1940 - Solmi - Stato e Chiesa. Nella Dottrina e Nelle Leggi Fasciste - A. Mondadori
1940 - Solmi - Stato e Chiesa. Nella Dottrina e Nelle Leggi Fasciste - A. Mondadori
STATO E CHIESA
NELLA DOTTRINA
E NELLE LEGGI FASCISTE
★
A. MONDADORI • MILANO
A N N O XVIII
[
9
la Chiesa subirono un profondo turbamento, che
accentuò e rinfocolò le lotte dei partiti e il contra
sto delle coscienze. La legge delle guarentigie, pro
mulgata il 13 marzo 1871, garantendo le prero
gative del Sommo Pontefice e della Santa Sede e
regolando, con taluni principi fondamentali, le re
lazioni tra lo Stato e la Chiesa, si sforzò di adot
tare un sistema, che si disse di separazione, il quale
voleva essere insieme rispettoso della coscienza re
ligiosa e geloso dei diritti dello Stato; ma non potè
impedire che si approfondisse sempre piu quel dis
sidio tra lo Stato e la Chiesa, che si era acuito nel
1870, e che era causa non ultima di una certa de
bolezza dello Stato, sia nei rapporti interni sia nei
rapporti internazionali.
Lo Stato, che pur aveva nello Statuto fonda-
mentale un principio di confessione religiosa, si
era sforzato di cancellare ogni senso di tale con
fessione, avocando a sé la disciplina del matrimo
nio, emanando le leggi eversive dell asse ecclesia
stico, sopprimendo l ’istruzione religiosa nelle scuo
le secondarie, laicizzando la beneficenza e via via.
E da ciò, come da direttive necessarie dello Stato,
per la sua indipendenza civile, erano sorti taluni
partiti, che si dicevano anticlericali, i quali aveva
no per programma la lotta contro ogni manifesta
zione religiosa, lotta che limitava la libera profes
sione della fede religiosa, profondamente radicata
nell’anima popolare; creava un ingiusto danno alla
Chiesa, gelosa delle sue antiche prerogative, falsa
lo
va l’indole della vita nazionale, che voleva restare
ossequente alla fede tradizionale dei padri, senza
rinuncia ai sentimenti di amore e di attaccamento
per la patria.
D ’altra parte, il dissidio tra lo Stato e la Chiesa
indeboliva anche l’autorità e la consistenza dello
Stato nei rapporti internazionali, poiché presso le
nazioni straniere vi era sempre la speranza - spe
ranza che fu talvolta espressa anche in trattati se
greti - che tale dissidio rompesse l’unità nazionale,
determinasse un’alleanza non priva di valore tra
i nemici dell’Italia e la Chiesa e facesse nascere
cosi una ragione di attrito e di rovina per lo Stato
italiano.
È noto che, fin dall’inizio del dissidio, col non
expedit, promulgato dal pontefice Pio IX (1874),
fu proibito dal Papato ai cattolici italiani di parte
cipare alle elezioni politiche; proibizione non sem
pre rigidamente osservata, ma che fu generatrice
di confusione nella vita politica italiana sia per il
fatale indebolimento delle forze conservatrici, sia
per il contrasto che determinava nella coscienza
dei cattolici tra il dovere verso lo Stato e quello
verso la religione. La proibizione, rigidamente
mantenuta durante il pontificato di Leone XIII, si
andò attenuando nel nuovo clima creato ai tempi
del nuovo pontefice Pio X, finche fu da quest ulti
mo sostanzialmente abolito, con la lettera dell 11
giugno 1905) con cui il Pontefice, senza abrogare
l’antico atto, ammetteva tuttavia per i cattolici la
11
partecipazione alle urne anche a favore di depu
tati cattolici.
Si formò pertanto una nuova tendenza, che con
dusse alla creazione di un partito cattolico, il quale
portò il suo peso non sempre favorevole nella lotta
acerba dei molti partiti politici italiani. Se le esi
genze della guerra mondiale, a cui l ’Italia parte
cipò volontariamente fin dal maggio 1915, deter
minarono qualche nuova attenuazione del dissidio,
il dopoguerra trovò invece più aspre le contese,
poiché, essendo ormai stato abolito anche formal
mente il non expedit (1919), si formò un partito
cattolico, che si disse «popolare», il quale si valse
della religione più che altro come d’una insegna,
e si costituì, con una disciplina rigorosa, incitando
i propri adepti verso la conquista dei poteri poli
tici e favorendo quell’atmosfera faziosa, che co
loriva ormai la vita politica italiana nel grigio e
triste periodo del dopoguerra.
Cosi l ’attenuazione del dissidio fra lo Stato e
la Chiesa, che si era determinato ai tempi del pon
tefice Pio X, invece di recare beneficio, portava
nuove ragioni di contrasto e di lotta, e contribuiva
ad aumentare la confusione dei partiti politici, con
fusione che, nell’immediato dopoguerra, culminò
nella creazione di un bolscevismo italiano, per cui
i partiti estremi, e principalmente il partito socia
lista, si fecero promotori di movimenti faziosi e
di ribellioni armate, che portarono una nuova se
rie di danni alla vita politica della nazione.
12
II
r3
Roma, il Fascismo giunse al potere, compiendo la
sua grande rivoluzione redentrice, si videro subito
i segni della nuova concezione politica. Una ordi
nanza governativa imponeva la restituzione del
crocefisso nelle scuole, e il decreto legge sulla ge
renza e sulla vigilanza dei giornali, 15 luglio 1923,
n. 3288, ritornando al principio dello Statuto, ri
dava tutta la sua importanza alla religione catto
lica come religione dello Stato e disponeva che il
prefetto della provincia avesse facoltà di diffidare
il gerente di un giornale o di una pubblicazione
periodica, se vilipendesse il Sommo Pontefice e la
religione dello Stato.
Seguirono altre dichiarazioni ed altre disposizio
ni, che chiarirono il nuovo indirizzo dello Stato
fascista, favorevole allo sviluppo di un sano senti
mento religioso, promosso e difeso da una elevata
e potente organizzazione ecclesiastica, e avverso in
vece agli intrighi di un partito popolare che vo
lesse profittare della religione per fini politici.
D ’altra parte, l’atteggiamento dei pontefici, du
rante e dopo la guerra, rivelava le nuove disposi
zioni della Chiesa verso lo Stato italiano: la be
nedizione al popolo dalla Loggia esterna della Ba
silica vaticana, compiuta dal pontefice Pio XI nel
l’atto della sua elezione, il 6 febbraio del 1922, era
indizio di queste nuove disposizioni, le quali tro
varono altre e notevoli manifestazioni, dopoché il
Fascismo recò precisi i segni di una adeguata va
lutazione del fattore religioso per la vita del po
polo italiano.
Ili
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febbraio del 1925, presentò le sue proposte nei pri
mi giorni del 1926, con un vasto disegno di legge,
che provvedeva ad una riforma delle proprietà ec
clesiastiche, dava riconoscimento alle case e agli
istituti degli ordini religiosi, riordinava il sistema
delle fabbricerie e delle confraternite, dava un nuo
vo assetto al Fondo per il culto e all’amministra
zione dei benefici vacanti. Nelle proposte era com
preso anche un disegno di legge per l ’istituzione
di una cassa di previdenza per il clero, nel quale,
oltre alle congrue parrocchiali, si prevedevano altri
mezzi per il migliore sostentamento del clero.
Il nuovo spirito era evidente; ma la « questione
romana » restava ancora come un impedimento
per una intesa definitiva e sincera. Il 22 febbraio
1926, il pontefice Pio XI, con una lettera indiriz
zata al suo Segretario di Stato, Cardinale Gasparri,
dichiarava che anche il proposito della riforma
della legislazione ecclesiastica non poteva portare
ad utili risultati, « finché duri la iniqua condizio
ne fatta alla Santa Sede e al Romano Pontefice ».
Era ormai chiaro che ogni idea di riforma do
veva essere preceduta da una intesa sostanziale sul
punto della « questione romana » tra i dirigenti
dello Stato italiano e il Vaticano. Ma estremamen
te arduo era raggiungere questa intesa, poiché ad
essa troppe forze avverse e troppi pregiudizi inve
terati si opponevano, dopo un mezzo secolo di con
trasti. Se mai fosse stato possibile un tentativo,
occorreva che esso fosse fatto nello spirito di mag-
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giore serenità, e perciò nel più assoluto segreto.
E questa fu, infatti, la via che fu scelta dall’uno
e dall’altro lato. Il 5 agosto 1926, come doveva poi
narrare il Duce, un alto prelato, in una conver
sazione amichevole, dichiarava al prof. Domenico
Barone, consigliere di Stato e persona a contatto
col Duce, che vi era la possibilità di un inizio di
trattative per questo fine, e indicava, quasi come
fiduciario, l’avvocato Francesco Pacelli, eletto e
stimato professionista romano, che godeva tutta
la fiducia degli ambienti del Vaticano e tutta la
maggiore considerazione negli altri ambienti del
la Capitale. Il prof. Barone colse subito l’occasio
ne che gli fu offerta; e, in una serie di colloqui
con l’avv. Pacelli, ebbe precisa indicazione dei
principali capisaldi considerati dal Vaticano come
essenziali per la soluzione della «questione ro
mana ».
Dopo un diligente esame di questi elementi, il
Duce non esitò a venire a trattative dirette; e già
il 4 ottobre 1926 il consigliere Barone era in gra
do di presentarsi con un autografo, nel quale era
incaricato di chiedere ufficialmente alla Santa Se
de le condizioni per una decisa trattativa. E già il
6 ottobre il cardinale Segretario di Stato, Pietro
Gasparri, scriveva all’avv. Pacelli, indicando som
mariamente queste condizioni e incaricandolo uf
ficialmente delle trattative. Queste furono condot
te con grande sollecitudine e con assoluta segre
tezza nei mesi seguenti, e già il io dicembre 1926
17
2.
il re Vittorio Emanuele III le autorizzava, sempre
segretamente ma ufficialmente. Mentre l’Italia, da
parte sua, richiedeva, come pregiudiziale assoluta,
che da parte della Santa Sede si addivenisse ad una
rinuncia piena ed intera di ogni rivendicazione
temporale nei confronti del Regno d’Italia, dal
l’altra parte si domandava che l’iniziativa ufficiale
dovesse essere dello Stato italiano, che quest ulti
mo dovesse prescindere assolutamente dalla legge
delle guarentigie e che le condizioni da farsi alla
Santa Sede, oltre che essere tali da garantire pie
na e assoluta libertà e indipendenza, fossero con
formi alla sua dignità e alla giustizia.
Ormai il passo decisivo era fatto, e gli accordi
potevano essere avviati. Senonchè le trattative su
birono una sosta, durante il 1927, per la contro
versia con l’Azione cattolica, relativamente all’edu
cazione della gioventù: lo Stato fascista non po
teva rinunciare ai suoi diritti pieni nella forma
zione della gioventù, pur considerando essenziale
l ’istruzione e l’educazione religiose.
Ma anche questo contrasto fu superato e le trat
tative furono riprese, sicché, nel gennaio 1929, nel
le discussioni coi fiduciari del Vaticano, fu chia
mato ad intervenire anche il ministro della Giu
stizia, Alfredo Rocco, che vi portò il contributo
della sua alta dottrina e della sua fede di patriota
e di fascista.
L ’n febbraio 1929 gli accordi, ormai portati a
compimento, venivano firmati nella riunione so-
18
lenne, nel Palazzo del Laterano, tra il cardinale
Segretario di Stato, Gasparri, da un lato, e dal
Duce del Fascismo, Capo del Governo, Mussolini,
dall’altro.
Tali accordi si dicono comunemente « lateranen-
si ». Essi comprendono un Trattato politico, un
Concordato e una Convenzione finanziaria.
Il Trattato politico, che è un vero atto di carat
tere internazionale tra lo Stato italiano e la Santa
Sede, impersonata nel Sommo Pontefice, come ca
po della Chiesa cattolica, è senza dubbio l’atto più
importante; e con esso si risolve e si elimina irre
vocabilmente la « questione romana ». L ’indipen
denza assoluta del Sommo Pontefice e della Santa
Sede, come organi supremi della Chiesa cattolica,
è garantita con la creazione di uno Stato indipen
dente, denominato « Stato della Città del Vatica
no », fondamentalmente formato dai palazzi e dai
giardini vaticani, oltreché dalla basilica e dalla
piazza di S. Pietro; Stato soggetto alla piena e
assoluta proprietà e sovranità del Sommo Pontefi
ce, destinato ad assicurare l’assoluta e visibile in
dipendenza e la sovranità del Pontefice e della
Santa Sede, nel campo internazionale. D ’altra par
te, la Santa Sede, garantita nella sua indipendenza
sovrana, riconosce espressamente nel trattato (art.
26) che (( Le viene assicurato adeguatamente quan
to le occorre, per provvedere con la dovuta libertà
e indipendenza al governo pastorale della diocesi
di Roma e della Chiesa cattolica in Italia e nel
*9
mondo; dichiara definitivamente ed irrevocabil
mente composta e quindi eliminata la “questione
romana” , e riconosce il Regno d’Italia, sotto la di
nastia di Casa Savoia con Roma capitale dello
Stato italiano ».
Col Concordato vengono regolate « le condizioni
della Religione e della Chiesa in Italia». Esso è
un atto, stipulato tra lo Stato italiano e la Santa
Sede, cioè il Sommo Pontefice quale Capo della
Chiesa cattolica, nei limiti della Chiesa italiana,
in quanto regola i rapporti che interessano la Chie
sa e lo Stato italiano relativamente alla professione
e al culto della religione cattolica.
Finalmente, la Convenzione finanziaria, annessa
ai due testi sopra accennati, regola i rapporti fi
nanziari tra l’Italia e la Santa Sede, « per i danni
da questa subiti per la perdita del patrimonio di
S. Pietro, costituito dagli antichi Stati pontifici, e
dei beni degli enti ecclesiastici ».
IV
23
entro il recinto della Città vaticana (art. 2, legge 7
giugno 1929 dello Stato della Città del Vaticano).
Quanto alla potestà d’impero, essa è data, come
si è detto, dal carattere sovrano riconosciuto uni
versalmente al Sommo Pontefice e dalla sovranità
temporale piena e assoluta, riservata al Ponte
fice su questo territorio e su questi cittadini, e li
beramente esercitata, senza alcun controllo, dal
Sommo Pontefice, sia nei rapporti interni, sia in
quelli internazionali.
Questo nuovo Stato, sorto col Trattato (art. 3),
è posto « sotto la sovranità e la giurisdizione esclu
siva del Sommo Pontefice », che della sovranità
stessa è titolare e che ha « la pienezza del potere
legislativo, esecutivo e giudiziario ». Cosi si espri
me la legge fondamentale della Città del Vatica
no, emanata il 7 giugno 1929(1); e cosi provvede
anche in effetto tutta l’organizzazione dello Stato
della Città del Vaticano, poiché questo Stato ha
proprie leggi (sono in corso di formazione anche
i codici speciali di questo Stato), propri capi am
ministrativi (governatore, funzionari, ecc.), propri
tribunali.
24
Naturalmente, per gli alti fini per i quali il
nuovo Stato è creato, si può dire che esso ha una
importanza molto superiore a quella che risulta
dalla sua entità territoriale e demografica. Esso, in
fatti, è creato per garantire la libertà e l’indipen
denza del governo pastorale della Chiesa in Italia
e nel mondo.
Per questi caratteri, mentre la Santa Sede ha di
chiarato che essa vuole restare estranea alle com
petizioni temporali tra gli Stati e ai congressi in
ternazionali, indetti per tale oggetto, a meno che
le parti contendenti facciano concorde appello alla
sua missione di pace, d’altra parte è dichiarato
che « la Città del Vaticano sarà sempre ed in
ogni caso considerata territorio neutrale ed invio
labile » (art. 24).
Precise regole sono stabilite nel trattato, per la
garanzia della libertà e indipendenza del nuovo
Stato. Cosi lo Stato italiano deve curare che il ter
ritorio vaticano sia reso libero da ogni vincolo e
da eventuali occupatori; non deve permettere nuo
ve costruzioni che costituiscano introspetto verso
la Città del Vaticano; deve provvedere ad una ade
guata dotazione di acqua potabile in proprietà, a
fornire la comunicazione ferroviaria con le ferro
vie dello Stato, a rendere possibili le comunicazio
ni postali, telegrafiche, telefoniche dirette con gli
altri Stati, oltreché al coordinamento di ogni altro
servizio pubblico (art. 5, 6 e 7).
Inoltre lo Stato ha riconosciuto alla Santa Sede
25
la piena proprietà delle basiliche patriarcali di San
Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e
di San Paolo con gli edifici annessi (art. 13), ol
treché del Palazzo e della villa pontificia di Castel
Gandolfo, con tutte le attinenze e pertinenze (ar
ticolo 14).
Finalmente la proprietà della Santa Sede è stata
riconosciuta anche in taluni palazzi in Roma, sedi
di uffici pontifici (Dataria, Cancelleria, Propagan
da Fide, Università pontificia, ecc.), oltreché su al
tri palazzi che in avvenire siano costrutti e desti
nati a dicasteri pontifici, palazzi tutti che, benché
facenti parte del territorio dello Stato italiano, go
dono tuttavia delle immunità riconosciute dal di
ritto internazionale alle sedi degli agenti diploma
tici di Stati esteri (art. 15). Sono stabilite norme
speciali per un eventuale assoggettamento di tali
immobili a vincoli particolari o ad espropriazione
per pubblica utilità (art. 16).
Si aggiunga che, nel trattato, si è provveduto al
regolamento dei tesori d’arte e di scienza esistenti
nei palazzi Vaticano e Lateranense e spettanti al
Pontefice, nel senso che tali tesori resteranno vi
sibili agli studiosi, secondo un regolamento riser
vato alla Santa Sede (art. 18). Infine, per sistema
re i rapporti finanziari, in dipendenza del pas
saggio dell’antico Stato pontificio all’Italia, l’Italia
ha versato alla Santa Sede la somma di lire 750
milioni in contanti, ed ha consegnato alla mede
sima titoli di consolidato italiano 5 % al portatore
26
per il valore nominale di un miliardo (convenzione
finanziaria, art. i).
In base al trattato, lo Stato italiano, a richiesta
della Santa Sede e per delegazione che sia data
caso per caso o in via permanente, provvederà nel
suo territorio alla punizione dei delitti, che venis
sero commessi nella Città del Vaticano. Se l’autore
del delitto si sia rifugiato in territorio italiano, si
procederà senz’altro contro di lui a norma delle
leggi italiane. La Santa Sede consegnerà allo Stato
italiano le persone imputate di reati commessi in
territorio italiano, qualora si siano rifugiate nella
Città del Vaticano o nei palazzi considerati im
muni (art. 22).
Per l ’esecuzione nel Regno delle sentenze ema
nate dai tribunali del Vaticano, si applicheranno
le norme del diritto internazionale (art. 23). Ma
le sentenze e i provvedimenti, emanati da autorità
ecclesiastiche e comunicati ufficialmente alle auto
rità civili, relativi a persone ecclesiastiche o religio
se, e concernenti materie spirituali o disciplinari,
avranno senz’altro piena efficacia giuridica in Ita
lia, anche a tutti gli effetti civili; mentre per le
cause concernenti la nullità del matrimonio e la
dispensa dal matrimonio « rato e non consumato »,
è stabilita, in forza del concordato (art. 34, com
ma 3), la competenza riservata dei tribunali eccle
siastici. Le Corti d’Appello del Regno provvede
ranno, con ordinanze emesse in Camera di Consi
glio, a rendere esecutivi i provvedimenti e le sen-
27
tenze in materia matrimoniale agli effetti civili
(art. 34, comma 6).
L ’Italia riconosce alla Santa Sede il diritto di le
gazione attivo e passivo, secondo le regole gene
rali del diritto internazionale; e stabilisce di man
tenere normali rapporti diplomatici con la Santa
Sede, mediante la nomina di un ambasciatore da
parte italiana, e di un nunzio apostolico da parte
del Vaticano, nunzio che, a termine del diritto in
ternazionale vigente, sarà riconosciuto in Roma co
me capo del Corpo diplomatico.
In conseguenza, gli inviati dei Governi esteri
presso la Santa Sede continuano a godere nel Re
gno di tutte le prerogative ed immunità che spet
tano agli agenti diplomatici, secondo il diritto in
ternazionale; e le loro sedi godranno di quei diritti
e di quelle immunità che competono normalmente
alle rappresentanze diplomatiche, anche se gli Stati
deleganti non abbiano rapporti diplomatici con
l’Italia (art. 12).
I diplomatici della Santa Sede e i corrieri spe
diti in nome del Sommo Pontefice godono nel
territorio italiano, anche in tempo di guerra, dello
stesso trattamento dovuto ai diplomatici ed ai cor
rieri di gabinetto degli altri Governi esteri, secon
do le norme del diritto internazionale; e i diplo
matici e gli inviati della Santa Sede e quelli dei
Governi esteri presso di essa, oltreché i dignitari
della Chiesa provenienti dall’estero, diretti alla Cit
tà del Vaticano e muniti di passaporti degli Stati
28
di provenienza, vistati dai rappresentanti pontifici
all’estero, possono senza formalità accedere alla
detta Città attraverso il territorio italiano. Tutto
ciò vale anche per coloro che, con tali prerogative,
si recano all’estero dalla Città del Vaticano (art. 12
e 19).
L ’Italia ha assunto, nel trattato, anche l’impe
gno di lasciare sempre e in ogni caso libera la cor
rispondenza di tutti gli Stati, compresi i bellige
ranti, alla Santa Sede e viceversa, nonché il libero
accesso dei vescovi di tutto il mondo alla Santa
Sede (art. 12, comma 3).
Non altrimenti le merci provenienti dall’estero
e dirette alla Città del Vaticano o, fuori della me
desima, ad istituzioni od uffici della Santa Sede,
saranno sempre ammesse da qualunque punto del
confine italiano e in qualunque porto del Regno
al transito per il territorio italiano, con piena esen
zione dai diritti doganali e daziari.
29
V
3°
La persona del Sommo Pontefice, come quella
del Capo dello Stato, è dichiarata sacra e inviola
bile, comminandosi, sia per l’attentato alla perso
na, e la provocazione a commetterlo, sia per le of
fese e le ingiurie pubbliche, le stesse pene che sono
comminate per l’attentato e la provocazione e per
le offese al Re (Trattato, art. 8).
Tutti i cardinali godono in Italia degli onori do
vuti ai principi del sangue (art. 21).
Durante la vacanza della Sede Pontificia, l’Ita
lia provvede in modo speciale a che non sia osta
colato il libero transito ed accesso dei cardinali,
attraverso il territorio italiano, al Vaticano, e che
non si pongano impedimenti o limitazioni alla li
bertà personale dei medesimi, curando anche che,
nel territorio aH’intorno della Città del Vaticano,
non siano commessi atti che comunque possano tur
bare le adunanze del conclave (art. 21).
Le stesse norme valgono anche per i conclavi
che si tenessero fuori della Città del Vaticano, non
ché per i Concili presieduti dal Sommo Pontefice
o dai suoi legati e nei riguardi dei vescovi chia
mati a parteciparvi (art. 21).
Gli enti centrali della Chiesa sono esenti da
ogni ingerenza da parte dello Stato italiano (salve
le disposizioni sugli acquisti dei corpi morali), non
ché dalla conversione dei beni immobili (art. 11).
Gli ecclesiastici che, per ragioni di ufficio, par
tecipano fuori della Città del Vaticano all’emana
zione degli atti della Santa Sede, non sono sog-
31
getti, per cagione di essi, a nessun impedimento,
investigazione o molestia da parte delle autorità
italiane (art. io, comma 3).
Ogni persona straniera investita di ufficio eccle
siastico in Roma gode delle garanzie personali com
petenti ai cittadini italiani in virtù delle leggi del
Regno (art. io, comma 4).
Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da
magistrati o da altre autorità a dare informazioni
su persone o materie di cui siano venuti a cono
scenza per ragione del loro sacro ministero (Con
cordato, art. 7).
Cosi è stabilita la dipendenza diretta dalla San
ta Sede delle università, dei seminari, delle acca
demie e dei collegi dedicati alla formazione e alla
cultura degli ecclesiastici, senza alcuna ingerenza
dello Stato italiano (Concordato, art. 39).
Quanto all’esercizio del culto cattolico e del po
tere spirituale della Chiesa, esso viene garantito,
nel Trattato, nel Concordato e nelle leggi relative,
con la maggiore libertà e con la maggiore ampiez
za. La Santa Sede può comunicare e corrispondere
liberamente coi vescovi, col clero e con tutto il
mondo cattolico, senza ingerenza del Governo ita
liano (Concordato, art. 2); parimenti, per tutto
quanto si riferisce al ministero pastorale, i vescovi
comunicano liberamente col loro clero e coi fedeli
(ivi). Resta pertanto libera la pubblicazione, nelle
chiese e alle porte delle chiese, di tutti gli atti ri
guardanti il governo spirituale dei fedeli ; ed è pure
riconosciuta alle autorità ecclesiastiche la facoltà di
eseguire collette nell’ interno o all’ ingresso delle
chiese, nonché negli edifici di loro proprietà (Con
cordato, art. 2).
Ove occorra, lo Stato accorda agli ecclesiastici,
per gli atti del loro ministero spirituale, la difesa
da parte delle autorità civili (art. 1).
L ’uso dell’abito ecclesiastico è pure protetto, per
modo che sia impedito a chi non ne abbia diritto
o a chi abbia perduto il diritto di portarlo (art.
29, lett. t).
La provvista dei beni ecclesiastici è attribuita li
beramente alla Chiesa; ma sono determinate talu
ne limitazioni, a garanzia dei diritti e degli inte
ressi dello Stato. Anzitutto non possono essere in
vestiti di benefici esistenti in Italia quegli ecclesia
stici che non siano cittadini italiani. I titolari delle
diocesi e delle parrocchie debbono, inoltre, parlare
la lingua italiana (art. 22).
Nella scelta degli arcivescovi e dei vescovi da
nominarsi nelle diocesi italiane, la Santa Sede ha
l’obbligo di comunicare il nome della persona pre
scelta al Governo italiano (al Ministero dell’Inter
no), per assicurarsi che contro tale persona non vi
siano da sollevare ragioni di carattere politico (art.
19). Inoltre, prima di prendere possesso delle loro
diocesi, i vescovi prestano nelle mani del Capo
dello Stato un giuramento di fedeltà allo Stato
italiano, secondo una formula stabilita nel Con
cordato (art. 20).
33
3-
Le nomine degli investiti dei benefici parrocchia-
li sono dall’autorità ecclesiastica competente (ordi
nario diocesano) comunicate riservatamente al Go
verno italiano (al prefetto della provincia), e non
possono aver corso se non trenta giorni dopo la
comunicazione, tempo consentito per eventuali op
posizioni o difficoltà da proporsi all autorità eccle
siastica, che deciderà opportunamente (art. 21). Se
gravi ragioni sopravvengano contro un investito, le
quali rendano dannosa la permanenza di un eccle
siastico in un determinato ufficio parrocchiale, il
Governo italiano fa presenti tali ragioni all’ordi
nario, che, d’accordo col Governo, prenderà, entro
tre mesi, una decisione definitiva (art. 21, ultimo
comma).
Le norme ora accennate non si applicano al ter
ritorio di Roma e alle diocesi suburbicarie (art. 23).
Finché, con nuovi accordi, non sarà stabilito di
versamente, lo Stato italiano continuerà a supplire
alle deficienze dei redditi dei benefici ecclesiastici
con assegni non inferiori a quelli attualmente in
vigore (art. 30, comma 3).
Lo Stato italiano rinuncia alle prerogative sovra
ne del Regio patronato sui benefici maggiori e mi
nori, ed è anche abolita la regalia sui benefici mag
giori e minori, oltreché il terzo pensionabile nelle
province dell’antico Regno delle due Sicilie (arti
colo 25).
La nomina degli investiti dei benefici ha effetto
dalla data della provvista ecclesiastica, che sarà
34
partecipata al Governo. In caso di cattiva gestione
dei benefici, lo Stato italiano, presi accordi con la
autorità ecclesiastica, può procedere al sequestro
delle temporalità beneficiarie, devolvendone il red
dito netto a favore dell’investito o, in sua man
canza, a vantaggio del beneficio (art. 26).
Riguardo agli enti ecclesiastici e loro beni, il
Concordato stabilisce anzitutto che, ferma restando
la personalità giuridica degli enti ecclesiastici finora
riconosciuti dalle leggi italiane (Santa Sede, Dio
cesi, Capitoli, Seminari, Parrocchie, ecc.), tale per
sonalità sarà riconosciuta anche alle chiese pubbli
che aperte al culto che già non l’abbiano, comprese
quelle già appartenenti agli enti ecclesiastici sop
pressi, con assegnazioni, nei riguardi di queste ul
time, della rendita che il Fondo per il culto attual
mente destina a ciascuna di esse (art. 29, lett. a).
In secondo luogo, tale personalità sarà ricono
sciuta alle associazioni religiose, con o senza voti,
approvate dalla Santa Sede, che abbiano la loro
sede principale nel Regno, e siano ivi rappresen
tate da persone che abbiano la cittadinanza italiana
e siano domiciliate in Italia. Sarà riconosciuta inol
tre la personalità giuridica delle province religiose
italiane, nei limiti del territorio italiano e sue co
lonie, delle associazioni aventi la sede principale
all’estero, quando vi siano le condizioni indicate;
delle case, quando dalle regole particolari dei sin
goli ordini sia attribuita ad esse la capacità di ac
quistare e di possedere; delle case generalizie e del-
35
le procure delle associazioni religiose anche estere
(art. 2 , lett. b).
L ’erezione di nuovi enti ecclesiastici o associa
zioni religiose è fatta dall’autorità ecclesiastica, se
condo le norme del diritto canonico; ma il loro ri
conoscimento per gli effetti civili è fatto dalle au
torità civili (art. 31). Tale riconoscimento ha luogo
con decreto reale, udito il parere del Consiglio di
Stato, in seguito al provvedimento ecclesiastico di
erezione o di approvazione, quando sia dimostrata
la necessità o l’utilità evidente dell’ente e la suffi-
cenza dei mezzi per il raggiungimento dei propri
fini (legge 27 maggio 1929, n. 848, sugli Enti ec
clesiastici, art. 4 e segg.).
A tutti questi enti, lo Stato italiano riconosce la
capacità di acquistare e di possedere, salvo le di
sposizioni civili concernenti gli acquisti dei corpi
morali (Concordato, art. 30, comma 2), per cui è
richiesta l’autorizzazione governativa.
La gestione dei beni appartenenti a qualsiasi isti
tuto ecclesiastico o associazione religiosa, è tenuta
sotto la vigilanza e il controllo dell’autorità eccle
siastica, senza ingerenze dello Stato e senza obbli
go di assoggettare a conversione i beni immobili
(art. 30, comma 1).
L ’amministrazione delle chiese è tenuta dal sa
cerdote investito, salvo che esistano fabbricerie, poi
ché, in questo caso, l’amministrazione del patri
monio e dei redditi delle chiese e la manutenzione
degli edifici sono tenute dalle fabbricerie, sotto la
36
vigilanza c la tutela del ministro per l’Interno, da
esercitarsi d’intesa con l’autorità ecclesiastica, salvo
i casi d’urgenza (Concordato, art. 29, lett. a; legge
sugli enti ecclesiastici, art. 15 e segg., art. 33 e
segg-)-
37
uesta condizione giuridica di privilegio, sta
Q bilita a vantaggio della Chiesa cattolica e dei
suoi istituti, si spiega come una conseguenza della
cura che lo Stato esercita per la religione cattolica,
considerata come un elemento vitale di elevazione
civile e di difesa dai pericolosi veleni del materiali
smo e dell’ateismo tra il popolo. L ’esperienza de
gli anni della guerra e del dopoguerra ha dimo
strato il pericolo del dissolvimento sociale, cagio
nato da quelle dottrine rovinose; il Fascismo sorse
nel nome di una fede superiore, fede nella nazio
ne, fede in una giustizia umana e oltreumana, e
rivelò la remota e profonda religiosità del popolo,
geloso delle sue tradizioni cristiane. La religione
cattolica, con la sua potente organizzazione, ma
soprattutto con la sua alta spiritualità, è elemento
di forza e di coesione, oltreché di elevazione mo
rale e spirituale. Essa merita la maggiore fiducia
e il maggior riguardo.
Cosi si spiegano le concessioni fatte alla Chiesa
cattolica; concessioni, tuttavia, che, come si è ve
duto, sono compiute senza rinuncia ai diritti dello
Stato, determinati nel controllo che quest’ultimo
mantiene sulle varie manifestazioni temporali e vi
sibili della Chiesa medesima.
Cosi lo Stato assicura alla Chiesa cattolica il li
bero esercizio del potere spirituale, il libero e pub
blico esercizio del culto, nonché della sua giurisdi
zione in materia ecclesiastica, in conformità alle
norme del Concordato (art. i e segg.); e, ove oc
corra, accorda agli ecclesiastici, per gli atti del loro
ministero spirimale, la difesa da parte delle auto
rità civili.
Cosi, fra le maggiori concessioni fatte alla Chie
sa cattolica, si deve collocare il riconoscimento dei
pieni effetti civili al matrimonio religioso, e per
tanto la rinuncia di fatto dello Stato al regolamen
to del matrimonio nel maggior numero dei casi.
Nel concordato si dichiara, infatti, che lo Stato,
« volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che
è base della famiglia, dignità conforme alle tradi
zioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacra
mento del matrimonio, disciplinato dal diritto ca
nonico, gli effetti civili».
È noto che per la Chiesa il matrimonio ha ca
rattere di sacramento: essa lo ha distinto da ogni
altro atto civile, e lo ha disciplinato con una serie
di disposizioni veramente illuminate, oltreché di
alto valore morale e sociale. È noto altresì che tale
matrimonio, fino ai tempi della rivoluzione fran
cese, restò come forma normale delle unioni co
niugali; e piu tardi, quando le leggi posteriori a
quella rivoluzione assegnarono carattere civile al
matrimonio, esse non fecero, in gran parte, che
dare colorito civile al matrimonio creato dalla
39
Chiesa, sicché, anche nel codice civile del 1865, le
norme civili non facevano che riprodurre sostan
zialmente le norme canoniche.
Invece il dissidio tra la Chiesa e lo Stato aveva
portato, anche in questo campo, difficoltà e con
trasti; poiché la contemporanea presenza dei due
matrimoni, e la possibilità di contrarre soltanto il
matrimonio civile o soltanto quello religioso, re
cavano notevole perturbamento nella vita civile.
Gli inconvenienti del doppio matrimonio erano
stati più volte universalmente lamentati.
Col Concordato, si è dato unità anche alla disci
plina del matrimonio. Il matrimonio contratto da
vanti alle autorità ecclesiatiche ha avuto riconosciu
ti, sotto certe condizioni, gli efFetti civili; e questo
ha fatto si che, per la grandissima parte dei casi,
la forma dominante in Italia per il matrimonio
è la forma stabilita nel diritto canonico. Alle forme
del matrimonio civile ricorreranno soltanto i non
cattolici e coloro che, per qualsiasi motivo, non in
tendano di contrarre matrimonio religioso.
Perciò anche il nuovo codice civile, promulgato
il 12 dicembre 1938, ha stabilito che « il matrimo
nio celebrato davanti a un ministro del culto cat
tolico è regolato in conformità del Concordato con
la Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia »
(Libro I cod. civ., art. 80).
Tali norme sono stabilite nell’art. 34 del Concor
dato, e nella legge relativa 27 maggio 1929, n. 847.
Le pubblicazioni del matrimonio sono effettuate,
40
oltreché nella Chiesa parrocchiale, anche nella casa
comunale. Inoltre, subito dopo la celebrazione del
matrimonio, il parroco ha il dovere di spiegare ai
coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando let
tura degli articoli del codice civile, riguardanti i
diritti e i doveri dei coniugi, e quindi redigerà
l’atto di matrimonio. Di tale atto esso ha il dovere
di trasmettere, entro cinque giorni, copia integrale
al comune, affinché venga trascritto negli atti del
lo stato civile.
Se si considera la nuova condizione fatta alla
Chiesa in Italia con la Conciliazione, e quindi la
nuova posizione assunta dai parroci, si comprende
benissimo come il matrimonio, celebrato dai fun
zionari della Chiesa, considerato ecclesiasticamente
come un sacramento, abbia potuto assumere anche
carattere civile. L ’obbligo fatto ai parroci di dichia
rare esplicitamente gli effetti civili di questo ma
trimonio, con la lettura degli articoli relativi del
codice civile (gli articoli 141, 142 e 143 del nuovo
codice civile sono perfettamente corrispondenti agli
art. 130, 131 e 132 del codice civile del 1865), e
l’obbligo di trasmettere, entro un termine massimo
di cinque giorni, il testo dell’atto di matrimonio
al comune, affinché sia trascritto negli atti dello
stato civile, contribuiscono a confermare queste
conseguenze giuridiche civili del matrimonio reli
gioso, il quale conserva tuttavia, per la Chiesa, il
suo carattere sacro.
D ’altra parte, come si è detto, l’istituto moderno
41
del matrimonio si è sviluppato per opera del di
ritto canonico, e specialmente in Italia la discipli
na del matrimonio civile era già in gran parte mo
dellata su quello religioso. È chiaro dunque che
l’applicazione delle regole matrimoniali del dirit
to canonico non determina alcuna disarmonia, poi
ché tali regole sono anche, storicamente e di fatto,
le regole del matrimonio civile.
Per questo il Concordato ha stabilito anche la
giurisdizione ecclesiastica esclusiva in ordine al
matrimonio, dichiarando, come già si è rilevato,
che le cause concernenti la nullità del matrimonio
e la dispensa dal matrimonio « rato e non consu
mato » sono riservate alla competenza dei tribunali
e dei dicasteri ecclesiastici (art. 34, comma 4). I
provvedimenti e le sentenze relative, quando siano
divenuti definitivi, saranno portati, per quel giudi
zio di legittimità che è di garanzia essenziale, al
Supremo Tribunale della Segnatura, il quale con
trollerà se siano state rispettate le norme del di
ritto canonico relative alla competenza del giudice,
alla citazione ed alla legittima rappresentanza o
contumacia delle parti. Le norme del diritto cano
nico, che regolano tale materia, sono contenute
nel libro terzo del Codex juris canonici, ordinato
dal pontefice Pio X e promulgato da Benedetto X V
il 27 maggio 1917, e precisamente nei titoli VII
del libro III e X X del libro IV; e quindi sono
queste le norme che regolano, nei rapporti costitu
tivi, creazione, consistenza, nullità, dispensa, e
42
tutta la materia relativa alla formazione e alla
eventuale dissoluzione del matrimonio.
La giurisdizione ecclesiastica è pienamente rico
nosciuta, come giurisdizione speciale in tema di
matrimonio. La relazione ministeriale che accom
pagna la legge relativa agli atti lateranensi giustifi
ca esattamente questa cessione, osservando che, da
ta la dignità di sacramento riconosciuta al matri
monio e l’unificazione nella celebrazione religiosa
anche del rito civile, l’atto, con cui i vincoli sor
gono, è uno solo, quello religioso; e quindi (si di
chiara) « la sua validità non può essere giudicata
se non dal giudice competente per materia, quello
ecclesiastico ».
Perciò tutti i provvedimenti relativi a questo atto
e le sentenze definitive, coi relativi decreti del Su
premo Tribunale della Segnatura, saranno trasmes
si alla Corte d’Appello dello Stato competente per
territorio, la quale, come già si è osservato, li ren
derà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che sia
no annotati nei registri dello stato civile a margine
dell’atto di matrimonio (art. 34, comma 5 e 6; art.
19 legge 27 maggio 1929, n. 847).
V i è tuttavia, in questi rapporti, una materia in
cui la giurisdizione è rimasta esclusiva per 1 auto
rità civile, ed è quella della separazione personale
tra coniugi. L ’ultimo comma dell’art. 34 del Con
cordato stabilisce, infatti, che « quanto alle cause
di separazione personale, la Santa Sede consente
che siano giudicate dall’autorità giudiziaria civile ».
43
Pur riconoscendo al matrimonio il carattere sa
cro sancito dalla Chiesa e pur affidando la materia
della celebrazione del matrimonio e delle nullità
e dispense matrimoniali alla Chiesa, lo Stato ita
liano non ha però abolito né modificato il matri
monio civile. Tale matrimonio può sempre essere
celebrato da chi intenda compierlo con le modalità
stabilite dal diritto civile, tanto più che, come si
è detto, fra il matrimonio del diritto italiano e il
matrimonio del diritto canonico non vi sono diffe
renze sostanziali, perche il primo è derivato stori
camente dal secondo e si uniforma alle norme di
quest ultimo. Inoltre, come si è veduto, la materia
delle separazioni personali tra coniugi è rimasta,
per reciproco accordo, integralmente devoluta alla
legge e ai tribunali civili.
Perciò il libro primo del nuovo codice civile
(1938-XVII), mentre ha riconosciuto al matrimo
nio celebrato davanti a un ministro del culto catto
lico gli effetti civili sanciti nel Concordato del 1929
e nelle leggi relative, ha disciplinato in pari tempo
il matrimonio civile in tutta la sua ampiezza. Nel
regolamento del mattrimonio, seguendo in ciò l’e
sempio del codice del 1865, il nuovo codice civile
si e attenuto, quanto più è stato possibile, alle re
gole sostanziali fissate dal diritto canonico, sia per
che, come si è detto, il matrimonio moderno deri
va, in tutti i codici dei paesi civili, quasi diretta-
mente dal diritto canonico, sia perché ha reputato
vantaggioso, per il fatto che il matrimonio cano-
44
nico è diventato il matrimonio del maggior nu
mero dei cittadini italiani, che anche il matrimo
nio civile aderisse sostanzialmente al diritto sancito
dalla Chiesa e osservato dai cittadini nella celebra
zione e nella consistenza del matrimonio. Cosi si
è mantenuto il principio della indissolubilità del
matrimonio (art. 147, libro I, cod. civ. 1938 cor
rispondente all’art. 148 cod. civ. 1865), salvi i casi
di nullità; ma il mantenimento di tale principio
non deriva soltanto da una volontà di adesione alla
legge canonica, ma anche dalla convinzione che
giovi il mantenere l’intangibilità del vincolo coniu
gale per la conservazione e per l’ordine delle fa
miglie. La facilità dei divorzi è infatti una delle
cause m aggiori del disordine familiare negli Stati
che hanno adottato questa forma di scioglimento
del matrimonio.
Quindi, pur riconoscendo il carattere sacro del
matrimonio religioso, fino a dare ad esso il ricono
scimento civile e gli effetti civili, lo Stato italiano
non ha rinunciato al diritto di disciplinare il ma
trimonio secondo le sue vedute e di offrire per
tanto ai cittadini anche le forme del matrimonio
civile, sia per gli acattolici, sia per tutti coloro che
intendano ricorrervi. Perciò anche il nuovo codice
civile mantiene tutta intera la disciplina del matri
monio civile, in una serie di disposizioni (art. 82-
156), che riguardano le condizioni necessarie per
contrarre matrimonio, le formalità preliminari, la
celebrazione del matrimonio, la nullità del matri-
45
monio, i diritti e doveri nascenti dal matrimonio,
lo scioglimento del matrimonio, o la separazione
personale tra coniugi, e via via. La disciplina del
matrimonio civile, pur derivando, in gran parte,
dal diritto canonico, mantiene tuttavia una propria
e netta fisonomia civile.
Tutto ciò si è manifestato anche di recente, al
lorché lo Stato, in seguito alla conquista deH’Im-
pero, di fronte alle razze etiopiche e in conseguen
za dell’aumento eccessivo nel numero e nella po
tenza della razza ebraica nella penisola, ha dovuto
prendere eccezionali misure per la difesa della raz
za nazionale, contro le razze camitiche o semiti
che, che potevano turbare l’omogeneità delle stir
pi italiche e nuocere alla resistenza dell’ordina
mento sociale e politico dello Stato. Una legge
speciale (19 aprile 1937-XV, n. 880) è venuta a
proibire nei territori dell’Impero, con conseguenze
penali, il concubinato tra un Italiano e una donna
di razza diversa, volendosi evitare i pericoli del
meticciato. In seguito, la legge 16 ottobre 1938 -
XVII, n. 1728, è venuta a proibire i matrimoni con
persone appartenenti alla razza ebraica e a limi
tare anche i matrimoni del cittadino italiano con
persone di nazionalità straniere.
Il nuovo codice civile (art. 89) ha contemplato
queste proibizioni e queste limitazioni. Ora il di
ritto canonico, che pure contempla le limitazioni
per i matrimoni di persone di religione diversa,
non contempla l’impedimento della razza. E in-
46
vece questa limitazione era indispensabile per at
tuare quella difesa della razza, che e tra i compiti
essenziali del Fascismo. Questa esigenza ha dovuto
trovare applicazione anche nel diritto matrimonia
le civile, escludendosi gli effetti civili al matrimo
nio religioso celebrato tra persone appartenenti a
razze diverse.
47
VII
49
4-
sa della gioventù loro affidata; di determinare gli
orari in modo da non impedire, nelle domeniche
e nelle feste di precetto, l ’adempimento dei doveri
religiosi.
Nel campo dell’istruzione, che è particolarmen
te tenuto in evidenza dalla Chiesa, in vista della
difesa necessaria del sentimento religioso, difesa
che interessa pure direttamente lo Stato, sono state
considerate nel Concordato anche altre provviden
ze, intese a quel fine. Cosi la Chiesa ha voluto
garantire alle scuole medie, tenute da enti ecclesia
stici o religiosi, le quali sono abbastanza numerose
e fiorenti in Italia, una sicura e libera esplicazio
ne, stabilendosi che per tali scuole rimanga fermo
un esame di Stato, e facendosi cosi a tali scuole
una condizione di effettiva parità con le scuole go
vernative (art. 35).
E di fatto, anche la recente Carta della Scuola,
approvata dal Gran Consiglio del Fascismo il 15
febbraio 1939-XVII, pur modificando le regole
sull’esame di Stato, ha inteso di mantenere quella
parificazione delle scuole medie anzidette con
quelle governative (anche le prime potranno essere
dichiarate sedi di esami di Stato, conforme alle
norme della dichiarazione XXIV), sempre nell’i
potesi che si tratti di scuole, le quali impartiscano
gli insegnamenti nelle forme e nei modi sanciti
per le scuole governative.
Per riguardo all’istruzione universitaria, volen
dosi contemplare l ’Università cattolica del Sacro
5°
Cuore, creata da enti religiosi per collaborare a
questa parte più elevata della formazione scientifi
ca, ma dipendente dalle norme generali relative
all’istruzione universitaria, il Concordato garanti
sce che le nomine dei professori siano subordinate
al nulla osta della Santa Sede, diretto ad assicurare
che, negli individui prescelti, non vi sia alcunché
da eccepire dal punto di vista morale e religioso
(art. 38).
Invece, quando si tratta di istituti destinati alla
formazione e alla cultura ecclesiastica, ossia Uni
versità, Seminari maggiori o minori (diocesani, in-
terdiocesani o regionali), accademie, collegi etc.,
si stabilisce che essi dipenderanno unicamente dal
la Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle auto
rità scolastiche del Regime (art. 39). Le lauree
in sacra teologia, date dalle Facolta approvate dalla
Santa Sede, saranno riconosciute dallo Stato italia
no; non meno che i diplomi che si conseguono
nelle scuole di paleografia, archivistica e diploma
tica documentaria, erette presso la Biblioteca e 1 A r
chivio della Città del Vaticano (art. 40).
51
Vili
52
messa l’alta direzione del servizio di assistenza mi
litare (ordinario militare, vicario ed ispettori), e
fatta confidenzialmente dalla Santa Sede al Go
verno italiano. Qualora il Governo italiano abbia
ragioni da opporre alla fatta designazione, ne dara
comunicazione alla Santa Sede, la quale procederà
ad altre designazioni.
L ’ordinario militare, secondo tale ordinamento,
sarà rivestito della dignità arcivescovile. Ad esso
spetta il trattamento morale e gerarchico dovuto al
generale di divisione. Quando cessi dall’ufficio, ha
diritto ad una indennità o pensione, secondo le
leggi sulle pensioni militari.
A l vicario e agli ispettori spetta il trattamento
morale, gerarchico ed economico, dovuto rispetti
vamente al colonnello e al tenente colonnello o
gradi corrispondenti; e la pensione relativa.
I cappellani militari hanno il trattamento mo
rale e gerarchico competente al grado di tenente
o di capitano; e, dopo sei mesi di esercizio, ne
hanno anche il trattamento economico. La nomina
dei cappellani militari è fatta dalla competente
autorità dello Stato italiano, su designazione del
l’ordinario militare. Nel caso di infrazioni disci
plinari l’incarico può essere revocato dal compe
tente Ministero, sentito il parere dell’ordinario
militare (Concordato, art. 13 agg. e R. D. 25 no
vembre 1929, n. 2184: «Norme integrative sul
servizio dei cappellani militari »).
L ’ordinario militare per l’Italia, che ha la giu-
53
risdizione superiore per questo servizio, riveste, co
me abbiamo visto, dignità di arcivescovo. Ha per
suoi collaboratori un vicario e due ispettori, uno
per l’esercito e l’altro per la marina e per l’aero
nautica; e tiene, con questi suoi diretti aiutanti, la
sede in Roma. In base al Concordato (art. 15), egli
è preposto al capitolo della chiesa del Pantheon
in Roma, costituendo con esso il clero, cui è affi
dato il servizio religioso della basilica. Tale clero
è autorizzato a provvedere a tutte le funzioni re
ligiose, anche fuori di Roma, che, in conformità
con le regole canoniche, siano richieste dallo Stato
italiano e dalla Reai Casa. La Santa Sede ha ac
consentito a conferire a tutti i canonici, che com
pongono il capitolo del Pantheon, la dignità di pro-
tonotari ad instar, durante munere. La nomina di
ciascun canonico sarà fatta dal cardinale vicario
di Roma, dietro presentazione da parte di S. M.
il Re, previa confidenziale indicazione del presen
tando.
54
IX
55
le parrocchie piu povere. Con la legge piemontese
29 maggio 1855, n. 878, l’onere dello Stato in que
sto campo fu abolito, e fu costituita la Cassa eccle
siastica, per cui, mediante il patrimonio di nume
rosi enti ecclesiastici considerati superflui (special-
mente comunità religiose), e mediante un apposito
tributo gravante sugli enti ecclesiastici piu ricchi,
si formò un fondo, che doveva provvedere a quei
sussidi ai parroci poveri che, anteriormente, gra
vavano sul bilancio dello Stato. Il nuovo principio
adottato dalla legge piemontese, se in parte obbe
diva alla tendenza di esonerare lo Stato da sov
venzioni dirette per ragioni di culto, soprattutto
rispondeva all’esigenza di diminuire la manomor
ta ecclesiastica, ossia di porre un rimedio, anche
nell’interesse dell’economia generale, all’eccessivo
cumulo dei beni immobili posseduti dagli enti ec
clesiastici e resi inalienabili.
Con la legge 7 luglio 1866, n. 3036, i principi
sopra indicati furono confermati ed estesi ormai al
nuovo Regno unificato. La Cassa ecclesiastica si
trasformò nel Fondo per il culto, e si fissò la re
gola che le spese di culto, ritenute di pubblico in
teresse, dovessero fare carico ad apposito ente, do
tato di un patrimonio formato interamente coi
beni ecclesiastici derivati dalle soppressioni religio
se o dai tributi gravanti sul patrimonio degli enti
ecclesiastici più ricchi. A questi fini servivano in
fatti variamente e parzialmente le imposte gra
vanti sul patrimonio ecclesiastico; le tasse straordi-
56
narie del trenta per cento imposte con l’art. 18
della legge 15 agosto 1867, n. 3848; la quota di
concorso, di cui all’art. 31 della legge 7 luglio 1860
e all’art. 20 della legge 15 agosto 1867; nonché la
tassa di passaggio di usufrutto per taluni beni ec
clesiastici stabilita dall’art. 1 del R. Decreto 30 di-
cembre 1923, n. 3270.
Intanto, fin dal 19x8, in conseguenza dei cre
scenti bisogni del clero e in conseguenza del e con
dizioni insufficienti del Fondo per il culto, lo Sta
to, rompendo le vecchie regole, comincio a corri
spondere delle somme al Fondo per il culto, pre
levandole dalle finanze statali, affinché quella isti
tuzione potesse mettersi in grado di provvedere
ai bisogni del clero.
Col Concordato, si è provveduto a dare un nuo
vo ordinamento alla proprietà ecclesiastica e a con
fermare l’obbligo dello Stato di provvedere ai bi
sogni del clero cattolico, in quanto compie una
funzione di pubblico interesse. E infatti, mentre
si è provveduto ad abolire quelle imposte straordi
narie sopra accennate (art. 29), si è dichiarato,
<( finché con nuovi accordi non sia stabilito diver
samente», che lo Stato italiano « continuerà a
supplire alle deficenze dei redditi dei benefici
ecclesiastici con assegni da corrispondere in misu
ra non inferiore al valore reale di quella stabilita
dalle leggi attualmente in vigore».
E l’art. 25 della legge 27 maggio 1929, n. 848,
in connessione con la disposizione ora descritta,
57
stabilisce : « L ’ attuale trattamento economico del
clero diviene definitivo anche per i miglioramenti
che le disposizioni finora emanate considerano co
me temporanei ». E si dispone, infatti, che « con
decreto del ministro per le Finanze, da emettersi
di concerto col ministro per la Giustizia e gli A f
fari di culto (oggi dell’Interno), saranno determi
nate, per i relativi stanziamenti in bilancio, le som
me che annualmente il Tesoro dello Stato dovrà
corrispondere al Fondo per il culto e al Fondo di
religione e di beneficenza per la città di Roma,
per far fronte agli oneri suddetti ».
Pertanto, delle antiche istituzioni sorte dalle leg
gi eversive dell’asse ecclesiastico, restano soltanto
in vita il Fondo per il culto e il Fondo di religio
ne per Roma; ma anche questi istituti, pur consi
derati come persone giuridiche, sono ormai privi
di ogni autonomia amministrativa. Oggi, infatti,
il Fondo per il culto non è, in definitiva, che una
direzione generale del Ministero dell’ Interno. Il
clero, in questi rapporti economici, ha relazione
con questo ente, e da questo ente soltanto può pre
tendere i propri assegni.
Le misure e le condizioni di tali assegni sono
regolate dal testo unico approvato con R. Decreto
29 gennaio 1931, n. 227. Gli assegni supplementari
di congrua o supplementi di congrua hanno, come
si è detto, carattere supplementare, ossia costitui
scono quella parte in denaro che viene corrisposta
ai titolari dei benefici ecclesiastici, quando i redditi
58
dei benefici ad essi assegnati non raggiungano
quel minimo che lo Stato giudica indispensabile
per la funzione esercitata. Tali supplementi si
desumono in parte dai redditi del Fondo per il
culto (appena per un quarto circa), nella maggior
parte dalla finanza dello Stato.
Gli enti ecclesiastici, per acquistare e per posse
dere, sono sottoposti alla autorizzazione governati
va, la quale, per l’art. 9 della legge 27 maggio
1929, n. 848, è concessa per decreto reale, dopo op
portuno esame. Inoltre lo Stato deve essere infor
mato sulla consistenza patrimoniale di tutti gli
enti di culto; consistenza patrimoniale che si fa
risultare da un apposito registro (art. 22 legge 27
maggio 1929, n. 848). Sebbene 1 art. 30 del Con
cordato stabilisca, come si è visto, che « la gestione
ordinaria e straordinaria dei beni appartenenti a
qualsiasi istituto ecclesiastico od associazione reli
giosa ha luogo sotto la vigilanza e il controllo del
le competenti autorità della Chiesa, escluso ogni
intervento da parte dello Stato italiano, e senza
obbligo di assoggettare a conversione i beni immo
bili », tuttavia, nello stesso articolo, si stabilisce
che, per i benefici ecclesiastici per i quali lo Stato
supplisca alle deficienze dei redditi (e sono nel
maggior numero), la gestione patrimoniale di que
sti benefici, « per quanto concerne gli atti ecce
denti la semplice amministrazione, avrà luogo con
intervento da parte dello Stato italiano, ed in caso
di vacanza la consegna dei beni sara fatta con la
59
presenza di un rappresentante del Governo, redi
gendosi analogo verbale » (art. 30, comma 3; con
le disposizioni degli articoli 12-14 della legge 27
maggio 1929 e degli articoli 23-32 del regol. 2 di
cembre 1929, n. 2262).
Da tutto ciò risulta, almeno nei limiti stabiliti,
l’esistenza di una vigilanza dello Stato per gli atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione.
L ’amministrazione della Chiesa è tenuta dal sa
cerdote, che è ad essa legittimamente preposto, sal
vo che esistano fabbricerie, nel qual caso queste
ultime, secondo i loro statuti, provvedono all’am
ministrazione del patrimonio e dei redditi della
Chiesa e alla manutenzione dei relativi edifici, sot
to il controllo (vigilanza e tutela) del ministro del
l’Interno, da esercitarsi d’intesa con l’autorità ec
clesiastica, salvi i casi d’urgenza (Concordato, art.
28, lettera a, comma 2 e lett. e\ legge 27 maggio
1929, n. 848, art. 15 e segg.; regolamento sull’or-
din. delle fabbricerie, art. 33 e segg.).
60
X
64
sto storico discorso, mettono in luce evidente la
netta distinzione tra lo Stato e la Chiesa, in vista
della diversa costituzione e delle diverse finalità
dei due poteri; ma contemporaneamente, enume
rando la serie dei privilegi concessi dallo Stato
italiano alla Chiesa, sia per risolvere la « questione
romana », sia per garantire alla Chiesa cattolica
una posizione speciale, riconoscono il particolare
favore usato verso la religione cattolica e 1 orga
nizzazione della Chiesa.
Sarebbe pertanto erroneo concepire il sistema dei
rapporti tra lo Stato e la Chiesa in Italia come
sistema d'unione o di coordinazione; come sarebbe
altrettanto erroneo definirlo come un sistema di
separazione. Non è separazione, in quanto lo Sta
to ha dichiarato la religione cattolica come reli
gione dello Stato, e ha garantito alla Chiesa una
posizione di assoluto favore, con onori, preminen
ze e privilegi tutti singolari; ma non è nemmeno
unione, o coordinazione, in quanto lo Stato non
vuole ingerirsi nei rapporti meramente religiosi e
garantisce ai propri cittadini la libertà di coscienza.
È notevole in sommo grado che la « questione
romana », per la quale fu nei secoli estremamente
difficile trovare un adeguato regolamento, tanto
che essa richiese, nel medio evo e nei tempi mo
derni, la creazione di un potere temporale dei
papi, per cui si giunse fatalmente a falsare la mis
sione religiosa del Papato e a farne decadere il
prestigio, abbia potuto trovare una soluzione cosi
65
s-
elevata, cosi logica e cosi semplice, come quella
contenuta nei Patti lateranensi, da cui sono deri
vate insieme la garanzia della sovranità e della li
bertà assoluta del Papato, nella sua alta missione
religiosa, e la garanzia della assoluta integrità dei
diritti sovrani dello Stato italiano e della piena li
bertà di quest’ultimo anche nei rapporti religiosi.
In questo senso va intesa la formula : « Chiesa li
bera e sovrana; Stato libero e sovrano », la quale
non riguarda i rapporti reciproci tra le due auto
rità, ma si riferisce esclusivamente alla libera azio
ne dei due poteri nel proprio campo di attività.
A questa soluzione hanno condotto univocamen
te molte cause ed esperienze; ma soprattutto la so
luzione è dovuta al momento storico favorevole,
creato dal Fascismo, per cui la religione ha po
tuto conseguire tutta la sua forza, senza intaccare
i diritti intangibili dello Stato italiano, e lo Stato ha
potuto affrontare il problema di garantire alla
Chiesa uno Stato autonomo, necessario ad una sua
visibile libertà nei rapporti internazionali, senza re
care danno o limitazione alla propria assoluta so
vranità. La visione elevata e profonda di due altis
simi spiriti, come Pio XI e Benito Mussolini, ha
potuto condurre a questi meravigliosi risultati.
Sotto l’aspetto internazionale, la Santa Sede,
che già era titolare di una propria personalità di
diritto internazionale, ha potuto guadagnare una
posizione indipendente, la quale è garantita da
uno Stato idealmente e materialmente perfetto : lo
66
Stato della Città del Vaticano, il quale continua,
in certo senso, la personalità dell’antico Stato tem
porale, distrutto nel 1870, senza gli errori e i dan
ni di quest’ultimo, e gode gli attributi di Stato
neutrale, con un territorio dichiarato « neutrale ed
inviolabile » (Trattato, art. 24, comma 2), ricono
sciuto tale da tutti gli Stati che tengono, in qual
siasi forma, rapporti con la Chiesa cattolica e che
hanno dato riconoscimento alla personalità inter
nazionale della Santa Sede.
D ’altra parte, l’Italia, con la cessione di questa
piccolissima parte del territorio nazionale, rima
sta per tanto tempo sottratta alla sua sovranità e
socialmente irrilevante, ottiene anche dalla Santa
Sede il pieno riconoscimento della sua legittimità,
eliminando la « questione romana » che tanto dan
no aveva recato alla Chiesa e allo Stato, e soprat
tutto risolve il problema della pacifica coesistenza,
e, in certo senso, della collaborazione, delle forze
politiche e delle forze religiose, promosse da una
organizzazione di altissimo prestigio morale, in
vista dei superiori interessi della civiltà.
Dal punto di vista interno, come si è detto, lo
Stato italiano non ha rinunciato alla benché mi
nima parte dei suoi diritti di assoluta sovranità e
libertà. Nei confini dello Stato, la Chiesa non è
sovrana, né libera, in quanto i diritti di sovranità
sono esclusivi dello Stato e la Chiesa può agire
soltanto nello spazio convenuto nel Concordato e
stabilito dalle leggi.
67
XI
71
no, nella quasi totalità numerica, per millenaria
tradizione e per fede, la considera e la rispetta con
spontaneo fervore. D ’altra parte, dovendo lo Stato
mantenere integri i suoi diritti originari, e do
vendo pertanto esercitare in pieno la sua azione
insostituibile, richiede che la Chiesa, in quanto vi
ve ed opera nello Stato, sia soggetta alle leggi del
lo Stato e si attenga nella sua azione, fuori dai
confini religiosi, che restano di esclusiva compe
tenza della Chiesa, in conformità alle norme fis
sate negli accordi ora descritti, e pertanto in con
formità degli alti interessi dello Stato. Lo Stato
mantiene quindi, anche sulla Chiesa, il suo pro
prio potere, ma soltanto per quel che tocca il rap
porto politico e civile. Per tutto il resto, per ri
guardo ai fini superiori della Chiesa, per la coin
cidenza degli interessi, per rispetto a quella inve
terata tradizione, riconosce alla Chiesa una posi
zione privilegiata, riguardandola come una gran
de istituzione pubblica, e determinando, nel Trat
tato e nel Concordato, oltreché nelle proprie leggi
relative, questo eccezionale trattamento, con misure
stabilite di pieno accordo; misure che garantiscono
la libertà e l’indipendenza alla Chiesa nel campo
della sua azione.
Dunque, non dominio della Chiesa sullo Stato,
né predominio dello Stato sulla Chiesa, ma indi-
pendenza quanto è piu possibile piena ed intera
sulle distinte sfere di competenza. D ’altra parte,
nell’interesse dello Stato e nell’interesse della Chie-
72
sa, non si è voluto un regime di separazione, che
avrebbe oltre tutto falsato la realtà e urtato il sen
timento del popolo italiano, ma bensì un regime
di concordia e di collaborazione, là dove lo Stato
e la Chiesa possano insieme operare, in base a pre
cise determinazioni, nell’interesse collettivo del
popolo e in quello della civiltà.
A questa definizione di rapporti, hanno servito
gli Atti lateranensi deH’ n febbraio, che hanno in
staurato un nuovo sistema di relazioni giuridiche
fra lo Stato e la Chiesa, pienamente conforme alle
esigenze del nuovo Stato italiano creato dal Fa
scismo; sistema di concordia e di collaborazione,
che, pur distinguendo nettamente il campo d’azio
ne della Chiesa e dello Stato, consente alla reli
gione tutto il suo vasto e benefico dominio e allo
Stato tutta la sua libertà d’azione nel campo dei
rapporti politici e civili.
La superiorità del sistema concordatario italia
no, in confronto con quello di altri paesi, risulta
evidente (i); e si deve riconoscere come merito del
Fascismo, per il grande suo prestigio e per la sua
forza politica eccezionale, l’aver potuto affrontare
e risolvere realisticamente un problema cosi com
plesso, quale quello dei rapporti fra la Chiesa Cat
tolica Apostolica Romana e lo Stato nazionale ita
liano, problema che coinvolgeva la « questione ro-
73
mana », oltreché la condizione politica e giuridica
di una vasta potenza religiosa.
Legittimamente, il Gran Consiglio del Fasci
smo, nella seduta del io febbraio 1939-XVII,
proprio alla vigilia del Decennale degli Accordi
lateranensi, inviando « un reverente omaggio alla
memoria del pontefice Pio XI che volle la conci
liazione tra la Chiesa e lo Stato italiano », ha po
tuto salutare questo « evento grandioso che, dopo
sessant’anni di vani tentativi, risolse col Trattato
del Laterano la Questione romana e stabili attra
verso il Concordato rapporti di collaborazione tra
lo Stato e la Chiesa, a salvaguardia dell’unità fa
scista e cattolica del Popolo italiano ».
74
XII
75
modificato dal Fascismo, che, con la legge 24 giu
gno 1929, n. 1159, sull’esercizio dei culti ammessi
nello Stato, ha riaffermato il principio della piena
libertà di coscienza e di culto. In base a questo
principio, si dichiara che sono ammessi nel Regno
culti diversi dalla religione cristiana cattolica, pur
ché non professino principi e non seguano riti
contrari all’ordine pubblico e al buon costume.
L ’esercizio, anche pubblico, di tali riti si dichiara
libero. Si stabilisce quindi che gli istituti propri
di queste religioni ammesse possano essere eretti
in ente morale, con decreto reale, su proposta del
Ministro dell’Interno, di concerto col Ministro
della Giustizia. Tali enti sono soggetti alle leggi
civili concernenti l’autorizzazione governativa per
gli acquisti e le alienazioni dei beni spettanti agli
enti morali : e sono assoggettati alla vigilanza e al
controllo dello Stato.
Le nomine dei ministri dei culti diversi dalla re
ligione dello Stato debbono essere notificate al Mi
nistero dell’Interno per l’approvazione; approva
zione che è condizione indispensabile per far ot
tenere agli atti di tali ministri gli effetti civili.
La legge stabilisce anche il principio della piena
libertà per la discussione in materia religiosa; e
proclama che la differenza di culto non forma ec
cezione al godimento dei diritti civili e politici ed
alla ammissibilità alle cariche civili e militari. Le
limitazioni a quest’ultimo principio per riguardo
agli appartenenti alla razza ebraica non sono state
76
dettate da ragioni di differenza di culto, ma esclu
sivamente da ragioni di razza, per impedire che la
razza propria del popolo italiano sia confusa con
la razza ebraica, la quale ha conservato le sue spe
ciali caratteristiche nel corso dei secoli e si distin
gue pertanto nettamente da ogni altra razza.
Le norme per l’attuazione della legge sull’eser
cizio dei culti ammessi nello Stato, sono sancite
nel regolamento emanato per decreto reale 28 feb
braio 1930, n. 289. ..............................
Cosi anche la materia relativa ai culti diversi dal
culto cattolico è stata pienamente regolata dal Fa
scismo, in base al principio della liberta religiosa;
e pertanto si può affermare che il Fascismo, il qua
le ha dato le linee più coraggiose e più larghe al
riconoscimento della religione cattolica come reli-
* gìone dello Stato, e ha potuto arditamente risol
vere la « questione romana » e riconoscere la posi
zione pubblica della Chiesa cattolica in Italia e
nel mondo, ha potuto anche dare le norme più
logiche, più libere e più precise a tutela degli al
tri culti ammessi nello Stato e nella materia giu
ridica ad essi relativa.
BIBLIO GRAFIA
Sugli accordi del Laterano, gli scritti principali di carattere
politico-sociale e giuridico sono stati indicati da A. G iannini,
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giuridico di Milano », n. 4 (1929).
V assalli F., I l m a trim o n io n e l r eg im e d e l C o n co rd a to fra l ’Ita
lia e la Santa S e d e (1929). E, piu ampiamente su questo ar
gomento, L e z io n i d i d iritto m a trim o n ia le (1932) C(^ autori
ivi citati.
V ignocchi, L o s c io g lim e n to d el m a trim o n io in Itàlia in se
g u ito a l C o n co rd a to d el L a tera n o (1933).
W erns-V idali, lu s C a n o n ic u m , voi. II, “ De personis” (Romae,
1924).
84
INDICE-SOMMARIO
IV E sa m e d e g li A c c o r d i l a t e r a n e n s i ........................ 21
La « questione romana » e la sua risoluzione fa
scista. - Lo Stato della Città del Vaticano. - La
legge 7 giugno 1929 dello Stato della Città del
Vaticano. - I poteri dello Stato della Città del Va
ticano. - Posizione internazionale della Chiesa cat
tolica e suo riconoscimento da parte dello Stato
fascista.
85
V P o s iz io n e priv ilegiata d ella C h iesa cattolica in Ita
lia, c o m e c o n s e g u e n za d ella c o n fessio n e religiosa
prev a len te n e l p o p o lo ........................................... 30
Guarentigie del Sommo Pontefice e della Santa
Sede. - Libertà nell’esercizio del culto. - Intervento
dello Stato nella scelta dei vescovi e dei parroci
in Italia e nell’amministrazione dei beni ecclesia
stici. - Rinuncia ai diritti del vecchio giurisdizio-
nalismo da parte dello Stato italiano.
86
seguito agli Accordi leteranensi. - Libertà e so
vranità dello Stato.
XI 11 p r in cip io
fascista d i co n co rd ia e d i co lla b o ra zio
n e con la C h iesa n e i lim iti d e lle risp ettiv e c o m
p e te n z e . , ................... , . . . . 68
Il sistema fascista non è di separazione. - Non è
nemmeno di giurisdizione nel senso rigido del
termine. - Principio di accordo e di collaborazio
ne basato sul riconoscimento della reciproca indi-
pendenza.
Indice-Sommario ................................................................... 85
F IN IT O D I STAM PARE
IL 15 D IC E M B R E I9 3 9 - AN N O X V III
N ELLE O F F IC IN E G R A F IC H E
A. MONDADORI
VERONA