SPIRITUALITÀ LAICALE
Prof. Vicente Bosch
C. SANTITÀ E VITA SPIRITUALE DEI FEDELI LAICI
Lezione 9. La dimensione secolare della vita cristiana
L’argomento non è stato sufficientemente trattato da parte dei manuali di teologia
spirituale. Solo nell’ultimo decennio alcuni di essi iniziarono a considerare il mondo e le
realtà terrene come elementi che partecipano alla configurazione della vita nello Spirito1. Ogni
cristiano sviluppa la propria esistenza e la vita di relazione con Dio in una società, nel mondo
e nella storia. Oltre ad essere un membro del Popolo di Dio lo è anche della società civile in
modo attivo e passivo: riceve influsso da essa e in essa agisce. Mondo e vita spirituale non
sono due realtà parallele o semplicemente contemporanee ma estranee: «la spiritualità
cristiana non è una spiritualità senza mondo, bensì una spiritualità incarnata»2. L’intimità con
Dio non esige né sbocca in un ripiegamento dalla realtà, ma piuttosto implica viverla nella sua
concretezza in comunione con Dio. Di conseguenza, il mondo costituisce per ogni battezzato
un elemento che configura e conforma la propria vita spirituale e, particolarmente, per i fedele
laici, che hanno come missione «illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono
strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e siano
di lode al Creatore e Redentore» (Lumen gentium, n. 31).
1. DIVERSI SIGNIFICATI DEL TERMINE «MONDO»
Il termine «mondo» racchiude parecchi significati. Dal punto di vista naturale,
riscontriamo almeno tre:
a) senso cosmico: sarebbe l’universo (il cosmos degli antichi greci, tutta la realtà
esistente all’infuori di Dio;
b) senso cosmologico: tutta la natura creata a eccezione dell’uomo;
c) senso sociologico-storico-culturale: esprime un ambito concreto, un settore della
società, della storia o della cultura (il mondo del lavoro, il mondo antico, il mondo dello
sport).
Da un’ottica cristiana, cioè, che tiene conto della verità rivelata, del disegno salvatore
di Dio e del fine ultimo dell’uomo, troviamo altri tre significati:
a) senso soteriologico: il mondo sarebbe la realtà colpita dal peccato e bisognosa
della Redenzione cristiana, l’oggetto della azione salvatrice di Dio, il mondo amato da Dio
Padre e per il quale Cristo sacrificò la sua vita rigenerandolo e conferendoli i beni del Regno
di Dio;
1
Possono servire a modo di esempio e senza pretesa di esaustività: ISTITUTO DI SPIRITUALITÀ DI MÜNSTER (ed.),
Corso Fondamentale di Spiritualità, Queriniana, Brescia 2006, pp. 382-453; M. BELDA, Guiados por el Espíritu
de Dios. Curso de teología espiritual, Palabra, Madrid 2006, pp. 211-222; D. SORRENTINO, L’esperienza di Dio.
Disegno di teologia spirituale, Citadella Editrice, Assisi 2007, pp. 645-740; F. ASTI, Teologia della vita mistica,
Librería Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009, pp. 145-155; e, particolarmente, J. L. ILLANES, Tratado de
teología espiritual, EUNSA, Pamplona 2007, pp. 297-324.
2
J. L. ILLANES, Tratado de teología espiritual, EUNSA, Pamplona 2007, p. 297.
1
b) senso ascetico: esprime l’occasione di peccato in quanto nemico dell’anima e
luogo della peccaminosità (in realtà sarebbe la mondanità);
c) senso ecclesiologico, che sarebbe l’insieme degli ambiti secolari o profani in cui
vive l’uomo e che sono diversi delle realtà esterne della Chiesa o delle realtà ecclesiastiche.
Questi diversi significati sono in rapporto tra di loro e facilmente si richiamano a
vicenda. Così accade, ad esempio, con un testo della costituzione pastorale Gaudium et spes,
sulla Chiesa e il mondo attuale:
«Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera
famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che
è teatro della storia del genere umano, e reca i segni degli sforzi dell'uomo, delle sue
sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono creato e conservato in
esistenza dall'amore del Creatore: esso è caduto, certo, sotto la schiavitù del peccato,
ma il Cristo, con la croce e la risurrezione ha spezzato il potere del Maligno e l'ha
liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo
compimento» (GS 2).
2. PRINCIPALI AFFERMAZIONI BIBLICHE SUL MONDO
In lingua ebraica non esiste un termine specifico per designare il mondo, per cui
adopera le espressioni «il cielo e la terra»3 e «tutto»4. In greco, nei libri dell’Antico
Testamento troviamo anche il sostantivo kósmos e gli autori del Nuovo Testamento adoperano
indistintamente le due espressioni5. Inoltre designarono anche il mondo col vocabolo aiôn
(tempo, epoca) che il latino tradusse in seculum e diede origine in ambito cristiano al rapporto
tra mondo e tempo, mondo e storia.
Offriamo di seguito una breve rassegna delle principali affermazioni bibliche sul
mondo.
1) Il mondo è stato creato da Dio (cf. Gn 1 e 2; At 17, 24). Sono varie le
conseguenze immediate di questa affermazione, ma principalmente quattro. La prima sarebbe
l’assoluta trascendenza di Dio, che esclude ogni visione panteista del mondo (il mondo non e
Dio; Dio e mondo sono due cose diverse). La seconda ci conduce all’idea che se il mondo ha
avuto un inizio, avrà pure una fine e verso la quale cammina sotto il governo saggio e
provvidente del Signore del mondo e della storia (cf. Sap 8, 1; Ps 19, 1-7). La seguente
conseguenza – molto importante per noi – sarebbe affermare la bontà originaria del mondo: la
materia non è intrinsecamente cattiva ne è opposta radicalmente allo spirito (Gn 1, 31: «Dio
vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona»). Per ultimo, si consegue che essendo
l’uomo il vertice della creazione e avendo il dominio su tutto il creato (cf. Gn 1, 27-28; Ps 8,
7) il destino finale del mondo è vincolato a quello dell’uomo. Da tutto questo possiamo
dedurre una conseguenza esistenziale o spirituale: se il mondo creato da Dio è dotato di una
3
Gn 1, 1: «In principio Dio creò il cielo e la terra»; cf. anche, Ex 31, 17; Jer 51, 15.
4
Is 44, 24: «Sono io, il Signore, che ho fatto tutto, che ho spiegato i cieli da solo, e ho disteso la terra»; cf. anche
Ps 8, 7; Si 361, 1).
5
Mt 24, 35: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passerano»; At 17, 24: «Il Dio che ha fatto il
mondo [kósmos] e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti
dalle mani (…)».
2
bontà indistruttibile, allora «l’uomo può guardare con fiducia tutto quanto gli è attorno,
riconoscendo in tutto il segno e anche il potere della bontà divina»6 .
2) Il carattere drammatico del mondo. L’armonia originaria del mondo fu interrotta
dal peccato originale. Con la caduta di Adamo ed Eva il mondo è stato sottomesso alle
conseguenze del peccato (cf. Gn 3, 16-19). Col peccato – disobbedienza a Dio e mancanza di
fiducia nella sua bontà – «l’armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è
diventata aliena e ostile all’uomo. A causa dell’uomo, la creazione è ‘sottomessa alla
caducità’ (Rm 8, 20)»7. Inoltre, entra la morte nella storia (cf. Rm 4, 12) e si fa notare la
presenza e l’azione del Maligno, principe di questo mondo (cf. Gv 12, 31).
3) Il mondo è sottomesso al giudizio di Dio. Nella Bibbia, l’espressione «giudizio di
Dio» è peggiorativa e implica presunzione di colpevolezza. Cioè si tratta del «mondo» che
non ha voluto riconoscere Cristo e si è opposto a Dio: è un mondo di tenebre (cf. Gv 1, 5),
«colpevole di fronte a Dio» (Rm 3, 19), incapace di dare la vera pace (cf. Gv 14, 27),
caratterizzato da un modo di pensare e da uno spirito inadatto a «conoscere tutto ciò che Dio
ci ha donato» (1 Co 2, 12) e che inganna l’uomo conducendolo alla tristezza e alla morte (cf.
2 Co 7, 10). Sarebbe il mondo di cui affermò Gesù che «odia me, perché di lui io attesto che
le sue opere sono cattive» (Gv 7, 7).
4) Il mondo è anche sotto la promessa. Gesù ha dato la vita al mondo e con la sua
morte ha riconciliato il mondo con Dio: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha
mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di
lui» (Gv 3, 16-17). L’amore di Dio è più forte del peccato. Con l’Incarnazione e la sua
Passione, il Figlio di Dio diede la sua «carne per la vita del mondo» (Gv 6, 51) e con la sua
Risurrezione si costituì capo della nuova creazione (cf. Ef 1, 7-10.20-23). Possiamo affermare
con Illanes che «il ‘mondo futuro’, il mondo salvato e redento, il mondo in cui il Regno di
Dio si è fatto presente è già una realtà. (…) La storia continua a esperimentare la presenza del
male, ma (…) è profonda e radicalmente segnata dalla vittoria di Cristo, la cui forza opera nel
trascorrere del tempo fino il giorno (…) in cui tutte le cose saranno sottomesse a Cristo e Lui
le consegni al Padre e Dio sia tutto in tutte le cose (Gv 12, 32; 1 Co 15, 25-28; Ap 21, 5)»8.
Da questi fondamentali insegnamenti biblici – bontà originaria del mondo, la sua
ostilità causata dal peccato e la sua redenzione operata da Cristo – possiamo dedurre la
posizione del cristiano di fronte al mondo. È stata molto ben riassunta nella preghiera
sacerdotale di Gesù nell’Ultima Cena: «Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel
mondo (...). Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non
sono del mondo, come io non sono del mondo» (Gv 17, 11.15-16). Cioè, il cristiano unito a
Cristo per la fede e la carità non è più del mondo giacché è una creatura nuova. Vive la stessa
vita di Cristo, che è la vita eterna (Ga 2, 20: «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in
me»). Non appartiene più a questa fase superata della storia che è il mondo del peccato, ma si
6
J. L. ILLANES, Tratado de teología espiritual, EUNSA, Pamplona 2007, p. 303.
7
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 400. Rm 8, 19-22: «La creazione stessa attende con impazienza la
rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di
colui l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare
nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi
nelle doglie del parto (...)».
8
J. L. ILLANES, Tratado de teología espiritual, EUNSA, Pamplona 2007, pp. 307-308.
3
trova ancora nel mondo e in lui permane soffrendo gli attacchi del Principe di questo mondo
e, al contempo, testimoniando che Cristo è morto e risuscitato per la salvezza degli uomini.
Così, il cristiano vince il mondo con la fede: «Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e
questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5, 4).
3. L’AMORE CRISTIANO AL MONDO
Nella definizione di peccato offerta da Tommaso d’Aquino (aversio a Deo e
conversio a creaturas) si vuol evidenziare che la malizia del peccato sta nella negazione della
sottomissione a Dio, per cui l’uomo erige se stesso come assoluto, cerca la felicità nelle
creature, erigendole come un assoluto, e lì si perde e aliena. Conviene, però, fare attenzione a
non invertire l’ordine di quest’affermazione, cercando di definire la virtù come conversio a
Deo e aversio ad creaturas, giacché la malizia non si trova nelle creature bensì nelle cattive
tendenze del cuore umano. Pertanto, l’atteggiamento del cristiano di fronte al mondo non può
essere di avversione, bensì di amore. Un amore non soltanto procedente dalla contemplazione
naturale della bellezza, dell’ordine e dell’armonia del creato (fonte d’ispirazione dei poeti e
artisti), ma un amore profondo e teologale che nasce dalla contemplazione soprannaturale
della creazione. Bisogna amare il mondo in Dio e da Dio, che è la fonte del vero amore.
La dottrina sull’amore cristiano al mondo di San Josemaría, promotore di una
spiritualità intrinsecamente secolare, poggia su tre colonne:
1) La contemplazione dell’opera creatrice di Dio alla luce della fede: «La fede
cristiana ci porta a vedere il mondo come creazione del Signore, apprezzando tutto ciò che è
giusto e bello, riconoscendo la dignità di ogni persona, fatta a immagine di Dio»9. Di
conseguenza, il cristiano guarda il mondo come effetto della Somma Bontà e lo guarda con
amore, come lo guarda Dio, lo ama perché Dio lo ama e questo amore divino rende buone le
cose.
«Nei primi anni della mia attività pastorale, quando cominciai a predicare queste
concetti, alcuni non mi capirono, altri si scandalizzarono: si erano assuefatti a sentir
parlare del mondo sempre in senso negativo. A me il Signore aveva fatto comprendere
– e io cercavo di far comprendere agli altri – che il mondo è buono perché le opere di
Dio sono sempre perfette, e che siamo noi uomini che rendiamo il mondo cattivo con il
peccato»10.
2) La seconda colonna dell’amore al mondo sarebbe ciò che possiamo chiamare
«l’ottimismo cristiano» che si basa sulla virtù della speranza. Il cristiano non ignora la
presenza del male nel mondo, frutto del peccato originale, ma è consapevole che questa
presenza non può distruggere la bontà originaria del mondo.
«Il male e il bene si mescolano nella storia umana, e il cristiano deve essere
quindi una creatura capace di discernere; ma questo discernimento non lo deve
condurre mai a negare la bontà delle opere di Dio; al contrario lo deve condurre a
riconoscere il divino che si manifesta nell’umano, persino dietro la nostra stessa
debolezza. Un bel motto per la vita cristiana si può trovare in quelle parole
dell’Apostolo: ‘Tutte le cose sono vostre, voi di Cristo e Cristo di Dio’ (1 Co 3, 22)»11.
9
SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ DE BALAGUER, É Gesù che passa, n. 99.
10
IDEM, Colloqui n. 70.
11
Ibidem.
4
Cioè, il cristiano non deve assumere un atteggiamento pessimista nei confronti del
mondo.
3) L’ultima colonna sarebbe la contemplazione unitaria del disegno salvatore di Dio.
Dal momento in cui Dio ha manifestato il suo amore a un mondo nuovo e definitivo tramite
l’Incarnazione del Verbo, non si può più parlare di realtà esclusivamente profane:
«Non c'è nulla che sia estraneo alle attenzioni di Cristo. Parlando con rigore
teologico, senza limitarci a una classificazione funzionale, non si può dire che ci siano
realtà — buone, nobili, e anche indifferenti — esclusivamente profane: perché il Verbo
di Dio ha stabilito la sua dimora in mezzo ai figli degli uomini, ha avuto fame e sete,
ha lavorato con le sue mani, ha conosciuto l'amicizia e l'obbedienza, ha sperimentato il
dolore e la morte. ‘Perché piacque a Dio di fare abitare in Cristo ogni pienezza e per
mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua
croce le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli’ (Col 1, 19-20)»12.
Siccome il destino della Creazione è la sua partecipazione eterna nella gloria,
soltanto c’è un fine ultimo dell’uomo e del mondo: quello soprannaturale. Gesù è stato inviato
dal Padre per riconciliare l’universo con Dio e per raggiungere questo traguardo vuole servirsi
dei cristiani:
«Dobbiamo amare il mondo, il lavoro, le realtà umane. Perché il mondo è buono:
il peccato di Adamo ruppe la divina armonia del creato, ma Dio ha inviato suo Figlio
unigenito a ristabilire la pace. E così noi, divenuti figli di adozione, possiamo liberare
la creazione dal disordine e riconciliare tutte le cose con Dio»13.
In conclusione, Dio ha affidato al cristiano il compito di restaurare il mondo nella sua
bontà originaria e, quindi, l’amore teologale al mondo deve essere una dimensione costitutiva
della vita spirituale di ogni cristiano.
12
SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ DE BALAGUER, É Gesù che passa, n. 112.
13
Ibidem.