Materiali di Giuseppe Tacconi per il corso di “Didattica della formazione” a.a.
2015-16
Scheda n. 3
La narrazione tra pratica didattica ed epistemologia
Ci sono molti modi in cui la pratica formativa si intreccia con la narrazione.
1. Il valore pedagogico-didattico del rapporto tra pratica didattica/formativa e narrazione
Si può innanzitutto parlare di un utilizzo “pedagogico-didattico” della narrazione, quando la
narrazione – da far leggere o da far produrre – diventa, ad esempio, un dispositivo didattico da
mettere in campo nella formazione.
1.1. Formarsi leggendo
«Dobbiamo difendere la lettura come esperienza che non coltiva l’ideale della rapidità, ma della
ricchezza, della profondità, della durata. Una lettura concentrata, amante degli indugi, dei ritorni su
di sé, aperta più che alle scorciatoie, ai cambiamenti di andatura che assecondano i ritmi alterni della
mente» (Pontiggia).
«Leggendo, i momenti più belli sono quelli in cui incontriamo un’idea, un’emozione, una visione del
mondo che credevamo speciale, privata, tutta nostra. E invece eccola lì, messa nero su bianco da
qualcun altro, da una persona che non abbiamo mai conosciuto, che magari è morta da un pezzo. È
come se una mano tesa uscisse da quelle pagine» (Bennet, 2012, p. 113)
- Attraverso il processo dell’immedesimazione, l’accostamento alle narrazioni si trasforma in
autentica esperienza, che ci aiuta a riflettere e a immaginare alternative e nuove possibilità.
- La lettura di storie amplia la nostra possibilità di leggere in noi stessi, ma ci educa anche
all’ascolto dell’altro.
- L’atto della lettura consiste nell’appropriarsi del già detto e del già pensato per condurlo oltre le
soglie del non ancora detto e dell’impensato. I libri possono diventare trampolini dai quali
spiccano il volo i propri pensieri.
- La lettura è sorgente inesauribile di riflessioni e discorsi ulteriori, soprattutto se i libri sono
aperti, non ancorati a conclusioni, e il lettore può completarli e, in un certo senso, trasformarli in
propri.
- Anche ciò che di oscuro, nella lettura, non afferriamo, più che un ostacolo, diventa uno stimolo
a cercare.
- Gli incontri “formativi” con i libri sono talvolta dettati dall’affinità e dalla scelta personale, altre
volte semplicemente dal caso.
1.2. Formarsi condividendo letture
«è bello creare un contatto umano nella forma di conoscenza o nella gioia che scaturisce dalla lettura
di un medesimo libro» (Guardini)
- Condividere le nostre letture (attivare uno scambio sulle nostre sottolineature) è un atto che
costruisce prossimità e intimità.
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1.3. Formarsi ascoltando racconti
- Ascoltare il racconto di storie ci forma, fin dall’infanzia.
- La lettura ad alta voce è, come nell’antica Grecia, un fatto sociale.
1.4. Formarsi scrivendo narrazioni
- La scrittura comporta un rallentamento riflessivo (si pensi alla scrittura a mano e alla resistenza
che la carta esercita sul pensiero).
- La scrittura affina lo sguardo, consente, come diceva Flaubert, di guardare “fin nei pori delle
cose”.
1.5. Formarsi raccontando e condividendo racconti
«Comunicare un'esperienza cambia sia chi la ascolta, sia chi la racconta, che, vedendola dall'esterno,
ne ha una visione diversa; questo perché l'esperienza deve essere formulata per essere comunicata e
quindi portarsi all'esterno di essa, vederla come un altro la vedrebbe per permettergli di valutarne il
significato. Si deve poter assimilare qualcosa dall'esperienza di un altro, per potergli parlare
intellegibilmente della propria esperienza». (John Dewey)
«La narrazione […] valorizza la funzione “dativa” del pensiero: essa è rivolta “a” qualcuno, sicché
instaura ed è essa stessa una relazione. La narrazione incontra il desiderio di riconoscimento del
destinatario, ne dice l’importanza […], crea un orizzonte comune tra narratore e destinatario del
racconto e inserisce quest’ultimo in una comunità di senso con colui che narra» (E. Bianchi)
- Condividere racconti è un ottimo modo per formarsi, soprattutto per quanto riguarda il sapere
pratico.
La narrazione e i racconti possono dunque essere valorizzati come “dispositivi didattici”, adatti a
guidare percorsi riflessivi, a suscitare interesse e a coinvolgere i soggetti in formazione.
La valenza formativa della narrazione consiste nella sua capacità di far trovare senso. Non è la
semplice cronaca dei fatti, ma la loro narrazione a produrre senso. Nel racconto i fatti (e le pratiche)
diventano umani, vengono cioè “messi in trama” e ricevono così un significato. La narrazione dà
unità a ciò che altrimenti resterebbe sconnesso:
«La narrazione stabilisce una cornice che dà forma al racconto e all’esperienza narrata: ponendo un
inizio e una fine, il racconto rende comprensibile ciò che altrimenti non lo è: la narrazione crea la
sequenzialità dei fatti e così crea un’unità strappando il vissuto dalla frammentazione che lo
minaccia. La narrazione dà senso perché dà forma. Essa è formatrice per eccellenza. La vita stessa
abbisogna di una forma, forma che le è data dalla concatenazione che dà senso a gesti altrimenti
isolati […]» (E. Bianchi).
Questa dimensione didattica della narrazione è indubbiamente importante – lo testimonia la quantità
di strumenti e spunti operativi che vanno in questa direzione (cfr. D. Demetrio, L. Formenti, Batini,
solo per citare alcuni dei principali autori) – ma non è la sola e forse nemmeno la più importante.
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2. Il valore epistemologico del rapporto tra pratica didattica/formativa e narrazione
«The present interest in story or narrative may be seen as the expression of an attitude that is critical
of knowledge as technical rationality, as scientific formalism, and knowledge as information. Interest
in narrativity may express the desire to return to meaningful experience as encountered in everyday
life, not as a rejection of science, but rather as a method that can deal with concerns that normally
fall outside of the reach of “normal” science» (Max Van Manen).
La declinazione narrativa della ricerca didattica emergente ci fa comprendere come il rapporto tra
narrazione e didattica possa essere molto più che una questione di dispositivi. L’intreccio tra pratica
didattica e narrazione può assumere anche un senso “epistemologico”, che si dà quando la ricerca
didattica scopre l’importanza di dar voce e parola ai protagonisti della pratica (gli attori) e assume la
loro narrazione come fonte del sapere didattico stesso.
La ricerca didattica intende portare l’esperienza al linguaggio. Al centro dell’attenzione si pone la
pratica e la sua esigenza di essere detta, non il dire del ricercatore (o la sua teoria).
2.1. Dire e pensare la pratica formativa in storie
- La proposta è quella di pensare in storie e non attraverso categorie astratte (Bruner). La pratica
si lascia dire attraverso le storie, non si lascia spiegare ma raccontare
- Il racconto è allora una forma di conoscenza e l’intellegibilità della pratica è narrativa.
- Comprendere una pratica significa infatti costruirne la storia e raccogliere le storie che la
narrano, le descrizione dense o thick descriptions degli antropologi (Clifford Geertz).
- Il presupposto “antropologico” di questa prospettiva epistemologica può essere rintracciato
nell’opera di Paul Ricoeur: la vita umana, e dunque la pratica, è essenzialmente storica e
pertanto narrata e narrabile nel tempo.
- Raccogliere storie non significa rinunciare alla teoria, ma costruirla dopo, induttivamente.
2.2. La ricerca sulle pratiche formative che attinge alla letteratura come fonte
- L’analisi delle pratiche ha dunque a che fare con le narrazioni, in particolare con le narrazioni
raccolte sul campo, con le tracce narrative che sono rinvenibili nei contesti di esperienza.
- Per via della sua struttura intrinsecamente narrativa, il processo educativo/formativo ma anche
quello lavorativo (la pratica) trova una sua particolare dicibilità anche nella letteratura 1, nel
cinema e nelle arti. Qui mi occuperò prevalentemente di letteratura.
- Non ogni racconto però costituisce via di accesso alla pratica. Solo una letteratura che mantenga
vivo un appassionato rapporto con il mondo e con l’esperienza può però diventare via di accesso
conoscitivo al mondo e all’esperienza.
- Tutto questo non significa pensare il rapporto tra letteratura e realtà nei termini di un ingenuo
realismo, come se la letteratura fosse una sorta di specchio capace di rappresentare
adeguatamente la realtà così com’è. La mimesis, come nota Ricoeur, non è semplice imitazione
ma rappresentazione creativa dell’azione, al di fuori della quale l’azione stessa diventa
incomprensibile, comunque inaccessibile. Si può addirittura affermare che non c’è azione o
pratica senza narrazione, senza il racconto che la narra.
- Le narrazioni letterarie si compiono nel lettore, permettono di fare esperienza del reale. La
letteratura tesa verso il reale, che potremmo definire “in presa diretta”, coinvolge il lettore in
un’impresa conoscitiva. La realtà ci viene offerta attraverso la soggettività, l’interiorità del
1
Si può collegare il tema del rapporto tra racconto di pratica raccolto sul campo e racconto letterario (fiction) alla
tematizzazione della biforcazione del racconto tra racconto storico e racconto di finzione che Ricoeur sviluppa (cfr.
Riflession fatta…, p. 90; Tempo e racconto, vol. I su la configurazione del tempo nel racconto storico…).
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narratore, ma la narrazione non si esaurisce lì, assume valore esplorativo, offre uno sguardo
rilevante sulle cose. A patto che mantenga un contatto forte tra vita e scrittura.
2.3. La letteratura come fonte per studiare le pratiche lavorative
- La letteratura sul lavoro (Bigatti, Lupo)
- Il lavoro attraverso la letteratura (Peretti): attraverso la letteratura posso conoscere aspetti
rilevanti dell’esperienza umana del lavoro.
3. Conclusione: il valore insieme epistemologico e pedagogico-didattico della narrazione
- Sempre seguendo Ricoeur, possiamo affermare che tra le due valenze della narrazione che
abbiamo sottolineato sopra si dia un rapporto intimo, tanto da poter dire che entrambe portano a
una ri-figurazione del reale «…nel duplice senso di scoprire dimensioni nascoste
dell’esperienza e di trasformare la nostra visione del mondo» (Riflession fatta, p. 89). L’istanza
della scoperta (ricerca) e l’istanza della tras-formazione (formazione) operano congiuntamente.
- È come dire che l’analisi delle pratiche (secondo l’approccio della narrative inquiry) assume
valore formativo/trasformativo e che la “formazione narrativa” assume valore euristico.
- Si fa ricerca attraverso le narrazioni e narrando. La ricerca può essere vista come
accompagnamento narrativo a mettere in parola i saperi dell’esperienza (in questo senso
coincide largamente con l’idea di formazione che abbiamo messo a tema sopra), ma anche come
percorso che, per essere rigoroso, ha bisogno di essere esso stesso narrabile/narrato. Si può
dunque parlare di ricerca narrante, oltre che narrativa.