La rivoluzione industriale
Durante il ‘700 l’Inghilterra in particolare fu caratterizzata da ingenti trasformazioni
demografiche ed economiche, che portarono ad una vera e propria rivoluzione industriale.
Le cause della rivoluzione industriale
La privatizzazione di appezzamenti di terreno pubblici, gli openfields, i quali vennero
quindi sottratti agli usi collettivi e si formarono possedimenti fondiari più estesi e compatti
per i grandi proprietari terrieri, a discapito dei più piccoli, che furono costretti a venderli;
Nei campi agricoli si sviluppò il sistema capitalistico, caratterizzato dalla presenza di
grandi proprietari terrieri che possedevano la maggior parte dei terreni, e cercavano di
trarne il massimo dei profitti, usando tecniche come la rotazione triennale delle colture e
l’abbinamento dei campi con gli allevamenti;
L’Inghilterra era sempre più al centro negli scambi commerciali via mare. Si sviluppò il
sistema del commercio triangolare (tra Africa, America e Inghilterra). L’Inghilterra porta
in Africa liquori e armi, quest’ultima porta in Africa schiavi, oro e avorio, e quest’ultima
porta in Inghilterra tè, seta, cotone e spezie;
Ci fu un miglioramento dei traffici commerciali interni all’Inghilterra, anche grazie al
miglioramento del sistema stradale: le strade furono affidate ad appaltatori privati, che vi
investirono al fine di trarne profitto, rendendole percorribili solo col pagamento di pedaggi;
furono inoltre creati dei canali artificiali dotati di chiuse e percorribili da grandi chiatte.
L’Inghilterra era un paese economicamente liberista, per cui i cittadini potevano fare
investimenti; nel Parlamento non sedevano solo esponenti dell’aristocrazia, ma anche i
grandi proprietari terrieri, i banchieri e i mercanti;
L’Inghilterra era caratterizzata dal pluralismo religioso, in particolare il puritanesimo era
basato sull’apprezzamento del lavoro e della fatica individuale, sulla ricerca del profitto.
Anche la filosofia empirista, che ebbe come massimi esponenti Locke e Hume, ebbe la sua
parte, perché portò gli intellettuali ad apprendere e applicare innovazioni scientifiche e
tecnologiche.
La nascita dell’industria moderna
L’interesse verso la scienza e la tecnica portò a innumerevoli invenzioni, furono brevettati
strumenti per accrescere la produzione e migliorare la qualità dei prodotti. Le due principali
invenzioni furono:
Filatoio di Arkwright del 1769, il quale utilizzava la forza motrice prodotta da un salto
d’acqua. Questa invenzione fu in seguito migliorata e perfezionata, e fu trasformato nel
telaio meccanico da Edmund Cartwright, che all’inizio era alimentato ad acqua, e poi a
vapore. Si trattava di un metodo di filatura più veloce, e un solo addetto poteva lavorare su
più macchine contemporaneamente. Questi nuovi modelli di filatoio accrebbero molto il
flusso di importazione di tessuti raffinati dall’india, e anche il cotone dalle Americhe.
Macchina a vapore di James Watt, utilizzata in un primo momento per prosciugare le
miniere in cui si estraeva il carbone fossile e per trasformarlo in coke. La macchina a vapore
permetteva di trasformare l’energia termica dell’acqua in energia meccanica, provocando il
movimento. Ben presto sostituì l’energia idraulica ricavata dai corsi d’acqua, per cui le
nuove fabbriche non dovettero sorgere vicino ai fiumi, ma in città, dove c’era più
disponibilità di manodopera
L’innovazione della macchina a vapore
Prima dell’invenzione della macchina a vapore si utilizzavano la forza dell’acqua e quella del vento,
con i mulini collegati a grandi macine. Si trattava di energia che non costava nulla, ma spesso era
insufficiente e soggetta a variazioni. La macchina a vapore era invece infaticabile.
La trasformazione delle città
La rivoluzione industriale provocò in Inghilterra una radicale trasformazione delle città, e in
particolare di Londra, che era già la città più popolata d’Europa, ma che presto raddoppiò la sua
popolazione. Aumentò anche il reddito pro capite e le risorse disponibili per gli abitanti. Si
formarono attorno alle città nuovi insediamenti abitati di operai, vicino alle fabbriche dove
andavano a lavorare.
Le conseguenze sociali della rivoluzione industriale
Il PIL dell’Inghilterra aumentò di sette volte, e anche il reddito medio pro capite: anche
se la popolazione continuava ad aumentare, i singoli cittadini possedevano sempre più beni;
Cambiò la dimensione del lavoro: persero importanza le botteghe artigianali e le piccole
manifatture di lavoratori specializzati, ma anche la manifattura tessile di carattere
domestico. Sorsero invece le grandi fabbriche nelle periferie delle città, in posizioni
strategiche, spesso vicino a miniere di carbone;
Si sviluppò una nuova modalità lavorativa: i ritmi di produzione erano dettati dalle
macchine, e le fasi della lavorazione dei prodotti erano rigidamente divise: ogni operaio
eseguiva una certa azione ripetendola spesso anche per 13-14 ore al giorno, e non erano
dunque richieste abilità specifiche. Si ricorse anche al lavoro di donne e bambini, pagati con
salari molto modesti
I movimenti di protesta
Per le condizioni in cui dovevano lavorare gli operai nelle fabbriche si svilupparono dei movimenti
di protesta, come i luddisti, i cui partecipanti distrussero o sabotarono un grande numero di
macchinari.
La rivoluzione americana
Le colonie inglesi in America
I primi insediamenti coloniali inglesi in America si erano formati nei primi decenni del ‘600. Gli
inglesi approdavano nelle nuove terre a titolo completamente privato, e facevano parte di
compagnie commerciali, che avevano il compito di colonizzare nuove terre in accordo con la
corona. Alla metà del Settecento si erano formate in tutto 13 colonie.
La maggior parte delle persone emigrate dall’Inghilterra faceva parte di gruppi religiosi
minoritari, come i puritani e i quaccheri, oppure apparteneva ai ceti più umili della società, e si
trasferì alla ricerca di fortuna. Per questo motivo tra gli emigrati non c’erano esponenti
dell’aristocrazia, per cui si trattava di comunità poco differenziate dal punto di vista delle classi
sociali.
Al termine della Guerra dei sette anni, con la Pace di Parigi del 1763, si definirono i confini tra le
colonie, le quali erano divise in colonie del Nord (New England), del Centro e del Sud.
Differenze economico-produttive tra le colonie
le colonie del Centro-Nord erano caratterizzate maggiormente da artigiani, mercanti,
professionisti e pescatori; si praticava soprattutto il puritanesimo ed era una popolazione
ampiamente alfabetizzata;
nelle colonie del Sud prevaleva il sistema delle grandi piantagioni di tabacco, riso,
cotone. Prevalevano dunque i medi e grandi proprietari terrieri, che facevano
abitualmente ricorso alla manodopera degli schiavi neri, importati dall’Africa o dai
Caraibi.
Organizzazione politica delle colonie
Le colonie erano rette da istituzioni simili a quelle della madrepatria: essa controllava
indirettamente le colonie tramite dei governatori inviati dall’Inghilterra, i quali nominavano dei
consiglieri tra gli abitanti di ogni colonia. Ogni colonia possedeva un Parlamento locale, i cui
membri erano eletti direttamente dalla popolazione, sebbene non a suffragio universale (50%-70%).
In realtà, il governo della madrepatria non aveva grandi interessi nell’imporsi sulle colonie per
quanto riguardava le decisioni politiche, anche perché non c’era alcun rappresentante dei territori
d’oltreoceano all’interno del Parlamento inglese, per cui molto spesso si lasciava la libertà ai
Parlamenti delle colonie di decidere.
La rigida politica economica britannica
La madrepatria imponeva alle colonie l’obbligo di intrattenere degli scambi commerciali
unicamente con essa, e vietava di attivare delle produzioni concorrenti a quelle inglesi. In un
primo momento le colonie, che in quel periodo stavano vivendo un fiorentissimo sviluppo,
ovviarono alle restrizioni esercitando il contrabbando, ma in seguito, dopo la Guerra dei sette
anni, l’Inghilterra decise di intraprendere una politica economica più compatta in tutti i territori, e
obbligò le colonie a contribuire economicamente al mantenimento dell’esercito e alla flotta e a
pagare le tasse.
In particolare nel 1765 con lo Stamp Act fu inserita una nuova tassa, che prevedeva l’apporto di
marche da bollo su tutti i materiali a stampa (documenti, contratti e fatture commerciali, ma
anche giornali).
La reazione delle colonie
A queste nuove imposte la popolazione delle colonie reagì con il sabotaggio, sfidando apertamente
la madrepatria, facendo leva sull’antico principio del diritto pubblico inglese no taxation without
representation secondo cui i coloni avrebbero pagato le tasse solo a condizione che i loro
rappresentanti potessero far parte del Parlamento inglese.
La tassa dello Stamp Act venne dichiarata illegittima, e i cittadini furono invitati a non pagarla;
furono inoltre assaltati numerosi uffici fiscali, al punto che gli inglesi furono costretti a revocare lo
Stamp Act. Le insurrezioni continuarono, e portarono a un massacro che si consumò a Boston nel
1770, in cui furono uccisi 5 coloni dalle truppe britanniche. Londra a quel punto decise di abolire
tutti i dazi applicati alle colonie per l’importazione delle merci, escluso quello sul tè.
La protesta sul tè
La Compagnia delle Indie orientali stava affrontando un periodo di crisi a causa degli ingenti
debiti che si trovava ad affrontare, per cui il Parlamento inglese le attribuì il monopolio
sull’esportazione oltreoceano del tè, a discapito dei piccoli commercianti delle colonie americane.
I coloni immediatamente protestarono, e in particolare durante una notte del 1773 salirono su una
nave inglese ormeggiata nel porto di Boston e rovesciarono in mare tutto il carico di tè che
portava (protesta nota come Boston tea party).
Inoltre, quando la madrepatria a quel punto stabilì nuove misure restrittive, i coloni trasformarono
le assemblee rappresentative di ogni colonia in veri e propri corpi legislativi, ai quali si affidarono
come unica fonte di autorità, disconoscendo il governo inglese.
Il congresso continentale americano e la petizione al re
Nel 1774 fu convocato a Filadelfia il primo Congresso continentale americano, a cui
parteciparono i rappresentanti di tutte le 13 colonie americane, per decidere una politica comune
nei confronti della madrepatria. Il Congresso elaborò una petizione verso il re, la quale chiedeva
di trasformare le colonie in territori soggetti sempre al sovrano inglese, ma con organi legislativi
separati e autonomi.
Il re Giorgio III e il Parlamento inglese rifiutarono tutte le condizioni proposte dai coloni.
La Guerra d’indipendenza americana
Nel 1776 iniziò ufficialmente lo scontro tra Inghilterra e colonie: sebbene le truppe inglese fossero
in superiorità numerica, le truppe degli insorti ottennero una prima vittoria a Saratoga nel 1777,
e col passare del tempo si rafforzarono progressivamente, sostenute anche dalla Francia e dalla
Spagna. Con la definitiva sconfitta nel 1781 a Yorktown, gli inglesi furono costretti alla resa
La pace fu firmata a Versailles nel 1783, e riconosceva l’indipendenza delle ex colonie e anche il
loro diritto a espandersi liberamente nei territori americani; la Francia e la Spagna rientrarono in
possesso di parte dei territori che l’Inghilterra aveva sottratto loro.
La costruzione del nuovo stato
Il 4 luglio 1776, già all’inizio della guerra, il Congresso aveva emanato la Dichiarazione
di indipendenza degli Stati Uniti d’America, con cui le colonie si separano
definitivamente dalla corona inglese. Tale documento esprimeva alcuni dei principi
fondamentali tipici dell’illuminismo, come l’esistenza dei diritti umani naturali e
inalienabili, la sovranità popolare.
Gli Articoli di confederazione, promulgati nel 1781, che formula dei provvisori rapporti
di convivenza tra le colonie
Colonie troppo divise
Ogni colonia negli anni successivi si costituì Stato sovrano e si dotò di una propria costituzione, e
presto l’autorità del Congresso sulle colonie si impoverì molto, con il rischio di perdere l’unità e
l’indipendenza acquisite. Si sviluppò un movimento federalista guidato da Alexander Hamilton e
James Madison (federazione: unione di Stati che formano una singola entità politica /
confederazione: unione di Stati indipendenti in cui ognuno mantiene la propria sovranità) che
chiedeva la revisione degli Articoli di confederazione rafforzando l’autorità centrale.
La Costituzione americana
Fu quindi convocata una Convenzione al fine di elaborare una Costituzione americana, che
riunisse tutte le colonie sotto lo stesso potere federale. Essa fu pubblicata tra il 1788 e il 1789. I
nuovi poteri erano così divisi:
Legislativo: Congresso (Camera dei rappresentanti, eletta dai cittadini, il numero di
seggi dipendeva dal numero di abitanti di ogni stato; Senato, due rappresentanti per ogni
stato, eletti da assemblee rappresentative)
Esecutivo: presidente eletto dalla popolazione con sistema a doppio grado con la votazione
dei grandi elettori che poi votavano per il presidente. Il presidente aveva diritto di veto sul
Congresso;
Giudiziario: Corte suprema, i suoi giudici erano inamovibili, e dovevano verificare la
costituzionalità delle leggi del Congresso.
La prima democrazia moderna
Con gli Stati Uniti d’America si ebbe la prima democrazia dell’età moderna: era uno stato
completamente nuovo, senza grandi distinzioni di appartenenza a ceti sociali diversi, per cui tutti
avevano il diritto di partecipare alla vita politica dello Stato. In Europa le repubbliche erano
poche e di piccole dimensioni, oppure si potevano trovare monarchie costituzionali, come
l’Inghilterra, ma comunque al voto era ammessa una piccola minoranza della popolazione.
Negli Stati uniti i cittadini partecipavano in larga parte alla vita politica (dal 50% all’80%, a
seconda dello Stato)
Le questioni irrisolte dell’America
Alcune caratteristiche che offuscavano l’immagine dell’America erano la schiavitù che era ancora
molto diffusa soprattutto negli stati del Sud, anche se c’erano stati dei tentativi di abolizione di
questo sistema, e le condizioni con cui venivano trattate le popolazioni native, alle quali non
furono riconosciuti sostanzialmente dei diritti.
Novità politiche e sociali
Le teorie e i pensieri esposti nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776 riprendono gli ideali
dell’Illuminismo, come la separazione dei poteri dello Stato, ma anche quelli del puritanesimo,
come l’egualitarismo e la semplicità dei costumi. L’America non aveva più la distinzione in corpi e
in classi sociali, ma si trattava di una società di individui, non c’erano ceti privilegiati rispetto ad
altri.
La rivoluzione francese
La situazione in Francia all’alba della Rivoluzione
In Francia nella seconda metà del Settecento permanevano ancora i problemi che venivano dalle
epoche precedenti: infatti vi erano ancora pesanti disuguaglianze sociali per cui il clero e
l’aristocrazia erano esentati dal pagamento delle tasse, che invece ricadevano singolarmente sul
terzo stato (ad esempio le decime ecclesiastiche e i tributi verso i signori), che era il ceto sociale
meno abbiente. I nobili inoltre detenevano anche il monopolio sulle alte cariche pubbliche.
Al contempo iniziò una fase di crisi nella produzione agricola, da cui derivò un aumento del
prezzo dei generi di prima necessità. Le casse dello stato si erano inoltre impoverite per il
mantenimento della corte e per lo svolgimento delle guerre
Le due soluzioni alla crisi
Per far fronte a questa situazione di disavanzo pubblico furono elaborate due strategie:
De Turgot, un funzionario illuminista, intendeva rimuovere tutti i vincoli ai commerci e
privatizzando i terreni, e rimuovendo i privilegi fiscali di nobili e clero, promuovendo
un’economia liberista, al fine di aumentare gli introiti dello stato;
Necker, ministro delle finanze, puntava a diminuire la spesa pubblica, diminuendo gli
investimenti nel mantenimento della corte, dell’apparato burocratico e delle pensioni. Per
queste sue idee fu rimosso dal suo incarico
La convocazione degli stati generali 1789
Di fronte a queste idee ci furono delle reazioni contrastanti tra nobiltà e terzo stato, per cui il re
nel 1789 convocò gli stati generali in cui vi erano rappresentanti della nobiltà, del clero, e del
terzo stato. All’interno degli stati generali spesso si discuteva riguardo questioni sollevate dai
cittadini stessi, le quali erano descritte all’interno dei cahiers de doléances (quaderni di lamentele,
spesso scritti anche da donne).
Le richieste del terzo stato
Il terzo stato chiese due modifiche alla composizione degli stati generali:
raddoppiare il numero di rappresentanti del terzo stato da 300 a 600;
rendere il voto per testa e non più per ordine, in modo che gli interessi comuni di clero e
nobiltà non creassero una supremazia sul terzo stato, e riunire le tre camere.
Il ré aderì solo alla prima delle due richieste.
La formazione dell’Assemblea nazionale
Gli esponenti del terzo stato, quando fu chiaro che il re non avrebbe accettato di unire le tre
camere e di permettere il voto per testa, si autoproclamarono Assemblea nazionale, con il
compito di creare una nuova Costituzione per il paese. Si trattava di un primo atto rivoluzionario,
perché metteva in discussione l’autorità del re.
Il 20 giugno 1789 i membri del Terzo stato si riunirono nel salone della pallacorda e giurarono
solennemente che non avrebbero lasciato quell’aula prima di aver approvato una Costituzione; in
seguito si diedero il nome di Assemblea nazionale costituente.
La presa della Bastiglia
Allo stesso tempo, nel popolo si inasprivano le insurrezioni per gli aumenti dei prezzi, e in
particolare a Parigi anche per l’arrivo di soldati mercenari inviati, secondo la popolazione, dal re
per sedare le rivolte. Per questo motivo il popolo di Parigi il 14 luglio 1789 si diresse verso la
Bastiglia, una fortezza adibita a prigione, e liberò i carcerati imprigionati e incendiò l’edificio.
Il re fu in seguito obbligato a rendere omaggio alla coccarda bianca (monarchia), rossa e blu (il
nuovo consiglio comunale di Parigi, la cosiddetta ‘Comune’).
Le rivoluzioni in tutta la Francia
Ben presto si svilupparono rivolte in tutta la Francia, e in particolare nelle campagne, dove si
scatenò la grande paura, un’ondata di panico causata da voci che affermavano che la nobiltà stesse
architettando una controrivoluzione: i contadini saccheggiarono i castelli e le tenute
dell’aristocrazia.
È evidente come si stessero sviluppando due rivoluzioni in parallelo: la prima portata avanti dai
deputati del Terzo stato nell’Assemblea costituente; la seconda portata avanti dai ceti più umili del
terzo stato, artigiani, contadini, lavoratori, che spinti dalla miseria chiedevano più giustizia sociale.
Questi ultimi furono definiti sanculotti, perché portavano i pantaloni lunghi e non i calzoni al
ginocchio che utilizzavano i ricchi.
I nuovi documenti della Costituente
L’Assemblea costituente attua dei nuovi documenti:
con i Decreti di Agosto proclama l’abolizione dei diritti feudali e rimuove i titoli
nobiliari e i privilegi fiscali, eliminando ogni differenza giuridica dei cittadini di fronte alla
legge. Inoltre furono eliminate le decime ecclesiastiche e la compravendita delle cariche
pubbliche.
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che promulgava l’uguaglianza di
fronte alla legge di tutti i cittadini, la libertà dell’individuo, e il suo diritto a partecipare
all’elaborazione di una volontà generale.
La marcia su Versailles
Le nuove leggi promulgate dall’Assemblea costituente dovevano essere ratificate dal re, che però
non era intenzionato a concedere. Dunque i rivoluzionari imposero al sovrano di ratificare i
Decreti di agosto e la dichiarazione dei diritti, e inoltre di lasciare la reggia di Versailles e di
trasferirsi a Parigi, in modo da essere più controllabile. Questa azione fu compita soprattutto ad
opera di cittadine parigine.
La nascita dei club
Il popolo iniziò ad interessarsi sempre di più alla politica, al punto che nacquero in tutta la
Francia i club, luoghi in cui i rivoluzionari si riunivano per condividere le proprie idee, e per dare
una migliore organizzazione al proprio movimento. Con i club si può iniziare a parlare di politica
moderna, intesa non come una materia riservata a intellettuali e specialisti, ma come riflessione
aperta a tutti i cittadini.
Le fazioni politiche
All’interno dei club si potevano individuare più posizioni politiche, le quali potevano essere
individuate nella stessa assemblea costituente:
Giacobini, esponente più noto Robespierre, piccola e media borghesia, erano repubblicani
radicali;
Cordiglieri, esponenti più noti Danton e Marat, repubblicani più radicali dei Giacobini;
Foglianti, più moderati, monarchia costituzionale;
Nuove leggi dell’Assemblea costituente
In seguito l’Assemblea costituente promulgò:
la soppressione degli ordini monastici, libertà di culto per i protestanti, confisca dei
beni ecclesiastici e statalizzazione e messa in vendita.
Costituzione civile del clero, i sacerdoti furono trasformati in funzionari statali
nominati da assemblee locali, e gli ecclesiastici furono obbligati a giurare fedeltà alla
Rivoluzione e alla nazione. Molti religiosi detti “refrattari” non accettarono queste
condizioni e dovettero fuggire all’estero. Quest’ultima normativa però provoco l’avversione
contro la Rivoluzione della popolazione più fedele al cattolicesimo e al papa.
La fuga di Luigi XVI
In quel periodo vi era una parte della vecchia Francia che si trovava al di fuori dei confini del
paese e godeva dell’appoggio dei governi del resto d’Europa, preoccupati per una sorta di
“contagio” francese.
Proprio per questo nel 1791 il re Luigi XVI tentò la fuga insieme alla sua consorte e i suoi figli,
ma fu fermato e riconosciuto a Varennes, vicino al confine con il Belgio, e fu riportato a Parigi.
Questo fu un colpo irreparabile al prestigio del sovrano, che aveva deluso l’intera popolazione.
Inoltre si rafforzò il pensiero dei repubblicani nel creare uno stato senza re
Strage del Campo di Marte
Il re fu comunque reinsediato sul trono, anche perché si diffuse una teoria secondo cui il re era
stato rapito e non era fuggito per sua volontà. In questa situazione confusa si consumò la strage
del Campo di Marte, nella quale la guardia nazionale sparò su una folla che si era radunata per
chiedere l’instaurazione della repubblica.
La Costituzione del 1791
Essa, approvata ufficialmente dal re, descriveva la divisione dei poteri della nuova Francia:
Esecutivo: il re, che aveva diritto di veto sul legislativo;
Legislativo: Assemblea nazionale;
Giudiziario: magistratura.
Erano ammessi al voto i cittadini di almeno 25 anni di età che pagassero tasse equivalenti ad
almeno 3 giornate di lavoro; i cittadini eleggevano i grandi elettori che eleggevano l’Assemblea
nazionale.
Ci furono delle richieste da parte delle donne, in particolare da Olympe de Gouges, di partecipare
alla vita politica e di istituire un’Assemblea nazionale costituita da sole donne accanto a quella
maschile. Queste richieste non furono mai prese in considerazione.
La composizione dell’Assemblea nazionale
A quel punto l’Assemblea costituente si sciolse e si tennero le votazioni per i rappresentanti
dell’Assemblea nazionale, che risultò alla fine composta sia da Giacobini e Cordiglieri che da
Foglianti, ma anche da indipendenti che non seguivano una linea definita ma in base al pensiero
si affiancavano alla prima o alla seconda fazione.
La guerra contro l’Austria
In Francia si diffuse una crescente preoccupazione causata dalla dichiarazione di Pillnitz, nella
quale l’imperatore, il re di Prussia e l’elettore di Sassonia affermarono che la rivoluzione che si
stava sviluppando in Francia meritava l’attenzione dell’Europa, e che non era da escludersi un
attacco armato. L’Assemblea nazionale iniziò a discutere sul fatto che fosse utile muovere guerra
preventivamente; anche il re Luigi XVI vedeva positivamente questa scelta, che secondo lui
avrebbe provocato la sconfitta della Francia, e il suo successivo reinsediamento da re di una
monarchia assoluta
Nell’aprile 1972 la Francia muove guerra all’Austria, con cui si allea la Prussia, e iniziano a
collezionare vittorie contro la Francia fino a varcare le frontiere di stato.
L’arresto del re
Con i nemici quasi alle porte di Parigi, si riaccendono delle rivolte nella città, e i sanculotti
assaltano il municipio e vi inseriscono una nuova autorità, la Comune insurrezionale. Inoltre fu
invaso il palazzo delle Tuileries, la residenza del re, e obbligarono l’Assemblea nazionale a
disporne l’arresto.
La nascita della Convenzione nazionale
L’Assemblea nazionale indisse delle nuove elezioni da svolgersi a suffragio universale maschile,
mentre gli Austriaci ottenevano una nuova vittoria a Verdun, e continuavano gli attacchi dei
sanculotti, stavolta nelle carceri parigine, in cui giustiziarono tutti i detenuti sospettati di
collaborazione con i nemici (Massacri di settembre).
Il giorno in cui la Convenzione si riunì la prima volta ci fu un’altra importante battaglia a Valmy
in cui i francesi ebbero la meglio.
Il 21 settembre 1792 fu proclamata la Repubblica francese. Da quel momento in poi la storia
della Francia fu fatta ripartire da zero, e lo stesso conto degli anni ripartì da zero; anche i giorni
della settimana e i mesi cambiarono nome.
La Convenzione nazionale decise che il re sarebbe dovuto essere condannato a morte, per cui fu
ghigliottinato il 21 gennaio 1793, mettendo ufficialmente fine all’istituzione monarchica.
La Convenzione nazionale
La Convenzione nazionale avrebbe dovuto trasformare la Francia da monarchia a repubblica, e
avrebbe dovuto decidere le sorti del re che era stato imprigionato.
La Convenzione era così formata:
La Montagna a sx, formata da Giacobini e Cordiglieri, i più radicali, guidati da
Robespierre;
La Gironda a dx, moderati, inclini al federalismo e a dare più autonomia alle singole
regioni;
La Palude, non schierati.
Le difficoltà della repubblica
Le principali difficoltà che la repubblica dovette affrontare nel periodo iniziale furono:
Fu organizzata una coalizione antifrancese a cui aderirono Prussia, Austria, Russia,
Spagna, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Stato della Chiesa e Regno di Napoli,
che vedevano la Francia come una minaccia dopo i suoi ultimi possedimenti in Belgio e in
Savoia. La Francia per questo dovette rinforzare l’esercito, decretando la leva generale di
tutti gli uomini atti alle armi;
Si sviluppano movimenti antirivoluzionari nella stessa Francia: rivolte in Vandea nel 1793
la cui repressione costò circa 120000 vittime, e anche nel Sud della Francia l’insurrezione
federalista, perché quei cittadini chiedevano più potere locale.
Per questi motivi la leva generale fu estesa a tutti i cittadini maschi tra i 18 e i 25 anni, rendendo
l’esercito francese il più grande d’Europa, in cui però i soldati combattevano malvolentieri.
Le misure contro l’inflazione
La Convenzione fu costretta a interrompere il pagamento degli interessi sugli assegnati, cioè dei
buoni che erano stati elargiti dal Tesoro francese, il cui valore dipendeva dal valore delle terre e dei
beni confiscati alla Chiesa. Nel tempo gli assegnati divennero così diffusi da diventare una moneta
alternativa spendibile senza alcun limite, il che ne diminuì sensibilmente il valore, per cui la
Convenzione fu costretta a interrompere la loro emissione.
Inoltre per ridurre il caro vita fu disposto un calmière, cioè un tetto massimo sui prezzi, detto
maximum.
Le misure di ordine pubblico
Furono creati tre organi pubblici:
Tribunale speciale rivoluzionario, in cui venivano giudicati tutti coloro che erano anche
solo sospettati di mettere in pericolo la sicurezza della nazione;
Comitati di sorveglianza in ogni località, che avevano funzioni di polizia e spionaggio
civile;
Comitato di salute pubblica, che doveva vigilare sull’attività dei ministri.
La sconfitta della Gironda e la morte di Marat
Tra i girondini, molti erano contrari all’imposizione di un tetto massimo sui prezzi, per cui il 2
giugno 1793 i sanculotti, rappresentati nella Convenzione dai Montagnardi, circondarono la sede
della Convenzione e arrestarono parte dei girondini per poi ghigliottinarli.
Gli scontri continuarono, e i Girondini assassinarono Marat, che era tra i principali esponenti dei
Montagnardi. Da questo momento in poi iniziò una lunga repressione anche verso persone che
erano semplicemente accusate di essere nemiche della rivoluzione
Costituzione dell’anno I
il 24 giugno 1793 fu approvata una nuova costituzione, detta dell’anno I, a partire dalla
fondazione della Repubblica, preceduta da una nuova Dichiarazione dei diritti, in particolare
quelli sociali e quelli tesi ad impedire la nascita di un regime dispotico.
La Costituzione del 1793 fu la più democratica, ma non entrò mai in vigore.
Il periodo del Terrore
Nel luglio del 1793 entrarono a far parte del Comitato della salute pubblica alcuni esponenti
della Montagna, tra cui Robespierre: questo periodo passò alla storia come periodo del Terrore:
infatti ci fu una pesantissima repressione, con violenze da parte dei Giacobini verso i nemici della
rivoluzione, sia veri che presunti, diventando nella pratica quasi una dittatura.
Esclusione delle donne dalla vita politica
I circoli in cui erano radunate le donne continuavano a chiedere equi diritti tra uomini e donne, ma
le richieste rimasero sempre inascoltate. La stessa Olympe de Gouges fu giustiziata, e in seguito
divenne il simbolo del movimento femminista. Dopo questo avvenimento tutti i club femminili si
sciolsero, dato il periodo quasi di dittatura.
Il periodo del grande Terrore
dal 1794 iniziò il periodo del grande Terrore. La repressione divenne sempre più violenta,
arrivando a coinvolgere i membri stessi della Montagna. Furono colpiti gli “arrabbiati”, che si
battevano per ricevere più misure a favore del popolo, come Hebért, e gli “indulgenti”, che
chiedevano la fine del periodo di Terrore, come Danton.
Nel giugno del 1794 il periodo di terrore raggiunse il culmine: i giudici furono autorizzati a
condannare i sospetti basandosi solo sulla propria convinzione morale, in assenza di prove, e fu
resa obbligatoria la pena di morte.
Il continuo della guerra e l’uccisione di Robespierre
L’esercito francese riportò un’ulteriore vittoria a Fleurus, in Belgio, dunque le sorti volgevano al
meglio per la Francia. Ormai tutte le rivolte interne erano state sedate, dunque la politica del
terrore di Robespierre non era più necessaria e neanche più accettabile. Lo stesso Robespierre fu
arrestato e giustiziato come un qualunque nemico presunto della rivoluzione.
La reazione termidoriana (di luglio) – terrore bianco
Dopo il periodo del terrore, a Parigi ma anche nel resto della Francia si riaccese la voglia di vivere
e divertirsi, che ebbe come protagonisti i giovani delle classi più abbienti (la gioventù dorata), di
orientamento soprattutto monarchico, che furono protagonisti del periodo del Terrore bianco,
cioè una persecuzione che si abbatté sugli ex seguaci di Robespierre.
I protagonisti di questo periodo facevano parte delle classi sociali abbienti (mercanti, banchieri,
professionisti), e non avevano intenzione di promuovere l’egualitarismo sociale chiesto dalla
Montagna.
Il potere esecutivo apparteneva ora al Direttorio, una nuova istituzione, e la Convenzione era
formata soprattutto da esponenti moderati, per cui si riaccesero le difficoltà economiche per i più
poveri, che insorsero di nuovo.
La costituzione dell’anno III
Fu elaborata nel 1795 una nuova Costituzione che restrinse drasticamente il diritto di voto, con
una soglia censitaria. Inoltre i cittadini votavano i grandi elettori, che a loro volta eleggevano 1/3
dei deputati:
Il legislativo era formato da due camere, il Consiglio dei Cinquecento e il Consiglio degli
anziani;
L’esecutivo apparteneva al Direttorio, eletto dal Consiglio degli anziani e formato da 5 membri.
La congiura degli eguali
Si svilupparono poi nuove agitazioni popolari, tra cui la Congiura degli Eguali, organizzata da un
gruppo di Giacobini con a capo Babeuf, detto Gracco. Essi chiedevano più uguaglianza tra i
ricchi e i poveri, e l’unico modo per porre fine a questa situazione era l’abolizione della
proprietà privata. Questo movimento fu però represso e Babeuf fu ghigliottinato.
L’annullamento delle elezioni
Furono in seguito più volte annullate le votazioni dal Direttorio, che desiderava una maggioranza
di moderati, invece a vincere le elezioni erano sempre quelli di sinistra.
I nuovi generali e Napoleone
Nonostante si fosse formata una seconda coalizione antifrancese e la situazione della politica
interna fosse ancora incerta, l’esercito francese continuava a registrare vittorie all’estero,
soprattutto per il lavoro dei generali che guidavano gli eserciti, tra cui spiccava il nome di
Napoleone Bonaparte, che aveva guidato l’esercito contro gli austriaci conquistando varie zone in
Europa.
Napoleone fu quindi incaricato di svolgere una missione in Egitto, uno snodo commerciale
importante per gli scambi con l’oriente. Alcune teorie dimostrano che Napoleone fu inviato in
Egitto forse perché la sua crescente notorietà a Parigi era sempre più temuta. In Egitto
Napoleone portò l’esercito alla vittoria ma anche a una sconfitta nella battaglia navale di Abukir,
per cui il suo scopo finale non fu conseguito, ma la sua notorietà crebbe lo stesso.
L’instaurazione del consolato
Nel 1799, a seguito del colpo di stato avvenuto il 18 brumaio (9 novembre), organizzato da
Napoleone, il Direttorio si sciolse e lasciò il posto al Consolato, composto da 3 consoli, Napoleone,
Sieyés e Ducos.