Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
13 visualizzazioni94 pagine

1940 - Solmi - Stato e Chiesa. Nella Dottrina e Nelle Leggi Fasciste - A. Mondadori

Caricato da

Fabio Aprea
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
13 visualizzazioni94 pagine

1940 - Solmi - Stato e Chiesa. Nella Dottrina e Nelle Leggi Fasciste - A. Mondadori

Caricato da

Fabio Aprea
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 94

PANORAMI DI VITA FASCISTA

Collana edita sotto g li auspici del


P. N. F.
STATO E CHIESA
N ELLA DOTTRINA E NELLE LEGGI FASCISTE
ARRIGO SOLMI

STATO E CHIESA
NELLA DOTTRINA
E NELLE LEGGI FASCISTE

A. MONDADORI • MILANO
A N N O XVIII
[

A nche nella questione dei rapporti fra lo Stato e


J \ la Chiesa, il Fascismo ha portato la sua visio­
ne realistica e la sua azione coraggiosa e feconda;
e da ciò è nata una soluzione nuova.
Si deve anzitutto tener presente che, fin dagli
inizi del Risorgimento italiano, tale problema ave­
va cercato una soluzione che fosse consentanea al­
l’indole fondamentalmente religiosa e cattolica del­
la nazione, e che fosse pertanto rispettosa della re­
ligione dominante, senza rinuncia ai diritti dello
Stato. Lo Statuto fondamentale del Regno, pro­
mulgato dal re Carlo Alberto, il 4 marzo 1848,
nel momento epico della rivoluzione nazionale,
aveva affermato il principio del rispetto assoluto
e della prevalenza della religione dominante, con
la nota formula dell’art. 1 : « La religione catto­
lica, apostolica e romana è la sola religione dello
Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati con­
formemente alle leggi ».
Senonchè il compimento dell’ unità nazionale,
con l’acquisto necessario della capitale, Roma, tra­
volgendo il potere temporale dei papi, doveva por­
tare ad un dissidio, sorto nel 1870 e durato circa
mezzo secolo, per cui i rapporti tra lo Stato e

9
la Chiesa subirono un profondo turbamento, che
accentuò e rinfocolò le lotte dei partiti e il contra­
sto delle coscienze. La legge delle guarentigie, pro­
mulgata il 13 marzo 1871, garantendo le prero­
gative del Sommo Pontefice e della Santa Sede e
regolando, con taluni principi fondamentali, le re­
lazioni tra lo Stato e la Chiesa, si sforzò di adot­
tare un sistema, che si disse di separazione, il quale
voleva essere insieme rispettoso della coscienza re­
ligiosa e geloso dei diritti dello Stato; ma non potè
impedire che si approfondisse sempre piu quel dis­
sidio tra lo Stato e la Chiesa, che si era acuito nel
1870, e che era causa non ultima di una certa de­
bolezza dello Stato, sia nei rapporti interni sia nei
rapporti internazionali.
Lo Stato, che pur aveva nello Statuto fonda-
mentale un principio di confessione religiosa, si
era sforzato di cancellare ogni senso di tale con­
fessione, avocando a sé la disciplina del matrimo­
nio, emanando le leggi eversive dell asse ecclesia­
stico, sopprimendo l ’istruzione religiosa nelle scuo­
le secondarie, laicizzando la beneficenza e via via.
E da ciò, come da direttive necessarie dello Stato,
per la sua indipendenza civile, erano sorti taluni
partiti, che si dicevano anticlericali, i quali aveva­
no per programma la lotta contro ogni manifesta­
zione religiosa, lotta che limitava la libera profes­
sione della fede religiosa, profondamente radicata
nell’anima popolare; creava un ingiusto danno alla
Chiesa, gelosa delle sue antiche prerogative, falsa­
lo
va l’indole della vita nazionale, che voleva restare
ossequente alla fede tradizionale dei padri, senza
rinuncia ai sentimenti di amore e di attaccamento
per la patria.
D ’altra parte, il dissidio tra lo Stato e la Chiesa
indeboliva anche l’autorità e la consistenza dello
Stato nei rapporti internazionali, poiché presso le
nazioni straniere vi era sempre la speranza - spe­
ranza che fu talvolta espressa anche in trattati se­
greti - che tale dissidio rompesse l’unità nazionale,
determinasse un’alleanza non priva di valore tra
i nemici dell’Italia e la Chiesa e facesse nascere
cosi una ragione di attrito e di rovina per lo Stato
italiano.
È noto che, fin dall’inizio del dissidio, col non
expedit, promulgato dal pontefice Pio IX (1874),
fu proibito dal Papato ai cattolici italiani di parte­
cipare alle elezioni politiche; proibizione non sem­
pre rigidamente osservata, ma che fu generatrice
di confusione nella vita politica italiana sia per il
fatale indebolimento delle forze conservatrici, sia
per il contrasto che determinava nella coscienza
dei cattolici tra il dovere verso lo Stato e quello
verso la religione. La proibizione, rigidamente
mantenuta durante il pontificato di Leone XIII, si
andò attenuando nel nuovo clima creato ai tempi
del nuovo pontefice Pio X, finche fu da quest ulti­
mo sostanzialmente abolito, con la lettera dell 11
giugno 1905) con cui il Pontefice, senza abrogare
l’antico atto, ammetteva tuttavia per i cattolici la
11
partecipazione alle urne anche a favore di depu­
tati cattolici.
Si formò pertanto una nuova tendenza, che con­
dusse alla creazione di un partito cattolico, il quale
portò il suo peso non sempre favorevole nella lotta
acerba dei molti partiti politici italiani. Se le esi­
genze della guerra mondiale, a cui l ’Italia parte­
cipò volontariamente fin dal maggio 1915, deter­
minarono qualche nuova attenuazione del dissidio,
il dopoguerra trovò invece più aspre le contese,
poiché, essendo ormai stato abolito anche formal­
mente il non expedit (1919), si formò un partito
cattolico, che si disse «popolare», il quale si valse
della religione più che altro come d’una insegna,
e si costituì, con una disciplina rigorosa, incitando
i propri adepti verso la conquista dei poteri poli­
tici e favorendo quell’atmosfera faziosa, che co­
loriva ormai la vita politica italiana nel grigio e
triste periodo del dopoguerra.
Cosi l ’attenuazione del dissidio fra lo Stato e
la Chiesa, che si era determinato ai tempi del pon­
tefice Pio X, invece di recare beneficio, portava
nuove ragioni di contrasto e di lotta, e contribuiva
ad aumentare la confusione dei partiti politici, con­
fusione che, nell’immediato dopoguerra, culminò
nella creazione di un bolscevismo italiano, per cui
i partiti estremi, e principalmente il partito socia­
lista, si fecero promotori di movimenti faziosi e
di ribellioni armate, che portarono una nuova se­
rie di danni alla vita politica della nazione.
12
II

a fondazione dei Fasci di combattimento, il 23

L j marzo 1919, coi suoi propositi precisi di bat­


taglia per la difesa degli ideali nazionali e degli
interessi dei combattenti e del popolo, segno una
netta e decisa opposizione alle violenze dei partiti
estremi e determinò la creazione di un ordine
nuovo, che aveva come fine la riorganizzazione
della nazione su basi popolari e gerarchiche per la
difesa della civiltà minacciata.
Su queste basi d’ordine e di gerarchia, i proble­
mi dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa dovevano
trovare una visione nuova. La Chiesa, elemento
vivo di civiltà, doveva essere tenuta in considera­
zione, con vantaggio dei fini dello Stato, mediante
il riconoscimento di giuste concessioni. Nel primo
discorso parlamentare pronunciato da Benito Mus­
solini alla Camera dei deputati, il 21 giugno 1921,
il problema storico dei rapporti tra lo Stato e la
Chiesa in Italia veniva collocato su basi nuove : la
Chiesa cattolica veniva considerata come un ordi­
namento gerarchico di alto valore ideale e pratico
e come una forza civile di carattere imperiale, che
portava onore e vantaggio ad un fine ideale e pra­
tico d’italianità.
Quando, nell’ottobre del 1922, con la marcia su

r3
Roma, il Fascismo giunse al potere, compiendo la
sua grande rivoluzione redentrice, si videro subito
i segni della nuova concezione politica. Una ordi­
nanza governativa imponeva la restituzione del
crocefisso nelle scuole, e il decreto legge sulla ge­
renza e sulla vigilanza dei giornali, 15 luglio 1923,
n. 3288, ritornando al principio dello Statuto, ri­
dava tutta la sua importanza alla religione catto­
lica come religione dello Stato e disponeva che il
prefetto della provincia avesse facoltà di diffidare
il gerente di un giornale o di una pubblicazione
periodica, se vilipendesse il Sommo Pontefice e la
religione dello Stato.
Seguirono altre dichiarazioni ed altre disposizio­
ni, che chiarirono il nuovo indirizzo dello Stato
fascista, favorevole allo sviluppo di un sano senti­
mento religioso, promosso e difeso da una elevata
e potente organizzazione ecclesiastica, e avverso in­
vece agli intrighi di un partito popolare che vo­
lesse profittare della religione per fini politici.
D ’altra parte, l’atteggiamento dei pontefici, du­
rante e dopo la guerra, rivelava le nuove disposi­
zioni della Chiesa verso lo Stato italiano: la be­
nedizione al popolo dalla Loggia esterna della Ba­
silica vaticana, compiuta dal pontefice Pio XI nel­
l’atto della sua elezione, il 6 febbraio del 1922, era
indizio di queste nuove disposizioni, le quali tro­
varono altre e notevoli manifestazioni, dopoché il
Fascismo recò precisi i segni di una adeguata va­
lutazione del fattore religioso per la vita del po­
polo italiano.
Ili

el gennaio del 1925, che fu l’anno giubilare,


N si formò presso il Ministero della Giustizia
una Commissione per la riforma della legislazione
ecclesiastica, presieduta dal sottosegretario di Stato
Mattei Gentili e composta di tre eminenti prelati
da un lato, e di alti funzionari e uomini politici
dall’altro (1), la quale si propose di avviare una
riforma della legislazione ecclesiastica, che inter­
pretasse fedelmente il mutato spirito col quale si
guardava ormai il problema dei rapporti fra lo
Stato e la Chiesa, con pieno rispetto ai diritti dello
Stato e alla libertà spirituale della Chiesa. La Com­
missione, che fu insediata dal ministro Rocco nel

(1) I tre eminenti prelati, che ufficiosamente si dissero an­


che autorizzati, furono: mons. prof. Salvatore Talamo, mons.
Federico Cattani Amadori, mons. Giuseppe Bruno. Per l’altro
lato, oltre il sottosegretario dott. Mattei Gentili, presidente, fu­
rono nominati : prof. Carlo Calisse, presidente di Sezione del
Consiglio di Stato, senatore del Regno; S. E. Livio lempestini,
presidente di Sezione della Corte di Cassazione; avv. Alberto
Susca, consigliere di Cassazione con funzioni di Direttore ge­
nerale degli Affari di culto; dott. Amedeo Giannini, consi­
gliere di Stato; dott. Ferdinando Rocco, consigliere di Stato;
avv. Arrigo Solmi, professore nell’Università di Pavia, depu­
tato al Parlamento; avv. Francesco Ercole, professore nell’Uni­
versità di Palermo.

15
febbraio del 1925, presentò le sue proposte nei pri­
mi giorni del 1926, con un vasto disegno di legge,
che provvedeva ad una riforma delle proprietà ec­
clesiastiche, dava riconoscimento alle case e agli
istituti degli ordini religiosi, riordinava il sistema
delle fabbricerie e delle confraternite, dava un nuo­
vo assetto al Fondo per il culto e all’amministra­
zione dei benefici vacanti. Nelle proposte era com­
preso anche un disegno di legge per l ’istituzione
di una cassa di previdenza per il clero, nel quale,
oltre alle congrue parrocchiali, si prevedevano altri
mezzi per il migliore sostentamento del clero.
Il nuovo spirito era evidente; ma la « questione
romana » restava ancora come un impedimento
per una intesa definitiva e sincera. Il 22 febbraio
1926, il pontefice Pio XI, con una lettera indiriz­
zata al suo Segretario di Stato, Cardinale Gasparri,
dichiarava che anche il proposito della riforma
della legislazione ecclesiastica non poteva portare
ad utili risultati, « finché duri la iniqua condizio­
ne fatta alla Santa Sede e al Romano Pontefice ».
Era ormai chiaro che ogni idea di riforma do­
veva essere preceduta da una intesa sostanziale sul
punto della « questione romana » tra i dirigenti
dello Stato italiano e il Vaticano. Ma estremamen­
te arduo era raggiungere questa intesa, poiché ad
essa troppe forze avverse e troppi pregiudizi inve­
terati si opponevano, dopo un mezzo secolo di con­
trasti. Se mai fosse stato possibile un tentativo,
occorreva che esso fosse fatto nello spirito di mag-
16
giore serenità, e perciò nel più assoluto segreto.
E questa fu, infatti, la via che fu scelta dall’uno
e dall’altro lato. Il 5 agosto 1926, come doveva poi
narrare il Duce, un alto prelato, in una conver­
sazione amichevole, dichiarava al prof. Domenico
Barone, consigliere di Stato e persona a contatto
col Duce, che vi era la possibilità di un inizio di
trattative per questo fine, e indicava, quasi come
fiduciario, l’avvocato Francesco Pacelli, eletto e
stimato professionista romano, che godeva tutta
la fiducia degli ambienti del Vaticano e tutta la
maggiore considerazione negli altri ambienti del­
la Capitale. Il prof. Barone colse subito l’occasio­
ne che gli fu offerta; e, in una serie di colloqui
con l’avv. Pacelli, ebbe precisa indicazione dei
principali capisaldi considerati dal Vaticano come
essenziali per la soluzione della «questione ro­
mana ».
Dopo un diligente esame di questi elementi, il
Duce non esitò a venire a trattative dirette; e già
il 4 ottobre 1926 il consigliere Barone era in gra­
do di presentarsi con un autografo, nel quale era
incaricato di chiedere ufficialmente alla Santa Se­
de le condizioni per una decisa trattativa. E già il
6 ottobre il cardinale Segretario di Stato, Pietro
Gasparri, scriveva all’avv. Pacelli, indicando som­
mariamente queste condizioni e incaricandolo uf­
ficialmente delle trattative. Queste furono condot­
te con grande sollecitudine e con assoluta segre­
tezza nei mesi seguenti, e già il io dicembre 1926

17
2.
il re Vittorio Emanuele III le autorizzava, sempre
segretamente ma ufficialmente. Mentre l’Italia, da
parte sua, richiedeva, come pregiudiziale assoluta,
che da parte della Santa Sede si addivenisse ad una
rinuncia piena ed intera di ogni rivendicazione
temporale nei confronti del Regno d’Italia, dal­
l’altra parte si domandava che l’iniziativa ufficiale
dovesse essere dello Stato italiano, che quest ulti­
mo dovesse prescindere assolutamente dalla legge
delle guarentigie e che le condizioni da farsi alla
Santa Sede, oltre che essere tali da garantire pie­
na e assoluta libertà e indipendenza, fossero con­
formi alla sua dignità e alla giustizia.
Ormai il passo decisivo era fatto, e gli accordi
potevano essere avviati. Senonchè le trattative su­
birono una sosta, durante il 1927, per la contro­
versia con l’Azione cattolica, relativamente all’edu­
cazione della gioventù: lo Stato fascista non po­
teva rinunciare ai suoi diritti pieni nella forma­
zione della gioventù, pur considerando essenziale
l ’istruzione e l’educazione religiose.
Ma anche questo contrasto fu superato e le trat­
tative furono riprese, sicché, nel gennaio 1929, nel­
le discussioni coi fiduciari del Vaticano, fu chia­
mato ad intervenire anche il ministro della Giu­
stizia, Alfredo Rocco, che vi portò il contributo
della sua alta dottrina e della sua fede di patriota
e di fascista.
L ’n febbraio 1929 gli accordi, ormai portati a
compimento, venivano firmati nella riunione so-
18
lenne, nel Palazzo del Laterano, tra il cardinale
Segretario di Stato, Gasparri, da un lato, e dal
Duce del Fascismo, Capo del Governo, Mussolini,
dall’altro.
Tali accordi si dicono comunemente « lateranen-
si ». Essi comprendono un Trattato politico, un
Concordato e una Convenzione finanziaria.
Il Trattato politico, che è un vero atto di carat­
tere internazionale tra lo Stato italiano e la Santa
Sede, impersonata nel Sommo Pontefice, come ca­
po della Chiesa cattolica, è senza dubbio l’atto più
importante; e con esso si risolve e si elimina irre­
vocabilmente la « questione romana ». L ’indipen­
denza assoluta del Sommo Pontefice e della Santa
Sede, come organi supremi della Chiesa cattolica,
è garantita con la creazione di uno Stato indipen­
dente, denominato « Stato della Città del Vatica­
no », fondamentalmente formato dai palazzi e dai
giardini vaticani, oltreché dalla basilica e dalla
piazza di S. Pietro; Stato soggetto alla piena e
assoluta proprietà e sovranità del Sommo Pontefi­
ce, destinato ad assicurare l’assoluta e visibile in­
dipendenza e la sovranità del Pontefice e della
Santa Sede, nel campo internazionale. D ’altra par­
te, la Santa Sede, garantita nella sua indipendenza
sovrana, riconosce espressamente nel trattato (art.
26) che (( Le viene assicurato adeguatamente quan­
to le occorre, per provvedere con la dovuta libertà
e indipendenza al governo pastorale della diocesi
di Roma e della Chiesa cattolica in Italia e nel

*9
mondo; dichiara definitivamente ed irrevocabil­
mente composta e quindi eliminata la “questione
romana” , e riconosce il Regno d’Italia, sotto la di­
nastia di Casa Savoia con Roma capitale dello
Stato italiano ».
Col Concordato vengono regolate « le condizioni
della Religione e della Chiesa in Italia». Esso è
un atto, stipulato tra lo Stato italiano e la Santa
Sede, cioè il Sommo Pontefice quale Capo della
Chiesa cattolica, nei limiti della Chiesa italiana,
in quanto regola i rapporti che interessano la Chie­
sa e lo Stato italiano relativamente alla professione
e al culto della religione cattolica.
Finalmente, la Convenzione finanziaria, annessa
ai due testi sopra accennati, regola i rapporti fi­
nanziari tra l’Italia e la Santa Sede, « per i danni
da questa subiti per la perdita del patrimonio di
S. Pietro, costituito dagli antichi Stati pontifici, e
dei beni degli enti ecclesiastici ».
IV

li accordi lateranensi hanno dato una soluzio-


ne originale e nuova al difficile problema del­
l’indipendenza assoluta della Chiesa cattolica e del
suo Capo visibile in Roma, e della sovranità piena
e assoluta dello Stato italiano con Roma capitale.
Tale problema, sorto fin dai tempi antichi, nella
coesistenza deH’Impero romano da un lato e della
Chiesa cristiana universale dall’altro, aveva dato
luogo ai piu varii contrasti e alle piu diverse solu­
zioni; dopo i disordini dell’età feudale e dei Co­
muni e dopo l’esilio di Avignone, la Chiesa catto­
lica aveva finito per costituire, nelle zone centrali
della penisola italiana, uno Stato temporale, che
da un lato obbligava la Chiesa a un governo po­
litico e civile non sempre compatibile con la sua
istituzione religiosa, dall’altro impediva l’unità ita­
liana, che, fin dall’inizio dei tempi moderni, ossia
fin dai tempi di Machiavelli e di Guicciardini, si
era dimostrata una necessità storica, per garantire
l’equilibrio pacifico dell’Europa, altrimenti travol­
ta nelle continue e disastrose guerre di predominio.
La Chiesa cattolica, malgrado queste difficoltà
e questi danni, aveva continuato nell’esercizio dei
suoi poteri temporali, ma aveva avuto gravi con-
21
trasti e difficili momenti; l’unità italiana era stata
lungamente ritardata. Ma, maturati i tempi, e co­
stituita l’unità, con Roma capitale, senza l’accordo
con la Chiesa, era sorto un dissidio che aveva re­
cato gravi danni alla Chiesa e allo Stato. Ora, un
accordo dei due alti poteri, con piena soddisfazio­
ne della Chiesa, e senza danno vero dello Stato
italiano (la formazione dello Stato della Città del
Vaticano non sottrae allo Stato italiano un territo­
rio di reale importanza), veniva a far cessare per
sempre tale dissidio e a garantire l’unità e la so­
vranità dello Stato italiano e l’indipendenza asso­
luta, anche politica, oltreché morale e religiosa, di
una religione universale.
In pari tempo, gli accordi lateranensi hanno dato
una nuova e originale soluzione ai rapporti tra lo
Stato e la Chiesa, in quanto, senza rinuncia ai di­
ritti dello Stato e senza offesa alla libertà della
Chiesa, è stato possibile assicurare il libero e pub­
blico esercizio della religione cattolica, in uno Sta­
to eminentemente cattolico, riconoscendo l’alto va­
lore della religione cattolica anche come strumen­
to di elevazione civile e non pregiudicando in al­
cun modo i diritti sovrani dello Stato.
Vediamo anzitutto le linee fondamentali della
costituzione della « Città del Vaticano ». Si tratta
di un nuovo Stato, che ha un proprio territorio,
una propria popolazione, una propria potestà d’im­
pero, determinata dall’esigenza del prestigio e del­
l’autorità del Pontefice romano, come capo di una
22
religione universale, e formata pertanto dal potere
sovrano assoluto spettante, secondo la costituzione
della Chiesa, al Pontefice.
Il territorio è costituito, in linea principale, da
quella zona di Roma, nella quale si trovano la
Basilica vaticana, il Palazzo del Vaticano e gli edi­
fici e giardini annessi, che, per la legge delle gua­
rentigie, erano in godimento del Sommo Pontefice,
insieme con la piazza di S. Pietro, per la quale,
pur stabilendosi l’appartenenza allo Stato Vatica­
no, si ammette tuttavia che « continuerà ad essere
normalmente aperta al pubblico e soggetta ai po­
teri di polizia delle autorità italiane ».
La popolazione è formata da tutti coloro che
hanno stabile residenza nella Città del Vaticano, e
quindi formata da tutti coloro che hanno impiego
stabile o vincoli d’ufficio, che importino obbligo
di residenza, sia presso il Pontefice e la Santa Sede,
sia presso il Governatore della Città del Vaticano.
In via di eccezione, sono considerati cittadini di
questo Stato anche i cardinali, che risiedano anche
fuori della Città del Vaticano, a condizione tut­
tavia che la loro residenza sia in Roma (art. 21).
In via generale, sono pertanto cittadini di questo
Stato, oltre i cardinali che si trovino nella condi­
zione accennata, tutti coloro che risiedono stabil­
mente nella Città del Vaticano per ragioni di di­
gnità, cariche, uffici o impiego, insieme coi loro
familiari (coniugi, figli, ascendenti, fratelli), pur­
ché con essi conviventi e autorizzati a risiedere

23
entro il recinto della Città vaticana (art. 2, legge 7
giugno 1929 dello Stato della Città del Vaticano).
Quanto alla potestà d’impero, essa è data, come
si è detto, dal carattere sovrano riconosciuto uni­
versalmente al Sommo Pontefice e dalla sovranità
temporale piena e assoluta, riservata al Ponte­
fice su questo territorio e su questi cittadini, e li­
beramente esercitata, senza alcun controllo, dal
Sommo Pontefice, sia nei rapporti interni, sia in
quelli internazionali.
Questo nuovo Stato, sorto col Trattato (art. 3),
è posto « sotto la sovranità e la giurisdizione esclu­
siva del Sommo Pontefice », che della sovranità
stessa è titolare e che ha « la pienezza del potere
legislativo, esecutivo e giudiziario ». Cosi si espri­
me la legge fondamentale della Città del Vatica­
no, emanata il 7 giugno 1929(1); e cosi provvede
anche in effetto tutta l’organizzazione dello Stato
della Città del Vaticano, poiché questo Stato ha
proprie leggi (sono in corso di formazione anche
i codici speciali di questo Stato), propri capi am­
ministrativi (governatore, funzionari, ecc.), propri
tribunali.

(1) Nello stesso giorno, 7 giugno 1929, in cui vennero scam­


biate le ratifiche per i Patti lateranensi, il Sommo Pontefice
Pio XI emanò sei leggi distinte per l’ordinamento della Città
del Vaticano; e precisamente: I, Legge fondamentale della
Città del Vaticano; II, Legge sulle fonti del diritto; III, Legge
sulla cittadinanza ed il soggiorno; IV, Legge sull’ordinamento
amministrativo; V, Legge sull’ordinamento economico, com­
merciale e professionale; VI, Legge di pubblica sicurezza.

24
Naturalmente, per gli alti fini per i quali il
nuovo Stato è creato, si può dire che esso ha una
importanza molto superiore a quella che risulta
dalla sua entità territoriale e demografica. Esso, in­
fatti, è creato per garantire la libertà e l’indipen­
denza del governo pastorale della Chiesa in Italia
e nel mondo.
Per questi caratteri, mentre la Santa Sede ha di­
chiarato che essa vuole restare estranea alle com­
petizioni temporali tra gli Stati e ai congressi in­
ternazionali, indetti per tale oggetto, a meno che
le parti contendenti facciano concorde appello alla
sua missione di pace, d’altra parte è dichiarato
che « la Città del Vaticano sarà sempre ed in
ogni caso considerata territorio neutrale ed invio­
labile » (art. 24).
Precise regole sono stabilite nel trattato, per la
garanzia della libertà e indipendenza del nuovo
Stato. Cosi lo Stato italiano deve curare che il ter­
ritorio vaticano sia reso libero da ogni vincolo e
da eventuali occupatori; non deve permettere nuo­
ve costruzioni che costituiscano introspetto verso
la Città del Vaticano; deve provvedere ad una ade­
guata dotazione di acqua potabile in proprietà, a
fornire la comunicazione ferroviaria con le ferro­
vie dello Stato, a rendere possibili le comunicazio­
ni postali, telegrafiche, telefoniche dirette con gli
altri Stati, oltreché al coordinamento di ogni altro
servizio pubblico (art. 5, 6 e 7).
Inoltre lo Stato ha riconosciuto alla Santa Sede

25
la piena proprietà delle basiliche patriarcali di San
Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e
di San Paolo con gli edifici annessi (art. 13), ol­
treché del Palazzo e della villa pontificia di Castel
Gandolfo, con tutte le attinenze e pertinenze (ar­
ticolo 14).
Finalmente la proprietà della Santa Sede è stata
riconosciuta anche in taluni palazzi in Roma, sedi
di uffici pontifici (Dataria, Cancelleria, Propagan­
da Fide, Università pontificia, ecc.), oltreché su al­
tri palazzi che in avvenire siano costrutti e desti­
nati a dicasteri pontifici, palazzi tutti che, benché
facenti parte del territorio dello Stato italiano, go­
dono tuttavia delle immunità riconosciute dal di­
ritto internazionale alle sedi degli agenti diploma­
tici di Stati esteri (art. 15). Sono stabilite norme
speciali per un eventuale assoggettamento di tali
immobili a vincoli particolari o ad espropriazione
per pubblica utilità (art. 16).
Si aggiunga che, nel trattato, si è provveduto al
regolamento dei tesori d’arte e di scienza esistenti
nei palazzi Vaticano e Lateranense e spettanti al
Pontefice, nel senso che tali tesori resteranno vi­
sibili agli studiosi, secondo un regolamento riser­
vato alla Santa Sede (art. 18). Infine, per sistema­
re i rapporti finanziari, in dipendenza del pas­
saggio dell’antico Stato pontificio all’Italia, l’Italia
ha versato alla Santa Sede la somma di lire 750
milioni in contanti, ed ha consegnato alla mede­
sima titoli di consolidato italiano 5 % al portatore
26
per il valore nominale di un miliardo (convenzione
finanziaria, art. i).
In base al trattato, lo Stato italiano, a richiesta
della Santa Sede e per delegazione che sia data
caso per caso o in via permanente, provvederà nel
suo territorio alla punizione dei delitti, che venis­
sero commessi nella Città del Vaticano. Se l’autore
del delitto si sia rifugiato in territorio italiano, si
procederà senz’altro contro di lui a norma delle
leggi italiane. La Santa Sede consegnerà allo Stato
italiano le persone imputate di reati commessi in
territorio italiano, qualora si siano rifugiate nella
Città del Vaticano o nei palazzi considerati im­
muni (art. 22).
Per l ’esecuzione nel Regno delle sentenze ema­
nate dai tribunali del Vaticano, si applicheranno
le norme del diritto internazionale (art. 23). Ma
le sentenze e i provvedimenti, emanati da autorità
ecclesiastiche e comunicati ufficialmente alle auto­
rità civili, relativi a persone ecclesiastiche o religio­
se, e concernenti materie spirituali o disciplinari,
avranno senz’altro piena efficacia giuridica in Ita­
lia, anche a tutti gli effetti civili; mentre per le
cause concernenti la nullità del matrimonio e la
dispensa dal matrimonio « rato e non consumato »,
è stabilita, in forza del concordato (art. 34, com­
ma 3), la competenza riservata dei tribunali eccle­
siastici. Le Corti d’Appello del Regno provvede­
ranno, con ordinanze emesse in Camera di Consi­
glio, a rendere esecutivi i provvedimenti e le sen-

27
tenze in materia matrimoniale agli effetti civili
(art. 34, comma 6).
L ’Italia riconosce alla Santa Sede il diritto di le­
gazione attivo e passivo, secondo le regole gene­
rali del diritto internazionale; e stabilisce di man­
tenere normali rapporti diplomatici con la Santa
Sede, mediante la nomina di un ambasciatore da
parte italiana, e di un nunzio apostolico da parte
del Vaticano, nunzio che, a termine del diritto in­
ternazionale vigente, sarà riconosciuto in Roma co­
me capo del Corpo diplomatico.
In conseguenza, gli inviati dei Governi esteri
presso la Santa Sede continuano a godere nel Re­
gno di tutte le prerogative ed immunità che spet­
tano agli agenti diplomatici, secondo il diritto in­
ternazionale; e le loro sedi godranno di quei diritti
e di quelle immunità che competono normalmente
alle rappresentanze diplomatiche, anche se gli Stati
deleganti non abbiano rapporti diplomatici con
l’Italia (art. 12).
I diplomatici della Santa Sede e i corrieri spe­
diti in nome del Sommo Pontefice godono nel
territorio italiano, anche in tempo di guerra, dello
stesso trattamento dovuto ai diplomatici ed ai cor­
rieri di gabinetto degli altri Governi esteri, secon­
do le norme del diritto internazionale; e i diplo­
matici e gli inviati della Santa Sede e quelli dei
Governi esteri presso di essa, oltreché i dignitari
della Chiesa provenienti dall’estero, diretti alla Cit­
tà del Vaticano e muniti di passaporti degli Stati
28
di provenienza, vistati dai rappresentanti pontifici
all’estero, possono senza formalità accedere alla
detta Città attraverso il territorio italiano. Tutto
ciò vale anche per coloro che, con tali prerogative,
si recano all’estero dalla Città del Vaticano (art. 12
e 19).
L ’Italia ha assunto, nel trattato, anche l’impe­
gno di lasciare sempre e in ogni caso libera la cor­
rispondenza di tutti gli Stati, compresi i bellige­
ranti, alla Santa Sede e viceversa, nonché il libero
accesso dei vescovi di tutto il mondo alla Santa
Sede (art. 12, comma 3).
Non altrimenti le merci provenienti dall’estero
e dirette alla Città del Vaticano o, fuori della me­
desima, ad istituzioni od uffici della Santa Sede,
saranno sempre ammesse da qualunque punto del
confine italiano e in qualunque porto del Regno
al transito per il territorio italiano, con piena esen­
zione dai diritti doganali e daziari.

29
V

l riconoscimento della religione cattolica come


I religione dello Stato, derivato dalla constatazio­
ne realistica e precisa del fatto che la religione
cattolica è la religione della grandissima maggio­
ranza del popolo italiano - riconoscimento appog­
giato altresì alla convinzione del valore altamente
umano ed etico della religione cristiana cattolica,
come elemento costitutivo di elevazione civile - ha
condotto ad una nuova sistemazione delle relazio­
ni tra lo Stato e la Chiesa, per la quale lo Stato
italiano, senza alcuna rinuncia ai diritti essenziali
dello Stato e senza impedimento aH’ammissibilità
del culto, entro certi limiti, di altre religioni nello
Stato, ha assegnato alla Chiesa cattolica ed agli
istituti da essa dipendenti una posizione speciale,
la quale garantisce il libero esercizio del culto cat­
tolico e la sua preminenza tra tutti gli altri culti.
Anzitutto, sia col Trattato, sia col Concordato, si
è garantito alla persona del Sommo Pontefice, ol­
treché alla Santa Sede, una posizione di privilegio,
con mezzi di speciale tutela; mentre altri minori
privilegi sono stati riconosciuti, secondo il loro gra­
do, anche alle persone e agli enti che formano
l’organizzazione della Chiesa.


La persona del Sommo Pontefice, come quella
del Capo dello Stato, è dichiarata sacra e inviola­
bile, comminandosi, sia per l’attentato alla perso­
na, e la provocazione a commetterlo, sia per le of­
fese e le ingiurie pubbliche, le stesse pene che sono
comminate per l’attentato e la provocazione e per
le offese al Re (Trattato, art. 8).
Tutti i cardinali godono in Italia degli onori do­
vuti ai principi del sangue (art. 21).
Durante la vacanza della Sede Pontificia, l’Ita­
lia provvede in modo speciale a che non sia osta­
colato il libero transito ed accesso dei cardinali,
attraverso il territorio italiano, al Vaticano, e che
non si pongano impedimenti o limitazioni alla li­
bertà personale dei medesimi, curando anche che,
nel territorio aH’intorno della Città del Vaticano,
non siano commessi atti che comunque possano tur­
bare le adunanze del conclave (art. 21).
Le stesse norme valgono anche per i conclavi
che si tenessero fuori della Città del Vaticano, non­
ché per i Concili presieduti dal Sommo Pontefice
o dai suoi legati e nei riguardi dei vescovi chia­
mati a parteciparvi (art. 21).
Gli enti centrali della Chiesa sono esenti da
ogni ingerenza da parte dello Stato italiano (salve
le disposizioni sugli acquisti dei corpi morali), non­
ché dalla conversione dei beni immobili (art. 11).
Gli ecclesiastici che, per ragioni di ufficio, par­
tecipano fuori della Città del Vaticano all’emana­
zione degli atti della Santa Sede, non sono sog-

31
getti, per cagione di essi, a nessun impedimento,
investigazione o molestia da parte delle autorità
italiane (art. io, comma 3).
Ogni persona straniera investita di ufficio eccle­
siastico in Roma gode delle garanzie personali com­
petenti ai cittadini italiani in virtù delle leggi del
Regno (art. io, comma 4).
Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da
magistrati o da altre autorità a dare informazioni
su persone o materie di cui siano venuti a cono­
scenza per ragione del loro sacro ministero (Con­
cordato, art. 7).
Cosi è stabilita la dipendenza diretta dalla San­
ta Sede delle università, dei seminari, delle acca­
demie e dei collegi dedicati alla formazione e alla
cultura degli ecclesiastici, senza alcuna ingerenza
dello Stato italiano (Concordato, art. 39).
Quanto all’esercizio del culto cattolico e del po­
tere spirituale della Chiesa, esso viene garantito,
nel Trattato, nel Concordato e nelle leggi relative,
con la maggiore libertà e con la maggiore ampiez­
za. La Santa Sede può comunicare e corrispondere
liberamente coi vescovi, col clero e con tutto il
mondo cattolico, senza ingerenza del Governo ita­
liano (Concordato, art. 2); parimenti, per tutto
quanto si riferisce al ministero pastorale, i vescovi
comunicano liberamente col loro clero e coi fedeli
(ivi). Resta pertanto libera la pubblicazione, nelle
chiese e alle porte delle chiese, di tutti gli atti ri­
guardanti il governo spirituale dei fedeli ; ed è pure
riconosciuta alle autorità ecclesiastiche la facoltà di
eseguire collette nell’ interno o all’ ingresso delle
chiese, nonché negli edifici di loro proprietà (Con­
cordato, art. 2).
Ove occorra, lo Stato accorda agli ecclesiastici,
per gli atti del loro ministero spirituale, la difesa
da parte delle autorità civili (art. 1).
L ’uso dell’abito ecclesiastico è pure protetto, per
modo che sia impedito a chi non ne abbia diritto
o a chi abbia perduto il diritto di portarlo (art.
29, lett. t).
La provvista dei beni ecclesiastici è attribuita li­
beramente alla Chiesa; ma sono determinate talu­
ne limitazioni, a garanzia dei diritti e degli inte­
ressi dello Stato. Anzitutto non possono essere in­
vestiti di benefici esistenti in Italia quegli ecclesia­
stici che non siano cittadini italiani. I titolari delle
diocesi e delle parrocchie debbono, inoltre, parlare
la lingua italiana (art. 22).
Nella scelta degli arcivescovi e dei vescovi da
nominarsi nelle diocesi italiane, la Santa Sede ha
l’obbligo di comunicare il nome della persona pre­
scelta al Governo italiano (al Ministero dell’Inter­
no), per assicurarsi che contro tale persona non vi
siano da sollevare ragioni di carattere politico (art.
19). Inoltre, prima di prendere possesso delle loro
diocesi, i vescovi prestano nelle mani del Capo
dello Stato un giuramento di fedeltà allo Stato
italiano, secondo una formula stabilita nel Con­
cordato (art. 20).

33
3-
Le nomine degli investiti dei benefici parrocchia-
li sono dall’autorità ecclesiastica competente (ordi­
nario diocesano) comunicate riservatamente al Go­
verno italiano (al prefetto della provincia), e non
possono aver corso se non trenta giorni dopo la
comunicazione, tempo consentito per eventuali op­
posizioni o difficoltà da proporsi all autorità eccle­
siastica, che deciderà opportunamente (art. 21). Se
gravi ragioni sopravvengano contro un investito, le
quali rendano dannosa la permanenza di un eccle­
siastico in un determinato ufficio parrocchiale, il
Governo italiano fa presenti tali ragioni all’ordi­
nario, che, d’accordo col Governo, prenderà, entro
tre mesi, una decisione definitiva (art. 21, ultimo
comma).
Le norme ora accennate non si applicano al ter­
ritorio di Roma e alle diocesi suburbicarie (art. 23).
Finché, con nuovi accordi, non sarà stabilito di­
versamente, lo Stato italiano continuerà a supplire
alle deficienze dei redditi dei benefici ecclesiastici
con assegni non inferiori a quelli attualmente in
vigore (art. 30, comma 3).
Lo Stato italiano rinuncia alle prerogative sovra­
ne del Regio patronato sui benefici maggiori e mi­
nori, ed è anche abolita la regalia sui benefici mag­
giori e minori, oltreché il terzo pensionabile nelle
province dell’antico Regno delle due Sicilie (arti­
colo 25).
La nomina degli investiti dei benefici ha effetto
dalla data della provvista ecclesiastica, che sarà

34
partecipata al Governo. In caso di cattiva gestione
dei benefici, lo Stato italiano, presi accordi con la
autorità ecclesiastica, può procedere al sequestro
delle temporalità beneficiarie, devolvendone il red­
dito netto a favore dell’investito o, in sua man­
canza, a vantaggio del beneficio (art. 26).
Riguardo agli enti ecclesiastici e loro beni, il
Concordato stabilisce anzitutto che, ferma restando
la personalità giuridica degli enti ecclesiastici finora
riconosciuti dalle leggi italiane (Santa Sede, Dio­
cesi, Capitoli, Seminari, Parrocchie, ecc.), tale per­
sonalità sarà riconosciuta anche alle chiese pubbli­
che aperte al culto che già non l’abbiano, comprese
quelle già appartenenti agli enti ecclesiastici sop­
pressi, con assegnazioni, nei riguardi di queste ul­
time, della rendita che il Fondo per il culto attual­
mente destina a ciascuna di esse (art. 29, lett. a).
In secondo luogo, tale personalità sarà ricono­
sciuta alle associazioni religiose, con o senza voti,
approvate dalla Santa Sede, che abbiano la loro
sede principale nel Regno, e siano ivi rappresen­
tate da persone che abbiano la cittadinanza italiana
e siano domiciliate in Italia. Sarà riconosciuta inol­
tre la personalità giuridica delle province religiose
italiane, nei limiti del territorio italiano e sue co­
lonie, delle associazioni aventi la sede principale
all’estero, quando vi siano le condizioni indicate;
delle case, quando dalle regole particolari dei sin­
goli ordini sia attribuita ad esse la capacità di ac­
quistare e di possedere; delle case generalizie e del-

35
le procure delle associazioni religiose anche estere
(art. 2 , lett. b).
L ’erezione di nuovi enti ecclesiastici o associa­
zioni religiose è fatta dall’autorità ecclesiastica, se­
condo le norme del diritto canonico; ma il loro ri­
conoscimento per gli effetti civili è fatto dalle au­
torità civili (art. 31). Tale riconoscimento ha luogo
con decreto reale, udito il parere del Consiglio di
Stato, in seguito al provvedimento ecclesiastico di
erezione o di approvazione, quando sia dimostrata
la necessità o l’utilità evidente dell’ente e la suffi-
cenza dei mezzi per il raggiungimento dei propri
fini (legge 27 maggio 1929, n. 848, sugli Enti ec­
clesiastici, art. 4 e segg.).
A tutti questi enti, lo Stato italiano riconosce la
capacità di acquistare e di possedere, salvo le di­
sposizioni civili concernenti gli acquisti dei corpi
morali (Concordato, art. 30, comma 2), per cui è
richiesta l’autorizzazione governativa.
La gestione dei beni appartenenti a qualsiasi isti­
tuto ecclesiastico o associazione religiosa, è tenuta
sotto la vigilanza e il controllo dell’autorità eccle­
siastica, senza ingerenze dello Stato e senza obbli­
go di assoggettare a conversione i beni immobili
(art. 30, comma 1).
L ’amministrazione delle chiese è tenuta dal sa­
cerdote investito, salvo che esistano fabbricerie, poi­
ché, in questo caso, l’amministrazione del patri­
monio e dei redditi delle chiese e la manutenzione
degli edifici sono tenute dalle fabbricerie, sotto la

36
vigilanza c la tutela del ministro per l’Interno, da
esercitarsi d’intesa con l’autorità ecclesiastica, salvo
i casi d’urgenza (Concordato, art. 29, lett. a; legge
sugli enti ecclesiastici, art. 15 e segg., art. 33 e
segg-)-

37
uesta condizione giuridica di privilegio, sta­
Q bilita a vantaggio della Chiesa cattolica e dei
suoi istituti, si spiega come una conseguenza della
cura che lo Stato esercita per la religione cattolica,
considerata come un elemento vitale di elevazione
civile e di difesa dai pericolosi veleni del materiali­
smo e dell’ateismo tra il popolo. L ’esperienza de­
gli anni della guerra e del dopoguerra ha dimo­
strato il pericolo del dissolvimento sociale, cagio­
nato da quelle dottrine rovinose; il Fascismo sorse
nel nome di una fede superiore, fede nella nazio­
ne, fede in una giustizia umana e oltreumana, e
rivelò la remota e profonda religiosità del popolo,
geloso delle sue tradizioni cristiane. La religione
cattolica, con la sua potente organizzazione, ma
soprattutto con la sua alta spiritualità, è elemento
di forza e di coesione, oltreché di elevazione mo­
rale e spirituale. Essa merita la maggiore fiducia
e il maggior riguardo.
Cosi si spiegano le concessioni fatte alla Chiesa
cattolica; concessioni, tuttavia, che, come si è ve­
duto, sono compiute senza rinuncia ai diritti dello
Stato, determinati nel controllo che quest’ultimo
mantiene sulle varie manifestazioni temporali e vi­
sibili della Chiesa medesima.
Cosi lo Stato assicura alla Chiesa cattolica il li­
bero esercizio del potere spirituale, il libero e pub­
blico esercizio del culto, nonché della sua giurisdi­
zione in materia ecclesiastica, in conformità alle
norme del Concordato (art. i e segg.); e, ove oc­
corra, accorda agli ecclesiastici, per gli atti del loro
ministero spirimale, la difesa da parte delle auto­
rità civili.
Cosi, fra le maggiori concessioni fatte alla Chie­
sa cattolica, si deve collocare il riconoscimento dei
pieni effetti civili al matrimonio religioso, e per­
tanto la rinuncia di fatto dello Stato al regolamen­
to del matrimonio nel maggior numero dei casi.
Nel concordato si dichiara, infatti, che lo Stato,
« volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che
è base della famiglia, dignità conforme alle tradi­
zioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacra­
mento del matrimonio, disciplinato dal diritto ca­
nonico, gli effetti civili».
È noto che per la Chiesa il matrimonio ha ca­
rattere di sacramento: essa lo ha distinto da ogni
altro atto civile, e lo ha disciplinato con una serie
di disposizioni veramente illuminate, oltreché di
alto valore morale e sociale. È noto altresì che tale
matrimonio, fino ai tempi della rivoluzione fran­
cese, restò come forma normale delle unioni co­
niugali; e piu tardi, quando le leggi posteriori a
quella rivoluzione assegnarono carattere civile al
matrimonio, esse non fecero, in gran parte, che
dare colorito civile al matrimonio creato dalla

39
Chiesa, sicché, anche nel codice civile del 1865, le
norme civili non facevano che riprodurre sostan­
zialmente le norme canoniche.
Invece il dissidio tra la Chiesa e lo Stato aveva
portato, anche in questo campo, difficoltà e con­
trasti; poiché la contemporanea presenza dei due
matrimoni, e la possibilità di contrarre soltanto il
matrimonio civile o soltanto quello religioso, re­
cavano notevole perturbamento nella vita civile.
Gli inconvenienti del doppio matrimonio erano
stati più volte universalmente lamentati.
Col Concordato, si è dato unità anche alla disci­
plina del matrimonio. Il matrimonio contratto da­
vanti alle autorità ecclesiatiche ha avuto riconosciu­
ti, sotto certe condizioni, gli efFetti civili; e questo
ha fatto si che, per la grandissima parte dei casi,
la forma dominante in Italia per il matrimonio
è la forma stabilita nel diritto canonico. Alle forme
del matrimonio civile ricorreranno soltanto i non
cattolici e coloro che, per qualsiasi motivo, non in­
tendano di contrarre matrimonio religioso.
Perciò anche il nuovo codice civile, promulgato
il 12 dicembre 1938, ha stabilito che « il matrimo­
nio celebrato davanti a un ministro del culto cat­
tolico è regolato in conformità del Concordato con
la Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia »
(Libro I cod. civ., art. 80).
Tali norme sono stabilite nell’art. 34 del Concor­
dato, e nella legge relativa 27 maggio 1929, n. 847.
Le pubblicazioni del matrimonio sono effettuate,
40
oltreché nella Chiesa parrocchiale, anche nella casa
comunale. Inoltre, subito dopo la celebrazione del
matrimonio, il parroco ha il dovere di spiegare ai
coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando let­
tura degli articoli del codice civile, riguardanti i
diritti e i doveri dei coniugi, e quindi redigerà
l’atto di matrimonio. Di tale atto esso ha il dovere
di trasmettere, entro cinque giorni, copia integrale
al comune, affinché venga trascritto negli atti del­
lo stato civile.
Se si considera la nuova condizione fatta alla
Chiesa in Italia con la Conciliazione, e quindi la
nuova posizione assunta dai parroci, si comprende
benissimo come il matrimonio, celebrato dai fun­
zionari della Chiesa, considerato ecclesiasticamente
come un sacramento, abbia potuto assumere anche
carattere civile. L ’obbligo fatto ai parroci di dichia­
rare esplicitamente gli effetti civili di questo ma­
trimonio, con la lettura degli articoli relativi del
codice civile (gli articoli 141, 142 e 143 del nuovo
codice civile sono perfettamente corrispondenti agli
art. 130, 131 e 132 del codice civile del 1865), e
l’obbligo di trasmettere, entro un termine massimo
di cinque giorni, il testo dell’atto di matrimonio
al comune, affinché sia trascritto negli atti dello
stato civile, contribuiscono a confermare queste
conseguenze giuridiche civili del matrimonio reli­
gioso, il quale conserva tuttavia, per la Chiesa, il
suo carattere sacro.
D ’altra parte, come si è detto, l’istituto moderno

41
del matrimonio si è sviluppato per opera del di­
ritto canonico, e specialmente in Italia la discipli­
na del matrimonio civile era già in gran parte mo­
dellata su quello religioso. È chiaro dunque che
l’applicazione delle regole matrimoniali del dirit­
to canonico non determina alcuna disarmonia, poi­
ché tali regole sono anche, storicamente e di fatto,
le regole del matrimonio civile.
Per questo il Concordato ha stabilito anche la
giurisdizione ecclesiastica esclusiva in ordine al
matrimonio, dichiarando, come già si è rilevato,
che le cause concernenti la nullità del matrimonio
e la dispensa dal matrimonio « rato e non consu­
mato » sono riservate alla competenza dei tribunali
e dei dicasteri ecclesiastici (art. 34, comma 4). I
provvedimenti e le sentenze relative, quando siano
divenuti definitivi, saranno portati, per quel giudi­
zio di legittimità che è di garanzia essenziale, al
Supremo Tribunale della Segnatura, il quale con­
trollerà se siano state rispettate le norme del di­
ritto canonico relative alla competenza del giudice,
alla citazione ed alla legittima rappresentanza o
contumacia delle parti. Le norme del diritto cano­
nico, che regolano tale materia, sono contenute
nel libro terzo del Codex juris canonici, ordinato
dal pontefice Pio X e promulgato da Benedetto X V
il 27 maggio 1917, e precisamente nei titoli VII
del libro III e X X del libro IV; e quindi sono
queste le norme che regolano, nei rapporti costitu­
tivi, creazione, consistenza, nullità, dispensa, e
42
tutta la materia relativa alla formazione e alla
eventuale dissoluzione del matrimonio.
La giurisdizione ecclesiastica è pienamente rico­
nosciuta, come giurisdizione speciale in tema di
matrimonio. La relazione ministeriale che accom­
pagna la legge relativa agli atti lateranensi giustifi­
ca esattamente questa cessione, osservando che, da­
ta la dignità di sacramento riconosciuta al matri­
monio e l’unificazione nella celebrazione religiosa
anche del rito civile, l’atto, con cui i vincoli sor­
gono, è uno solo, quello religioso; e quindi (si di­
chiara) « la sua validità non può essere giudicata
se non dal giudice competente per materia, quello
ecclesiastico ».
Perciò tutti i provvedimenti relativi a questo atto
e le sentenze definitive, coi relativi decreti del Su­
premo Tribunale della Segnatura, saranno trasmes­
si alla Corte d’Appello dello Stato competente per
territorio, la quale, come già si è osservato, li ren­
derà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che sia­
no annotati nei registri dello stato civile a margine
dell’atto di matrimonio (art. 34, comma 5 e 6; art.
19 legge 27 maggio 1929, n. 847).
V i è tuttavia, in questi rapporti, una materia in
cui la giurisdizione è rimasta esclusiva per 1 auto­
rità civile, ed è quella della separazione personale
tra coniugi. L ’ultimo comma dell’art. 34 del Con­
cordato stabilisce, infatti, che « quanto alle cause
di separazione personale, la Santa Sede consente
che siano giudicate dall’autorità giudiziaria civile ».

43
Pur riconoscendo al matrimonio il carattere sa­
cro sancito dalla Chiesa e pur affidando la materia
della celebrazione del matrimonio e delle nullità
e dispense matrimoniali alla Chiesa, lo Stato ita­
liano non ha però abolito né modificato il matri­
monio civile. Tale matrimonio può sempre essere
celebrato da chi intenda compierlo con le modalità
stabilite dal diritto civile, tanto più che, come si
è detto, fra il matrimonio del diritto italiano e il
matrimonio del diritto canonico non vi sono diffe­
renze sostanziali, perche il primo è derivato stori­
camente dal secondo e si uniforma alle norme di
quest ultimo. Inoltre, come si è veduto, la materia
delle separazioni personali tra coniugi è rimasta,
per reciproco accordo, integralmente devoluta alla
legge e ai tribunali civili.
Perciò il libro primo del nuovo codice civile
(1938-XVII), mentre ha riconosciuto al matrimo­
nio celebrato davanti a un ministro del culto catto­
lico gli effetti civili sanciti nel Concordato del 1929
e nelle leggi relative, ha disciplinato in pari tempo
il matrimonio civile in tutta la sua ampiezza. Nel
regolamento del mattrimonio, seguendo in ciò l’e­
sempio del codice del 1865, il nuovo codice civile
si e attenuto, quanto più è stato possibile, alle re­
gole sostanziali fissate dal diritto canonico, sia per­
che, come si è detto, il matrimonio moderno deri­
va, in tutti i codici dei paesi civili, quasi diretta-
mente dal diritto canonico, sia perché ha reputato
vantaggioso, per il fatto che il matrimonio cano-

44
nico è diventato il matrimonio del maggior nu­
mero dei cittadini italiani, che anche il matrimo­
nio civile aderisse sostanzialmente al diritto sancito
dalla Chiesa e osservato dai cittadini nella celebra­
zione e nella consistenza del matrimonio. Cosi si
è mantenuto il principio della indissolubilità del
matrimonio (art. 147, libro I, cod. civ. 1938 cor­
rispondente all’art. 148 cod. civ. 1865), salvi i casi
di nullità; ma il mantenimento di tale principio
non deriva soltanto da una volontà di adesione alla
legge canonica, ma anche dalla convinzione che
giovi il mantenere l’intangibilità del vincolo coniu­
gale per la conservazione e per l’ordine delle fa­
miglie. La facilità dei divorzi è infatti una delle
cause m aggiori del disordine familiare negli Stati
che hanno adottato questa forma di scioglimento
del matrimonio.
Quindi, pur riconoscendo il carattere sacro del
matrimonio religioso, fino a dare ad esso il ricono­
scimento civile e gli effetti civili, lo Stato italiano
non ha rinunciato al diritto di disciplinare il ma­
trimonio secondo le sue vedute e di offrire per­
tanto ai cittadini anche le forme del matrimonio
civile, sia per gli acattolici, sia per tutti coloro che
intendano ricorrervi. Perciò anche il nuovo codice
civile mantiene tutta intera la disciplina del matri­
monio civile, in una serie di disposizioni (art. 82-
156), che riguardano le condizioni necessarie per
contrarre matrimonio, le formalità preliminari, la
celebrazione del matrimonio, la nullità del matri-

45
monio, i diritti e doveri nascenti dal matrimonio,
lo scioglimento del matrimonio, o la separazione
personale tra coniugi, e via via. La disciplina del
matrimonio civile, pur derivando, in gran parte,
dal diritto canonico, mantiene tuttavia una propria
e netta fisonomia civile.
Tutto ciò si è manifestato anche di recente, al­
lorché lo Stato, in seguito alla conquista deH’Im-
pero, di fronte alle razze etiopiche e in conseguen­
za dell’aumento eccessivo nel numero e nella po­
tenza della razza ebraica nella penisola, ha dovuto
prendere eccezionali misure per la difesa della raz­
za nazionale, contro le razze camitiche o semiti­
che, che potevano turbare l’omogeneità delle stir­
pi italiche e nuocere alla resistenza dell’ordina­
mento sociale e politico dello Stato. Una legge
speciale (19 aprile 1937-XV, n. 880) è venuta a
proibire nei territori dell’Impero, con conseguenze
penali, il concubinato tra un Italiano e una donna
di razza diversa, volendosi evitare i pericoli del
meticciato. In seguito, la legge 16 ottobre 1938 -
XVII, n. 1728, è venuta a proibire i matrimoni con
persone appartenenti alla razza ebraica e a limi­
tare anche i matrimoni del cittadino italiano con
persone di nazionalità straniere.
Il nuovo codice civile (art. 89) ha contemplato
queste proibizioni e queste limitazioni. Ora il di­
ritto canonico, che pure contempla le limitazioni
per i matrimoni di persone di religione diversa,
non contempla l’impedimento della razza. E in-
46
vece questa limitazione era indispensabile per at­
tuare quella difesa della razza, che e tra i compiti
essenziali del Fascismo. Questa esigenza ha dovuto
trovare applicazione anche nel diritto matrimonia­
le civile, escludendosi gli effetti civili al matrimo­
nio religioso celebrato tra persone appartenenti a
razze diverse.

47
VII

. posizione di particolare favore e di speciale


prestigio attribuita dallo Stato italiano alla
Chiesa cattolica con gli atti lateranensi, oltre le
conseguenze accennate in materia di libertà reli­
giosa e di matrimonio, induce anche altre notevoli
conseguenze relativamente ad altri campi della vita
sociale, che hanno attinenza con la vita religiosa.
Vi è anzitutto il campo dell’istruzione religiosa
nelle scuole, che il Fascismo aveva contemplato,
come si è detto, fin dal suo primo avvento al po­
tere, indipendentemente da qualsiasi accordo con
la Chiesa. Infatti alla disposizione emanata dal Go­
verno fascista, subito dopo la Marcia su Roma,
per cui si era imposto il ripristino del segno sacro
del crocefisso nelle scuole, era succeduto il R. De­
creto i° ottobre 1923, n. 2185, relativo all’ordina­
mento della istruzione elementare, il quale aveva
reso obbligatorio l’ insegnamento religioso nelle
scuole elementari, con un preciso regolamento, che
contemplava tuttavia le esenzioni opportune per i
non cattolici.
Nel Concordato, pertanto (art. 36), si provve­
de ad estendere l’ insegnamento religioso anche
nelle scuole medie, per mezzo di maestri e di prò-
fessori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità
ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri
e professori laici, che siano a questo fine muniti
di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall or­
dinario diocesano. Tale insegnamento, sia nelle
scuole elementari, sia nelle scuole medie, sara pre­
stato secondo programmi da stabilirsi d’accordo
tra la Santa Sede e lo Stato e su libri di testo ap­
provati dall’autorità ecclesiastica.
Tuttociò in base al preciso riconoscimento, per
cui « l’Italia considera fondamento e coronamento
dell’istruzione pubblica l’insegnamento delle dot­
trine cristiane secondo le forme ricevute dalla tra­
dizione cattolica ». Tale riconoscimento, che con­
trastava nettamente con le tendenze e con le leggi
del passato, le quali avevano abolito l’insegnamen­
to religioso nelle scuole o l’avevano abbandonato
all’iniziativa privata delle famiglie e della Chiesa,
veniva a confermare nettamente quella considera­
zione della religione, come elemento elevativo e
fecondo della vita sociale e dello Stato, considera­
zione che avversava le tendenze rovinose della lai­
cità assoluta e dell’ateismo, prevalenti prima del­
l’avvento del Fascismo.
In omaggio a questa tendenza, veniva pure con­
templato nel Concordato (art. 37) l’obbligo dei diri­
genti delle associazioni statali per l ’educazione fi­
sica e per l’istruzione premilitare (Opera Balilla,
Avanguardisti, etc. ed oggi Gioventù Italiana del
Littorio), di rendere possibile l’istruzione religio-

49
4-
sa della gioventù loro affidata; di determinare gli
orari in modo da non impedire, nelle domeniche
e nelle feste di precetto, l ’adempimento dei doveri
religiosi.
Nel campo dell’istruzione, che è particolarmen­
te tenuto in evidenza dalla Chiesa, in vista della
difesa necessaria del sentimento religioso, difesa
che interessa pure direttamente lo Stato, sono state
considerate nel Concordato anche altre provviden­
ze, intese a quel fine. Cosi la Chiesa ha voluto
garantire alle scuole medie, tenute da enti ecclesia­
stici o religiosi, le quali sono abbastanza numerose
e fiorenti in Italia, una sicura e libera esplicazio­
ne, stabilendosi che per tali scuole rimanga fermo
un esame di Stato, e facendosi cosi a tali scuole
una condizione di effettiva parità con le scuole go­
vernative (art. 35).
E di fatto, anche la recente Carta della Scuola,
approvata dal Gran Consiglio del Fascismo il 15
febbraio 1939-XVII, pur modificando le regole
sull’esame di Stato, ha inteso di mantenere quella
parificazione delle scuole medie anzidette con
quelle governative (anche le prime potranno essere
dichiarate sedi di esami di Stato, conforme alle
norme della dichiarazione XXIV), sempre nell’i­
potesi che si tratti di scuole, le quali impartiscano
gli insegnamenti nelle forme e nei modi sanciti
per le scuole governative.
Per riguardo all’istruzione universitaria, volen­
dosi contemplare l ’Università cattolica del Sacro


Cuore, creata da enti religiosi per collaborare a
questa parte più elevata della formazione scientifi­
ca, ma dipendente dalle norme generali relative
all’istruzione universitaria, il Concordato garanti­
sce che le nomine dei professori siano subordinate
al nulla osta della Santa Sede, diretto ad assicurare
che, negli individui prescelti, non vi sia alcunché
da eccepire dal punto di vista morale e religioso
(art. 38).
Invece, quando si tratta di istituti destinati alla
formazione e alla cultura ecclesiastica, ossia Uni­
versità, Seminari maggiori o minori (diocesani, in-
terdiocesani o regionali), accademie, collegi etc.,
si stabilisce che essi dipenderanno unicamente dal­
la Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle auto­
rità scolastiche del Regime (art. 39). Le lauree
in sacra teologia, date dalle Facolta approvate dalla
Santa Sede, saranno riconosciute dallo Stato italia­
no; non meno che i diplomi che si conseguono
nelle scuole di paleografia, archivistica e diploma­
tica documentaria, erette presso la Biblioteca e 1 A r­
chivio della Città del Vaticano (art. 40).

51
Vili

>Stato italiano provvede all’assistenza spiritua­


le presso le proprie forze militari (esercito,
marina, aeronautica), anche in tempo di pace, me­
diante sacerdoti cattolici, sulla base di un organi­
co, creato dallo Stato, che garantisce a questi sa­
cerdoti una posizione di ruolo. Essi hanno il titolo
di « cappellani militari » e, rispetto alle truppe,
hanno competenze parrocchiali, cioè hanno la cura
d’anime; ed esercitano il loro ministero sotto la
giurisdizione dell’ordinario militare, il quale, assi­
stito dalla sua curia, ha la giurisdizione discipli­
nare ecclesiastica su tutti questi cappellani.
Fondamentalmente, questa organizzazione reli­
giosa per le truppe combattenti era già stata posta
in atto nell’ordinamento dell’esercito di terra e
di mare, durante la guerra. Ma col Concordato so­
no state fissate le norme precise per la costituzione
stabile di tale ordinamento. Il Governo italiano
comunica alla Santa Sede la tabella organica del
personale ecclesiastico di ruolo adibito al servizio
dell’assistenza spirituale presso le forze militari
dello Stato, appena sia stata approvata nei modi
di legge (art. 13).
La designazione degli ecclesiastici, cui è com-

52
messa l’alta direzione del servizio di assistenza mi­
litare (ordinario militare, vicario ed ispettori), e
fatta confidenzialmente dalla Santa Sede al Go­
verno italiano. Qualora il Governo italiano abbia
ragioni da opporre alla fatta designazione, ne dara
comunicazione alla Santa Sede, la quale procederà
ad altre designazioni.
L ’ordinario militare, secondo tale ordinamento,
sarà rivestito della dignità arcivescovile. Ad esso
spetta il trattamento morale e gerarchico dovuto al
generale di divisione. Quando cessi dall’ufficio, ha
diritto ad una indennità o pensione, secondo le
leggi sulle pensioni militari.
A l vicario e agli ispettori spetta il trattamento
morale, gerarchico ed economico, dovuto rispetti­
vamente al colonnello e al tenente colonnello o
gradi corrispondenti; e la pensione relativa.
I cappellani militari hanno il trattamento mo­
rale e gerarchico competente al grado di tenente
o di capitano; e, dopo sei mesi di esercizio, ne
hanno anche il trattamento economico. La nomina
dei cappellani militari è fatta dalla competente
autorità dello Stato italiano, su designazione del­
l’ordinario militare. Nel caso di infrazioni disci­
plinari l’incarico può essere revocato dal compe­
tente Ministero, sentito il parere dell’ordinario
militare (Concordato, art. 13 agg. e R. D. 25 no­
vembre 1929, n. 2184: «Norme integrative sul
servizio dei cappellani militari »).
L ’ordinario militare per l’Italia, che ha la giu-

53
risdizione superiore per questo servizio, riveste, co­
me abbiamo visto, dignità di arcivescovo. Ha per
suoi collaboratori un vicario e due ispettori, uno
per l’esercito e l’altro per la marina e per l’aero­
nautica; e tiene, con questi suoi diretti aiutanti, la
sede in Roma. In base al Concordato (art. 15), egli
è preposto al capitolo della chiesa del Pantheon
in Roma, costituendo con esso il clero, cui è affi­
dato il servizio religioso della basilica. Tale clero
è autorizzato a provvedere a tutte le funzioni re­
ligiose, anche fuori di Roma, che, in conformità
con le regole canoniche, siano richieste dallo Stato
italiano e dalla Reai Casa. La Santa Sede ha ac­
consentito a conferire a tutti i canonici, che com­
pongono il capitolo del Pantheon, la dignità di pro-
tonotari ad instar, durante munere. La nomina di
ciascun canonico sarà fatta dal cardinale vicario
di Roma, dietro presentazione da parte di S. M.
il Re, previa confidenziale indicazione del presen­
tando.

54
IX

a posizione di privilegio conseguita dalla Chiesa

L j cattolica in Italia, in base al riconoscimento


morale e giuridico della religione cattolica come
religione dello Stato, e in base ai Patti lateranensi,
si manifesta anche nella condizione economica fatta
ai membri del clero cattolico. Il nostro Stato ha
voluto assicurare a determinate categorie del cle­
ro, principalmente a quelle che hanno diretti rap­
porti con le classi popolari, ossia a coloro che hanno
cura d’anime o giurisdizione (parroci, economi spi­
rituali, vicari curati o cappellani curati autonomi,
canonici cattedrali e palatini, vescovi ed arcivesco­
vi) una congrua condizione economica; e a tal fine
corrisponde un contributo, detto generalmente con­
grua, che, già precedentemente fissato, è stato con­
fermato negli atti lateranensi (Concordato, art. 30),
ed è venuto via via aumentando di valore, dovendo
seguire le vicende economiche della nazione e l’im­
portanza accresciuta della Chiesa cattolica.
È noto che, anche in Piemonte, come in altri
Stati italiani, anteriormente alla formazione uni­
taria, vigeva il principio dell’assoluta liberta nella
proprietà dei beni da parte degli enti ecclesiastici
e del dovere dello Stato di sovvenire con assegni

55
le parrocchie piu povere. Con la legge piemontese
29 maggio 1855, n. 878, l’onere dello Stato in que­
sto campo fu abolito, e fu costituita la Cassa eccle­
siastica, per cui, mediante il patrimonio di nume­
rosi enti ecclesiastici considerati superflui (special-
mente comunità religiose), e mediante un apposito
tributo gravante sugli enti ecclesiastici piu ricchi,
si formò un fondo, che doveva provvedere a quei
sussidi ai parroci poveri che, anteriormente, gra­
vavano sul bilancio dello Stato. Il nuovo principio
adottato dalla legge piemontese, se in parte obbe­
diva alla tendenza di esonerare lo Stato da sov­
venzioni dirette per ragioni di culto, soprattutto
rispondeva all’esigenza di diminuire la manomor­
ta ecclesiastica, ossia di porre un rimedio, anche
nell’interesse dell’economia generale, all’eccessivo
cumulo dei beni immobili posseduti dagli enti ec­
clesiastici e resi inalienabili.
Con la legge 7 luglio 1866, n. 3036, i principi
sopra indicati furono confermati ed estesi ormai al
nuovo Regno unificato. La Cassa ecclesiastica si
trasformò nel Fondo per il culto, e si fissò la re­
gola che le spese di culto, ritenute di pubblico in­
teresse, dovessero fare carico ad apposito ente, do­
tato di un patrimonio formato interamente coi
beni ecclesiastici derivati dalle soppressioni religio­
se o dai tributi gravanti sul patrimonio degli enti
ecclesiastici più ricchi. A questi fini servivano in­
fatti variamente e parzialmente le imposte gra­
vanti sul patrimonio ecclesiastico; le tasse straordi-

56
narie del trenta per cento imposte con l’art. 18
della legge 15 agosto 1867, n. 3848; la quota di
concorso, di cui all’art. 31 della legge 7 luglio 1860
e all’art. 20 della legge 15 agosto 1867; nonché la
tassa di passaggio di usufrutto per taluni beni ec­
clesiastici stabilita dall’art. 1 del R. Decreto 30 di-
cembre 1923, n. 3270.
Intanto, fin dal 19x8, in conseguenza dei cre­
scenti bisogni del clero e in conseguenza del e con­
dizioni insufficienti del Fondo per il culto, lo Sta­
to, rompendo le vecchie regole, comincio a corri­
spondere delle somme al Fondo per il culto, pre­
levandole dalle finanze statali, affinché quella isti­
tuzione potesse mettersi in grado di provvedere
ai bisogni del clero.
Col Concordato, si è provveduto a dare un nuo­
vo ordinamento alla proprietà ecclesiastica e a con­
fermare l’obbligo dello Stato di provvedere ai bi­
sogni del clero cattolico, in quanto compie una
funzione di pubblico interesse. E infatti, mentre
si è provveduto ad abolire quelle imposte straordi­
narie sopra accennate (art. 29), si è dichiarato,
<( finché con nuovi accordi non sia stabilito diver­
samente», che lo Stato italiano « continuerà a
supplire alle deficenze dei redditi dei benefici
ecclesiastici con assegni da corrispondere in misu­
ra non inferiore al valore reale di quella stabilita
dalle leggi attualmente in vigore».
E l’art. 25 della legge 27 maggio 1929, n. 848,
in connessione con la disposizione ora descritta,

57
stabilisce : « L ’ attuale trattamento economico del
clero diviene definitivo anche per i miglioramenti
che le disposizioni finora emanate considerano co­
me temporanei ». E si dispone, infatti, che « con
decreto del ministro per le Finanze, da emettersi
di concerto col ministro per la Giustizia e gli A f­
fari di culto (oggi dell’Interno), saranno determi­
nate, per i relativi stanziamenti in bilancio, le som­
me che annualmente il Tesoro dello Stato dovrà
corrispondere al Fondo per il culto e al Fondo di
religione e di beneficenza per la città di Roma,
per far fronte agli oneri suddetti ».
Pertanto, delle antiche istituzioni sorte dalle leg­
gi eversive dell’asse ecclesiastico, restano soltanto
in vita il Fondo per il culto e il Fondo di religio­
ne per Roma; ma anche questi istituti, pur consi­
derati come persone giuridiche, sono ormai privi
di ogni autonomia amministrativa. Oggi, infatti,
il Fondo per il culto non è, in definitiva, che una
direzione generale del Ministero dell’ Interno. Il
clero, in questi rapporti economici, ha relazione
con questo ente, e da questo ente soltanto può pre­
tendere i propri assegni.
Le misure e le condizioni di tali assegni sono
regolate dal testo unico approvato con R. Decreto
29 gennaio 1931, n. 227. Gli assegni supplementari
di congrua o supplementi di congrua hanno, come
si è detto, carattere supplementare, ossia costitui­
scono quella parte in denaro che viene corrisposta
ai titolari dei benefici ecclesiastici, quando i redditi

58
dei benefici ad essi assegnati non raggiungano
quel minimo che lo Stato giudica indispensabile
per la funzione esercitata. Tali supplementi si
desumono in parte dai redditi del Fondo per il
culto (appena per un quarto circa), nella maggior
parte dalla finanza dello Stato.
Gli enti ecclesiastici, per acquistare e per posse­
dere, sono sottoposti alla autorizzazione governati­
va, la quale, per l’art. 9 della legge 27 maggio
1929, n. 848, è concessa per decreto reale, dopo op­
portuno esame. Inoltre lo Stato deve essere infor­
mato sulla consistenza patrimoniale di tutti gli
enti di culto; consistenza patrimoniale che si fa
risultare da un apposito registro (art. 22 legge 27
maggio 1929, n. 848). Sebbene 1 art. 30 del Con­
cordato stabilisca, come si è visto, che « la gestione
ordinaria e straordinaria dei beni appartenenti a
qualsiasi istituto ecclesiastico od associazione reli­
giosa ha luogo sotto la vigilanza e il controllo del­
le competenti autorità della Chiesa, escluso ogni
intervento da parte dello Stato italiano, e senza
obbligo di assoggettare a conversione i beni immo­
bili », tuttavia, nello stesso articolo, si stabilisce
che, per i benefici ecclesiastici per i quali lo Stato
supplisca alle deficienze dei redditi (e sono nel
maggior numero), la gestione patrimoniale di que­
sti benefici, « per quanto concerne gli atti ecce­
denti la semplice amministrazione, avrà luogo con
intervento da parte dello Stato italiano, ed in caso
di vacanza la consegna dei beni sara fatta con la

59
presenza di un rappresentante del Governo, redi­
gendosi analogo verbale » (art. 30, comma 3; con
le disposizioni degli articoli 12-14 della legge 27
maggio 1929 e degli articoli 23-32 del regol. 2 di­
cembre 1929, n. 2262).
Da tutto ciò risulta, almeno nei limiti stabiliti,
l’esistenza di una vigilanza dello Stato per gli atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione.
L ’amministrazione della Chiesa è tenuta dal sa­
cerdote, che è ad essa legittimamente preposto, sal­
vo che esistano fabbricerie, nel qual caso queste
ultime, secondo i loro statuti, provvedono all’am­
ministrazione del patrimonio e dei redditi della
Chiesa e alla manutenzione dei relativi edifici, sot­
to il controllo (vigilanza e tutela) del ministro del­
l’Interno, da esercitarsi d’intesa con l’autorità ec­
clesiastica, salvi i casi d’urgenza (Concordato, art.
28, lettera a, comma 2 e lett. e\ legge 27 maggio
1929, n. 848, art. 15 e segg.; regolamento sull’or-
din. delle fabbricerie, art. 33 e segg.).

60
X

a questa esposizione appare chiaramente la


D condizione giuridica della Chiesa in Italia e
la particolare natura dei rapporti fra lo Stato e la

I Patti lateranensi hanno segnato un mutamento


decisivo in questo ordine di rapporti, ed iranno
dato una nuova situazione giuridica alla Chiesa.
La creazione dello Stato della Città del Vaticano,
come segno esterno e visibile dell’indipendenza as­
soluta del Pontefice e della Santa Sede, quali orga­
ni direttivi supremi di una religione veramente
universale; i privilegi notevoli concessi alla Chiesa
nell’ ambito del territorio dello Stato italiano, in
quanto quest’ultimo considera la religione catto­
lica come religione che merita la considerazione e
l’appoggio dello Stato nel comune interesse de
benessere del popolo, risultanti dal Trattato e da
Concordato, e sviluppati quindi nelle leggi dello
Stato italiano, sono tutti elementi che hanno por­
tato un nuovo ordine e una nuova direttiva.
La dichiarazione dell’art. i dello Statuto è stata
riaffermata, con un nuovo spirito: lo Stato non
considera la religione come un problema di esclu­
siva competenza della coscienza individuale, ma
61
si preoccupa di questo problema, e prende cura
particolare della religione cattolica, che è la fede
della grandissima maggioranza del popolo italiano
e che si è dimostrata, anche nelle recenti espe­
rienze, come la fede rivelata, capace di resistere ai
veleni che travolgono e conducono a.rovina le so­
cietà moderne, avvolte nelle spire di un divorante
materialismo'. Appunto per questi riflessi, le nuove
leggi dello Stato fascista hanno dato un contenuto
positivo alla dichiarazione dello Statuto, nell’istru­
zione pubblica, nell’assistenza spirituale delle for­
ze militari, nel riconoscimento degli effetti civili
del matrimonio religioso, nella più forte protezio­
ne del culto cattolico. Con questa più forte pro­
tezione, che si riflette in una posizione giuridica
speciale di favore del clero cattolico, lo Stato ha
dimostrato di considerare la Chiesa come investita
di una missione che interessa lo Stato.
Ma sarebbe erroneo ritenere che, con la dichia­
razione di una confessione religiosa, coi privilegi
assegnati alla Chiesa cattolica, lo Stato italiano ab­
bia inteso di introdurre un sistema di unione delle
due potestà, la civile e la religiosa, e abbia inteso
di rinunciare a quei diritti che sono ormai patri­
monio degli Stati moderni. La relazione ministe­
riale che accompagna il disegno della legge 27
maggio 1929, n. 810, destinato a dare piena ese­
cuzione agli atti lateranensi, ha dichiarato esplici­
tamente che lo Stato italiano non aveva alcuna
ostilità, alcuna diffidenza verso la Chiesa, anzi pro-
62
fessava per quest’ultima una volontà di alta con­
siderazione e di accordo; ma, nello stesso tempo,
escludeva qualsiasi tendenza verso l’unione o la
confusione dei rapporti. « La concordia e la col­
laborazione » diceva « presuppongono la distinzio­
ne tra i due poteri, l’uno dominante nel campo
delle coscienze religiose, l’altro nel campo civile e
politico ». Solamente, in conseguenza dei Patti la-
teranensi, lo Stato e la Chiesa procedono d ’accordo
per riguardo alle materie dell’uno e dell’altro cam­
po, che hanno fra loro interferenze e contatti, « con
lo spirito del maggiore reciproco rispetto fra le
due potestà. Rispetto che significa reciproca indi-
pendenza e pertanto, in ciò che riguarda lo Stato,
salvaguardia completa della sua sovranità ».
Questi concetti sono stati esplicitamente e chia­
ramente formulati dal Duce nel discorso da lui
pronunciato alla Camera dei deputati, nella tor­
nata del 14 maggio 1929; discorso che, per la sua
completezza, deve essere riguardato come un ele­
mento chiarificativo e interpretativo dei Patti la-
teranensi.
Infatti, riprendendo la formula : « Chiesa libera
e sovrana, Stato libero e sovrano » - che, in un di­
scorso conclusivo della discussione parlamentare,
tenuto P i i maggio 1929, era stata da me usata per
indicare come la Chiesa, in seguito ai Patti late-
ranensi, avesse guadagnato anche visibilmente una
propria sovranità, mediante la creazione dello Sta­
to della Città del Vaticano, sovranità che era
63
sufficiente per garantire quella piena libertà che
la Chiesa rivendica nell’alta funzione del suo mi­
nistero, e per far vedere, per converso, come lo Sta­
to italiano, per parte sua, avesse mantenuta sostan­
zialmente integra la sua libertà e la sua sovranità -
il Duce, fin dall’inizio del suo discorso, metteva
giustamente in guardia contro una falsa interpre­
tazione di questa formula, la quale pretendesse di
riconoscere una coesistenza di due sovranità ope­
ranti su uno stesso territorio. « Un conto è la Città
del Vaticano », avvertiva il Duce, « un conto è il
Regno d’Italia, che è lo Stato italiano ». E sog­
giungeva: « V i sono quindi due sovranità ben di­
stinte, ben differenziate, perfettamente e recipro­
camente riconosciute. Ma, nello Stato (ossia nello
Stato italiano), la Chiesa non è sovrana e non è
nemmeno libera. Non e sovrana per la contrad-
dizion che noi consente” : non è nemmeno libera,
perché nelle sue istituzioni e nei suoi uomini e
sottoposta alle leggi generali dello Stato ed e anche
sottoposta alle clausole speciali del Concordato.
Ragion per cui la situazione può essere cosi defi­
nita : Stato sovrano nel Regno d’Italia, Chiesa cat­
tolica con certe preminenze lealmente e volonta­
riamente riconosciute; libera ammissione degli al­
tri culti » (i).
Queste dichiarazioni, e le altre contenute in que-

(i) B enito M ussolini, S c r itti e discorsi, voi. VII, Milano,


Hoepli, 1934-xn, pp. 31-32.

64
sto storico discorso, mettono in luce evidente la
netta distinzione tra lo Stato e la Chiesa, in vista
della diversa costituzione e delle diverse finalità
dei due poteri; ma contemporaneamente, enume­
rando la serie dei privilegi concessi dallo Stato
italiano alla Chiesa, sia per risolvere la « questione
romana », sia per garantire alla Chiesa cattolica
una posizione speciale, riconoscono il particolare
favore usato verso la religione cattolica e 1 orga­
nizzazione della Chiesa.
Sarebbe pertanto erroneo concepire il sistema dei
rapporti tra lo Stato e la Chiesa in Italia come
sistema d'unione o di coordinazione; come sarebbe
altrettanto erroneo definirlo come un sistema di
separazione. Non è separazione, in quanto lo Sta­
to ha dichiarato la religione cattolica come reli­
gione dello Stato, e ha garantito alla Chiesa una
posizione di assoluto favore, con onori, preminen­
ze e privilegi tutti singolari; ma non è nemmeno
unione, o coordinazione, in quanto lo Stato non
vuole ingerirsi nei rapporti meramente religiosi e
garantisce ai propri cittadini la libertà di coscienza.
È notevole in sommo grado che la « questione
romana », per la quale fu nei secoli estremamente
difficile trovare un adeguato regolamento, tanto
che essa richiese, nel medio evo e nei tempi mo­
derni, la creazione di un potere temporale dei
papi, per cui si giunse fatalmente a falsare la mis­
sione religiosa del Papato e a farne decadere il
prestigio, abbia potuto trovare una soluzione cosi

65
s-
elevata, cosi logica e cosi semplice, come quella
contenuta nei Patti lateranensi, da cui sono deri­
vate insieme la garanzia della sovranità e della li­
bertà assoluta del Papato, nella sua alta missione
religiosa, e la garanzia della assoluta integrità dei
diritti sovrani dello Stato italiano e della piena li­
bertà di quest’ultimo anche nei rapporti religiosi.
In questo senso va intesa la formula : « Chiesa li­
bera e sovrana; Stato libero e sovrano », la quale
non riguarda i rapporti reciproci tra le due auto­
rità, ma si riferisce esclusivamente alla libera azio­
ne dei due poteri nel proprio campo di attività.
A questa soluzione hanno condotto univocamen­
te molte cause ed esperienze; ma soprattutto la so­
luzione è dovuta al momento storico favorevole,
creato dal Fascismo, per cui la religione ha po­
tuto conseguire tutta la sua forza, senza intaccare
i diritti intangibili dello Stato italiano, e lo Stato ha
potuto affrontare il problema di garantire alla
Chiesa uno Stato autonomo, necessario ad una sua
visibile libertà nei rapporti internazionali, senza re­
care danno o limitazione alla propria assoluta so­
vranità. La visione elevata e profonda di due altis­
simi spiriti, come Pio XI e Benito Mussolini, ha
potuto condurre a questi meravigliosi risultati.
Sotto l’aspetto internazionale, la Santa Sede,
che già era titolare di una propria personalità di
diritto internazionale, ha potuto guadagnare una
posizione indipendente, la quale è garantita da
uno Stato idealmente e materialmente perfetto : lo
66
Stato della Città del Vaticano, il quale continua,
in certo senso, la personalità dell’antico Stato tem­
porale, distrutto nel 1870, senza gli errori e i dan­
ni di quest’ultimo, e gode gli attributi di Stato
neutrale, con un territorio dichiarato « neutrale ed
inviolabile » (Trattato, art. 24, comma 2), ricono­
sciuto tale da tutti gli Stati che tengono, in qual­
siasi forma, rapporti con la Chiesa cattolica e che
hanno dato riconoscimento alla personalità inter­
nazionale della Santa Sede.
D ’altra parte, l’Italia, con la cessione di questa
piccolissima parte del territorio nazionale, rima­
sta per tanto tempo sottratta alla sua sovranità e
socialmente irrilevante, ottiene anche dalla Santa
Sede il pieno riconoscimento della sua legittimità,
eliminando la « questione romana » che tanto dan­
no aveva recato alla Chiesa e allo Stato, e soprat­
tutto risolve il problema della pacifica coesistenza,
e, in certo senso, della collaborazione, delle forze
politiche e delle forze religiose, promosse da una
organizzazione di altissimo prestigio morale, in
vista dei superiori interessi della civiltà.
Dal punto di vista interno, come si è detto, lo
Stato italiano non ha rinunciato alla benché mi­
nima parte dei suoi diritti di assoluta sovranità e
libertà. Nei confini dello Stato, la Chiesa non è
sovrana, né libera, in quanto i diritti di sovranità
sono esclusivi dello Stato e la Chiesa può agire
soltanto nello spazio convenuto nel Concordato e
stabilito dalle leggi.
67
XI

u lla base di questi elementi, i rapporti giuri­


S dici tra la Chiesa e lo Stato in Italia, dopo il
Concordato, non possono essere definiti che come
un regime di concordia e di collaborazione, per
cui i due poteri, nettamente distinti l’uno dall’al­
tro, con un proprio campo d’azione per ciascuno,
si riconoscono reciprocamente la propria indivi­
dualità e la propria sfera di competenza e si pro­
pongono, nei reciproci rapporti e nelle reciproche
interferenze, un contegno di riguardo e di colla­
borazione, nell’interesse generale della comunità
del popolo italiano e nelle linee segnate nel Con­
cordato.
Questi concetti sono nettamente esposti nella re­
lazione del Capo del Governo al Parlamento, al­
lorché gli Atti lateranensi furono presentati per
l’approvazione. « L ’abbandono del principio della
separazione, dice la relazione, principio che del
resto non era mai stato completamente attuato,
non significa punto introduzione di un sistema,
per cui le due potestà, la civile e la religiosa, ven­
gano a mescolarsi e a confondersi. Il Concordato
dell’i i febbraio instaura un regime di concordia e
di collaborazione, non già di confusione tra lo
68
Stato e la Chiesa. La concordia e la collaborazione
presuppongono la distinzione tra i due poteri, l’uno
dominante nel campo della coscienza religiosa, l’al­
tro nel campo civile e politico. Ma, poiché tra i
due campi vi sono rapporti e interferenze continui,
cosi la necessità dell’accordo e della collaborazione
fra la Chiesa e lo Stato appare manifesta. Tale
coordinazione il Concordato disciplina con lo spi­
rito del maggiore reciproco rispetto fra le due po­
testà » (x).
Per conseguenza, non siamo di fronte ad un re­
gime di separazione, quale era inteso dalla vecchia
dottrina liberale, e quale era professato dall anti­
clericalismo democratico, poiché anzi vi e recipro­
co riconoscimento e volontà di azione concorde
nei rapporti di comune interesse. Non soltanto lo
Stato, per certe manifestazioni, dichiara la sua
confessione religiosa, che è quella della quasi to­
talità del popolo italiano; ma riconosce la Chiesa

(i) Si veda il testo nel volume Italia, R o m a e i l Papato,


a cura di B. M ussolini, Roma, Libreria del Littorio, 1930,
voi. II, p. 259. Su questo problema, si vedano da ultimo 1
seguenti scritti: A. C. Jemolo, L a classifica d e i rapporti fra
Stato e C h iesa , in «Archivio giuridico F. Serafini», voi.
CXIX, 1938, p- 3 sgg.; A. C hecchini, su lla q u a lific a z io n e g iu ­
ridica d e lle r e la z io n i fra lo Stato italian o e la C h iesa in «Ri­
vista di diritto pubblico, 1938, p. 483 sgg.; Id ., L a p olitica
religiosa d e l F a scism o , Padova 1938, p. 5 sgg.; A. P iola , I n ­
tr o d u z io n e a l d iritto concordatario com parato, Padova 1931,
p. 47 sgg.; Id ., L a le g is la z io n e ecclesiastica d e l G o v er n o fa ­
scista, negli « Studi in onore di C. Calisse », Milano 1939,
voi. II, p. 229 sgg.
69
cattolica nella sua posizione internazionale e nella
sua azione nazionale, assegnando ad essa numerosi
privilegi e definendo col Concordato le forme del­
la propria attività, là dove questa si incontra con
l’attività della Chiesa.
D ’altra parte, pur ammettendo questi contatti,
lo Stato non intende di confondere o di mescolare
la propria azione con quella della Chiesa, anzi si
studia di mantenere nettamente distinte le sfere
di competenza, nel campo civile e politico per lo
Stato, nel campo della coscienza e del culto reli­
gioso per la Chiesa. Sotto questo profilo, per quan­
to la relazione sopra ricordata parli di « coordina­
zione », non si deve intendere che lo Stato italiano
abbia voluto attuare un sistema di coordinazione,
quale è inteso dalla Chiesa, per la quale lo Stato,
che si colloca in coordinazione con la Chiesa, deve
sottostare alle esigenze di questa, in base alla pre­
minenza dello spirito sulla materia. Nulla di tutto
questo. Invece vi è distinzione, non confusione
di poteri.
Finalmente si deve anche escludere che, nel si­
stema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, dipen­
dente dal Concordato, si possa parlare di una for­
ma di giurisdizionalismo, sia pure mitigato, ossia
di un dominio esercitato dallo Stato sulla Chiesa,
per renderla strumento degli interessi dello Stato.
Giustamente ha sostenuto il Calisse che « il giuri­
sdizionalismo, pel quale si concedevano privilegi
alla Chiesa per volgerne le forze, di cui essa di-
70
spone, ad essere strumento per gli interessi dello
Stato, è del tutto estraneo alla politica ecclesiastica
fascista. Ben si è voluto che lo spirito della reli­
gione, mediante le istituzioni che direttamente
la secondano, sia elemento di morale elevazione
per il popolo, e cosi si riversi a beneficio anche^ per
lo Stato; ma ciò in quanto tale spirituale virtù sia
per sé stessa produttrice dei frutti suoi propri, non
in quanto vi si accompagni un autorità esteriore,
una tutela, un congiungimento coi poteri civili.
Dei residui di tal sistema del giurisdizionalismo,
che nemmeno la legge delle guarentigie aveva del
tutto abbandonato, ha perciò interamente liberato
la sua politica ecclesiastica il Governo fascista, ri­
nunziando a quanto ne sopravviveva ancora; a
quelle facoltà, cioè, che lo Stato si attribuiva verso
la Chiesa, quali il regio patronato, la placitazione,
la regalia sui benefici vacanti; facolta che non
avevano più ragione di essere nella nuova condi­
zione di reciproca fiduciosa indipendenza e con­
cordia » (i).
Indubbiamente lo Stato riconosce nella Chiesa
una istituzione pubblica, che vive ed opera entro
i suoi confini, con una organizzazione propria,
che non è quella dello Stato, ma che interessa lo
Stato, sia per l’alto valore etico e spirituale di
questa organizzazione, sia perché il popolo italia-

(i) C. C alisse, L a p o litica ecclesiastica d e l G o v er n o N a ­


Fascista, nel voi. «Dal Regno all’Impero», pubbl.
zio n a le
dalla R. Accademia dei Lincei, Roma 1937, pp. 672-3.

71
no, nella quasi totalità numerica, per millenaria
tradizione e per fede, la considera e la rispetta con
spontaneo fervore. D ’altra parte, dovendo lo Stato
mantenere integri i suoi diritti originari, e do­
vendo pertanto esercitare in pieno la sua azione
insostituibile, richiede che la Chiesa, in quanto vi­
ve ed opera nello Stato, sia soggetta alle leggi del­
lo Stato e si attenga nella sua azione, fuori dai
confini religiosi, che restano di esclusiva compe­
tenza della Chiesa, in conformità alle norme fis­
sate negli accordi ora descritti, e pertanto in con­
formità degli alti interessi dello Stato. Lo Stato
mantiene quindi, anche sulla Chiesa, il suo pro­
prio potere, ma soltanto per quel che tocca il rap­
porto politico e civile. Per tutto il resto, per ri­
guardo ai fini superiori della Chiesa, per la coin­
cidenza degli interessi, per rispetto a quella inve­
terata tradizione, riconosce alla Chiesa una posi­
zione privilegiata, riguardandola come una gran­
de istituzione pubblica, e determinando, nel Trat­
tato e nel Concordato, oltreché nelle proprie leggi
relative, questo eccezionale trattamento, con misure
stabilite di pieno accordo; misure che garantiscono
la libertà e l’indipendenza alla Chiesa nel campo
della sua azione.
Dunque, non dominio della Chiesa sullo Stato,
né predominio dello Stato sulla Chiesa, ma indi-
pendenza quanto è piu possibile piena ed intera
sulle distinte sfere di competenza. D ’altra parte,
nell’interesse dello Stato e nell’interesse della Chie-

72
sa, non si è voluto un regime di separazione, che
avrebbe oltre tutto falsato la realtà e urtato il sen­
timento del popolo italiano, ma bensì un regime
di concordia e di collaborazione, là dove lo Stato
e la Chiesa possano insieme operare, in base a pre­
cise determinazioni, nell’interesse collettivo del
popolo e in quello della civiltà.
A questa definizione di rapporti, hanno servito
gli Atti lateranensi deH’ n febbraio, che hanno in­
staurato un nuovo sistema di relazioni giuridiche
fra lo Stato e la Chiesa, pienamente conforme alle
esigenze del nuovo Stato italiano creato dal Fa­
scismo; sistema di concordia e di collaborazione,
che, pur distinguendo nettamente il campo d’azio­
ne della Chiesa e dello Stato, consente alla reli­
gione tutto il suo vasto e benefico dominio e allo
Stato tutta la sua libertà d’azione nel campo dei
rapporti politici e civili.
La superiorità del sistema concordatario italia­
no, in confronto con quello di altri paesi, risulta
evidente (i); e si deve riconoscere come merito del
Fascismo, per il grande suo prestigio e per la sua
forza politica eccezionale, l’aver potuto affrontare
e risolvere realisticamente un problema cosi com­
plesso, quale quello dei rapporti fra la Chiesa Cat­
tolica Apostolica Romana e lo Stato nazionale ita­
liano, problema che coinvolgeva la « questione ro-

(i) Si veda la bella raccolta di A. G iannini, I co n co rd a ti


Milano 1936, voi. I e II.
p o stb ellic i,

73
mana », oltreché la condizione politica e giuridica
di una vasta potenza religiosa.
Legittimamente, il Gran Consiglio del Fasci­
smo, nella seduta del io febbraio 1939-XVII,
proprio alla vigilia del Decennale degli Accordi
lateranensi, inviando « un reverente omaggio alla
memoria del pontefice Pio XI che volle la conci­
liazione tra la Chiesa e lo Stato italiano », ha po­
tuto salutare questo « evento grandioso che, dopo
sessant’anni di vani tentativi, risolse col Trattato
del Laterano la Questione romana e stabili attra­
verso il Concordato rapporti di collaborazione tra
lo Stato e la Chiesa, a salvaguardia dell’unità fa­
scista e cattolica del Popolo italiano ».

74
XII

ol riconoscimento dell’alta e privilegiata con­


dizione della Chiesa cattolica in Italia, il Fa­
scismo non ha inteso di ferire o di limitare, come
si è detto, quella libertà di coscienza e di culto
che è ormai un principio indistruttibile del diritto
moderno.
La libertà religiosa è stata una delle libertà più
a lungo contestate; ma, dopo la proclamazione
che ne fu fatta nella costituzione americana e
quindi dopo la proclamazione della rivoluzione
francese, essa è stata pienamente riconosciuta in
tutti gli Stati civili. Se lo Statuto fondamentale
del Regno, nell’art. i, dopo aver dichiarato la re­
ligione cattolica come religione dello Stato, aggiun­
geva che « gli altri culti ora esistenti sono tollerati
conformemente alle leggi », sta di fatto che, nella
pratica, non si trattò di una semplice tolleranza,
ma di un vero riconoscimento del principio della
libertà di coscienza e di culto. In conseguenza di
ciò, la legge 19 giugno 1848, n. 735, dichiarava:
« La differenza di culto non forma eccezione al
godimento dei diritti politici e all’ammissibilità
alle cariche civili e militari ».
Tale principio non è stato fondamentalmente

75
modificato dal Fascismo, che, con la legge 24 giu­
gno 1929, n. 1159, sull’esercizio dei culti ammessi
nello Stato, ha riaffermato il principio della piena
libertà di coscienza e di culto. In base a questo
principio, si dichiara che sono ammessi nel Regno
culti diversi dalla religione cristiana cattolica, pur­
ché non professino principi e non seguano riti
contrari all’ordine pubblico e al buon costume.
L ’esercizio, anche pubblico, di tali riti si dichiara
libero. Si stabilisce quindi che gli istituti propri
di queste religioni ammesse possano essere eretti
in ente morale, con decreto reale, su proposta del
Ministro dell’Interno, di concerto col Ministro
della Giustizia. Tali enti sono soggetti alle leggi
civili concernenti l’autorizzazione governativa per
gli acquisti e le alienazioni dei beni spettanti agli
enti morali : e sono assoggettati alla vigilanza e al
controllo dello Stato.
Le nomine dei ministri dei culti diversi dalla re­
ligione dello Stato debbono essere notificate al Mi­
nistero dell’Interno per l’approvazione; approva­
zione che è condizione indispensabile per far ot­
tenere agli atti di tali ministri gli effetti civili.
La legge stabilisce anche il principio della piena
libertà per la discussione in materia religiosa; e
proclama che la differenza di culto non forma ec­
cezione al godimento dei diritti civili e politici ed
alla ammissibilità alle cariche civili e militari. Le
limitazioni a quest’ultimo principio per riguardo
agli appartenenti alla razza ebraica non sono state
76
dettate da ragioni di differenza di culto, ma esclu­
sivamente da ragioni di razza, per impedire che la
razza propria del popolo italiano sia confusa con
la razza ebraica, la quale ha conservato le sue spe­
ciali caratteristiche nel corso dei secoli e si distin­
gue pertanto nettamente da ogni altra razza.
Le norme per l’attuazione della legge sull’eser­
cizio dei culti ammessi nello Stato, sono sancite
nel regolamento emanato per decreto reale 28 feb­
braio 1930, n. 289. ..............................
Cosi anche la materia relativa ai culti diversi dal
culto cattolico è stata pienamente regolata dal Fa­
scismo, in base al principio della liberta religiosa;
e pertanto si può affermare che il Fascismo, il qua­
le ha dato le linee più coraggiose e più larghe al
riconoscimento della religione cattolica come reli-
* gìone dello Stato, e ha potuto arditamente risol­
vere la « questione romana » e riconoscere la posi­
zione pubblica della Chiesa cattolica in Italia e
nel mondo, ha potuto anche dare le norme più
logiche, più libere e più precise a tutela degli al­
tri culti ammessi nello Stato e nella materia giu­
ridica ad essi relativa.
BIBLIO GRAFIA
Sugli accordi del Laterano, gli scritti principali di carattere
politico-sociale e giuridico sono stati indicati da A. G iannini,
S a g g io d i u na bib liog rafia s u g li a cco rd i d e l La tera n o , Milano,
Soc. Ed. « Vita e Pensiero », 1930. - È da tenere anche presente
G iustiniani, B ib liog rafia d e g li A c c o r d i la tera n en si (11 febbraio
1929 -1 1 febbraio 1934)’ Roma, Biblioteca de « Il diritto ec­
clesiastico », 1934.
Si veda inoltre:
A . A nzillotti, L a c o n d iz io n e g iu r id ica in tern a zio n a le della
in « Rivista
Santa S e d e in s eg u ito a g li a cco rd i d e l L a tera n o ,
di diritto internazionale », a. 1929.
A. C hecchini, L a p olitica religiosa d e l F a scism o , Padova 1936-

OPERE GENERALI:
V. D el G iudice, C orso d i d iritto ecclesiastico ita lia n o , Milano,
1933-
R. Jacuzio , C o m m e n to d ella n u o v a le g isla z io n e in m ateria ec­
clesiastica, Torino, 1932.
k . C. Jemolo, L e z io n i d i d iritto ecclesiastico. I l d iritto d e llo
Stato italian o, Città di Castello, 1933.
A . P iola , I n tr o d u z io n e al d iritto con cord a ta rio com parato,
Milano, 1937.
O. R anelletti, I s titu z io n i d i d iritto p u b b lic o . I l n u o v o d iritto
p u b b lic o italian o, 5a ed., Padova, 1935.
D. S chiappoli, C orso d i d iritto ecclesiastico, Napoli, 1930.

MONOGRAFIE E SCRITTI PARTICOLARI:


A loisi, G li a cco rd i la tera n en si e i lo ro riflessi in m ateria p en a ­
le ( 19 3 3 )-

79
R uiz , L a C ittà d e l V a tica n o, in « Rivista di diritto
pubblico » (1929).
A zzariti G., L e d is p o s iz io n i tran sitorie d e ll’art. 22 d ella leg g e
27 m a g g io 1 9 2 9 , n. 8 4 J, relative a i m a tr im o n i a n terio ri al
C o n co rd a to , in « Foro italiano » (1931).

B aak, L e S a in t-S ièg e et V Italie apres les accord s d u Latrati, in


« Revue de Droit international et de législation comparée »
(19 3 0) -
B adii, S istem a d el d iritto m a trim o n ia le italian o, in « Diritto
ecclesiastico » (1932).
B aldassarri, Il trattato d e l L u tera n o , in «Archivio scientifico
di Bari » (1930).
B alladore P allieri, I l rapporto fra C h iesa cattolica e Stato V a ­
tica n o seco n d o i l d iritto ecclesiastico e d i l d iritto in te r n a z io ­
nale, in « Rivista internazionale di scienze sociali » (1930).

B ernardini, L ’a rticolo 2 2 d el T rattato 1 1 feb b ra io 1 9 2 9 tra la


Santa S ed e e i l R e g n o d ’ Italia, in « Diritto ecclesiastico »
(1931) -
B ertola, I sa ntuari e il co n co rd a to in d iritto ecclesiastico
(I93 4 )-
C amboni, L a rappresentan za d e lle c h iese n ella le g isla zio n e c o n ­
cordataria (1933).
C ampolongo, I l m in istro d e l c u lto n e g li a cco rd i d e l La teran o
e n ella le g isla zio n e p en ale, in « Giustizia penale » (1930).
C appello , In to r n o a i p a tti lateranensi, in « Civiltà cattolica »
(1932) .
— L a c o n d iz io n e g iu rid ica d ella C ittà d e l V a tica n o, in « Ci­
viltà cattolica » (1932).
— R e lig io n e cattolica e c u lti a m m essi s ec o n d o i P a tti latera­
n en si, in « Civiltà cattolica », 1934.

C hecchini, L a natura g iu rid ica d ella C ittà d e l V a tica n o e d e l


T rattato L a tera n en se, in « Rivista di diritto internazionale »
(i 93 0 )-
— L a p o litica religiosa d e l F a sc ism o , Padova, 1938.
C ochaux, L e P a p e e t l ’Ita lie (L e s accord s d u L a tra n ), 1929.

80
C onestabile, Q u e stio n e rom ana, s o lu z io n e italiana, in « Rasse­
gna romana » (1930).
C oppola, R o m a , il C ristia n e sim o , i l C a tto lic esim o e l ’Italia, in
« Politica » (1929).
C urcio, I l valore g iu r id ico d e g li a tti d e ll’ au torità ecclesiastica
n ella sfera p a trim o n ia le d o p o i l C o n co rd a to (1933)-
D ’ A melio, L a c o s titu z io n e Vaticana, in « Corriere della Sera »
9 luglio 1929.
— P ia z z a San P ietro e la le g g e pen a le, in « Monitore dei Tri­
bunali » (1922).
D ’A vack , S u l ric o n o sc im en to d e llo S tato V a tica n o da parte d e l­
l ’Italia e d e g li a ltri Sta ti esteri, in « Il diritto ecclesiastico »
(1929).
— L a qu a lifica g iu rid ica d ella Santa S ed e n ella s tip u la zio n e
d e l T rattato La tera n en se, in « Rivista di diritto internazio­
nale » (1935)-
D e L a B rière, L e traité d u L a tran et le n o u v e l E ta t P o n tifica l,
in « Revue de droit international » (1929).
— U organ isation in tern a tio n a le d u M o n d e co n tem p o ra in e t la
Pa p a u té so u vera in e, 3 volumi: 1885-1924, 1924-26, 1927-29
(Paris, 1930).
— L a c o n d itio n ju r id iq u e d e la C ité d u V atican (Paris, 1931 ).
D el G iudice, L e n u o v e basi d e l d iritto ecclesiastico italiano
(Milano, 1929).
D f.los, L e traité d u L a tran e t la situ a tio n ju r id iq u e n o u v e lle
in « Revue générale de droit international
d e la Pa pauté,
public», 1929, pag. 452 e segg.
D e M ari, T ra i p recu rsori d ella C o n c ilia z io n e , in «Rassegna
romana » (1931).
D e M auro, I l d iritto p en a le d e llo Stato d ella C ittà d e l V atica­
no, in « Rivista penale » (1930).
D iena, L a Santa S ed e e i l d iritto in te rn a zio n a le d o p o g li A c ­
co rd i L a tera n en si, in « Rivista di diritto internazionale »
(1929) .
E rcole, D o p o un a n n o dalla C o n c ilia z io n e , in « Gerarchia »
(19 3 0) -
81
6.
F enwick , T h e n ew C ity o f th è V a tica n o , in « American Journ.
of inter. Law », vol. XXIII, 1929, pagg. 271 e segg.
F ragonard, h a c o n d itio n d es p erson n es dans la C ité d u V a ti­
can (Paris, 1930).
G iannini, L a co n cilia tio n en tre le V atican e t ITtalie in « Cen­
tre international d’études sur le Fascisme», «Annuaire»,
1930.
— I co n co rd a ti p o stb ellic i, Milano, 1936, 2 voll.
C risostomi M arini, I l d iritto m a trim o n ia le n elle recen ti d i­
s p o s iz io n i leg isla tiv e, Roma, 1930.
Jannacone, L a personalità g iu rid ica in tern a zio n a le d ella C h ie ­
sa, in « Il diritto ecclesiastico », 1930.
Jarrige, L a c o n d itio n in tern a tio n a le d u S a in t S ièg e avant et
après les A c c o r d s d u L a tran (Paris, 1930).
Jemolo, Carattere d e llo Stato d ella C ittà d el V a tica n o, in « Ri­
vista di diritto internaz. » (1929).
— D i a lcu n i recen ti scritti su llo Stato d ella C ittà d e l V atican o,
in « Riv. di diritto pubblico », 1932.
L ampis, L 'o r d in a m e n to d ello Stato d ella C ittà d e l V a tica n o, in
« Rivista di diritto pubblico » (1929).
L e F ur, L e S a in t S ièg e et le d ro it in tern a tio n a l, in « Revue
de droit international », 1929.
— Le S a in t-S ièg e e t le d ro it des g en s (Paris, 1930).
L ibermann, Staat u n d K ir c h e in d en L a teran verträgen z w i­
sc h en d em H e ilig e n S tu h l u n d Italien vom 11. F ebru a r
i()2 0 , in « Archiv des öffentlichen Rechts » (1930).
L odolini, I l L u tera n o tra i l patto d i C o sta n tin o ed il patto d i
M u s so lin i, in « La Stirpe » (1920).
L oiseau, S a in t-S ièg e et F a scism e - L e s accord s d u L a tran d e­
vant l ’h isto ire et la p o litiq u e (1930).
M anca A nt ., I l d iv ieto d i in tro sp etto n e l territorio d ella C ittà
d e l V a tica n o (1933).
M ollat, L a q u es tio n ro m a in e d e P ie V I à P ie X I , Paris, 1932.
M orelli, I l trattato fra l'Ita lia e la Santa S ed e, in « Riv. di
diritto internaz. » (1920).

82
P acelli G iulio , D a s S ta a tsa n g eh ö rig k eitsrech t des Staates der-
V a ti\a n sta d t (1934).
P asquazi, T ractatu s L a tera n en sis in ter S . S ed em et R e g n u m
Ita licu m in itu m , in « Apollinaris » (1920).
— C o n s titu tio S tatus C iv ita tis V atican ae, in « Apollinaris ».
(1930).
P etroncelli, La S . S e d e e lo Stato d ella C ittà d e l V a tica n o,
in « Riv. internaz. di scienze sociali » (1932).
P iola, L a q u es tio n e rom ana n ella storia e n e l d iritto , Padova,
I 9 3 I-
— In tr o d u z io n e a l d iritto con cord a ta rio com parato, Mila­
no, 1937.
— L a le g isla z io n e ecclesiastica d e l G o v er n o fascista, in « Studi
in onore di C. Calisse », 1939.
R aeber, D e r n e u e K ir c h en s ta a t (Einsiedeln, 1930).
R ivet , L a q u e s tio n ro m a in e et le traité d u L a tran , Paris, 1931.
R ousseau, E ta t d e la C ité d u V a tica n , in « Revue général du
droit internat. ».
R uffini, L o Stato d ella C ittà d e l V a tica n o (considerazioni cri­
tiche), in « Atti della R. Accademia delle scienze di Tori­
no » (1930-31).
Sabatini, D e l p a trim o n io ecclesiastico, Catania, 1934.
Salviucci, L a sovranità person ale d el Papa n ella c o n c ilia zio n e ,
Roma, 1929.
Scaduto, L a C o n c ilia z io n e d e llo Stato ita lia n o con la Santa S e ­
de, in « Riv. di diritto pubblico » (1920).
S chiappoli, I l m a trim o n io ca n o n ico e civ ile, Napoli, 1929.
Schoen, D ie r e ch tlic h e N a tu r d er V a li\ a n s ta d t u n d d es p o li­
tisch en L a teran vertrages, in « Zeitschrift für öffentliches
Recht » (1934).
Schwarz, D e r n e u e K irc h en sta a t, in « Deutsche Jurist. Zei­
tung », anno X X X IV (1929).
S iotto-Pintor, D ie E r le d ig u n g d er R ö m is c h e n F ra g e d u rch
d ie Lateran verträge u n d das n eu e K ir c h e n r e c h t in Italien
in « Jahrbuch des öffentlichen Rechts » 1930.

83
Solmi, G li a cco rd i d e l L a tera n o , in « Bollettino del Circolo
giuridico di Milano », n. 4 (1929).
V assalli F., I l m a trim o n io n e l r eg im e d e l C o n co rd a to fra l ’Ita­
lia e la Santa S e d e (1929). E, piu ampiamente su questo ar­
gomento, L e z io n i d i d iritto m a trim o n ia le (1932) C(^ autori
ivi citati.
V ignocchi, L o s c io g lim e n to d el m a trim o n io in Itàlia in se­
g u ito a l C o n co rd a to d el L a tera n o (1933).
W erns-V idali, lu s C a n o n ic u m , voi. II, “ De personis” (Romae,
1924).

84
INDICE-SOMMARIO

I II d issid io tra lo Stato e la C h iesa in Italia e su e


a tte n u a z io n i su l p r in cip io d e l n u o v o secolo . . . 9
Il dissidio tra la Chiesa e lo Stato come conse­
guenza dell’occupazione di Roma nel 1870. - La
legge delle guarentigie. - I partiti anticlericali. -
Il n o n e x p e d it e sua abolizione. - Il partito po­
polare.

II L a d ottrin a fascista in rapporto alla r e lig io n e cat­


tolica e alla c o n d iz io n e d ella C h iesa in Italia. . 13
Il discorso di Mussolini nel giugno 1921 alla Ca­
mera dei deputati. - Gli inizi del nuovo confessio­
nismo. - La Chiesa e il Fascismo.

Ili II prog etto d i riform a d ella le g isla z io n e ecclesia­


stica italiana d o p o la M arcia su R o m a . . . . 15
La Commissione per la riforma della legislazione
ecclesiastica nominata dal Governo Fascista. - Im­
pedimenti alla riforma generati dalla « questione
romana ». - Inizio di trattative per la risoluzione
della « questione romana ». - Gli accordi del La-
terano dell’ 11 febbraio 1929, a. VI.

IV E sa m e d e g li A c c o r d i l a t e r a n e n s i ........................ 21
La « questione romana » e la sua risoluzione fa­
scista. - Lo Stato della Città del Vaticano. - La
legge 7 giugno 1929 dello Stato della Città del
Vaticano. - I poteri dello Stato della Città del Va­
ticano. - Posizione internazionale della Chiesa cat­
tolica e suo riconoscimento da parte dello Stato
fascista.

85
V P o s iz io n e priv ilegiata d ella C h iesa cattolica in Ita­
lia, c o m e c o n s e g u e n za d ella c o n fessio n e religiosa
prev a len te n e l p o p o lo ........................................... 30
Guarentigie del Sommo Pontefice e della Santa
Sede. - Libertà nell’esercizio del culto. - Intervento
dello Stato nella scelta dei vescovi e dei parroci
in Italia e nell’amministrazione dei beni ecclesia­
stici. - Rinuncia ai diritti del vecchio giurisdizio-
nalismo da parte dello Stato italiano.

VI L ’ eser c izio d e l c u lto ca tto lico e la g iu r is d iz io n e


d ella C h iesa in Italia ........................................... 38
Il libero esercizio del culto. - Il matrimonio cano­
nico e suo riconoscimento per gli effetti civili. -
La giurisdizione ecclesiastica. - Le leggi per la di­
fesa della razza da parte dello Stato fascista.

VII L ’is tr u z io n e religiosa n e lle s c u o l e ........................ 48


L ’istruzione religiosa. - L ’istruzione fisica. - La
« Carta della scuola » e l’insegnamento religioso. -
Le Università e la Chiesa.

V ili L ’assisten za sp iritu a le presso le fo r z e arm ate d ello


Stato ........................ , . . . 52
Ordinamento dell’assistenza spirituale delle forze
armate - La chiesa del Pantheon in Roma.

IX L e c o n d iz io n i e c o n o m ic h e d e l clero ca tto lico e lo


Stato ita lia n o ......................................................... 55
Svolgimento storico dal 1848 ad oggi - La Cassa
ecclesiastica e il Fondo per il culto. - La proprietà
ecclesiastica. - Le congrue e i supplementi di con­
grua. - L ’amministrazione dei benefici ecclesiasti­
ci. - Le fabbricerie.

X C arattere g iu r id ic o d e i rapporti fra lo Stato e la


C h iesa in Italia .....................................................61
Sviluppo storico dei rapporti fra lo Stato e la Chie­
sa in Italia. - Libertà e sovranità della Chiesa in

86
seguito agli Accordi leteranensi. - Libertà e so­
vranità dello Stato.
XI 11 p r in cip io
fascista d i co n co rd ia e d i co lla b o ra zio ­
n e con la C h iesa n e i lim iti d e lle risp ettiv e c o m ­
p e te n z e . , ................... , . . . . 68
Il sistema fascista non è di separazione. - Non è
nemmeno di giurisdizione nel senso rigido del
termine. - Principio di accordo e di collaborazio­
ne basato sul riconoscimento della reciproca indi-
pendenza.

XII L a libertà d i c u lto e la c o n d iz io n e g iu r id ica d ei


c u lti aca ttolici in Italia ...................................... 75
Libertà di coscienza e di culto. - La legge sul­
l’esercizio dei culti acattolici in Italia. - Condizione
giuridica degli Ebrei.

B ibliografia .........................., . . , ..................... 79


Opere generali. - Monografie e scritti particolari.

Indice-Sommario ................................................................... 85
F IN IT O D I STAM PARE

IL 15 D IC E M B R E I9 3 9 - AN N O X V III

N ELLE O F F IC IN E G R A F IC H E

A. MONDADORI
VERONA

Potrebbero piacerti anche