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Lezione 2 Psicologia Generale e Dello Sviluppo

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LEZIONE 2 PSICOLOGIA GENERALE E DELLO SVILUPPO

LA PSICOLOGIA COME
SCIENZA
Principali correnti psicologiche a confronto
AMBITO SOCIO PSICO PEDAGOGICO

UNA DEFINIZIONE

Con il termine psicologia si intende la scienza che indaga l’attività psichica e il


comportamento umano per definirne le leggi. In particolare la psicologia può essere intesa
come la scienza che studia:
! l’attività psichica degli esseri viventi;
! il comportamento degli esseri viventi;
! la personalità degli esseri viventi.
La mente umana resta l’oggetto di studio privilegiato della psicologia.

La lezione è di Psicologia generale e dello sviluppo, il titolo è la Psicologia come scienza.


Principali correnti psicologiche a confronto, l’ambito di riferimento è l’AMBITO SOCIO PSICO
PEDAGOGICO. Innanzitutto dobbiamo fornire una definizione del termine psicologia, con essa
si intende la scienza che indaga l’attività psichica degli esseri viventi; il comportamento
degli essere viventi; la personalità degli esseri viventi, per cercare di definirne le leggi. La
mente umana resta l’oggetto privilegio di studio da parte della psicologia. Quanto si parla di
mente si intende quest’ultima come uno spazio interno al soggetto, diverso dal corpo che
invece presenta lo spazio esterno che comunica quindi con l’ambiente dal quale recepisce
il più alto numero di informazioni. La prima corrente in assoluto è la corrente dello
Strutturalismo, il padre di questa corrente è Wilhelm Max Wundt a lui si deve sicuramente
l’attribuzione di quella che è nascita convenzionale della psicologia come scienza. Wundt
istituì a Lipsia nel 1879 il primo laboratorio di psicologia sperimentale, condusse infatti
i primissimi esperimenti che andavano ad indagare sicuramente quelli che erano i soli stimoli
Introspezione LO STRUTTURALISMO Esperienza soggettiva

Il primo psicologo nel senso più completo del termine è tradizionalmente considerato Wilhelm Max Wundt
(1832-1920), iniziatore della cosiddetta psicologia fisiologica e fondatore del primo laboratorio di psicologia
sperimentale a Lipsia nel 1879, data a cui si riconduce formalmente la nascita della psicologia come
scienza. La conoscenza scientifica del tempo non mette a disposizione di Wundt e ai suoi colleghi
tecnologie sofisticate per lo studio del cervello e del suo funzionamento, pertanto lo psicologo tedesco
iniziò il suo studio della mente partendo da quello che poteva misurare e osservare direttamente: le
esperienze soggettive o personali dei suoi collaboratori come risposta a stimoli fisici ( suoni, colori, energie
fisiche, calore…), sempre in condizioni controllate. Questa tecnica di analisi dell’esperienza immediata
prese il nome di introspezione. Attraverso l’impiego di questa metodologia di indagine Wundt e la scuola
si proponevano di osservare sistematicamente e direttamente i processi riscontrabili nei soggetti nel
momento in cui essi sperimentano una qualche percezione della realtà. In questo modo essi arrivano
idealmente alla scomposizione di complessi processi psicologici negli elementi che li costituiscono,
semplificandoli poi ulteriormente fino a raggiungere degli elementi base, non ulteriormente scomponibili.

STRUTTURALISMO METODO MENTE


Da Edward Titchener Intesa come sommatoria di
Introspezione
I Definizione parti elementari

fisici che potevano essere rilevati a monte, durante e al termine dell’esperimento. I


soggetti sperimentali designati furono i suoi stessi collaboratori i quali venivano esposti ad
una serie di stimoli (informazioni che erano in grado di recepire dal punto di vista fisiologico,
quindi dal punto di vista percettivo-sensoriale), quindi ad informazioni di tipo ambientale. I
suoi soggetti sperimentali, quindi i suoi stessi collaboratori, venivano sottoposti
all’esperimento attraverso l’utilizzo del tachistoscopio alla visione di una serie di
immagini, impulsi luminosi o di variazioni di calore. Il tachistoscopio nelle sue evoluzioni
più recenti è diventato un software che viene utilizzato anche per far fronte a problemi legati
al disturbo dell’apprendimento, in particolar modo per la dislessia. Bisogna immaginarlo
come una sorta di lavagna luminosa all’interno della quale venivano proiettate una serie di
immagini, e poi veniva misurata la reazione fisica alla visione di queste immagini.
Reazione fisica a monte, quindi, prima dell’esperimento, durante e dopo. In ognuna delle
diversi correnti psicologiche sono mostrati sinteticamente i punti chiave in riferimento ad
ognuna delle diverse correnti. 1) STRUTTURALISMO Sicuramente lo “Strutturalismo” dal
punto di vista della sua denominazione deriva come prima definizione dal contributo di
“Edward Titchener”, allievo di Wundt che a distanza di anni ripercorrendo il lavoro di tutti
gli studiosi che insieme a Wundt avevano garantito la nascita convenzionale della psicologia
come scienza gli attribuì questa definizione solo a distanza di tempo. Non sono stati
ovviamente gli stessi iniziatori ad attribuirsi questa denominazione. È una definizione
postuma che deriva dal contributo di Edward Titchener. 2) METODO Il “metodo” utilizzato
assume la definizione di “introspezione”, proprio perché i soggetti sperimentali
venivano sottoposti alla visione al tachistoscopio, di questi diversi stimoli.
Successivamente andavano a raccontare quella che era la propria esperienza soggettiva dal
punto di vista dei cambiamenti fisiologici. 3) MENTE la “mente” quindi viene “intesa come
somma delle parti elementari”. Le parti elementari sono gli stimoli ambientali che
venivano recepiti attraverso gli organi di senso.
Sempre in Germania ma in questo caso a Berlino nasce la LA PSICOLOGIA DELLA Gestalt,
della FORMA O Gestaltpsychologie. Gestalt sta per forma, globalità. Ha come maggior
esponente Max Wertheimer e come oggetto di studio la percezione. In contrapposizione a
quanto avevano realizzato gli strutturalisti con Wundt in particolar modo, la percezione
LA PSICOLOGIA DELLA FORMA O
GESTALTPSYCHOLOGIE
Sempre in Germania, ma a Berlino, nacque agli inizi del Novecento un’altra scuola psicologica in contrapposizione
allo strutturalismo di Wundt. La psicologia della forma o Gestaltpsychologie, rivendicò infatti il carattere di totalità
dei fenomeni mentali rivalutando l’esperienza immediata che l’individuo ha della realtà. Gestalt significa forma-
globalità, difatti i gestaltisti considerano le esperienze come delle totalità che vanno studiate nella loro interezza,
poiché il significato dei singoli elementi è dato dalla loro collocazione o dal loro ruolo nell’insieme in cui sono inseriti.
Gli studiosi della psicologia della forma condividono dunque con gli strutturalisti il punto di partenza e l’area di
principale interesse: la nascita del movimento vide infatti le loro ricerche incentrarsi sulla percezione, l’esperienza
soggettiva e la coscienza. Ma i gestaltisti non condividono l’assunto degli strutturalisti, e, di conseguenza, per loro la
mente ha valore come fenomeno unitario e non come sommatoria di singoli elementi. Da ciò deriva il motto dei
gestaltisti: «Il tutto è più della somma delle singole parti», le quali possono esistere indipendentemente dal tutto,
mentre è il tutto a perdere il suo significato se considerato a prescindere dalle singole parti che lo compongono ( le
singole note di una melodia hanno un loro significato tuttavia una melodia è composta da specifiche note senza le
quali non può esistere). Ne deriva l’assunto che considera la mente non passiva nella percezione, ma attiva
nell’organizzazione delle informazioni ricevute, informazioni che compone per formare un «tutto».

viene intesa come un processo complesso, quindi, ben diverso da quanto avevano inteso gli
strutturalisti definendo la mente come mera sommatoria di parti elementari, che poi
erano soli stimoli. Per gli psicologi della Gestalt era impossibile che la mente potesse ridursi
nella sua significazione solo ed esclusivamente alla sommatoria di stimoli sensoriali che poi
erano quelli che andava a misurare Wundt attraverso l’utilizzo del tachistoscopio. Doveva
necessariamente essere qualcosa di più complesso, da ciò deriva il motto dei gestaltisti: «Il
tutto è più della somma delle singole parti». Proprio per stabilire che la mente per quanto
non fosse ancora chiaro neanche agli psicologi della Gestalt cosa potesse essere, doveva
necessariamente anche in linea astratta qualcosa di più della semplice somma di stimoli
sensoriali. Quando si parla di percezione, dobbiamo distinguerla dalla sensazione anche se
poi sarà il cognitivismo a fornire una definizione specifica che ci consentirà di differenziare
la percezione dalla sensazione. Quando si parla di sensazione ci riferiamo solo ed
esclusivamente alla raccolta dei dati, delle informazioni che poi vengono tradotti in dati
sensoriali attraverso i nostri organi di senso, quindi il nostro sistema percettivo-sensoriale.
È come dire: sento un suono. Ciò si riduce solo alla spiegazione di quello che sta avvenendo
dal punto di vista solo dell’acquisizione dell’informazione. Attribuire invece un significato
complesso al suono, quindi, stabilire da quale distanza provenga, di che natura sia, andare a
ricordarlo e recuperare questa informazione all’interno dei nostri cassetti della memoria è un
atto percettivo. Pertanto, l’elaborazione complessa della sensazione. Arriveranno a
definire la percezione in maniera più scientifica i cognitivisti. Per ora la Psicologia della
Gestalt nel tentativo di trovare una spiegazione che non riducesse la mente alla mera
sommatoria degli stimoli sensoriali, viene utilizzata semplicemente per stabilire che la mente
è un tutto ma che è più della somma delle singole parti che la compongono.
A) PSICOLGOIA DELLA FORMA Abbiamo detto che il padre di questa corrente psicologica è
senza dubbio Max Wertheimer. B) OGGETTO DI STUDIO è la “percezione, l’esperienza
soggettiva e la coscienza”: 1) La percezione l’abbiamo distinta grosso modo dalla
sensazione anche se non può essere definita ancora come un processo di elaborazione dei
dati sensoriali ma semplicemente come un’idea che era poi quella attribuita al campo di studi
della psicologia della gestalt. 2) L’esperienza soggettiva quindi l’esperienza che ognuno
compie rispetto alle proprie esperienze e azioni sul piano dei sensi;

LA PSICOLOGIA DELLA FORMA O


GESTALTPSYCHOLOGIE
Il campo di studio privilegiato dalla psicologia della forma è la percezione, la quale costituì l’ambito in cui il fondatore
della scuola, Max Wertheimer (1880-1943), condusse le prime indagini. Tra i primi e più noti rappresentanti della
scuola gestaltista vi furono Kurt Koffka e Wolfgang Kohler, il quale avviò lo studio dei processi di problem-solving, a
cui fecero seguito i lavori di Wertheimer e di Karl Duncker sul pensiero produttivo e quelli di G. Katona
sull’apprendimento. Con l’avvento del nazismo molti esponenti della psicologia della forma emigrarono negli Stati
Uniti, dove ebbero particolare successo le teorie di Kurt Lewin, riguardanti le dinamiche di gruppo e la personalità.
In Italia il gestaltismo fu coltivato soprattutto da Cesare Musatti e Gaetano Kanizsa.

PSICOLOGIA DELLA OGGETTO DI MENTE


FORMA O STUDIO Intesa come attiva
nell’organizzazione
GESTALTPSYCHOLOGIE Percezione, delle informazioni
Max Wertheimer esperienza ricevute, per
soggettiva e comporre e formare
coscienza un «tutto»

LA PSICOLOGIA DELLA FORMA O


GESTALTPSYCHOLOGIE
A questa corrente appartiene anche Kurt Lewin, che ha studiato a fondo le dinamiche dei gruppi e lo sviluppo delle
organizzazioni e ha elaborato la teoria del campo, ampiamente applicata in psicologia sociale: ogni individuo,
secondo Lewin, ogni momento della propria vita, è incluso in un particolare campo psicologico, all’interno del quale
agiscono forze molteplici e contrastanti che lo spingono in una o nell’altra direzione. Un comportamento, quindi va
spiegato sempre in relazione alla situazione in cui si verifica, nella relazione tra quella persona e l’ambiente con cui
interagisce in quel momento. Il campo è uno spazio di vita, un campo psicologico o un ambiente psichico e ha un
peso nel determinare un comportamento di gran lunga superiore al passato dell’individuo.

PSICOLOGIA DELLA OGGETTO DI MENTE


FORMA O STUDIO Intesa come attiva
nell’organizzazione
GESTALTPSYCHOLOGIE Percezione, delle informazioni
Max Wertheimer esperienza ricevute, per
soggettiva e comporre e formare
coscienza un «tutto»

3) e la coscienza, si intende la consapevolezza della propria esperienza soggettiva. C) MENTE


La mente viene intesa come attiva nell’organizzazione delle informazioni ricevute per
comporre e formare un tutto. Quel tutto è la Gestalt. C’è un altro importante esponente di
questa corrente psicologica nello specifico ed è Kurt Lewin. Di egli ricordiamo sicurametne la
“teoria del campo”, il campo inteso come spazio di vita, uno spazio agente e interagente.
Con la teoria del campo, Lewin ci suggerisce che per andare ad analizzare il comportamento di
un singolo soggetto, non si potesse in realtà analizzarlo in maniera individuale, quindi senza
contestualizzarlo all’interno di un più bacino, contenitore che invece è determinato dalla
presenza del gruppo di appartenenza. Quindi per poter analizzare correttamente il
comportamento di un singolo individuo nell’ottica della psicologia della Gestalt e in

FUNZIONALISMO

Come la Gestaltpsychologie, anche il funzionalismo muove le sue premesse da una critica rivolta allo
strutturalismo. William James (1842-1910), fondatore del movimento funzionalista con i suoi Principi della
psicologia del 1890, ritiene che la coscienza sia caratterizzata da una successione ininterrotta di
esperienze (il cosiddetto flusso di coscienza) in cui gli elementi precedenti si trasmutano in quelli successivi
senza soluzione di continuità. James iniziò i suoi studi esaminando i riflessi, intesi come “azioni fondamentali”,
e dei quali volle andare a indagare la motivazione. Coerentemente con il pensiero del suo tempo
(estremamente interessato alle basi biologiche del comportamento) lo studioso americano trovò una
spiegazione neurologica a questi atti involontari. Passò poi ad analizzare la mente a proposito della quale
introdusse il famoso concetto sopra menzionato di flusso di coscienza: per il funzionalismo la mente è quindi
caratterizzata da incessanti mutamenti cosicché risulta impossibile “fissarla” in rappresentazioni statiche. Il
funzionalismo fu fortemente influenzato dall'opera di Darwin, e condivide infatti l'assunto evoluzionistico
secondo il quale i fenomeni psichici si sarebbero sviluppati in quanto capaci di produrre un miglior adattamento
dell'individuo all'ambiente.

particolar modo il contribuito che deriva da Kurt Lewin bisognava necessariamente leggerlo
in relazione al contesto sociale, culturale e di provenienza.
Arriviamo al Funzionalismo. Come abbiamo potuto notare, sia lo Strutturalismo che la
Psicologia della Gestalt, nascono e si sviluppano nell’ambito del contesto europeo. Mentre
le correnti successive in particolar modo a partire dal Funzionalismo di William James,
nascono e si sviluppano negli Stati Uniti. Per quale motivo accade ciò? Innanzitutto in Europa
abbiamo avuto i due grandi conflitti mondiali che hanno costretto la maggior parte degli
studiosi e dei pensatori a migrare portando con se le proprie idee dall’Europa agli Stati Uniti.
Kurt Lewin con le sue idee innovative e la teoria del campo influenzo molto quella che era la
nascente corrente psicologica denominata Funzionalismo negli USA. Il padre di questa
corrente nello specifico è William James. Iniziò i suoi studi soprattutto esaminando i riflessi
descritti soprattutto come delle risposte incondizionate a degli stimoli. Risposte che hanno
luogo a seguito della somministrazione di uno stimolo come accade, ad esempio, il martelletto
che picchia sul ginocchio. Che cosa si ottiene dalla somministrazione dello stimolo? Si ottiene
un riflesso che rappresenta la risposta incondizionata allo stimolo che lo ha generato. Dal
punto di vista del Funzionalismo, grande attenzione è rivolta anche al “flusso di coscienza”
ossia si ritiene che la coscienza sia caratterizzata soprattutto da una successione
ininterrotta di esperienze. È importante segnalare questo studioso perché lo ritroveremo
nella lezione dedicata all’area di competenza denominata empatia e intelligenza emotiva come
uno dei primi sostenitori ad aver analizzato la fonte delle emozioni, con la realizzazione
della sua “teoria periferica delle emozioni”. Nell’ambito del Funzionalismo, confluiscono
una serie di idee, si parte sicuramente dall’analisi del flusso di coscienza, da un esame di
quelli che sono i riflessi intesi come risposta incondizionata che hanno luogo a seguito della
somministrazione di stimoli. Ma confluiscono sempre nell’ambito del Funzionalismo, gli studi
condotti anche sui processi adattivi della mente da parte dell’uomo. Processi adattivi che
vengono analizzati tenuto conto di quelle che sono due grandi matrici teoriche: 1) da una
parte teniamo il contributo che deriva dalle teorie evoluzioniste di Charles Darwin, quindi,
tutti gli studi connessi alla selezione e all’evoluzione della specie su base genetica. E
dall’altra parte invece abbiamo la componente sociologica. Come possiamo notare la
psicologia nasce nel 1879 con l’istituzione del primo istituto di psicologia sperimentale a
Lipsia ad opera di Wilhelm Max Wundt. Ma la sociologia era già nata grazie ad Auguste

FUNZIONALISMO
James, infatti, rivendicò la fondamentale caratteristica adattativa della mente, intesa come strumento per
prefigurare e raggiungere scopi futuri, introducendo quindi l'idea che la psicologia non debba solo interessarsi di
descrivere o riconoscere in qualche modo l'esatto contenuto della mente, ma debba soprattutto interessarsi alle
funzioni del pensiero (in che modo il pensiero permette agli esseri umani di far fronte alle sfide dell'esistenza?). Il
funzionalismo studia perciò soprattutto i processi mentali con un chiaro ruolo adattativo, quali
l'apprendimento, il pensiero e la motivazione, e prende in attenta considerazione le differenze individuali che
si manifestano al riguardo. All'orientamento funzionalista vengono in genere ricondotti psicologi americani che si
interessarono di dinamiche sociali (G.H. Mead), di costruzione di test (J.M. Cattell) e soprattutto di
apprendimento (E.L. Thorndike e R.S. Woodworth). Il funzionalismo è finito per confluire dopo il 1910 nel
comportamentismo, che pure ha recepito l'istanza evoluzionistica anche se la sviluppò in differente direzione. In
Europa il funzionalismo si è diffuso grazie a E. Claparède e alcune sue istanze sono state successivamente fatte
proprie da J. Piaget. Il processo di adattamento dell’individuo all’ambiente è il focus delle delle loro ricerche
(influenzate profondamente dall’evoluzionismo darwiniano). Tale processo comincia sin dall’infanzia, quindi per
questi studiosi assume rilievo lo studio dei bambini.
OGGETTO DI
PAROLE CHIAVE STUDIO
FUNZIONALISMO Coscienza La mente e i suoi
William James Riflessi processi adattivi:
Flusso di coscienza apprendimento,
pensiero e motivazione

Comte, filosofo francese fondatore del Positivismo nel 1824. La sociologia è il ramo che
confluisce e contribuirà sempre con i suoi studi a quello che è il lavoro di ricerca condotto
nell’ambito del Funzionalismo, è determinato dalla Scuola di Chicago che ebbe un indirizzo
specifico di studi che era rivolto all’analisi dei meccanismi adattivi, connessi
prevalentemente alla sociologia urbana. Ossia, dal punto di vista della sociologia urbana e
della Scuola di Chicago si cercava di studiare i meccanismi adattivi sul piano sociale
dell’uomo alle nuove condizioni di vita delle città che si sviluppavano verso l’alto. Siamo
nel 1890, cioè a conclusione dell’800 e quindi stavano nascendo i primi grattacieli negli USA.
Dunque, si voleva analizzare anche sul piano adattivo come stesse cambiando l’adattamento
dell’uomo alle nuove condizioni di vita. Una cosa che bisogna prestare particolare attenzione
in riferimento al Funzionalismo è riguardo i riflessi. Lo studio dei riflessi, ha gettato le basi
per la nascita di una ben più nota corrente psicologica: il Comportamentismo. Il
Funzionalismo nella sua evoluzione massima confluirà nel Comportamentismo dando vita a
quelli che sono gli studi riferiti ai meccanismi stimolo-riflesso, stimolo-risposta.
Ripercorrendo velocemente le parole chiave connesse a questa corrente psicologica nello
specifico: 1) FUNZIONALISMO - Il padre di questa corrente psicologia è William James; 2)
PAROLE CHIAVE sono “coscienza” intesa dal punto di vista dei flussi di coscienza, ossia il
fluire dell’esperienza dei diversi soggetti e i riflessi intesi come risposta incondizionata che
hanno luogo a seguito della somministrazione di stimoli; 3) OGGETTO DI STUDIO rimane
la mente ma con i suoi processi adattivi: “apprendimento, pensiero e motivazione”.
Abbiamo detto che il Funzionalismo, nella sua massima espressione confluisce nel
Comportamentismo o anche Behaviorismo (dall'inglese: behaviour=comportamento) o
come corrente S-O-R, stimolo – risposta dove la variabile intermedia è ciò che avviene
all’interno dell’organismo (O) e che provoca una determinata risposta come reazione ad un
determinate stimolo. Il padre di questa corrente nata nel 1913 è J.B. Watson.
COMPORTAMENTISMO
Nato quasi contemporaneamente alla scuola della gestalt (la nascita del comportamentismo fu annunciata nel
1913 da J.B. Watson (1878-1958), che espose il “manifesto” della scuola nell'articolo la psicologia come la
vede il comportamentista) questo movimento è fondato sullo studio scientifico del comportamento
dell’individuo influenzato e in relazione all’ambiente, cioè degli aspetti esteriori, praticamente
osservabili, dell'attività mentale. Riprendendo il termine inglese behavior (comportamento) è conosciuto
anche come behaviorismo. Si può dire che con la nascita del movimento comportamentista il concetto
stesso di psicologia che si era diffuso negli ultimi anni subì un radicale mutamento. Watson,
infatti, riteneva che l'oggetto di studio privilegiato dei primi psicologi – la “mente” – fosse in realtà
un qualcosa di troppo vago, mal definito e soprattutto estremamente soggettivo, al punto da non poter
essere assunto in alcun modo come oggetto di studio di una disciplina che voleva proporsi come
sperimentale e scientifica. Proponendosi di far diventare la psicologia una disciplina con uno statuto analogo
a quello delle scienze naturali tradizionali, così da poter pervenire a conoscenze oggettive che permettano
di prevedere e controllare il comportamento e di dar luogo ad applicazioni pratiche, i comportamentismi
ridisegnarono la psicologia e i suoi campi di studio, focalizzandosi sullo studio del comportamento
manifesto (inteso come insieme di risposte puramente fisiologiche – muscolari e ghiandolari – degli individui)
e dell'apprendimento. Proposero quindi di escludere dal campo della psicologia la coscienza e i
processi mentali, fenomeni su cui, secondo i comportamentisti, non è possibile stabilire un accordo tra gli
studiosi e non è possibile indagare applicando procedure di indagine rigorose.

Dal punto di vista di quelli che sono i loro studi si è arrivato ad un vicolo cieco dal punto di
vista degli studi condotti sulla mente. Mentre le altre correnti psicologiche come lo
Strutturalismo, il Funzionalismo, la Psicologia della Gestalt cercano di interrogarsi su
quello che possa essere la mente nella sua fattispecie, il Comportamentismo ritiene che la
mente non possa essere assolutamente oggetto di studio, in quanto è una blackbox, una
“scatola nera”, le uniche cose che possono essere oggetto di studio perché osservabili e
evidenti sono i “comportamenti”, che vengono intesi come evocabili o rievocabili attraverso
la somministrazione di stimoli ai quali corrisponderanno sempre dei riflessi, delle risposte.

COMPORTAMENTISMO
Più precisamente il comportamentismo è interessato a stabilire rapporti tra gli stimoli recepiti dal soggetto e le sue
risposte (il comportamentismo è anche denominato, da alcuni degli studiosi che si riconoscono in questa scuola,
psicologia S-R, cioè associazione stimolo-risposta), senza prendere in considerazione ciò che intercorre tra questi
due elementi, sia che si tratti di processi mentali, sia che si tratti di processi fisiologici. La mente e il cervello vengono
pertanto definiti come una “scatola nera” (black box), ossia un dispositivo le cui operazioni interne non possono
essere indagate e di cui sono rilevabili solo gli input (stimoli in entrata) e gli output (risposte in uscita). Il ritenere
irrilevanti i processi biologici per spiegare il comportamento e l'insistere sull'azione degli stimoli nel modulare le
risposte hanno indotto i comportamentisti a misconoscere il ruolo dei fattori innati e a considerare le caratteristiche
dell'individuo determinate prevalentemente dall'ambiente, che modificherebbe i comportamenti attraverso processi di
condizionamento (individuo inteso come docile e plasmabile). Il comportamentismo ebbe un rapido successo
negli Stati Uniti (anche perché ben si accordava con la mentalità pragmatica, efficientistica e tecnologica di questo
paese) e sino agli anni Cinquanta fu la scuola egemone nella psicologia anglosassone. Le ricerche di Watson sul
condizionamento furono proseguite da E.R. Guthrie, Ivan Pavlov e B.F. Skinner. Innovazioni teoriche furono invece
introdotte da C.L. Hull, K.W. Spence e W.K. Estes, i quali cercarono di precisare ed estendere i principi
comportamentisti applicandovi modelli matematici.

Il Comportamentismo attribuisce grande importanza anche alla dimensione ambientale


che però ha un azione attiva nel plasmare il soggetto e la sua mente dal punto di vista dei
comportamenti. L’individuo nell’ambito del comportamentismo viene inteso come docile,
passivo e plasmabile.
COMPORTAMENTISMO
Nel frattempo era venuto meno il rigoroso divieto di interessarsi di ciò che si frappone tra gli stimoli e le risposte e si
iniziò a ipotizzare l'esistenza di “variabili intervenienti”, cioè di processi interni all'organismo non rilevabili a
livello del comportamento manifesto, ma necessari per la spiegazione di quest'ultimo. Hull ipotizzò l'esistenza
di pulsioni, D. Hebb di “assembramenti neuronali”, E.C. Tolman di “mappe cognitive”. Più in generale, vennero
avanzate le cosiddette teorie della mediazione, le quali ipotizzano che tra la recezione dello stimolo e l'emissione
della risposta intervengano dei processi intermedi di natura simbolica, non direttamente osservabili. Queste più
recenti proposte teoriche vengono in genere fatte rientrare nel cosiddetto neocomportamentismo, che media il
passaggio tra il vero e proprio comportamentismo e il cognitivismo.

OGGETTO DI
PAROLE CHIAVE STUDIO
COMPORTAMENTISMO Comportamenti - La mente è considerata
una black-box (scatola
J.B. Watson S-R= Stimolo-risposta nera)
- Comportamenti
manifesti

Quali sono le parole chiave del comportamentismo? A) COMPORTAMENTISMO sicuramente


il padre di questa corrente è J.B. Watson; B) PAROLE CHIAVE sono i comportamenti intesi
come elementi osservabili, e l’associazione S-R Stimolo-risposta; C) OGGETTO DI STUDIO
non è la mente perché è considerata come una black box ossia una scatola nera, quindi
l’oggetto di studio privilegiato restano i comportamenti manifesti.
Arriviamo a quella che è, di questo contributo, la slide più evocativa perché ripercorre i
principali esperimenti condotti nell’ambito del comportamentismo. A partire da J.B.
Watson troviamo gli esperimenti condotti da Ivan Pavlov sul “condizionamento
classico”. Così come possiamo osservare dalla slide quello che accade prima del
condizionamento è semplicemente la presentazione di una ciotola di cibo da parte di Ivan
Pavlov che rappresenta uno stimolo incondizionato al cane che inizierà a salivare
mostrando quello che viene individuato come un riflesso incondizionato. Nella seconda
parte dell’esperimento, quindi, sempre prima del condizionamento Pavlov aggiunge il
suono di un campanellino che rappresenterà in questo caso uno stimolo neutro al quale
non corrisponderà nessun tipo di riflesso, considerato il fatto che il cane non aveva avuto
modo di associare in questa sede, in questa fase ancora nulla al suono del campanellino.
Durante il condizionamento, quindi, nella terza fase dell’esperimento, il suono del
campanellino anticipa per un certo periodo di tempo, quindi, c’è un’esposizione a questo
stimolo più duraturo e la presentazione della ciotola di cibo sarà sempre preceduta dal
suono di un campanellino al quale poi corrisponderà un riflesso incondizionato. Che cosa
accade quindi dopo il condizionamento? Pavlov ripete l’esperimento che aveva già effettuato
prima del condizionamento nella seconda fase dell’esperimento stesso ma in questo caso però
il campanellino è diventato uno stimolo condizionato al quale corrisponderà un riflesso
incondizionato, ossia la salivazione da parte del cane. Pavlov era quindi convinto di aver
compreso che l’apprendimento e il comportamento potessero essere modellati attraverso
l’esposizione a degli stimoli ma questo tipo di premessa ma sarà ampiamente utilizzata da
Burrhus F. Skinner (è stato uno psicologo statunitense altamente influente nell'ambito del
Comportamentismo) ma ampliata nel suo significato attraverso l’esperimento condotto dallo
stesso Skinner sul “condizionamento operante”. Che differenza c’è tra il condizionamento
classico e operante?. Il condizionamento classico lavora su quelli che sono i cambiamenti
di natura fisiologica e quindi per Skinner questo era leggermente riduttivo e, pertanto, lui
Comportamentismo: nasce Condizionamento Classico (Pavlov)
negli Stati Uniti nei primi
decenni del XX secolo.
Metodo basato sugli aspetti
osservabili della psiche,
ossia i
“COMPORTAMENTI”.

E. Thorndike: apprendimento Effetto Alone: Bias


per prove ed errori (1898) Teorie sociali cognitive
cognitivo-errore di (APPRENDIMENTO
Esperimento: gabbia problema valutazione SOCIALE IMITATIVO E
(problem box). OSSERVATIVO)
Se l’animale preme una leva
posta all’interno della gabbia,
questa si apre e il gatto può
raggiungere il cibo; dopo
Watson (1878-1958)
20-30 prove il gatto, in modo Pavlov (1849-1936)
CASUALE, riesce ad aprire la E. Thorndike (1874-1949)
gabbia. A. Bandura (1925 - *)
Legge dell’effetto (1932) il Skinner (1904-1990)
comportamento che ha C. Hull (1884-1952)
provocato effetti piacevoli Tolman (1886-1959)
tende ad essere ripetuto,
mentre quelli che hanno
prodotto effetti spiacevoli ad
essere evitati (motivazione, dalla Skinner box alla Skinner
volontà). Machine (la macchina per insegnare)
istruzione programmata

aggiunge un elemento nuovo alla sua sperimentazione, ossia il “rinforzo”. Quando Skinner
parla di rinforzi, ne distingue due tipologie: un rinforzo positivo da un rinforzo negativo. Il
rinforzo positivo banalmente per intenderci possiamo indicarlo come un premio, una
ricompensa. Diverso dal rinforzo negativo che può essere descritto come una punizione.
L’esperimento in questione sul condizionamento operante assume la denominazione di
Skinner-box. Il topino veniva dunque disposto all’interno della Skinner-box posizionato su
una rete metallica a conduzione elettrica. Aveva la possibilità di operare una scelta: pigiare
sulla leva per ottenere quindi il pezzetto di formaggio e in questo caso avrebbe ottenuto un
ßrinforzo positivo, oppure, premere sulla leva opposta ottenendo quindi un rinforzo
negativoà che corrispondeva ad una scossa elettrica a bassa intensità. In realtà il
meccanismo dei rinforzi secondo Skinner serviva per estinguere una condotta errata,
quindi, il rinforzo negativo serviva ad eliminare un comportamento non desiderato a
favore della ripetizione della condotta corretta. Skinner era convinto che si potesse
indubbiamente lavorare sul condizionamento del comportamento attraverso la
somministrazione di rinforzi negativi e positivi. È importante però dire che per quanto io
abbia utilizzato il rinforzo positivo a denotazione di un premio e un rinforzo negativo a
indicazione di una punizione, è importante ricordare che il rinforzo negativo non è
necessariamente una punizione poiché anche l’assenza di rinforzo positivo è essa stessa
un rinforzo negativo. Cioè non premiando le condotte corrette si va comunque a rinforzare
negativamente il soggetto sperimentato. Come si è passati, pertanto, dalla sperimentazione
condotta sugli animali a quella condotta sugli uomini? Questa rappresenta la vera scoperta
operata dal comportamentismo e sempre Skinner rappresenta uno dei principali
sostenitori da questo punto di vista. Si limitò non solo alla Skinner-box ma cercò di spostare
quelli che erano gli esiti ottenuti dalla sua sperimentazione del condizionamento operante
dagli animali all’uomo. E diede vita alla prima macchina per insegnare, la Skinner-machine,
o Teaching Machine, uno strumento adottato come mezzo di insegnamento didattico. La linea
guida di questa invenzione è quella di far compiere all'alunno un gran numero di piccoli
passi ordinati coerentemente. In questo modo lo studente può passare da una prima fase che
per lui è poco familiare a uno stadio finale dove lui è sicuro di ciò che ha appreso. Bisogna
immaginarla come una sorta di rudimentale strumento, una piccola scatola che conteneva un
rullo e su questo rullo venivano trascritte una serie di domande che poi venivano
somministrate al bambino in età scolare. Il bambino era posizionato al cospetto della Skinner
machine ovviamente da solo perché il comportamentismo riteneva che l’apprendimento
fosse un processo solitario, cosa diametralmente opposta a quanto promuoveranno il
cognitivismo e il costruttivismo ritenendo l’apprendimento come un processo attivo,
basato sullo scambio delle informazioni e sulla valorizzazione della dimensione
dell’interazione sociale. Skinner viene anche indicato come il “padre dell’istruzione
programmata”, questo sempre a partire da quello che è stato il suo esperimento con la
teaching machine, quindi, la macchina per insegnare. Sul rullo, le domande che venivano
somministrate al bambino individualmente seguivano un aumento graduale del livello di
difficoltà. Il rinforzo positivo consisteva nella possibilità del bambino di evadere le risposte
successive alla prima solo qualora avesse risposto correttamente alla sequenza di
domande. Il rinforzo negativo era invece rappresentato o da un’interruzione drastica
della sperimentazione oppure da un ritorno all’inizio dell’esercizio. Skinner era convinto
di aver raggiunto con questo tipo di esperimento veramente una scoperta epocale e in parte lo
fu, perché e grazie a quanto ha scoperto Skinner, se la scuola del passato è stata strutturata
nel modo che conosciamo fino al 2000, ossia, la posizione passiva occupata dal discente
rispetto alla sola azione attiva del docente che si occupava del mero travaso di
informazioni che dovevano semplicemente essere incamerate da questa black box – scatola
nera è un presupposto che risulta essere strettamente connesso al contributo che deriva dalla
sperimentazione condotta da Skinner nell’ambito del comportamentismo. Sicuramente
importante è anche la posizione di Edward Lee Thorndike che non era pienamente
d’accordo sull’utilizzo dei meccanismi di rinforzo poiché secondo lui anche Skinner non
aveva sottratto da questa dimensione di sperimentazione la componente dell’osservazione del
cambiamento di tipo fisiologico, quindi, secondo Thorndike si andava ad agire
esclusivamente sul principio legato alla fame, alla sensazione viscerale stimolata dal bisogno
del cibo, dei soggetti sperimentali. E quindi il rinforzo essendo il cibo, secondo Thorndike,
andava a costituire un meccanismo su cui non si poteva ragionare in toto, nella sua interezza,
parlando di apprendimento. A tal proposito lui ha realizzato un esperimento che assume la
denominazione di “apprendimento per prove ed errori”, l’anno di riferimento è il 1898, e il
suo esperimento viene condotto grazie all’utilizzo della problem box, la gabbia problema.
L’animale se preme una leva posta all’interno della gabbia, questa si apre e gli consente di
raggiungere il cibo. Ma Thorndike notò che a seguito dei tentativi puramente casuali, di
all’incirca 20-30 prove, il gatto riusciva ad aprire la gabbia trovandosi poi il rinforzo ma
all’esterno della gabbia stessa. Quindi, non era spinto dal rinforzo che era il cibo ma c’era
sicuramente una componente legata anche alla stimolazione di tipo fisiologico ma si fa strada
anche un altro elemento su cui lavora Thorndike ossia la motivazione e la volontà. Cosa di
cui parlerà nella sua Legge dell’effetto che rappresenta la naturale evoluzione a cui perviene
a seguito dell’esperimento per prove ed errori. Secondo la Legge dell’effetto di E. Thorndike
il comportamento che ha provocato effetti piacevoli tende ad essere ripetuto mentre quelli
che hanno provocato effetti spiacevoli ad essere evitati. Quindi, grande attenzione si rivolge
per la prima volta allo studio della motivazione della volontà.
Edward Tolman è stato uno psicologo statunitense. Fu il più noto neocomportamentista
nonché precursore del cognitivismo, noto per i suoi studi sull'apprendimento nei topi in
scatole sperimentali apposite (le cosiddette labirinti di apprendimento). Ci parla nell’ambito
del comportamentismo di apprendimento latente e mappe cognitive. Anche Tolman parte
dal presupposto che alcuni aspetti legati all’utilizzo eccessivo dei rinforzi positivi e
negativi così come li aveva delineati B. Skinner potessero essere rivisti per alcuni aspetti.
Famoso è l’esperimento realizzato da Tolman, i cosiddetti labirinti di apprendimento.
TOLMAN: APPRENDIMENTO LATENTE E MAPPE COGNITIVE

L’opera di Tolman è paradigmatica invece del passaggio da


concezioni di tipo comportamentista a idee cognitiviste.
Tolman introdusse difatti all’interno del paradigma
comportamentista il concetto di apprendimento latente nel
1930. Con i suoi studi mise in crisi il concetto di uguaglianza
fra prestazione e apprendimento presa a principio dai
comportamentisti precedenti. Tolman condusse infatti alcuni
esperimenti su tre gruppi di topi all’interno di un labirinto.
Nel sistema di Tolman dunque l’apprendimento non si risolve
in una semplice associazione di tipo stimolo-risposta, ma si
configura in termini di raggiungimento di una meta (o
oggetto-meta), di una serie d’impulsi esplorativi iniziali
(impulsi cognitivi iniziali) e dell’acquisizione di una serie di
adattamenti conclusivi all’oggetto
(cognizioni finali). Introducendo i concetti di “scopi”,
“aspettative”, “mappa cognitiva”, Tolman si discosta
evidentemente dalla maggior parte del comportamentismo
precedente aprendosi a concetti sempre più di stampo
cognitivista che ritroveremo, anche se in forme diverse, nella
psicologia della Gestalt. Del comportamentismo rimane
comunque nel sistema di Tolman la metodologia e il punto di
partenza, ovvero il comportamento osservabile.

Utilizzò tre gruppi di topini, quindi, si ritorna ai topi dopo un breve passaggio ai gatti con
Thorndike. I topini scelti per la loro indole amano stare negli spazi angusti, amano
nascondersi e lui, quindi, realizza questo labirinto: i tre topini seguivano tre itinerari diversi,
alcuni due dei quali confermavano quanto aveva sostenuto Skinner con l’utilizzo dei
rinforzi. L’altro gruppo otteneva invece il rinforzo solo più tardi. Il primo che sarà descritto
convenzionalmente come gruppo A, veniva inserito nel labirinto di Tolman, e non otteneva
alcun tipo di rinforzo. Cosa ne dedusse Tolman? Osservò che vi era una “debole riduzione”
degli errori nel tempo, in assenza di rinforzo i topini non riuscivano a trovare l’uscita. Il
secondo gruppo B di topini ottenne il rinforzo immediatamente e Tolman potè osservare
che, in questo caso, ci fu una “rapida riduzione” degli errori nel tempo. Diciamo che col
gruppo A e il gruppo B dei topi, Tolman diede ragione a quello che era stato il contributo che
viene fatto derivare da B. Skinner con l’utilizzo dei rinforzi. La vera innovazione arriva con il
terzo gruppo C di topini inserito all’interno del labirinto di Tolman: egli inserì il terzo gruppo
di topini all’interno del labirinto e li lasciò li per ben 11 giorni senza conferirgli alcun tipo di
rinforzo positivo o negativo. Quindi solo al 12° giorno aggiunge il rinforzo e cosa potè
notare? Una drastica riduzione degli errori, quindi, i topini riuscirono a ritrovare
immediatamente l’uscita. Questo perché? Nel periodo che avevano trascorso, cioè, quegli 11
giorni trascorsi all’interno del labirinto i topini avevano “appreso una mappa cognitiva”,
uno schema di comportamento che li potesse consentire di raggiungere l’uscita. Ma
semplicemente non erano motivati, non avevano lo scopo di mostrare quanto appreso, e il
rinforzo rappresenta il “risveglio dello scopo, della motivazione”. Come si riflette questo
tipo di scoperta operata da Tolman nella didattica?: non sempre ciò che apprendiamo viene
resto manifesto subito, bisogna quindi trovare i rinforzi utili a farlo provare a emergere.
Da qui deriva tutta l’impalcatura teorica dell’apprendimento latente e delle mappe
cognitive. La mappa cognitiva è lo schema di comportamento, lo schema in relazione
all’apprendimento che ognuno di noi è in grado di seguire per poter meglio ottenere quei
rinforzi che possono essere che possono essere determinati dal raggiungimento di un
determinato scopo-obiettivo. Ma ovviamente bisogna sempre avere uno scopo, una
motivazione, la stessa che mostreranno i topini del terzo gruppo ai quali sarà
somministrato il rinforzo solo al 12° giorno. I topini avevano pertanto appreso lo schema
verso l’uscita, avevano esplorato il labirinto, ma in assenza di una motivazione, di un
BANDURA: TEORIA DELL’APPRENDIMENTO SOCIALE
Sempre di matrice comportamentista è la teoria dell’apprendimento sociale sviluppata da Albert Bandura (1925), che si discosta dal
comportamentismo radicale di Skinner per l’importanza attribuita all’osservazione come mezzo di apprendimento anche in assenza di
rinforzo. Dagli studi condotti sull’apprendimento sociale, Bandura estrapola anche un altro costrutto, quello di autoefficacia o self
efficacy. Dopo aver conseguito il Dottorato si trasferì a Standford, dove iniziò ad occuparsi dello studio dei processi interattivi in
psicoterapia e dei modelli familiari che generano comportamenti aggressivi nei bambini. I risultati del suo studio fornirono molte prove a
supporto della teoria del modellamento, secondo la quale l’apprendimento avviene attraverso l’osservazione altrui, considerata centrale
nello sviluppo della personalità di ciascun individuo. Il suo studio più noto è l’esperimento chiamato bambola Bobo, dal nome
commerciale del pupazzo gonfiabile usato (guarda il video slide 15). Albert Bandura si discostò dalla concezione comportamentista di
apprendimento, in cui si associava l’ apprendimento all’esperienza diretta, dimostrando come dei nuovi comportamenti possano essere
appresi mediante la semplice osservazione dei comportamenti altrui. L’ apprendimento, dunque, per Bandura si basava sull’imitazione,
resa possibile grazie al rinforzo vicario, per cui le conseguenze relative al comportamento messo in atto dal modello, ricompense o
punizioni, hanno i medesimi effetti sull’osservatore. Dalla teoria dell’apprendimento sociale, Albert Bandura estrapola il costrutto di
autoefficacia (self – efficacy), ovvero l’individuo è capace di simbolizzare o di vicariare l’esperienza diretta, facendo previsioni su se
stesso che gli consentono di autoregolarsi. Sono una fonte di auto efficacia le esperienze di padronanza: esperienze non troppo
facili, in cui l’individuo deve perseverare anche di fronte agli insuccessi, visti come occasioni di costruzione e sfida. Nello
specifico, gli studi sull’efficacia percepita hanno contribuito a porre in rilievo le capacità di autoriflessione e di autoregolazione
della mente umana.
La capacità di autoriflessione consente alla persona di analizzare le proprie esperienze, di riflettere sui propri processi di pensiero, di
generare nuove capacità di pensiero e di azione. La capacità di autoregolazione consente di dirigere e di motivare se stessi mediante
obiettivi e incentivi, in base a standard interni, restando autonomi rispetto a ogni altro fattore esterno. Il senso di efficacia personale, o
autoefficacia percepita, è il prodotto di un sistema autoreferenziale e autoregolato che guida e dirige il comportamento, orienta il rapporto
della persona con l’ambiente e pone le condizioni per lo sviluppo di nuove esperienze e capacità. Quindi, con autoefficacia si intende la
convinzione di poter avere successo o di fallire in una prestazione. A una bassa credenza di auto-efficacia corrispondono spesso
comportamenti di evitamento, basse prestazioni o insuccesso, mentre la persona con alta auto-efficacia hanno buone possibilità di
ottenere risultati soddisfacenti. Quindi, chi è convinto di riuscire in un obiettivo ottiene prestazioni superiori rispetto a chi, oggettivamente
più capace, ma consapevole di non riuscire perché si auto-valuta negativamente. Per questo, le persone che credono di poter superare
un problema, fisico o mentale, sono più propense a farlo e sicuramente saranno in grado di raggiungere e portare a termine gli obiettivi
che si prefiggono.
obiettivo non avevano nessun tipo di interesse a mostrare quanto appreso. Le mappe
cognitive vanno distinte dalle mappe concettuali di Novak che invece rappresentano un
altro tipo di produzione schematica ma intorno a dei concetti a cui si ricollegano attraverso
diramazioni concetti e riflessioni annesse.
Altro importante esponente del comportamentismo è Albert Bandura. Famose sono le sue
Teorie sull’apprendimento sociale o Teorie del modellamento. Il suo studio più noto è
sicuramente chiamato bambola Bobo, dal nome commerciale del pupazzo gonfiabile
utilizzato in quegli anni. A cosa serviva l’esperimento condotto sulla bambola Bobo? L’ipotesi
data era legata al fatto che la visione di immagini eccessivamente aggressive, proiettate e
mostrate alla TV ai bambini se potesse o meno condurre all’insorgere di comportamenti
aggressivi replicati sulla base dell’imitazione. Importante sempre nell’ambito degli studi
sull’apprendimento sociale o teorie del modellamento è anche il “concetto di autoefficacia”,
self-efficay. Bandura era solito stabilire che ogni individuo è capace di simbolizzare o di
destinare su qualcun altro l’esperienza diretta facendo poi previsioni su stesso che gli
consentono di autoregolarsi. Una delle risposte più frequenti alla domanda nello specifico
riferita alla self-efficay o autoefficacia è che sono una fonte di autoefficacia le esperienze
di padronanza: esperienze non troppo facili, in cui l’individuo deve perseverare anche
di fronte agli insuccessi, quindi facendo riferimento a quella che poi è un’altra capacita di cui
siamo dotati, ed è la “resilienza” la capacità di attivarsi, di recuperare energie residue e di
rimettersi in gioco. Insuccessi che vengono però visti come occasioni di crescita,
costruzione e sfida. Nello specifico, gli studi sull’efficacia percepita hanno contribuito a
porre in rilievo le capacità di autoriflessione e di autoregolazione della mente umana.
L’esperimento denominato Bambola Bobo è molto singolare, è una famosa ricerca
sperimentale sull’aggressività condotta nel 1961 dallo psicologo Albert Bandura, con la
quale fu dimostrato che il comportamento aggressivo dei bambini può essere modellato,
cioè appreso per imitazione. Le ricerche di Bandura sono state più volte utilizzate anche a
sostegno della tesi, ancora attuale, secondo la quale le scene di violenza mostrate in TV
possono produrre comportamenti imitativi da parte dei ragazzi. Bandura formò tre gruppi
di bambini in età prescolare: nel primo gruppo inserì uno dei suoi collaboratori che si mostrò
aggressivo nei confronti di un pupazzo gonfiabile chiamato Bobo. L’adulto picchiava il
BANDURA: L’ESPERIMENTO – LA BAMBOLA BOBO

Il suo studio più noto è l’esperimento chiamato bambola Bobo, dal nome commerciale del pupazzo gonfiabile
usato.

Guarda il video https://www.youtube.com/watch?v=CqjIYsle-0M

pupazzo con un martello gridando: <<picchialo sul naso!>> e <<pum pum!>>. Nel
secondo gruppo, quelli di confronto, un altro collaboratore giocava con le costruzioni di
legno senza però manifestare alcun tipo di aggressività nei confronti di Bobo. Infine, il
terzo gruppo, quello di controllo, era formato da bambini che giocavano da soli e
liberamente, senza alcun adulto con funzione di modello. Cosa ne scaturì? In una fase
successiva, i bambini venivano condotti in una stanza nella quale vi erano giochi neutri
(peluche, modelli di camion) e giochi aggressivi (fucili, Bobo, una palla con una faccia dipinta
legata ad una corda). Bandura poté verificare che i bambini che avevano osservato l’adulto
picchiare Bobo manifestavano un’incidenza maggiore di comportamenti aggressivi, sia
rispetto a quelli che avevano visto il modello pacifico sia rispetto a quelli che avevano
giocato da soli. Visionando il video dell’esperimento: in questa prima fase come abbiamo
avuto modo di commentare, la collaboratrice di A. Bandura si accanisce in modo ingiustificato
e scarica tutta la sua aggressività ai danni della bambola Bobo. E i bambini del primo gruppo
hanno la possibilità di visionare ciò che accade perché sono nascosti dietro ad un vetro. Di
seguito, uno dei bambini che aveva avuto modo di osservare l’aggressività scaricata dalla
collaboratrice di Bandura imita e replica quella stessa aggressività una volta lasciato da
solo all’interno della stanza. Quindi, viene confermata quella che era l’ipotesi di partenza,
ossia che i comportamenti aggressivi possono essere imitati e replicati qualora si venisse
esposti ad essi.
Arriviamo ad una delle figure più controverse nell’ambito dell’evoluzione storica del pensiero
psicologico generale: Sigmund Freud, medico neurologo e psicoanalista austriaco. È
sicuramente uno dei personaggi più discussi nell’ambito della psicologia, è il padre della
psicoanalisi e cerco di interessarsi innanzitutto agli studi rivolti alle psicosi, alle nevrosi e
alle isterie che egli ritenne malattie della mente e non del cervello. Secondo lui derivavano
da un conflitto tra pulsioni e desideri da una parte e la censura morale dall’altra. Quindi
desideri inaccettabili che non potevano assolutamente manifestarsi. Da questo tipo di
deduzione derivano le sue topiche freudiane, ossia i suoi contributi principali. Topica deriva
dal greco topikòs che significa luogo inteso come luogo della mente, luogo della psiche.
Abbiamo due topiche freudiane: 1) la prima topica strutturata in preconscio, conscio,
inconscio nella quale viene delineato il solo principio del piacere ed è quella più ricordata
FREUD E LA PSICANALISI
Sigmund Freud (1856 – 1939), medico neurologo austriaco – il personaggio forse più presente nelle concezioni
ingenue della psicologia- si collocò con le sue idee alquanto rivoluzionarie in posizione nettamente opposta alle
scuole di pensiero che sceglievano l’introspezione come metodologia volta a studiare la mente dei soggetti. Per
Freud, infatti, molti dei processi mentali degli individui sono inaccessibili alle persone stesse che li sperimentano e
pertanto la metodologia introspettiva era da scartarsi. A partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento elaborò una nuova
disciplina che chiamò psicanalisi, traendo spunto dal suo lavoro clinico con soggetti nevrotici, e in particolare con
donne affette da isteria. Freud postulò che i problemi dei suoi pazienti fossero per la maggior parte legati a desideri
per lo più inconsci che essi negavano anche a se stessi. Da queste riflessioni egli derivò le basi della psicanalisi:
esiste una vita psicologica inconscia, le nevrosi (e poi le psicosi) sono malattie della mente e non del
cervello ; esiste un’articolata sessualità anche in età infantile; lo sviluppo psichico dell’individuo è caratterizzato dal
conflitto tra pulsioni e desideri da una parte e censure (per lo più di origine morale) dall’altra. Tale conflitto diventa
patologico quando il soggetto, anziché risolvere in qualche modo i desideri inaccettabili, li respinge nell’inconscio.
La nuova teoria freudiana ebbe una grande risonanza e furono molti gli allievi che continuarono su questa via, o
fondarono scuole autonome discostandosi dalle idee del maestro. Fra i principali esponenti della tradizione
psicanalitica si possono citare Alfred Adler, Carl Jung, Otto Rank, Wilhelm Reich.

attraverso l’utilizzo della metafora dell’iceberg. L’iceberg è una grande montagna di


ghiaccio della quale però possiamo osservare solo ed esclusivamente la parte emersa. Il fatto
che sia visibile solo la parte sporgente non vuol dire che quello che si trova sott’acqua non
possa essere ben più grande. Questa metafora è evocativa della concezione freudiana della
psiche, quindi, della mente. L’inconscio è rappresentato da quel contenuto della nostra mente
che metaforicamente rappresenta la parte sommersa dell’iceberg. Una parte della nostra
mente, inaccessibile, una parte della quale non abbiamo piena coscienza o piena
consapevolezza. Una parte con la quale comunichiamo prevalentemente durante il momento
onirico ossia durante il sogno. Il sogno ti svela l’inconscio, Freud era solito dire. Invece, il
preconscio non aveva una funzione specifica, rappresentava una linea di demarcazione, una
linea di confine. Volendo ritornare alla metafora dell’iceberg possiamo delinearla come il pelo
d’acqua (ossia s'intende la superficie di fiumi, laghi e simili, a contatto con l'atmosfera). Il
conscio invece rappresenta la consapevolezza, la consapevolezza di ciò che siamo, la
piena coscienza di noi stessi e del mondo che ci circonda. All’interno della prima topica
aveva individuato il solo principio del piacere ma fu costretto a causa degli avvenimenti a
cui ebbe modo di assistere, avvenimenti drammatici come quelli legati all’avvento della Prima
Guerra Mondiale. Freud fu costretto a rivisitare, a riformulare la sua stessa teorizzazione. Se
nella prima teorizzazione aveva descritto il principio del piacere, avendo assistito all’immane
crudeltà legata alle vicissitudini della Prima Guerra mondiale, fu costretto a rimettere in
discussione se stesso. Questo gli consentì di realizzare la sua seconda topica che è forse
quella più nota articolata in: ES; IO; SUPER-IO. Il Super-Io non sostituisce il preconscio della
prima topica ma ha un ruolo ben definito. L’ES è il nuovo inconscio, nella sua nuova
denominazione. All’interno dell’ES, Freud, individua due istanze pulsionali: 1)una
pulsione di vita quindi legata all’istinto del piacere di cui aveva già parlato nella sua prima
topica che Freud però poi ribattezza con il nome di Eros; 2) diverso dall’istinto di morte che
deriva dall’analisi profonda che Freud aveva effettuato dopo aver assistito alla crudeltà
dell’uomo manifestata nell’ambito della Prima Guerra mondiale. La crudeltà dell’uomo viene
fatta confluire in quest’istinto di morte che è il Thanatos. Secondo Freud, dall’ES e quindi
dall’istanze pulsionali inconsce provengono anche quei desideri profondi che mirano ad
Meccanismi di difesa dell’IO
secondo Anna Freud:
Rimozione, Regressione,
Formazione reattiva,
Isolamento (dell’affetto),
Annullamento retroattivo,
Introiezione, Identificazione,
Proiezione, Rivolgimento
contro se stessi, Inversione nel
contrario, Sublimazione,
Identificazione con
l’aggressore, Ascetismo e
intellettualismo, Diniego e
Aggressività passiva.

ottenere la propria piena realizzazione. B) L’IO rappresenta la nostra piena consapevolezza


e la parte organizzata di noi, e media tra le due istanze e il mondo esterno. L’elemento
nuovo che sarà poi anche determinante per giustificare gli studi di Freud condotti nell’ambito
dell’osservazione sulle isterie, le psicosi e le nevrosi, è il Super-IO: rappresenta la
coscienza morale, ossia, l’insieme delle regole apprese frutto dell’esperienza,
l’acquisizione delle principali norme legate al rispetto del vivere comune, allo sviluppo del
senso civico. Secondo Freud il Super-Io rappresenta la “censura” che impedisce a queste
istanze pulsionali prevalentemente a quelle negative provenienti dal Thanatos di
oltrepassare la barriera dell’inconscio e manifestarsi all’interno del nostro quotidiano, quindi,
all’interno del nostro Io. È come se la domanda che provenisse dalle istanze pulsionali,
contenute all’interno dell’ES, quindi all’interno del nostro inconscio, fosse: voglio realizzare
ciò che desidero. La risposta che invece proviene dal Super-Io in qualità di coscienza morale
potremmo descriverla come il: non puoi. Non puoi per tutta una serie di conseguenze e
situazioni alle quali bisogna sicuramente far fronte per evitare l’emarginazione dal contesto
sociale di appartenenza. Dunque, l’Io è la nostra parte organizzata, la parte di cui abbiamo
piena e assoluta consapevolezza. Secondo Freud, l’IO per poter mediare quella che era la
situazione e quindi il contrasto tra le istanze pulsionali contenute nell’ES e la coscienza morale
del Super-Io doveva difendersi in qualche modo. E pertanto che egli individua sempre
nell’ottica dei suoi studi i famosi meccanismi di difesa dell’Io su cui lavora in prim’ordine
egli stesso ma sui quali poi proseguirà nel lavoro e nella ricerca sua figlia Anna Freud. I
Meccanismi di difesa dell’IO secondo Anna Freud sono: Rimozione, Regressione, Formazione
reattiva, Isolamento (dell’affetto), Annullamento retroattivo, Introiezione, Identificazione,
Proiezione, Rivolgimento contro se stessi, Inversione nel contrario, Sublimazione,
Identificazione con l’aggressore, Ascetismo e intellettualismo, Diniego e Aggressività passiva.
Sicuramente il più famoso rimane la rimozione. Per rimozione si intende la raccolta di quei
contenuti esperienziali, drammatici o che hanno turbato la nostra vita e la conservazione,
quasi come se venissero cancellati. Quindi la conservazione nei luoghi più nascosti del nostro
inconscio destinati a non essere più richiamati, a non ritornare più a galla. La rimozione ci
consente anche di fronte ad una situazione particolarmente drammatica che ci ha creato
turbamento, di poter andare avanti, di non dover convivere con il ricordo costante dell’evento
traumatico. Oltre alla rimozione ci sono altri meccanismi di difesa dell’IO, come la
GLI STADI DELLO SVILUPPO PSICOSESSUALE
(Sigmund Freud)
Fase Orale Formazione
( 0-1 anno) del carattere - Complesso di Edipo
Fase Anale - Complesso di Elettra
(1-3 anni)

Fase Fallica
(da 3 a 5/6
La bocca –
anni) Fase di
succhiare,
deglutire etc. Latenza
L’ano – (5 o 6 alla
Controllo degli pubertà)
sfinteri Fase Genitale
(dalla
Pene o clitoride -
pubertà
masturbazione
all'adulto)
Sviluppo Presenza di
dell’Io poca o scarsa
motivazione
sessuale
Sviluppo del Il pene o la
Super-Io vagina-rapporto
sessuale

sublimazione. Freud utilizzo questo meccanismo di difesa dell’Io, in particolare per spiegare
e per pronunciare quella che è stata la sua primissima interpretazione della creatività. Al
centro della teoria freudiana sulla creatività infatti c’è il concetto di sublimazione. Per
sublimazione si intende lo spostamento dell’attenzione da un contenuto inconscio
inaccettabile verso qualcos’altro che sicuramente risulterà accettabile. Lui la va a collegare in
particolar modo ad uno degli atteggiamenti tipici degli artisti, gli unici secondo lui a
detenere la capacità creativa che generalmente comportava la necessità di scaricare per
mezzo della catarsi (il momento supremo dell’intuizione poetica - liberazione da gravi e
persistenti conflitti o da uno stato di ansia, ottenuto attraverso la completa rievocazione degli
eventi responsabili, che vengono rivissuti), che nell’ottica di quanto rappresenta la scarica
delle pulsioni negative inconsce, attraverso la realizzazione poi di conseguenza di un’opera
d’arte. L’opera d’arte rappresentava nell’ottica della creatività per sublimazione l’unico
modo per consentire a questi contenuti di sofferenza psichica di essere scaricati e fatti
confluire nella realizzazione di qualcosa che poi potesse essere comunemente accettabile.
L’arte è sempre accettata, diversamente dalla sofferenza psichica che qualora si palesasse
ovviamente potrebbe anche farlo come aggressività rivolta ai danni del vostro prossimo. Altro
contributo importante che deriva sempre da Sigmund Freud è l’elaborazione di una teoria
stadiale dello sviluppo psico-sessuale. Dove per Freud c’erano dei momenti nell’ambito
dello sviluppo psicologico, dei momenti che erano contrassegnati dalla zona erogena
prevalente. Sono cinque le fasi individuate da Freud: 1) Fase Orale; 2) la Fase Anale; 3) la
Fase Fallica; 4) Fase di Latenza; 5) Fase Genitale. La fase orale il periodo indicato è 0-1
anno, la zona erogena è la bocca, il bambino tende a portare tutti gli oggetti alla bocca perché
secondo Freud, la bocca è la sua zona di piacere. È la zona erogena per eccellenza in questo
periodo considerando che il bambino relaziona tutto all’assunzione del latte materno.
Secondo Freud in questa fase sviluppa l’Io. Segue la Fase Anale (1-3 anni), la zona erogena
si sposta dalla bocca all’ano. Nella fase anale avviene il controllo sfinterico, quindi, i bambini
imparano a contenere quelli che sono le proprie funzioni fisiologiche e a comunicare i propri
bisogni all’adulto. Secondo Freud, anche questa fase è molto importante perché ha luogo la
formazione del carattere. Segue la fase più discussa in assoluto nell’ambito del contributo che
deriva dalla Teoria stadiale dello sviluppo psicosessuale ed è la fase fallica (dai 3 ai 5/6 anni),
la zona erogena quindi si sposta dall’ano alla zona genitale. Questa è stata una di quelle fasi
COGNITIVISMO
Il cognitivismo può essere definito come un indirizzo della psicologia scientifica che si propone di studiare i processi
mentali considerandoli analoghi a processi di elaborazione dell'informazione. In realtà questa corrente psicologica
non costituisce una vera e propria scuola, avendo al proprio interno un'eterogeneità di presupposti, di procedure di
ricerca, di obiettivi e di modelli teorici. Tuttavia i suoi vari esponenti presentano alcuni elementi comuni: l'interesse per
gli eventi mentali interni al soggetto; l'interpretazione dell'organismo come dotato sin dalla nascita di competenze
specifiche; la concezione dell'individuo quale costruttore della propria rappresentazione del mondo. Abbiamo visto
come le linee di connessione tra il cognitivismo e il comportamentismo siano forti e numerose. Infatti dopo il primo
periodo di stretta osservanza delle posizioni rigorose proposte da Watson e Skinner da più parti si era postulata
l'esistenza di variabili interne al soggetto, pertanto non direttamente osservabili, ma ugualmente in grado di
influenzare e orientare il comportamento degli individui, e pertanto degne di studio da parte della psicologia. Già E.C.
Tolman (1886-1959), ad esempio, prendendo il via da una serie di esperimenti sui ratti – sulla falsariga di quelli
classici di Thorndike – giunse nel 1948 ad ipotizzare l'esistenza di mappe cognitive, “ipotesi”, “rappresentazioni
spaziali” e “rappresentazioni delle mete”, collegate all'apprendimento dei ratti che avevano l'opportunità di
familiarizzare con l'oggetto del loro apprendere (nel caso specifico un labirinto, da qui l'interesse per la spazialità)
senza l'intervento di alcun tipo di rinforzo. Al contrario di quanto previsto da Thorndike (che ammetteva
apprendimento solamente in presenza di un rinforzo) l'immagine di apprendimento che emergeva dagli esperimenti di
Tolman non poteva essere fatto rientrare nello schema S-R (vedi slide sul comportamentismo), in quanto preveda
l'intervento anche di variabili di tipo intenzionale.

che ha acceso una polemica ai danni di Freud molto rilevante nel secolo scorso, in particolare
fu il movimento femminista a reputare inaccettabile quanto Freud descrisse nell’ambito della
fase fallica. In esso, secondo Freud i bambini iniziano a masturbarsi, a stimolare l’area
genitale, lo fanno indistintamente sia i bambini che le bambine. Ovviamente quel tipo di
piacere è esclusivamente fisico senza l’annessa consapevolezza e senza la lettura in chiave
maliziosa che solo l’adulto può aggiungere con la consapevolezza esperienziale che deriva dal
completamento dello sviluppo sessuale in poi. Sempre in questa fase Freud colloca quindi lo
sviluppo del Super-Io quindi della coscienza morale e l’insorgere di quelli che sono due
complessi. In particolar modo il complesso di Edipo e il complesso di Elettra. Il complesso
di Edipo che corrisponde all’attaccamento morboso e incestuoso, per questo fu motivo di
grande discussione. Fu motivo di denuncia morale la teoria stadiale dello sviluppo psico-
sessuale da parte anche del movimento femminista. Perché si parlava nell’ambito della fase
fallica con il complesso di Edipo di un attaccamento morboso ed incestuoso del bambino alla
figura della madre con relativa rinuncia e allontanamento della figura del padre ritenuta come
una minaccia. Il complesso di Elettra è l’esatto opposto, l’attaccamento morboso e
incestuoso della bambina al padre con rifiuto della figura materna. Segue alla fase fallica, la
Fase di Latenza, dai 5-6 anni fino alla pubertà, fase che è connotata dall’assenza di
qualsiasi tipo di turbamento di tipo sessuale. Fase Genitale, dalla pubertà all’età adulta.
Arriviamo al Cognitivismo. Se con il comportamentismo abbiamo detto che la mente non
poteva assolutamente essere oggetto di studio perché ritenuta alla stregua della tabula rasa,
quindi come una black-box, una scatola nera. Per il Cognitivismo invece la mente e i suoi
processi cognitivi possono e devono essere oggetto di studio, in particolar modo
apprendimento e memoria. All’interno del Cognitivismo distinguiamo due momenti: 1)
connotato dall’acronimo Human Information Processing HPI ossia siamo a monte della
nascita del cognitivismo come corrente e l’utilizzo dell’acronimo HPI descrive quelli che sono
i primi sostenitori, gli iniziatori di questa corrente nello specifico che utilizzò la metafora del
computer per descrivere cosa fosse la mente umana. Secondo loro la mente umana
funzionava alla pari del funzionamento dei sistemi informatici, quindi, attraverso
l’elaborazione di dati. Nell’ottica dello sviluppo e poi dell’evoluzione che si ottiene nell’ambito
del Cognitivismo abbiamo un passaggio dalla prima cibernetica descritta con l’acronimo
COGNITIVISMO
E nei modelli teorici elaborati dai cognitivisti si ipotizza infatti l'esistenza di meccanismi e processi mentali
ritenuti reali, anche se non direttamente osservabili e non necessariamente corrispondenti a strutture o
processi cerebrali. La verifica dei modelli comporta il riferimento alla coerenza logica interna dei modelli
stessi e ai dati empirici di varia provenienza acquisiti con diverse metodologie; particolare importanza viene
attribuita al metodo della simulazione del comportamento.
La nascita del cognitivismo si deve però molto all'importazione di idee tratte dalla cibernetica e
dall'informatica, ai contributi dell'etologia e ad altri apporti: neurofisiologia, matematica (soprattutto la teoria
dei giochi, delle decisioni e delle probabilità) e linguistica (in particolare la grammatica generativo-
trasformazionale di n. Chomsky). Il cognitivismo comportò inoltre la rivalutazione di autori del passato, quali
W.M. Wundt, F. Brentano, F.C. Bartlett, E.C. Tolman, e di esponenti della psicologia funzionalista e gestaltista e
il riconoscimento dell'opera di studiosi quali J. Piaget e J.S. Bruner.

LE CORRENTI DEL COGNITIVISMO

All'interno del cognitivismo si possono distinguere due correnti. La prima, denominata human information
processing (HIP, elaborazione dell'informazione umana), si ispira alla cibernetica, sostenendo l'analogia
tra operazioni della mente umana e processi di elaborazione dei dati eseguiti dai computer. I primi
modelli di funzionamento mentale proposti dall'hip negli anni sessanta erano caratterizzati
dall'elaborazione rigidamente seriale delle informazioni e dalla collocazione finale, nella sequenza
delle operazioni di elaborazione, delle fasi di selezione. Tali modelli prevedevano una capacità limitata di
elaborazione dell'informazione e canali di elaborazione autonomi. Il merito di questi modelli – definiti, per
le loro caratteristiche, “a oleodotto” – risiede nella loro semplicità. I dati sperimentali non hanno però
sempre confermato la loro validità. A partire dagli anni settanta sono comparsi modelli “a cascata” o “in
parallelo”, che prevedono l'elaborazione contemporanea dell'informazione lungo canali comunicanti
e che le operazioni di selezione vengano poste nelle prime fasi del processo
elaborativo dell'informazione. Tali modelli implicano una capacità illimitata di elaborazione, la possibilità di
interazione tra i diversi livelli di elaborazione dell'informazione e la possibilità di ricorrere a strategie
alternative. Mentre i modelli a oleodotto, di tipo strutturale, postulavano l'esistenza di “blocchi” di
operazioni di elaborazione dell'informazione, questi secondi sono di tipo funzionale, in quanto implicano
soprattutto flussi di informazione su cui vengono compiute le varie operazioni.

HPI verso la scienza cognitiva che darà vita invece a degli studi approfonditi che faranno
riferimento prevalentemente a tutti gli elementi che concorrono a definire il modo in cui si
apprende oltre che all’apprendimento stesso. Riepilogando, i suoi principali esponenti che
studiano i “processi mentali” considerandoli analoghi ai processi di elaborazione delle
informazioni (cibernetica ed informatica):1) Bruner riconosce un importante merito a Freud
e alla psicanalisi: la formulazione del concetto di inconscio; 2) Tolman con le mappe
cognitive; 3) Gardner con le intelligenze multiple.
Dal Cognitivismo passiamo al Costruttivismo che non deve essere interpretato come una
corrente che sostituisce il Cognitivismo ma come una corrente che ingloba e rappresenta la
massima espressione del Cognitivismo di seconda generazione, quindi della scienza cognitiva.
Il costruttivismo aggiunge, a quanto la ricerca nell’ambito del cognitivismo stava già
RIEPILOGANDO…
Cognitivismo: nasce negli stati uniti
nella seconda metà XX secolo.
Corrente psicologica che non
rappresenta una vera e propria scuola.
Studia i “processi mentali”
considerandoli analoghi ai processi di
elaborazione delle informazioni
(cibernetica ed informatica)

Bruner riconosce un Mappe cognitive


importante merito a Freud e
alla psicanalisi: la
formulazione del concetto di Neisser (1928-2012)
inconscio. E.C. Tolman (1886-1959)
Bruner (1915-2016)
Gardner (1943- *)

Intelligenze Multiple

SCIENZA COGNITIVA VS COSTRUTTIVISMO


La seconda corrente del cognitivismo (cosiddetta ecologica e ispirata all'opera dello studioso della percezione J.
Gibson) ritiene che la mente accolga e riconosca in modo diretto le strutture di informazione che sono presenti
nell'ambiente, senza che siano richieste operazioni di rielaborazione. Le versioni ecologiche del cognitivismo
sottolineano la funzione adattativa dei sistemi psichici e la loro plasticità, mentre l'orientamento HIP tende a concepire
la struttura mentale come fissa e priva della capacità di trasformarsi in relazione alle varie esigenze ambientali. Infine,
per la corrente HIP l'informazione trattata dai sistemi psicologici è essenzialmente rappresentata da simboli astratti e
le operazioni compiute dalla mente sono computazioni. Al contrario, per il cognitivismo ecologico l'informazione è
essenzialmente struttura, organizzazione dell'ambiente e l'operazione fondamentale della mente è quella di cogliere
relazioni. All'entusiasmo inizialmente suscitato dal cognitivismo ha fatto seguito un ripensamento critico, iniziato dallo
stesso Neisser con il volume Conoscenza e realtà (1976). La psicologia cognitivista non ha saputo rispondere alle
attese, non riuscendo a fornire una spiegazione complessiva dei processi mentali indagati. Inoltre, alcuni dei
presupposti su cui il cognitivismo si basava (quali l'analogia tra mente umana e mente artificiale, la natura
computazionale dei processi mentali) sono stati messi in discussione. Il cognitivismo è così confluito in un più vasto e
recente orientamento teorico interdisciplinare, di cui costituisce uno degli assi portanti, che è la scienza cognitiva.

facendo, la componente ambientale. Non più un ambiente inteso così come lo avevano
inteso i comportamentisti, quindi, come ambiente attivo che plasma le menti ma come
ambiente che influenza l’apprendimento del singolo. Il soggetto che apprende nell’ottica
del costruttivismo viene inteso come protagonista del suo apprendimento, come
costruttore di significati.
Nell’ambito del costruttivismo emergono le figure di principali autori: 1) sicuramente quella
di Jean Piaget in qualità di precursore alla nascita del Costruttivismo. Non ci stupiamo se
molti autori arrivati a questo punto saranno ugualmente sia contenuti nell’ambito della
corrente psicologica del costruttivismo che della corrente psicologica del cognitivismo.
RIEPILOGANDO… Piaget
È considerato il fondatore dell'epistemologia genetica, ovvero dello studio
Costruttivismo: nasce nella sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della
seconda metà del XX secolo negli Stati conoscenza nel corso dello sviluppo, e si dedicò molto anche alla psicologia dello
Uniti, come approccio derivante da una sviluppo.
concezione della conoscenza come Piaget individua quattro diversi stadi dello sviluppo cognitivo. Analizza
costruzione dell’esperienza personale del l’adattamento nell’ottica dell’assimilazione e dell’accomodamento. Nella prima
soggetto che conosce. fase dello sviluppo predomina l’assimilazione, ovvero il bambino acquisisce
G.A. Kelly dall’ambiente gli stimoli, l’accomodamento invece, si ha quando le risposte già
(1905-1967) acquisite si modificano in relazione ad una nuova esigenza. Lo sviluppo ha
quindi un'origine individuale, e fattori esterni come l'ambiente e le interazioni
sociali possono favorire o no lo sviluppo, ma non ne sono la causa (al contrario,
ad esempio, di ciò che pensa Vygotskij).

J. Piaget (1896-1980)
L. S. Vygotskij (1896-1934)
Lev Vygotskij
Nella teoria di Lev Vygotskij la zona di sviluppo prossimo (ZSP) è un
Un concetto simile alla zona di concetto fondamentale che serve a spiegare come l'apprendimento del
sviluppo prossimo è stato elaborato bambino si svolga con l'aiuto degli altri. Il concetto è comunemente
da un autore statunitense negli anni '60: conosciuto come zona di sviluppo prossimale.
La ZSP è definita come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il
è il concetto di scaffolding di Jerome livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con l'aiuto di
Bruner, secondo cui l'aiuto di un altre persone, che siano adulti o dei pari con un livello di competenza
esperto, che fornisce indicazioni e maggiore.
suggerimenti, consente al bambino di Infatti, Vygotskij non riteneva – con ciò prendendo le distanze da Piaget
svolgere un compito pur non avendo – che il bambino passasse attraverso diversi stadi e dunque 'fosse
pronto' ad apprendere nuove conoscenze che prima non era in grado di
ancora tutte le conoscenze e le abilità
ritenere; al contrario, sostiene che il bambino impara da coloro che si
specifiche per farlo autonomamente. trovano a un livello di conoscenza superiore.

Proprio perché come vi dicevo poc’anzi il costruttivismo non sostituisce il cognitivismo ma


bensì lo ingloba. J. Piaget è considerato il fondatore dell’epistemologia genetica ossia dello
studio sperimentale di quelle che sono le strutture e i processi cognitivi legati alla
costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo. A Jean Piaget si deve
l’individuazione di 4 stadi dello sviluppo cognitivo. Lui analizza anche l’adattamento
dell’individuo all’ambiente, un adattamento che passa da due fasi: 1) la prima fase
“dell’assimilazione” ossia quando il bambino si limita semplicemente ad acquisire le
informazioni dall’ambiente, quindi, i famosi dati sensoriali, gli stimoli sensoriali. 2)
l’accomodamento fa riferimento invece a quando le risposte già acquisite vengono
modificate in relazione ad una nuova esigenza.
Jean Piajet ha realizzato una teoria stadiale dello sviluppo cognitivo. Secondo lui, lo sviluppo
passa attraverso quattro fasi ben precise: 1) Fase Senso motoria (0-2 anni); 2) Fase
Preoperatoria (2-7 anni); 3) Operazioni concrete (7-12 anni); 4) Operazioni Formali
(dai 12 anni). Gli stadi dello sviluppo cognitivo così come descritti da Piaget sono difatti
quattro, esistono dei sottostadi. Piaget con questa teoria intendeva dire che: il bambino, il
soggetto che apprende, prima di poter accedere a dei contenuti di conoscenza che
richiedono uno sviluppo a livello cognitivo, quindi, a livello delle funzioni cognitive
diverso deve attendere il rispetto del raggiungimento delle determinate età. Ad esempio, il
bambino che si trova nella fase senso-motoria (0-2 anni) secondo lui poteva limitarsi di
portare l’oggetto alla bocca, ad esplorare il mondo. Non è però in grado di apprendere
conoscenze o acquisire informazioni che secondo lui per poter essere meglio acquisite
avevano bisogno di un livello di maturazione cognitiva maggiore, quindi diverso. Bisognava,
secondo Jean Piaget, attendere l’avvento dello stadio successivo per poter acquisire delle
conoscenze più complesse.
Questo tipo di teorizzazione operata da Piaget sarà però messa in discussione
immediatamente da due autori contemporanei a lui stesso: Lev Vygotskij e Jerome Bruner.
Vygotskij con la sua teoria della Zona di Sviluppo Prossimale o potenziale ZSP. Riteneva
invece che il bambino non passasse attraverso diversi stadi ma per poter apprendere
contenuti di conoscenza più complessi doveva avvalersi, della presenza, dell’aiuto di un
soggetto più esperto che assolvesse per lui alla funzione di guida. Quindi, si poteva
accedere ad obiettivi di conoscenza più complessi secondo Vygotskij nell’ambito della
teoria della zona di sviluppo prossimale grazie al supporto di un soggetto più esperto.
Gli obiettivi possono essere raggiunti, quindi, nel breve, medio e lungo termine da un soggetto
che apprende possono essere raggiunti grazie al supporto di un soggetto più esperto. Un
concetto simile, analogo al concetto espresso da Vygotskij in riferimento alla ZSP, è il
concetto di scaffolding di Jerome Bruner. Scaffolding significa supporto, impalcatura.
L’obiettivo che il soggetto che apprende può raggiungere, prescinde ed esula dallo stadio di
sviluppo cognitivo, ma in realtà ogni obiettivo di conoscenza, anche il più complesso può
essere raggiunto grazie al supporto di un un altro soggetto più esperto. A cosa ci riporta sul
piano metodologico-didattico la teoria di Vygotskij e lo Scaffolding di Bruner? Ci riporta alla
definizione del peer-tutoring o tutoraggio tra pari: il soggetto più esperto aiuterà quello
meno esperto nel raggiungimento di un determinato scopo o obiettivo.
La percezione è sicuramente diversa dalla sensazione. Visto che nell’ambito del
cognitivismo, ognuno dei diversi elementi che concorrono a definire il modo in cui un soggetto
apprende sono oggetto di analisi e di studio, è qui che la percezione trova una collocazione
nello specifico in termini di spiegazione. La sensazione fa riferimento all’acquisizione dei soli
stimoli sensoriali, sia delle quelle informazioni che sono presenti nell’ambiente che devono
essere acquisite. Ad esempio: sento un suono, significa avere una sensazione. Non identificare
questo suono quindi è non attribuirgli un significato complesso. Appena siamo in grado di
attribuire a questo dato sensoriale un significato complesso ha luogo la percezione. La
percezione quindi, rappresenta l’elaborazione dei dati sensoriali. Per significato complesso
cosa si intende?: riesco quindi a definire la natura del suono, da dove proviene, a che cosa se io
ho già sentito, ascoltato e già presente all’interno del mio bagaglio esperienziale. Nell’ambito
degli studi condotti sull’organizzazione percettiva sicuramente un ruolo rilevante è occupata
da un’altra facoltà propria della nostra mente che è l’attenzione.
L’attenzione viene descritta come un filtro che lascia passare solo gli stimoli sensoriali
che reputiamo rilevanti escludendo dall’ambiente di acquisizione tutti gli altri stimoli
JEROME BRUNER
Lo sviluppo cognitivo per Bruner (1915) non si realizza attraverso una sequenza fissa di stadi e l’intelligenza
è la capacità di mettere in atto una serie di strategie e procedure per risolvere problemi, per analizzare
le informazioni e codificarle. Bruner attribuisce grande importanza alla situazione e al contesto in cui si
affrontano i problemi (ossia ai fattori sociali), ma anche ai fattori motivazionali (fattori individuali).
Lo sviluppo cognitivo è il passaggio da sistemi poveri a sistemi sempre più ricchi ed efficaci nell’elaborazione delle
informazioni. Tale passaggio avviene attraverso tre forme di rappresentazione: l’azione, l’immagine e il linguaggio.
- La rappresentazione esecutiva è caratteristica del primo anno di vita, in cui il bambino utilizza la manipolazione, la
percezione, l’attenzione e l’interazione sociale per conoscere. Il bambino ha una conoscenza motoria della realtà (che
permane a volte nell’età adulta), ossia apprende e comprende agendo. L’azione è intenzionale, ma per Bruner l’intenzione
precede l’azione, a differenza di Piaget. Lo sviluppo motorio e manipolatorio (rappresentazione esecutiva) è un processo
costruttivo controllato dagli scopi del soggetto e dalle esigenze ambientali.
- La rappresentazione iconica codifica la realtà mediante rappresentazioni mentali e immagini interne, che rappresentano
una riorganizzazione mentale della realtà. La fase della rappresentazione iconica, che si serve delle immagini, permane
fino ai sei-sette anni, ma non esclude che il bambino possa ricorrere alla rappresentazione successiva, che è quella
simbolica, già dai due anni.
- La rappresentazione simbolica è un’espressione della realtà attraverso segni e simboli convenzionali, ossia stabiliti
socialmente. La parola rappresenta il significato dell’oggetto ed esprime un concetto. Quando il bambino impara a parlare,
ha a disposizione un sistema di codifica più efficace e flessibile di quelli precedenti. A differenza della sequenza stadiale di
Piaget, le tre forme di rappresentazione di Bruner non costituiscono una sequenza fissa in cui l’una scompare e l’altra
appare, ma tutte coesistono, conservando la propria autonomia.
- Tutti i processi mentali hanno un fondamento sociale: la struttura della conoscenza umana è influenzata dalla cultura
attraverso i suoi simboli e le sue convenzioni. In ogni fase di sviluppo l’attività è guidata sia da scopi individuali che dal
bisogno di relazioni sociali.

LA PERCEZIONE
Già più volte abbiamo visto quanto siano profondi i legami e i punti di contatto tra filosofia, e psicologia, e
anche la percezione non costituisce un'eccezione. Infatti furono i filosofi i primi ad occuparsi della sua
analisi. Essa, in senso filosofico generale, viene intesa come l'atto del prendere coscienza di qualcosa,
mentre per la psicologia essa sarà intesa prevalentemente come l'elaborazione di dati sensoriali. Sfumata
e controversa è la distinzione tra sensazione e percezione, tanto che alcuni autori sono giunti a
considerarle come parte di un'unica – per quanto complessa – funzione psichica (la senso-percezione).
Ma in genere si parla di sensazione in relazione ad eventi mentali suscitati da stimoli relativamente
semplici (lampi luminosi, singole note musicali, ecc.). Stimoli di questo genere furono molto utilizzati dagli
studiosi di psicofisica in relazione alla nascita della psicologia. La percezione, al contrario, viene intesa
come più “complessa”, in quanto consiste nella funzione psicologica che interpreta i dati sensoriali al fine
di conferire a questi una configurazione dotata di significato.

Sensazione
• Stimoli sensoriali
Percezione
• Elaborazione dei dati sensoriali

presenti ma che non ci interessano. Perché l’attenzione occupa un posto così rilevante? Perché
l’attenzione ci consente di scegliere quali dati sensoriali elaborare anche in maniera
complessa, quindi, organizzare anche sul piano percettivo. Sul piano dell’organizzazione
percettiva dei dati sensoriali potremmo andare incontro ad una serie di difficoltà dovute a
delle situazioni che si possono venire a creare dove è un po’ complicato selezionare gli stimoli
sulla base del nostro interesse. Sono stati rilevati nell’ambito degli studi
sull’organizzazione percettiva a tale proposito due tipologie di effetti: 1) l’effetto cocktail
party; 2) l’effetto stroop.
1) L’effetto coktail party ha luogo nel momento in cui supponiamo di trovarci ad una festa,
quindi, in un luogo particolarmente confusionario e di voler carpire da più fonti diversi
stimoli e provare ad elaborarli. Questo risulta essere abbastanza complicato se non quasi
LE TEORIE DELLA PERCEZIONE
La percezione si presenta come argomento preferito di indagine soprattutto per le prime scuole psicologiche, che
vedono nell'osservazione e nello studio dell'immediatamente percepito il campo d'indagine privilegiato per una
disciplina che si propone di studiare la mente degli individui in modo scientifico. Cosa meglio delle percezioni,
che rappresentano il più evidente legame tra la mente e il mondo esterno poteva essere o apparire passibile di
un'indagine e una misurazione scientifici? Il tedesco Hermann von Helmholtz (1821-1894) nel 1867 propone
la teoria empiristica, per cui la percezione del mondo e degli oggetti con cui ci relazioniamo quotidianamente è
resa possibile sulla base dell'esperienza e dell'apprendimento che derivano dai nostri contatti con questo mondo.
E quindi sulla base dell'esperienza passata che le sensazioni elementari – di per sé stesse sparse e
frammentate – che arrivano al nostro cervello dal mondo esterno vengono poi associate tra di loro e integrate
sulla base di conoscenze e a formare la struttura organica con la quale ciascuno di noi interagisce. Questa
organizzazione degli stimoli negli adulti si basa su meccanismi di inferenza inconscia, che uniscono il mosaico
di sensazioni parcellari proveniente dall'esterno al patrimonio di conoscenze dell'individuo. La scuola della
gestalt, invece, ritiene che il significato degli oggetti percepiti dipenda soprattutto da principi interni di
organizzazione del campo percettivo di natura innata, su cui hanno scarsa incidenza le esperienze passate
così come le credenze e le aspettative degli individui. Anche per i gestaltisti gli stimoli in sé possono essere intesi
come frammentati e composti da più parti: queste parti però si organizzano in maniera automatica a formare un
campo percettivo sulla base delle dinamiche interne delle forze che li compongono (principio
dell'autodistribuzione automatica). Tali fenomeni di organizzazioni sono basati su alcuni principi identificati
dagli studiosi tedeschi della gestalt i quali permettono agli stimoli con cui ci rapportiamo di essere percepiti come
delle totalità coerenti e ben strutturate caratterizzate da proprietà e relazioni immediatamente evidenziate.

IL MOVIMENTO DEL NEW LOOK


(VERSO IL COSTRUTTIVISMO)
Il movimento del New look (fondato dagli americani J.S. Bruner, L. Postman ed E. Mc Ginnies) rimarca invece
che la percezione nasce dall'incontro tra gli stimoli esterni e le attese, i valori e gli interessi del soggetto, il
quale diventa così un attivo costruttore delle proprie esperienze percettive. Gli individui, posti davanti a uno
stimolo complesso, compiono una categorizzazione, identificandolo e categorizzandolo sulla base di dati indizi,
strutturati sulla base delle relazioni e delle proprietà del percepito arricchite dall'universo motivazionale e
“personale” del soggetto. Le cosiddette teorie della percezione diretta (o ecologiche), ispirate all'opera di J.J.
Gibson, sostengono che le informazioni sono già presenti nella stimolazione percepita dal soggetto e da
quest'ultimo possono essere immediatamente colte senza che debbano intervenire processi di elaborazione. Il
soggetto non si trova dunque né a dover rielaborare in maniera costruttiva il percepito né a integrarlo in alcun
modo: deve solamente cogliere le informazioni percettive disponibili nell'ambiente. A questa ricchezza
dell'informazione sensoriale, sia dal punto di vista spaziale che temporale che di ordine intrinseco, Gibson si
riferisce utilizzando il termine affordances (disponibilità, appunto). Un'altra di queste teorie è quella del ciclo
percettivo proposta da U. Neisser, la quale prevede l'esistenza nella mente dell'individuo di schemi che
dirigono l'attenzione e l'esplorazione dell'ambiente producendo delle anticipazioni e quindi preparano il
soggetto a ricevere determinati tipi di informazione e a cogliere quelle più pertinenti per i suoi scopi.

impossibile dal punto di vista delle nostre facoltà cognitive perché riusciamo si a recuperare
alcuni stimoli e ad elaborarli in maniera complessa ma considerata la confusione e le varie
fonti da cui provengono questi stimoli, sicuramente non riusciremmo ad elaborarli tutti
in maniera significativa e ci perderemo delle informazioni in corso d’opera. L’effetto
cocktail party è quello che si può venire a creare ad una festa, nel mentre intratteniamo una
conversazione con un interlocutore, e con grande difficoltà riusciamo a comprendere cosa ci
sta comunicando, se nelle immediate vicinanze ci accorgiamo che c’è qualcuno che pronuncia
il nostro nome, la prima cosa che ci viene da fare è cercare di cogliere anche quello che l’altro
interlocutore sta dicendo, quindi, quello che è nel nostro raggio d’azione. Dal punto di vista
dell’elaborazione delle informazioni si crea una difficoltà. Non si riusciranno a percepire bene
tutte le informazioni considerata la confusione.
L’ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA
A prescindere dalle posizioni teoriche dei singoli studiosi, tutti concordano nel ritenere che alla base del mondo
così come noi lo percepiamo ci sia una qualche organizzazione effettuata o recepita dalla mente che le
permette di organizzare e interagire con il flusso di stimoli che percepisce in maniera unitaria e coerente.
Questa organizzazione è guidata dall'attenzione che permette di selezionare specifici stimoli e dirigere su di
essi l'attività mentale: tale processo d'attenzione può dipendere da caratteristiche dello stimolo o del contesto e
da predisposizioni o attese del soggetto derivanti da bisogni interni, interessi, motivazioni, risonanze emotive,
esperienze passate. Un contesto in cui è facile sperimentare in prima persona questa funzione selettiva
dell'attenzione si presenta in contesti particolarmente ricchi di stimoli, come ad esempio una festa.
Tendenzialmente noi ci concentriamo sulla persona o le persone con cui stiamo dialogando e non prestiamo
attenzione (escludiamo, filtriamo) gli altri stralci di conversazione che comunque percepiamo. Ma se da qualche
parte ci arrivano stralci di una conversazione che troviamo più interessante (per esempio se sentiamo qualcuno
che parla di noi) probabilmente sposteremo al nostra attenzione dall'ascolto della prima conversazione alla
seconda, che senz'altro ricorderemo anche molto meglio (effetto cocktail party). Questa possibilità di
selezionare gli stimoli e di passare da uno all'altro presume che la nostra mente in qualche modo percepisca tutti
gli stimoli, ma poi avendo a disposizione solo una limitata quantità di canali per l'elaborazione ne elabori in
maniera completa solo uno alla volta, rimanendo però sensibile alle caratteristiche salienti degli altri stimoli. Per
esempio, se siamo intenti in una conversazione importante e teniamo la radio accesa in sottofondo, pur
prestando maggiore attenzione alla conversazione siamo in grado di cogliere con immediatezza un cambiamento
di speaker o la messa in onda della nostra canzone preferita.

L’ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA
A questo proposito è stata proposta la teoria del filtro per cui l'attenzione nei casi in cui il soggetto riceve
più messaggi concorrenti seleziona un messaggio e a questo solo permette di passare alle successive fasi
di elaborazione dell'informazione. Un altro effetto legato alla percezione può però suggerire una diversa
interpretazione di come la nostra mente elabori le informazioni sensoriali. L'effetto stroop, consiste in un
ritardo nei tempi di risposta (o, più in generale, peggioramento della prestazione) che si verifica quando al
soggetto è chiesto di dire il nome del colore con cui è scritta una parola designante il nome di un altro
colore (per esempio la parola “rosso” scritta in verde). Norman interpretò tale fenomeno postulando che la
selezione attentiva abbia luogo non tanto selezionando gli stimoli in ingresso, quanto piuttosto elaborando
in maniera selettiva le informazioni già presenti nella nostra memoria (e pertanto familiari) che il nuovo
stimolo viene ad attivare. Nel caso sopra proposto dell'effetto stroop questi “automatismi” sono coinvolti
nel processo imprescindibile di riconoscimento e processamento dei colori – stimoli tanto familiari da
risultare imprescindibili a livello di processamento sensoriale.

2)l’effetto stroop invece consiste in un ritardo dei tempi di risposta, quindi, ad un ritardo dei
tempi legati alla risposta che dovrebbe derivare in primo luogo da una prima elaborazione
sensoriale e poi da una prima acquisizione dei dati sensoriali e degli stimoli ambientali e
da una successiva organizzazione percettiva. Si verifica l’effetto stroop quando al
soggetto viene chiesto di dire il nome del colore di una parola con cui è scritta una
parola che però designa il nome di un altro colore. Per esempio, la parola rosso scritta in
verde. Questo fenomeno rallenta i tempi di risposta dal punto di vista dell’organizzazione
percettiva perché il dato iconico che è il colore tende ad essere rilevato sul piano della
percezione prima di quello simbolico determinato dalla definizione di ciò che c’è scritto.
L’ATTENZIONE
L’attenzione può essere intesa come quel filtro (attenzione selettiva) che seleziona gli stimoli
dell’ambiente e delimita I processi cognitive svolti in un dato momento. I suoi meccanismi non sono
tutti controllati dalla coscienza. Si parla, infatti, di attenzione involontaria o spontanea, quando sono
le caratteristiche di uno stimolo ad attivare il processo attentive ( es.: nel mentre siamo impegnati in
una conversazione avvertiamo accidentalmente il nostro nome pronunciato da un’altra persona -
spostamento dell’attenzione). Un ruolo fondamentale nella gestione dell’attenzione è svolto dagli
schemi-guida, porzioni strutturate di conoscenza che servono a leggere la realtà.

Le principali funzioni dei processi attentivi sono: l’attenzione focalizzata, l’attenzione divisa,
l’attenzione sostenuta.

Attenzione focalizzata Attenzione divisa


Viene osservata attraverso un
Ha luogo quando le risorse Attenzione sostenuta
della nostra mente devono
test in cui il soggetto è posto di Quando un compito richiede
essere ripartite tra più compiti
fronte a vari input (target o che l’individuo concentri la
svolti contemporaneamente:
bersaglio), e deve concentrarsi propria attenzione su un’attività
guidare mentre conversa, per tempi lunghi.
solo su uno di essi resistendo
ascoltare musica mentre si
alle distrazioni.
scrive un testo.

LA MEMORIA
I processi di memorizzazione sono la base di ogni azione e pensiero dell’uomo. La memoria può
essere intesa come la capacità di immagazzinare informazioni e avere accesso a esse e dunque
come ciò ci permette di pensare, parlare, avere un senso della nostra identità e del mondo in cui
viviamo. Gli studi sulla memoria sono stati numerosi in psicologia e nelle altre discipline interessate
alla conoscenza dei processi mentali. Tutti i modelli di memoria attualmente operanti accolgono la
distinzione tra magazzini sensoriali del modello elaborato da Broadbent nel 1958 e rielaborato da
Attkinson e Shiffrin nel 1968.

L’attenzione può essere intesa come quel filtro, o attenzione selettiva, che seleziona gli
stimoli ambientali e consente di perseguire solo l’elaborazione di quegli stimoli che reputiamo
rilevanti o interessanti. Le principali funzioni dei processi attentivi: l’attenzione
focalizzata, l’attenzione divisa, l’attenzione sostenuta.
Quindi al di là della primissima definizione dell’attenzione come filtro abbiamo: 1)
attenzione focalizzata viene osservata attraverso un test in il cui soggetto viene posto di
fronte a vari imput che vengono definiti target o bersaglio. E deve concentrarsi solo su
uno resistendo alle distrazioni. E’ un esercizio complicato perché se abbiamo detto che
l’attenzione come filtro rappresenta la selezione degli stimoli sulla base del nostro
interesse noi riusciamo semplicemente a selezionare gli stimoli escludendo dal nostro
ambiente di apprendimento quelli che non ci interessano a favore invece di quelli che
reputiamo più interessanti. Ma questo diventa pressoché impossibile da realizzare nel
momento in cui siamo esposti a più stimoli che reputiamo interessanti. 2)L’attenzione divisa
ha luogo quando andiamo a dividere contemporaneamente, quindi, a destinare a più compiti
la nostra quota attentiva. Immaginiamo di essere alla guida e mentre stiamo guidando
scriviamo un testo, ascoltate la musica, rispondere al cellulare ecc. 3) l’attenzione sostenuta
è invece l’esercizio quando un compito richiede che l’individuo concentri la propria attenzione
su un’attività per tempi lunghi.
L’attenzione, dunque, rappresenta sicuramente una delle capacità che concorrono a definire
nel macro il modo in cui apprendiamo. L’attenzione consente anche una selezione degli
stimoli che provengono dall’ambiente come informazioni ambientali e sono informazioni che
accedono all’interno del nostro cervello dal mondo esterno, quindi, come imput in entrata. La
strutturazione della memoria deriva dal contributo di Attkinson e Shiffrin del 1968 che
avevano individuato tre macro componenti della nostra memoria. La memoria è
sicuramente l’elemento indispensabile per poter parlare di costruzione della conoscenza.
Chi deriva dall’esperienza per poter costruire un’esperienza è chiaro che le informazioni
apprese debbano essere in qualche modo ricordate. A) Input in ingresso à B) MEMORIA
SENSORIALE; C) MEMORIA A BREVE TERMINE; D) MEMORIA A LUNGO TERMINE.
La “memoria sensoriale o registro sensoriale” rappresenta semplicemente il canale di
accesso delle informazioni. Canale connaturato e legato ai nostri diversi organi percettivo-
sensoriali. Quindi le informazioni accedono all’esterno attraverso i nostri organi di senso.
L’attenzione seleziona questi input in ingresso e consente solo a quelle che reputiamo
rilevanti di passare nel registro di memoria a breve termine: ha una durata che non si
estende oltre i 20-30 secondi. Per poter consentire alle informazioni che entrano dal mondo
esterno come degli input sensoriali, passano attraverso la memoria sensoriale o il registro
sensoriale e vengono poi selezionati dall’attenzione arrivando a raggiungere la memoria a
breve termine, di operare il passaggio dalla memoria a breve termine alla memoria a
lungo termine necessariamente le dobbiamo reiterare o ripetere. Più ripetiamo le
informazioni apprese e più abbiamo la possibilità che queste operino il passaggio dal registro
di memoria a breve termine al registro di memoria a lungo termine.
A partire dal modello presentato di Attkinson e Shiffrin, Baddeley e Hitch aggiungono la
“memoria di lavoro”.
LA MEMORIA: UN APPROFONDIMENTO
Il primo a essersi interessato allo studio della memoria e al quale dobbiamo un grande contributo alla psicologia sperimentale è Hermann Ebbinghaus
(Ebbinghaus, 1885). Per la prima volta nella storia della ricerca, Ebbinghaus si preoccupò di studiare e spiegare quali fossero i meccanismi alla base grazie ai
quali la memoria e i suoi magazzini si riempivano e si svuotavano. Utilizzando materiale il più possibile neutro cioè delle sillabe senza senso, in cui la
memorizzazione non fosse influenzata da fattori esterni, egli dimostrò due fenomeni identificabili come: curva di oblio e curva della ritenzione. Con il primo
termine spieghiamo come la prestazione stessa del ricordare tende a calare con l’aumentare del tempo di ritenzione, dunque il soggetto tenderà a
perdere l’informazione e ciò dimostra come la memoria sia strettamente legata al fenomeno oblio. Con il termine oblio indichiamo quel processo di rimozione o
meglio di eliminazione d’informazioni e materiale memorizzato, che può essere esercitato consapevolmente o no. Tale meccanismo va inteso, non in termini di
disturbo o disfunzione, ma come strategia che il nostro organismo attua in termini fisiologici e di economia. Mentre con il termine ritenzione indichiamo che con
l’aumentare delle ripetizioni del materiale da memorizzare, aumenta la ritenzione e la prestazione stessa, fino ad arrivare ad un punto in cui tale processo non
produce più miglioramenti. Ovviamente se pur dotati di inventiva, questi primi studi presentano dei limiti. Il materiale stesso essendo neutro non rispecchia quei
contenuti o informazioni che siamo soliti memorizzare nella vita di tutti i giorni, connotati di valenza affettiva o comunque simbolica dunque la rappresentazione
data da Ebbinghaus è di una memoria di tipo passivo e senza validità ecologica. Grazie ai suoi studi ricordiamo anche altri due fenomeni registrati e
componenti al tempo stesso della curva di posizione seriale: l’effetto di recenza (recency effect) e l’effetto di priorità (primacy effect). Entrambi sono
fenomeni che si registrano quando chiediamo al soggetto di ripetere o rievocare, in maniera libera, immediatamente del materiale presentatogli; nel primo caso
l’effetto recenza spiega come gli ultimi elementi di una lista o sequenza di target viene ricordato in maniera corretta e migliore, mentre l’effetto priorità permette
ugualmente di dimostrare come i primi elementi di una lista vengono ricordati più facilmente dal soggetto rispetto a quelli intermedi ma con minor accuratezza
rispetto agli ultimi elementi presentati. Tale curva permise per la prima volta di dare fondatezza sulle ipotesi iniziali dell’esistenza di due magazzini di memoria
distinti e separati, quali il magazzino a breve termine e a lungo termine. Una critica severa nei confronti di questi primi studi arriva da Bartlett (Bartlett, 1932) il
quale introduce una nuova visione della memoria. Eliminandone l’artificiosità fin ora pervenuta dalle indagini in laboratorio, egli tende a valorizzarla in termini
ecologici e naturalistici, come se la memoria fosse un processo attivo e prodotto di un’organizzazione attiva delle nostre esperienze passate. Dunque ricordare
non è un fenomeno passivo e di semplice rievocazione ma un processo di costruzione in cui si implementano fenomeni come la rielaborazione e l’integrazione
connotati pur sempre da un valore e un significato affettivo. Per riassumere queste attività e strategie messe in atto dall’uomo nel ricordare, egli elabora il
concetto di “schema” o chiamato anche modello concettuale (Bartlett, 1932) con il quale si vogliono evidenziare le differenze individuali.
Modello di Baddeley e Hitch e la memoria di lavoro Memoria Sensoriale: gestisce gli
stimoli provenienti dai sensi e si
suddivide in memoria iconica
(visiva) e memoria ecoica (uditiva)
MBT Durata: circa 500 microsecondi per
Durata: 20-30 gli stimoli visivi e 2 secondi per
secondi quelli uditivi (max 9 informazioni per
70 secondi).
Memoria di Lavoro: mantiene ed
elabora le informazioni durante
l'esecuzione di compiti cognitivi (è il
nostro presente)

Memoria Episodica: è costituita da


specifici eventi ed esperienze di vita
di ognuno
Memoria Semantica: costituisce il
repertorio di concetti, e il vocabolario
linguistico e non linguistico che li
esprime, posseduti da ogni persona
Memoria Procedurale: consiste nel
recupero di modi di procedere e
Tulving (1972) propone una distinzione all’interno della sequenze di azioni dei quali la
persona non è consapevole
Memoria a Lungo Termine tra memoria episodica, semantica e MLT Priming: è l'identificazione inconscia
procedurale.
di parole o oggetti ai quali si è stati
esposti nel passato.

PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO


E DELL’APPRENDIMENTO

La psicologia dello sviluppo si occupa soprattutto dello studio e della maturazione, quindi,
dello sviluppo delle capacità innate dell’individuo determinato anche dall’influenza
dell’ambiente e in funzione di quello che è l’apprendimento. Nell’ottica della psicologia dello
sviluppo distinguiamo quelle che sono tre principali branchie di studio: 1)la psicologia
dell’età evolutiva; 2) la psicologia del ciclo di vita; 3)la psicologia dell’arco di vita.
La psicologia dell’età evolutiva si occupa innanzitutto dello studio, delle fasi che hanno
luogo a partire dall’infanzia fino all’adolescenza. Anche se ultimamente e sempre più
spesso di uno studio che nell’ottica della psicologia dell’età evolutiva non si ferma più
all’adolescenza ma procede ben oltre considerando il cambiamento delle situazioni di vita che
hanno comportato un’estensione delle età da parte dei ragazzi, un’estensione delle età e della
permanenza dei nuclei familiari di origine fino al compimento e ben oltre della maggiore età.
Temi e prospettive
della Psicologia dello Sviluppo

Concetti generali

Il concetto di sviluppo può essere definito come il processo evolutivo di un organismo con
modificazioni di struttura, di funzione e di organizzazione.
Tale processo può avvenire per tre ordini di cause: maturazione intrinseca (ovvero lo sviluppo
di capacità innate), influenza dell’ambiente e apprendimento.

IL CAMPO DI INDAGINE
Nell’ambito della psicologia dello sviluppo, una prima distinzione da operare è quella tra
psicologia dell’età evolutiva e psicologia del ciclo di vita, due branche della psicologia con
precise differenze in merito all’oggetto di indagine.
La psicologia dell’età evolutiva di occupa di osservare e studiare ciò che avviene nella fase
dell’infanzia sino all’adolescenza, un periodo caratterizzato da una serie di importanti
cambiamenti e acquisizioni sia cognitive che affettive, emotive e prima ancora, fisiologiche.
Il periodo dell’infanzia comprende la fase della vita che va dalla nascita al dodicesimo anno di
età.
La fase dell’adolescenza, invece, abbraccia tutto ciò che avviene dal dodicesimo al diciottesimo
anno, anche se adesso si parla sempre più spesso di “tarda adolescenza”, intendendo così
riferirsi al prolungamento di alcune caratteristiche proprie di questa fase di sviluppo, sino al
venticinquesimo anno di età.

La psicologia dell’età evolutiva si è adattata a questa situazione e a questo cambiamento e


oggi si parla infatti di late adolescence o di studi condotti sulla tarda adolescenza, quindi, ha
esteso il suo campo di studi fino al compimento del 25° anno di età.
2) abbiamo poi la psicologia del ciclo di vita che vede come suo maggiore esponente Erik
Erikson, è stato uno psicologo e psicoanalista tedesco naturalizzato statunitense. Ha
realizzato uno sviluppo in fasi o stadi, in questo caso dello “sviluppo bio-psico-sociale”. Le
sue fasi o stadi sono 8, la più importante per la secondaria è la fase 5 “identità vs
confusione di ruolo”, viene anche definita come fase della moratoria sociale. Cioè diciamo
che la società in questa fase cerca di uniformare il comportamento degli adolescenti che
vivono una confusione di ruoli fondamentalmente legata alla maturazione anche di natura
sessuale. Una crisi dell’identità adolescenziale che è caratterizzata prevalentemente per
tutte le forme di autorità: dall’autorità genitoriale alle figure autorevoli quindi anche agli
TEORIE STADIALI A CONFRONTO: FREUD, ERIKSON E PIAGET

insegnanti. A partire dalle fasi di sviluppo psico-sessuale di Sigmund Freud, Erikson


individua otto stadi di sviluppo psicosociale, ciascuna caratterizzata da una precisa crisi
psicosociale: A)Infanzia 0-1 anno (fase orale-respiratorio), fiducia/sfiducia; B) Prima
Infanzia 1-3 anni (fase anale-uretrale), autonomia/vergogna e dubbio; C)Età genitale 3-6
anni (fase infantile-genitale), iniziativa/senso di colpa;D)Età scolare 6-12 anni (fase di
"latenza"), industriosità/inferiorità;E)Adolescenza 12-20 anni (pubertà), identità e
contestazione/diffusione di identità;F)Prima età adulta 20-40 anni (genitalità), intimità
e solidarietà/isolamento;GSeconda età adulta 40-65 anni, generatività/stagnazione e
auto-assorbimento;HVecchiaia 65 in poi, integrità dell'Io/disperazione.
Pur essendo un cammino "a tappe", il ciclo di vita viene inteso da Erikson come un continuum.
Nello sviluppo, infatti, è importante il concetto di crisi intesa in maniera positiva; è questa,
A queste due principali impostazioni teoriche di aggiunge la prospettiva della psicologia
dell’arco di vita, sviluppatasi a partire dai contributi di Lev Semenovic Vygotskij padre della
scuola storico-culturale (1896-1934) e della scuola russa, secondo cui per comprendere lo
sviluppo dell’individuo è necessario tenere in considerazione i fattori sociali e culturali in cui
la persona è inserita. Secondo questa prospettiva, le età dell’uomo non possono basarsi su un
calcolo puramente cronologico, poiché l’età da sola non è sufficiente a spiegare i cambiamenti
comportamentali.
Viene inserito pertanto il concetto di crescita continua, poiché pur ammettendo per comodità la
suddivisione in fasi, queste non possono essere esplicative di un processo di costruzione e
integrazione di abilità che progredisce nel tempo.

infatti, la scelta effettuata per risolvere la problematica evolutiva. La persona quindi riemerge
con un accresciuto senso di unità interiore: gli elementi negativi non vengono cancellati ma
vengono ampiamente superati.
Le teorie stadiali di Freud, Erikson e Piaget hanno in comune l’aver realizzato uno studio e
elaborato una teoria stadiale o in fasi anche se diverse. Quando parliamo di Freud, parliamo
di una teoria stadiale o in fasi dello “sviluppo psico-sessuale”; quando invece parliamo di
Jean Piaget, si parla di una teoria stadiale dello “sviluppo cognitivo”. Quando invece ci
riferiamo ad Erik Erikson parliamo di una teoria stadiale dello “sviluppo bio-psico-sociale”.
3) la psicologia dell’arco di vita che ha come principale esponente sicuramente Lev
Vygotskij. Il richiamo diretto è anche a quello che ritroviamo alla base delle raccomandazioni
del Parlamento Europeo ossia come Lifelong learning ossia l’importanza che l’apprendimento
come processo attivo accompagni il soggetto lungo tutto l’arco della sua vita.

TRE DOMANDE SULLO SVILUPPO PSICOLOGICO

1) QUAL È LA NATURA DEL CAMBIAMENTO CHE CARATTERIZZA LO


SVILUPPO?
2) QUALI PROCESSI CAUSANO QUESTO CAMBIAMENTO?
3) SI TRATTA DI UN CAMBIAMENTO CONTINUO E GRADUALE O
VICEVERSA DISCONTINUO E IMPROVVISO?
QUAL E’ LA NATURA DEL CAMBIAMENTO CHE
CARATTERIZZA LO SVILUPPO?

Secondo alcuni teorici il cambiamento ha natura quantitativa: lo sviluppo, cioè, è considerato


sotto forma di accrescimento, ovvero come somma e accumulazione di piccoli cambiamenti
nel tempo.
Secondo altri, invece, il cambiamento avrebbe una natura prettamente qualitativa, sarebbe
cioè una trasformazione conseguente a specifici cambiamenti evolutivi.
La tesi quantitativa è sostenuta dai comportamentisti, secondo cui l’individuo accumula nel
tempo esperienze e apprendimenti che ne plasmano la crescita e ne direzionano lo sviluppo
(teorie stimolo-risposta s-r – soggetto plasmabile).
La tesi qualitativa è invece sostenuta dalle teorie organismiche, proposte da j. Piaget e
Vygotskij, per I quali l’individuo è attivo costruttore delle proprie conoscenze e
competenze e lo sviluppo appare determinato da principi intrinseci piuttosto che da fattori
ambientali esterni.

RIEPILOGANDO

SVILUPPO

QUANTITATIVO QUALITATIVO

COMPORTAMENTISMO TEORIE ORGANISMICHE

Il bambino è plasmato
Il bambino è un attivo
dall’ambiente esterno
costruttore delle proprie
(esperienze,
conoscenze e competenze
apprendimento)
QUALI PROCESSI CAUSANO QUESTO
CAMBIAMENTO?
Su questo punto le teorie divergono tra i sostenitori delle influenze ambientali (comportamentisti), quelli che
attribuiscono maggiore importanza ai fattori genetici (teorie innatiste) e quelli che trovano una via di mediazione tra gli
estremi (teorie organismiche).

Teorie Innatiste

• Esiste un’interazione tra


• Le influenze ambientali sono fattori ambientali e genetici
• Le ragioni dello sviluppo che concorrono nel
determinanti e modellano il risiedono nella
comportamento. direzionare i processi di
programmazione genetica,
sviluppo.
mentre le condizioni
ambientali possono solo • L’esperienza, cioè, è in
modulare ma non grado di stimolare particolari
determinare le fasi e competenze che gli individui
Comportamentisti l’intensità dello sviluppo hanno già innate
(geneticamente
programmate).
Teorie
Organismiche

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