Paternostro Luigi Mormanno Un Paese... Nel Mondo. Ed. Phasar Firenze 2019
Paternostro Luigi Mormanno Un Paese... Nel Mondo. Ed. Phasar Firenze 2019
MOrmanno un paese…
nel mondo
Carrellata storico-artistica
Su opere e uomini di chiesa
Phasar Edizioni
1
Il testo è il tentativo di racchiudere in una breve
concisa ed essenziale sintesi la storia di un
cristianesimo vissuto e praticato
in uno sperduto angolo di mondo.
Le ricerche non sono complete. Sono certo che
esistono ancora molti documenti o perduti o custoditi
in archivi non facilmente accessibili.
Mi auguro che altri sia più fortunato.
2
Luigi Paternostro
Mormanno un paese…nel mondo
Carrellata storico-artistica su opere e uomini di chiesa
ISBN-13-978-88-87911-81-7
3
Ai miei familiari
Ai mormannesi
Il nome del posto appare per la prima volta agli inizi del X secolo d.C.
in un racconto sulla vita di San Leoluca da Corleone che insieme a Saba,
Macario e Cristoforo, passò molto tempo in algore montium
miromanorum, nel freddo dei monti di Mormanno.
La zona mercuriense fu particolarmente adatta ai desideri dei monaci
greci.
Dalla Vita di San Nilo, Atti SS., sept. VIII, 802, leggiamo:
Rifugiati in tuguri, in caverne, negli stessi alberi concavi per la loro vecchiezza,
conducevano una vita simile alle bestie, questo era il prezzo per il Paradiso. Si cibavano
di ghiande, castagne e di quello che il posto offriva, comprese erbe e radici. Vestivano
5
con pelli di animali per proteggere gli arti ed il corpo e per sopportare i rigori del freddo.
Erano in carne senza mangiar carne, fuori dal mondo pur nel mondo che non conoscevano.
Parlavano e dialogavano con il Cielo.
6
Sempre intorno al 1000 troviamo altre chiese nel territorio di
Mormanno. Erano dedicate a S. Cristoforo, S. Teodoro, S. Giorgio, S.
Giuliano e S. Eufemia.
(P. Francesco Russo, Storia della Diocesi di Cassano, volume Primo, Laurenziana,
Napoli pag.128).
Nel 1108 le chiese anzidette furono cedute al Monastero di Carbone (P.
Russo ibidem pag.108). Hanno tutte, come si vede, nomi di
santi orientali. Presumibilmente in esse si officiava in
greco. Tale rito è continuato a Laino fino alla metà del XVI
secolo.
G. Caterini, Laino Antichissima comunità calabrese, pag.132.
In una decima (imposta del dieci per cento che un tempo si pagava alla chiesa sui
frutti dei terreni) del 1324 si parla di una Parrocchia di San Biagio,
probabilmente collocata sulla motta, di cui era titolare un parroco dal nome
Vitale, che dal nome sembra un prete greco.
7
particolare riportato fa parte di un olio dedicato alla Madonna del Carmine e collocato
nella pinacoteca parrocchiale.
Poco dopo, nel 1327, della stessa figura titolare un tale Marino, il cui
nome è decisamente latino.
I 1234 abitanti già censiti nel 1276 come risulta da una cedula subventionis angioina,
dovevano essere aumentati considerevolmente a distanza di 200 anni.
G. Pardi, I registri angioini e la popolazione calabrese nel 1276, Napoli Arc. Stato
VII pp.27-60.
Alla fine del 1400, si pose mano alla costruzione di un nuovo tempio il
cui suo basamento era collocato su un terreno detto oggi marinella che
segnava il confine tra il colle dell’Annunziata e gli inizi di quello di S.
Michele.
Alle loro pendici scorreva un torrente proveniente dal Faro e si dirigeva,
dopo aver attraversato la piazza e ù vaddrùni, verso Sant’Anna in direzione
del Battentieri.
(Memoria non altrimenti documentabile. Solo negli anni quaranta furono costruite le
briglie a sostegno dei versanti. I lavori furono progettati e diretti dal geometra Vincenzo
Perrone).
8
2. Dal 1400 al 1700.
Il Papa Callisto III, nel 1457, concedeva, come si legge nel registro
vaticano 460 al foglio 157-158, speciale indulgenza a chi avesse
contribuito al completamento di una chiesa che
Giovanni Donadio, nel suo testamento del 2 novembre 1492 lasciò erede
universale dei suoi beni la chiesa riservandone l’usufrutto alla propria
sorella Valenzia.
Tale chiesa partiva dalla Marinella e raggiungeva l’altezza del sagrato,
come apparve negli anni sessanta a seguito lavori di sterro per il
consolidamento della gradinata.
Oggi nella cripta pochi sono gli elementi antichi conservati. Anche se
una precisa lettura archeologica e architettonica deve ancora cominciare,
tuttavia ben si evidenziano notevoli elementi quali finestre, colonne, archi,
volte ove appaiono piccole vele forse un tempo affrescate. I materiali usati,
malta, tufo e pietra sono tutti locali.
Il campanile di stile romanico, terminava subito dopo l’orologio.
Della sua antica struttura resta solo l’arco tufaceo.
La chiesa aveva la porta ad occidente, dalla parte dell’attuale casa De
Callis .
Senza alcuna documentazione, così E. Pandolfi, ibidem, pag. 30.
9
Una curiosità anagrafica. Nel 1535 Mormanno ebbe 262 fuochi (famiglie):; 292 dieci
anni dopo; 347 nel 1561; 569 nel 1648; 426 nel 1669. Alla fine del 1600 gli abitanti erano
2.120 ivi compresi 77 preti, 12 diaconi e 72 chierici.
************
Questo altare menzionato nell’atto notarile, altare hoc, è probabilmente, uno di quelli
recuperati a seguito i recenti lavori (1994-1997; si trova oggi nella cripta subito
accedendovi da via Paternostro (scesa Marinella).
****************
11
Nel 1797 furono fuse a Napoli le attuali campane.
La chiesa è decorata da altari, tutti di scuola napoletana e da quadri,
generalmente di artisti locali o meridionali.
La balaustra, della stessa scuola, è invece del 1841 e sostituisce quella
originale rubata ai primi dell’800.
Costante fu la presenza dei vescovi. Numeroso anche in passato il clero
locale e notevole pure la presenza di monaci: gli Agostiniani al Serrone, e
i Francescani al Convento, attuale Seminario.
In questo clima nacquero anche tre confraternite laiche.
(Vedi più avanti in altre opere in pietra).
****************
Negli anni tra il 1960 e il 1964, e qui cito testualmente una nota
autografa rilasciatami dal parroco Don Luigi Accurso, “è stato rifatto il
pavimento con denaro dello Stato sotto la direzione della
Sovrintendenza alle Belle Arti di Cosenza e si sono spesi ben
22 milioni”.
Nel settembre del 1990 fu solennemente ricordato il
bicentenario della seconda consacrazione. Le celebrazioni
durarono un anno e si conclusero il 20 ottobre 1991 come è
detto nella lapide posta nel transetto destro. (Vedi foto).
Ma la fabbrica aveva urgenti necessità di restauro anche a seguito del
terremoto del 20 e 21 marzo 1982.
Si lavorò così dal giugno del 1994 al novembre del 1997 utilizzando
fondi della Comunità Economica Europea gestiti dalla Comunità Montana
del Pollino che l’8 novembre 1997 riconsegnò la chiesa
al culto, con una cerimonia solenne. L’intervento più
difficile e delicato era stato quello operato nel sottosuolo
che aveva comportato lo svuotamento, la pulizia e il
ripristino della cripta e di altri locali che, adibiti per secoli
a cimitero ed ossario, contenevano un grandissimo
numero di resti umani. Tali resti, ossa e frammenti con
schegge lignee e terriccio, sono stati raccolti in casse di
12
zinco, trasportati e deposti in un ossario appositamente costruito presso
l’attuale cimitero, in terreno di proprietà della parrocchia utilizzato a
questo scopo.
L’intervento che ha comportato tempo e lavoro è stato ben condotto. La
Soprintendenza ai Beni Culturali di Cosenza ha presieduto allo
svolgimento di tutte le operazioni realizzate con precisi accorgimenti di
recupero degli spazi e di salvaguardia delle strutture.
Il 9 settembre 1998 una scossa di terremoto ha interessato e danneggiato
la chiesa. Furono eseguiti lavori di consolidamento e restauro. Un nuovo
sisma, 26 ottobre 2012, procurò ancora danni.
Si rimise mano al restauro e il 15 agosto 2014 il tempio è stato riaperto
al culto alla presenza del vescovo don Nunzio Galantino.
Verifiche dei vigili del fuoco. 2012 Salvataggio opere d’arte. 2012
****************
13
La Chiesa di Santa Maria del Colle di Mormanno
e le sue opere
17
1580 - Napoli 1631)presente in Napoli.
La quarta cappella di destra contiene un altare in mar- mi bianchi e
policromi datato 1786. Su di esso è collocata una statua in cartapesta del 19
secolo che rappresenta la Madonna del Carmine tra due santi o devoti (?)
inginocchiati. Sul paliotto è incisa una Croce in un ovale.
Nel transetto di destra fa bella mostra di sé un magnifico altare in
marmi policromi. È datato sullo zoccolo 1773. Ha intarsiati sul paliotto
una croce e due gigli. Belle le teste di cherubini ai lati della mensola e
gli angeli sul ciborio. In alto, in tre nicchie, sono poste tre statue. Al
centro, una lignea, raffigura la Madonna del Rosario che regge con la
destra il Bambino, entrambi coronati.
Ai lati due statue di cartapesta dipinta rappresentano S. Domenico e
S. Caterina da Siena. Tutte e tre furono regalate del vescovo Vincenzo
De Magistris che morì a Mormanno nel 1705 e fu sepolto nella stessa
chiesa in un apposito spazio destinato ai prelati che si trovava sotto il
coro.
In una cappella dedicata alla Crocifissione è sistemato un altare
marmoreo di buon pregio opera di una bottega di artigiani meridionali
Un timpano curvilineo spezzato corona l’alto ciborio. In una nicchia sono
poste tre statue di scuola napoletana del Settecento raffiguranti Cristo
crocifisso ai cui piedi sono Maria Vergine e S. Giovanni.
Nel presbiterio è collocato l’altare maggiore costruito nel 1720.
Pregevoli gli intarsi dei motivi floreali e degli uccelli posti sul fondo
nero del paliotto al centro del quale invece di un ovale troviamo un tondo
al cui interno è stilizzata una croce. Di ottima fattura sono gli intarsi sugli
zoccoli, simili nei due lati – un ostensorio per parte – e quelli eseguiti sulla
mensola ove sono pure, una per lato, due teste di cherubino a tutto tondo.
Altre tre teste di angeli adornano il ciborio il cui sportello, datato 1720,
è una pregevole opera eseguita in la- mina d’argento lavorata a sbalzo e
cesello raffigurante Cristo risorto tra due soldati.
Sul sepolcro è incisa la frase: Ego sum resurrectio et vita.
L’altare marmoreo del transetto sinistro è dedicato all’Assunta.
La parte superiore ha la forma di un prospetto architettonico diviso in tre
scomparti.
Al centro è posta una statua marmorea della Vergine sorretta da angeli
e cherubini e ai lati due busti, anch’essi di marmo, dei Santi Gennaro, che
18
tiene nella destra una piccola ampolla e sulla sinistra un libro, e Gaetano.
L’altare è del 1719 e fu dato alla chiesa dal sacerdote don Gaetano
Ambrogio Rossi. (Vedi avanti),
Il paliotto contiene una croce e sugli zoccoli, in una coppia di stemmi
uguali, è intarsiata l’insegna della famiglia consistente in uno stemma
sormontato da una corona e diviso in quattro parti occupate da un leone
rampante. Sul bordo dello stemma si legge ut filius lucis uquique
MDCCXIX.
Un sigillo sepolcrale in pietra grigia collocato sul pavimento ai piedi
di una colonna in corrispondenza dell’altare del Carmine contiene la stessa
arme che pure è affrescata nella volta a botte della cappella di Santa
Filomena, un tempo detta di Santa Maria delle Grazie sulla quale i Rossi
avevano diritto di patronato.
In una cappella attualmente detta del Sacro Cuore di Gesù troviamo
un altare in marmi policromi di ottima fattura. Sul paliotto su cui si legge
Saverio 1786 Perrone mont° è scolpita un’urna sormontata da una testina.
Sugli zoccoli una coppia uguale di stemmi a rilievo: chiavi incrociate.
Il ciborio su cui sono pure scolpiti due cherubini e una colomba è
affiancato da due testine di angeli a tutto tondo.
****************
2. Altre opere in pietra
• Il cartiglio posto sulla porta centrale è quello della Con- fraternita
del Santissimo Sacramento che è pure ricordata in un dipinto che si
trova sul pannello situato sulla tastiera dell’organo. Tale compagnia
nacque a seguito di una bolla del papa Paolo III datata 30 novembre 1539
cui ne seguirono altre.
• Il cartiglio posto sulla prima porta a destra guardando la facciata da
via Roma ci mostra anime purganti tra le fiamme. Fu lo stemma della
Confraternita del Purgatorio che ebbe a patrona la Madonna del
Suffragio. Uno identico si trova sul portale di quella chiesa. L’associazione
ebbe vita e ratifica con bolla del papa Clemente VIII emessa il 7 settembre
1591.
• Il cartiglio posto sulla corrispondente porta di sinistra è il simbolo
19
della Confraternita della Buona Morte sorta con Bolla dello stesso Papa
Clemente VII datata 7 dicembre 1594.
Essa ebbe a patrona la Madonna delle Grazie.
Le tre istituzioni ebbero speciali Statuti che furono approvati tutti
insieme dal re di Napoli il 17 febbraio 1777.
• Una piccola acquasantiera sormontata da una croce tri- lobata e
fatta a forma di valva di conchiglia è all’entrata della sacrestia.
• Un’acquasantiera anch’essa opera di scalpellini locali, data alla
chiesa Per divozione di Nicola Rossi di Carlo, è collocata all’ingresso
della porta piccola posta sotto il campanile.
• Infine altre due, identiche, poste sui pilastri d’entrata, databili al
1700, hanno un ovale di marmo grigio con interno una voluta e poggiano
su una mensola marmorea.
1. Opere in legno
Confessionali. Del 1858 è una serie di sei confessionali, opera di
artigianato calabrese. Hanno lo sportello bombato, le volute laterali a
traforo e la parte superiore centinata.
L’organo. È un’opera di grande valore artistico e storico.
È stato costruito nel 1761 come si legge sul cartiglio posto sulla fiancata
sinistra e nell’anno 1786, stesso cartiglio, fu portato a Mormanno, non si
sa da dove.
Erroneamente e con molta faciloneria qualcuno attribuisce l’opera a
Giovanni Donadio, architetto e organaro di Mormanno, ma il Mormando,
così come fu chiamato il nostro, morì tra il 1525 il 1530 e secondo
Massimo Rosi il 1572.
(Vedi: M. Rosi: Rilievi mormandei, Napoli, Fiorentini Editore, 1987).
.4. Le tele.
Il dipinto più bello è quello del mormannese Francesco Oliva posto nel
coro, datato 1791 e firmato, che rappresenta la Comunione degli Apostoli.
Delicatissimo è lo sfondo. Sulla destra tra archi e colonne classicheggianti
21
si intravede un paesaggio sfumato ove è pure presente un albero che
richiama i pittori toscani del Cinquecento. A sinistra e nella parte centrale
veleggiano, in un’aria addolcita dal colore, visi sorridenti di angeli estatici
e adoranti che coronano tutte le altre figure tra cui Cristo che porge l’ostia
ad un apostolo mentre alcuni sono in attesa di riceverla ed altri in
preghiera di ringraziamento. In primo piano a destra la torva figura di
Giuda al quale un piccolo demonio alato porge i 30 denari prezzo del suo
tradimento. A destra una bacinella, una brocca ed un asciugamano
ripiegato, ricordano l’avvenuta lavanda dei piedi.
S’ignorano le date di nascita e di morte del pittore. E. Pandolfi, ibidem pag.41. Si sa
che fu abile nella musica, buon poeta in volgare ed intenditore di latino. Vedi il mio
Uomini Illustri di Mormanno.
5. Affreschi
6. Lapidi
Sono 5:
due nel transetto di destra:
• Vita e gesta del Tenente Gaetano Alberti, medaglia d’oro nella
prima guerra mondiale.
• La celebrazione del bicentenario della consacrazione della chiesa
.
24
due in quello di sinistra:
• La vita e l’opera di mons. Sigfrido D’Alessandro.
• La vita e l’opera del sacerdote Gaetano Ambrogio Rossi. (Vedi in
seguito)
• una in sacrestia che qui si trascrive.
D.O.M. / CIMELIARCHIUM HOC / DIU ANTE DESIDERATUM / D. FRANCISCUS
LATERTIUS / TANTO HUIC OPERI / EXAEDIFICANDO ELECTUS / A.D.
MDCCXCVII / A JACTIS ANTE FUNDAMENTIS / PERFICIENDUM CURAVIT/
NUMERISQUE OMNIBUS ABSOLUTUM A.D. MDCCCIII / UTENDUM DEDIT.
Questa sacrestia da tempo desiderata fu portata a termine nel 1803 da Don Francesco La
Terza designato già nel 1797 che ne curò l’esecuzione fin dalle fondamenta e pagando tutti
i creditori. Questa lapide a perpetua memoria dell’avvenimento. Qui fu posta il 1963 dal
parroco Don Luigi Accurso (manca l’annotazione in grassetto).
7. Statue.
8. Reliquie.
In alto sui muri dell’abside quattro nicchie con sportelli a vetro, due per
parete, conservano in apposite teche sacre reliquie.
9. Addobbi
12. Campane.
27
Ci sono tre accessi alla cripta. Uno in via Paternostro e un altro all’interno
della chiesa sul lato destro della porta grande. L’uno e l’altro immettono
negli stessi locali la cui superficie corrisponde, più o meno, alla distanza
intercorrente tra l’ingresso e la prima balaustra. Il terzo accesso si raggiunge
da una scala che si trova dietro la sacrestia. Qui gli spazi sottostanti hanno
pari misura dell’abside e di parte del presbiterio. L’area cimiteriale in essi
racchiusa era destinata ai prelati.
***********
Cappelle di Mormanno.
2. Cappella dell’Annunziata.
Al posto dell’antica torretta che antistava la chiesa oggi svetta un faro votivo
ai Caduti calabresi di tutte le guerre, costruito nel 1928 su progetto dell’ing.
31
Guglielmo Pandolfi da Mormanno, realizzato, al costo di £. 100.000, dalla
ditta Cantoni di Roma.
Ai piedi del monumento sono posti due cartigli in pietra. Sul primo si legge: “custodi
pedem tuum ingrediens domum Dei et app..(?) (Entrando nella casa del Signore purifica
il tuo cuore per ascoltare…). Sull’altro: “ponite corda vestra sup..as vestras sanctuarius
e vita acca e (?)…”.(Ponete i vostri cuori sopra le vostre santuario della vita …Brano
quasi illegibile e difficlmente recuperabile: Suppongo una citazione biblica.
Frate Geronimo da S. Giuseppe, nobile spagnolo, eremita, qui giunge in età adulta.
Esemplare nei costumi, riparò le cellette e ampliò il piccolo fabbricato poi ne costruì uno
nuovo con denaro raccolto tra i fedeli fornendolo di suppellettili sacre. Morì l’8 settembre
1817”. Luigi Leone in Compito per le vacanze 1996, Grafica Giglio, Scafati, via S.
Antonio Abate, a p. 30 lo ricorda, senza riferimento ad alcuna documentazione, come
Beato.
• Altare in marmi bianchi con ciborio sormontato da una colomba e decorato
da tre teste di cherubini. Lo sportello del ciborio in lamina d’argento, vi fu
posto “a divozione di Don Michele Oliva”. Due sculture marmoree di teste
di cherubini poste ai lati della mensola sono state rubate a dicembre del
1993.
• Nel 1994 è stata pure trafugata una campanella in bronzo. Conteneva
sette ovali in ognuno dei quali era raffigurata una scena della crocifissione.
• In una nicchia era posta una scultura in pietra arenaria dipinta a vivaci
colori raffigurante San Michele Arcangelo che con la spada alzata colpisce
il demonio steso ai suoi piedi. Oggi si trova in Santa Maria del Colle ivi
prudentemente trasferita per evitare altro furto su commissione. Posto sulla
stessa nicchia, uno stemma in pietra locale intagliata ritraente una spada
32
e una bilancia incrociate, opera del XVII secolo, è stato rubato.
• Restano due dipinti. Il primo, illeggibile, rappresentava Cristo risorto e
tre santi. Il secondo è una composizione varia, deteriorata, in cui restano
appena visibili, al centro un San Nicola, in basso a destra, una Santa Lucia,
ein alto, leggermente a sinistra, una croce con S. Francesco di Paola e altre
sbiadite figure.
• Un confessionale in legno, in pessimo stato di conservazione. Aveva un
cartiglio intagliato sormontato da una croce anch’esso recentemente
rubato.
• Di due acquasantiere, opere di scalpellini locali del XVIII secolo, una è
sparita e l’altra è visibilmente scheggiata.
• Nella cantoria posta sulla porta d’ingresso è presente, in pessimo stato
di conservazione, un organo, racchiuso in una cassa armonica a tre
scomparti. Il prospetto è composto da 19 canne di stagno (7 + 5 + 7),
formanti tre cuspidi. L’opera risale al XVIII secolo e ne è ignoto l’autore.
Sul fianco dello strumento è dipinta Santa Cecilia che suona un cembalo.
3. Cappella di S. Caterina.
Doveva essere molto più ampia di quanto oggi rimane e inglobare buona
parte dei fabbricati che le stanno attorno. Erano di sua pertinenza terreni,
orti e frutteti.
Ha una pianta ed un alzato fuori dal comune. È composta da una piccola
aula quadrata con ingresso ad est, e copertura a travate ad uno spiovente.
Dentro trova posto un piccolo santuario un po’sopraelevato con volta a
botte. Un bell’olio, datato 1749, racchiuso in una cornice lignea intarsiata e
dipinta, raffigura la Santa, la Vergine e alcuni Angeli.
Santa Caterina D’Alessandria, vergine e martire, è festeggiata il 25
novembre. La Chiesa ufficiale, nell’Introito della messa delle Vergini e
Martiri, così ricorda la Santa:
“Deus qui mirabilitur collocasti in summitate montis Sinai corpus beatae Catherinae
virginis..”
“O Dio che mirabilmente collocasti sulla sommità del monte Sinai il corpo della beata
vergine Caterina”.
5. Cappella di S. Michele.
Nel 1092 fu data ai benedettini di Cava dei Tirreni “...cum vineis,
arboribus, et omnibus pertinentiis suis… ” che ne assicuravano una buona
rendita.
Trinchera, Syllabus, pag.374, citato da Padre Francesco Russo, Storia della Diocesi
di Cassano al Jonio, Laurenziana Napoli, vol. I, pag. 233.
Un altro piccolo gioiello è la cappella del Suffragio, edificata nel 1670. Qui
si riunivano i devoti della Congregazione del Purgatorio ricordata dal cartiglio
in pietra posto all’ingresso. Conserva dipinti di due pittori mormannesi:
Angelo e Genesio Galtieri.
Angelo Galtieri dipinge la volta a botte con una sequenza che è tutto
un omaggio alla Vergine.
Si parte infatti dalla sua nascita, parete di sinistra e dalla sua
presentazione al tempio, parete di destra, per arrivare, nella parte centrale,
alla sua gloria.
Sotto i piedi di Maria un angelo versa acqua alle anime purganti che in
fervente preghiera protendono le braccia verso l’alto.
Tutto l’impianto risente della cultura classicheggiante del tempo e
delle tecniche usate di cui il pittore si serve, consistenti nella copia dei
soggetti più importanti della composizione, da cartoni appositamente
predisposti in botteghe d’arte napoletane. Basta comparare il volto di questa
35
Vergine con l’Assunta conservata in chiesa e con tutte le altre figure di sante
e madonne dipinte non solo a Mormanno, per avvalorare ulteriormente
quanto sopraddetto.
Anche se i tre episodi sono racchiusi in cornici, non risultano isolati dal
resto del racconto perché hanno una continuità sia nelle varie figure di
mascheroni che nelle volute che riempiono tutto lo spazio operativo.
Si notano anche qua e là alcuni nudi, cosa inconsueta nella pittura sacra,
confusi tra angeli e nuvole. È evidente una caduta dei primitivi colori e
una tendenza al rosso.
Pregevole anche l’altare ligneo al centro del quale è posta la Madonna
del Latte fra i santi Domenico e Caterina.
La statua lignea è un’opera di buon livello di artisti meridionali datata
1670, recentemente restaurata.
La mano del Bambino, come avviene in tutte le opere che hanno lo
stesso soggetto, è tesa a proteggere il seno di Maria proprio a voler
sottolineare l’importanza dell’organo da cui dipendeva, in tempi di miseria,
la vita e la sopravvivenza.
Su un cornicione in corrispondenza della statua della Madonna si legge,
in un riquadro, la seguente scritta:
Quas pelagus nulium posse restringere flammas Virginis lacti gutta vel una potest.
Nessun mare può spegnere le fiamme del Purgatorio come lo può una sola goccia di latte
della Vergine.
7. Cappella di S. Anna.
37
8. Chiesa di S. Maria degli Angeli.
*********
38
9. Cappella di S. Rocco
39
oggi custodita nel Museo Diocesano di Cassano, firmata Orfeo
Barbalimpida raffigurante la Madonna leggente. A sinistra, entrando, una
lapide.
(Vedi il mio: Passeggiando per il Pollino).
• S. Giovanni.
• Cappella dell’Immacolata, ma riportata in catasto col nome di S.
Raffaele, appartenne alla Confraternita del Sacramento.
A Mormanno si venerano tutti e tre gli Arcangeli, ognuno in un apposito
luogo di culto: San Michele e San Raffaele nelle chiese omonime, San
Gabriele, nella chiesa dell’Annunziata
• S. Lorenzo, distrutta. Forse poteva trovarsi in un locale
attualmente usato come deposito di mobili da me filmato alcuni anni
fa. Si notano resti di pitture indicanti colonne che sembra ornassero un
altare.
• S. Maria delle Grazie, da tempo sconsacrata. Dichiarata pericolante
a seguito del terremoto del 26 ottobre 2012 è stata demolita. Conosciuta
come Santa Filomena, appartenne alla famiglia Rossi. Conteneva:
- quattro statue lignee: l a Madonna della Consolazione, S.
Filomena, l a Vergine Assunta, l’Immacolata;
- un altare maggiore con una tela raffigurante l’Immacolata con
Bambino seduta su una falce di luna e attorniata da sei Santi: San
Francesco di Paola, San Carlo, Sant’Antonio di Padova, San Gennaro, San
Francesco d’Assisi, una Santa imprecisata;
- altri due oli su tela: Visita di Santa Elisabetta e Santo Vescovo
benedettino tra Angeli;
- una cantoria con organo positivo;
- una volta a botte sull’altare con le armi dei Rossi e decorazioni
floreali;
- una volta a botte centrale con tre due ovali contenenti: San
40
Giuseppe, la Madonna e Santa Filomena.
• S. Nicola. È pervenuta alla famiglia Perrone nell’800 dopo essere
stata dei Fraya, Avitaya e Giliberti, nel ’600, e dei Marramaldi nel’700.
Contiene tre altari su ognuno dei quali è posta una tela. Madonna del Monte
Oliveto e Santi, sull’altare maggiore, S. Anna che istruisce la Vergine
Bambina, subito a destra, La Madonna del Rosario e quattro Santi, in una
piccola navata a sinistra.
• Assunta. Ex famiglia Galizia, ora deposito.
• S. Antonio. Appartiene alla famiglia Maradei cui è pervenuta dai
De Callis. Posta all’interno dell’abitazione da cui vi si accede, consiste in
una piccola aula quasi quadrata con sacrestia posteriore. Sull’unico altare
una tela del Santo.
La volta è decorata a stucco. Sul paliotto è dipinto un Cristo morto che
ricalca un olio conservato nella matrice ed esposto sull’altare maggiore il
venerdì santo.
• S. Giuseppe. Appartiene alla famiglia Alberti e contiene un altare su
cui è posta una statua del santo.
12. Cappelle di campagna.
**************
42
Una nuova chiesa a Mormanno.
Nata nel 1984 come nuova parrocchia per i mormannesi di fuori porta,
è collocata al momento locali dell’ex ferrovia calabro-lucana.
Ne è parroco don Franco Perrone.
I parrocchiani corrispondono agli abitanti di
vari rioni che vanno dal Crocifisso all’Ospedale,
comprese le case di campagna dell’opima e
ridente valle di Donna Bianca e delle contrade
Santa Domenica, Caricchio e Procitta.
*****************
43
Il clero di Mormanno.
Un cardinale.
Niccolò Sala. Nacque a Mormanno forse nel 1715. Si ignora pure la data
di morte. Nel 1742 fu ordinato “fuori tempo”
sacerdote.
(Vedi: Padre F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, Roma,
Gesualdi,1992, Vol. XI, p. 264).
**************
I Vescovi.
44
ministero per 22 anni. Sacrestia della chiesa di S. Maria del Colle è
raffigurato in un olio dal pittore Domenico Bloise.
Vedi pure:
1. Memorie storiche del Santuario di S. Domenico in Soriano; Vita ed opere del
vescovo Pasquale Taccone;
2. Lettera Pastorale al popolo e al clero di Mileto che si trascrive
45
principe della sua corte, ma Davide che pascolava il gregge, rifiutando Saul; pure Gesù
Cristo per insegnare a tutti gli uomini le dottrine e i principi fondamentali della Sua
religione non chiamò filosofi dalle cattedre, non oratori dalle tribune, ma Simone e
Andrea, pescatori mentre riparavano le reti; similmente ha fatto pure che io, non ritardato
da alcuna difficoltà del lungo viaggio o dal fastidio dell’ardente caldo estivo, attraversato
il mare Tirreno, andassi a Napoli, e di là mi recassi a Roma per via di terra, affinché fossi
consacrato vostro Vescovo.
Ora penso, invero, che nulla di più mi prema che venire da voi, per parlarvi faccia a
faccia, e per presentarvi non dubbie prove del pastorale impegno verso le mie pecore più
con i fatti che con le parole.
Però non essendomi lecito trascurare gli impegni ed i doveri a cui sono obbligato,
impegni che mi impediscono di venire da voi al più presto, vengo tra voi per mezzo di
questa Lettera pastorale che riflette fedelmente i miei sentimenti.
E prima di tutto rivolgendo il mio discorso a Voi, Dignitari della Chiesa di Mileto, e
Canonici del Consiglio del Vescovo, Vi chiedo aiuto, e, se mi è consentito, Vi prego e Vi
supplico di aiutarmi a sostenere il peso dell’impegno che mi è stato imposto da Dio.
Con quello zelo con cui quei settanta uomini che Iddio aggiunse al reggimento del
popolo di Israele per aiutare Mosè, io sono fiducioso che Voi mi assisterete con il
consiglio, con la saggezza, con la virtù, con l’opera vostra.
Poi, Voi Parroci, che siete a me
associati in un ministero assai difficile, e
cui spetta pascolare le pecore di Gesù
Cristo con parole non bugiarde ma con la
dottrina della salvezza, io chiamo ed
esorto.
Sappiate, dato che siete stati preposti
come pastori, che dovete offrire la vostra
vita per le pecore.
Certamente il Signore chiederà
conto alla vostra persona del sangue di
coloro che sono affidati alla vostra
vigilanza se il lupo rapace assale il
gregge o sbrana le pecore.
Pertanto, figli direttissimi nel
Signore, tenete sempre presente quale gran peso vi siete posti sulle spalle: pensate sempre
a tutto ciò che è verità, santità, buona fama, nonché alle virtù e ai meriti dell’obbedienza
alle regole.
E poi Voi Sacerdoti, Diaconi, Suddiaconi, chiamati al servizio del Signore tra gli altri
uomini, adoperatevi per far sicura e stabile la vostra vocazione: il che certamente vi
riuscirà bene, se regolerete la vostra vita secondo il monito dell’Apostolo:
“Sarai esempio per i fedeli nel parlare, nel comunicare, nella carità, nella fede, nella
purezza”. Siate sempre memori del vostro nome (di diaconi, cioè di serventi) - ricorro ad
espressioni del clero francese -, allo scopo che nessuno mai violi le norme e le regole con
46
tenor di vita ed atti riprovevoli; non ci sia nessuno che parli male di voi. In una parola,
fate una vita quale conviene ai ministri dispensatori dell’Immacolato Agnello. Ed ora mi
rivolgo a Voi, giovani entrati negli Ordini minori: ascoltate la voce del padre vostro che
vi parla. Osservate la disciplina che vi insegnano i vostri istruttori: ricordate sempre che
un uomo non si distaccherà neppure da vecchio da quella via in cui si è messo da giovane.
Siate diligenti nello studio di quelle dottrine che sono necessarie a coloro che sono
chiamati da Dio, affinché giustamente possiate essere chiamati giovani di assai belle
speranze. In vero io che appartengo all’ordine religioso di San Domenico mostrerei di
venir meno ai miei doveri se passassi sotto silenzio voi, che avete dato l’adesione a un
vero e proprio ordine religioso. Non c’è certo niente di cui io vi debba ammonire. Ma solo
vi prego di questo, che nelle preghiere che rivolgete a Dio ogni giorno facciate menzione
di me e del gregge affidato alla mia cura, e che, per quanto potete, non cessiate di aiutare
con le parole e con le opere.
Che debbo dire a Voi, Vergini, che consacrate la vita a Dio e a Gesù Cristo?
Siano sempre accese e pronte le vostre lampade, in modo che quando verrà lo sposo
possiate entrare con lui alle nozze. Sia la vostra verginità un profumo di amore e di letizia
assai gradito e accetto a Dio e agli uomini.
Sia sempre saggio il vostro discorso, modesto e sobrio, apprezzabile non tanto per la
forma quanto per la purezza: possano tutti ammirare la vostra verecondia quando tacete e
la vostra saggezza quando parlate.
Il mio dovere, inoltre, non mi permette di tacere di voi, Magistrati civili forniti di
autorità, che nel nome del Re sostenete i diritti della religione, molto attenti alla giustizia.
E’ vostro compito conservare pura ed illibata la religione, nonché proteggere, per
quanto sta in voi, con l’esempio e con l’esercizio dell’autorità, lo zelo della pietà del culto.
Così facendo, soddisferete il dovere verso Dio e asseconderete il volere del Re, che
giudicando, come si conviene, che la felicità dei popoli a lui sottoposti dipende dalla
religione, si adopera con diligenza affinché il culto di Dio progredisca quanto più sia
possibile.
Siate pertanto sempre pronti ed alacri per rendervi degni di sì gran Principe.
Camminate per la via retta e pura che non inclini né a destra né a sinistra. A voi
conviene non pervertire con frode alcuna le dottrine relative al cammino della virtù e della
giustizia, affinché facciate bene il vostro ufficio.
Vi esorto infine, figli direttissimi, ad ascoltare i precetti e gli insegnamenti che vi
rivolgo, perché viviate obbedendo ad essi, e possediate, entrandovi, quella terra che il
Signore, Dio dei vostri padri, darà a voi.
Il primo di questi precetti, come afferma Ambrogio, certamente, “che noi dobbiamo
conservare la religione cristiana e il deposito di essa passato alla Chiesa, che è cattolica
e apostolica, e che così è chiamata non solo dai propri fedeli ma anche da tutti i nemici
suoi; infatti essa sola ha la capacità di riconciliare, col culto, gli uomini separati e
distaccati da Dio. Attraverso il culto del vero Dio siano abbattuti i folli errori dei vizi e
siano allontanate dalla religione stessa le infedeltà, le bestemmie, le malvagità di un
uomo spergiuro, per cui precipitò nella rovina l’umano genere”.
47
Stando così le cose, non c’è chi non veda che nel mondo gli uomini nulla possono
avere come cosa migliore se non la pietà e la religione.
Questa è guida per il Cielo, è fonte di giustizia sulla terra, e da essa sono ben
governate le umane cose, come bene di essa si può dire.
Pertanto desiderando io con ardore e con tutto l’affetto del mio cuore la vostra felicità,
penso che nulla vi si debba raccomandare che la pietà del culto divino e la religione:
poiché insieme a queste vengono a noi tutti i beni.
Ed infine, poiché ho sentito dire che tra voi ci sono alcune divisioni e contrasti, per
questa parte giudico, e anzi non ritengo estraneo ai miei doveri, di dovervi congiungere
col vincolo della pace.
Invero mediante la Pace noi siamo uniti a Dio, fonte di ogni bene: è la Pace che
restituisce serenità alla mente, tranquillità al cuore, calma al prossimo.
E, veramente, che c’è di più amabile e di più desiderabile della Pace?
La Pace augurò Cristo Risorto ai suoi Apostoli, che per timore dei Giudei se ne
stavano chiusi nel Cenacolo appena che apparve ad essi dicendo loro: PACE A VOI!
E l’Apostolo questa Pace raccomandò ai Cristiani della Chiesa primitiva. Siate
solleciti, disse, a conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della Pace.
Da queste parole appare chiaramente che l’Apostolo voleva legare gli uomini gli uni
agli altri comandando loro non solo di essere pacifici, né di amarsi scambievolmente in
una maniera qualsiasi, ma di mostrare un’unica anima in tutti, come appunto era la Pace
dei primi Cristiani dei quali si dice: era nei credenti un cuore solo e una sola anima.
E pure io appena che vengo tra voi vi annunzio quella Pace. Pace a voi, o Ottimati,
che siete innanzi agli altri per nobiltà di stirpe; Pace a voi genitori, perché possiate amare
la Vostra figliolanza nel Signore, e bene educarla; Pace a voi, figli; Pace a voi, mariti,
perché amiate le vostre mogli come Cristo ama la Chiesa; Pace a voi, mogli: la Pace di
Dio, che supera ogni sentimento, custodisca i vostri cuori e le vostre menti in Gesù Cristo.
Ma da noi stessi non possiamo gustare i frutti della Pace, né bene alcuno possiamo
pensare, ma tutti dobbiamo dipendere da Dio, e perciò noi Lo preghiamo insistentemente
che per Gesù Cristo, per la Vergine sua Madre, per i meriti di San Nicola, a cui è
consacrata la nostra Cattedrale, si degni di concederci tale gran bene.
E non mi resta altro che raccomandarvi che in tutte le vostre preghiere vi ricordiate
di pregare sempre per il Papa LEONE XII, dalle cui cure principalmente dipende la
felicità di tutta la Chiesa.
Dia a Lui Iddio accrescimento di grazie e salute del corpo, necessaria per sì grande
ufficio che gli ha affidato.
E non dimenticatevi del nostro Re, Ferdinando I, piissimo, e della sua augusta
famiglia; che il Signore li protegga e conceda loro lunga vita, ricolma di beni celesti.
Per me, infine, ve ne prego, supplicate ardentemente Iddio, che, come per la sua
ineffabile misericordia e certamente non per i miei meriti, mi ha voluto Vescovo di questa
Chiesa, così mi conceda quelle forze che mi sono necessarie per esercitare il mio
ministero, per il nostro Signore Gesù Cristo e per la carità dello Spirito Santo.
Faccia Iddio sì che tutte le cose che vi ho detto trovino posto nel vostro cuore.
Io pregherò ardentemente Iddio perché ciò si avveri e vi benedica pienamente in Cristo.
48
Davo questa Epistola in Roma fuori della porta Celimontana nel giorno stesso della mia
consacrazione, 18 luglio 1824 Firmato: Vincenzo Maria Armentano Vescovo.
****************
*************
Giuseppe Francesco Rossi nato a Mormanno il 28
novembre 1675 morì poverissimo in Venafro il 27
gennaio 1754.
Fu vescovo della cittadina dal 1742.
Il 27 ottobre 1747 venne a Mormanno e benedisse 9
campane tra cui quella grande della matrice, fatta poi
rifondere nel 1797. Scrisse una lettera pastorale al clero.
**************
50
Un altro vescovo mormannese del ’900
*************
********************
Parroci di Mormanno.
• Don Cesare Regina, dal? al 09.09.1741;
• Don Francesco La Padula, dal 10.1741 al 12.1741;
• Don Pietro Felice Marramaldi, dal 1742 al 09.08.1761;
• Ec. Cur. Carlo Galizia, dall’08.09.1761 al 10.03,1763;
• Don Isidoro Perrone, dal 10.05.1763 al 1766;
• Don Nicola Bergamo, dal 1776 al 1788;
• Arc .FilippoRotondaro, dal 10.02.1788 al 1791;
• Arc. Pietro FedeleGrisolia, dal1792 al 24.10.1797, poi
vescovo Santa Severina;
• Ec. Cur. Francesco Maradei, dal 27.10.1797 al 02.02.1806.
Poi Arciprete dal 03.02.1l 1820;
• Arc. Francesco Saverio Armentano, dal 1821 al 24.10 1864;
• Vic. Cur. Alessio D’Alessandro, dal 10.1864 all’11. 1864;
• Arc. Fedele Apollaro, dal 12.1864 al 1882;
• Vic. Cur. Nicola Fasanella, dal 1882 al 1884;
• Arc. Benedetto Longo, dal 03.1884 al 21.12.1926;
51
• Vic. Cur. Giovanni Armentano, dal 1926 al 1928;
• Arc. Ettore Maradei, dal 1928 al 1953;
• Arc. Francesco Gatto, dal 09.1953 al 10.1953;
• Arc. Luigi Accurso, dal 10.1953 al 09.1973;
• Arc. Giuseppe Oliva dal 09.1974 al 30.09.2014;
• Arc. Francesco De Marco dal 1.10. 2014
***************
52
53
54
************
55
Gaetano Ambrogio Rossi.
L’olio su tela che qui vediamo, si trova nell’atrio
dell’edificio scolastico delle scuole elementari di
Mormanno in via Posillipo da me ivi collocato quale
Presidente del Comitato pro Mormanno con il
consenso unanime dei membri dello stesso.
L’olio era pervenuto all’ente dall’Accademia
Filomatica.
Fratello del vescovo Rossi, Gaetano Ambrogio
nasce a Mormanno il 22 marzo 1665 e muore a
Napoli il 1728. Qui fu parroco della chiesa della SS.
Annunziata a Fonseca.
A Mormanno aveva fondato insieme al fratello Nicola la Biblioteca
Popolare fornendola di libri destinati alle classi povere e la prima scuola
popolare ove insegnò, gratuitamente, come faranno
in seguito Ludovico Romano ed altri sacerdoti.
Aveva fatto erigere a sue spese, nella chiesa, un
sontuoso altare marmoreo dedicato all’Assunta
posta fra i santi Gennaro e Gaetano. A destra di tale altare una lapide ne
ricorda vita ed opera.
Dio Ottimo Massimo
La statua marmorea dedicata alla Madre di Dio, Assunta,
Signora e Patrona dei Miromagnesi, oggi Mormannesi, per
il cui patrocinio e materna tutela i cittadini saranno sempre
protetti e salvati da peste, fame, guerra, terremoto, scorrerie
di rapinatori e da ogni altro possibile male, era posta finora
dalla devozione dei pii credenti in un semplice altare come
è testimoniabile. Gaetano, Ambrogio, Alfonso, figlio di
Carlo Rossi e di Agata Perrone, facente parte del clero, privo
di beni di fortuna, ma ricchissimo di ingegno, distintosi in
Napoli prima come chierico e poi sacerdote confessore,
amico e servitore dei poveri di cui si occupò per molto
tempo, nel frattempo laureato e divenuto professore in sacra
teologia e belle arti, eletto parroco della chiesa della Santissima Annunziata a Fonseca,
avendo constatato che la sua chiesa (quella di Mormanno) già cadente si andava molto
bene riedificando ed arricchendo di suppellettili ed opere marmoree, spinto dall’amore per
la sua terra natale e dalla grandissima devozione alla Regina del Cielo, fece aggiungere
(all’ altare) le statue dei Santi Gennaro e Gaetano. Allora era vescovo di Cassano
56
l’illustrissimo e reverendissimo signore Nicola Rocco, barone di Miromagno detto ora
Mormanno, e parroco il reverendo arciprete Don Cesare Regina. Affinché poi i
concittadini avessero avuto un monumento più prestigioso, fece ripulire, riposizionare e
riabbellire l’altare marmoreo, utilizzando proprio denaro, curandone la messa in opera e
consacrandolo nell’anno 1719.
Cinque anni dopo il dono dell’altare dell’Assunta, il Nostro regalava, come si legge in un
marmo murato nella Chiesa dell’Annunziata, (Figura 1) un olio su rame raffigurante la
Sacra Famiglia (Figura 2).
In una stanza del vecchio edificio comunale che ospitò lungamente il municipio noto
anche come Casa della Terra, si trovava affissa una lapide che qui si riporta.
D.O.M.
CAIETANUS ROSSI U.I. D. ET S.T.P.
QUEM MIROMAGNUM GENUIT
PARTHENOPE SCIENTIIS ALENS IN VIRUM PERFECTUM
PERDUXIT
BONIS IMBUTUM MORIBUS LAETABUNDA CONSPICIENS
DIGNITATE CURATI ANIMAR S MAE ANNUM IN FONSECA
DECORAVIT. PATRIAE BENEMERITUS VIVENS
LUCI LUMINA CLAUDENS UT CAETERIS LUCEM PRAEBERET
MANUS APERUIT
PUBLICAE UTILITATI CONSULUIT ET PROPRIO AERE
HANC BIBLIOTECAM LECTISSIMIS NEDUM COPIOSIS LIBRIS ERIGENDO
DITAVIT.
A TANTO VIRO DISCITE CONCIVES
MORES, PIETATEM, STUDIA IN DEUM, PATRIAM, VOSMETIPSOS
EIUS VOLUNTATI OBTEMPERANS, PROUT AP. IOSEPHUM MEZACAPO
PUBL. NEAP. NOTAR
EIUS NICOLAUS GERMANUS FRATER, ET HAERES AUREORUM DECEM
ANNUATIM EX
58
DICTO
HAERED PRO BIBLIOTHECARIO STIPEM
ET HOC MONUMENTUM POSCIT A REPARATA.
******************
Arme sull’altare Arme sulla volta a botte della ex chiesa Pietra tombale
dell’Assunta di Santa Filomena nella matrice
****************
59
Altri sacerdoti di Mormanno.
1. Vissuti dagli albori del paese al ’500
La ricerca è stata effettuata anche sulla scorta di un Notiziarium redatto nel secolo
scorso dal reverendo don Giuseppe Pace che documenta gli avvenimenti a partire dal
1762.
La vita e le opere dei prelati contrassegnati dall’asterisco (*) sono state già
presentate.
60
• De Callis Tommaso, cantore e avvocato famoso. Scrisse: Restrictus
facti et juris pro clero oppidi Mormanni contra rev.m dom.
Januarium Fortunatum, episcopum cassanen;
• Grisolia Michelangelo, abate, fratello del vescovo Pietro Fedele, nato
a Mormanno il 24 gennaio 1751 ed ivi morto il 22 giugno 1794.
Professore di Etica nell’Accademia Reale di Napoli, amico del
Mattei, scrisse: L’eroe domestico di Giovanni Pontano ad Alfonso
D’Aragona, con annotazioni storiche, critiche morali e politiche.
Infine vi è aggiunto Saggio sull’Etica di Aristotele a Nicomano;
Napoli, stamperia Reale 1782; Dovere del Soldato, Napoli, Morelli,
1789; Principio di diritto pubblico, Napoli, Morelli, 1791; Doveri del
Principe di G.G. Pontano, traduzione, Napoli, 1787; Ragionamenti su
l’origine della sovranità, Napoli, Orsino, 1783; Ultima vera per i
probabilisti; Specilegio musico, Tantasianopoli, Napoli, 1785; Il
principe eroe di G.G. Pontano, traduzione, Stamperia Reale,1786;
Due canzoni;
(Vedi: di Saverio Napolitano: Il problema della sovranità nella
cultura napoletana di fine settecento: il contributo del mormannese
Michelangelo Grisolia).
• Grisolia Pietro Fedele poi vescovo (*);
• Lauria Nicola. Scrisse: Il paradiso in terra dalla nascita di Gesù
Cristo, opera sacra, Napoli, Valiere 1703.
• Longo Vincenzo Maria;
• Maradei Francesco, arciprete. Scrisse: Dramma Sacro per
solennizzare la festa della Santissima Annunziata 1795; Litanie
encomiastiche e simboliche sacre, 1799;
• Martino Domenico;
• Minervini Luigi;
• Pace Giuseppe, raccoglitore e ordinatore degli Atti della Chiesa, 1742
• Pace Clemente, vicario generale vescovile. Scritti vari di diritto;
• Perrone Isidoro, 14 gennaio 1622 - 6 luglio 1707;
• Perrone Moisè, Sopra i palloni o globi aerostatici traduzione dal
francese, Napoli 1739; Principi della sana filosofia dell’abate Parà,
Napoli Morelli 1871;
• Pirrone Pomponio, abate. Detti memorabili, 1738;
61
• Rossi Gaetano Ambrogio, parroco (*);
• Rossi Giuseppe Francesco, poi vescovo (*);
• Sala Niccolò, poi cardinale (*);
• Sala Saverio, fratello del suddetto.
************
3. Sacerdoti dell’800.
Vedi E. Pandolfi, Catalogo citato.
• Alberti Antonio;
• Armentano Domenico;
• Armentano Giovanni senior nato a Mormanno il 1770 e morto a
Napoli il 1850. Insegnante, letterato e archeologo autore di:
- una Orazione panegirica per Sua Maestà Carolina D’Austria, Regina
delle Due Sicilie per il suo felice ritorno da Vienna a Napoli, testo in
latino tradotto e pubblicato col testo a fronte da Ferdinando Ferrari,
Napoli, Orsini 1802;
- Tavola di bronzo rinvenuta a Pesto, pubblicata nel 1829 con note
illustrative e riedita ancora nel 1837. L’opera è custodia nel Reale Museo
di Capodimonte;
- Carmina, volumetto in versi, pubblicato senza data e senza il nome
dell’editore. Si tratta di tre elegie e due epigrammi in latino, dallo stesso
riportate in italiano.
- Un epigramma ed una elegia sono dedicate al suo parente vescovo
monsignor Vincenzo Maria Amentano. Nella terza elegia racconta al
parente la sua dolorosa sciatica.
• Armentano Francesco, autore di un Carme di versi 137, in memoria
dell’Arciprete Armentano, Castrovillari 1867;
• Bilotta Nicola, nato a Mormanno e morto arcidiacono in Santa
Severina autore di Arte poetica di Q. Orazio Flacco, versione letterale
in terza rima, Napoli, Prete 1872; I Salmi di Davide in versi italiani,
Napoli, De Angelis, 1882;
• Bloise Francesco Saverio, di cui si dirà con più particolari;
• Bloise Francesco Saverio jr. Scrisse: Ode in onore e alla memoria
dell’arciprete Francesco Saverio Armentano;
62
• Bloise Geremia;
• Bloise Giovan Battista, Poesia in lode di Donna Maria Gaetana
Boscarelli-La Greca, Salerno 1851; Cassanen, poesie per l’arrivo a
Cosenza di S. M. Ferdinando II. G. Migliaccio, 1834; Anatomia delle
bruttezze di Dante, Napoli, 1880;
• Bloise Nicola;
• Cantisani Paolino; con voce solenne cantava dal pulpito tutto il Pàssio;
• D’Alessandro Francesco;
• De Marco Alessandro ;
Giovane prete, ricco di entusiasmo, in occasione del passaggio di Garibaldi per
Campotenese benedisse una bandiera e, recatosi con un gruppo di concittadini in località
Loggetta, attese l’arrivo a Mormanno di un drappello di patrioti festeggiando con loro
l’avvenimento. Dopo qualche tempo, inviato da alcuni notabili filoborbonici a Cosenza,
per punizione fu fatto uccidere lungo il percorso La notizia mi è stata fornita dal signor
Silvio Fortunato suo discendente per linea materna.
• Fasanella Nicola. Cantica In lode di Maria Boscarelli La Terza, Salerno
1851.
• Fazio Giuseppe Antonio;
• Filomena Francesco;
Don Francesco Filomena, anche orologiaio dilettante, costruì e regalò alla chiesa
l’orologio della sacrestia dietro il quale appose una dedica e la data di costruzione,
1858. Sul davanti un’altra scritta, ricordandoci il tempo che passa e l’inutilità di
un’esistenza inoperosa, ci esorta, con amorevole preoccupazione, a fare sempre il bene:
Hora est benefaciendi. Il nostro, dopo la morte di don Geremia Bloise, fu procuratore
della chiesa di S. Rocco. In tale veste fece iniziare i lavori per costruire la Villa e fissò
all’ultima domenica di agosto la festa del Santo, protettore e compatrono insieme
all’Assunta di Mormanno, per evitare che la celebrazione perdesse solennità e interesse
cadendo la festa, secondo il calendario romano, il giorno 16 dello stesso mese. Don
Francesco Filomena fu anche un sensibile e competente organista. A lui seguirono in
tale veste e in ordine di tempo, don Giuseppe Piragino, don Giuseppe Antonio Fazio,
don Ettore Maradei, e poi i laici signori Nicola Bloise e Giuseppe Cantisani.
• Forte Francesco;
• Galizia Luigi;
• Galizia Raffaele;
• Galtieri Antonio, tre Panegirici sul Rosario di Maria Santissima,
Castrovillari, Patitucci 1885;
• La Terza Francesco Napoleone, professore del seminario di Nola, Ode
in morte di G. Algaria di Cassano, Reggio Calabria 1813, tip. Del
Reale Orfanatrofio;
63
• Maradei Francesco Saverio;
• Minervini Giovanni, Epigramma latino e Sonetto a memoria
dell’Arciprete Armentano;
• Pace Paolino, poi Vescovo; (*)
• Pace Clemente;
• Pandolfi Vittorio, professore; (*)
• Paternostro Gaetano;
• Paternostro Gennaro, vicario foraneo.
Tra il 1907 e il 1908 lo troviamo insegnante di un corso di scuola serale frequentato
da più di 100 giovani operai ai quali rivolse, senza compenso, la sua opera.
• Perrone Giuseppe;
• Perrone abate Nicola, vedi in seguito;
• Piragino Giuseppe, organista;
• Pirrone Giovan Battista;
• Regina Cesare arciprete, Tetrasticon in onore di Lauria; Paradiso in
terra;
• Romano Lodovico, professore e scienziato (*)
• Sala Ferdinando;
• Tufarelli Tommaso scrisse due orazioni: Espulsione dei Francesi dal
Regno; I Francesi tentavano di distruggere lettere e scienze in Italia,
Napoli, stamperia Arcadia, 1800.
**************
5. I Cappuccini e Mormanno.
Troviamo a Mormanno già nell’anno 1579 un convento francescano
dedicato a S. Maria degli Angeli.
Fu attivo fino alla venuta dei Francesi nel Regno di Napoli, 1806,
quando cominciarono grosse difficoltà per gli ordini religiosi. Fu
soppresso infatti il 10 gennaio 1811.
64
Alla caduta di Napoleone e al conseguente ritorno dei Borboni, re
Ferdinando lo riaprì il 15 settembre 1855, elargendo anche 1000 ducati per
spese per riadattamento.
Ad appena 11 anni di distanza il governo italiano lo richiuse, 25 maggio
1866, lasciando al vescovo la chiesa di S. Maria degli Angeli e
destinando al Comune la struttura muraria del convento, l’orto ancora
detto dei monaci ed altre pertinenze (spazio, poi diventato Campo Sportivo
e boschetto sovrastante). Agli inizi degli anni quaranta, Mons. Raffaele
Barbieri avviò e concluse una transazione col Comune di Mormanno, alla
cui guida era il podestà Angelo Armentano. Si trattò di questo.
La Chiesa, creditrice dall’Ente di £. 25.000 di censi, e proprietaria
dell’intera Montagnella, la collina sulla cui sommità si erge il Faro, cedette
quote e terreno al Comune in cambio di quanto l’Ente possedeva
relativamente all’ex convento.
Nell’atto si precisò che il campo sportivo poteva essere utilizzato dal
Comune. L’intenzione di mons. Barbieri era quella di adibire tutto il
complesso a Seminario estivo. Poiché l’opera di rifacimento richiedeva
cospicui fondi, il vescovo decise di vendere un immobile sito nell’attuale
via Alfieri, già ricevuto in dono dal nobile don Pasquale Capalbi e adibito
da lungo tempo a seminario ma al momento inagibile. Il bene fu acquistato
da Rocco Capalbi discendente degli antichi proprietari e pagato £.
7.500.000.
Una curiosità. I frati cappuccini, la cui regola era quella dell’ordine riformato
francescano approvata nel 1528, quando venivano messi nella bara non avevano un
cuscino ma, in segno di estrema penitenza, poggiavano il capo su di una tegola. “Zu
mònacu mòri cù ciramìli” si diceva.
66
7. Sacerdoti nati a Mormanno e operanti altrove.
• Don Michele Bloise, parroco dal 1922 al 1939 della chiesa della SS.
Trinità di Avena.
• Don Sigfrido D’Alessandro, morto il 5 agosto 1936 a 73 anni,
parroco per 30 anni di Papasidero, fu segretario di Mons. Rovetta.
Regalò alla chiesa di Mormanno un suo fondo in contrada Pietragrossa.
Vedi lapide transetto sinistro.
• Don Alessandro De Marco, parroco di S. Domenica Talao.
***********
67
A P P R O F O N D I M E N T I.
68
d’ingegno Nicolò Perrone seniore che fu Arcidiacono della Cattedrale di Cassano Ionio,
e Pietro Perrone, frate domenicano, che professò matematiche nei seminari di Bojano
e d’Isernia. A quel tempo la scuola era vivificata dall’ambiente purissimo e benefico della
famiglia, nel grembo della quale spesso sorgeva. Il Perrone durò, in tutta la sua
gioventù, lo studio delle buone lettere presso suo padre.
(Dalla Commemorazione di Niccolò Perrone letta all’Accademia Pontaniana il 9
giugno 1889 dal socio Modestino del Gaizo, studioso di fisica, vulcanologia e
meteorologia nonché docente in fisica sperimentale che insegno in Napoli).
Studiò poi nel seminario di Boiano e in quello di Cassano.
Qui fu ordinato sacerdote il 21 settembre 1841.
Nel 1847 si trasferì a Napoli. Nell’aprile dell’anno successivo,
presentato da Luigi Settembrini, ebbe il posto d’insegnante in una scuola
pubblica.
Sorpreso dagli avvenimenti del 1848 e soprattutto dalle fucilate del 15
maggio dirette dai mercenari svizzeri ai deputati e al popolo in tumulto,
per non subire persecuzioni, reazioni e processi12 nell’anno successivo si
recò, o meglio fuggì, a Mormanno.
Risultava, come oggi si dice, “un sorvegliato speciale” sia per l e
amicizie urbane sia per i rapporti con letterati lucani cui aveva indirizzato
una Risposta sull’Arpa Lucana2.
Nel 1860 ritorna a Napoli e riprende ad insegnare latino senza nulla
chiedere e nulla ottenere dagli amici del ’48.
Nel 1862 fece un giro nell’Italia superiore, ripetendolo poi nel 1870. In
questi viaggi conobbe i letterati più rappresentativi della cultura italiana
del tempo. Da tutti fu conosciuto, apprezzato e stimato.
Tra i più in auge furono suoi stimatori: Tommaso Vallauri3, Atto
12
Tutti gli uomini di cultura appartenenti, secondo il re Ferdinando di Borbone, alla setta
della Grande Società dell’Unità d’Italia vennero iniquamente processati. Furono
incarcerati Luigi Settembrini, il suo amico Silvio Spaventa, Filippo Agresti, Carlo Poerio,
Pisanelli ed altri condannati in provincia o del tutto esiliati.
2
Periodico su cui pubblicò i suoi versi Nicola Sole, poeta di Senise, anch’egli poi
coinvolto in un processo tenutosi a Potenza.
3
Professore nell’Università di Torino. Fu anche deputato e senatore del Regno d’Italia.
Scrisse: Historia critica litterarum latinarum; Fasti rerum gestarum a rege Carolo
Alberto; Vocabolario italiano-latino e latino-italiano
69
Vannucci4, Niccolò Tommaseo, Andrea (conte) Maffei5, Aleardo Aleardi,
Terenzio Mamiani Della Rovere, Alessandro Manzoni.
Il Mamiani riteneva i suoi versi gemme di squisita eleganza latina e il
Manzoni, in una lettera a lui indirizzata, gli scriveva tra l’altro:
Ella mantiene all’Italia il pregio di essere ancora maestra alle altre nazioni per tener
vivo e fiorito il bel sermone dei suoi gloriosi antenati. Pochissimi in Italia scrivono
latinamente com’Ella scrive; pensando latino, non vestendo di pannucci latini, concetti e
forme meramente italiane.
Nello stesso anno 1870, il Nostro concorre insieme a molti altri per un
posto di professore pareggiato presso la cattedra di letteratura latina
della Regia Università di Napoli.
Vincitore, insieme al posto, gli fu pure assegnata dal re6, motu proprio,
la Croce di Cavaliere, in considerazione dei suoi particolari requisiti
letterari.
Nonostante gli onori ed il valore professionale, non avendo adeguati
proventi che gli potessero consentire una vita dignitosa, si costrinse a
vivere nell’angolo di una soffitta.
Non gli venne meno tuttavia quello spirto guerrier di alfieriana
memoria, né quella insita capacità, quasi connaturata, di poetare in latino,
improvvisando secondo l’estro ed il momento.
Guardando nel buio di una fredda sera invernale la pergamena della
conferita onorificenza, preso da uno slancio improvviso, vi scrisse a margine
i seguenti distici:
Das crucem misero, Caesar, mihi cruce levando?
Dai la croce al misero, o Cesare, innalzandomi in croce
Ferrea, quam porto, non satis esse putas?
Non credi che sia abbastanza ferrea quella che sopporto
Pectoribus roseis bullas felicius apta,
4
Cultore di studi classici, specie latini. Già sacerdote, abbandonò l’abito talare per seguire
la sua vocazione di storico filologo. Ebbe un ruolo importante negli avvenimenti del 1848
toscano. Fu poi direttore della Magliabechi di Firenze e docente di letteratura latina. Dal
1865 fu senatore del Regno d’Italia.
5
Marito della contessa Clara famosissima per il suo salotto frequentato dai migliori
ingegni che vivevano a Milano (Manzoni, Grossi, Prati D’Azeglio, Cattaneo, Verdi,
Hayez, Balzac, Liszt) e in cui certamente fu ammesso.
6
Vittorio Emanuele II.
70
Attacca con più gioia borchie ai rosei petti7
At memorem sortis te precor esse meae.
Mentre ti prego di ricordare la mia situazione.
Incubuit crux una mihi, tunditque, teritque,
Sono sovrastato da una croce che mi schiaccia e consuma
Impar huic, potero sustinuisse duas?
In queste condizioni di inferiorità potrò sopportarne due?
Et, si sustineam, quos risus nostra movebit
E se lo farò, quale gioia provocherà
Cruce palatina8 trita lucerna micans?
La mia croce palatina davanti ad una tremolante e consunta lucerna?
Sperando di migliorare le sue condizioni, nonostante la sua
preparazione ed il suo valore, nel 1876 accettò un posto di insegnante
nel ginnasio di Rotonda9. La vita cominciò a divenire desolata per lui.
Una serie di avventure, specialmente una grave infermità, lo
costrinsero a partire esule volontario per Rotonda, paesello di tremila
abitanti, posto nell’estrema Basilicata, a piè della nevosa gola di San
Martino, dove per opera di Mr. Giuseppe Salviati sorse un Ginnasio nel
quale ebbe ospizio come maestro l’insigne e valoroso latinista
dell’Ateneo napoletano. Il Perrone si ricorda del mestissimo vate esule
al Ponto e in quel montuoso luogo della Lucania sembra aver trovato la
sua piccola Tomi. Così scrive:
Gensque tenet Scythicis aequiparanda Getis
La gente del posto si può paragonare agli scitici Geti 10
Hirsuti cives, hirsutis rupibus haerent.
I rozzi cittadini sono immabili come le irte rupi
Hic aer nimbosus, hiems glaciesque perennis,
Qui l’aria è tempestosa, perenne è l‘inverno ed il ghiaccio
Nubilus hic Boreas pertetuusque furit.
Qui furoreggia Borea e il cielo è sempre pieno di nuvole11.
E come Orazio ride del suo scriba di Fondi – Fundos Aufidio
7
I rosei petti erano quelli dei giovani patrizi o liberi romani. Essi portavano infatti appeso
al collo una specie di piccolo globo, detto appunto bulla, che levavano al compimento del
18° anno per indossare al suo posto la toga praetexta.
8 Datami dal Palazzo, dal Potere
9
A Mormanno non esisteva il Ginnasio.
10
Antichi e primitivi abitatori della Tracia.
11
Dalla Commemorazione citata.
71
Lusco…insanis ridentes… – così il Nostro Niccolò, ride “di alcune lettere”
che Rotonda crede poter, quasi figlia di Roma, segnare sul suo stemma.
Egli chiama Rotonda Siopoli, ed invece di senatus pensa a sus perché
colà in ogni famiglia vi sono maiali12”.
Susque domi potior, coniux venit inde secunda:
La cosa più importante della casa è il maiale;
al secondo posto viene la moglie
Virque, cubans, medium inter utrumque iacet.
L’uomo dormendo sta sdraiato tra l’uno e l’altra.
Nec stupeas! Stirpem, mores et nomina genti
Non stupire! Stirpe, costume e nomi
Sus dedid…
Ha dato il maiale…
Stemmata sculpta monent…
Gli stemmi scolpiti lo ricordano…
Sempre a Rotonda, osserva che il vino e le carte da gioco sono la
palestra abituale degli abitanti:
vinaria cella ministrat vim mentis;
la cantina governa la forza della mente;
digiti sunt quibus arma micant.
giocano alla morra usando le dita come armi.
La permanenza, protrattasi per due anni, “sulla terra fosca e inaridita
(ove) è condannato a trascinar la vita” causò al Perrone una serie di
malanni per curare i quali ritornò a Napoli ove lo troviamo fin dall’inizio
del 1878 “su di un misero letto, in poverissima casa, quasi muto, gramo,
scheletrito; pareva un sepolto vivo.
Era il tempo in cui lungi da sua famiglia, vittima di morbosa letargia,
veniva spogliato da falsi amici, nonché di ogni sua roba frutto di sudato
insegnamento, anche dei prodotti del suo pensiero, vita della sua vita”.
Et rapuere meos memorantes facta libellos
E rapinarono le mie sudate carte e i miei diari
(O soboles patris sparsa cruore tui!)
(O figli dispersi e intrisi con il sangue di vostro padre 13
Quodque vigil calamus bis denis scripseram annis,
Tutto quel che l’attenta penna aveva scritto in più di vent’anni
Quasque labor modicas evigilarat opes
12
A proposito del maiale vedi in Uomini, tradizioni ecc.
13
Paragona i suoi scritti a figli dispersi di cui piange l’allontanamento dal padre.
72
e le cose più modeste nate pur rubando ore al sonno
Diripuere simul, nex parvula queque suppellex
mi furono saccheggiate insieme, la sola piccola suppellettile
Effugit.
Sfuggì.
Verso la fine dello stesso anno si trasferì a Roma ove gli fu assegnato
un posto di impiegato presso la Biblioteca Nazionale “Vittorio
Emanuele”. Non vi restò a lungo. La sua salute peggiorava. Cominciò a
perdere la vista.
Dopo tre anni ritornò a Napoli ove si diede di nuovo all’insegnamento.
Nel novembre del 1882, ormai completamente cieco, l’Università gli
affidò un corso di letteratura latina.
Qui continuò ad insegnare per altri sei anni. Gli studenti, a turno,
leggevano i testi che lui commentava dettandone poi la traduzione13.
Una sua prolusione del 1887, Latinus sermo vere libertati et patrii
amoris interpres et magister, è riportata in un volume di Scritti Vari
raccolti e pubblicati dal tipografo Michele De Rubertis, Napoli 1882-
188614.
Don Niccolò Perrone, abbandonato anche dai tanti suoi vecchi amici,
povero e solo morì in Napoli il 28 giugno del 1888.
Non solo fu eccellente cittadino e maestro ma buon sacerdote: spesso era alla porta
dei più insigni suoi amici per chiedere la carità per le povere orfanelle di un asilo delle
quali era diventato qui in Napoli benefico protettore.
Ci lasciò egli scritto che il genio che solo possiede il segreto delle grandi cose, è il
Genio della Fede.
Quando odo il Perrone divenuto velut umbra sui; quando veggo lui cantare presso la
culla di un fanciullo figliolo di un suo amico o poetare della folgore che ha colpito la
giovane pianta che era a fianco della sua casa in Mormanno; quando io lo seguo sulle
ali del pensiero mentre ei vuol portare a Dogali un cipresso e una croce e porli
sull’immane fossa dei nostri valorosi soldati; quando lo odo cantare il lamento di una
povera madre la quale al tornare della primavera aspetta invano il ritorno di un
figlioletto rapitole l’anno prima, come aspetta invano il poeta rivedere la luce, io
veggo in lui qualche cosa che mi ricorda Gioviano Pontano; io non so non riconoscerlo
13
Ormai era rimasto solo. Gli amici del 1847, Aula, Ignara, Maiello, Marzocchi, erano
tutti morti. Si sente peregrinus in urbe. Del Gaizo ricorda Scherillo, Guanciali Mirabelli
e Perrone come le colonne dell’ultimo classicismo napoletano
14
Testo che non sono riuscito a rintracciare.
73
degno della famiglia artistica di questo sommo poeta, il quale se fu grande nel cantare
degli astri, fu grandissimo nel cantare felice le nenie ai suoi figlioli, e nel meditare, nel
tempo della sventura, i versi per i tumuli dei più cari di sua famigli. (Dalla
commemorazione citata).
Occupiamoci ora delle altre sue opere. Esse possono essere così catalogate:
1. scritti e componimenti in latino
2. scritti e componimenti in italiano
Tra i primi sono da ricordare Poesie latine molte delle quali in possesso
di tanti suoi discepoli e di amici, oggi tutte disperse.
Tra esse vi erano quelle indirizzate al Bovio, al Mariani, al Correnti,
al Manzoni, al Baccelli, al De Sanctis, al Minervini, al Ranieri, al
Sanfelice, a Leone XIII, e ad altri. Tra i componimenti in italiano, contenuti
nell’introvabile volume del De Rubertis, vi erano inni, canzoni, ottave,
sonetti.
Degni di nota due inni:
- 9 gennaio 1878 dedicato a Vittorio Emanuele II;
- Ramo d’Olivo alla Regina Margherita.
Essi sono pregevoli e per i sentimenti religiosi e per quelli d’amor patrio
che il Perrone, nonostante le sue disavventure, conservò integri come
quando giovane prete si affacciava alla vita considerandola una missione.
Va pure ricordato il suo modo incisivo, lapidario, conciso, quasi
epigrafico con cui sapeva condensare in poche battute tratti della vita o
avvenimenti.
Anche questa produzione, purtroppo, non esiste più.
Si ricorda che in un periodico, L’Ateneo, n. 6, 7, 8 (di cui si ignora chi
sia stato a stamparlo, il luogo e la data) ne vennero pubblicate due per tale
Liborio Romano.
Gli scritti del Perrone non sono che la minima parte di quelli pubblicati dal
già citato De Rubertis.
Un suo biografo, tale G. Caivano, ricorda:
1. insieme all’abate Saverio Bloise scrisse un Vocabolario latino-
italiano, Napoli dalla tipografia Vanni186515 .
15
Ho visto per gentil concessione del pronipote dott. Mario Perrone, tale opera e ne ho
filmato alcune pagine. Vedi pure Francesco Saverio Bloise nel presente testo. Ho
saputo, estate del 2017, che tutte le opere citate sono state rubate da casa Perrone
con grave danno per gli studiosi e la cultura meridionale.
74
2. dieci orazioni sacre e quattro funebri;
3. un corso di grammatica latina;
4. un trattato di lessico secondo il quale da una sola radice possono
derivare più di mille parole;
5. duecento epigrammi;
6. la manzoniana 5 maggio riscritta in metro alcaico pubblicata
postuma in Messina dallo stabilimento tipografico Alicò nel 1913, nella
rivista Scrittori Calabresi;
7. due odi alcaiche al Manzoni;
8. molte elegie latine;
9. molte poesie italiane raggruppate in un testo dal titolo Corona di
Spine tutte satiriche come quelle del Giusti;
10. altre Bazzecole lette ai soci dei Letterati ed artisti na-
poletani di cui era vice presidente.
Fra gli atti dell’Accademia Pontaniana si trovano i seguenti altri scritti:
- Ad Modestinum del Gaizo, 1885;
- Ode ad Franciscum Florinum, 1887;
- Ode alcaica: triunfalis cupressus in Dogalis saltibus consita. Ad Academiae
Pontanianae sodales, 1887;
- Per il monumento di V. Bellini.
******************
75
Un esempio del suo poetare in latino.
Triunfalis copressus in Dogalis16
saltibus condita ad Academiae Pontanianae sodales.
16 Dogali, villaggio dell’Eritrea a 18 km ad ovest di Massaua. Presso un suo vicino poggio il 26 gennaio
1887 una colonna italiana di circa 500 uomini comandata dal tenente colonnello Tommaso De Cristoforis fu
assalita di sorpresa e dopo eroica resistenza annientata dai soldati abissini di Ras Alula.
76
Parvam virorum despiciens manum,
Astu, latebris et numero potens,
Alùla quingentis cruentum
Impavidis tumulum paràrat.
77
Deliberata morte ferocior
Tunc dena pubes irruit, impetit,
claustrumque Dogalis cadentum
caede nova, cumulique sternuit.
17
La poesia fu scritta nel 1849 mentre partiva da Napoli per Mormanno.
Il manoscritto capiò nellemani di unalunna, tale Diomira Francesca, che lo lesse in un suo
discorso pubblicato in Napoli nel 1880 da cui è tratta.
79
• Un altro degnissimo mormannese fu il sacerdote professore Vittorio
Pandolfi7. Figlio del clinico Edoardo, qui nacque il 19 maggio 1855 e
quivi morì a 72 anni, il 29 marzo 1926.
Dotato di forte ed acuto intelletto don Vittorio, così ancor oggi è
ricordato dal popolo, fu studioso attento e professore emerito di lingua
latina e greca. Citava a memoria i testi più rari.
Conosceva il sanscrito e, tra le lingue moderne, il
tedesco e l’inglese.
Le sue lezioni incidevano profondamente l’animo
degli ascoltatori per la saggia ed umana discrezione
e per la perizia con la quale attingeva al vasto
patrimonio culturale.
Aveva un sorriso aperto da cui traspariva tutta la bontà della sua
persona.
Operò in molte sedi ed in ciascuna lasciò fama ed eredità di affetti.
Insegnò sia come amato ed apprezzato professore sia come preside a
Foggia, Maglie, Palermo, Tivoli, Genova.
Mormanno gli ha intitolato una strada e la scuola media statale.
Guardiamo un momento i suoi scritti. Sono lavori di letteratura italiana,
greca e latina.
In italiano, oltre allo scrivere in prosa o in versi su argomenti gioiosi quali:
Un mazzolin di fiori; Fiori che paiono spine; Una memoria ed una
aspirazione, dal punto di vista più strettamente letterario e storico si
occupò di Boccaccio, di Benedetto VIII, della storia del Ducato di
Benevento.
In lingua latina scrisse su Gli Argonauti di Apollonio Rodio, a Sibari
dedicò una cantica in endecasillabi, Sybaritae, edita in Benevento nel
1894.
In greco produsse studi su La poetica di Aristotele, Le opere e i giorni
di Esiodo, il Ciclope di Euripide, gli Idilli di Teocrito. Tradusse poi in
italiano gli Inni di Callimaco.
Riporto alcuni versi con cui inizia la cantica dedicata a Sibari.
7
Prof. F. Lo Parco, Francesco Minervini, Tivoli Arti Grafiche A. Chicca, 1922, pp. 9
e segg.
fama est evessa Sybari fugisse Neonem
Millia ducentem clarorum quinque virorum
Cum dis, cuniugibus fidis natisque pudicis.
Qui, tra Lucani ove il sinuoso Lao scorrendo tra popolose rive divide i campi bruzi,
è fama che pervenisse, fuggita da Sibari, Neone, portando con sé cinque mila
illustri uomini con ricchezze, spose fedeli e pudichi figli.
***************
81
Sacerdoti del 1900
82
diverbi con il sindaco Battaglia.
Nel 1921 lasciò Altomonte per Mormanno.
Nel 1922 lo troviamo, nominato dal vescovo Bruno Occhiuto, direttore
del Convitto Vescovile di Castrovillari ove rimase fino al 1924.
Di nuovo a Mormanno dopo aver acquistato dai baroni Tufarelli
l’intero casamento vi riaprì la sua scuola privata che funzionò fino al
1936.
Se non il primo, il collegio fu il migliore dell’intera area cosentina.
Fu frequentato e da mormannesi e da giovani provenienti dalle province
di Potenza e di Catanzaro.
Nello stesso 1936 venne istituito a Mormanno un corso inferiore di
Ginnasio posto a funzionare nei suoi locali. Don Francesco lo diresse fino
al 1938. In quell’anno risultarono iscritti 40 alunni di cui 30 mormannesi.
Il Ginnasio restò in vita fino al 1943.
Nel 1949 l’indomito professore chiese al ministero della Pubblica
Istruzione l’autorizzazione alla riapertura del Collegio Privato che avrebbe
dovuto funzionare dall’anno scolastico 1950-’51.
Il 13 giugno 1950 “don Ciccio” si spense a Mormanno.
Il professore Aldo Alberti ne fece un commovente necrologio. Come
affermato columnist sostenne su vari giornali e riviste con vibranti scritti
la difesa della religione.
Fu articolista de La Croce, La Domenica dell’Operaio di Napoli, La
Libertà nonché dei settimanali cosentini L’Unione, La Voce Cattolica,
ove si firmava Cecco di Normanno. Collaborò anche a Il Lavoro, che
nella storia del giornalismo operaio è il primo manifesto dei lavoratori
della provincia di Cosenza. Il primo numero uscì nel gennaio del 1905.
Fu sempre in prima fila nelle continue diatribe e nelle aspre battaglie
in difesa della religione e della democrazia affiancato dagli artefici del
movimento cattolico sindacale calabrese che furono
don Carlo De Cardona (4 maggio 1877 - 10 marzo
1958) di Morano Calabro ideatore della piccola
proprietà contadina, direttore della citata Voce
Cattolica, il sacerdote professore don Luigi
Nicoletti da Cosenza, e l’amicissimo don Peppino
Bellizzi di Castrovillari.
83
Ricordo il Professore subito dopo la fine della guerra oratore in molti
comizi popolari. Nel 1946, affiancato proprio dall’ormai anziano don
Luigi Nicoletti, si schierò contro i nascenti partiti acattolici mormannesi
che, nonostante il suo impegno, portarono al comune la lista “I Fucili”
che ebbe 1.039 voti contro i 648 della rinascente corrente cristiana. Fu
eletto Sindaco l’avvocato Francesco Piragino cui poi fu revocata la nomina,
03.07.1946, a favore dell’insegnante Mario Sangiovanni (Don Marcello).
La sua pedagogia, basata su principi etici irreversibili, fu anche un
vivere in modo pensoso e amorevole la vicenda personale di ogni suo
alunno.
Il professore Sarubbi ci circondò di valenti insegnanti, scegliendoli
non per simpatia o raccomandazioni, ma per meriti e capacità.
Tutti costoro gli dettero un’attiva collaborazione sì da far meritare
all’istituzione attestati ed elogi da parte delle autorità scolastiche .
Il professore Italo Vigiani di Castrovillari mi disse che quando veniva
a Mormanno da commissario d’esami di licenza ginnasiale notava sempre
l’ottima preparazione degli studenti
Durante la seconda guerra mondiale per sopperire alla mancanza dei
docenti molti dei quali erano alle armi, pur di assicurare ai giovani, me, suo
memore alunno compreso, una preparazione ed una istruzione in momenti
storici difficilissimi, integrò il corpo insegnante anche con confinati politici
tra cui, ricordo, un ottimo professore tedesco, amato e stimato anche per
la sua signorile cordialità, il dottor Bruno Altemberg, conoscitore di
sette lingue che insegnò francese e storia. Dell’équipe ritornò a far parte
don Francesco Leone, già insegnante in Napoli.
Il professore Sarubbi, “don Ciccio” nome con cui è ancor oggi
ricordato dal popolo mormannese, ha lasciato nella mente e nel cuore di
quanti l’hanno conosciuto una grande eredità d’affetto ed una sincera
ammirazione per l’opera notevole e memoranda .
*************
84
Ancora un ricordo di don Francesco Sarubbi.
Signore e Signori,
oggi, dopo 50 anni, si è parlato a Mormanno del concittadino don
Francesco Sarubbi mettendone a fuoco la vita e l’opera, finora
incompresa, sottovalutata o del tutto sconosciuta.
Don Francesco Sarubbi non meritava una fumosa memoria, una
superficiale conoscenza o un indecoroso oblio.
Oggi è riapparso in questa sala il Professore che ci ha affascinato con
tutta la sua poliedrica personalità.
Ci ha ancora invitato ad essere confortati dalla Fede e dall’Amore che
aiutano a sopportare il dolore, e fecondano l’umana bontà ed alimentano le
speranze.
Don Francesco Sarubbi fu, come abbiamo sentito, un prete scomodo,
scomodo al pari di don Lorenzo Milani, con il quale ebbe in comune non
pochi atteggiamenti.
La Sua intransigenza e i suoi principi morali lo portarono a vivere una
vita di lotte e battaglie che condusse con dignità e coerenza traendo forza
e coraggio anche dalle situazioni più avverse.
La Sua missione pastorale fu un continuo momento didattico sotteso da
una fervente pedagogia cristiana.
Come insegnante pretese una preparazione consistente in un’educazione
alla rettitudine dei pensieri e dei comportamenti.
Anticipando di circa venti anni quella che più tardi fu la riforma
Gentile che si concluse nel 1928 con i programmi stilati da Giuseppe
Lombardo Radice, aveva previsto che la formazione dell’uomo e del
cittadino non poteva prescindere dall’insegnamento religioso che non
bisognava concedere, come avveniva, solo a chi lo chiedeva, ma impartirlo
ed estenderlo a tutti, per legge, perché senza di esso non era possibile
fondare e coronare l’intera opera educativa.
Questa Sua intuizione che governò più tardi la scuola fino al secondo
concordato Casaroli-Craxi (18 febbraio 1984) e che sembrò rivoluzionaria
85
ai contemporanei, era in perfetta sintonia con tutta la Sua formazione e
la Sua sempre vigile e vigorosa Fede.
Dimostrò con i fatti queste sue idee realizzandole nell’iter didattico.
Ed ora un particolare ricordo.
E rivado all’anno 1940.
Alunno di quarta elementare mi accingevo a fare, come si diceva, il
salto8 per accedere alla scuola media, affrontando le forche caudine
dell’esame di ammissione9 .
Don Ciccio mi preparò insieme ad una folta schiera di coetanei, tra cui
anche alcuni lainesi, e mi guidò poi in un viaggio che mi sembrò
avventuroso, a Praia a Mare.
Qui, dalla finestra dell’infocato albergo La Nuova Bella Praia, vidi
per la prima volta il mare.
Sulla scalinata del Ginnasio incontrai la solenne figura del preside
Lomonaco.
Nella calda estate di quell’anno, mentre tanta gioventù era stata
mandata a combattere un nemico che non odiava e neppure conosceva, noi
piccoli uomini ci apprestavamo ad affrontare quelli che sarebbero stati
gli anni più difficili del secolo.
A Mormanno intrapresi gli studi nel rifondato Collegio che il
Professore diresse per tutto il periodo bellico con operoso impegno e
grosse preoccupazioni dovendo sopperire alla mancanza di docenti,
richiamati o combattenti, con insegnanti diversi che coadiuvò con la sua
8
Il salto consisteva nella non frequenza della classe quinta alla cui mancanza si
sopperiva con una preparazione privata che ne riassumeva il programma con specifici
riferimenti ad una serie di argomenti che richiedevano un più ampio e dettagliato esame
delle materie di studio
9
L’esame si svolgeva in due momenti. Prima si affrontavano, in giorni consecutivi,
gli scritti consistenti in un compito di italiano, il tema, ed uno di matematica, il
problema. Il terzo giorno si sosteneva una prova orale che verteva sulle seguenti
materie: grammatica italiana pratica, dieci racconti e dieci poesie; storia d’Italia
dal Risorgimento in poi; geografia: (principali stati extraeuropei, europei e Italia
fisica e politica); matematica: le quattro operazioni con numeri interi e decimali; il
sistema metrico decimale, comprese le misure di superficie e di volume; scienze:
nozioni di fisica e chimica; disegno: dal vero e geometrico; educazione fisica: esercizi
ginnici vari e movimenti.
86
personale opera ed esperienza.
Ricordo le raccomandazioni a non distrarsi e ad approfittare delle
possibilità offerte dalla scuola da cui bisognava trarre, diceva, il maggior
vantaggio possibile.
Non fui un alunno modello come tanti, ma non meritai, in verità,
paternali e rimbrotti come capitava a molti miei amici.
Fui sempre attratto dalla Sua profonda cultura, dalla Sua squisita e viva
intelligenza, dalla Sua forte personalità, dal Suo essere Uomo, Sacerdote,
pensoso, amorevole e pestalozziano Educatore.
Il ricordo odierno riempie il mio animo di gioia e mi sento ancora
confortato dal Suo indimenticabile e carezzevole sorriso.
Nell’agosto del 2012 il nipote dott. Francesco Sarubbi, mi ha fatto omaggio della
seguente poesia scritta il 13 giugno 1998 in ricordo dello Zio, da Valentino De Franco,
suo cugino.
Una curiosità.
Provenienza degli alunni frequentanti.
Alunni esterni: tutti di Mormanno.
Alunni interni: Acquaformosa, Altomonte, Castelluccio Superiore ed Inferiore,
Castrovillari, Cetraro, Laino Borgo e Castello, Morano Calabro, Papasidero, Rotonda,
Sala Consilina, Santa Domenica Talao, San Nicola Arcella, Saracena, Scalea, Verbicaro,
Viggianello.
87
• Antonio Cavaliere (25.06.1915 21.02.1971).
Ordinato sacerdote nell’agosto del 1938, subito fu
parroco della parrocchia di San Giovanni Battista in
Orsomarso fino al 1941. Venne poi a Mormanno
come rettore del santuario del Soccorso e quivi
rimase fino al 1953.
Trasferitosi a Roma quale laureato in diritto
canonico fu ivi docente di religione presso la scuola
media statale “Daniele Manin”.
Nominato poi presso il tribunale ecclesiastico della Sacra Rota, si
occupò con diligente impegno e provata competenza di molte cause di
canonizzazione. Fu anche, fino alla sua morte, canonico della cattedrale di
Porto e Santa Rufina.
89
non lasciare a metà un’opera tanto necessaria, chiese una sottoscrizione.
Con grande entusiasmo rispose al suo appello il signor Cersosimo Luigi,
a Mormanno per diporto ma residente negli USA, che effettuò colà una
raccolta tra gli emigranti mormannesi di £. 200.000.
Il Parroco non volle amministrare una tale somma in prima persona e
promosse la costituzione di un Comitato presieduto dal prof. Edoardo
Pandolfi che portò poi a termine l’opera.
************
91
• Ugo La Terza (13.03.1910 - 28.02.1996).
******************
92
Antiche lapidi
D.O.M.
MEMORIAE SEMPITERNAE
PAULINI PACE PRAESULI INCLYTI
QUI
VIRTUTE DOCTRINAE OBSERVANTIA
AC MORUM PROBITATE
SUPRA CAETEROS INSIGNIS
POST TOT VICARIATUS MUNIA
AUXIMI ET MONTIS ALTI IN PICENO
HERBANI IN TUSCIS ET NEOCASTRI IN BRUTIIS HONORIFICE EXPLETA
TANDEM
VICI EQUENSIS EPISCOPUS
A CLEMENTE XIV P. M. MERITO CREATUS
PATRIAE STUDIOSISSIMUS
LONGO IN SENECTA SUSCEPTO ITINERE
AD SANCTAM HANC AEDEM
SACRO RITU INAUGURANDAM
HUC ULTRO SE CONDULIT
NONIS SEPTEMBRIS A. D. MCCXC
EAMQUE
RETORTIS EX AURICHALCO CANDELABRIS
AC MARMOREIS DISCIS
IN SINGULAS QUASQUE COLUMNAS AFFIXIS
GEMMATO CALICE
ALIISQUE PRAETIOSIS MUNERIBUS
AD MILLE ULTRA CENTUSSES
MINIFICE DONAVIT
PHLIPPUS PACE NEPOS GRATUS MAERENSQUE
M.P. ( PATRUO AMATISSI)
VIXIT ANNOS LXXIV MENSES X DIES VIII
OBIIT XV KALENDAS MAIAS MDCCXCII
93
2. Nella Cappella di San Francesco, ora sconsacrata, infisso nella
parete di sinistra, troviamo un marmo.
Leggiamo:
D. O. M.
SACRA HAEC AEDICULA
DIVO FRANCISCO A PAVLA NUNCVPATA
QVAE
IVRIS, ET IN PROPRIETATE MATRIS ECCLESIAE HVIVS CIVITATIS
MORMANNI PVIT
A’
R.D. IOSEPHO PACE PROCVRATORE MATRIS ECCLESIAE EJUSDEM
IMPETRATO EPISCOPALI ASSENSV
FUIT CESSA, ET ALIENATA VNA CVM CAMPANVLA, ET MOBILIBVS
SACRIS
R.D. NVNTIO SARNO
SOLVTO PER IPSVM ALIENATIONIS PRAETIO DUCATORUM
VIGINTIQVINQVE
IN MANIBVS EJVSDEM PROCVRATORIS D. IOSEPHI PACE
HAC CONDITIONE IN EPISCOPALI ASSENSVA DIECTA
VT
IDEM R.D. NVNTIVS DOTEM HVIC SACRAE AEDICVLAE CONSTITVERET
QUOD
EX IN TEMPLO FUIT ADIMPLETVM
STATUTA DOTE DVCATORVM QVINGENTVM QVINQVAGINTA ANNVI
REDDITVS DVCATORVM VIGINTIDVO
SV PER VECTIGALI CHALIJBIS, ET FERRI PROVINCIARVM APRVTII
ET
PATRONATVS JVRA SIBI SVISQUE HAEREDIBUS RESERVAVIT
VT EXPRESSE LEGITVR IN TABVLIS AVTHENTICIS REGII NOTARIS
BERNARDI FAZII MORMANENSIS
ET
REGIJ NOTARIJ FRANCISCI LEVZZI A TERRA GALATONE HIJDRVNTINAE
PROVINCIAE NEAPOLI DECENTIS
ANNO AERE VVLGARIS MDCCLI
**************
94
A margine di questa breve ed incompleta ricerca che più attenti ed
impegnati studiosi vorranno continuare o rifare, mi sembra doveroso,
parlando di chiesa e di uomini di chiesa, accennare alla successione dei
Vescovi di Cassano, presenti a Mormanno, a partire dal 1568, anno
della prima consacrazione della Chiesa.
*********
23
Al centro del portale dello stesso edificio è collocato, scolpito in pietra locale, uno
stemma. Varcando il portone, su una volta a botte, ne vediamo un altro, dipinto, in
pessimo stato. In una sala interna infine ne incontriamo un terzo, pure dipinto e meglio
conservato. Tutti e tre sono le insegne araldiche del De Magistris.
24
A. Cavaliere, Vicende Storiche e Uomini Illustri di Mormanno, Castrovillari, Tip.
Patitucci, 1939-XVII, p. 12.
10
Umberto Caldora, Calabria Napoleonica, Napoli, F. Fiorentino editore.
26
Padre Russo, op. citata
96
- Giovan Battista Miceli, 1752-1763. Elesse Mormanno a sua residenza.
Pose mano ai lavori di ristrutturazione della Chiesa resi necessari sia per le
aumentate esigenze della popolazione dovute alla sua crescita 27e sia in
conseguenza di un’ondata di religiosità che pervase tutto il Regno di
Napoli e soprattutto la Calabria Settentrionale. Nella Diocesi di Cassano,
si andavano ricostruendo chiese tutte con lo stesso stile (Morano
Calabro, Papasidero, Laino Borgo, Tortora, Castelluccio Inferiore).
- Giovan Battista Coppola, 1783-1797. Ebbe un rapporto tempestoso con
Mormanno. (Vedi il mio Poveri e ricchi del settecento mormannese, ediz. Phasar 2015).
Dopo Coppola la sede vescovile rimase vacante dal 1798 al 1803.
- Nel 1804 fu nominato vescovo Francesco Antonio Grillo ma morì il
17 novembre1804 prima di arrivare a Cassano.
Fino al 1818 vi fu ancora una lunga vacanza, dovuta anche al
succedersi degli avvenimenti politici relativi al periodo.
- Adeodato Gomez Cardosa, 1818-1825.
- Michele Bombini, 1829-1871.
- Alessandro Maria Basile, 1871-1883.
Adattò a Seminario il fabbricato adiacente alla Madonna della
Consolazione di Rotonda e chiamò ad insegnarvi
teologi e dotti tra cui l’umanista dott. Edoardo
Pandolfi senior da Mormanno ed il sacerdote
Niccolò Perrone.
- Raffaele Danise, fu vescovo per il solo 1883.
- Antonio Pistocchi, 1884 -1888.
- Evangelista di Milia, 1888 – 1899.
- Antonio Maria Bonito 1899-1905, poi designato
Arcivescovo coadiutore di Amalfi.
- Pietro La Fontaine, 1906 -
1910. Era nato a Viterbo nel
1860. Nominato vescovo nel
1906.
Il 1° aprile del 1910 divenne
segretario della sacra Congregazione dei Riti e
vicario della Patriarcale Basilica di San Giovanni
27
I fuochi erano passati dai 262 del 1532 ai 569del 1690. Giustiniani, Napoli 1797, tomo
V pag. 164.
97
in Laterano. Il 5 marzo 1915 fu promosso patriarca di Venezia e il 7
dicembre 1916 fu insignito della porpora.
Morì a Venezia, in fama di santo, il 9 luglio 1936.
- Giuseppe Bartolomeo Rovetta, 1911-1920.
Il 29 maggio 1911 venne nominato vescovo di
Cassano all'Jonio. Il soggiorno in Calabria e la
notevole attività svolta gli procurarono una salute
cagionevole ed il primo attacco di apoplessia. La
prima crisi del suo male lo colse mentre si godeva un
po' di riposo a Chiari, prov. di Brescia. Non riuscendo
a rimettersi in salute, rinunciò alla sede di Cassano e
il 16 dicembre1920 la Santa Sede lo trasferì ad Efesto,
patriarcato di Alessandria, Egitto, quale vescovo titolare.
98
Gloriosi che si immolarono per la grandezza della Patria e un campo si distende
a dar riposo agli Avanzi dei nostri poveri morti che in vita compatirono i Tuoi
Dolori, concedi loro, Ti preghiamo, la palma della Vittoria che non marcisce col
tempo e la Luce dell’Eternità che non conosce tramonto. Così sia. Sette
Ave con l’intercalare: Santa Madre deh Voi fate / che le piaghe del Signore /
siano impresse nel mio cuore. Concediamo 50 giorni di indulgenza applicabili
a chi recita la presente preghiera e vista il Santuario della Torretta in
Mormanno. Dal nostro Palazzo vescovile di Mormanno, 3 settembre 1941.
Qui si riporta una foto in bianco e nero, anno 1940, della statua della Vergine del Soccorso
in cui si vede una coppia di angeli oranti oggi non più esistenti perché rubati.
Ritornando a Barbieri, mi piace pure citare questo suo:
• Pensiero sulla natura.
Si estollono dalle piane e dai monti che conobbero le grandezze fulgenti di Grecia le voci di un passato...
si fondono in poema d’amore e di bellezza gli spettacoli sempre ricangianti in visione di varietà scultorea
delle cime eccelse dei nostri monti, delle ondulazioni tenere delle nostre valli, degli incanti soavi delle
nostre due marine…
Sfilano in processione di gloria i nostri Santi e Beati che diedero al Santissimo Sacramento l’attestazione
della loro fede e del loro amore col tributo di sangue... vive alle ombre odorate del Pollino eccelso o sui
versanti dolcemente inclini un popolo buono...
• Lettera Pastorale in preparazione del 1° Congresso Catechistico
Diocesano del 1966 dal titolo “La conoscenza di Dio: Amore, Giustizia e
Verità”.
I punti salienti di tale documento riguardano l’organizzazione del catechismo, la formazione dei maestri e
dei catechisti, la divisione in classi, il tempo dell’insegnamento, l’orario, le venti ore nelle scuole
elementari, la religione nelle scuole medie e superiori, la catechesi degli adulti, gli Oratori parrocchiali.
Padre F. Russo (Storia della Diocesi di Cassano Jonio, vol. III, p. 78)
parlando di monsignore Barbieri ne delinea il seguente profilo:
Fu assolutista e accentratore; insensibile alla comprensione delle correnti di rinnovamento che hanno
ispirato la Chiesa durante il Concilio Vaticano II, ha continuato a governare con metodi sorpassati e
anacronistici.
Potrei dire invece che la sua cultura e formazione di chiara ortodossia
tridentina rimase un po’ frastornata dalle nuove tesi teologiche e dalla
nuova, per così dire, ecclesiologia.
Cenno storico.
Al tempo di Barbieri la Diocesi di Cassano, detta ancora dei due mari, comprendeva i seguenti comuni:
Aieta, Tortora, Praia a Mare, San Nicola Arcella, Scalea, Santa Maria del Cedro, Verbicaro, Orsomarso,
S. Domenica Talao, Papasidero, Laino Borgo, Laino Castello, Castelluccio (Superiore ed Inferiore),
Agromonte, Viggianello, Rotonda, Mormanno, Morano Calabro, Saracena, Altomonte, Castrovillari,
Francavilla Marittima, Cerchiara di Calabria, S. Lorenzo Bellizzi, Albidona, Trebisacce, Villapiana, Sibari,
Doria, Lauropoli, Cassano.
Fino agli anni Cinquanta, poi incorporati nella Diocesi di Lungro, ne facevano anche parte i seguenti
comuni di etnia albanese: Lungro, Firmo, Acquaformosa, San Basile, Civita, Frascineto, Eianina, Plataci,
Castroregio.
99
Dopo Barbieri si sono succeduti:
102
Un predicatore a Mormanno.
Padre Antonio da Olivadi.
Leggiamo.
Vera Effigies Ven. Servi Dei P. ANTONI ab Olivado Sacerdotis Cappuccini Provincia
Rheginae Alumni hujus (?) Nostra Consentina Provincialis Celeberrimi Concionatoris
ac Evangeli Missionaij Dominicani Passionis Compassionisq. B. Virg, Cultorius
praecipui. Qui caritate motus erga eos quos nimia nix humano auxilio penius (?)
destitutos obruere solebat. Hospitium hoc a fundamentis ergit curavit anno domini
1698. Tandem odio sui Deique amore sopitus (?). Obiit Squillaci 22 februari MDCCXX,
aetatis 67. Non meglio leggibili le parole riportate con il punto interrogativo.
103
Traduzione.
Vera immagine del venerato servo di Dio, Padre Antonio da Olivadi sacerdote
cappuccino della provincia di Reggio Calabria, alunno della nostra congregazione
Provinciale Cosentina predicatore ed evangelico missionario e speciale divulgatore del
culto della Vergine e della Passione di Cristo. Fu mosso da spirito di carità verso coloro
che venivano privati dell’umano aiuto e per essi fondò dalle fondamenta questo ospizio
nell’anno 1698.
In un mondo pieno di odio amò immensamente il Signore.
Morì a Squillace il 22 febbraio 1720, all’età di 67 anni.
.
Altare francescano in Santa Maria degli Angeli di Mormanno, datato o rifatto nel
1777 come si legge sul paliotto. La statua della Vergine, ai cui lati sono posti due
reliquiari in legno a forma di croce, è posta in una nicchia tappezzata da una tela su
cui sono raffigurati angeli in volo. Altre sette teste lignee di cherubini abbelliscono il
frontale sovrastato da un cartiglio a tre scomparti. In quello centrale è dipinto
l’Eterno benedicente, a destra l’Angelo Nunziante, Gabriele, e a sinistra, la Vergine
Annunziata.
104
Indice
Il cristianesimo a Mormanno 5
La chiesa di S. Maria del Colle 14
Le Cappelle di Mormanno 28
Una nuova chiesa 43
Il clero di Mormanno 44
Altri sacerdoti di Mormanno 68
Antiche lapidi 93
Vescovi di Cassano Ionio 95
Padre Antnio Da Olivadi 103
Indice 105
105