e che T Impero Greco considerava lo stato
moscovita, come stato protetto e come tale ne controllava Tattivit po
l tica ed econ mica (2). Voleva il sovrano valersi del figlio per prepa
rare, col pretesto dello scisma della Chiesa Greca, un distacco dall' Im
pero d' Oriente e insieme Y elevazione a dignit regia della Corona
(1) Registrum II, n. 74, pp. 236-237: ... et regni vestri gubernacu/a sibi ex parte
beati Petri tradidimus ea videlicet intentione atque desiderio caritatis, ut beatus Petrus
uos et regnum oestrum omniaque vestra bona, sua apud Deum intercessione custodial...
cfr. ZIEGLER A. W., Gregor VU und der Kiemer Grossf rst Jziislao, in Studi Gregorio
ni citati, vol. I, pp. 387-411.
(2) Gli studi recenti, mentre riconoscono la benemerenza dell'Impero Greco nell'o
pera di cristianizzazione della Russia, provano che al riguardo fu notevole anche la pene
trazione ad opera di Roma, si a pure per mezzo di monaci bulgari e slavi, ad essa aderenti,
e ancora ad opera degli Alemanni di Ratisbona e degli Scandinavi convertiti da Sant'An
scario secondo lo spirito della Chiesa romana. Cfr. NICOLSKY B., Le peuple russe. Neu
chatel 1945; FFDOTOW G., The Russian Religions Mind, Kieoan Christianity, Cambridge
(Mass.) 1946, TAUBE (DE) M., Rome et la Russie avant /' invasion des Tatars. IX-XI
si cles. Paris Cerf 1947.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
Russa, salvo, in caso avverso, allontanare da s la responsabilit del
Tiniziativa presso il papa? Forse fu cosi.
Ad ogni modo rileviamo che, se in queste cir ostanze non il papa
che prima si fa avanti, egli pi che pronto a cogliere l'occasione,
che gli posta, non solo per conceder quanto gli chiesto, ma anche
per dire che qualsiasi giusta domanda, da parte dei sovrani russi, gli
fosse fatta, sarebbe disposto ad esaudire.
*
* *
La rassegna degli stati vassalli o
al tempo di Gregorio VII, finita.
mo rilievo in m rito questo che
ch scismatico, nessuna parte dell
rintraprendenza religioso-polific
vunque fosse possibile, diritti p
S. Sede sugli stati cristiani anche
solo TImpero Greco escluso; avrem
che rimpero Tedesco, che non fu
nia, di particolari rivendicazion
(Flmpero pi che il regno di Ge
seguita nel Natale dell'800, legato
questo aveva d'allora esercitato c
mo, circa la sua incoronazione, ci
difesa della Chiesa, ad esso prescr
Inoltre durante la minorit di E
per cert o tempo a quella Corte p
dal futuro Gregorio VII, da Ildebr
re quella Corona della prerogati
sec lo ininterrottamente esercit
pontefice; il decreto di Nicol II
premazia di quella Corona sui pont
La reazione aspra dei consiglie
te il pontificato di Alessandro
gorio VII fu anche effetto dell'as
far valere sulla debole reggente.
Rest sottratto, vero, anche il
Gregorio VII di fronte al titolare
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GIOVANNI SORANZO
zi presunle donazioni o concessioni di Carlomacpio. Sc non che il re di
Francia non lasci avanzare simile richiesta e di contro a Gregorio VII
lenne un atteggiamento di ribelle.
Comunque su una grande parte d'Europa questo papa pot spaziare
come superior, in certo senso, anche nell'ordine politico.
Di che natura giuridica fosse questa sup riorit non facile dire.
I termini, che la esprimono o che ad essa alludono nelle lettere grego
riana sono vari: fidelitas, luramentum fidelitatis, protectio, devotio, tribu
tum, census, pensio, seroitium, commendafio tutelae ac protection!' B.
Petri, oppure auctoritati Sanctae Sedis e simili; recentemente anche il
Fliehe s' dato eura di vagliarli, di lumeggiarli, ma s' trovato su un
terreno labile per Tindeterminatezza e la molteplicit dei medesimi, che
non gli hanno consentito di venire a sicure conclusioni (1). Eppure
Gregorio VII e non pochi dei suoi collaborator! erano provetti canonisti;
ma forse le norme di diritto civile e di diritto can nico intorno a queste,
in parte nuove, rivendicazioni della Chiesa Romana non erano ancora
fissate e ben delineate.
Ma se i termini giuridici non ci appaiono chiari, evidente risulta la
volont di Gregorio VII di far valere rivendicazioni di carattere spiritua
le e politico in confronto di gran parte degli stati cristiani d'Europa,
rivendicazioni che egli in pura coscienza, senza dubbio, riteneva plausi
bili, legittime, ma che incontrarono anim se resistenze da parte dei prin
cipi o dei loro governi, se non anche dei loro popoli. E da rilevare che,
dove tenace opposizione gli fatta, Gregorio VII non passa in siffatte
controversie alla lotta ad oltranza, ma si impone misura e prudenza, cosi
da lasciare l'impressione che non si senta su un terreno giuridico forte
e sicuro.
Quel che sembra lecito affermare questo, a nostro avviso, che
detta sup riorit della potest pontificia non era solo d'ordine morale,
per eui il Papato mirava, in forza anche della sua autorit spirituale, a
conseguir il bene supremo del mondo cristiano o ad impedir un gran
de malannQ su di esse, ma era anche una sup riorit pol tica positiva,
che aveva bensi, come s' detto, fondamenti razionali e storici tutt'altro
che solidi e sicuri, ma che gli dava modo d'assicurare alie proprie
direttive di governo spirituale e politico un fattivo, molteplice contributo
da parte di pi che mezza Europa; in forza di siffatta sup riorit il
papa non solo esigeva la fidelitas, la deootio, il census o la pensio, come
(1) FLICHE, La r forme etc. II, pp. 348 e segg.
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GREGORIO VII E GLI STATI VASSALLI DELLA CHIESA
dovuti alla Chiesa Romana, ma vincolava in qualche modo la liberta
dei principi o re cpsiddetti sudditi, protetti o devoti , interveniva nei
loro conflitti, faceva sentir la sua autorit , imponendo magari il proprio
arbitrato; all'occorrenza di fronte a principi vassalli, che respingevano
la sua mediazione, e comunque ribelli, li minacciava di severe sanzioni
ecclesiastiche e infine, se mai, li deponeva.
I principi stessi, vero, avevano concorso a creare siffatto stato
di cose; coi loro omaggi ed offerte di devozione o di sudditanza alla
S. Sede, pi o meno spontanei, pi o meno sinceri, perseguivano, non
v'ha dubbio, particolari intenti politici, utili alla propria corona o stato,
che molto spesso ferivano altri interessi, osteggiavano velleit o diritti
di altri principi. Fav rire quelli era un ostacolare, un combattere questi.
Siffatto era un gioco pericoloso, non consono spesso alie esigenze del
la giustizia e della carita. Gregorio VII aveva certo puri intenti, ma non
altrettanto, nella maggior parte dei casi, chi sollecitava il suo favore,
il suo consenso, la sua approvazione; sopra ad es. abbiamo ricordato
quale taccia infamante sia stata data ad Ildebrando da Soana da suoi
confratelli per Tappoggio dato a Guglielmo il Conquistatore.
Meno chiari invece, almeno a noi, sono gli scopi di Gregorio VII
e per lui della S. Sede nel voler cosi largamente ampliare le zone di
protezione o di alta sovranit in Europa.
Se queste rivendicazioni papali o comunque accoglimento di vassal
laggi avessero riguardato solo T Occidente, si sarebbe potuto pensare
che per questa via e per quanto poteva Gregorio VII avesse cercato di
rivendicare, sia pure senza nominarla, la giurisdizione che egli pensava
fosse stata largita sulle Esperiae partes alla Chiesa Romana, ai Papi
dalia presunta donazione di Costantino, donazione che egli falsa non
reputava; abbiamo gi detto che in alcuni suoi documenti ufficiali, nei
famosi Dictatus papae, che sono compresi nel suo Registrum, egli accol
se in piena candidezza rivendicazioni o massime canoniche in quella
contenute ; abbiamo pur ricordato che meno di vent' anni innanzi che
Gregorio VII salisse al pontificato, papa Leone IX fece ufficialmente
presentare alla Corte di Costantinopoli una redazione greca del falso
documento, ritenuto allora autentico o comunque degno di fede.
Ma Tazione politico-religiosa gregoriana riguardava anche l'Oriente
europeo e allora ben altro doveva essere T intento e lo scopo. Scopo
religioso? al fine cio di poter meglio realizzare Topera di riforma della
Chiesa, di stabilire la pace nel mondo cristiano, vincolando i principi a
seguirlo e ad aiutarlo. Il fine era al certo magn nimo, degno del grande
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GIOVANNI SORANZO
papa; ma pi dell'acquisto di numerosi vassalli, non valeva Tautorit
spirituale e morale della S. Sede, e che disponeva, in caso di opposizio
ni, di armi allora efficacissime, quali la scomunica e l'interdetto, per
conseguir i suoi fini? Meno verosimile, perch sarebbe stato proposito
troppo politicamente real stico il pensare che Gregorio VII abbia affer
mato tante rivendicazioni in Europa, per isolare le due grandi monarchie,
ribelli al Pontificato Romano, la Francia e la Germania, assicurandosi
con la fedelt e la devozione di tanti minori principi una difesa e un
presidio di contro a quelle pot nze. Il Papato si sentiva in realt da
quelle minacciato e ostacolato nella sua opera di riforma e nel gover
no della Chiesa universale ed era anche angosciato, perch per il timore
di quelle terrene potest ribelli la maggioranza d ll' episcopato in quei
regni non rispondeva quasi pi aile direttive di Roma.
Inclinerei, se mai, a vedere nell'azione gregoriana un altro scopo
politico e religioso insieme: legare alla S. Sede con vincoli morali e
materiali, tanti principi d'Europa, per averli, come egli diceva, a ser
vizio di San Pietro . Un assillo, che lo crucciava assai, era la dura sor
te dello stesso Impero Greco, bench fosse scismatico, vedendolo se
riamente minacciato dalle conquiste turco-selgiucidi nell'Asia Occidenta
le, quand* anche in cuor suo non m ditasse di sostituire la scismatica
dinast a r gnante con un1 altra, devota a Roma. Nel suo spirito era al
tresi la pena per le miserande condizioni della cristianit transmarina
e dei Luoghi Santi, sottoposti alla brutalit dei nuovi invasori della
Siria e della Palestina.
Piano d'azione e fini certo grandiosi! ma i mezzi sopra indicati
per conseguirli non erano per fuorviare la missione spirituale del Papato?
tante sollecitudini di natura pol tica non erano deslinate in volger di
tempo a recare grave pregiudizio al bene della Chiesa, suscitare resi
stenze, contrasti, opposizioni, in ogni caso ambizioni e cupidigie di prin
cipi, spesso tutt'altro che nobili, quand'anche poi nella realt non
risultassero crimin se?
Il papa diceva di av re sante intenzioni; ci non si nega; ma le
sue sante intenzioni, confidate a principi, che gli si presentavano o gli si
offrivano in veste di agnelli, favorivano spesso men di lupi rapaci.
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