Storia Contemporanea Parte I
Storia Contemporanea Parte I
Storia contemporanea
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Appunti lezioni di storia contemporanea
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Appunti lezioni di storia contemporanea
D’altro canto, anche tra Francia e Gran Bretagna vi era una politica comune, alla quale sempre di più
la Russia, in funzione soprattutto antiaustriaca, si avvicina.
C’erano dei motivi di tensione che opponevano le grandi potenze europee:
• Germania e Francia erano nemiche giurate da quando la Germania aveva tolto alla Francia i
territori dell’Alsazia-Lorena: territori ricchi di miniere, di materie prime utilissime
all’industria, e la Francia cercherà sempre di riprendersi questi territori. Le due più forti
potenze continentali si opponevano, la Germania aveva l’esercito migliore del mondo e la
Francia godeva di forti appoggi (es: la Russia).
• L’insoddisfazione della Germania per il ruolo che le è stato riservato nella ripartizione dei
bottini coloniali; la Germania si sentiva stretta, sapeva della propria grandezza ma non le
venivano riconosciute.
• Perenna agitazione nei Balcani, questo sentimento nazionalista sulla quale la Russia soffiava
e che provocava continuamente delle crisi e dei piccoli incidenti in guerre vere e proprie, come
è successo appunto a Sarajevo.
• Gara economica fra le nazioni industriali, che assunse forme sempre più drammatiche per
l’aspra concorrenza fra Germania e Francia. Soprattutto quando i tedeschi decidono di
costruire una flotta, sia mercantile che militare, preoccupa la gran Bretagna (la regina dei
mari). Il fatto che la Germania si stesse armando e stesse costruendo una flotta costituiva una
minaccia direttamente rivolta alla Gran Bretagna. Per altro, la Germania era la nazione
europea che si stava armando di più: l’industria bellica era la più forte di tutte: sotto il profilo
quantitativo e qualitativo era la prima Europa, ma anche l’equipaggiamento dell’esercito e la
sua organizzazione.
Tutte le nazioni avevano ricorso alla corsa agli armamenti, e la Germania era la nazione che più
apertamente si basava sui propri armamenti per sostenere le sue pretese politiche. Fedele a come
diceva Bismark: “Non si fa la politica con discorsi, feste popolari e canti, la si fa solo
con sangue e ferro.” La potenza di una nazione risiede nella potenza del suo esercito.
La Russia aveva provato sul finire sulla fine del XIX secolo di limitare la produzione militare a livello
europeo, tentativo che ovviamente fallì.
Era fallita la seconda internazionale a causa di contrasti interni (organizzazione socialista), e quindi
c’era stata anche la sconfitta del socialismo pacifista e questo fu determinante nel contribuire il clima
bellicista che già stava in Europa. Nei giornali dei tempi si legge come in tutte le nazioni c’era voglia
di guerra; la I guerra mondiale viene vissuta come una crociata religiosa. Moltissimi intellettuali si
lasciarono sopraffare e divennero favorevoli alla guerra, ma poi si ricredettero. Si infiammò un clima
bellicista, quasi un’euforia, che travolse qualsiasi tipo di istituzioni. L’unico partito che avrebbe
potuto opporsi era il partito socialista, ma non solo aveva fallito la seconda internazionale ma al suo
interno era molto diviso. I partiti socialisti di quasi tutti i paesi erano favorevoli alla guerra, perché
prevaleva sull’internazionalismo la difesa della nazione e quando anche il più antico partito socialista
europeo, la social democrazia tedesca vota nel 1914 a favore dei crediti di guerra questo travolge
qualsiasi resistenza… solo i bolscevichi in Russia e i socialisti riformisti in Italia continuarono ad
essere contro la guerra.
Scoppio del conflitto: quando la guerra scoppia non si ha assolutamente idea di quello che sarà, si
pensa che sarà una guerra breve e probabilmente regionale come lo erano state quelle dell’800 e anche
tutte quelle precedenti. Invece quasi subito si capisce che questa è una guerra quantomeno europea,
che poi diventerà mondiale. Da una parte la triplice intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia zarista),
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Grazie alla supremazia marittima la Gran Bretagna istituisce un blocco economico davanti agli imperi
centrali: piazza le proprie navi sulle rotte dalle quali potevano arrivare le armi dai loro alleati;
ovviamente non ferma solo armi ma anche medicinali, beni alimentari etc.… questa è anche la guerra
del sottomarino e sia la Germania sia la Gran Bretagna li possedevano. la Germania però, li utilizza
maldestramente e provoca infatti l’affondamento di una nave da crociera, dove viaggiavano cittadini
statunitensi. Gli Stati Uniti rispondono intimando alla Germania di cessare l’uso dei sottomarini, e
questa sarà una delle cause che porterà gli americani a intervenire nel conflitto.
Mentre sul fronte occidentale si vive una situazione di stallo, quello orientale restava in movimento;
i tedeschi avanzavano e la Russia non riesce ad opporre una difesa efficiente. La Russia è quindi
costretta a una guerra difensiva.
La guerra sarebbe stata vinta da chi avrebbe vinto sul fronte occidentale. In questo, i grandi
imperi francese e britannico erano aiutati dalla vicinanza delle colonie che erano un aiuto sia militare
sia di mezzi.
La Serbia e la Romania furono le città balcaniche che soffrirono di più.
L’Italia: data la sua posizione strategica, entrambi i contendenti quindi cercano di attrarre l’Italia con
una serie di promesse ma si dichiara neutrale. La triplice alleanza non era un vincolo di neutralità,
anche perché era stata l’Austria ad attaccare e quest’ultima non aveva neanche avvisato la penisola
poiché credeva si trattasse di una guerra veloce. Questa neutralità però dà la possibilità all’Italia di
trattare sottobanco, e soprattutto di capire se conviene scendere in guerra e da che parte le conviene
stare.
L’Italia si divide in questi mesi tra i neutralisti e interventisti, la maggior parte degli italiani voleva
che l’Italia non entrasse in guerra (neutralisti). Tuttavia, i motivi per entrare nel conflitto erano Trento
e Trieste e la posizione italiana che avrebbe potuto acquisire dopo lo scontro dal punto di vista
commerciale.
Neutralisti (non la volevano):
Tre forze fondamentali: i cattolici, i socialisti riformisti e i liberali giolittiani.
1. I cattolici ovviamente spinti da motivi religiosi ripudiavano la guerra, ma al tempo stesso non
si volevano mettere contro potenze cattoliche come la Francia o l’Austria. Alcuni religiosi
però si dichiarano comunque a favore. Il papa nel 1915 condanna la guerra.
2. I socialisti riformisti, quindi non tutti i socialisti. Anche qui ci sono motivi di principio. I
socialisti sono internazionalisti e soprattutto i socialisti italiani sostengono questa sia una
guerra capitalista, che sarà fatta a spese del proletariato e a morire saranno solo i proletari.
Non vogliono la guerra perché non la riconoscono come propria.
3. I liberali giolittiani seguono la sua posizione contraria a quel conflitto. Sono quelli che fanno
il discorso più convincente parlando di sacro egoismo e sottolineando l’importanza della
posizione geografica italica per patteggiare la sua neutralità in cambio di maggiore spazio
sull’Adriatico e territori. Per lo più l’Italia era militarmente impreparata e sarebbe stato
inevitabile che essa ne uscisse deteriorata dal conflitto.
Nel giugno del 1914 c’è la settimana rossa, una settimana di forti scioperi e manifestazioni in tutte
le poche fabbriche che c’erano nel settentrione. Si vive perciò anche da noi un clima bellicista, ci
sono riviste che portano avanti l’ingresso in guerra, come i futuristi (corrente culturale che elogia la
rivoluzione e il cambiamento) e Marinetti. Le correnti favorevoli erano più numerose.
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Interventisti democratici:
Consideravano questa guerra come compimento delle guerre risorgimentali. Erano spinti da motivi
di unità: l’unità d’Italia non si era realizzata dal momento che sono rimasti fuori territori italiani, il
Trento e l’Alto Adige... questa guerra concluderà il ciclo delle guerre risorgimentali. Ritenevano che
avrebbe assicurato l’effettiva democrazia al paese. Soltanto quando il suolo italiano si sarebbe
allargato la questione si sarebbe risolta.
Sono molto vicini agli irredentisti che, come unica condizione, volevano riottenere Trento e Trieste.
Conservatori:
Di cui facevano parte il presidente del consiglio Antonio Salandra e il ministro degli esteri Sonnino,
i quali erano liberali molto di destra. Sostenevano che per sedersi al tavolo delle grandi potenze l’Italia
avrebbe dovuto avere un ruolo diretto perché l’autorevolezza si conquistava anche sul campo.
Nazionalisti conservatori:
Il movimento più rumoroso, erano ancora più spinti (portavoce: D’Annunzio). Erano pericolosi
perché abituati a usare la violenza tanto nei discorsi quanto nelle azioni, tanto che all’inizio loro
avrebbero voluto entrare in guerra dalla parte dell’Austria e della Germania, ai loro occhi le nazioni
più forti.
I socialisti rivoluzionari:
Nonostante il loro essere socialisti li obbligava a credere nel principio internazionalista, erano
convinti che la guerra avrebbe provocato una rivoluzione (dando ragione a Giolitti), che avrebbe
travolto la monarchia per dare vita a una situazione politica completamente diversa. Non erano
moltissimi ma erano molto attivi e molto rumorosi, tra queste file socialiste si collocherà pure Benito
Mussolini. Era stato prima neutralista. Quando la guerra scoppia si dichiara contrario, in autunno
comincia a dire invece che la partecipazione dell’Italia è necessaria. Viene cacciato dal partito e fonda
un suo giornale, Il popolo d’Italia, che pare sia stato finanziato dai francesi.
Tutti gli interventisti vogliono la guerra e spesso per motivi opposti. Il collante che tiene in piedi
questi partiti è l’antiparlamentarismo, o meglio l’antigiolittismo. Sono contro i parlamentari perché
corrotti a detta loro e non ritengono funzionali le loro istituzioni.
In questo contesto il governo italiano continuò le sue trattative diplomatiche, avvicinandosi sempre
di più all’intesa perché le dava margini molto più ampi sul Südtirol. Così il 16 aprile del 1915, i
grandi maggiori del governo volano a Londra e stipulano un patto segreto con le potenze dell’intesa,
che era appunto il patto di Londra che prevedeva l’ingresso dell’Italia in guerra entro un mese e alla
fine del conflitto, a vittoria ottenuta, l’Italia avrebbe ottenuto Trento, Trieste, Istria, la Dalmazia e
una base anche in Albania. Il patto è segreto perché la maggioranza del governo come quella del
paese è contraria all’ingresso in guerra, quindi possiamo parlare di golpe. Anche il Re sapeva ed era
d’accordo.
Tornano in Italia e ci sono quelle che vengono ricordate come “le radiose giornate di maggio” dove
la corte e il governo incoraggiano una serie di manifestazioni favorevoli all’ingresso in guerra per
piegare l’opinione pubblica. Giolitti viene omaggiato dai suoi sostenitori e Salandra dà le dimissioni.
Nel paese si succedono scontri sempre più violenti, e lo stesso Giolitti rischia di rimanere vittima e
questo lo porta a decidere di ritirarsi da questa sua politica neutralista e prega il parlamento di votare
a favore della guerra, perché questo può spaccare il paese. Così nel maggio del 1915, l’Italia entra
ufficialmente in guerra.
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Un altro evento che si verifica in questo primo periodo della grande guerra è la comparsa per la prima
volta di un genocidio, quello degli armeni, primo genocidio della storia.
Concetto di genocidio: come dice lo storico francese Bruneteau, il genocidio è un fenomeno precipuo
del XX secolo, non ce ne sono stati prima. Affrontare il discorso di genocidio presuppone una
chiarificazione del concetto stesso, anche perché accertare l’esistenza di un genocidio impone alle
organizzazioni internazionali di intervenire, e questa cosa richiede numerosi sforzi umanitari ed
economici. L’effettiva conoscenza dei genocidi quasi sempre avviene quando si è vicini alla loro
completa realizzazione. Si può effettivamente definire un genocidio, cosa che impone l’intervento
delle forze internazionali, in uno stadio molto avanzato, perché tutto è tenuto molto segreto. Gli stessi
tedeschi, durante il secondo conflitto mondiale, non parlano mai di genocidio degli ebrei nei
documenti ufficiali, ma si parla sempre di “soluzione finale” ma non scrivono mai in maniera chiara
quello che effettivamente avevano intenzione di fare. Il precedente storico da cui dobbiamo partire
per una definizione di genocidio è una risoluzione che adotta l’ONU nel 1946, quindi subito dopo la
fine della guerra secondo la quale ci si trova di fronte a un genocidio quando "gruppi razziali,
religiosi, politici o di altra natura vengono distrutti in tutto o in parte”, cioè quando c’è il
riconoscimento di una minoranza che connotato sotto questi profili, e subisce delle deprivazioni
gravissime ma soprattutto che vuole, dal gruppo maggioritario, essere sterminato. Da questa
definizione venne poi spuntato l’aggettivo politico. Ci troviamo in piena guerra fredda e Stalin vuole
appunto che quest’aggettivo venga eliminato perché ha paura che la Russia possa essere accusata di
genocidio nei confronti dei kulaki, ovvero i contadini che erano possessori di terre, minoranza
connotata politicamente. Questa definizione viene proposta da un giurista polacco naturalizzato
statunitense e di origine ebraica, Raphael Lemkin, ed elabora questo concetto proprio pensando alla
Shoah. Quindi il genocidio si configura in quanto crimine destinato a sterminare un gruppo in
quanto tale (es: gli armeni in quanto armeni e gli ebrei in quanto ebrei).
Inoltre, per riconoscere un genocidio ci sono due elementi fondamentali che devono essere
rintracciati: l’intenzionalità (pensare) e la sistematicità (fare).
Quando Lemkin formula questa definizione, gli storici dell’epoca si chiedono se forse i massacri
dell’antichità possono essere intesi anche loro come genocidi, confondendo l’aspetto quantitativo.
Molti di più sono stati per esempio i pellerossa massacrati (12 milioni), o le civiltà precolombiane
rase al minimo dai conquistadores spagnoli e portoghesi o ancora la resa al suolo di Cartagine da
parte dei romani; queste popolazioni però non sono morte in quanto gruppo, ma per cause indirette.
Non c’è stata l’intenzione di sterminare quelle popolazioni.
Il genocidio degli armeni, minoranza religiosa, è chiamato da loro stessi “il grande male”, si colloca
all’inizio del conflitto, nella primavera del 1915. Vivevano all’interno dell’impero ottomano in
maniera più o meno integrata. Quando vanno al governo i giovani turchi cominciano ad essere
guardati con sospetto tutte le minoranze, ma nello specifico gli armeni, perché li divide dai turchi la
religione. Questi erano infatti cristiani ortodossi e avevano paura di una possibile alleanza con i russi,
anch’essi cristiani ortodossi. Basta questa differenza per cominciare a fomentare questo desiderio e
poi l’effettivo sterminio. Vengono prima individuati nel territori, nei loro villaggi (quelli più in vista
vengono arrestati), poi vengono varate delle leggi di deportazione e di concentrazione e poi la legge
di espropriazione dei beni. Incredibilmente non ci sono episodi di ribellione, non potevano
minimamente pensare che il loro stato sarebbe arrivato addirittura a volerli sterminare. Le stime delle
vittime vanno da 1.000.000 a 1.200.000. C’è un episodio particolarmente intenso che avviene nel
1916 dove moltissimi orfani che erano stati tolte dalle famiglie vengono portati nel deserto e fatti
saltare in aria.
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La Germania fu complice di questo genocidio, non solo perché alleata dell’esercito ottomano ma
perché contribuì all’esecuzione sia sotto il profilo della sistematicità sia nell’intenzionalità, grazie
alle idee geniali dei capi tedeschi. Infatti, si ritiene un campo di prova per quello che sarà poi il
genocidio degli ebrei qualche decennio dopo.
Il 1917 fu un anno sparti acque, ricco di eventi sia sotto il profilo militare sia sotto quelli politico,
sociale e culturale. L’anno più terribile della guerra, viene chiamato l’anno della stanchezza. Tutta
quella bellicosità dell’inizio va sempre più scemando e la stanchezza si fa sentire e si verificano due
eventi importantissimi a livello internazionale: l’uscita di scena della Russia e l’ingresso degli stati
uniti, che mutano inevitabilmente le sorti del conflitto.
La guerra di trincea ha logorato enormemente i militari, questo desiderio di mettere fine alla guerra
inizia proprio tra i soldati, non sentono più appartenenza alla propria patria ma solo ai propri
commilitoni con i quali condividono lo stesso destino della trincea.
(Italia del 17) Due eventi significativi: la brigata Catanzaro e Caporetto:
• Questa brigata era un unità di fanteria costituita prima dell’ingresso dell’Italia in guerra.
Composta quasi soltanto da calabresi, viene mandata in prima linea, in Friuli, a combattere
contro gli austriaci e viene impiegata come brigata d’assalto sul Carso. Erano continuamente
sottoposti al rischio di essere uccisi. Per il valore che aveva dimostrato venne decorata con
medaglia d’oro al valore militare. Dal giugno del 15 al settembre del 17 sempre in prima linea,
vengono mandati in una località delle retrovie e sostituiti temporaneamente, per dargli un po'
di riposo e gli si dice che possono restarci per oltre un mese, giusto il tempo di riprendersi.
Dopo un paio di settimane gli viene dato però l’ordine di rimpiego; a questo punto il livello
di esasperazione e stanchezza era troppo alto e viene percepito come un tradimento che
provoca in una ribellione che sfocia in un vero e proprio ammutinamento. Viene represso
duramente in una notte di luglio con la decimazione (ogni dieci soldati ne viene ucciso uno).
L’ordine viene così ristabilito.
• Qualche mese dopo, il caso Caporetto. L’esercito italiano, ormai logorato dalla stanchezza,
cede all’attacco austriaco. L’abbandono si trasforma in un moto disordinato, tra soldati presi
prigionieri e disertori. In quel momento sembrava le sorti della guerra dell’Italia sarebbero
state drammatiche. Però, oltre ogni previsione, l’esercito viene riorganizzato. Bisogna
adottare un atteggiamento diverso: si capisce che la severità troppo eccessiva non andava a
favore loro, bisognava cambiare atteggiamento nei confronti dei soldati. Innanzitutto, il
comando viene tolto a CADORNA e affidato a DIAZ. Dal lato umano bisognava stare più
vicino ai soldati, c’è bisogno di una dieta migliore, lettere scritte per mandarle a casa, meno
severità e soprattutto incentivarono i contadini soldato promettendo loro terre al loro rientro.
In quel momento la guerra era diventata di tipo difensivo e si capì dopo caporetto che andava attuato
un cambio di passo importante, e ci fu. Vennero mandati quelli che venivano chiamati giovinetti del
Piave, classe 1899, per rimpinguare le perdite e per aiutare con la loro presenza e con la loro
freschezza l’esercito. Questo consentì infatti di avere nella zona, ad esempio, di Asiago e
sull’Altopiano del grappa di un’opposizione molto ferma, che poi nel 1918, esattamente un anno
dopo, vedrà la sconfitta dell’esercito austriaco, con la battaglia di Vittorio Veneto.
Anche la società civile era stanca e il pacifismo che prima era stato bollato come vigliaccheria, riprese
grande sopravvento, grazie anche ai partiti socialisti, i quali si dichiarano apertamente contro la
guerra. Si dividevano però tra chi perseguiva la pace a ogni costo (la maggioranza) e quelli che
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ritenevano che la guerra dovesse finire, ma non ci sarebbe stata pace senza un rovesciamento della
borghesia, la guerra doveva trasformarsi in una rivoluzione socialista (bolscevichi russi).
Come si comportarono i governi? Ci sono governi “misti”, nascono governi di unità nazionale, dove
si compattano tutti i partiti per il bene della nazione. I regimi liberali reagiscono più efficientemente
e più prontamente rispetto alla rigidità dei regimi imperiali o più autocratici. Già dai primi sintomi di
crisi si era capito bisognava porsi in maniera diversa, sia rispetto all’opinione pubblica sia rispetto ai
loro avversari politici, e questo perché la guerra imponeva un rafforzamento del controllo del governo
sulla vita dei cittadini. Quindi questa riorganizzazione non è solo della società o dell’esercito ma
anche all’interno dello stesso governo, che non accade negli stati autocratici o repressivi (es: in Russia
scoppia la rivoluzione e in Germania si consuma un forte scontro fra militari e governo).
06/03 quarta lezione
Questa guerra di logoramento imponeva di gettare in campo tutte le energie, non solo quelle militari,
ma anche civili, economiche e di coesione morale dei popoli. Importante osservare l’atteggiamento
dei governi.
I governi: vedi lezione precedente; governi liberali agiscono in maniera più efficace rispetto a quelli
degli imperi centrali, più rigidi e meno favorevoli ad andare incontro alle richieste della popolazione.
La prima cosa che fanno i governi è la formazione di governi misti, cioè di fronte a questo bisogno
bisogna azzerare le differenze politiche e compattarsi in un unico fronte. Ovviamente ha un effetto
psicologico positivo sull’opinione pubblica. Così abbiamo visto fare in Francia, in Gran Bretagna, e
così anche in Italia con il governo Boselli e poi ci sarà un governo presieduto da Vittorio Emanuele
Orlandi, e sarà il governo che vedrà la fine del conflitto.
In Germania, paese del blocco degli imperi centrali, si sviluppa una discussione molto accesa tra i
militari e i politici, in particolare tra il cancelliere e i vertici militari. Questi ultimi pretendono si
ricorra nuovamente alla guerra sottomarina (interrotta dopo l’affondamento della Lusitania nel 1915).
Il cancelliere avvisa che questo sarebbe significato molto probabilmente l’intervento degli usa, finora
scongiurato e allora le sorti della guerra si sarebbero ribaltate.
La guerra sottomarina viene ripresa, 1° febbraio 1917.
Anche il governo russo, sebbene faccia parte dell’intesa, è un governo che non possiamo definire
liberare ed è il governo che meno di altri cerca di giustificare in modo etico l’intervento in guerra e
più di altri soffrirà gli effetti del conflitto dal punto di vista umano. Si trattava allora di un paese
enorme ma molto arretrato. Debole sotto il profilo economico, istituzionale e c’era una grande
insufficienza nell’organizzazione dell’esercito, dell’approvvigionamento delle città. Quindi la Russia
sarà il paese che più degli altri soffrirà il conflitto, sia perché ha iniziato la guerra e sia perché appunto
era in una condizione più svantaggiosa rispetto agli altri. Lo zar non si preoccupa minimamente delle
proteste che scoppiano all’interno del paese. Il paese rimane legato a questa visione autocratica del
potere: non vi era bisogno di giustificazione esterna. Lo zar era lo zar. Dopo la rivoluzione del 1905
era stata prevista l’istituzione di un parlamento, La Duma, i cui poteri erano però molto limitati ed
era un’operazione molto più di facciata. Viene rappresentato solo il partito dei liberali. Venivano
richiesti molti sacrifici alla popolazione.
I russi non sentono più lo zar come loro padre, come qualcuno che si preoccupa del loro benessere, e
così il tracollo russo comincia con una rivolta che scoppia a Pietrogrado (ex Pietroburgo, nome
cambiato all’inizio della guerra perché “troppo tedesco”). Questa manifestazione che era stata
organizzata nella giornata internazionale della donna (23 febbraio per via del diverso calendario, si
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Appunti lezioni di storia contemporanea
utilizzava ancora quello giuliano. Verrà cambiato con quello gregoriano da Lenin) e per questo si
parla di rivoluzione di febbraio. Dilaga in tutto il paese, la popolazione è allo stremo, i soldati al
fronte simpatizzavano ormai con il nemico e molti disertavano. Persino i cosacchi che erano l’arma
più fedele allo zar, si ribellano. Nicola II si ritrova perciò isolato e abdica e si crea un governo
provvisorio, nel quale ci stanno anche i socialisti rivoluzionari. Questo governo subito dice che la
guerra sarebbe continuata e questo è la materia sulla quale si consuma lo scontro con i bolscevichi.
Ci sarà poi la Rivoluzione d’ottobre (rivoluzione bolscevica) che sancirà la fine della storia russa
nella Prima guerra mondiale.
Ingresso degli USA in guerra: evento successivo alla ripresa della guerra sottomarina tedesca. I
tedeschi puntavano con questa a isolare e sconfiggere la gran Bretagna e contavano sulla lentezza
dell’arrivo delle armate statunitense.
Per altro, l’intervento degli stati uniti nel conflitto era tutt’altro che certo. Gli Usa avevano assunto
nel corso del tempo un atteggiamento isolazionista, ovvero non intervenire in guerre esterne al suolo
americano. I tedeschi cominciano a colpire navi nemiche, di paesi neutrali ma soprattutto quelle
dirette in gran Bretagna. Inizialmente gli usa reagiscono soltanto con la rottura dei rapporti
diplomatici ma presto l’opinione cambia, e per diversi motivi: innanzitutto c’è un grande appoggio ai
governi liberali, all’intesa; la cosa più importante è che ci sono dei gruppi finanziari statunitensi che
hanno molto investito (senza credito) per sostenere i paesi dell’intesa e quindi premono perché la
guerra venga vinta dall’intesa. L’abbandono dell’isolazionismo viene aiutato dal fatto che la Russia
zarista è uscita dal conflitto e quindi dall’intesa. Non c’è più uno stato autocratico che si scontra con
le idee liberali dell’intesa e degli stessi Stati Uniti. Il presidente Wilson si sforza di dare un indirizzo
assolutamente autonomo rispetto ai motivi che porta il paese in guerra (es: per difendere la
democrazia, i paesi oppressi, per la sicurezza e la pace del mondo). Tutte queste ragioni messe
assieme fanno sì che gli stati uniti non solo decidano di entrare in guerra ma lo fanno subito (aprile
17, a due mesi dalla guerra sottomarina).
Ci sono rivolgimenti sociali molto violenti; a Torino uno sciopero che si trasforma in una vera e
propria ribellione. In Francia c’è un nuovo capovolgimento della situazione dell’esecutivo che viene
affidato a Georges Clemenceau e la compagine governativa in allarga notevolmente. In Germania c’è
un rivolgimento forte a livello governativo: il governo si trasforma in una dittatura militare. Questi
avvenimenti stimolano l’iniziativa di altri paesi:
• la Grecia entra in guerra a fianco dell’intesa e dichiara guerra alla Germania;
• gli alleati (intesa) firmano il patto di Corfù (estate del 17) con serbi, croati e sloveni per la
creazione di un governo di serbi, croati e sloveni.
In Russia intanto prendeva potere il partito bolscevico, il cui leader era Lenin era stato autorizzato
già nell’aprile del 1917 a rientrare in paese. Sono i tedeschi a farlo passare (egli stava in esilio in
svizzera), perché sanno che egli e i bolscevichi vogliono far cessare la guerra, con una pace ad ogni
costo; quindi, questo fa gioco agli avversari quali i tedeschi stessi.
Esercito tedesco: In marzo firmano un trattato che costringe i Russi a rendere indipendente la
polonia, i paesi baltici e l’ucraina, ma nel 1920 (?) se la riprendono.
Il comando militare viene unificato, il quale nella seconda metà di luglio dà inizio a una serie di
operazioni totali, fino all’autunno avanzato. Viene usato tutto ciò di cui dispongono. I tedeschi
abbandonano sia la Francia sia il Belgio.
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Appunti lezioni di storia contemporanea
Intanto in ottobre anche la Turchia aveva dovuto cedere e in Germania avviene la stessa cosa. Dilaga
la rivoluzione tanto da obbligare l’imperatore a fuggire e si firma poco dopo una repubblica.
Alla fine del conflitto si percepisce lo scontento dei tedeschi, costretti a dare via tutti gli armamenti.
Questo perché la Germania non era mai stata sconfitta in scontri importanti ma solamente i suoi
alleati. Si crea questa storia della Germania invitta, costretta a firmare l’armistizio perché stremati e
perché da soli non potevano riprendere in mano le sorti della guerra. La destra soffia su questa
ingiustizia, chiamata da loro pugnalata alle spalle da parte dei social democratici. Questa pretesa di
essere stati ingiustamente puniti e ingiustamente considerati sconfitti.
Non tutti i paesi che vincono la guerra sono d’accordo sulla gestione della pace. Cosa bisognava fare
nei confronti dei paesi sconfitti. Solo Wilson parla di pace non punitiva, va sancita una pace giusta e
non una pace che possa accendere da qui a poco nuove tensioni. I francesi vogliono invece che la
Germania venga umiliata, che venga posta in condizioni da non poter più tornare ad essere potenza e
quini una minaccia. Termina questa grande guerra con il trattato di Versailles.
Si parla di circa 8-10 milioni di morti in battaglia a cui si sommano parecchi milioni di civili. I paesi
che soffrono di più dal punto di vista delle perdite sono la Germania e la Russia. In Italia sono 600.000
i soldati che non tornano a casa.
A Versailles solo la delegazione statunitense cerca di mitigare il castigo che doveva essere imposto
alla Germania. Inoltre, nessuna delegazione tedesca o austriaca era presente, quindi i vincitori
impongono ai vinti la loro condizione senza contemplare che potessero dire la loro. Su oltre 30 paesi
solo 4 avevano potere decisionale (Francia, gran Bretagna, Stati Uniti e in piccole dosi anche l’Italia).
I vincitori pretendono che ammettano la propria responsabilità di aggressori, l'intento è l’umiliazione.
In questo tribunale della storia è la Francia soprattutto che si attribuisce il ruolo di giudice. I tedeschi
non solo perdono il 13% del territorio, ma in quella percentuale ci sono l’Alsazia e la Lorena, territori
che comprendevano oltre il 70% di risorse industriali della Germania. Alla polonia la Germania deve
cedere il corridoio di Danzica, per consentire alla polonia l’accesso al mare. Perde tutte le sue colonie,
divise poi in mandati, divise fra la gran Bretagna, Belgio e dal Giappone e l’Italia, alla quale nel patto
di Londra era stato promesso del territorio coloniale, viene dimenticata.
Molto peggiore è la sorte che tocca all’Austria e all’Ungheria, ex impero austroungarico, che appunto
si divide. Con i trattati… dalle ceneri dell’impero nascono nuovi stati, come la Iugoslavia, la
Cecoslovacchia, e ovviamente l’Ungheria. Anche dalla dissoluzione dell’impero zarista nascono
nuove nazioni: rinasce la Polonia, e stati nuovi come la Finlandia, la Lituania, l’Estonia. Stati nati a
tavolino, voluti da Francia e Gran Bretagna.
L’Austria in particolare, si profila l’idea di un unione con la Germania, ma le potenze vincitrici non
lo permettono assolutamente. In Turchia scoppia un movimento rivoluzionista.
In Italia serpeggia il sentimento di una vittoria mutilata; gli viene conferito il trentino e l’alto Adige,
oltre al Trieste e l’Istria. Sorgono delle controversie sul confine con la Iugoslavia, per la città di fiume
e la Dalmazia. Gabriele d’Annunzio nel settembre del 1919 alla testa di un gruppo va a fiume e
proclama una repubblica.
Il vero punto critico della fine della guerra è il trattamento riservato alla Germania. Per quanto questo
trattato sembrasse punitivo non lo era quanto lo voleva la Francia:
• disarmo totale;
• le unità dell’esercito ridotte a circa 100.000;
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Appunti lezioni di storia contemporanea
Come la Russia, un paese così arretrato, è riuscito a saltare più di un anello evolutivo di un
paese?
È innanzitutto un evento che si poteva prevedere? Secondo l’analisi di Marx no. Egli sosteneva che
la rivoluzione socialista sarebbe partita da un paese nel quale il suo sviluppo capitalistico è al suo
massimo e solo in quel caso si hanno le condizioni per una rivoluzione, perché si ha un enorme
proletariato industriale; quindi, quanto più cresce l’industria e quanto più cresce il proletariato. E
secondo la sua analisi sarebbe dovuta essere la Germania il punto d’inizio della rivoluzione.
Si pensava che l’inizio della rivoluzione in Russia avrebbe portato al potere la borghesia, nessuno
pensava a una rivoluzione socialista. Era un paese contadino che non rappresentava l’esempio di
sviluppo industriale ma era carente sotto tutti gli aspetti.
La Russia rappresentava non un esempio industriale, ma di arretratezza sotto il profilo economico,
produttivo, socioculturale, quindi un paese in cui il valore industriale era pochissimo e il proletariato
industriale costituiva un percentuale molto ridotta.
La Russia non era pronta nemmeno per una rivoluzione borghese, rappresentava in parlamento la
borghesia russa solo il 2%, quindi mancava un ceto sociale forte e numeroso.
Quindi per fare una rivoluzione socialista mancavano i termini, per una rivoluzione borghese
mancavano le forze.
Quella che si verifica quindi è uno stato che salta la tappa della rivoluzione borghese e trasforma uno
stato semi-feudale in uno stato socialista. Da lì nasce, quella che chiama Marx rivoluzione
permanente. Che cosa poi la fa scaturire? La guerra e il fatto che la Russia era arrivata alla guerra
nelle sue condizioni di arretratezza.
Al nuovo stato russo si sottopongono dei problemi che si sarebbero dovuti risolvere precedentemente,
il sottosviluppo e la natura della società che fino al giorno prima era una società zarista. Passare da
questo a un socialismo senza passare per la società borghese significava un problema.
La Russia aspirava ad essere una grande potenza, ma non aveva i mezzi per avviare questa sua
trasformazione.
La rivoluzione bolscevica si è consumata in soli 10 giorni. In 10 giorni hanno fatto la rivoluzione e
posto le basi per la prosecuzione a livello governativo della stessa.
09/03 sesta lezione
Riforme 1906 in Russia di Stolypin, ci fu un trasferimento nelle aree industrializzate, ma l’arrivo
di questi lavoratori non fu organizzato e molti rimanevano fuori.
Stolypin fu ucciso in un attentato nel 1911, quando aveva capito che qualcosa stava cambiando, e
oltre alla sua morte la Russia vive pure l’ingresso in guerra. Non era in ottime condizioni ed era
molto impreparata. Quindi, perché entra subito?
1. Non poteva tirarsi indietro per la visuale che aveva avuto;
2. Entra a fianco dell’intesa, e questo comporta dei disguidi all’interno del paese;
Cadetti: costituzionali democratici.
Molti pensano che attaccare i paesi occidentali in guerra sarebbe stato buono per il regime zarista,
che approfitta l’entrata in guerra per reprimere le repressioni interne.
“la guerra porta nel suo grembo la rivoluzione”
14
Appunti lezioni di storia contemporanea
In Russia accadde dopo la guerra. Ci fu un vero e proprio “scollamento”, lo zar non bada a questi
movimenti.
L’8 marzo ci fu una manifestazione spontanea delle donne in Russia, dove scendono in piazza per
chiedere pane e si unisce anche un corteo delle officine Putilof. Iniziano anche degli scioperi,
l’insurrezione parte da Pietrogrado. Molti poliziotti si rifiutano di punire e incarcerare. Il giorno dopo
c’è proprio uno sciopero. Il 26 febbraio: domenica di sangue, in cui vengono uccisi numerosi
uomini e donne. Quest’azione sconvolge ma in realtà era palese sarebbe accaduto date le condizioni
in cui viveva la Russia.
Prima della rivoluzione il partito dei cadetti aveva provato ad avvertire lo zar a dargli dei consigli
però non ascoltò. Dopo l’insurrezione lo zar abdica e si forma un governo provvisorio. Così avviene
la rivoluzione di febbraio e le vittime sono circa 1500, fu violenta ma non come le altre. Si propaga
però a macchia d’olio per tutto il paese.
Lo zar è caduto e c’è un grande entusiasmo, le forze rappresentative erano ancora cadetti e altre forze
di sinistra. Come ha fatto Lenin a far vivere la rivoluzione, ad espandersi e a diventare saldo. Il potere
bolscevico rimaneva in sella.
Dopo un primo governo provvisorio rinascono i soviet, consigli che fecero la prima comparsa nel
1915. Detenevano effettivamente il potere ma non sapevano come gestirlo, però sapevano di essere
dei punti di riferimento. Tutti i partiti cercarono di entrare in questi soviet, anche i bolscevichi.
Il governo provvisorio venne preso da un liberale: Evgenij. Evgenij era un principe, i ministri sono
appositi cadetti e l’unico ministro di sinistra è Aleksandr Kerenskij, e rappresenta il ministro dei
soviet nel governo provvisorio.
Così ci furono 2 organismi di potere:
• I soviet: avevano potere effettivo ed erano coloro che avevano fatto la rivoluzione;
• Governo provvisorio: non aveva fatto la rivoluzione e avevano potere decisionale.
Si avvia la collaborazione tra il soviet della capitale con il governo provvisorio nonostante non
c’erano idee e accordi simili. Ciò però non poteva promettere niente di buono.
Nei soviet c’erano i menscevichi, bolscevichi e socialisti rivoluzionari. Nella duma c’erano i cadetti.
I bolscevichi erano gli unici dei soviet che si avvicinavano al popolo e capivano cosa volessero i
Russi: volevano essere pagati di più e lavorare di meno, volevano la terra, ma soprattutto la pace e
che la guerra finisse. Il governo provvisorio voleva la guerra, ma anche i soviet sostenevano ciò.
Questa è una discordanza.
Lo slogan dei bolscevichi era “pane pace e libertà”, e Lenin e i bolscevichi sapevano parlare alle
masse. I contadini volevano dei terreni singoli e nonostante questo andasse contro i suoi principi,
Lenin promette di mantenere questa condizione.
Il governo continua per la sua strada, però nemmeno l’esercito lo ascolta più. Perché le forze di
sinistra (menscevichi e socialisti rivoluzionari) sostenevano la guerra? Perché pensavano che la
Russia non fosse ancora pronta per una rivoluzione socialista, mentre i Bolscevichi contro la guerra
e premevano per la rivoluzione imminente altrimenti si sarebbero persi i sacrifici fatti. Si crea una
situazione di scontro.
Lenin torna il 3 aprile e viene anche aiutati dai tedeschi. Subito all’arrivo dice che questa dualità di
governo non andava bene e il 4 aprile scrive le tesi di aprile.
15
Appunti lezioni di storia contemporanea
Armata rossa: formata da contadini che avevano paura una restaurazione del vecchio ordine e quindi
per loro sarebbe significato la perdita delle terre.
I russi pagarono un prezzo altissimo nel giro di due anni, quasi 7 milioni di morti fra militari e civili,
in quella che fu una sorta di prosecuzione della guerra. Quindi fallisce la guerra rivoluzionaria.
Viene attuata nei confronti della Russia bolscevica la politica del cordone sanitario, cioè le nazioni
antibolsceviche, che erano sostanzialmente le repubbliche baltiche assieme alla Turchia, alla Polonia
e alla Finlandia, tutti territori di confine nei quali avevano per l’appunto inserito delle truppe
nell’eventualità di un nuovo sussulto rivoluzionario. In realtà questa eventualità di una rivoluzione
mondiale divenne una ipotesi sempre più remota. I rivoluzionari cominciano a comprendere che la
realizzazione di una rivoluzione sociale mondiale non era realizzabile nell’immediato, ma bisognava
preservarla in Russia.
La Russia era molto isolata: lo era geograficamente anche per via di questo cordone sanitario, lo era
perché era ancora priva di grandi infrastrutture e si voleva che restasse in questo isolamento. Nel 1919
il partito bolscevico (l’anno prima aveva adottato la denominazione di partito comunista, per
distinguersi dai socialisti, dalla social democrazia) avevano promosso la costituzione di una terza
internazionale, conosciuta anche come Comintern, organismi appunto internazionale che si sarebbe
occupato di indirizzare le politiche dei partiti comunisti di tutto il mondo, sia per quanto riguardava
la politica interna, sia per il coordinamento con gli altri partiti comunisti, ovvero la promozione di
una strategia comune che identificava i partiti che si riconoscevano nella terza internazionale. "La
Terza Internazionale impose l'accettazione di ventuno condizioni (i cosiddetti «21 punti») a tutti i
partiti che ne volessero fare parte." (“Internazionale Comunista - Wikipedia”) In gran parte ispirate
da Vladimir Lenin, esse vennero adottate formalmente il 7 agosto 1920:
• È il partito comunista russo a dare la linea generale.
Si capisce subito che tutti i partiti comunisti devono abbandonare l’idea della rivoluzione nel loro
paese, perché lo scoppio di una rivoluzione in qualsiasi altro paese che non fosse stato la Russia
sarebbe stata immediatamente soffocata nel sangue, perché mancavano le condizioni per cui la
rivoluzione mondiale si verificasse e avrebbe dato un motivo in più a coloro che la Russia bolscevica
la odiavano per andare contro a questo paese. Per il momento la parola d’ordine è salvaguardare la
sicurezza e la rivoluzione in Russia, che la situazione di normalizzi, che il governo venga accettato.
Il governo dei bolscevichi, infatti, viene ufficializzato solo nel 1924, prima di allora le grandi potenze
europee non avevano nessun legame con la Russia sovietica.
Nel corso del secondo Congresso che si tiene nel 1920 c’era questa attesa che il bolscevismo potesse
dilagare e raggiungere gli altri paesi, ma questo non si verifica perché c’è la linea della difesa Russia
a ogni costo. Se fosse stata attaccata tutti i comunisti del mondo si sarebbero dovuti unire in soccorso.
Inoltre, in questo secondo congresso avviene la rottura con la social-democrazia. Da questo momento
in poi i partiti comunisti e i partiti socialisti di tutto il mondo vedranno uno strappo tra i loro rapporti,
ci sarà uno scambio di accuse reciproche che saranno sempre più violente. Sarà una delle cause che
faciliterà l’espansione dell’estrema destra e poi del nazismo. Cè una divisione profonda tra coloro
che aderiscono alla terza internazionale e coloro che invece rimangono socialisti e convergono nella
gran social democrazia europea. I bolscevichi dichiarano di non essere per politiche riformiste e
bollano i social democratici come borghesi, la peggiore delle accuse che un socialista potesse
ricevere.
17
Appunti lezioni di storia contemporanea
Nel corso del congresso del 1921, Trockij nella sua relazione riconosce anche lui, teorico della
rivoluzione permanente, che l’obiettivo si stava spostando nel tempo e lancia un appello al fronte
comune, alla possibilità di una ricucitura di quello strappo che c’era stato l’anno precedente, ma
oramai la divisione tra i partiti era troppo profonda.
In questo contesto qui nascono i partiti comunisti, prima nell’Europa orientale già nel 1919, poi
anche in Germania nel biennio 18/19, nel 20 in Francia e nel 21 dalla scissione di Livorno nasce in
Italia il partito comunista italiano. Importanti partiti comunisti erano nati in questi anni anche fuori
dall’Europa: in Messico, negli Stati Uniti, in Cina. Il messaggio della rivoluzione di ottobre aveva
raggiunto varie parti del mondo. In Cina in particolare, c’è una situazione molto singolare. Non era
mai stata colonia di nessuno ma molti storici la definiscono “colonia di tutti”, pure dell’Italia. (nona
lezione)
All’indomani della rivoluzione e durante la guerra civile la Russia si trova in una situazione
spaventosa, sotto tutti gli aspetti. Il blocco imposto dagli occidentali (quelli che sono stati prima gli
alleati, quando la Russia esce dal conflitto bloccano qualsiasi tipo di aiuto potesse arrivare
dall’esterno) causa carestie e milioni di morti. Il governo sovietico cerca di fare fronte a una situazione
così difficile con misure di controllo economico, (comunismo di guerra, durato fino al 1921) che
miravano al garantire la sopravvivenza. Enorme controllo dello stato.
Lo stesso tipo di politica era stata assunta in Germania nello stesso periodo, il governo aveva
centralizzato tutto e puniva severamente qualsiasi infrazione per salvaguardare la collettività.
In Russia vengono nazionalizzate le industrie, soprattutto quelle belliche, viene istituito il monopolio
statale del grano e viene giustificato il tutto con il fatto che si tratti di una situazione di emergenza.
Viene abolito il libero commercio e la moneta: si reintroduce lo scambio in natura e il lavoro
obbligatorio. Si traduce a guardarla a posteriori, questa politica del comunismo di guerra in un totale
fallimento. Non si parla ancora di economia socialista, ma di comunismo di guerra, una difesa al
comunismo. Quando questa fase emergenziale, che va avanti fino al 1921, termina, il problema della
trasformazione delle strutture economiche in economia di tipo comunista fu affrontato in modo
graduale.
Prima dei piani quinquennali del 1928, ci fu un tentativo chiamato nuova politica economica (nep)
di Lenin. Tutta la classe dirigente è ben consapevole che la Russia non è ancora pronta ad
un’economia di tipo comunista. Tra l’altro la politica adottata dal governo durante il comunismo di
guerra aveva causato malcontento all’interno della popolazione. Quindi, consapevoli che l’istituzione
di un’economia comunista avrebbe provocato dei contraccolpi enormi che la Russia non sarebbe
riuscita a reggere, come fase temporanea viene introdotta questa nuova politica. Lenin fece quindi
valere la necessità di una politica economica di compromesso, la Nep. Corrisponde a un’economia in
cui convivono aspetti dell’economia capitalistica e aspetti dell’economia di tipo comunista. Dura dal
1921 al 1928. Quello che spinge l’economia in questo periodo è il profitto, individuale o collettivo
non importava. L’importante era la crescita economica della Russia.
La Nep concesse ai contadini la possibilità di vendere autonomamente una parte della loro
produzione, e quindi fare profitto, ma solo dopo aver pagato allo stato un dazio. C’era una sorta di
imposta in natura che i contadini dovevano pagare, per il resto erano liberi di commerciare
liberamente. Le fabbriche con meno operai rimangono private, quelle più numerose o di industria
pesante vengono statalizzate. I settori più strategici rimangono quindi in mano allo stato. Lenin
definisce questa situazione capitalismo di stato.
18
Appunti lezioni di storia contemporanea
Lenin intendeva costruire il socialismo in quel paese così arretrato e ricevette numerose critiche.
Grazie alle misure con la quale viene introdotto il socialismo, e ciò che a molti sembrò la sconfitta
della rivoluzione, per Lenin era l’unico modo per farla sopravvivere. Parallelamente procedeva la
trasformazione della società. La rivoluzione afferma alcuni diritti fondamentali come il diritto al
lavoro (costituzione luglio 1918, dichiarazione dei diritti del lavoratore sfruttato), diritto
all’istruzione, all’assistenza sanitaria, cose che in Russia non erano state mai contemplate. C’è uno
sforzo enorme nei confronti dell’istruzione soprattutto, si utilizzeranno metodi pedagogici molto
avanzati, con una sorta di collegamento tra scuola e mondo del lavoro. Vengono eliminate le disparità
fra le nazioni, c’è questo principio dell’autodeterminazione dei popoli e tutti quelli che compongono
lo stato sovietico hanno pari diritti. Questo permette a quelle repubbliche che si erano formate e poi
allontanate, come l’Ucraina, di riavvicinarsi alla Russia sovietica. Anche il sistema sanitario era
completamente a carico dello stato.
Nel 1922 lo stato si costituisce nell’unione delle repubbliche socialiste sovietiche, viene confermata
la struttura federale.
Il governo cerca di uscire dall’isolamento internazionale e il messaggio che la rivoluzione mondiale
non era più attuabile fa sì che gli altri governi lo riconoscano. Si sviluppano diversi dibattiti sul ruolo
della leadership, su come proseguire. Lenin muore e questo pone il problema sulla successione del
partito e del paese. Due linee politiche, Trockij e Stalin, il primo più a sinistra, il secondo più
moderato. L’obiettivo finale era sempre lo stesso, ma mentre Trockij parla di rivoluzione mondiale
permanente, Stalin pone il principio della difesa del comunismo in un solo paese.
La Russia si doveva rafforzare e per Stalin significava rafforzarsi industrialmente, si serve del grande
consenso per fare fuori Trockij sebbene Lenin non l’abbia mai proclamato successore, anzi nel suo
testamento lo insultava.
Piano quinquennale: I piani quinquennali furono introdotti per la prima volta nell'URSS sotto la
guida di Stalin negli anni tra il 1929 ed il 1933. L'organo principale responsabile della pianificazione
economica quinquennale era il Gosplan . Il primo piano quinquennale sovietico favorì un enorme
sviluppo dell'industria pesante, mentre sfavorì la produzione dei beni di consumo e il settore agricolo.
(“(Piano quinquennale) - Wikit.wiki”) A questo primo tentativo seguirono altri piani quinquennali,
nei quali i metodi divennero di volta in volta più elaborati e sofisticati, anche grazie all'introduzione
di maggiori indicatori di produttività (non solo in termini fisici), al mutamento della lista delle priorità
a favore dei beni di consumo, all'aumento dell'uso di incentivi (estesi anche ai dirigenti) e
all'autonomia delle strutture locali. (“Piano quinquennale - Wikipedia”)
Deportazione dei contadini, i culachi. Si parla più di 26 milioni di famiglie deportate. La rivolta
delle campagne fu violenta, facevano terra bruciata pur di non doverle consegnare allo stato. 1932 si
verificò la più grande carestia della nazione che in 7 mesi fece altri 7 milioni di morti. Stalin negò gli
aiuti internazionali. A causa di questa politica i culachi scomparvero dalla struttura sociale in due
anni e le campagne furono centralizzate. Nel 1934 poté dire che la resistenza era stata vinta. Nello
stesso periodo la produzione industriale fu triplicata, ma non raggiunse comunque gli obiettivi del
piano quinquennale. Questa politica consentì all’unione sovietica di diventare una grande potenza
industriale e si pose insieme agli stati uniti all’avanguardia della produzione economica mondiale.
Queste trasformazioni incuriosivano molto l’opinione pubblica ma soprattutto i governi degli altri
paesi, e al modello sovietico si ispireranno alcuni dei totalitarismi europei.
19
Appunti lezioni di storia contemporanea
Quando la repubblica sovietica uscì dall’agonia si capì che si stava andando verso un direzione
completamente diversa da quella posta da Lenin, però comunque la rivoluzione sopravvisse.
15/03 ottava lezione
Germania del dopo guerra, chiamata repubblica di Weimar: un paese mortificato e tradito dal
trattato di Versailles, che porterà all’avvento del nazismo.
Secondo molti storici solo la Germania ha in quel momento tutti i fattori che successivamente
porteranno alla Shoah.
Dopo la fine della Germania guglielmina, diventa un paese molto diverso; innanzitutto c’era una
sinistra molto forte, conseguenza della grande industrializzazione del paese dopo il primo conflitto
mondiale. Portava con se la nascita di un grande proletariato e quindi molti partiti socialisti (il più
antico nasce proprio qui, il partito social democratico tedesco) Durante la guerra si erano staccate
dal partito due formazioni: i socialisti indipendenti USPD, socialisti più a sinistra (i socialisti
rivoluzionari in Italia); e la lega di Spartaco, formazione che nasce nel 17, anno più terribile della
guerra (embrione dal quale partirà il partito comunista tedesco) era stata fondata da due persone tra
loro molto amiche, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Rosa fu una grande studiosa, appartenente
a una famiglia ebrea polacca, ed era un bambina prodigio, fin da piccola leggeva e scriveva in polacco,
tedesco e russo. Dopo il liceo, dove accumula ottimi voti, non le viene data la giusta premiazione
perché accusata di essere rivoluzionaria. Studierà filosofia e giurisprudenza a Varsavia; aderisce al
marxismo, ma già dal liceo mostrava vicinanza a questi ideali. Sposa un operaio tedesco per ottenere
la cittadinanza. Secondo la Luxemburg il capitalismo sarebbe riuscito a salvarsi grazie alle risorse
coloniali. Entrerà in polemica sia con Lenin e successivamente con Stalin. Non era bolscevica e non
era favorevole alla rivoluzione socialista, a cui però partecipa.
Quando scoppia la rivoluzione a Berlino nel 19, vengono entrambi arrestati e successivamente uccisi.
L’altra forza del movimento operaio, rimane ancorata molto di più al partito social democratico,
sebbene in Germania fossero nati una specie di soviet. Il kaiser aveva abdicato e in Germania si era
insediata una repubblica socialista e i socialisti tedeschi non erano propensi a una soluzione adottata
in Russia. Nel 1919 si riunisce a Weimar, centro culturalmente più importante, un’assemblea
costituente che in pochi mesi vara una costituzione. Questa costituzione è molto democratica. Ma
perché scelgono di riunirsi lì? Perché è un simbolo, quello dell’intellettualità tedesca. Rinascita della
Germania sotto il segno della sua cultura. Che sia democratica e che trovi i suoi principi nella sua
arte e nella sua filosofia. Però la repubblica di Weimar fu molto osteggiata, sia dall’estrema destra sia
dall’estrema sinistra. Per tutte e due le estreme la repubblica era nata da un tradimento: per i
comunisti, per esempio, il partito social democratico era stato messo a potere dalla rivoluzione del
19, che però non aveva optato per il proseguimento della rivoluzione ma si era venduta per una
repubblica borghese. Si aggiunge il fatto che fu un delegato del partito social democratico a firmare
il trattato di Versailles.
La maggioranza del paese non era per una soluzione di tipo bolscevica.
Cominciavano a scorgersi dei segnali di debolezza che minavano la stabilità di questa repubblica. La
Germania pullula di tentativi rivoluzionari in questo periodo.
Partito democratico tedesco: partito di centro destra, con cui i social democratici formeranno dei
governi.
20
Appunti lezioni di storia contemporanea
La Germania divenne una repubblica federale, con 17 stati regionali. Dotati di una grande
autonomia, c’era un parlamento depositario di potere legislativo e il governo doveva rispondere ad
esso. Il parlamento era bicamerale, una dei deputati con il “presidente” eletto a suffragio universale
maschile e femminile, e una camera simile al senato, composto dai rappresentanti dei 17 stati. Il
presidente della repubblica veniva eletto direttamente dai cittadini e aveva ampi poteri. Questo
sistema era contraddistinto soprattutto dalla figura del presidente della repubblica, capo supremo
dell’esecutivo, ed era un’anomalia. Un articolo della costituzione, il n.48, permetteva al presidente
che in casi particolari poteva legiferare autonomamente, senza passare dal parlamento. Questo per
evitare possibili colpi di stato.
Tutto ciò permise a Hitler di fare quel che ha fatto. Agì di fatto, in perfetta legalità. Morto il presidente
della repubblica fu votato e divenne egli stesso presidente, ed emanò leggi “speciali”, appellandosi
appunto all’articolo 48.
La repubblica di Weimar era una sorta di ibrido tra i due sistemi.
Due fattori che bisogna tenere molto presenti per comprendere la difficile trasformazione democratica
della Germania e contribuirono al crollo della democrazia: i duri colpi della pace di Versailles
(delegittimazione portata avanti dalla destra) e questo alimentava un nazionalismo che era molto vivo
nel paese, un desiderio di rivincita; peso che in questo paese detenevano le forze ostili alla
democrazia, tutti coloro ancora legati alla vecchia Germania sabotavano continuamente la nuova
repubblica. Entrambe le cause legate a come è finita la grande guerra.
Nel governo c’erano molti soldati ai vertici che sognavano il ritorno dell’impero, che però non erano
stati sostituiti. E ben presto si vide come quest’atteggiamento troppo democratico. Il paese era
dilaniato da una guerra civile strisciante e iniziarono una serie di colpi di stato. Il primo organizzato
da due militari, colpo di stato di Knapp, nel marzo del 1920 come risposta alla scelta del governo
dello scioglimento dei corpi Franchi, che nel frattempo erano diventati autonomi. Le truppe marciano
su Berlino e il governo è costretto ad abbandonare la capitale senza che la polizia o l’esercito
riuscissero a fermarli. Fondamentale l’aiuto proveniente dai lavoratori, come fu in Russia. I promotori
di questo golpe non subirono nessuna condanna. Dopo quest’episodio, l’agitazione nazionalista
invece di diminuire, aumentò e aumentarono gli attentati. Diversi ministri caddero, e tra le
associazioni di estrema destra che in quel periodo nacquero numerose, una si impose sulle altre: il
partito operario tedesco, la DAP. Vi aderisce Adolf Hitler, e viene immediatamente notato dai
dirigenti per la sua capacità di comunicazione e scala in breve tempo i vertici cambiano nome in
partito nazional socialista, strizzando l’occhio alla sinistra. Si uniranno le SA, le cosiddette squadre
d’assalto. Erano la forza armata del partito.
A partire dal 1920, l’instabilità divenne un dato costante della repubblica di Weimar. In questi anni
ci furono ben 8 elezioni politiche per il parlamento, 1 per l’Assemblea costituente e 2 per la
presidenza. Nel 32 in Germania si vota due volte, e sono quelle in cui vincerà Hitler.
Anche se i socialisti indipendenti raddoppiano i voti, c’è un netto spostamento a destra dell’elettorato,
e ancora di più era difficile formare un governo coeso. C’erano troppi partiti diversi tra loro. Sistema
parlamentare proporzionale puro. Tutti i partiti, anche senza grandi percentuali avevano diritto “di
parola”.
La svalutazione del marco, iniziata già all’inizio della guerra. La Germania guglielmina, non avendo
sufficiente liquidità, aveva messo in circolazione una quantità di carta moneta rispetto alle sue risorse
auree. Loro stamparono durante il conflitto 5 volte di più del valore effettivo del marco. Si parla di
21
Appunti lezioni di storia contemporanea
iperinflazione. Quindi le riparazioni di guerra non si potevano ripagare con una moneta che aveva
perso quasi tutto il valore. I governi invece di correre ai ripari, continuavano ancora a stampare carta
moneta, aggravando ancora di più la situazione.
Nel 1923 si raggiunse il picco massimo, e la Francia decide di invadere la Ruhr, dal momento che la
Germania non stava pagando. Il governo di centro reagì organizzando una resistenza passiva che si
concretizzò in uno sciopero bianco. Il danno però era inflitto anche ai tedeschi stessi, non solo alla
Francia. Un serpente che si morde la coda.
Questi governi erano assolutamente contrari di controllo dello stato sull’economia, e alla tassazione
sui ceti meno abbienti. La Germania sembrava un paese sull’orlo dell’abisso, ma quando ci fu un
cambio di governo nell’agosto del 1923, quando divenne cancelliere Streiseman, sfidando
l’impopolarità, decide di mettere fine alla resistenza passiva nella Ruhr. Le fabbriche devono
continuare a lavorare e si doveva riguardare i termini dei pagamenti di guerra. Tolse dalla circolazione
il marco e lo sostituì con un’altra moneta, che poteva essere convertita in proprietà. Dal 1925 al 1930
l’industria riprese e superò la stessa prima della guerra. Il problema delle riparazioni fu superato con
l’attuazione di due piani di rientro, il primo nel 24, il piano Dawes (prima regolamentazione dei
pagamenti tedeschi, con grandi prestiti inglesi e americani e venivano ristabilite le rate). Il secondo
nel 1928, il piano Young. Streiseman conservò il ministero degli esteri anche dopo.
16/03 nona lezione
Nel 1926 la Germania entra nella società delle nazioni e riacquista dignità a livello internazionale.
Nonostante tutto, il clima di instabilità politica prosegue. Hanno segno politico diverso. Cresce molto
il risentimento dei due estremi, e si verificarono diverse insurrezioni in giro per il paese.
Continuava così questa opera di delegittimazione della repubblica. In questo contesto si inserisce il
tentativo del colpo di stato in cui troviamo anche Adolf Hitler. Siamo nel novembre nel 1923, il 9.
Si decide di marciare contro il governo e si calcolano circa 30.000 persone insieme alle SA. Vogliono
marciare sul ministero dell’interno. Hitler viene, insieme a un altro generale, arrestato, processato e
condannato a 5 anni (di cui ne sconterà solo 1), durante i quali scriverà la bibbia del suo partito, il
mein kampf. Dopo il push di monaco Hitler assume maggiormente notorietà. Di contro a questo
proliferare di estrema destra, continuava ad esserci la profonda divisione della sinistra, e fu un fattore
di debolezza della repubblica di Weimar, perché l’unica forza politica che poteva andare contro il
nazional socialista era una sinistra unita.
Sulla repubblica gravavano ombre minacciose, come l’economia e i rapporti con le potenze europee.
Nonostante ciò, la repubblica è anche il periodo di una fioritura artistica molto importante, la nuova
oggettività, il quale ispirò anche un gruppo rock. Ed era un’arte sviluppatasi in tutti i settori, dalla
pittura all’architettura, caratterizzato dalla ricerca del nuovo e tesa all’innovazione, rifiutavano
l’antichità. Tutti i prodotti artistici verranno distrutti durante il nazismo. Si trattava di un paese quindi
molto contraddittorio, la violenza era all’ordine del giorno, si viveva male.
L’evento che dà una mano all’affermazione del nazismo è la crisi del 29. Colpisce la Germania in
modo più duro rispetto ad altre nazioni, poiché strettamente legata all’economia statunitense. C’era
una disoccupazione di massa, in precedenza placata, ma nel 29 e soprattutto nel 30 tornò a dilagare.
Si aveva paura di un ritorno al periodo dell’immediato dopo guerra. Intaccò inevitabilmente la sinistra
del governo, i social democratici. Ad esempio, nelle elezioni del 30 il nazismo ottiene ottimi risultati:
il voto di protesta dei lavoratori si è indirizzato certo verso i comunisti ovviamente, ma anche verso i
22
Appunti lezioni di storia contemporanea
nazisti. Non solo il voto di una buona parte di proletariato, ma riuscirono a catturare anche voti
borghesi, raggiungendo i 6 milioni di voti.
Il governo ora è estremamente debole, le SA spadroneggiano in maniera indisturbata e nel corso delle
elezioni politiche del 32, Hitler raggiunse successi ancora maggiori. Nel gennaio del 33, avendo i
nazisti ottenuto tantissimi voti, Hitler viene nominato cancelliere.
In questo periodo, il secondo decennio del 900, si realizzano in molte parti del mondo quelle che
molti storici chiamano rivoluzioni nazionali, democratiche e socialiste. Vedono il coinvolgimento
delle classi sociali in politica.
1. Rafforzamento del sentimento di identità nazionale.
Messico: si scopre il petrolio in Messico, in piena rivoluzione industriale e diventa uno dei massimi
produttori mondiali; immediatamente questo accresce la ricchezza del paese e la sua
modernizzazione. Inghilterra e Usa investono immediatamente nel paese e stringono accordi
economici. Nascono le prime industrie e un sistema stradale e ferroviario. Conobbe in pochissimo
tempo una trasformazione della società. questa nuova ricchezza però contribuì ad aumentare la
disparità sociale, perché i primi ad arricchirsi furono chi già ricchi erano, mentre i contadini e le masse
popolari si affamarono sempre di più. Stava in mezzo un ceto medio urbano, non numerosissimo, ma
arricchito culturalmente, ed era sempre più consapevole di doversi sganciare dalla presenza di
stranieri, inglesi e americani. Era soprattutto il ceto medio per inserire nelle dinamiche politiche il
proletariato. Però dalla fine dell’800, il Messico era governato da una sorta di dittatura militare, il
rappresentante era Diaz, cui si contrapponeva Madero, liberale.
Nel primo decennio del 900 il paese fu preda di numerose ribellioni contadine e il governo ormai
incapace di contenerle, si affermano due leader: Gancio Ville, rappresentante dei proprietari di grandi
mandrie di bovini, e Zapata, coltivatori di canna da zucchero. Entrambi collaboravano con la giovane
intellighenzia. Nel 1911 queste continue insurrezioni non sedate costringono Diaz alle dimissioni e
sale al potere per pochissimo tempo Madero. Ormai il paese era crollato nell’anarchia, e dopo un
anno anche Madero è costretto a dimettersi.
Le idee di questi due erano molto distanti tra di loro; quello di Gancio Ville basato
sull’individualismo, quello di Zapata era fautore di un obiettivo politico che posava sulla proprietà
contadina collettiva (socialismo). La rivoluzione messicana che scoppia quindi mancava di una
direzione unitaria. Infatti, dopo qualche anno, nel 1917, vengono abbattuti entrambi e viene istituita
una costituzione. Costituzione contraddittoria. I diritti promessi ai lavoratori non vengono attuati, ma
solo la parte più autoritaria. Situazione che si ripeterà in altre parti del mondo. Ben presto, disattesi
questi principi, il Messico scivolò di nuovo sotto la direzione di paesi economicamente più sviluppati,
come era già avvenuto con gli inglesi. La rivoluzione sostanzialmente fallisce.
Una serie di movimenti rivoluzionari scuote anche la Cina. Paese già allora il più popoloso del mondo
e più legato alla sua tradizione plurimillenaria, immenso che non poteva facilmente essere ridotto in
colonia. Il potere imperiale si era indebolito però nel corso dei secoli, quindi, fu facile la penetrazione
europea che si ha nella prima metà dell’800, e che aveva già mostrato la sua debolezza interna. Nel
1839 c’era stata la prima guerra dell’oppio; che veniva importato in Cina illegalmente e la sua
diffusione si era diffusa in tutto il paese e veniva spacciato nelle fumerie clandestine. I cinesi
sequestrano una partita di oppio, che arrivava in Cina tramite la compagnia delle Indie inglese, che
gestiva l'economia indiana e questo giustificò l’aggressione da parte della Gran Bretagna. Finisce nel
1842, la Cina si dovette arrendere agli inglesi, Hong Kong viene dato alla gran Bretagna, e tornerà
23
Appunti lezioni di storia contemporanea
alla Cina solo nel 1957. Scoppia la guerra civile, che voleva abbattere il potere imperiale. Indebolisce
ulteriormente il paese e permette alle potenze europee di intervenire e scoppia la seconda guerra
dell’oppio. Si conclude con la divisione del paese in 4 zone di influenza. Il rischio maggiore per la
Cina non è rappresentato però dall’Europa, ma dal Giappone. Piccolo stato ma estremamente
sviluppato.
In questo momento sorge un partito nazionalista, il Kuomintang, sotto la guida di un liberale, Sun
Yat-Sen. Il suo programma ha al centro il benessere del popolo, cui deve essere garantita non solo
l’esistenza, ma anche il riconoscimento della sua identità e dei suoi diritti (elementi comuni alle altre
rivoluzione). Nazionalismo, democrazia e socialismo che sembra camminino di pari passo. Si dava
un po' di terreno in proprietà e il resto era comune a tutti. Il potere imperiale ormai era dissolto. Le
regioni cominciavano a trattare autonomamente con le varie potenze europee.
L’uomo forte del governo era Yuan Shikai, carismatico e contrario al presidente. Così Sun Yat-Sen
a un certo punto si ritirerà per evitare di far scoppiare tensioni inutili. Si vedranno dopo questo
momento numerosi cambi di scena. Nel 1916 viene trascinata nel primo conflitto mondiale, e si pone
sotto la protezione degli Stati Uniti.
Irlanda: era gestita come colonia dalla Gran Bretagna. Sebbene non formalmente, non faceva parte
del regno inglese, era appunto una colonia come altre. Gli inglesi avevano occupato quest’isola e gli
avevano tolto qualsiasi autorità, sottomettendo i dirigenti. Tratti più caratteristici era la loro religione
cattolica (papisti) e la lingua gaelica. L’esito di questa forzata occupazione ha prodotto un paese
diviso. L’Irlanda era riuscita per secoli a conservare un’identità grazie a questi due poli. Nel corso
delle grandi rivoluzioni seicentesche, l’Irlanda aveva vissuto momenti terribili: la corona inglese
aveva bisogno di soldi e andavano a prenderli nell’isola più vicina, l’Irlanda per l’appunto. Si impone
che quando un proprietario muore le sue terre vengono parcellizzate; conseguenza l’indebolimento.
20/03 decima lezione
In Italia, gli anni che separano la fine della guerra dall’ascesa del fascismo sono pochi, dal 19 al 22,
anno della marcia su Roma.
Si parla di Biennio rosso (19/20) in relazione all’Italia soprattutto, per gli altri paesi si parla di
rivoluzioni solamente. In Italia non ci fu una vera e propria rivoluzione, piuttosto qualcosa di simile.
L’Italia fu particolarmente esposta alla crisi del dopo guerra, era un paese molto arretrato. Per noi il
secolo si apre con un regicidio, conseguenza dei governi di fine 800.
Giolitti aveva introdotto una serie di riforme importantissime, poi attribuite falsamente al fascismo,
come il suffragio universale maschile, introdotto nel 12 per le elezioni del 13. Fino a quel momento
erano esclusi gli analfabeti e nullatenenti. Significava escludere quasi totalmente il meridione. La
guerra aveva interrotto questa serie di riforme e le istituzioni liberali non avevano avuto modo e tempo
di confermarsi. Una grande parte della popolazione erano rimasti esclusi dalla partecipazione alla vita
politica. Era mancato il tempo che il suffragio universale avesse i suoi effetti.
Molte erano le tensioni sotto il profilo industriale ed economico, che esplodono con la guerra in corso
e anche una volta che la guerra è finita. La minaccia di una rivoluzione di tipo bolscevica fu usata
dalla destra per impaurire, anche se la minaccia era pressoché inesistente. Sufficiente a provocare
sull’opinione pubblica il desiderio di governi d’ordine, di repressione delle manifestazioni operaie e
contadine che stavano scoppiando in quegli anni in Italia.
24
Appunti lezioni di storia contemporanea
Il segno dominante di tutta la fase storica che va dalla fine della guerra all’avvento del fascismo fu il
tentativo dell’Italia di passare da un regime liberale a un regime più democratico. Che differenza c’è?
Lo stato liberale che si era insediato in Italia aveva i principi dello statuto albertino del 48, e la
sovranità non proviene dal popolo. Afferma certo che tutti i cittadini siano uguali di fronte la legge,
ma non gli conferisce alcun potere, che invece esiste in un regime democratico. Nelle democrazie la
sovranità appartiene al popolo. I sistemi democratici si fondano sull’elezione diretta e sul suffragio
universale; c’è la tutela delle minoranze, il pluralismo politico, la possibilità di dare a tutte le forze
politiche la parola e la possibilità di essere rappresentati. Questa fase è proprio contrassegnata da
questi bisogno democratico.
Questo tentativo non trovò l’appoggio dei ceti più conservatori, cosa abbastanza scontata, ma
nemmeno tra i partiti divenuti di massa (socialista e popolare), che avrebbero invece dovuto
accogliere e tentare di concretizzare questo bisogno concreto, che significava nella vita pratica molte
cose, come il riconoscimento di diritti per tutti e la tutela di questi diritti. Questa mancanza di risposta
dalla politica
Quando si parla di crisi dello stato liberale si parla all’inazione dei partiti socialisti e popolari, coloro
che invece dovevano appoggiare questa trasformazione. Si aprì inevitabilmente la strada al fascismo.
C’è l’insoddisfazione delle classi sociali più basse. Il presidente del consiglio, Orlando, non si mostra
all’altezza della situazione e insiste sul pericolo di una rivoluzione come in Russia. Inoltre, era molto
agitata da destra il concetto della vittoria mutilata.
Ad agitare la situazione c’era un autoritarismo, la guerra aveva accentuato il controllo governativo
sulla società, e queste abitudini permearono anche dopo il conflitto.
Elezioni del 1919: Francesco Saverio Nitti ottiene la presidenza; elezioni estremamente importante.
una grandissima vittoria dei socialisti (32%), significa 156 parlamentari (prima della guerra 52), però
i socialisti erano rappresentativi di una sola parte del paese, sia geograficamente (centrosettentrionale)
sia sociale (operai e piccola borghesia). I socialisti non riuscivano a quindi a sfondare al sud, dove
vivevano contadini insoddisfatti. Si ritrova pure diviso dall’interno e ciò impedisce una linea comune
per il partito.
Il partito popolare, nato da pochi mesi, riesce ad ottenere il 20%. Mandano alla camera 100 deputati.
Se si fossero messi insieme socialisti e popolari si sarebbe formato un esecutivo capace di sbarrare la
strada ai fascisti. Inoltre, era un partito riconosciuto dai contadini meridionali, che vedevano i
socialisti come polvere negli occhi e non concepivano la lotta di classe, e quando nascere questo
partito che pare difendere i loro interessi e rappresentare i loro principi c’è un’adesione di massa.
La nascita di un partito cattolico portava significava: difesa della proprietà privata e soprattutto della
piccola proprietà, lotta ai monopoli, autonomia dei poteri locali.
A causa dell’anteticità dei loro programmi, non riuscirono ad allearsi tra di loro, contemporaneamente
nemmeno con i liberali, perché considerato ormai un partito morto, corrotto. Un’altra novità è la
riforma elettorale: nel 19 la rappresentanza della Camera dei deputati non si veniva eletti più con
sistema uninominale, ma si passa a un sistema proporzionale. Questo rafforza la parte programmatica
dei singoli partiti, evita quello successo in passato perché lega di più il candidato al proprio
programma e si impediva il passaggio di deputati da un partito all’altro. Non si può non parlare dei
sindacati, che in quegli anni hanno grande forza. Il più grande, allora come adesso, CGIL, aveva
moltiplicato per 7 i propri iscritti al periodo antecedente alla guerra. Poi c’era la CIL (divenuto poi
CISL) e può contare dopo la guerra un milione e mezzo di iscritti. Si misero in testa ad un ondata di
25
Appunti lezioni di storia contemporanea
scioperi, spesso violenti, ma che scoppiavano spontaneamente e spesso gli stessi sindacati facevano
fatica a contenerli. Erano causati dalla disoccupazione. La forza delle manifestazioni avvenute nel
biennio rosso, si traducono al nord con l’occupazione delle fabbriche e al sud con l’occupazione delle
terre. Spesso i sindacati e i partiti assistono in maniera quasi impotente al diffondersi di queste
manifestazioni; le classi dirigenti non erano abituate ma non intendevano ascoltare le richieste dei
manifestanti.
Il governo cercò di reprimere, contrapponendo la propria violenza a quella dei lavoratori, bruciando
le sedi dei giornali, arrestando i manifestanti e per fare ciò utilizza due forze: gli arditi e le squadre
fasciste, che Mussolini ha fondato nel marzo del 1919. Questi fascisti si erano presentato anche alle
elezioni del 19, ma avevano ottenuto a malapena 4000 voti e si limitarono a fornire forza al governo.
Il loro programma era un misto di dichiarazioni rivoluzionare e antiborghesi, di forte impronta
nazionalista. Adatto a irretire la piccola borghesia, delusa e impaurita dai proletari e dai capitalisti.
23/03 undicesima lezione
È dalle squadre, fasci di combattimento formate per lo più da reduci di guerra, che nasce l’idea di un
colpo di stato per mettere al governo un uomo forte. Anche la situazione politica è di grande
instabilità; nel biennio che va dal 20 al 22 assisteremo alla crisi di quattro governi. Tutti gli esecutivi
mostrano grande incapacità di leggere i bisogni della popolazione.
Giolitti torna a fare il presidente del consiglio e viene visto con grande speranza, perché l’unico in
grado di mettere ordine nella situazione, e un po’ ci riesce. In politica estera risolve la questione di
Fiume, firma il trattato di Rampalo. Un successo non meno importante lo raggiunge in politica
interna: la questione degli operai milanesi, coloro che più si battevano per l’occupazione delle
fabbriche e per ottenere condizioni lavorative migliori. Queste agitazioni erano partite da Torino ma
appunto si estende fino a Milano.
Giolitti riesce a chiudere l’accordo approfittando della divisione interna della sinistra, e proseguì in
un momento in cui la sinistra era in grande difficoltà per via dell’attacco che proveniva dalle squadre.
A partire dal 21 la situazione economica peggiora, per colpa una serie di scelte da parte del governo.
si vive un aumento della disoccupazione e quindi un acuirsi della disparità sociale. Giolitti propone
il carico sociale sui ceti abbienti, una tassa speciale sui profitti di guerra quindi tutte cose che
andavano a colpire il capitale e recuperare denaro dove stava. Scoppiano però scontri e Giolitti si
dimette, nel tentativo di sgonfiare la situazione.
Rispetto all’azione delle squadre, solo Matteotti si levò per denunciare le loro azione e in un discorso
parlamentare nel 21, tracciò le spedizioni punitive.
Gli operai furono sempre la spina nel fianco del fascismo, non cedettero mai a Mussolini e questo gli
impediva di avere il consenso da quella parte di popolazione che invece egli voleva. Nemmeno al
massimo della potenza, durante gli anni del consenso (29-36), gli operai si fecero compare. In quegli
anni tutti erano fascisti, e chi non lo era o andava via dal paese o non diceva nulla. Gli operai non
andavano alle adunanze, ma erano bravi a non farsi poi catturare. Il fascismo riceveva più consensi
nelle campagne che nelle città; la guerra aveva arricchito gli industriali a spesa dei proprietari terrieri
e ciò aveva causato la nascita di un ceto di piccoli proprietari. Questi molto impauriti di perdere la
terra abbracciarono l’idea del fascismo.
I primi finanziatori del fascisti sono gli industriali, soprattutto dell’industria pesante; è lì che gli operai
creavano più disagi ed è lì che le squadre sono più utili. Diversamente dalla Germania non c’era in
26
Appunti lezioni di storia contemporanea
Italia un socialista affidabile per la grande borghesia, che cercava qualcuno che funzionasse da
deterrente. O meglio, c’era ed era Mussolini ma non faceva più parte del partito da diversi anni.
Alcuni pensieri peculiari del fascismo:
1. Il pessimismo irrazionalista: non credere alla possibilità che le società siano avviate per un
progresso razionale, ovvero non credere che la società possa migliorarsi; il fascismo crede che
tutto torni alla legge del più forte. Mussolini contrappone subito le masse imbelli;
2. cultura antimaterialista e anti individualista; i fascisti pensano debbano essere i cittadini a
servire lo stato dove lo stato è un ente supremo;
3. esaltazione della nazione e della patria; Mussolini parla di stato etico e parlerà di stato
totalitario;
4. bellicismo, violenza ed esaltazione della violenza; e anche l’antiparlamentarismo. I fascisti
non credono affatto ai poteri benefici della pace, l’unica forza positiva è la guerra che lascia
in vita i più forti;
5. non credono nella democrazia e nel potere delle maggioranze; non credono al suffragio
universale;
6. la politica è vista come corruzione. C’è fin dall’inizio un disprezzo totale delle istituzioni
rappresentative.
Tra tutte queste cose Mussolini rimane in equilibrio, cercando di accontentare più o meno tutti.
Mantenne equa distanza anche in economia, tra un atteggiamento protezionistico e uno liberalista. Il
fascismo disse di essere rivoluzionario ma non lo fu, perché continuò a mantenere i poteri forti che
c’erano prima. Deve fare i conti con la monarchia, con i grandi industriali. Parla di rivoluzione fascista
ma nella pratica non ci fu, costituì comunque il suo cavallo di battaglia. Tutto questo sullo sfondo,
nel frattempo la violenza delle squadre continua, raggiungendo il suo apice nel 21, protette
dall’esercito, dalla polizia e dalle magistrature. Giolitti se ne voleva servire per addomesticare i
socialisti; gli agrari e gli industriali per sconfiggere gli operai, e nessuno pensava il fascismo come
minaccia allo stato liberale. Tutte le forze politiche a un certo punto ritenevano si dovesse includerli
in politica.
Giolitti avrebbe voluto chiamare Mussolini nel suo governo, ma ovviamente rifiuta. Capisce che
questa è solo una mossa per limitare la violenza e convertire i fascisti per usarli in altro modo. La
marcia su Roma dimostrò l’infondatezza del pensiero del fascismo come virus.
Nell’estate del 22 si verifica lo sciopero legalitario, si premeva perché si mettesse fine a quello stato
di violenza. Viene indetto per denunciare la violenza dei fascisti, esigevano un intervento del governo.
Lo sciopero fallisce proprio per la violenza dei fasci.
Mussolini rifiuta l’invito di entrare in posizione subordinata in un esecutivo e organizza la Marcia su
Roma, un colpo di stato misto a manifestazione. La sera del 26 ottobre si riuniscono in alcune città
italiane i fascisti e occupano i centri nevralgici della città. Facta, che era allora il presidente del
consiglio, telegrafa il re per avvisarlo della situazione.
La mattina del 28 ottobre circa 50000 uomini assediano Roma. Il Re è costretto a chiamare Mussolini
e renderlo esecutore di un governo. Questa manifestazione fu organizzata da 4 personaggi, i cosiddetti
quadrumviri: Michele Bianchi, Cesare de Vecchi, Emilio de Bono, Italo Balbo. Bianchi era il più
politico e probabilmente la testa pensante tra i 4.
Le camicie nere occuparono le strade, istituivano posti di blocco. Da un punto di vista militare la
marcia poteva essere benissimo fermata, però per fermarla si sarebbe dovuto impiegare l’esercito.
27
Appunti lezioni di storia contemporanea
Facta, infatti, aveva già firmato lo stato d’assedio, ma mancava quella del Re, che rifiuta. Il re non
solo non firma, ma avvalora il fascismo e si difenderà dicendo che l’ha fatto per evitare un bagno di
sangue. Il 30 ottobre chiama Mussolini a dirigere il nuovo governo e a formarlo. Mussolini era a
Milano durante la marcia. La marcia su Roma è il coronamento di tutto il periodo che accompagna e
che segue il biennio rosso. Mussolini, quindi, forma il nuovo governo; non è molto diverso da quelli
precedenti. C’è un primo periodo in cui il fascismo si sforza di restare nell’aspetto legalitario, ma poi
qualcosa si rompe e diventa regime. Questo primo governo non era formato solo da fascisti, c’erano
anche liberali di destra, popolari, nazionalisti e forze che non avevano la maggioranza in parlamento.
Bastone e carota, contraddistinguerà sempre Mussolini, minacciare e promettere.
Dice “mi voglio attenere alle regole dello statuto albertino”, però già dal 23, vengono compiute due
scelte sovversive delle istituzioni liberali. Le camicie nere non vengono sciolte, ma inquadrate in un
organismo riconosciuto da tutti, la MVSN, un corpo militare fascista fatto per difendere i fascisti,
ufficialmente riconosciuto ed entra a far parte dell’ordine pubblico; viene istituito il gran consiglio
del fascismo, organo ufficiale di raccordi tra il partito e le pubbliche istituzioni. Consiglio ristretto di
Mussolini, organo del quale si fida di più. Sarà poi l’organismo destinato a diventare più importante
di tutti, e sarà il luogo in cui Mussolini stesso verrà sfiduciato vent’anni dopo. Malgrado queste due
gravi lesioni, la forma liberale dello stato rimase per qualche tempo inalterata, i partiti continuarono
a restare al loro posto e l’opposizione, sebbene in maniera minore, continuò ad esserlo. Si inventa la
legge acerbo, annullava il sistema proporzionale e plurinominale delle elezioni del 19. Divide invece
il parlamento in 4 parti e 3 parti andranno al partito con almeno il 25% dei voti.
23/03 dodicesima lezione
Matteotti: protagonista indiscusso della resistenza fascista.
C’è un prima e un dopo nel fascismo; un prima legalitario o per lo meno apparente, e dura fino alla
morte di Matteotti, o meglio fino al discorso del 3 gennaio. Subito dopo però, la crisi causata dal
rapimento e la morte dell’onorevole, il fascismo getta la maschera e inizia la vera e propria dittatura,
che continuerà fino alla caduta nel 45.
Solo: romanzo i Riccardo Nencini. Secondo lui tutta la nota che contraddistingue la vita politica di
Giacomo è la solitudine. Si tratta di un romanzo storico, certo si tratta di un’opera di fantasia, ma
ricostruisce con accurata precisione il quadro generale. È per antonomasia il simbolo
dell’antifascismo, il primo che ci viene in mente quando si parla di antifascismo militante del
ventennio. Gli antifascisti, infatti, portavano nascosta una medaglietta che portava scritta la data del
suo rapimento e la frase “potete anche uccidermi ma l’idea che è in me non la ucciderete”.
Il suo omicidio fece un enorme scalpore, perché fu uno dei primi di una serie di martiri del fascismo.
Su Matteotti si è scritto molto, anche all’indomani del suo assassinio: Gobbetti, ucciso anch’egli
tempo dopo, gli dedica un ritratto.
La strada per il rapimento: Il 30 maggio del 24, Matteotti tenne in parlamento il suo ultimo
intervento per denunciare la violenza dei fascisti, e gli imbrogli delle ultime elezioni e questo accelerò
il corso degli eventi. Che potesse essere ammazzato lui l’aveva messo in conto, infatti disse ai suoi
compagni, subito dopo l’intervento, di preparare il discorso funebre. Aveva già subito moltissime
violenze, soprattutto quando si recava nel suo collegio, era stato anche violentato, umiliato, ma
nonostante questo era un nemico che non è possibile zittire. Mussolini non si può capacitare di questa
sua forza.
28
Appunti lezioni di storia contemporanea
Giuseppe Tamburrano, storico, dice i fascisti uccisero Matteotti due volte, la seconda quando
tentarono di cancellarne la memoria, senza riuscirci; come diceva Farinacci bisognava
“smatteottizare” l’Italia. Matteotti definiva Mussolini “l’innominabile”; si erano incontrati l’ultima
volta nel 1914 in un congresso del partito socialista. Fu per il duce l’avversario più inflessibile.
Vita di Matteotti: nato a fine 800 da una famiglia borghese abbastanza benestante, ma, nonostante
ciò, Giacomo sposa la condizione dei contadini e verrà per questo accusato di tradimento dalla sua
borghesia. Ma neanche i contadini gli crederanno più di tanto, per via della sua condizione di nascita.
Si laurea in giurisprudenza, ma non eserciterà mai perché prevale la sua passione politica: diventerà
prima sindaco del paese, poi consigliere provinciale, deputato nel 19 e infine nel 22 segretario del
partito socialista unificato. Fu tra i primi a riconoscere la natura violenta del fascismo, quando
nessuno se ne rendeva conto. Mussolini capisce subito che il suo antifascismo va oltre una semplice
opposizione politica, e che era pericoloso perché capace di diffondere un’idea contagiosa. Rosselli
scrive “l’antifascismo era in Matteotti un fatto istintivo…”. Matteotti non solo attacca i fascisti, ma
attacca anche quelli che pensavano di poterli usare e poi mettere da parte. Denuncia questo
atteggiamento dei liberali, nazionalisti e dei monarchici, che fino a un certo punto fu anche quello di
Giolitti. Definisce Mussolini il Giano bifronte. Nel marzo del 21, quando la violenza è al massimo,
pronuncia quel discorso in parlamento, nonostante le reazioni scomposte dei fascisti in parlamento.
Per altro, alcuni storici affermano che lui aveva chiesto di parlare nuovamente l’11 giugno (viene
rapito il 10); aveva scoperto che la corruzione dilagava ai vertici del partito fascista, in particolare
sulla vicenda delle tangenti della concessione petrolifera alla Sinclair Oil. Non si sapeva però di che
effettivamente avrebbe parlato, si poteva ipotizzare si trattasse appunto di questo. La sua uccisione
non fu la prima, non è stato il primo deputato socialista uccio. Ne era stato ucciso un altro nell’ottobre
del 21, Peppino Di Vagno, ucciso dal capo dei fascisti pugliesi, Caradonna. Anche questa morte
fece impressione nell’opinione pubblica italiana. Per altro vengono coperti quelli che venivano
definiti la banda del Viminale, i responsabili del rapimento di Matteotti e probabilmente anche della
sua uccisione, e oggi sappiamo essere stato comandato dal ministro dell’interno, De Bono.
Questo è il periodo in cui più vacilla Mussolini; dal momento del rapimento al ritrovamento del corpo,
si capisce benissimo che il mandante fu il capo del governo, chi altri poteva essere. Nei giornali
dell’epoca che ancora potevano circolare, gli interrogativi erano pesanti, anche all’estero. Le
opposizioni lasciano la camera, tranne i comunisti che restano a presidiarla, e c’è questa secessione
dell’Aventino, che ricordava la stessa dinamica avuta nel senato dell’antica Roma. Si provò a
costringere il Re, con questo gesto, di chiedere a Mussolini di dimettersi, perché considerato un
assassino. Questo non accadde, nonostante sia il paese che il governo vacillassero, anzi, ne trasse
addirittura benefici. Dopo questo il duce era ormai convinto di potersi permettere di tutto, anche
l’assassinio politico. L’opposizione non seppe trovare l’unità d’azione necessaria per utilizzare quella
debolezza del partito fascista in quei mesi. Così il 3 gennaio del 25, Mussolini si assume la
responsabilità politica, morale e storica dell’assassinio Matteotti, coprendo gli esecutori materiali.
Non era certo però che Mussolini lo volesse morto, non ne voleva fare un santino. Molto probabile
sia stato ucciso non intenzionalmente. Pare infatti che Mussolini si sia molto alterato una volta saputa
la notizia.
Matteotti viene ammazzato, Mussolini si assume la completa responsabilità e nei quattro anni
successivi viene costruito il regime, secondo alcuni totalitario, che il fascismo voleva contrapporre ai
suoi due grandi avversari politici: la burocrazia e il sistema liberale. Che cosa dove fare il fascismo
per compiere quest’operazione? Dare vita a istituzioni autoritarie ma anche capaci di coinvolgere le
masse popolari in questo progetto, così grandioso e così diverso dai regimi totalitari dell’antichità,
29
Appunti lezioni di storia contemporanea
perché i programmi che porta avanti il fascismo, ma anche gli altri regimi del 900, e la partecipazione
popolare che c’è stata in tutti gli stati portano con sé il coinvolgimento delle masse. Queste masse,
quindi, devono essere un po’ spaventate ma devono anche essere gasate, fargli credere che sono parte
di questo grande progetto, che esiste per il bene della nazione. Le istituzioni che Mussolini crea e la
propaganda che mette in atto, rispondono a quest’esigenza qui.
Bisognava controllare rigorosamente le coscienze degli italiani, non poteva esserci opposizione, e gli
unici caparbi dovevano essere emarginati, cacciati e messi in condizioni di non poter esercitare.
Vengono emanate le leggi fascistissime, tra il 25 e il 26. Si trattava di leggi che tolgono la libertà
individuale dei cittadini: impedivano la libertà di stampa, di pensiero, di sciopero… furono proibiti
anche i giornali di opposizione. Furono queste leggi a cancellare l’ideale liberale della nazione. Il
potere esecutivo (quello del governo) venne innalzato sopra tutti gli altri e fu asciugato sia quello
legislativo che quello giudiziario. Era il governo, e quindi Mussolini, l’unica forza della nazione. Il
capo del governo sceglieva e destituiva i ministri a suo piacimento, non era più responsabile di fronte
al parlamento. Mussolini era responsabile soltanto di fronte al Re. Infatti, quando lo sfiduciano
all’interno del gran consiglio, andrà dal Re a portare le dimissioni. Le autonomie locali vengono
limitate: i sindaci non verranno più eletti e saranno chiamati podestà, esperimento che Mussolini
prova inizialmente nei comuni con non più di 5000 abitanti, che poi estenderà a tutto il territorio
nazionale. Non esiste più un consiglio comunale. Il parlamento viene completamento privato della
sua funzione di controllo sull’esecutivo e in parte privato del potere legislativo. Non venne più eletto
democraticamente, le ultime furono quelle del 24 (sebbene truccate) e furono sostituite con le elezioni
dette plebiscitarie. Il fascismo che rimase unico partito presentava una lista di candidati che tu elettore
potevi accettare o rifiutare in blocco e si poteva esprimere solo con Sì o No. La competizione
elettorale smette di esistere. Progressivamente il partito fascista si identifica con lo stato, il paese
viene completamente fascistizzato e si identifica con una sola parte politica.
La milizia divenne una polizia parallela, che spesso si contrapponeva alla polizia di stato, e venne
creata l’OVRA, una polizia politica, tipica di tutti i regimi totalitari. Mussolini si servì di alcuni organi
che esistevano e li perfezionò ma ne creò anche di nuovi. Per combattere la repressione Mussolini
creò il tribunale speciale per la difesa dello stato (TSDS), non andava molto per il sottile, era una
specie di tribunale militare e poteva condannare alla pena di morte.
Il fascismo fece larghissimo uso del confino; esisteva già il confino di polizia dove coloro considerati
pericolosi per la società, come i vagabondi, gli alcolisti, i molestatori e venivano spediti in una località
lontana dalla loro di residenza per “rieducarli” alla società. Mussolini lo accompagna con il confino
politico, ed era appunto per gli oppositori politici. Era una misura amministrativa e quindi non
necessariamente non passava da una magistratura, ed era una misura preventiva (tu potevi essere
confinato anche solo per quello che eventualmente potevi fare). In tutte le province italiane vengono
istituite le commissioni provinciali, composte dal prefetto, quelli della milizia, carabinieri, etc.… Il
tempo di confino variava dagli 1 ai 5 anni, ma molti, i più pericolosi come gli anarchici e i comunisti,
potevano essere riassegnati e questo accadde molte volte. Dopo il confino si poteva essere mandati ai
campi di internamento, misura che serviva a tenerli lontani e metterli nell’impossibilità di nuocere
allo stato fascista. Altra istituzione, il casellario politico centrale, già esisteva ed era una sorta di
anagrafe per gli elementi definiti antinazionali. È con Mussolini che ci si rende conto di quanto sia
utile un sistema del genere. Anche Gramsci fa parte degli assegnati al confino, arrestato nel novembre
del 1926, rimase in carcere fino al 37.
Alcuni antifascisti riuscirono a fuggire all’estero, molti andarono in Francia dove sorse la
concentrazione antifascista ma questo come in altri punti d’Europa, nati proprio con lo scopo di
aiutare gli esuli.
30
Appunti lezioni di storia contemporanea
Alcuni furono assassinati come i fratelli Rosselli e Gobetti. Lo stesso Gramsci possiamo
considerarlo in qualche modo assassinato, perché fu a causa della prigionia che sviluppò le patologie
che poi lo portarono alla morte.
Uno dei segni distintivi del regime fu la nascita delle corporazioni. Spesso il fascismo si definì come
il regime corporativo, basato tutto sul lavoro, sulle relazioni tra lavoratori e quelle industriali. Erano
delle associazioni di categoria: ad esempio la corporazione degli industriali comprendeva al suo
interno da Gianni Agnelli a tutti i lavoratori della Fiat. Vengono istituite perché all’interno devono
essere risolti i conflitti tra le parti, per evitare scioperi e manifestazioni, che non potevano esistere.
Mussolini li vuole far passare come moderni sindacati, ma l’idea che regge le corporazioni è antitetica
a quella dei sindacati. Svolsero all’interno del regime un ruolo importantissimo. Quando nel 39 il
parlamento fu sciolto fu sostituito dalla camera dei fasci e delle corporazioni. Così il fascismo riuscì
a governare l’Italia per oltre un ventennio.
Mussolini investì grandissimi sforzi nella propaganda. Istituì un ministero apposito, quello della
cultura popolare. Investì tantissimo nella radio e nei cinegiornali. Ma perché? Prima della proiezione
del film, rigorosamente scelto dal regime, si poteva sentire il cinegiornale. Gli italiani venivano quindi
bombardati da propaganda, spesso falsa. Fu fondato l’istituto Luce, che si occupava di promuove la
propaganda.
Investe sulla scuola e sull’educazione dei giovani, per farli crescere antiliberali e per indottrinarli al
fascismo. Organizzazioni paramilitari in cui venivano inculcati i principi del coraggio, della virilità,
dell’orgoglio dell’essere italiani. Telefoni bianchi: film che riproducevano ambienti dell’alta società,
film leggeri.
27/03 tredicesima lezione
Crisi del 1929: per l’America furono anni veramente drammatici. Nel corso del 900 ci furono due
crisi che sconvolsero il mondo, e una è questa, la seconda nei primi anni Settanta. Nel 1932 c’è una
diminuzione del 17% della produzione; si è tornati a politiche protezionistiche, si nega quindi il libero
commercio. Questo paralizza il mercato. Ci fu una riduzione degli scambi con l’estero e il mercato
finanziario internazionale vacillò. La grande crisi investe prima la finanza per il crollo delle azioni e
poi l’economia in maniera molto consistente.
Quadro generale: La grande guerra aveva spostato il cuore pulsante dell’economia dall’Europa agli
Stati uniti (mentre prima era la Gran Bretagna), che hanno la più grande percentuale della produzione
mondiale, 45%. Sono quelli che prestano soldi per la ricostruzione all’Europa nel post guerra, molto
impoverita ma che loro volevano che assolutamente tornasse ad essere un grande mercato; quindi,
erano l’arbitro e anche il propulsore della ripresa europea. Il ricorso ai dollari americani, prestati con
un alto tasso di interesse, era divenuta una necessità vitale per gli imprenditori, soprattutto tedeschi.
Era necessario per i vincitori che la Germania tornasse ai livelli di produzione anteguerra, per metterla
in condizione di ripagare i debiti. Siamo in un clima di economia fortemente globalizzata, che esplode
in maniera massiccia nel corso del 900. Questo guardare agli Usa come deus ex machina produsse
quella che in economia viene chiamata una bolla speculativa, cioè portò a considerare le capacità
economiche e finanziarie degli Stati Uniti ben maggiore di quello che in effetti erano. Questa
eccitazione portò a un aumento del valore dei titoli in borsa, addirittura triplicarono, ma senza basi
concrete che sostenevano questa crescita così impetuosa. Quindi, quando nel giovedì nero (4 ottobre
29) tutti i titoli in borsa furono venduti a meno della metà i risultati furono catastrofici e quella che
fu la grande depressione coinvolse quasi subito i paesi europei. Due le cause che mettono d’accordo
quasi tutti gli storici:
31
Appunti lezioni di storia contemporanea
La crisi comincia così, nel settore agricolo, che poi si lega con il tracollo delle azioni. Quindi c’è un
conseguente diminuzione della richiesta di approvvigionamento dei beni alimentari americani a
vantaggio di quelli europei. Il mercato interno americano comincia a registrare sempre più prodotti
invenduti, soprattutto grano. Poi il fatto che la produzione si caratterizzava per la produzione di beni
di consumo durevoli (macchine, elettrodomestici…), (in questo gli americani erano fortissimi) e
spesso venivano comprati a rate. Il sistema di comprare a rate era stato inventato da Henry Ford
sostanzialmente, era una peculiarità del fordismo. Aumento esponenziale della produzione che
disumanizza il lavoro. Il fordismo si caratterizza per la produzione di massa. La grande produzione
abbatte i costi. Succede però che in un primo momento questo sistema fa aumentare enormemente la
produzione perché la domanda aumenta e l’offerta, di conseguenza, ma se il ritmo prosegue in questo
modo così esponenziale arriva il momento che la domanda diminuisce. Quindi se la produzione
continua a crescere ma nessuno compra più si ha una crisi di sovrapproduzione. Cominciano a
rimanere invenduti molti prodotti, quindi la produzione rallenta e si verificano licenziamenti. Si
abbassano i prezzi, quindi tutto si abbassa e tutto quello che si è prodotto resta inutilizzato. La crisi
del 29 fu per molti storici una crisi di sovrapproduzione. Il principio liberale, che fino a questo
momento aveva forgiato l’economia mondiale, viene abbandonato. Negli Stati Uniti come in Europa
c’era totale assenza di controllo sullo stato, sull’economia ma anche sulle speculazioni finanziarie,
non c’era nessun organismo che facesse da garante, 40 milioni di americani rimasero senza lavoro, in
particolare le categorie più deboli (donne, afroamericani, immigrati), per non parlare di coloro con il
salario nettamente ridotto. La domanda di beni diminuisce sempre di più, c’è un effetto boomerang.
Cominciano a crollare i costi di vari prodotti e di vari prodotti. 26:53 In quel periodo non c’era nessun
sistema correttivo, nessun ammortizzatore sociale come oggi è la cassa integrazione. Quindi la crisi
fu ancora più grave per la mancanza di questi strumenti. Gli Stati uniti tentano di difendere i propri
prodotti facendo ricorso al protezionismo doganale, tenendo fuori i prodotti dagli altri paesi, ma in
questo modo non si aveva più capitale da investire all’estero (ad esempio il piano Young in Germania
viene sospeso). I paesi produttori di materie prime, con la chiusura dei mercati totale, persero un
mercato di dimensioni immense; in Europa si prendono soluzioni analoghe. Più un paese era
sviluppato e integrato nel mercato mondiale più rimase ferito dalla crisi del 29.
L’unione sovietica non fu per niente toccata dalla crisi perché non ancora integrata con l’economia e
la politica del resto del mondo.
32
Appunti lezioni di storia contemporanea
Il momento peggiore si tocca nell’estate del 32, produzione mondiale diminuisce del 38%. Gli
economisti liberali irresponsabilmente istillavano solo ottimismo come se fosse bastato a migliorare
la situazione. Nel 32 ci furono pure le elezioni negli Usa. Al momento presiede alla Casa Bianca
Hoover. Il suo avversario era Roosevelt, conosciuto per essere sensibile ai bisogni delle classi
popolari, di famiglia benestante e di stampo. Vince Roosevelt. New Deal: proviene dalla dottrina di
un economista non liberista.
29/03 quattordicesima lezione
Secondo molti l’evento più grave del ventesimo secolo è stata l’incapacità della Germania di
risollevarsi dalla sconfitta della guerra e quindi la caduta nel totalitarismo nella misura più aggressiva.
Com’è stato possibile che uno dei paesi più colti e civili del mondo sia caduta nel baratro? La risposta
scontata è dare l’intera colpa a Hitler, ma un uomo senza l’appoggio di altri non sarebbe riuscito a
fare quel che ha fatto. Sono in molti a portare il fardello:
1. Nazioni vincitrici del conflitto e le clausole che hanno inflitto alla Germania, il non essersi
rese conto per tempo nonostante l’avviso di Wilson;
2. le classi dirigenti tedesche non fanno nulla per bloccare Hitler;
3. autorità morali, religiose, culturali, restarono quasi paralizzate, chi dissentì al 95% lasciò la
Germania;
4. il comunismo sovietico fu uno dei modelli, secondo alcuni storici, a cui Hitler si ispirò;
5. la classe operaia e la sinistra;
6. la maggioranza del popolo tedesco.
I tedeschi faranno pace con il loro passato molto meglio degli italiani; anche i più piccoli si sentivano
addossati di una colpa collettiva.
I responsabili, quindi, sono tanti; il nazismo si presenta fin da subito più chiaro ideologicamente
rispetto al nazismo, Mussolini ad esempio non aveva mai scritto un “Mein Kampf”. Molte potenze
europee potevano fermare Hitler, ma prevale questa politica dell’”accontentare”. Nel 1923 vengono
pubblicati i protocolli dei savi di Sion, che testimoniavano una presunta internazionale congiura
ebraica, assolutamente falsa. Queste pulsioni che Hitler afferma, come la superiorità della razza ariana
era un sentimento condiviso, in tutta Europa ma in Germania in particolar e perché raccoglie un
numero non esiguo di immigrati ebrei. Era la razza forte e vittoriosa ma ingiustamente costretta in
confini che non erano i suoi naturali, ristretta dagli stati “cattivi”. Viene coniata la teoria dello spazio
vitale, la razza tedesca ha tutti i diritti e la necessità di abitare in uno spazio più grande. La cultura
nazionalista tedesca si opponeva ai valori liberali come la democrazia e il parlamentarismo; esaltava
il tradizionalismo, i legami con la terra, con la comunità e la patria, temi ancora prerogative di alcune
destre. Quindi il nazional socialismo si faceva voce di sentimenti condivisi. I punti principali sono
espressi fin dall’inizio: un razzismo molto forte, soprattutto antisemitismo. Costruiscono una sorta di
piramide dove alla punta stanno ovviamente gli ariani. Comune al fascismo c’è la subordinazione
dell’individuo allo stato. Il nazional socialismo propone la creazione di un diritto germanico; si
inventano addirittura un nuovo cristianesimo. Sono una versione estrema di fascismo, molto più
coraggioso anche. L’organizzazione centralista dello stato, il disprezzo degli organi amministrativi,
e per l’opposizione. Presto il nazional socialismo diventa unico partito. Un fascismo epurato dalla
parte di sinistra, che invece caratterizzava il primo periodo del fascismo. Inizialmente prende
Mussolini come esempio, ma poi lo abbandona.
In quegli anni, molti governi erano filo fascisti o con gruppi politici che ambivano a quello.
33
Appunti lezioni di storia contemporanea
Hitler divenuto cancelliere comincia il via a una serie di leggi eccezionali, contro la libertà di stampa,
di associazione… pochi mesi dopo la sua salita furono sciolti gli altri partiti. Lo stato fu epurato da
tutti gli elementi giudicati infimi, ebrei ovviamente e oppositori politici. Molte le analogie con il
fascismo maturo. Altra cosa tipica delle rivoluzioni, a metà nel 1934 giunse il momento della resa dei
conti nello stesso partito e le SA, furono eliminate perché avevano troppo seguito e si dimostrava
insofferente agli stessi dettami del capo che quasi non lo riconosceva. Alla morte di Paul von
Hindenburg, qualche mese più tardi Hitler diventa anche presidente della repubblica, e quindi capo
delle forze armate e le forze più vicine a lui sono Göring e Himmler, che idearono insieme lo
strumento repressivo più efficace: utilizzando il modello sovietico, la milizia, SS, e la polizia di stato,
la Gestapo. Riusciva il regime a esercitare sull’individuo un controllo totale. In Germania ci fu una
perfetta integrazione tra stato e partito, al contrario di Urss dove i bolscevichi avevano “cancellato”
lo stato precedente e l’Italia, dove Mussolini doveva continuare a dare conto al Re. La società fu
totalmente militarizzata: disciplina militaresca del lavoro, i ragazzi prima di partecipare alla leva
militare dovevano aver fatto almeno un anno e mezzo di lavoro manuale; tutto quello che ineriva
all’espressione del pensiero veniva molto allontanato. I soldati si sentivano un ingranaggio dell’intera
macchina, l’individualismo si andava a eliminare. Loro riprendono tradizioni della Germania
Guglielmina, e li portano al massimo della loro espressione. Quando Hitler diventa cancelliere, il
primo appello che fa alla nazione è di tipo egalitario, come fece anche Mussolini. Hitler però la
dittatura la costruisce subito, grazie ad alcuni eventi, come l’incendio del Reichstag, che dà modo a
Hitler di iniziare con un opera repressiva su larga scala, in particolare contro i comunisti. Questo è
l’inizio della costruzione del terzo Reich.
Goebbels, ministro della propaganda e dell’informazione e lo sarà sempre. Hitler si affida a lui. La
propaganda si svolgeva in maniera violenta, come i roghi dei libri, di autori ebrei naturalmente ma
anche di autori democratici, tutti i mezzi di comunicazione di massa come la radio, i giornali e il
cinema, furono utilizzati in grande stile del regime per imporre al popolo tedesco un modo di pensare
comune. Hitler si fida moltissimo di Goebbels ed era uno che diceva “quando sento parlare di cultura
metto mano sulla pistola”, considerava la cultura inutile, potenzialmente dannosa e l’unica accettabile
era quella nazional socialista. Tutta l’arte espressa durante il periodo della repubblica fu condannata,
bollata come arte degenerata ed eliminata, ci fu un’operazione di damnatio memoriae. Sotto la sua
direzione la cultura tedesca, come lui la concepiva, divenne una serie di grandiose manifestazioni
molto celebrate, molto propagandate, con una regia estremamente accurata e con scenografie che
richiamavano l’arte classica e le opere del popolo germanico. La ginnastica collettiva fu utilizzata
come strumento, per sottoporre il popolo a una disciplina militare. Il nazismo fu più moderno, il ruolo
delle donne venne riconosciuto non solo all’interno delle mura familiari. La regista molto nota, Leni
Riefenstahl produsse una serie di documentari nei quali sottolineava la bellezza e la perfezione degli
atleti tedeschi, e si tramutava nella bellezza e nella perfezione di tutto il popolo tedesco e della
nazione. La stessa disciplina degli atleti doveva essere utilizzata dal popolo per servire la nazione. In
Germania i cittadini tedeschi venivano irregimentati a tutte le età, dalla prima età scolare per tutto il
percorso, nell’età lavorativa con il dopo lavoro. La città prescelta per le maggiori manifestazioni fu
Norimberga, che ne divenne i simbolo e non a caso proprio qui verranno scritte le prime leggi
razziali. Berlino viene scelta come sede delle olimpiadi del 36, e fecero tantissimo scalpore: per la
prima volta alcune nazioni europee, e anche gli Stati Uniti, lanciarono appelli per boicottarli. Poi ci
fu il caso di Jesse Owens, velocista afroamericano vince 4 medaglie d’oro e le cronache narrano che
diventa amico del suo avversario tedesco. Per molto si è vociferato che Hitler si sia rifiutato di
stringergli la mano ma poi si è appurato che si trattava di una menzogna. Le olimpiadi altro non erano
che l’ennesima parata di propaganda.
34
Appunti lezioni di storia contemporanea
L’economia venne pianificata, sull’idea di quella sovietica. La Germania pianificò parte della
produzione industriale, con i piani quadriennali: con il primo si intendeva debellare la povertà delle
classi rurali, il secondo doveva eliminare la disoccupazione, come era stato fatto negli Usa. La
disoccupazione fu quasi eliminata con uno sforzo incredibile nella produzione bellica e nei settori di
industria pesante. A differenza di quanto succedeva negli Usa furono i grandi complessi industriali,
e premia ad esempio aziende chimiche come la IG Farben, che poi fu l’azienda produttrice dello
Zyklon B, il gas che fu utilizzato anni dopo nei campi di sterminio. I salari però diminuirono, l’orario
di lavoro si allungò e aumentarono in maniera esponenziale le spese per il riarmo, più della metà del
denaro pubblico. Fu realizzata una rete autostradale, la più estesa d’Europa, e sempre copiando il
modello statunitense, fu creata una macchina per tutti, la Volkswagen. Questo era il new deal tedesco.
Nel 33 il NSDAP fu dichiarato il partito unico di stato, con una rapidità molto maggiore rispetto a
quanto avvenuto in Italia, e assunse il nome di terzo reich, terzo impero tedesco. Secondo Hitler, una
persona modesta, sarebbe stato millenario. Per capire il nazismo non bisogna credere a una follia
momentanea collettiva; la maggior parte della popolazione credeva a questo nuovo impero millenario,
e questo progetto fu molto appoggiato, tanto è vero che Hitler va al potere in maniera totalmente
legale. Non solo riesce ad avere il consenso nel 33, ma lo amplia. In Germania non c’è stato un
fenomeno anti nazista come in Italia, seppur di nicchia. Mussolini nei confronti degli intellettuali
antifascisti ha tenuto un atteggiamento molto più blando, perché temeva la popolarità che certi
personaggi potevano ricevere all’estero. Il nazismo va giù durissimo invece. Hitler parla di terza via,
tra capitalismo corrotto e comunismo sovietico.
Fin dall’inizio era noto non solo un generico razzismo, ma anche la loro volontà di affermare il
dominio della razza tedesca sulle altre. Hitler lo scrive fin da subito nel suo libro e fa qualsiasi cosa
per portare a termine questo progetto. Questo principio razziale l’aveva inserito anche Himmler come
principio fondamentale nel reclutamento delle SS, voleva solo i tedeschi migliori dal punto di vista
del sangue (tedeschi purosangue).
Perché il problema ebraico? Gli ebrei in Germania non erano moltissimi, aumentati dopo la Grande
guerra. Arrivavano poverissimi ed erano immigrati difficili da integrare, e arrivarono in periodo di
crisi terribile per la Germania. Si diffonde quindi l’idea dell’ebreo ostile, nemico. Nemico dalla
doppia faccia, capi del movimento operaio, erano moltissime persone che contavano come artisti,
banchieri, industriali… quindi l’idea del complotto acuisce. Anche perché la diaspora aveva fatto in
modo che le comunità ebraiche fossero molto unite tra di loro. Non è reale il motivo che dà la colpa
alla persecuzione alla loro ricchezza, anche perché erano in pochi ad esserlo.
Già dal 33 gli ebrei vengono preclusi i lavori statali, e nel 35 vengono approvate all’unanimità le
prime leggi razziali, a Norimberga, che poi vengono successivamente precisate e aggravate. Vengono
privati della cittadinanza politica; vietati matrimoni misti, e quelli già celebrati vengono sciolti; le
donne tedesche di meno di 45 anni non possono lavorare alle dipendenze di ebrei; vengono vietati i
rapporti sessuali tra tedeschi ed ebrei. Più avanti tutte le professioni più alte vennero proibite agli
ebrei. Nel 38 si verifica la famosa notte dei cristalli. I nazisti cominciano allora a pensare
all’eliminazione definitiva della comunità ebraica, oltre che dalla Germania dal mondo intero, ma
non siamo ancora arrivati all’idea di soluzione finale.
30/03 quindicesima lezione
35
Appunti lezioni di storia contemporanea
La bonifica integrale si riallaccia a questo progetto più grande che si chiama politica di
ruralizzazione; fu all’interno di questo grande quadro la bonifica una delle più grandi riforme portate
da Mussolini. Fu sentita e portata dal regime come assolutamente indispensabile per lo sviluppo in
tutti i sensi non solo economico per la società italiana, e fu uno dei più grandi risultati che il regime
vantava, ma si trattava solo di propaganda. Mussolini ne parla come il fiore all’occhiello del fascismo.
Si vantava molto dei risultati conseguiti in campo giuridico, effettivamente raggiunti con due riforme
di Codice civile e penale. Verranno poi modificati gli aspetti più fascisti e autoritari. Sul tema della
bonifica Mussolini torna anche quando è chiaro che gli effetti non sono stati quelli sperati; un’altra
cosa di cui andava fiero, nel 26, realizza quella che lui chiama quota 90, il cambio con la sterlina che
prima era 150 per una sterlina e ora è sceso a 90. Le due più famose politiche agrarie furono appunto
la bonifica e la battaglia del grano; voleva che l’Italia fosse autartica e non importasse frumento e nel
25 spaccia questa battaglia del grano come una festa e dice “la battaglia del grano significa liberare
il popolo italiano dalla schiavitù del pane straniero” e aggiunge “la battaglia della palude significa
liberare la salute di milioni di italiani dalle insidie letali della malaria e della miseria”. Lui difende
quest’opera grandiosa e viene annunciata alla fine del 28 con inizio del 29, era molto complessa non
solo per la vastità di territorio, anche perché si trattava di bonifica integrale. Vi erano 4 opere che la
bonifica riguardava:
1. Miglioramento dei sistemi idrici;
2. opera di viabilità;
3. costruzioni edilizie, abitazioni per i coloni, fienili, stalle…;
4. opere di dissodamento e piantagioni.
Questa bonifica così grandiosa e propagandata era stata molto studiata. L’ideatore era uno dei tecnici
migliori che il fascismo avesse avuto e si chiamava Serpieri, e viene creato un sottosegretariato
all’interno del ministero dell’agricoltura. Un piano tanto vasto e impegnativo però richiedeva tanto
sforzo economico, 7 miliardi in 14 anni. Per essere effettivamente portato a termine c’era bisogno
che due condizioni accompagnassero questo piano: l’impegno economico dello stato proseguisse
senza interruzione e che lo stato riesca a convincere, o se necessario costringere, i privati nei cui
terreni ricadono gran parte delle terre a compiere loro ciò che necessario. Nei primi tre anni la legge
da buoni risultati, ma nel 32 cominciano le prime difficoltà, con la crisi economica che dilagava e
sotto una serie di esigenze contingenti l’erogazione dei fondi comincia a diminuire. Molti dei fondi
vengono impiegati per aiutare i disoccupati, che stavano aumentando. Mussolini non poteva
permettersi un nuovo dilagarsi della disoccupazione, doveva dare prova che il regime era in grado di
fare fronte a queste situazioni di crisi. Questo venir meno dello stato implica anche un venir meno dei
privati e si giustificano facendo appello alla crisi del momento e a questa parziale inadempienza dello
stato. Si comprende già da questo perché la bonifica invece di costituire un grande successo del
regime costituì uno smacco. Politica che comunque sembrava anacronistica e fuori tempo, in un
mondo che ormai puntava ad essere sempre più industrializzato. In alcune zone però ottenne risultati
non trascurabili, come in quella dell’Agro Pontino.
Serpieri nel gennaio del 35 si dimette, capisce che non ci sono più le condizioni per proseguire, i
risultati furono inferiori sia considerando il piano iniziale sia alle aspettative che la propaganda aveva
istillato nella popolazione. Questo fa naufragare anche il progetto che stava dietro la bonifica: viene
effettuata con un intento anche politico ideologico. Mussolini voleva la bonifica per rivitalizzare le
campagne, ridistribuire la popolazione in modo più omogeneo, impedire quindi la corsa verso le città.
La crisi della società occidentale per il duce poteva essere invertita evitando questa tendenza che lui
chiamava supercapitalismo. L’Italia è grande se le famiglie sono grandi, e vivendo le città le famiglie
numerose diminuiscono inevitabilmente. Il fatto poi che ci fossero più operai che contadini minava
36
Appunti lezioni di storia contemporanea
quello che era il consenso per Mussolini, perché costituirono sempre una spina nel fianco del regime,
perché socialisti e molto critici nei confronti del fascismo. C’era bisogno per Mussolini una modifica
alla base della società, per questo investe molto nella gioventù e in questa bonifica; critica moltissimo
gli Stati Uniti. Mirava anche a depotenziare la grande industria e invece sostenere di più la media e
la piccola, per creare un’economia mista nella quale una vasta agricoltura incentivasse l’industria e
al tempo stesso fosse incentivata dall’agricoltura. La bonifica non fu completamente realizzata,
secondo stime abbastanza precise i terreni trasformati si aggiravano nel 38 a solo 1/10 della previsione
iniziale. Tuttavia, Mussolini continuò a parlarne come uno sforzo compiuto.
Un altro grande evento che Mussolini sbandiera ma che non gli dà i risultati sperati fu il concordato
che stipula con la Chiesa di Roma. Vengono firmati i patti Lateranensi l’11 gennaio del 1929, si
cristallizzavano così i rapporti tra l’Italia e la Chiesa per moltissimo tempo. Si compongono di un
trattato internazionale che costituisce la Città del Vaticano, stato sovrano nel cuore della capitale, al
cui interno il Papa è anche capo politico; prevedevano un cospicuo risarcimento per le confische che
la chiesa ha subito nel 1870, quando Roma divenne capitale; ma il vero e proprio concordato implica
la religione cattolica come religione di stato e la ratifica dell’influenza della religione cattolica nelle
scuole, quindi l’inserimento dell’ora di religione (riforma Gentile); il matrimonio religioso assumeva
valore civile e il suo annullamento verso il tribunale ecclesiastico della sacra rota significava anche
la cancellazione dal punto di vista civile; i vescovi giuravano fedeltà allo stato; la legislazione sul
divorzio veniva praticamente abolita. Erano concesse alla chiesa una serie di prerogative che ne
salvaguardavano l’integrità, a scapito in alcuni momenti dello stesso concetto di laicità dello stato.
La chiesa veniva molto premiata. Mussolini fa firmare i patti perché puntava a fare della Chiesa un
paladino del fascismo, e quindi ottenere ancora più consenso nelle aree rurali, cosa che non sarà.
Tutto ciò smentiva il primo Mussolini san sepolcrista, molto anticlericale. Alla chiesa furono concesse
moltissime cosa, la più importane il riconoscimento dell’azione cattolica, unica organizzazione
giovanile non fascista che sopravvive durante il ventennio. Grazie al fatto che continuò a esistere si
formò una certa classe dirigente che darà vita alla fine del 42 un partito dichiaratamente anti-fascista,
la democrazia cristiana, erede del vecchio partito popolare. Molte brigate partigiane erano cattoliche
e avevano nella loro insegna il simbolo della democrazia cristiani.
Due crisi importantissime: una nel 1931, un'altra nel 1938, probabilmente sulla questione delle leggi
razziali.
A soli due anni dalla stipula del concordato una grande crisi oppone il fascismo alla chiesa, a cui
all’origine ci furono moltissimi motivi. Innanzitutto, Mussolini si pentì della concessione
dell’esistenza dell’azione cattolica perché in questo modo la chiesa gli usurpava del terreno nel campo
dell’istruzione; poi la delusione di Mussolini nel constatare che la chiesa non lo appoggiava affatto,
c’erano molti preti e vescovi che avevano nei confronti del fascismo, come indicava Mussolini, un
atteggiamento di incomprensione. Nella santa sede c’erano addirittura atteggiamenti ostili, mentre da
un lato avanzava continuamente richieste al governo, come quella di abolire la festa laica del 20
settembre, data della breccia di Porta Pia e sostituirla con quella dell’11 febbraio, data della firma dei
patti. La causa primaria della crisi va rintracciata però in questo pentimento di Mussolini di aver
lasciato che la chiesa avesse tanto spazio nell’educazione dei giovani, cosa sui cui puntava di più.
Quindi le organizzazioni giovanili cattoliche vengono prese di mira, anche perché la chiesa aveva un
vastissimo pubblico, la stampa parrocchiale per esempio che non costava niente e veniva diffusa dalle
parrocchie era molto forte (circa 600.000 lettori). Pio XI attraverso questi media, cercava di
contrastare alcuni degli aspetti del regime e quindi i fascisti cominciano ad agire contro. Sequestrano
i giornali e questo si traduce nel malcontento di certi vescovi che manifestano animatamente.
37
Appunti lezioni di storia contemporanea
Paradossalmente i preti riescono a portare avanti una politica antifascista migliore degli antifascisti
dichiarati, d’altronde sono preti, possono mai dire una cosa che non sia buona e giusta? Quindi grossa
insoddisfazione alle alte gerarchie fasciste.
I giornali fascisti iniziarono ad attaccare la chiesa, accusandola di mettere troppa voce sulle questioni
sociali e poi passarono all’azione cattolica, accusata di formare i quadri che avrebbero sostituito i
quadri fascisti e che addirittura avrebbero costituito un vero e proprio partito (impossibile perché nel
31 l’unico partito previsto era il PNF). Pio XI scrisse una lettera in cui accusava i fascisti di
corrompere la gioventù italiana educandola all’odio e che il fascismo stava rendendo impossibile
l’esercizio della religione e addirittura che il fascismo stesse sfociando nel paganesimo, ma Mussolini
non poteva mettersi contro il papa, perciò, non gli andò contro. Alle parole del papa seguono
manifestazioni di protesta dei fascisti e degli atti di violenza contro le sedi di giornali e
dell’associazione cattolica. Il 29 maggio del 31 Mussolini comunica a tutti i prefetti di sciogliere e
vietare le associazioni giovanili di qualsiasi natura ed età che non facessero capo alle organizzazioni
del Pnf; si riferisce naturalmente all’azione cattolica.
A un certo punto si rischia la rottura dei rapporti diplomatici perché viene rifiutato all’ambasciatore
De Vecchi l’accesso in Vaticano. Per salvaguardare la situazione Mussolini si dice pronto a trattare,
per trovare un vero accordo, e facendo così mostra una certa debolezza. Il papa pubblica un’enciclica,
con il titolo “noi non abbiamo bisogno”, e faceva chiaramente riferimento al regime fascista, e divisa
in due parti: nella prima ci sono argomenti che il papa adopera per confutare quelli del fascismo
contro l’azione cattolica e nella seconda affronta il problema dell’educazione dei giovani quindi il
papa entra proprio nel merito della polemica. Conteneva anche una condanna formale del giuramento
fascista. Siamo nel 31 ed è l’anno nel quale anche i docenti universitari vengono obbligati a giurare
e giurano tutti tranne 12 su 1200. Mentre prima si giurava la fedeltà al Re, dal 31 si giura fedeltà al
Re e al fascismo. Per esempio, i comunisti dicono di giurare perché il partito dice “è meglio rimanere
dentro le università pe svolgere le vostre azioni di pensiero libero per gli studenti”. In questo momento
qui i vescovi, che giuravano nelle mani sostanzialmente di autorità statali, di autorità statali laiche
l’enciclica contiene una condanna della formula del giuramento fascista, in quanto impone di eseguire
ordini, scrive il Papa, che potevano essere anche la manomissione dei diritti della Chiesa e delle anime
e di servire una rivoluzione che strappa alla Chiesa e a Gesù Cristo la gioventù e che educa, le sue
giovani forze all'odio, alla violenza all'irriverenza. L'enciclica si concludeva con una precisazione che
era una specie di mano tesa. Quando si dice che la Chiesa fu sempre connivente col fascismo, non è
vero. Ci fu una posizione più complessa, ci fu una posizione anche all'interno della Chiesa, molto
variegata sia per quello che riguardava l'adesione al fascismo, sia per quello che poi riguarderà la
costruzione degli ebrei. Pio XI fu molto accorto di questo, in questo riuscì a strappare tutto quello che
poteva, a concedere poco, sapendo di poter continuare, essendo il Papa a pretendere delle cose. “Con
tutto quello, tutto quello che siamo venuti finora, queste critiche che abbiamo fatto al fascismo, noi
non abbiamo voluto condannare il partito e il regime come tali, abbiamo inteso segnalare e
condannare quanto nel programma e nell'azione di essi abbiamo veduto e constatato essere contrario
alla dottrina, alla pratica cattolica e quindi inconciliabile col nome, con la professione di cattolici” e
quest'ultimo passo è una mano tesa al regime. Mussolini prima si arrabbia moltissimo poi il 10 luglio
dichiara incompatibile l'iscrizione all'azione cattolica e al profitto fascista e alle associazioni fasciste.
Ma poi ritratta. Ai primi di settembre si arriva ad un accordo, quando proprio la situazione era
tesissima, e se apparentemente risolveva la questione senza vincitori né vinti, in realtà costituiva un
successo per Mussolini. Perché? Perché l'enciclica non era riuscita veramente a mobilitare i cattolici
e i rapporti dei prefetti che annusavano l'aria ed erano attenti a capire come si poneva l'opinione
pubblica riferivano al ministro dell’interno e quindi al duce che molti cattolici avevano paura di
questo scontro, che sarebbero stati molto più rassicurati con un ritorno alla normalità, che prevedesse
38
Appunti lezioni di storia contemporanea
una riconciliazione. L'accordo vero e proprio viene firmato il 2 settembre. Prevedeva il continuare a
riconoscere l’azione cattolica come organizzazione che poteva continuare a svolgere la sua attività
come organizzazione dipendente dai vescovi, i quali dovevano scegliere i dirigenti tra persone che
fossero fascisti di dichiarata fede fascista. L’azione cattolica non doveva interessarsi di politica, non
entrare nel sociale, non entrare nei discorsi che riguardavano gli ambiti lavorativi, non fare attività
fisiche per i ragazzi. Doveva quindi astenersi da tutto quanto non rientrasse in un ristretto ambito di
finalità religiose. La bandiera dell’azione cattolica era quella italiana, non era più previsto che avesse
una propria bandiera e quindi l’azione cattolica usciva da questo accordo molto ridimensionata. Don
Sturzo, in esilio a Parigi, svolge una critica al pontefice. Lo accusa di essersi illuso che avrebbe potuto
addomesticare il fascismo e che lo stesso avrebbe avuto vita breve. L’11 febbraio del 32 Mussolini fa
visita a Pio XI, che lo riceve, e le cose sembrano tornate alla normalità. Così non è, perché questa
continua sfida prosegue e ci sarà uno scontro diretto nel 38, che secondo alcuni storici fu unicamente
determinato dall’emanazione delle leggi razziali, per altri aveva sempre al centro la situazione
dell’azione cattolica. La chiesa nel 38 non era affatto contenta del legame che c’era tra l’Italia e la
Germania nazista, cioè il timore nei confronti del nazismo e di quello che propagandava, di come
Hitler avesse ridotto le chiese, sebbene anche lui abbia fatto un accordo con la Chiesa, sulla scia di
quello che aveva fatto Mussolini.
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Gli obiettivi del regime di Mussolini includevano la bonifica delle terre per rivitalizzare le campagne e ridistribuire la popolazione, evitando l'eccessiva urbanizzazione. Tuttavia, questi furono percepiti come uno smacco poiché non ebbero il successo sperato e furono considerati anacronistici .
La Rivoluzione Russa del 1917, iniziata con la rivolta a Pietrogrado e culminata con la Rivoluzione d'Ottobre, portò al tracollo del regime zarista e alla creazione di un governo provvisorio. Questo governo decise di continuare la guerra, ma successivamente i bolscevichi presero il potere e fecero uscire la Russia dal conflitto .
La Germania pianificò di evitare una guerra su due fronti attaccando rapidamente la Francia attraverso il Belgio neutrale e sconfiggendola prima dell'arrivo delle forze russe. Tuttavia, l'invasione del Belgio portò al coinvolgimento britannico e il piano tedesco fallì quando furono fermati dai francesi nella Battaglia della Marna .
All'inizio della Prima Guerra Mondiale, si credeva che sarebbe stata un conflitto breve e probabilmente regionale. Tuttavia, si trasformò rapidamente in una guerra almeno europea e poi mondiale che coinvolse potenze globali .
Gli Stati Uniti abbandonarono il loro isolazionismo a causa del sostegno ai governi liberali dell'Intesa, dei forti investimenti finanziari a favore dell'Intesa, e della possibilità di difendere la democrazia e la pace mondiale dopo che la Russia zarista, ritenuta autocratica, uscì dalla guerra. Il presidente Wilson presentò l'intervento come un impegno verso la sicurezza globale .
La maggior parte dei partiti socialisti europei, incluso il più antico, la socialdemocrazia tedesca, sostenevano la guerra nel 1914, poiché prioritizzavano la difesa della nazione sull'internazionalismo. Tuttavia, esistevano eccezioni come i bolscevichi in Russia e i socialisti riformisti in Italia, che si opposero alla guerra .
La ripresa della guerra sottomarina tedesca implicava il rischio di coinvolgere gli Stati Uniti nel conflitto, poiché attaccavano navi nemiche e neutrali, particolarmente quelle dirette in Gran Bretagna. L'ostilità verso le navi spinse gli USA a entrare in guerra per proteggere i propri interessi e sostenere l'Intesa .
La neutralità del Belgio era cruciale per la sua posizione strategica; il suo coinvolgimento poteva influenzare significativamente gli esiti della guerra. La decisione tedesca di invadere il Belgio per attaccare la Francia scatenò l'intervenzione britannica, trasformando il conflitto in una guerra generale .
I patti Lateranensi del 1929 formalizzarono i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, costituendo il Vaticano come stato sovrano e riconoscendo il cattolicesimo come religione di stato. Tuttavia, non garantirono il sostegno che Mussolini sperava, poiché la Chiesa mantenne una certa indipendenza e, a volte, opposizione al regime fascista .
La Chiesa cattolica reagì negativamente alle politiche giovanili fasciste, in particolare attraverso l'Azione Cattolica. Pio XI criticò il fascismo per corrompere la gioventù e minacciare la libertà religione. Questa opposizione causò tensioni e proteste, sfidando il fascismo e dimostrando la continua influenza della Chiesa sulla società italiana .