Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
20 visualizzazioni49 pagine

Letteratura Russa 3

Caricato da

Megan Casiraghi
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
20 visualizzazioni49 pagine

Letteratura Russa 3

Caricato da

Megan Casiraghi
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 49

LETTERATURA RUSSA

20/02/2024

“Sferragliando, cigolando, stridendo cala sulla Storia della Russia un sipario di ferro. La rappresentazione è finita. Il
pubblico si alza. È ora di mettersi la pelliccia e di tornare a casa. Si guardano intorno. Ma non ci sono più né pellicce,
né case.”

Citazione di Rozanov, critico e filosofo, uno dei principali rappresentanti del rinnovo religioso della fine del 1800. Tra
il 1917 e il 1918 scrive Apocalisse del nostro tempo, una raccolta di opuscoli che scrive ai suoi “sottoscrittori” (lettori),
ha uno stile spezzato e frammentato, osserva la rivoluzione. La citazione ci comunica una metafora teatrale, c’è uno
spettatore che guarda qualcosa che sta avvenendo ma non è coinvolto sul palco, è importante il ruolo dei testimoni
che si chiedono fino a che punto possono influire su quello che sta succedendo. La citazione ci comunica la
repentinità e l’indefinitezza degli eventi, si svolge tutto nell’arco di poche ore e poi sulla storia cala un sipario, si vive
in una sorta di centrifuga, gli avvenimenti succedono uno dopo l’altro con una velocità anormale, che non sempre
consente di capire cosa succederà dopo. C’è anche un sentimento della fine, Rozanov parla di apocalisse, che implica
la fine ma anche una rivelazione. Il sentimento di fine è accompagnato da un sentimento di inizio perché, se qualcosa
sta finendo, qualcos’altro sta iniziando.

Tutto questo influenza l’opera letteraria sia dal punto di vista dei contenuti che della forma. Viene influenzata anche
la percezione del tempo e dello spazio, essendo faccia a faccia con la morte costantemente. Emblematica è la
coesistenza di piani temporali e spaziali diversi de Il Maestro e Margherita, legata al tema della Casa. L’eterno rifugio
è la ricompensa che spetterà al maestro per aver scritto il suo romanzo, e la ricompensa ha i connotati di una casa.
Non è solo uno spazio abitativo, ma un nido, un focolare domestico, un rifugio, e si declina in modo diverso a
seconda della persona. Lotman nel suo saggio individua quali sono le caratteristiche della Casa e di quella che può
essere definita anticasa.
• Casa: spazio arioso, intimo dove si può coltivare le passioni e gli interessi (Il Giardino dei Ciliegi, Tre Sorelle,
Siberia in Delitto e Castigo)
• Anticasa: assenza di colori, spazi angusti, mancanza di privacy, scale/sottotetti/buchi, completo isolamento o
l’opposto totale (le case in Anime morte, il buco di Raskol’nikov e la casa di Marmeladov in Delitto e Castigo)
C’è anche l’immagine della strada da percorrere per arrivare alla casa, bisogna passare dall’anticasa prima di salire
alla casa, quindi c’è anche verticalità (o orizzontalità) degli spazi.

CONTESTO STORICO

Livello politico e sociale. La morte violenta del padre fa sì che il suo regno sia reazionario nei confronti dei movimenti
rivoluzionari. Questi movimenti dilagano attraverso l’attività propagandista illegale del populismo radicale che fa leva
sul malcontento del ceto popolare. Figure importanti sono Plechanov, uno dei teorici della rivoluzione, all’ora già in
esilio, e Alexandr Ul’janov, il fratello di Lenin, che verrà influenzato particolarmente dalla sua condanna a morte con
l’accusa di propaganda rivoluzionaria. Dall’altra parte abbiamo il populismo liberale, i quali rappresentanti ritenevano
che il rinnovamento potesse arrivare da un’educazione delle masse, infatti già dalle riforme di Alessandro II si
instaura una rete scolastico con scuole anche per il popolo, grazie all’attività di singoli maestri e intellettuali.

Livello economico. C’è uno sviluppo industriale, in particolare dell’industria metallurgica e dell’attività estrattiva,
inoltre nel 1891 inizia la costruzione della transiberiana. In Russia cominciano ad affluire capitali stranieri che però
rimangono nelle tasche di pochi, rimane una differenza tra una classe borghese che si arricchisce, e una classe
popolare che rimane povera e la stragrande maggioranza della popolazione (nello stesso anno c’è una carestia e
un’epidemia di tifo nelle regioni del Volga). Si radicalizza il divario tra classi sociali.

Livello culturale. Si comincia a diffondere il naturalismo, sia in arte (Repin) che letteratura (Tolstoj, Čechov). Ha un
orientamento sociale, rappresenta soggetti popolari. Tra la fine degli anni 70 e 80 muoiono tanti scrittori realisti,
Tolstoj è uno dei pochi che vede la fase successiva, caratterizzata da una disintegrazione del realismo, sia sul livello
assiologico che formale. Assiologico perché la scala e la gerarchia di valori morali del romanzo non esiste più, la
letteratura non ha più il compito di fare e rispondere alle domande esistenziali. Un esempio è il tema dell’adulterio, in
Anna Karenina il giudizio di Tolstoj è chiaro, mentre in La signora col cagnolino il giudizio di Čechov è vago. Formale
perché cambiano le strutture, manca una favola sviluppata, mancano i personaggi che rappresentano un’ideologia,
sono privi di idee e di una psicologia precisa, rimangono inconcludenti. Un esempio è il protagonista de Il demone
meschino. Si affermano i racconti brevi e la poesia, entriamo nel “secolo d’argento” che richiama il “secolo d’oro”
della poesia di Puškin. C’è anche un cambiamento radicale dell’estrazione sociale dello scrittore, non era più nobile o
di classe sociale medio/alta, ma viene dai sobborghi, dalle classi sociali più basse.

21/02/2024

Alessandro III era morto improvvisamente di malattia, Nicola II sale sul trono impreparato e probabilmente senza il
desiderio di governare, perciò si circonda di persone che hanno il compito di consigliarlo, come lo zio Sergej
Romanov (ucciso da un attentato nel 1905), la zarina Aleksandra (principessa tedesca, sempre vista come straniera a
differenza di Ekaterina) e Grigorij Rasputin (si introduce a corte attraverso la zarina perché si rivela capace di guarire
il figlio minore affetto da emofilia, gene che derivava dalla mamma a causa dei rapporti incestuosi dei regnanti
europei). Altri sono statisti, come Vitte che sotto Alessandro III aveva fatto una riforma monetaria rafforzando il
valore del rublo, e Stolipyn, il ministro che fa una riforma agraria fuori tempo massimo. Altra figura importante
Konstantin Pobedonoscev, capo del santo sinodo (consiglio istituito da Pietro il Grande, 13 membri con a capo un
laico) sia con Alessandro III che Nicola II, era il loro principale consigliere, introduce la censure religiosa.

C’è un’ulteriore diffusione di fermenti rivoluzionari che cerca di fare leva sul malcontento. L’accelerazione
dell’industrializzazione porta alla formazione di una nuova classe sociale, il proletariato urbano: molti lasciano le
campagne e queste rimangono vuote, ci sono pochi contadini con tante terre.

In questi anni Lenin (pseudonimo, si chiamava Ul’janov) è in esilio. Proviene da una famiglia benestante e colta,
studia giurisprudenza e diventa un avvocato, assiste all’arresto e alla condanna a morte del fratello nel 1894 a causa
della sua attività clandestina. Questo fatto ha un impatto sulla personalità e sulle sue idee politiche, in un viaggio
all’estero entra in contatto con Plechanov e Vera Zasulič (rivoluzionaria coinvolta nel caso Nečaev), principali
esponenti del marxismo. Emergono le prime differenze tra i marxisti russi: Lenin ha poca fiducia della capacità
rivoluzionaria del proletariato, teorizza un ruolo del partito che definisce “coscienza politica e teorica
dell’avanguardia di classe”, deve essere guidato da un gruppo ristretto di borghesi.

Durante il suo regno Nicola II fa molti errori, ne emergono 2 maggiori.

• 1: GUERRA RUSSO GIAPPONESE DEL 1904. La Russia vuole espandere la sua area di influenza fino al pacifico
con uno sbocco sull’oceano che poteva essere usato tutto l’anno (Vladivostok poteva essere usato solo in
primavera ed estate). La Russia ottiene un porto dalla Cina e faranno anche un accordo per far passare la
transiberiana dalla Manciuria, ma il Giappone è contrario, vuole influenza sulla Corea. I negoziati tra Russia e
Giappone falliscono, i russi vengono attaccati e subiscono una sonora sconfitta. L’errore di Nicola II è non aver
tenuto in conto le possibili conseguenza dell’espansione imperiale.
• 2: DOMENICA DI SANGUE. Il 9 gennaio 1905 un corteo pacifico guidato da un sacerdote si avvia verso il
palazzo di inverno di Pietroburgo per chiedere allo zar migliori condizioni di vita. Il corteo era composto da
persone in un sindacato, infatti Nicola II aveva concesso la creazione di sindacati filomonarchici gestiti dalla
polizia, quindi non erano rivoluzionari. Nicola viene avvertito in anticipo del corteo, via dal palazzo prima che
arrivi e da ordine di sparare sulla folla. Queto episodio sancisce la rottura fra zar e popolo, aggravato dal fatto
che il santo sinodo giustifica la reazione della
guardia imperiale. Inizia la rivoluzione del 1905,
composta da una serie di disordini che si
susseguono dei mesi successivi, ci sono scioperi
(fabbriche Putilov, fabbriche metallurgiche),
sommosse popolari, uccisioni della famiglia reale,
ammutinamento della corazzata Potëmkin.
Nicola è costretto a emanare un manifesto il 17
ottobre del 1905, che prevede l’abolizione della
censura preventiva (i testi venivano sottoposti al
censore ancora prima di essere pubblicate), che porta ad una relativa differenziazione, si incontrano spesso
articoli polemici nei confronti dello zar e caricature (presunta relazione tra Aleksandra e Rasputin). La
seconda concessione è la creazione della duma, un’assemblea legislativa di persone elette che vara e
promuove le leggi, è una concessione solo cosmetica perché lo zar ha il diritto di bloccare le leggi e di
scioglierla, infatti la prima dura solo qualche mese, fino alla fine del 1906. Anche la seconda dura pochi mesi,
dal febbraio al giugno del 1907, la terza dura qualche anno, dall’ottobre 1907 al 1912, e la quarta viene
formata nel 1912 e si scoglie automaticamente nel febbraio 1917.

Il giorno stesso del manifesto si forma il primo soviet (ACCENTO SULLA E), il primo consiglio operario con il compito di
abbattere l’autocrazia. Si crea un panorama politico abbastanza vario, c’è un polo liberale, un polo di estrema destra
(future cinture nere), un polo di sinistra rappresentato dal partito socialdemocratico e dal partito socialista
rivoluzionario. Stolipyn coglie i pericoli del fermento rivoluzionario e decide di agire attraverso una riforma agraria, la
quale prevedeva la possibilità per i contadini di acquistare terra a un prezzo politico e diventare quindi proprietario
terriero. Questa riforma arriva troppo tardi, perché molti contadini avevano già scelto di lasciare le campagne per
trasferirsi in città e i contadini più ricchi non avevano interesse ad avere un loro terreno perché governavano le
comunità agricole. La riforma ha solo l’effetto di concentrare la ricchezza nelle mani di pochi e da origine alla classe
sociale dei kulaki.

Nel giugno del 1914 scoppia la prima guerra mondiale in seguito all’uccisione dell’erede al trono dell’impero austro-
ungarico in Serbia, fatto che determina la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, e la Russia entrerà a difesa
della Serbia il 20 luglio del 1914. L'entrata in guerra della Russia non è che l’ennesima prova della politica debole di
Nicola II che è frettoloso e sta ancora pagando le conseguenze della sconfitta della battaglia contro il Giappone.

La Russia entra in guerra per era una naturale alleata della Serbia già alla fine degli anni '70 del 1800, quando era
entrata nella guerra contro l'impero ottomano accanto alla Serbia, e specialmente per l’inimicizia con l’impero
ottomano. Nicola II vuole assicurarsi l'accesso allo stretto del Bosforo e dei Dardanelli, sotto controllo turco e
interdetti alla Russia dagli ottomani e ha intenzione di organizzare una leva balcanica da opporre all'Austria-Ungheria.

La Russia inizia a subire varie sconfitte sul campo di battaglia già nell’estate del 1914, ci saranno sempre più casi di
diserzione, fino a che nel 1916 se ne contarono un milione. Nel 1915 Nicola II si autoproclama comandante delle
forze armate, assumendosi la responsabilità di tutte le sconfitte che l'esercito sta subendo in campo e passando
parecchio tempo lontano dalla Russia lasciando le redini dell'impero russo alla zarina e di conseguenza a Rasputin,
una scelta infausta. La rivoluzione del febbraio del 1917 è favorita dall'assenza di Nicola II che si trovava al fronte,
ritornerà in treno a Pietro nel tentativo disperato di sedarla, ma alla fine abdicherà. La situazione che si protrae dal
1914 al 1917-18 quando la Russia uscirà formalmente dalla prima guerra mondiale è una situazione che esaspera i
problemi interni che avevano già subito un peggioramento con la rivoluzione del 1905.

07/03/2024

I manifesti propagandistici diffusi dopo la rivoluzione avevano il compito di diffondere il messaggio rivoluzionario,
devono illustrare visivamente i cambiamenti positivi della rivoluzione. C’è una contrapposizione tra il prima e il dopo,
prima ci sono due uomini che vengono presi a manganellate da due guardie, mentre dopo ci sono varie scene
positive, legate al lavoro e alla diffusione della cultura.

Tutto ha origine dalla prima guerra mondiale, in una situazione di grande disordine che porta nel 1916 a una quantità
enorme di disertori nell'esercito imperiale. La decisione di Nicola II secondo rispetto a questo è quella di farsi
comandante dell’esercito dal 1915, assentandosi da Pietroburgo per lunghi periodi e lasciando il comando alla zarina
Aleksandra e Rasputin, che verrà ucciso da una congiura di nobili. Quando si assenta dal 21 febbraio 1917, iniziano
degli scioperi nella fabbriche Putilov che portano ad una serie di proteste, manifestazioni e ammutinamenti, finché il
palazzo imperiale verrà circondato dai manifestanti. Nicola torna in treno ma nel viaggio ci sono svariati problemi, e il
suo arrivo a Pietroburgo è ormai tardivo.

Durante la sua assenza, si forma un situazione di potere duplice, e da una parte c’è la Duma, sciolta il 25 febbraio
1917. Forma il Comitato provvisorio, presieduto da un ex ufficiale della guardia, è un organo di governo che
sostituisce la Duma. Nello stesso identico giorno si forma un altro organo di governo, il Soviet, il consiglio di operai
che si prefiggeva come primo compito, il rovesciamento della burocrazia. Il Soviet forma un comitato esecutivo,
chiamato ispolkom, formato da menscevichi e due bolscevichi, che sono in minoranza fino al settembre. Il 28 febbraio,
mentre Nicola è in viaggio, si svolte la prima assemblea plenaria che passa pieni poteri all’ispolkom, quindi un gruppo
ristretto di intellettuali rivoluzionari (il primo è Lenin) guida gli operai.

Il 1° marzo viene formato un governo provvisorio presieduto dal principe L’vov, che dà al suo governo una
composizione moderata. Aleksandr Kerenskij diventa ministro della giustizia, era un socialista rivoluzionario. Il
governo provvisorio chiede la legittimazione del Soviet per realizzare il programma di governo in otto punti:

1. Una immediata e completa amnistia per tutti i casi di reati di natura politica e religiosa, compresi gli atti di
terrorismo (quelli che fanno saltare le carrozze), le sommosse militari e le rivolte nelle campagne.
2. Libertà di parola, stampa e riunione, libertà di associazione e di sciopero, e l'estensione della libertà politica a
coloro che servono nelle forze armate con le sole limitazioni legate al loro ufficio.
3. L'abolizione di tutte le restrizioni legati al rango sociale, alla religione e alla nazionalità.
4. L'immediata convocazione di un'Assemblea Costituente sulla base di un suffragio universale e diretto, a
scrutinio segreto, con lo scopo di determinare la forma di governo e la costituzione del paese.
5. La sostituzione della polizia con la milizia popolare, con l'elezione di ufficiali responsabili di fronte agli
organismi locali di autogoverno.
6. Le elezioni degli organismi locali di autogoverno si svolgeranno sulla base di un suffragio universale e diretto
a scrutinio segreto.
7. Tutte le forze militari che prendono parte alla rivoluzione non saranno disarmate e non verranno costrette a
ritirarsi da Pietrogrado. (diffusione capillare di armi)
8. Mentre saranno tenuti a seguire strettamente la disciplina e il dovere militare, tutti i soldati in servizio
saranno esonerati da ogni restrizione che impedisca loro di usufruire dei diritti politici di qualsiasi libero
cittadino.

Questo programma vede al suo interno una iniziale radicalizzazione, che lascia capire come in realtà, il potere del
governo provvisorio fosse un potere debole che cercava di sopravvivere cercando l’appoggio del Soviet, e il suo
tentativo era quello di una sommossa che rovesciasse lo stesso governo provvisorio. Il 1° marzo il Soviet assume il
controllo delle forze armate.

Il 3 marzo cade ufficialmente lo zarismo, Nicola II il 2 abdica a favore del fratello minore Michail, che a sua volta
abdica il giorno dopo. Ci saranno discordanze rispetto alla fine che avrebbe dovuto fare la famiglia imperiale: il
governo provvisorio tenta di assicurargli l’esilio (la Gran Bretagna è l’unico Paese che si offre), ma già nel marzo
vengono arrestati e trasferiti a Carskoe Selo, la loro residenza estiva, fino a giugno, poi a Tobol’sk in Siberia, e infine in
una località segreta (oggi conosciuta, Ekaterinburg) dove verranno uccisi.

La rivoluzione di febbraio nasce spontaneamente dal basso, dalla stanchezza per la guerra e dalla fame, mentre
quella dell’ottobre è a tutti gli effetti un colpo di stato. Lenin si ripresenta sulla scena il 3 aprile del 1917 dopo aver
passato del tempo all’estero, e tenta di diffondere una rete di cellule bolsceviche, ancora una minoranza, che
prendano possesso della stampa e che inizino a creare delle forze armate. Formula le tesi di aprile: è un programma
politico in cui Lenin dice che il tempo della fase borghese della rivoluzione è finito e bisogna iniziare la fase socialista,
quindi fine di ogni collaborazione con il governo provvisorio, e sul piano operativo pianifica l’uscita dalla guerra, la
trasmissione di tutti i poteri al Soviet, l'abolizione dell'esercito e la creazione di squadre armate dei soviet, la
nazionalizzazione della terra, la creazione di una banca nazionale.
Tra aprile e agosto 1917 i bolscevichi cercano di destituire il governo provvisorio almeno tre volte approfittando di tre
crisi di governo. Le prime due crisi erano dovute al problema della guerra perché continuavano a mandare più truppe
al fronte, cosa che continua a generare malcontento e ammutinamenti, mentre la terza è quella che spiana la via alla
presa di potere: Kornilov, un generale che cerca di ribaltare l’esito della guerra, e il carattere drastico delle sue
decisioni lo porta a collisioni con Kerenskij. La tensione fra i due è agli estremi ad agosto, quando Kerenskij si
convince che Kornilov stia mandando i soldati a Pietrogrado con l’obiettivo di rovesciare il governo provvisorio, quindi
arma i bolscevichi per contrastarli. A settembre vengono dati pieni poteri al Soviet, composto ormai di maggioranza
bolscevichi, che mettono a capo Trockij. I commissari bolscevichi nella prima metà di ottobre iniziano a piazzarsi in
tutti i punti strategici della capitale, quindi senza la loro approvazione
nessun ordine del governo può essere eseguito. Il 25 ottobre
Pietrogrado è completamente sotto il controllo dei bolscevichi, Lenin
scrive un programma in cui annuncia che il governo provvisorio è stato
deposto e il potere dello Stato è passato alle mani del Soviet, dei
deputati, operai e soldati, e nella notte tra i 25 e il 26 ottobre del 1917,
quando l'incrociatore Aurora spara un colpo, i bolscevichi entrano nel
palazzo d'inverno che arrestano tutti gli enti del governo provvisorio. Il
partito bolscevico si pone come primo obiettivo quello di non indire
l’Assemblea costituente che avrebbe dovuto stabilire il nuovo governo.

Il primo decreto è sulla pace, stipulata nel 1918 e che sancirà l’uscita
della Russia dalla prima guerra mondiale, e facendo questo Lenin
soddisfa le aspettative della popolazione e dell’ex esercito. Il secondo
decreto è sulla terra: legalizza gli espropri massicci delle proprietà
terriere, cioè la via libera a tutti, innanzitutto ai contadini, di prendere
possesso delle terre dei proprietari terrieri presso cui i contadini stessi
arrivano lavorato, quindi trova anche il sostegno delle masse contadine.
Il terzo decreto riguarda la formazione del nuovo governo, che viene
chiamato Governo degli operai e dei contadini e che sarebbe dovuto
restare fino alla convocazione dell’Assemblea costituente (non
succederà). Adottano un programma acceleratissimo di diffusione
dell’alfabetizzazione che i bolscevichi intraprendono fin da subito, e
l’immagine principale di questa campagna sono i bambini.

Ci sono altri decreti minori:


- Giornata lavorativa di 8 ore, no nottate passate in fabbrica, no lavoro minorile
- Affermazione dei pari diritti di tutte le etnie
- Abolizione di tutti i ceti e dei ranghi (il borghese colto come il medico di Cuore di cane viene posto allo stesso
livello degli operai, questi ultimi si rivolgono a lui come un pari)
- Riforma dell’ortografia, nel 1917 l’alfabeto viene ulteriormente riformato e viene eliminato il segno duro a
fine parola, viene cambiato non solo lo scritto ma anche il parlato
- Introduzione del calendario gregoriano che sostituisce il calendario giuliano, quello seguito dalla chiesa
ortodossa russa; fino al 1917 anche il calendario civile era quello giuliano e i bolscevichi lo cambiano (nel
Dottor Živago il cambiamento di calendario corrisponde a un caos nella percezione del tempo)
- Istituzione della polizia politica, la Čeka (sigla ЧК, “commissione straordinaria per la lotta alla
controrivoluzione e al sabotaggio”), era un organo speciale con giurisdizione su tutto il paese e sottoposto al
comitato centrale del partito; cambierà nome svariate volte > GPU > NKVD > KGB, verrà usata per instaurare
il terrore rosso

Lenin attua la NEP, “nuova politica economica”, che resta dal 1921 al 1928, con l’ascesa al potere di Stalin (Lenin
muore nel 1924). È un compromesso voluto da Lenin dopo anni di conflitto che avevano lasciato la Russia stremata,
promuoveva il mercato libero e i commerci individuali, per questo nascono nuovi esercizi commerciali e piccole
imprese: le città si popolano di negozi e di insegne. I contadini si vedono riconsegnare le terre, ritorna la proprietà
privata, il contadino lavora per lo stato ma può tenere per sé una parte del raccolto. Ci sono nuove regole per il
lavoro e viene introdotto un sistema bancario. Iniziano a riprodursi su larga scala le dinamiche economiche, sociali,
culturali che si erano riprodotte dopo la rivoluzione del 1905, infatti la NEP viene vista come un passo indietro da
tanti bolscevichi. Con la NEP vengono a crearsi nuove classi sociali che con la rivoluzione erano state fatte sparire:
appare un nuovo tipo di borghesia, i NEPmany, e ci sono di nuovo i kulaki perché i contadini commerciano i loro
prodotti e si arricchiscono.

09/04/2024

Bulgakov 28 marzo 1930 scrive una lettera al governo sovietico, particolarmente a 7 figure tra le quali Stalin,
chiedendo alla fine la possibilità di espatrio. Il 18 aprile riceve una telefonata in risposta da Stalin (lo scrittore è sicuro
fosse lui per il marcato accento georgiano), episodio che ci viene raccontata dalla terza moglie Elena, e gli verrà
negato l’espatrio. Questa conversazione fa sperare a Bulgakov che il suo caso possa venire riconsiderato e che possa
tornare a lavorare perché Stalin gli propone di andare al teatro d’arte, ma finirà a fare il direttista, non il
drammaturgo e non il regista, era una trappola. Questa telefonata condizionerà fortemente la stesure delle sue
successive opere.

Poco dopo Stalin telefonerà anche a Pasternak (con il quale parla di Mandel’štam) e a Šostakovič. Stalin telefona a
Bulgakov 4 giorni dopo il suicidio di Majakovskij che ha una grandissima risonanza mediatica, il 16 ci sono i funerali.
Bulgakov aveva fatto intendere nella sua lettera che l’unica altra soluzione all’espatrio era il suicidio, quindi Stalin
aveva cercato di rimediare a questa minaccia, essendo Bulgakov un’altra figura pubblica importante e una possibile
morte scomoda.

Lenin muore nel gennaio del 1924 dopo una serie di ictus che l’avevano già reso incapace di governare. Da qui si
scatena una lotta di potere, e a partire dal 1928-9 emerge la figura di Stalin che nel 1930 diventa segretario del PCUS.
Si consolida la macchina della censura che blocca qualsiasi progetto che non sia conforme ai canoni del partito e
uniforma il panorama culturale, scioglie qualsiasi organizzazione letteraria e gli scrittori vengono riuniti in unioni che
partano al minimo le differenze.

Costruisce il consenso attraverso la massiccia operazione di propaganda attuata sia a livello economico (fine della NEP,
subentrano i piani quinquennali dal 1928 al 1941, che prevedevano industrializzazione accelerata e collettivizzazione
delle campagne, repressione dei kulaki) che culturale (“radioso avvenire”, futuro verso cui si sarebbe dovuta
incamminare la società sovietica nell’edificazione del nuovo mondo, ipnosi e soggiogamento generale):

 Livello scritto: stampa/giornali come la pravda che potevano rovinare o portare in gloria gli scrittori, però non
erano accessibili a tutti. Tutti gli scrittori dovevano entrare nell’unione degli scrittori sovietici; nel ‘31 Zamjatin
riesce ad uscire dall’URSS, ma nel ‘32 chiederà comunque di entrare nell’unione. Quelli espulsi andavano in rovina.
Viene imposto il realismo socialista, che significa, non è vero realismo, ma l’utopia presentata come realtà, c’erano
un eroe e un antieroe, l’eroe era umano (con un nome e con caratteristiche fisiche che lo rendono riconoscibile
perché i lettori dovevano immedesimarsi) ma compiva azioni sovraumane (bloccare il nemico con la forza dello
sguardo, far crescere piante in mezzo alla tundra, ecc). L’acciaio è il simbolo distintivo dell’eroe e del romanzo
socialista (stalin, pseudonimo da stal’hoj=d’acciaio)

 Livello orale: trasmissioni radiofoniche e canzoni (presenti nel Maestro e Margherita).

 Livello visivo: cinema (commedia musicale), “arti” figurative (manifesti), architettura urbana e statale.
o CINEMA: Ejzenštejn e Aleksandrov vanno negli usa a conoscere Walt Disney per apprendere il nuovo genere
della commedia musicale, in Urss vengono creati dei film d’animazione negli anni 50. Il musical permetteva
all’ideologia di raggiungere le persone attraverso i canali visivo, uditivo e verbale; lo stato agisce sulle
persone con le emozioni invece che con il raziocino, paura, allegria, orgoglio nazionale. Aleksandrov porta in
Urss questo genere, le sue commedie sono Tutto il mondo ride (1934), Circo (1936), Volga volga (1938), Il
cammino luminoso (1940), sono tutte improntate all’allegria, con storie estremamente semplici. Il massimo
riconoscimento per l’eroe è il faccia a faccia con Stalin, che non viene mai rappresentato ma la cui presenza
viene evocata attraverso procedimento come un fascio di luce che illumina il viso dell’eroe. Nelle canzoni
dovevano esserci delle coordinate precise, cioè dovevano dire le emozioni che si doveva provare quando
sarebbe sopravvenuto il radioso avvenire. Presenza del nemico che veniva dall’esterno, spesso l’occidente,
rappresentato in termini apocalittici.
o MANIFESTI, PLAKATY: messaggi brevi e facili, immagini e concetti ripetuti in modo costante per rimanere
impressi nella mente di chi guardava e leggeva. Non necessitano di sforzo interpretativo, viene richiesto solo
di credere o non credere. Miravano all’automatizzazione, non si domandavano il significato ma ci credevano
ciecamente. Si riconosce una simbologia cromatica (lubok stampa popolare russa, versione profana delle
icone), l’eroe sovietico ha sempre colori lucenti, l’antieroe ha colori scuri, di solito con completo, bombetta e
bastone, identificato come kulak, ubriacone, capitalista, zar, prete. Spesso viene usato Stalin, sia potente che
magnanimo, ci sono barriere che lo separano dalla massa, veniva spesso raffigurato con donne, la sua figura
è più grande rispetto alle altre.
o ARCHITETTURA: negli anni ’20 il potere sovietico stabilisce un tot di metri quadrati per persona che negli
anni ’30 diventano 4. Alla casa 10 della Bolšaja Sadovaja si trova l’appartamento n50 di Woland, che è lo
stesso appartamento dove Bulgakov vive tra il ‘21 e il ‘24. Prima della rivoluzione ci vivevano solo 13 persone,
dopo ce ne vivono 38 che condividevano cucina e bagno. L’edilizia statale viene rivisitata, deve comunicare
potenza e maestosità, edifici imponenti alti concentrati a Mosca, che sarebbe dovuta diventare la città più
bella del mondo, ruotano tutti attorno all’acqua, lungo la Moscova, il quale doveva essere collegato con tutti i
mari e fiumi del mondo (si costruisce un canale che lo collega al volga). Viene costruita la metro, inaugurata
nel 1935, rete circolare con linee che si intersecano, stazioni vengono realizzate con oro zecchino, marmi,
stucchi. L’architetto Boris Jofan vince un concorso con un
progetto di un enorme palazzo dei soviet con una statua di
Lenin in cima, per realizzarlo viene rasa al suolo la chiesa
del cristo salvatore (ricostruita dopo) e avrebbe dovuto
superare di qualche metro l’Empire state building. Era
troppo costoso, interrotto per mancanza di materiali e
abbandonato con l’entrata in guerra, negli anni ‘50 ci viene
realizzata una piscina, mentre negli anni ‘90 viene
ricostruita la chiesa secondo il progetto originario. Ne Il
Maestro e Margherita diventa lo spazio dell’assenza del
sacro. Il fatto che il palazzo non venga costruito lo sanno
solo i moscoviti, il resto del paese veniva convinto (con libri
e film) che esistesse.

La propaganda si costruisce anche attraverso il terrore. Gli anni ‘30 sono il


decennio del terrore, che dilaga come forma di repressione e controllo da parte
del regime. L’evento scatenante è l’uccisione di Kirov nel 1934, uno dei membri
più importanti del PCUS, assassinato da ignoti, e viene usato da Stalin come
pretesto per scatenare un’azione repressiva con cui uccide tantissimi membri del
PCUS ma che ben presto si estende, raggiungerà il suo apice tra il ’37 e il ’38. La
gente viene o direttamente fucilata o deportata nei campi di concentramento,
tanti dei quali non fanno ritorno o tornano dopo la morte di Stalin (i gulag
continuano ad esistere anche dopo il ‘53). Questo terrore affligge tutti, gli arresti
spessi avvenivano di nascosto e di notte, la gente spariva. C’è un’associazione
russa, Memoriàl (illegale ora), che si propone di ricostruire di ricostruire la vita di
ogni deportato, per esempio da bigliettini scritti frettolosamente gettati nella
speranza che qualcuno li portasse alle famiglie.
CONTESTO CULTURALE
Dal punto di vista letterale, dopo la caduta del realismo, ci sono altri -
ismi che crollano:
- Eurocentrismo: la convinzione dell’uomo europeo di essere al
contro del mondo, il resto era periferia. Comincia a sgretolarsi con la
consapevolezza che esistono altre civiltà con un loro valore
- Evoluzionismo: illusione dell’uomo europeo che tutto nella natura
sia razionale e che l’uomo sia al vertice di questa piramide, l’essere
perfetto
- Positivismo: certezza dell’uomo europeo che la scienza possa
piegare il mondo alla volontà umana

Questi -ismi cominciano a crollare a fine Ottocento. Artisti come


Gauguin o Van Gogh cominciano a rappresentare altre civiltà. Le
certezze che crollano portano a un corto circuito, la ragione non risolve i
misteri e non è sufficiente a dare una risposte. Bisogna contare
sull’intuizione, c’è una sfera della realtà che è irrazionale. L’intelligencija
ha un periodo di crisi, l’artista e il letterato smette di farsi portavoce dei
problemi sociali: il poeta diventa un profeta, il suo compito è quello di
provare ad attraversare la nebbia della realtà attraverso l’intuizione e
attraverso il simbolo. La letteratura comincia ad avere un orientamento
verso l’interiorità e verso lo spiritualismo o verso l’estetismo più sfrenato. Nell’arte si traduce nel movimento
chiamato Мир искусства “il mondo dell’arte”, che nasce nel 1898 con Benoit e Sergej Djagilev e raccoglie artisti di
ogni genere. Avevano un orientamento allo spirito, all’interno, che contrasta l’orientamento al sociale del realismo. I
loro tratti erano la raffinatezza, il culto della bellezza personificate nell’arte, e l’idea dell’arte come strumento di
protesta. Dall’altra parte abbiamo il primitivismo, con Natal’ja Gončarova e il marito Michail Larionov, assumono
uno sguardo primitivo nei confronti del mondo, soggetti popolari, il più lontano possibile dalla realtà sociale.

In letteratura inizia il cosiddetto secolo d’argento, convenzionalmente compreso tra il 1894 e il 1917. Mentre la
poesia del secolo d’oro veniva associata al sole, quella del secolo d’argento può essere associata alla luna, ad una luce
fredda, meno brillante, che esiste solo in mezzo alle tenebre. La vita era uno dei temi precedenti, ora si parla molto di
morte. Nel 1894 esce Simbolisti Russi di Valerij Brjusov, un almanacco di poesie sue e di altri poeti, e di traduzioni di
poeti francesi. Segna l’inizio della corrente letteraria del simbolismo, che in Russia ha due facce, il simbolismo
estetico (di prima generazione, Brjusov) e il simbolismo teurgico (di seconda generazione, Merežkovskij).

22/02/2024

Nel 1893 era uscito un saggio letterario e filosofico scritto da Dmitrij Merežkovskij chiamato Sulle cause della
decadenza e sulle nuove correnti della letteratura russa contemporanea, dove упадок significa letteralmente “caduta”.
Lui era uno dei principali esponenti del rinnovamento religioso in chiave mistica, nel saggio rifletteva sulla
contrapposizione del nuovo e del vecchio, suoi nuovi compiti della letteratura, sottolineava l’importanza della
conoscenza mistica della realtà che si oppone alla conoscenza razionale, la poesia doveva elevarsi. Si deve tradurre
anche in un comportamento, in uno stile di vita, infatti lui e la moglie (anche lei poetessa) organizzavano nella loro
casa liturgie religiose ufficiate da loro, non da un vero sacerdote. Era come se la religione ufficiale fosse incapace di
affrontare la realtà, quindi i poeti cercano di trovare una risposte, una spiritualità alternativa. La sua visione del
mondo si traduce in una serie di dicotomie con cui cerca di leggere episodi storici e opere di scrittori: ad esempio è
famoso un suo saggio su Tolstoj=carne e Dostoevskij=spirito; lo studio su Pietro il Grande vs. il figlio Alessio; Gogol’ e
il diavolo, un analisi delle sue opere alla luce dell’evoluzione della figura diabolica e il rapporto dello scrittore con il
diavolo. Dopo la morte di Dostoevskij nel 1881, si diffonde un vero e proprio culto di Dostoevskij colto nella parte
finale della sua opera, in particolare nella pubblicistica. Il promotore di questo culto era Vladimir Solov'ëv, anche
origine del culto dell’eterno femminino.
SIMBOLISMO ESTETICO
La componente estetica è figlia dell’incertezza dei valori che si traduce in un’ipertrofia della sfera sensoriale, poiché
non si può comprendere la realtà volgo lo sguardo verso me stesso: nasce il culto dell’io, il culto dei sensi che ha
diverse sfaccettature. un’analisi morbosa, sulle paure e preoccupazioni e reazioni sensoriali. Trova espressione ne Il
demone meschino di Sologub (pseudonimo di Teternikov), ed è uno dei pochi romanzi del periodo. Nasce nel 1863,
quindi è più vecchio della maggioranza dei poeti estetici e non si considerava del tutto simbolista, anche lui scrive
poesie ma è ricordato per il romanzo. Esce nel 1907, è una di quelle opere che qualche anno prima non avrebbe mai
passato la censura. Lo scrive nel 1905, durante la rivoluzione, allora era solo caos e disordine non decifrabile, non si
sapeva cosa sarebbe successo.

Il titolo originale è Мелкий бес, e l’espressione presa in prestito da Lermontov dal poema incompiuto Fiaba per
bambini, dove nomina il demone meschino: “era il grande satana / o un demone meschino senza un grado”, senza
grado vuol dire che non ha nessun valore, è un’importate contrapposizione. Inoltre, Lermontov nella prefazione di Un
eroe del nostro tempo dice che gli uomini della generazione di Pečorin sono malati, e Sologub riprende questa
“diagnosi” un secolo dopo, prende spunto dal nome nel protagonista Peredonov e chiama la nuova malattia
“peredonovismo”. Sologub prende ispirazione da Gogol’ e Dostoevskij, da cui prende il tema del diavolo e il tema del
doppio.

Ci sono 3 linee narrative:


• Peredonov e sua moglie Varvara. Lui è un maestro (anche lo scrittore, si proietta nel protagonista) che aspira
a una promozione e spera di diventare ispettore scolastico, cosa che gli è stata vagamente promessa dalla
sedicente principessa Volčànskaja di Pietroburgo (il romanzo è ambientato in provincia, Pietroburgo è
lontano) a patto che lui sposi la sua amante e convivente Varvara, ed è così convinto che effettivamente la
sposerà. È un uomo paranoico, affetto dal male di vivere, da una mania di persecuzione, sparla di tutti e si
sente continuamente in pericolo, disprezza i suoi alunni e usa pene corporali, odia le donne, e finisce per
sviluppare una pazzia con l’aspetto di uno strano essere che comincia a vedere da metà romanzo, chiama
Nedotykomka. È l’incarnazione di tutte le paure, ossessioni e manie di Peredonov, la conclusione logica è che
sia questo il demone meschino, ma Sologub stesso ci dice che non
è quello. Si rivolge ai suoi contemporanei dicendo che è su di loro Il
demone meschino, non è un preciso personaggio del romanzo ma
potrebbe essere qualsiasi personaggio perché tutti a loro modo
sono demoni. Peredonov finisce col perdere la regione ed
assassinare il suo amico Volodin. Пере nel nome significa “oltre”,
ma anche “di più”, Peredonov è un eccesso di paure, ecc.
• Nedotykomka. La pazzia di Peredonov comincia a concretizzarsi
nella visione della creatura, non ha un copro umano né animale, ha
occhi e un sorriso inquietante con la lingua di fuori, non ha forma
precisa, è grigia e indefinibile, cosa che fa sì che venga paragonata
alla polvere (uno dei simboli che ricorre spesso). Не e до nel nome,
sguscia via, è inafferrabile.
• Ljudmila Rutilova e Saša Pylnikov. Lei è una di tre sorelle ed una donna adulta e colta, lui è un adolescente
studente di Peredonov. Tra i due si crea un rapporto ambiguo e perverso ai limiti del consentito. Sasha si
traveste da donna, i due fanno strani giochi sessuali.

È un romanzo simbolista perché esprime al meglio il crollo delle evidenze tipico di questo periodo, non c’è
bilanciamento dei valori perché manca un polo positivo, si vede subito dall’incipit:

“La messa domenicale era finita e i fedeli s’incamminavano verso casa. Certuni s’erano fermati sul sagrato, sotto i tigli
e gli aceri antichi, dietro le bianche mura di pietra, e conversavano. Erano vestiti tutti a festa, si guardavano contenti,
sicché pareva che in quella città si vivesse d’amore e d’accordo. E persino in allegria. Ed era invece soltanto
un’impressione.”
Tutto il romanzo è pervaso da questa apparente realtà che si svela essere soltanto un miraggio, il verbo казаться
“sembrare” è ripetuto più di 100 volte nel romanzo. Il colore predominante nel romanzo è il grigio, il colore della
Nedotykomka, l’immagine della polvere (пыль “polvere”, Pylnikov). Anche alcuni personaggi sono illusori, tipo la
creatura e la contessa, che ha nel nome la parola волк “lupo” e non appare mai. I luoghi sono non luoghi, non ci sono
precisi riferimenti geografici e fisici. I bambini sono presenti in tutta l’opera. Siamo davanti alla parodia di un romanzo
realistico, usa questa polvere che copre gli elementi realisti del romanzo.

Diverso da Sologub è Čechov. Ne L’uomo nell’astuccio, il protagonista Belikov è un professore di latino e greco, viva
nella provincia russa e non piace a nessuno nel suo villaggio, non usciva mai se non con tanti strati e completamente
coperto, aveva letteralmente un astuccio che lo proteggeva dal mondo esteriore. Čechov lo descrive come
un’eccezione, come un anti-uomo, mentre Sologub descrive Peredonov come la normalità. Hanno entrambi la stessa
filosofia della speranza, ma per Sologub non è altro che una magra consolazione.

Varvara viene descritta con un bellissimo corpo ma con una faccia rivoltante, viene descritta con l’aspetto di mostro
perché unisce in sé la bellezza e la deformità. C’è l’orrore che la bellezza possa celare la deformità e che la deformità
non sia altro che un aspetto della bellezza. Anche Saša viene descritto come un bel giovane, però ha “polvere” nel
cognome, anche il rossore delle sue guance può essere ricollegato al diavolo.

Volodin è un personaggio abbastanza insulso e di lui Sologub ci dice che ride “come un montone”. Verrà sgozzato da
Peredonov, non è semplicemente un omicidio ma è anch’esso parte della parodia: è un uomo pazzo che uccide un
montone, l’opposto dell’agnello.

27/02/2024

Era una figura storica e mitica, amato da qualcuno e odiato da altri, legato allo spiritismo e a relazioni pericolose
(picchiava la moglie). È una persona personaggio, è protagonista di film, cartoni animati e canzoni, è stilizzato e
stereotipato.

CANZONE RASPUTIN, di BONEY M: il testo ripercorre quello che si conosce di Rasputin, dai suoi rapporti con la
famiglia reale all’erotismo e alla morte difficile, è stata composta una verità mediatica su di lui. C’è una
rappresentazione stereotipata della Russia, le donne hanno il copricapo russo, il cantante ha dei pantaloni a
sbuffo da cosacco, nel testo si accenna al kozachok che è un’invenzione nostra.

I dettagli sulla sua morte nel dicembre del 1916 si sanno da fonti certe o comunque da testimoni oculari. Erano
coinvolti il principe Jusupov (il nobile più ricco di Russia), il deputato monarchico Puriškevič (molto appassionato
dei Romanov) e il principe (minore) Dmitrij Pavlovič Romanov. Ognuno aveva il suo motivo per uccidere
Rasputin, e i primi due lasciano delle memorie volendo lasciare un’immagine grandiosa di sé, ma questo non vuol
dire che tutto quello che scrivono corrisponda pienamente alla realtà (infatti potrebbero aver occultato il vero
assassino, cioè il principe Romanov).

La sua morte difficile da spunto a numerosi film: abbiamo per esempio Rasputin e l’imperatrice del 1932 al quale
Jusupov fece causa (e la vince) perché adombrava la sua figura e quella di sua moglie, che secondo il film era una
delle concubine di Rasputin; nel film Addio Lara del 1966 (in originale Ho ucciso Rasputin) Jusupov partecipa alla
redazione della sceneggiatura e fa un cameo. Non si è mai smesso di girare film su Rasputin. Il primo film che è
stato realizzato su di lui è Rasputin, the Black Monk del 1917, e che lo canonizza come “monaco nero”. Gian Dauli
nell’omonimo romanzo del 1934 lo definisce “un monaco sporcaccione e crudele”. Non vale quello che è stato ma
vale quello che è stato raccontato. Di lui il filosofo russo Etkind scrive: “Dopo decine di libri su Rasputin […]
arrivare a una verità su di lui parrebbe del tutto impossibile. […] Troppo di ciò che è stato detto o scritto su
Rasputin è inventato. […] In effetti, l’importante non è sapere se Rasputin fosse o meno […] un dissoluto, […]
quanto capire chi lo riteneva tale e da cosa dipendesse tale percezione. Nell’universo rasputiniano la storia del
Discorso svela una “verità” più profonda della storia dei fatti. […] Si può scrivere la storia di un’invenzione, ma non
quella di fatti che praticamente non esistono. […] Non come è stato ma come è stato raccontato; non gli
accadimenti come storia, ma la storia come narrazione”, molto di quello che è stato scritto su Rasputin è
inventato perché non si può risalire ai fatti,
inventato perché non si può risalire ai fatti, quindi più che la storia in sé di Rasputin conta il discorso, la
narrazione, non vale quello che è stato ma vale quello che è stato raccontato. Rasputin è il primo mito mediatico
costruito a tavolino della Russia moderna e contemporanea, con un uso consapevole dei media.
L’origine di tutti i gossip che si sanno su di lui verosimilmente è Il
santo diavolo di Sergej Trufanov, alias monaco Iliodor, che era un
caro amico di Rasputin, ma poi ci litiga perché è invidioso. Il libro
viene immediatamente tradotto in inglese con il titolo Il monaco
pazzo di Russia, la traduzione non combacia perfettamente ma la
struttura sì. Partecipa alla realizzazione del film The fall of Romanoffs,
che viene pubblicizzato dicendo che è collegato a uomini e donne
reali e viventi, non di finzione. Iliodor interpreta sé stesso, quindi
quello che lui raccontava doveva essere vero, il film diventa un
documentario storico (ovviamente è solo la verità di uno).
La letteratura, soprattutto quella di cassetta, non ufficiale, ha un
ruolo fondamentale, concorre sia a creare che a smentire il mito di
Rasputin. Molti scrissero su di lui ma anche per conto di lui e al posto
di lui, infatti non era alfabetizzato. Nel 1927 viene pubblicato Diario
di Rasputin, un diario pieno di gossip, pettegolezzi e parolacce, il suo
discorso viene stilizzato, però è stato dimostrato che fosse un falso,
probabilmente redatto in occasione del decimo anniversario della
rivoluzione dagli stessi autori che avevano scritto un’opera teatrale chiamata La congiura dell’imperatrice. Quindi
si crea un ritratto di lui come un uomo depravato e che parlava male, per quello si comporta male.
Aveva tantissime ammiratrici. Nella foto vediamo
Anna Vyrubova, dama di compagnia della tsaritsa, per
alcuni sua amante e per altri illibata anche dopo tre
matrimoni; vediamo anche Matryona Rasputina, sua
figlia e domatrice di leoni, costretta a emigrare, anche
lei scrisse su di lui. Tra le donne sue ammiratrici
abbiamo anche Aleksandra stessa, e la loro presenta
relazione è spesso oggetto di caricature, copertine
satiriche e libri di cassetta. Abbiamo anche delle
lettere che i due si sono scambiati, riportate da
Trufanov nel suo libro, oppure telegrammi che lui
mandava a lei, pieni di errori e senza erotica.
Molte sono le cosiddette “scrittrici erotiche”: per esempio abbiamo le Memorie di Vera Žukovskaja, che non
scrive scene esplicite ma tratta il tema della sessualità. Era una perfetta figlia del suo mondo culturale, arriva a
San Pietroburgo con l’idea di conoscere Rasputin, dal quale è attirata perché anche lei praticava l’occulto. Viene
strumentalizzata da Prugabin, uno storico delle sette, che la spaccia per sua nipote e la introduce a Rasputin per
conoscerlo lui stesso (aveva bisogno di una donna per avvicinarlo), lei lascia delle memorie dei suoi incontri con
lui. Usa un tono molto colloquiale, sembra di assistere alle loro conversazioni dove lui cerca di persuaderla a
concedersi e lei lo provoca per farlo parlare, seppur dichiarando di non essersi mai concessa. Si colgono
comunque due registri, quello di lui che è sgrammatica e rude, mentre quello di lei è più standard e corretto.
Viene sancito il principio secondo il quale se qualcuno parla male, ha la lingua corrotta ha anche i costumi
corrotti.
Esiste una parodia letteraria di questo tipo di letteratura, quella di Ricordi. Rasputin (1932) di Nadežda Teffi, in cui
descrive due incontri. Lei riceve una telefonata da Rozanov, fissato con l’occultismo soprattutto erotico, il quale,
una volta che si sono incontrati, le dice che c’è la possibilità di cenare a casa di un editore dove sarà presente
Rasputin, lei accetta. Mentre Žukovskaja è una stenografa e scrive parola per parola cosa è successo, Teffi si
qualifica come scrittrice, quindi è più discorsiva. C’è un’irrisione della società del tempo (prende in giro Rozanov)
e Rasputin stesso, che non la impressiona. Lei dice che lui le scrive anche dei versetti e bigliettini, probabilmente
per sedurla, ma è sgrammaticato e ha una calligrafia pessima, e lei lo prende in giro. Alla fine, suggerisce che lui
potesse solo volere qualcuna che fosse disposta a scrivere per lui.
28/02/2024

SIMBOLISMO TEURGICO
Teurgico deriva dal greco, zeos “dio” + ergon “opera, azione” = opera di dio, azione di dio. L’artista teurgo crea la
propria arte per comunicare con dio, e se si tende verso la divinità vuol dire che si va in verticale, a differenza del
simbolismo decadente che ha una tendenza verso il basso (culto della morte, piaceri meschini). Sono importanti
alcuni termini: богоискательство “ricerca di dio” che si contrappone a богостроительство “costruzione di dio”,
ci sono diverse pulsioni che hanno tutte a che fare con l’assenza di dio e con la sua ricostruzione, e l’uomo diventa
l’immagine di dio; жизнетворчество “creazione della vita”, abbiamo una fusione tra arte e vita, che devono
coincidere, il poeta non scrive e basta ma adotta un certo comportamento, deve svelare al mondo la sua funzione di
sacerdote della sua poesia.

La poesia diventa sorella della teologia, non hanno più distinzione, il poeta deve intravede (non vedere) i tratti del
mondo che sfuggono anche a lui e ha il compito di comunicarli al mondo. Per far questo, il poeta simbolista si serve
del simbolo, che è diverso dall’allegoria, che troviamo per esempio in Dante e nel Nuovo Testamento (nelle parabole
di Gesù), ed è usato per impartire un insegnamento morale, è semplice capire a cosa si riferisce, ci proietta subito su
una certa immagine. Il simbolo nella poesia russa fornisce un’immagine che rimanda a una serie di significati, non
uno solo, e tutti possono essere giusti: siamo in uno stato di crisi in cui non c’è più una realtà e non c’è il poeta che
fornisce la chiave per poterla decifrare.

Differenza rispetto al simbolismo europeo:


- Europeo: il rapporto tra il simbolo e ciò a cui rimanda è un legame orizzontale, si stabilisce un’equivalenza tra
un simbolo verbale e uno visivo/musicale;
- Russo: è unica la dimensione della verticalità, il simbolo è una freccia verso l’alto (a realibus ad realiora “dalla
realtà contingente ad una realtà più reale”)

Vjaceslav Ivanov è il maggior teologo del simbolismo russo, all’inizio del ‘900 da
inizio ad una serie di circoli letterari che si svolgevano nella sua residenza di
Pietroburgo, e ogni mercoledì i poeti si riunivano qui e declamavano i loro versi.
Uno dei principali ispiratori di questo discorso teologico che avrà una grandissima
influenza sui poeti simbolisti teurgici è Vladimir Solov'ëv (1853-1900). È il teorico
dell’idealismo che impregna la letteratura russa pre ma anche postrivoluzionaria,
la sua filosofia si basava sulla religione dello spirito, cioè l’apocalittica attesa di
quella che lui chiama terza e ultima fase della storia umana e sacra. La prima fase
era stata dominata dal Padre, la seconda da Gesù e la terza sarebbe stata
dominata dallo spirito santo. Il luogo di nidificazione di questa nuova città di dio
sarebbe stata la Russia, Ruolo fondamentale della Russia e dell’ortodossia.

È importante un figura all’interno della sua filosofia, quella che lui chiama eterno
femminino, cioè la sapienza divina che nella sua visione assume tratti femminili.
Prende l’idea dall’Apocalisse di San Giovanni (19, 1, 5-9), dove si intravede la
figura della sposa dell’agnello, cioè la chiesa, e l’agnello è cristo. L’eterno
femminino ha una grandissima influenza sulla poesia dei simbolisti teurgici,
credono di vedere l’incarnazione dell’eterno femminino in Lyubov Mendeleeva,
figlia del chimico Mendeleev. Nel 1903 si sposa con Aleksandr Blok.

Nasce a San Pietroburgo nel 1880, figlio di un professore polacco di diritto e di ceto medio-alto. È il massimo poeta
russo del 1900 e del secolo d’argento, ha una produzione poetica e teatrale (molto criticata) ricchissima che viene
solitamente divisa in tre tappe di un cammino (poeta della strada): 1898-1904, 1904-1908, 1907-1916. Muore nel
1921. Ciò che lo caratterizza è una dicotomia costante tra un mondo vicino, cioè la realtà tangibile, e un mondo
lontano, superiore, verso cui il poeta è proteso. Questo si traduce in una serie di dicotomie: armonia-caso,
meraviglioso-terribile, cultura-civilizzazione.
I Mendeleev erano amici di famiglia di Blok, lui conosce la figlia che era un’aspirante attrice. Suggestionato dalle idee
filosofiche di Solov'ëv, Blok la sposa nel 1903 e lei diventa l’incarnazione dell’eterno femminino non solo per lui ma
per tutta la cerchia di simbolisti. Diventa oggetto delle attenzioni in particolare di Andrej Belyj, e il matrimonio
naufraga rovinosamente anche per il tradimento di lei con Belyj, tra il 1904 e il 1905. Con il clima di caos presente
nella società in quel momento, Blok inizierà a rappresentare lei come una prostituta, la chiama “violetta notturna”
(cresce in palude).

È il suo esordio, pubblicata nel 1904 e contenuta nel ciclo Stichi o prekrasnoi Dame, “Versi sulla bellissima dama”,
dedicato alla Mendeleeva e all’eterno femminino (stessa cosa). Viene subito riconosciuto all’unanimità come un
talento eccezionale paragonabile a Puškin.
Отдых напрасен. Дорога крута. Il riposo è inutile. La strada è ripida.
Вечер прекрасен. Стучу в ворота. La sera è magnifica. Busso al portone.
Дольнему стуку чужда и строга, Estranea e severa al lontano battere,
Ты рассыпаешь кругом жемчуга. Spargi intorno le perle. (perle possono essere lacrime o stelle)
Терем высок, и заря замерла. Questo castello è alto e l’alba si è cristallizzata. (come un quadro)
Красная тайна у входа легла. Il mistero rosso giace all’ingresso.
Кто поджигал на заре терема, Chi ha acceso all’alba questo castello,
Что воздвигала Царевна Сама? Cosa ha innalzato (verticalità) la Principessa Stessa?
Каждый конёк на узорной резьбе Ogni cavallino su questo intaglio decorato (della torre)
Красное пламя бросает к тебе. Lancia verso di te una fiamma russa.
Купол стремится в лазурную высь. La cupola (lessico religioso) tende verso le altezze celesti.
Синие окна румянцем зажглись. Le finestre azzurre si sono accese di porpora.
Все колокольные звоны гудят. Tutti i suoni delle campane risuonano.
Залит весной беззакатный наряд. La veste senza tramonto è inondata di primavera.
Ты ли меня на закатах ждала? Eri tu ad aspettarmi al tramonto?
Терем зажгла? Ворота отперла? Ad accendere il castello? Ad aprire il portone?
TAA / TAA / TAA / T, sono tetrapodie dattiliche. Divisa in distici

Nel quadro La principessa cigno c’è questa figura di donna misteriosa,


evanescente, che guarda lo spettatore, e sembra quasi gli faccia cenno di
seguirlo, ed è questo che il poeta cerca di fare.

Sono frasi brevi. Il poeta, al di sotto del castello, vede la dama che si sporge,
insensibile al battere al portone. Le perle possono essere interpretate come
lacrimi, quindi per qualche ragione sta piangendo, o come selle, quindi
rappresenta la luna. Заря “alba” è il termine più usato in tutta la poesia di Blok,
anch’essa un simbolo. Fa domande perché brancola nel buio, vede solo i
contorni, non ci sono risposte esatte. Non si riferisce semplicemente alla donna ma alla Regina, quindi assume i tratti
della madre di Dio. Ci sono una serie di colori, sui toni del rosso e dell’azzurro, evocano l’immagine della volta celeste.
L'io lirico del poeta può assumere le sembianze sia di un cavaliere errante, poi di un pellegrino o monaco che rivolge
le sue preghiere a questa figura femminile.

La dama inizialmente assume i tratti di una principessa, ma può essere associata alla madre di dio, cosa che può
essere confermata dal linguaggio religioso. La verticalità si avverte per tutto il poema, separa il poeta dal divino.

Sarà seguita da altri cicli di poesie dove il poeta cambia rotta, e si rivolge diversamente all’amata in seguito alla
delusione del matrimonio e agli eventi storici.

Dal 1906 c’è un cambiamento radicale e inizia a trattare il tema delle maschere della commedia dell’arte: si ricorda il
triangolo amoroso di tradimenti di Arlecchino, Pulcinella e Colombina (lei tradisce Pulcinella con Arlecchino) in cui lo
stesso Blok si era trovato ed è riflesso nell'uso delle maschere. Le maschere sono presenti in tutte le manifestazioni
artistiche e letterarie della Russa di inizio ‘900.
Il 1910 è convenzionalmente l’anno della crisi del simbolismo con la morte di Tolstoj, che segna la fine di un’epoca.
Nel 1908 muore anche Michail Vrubel’, pittore simbolista, e nel 1907 muore Vera Komissarževskaja, attrice,
direttrice e regista del teatro simbolista. C’è una crescente discordanza interna nell'ambiente dei simbolisti: nel 1910,
durante uno dei suoi ritrovi nella torre, Ivanov legge una relazione che si chiama L'eredità del simbolismo in cui
sostiene che il simbolismo non è solo un’arte ma è una religione, e che quindi il poeta deve anche cercare di aprire a
nuove realtà religiose. Questa assimilazione totale tra poeta e sacerdote e tra poesia e religione non viene accettato
dai simbolisti esteti, in particolare da Brjusov che risponde a Ivanov sostenendo che la poesia simbolista deve
continuare a perseguire solo questioni estetiche e non religiose. Questa crisi sancisce la fine della poesia simbolista
che non viene più considerata attuale.

29/02/2024

ACMEISMO
È una nuova corrente letteraria che nasce sulle ceneri del simbolismo. Gli acmeisti sono giovani poeti che
frequentavano gli incontri nella torre di Ivanov, e che quindi conoscevano quindi il simbolismo, e da loro inizia a
emergere una nuova concezione della poesia. Non deve essere una poesia civile come quella di Nekrasov, e deve
ancora essere espressione del mondo superiore che si cela dietro il mondo apparente, ma il poeta acmeista dice che
per fare ciò non bisogna più utilizzare il simbolo (che ha ormai esaurito le sue potenzialità), ma rivendica l'uso
concreto e solido della parola, non più vaga e indefinita ma chiara e coincisa che indica una realtà concreta. Rifiutano
quindi la vaghezza e indefinitezza e di conseguenza il misticismo della poesia simbolista. Al concetto di тайна,
“mistero” gli acmeisti prediligono il concetto di загадка, “enigma”, più concreto del mistero, privo della religiosità e
misticismo. Esempi di poeti acmeisti sono Anna Achmatova, Nikolaj Gumilёv (una delle prime vittime dei bolscevichi,
fucilato nel 1921) e Osip Mandel'štam. Un esempio di poesia acmeista è Дверь полуоткрыта di Achmatova, la sua
è una poesia d’amore, “d’occasione”, a partire da una circostanza concreta costruisce una serie di immagini concrete
e legate a oggetti concreti, che non rimandano ad altri significati. Scrive principalmente con uno schema binario
perché guarda a Puškin.
Дверь полуоткрыта, La porta è socchiusa,
Веют липы сладко… dolce respiro dei tigli...
На столе забыты Sul tavolo, dimenticati,
Хлыстик и перчатка. un frustino ed un guanto.

Круг от лампы желтый… Giallo cerchio del lume...


Шорохам внимаю. Tendo l’orecchio ai fruscii.
Отчего ушел ты? Perché sei andato via?
Я не понимаю… Non comprendo...

Радостно и ясно Luminoso e lieto


Завтра будет утро. domani sarà il mattino.
Эта жизнь прекрасна, Questa vita è stupenda,
Сердце, будь же мудро. sii dunque saggio, cuore.

Ты совсем устало, Tu sei prostrato, batti


Бьешься тише, глуше… più sordo, più a rilento...
Знаешь, я читала, Sai, ho letto
Что бессмертны души. che le anime sono immortali.

Non c'è un manifesto preciso dell’acmeismo ma diversi:


• Della bellissima chiarezza (1910) di Michail Kuzmin pubblicato sulla rivista simbolista Apollon, dove si
sostiene che l’opera letteraria debba due leggi: l’equilibrio tematico e la chiarezza espositiva; era un
esortazione a ritornare dall’invisibile al visibile.
• Alcune tendenze della poesia russa contemporanea (1913) di Sergej Gorodeckij, in cui critica i simbolisti che
vengono accusati di aver cercato nell'arte solo delle approssimazioni in quanto solo evocativa, invece con
questo manifesto si sostiene che la poesia deve cercare la chiarezza e la concretezza.
L’uso della parola è diverso rispetto al simbolismo, perché quest’ultimo aveva puntato tutto sull’energia estensiva,
cioè sulle infinite allusioni di significato che una parola può avere, mentre il poeta acmeista puntava sull'energia
intensiva, cioè sui significati anche etimologici di una parola e non sulle allusioni di significato. Il poeta indaga sulla
polisemia della parola, inizia a lavorare sull'etimologia della parola e non sulle associazioni.

Questo movimento inizia con gli acmeisti ma che continuerà con i futuristi, corrente che si insinua già tra il 1910 e il
1912, quasi contemporanea all'acmeismo, infatti ci sono analogie tra le due correnti. La vaghezza del simbolismo non
regge davanti alle sfide della realtà che si concretizzano con l'ingresso della Russia nel primo conflitto mondiale a
difesa della Serbia nel 1914.

AVANGUARDIE - cubofuturismo
La situazione tra il 1914 e 1918 ha una ricaduta anche a livello letterario e artistico: l'ingresso in guerra della Russia è
accolto con favore dagli intellettuali e artisti russi, che metteranno la loro arte al servizio della causa bellica. (MIN 37-
40). È un terreno fertile per la nascita di un nuovo movimento letterario indicato come le avanguardie, di cui fanno
parte diversi gruppi e diverse personalità. Molti, come Vladimir Majakovskij e Davyd Burljuk nascono nella pittura e
poi si spostano nella letteratura. Uno dei tratti comuni è il ruolo dell'artista e del poeta, non più vate o sacerdote ma
un distruttore/provocatore che guarda al mondo con occhi nuovi: il poeta simbolista aveva rivolto lo sguardo dentro
a sé stesso, mentre il poeta dell'avanguardia rivolge lo sguardo verso l'esterno, finisce l’introspezione e inizia
l’orientamento verso l'esterno. Le armi di cui si servono gli artisti sono l’immagine, poco ortodossa, inconsueta, che
non risponde ai canoni dello spettatore/lettore, e la parola. Altro tratto comune è che molti di loro non vengono da
centri grossi come Mosca o Pietroburgo, ma da zone più periferiche della Russia. Majakovskij non viene da un grande
centro urbano ma nasce in Georgia nel Caucaso. Arrivato giovane a Mosca, quando comincia a muovere i suoi primi
passi nel campo poetico e artistico questo spirito provocatore era un modo per farsi notare.

Nonostante questo nuovo orientamento e intenzione di rompere con i legami del passato, c'è qualcosa che lega i
poeti dell'avanguardia ai poeti che li hanno preceduti. Il primo elemento è quello del жизнетворчество, entrambi
pretesa di creare un nuovo mondo attraverso la realtà, ma i futuristi hanno la pretesa di farlo subito, c’è dinamismo,
ha lo scopo di trasformare radicalmente e immediatamente la realtà. Il secondo elemento che influenza le
avanguardie russe è il futurismo italiano (il Manifesto del Futurismo di Marinetti è del 1909). I futuristi russi
rivendicano una loro originalità, si definiscono budetljane (budet futuro del verbo essere), rifiutano il calco.

I futuristi nascono reagendo al simbolismo e al concetto di simbolo, e al


centro della loro poesia c'è la parola (come per gli acmeisti),
considerando sia l'aspetto dell'etimologia ma anche l’involucro politico,
si sposata da significato a significante, cioè la parola stessa. Un altro
elemento che influenza la nascita dell'avanguardie russe è lo sviluppo
dell'arte russa che guarda all'arte europea, come il cubismo. (min 55-
59)

Le avanguardie letterarie principali del futurismo russo sono tre: il


cubofuturismo (il più vicino al futurismo italiano), l’ego futurismo e
l’immaginismo. Ci sono in realtà altri piccoli gruppi che gravitano
intorno a questi tre, uno importante è la centrifuga, da cui fiorirà Pasternak.

Majakovskij aderisce al cubofuturismo, lui viene introdotto alla poesia tramite Burljuk, che aveva un fratello, ed
entrambi vengono cacciati dal corso di pittura. Nel 1912 i cubo-futuristi pubblicano il loro manifesto dal titolo
Schiaffo al Gusto Corrente, che recitava un programma quasi di guerra, schiaffo al gusto borghese. C’è un linguaggio
piuttosto scuro, emerge una lotta contro il passato che soffoca, “gettare Puškin, Dostoevskij e Tolstoj dal vapore
modernità (treno)”. Queto rifiuto netto del passato sarà solo nominale perché c’è un continuo ritorno più o meno
consapevole dell'eredità dei classici, per esempio elementi della tradizione cristiana. Il fascino per la tradizione
coesiste con un fascino per la modernità.

Altro aspetto interessante del manifesto è la pretesa dei futuristi di giocare con la lingua, di creare parole nuove, di
arricchire il dizionario, coniano dei neologismi. Altro punto interessante è al punto 4, usano spesso il pronome noi, ed
è una differenza fondamentale dal futurismo italiano, il quale coltiva un individualismo sfrenato, mentre il
cubofuturismo russo pone al centro l'idea di collettività. Anche nella creazione delle parole nuove c'è una differenza
con il futurismo italiano in quando gli effetti della evoluzione della lingua italiana è l'abolizione della punteggiatura o
l'utilizzo dell'onomatopea, mentre invece il futurismo russo arriverà a creare addirittura una lingua nuova,
innovazione linguistica più radicale rispetto al futurismo italiano. Un esempio lampante della parole nella poesia è
Esorcismo col riso di Velimir Chlebnikov, il quale insieme a Kručënych conia una nuova lingua che chiama
transmentale, cioè che va oltre la mente.
О, рассмейтесь, смехачи! Oh, mettetevi a ridere, ridoni!
О, засмейтесь, смехачи! Oh, sorridete, ridoni!
Что смеются смехами, что смеянствуют смеяльно, Che ridono di risa, che ridacchiano ridevoli,
О, засмейтесь усмеяльно! oh, sorridete ridellescamente!
О, рассмешищ надсмеяльных — смех усмейных смехачей! Oh, delle irriditrici surrisorie – il riso dei riduli ridoni!
О, иссмейся рассмеяльно, смех надсмейных смеячей! Oh, rideggia ridicolo, riso di ridanciani surridevoli!
Смейево, смейево! Risibile, risibile,
Усмей, осмей, смешики, смешики! ridifica, deridi, ridùncoli, ridùncoli,
Смеюнчики, смеюнчики. ridàccoli, ridàccoli.
О, рассмейтесь, смехачи! Oh, mettetevi a ridere, ridoni!
О, засмейтесь, смехачи! Oh, sorridete, ridoni!

Dal 1912 i cubo futuristi cominciano a fare tournee per la Russia declamando i loro versi, travestendosi e pitturandosi
la faccia per provocare lo spettatore. Uno di questi è Vladimir Majakosvkij, che si vestiva sempre con un blusa gialla.

Viktor Šklovskij, autore di L’arte come procedimento (1918), è uno dei principali esponenti della scuola critica del
formalismo, che nasce alla fine degli anni ’10 e che ha profondi legami con il futurismo e l’avanguardia russa. Con il
futurismo, i formalisti condividono lo spirito iconoclastico e l’avversione verso l’individualismo della critica letteraria
precedente, per loro ciò che conta non sono il messaggio e l’idea dell’opera letteraria ma la forma, che deve essere
l’oggetto di studio del critico letterario.

Nasce in Georgia nel Caucaso, arriva da una zona periferica dominata dalla natura, il paesaggio incontaminato si
riflette nella vasta gamma cromatica che troviamo nelle suo poesie, anche frutto della sua esperienza come pittore.
Quando ha solo 10 anni il padre, un ispettore forestale muore di un’infezione (Majakovskij erediterà un’ossessione
per l’igiene, cosa che si vede anche in alcune sue poesie), quindi la famiglia si trasferisce a Mosca e già nel 1906
Majakovskij viene arrestato per attività rivoluzionaria, dopo essersi iscritto nella fazione bolscevica del partito
socialdemocratico. Trascorre diversi mesi in prigione a solo 15 anni, ed è in questo periodo che legge tantissimo,
letture che influiranno tantissimo la sua produzione. All’uscita dal carcere si iscrive all’istituto d’arte di mosca, qui
conosce Burljuk, che lo converte a poeta.

Pasternak mette in luce il suo tratto rivoluzionario che trascendeva dalla rivoluzione del 1917, è una personalità
rivoluzionaria innata. È proiettato al futuro ma allo stesso tempo profondamente legato al passato, “è come una
continuazione di Dostoevskij” (Il dottor Živago). C’è una fusione totale tra la sua biografia e la sua poesia, non è
semplicemente uno che fa il poeta futurista e che canta la rivoluzione ma è la rivoluzione stessa, ed è sempre l’io
lirico e il protagonista della sua poesia.

Esordisce nei primi anni ’10 e pubblica una raccolta nel 1913 chiamata Ja. L’ego totale si conferma anche nella sua
prima opera teatrale, una tragedia del 1914 intitolata Vladimir Majakovskij, anche se pare che sia uno sbaglio del
censore, però il protagonista è il poeta stesso. Ci sono una serie di personaggi assurdi, come un conoscente alto
quattro o cinque metri, un vecchio con le gatte nere secche e un uomo con il viso dilatato, sfilano davanti al poeta,
vestito con una toga. Questi personaggi gli raccontano le proprie pene, e il poeta raccoglie le lacrime in una valigia, la
chiude, e parte per il nord per gettarla davanti “all’oscuro dio delle tempeste”. L’eroe del Majakovskij
prerivoluzionario è ribelle, è messaggero e portatore delle sofferenze di tutti. Majakovskij attribuisce a sé il compito
di salvezza e espiazione, si paragona all’agnello sacrificale, e quindi a Cristo: le sue prime opere pullulano di
riferimenti cristiani, anche se si professa ateo.

“Solo, attraverso gli edifici in fiamme, / le prostitute mi porteranno sulle braccia come una reliquia, / mostrandomi a
Dio per loro discolpa. E Dio romperà in pianto sopra un mio libriccino! / Non parole, ma spasmi appallottolati; / e
correrà per il cielo coi miei versi sotto l’ascella / per leggerli, ansando, ai suoi conoscenti.” (A vse-taki, “Eppure”, 1914)
L’onnipresenza del tema cristiano suscita domande, però Majakovskij descrive un dio sordo, è un dio antagonista, lui
lo sfida continuamente; la figura cristica interessa al poeta come simbolo di purificazione e sacrificio.

Questi rimandi a cristo, alla croce, alla resurrezione, sono legati probabilmente all’influenza del pensatore Nikolaj
Fëdorov, che aveva avuto su tutti i contemporanei. Era il bibliotecario della biblioteca di Pietroburgo, era un uomo
riservato e solitario, legato a tante figure della letterature di fine 1800 e inizio
1900. Pubblica il trattato filosofico La filosofia della causa comune (1906): parte
da una concezione cristiana dell’esistenza, quindi il mondo è stato creato da un
dio buono e onnipotente, ma l’unico problema che ci ha dato a cui non
riusciamo a trovare una soluzione è la morte. Fëdorov dice che prima o poi la
scienza troverà il modo per sconfiggere la morte, quindi tutte le persone in vita
in quel momento diventeranno immortali. Questo non sarebbe giusto nei
confronti di tutti quelli che sono morti prima, infatti il vero punto è che si dovrà
trovare anche la formula della resurrezione per far resuscitare tutti i morti.
Sorge un problema di spazio, quindi dovremo conquistare altri pianeti dove si
distribuiranno i resuscitati. Comincia a diffondersi il cosmismo, e l’idea di dover
conquistare il cosmo è influenzata dall’idea della resurrezione. Lenin nel 1924
viene imbalsamato da gente che credeva che prima o poi sarebbe risorto.
Majakovskij viene influenzato soprattutto attraverso il pittore Čekrygin, che
dipinge un ciclo di immagini che chiama La resurrezione dei morti.

Я сразу смазал карту будня, Io improvvisamente impiastricciai la carta dei giorni prosaici,
плеснувши краску из стакана; dopo aver schizzato tinta da un bicchiere,
я показал на блюде студня e mostrai su un piatto di gelatina
косые скулы океана. gli zigomi sghembi dell’oceano. (lisca di pesce)
На чешуе жестяной рыбы Sulla squama di un pesce di latta (scatoletta)
прочёл я зовы новых губ. Lessi gli appelli di nuove labbra.

А вы Ma voi
ноктюрн сыграть Eseguire un notturno (una melodia)
могли бы Potreste
на флейте водосточных труб? Su un flauto di grondaie?
1913, pentapodie giambiche, ABABCDCEDC

Sembra che siamo davanti a un tavolo imbandito con delle stoviglie e del cibo (natura morta), lo schizzare la tinta e
l’impiastricciare la carta ci proietta anche nel laboratorio di un artista. Il ristorante è l’emblema della volgarità
borghese, disprezzante dell’ambiente. I verbi della prima parte (смазал, плеснувши, показал, прочёл) sono atti di
creazione artistica, il poeta sta creando l’arte nell’regno della borghesia, provocando. Мазал inoltre vuol dire ungere
con l’olio sacro, quindi l’atto dell'impiastricciare è più profondo perché unge con olio sacro della creazione il quadro
morto della borghesia e la trasfigura. Con gli zigomi dell’oceano crea un’immagine straniante, unendo due immagini
che di solito non sono abbinabili. La quotidianità è l’acerrimo nemico di Majakovskij, e la missione del poeta (l’unico
che può farlo) è quella di trasfigurarla. Si rivolge alla folla, anche la musica è un altro atto creativo che si serve si uno
strumento strano, unisce due parole che derivano da sfere semantiche diverse. Ci suggerisce una dimensione di
altezza perché le grondaie sono sui tetti.

Usa il procedimento di straniamento, non estranea semplicemente la realtà, ma il suo io lirico ci si mostra nel
momento in cui estranea. Dobbiamo guardare la realtà con occhi nuovi, ci invita a guardarla con il suo sguardo. Il
processo di straniamento, остранение, significa “rendere strano” ed è teorizzato in ambito formalista da Šklovskij.
Parte da un concetto antico, secondo il quale arte è pensare per immagine, analizza l’origine e lo sviluppo di questo
concetto e lo confuta. Dice che esistono immagini prosaiche e poetiche, e per distinguerle ricorre alla metafora:
quella prosaica ha la funzione di semplificare un concetto per renderlo più comprensibile, le usiamo tutti i giorni;
mentre quella poetica serve per rafforzare la sensazione dell’oggetto, è una figura retorica che intensifica la
percezione, la complica, interrompe il processo di automatizzazione per cui usiamo le parole senza renderci conto del
significato semantico, restituisce il senso alla parole e all’oggetto denotato dalla parola. Fa molti esempi di Tolstoj,
che usa molto il processo di straniamento, come nel suo racconto Cholstomer che è raccontato dal punto di vista di
un cavallo.

Scritto tra il 1913 e il 1914, lo legge per la prima volta all’inizio del 1915 a casa dei coniugi Brik, Osip, un critico
formalista, e Lilja. Dopo la lettura Osip rimane talmente folgorato che decide di pubblicarlo a sue spese. La moglie
diventerà l’amante di Majakovskij, a lei dedica il poema anche se non la conosceva quando l’ha scritto, infatti parlava
ad una donna di nome Maria. Lei non lascia il marito, e iniziano a vivere tutti e tre insieme, iniziando una relazione a
tre. Lei rimarrà la sua amata/musa fino alla morte.

Tutta la poesia di Majakovskij è attraversata da un ego gigantesco che manifesta continuamente nei suoi personaggi,
ma allo stesso tempo si alternano gemiti e grida di disperazione e aiuto date dalla propria consapevolezza della
propria inutilità, del non essere ascoltato, accolto, amato. Lui non rinuncia a Lilja pur di non essere amato.

“’La nuvola in calzoni’ la considero la catechesi dell’arte di oggi: ‘abbasso il vostro amore, abbasso la vostra arte,
abbasso il vostro ordine, abbasso la vostra religione: ecco i quattro gridi dalle quattro parti’.” (prefazione)

È un poema d’amore ma è anche rivoluzionario, io vs. voi. La nuvola in calzoni non è il titolo originale, all’inizio si
chiamava Il tredicesimo apostolo ma il censore (siamo in epoca zarista) ritiene che sia un titolo blasfemo, quindi lo
costringe a cambiare titolo. Il tredicesimo apostolo è inutile, superfluo, in più, cosa che fa a pugni con il concetto
stesso di apostolo. Il fatto che lui si consideri apostolo conferma sia il suo ego che la sua idea di inutilità, non è
accolto e non è amato. Il titolo non se lo inventa ma lo trae da un verso del poema:
Хотите — Se volete —
буду от мяса бешеный sarò rabbioso a furia di carne
—и, как небо, меняя тона — e, come il cielo mutando i toni —
хотите — se volete —
буду безукоризненно нежный, sarò tenero in modo inappuntabile,
не мужчина, а — облако в штанах! non uomo, ma – nuvola in calzoni!

È un’immagine, abbina due sfere diverse, una alta e una bassa, la ridicolizza. Sotto il titolo scrive il genere “tetrattico”,
che in realtà è un genere artistico, sono quattro immagini religiose che compongono una storia. Ci dice che saranno 4
parti (+ prologo) e ci rimanda ad una dimensione superiore, ci richiama ad un genere sacro.
Пролог Prologo
Вашу мысль, Il vostro pensiero che fantastica (lo personifica)
мечтающую на размягченном мозгу, a galla del cervello rammollito
как выжиревший лакей на засаленной кушетке, come un lacchè straimpinguato disteso su un sofà unto di grasso
буду дразнить об окровавленный сердца лоскут: io lo stuzzicherò contro un brandello insanguinato di cuore;
досыта изъиздеваюсь, нахальный и едкий. me n’arcibefferò a sazietà, impudente e caustico.

У меня в душе ни одного седого волоса, La mia anima non ha un capello bianco, (personificazione)
И старческой нежности нет в ней! e non c’è in lei tenerezza senile!
Мир огромив мощью голоса, Intronando l’universo con la mia voce possente
иду —красивый, avanzo – bello,
двадцатидвухлетний. ventiduenne. (l’eroe è il poeta stesso)

[…] […]

Последние строки Ultimi versi


Эй, вы! Ehilà, voi!
Небо! Cielo!
Снимите шляпу! Toglietevi il cappello! (personificazione cielo)
Я иду! Sto arrivando!
Глухо. Silenzio.
Вселенная спит, L’universo dorme,
положив на лапу Poggiando sulla zampa
с клещами звезд огромное ухо. Un orecchio enorme con zecche di stelle.
Si rivolge ai borghesi, il lacchè straimpinguato (riempito di cibo) è un’iperbole, crea un’immagine di volgarità.
Arcibefferò è un neologismo, из + издеваюсь.

Sta urlando al cielo e il cielo non risponde, ritorna иду dall’inizio ma mentre prima ci conferisce un’immagine di un
uomo aitante che avanza sicuro di sé, alla fine avanza e ha davanti solo il silenzio. Da al cielo la forma di un cane,
immagine che ritorna in tutto il poema, l’ego titanico è paragonato ad un cane che lecca la mano di chi lo picchia.
1. 1.
Выдумаете, это бредит малярия? Voi pensate sia la malattia che farnetica?

Это было, È accaduto,


было в Одессе. accaduto a Odessa.

«Приду в четыре»,— сказала Мария. "Verrò alle quattro", aveva detto Maria.

Восемь. Le otto.
Девять. Le nove.
Десять. Le dieci.

Вот и вечер Ecco, la sera (personificata)


в ночную жуть dalle finestre
ушел от окон, s'è dileguata nell'orrore notturno,
хмурый, cupa,
декабрый. dicembrale.

В дряхлую спину хохочут и ржут Alle sue decrepite spalle sghignazzano,


канделябры. ridono sguaiati i candelabri.

Меня сейчас узнать не могли бы: Nessuno ora mi riconoscerebbe:


жилистая громадина una montagna di nervi
стонет, geme,
корчится. si contorce.
Что может хотеться этакой глыбе? Che può volere questa massa informe?
А глыбе многое хочется! Di tante, tante cose avrebbe voglia!

[…] […]

И вот, Ma ecco,
громадный, gigantesco,
горблюсь в окне, mi incurvo alla finestra,
плавлю лбом стекло окошечное. ne struggo con la fronte il vetro.
Будет любовь или нет? Ci sarà, non ci sarà l’amore?
Какая — E di qual dimensione
большая или крошечная? grande o minuscolo? (amore da sogno o volgare?)

Nella prima parte inizia la storia di un amore, che Majakovskij ci dice essere vero non inventato. Nomina Odessa,
nella quale si era svolta una delle tournee dei poeti futuristici nel 1913, dove lui si era ammalato di malaria e dove
aveva conosciuto Marija Denisova; è un amore infelice perché lei non ricambia. È uno dei personaggi concreti e
familiari al poeta, più avanti invocherà la mamma. Maria è anche il nome della vergine Maria, gioca con il nome.
Quella dei nervi è una metafora realizzata, la montagna di nervi quasi si sgretola e cominciano a saltellare per la
stanza, assumono una vita propria. Il poeta si decompone per l’attesa dell’amata, usa anche l’immagine dell’incendio
per descrivere l’amore.
2. 2.
Я, Io,
обсмеянный у сегодняшнего племени, dileggiato dall’odierna generazione
как длинный come un lungo
скабрезный анекдот, aneddoto scabroso,
вижу идущего через горы времени, vedo venire per le montagne del tempo
которого не видит никто. qualcuno che nessuno vede.

Где глаз людей обрывается куцый, Là dove l’occhio degli uomini si arresta insufficiente,
главой голодных орд, alla testa di orde affamate
в терновом венце революций con la corona di spine delle rivoluzioni
грядет шестнадцатый год. avanza l’anno sedici.

А я у вас —его предтеча; E io presso di voi sono il suo precursore (Giovanni Battista)
я — где боль, везде; Io sono sempre là dove si soffre;
на каждой капле слёзовой течи su ogni goccia di fluido lacrimale (Gesù battezzato nel Giordano)
распял себя на кресте. ho posto in croce me stesso.

Nella seconda parte si trasforma in un poema rivoluzionario, si scaglia contro la letteratura e l’arte del passato. Il
poema è stato scritto nel 1914 e lui dice che la rivoluzione deve continuare fino al 1916, quindi fa una sorta di
profezia, infatti si identifica come “il suo precursore”, cioè Giovanni Battista che è il precursore di Gesù, annuncia
l’arrivo del messia.
3. 3.
Ежусь, зашвырнувшись в трактирные углы, Mi rannicchio nel fondo d’una bettola,
вином обливаю душу и скатерть innaffio col vino l’anima e la tovaglia
и вижу: e vedo
в углу — глаза круглы, — in un angolo – occhi rotondi
глазами в сердце въелась богоматерь. si è confitta con gli occhi nel mio cuore la Madre di Dio.

Чего одаривать по шаблону намалеванному Perché far dono alla marmaglia della bettola
сиянием трактирную ораву! di un’aureola dipinta secondo uno stampo? (icona)
Видишь —опять Vedi? Ancora una volta
голгофнику оплеванному preferiscono Barabba
предпочитают Варавву? al martire del Golgota coperto di sputi.

Nella terza parte continua con lo spirito rivoluzionario, invoca la rivolta contro quei “cervelli rammolliti”, lui si pone
come strumento della rivolta come lo dovrebbe essere dio. Il poeta si rivolte a dio in preghiera, chiedendogli che gli
conceda a loro una rapida morte; dio stesso dovrebbe porsi capo della rivolta. C’è questo dialogo che a tratti è uno
scontro aperto tra il poeta ribelle e dio, che rimane insensibile alla richiesta di aiuto. L’immagine della donna amata e
quella della Vergine si confondono, tanto che le invocazioni che il poeta volge all’amata assumono l’aspetto di una
preghiera alla Vergine. Poi c’è un riferimento a Barabba, dove la folla preferisce il ladrone rispetto al martire.
Может быть, нарочно я Io forse, a bella posta
в человечьем месиве nell’accozzaglia umana
лицом никого не новей. non ho il viso più nuovo di quello degli altri.
Я, Io,
может быть, forse,
самый красивый sono il più bello
из всех твоих сыновей. di tutti i tuoi figli.

Дай им, Concedi loro, (preghiera)


заплесневшим в радости, ammuffiti nel gaudio,
скорой смерти времени, una rapida morte del tempo,
чтоб стали дети, должные подрасти, perché i bambini che devono crescere,
мальчики —отцы, se ragazzi – diventino padri,
девочки —забеременели. se fanciulle- rimangano incinte.

И новым рожденным дай обрасти E fa’ che i neonati si coprano


пытливой сединой волхвов, Della canizie scrutatrice dei Re Magi,
и придут они — ed essi verranno
и будут детей крестить a battezzare i bambini
именами моих стихов. coi nomi dei miei versi.

Я, воспевающий машину и Англию, Io che decanto la macchina e l’Inghilterra,


может быть, просто, sono forse semplicemente
в самом обыкновенном Евангелии nel più comune vangelo
тринадцатый апостол. il tredicesimo apostolo.
4. 4.
—Послушайте, господин бог! Ascoltate, signor Dio!
Как вам не скушно Non vi dà noia
в облачный кисель Inzuppare ogni giorno
ежедневно обмакивать раздобревшие глаза? Nella composta di nuvole gli occhi ingrassati?

Давайте — знаете — Su via, vediamo insieme


устроимте карусель di fare un carosello
на дереве изучения добра и зла! Sull’albero della conoscenza del bene e del male! (Genesi)
Di fronte al rifiuto dell’amata il poeta accetta di assolvere la sua missione, cioè quella di diventare il capro espiatorio
delle sofferenze di tutta l’umanità e portarle davanti a dio.

Majakovskij accoglierà con entusiasmo entrambe le rivoluzioni del 1917, come tutti i poeti futuristi. Continuano a
definirsi tali per quanto il futurismo debba cambiare accezione, se fino a quel momento l’arte futurista era per pochi
ora il poeta futurista si impone l’obiettivo di alzare le masse al proprio livello, cessa di esserci la forte
contrapposizione poetica tra l’io lirico e il voi, diventa noi. Per Majakovskij la rivoluzione è prima un fatto artistico che
politico, continua a scrivere poesie e per il teatro, inizia la carriera da attore e lavora come grafico pubblicitario per
l’agenzia telegrafica russa, la rosta, dal 1918, realizzando delle vignette con fine propagandistico. Questo estremismo
artistico e convinzione di essere uno dei poeti della rivoluzione, porta Majakovskij a farsi dei nemici, come Lunačarskij,
il ministro dell’istruzione. Majakovskij continua a lavorare fino al 1924 con la morte di Lenin, poi comincia a essere
oggetto di attacchi, la sua vena lirica non viene capita e scambiata per debolezza ideologica. Si suiciderà il 14 aprile
del 1930, avrà una risonanza straordinaria, tantissime persone partecipano ai suoi funerali.

12/03/2024

Tantissimi artisti accolgono la rivoluzione e mettono il proprio talento al


servizio dell’ideale di costruzione del mondo nuovo, come Kandinskij,
Šagal (che prima di scegliere l’esilio iniziarono a lavorare presso il
commissariato di Belle Arti del governo bolscevico) e Kustodiev. Si
crearono molte opere nuove, dedicate per esempio per occasioni come gli
anniversari della rivoluzione, oppure per portare l’ideologia nelle zone più
remote attraverso le immagini sui treni. ci fu un grande entusiasmo che
portò gli artisti a sacralizzare la rivoluzione e i protagonisti politici di essa,
nasce un’agiografia leniniana, di lui spesso si parla come il “nuovo cristo”.

È un poema di Aleksandr Blok, scritto a gennaio 1918 e pubblicato a marzo. È un titolo evangelico che ci rimanda agli
apostoli e ci proietta nella tradizione cristiana, contraddice un po’ quello che Blok stava vivendo in quegli anni. Se il
suo percorso di prima era verso l’alto (Вступление), dopo il 1905 decide di percorrerlo all’inverso e scendere nei
meandri della dimensione più volgare e prosaica, le sue poesia iniziano a riempirsi di luoghi come il bordello, le
bettole, le strade dei quartieri malfamati, i suoi personaggi iniziano ad essere banditi, mendicanti, prostitute (ex
dama). Dal punto di vista estetico sembra abbandonare l’idealismo, il misticismo e il simbolismo, li sostituisce con
elementi realistici, prosastici e empirici, e come si era presentato umile alla dama ora è remissivo e passivo di fronte
ai fatti della sua vita e agli avvenimenti storici. Tutto ora sembra privo di significato.

Accoglie la rivoluzione con entusiasmo e ritrovando lo slancio mistico che aveva perso, si risveglia quella ricerca oltre
l’apparenza. Vede nella rivoluzione l’emblema della stichija, una forza naturale che spazza via il mondo e ne porta
uno nuovo. Blok è tornato in una posizione di attesa.

Nel poema ci sono 12 figure, delle guardie rosse, che marciano per le strade di Pietrogrado e incrociano diversi
passanti che assistono con sentimenti diversi. Il numero 12 oltre ad essere gli apostoli ci rimanda anche all’Apocalisse
di Giovanni che è il libro 12 del Vangelo, dove lui descrive le visioni che ha avuto riferite alla seconda venuta di Cristo.
Tra queste c’è la visione di una donna (forse Maria) che sta partorendo e un drago pronto a divorare il figlio, parla
dell’anticristo che si presenterà agli uomini come il falso messia, inganna gli uomini.
Siamo a Pietrogrado perché nella descrizione del paesaggio urbano viene nominata la Neva, il fiume che passa nella
città, all’inizio del 1918, è come se Blok stesse scrivendo il poema guardando fuori dalla finestra. Fa coesistere
continuamento due dimensioni, una temporale riguardo fatti reali che stanno accadendo e una superiore, cosmica ed
eterna a cui il poeta si continua a rivolgere, continua a spostarsi dall’alto al basso. Sono 12 capitoli con una struttura
concentrica, il capitolo centrale è il 6, dove avviene l’uccisione della prostituta Katja, che rappresenta la penultima
effige della dama di Blok. Queste guardie stanno facendo una ronda, cantano canzoni intervallate da slogan
rivoluzionari, hanno un aspetto religioso; a un certo punto nominano un donna di nome Katia e Vanja (Ivan), un
soldato ex loro compagno che ha tradito la causa rivoluzionaria. Vanja è odiato anche perché è andato Katja, una
prostituta, che però era innamorata di Petja, un’altra guardia. Nel capitolo 6 Petja si vendica dei due uccidendo Katja
con un fucile, la cui morte che è simbolica. La marcia continua, e alla fine davanti alle guardie appare (loro non lo
vedono) Cristo ma effeminato, con una corona di rose invece che di spine.

Potrebbe prendere ispirazione da I demoni di Puškin: in Blok i demoni appaiono nel mezzo di una bufera, nel mezzo
della stichija, mentre in Puškin i demoni appaiono al mendicante e cercano di fargli sbagliare strada; il ritmo tra i due
poemi è molto simile; entrambi iniziano con una bufera, in letteratura è un momento di crisi che ti porta a perdere la
strada.

• capitolo 1: siamo in una sera di inverno in una bufera che sta strappando dei teloni
con scritto “tutto il potere alla costituente”, deduciamo che sia un telone vecchio,
infatti c’è una vecchietta che si dispiace dello stato di questo. Dopo la vecchietta,
Blok ci rappresenta una serie di passanti che stanno per assistere alla marcia,
abbiamo un passante che si raccomanda ad una donna, un borghese che nasconde
il naso nel colletto della pelliccia, un intellettuale che protesta, un prete grassoccio
che viene insultato, due signore impellicciate una delle quali scivola e finisce con le
gambe all’aria. Sono i rappresentati del mondo vecchio. Abbiamo anche il mondo
nuovo, come il comizio di prostitute.
• capitolo 2: passa la pattuglia di 12 guardie, hanno un aspetto inquietante e
minaccioso, sono tatuati con l’asso di quadri, il marchio dei deportati al lavoro
forzato. Sono ex carcerati, richiamano dei banditi pur essendo guardie, seminano il terrore nelle strade e
cantando. Nominano Katja, Vanja (Nane in italiano) e Petja. I nomi sono importanti, i primi ad incontrare Gesù nel
vangelo sono Giovanni e Andrea, il quale va dal fratello Pietro a dare la notizia, quindi Giovanni viene prima
(come Vanja viene prima di Petja). Inoltre, Pietro è l’apostolo su cui Gesù costruisce la chiesa, ma è Giovanni il
prediletto. I 12 iniziano a farsi beffe di Vanja e della sua amante Katja, continuando a marciare.
• capitolo 3: cantano una canzone rivoluzionaria, si conclude con una preghiera che invoca l’aiuto e la benedizione
di Dio per la causa rivoluzionaria, gli chiedono di “incendiare il mondo”.
• capitolo 4: Vanja e Katja sono su una carrozza che sfreccia nella neve.
• capitolo 5: c’è un dialogo fra i due, vediamo che non c’è amore ma si stanno usando a vicenda, lui si fa beffa di lei
e la insulta ricordandole che una volta andava con gli ufficiali e che ora è costretta a ripiegare sugli ex soldati.
• capitolo 6: la carrozza si imbatte nelle guardie che cercano di fermarla, vorrebbero punire Vanja del tradimento
ma nello sparare Petja colpisce Katja, che muore cadendo sulla neve.
• capitolo 7: riprende la marcia, Petja mostra segni di rimorsi, i suoi compagni lo consolano dicendogli che ora è
tempo di pensare alla rivoluzione. Le guardie minacciano il saccheggio e il terrore.
• capitolo 8: c’è una canzone popolare cantata da un menestrello poeta, è attraversata da un senso di disperazione,
e si conclude con un’invocazione a Dio accompagnata da parole di minaccia.
• capitolo 9: i 12 arrivano al fiume, dove incontrano un borghese impellicciato (non sappiamo se è lo stesso del
primo) con l’aria sperduta, un cane gli si struscia addosso. L’ombra del borghese si proietta e si trasfigura in
un’enorme bestia con il copricapo dello zar e una croce
• capitolo 10: la tormenta cresce di intensità, Petja invoca il nome di Dio guidato dal rimorso, ma viene interrotta
da un compagno che lo rimprovera, dicendogli che Dio e Katja non servono più, l’unica cosa che conta è la marcia.
• capitolo 11: marciano attraverso una città sempre più deserta perché la gente è impaurita, tengono le carabine
puntate e seguono la bandiera rossa che sventola davanti a loro, risuona la domanda “chi è là?”.
• capitolo 12: la domanda si riferisce a chi tiene la bandiera ma le guardie non vedono nessuno, mentre dietro di
loro c’è il cane randagio che si è spostato dal borghese e si è accodato a loro. Alle guardie sembra di intravedere
un’ombra davanti a loro e solo nell’ultimo verso il poeta ci svela che è l’ombra di Gesù.

?? Dove stanno andando e chi sono questi 12? Il cristo ha delle sembianze atipiche, li sta conducendo o ha le
carabine puntate sulla schiena? È cristo o l’anticristo? Se il cane rappresenta il diavolo, si sta staccando dal mondo
vecchio per introdursi nel mondo nuovo?

In un certo senso è una risposta alla Nuvola in calzoni, dove Majakovskij profetizzava l’arrivo della rivoluzione nel
1916, che poi è avvenuta nel 1918. Il tentativo di Blok è quello di intravedere attraverso la nebbia della rivoluzione il
vero volto del mondo nuovo che sta avanzando (come le 12 guardie) e che è ignoto.

L’autore russo Boris Gasparov analizza il poema alla luce dell’elemento del carnevale. In Russia di inizio ‘900 c’era un
dilagante interesse per i temi dell’arlecchinata, della pagliacciata, del teatro da baraccone, del cosiddetto balagan.
Gasparov afferma che Blok fosse interessato al tema del carnevale e per dimostrarlo mette a confronto una strofa de
I dodici e di Balagančik, una sua opera teatrale, dove descrive la caduta ridicola nella neve di Colombina, con la faccia
a terra, che suscita il riso dell’io lirico; questa caduta anticipa la caduta di Katja. Gasparov associa queste due cadute
della dama che suscitano il riso irriverente e dissacratorio del poeta: ciò che prima era in alto ora è caduto
rovinosamente e l’autore ne ride. Questo è il senso della carnevalizzazione, l’alto diventa basso, il sacro diventa
profano, il mondo va al rovescio. Per dare sostegno a questo tema del carnevale ne I dodici, Gasparov usa degli indizi.
Usa lo striscione a brandelli all’inizio per ricostruire le date: l’assemblea costituente era stata convocata e subito
sciolta il 5 gennaio 1918, quindi Blok descrive immagini dei primi giorni del 1918. Inoltre, i giorni tra 6-19 (battesimo
di Gesù) gennaio sono i giorni degli Svjatki, una festa non liturgica che segue il natale ortodosso durante la quale si
girare per le strade in processione portano un’immagine del cristo, travestendosi e cantando canzoni natalizie.
Gasparov riesce a ricostruire il tempo cronologico e cosa Blok stia vedendo dalla finestra: vede una processione
carnevalesca dove il sacro e il profano convivono (c’è anche un menestrello), trasfigura la scena. La carnevalizzazione
porta alla distruzione del mondo attuale, quindi in un certo senso è la fine del mondo, e la sua connotazione
apocalittica deriva anche dalla sua irrazionalità. Per Blok questa carnevalizzazione è la rivoluzione stessa, che manda
all’aria in mondo vecchio (donna che scivola). È una contrapposizione fra la civilizzazione, cioè l’immobilismo
burocratico, la stagnazione, la morte della potenza creativa (Russia zarista) e la cultura, cioè il pulsare della vita, la
forza elementare, principio musicale del cosmo (quello che si aspetta dalla rivoluzione).

13/03/2024

La figura controversa del cristo suscita diverse reazione nei contemporanei: Ivan Vremin?? lo criticherà
profondamente per l’entusiasmo verso la rivoluzione accusandolo di essere blasfemo per il rovescio del sacro; Belyj
scrive “Cristo è risorto”, la rivoluzione è equiparata alla crocifissione di cristo e condurrà alla resurrezione della Russia.
Ne I dodici la bellissima dama muore, l’unica speranza è la resurrezione, ed è per questo che alla fine davanti alle
guardie appare Cristo, il quale è l’ultima effige della bellissima dama.

Vive la rivoluzione in una trepida attesa, il poema sembra una celebrazione della rivoluzione, era uno degli ultimi
poeti borghesi, ma nell’arco di pochi anni Blok fa in tempo a ricredersi: capisce che il passaggio dalla civ alla cultura
non è avvenuta, la civilizzazione vecchia è morta ma si è sostituita un’altra civilizzazione, un altro tipo di immobilismo
burocratico, quello bolscevico. La cosa più grave che vede in questa nuova civilizzazione è che ha messo a tacere il
principio musicale del cosmo e cerca di soffocarne l’origine anche nell’animo del poeta. In una lettera he scrive nel
maggio 1921 (morirà ad agosto 1921) al critico e scrittore Čukovskij: “Adesso non ho più anima, né occupazione, sono
ammalato come non mai: la febbre non scende e ho sempre male dappertutto… Così non saprei dire: Tutto va bene,
grazie a Dio. Mi ha mangiato, questa puttana, questa traditrice, questa tanto amata Russia, come la scrofa che
mangia il suo piccolo”. L’ultimissima effige della dama della sua poesia è la Russia stessa, la resurrezione non è
avvenuta.
Zamjatin è uno scrittore ingegnere e rimarrà tale fino alla fine, accompagna sempre la su attività letteraria alla sua
attività di ingegnere. È figlio di un pope russo, ma nonostante questo si dichiara ateo, prende distanza (Bulgakov era
figlio di un professore di teologia e nipote di due preti, anche lui ateo).

Si avvicina al partito socialdemocratico, verrà arrestato nel 1905 e rimarrà in prigione per qualche mese. Esordisce
nel 1911 con In provincia, un racconto che si inserisce nel filone sull’inerzia, la lentezza, la monotonia della civiltà
russa (anche Il demone meschino). Nel 1916 lascia la Russia e va in Inghilterra per lavoro e va a lavorare in un cantiere
navale per circa 2 anni, dal ‘16 al ‘17, quindi osserva la rivoluzione da lontano. Da questa esperienza nasce il romanzo
Gli isolani, che apparentemente è una satira legata agli abitanti della Gran Bretagna, ma in realtà descrive una
struttura sociale estremamente rigida dove gli abitanti agiscono seguendo un orario preciso per tutto (non solo nel
lavoro ma anche nelle relazioni sociali), è una società meccanizzata, non c’è spazio per uno sconvolgimento e per la
libertà individuale.

Scritto nel 1921, quando Blok è morto (o è sul punto di), gli anni cruciali della rivoluzione sono passati e la situazione
si sta chiarendo.

Descrive una società analoga a quella di Gli isolani, rigida e schematica, dominata dal raziocinio, che sarà l’immagine
che lui ha della Russia non solo contemporanea ma anche quella che verrà: è il primo romanzo anti-utopico/distopico
(George Orwell con 1984 ha preso ispirazione da questo). Vengono presi elementi negativi e inquietanti del mondo
reale e vengono proiettati in un futuro lontanissimo, dove se ne osservano le conseguenze. C’è l’influenza inglese di
Wells ma anche russe, come la città squadrata e geometrica, come è mostrato nel romanzo simbolista Pietroburgo
(1913) di Belyj, dove la geometrizzazione della città è esasperata, ha una pianta schematica, con un carattere
disumano senza spazio per creatività; anche nella pittura russa le figure geometriche predominano.

Non riesce a pubblicarlo, esce in inglese negli Usa nel 1924 e in russo a Praga nel 1927 (Zamjatin ora è in Russia).
Infatti, subito dopo la rivoluzione intellettuali, scrittori, artisti russi iniziano ad uscire dal paese e danno vita a centri
dell’emigrazione dove nascono case editrici russe che pubblicano i libri
che non potevano essere pubblicati in Urss. Negli anni ’20 Zamjatin
sarà oggetto di una serie di attacchi sulla stampa che nel 1931 lo
portano a chiedere e ottenere da Stalin il permesso di emigrare (aveva
chiesto anche Bulgakov ma gli era stato negato).

Il romanzo è ambientato nel 26esimo secolo, in una società governata


da uno stato totalitario chiamato Stato unico, nel quale gli individui
non hanno personalità e non hanno un nome, sono infatti alfanumeri:
il protagonista è D-503, non c’è spazio per l’io, sono un collettivo.
Questo mondo è circondato da una muraglia verde al di là della quale
c’è una foresta proibita, da cui non si può uscire e/o entrare. Vivono in case di vetro, perché bisogna permettere allo
stato di guardare quello che fanno all’interno, non esiste una dimensione privata e intima. Il capo supremo è “il
Benefattore”: Zamjatin non sta descrivendo Stalin, ma nell’immaginarsi il Benefattore è profetico.

Gli alfanumeri hanno delle regole imposte dallo stato e tutto è scandito dalla tavola delle ore, dal lavoro al cibo e al
sesso (non amore, che genera problemi), l’unica volta che possono dedicarsi al sesso sono le uniche ore in cui le
tendine delle case di vetro sono abbassate. Non si sta inventando niente che non stava già succedendo, infatti nel
partito rivoluzionario esistevano 12 comandamenti sessuali, c’erano brochure che tentavano di regolare la vita
sessuale relative al problema demografico, alla cura di sé, all’igiene. Gli abitanti vivono una vita dove non succede
mai niente, tutto è livellato e omologato, lo stato unico tenta di anticipare i pensieri più pericolosi togliendo la ricerca
della felicità, dando tutto quello che il corpo potrebbe desiderare. Fa coincidere il proprio volere con quello dei
cittadini.
D-503 è un ingegnere impegnato nella costruzione dell’Integrale, una sorta di navicella con cui lo stato unico si
prepara a conquistare altri mondi (cosmismo), si propone di esportare l’ordine razionale dello Stato unico (perché
ormai la rivoluzione è alle spalle, Zamjatin ci descrive cosa succederà dopo la rivoluzione). Lui trascorre le sue ore
sessuali con O-90, il cui numero ci trasmette un’immagine di una donna rotonda, rassicurante, che non crea problemi,
una donna ideale, ma lei, pur non rifiutando le sue ore sessuali con altri alfanumeri, preferisce passarle con D-503.
Lui si innamora di I-330, che è tutto il contrario di O-90, è misteriosa, affascinante, le sue sopracciglia ricordano una
X: la X è il problema che si insinua nella vita di lui, è l’incognita, porta pericolo. I-330 sarà il pericolo che si insinua
nella sua vita e porterà a un conflitto.

Il romanzo è diviso in 40 appunti, zapiski, scritti da D-503 in prima persona. Zamjatin sta usando un genere
tradizionale prerivoluzionario (Memorie dal sottosuolo, Memorie di un cacciatore), e usandosi della prima persona
può permettersi di creare una lingua nuova, ricca di neologismi e costruzioni sintattiche non regolari; gli alfanumeri
hanno creato nuove parole, ci troviamo a considerare parole quotidiane come se fossero reperti storici: usa l’effetto
dello straniamento, ci costringe ad adottare un nuovo sguardo anche sulla lingua. D-503 inizia il suo diario perché
vuole registrare le fasi del suo lavoro per rendere gloria allo Stato unico. Appunto dopo appunto, la scrittura diventa
un esercizio di autocoscienza e auto perfezionamento, perché lui rilegge gli appunti vecchi e cerca di migliorarli, si
innesca un flusso di coscienza per cui la scrittura lo porta a riflettere, la sua fiducia verso lo stato si sgretola e sviluppa
un io. Nell’ultimo appunto, rileggendo quelli vecchi, si chiede se sia stato lui a scriverli veramente. Il principio
razionale nato con l’amore verso I-330 deve essere eliminato, lo Stato lo guarisce attraverso un’operazione, lo libera
dell’anima, è una sorta di lobotomia. Questi appunti, oltre a essere un modo che ha lui di dialogare con se stesso,
hanno anche un destinatario: se l’autore è un noi parla ad un voi, indefinito e senza contorni precisi, dice di scrivere
per gli abitanti delle galassie che saranno visitati dall’integrale, questi voi appaiono sempre più spesso andando
avanti, perché in lui nasca l’io c’è bisogno di un tu (che sarà I-330) con cui lui dialoghi. L’incontro con I-330 è un
avvenimento del tutto insensato che sbriciola le sue certezze che lo mette a nudo, rivelandogli il suo io.

L’unico elemento che lo Stato non è riuscito ad omologare sono i nasi, che sono tutti diversi, è l’ultimo residuo di
personalità che gli rimane. Togli il naso (cfr. Il naso, Gogol’) e perderai la tua identità. Alcuni degli alfanumeri hanno
delle caratteristiche particolari che stridono con il mondo razionalizzato in cui vivono che il protagonista descrive
come residui di un mondo selvaggio: per esempio lui ha le mani villose e I-330 ha dei denti bianchi e aguzzi che è un
dettaglio talmente ripetuto che provoca straniamento, sono simbolo da una parte di minaccia e dall’altra ci porta alla
riflessione fra il confine tra uomo e bestia (quali sono quegli elementi che permettono all’uomo di considerarsi tale e
non già bestia).

14/03/2024

Più o meno contemporaneamente alla scrittura del romanzo Storia scrive un articolo, Я боюсь, Io ho paura, nel quale
rivendica il diritto ad essere eretico, dove l’eresia è uguale alla fantasia, quindi il diritto di essere creativo, tanto che è
orgoglioso di esserlo. Verrà chiamato eretico ma con un’accezione diversa, perché ha scritto una satira sull’Urss
ritornando al passato, è un romanzo che guarda alla tradizione seppur essendo ambientato nel futuro. Gli elementi
del passato sono:
• la casa antica: è un luogo storico posto al confine delle mura dove avvengono gli incontri segreti tra D-503 e
I-330, è un mondo altro, ha la forma di una casa nel XX secolo. È custodita da una vecchietta che Zamjatin
descrive come una figura delle fiabe russe, cioè la custode posta tra il regno dei vivi e quello dei morti, è
quella che aiuta l’eroe a trovare la via per entrare nel regno dei morti.
• il ritratto di Puškin: all’interno di questa casa ci sono dei ritratti, in particolare il di Puškin, e questo produce
un effetto di straniamento su D-503.
• Gogol’: anche Gogol’ scrive zapiski, in Appunti di un pazzo c’è un uomo che scrive mentre diventa pazzo,
rilegge gli appunti e ci permette di seguire la sua evoluzione. Anche D-503 a suo modo diventa pazzo,
sviluppando un io. Inoltre, ci sono i nasi, rimasti invariati, e l’unico elementi che lo Stato unico non riesce ad
uniformare, rappresentano sentimenti come l’invidia, l’amore, la fame. Ne Il naso perdere il naso per il
maggiore equivale alla perdita del proprio grado e quindi della propria identità. I nasi in Noi sono il residuo
delle personalità degli altri alfanumeri. Un’altra somiglianza con Gogol’ si trova nella scena che vede D-503 al
cospetto di un medico, lui infatti si ammala perché sviluppa un’anima, il medico prima propone di estirparla e
di conservarla sotto spirito, esattamente come era stato suggerito ne Il naso.
• Dostoevskij: le case specchio richiamano un’espressione di Note invernali su impressioni estive e Delitto e
castigo, cioè il palazzo di cristallo, che è il nome del ristorante in cui Raskol’nikov ha delle conversazioni con il
poliziotto. Il palazzo di cristallo per Dostoevskij rappresenta il rifiuto, lo aveva colpito un edificio del 1851 a
Londra che era il simbolo del progresso, il vetro sembra lasciar vedere tutto ma in realtà toglie la personalità.
L’altro elemento dostoevskijano lo troviamo nell’ultima conversazione che D-503 ha con il Benefattore, in cui
quest’ultimo lo rimprovera del suo tradimento, le parole sono quasi identiche alla vicenda del grande
inquisitore.

La grandezza di questo romanzo non è solamente anticipare il romanzo distopico, ma anche fare profezie che si
verificheranno poi si realizzeranno nella storia sovietica: i personaggi non hanno un nome ma solo una lettera e dei
numeri, questo uso delle sigle sarà usato da Solženicyn in Una giornata di Ivan Denisovič (1962), dove il protagonista
viene identificato con un numero; con il Benefattore che assomiglierà a Stalin, indovinerà degli aspetti della vita
sovietica degli anni ’30. Gli anni ’20 sono il periodo più sperimentale dal punto di vista artistico e letterario, è il
momento in cui tutti credono di poter scrivere tutto, c’è un’illusione di libertà. Al contrario di quello che prevede
Zamjatin, la propaganda staliniana non cercherà di togliere l’aspetto emotivo, alimenterà soprattutto la paura ma
anche la gioia, l’allegria, agendo sulla parte più irrazionale e meno controllabile dell'uomo.

Pur essendo a Parigi, nel 1934 chiederà di entrare nell’unione degli scrittori sovietici imposta dal governo nel 1933.
Zamjatin, per queste sue contraddizioni, sarà oggetto di invidia per Bulgakov. Morirà nel 1937.

Nasce a Mosca nel 1990 e viene da una famiglia intellettuale di origine ebrea, una famiglia intellettuale, il padre è un
famoso pittore (autore del ritratto di Fedorov) e la madre era una promettente pianista. Il tema delle origini è
importante nella poetica di Pasternak, perché è strettamente legato al suo senso della storia come cammino. Da una
parte per Pasternak l’uomo è frutto di una storia, di un cammino, e quanto più la coscienza di questa storia tanto più
l'uomo riuscirà ad attraversare le difficoltà che si pongono nel suo cammino, questo da una parte. Dall’altra rivendica
il diritto dell’uomo di rinascere, di risorgere, dice che esistono stagioni della vita in cui essa si rinnova, infatti lui
afferma di aver vissuto diverse rinascite nella sua vita: prima deciderà di fare il musicista, poi penserà di diventare
filosofo, poi diventerà poeta e si trasformerà in romanziere. Lo stesso farà il dottor Živago nel romanzo.

Esordisce in campo letterario nell'ambiente del futurismo, con una raccolta di poesie che si intitolava Il gemello delle
nuvole. Il futurismo lo affascina per la possibilità di sperimentazione linguistica e ritmica e per la concezione dello
straniamento, gli interessa arrivare all’osso delle cose. È in questi anni che stringe amicizia con Majakovskij, del quale
ammira lo spirito rivoluzionario ma non approverà la sua completa adesione dopo il 1917, Pasternak aderisce a
quella del febbraio ma non a quella dell’ottobre. Nell’estate del 1917 pubblica la raccolta di poesie Mia sorella, la vita,
rivoluzionaria non nel senso politico ma vitale, la rivoluzione è rinascita della vita, non sostituzione del sistema
politico. La rivoluzione non dà la possibilità di costruire un mondo nuovo, ma è possibilità di accogliere una vita
nuova (non si può rifare).

Inizia a scriverlo nel 1946 e lo pubblica in Italia (in italiano) nel 1957, è un romanzo retrospettivo, è ambientato
nell’arco di 50 anni. Parte dalla rivoluzione del 1905 e arriva fino alla seconda guerra mondiale, ma non è un romanzo
storico, non ricostruisce i fatti ma coglie il ritmo e il senso della stoia. Lo scrive dopo un periodo in cui scrive poesia e
fa traduzioni (da inglese a russo); non è un dissidente, mantiene un equilibrio rispetto al contesto politico soprattutto
negli anni del Terrore fino alla seconda guerra mondiale, alla fine della quale iniziano degli attacco verso alcuni
intellettuali, tra quali i più colpiti Anna Achmatova e Michail Zoščenko, quindi inizia a scrivere il romanzo in
clandestinità.

Il tema della vita ritorna più volte, già il cognome del protagonista ha dentro la radice della parola жизнь. È la storia
di Jurij Živago, un medico e poeta, che non fa altro che vivere la storia accogliendo la vita, senza cercare di
ricostruirla, per questo sia lui che lo scrittore saranno accusati di passività. Entrambi hanno un figlio di primo letto e
due donne contemporaneamente, è un alter ego dello scrittore. È diviso in due parti, la prima parte è fatta da 7
capitoli e la seconda da altri, si chiude con una serie di poesie scritte da Živago, che servono al personaggio per
oggettivizzare i sentimenti che prova per renderli universali, sono anche la garanzia della promessa dell’immortalità
(se la vita è una continua rinascita non c’è la morte). Le poesie ci aiutano anche a capire meglio i personaggi: Amleto
è il primo personaggio che appare, è un uomo che medita e accoglie la vita, la subisce, non è un uomo d’azione,
proprio come Živago; inoltre la Maddalena viene invocata due volte e ha dei paragoni con il personaggio femminile,
Lara.

Non è un romanzo storico perché Živago è testimone della storia non costruttore e perché l’oggetto del tempo del
romanzo è il periodo della rivoluzione, durante la quale la cronologia degli avvenimenti (ci sono personaggi che si
rincontrano dopo 10 anni per caso e non si riconoscono) e il tempo effettivo (cambiamento del calendario, scandisce
il tempo rispetto al calendario giuliano e poi cambia quando nella storia cambia) non conta più. Alla fine del romanzo
il narratore dirà “passarono 5 o 10 anni”, cosa importante perché sarebbe stato il 1948 o il 1953, anno della morte di
Stalin ma a Pasternak non importa perché per lui la storia è come un flusso che non si può né costruire né distruggere.

19/03/2024

A Pasternak interessa mostrare quali sono gli effetti della rivoluzione, piuttosto che la cronologia degli eventi:
- Disintegra i rapporti familiari, le famiglie vengono separate
- Difficoltà a calcolare il tempo, dopo il capitolo L’accampamento di Mosca il calendario cambia, prima c’erano
scansioni precise del tempo, ma dopo è sempre più caotico
- Malattie nervose
- Cambia il linguaggio, diventa artificioso e le parole vengono svuotate di senso, si creano parole nuove senza
significato
- Trasforma le persone, la loro identità, qualcuno cambia nome e sembrano cambiare i connotati, la
rivoluzione non solo trasfigura gli individui ma li sfigura

La posizione di Živago rispetto alla rivoluzione rispecchia quella di Pasternak. La accoglie nel capitolo L’addio al
passato (in russo старый, “vecchio”) in cui sta avendo una conversazione con Lara, il rumore della rivoluzione viene
paragonato ai rumori della natura che si risveglia, sembra esserci armonia tra la dimensione cosmica e la vita
dell’uomo ma è un’illusone di cui si rende conto con la rivoluzione di ottobre, descritta ne L’accampamento di Mosca.
La notizia gli arriva nel mezzo di una bufera, portata da uno strillone in un giornale, ricorda I dodici di Blok.

La rivoluzione ha la pretesa di rifare, “plasmare” la vita, secondo un’ideologia e uno schema che non fa altro che
violentare la vita. Questa diversa concezione della vita è quello che distingue Živago dall’antagonista Pavel’ (Paša)
Antipov, l’amore giovanile e il marito di Lara. Lui a un certo punto decide di cambiare, si trasforma, cambia nome e
assume lo pseudonimo di Strel’nikov (стрелять, “sparare”), abbandona la sua vita precedente, abbandona Lara e la
figlia e abbraccia la rivoluzione. Decide di andarsene perché è consapevole di amare Lara in un modo diverso da
come lei ama lui, capisce che Lara non amava lui ma ha solo compassione, lui crede di potere avere il suo amore vero
rifacendosi. Strel’nikov è l’incarnazione dell’adesione alle norme, dell’anteporre la causa rivoluzionaria a tutto. Lo
stesso errore secondo Pasternak lo aveva fatto Majakovskij, entrambi i loro destini sono il suicidio (Majakovskij si
suicida il 12 aprile 1930, lascia un biglietto dove parla della vita).

Strel’nikov e Živago si incontrano per caso e hanno un dialogo su Lara, l’ultimo prima che Strel’nikov si suicidi. Živago,
seppur innamorato di lei, rivela a Sterl’nikov quanto in realtà lei lo amasse e quanto fosse sbagliata la sua idea, lui
continua a chiedere particolari su Lara. Davanti alla morte che incombe capisce che la teoria non conta più ma
contano tutti i particolari.

Lara non è soltanto la donna contesa, viene definita da Živago in tanti modi diversi che rimandano sempre alla vita e
alla Russia: Lara è la vita che i rivoluzionari tentano di riformare e che nonostante questo straripa, che continuamente
si riafferma, è il sorbo che con le sue lunghe e bianche braccia abbraccia Živago, e che quindi abbraccia la vita. Živago
e Strel’nikov si contendono la Russia, il primo riducendola ad un’immagine astratta, a un’idea che non c’entra nulla
con la realtà, mentre il secondo vivendola, assecondandone il ritmo amandola. Lara ricorda una bellissima dama al
rovescio: la prima volta che la vede lo colpisce per la stanchezza e il sorriso pudico, sembra esserci qualcosa sporco in
lei (è vittima delle attenzioni del patrigno, fallirà nella vendetta), ma piano piano l’ambiguità sparisce, si riscatta
grazie all’amore di Živago. Viene anche paragonata alla Maddalena nelle poesie di Jurij, lei è una ex prostituta ed è la
prima a vedere il Cristo risorto, arrivando al sepolcro lei non lo riconosce, lo scambia per il guardiano. Se Lara è
Maddalena, allora Živago è Cristo. Lui assume anche i tratti di San Giorgio, che combatte contro il drago rivoluzione.

Nasce a Kyiv, secondo di 7 fratelli, è figlio di un professore di teologia e nipote di due nonni sacerdoti, ha famiglia
molto religiosa e intellettuale, ma anche lui come Zamjatin si professerà ateo, rifiuta le sue origini religiose.
Nonostante questo, tracce religiose sono onnipresenti nelle sue opere. Il padre muore, evento che ha un effetto
negativo su tutta la famiglia e lo porta a rinnegare la sua educazione religiosa. Decide di studiare medicina, si iscrive
alla facoltà a Kyiv, si laurea, nel 1917-18 diventa medico condotto, cioè viene mandato in un villaggio di campagna e i
suoi risultati sono contenuti in Appunti di un giovane medico, con racconti allucinanti tra i quali c’è Morfina. Questa
esperienza è tanto sconvolgente che già nel 1920 decide di rinunciare alla professione di medico. Tenta per la prima
volta di scappare dalla Russia con la prima moglie Tat’jana ma lui si ammala di tifo e la moglie decide di non
sottoporlo a questo viaggio, lui non glielo perdonerà mai: è il primo tentativo di tanti fallimentari.

Nel 1921 si trasferisce a Mosca e comincia ad muovere i primi passi negli ambienti letterari, prima dedicandosi
all’attività pubblicistica, poi scrivendo gli appunti e Diavoleide (si ispira a Gogol’), e tra il 1923-24 scrive La guardia
bianca. Non aderisce alla rivoluzione, è un monarchico conservatore fino alla morte. Morirà di morte propria nel
1940 (non ucciso), passerà quasi indenne gli anni del terrore.

“Non togliete mai il paralume della lampada! Mai! Il paralume è


sacro. Di fronte al pericolo non fuggite mai in veloce corsa da topi
verso l’ignoto. Sonnecchiate piuttosto, leggete accanto al vostro
paralume, – fuori ululi pure la tempesta! – aspettate che siano loro
a venire da voi.”

Il concetto di Casa è sempre associato ad oggetti simbolo, uno di


questi è il paralume verde. Altri oggetti sono la stufa, i libri, le
tende color crema che difendono la casa dalla tempesta che infuria
di fuori. Il romanzo è ambientato durante la guerra civile in Ucraina,
a Kyiv, ma in realtà ci descrive la situazione di estremo caos in cui si trova il Paese dopo la rivoluzione del 1917. Si
svolge in 2 mesi, dal dicembre 1917 all’inizio febbraio 1918, in cui Kyiv (che viene chiamata sempre Città, mai col suo
nome) tenta di difendersi dalle minacce che arrivano sia dall’esterno che dall’interno. Bulgakov vede Kyiv contesa tra
3 poteri diversi in questo periodo:
- Pavlo Skoropads’kij, è l’etmano, cioè il capo di governo eletto nel 1918. Con il trattato di Brest-Litovsk
l’Ucraina ha ottenuto l’indipendenza e l’etmano avrà il compito di difenderla dalla minaccia bolscevica, si
allea con i tedeschi che al momento stanziavano nel Paese;
- Symon Petljura, nel romanzo viene costantemente evocato ma non appare mai, è un socialrivoluzionario,
quado i tedeschi lasciano l’Ucraina nel 1918 cerca di prendere il potere con le sue milizie di contadini e
operai cavalcando il malcontento;
- I bolscevichi, sono la minaccia esterna che incombe sulla città, il romanzo si conclude con il loro arrivo

Bulgakov scrive La guardia bianca tra il 1923 e il ’24, con fatti parzialmente autobiografici, in origine aveva in mente
una trilogia che doveva ripercorrere l’arrivo, la presenza e la scacciata dei bolscevichi da Kyiv da parte dei bianchi,
cosa che successe storicamente, perché presero possesso della città solo dal febbraio 1919 al secondo tentativo.
Inizia a pubblicarlo nel 1924 sulla rivista Rossija a puntate, ma a un certo punto chiude, quindi l’ultima parte del
romanzo non esce. Dopo qualche anno torna a lavorare sul manoscritto e crea un pezzo teatrale chiamato I giorni dei
Turbin, messo in scena al teatro d’arte nel 1926 e che diventerà la preferita di Stalin. Alla fine il romanzo uscirà nel
1927 in Francia in russo, senza il finale, poi uscirà un’altra edizione nel 1929 con un finale diverso da quello che si
legge oggi perché scritto a posteriori e intrecciato con l’opera teatrale. Il testo integralmente esce in Russia solo nel
1966, tutte le sue opere sono pubblicate in parte o interrotte o postume.
È la storia di 3 fratelli, Aleksej, Elena e Nikolka Turbin, che vivono a Kyiv durante la guerra civile. È un inter-regno,
infatti la Russia zarista è ormai passata ma il bolscevismo è ancora in avvenire, siamo in un tempo sospeso. Ciò
comporta che quello che accade nel romanzo ha un duplice aspetto: da una parte è inconfutabilmente reale, perché
ci vengono nominati posti e strade, figure storiche, e dall’altra c’è un piano fantastico e grottesco, che si trova in tutte
le opere di Bulgakov. I tre fratelli sono controrivoluzionari, sono bianchi.

Il romanzo si apre con due epigrafi.


• “Cominciò a cadere una neve minuta e all’improvviso si rovesciò in grossi fiocchi. Il vento prese a ululare: si
venne a formare una tormenta. In un solo istante il cielo scuro si confuse col mare di neve. Tutto scomparve.
‘Ah, signore,’ gridò il vetturino, ‘che guaio: una bufera!’” – La figlia del capitano, Puškin
Nella bufera il protagonista ha un incontro con uno sconosciuto che gli dona il pellicciotto che lo aiuterà nella
bufera, e più avanti nel romanzo scoprirà che era un rivoluzionario, e il protagonista avrà clemenza di lui.
Bulgakov sceglie questo passaggio perché c’è la bufera, un momento in cui si perde la linea dell’orizzonte e in
cui i demoni cercano di farti sbagliare strada e bisogna scegliere che strada prendere, il bene o il male. Nel
momento della tormenta si incrociano i destini dei personaggi, in modo apparentemente casuale, che
permette lo svolgimento dell’intreccio.
• “E i morti furono giudicati in base a quanto stava scritto nei libri, secondo le loro opere...” – Cap XX
dell’Apocalisse, San Giovanni
È un avvertimento, ci richiama ad un comportamento morale che bisogna mantenere anche quando ci si
trova in mezzo alla tormenta (i principali valori morali per lui sono l’onestà, la rettitudine, l’onestà, non la
religione). Come si fa nella tormenta a rimanere uomini e non trasformarsi in bestie? “ciascuno risponde
seconda la propria fede” (Woland lo dice a Berlioz che è condannato ad andare nel non essere non avendo
avuto fede).

20/03/2024

?? Come deve agire una persona onesta? Fuggire, combattere, rimanere indifferente, pensare solo a sé stesso o
anche agli altri? Qual è il confino tra coraggio e viltà, tra stupidità e prudenza, tra vittima e carnefice? Ci sta
chiedendo a noi come ci comporteremmo. Bulgakov non dà una risposta, lui stesso si farà continuamente questa
domanda. Ciascuno degli eroi de La guardia bianca risponderà a mono suo, qualcuno scappa, qualcuno morirà per i
propri ideali anche quando capiscono che non c’è più speranza di avverarli; riesce a concedere la possibilità di
preservare la propria identità anche ai bolscevichi, anche se sono continuamente identificati come i nemici, Bulgakov
si immagina un paradiso dove riesce ad arrivare persino un bolscevico. Come restare umani senza venire meno alla
propria responsabilità?

Ci invita a seguire la strada giusta, quella della stella lucente, e non la stella rossa. Le stelle torneranno anche a fine
romanzo, dando al romanzo una struttura circolare.

Essendo scritto negli anni ’20 si inserisce nel contesto culturale delle avanguardie per l’uso di alcuni procedimenti
come l’uso dei sogni, il doppio livello di realtà e fantasia, usa il procedimento del montaggio e del dinamismo quasi
cinematografico (susseguirsi di immagini, flashback, uso della cinepresa perché zooma partendo da un’immagine
ampia fino al primo piano). Seppur esistendo un livello fantastico, è un romanzo realista, si ispira a Gogol’, Puškin e
soprattutto Tolstoj, in particolare Guerra e pace, infatti anche La guardia bianca è la cronaca delle vicende di una
famiglia dell’intelligencija che vive dentro degli importanti avvenimenti storici (guerre napoleoniche vs guerra civile in
Ucraina). Questo richiamo è esplicito, nel 1923 scrive: “Quando un tuono celeste (dopotutto, c'è un limite alla
pazienza celeste) avrà ucciso ogni singolo scrittore moderno e dopo circa cinquant’anni sarà apparso un nuovo Lev
Tolstoj, allora verrà creato un libro straordinario sulle grandi battaglie di Kiev”.

Kyiv non viene chiamata con il suo nome ma Città, diventa simbolica perché è molto più di una semplice città. È il
simbolo della città eterna, paragonata con Roma e Mosca (minacciata e incendiata da Napoleone) per l’essere
continuamente esposte a una minaccia esterna: Kyiv rischia di essere conquistata da una minaccia esterna,
identificata in Simon Petljura, che non viene mai rappresentato nel romanzo, è solo una minaccia, come Napoleone
in Guerra e Pace, entrambi associati alla cifra 666. La città sembra non avere confini, è circondata da terre selvagge
(cfr Noi, Zamjatin), vive e respira insieme ai suoi abitanti, è un lievito che si alza e si abbassa, scalda e ingloba i suoi
abitanti per proteggerli dalle minacce. Kyiv ha in sé un livello reale, con le strade, i monumenti, la topografia, ma è
anche un luogo magico, sembra che le strade cambino posizione, si aprono pertugi che salvano Aleksej. Ci viene
descritta la croce bianca tenuta da Vladimir il santo sulla collina, splende nella notte e sembra attrarre le persone
dall’esterno.

Nel romanzo sono presenti due dimensioni.

① Dimensione del nido: è la casa dei Turbin, è il n° 13, sorge all’altezza


di una curva, e non è che la vera casa natia di Bulgakov; ne abbiamo
delle fotografie. Assume il valore di una Casa grazie a una serie di
elementi come la stufa, che scalda e fa crescere i fratelli, i tappeti,
l’orologio, la lampada verde, i libri (tra i quali Guerra e Pace, che non
viene nominato direttamente, e La figlia del capitano): è una casa
cultura, che fa crescere, gli oggetti stessi si animano, la casa fa dei
rumori e sembra viva. È scossa dalla morte della madre (cfr Il dottor
Živago, all’inizio del romanzo muore sua mamma), ha un’aura di
fiaba, la mamma è la regina della casa e la sua morte fa sì che questa si disgreghi, coincide con la nuova
condizione di orfani dei fratelli. La morte della mamma è il primo di una serie di presagi funesti, rappresenta
l’apparente rottura dei valori e crollo della fede. La mamma lascia in eredità la Casa, piena di oggetti, fonte di vita
e valore, che si animano. La casa sembra percepire le emozioni degli abitanti ma anche la minaccia che incombe
sempre e solo dall’esterno: a seconda dell’ospite, la casa reagisce in modo diverso, avvisando del possibile
pericolo.

Sono numerosi gli elementi autobiografici. Aleksej è u ufficiale medico, esattamente come lo era Bulgakov, hanno
tratti caratteriali simili, come la passività, anche se è il fratello maggiore, e questo non fa di lui un eroe
(nell’edizione teatrale cambia il suo carattere), è onesto ma debole. Il più coraggioso è il più piccolo, Nikolka, che
ha i tratti del fratello minore di Bulgakov Nikolaj; il prototipo usato per Elena invece è la sorella Varvara; il
cognome è ispirato al cognome della nonna di Bulgakov, si chiamava Turbinà. Anche il marito di Elena Tal’berg è
ispirato al marito di Varvara, è un personaggio ambiguo, al suo arrivo la Casa si lamenta, lui infatti scapperà e
abbandonerà Elena (il marito di Varvara si unirà ai bolscevichi).

La casa ha due piani, i Turbin occupano il secondo piano, mentre al primo piano vive il
padrone Vasilisa Lisovič (лиса, “volpe”, altri personaggi richiameranno animali), un
personaggio losco, ambiguo, avido, furbo, spesso li osserva e li spia. Bulgakov sfrutta la
verticalità: dal cortile sembrava che i Turbin vivessero al primo piano, mentre scendendo si
notava un piano inferiore, dove viveva Vasilisa. Alcuni studiosi hanno visto un riferimento
al vertep, un teatro popolare ucraino con due livelli, in quello inferiore è spesso
rappresentata la scena dell’uccisione degli innocenti con Erode, e spesso c’è anche il
diavolo, mentre al piano superiore c’è la natività di Gesù. Al piano inferiore troviamo il
diavolo, mentre a quello superiore la divinità, vengono richiamati i valori morali dei Turbin.

② Dimensione della storia: la tormenta è la forza esterna che minaccia costantemente l’interno, si identifica in
Petljura, che viene sempre nominato (150 volte) ma non appare mai. La sua imminente comparsa è preceduta da
segnali, sembra che stia arrivando l’anticristo (cfr Apocalisse). È una personalità vaga, non si concretizza mia, per
questo fa paura, la sua immagine si crea confusa basata su voci mai confermate. Il suo nome diventa una sorta di
evocazione, si deforma passando da voce in voce, qualcuno lo chiama Peturra.

La battaglia finale avviene sul ponte Cepnoj (ora ha un altro nome) sul
Dnepr, viene dalla parola цепь “catena”, congiunge Kyiv alla strada che
viene da Mosca. Dal ponte le milizie di Petljura abbandonano la città, e
all’alba arriveranno le truppe bolsceviche. È un ponte sospeso tra due
epoche, tra il potere di Petljura e quello dei bolscevichi, lo ieri e il domani
che però non si incontrano, infatti lo scontro non viene descritto e non c’è
un oggi.
21/03/2024

La dimensione fantastica si avverte anche nella presenza del diavolo, Bulgakov ne ha una visione simile a quella di
Gogol’. Il fatto di poter vedere e riconoscere il male lo rende facile da sconfiggere, il problema sorge quando non si
riesce a riconoscere. Bulgakov riprende questa idea e il procedimento di mettere sempre in bocca ai personaggi la
parola “diavolo” (che ne La guardia bianca appare 88 volte, la prima appena dopo l’introduzione di Vasilisa), come la
parola “Petljura”. L’unico momento in cui effettivamente appare il diavolo lo vediamo mentre si arrampica su una
chiesa, irrompe nella città fino ad intaccare il luogo sacro e a deformare il suono delle campane. È il momento in cui
Aleksej si ammala di tifo e rischia di morire, Elena chiede la sua guarigione ad un’icona della Madonna, e Bulgakov la
fa pregare in modo così intenso che sembra avere un dialogo con l’icona e sembra evocare la figura di Cristo, che
appare accanto al sepolcro scoperchiato. La guarigione di Aleksej subisce l’aspetto di una resurrezione. Non c’è per
forza una connotazione positiva nella religiosità estrema di Elena, perché assume i tratti di una superstizione e di uno
scongiuro, fa voto di rinunciare al marito purché il fratello guarisca.

SOGNI. I sogni sono un elemento di cui Bulgakov si serve per creare la dimensione fantastica, uno dei più famosi è il
sogno di Aleksej del cap5, gli appare un maresciallo che aveva combattuto con lui al fronte e che era morto da un
paio di anni, vestito di una lucente armatura, gli racconta di come in paradiso si stiano allestendo saloni che
ospiteranno i bolscevichi, che nel 1920 sarebbero morti nella battaglia Perekop, Aleksej inorridisce, e il maresciallo gli
riporta che Dio gli ha detto che per lui sono tutti uguali. Ci restituisce un’immagine di Dio indifferente alle sorti degli
uomini e a cui non importa la fede perché alla fine gli uomini si comportano tutti allo stesso modo, quindi conta ciò
che fai e non ciò che dici.

Il narratore, nei confronti dei fatti, ha un atteggiamento duplice: prevalentemente si sente protagonista/testimone
degli eventi, ma in certi punti sembra solo che stia raccontando come un cronista. Usa interiezioni (“oh no!”,
“ahimé!”), segnalano l’ingresso del narratore che ha volte è solo un testimone ma a volte sembra dialogare con i
personaggi (parla con Nikolka quando canta una canzone di guerra, parla con Elena dopo che il marito è partito).
Bulgakov non riesce a mantenere il distacco perché sta parlando di sé stesso, ma il suo atteggiamento nei confronti
del materiale autobiografico cambierà, per esempio ne Il maestro e Margherita fa solo dei commenti. È come se
Bulgakov stesse guardando la realtà con un occhio normale e con un altro che ha un occhiello. Uno vede la realtà così
come è, oggettivamente e verosimilmente, mentre l’altro la vede coperta da una patina, straniata, allucinata.

Alla fine, fa una riflessione su dio e sul suo rapporto con l’uomo, gli interessa particolarmente il tema
dell’onnipotenza dell’uomo, non di dio. Nel mondo nuovo non c’è spazio per dio, e c’è il rischio che l’uomo si
sostituisca ad esso.

opera teatrale
Quando si vede interrotta la pubblicazione per la chiusura della rivista, inizia a scrivere l’opera teatrale, e per
Bulgakov il teatro diventa un porto sicuro dove riuscire a scrivere e pubblicare le sue opere. Riesce subito a venderla
al teatro dell’arte di Mosca, la prima viene messa in scena il 5 ottobre 1926 da Il’ja Sudakov ed è l’evento della
stagione teatrale di quell’anno. C’è stata grande commozione ma anche indignazione, sia da chi non aveva accettato
la rivoluzione (i bianchi avevano perso e non ci sarebbe stato altro modo) sia dai rivoluzionari stessi, come
Majakovskij (i bianchi sono valorosi e onesti).

Kyiv viene chiamata con il suo nome e non Città; non è più ambientato in 2 mesi ma in un solo giorno, l’epifania; i
personaggi vengono ridotti, non ci sono Vasilisa e Julija; compaiono nuovi personaggi, come Skoropads’kij; Aleksej
cambia radicalmente, da personaggio debole e passivo diventa valoroso, sacrifica la propria vita.

Questa opera è talmente divisiva che riesce a suscitare l’interesse di Stalin, che è andato a vederla 15 volte i 3 anni.
Anche se i bianchi sono persone oneste, ne sta raccontando la fine, e c’è soddisfazione nel vincere un nemico
valoroso, è la dimostrazione che la rivoluzione ha vinto pienamente.

Già negli anni successivi ha una serie di difficoltà, nel 1926 viene requisito il manoscritto di Cuore di cane e bloccate
varie opere teatrali come L’appartamento di Zoja (storia di una prostituta). Nel 1928 scrive La fuga, opera teatrale
nella quale descrive la fuga come scarafaggi di tutti quelli che hanno subito la guerra civile, ma non piace perché ha
un’aria fantastica che non è più accettata. Stalin viene convinto a non essere più messo in scena e pubblicato. Il 28
marzo 1930 Bulgakov scrive una lettera al governo sovietico, dove fa una ricostruzione dettagliatissima di tutte le
recensioni negative contro di lui, non rifiuta le accuse e dice non poter lavorare in Urss, quindi chiede l’espatrio. Il 18
aprile Stalin gli comunica che la sua richiesta è stata negata.

26/03/2024

I Racconti di un giovane medico vengono pubblicati in forma di raccolta solo nel 1963, 23 anni dopo la morte di
Bulgakov, in un’edizione curata dalla sua terza moglie Elena, che farà pubblicare anche Il maestro e Margherita. La
scelta dell’ordine è di Elena, non di Bulgakov, lui li aveva pubblicati in ordine sparso. Usa il genere degli appunti (torna
più volte nelle sue opere), gli permette di inserire materiale autobiografico ma anche di mantenere distanza.

Li scrive a partire dal 1917 quando sta facendo servizio come medico rurale in un villaggio sperduto chiamato
Nikol’skoe nella provincia di Smolensk. I racconti nella raccolta sono: L’asciugamano con il galletto, Il battesimo del
rivolgimento, La gola d’acciaio, La tormenta, Le tenebre d’Egitto, L’occhio scomparso e L’eruzione stellata. A questi con
il tempo si sono aggiunti Morfina (1927) e Io ho ucciso (1926), che sono staccati dagli altri 7 perché la voce narrante è
diversa, nei primi 7 è un giovane medico che può essere sovrapposto a Bulgakov, mentre in Morfina la voce si
sdoppia e assume le fattezze di due medici, Bomgard e Poljakov, ma ha comunque un forte orientamento
autobiografico.

Rimane nel villaggio dal settembre 1916 al settembre 1917, dopo si sposta nella provincia Vjaz’ma in un ospedale più
avanzato e rimane lì fino a febbraio 1918, quando poi va a Kiev e apre uno studio come venereologo. Lo segue la sua
prima moglie Tat’jana, che racconta delle continue minacce che arrivavano a Bulgakov dai cittadini. Questo fu uno dei
fattori che lo portò a lasciare la professione nel 1920 (anche perché in tempo di guerra rischiava di essere rapito
come medico). Durante una tracheotomia condotta su un bambino per sbaglio si infetta e per curarsi inizia a fare uso
di morfina, che presto si trasforma in dipendenza, esperienza si riflette nel racconto (anche in Ivan de Il maestro e
Margherita). Inizia a lavorare solo nel campo letterario.

Bulgakov Giovane medico (non sappiamo il nome)


• 25 anni • 23 anni
• Arriva con la moglie • Scapolo
• Lavora nella sezione di Syčëvka • Lavora nella sezione di Gračëvka
• Settembre 1916 – settembre 1917 • Settembre 1917 – settembre 1918, nessun cenno agli
avvenimenti rivoluzionari

Ritornano alcuni motivi già presenti ne La guardia bianca: ritorna la Casa, che si identifica da una parte con la casa
del dottore, nella quale lui si rifugia a fine giornata che ha al suo interno i soliti oggetti (lampada, libri, samovar), e in
parte con la città che ha lasciato alle spalle alla quale vuole ritornare, ha tutti quegli agi e quel comfort che manca in
campagna (elettricità, teatro, giornali), rimpiange in particolare l’ospedale di città, dove la responsabilità è divisa tra
tutti i colleghi, mentre in quello di campagna lui è l’unico medico nel raggio di cestinaia di chilometri, quindi la
responsabilità è tutta sua, che diventa un peso enorme.

Il suo arrivo viene narrato nel primo racconto, L’asciugamano con il galletto, dove ci vengono descritte le sue
sensazioni, il viaggio infinito sulla carrozza che arranca in mezzo al fango, il freddo, la solitudine, la presa di coscienza
della totale inesperienza e dello scollamento fra quello che ha studiato sui libri e la pratica. Ci sono una serie di
operazioni (autobiografiche), il medico si affanna a cercare la soluzione sui libri, ma nonostante questo la trova
sempre da solo o con l’aiuto dei suoi assistenti grazie a un’intuizione improvvisa, suscitata più dalla disperazione che
dalla convinzione di farcela. Introduce il motivo della tentazione dell’onnipotenza, si trova davanti a situa estreme
dove rischia la vita del paziente e sua (minacce), vince lo smarrimento e la frustrazione. Nel giovane medico
coesistono due voci: da una parte c’è la voce del buonsenso, che dice che bisogna studiare con umiltà, ma l’altra
appare spesso nel dormiveglia, che arriva dall’esterno, e sembra suggerirgli che lui lì è onnipotente, i contadini non
possono vivere senza di lui (questo tema si ritrova in Cuore di cane e Il maestro e Margherita). Questa voce che
dialoga con il dottore è come un collega, gli si rivolge in pochi momenti, è come se il dottore si sdoppiasse.

Deve esercitare la professione in un ambiente che gli mette difficoltà. Le condizioni atmosferiche sono pessime, c’è
un racconto dedicato alla tormenta, che ulula, parla, è un vero e proprio personaggio, è una minaccia onnipresente
soprattutto quando esce dai confini del villaggio. Inoltre deve avere a che fare con l’ignoranza e superstizione della
gente del villaggio, i pazienti hanno malattie trascurate all’ultimo stadio e ormai incurabili, ma pensano che si possa
curare con delle gocce, oppure si passano costantemente la sifilide, non seguono le indicazioni del medico. Si
manifesta anche nella bestialità e nella violenza che prende il sopravvento, continue minacce di morte. C’è una nota
umoristica, autoironia, sdrammatizza anche gli episodi più allucinanti.

Ordine della raccolta (Elena) Ordine di pubblicazione (Bulgakov)


L’asciugamano con il galletto La gola d’acciaio (agosto 1925)
Il battesimo del rivolgimento Il battesimo del rivolgimento (ottobre 1925)
La gola d’acciaio La tormenta (gennaio 1926)
La tormenta Tenebre d’Egitto (luglio 1926)
Tenebre d’Egitto L’eruzione stellata (agosto 1926)
L’occhio scomparso L’asciugamano con il galletto (settembre 1926)
L’eruzione stellata L’occhio scomparso (ottobre 1926)

L’ordine della raccolta rispetta la cronologia dei fatti narrati, ma non è lo stesso ordine di come vennero pubblicati
singolarmente da Bulgakov. L’ordine di pubblicazione a singoli ci mette davanti come un’altra concezione di tempo, la
linea del tempo subisce delle continue fratture e continue accelerazioni, abbiamo una visione instabile e caotica dei
fatti, non si riesce a costruire cosa viene prima o cosa dopo, si perde il realismo. Ha senso perché non sta
rappresentando il tempo della storia ma il tempo fluido della rivoluzione, dove si perdono i punti di riferimento e la
linea dell’orizzonte. Questo tempo del delirio non è tanto diverso dal delirio che provoca la morfina.

Morfina si stacca dagli altri racconti, sembra cadere del tutto la nota positiva. Il medico protagonista e narratore di
questo racconto soccombe di fronte alle condizioni estreme e alla difficoltà della vita (non solo professionale). Fin da
subito apprendiamo che ha lasciato l’ospedale rurale e si è trasferito nel capoluogo di distretto, dove ha ritrovato
l’elettricità, i giornali, un ospedale con più reparti, non ha più il grande fardello. Sembra essere il giovane medico dei
primi 7 racconti che si è trasferito, ma lui non aveva nome e questo si chiama Bomgard, dice di aver lasciato la
campagna nell’inverno 1917 ma il medico era arrivato nel settembre 1917. Non è la continuazione di quelli prima,
Bulgakov crea una certa ambivalenza e ambiguità, sembra che Bomgard conservi dei ricordi del giovane medico ma
c’è una discordanza di tempo.

I tempi del trasferimento di Bomgard coincidono con i tempi di Bulgakov, è ancora più autobiografico, distribuisce un
po’ di sé a tutti. Anche il dottor Poljakov è parzialmente autobiografico perché è morfinomane, la moglie Tat’jana gli
preparava le dosi, mentre Anna Kirillovna le prepara al
dottore, che però non riuscirà a farlo disintossicare.
Bulgakov si sta sdoppiando, sta cercando di
oggettivizzare una parte di sé da cui sta cercando di
distaccarsi. Il diario garantisce un maggior grado di
intimità perché non sottintende un destinatario come il
genere degli appunti; in esso vengono descritti gli effetti
della morfine e la loro manifestazione (sembra una
cartella clinica). Bulgakov è contemporaneamente il
dottor Poljakov che scrive il diario e il dottor Bomgard
che lo legge. Considera la realtà con due occhi diversi.

Sembra come se il giovane medico si sia sdoppiato, una parte è andata in provincia (Bomgard) e una parte è restata
in campagna (Poljakov, che è la materializzazione delle voci). Lui torna a bussare alla porta di Bomgard e torna a
tormentarlo, appare appena dopo che Bomgard sta ripensando alla sua esperienza in campagna, è un ricordo
negativo e lo rifiuta, ma ha anche nostalgia (si vede nei romanzi che legge), ricorda la tentazione all’onnipotenza a cui
ha resistito.

27/03/2024

• LIRICA: Poljakov ha una passione per la lirica, la donna che ha amato e per la quale ricorre alla morfina ha a
che fare con la lirica. Questo motivo appare anche ne La guardia bianca e in Cuore di cane, attraversa tutti i
testi di Bulgakov e lega i personaggi che hanno questa passione.
• DOPPIO: ci sono due livelli, uno reale e uno fantastico. Usa Gogol’ come riferimento, nel Naso il naso che si
stacca asquista vita propria ed è tutto ciò che Kovalëv non è.

Non c’è niente che ci conferma in modo assoluto che Poljakov è il doppio di Bomgard, ma ci sono delle tracce che
Bulgakov semina qua e là. Quando Bomgard riceve la lettera di Poljakov è nel dormiveglia, momento utilizzato
spessissimo da Bulgakov perché non riusciamo a percepire ciò che è reale e ciò che non lo è; la riceve appena dopo
aver pensato al suo vecchio lavoro e al fatto che non ha mai curato delle malattie mentali (elemento che ritorna nel
diario di Poljakov) e lo turba, mormora che prima o poi dovrà studiare un manuale di psichiatria. Arriva il messaggio
scritto su una prescrizione di morfina, consegnato dall’infermiera. C’è una tempesta, lui continua a svegliarsi.

La prima cosa che fa è chiedere al primario se può assentarsi, poi guarda gli orari dei treni e pensa al lungo viaggio
che dovrà fare, Bulgakov è molto dettagliato sul percorso. Si riaddormenta e viene svegliato ancora dall’infermiera
che gli dice che Poljakov è in ospedale con una pallottola in corpo. Compatta il tempo e lo spazio per permettere a
Poljakov di arrivare da Bomgard, restringe i confini di modo che due mondi apparentemente lontani diventano
contigui, apre possibilità che non sarebbero possibili (passaggi magici per attraversare confini spazio-temporali).
Quando entra nell’ambulatorio dove c’è Poljakov, si trova davanti l’ostetrica Mar’ja Vlas’evna, che dice essere la sua
aiutante nei parti “laggiù”.

?? Se Poljakov è il doppio di Bomgard, chi è il vero morfinomane? È veramente Poljakov o è Bomgard che è vittima di
un’allucinazione creata dalla sua dipendenza?

Bulgakov descrive la provincia in modo simile a come Gogol’ descrive San Pietroburgo in Nevskij prospekt, nel quale ci
sono una serie di incontri su questa strada, tra i quali i due protagonisti delle storia. Questi due uomini, che non si
conoscono, incontreranno due donne che li colpiranno e la inseguiranno, ma alla fine scoprono che sono prostitute.
La strada diventa sede dell’illusione e dell’inganno, il diavolo si crea quando si accendono i lampioni che fanno
apparire le cose sotto una luce irreale, artificiale. Anche in Bulgakov ci sono i lampioni, è una via che incanta, descrive
una civiltà, fa un riferimento esplicito al racconto di Gogol’, anche le infermiere si muovono come insetti (come gli
umani sono descritti in Gogol’).

Dopo la morte di Poljakov inizia la lettura del suo diario. Leggendo il diario possiamo scoprire vari elementi della sua
vita, come il cantante lirica con la quale si era sposato che l’ha lasciato, la solitudine che prova e l’infermiera Anna
Kirillovna che è l’unica in cui trova conforto ed è stata anche la prima ad iniettargli la morfina (=Tat’jana), ma
soprattutto possiamo catalogare i suoi sintomi, documentati con una certa lucidità:
- Sogni/allucinazioni: sogna una vecchietta con un forcone che vola, è la morte (cfr Gogol’), minaccia il
protagonista; i sogni ne La guardia bianca avevano il compito di rivelare il carattere dei personaggi e di
fornire la dimensione fantastica, qua sono l’esito della morfina e hanno la funzione di trasfigurare quello che
sarebbe insopportabile; i suoi sogni sono pieni di musica lirica, la stessa che cerca di dimenticare (donna)
- Rabbia: sorprende lo stesso Poljakov, non la controlla, spesso contro Anna che cerca di disintossicarlo, a
questa succede sempre un momento di lucidità e chiede scusa
- Bugie: per paura di essere scoperto, sia agli altri (ad Anna, al farmacista, al medico della clinica, a tutti perché
inizia a rubare le fiale) che a sé stesso (si racconta che la situazione non è tragica, soprattutto quando rilegge
i suoi appunti); l’invocazione del sonno la troviamo anche in Bomgard
- Solitudine: se lo crea da solo, aggrava lo stato di solitudine già presente, considera il diario il suo unico fedele
amico
- Sdoppiamento: comincia a chiamarsi in terza persona, emerge anche dal modo in cui scrive il suo diario,
infatti ha delle pagine strappate, cancellature, parole a metà; non capiamo dove inizia un dottore e finisce
l’altro.
Ricrea artisticamente l’effetto totalizzante della dipendenza, i personaggi che ci vengono immersi non distinguono più
la realtà dalla finzione.
03/04/2024

Con la NEP la città inizia a modernizzarsi rapidamente, che da una parte è un aspetto positivo e vantaggioso ma
dall’altra suscita nei personaggi bulgakoviani straniamento. Questo verrà tenuto in conto sia nel racconto Diavoleide
(1921), dove il diavolo sta proprio nella deformazione dello spazio, sia ne L’appartamento di Zoja (19), in cui quella
che di giorno sembra una sartoria di notte di trasforma in un bordello.

Nel periodo della NEP scrive anche Uova fatali (1925) e Cuore di cane, entrambi racconti fantascientifici, genere con il
quale può esplorare l’utopia, può unire elementi satirici a elementi scientifici, in particolare quello della scoperta
scientifica, che in Bulgakov ha sempre risvolti catastrofici (a cause delle mani inesperte degli uomini). Ricorre a un
linguaggio esotico e allegorico, Bulgakov adopera il suo sguardo da medico e lo applica alla società che lo circonda,
cercando di fare una diagnosi: l’esperimento del cane è simbolico, rappresenta l’esperimento della rivoluzione, che
tenta di stravolgere l’identità della Russia. La rivoluzione è un elemento estraneo che viene innestato in un organismo
vivo e lo deforma, quindi il medico deve usare il suo bisturi per rimuoverlo per far tornare il corpo al suo aspetto
originario.

Lo sottopone alla censura, viene bloccato e sequestrato dalla polizia politica. Verrà pubblicato in Russia nel 1968
come samizdat’ un anno dopo Il Maestro e Margherita e poi ufficialmente nel 1969. Viene bloccato perché è una
satira dell’utopia bolscevica di poter costruire un mondo nuovo, i risultati del quale sono disastrosi nel racconto.

Siamo nella Mosca degli anni ’20, è la storia di un esperimento condotto da un famoso luminare della scienza, Filip
Filipovič Preobraženskij, che vuole studiare la funzionalità della ghiandola dell’ipofisi e il suo possibile influsso sul
ringiovanimento, quindi vuole trovare la formula scientifica per il ringiovanimento cellulare. Innesta nel corpo di un
cane chiamato Šarik (Pallino in italiano) l’ipofisi di un uomo, viene sottoposto all’intervento che rischia di farlo morire,
ma invece di farlo ringiovanire il cane diventerà un uomo che parla, con il nome di Poligraf Poligrafovič Šarkov.
Questo uomo-cane è un cafone, volgare, maldestro, violento, è mostruoso, devasta la vita ordinata del dottore fino a
causargli dei problemi. Alla fine deciderà di rioperarlo per farlo tornare un cane.

Quello che accomuna Cuore di cane e Uova fatali è la figura dello scienziato. Entrambi si sentono e sono considerati
dei semi-dei, ritorna il tema della tentazione dell’onnipotenza, che ormai è diventata delirio, hanno il diritto di
manipolare la vita per soddisfare le loro ambizioni scientifiche.

All’inizio il racconto è narrato dal punto di vista di Pallino, vediamo la difficoltà di vivere in una città come Mosca, di
essere un cane randagio, di essere sempre affamato e maltrattato; sembra avere una coscienza e una certa
intelligenza, è in grado di distinguere tra un proletario e un borghese. Affida la cane un giudizio sui proletari
problematico a quel tempo, la prima accusa è di disumanità. Sa leggere a modo suo, dalle insegne riconosce i negozi
che vendono la carne. A un certo punto si introduce una voce narrante esterna onnisciente, conosce i sentimenti del
cane. La compassione che proviamo nei suoi confronti viene messa a prova da quando diventa uomo-cane, il
problema sembra essere l’uomo. Torna il problema del confine tra uomo e bestia.

All’inizio del racconto tornano elementi che ricordano I dodici di Blok: la tormenta (condizione non solo
meteorologica ma esistenziale), il cane (lo troviamo alla fine, si mette dietro alle guardie), la donna (della quale il
cane si immagina la storia, ci ricorda la prostituta). È come se Bulgakov volesse mostrare il risultato di quello che Blok
aveva colto solo all’inizio, si chiede che fine abbiano fatto il cane, le prostitute, il borghese (descritto in modo uguale
in entrambe le opere). Probabilmente prende ispirazione anche da Majakovskij per la figura del cane che ritroviamo
ne La nuvola in calzoni, lui si paragona spesso a un cane: è una figura che per istinto è portata a fidarsi dell’uomo e a
perdonarlo, è genuina, è autentica. In Bulgakov invece l’idea dell’uomo di Pallino è già contaminata, riconosce la
violenza.

Lo scienziato Ivan Pavlov fa un esperimento su un cane di cui espone il risultato nel 1903, si compone di 4 fasi: nella
prima gli dà da mangiare, nella seconda usa un campanello senza il cibo, nella terza usa un campanello associato al
cibo che provoca la salivazione nel cane, nella quarta usa solo il campanello e dato che il cane lo associava al cibo,
salivava. La scoperta del riflesso condizionato ha un impatto enorme sugli studi sociologici di inizio secolo perché si
tenta di trovare la formula per indurre le masse a comportarsi in un certo modo a partire da uno stimolo.
?? Perché “cuore” di cane? Fare esperimenti sul cervello ha un effetto anche sul cuore/anima?

L’idea del ringiovanimento non viene sviluppata solo in Russia ma anche nel mondo occidentale. Nasce soprattutto
dalla scoperta e perfezionamento della tecnica del trapianto di organi messa a punto dallo scienziato francese Alexis
Carrel, che nel 1912 ottiene il premio Nobel. La nuova scienza sui trapianti genere l’idea che con il trapianto di organi
più malati e invecchiati sia possibile ottenere un ringiovanimento, e uno dei leader di questo campo è Sergej Voronov,
che basa la sua ricerca sul trapianto dei testicoli di scimmia sull’uomo. Un altro è l’austriaco Eugene Steinach, che
esegue esperimenti simili.

Il ringiovanimento assume un significato politico, Bulgakov associa questo esperimento scientifico mostruoso
all’esperimento sociale, culturale ed esistenziale che la rivoluzione rappresenta nella società sovietica, combina
l’utopia scientifica con quella politica. Il problema dell’eterna giovinezza è anche legato al desiderio di immortalità,
caratteristica riservata solo a un dio, a cui l’uomo cerca di sostituirsi. Preobraženskij, nel tentativo di ringiovanire il
cane, testa la possibilità dell’immortalità, quindi si sostituisce a dio.

Affronta il problema della casa, infatti l’amministrazione del caseggiato cerca di requisire al dottore delle stanze
perché ne ha 7; lo tratta da un punto di vista sociologico, cioè la riduzione dello spazio abitativo imposta dai
bolscevichi negli anni ’20: in un solo appartamento vivevano più famiglie, ognuna occupava una stanza grande in
base a quanti erano i componenti e si condivideva cucina e servizi. Preobraženskij possiede ancora un appartamento
di 7 stanze e gode di questo privilegio per la sua posizione da luminare scientifico.

04/04/2024

Il prototipo di Preobraženskij è uno zio materno di Bulgakov, Nikolaj Pokrovskij, un ginecologo; lui e il personaggio
vivevano nella stessa casa. Bulgakov usa luoghi di Mosca che sono perfettamente riconoscibili, ma usa i nomi
prerivoluzionari (il nome della via Prečistenka era cambiato in Krapotinskaja). Il personaggio presenta anche caratteri
in comune con Bulgakov stesso, sono medici e odiano il proletariato. È un intellettuale, colto, amante del teatro,
elegante, uomo di altri tempi, la sua avversione verso il nuovo mondo rivoluzionario è dimostrata dal suo rapporto
con l’amministratore del palazzo in cui abita. Bulgakov gli affida la sua visione sul proletariato: a forza di parlare di
collettività si è smarrito il senso della responsabilità individuale e per questo tutto sta andando in malora. Un’altra
figura che possiamo trovare nel dottore è Lenin nella sua convinzione che con la gentilezza (persuasione) si può
ottenere tutto, si può sottomettere l’umanità.

In lui individuiamo la sensazione di essere un semidio. Il nome Preobraženskij ha la stessa radice di преображение
che nel lessico cristiano è la trasfigurazione, ha la possibilità di trasfigurarsi e di trasfigurare il prossimo. Anche il
nome della via Prečistenka viene dall’aggettivo пречистый, comunemente associato alla Madonna. Il dottore
Bormental’, l’assistente, ha il compito di essere testimone (attendibile?), assiste alle operazioni e redige un
diario/cartella clinica che diventa specchio dei suoi stati d’animo. C’è una scansione molto precisa degli orari e delle
fasi della trasformazione di Pallino, Bulgakov vuole farci riflettere sul momento di cui può iniziare ad essere
considerato umano. Il tormento che prova mentre osserva la trasformazione di Pallino fa si che anche la sua scrittura
diventi disordinata, usa il genere degli appunti. L’esperimento inizia gli ultimi giorni di dicembre e la notte del 6
gennaio dice la sua prima parola ‘birreria’, il giorno di Natale: sta creando un homunculus quando sta nascendo Gesù.
Nel diario di Bormental’ troviamo anche l’effetto che lo sperimento ha su Preobraženskij stesso, che viene colpito da
una malattia improvvisa, e sulla società, che sembra impazzire

Pallino è un cane intelligente, sa che c’è poco da fidarsi della gente, lo colpiscono gli occhi di Preobraženskij che prima
scintillano e poi diventano torbidi. Ha una barba a punta, il volto è illuminato dalla fiamma del sigaro, è spesso
definito “mago/stregone/negromante”, altre volte “sacerdote/creatore/divinità”, ha sia l’aspetto tipico del diavolo
che di un sacerdote, ha la capacità di trasformarsi. Nelle sue operazioni sembra che stia celebrando una messa al
contrario.

La sua casa è piena di oggetti che hanno a che fare con il mondo animale, ci sono tanti animali imbalsamati. Ci sono
tantissime scene in cui mangia, il cibo è un elemento importante perché innanzitutto è quello che usa per persuadere
Pallino, inoltre è il suo primo pensiero come lo è per il cane, ed è quindi simbolo della volgarità. Ha una stanza adibita
a ricevere i pazienti, nel racconto ce ne sono tre: il primo è un uomo anziano, con le mutande color crema con dei
gatti neri ricamati, capelli verdi e vuole ringiovanire per poter esercitare fascino sulle donne (sogni erotici); la
seconda è una donna non giovane che cerca di mentire sulla sua età e vuole ringiovanire per stare al passo con il suo
amante, le trapianta ovaie di scimmia; il terzo è un uomo calvo pedofilo. Sono tutte persone volgari e meschine, il
dottore e i risultati sono a loro volta meschini perché lui promette loro il ringiovanimento e finiscono per assomigliare
più a scimmie che umani.

Pallino è un fallimento per Preobraženskij per la sua umanizzazione, ma può veramente essere considerato umano?
Cerca di attribuire il cattivo comportamento dell’homunculus al vecchio padrone (defunto) del cane, non si
attribuisce la colpa. Cerca di rimediare e invertire l’operazione ma non sarà mai come prima, tornerà un cane ma avrà
atroci mal di testa.

10/04/2024

“…E allora, dunque, chi sei? Io sono una parte di quella forza che eternamente vuole il Male ed eternamente compie il
Bene”. L’epigrafe è tratta dal Faust e la citazione appartiene al diavolo, viene attribuita a Woland, c’è un paradosso. Il
romanzo parla del bene e del male, della menzogna e della verità, ma la risposta è ambivalente, non capiamo dove
sta il bene e dove sta il male.

L’idea nasce nel 1926, inizia a scriverlo nel 1928 e ci lavora per 12 anni fino al 1940, quando viene interrotto dalla sua
morte, senza essere riuscito a correggere l’ultima parte del romanzo; la terza moglie Elena glielo leggeva ad alta voce
(lui era cieco ormai) e lui interveniva con le correzioni, cosa che nell’ultima parte non riesce a fare: è a tutti gli effetti
un romanzo incompiuto. La prima pubblicazione avviene tra il ‘66 e il ‘67 a puntate come samizdat’ sulla rivista
Moskva a cura di Elena; nel ‘67 esce in russo a Parigi. In Urss uscirà integralmente solo negli anni ’80.

Ne esistono 8 redazioni, cosa che fa sì che il prodotto finale sia piuttosto diverso dal concetto originale. Marietta
Čudakova era un’archivista ed è la prima che riesce a ricostruire la prima redazione del romanzo, il manoscritto della
quale venne bruciato da Bulgakov nel 1930, confrontando gli appunti dei suoi quaderni.

Nella lettera a Stalin fa riferimento a un “romanzo su dio e il diavolo”. Veniva da una famiglia religiosa, suo padre era
sacerdote, che è il prototipo per il sacerdote all’inizio de La guardia bianca. Negli anni ’20 vede intorno a se che la
religione viene presa in giro, ne viene fatta una parodia che lo lascia in sgomento. Registra il Natale del Komsomol’,
durante il quale ci sono processioni che ricordano quelle religiose e che accadevano in concomitanza con l’ex Natale o
Pasqua, dove apparivano immagini che non avevano nulla a che fare con la religione, senza rinunciare a simboli come
i crocifissi. Proliferano pubblicazioni anti-religione, come le riviste Bezbozhnik e Ateist, dove si tentava di demolire la
storicità della figura di cristo. Dem’jan Bednyj pubblica un libro chiamato Il nuovo vangelo senza difetti
dell’evangelista Dem’jan: non si punta solo a sostituire dio, ma a rovesciare le credenze e i valori per fargli assumere
un significato diverso.

Bulgakov sperimenterà diversi titoli. La prima redazione si chiamava Lo zoccolo dell’ingegnere che cambia in Mania
furibonda, non c’era ancora traccia del Maestro e di Margherita (che sarà un titolo tardo, messo solo all’inizio deli
anni ’30), inoltre la storia di Iešua era concentrata in un unico capitolo. All’inizio è presente l’incontro tra Berlioz
(burocrate e editore sovietico), Ivan Bezrodnyj (“senza famiglia”, poeta di terza categoria antireligioso, cambiato in
Bezdomnyj “senza casa” dalla seconda redazione) e Woland, la loro conversazione verte sulla storicità di Cristo e il
diavolo, paradossalmente, è quello che insiste su di essa mentre gli altri due sono convinti che fosse una figura
mitologica; nella prima redazione Woland disegna sulla sabbia la figura di Cristo e invita i due a sputarci sopra e
quindi a compiere un atto blasfemo, loro non hanno il coraggio di farlo all’inizio ma alla fine Ivan lo fa. In seguito allo
sputo si scatenano una serie di eventi, tra i quali Berlioz che verrà decapitato da un tram. Bulgakov togliendo questa
scena fa cadere la relazione causa-effetto che era stata creata, suggerendo che la corruzione dei moscoviti è più
profonda. Ci sono personaggi che ora non ci sono più come Fesja, un medievalista, era l’unico che fin dall’inizio
sapeva con certezza che Woland fosse il diavolo, viene tolto già dalla seconda redazione e parte del suo personaggio
si incorpora nel Maestro.

Nel 1930 brucia la prima redazione in preda alla disperazione, scriverà la lettera, poi riceverà la telefonata che gli
mette speranza che prima o poi potrà ritornare a fare il suo lavoro, quindi inizia a scrivere la seconda redazione.
Aggiunge al filone fantastico-grottesco un filone autobiografico non presente nella prima, dalla terza passa alla prima
persona, e compaiono il Maestro e Margherita.

Nel 1934 ne scrive una terza, mentre pensa ancora che riuscirà a pubblicarlo. Dal diario della terza moglie e di altri
scrittori scopriamo che lui leggeva i capitoli man mano che li scriveva ad amici e conoscenti, in case private e non in
pubblico, alla presenza di un discreto numero di ascoltatori che venivano selezionati attentamente. Più di una volta
ebbe la sensazione che tra loro si nascondessero delle spie. La Čudakova avanza l’ipotesi che la moglie stessa fosse
una spia pagata dal KGB per sorvegliare e custodire Bulgakov, sostenuta dal fatto che Elena è il prototipo di
Margherita, accetta di vendere l’anima al diavolo per proteggere l’amante. Nella terza redazione da più spazio alla
figura di Margherita e ritorna alla terza persona, staccando da sé la narrazione. Inizia a capire che il suo romanzo non
ha speranza di essere pubblicato (sono gli anni dell’inizio del terrore). Il titolo ufficiale risale al ‘37-‘38.

Quello che lo spinge a riprendere il progetto nel 1930 è il suo (Maestro) rapporto con il potere (personaggio
onnipotente, Woland). Il primo prototipo di Woland è Stalin, è onnipotente, ha una profonda ambivalenza che deriva
dal fatto che sembra un emissario di Iešua, infatti sarà lui a restituire il romanzo al Maestro: la sorte di Bulgakov
dipende da Stalin. Dietro alla figura del Maestro c’è Bulgakov, sono scrittori, hanno bruciato i loro romanzi, hanno
amori illegittimi (sia Elena che Margherita erano spostate); è paragonato anche a Mandel’štam (fu una delle prime
vittime del terrore, arrestato e sparito per aver paragonato le dita di Stalin a dei grassi vermi; inoltre Stalin nella sua
telefonata a Pasternak ha chiamato Mandel’štam “maestro”) e Majakovskij (si era ucciso durante la settimana santa,
e la vicenda del romanzo si svolge nella settimana santa tra mercoledì e sabato).

Essendo Woland Stalin, Bulgakov gli fa un augurio con l’epigrafe, sta facendo il male ma potrebbe fare il bene.
Sembra quasi un’altra lettera che si augura che Stalin leggerà.

Stalin può essere anche intravisto dietro Iešua nella sua potenziale capacità di compiere il bene e a Ponzio Pilato
perché se ne lava le mani, ha decretato la rovina di Bulgakov e di tanti altri. Anche lo stesso Bulgakov può essere visto
dietro a Pilato perché soffre di emicrania che viene guarita da Iešua, gli ritorna per il rimorso di aver abbandonato il
prigioniero al suo destino e sarà dilaniato dal pensiero di incontrarlo, come Bulgakov voleva incontrare Stalin, e Iešua
perché non vengono riconosciuti.

17/04/2024

Boris Gasparov scrive un saggio sul Maestro e Margherita, lo definisce un romanzo mito: “Il passato e il presente, la
realtà quotidiana e l’iper-realtà sono semplicemente la stessa cosa, un'unica sostanza, che fluisce da uno stato
all'altro attraverso migliaia di canali, così che ciascuna di queste transizioni risulta essere come la svolta di un
caleidoscopio, che cambia con una varietà infinita la disposizione, la compatibilità, la divisione e la distribuzione degli
stessi elementi.” Il mito nasce per colmare un vuoto, nasce per colmare le lacune della storia. Non c’è un confine
preciso tra realtà e iper-realtà, presente e passato, si fondono insieme, Bulgakov crea dei passaggi segreti attraverso
cui i suoi personaggi riescono a passare da una dimensione all’altra. Gasparov ragiona sulla struttura “a motivi”,
sostiene che sia costruito secondo il principio della narrazione a motivi conduttori, cioè nella quale un motivo (cioè
un qualsiasi fenomeno, un avvenimento, un tratto di un personaggio, un elemento del paesaggio, una parola, ecc)
viene ripreso svariate volte ma con varianti sempre diverse, creando quindi collegamenti con gli altri motivi. Se si
riesce ad intercettare uno di questi motivi si riesce a creare delle associazioni. Alcuni esempi di motivi (trasversali,
quindi presenti in più opere) sono gli occhi di colore diversi, che troviamo in Woland e ? in Guardia bianca, e
l’abbigliamento a scacchi.

Lo studioso Dmitrij Bykov individua tre livelli:


1. REALISTICO-SATIRICO: si riconoscono luoghi, nomi, tempi, ci permette di visualizzare le coordinate spaziali e
temporali; siamo a Mosca negli anni ’30 e ha come oggetto tutto l’apparato burocratico statale corrotto;
vediamo la società moscovita, gli abitanti sono corrotti, avidi, non si accorgono di essere vittime degli scherzi
di Woland.
2. MISTICO: Woland entra nel livello realistico e compie le sue malefatte punendo i moscoviti corrotti.
3. STORICO-BIBLICO: sono le vicende di Iešua e Pilato, ambientate a Eršalaim (nome ebraico di Gerusalemme) nel
30 dopo Cristo.
Il corrispettivo di Woland a livello realistico è Stalin
realistico Stalin Maestro/Bulgakov Bezdomnyj
stesso, è come se fosse un suo doppio, mentre il suo
mistico Woland Maestro Levi Matteo
biblico Pilato Iešua Levi Matteo doppio biblico è Pilato. Il Maestro e Bulgakov sono
legati dall’essere entrambi narratori, è presente anche
nel livello mistico perché alla fine del romanzo viene traslato in questa dimensione, il suo doppio a livello biblico è
Iešua: tutti e tre sono profeti, arrivano nel mondo e non vengono accettati o riconosciuti. Ivan Bezdomnyj è l’unico
personaggio che subisce una trasformazione completa, tanto che alla fine lo troviamo con il suo nome vero, si muove
solo nel livello realistico e l’unico modo che conosce per entrare in un’altra dimensione è la morfina che gli provoca
dei sogni; il suo doppio nel livello biblico è Levi Matteo (ispirato all’evangelista Matteo), che segue Iešua annotandosi
su una pergamena quello che fa e dice, vive anche nella dimensione mistica perché c’è una parte in cui interagisce
con Woland, dove gli dirà che il Maestro “merita non la luce, ma la quiete”. Margherita è presente sia nel livello
realistico che in quello mistico perché si trasforma in una strega per il ballo di Satana, viene da chiedersi se le due
siano uguali e se ci sia un suo doppio anche nel livello biblico.

Nel romanzo troviamo tre linee narrative, che si mescolano:


1. Linea moscovita: il diavolo arriva a Mosca introno all’inizio degli anni ‘30, arriva sotto le spoglie di un
consulente straniero. È un giustiziere, vuole smascherare la menzogna per punire i corrotti, inoltre vuole
trovare una strega/una donna che possa fare da regina al gran ballo di Satana e la scelta cadrà su Margherita.
Ambientata a Mosca negli anni ’30, parte nel primo capitolo e continua fino all’ultimo.
2. Linea evangelica: è il contenuto del romanzo del Maestro, Ponzio Pilato è l’unica figura storica presente con il
suo vero nome. L’altro personaggio è Iešua, che NON È GESU’, infatti Bulgakov lo crea ispirandosi ai vangeli
apocrifi (testi scritti molto dopo la vita terrena di Gesù e non riconosciuti come testi sacri) e non a quelli
ufficiali, Iešua ha delle caratteristiche uniche che lo distinguono dalla figura storica di Gesù. Parte nel
secondo capitolo, parte per tre volte ma viene raccontata attraverso 3 modi e narratori diversi, l’affidabilità di
ogni lettore è diversa:
a. Woland mentre parla con Bezdomnyj e Berlioz, all’inizio parla di Gesù Cristo vero, poi inizia a
raccontare di Iešua
b. sogno di Bezdomnyj quando si trova nella clinica psichiatrica
c. Margherita legge il manoscritto del romanzo
3. Linea amorosa: Margherita è l’amate di un letterato che non viene mai chiamato per nome ma solo Maestro,
lei accetta di fare da regina al ballo e quindi di vendere l’anima al diavolo perché è l’unico modo per salvare il
maestro (che si è rinchiuso in una clinica psichiatrica) e restituirgli il manoscritto che aveva bruciato. È la linea
più tarda rispetto al modello originario, entra sia nel livello realistico che mistico; la storia dei due inizia del
capitolo XIII quando il Maestro racconta la storia del suo amore a Bezdomnyj, e riinizia nel XIX con il vero
ingresso di Margherita.

La linea più corposa è la prima, che ha più capitolo. I titoli sono importanti, fanno riflettere; il primo si chiama Non
conversate mai con gli sconosciuti, fa un avvertimento.

Bulgakov si serve del processo del montaggio per legare insieme i capitoli, per esempio il II inizia con le stesse parole
con cui finisce l’I, ci avverte di non considerare le linee come completamente slegate tra loro. Interseca le linee con la
rappresentazione delle città, né Mosca né Eršalaim accolgono il profeta, cioè il Maestro e Iešua, quest’ultimo va
contro Pilato mentre il primo va contro tutti i burocrati che lo stroncano costringendolo a bruciare il romanzo e a
chiudersi in una clinica. Sono entrambe città calde, a Mosca c’è tanta afa che ci saranno anche degli incendi (ricorda
l’inferno). La vicenda si svolge il 14esimo giorno del mese di Nisan, cioè la Pasqua ebraica, che a Mosca corrisponde
alla Settimana Santa, le vicende iniziano il mercoledì e arrivano al sabato (il ballo si svolge di venerdì, unico giorno
dell’anno insieme al sabato in cui non si può celebrare messa), c’è solo una riferimento alla domenica: non c’è la
resurrezione. Un altro stratagemma che usa per legare tutto insieme è la fine, dove accenna a Ponzio Pilato.
18/04/2024

CASA e ANTICASA
Il motivo della Casa è legato alla felicità famigliare, è sinonimo di vita, amore, calore, ci sono spazi aperti, la porta
chiusa perché funge da rifugio protetto. È equiparabile al concetto di cultura. Invece l’Anticasa è legata alla morte, ha
spazi angusti, predomina la penombra, la porta è aperta e chiunque può entrare. Sia casa che anticasa non
coincidono per forza con l’alloggio.

Jurij Lotman è il principale studioso della scuola semiotica russa, scrive un saggio su casa e anticasa prendendo in
considerazione i paradigmi dicotomici della cultura russa. Lega casa/anticasa alla strada: l’anticasa è la tappa di un
cammino che l’eroe deve compiere per poter conquistare la casa, è una sorta di “casa dei morti”, bisogna morire
dentro l’anticasa e risollevarsi per trovare la vita nella casa. Questo è quello che troviamo ne Il Maestro e Margherita.
Mentre La guardia bianca è la storia della distruzione della casa, il Maestro e Margherita è la storia del riscatto e
della conquista della casa.

Il maestro lavorava in un museo, era poliglotta, vince una lotteria grazie alla quale riesce ad avere un seminterrato. Ci
sono tanti libri, un lampada verde, una scrivania, un divano e un camino (sia fuoco della cultura ma anche della
distruzione, distruggerà il manoscritto): ha i connotati di una casa anche se non lo è. Dopo bruciato il manoscritto si
interna nella clinica psichiatrica che è l’anticasa, deve passarci per “risorgere” e per poter recuperare il manoscritto
con l’aiuto di Margherita. Lo scantinato non potrà più essere la sua casa, non è una vera e propria Casa, conquisterà
come ricompensa la casa che gli viene descritta da Margherita, nella quale trova la quiete che meritava.

Questo motivo riguarda tutti i personaggi.


- Bezdomnyj: già lo pseudonimo significa “senza casa”, passa dal manicomio che lo porta ad un’altra vita.
- Berlioz: vive al n50 del numero 10 nella Sadovaja Ulica insieme al direttore del teatro Varieté, è una casa
molto ambita, specialmente dal diavolo stesso, infatti muore perché Woland possa prendere possesso del
suo appartamento. È l’anticasa per eccellenza, è ambivalente, tutti ambivano a viverci ma tanti scompaiono
in quell’appartamento (fa riferimento agli arresti e alle sparizioni degli anni ’30).
- Margherita: vive con il marito in un appartamento in centro sull’Arbat non condiviso, è altolocata, ha un
matrimonio apparentemente felice, con una cameriera, lei però non è felice e vorrebbe andarsene, cosa che
succedere quando si trasformerà in strega e volerà.
- Iešua: durante l’interrogatorio dice a Pilato che è senza casa (=Bezdomnyj), lui lo chiama vagabondo.
- Pilato: vive nel palazzo di Erode ma lo odia, a tal punto di non riuscire a dormire, infatti mangia e dorme nel
colonnato (le colonne sono un altro motivo del romanzo), sogna di andare alla sua residenza a Cesarea sul
mediterraneo

LINEA MOSCOVITA: I LUOGHI


Tutti i luoghi citati nel libro si trovano nella Mosca di
nord-ovest, cioè il quartiere dove Bulgakov trascorre
un periodo della sua vita. Gli unici due punti lontani
nel quartiere di Chimki sono le sedi della clinica
psichiatrica, che viene descritta come se si trovasse al
di là di un confine che ci va nella clinica deve superare,
cioè per arrivare nel regno dei morti. Altro luogo
importante sono i Patriaršie prudy, citati nel primo
capitolo, è uno stagno circonadato da un giardino che
si trova poco lontano dalla Sadovaja Ulica, ed è qui che
avviene l’incontro di Berlioz e Bezdomnyj con Woland. Altri luoghi che vengono citati sono l’Arbat, via centrale di
Mosca dove avviene l’inseguimento di Ivan, la Moscova, il fiume, la casa di Griboedov, la sede del MASSOLIT, il teatro
del Varieté, l’appartamento 50 sulla via Sodovaja, e i giardini di Alessandro, dove c’è l’incontro tra Margherita e
Azazello.

Patriaršie prudy. Era il nome in uso prima della rivoluzione, al momento della scrittura si chiamavano Stagni dei
Pionieri. Fin dall’inizio la linea realistica si mischia con quella mistica e il luogo di questa fusione è proprio lo stagno,
pieno di stranezze, tra le quali l’apparizione di Woland. Woland è strano prima di tutto per l’abbigliamento: ha un
completo e un berretto grigio, ha un bastone la cui sommità ha la forma di un barboncino nero, figura legata al
diavolo, è asimmetrico (occhi diversi, sopracciglio più alto dell’altro, denti di platino da una parte e d’oro dall’altra,
zoppica), cosa che impedisce al lettore di trovare un centro. Woland fa una strana profezia a Berlioz dicendogli che
una donna gli taglierà la testa perché “Annuška ha versato l’olio di girasole”. Berlioz verrà decapitato da un tram
guidato da una donna dopo essere scivolato su una macchia di olio sui binari.

«Секретаря МАССОЛИТа Берлиоза (accusativo) сегодня вечером задавило трамваем (strumentale, è il mezzo)
на Патриарших.– Не ври ты, чего не знаешь! – рассердился на РюхинаИван, – я, а не ты был при этом! Он
его нарочно под трамвай пристроил!» (è una costruzione impersonale, di solito usato per fenomeni atmosferici, ci
dice che c’è qualcosa che si serve del tram per uccidere Berlioz, non è il tram che lo uccide)

La vera punizione di Berlioz sarà quella di entrare nel non essere, dato che non ha avuto fede. Da qui parte
l’inseguimento di Ivan che si lancia dietro Woland e il suo seguito, ma sembra che più veloce lui corra più la distanza
tra i due si allunga. Il suo inseguimento è accompagnato da musica, precisamente Eugenio Onegin di Čajkovskij, un
dettaglio che ci aiuta a capire in che anno siamo o in che anno Bulgakov lo aggiunge (centenario di Puškin, 1937).

Appartamento n.47, casa n.13. Ivan ci fa tappa durante il suo inseguimento, è la prima vera anticasa del romanzo.
Tutto il romanzo ha una simbologia numerica, il 13 in Russia porta male. Ivan perde la ragione, la sua mente è
attraversata da intuizioni lampo che gli fanno credere di aver trovato Woland, infatti entra nell’appartamento perché
crede che sia lì. Ci sono cianfrusaglie, c’è rumore che proviene da un poeta che grida dalla radio, vede una donna
nella vasca insaponata con una spugna in mano che lancia addosso ad Ivan. Nell’inseguimento di satana ha bisogno
di armarsi, quindi prende un’icona e un cero da un angolo della casa illuminato dalla luna (luce ingannevole,
artificiale), esce dall’appartamento e arriva alla Moscova.

Moscova. Ivan arriva ai piedi del fiume e attraversato da un’altra intuizione folle decide di entrarvi e fare un bagno,
spogliandosi dei vestiti e lasciando sulla riva icona e cero. Il bagno avviene all’altezza di dove sorgeva la chiesa del
Cristo Salvatore, rasa al suolo nel 1931: rappresenta l’assenza del sacro, infatti il bagno di Ivan non è altro che un
battesimo al contrario. Quando risale non trova più i vestiti e i documenti ma solo l’icona e il cero; in mutande si
recherà alla casa di Griboedov per annunciare l’arrivo del consulente (diavolo).
07/05/2024

Casa di Griboedov. È la sede del MASSOLIT, associazione letteraria di cui è presidente Berlioz, è un luogo reale di
Mosca, probabilmente il Palazzo Herzen. Griboedov era un autore contemporaneo di Puškin, autore della commedia
Che disgrazia l’ingegno, dove il giovane moscovita Čackij torna a Mosca dopo 3 anni (non sappiamo dove sia stato)
perché innamorato di Sofia, una sua amica di infanzia. La Mosca in cui torna è chiusa, retrograda, ignorante, non
pronta ad accogliere il diverso, cioè Čackij stesso. Sarà al centro di una serie di malintesi e pettegolezzi, tutti pensano
che sia pazzo, perché Sofia ne diffonde la voce. Alla fine, fuggirà via con una carrozza. Bulgakov la chiama casa di
Griboedov perché ci costringe a pensare alla pazzia, anche per come è configurata, cioè piena di corridoi e stanze, la
gente di perde, inoltre quando Ivan arriva in mutande con la notizia dell’arrivo del consulente straniero verrà
accusato di pazzia e portato in macchina alla clinica.

Oltre alla struttura labirintica, un’altra caratteristica che la classifica come un’anticasa è il fatto che le scritte sulle
targhette sono incomprensibili e non promettono ciò che c’è dentro la stanza (nel chiosco dell’inizio chiamato “acque
e birra” non c’era né acqua né birra), per esempio su una c’è scritto Perelygino, Bulgakov gioca con la località
Peredelkino, un posto con dace che ospitavano intellettuali, era un posto elitario; lo mette per farsi gioco del fatto
che gli scrittori sovietici volessero i privilegi, quindi i membri del MASSOLIT aspirano a quello. Bulgakov si prende
gioco degli scrittori contemporanei a lui, un po’ era anche invidia, ne descrive la vanità e la mancanza di talento;
infatti Berlioz non è un letterato ma un burocrate, e Bezdomnyj non è un poeta perché è incapace di scrivere poesie.
Inoltre, nella casa ci sono caos e rumore che si concentrano nel ristorante dove sono riuniti i soci e dove irrompe
Ivan; la musica è urlata e canta “Alleluja” (blasfemo).

La casa di Griboedov non è solo un’anticasa ma sembra un luogo sacro al rovescio. Prima di tutto, la scena
dell’annuncio di Ivan è il rovescio dell’annuncio di Giovanni battista, questo annuncia il messia mentre Ivan annuncia
il diavolo; verrà intrappolato con degli asciugamani (tema che ritorna più volte nel romanzo) e trasportato alla clinica.
Un altro aspetto sono i 12 membri del MASSOLIT che aspettano Berlioz e a mezzanotte scoprono che era morto, c’è
simbologia dei numeri che torna spesso, potenzia al massimo aspetti che ci fanno pensare a eventi biblici al contrario.

Clinica psichiatrica. Non è chiarissimo dove Bulgakov si immaginasse questa clinica, sicuramente è lontano dal
centro di Mosca, potrebbe coincidere con un ospedale che si trova nel quartiere di Chimki. È così lontano perché è il
luogo della morte, e per arrivare al luogo della morte bisogna attraversare un confine, cosa che viene sempre usata
nella fiaba russa. La capanna della Baba Jaga è al confine, e la clinica presenta delle caratteristiche simili, come porte
che non si aprono e finestre che non si rompono con inferriate. Ivan ha una sorta di Caronte che lo accompagna qua
(inferno), il poeta Rjuchin, un poeta del MASSOLIT, è grezzo e rozzo, reagisce a un monumento a Puškin con disprezzo
(ci fa capire la sua bassezza).

Nella linea evangelica il luogo di confine è l’orto dei Getsemani, ovvero dove trovano il cadavere di Giuda posto a
forma di croce. Nella Bibbia qui avveniva l’ultima cena, il bacio di Giuda e l’arresto, si trova aldilà di un fiume e
lontano dai luoghi della vita di Gesù, esattamente come la clinica.

La clinica ha tratti fiabeschi, vi succedono cose strane, non si può uscire, inoltre Ivan viene chiamato Ivanuška che è il
nome per antonomasia degli eroi fiabeschi, e Durak, Ivan lo scemo, protagonista delle fiabe. Nella clinica c’è anche il
professor Stravinskij, che ricorda il nome dell’omonimo compositore, il quale ha composto musica per il balletto che
rappresentava delle fiabe. Condivide con il professore di Cuore di cane lo stesso aspetto affidabile, l’educazione e la
cultura, il rispetto da parte dei colleghi. È quello che ha in cura Ivan e che gli inietta la morfina, che gli dà sollievo ma
gli induce visioni e sogni (qua avremo al seconda parte del romanzo del maestro).

La clinica di traveste da casa, sembra un luogo funzionale, servizievole e amorevole verso i pazienti, ma è una
prigionie. C’è una certa magia, vicino al letto di Ivan ci sono dei bottoni che se premuti fanno arrivare gli infermieri.
Nella clinica si incontreranno Ivan e il maestro, che si reca qua volontariamente, inizia la storia del maestro e
Margherita nel cap. 13, intitolato L’apparizione dell’eroe (soprannaturale, si materializza, entra dalla finestra). Il
maestro è il primo che dice che Woland è il diavolo.
Appartamento n. 50, casa n. 10 della Bolšaja Sadovaja.
È l’appartamento in cui vive Bulgakov tra il 1921 e il 1924. Ci
vivono Berlioz e Lichodeev, il direttore del teatro Varieté, è
un appartamento condiviso ma sono comunque solo due.
Woland sceglie di vivere in questo appartamento, sembra
non avere confini, sembra estendersi, si aprono vani scale e
spazi non prevedibili da fuori. Le persone spesso
scomparivano, probabilmente Bulgakov era stato testimone
di alcune di queste sparizioni misteriose. È uno spazio
magico e lo diventa definitivamente con l’arrivo di Woland. Lichodeev verrà catapultato a Jalta, senza un viaggio, ma
nella realtà si riferisce ad una sparizione.

Teatro Varieté. Si trova a pochi passi dall’appartamento, oggi si chiama teatro della satira e al tempo Moskovskij
mjuzyk-choll. La musica è un elemento centrale nell’opera di Bulgakov: in questo teatro venivano rappresenti musical,
un genere per la massa, basso, infatti Bulgakov lo disprezzava e preferiva l’opera. Nel teatro Woland si manifesta, si
rivela al pubblico, Begemot stacca la testa del presentatore e la riattacca storta. Tutto quello che succede ricorda al
quello che avviene sul Golgota al rovescio, scorre il sangue della vittima ma non è un agnello, è corrotta, e a celebrare
la passione è il diavolo.

LINEA EVANGELICA
La linea evangelica torna 3 volte, nessuno dei narratori/testimoni è affidabile. Il
primo è Woland che racconta a Berlioz e Bezdomnyj, il secondo è un sogno di
Ivan fatto di morfina e il terzo è Margherita che legge dal manoscritto che le ha
dato Woland. ?? Stiamo veramente leggendo il romanzo del maestro?

Quando racconta Woland assistiamo al dialogo tra Pilato e Iešua che riprende
quello che deve esserci stato tra Pilato e Gesù. Il Pilato di Bulgakov è da una parte
preso da Stalin ma dall’altra rappresenta lo Stalin ideale. Pilato chiede a Iešua
quale sia la verità, che è l’unica domanda che nel vangelo porge a Gesù, il quale
non risponde, Iešua invece gli dice: “La verità è, prima di tutto, che ti duole la
testa, e ti duole così forte che tu pensi vilmente alla morte.” Questo convince
Pilato che si trovi davanti a un profeta, lui infatti soffriva di emicrania (motivo
della testa).

Il palazzo di erode si distingue per un’intensificazione dell’aspetto della percezione sensoriale, che mentre al
Griboedov era dato dal rumore qui è dato dal profumo di rosa che risulta insopportabile a Pilato, aspetto che lo
caratterizza. La rosa è un altro motivo, infatti la rosa è il fiore preferito del Maestro, inoltre simboleggia la passione,
cosa che ci fa pensare alla passione di Cristo. C’è un riferimento alla poesia di Blok La rosa e la croce.

Iešua dice a Pilato di essere un vagabondo, di non avere una casa (= Bezdomnyj), è un uomo di cultura e ha 27 anni,
dice di non avere né padre né madre, non si attribuisce il ruolo di profeta che gli attribuiscono gli altri. Dice che c’è un
tale, Levi Matteo, che lo segue e scrive su una pergamena, ma spesso cose che lui non dice. Bulgakov si rifà più
spesso a Giovanni perché il suo vangelo è il più letterario e il più visionario, si prende gioco dell’evangelista Matteo
che era una esattore delle tasse, mette in dubbio la veridicità dei vangeli, in particolare il suo.

08/05/2024

Questa ambivalenza nella sua caratterizzazione è usata da Bulgakov per non far pensare ai lettori che si tratti di Gesù.
Negherà di essere stato acclamato dalla folla quando è entrato a Eršalaim, riprendendo l’episodio della Domenica
delle Palme riportato solo nel vangelo di Matteo. Non vengono menzionate croci per quanto si possa presuppore che
si siano, e mentre Gesù viene crocifisso in mezzo ai due ladroni Iešua non è al centro. Non c’è la spugna imbevuta di
aceto con la quale Gesù viene infilzato nel costato, qua il centurione trafigge Iešua nel cuore e lo uccide. Mentre Gesù
invoca il padre dicendo “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, mentre Iešua invoca l’egemone, una delle
figure onnipotenti del romanzo. Non c’è l’episodio del lavaggio delle mani, ma c’è comunque uno zoom sulle mani.
Il monte dove avviene il supplizio non si chiama Golgota (in ebraico “cranio”) ma Лысая гора, ovvero Monte Calvo,
un monte di Kyiv. Levi Matteo vuole accoltellare Iešua per risparmiargli il dolore, ma non riuscirà a farlo, e dopo la
morte farà sparire il corpo. Iešua non risorge veramente, dopo la morte riappare ma in una dimensione diversa. Il
concetto della resurrezione torna in una scena in cui Pilato chiede ad Afranio, riguardo a Giuda, “questo [Giuda] non
risorgerà?” Il Giuda di Bulgakov è bellissimo, trova la morte seguendo una donna, viene ucciso da Afranio, il sicario di
Pilato, ma non è lui a ordinare il suo omicidio. Pilato aveva ordinato ad Afranio di proteggere Giuda, perché anche
Levi Matteo stava cercando di ucciderlo. Il prototipo di Afranio è stato visto nel tipico agente del GPU, la polizia
segreta di Stalin, il punto era far vedere che Afranio disobbedisce a Pilato come gli agenti disobbediscono a Stalin,
che non è il vero colpevole. Boris Gasparov ipotizza che nell’economia del romanzo Afranio non sia altro che Woland:
quando parla con Berlioz e Ivan afferma di aver assistito all’uccisione di Cristo.

Quando Pilato incontra Levi Matteo dopo l’uccisione di Giuda gli dice che l’ha ucciso lui, in seguito Levi Matteo chiede
un pezzo di pergamena, non sappiamo cosa scrive ma è l’ennesima frecciata all’evangelista Matteo, dato che è l’unico
che scrive che Giuda si suicidò appendendosi a un albero.

Quando si incontrano nel cap. 29 Woland e Levi Matteo, dopo che questo gli riporta cosa ha detto Lui (Dio) del
destino e della ricompensa del Maestro, il diavolo gli dice: “Hai pronunciato le tue parole come se non riconoscessi
l’esistenza delle ombre, e nemmeno del male. Non vuoi invece essere così buono da riflettere sulla questione: che
cosa avrebbe fatto il tuo bene se non fosse esistito il male, e che aspetto avrebbe la terra se da lei scomparissero le
ombre?” Riprende l’epigrafe, dice che all’uomo è necessaria tanto l’ombra quanto la luce, perché la luce non è luce
senza ombra e l’ombra non è ombra senza luce.

09/05/2024

Oltre alla contrapposizione tra casa e anticasa, è importante la contrapposizione tra alto e basso, spesso la traiettoria
dei movimenti dei personaggi va su o giù. Per esempio, Iešua e Pilato nel suo sogno camminano verso l’alto, cosa che
può suggerisci che Pilato sia stato perdonato. Levi Matteo incontra Woland su un tetto di una casa, sono in alto ma è
comunque dovuto scendere da un’altra dimensione. Nella dimensione moscovita la dicotomia di alto e basso viene
invertita: nella scena del ballo di Satana sono presenti elementi che portano verso l’alto, come le colonne e la scala, il
volo avviene verso l’alto.

LINEA AMOROSA
Nella linea amorosa ci sono diversi luoghi: la casa del
Maestro, la clinica psichiatrica, la casa di Margherita e
l’appartamento n. 50. La linea amorosa inizia nel cap. 13,
intitolato La comparsa dell’eroe, che suggerisce una
comparsa sovrannaturale, il Maestro appare davanti a Ivan
dopo che questo si è sdoppiato. Il modo in cui viene
descritto ricorda l’aspetto di Gogol’ (naso affilato, occhi
impauriti, ciocca di capelli davanti alla faccia), il quale tra
l’altro aveva bruciato il manoscritto della seconda parte di
Anime morte, come il Maestro ha bruciato il suo. Gli viene
associato anche Puškin, con il quale condivide il rapporto
con il potere, anche lui oggetto diretto della censura.

Attraverso il racconto del Maestro conosciamo Margherita, che si paleserà solo nel cap. 19. È l’unico personaggio del
romanzo che non ha il problema dell’alloggio, infatti ha una casa nella zona dell’Arbat che condivide solo con il marito
e senza altri coinquilini, è altolocata, e nonostante questo non era felice

Casa del Maestro. Il Maestro ottiene il seminterrato con i soldi della vincita della lotteria e per questo puzza di
corrotto. Non è una Casa, sembra soddisfare l’esigenza di felicità dei due ma alla fine si rivela troppo poco, si traveste
da casa. È un seminterrato, quindi per entrare bisogna scendere dei gradini, è un luogo isolato, c’è il lavabo
nell’anticamera (ha una struttura anomala), c’è una stufa con un fuoco che sembra ardere eternamente (è
ambivalente, è sia il fuoco della creazione artistica accanto al quale il Maestro compone il romanzo, ma è anche il
fuoco dove viene bruciato e che brucerà l’appartamento), libri e una lampada. Il giudizio negativo verrà confermato
da Woland nella scena della prima morte: mangiano e bevono un vino avvelenato, è l’”ultima cena” e sembrano
trovare la morte e si risveglieranno; ma nello stesso capitolo la loro morte viene duplicata, il maestro muore nella
clinica mentre Margherita muore di infarto in casa sua. Quando si risvegliano dalla prima morte chiedono a Woland
di poter tornare nel seminterrato, e sarà lui a dirgli che devono aspirare a qualcosa di più, infatti il seminterrato verrà
bruciato.

Margherita ha diversi prototipi. Molti hanno visto la figura di


Elena, la terza moglie, basandosi sull’ipotesi che fosse la
sorvegliante/custode di Bulgakov, esattamente come Margherita
vende la sua anima al diavolo per recuperare il manoscritto e
salvare il maestro. Un altro prototipo è la Margherita del Faust,
anche lei stringe un accordo col diavolo. Altri prototipi li
troviamo nelle streghe della letteratura russa, condivide con loro
la facoltà di saper volare, è vendicativa, feroce e violenta, però è
una strega atipica, infatti è capace di avere misericordia. Si
trasforma dopo essersi spalmata un unguento magico che le dà
Azazello in cambio della promessa di fare da regina al ballo di
Satana. Il primo personaggio a cui mostra misericordia è il
bambino che consola entrando nella sua stanza durante il volo. Poi ha misericordia anche verso Frida che vede
durante il gran ballo, Bulgakov la crea da un avvenimento di cronaca che riguardava il processo di una donna vittima
di violenza che aveva ucciso il bambino nato, e anche Frida ha ucciso il figlio frutto di una violenza. Margherita chiede
a Woland che i suoi ospiti la smettano di darle il fazzoletto con il quale aveva soffocato il bambino, lui poi le concede
una seconda possibilità e lei chiederà il manoscritto e la liberazione del Maestro.

Appartamento n. 50. Il prototipo dell’ambientazione del ballo di Satana lo ritroviamo in un fatto reale della vita di
Bulgakov, avvenuto durate il ricevimento all’ambasciata americana al quale erano stati invitati lui e la moglie nel 1935
e del quale leggiamo negli appunti di Elena. C’erano una sala con le colonne, fiori, uccelli che volavano dietro una
rete posta sul soffitto, più piani attrezzati in modo speciale e all’ultimo c’era un barbecue che emanava odore di
bruciato. Con questi elementi Bulgakov crea l’ambientazione del ballo di Satana: ci sono animali o dettagli che
richiamano figure animalesche, la scala, lo spazio è estremamente ampio. Presenta caratteristiche associabili alle
altre anticase, come le colonne, il rumore, il cibo, le scale, immagini animalesche.

Durante il ballo si svolge la messa nera, celebrata da Woland, e a Margherita viene fatto bere un liquido rosso
(sangue) da una coppa. Si svolge una sorta di processo alla testa di Berlioz e ritorna il concetto secondo il quale a
ognuno sarà dato secondo le sue azioni (presente ne La guardia bianca), se Berlioz crede nel non essere e quindi che
non ci sia niente oltre alla vita terrena dovrà andare nel non essere. Alla messa nera ci sono gli ospiti morti del ballo,
gli utensili caratteristici di una messa al rovescio, c’è anche un’altra vittima sacrificale, il barone Meigel che era l’unico
vivo infiltrato al ballo. Era un funzionario incaricato di occuparsi dei visitatori stranieri, era uno spione, riporta al
potere ciò che osserva, perciò la sua morte (trafitto con un pugnale) può essere paragonata a quella di Giuda.

14/05/2024

escatologia del romanzo


Il messaggio che Bulgakov sta cercando di far recapitare a Stalin è di usare il suo potere per punire i burocrati, i
corrotti e chi non coglie il valore dell’arte, e per salvare l’artista e restituirgli la dignità di uomo e di scrittore.

Non c’è speranza, Il Maestro e Margherita non contiene la promessa di un nuovo inizio, uno dei fattori è questo
principio di ambivalenza che ci impedisce di vedere il vero significato di ogni immagine. Il romanzo è costruito con
una sorta di manicheismo, ci sono personaggi che vengono puniti (Giuda, Lichodeev che torna da Jalta ma viene
rinchiuso, Berlioz che è il più punito andando nel non essere, i membri del MASSOLIT) e altri che vengono
ricompensati (il Maestro, Nataša, Frida, Ivan, Pilato). Quando il Maestro e Margherita vanno a trovare Ivan nella
clinica da Margherita riceva un bacio mentre dal Maestro riceve la missione di completare il suo romanzo come un
suo discepolo, Ivan non riuscirà a completarlo perché perde la memoria, per questo non c’è speranza. Inoltre, non c’è
la resurrezione, Iešua non risorge, ma il motivo della resurrezione lo troviamo in una battuta di Pilato e nei risvegli
che avvengono nel romanzo: Margherita e Nataša che vengono trasformate in streghe, Ivan quando sogna il pezzo di
romanzo del Maestro, Lichodeev che si sveglia a Jalta, Nikanor dopo il suo sogno, il doppio risveglio del Maestro e di
Margherita dopo l’ultima cena (un’interpretazione è che tutto quello che avviene dopo possa essere un loro sogno).

Il volo ha un significato metafisico, ci segnala l’ingresso del personaggio in un’altra dimensione. L’ultimo volo del
Maestro e Margherita insieme a Woland si svolge sui cavalli neri dell’apocalisse e parte dal colle dei passeri, il luogo
in cui c’era la chiesa del cristo salvatore, ed era quindi il luogo dell’assenza del sacro. Nella prima versione di questa
scena volavano su un aereo, quindi era un volo reale, una fuga, diventa un volo metafisico perché Bulgakov capisce
che non sarebbe mai uscito dall’URSS. Lasciano alle spalle una Mosca che sta bruciando, il fuoco rimanda al fuoco di
Gerusalemme. Durante il volo i servitori di Woland assumono il loro vero aspetto, c’è l’incontro con Pilato e l’ultimo
discorso con Woland, che fa intendere di cosa si tratta la ricompensa del Maestro. Iešua è quello che consegna la
ricompensa, Levi Matteo l’intermediario, Woland l’ambasciatore della decisione di Iešua.

La ricompensa è prima di tutto la liberazione e la restituzione del manoscritto, poi la pace e non la luce, perché il
Maestro è un vile e ha avuto paura (per questo ha bruciato il manoscritto). La pace ha l’aspetto di una Casa che ci
viene descritta attraverso Margherita: c’è un giardino, devono attraversare un ponte (confine del fiume), questo
paesaggio è già stato visto in rovina in un sogno da Margherita, sembra un sogno premonitore, Bulgakov ci fa pensare
che nemmeno questa sia una Casa. La sua ricompensa in termini simbolici è l’immortalità della sua personalità
creativa, però sia il Maestro che il discepolo a cui affida la missione perdono la memoria. L’ambivalenza di fine
romanzo può essere dovuta al fatto che Bulgakov non è mai riuscito a revisionarla, essendo morto prima.

32 capitoli + l’epilogo sono l’ennesimo riferimento religioso (anni di Cristo). Nell’epilogo Bulgakov racconta cosa è
successo agli altri personaggi, è una specie di indagine della polizia con un registro completamente diverso, è un
tentativo di un osservatore esterno di spiegare cosa che non sono spiegabili razionalmente. Esattamente come quello
che sta succedendo a Mosca in quel periodo non è spiegabile con la ragione.

15/05/2024

fonti del romanzo


Prima di tutto Bulgakov usa i vangeli apocrifi e la letteratura agiografica per la linea evangelica, e tracce della sua
conoscenza dei santi le ritroviamo nella Margherita strega, che ha tratti di una santa. Usa anche Vita di Gesù di Ernest
Renan, uscito in Francia negli anni ’60 dell’800, è una biografia di Cristo, Renan non ne nega la storicità ma la divinità,
viene definito profeta e non figlio di Dio.

Per quanto riguarda il livello moscovita sicuramente la prima fonte è il Faust di Goethe per la figura di Mefistofele e la
presenza del bene e del male. Guarda al simbolismo russo e Blok, Margherita può essere considerata l’ennesima
incarnazione dell’eterno femminino; guarda anche ai simbolisti decadenti che avevano creato figure di donne
ambigue, abbiamo per esempio con L’angelo di fuoco (1907), la cui protagonista si chiama Renata e viene posseduta
da forze impure. C’è dietro anche una tradizione folklorica, come il concetto di confine rappresentato dalla capanna
della Baba Jaga e il tragitto di Ivan con Rjuchin come Caronte, che arriva a Bulgakov sia dalla fiaba popolare che dalla
fiaba letteraria, soprattutto di Puškin, che è una presenza nel romanzo invocata più volte (il 1937 era il centenario
della sua morte). Ci sono riferimenti a La dama di picche (1834) che contiene i motivi del gioco, del doppio e della
follia, a Ruslan e Ljudmila (1820) dal quale tra l’altro riprende la struttura del titolo, a Il cavaliere di bronzo.

Puškin è importante anche per il suo rapporto con l’autorità. Ha problemi sia con Alessandro I che lo manda in esilio
due volte sia con Nicola I che poi lo convoca, gli da una carica da paggetto di corte (un umiliazione per Puškin
essendo già importantissimo nazionalmente) e gli dice di voler fare di lui il suo unico censore. È questo che interessa
a Bulgakov per la vicinanza con la sua vicenda biografica, è contro il potere ma ne ha bisogno per vivere, ha un
rapporto ambivalente con esso.

Puškin torna anche quando si parla della ricompensa del Maestro. “Non la luce ma la pace” è una citazione dalla
poesia È tempo, amico mio, è tempo! (1834), scritta in un periodo di grandi problemi economici per il poeta. Покой è
la stessa parola che usa Bulgakov, non è la pace universale ma la quiete, la tranquillità, il riposo; c’è anche il motivo
della fuga. Il Maestro è l’emblema dello scrittore talentuoso perseguitato per cui Bulgakov chiede la liberazione.

Пора, мой друг, пора! покоя сердце просит — Летят за днями дни, и каждый час уносит
Частичку бытия, а мы с тобой вдвоем Volano i giorni dopo i giorni, e ogni ora si porta via
Предполагаем жить, и глядь —как раз умрем. Una particella di vita, tu ed io, noi due,
На свете счастья нет, но есть покой и воля. Pensiamo di vivere, e invece guarda, ecco, moriremo.
Давно завидная мечтается мне доля — Al mondo non c’è felicità, ma c’è la pace e la libertà.
Давно, усталый раб, замыслил я побег Da tempo io sogno un invidiabile destino
В обитель дальную трудов и чистых нег. Da tempo, stanco schiavo, ho pensato a una fuga
In una lontana dimora di fatiche e pure tenerezze.
È tempo, amico mio, è tempo! Il cuore chiede pace —
Altro modello letterario è Gogol’, come il Maestro anche lui
brucia il manoscritto della seconda parte di Anime morte.
Altri riferimenti/modelli/fonti si trovano nel filone tipico
gogoliano del diavolo e della strega, come ne La notte
prima di Natale, in cui la strega ha le fattezze di una donna
normale, e nel Vij, in cui la strega è di una gentilezza
straordinaria, capace di trasformarsi, e in cui troviamo
anche il canto del gallo e la scena di Hella che minaccia
Rimskij e Varenucha fuori dalla finestra del Varieté.
Troviamo riferimenti a Roma, che viene descritta come
estremamente soleggiata e calda, entrambi motivi della
descrizione di Eršalaim. L’ultimo racconto che vale la pena citare è Il naso, dove ci sono il tema della pazzia, del
doppio, la perdita della componente corporea, cioè la testa di Berlioz che perde la sede della ragione, unica cosa che
usa per spiegare i fatti. La perdita della testa torna come perdita della memoria ma assume un significato diverso, la
perdita della memoria del Maestro è per lui una liberazione, anche se è una condanna per il suo romanzo.

narratore
Nelle prime redazione la linea moscovita era in terza persona mentre la linea evangelica in prima persona, che era
contenuta in un solo capitolo intitolato prima Il vangelo secondo il diavolo e poi Il vangelo secondo Woland, i fatti
erano narrati da Woland in prima persona come testimone. Nelle successive redazioni passa alla narrazione in terza
persona, l’autore si allontana dai fatti narrati, nella linea evangelica la narrazione è più storica, ci sono pochissimi
interventi del narratore, che troviamo più spesso nella linea moscovita. C’è un narratore più satirico e uno più lirico, è
interessante il passaggio dal cap. 18 al 19 con il commento del narratore che rivendica che quello che sta dicendo
corrisponde ai fatti, cioè la sua narrazione è veritiera: “Non sappiamo che cos’altro di singolare sia capitato a Mosca
quella notte e certamente non cercheremo di scoprirlo, tanto più che è arrivato il momento di passare alla seconda
parte di questa veritiera narrazione. Seguimi lettore!”; è un cronista onnisciente, sembra sapere tutto quello che
avviene e tutto quello che avverrà, non è un personaggio o qualcuno che partecipa alla vicenda.
Capitolo 1. Non parlare mai con gli sconosciuti

Una volta di primavera, all’ora di tramonto insolitamente (prima stranezza) caldo, a Mosca, agli stagni dei Patriarchi (il nome era
stato cambiato nel 1924 in stagni dei Pionieri, Bulgakov usa il nome prerivoluzionario), apparvero due cittadini. Il primo di loro,
vestito con un completo estivo grigio, era di bassa statura, grassottello, calvo, portava in mano un cappello decente come un
dolcetto, e sul suo viso ben rasato erano messi degli occhiali di dimensioni soprannaturali (altra stranezza, sembra che siano vivi)
con una montatura di osso nera. Il secondo, un giovane dalle spalle larghe, rossiccio e riccioluto, con un berretto a scacchi tirato
indietro sulla testa, indossava un gilè, pantaloni bianchi sgualciti e sandali neri. (due individui diversi, con estrazione sociale
diversa)

Il primo non era altri che Michail Aleksandrovič Berlioz, presidente del consiglio di amministrazione di una delle più grandi
associazioni letterarie di Mosca, abbreviata in MASSOLIT (sigla inventata, ci dà una coordinata temporale, fa il verso alle
associazioni del tempo che avevano a capo un burocrate e non uno scrittore), e redattore di una grossa rivista d'arte, mentre il
suo giovane compagno era il poeta Ivan Nikolaevič Ponyrev, che scriveva sotto lo pseudonimo Bezdomnyj (=senza casa). Caduti
nell'ombra di tigli appena verdeggianti, gli scrittori come prima cosa si precipitarono al chiosco dipinto in modo colorato con la
scritta "Birra e acque". (siamo in una Mosca arsa dal caldo, questo chiosco è l’unico che sembra offrire da bere)

Sì, è da notare la prima stranezza di questa terribile serata di maggio (voce del narratore; riferimento a un racconto di Gogol’).
Non solo al chiosco, ma in tutto il vicolo parallelo a Malaja Bronnaja, non c'era una sola persona. In quel momento, quando, a
quanto pare, non c'era la forza di respirare, quando il sole, dopo aver riscaldato Mosca, cadeva in una nebbia secca da qualche
parte oltre l'anello dei giardini, il Sadovoe kol’co, nessuno veniva sotto i tigli, nessuno si sedeva sulla panchina, il viale era vuoto.
(altra stranezza, non c’è nessuno)

– Mi dia un’acqua Narzan, – chiese Berlioz.


– Narzan non c’è, – rispose la donna nel chiosco, e per qualche motivo si offese. (dissonanza fra cosa c’è scritto e quello che vende
→ assenza, permette al non-sacro di manifestarsi)
– C'è della birra? – chiese Bezdomnyj con voce rauca.
– La birra verrà consegnata la sera, – rispose la donna.
– Allora cosa c'è? – chiese Berlioz.
– Aqua all’albicocca, solo tiepida, – disse la donna.
– Ebbene, ce la dia, ce la dia!..

L'acqua all’albicocca emanava un’abbondante schiuma gialla e l'aria aveva l'odore di un parrucchiere. Dopo aver bevuto a sazietà,
gli scrittori iniziarono subito a singhiozzare, pagarono e si sedettero su una panchina con il volto verso lo stagno e le spalle alla
Bronnaja.

Qui accadde una seconda stranezza, che riguardò solo Berlioz. All'improvviso smise di singhiozzare, il suo cuore ha avuto un
sussulto e per un momento è sparito da qualche parte, poi tornò, ma con un ago spuntato conficcato. Inoltre, Berlioz fu colto da
una paura infondata, ma così forte, che volle fuggire immediatamente dagli stagni del Patriarca senza voltarsi indietro. Berlioz si
guardò intorno con angoscia, non capendo cosa lo spaventasse. Impallidì, si asciugò la fronte con un fazzoletto e pensò: “Cosa c'è
che non va in me? Questo non è mai successo... il mio cuore fa i capricci... mi sono stancato troppo. Forse è ora di buttare tutto al
diavolo (pensa di mandare tutto al diavolo, processo gogoliano di nominare il diavolo per farlo arrivare, infatti dopo arriva
Woland) e andare a Kislovodsk... (se ne vuole andare da Mosca)”

E poi l'aria afosa si addensò davanti a lui, e da quest'aria si tesseva un cittadino trasparente dall'aspetto strano. Sulla sua piccola
testa c'è un berretto da fantino, una giacca a quadretti, corta e ariosa... Il cittadino è alto due metro, ma stretto di spalle,
incredibilmente magro e la sua faccia, prego di notare, è beffarda. (parla il narratore, già nel primo capitolo abbiamo un’idea del
carattere del narratore, la sua prima incursione è proprio il titolo. Conversa con il lettore)

La vita di Berlioz si è sviluppata in modo tale che non era abituato a fenomeni insoliti. Impallidito ancora di più, spalancò gli occhi
e pensò con sgomento: "Non può essere! ..."

Ma questo, ahimè (parla ancora il narratore), c'era, e il lungo cittadino, attraverso il quale si poteva vedere, ondeggiava davanti
a lui, sia a destra che a sinistra, senza toccare terra. Qui il terrore si impossessò di Berlioz a tal punto che chiuse gli occhi. E
quando li aprì, vide che tutto era finito, la foschia si dissolse, quella a quadretti scomparve, e allo stesso tempo l'ago smussato gli
saltò fuori dal cuore.

– Al diavolo! – esclamò il redattore, – sai, Ivan, mi è quasi venuto un colpo di caldo proprio adesso! C'era anche qualcosa come
un'allucinazione, – cercò di ridacchiare, ma i suoi occhi brillavano ancora per la paura e gli tremavano le mani.
Tuttavia, gradualmente si calmò, si fece vento con un fazzoletto e, dicendo con tutta allegria: "Bene, signore, allora..." – cominciò
a parlare, interrotto bevendo l’acqua all’albicocca.

Questo discorso, come apprendemmo in seguito (ci suggerisce che quello che sta per raccontare andrà nei verbali della polizia,
anche la descrizione di Woland è costruita come una scheda segnaletica), riguardava Gesù Cristo. Il fatto è che l'editore ha
ordinato al poeta di scrivere un grande poema antireligiosa per il prossimo libro della rivista. Ivan Nikolaevič ha composto questa
poesia in brevissimo tempo, ma sfortunatamente non ha soddisfatto affatto l'editore. Bezdomnyj ha delineato il personaggio
principale della sua poesia, cioè Gesù, con colori molto neri, e tuttavia, secondo l'editore, l'intera poesia doveva essere riscritta. E
ora l’editore teneva al poeta una specie di conferenza su Gesù per evidenziare l’errore principale del poeta. È difficile dire cosa
avesse condotto in errore esattamente Ivan Nikolaevič – se fosse la forza di ideazione del suo talento o la completa mancanza di
familiarità con l'argomento su cui avrebbe scritto – ma Gesù nella sua rappresentazione si è rivelato (ну è una particella
colloquiale che non si traduce, è ancora il narratore, sta conversando con qualcuno ma con chi?) completamente come un vivente,
sebbene non sia un personaggio attraente. Berlioz voleva dimostrare al poeta che la cosa principale non è com'era Gesù, se fosse
buono o cattivo, ma che questo Gesù, come persona, non esisteva affatto al mondo e che tutte le storie su di lui sono invenzioni
semplici, il mito più comune. (fa riferimento alle pubblicazioni del tempo che contenevano una certa pretesa scientifica, volevano
dimostrare che Gesù non fosse mai esistito)

Va notato che l'editore era un uomo colto e molto abile nel fare riferimenti nel suo discorso agli storici antichi, ad esempio il
famoso Filone d'Alessandria, il brillante Giuseppe Flavio, che non aveva mai menzionato l'esistenza di Gesù. Rivelando una solida
erudizione, Michail Aleksandrovič informò il poeta, tra le altre cose, che il passaggio nel quindicesimo libro, nel 44esimo capitolo
dei famosi "Annali" di Tacito, in cui si parla dell'esecuzione di Gesù, non è altro che una falsa aggiunta postuma.

Il poeta, per il quale tutto ciò che riferiva il redattore era una novità, ascoltava attentamente Michail Aleksandrovič, fissando su di
lui i suoi vivaci occhi verdi, e solo di tanto in tanto singhiozzava, maledicendo sottovoce l'acqua di albicocca. – Non esiste una sola
religione orientale, – ha detto Berlioz, – in cui, di regola, una vergine immacolata non abbia alla luce un dio. E i cristiani, senza
inventare nulla di nuovo, hanno creato allo stesso modo il proprio Gesù, che in realtà non è mai stato vivo. Questo è ciò su cui
devi concentrarti...

La voce acuta di Berlioz risuonò nel vicolo deserto, e mentre Michail Aleksandrovič si arrampicava nella giungla, dove solo una
persona molto istruita può arrampicarsi senza rischiare di rompersi il collo, il poeta apprese cose sempre più interessanti e utili
sull'egiziano Osiride, il benevolo dio e figlio del Cielo e della Terra, e del dio fenicio Fammuz, e di Marduk, e persino del
formidabile dio meno conosciuto Vitzliputzli, che un tempo era molto venerato dagli Aztechi in Messico. (sfoggia la sua
conoscenza storica e dei materiali che usa per la scrittura)

E proprio nel momento in cui Mikhail Aleksandrovič raccontava al poeta di come gli Aztechi scolpirono una statuetta di Vitzliputzli
dall'impasto, il primo uomo apparve nel vicolo. Successivamente, quando, francamente, era ormai troppo tardi, varie istituzioni
hanno presentato i loro rapporti descrivendo questa persona. Confrontarli non può che suscitare stupore. Quindi, nel primo di essi
si dice che quest'uomo era basso, aveva i denti d'oro (frecciatina a Majakovskij che si diceva si fosse rifatto tutta la dentatura con
i soldi di Osip) e zoppicava sulla gamba destra. Nella seconda – che l'uomo era di statura enorme, aveva corone di platino e
zoppicava sulla gamba sinistra. Il terzo riporta laconicamente che la persona non aveva segni particolari. (sta cercando di
ricostruire la scheda segnaletica di Woland, è indescrivibile, è impossibile trovare un centro e quindi descriverlo)

Dobbiamo ammettere che nessuna di queste relazioni è buona.

Innanzitutto: la persona descritta non zoppicava su nessuna gamba, e non era né bassa né enorme, ma semplicemente alta. Per
quanto riguarda i denti, aveva corone di platino sul lato sinistro e d'oro sul lato destro. Indossava un costoso abito grigio e scarpe
di fabbricazione straniera che si intonavano al colore dell'abito. Si mise allegramente il berretto grigio sull'orecchio e portava
sotto il braccio un bastone con un pomello nero a forma di testa di barboncino. Sembra che abbia più di quarant'anni. La bocca è
un po' storta. Rasato pulito. Bruna. L'occhio destro è nero, quello sinistro è verde per qualche motivo. Le sopracciglia sono nere,
ma una è più alta dell'altra. In una parola: uno straniero. Passando accanto alla panchina su cui sedevano il redattore e il poeta,
lo straniero li guardò di traverso, si fermò e all'improvviso si sedette sulla panchina successiva, a due passi dai suoi amici.

Potrebbero piacerti anche