Thomas Moore - I Pianeti Interiori. Lastrologia Psicologica Di Marsilio Ficino - MorettiVitali
Thomas Moore - I Pianeti Interiori. Lastrologia Psicologica Di Marsilio Ficino - MorettiVitali
MOORE, T HOMAS
Titolo : Pianeti i nteriori. La psicologia astrologica di Marsi lio Ficino
Tradu zione di : Paola Donfrancesco
Bergamo : Moretti & Vitali , [2009].
272 p. ; 21 cm.
( Il Tridente. Saggi ; 54 )
CDD : 133.4
© T homas Moore
Co pyrig ht © 2008 b y Moretti & Vitali Editori
Via Segantini, 6a 24128 Bergamo
-
PIANETI
INTERIORI
La psicologia astrologica di Marsilio Ficino
Moretti& Vitali
SOMMARIO
PREFAZIONE dell'autore 19
PARTE I
Poetica animae
Capitolo l. Marsilio Ficino: medico dell'anima 39
Capitolo 2. Un mondo con anima 51
Capitolo 3 . Solve et coagula. L'alchimia psichica 77
Capitolo 4 . Gli elementi della psiche 92
Capitolo 5 . Una necessaria follia 1 19
PARTE II
Radii planetarum
Capitolo 6. Riflessi zodiacali 141
Capitolo 7 . Sole 150
7
Capitolo 8. Venere 1 61
Capitolo 9. Mercurio 173
Capitolo 10. Luna 1 82
Capitolo 11. Saturno 192
Capitolo 12. Giove 203
Capitolo 13 . Marte 212
PARTE III
Musica humana
Capitolo 14. La vita ben temperata 223
Note 241
Bibliografia 253
8
Sappi che sei un altro mondo in miniatura e hai in te Sole e
Luna e anche le stelle.
0RIGENE, Homiliae in Leviticum, 5 ,2
11
come il tracciato della razionalizzazione di ogni margine di esperienza
che caratterizza il mondo occidentale, per quanto si riferisce alla sua
strada maestra. Si tratta di quell'evento che le correnti più avanzate
della filosofia, da Nietzsche in avanti, hanno definito come nichilismo.
Sotto un profilo psicologico, può risultare riduttivo concepire il
nichilismo come quel movimento storico-epocale che si esaurireb
be nella riduzione del senso dell'essere alla presenza (Heidegger,
Derrida). E, di conseguenza, alla sua definitiva aggettivazione da parte
dell'apparato globale della tecno-scienza. Bisognerebbe avere l'accor
tezza di osservare in trasparenza questa antologia nichilistica, in tutta
la sua palese unilateralità, scrutando fra le sue pieghe non ancora del
tutto sondate. Si tratterebbe di verificare se qualcosa di essenziale sia
eventualmente sfuggito all'attenzione dei suoi profeti postmoderni più
esaltati, come a quella dei suoi critici più apocalittici.
Potremmo scoprire così di trovarci impigliati nelle "trame perdu
te" attraverso cui si è dipanato il lungo processo dell'iconoclastia occi
dentale. Quell'intricato complesso di circostanze (di ordine al tempo
stesso teologico, scientifico e filosofico) che, a partire dalla Riforma
protestante, si è impegnato col massimo accanimento a indebolire
l'efficacia "numinosa" delle immagini. In particolare, di quelle icone
simboliche che, come ci ha aiutato a vedere la riflessione junghiana,
costituiscono il tessuto più profondo e vitale della psiche. Tendiamo
anche a dimenticare le radici "ermetiche" da cui queste immagini
hanno tratto la loro linfa vitale, quelle idee che non hanno mai cessato
di circolare liberamente nei recessi più insospettabili della nostra tra
dizione ortodossa, quasi "fossero il nostro sangue spirituale, dissolte
nei nostri modi di pensare e sentire", come ci ricorda Octavio Paz.
Il paradosso (per non dire lo scandalo) di una "psicologia senz'ani
ma", si rovescia anche in quello di una psicologia senza memoria delle
sue più remote origini, che si mostra non meno cieca rispetto ai propri
compiti. Il suo discorso rischia di ridursi a un asettico esercizio di una
razionalità quantitativa che ha smarrito la consapevolezza delle proprie
radici "calde" (per dirla con Ernst Bloch) e, insieme a essa, anche
quella degli abissi inferi in cui queste radici in gran parte affondano.
Requisito minimo di un sapere dell'anima dovrebbe essere, al contra
rio, la profondità storica, lo sguardo che sa scrutare senza remore e pre
clusioni lo sfondo immaginale a partire dal quale scaturisce ciò che, più
che altro per convenzione antologica, continuiamo a chiamare "il reale".
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Uno dei paradossi più imbarazzanti della cultura italiana degli ulti
mi anni è offerto dalla quasi totale inaccessibilità per i non addetti ai
lavori dei testi della tradizione filosofica rinascimentale. A fronte di un
dispiegamento erudito che ha vantato nomi di grande prestigio come
Eugenio Garin, Paolo Rossi, Nicola Badaloni, Cesare Vasoli, nella
riflessione filosofica contemporanea si riscontra un po' dovunque una
radicale estraneità (per non dire una fattuale non conoscenza) di quel
lo che, da più parti, è stata da tempo riconosciuto come il contributo
più originale e di lunga portata dell'Italia al mondo moderno. Come
ogni altro approccio soltanto erudito ed antiquario, anche quello ai
tesori della filosofia rinascimentale si colloca irrimediabilmente sotto
la malinconica costellazione archetipica del Senex. Come dire, del
freddo distacco intellettuale ingenerato dalla ricostruzione di un pas
sato percepito come definitivamente defunto, e quindi esposto nella
quarantena senz'anirna del museo.
Non dovrebbe sorprenderei, quindi, che proprio nell'alveo della
più sensibile eredità hillmaniana si faccia sentire ancora una volta la
necessità di ricostruire, passo dopo passo, la storia delle immagini
costitutive dell'identità occidentale. Proprio questo sembra essere
uno degli obiettivi seguiti da Thomas Moore nel suo bel libro su
Marsilio Ficino. Fin dai primi anni Ottanta del Ventesimo secolo, lo
stesso Hillman aveva awertito la necessità di tornare al pensiero dei
più remoti precursori della psicologia archetipale, fra i quali veni
vano annoverati, oltre a Ficino, Plotino e Giambattista Vico. Senza
contare che due fra i capitoli più suggestivi ed efficaci del testo teo
rico più impegnativo di Hillman, Re-visione della psicologia ( 1 975),
portano rispettivamente il titolo: "Verso una psicologia del Rina
scimento" e "Marsilio Ficino, patrono rinascimentale della psicologia
archetipica". Ha sempre fatto parte del repertorio della psicologia
archetipale il leggere storicamente gli eventi come pratica a tutti
gli effetti psicologica, uno dei modi più efficaci di quell' epistrophé
neoplatonica, di quel ta'wil gnostico o, ancora, di quel ritorno ram
memorante all'orizzonte immaginale, in cui sembra consistere il "fare
anima" (soul making) .
Fra le fila degli studiosi e degli operatori della psicologia del
pro-fondo, non solo italiani, si awertiva da tempo la mancanza di un
testo interamente dedicato alla figura in gran parte sconosciuta del
medico-filosofo della corte medicea. Un Ficino debitamente inserito
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nella cultura del suo tempo e nel vertiginoso reticolo di tradizioni che
egli stesso in primo luogo ha contribuito, come pochi altri, a rimettere
in circolazione. Ma anche - e soprattutto - quel Ficino che, agli albori
dell'età moderna, ben prima del trionfo della filosofia della mente car
tesiana e lockiana, ha voluto collocare al centro di tutta la sua attività
l'esplorazione appassionata dell'universo archetipico dell'anima.
Quella del fondatore dell'Accademia platonica medicea si annun
cia fin dagli esordi come una ricerca - Moore non si stanca mai di riba
dirlo - che si libra su una impressionante ampiezza di stratificazioni
simboliche. Un campionario di "talismani interiori", come li chiama
Ficino, tutti a diverso titolo convergenti nello snodo focale della dot
trina ermetica dei rapporti fra microcosmo e macrocosmo.
Le opere più significative di Ficino, almeno per il loro contenuto
psicologico, ci ricorda Moore, non sono tanto le grandi apologie del
cristianesimo come il De christiana religione (1473 ) o il monumento
neoplatonico della Theologia platonica (1482 ) . Bisognerà accostarsi
piuttosto agli innumerevoli trattati astrologici di cui trabocca la pro
duzione ficiniana. In particolare, a quelle opere a cui è demandata
l'esposizione e la pratica della cosiddetta "magia naturale". In questo
modo l'ha infatti definita la grande Frances A. Yates nella sua memo
rabile ricostruzione della tradizione ermetica. I Libri de vita (1489)
sono a tutti gli effetti il testo capitale della psicologia rinascimentale. Il
saggio di Moore vuole essere, al tempo stesso, un'accurata introduzio
ne e una convincente lettura psicologica della terza sezione dell'opera,
che Ficino ha intitolato Liber de vita coelitus comparanda ( '' Libro sui
modi di acquistare vita dal cielo") .
I numerosi riferimenti presenti nel trattato ficiniano - che, al di
là del puntuale commento alle Enneadi di Plotino, sono soprattutto
di provenienza astrologica ed ermetica - sono punteggiati di continui
riferimenti al motivo della cura immaginale della melanconia. Con
tutta la ricca simbologia saturnina di cui esso è saturo. Dal canto suo,
Moore opta per una soluzione editoriale innovativa e preferisce attri
buirgli un titolo più accessibile al lettore di oggi, I pianeti interiori;
forse anche allo scopo di troncare sul nascere ogni plausibile frain
tendimento della sua operazione, puramente storico-psicologica, in
senso esoterico se non addirittura banalmente New Age. Per afferrare
meglio l'operazione tentata da Moore, sarà forse bene riassumere in
sintesi il contenuto della riflessione di Ficino sull'anima.
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La scelta dell'autore di esporre con estrema cura le idee ficiniane
sull'anima mundi e sulla sua terapia immaginale non è certo casuale.
Soprattutto se si considera che proprio nel suo pensiero si possono
trovare quei semi che più tardi sbocceranno non solo nei frutti più
maturi dello stesso Rinascimento italiano, come in Bruno e in Campa
nella, ma anche nella successiva tradizione alchemica paracelsiana e
rosacrociana. Si potrebbe seguirne ancora gli sviluppi nella filosofia
romantica della natura di Goethe, Baader e Schelling. Per non parlare
della poesia visionaria di un Blake e di Coleridge, così come, oltre
oceano, dei più intensi slanci trascendentalisti dei protagonisti del
cosiddetto Rinascimento americano, Emerson e Thoreau. Solo se
debitamente inserite in questa genealogia minima, ulteriori elaborazio
ni come la psicologia analitica di Jung e l'epistemologia della reverie di
Bachelard potranno essere avvicinati senza eccessivi fraintendimenti.
Il punto culminante della concezione astrologica della psiche
umana, nel corso del Rinascimento, si raggiunge proprio con la
filosofia ermetico-neoplatonica di Marsilio Ficino ( 143 3-99). Nel
filosofo di Figline Valdarno l'interesse per l'influsso degli astri sulla
vita degli uomini è fondato su precise ragioni di ordine metafisica e al
tempo stesso psicologico. Non andranno inoltre trascurate le nume
rose circostanze autobiografiche, dal momento che lo stesso Ficino si
descriveva di complessione melanconica, cronicamente afflitto da un
cupo tormento interiore, che già di per sé fa a pugni con l'immagine
convenzionale di un Rinascimento trionfante, tutto luci e slanci razio
nali. Dopo aver accolto la visione neoplatonica dell'universo come di
un Tutto scandito per gradi, a seconda che una cosa sia più o meno
prossima al principio universale del tutto (L'Uno), si può distinguere
allora l'orizzonte dell'Archetipo universale, quello del mondo delle
idee platoniche (o modelli di tutte le cose), quello dell'anima mundi
(che, come sappiamo sta al centro del cosmo) e, infine, quello della
Natura e del regno del divenire. Fra il mondo astratto e spirituale delle
idee (o dell'essere) e quello concreto e materiale della Natura, osserva
tuttavia Ficino, è necessario introdurre la mediazione antologica dello
spiritus, che consenta ai modelli universali delle cose di venire recepiti
dalla materia corruttibile. Gli astri, le stelle e i pianeti, occorre imma
ginarli come vettori cosmici dell'influsso che le idee spirituali, presenti
nella mente divina, esercitano nel mondo sensibile della natura. E ogni
pianeta, che si fa mediatore dell'influsso di una precisa idea universale,
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è anche al tempo stesso depositario di una determinata influenza sulla
psiche umana che, in quanto dimorante nell'orizzonte della Natura,
subisce l'influsso dei corpi celesti. La straordinaria vena creativa di
Ficino si manifesta nel suo continuo personificare gli astri e le costella
zioni in figure mitologiche, che egli attingeva dall'incredibile bagaglio
di erudizione classica ed esoterica di cui era depositario.
Il culmine della visione astrologica viene raggiunto lì dove Ficino
fornisce tutte le indicazioni utili per la "costruzione dell'immagine
dell'universo" (De vita, III, 19). Il filosofo, molto esperto nella fabbri
cazione di gioielli e di talismani, capaci di catturare e poi restituire le
virtù astrali dei corpi celesti, suggerisce di collocare nell'angolo più
raccolto della propria abitazione - che egli individua nel soffitto della
camera da letto - un'immagine dipinta che sintetizzi in sé l'unità e la
complessità dell'intero universo. Concentrandosi adeguatamente sopra
di essa, e facendo in modo di portarla nel cuore pulsante della nostra
immaginazione, è possibile interiorizzare le forze stesse dell'universo,
rappresentate attraverso i colori che la tradizione dell'epoca attribuiva
ai vari pianeti. Lo scopo di questa pratica, spiega Ficino, è quello di far
rinascere una visione unitaria del nostro mondo e della nostra esistenza
all'interno della nostra psiche, inserendola nel contesto più universale
possibile. Questo allo scopo di ritrovare la pulsazione dell'Archetipo
cosmico anche nella occasioni più comuni e quotidiane.
Paul Oskar Kristeller, il più autorevole studioso novecentesco di
Ficino, ha osservato come proprio attraverso la traduzione e l'inter
pretazione ficiniana degli antichi testi, la categoria storiografica di
Rinascimento si possa estendere legittimamente anche alla filosofia.
Spetta infatti a Ficino, con le sue eleganti traduzioni dal greco al latino,
aver decretato la rinascita occidentale dell'intero corpus degli scritti di
pensatori antichi del calibro di Platone e di Plotino. Ed è proprio ispi
randosi agli insegnamenti di questi filosofi che Ficino perviene sia alla
sua originale concezione della "centralità" della psiche nell'universo,
sia alla classica dottrina dei rapporti fra microcosmo e macrocosmo.
Dal Fedro platonico, per esempio, Marsilio riprende la visione
dell'anima come principio che, per essenza, si prende cura e vivifica
tutto ciò che, in caso contrario, rimarrebbe inerme e in sé frantumato.
Niente, alla fine, può dirsi veramente estraneo o "esterno" alla psiche.
Nel Timeo, Platone si spinge addirittura a sostenere che non è l'ani
ma a essere compresa nel mondo ma, al contrario, il mondo a essere
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contenuto nell'anima. Di Plotino, invece, Marsilio fa propria la visione
dell'anima "fluida", ovvero la sua capacità di rivolgersi agli estremi
opposti del tutto. L'anima può infatti dedicarsi a vivificare e a cono
scere le cose inanimate e materiali (e diventa così la "natura", il tempo,
il divenire). Così come può ripiegarsi su se stessa, per attingere, nello
scrigno della propria profondità, qualcosa che, sotto il profilo spiri
tuale, sembrerebbe più essenziale dell'anima stessa e che la trascende:
l'Uno, il divino, il Principio del tutto, l'eternità. Proprio per questa
sua peculiarità, si può dire che l'anima occupi una posizione centrale
e mediatrice all'interno dei gradi dell'essere.
Ficino non si limita a prendere a prestito, dagli autori da lui per la
prima volta tradotti integralmente, le concezioni che troviamo esposte
nei suoi scritti più importanti. Mette infatti decisamente l'accento pro
prio sulla centralità antologica dell'anima nel cosmo, sulla necessità per
l'uomo di conoscere e di vivere il più profondamente possibile il senso
della propria psiche. Questo lo differenzia da Platone, per il quale il
discorso sull'anima è svolto in funzione della dottrina delle idee eter
ne, che in un certo senso giacciono separate "al di fuori" dell'anima.
Nel pensiero di Plotino è invece preponderante il motivo mistico
dell'Uno, principio trascendente del tutto, da cui il Tutto scaturisce e
verso cui, alla fine, fa ritorno.
In questo senso, come ha osservato Hillman e come viene ancora
più a fondo documentato da Moore nel suo libro, con Ficino si costi
tuisce la psicologia del profondo, come la intendiamo ancora oggi.
A differenza dei suoi colleghi attuali, Ficino è in grado di speculare
sia sulla natura dell' anima mundi (in quanto è filosofo ermetico), sia
di lenire i turbamenti e la congenita malinconia della psiche umana
(in quanto è al tempo stesso medico). Ma - cosa forse più decisiva
- Ficino si mostra capace di entrare in una vera e propria forma di
comunicazione con l'anima del mondo. Riesce cioè ad "adescarla",
come scrive lui, con tutta una serie di tecniche teurgiche e talismani
che, che gli provenivano sia dai filosofi neoplatonici, sia soprattutto
dal Picatrix, un trattato arabo medievale di astrologia e magia molto
famoso e considerato nel Rinascimento. Moore si sofferma sulle nume
rose tecniche musicoterapiche a cui Ficino spesso si affida, convinto
com'era che la musica in particolare fosse una tecnica immaginativa
particolarmente efficace per sintonizzarsi con le irradiazioni psichiche
degli astri e delle immagini cosmiche.
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Uno dei contributi più sostanziali della scuola archetipale è l'aver
avuto il coraggio, e al tempo stesso la lungimiranza, di riportare la
psicologia junghiana alle sue radici più "occidentali". Radici che, para
dossalmente, il suo stesso fondatore aveva in qualche modo mancato di
approfondire in modo adeguato. In tutta la sua pur innegabile ampiez
za di orizzonti, nella vertiginosa pluralità di diramazioni simboliche da
essa percorse, la psicologia di Jung, specie nei suoi passaggi più ricchi
di contenuto teorico, si è confrontata soprattutto con le dottrine orien
tali. Fatte salve, ovviamente, le sue frequenti ricognizioni nella teologia
ebraico-cristiana e l'ininterrotto dialogo con il simbolismo "notturno"
dell'alchimia. Come Hillman ha più volte ricordato, il suo maestro Jung
doveva provare qualcosa di molto simile a un timore religioso di fronte
alla babelica fucina dell'immaginazione mediterranea. Sia nei confronti
della tradizione politeistica pagana, sia di quelli della sua rinascita nella
psicologia italiana del quindicesimo secolo. Al tempo stesso, Hillman
ha illustrato in modo più che eloquente come la tradizione filosofica
del Rinascimento rappresenti una delle stagioni più straordinariamen
te "psicologiche" dell'intera cultura occidentale. Anzi, forse persino
l'unica epoca in cui i filosofi di professione si sono resi conto che ogni
sforzo teso alla ricerca della verità sull'essere non può che transitare
attraverso l'incontro preliminare con l'anima.
In questa sua opera, Moore lascia liberamente confluire i suoi
onnivori interessi di "archeologia del profondo" verso quella singolare
stagione di storia della psicologia che è la filosofia dell'immaginazione
di Marsilio Ficino e della sua scuola fiorentina. Da consumato esperto
qual è, prende per mano lo psicoterapeuta di oggi e lo introduce,
senza sconti, ma sempre con estrema efficacia comunicativa, a uno dei
luoghi storici più gloriosi della sua stessa identità professionale. Tutto
questo - e non è poco - senza mai indulgere nella tentazione, tipica
dei semplici eruditi, di vedere in Ficino solo un geniale precursore di
Jung, di Bachelard o di Hillman.
Quella di Marsilio Ficino emerge qui come una figura a tutto
tondo, completamente autonoma, che con la sua originale pratica di
terapia dell'anima non potrà che contribuire ad allargare ulteriormen
te il campo della nostra visione psicologica, come di un continente che
è ben lungi dall'essere inventariato una volta per tutte.
Fabio Botto
18
Prefazione
19
Se il primo problema che si trova di fronte il lettore di questo libro
è la collocazione dei pianeti, il secondo è affrontare le illusioni della
storiografia. Dal momento che Ficino, il soggetto di questo studio,
pubblicò le sue importanti opere esattamente cinquecento anni fa, nel
leggere di queste idee potrebbe venire la tentazione di scivolare in una
fantasia di storia. In effetti, quando per la prima volta iniziai a leggere
i suoi scritti in un tranquillo angolo della biblioteca della Syracuse
University, pensai a lui come a un interessante cimelio di famiglia,
come a un mobile di antiquariato che, per la forma e il materiale con
cui è fatto, attrae immediatamente, ma la cui funzione resta un proble
ma. Adesso però nella mia mente Ficino è stato staccato dalla bacheca
della storia. Non è necessario bloccarsi in quel modo di pensare che
trasforma le persone del passato in linguette da inserire negli spazi
della nostra sistematizzata curiosità storica. È possibile rendersi conto
di come sia sottile l'etere del tempo storico e di come sia uno splendi
do conduttore di pensiero e di immaginazione, che consente a Ficino
di parlare direttamente ai nostri attuali problemi di ogni giorno.
Questo libro non mira a collocare storicamente Ficino; lo tratta come
uno psicologo vivente che ha qualcosa da dire sulla psiche di oggi.
In molti modi questo libro cerca di essere fedele allo stile stesso di
Ficino. Per esempio, sebbene fosse un intellettuale influente, ampia
mente pubblicato, egli non era un accademico, se non nel senso plato
nico. Anche questo libro non è accademico nello stile, come potrebbe
essere; anzi, come dice Ficino della sua scrittura, è un laboratorio
pieno di esperimenti e di rimedi. Inoltre, così come il compito princi
pale di Ficino era trasmettere, con la traduzione e con il commento,
una tradizione dimenticata, questo libro, a sua volta, è un far rivivere,
attraverso l'interpretazione, Picino stesso. Infine, dato che l'attenzione
teorica e pratica all'anima era centrale nell'opera di Ficino, egli può
essere visto soprattutto come uno psicologo; e nonostante che para
grafi del libro sembrino di storia, di critica d'arte e di zoologia, esso
è dall'inizio alla fine uno studio psicologico dell'umana esperienza.
Anche se ho scoperto Ficino per caso, cioè grazie a Mercurio, non
avrei compreso il suo linguaggio, né avrei dato alla stampa questo
commento senza l'aiuto di molte persone ricche d'immaginazione. La
guida ermetica che mi ha indicato le strade giuste e mi ha dato sottili
suggerimenti è stata David Miller. Alla Syracuse University altre guide
sono stati Stanley Hopper, Huston Smith, James Wiggins e Richard
20
Pearson. Sono grato inoltre a Donald Vorreyer e ad Alan Donovan per
il sostegno morale e per l'aiuto a ottenere una modesta sovvenzione
dal Glassboro State College. Un debito particolare mi lega poi a James
Hillman, i cui scritti sono stati la bacchetta mercuriale che mi ha aper
to la strada a Ficino e alla psicologia stessa, e la cui amicizia e sostegno
hanno guidato questo libro alla stampa. Vorrei anche esprimere rico
noscenza a Lonnie Kliever, a John Loudon e ai curatori della Bucknell
University Press per aver riconosciuto il valore di questo inconsueto
approccio alla storia e alla psicologia.
Ci vuole un po' di ermetica follia per vedere l'anima dei pianeti; è
quindi ai miei amici "un po' matti" che va soprattutto la mia gratitudine.
21
Prefazione all'edizione italiana
23
abbiamo bisogno. Oggi, pesantemente influenzati come siamo dal
mito della praticità e della fattualità che domina la vita moderna,
generalmente trascuriamo l'impatto che esercita sulle nostre anime la
cultura che stiamo creando. Un impatto che rimane inconscio, e così
le nostre anime si ammalano e si perdono.
Il mito moderno ha anche scarsa comprensione delle arti, oggi par
ticolarmente marginalizzate o ridotte al loro mero valore monetario.
Andiamo in cerca del loro significato ma non dello scopo della loro
presenza, che - secondo Ficino - era nutrire l'anima con gli specifici
"spiriti" di cui essa ha bisogno. Mi piacerebbe vedere un approccio
ficiniano alla costruzione e all'organizzazione di ospedali e di chiese.
Senza interesse per l'anima, stiamo trasformando le nostre città in brut
te, informi cacofonie del commercio. Ficino offre dei rimedi per questa
inconscia produttività forzata che ha ben poco da dare all'umanità.
Nell'opera di Ficino l'astrologia gioca un ruolo fertile molto
simile a quello dell'alchimia nell'opera di Jung. È una ricca risorsa
per l'immaginazione, un modo di fare-arte che parla direttamente
ai particolari della vita quotidiana. Possiamo provare le sue ricette
immaginali direttamente - usando un ciondolo di ambra, un tocco di
lavanda, vestendoci di bianco, tenendo in vista immagini dell'eros o di
Venere - oppure pensandole in modo più metaforico - dipingendo la
propria stanza di un colore appropriato, passeggiando mentre si legge
o si studia, ed evitando di meditare o pensare troppo a lungo e mai in
modo spiacevole.
Confrontato con i nostri modi di espressione, lo stile di Ficino è
complesso, goffo e oscuro. Deve essere un po' interpretato e rimoder
nato, e allora diventerà evidente quale filosofia bella, magica, afferma
tiva, intelligente e pratica ha da offrire.
Sono molto lieto che questo libro sia adesso pubblicato anche
nel paese dove Ficino nacque, dove operò, e alla cui cultura tanto si
alimentò e contribuì. Raccomando dunque particolarmente al lettore
italiano di leggere questo libro con molta attenzione, in cerca di un
modo nuovo di immaginare la vita quotidiana in cui bellezza, significa
to e immaginazione vengano in primo piano. Ognuno cerchi il proprio
modo di evocare lo spirito dei vari pianeti, per rendere la propria vita
ricca, varia, affascinante.
24
In limine: Il recupero dell'anima
25
Questi concetti, naturalmente, non sono in alcun modo originali,
dato che da millenni la gente ha guardato nel cielo notturno come in
uno specchio. Identificando come pianeti e stelle le luci e le forme in
movimento che percepiva dentro, ha costruito un ritratto astrologico
della psiche. Solo con l'avvento della scienza dell'astronomia, con la
sua tecnologia e la sua matematica, il cielo ha cominciato veramente
ad allontanarsi dalla nostra portata più intima. Infine, quando grazie
all'occhio onnisciente della televisione, tutti noi abbiamo potuto vede
re la polvere della Luna, l'impronta di un piede umano, e in seguito
una mazza da golf che dava il colpo d'inizio sul corpo di quello che un
tempo era un demone, una divinità, un governatore, o arconte celeste,
allora i legami con i pianeti, così profondamente percepiti, si sono
recisi. Ora sono oggetto di fascino scientifico, che non è privo di un
suo senso di meraviglia e di avventura, ma hanno perso la capacità di
rispecchiare il Sé profondo, di porsi come eleganti metafore del vasto
spazio e dei regolari moti che sentiamo profondamente dentro di noi.
Oggigiorno il cielo notturno esercita un tipo di fascino differente, un
tipo d'interesse più letterale. Ci interroghiamo con stupore riguardo
all'attraversare quelle distanze e con preoccupazione riguardo alle cre
ature che incontreremo quando andremo laggiù. Esitiamo a ipotizzare
le implicazioni, rispetto alle nostre convinzioni cosmologiche, fisiche
e anche morali, di altri mondi e soprattutto di altre genti.
Ma se questa trasformazione di consapevolezza, dalla coscienza
astrologica a quella astronomica, ha un po' attutito la nostra emozio
ne di fronte al cielo di notte, essa ha arrecato un danno ancora più
esteso a quello spazio che familiarmente chiamiamo interiore. Quelle
configurazioni e quei cambiamenti prima identificati come movimenti
di dèi e di dèmoni che influenzano la nostra anima, diventano adesso
istinti, pulsioni, tendenze inconsce, riflessi condizionati, comporta
menti appresi e complessi carichi di energia emotiva. E se certamente
qualcosa abbiamo guadagnato allontanandoci dalla superstizione e
dall'ignoranza, abbiamo però anche subito una perdita. Mentre una
volta il vasto cosmo rispecchiava in modo adeguato la profondità
e la vasta estensione della coscienza umana, adesso molti dei nostri
"strizzacervelli" - un termine probabilmente appropriato - ci dicono
riduttivamente che in realtà le nostre anime sono soltanto le comples
se dinamiche di correnti e sinapsi elettriche. L'esperienza soggettiva,
dicono, è un epifenomeno di quel meraviglioso computer che è il cer-
26
vello umano. I luminosi pianeti sono stati scambiati per scintille elet
triche. Oppure, l'anima sarebbe il dipanarsi di esperienze infantili, la
famiglia nucleare che esplode in una nube a forma di fungo di sintomi
e problemi. Invece di riconoscere, come faceva la gente intelligente del
passato, che dentro di noi ci sono movimenti che sono più grandi di
noi, sovrumani, ostinati e irresistibili, prendiamo tutto su di noi. Dove
prima una persona poteva riconoscere l'assalto di Venere o di Saturno
e, con un po' di umiltà, cercare di affrontare quell'opprimente situa
zione, oggi invece cerchiamo una pasticca che plachi la disturbante
stilettata di uno stato d'animo e di un "problema mentale". Oppure ci
inflazioniamo. Dove prima Mercurio, o una Musa, potevano ispirare
a qualcuno una nuova idea o una nuova creazione, oggi parliamo del
genius di un individuo come se fosse una componente della sua iden
tità individuale, come lo è il colore dei suoi capelli. Abbiamo stipato il
microcosmo della psiche in una provetta e l'abbiamo tappata con l'Io
e il razionalismo scientifico.
Non intendo caldeggiare un ritorno ai vecchi modi dell'antichità.
Oggi abbiamo una nuova informazione sul cosmo e alcune nuove
intuizioni sulla natura del cosmo interiore. Ma, avendo percepito la
progressiva sterilità e la mancanza di anima della visione del mondo
puramente scientifica, non sarebbe forse il caso di tornare all'antico
con occhi nuovi? Non potremmo evitare la superstizione e il lettera
lismo e tuttavia recuperare quello che della sensibilità antica è andato
perduto? Un cosmo popolato di dèmoni e di divinità non è più adatto
agli umani di un mondo oggettivo e senza vita? È curioso che un'epoca
che chiamiamo Rinascimento, un'epoca elogiata per il suo umanesimo,
sia stata anche un periodo di rinascita delle divinità classiche. Dèi e
umani vanno insieme. Elimina gli dèi e inizia la deumanizzazione.
27
confinare con lo psicotico, tanto hanno perso contatto con la prospet
tiva moderna, ma da un altro, questi 'non-copernicani' si attengono
a una preziosa consapevolezza: che per la maggior parte degli scopi
umani il terreno su cui poggiamo è il centro dell'universo. L'essere
umano è al centro della propria coscienza, dove un'immaginazione
centripeta stabilisce il contatto umano con un mondo altrimenti fred
do, oggettivo.
Sono necessarie prospettive multiple per affermare allo stesso
tempo una sensibilità geocentrica e una cosmologia copernicana, e
può volerei lo stesso genere di punto di vista flessibile per dare un
posto nella psicologia al simbolismo astrologico. Questa non sareb
be, tuttavia, una visione radicalmente nuova perché nella psicologia
dell'uomo medievale e rinascimentale la psiche era intesa come un
riflesso microcosmico dell'universo. Molti di quei magnifici dipinti
degli dèi e delle loro mitologie, che abbelliscono ville e chiese rinasci
mentali, in origine servivano uno scopo astro-psicologico. Ogni perio
do ha i suoi portavoce per la psiche. Anche l'Illuminismo, il periodo
in cui gli uomini rubarono la luce dei pianeti e l'accesero letteralmente
sui loro microscopi e figurativamente sul loro ragionamento, ebbe la
sua contestazione in William Blake: «Tigre, tigre, divampante fulgore
nelle foreste della notte». Blake riportava la luce viva alla sua dimora
oscura. Sensibile all'immaginazione e alla psiche, egli sapeva che per
vedere le stelle deve essere buio; anzi, quanto più è buio tanto meglio.
Anche la nostra psicologia ha bisogno di luce e di buio per poter
coprire l'intero arco dei giorni e delle notti dell'uomo sulla terra.
La psicologia dell'antichità
28
sulla terra, il primo a fare questo e a sentire quello. Evidentemente
sono conquistati dagli strumenti e dal gergo moderni, dalla solidità
della ricerca e dalla certezza offerta dai valori numerici. Senza dubbio
l'ora di cinquanta minuti, la seduta da cento dollari, il vocabolario da
cocktail-party dei complessi e delle nevrosi, i mucchi di statistiche e
di formule algebriche, le ordinate e sistematiche procedure desensi
bilizzanti 'stermina-vizio' per modificare il comportamento, per non
parlare delle lobotomie e degli elettroshock - sono queste le conquiste
del nostro secolo di cui andiamo fieri. Ma questo non vuol dire che la
psicologia in sé sia appena nata.
Probabilmente, la ragione che un laureando in psicologia vante
rebbe per aver fatto risalire la storia della psicologia non oltre il dician
novesimo secolo ha a che fare con un comune pregiudizio moderno.
Nel nostro mondo scienza è uguale a conoscenza. Un'affermazione
è vera quando è scientifica. Quando è stata catalogata, quantificata,
riprodotta, programmata e pubblicata, solo allora una teoria o un'ipo
tesi è considerata vera. Altri generi di saperi, come le Arti Liberali,
godono delle benedizioni della Verità Eterna, ma quel genere non
è molto affidabile. Se però si è disposti a guardare oltre il metodo
di conoscenza scientifico, positivistico, scopriamo che la psicologia
non è iniziata nel diciannovesimo secolo, ma si era soltanto eclissata -
momentaneamente.
In realtà, esiste tutta una ricchezza di intuizione psicologica e di
pensiero creativo da riscoprire nel nostro patrimonio, molto poco
scientifico, della religione, del mito, della filosofia, dell'arte, della
letteratura. Nelle fonti arcaiche queste aree non sono separate, siste
matizzate, come piacerebbe alle nostre menti portate a incasellare, e
tuttavia l'informazione c'è. Di fatto la vera complessità della realtà
psichica viene riflessa proprio da quelle fonti mal classificate.
Questo libro si concentra su uno dei movimenti più centrati
sull'anima - più psicologici - dell'era prescientifica dell'Italia del
Rinascimento, dove alcuni individui, molto diversi fra loro e partico
larmente dotati di talento, si riunirono in gruppo nel corso del quindi
cesimo secolo. Le loro esplorazioni del mondo interiore, le loro mappe
e i loro metodi ingegnosi di esaminare la vita interiore non furono
applauditi come lo furono quelli dei loro contemporanei, gli audaci
Colombo che si avventurarono verso regioni remote e sconosciute,
eppure queste persone probabilmente hanno scoperto isole interiori,
29
continenti e canali che oggi possono darci un migliore senso di dove
siamo, da dove siamo venuti, e delle strade giuste da imboccare verso
luoghi fertili e territori inesplorati.
Questi navigatori psicologici, i Platonici fiorentini, erano un grup
po di poeti, filosofi, artisti e teologi che erano stati sedotti dallo spirito
di Platone. Li guidava nei loro studi platonici Marsilio Ficino, il loro
visionario, stravagante leader, i cui interessi erano tuttavia numerosi e
di vasta portata. In ogni campo, dalla filosofia alla medicina, insegnava
agli amici a vedere ogni cosa alla luce dell'anima. Con il linguaggio di
oggi diremmo, con buona precisione, che Ficino riteneva e insegnava
che un atteggiamento psicologico doveva pervadere tutte le nostre
ricerche e le nostre idee. 1 Ficino non soltanto influenzò con le sue idee
artisti, poeti e filosofi, ma elaborò quella che oggi chiameremmo una
pratica della psicoterapia. Come vedremo poi abbastanza dettagliata
mente, insegnava a chi si rivolgeva a lui, e ai suoi seguaci, a immaginare
in profondità e in modo continuo. È chiaro infatti che Ficino riteneva
che una persona si trovasse in una buona condizione psichica nella
misura in cui godeva di un'immaginazione ben alimentata ed esercita
ta. Una seria attenzione alle immagini e la conoscenza delle loro sottili
caratteristiche costituiscono la base di una psicoterapia ficiniana.
Quello che propongo di fare in questo libro è un salto indietro nel
tempo, a quegli strani giorni dell'Accademia Fiorentina, in particolare
ad alcuni scritti esoterici di Ficino, piuttosto insoliti. Questo è quello
che un analista freudiano chiamerebbe "una regressione al servizio
dell'Io". La speranza è che questo movimento all'indietro allarghi e
approfondisca la nostra conoscenza della psicologia e che serva da
corso di rinvigorimento per il nostro rattrappito atteggiamento psico
logico. Questo passo a ritroso nella storia non lo si fa senza alcuni pro
blemi. In primo luogo, Ficino usava per la vita interiore un linguaggio
completamente diverso. I suoi termini erano meno astratti e meno
meccanici di quanto generalmente sono i nostri. Invece di riferirsi
all'amore e alla collera come se fossero semplici movimenti circolatori
30
della psiche, come fiotti di plasma o di adrenalina, lui allude ai regni e
ai poteri di Venere, di Marte e di altre divinità planetarie. La fonte dei
nostri guai e dei nostri successi la vede non negli istinti e nelle risposte
condizionate ma in fattori più profondi rappresentati da dèi e dee.
Ma noi, come dobbiamo prendere questi riferimenti agli dèi della
Grecia e di Roma? E come dobbiamo interpretare i suoi rimedi biz
zarri e a volte decisamente folli? A una persona carente dello spirito
di Giove, per esempio, consiglia di aggiungere menta piperita alla sua
dieta. Si tratta di una leggenda, di folclore, di una farmacologia ai
suoi inizi o di una pura metafora? Dove finisce il Ficino psicologo e
inizia il medico, o il teologo, o il mago, o l'astrologo? Come dobbiamo
distinguere fra le cose della psicologia e quelle della religione - quella
strana materia degli dèi?
Due tattiche sarebbero chiaramente inefficaci: quella di prendere
Ficino alla lettera, mangiando la menta piperita e facendo le altre
inconsuete cose che lui consiglia - venerare gli dèi, intraprendere una
serie di pratiche di astrologia, e così via - oppure quella di tradurre le
sue teorie e i suoi suggerimenti terapeutici nel linguaggio e nella pra
tica che ci sono oggi familiari - quando parla di Marte, per esempio,
sostituire collera, e così via. Ma nessuno di questi due approcci fun
zionerà; nei bizzarri rimedi di Ficino, infatti, c'è qualcosa di più che la
psicologia così come la conosciamo noi, e non tutto è superstizione. Il
letteralismo ci porterà soltanto a un occulto empirismo, e la traduzio
ne in qualche sistema moderno - facendo di Ficino uno Skinner, un
Freud, o uno Jung - non farebbe che ridurre e razionalizzare qualcosa
che è fondamentalmente una valutazione trans-razionale della vita e
della psiche. Far diventare la psicologia di Ficino un marchio della
psicoanalisi vorrebbe dire tagliar via il suo radicamento nel mondo
dell'immaginazione situandolo su un attuale letto di Procuste del
razionalismo scientifico.
31
dunque queste immagini come tratteremmo altre, come ad esempio
quelle che troviamo nella letteratura, nell'arte, nella poesia, e anche
nei sogni. Per quanto strane possano essere, le immagini di Ficino
non sono poi del tutto estranee alla nostra storia o alla nostra arte. Le
divinità classiche, alle quali egli si riferisce continuamente, le troviamo
nelle arti figurative, nel teatro, nella letteratura, lungo tutto il corso dei
secoli. Le loro caratteristiche, le varie nicchie della natura che questi
dèi governano, i profondi centri della psiche che impersonano, tutto
questo è stato raffigurato da poeti e artisti. Anche le strane medicine,
le gemme e gli animali che Ficino associa alle varie divinità, e quindi
alle varie tendenze della psiche, sono stati selezionati ed elaborati
in lapidari e bestiari del Medioevo e del Rinascimento. Il problema
è che generalmente questo genere di libri non lo leggiamo in modo
psicologico. Così come facciamo con l'arte, li vediamo come curiosità,
come divertimenti, oppure come oggetti di studio. Queste immagini,
invece - le pietre preziose e gli animali, veri o immaginari - sono come
le figure dei nostri sogni. Sono forgiate dalla psiche e quindi rivelano
qualcosa di chi le ha create. Come le immagini del sogno, richiedono
un gioco immaginativo sensibile, modesto, in modo che il loro signifi
cato possa emergere.
Oltre alla nostra immaginazione che gioca liberamente (e tuttavia
seriamente) con le immagini di Ficino, fortunatamente abbiamo qual
cuno a farci da guida: Cari Gustav Jung e James Hillman. Ci rivolgere
mo a questi specialisti in questioni psicologiche e simboliche non tanto
come ad autorità quanto come a modelli. I loro scritti ci mostrano
come scavare dentro le immagini senza soffocarle, senza trattarle con
un tocco da Mida che le trasformi nelle nostre amate auree teorie.
Quando lessi Jung la prima volta, e soprattutto in seguito, quando
lessi i suoi seguaci più ortodossi, respinsi con forza la linea di condotta
di rintracciare concetti "junghiani" come "Anima" e "Ombra" nella
letteratura e nell'arte. Questo mi sembrava qualcosa di sommessamen
te ed elegantemente riduzionistico. Quando però lessi Jung con più
attenzione e in modo più esteso, scoprii in lui un vero interesse per
l'integrità delle immagini. Jung orienta la luminosità di un'immagine
verso le esperienze, i sentimenti e i pensieri personali, ma a differenza
di molti psicologi che si occupano di immagini, lui non riduce l'im
magine al livello personale. Marte è sempre più che la collera umana,
Venere infinitamente più grande dell'amore umano. Lui sapeva che
32
interpretare le immagini è semplicemente cercare altre immagini che
siano simili, aspettandosi di trovare nelle somiglianze una comprensio
ne e un'intuizione più profonde. Nelle sue mani, i suoi termini prefe
riti - Ombra, Anima, Vecchio Saggio, Grande Madre - non sono che
utili strumenti, delle metafore per vedere attraverso e dentro le parole
e le raffigurazioni tradizionali arrivate fino a noi nel corso dei secoli.
Di fronte a qualunque immagine misteriosa possiamo restare muti e
impassibili, possiamo tagliarla a pezzi e prenderla a martellate per farla
rientrare nei nostri modelli di pensiero familiari, oppure, con delica
tezza, possiamo confrontarla, esaminarla e sondarla con l'occhio di un
artista, portandole via qualche significato. Uno dei grandi contributi
di Jung all'arte, e alla religione in modo particolare, è l'aver dimostrato
che le immagini della tradizione hanno bisogno di non rimanere come
pezzi di materia inerte, opaca. Con l'immaginazione noi possiamo
renderle vive, più trasparenti, confrontandole e riaffermandole nelle
metafore congeniali alla nostra prospettiva moderna.
Se in Jung c'è il suggerimento che la psicologia ha a che fare con
qualcosa di più che la vita personale, che è qualcosa di più di quello
che una normale persona generalmente pensa che sia, nell'opera di
Hillman questo suggerimento è ripetuto, amplificato e sottolineato.
Egli dà particolare rilievo all'Anima e vuole riportare la psiche nella
psicologia. È andato per la propria strada, e tuttavia, come Jung, dirige
la nostra attenzione verso il profondo. Per Hillman un'immagine non
ha fondo, e il modo per permettere al suo significato di filtrare dentro
la nostra pelle è quello di immergerci in essa. Hillman mette anche in
evidenza le correnti patologiche nell'esperienza psicologica, e cambia
direzione rispetto a ideali normativi troppo stretti, troppo ottimistici,
troppo unilaterali, come riflessi del modo in cui procede la vita psi
chica. Opta, inoltre, per una visione del mondo politeistica anziché
monoteistica. Ci sono molte prospettive legittime sull'esperienza, egli
sostiene, e se una sola diventa dominante, questo è a tutto detrimento
della psiche.
L'interesse di Hillman per l'anima e la sua posizione politeistica
lo mettono fianco a fianco di Ficino. In effetti, mentre leggevo le loro
opere, avevo la strana sensazione che un misterioso dialogo si stesse
svolgendo attraverso i secoli. Ho concepito anch'io questo libro come
una sorta di dialogo, un movimento continuo fra le laconiche osserva
zioni di Ficino e i suggerimenti per dare a quelle osservazioni una vita
33
e un contesto per il giorno d'oggi. Questo libro non vuole essere un
commento passo passo al testo di Ficino, né un'analisi storica o filo
sofica. Si tratta piuttosto di un tentativo di esplorare e di scoprire un
significato in immagini scelte trovate nell'opera di Ficino. Vuoi essere
una sorta di psicologia del profondo - un'esplorazione di immagini,
con dietro un chiaro atteggiamento psicologico. Non intendo fermar
mi a un confronto fra le parole di Ficino e altri concetti o curiosità
storici. Mi sto chiedendo invece cosa abbiano da dire oggi, riguardo
alla psiche, la sua strana filosofia e i suoi insoliti rimedi.
I pianeti
34
" coelitus" intende essenzialmente i pianeti, d'ora in avanti mi riferirò a
quest'opera semplicemente come a I pianeti.
Già il titolo lascia intravedere alcune delle intuizioni di Ficino
sulla psicologia, intuizioni elaborate principalmente attraverso arcane
immagini nell'opera stessa. Per esempio, la parola "accordare" sug
gerisce sia la molteplicità nella psiche sia l'idea della musica legata
alla salute psichica, un concetto che Ficino sviluppa in modo dawero
geniale ne I pianeti. Inoltre, i pianeti portano i nomi degli dèi e delle
dee. Questi, awisa Ficino, possono essere accordati a favore della
buona salute della persona. Una vita sana è una vita musicale - uno
strano consiglio che richiede una buona spiegazione.
Una buona spiegazione, però, non spiega tutto. Non definisce,
nel senso letterale di porre limiti; anzi, allarga i limiti e approfondisce
la nostra familiarità con il materiale. Il nostro lavoro è continuare a
immaginare, awicinandosi sempre di più al nucleo elusivo dell'im
magine. Il testo di Ficino non è dissimile da un sogno, che richiede
familiarità e sempre maggiore intimità perché possa essere percepita
l'atmosfera e l'aura del suo segreto.
Il piccolo libro di Ficino ci offre l'occasione di guardare con uno
sguardo nuovo i pianeti, non i pianeti del cielo notturno, ma i pianeti
interiori. La sua filosofia dell'anima e le sue istruzioni pratiche per
una vita sana ci fanno partire verso profonde esplorazioni di quegli
spazi bui della psiche e delle sue occasionali luci. Prima di prende
re in esame ciascun pianeta osserveremo attentamente alcuni degli
assunti fondamentali di Ficino e rivedremo le componenti elementari
attraverso le quali egli crea una visione astrologica della vita psichica.
Potremo accorgerci allora, attraverso i suoi occhi, che l'astrologia non
è soltanto una superstizione, non è soltanto un piacere di moda. È
anche un modo per immaginare il nostro mondo interiore, con i nostri
voli di intuizione visionaria e le nostre dolorose patologie.
35
PARTE I
Poetica animae
Via via che la nostra visione della storia occidentale diventa più
sofisticata e complessa e via via che acquisiamo nuove informazioni
e applichiamo ai fatti più sottili teorie della storia stessa, categorie
di tempo ampie e semplicistiche cedono il passo a periodi ed ere più
piccoli e sovrapposti. Possiamo trovare modelli di ascesa e caduta, di
decadenza e rinascita quasi in qualunque segmento di tempo si scelga.
Il "Rinascimento" sembra essere un modello eterno che, a qualche
livello, awiene sempre. E tuttavia quella straordinaria epoca che cono
sciamo come Rinascimento italiano, rimane ancora come un momento
eccezionale nel nostro passato collettivo. Una curiosità e uno spirito
di esplorazione inesauribili portarono a scoperte e a invenzioni capaci
di trasformare il mondo, e allo stesso tempo una rinvigorita imma
ginazione produsse arti figurative, architettura, musica e letteratura
ineguagliate. In tutte vediamo una rinascita dei classici greci e romani,
o, per dirlo più esattamente con le parole dell'insigne studioso del
Rinascimento Paul O. Kristeller, era quello un tempo di «rinascita
delle arti e scienze volta all'antichità classica». 1
La guida dell'antichità non si limitò però all'ambito dell'arte e della
letteratura; un ritorno degli dèi e delle dee della classicità lo troviamo
infatti non soltanto sulle tele dei pittori o sulla pietra degli scultori, ma
anche in luoghi più oscuri, nei libri sulla magia e sui misteri occulti. La
filosofia antica, un piacere al quale molti pensatori del Rinascimento si
dedicavano, costituiva non soltanto il fondamento per la progettazione
e la discussione filosofiche e teologiche, ma anche una fonte per la
39
speculazione su cose quali l'alchimia, l'astrologia, la magia e la medicina
occulta. Storici quali Panofsky, Wind e Seznec ci assicurano che anche
nelle opere d'arte molto viste ed esaltate si nascondono misteri profondi.
Marsilio Ficino fu l'erede pieno di ammirazione di entrambe le
correnti di conoscenza - l'umanistica e l'occulta. Oggi, in quelle rare
occasioni in cui il suo nome appare in libri e in saggi, viene apprezzato
soprattutto per le sue traduzioni di Platone e dei filosofi neoplatoni
ci, e per l'influenza che il suo pensiero platonico ha avuto sulle arti.
Ma aveva anche quel lato più oscuro. Anche se certamente era uno
studioso e un filosofo con una mente molto elevata, evidentemente
era interessato anche alle questioni pratiche del vivere. In questa
sua opera eccezionale ma significativa che ci accingiamo a esplorare,
Ficino rivela la sua attenzione alle tecniche pratiche per connettere le
sue visioni speculative sull'anima alla vita quotidiana. Certo, era un
filosofo, ma era anche interessato a trovare un modo di vita che fosse
pratico ma al tempo stesso anche psicologico. Di pari passo con le
sue idee filosofiche realizzò una notevole amalgama di musica, magia,
medicina, astrologia, arte e rituale - tutto nell'intento di liberare dalla
miopia materialistica e instaurare uno stile di vita centrato sull'anima.
Firenze e i Medici
40
come nel caso del costoso e sfortunato sostegno dato da Cosimo
all'antipapa Giovanni XXIII. Cosimo aveva la passione di dare forma
concreta a ogni sorta di idee, e quindi finanziò progetti architettonici
e sostenne artisti quali Donatello, Filippo Lippi e Beato Angelico. Suo
figlio, Piero, offrì accoglienza e patrocinio a Botticelli.
Accanto al suo generoso interesse per il papato, per l'arte e l'archi
tettura, Cosimo aveva anche un lato meno razionale. Vespasiano da
Bisticci, il libraio suo amico, registra per noi un altro suo curioso inte
resse, un interesse che vedremo sviluppato in Ficino. Scrive Vespasiano:
«Gli astrologi trovavano che era molto dotato nella loro scienza, infatti
aveva una certa fiducia nell'astrologia e se ne serviva per farsi guidare
in certe occasioni private».2 Incontriamo qui un concetto più profondo,
più complesso di "uomo rinascimentale" rispetto a quello comune di
una persona capace di dipingere, di suonare la musica, scrivere poesia
e progettare armi. Nelle loro speculazioni e nei loro dibattiti, gli uomini
del Rinascimento mescolavano l'interesse per la ragione e per l'irrazio
nalità, per la filosofia e per la magia e, cosa ancor più significativa, erano
consapevoli delle importanti connessioni delle arti fra loro e fra arte e
religione. Sul modello di Cosimo e Ficino, si potrebbe dire che una
persona del Rinascimento, come tipo, è qualcuno che in virtù di una
sensibilità per l'immagine vede un'interconnessione fra tutte le cose.
Anche se la generosità di Cosimo come mecenate e la sua assidua
cura nel costruire biblioteche hanno un ruolo significativo in tutta la
storia ficiniana del culto dell'immaginazione, il suo dono più pratico
fu quello di tempo e di spazio. Mise infatti a disposizione di Ficino
una villa poco fuori Firenze, a Careggi, dove gli studiosi potevano fare
il loro lavoro di tradurre e di comporre, liberi da preoccupazioni e
interruzioni. Questo non vuoi dire che la villa fosse un luogo tranquil
lo di studio continuo. Vi si riunivano, intorno a Ficino, artisti, filosofi e
poeti ispirati dalla sua guida intellettuale e psicologica. Erano talmente
presi dall'entusiasmo per Platone suscitato da Ficino, che organizza
rono la loro associazione sul modello dell'Accademia platonica e ogni
anno, il 7 di novembre, giorno natale di Platone, rimettevano in scena
il Simposio. Marsilio, il nano, gobbo, notoriamente brutto "medico
dell'anima", traduceva e insegnava, ma si prendeva anche cura della
vita psichica dei suoi amici. Abbiamo un'idea di questa cura in una let
tera di Cosimo a Ficino. Ficino era un musicoterapeuta e aveva elabo
rato una teoria e una pratica molto sofisticate sulla musica al servizio
41
della psicologia. Per i suoi pazienti sceglieva accuratamente la musica
secondo le necessità della loro anima e la suonava sulla sua lira. Nella
sua lettera, Cosimo invita Ficino ad andarlo a trovare: «Vieni dunque,
e non dimenticarti di portare con te la lira di Orfeo».3
Ficino stesso ci racconta che Cosimo concepì l'idea di un'acca
demia quando Firenze stava ospitando una sessione di un grande
concilio di religiosi orientali e occidentali. Il concilio era iniziato a
Ferrara ma aveva incontrato problemi, così Cosimo aveva persuaso il
suo amico, il papa Eugenio IV, a trasferire gli incontri a Firenze, spo
stamento che awenne nel 1439. Il concilio portò a Firenze prestigio
e commercio, ma, cosa più importante, procurò un collegamento con
l'Oriente. La biblioteca di Cosimo, costituita di rari manoscritti, si
ingrandì rapidamente e, grazie alla presenza di studiosi insolitamente
versati nel pensiero greco e orientale, anche la sua mente ne risultò
fecondata. Un'influenza particolare fu quella di Giorgio Gemisto
Pletone ( 1 3 60-1452 ), un filosofo che era nato a Costantinopoli e che
aveva passato molti anni a Mistra, nella regione dell'antica Sparta.
Non solo conosceva la filosofia greca nella sua stessa lingua, ma era
anche uno studioso della dottrina di Zoroastro e dell'astrologia caldea.
In quei tempi fertili spesso la luce della ragione e le tenebre dell'occul
to viaggiavano fianco a fianco.
Ficino aveva solo sei anni al tempo della visita di Pletone - era nato
nel 1433 - quando Cosimo de' Medici rimase affascinato dall'idea di
una antica sapienza contenuta nelle opere di Platone e successivamen
te dei "Platonici", owero i Neoplatonici. Alcuni decenni dopo, due
anni prima della fondazione dell'Accademia, il suo entusiasmo e la sua
curiosità si fecero ancora più profondi quando venne a visitare Firenze
un monaco proveniente dalla Macedonia. Il monaco portò con sé una
copia incompleta del Corpus hermeticum, che conteneva quattordici
dei quindici trattati. Cosimo fece interrompere a Ficino le traduzioni
di Platone, in modo da rendere accessibile, quanto più rapidamente
possibile, quella raccolta esoterica così entusiasmante. Ancora una
volta, Platone e gli studi occulti entrano in collisione, e questa volta è
il partner più oscuro ad avere il primo posto.
Sotto l'illuminato patrocinio, l'infallibile giudizio intuitivo e le abili
mosse politiche di Cosimo, la comunità intellettuale fiorentina pro
sperava. In questa atmosfera i seguaci di Platone potevano dedicarsi
a coltivare la " virtù " , owero al totale sviluppo di sé oltre ogni limite,
42
a trasformare la loro vita in un'opera d'arte:' Ficino esortava spesso i
suoi amici e i suoi seguaci a vivere la migliore vita possibile. Nei suoi
libri e anche nella sua corrispondenza privata l'espressione " modus
vivendi" è continuamente qualificata da " optimus" e " optimissimus" .
La sua espansiva visione delle possibilità della vita umana compare
ripetutamente nei suoi scritti, così come quando scrive nell'importante
opera, Teologia platonica, che l'uomo abbraccia cielo e terra; scanda
glia le profondità del Tartaro, e che i cieli non sono troppo alti per lui,
né il centro della terra troppo profondo.5
Alla sua morte, nel 1464, Cosimo fu proclamato Pater patriae e per
Ficino era stato dawero un padre spirituale. Il figlio di Cosimo, Piero,
detto Il gottoso, prese le redini della famiglia ma morì cinque anni dopo
lasciando il comando a suo figlio, Lorenzo il Magnifico, nipote di Cosi
mo. Ficino dette a Lorenzo l'appellativo di Figlio del sole, perché anche
se il suo stile e i suoi interessi erano diversi da quelli del nonno, sotto il suo
patrocinio e il suo stimolo pieni di entusiasmo, i fiorentini prosperarono
con rinnovata vitalità. Lorenzo ebbe come precettori Ficino, Landino e
altri intellettuali d'eccezione, e dunque non sorprende che diventasse un
mecenate intelligente e sensibile. Allevò giovani artisti come Botticelli,
Michelangelo e Leonardo da Vinci, trasferendo alle loro menti sensibili
il pensiero platonico ed ermetico del suo maestro, Marsilio.
Queste poche note storiche su Ficino ci lasciano con l'immagine di
una persona straordinaria vissuta in un tempo e in un luogo eccezio
nali. È al tempo stesso un ritratto storico e una fantasia di una città,
di un'accademia e di individui che lavorano diligentemente, ma con
grande eccitazione, in mezzo ad ambiguità e paradossi fondamentali.
Individui che stavano cercando di interessarsi contemporaneamente
dell'intelletto e del corpo, della filosofia e della religione, e sapevano,
seguendo l'intuizione fondamentale di Ficino, che un'impresa così
profondamente complessa sarebbe stata possibile a patto che fosse cen
trale l'interesse per l'anima. In realtà, questo significa che la psicologia
era al cuore del loro vasto impegno. Oggi, dato che il raggio d'azione
della psicologia è stato così troncato, porre la psicologia, come viene
generalmente teorizzata e praticata, al centro dello studio e del lavoro,
sarebbe riduttivo. Ficino, invece, trovava che l'anima fosse il fattore
di mediazione più appropriato in tutti i suoi studi - in filosofia e in
teologia, in medicina e in psicoterapia, e nella sua devozione religiosa.
La sua opera filosofica più importante, La teologia platonica, costitui-
43
sce un tentativo di conciliare gli interessi per la filosofia, la psicologia
e la teologia a livello speculativo, mentre i tentativi più pragmatici per
fare la stessa cosa compaiono nell'opera che ci accingiamo a studiare.
Anche come prete - è documentato - praticò l'esorcismo, un modo di
prendersi cura dell'anima attraverso il rituale religioso.6
Anche la popolazione della Firenze di Ficino doveva avere un vitale
senso psicologico perché era consuetudine celebrare pubblicamente la
conclusione di un dipinto o di un affresco. Troviamo inoltre nell'archi
tettura medicea una non comune complessità unita alla purezza della
forma - uno stile notevole per la sua vivacità e profondità d'impatto.
Firenze stessa eccelle fra le città per come incarna i valori dell'anima,
cosa evidente dappertutto. Infine, dove c'è consapevolezza psicologica,
c'è anche attenzione alla morte. Guerre e minacce continue, awelena
menti e intrighi, morbi ed epidemie rendevano la morte visibile e fami
liare. Alla morte, naturalmente, veniva riservata la dovuta attenzione
nella poesia e nell'arte, e ai rituali che mimavano il trionfo della morte
era sempre assicurato un pubblico attento per le strade di Firenze.7 Era
un tempo e un luogo dove le immagini erano prese sul serio, dove l'arte
e la religione mescolavano argomenti teologici elevati e una superstizio
ne profondamente sentita e rispettata.
Nel prossimo capitolo osserveremo da vicino la natura della psiche
e vedremo che l'anima è sempre in una posizione mediatrice fra spirito
di sopra e materia o corpo di sotto. Guardando il contesto storico in cui
si sviluppò la psicologia di Ficino, possiamo vedere il movimento verso
l'alto che tende alla speculazione teologica e filosofica. Le traduzioni
inglesi di Ficino esistenti, così come i commenti alla sua opera si fermano
in genere a questa regione ascendente del suo pensiero, ma questa enfasi
sullo spirituale travisa in una certa misura gli scritti stessi di Ficino per
ché, anche nelle sue opere speculative, egli fa continui collegamenti con
l'ambito psicologico. C'è anche il pericolo di prendere le idee troppo alla
lettera, di perdersi in discussioni sulla purezza della tradizione religiosa e
l'esistenza di Dio. Storicamente il clima attorno a Ficino favoriva anche
un movimento obliquo verso la superstizione e la magia. Anche qui va
evitato il letteralismo. Fino a quando c'è una connessione con la psiche,
e dunque un atteggiamento metaforico a sostegno, il lato oscuro della
magia può essere compreso anche come espressione della psiche.
Legato al problema di mantenere vivi la ragione e l'irrazionale
nella nostra considerazione della psicologia di Ficino è l'enigma del
44
mondo esterno e interno interconnessi. Il vero contributo di Ficino
all'arte, e forse alla psicologia, ha a che fare con questa questione.
Per Ficino il mondo esterno è la via per il mondo interno dell'anima.
Quando il neoplatonismo è interpretato in modo troppo rigido, ci si
fa l'idea che non ci sia posto per il corpo o per la dimensione mate
riale. Il neoplatonismo di Ficino lo troviamo manifesto in tutti i suoi
scritti, e tuttavia lui non consiglia di ritirarsi dal corpo. Insiste con
forza sul riconoscimento della centralità dell'anima, e quindi ogni
interesse esclusivo per il corpo sarebbe un errore cruciale. E tuttavia,
finché l'anima è al centro, il coinvolgimento con la materia rimane un
mezzo di approfondimento psicologico. Perciò, le stesse produzioni
d'arte tangibili, e perfino il piacere che si trae dall'arte, sono mezzi per
nutrire l'anima. E così lo sono anche la magia e l'astrologia. Per coloro
che sono portati per la realtà psichica, queste arti occulte servono ad
attirare la psiche verso aree non altrimenti accessibili. Ritualizzano e
disegnano la mappa di mondi psichici che sono estremamente irrile
vanti e fuorvianti per la mente scientifica, ma significativi per l'anima.
L'in/lusso ermetico
45
sopra della fisica e la matematica verso la contemplazione del divino
[. . . ] Per questo era considerato l'originale fondatore della teologia».9
Per Ficino, poi, c'era qualcosa di primordiale nelle parole che leggeva
nei testi ermetici. Anche per noi questi scritti hanno un tono mitologi
co e la loro antichità, anche se soltanto fittizia, ha un certo impatto sul
lettore anche oggi. Nonostante tutta la nostra moderna sofisticatezza,
non occorre che ci preoccupiamo eccessivamente dell'erronea data
zione che Ficino dà del materiale ermetico. Nella sua immaginazione,
come nella nostra, Ermes può porsi come una figura mitica, la perso
nizzazione di una fonte di sapienza fondante, non dissimile da quello
che è Mosè nella tradizione giudaico-cristiana.
Ne I pianeti, quindi, incontriamo un'immaginazione infiammata e
stimolata dalle immagini archetipiche. Come osserva Frances Yates,
studiosa di magia ed esoterismo del Rinascimento, la conoscenza erme
tica non era destinata alla tranquilla speculazione. Al contrario, era
onorata come gnosi, un genere di conoscenza che salva, una percezione
dei misteri che entrano in profondità nella natura e nella persona, una
conoscenza trasformatrice che può essere acquisita soltanto attraverso
l'apprendimento che va molto al di là del solo intelletto. Come sugge
risce Ficino in tutto I pianeti, si può sviluppare un atteggiamento psi
cologico - cioè comprendere i processi dell'anima - soltanto attraverso
un'attenzione continua, giornaliera, per non dire oraria.
Ficino era stato influenzato anche da altri autori interessati alla
psicologia ma meno all'arcano, quali Tommaso d'Aquino e Agostino.
È anche molto probabile che avesse letto Nicola Cusano, un altro
pensatore immaginativo della generazione a lui precedente, che aveva
dato molta importanza alle fonti simboliche e a quelle che lui chia
mava "metafore enigmatiche " . 1 0 Ma la fonte più ovvia per I pianeti è
il Corpus Hermeticum, così come un successivo compendio arabo del
dodicesimo secolo, conosciuto come Picatrix. Una rapida occhiata a
queste ultime fonti ci preparerà alle teorie psicologiche di Ficino e al
linguaggio simbolico che egli adopera nel presentare la sua psicologia.
Il primo libro del Corpus Hermeticum contiene una storia con
temi gnostici familiari. 1 1 Pimandro, la Mente divina, appare a Ermes
e descrive l'origine della natura. Dio generò un demiurgo, egli rac
conta, un dio del fuoco e del respiro, il quale creò Sette Governatori
" che circondarono con i loro cerchi il mondo sensibile" . Nel mondo
di sotto, tutto dipende dai Sette Governatori. Poi Dio Padre creò un
46
Uomo a propria immagine, un Uomo così bello che Dio s'innamorò
di lui. Permise all'Uomo di entrare nella sfera del demiurgo e lì con
templare i Sette Governatori. Anche questi s'innamorarono di lui e lo
fecero partecipare al loro governo. Alla fine l'Uomo sfondò i cerchi
dei Governatori per conoscere il potere di Dio stesso.
Dotato di tutto questo potere e conoscenza, l'Uomo rivelò alla
Natura sottostante la bella forma di Dio, e la Natura lo amò, avendo
visto i suoi bei lineamenti riflessi nell'acqua e la sua ombra sulla terra.
Anche l'Uomo vide una forma simile alla sua riflessa nell'acqua e deside
rò unirsi ad essa - desiderio immediatamente realizzato. Natura e Uomo
furono uniti nell'amore. Così l'umanità ha una duplice natura: mortale
nel suo corpo, immortale nell'Uomo essenziale. La sua natura mortale è
sotto il dominio dei pianeti, ma non la sua natura immortale.
Y ates commenta questa storia ermetica della Creazione e della
Caduta, considerando l'intima relazione fra l'uomo e le stelle-dèmoni
o Sette Governatori. Questa è un'idea centrale ne I pianeti: l'umanità è
in contatto con i dèmoni planetari. La relazione fra la parte "naturale "
o materiale della persona e l'altra parte che è eterna e auto-consape
vole, è erotica. Per Ficino tutti i moti dell'anima vengono dall'eros. È
importante anche notare che l'uomo essenziale non è sotto il dominio
dei pianeti. L'avere bene in mente questo ci aiuterà quando incon
treremo affermazioni di Ficino contro l'astrologia, che potrebbero
confondere, visto il suo frequente ricorso ai fenomeni astrologici.
Questo primo libro ermetico implica anche, se letto psicologica
mente, che si riferisce più alla Persona che all'lo. L'uomo naturale,
quello che vive inconsciamente, è portato a sperimentare ogni genere
di comportamento secondo modelli comuni a tutti gli umani. Tutti
noi amiamo, odiamo, desideriamo, lottiamo, falliamo, desideriamo, ci
meravigliamo. L'uomo essenziale, invece, la parte non-lo di una perso
na, è iniziata ai segreti dei Governatori, quei regolatori, a volte tiranni
ci, delle sfere della vita, la cui influenza sembra impossibile spezzare.
Noi non siamo del tutto costretti, in analogia con la compulsione astro
logica, a restare alla mercé di questi Governatori. Possiamo vivificare
l'uomo essenziale in noi e quindi trascendere ciò che sembra "natura
le" . La vita dell'anima, infatti, può sembrare innaturale, l'opus contra
naturam, un lavorare contro ciò che sembra essere la nostra natura.
Quando si dice, "è la natura umana " , si può non tener conto dell'anima,
perché quello che sembra naturale può essere soltanto l'atmosfera
47
dell'arconte, del Governatore di quella sfera della vita, vissuta e sentita
inconsciamente. Un atteggiamento psicologico va contro ciò che appa
re soltanto naturale, cercando di guardare in trasparenza quell'ambito
limitato, raggiungendo una prospettiva sulle sfere planetarie dove si
rivelano essere dei cerchi di vetro. Si può amare, odiare e meravigliarsi,
ma sapere che lo si sta facendo, vedendo se stessi da un punto di vista
che è al di là dei Sette Governatori.
Un altro dei libri ermetici, L'intelletto a Ermete, contiene altre due
idee centrali per il pensiero di Ficino. Tutto è pieno di anima, esso
insegna. Nella scrittura di Ficino, inoltre, l'anima è sempre al centro,
il che vuoi dire che è una scrittura del tutto psicologica. Oggigiorno
abbiamo difficoltà a immaginare che le persone - per non parlare
della natura e delle cose materiali - abbiano un'anima. Eppure Ficino
non fa che riecheggiare un concetto molto antico, risalente almeno
a Eraclito e Talete, secondo il quale il mondo è pieno di anima. Gli
storici e gli antropologi trattano generalmente l'animismo come una
mentalità primitiva, sottosviluppata; eppure la religione animista, che
troviamo completamente inserita nelle tradizioni degli Indiani d' Ame
rica, riconosce l'anima in tutto ciò che esiste. In un senso veramente
autentico, una volta che un individuo acquista un atteggiamento psi
cologico coerente, tutte le cose, ogni oggetto e ogni azione, assumono
significato per l'anima. Scrivere una lettera può essere un'espressione
dell'anima o un prendersene cura. Qualcosa di semplice e banale
come una lattina di birra, trova il suo posto nella struttura dell'anima.
L'astrologia di Ficino, e certamente la sua medicina, non hanno senso
se non viene percepito il loro essere centrate nell'anima.
Un secondo punto in questa raccolta di testi ermetici viene di
conseguenza al primo. Tutti gli esseri sono in movimento. La presen
za dell'anima implica movimento - non semplicemente la capacità di
camminare e correre come suggerisce Aristotele, ma un movimento
interiore, un vagare e un cambiare dell'anima stessa. Via via che
l'esperienza della vita si fa più profonda e si focalizza su un'ampia
varietà di eventi, qualunque cosa producano, dall'estasi gioiosa alla
sofferenza deprimente, l'anima stessa sembra muoversi. Dagli alti ai
bassi della vita, nella profondità o nella superficialità, quando sono
del tutto evanescenti o quando ci toccano da vicino, possiamo per
cepire le vicissitudini psichiche come movimenti dell'anima. L'anima
sembra anche viaggiare attraverso il corpo rendendo rintracciabile il
48
suo percorso in un cuore che martella, nei nervi che fremono o in un
mal di testa lancinante. Ci muoviamo grazie alla decisione e all'azione,
e siamo mossi dalla passione e dall'emozione.
I pianeti sono in movimento, e se riflettono la nostra vita interiore,
se ci sono davvero dei pianeti in noi, dei pianeti interiori, allora questi
sono in movimento, un movimento ritmico. Formano letteralmente
milioni di modelli, che una carta astrologica può raffigurare soltanto con
approssimazione e quasi senza alcun senso del moto infinito. Forse per
questo Ficino era così appassionato dei modelli meccanici del cielo, che
potevano muoversi e così mostrare i movimenti dei pianeti e delle stelle.
Un altro testo ermetico, l'Asclepio, esprime idee che troveremo al
centro della teoria della magia di Ficino. È il respiro, o spiritus, affer
ma questo libro, a mantenere la vita in tutte le cose. Oppure, come
dice Yates, l'aria è lo strumento, l'organo di tutti gli dèi. Nella teoria
di Ficino, spiritus è il medium dell'effetto magico fra i dèmoni plane
tari e il mondo fisico o la vita dell'individuo. Il metodo con cui questo
spiritus è trasmesso dai pianeti all'individuo è descritto in Asclepius
come una questione di fare-immagini. Ogni immagine, per esempio
una statua, che rappresenti caratteristiche di una particolare divinità
planetaria, può raccogliere, trattenere e donare il potere di quella
divinità alla persona che usa quell'immagine. Le immagini hanno un
potere profondo, archetipico. Possiamo prendere questa parte della
teoria un po' alla lettera, e considerare il valore che le immagini e l'arte
hanno per l'anima, oppure possiamo guardare in modo più psicologi
co ed esaminare l'immaginazione in sé, il suo potere di connettere l'Io
a movimenti della psiche più ampi.
Altri testi ermetici descrivono corrispondenze fra pianeti e animali,
piante, talismani e farmaci. Suggeriscono anche la possibilità di riceve
re potere da un pianeta per controbilanciare la disturbante influenza
dominante di un altro. Infine Picatrix offre dettagliate descrizioni di
talismani, amuleti e altri oggetti utili della magia naturale. Tutte queste
insolite nozioni le ritroviamo ne I pianeti.
49
Ma la sua scrittura è anche una psicologia poetica, una psicopoetica.
Le sue intuizioni sono espresse in modo imagistico più che discorsivo.
La sua psicologia è anche poetica perché il suo scopo è nutrire ed
educare l'immaginazione, lo strumento vitale con cui il naturale è
reso psichico e all'anima è consentito un posto nella vita. Ma perché
indossare un amuleto che rappresenta la velocità di Mercurio se non
per tenere in mente quella qualità dell'anima? Per Ficino gli dèi stessi
sono sfaccettature dell'anima che pretendono attenzione. La coscienza
non è tutta razionalità e atteggiamenti dell'Io decisi, risoluti; abbraccia
anche funzioni più "morbide" , come la memoria, il riconoscere, la
riconoscenza, la reverenza, il rispetto e la consapevolezza.
Procediamo dunque a studiare più da vicino le immagini della psi
copoetica ficiniana evitando il letteralismo sia di tipo intellettuale che di
tipo superstizioso, in cerca di una psicologia adatta alla vita del ventesi
mo secolo. Se troviamo arcaico o, per altri versi, inaccessibile parlare di
talismani, possiamo tradurli in forme moderne - magari una fotografia
che ci è cara, un dipinto, un gioiello, un indumento. L'importante è
non restare bloccati a particolari arcaici. Dobbiamo accostarci alla
psicologia dell'immaginazione di Ficino con immaginazione, perché la
sostanza della sua visione possa venir fuori. Questo atteggiamento può
non accordarsi immediatamente alla nostra sensibilità storica e filosofi
ca, ma se assunto con accortezza, anziché distogliere dagli altri legittimi
approcci agli stessi materiali, potrebbe perfino favorirli.
Lo studio della psicologia rimane sfuggente se non ci si entra in
modo psicologico. Gli scritti di Ficino sono permeati di attenzione
nei confronti dell'anima, cosa che non sorprende dal momento che
lui stesso voleva essere conosciuto come "medico dell'anima" . Ma
è possibile guardare senza vedere. Spesso scritti come questi che ci
accingiamo a esaminare passano, come se nulla fosse, sotto il naso
degli storici e il bisturi dei filosofi, e tuttavia la psicologia ha per sua
natura una dimensione di profondità. Dobbiamo accostarci alle parole
di Ficino con un atteggiamento psicologico se vogliamo avere qualche
possibilità di percepire le sue intuizioni psicologiche. Quindi, senza
!asciarci sconcertare, dobbiamo lavorare con le sue immagini, mettere
in relazione con la vita moderna le sue affermazioni arcaiche e astruse,
e se è il caso, trattare le sue parole, concepite coscientemente, come se
fossero prodotti del sogno.
50
Capitolo 2.
Un mondo con anima
51
senso dell'umorismo. Anche gli oggetti possono avere anima, e così
il nostro linguaggio colloquiale. I libri hanno anima quando non sono
eccessivamente tecnici, astratti e aridi. La musica ha anima. Il cibo ha
anima, e non soltanto il cibo di una singola cultura. Il carattere della
nostra anima è perfino scritto sui nostri volti e scolpito nei nostri corpi.
L'anima è anche profondità, una metafora che usiamo per indicare
una certa intensità di esperienza. Quando si ha anima, sentiamo un
riverbero e una risonanza che arriva da sotto la superficie dell'espe
rienza quotidiana. Con anima, gli eventi non sono puramente bidi
mensionali; trasmettono una dimensione di profondità che è invisibile
ma che si percepisce chiaramente. Queste risonanze non appaiono
come significato e spiegazione, e nemmeno come comprensione -
questo vorrebbe dire altezza, l'opera dell'intelletto. L'anima non può
essere fabbricata valutando l'esperienza, cercando di immaginarsela,
oppure attraverso l'intensa introspezione. Il significato dell'anima è
chiaramente rivolto verso il basso, fuori dalla testa, più vicino allo sto
maco dove il mondo esterno è assorbito, interiorizzato e decomposto;
verso l'intestino dove, durante un lungo viaggio labirintico, il mondo
introiettato diventa in parte Sé e in parte scorie; giù verso gli orifizi
più bassi dove ciò che non è trasformato nel Sé viene eliminato; giù
verso gli organi del sesso dove si focalizzano i fluidi del piacere, della
relazione e della sensazione.
La profondità dell'anima può essere vista anche nelle immagini
cosmiche. Nella mitologia greca, il mondo naturale accessibile ai
nostri sensi è rispecchiato da un mondo infero dove non ci sono carne
o ossa ma soltanto fantasmi o sembianze immateriali.2 Anche qui ci
sono passaggi labirintici che portano a numerose camere dove strani
awenimenti riflettono il mondo di sopra. Per i Greci la profondità era
associata alla morte. Demetra, la madre che dà al mondo la sua bellezza
e la sua fertilità, è inseparabile dalla figlia Persefone che è trascinata nel
mondo infero per diventare la regina della morte, la personizzazione
della profondità.3 L'anima, dunque, comporta un morire al mondo
naturale, e in effetti l'immaginazione non è dissimile dalla trasformazio
ne digestiva. Per vivere con anima bisogna essere disposti a discendere
nelle profondità degli eventi, a lasciar morire la loro letteralità e le
nostre stesse reazioni letterali a favore di un'altra prospettiva, a vedere
il mondo come dal di sotto. Come Orfeo, possiamo cantare le nostre
gesta, avendo conosciuto il mondo infero attraverso una discesa.
52
Una particolare storia di discesa, spesso raccontata e interpretata, è
il viaggio dell'eroe che ripercorre il viaggio notturno del sole da ovest
a est, nelle acque dell'oceano, nel ventre di un grande pesce. Qui la
tomba sembra piuttosto come un grande utero ed è sperimentata come
uno stato di confusione, d'incertezza, di buio, di regressione, di immer
sione e di inquietudine riguardo alla futura attività, per seguire il pas
sivo contenimento del pesce. Una volta ho conosciuto un giovane che
diceva di non aver mai sentito parlare di questa storia del grande pesce,
nemmeno del racconto biblico di Giona e la balena. A quel tempo
stava attraversando un periodo di contatto tenue, appena sfiorato, con
il mondo esterno. Sembrava sul punto di abbandonare ogni tentativo
di affrontare le pressioni del mondo sociale, soprattutto il mondo della
sua famiglia, con le percosse e le umiliazioni alle quali il padre e i fratelli
lo sottoponevano regolarmente. Un giorno mi raccontò di aver fatto
uno strano sogno. Era stato ingoiato da un grosso pesce ed era rimasto
dentro il suo stomaco per un lungo periodo, fino a che era riuscito a
squarciarlo e uscire; dopo di che si era ritrovato in un paese sconosciu
to. La sofferenza aveva spinto quest'uomo verso il basso, verso le acque
sottostanti, verso il caos che precede la creazione,4 il regressivo ritorno
a uno stato precedente alle proprie origini, lontano dal mondo naturale
e giù nel profondo della geografia dell'anima. La fantasia ficiniana di
Ermes, il primo teologo, sembra aver avuto su di lui un effetto simile.
Ricominciando daccapo, con la fantasia, poteva creare nuove sintesi e
sentire di essere sempre in contatto con idee potenti ed efficaci.
Anche se la patologia e il dolore rivelano in modo duro, a volte
lacerante, l' anima,5 essa è percepita anche nella più ordinaria riso
nanza degli eventi quotidiani. Per esempio, quando si dà attenzione
(è questo uno dei significati della parola religione) a evidenti prodotti
del profondo - sogni, fantasie, desideri, stati d'animo, lapsus, e altre
espressioni non razionali, oppure, naturalmente, anche a decisioni,
programmi, spiegazioni, e sforzi, lotte - allora, anche nella vita da
svegli, nel pieno del fervore delle faccende quotidiane, si possono
sentire i riverberi. È come se la vita alla superficie avesse una camera
di risonanza, un sottostante mondo musicale, come la cassa cava di un
liuto, come il tubo che si trova sotto i chimes - quei grappoli di cam
panelli che risuonano mossi dal vento. C'è allora profondità, percepita
soggettivamente e riconosciuta dagli altri. La profondità dell'anima
diventa una qualità del carattere e della personalità.
53
L'anima, però, è più che una qualità del carattere umano. Quando
un individuo dotato d'immaginazione incontra il mondo, allora le cose
intorno a lui hanno anima. Si vede allora che quello che comunemen
te chiamiamo " realtà esterna" ha profondità e trasparenza. Niente è
soltanto ciò che appare. L'immaginazione umana è sempre all'opera,
anche se spesso sotto la soglia della consapevolezza, a fare metafore
di tutto. A volte questo gioco d'immaginazione assume una forma
piuttosto semplicistica e rasenta la superstizione. Quando vivevo in
Irlanda mi colpiva questo genere d 'immaginazione. A Tipperary c'è
una montagna che ha sul crinale come un grande foro dai contorni
irregolari; per i locali quello è il " Morso del diavolo" , un segno che il
diavolo aveva staccato un morso dalla montagna e aveva sputato un
grosso masso sulla pianura sottostante. Una volta stavo camminando
per una stradina di campagna nell'Ulster quando, in un campo, notai
un cerchio di alberi. Cominciai a dirigermi verso quell'anello di alberi
quando un vecchio venne verso di me e mi consigliò di stare lontano
da quel posto dove danzavano le fate.
Questi esempi sono la materia delle leggende e delle superstizioni,
e senza dubbio non sono queste le cose necessarie per un mondo
pervaso di anima. Eppure, questo lavoro d'immaginazione non molto
sottile mostra che fenomeni facilmente spiegati scientificamente e
riduttivamente da persone con una mentalità empirica possono anche
avere un carattere più fantasioso e, grazie alla fantasia delle leggende,
perfino una forma naturale così ovvia, come il crinale di una monta
gna, può rendere vivi sentimenti e paure umani.
Quando Ernst Cassirer definisce l'uomo come «un animale che
crea simboli», e quando Norman O. Brown conclude Corpo d'amore
con il laconico commento che «tutto è poesia», è facile dare un rapido
ma superficiale assenso intellettuale. Invece le implicazioni di queste
intuizioni sono piuttosto vaste. Implicano che durante tutto il giorno,
giorno dopo giorno, tutto ciò che facciamo, vediamo, tocchiamo ha
ben più che un'importanza pragmatica. Nel momento stesso che usia
mo un oggetto o parliamo con una qualsiasi persona, questi stanno
per essere trasformati, nella memoria, in metafore. L'amico con cui
parlo a pranzo, di notte compare in un sogno, ora non quell'amico,
ma un'immagine di un atteggiamento o di uno spirito dentro di me.6
Nell'immaginazione la percezione non è mai unidimensionale o a un
unico livello. Gli eventi hanno sempre un significato più profondo.
54
Quindi, nel nostro incontro con il mondo può non esserci una sepa
razione assoluta fra la nostra immaginazione e le persone e gli oggetti
che incontriamo come esistenti in una propria realtà. Sono proprio
quegli strati di significato e quelle matasse della memoria e della
fantasia in azione in ogni attività, a costruire quella profondità che io
chiamo anima. Come ha scritto J ames Hillman: «l fenomeni diventano
pieni di vita e trasmettono anima attraverso le nostre fantasie imma
ginative su di essi. Quando non abbiamo nessuna fantasia sul mondo,
allora il mondo è oggettivo, morto . . . [La fantasia] è un modo di essere
nel mondo e di restituire anima al mondo».7
Cerchiamo di essere chiari riguardo alla parola fantasia. La fantasia
consiste nelle immagini e nelle storie che abbiamo dentro di noi men
tre ci occupiamo delle nostre faccende quotidiane. Per esempio, un
insegnante in una classe può avere la fantasia di essere un padre per i
giovani che ha di fronte a sé. Oppure, cosa che a volte succede dawero,
l'insegnante può assaporare la fantasia di essere un piccolo dittatore, o
un oratore, o un attore. La fantasia è l'immagine, cosciente o inconscia,
che sta sotto il comportamento o che permea l'azione; ed è la fantasia
a dirci dawero le nostre aspettative o a spiegarci le soddisfazioni o le
frustrazioni che si provano nell'eseguire un'azione. Percependo le fan
tasie all'opera nella nostra vita, possiamo awicinarci alla profondità e
alla dimensione dell'anima.
Nel capitolo introduttivo de I pianeti, Ficino stabilisce una base
teoretica per la sua magia e medicina astrali, e lì sostiene che tutte le
cose hanno anima. Non c'è soltanto un'anima umana, fa notare, c'è
anche un'anima del mondo, che vivifica il corpo del mondo. E aggiun
ge un awertimento. « . . . e in vero ogni corpo è agevole oggetto per te di
percezione sensoriale, in questo perfettamente adeguato ai tuoi sensi,
ma è piuttosto denso e assai lontano nel suo genere dall'anima divi
nissima». In altre parole, afferrare semplicemente le cose del mondo
al livello della sensazione significa trascurare la loro dimensione di
anima. Naturalmente è possibile incontrare il corpo del mondo, le cose
materiali, come se non avessero anima. Ci vuole anima per percepire
l'anima. È abbastanza facile, per esempio, abbattere una sequoia per
costruire una casa - un'azione materiale per uno scopo materiale. Ma
ci vuole fantasia e immaginazione per vedere la sacralità della sequoia,
per rendersi conto della sua età, della sua vulnerabilità in una società
affamata di edifici materiali, e della sua naturale bellezza. Quando
55
lasciamo fluire le fantasie, allora la sacralità delle cose comuni torna
evidente. C'è dawero una relazione fra anima e religione, fra psicolo
gia e consapevolezza religiosa; infatti, senza la fantasia piena di anima,
tutto è profano e mondano: un mondo ridotto a servire da foraggio per
le nostre intenzioni pragmatiche. Con l'anima viene un intenso senso
di valore, una regolazione dei desideri, e il rispetto per le cose comuni,
perché esse hanno un grande impatto sullo spirito umano.
56
filosofia e confrontare interi sistemi di pensiero, ma il cui ragionare
sembra incompleto. Non c'è corpo nel loro pensiero, non c'è radica
mento a terra. Non voglio dire che il pensiero debba essere cosciente
mente connesso con il mondo pratico, ma il pensare può aver luogo in
una regione superiore che è molto distante da ciò che sappiamo essere
umano. Se c'è anima, la speculazione più rigorosa può avere corpo
e profondità. Può essere significativa a qualche livello differente da
quello puramente intellettuale.
D'altra parte, è noto che è facile vivere a livello del corpo ed
essere tagliati fuori dalle idee. Possiamo rispondere automaticamente
a bisogni fisici immediati o un po' rimossi, e mettere da parte le esi
genze della mente e dello spirito. Se la mente isolata è eccessivamente
conscia e razionale, il corpo separato è caratterizzato dall'inconscietà.
Possiamo essere molto attivi prendendoci cura del corpo, esercitando
una notevole intelligenza pratica, senza trarre beneficio dalle idee o
dai pensieri riguardo a cosa stiamo facendo, a cosa c'è dietro le nostre
azioni, a quali sono i nostri veri valori.
Non c'è bisogno di andare lontano per trovare un mondo senz'ani
ma. Ce l'abbiamo tutto intorno. Da una parte troviamo un evidente
materialismo nell'economia, nella politica, nei valori, nello stile di vita;
dall'altra vediamo un vasto sistema educativo per gente di tutte le età,
e un grande segmento di popolazione impegnato in istituzioni religiose.
E tuttavia, le due sfere sembrano separate, collegate soltanto quando
una serve ai limitati scopi dell'altra. Nelle università, le arti liberali, lo
studio di esplicite espressioni dell'anima, sono ridotte ai margini da
ipertrofiche scuole di carattere commerciale e tecnico. I giovani vanno
all'università soprattutto per il loro corpo - per ottenere un buon lavoro
e godere dei comfort materiali, che sono accessibili soltanto attraverso
un'istruzione professionale. In pochi si dedicano all'istruzione intellet
tuale, la maggior parte con l'intenzione di fare a loro volta l'insegnante.
È chiaro che quello che manca in tutti questi casi è il terzo fattore
mediatore, l'anima. Anche gli studi umanistici hanno intellettualizzato
l'anima fuori di sé, così che un sonetto di Shakespeare può essere sotto
posto alla dissezione dello storicismo, della critica letteraria o di un'ana
lisi simbolica priva di anima. Si penserebbe, o spererebbe, che almeno
nelle nostre scuole di istruzione superiore fosse possibile dedicare
maggiore attenzione all'anima, ma non è così. Al college, uno studente
si trova come sdoppiato: una mente imbottita di informazione in classe,
57
e un corpo freneticamente servito dalla vita sociale del campus.
Un'indicazione che un'analoga scissione è avvenuta anche nella vita
religiosa è la tendenza di certi sacerdoti, dotati di una mentalità psico
logica, a organizzare gruppi di allenamento alla sensibilità e di consa
pevolezza sensoriale. Nella religione, lo spirito, che ha sempre regnato
sovrano, facilmente cade nel suo opposto - la pura espressione fisica
dell'emozione. Non c' è niente di sbagliato né nell'esperienza spiritua
le, né nella consapevolezza sensoriale, ma quando sono così separate
fra loro, senza il beneficio della coscienza mediatrice dell'anima, allora
gli individui e le società si sentono alienati e scissi. La schizofrenia, il
termine psicopatologico che caratterizza questa generazione, ha molti
significati nel parlare comune; uno di questi è il senso di essere scissi,
fatti a pezzi, tagliati fuori da qualcosa - Dio solo sa cosa - che darebbe
senso alla nostra confusione e alla nostra strenua attività. Quel qualcosa
è l'anima, l'anello di congiunzione fra mente e corpo.
L'anima però non è semplicemente un fattore di collegamento, un
modo per tenere insieme mente e corpo, perché unisce anima e mate
ria in un modo tutto suo. Con il suo adattarsi a entrambi, con il suo
carattere da Giano, l'anima trae dalla mente e dal corpo qualità uniche,
creando un suo proprio "stile" . Invece che con il pensiero astratto e con
atti inconsci, l'anima si esprime con immagini, con sogni e con storie.
Questi hanno peso, un po' come l'intelligenza della mente, e hanno
corpo, un po' come la realtà fisica, ma sono differenti in un modo unico.
Un sogno viene percepito come molto simile alla vita da svegli, e tuttavia
è chiaramente meno sostanziale. È come se gli strati metaforici della vita
da svegli fossero stati privati del loro radicamento nella realtà e speri
mentati in se stessi. Le storie suonano come narrazioni di eventi reali,
e tuttavia possono non avere alcuna relazione con qualunque evento
storico. I sogni e le storie hanno significato, ma non chiaro e ordinato.
Anche i sentimenti fanno parte dell'anima, ma possono essere
disgiunti dalla fantasia, e allora sembra che siano nient'altro che
corpo. Nella terapia di gruppo, per esempio, è abbastanza facile susci
tare intensa emozione, e alcuni sentono terapeutico il risultato di tale
emozione. Ma "mettere in piazza i sentimenti" non è in sé un'attività
ricca di anima: può essere ottenuta senza introspezione, senza relazione
con il contenuto dell'emozione e senza connessione con le idee. È
interessante notare che molti psicologi che sostengono la " catarsi emo
tiva " manifestano anche un caratteristico anti-intellettualismo.
58
Tuttavia l'emozione è un fattore importante nella vita dell'anima.
Lo dice la parola stessa, l'emozione muove: come ha insegnato Jung,
l'emozione crea valori e ci muove all'azione, ma può essere anche
identificata come il movimento dell'anima stessa. In realtà emozione
e fantasia sono due facce della stessa medaglia. A volte possiamo pro
vare un'emozione senza aver alcuna idea di che si tratta, mentre altre
volte possiamo avere fantasie senza sentimento. Generalmente vanno
insieme, come nella memoria o nell'aspettativa, quando le immagini
del passato o del futuro portano con sé emozioni che sono piacevoli
o anche molto poco piacevoli. In ogni caso l'emozione insieme alla
fantasia ci trascina in una profonda riflessione e quindi verso l'anima.
Le arti possono o muoverei in un modo che ci fa sentire manipolati,
indotti alla paura, al sollievo o alla simpatia, oppure in un modo che ci
porta più in profondità nella riflessione, offrendoci ulteriore fantasia
per la nostra emozione. In un certo senso l'emozione è come il com
portamento: bisogna cogliere la fantasia che ci sta dietro per poterlo
cogliere nella sua interezza. L'emozione spicca come un segnale
dell'anima, ma per poter percepire la natura di quel segnale bisogna
riflettere sulle fantasie che contiene.
L'anima si manifesta, naturalmente, anche nelle relazioni nelle
quali mettiamo in scena le nostre fantasie. Sembra che l'anima non
possa sfuggire ai coinvolgimenti, agli alti e bassi dell'umana intimità,
senza tradire la sua stessa natura. L'anima si manifesta anche nei sin
tomi fisici della malattia, nel linguaggio del corpo e negli atteggiamenti
fisici. Il corpo può essere visto come l'espressione dell'anima, perché
è come la creta dello scultore. Il corpo umano rivela impercettibili
cambiamenti di forma che parlano dei movimenti dell'anima. Una
volta, una tranquilla signora, durante la terapia di gruppo, si picchiet
tava spesso delicatamente la gola con le dita. Un giorno il gruppo
intraprese un viaggio immaginario dentro il corpo, e dopo lei raccontò
di aver cercato di immaginarsi dentro il proprio stomaco ma di non
essere riuscita a passare dalla gola. Si era ritrovata lì, intrappolata
in quello stretto passaggio che era pieno di ostruzioni - vetri rotti,
mobilio, metallo e altri materiali taglienti. Non era potuta rimanervi a
lungo, sia pure nella fantasia, perché la gola aveva cominciato a farle
male. Successivamente, riflettendo su questa fantasia, parlò di ricordi
e di desideri associati alla sua famiglia, focalizzati soprattutto in un
dolore opprimente che sembrava fisso nella sua gola. Espresse la
59
speranza di riuscire, un giorno o l'altro, a guardare uno per uno quei
pezzi taglienti, di urlare fino a espellerli dalla sua gola, e aprirsi final
mente il passaggio verso il resto del corpo.
La psicologia è lo studio di tutte le cose dal punto di vista della
psiche. Questo è il significato etimologico e questo è il significato
tradizionale esposto da Ficino e dai suoi predecessori e seguaci.
Vedere una gola dolente semplicemente come una manifestazione
fisica, significa guardare il mondo, come dice Ficino, come se fosse
adatto solo ai nostri sensi. Ma possiamo guardare anche dal punto di
vista dell'anima - psicologicamente. Forse il problema che abbiamo
nell'elaborare un'efficace disciplina della psicologia - per non parlare
dell'alimentare un'autentica coscienza psicologica - sta nel fatto che
l'anima è così semplice e ovvia. Non siamo ancora sintonizzati con il
linguaggio dell'anima; non siamo a nostro agio con il pensiero meta
forico. Ci piace prendere la strada diretta dicendo che le cose sono
quello che sono, senza accorgerci che le cose non sono soltanto quello
che sono. Trascuriamo la ricchezza delle immagini tutto intorno a noi,
guardando soltanto i contenitori fisici di quelle immagini. Malgrado
la tecnologia estremamente complessa, ci sfuggono gli evidenti segni
dell'anima: un disturbo fisico, un animale in un sogno, una strega in
una fiaba, un dio nella mitologia, una lacrima di gioia e di tristezza, il
peso di piombo di una depressione. Ecco i segni dell'anima che aspet
tano di essere visti per quello che sono.
60
di una squadra di calcio sicura di sé, del liquido che si versa durante
un cocktail party, dello spirito (Zeitgeist) di un'epoca storica, di ciò
che ci muove all'azione - diciamo "mi ha mosso lo spirito" . Ma, cosa
più importante, e più disorientante, nella tradizione platonica e quindi
negli scritti di Ficino, noi identifichiamo lo spirito con la regione più
alta del triplice cosmo: corpo, anima e spirito. Questo ambito spirituale
è però un po' diverso da quello cui allude Ficino nel passo citato.
Negli scritti di Ficino lo spirito è un elemento essenziale per tutta
la vita psichica. È il fattore che spiega l'attività dell'anima nel mondo
materiale. Senza lo spirito non si può avere anima. Come l'anima è
l'anello di collegamento fra mente e corpo, lo spirito è il medium fra
anima e mondo. Come fa notare l'insigne storico del Rinascimento D.
P. Walker, il fondamentale concetto di spirito in Ficino è quello dei
primi medici, che lo concepivano come una sostanza sottile nel san
gue. Così scrive, citando direttamente Ficino: «Strumento di tal fatta
è proprio lo spirito, che dai medici è definito un vapore del sangue,
puro, sottile, caldo e chiaro. E generato dal calore stesso del cuore
traendolo dalla parte più sottile del sangue, vola al cervello; e lì se ne
serve continuamente l'animo per muovere i sensi, sia interni che ester
ni. E per questo motivo il sangue serve allo spirito, lo spirito ai sensi,
i sensi infine alla ragione».8
Lo spirito è come un vapore sottile, invisibile, quindi non dissimile
dallo spirito che viene fuori con le bollicine da un bicchiere di cham
pagne o che trabocca in una squadra di calcio: non si vede, ma può
essere facilmente percepito. Ne I pianeti Ficino cerca di trovare un
posto per lo spirito: «In sé, questo spirito è un un corpo sottilissimo,
quasi un non-corpo e quasi già-anima, e similmente, quasi non-anima
e quasi già-corpo. Nella sua virtù c'è pochissimo della natura terrena,
di più della natura acquea, più ancora di quella natura aerea, e infine
moltissimo di quella ignea e stellare». (I pianeti, 3 ).
Lo spirito può essere percepito con i sensi, ma non è qualcosa
di fisico. Per questa ragione non è preso troppo sul serio nel mondo
moderno. Rimandiamo tutti coloro che sono interessati a discernere lo
spirito ai circoli di religione esoterica. Tuttavia per Ficino lo spirito è
un fenomeno comune essenziale a tutta la vita. Se si dovesse attribuirgli
uno degli elementi costitutivi fondamentali dell'esistenza fisica e psichi
ca, questo non sarebbe decisamente la terra; gli si avvicinano un poco
l'acqua o l'aria, ma più di tutti il fuoco, il fuoco che costituisce le stelle.
61
È curioso che nella sua biografia Jung parli dei suoi tentativi gio
vanili di capire lo spirito: «Spirito, naturalmente, per me voleva dire
qualcosa di ineffabile, ma, in fondo, non essenzialmente diverso da
aria molto rarefatta».9 Anche dal linguaggio comune possiamo farci
l'idea che lo spirito sia come l'aria. Diciamo infatti che una persona
ha un' " aria" autorevole, e parliamo dell"' atmosfera" di un luogo, o
che circonda un evento. Questo è proprio nello "spirito" dello spirito.
Lo spirito può essere sentito come un'emanazione, una "sostanza"
sottile che emerge dai corpi e dalle situazioni. Una passeggiata nel folto
dei boschi trasmette uno spirito differente da quello generato da una
passeggiata per la strada principale di una grande città. Un film horror
ha uno spirito del tutto differente da una commedia di Peter Sellers.
Un fiore emana uno spirito diverso da quello di un'automobile.
Tutto questo può sembrare ovvio e di scarsa importanza, eppu
re Ficino costruisce tutto il suo sistema psicoterapeutico su questo
concetto di spirito. Egli credeva che per crescere l'anima ha bisogno
dello spirito, in tutte le sue varietà; per questo la cura e l'esercizio
psicologico comprendevano per lui una consapevole esposizione a vari
tipi di spirito. Per fare questo, naturalmente, bisogna essere capaci di
discernere le varietà di spirito, e poi fare uno sforzo cosciente di espor
si al tipo giusto. Anche se esistono innumerevoli generi di spirito, essi
possono essere ordinati intorno ai caratteri fondamentali dei pianeti.
Come dice Ficino, i pianeti emettono " raggi" di spirito specifici per
ciascuno di essi, e questi raggi sono assorbiti dagli oggetti nel mondo,
sia oggetti naturali, che fatti dalla mano dell'uomo. Allora, ogni sin
gola cosa con cui entriamo in contatto ci espone a una certa influenza
planetaria oppure ad un'altra. Via via che andiamo avanti nel vivere
consueto assorbiamo e assumiamo lo spirito di quel pianeta, magari
inconsci delle varietà di spirito.
Ficino parla dello spirito come dell'alimento dell'anima; attraverso
lo spirito l'anima si crea e si nutre continuamente. Tutto questo, come
lui dice, può avvenire naturalmente (inconsciamente), oppure per
arte, cioè con intenzione cosciente. Questo non vuoi dire che possia
mo forgiare la nostra vita psichica a nostro piacimento; il processo è
più indiretto, ma possiamo sviluppare una consapevolezza dell'anima,
un atteggiamento psicologico, con il quale possiamo cooperare con
il carattere della nostra vita psichica e indirettamente influenzarlo.
Possiamo nutrire l'anima e vivere in modo psicoterapeutico facendo
62
sì che la nostra vita rifletta il cielo. È questo che intende Ficino per
diventare più celesti possibile. Possiamo avere profondità e varietà,
movimento e forma, nel nostro mondo interiore. Possiamo avere pia
neti interiori, con tutti i benefici dello spirito che comportano, proprio
come ci sono i pianeti del cosmo esteriore.
Arriviamo qui al punto cruciale della psicologia astrologica fici
niana, la quale non è un superstizioso giocare con le carte del cielo
e i segni zodiacali, anche se questi hanno un posto nella pratica di
Ficino. Quello che invece è ancora più importante è che attraverso
una coscienza astrologica possiamo riconoscere la natura policentrica
della psiche e diventare consapevoli dell'impatto che oggetti ed eventi
anche minori hanno sulla vita spirituale dell'anima. I pianeti, i segni,
le case e gli aspetti dell'astrologia tecnica sono soltanto un mezzo per
immaginare le molteplici sfaccettature della psiche. Applicando alla
vita moderna le intuizioni di Ficino, questi aspetti tecnici possono
essere o non essere utilizzati. Per i paradigmi dell'anima e l'immagi
nativo discernimento degli spiriti ci si può rivolgere all'arte, ai sogni,
all'alchimia, alla religione, oppure alla psicologia stessa. Il punto
essenziale è fare connessioni fra l'esperienza quotidiana e la più pro
fonda vita dell'anima.
Per fare queste connessioni è necessario coltivare quella facoltà
negletta ma essenziale che è l'immaginazione. L'immaginazione con
sente una visione che penetra la superficie delle cose e coglie quei fat
tori che sono significativi per la psiche. Nell'immaginazione gli eventi
appaiono non soltanto nella loro particolarità o al livello dell'idea e
del concetto, ma si vede anche che contengono certe immagini impor
tanti per l'anima. Ficino ha riconosciuto l'importanza di quello che
chiamiamo immaginazione, ma nella sua teoria della conoscenza usa
termini differenti per descrivere questa facoltà.
63
tutte le disparate impressioni dei sensi. La parola di Ficino per imma
ginazione è idolum, un termine usato da Plotino. Negli scritti dei
Padri della Chiesa idolum ha il significato peggiorativo di " idolo " e ha
a che fare con l'idolatria. La radice greca è eidos, la stessa dell'"idea"
di Platone, che letteralmente significa immagine, sembianza, oppure
un'immagine riflessa nell'acqua o in uno specchio. È essenziale tenere
presente questo concetto di immagine nell'esaminare l'idea di imma
ginazione di Ficino.
Ficino divide così le funzioni dell'anima:
Mens Mente
Ratio Ragione
Fantasia
Idolum Percezione sensoriale
Potere nutritivo
64
Se ricordiamo l'"idolo " nell'idolum di Ficino e !"'immagine"
nell'immaginazione, avremo l'importante nocciolo di questa epistemo
logia: le immagini giocano un ruolo centrale nel nostro contatto con il
mondo, e l'idea che quando incontriamo qualcosa fuori di noi siamo
passivi o recettivi è contestata da Ficino. In ogni evento noi portiamo
un magazzino di immagini che vengono attivate dagli oggetti esterni.
Il mondo esterno agisce sulla nostra memoria, e la memoria colora
il modo in cui percepiamo il mondo; essa contiene i semi, le fanta
sie seminali con le quali intraprendiamo un'esperienza pienamente
umana. Sarebbe dunque un errore pensare che noi, come soggetti,
incontriamo un mondo morto come oggetto; c'è invece fra memoria
e fatto un dialogo reciprocamente efficace. I semi dell'immaginazione
trasformano un evento misurabile in un'esperienza soggettiva, il che
ha come risultato una certa coltivazione del mondo ma anche un
impatto sulla psiche che può essere nutriente oppure deprivante.
Come per mettere in evidenza il fatto che l'immaginazione è un
mondo in sé, che è differente dalla dimensione dell'Io e degli oggetti,
Ficino conserva l'antica idea di un corpo astrale o etereo. L'anima ha
un proprio veicolo più sottile del palese corpo fisico. Sferica nella sua
forma naturale, assume forma umana nell'individuo, e alla fine torna
sferica alla sua fonte. Ancora una volta, le immagini dei cerchi e della
sfericità suggeriscono che l'immaginazione è in qualche modo trans
umana; i suoi semi non sono limitati all'esperienza umana e certamen
te non alla vita dell'individuo. Ha un proprio corpo che non dipende
dalla vita del corpo umano.
La maggior parte delle psicologie riduce le immagini a dimensioni
personalistiche, sostenendo per esempio, che l'opera di un artista può
essere fatta risalire direttamente alla sua esperienza infantile o a un
successivo trauma. Una visione così riduttiva è però allettante, per
ché sembra abbastanza sensato che nei nostri " anni impressionabili "
- così dice il cliché mettiamo insieme i semi per la vita successiva.
-
65
infantile e ad avere pensieri di madre e di casa, o magari anche sogni
di bambini, possiamo vedere in questo non semplicemente il ritorno
di una memoria concreta, ma la presenza di un modello profondo,
ricorrente, appropriatamente immaginato come infantilismo ma non
necessariamente riferito alla personale esperienza dell'infanzia. Un
simile modello si potrebbe trovare in chiunque, negli animali e perfino
in altre parti della natura. La fantasia del bambino, in questo caso, ha
un'esistenza lontana dall'esistenza personale.
L'anima non è semplicemente un epifenomeno del corpo; ha
leggi e abitudini sue proprie, e le immagini che vediamo nella fanta
sia riflettono questa vita dell'anima, non la vita umana così come è
incarnata. Ficino dice molto con immagini piuttosto oscure: «Come
la luce della luna dentro una nube produce un chiarore, così l'anima
nel corpo astrale produce l' idolum, come una cometa la sua coda». 1 1
Le immagini nell'occhio della nostra mente si irradiano dall'attività
dell'anima, come i raggi di luna o la coda di una cometa. Intravedere le
immagini significa intravedere l'anima, i cui movimenti sono collegati
all'esperienza dell'Io ma distinti da essa. Si potrebbe dire che come le
nostre azioni rivelano il carattere dell'Io, così l'immaginazione e le sue
immagini parlano della natura dell'anima.
Dunque, l'anima nel pensiero di Ficino ha tre veicoli: il corpo, lo
spirito e l'immaginazione (idolum) . 12 Ciascuno di questi porta i movi
menti dell'anima, in ciascuno possiamo trovare le attività dell'anima.
C'è quindi un'importanza psicologica nello spirito che sentiamo pre
sente nella vita ordinaria, nel corpo umano e nel mondo materiale,
così come nei prodotti e nei processi dell'immaginazione. Questi sono
veicoli della psiche, anche se tendiamo a sottovalutare questo fatto. È
piuttosto facile ridurre l'immaginazione a estetica, il corpo e la materia
a " realtà oggettiva" , e lo spirito a credenze occasionalmente interes
santi ma essenzialmente esoteriche.
Dal momento che l'immaginazione è una facoltà dell'anima così
importante, Ficino la tiene ben presente anche nella sua "magia natu
rale" che consiste principalmente nel portare giù i raggi spirituali dei
pianeti attraverso il fare-immagini. Un immagine associata a quella dei
pianeti, per esempio un amuleto solare, ha il potere - dice Ficino - di
trasmettere all'individuo che lo usa il potere spirituale di quel pianeta.
Torneremo ancora su questo punto, ma adesso occupiamoci del ruolo
dell'immaginazione. Tenendo ben presenti le caratteristiche dei pianeti,
66
conoscendo le sfere della vita che essi " regolano" , e le immagini ad
essi associate, potremmo organizzare la vita in modo immaginativo.
Potremmo vedere più in profondità le fantasie che permeano l'espe
rienza e quindi percepire la vita dell'anima in modo più diretto.
Fondamentalmente, quello che propone Ficino come tecnica di psico
terapia è un'astrologica arte della memoria. B
Abbiamo visto che immaginazione e memoria sono inseparabili,
che le immagini della memoria giocano un ruolo attivo nel percepire
e comprendere l'importanza e il significato. Per Ficino la memoria
ha almeno due funzioni: in primo luogo, l'individuo è educato a
utilizzare dei mezzi pratici per ricordare le immagini fondamentali.
Amuleti, portafortuna, dipinti, poesie, cerimonie servono a ricordare
all'individuo le strutture fondamentali della vita. In secondo luogo, la
memoria può essere meno personale e più collettiva. Ricordando, per
esempio, la natura degli dèi e delle dee, noi teniamo in mente quelle
profonde sfere di significato. Da una parte la memoria è un imagistico
espediente mnemonico, dall'altra è un mezzo per stabilire connessioni
fra eventi distinti e modelli più ampi. Come ha spiegato Frances Yates
nel suo studio sull'arte rinascimentale della memoria, probabilmente
quest'arte era iniziata come una tecnica mnemonica utile nell'oratoria,
ma poi era diventata qualcosa di molto più profondo. Forse sareb
be utile ricordare la natura di questa arte nello studiare l'astrologia
di Ficino, che potrebbe essere vista non come una semplicistica e
ingenua credenza nell'influenza dei pianeti, ma come una tecnica per
vitalizzare l'immaginazione e la memoria. I segni e i pianeti dell'astro
logia forniscono un mezzo per ordinare l'esperienza e il movimento
interiore, proprio come ogni sistema di immagini potrebbe aiutarci a
guardare in trasparenza gli eventi alla superficie, in modo da vedere le
fantasie che hanno dietro. Per dirlo con le parole di Ficino: l'anima,
«quando è stimolata dalle immagini dei corpi, porta alla luce forme
che rimangono nascoste nei recessi della mente».14
Non sorprende, allora, che Ficino abbia avuto una notevole influ
enza sull'arte del suo tempo. Anche se non era noto come un imme
diato ammiratore o finanziatore di opere d'arte, le sue idee situavano
l'arte al centro della vita e non alla periferia. Nella sua filosofia, l'arte
non appare come divertimento o estetismo, ma come un mezzo per
nutrire l'anima, un'arte della memoria. Nello spirito de "l'arte per
l'arte " , magari critichiamo legittimamente quelle forme di arte, ancora
67
oggi praticate, in cui essa serve da propaganda o come espressione
ideologica, ma forse, al tempo stesso, collochiamo l'arte al di fuori di
quanto riguarda la vera qualità della vita. Seguendo le premesse di
Ficino, potremmo dire che l'arte serve un importante scopo psicolo
gico: nutre letteralmente l'anima, mantiene rifornita la sua memoria
archetipica e, infine, serve a dare ordine alla vita a livello psichico.
Naturalmente se ci accostiamo all'arte con un occhio superficiale,
con un occhio " adatto ai sensi " , ciò che vediamo non ha alcuna rela
zione con l'anima. Ci vuole anima per percepire lo psichi co. Dopo
aver consigliato i suoi pazienti su come fare immagini appropriate,
Ficino aggiunge un importante awertimento: «E non solo guardarla,
ma anche considerarla nel proprio animo». (l pianetz� 1 9 ) .
Riconoscere se stessi
68
carattere. 15 n nostro carattere, invece, è determinato, almeno in parte,
da alcuni fattori del Sé non egoici. È impossibile definire la natura di
questo daimon - si potrebbero esaminare le affermazioni del Socrate di
Platone, di Plutarco, Goethe, Rilke, Yeats, e di molti altri che hanno
parlato della loro relazione con una vitale fantasia interiore. Ma si può
riconoscere una necessità sia interiore che esteriore, sentita non soltan
to come destino ma anche, in un certo senso, come forza personale.
Questo daimon è spesso associato con le persone che vengono a trovarci
nei sogni - personizzazioni della realtà psichica irriducibile a concetti
o definizioni impersonali. Per Plutarco il daimon è come una stella che
galleggia al di sopra della terra, connessa all' anima.16 Il daimon risiede
nella testa, il locus della sua versione successiva latina, il genius.17
Se daimon ha a che fare con demonio, potrebbe essere che il dai
mon, come Satana, sia un avversario dell'Io. Quando il daimon sembra
benedire la vita dell'Io, compare come angelo; quando invece assume
il ruolo di avversario, è il diavolo. Ficino ci raccomanda di scoprire
la peculiare natura del nostro daimon. Nella Grecia antica, a volte
il daimon era chiamato " dio " , ma il daimon era un dio senza nome.
Dunque, il da imo n può essere nostro, un po' come l'angelo custode
della tradizione cristiana. Il daimon è uno spirito guida - amico o
avversario - che chiede una risposta. Per conoscere se stessi non basta
conoscere la propria storia e il proprio carattere personali, bisogna
anche essere capaci di riconoscere questo fattore demonico.
Il proprio daimon può essere sentito - come quello di Socrate -
come una voce interiore, oppure può essere meno definito: un bisogno
imperioso, un anelito, un desiderio profondo, una paura persistente,
un tema o un'immagine ricorrenti nei sogni, magari un daimon del
caso o dell'inganno come l'Ermes di Kerényi che gli fece trovare dei
libri abbandonati, prendere una strada o un treno sbagliati ma fortu
nati, e così via.
Non è necessario che il daimo n sia senza nome; anzi, nell'analisi
di Ficino, il proprio daimon potrebbe essere rappresentato come uno
degli arconti planetari, ed è qui che l'astrologia viene in aiuto dell'im
maginazione. Se un oroscopo non viene guardato come una guida let
terale al comportamento o come un soprannaturale ritratto della per
sonalità, può essere preso come un sistema simbolico che ci porta euri
sticamente a riflettere sull'identità e sul destino. In quest'ultimo caso,
la carta del cielo mette avanti certi pianeti perché ricevano particolare
69
attenzione: per la posizione, la sovranità o l'aspetto che hanno nello
zodiaco. Oggi, quando le persone si chiedono l'un l'altra di che segno
sono, non potrebbe essere che ci sia la sensazione che una persona
ha davvero un daimon, che c'è una necessità interiore alla quale deve
rispondere? Un significativo vantaggio psicologico che offre la carta
del cielo è il senso rituale di stabilire la propria unicità in uno scenario
cosmico. Il superare la difficoltà di trovare la latitudine e l'ora esatta,
il contattare i parenti, il verificare la corrispondenza dell'ora legale
e l'ora di guerra - tutte queste attività hanno un effetto psicologico
perché affinano un senso di unicità che non è semplicemente egoico,
anche se ovviamente potrebbe prendere quella forma. Ma ancora una
volta ci imbattiamo in quel parallelo, che è anche un paradosso, di
macrocosmo e microcosmo. Quando si mette in relazione la propria
nascita con i pianeti là fuori, non si sta forse stabilendo anche una
connessione con i pianeti dentro di noi e con quel vasto universo che
è la vita interiore?
Chiaramente il sistema astrologico non è un modo essenziale o
necessario per scoprire il proprio genius, ma è utile come un buon
modello, una buona metafora. Si potrebbe ottenere lo stesso scopo
facendo molta attenzione alle figure che compaiono nei sogni e alle
componenti non razionali della vita quotidiana. n daimon può tradire la
sua comparsa nelle fascinazioni e nelle proiezioni, o magari nelle paure.
Scoprire il proprio daimon e il proprio genius significa anche sco
prire la propria debolezza, il punto vulnerabile dell'anima; perché una
caratteristica generalmente riconosciuta di un dio o di un daimon è la
gelosia. Un dio, se può rappresentare il centro vitale di una definita
sfera della vita, come Venere con la sua sensualità, può però anche
stringere fra le braccia il suo devoto e impedirgli altre possibilità,
sottrarlo ad altre divinità. Questa era per Ficino la malattia, la vera
malattia dell'anima: essere sotto il dominio di un demone planetario,
prigionieri dell'abbraccio di un'unica gelosa divinità.
Nelle Baccanti di Euripide, a Penteo, il re conservatore, control
lante, repressivo, viene offerta una liberazione dal suo carattere ottun
dente attraverso Dioniso, il dio che scioglie e dismembra. Penteo,
però, passa dal suo precedente ruolo regale dispotico, all'identifica
zione con Dioniso. Finisce per essere completamente distrutto nella
sua nuova alleanza con una attraente ma terrificante divinità. E nel
dramma ritualistico di Peter Shaffer, Equus, il giovane Alan Strang
70
viene liberato dal dio Equus dal dominio dei suoi genitori, per essere
poi inghiottito dalla stessa divinità la cui gelosia non permetterà una
fugace relazione sessuale fra Alan e una simpatica ed equilibrata ragaz
za. Gli dei sono gelosi, pronti tutti ad assumere una presa monoteistica
sull'individuo.
Il nostro daimon, quindi, potrebbe fare la sua comparsa nella
nostra debolezza e nella nostra vulnerabilità, nel punto delicato della
paura e della preoccupazione. Ma naturalmente questo è il dono
dell'essere feriti: per scoprire il proprio genius bisogna essere recettivi
e attenti alle proprie vulnerabilità, e in esse trovare infine la forza.
Ovviamente questa psicologia è molto diversa da quelle che sostengo
no la forza dell'Io. Un lo veramente forte è un Io immaginativo, che
non deve occuparsi di difendersi ma che può cercare il proprio genius,
entrare in contatto e collaborare con le molteplici possibilità che il
daimon rappresenta e procura.
Costellare
71
statico e rigido. Nei suoi libri sulla salute, Ficino consiglia spesso di
guardarsi dai pericoli di Saturno, suggerendo, per esempio, di rivol
gersi a Juppiter per mitigare gli assalti inaridenti di Saturno. In parti
colare consiglia agli studiosi, il cui lavoro è largamente saturnino, di
trovare dei modi concreti per portare altri generi di spirito nella loro
vita. Allude alla pratica dei Pitagorici, che si erano impegnati in questo
tipo di sforzo psicologico: «l Pitagorici, che, temendo per loro assiduo
studio della filosofia la tirannia di Saturno, indossavano vesti bianche,
si dedicavano quotidianamente a suoni e canti gioviali e solari, e vive
vano moltissimo all'aria aperta».20
Un altro fattore che distingue la costellazione dalla compensazio
ne è la natura indiretta della prima. La compensazione è un 'attività
dell'Io, un tentativo di trovare armonia ed equilibrio. La costellazione
è un atto più immaginativo, che mira a realizzare nel proprio ambiente
psichico un cosmo di varietà e molteplicità. Come sa bene chi sia stato
depresso, non si può semplicemente " indossare una faccia contenta "
e sentirsi liberi da Saturno; e sicuramente in questo modo non si pos
sono ottenere i benefici della depressione. Lo scopo della costellazione
è fornire un ulteriore nutrimento spirituale; costellare significa fare
della propria coscienza " un cielo stellato " . Questo richiede una con
sapevolezza psicologica, nel senso di conoscere i molti fatti dell'anima,
di riconoscere negli oggetti e nelle attività quotidiani lo spirito che li
caratterizza, procurandosi così, psicologicamente, una cornucopia di
possibilità. Tutto questo richiede immaginazione e attenzione al livel
lo dell'ordinario, che è qualcosa di psicologico più che pragmatico.
Come risultato, per chi è psicologicamente sintonizzato, le singole
attività e le singole cose, di valore pratico scarso o nullo, diventano
assolutamente importanti. Una gita allo zoo, un'ora in giardino, perfi
no un venusiano film un po' lacrimoso potrebbe essere utile all'anima,
anche se magari interferisce con preoccupazioni pratiche pressanti.
Coltivare
72
dell'anima " , la costruzione di un ambiente progettato per l'anima,
una organizzazione della vita esteriore in modo che corrisponda alle
esigenze dell'anima. Un fattore di notevole importanza nel sistema
ficiniano è la consapevolezza dei valori psicologici insiti nel mondo
materiale. Per Ficino, infatti, la materia è spirituale, dal momento
che i vari oggetti materiali sono capaci di fornire quanti più possibili
tipi di spirito differenti, e quella varietà nutre l'anima. Per esempio,
nell'undicesimo capitolo de I pianeti, scrive riguardo allo spirito: «Alla
fine ogni spirito, poiché per la sua natura in un certo modo ignea, ed
aerea e luminosa e mobile, è simile alle luci e pertanto ai colori e alle
voci dell'aria e agli odori e ai moti dell'animo, proprio per mezzo di
queste cose viene mosso e formato immediatamente in entrambe le
parti " . Queste frasi suonano come una magia simpatetica, trattano
simile con simile. Ma qui c'è qualcosa di più che non la sola magia o,
quanto meno, si tratta di un genere di magia molto naturale.
Dal momento che lo spirito è sottile - sembra dire Ficino - come il
fuoco, la luce, l'aria, l'odore, il canto, allora le cose dell'ambiente che
hanno tali proprietà sottili e tale valore sono importanti fonti di spirito.
Dal modo in cui progettiamo le nostre città, agli abiti che indossia
mo, noi creiamo un ambiente con un particolare genere di spirito. Gli
abiti, per esempio, non solo riflettono qualcosa della natura dell'ani
ma, ma la nutrono anche con un particolare tipo di spirito. Quando
le nostre città sono pianificate in vista soltanto dell'ottimizzazione
della funzionalità e dei costi, ma senza la minima considerazione per
le qualità dell'anima, allora la psiche soffre. In architettura, spazi non
funzionali, nicchie e volte senza uno scopo pratico, possono tuttavia
giovare all'anima, e quindi, almeno a livello psicologico, essere di vera
importanza "funzionale" . Anche la decorazione è significativa per
l'anima - si pensi alle colonne e tutta la statuaria delle cattedrali del
Medio Evo, e ai colori e le forme di quell'architetto e urbanista così
altamente spirituale quale fu Paolo Soleri, che imprimono agli edifici
un carattere così peculiare.
All'opposto, qualche anno fa mi trovai a visitare la direzione di
un'importante istituzione finanziaria situata in un quartiere della
periferia di Chicago. Sembrava che quel posto fosse stato progettato
con grande impegno per escludere la molteplicità spirituale. Fuori e
dentro tutto era bianco - pareti, soffitti, corridoi. Per ordine del pre
sidente della società - mi fu detto - in giro non si vedeva un quadro,
73
una scultura, una fotografia, una pianta. Era un luogo dominato da un
unico spirito, come coperto da una mano di calce; un luogo costruito
e lasciato senza ornamenti, in funzione dei computer e di lavoratori
automatizzati, programmati. Non c'era anima perché non c'erano
colori, non c'erano curve, niente che potesse disturbare l'unico spirito
che era la sterilità.
L'anima si nutre di immagini perché le immagini sono la fonte
dello spirito. Certe immagini e certe caratteristiche spirituali sem
brano particolarmente importanti per la vita dell'anima. In uno degli
ultimi capitoli de I pianeti, Ficino descrive con molta cura l'immagine
più importante che una persona dovrebbe avere molto vicino, prefe
ribilmente in casa sua. È questa un'immagine dell'universo, magari
un ritratto astrologico dello zodiaco o dell'oroscopo. Ficino ci dice
quando iniziare a lavorare a quell'immagine e quali colori usare. Infine
osserva che una persona benedetta da una simile immagine andrà
fuori nel mondo consapevole della presenza dei dèmoni planetari
dietro ogni evento. Conclude questa descrizione con un interessante
commento: «Coloro che fanno immagini possono vedere queste cose».
Coloro che fanno immagini possono vedere attraverso il guscio,
altrimenti opaco, del mondo sensibile. Ma chi sono coloro che fanno
immagini? Artisti e architetti, musicisti e scultori? Sì, questi sono
importanti facitori-di-immagini per l'anima della società, artigiani la
cui rilevanza spirituale era un tempo talmente riconosciuta che veni
vano associati alle chiese e ai pastori dell'anima. Ma nella misura in
cui ciascuno di noi ha la capacità di immaginare e di ospitare fantasie,
anche noi siamo facitori-di-immagini. Anche noi possiamo adornare
il nostro corpo, la nostra casa e le nostre città in un modo che nutra
l'anima. A volte si dice che trasformiamo l'universo in cosmo quando
gli diamo ordine. Ma cosmo significa anche "ornamento " , ed è anche
ornando la nostra vita interiore ed esteriore che facciamo un cosmo,
un dominio per la vita psichica. Invece, nella stessa misura in cui
trascuriamo l'immaginazione e le immagini, subiamo l'abbandono
dell'anima e ci esponiamo alla sofferenza psichica.
Quello che Ficino descrive, allora, è il circolo dello spirito: il
nostro interesse per l'anima e per lo spirito si estende al mondo
materiale dove facciamo le nostre immagini, e queste, a loro volta,
nutrono lo spirito che le ha fatte. Ernst Cassirer, il noto storico della
filosofia rinascimentale, ha osservato questo circolo. Prima cita Ficino:
74
«È anche caratteristico della nostra anima interessarsi non solo del
proprio corpo, ma anche per tutti i corpi di tutte le cose terrestri e
per la terra stessa, per coltivarli e per promuoverli». E poi commenta:
«Questa coltivazione, questa " cultura" del mondo sensibile costituisce
un momento fondamentale e un compito fondamentale per lo spirito . . .
L o spirito discende al sensibile e al corporeo attraverso l'amore, e
l'amore lo risolleva fuori da questo ambito».21
Con tutto il nostro ubiquitario spirito di funzionalismo e di prag
matismo, e con il nostro interesse per il profitto e per il commercio,
nondimeno la cultura che costruiamo è anche una casa di immagini,
il volto e il canale efficace dello spirito. La domanda è questa: questo
spirito che produciamo o evochiamo, consciamente o inconsciamente,
è cibo vitale per l'anima oppure è una dieta insipida, che non nutre
veramente? Rispecchia e influenza l'anima in modo da sostenerla,
oppure è un'immagine e una fonte di malattia?
Chiesi a un gruppo di studenti universitari di osservare bene il loro
campus e i suoi edifici, dentro e fuori, e di riferire quello che trovavano.
Quale divinità pensavano che presiedesse la coscienza degli architetti
e dei designer? Si ricordi l'affermazione di Ficino secondo cui il dio
è una sfaccettatura dell'anima. Loro andarono e videro edifici di stile
greco e georgiano, che indicavano devozione a un passato idealizzato.
Videro un edificio dell'amministrazione concepito secondo una rigida
forma piramidale. Videro molte suddivisioni: college, scuole, divisioni,
dipartimenti. Videro delle aule - senza colori, senza quadri, banchi
scomodi, duri, disposti a file; videro insegnanti che stavano in cattedra a
dispensare informazione, a valutare e classificare. Videro molta analisi a
distanza, poco coinvolgimento concreto nelle materie discusse. Videro
edifici di pietra e un campus diviso col cemento in forme geometriche.
Tutti questi indizi indicavano un unico dio, Saturno.
Quando un'intera società o una sub-società, come l'istituzione
universitaria, è dominata da un 'unica struttura di coscienza, in que
sto caso da Saturno, la divinità fredda, pesante, distante, allora tutta
questa questa forma esteriore sembra naturale, l'unico modo in cui
può essere fatta. Ma pensiamo a un campus universitario la cui forma
sia ispirata dallo spirito di Venere, di Afrodite. Non sto dicendo che
sarebbe meglio, ai fini dell'apprendimento, ma sarebbe decisamente
differente. Non ci sarebbero lezioni aride o libri aridi se provenissero
da questa dea così umida. La crescita di nuove idee, nuove forme,
75
nuovi stili, sarebbe prevalente. La relazione, la sensualità, l'interesse
per la bellezza e per il comfort, per l'eleganza, la gentilezza, la cura
per il corpo e per le emozioni - sarebbero questi i benefici, e al tempo
stesso i problemi, di questo tipo di dominanza.
E così impariamo da un neoplatonico del quindicesimo secolo
l'importanza di un mondo materiale percepito e conformato in fun
zione del bene dell'anima. I suoi suggerimenti per la psicoterapia sono
ampi e includono la reintegrazione di un senso estetico fra gli interessi
principali della vita umana. Inoltre, le sue immagini astrologiche offro
no un modo unico per sviluppare una sensibilità religiosa, un modo
per immaginare gli dèi profondamente immanenti in ogni sfaccetta
tura e in ogni svolta dell'esperienza. Così aveva proclamato Talete,
l'antico filosofo ionio: «Il mondo intero è pieno di dèi». La psicologia
di Ficino echeggia questa affermazione e mette anche gli dèi al centro
dei bisogni e delle caratteristiche dell'anima. Ci presenta una curiosa
teologia psicologica e una psicologia teologica.
Le parole inglesi health e wealth, salute e ricchezza, vengono dalla
stessa radice. Per Ficino la salute psichica si raggiunge quando l'anima
gode la ricchezza dello spirito offerto dai molti dèi. L'anima è ricca
quando riflette nella sua struttura più intima il cielo notturno con la sua
lenta, costante, variegata, ritmica danza dei pianeti. La cultura indivi
duale e sociale ha una dimensione psicologica; è un'ecologia dell'anima.
Rivolgeremo adesso la nostra attenzione ai processi di quell' ecolo
gia - la dinamica di suscitare e mantenere la vita psichica attraverso i
procedimenti dell'alchimia psichi ca.
76
Capitolo 3 .
Salve et coagula. L'alchimia psichica
77
del misterioso, riflessi dei propri enigmi. È così che la nostra anima
può essere indotta a una paura paranoide o a un affascinato interesse
alla vista di uno straniero in un'auto che passa, e che l'oscuro cielo di
notte può suscitare fantasie di dischi volanti o di uno zodiaco di ani
mali e di divinità planetarie. Così anche per menti incontaminate dalla
conoscenza di atomi e di protoni, i colori, gli odori, i gusti e le visibili
trasformazioni delle sostanze chimiche scaldate e fermentate muovono
l'immaginazione. Le immagini dell'alchimia, secondo la visione di
Jung, sono un ritratto dell'anima nell'atto dell'immaginare.
Se si accetta l'ipotesi di Jung - e nei suoi scritti ci sono molte prove
a sostenerla - allora potremmo rivolgerei alla letteratura alchemica in
cerca di intuizioni psicologiche. Era questo lo scopo di Jung quando
per anni continuò a tradurre quei testi e a scervellarsi su passi difficili;
e sosteneva che per molti degli alchimisti i valori spirituali o psico
logici erano molto importanti: «Indubbiamente, per molti alchimisti
l'aspetto allegorico aveva una tal preminenza da farli vivere nella con
vinzione incrollabile di aver a che fare soltanto con corpi chimici. Ce
n 'erano però sempre altri ai quali ciò che importava nel loro lavoro di
laboratorio era il simbolo e il suo effetto psichico. Come risulta dai
testi, essi ne avevano piena coscienza, e in misura tale da bollare gli
ingenui cercatori d'oro, come bugiardi, imbroglioni e fuorviati».2
È un fatto psicologico generale che il lavoro dell'anima può aver
luogo, anche nel caso di un sistema e una tradizione così estesi, con o
senza autoconsapevolezza.
L'alchimia non è, tuttavia, semplicemente un'altra fonte, sia pure
inusuale, di conoscenza sulla psiche; ha prospettive e problemi suoi
propri, unici, e ill u mina una specifica dimensione della vita psichica.
Molti sistemi simbolici parlano dell'anima, ma non tutti si occupano
degli stessi temi.
Anche se ne I pianeti Ficino si riferisce raramente all'alchimia, la
natura dei suoi interessi, soprattutto le relazioni con corpo, anima e
intelletto, sono strettamente connessi con gli scopi dell'alchimia. Uno
dei principali obiettivi degli alchimisti era superare l'illusione che
l'intero mondo non fosse altro che una complicata mistura di materia
solida. Volevano ottenere una stabile coscienza della distinzione fra
mente, anima e corpo. Come dice l'alchimista Michael Meier: «l mae
stri di questa arte vogliono trasformare il quadrato in triangolo; il che
vuol dire che il loro lavoro mira a trasformare i quattro elementi della
78
natura materiale - terra, aria, fuoco e acqua - nei tre elementi dell'esi
stenza umana».3 Dal punto di vista alchemico, la vita psichica inizia con
la separazione - non la mera distinzione - di corpo, anima e spirito.
79
sono perduti anche i benefici che essa porta all'esperienza. Quando
l'anima è assente, spariscono i valori interiori, il senso di significato,
il senso di sé. Il lavoro fisico e intellettuale va avanti senza vitalità,
entusiasmo, sentimento; è privo di un senso di intrinseco scopo.
Senza l'anima, la relazione e il contatto con le persone soffrono. Le
nazioni, le città, le famiglie e i matrimoni mantengono l'apparenza
della coesione, ma senza anima manca un autentico coinvolgimento.
Naturalmente, spariscono anche i problemi che l'anima comporta:
complicazioni emozionali, sentimenti feriti, depressioni ed euforie
sospette, sofferenza e nostalgia. Senza anima passiamo attraverso le
aree affaccendate, affollate, del vivere quotidiano come "l'uomo in
bilico " , o come "lo straniero " che vede tutto questo come se stesse
accadendo dietro alle lastre di vetro di un museo. Fisicamente presen
te, perfino analiticamente attivo nella mente, è però psicologicamente
tagliato fuori, distante, non coinvolto, non toccato.
Nella psicologia ficiniana, come abbiamo visto, lo spirito è la
sostanza sottile che connette l'anima con il cosmo interiore e quello
esteriore. In presenza dell'anima, la sostanza spirituale è raccolta,
amplificata e accolta. La musica è un esempio: può essere ricevuta
come qualcosa di intellettuale, oppure a un livello sensoriale - quanti
più decibel, tanto meglio. Oppure, l'evanescenza spirituale di un
brano musicale può essere captata con le antenne dell'anima, nel
qual caso i decibel e l'abilità intellettuale possono trovar posto in un
ordine che dà senso al tutto. Le persone con anima lasciano trasparire
l'andare e venire dello spirito. Una persona con anima è una "presen
za " , ed è libera dalla rigidità e dalla difensività dell'Io; non è libera da
problemi ma sa dare all'anima uno spazio d'intervento nella sofferenza
o nel piacere. È interessante confrontare i maestri spirituali che si sono
persi nelle regioni eteree con quelli per i quali la disciplina spirituale è
stata un nutrimento per l'anima. Ma nemmeno gli intellettuali devono
apparire isolati nei freddi corridoi delle loro torri d'avorio. Con l'ani
ma, la casa dell'intelletto respira di vitalità e di comunicabilità.
L'anima può andare perduta anche nella psicoterapia. Quei viaggi
settimanali dall'analista dovrebbero essere fondati su una vera cura
per la psiche, e invece troppo spesso questa " attenzione psicologica "
finisce per essere non molto di più che un gioco mentale - un divertirsi
a scoprire il perché la vita è così difficile. La terapia intellettuale, priva
di anima, può andare avanti per sempre, perché le due persone non
80
esauriranno mai le ragioni dei comportamenti e dei sentimenti proble
matici. Eppure il paziente, se non lo psicoterapeuta, dovrebbe sapere
che tutte le ragioni del mondo non fanno differenza. Non succede
niente. Peggio ancora: la psicoterapia di questo genere, interessata più
all'intuizione intellettuale e all'applicazione di quell'intuizione alla vita
(senza l'anima a mediare), potrebbe " guarire" la persona proprio da
quei movimenti dell'anima che assicurano esistenza psichica.
Abbiamo già parlato dei modi in cui l'anima può essere trascura
ta e perduta in una psicoterapia che sia basata primariamente sulle
sensazioni - in tutti i sensi. L'effusione dei sentimenti è attraente per
l'anima perché l'anima ha un affetto per il corpo. Questo può dare
soddisfazione, ma non vuol dire che sia autenticamente psicologico.
Tutta questa confusione deriva da un problema alchemico, dal
tenere l'anima separata dal corpo e dallo spirito (mente) . Per tenere
ben presente questo punto, gli alchimisti avevano un interessante
motto: "Salve et coagula " ! È la preoccupazione alchemica di salvare
l'anima dalla fuga nello spirito e al tempo stesso di farla uscire dai con
fini del materialismo. L'alchimia si muove in due direzioni: spiritua
lizza ciò che altrimenti sarebbe denso e letterale, e concretizza ciò che
è eccessivamente intellettuale o spirituale. Parla a entrambi gli affetti
dell'anima. Un altro alchimista, Arnaldo da Villanova, sottolinea
questa duplice prospettiva e questo duplice scopo, anche se richiama
l'attenzione, come fece anche Ficino, sulla particolare importanza di
sciogliere le incrostazioni fisiche e letterali dell'anima: «Se i corpi non
diventano incorporei e gli spiriti corporei, non ci sarà alcun progresso.
Il vero inizio della nostra opera, allora, è la solubilizzazione del nostro
corpo, perché i corpi, se dissolti, diventano spirituali nella loro natura,
e allo stesso tempo, sono ancora più fissi nello spirito, anche se sono in
esso dissolti. Infatti, il dissolvimento del corp o significa la coagulazio
ne dello spirito, e viceversa; ciascuno rinuncia a qualcosa della propria
natura; s'incontrano a metà strada, e così diventano un'unica sostanza
inseparabile, come l'acqua mescolata all'acqua».6
Questo brano merita uno studio più attento perché esprime esatta
mente la regione intermedia della realtà psichica. L'opera alchemica,
dice Arnaldo da Villanova, inizia con la soluzione del nostro corpo. In
questo contesto, corpo può significare molte cose: l'attenzione esclu
siva a interessi fisici e materialistici, la tendenza al letteralismo nella
nostra comprensione degli eventi, oppure l'eccessivo coinvolgimento
81
con le difese e i progetti dell'Io. Come ha fatto notare Freud, l'Io è
un'estensione del corpo, un senso di identità non necessariamente
limitato, basato su una fantasia del corpo. Il primo compito in direzio
ne di un atteggiamento psicologico, in direzione del recupero dell'ani
ma, è sciogliere questi letteralismi estremi.
Arnaldo da Villanova ci assicura che quando questi interessi mate
rialistici sono disciolti e diventano più spirituali, non perdono corpo
del tutto. La solutio alchemica non deve comportare l'enantiodromia
eraclitea - un buttarsi nella problematica opposta. Nella solutio cia
scuno rinuncia a un po' della sua natura. Lo spirito prende corpo, il
corpo prende un po' di spirito. Le idee elevate perdono la loro astra
zione e la loro distanza e si manifestano psicologicamente come fanta
sie, desideri, interrogativi. Nella solutio, azioni e progetti si riposano e
da essi sgorgano i corrispondenti fattori psichici.
Nel linguaggio degli elementi, idee, aeree e progetti terreni si fon
dono in fantasie acquee. Nell'intermedio regno psicologico, spirito e
materia s'incontrano " come l'acqua mescolata all'acqua". Gli alchimi
sti conoscevano la connessione fra la loro solutio e l'acqua del batte
simo. Sapevano che l'acqua della psiche, non solo dissolve, ma forma
anche una matrice uterina dalla quale nasce qualcosa di nuovo. La
solutio alchemica comporta una fine e un inizio; è infatti un processo
di iniziazione a un diverso livello di comprensione e a una dimensione
di esperienza insolita.
Secondo gli alchimisti la solutio decompone la sostanza corporea
nelle sue parti, fino anche ai suoi atomi. Psicologicamente questo equi
vale a una suddivisione dell'esperienza letterale in fantasie e immagini.
Quando il nostro atteggiamento verso la nostra stessa esperienza passa
da un letteralismo e una fissità terrestri a una più acquea consape
volezza dei movimenti inconsci dell'anima, allora il comportamento
sembra meno solido e sostanziale. La differenza fra realtà e sogno si
riduce. La membrana superficiale della vita lascia il posto alla profon
dità, a un 'altra dimensione. Diventa evidente che le nostre azioni sono
tutte movimenti in uno psicodramma, in molti psicodrammi - i mondi
progettati con l'immaginazione, i set per i quali noi camminiamo abi
tati da personaggi i cui autori, almeno in parte, sono le nostre fantasie,
in parte l'immaginazione di altri, in parte qualcosa di assolutamente
misterioso. Nella nostra epoca così segnata dall'impronta di Freud,
è un truismo osservare che spesso sposiamo i nostri padri e le nostre
82
madri. Jung ha approfondito questa consapevolezza suggerendo che
ci accaniamo contro l'Ombra collettiva che rifiutiamo di riconoscere
come parte del nostro retaggio umano. Raccolse anche l'osservazione
di Freud notando che cerchiamo di unirei con le nostre anime alienate
sposando seducenti somiglianze e proiezioni. In realtà, tutte le nostre
azioni ci coinvolgono in temi e trame profondi e misteriosi. Il proces
so alchemico di tirar fuori l'anima dalla materia mira a mostrarci le
fantasie che sono coagulate nelle nostre azioni e nei nostri pensieri.
Una volta disciolte, queste vengono in superficie, nello schermo sul
quale scorgiamo i nostri sogni e le nostre reverie, e lì possiamo vedere
i personaggi e i motivi che animano le nostre vite. Gli alchimisti osser
vavano le reazioni chimiche che awenivano nelle loro storte e vedeva
no matrimoni mistici, draghi e pavoni, e scene del libro della Genesi.
Con un'introspezione più penetrante, anche noi possiamo scorgere
nella storta della nostra riflessività i personaggi, umani, superumani e
subumani, i temi e le storie mitici, e le devozioni e i rituali religiosi che
formano gli elementi della realtà sperimentata.
È proprio questo processo di riflessione a costruire la regione
intermedia dell'anima. Infatti, durante le reverie e lo stupore immagi
nativi, le aride idee su noi stessi e sul nostro mondo vengono inumidite
dalla relazione con la nostra vita interiore, e le abitudini del com
portamento perdono la loro rigidità e diventano più umide e fluide.
Nella riflessione psicologica mente e corpo hanno uno spazio dove
incontrarsi. Il quadrato della vita inconscia diventa il triangolo della
consapevolezza psichica.
Ma quali sono i vantaggi di questa " triangolazione del quadrato " ?
In primo luogo, questo atteggiamento psicologico ci fa uscire dal caro
sello del migliorarsi e dell'attivismo compulsivo. La maggior parte delle
persone si rivolge alla psicologia per cambiare. Vogliono che la vita sia
diversa, ma questa meta è raggiunta raramente, se non mai. Se una
persona consulta uno psicanalista perché è determinata a perseguire
una ricostruzione interiore, dovrebbe sapere che la classica posizione
freudiana sostiene che gli esseri umani abbastanza fortunati da essere
civilizzati, sono ipso facto nevrotici. Se questa persona consulta un com
portamentista può scoprire che un sintomo, come il mangiare troppo
o il fumo, può essere sradicato ma quello che rimane è un buco, uno
spazio vuoto dove prima era messa in scena una fantasia. Se va da uno
psicologo umanista e dirige i propri sforzi verso la crescita personale,
83
può scoprire che la crescita è soffocante, che per quanto pensi posi
tivo e stabilisca relazioni amorevoli, il dolore è sempre una parte
ineludibile dell'esperienza. Dall'altra parte, l'atteggiamento proposto
dall'alchimia offre "soltanto " un approfondimento dell'esperienza.
La persona diventa meno catturata e attratta verso la superficie degli
eventi e comincia a vedere in trasparenza verso gli strati più profondi.
Gli alchimisti erano lavoratori pazienti; un'alchimia dell'anima richie
de pazienza e sottigliezza nella valutazione. Le guarigioni sensazionali
non significano nulla. Nel processo alchemico, invece, c'è la libertà
dai nodi intellettuali che legano, dal moralismo psicologico e dalla
febbrile attività dell'Io associata al vivere " quadrato " .
L a solutio, ancora come il battesimo, comporta anche una pulizia,
una purificazione, un lavar via i detriti, che consente una più chiara
percezione dell'essenziale. Ne I pianeti, Ficino riferisce la purificazione
al processo psicologico di diventare celesti: « [L'uomo] riesce invero a
essere celeste, se si purifica dalle sozzure e da tutte quelle cose che gli
sono attaccate o sono dissimili dal cielo» (Cap. 4). Cosa potrebbe esser
ci in una persona di diverso dall'immagine riflessa nei pianeti e nelle
stelle? In primo luogo, nella nostra vita potrebbero esserci tanti di quei
detriti, non selezionati e non riflessi, che i movimenti dell'anima non
possono essere percepiti. I pianeti sono in continuo movimento, così
come lo sono le sfere dell'esistenza psichica rappresentate dai pianeti.
" In soluzione" i movimenti che hanno luogo nel profondo possono
essere percepiti e riconosciuti; cioè, quando alle fantasie è consentito di
fluire e la dimensione psichica riceve un po' di attenzione, proviamo un
senso di purgazione, come la rimozione di un blocco.
Ma la purificazione può aver luogo "mettendo le cose in ordi
ne" , non semplicemente rimuovendo le ostruzioni. L'interpretazione
comunemente sostenuta della " catarsi " aristotelica la vede come un far
venire fuori le emozioni. Secondo questa interpretazione, il dramma è
efficace perché, partecipando in modo vicario all'azione in scena, spe
rimentiamo emozioni - pietà e terrore - che sono state bloccate dentro
di noi. Ma letture di Aristotele più recenti spiegano la catarsi come
partecipazione al dramma con la quale otteniamo la prospettiva che ha
il drammaturgo sulla situazione di vita presentata e, con questo nuovo
punto di vista, i sentimenti e le fantasie implicati vengono " ripuliti" .7
Tornando al leitmoti/ ficiniano del cielo, possiamo dire che la catarsi
ha luogo quando ai molti dettagli dell'esperienza psichica vengono dati
84
dei punti focali e quando vengono riferiti a modelli come i disegni dello
zodiaco. Non si tratta di mettere il ordine la propria vita in modo egoi
stico, razionale, controllante; si tratta piuttosto di confrontare in modo
immaginativo la propria esperienza con immagini e modelli. Perché
leggere un romanzo, se non perché quella storia fornisce un nuovo
punto di vista sull'esperienza presente? Ancora una volta troviamo una
profonda connessione fra vitalità psichica e immaginazione.
Sublimazione/Condensazione
85
La sublimazione mira a un risultato simile allo scopo della solutio:
l'estrazione delle fantasie e dei sentimenti che giacciono coagulati nelle
azioni e nelle credenze letterali. Questa non è però il tipo di sublima
zione che Freud ha sviluppato nella psicanalisi. Per lui la sublimazione
è un innalzamento degli impulsi sessuali a un livello superiore, dove
l'istinto sessuale acquista un nuovo oggetto, ancora più importante per
la società. In alchimia la sublimazione non porta a un nuovo oggetto;
all'opposto, consentendo alle fantasie coagulate di sciogliersi e salire
alla consapevolezza, si scopre l'essenza già presente negli eventi lette
rali. Nessuna fuga dall'esperienza di questo mondo, ma i valori anima
insiti nel mondo vengono alla coscienza. Come pensava Eraclito:
«L'anima evapora da ciò che è umido». L'anima ha inizio nella solida
terra umida, l'ambito dell'esperienza ordinaria. Senza questo mondo
incarnato non può esserci anima. Ficino sviluppa questa idea nel suo
commento al Simposio di Platone - l'amore per le cose più elevate è
alimentato dall'amore per il mondo fisico. Un atteggiamento psicolo
gico non avviene attraverso la fuga dai grovigli e dai problemi, o dalle
gioie e dai piaceri, della vita ordinaria. Come le nubi, la psiche rimane
vicina alla terra ma non cementata nella terra. Ha l'umidità della neb
bia, del sentimento e della passione che non porta all'azione in modo
semplice, ma attraverso una profonda riflessione.
Scaldare, cuocere, bollire e arrostire sono metodi alchemici - let
terali e figurati. L'esperienza densa, solida, può essere cotta con il
pensiero e la riflessione fino a che i suoi elementi sottili, intrappolati
dentro, non ne escano. Sotto il calore della passione, gli aggrovigliati
problemi della vita salgono alla coscienza sotto forma di immagini e
di stati d'animo. Quando una persona lascia " bollire troppo a lungo"
le situazioni complicate o i progetti, la vita può diventare meno pro
duttiva ma i suoi valori di anima si fanno più profondi. In terapia, o
in qualunque situazione psicologicamente in movimento, ciò che era
rimasto stagnante e pesante comincia a ribollire. Ricordi del passato
dormienti salgono in superficie, e sentimenti prima tenuti coperti e
tranquilli si aprono un varco. Nel " punto caldo " del confronto con
temi in precedenza trascurati, ricordi e sentimenti cominciano a scio
gliersi e a muoversi. Quello che si era lasciato depositare come sedi
mento, causando pesantezza e immobilità, con il calore dell'attenzione
alchemica diventa instabile e destabilizzante.
Nei vari momenti della vita psichica sembra appropriato bollire,
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cuocere, arrostire, friggere, o semplicemente tenere al caldo. A volte una
fantasia ha bisogno di incubazione - di calore e di contenimento. n vaso
alchemico è stato visto al tempo stesso come utero e come tomba, luogo
di nascita e luogo di putrefazione, ma sempre luogo di contenimento. In
noi la storta è il vaso della memoria e dell'immaginazione, che trattiene
eventi e fantasie dove possono essere sottoposti al calore della passione
e del sentimento o alla lenta ebollizione del pensiero e della riflessione.
In questa storta gli eventi della vita si putrefanno, si decompongono,
perdono la loro forma letterale, ma fermentano anche, acquistando
sapore, piccantezza e corpo. Un buon cuoco della psiche conosce le
giuste combinazioni di temperatura e di tempo, quando lasciare le cose
sobbollire piano piano o quando portarle a rapida ebollizione.
Chiunque, però, conosca un po' l'alchimia, sa che quello che gli
alchimisti cuocevano nei loro forni e nelle loro provette non era carne
o patate. Le loro combinazioni somigliavano piuttosto agli intrugli che
fanno i bambini che mescolano insieme tutto quello che riescono a
trovare. L'alchimia comincia con un pasticcio, con immondizie e sco
rie, la massa confusa alchemica, lo sgradevole pasticcio che è la materia
grezza, la prima materia dell'aureo Sé.
In questo campo l'Io non aiuta molto, dato che preferisce l'ordine,
la pulizia. Per l'Io la pulizia si avvicina alla devozione. L'Io spende un
sacco di tempo e di energie a cercare di rendere ordinata la vita e a puli
re il sudiciume in cui inevitabilmente ci mettiamo. L'alchimia, invece,
un 'opera totalmente non egoica, suggerisce che la via che porta all'anima
passa attraverso il sudiciume; non intorno al sudiciume, o malgrado il
sudiciume. E secondo alcuni alchimisti, se non hai del sudiciume per
cominciare, faresti meglio a darti da fare per procurartelo. Potresti aver
bisogno di una fase di putre/actio, una parola che non ha bisogno di
traduzione o di spiegazione. In questi ultimi anni, la psicoterapia è stata
descritta come un "mettere insieme la propria merda" - un concetto deci
samente alchemico. E non la puoi mettere insieme, se prima non ce l'hai.
Naturalmente tutto questo, è incredibilmente grossolano per l'Io
- decisamente malsano e disgustoso. Ma anche certi consulenti e tera
peuti stanno cominciando ad accorgersi che le persone che hanno dav
vero bisogno di terapia non sono coloro la cui vita è un gran sudiciu
me, ma coloro che la confusione hanno cercato di evitarla e di coprirla.
J ung sosteneva che il sudiciume era necessario per la disciplina della
psicologia stessa: «Non ci deve quindi stupire il fatto che le indagini
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compiute nella nostra psiche abbiano dapprima l'aspetto di scavi com
piuti per scoprire la tubatura di una cloaca. Solo un grande idealista
come Freud poteva dedicare a questo poco piacevole lavoro l'attività
di tutta la sua vita. Non è lui che ha provocato il puzzo, ma noi tutti,
che per pura ignoranza e grossolana illusione ci riteniamo tanto puliti
e decenti. In tale modo la nostra scienza psicologica comincia a fare la
conoscenza con la nostra anima specialmente dal lato più repellente,
proprio quello che non vorremmo vedere».8
La sublimazione non è assolutamente un distogliere lo sguardo da
cose repulsive e piene di ombra; al contrario, la sublimazione comincia
con il riconoscimento di questa parte di umanità più bassa. È qui, dice
J ung, che inizia la conoscenza con la nostra Anima. La sublimazione
e la vaporizzazione delle fantasie attive nella nostra vita caotica sono
essenziali perché mantengono i processi nella prospettiva psichica.
Pare che, nella mente di molti, lo scopo della psicoterapia sia eliminare
la sporcizia, una volta per tutte, ma in una terapia influenzata dall'al
chimia, come è l'approccio ficiniano, i rifiuti della psiche ci saranno
sempre, disponibili all'incubazione e alla cottura - l'immancabile
materia prima per la creazione dell'Anima.
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dell'immortalità. L'alchimia, infatti, non è tutta putrida e disgustosa;
persegue le possibilità più elevate. Come dice Ficino, l'elisir è uno spi
rito estratto dall'oro, o da qualche altra sostanza preziosa, attraverso
un processo di sublimazione. Una volta estratto, può essere applicato
ad altre cose, e così si riproduce. L'elisir era anche conosciuto come
una panacea e come fonte di eterna giovinezza. L'elisir, quindi, è il
segreto dei segreti, la chiave per ogni creatività psichica. Nel primo
capitolo de I pianeti, Ficino dice molte cose sull'elisir, anche se lì lo
chiama " quintessenza" - l'elemento dello spirito che trascende i quat
tro elementi del mondo naturale: «Ma ricorda sempre che, come la
virtù della nostra anima si applica alle membra per mezzo dello spirito,
così la virtù dell'anima del mondo attraverso la quinta essenza, che è
presente e attiva ovunque come spirito dentro il corpo del mondo, si
distende sotto l'anima del mondo per tutte le cose, e infonde questa
virtù soprattutto a quelle realtà che hanno assorbito moltissimo dello
spirito di questo genere. Questa quinta essenza poi può essere assor
bita dentro di noi sempre di più, se uno avrà saputo separarla dagli
altri elementi con cui si trova mescolata, o almeno usare frequente le
cose in cui essa in modo particolare si trova abbondante e più pura;
come vino scelto, lo zucchero, il balsamo, l'oro, le pietre preziose, i
mirabolani, e le cose che profumano assai soavemente e risplendono,
ma specialmente le cose che in una natura sottile hanno una qualità
calda e umida e chiara; come è, oltre al vino, lo zucchero bianchissi
mo, soprattutto se vi avrai aggiunto dell'oro e dell'odore di cannella
e di rose».
Il segreto dell'elisir, effettivamente è abbastanza semplice: cir
condatevi di cose e immergetevi in attività che abbiano significato
spirituale il più possibile evidente. Bisogna ricordare che per Ficino lo
spirito è una sostanza sottile che promana dalle cose comuni, e infatti
i materiali che elenca sono tutti piuttosto solidi di per sé, ma emanano
anche una sottile fragranza o una luminosità. Quello che propone,
quindi, non è una ricerca di sviluppo spirituale al di fuori della vita
ordinaria, sulla cima di una montagna o in un monastero. L'essenziale
è avere la giusta prospettiva sulla vita stessa. In una lettera all'amico
Antonio Hivano, Ficino lamenta che l'anima sia quotidianamente ven
duta al corpo terreno, e che «accade che colui solo veramente viva, che
in questa vita dal suo falso affetto remotissimo si vive».9 L'immortalità
offerta da questo elisir dello spirito non è la vita fisica, o la vita dopo
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la morte, senza fine, ma la vita fuori dalla vita stessa, la vita dell'anima
che trascende la biografia personale e i limiti del tempo ordinario.
Possiamo considerare l'aceto, il vino e le pietre preziose o come
metodi concreti, come amuleti, per mantenere l'immaginazione viva nei
confronti della dimensione spirituale delle cose, oppure come metafore
per tutti quegli oggetti e quelle attività della vita che hanno un evidente
valore spirituale. Almeno in superficie, leggere un libro sarebbe un'atti
vità più spirituale che lavarsi i denti. La prescrizione di Ficino consiglia
di riempire la vita di attività chiaramente spirituali, poi portare quella
consapevolezza spirituale ad attività più grevi. L'atteggiamento spiri
tuale ottenuto attraverso l'arte, la lettura, la conversazione impegnativa,
il rituale, la celebrazione, il cameratismo, l'atletica, e altre attività "con
spirito" , è esso stesso l'elisir che può trasformare l'intera vita, rendendo
ogni cosa cibo per l'anima. L'elisir è elusivo perché non è una sostanza
ma una prospettiva. È una panacea in quanto questa prospettiva può
trasformare ogni cosa, e contiene il segreto per percepire la dimensione
immortale dietro tutti gli eventi mortali. L'elisir appartiene all'ambito
dell'anima, non è una cosa materiale.
La riflessione sull'elisir solleva un punto importante per certi psi
cologi di oggi, soprattutto quelli che non sono stati catturati dalla fan
tasia empirica e sperimentale il problema del rapporto fra religione
-
90
suo sforzo intellettuale per riconciliare l'anima del Platonismo con lo
spirito del Cristianesimo.
È evidente, allora, che certi principi alchemici giocano un ruolo
significativo nella teoria e nella terapia dell'anima di Ficino. Questi
princìpi tengono l'anima separata - anche se in contatto - dall'in
telletto e dal corpo, cioè dall'intellettualismo e dal materialismo. La
prospettiva alchemica afferma il valore delle faccende della vita più
comuni come materia prima per la realizzazione psichica. Dimostra
anche, da un altro punto di vista, la natura immanente dello spirituale,
e le dinamiche implicate fra le realtà spirituali e le realtà psichiche.
Aiuta a conservare una coscienza psichica, un'arena intermedia, uno
spazio vuoto per la riflessione e l'incubazione, una camera di risonan
za e, come la storta dell'alchimista, un teatro di immagini.
Questa sommaria descrizione dell'alchimia ci prepara anche a una
parte molto curiosa e affascinante del lavoro immaginativo della psico
logia di Ficino: la sua interpretazione psicologica dei quattro elementi.
Troviamo qui un 'ulteriore spiritualizzazione della materia e un'altra
risorsa per la creazione e l'accrescimento dell'anima.
91
Capitolo 4.
Gli elementi della psiche
92
sostanze psichiche, delimitando per la psiche un campo che va dagli
evidenti oggetti materiali al pensiero astratto. Ficino ci porta a imma
ginare un mondo intermedio che ha un proprio genere di corpo, ma
che è chiaramente più spirituale del mondo fisico.
Gli psicologi junghiani hanno una certa familiarità con un'inter
pretazione psicologica degli elementi naturali. Trasferiscono abitual
mente i termini tradizionali a un livello psicologico. La costituzione
psichica di una persona potrebbe essere mappata secondo gli elemen
ti: uno potrebbe essere dominante, un altro carente. Gli astrologi,
naturalmente, valutano la personalità anche secondo questi elementi,
poiché si immagina che ogni segno dello zodiaco abbia un carattere
elementare: Ariete/fuoco, Toro/terra, Gemelli/aria, Cancro/acqua, e
così via. Quindi, dal punto di vista psicologico, un individuo potrebbe
rivelare un eccesso dell'elemento aria - magari qualcuno estremamen
te intellettuale, pieno di idee, di schemi elevati, progetti e desideri
senza corpo e sostanza. Oppure, all'opposto, una persona potrebbe
mostrare forti caratteristiche di terra - immobile, fisso, conservatore,
pratico, magari un poco ottuso. Questi elementi non hanno un signi
ficato ultimo, metafisica, ma come immagine complessa servono l'im
maginazione nella sua esplorazione dei modelli psichici. Comprendere
le immagini di questi elementi talvolta aiuta anche a chiarire le imma
gini alla base dei sogni. Quando, per esempio, in un sogno appare
dell'acqua, potrebbe essere utile vederla come uno degli elementi
fondamentali che costituiscono il mondo psichico del sognatore . '
L'approccio d i Ficino è simile, in quanto egli utilizza l'idea di
applicare i quattro elementi alla psiche, ma cambia le immagini.
Terra Vino
Bacco
Acqua Aroma del vino
Aria Musica
Apollo
Fuoco Luce
93
è solido e sostanziale, in un certo senso, e tuttavia emana anche una
qualità invisibile. Il vino è certamente una sostanza, ma il suo effetto
è percepito nell'anima così come nel corpo. L'aroma del vino è sottile
ma anche inequivocabilmente percepibile. La musica sgorga da uno
strumento e la luce è chiaramente visibile, eppure sono entrambi
intangibili. Sono, queste, delle metafore per la dimensione psichica - il
mondo dello psichico è altrettanto reale e percettibile dell'aroma del
vino, eppure è soltanto sottile.
Ficino presenta i suoi quattro elementi non semplicemente come i
componenti fondamentali, i mattoni che costituiscono un mondo psi
chico o spirituale, ma anche come nutrimenti per la psiche. Così come
per soprawivere dobbiamo assumere e digerire il mondo fisico, allo
stesso modo questi elementi spirituali devono diventare cibo per l'ani
ma perché questa possa prosperare. Di nuovo, questo sembra essere
un concetto fondamentale, quasi scontato, eppure è un fatto ampia
mente diffuso che i valori personali e sociali semplicemente trascurino
questi bisogni sottili. Un esempio lampante è l'educazione: oggigiorno
si fa sempre più sentire la preoccupazione dei genitori per la forma
zione dei loro figli - il leggere, lo scrivere, l'aritmetica; e il governo
si dà molto da fare sui programmi per l'alimentazione scolastica. Ma
che ne è della psiche dei bambini? Si dà attenzione all'adattamento
sociale quando i problemi si manifestano, ma a questo punto sembra
una fantasia futuristica immaginare un sistema educativo prowisto
di gruppi di esperti sui processi dell'anima, e strutturato in modo da
prendersi cura dei bisogni psicologici profondi dei bambini. In questo
settore sono molto più avanti popolazioni che definiamo primitive,
che forniscono ai loro figli importanti ed efficaci riti di passaggio. Il
linguaggio di Ficino e tutto il suo approccio alla psicoterapia possono
apparire pittoreschi, datati e irrilevanti, ma sotto le sue immagini biz
zarre ci sono intuizioni importanti che in realtà parlano dawero alle
crisi personali e sociali di oggi.
Il vino
94
mente sintonizzati e " riforniti " , potremmo bere del nutrimento per
l'anima. Abbiamo visto che uno dei modi migliori per fare questo è
circondarci di fertili fonti di spirito. Uno degli ostacoli che troviamo
sulla via dello spirito, e che frustra la nostra " sete" di vitalità spirituale,
è la resistenza dell'Io.
Nella sua concezione più fluida e minimale, l'Io è semplicemente il
potere di azione di cui un individuo gode. Una persona ha un deside
rio e lo agisce all'esterno. Fritz Perls, il fondatore della terapia gestalti
ca, ha definito l'Io come il punto di contatto fra soggetto e oggetto, un
punto che esiste nel tempo solo momentaneamente. Ma chiaramente
l'Io è molto più che una funzione. Il senso del "me" comporta anche
una consapevolezza estremamente sensibile dell'individualità. Forse
hanno ragione i freudiani quando identificano l'Io come una proie
zione fantasmatica del corpo fisico. Ovviamente " io " sono contenuto
dentro una pelle; il mio corpo mi rende distinto e separato dalle altre
" cose" e dagli altri " io " . La fantasia dell'Io, così come comunemente
lo conosciamo, sembra avere lo scopo di sostenere quel senso di uni
cità, se non di superiorità. Quello che Freud chiamava "narcisismo" ,
la tendenza a rivolgere attenzione ed energia sull'Io, sembra essere una
causa di sofferenza talmente comune che si è tentati di etichettare il
senso di identità del ventesimo secolo come Io narcisistico. In amore,
in guerra, in politica, in mezzo a coinvolgenti progetti internazionali o
personali, è quasi percepibile un sussurro: " Come me la sto cavando?
Sono accettato? " .
Il ruolo ristretto dell'Io è rinforzato dalla storia personale. L ' " lo"
include tutte le realizzazioni e i fallimenti del passato. Nella storia
dell'Io vediamo le cause dei problemi attuali, e ci preoccupiamo
dello sviluppo futuro di questo lo. In realtà sembra esserci qualcosa
di essenzialmente conservativo nell'Io, così come lo conosciamo. È
abbastanza facile immaginare che abitudini e modi di un periodo ini
ziale restino gli stessi nella vecchiaia dell'Io. In un certo senso, sembra
che l'Io invecchi molto più velocemente del corpo fisico, tanto che
un decenne può dare l'impressione di un vecchio. Identificandosi con
l'esperienza del passato, l'individuo congela subito le sue possibilità,
limita la sua potenzialità a ciò che è provato e sperimentato. Anziché
moltiplicare le direzioni per la biografia personale, spesso l'Io, narci
sistico e difeso, mantiene una strada dritta e stretta. Non meraviglia
dunque che Io e anima sembrino non andare d'accordo.
95
Dal momento che l'Io è così spesso narcisistico e difensivo, quan
do fanno la loro comparsa fenomeni provenienti dal mondo esterno
o dal Sé più ampio, l'Io può sentirli come come una violazione e una
minaccia. L 'Io resiste ai movimenti dell'anima. La repressione non è
motivata semplicemente dalla sensibilità morale - l'Io teme il cam
biamento perché, per un senso dell "'Io" immobile, il cambiamento
è morte. In relazione all'Io, il cambiamento non è realmente trasfor
mazione ma semplicemente flessibilità. Se una persona è portata
all'ira nella sua anima, ma il suo modello dell'Io non consente questa
emozione, nasce il conflitto, e naturalmente l'Io può avere la meglio,
almeno momentaneamente. Se uno è incline alla tristezza, ma l'Io è
strutturato soltanto in vista della forza e del " tener duro " , allora a
quello spirito è impedita la vita della psiche. Alla fine però, sembra
che questi spiriti sprecati lascino le loro impronte inconsciamente
- nelle malattie, nelle compulsioni, nell'espressione del viso, nelle
ossessioni e nei sogni.
Questo Io, di cui stiamo parlando in modo troppo generico, non è
soltanto narcisistico, ma compare anche come una manifestazione del
Senex, un modello di coscienza che prenderemo in esame nel capitolo
su Saturno. Fondamentalmente, il Senex è una fantasia di regalità, di
senile governo su un regno in stato di guerra. Come atteggiamento
dell'anima, il Senex è freddo, distante, conservatore e rigido. Fra gli
studiosi, per esempio, l'atteggiamento Senex si rivela nel linguaggio.
Si sostiene uno " studio rigoroso " , una " logica rigorosa " , un " rigoroso
autocontrollo " , e anche "esercizio rigoroso " . Però, inestricabilmente
legato a tutto questo rigore del Senex c'è anche il rigar martis, l'irri
gidimento della morte così caratteristico di un Io segnato da questa
influenza.
Il rigar martis ci conduce al primo elemento nutritivo dello spirito
dello schema di Ficino, il vino. Non occorre una lunga ricerca per
trovare un accesso a questa immagine, soprattutto dal momento che
Ficino ci dà un importante indizio per interpretare gli elementi. Li
divide, infatti, secondo due dèi, che chiama fratelli. Bacco e Apollo.
I primi due elementi, naturalmente, sono quelli di Bacco - il greco
Dioniso - il dio, fra l'altro, del vino. Dioniso è il dio che muore e risor
ge, un riflesso dell'egiziano Osiride, adorato come dio degli Inferi; un
dio la cui caratteristica principale, che si ritrova nel suo mito e nella
vita dei suoi seguaci, è lo smembramento.
96
Dioniso è il dio dell"' essere fatti a pezzi" ; o, per dirlo in altro
modo, essere fatti a pezzi significa sperimentare il dio Dioniso.
Dioniso è l'uva schiacciata e fermentata per risorgere come vino, e il
vino è il dio assunto nel corpo, che ha effetto sull'anima. Un profon
do paradosso lo possiamo ritrovare nella natura della maggior parte
delle divinità, ma in Dioniso il paradosso è l'essenza. In Dioniso
morte e vita sono praticamente indistinguibili. Per sperimentare
l'affermazione dionisiaca della vita proclamata e personalmente vis
suta da Nietzsche, bisogna essere fatti a pezzi. Toccato dallo spirito
dionisiaco, l'Io prova lo stupore dell'ebbrezza e la sofferenza dello
smembramento, ma queste sono soltanto delle fasi nel processo di
ristabilimento della vita. La presa ferrea dell'lo si allenta con il vino
spirito dionisiaco - le giunture rigide sono oliate, il fragile collante che
tiene insieme la personalità unificata si scioglie, rivelando un'interna
molteplicità di possibilità insieme alle loro molto poco " rigorose"
virtù: l'ambiguità, il paradosso, la contraddizione, l'amoralità, l'ambi
valenza e l'incertezza.
Il vino, quindi, come immagine, è la risposta alla forte difensività
dell'Io narcisistico. Corrisponde all'elemento terra in natura, perché
nel mondo naturale la sostanza, la coesione e la stabilità formano un
vero fondamento. Nel regno psichico, invece, la nostra base deve esse
re fluida come il vino, e deve sostenere non la stabilità e la sicurezza,
ma la molteplicità e il movimento.
Mettendo l'elemento vino sotto la protezione di Dioniso, Ficino
rende chiaro che la follia e l'illogicità bacchiche sono fondamentali per
la psiche. Ma il carattere della coscienza dionisiaca è intricato e vasto,
e richiederebbe volumi di esposizione. Il ruolo moderno di Dioniso
possiamo trovarlo elaborato da molti autori importanti: naturalmente
Nietzsche, ma anche Norman O. Brown, Kiroly Kerényi, Walter
Otto, James Hillman, per nominarne soltanto alcuni.2 La modalità
dionisiaca descritta da questi autori serve da antidoto a quell'atteggia
mento eccessivamente mascolino - particolarmente apollineo e satur
nino - che pietrifica così tanto l'Io. Dire " sì " alla vita senza evitare la
morte e la sofferenza che la vita contiene, produce una risposta ebbra,
androgina, sensuale, polimodale.
Il motivo dello smembramento nella coscienza dionisiaca richiede
rebbe di essere esplorato maggiormente, cosa che rimandiamo ad altri
contesti per dedicarci a osservare più da vicino l'immagine ficiniana.
97
Il vino, che corrisponde all'elemento terra, è il corpo della psiche
e rappresenta le cose fisiche e sensoriali - il corpo sperimentato psi
cologicamente. Sia il vino che il suo dio sono stati a lungo associati
alla sensualità, essendo in stretto contatto con l'esistenza fisica. La
fisicità dionisiaca, anche se sperimentata nell'anima, è un attributo del
corpo concreto, non una qualche proiezione visiva del corpo. Isadora
Duncan ammetteva liberamente il ruolo che il dionisiaco aveva nella
sua vita, ma sentiva questo dio come una continua minaccia alla
sua sanità mentale; Dioniso è un'eccitazione dell'anima e del corpo,
un'eruzione della vita dalla sua fonte vibrante, una sferzata simultanea
da parte dei terrori e delle estasi della vita e della morte.
Il corpo è veramente una fonte fondamentale per le immagini della
psiche; è soltanto la nostra propensione per il visivo che ci induce
ad aspettarci che le immagini psichiche compaiano come dei quadri.
Un'immagine percepita pienamente è un'impressione sinestesica, per
usare un termine oggi preferito dagli educatori che si servono dell'arte.
Questo significa che un'immagine è una sensazione totale: percepita con
la vista, l'udito, il tatto, l'odorato e con l'intuizione. Il suono di una voce
familiare in mezzo a una folla estranea ne crea un'immagine. L'emozione
rende elettrico il tocco della mano di un innamorato e crea un'immagine
che non può essere ridotta a fattori fisici. Avere un fine-inverno molto
freddo, con tutti i relativi sentimenti, i ricordi, crea un'immagine com
plessa alla quale partecipiamo con il corpo e con l'anima.
Se una persona vuole sottovalutare certi fattori psicologici in azio
ne nella sua vita, probabilmente deve desensibilizzarsi nei confronti
del proprio corpo, perché il corpo è una cassa di risonanza psichica.
Al contrario, via via che si diventa più sensibili al corpo, sottili espres
sioni possono accrescere la consapevolezza dell'anima. Le tecniche
di consapevolezza sensoriale della psicologia umanistica, se non ven
gono confinate nel solo ambito fisico, possono servire da esercizi per
aumentare la percezione psicologica, ma la consapevolezza sensoriale
dovrebbe dirigerci più completamente verso l'immagine, non verso la
rozza sensazione. Un corpo ben sveglio non soltanto è utile per l'atti
vità mentale, ma è un corpo pronto all'immaginazione.
Un'altra caratteristica del vino, talmente semplice che è spesso
sottovalutata, è la capacità di dare piacere. Per Ficino, il piacere è una
capacità dell'anima straordinariamente importante, perché fa uscire
l'anima da un'attività costante. Il piacere interrompe i progetti dell'Io
98
e fa da ponte fra l'attività e la contemplazione. Il motto dei fiorentini
dell'Accademia platonica era "Laetus in praesens" , lieto nel presente.
Troviamo questa espressione nella corrispondenza di Ficino come for
mula di saluto, ed era anche scritta sulle pareti della villa di Careggi.
Il piacere, come un bicchiere di vino, dopo il duro lavoro, ferma il
mondo, preparando l'individuo a essere più recettivo nei confronti
delle sottili sfumature del suo ambiente che lo attirano verso la reverie
e verso la riflessione.
Il piacere, con la sua natura bacchica, interviene nei nostri progetti
e nei nostri tentativi. Il piacere è sospensione. Il piacere ci stuzzica a
scoprire chi siamo, invece di chi stiamo cercando di diventare. Laetus
in praesens. Il piacere porta il presente in primo piano. Essendo un dif
ferimento e una deviazione rispetto alle nostre prospettive e a i nostri
progetti dell'Io passati e futuri, provoca qualche distruzione e un
minimo di disturbo - quel tanto che basta per aprire la strada ai biso
gni dello spirito. Nel piacere il tempo rallenta. Nel lago dell'anima le
riflessioni si mettono a fuoco. Il piacere di non fare niente ci consente
un atteggiamento più ricettivo nei confronti della creatività dell'anima.
Naturalmente, concedersi una pausa per il piacere è una cosa
diversa dalla ricerca ego-maniacale del divertimento, dell'intratteni
mento. In origine intrattenimento significava "trattenere qualcosa" ,
inter-tenere; così parliamo di intrattenere delle idee o dei suggeri
menti. Alleato del piacere, il divertirsi vuol dire essere trattenuti
passivamente in una fantasia - per esempio, una partita di calcio o
un allegro spettacolo teatrale. Ma il contenitore dell'intrattenimento
in sé, generalmente scoraggia il tipo di movimento che i contenitori
possono offrire, i processi come la fermentazione e l'incubazione. Il
piacere non mira al raggiungimento di scopi e di realizzazioni, anzi,
il contrario: il piacere è un ulteriore incentivo a entrare in qualche
fantasia. D'altra parte, però, il divertimento, almeno nell'accezione
comune, è un modo di evitare l'anima. Questo non vuol dire che le
molte forme di divertimento, che hanno un ruolo così importante nella
vita moderna, non abbiano in sé anima, ma che il nostro modo di porci
nei confronti del divertimento può essere privo di anima. Di fatto, i
sentimenti che circondano la ricerca del divertimento spesso sem
brano esprimere l'inclinazione che l'anima ha per il corpo con il suo
potenziale di inconscietà. Il piacere è più in profondità: spacca l'ani
ma, la apre, mentre il divertimento la mantiene quietamente chiusa.
99
Il vino della psiche, quindi, offre un piacevole, sensuale, inebriante
smembramento dell'atteggiamento materialistico, costituendo così
una base per la partecipazione psicologica alla vita. Tutte quelle cose
e quelle attività che ci fanno uscire dal letteralismo, che riorientano
la mente logica, e che mettono una pausa ai progetti attivi, sono fatte
degli atomi di questo elemento vino. All'origine della prospettiva
psicologica c'è l'antico dio del vino, la divinità che abbraccia simulta
neamente vita e morte.
1 00
potrebbe immaginare che l'avere il vino sulla testa manterrebbe
quell'aroma con noi, e pienamente nella coscienza. Il vino, anche se
influisce sull'anima e, come si usa dire, "va alla testa " , è tuttavia piut
tosto pesante. L'aroma del vino, invece, è più adatto alla natura stessa
dell'anima - è invisibile eppure percettibile ed efficace.
Se l'elemento vino è un'immagine per quelle cose che rompono
le nostre prospettive letterali, l'aroma del vino raffigura quelle cose
più sottili che mantengono l'atteggiamento psicologico. L'aroma
potrebbe essere quelle fantasie e quei ricordi che awolgono oggetti e
azioni, come una fragranza; tenerli in mente ci tiene lontani dagli stessi
oggetti letterali. Se sappiamo, per esempio, che ogni volta che siamo
presi dalla smania di comprare delle cose, la fantasia che c'è dietro è
una ricerca di vitalità o un senso di potere, o di novità e di freschezza,
non ci sarebbe bisogno di letteralizzare quel desiderio nel modo in
cui si è fantasticato. Probabilmente è possibile restare al livello psico
logico e rispondere a quei bisogni della psiche in modo più diretto.
Quei bisogni assomigliano di più ai profumi, non sono così scontati e
sostanziali come il comportamento letterale. Uno schizzo di vino tiene
l'anima in mente.
Gli aromi e i profumi, come ci ricorda Cirlot, sono al tempo stesso
stimoli e simboli per la memoria, una facoltà dell'anima con la quale
ci imbattiamo di continuo.5 Come il profumo dei fiori o dell'incenso,
un aroma ci ricorda della recente presenza di un oggetto. L'oggetto
non c'è più, ma si è lasciato dietro una traccia. Nel mondo umano
un profumo è come un'impressione, un pensiero o un breve ricordo.
Anche più letteralmente, gli oggetti profumati hanno una relazione
con la memoria. È ben noto che gli odori hanno il misterioso potere
di richiamare alla memoria il ricordo di eventi a lungo dimenticati.
L'odore di un'aula può far rivivere immagini di anni passati, oppure
il profumo dell'aria aperta, dell'erba o del fieno appena tagliati, di
certi fiori, o anche l'odore di macchina e di benzina, sono tutte tracce
aromatiche che tirano fuori ricordi di piaceri dimenticati o di traumi
sepolti. Una data combinazione di cibo che cuoce sulla stufa può
rimandarci immediatamente a esperienze e sentimenti dell'infanzia
legati ai genitori, ai fratelli, alle sorelle.
Aprire lo scrigno dei ricordi personali è una dolce esperienza dio
nisiaca che scrosta via i confini del presente, lasciando entrare speran
ze e modi di essere che avevamo perduti. I mondi del passato, anche
101
se possono essere soltanto fantasie attuali del passato, irrompono in
un presente differente, rivelando magari quanto siano angusti oggi i
nostri pensieri. Valori trascurati, situazioni non portate a termine e
ideali dimenticati tornano a inebriare la sobrietà del presente. Queste
storie e queste immagini del passato hanno un aroma, uno spirito e un
tono che può nutrire l'anima. Sono profumi della psiche, un bouquet
che si forma con l'invecchiamento e con la lenta fermentazione. Sono
collegati alla cottura e alla fermentazione dei processi alchemici.
L'anima è nutrita dai ricordi perché questi sono la sostanza della
psiche. Sono eventi trasformati, dalla loro letteralità, in fantasia e sen
timento. Essi continuano ad avere il potere di muovere l'anima perché,
anche negli eventi concreti, è la fantasia alla quale noi partecipiamo
che sta muovendo la psiche. E non è soltanto la memoria personale a
dare fantasia agli eventi; è anche la "memoria " del modello di fondo
che sta dietro l'azione a condizionare la nostra esperienza psichica. Se,
nello sposare il " dolce amore " , una persona sta in realtà cercando di
entrare in contatto con la dolcezza del proprio cuore e della propria
anima, allora è proprio quella fantasia a muovere e travolgere. Queste
fantasie fluiscono come correnti attraverso l'immaginazione e sono
responsabili delle vicissitudini dell'esperienza psichica. In altre parole,
è il profumo degli eventi che sospinge il loro cammino verso l'anima,
non la concretezza degli eventi. I valori psichici implicano una sorta di
morte all'esperienza letterale. Come abbiamo già notato, il mondo della
psiche è un mondo infero rispetto al mondo dei significati di superficie.
Per i Greci, la psiche esiste nel mondo infero, e nell'immaginazione
popolare gli abitanti di questo mondo infero sono spiriti. W.B. Yeats,
scrivendo con la tipica sensibilità irlandese per il mondo degli spettri,
collega gli spiriti al profumo del vino, riecheggiando in modo alquanto
diretto l'immagine di Ficino.
1 02
Ecco il punto: l'elemento della psiche è così sottile, affinato dalla
morte, che gusta l'alito del vino mentre noi, nei nostri corpi non psi
cologizzati, per usare un'espressione poco elegante, preferiamo il vino
tutto intero. Noi preferiamo, tipicamente, l'esperienza semplice o, al
massimo, questioni di causa ed effetto, mentre lo spirito - la psiche
- si nutre nel modo migliore con immagini e fantasie. Giocando con
le parole si potrebbe dire che Ficino suscita il recupero di un senso
negletto, una consapevolezza olfattiva usata per estrarre "profumi" da
questo mondo.
La musica
1 03
abbia ingresso facile allo spirito della persona. Ma oltre a questo, dice
Ficino, la musica è il prodotto della mente, dell'immaginazione e del
sentimento, e quindi stimola facilmente queste stesse facoltà in chi
ascolta. La musica è molto adatta all'anima per molti versi.
I filosofi, i teologi e i musicologi del Medioevo e del Rinascimento
distinguevano tre generi di musica: musica mundana, musica humana
e musica instrumentalis. Il primo tipo di musica credevano che fosse
creata dai movimenti dell'universo stesso: i movimenti continui, lenti e
ritmici dei pianeti e delle stelle, l'andare e venire delle stagioni, e così
via. In modo analogo immaginavano la musica humana, i movimenti
del macrocosmo riflessi nell'anima umana. I teologi, soprattutto quelli
influenzati da Sant'Agostino, identificavano come musica i modelli
delle virtù e delle altre qualità spirituali dentro la psiche umana.
L'ultima, e la meno importante di tutte, era la musica instrumentalis,
quella che conosciamo oggi come musica, accordi e melodie suonati
su degli strumenti, o cantati.
L'elemento psicologico della musica, di cui ci occupiamo in questa
sede, è chiaramente un esempio di musica humana, ma per compren
derne il significato sarà necessario accennare alla musica del suono.
Da una parte, Ficino era interessato a utilizzare i suoni della musica
per influenzare l'anima. La musica era un 'altra arte della memoria o
dell'immaginazione, un modo per far entrare l'anima in contatto con
vari tipi di spirito, ma in un altro senso, per Ficino la musica era una
qualità dell'anima stessa, un fattore elementare nella sua costituzione,
parallelo in natura all'elemento aria.
Potremmo iniziare a esaminare questo elemento indagando nella
sua natura specifica - in che modo questa arte è differente dalle altre?
Quali sono alcune caratteristiche particolari, comuni sia ai suoni della
musica che all'anima?
Uno dei poteri più sorprendenti della musica è la sua capacità di pro
durre un'immagine multzdimensionale. Abbiamo già parlato della natura
sinestesica di alcune immagini, di come siano formate da diverse impres
sioni sensoriali. L'impressione totale prodotta da un brano di musica ha
dimensioni di spazio e tempo qualificate da uno spirito o un'atmosfera
specifici, un senso di movimento altamente qualificato, con l'emozione
che gli si accompagna. Ha anche, naturalmente, una struttura intricata
che attrae l'intelletto. L'unica cosa che la musica in sé non produce è
un'immagine visiva, un fattore che ha sia vantaggi che svantaggi.
1 04
L'immagine multidimensionale prodotta dalla musica corrisponde
al genere di fantasia che agisce nelle situazioni umane ordinarie. In
ogni situazione in cui ci troviamo nell'arco della giornata, rispondiamo
in modo psicologico non semplicemente a un'impressione visiva, ma
all'ambiente totale che colpisce la nostra immaginazione. Ci si aspetta
che due persone nella stessa situazione abbiano reazioni psichiche dif
ferenti perché, anche se le condizioni ambientali sono le stesse, sono
però contenute in immagini differenti. Naturalmente, alcune situa
zioni suscitano impressioni tipiche sulla maggior parte delle persone:
una cattedrale o un campo di calcio ci si aspetta che creino la stessa
reazione nella maggior parte delle persone. Essere seduti in uno studio
medico situa invece l'anima all'interno di un'immagine multidimensio
nale: il silenzio, i camici bianchi, l'aria di efficienza e professionalità,
un misterioso labirinto di uffici e di ambulatori, luccicanti strumenti
color argento associati al dolore e all'aprire il corpo, ricordi di visite e
problemi del passato, un flusso continuo di aspettative - tutte cose che
concorrono a formare l'immagine che produce un influsso sull'anima.
La musica ha l'insolita capacità di creare una simile immagine multi
dimensionale, e quindi è differente dalle arti puramente visive come
la pittura e la scultura (includendo nella scultura il tatto ) . Anche altre
arti, naturalmente, come il teatro e la danza, creano immagini com
plete, e quindi dovremo indagare ulteriormente per scoprire qual è la
caratteristica unica della musica.
Quello che ha di speciale la musica è che può produrre una ricca
immagine priva di contenuto visivo, e poiché le impressioni visive
sono strettamente legate al linguaggio e possono essere del tutto
specifiche, la musica è per sua natura piuttosto ambigua. È difficile,
per non dire impossibile, e probabilmente non desiderabile, produrre
musicalmente un concreto, specifico significato o referente. Qualche
volta i compositori provano a suscitare nell'ascoltatore un'impressione
visiva mediante l'uso di un titolo, di un sottotitolo, o di un'imitazione
con il suono. Anche gli psicologi utilizzano la musica come un mezzo
per innescare impressioni visive nelle persone. Ma quest'uso program
matico e terapeutico della musica non è altro che questo: rendere utile
la musica. Non è questa però la natura intrinseca dell'espressione
musicale.
La musica induce l'ascoltatore in primo luogo alla contemplazione
delle qualità del tempo, creando allo stesso tempo, come dice Susanne
1 05
Langer, una secondaria illusione di spazio.8 I termini musicali ci
danno un'idea delle qualità del tempo percepito che la musica crea e
riflette: la musica ha movimenti, episodi, motivi, contrappunti, scale e
modi, melodie, armonie, fughe e fantasie. Le emozioni del suo movi
mento dipendono da esposizioni, elaborazioni, riprese, tensioni, acmi
e cadenze. In generale, quindi, la musica distoglie dal contenuto spe
cifico individuale per ritrarre i modelli dinamici della vita e dell'anima.
Nella musica possiamo ascoltare le dinamiche dei movimenti psi
chici e sentire le emozioni ad essi collegate. La musica, allora, offre
una sorta di catarsi, come abbiamo già detto, un modo per aiutare
l'immaginazione a sistemare e trovare l'ordine o il modello nell'espe
rienza. I termini che si usano per la musica, si potrebbero facilmente
applicare anche all'anima, tanto che la teoria della musica è essa stessa
per la psiche un potenziale sistema di immagini archetipale. Come
la musica, la vita è fatta di episodi e di motivi; questi sono basati su
scale e modi (modelli che esploreremo in un capitolo successivo) più
universali; contrappunti e armonie riempiono la vita così come fanno
acmi e cadenze, e infine le melodie corrispondono alle nostre storie
personali uniche - quello che Jung chiamerebbe un processo d'indi
viduazione costruito su materiali collettivi. È difficile, allora, dire cosa
viene prima, se la musica dell'anima o la musica nel suono. In quest'ul
tima riconosciamo la musica della prima, o, come dice lo stesso Ficino:
«Attraverso gli orecchi l'anima raccoglie armonie e ritmi dolcissimi, e
da quelle immagini è esortata e indotta a considerare la divina musica
con una sensibilità della mente più acuta e profonda».9
Ficino colloca la musica fra gli elementi apollinei. Secondo l'Inno
omerico a Ermes, Apollo imparò quell'arte da Ermes bambino. La
musica, quindi, anche in mani apollinee, è una sorta di ermeneutica,
un modo di interpretare la vita, a metà strada fra la cieca esperienza e
la distaccata spiegazione. Ma la musica allontana dal contenuto con
creto, la materia individuale dell'anima, ed è per quella ragione giusta
mente entro il dominio di Apollo, " colui che colpisce lontano" . Se non
nel periodo classico, almeno nella letteratura moderna la coscienza
apollinea è alta nel cielo, lontana dall'azione, in modo da raggiungere
una prospettiva ampia. Differisce dalla coscienza dionisiaca in quanto
mantiene la distanza dal concreto. Tuttavia l'apollinea arte della musi
ca, anche se interpretativa dei fattori dinamici della vita sperimentata,
non è così astratta da non essere coinvolgente. Anzi, l'immagine pro-
1 06
dotta dalla musica è straordinaria proprio per la sua singolare capacità
di trattenere al suo interno l'attenzione di chi ascolta. L'ascoltatore
non può mettersi distante - come si fa con un quadro - e analizzare. I
professori e gli studenti di musica lo fanno come strategia pedagogica,
ma anche loro, quando ascoltano veramente la musica, devono !asciar
sene assorbire. Si è dentro l'immagine, non fuori di essa. 1 0
Non tutta la musica però è apollinea: in realtà pare che ci sia una
contesa archetipica fra coloro che preferiscono la musica apollinea a
quella di Dioniso, di Pan o di qualche altro dio o dea. La musica di
Apollo è per natura sottile e spirituale, ma tuttavia eccitante e toccan
te, e offre tutti i vantaggi psicologici che abbiamo visto. Bach scrisse
una cantata sul tema della gara fra Apollo e Pan, mostrando con il
testo e con la musica il diverso carattere dei due. Alla fine Apollo vince
la competizione e il giudice dichiara: «Febo, la tua melodia è nata dalla
grazia stessa. E colui che comprende questa arte, vi si può perdere».
Al nostro orecchio, la musica di Apollo interpreta i modelli della vita
via via che si muove nel tempo, ma ci trasporta dentro di sé, facendoci
sentire non solo le varie mescolanze di tempo e movimento, la ten
sione e la liberazione, ma anche i sentimenti e le fantasie percepite in
profondità che sono associati a quei movimenti. La musica del suono
incontra se stessa nella musica dell'anima.
Se l'anima si nutre, come nell'aroma del vino, di concrete fantasie
visive dei modelli che giacciono sotto l'esperienza di superficie, a un
livello più alto si alimenta dello spirito della sua stessa musica. Per
dirlo in modo più chiaro, noi miglioriamo psicologicamente quando
percepiamo i vari modelli della vita dell'anima astratti dal contenuto.
Quando sentiamo ritmi veloci e lenti, tensioni e cadenze, dissonanza e
consonanza, siamo nutriti psicologicamente perché la nostra coscienza
e la nostra partecipazione a queste realtà della nostra vita interiore si
approfondiscono e si differenziano. Per riuscire a sentire questo livello
di vita dobbiamo allontanarci dal contenuto, dagli specifici problemi
della vita e anche dagli specifici temi ricorrenti, in modo da poter
percepire la dinamica della vita in sé. Per questa ragione la metafora
uditiva è più appropriata di quella visiva, e l'astrazione apollinea, nel
senso descritto, rappresenta una funzione psicologica significativa.
Nel 1473 , in una lettera a Francesco Musano, Ficino cerca di tran
quillizzare la mente dell'amico riguardo al suo interesse per la musica
e per l'anima. Così scriveva: «Non vi maravigliate M. Francesco, che
1 07
io mescoli hora la medicina e'l canto con li studii de la Teologia. Vi
devreste pur ricordare, essendo voi dato a la filosofia, che la natura ha
in noi congiunto il corpo e lo spirito con l'anima. E non è dubbio che il
corpo si cura con li remedii de la medicina, e lo spirito che altro non è
che uno aereo vapore di sangue e un certo legame del corpo e de l'ani
ma, si tempera ancora e si nutrisce con gli spiriti aerei, e con gli suoni e
con gli canti; l'anima finalmente come divina, con gli divini misterii de
la Teologia si purga. Appresso la natura si truova un certo composto,
fatto d'anima, di corpo, e di spirito, e appresso gli Sacerdoti d'Egitto,
era una medesima facultà quella che de le medicine, de i canti, e de i
misterii sacri haveva cura . . . Laetus impraesens». I l
.
La luce
Ficino era fortemente colpito dalla volta del cielo distesa sopra
la sua vita di giorno e di notte; tutto quello che accadeva, lo vedeva
in relazione con quel cielo - potremmo dire, alla "luce" del cielo.
Secondo lui la dignità umana era dovuta infatti alla luce dei cieli.
Attraverso la partecipazione a quella luce noi abbiamo conoscenza
delle cose del nostro mondo e di noi stessi, perchè la luce è conoscen
za. Nel suo saggio sulla luce, De lumine, egli rovescia questa espressio-
1 08
ne e ci dà un cenno sulla natura della luce: la luce della ragione, egli
scrive, è la ragione della luce.12 La luce viene prima, poi viene la nostra
intelligenza, perché le nostre capacità di ragionare sono soltanto una
partecipazione a un'intelligenza superiore.
Se prendiamo l'espressione nel suo ordine consueto, "la luce
della ragione" , saremmo obbligati a concludere questo discorso sugli
elementi dello spirito dalla dubbia vetta della razionalità umana, una
conclusione non certo adeguata ai misteri dionisiaci e all'ermeneutica
musicale apollinea. Ma questo errore viene fatto spesso, negli ambienti
intellettuali, così come fra gli psicoterapeuti. Alla luce della ragione,
pensano molti, ci salveremo dalle nostre follie. Eppure la storia,
sia quella culturale che quella personale, dovrebbe farci sapere che
!"' illuminazione" , la spiegazione, spesso dipinge un quadro soltanto
parziale. L'epoca storica occidentale dell'Illuminismo ha realizzato,
forse, alcuni importanti passi avanti per quanto riguarda l'umanesimo,
ma ha dato anche un'immagine dell'uomo come di un meccanismo,
un'immagine che tuttora permane fra i tecnologi illuminati. Il mistero
e la profondità insiti nell'esperienza umana sono eliminati da quella
luce sospesa sopra di noi come la lampada abbagliante che si usa, così
almeno ci dice il cinema, per intimidire i criminali ed estorcere con
fessioni. Senza dubbio i tecnocrati illuminati relegherebbero Ficino e
i suoi simili in uno speciale ospedale ben recintato, a causa dei suoi
deliri. Conosciamo anche la visione ristretta dei liberali illuminati che
sostengono di saper allevare i bambini razionalmente, curare le nevro
si razionalmente, e razionalmente fare a meno delle tradizioni religio
se. La luce della ragione splende dove vuole, ma il suo potere sembra
decisamente limitato. Cade qui a proposito la famosa storiella sufi di
quell'uomo che se ne stava chino nel cerchio di luce proiettato da un
lampione, a cercare la chiave che aveva perduto. «Avete perso qui la
chiave?» chiese un passante. «No, l'ho persa laggiù», rispose l'uomo,
«ma qui alla luce ci vedo meglio». Questa è la luce della ragione che
così tanti usano per esplorare i misteri del nostro mondo.
Ficino dunque, nel suo testo, ci raccomanda non la luce della
ragione, ma la ragione della luce, la ratio lucis. Questo è l'elemento
principale della psiche e il suo nutrimento spirituale primario. Non
è il prodotto del raziocinio umano, ma il dono del dio Apollo, il Dio
del sole. La sua utilità per il genere umano non è semplicemente la
comprensione tecnica, o anche il chiarimento filosofico; al contrario,
1 09
il Dio ci offre la possibilità di entrare in un 'immagine di luminosità,
una fantasia della luce. Psicologicamente, nella luce noi otteniamo
una nuova qualità di comprensione, una "in-tuizione" , una visione
dell"' eidos" platonico, una visione dell'interno delle cose. E questa
visione stabilisce una relazione fra noi stessi e il nostro mondo, per
mezzo della quale percepiamo il nostro posto e sentiamo la connes
sione fra l'umana intelligenza dell'Io e fonti di comprensione di gran
lunga più profonde. La qualità di questo tipo di intelligenza, che va
ben oltre la razionalità, è evidente nella descrizione che Ficino dà
della luce. La luce del cielo, egli dice, è un'immagine di tutte queste
cose: la fecondità della vita, la perspicacia dei sensi, la certezza della
nostra intelligenza e l'abbondanza della grazia. U Queste sono tutte
qualità dell'intelligenza, il modo in cui la comprensione è sperimen
tata. Questo è il dono, e non il semplice potere, del pensiero. Ficino
include la grazia, una parola poco in voga oggigiorno, una parola che
però comunica il senso della nostra dipendenza dai misteriosi doni
della vita. Implica uno spirito di ricettività e di umiltà, anche di fronte
alla realizzazione intellettuale.
Abbiamo visto ripetutamente come Ficino ponga come ideale un
modello celeste. Nel suo saggio sulla luce, egli personifica in qual
che misura quel modello. Parla di lumen, questa intelligenza trans
razionale così difficile da definire, come del risus coeli, il riso del cielo.
Immagina il sole come l'occhio dei cieli, un occhio che trasmette il
vero spirito, come fa l'occhio dell'amante - un'immagine che Ficino
usa nel suo commento al Simposio - oppure gli occhi di un volto che
sorride. Naturalmente, allora, l'intelligenza di cui parla è spirituale,
una traccia colta intuitivamente più che una conclusione fondata su
un sillogismo o un fatto scoperto per via induttiva.
Consideriamo la differenza fra una comunicazione ricevuta da
un'altra persona con le parole, e il messaggio trasmesso attraverso
l'espressione del suo viso, o magari da un luccichio degli occhi.
Quest'ultima è l'analogia per il genere di intuizione spirituale che
Ficino vorrebbe farci trovare nel mondo stesso - una consapevolezza
del luccichio nell'occhio del cosmo, ricevendo così qualche traccia sui
suoi segreti, sugli scopi e le fantasie fondamentali.
Quando Ficino parla delle " ragioni della luce " , sta affermando, in
altri termini, quello che già abbiamo visto, che cioè l'anima è centrale,
e che anche il nostro pensiero fa parte della psiche. Dietro ai nostri
1 10
pensieri, o meglio, a permeare la nostra stessa ragione, ci sono le fan
tasie dell'anima. Il razionale è contenuto dentro lo psichico. 14 Se non
ci accorgiamo della derivazione psichica dei nostri pensieri, tendiamo
a prendere le idee alla lettera, e lo spirito diventa per l'anima una sorta
di sabbie mobili altrettanto che il materialismo. L'immagine ficiniana
della luce, pervadendo tutti i livelli della conoscenza, agisce contro
una simile prospettiva letteralistica. Come in realtà le sue immagini
sviluppino questo, possiamo vederlo con qualche dettaglio.
In De lumine Ficino suggerisce alcuni paradigmi differenti che
mostrano gerarchie di conoscenza, tutte interconnesse. Nel V capitolo
distingue la luce in questo modo:
111
resa visibile». i 5 Qui ci muoviamo dal sole, allo spirito, all'anima, al
corpo. Dovremmo riuscire a vedere l'azione dell'uno nell'altro.
Infine Ficino ci offre una gerarchia ancora più elaborata, in nove
stadi, corrispondente, lui dice, alle nove Muse di Apollo:
l. il sole;
2. il firmamento, limpido a causa della sua sottigliezza, nascosto a noi;
3. le stelle (visibili) - bianche;
4. le stelle - rosse;
5. le stelle - miste;
6. le cose sublunari, semplici, non composte, traslucide;
7. le cose sublunari traslucide composte di vetro o cristallo, che sono
traslucide ma trattengono meno luce;
8. cose composte ma traslucide, come il granato, o cose oleose che
trattengono luce;
9. colori e immagini colorate, che all'estremo possono essere bianche
o nere o, nel mezzo, verdi.
1 12
trovarono il fuoco di Vesta che ardeva al centro del mondo - un
altro fuoco e un'altra fonte di luce .1 6 In questa psicologia, quello che
ci interessa non è dirigere la luce della ragione sugli oscuri, ignoti e
inquietanti fenomeni che sembrano invadere la vita quasi regolar
mente, quanto piuttosto scoprire dentro gli eventi e dentro di noi le
ragioni o modelli o semi - come Ficino a volte li chiama - di quella
luce interiore, di quell'universo e di quel fuoco di Vesta interiori. Il
movimento apollineo chiaramente ci dirige in alto, verso l'intuizione
spirituale e gli ampi modelli della vita umana - i movimenti musicali
dell'anima e la luce che pervade l'esperienza psichica. Il movimento
dionisiaco è più vicino alla terra, profondamente coinvolto con il
mondo sperimentato. Entrambe le prospettive sono utili e significati
ve; non basta semplicemente sperimentare con immaginazione, né è
sufficiente abbandonare il livello esperienziale e impegnarsi nell'ana
lisi psicologica. Come Apollo e Dioniso erano fratelli, anche queste
prospettive lo sono. Come dice Ficino, «non so in che modo abbiamo
iniziato il nostro discorso parlando di Apollo e ora siamo venuti a
parlare di Bacco. E giustamente, invero, passiamo dalla luce al calore,
dall'ambrosia al nettare, dall'intuizione della verità all'amore ardente
della verità. Febo e Bacco sono certamente fratelli e compagni inse
parabili» (I pianeti, 24 ).
Se vogliamo elaborare una psicologia archetipale basata sulla
visione ficiniana dell'anima, dobbiamo occuparci sia dell'esperien
ziale che dell'analitico, considerando quest'ultimo come un'esplora
zione di immagini e fantasie lontane in vario grado dall'esperienza
concreta. Troppo spesso la psicologia sceglie uno soltanto dei due
fratelli, enfatizzando o il grido primario e situazioni roventi, o la
fredda analisi intellettuale. Né l'uno né l'altro di questi, naturalmente,
rappresenta le categorie della teoria ficiniana, perché, sia nelle attività
dionisiache che in quelle apollinee, il punto focale dell'interesse è la
realtà psichica. L'esperienza fine a se stessa - gridare, urlare, arrab
biarsi o carezzare - e l'introspezione o teorizzazione astratta, eludono
entrambe l'anima. La psicoterapia archetipale è un aver cura delle
immagini che permeano l'esperienza umana. Queste possono essere
percepite con immediatezza o con distanza, a caldo, nel vivo dell'e
sperienza, o quando le cose si sono raffreddate. Entrambi gli approcci
sono utili, entrambi spostano la nostra attenzione dalla mente e dal
corpo all'anima.
1 13
Capitolo 5 .
Una necessaria follia
1 14
nella perfetta beatitudine, del tutto priva di materialità, e cade nel corpo.
Nasce, immersa in un sonno profondo, nel mondo materiale, come in
un grande e soffice letto di piume. Lì resta assopita, immemore del suo
1 15
psichiche che devono apparire quanto meno leggermente insane.
Ficino non si occupa di questa via verso l'anima ne I pianeti, ma la esa
mina brevemente nel suo commento al Convivio, e poiché le immagini
di cui si serve completano bene gli altri aspetti del risveglio psichico
che abbiamo esaminato, potrebbe essere utile dedicare un po' di
attenzione anche a questo - la teoria della divina follia.
La teoria di Ficino si fonda sulle " quattro follie" di Platone, un'idea
dibattuta ed esposta in tutta la tradizione platonica. Ma invece di con
frontare le varie versioni della teoria o riassumere le interpretazioni
moderne, attenendoci al nostro scopo di estrarre e spiegare la psicologia
del tutto pratica di Ficino, potremmo focalizzarci sulle immagini di cui
si serve nell'esporre la sua teoria. Punto interessante, in questa teoria
della "mania" , è infatti il suggerimento che per trascendere gli interessi
dell'Io e la coscienza materialistica, abbiamo bisogno di figure interiori
associate a questo specifico genere di coscienza non razionale. Queste
figure sono il poeta, il sacerdote, il profeta e l'amante.
Ciascuna di queste figure personizza una modalità di coscienza
sufficientemente diversa dalla ordinaria consapevolezza dell'Io, da
sembrare folle. Eppure abbiamo bisogno che queste figure si costelli
no nella nostra coscienza: esse ci assicurano la necessaria follia. Come
ho già detto, questa follia non è la stessa cosa della psicosi, ma ci serve
un termine forte, che trasmetta la natura non razionale di certe strut
ture della coscienza necessarie a mantenere una prospettiva psichica.
L'Io non è contiguo all'anima. Alcuni stati di coscienza trascendono la
consapevolezza dell'Io, e per questa ragione sono benefici per l'anima.
Questa non è un'entusiasmante idea nuova in quest'epoca di " stati
alterati di coscienza " , di interesse per la meditazione e per la fantasia,
e simili. Ma qui, nella psicologia di Ficino, troviamo un posto e uno
scopo per quegli stati della "mente" fuori dell'ordinario, non sempli
cemente per lo sviluppo spirituale nel senso consueto, né certamente
per il puro " divertimento" che questi stati possono comportare. Nella
follia platonica l'anima è libera dal corpo e dall'Io, e in quello stato
può essere del tutto creativa. Come dice Ficino, «molti poeti compon
gono in stato di follia e dopo non sanno cosa hanno detto, quasi che
Dio li avesse usati come degli strumenti musicali».4
Esaminiamo, dunque, quattro stati non-Io, facendo particolare
attenzione allo spirito o all'atmosfera che offrono per la vita psichica, e
alle personizzazioni ad essi associate. Essi rappresentano quattro fonti
1 16
di nutrimento spirituale/psichico, quattro stati di coscienza ai quali
l'Io deve imparare a rispondere, e quattro attività psichiche necessarie
per risvegliare l'anima.
La follia poetica
L'anima è tutta piena di discordia e dissonanza;
quindi per prima cosa è necessaria la follia poe
tica , che attraverso i toni musicali risvegli ciò che
è intorpidito, attraverso la dolcezza dell'armonia
plachi ciò che è tu rbato , e infine attraverso la
consonanza delle cose diverse cacci la dissonante
discordia e temperi le varie parti dell ' anima.5
117
e distinte, proprio come i toni di una scala musicale temperata. Se
alcuni " toni " mancano, o non sono ben distinti l'uno dall'altro, il
risultato è una fondamentale dissonanza, un temperamento difettoso,
uno strumento scordato. La follia poetica tempera l'anima, soprattutto
destando quelle parti che sono addormentate.
L'immaginazione prende vita attraverso la peculiare mania del poeta,
che è una delle molte persone che vivono nella psiche.7 Quando con
sentiamo al poeta che è in noi di prendere vita, cominciamo a lavorare
prestando attenzione alle immagini, trattenendole nella nostra fantasia,
contemplandole, godendone, lasciandosi muovere da esse. Proprio da
questo processo l'anima è risvegliata, e comincia a prendere forma un
atteggiamento psicologico. Le immagini sono, ovviamente, l'alimento
per la facoltà dell'immaginazione, così via via che le immagini nascono e
ricevono attenzione, l'immaginazione diventa più fertile e attiva, dando
alla nostra psicologia una migliore economia e un'accresciuta potenzia
lità. La potenzialità di un buon temperamento è aumentata.
Ne L'interpretazione dei sogni, da lui stesso dichiarato un capola
voro, Freud spiegava che soltanto una porzione della nostra vita fanta
stica arriva alla coscienza, perché una larga parte è rimossa per ragioni
morali. Ma una personizzazione dell'anima come quella del poeta può
essere rimossa a causa di una sottovalutazione di quella funzione. In
altre parole, non soltanto le nostre fantasie, la ma fantasia stessa di
prendersi cura delle fantasie, il nostro potenziale poetico, può essere
rimossa. Nel suo commento al Convivio, Ficino fa notare che quando
le parti inferiori dell'anima sono dominanti, quelle superiori possono
essere quasi addormentate.8 Il poeta interiore, anestetizzato a beneficio
degli interessi psichici inferiori, non può portare energia alle immagini,
e come risultato l'anima perde il suo temperamento e la sua vitalità.
Noi siamo, allora, psichicamente in difficoltà (mal-temperati) e inerti.
Senza accesso a immagini nuove siamo costretti a rivivere conti
nuamente il passato personale, le sue abitudini, i suoi valori, i suoi
modelli. Quando cerchiamo aiuto per prendere una decisione, quando
siamo in cerca di significato, quando sentiamo nostalgia della profon
dità, guardiamo all'esperienza passata. Il passato personale può dare
l'illusione dell'autenticità, soprattutto quando è idealizzato o amman
tato di romanticismo. Anche la focalizzazione freudiana sulla famiglia
e sull'infanzia, se presa alla lettera, offre poche risorse per dare anima
al presente. Nel suo schema c'è un solo mito (Edipo) , un solo amore
1 18
(un genitore), un solo tipo di energia (quella sessuale), e un solo nemi
co (l'altro genitore). La fondamentale ripetizione-compulsione com
pare nella teoria freudiana stessa: il continuo tentativo di risuscitare
"mamma e papà " .
Il concetto d i una poiesis della psiche, invece, suggerisce che il pas
sato non è l'unico deposito di immagini che abbiamo a disposizione.
La fantasia è una fonte di immagini inesauribile, e il poeta interiore
può utilizzare tutto questo in modo molto più creativo del tradurlo
nella storia familiare. Può scavalcare il fascino per il passato e trovare
altri modi per immaginare, modellare e interpretare l'abbondanza di
immagini che ha a disposizione.
Come la descrive Ficino, la follia poetica ha un certo aspetto
distruttivo, infatti le emozioni dell'anima più potenti " dissolvono " e
disintegrano anche il corpo; e questo awiene non soltanto nel corso
di un affetto ma anche durante l'intensa speculazione. Come la solutio
alchemica, l'atomizzazione alchemica, e la frammentazione elementare
del vino, la poetica dissolve il corpo, cioè, l'atteggiamento materialisti
co, egoico. Le nuove immagini date all'anima nella reverie e nel lavoro
poetici, si affiancano a quelle consolidate del mondo e di sé, facendole
esplodere, sciogliendole, facendo venir fuori completamente la loro
interiorità. Grazie alla follia poetica, gli opachi, fragili gusci di signifi
cato che abbiamo costruito e protetto egoicamente, vanno in frantumi
e diventano visibili essi stessi come immagini. In altre parole, vengono
visti in trasparenza e percepiti psicologicamente, dalla prospettiva
dell'anima. Questo è un modo di leggere l'estatica conclusione di
Norman O. Brown a Corpo d'amore: «La parola dentro la parola, la
melodia inaudita, le canzoni spiritualistiche di nessun tono. La spiri
tualizzazione dei sensi, il recupero dell'incontaminata attività sensoria
le dell'uomo in paradiso. Resta fedele alla terra; ma la terra non ha altro
rifugio che diventare invisibile: in noi». 9 "In noi" si riferisce alla nostra
immaginazione poetica, assolutamente essenziale se non vogliamo che
le nostre parole e i nostri mondi rimangano al livello letterale.
Alla coscienza pragmatica, questo pervasivo atteggiamento poeti
co, metaforico, appare bizzarro, folle. Fare attenzione alle immagini
può benissimo apparire alla superficie come pazzia, e le menti empi
riche, pragmatiche, possono diventare abilissime a trovare il linguag
gio per dirlo. Possiamo guardare con condiscendenza i "primitivi"
che danzano le immagini dei loro antenati, possiamo guardare con
119
consapevolezza e tolleranza un artista andare in pezzi in uno stile di
vita bohemien, ma anche attività semplici come raccontare i sogni, dise
gnare le fantasie, magari agire un po' all'esterno immagini che pressano
dentro - tutto questo può essere facilmente guardato come un com
portamento sospetto. Alcuni miei colleghi erano molto preoccupati
quando guidavo i miei allievi in una lunga drammatizzazione, di durata
illimitata, del sogno di qualcuno di loro; eppure queste tecniche sono
comuni nei rituali religiosi, sia antichi che moderni, come nella famosa
cerimonia del sogno descritta dal Sioux Oglala, Alce Nero.10
Nel paradigma di Ficino, la follia poetica viene per prima perché
è primaria nel lavoro della psiche. La psiche si esprime per immagini,
di giorno e di notte. Ma imitare questa definita tendenza psichica può
facilmente apparire come follia, perché, a differenza delle opere dell'Io,
le immagini non sono lineari e logiche; si accumulano l'una sull'altra e
sfidano la ragione. n ragionamento poetico non porta a conclusioni sod
disfacenti ma a un senso di approfondimento continuo. È tipico del poeta
riconoscere ed elogiare, mentre il razionalista analizza e afferma. Sicu
ramente il poeta in noi è un folle, ma le sue imprese sono insostituibili.
La follia sacerdotale
La molteplicità infatti resta ancora nell 'anima.
Interviene allora il mistero legato a Dioniso che, con
espiazioni, sacrifici e ogni forma di culto divino, dirige
l'intonazione di tutte le parti verso la mente, con la
quale Dio è adorato. Per cui, essendo state le singole
parti dell 'anima ricondotte ad un'unica mente, ora
l'anima da molte cose diventa un'unica cosa. 1 1
120
Così come immaginiamo che il poeta sia una figura che personizza
il nostro modo di occuparci delle immagini, allo stesso modo anche il
sacerdote è una personizzazione di un atteggiamento interiore. Grazie a
questa immagine interna del sacerdote noi veniamo immaginativamente
preparati a cogliere la sacralità e il mistero della vita ordinaria e a costel
lare per l'anima quello spirito che nel passato è stato accessibile attraver
so il rituale religioso e il mito. Ficino mostra che la fantasia poetica non
è sufficiente; oltre a lavorare con le immagini, è necessario stabilire con
esse una relazione, e questo è fondamentalmente un atto religioso.
Quello che ho in mente è in fondo un'applicazione della teoria
proposta da Jung nel 1937 a Yale, durante le Terry Lectures, dove
definisce la religione come una funzione della psiche: «La religione mi
sembra un atteggiamento peculiare della mente umana che si potreb
be definire, in armonia con l'uso originario del temine religio, come
la considerazione e l'osservanza scrupolosa di certi fattori dinamici,
riconosciuti come "potenze " : spiriti, demoni, dèi, leggi, idee, ideali, o
comunque l'uomo abbia voluto chiamare tali fattori, dei quali ha speri
mentato nel proprio mondo la potenza e i pericoli, abbastanza per giu
dicarli degni della più scrupolosa considerazione, oppure abbastanza
grandiosi, belli e significativi per essere devotamente adorati e amati».12
Nel contesto della "follia sacerdotale" , e coerenti con il pensiero di
Jung e di Ficino, potremmo dire che la religione è " un'attenta consi
derazione e osservazione" delle fantasie e delle immagini rivelate dalla
visione poetica, nel senso che abbiamo appena visto dettagliatamente,
in un atteggiamento di devota adorazione e amore. L'atteggiamento
religioso va oltre la semplice consapevolezza delle immagini dinami
che in azione nell'esperienza; comporta la sensazione di essere legati
(religio) ad esse, il riconoscimento della loro importanza, e un mezzo,
magari rituale, per mantenerle nella mente e nel cuore. Possiamo
interpretare psicologicamente molte pratiche religiose, lungo tutta la
storia e in tutto il mondo, proprio in questo modo. Esse sono un modo
per tenere in mente le fondamentali fantasie dell'anima individuale e
collettiva, e per conservare il loro efficace significato. In questo modo
può awenire una certa unificazione dell'anima: un atteggiamento
dell'Io attento e reverente fa sì che le immagini si focalizzino.
In questo senso la religione non è semplicemente qualcosa di cui
prendersi cura la domenica o il sabato, in chiesa o nel tempio, e non
dipende interamente da un credo dell'individuo. La religione è una
121
componente della vita psichica, collegata alla coscienza poetica ma
differente da essa - forse una sua intensificazione. Psicologicamente
una persona può essere pienamente religiosa anche se non entra
mai in una chiesa e non professa alcuna letterale fede in Dio. È così
che si dovrebbe intendere Ficino quando dice che «Il culto divino è
altrettanto naturale per gli uomini di quanto lo è nitrire per i cavalli
e abbaiare per i cani».13 Nel culto incontriamo un'immagine, non da
lontano ma da vicino; in realtà partecipiamo all'immagine stessa. Nel
culto, mente, emozione e immaginazione sono dedicate all'atmosfera
e al modello eterno rappresentato da quella particolare forma di culto.
Partecipare alle cerimonie del Venerdì Santo significa entrare profon
damente nell'universale fenomeno umano del sacrificio di sé, del dolo
re e della morte. Anche al di fuori delle strutture formali della chiesa
possiamo entrare profondamente nelle immagini, metterei seriamente
in relazione con esse, e godere delle loro ricompense spirituali.
Il nostro atteggiamento nei confronti dei sogni, per esempio,
potrebbe essere poetico o religioso. A livello della poetica una per
sona potrebbe essere totalmente seria riguardo la sua vita onirica,
annotando i suoi sogni e facendo il possibile per capirli, ma un passo
ulteriore sarebbe stabilire una relazione con le immagini che appaio
no nei sogni, vederle come costitutive, in qualche modo, dello stato
e dell'atteggiamento psichici. Nell'immaginazione attiva junghiana,
queste immagini sono resuscitate e perfino interpellate come persone,
o magari ritratte con i colori o con la creta - una sorta di iconografia
religiosa. Come la Madonna nel cattolicesimo, queste figure dei sogni
e della fantasia possono essere venerate e può essere loro attribuita
una posizione di influenza senza che siano trasformati in idoli.
Ficino presenta la sua teoria della divina follia in diversi suoi scritti, e
ogni volta usa un vocabolario differente. 14 Anche se la follia sacerdotale
è sempre attribuita al dio Dioniso, cosa che la pone in generale nel con
testo dei modelli dionisiaci, la chiama alternativamente, "sacerdotium"
e "mysterium" . Il ruolo del mistero, Ficino lo chiarisce un poco in una
lettera scritta nel giugno 1491 a Pietro Divitio. Scrivendo dei quattro
generi di follia, così commenta specificamente sullo stile sacerdotale
di coscienza: «La ebrietà di Dionysio, gli antichi Teologi la diffinirono
essere uno eccesso di mente segregata da le cose mortali, e che penetra
i segreti misterii de la divinità». 15 Per poter avere accesso ai misteri
dell'anima, quegli elementi che sono più-che-personali, i ciclici modelli
122
e le irragionevoli predilezioni dell'anima, bisogna allontanarsi nell' eb
brezza - naturalmente non letterale - dagli schemi di pensiero logici,
letterali, normali, ragionevoli e lineari. Come abbiamo visto nella nostra
disamina degli elementi, i fattori dionisiaci tengono la vita smembrata,
frammentata nelle sue componenti fantastiche, e adesso scopriamo che
questo processo dionisiaco rende accessibili i misteri transpersonali.
In alcuni contesti religiosi, un mistero è un segreto sacro cono
sciuto soltanto dagli iniziati; la segretezza di per sé separa i seguaci
di quel culto dai non iniziati. Nel Rinascimento, però, si credeva che
i misteri fossero un corpus di conoscenze segrete conservato in testi
e immagini altamente simbolici e arcani. Ficino e i suoi amici erano
affascinati e sconcertati dalle cifre e dai simboli che trovavano nei
testi ermetici e, in realtà, consideravano significativi quei testi proprio
per la natura segreta dei loro contenuti. Anche alcuni predecessori
di Ficino nell'elaborazione della " teologia poetica" avevano pensato
molto a cifre ed emblemi. Dionigi l' Aeropagita, che Ficino aveva
studiato, insegnava non soltanto la via negativa a Dio, ma anche la
via dei nomi e delle immagini divini. Gioacchino da Fiore è un altro
notevole teologo che esprime le sue intuizioni più profonde in forma
iconografica. Anche Nicola Cusano, più vicino a Ficino nel tempo,
cercò dei contenitori imagistici per le sue intuizioni teologiche scri
vendo libri sull'immagine del volto e perfino su un gioco della palla
(De ludo globi) come mezzo per avvicinarsi ai misteri più profondi.
Come osserva Edgard Wind nel suo magistrale libro sui misteri del
Rinascimento, Pico della Mirandola, un pupillo di Ficino, «sosteneva
che le religioni pagane, tutte senza eccezione, si erano servite di imma
gini 'geroglifiche', e che esse avevano dissimulato le loro rivelazioni
sotto miti e favole destinati intenzionalmente a distrarre l'attenzione
della moltitudine per proteggere dalla profanazione i segreti divini». 16
I veri misteri dell'anima, quei continui movimenti ritmici che rara
mente sembrano sincronizzati con i nostri desideri e i nostri progetti
coscienti, non sono facilmente espressi o compresi. La psiche si muove
con una logica differente dalla mente ragionante; è quindi logico
ritenere che la logica razionale non ci porta al cuore di questi misteri.
Dobbiamo allontanarci da quel tipo di mentalità, come Ficino consi
glia a Divitio. Egli sostiene qualcosa di simile nel ventunesimo capitolo
de I pianeti, dove sistema in ordine i sette pianeti, delineando i gradini
che l'anima fa nella sua ascesa a ritroso verso la sua casa originaria. Il
123
settimo e il più alto è Saturno, che rappresenta le «intelligenze più
segrete e semplici, ormai quasi separate dal moto e congiunte alle cose
divine, sacre a Saturno che giustamente gli Ebrei chiamano Sabath, cioè
con il nome della " quiete"»Y Per percepire dawero i misteri nel pro
fondo dell'anima è necessario allontanarsi dalle normali attività e dai
consueti schemi di pensiero. Quello che serve è uno stato di coscienza
o un atteggiamento attento all'eterno più che al temporale.
Riguardo al mistero, Kerényi ha fatto alcune osservazioni che pos
sono far luce sul ruolo psicologico dell'atteggiamento religioso. Per i
Greci del quinto secolo, egli dice, il mistero era centrato nell'atmosfera
della notte cerimoniale, forse focalizzato nell'odore di una torcia che
bruciava. Ricordiamoci dell'aroma del vino, quello che abbiamo detto
sull'immagine multidimensionale, ma anche dei ricordi personali,
magari di cerimonie che sono state awincenti e memorabili per la loro
" atmosfera" . Secondo Kerényi, nella religione greca «non c'era alcuna
intenzione seria di mantenere la segretezza del segreto. Lo studio delle
religioni della natura mostra che nei culti segreti è una questione della
stessa cosa che si trova, secondo Goethe, nella natura stessa: un sacro
segreto scoperto». 18 Per Kerényi, ciò che era nascosto era l'arreton,
l'indicibile. Era segreto non perché non doveva essere detto, ma per
ché non poteva essere detto. Soltanto più tardi questo segreto scoperto
diventò l' aporreton, ciò che è tenuto accuratamente segreto.
Nella psicologia ficiniana possiamo mescolare queste due nozioni
di mistero: i sacri, scoperti segreti della natura, awolti nelle immagi
ni arcane del mito, e il rituale. Ma lo scopo dell'immaginario opaco
potrebbe non essere quello di nascondere i segreti; le immagini stesse
possono essere il modo migliore, se non l'unico, per mantenere ade
guatamente i segreti. Freud ha proposto che il motivo dell'opacità
delle immagini del sogno sia la rimozione. Il lavoro del sogno copre il
vero contenuto razionalmente concepibile del sogno per proteggere il
sognatore, quanto meno per proteggerne il sonno. L'approccio di Jung
ai sogni è più vicino all'atteggiamento di Kerényi nei confronti dei
misteri religiosi. I sogni contengono segreti sacri scoperti, non rimossi
attraverso le immagini, ma contenuti nelle immagini e attraverso di esse
rivelati a noi, se solo avessimo più familiarità con l'immaginario.
I misteri rivelati attraverso Dioniso, la coscienza sacerdotale, sono
i modelli eterni della psiche, il lato dell'anima più divino che umano,
anche se attraverso il rituale si stabilisce una connessione fra la coscienza
124
personale e il modello ciclico. Di nuovo con le parole di Kerényi, «sol
tanto la rappresentazione di culto può elevare la mia esperienza verso
l'universale in modo tale che resti ancora proprio la mia: il mio ineffabile
mistero che ho in comune con tutti gli uomini».19 Detto in altro modo,
se una persona riesce ad allontanarsi dai condizionamenti del pensiero
logico abbastanza a lungo da prendere in considerazione il linguaggio
così diverso delle immagini, allora può cominciare a percepire le dire
zioni misteriose che prende la vita psichica, e può stabilire una connes
sione con quei movimenti. In questo modo la coscienza religiosa supera
quel senso di alienazione e di confusione che una persona può provare
quando è tagliata fuori dai ritmi dell'anima. La sensibilità religiosa in
questo caso è un collegamento, non con un altro mondo metafisica, ma
con una dimensione, spesso negletta, della vita interiore.
Jung credeva che le forme religiose esteriori, come i riti e le liturgie,
potessero essere molto importanti per l'anima, perché in quelle forme
l'anima entra intimamente in contatto con i suoi misteri profondi. Il
problema qui, come al solito, è quello del letteralismo - rimanere bloc
cati a un unico punto di vista psicologico, a causa della natura limitata
della propria immaginazione religiosa. La visione psicologica della
sensibilità religiosa, alla quale abbiamo troppo brevemente accennato
in questo capitolo, potrebbe anche dire qualcosa al problema di colo
ro che non riescono più a professare una fede letterale nella religione
della loro infanzia, e che tuttavia sono sensibili al valore della consa
pevolezza religiosa. Il mondo della psiche può essere l'arena migliore
per fare i nostri conti con il transpersonale.
La follia pro/etica
Essendo state le singole parti dell'anima ricondotte a
un' unica mente, l'anima, da molte che era, è resa ades·
so un' unica cosa. Ma è necessaria ancora una terza
follia che riconduca la mente alla stessa unità, la testa
dell 'anima. Questo fa Apollo attraverso la profezia.
Infatti quando l'anima sale nell 'unità al di sopra della
mente prevede il futuro.20
125
immaginare il profeta interiore come qualcuno che vede lontano nel
futuro e prevede gli eventi. Senza dubbio questa è una figura dell'im
maginazione dawero affascinante, e senza dubbio spiega il successo
che riscuote oggi l'astrologia. Leggere i fondi del tè nella tazza o le
linee sul palmo della mano non era quello che Ficino aveva in mente
per la psiche, ma naturalmente il fascino per il futuro accomuna tutte
queste pretese di profezia.
Nel suo saggio sulla divina follia, Ficino spiega che quando parla
di profezia, che lui chiama vaticinium, non si riferisce a presunzioni
logiche circa il futuro. Se un individuo, egli dice, predice il futuro con
«con umana ingegnosità e perspicacia», non si tratta veramente di
profezia ma di congettura o premonizione.21 La vera profezia richiede
una separazione dell'anima dal corpo. Adesso però dobbiamo cercare
di capire di che tipo di separazione si tratti.
Prima di esaminare gli aspetti più sottili di questa teoria della pro
fezia, modernizzandola, per così dire, dovremmo chiarire che Ficino
credeva nella profezia a un livello molto pragmatico. Kristeller ha
raccolto alcuni fatti storici che la dicono lunga. Egli nota che Ficino
era stato particolarmente colpito dai poteri profetici della madre,
la quale, per esempio, aveva previsto una morte e un incidente fra i
propri parenti.22 Anche il padre una volta era stato informato in sogno
di un paziente gravemente ammalato. Ficino stesso era seriamente
ammalato quando una volta gli fu annunciata in sogno la sua guari
gione. E naturalmente Kristeller parla dell'uso frequente che Ficino
faceva dell'astrologia per le situazioni più comuni, come determinare
il momento migliore per iniziare la costruzione di un edificio. Anche
se il suo linguaggio è spesso piuttosto astratto e magari anacronisti
camente imagistico, Ficino owiamente viveva la sua filosofia ai suoi
estremi più occulti. Tutto questo si accorda con la sua visione psico
logica - pervasiva sia nelle questioni teoriche che in quelle pratiche.
Tornando alla teoria, prima di descrivere la teoria dei quattro tipi
di follia nel suo commento al Convivio di Platone, Ficino parla della
molteplicità dell'anima: «Poiché è caduta nel corpo - egli dice - è
distribuita fra molte operazioni e guarda verso una moltitudine infi
nita di cose corporali».23 Dunque, le parti più alte dell'anima sono
addormentate e devono essere risvegliate dalla coscienza poetica,
dall'attenzione alla fantasia. Come abbiamo visto, la psiche richiede
allora un rapporto religioso con quelle fantasie. Ora, la funzione
126
" unificante" della profezia è quella di tirare fuori la nostra coscienza
dall'opprimente molteplicità delle singole azioni e situazioni, verso
una visione che trascenda il tempo lineare discontinuo. L'anim a deve
essere portata a un estremo - egli dice - dove le categorie del tempo
non sono più limitanti. Il profeta interiore vede le cose in un modo
completamente diverso dall'Io, e questa è la sua follia. La sua prospet
tiva rende indistinto il tempo, cosicché il passato sembra più vicino
al presente e il futuro non completamente pieno di sorprese. Come
dice lo stesso Ficino, «le menti di tutti loro [dei profeti] giravano per
moltissimi luoghi e riunivano i tre tempi in uno, allorché si separavano
dal corpo».24 Se pensiamo che la separazione dal corpo significa evita
re un atteggiamento materialistico e letteralistico, allora affermazioni
come queste hanno senso. È quando abbiamo la mente soltanto alla
realtà concreta, fisica, che siamo così intrappolati nelle categorie del
tempo e vediamo gli eventi come discontinui e sequenziali. Da una
prospettiva più elevata, emergono i modelli, si notano le ripetizioni e
si possono intravedere anche le evoluzioni future.
Vedere contemporaneamente le tre parti del tempo significa vede
re una certa cosa in una prospettiva di eternità, vedere quelle carat
teristiche non influenzate direttamente dal tempo. L'anima è diretta
verso il suo "estremo" dove il mondo esiste nel seme, nelle immagini
primordiali e sempre ricorrenti, nelle storie, nei desideri, nelle spe
ranze, nelle paure. La visione dei profeti non è verso l'avanti, ma
verso il dentro. Noi siamo profeti quando intravediamo quelle fonda
mentali fantasie che agiamo continuamente e quando ci accorgiamo
di quanto il passato abiti il presente, non come causa, come tanti
psicologi vorrebbero farci credere, ma come tracce di modelli che
non scompaiono mai. Quando acquistiamo più familiarità con i ritmi
e le immagini dell'anima, della nostra personale vita interiore, allora i
confini stessi del tempo si fondono, e noi possiamo abbandonare quei
febbrili tentativi di sradicare il passato, e costruire un futuro nuovo.
Ovviamente le circostanze esterne possono cambiare, certe potenzia
lità si affinano e vengono in primo piano, e un qualche tipo di crescita
avviene in ogni vita umana;25 ma il tempo della psiche è più lento di
quello dell'Io, e il suo corso non è rettilineo. Sono molte le svolte nel
corso di una vita, avvengono molte riprese, emergono ripetutamente
modelli di carattere, magari con abilità sempre maggiore, e tuttavia in
forme riconoscibili.
127
Parlare così seriamente della profezia, al giorno d'oggi può
sembrare assurdo, e magari anche pericolosamente fuorviante, data
l'irrimediabile smania che molti hanno per i poteri occulti. Eppure,
se compresa bene, questa è un'eccellente immagine per un genuino
bisogno di anima, anche oggi. Gli occhi degli uomini e delle donne
moderni vanno continuamente all'orologio e al calendario. Il tempo si
brucia nella coscienza come se, in tutto il nostro ambiente, fosse impa
stato di neon. Stabilire l'atteggiamento psichi co, che è poi lo scopo
della psicologia che stiamo qui elaborando, comporta necessariamente
un cambiamento nel nostro senso del tempo. Le verità dell'anima
seguono un orologio differente. Gli episodi della psiche si accumulano
l'uno sull'altro, cosicché un modello che magari hai agito molti anni fa,
nell'infanzia, spunta fuori durante un litigio coniugale nella mezza età.
Questo non significa che il passato, e soprattutto l'infanzia, determini
il futuro; semplicemente il modello può essere lo stesso, che ritorna
come una grande onda sulla spiaggia.
Paradossalmente, potremmo immaginare che un profeta sia qualcu
no che ha un'eccellente memoria, sia riguardo alle passate esperienze
personali, sia riguardo ai più ampi, fondamentali cicli umani. La sua
memoria può essere del tipo che conosce il mito e la preistoria, perché
sono queste le storie senza tempo. Nelle storie tradizionali il profeta è
tipicamente cieco, come Tiresia, nei confronti del mondo esterno, ma
ci vede perfettamente per quanto riguarda il mondo interiore. Nella
vita moderna quella cecità verso l'esterno compare, in forma modifica
ta, come distrazione, come un essere assenti, anche se non c'è ragione,
per il profeta, di negare la Persona professionale che è in noi. Il fatto
è che se uno ha l'intelligenza psicologica propria del profeta interiore,
il suo sguardo, in realtà, è rivolto verso l'interno, e in un certo senso
all'indietro - consapevole del passato come miniera di modelli eterni.
La natura di questa facoltà di vedere il passato era stata colta da Martin
Heidegger quando scrisse sull'Antigone di Sofocle. Egli parlò della
«grande potenza e singolarità» dell'inizio della storia, concludendo che
«ciò che awiene dopo non è sviluppo ma l'appiattimento che deriva
dall'espansione».26 Non vorrei qui interpretare Heidegger troppo alla
lettera, perché, per esempio, la quindicesima volta che uno s'innamora,
probabilmente non è poi così diversa dalla prima. Ma vedere la fantasia
in azione in tutti questi episodi, potrebbe anche essere una rivelazione
della " grande potenza e singolarità " della fantasia.
128
Questi fattori inusuali che agiscono nella profezia, e che la fanno
apparire proprio come una follia, arrivano con grande forza in sogno
- un fenomeno comune fra i profeti. Come prevedibile, Ficino era
totalmente affascinato dai sogni. Così scrive di individui che vivono
normalmente con un atteggiamento psicologico: «Mentre questi uomi
ni sono svegli, le loro Anime sono più libere [dal corpo] di quelle di
tutti gli altri, e mentre dormono, [le loro Anime] sono completamente
libere, e perciò l'impulso più alto è da esse facilmente percepito».27
Nei sogni, le categorie di tempo ovviamente scompaiono. In sogno
possiamo andare a fare una passeggiata a cavallo insieme a un cugino
morto dieci anni fa e a un ragazzo conosciuto ieri. Il senso letterale
per l'Io, che è legato al tempo storico, nei sogni sembra scrostato via,
e resta solo il senso per la psiche. Nei sogni, appaiono davanti agli
occhi del profeta i modelli stessi della vita psichica, che ci mettono in
contatto con "la potenza e la singolarità " dei nostri stessi semi, imma
gazzinati in un " estremo " della nostra anima dove danzano le nostre
visioni notturne.
Questa è una delle ragioni, fra le molte, del perché l'attenzione
ai sogni può essere una parte vitale del risveglio psichico: le tre parti
del tempo si fondono in un tutt'uno. Essa può essere anche utile a
spiegare sia la curiosa capacità dei sogni di spingersi nel futuro, sia il
fascino che molti provano per la questione dei sogni e della predizio
ne. A livello più profondo, la profezia è una visione dalla prospettiva
più alta - è il dono del dio Apollo, dicono la tradizione e Ficino. È un
punto di vista celeste dal quale si possono vedere i cicli che forniscono
il materiale per la nostra individualità.
Questa è l'ultima cosa importante che vorrei dire - sempre seguen
do Ficino - riguardo alla profezia: in essa noi troviamo noi stessi nella
nostra unicità. La psicologia spesso si muove in direzione della storia
personale, o dragando nel passato in cerca delle cause degli attuali
problemi, o facendo progetti per una vita futura senza difficoltà.
Questi approcci, però, non sono mai veramente soddisfacenti perché
in realtà nessuna spiegazione causale è pienamente convincente o effi
cace, e le difficoltà non sembrano andarsene mai. Esaminare modelli
più ampi, che scopriamo tornare ritmicamente nella vita personale, o
indagare nelle immagini che spuntano fuori nei sogni e nelle fantasie,
apparentemente può sembrare un allontanarsi dall'individualità, ma in
realtà è proprio l'opposto, perché questi possibili modelli sono molti
129
e le loro combinazioni innumerevoli. Rintracciare all'indietro il nostro
comportamento e le nostre emozioni nelle loro fantasie cicliche, favo
risce un più profondo senso di sé come individuo. Si scoprono le cose
che contano veramente, sia che, nel rappresentarsi, assumano una
forma oppure un'altra.
Edgard Wind riassume questo punto in un modo un po' più filo
sofico confrontando l'atteggiamento di Ficino e quello del suo allievo
Pico della Mirandola. Pico parlava di due tipi di felicità: una felicità
naturale, o lo scoprire le tracce del divino in noi, e la felicità suprema,
o perdere noi stessi in Dio. Wind fa questa interessante osservazione:
«Questi [Ficino] aveva sempre sostenuto che i due modi erano in
realtà uno solo, perché credeva che solo tornando a Dio gli uomini
possono raggiungere il fine di "non separarsi da se stessi" . Poiché è
nella trascendenza che si ritrova la virtù immanente, l'uomo dovrebbe
trovare, non semplicemente perdere, se stesso in Dio».28
Senza questo senso profetico a tenere insieme davanti al nostro
occhio interiore le parti del tempo, noi potremmo davvero " sepa
raci da noi stessi " , conoscere il tedio e la confusione dell'esperienza
superficiale, e sentire le ferite psichiche causate dal conflitto fra i
movimenti più profondi e le aspettative di superficie. Quello che
chiamiamo realtà può essere percepito come un sogno: il confluire di
molti tempi e molti luoghi, una moltitudine di volti e di voci, e una
strana amalgama di promesse e di rimorsi. Ripensando a un sogno,
spesso è difficile sapere se ha a che fare con la situazione attuale, con
l'esperienza del passato, o con speranze e paure del futuro; in genere
un sogno può essere lo sfondo immaginativo per considerare tutte e
tre le cose. Un sogno sembra contenere in sé, come in una nube, tutta
la vita sperimentata - i pezzi che fluttuano intorno senza un ' ordine
sequenziale, eppure legati da una logica interna. Dal punto di vista di
una psicologia del profondo, l'esperienza personale così come gli svi
luppi culturali assumono queste caratteristiche del sogno. Possiamo
vedere il cuore della materia - o la testa, nell'immaginario di Ficino
- quando modifichiamo la nostra visione " guardando in trasparenza "
le consuete ripartizioni del tempo, vedendo, con la vista retrospettiva
e preveggente del profeta, la dinamica economia dell'anima.
130
La follia erotica
Quando finalmente l'anima è stata resa uno, uno,
dico, che è nella natura e nell 'essenza stesse del
l 'anima, si ferma per ricondursi subito nell'uno che è
al di sopra dell'essenza, cioè in Dio. Questo la Venere
celeste porta a compimento attraverso l'amore, cioè
attraverso il desiderio della bellezza divina e l'amore
appassionato per il bene.29
131
tratta di problemi da risolvere ma di misteri da affrontare in modo più
profondo. Il richiamo della bellezza guida verso la contemplazione e
la fantasia, e nella visione di Ficino questo è il vero scopo dell'anima.
Il punto centrale della psicologia dell'amore di Ficino, totalmen
te platonica in origine, consiste allora nella capacità che ha l'amore
umano di far allontanare l'anima dalla molteplicità del materialismo,
e guidarla verso i piaceri dei valori-anima. Come scrive nella Teologia
platonica, «l'anima è infiammata dal divino splendore, che rifulge nella
bella persona come in uno specchio, e segretamente è da esso sollevato
come da un gancio per diventare Dio». 3 1 Di tutte le immagini usate
dai platonici per descrivere il richiamo dell'amore, sicuramente quella
del gancio [hook] deve essere una delle più terrene, e tuttavia non è
una cattiva immagine, soprattutto oggi che in inglese parliamo di per
sone getting "hooked" da qualcosa, agganciate da qualcosa, diventate
preda di qualcosa. Gli innamorati, dice Ficino, sono " agganciati " da
una follia che potenzialmente li porta via dalla miopia della visione
materialistica verso una vera cura per la loro anima.
Dico " potenzialmente " perché non tutte le forme di amore rappre
sentano il movimento dell'anima via dal corpo. Ficino contrappone
l'amore nobile alla concupiscenza, e James Hillman mette in guardia
dall'interpretare tutte le forme di amore come movimento dell'ani
ma.32 L'amore, egli dice, potrebbe anche rivelare l'azione di Afrodite
più che dell'anima, e anche se sono entrambe significative espressioni
di amore, sono tuttavia distinte. E ci sono anche più amori, molti
modi in cui le persone sono attratte l'una verso l'altra, che significano
molti differenti movimenti dell'anima. E tuttavia c'è un tipo di amore
che attira l'anima verso il suo ambito naturale, un mondo del tutto
innaturale per l'Io.
Se qualcuno potesse avere pace della mente e autoconsapevolezza
sufficienti a distinguere i differenti tipi di correnti che fluiscono attra
verso la sua psiche quando è " innamorato" , potrebbe trovame una
varietà sorprendente. Potrebbe scoprire un desiderio di vitalità, una
spinta a uscire dalla stagnazione, magari perfino uno spirito di potere e
di violenza. In ciascuno dei casi gli oggetti possono essere differenti, ma
l'amore è il vento che soffia via l'anima dalle circostanze presenti. Come
dice Socrate nel Simposio, « [l'amore è] un gran dèmone [. . . ] : tutto ciò
che è demonico è intermedio fra il dio e il mortale [ . . ] . E, stando in
.
mezzo fra gli uni e gli altri, opera un completamento, in modo che tutto
132
sia ben collegato con sé medesimo».33 Perciò, anche se l'esperienza
di amore rivela un qualche genere di movimento che si sta svolgendo
fra le fonti profonde dell'anima e dell'Io, non è sempre facile sapere
quale sia il vero oggetto e il vero scopo. Ficino esprime questa idea con
un'immagine familiare ed efficace: «Coloro che amano non sanno cosa
desiderano o cercano, perché non conoscono lo stesso dio il cui sapore
occulto ha infuso nelle sue opere un certo dolcissimo profumo di sé; da
questo profumo ogni giorno siamo destati. Sentiamo quell'odore, ma
senza dubbio non conosciamo il sapore. Quindi, quando desideriamo
l'indistinguibile sapore affascinati dal suo sensibile profumo, certamen
te non sappiamo cosa desideriamo e cosa soffriamo». 34
La follia dell'innamoramento chiaramente presenta molte caratteri
stiche dell'attività dell'anima: interferenza con piani e progetti, lunghi
periodi di tempo passati a sognare a occhi aperti e a fantasticare, pro
iezione di fantasie ideali sulla persona amata (non certo un'intuizione
moderna) ,35 confusione riguardo agli scopi e ai valori personali, un
indebolimento della forza di volontà - tutte cose che rivelano un'at
tivazione degli strati più profondi dell'anima. Ma ci è molto difficile
distinguere i sapori. Se l'amore fra due persone non è semplicemente
una questione di relazione, allora quale tipo di spirito si sta attivando ?
E cosa succede alla relazione? Questo parlare di valori-anima diminu
isce la relazione, la psicologizza facendola scomparire?
I sapori dell'aroma nascosto nella concreta esperienza d'amore si
possono conoscere soltanto nell'immaginazione. Come per qualunque
situazione concreta, il suo significato psicologico, cioè la sua impor
tanza per la psiche, può rivelarsi soltanto attraverso il lavoro della
" reversione" , il ricondurre quella situazione a una fantasia, il vederla
come una fantasia, sullo sfondo di altre immagini. L'infatuazione e la
follia dell'amore favoriscono questo lavoro attraverso lo spontaneo
dispiegarsi di una profusione di immagini. La cosa essenziale, però,
è che lo spirito dell'amore può aprire di forza la psiche; la fiamma di
Eros - perché è di questo dio che stiamo parlando - mette in moto
un'esplosione di fantasie e di sentimenti che possono essere più signi
ficativi per la psiche di quanto non sia la relazione.
Questa affermazione può essere difficile da accettare. Eppure
la maggior parte di noi conosce sicuramente quelle occasioni in cui
questa follia erotica si accende come un bagliore di magnesio per poi
spengersi rapidamente. Dopo ci domandiamo cosa sia successo, perché
133
abbiamo preso così sul serio i nostri sentimenti, magari perché si
sono messe in pericolo o anche distrutte relazioni solide, alle quali
eravamo teneramente affezionati. Molto presto appare evidente che
non era la relazione - un 'unione cosciente di due persone - a essere
così importante, quanto piuttosto il significato che quell'evento aveva
per le persone coinvolte. Se il volo poetico della mente può essere
distruttivo, la follia erotica può essere descritta soltanto come inuma
na. Senza dubbio l'anima è sedotta dalla bellezza dell'Amore stesso,
come racconta così efficacemente la storia di Eros e Psiche, ma come
quella storia rivela anche, c'è in serbo vera sofferenza per coloro che
cedono al fuoco di questo dio.
D'altra parte, non giustifichiamo anche, non spieghiamo, e non
rendiamo perfino romantica una relazione amorosa, come mezzo di
nutrimento dell'anima per le persone coinvolte? Jung e alcuni suoi
seguaci, molto opportunamente, mettono in guardia nei confronti delle
illusioni d'amore, ma di tanto in tanto suggeriscono anche che bisogna
crescere, bisogna diventare maturi e superare questa adolescenziale
propensione per l'amore cieco.36 Possiamo però guardare la cosa anche
in un altro modo. La relazione può essere un contenitore - il boudoir di
Eros, il vaso alchemico - in cui Eros e Psiche s'incontrano, dormono, si
feriscono, s'inseguono e alla fine procreano. Queste relazioni possono
essere episodiche - perché stabilire una norma per questi contenito
ri? Di fatto, il valore per gli individui potrebbe consistere nella loro
soddisfazione nel creare e sostenere un luogo di contenimento per il
movimento psichico. Effettivamente, ci sono illusioni e delusioni, estasi
e disappunti in questi amori " aromatici " , ma è questa la follia di tutto
questo. Ci stupiscono certe relazioni del tutto ragionevoli, che troviamo
nella società moderna: razionali, ben-concepite, a volte stabilite con un
contratto scritto. Non potrebbe essere che, con l'accordo e il giudizio
"maturo " , sia stata tenuta fuori la follia, che è essenziale per il "vero
amore " , e quindi per la relazione che lo contiene?
Di quegli amori che non hanno la " divina follia " nella loro struttu
ra, Ficino scrive cose abbastanza dure, anche se i suoi rimedi per uscire
da simili relazioni sono decisamente interessanti: suggerisce, infatti, che
le persone si tengano occupate, cerchino di fluidificare il sangue, con
sumino grandi quantità di vino anche a costo di intossicarsi, in modo
da far entrare nuovo spirito, stimolino abbondante sudorazione e infi
ne, seguendo Lucrezio, facciano frequentemente sesso.37 Naturalmente
134
Ficino vede questi rimedi come dei mezzi volti alla catarsi psichica, per
ricominciare da capo.
Anche se l'immagine della follia erotica è legata all'effettiva espe
rienza d'amore, specialmente l'amore fra un uomo e una donna, e
sebbene questo fenomeno resti ancora uno dei principali enigmi
della vita, dovremmo comunque vedere questo amore umano anche
come una metafora. La nostra esperienza dell'amore umano produce
un'immagine multidimensionale, profondamente percepita nel corpo
e nell'anima, che ci dà un'idea del movimento di allo ntanamento
dell'anima dalla concretezza e dal letteralismo verso l'immagine e la
fantasia. L'anima è attratta dalla bellezza perché la bellezza del mondo
riflette la bellezza del cielo - un'idea centrale nel pensiero platonico di
Ficino. E così la follia erotica trova il suo posto insieme alle altre follie.
Riesaminando ancora una volta i quattro tipi di follia, possiamo
vedere che l'immaginazione poetica si ritrae dal letteralismo, risve
gliando l'anima e gettando le basi per un atteggiamento psicologico.
Questo atteggiamento riceve un'adeguata e seria attenzione attraverso
una modalità della fantasia che abbiamo chiamato " follia sacerdo
tale " . In questa seconda fase, vengono in evidenza non soltanto le
fantasie ma anche i modelli dell'anima più profondi e strutturanti,
i suoi veri misteri. Poi, nella follia profetica, si sperimenta un muta
mento nella prospettiva temporale che sposta l'attenzione dagli eventi
distinti, che hanno luogo nel tempo lineare, ai modelli ciclici e ai
frammenti di immagini, che non corrispondono allo schema lineare.
E infine, l'eros ci porta alla contemplazione attraverso il desiderio
per queste prospettive dell'anima. Come nel racconto di Apuleio, la
psiche viene iniziata al suo stesso mondo " innaturale " , dove rimane
grazie all'unione con l'eros, generando il piacere adatto al corpo e
all'anima, non soltanto ai sensi.
135
che esamineremo i pianeti uno per uno. Quello che dobbiamo evitare
è l'equivalente astrologico dell'oro dei soffiatori, il discutibile risultato
di quegli alchimisti che erano più interessati a fare nei loro forni metal
li simili all'oro che l'oro interiore dello spirito e dell'anima.
Nell'alchimia abbiamo visto una notevole variazione sull'unico
tema che si snoda lungo tutti questi studi preliminari: lo stabilirsi e il
mantenersi di un punto di vista che abbiamo chiamato psicologico, nel
senso letterale del termine, "la logica della psiche" . Facendo, o meglio,
accettando dalla tradizione l'importantissima distinzione fra spirito,
anima e corpo, abbiamo potuto separare e identificare le caratteristi
che peculiari della dimensione psichica, specialmente il posto centrale
che hanno l'immaginazione e i processi necessari allo svilupparsi di
una visione metaforica. Perché la metafora è essenziale per la psiche.
Prestando attenzione alla natura e ai bisogni della psiche, possiamo
accorgerci che ogni azione è l'espressione di qualcos'altro. Per le
persone che si trovano a proprio agio soltanto con un atteggiamento
letteralistico, questo genere di pensiero metaforico fa impazzire, e noi
abbiamo visto che, dal punto di vista letteralizzante dell'Io, si tratta
effettivamente di pazzia. E tuttavia, questa ostinazione - a volte esa
sperante - della psiche, che non consente mai una conclusione o un'af
fermazione semplice, diretta, ci spinge avanti, verso una comprensione
più profonda e una più intensa partecipazione alla vita.
Tutti i processi psicologici che abbiamo esaminato, in modo un
po' troppo succinto, mirano a mantenere la psiche in una posizione di
mezzo, lontana dall'aria sottile dello spirito e dal fango vischioso della
materia. Dato che la psiche può fissarsi in un'unica fantasia, che tende
quindi a letteralizzarsi, io ho auspicato una costellazione della psiche,
ho sostenuto la varietà e molteplici, fluide fantasie. Questo processo
corrisponde all'immaginazione poetica, con il suo compito di mante
nere l'anima vigile e desta. Ho anche suggerito, mantenendomi ade
rente a Ficino, un'ecologia dell'anima, un coltivare l'ambiente avendo
in mente i bisogni psicologici. Abbiamo visto che anche il ruolo della
coscienza alchemica, un atteggiamento che, fra l'altro, può essere ali
mentato senza operare in un laboratorio, mantiene l'anima nel mezzo
dissolvendo gli atteggiamenti materialistici e letteralistici e coagulando
idee e tendenze spirituali. Inoltre, la stessa fantasia dei quattro elementi
sostiene ancora una volta l'idea che l'anima abbia proprietà e requisiti
suoi propri, elementi costitutivi e nutritivi davvero suoi propri. Infine,
136
abbiamo studiato quattro tipi di coscienza non razionale utili a mante
nere la prospettiva psicologica.
Se in tutte queste variazioni sul tema c'è eccesso e ripetizione è
perché la psiche è veramente estranea alla maggior parte di ciò che
l'uomo di oggi ritiene vero ed evidente. Abbiamo la sensazione di
essere emersi, in un modo evolutivo, dal bisogno di mito, di immagini,
di metafora, e di altri fattori psicologici. Perfino gli psicologi, mirabile
dictu, resistono alla psiche, forse ancora di più di altri studiosi e di
altri professionisti. Sembra dunque legittimo raggiungere lo scopo da
molte angolature. Ma oltre a dare enfasi, i vari elementi e i vari pro
cessi psichici che abbiamo esaminato forniscono ciascuno un aspetto
unico della realtà psichica.
Rivolgiamo adesso la nostra attenzione a un fenomeno che rap
presenta uno scandalo agli occhi del pensiero scientifico moderno:
l'astrologia. Esaminando le immagini dei pianeti avendo in mente la
psicologia di Ficino e con l'aiuto dei suoi scarsi ed enigmatici com
menti su di esse, cercheremo di comprendere in modo sempre più
specifico i processi e le necessità della psiche. Il nostro scopo non
è esporre o sostenere l'effettiva pratica dell'astrologia, ma costellare
nella nostra psicologia alcune idee e immagini che promettono di far
progredire sia la teoria che la terapia.
137
PARTE II
Radii Planetarum
Lo splendore planetario
141
del braccialetto e biancheria intima, ha prodotto un appiattimento del
mistero di questi antichi simboli. E tuttavia anche una moda nasce da
una fantasia, per quanto piatta possa essere, e la fantasia che sta dietro
i segni zodiacali e i pianeti lascia intravedere un bisogno che altrimenti
resterebbe senza risposta.
C'è stato un tempo nel quale molti di noi vivevano dentro la fanta
sia di una teologia della grazia. Credevamo che nell'universo ci fossero
" ruote in movimento " che ci intimorivano con la minaccia di disastri,
ma che al tempo stesso promettevano occasionali doni dal cielo.
Credendo nella grazia noi assumevamo un atteggiamento di recetti
vità, di cooperazione, di gratitudine e di dipendenza. Le descrizioni
che Schleiermacher dava della religione nel diciannovesimo secolo,
essenzialmente in termini di senso di dipendenza, circolano ancora e
sembrano raggiungere il cuore della religione. Ma nel mondo moder
no, dove la scienza e la tecnologia non solo fabbricano strumenti e
congegni meravigliosi ma creano anche un immaginativo mondo di
significato, quel senso di dipendenza e di grazia è sparito. Al suo posto
c'è l'angusta finestra aperta della probabilità statistica. Potremmo
essere quell'uno su mille a vivere una vita in salute o un matrimonio
felice. Ma non possiamo più pregare con fiducia per una simile grazia
o sentire di avere un qualche sostegno al di là di quello che noi costru
iamo e manteniamo. Anche in filosofia, il realismo esistenzialista, per il
quale siamo noi a farci i nostri paradisi e i nostri inferni, corrode quel
senso di un vivere pieno di grazia.
Ma se il mio segno zodiacale è l'Ariete, io immagino che per qual
che destino al di là del mio potere avrò la passione e l'iniziativa per
fare della vita un successo. Non è che lo sappia veramente, anzi, in
realtà so che non è vero, ma, prendendo l'astrologia in modo semise
rio, posso immaginare, e dunque sentire, che qualcosa nell'universo
sta lavorando a mio favore. L'astrologia diventa una sottile traccia di
quel fare affidamento sulla grazia, un tempo sentito profondamente.
Dio può essere scomparso dal cielo, ma quella volta di spazio infinito,
dischiusa e resa più vasta dalla scienza, continua a catturare la mia
fantasia e a trasmettere una parte del mio destino.
Sebbene quel sentimento, che sta dietro la moda di identificare i
segni zodiacali e i pianeti che li governano, sia spesso importante per
ché rivela il desiderio di vivere la vita in un contesto più ampio, l'astro
logia popolare, sia quella che troviamo nei giornali che quella praticata
1 42
da molti astrologi di professione, è tutt'altro che adeguata a risponde
re a quel desiderio. L'astrologia in sé è soltanto un indicatore di una
fantasia e, nelle mani giuste, uno strumento parziale per piluccare alla
superficie di un desiderio, di un anelito profondo. Anche se, come ho
già detto, quello che mi interessa è usare l'astrologia rinascimentale
come una fonte per approfondire la psicologia moderna, penso tut
tavia che il rituale dell'astrologia, in sé, anche se assolutamente non
necessario e nemmeno importante, potrebbe servire come un utile
mezzo per esplorare le proprie fantasie e i propri modelli di vita.
Oltre a creare nell'individuo un senso di connessione con un
mondo più ampio, un mondo che potrebbe essere interno anziché
esterno, l'immaginario astrologico crea anche - cosa molto impor
tante - la consapevolezza della propria unicità. La carta del cielo, per
esempio, definisce l'identità con immagini che vanno ben oltre l'Io, ma
mette anche in risalto lo spazio e il tempo, unici, della propria nascita.
Abbiamo già visto che Ficino raccomandava che l'esplorazione psichi
ca iniziasse con un senso del proprio daimon e del proprio destino.
Questo daimon lo possiamo trovare in un pianeta dell'oroscopo, ma
anche la carta del cielo, nel suo insieme, contiene quell'immagine di
individualità unica. Non siamo semplicemente una costellazione di
fattori cosmici, siamo una persona sulla terra, con una particolare cul
tura determinata dal tempo e dal luogo. Si tiene conto al tempo stesso
delle condizioni eterne dell'esistenza umana e di quelle temporali:
nella vera coscienza astrologica, una persona immagina simultanea
mente la sua unicità e la sua eredità comune.
Come ho già accennato in precedenza, affrontare il processo di
raccogliere informazioni per l'oroscopo, preparare il tema natale,
memorizzare posizioni e aspetti ed elaborarne l'interpretazione, può
essere un'arte della memoria, il lavoro dell'immaginazione. Il pro
cesso concreto tira fuori fantasie significative: le condizioni storiche
e familiari al momento della nascita, i genitori e i parenti, la città o
la casa natali e i primi anni. Le qualità di questi fattori diventano
più intense se viste attraverso il prisma degli aspetti, delle case, e dei
segni planetari. A un certo momento della vita può essere un 'espe
rienza utile sottoporsi a questo rito che ci aiuti ad avere di noi stessi
un ritratto più psicologico. Questo avrebbe sicuramente molta più
validità e molta più immaginazione di una valutazione psicologica
statistica.
1 43
In astrologia il serio pericolo psicologico, un pericolo che si ritro
va in tutti sistemi religiosi e occulti, è la tentazione di perdere anima
nel letteralismo spirituale. ' Invece di usare l'astrologia come un'arte
della memoria, la gente comincia a " credere" nell'astrologia, e una
simile fede fa uscire quest'arte dell'immaginazione dall'ambito della
metafora. I " credenti" allora prendono magari decisioni di vita - dal
comprarsi i vestiti allo sposarsi - a seconda dei pianeti, e non per tenere
viva la propria immaginazione, cosa che sarebbe una mossa psichica,
ma per avere successo nella vita fisica. Spirito e corpo al servizio l'uno
dell'altro, ma fra loro non c'è anima.
Quando leggiamo degli Indiani d'America o di Don Juan di Castane
da che ringraziavano la terra prima di sradicare un ortaggio o un fiore,
probabilmente restiamo colpiti dall'atteggiamento creato da una simile
pratica. Tutta una fantasia di rapporto con la natura è favorita da un
rito così semplice. Ma se lo scopo di quel piccolo atteggiamento come
di preghiera è quello di avere il cibo migliore, allora ritroviamo lo spiri
to al servizio della pancia. La stesa cosa in astrologia. Per certe persone,
alimentare l'immaginazione in modi specifici che siano ad essa più
adeguati, può essere un efficace espediente immaginativo, fra i molti,
ma se il focus non è l'anima, allora ci stiamo trastullando con un fon
damentalismo di moda, e ci stiamo allontanando ancora di più da un
atteggiamento psicologico, da un atteggiamento che favorisce l'anima.
I pianeti dell'anima
1 44
serve di un gioco di parole per sistemare gli astrologi: «perché quanto
diligentemente le cose celesti veramente gli Astronomi misurano,
tanto intorno alle humane i vani astrologi mentono».3 E tuttavia, come
abbiamo visto, Ficino consulta il cielo per mettere su progetti, per
preparare medicine e per costruire immagini. Abbiamo anche visto la
generale pesantezza della sua stessa vita segnata dal pianeta Saturno
nel suo oroscopo.
Un modo in cui Ficino risolve teoricamente l'apparente contrad
dizione presente nel suo atteggiamento verso l'astrologia, può aiutare
anche noi ad acquisire una giusta prospettiva su di essa. Come spiega
Kristeller, il principio generale di Ficino sostiene che gli esseri superiori
hanno potere sugli esseri inferiori. Nell'universo gerarchico di Ficino i
pianeti e le stelle sono più in alto del corpo umano ma non più in alto
della mente. Possono, quindi, influenzare il corpo senza avere potere
sulle facoltà più elevate. E in realtà il De Vita è in primo luogo un libro
per la cura del corpo, anche se l'anima non è assolutamente trascurata.
In modo analogo, quando immaginiamo che i pianeti interiori
siano immagini per modelli profondi e punti focali della vita psichica,
non dobbiamo considerarli come entità metafisiche o come fattori
determinanti nella vita umana, come succede nel tradizionale credere
all'inevitabile in/lusso dei pianeti del cielo. È vero che si percepiscono
movimenti della psiche owiamente non suscitati o non completamen
te controllati dall'Io, ma non c'è alcun bisogno di trasformare queste
esperienze soggettive in entità autosufficienti. In quel caso la psicolo
gia diventa una teologia interiorizzata, un altro universo a due piani
rovesciato.4 Gli junghiani tendono a trattare l'archetipo del Sé,5 per
esempio, come un metafisico fulcro che tiene in equilibrio la psiche,
ma i pianeti e le fantasie archetipiche della personalità sono, per inter
pretare un po' Ficino, immagini che toccano l'anima senza ingannare
la mente. Noi possiamo sapere che queste immagini sono metafore,
senza distruggere il loro potere di toccarci psicologicamente.
Esposizioni e sistemazioni
1 45
causa è potente, tanto più è pronta ad agire, tanto più dunque è pro
pensa e incline a dare. A noi dunque basta aggiungere una piccola pre
parazione per ricevere i doni del cielo, se solo ciascuno si rivolge a quel
membro celeste, cui sottostà in modo particolare».6 Rivolgersi significa,
come abbiamo già visto, esporsi a quelle cose materiali che sono ricche
del genere di spirito di cui abbiamo bisogno. Ficino esprime così tutto
questo processo: i pianeti sono la fonte di vari tipi di spirito necessari
per nutrire l'anima, e dai pianeti provengono raggi che colpiscono la
terra e sono assorbiti dagli oggetti, o naturalmente o attraverso l'inter
vento dell'uomo - il fare immagini, per esempio, ovviamente appropria
te a un particolare spirito. Vivendo con in mente i bisogni dell'anima,
ci occupiamo delle nostre faccende quotidiane, sforzandoci in modo
particolare di esporci - " rivolgerei" - agli oggetti più appropriati.
Cerchiamo di sviluppare questa idea esaminando per prima cosa
attentamente la descrizione che lo stesso Ficino fa della radianza
planetaria: «Pertanto i raggi possono (come dicono) imprimere nelle
immagini, come anche nelle altre cose, occulte e mirabili potenze oltre
a quelle <a noi> note. Infatti non sono inanimati come i raggi di una
lucerna, ma vivi e sensibili come quelli che si sprigionano attraverso
gli occhi dei corpi viventi, e portano con sé doti meravigliose prove
nienti dalle immaginazioni e dalle menti dei corpi celesti, ed anche
una grandissima forza che deriva dall'affetto potente e dal rapidissimo
movimento di questi corpi; e in modo particolare e con la massima
efficacia agiscono sullo spirito, che è assai simile ai raggi celesti». 7
Se immaginiamo i pianeti interiori come immagini di modelli e
movimenti profondi della psiche, allora, seguendo queste idee imma
ginative di Ficino, dobbiamo capire che certi oggetti del nostro mondo
materiale corrispondono a certi pianeti, e non solo corrispondono ma
irradiano e trasmettono a noi lo spirito di un particolare pianeta. Il
mondo materiale, sia naturale che fatto dall'uomo, è una fonte di vari
tipi di spirito necessari al movimento psichico. Nel sistema psicote
rapeutico di Ficino, già soltanto raggruppando gli oggetti secondo le
loro caratteristiche " planetarie" (archetipiche) potremmo prenderei
cura meglio dell'anima nella vita quotidiana.
Il concetto che il mondo materiale possiede un'intrinseca dimen
sione spirituale possiamo ritrovarlo in tutte le tradizioni religiose e
occulte. Per esempio, è molto ben descritto dall'alchimista Basilius
Valentinus: «Dunque il potere di crescita di cui parlo non è impartito
146
dalla terra ma dallo spirito datore di vita che è in essa. Se la terra fosse
abbandonata da questo spirito, sarebbe morta, e non più in grado di
dare nutrimento a niente».8
In effetti, nel nostro mondo moderno, senza immaginazione, la
terra è morta; noi trattiamo il mondo e la nostra stessa vita come
porzioni di materia inerte da conservare e appagare. Con immagina
zione, invece, lo spirito insito nelle cose materiali diventa evidente ed
efficace. Ruggero Bacone lo spiegò mitologicamente, aggiungendo
una nota che ci porta dall'alchimia all'astrologia: «Con Proserpina gli
antichi significavano quello spirito etereo che, essendo stato separato
con violenza dal globo superiore, è racchiuso e imprigionato sotto la
terra (terra che è rappresentata da Plutone) così come è espresso da
quei versi: Se la terra ancora nuova, e appena separata dalle profondità
del cielo, trattenne qualche seme, qualche scintilla e moto del cielo che
le era congiunto»Y
Bacone, come Ficino, ci presenta un'immagine del mondo mate
riale che contiene dentro di sé alcuni " semi" del suo parente, il cielo.
Il mondo materiale, in altre parole, contiene le fantasie delle nostre
anime interiori, sia nella sua forma di fatto dall'uomo, sia - come dice
Hillman - nelle fantasie che noi abbiamo di esso.
L'"esposizione " , allora, è un altro processo psicologico che possia
mo aggiungere alla costellazione e alla coltivazione. Noi ci esponiamo
ai fondamentali e vari movimenti dell'anima orientandoci in direzione
del mondo materiale. La coscienza astrologica diventa così un fare
attenzione al significato archetipico più profondo degli eventi più
terreni. La successione dagli eventi altrimenti indifferenziata, lineare
e letterale, assume un ordine, non soltanto attraverso la ragione, ma
immaginandola in modelli il cui significato interessa più l'anima che
la mente. Invece di impiegare tutte le nostre energie e dedicare ogni
nostra attenzione al materialismo della madre, diamo alla figlia, Perse
fone/Proserpina ciò che le è dovuto. 1 0
Una buona parte de I pianeti consiste i n consigli s u come esporsi
ai vari centri planetari. Ciascun pianeta viene descritto a grandi linee,
poi vengono elencate le cose materiali associate a ognuno, mentre ci
viene consigliato di usare gli oggetti materiali più adeguati. Alcuni
degli oggetti menzionati possiedono ovvie qualità fisiche collegate a un
particolare pianeta, come le cose d'oro associate al sole. Altre hanno
invece alle spalle delle storie che le collegano alla divinità di un pianeta.
147
Interpretando questo procedimento dell'esposizione, possiamo
comprendere i particolari come metafore. Nel sistema classico i pia
neti sono sette, ma sono molte di più le possibilità archetipiche che
possiamo immaginare per l'anima. Possiamo cominciare a capire il
processo dell'esposizione studiando, insieme a Ficino, i pianeti come
immagini archetipiche, ma non dobbiamo fermarci lì. Un sistema sim
bolico immaginativo aiuta, e se ne possono trovare molti nelle religioni
del mondo, così come nell'arte e nella psicologia, ma a volte abbiamo
bisogno soltanto di una metafora inconsueta contro cui osservare una
situazione reale e intravedere le fantasie in essa congelate. Potrebbe
bastare un sogno, un romanzo, o la scienza, o una passeggiata nei
boschi. Tutto è metafora e cibo per l'anima. Tutto il mondo materiale
contiene scintille del parente cielo, lampi del lumen psicologico.
Se l'esposizione è un disporsi verso il mondo in modo che la
dimensione psicologica sia rivelata e messa in azione, allora ciò che
succede alla psiche stessa è una " sistemazione" . Ricordiamoci del
titolo del libro di Ficino: De vita coelitus comparanda. Io traduco
comparanda come "sistemare " , sebbene potrebbe significare anche
" disporre " o " preparare" . Il titolo del libro riguarda allora il sistemare
la vita secondo lo spirito planetario, ma potremmo anche pensare alla
sistemazione come a una costellazione della psiche stessa, con tutte
le parti risvegliate e al posto giusto. Quando la nostra vita psichica
riflette il cielo, i suoi pianeti sono in movimento. Non è bloccata sotto
il dominio di un unico focus planetario. Esploreremo questa immagine
policentrica della psiche nell'ultimo capitolo; per il momento possia
mo comprendere il contesto del nostro studio dei singoli pianeti. Lo
scopo ultimo è conoscere le varietà dei movimenti dell'anima, in modo
che proprio questa varietà possa diventare parte della vita psichica. Il
movimento è di per sé essenziale per l'anima, perché senza movimento
non c'è sentimento, non c'è valutazione, non c'è vitalità.
È evidente che l'astro-psicologia di Ficino suggerisce un quadro
della psiche che abbraccia molti estremi dell'esperienza, senza sacri
ficarne, o peggio eliminarne, nessuno di essi attraverso l'armonizza
zione o la conciliazione degli opposti. Ficino afferma costantemente
entrambi i lati dei paradossi, mantenendo sempre un volto da Giano.
Afferma il ruolo che hanno nella vita umana i fattori ciclici transperso
nali (i pianeti) e allo stesso tempo sottolinea l'importanza del compito
di scoprire la propria unicità e la propria individualità. Fra i pianeti
148
riconosce quelli che sono particolarmente dolorosi per l'anima, come
Marte e Saturno, ma non suggerisce la fuga da queste influenze: fanno
parte della vita. Fedele al suo pervasivo platonismo, sostiene con forza
un morire agli atteggiamenti materialistici, e tuttavia, nella sua teoria
attribuisce molta importanza alle cose comuni, alle cose del mondo,
alle cose terrene.
Ci sarebbe un ultimo punto da toccare a proposito dell'interpreta
zione dei pianeti e del loro carattere. Vorrei proporre di leggere tutta
questa astrologia come un cielo interiore. I pianeti corrispondono allo
ra a movimenti dell'anima sentiti nel profondo e non ad atteggiamenti
dell'Io, oppure a qualità della Persona. Intendo la Persona nel senso
junghiano: i ruoli sociali, di genere e dell'Io, che recitiamo. Marte non
è semplicemente una superficiale tendenza alla collera, né Venere
lo sfoggio della consapevolezza del corpo. Questi centri planetari
sono profondi nella psiche e generano numerosi complessi, fantasie,
comportamenti. Il cielo interiore sembra dawero vasto come il cielo
esteriore, e i pianeti interiori sono altrettanto grandi, misteriosi e non
terreni di quelli esteriori.
149
Capitolo 7 .
Sole
150
con cui illuminano la nostra vita. Vedremo che ciascun pianeta raffigura
un differente spirito, ma che il sole, oltre ad avere aspetti peculiari unici,
rappresenta lo spirito stesso. Possiamo dunque dire che la psicologia
ficiniana è soprattutto solare come carattere, per l'enfasi che pone sul
ruolo dello spirito nella cura della psiche. Ficino sviluppa questa idea
nel primo capitolo de I pianeti: «La nostra anima invero, oltre alle
capacità proprie delle membra, dispiega ovunque in noi la virtù comune
della vita, soprattutto attraverso il cuore, quasi fonte del fuoco prossi
ma all'anima. In modo simile l'anima del mondo, presente ovunque,
diffonde da ogni parte, specialmente per mezzo del Sole, la sua virtù di
dare vita a tutti gli esseri». 1 Poi, nel quarto capitolo, Ficino offre un pro
gramma, passo dopo passo, per la cura del corpo e dell'anima, e parla
del potere terapeutico del Sole. La cura ha inizio con la separazione dei
vapori infettanti e la loro cacciata per mezzo di farmaci che purificano.
Poi il paziente è «illuminato con cose risplendenti», e in terzo luogo è
curato in modo che possa diventare più forte. Infine è esposto ai raggi
celesti e all'influsso diretto del sole. «E così», spiega Ficino, «da questo
spirito, che è in noi come medio, i beni celesti, posti prima di tutto in
esso, si diffonderanno nel nostro corpo e nel nostro animo - tutti i beni
celesti, dico: nel Sole, infatti, sono contenuti tutti i beni».
Il sole, allora, è un'immagine del potere spirituale stesso, il " cuore "
della vita della psiche. È come l'oro dell'alchimia, lo spirito che va
trovato nello spirituale di tutte le cose. Come dice Ficino, «l'oro,
simile al Sole, è presente in tutti i metalli, come il Sole è presente in
tutti i pianeti e in tutte le stelle».2 Il Sole è il centro del sistema pla
netario, non come un punto focale geometrico, ma come una qualità
sempre-presente. Nei testi ermetici Ficino aveva letto un'interessante
descrizione di Dio citata molte volte nella letteratura successiva: Dio è
al centro di un cerchio il cui centro è ovunque e la cui circonferenza è
in nessun luogo. Un poeta direttamente e profondamente influenzato
da Ficino, Guy le Febvre de la Boderie, che ha tradotto Libri de vita
tres, compreso De vita coelitus comparanda, applicò al sole questa
definizione della divinità:
1 51
Si trova in ogni luogo, il cui contorno sferico
Si trova in nessun luogo, e dal cui centro e circonferenza
I cerchi o raggi si susseguono ovunque.3
Lo spirito solare proviene, cosa interessante, dal tondo del sole così
come dai suoi raggi. Come l'anima, che è circolare quando non è in
forma umana, lo spirito è rotondo; non è cioè qualcosa di prodotto o
anche indotto direttamente dall'intenzione e dall'opera dell'uomo. È
trans-personale e trans-umano.
In molte occasioni Jung si è occupato del ruolo del Sole in alchi
mia, e accoppiando Sole e Luna, tende a identificare il primo con la
coscienza e il secondo con l'inconscio.4 In questa interpretazione il
Sole è la luce della coscienza diffusa sugli oscuri misteri della natura,
cosicché un aumento dell'influenza solare corrisponde a un innalza
mento della coscienza. Secondo J ung «Il concetto di Sole ha non poco
a che fare con la nascita della coscienza moderna, che negli ultimi due
secoli si è rifatta in misura crescente all'osservazione e all'esperienza
degli oggetti naturali».5 Jung ha molto altro da dire a proposito del
Sole, ma questa è la sostanza dei suoi commenti sul lato luminoso del
sole - altre interessanti osservazioni le fa sull'ombra del sole e sul sole
nel centro della terra, Sol niger. Nel peculiare concetto ficiniano di
spirito, che abbiamo studiato abbastanza dettagliatamente, il Sole è
immaginato come la spiritualità stessa, un po' come l'elisir alchemico,
il segreto dei segreti, il più misterioso, eppure il più scoperto di tutti i
segreti. Dal cuore della coscienza spirituale si irradia lo spirito trasfor
matore del sole. Data la coscienza solare, tutte le altre varietà di spirito
possono seguire, ma prima, e soprattutto, va dedicata un'attenzione
generale allo spirito in sé.
Anche se la sua psicologia è primariamente " celestiale" , interessata
soprattutto a produrre una psiche " temperata" , Ficino mette talmente
in rilievo il ruolo dello spirito solare che la sua teoria potrebbe anche
essere definita " solare " . Per esempio, sosteneva di seguire i filosofi
arabi che consideravano il Sole il pianeta " umano " fondamentale.
Possiamo vedere questo, scrive Ficino, nella bellezza dell'uomo, nella
sua limpidezza di spirito, e nella sua intuizione e immaginazione.6
Queste qualità degli esseri umani, simili a quelle degli oggetti che ne
I pianeti elenca come solari, sono tutte segni dello spirito, un'evane
scenza della persona al di là del materialismo. La sua psicologia solare,
allora, è volta in primo luogo a sviluppare questa immaginazione
1 52
umana in modo che essa possa usare il mondo materiale per la sua
potenzialità spirituale.
A questo punto dobbiamo distinguere questo tipo di approccio
solare, spirituale, alla psicologia, da altri che hanno caratteristiche
solari ma che sono sostanzialmente differenti. La "psicosintesi" di
Roberto Assagioli, per esempio, è per molti versi una psicologia solare.
Assagioli stesso chiamava il suo approccio psicologia " dell'altezza" ,
per distinguerla dalla psicologia del profondo. Nel suo diagramma
della personalità raffigura il " Sé superiore" come un sole, la fonte
dell'intuizione e della creatività per l'Io.7 In pratica questo solare Sé
superiore è trattato come una fonte oracolare (l'oracolo delfico della
psicologia apollinea?) di fantasie alla quale ci si rivolge per ottene
re consiglio nelle decisioni della vita. Altri aspetti del sistema della
psicosintesi, le sue tecniche di meditazione per esempio, avvicinano
questo approccio alle discipline spirituali nelle quali il concetto di
spirito è completamente differente da quello di Ficino. Per quelle
lo spirito è una regione ascendente lontana dal corpo e spesso pre
feribilmente separata dalla fantasia e dall'emozione, un'arena della
mente e dell'intelletto simile alla Mens di Ficino - un'espressione
della mente del tutto lontana dal concreto. Il movimento umanistico
promosso da Maslow e altri nella psicologia, ha prodotto negli anni
recenti una " psicologia transpersonale " , un movimento interessato
principalmente ad assimilare tecniche meditative e altre pratiche spi
rituali provenienti dalle religioni del mondo. La psicosintesi e le altre
psicologie transpersonali, desiderose di trascendere le problematiche
" inferiori" dell'ordinaria realtà psicologica, perseguono lo spirito in
un modo che Ficino avrebbe definito " intellettuale" , anche se pro
babilmente loro non sarebbero d'accordo dato che la consapevolezza
che cercano è al di là della concettualizzazione. Ad ogni modo, le
psicologie transpersonali e i loro fedeli adoperano immagini solari, e
spesso si servono delle immagini della "luce" per denotare le regioni
alte dello spirito, mentre Ficino concepisce lo spirito come un'emana
zione del mondo materiale. Per lui la crescita spirituale è veramente
un processo psicologico, necessariamente collegato alla vita concreta
e ai grovigli dell'anima. Quindi il suo spirito solare è immanente, è un
sole il cui centro è dappertutto dentro le nostre esperienze più terrene,
e decisamente non uno spazio al di sopra della sfera intermedia della
psiche. In termini pratici, allora, la psicologia solare ficiniana si coltiva
1 53
occupandosi dello spirito, dell'atmosfera delle cose quotidiane, estra
endo fantasie e rendendo concreti stati d'animo vaghi e idee elevate;
per andare oltre l'ordinario non è necessario praticare lo yoga o la
meditazione, per quanto utili possano essere per altri scopi.
1 54
spesso lamentato, senza sapere perché si sentano così vuoti dentro,
mai soddisfatti del loro reddito, infelici nelle relazioni, dediti all' alco
ol, al gioco o a qualche altra compulsione.
Della terza fase del paradigma di Bachofen abbiamo già parlato -
un'ascesa nella spiritualità separata dalla psiche. Questa ascesa avviene
generalmente in due forme: o la fuga nell'intellettualismo o nella disci
plina spirituale. Nel linguaggio mitologico tradizionale la mascolinità
immateriale di Apollo non ha alcun rapporto con il mondo materiale
femminile. In questa mentalità ci può essere interesse per il corpo ma
non un interesse psicologico. Una persona può anche praticare il body
building e allo stesso tempo praticare fedelmente la meditazione tra
scendentale, ma questo non è sufficiente per l'anima. Volendo tenere
la mente pulita, l'emozione, che dà corpo alle idee, può essere esclusa
in quanto femminile, una macchia sul pensiero puro.
Il secondo stadio di Bachofen è il più vicino alla psicologia solare
ficiniana. Anche se Bachofen situa questa sensibilità nel terreno di
Dioniso e Ficino parla costantemente della coscienza solare come
apollinea, possiamo tuttavia ricordare che nella mente di Ficino queste
due divinità sono fratelli, inseparabili. Bachofen descrive lo spirito in
questa fase come fecondante, anche se rimane a una certa distanza.
Psicologicamente l'individuo né fugge il contatto con il corpo e la
realtà femminile, né s'immerge nel mondo materiale trascurando lo
spirito. Ficino stesso adopera immagini compatibili con quelle di
Bachofen: «Il cielo, marito della terra, non tocca (come è opinione
comune) la terra. Non si unisce alla sua moglie, ma la illumina per
ogni dove con i soli raggi delle stelle, che sono come i suoi occhi; e
illuminandola la feconda e genera i viventi»Y
La coscienza solare, una consapevolezza dei valori spirituali nelle
cose materiali, porta queste cose alla vita, le feconda, le rende vive,
dando loro anima; perché lo spirito è il cibo dell'anima. La coscienza,
allora, o immaginazione, è efficace; vedere lo spirito vuol dire fare
un passo verso il ricevere i benefici dello spirito. Ma oltre ad avere la
capacità di distinguere gli spiriti, bisogna anche essere in contatto con
il mondo, perché la vita sia fecondata. Può essere necessario portare
l'azione nelle fantasie, perché se queste sono soltanto ospitate nella
nostra immaginazione, il loro carattere potrebbe non rivelarsi mai
pienamente e il loro spirito non comunicarsi mai. Un abbandono dio
nisiaco deve superare la distanza e la difesa apollinea perché lo spirito
1 55
possa essere assimilato. Le tormentose fascinazioni e le infatuazioni
compulsive non possono essere facilmente abbandonate a favore di
una vita pulita, bianca, senza il sacrificio dello spirito. Questo per
lomeno suggeriscono le immagini di Bachofen e di Ficino. La psiche
ha bisogno del tocco sessuale dello spirito e della materia, per essere
nutrita, fecondata e incarnata.
156
spirito. Come per simpatetica magia, questi oggetti metaforici posso
no di fatto portarci lo spirito che rappresentano. Possiamo o portare
l'immaginazione verso il mondo naturale (verso le spezie e le gemme)
oppure fare in modo che le cose assomiglino allo spirito che ci interessa.
È l'immagin e che effettivamente comunica lo spirito.
Owiamente non è necessario, come ho già detto, imitare Ficino
esattamente e circondare le nostre camere da letto e i nostri studi di
spezie e di erbe aromatiche, anche se non vorrei escluderlo. Ma ci sono
altri modi analoghi per educare l'immaginazione - dipinti, tappezzerie,
piante, dischi, libri, colori, architettura, mobilio, abiti, e così via. Il
nostro ambiente fisico può essere coltivato anche in questo modo con
la psiche in mente. Le attività e le persone intorno a noi, non semplice
mente amici calvi o riccioluti, possono portare in modo naturale nella
nostra vita lo spirito di cui abbiamo bisogno. Consapevoli di questi
valori spirituali nell'ordinario, diventiamo, come Ficino, dei moderni
maghi, maghi dell'anima, che operano prodigi non per profitto o per
riconoscimento ma per animazione psicologica.
Diamo un'occhiata a qualcuna delle cose meno trasparenti che
Ficino ha nel suo elenco di oggetti solari.
Il crisolito è un esempio di una sostanza collegata sia all'oro che
allo spirito. Il nome deriva dal greco chrysos, oro. Nel North Midland
Lapidary del quindicesimo secolo si dice che il crisolito manifesta i
doni dello Spirito Santo e che è il colore dell'acqua e dell'oro. Il lapi
dario ci rimanda al Libro dell'Apocalisse (2 1 , 1 5 ) dove la settima pietra
preziosa delle fondamenta della Nuova Gerusalemme è identificata
come crisolito. La luminosità di questa pietra, associata con l'" aroma
dello Spirito Santo " , significa non soltanto lo spirito che emana dalla
materia, un'immagine solare fondamentale, ma anche la primitiva,
archetipica natura di quello spirito - un elemento fondamentale nella
Città di Dio. Come la terra di Bacone, che trattiene delle scintille del
cielo che si è separato, la materia come questa contiene tracce dello
spirito di un cielo ancora più in alto. In altre parole lo spirito che pos
siamo intravedere o "odorare" nelle cose della vita comune può avere
un posto a un livello molto più profondo, alle fondamenta stesse del
carattere della psiche.
Altre sostanze della lista suggeriscono alcuni pericoli nell'atteggia
mento " eliotropico " sostanzialmente positivo. I raggi del sole, che
sono potenti e avvolgono tutto, hanno una grande amplitudine, e
157
sebbene - dice Ficino - siano fondamentalmente benefici, possono
essere tossici. « . . . può capitare che i suoi raggi inaridiscano, se sono
racchiusi in cavità di materia secca». 12 Stare troppo al sole significa
avere un'overdose di spirito. Lo spirito può essere essiccante, può pro
durre università aride, conferenze e libri secchi, infiammabili, esperti
dello spirito in secca nelle loro torri d'avorio, e personalità inaridite.
Questa qualità dello spirito solare, decisamente auspicabile, deve però
di tanto in tanto essere immersa nel buio umido.
C'è in realtà una curiosa relazione fra alcuni degli oggetti solari elen
cati nella farmacopea solare fra il sole e l'acqua. Per esempio, secondo
lo Sloane Lapidary, il carbonchio o il rubino «mandano via tutte le mac
chie e le condizioni malate. Si diceva che questa pietra fosse nel fiume
del paradiso». U Inoltre, tre degli animali compresi nell'elenco sono
anfibi: come il sole (secondo molte tradizioni fra i popoli che vivono in
prossimità del mare) essi trascorrono parte del tempo nell'acqua e parte
nell'aria. Questi animali sono il cigno, la cantaride e il coccodrillo.
Il bestiario di Guillaume Le Clerc, del tredicesimo secolo, dice a
proposito del coccodrillo: «Non si è mai vista una simile bestia, perché
vive sulla terra e nell'acqua. Di notte si immerge nell'acqua, e durante
il giorno si riposa sulla terra. Se incontra un uomo e lo vince, lo ingoia
tutto intero, in modo che non ne rimane niente. Ma da allora in poi lo
piange per tutta la vita». 14
Malgrado tutto quello che abbiamo visto in appoggio a una
coscienza dello spirito, il sole non può sempre risplendere; fortuna
tamente viene la notte con le sue tenebre rinfrescanti a dare sollievo
dal calore del giorno. Psicologicamente ci sono tempi per l'inconscio,
per non preoccuparsi delle ricompense spirituali implicate in quello
che stai facendo. C'è un tempo per la pura esperienza, per il semplice
assorbimento e godimento fisici, e ancora una volta, nonostante quello
che è stato detto in precedenza, un tempo per il divertimento. Questi
tempi offrono una pausa al calore e alla luce solari, determinando un
ritmo naturale, come l'immaginato percorso del sole attraverso i cieli
e sotto il mare. Senza questo ritmo lo spirito può ingoiare una persona
"in modo che non ne rimane niente" . Le persone eccessivamente spiri
tualizzate se ne vanno in giro disincarnate, come Eco dalla fragile voce
e dal corpo sprecato, o come lo Stregatto. Più spesso il "refrigerio " è
in realtà tenebra, non poi così piacevole, ma un necessario contrap
punto alla luce del sole.
158
Altre connessioni possono essere fatte fra sole e acqua: l'acqua
come matrice dell'inconscio dal quale proviene lo spirito, l'acqua
come emozione per bilanciare il pensiero proprio degli atteggiamen
ti solari, l'acqua come la notte dei sogni e come stagno riflettente
dell'anima simile a Narciso, acqua come mare del viaggio notturno
dell'eroe-sole. Come un animale anfibio l'anima deve imparare a
vivere in habitat differenti e a solcare acque e suoli vari e inconsueti.
Un'altra allusione al periodo notturno del sole è il cigno che si
muove luminoso ed elegante sull'acqua durante il giorno, ma che è
conosciuto anche come quello che tira la chiatta del sole di notte, così
come quello che guida la barca del cavaliere nella storia di Lohengrin.
Il suo collo serpentiforme evoca anche il suo lato oscuro, ctonio. C'è
un tempo per il tramonto dell'anima, un periodo oscuro nel quale,
come fa notare Jung, il sole è nero. Nel suo saggio sul sole, Ficino nota
che quando il sole sale verso il mezzo del cielo c'è un aumento dello
spirito vitale e animale, ma quando il sole scende questi spiriti dimi
nuiscono. 15 Qui troviamo un altro vantaggio del sistema immaginale
astrologico: esso tiene conto dei movimenti dei corpi celesti, dei loro
ritmi di ascesa e discesa, di crescita e decrescita.
Anche la storia del leone, un altro animale solare, richiama il lato
oscuro del sole. Le Clerc ci dice che il leone ha tre caratteristiche rile
vanti: vive su un 'alta montagna, dorme con gli occhi aperti, e «quando
la leonessa partorisce il piccolo, questo cade per terra e non dà segno
di vita fino al terzo giorno, quando il leone alita su di lui e in questo
modo lo riporta alla vita». 16 Durante il Medio Evo quest'ultima carat
teristica del leone fu interpretata come un riferimento ai tre giorni pas
sati da Gesù nella tomba prima delle resurrezione, ma indubbiamente
si può riferire anche al sole che fa nascere la luna dopo tre giorni di
assenza - il tempo prima della luna nuova.
I tre giorni prima della nascita del piccolo leone, il sole nuovo,
rappresentano i tre giorni che Gesù passò nel mondo infero, per
liberare le anime del limbo. Un anonimo alchimista del sedicesimo
secolo aveva colto questa analogia: « . . . tutti dovevano discendere nel
mondo infero e là rimanere imprigionati per sempre. Ma Cristo Gesù
ha aperto la porta dell'Olimpo eterico e dischiuso il regno di Plutone,
affinché venissero liberate le anime». 17 La notte dello spirito, l'affon
damento della coscienza. La "notte oscura dell'anima" è un movimento
necessario nel ritmo di luce e tenebra. È incluso nella sensibilità solare,
1 59
e quindi in una psicologia solare, questo movimento all'ingiù verso il
crepuscolo dell'intelletto e il tramonto dello spirito brillante. Quando
Eraclito fece la scontata ma profonda osservazione che «il sole è nuovo
ogni giorno», implicava la morte del vecchio sole. Anche se il sole è il
pianeta che con la sua luce illumina tutti gli altri, ha tuttavia anch'esso
un ritmo di discesa.
Infine, Jung mette in evidenza un altro lato negativo del sole. Gli
alchimisti, egli ci ricorda, associavano il sole allo zolfo, la corruttiva
materia della decomposizione e della trasformazione. Dovremmo
anche notare che il sole non soltanto nutre e sostiene la vita, ma ha
anche il suo tempo di declino, e rappresenta una minaccia di aridità
spirituale; con il suo calore produce anche decomposizione e fermen
tazione. Qui vengono fuori ancora una volta presagi del fattore dioni
siaco: un principio che corrompe al servizio di nuove forme di vita. La
coscienza solare, a volte sulfurea nella sua capacità di dissolvere le cose
che illumina, produce conclusioni altrettanto che inizi. Alcune delle
psicologie solari alle quali abbiamo accennato di passaggio, sembrano
suggerire il concetto romantico che lo spirito è sempre sostenitore
della vita, mentre in realtà la sensibilità solare ha molti punti di con
tatto con la dissoluzione, l'oscurità e la morte. Dioniso e Apollo sono
fratelli. Il fine della terapia solare non è semplicemente l'eterna felici
tà. Non è un approccio " senza problemi" alla psicologia. Al contrario,
entrare nella luce dello spirito solare significa conoscere le profondità
così come le altezze, rischiare il pericolo di quelle fauci di coccodrillo,
sentire l'acredine dello zolfo e l'odore forte della noce moscata.
Quindi, la luminosità, che è proprio centrale nel modello di psiche
proposto da Ficino, abbraccia gli opposti e suggerisce un approccio
realistico alla terapia. Nella luce del sole vediamo le case dello spirito
che sostengono l'anima, percepiamo i processi nutritivi e corruttori
del movimento della psiche ed entriamo sempre più in profondità
nel cerchio dei pianeti. La terapia appare spesso come un tentativo di
evitare la sgradevolezza e la follia di un " pianeta" o di un altro. Ma la
sensibilità solare suggerita da Ficino ci porta sempre più giù in questi
inesplicabili movimenti con i loro alti e i loro bassi, le loro estasi e le
loro depressioni, la loro pienezza e il loro vuoto. Ciascun pianeta ha il
proprio tipo di simili esperienze, ma tutti partecipano alle vicissitudini
del modello solare centrale.
1 60
Capitolo 8.
Venere
1 61
famoso dipinto di Botticelli, con i suoi corpi aggraziati e le vesti fiorite,
fosse proprio un'immagine da usare nella pratica della magia naturale,
un mezzo per esporsi allo spirito di Venere, particolarmente utile -
sostiene la Y ates, concordando in pieno con il pensiero dello stesso
Ficino - ad aggirare il devastante spirito di Saturno.3
Propongo allora di guardare da vicino questo quadro per cogliere le
qualità essenziali dello spirito venusiano come erano immaginate nella
cerchia di Ficino. Abbiamo già visto quanto intimamente familiare
dovesse essere Botticelli con le idee di Ficino, e sappiamo che dipinse
questa immagine della dea per un Medici, Lorenzo di Pierfrancesco. I
critici e gli storici dell'arte sono stati affascinati da quest'opera quanto
lo è stato il pubblico, e hanno prodotto più informazioni interpretative
di quante ci siano necessarie. Nelle mie osservazioni mi appoggio molto
sia alle sintetiche affermazioni di Edgard Wind riguardo alle interpre
tazioni tradizionali di quest'opera, sia alle sue stesse idee.4 Quello che
mi interessa, però, è il significato psicologico dell'immagine, con il suo
potere di educare l'immaginazione in preparazione agli assalti e alle
insufficienze dei benefici e delle pene di Venere.
Guardiamo dunque la Primavera come uno degli amuleti e dei
talismani di Ficino, e immaginiamo non semplicemente di ammirare
esteticamente, ma di contemplare, e in funzione della crescita spiri
tuale. Seguendo questo approccio a questo pianeta e alla sua dea, ci
impegneremo in un modo di apprendimento molto apprezzato dagli
uomini della Firenze del Rinascimento, per i quali niente poteva essere
più stimolante di una cifra - ovvero un'immagine carica di simboli
misteriosi che aspetta che ci si entri dentro e la si esplori.
La Primavera di Botticelli
Nel Medio Evo e nel Rinascimento il " tre " era uno dei numeri pre
feriti da poeti, teologi e musicisti, sia che fossero neoplatonici oppure
no. I testi di musica di quel periodo, per esempio, consideravano
" perfetto" il tempo triplo, come a volte continuiamo a fare ancora
oggi. Anche Ficino, secondo lo stile neoplatonico, spesso divide in tre
e in multipli di tre il suo paradigma filosofico. Non sorprende dunque
trovare sulla tela del Botticelli un trio di tre: tre spiriti della natura, tre
Grazie e tre divinità.
1 62
Sandra Botticelli, La Primavera ( 1 477/ 1490), G alleria degli Uffizi, Firenze.
1 63
vento di primavera accende la bellezza della terra, la quale produce la
sua vegetazione; le Grazie danzano per la gioia del mondo, benedette
dallo sguardo affettuoso di una materna Venere; e Cupido indirizza la
sua freccia a Castità, che è già attratta da Mercurio. C'è una forte sen
sazione di movimento da destra verso sinistra. Si può immaginare che
la musica sia un elemento nella danza delle Grazie e nel movimento
attraverso la tela.
Se c'è implicata la musica, indubbiamente è eseguita nella tonalità
di Venere, anche se su questo punto sono stati espressi dei dubbi. Il
noto storico dell'arte Etwin Panofsky vede Mercurio come una nota
dissonante. A suo parere, Mercurio rappresenta la ragione e non ha
accesso diretto alla sfera di Venere. Volta le spalle a Cupido, alle
Grazie, ai doni della primavera, e alla stessa Venere. «Si può così
dire», scrive Panofsky, «ch 'egli esprima la dignità, ma anche la soli
tudine di quella unica facoltà psicologica che è esclusa dal recinto
dell'Amor divinus e si esclude da quello dell'Amor Humanus».7
Questo riferimento ai due tipi di amore, quello umano e quello
divino, mostra la distinzione che Ficino e altri avevano preso da Plato
ne, una distinzione fra due Veneri. La Venere celeste, che si diceva
essere la figlia di Urano, il cielo. Una Venere immateriale, non avendo
né madre né i limiti della materia. Secondo il platonismo di Ficino,
essa vive nella Mente Cosmica. Dall'altra parte, la Venere terrestre,
quella comune, era ritenuta figlia di Giove e di Giunone. Vive fra la
Mente Cosmica e il mondo sublunare - la Venere della terra che rende
percettibile e immaginabile la bellezza.
In un primo tempo, accettando l'idea delle due nature di Venere,
potrebbe sembrare che Botticelli avesse dipinto la Venere terrestre. La
Venere celeste è raffigurata tipicamente nuda, mentre quella terrestre
è coperta da vesti che rappresentano la sua incarnazione corporea.
Soltanto relativamente tardi nella storia, la morale stoica e cristiana
determinarono un 'inversione di questa tradizione. Nella Primavera,
ad ogni modo, Venere è vestita, ed è circondata da alberi e da fiori.
Sembra presiedere alla fertilità della terra e, se è così, si capisce che
Mercurio volti le spalle a tutto questo e e alzi gli occhi verso le nubi,
verso la regione del puro spirito. Il movimento sulla tela è allo ra come
una rapida corsa verso il lato sinistro, verso le nubi, verso un luogo
più spirituale. È implicita l'idea che anche se l'amore e la bellezza
terreni sono voluttuosi e fecondi in un modo fisico, c'è però qualcosa
1 64
di meglio. L'amore terreno sembra come in contrapposizione con il
mondo della Venere celeste, una regione annunciata in modo decisa
mente appropriato da Mercurio.
Alcune isolate affermazioni di Ficino tenderebbero a sostenere
la visione secondo cui la Primavera sia in realtà la Venere celeste, o
che sia la dea fautrice di un movimento di allontanamento dalla terra
in direzione del cielo. Per esempio, nel suo commento al Convivio
di Platone, scrive: «Il vero amore non è altro che un certo slancio a
volar via verso la divina bellezza».8 Ma gli scritti di Ficino, conside
rati nel loro insieme, non auspicano, come abbiamo visto nelle nostre
riflessioni sullo spirito solare, semplicemente una fuga dall'esistenza
terrena. Alla frase appena citata egli aggiunge: «la divina bellezza
stimolata dalla vista della bellezza fisica». Il pieno coinvolgimento
sensuale nella bellezza del corpo e della natura ci " stimola" a muover
ci verso le regioni più alte dello spirito, ma entrambi sono necessari.
Lo studioso di Platone Paul Friedlander allude a questa differenza di
punto di vista quando sostiene che in Platone il movimento verso la
bellezza non disprezza il corpo. Contrapponendo Platone a interpreti
successivi, egli scrive: «In Platone, chiunque prende la strada giusta
deve prima amare un bel corpo e " generare in esso belle parole" ; poi
riconoscere l'unica bellezza in tutti i bei corpi, diventando un amante
di tutto. Nessuno può omettere questi stadi preliminari, oltre i quali
guida l'anima verso la bellezza e verso l'alto»Y Sembra che Ficino,
come la sua guida dell 'anima, Platone, ratifichi sia il cielo che la terra,
entrambi gli aspetti di Venere.
Forse nella Venere di Botticelli possiamo trovare un indizio del
duplice mondo di questa complessa dea. In un altro dipinto, La nascita
di Venere, la dea celeste, nuda, sembra emergere dal mare, dove era
nata, e sta per essere rivestita di carne materiale simboleggiata dal
manto colorato che viene disteso verso di lei. Anche nella Primavera
possiamo trovare immagini di entrambe le nature. La parte inferiore
del corpo delle dea è rivestita di un ricco manto, mentre la parte
superiore è coperta da un tessuto trasparente che rivela chiaramente i
seni e i contorni del corpo, un po' come le vesti impalpabili che sugli
spiriti - le Grazie e Cloris - rivelano le loro figure.
La Venere della Primavera è l'amore nel suo aspetto celestiale e
terrestre. Se ci fosse stato solo quest'ultimo, si sarebbe dovuto cercare
un altro dipinto, una tela compagna, che mostrasse il lato celeste delle
1 65
cose. La Primavera, invece, è entrambe le cose; è un cerchio com
pleto. Mercurio non ha bisogno di respingere nessuno, né gli spiriti
della terra, né Venere in nessuno dei suoi due aspetti. Mercurio è lì a
tenere il cerchio in movimento, a fare in modo che la musica continui
a suonare. Agisce insieme a Venere e svolge un intimo ruolo nelle sue
funzioni divine. Qui Venere e Mercurio sono in congiunzione, come
direbbero gli astrologi. Formano una combinazione, un'unione di
due divinità, di due centri planetari che si danno sostegno reciproco.
Quella di divinità duplici è un'immagine comune nell'opera di Ficino.
Parte della scena che Venere guarda con evidente piacere è la
danza delle Grazie, un'arcaica immagine della danza della vita che
abbraccia il piacere, la bellezza della vita e la sua intima riservatezza.
Tutte e tre sembrano appropriate al regno boscoso di Venere, signi
ficando un tempo e un luogo nelle festività per i passi della bellezza
e del piacere, due fattori che abbiamo scoperto essere importanti per
la psiche e per la Castità - quella grazia della vita umana che offre un
naturale, opportuno limite all'inclinazione verso il mondo materiale. La
Castità impedisce all'anima di " abbracciare troppo il corpo" , perché
vigila sulla tentazione di lasciarsi troppo allettare dai piaceri dei sensi.
Non si oppone all'abbraccio del corpo e alle cose sensuali ma cerca
l'occasione di gettare uno sguardo a Mercurio, il Dio dell'intelletto e
dell'intuizione. Quello di Castità è un atteggiamento di piena parteci
pazione alla danza ma con un occhio all'oltre la danza.
Lo sguardo di Castità è diretto verso Mercurio, verso Ermete
Trismegisto. Il grande interprete, colui che conosce gli entusiasmanti
segreti contenuti nei semplici oggetti e svaghi materiali. Castità, attrat
ta verso Mercurio, offre una via non per allontanarsi dalla danza piena
di grazia che è l'esperienza della vita, ma per entrarci ancora più in
profondità. Castità guida la danza verso Mercurio, l'interprete. Lui
guarda alle nubi non perché non ha posto nella scena, o perché non è
interessato alle grazie della vita, ma perché è suo compito e funzione
guardare dietro la facciata delle cose, trovare il significato e il valore
che giacciono nascosti nelle pieghe dell'esistenza comune.
La Venere del cielo e della terra, dunque, presiede e guida il regno
della vita che comprende sia il pieno godimento dei sensi che l'intel
letto. Si prende cura dei due affetti dell'anima, per il corpo e per lo
spirito. E interpreta il suo compito attraverso il piacere e la bellezza,
e nutre anche una riservatezza interiore che allontana graziosamente
1 66
l'anima dall'essere assorbita nella sensualità e la orienta verso l'intu
izione e verso la significatività. Pico della Mirandola, giovane amico
di Ficino, aveva scritto di Venere: «Chi capisce fino in fondo e chia
ramente come l'unità di Venere si manifesta nella trinità delle Grazie
[ .. .] conosce la giusta via di procedere nella teologia orfica». 1 0 Essere
" in Vene re " , essere sotto l'influsso psicologico di questa fantasia e di
questo modello profondi, significa scoprire e far tesoro dei tipi di spi
rito e di intuizione accessibili attraverso la celebrazione sensuale della
vita. Questo non deve essere qualcosa di materialistico e di ottunden
te; al contrario, l'entrare nella danza della bellezza e del piacere, senza
bisogno di repressione esterna perché c'è anche Castità, consente di
ottenere ricompense spirituali straordinarie. Venere guida l'anima
verso il corpo e attraverso il corpo allo spirito. Dallo spirito, al corpo,
e di nuovo allo spirito - la stagione di Venere comporta il circolo della
psiche così ammirato da Ficino.
Lo spirito di Venere
1 67
del mondo sensuale di Venere. Eraclito ammonisce inoltre che sebbe
ne all'anima faccia piacere diventare umida, è tuttavia meglio un' ani
ma asciutta - un'osservazione che richiede un po' di commento.
Ne I pianetz; Ficino ordina i pianeti secondo il grado di umidità
che mostrano. 1 1 Li elenca per combinazioni dal basso della scala verso
l'alto. Mercurio con Giove è una combinazione umida - un esempio
della quale potrebbe essere la vita sociale e politica interpretata con
immaginazione e intelligenza. La successiva e più umida combinazione
è Venere con Luna. Luna, più vicina alla terra, la più bassa delle sfere
che circondano l'arena dell'impegno umano, è chiaramente umida.
Nell'iconografia l'umidità della luna è raffigurata, in modo alquanto
semplicistico, come gocce che cadono dalla luna, come per esempio
nella Luna dei Tarocchi. Venere è in sé umidità, impregnata com 'è
di emozione e di sensazione, ma congiunta alla Luna diventa ancora
più terrena e umida. Terza nella gerarchia è la Luna con Venere,
la Luna governatore principale con elementi venusiani aggiunti:
un mondo oscuro, incostante, mosso dal piacere e dalla bellezza.
Infine, la combinazione più umida di tutte è quella della Luna con
Venere e Mercurio. Le abilità interpretative di Mercurio aggiungono
intelligenza immaginativa alla combinazione Luna-Venere, ma la sua
intuizione è umida, vicina alla terra, legata all'esperienza, non distante
come quella di Apollo. Il vapore dell'intuizione concreta di Mercurio
va ad aggiungersi qui all'umidità della Luna e ai corpi fluidi di Venere.
Il dono di Venere, allora, è lo spirito, ma si tratta di un genere
peculiare di spiritualità, una spiritualità del tutto sensuale. Dalla sua
sensualità, dalla sua sessualità e dal suo assorbimento nel piacere si
può guadagnare spirito, e quindi il suo dominio è buono per l'anima.
Ovviamente Venere può attirare l'anima verso l'assorbimento comple
to nella sensualità, e nella mitologia abbondano le storie che ci met
tono in guardia nei confronti di questo aspetto della dea dell'amore.
Ma qui non ci interessa tutta la storia, quanto piuttosto le particolari
intuizioni di Ficino nei grandi ambiti dell'esperienza dell'anima. Egli
dipinge un sottile ritratto del territorio e della stagione venusiani, met
tendo in evidenza il lato benefico di questa tendenza dell'anima. Se
non l'apprezziamo adeguatamente, saremmo indotti a reprimere tutto
ciò che questa dea rappresenta, riconoscendo soltanto le sue seduzioni
verso l'inconscietà e i suoi disastri. Se invece Castità e Mercurio hanno
un loro posto nel mondo oscuro di Venere, allora non c'è bisogno di
1 68
repressione esterna, ma soltanto di un occhio vigile sul movimento
verso lo spirito.
Ficino nota che c'è un opposizione fra Venere e Sole: «Se noi
ci accostiamo a Venere, non abbiamo facilmente il favore del Sole;
se invece ci accostiamo al Sole, non abbiamo facilmente quello di
Venere»P Questo commento suggerisce incidentalmente i problemi
implicati nella psiche politeistica; Ficino non si faceva illusioni sull'ar
monia e la pace della psiche. Ma più specificamente il punto è che
l'umidità di Venere sembra incompatibile con l'effetto essiccante della
coscienza solare. È difficile pensare chiaramente e razionalmente quan
do uno stato d'animo venusiano porta, per esempio, fantasie di umidi
piaceri. L'anima invece deve ospitare abitualmente entrambi i pianeti.
L'osservazione ammonitrice di Ficino suggerisce che in quei
momenti in cui ci troviamo nella stretta di Venere che ci confonde,
che ci aggroviglia, quando le relazioni ci sommergono nel sentimento,
e la ragione appare annebbiata e impotente, è inutile pretendere di
essere allo stesso tempo nel Sole - razionali e chiari. Non possiamo
semplicemente sublimare questi sentimenti venusiani trasformandoli
in pensieri ben formulati e sfuggire così all'aspetto infelice di Venere.
La vera sublimazione, con la quale l'anima acquista spirito e pro
fondità, è un'evaporazione dall'umidità, che richiede una paziente
sopportazione della stagione umida. La psiche ha bisogno dell'umido
quanto dell'asciutto.
Sandor Ferenczi, uno dei primi allievi di Freud, affronta questo
punto nel suo libro sulla sessualità intitolato Thalassa ( " mare " ) : «Il
primo e più importante pericolo incontrato dagli organismi che in
origine erano tutti abitatori dell'acqua non era quello dell'inondazione
ma quello della disidratazione». 13 Il commento di Ferenczi può esse
re applicato anche alla psiche, perché l'inaridimento psichico è una
minaccia quanto l'eccesso di umidità. Spesso l'Io preferisce rimanere
asciutto perché allora ha il pieno controllo; vogliamo evitare di essere
colti alla sprovvista dal sentimento, cerchiamo i modi per moderare i
nostri sentimenti e incanalare le loro correnti. Una psiche fluida, per
cepita come umore instabile, come sensazione di essere spazzati via da
un'onda, come il fluire di molte fantasie e desideri, e una forte consa
pevolezza fisica di questi mutamenti, può non piacere a un Io che ama
una solida presa sul timone. Ma dal lato positivo, l'acqua è il fiume
della vitalità e il flusso delle possibilità; essere in contatto con essa
1 69
vuol dire essere vicini alle correnti della vita, per quanto pericolose
e imprevedibili possano essere. L'acqua è anche un fluido amniotico
o un oceano dal quale nascono tutte le forme di vita; essere inariditi,
per esempio per un eccesso di volo intellettuale, significa perdere il
contatto con quella matrice.
Ficino riconosceva il legame fra umidità e fantasia; è perciò del
tutto coerente con la sua teoria immaginare il regno di Venere come
uno stato di rigogliosa crescita dell'immaginazione. In una delle sue
lettere stabilisce una connessione fra il vapore, la fantasia, e la perdita
della razionalità: «Noi proviamo in noi stessi, non solo ogni giorno, ma
quasi ogni bora, che ogni volta che qualche poco di vapore alquanto
più de l'ordinario grosso o più humido, da le inferiori parti del corpo
esalando al capo se ne ascende, e li meati del cerebro riempie, subbito
dal sonno oppressi siamo, e quindi da insogni e fantasme siamo ingan
nati. Proviamo anchora a le volte, se qualche vapore malenconico
la rocca del corpo havrà assediata e vinta, subbito quindi la Regina
nostra, cioè la ragione esser precipitata, e da manifesta pazzia essere
gli h uomini presi».14 La discesa dall'arida razionalità all'umida fanta
sia venusiana è sentita proprio come un movimento verso il basso, e
forse, come nelle immagini di Ficino, possiamo sentire il nostro Io,
normalmente fortificato e difeso, invaso e sopraffatto. Questo stato
della coscienza, sentito come invasione, può essere anche valutato
come un nemico e come una condizione inferiore. È sempre meglio,
diciamo, mantenere la testa lucida e stare alla larga dai guai. Ma queste
fantasie umide, sono, nell'esperienza psichica, altrettanto valide dei
pensieri aridi, e in realtà sono importanti per assicurare il peculiare
spirito di Venere alla nostra condizione psichica complessiva: il suo
corpo psichico, la sensazione, il senso estetico, la crescita, il piacere e
l'intelligenza concreta.
Anche se il dominio di Venere trascende i limiti umani, in quanto
dea della procreazione e della crescita di tutta la vita, Ficino le asse
gna un posto speciale, insieme a Sole e Giove, nell'esperienza umana.
Non solo sovrintende al fertile vento di primavera, ma tempera anche
la danza delle Grazie - l'umana grazia. Consente alla propria sfera di
rivolgersi verso l'interno attraverso Mercurio, mostrando che gli dei
agiscono in tandem, e dimostrando che il suo dominio ha una certa
trasparenza e un grado di interiorità, non luminoso come il sole, ma
oscuro come l'ombroso boschetto della Primavera.
1 70
Inoltre, la numinosità associata a questa dea, quell'atmosfera crea
ta dal suo spirito e dal suo influsso, non è quella di una mente o di un
creatore divini; il suo mistero è affine piuttosto a quello del sesso, il
mistero del corpo, l'oscuro sentimento di stupore suscitato dalle "parti
intime" del corpo umano e della terra, il corpo del mondo. Ma questa
peculiare numinosità, sostenuta dalla fantasia e dal sentimento, quan
do non è dispersa da un eccesso di razionalità, non è superficiale. La
domanda del bambino, " da dove vengo? " , segna un'emergente ricerca
di senso, un interrogarsi sulle origini altre dal puramente fisico. Così
anche l'anima, con curiosità venusiana, si domanda: "Da dove vengo?
Quali sono le mie origini? Dove è la mia sorgente? " L'anima cerca
di trovare se stessa fra il fogliame delle proprie fantasie e dei propri
misteri, nel verde venusiano, dove è sempre primavera.
La psicologia venusiana può anche essere imprigionata in fantasie
di crescita e di novità. Negli ultimi decenni la psicologia umanistica
sembra essere comparsa all'improvviso sul vento di Zefiro dalla West
Coast, portando fantasie infinite di " crescita personale " , di esplora
zione sessuale, di assorbimento nei sentimenti - immaginato concreta
mente come bagni caldi, come interesse per le relazioni, specialmente
i gruppi e il matrimonio, e il giocare con l'immaginazione. 15 Come
una fantasia, fra le molte, del fare psicologia, questa chiaramente ha
il suo posto, ma come immagine dominante, e certamente come spi
rito esclusivo, anche Venere diventa un monarca dispotico. In altre
immagini di Ficino si manifestano tutte le caratteristiche che abbiamo
visto. I minerali di Venere sono la corniola, una pietra color carne che
i lapidari dicono fosse usata per arrestare l'emorragia negli uomini e
nelle donne mestruate, e il corallo utile per aumentare la fruttifica
zione (crescita) , e la cui origine è nella rugiada del mattino (l'umidità
originaria) . I suoi animali sono le tartarughe e le tortore, note per i
loro poteri di fertilità (sessualità e crescita) . Purtroppo Ficino si ferma
qui, senza darci un elenco completo di oggetti venusiani, con questo
commento: «Altro la decenza non mi consente di dire». Possiamo
facilmente immaginare quei fluidi e quegli aspetti della vita troppo
"indecenti" perché Ficino li esplorasse. La sua osservazione si limita a
sollevare un'altra delle fantasie associate a questa dea - l'indecenza, la
vergogna e l'oscura segretezza.
Hillman ha avanzato l'ipotesi che l'attuale compulsiva fascinazione
per Venere nasca dal nostro averla a lungo trascurata, forse a causa del
1 71
nostro puritanesimo o della sua indecenza. Se è così, allora potremmo
immaginare un possibile clima mondiale che renda a questa dea ciò
che le è dovuto. Quello che ho detto a proposito della necessità che
l'università sia più venusiana, può essere esteso alla vita in generale,
che sarebbe più consapevole della bellezza, della relazione, del corpo,
del sentimento e della fantasia; mentre i suoi lati negativi sarebbero la
gelosia, la sovrappopolazione, la crescita eccessiva, l'attenuarsi della
razionalità, e le malattie veneree del corpo e della mente. Comunque,
Venere è una dea con cui dobbiamo fare i conti, se non vogliamo
ritrovarci, come l'lppolito della tragedia greca, calpestati dalla nostra
stessa decenza.
1 72
Capitolo 9.
Mercurio
1 73
all'esperienza e al sentimento, e mentre guarda verso le nubi vaporo
se i suoi piedi sono per terra. E poi, la comprensione mercuriale non
comporta la maniacale penetrazione dionisiaca dell'esperienza o un
irrazionale viaggio interiore.
Ficino osserva, con un po' di sorpresa, che Mercurio «è sempre
pieno di Apollo».2 Nella conoscenza mercuriale c'è una certa bril
lantezza e levità apollinea, ma le piccole ali, generalmente attribuite
a questo dio, gli consentono di sollevarsi in aria solo di poco. Natu
ralmente, nella mitologia greca Ermes e Apollo avevano un rapporto
piuttosto stretto, anche se non privo di difficoltà. Gli Inni Omerici
ci dicono di Ermes fanciullo che, con precoce abilità, ruba il bestia
me di Apollo, e risolve poi la questione insegnando ad Apollo l'arte
della musica. Secondo Ficino sembrerebbe che Apollo insegni a
Mercurio qualcosa riguardo la conoscenza: forse come usare la luce
della ragione e la ragione della luce, mantenendo un po' di distanza
dal letterale.
Per i politeisti del Rinascimento, Mercurio è più strettamente
legato all'egiziano Toth, il dio della segreta sapienza, e al babilonese
Nebo, il dio della scrittura. Nell'iconografia del tardo Medioevo e del
primo Rinascimento, Mercurio è raffigurato come scrivano e talvolta
come vescovo.3 Lo scrivere e il parlare con chiarezza e intelligenza era
considerata una dote mercuriale, una dote che Ficino notava parti
colarmente negli altri, essendo lui bleso o balbuziente. In una lettera
tipicamente bizzarra al segretario di un cardinale, nella quale, per
inciso, ammette la sua balbuzie, Ficino ci dà un esempio insolitamente
concreto di come vedeva personificati gli dei e le dee nella vita quoti
diana. Dopo aver giocato in modo mercuriale sul nome del segretario,
Calderina, facendo riferimento al calore (caldus) , così presenta lo scri
vano: «Perché voi, mi avvisate, voi mi interpetrate, voi mi persuadete,
voi mi reconciliate ad al-trui, e voi ogni mia cosa espedite [. .. ] voi che
il mio Mercurio sete».4 E in una precedente lettera al cardinale stesso,
Ficino è ancora più esplicito: «Reverendo Monsignor mio, benissimo
sapete che Mercurio non solo è solito annuntiar le parole, ma anchora
di interpretare la mente di colui che 'l manda».5 L'interpretazione -
l'ermeneutica - è essenziale nello spirito mercuriale. Così continua
Ficino: «Attribuiscono ancora a Mercurio il dono de la rimembranza,
né ciò è senza ragione, percioché sì come a la Luna il moto del corpo,
così a Mercurio il moto de l'animo attribuiscono. Mentre che adunque
1 74
ne l'animo muove il senso pare che annuntii, e mentre che muove la
ragione mostra di interpretare. Ma quando la memoria escita, pare
che la rimenbranza svegli. Perché dico io tali cose? perché il nostro
Calderino pare che tra noi l'officio di Mercurio perfettamente adem
pisca. Perché non solo come nuntio m'ha le vostre littere dato e le
vostre parole m 'ha riferito, ma anchora la vostra mente verso di me
m'ha interpretato». Conclude poi questa lettera con un cenno alla
differenza fra la sapienza mercuriale e altre due forme: «Ma quello
che Mercurio non potrà esplicare, Apollo almeno col suo vaticinio [lo
stato profetico della coscienza] lo manifesti, e finalmente Giove col
suo officio felicemente adempisca».
Dal greco messaggero degli dèi, Mercurio scende al rinascimentale
segretario dalle nobili affermazioni. Ma naturalmente l'immagine va
molto più in profondità; e infatti, si serve l'anima con le virtù associate
a Mercurio: l'eloquenza, la versatilità, l'arguzia, l'acutezza, la genialità,
l'abilità, l'immaginazione e l'intelligenza. Queste attitudini della mente
mescolano gli eventi alle immagini e rifanno le immagini stesse, senza
necessariamente trasformare la fantasia in razionalità e le immagini
in concetti. Questa risorsa appare evidente in nuce nella storia greca
dell'infanzia di Ermes. Subito dopo la nascita, il piccolo dio trova
una tartaruga, la uccide, e dal suo guscio costruisce una lira. Ora,
potremmo anche lasciar volare la fantasia e metterei a fare congetture
sul guscio della tartaruga come versione dell'uovo cosmico, suonata in
modo da farne uscire vibrazioni orfiche, ma quello che voglio dire qui
è più semplice: il piccolo Ermes vede in trasparenza l'animale letterale
e immediatamente immagina la musica, proprio come il famoso scul
tore anonimo della filosofia scorge la sua statua nel marmo mentre è
ancora intatto. La conoscenza ermetica è veramente " in-tuitiva" , è una
conoscenza che guarda in profondità; un immaginare possibilità com
pletamente invisibili. Mercurio dispone del potere di usare il mondo
concreto per inventare, che etimologicamente significa " trovare " .
Mercurio trova le immagini congelate nella densità, nell'opacità, della
materia, e con i suoi trucchi le porta fuori all'aperto; Mercurio è infatti
il dio abile, scaltro e un po' imbroglione, la cui arte magica e oratoria
riesce a indurre a effetti straordinari con pochi mezzi.
Il dio Mercurio sostiene nelle sue immagini la psicologia fonda
mentalmente intuitiva di Ficino, perché Mercurio rivela un mondo
interiore delle cose senza privarle della loro concretezza. Se nella
1 75
Primavera stesse additando un mondo oltre, con l'intenzione di sug
gerire che c'è qualcosa di meglio su un' altra "tela" , la ricchezza e la
bellezza dell'immagine di Venere del Botticelli verrebbe squalificata.
Mercurio, invece, offre una sublimazione in cui il movimento verso
l'alto ha dei limiti. Questo genere di sublimazione, ora una forma
d'interpretazione, Norman O. Brown la definisce come una metamor
fosi alla maniera di Dafne. Dafne era la ninfa desiderata e inseguita da
Apollo. Quando il dio stava ormai per raggiungerla, si mise a urlare
in cerca di aiuto e fu trasformata in una pianta di alloro. Dal punto
di vista psicologico questa storia è molto suggestiva,6 e Brown la vede
come una descrizione della sublimazione: nella nostra ricerca di ogget
ti percepiti con i sensi, può farsi evidente il loro intrinseco valore spi
rituale. Così si esprime Brown: «La spiritualizzazione della sensualità
è l'amore [. .. ] La sensualità non è abolita ma realizzata pienamente . . .
Quando i nostri occhi sono aperti, percepiamo che nella sessualità
l'oggetto non è la ragazza letterale, ma la fanciulla simbolica, l'albero.
C'è sempre qualcos'altro che vogliamo. L'oggetto è sempre trascen
dente».7 Come nella triangolazione alchemica, il mondo solido diventa
corpo, anima e spirito - non è perduto il corpo, ma sono acquistati
anima e spirito.
Il modo più comune d'interpretazione, in certi ambiti l'unico, è
quello di sezionare e analizzare, congelando le componenti di un 'in
tuizione i n fragili frammenti facili così da manipolare. L'astuta abilità
di Mercurio, invece, interpreta senza uccidere, trasformando la nostra
visione di un'immagine attraverso un 'altra. Ermes bambino vedeva la
forma della lira nel guscio della tartaruga e, analogamente, la coscienza
e l'inventiva che lui rappresenta ci consente di vedere un'abbondanza
di immagini, congelate nelle forme concrete della vita quotidiana.
L'intuizione mercuriale, allora, è una visione un po' ingannevole,
scaltra, abile, intelligente, dove il parlare arguto abbonda e i giochi di
parole hanno un valore profondo. Un personaggio di Comma-22, di
Joseph Heller, ha una malattia mercuriale che tutti noi potremmo desi
derare. Di tanto in tanto si mette a gridare: «Vedo tutto due volte ! » La
visione mercuriale è multipla. Con la visione mercuriale vedo le cose
molte volte, perché attraverso Mercurio vedo le molte fantasie che si
accumulano l'una sull'altra nei miei sogni e nelle mie azioni.
1 76
Il risveg lio mercuriale
1 77
" In Mercurio " , quello che governa il segno dei gemelli, un occhio
può rimanere incollato ai fatti mentre l'altro cambia continuamen
te prospettiva. Attraverso di lui si può esercitare la doppia visione
senza sacrificarne la duplicità. Nell'ermeneutica di Mercurio non c'è
un'interpretazione definitiva, non c'è una conclusione completamente
soddisfacente; c'è sempre, infatti, un nuovo punto di vista, un altro
colore nell'abito variegato di questa coscienza, un 'altra angolatura da
considerare. Non c'è una conclusione, quindi c'è sempre la promessa
di un'altra, più profonda intuizione, di ulteriori implicazioni, di altre
applicazioni, di una suggestività inesplorata, di sfumature nascoste e
di sorprese inaspettate. Naturalmente questa prospettiva va contro la
natura di tutto ciò che è vero e scientifico, ma è un'opzione, e un' op
zione con risultati sorprendenti, solo che venga un po' esercitata.
L'idea di incontrare sorprese inaspettate non è mia ma di Ficino,
anzi, per essere più precisi, era un 'idea suggerita dal suo allievo più
brillante, Pico della Mirandola, che credeva fosse importante sorpren
dere l'anima con le esegesi delle immagini e delle favole. 12 Dato che
l'interpretazione consiste soprattutto nello scoprire nuove immagini
fra le vecchie, la sorpresa che porta Mercurio è una nuova immagine
o una nuova idea, un dono di quello scaltro dio che sa come stimolare
l'anima.
Nel passo di Ficino appena citato si fa notare che il potere che ha
Mercurio di risvegliare l'anima può sconvolgerla. Quindi, lo spirito
mercuriale non è del genere che riesce gradito con la sua intelligen
za. Chiunque può divertirsi a giocare con le parole, a distorcerle, a
produrre una vera e propria eufonia di linguaggio senza disturbare
una psiche che dorme. Sarebbe un errore confondere il dio Mercurio
con il semplice talento umano per l'arguzia verbale. Il giocare con le
parole, e l'eloquenza che spesso gli si accompagna, è importante nella
coscienza mercuriale come un mezzo per rigirare le immagini in modo
che il loro significato possa rivelarsi; perché l'anima si nutre di imma
gini. Ma l'abilità fine a se stessa è un mero esercizio egoico.
Wallace Stevens definisce la poesia come «un fagiano che scom
pare nella macchia», una buona descrizione anche dell'intuizione
mercuriale, e che ha il vantaggio di suggerire il mercurio alchemico,
l'imprendibile sostanza argentea così importante per le ricerche degli
alchimisti. 1 3 In Mercurio le parole sono come cristalli, le cui sfaccet
tature si rivelano quando ruotano, quando sono guardate da varie
1 78
prospettive. Tutto ciò che mantiene le nostre idee e le nostre fantasie
in rotazione, in mutamento, sottraendole alla nostra presa razionale e
sfidando ogni definizione conclusiva, è mercuriale. Quando siamo gli
abili, interpretativi, eloquenti segretari delle nostre stesse azioni e delle
nostre stesse idee, allora siamo Mercurio; allora infatti interpretiamo
la nostra stessa mente.
Questa è un'epoca generalmente non favorevole alle intuizioni
mercuriali. Vogliamo conclusioni, fatti; non aperture verso misteri che
non finiscono mai. Nelle università, per esempio, gli studenti amano
le definizioni unidimensionali. Date loro un esame a scelta multipla, a
quiz, e saranno felici e grati in modo evidente, ma metteteli di fronte a
un pensiero su cui riflettere, da trasformare in immaginazione, e quasi
all'unanimità protesteranno che una conoscenza di questo tipo è sol
tanto un'opinione personale e quindi di nessun valore. Resistono con
forza all'interpretazione, anche nel campo della letteratura. Ogni pro
posta interpretativa è un "leggere dentro " l'opera di un artista. Loro
insistono che il test finale di una lettura di una poesia o di un romanzo
è l'intenzione dell'autore, consapevole e registrata. Preferiscono le
conclusioni agli inizi, le conclusioni alle proposte, una definizione a
un'esplorazione, un solido fatto a una sfumatura. Il manto multicolore
di Mercurio non è di moda.
Eppure il grande vantaggio dell'intelligenza mercuriale è il suo
potere di tenere in movimento l'anima in una spirale discendente
verso un vortice di significato. Mercurio tiene in movimento il caro
sello dell' interpretazione, alimentando la curiosità e la meraviglia che
si interroga invece di assicurare lo stupore della conquista definitiva.
Con la nostra immagine della mente, fissa, sobria, lucida, potrebbe
essere difficile immaginare tutto questo, che il dio del quale ci stiamo
occupando, compresa la sua precocità infantile e la sua instabilità
adulta, è veramente una metafora per un modo di percepire la vita
nel mondo che abitiamo, che lui rappresenta veramente un inconscio
e spontaneo modello di consapevolezza. Eppure non abbiamo che da
aprire gli occhi, come suggerisce Kerényi nel suo esempio dei treni
perduti e dei libri trovati, e scoprire che la vita stessa è "briccona" .
Vale la pena citare per esteso le successive parole di Kerényi: «L'in
sieme delle possibilità considerate come campo d'azione d i Ermes: l'in
sieme di ciò che avviene considerato materia "ermetica " , la sua trasfor
mazione attraverso la trovata e il furto, ossia attraverso la bricconata,
1 79
in opera d'arte "ermetica" (che contiene sempre in sé anche un po' di
fantasmagoria) non sono unicamente realtà psicologiche che si mani
festano nella ricchezza, nell'amore, nella poesia e in ogni altro tipo di
scappatoie dalla strettoia e dalle limitazioni imposte dalle leggi, dai
costumi, dalle circostanze, dai destini. Esse sono il mondo e sono un
mondo. Il mondo che Ermes ci dischiude».14 Con l'abilità e il furto,
Mercurio risveglia l'anima, trova i buchi nelle «leggi, nei costumi,
nelle circostanze, nei destini». Tutti i suoi dietrofront e tutte le vie
che controlla non aderiscono ai limiti razionali e morali - era Ermes
quello che rideva alla scena descritta nell' Odz'ssea di Afrodite sorpresa
in adulterio con Ares e che diceva che avrebbe desiderato essere lui
in quella situazione.
Mentre Kerényi ci dà un'affascinante teologia di Ermes/Mercurio,
Rafael Lopez Pedraza ci offre un'eccellente psicologia basata su
questo dio. Fra i molti allettanti concetti di realtà ermetica che egli
rivela, forse quello più appropriato in questo contesto è l'idea di
" rubare dall a memoria" . Ricordiamoci dell'osservazione di Ficino
che Mercurio fa venir fuori un ricordo dalla memoria. Nell'analisi di
Lopez Pedraza la coscienza mercuriale " ruba" idee e suggerimenti
da due parti: alle altre persone, per esempio nella conversazione, e ai
complessi e gli archetipi della psiche stessa. Rubiamo a noi stessi nella
nostra regressione mercuriale, 15 rubacchiamo alla memoria un ricordo
che arricchisce il presente e apre e risveglia l'anima.
I sogni sono spesso mercuriali in questo modo: un'immagine di una
certa cosa ci attira a ricordarne un'altra. La stessa cosa naturalmente
possono farla fascinazioni e infatuazioni - ci attirano in un mondo di
sentimenti che colpisce, e proprio quando siamo nel pieno della pas
sione possiamo scoprire che fin dall'inizio non abbiamo visto il vero
oggetto del nostro desiderio: la Dafne di Brown come albero. Ficino
intendeva qualcosa di simile quando osservava che gli innamorati non
sanno distinguere i sapori di quell'aroma che inseguono e che gustano.
È tutto un trucco, uno scherzo che favorisce il riso degli dèi, di Ermes,
il più cordiale. La prestidigitazione di Mercurio squarcia la profondità
psichica per mezzo dei giochi di parole e degli illusionismi più pro
fondi di tutti. È da notare che forse una delle qualità più importanti
di un buono psicologo è il gusto per l'arguzia e il talento per i doppi
sensi; perché soltanto in quel tipo di visione multipla le sfaccettature
significative della vita sono esposte alla ragione della luce.
1 80
Potremmo sviluppare l'idea della visione mercuriale esplorando
le storie della mitologia greca che parlano di Ermes come guida delle
anime verso il mondo infero. Vedremmo allora che l'intuizione erme
tica porta una prospettiva di morte, nel senso che la realtà psichica è
vissuta nella morte del letterale. Ma le immagini di Ficino, più terrene,
fanno la stessa cosa: scoprendo dentro di noi quella struttura della
coscienza attraverso la quale vediamo le molte dimensioni di signifi
cato che abitano e attraversano il letterale, la coscienza psicologica si
indebolisce. Probabilmente le immagini ficiniane dei segretari e degli
scrivani può dare, di questo centro planetario della psiche, un'impres
sione troppo leggera, mentre la visione mercuriale è qualcosa di molto
profondo e duraturo. "In Mercurio" possiamo scoprire abitualmente
che le cose non sono sempre o generalmente quello che sembrano:
dietro un'azione apparentemente semplice può esserci una fantasia
profondamente sentita. Cogliere un lampo di quella fantasia vor
rebbe dire cogliere la dimensione-anima, e fare questo abitualmente
instaurerebbe un atteggiamento psicologico, il sine qua non della cura
dell'anima - della psicoterapia - nel senso più ampio.
La coscienza mercuriale, allora, si pone, a buon diritto, come un
focus importantissimo nel cerchio dei centri planetari della psiche.
Il Sole e Venere forniscono rispettivamente lo spirito e l'esperienza
sensuale necessari, mentre Mercurio assicura il canale per la luce
apollinea, consentendoci di portare nel nostro campo visivo lo strato
del significato psicologico.
181
Capitolo 1 0 .
Luna
1 82
di sentimenti del concreto e partecipe di altre funzioni dell'umidità
presenti nella natura e nell'anima. Ne I pianeti Ficino lo spiega chiara
mente: «E per questo motivo le cose lunari, in quanto più dense e più
umide, sono assai aliene dalla natura sottile e volatile dello spirito». 1
Lo spirito è rappresentato in modo più appropriato nello scintillio
che emana da una pietra lucente o dalla fragranza che si diffonde
da un mazzo di fiori; la luna, dall'altra parte, soprattutto per la sua
posizione vicina alla terra, è immaginata più densa e meno spirituale.
Come sostengono i moderni astrologi, la Luna ha molto a che fare con
il corpo umano e con i processi della natura.
Nella leggenda e nella tradizione, la Luna è un pianeta importante
per i contadini, perché dal suo influsso dipende la crescita o l'insuc
cesso dell'agricoltura. Nei tempi in cui si osservavano con attenzione i
pianeti, i contadini erano soliti coltivare seguendo le condizioni della
luna - seminare con la luna crescente e mietere con la luna calante.
Anche Ficino osservava questo significato naturale della luna, come
quando scrive: «La Luna e Venere dunque significano la forza e lo
spirito naturale e genitale e le cose che lo accrescono».2 Vedremo
più avanti che la natura lunare abbraccia i ritmi della crescita e del
decadimento, ma prima dobbiamo soffermarci su quel particolare tipo
di potere generativo di cui parla Ficino e sul ruolo che tale potere ha
nella psicologia.
Come spiega Kristeller, nel pensiero di Ficino la generazione è
un'idea tratta dalle scienze naturali e applicata alla filosofia,3 oppure
- come potrei estendere io quel concetto - Ficino osserva la genera
zione nella natura, la associa, seguendo linee tradizionali, alla luna, e
poi concepisce l'idea di questa generatività riguardo all'anima. La sua
idea è espressa, nel modo probabilmente più chiaro, in una lettera a
Lorenzo de' Medici. È proprio nella corrispondenza con Lorenzo, fra
l'altro, che Ficino appare più libero di dare consigli astrologici e di
esaminare le implicazioni dei vari caratteri planetari. In quella lettera
Ficino affronta l'importante relazione fra la natura lunare e gli altri
sistemi planetari: «l Teologi antichi dissero, che l'anime in queste
inferiori parti discendevano per il Cancro, che è casa de la Luna.
Perché venendo eglino per desiderio di generatione in una regione a
la generatione suggetta, meritamente per il paese de la Luna, che a la
generazione favorisce, far la lor via pensarono. Per il che gli antichi
chiamarono il Cancro la porta de i mortali, e 'l Capricorno a questo
1 83
apposito lo dissero porta de gli Iddii, perché per questo i purgati
animi finalmente ne la celeste patria rivoltare pensano».4
Dal punto di vista psicologico la Luna è la porta verso l'incarnazio
ne e la personizzazione delle fantasie, dei complessi e delle possibilità
archetipiche. Fedele alla sua tipica immagine di anima, sta come un
ponte fra il personale e l'archetipico. Bachofen parla di questo quan
do chiama la Luna «il più puro dei corpi tellurici, il più impuro dei
luminari uraniani».5 Dalla nostra prospettiva personale, sentiamo la
nostra Luna interiore come quella coscienza delle realtà sovraperso
nali o inconsce che svolgono un ruolo nella vita ma non sono creazioni
coscienti: per questo la Luna sembra "uraniana" o celeste, anche se
vicina alla terra. Da un punto di vista archetipale, le connessioni fra
le possibilità archetipiche e l'esperienza personale sembrano così indi
viduali che la coscienza lunare stessa appare personale-tellurica. Ad
ogni modo, questa attività lunare, grazie alla quale le fantasie collettive
diventano personali, è un movimento verso il basso, una tendenza
verso il concreto e l'individuale.
In tutti gli scritti di Ficino troviamo una grande importanza data
alla Luna, il continuo consiglio di non perdere di vista questo pianeta
dal movimento veloce. Un buon aspetto lunare - egli insiste - è essen
ziale per un'appropriata costellazione degli altri pianeti. Questa atten
zione alla luna assicura una buona capacità di scegliere il momento
opportuno e una piena consapevolezza sia del corpo che dell'anima,
dei loro movimenti individuali e del loro moto in relazione l'uno
all'altro. La Luna consiste in una sorta di capacità di capire quando
e come mettere in atto qualche movimento dell'anima e imprimergli
l'incarnazione individuale. Sia per l'anima che per la natura la Luna è
una guida ai ritmi e alle stagioni propizi.
La lettera di Ficino, che come al solito si limita a suggerire, mostra
anche la strada a doppio senso che collega il mondo delle possibilità
archetipiche con l'esperienza di vita. Le fantasie diventano concrete in
quella zona umida, densa di sentimento, terrena, che è la Luna, mentre
il mondo concreto dell'azione e dell'esperienza diventa psicologico
- l'anima ritorna al posto che le compete - attraverso la porta del
Capricorno, un segno governato da Saturno, dio della contemplazione
e dell'immaginazione profonda. Questa funzione della Luna forma
adesso lo sfondo per un ulteriore esame di altri processi lunari, tutti al
servizio dello scopo di fondo della generazione.
1 84
Moti lunari ed emozioni
1 85
stare bene attenti alla nostra vita personale e a quelle fantasie piut
tosto personali e intime che servono da ponte fra possibilità e realtà.
Buona parte del dolore di vivere non necessario deriva da una man
canza di coordinazione fra questi due cerchi, cosa che del resto non
meraviglia troppo dato che generalmente trascuriamo il Tropico del
Capricorno.
Un individuo psicologicamente costellato, con una Luna inte
riore, è sensibile ai ritmi "naturali " dell'anima, che sono differenti
da quelli dell' Io; ne tiene conto, come fa il contadino che conosce
l'importanza che ha la luna. Ficino arriva a dire, citando Albumasar,
che «facendo eccezione per Dio, per i viventi non c'è vita, se non
per opera del Sole e della Luna»? un'affermazione che chiarisce,
per così dire, dicendo: «Pertanto la via più sicura sarà quella di non
fare nulla senza il favore della Luna, dal momento che generalmente,
spesso e facilmente fa scendere le cose celesti a quelle inferiori. E la
chiamano secondo Sole, poiché ogni mese compie le quattro stagio
ni dell'anno».8 Le condizioni dell'esistenza personale possono non
riflettere esattamente i movimenti dell'anima profondi. Quello che
ha senso alla superficie, all'interno può essere follia. E quell'ultima
frase di Ficino è particolarmente interessante perché conferma il
concetto che quando attraverso l'attività lunare le fantasie profonde
s'incarnano nell'esperienza, i ritmi lenti della psiche si trasformano
nei tempi più rapidi della vita - le stagioni dell'anno compresse in
un solo mese.
Se per un attimo pensiamo alla psicoterapia - non come viene
spesso praticata, come aiuto all'adattamento personale, ma come un
programma per diventare più " celesti" , per dirlo nel linguaggio fici
niano, e più consapevoli dei processi della psiche, nel linguaggio di
oggi - allora l'importanza della coscienza lunare diventa evidente. Un
primo significativo passo in terapia potrebbe essere quello di acqui
stare il senso delle stagioni e dei ritmi dell'anima, i suoi tempi e il suo
tempo. La terapia stessa, come cura dell'anima, richiede pazienza e
tempo proprio per questa differenza di passo. Questo senso lunare
stesso può anche costituire un pilastro fondamentale nella costruzione
di un atteggiamento psicologico che tenga in seria considerazione i
movimenti archetipici. Cominciare a sentire i poliritmi della psiche e
dell'esperienza, significa cominciare a vivere psicologicamente, con in
mente il bene dell'anima.
1 86
Crescente e calante
La luna riflettente
1 87
contesto dobbiamo leggere la sua affermazione con un atteggiamento
mentale che non sia soltanto letterale: « . .la sua luce è senza dubbio la
.
1 88
gli emblemi degli alchimisti (Michael Meier, per esempio) ce n'è uno
che mostra un rospo che succhia il seno di una donna. Il motto che
accompagna l'immagine è: " Metti un rospo al seno di una donna, sì
che possa nutrirlo; è probabile che la donna muoia, ma grazie al latte
il rospo diventa grande" . 12 Questa è un'immagine dello svuotamento
lunare kenosis. L'idea non è quella del sacrificio di sé nel senso
-
1 89
assicurano che la morte lunare non è sempre dolce. L'immaginazione,
che fa parte del modello lunare, non va identificata completamente
con la brillante creatività, con la giocosa inventiva, e il fantasticare
ispiratore. Anch'essa ha la sua luna calante diretta verso i tre giorni di
tenebre della morte. Fa parte di un'immaginazione fertile la capacità
di sopportare la morte di ciò che è stato già raggiunto.
Come abbiamo notato nelle nostre allusioni alla situazione storica
di Ficino, la morte è sempre vicina alla creatività. Possiamo imma
ginarla metaforicamente, nelle immagini di Persefone e del mondo
infero, per esempio, come uno stato o una qualità di atteggiamento. In
un certo senso, tutta l'esperienza di vita che è stata "psicologizzata" ,
o immagazzinata nella memoria e vista dalla prospettiva dell'anima, è
morta. Ma questo morire lunare è piuttosto un processo, un movimen
to in direzione del vuoto, accompagnato da appropriati sentimenti di
fine e di perdita. In ogni momento della vita ci si possono aspettare
sentimenti e fantasie generati dal calare in noi di qualche spirito. In
questo caso sembra del tutto appropriata l'immagine del rospo che suc
chia via la vita della giovane donna; perché il calare di ciò che era stato
uno spirito vitale viene sentito come una violazione e un brutto delitto.
Questa sensibilità lunare che fa parte del temperamento celeste è
straordinariamente diversa da quella favorita dalle psicologie basate su
modelli centrati sull'evoluzione e sullo sviluppo. B Qui la vita psichica
non è vista come un continuo processo di allontanamento dall'infanzia
e dall'ignoranza, verso la maturità e la felicità. Fa parte dell'essere cele
sti sperimentare cicli di crescita e di decadimento, di luce e di buio.
L'implicazione per la terapia è ovvia: aspettati momenti di decadimen
to così come di crescita e non interpretarli come inappropriati. E in
effetti, un terapeuta con questo schema planetario in mente, potrebbe
pensare a una perdita di Luna, sperimentata come resistenza al natu
rale decadimento e declino. Senza la fase dello svuotamento non può
esserci alcuna pienezza vitale. Inoltre, nel suo mese la luna è piena
solo per un breve momento, eppure così spesso immaginiamo uno
stato ideale di salute psichica nel quale la nostra Luna è sempre piena.
E infine, come ho già detto, non dobbiamo immaginare questi ritmi
lunari come trame sequenziali nel tempo, quanto piuttosto vederli
come immagini archetipiche della psiche. Calante o crescente, luna
piena oppure falce, la Luna può essere sempre sentita in riferimento a
uno dei molti moti della psiche.
1 90
Nel libro The Book o/ Secrets o/ Albertus Magnus, una raccolta di
leggende sui pianeti, fra le altre cose troviamo una descrizione della
Luna. La Luna, dice, è colei che trasmette la virtù di tutti i pianeti -
un concetto anche ficiniano. Favorisce le qualità della rettitudine e
dell'onore ma è anche incostante e ama i luoghi bagnati e umidi. 14 Il
pericolo dei pianeti umidi, naturalmente, è la tendenza ad " awolgere
troppo il corpo" , a preoccuparsi del fisico e del personale. Ma, come
ci assicura Alberto, la Luna ci mantiene retti, con i piedi per terra,
dotati del buon senso del contadino. Tutte virtù di cui la psicologia
come disciplina troppo spesso è priva. Secondo me i migliori psico
terapeuti sono quelle rare persone che hanno il semplice buon senso
del contadino, che è capace di sentire il vento con le dita o guardare
il cielo senza alcuno strumento, per sapere che tempo farà. Loro
conoscono i segreti del vivere comune che non sono riducibili a una
formulazione concettuale. Non sono assolutamente anti-intellettuali,
ma oltre al pensiero acuto hanno il talento di vedere i semplici ma
estremamente sottili segni dello spirito nel suo progredire, proprio
come un vecchio contadino che la sera, senza tanta ostentazione,
osserva la tonalità rossastra e l'inclinazione della luna.
191
Capitolo 1 1 .
Saturno
1 92
A tra bilis: l' umor n ero
1 93
nei confronti di questo centro planetario: dovremmo a tutti i costi
evitare il suo dannoso influsso e soprattutto il suo potere di disidratare
l'anima; d'altro canto, però, è soltanto passando attraverso Saturno,
vivendo l'esperienza del suo spirito fino in fondo, che possiamo otte
nere l'effetto positivo che ha da offrire. Proprio come all'interno della
storia di Crono troviamo il giovane che osa creare uno spazio fra cielo
e terra, rivelando un regno intermedio dove forse l'anima può esistere,
così nelle altre storie e immagini di Saturno troviamo una ricompensa
luminosa in mezzo alle tenebre della sua malevolenza.
Tinte fosche circondano l'immagine di Saturno: in alchimia
Saturno era identificato con il processo della putrefazione, e come
Sole nero, il Sol niger della nigredo, la fase dell'annerimento, psico
logicamente quella fase del lavoro dell'anima in cui la sporcizia che è
stata fatta viene lasciata posare, decomporre e putrefare. Fra gli umori
classici del corpo, Saturno è I'atra bilis, la bile nera responsabile della
depressione e della melanconia. Morte e tenebre pervadono il regno di
Saturno e, come awerte Ficino, o il nero attrae l'influsso di Saturno o
Saturno porta con sé sentimenti di morte e di decadimento.
Una volta una giovane donna che aveva appena iniziato l'analisi
mi raccontò di aver fatto uno strano sogno. Aveva sognato che vedeva
il sole nel cielo, ma che era tutto nero tranne una luminosità gialla
tutto intorno ai margini. Per lei questo sole nero compariva dopo un
lungo periodo di depressione, un'immagine del suo buio ma con la
promettente indicazione dell'oro che giaceva all'interno della massa
nera della melanconia. Più di recente, è venuto da me un giovane
lamentando continui sentimenti di depressione e di un'ineludibile
prossimità alla morte. Proprio prima di venire da me era andato in
città a camminare in un parco nella speranza di trovare un po' di
sollievo alla sua pesantezza, ma era appena entrato nel parco, quando
era inciampato nel corpo di un vagabondo, un vecchio che sembrava
morto proprio sulla strada. Quando questo giovane venne da me
indossava una camicia nera e dei pantaloni neri, e i suoi capelli, lun
ghi e neri, confluivano in una nera barba fluente. Spesso le immagini
planetarie sono sottili, difficili da intendere; a volte, invece, parlano,
chiaramente e in modo inequivocabile.
Cosa che non sorprende, il metallo di Saturno è il piombo, un
tradizionale concetto che si sperimenta subito quando arriva la
depressione e ci sentiamo " pesanti " , gravati. Sa turno è anche sempre
1 94
al margine, lontano e distante, come quando nella depressione i nostri
occhi dicono a chi ci sta intorno che, anche se il nostro corpo è presen
te, il nostro spirito è lontano, rivolto all'interno. Ficino richiama l'at
tenzione su questo isolamento del melanconico ne I pianeti: «Saturno
non indica facilmente un tipo e un destino comuni del genere umano,
ma annuncia piuttosto un uomo separato dagli altri, divino o bruto,
beato od oppresso da una miseria estrema».� Nella storia di Crono,
il suo destino finale è di governare alla fine del mondo, lontano dalle
attività della vita normale.
Carpenteria e costruzione
1 95
Fedele al suo conservatorismo e alla sua aridità, Saturno vive su
fantasie vecchie e sorpassate, che, dal momento che non hanno alcun
intrinseco segno di vitalità, egli deve sostenere, rattoppare e difendere.
Così le anime saturnine, come quei carpentieri che sono suoi figli nelle
antiche incisioni, sono completamente impegnate nella costruzione:
edificare, mettere in ordine, collezionare, analizzare, programmare.
Non potrebbe essere questa la fantasia che sta dietro il fascino che
vincola certe persone alle collezioni di bottiglie, di francobolli, di auto
mobili d'epoca, e di qualunque altra cosa possa essere messa insieme?
Un comportamento che non ha un chiaro obiettivo fra i valori dell'Io,
deve comunque essere l'espressione di qualcosa di serio. I collezio
nisti non stanno forse cercando di mettere ordine nel loro cosmo, e
il loro dio non è Saturno? E che dire di quei lavori più pratici legati
alla costruzione - il costruire le città, un vorace tentativo di divorare
la natura (Gaia ) , di ingoiare i suoi figli, trasformandoli nel corpo di
Saturno stesso con la sua immagine conservatrice?7 Privi dell'umidità
della fantasia nuova, fresca, siamo costretti a costruire mondi a partire
da idee vecchie e aride dando a troppa della nostra cultura un'impron
ta decisamente saturnina. Gli edifici in pietra, le forme geometriche,
gli stili presi da un passato idealizzato, caratteristiche che ritroviamo
nei grandi edifici di molti campus e di molti ministeri, lasciano intra
vedere i segni del governo di Saturno.
Per l'individuo, il lavoro interiore è simile: il tentativo di costruire
su materiali arcaici e di sopravvivere senza l'umidità che dà vita. Il
rivolgersi all'interno tipico della melanconia è uno spostarsi verso un
luogo interiore lontano, verso il cimitero dell'anima. I cimiteri di solito
sono situati ai margini delle città, ed è lì che Sa turno porta l'anima.
Nell'alchimia Saturno era immaginato come una tomba ed erano suoi
figli coloro che scavavano le fosse, come abbiamo visto. " In Saturno" ,
dunque, non h a luogo soltanto l a costruzione, m a anche l a sepoltura. Il
melanconico sente il macabro compito di lavorare nella terra dei morti:
tutto intorno terra arida, ogni spirito vitale sparito sottoterra. Freud
dice che la melanconia è essenzialmente un sentimento di perdita, e
anche se lui ci porta a scoprire in un modo un po' troppo contorto ciò
che è perduto, quel sentimento è comunque una parte importante del
complesso.8 Quando si è in Saturno si è perso contatto con i movi
menti dell'anima: i pianeti, la realtà lunare, e la superficie della terra.
Siamo in un dentro lontano, in Saturno, il più remoto dei pianeti e
1 96
il più freddo. Non tanto abbiamo perso qualcosa, quanto siamo noi
stessi persi al margine del nostro zodiaco interiore, alla fine del mondo.
Adesso possiamo esaminare, come al solito, l'immagine che Ficino
ci offre per attirare lo spirito di Saturno: «Per ottenere una vita lunga
gli antichi facevano l'immagine di Saturno nella pietra Feyrizech, cioè
nello zaffiro, nell'ora di Saturno, quando era ascendente e in posizio
ne felice. La forma era quella di un uomo vecchio seduto su un'alta
cattedra o su un drago, con il capo coperto da un panno di lino scuro,
nell'atto di levare le mani sopra il capo, con una mano che tiene una
falce o dei pesci, vestito di veste scura».9 Qui troviamo immagini per
tutte quelle qualità di Saturno di cui abbiamo parlato finora. Prima,
e più importante, Saturno è un vecchio, dal punto di vista della men
talità potremmo associarlo ai vecchi. Anche se sarebbe assurdamente
letteralistico etichettare come saturnini tutti i concreti uomini vecchi,
tuttavia molto spesso essi rientrano in questo ruolo. Non c'è che da
guardare una fotografia dei nostri deputati e senatori in assemblea
per scoprire l'immagine guida della nostra società - Saturno sul suo
trono, arido e freddo. Siede su una sedia come su un trono, o su un
drago - entrambe immagini della madre come terra e natura. Il lato
"Vecchio " di Saturno domina i poteri ctoni e terreni della Madre
Natura; anche se, come abbiamo visto, non esita a ingoiare i figli della
Natura per i propri scopi. La sua testa è coperta da un panno di lino
scuro, un'immagine della morte. Onians, quel profondo studioso
delle antiche immagini, ci informa che i Romani si velavano la testa se
sapevano di essere prossimi alla morte, e coprivano la testa dei morti
con un panno, credendo che la dimora della psiche fosse nella testa. 10
Un'affascinante fonte moderna per le immagini di Saturno è l'opera
di Samuel Beckett, il quale, fra altre cose, raffigura la qualità arida e
desolata di una cultura tagliata fuori dalle sue radici fecondanti. Le
sue ambientazioni, nei romanzi e nelle opere teatrali, sono spesso, in
accordo con la natura di Saturno, spoglie e pallide, solitarie, e decisa
mente melanconiche. Potremmo guardare diverse delle sue opere da
questo punto di vista, ma è nel dramma Finale di partita che troviamo il
ritratto più evidente di Saturno. All'inizio del dramma, Hamm, vecchio
come il figlio di Noè che il nome richiama, è seduto su una sedia con
un fazzoletto insanguinato che gli copre la faccia. Durante il corso del
dramma la sua azione è limitata, mentre, senza mai lasciare la sedia,
si muove geometricamente sulla scacchiera del palcoscenico dando
197
aspre direttive al suo giovane compagno, e parlando in modo crudele
ai genitori che sbucano fuori dai bidoni dell'immondizia. Rappresenta
quella coscienza tirannica che domina tutti i momenti di fine - fine di
una fase della vita, di un sistema di credenze, di un corpus di valori, e
di un atteggiamento verso se stessi. Vuole il pieno controllo su passato
e futuro, e le sue prime e spesso ripetute parole - «è finita» - lo identi
ficano come un dio morente, un eterno momento di morte.
Saturno è veramente il dio di un tempo di chiusura, di fine di
partita, quando ciò che è stato in gioco per un periodo fruttuoso deve
finire; ma come nel dramma di Beckett il gioco non finisce mai, così
in Saturno non c'è nessun punto finale, nessuna conclusione, soltanto
un congelato, disseccato stato di morte.
L'oro di Saturno
1 98
in guardia dallo spirito di Saturno. Dovrebbero, di tanto in tanto,
dedicarsi a cose più gioviali e occuparsi della società e delle faccende
sociali in un terapeutico processo di costellazione.
Continua però l'affermazione di Ficino: «Sfuggono invero l'influsso
nocivo di Saturno e si espongono a quello propizio non solo coloro che
si rifugiano presso Giove, ma anche coloro che si volgono con tutta la
mente alla contemplazione divina, simboleggiata proprio da Saturno». 1 2
Dunque, oltre a scappare dalle penose condizioni della melanconia
saturniana, si potrebbe proficuamente restarci dentro e trovare in
Saturno stesso un grado di contemplazione pari alla gravità della sua
malevolenza. Detto semplicemente, Ficino ci sta consigliando di entrare
a fondo nelle nostre depressioni, di restare con esse abbastanza a lungo
per consentire al loro lavoro di avere effetto. Ci resta però ancora da
scoprire in che modo la depressione e la melanconia possono offrire un
dono. Non basta accettare semplicemente la leggenda che i più grandi
autori e i migliori artisti sono stati per natura melanconici. Cosa c'è nella
depressione che può offrire all'anima non soltanto un utile beneficio,
ma anche qualcosa di straordinariamente positivo?
Un giorno Hillman, durante una conferenza a un'università, fu
interrogato sulla depressione. Com'è - si chiedevano gli studenti -
che la sua psicologia si riferisce così spesso alla depressione come
sostenendola? tanto che alcuni critici pensano che lui e i suoi seguaci
debbano essere dei tipi depressi. La replica di Hillman fu che la
depressione è una risposta al diffuso attivismo maniacale, e che è un
morire al mondo selvaggio del letteralismo. Sentendoci abbattuti e
pesanti, siamo costretti a spostarci verso il dentro, a rivolgerei alla
fantasia invece che all'azione letterale dell'Io. E questo spostamento
verso l'interno è necessario per l'anima perché crea uno spazio psi
chico, un contenitore per una riflessione più profonda, dove l'anima
cresce e la superficie degli eventi diventa meno importante. Questa
risposta di Hillman si collega al suo saggio sulla coscienza senex,
dove dice che Saturno ci sospinge ai margini, dove le nostre immagini
diventano primordiali, affinate e lontane dai nostri consueti schemi di
riflessione, dalle nostre immagini abituali e dai riferimenti personali.13
Il commento secondo il quale i seguaci di Hillman sarebbero depressi
fa venire in mente un fatto curioso riguardante Ficino e i suoi amici, i
quali chiamavano la loro cerchia più ristretta i "Saturnini " , e il luogo
dove si incontravano, il Mons Saturnus. 1�
1 99
Gli autori di Saturno e la melancolia sembrano aver colto lo spirito
di questa intuizione ficiniana, dato che scrivono: «In quanto nemico e
oppressore di ogni vita in qualche modo soggetta al mondo presente,
Saturno genera melanconia; ma in quanto amico e protettore di un'esi
stenza superiore e puramente intellettuale può anche curarla».15 Potrei
trovare da ridire soltanto sulla parola " intellettuale" , dal momento che
la primissima affermazione del primo capitolo de I pianeti dice che
l'intelletto senza l'anima non ha relazione con il corpo. L'anima deve
stare in mezzo. Sarebbe dunque più esatto dire che Saturno ci porta
verso le regioni più alte dell'anima.
Anche Ficino fa alcune osservazioni che completano le idee di
Hillman sul fatto che la depressione ci allontana dalla superficie del
mondo dei particolari. Scrive in De vita sana: «La causa naturale poi
sembra essere il fatto che per acquistare le scienze, soprattutto quelle
difficili, è necessario che l'animo si raccolga dall'esterno all'interno
come da una circonferenza al centro, per dir così, dell'uomo. Ma
raccogliersi dalla circonferenza al centro e fissarsi nel centro è proprio
soprattutto della terra, cui in vero è assai simile l'atra bile. Pertanto
l'atra bile stimola continuamente l'animo a raccogliersi in unità e a
fermarsi in essa e a contemplare. Ed essa stessa, simile al centro del
mondo, spinge ad indagare il centro delle cose, ed eleva a compren
dere le cose più alte, dal momento che è nella massima armonia con
Saturno, il più alto dei pianeti». 16
Qui sembra esserci una contraddizione: Saturno porta l'anima ai
margini del suo firmamento interiore, alla fine del mondo, lontano
dalla vita umana; eppure qui vediamo Saturno descritto come un
movimento verso il centro. Ma naturalmente il centro non è il punto
di mezzo della psiche, ma il centro di ciascuna cosa da indagare. Nella
pesantezza e nelle fantasie profonde saturnine siamo attirati giù verso
le immagini dell'anima - non sempre raffigurazioni visive vivide,
spesso la vaga immagine di uno stato d'animo, di un 'atmosfera. Le
cose dell'Io - ma anche un'immaginazione attiva - non trattengono più
l'attenzione. Nella teoria della conoscenza di Ficino la coscienza satur
niana è più vicina alla Mens, la parte più alta dell'anima, quella funzione
più lontana dal mondo materiale. Questa non è la spiritualità del Sole
né la razionalità di Mercurio, ma una funzione di profonda contempla
zione, distante dal concreto, ed è un raggiungimento nella coscienza
che Ficino esalta molto: «Quei popoli lunari, che Socrate descrive
200
nel Pedone, che abitano la regione più elevata della terra e più in alto
delle nubi, che vivono nella sobrietà, contenti dei frutti della terra e
dediti allo studio della sapienza più riposta e alla religione, gustano la
felicità di Saturno; e conducono una vita così felice, tanto lunga, che
sono considerati non tanto uomini mortali quanto dèmoni immortali
e molti li chiamano eroi e stirpe aurea, che gode di una specie di età e
di regno di Saturno».17
Altrove Ficino scrive in tono analogo: " Saturno invece in cambio
della vita terrena, da cui ti separa, essendone lui stesso separato, ti
dona una vita celeste ed eterna». 18 In un modo tutto suo, Saturno ci
fa uscire dal mondo letterale, dall'esperienza della vita normale, per
portarci verso il mondo dei modelli eterni, la vera casa dell'anima, o
più semplicemente verso uno stato di coscienza nel quale possa essere
percepita e apprezzata nel suo grado più puro la dimensione psicolo
gica. Quando la tormentosa afflizione propria di Saturno è evitata, e la
sua influenza appare semplicemente come rigidità e scontrosità senili e
controllo autoritario, non troviamo la nostra via verso queste fantasie
primordiali così lontane dall'esperienza umida. L'Età dell'Oro allora
è semplicemente un passato personale idealizzato. Quando invece ci
sottomettiamo a questo dio, e reggiamo alla sua malinconia, quell'Età
dell'Oro spinge la storia del passato personale verso la coscienza di
disegni molto più grandi. Così i nostri eroi, nella sua memoria collet
tiva, archetipica, non sono semplicemente persone importanti della
gioventù e dell'infanzia, ma veri eroi e antenati, molto più grandi della
vita. Il sentimento melanconico associato a questa fantasia può anche
essere, come aveva intuito Freud, un sentimento di perdita dovuto
all'abbandono della propria storia personale come fonte di significato.
Una persona arriva a interessarsi più alle immagini che a coloro che
le hanno causate, e a essere centrato in quelle immagini anziché cen
trare le immagini in se stesso. Questo, dice Ficino in molti contesti,
è il culmine del coinvolgimento dell'anima, il significato ultimo della
contemplazione, e un fenomeno religioso nel vero senso della parola.
Il compenso che si può trovare nei sentimenti di melanconia,
di depressione e di pesantezza, nasce direttamente da quel ritirarsi
dalla vita che proprio quei sentimenti favoriscono. Questo è evi
dente nell'elenco di esperienze che Ficino ci offre ne I pianeti come
esempi di condizioni che potrebbero suscitare lo spirito saturniano:
«Attraverso [. . . ] l'ozio, la solitudine, la costanza, attraverso la teologia
201
e la filosofia più segreta, la superstizione, la magia, l'agricoltura, attra
verso la tristezza finiamo sotto il dominio di Saturno». 19 Tutte queste
cose comportano un ritirarsi dalle comuni faccende, sia fisicamente,
mediante l'ozio e la solitudine, sia in senso corporeo, attraverso la
malattia, sia attraverso lo studio delle cose che sono esse stesse lonta
ne da ciò che consideriamo ordinario e consueto. Saturo indebolisce
l'energia e l'entusiasmo per la vita comune, in modo da dare risalto
allo straordinario, alle vere profondità dell'anima.
Quando il potere della vita normale di fornire un senso di vitalità
e di significato viene meno, i sentimenti di tristezza e la tentazione di
ritirarsi in se stessi invadono la coscienza. Questo è un movimento
naturale della psiche, una svolta nel ciclo dei pianeti; per questo la
tristezza può essere una ricerca di radici più profonde. J ung sostene
va che ogni problema psichico significativo che si presenta in questi
tempi di confusione e di mancanza di significato esprime fondamen
talmente un'angoscia religiosa.20 In un senso almeno potrebbe essere
una situazione saturniana, che nella visione di Ficino è la religione al
massimo della profondità perché alla fine, nella nostra melanconia, ci
troviamo di fronte al finito che è potenziale nell'ordinario e nel per
sonale, e scopriamo qualcosa di trascendente. Questo non vuoi dire
che soltanto nella depressione troviamo significato e appagamento
religiosi, ma lo scopriamo anche lì. Saturno non è semplicemente un
pianeta molesto da evitare; con la perseveranza e la sopportazione
potremmo trovare nei suoi umori tetri, pesanti, ambivalenti, un modo
per attraversare e superare la poca profondità del presente.
202
Capitolo 12.
Giove
203
intelletto, dal quale sono tutte le cose prodotte»; ' quindi può essere
simboleggiato dalle sfere o dalle forme rotonde. Oppure può essere
immaginato come un uomo, perché è essenzialmente mens e «ogni
cosa col seme de la ragione [ratio seminalis] produce ».
Questa è la " ratio seminalis'' che Ficino, con un linguaggio alquan
to involuto, descrive all'inizio de I pianeti,2 e dal momento che questo
concetto è fondamentale per la sua teoria astrologica, merita qui un
breve commento. Secondo Ficino, l'anima mundi, essenziale a livello
cosmico per unire mente e corpo, ha tante " rationes seminali" quante
sono le idee nella mente divina. Le specie delle cose assumono la loro
forma da queste rationes nell'anima, e infatti, quando le cose degene
rano, possono essere rianimate attraverso i semi dell'anima; e inoltre,
questo processo può essere realizzato attraverso forme materiali nelle
quali sono stati immagazzinati questi doni dell' anima mundi. Queste
forme materiali, che corrispondono ai semi nell' anima mundz; erano
chiamate da Zoroastro, ci fa sapere Ficino, " divine seduzioni" e
da Sinesio "magici adescamenti " . Ficino prosegue spiegandoci che
possiamo rendere questi " adescamenti " in forme materiali capaci di
attrarre l'influsso dell'anima cosmica; funzionano sia come prototipi
sia come semi generativi.
Uno dei principi guida di questo studio è stato un cambiamento di
prospettiva: vedere l'anima come una qualità anziché una sostanza. Una
cosa è situare la psiche all'interno di uno schema metafisica, e tutt'altra
cosa è immaginare l'anima come una dimensione della coscienza. Se
è vero, come ho suggerito in precedenza sulla scia di Hillman, che l'
anima mundi è il mondo stesso vivificato attraverso la fantasia, allora
possiamo leggere queste astruse affermazioni di Ficino come connesse
alla fantasia. In effetti sarebbe stato assolutamente appropriato, in que
sto contesto, tradurre ratio con fantasia. Le "rationes semina/es" diven
tano allora i semi della fantasia che germinano nell'immaginazione e
fecondano la vita. Dire che sono fantasie cosmiche vuoi dire farle uscire
dal campo personalistico e situarle nel circolare corpo astrale.
Quello che Ficino sembra suggerire è che la vita può diventare
routine e restare inconsciamente fissata a progetti materialistici;
degenera perché è stata tagliata fuori dalle sue fantasie generative.
Ma la vita, dice Ficino, può essere resuscitata e rianimata attraverso
un abile uso delle immagini; è infatti nelle immagini che troviamo le
fantasie seminali. Riflettendo su Giove, torniamo ancora una volta al
204
leitmotiv ficiniano: l'anima viene ri-creata e alimentata attraverso lo
spirito contenuto nelle forme materiali, nelle immagini che permeano
la vita. Le cose di questo mondo, così scontate e sottovalutate, sono
i "magici adescamenti" che possono richiamarci a una prospettiva
psicologica e rimetterei ancora una volta in contatto con i veri semi
dell'esperienza, le fantasie profonde che abbiamo sul nostro mondo
e su noi stessi.
Il ruolo di Giove è quello di offrire quella specifica intelligenza
necessaria a costruire una cultura e a mantenerla vitale. Giove è quella
forma d'immaginazione attraverso la quale trasformiamo le nostre
visioni nelle realtà del vivere collettivo. Ficino dice che le immagini
che abbiamo di Giove mostrerebbero che il suo potere è stabile e
immutabile, che la sua intelligenza creativa è visibile a esseri intelli
genti e superiori, ma nascosta alle creature inferiori. Giove, infatti,
è «una stanza spiritualissima della vita».3 Di solito pensiamo alla
costruzione e alla conservazione della cultura come a un semplice,
pervicace pragmatismo; un progetto di sopravvivenza fisica. Ma nella
visione di Ficino la cultura è una fonte dello spirito e la creazione
immaginativa della fantasia, e questo non vuol dire che la cultura sia
automaticamente una meravigliosa fonte di creatività psicologica. Lo
spirito e la fantasia possono essere del tutto negativi e piatti. E tuttavia
Ficino ci fa notare che abbiamo davvero in Giove un pianeta interiore,
uno "spirito del mondo vivificante" , la capacità di creare un ambiente
sociale che sia psicologicamente nutriente.
Le intenzioni simili a semi che riempiono le nostre menti quando
costruiamo le nostre città e le nostre nazioni, quando ci occupiamo del
governo e del commercio del mondo, quando stabiliamo le strutture
dell'educazione, delle leggi, della politica, delle comunicazioni, e le
altre forme della vita comune - tutte queste cose non sono semplice
mente prodotti "naturali" di gente che ragiona, ma hanno anche radici
profonde nella psiche; se ne possono seguire le tracce fino a un dio che
è lo spirito profondo che fa nascere la cultura e la sostiene.
205
chiamava la sua epoca "l'età dell'oro " . «Perché questo secolo, come
aureo, le dissipline liberali quasi estinte in luce ha ridutte» si vantava
Ficino - «la Gramatica, la Poesia, l'Oratoria, la Pittura, la Scultura, la
Architettura, la Musica, l'antico modo di cantare i versi a la Lira, come
già fece Orfeo, e questo si fu in Fiorenza».4 Indubbiamente queste
non sono il genere di cose di cui gli entusiasti del ventesimo secolo
si vanterebbero, sono tutte realizzazioni "solari " , piene di significato
spirituale, capaci di nutrire l'anima e non semplicemente destinate
alla mente e al corpo come sono molti dei nostri successi. Quindi, per
Ficino è una prodigalità gioviale acclamare il suo tempo in modo così
entusiasta; considerava infatti Giove la fonte dello spirito più umana
mente rilevante. Insieme a Mercurio e al Sole è fra i pianeti più umani,
o almeno così dice Ficino ne I pianeti. In una lettera a Lorenzo aggiun
ge anche Venere alla lista e, appaiando Giove e Mercurio, termina con
tre "grazie" planetarie. Una lettera di cui vale la pena citare un passo
abbastanza esteso: «Primieramente quelle tre gratie che appresso di
noi i Poeti come tre fanciulle depingono, le quali tra loro insieme
s'abbracciano, sono appresso gli celesti tre pianeti, Mercurio Giovio,
ciò è Mercurio che da Giove gratia e benefitio riceve, Febo, e Venere
gli quali corrispondenti e propitii tra loro nel celeste aggirare copagni
sono, e similmente quei tre nomi de le gratie cioè Verdezza, luce, e
letitia, attissimamente in quelle medesime stelle si confanno. Queste
stelle in tal modo tra le cose celesti disposte più de l'altre a l'human
ingegno prestan favore, e per questo non per nome gratie di altri ani
mali ma solamente gratie de gli huomini son domandate. Né sono in
verità di Venere, ma di Minerva seguaci. E se mai la prima gratia esser
Giove intenderai, non tanto esser Giove quanto Mercurio Giovio
ch 'io t'ho detto fa che intenda, cioè Mercurio da qualche aspetto o
da qualche altro dono di Giove aiutato. Perché Mercurio Giovio, con
una certa vitale e pronta sua mobilità, ad investigare continuamente
le cose stesse vi esorta, e'l Sole ogni inventione con la sua luce a chi
la cerca palesa. Venere finalmente, con una sua gratissima Venustà e
gratia tutto quello che ritrovato s'è sempre adorna e pulisce».5 Questa
lettera, scritta a Careggi il 18 ottobre 1481, diversi anni prima della
pubblicazione de I pianeti ( 1498), ci dà un'importante intuizione di
come Ficino intendeva questi pianeti. Era particolarmente consapevo
le delle loro interrelazioni, sapeva cioè come i vari modelli di coscienza
interagiscono. L'interesse di Giove per il fare cultura richiede i servizi
206
dello spirito di Mercurio per "mantenere la forma in mutamento" ,
per vedere dietro il lavoro della cultura, in modo d a non rimanere
bloccati in strutture vuote. Il verde di Venere, la luce spirituale del
Sole, e l'ottimismo e la gioia di Mercurio-Giove, concorrono tutti a
creare insieme un clima umano capace di nutrire. Sono le tre Grazie
che danzano insieme e si abbracciano. E sono servitrici di Minerva,
dice Ficino, quindi vicine a Giove; Minerva-Atena è l'intelligenza della
polis, il genio della città e dello stato, che sa come indurre passione e
ragione in una situazione civile che favorisca la vita umana.
Secondo il titolo del quinto capitolo de I pianeti, Giove è la sorella
intermedia delle Grazie, la Grazia a noi più commisurata (maxime
nobis accomodata) . 6 Giove è lo spirito più importante per la vita
umana perché al tempo stesso partecipa allo spirito degli altri pianeti
che nutrono, e li modera in modo che l'uomo lo possa tollerare. Per
esempio, attraverso Giove l'intensità spirituale del sole viene ammor
bidita. Leggiamo ne I pianeti: « . . . Sebbene i medesimi effetti siano
prodotti dal sole con più efficacia e da Giove sotto l'influsso del Sole.
In entrambi il calore è presente e supera l'umore, ma in Giove di poco,
nel Sole di molto, in entrambi tuttavia con effetti benefici».l
Le persone solari trovano innumerevoli modi per avvicinarsi al
mondo dello spirito direttamente. Possono entrare in un monastero o
scalare una montagna, abbracciare una causa politica o una religione,
imparare un qualche metodo di meditazione. Altri invece preferiscono
la via indiretta verso lo spirito, la via di Giove. Restaurare le vecchie
case di una città può non sembrare un 'attività spirituale, ma in realtà
è una passione aromatizzata dalla menta di Giove. Tutto quello che
contribuisce alla grazia della vita e fa ricadere quella grazia sulla psi
che, è essenzialmente gioviale nella tipologia di Ficino. È uno spirito,
questo, che gode di " congiunzioni " favorevoli con Mercurio, il pia
neta più umido. In Giove c'è meno pericolo che nel Sole di inaridire
l'anima nei suoi elevati intenti; Giove rimane aderente al fluire della
vita, all'eccitazione e ai traumi del coinvolgimento sociale, e ai dettagli
terreni, concreti, del costruire e modellare la cultura.
Giove non solo possiede queste capacità solari, elaborate nel suo
stile moderato, ma tempera anche le tendenze inferiori dell'anima.
Come dice Ficino, lo spirito contiene elementi del Sole da una parte,
e di Venere e Luna dall'altra. Dice ne I pianeti: «Senza dubbio, per
mezzo dei raggi di Giove diffusi sempre per ogni dove, la luce propria
207
del sole si tempera e adatta in massimo grado alla salute degli uomi
ni, mentre i raggi di Venere contribuiscono continuamente a questo
stesso effetto, e in modo simile contribuisce la Luna trasmettendoli. I
raggi di Venere e della Luna invero, piuttosto umidi, richiedono qual
cosa che li temperi, come anche i raggi del Sole, in quanto piuttosto
caldi, esigono di essere temperati da qualcosa di più umido. I raggi di
Giove invece non hanno bisogno di essere in alcun modo temperati.
Che cos'altro è infatti Giove, se non un Sole fin dall'inizio disposto
convenientemente (temperatus) in modo particolare per la salute delle
cose umane? Che cos'altro ancora, se non una Luna e Venere divenute
tuttavia più calde e potenti?».8 La cultura umana, fondata su questa
immagine del pianeta Giove, mira alla realizzazione dei due estremi
di quello che interessa l'uomo - lo spirito e il corpo - e li riunisce
in un punto intermedio che è psicologico. Quindi la "moderazione"
che Giove compie è essenzialmente una psicologizzazione; gli estremi
dello spirito solare sono mescolati alle fantasie terrene, velate di senti
mento, della Luna e di Venere. Giove allora realizza in questo modo
esattamente lo scopo degli altri processi che abbiamo immaginato:
instaurare uno spazio per la psiche, come nell'alchemico sciogliere e
coagulare e nella triangolazione del quadrato. Nel caso di Giove il pro
cesso è il fare la cultura, una mescolanza dell'interesse spirituale con
la fantasia e con il corpo. Detto con le parole imagistiche di Ficino:
«Mescola insieme le cose solari e quelle veneree, e otterrai così da
entrambe un composto, con caratteri gioviali».9
Il punto cruciale, tuttavia, nel costellare lo spirito gioviale, è il
livello di coscienza al quale avviene il " fare cultura" . Abbiamo visto
in precedenza che un indiano d'America che ringrazia la terra per un
frutto, potrebbe farlo con la mente rivolta a ottenere più cibo per il
suo corpo, oppure, più probabilmente, compie un piccolo rituale per
conservare la sua consapevolezza di una relazione che ha con la terra.
In quest'ultimo caso la sua azione è psicologica; alimenta la sua psiche
più che il suo corpo. Lo stesso avviene con il lavoro della cultura - fare
le leggi, costruire le città e le istituzioni culturali, e così via. Questo
lavoro può essere fatto con un atteggiamento psicologico, con in
mente in primo luogo la cura per la psiche. Adesso questo può essere
un fenomeno abbastanza raro nel nostro mondo moderno, e tuttavia
una simile attenzione alla psiche compare chiaramente qua e là. Un
esempio potrebbe essere il lavoro di architetti che costruiscono i loro
208
edifici per gli esseri umani, e non semplicemente in modo funzionale,
ma tenendo conto del sentimento e dei valori umani. Gli architetti
che costruiscono, per esempio, gli hospice per malati terminali, si
preoccupano owiamente del comfort e della cura fisici, ma si preoc
cupano ancora di più del significato dello spazio delle persone per le
quali stanno lavorando. Probabilmente tengono in considerazione il
bisogno di privacy, la fantasia della morte che l'edificio suggerisce,
l' awicinamento graduale di parenti e amici al moribondo. 10 Questo
tipo di lavoro a favore di un'istituzione sociale può essere fatto con
uno spirito gioviale, servendo la psiche, così che possiamo immaginare
anche non soltanto la musica e le persone con anima, ma anche gli
edifici e le istituzioni sociali.
L'atteggiamento funzionale, pragmatico, così diffuso al giorno
d'oggi, fa da schermo ad altri, più importanti compiti della cultura. La
società non è soltanto un'aggregazione di persone, è anche un teatro
di immagini. Quando costruiamo degli edifici o istituiamo un ente
sociale, stiamo anche creando un'immagine. Non mi riferisco al tipo di
immagine di persona di cui parla la pubblicità. Anche nei nostri atteg
giamenti funzionali, nostro malgrado, facciamo immagini ovunque,
e quelle immagini determinano, in una certa misura, la qualità della
vita psichica di una persona. Il piano regolatore di una città, o la sua
mancanza, non parla semplicemente delle necessità fisiche della sua
popolazione, ma aggiunge o sottrae forma alla sua vita psichica. Una
città che ha anima, nutre la psiche dei suoi abitanti, mentre una che ne
è priva potrebbe anche succhiare vita alla sua popolazione.
Le descrizioni di Ficino della " ratio " seminale e dell'anima mundi
possono ricordare molto il misticismo neoplatonico, ma in realtà le sue
intuizioni sono molto pertinenti e concrete. Le cose della cultura sono
dawero "magici adescamenti " che tirano fuori uno spirito che colpi
sce in profondità la psiche, tanto in profondità da essere rappresentato
da una divinità del culto. Le immagini che troviamo tutto intorno a
noi, nel nostro mondo fabbricato, servono da modelli e da fantasie
generative per la nostra coscienza personale. È quasi un truismo ricor
dare che noi siamo in larga misura un 'interiorizzazione della nostra
cultura. I nostri valori, i nostri desideri e le nostre paure si sviluppano
dal nostro incontro immaginativo con il mondo umano intorno a noi.
Dunque, suggerisce Ficino, perché non coltivare quel mondo per
l'anima? Perché non riconoscere il ruolo di questo pianeta Giove nei
209
ritmi della psiche? La società stessa può essere una fonte di creatività
psicologica, ma, come abbiamo già visto, per avere anima bisogna
portare l'anima con noi. Per farlo bisogna avere immaginazione, ed è
proprio questo lo scopo della terapia astrologica di Ficino: vivificare
l'immaginazione in modo da poter essere coscienti delle implicazioni
psicologiche di tutto ciò che facciamo. Ficino chiama Giove «padre
premuroso per gli uomini che conducono la vita in società». 1 1 È un
padre così perché fornisce l'impulso per una sistemazione culturale di
spirito e corpo in un finale milieu psicologico.
Nello studio di Seznec sugli dèi del Rinascimento, è riprodotta
un'immagine di Giove tratta dai Tarocchi del Mantegna, una serie di
carte incise a bulino che si pensa siano state fatte verso la metà del
quindicesimo secolo per un gruppo di dignitari ecclesiastici fra i quali
Nicola Cusano. 12 Giove è raffigurato come un re, la sua aquila proprio
sopra la testa. Anziché un fulmine, tiene in mano una freccia, e sotto
di lui, sul terreno, giacciono dei soldati sgominati. Giove è seduto
all'interno di una mandorla, una figura geometrica ottenuta dall'inter
sezione di due cerchi, e dentro la mandorla, proprio sotto i suoi piedi,
c'è un fanciullo, a quanto pare protetto da Giove.
Questo ritratto di Giove, del tempo e del luogo di Ficino, rivela
l'essenza dello spirito gioviale. Le due sfere di spirito e materia s'incon
trano nel regno intermedio, lo spazio della mandorla, che è lo spazio
contenitore della psiche. L'aquila di Giove, come c'informa Ficino in
diversi punti, rappresenta la sua stretta connessione con il sole e la sua
autorità su tutti gli esseri; ma, come il fulmine o la freccia, l'aquila rap
presenta anche la capacità di Giove di attraversare la distanza fra terra
e cielo. Fissata questa regione intermedia, il fanciullo, la parte indifesa
e in accrescimento della psiche, è protetto e le minacce delle fantasie
eroiche sono accantonate. Quest' ultimo punto è particolarmente
significativo. Quando il lavoro della cultura non è compreso nella sua
dimensione psicologica, cioè come un lavoro per la psiche e da parte
della psiche, allora un incontrollato spirito di combattività e di eroismo
ha mano libera. Il nazionalismo sostituisce l'interesse per la società
umana; denaro ed energia entrano in progetti il cui scopo è superare i
poteri o i misteri della natura, ma senza alcuna intenzione di profondità.
Formulata in modo semplicistico, la psicologia sociale di Ficino
dice questo: otteniamo quello che facciamo. Se ci dedichiamo alle atti
vità culturali avendo in mente l'anima (memoria) - a costo di dipingere
210
il nostro oroscopo sul soffitto della camera da letto in modo da non
dimenticarcene - l'anima sarà nutrita dai "magici adescamenti" che
abbiamo fatto. Se tutta la cultura fosse un "magico adescamento " o
una " divina seduzione" , allora la psiche riceverebbe tutta la cura di cui
ha bisogno e noi non soffriremmo della separazione fra mente e corpo.
Allora le nostre chiese e le nostre università - adesso al servizio della
mente in sé, o di un raffinato senso dello spirito - si armonizzerebbero
di più con le preoccupazioni della politica, adesso per la maggior parte
materialistiche. Forse quello di cui abbiamo bisogno, fra i processi
della psiche, è la mandorla di Giove dove i due cerchi s'intersecano.
Quello che Ficino suggerisce, in pochi sottili ed enigmatici riferi
menti a Giove, è una psicologia sociale che abbia molto più peso di
quella disciplina così come la conosciamo oggi. Nel contesto ficinia
no, la psicologia sociale ha a che fare con l'impatto che la società ha
sull'anima, e con i mezzi per restituire anima alla società. Le impli
cazioni di entrambe, per il compito di costruire la cultura e per la
disciplina della psicologia, sono immense.
E in tutta questa discussione sul ruolo di Giove nel giro dei pianeti
della psiche, non dobbiamo trascurare il significato che comunemen
te ha la parola "gioviale" . In una situazione sociale come l'abbiamo
appena descritta, in una società che abbia anima, potremmo aspettarci
di trovare un clima gioviale, un clima al tempo stesso seducente e
magico.
211
Capitolo 1 3 .
M arte
212
scritti, sia ne I pianeti, che nelle sue opere filosofiche e nelle lettere,
quelle poche volte in cui parla di Marte è per metterei in guardia
nei confronti dell'influsso di questo pianeta. Spesso associa Marte a
Saturno, ma mentre nel caso del dio della melanconia riesce a trovargli
caratteristiche sia negative che positive, Marte rimane per la maggior
parte un fattore negativo nella vita della psiche, da evitare o quanto
meno placare.
Ficino aveva un buon motivo per mettere in guardia da Marte:
collera, violenza, odio, guerra, aggressività di ogni genere, durezza ed
eroismo - sono queste le manifestazioni del dio. Ficino chiaramente
aveva conosciuto personalmente queste cose durante il suo soggiorno
di tutta la vita a Firenze, dove intrighi e assassinii, lotte civili e guerre
erano problemi comuni. Il suo protettore, Cosimo, era stato imprigio
nato e minacciato di morte prima di essere bandito dalla città.
Anche nel nostro mondo si può continuare a cercare il lato positivo
di Marte soltanto dopo aver affrontato tutto il potenziale dell'altro
lato. La guerra e la violenza sono ancora così diffuse e perseguite con
uno spirito così arrogante da minacciare ogni giorno la nostra stessa
esistenza. L'eroismo sfrenato accompagna il fervore ideologico a tal
punto che la natura religiosa del culto di Marte la troviamo, appe
na dissimulata, soprattutto nel terrorismo politicamente motivato.
Anche nelle situazioni domestiche leggiamo quotidianamente di
sposi, di genitori, innamorati, amici e vicini di casa fatti impazzire da
improvvisi attacchi di collera, una possessione da parte di Marte che li
trasforma in creature violentemente folli. Infine, e ancora più sottile,
incontriamo tanti di quegli esempi in cui è evidente che una persona è
veramente in guerra con se stessa. Lo diceva Ficino stesso: « . . . contra
di sé di Marte più crudele».2 Non si tratta soltanto della pressione di
un Super-io ben armato che tormenta l'Io, anche se il Super-io sembra
avere un forte spirito e un forte potere marziani, ma il conflitto fra
molte parti di sé ha il sapore della guerra.
Le testimonianze della vita del ventesimo secolo danno spesso la
sensazione di tumulti marziani. Di tanto in tanto, i notiziari della radio
e della televisione che registrano la cronaca del secolo riversano sotto i
nostri occhi un'infinita varietà di materiali e armi di guerra. I giornali,
come ho già detto, raccontano la storia di omicidi, a volte interessanti
come dei gialli, ma spesso semplici resoconti di rabbie e di rancori
ciechi. Anche molti dei cinegiornali e telegiornali che raccontano le
213
cronache e i diari del secolo ci colpiscono con le loro rivelazioni della
rabbia che brucia dentro, e che viene improvvisamente fuori dalle
viscere di una vita che dall'esterno appariva serena. Anche Marte è un
pianeta con cui fare i conti.
Nel prossimo capitolo esamineremo alcuni modi di affrontare il lato
fortemente negativo dei vari spiriti planetari, suggerendo con Ficino
che una soluzione potrebbe essere quella di "temperarli" , di mitigarli.
Ma qui, che ci stiamo occupando specificamente di Marte, è il caso di
ricordare una regola fondamentale. J ung sosteneva che ogni fattore
inconscio, se trascurato e represso, diventa così soverchiante da poter
eliminare ogni implicazione dell'Io. A volte sembra che Marte stesso
assuma il governo di un corpo e commetta un delitto, o che Venere
allaghi l'Io e spinga stimati senatori verso spettacoli di varietà o saloni
di massaggi. La soluzione che propone Jung è di stabilire una relazione
con le nostre fantasie oscure, trovare quel piccolo popolo - i complessi
- che abita l'albergo di infimo ordine della nostra mente e vedere se
possiamo arrivare a un accordo. Per fare questo, prima è necessario
familiarizzarsi con quelle figure interiori personizzate che compaiono
di notte nei nostri sogni, e di tanto in tanto vengono fuori con com
portamenti e azioni insoliti. Spesso persone non avvezze alla collera si
ritrovano scaraventate in un accesso di rabbia, e dopo invariabilmente
dicono: «Che cosa mi ha preso?» Probabilmente la domanda giusta
sarebbe: «Chi mi ha preso?», «Chi mi ha sopraffatto?».3 La figura den
tro colui che si arrabbia può essere un misto di molte cose: esperienze
passate, identificazioni con amici, o magari un non invitato ma appro
priato residente nella casa della psiche personale. Al di sotto e al di là
di questi fattori personali c'è la forza archetipica, essenzialmente umana
e transumana del conflitto, dello scontro e della rabbia - Marte stesso.
Marte è una fantasia collettiva che agisce nella vita di tutti noi
come una forza naturale - Discordia, una realtà decisamente fon
damentale postulata dai primi filosofi naturalisti greci. Marte è il
colpevole collettivo della psiche, colui che causa tanta rovina ma che
svolge anche un ruolo irriducibile nell'economia totale dell'anima. In
Ficino troviamo degli accenni riguardo alla natura di quel ruolo, anche
se, come ho già detto, Ficino lascia Marte, per la maggior parte, fra
i fuorilegge dell'Olimpo, uno spirito da essere evitato più spesso che
affrontato. E tuttavia suggerisce alcune importanti funzioni per questa
focosa divinità.
214
Il /orti/icatore dell'anima
215
un'altra forma di Marte, la rabbia contro di sé. E curioso il fatto che
Marte e Saturno siano spesso collegati; corrispondono infatti a due tipi
di depressione: la melanconia, come abbiamo già visto, manifestazione
del piombo di Saturno, e la rabbia contro di sé, il sentimento di essere
stati sconfitti dal nostro stesso potere.
Su questi problemi Ficino ci offre un appropriato commento
astrologico: «Contro la timidezza fabbricavano delle immagini nell'ora
di Marte, quando sorgeva la prima faccia dello Scorpione: Marte
armato e incoronato».7 A quella parte della popolazione nella quale
Marte è ben costellato, può sembrare strano, e perfino un consiglio
discutibile, suggerire dei mezzi per acquisire spirito marziano. Ma non
tutti hanno un Marte così vitale; in realtà, in una cultura che spesso
valorizza estremamente la passività e l'obbedienza, Marte può essere
tenuto molto lontano, con detrimento degli individui e della società
in generale. Recenti studi di psicologia hanno registrato la capacità
della nostra società di restare passiva di fronte all'assurdità, al crimine
e alla violazione personale. Dato per scontato che si tratta di fenomeni
complessi, non potrebbe essere, tuttavia, che un motivo di questa non
realistica tranquillità possa essere trovato nel non riconoscere Marte
nel pantheon della psiche?
Il fuoco dell'audacia
216
è riconosciuto e riceve ciò che gli spetta, il suo calore e la sua energia
si rivolgono a scopi più creativi. Ancora una volta, dunque, troviamo
in Ficino non una teoria della repressione e il consiglio terapeutico di
" raffreddare" , ma piuttosto un altro modo di immaginare, e quindi di
sperimentare, ciò che facilmente può essere uno spirito tossico.
Delle congiunzioni dei pianeti, la più curiosa dal punto di vista
di Marte è Venere. Questi due pianeti sono stati considerati a lungo
opposti, e la loro conciliazione sarebbe uno dei miracoli di tutti i
tempi. Nella mitologia le due divinità si uniscono e hanno una figlia,
Armonia; ma come saggiamente ammonisce Edgard Wind, non
dovremmo pensare che in questo coito lo spirito di Marte venga
sommerso dall'umidità di Venere. 1 1 Ficino, in un brano annotato da
Wind, elabora questo punto, aggiungendo qualche altra intuizione al
carattere marziano. Cito questo brano per esteso: «Imperò che nessuna
cosa è più forte che l'audacia, e nessuno con più audacia combatte che
l'amatore per lo amato. Agli altri iddii, cioè agli altri pianeti, Marte è
superiore di fortezza, perché egli fa gli huomini più forti. Venere doma
Marte, imperò che quando Marte nella natività dello huomo signoreg
gia, dona magnanimità e iracundia, e se Venere proximamente vi si
aggiugne, benché non impedisca la magnanimità da Marte concessa,
nientedimeno raffrena el vitio della iracundia, ove pare che, faccendo
Marte più clemente, lo domi. Ma Marte non doma mai Venere, perché
Venere, se tiene la signoria della natività dello huomo, concede affecto
d'amore, e se Marte proximamente vi s'aggiugne, fa con la caldezza
sua lo impeto di Venere più ardente. In modo che, se nascendo uno,
Marte si ritruova nella casa di Venere, come è Libra e T auro, colui
che nasce, per la presentia di Marte, sarà sottoposto molto alle fiamme
d'amore. Marte ancora seguita Venere, Venere non seguita Marte,
imperò che l'audacia seguita l'amore e l'amore non seguita l' audacia».12
Evidentemente ai pittori del Rinascimento faceva piacere mostrarci con
quanta facilità Venere doma Marte, ma, come fa notare Ficino, lei non
interferisce con la magnanimità che offre lui. Ovviamente, l'amore di
Venere esercita un forte potere, incantando i nostri sensi e le nostre
anime, ma non ha bisogno di sradicare la nostra magnanimità, la pre
senza di Marte. Marte può rendere più intenso l'amore e più ardito
l'innamorato, dice Ficino, ma Venere non è al servizio dello spirito
marziano. Nel complesso, allora, vediamo qui uno spirito benefico
che "fa forti gli uomini" e che fortifica anche il nostro amore. Amore
217
e forza non sono incompatibili, anche se l'amore tempera le emozioni
di Marte. In realtà, senza il fastidioso, sottovalutato atteggiamento di
Marte, l'amore potrebbe far contrarre lo spirito, rendendo torpido il
sentimento di forza che Marte conferisce, e raffreddando il suo calore
e la sua passione desiderabili. Una moderna psicologia dell'amore e del
matrimonio potrebbe tener conto di questa antica coppia, resuscitando
la tradizione che dà a Venere la precedenza, senza che vada perduto
il vigore marziano. Sembrerebbe che nelle relazioni d'amore, quando
sul terreno dell'etica o del sentimento viene escluso il necessario ruolo
di Marte, il suo ruolo negativo venga fuori sotto forma di accessi di
collera, di botte alla sposa e di violenza verbale. Sarebbe però piuttosto
insolito trovare un sacerdote che benedica le nozze con una preghiera a
Marte, o a un equivalente. Sembra che siamo consapevolmente dedicati
all'ideale della vita placida, e tutte quelle coppie che sono in attesa di
sposarsi, conoscendo molto bene le tentazioni di Marte, gli tengono la
porta chiusa. Non sarebbe meglio, in un vero stile politeistico, render
gli quello che gli spetta nel rituale e nella celebrazione, in modo che
la sua inevitabile presenza come archetipo della psiche non mandi in
pezzi la casa che Venere ha costruito?
218
di un tipo che, come vedremo nel prossimo capitolo, è nella sua essen
za una diffusione di tante molteplicità. Marte, con il suo ardente reali
smo, si oppone agli ideali sentimentali dell'integrazione e della totalità.
E consente alla psiche di esistere nello splendore dei suoi molti centri.
I pianeti stessi sono multipli, e riflettono le molte sfaccettature della
psiche che resiste all'armonizzazione. Ci vuole, sembra, l'energia di
Marte, con la sua natura indistinta e il suo spirito tossico, per afferma
re questo fondamentale pluralismo della psiche. La sua forza spacca
la psiche come un diamante nelle sue scintillanti parti, permettendo
a desideri, stati d'animo, sentimenti e pensieri di sostenere il loro
creativo conflitto invece di trovare una soporifera pace nell'armonia.
219
PARTE III
Musica humana
223
matematico, lasciandosi alle spalle le occulte allucinazioni degli alchi
misti. Non altrettanto riconosciuto è il fatto che anche la musica ha
subito una simile purificazione, perdendo i suoi fondamenti religiosi
e mitologici per diventare un'arte raffinata. Naturalmente, dal punto
di vista di uno psicologo che dà importanza alle immagini, questi
sviluppi non sono stati evolutivi in senso positivo, di progresso.
Quello che è andato perduto è almeno pari in importanza a ciò che
si è guadagnato.
Nel caso della musica, nell'evoluzione dell'arte così come la cono
sciamo oggi, abbiamo perso due terzi delle sue possibilità rispetto a
com 'era praticata e teorizzata nel Medioevo e nel primo Rinascimento.
Abbiamo già avuto occasione di notare il triplice paradigma offerto da
Boezio nel sesto secolo, e mantenuto stabilmente nei trattati musicali
fino al tempo di Ficino e oltre. In quello schema la musica instrumenta
lis, o "music in sound" , come diciamo noi oggi, era considerata quella
più in basso nella gerarchia. Manifestazioni di musica più importanti
erano la musica mundana, la musica del cosmo suonata secondo le
stagioni dell'anno e i ritmi dei pianeti, e la musica humana, la musica
umana o musica dell'anima, percepita nei mobili motivi dell'espe
rienza soggettiva: negli stati d'animo, nei sentimenti, nei pensieri, nei
valori, e nella mente degli uomini di chiesa medievali, nelle virtù - in
breve, nel temperamento umano.
Naturalmente Ficino dà molto rilievo alla musica humana, ma la
connessione con la musica cosmica è naturale e chiara. Se abbiamo
dentro di noi un cielo e i pianeti che fanno la loro "musica delle sfere "
nella nostra stessa anima, allora la musica va trovata nei ritmi di quei
pianeti. " Come sopra, così sotto" , amavano dire gli alchimisti. Via via
che i pianeti dell'anima entrano e scompaiono e suonano attraverso
la psiche con contrappunti che variano, i loro movimenti, percepiti
nell'emozione e nella fantasia, danno forma musicale alle strutture
stesse della nostra coscienza. Nel vedere questa corrispondenza fra
la musica e i pianeti, Ficino non faceva altro che seguire il suo mae
stro, Platone, che nella Repubblica chiamava l'astronomia e la musica
" scienze sorelle" . Dice Socrate: «Potrebbe darsi che come la pupilla
è stata formata per l'astronomia, così l'udito lo sia per il movimento
dei suoni armonici. Così pure che le due scienze siano sorelle» (7 d5 ) .
Ficino s i avvantaggiava anche della coincidenza, nota d a tempo, che il
numero dei pianeti è uguale ai toni su una scala musicale.
224
L'idea che esista una stretta relazione fra la musica e l'anima non
sorprende nessuno; la musica ovviamente influisce sui sentimenti e
" calma gli animi furenti" . Una prima dettagliata descrizione della
psicologia della musica ce la dà Aristotele: « [ . . . ] invece proprio nelle
melodie c'è l'imitazione dei caratteri (e questo è chiaro, perché, per
cominciare, la natura dei modi musicali è differente, sicché chi li ascol
ta si dispone diversamente e non ha lo stesso atteggiamento di fronte
a ciascuno di essi, ma di fronte a taluni si sente piuttosto triste e grave
[ . . . ] di fronte ad altri, per es. quelli molli, più abbandonati nello spiri
to, di fronte a un altro, soprattutto, moderato e composto». 1 Più tardi,
nel sesto secolo, Cassiodoro parla di queste virtù e di queste qualità
morali come musicali in sé, come capaci di rendere musicale la psiche
stessa.2 Per lui la musica dell'anima consiste nell'armonia delle buone
abitudini e delle virtù - una vita virtuosa è una vita musicale.
Ficino tiene conto di entrambi questi approcci e li porta avanti,
accordando l'antica tradizione della musica humana alla sua teoria
dello spirito.3 Concepisce la musica umana come l'appropriata orga
nizzazione della propria vita, in modo che tutte le esperienze concrete
facciano risuonare, come suoni armonici, l'ottava fondamentale delle
possibilità rappresentate dai toni dei pianeti. La psicoterapia, allora,
sarebbe musicale quando si temperano e si sintonizzano i centri tonali
planetari, in modo che ciascuno emetta il proprio suono dentro la
superficie degli eventi della vita.� Questo concetto chiave del " tempe
rare" richiede un'ulteriore analisi, ma prima sarà necessario prendere
in esame un altro difficile termine musicale, l'armonia.
L'armonia pitagorica
225
dell'accordo riguarda questa unità miscelata e non il suono o il movi
mento dei singoli toni. L'idea si allarga metaforicamente quando
parliamo degli ideali di " armonia del mondo" , del "vivere in armonia
con la natura " , e dell"'essere in armonia con se stessi" . Generalmente
intendiamo un'assenza di conflitto e di dissonanza. L'armonia ficinia
na deriva da una concezione differente, e in particolare dalla teoria
musicale tradizionalmente attribuita a Pitagora.
Possiamo trovare l'essenza del significato pitagorico di armonia
- un'espressione che possiamo adesso usare per distinguerla dalla
visione comune di armonia della quale abbiamo appena parlato - in
un passo dell' Odùsea (5, 248 ) . Omero descrive le assi che Odisseo
«unisce l'una all'altra» (harmonia) per costruire la piattaforma della
sua zattera. Questa immagine del legare insieme diversi tronchi è più
vicina all'armonia pitagorica di quei cori a cinquanta voci che cantano
ricche, piacevoli progressioni di accordi. L'armonia in senso pitagori
co consiste in una disposizione laterale od orizzontale dei toni, mentre
l'armonia più tarda è un fenomeno verticale.
Ficino evidentemente aveva tratto le sue idee musicali dallo studio
della letteratura greca più che dalla teoria e dalla pratica musicale del
suo tempo. Nella Firenze di Ficino si poteva ascoltare la ricca polifo
nia dei compositori burgundi; per esempio, nel 1436, per inaugurare
la cattedrale di Firenze, fu eseguito un mottetto di Dufay.6 Intorno al
1480, alla corte di Lorenzo de' Medici c'era anche il grande composi
tore fiammingo Henricus Isaac, il cui Choralis Costantinus costituì il
primo ciclo completo di mottetti religiosiJ Tuttavia, il più antico con
cetto dell'armonia laterale era molto in evidenza nei testi che Ficino
leggeva, traduceva e commentava.
La leggenda attribuisce a Pitagora la scoperta della relazione fra gli
intervalli musicali - la " distanza" fra i toni - e certi rapporti numerici.
Si raccontava che stesse passando davanti a un fabbro che batteva con
il martello sull'incudine, quando improwisamente gli venne l'intui
zione. Si dice anche che avesse fatto esperimenti con i toni e i numeri
su un semplice strumento musicale a un'unica corda, il monocordo.
Fondamentalmente scoprì che in musica i rapporti di numeri piccoli
corrispondono agli intervalli consonanti, una scoperta strepitosa per
una persona predisposta a cercare un principio unificante nell'uni
verso.8 L'intero problema del temperare e dell'accordare è molto
più complesso nella musica moderna, e anche il calcolo delle scale
226
e dei rapporti pitagorici non è così semplice; ancora l'idea di fondo
dell'armonia pitagorica poggia sui rapporti semplici " che suonano"
con purezza di tono. L'arte di fare i rapporti giusti è l'essenza di tutti i
successivi sistemi pitagorici,9 un'arte che troviamo applicata in campi
diversi come l'architettura, la scrittura, la filosofia, la magia, e anche la
psicologia. 1 0
A partire dai rapporti (ratio) semplici e dai loro corrispondenti
intervalli puri, si formò la scala pitagorica; ed è questa scala, un'accura
ta disposizione dei toni in cui ciascuno è accordato in modo da essere
distinto da quello vicino, che io sto identificando come " armonia " pita
gorica. Alcune specifiche caratteristiche di questa scala spiegano la sua
importanza metaforica come immagine di una psiche ben temperata: l )
ciascun tono è distinto, non perduto nella mescolanza di un accordo; 2 )
la scala è teoretica, non un brano di musica in sé; 3 ) i rapporti hanno
una certa loro purezza; 4) il piacevole effetto finale è ottenuto mante
nendo i toni distinti e multipli. Se immaginiamo che i processi psico
logici planetari che abbiamo esaminato siano toni su una scala, allora
questi quattro punti si applicano anche alla psiche: l ) ciascuno dei
pianeti deve ricevere il dovuto riguardo, non possono essere mescolati
secondo qualche più importante progetto dell'lo; 2) come sosteneva
J ung, gli archetipi della vita umana non esistono in sé, noi ipotizziamo
soltanto la loro natura da situazioni concrete; 3 ) i pianeti sono immagi
ni poetiche per i processi che troviamo alla base della nostra vita, non
sono prodotti dell'lo; e infine, 4) perché la musica continui, dobbiamo
mantenere questi processi in sintonia, accessibili e attivi.
Molti filosofi e teologi medievali e rinascimentali colsero questo
concetto di un mondo costruito secondo rapporti semplici, videro
la sua bellezza ed elaborarono le loro applicazioni di quella teoria,
attribuendo sempre a Pitagora l'intuizione di fondo. Questo vale per
scrittori come Ateneo, Cassiodoro, Boezio e lsidoro di Siviglia, 1 1 e per
i seguaci di Ficino, in particolare Robert Fludd. 12 Lo stesso Ficino
ha spesso riconosciuto il suo debito nei confronti dei Pitagorici, e in
modo caratteristico ha ordinato lo studio dei rapporti secondo una
curiosa gerarchia: ha immaginato una progressione dall'aritmetica
alla geometria piana, alla geometria solida, alla musica. La musica ha
a che fare con le figure e i corpi in movimento. 1 3 La musica allora, in
questa gerarchia ficiniana, è una quarta dimensione, una dimensione
che prende in considerazione sia l'importanza della proporzione, sia i
227
peculiari problemi del movimento. In una lettera Ficino spiega quanto
sia ampio il suo concetto di musica: «Per tornare al tema, la prima
musica sta nella misura, la seconda nella fantasia, la terza nella paro
la; questa è seguita dal canto, il canto dal movimento delle dita nel
suono, il suono dal movimento di tutto il corpo nell'esercizio fisico
o nella danza. Vediamo allora che gradualmente la musica dell'anima
discende in tutte le membra del corpo, e questa musica viene imitata,
nelle loro opere, anche dagli oratori, i poeti, i pittori, gli scultori e gli
architetti. Quindi, dal momento che nella musica del corpo e in quella
dell'anima c'è tanto in comune, perché dunque meravigliarsi che un
uomo possa temperare l'anima altrettanto che il corpo? Infine, colui
che dai Pitagorici, dai Platonici, da Mercurio e da Aristosseno ha
imparato che sia l'anima che il corpo del mondo e dei singoli animali
hanno come loro fondamento i rapporti musicali, e che dalle sacre
scritture degli Ebrei ha appreso che Dio ha ordinato tutte le cose
secondo il numero il peso e la misura, non si meraviglierà che quasi
tutti gli esseri animati siano mossi dall'armonia». 14
La musica della psiche, almeno nel suo aspetto pitagorico, si fa
dando a ciascun processo dell'anima il proprio posto sulla scala.
Nell'accordare uno strumento musicale, ciascun tono deve ricevere una
proporzione esatta di vibrazioni perché il suono sia preciso e chiaro. Lo
stesso awiene per la psiche che risuona della musica cosmica quando
ogni pianeta suona la sua precisa intonazione durante le esperienze
della vita. Se uno è in Saturno, la sua pesantezza è riconosciuta chiara
mente e riceve spazio e tempo per risuonare; se è Venere a esercitare la
sua pressione, si consente alla sua voce di cantare con il proprio timbro,
non addomesticandolo con la pretesa che Venere sia diversa da quella
che è. Un'anima musicale deve essere temperata, non alterata.
228
costumi, imita la magnificenza, l'attività, l'ordine dei celesti, divenuto
così simile agli dèi, ne riceve doni più abbondanti. Al contrario, gli
uomini che con artifici si rendono dissimili e difformi rispetto alla
disposizione dei celesti, sono segretamente miseri e, alla fine, risultano
anche apertamente infelici». 15 Vale la pena di dedicare un po' di atten
zione a ciascuno di questi tipi di " imitazione" , perché è attraverso di
essi che si costellano i pianeti.
La " preghiera" solleva ancora una volta il tema della religione.
Ovviamente non è necessario adorare le divinità planetarie come
facevano i Greci e i Romani, e tuttavia esse richiedono un certo grado
di dedizione e di coinvolgimento. Il modo tradizionale di parlare di
questi dèi è dire che si è " in Mercurio " oppure " in Venere" . L'idea è
che lo stato d'animo e l'atmosfera che accompagnano l'atteggiamento
archetipico di quel dio, s'impossessano di quella persona, pretendendo
la sua attenzione e colorando tutte le sue percezioni. Ma non risveglia
mo Mercurio nella nostra anima scrivendo qualche poesiola burlesca o
trastullandoci a interpretare i sogni. È Mercurio che risveglia l'anima
stimolandoci alla comprensione e all'intuizione. Gli dèi non sono
fuori nel cielo, ma non sono nemmeno semplicemente termini poetici
per esperienze personali. L'io sente l'ombra dell'abbraccio più ampio
del dio, anche se il dio è una realtà psicologica. Una persona, allora,
può assumere realmente un atteggiamento religioso nei confronti di
questi movimenti della psiche, riconoscendo la loro influenza e il loro
potere e attirando il loro spirito dentro il tessuto della vita. Come ha
detto J ung nella sua definizione della religione, la sensibilità religiosa
comporta il dare attenzione ai contesti della vita psichica, sia che siano
conosciuti come spiriti, dèi, demoni, oppure come fantasie inconsce.
Un secondo modo per temperare l'anima è attraverso lo studio, una
semplice tecnica, fin troppo ovvia per essere presa sul serio. Eppure
sembra quasi certo che Ficino mescolava nella sua mente, e praticava,
forme di educazione e di terapia. Scrive infatti: «È invero una disci
plina di grande importanza comprendere bene quale spirito, quale
forza, quale cosa significano in particolare questi pianeti»" . Prosegue
poi mettendo in guardia contro !"' adorare" le stelle; dovremmo invece
piuttosto «imitarle e, imitandole, cercare di catturarle». 16 In un senso
limitato, lo studio dei pianeti includerebbe il leggere su queste sette
divinità, sapere cosa rappresentano e quali sfere della vita influenza
no. In un senso più generale, un modo per temperare la propria vita
229
è familiarizzarsi con le immagini, attraverso la lettura della mitologia
e delle tradizioni religiose, il dedicare un po' di attenzione alla poesia,
alla narrativa, e alle altre arti, il far caso alle immagini dei sogni e alle
fantasie a occhi aperti. Lo scopo è arrivare a conoscere le espressioni
imagistiche dell'anima. Nella nostra società consideriamo una cosa
terribile che una persona non sappia leggere, scrivere e fare le ope
razioni matematiche fondamentali; ma perfino la nostra popolazione
adulta è analfabeta quando si tratta di immagini. Eppure le immagini
affollano la nostra coscienza giorno e notte, forniscono alla religione
e all'arte la maggior parte dei loro contenuti, e determinano i nostri
valori e la comprensione del nostro mondo.
Dedicare un po' di tempo e di attenzione ai sogni è un altro efficace
modo per temperare l'anima, perché attraverso lo studio delle immagi
ni dei sogni viene portata alla coscienza la nostra personale mitologia,
completa di eroi e di cattivi, di dèmoni e di divinità. Spesso una seria
attenzione ai sogni è considerata superstizione, oppure è lasciata alla
psicoterapia, dove i sogni sono tipicamente interpretati riferendoli
interamente alla storia personale. Invece chiunque può prendere nota,
letteralmente, dei suoi sogni e scoprire, nell'arco di un certo periodo di
tempo, immagini e temi ricorrenti. Non è necessario guardare al sogno
in cerca di una guida (Ficino mette in guardia contro questa sorta di
adorazione) oppure trovarne interpretazioni conclusive; è sufficiente
dedicare loro attenzione, studiarli, ribaltarli con l'immaginazione, e
averli in mente, almeno in modo fluttuante, mentre ci occupiamo delle
nostre faccende quotidiane. Una simile " devozione" alle figure del
sogno tempera l'anima fornendo riferimenti immaginativi per i nostri
sentimenti, le nostre fantasie e le nostre esperienze. Se, per esempio,
nell'arco di un certo periodo di tempo compare nei sogni il tema di
essere abbandonati, quella fantasia, come un seme, può organizzare
nell'immaginazione tutta una serie di esperienze, di stati d'animo, di
desideri, o simili. Possiamo " ascoltare " la tonalità dell'abbandono che
risuona attraverso numerosi eventi altrimenti opachi.
Uno dei risultati del dedicare una certa cura ai sogni è la scoperta
dell'importanza che le immagini hanno nell'esperienza. Si viene a sco
prire che fra sogno e realtà non c'è tutta quella distanza che avevamo
sempre pensato. Anzi, il riconoscere che le immagini danno forma alla
vita ha un effetto sul nostro senso di sé; molto rapidamente si scopre
infatti quanto questo sé sia " fluido " , quanto regolarmente si lotti con
230
le fantasie, oppure ci si comporti amichevolmente, ci si identifichi, con
esse; e questo sia interiormente che in proiezione. Ficino osservava
che il temperare non solo mette in luce la varietà del mondo e le sue
profondità immaginative, ma agisce anche sulla persona. «Dunque,
quando avrai capito che nulla è più ordinato del cielo, né alcuna cosa
può essere pensata di più equilibrata (temperatius) di Giove, spererai
di ottenere i benefici del cielo o di Giove, se renderai te stesso ordina
tissimo e equilibratissimo (temperatissimus) nei pensieri, negli affetti,
nelle azioni, nel modo di vivere». 17 Qui l'esempio particolare riguarda
Giove e lo spirito gioviale: quando si imitano le caratteristiche di
Giove, il proprio senso di sé assume le qualità di quell'immagine. Nel
linguaggio di Ficino probabilmente non si percepisce tutto l'impatto
di ciò che sta proponendo: perché quando cominciamo a renderei
conto del potere delle immagini, scopriamo che non solo il mondo in
generale, ma la nostra stessa identità è determinata dall'immaginazio
ne. La mia prospettiva sul mondo e su me stesso determina chi sono,
il mio modo di agire e il significato degli eventi che succedono nella
mia vita. Non esiste niente che non risenta della mia immaginazione,
compreso io stesso. Quindi, un 'attenta sintonizzazione delle immagini
e dei processi che concorrono a fare la mia attività psichica tempera
la mia stessa anima.
L'esempio di Ficino è complicato dal fatto che Giove è il dio del
temperamento. Con l'immagine di Giove costellata nella psiche, l'Io
perde il suo desiderio da Senex di controllo e di difesa, e diventa più
immaginale e flessibile. Tollera l'ambiguità, la contraddizione e il
movimento, proprio perché questi sono i processi del temperamento.
Giove è quella dimensione della coscienza attraverso la quale troviamo
immagini concrete per la nostra esperienza senza puntare a un'unica
immagine dominante. Giove arriva a temperare costellando tutti i
principali processi della psiche, sintonizzandoli a essere distinti ed
efficaci. Una coscienza che tempera non preclude la dissonante fri
zione del paradosso e della contraddizione, che non può non nascere
dalla molteplicità delle prospettive. 18 In musica il mordente di una
buona dissonanza è sempre nettissimo su uno strumento ben accor
dato, e note dissonanti ben piazzate abbelliscono, e non sminuiscono,
una musica. Lo stesso per il temperamento psicologico: la sintonia
non solo non impedisce la dissonanza - la sofferenza, la confusione,
gli enigmi - ma anzi li accentua. 19
23 1
Anche se nella composizione della psiche la dissonanza è auspi
cabile, l'anima può essere però mal temperata, e questa è una vera
e propria malattia dell'anima. Il "mal temperamento " può essere
semplicemente una mancanza di sintonia dovuta a un'immaginazione
difettosa: la vita non ha senso, c'è scarso senso dei valori, i valori socia
li interiorizzati sostituiscono l'individualità, e così via. Oppure, cosa
probabilmente più comune, una prospettiva è a tal punto dominante
che la coscienza può essere considerata monoteistica.
Alcmeone di Crotone, un medico pitagorico del 5 00 A.C., sosteneva
che «uguaglianza di diritti fra le qualità di umido, secco, freddo, caldo,
amaro, dolce, e così via, conservavano la salute, mentre il comando di
una sulle altre [monarchia] produceva la malattia».20 Abbiamo visto
che queste sono qualità associate in vario grado a specifici pianeti, e
dunque possiamo applicare l'osservazione di Alcmeone anche ai pia
neti. Il prevalere di uno segnala la malattia dell'anima conosciuta come
monarchia, una tirannia che serve a escludere prospettive multiple. In
modo analogo, Ficino dichiarava apertamente che «nel cielo non c'è
alcun eccesso di qualche singola qualità degli elementi». Né c'è alcun
eccesso dello spirito proveniente da un singolo pianeta, perché in quel
caso la vita psichica non avrebbe musica, sarebbe l'incessante ronzio
di un unico tono - la monotonia.
232
cati proprio per evitare di attribuire a una nota qualunque prevalenza
sulle altre. La musica di Schoenberg è dawero politonale: ciascuna
nota è un centro in se stessa.
La " politonalità" di Schoenberg riflette la psiche temperata fici
niana meglio del sistema tonale tradizionale; infatti ciascun tono ( dio)
riceve ciò che gli spetta, e sono i rapporti o gli intervalli delle scale
precompositive a determinare lo svolgimento del pezzo. Nelle mani
di alcuni compositori moderni, il sistema dodecafonico di Schoenberg
ha dato origine a una musica arida, cerebrale, che tanto ha perso in
espressività quanto ha guadagnato in complessità tecnica. E tuttavia
può essere estremamente espressiva, e questa è una qualità che si
potrebbe trasportare in modo analogo nella musica della psiche.
Uno dei molti vantaggi della psiche politeistica/politonale è la
varietà di esperienze psichiche che consente. Come Ficino fa notare
nel linguaggio dell'astrologia e della magia naturale: «Nelle diverse
stelle poi ci sono forze anch'esse diverse, e per questo diverse fra
loro anche nei loro raggi. Inoltre diverse sono le virtù che derivano
dai raggi, a seconda del diverso modo in cui colpiscono i corpi».21
Una psiche temperata, politeista, che contiene tutti i pianeti e i loro
raggi/spiriti, gode di una varietà di "virtù " altrimenti precluse da una
coscienza monarchica o semplicemente dalla mancanza di profondità
immaginativa. Tutti i processi che abbiamo visto associati ai pianeti
sono accessibili in un 'anima così costellata, temperata, e nei loro
diversi modi rigenerano l'anima stessa. Dagli umidi piaceri di Venere
all'asciutta intensità di Marte, l'anima prospera nella varietà di sensi
bilità e di prospettiva che ha a disposizione.
Un altro vantaggio che abbiamo visto diverse volte di passaggio è la
liberazione da qualunque genere di moralismo. Il moralismo religioso
ed etico spesso può soffocare l'anima quando è rigido e gretto, ma le
moderne forme di moralità psicologica possono essere ancora peggio.
Oggi gli individui, la cui coscienza si sta risvegliando, sentono insolite
pressioni a crescere, ad auto-realizzarsi, a fare venir fuori i propri
sentimenti, a godere di una vita sessuale liberata, a non avere segreti,
a essere sempre felici e attivi, a produrre qualcosa di creativo, ad alle
vare i figli senza " complessi " , e così via. Una psicologia politeistica, in
cui tutti gli dèi, con tutti i loro aspetti, sono temperati o sintonizzati,
non appare così follemente sana e positiva, e non impone una morale
così splendida ma così ardua. James Hillman ha ricapitolato i valori
233
dell'approccio politeistico sottolineando la virtù della tolleranza:
«La psicologia politeistica costringe la coscienza a circolare entro un
campo di poteri. Ciascun dio riceve quel che gli è dovuto, come ciascun
complesso merita rispetto per diritto proprio. In questa circolarità di
topoi sembra che non vi siano posizioni di privilegio, asserzioni certe
su quel che è negativo o quel che è positivo, per cui non occorre esclu
dere nessuna configurazione e nessun topos in quanto " patologici" ; la
patologia stessa richiederà una revisione politeistica. Quando l'idea di
progresso per stadi gerarchici verrà accantonata, ci sarà una tolleranza
maggiore per le componenti non-cresciute, non-in-ascesa, e non ordi
nate, della psiche».22
Le implicazioni per la terapia sono vaste. Senza la preoccupazione
del maturare, dello sviluppo secondo una certa norma, di una gerar
chia di valori psichici, delle aspettative di progresso e di cambiamen
to, dei progetti e delle mete di miglioramento di sé e di una fantasia
profondamente radicata di adeguamento a una società senex, senza
tutte queste preoccupazioni, allora, il terapeuta è libero di lasciare che
l'immaginazione faccia il suo lavoro. Il dio del temperare, Giove, con
la sua profonda tolleranza interiore e l'apprezzamento della moltepli
cità, potrebbe dare un ordine immaginale alle fantasie e ai sentimenti,
meglio del paziente, del terapeuta o della società. Come terapeuta,
Ficino era piuttosto indiretto, per usare un eufemismo. Suonava la sua
lira, dispensava spezie e profumi, portava i suoi pazienti a passeggiare
in campagna, e sceglieva per loro gli amuleti e le pietre appropriati.
Anche preso proprio alla lettera, il suo è un buon esempio da seguire:
Ficino sapeva infatti, intuitivamente e nella teoria, che la psiche ha
bisogno d'immaginazione. Con la magia naturale - quel canale di
spirito che scorre fra gli oggetti e la coscienza - la psiche perde il suo
disordine, la sua condizione "mal-temperata" .
Un terapeuta ficiniano moderno potrebbe seguire l'esempio del
maestro e trovare ogni genere di cose capaci di trasformare l'immagi
nazione in esperienza psichica. Non c'è niente che sia fuori luogo: le
erbe, la fotografia, la musica, la danza, il viaggio, le piante, i profumi,
le opere d'arte di qualunque tipo, i musei, i viaggi in aero, i romanzi, la
meditazione, il massaggio, l'isolamento, la scuola, la lettura, il teatro, il
recitare, il costruire, gli sport, l'astronomia e l'astrologia. Tutte queste
cose, o nessuna di esse, può essere usata per temperare la psiche, a
seconda della presenza dell'immaginazione e di un autentico interesse
234
per l'anima. Qualunque cosa la psiche presenti nel sogno, nella fanta
sia, nell'anelito, nel desiderio, nella brama, nella paura, nel terrore, nel
rimorso o nell'amore, può essere immaginata e quindi portata più in
profondità. Questo è il processo del temperare, e questo è il significato
della psicoterapia, la cura dell'anima, nel contesto ficiniano.
Lo psicoterapeuta dotato d'immaginazione guarda, insieme al suo
paziente, dentro la matassa di immagini contenute nella superficie
degli eventi. Può fare l'alchimista aiutando il suo paziente a cuocere i
rifiuti che sono rimasti in giro semi-marci per anni. Può fare l' astrolo
go che mappa i pianeti e disegna la carta delle costellazioni. Può fare
il mago che pratica qualche antica o moderna arte della memoria con
la quale sono rivelati i " sacri aperti segreti" , nascosti nelle immagini
che permeano la vita e affollano la coscienza.
La maggior parte degli psicologi preferisce, naturalmente, un Io
ben integrato e una vita senza finali aperti; alcuni criticano la psicolo
gia politeistica come un 'irresponsabile approccio di tipo laissez-/aire
alla sofferenza psichica. La interpretano come un sostenere la perso
nalità dissociata, la schizofrenia, e tutte le forme dell"' andar fuori di
testa " .23 Ma l'Io immaginale,2� o estetico, abita un terreno intermedio,
generalmente non percepito, fra l'Io con una forte volontà e un Io
sopraffatto dalle sue fantasie alienate. Molti dei problemi che le per
sone portano in terapia sono p roprio i sintomi di un Io rigido, tipici e
prevedibili in una cultura senex come la nostra. I valori di superficie
della società richiedono ordine e conformità, e i custodi della sanità
mentale possono anche ricoverare coloro che non sono all'altezza. Le
terapie basate sulla forza di volontà, sulla forza dell'Io e sull'adatta
mento sociale non fanno che aggravare il problema, aggiungendo un
altro strato di negazione sulla s p inta verso l'espressione poli-modale
della psiche. Il terapeuta interessato più all'immaginazione, all'anda
re in profondità, a guardare davvero dentro il comportamento e la
fantasia, può incoraggiare la flessibilità e ammorbidire il giudizio su
di sé, favorendo così sia la crescita della coscienza, sia il riconosci
mento delle fantasie che pressano. Il semplice processo di acquistare
familiarità con le forze che ci muovono e che ci spingono ad azioni
compulsive e che gravano sulle nostre anime, attenua il loro potere
distruttivo. Conoscendo gli incubi che abitano le cavità del nostro
cuore, possiamo muoverei insieme ad essi invece di ingaggiare con
essi inutili lotte. A meno che non entriamo in una sorta di dialogo con
235
questi demoni interiori, non abbiamo alcun modo per discernerli e
occuparcene. Senza l'immaginazione, l'Io è troppo lontano da queste
figure interiori per riconoscere il pericolo dalle avvisaglie.
Il temperare, dunque, richiede un tocco leggero, sia che avvenga
in terapia, formale o informale, oppure mentre ci si occupa delle
proprie fantasie. A differenza della maggior parte delle psicologie,
questo approccio ficiniano non sostiene la repressione né consiglia la
compensazione, tutte e due misure senex. Di fronte a tutte le varietà di
dinamiche della psiche, questo approccio cerca di ottenere i benefici
di tutte. Ficino ha incoraggiato questo atteggiamento accettante ricor
rendo in alcuni suoi scritti alla storia del giudizio di Paride.
Secondo il mito, Paride si trovò a dover scegliere fra tre dee: Era,
Afrodite e Atena. Quando Afrodite semplicemente slacciò il ferma
glio della sua tunica, questo gli bastò: scelse lei, vinse Elena e fu la
Guerra di Troia. Ficino interpretò queste dee come le allegorie della
saggezza, del piacere e del potere, e ammonì il suo amico e protettore,
Lorenzo, che coloro i quali preferiscono una divinità sopra le altre
finiscono per pagarne lo scotto. Lo stesso Socrate, dice Ficino, scelse
Minerva e vinse la propria morte. Lorenzo invece «niuna di queste tre
Dee sprezzò, perché tre ne vidde, e tre secondo i meriti loro adorÒ».25
Di fronte a una scelta fra gli dei, sceglili tutti. Questo è il consiglio
pratico, politeistico, di Ficino. Sopporta l'ambiguità, la confusione
e l'illogicità della visione politeistica, perché altrimenti si ottiene la
chiarezza e il controllo, l'integrazione e un senso di interezza, ma a
spese dell'energia psichica.
236
governa una certa regione, studiare la musica di quella regione e incor
porare questi elementi nella musica richiesta; 3 ) scoprire in che modo
le persone sono influenzate dai vari motivi astrologici, e incorporare
tali scoperte nei canti.26 Ecco una prima forma di musica-terapia,
un'efficace arte della memoria attraverso la quale lo spirito dei pianeti
è infuso nella psiche di chi ascolta, temperando la sua anima con le
sue temperate melodie.
La musica instrumentalis serve in questo metodo come un mezzo
per instaurare la musica humana, e la sua base teorica è completamente
politeistica. Ora, se ci spostiamo verso un punto di vista metaforico,
vediamo che il terapeuta, come musicus, il musicista dell'anima, deve
conoscere estremamente bene gli dèi - i loro caratteri, gli effetti che
hanno sulle persone, i loro ritmi, i loro modelli. Il terapeuta diventa
allora la guida di una psiche musicale, sensibile soprattutto alla molte
plicità delle sue strutture profonde.
Ancora un altro talento "musicale" è richiesto al terapeuta ficinia
no: deve avere un buon orecchio per i toni sottili della psiche. Dopo
aver dato le tre regole per una musica-terapia astrologica, Ficino fa la
seguente osservazione: «Tu dunque ti concilierai ciascuno di questi
quattro pianeti con i canti che gli sono propri, soprattutto se ai canti
aggiungerai suoni appropriati; al punto che, quando li avrai chiamati,
cantando e suonando secondo il loro costume, nel modo e nel tempo
opportuno, saranno, come sembra, subito pronti a rispondere come
un eco, o come una corda che in una cetra vibra tutte le volte che vibra
un 'altra corda tesa in modo simile».27 Qui naturalmente Ficino si rife
risce al fenomeno acustico conosciuto come "vibrazione simpatetica" ,
e se ne serve come un altro esempio d i magia naturale - il potere di
causare un effetto spirituale attraverso mezzi materiali. Le vibrazioni
simpatetiche awengono quando due corde sono sintonizzate sulla
stessa altezza, oppure quando una è accordata in modo da contenere
forti armonici dell'altra. Allora non appena una corda viene pizzicata,
l'altra vibra " per simpatia" . L'idea di Ficino è che quando viene suo
nata la musica caratteristica di un certo pianeta, quello spirito plane
tario si mette in moto e si dirige verso chi ascolta.
Robert Fludd ha sviluppato ulteriormente la metafora degli armo
nici e, insieme all'immagine ficiniana della vibrazione simpatetica,
suggerisce un 'idea sottile ma veramente importante riguardo alla psico
terapia. In uno dei suoi diagrammi, " Sui numeri interni e l'armonia
23 7
dell'uomo" , un corpo umano è disteso all'interno di un cerchio con
l'etichetta "Terra " . Sopra di lui ci sono gli altri tre elementi, acqua, aria
e fuoco, tutti a circondare quello che Fludd chiama " diapason mate
riale" - l'ottava materiale. Questo è il livello della materia, l'arena degli
eventi fisici percepibili dai nostri sensi. Una seconda ottava si estende
però al di sopra della prima, come una serie di armonici che suonano
debolmente ma percettibilmente in ogni scala musicale. Questo è,
secondo Fludd, il " diapason medium " o " ottava mediatrice" , il mondo
dell'anima. Fludd la divide nei sette pianeti, le stelle, e il Motore Primo.
Dunque, abbiamo qui una corrispondenza fra questa immagine e la
teoria di Ficino dei pianeti musicali. C'è infine una terza ottava ancora
più sottile, il " diapason spirituale" , gli armonici spirituali che emanano
più debolmente dagli eventi corporei. Qui Fludd colloca i nove cori
angelici. Ad abbracciare tutte e tre le ottave c'è la seguente iscrizione.
«L'armonia essenziale con cui l'anima umana prende come propria
costituzione una porzione delle tre regioni del mondo».28
Il diagramma di Fludd è del tutto coerente con la visione ficiniana
dell'anima e della sua struttura musicale, e offre una utile immagine
per la psicoterapia. Abbiamo visto alcuni compiti nei quali uno psi
coterapeuta ficiniano potrebbe impegnarsi nell'affrontare i problemi
di un paziente. Qui viene suggerito che un terapeuta debba avere
"orecchio " per gli armonici del grossolano comportamento fisico. Nel
suo ruolo di musicista dell'anima e di mago, può vedere con i suoi
occhi il problema che gli viene presentato, ma udire con uno speciale
talento gli armonici della psiche e dello spirito. Questi armonici sono
essenzialmente la stessa cosa degli aromi e delle fragranze che abbia
mo trovato fra gli elementi dell'anima, e dei vapori sublimati liberati
durante le operazioni alchemiche. Gli armonici completano la fertile
analogia musicale e ci riportano al fondamentale principio ficiniano
della psicologia: l'anima è una dimensione nascosta, ma percepibile,
dell'esistenza materiale. L'anima sta in quelle forti vibrazioni, gli
armonici del mondo materiale, l'ottava mediatrice. Sintonizzati con
quei moderatamente sottili armonici, noi sentiamo la musica delle
sfere, i sette pianeti che rappresentano i poteri multipli della psiche, e
raggiungiamo un grado di sensibilità psicologica.
In musica i toni della scala perdono la loro rigida disposizione e si
piegano e si distorcono in tutte le direzioni quando si combinano per
fare melodie, armonie e contrappunti. Nella musica seriale è ancora
238
più chiaro che le scale fondamentali si ripetono in una variazione infi
nita, creando quella qualità espressiva unica che è la musica con la sua
propria logica interna. Anche nella musica della psiche la variazione
continua senza fine. I molti pianeti e le loro combinazioni offrono
innumerevoli prospettive, cosicché nella psicologia politeistica non
può esserci un punto di vista definitivo, una ragione per ogni cosa, una
fine della terapia, una meta raggiunta. Mentre è molto difficile per un
Io senex accettare una simile continua variazione, un lo immaginale
trova nella varietà, logica e bellezza al tempo stesso.
La varietà può essere un fine in sé, come nel caso di uno degli
animali di Giove, il pavone. Il dio del temperare è conosciuto nell'im
magine della multicolore coda di pavone, che, come c'informa Jung,
è un'immagine alchemica della primavera, l'arrivo di nuova vita.29
Questa cauda pavonis compare dopo il lavoro della notte oscura della
nigredo e insieme all'arcobaleno, segni della fecondità della terra.
] ung accenna anche al classico lavoro sulla mitologia zoologica di
Angelo de Gubernatis, dove il pavone è legato, nell'immaginazione,
allo splendore del cielo: «Il cielo sereno e stellato e il sole splendente
sono dei pavoni. Il firmamento di un blu intenso che risplende di mille
occhi luminosi, e il sole pieno dei colori dell'arcobaleno, mostrano le
sembianze di un pavone in tutto lo splendore delle sue piume cosparse
di occhi».3 0 Gli occhi del cielo, così importanti nella magia naturale
di Ficino, compaiono qui nella coda dell'uccello di Giove. Jung mette
insieme tutto questo ricordandoci che nell'alchimia i colori della coda
del pavone corrispondono alle sette sfere planetarie.
Una volta che un individuo comincia a pensare in modo politei
stico, parole un tempo usate nel contesto dell'integrazione e dell'in
terezza assumono una nuova trasparente vitalità. Così è per la parola
" temperare" . Anziché un termine per un processo di restringimento e
di un rigido ordinare, il temperare diventa il dispiegarsi della coda di
pavone, una rivelazione di bellezza e molteplicità. La vita, altrimenti
grigia, opaca e non immaginata, prende colore e tono. Se la psicologia
come disciplina desse finalmente valore alla varietà nella vita psichica
che il pavone rappresenta, allora forse si potrebbe trovare quell'elisir
di "vita liberata " così a lungo cercato.
Una sfida analoga dovrebbe riguardare anche questo libro, perché
non c'è dubbio che i raggi che piovono sulle sue pagine sono discesi
da Saturno e da Mercurio, tralasciando almeno altri cinque modi
239
per immaginare la farmacia di Ficino e almeno altri cinque spiriti da
acquisire attraverso le sue parole. Alcune di queste altre divinità non
si incontrano facilmente sulla pagina stampata, e tuttavia hanno le
loro peculiari sfere di vita, le loro case planetarie, dove possono essere
assorbiti i loro raggi. Infine, ci vuole un'ampia varietà di viaggi, di
esperimenti e di ricerca per temperare gli dèi in modo che i loro alti
armonici scintillino in sintonia e i loro bassi fondamentali vibrino a
una giusta altezza e a una solida profondità.
240
NOTE
Una simile distinzione fra " anima " e " psiche " e una corrispondente distinzione
fra "sacramento " e " simbolo " la propongono Ann e Barry Ulanov, Religion
and the unconscious, Westminster Press, 1 97 5 .
Per u n o studio esauriente del mondo infero greco come immagine dello spa
zio contenitivo della psiche, vedi James Hillman, Il sogno e il mondo in/ero,
Edizioni Comunità, Milano 1 984 .
Patricia Berry, " The Rape of Demeter/Persephone and Neurosis " , in Spring
1 975. Berry interpreta il ratto di Persefone come un'attrazione verso il pro
fondo, immaginato come il mondo della morte su cui governa Persefone. La
24 1
cosmologia raffigurata è quindi un universo a due livelli, ma ovviamente non
in senso ontologico. n mondo invisibile della psiche esiste in tandem con il
mondo visibile della natura e di ciò che consideriamo naturale. Vedi anche
Karoly Kerényi e Cari Gustav Jung, Prolegomeni allo studio scientifico della
mitologia, Boringhieri, Torino 1964.
Un 'idea contenuta nel saggio di Patricia Berry , " La mancanza che fonda " , in
AA.VV . , Padri e madri, Moretti & Vitali, Bergamo 2003.
J. Hillman, Re-visione della psicologia, cap. 2, " Patologizzazione o disgregazio
ne " , op. cit.
6
Sui sogni come trasformazione del naturale in immaginale, vedi J. Hillman, Il
sogno e il mondo in/ero, op. cit. , e P. Berry, "An approach to the Dream " , in
Spring 1 9 74.
J. Hillman, " Anima " , pt. I, in Spring 1 973 , p . 122 . Per come uso qui questi
termini, " fantasia" è l 'aspetto soggettivo del mondo sperimentato in modo
immaginale, mentre " immagine " connota lo specifico mondo immaginale in
cui posso trovarmi, nel passato, presente o futuro.
Marsilio Ficino, Sulla vita, Rusconi, Milano 1995 , p. 100.
Aniela Jaffé (a cura di), Ricordi sogni riflessioni di Cari Gustav Jung, Il
Saggiatore, Milano 1965 , p. 102 .
10
P.O. Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. , p. 251. In questa epistemologia
immaginale, il mondo esterno, quando è percepito, prende la sua forma dalla
fantasia, non viceversa.
Il
Citato in ibid . , p . 404. La coda della cometa è un 'immagine eccezionalmente
adatta per vari fenomeni psicologici relativi alla teoria di Ficino dell' idolum.
I sogni, per esempio, sembrano attraversare l'anima in seguito a qualche
movimento centrale nella psiche; oppure possono avere luogo varie attività
coscienti, tutte parti della coda di qualche rimescolamento nella psiche. Spesso
le persone raccontano di diverse esperienze di vita che sembrano tutte mettere
in atto la fantasia intravista, come seme, in un sogno.
12
Vedi P.O. Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. , p. 406.
Il
Frances Yates ,L'arte della memoria, Einaudi, Torino 1972 .
14
Citato in P.O. Kristeller, Il pensiero /iloso/ico, op. cit. , p. 253.
15
Rollo May, Love and Will, W.W. Norton & Co. , New York 1969, p. 135 . Il
daimon, come ogni altra figura della psiche, può essere percepito come este
riore anche se è interiore dal momento che è nella psiche. Nella collocazione
che May attribuisce al daimon eracliteo non sono chiari i concetti di esteriore
e interiore.
16
In Pau! Friedlander, Plato: An Introduction, Princeton University Press,
Princeton , N .J.1973, p . 37. Sia Friedlander che May ci danno delle utili
panoramiche sul concetto di daimon. Entrambi, però, mettono in evidenza un
punto di vista esistenzialista che perde l'immagine del daimon .
17
Sull'immaginario classico che circonda il genius, vedi R.B. Onians, Le origini
del pensiero europeo, Adelphi, Milano 1998, passim .
18 n problema del monoteismo psicologico sarà affrontato ulteriormente nel cap.
14. Vedi anche James Hillman, " Psicologia: monoteistica o politeistica ? " , in
242
Miller/Hillman, Il nuovo politeismo, Edizioni Comunità, Milano 1 983 .
19 In una lettera a Cavalcanti, contenuta in Le divine lettere del gran Marsi/io
Ficino, in BIVIO - Biblioteca Virtuale on Line, http://bivio.signum .sns.it, p .
426, Ficino c i dà alcuni particolari sul suo oroscopo e l a dominante influen
za di Saturno: " Una certa mia malenconica complessione, cosa certamente
secondo me amarissima, se ella assai spesso da me col suon de la Cetara non
fusse addolcita. La quale pare a me che nel mio nascimento in me imprimesse
Saturno, posto quasi nel mezo d 'Aquario mio ascendente; e nel medesimo
Aquario Marte ricevendo, e la Luna allhora in Capricorno, e ancora essendo
in aspetto quadrato col Sole, e con Mercurio, i quali la nona regione del Cielo
in quel tempo occupavano a caso " .
2° Ficino, Sulla vita, III 2 , op. cit. , p . 1 95 .
21 Ernst Cassirer, The Individua! and the Cosmos in Renaissance Philosophy,
University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1 963 , p. 1 3 3 .
243
contro la morte, Adelphi, Milano 1 964 ; Walter Otto, Dioniso. Mito e culto, Il
Melangolo, Genova 1 997 .
RB. Onians, Le origini delpensiero europeo, op. cit. , p. 260; Petronio, Satyricon 34,7.
R.B. Onians, Le origini del pensiero europeo, op. cit. , p . 269; Ovidio, Le meta
morfosi XIII, 929, Einaudi, Torino 1 97 9 .
Juan Eduardo Cirlot, Dizionario dei simboli, ECO, Milano 1 996, p . 3 9 7 .
6
W.B. Yeats, "Ali Souls Night" , in A vision, Collier Books, New York 1 966, p. 3 03 .
Ficino, "De musica", i n Epistolarum familiarum, BIVIO, p. 1 62 .
Susanne K . Langer, Sentimento e /orma, Feltrinelli, Milano 1 97 5 .
Ficino, " De divino furore " , in Epistolarum /amiliarum, op. cit. , p. 24.
10 Questa idea mi è stata suggerita da Robert Sardello durante una conversazione.
11
Ficino, Le divine lettere, op. cit. , p . 105.
12
Ficino, De lumine, BIVIO, p. 977 .
13
Ficino, ibid . , p. 978.
14
J . Hillman , " Platino, Ficino e Vico precursori della psicologia archetipica " ,
op. cit. , p. 3 0 : " La sua tesi: i l pensiero umano h a sede nell'anima corrisponde
a quella di Jung, è u n
esse in anima " .
15
Ficino, De lumine, op. cit. , p. 983 .
16
Ficino, ibid. , p. 984 .
244
D e divino furore ( 1 457 ) Convivium ( 1 475 )
vaticinium l conjectio Venus: furor amatorius-mens angelica
mysteria l superstitio Apollo: vaticinium-ratio animae
poesis l levior m usica Bacchus: sacerdotium-opinio
amor l amor vulgaris Musae: furor poeticus-natura
15
Ficino, Le divine lettere, op. cit. , p. l 09
16
Edgard Wind, Misteri pagani del Rinascimento, Adelphi, Milano 1 97 1 , p. 2 1 .
17
Ficino , Sulla vita, op. cit. , p. 270.
18
Karoly Kerényi, " The mysteries of Kabeiroi " , in Joseph Campbell ed., The
Mysteries, Papers /rom the Eranos Yearbooks, II, Pantheon Books , New York
1 955 , p. 3 7 . Non soltanto la natura, ma anche le immagini stesse della psiche
contengono simili "sacri segreti scoperti " .
1
9 Ibid.
2
° Ficino, In Convivium, op. cit. , p . 2 5 9 .
21
Ficino, " De divino furore " , in Epistolarum familiarum, op. cit., p . 2 7 .
22
Vedi Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. , p. 3 3 4 .
2l
Ficino, In Convivium, op. cit. , p. 2 5 8 .
24 Ficino, Platonica Theologia, op. cit. , p. 497 ; e Kristeller, Il pensiero filosofico,
op. cit. , p. 3 3 7 .
25
Per una critica della fantasia della " crescita" vedi Hillm an "L'abbandono del
bambino " , in Trame perdute, Cortina, Milano 1 985 . L'espressione ampiamente
usata di " crescita personale" può avere un senso per certe realizzazioni dell'Io, ma
anche allora sarebbero più appropriate parole più precise, tipo " maturazione" .
26
Martin Heidegger, " The Ode o n Man i n Sophocle's Antigon e " , i n A Collection
o/Chritical Essays, ed. Thomas M. Woodard, Prentice Hall, Englewood Cliffs,
N.]. 1 966, p. 93 .
27
Ficino, citato in Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. , p. 3 3 8.
28
E. Wind , Misteri pagani del Rinascimento, op. cit. , p. 80.
2
9 Ficino, In Convivium, op. cit. , p. 2 5 9 .
3° Ficino, Opera, p . 1 3 2 3 , citato in Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. , p . 282 .
31 lbid. p. 3 06, citato i n Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. , p . 287 .
32 James Hillman, Anima, Adelphi, Milano 1 989, p. 45 e segg.
ll
Platone, Simposio, Mondadori, Milano 2 00 1 , p . 95 .
l4
Ficino, In Convivium, op. cit. , p. 1 5 2 .
35 Troviamo questo n e i saggi d i Ficino sull'amore, ma anche nei poeti dell'amor
cortese, per esempio.
36 Emma Jung, per esempio, parla dell'integrazione dell 'anima come parte del
processo d'individuazione in Animus e Anima, Boringhieri, Torino 1 992 , p.
245
84 , e ]une Singer mette in discussione la fantasia di " monogamia seriale"
in Boundaries o/ the Soul, Doubleday, New York 1 973 , p . 253 . Essere vigili
nell'affermare la prospettiva psicologica è una cosa, sostenere una norma e una
forma sociali con la psicologia è un'altra; è un moralismo camuffato.
James Hillman , " Picchi e valli " , in Saggi sul Puer, op. cit. , Hillman richiama
l 'attenzione sulla tendenza al letteralismo in materia di spirito.
Vedi Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. , p. 3 3 4 e segg.
Ficino, Le divine lettere, op. cit. , p . 547.
David Miller, in una rivista, segnala questa tendenza nello studio delle religio
ni - la tendenza al «romanticismo pre-barthiano, una " fede" mitologizzata e
psicologizzata la cui idolatria è situata interiormente>>: Journal o/ the American
Academy o/Religion 46, n. l (marzo 1 97 8 ) , p. 94 .
Vedi, per esempio, Singer, Bound.zries, op. cit. , cap . 1 0 , " The primary, all
encompassing archetype of the self" , p. 276.
Ficino,Sulla vita, op. cit. , p. 1 93 .
Ficino,Sulla vita, op. cit. , p . 245 .
Citato in Lemmi, The Classica! Deities in Bacon: A Study in Mythological
Symbolism, p. 7 7 .
Ibid. p. 7 5 .
10
Vedi Berry, " The rape of Demeter/Persephone a n d Neurosis " , op. cit.
246
14 L. Oscar Kuhns, ed . , " Bestiaries and Lapidaries " , in Medieval Song and Story,
Columbia University Course i n Literature, IV, Books for Libraries Press,
Freeport, N.Y. 1 928-29, pp. 5 1 5 - 1 6.
15
Ficino, De Sole, BIVIO, p. 968.
16
Kuhns, ed . , " Bestiaries and Lapidaries " , op. cit. , p . 5 12 .
17 C.G. Jung, Opere, XIV'"', p. 98.
247
Potremmo anche vedere un movimento regressivo nel rapido movimento di
Dafne e la sua trasformazione in un albero - una fuga della ninfa dal calore e
dalla luce di Apollo. Le esigenze dell'intensità apollinea sembrano inseguire
l'anima verso interessi vegetati vi.
Norman O. Brown , " Daphne or Metamorphosis " , in Myths, Dreams, and
Religion, op. cit. , p. 1 06.
Ficino, Sulla vita, op. cit. , p. 223 .
Ibid . , p. 254.
10
Berry, " An approach to the Dream " , op. cit.
11
Brown, " Daphne or Metamorphosis " , op. cit. , p . 1 08.
12
Chastel, Marsilio Ficino e l'arte, op. at. , p. 2 6 1 . La sorpresa è un'altra importante
emozione, spesso data per scontata, ma, come il desiderio struggente e la nostalgia,
significativa nell'instaurare e nel mantenere una vulnerabilità psicologica.
Il
I l valore di questa frase d i Stevens per l o sviluppo d i un 'ermeneutica immagi
nativa è messo in evidenza dalle conferenze di Stanley R. Hopper.
14
Pau! Radin, C.G. Jung, Karl Kérenyi, Il briccone divino, Bompiani, Milano
1 965 , p. 23 1 .
15
Rafael L6pez-Pedraza, Ermes e i suoi/tg,li, Moretti e Vitali, Bergamo 2 003 .
248
Possiamo considerare Saturno una specifica figura mitologica che rappresenta
aspetti del Senex.
Vedi A. Vitale, " L 'archetipo di Crono-Saturno " , in AA.VV., Padri e madri,
Moretti & Vitali, Bergamo 2003 .
Ficino, Sulla vita, op. cit. , pp. 1 93 -4 .
Sigmund Freud , " Lutto e malinconia " , in Opere VIII. Nell'analisi personali
stica di Freud sono contenute immagini archetipiche di morte, di perdita, di
dolore e di assenza. Perdite di molti generi generano i sentimenti e le fantasie
della malinconia, anche una perdita così sottile come è un cambio di prospet
tiva o di atteggiamento.
Ficino, Sulla vita, op. cit. , p . 1 02 .
Vedi Murray Stein, " Il padre divoratore " i n Padri e madri, op. cit.
Vedi sopra, nota 5 .
Ficino, Sulla vita, op. cit. , p p . 253 -5 4 .
10
Onians, Le origini del pensiero europeo, op. cit. , p . 159n.
11
Ficino, Sulla vita, op. cit. , p . 277 .
12 Ibid. , pp. 277-78.
13
Hillman, " M alinconia e una soluzione rinascimentale" , in Trame perdute, op.
cit. ; Kristeller conferma la tesi di Hillman facendo riferimento ai commenti di
Ficino nel primo libro del De Vita: " Il temperamento melanconico favorisce
una liberazione dell'anima dagli avvenimenti esteriori e rappresenta quindi
una delle disposizioni adatte alla profezia " , op. cit. , p . 225 .
14
Klibansky, Panofsky, Saxl, Saturno e la melanconia, op. cit. , p . 257.
15 lbid. , p . 2 5 5 .
16
Ficino, Sulla vita, op. cit. , p. 1 03 .
17 Ibid . , p. 276
18
Ibid. , p . 1 66 .
19 lbid. , p. 1 95 .
20
Vedi, per esempio, Jung, " I rapporti della psicoterapia con l a cura d 'anime " e
" Psicoanalisi e direzione spirituale " , in Opere XI.
249
10
I miei occasionali riferimenti all'architettura sono decisamente ficiniani. Fra
le arti, Ficino considerava l 'architettura seconda soltanto alla matematica, e la
definiva "arte mercuriale " . Vedi G.L. Hersey, Pythagorean Places: Magie and
Architecture in the Italian Renaissance, Cornell University Press, Ithaca, N . Y . ,
e London 1976, pp. 34-37.
11 Ficino, Sulla vita, op. cit. , p . 276.
12 Vedi Seznec, La sopravvivenza degli antichi dei, op. cit. , p. 1 62 e segg. Per
l'immagine vedi tav. 50.
250
Presser Co. , Bryn Mawr, Penn. 1 963 , pp. 1 1 e 1 4 .
Vedi Leo Spitzer, " Classica! and Christian Ideas o f World Harmony " , in
Traditio 2 ( 1 944 ) , 4 14 .
10
Per l e prime due applicazioni menzionate, vedi Hersey, Pythagorean Places: Magie
and Architecture in the ltalian Renaissance, op. cit. , e per una moderna teoria
della proporzione pitagorica, vedi Hans Kayser, Akroasis: The Theory of Wor/d
Harmonics, Plowshare Press, Boston 1 970. Per un'analisi tecnica delle proporzio
ni pitagoriche, vedi Richard L. Crocker, "Pythagorean Mathematics and Music" ,
in Journal o/ Aesthetics and ArtCriticism 22, n. 2 ( 1 963 ) e n. 3 ( 1 964 ) .
11 Albert Seay, Music in the Medieval World, Prentice-Hall, Englewood Cliffs,
N.]. 1 965 , p. 20.
12 Sulla filosofia musicale di Fludd, vedi Frances Yates, Theatrum orbis, Aragno,
Torino 2003 ; John Hollander, The Untuning o/ the Sky, Princeton University
Press, Princeton, NY., 1 96 1 ; e Peter J. Amman, " The Musical Theory and Philo
sophy of Robert Fludd" , Journal o/ the Warburg and Courtauld lnstitutes 30 ( 1 967 ) .
13 Ficino, Le divine lettere, op. cit. , pp. 520-2 1 .
14 Ficino, " De musica " , in Epistola rum /amiliarum, op .cit . , p . 1 62 .
15 Ficino, Sulla vita, op. cit. , p . 279.
16 Ibid, pp. 203 e 270.
17 Ibid. p. 262 .
18 Vedi Hillman , " Psicologia: politeistica o monoteistica ? " , i n Miller/Hillman, Il
nuovo politeismo, op. cit.
19 Hillman, Re-visione della psicologia, cap. 2, " Patologizzazione o disgregazio-
n e", op. cit.
2° Citato in Klibansky, Panofsky, Saxl, Saturno e la melanconia, op. cit. , p. 9 .
21 Ficino, Sulla vita, op. cit. , p. 245 .
22 Vedi Hillman , " Psicologia: politeistica o monoteistica ? " , op. cit. , p. 1 2 5 . Il
corsivo è mio. Si noti l'uso dell 'immagine del " circolare " , particolarmente
rilevante per uno zodiaco di dèi.
23 Vedi , per esempio, J une Singer, Androginy: Toward a New Theory ofSexuality,
Doubleday, New Y ork 1 976. Singer, inspiegabilmente, identifica la coscien
za politeistica con la " desacralizzazione " , e suggerisce, come alternativa, il
" monoteismo androgino " .
24 Vedi Hillman, Re-visione della psicologia, op. cit. , e Henry Corbin, "Mundus
imaginalis. L'immaginario e l'immaginale " , in F. Donfrancesco (a cura di),
Anima 2002. Un remoto presente, Moretti & Vitali, Bergamo 2 002 .
25 Ficino, Le divine lettere, op. cit. , p. 898; Kristeller, Il pensiero filosofico, op. cit. ,
p. 3 89.
26 Walker, " Ficino's Spiritus " , op. cit. , pp. 1 4 3 -4 4 .
27 Ficino, Sulla vita, op. cit. , p. 273 .
28 Vedi Amman, " The Musical Theory an d Philosophy of Robert Fludd " ,
op. cit.
29 C.G. Jung,Opere XVI, p. 275 .
30 Angelo de Gubernatis, Zoologica! Mythology or The Legends o/ Animals,
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Vedi anche C.G. Jung, Opere XIV*'' , p. 297.
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IL TRIDENTE
Cam pus
testi scelti
IL TRIDENTE
Saggi
collana diretta da Eva Pattis e Carla Strappa
AMORE E PSICHE
Collana diretta da Carla Strappa e Marta Tibaldi
I VOLTI DI HERMES
collana di critica letteraria
diretta da Paolo Lagazzi e Giancarlo Pontiggia
ITALO VALENT
OPERE
(a cura di Andrea Tagliapietra)
l. MARiA ZAMBRANO, Dalla mia notte oscura. Lettere tra Maria Zambrano e
Reyna Rivas
2. ]OSÉ BERGAMiN, Mia cara amica Maria. Lettere a Maria Zambrano
3. MARiA ZAMBRANO EDISON S!MONS, La nostra patria segreta. Lettere e testi
4. MARiA ZAMBRANO, Lettere da La Pièce. Comspondenza con Agustin Andreu
RITRATTI D'ARTISTA
collana diretta da Francesco Don/rancesco e Ruggero Savinio