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Stefano Olivo Comunisti Ed Esuli Istriani Nella Provincia Di Gorizia Del Secondo Dopoguerra Isolamento e Discriminazione A Confronto

Il documento analizza le vicende storiche della provincia di Gorizia negli anni del secondo dopoguerra, un periodo caratterizzato da occupazioni straniere e tensioni etniche. Vengono esaminati i rapporti tra comunisti italiani e partigiani jugoslavi nonché l'atteggiamento dei comunisti locali verso gli esuli istriani, rapporti sempre tesi anche negli anni Cinquanta.

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Stefano Olivo Comunisti Ed Esuli Istriani Nella Provincia Di Gorizia Del Secondo Dopoguerra Isolamento e Discriminazione A Confronto

Il documento analizza le vicende storiche della provincia di Gorizia negli anni del secondo dopoguerra, un periodo caratterizzato da occupazioni straniere e tensioni etniche. Vengono esaminati i rapporti tra comunisti italiani e partigiani jugoslavi nonché l'atteggiamento dei comunisti locali verso gli esuli istriani, rapporti sempre tesi anche negli anni Cinquanta.

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COMUNISTI ED ESULI ISTRIANI NELLA PROVINCIA

DI GORIZIA DEL SECONDO DOPOGUERRA.


ISOLAMENTO E DISCRIMINAZIONE A CONFRONTO

STEFANO OLIVO CDU325.25+329. 1/.6(450Gorizia)" 1945- 1955"


Univer sità degli Studi- Udine Sinte si

In quest'articolo l 'autore analizza le vicende che caratterizzarono la storia


della provincia di Gorizia negli anni del secondo dopoguerra. Si tratta di un
nodo tematico pressoché ignorato dalla storiografia italiana contemporanea, se
si escludono alcune brevi e scarne note nelle opere relative alla "questione di
Trieste ". Il periodo che va dal l 943 al l 947 rappresenta un periodo convulso
durante il quale tale territorio della provincia isontina divenne oggetto delle
mire annessionistiche di opposti nazionalismi. Il rapporto tra il gruppo etnico
italiano e slavo viene considerato dall 'autore il filo rosso della storia della pro­
vincia tra il '43 ed il '48: vengono analizzati i rapporti tra antifascisti italiani e
partigiani comunisti jugoslavi nonché l 'atteggiamento dei comunisti isontini nei
confronti dei contingenti degli esuli istriani che arrivavano dalla penisola. Si
trattò di rapporti sempre tesissimi lungo tutto il corso degli anni Cinquanta.

Intraprendere lo studio delle vicende che caratterizzarono la storia della pro­


vincia di Gorizia negli anni del secondo dopoguerra, equivale ad affrontare un
nodo tematico fino ad ora pressoché ignorato dalla storiografia contemporanea.
A torto considerato una propaggine periferica del l ' area gravitante sul capo­
luogo giuliano, l ' Isontino è stato gratificato tutt' al più di brevi e scarne note a
margine di opere i mpegnate nella puntuale trattazione della "questione di
Trieste" ben altrimenti presente ali' attenzione di storici tanto di l ivello locale,
quanto di levatura nazionale ed internazionale.
Noncuranza, questa, oltremodo ingiustificata poiché la provincia di Gorizia
si connotò sempre, quanto all ' atteggiarsi dei rapporti politici ed interetnici che
la percorsero, per u na marcata autonomia ed unicità in seno al contesto sociale
giuliano.
La genesi della piccola provincia, costituita per aggregazioni successive di
territori connotati da tradizioni socio-economiche non omogenee, fu sottesa alla
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conformazione d'un corpo politico e sociale etnicamente ed ideologicamente


variegato, percorso da contrapposizioni marcate e talvolta da fratture profonde.
È a partire dai due anni d'occupazione tedesca, che comincia ad aprirsi la for­
bice tra le vicende attraversate dalla provincia isontina, e la storia dell a compa­
gine statuale cui apparterrà. Nel Goriziano infatti, si susseguirono dal '43 al '47
ben tre diverse occupazioni straniere, che lo sottrassero all a giurisdizione di Salò
prima e di Roma poi, e sulle quali il Governo italiano poté influire solo molto
limitatamente - nei casi dell ' Adriatische Kiistenland e del Governo M i litare
Alleato - o - durante i 40 giorni d' occupazione jugoslava - non poté i nflui­
re affatto.
Si trattò di un periodo convulso durante i l quale il territorio della provincia
divenne oggetto delle mire annessionistiche di opposti nazionalismi, cui gli
effetti della politica sciovinista perseguita dal passato regime conferivano un
carattere particolarmente aspro. L'atteggiarsi del rapporto tra gruppo etnico ita­
liano e slavo può essere considerato il filo rosso della storia della provincia tra
i l '43 ed il '48. Tali rapporti si complicarono, allorché, la comparsa dei partigia­
ni comunisti j ugoslavi comportò per molti antifascisti italiani, i n virtù della
comune ideologia, una scelta di campo a favore delle tesi annessionistiche titi­
ne. Scelta che si tradusse nella deroga alla l inea dell 'alleanza con le forze bor­
ghesi antifasciste perseguita nel resto della Penisola, e si esplicò, i nvece, nella
diffusione dei "poteri popolari" jugoslavi .
La dialettica tra istanze ideologiche e d appartenenza etnica attraversò l a
scena politica isontina, dal ' 4 3 ali ' i mmediato dopoguerra, con movenze diverse
ma, in un territorio che si andava delineando quale area di frizione tra i blocchi
occidentale e sovietico, comportò un'estremizzazione del confronto politico.
L'analisi, ancorchè cursori a, del contegno assunto via via dai comunisti isonti­
ni nei confronti dei contingenti di esuli istriani affluenti nella provincia, rappre­
senta, credo, un' interessante angolazione prospettica qualora si voglia porre atten­
zione alla drammatica oscillazione della politica comunista tra i due poli della
ricerca di una "legittimazione nazionale" di fronte all'elettorato moderato, e del­
l ' irrinunciabile scelta di campo a favore del l ' ideologia marxista e stalinista, comu­
ne sino al giugno 1 948 1 tanto agli italiani quanto ai compagni d'oltre confine.
Si trattò di rapporti sempre tesissimi, caratterizzati da un'ostilità che da parte
degl i esuli si mantenne - stando alla stampa locale e ai comunicati ufficiali rila-

1 Con la risoluzione del 28 giugno 1 948, l 'Ufficio di informazioni espelleva dal proprio seno
il Partito comunista jugoslavo.
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sciati dalle organizzazioni politiche dei profughi - apparentemente irredimibi­


le lungo tutto il corso degli anni Cinquanta. Estremamente più complessa e tor­
mentata fu invece la condotta espressa dalla Federazione isontina del Pci, pic­
cola, periferica, defilata suo malgrado rispetto alla dialettica ed alle strategie
politiche esplicantesi sul piano nazionale, "con le ali impiombate" dai recenti
trascorsi a fianco del movimento di liberazione nazionale jugoslavo, essa fu
costretta all' affannosa rincorsa ed alla difficile interpretazione di eventi e scelte
che, compiute a livello internazionale e rispondendo ormai ai dettami della guer­
ra fredda, apparivano tuttavia i mprovvise, contraddittorie, e in una provincia di
confine, contesa ed etnicamente composita, latrici di contraccolpi politici e
sociali immediati e concreti .
I l rapido precipitare del confronto politico tra g l i schieramenti social-comu­
nista e cattolico-moderato verso la logica del "muro contro muro" rappresentò
anche il portato del peculiare profilo socio-economico della provincia a seguito
dell ' applicazione del trattato di pace. Esso, scardinando l ' assetto economico
locale, determinò l' irrimediabile disarticolazione dei tradizionali rapporti di
scambio che avevano permesso il consolidamento di molteplici attività com­
merciali ed industriali . La storica provincia di Gorizia si configurava innanzi­
tutto quale centro commerciale. Posta alla confluenza tra la Pianura Padana e le
vallate dell' Isonzo e del Vipacco, essa rivestiva la funzione di centro di smista­
mento di prodotti e merci tra la riviera adriatica, il medio oriente ed il centro
Europa. A seguito delle ingenti mutilazioni territoriali subite al termine del con­
flitto, non solo fu privata d'un mercato forte di circa 90.000 potenziali consu­
matori, ma venne ad essa preclusa la possibilità di essere coinvolta entro linee
di traffico alternative. 2 I tronchi ferroviari Trieste-Carso-Gorizia e Gorizia­
Piedicolle, la strada della Val d'Isonzo che collegava direttamente Gorizia e
Villaco-Lubiana, la direttrice di traffico Gorizia-Postumia per Lubiana, Zagabria
e Fiume, tutte le grandi arterie commerciali che connettevano Trieste-Vienna­
Budapest-Praga-Varsavia entrarono a far parte dello stato jugoslavo. I l capoluo­
go isontino, stretto ad est dalla l i nea di confine ed ormai eccentrico rispetto alle
grandi correnti di traffico nazionali, venne isolato in un cui de sac. Ciò rese
improvvisamente esuberante alle esigenze del limitatissimo retroterra la vasta
congerie delle piccole aziende commerciali . Esse, concentrate per la gran parte
nel capoluogo ammontavano, stando al censimento del 1 95 1 , a 2597 unità, di
queste ben 2399 erano costituite da piccoli esercizi esercenti il commercio al

2 COMUNE DI GORIZIA, Otto anni d 'amministrazione democratica, Gorizia, 1 956, pp. 1 3- 1 4.


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minuto con un numero medio di addetti pari a 1 ,99. 3 La firma del trattato di pace
produsse pesanti ripercussioni anche sul settore agricolo. Caratterizzato tradi­
zionalmente da un'elevata polverizzazione della proprietà, esso soffrì danni
ingenti a seguito di un' ulteriore divisione delle aziende attraversate dalla nuova
l inea confinaria. Frazionamento che appariva particolarmente grave nella zona
collinare, che estendendosi dal monte Sabotino al comune di Dolegna del Collio
occupava una superficie agricola di appena 5 ,99 ettari. Essa - insieme alla
fascia carsica, per altro poverissima, non aveva ancora riassorbito i postumi del
primo conflitto mondiale - subì massicce mutilazioni che intervennero a mol­
tiplicare le superfici incolte ed a rallentare il progredire della meccanizzazione.
Benché la zona del Collio fosse costituita da tetTeni buoni, e dotata di notevoli
possibilità di sviluppo, necessitava di i ngenti capitali che rendessero possibile la
pianificazione di articolate operazioni di risanamento. Ciò avrebbe dovuto com­
portare la realizzazione di opere pubbliche e soprattutto l ' erogazione di sussidi
e sovvenzioni ai numerosi piccoli proprietari che li mettessero in grado d ' intra­
prendere gli indispensabili lavori di miglioramento fondiario. In questo conte­
sto, a prescindere dall' urgente necessità d ' un riordino fondiario, il raggiungi­
mento di un' elevata capacità produttiva veniva affidata alla realizzazione di
i mportanti opere di bonifica irrigua da realizzare tramite interventi diretti dello
Stato. 4
Nessuna differenza è invece possibile rilevare tra le diverse aree della pro­
vincia laddove si consideri la grave crisi che si abbatté sul settore industriale.
Esso ebbe gravemente a soffrire della perdita delle due grandi e moderne cen­
trali idroelettriche di Doblari e Plava, della miniera di mercurio di Idra - tra le
maggiori d' Europa - nonché del grande cementificio di Salona d ' Isonzo e di
numerose segherie e mobilifici assieme all' i ngente patrimonio boschivo, ora
completamente inglobato i n territorio j ugoslavo. Ciò sommato ad un l ivello
salariale più alto rispetto alle province viciniori, e soprattutto alla posizione geo­
graficamente eccentrica della provincia che impediva i l trasporto su rotaia di
materie prime e prodotti finiti, comportò una tale l ievitazione dei prezzi, da ren-

3 Il 54% degli esercizi esercenti il commercio all ' ingrosso ed il 36, 1 8% dei negozi al detta­
glio presenti nella provi ncia erano concentrati nella provincia di Gorizia, dati tratti da CAMERA
DI COMMERCIO DI GORIZIA, "Caratteri economici e disoccupazione nella provincia di
Gorizia. Monografia per la commissione parlamentare d ' i nchiesta sulla disoccupazione",
L 'economia delle provincie e il problema della disoccupazione, Roma, 1 953, p. 5.
4 CAMERA DI COMMERCIO DI GORIZIA, "I caratteri economici della provincia di
Gorizia", Sintesi economica, 4, 1 954, p.8.
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ll 2 maggio 1945 i partigiani jugoslavi occupano il capoluogo isontino

dere insostenibile i l confronto con la concorrenza. La fine della guerra i mplicò


inoltre, con il riassetto deli' economia nazionale, un processo di riconversione
produttiva che si tradusse nella drastica riduzione del le maestranze industriali.
Gli organici del personale che ai "Crda" di Monfalcone ed alla "Safog" di
Gorizia ammontavano complessivamente, nel 1 945, a 1 5.000 unità si ridussero
a 9.500 nel 1 95 1 . Della nuova congiuntura ebbero comunque a soffrire tutte le
aziende del la provi ncia come gli "Oleifici Luzzatto" e la "Solvay'' a Monfalco­
ne, la "S.A. Arrigoni" a Grado, le fil iali del "Cotonificio Triestino" di Gorizia e
Ronchi cui venne imposto un drastico ridimensionamento del personale. Ad
ingrossare le fila dei disoccupati, già nutrite a seguito della profonda crisi del
settore industriale, contribuirono i numerosi licenziamenti degl i impiegati civili
precedentemente assunti dal l ' apparato amministrativo alleato ora in fase di smo­
bilitazione.
La popolazione della provincia fu chiamata alle urne per la prima volta dalla
costituzione della repubblica italiana, il 1 8 aprile 1 948 in occasione delle ele­
zioni politiche.
Da allora, le campagne elettorali che si susseguirono nella Provincia durante
il corso degli anni Cinquanta, assunsero ben presto le caratteristiche dello scon­
tro frontale fra blocchi contrapposti secondo i parametri della guerra fredda
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ormai conclamata. Essa rappresentava i l diretto prolungamento della lotta per la


difesa deli ' italianità contro la diffusione dei poteri popolari e del bolscevismo e
procedeva secondo l 'abbrivo i mpresso ormai da tre anni al confronto ideologi­
co-politico. La guerra fredda assumeva nel Goriziano connotazioni particolari e
molto concrete. I l "pericolo rosso" assumeva la fisionomia ben precisa dell' oc­
cupazione j ugoslava, i l cui ricordo, per molti doloroso, si stag liava netto, incar­
nato da un recentissimo confine. Esso, tagliando i n due il capoluogo, sottraeva
alla provincia grandissima parte del proprio retroterra, compromettendo irrime­
diabilmente il suo equilibrio economico. Per l 'elettorato moderato del l ' Isontino,
avversario politico e nemico nazionale mantenevano ancora numerosi punti di
contatto e la politica comunista perseguita nella regione non valeva a smentire
tale percezione.
I l 7 novembre 1 946 appariva sull"'Unità" un' i ntervista rilasciata da Togl iatti,
reduce da un recente viaggio a Belgrado. I l segretario comunista si associava a
Tito nel promuovere la cessione di Gorizia allo stato jugoslavo in cambio del­
l ' italianità di Trieste: "Il Maresciallo Tito mi ha dichiarato di essere disposto a
consentire che Trieste appartenga all' Italia, cioè sia sotto la sovranità italiana,
qualora l' Itali a consenta a lasciare alla Jugoslavia Gorizia, città che anche
secondo i dati del nostro M i nistero degli Esteri, è in prevalenza slava .. . l o penso,
dunque, che la proposta del Maresciallo Tito, può fel icemente servire di base per
una soluzione definitiva di tutte le questioni controverse tra i due Paesi e soprat­
tutto per soffocare per sempre ogni possibile focolaio di discordia tra loro . . . ". 5
L' "infame baratto" propugnato dai comunisti, costituì un'ennesima freccia
all' arco del le forze moderate durante la campagna elettorale. Il 1 3 aprile appar­
ve sul "Giornale di Trieste" un "appello ed un monito agli elettori" da parte del la
"città del filo spinato che ha tanto sofferto". Esso venne letto nel corso d' una
"manifestazione d' italianità" tenutasi il 1 2 aprile a Gorizia, in piazza Battisti ed
organizzata da un comitato rappresentativo di 26 associazioni "culturali e spor­
tive" in cui si articolava il blocco nazionale. Vi parteciparono, stando ai dati
riportati dal quotidiano, circa 1 5 .000 persone: ''Tutti i giorni attraverso i l ferro
spinato che divide le nostre piazze e le nostre strade dalla J ugoslavia giungono
a Gorizia uomini per sfuggire alle torture della schiavitù; rischiano la vita e tra
noi vengono a cercare l ' umana libertà, ché tra loro non vi ha l i bertà alcuna né di
pensiero, né di parola, né di stampa, né di sciopero, né di riunione . . . Fratelli
lavoratori di tutte le categorie (vogliamo mettervi in guardia) contro il pericolo

5 DEMOCRAZIA CRISTIANA ISONTINA, De Gasperi e Gorizia, Gorizia, 1 964, p. 30.


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di una dominazione che non ha confronto con quel la asburgica ... il nuovo impe­
rialismo slavo anela alla conquista di tutta I 'Europa . . . La Russia (si serve della sua
forza) per i propri scopi di conquista e di dominazione . . . Noi abbiamo visto i
nostri fratelli ed amici, autentici lavoratori che avevano combattuto con gli slo­
veni per la libertà, sparire nella maniera più tragica solo perché italiani . . . Sembra
dunque a noi impossibile che degli italiani, siano essi operai o rappresentanti
delle classi intellettuali si prestino ancora al miserabile gioco di alcuni i ndividui
che mirano solamente al danno del la comunità europea e di tutte le Patrie. Ma
siccome in mezzo agli omini di malafede, a quelli capaci di tradire con indiffe­
renza i propri padri e fratelli, ci sono anche lavoratori in buonafede, la voce di
Gorizia giunga agli ignari, agli i ncerti, ai deboli, perché essi ascoltino la verità
nelle parole di chi ne ha fatto l ' esperienza attraverso La propria tragedia.". 6
Il coinvolgimento in una medesima condanna della feroce occupazione jugos­
lava - su diversi manifesti apparsi in città oltre al testo dell ' appello venivano
riportate immagini alquanto raccapriccianti dei cadaveri degli infoibati da poco
riesumati - e dell ' ideologia comunista nel suo complesso, individua piuttosto
chiaramente i punti salienti su cui verteva la propaganda elettorale delle forze
moderate e della Democrazia cristiana in particolare. Le vicende attraversate dalla
provincia nel l ' ultimo scorcio della guerra si ripercossero pesantemente anche
sulla campagna condotta dai comunisti. Essi avevano vissuto i quaranta giorni
d'amministrazione jugoslava non in quanto occupazione da parte d'un paese stra­
niero, bensì quaJe concreto avvio della rivoluzione proletaria che ben presto
avrebbe condotto alla rifondazione della società secondo i dettami d' equità eco­
nomica e giustizia sociale del socialismo reale. A tale istanza politico-ideologica
molti sarebbero stati disposti a "sacrificare" la propria appartenenza nazionale.
Com' è possibile ri levare da diversi interventi apparsi sul "Lavoratore" -
organo del la Federazione triestina del Pci - nel l 'ottobre 1 948, numerosi operai
del Monfalconese si spostarono ad est della linea Morgan optando per il regime
comunista jugoslavo e stabilendosi a Fiume. La cessione della zona A all ' Ital ia
rappresentò per coloro che avevano combattuto a fianco de li ' Osvobodilna
Fronta, la negazione delle proprie conquiste democratiche e progressiste -
spesso identificate dai comunisti giuliani nella diffusione dei poteri popolari -
ed il ritorno della reazione. I n quest'ottica le elezioni del l ' aprile avrebbero rap­
presentato, nel l ' Isontino, l ' ultima occasione per riaffermare i valori portati dalla

6 "Dalla città del ferro spinato un appello ed un monito agli elettori", Il Giornale di Trieste,
13 aprile 1 948.
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guerra di l iberazione, che sulle pagine dei quotidiani comunisti, si sublimava


nella rivoluzione proletaria: "Le elezioni in Italia hanno riposto questo proble­
ma: o sviluppo di quell a che è stata la guerra di l iberazione con l ' attuarsi dei suoi
obbiettivi politici, economici e sociali , o ritorno a forme di governo e di stato a
carattere nettamente fascista. Alle condizioni di questi due ultimi anni non ci si
può fermare: o la democrazia progredisce, o v iene soffocata.". 7
È in questo momento che un nuovo fattore interviene a complicare ed aggra­
vare un confronto quanto mai serrato e rovente.
Un' immediata conseguenza del ripiegamento del l ' esercito j ugoslavo ad est
del l a l inea Morgan fu infatti il confluire entro la zona A delle masse di profughi
che abbandonavano le enclaves italiane della Dalmazia e dell ' !stria.
La massa degli esuli raccolti in ricoveri di fortuna ricavati in edifici pubbli­
ci, scuole, asili e soprattutto in numerose caserme, se rappresentò nell ' immedia­
to un problema dai gravosi risvolti sia pratici che umani - soprattutto a fronte
d ' un flusso migratorio di trascurabile entità8 - intervenne anche a mutare, nel
breve periodo, la fisionomia politico-sociale della popolazione. Il censimento
del ' 5 1 registrò la presenza n eli ' ambito della provi ncia di 95 1 8 persone prove­
nienti dai territori sottoposti alla sovranità j ugoslava. Essi si insediarono per la
gran parte a Gorizia (4293 persone) ed a Monfalcone (2 1 38), ma anche a Grado
( 1 083), Ronchi dei Legionari (408) e Farra d'lsonzo (345). Le famiglie degli
esuli e dei lavoratori emigrati da aree limitrofe dopo il 1 945 salirono così a quasi
un decimo del l ' i ntera popolazione provinciale. Popolazione che, a seguito della
perdita del vasto retroterra montano e boscoso, raggiungeva una densità media
di 292 abitanti per Kmq9 ed era funestata da un tasso di disoccupazione che rag­
giungendo le 67, l unità ogni mille abitanti, 1 0 collocava la provincia isontina al
primo posto in Italia. La presenza dei profughi nella provincia ammontava nel
1 948 a 1 2.000, 4000 nell a sola Gorizia. Nonostante la massa degli esuli fosse,
da un punto di vista ideologico, relativamente variegata, essa era indiscutibil­
mente permeata da una generale avversione nei confronti d ' un regime che l ' a-

7 "Non si vince con le azioni delle squadre", L 'Ora dei Lavoratori, 26 luglio 1 947.
8 L'ufficio emigrazioni che controllava anche i l Territorio Libero d i Trieste, registrò nel 1 948
un flusso migratorio pari a 1 68 u n i tà, si consideri che nello stesso anno il numero dei lavoratori
immigrati dalle altre provincie italiane ammontò a 375. Dati tratti da CAMERA Dl COMMER­
CIO DI GORIZIA, Caratteri economici e . . , op. cit.
9 La media nazionale raggiungeva un tasso pari a 1 52.
10
La media nazionale si attestava sulle 36,5 unità ogni mille abitanti. Dati tratti da COMU­
NE DJ GORIZlA, Otto anni. . . op. ci t.
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume XII, 1 999, p. 6 1 -89 69

veva privata di tutto, e, in una provincia dai tessuti connettivi socio-politici


molto tesi, andò, nella grande maggioranza dei casi, ad i ngrossare le file delle
organizzazioni politiche d' estrema destra. Queste, assumendo il ruolo di princi­
pale fautrice dell ' area nazionalista ed antislava, ebbero modo di sottrarsi pre­
maturamente al cono d' ombra della semilegalità e di far confluire nel proprio
alveo parte consistente dei voti di protesta degli esuli istriani. Essi si dotarono
presto d' una struttura organizzativa in funzione rivendicativa, che nella propria
attività andò ben oltre la passiva esibizione di "labari abbrunati" sui palchi degli
esponenti politici della destra. Alla fine del febbraio 1 947 si costituì anche a
Gorizia il Mir - Movimento !striano Revisionista - che ebbe il proprio rap­
presentante di primo piano in Carlo Pedroni, aderente, dopo un periodo di mili­
tanza tra le file monarchiche, al Movimento Sociale Italiano.
A tutta prima i comunisti denunciarono la cinica strumentalizzazione che
sarebbe stata messa in atto dal fronte della reazione nei confronti della massa dei
diseredati . Fomentandone la disperazione, esso ne avrebbe guidato l ' azione nel
quadro di un programma sovversivo e antidemocratico d' ampio respiro.
La presenza dei profughi entro i confini della provincia venne interpretata
dalla stampa comunista quale parte integrante d'un generale progetto destabiliz­
zante perseguito dalle potenze "plutocratiche" d' Europa e d'oltre oceano. Esso
si sarebbe esplicato nella creazione "nei punti di frizione di focolai perenni di
disordini che permettono loro di condurre in permanenza quella guerra dei nervi,
quella preparazione psicologica ad una terza guerra mondiale .. . la nostra pro­
v incia dovrebbe diventare il posto di raduno di una massa di manovra sempre
. .11
pronta a seguire gli ordini di battaglia che possono giungere da oltre oceano . . "
La concertazione di quest'offensiva, diretta, i n ultima istanza, contro "le nuove
democrazie d'Oriente", avrebbe comportato in seno al proletariato giuliano la
sostituzione delle masse consapevoli e democratiche "allontanate dai loro posti
di lavoro e dalle abitazioni" con i profughi affluenti d'oltre confi ne. Essi "spin­
ti dalla fame . . . in un momento di smarrimento" avrebbero dovuto costituire, negli
intenti di ristretti ma potenti circoli reazionari, il "nucleo centrale" d'un eserci­
to anticomunista. Nonostante la stampa di sinistra proclamasse l ' avvenuto falli­
mento di tale disegno imperialista, data l ' assunzione degli esuli - " . . . immessi
nelle nostre officine a contatto con i nostri operai . . . " - alle posizioni comuni­
2
1
ste " . . .quasi per legge fisica . . " , l ' atteggiamento della base social-comunista
.

1 1
"Il problema dei profughi istriani", L 'Ora dei Lavoratori, 4 ottobre 1 947.
12
Ibidem.
70 S . Ouvo, Comunisti ed e s u l i istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume X L I , 1999, p. 6 1 -89

nei loro confronti rimaneva permeato, quanto meno, da un' i ncoercibile diffi­
denza. La caratterizzazione degli esuli quali nemici politici, veniva presentata
dai quotidiani della sinistra, solo come un potenziale pericolo successivamente
sventato. In realtà essa trovava un concreto pendant nella massiccia partecipa­
zione dei profughi istriani , tra le file della destra, ai numerosi e cruenti scontri
che, divampati tra gli opposti schieramenti al momento della smobilitazione del
Governo M i litare Alleato, non erano mai venuti meno, e trovavano, ora, in occa­
sione delle prossime consultazioni elettorali , nuovo vigore: "I comunisti (del
problema degli esuli) ne parlavano i l meno possibile, gli altri invece conduce­
vano una battaglia forsennata. Molti degl i esuli erano tra coloro che si batteva­
no nelle strade contro i comunisti . . . l ' esule aveva la grinta, aveva l ' anticomuni­
smo, l ' odio antij ugoslavo e noi eravamo i difensori della Jugoslavia. Era un
paese che si era riscattato con gran sacrificio di sangue, e per noi era un model­
lo di democrazia nuovo, non era il modello sovietico, ma neppure la restaura­
zione della vecchia democrazia italiana." . 1 3 U na "gazzarra" scoppiata a Grado
nel settembre '47 - in occasione d' una delle numerose manifestazioni d ' i talia­
nità organizzate al momento del passaggio dei poteri tra i l Gma ed il Governo
italiano - cui prese parte anche un nutrito numero di esuli , diede occasione
all' organo dei comunisti goriziani di forzare la linea di moderazione, se non di
condiscendenza, ufficialmente perseguita nei loro confronti e d ' indulgere ad una
durezza di toni che probabilmente rispecchiava più autenticamente i sentimenti
nutriti dalla base: "Agli esu l i diciamo solo: per un anno siete stati nostri ospiti,
mai siete stati provocati da nessuno . . . nessuno vi darà noie come non ve le ha
date in passato, ma accontentatevi a fare la parte degl i ospiti. Ai fatti nostri ci
pensiamo noi perché nessun altro ne ha il diritto." 1 4
L'esodo e la pugnacità disperata dei profughi istriani fu solo una delle molte
drammatiche ripercussioni che la ridefi nizione del confine orientale sortì sugli
equ i libri politici nella provincia di Gorizia e sui rapporti di forza che la guerra
di l iberazione sembrava aver definitivamente consolidato.
Allorché il Partito comunista italiano si schierò a favore della firma del trat­
tato di pace, i l ritorno della provincia all' Italia rappresentò una cocente delusio­
ne per chi, avendo aderito, nel settembre del '45, alla risoluzione del Partito
comunista della Regione Giul ia, aveva combattuto affinché i l Goriziano entras­
se a far parte della repubbl ica federativa j ugoslava. Delusione che avrebbe

1 3 Colloquio dell' autore con Silvino Poletto, Gorizia 1 995.


14 I n L 'Ora dei Lavoratori, l settembre 1 947.
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume X I I , 1 999, p. 6 1 -89 71

i ndotto alcune centinaia di operai monfalconesi a passare la linea Morgan nella


ricerca oltre confine del regime d' uguaglianza economica e giustizia sociale per
cui avevano lottato in patria e che solo la realizzazione del socialismo reale
avrebbe assicurato. La soluzione della vertenza nazionale a favore delle tesi ita­
liane comportò, per i comunisti giuliani, il venir meno d'un obiettivo program­
matico prioritario. Ciò i mpose loro il perseguimento d ' un riassetto del proprio
ruolo entro un contesto i stituzionale al cui consolidamento avevano per altro
collaborato, nonché il concepimento d' una strategi a politica da cui esulasse la
dinamica dello scontro diretto: "Fu un periodo d' altalena, tra noi si discuteva sul
modo in cui andare all ' impatto con l ' Italia, bisognava predisporre le condizioni
affinché l ' ingresso nell ' Italia fosse ordinato . . . ". 15 Fu nel corso d ' un siffatto pro­
cesso di transizione che si registrò - tra il 1 0 febbraio 1 946 ed il 1 5 settembre
1 947 - un' intensa recrudescenza delle violenze nazionaliste. Esse si abbattero­
no sulle Case del Popolo - il 1 5 settembre venne devastata la casa del Popolo
di Gradisca d' Isonzo 1 6 - , ma anche, e spesso i ndiscriminatamente, sulle abita­
zioni di semplici militanti ed i scritti : il 1 6 settembre 1 947, a Ronchi una bomba
incendiaria distrusse la casa del contadino comunista Antonio Volpat: " . . . una
squadra di fascisti montati su una vettura, verso le ore 2 1 gettarono delle bombe
incendiarie nell ' abitazione del compagno Volpat Antonio di Ronchi provocando
l ' i ncendio dell'edificio colonico . . . Nulla è stato salvato dall' ira del fuoco .. .i
comuni sti di Ronchi però hanno dimostrato lo spirito che li anima, con lavoro
d' assalto hanno iniziato la ricostruzione del caseggiato." 1 7 "L' Ora dei Lavora­
tori" registrò, tra il 1 7 ed il 30 settembre 1 947 il verificarsi di ben 27 attentati
nel solo Monfalconese. 1 8 L' interpretazione data a questo fenomeno è controver­
sa. Leggervi una mera fiammata di pulsioni neofasciste sol lecitate da sentimen­
ti di vendetta ed i ntenti di rappresaglia legittimati a manifestarsi dal ritorno del­
l ' ammjnistrazione italiana, può essere fuorviante. Ciò condurrebbe non tanto a
sottovalutare l ' effetto disgregatore che una tale ondata di violenza sortì nei con­
fronti d ' un movimento operaio ancora molto forte ma colto in un periodo di rela­
tivo disorientamento, quanto a precludere la possibilità di cogliere i l significato
politico generale da attribuire agli attentati del l ' autunno '47. Essi non costitui­
rono soltanto l' espressione sconnessa e violenta d'un estremismo isolato, bensì

15
Colloquio del l ' autore con S i l v ino Poletto, Gorizia
1 995.
16
"Atto incivile e vandalico", L 'Ora dei Lavoratori,
4 ottobre 1 947.
17
"A Ronchi i compagni al lavoro", L 'Ora dei Lavoratori, 13 dicembre 1 947.
18
"Nel Monfalconese 27 bombe in 14 giorni. Le autorità stronchino il terrorismo", L'Ora dei
Lavoratori, 4 ottobre 1 947.
72 S. Ouvo, Comunisti e d esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume X I I , 1 999, p. 6 1 -89

la manifestazione - da parte di frange oltranziste, e forse anche non del tutto


controllabili - d'un sentimento nazionale - o patriottico o nazionalista, a
seconda delle interpretazioni - che i nformava articolate organizzazioni di
matrice resistenziale e che andava rapidamente coagulando intorno a sé la gran
parte del l ' opinione pubblica giuliana. Fu un processo che evolse repentinamen­
te e che non assurse mai alla dignità di fenomeno da dibattere in ambito nazio­
nale. Terreno di scontro circoscritto al contesto locale, esso fu pesantemente
influenzato dagli schemi mentali e dalla peculiare fisionomia che, entro la pro­
vincia isontina, connotavano gli opposti schieramenti. I partiti del Fronte
Popolare - che scontarono per l ' ennesima volta il proprio isolamento dai cen­
tri della politica nazionale - si videro sprovvisti degli strumenti atti ad i nter­
pretare correttamente la natura d ' un movimento che, accreditando la militanza
anticomunista quale corollario del l ' i mperativo nazionale - il cui radicamento
tra la popolazione essi probabilmente sottovalutarono - si andava espandendo
a macchia d ' olio. Lo schieramento nazionale trovava espressione nella Lega
Nazionale di Gorizia, nell ' Associazione Giovanile Italiana (AGI) e nella Divi­
sione Gorizia, struttura paramilitare semiclandestina.
A quest' ultima organizzazione, cui venne spesso imputata la regia del l ' atti­
vità terroristica nella regione - e nel Monfalconese in particolare - credo sia
opportuno dedicare attenzione. Ciò non tanto per porre la vexata quaestio del
ruolo che essa giocò nella messa in atto dei numerosi attentati dinamùardi, -
controversia tuttora aperta, e che sarebbe irrealistico pretendere di dirimere qui
- quanto per l umeggiare, nel tentativo di sottrarsi a facili schematismi, il sub­
strato ideologico e le ragioni politiche sottesi alla linea d' azione che essa perse­
guì nel la propria opera di contenimento del movimento e delle forze social­
comuniste. Ideologia, ragioni, e metodi che avrebbero fruito delle recenti incer­
tezze programmatiche connotanti l ' intera sinistra giuliana e delle tradizionali
carenze strutturali - prima fra tutte una caratterizzazione quasi esclusivamente
operaista - proprie, in particolar modo, della sinistra monfalconese. Entro un
clima politico generale che assisteva al rapido cristallizzarsi della contrapposi­
zione tra blocchi - e con l ' entrata della provincia a far parte integrante della
compagine occidentale - i comunisti isontini furono colti impreparati da un' of­
fensiva di tale violenza - ma anche di tale seguito - che nel volgere di pochi
mesi, sarebbe stata in grado di mettere la sordina al movimento operaio piì:l
avanzato, e di costringerlo alla recessione dalle posizioni di vantaggio acquisite
durante la resistenza in vaste zone dell a sini stra Isonzo.
La Divisione Gorizia si configurava nella sua genesi, come il portato del
rapido processo di decantazione di diffuse istanze nazionali , che, propugnate da
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume Xli, 1 999, p. 6 1 -89 73

componenti, in tal senso, fortemente ideologizzate, erano rimaste latenti in seno


alla resistenza nella misura in cui essa si era opposta alla politica dello "scorpo­
ro" della provincia dallo Stato italiano, implicita nella costituzione dell'
Adriatisches Kiistenland. Essa si costituì probabilmente in occasione della dife­
sa della città - il 29 e 30 aprile 1 945 - dal contingente cetnico d' appoggio alla
Wermacht in ritirata dal fronte sloveno, e rappresentò il frutto dei primi colle­
gamenti tra i nuclei armati mobilitatisi in opposizione alla "strategia "antiitalia­
na" perseguita, dopo il tracollo del Litorale Adriatico, dal Fronte di Liberazione
sloveno e dalla componente comunista filojugoslava. La sua nascita e successi­
va attività si inserì in un contesto caratterizzato da un timore diffuso, a ridosso
del confine ancora in fieri, d'un colpo di mano comunista.
Essa si trovò al centro d' una fitta rete di collegamenti che dipanantisi in
ambito sia nazionale sia locale, le assicurarono l ' organico appoggio di ambien­
ti militari, governativi, nonché d' organizzazioni patriottiche sorte durante la
resistenza. Ciò la confermò nel proprio ruolo di forza d' urto entro il fronte
nazionale italiano che avrebbe assunto a partire dal marzo '46 un ruolo di sup­
plenza nei confronti della labi le linea politica espressa, in seno al Cln, dai parti­
ti ital iani di recente formazione. Rapporti più o meno diretti, la Divisione strin­
se con i ministeri della Difesa-Esercito e degli Interni - con cui operò "in per­
fetta intesa" 1 9 lungo il confine orientale - ma anche con le forze alleate -
soprattutto statunitensi - presenti in città, e con l ' Associazione Partigiani ita­
liani. Comprendere la natura di tali connessioni, tuttora oggetto di discussione,
rappresenta la necessaria premessa alla messa a fuoco del ruolo giocato dal lo
schieramento nazionale sul proscenio politico giuliano dal '45 alla fine del '4 7.
L'attività perseguita dalla Divisione Garibaldi induce a scartare un' interpreta­
zione tesa a configurarla quale mera propaggine operativa, nella Zona A, del­
l ' amministrazione militare e civile italiana. Essa fruì i ndubbiamente dell ' appog­
gio logistico e d'un congruo sostegno economico - devoluto tramite l ' Ufficio
Zone di Confine della Presidenza del Consiglio - da parte del Governo italia­
no, ma nacque sotto l ' urgere di istanze ideologiche e nazionali nutrite delle
peculiari traversie belliche sofferte dalla provincia giuliana e si attenne ad una
linea strategica che non si esaurì nel concepimento d' operazioni di carattere
prettamente militare. Essa di concerto con l ' Agi - con cui detenne un rapporto
di "complementarità" espresso anche nella condivisione di medesimi elementi

19 R . SPAZZALI , Gorizia 1 945- 1 948. La difesa dell 'identità italiana con la "Divisione
Volon/ari Gorizia ", Gorizia 1 99 1 , p. 22.
74 S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume XII, 1 999, p. 6 1 -89

- e, in base ad una col laborazione meno assidua, con l ' Api ed il Cln, intrapre­
se un braccio di ferro dai risvolti spesso cruenti - con il fronte filoj ugoslavo
individuato nel l ' Associazione Partigiani Giuliani, nel l ' Uais e, sino al 1 948, nel
Pci. Scontro, questo, che rappresentò l 'estrema conseguenza della sempre laten­
te scissura in seno al fronte resistenziale giuliano tra gli obbiettivi propriamente
politici e le aspirazioni di carattere nazionale. In questo contesto, i comunisti ita­
liani, all ' indomani della firma del trattato di pace, si videro costretti a rimettere
in discussione la linea politica tenacemente perseguita fino ad allora, mentre lo
schieramento avverso, senando le proprie file di fronte all' ipotesi d'un colpo di
mano titoista, s ' impegnava in una vasta opera di mobilitazione popolare imper­
niata sulla difesa dell ' identità italiana - e quindi anticomunista - della pro­
vincia. La difesa dell ' italianità fu un fattore d' aggregazione del consenso estre­
mamente efficace sostenuta da un'organizzazione propagandistica pervasi va e
capillare. Essa si esplicò nella diffusione di volantini e nella diffusione di pro­
clami che trovarono ampio spazio su numerosi quotidiani locali - quali "Il
Lunedì", "L' Informatore", "Messaggero Veneto", "L' Emancipazione", "L' Idea
Repubblicana", "La Voce Libera", "L' Uomo della Strada", "Il Giornale di
Trieste" - e vasta eco sulle frequenze di "Radio Venezia Giulia". Si trattava di
messaggi semplificati, ridotti a parole d' ordine o slogans di facile effetto e sicu-

L A S T O tll ..\ �O� S I C A N C E L L A

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Testate di alcune pubblicazioni degli esuli


S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume X U . 1 999, p. 6 1 -89 75

ra presa su una popolazione quanto mai sensibile ai temi del futuro assetto sta­
tale. Un tale programma politico riassunto in contrapposizione ideologica, scon­
finante, a tratti, nello scontro etnico, si prestò, data la sua stessa elementarità, ad
una subitanea assimilazione da parte del l ' opinione pubblica moderata. Ciò
soprattutto nella misura in cui fu propugnata da uno schieramento politico com­
patto ed articolato in un' opera di proselitismo che andava dal la devoluzione di
fondi "a pioggia" a favore di ex prigionieri di guerra, famiglie di partigiani indi­
genti , divisionari detenuti, del Comitato Esuli . . . al l ' organizzazione d' operazioni
di carattere militare. Operazioni, queste, che - svil uppatesi in funzione difen­
siva nei confronti di analoghe azioni concepite da formazioni filoj ugoslave -
avrebbero assunto un peso ri levante nel la pressione psicologica esercitata su un
movimento operaio che andava disarticol andosi, ma che sarebbe fuorviante l eg­
gere unicamente come ingerenza violenta sponsorizzata da ambienti governati­
vi nel contesto politico locale, o come il frutto di attentati perpetrati da frange
neofasciste accreditatesi presso le organizzazioni nazionali. Esse, anche nel
momento in cui assunsero le caratteristiche degli attentati dinamitardi di matri­
ce terroristica perpetrati ai danni di sedi di partiti ed abitazioni di privati cittadi­
ni - ammessa come lecita una loro attribuzione alla Divi sione Gorizia -, trova­
rono una precisa collocazione nel convulso contesto politico isontino. Furono la
manifestazione estrema ma tutt'altro che isolata e fine a sé stessa, d'una tempe­
rie ideologica che permeava larghi strati dell ' opinione pubblica e che, convo­
gliata dalle organizzazioni nazional i, si distillò nella difesa dell ' identità italiana
della regione. Imperativo che, sufficiente a compattare un ampio spettro di forze,
assurse ad obbiettivo programmatico ed a elemento propagandistico eccezional­
mente efficace nel corso d' una battaglia politica, al la fi ne, vincente: "Lo schie­
ramento italiano era unificato dal nome Italia! Italia! Italia ! , tu eri prima italia­
no poi eri democristiano, li berale, socialdemocratico o missino . . . " . 20 La difesa
dei confini orientali ed il timore d' una rivincita titina che avrebbe condotto ad
un' altra "tragedia rossa" si tradusse, anche dopo la firma del trattato di pace -
aval lato dai comunisti giul iani - i n un' attività anticomunista d' ampio respiro,
fondata su una distinzione tra antagonista politico e nemico nazionale che si
mantenne, praticamente sino al l 948, molto labile. Fu una battaglia politica
rovente che diede modo alle associazioni nazionali di fruire d' una notevole
libertà di movimento e dei cui esiti avrebbe beneficiato, in ultima istanza, il par­
tito cattolico.

2° Colloquio dell 'autore con Silvino Poletto, Gorizia 1 995.


76 S. Ouvo, Comunisti e d esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume XIJ, 1 999, p. 6 1 -89

Questa struttura concepita al fine di controbi lanciare l ' attivismo dell e orga­
nizzazioni social- comuniste e fi lojugoslave dominanti nel basso Isontino, si
rivelò molto efficiente nell ' esplicare un' incisiva opera d' interdizione nei con­
fronti d ' una sinistra che assisteva ormai all ' esaurimento della spinta propulsiva
impressale dalla guerra di liberazione. I partiti del Fronte Popolare, riferimento
pressoché esclusivo d ' un movimento operaio stretto nella morsa d ' una gravissi­
ma crisi economica, erano impegnati nella ridefinizione d ' un proprio ruolo, che,
nel l ' ambito del mutato contesto politico generale, andava risolvendosi in un
ripiegamento a difesa delle proprie posizioni. Anche nel mandamento di
Monfalcone, quindi, la sini stra andò rapidamente perdendo il monopolio del l ' i ­
niziativa politica conqui stato durante la Resistenza mentre "si assiste ad un
primo spostamento del baricentro pol itico del territorio verso una nuova area,
2
ora saldamente connessa alla città (di Gorizia)". 1 L' area del consenso social­
comuni sta, definitivamente costretta ad est dell ' I sonzo sarebbe stata sottoposta
ad un rapido processo d' erosione i cui esiti avrebbero avuto modo di manife­
starsi piuttosto cl amorosamente nell' aprile del ' 48.
Il Partito comunista italiano - e, in subordine, il Partito sociali sta - non
colsero se non con notevole ritardo le dimensioni e soprattutto l' irreversibilità
d ' un tale riassetto dei rapporti di forza. Ciò va imputato innanzitutto ad un' erra­
ta val utazione da parte del Fronte Popolare, del l ' entità del proprio peso politico
e radicamento tra la popolazione. La "fatale convinzione di una sicura vittoria",
per altro comune a tutta la sinistra italiana, era corroborata, nel Monfalconese,
da riscontri apparentemente incontrovertibili. A prescindere dal le previsioni
alquanto ottimistiche circa l ' esito de l le consultazioni primaverili espresse
dai i " 'Unità", la compagine social-comuni sta poteva contare, nel 1 947, sul l ' ap­
poggio di un movimento operaio fortissimo inquadrato nel i ' Uais, organizzazio­
ne che nel Monfalconese contava 1 4 .000 iscritti. Tuttavia la coesione
del l ' Unione Antifascista Italo-Slovena veniva gravemente compromessa dal l ' a­
vallo concesso dai comunisti italiani ad un trattato di pace che reintegrava la
provincia di Gorizia nello Stato italiano. Un mutamento di rotta, questo, certo
indispensabile ma pure repentino e tale da determinare in seno ad un elettorato
tradizionalmente compatto, l ' insorgere di posizioni marcatamente differenzi ate
se non contrastanti, e foriere d ' una fase di disorientamento pericolosa soprattut­
to perché parallela al rassodarsi d ' un ampio fronte moderato in virtù della comu­
ne professione d' italianità: "Firmato il trattato di pace all ' interno del movimen-

21 R. SPAZZALT , Gorizia 1945- 1948. La difesa . . op. cit..


S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume Xli, 1 999, p. 6 1 -89 77

to comunista si sono manifestate diverse posizioni, noi italiani dicevamo: il con­


fine sia quello che sia, è ora di finirla, perché ti accorgevi che nella battaglia per
il confine tutto si disgregava, il confine è una cosa maledetta . . . gli S loveni, poi,
avevano lottato per non essere più Italia, mentre la posizione dei comunisti ita­
l iani era: Gorizia ritorna all ' Italia, qui vige la Costituzione come in ogni altra
parte, le minoranze devono avere i loro diritti e di confine non se ne parli più"?2
Lo schieramento frontista, nella difficile opera di ricomposizione delle proprie
scissioni interne, si impegnava ad accreditare di fronte al proprio elettorato, il
nuovo contesto istituzionale italiano quale affidabile garante delle conquiste
democratiche portate dalla resistenza: "La funzione del partito era dimostrare
quale Italia portavi a queste popolazioni, non più l ' Italia del 1 9 1 9- 1 922, ma
l ' Italia che varava l a Costituzione ... un modello che si contrapponesse a quello
grettamente nazionalista ma che salvasse anche l' italianità". 23
Si trattava in ogni caso d' una reimpostazione programmatica complessa da
espletare i n tempi ristretti. Ciò fece sì che proprio nel momento i n cui la sinistra
isontina accettò - o fu costretta ad accettare - il presupposto dell ' appartenen­
za della provincia allo Stato italiano, essa si rivelasse particolarmente vulnera­
bile nei confronti d ' un avversario politico che nella difesa della causa naziona­
le aveva i l proprio cavallo di battaglia. È interessante rilevare come proprio
costoro rappresentassero sovente il bersaglio dei numerosi attentati dinamitardi
che costellarono la provincia nel settembre '47 . 11 27 settembre 1 947 usciva sulle
pagine de "L' Ora dei Lavoratori" un' analisi che denunciava il significato politi­
co assunto dalle "bombe fasciste", atte a scompaginare la nascente - ma in real­
tà alquanto evanescente - "unità dei lavoratori democratici": "La reazione
imperialista ha il suo piano, il quale consiste nel l 'isolare i l proletariato dai suoi
alleati, di i mpedire cioè che altri strati sociali si alleino alla massa proletaria.
Questo piano in definitiva, vorrebbe raggiungere l ' isolamento del partito comu­
nista e impedire le alleanze con i democratici . . . questa politica di u nità del par­
tito comunista è l ' arma più potente per impedire la realizzazione dei propositi
antidemocratici della reazione. Perché tanto accanimento contro elementi del
ceto medio che m i litano nelle file del l ' antifascismo?". 24
Questa diagnosi si dimostrava fondata nel l ' attribuire agl i attentati la funzio­
ne di inibire, tramite l ' intimidazione, l ' attivismo dei m i litanti comunisti. Essa

22 Colloquio del l ' autore con Silvino Poletto, Gorizia 1 995.


23 Ibidem.
24 "Perchè viene colpito il ceto medio", L'Ora dei Lavoratori, 16 agosto 1 947.
78 S. Ouvo, Comunisti e d esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume XII, 1 999, p . 6 1 -89

mal celava, tuttavi a, una sostanziale incapacità a delineare la fi sionomia e mi su­


rare la forza della non megl io definita "reazione imperialista". La paternità degli
attentati veniva costantemente attribuita a residui elementi fasc isti, privi del ben­
ché minimo seguito, ma sostenuti finanziariamente dal grande capitale e tutela­
ti da una pol izia compiacente: "Il continuo lancio di bombe lascia i ntravedere
chiaramente quali siano gli scopi che la reazione vorrebbe raggiungere. Essa
vuole mantenere le masse sotto la pressione neofascista con il terrore; la reazio­
ne ha perduto la sua battaglia politica e vorrebbe rifarsi con quella del terrore,
ma si sbaglia . . . con il lanci o di bombe questi scalmanati continuatori delle gesta
squadristiche si stanno smascherando per quello che sono cioè fascisti ! " ?5 La
lettura delle aggressioni e delle violenze non mutò sia che ne venisse a soffrire
il negozio d ' un commerciante comunista in piazza del Mercato, sia che ne fosse
vittima Gi ordano Pratolongo, membro della Direzione centrale del partito e
26
deputato alla Costituente - aggredito da "venti fascisti"
nell ' agosto del ' 47 a
Monfalcone. I rappresentanti del Fronte popolare guardavano con apprensione
crescente al moltiplicarsi degli atti terroristici - nel gennaio '48 veniva denun­
ciata, tra l' altro, la diffusione clandestina nel mandamento, del foglio d' estrema
destra "Rocca d ' Italia" - ma l ' i nterpretazione sostanzialmente riduttiva che ne
fornirono sulle pagine della propria stampa, non rappresentava soltanto il frutto
d'un mero calcolo elettorali stico. Essi si rapportavano alla nuova ondata di vio­
lenza, applicando ad essa i parametri interpretativi tratti dalla lotta antifascista
sostenuta durante i pri mi anni venti: "Noi li chi amavamo "vandal i", ma la real­
tà delle cose ci dimostrava che il problema nazionale stava diventando tragico.
Molti compagni di Monfalcone a tutt'oggi non vogliono ammettere il crollo del
nostro movimento, non riconoscono la responsabilità soggettiva della grave
sconfitta subita dal movimento operaio . . . nel quadro politico generale c ' era
ormai un riflusso di tutte le conquiste, anche ideal i , che avevamo ottenuto con
la guen-a di l iberazione. Il movimento operaio più avanzato, con le tradizioni più
rivoluzionarie, in seguito a questa fase politica in cui si dovevano definire i con­
fini, è stato messo ai margini, è stato l i mitato sempre di più nel la sua attività . . . ma
il Pc i non aveva scelto la strada dello scontro diretto, ed attendeva, rivendica­
va . . . " . 2 7 Ogni bomba esplosa veniva inserita entro uno schema interpretativo che

25 Nel Monfalconese 27 bombe. . . , op. cit.


26 "Il compagno Pratolongo aggredito da neofascisti a Monfalcone", L 'Ora dei La voratori,
1 6 agosto 1 947.
27 Colloquio del l ' autore con Silvino Paletto, Gorizia 1 995.
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume Xll, 1 999, p. 6 1 -89 79

integrava il canonico rapporto tra violenza squadristica e grande capitale con il


ruolo, ora assunto dagli Stati Uniti, di promotori della reazione a livello inter­
nazionale. Mentre "sia a Gorizia che a Monfalcone i comizi di 4.000-5.000 per­
28
sone venivano regolarmente sbaragliati dai gruppi (fascisti)", i partiti comuni­
sta e socialista chiamavano a raccolta il proletariato giuliano affinché serrasse le
file di fronte alla "montante onda nera": "Un gigante in marcia verso il raggiun­
gimento della propria meta non può commuoversi al ringhio di quattro cani
29
rognosi.". Ciò che fatalmente sfuggì all'analisi della sinistra fu il massiccio
potere mobilitante assunto dalla controversia nazionale, nei confronti di ampi
strati della popolazione intimiditi dalla contrapposizione frontale e violenta che
andava caratterizzando la contesa politica ed impossibilitati a distinguere tra
opzione nazionale e scelta ideologica. Fu il terreno fertile su cui s'articolò l'at­
tività della "Divisione Gorizia" e che fornì ampia libertà d'azione alle organiz­
zazioni afferenti al blocco nazionale. Esse se fruirono dell'appoggio alleato e
governativo non si configurarono solo quale grimaldello usato da entità politi­
che estranee al tessuto connettivo socio-politico giuliano, a danno delle masse
social-comuniste. Costituirono bensì l'espressione di aspirazioni, timori, idio­
sincrasie che troppo a lungo i vertici dello schieramento frontista giuliano con­
siderarono erroneamente retaggio di ristretti circoli reazionari. Allorché fu evi­
dente l'ampio seguito riscosso da una campagna elettorale pesantemente affida­
ta alla difesa dei confini, la sinistra fu incapace di opporre ad essa un'alternati­
va che potesse prescindere dalla controversia nazionale e contemporaneamente
essere gradita all'elettorato non comunista. L'entità del "riflusso" sofferto dal
movimento operaio e da tutto lo schieramento social-comunista si poté misura­
re il 1 8 aprile 1948. Le prime elezioni cui la provincia partecipò segnarono il
rapido trascorrere da un precario equilibrio politico e sociale, apparentemente
prossimo alla guerra civile, al consolidamento pressoché definitivo dell'egemo­
nia democristiana e cattolica nell'Isontino.
Sulla piccola e periferica Federazione gravata da un pesante isolamento in
seno al contesto politico e sociale locale, costretta tanto dagli attentati dinami­
tardi, quanto dal recente responso delle urne, ad attingere la messe dei propri
consensi quasi esclusivamente ad est deli'Isonzo, si abbattè nel volgere di due
mesi un nuovo evento traumatico destinato a mettere ancora una volta in dis­
cussione la politica da essa fino ad allora perseguita ed a portare in dote nuovi

28 Ibidem.

29 "Non contro Cristo ma per i Consigli di gestione", L 'Ora dei Lavoratori, 1 3 marzo 1948.
80 S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume Xli, 1 999, p. 6 1 -89

accadimenti del tutto imprevisti, drammatici e disorientanti. Con la risoluzione


del 28 giugno 1 948, l'Ufficio di informazioni espelleva dal proprio seno il
Partito Comunista jugoslavo. Si trattò dell'esito clamoroso ed inaspettato d'una
30
crisi che nel volgere di pochi mesi assisté al passaggio della Repubblica fede­
rativa jugoslava da "alleato più fedele e più forte" dell'Unione Sovietica a tra­
ditrice e transfuga della causa socialista..
La notizia del tradimento perpetrato da Tito ai danni della causa comunista
colse la sinistra isontina, come abbiamo visto, all'atto d'un delicato passaggio.
Essa si poneva come tutrice dei valori di giustizia sociale e democrazia progres­
siva- affermatisi durante la Resistenza- entro una compagine statuale che
aderiva al modello politico ed economico occidentale. Ciò nei confronti d'un
elettorato social-comunista che guardava alla finitima repubblica federale come
al paese che aveva assistito, dopo una cruenta lotta di liberazione, all'instaura­
zione del socialismo, nel cui nome aveva combattuto. D'altro canto però, i
comunisti giuliani avevano sofferto pesantemente- e le recenti elezioni politi­
che ne rappresentavano una prova eclatante- della condivisione della medesi­
ma ideologia- e fino allo scioglimento del Pcrg, della medesima linea di con­
dotta politica- con un paese che contendeva all'Italia la sovranità sulla pro­
vincia di Gorizia. Ora il configurarsi del titismo quale posizione ideologico-poli­
tica deviazionista rispetto alle direttive dell'Ufficio d'informazione- e quindi
dell'Urss- permetteva, o meglio, imponeva ai comunisti italiani un immedia­
to abbandono della sofferta condotta filojugoslava. Ciò avrebbe implicato per i
comunisti isontini- è la tesi sostenuta da Vezil - la rimozione dell'ostacolo
maggiore al proprio inserimento nel novero degli assertori dell'unità nazionale.
Le iniziative antititine promosse dai corninformisti italiani gravarono per la gran
parte sul Partito comunista del Territorio Libero di Trieste, ed è significativo
rilevare come l'organo dei comunisti triestini devolvesse nella polemica antiju­
goslava, un impegno ben maggiore rispetto all'attività perseguita in tal senso dal
settimanale della federazione goriziana. Ciononostante i comunisti della provin­
cia non poterono sottrarsi al coinvolgimento diretto nello scontro con la repub­
blica federale jugoslava, allorché le enclaves italiane- stabilitesi a Fiume ed in
poche altre località- costituite per una parte consistente da operai del cantiere
di Monfalcone, formarono in territorio jugoslavo altrettanti attivi gruppi comin-

30 Ancora nel novembre del '47 la "Pravda" aveva attribuito alla Jugoslavia un ruolo di tutto
rilievo nell' ambito del campo socialista, vedi A. GUERRA, Gli anni del Cominfonn Milano ,

1 977, p.l62.
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume X I l, 1999, p. 6 1 -89 81

formisti, e furono, come tali, ben presto fatte oggetto di arresti e deportazioni.
L'organo dei comunisti triestini, "Il Lavoratore" si impegnò in una violenta cam­
3
pagna che univa alla denuncia dell'indirizzo "sfrontatamente antisovietico" 1
che avrebbe assunto il regime titoista, le accuse di "nazionalismo borghese" e
32
"sciovinismo antiitaliano della peggior specie". Sarebbe tuttavia errato consi­
derare lo sviluppo d'una tale polemica - connotata da un'estrema durezza di
toni - soltanto come "il frutto della cieca obbedienza alle imposizioni sovie­
33
tiche".
Essa fu anche l'espressione di un disagio, fino ad allora latente, sofferto dai
comunisti giuliani di fronte alla caratterizzazione nazionale assunta dal rivolu­
zionarismo jugoslavo sin dal suo primo apparire. Una contraddizione che aveva
visto l'internazionalismo propugnato dai comunisti italiani, costantemente
recessivo. Il ruolo che il Pcj aveva assunto nel corso della guerra di liberazione
era tuttavia valso a far passare ampiamente sotto silenzio i sottintesi e le ambi­
guità che avevano connotato la sua condotta politica. All'indomani della diffu­
sione della nota informativa del 28 giugno, però, la contrapposizione tra comu­
nisti italiani e jugoslavi divenne irreversibile e, nella misura in cui coinvolse gli
operai monfalconesi spostatisi oltre confine, drammatica. Le traversie dei lavo­
ratori italiani in Jugoslavia informarono sin dall'inizio la polemica antijugosla­
va. Gli operai isontini confluiti a Fiume in qualità di emigrati politici, rivendi­
carono la propria fedeltà all'Unione Sovietica nel corso di convegni- il primo
organizzato al teatro "Partizan" e presieduto da Regent - e riunioni ristrette cui
parteciparono, insieme al presidente della Repubblica croata Bakaric, diversi
esponenti del partito jugoslavo. È possibile seguire lo svolgimento degli avve­
nimenti basandosi unicamente sulla stampa comunista italiana, fonte ovviamen­
te di parte, ma comunque indispensabile per cogliere, nell'atteggiarsi della pole­
mica, il precipitare di mai sanate contraddizioni e le modalità del difficile riasset­
to programmatico di fronte ad un elettorato da sempre fedele al mito iugoslavo.
Portavoce dei comunisti monfalconesi fu Angelo Comar, già vicepresidente
del Comitato di liberazione della Venezia Giulia. Egli, nel corso d'una riunione
presso la sede del comitato cittadino del Partito comunista, stigmatizzò il "tra­
dimento" jugoslavo come il portato di germi nazionalisti congeniti al partigia­
nesimo titino, e che i comunisti italiani avevano sempre combattuto: ". . . Nel

31 "La 'Borba' insulta Stalin", Il Lavoratore, 5 ottobre 1948.


32 "Bestialità dei Trozkisti a Fiume", Il Lavoratore, 5 ottobre 1 948.
33 Tbidem.
82 S . Ouvo, Comunisti e d esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume X l i , 1 999, p . 6 1 -89

corso della riunione il compagno Comar ebbe un contegno veramente ammire­


vole. Egli protestò, prima di tutto per gli arresti dei compagni internazionalisti e
particolarmente di operai del Monfalconese...difese con forza l'orientamento
internazionalista, sempre stato tale, delle masse operaie del Monfalconese e fece
presente a Bakaric che già durante la guerra di liberazione si notava il naziona­
lismo latente contro cui gli operai speravano che il partito comunista jugoslavo
4
avrebbe saputo combattere.". 3 Comar ed altri compagni che non ebbero modo
di passare il confine vennero deportati in Bosnia. Da allora in avanti gli organi
comunisti si associarono alla stampa governativa nel denunciare i soprusi e le
discriminazioni antiitaliane perpetrate dalla "cricca di Tito e Rankovié, (che) usa
5
i metodi della Gestapo e (riempie) come un alveare la prigione di Belgrado". 3
Tuttavia il repentino passaggio da un rapporto d'amicizia e collaborazione
allo scontro frontale con gli ex compagni, fu per i social-comunisti della pro­
vincia, tutt'altro che indolore. La sinistra isontina, organizzata nell'Uais e poi
nel Partito comunista della Regione Giulia, aveva a lungo mantenuto una fisio­
nomia multietnica. Il ricordo del decisivo contributo prestato dall'XI Corpus
durante la guerra di liberazione era ancora ben netto, mentre la Jugoslavia socia­
lista aveva rappresentato, sin dalla sua costituzione, un modello da emulare. La
notizia del tradimento perpetrato da Tito fu uno shock al quale i comunisti gori­
ziani reagirono con incredulità. Ritengo significativa, a questo proposito, la
testimonianza prestata da Silvino Poletto, che ebbe modo di seguire in prima
persona il sofferto dibattito che impegnò i comunisti goriziani in seguito alla dif­
fusione della risoluzione di Praga: "Subito dopo le elezioni del '48 mi recai a
Frattocchie, alla scuola centrale dei quadri comunisti, e ci rimasi fino all'inizio
di dicembre. Ricordo che noi della scuola insieme all'apparato della direzione,
partecipammo ad una riunione al quinto piano di Botteghe Oscure, dove Pietro
Secchia, segretario organizzativo, e Luigi Longo illustravano il significato della
risoluzione dell'Ufficio d'informazione contro la Jugoslavia. Lei può immagi­
nare l'effetto ... per gli altri, per il rappresentante napoletano o per quelli di altre
parti d'Italia, questa notizia aveva scarso significato, nessun riferimento con la
loro storia. Ma per noi fu una notizia drammatica, coinvolgeva tutto ciò che ave­
vamo fatto nel bene e nel male. Noi Goriziani eravamo gli unici rappresentanti

3 4 "Internato in Bosnia il compagno Comar. Ha difeso di fronte a Bakarié l'internazionalismo


degli operai monfalconesi", Il Lavoratore, 7 ottobre 1948.
35 "La cricca di Tito e Rankovié usa i metodi della Gestapo. Piena zeppa come un alveare la
prigione centrale di Belgrado", Il Lavoratore, 8 ottobre 1 948.
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume Xfl, 1999, p. 61-89 83

giuliani perché allora Trieste era ancora Territorio Libero. Quando nel dicembre
cominciammo a discutere, si verificò subito una differenziazione tra noi ed i
compagni di Trieste, una differenziazione dai riferimenti molto precisi. Noi della
Federazione di Gorizia ritenevamo che la risoluzione fosse giusta, però non pen­
savamo che Tito avesse tradito ma che stesse sbagliando. Pensavamo che, nel
tentativo di riunire tutte le componenti politiche jugolave si fosse fatto prende­
re la mano dai nazionalisti, insomma che si fosse gettato in un'impresa superio­
re alle sue forze. Noi, ad esempio, cominciammo ad ammettere che una serie di
manifestazioni, tra cui l'insistenza con la quale la Jugoslavia rivendicava per sé
Trieste e queste zone, era una manifestazione di nazionalismo. Tito avrebbe
dovuto tener conto dell'interesse generale, non solo della vittoria del socialismo
jugoslavo ma della necessità di permettere che anche in Italia il Pci, per via
democratica, andasse al potere. Con il suo atteggiamento piantava grane. Faceva
parte del Partito comunista triestino Vittorio Vidali, compagno di notevolissima
statura, ma che non aveva vissuto la resistenza a fianco degli jugoslavi, aveva
conosciuto il periodo ' 20- ' 2 1 , e dopo gli scontri era scappato in Messico per sal­
varsi dalle squadre fasciste. Vidali diede un'interpretazione rigida ed affermò
che la risoluzione del Cominform era giusta, che Tito era un traditore. Quindi­
affermava- compito d'onore di tutti partiti comunisti sarebbe stato condurre la
battaglia senza rimedio contro il traditore ed il socialfascista Tito. In occasione
della seconda risoluzione dell'Ufficio d'informazioni di Bucarest, del febbraio
' 49, il segretario del partito socialista rumeno durante la sua relazione, portò una
serie di documenti dimostrando che Tito, già da molto tempo era un agente dei
servizi segreti angloamericani. Cioè uno che si era impadronito del potere diven­
tando segretario del Pc jugoslavo e, come tale aveva portato alla deriva la
Jugoslavia. Allora la parola d'ordine fu che tutti i partiti comunisti, che tutto il
fronte democratico internazionale, combattessero contro il tentativo di minare
l'unità delle forze comuniste nel mondo. Lei deve capire l'enorme prestigio di
cui allora godeva il Partito comunista sovietico, non era concepibile mettere in
discussione ciò che affermava. Quando il movimento comunista internazionale
ed i documenti ufficiali del partito ci dimostrarono questo... come si fa a non cre­
36
dere al partito.".
L'uscita del Partito comunista jugoslavo dal Cominform aveva determinato
da parte dei comunisti isontini, dopo un profondo periodo di smarrimento, un
mutamento radicale dei rapporti che li avevano fino ad allora così strettamente

3 6 Colloquio dell'autore con Si l vino Poletto, Gorizia 1995.


84 S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume XII, 1 999, p. 6 1 -89

legati agli ex alleati della guerra partigiana. Nell'arco di poco più d'un anno essi,
seguendo il percorso già battuto dalla Federazione triestina, trascorsero dall'ele­
vazione della Repubblica federale jugoslava ad esempio di compiuta realizza­
zione d'un regime democratico e popolare, alla condanna feroce e senza rime­
dio del "boia e socialfascista Tito".3 7 Mutamento di rotta drammatico, la cui
repentinità non sarebbe passata inosservata agli esponenti del fronte di centro­
destra- intenti a denunciare la strumentalità a fini propagandistici della recen­
te condotta antijugoslava assunta dai comunisti -, e che condusse la sinistra ad
indicare nei reali e presunti accordi italo-jugoslavi la prova del tradimento degli
interessi nazionali perpetrato dalla classe politica democristiana, nonché di addi­
tare in Tito il nemico comune di ogni forza autenticamente democratica al di là
di "tutte le correnti politiche ed ideologiche". 38 In seno all'elettorato isontino era
molto il terreno che, al di fuori del mandamento di Monfalcone, e in particolar
modo a Gorizia, i comunisti erano costretti a recuperare. Il peso degli ancor
recenti trascorsi a fianco degli occupanti jugoslavi sotto l'egida del Pcrg, tratte­
neva il Partito, ad ogni appuntamento elettorale nel capoluogo, al di sotto dei
duemila voti, mentre a seguito della frattura che lo aveva diviso dal regime di
Tito, i consensi dell'elettorato sloveno erano confluiti sui candidati delle liste
etniche. I comunisti goriziani tentarono quindi di sottrarsi all'impasse adottando
una strategia che si dimostrasse conforme tanto alla salvaguardia della pace,
quanto alla tutela dell'identità nazionale. Essi individuarono nel Fronte demo­
cratico degli Sloveni la propaggine operativa della politica titoista di divisione
delle forze democratiche e di fomentazione degli opposti nazionalisrni. Ciò nel
quadro d'un disegno imperialista, diretto dagli Stati Uniti, entro il quale il
"Governo clericale di Roma" e quello "fascista di Belgrado", avrebbero ormai
9
agito di concerto e su un piede di parità3 e condotto l'ancor precario equilibrio
europeo verso il baratro d'un nuovo conflitto mondiale. L'incombere d'una
minaccia di tale gravità avrebbe indotto il Partito comunista a farsi promotore
d'un dialogo, che, in nome della pace e della salvaguardia dell'identità naziona­
le- compromessa dal servilismo democristiano nei confronti dell'invadenza
0
americana -, fosse in grado di riunire in "un'unità d'intenti e d'azione"4 tutte le

37Ibidem.
3�S. POLETTO, "Tutti uniti contro l ' asse Roma-Belgrado" , L 'Ora dei Lavoratori, 19 gen­
naio 1949.
39 IDEM, È dovere di tutti denunciare il connubio Tito-De Gasperi" , L'Ora dei Lavoratori,
"

2 febbraio 1951.
40 IDEM, Tutti uniti. . , op. cit.
.
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume Xli, 1 999, p. 6 1 -89 85

forze politiche e sociali ostili alla guerra, benché sino ad allora schierate su fron­
ti opposti. Questo "al fine di sottrarre il nostro Paese da impegni antinazionali
ed affinché abbia inizio una dignitosa e ferma azione per la tutela concreta della
vita e dei diritti di 35 .000 italiani della Zona B, del Territorio Libero di Trieste
e di quelli dell'lstria, nonché per assicurare un avvenire di pace alla città di
Trieste". 41 Riconciliazione quanto mai necessaria dopo una lunga stagione di odi
e divisioni che, in base ad una ricostruzione dei fatti a dir poco approssimativa,
il segretario della Federazione goriziana Poletto imputava alla condotta sciovi­
nista degli agenti titini: "(Una pacificazione) non è né facile né semplice perché
pure in queste terre si è sviluppata nel passato l'azione provocatrice del titismo,
la quale ha agevolato i piani degli americani per cui Trieste è oggi città cosid­
detta libera mentre gli esuli ed i lavoratori rientrati dalla Jugoslavia sono diven­
tati una massa molto consistente. L'azione del titismo sotto un manto interna­
zionalista ... tende a distruggere ogni aspetto di vita democratica dei lavoratori e
dell'opinione pubblica con l'esasperazione del sentimento nazionale e negando
2
ogni spirito di civile convivenza".4
Un'interessante manifestazione dell'apertura comunista, atta a sondare le
possibilità concrete se non di un'intesa almeno d'una riduzione delle distanze
che separavano il Partito dall'elettorato moderato, è rappresentata dal breve rap­
porto epistolare - pubblicato sull' "Ora dei Lavoratori"- tra la Federazione
isontina del Pci e la sezione monfalconese dell'Associazione Nazionale Venezia
Giulia e Dalmazia, rappresentativa degli esuli istriani residenti nella provincia.
Le due lettere aperte- pubblicate con le risposte degli interlocutori, rispettiva­
mente il 1 9 ed il 26 gennaio 1 95 1 - firmate dal segretario della federazione,
3
erano dirette a "personalità, partiti, associazioni ed enti della provincia".4 Esse
sollecitavano - in conformità alla linea poc'anzi illustrata- la costituzione
d'un fronte comune di cui avrebbero fatto parte "tutti i gruppi politici, le perso­
nalità, i cittadini di ogni corrente politica e ideologica" che avessero considera­
to "essere proprio dovere e punto d'onore" impegnarsi nell'opposizione alla
corsa verso la guerra, identificata, però, nell'ormai conclamata alleanza tra il
Governo di De Gasperi ed il regime dittatoriale di Tito: "(Essi si faranno) inter­
preti dei sentimenti nazionali e delle aspirazioni pacifiche della popolazione
goriziana e monfalconese onde evitare l'alleanza con Tito, patrocinata dai fau-

41 "Contro la solidarietà delle forze reazionarie", L'Ora dei Lavoratori, 16 gennaio 1951.
42 S. POLETIO, "Tutti uniti ... ", op. cit.
43 Ibidem.
86 S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume XII, 1999, p. 61-89

44
tori di una nuova guerra". La risposta che pervenne alla redazione del settima­
nale comunista da parte dell'Associazione nazionale degli esuli sebbene venis­
se salutata di per sé stessa - e in fondo non del tutto a torto - come un suc­
cesso, non lasciava adito a dubbi circa la scarsissima disponibilità dei gruppi dei
profughi istriani, ad instaurare con i comunisti, una forma qualsiasi di collabo­
razione. Se essi diffidavano il Governo italiano dallo stipulare accordi con Tito
prima che questi avesse restituito il "maltolto", escludevano categoricamente la
possibilità di costituire assieme al Pci una forza di pressione comune in funzio­
ne antioccidentale, e denunciavano la doppiezza della proposta comunista quale
contingente manifestazione di meschino opportunismo politico: "Tutte le vostre
argomentazioni non sono che i soliti slogans antiamericani, il solito travisare i
fatti onde dare alle popolazioni di credere che il lupo è diventato agnello e vice­
45
versa". La "restituzione del maltolto", affermava Paletto nella sua replica,
avrebbe rappresentato, se a quest'unico obbiettivo fosse stata diretta l'opposi­
zione all'Asse Roma-Belgrado, "un segno di remissione di fronte alle nuove
simpatie acquisite dalla cricca di Belgrado". La lotta, infatti- presupponendo,
al di là d"'esclusivismi di parte", il coinvolgimento di "tutta la popolazione ison­
tina"- avrebbe dovuto tendere alla tutele della sicurezza e della pace quali beni
supremi e generali: "Sarebbe grave errore venir meno a questo compito per
esclusivismi di parte, perché ognuno deve assumersi la propria responsabilità
non potendola lasciare ad altri nella salvaguardia della pace contro il disonoran­
6
te connubio del Governo italiano con Tito".4 Una settimana più tardi venne
pubblicata la seconda ed ultima missiva a nome del movimento dei profughi
istriani del Goriziano. La tesi sostenuta dai comunisti veniva liquidata come
"puerile ed illogica perché priva di buon senso", il ricorso alla guerra lungi dal­
l'essere condannato, era sostenuto in quanto "unico mezzo attraverso il quale si
è unita l'Italia in unico stato nazionale" mentre veniva auspicato "con entusia­
smo" il verificarsi d'un conflitto che avrebbe permesso agli esuli d' "accorrere a
47
combattere contro Tito e il suo regime infame". Essi proclamavano il proprio
odio verso il capo dei comunisti jugoslavi quale "peggiore dei flagelli" così
come plaudevano all'eventualità di un'aggressione sovietica ai danni della

44 "Uniamoci contro i nemici comuni, appello della federazione del Pci alla popolazione sia-

vena", L 'Ora dei Lavoratori, 19 gennaio 195 1.


45 S. POLETIO, "Tutti uniti ... ", op. cit.
46 Ibidem.
47 S. POLETIO, "Continua il colloquio sulla politica di guerra del governo De Gasperi",

L 'Ora dei Lavoratori, 26 gennaio 195 1.


S. Ouvo, Comunisti ed esuli i striani nella provincia di Gorizia, Quademi, volume X l i , 1999, p. 61-89 87

repubblica federativa. Se, d'altra parte, riservavano tutto il proprio biasimo ad


un Governo che concepisse la possibilità d'intrattenere rapporti cordiali con il
responsabile del loro esilio e l'artefice della loro rovina - biasimo alla cui
espressione l'organo della Federazione isontina dedicava ampio spazio: "Il
governo italiano che, privo di dignità e rettitudine su intimazione del padrone
americano fornisce i viveri senza dei quali il popolo jugoslavo sarebbe sbalzato
dal trono...pugno di uomini devoti al capitalismo, anzi pronti a vendere la
4
Venezia Giulia per meno del classico piatto di lenticchie di biblica memoria" 8
- nondimeno l'Associazione nazionale dei profughi della Venezia Giulia indi­
viduava nella politica comunista un pericolo in grado di rivaleggiare, quanto a
gravità, con la legittimazione, da parte delle potenze occidentali dell'operato di
Tito: "Ma vediamo anche nel comunismo il docile strumento delle Russia che . . .

è la patria del panslavismo camuffato da comunismo che si è prefisso di slaviz­


4
zare il maggior numero di terre europee". 9 Malgrado "L'Ora dei Lavoratori"
ostentasse comprensione nei confronti di chi, vittima della inetta e servile con­
dotta democristiana, era stato condotto ad un grado d'esasperazione tale da guar­
dare con favore alla riprovevole intrapresa d'un nuovo conflitto, ed i rappresen­
tanti degli esuli dichiarassero di disperare in egual misura sia deli'aiuto gover­
nativo, sia di quello comunista- "niente sono gli uni e niente gli altri quando
50
si tratta dell'Italia e dei suoi interessi", all'approssimarsi d'ogni scadenza elet­
torale, le organizzazioni dei profughi - dal Movimento Istriano Revisionista,
alla stessa Associazione nazionale- perseverarono imperterrite nel dirigere gli
strali della polemica "nazionale" all'indirizzo della federazione Goriziana.
La Federazione comunista isontina, piccola e defilata, spesso frustrata nella
propria volontà di imporsi all'attenzione degli organismi centrali si inseriva in
un contesto sociale e territoriale altrettanto eccentrico e periferico ma cui face­
va riscontro un storia unica, latri ce di un'eredità di odii, rancori, passioni esa­
sperate che gravarono pesantemente e· a lungo sulla scena politica isontina, esa­
cerbate dall'esistenza di un tessuto connettivo economico-sociale attraversato da
una crisi profonda ed apparentemente irredimibile. I comunisti goriziani sotto i
colpi di maglio portati alla loro strategia, così come al loro patrimonio ideale ed
ai loro dogmatismi, dallo "strappo di Tito" prima, alle rivelazioni di Kruscev
poi, sino a giungere ai fatti d'Ungheria sarebbero stati costretti ad un costante

48 Ibidem.
49 lbid.
50 lbid.
88 S . Ouvo, Comunisti e d esulj istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume X l i, 1999, p . 6 1 -89

ripensamento del proprio ruolo in seno alla società isontina. In quest'ottica si


inserisce il contegno apparentemente ondivago mantenuto dai comunisti di fron­
te al problema degli esuli, le incertezze, le contraddizioni che ne caratterizzaro­
no le vicende non sono che un riflesso di una assidua e sofferta opera di riasset­
to continuo, ideologico e politico prima ancora che strategico. Il breve scambio
epistolare poc'anzi trattato, se sotto il profilo politico non ebbe seguito alcuno,
rappresentò tuttavia l'approdo definitivo della politica espressa dai comunisti
isontini circa il problema degli esuli.
Da allora in avanti essa si sarebbe costantemente espressa in un'assidua,
lenta e paziente opera di avvicinamento e mediazione volta a comprendere,
prima ancora che a sanare, ferite profonde ancor oggi non del tutto cicatrizzate.
S. Ouvo, Comunisti ed esuli istriani nella provincia di Gorizia, Quaderni, volume X l i , 1 999, p. 6 1 -89 89

SAZ ETAK

U ovom clanku autor analizira zbivanja koja su obiljezila proslost okolnog


podrucja Gorice u razdoblju nakon I l . svjetskog rata. Rijec je o tematici skoro
nepoznatoj suvremenoj talijanskoj povijesnoj znanosti, izuzev nekoliko kratkih
i sturih biljezaka u djelima koja se bave "problemom Trsta".
Tijekom razdoblja od 1 943. do 1 947 . to podrucje postalo je predmetom teri­
torijalnog presizanja suprotstavljenih nacionalistickih tabora. Autor smatra da su
odnosi izmedu talijanskog i jugoslavenskog kompleksa od kljucnog znacaja za
povijest tog podrucja od godine 1 943 . do 1 948. Stoga analizira odnose talijan­
skih antifasista i jugoslavenskih komunista, kao i stavove komunista iz podrucja
Soce glede kontingenata istarskih iseljenika koji su stizali na taj teritorij.
Radilo se o veoma napetim odnosima, koji su se nastavili i tijekom pedese­
tih godina.

POVZETEK

V tem clanku avtor analizira dogodke, ki oznacujejo zgodovino goriske


pokrajine v letih po drugi svetovni vojni. Gre za tematski vozel, ki ga sodobno
italijansko zgodovinopisje skoraj ignorira, ce se izvzamejo nekatere kratke in
vsebinsko skromne opombe v delih, ki se nanasajo na "trzasko vprasanje".
Obdobje od leta 1 943 do leta 1 947 predstavlja razburkano obdobje, med
katerim je ta teritorij goriskega Posocja postal predmet aneksijskih ciljev
nasprotnih si nacionalizmov. Avtor meni da je odnos med italijansko in slovansko
etnicno skupino za rdeco nit zgodovine pokrajine med letom 1 943 in 1 948; ana­
lizirani so odnosi med italijanskimi antifasisti in jugoslovanskimi partizanskimi
komunisti in tudi obnasanje komunistov z goriskega Posocja v odnosu do kon­
tingentov istrskih beguncev, ki so prihajali s polotoka. Slo je za odnose, ki so bili
zelo napeti skozi vseh petdeset Jet.

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