Alfonso Mele
gna Grecia
Colonie achee e Pitagorismo
LUCIANOEDITORE
Il volume raccoglie una serie di saggi connessi
tutti ad un unico tema, la Magna Grecia e le colonie
achee. Sono presi in esame gli aspetti più signifi
cativi della storia di quest'area: il problema del
l'identità achea, la storia delle colonie achee,
il rapporto di Pitagora con Crotone, gli sviluppi
italici e tarantini del pitagorismo crotoniate.
ISBN 88-88141-08-1
9 788888 141084
lTAL\
TELLUS
Studi di storia dell'Italia preromana e romana
2
In copertina: Frammento fittile di età arcaica, c.d. dea di Sibari,
con la raffigurazione di Aiace che trasporta il cadavere di Achille.
Napoli, Museo Archeologico Nazionale, collezione Santangelo (foto Pedicini).
Alfonso Mele
Magna Grecia
Colonie achee e Pitagorismo
LUCIANOEDITORE
ITAlA TELLUS
Collana di studi e testi per la storia dell'Italia preromana e romana
diretta da Alfredina Storchi Marino
Comitato scientifico
jean Andreau, Luigi Capogrossi Colognesi, Wemer Eck, Emilio Gabba,
Hartmut Galsterer, Andrea Giardina, Francesco Grelle, William V Harris,
Elio Lo Cascio, Alfonso Mele
Vietata la riproduzione anche parziale
© 2007 by Luciano Editore - Napoli
Via P Francesco Denza, 7- 80138 Napoli- Tei./Fax 0815525472- 0815538888
www.lucianoeditore.com - e-mail:
[email protected] ISBN 88-88141-08-1
Premessa
Questo volume riprende una serie di lavori apparsi in momenti diver
si ma tutti connessi ad un unico tema: le colonie achee d'Occidente, di
cui si prendono in esame le vicende, seguendole come un processo che
parte dalla madrepatria per investire le tradizioni relative alle loro origini
e continuare con la loro storia , in specie quella connessa alle vicende del
pitagorismo . I vari lavori conservano nella sostanza , il loro assetto origi
nale , ma sono stati tutti rivisti e taluni integrati ed ampliati, non stravol
gendone l'impianto originario, ma adeguandolo nella misura maggiore
possibile alle attuali visioni di chi scrive .
Nei lavori riproposti nella prima parte del volume si prende in esame
il problema della identità achea reagendo a una doppia discutibile ten
denza, emersa in studi anche recenti, che da un lato tende a primitivizzare
la realtà greca arcaica rapportandola unicamente ai dati materiali, dall'al
tra tende ad indebolire il rapporto metropoli-colonie valutando le testi
monianze mitiche e cultuali unicamente alla luce di quanto è possibile in
materia dedurre dall'assai più tardo racconto di Pausania. Mi paiono ten
denze entrambe difficilmente accettabili sul piano del metodo, nel mo
mento stesso in cui preliminarmente prescindono dall'unico contesto
ideologico e religioso esistente all'epoca delle fondazioni: quello omerico
ed esiodeo, lo stesso che nutre le coeve tradizioni della Corinto Bacchiade
e fa da sfondo alle prime manifestazioni della poesia lirica. Altro presup
posto delle ricostruzioni qui riprese è l'esigenza di una corretta interpre
tazione delle così dette tradizioni mitiche dette precoloniali. Queste veni
vano a priori considerate come riscoperta in loco di memorie micenee,
invece di essere considerate quali riproposizione in terra coloniale di
tradizioni patrie, una verità che diviene subito palese se si procede al
confronto tra le une e le altre .
6 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Nella seconda parte , a costituire il filo conduttore è la storia delle
colonie achee e in particolare quella di Crotone, sia in connessione a
Sibari che al pitagorismo. Si riprende, sottraendolo ad una paralizzante ,
globale ed aprioristica svalutazione delle fonti pitagoriche, il tema della
Megale Hellas. Le tradizioni relative vanno analizzate nella loro specifici
tà , ponendole in rapporto colle vicende storiche di Sibari e di Crotone.
La nozione di Megale Hellas appare allora prima, nelle fonti non imme
diatamente pitagoriche, come riflesso dell'egemonia di Sibari; poi come
riflesso dell'egemonia di Crotone, alla cui evoluzione via via si adegua;
in ultimo come riflesso del successivo primato tarantino .
Questo primato tarantino al quale si rapporta l'ultimo periodo di fiori
tura del pitagorismo è il tema proposto nell'ultima parte del volume . Si
mette in risalto l'originalità della figura di Archita nel suo rapporto con
un preciso filone del pitagorismo crotoniate, nel suo orientamento poli
tico, nel suo modo di rapportarsi alle popolazioni indigene. Emerge il
tema della diffusione del pitagorismo in ambito indigeno, lucano e sannita
in primo luogo. Torna allora a riproporsi il problema della tradizione
pitagorica e del suo valore storico. L'analisi della tradizioni sulla diffusio
ne del pitagorismo tra le popolazioni italiche e le conferme che la docu
mentazione archeologica ne ha dato, ancora una volta, dimostrano quanto
sia necessario evitare una condanna indiscriminata e globale delle tradi
zioni pitagoriche, in specie poi quando sono filtrate attraverso le tradi
zioni degli ambienti architei, lontane dalle vicende di VI e prima metà
del V secolo, e quindi meno precise in proposito, ma saldamente anco
rate invece alle vicende del pitagorismo di seconda metà del V secolo,
vive ed attive ancora in epoca tarda: una distinzione di piani che va fatta
in particolare nel valutare l'opera di Aristosseno.
Sono lieto che questi lavori appaiano nella nuova collana Itala tellus,
dove i problemi relativi al mondo italico possono trovare la necessaria
valorizzazione.
Sono infine particolarmente grato a Maria Luisa Napolitano, cui si
deve la cura del volume in tutti i suoi aspetti e la redazione di un indice
dei nomi riferiti alle realtà antiche.
A.M.
PARTE I
Le tradizioni achee
CAPITOLO I
Gli Achei dall'Aigialeia omerica
alla dodecapoli arcaica*
l. L ethnos acheo
Al problema della etnicità achea si è tornati in studi recenti. Assai
meritevole ed esaustivo è stato in particolare il lavoro di C. Morgan e ].
Hall, apparso in Introduction to an Inventory ofPoleis in Archaic Greece
(CPC Acts 3, Copenhagen 1996) a cura di M.H. Hansen. Obbligato punto
di partenza, questo studio è stato già discusso da F. W. Walbank (Walbank
2000) , con giuste osservazioni a proposito del valore delle notizie polibiane
e timaiche sulla struttura della lega achea intorno al 430 a.C. , negli anni
dell'intervento degli Achei in Occidente a conclusione delle guerre civili
che vi si erano prodotte dopo l'abbattimento delle eterie pitagoriche .
Fondamentali poi per ogni discorso sull'antica Achaia restano i lavori di
A. Rizakis su varie località e in particolare la raccolta delle testimonianze
apparsa ad Atene nel 19951 •
Uno spazio meritevole di ulteriore attenzione mi pare però quello ar
caico, a proposito del quale qualcosa di più pertinente mi pare possa
ancora essere detto, sopra tutto valorizzando testimonianze che mi paio
no finora trascurate, o, almeno a mio avviso, non adeguatamente utilizzate.
A questo fine procederò ad una analisi della tradizione focalizzata su
tre punti: il maturare dell'identità etnica achea in relazione all'affermarsi di
• Il presente lavoro è rielaborazione ampliata della relazione tenuta da chi scrive al
convegno di Paestum del 200 1 , indicato in questo volume come Gli Achei (Atti Conve
gno), relazione pubblicata negli Atti alle pp. 67-93 con il titolo 'Gli Achei da Omero all'età
arcaica ' .
1 A . D . Rizakis, Acbaie I. Sources textue//es et bistoire régiona/e, MEAIITEMATA 20,
Athènes 1995.
lO Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
un etnonimo specifico per gli Achei del Peloponneso; il progressivo defi
nirsi di uno spazio territoriale loro proprio, l'Achaia; l'arcaico delinearsi
della comunità e della società achea nel suo consolidarsi ed espandersi.
2. La dodecapoli di VI secolo e l'eponimo Achaios
Nella più antica tradizione greca, rappresentata per noi dai poemi
omerici, gli Achaiòi sono presenti, ma non sono gli abitanti della Achaia,
in quel contesto ancora assente. Essi sono gli abitanti di tutta la Grecia
coinvolta nella guerra di Troia, ai quali si fa ancora riferimento con la
definizione di Danaoi ed Argeioi. Se ne era accorto anche Tucidide (I 3),
notando che gli Hellenes non valevano allora come definizione comune
a tutti i Greci2.
Bisognerà attendere Esiodo e l'opera della sua scuola perché la situa
zione cambi. In un famoso passo del Catalogo delle donne, fr. 9 M.-W.,
viene tracciata una genealogia delle stirpi greche a partire da Helleno.
Suoi figli sono Doro, Xouthos, ed Aiolos. Doro ed Aiolos rappresentano
i Dori e gli Eoli, di cui sono immediatamente gli eponimi. Xouthos, inve
ce, fr. lO a, 22-24 M.-W., è il padre di Achaios, Jone e Diomeda, figli che
ha avuto da Kreiousa, figlia dell'ateniese Eretteo, eponimi di Achei e Joni
i primi due, moglie del focidese ed Eolida Deion, l'ultima3.
In questo contesto Achaios è certo eponimo, ma nella misura in cui
discende da Helleno, ha come fratelli del padre i Dori e gli Eoli, ed è, a
sua volta fratello maggiore di Jone, non rappresenta più l'insieme dei
Greci, ma solo una loro frazione: è un ethnos ristretto. A che cosa esatta
mente corrisponda lo dice il tipo di tradizione in cui appare. La tradizione
è attica: Kreiousa è figlia di Eretteo e Diomeda è madre dell'eroe attico
Kephalos: dunque Achaios riveste quel ruolo che la tradizione attica nor
malmente assegna a Xouthos e a lui. Xouthos è destinato per tale tradizio
ne all'Acaia del Peloponneso\ e sorte analoga subisce Achaios, che divie
ne l'eponimo degli Achei locali5. Qui opera anche il fratello Jone, che
sposa Helike, la figlia del re Selinounte, trasforma in]oni i Pelasgi Aigialeis6
2 Per tutto ciò rimando a quanto detto in Mele 1978, 26 ss.
-' Diomeda moglie di Deione e madre dell'eroe attico Kephalos: Nostoi fr. 5 Bernabé;
Pherec. , FGrHist 3 F 34; Hellan. , FGrHist 4 F 169 a; Cali. H. 3,209; Apd. I 9,4; Hyg. Fab.
48; Paus. I 37,6; Ant. Lib. 4 1 .
4 Hdt. VI 94; Eur. fon 6 3 s . ; Stra bo VIII 7 , l , 383; Apd. I 7 , 3 ; Conon, FGrHist 2 6 F l ,27.
5 Eur. fon 1 591-1 594; Strabo l. c. ; Apd. l. c. ; Conon /. c. ; Paus. VI 1 ,3.
6 Hdt. VIII 44,2; VII 94; Arist. AP 3,2; Philoch. , FGrHist 328 F 13; Strabo VIII 7, 1 , 383;
Conon, FGrHist 26 F 1 ,27; Apd. I 7,3; Paus. VII 1,3.
Gli Achei dall 'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 11
e rende possibile l'avvento di quella locale dodecapoli jonica, da cui poi
gli Achei di Tisameno li scaccerannd.
Che questo ultimo appunto fosse il contesto riflesso nel Catalogo due
frammenti relativi ad Olenos confermano. Olenos era comparsa nella
tradizione esiodea come 'QM:viTJ 1tÉ'tpTJ posta presso il fiume Peiros (Hes.
fr. 13 M.-W.) nell'Elide degli Epei: Il. II 617; XI 757. Ancora Bacchilide Cfr.
44 PMG), ricorda l'eroe locale Dexamenos come re di Olenos nell'Elide.
Ma non così fa il Catalogo esiodeo. Nel fr. 12 Olenos, patria di Periboia,
compagna di Oineo, è città achea, e nel fr. 184, la stessa Olenos era città
della locale jonia poi divenuta achea. Olenos è, dunque, nella tradizione
esiodea città e non più semplice picco di roccia e parte integrante della
dodeca poli, nell'ambito della quale l'Achaia passa dalle mani degli Joni a
quelle degli Achei (Hdt. I 145).
Alla necessaria domanda circa l'epoca cui tali tradizioni risalgono ha
già in maniera convincente risposto il West: l'età di Pisistratd. Le confer
me non mancano. Xouthos viene considerato fondatore della Tetrapoli
di Maratona9. Kreiousa, sua moglie, è madre di Kephalos, eroe di Torico10•
jone, che dà origine al genos deglijonidaP\ è padre di Gargettos12, ed ha
la sua tomba a Potamoi13. Siamo nella Hyperakria (Maratona, Torico,
Potamoi) o nell'Epakria (Gargetto), area nella quale ricadevano Marato
na, sbocco privilegiato delle spedizioni dei PisistratidP\ e ancora Brauron
col demo di Philaidai, cui Pisistrato apparteneva15; ed area nella quale si
trovavano i suoi partigiani, Hyperakrioi, appunto, secondo Erodoto, ma
Diakrioi, secondo Aristotele e Plutarco.
Sempre nella tradizione attica Xouthos era altresì connesso all'Eubea:
padre di Aiklos e Kothos, fondatori di Eretria e Calcide16 e sposo di
Kreiousa in quanto conquistatore della stessa Eubea17• jone, a sua volta,
era fratello di Aiklos e Kothos18 e padre di Hellops, cioè dell'Eubea
Hellopfa19. Ancora una volta andranno ricordate le relazioni strette dei
7 Hdt. I 145; VIII 73, 1 ; Paus. VII 1 ,7-8; 6, 1 .
8 West 1985 , 57-59, 143, 164.
9 Conon, FGrHist 26 F 1,27; Strabo VIII 7, 1 , 383. Cfr. /G I 1 90.
10 Hyg . Fab. 160; Apd. I 9,4 .
11
Scbol. in Plat. Apol . 23.
12 Paus. VI 22,7.
1 3 Paus. I 31 ,3.
14
Hdt. I 62, 1 ; VI 102.
Is
Plato Hipparcb. 228b; Plut. Sol. 10,3.
16 Plut. Mor. 296d-e.
1 7 Eur. ]on 59-64; 294-298.
18
Strabo X 1 ,3, 445.
1 9 Strabo l. c.
12 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Pisistratidi con Eretria e la Pallene20 e con la stessa Calcide, subito inter
venuta contro Atene, dopo la caduta dei tirannF1 .
A corroborare l'ipotesi di un'origine pisistratica di questa sezione del
le Eoie vale ancora il documentato interesse dei Pisistratidi per Omero ed
Esiodo e le notizie di manipolazioni filoateniesi delle loro opere, in par
ticolare delle Eoi(P.
Ma vi è un'altra considerazione . La costituzione della dodecapoli achea
prevedeva che una località come Dyme, la quale, come la vicina e già
citata Olenos, era stata in origine pertinente all'Elide e agli Epei (Hymn.
Ap. 425-7), passasse a far parte dello spazio acheo: il passaggio è docu
mentato per la prima volta proprio nel VI secolo da Ecateo, per il quale
Dyme era Epea ed Achea (F 25). Coerenti sono i dati subito successivi
relativi alla vittoria di Pataikos, Acheo di Dyme, nel 496, all'artigiano
acheo che lavora al donario olimpico di Prassitele di Mantinea, 480-475
circa, al gruppo di Onatas offerto dagli Achei in comune, 460-450 circa,
all'iscrizione nel 460 circa per Oibotas definito Acheo di Paleia23.
Se ne deve concludere che la dodecapoli achea era nel VI secolo
ormai costituita, e che, in una col suo riflesso, la tradizione di una migra
zione achea in una Achaia dodecapolica precedentemente jonica24 fosse
il punto di riferimento per l'Achaios atticizzato, fratello maggiore di Jone,
eponimo quindi di un ethnos peloponnesiaco destinato a prevalere sugli
Joni.
3. L 'anteriorità della tradizione su Xouthos e jone
La tradizione attica su Xouthos e Jone nel Peloponneso non è però la
più antica. Erodoto, VII 94, dichiara che è ellenica e generalizzata la
tradizione che faceva pervenire Xouthos e Jone nel Peloponneso. Vi è
una tradizione parallela ed autosufficiente, che fa a meno per costoro
della tappa attica. Xouthos va direttamente dalla Tessaglia in Achaia25 •
20 Hdt. I 61 ,2; 62, 1 ; Arist. AP XV 3. Cfr. anche le operazioni condotte dai Pisistratidi
nella Calcidica: Arist. AP XV 2-4.
21 Hdt. V 74, 1-2; 77, 1 -3.
2 2 Plut. Tbes. 20, 1 -2, ricorda proprio un intervento sul testo delle Eoie.
23 Morgan 2002, 97.
24 Conclusione analoga può essere raggiunta se si sottolinea (con Helly 1997, 207-262 ,
ma specialmente 2 1 5-220), il carattere artificioso della costruzione di uno spazio per
dodici parti, e quindi tanto il rapporto, ben colto dalla tradizione, con l'organizzazione
jonica dello spazio politico quanto con l'influenza che tale modello di organizzazione
geometrica dello spazio civico ha proprio nel VI secolo esercitato nell'opera di Clistene.
25 Apd. I 7,50; Paus. VII 1 ,3.
Gli Achei da/l 'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 13
Sposa Kreiousa figlia di Kreonte, re di Corinto, e non dell'ateniese Eretteo26.
Diviene padre di Telodike , moglie di Phoroneo argivo27. Il suo primoge
nito è Achaios, cosa che è comune a tutta la tradizione, con l'eccezione
dello jone di Euripide e dello scolio AD a Iliade, I 228•
Parallelamente il racconto su jone anche nella versione ateniese rico
nosce che egli non nacque ad Atene29; sposò Helike, figlia di Selinounte30;
non fu re di Atene, ma solo stratego31 , acquisito dall'Achaia32; in Achaia
regnò la sua stirpe33 fino alla venuta di Tisameno . Ne derivava che gli
abitanti dell'Aigialòs, la terra d'Achaia nella sua versione più antica, e
non gli Ateniesi, avevano il primato nell'assunzione del nome di Joni;
che l'Attica era stata salvata, nella guerra contro Eleusi, da un condottiero
straniero; che le quattro tribù jonico-attiche prendevano il loro nome dai
quattro figli di Jone e di Helike34• Esisteva , dunque, una tradizione non
attica , di cui l'Attica stessa doveva tener conto.
Non lo faceva passivamente . Xouthos aveva sposato una principessa
attica, secondo il Catalogo. ]one era diventato re di Atene, secondo Euripi
de35 . Nell'Aigialòs era passata da Atene una colonia di Joni, che portaro
no in quella terra il nome di Jonia e di Joni, e la divisione per dodici36•
Se, dunque, Atene, era costretta a cedere il primato di Achaios su
]one, degli joni di Achaia sugli joni dell'Attica, e perfino un ateniese e
storico dell'Attica come Clidemo doveva riconoscere la forza delle tradi
zioni alternative sul matrimonio di Xouthos , queste tradizioni saranno
state più antiche: più antiche in particolare di quel VI secolo pisistrateo,
epoca cui risalgono i primi tentativi di addomesticamento della tradizio
ne. Il nucleo originario della tradizione su Xouthos e Jone nel Peloponneso
risale perciò almeno alla fine del VII secolo e con esso anche il raccordo
con Achaios e le origini tessaliche della stirpe . Va notato allora, a confer
ma della collocazione delle origini della dodecapoli nel VI secolo, che la
tradizione su di essa né nella versione atticizzante né in quella alternativa
viene mai direttamente connessa a Xouthos o a jone . A jone sono invece
26 Kleidemos, FGrHist 323 F 19.
27 Scbol. in Plat. Tim. 22a.
28 Càssola 1993, 32.
� Apd. I 7,50. Cfr. Hdt. VII 94 .
30 Paus. VII 1 ,3-4; Steph. Byz. s.vv. 'EJ.iKTJ, Bo\ìpa; Eustath. In Horn . Il. 292, 26-27.
31 Hdt. VIII 44, 2 .
32 Arist. AP 3, 2; 4 1 , 2; Philoch. , FGrHist 3 2 8 F 1 3 ; Paus. VII 1 , 5 e 9; Ael . Aristid. XXII
K = XIXc, 1 2; Scbol. in Aristopb. Aves 1 527; G. Sync. 1 62a.
33 Paus. VII 1 , 5 .
34 Hdt. V 66, 2 .
3 > Eurip. ]on 1 57 1 - 1 574.
36 Strabo VIII 7 , 1 , 383 .
14 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
connessi l'Aigialòs e i Pelasgi Aigialeis37: una realtà, rispetto alla dodecapoli,
più antica e ristretta di cui si dirà più oltre .
4. Antichità della tradizione su Tisameno
Tisameno guidò gli Achei della Laconia nelle loro sedi storiche38, morì in
battaglia contro gli Joni e venne sepolto dai suoi ad Helike, assediando la
quale era deceduto39. I suoi discendenti regnarono in Achaia fmo ad Ogygo,
cioè fmo a quando vi furono re in Achaia40. Questa la versione canonica.
Come si è già osservato, se bisogna prestar fede a Pausania, con l'af
fermarsi nel VI secolo a Sparta di una politica filoachea le sue ossa furo
no allora trasferite nella città dove ancora il Periegeta le trovava41 . In quel
momento, dunque, accanto ad Oreste, Tisameno rappresentava il simbo
lo degli Achei vittime dei Dori, con cui Sparta intendeva rappacificarsi. È
versione ormai consolidata, quindi, nel VI secolo, che Tisameno fosse
morto in Achaia e sepolto a Helike.
Secondo la tradizione egli era figlio legittimo di Oreste e di Hermione,
figlia di Menelao, cui, secondo lo spartano Cinetone42, si affiancava un
fratello illegittimo, Penthilos, nato dall'unione dello stesso Oreste con Heri
gone, figlia di Egisto. La coppia è simmetricamente connessa all'operato di
Oreste: Tisameno rappresentando la tisis, la vendetta paterna43, Penthilos
invece il penthos, il dolore che ne è derivato. Il modello è ben noto ed
arcaico: è quello realizzato in Telemaco, che esalta nel nome la valentia del
padre Odisseo coll'arco, o in Eurysakes, che, secondo un analogo modello,
ricorda nel nome il grande scudo che caratterizzava suo padre Aiace.
Tutto ciò trova conferma nella cronologia di Cinetone, autore di Genea
logie, Tbeogonia, Oidipodeia, Piccola Iliade e quindi da ascrivere al VII
secolo, l'epoca dei poeti del Ciclo e dei più antichi geneaologhi. Questo
trova conferma anche in Alceo che attesta alla fine del VII la discendenza
atride dei Penthilidai di Lesbo44.
r Hdt. VII 94; Straho VIII 1 , 2, 333; 6 , 1 0, 372; 7 , 1 , 383; Paus. VII 1 , 3-4; Steph. Byz. s.v.
'EA.iKT].
38 Hdt. VIII 73; Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 ; Ephor. , FGrHist 70 FF 1 1 7- 1 18; Polyb. II
41 ,4-5; Stra bo VIII 5,4, 365; 7, l, 383-384; Paus. VII 1 ,7-8: 6,2. Cfr. Paus. II 18,8.
3 9 Paus. VII 1 ,7-8.
40 Polyb. II 4 1 , 5 ; Straho VIII 7 , 1 , 384; Paus. VII 6, 1-2.
4 1 ].B . Salmon, 'Sparta, Argo e il Peloponneso' , in I Greci 1996, 847-867, 855-857; cfr.
D.M. Leahy, 'The Bones of Tisamenos' , Historia 4, 1955, 26-38.
"2 Cinaeth. fr. 4 Bernahé = Paus. II 18,6.
43 Eustath. In Horn . Od. 1479 , 1 0 .
4 4 Aie. fr. 7 0 L.-P.= Liherman; POxy. 1 234 fr. 2 : cfr. Sapph. fr. 17 L.-P. 7 0 Voigt.
=
Gli Achei dall'A igialeia america alla dodecapoli arcaica 15
La coppia non è nata a caso, ma perché destinata ad una sua storia. A
seguito della discesa degli Heraclidi4S, Penthilos deve guidare la migra
zione eolico-beota in Asia Minore46, Tisameno la migrazione eolico-achea
nel Peloponneso settentrionale. Il parallelismo tra le due imprese è sotto
lineato ancora da due tradizioni concomitanti: Kometes, figlio di Tisameno,
è destinato a prender parte alla colonizzazione eolica47, Damasias, figlio
di Penthilos, è invece, con il figlio Agorios48 destinato a condividere con
i cugini, figli di Tisameno, il governo dell'Achaia49. A monte della doppia
genealogia dei due Atridi vi è dunque questa duplice tradizione, che ,
quindi, è già formata nel VII secolo.
A Tisameno tocca: il regno a Sparta50; affrontare prima Hyllos51 , poi
Temeno ed Oxylos52; spostarsi in Achaia per morirvi ad opera o dei Dori,
a Rhion53, o degli Joni, ad Helike, dove poi viene seppellito5\ lasciare ai
suoi discendenti il potere in Achaia.
La tradizione riportata sommariamente da Polibio e Strabone55, torna
in maniera dettagliata in Pausania, VII 6,2: il potere venne consegnato ai
quattro figli di Tisameno, a un loro cugino, il Penthilide Damasias, ai
quali si aggiunse il lacedemone Preugenes con suo figlio Patreus, ai quali
venne concesso dagli Achei di fondare una città nel loro territorio, città
che da Patreus ebbe il nome di Patrai.
Una prima osservazione si può allora subito fare : i re sono in tutto sei
e quindi sganciati dalla realtà di una Achaia dodecapolica. Una seconda
osservazione viene da aggiungere subito dopo: questi re non sono collo
cati sullo stesso piano. Polibio attribuisce il dominio sugli Achei unica
mente al genos disceso da Tisameno56. Preugenes e suo figlio non di
scendono da Oreste e ricevono la loro sede per concessione degli Achei,
che dunque li hanno preceduti. Patreus è un eponimo, cosa che gli altri
re non sono. Patrai rispetto all'Achaia classica si trova in una posizione
che ricorda in qualche modo quella delle già ricordate Dyme ed Olenos.
45 Strabo XIII 1 ,3, 582 .
46 Strabo IX 2,3, 40 1 -402; 2 , 5 , 403.
47 Demon, FGrHist 327 F 17 Schol. in Eur. Rhes. 251 Schwartz; Paus. VII 6,2; Phot . ,
=
Sud. s.v. ecrx,atoç Mucrcòv.
4" Paus. V 4,3.
49 Paus. VII 6,2.
50 Paus. II 18,5-8; VII 1 ,7.
5 1 Apd. II 8,2.
52 Apd. II 8, 2-3; Paus. II 38, l.
53 Apd. II 8,2; Paus. VII 5,6.
5 4 Paus. VII 1 ,8.
" Polyb. II 4 1 ,4-5; Strabo VIII 7 , 1 , 384.
S6
Polyb. II 4 1 ,4-5.
16 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Economicamente connessa all'Elide57 e collocata come Olenos e Dyme
nell'Achaia occidentale, entra in relazione all'Achaia orientale, l'Aigialòs,
solo in prosieguo di tempo. Dyme ed Olenos lo fanno dopo aver perdu
to il loro statuto eleo ed epeo, nell'ambito del quale Dyme era Paleia58;
Olenos, invece, come si è detto, era stato il nome di un picco di roccia
collocato nell'Elide. Patrai era comparsa dopo il superamento della fase
jonica, nell'ambito della quale il toponimo neppure esisteva e tutto si
riduceva ai tre villaggi di Aroe, Antheia e Mesatis59. Per la prima volta
essa appare della dodecapoli erodotea. Eschilo, che alcuni decenni pri
ma di Erodoto ci dà una prima rappresentazione di insieme dell'Achaia,
mentre largheggia sul versante orientale citando Rhypes, Aigion, Helike,
Kerauneia, Boura ed Aigeira, su quello occidentale si limita alle solite
Dyme ed Olenos6o.
Se dunque i re citati sono sei, quelli più antichi e originari sono i cinque
discendenti da Oreste: la distanza dalla dodecapoli si rivela, dunque, in
questa tradizione ancor più forte di quel che appare a prima vista.
La conclusione perciò è analoga a quella prima raggiunta a proposito
di Xouthos e Jone: anche per ciò che attiene alla tradizione sui basileis, si
intravede un rapporto colla Achaia che prescinde dalla esistenza della
dodecapoli di VI secolo e quindi, come il complesso della tradizione su
Tisameno conferma, almeno risalente al VII secolo. Se poi si volesse
vedere dietro questa tradizione sulla basi/eia in Achaia un ricordo genui
no della fase basilica della regione si dovrebbe risalire ancora più indie
tro, tenendo presente che le colonie occidentali fondate negli ultimi de
cenni dell'VIII secolo non conservano alcuna traccia di istituzioni basiliche.
5. Preistoria e nascita del/ 'A cbaia occidentale
L'Achaia, come toponimo, è una creazione recente. Nei poemi omerici,
come esiste una nozione allargata degli Achaioi, così esiste un diverso
toponimo, Achaiis61 , gaitP od aid'3. La più antica testimonianza sull'Achaia,
5'Paus. VII 2 1 ,4.
58Paus. VII 17,6; cfr. VII 1 3 ; Strabo VIII 7,5, 386.
59 Paus. VII 18,2-5; 1 9, 1 . Cfr. Paus. III 2 , 1 ; VII 20,5; 8; 9.
60 Aeschyl . fr. 745 Mette = 284 TGrF Radt . V d. ancora su di esso S . Radt ,
'Tragikerfragmente in Strabons Beschreibung Griechenland' , in Strabone e la Grecia, a
cura di A.M. Biraschi, Incontri perugini di storia della storiografia antica e sul mondo
antico, Napoli 1 994, 79-80.
61 Il. III 75, 258; XI 769; Od. XI 466, 48 1 .
62 Il. I 254; VII 1 24; Od. XXI 107.
63 Od. XIII 249.
Gli Achei dall 'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 17
come terra degli Achei del Peloponneso, nella sua estensione canonica è
quella di Erodoto, cui poi sia Strabone che Pausania si rifanno64. Essa
comprende dodici località, distribuite tra un settore orientale con Pellene,
Aigeira, Aigai, Boura , Helike , Aigion, Rhypes, e uno occidentale con
Patrai, Phareis, Olenos, Dyme e Tritaia .
Se il nostro sguardo si volge al passato di questi centri il quadro è ben
diverso, in particolare per il settore occidentale. Tra i centri in oggetto
hanno sicuramente una storia precedente Olenos, Dyme e Phareis, men
tre per tutti gli altri manca ogni notizia sulla loro pertinenza originaria.
Dyme viene, infatti, ricordata nella descrizione del viaggio dei Cretesi
verso Delfi, nell'Inno omerico ad Apollo (v. 425) e messa in rapporto con
l'Elide, come terra in cui dominano gli Epei (v. 426). Subito dopo di essa
(v. 427) viene ricordata una località, Pherài, che dovrebbe corrispondere,
data la somiglianza del nome e il contesto a Phareis. Pherài, d'altra parte,
appare ancora nella descrizione del viaggio di Telemaco verso casa e
sempre in rapporto con l'Elide e gli Epei C Od. XV 297-298).
Olenos viene, come roccia Olenia, citata come pertinente all'Elide e
agli Epei sia nel Catalogo delle navi che nella Nestori$>5 e la sua identifi
cazione con la futura Olenos è senza ombra di dubbio accertata da un
frammento esiodeo, 13 M.-W. , dove, come Olenos in Erodoto, I 145, la
roccia Olenia è connessa al grande fiume Peiros .
Il contesto è coerente e dovrebbe servire a superare dubbi che talora
si sono avanzati sulla effettiva identificazione di questa Dyme e, ancor
più di questa Pherài con le future città achee66. In verità i dubbi nascono
dall'unico fatto che in queste descrizioni poetiche di viaggi lungo le co
ste nord-occidentali del Peloponneso, tra l'altro modellate l'una sull'altra,
le località che precedono la menzione di questi centri, che dovrebbero
essere quelli poi appartenenti all'Achaia , si trovano dislocate tutte a sud
dell'Alfeo, il che implica un paraplo che salta dalla Messenia all'Achaia,
tacendo completamente sull'Elide. Ma l'argomento è debole, perché l'aedo
omerico non è un periegeta che deve descrivere esattamente una rotta
costiera e lavora, tra l'altro con materiali tradizionali e con quanto essi
concretamente gli offrono.
64 Hdt. I 145; Strabo VIII 7,4; Paus. VII 6, 1 . Li precede Eschilo, fr. 745 Mette (= TGrF
Radt), ma la sua descrizione pur se abbraccia all'incirca l'intero territorio occupato
dall'Achaia classica, da Aigeira a Dyme, non enumera ovviamente tutte le aree interessate.
6' Il. Il 617; Xl 757.
66 Rimando per questa discussione al commento del Càssola agli Inni omerici, Milano
1975, 5 1 2 (nota a Hymn. Ap. 427), seguito nel commento anche da G. Zanetto (Inni
omerici, a cura di G. Zanetto, Milano 1 996, 253-254, n. 87) . Sbrigativo il commento di A.
Hoekstra a Od. XV 297 ( Odissea. Libri XIII-XVI, vol. IV, introduzione, testo e commento
a cura di A. Hoekstra, traduzione di G.A. Privitera, Milano 1984, 258).
18 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
D'altra parte, della supposta esistenza di un'altra Dyme, detta Cauco
nide, citata in un frammento di Antimaco di Colofone (fr. 27 Wyss), da
collocare in Triphylia e quindi subito a nord dell'Alfeo, non si ha confer
ma alcuna, mentre si sa che Antimaco identificava i Cauconi con gli Epei
e attribuiva loro l'Elide tutta e non solo la Triphylia67•
Quanto a Pherài e alla sua sostituzione con Pheiài, località della Triphy
lia, la lezione manoscritta sia del passo oddissaico come di quello dell'in
no, è concorde nel dare Pherài: i due passi sono paralleli e coerenti,
inoltre, nel farne località dell'Elide e degli Epei e nel porla (Hymn. Ap.
427) a nord di Dyme .
Sulla roccia Olenia e il suo rapporto con Olenos achea, come si è
visto, non vi sono dubbi, così come non ve ne sono sul fatto che essa
fosse attribuita all'Elide e agli Epei.
La conclusione è, dunque, che queste località hanno avuto in origine
una vita autonoma rispetto alle altre località dell'Achaia orientale, con
cui, dunque, solo in seguito vennero ad unirsi. E questa conclusione
viene ribadita nelle tradizioni mitiche ed arcaiche. Ecateo, F 25, sapeva
del passato epeo di Dyme. Olenos, in rapporto a Pelope, viene ricordata
come in Elide68; in rapporto a Dexamenos viene da Bacchilide connessa
ad Elide ed Epei69; Olenios si chiamava un capo eleo secondo Pausania70.
A questo punto il quadro sembra chiaro. L'Achaia classica è il risultato
di un processo di aggregazione, che per quanto riguarda il settore occi
dentale si è concluso nel VI secolo, come la sezione attica del Catalogo
esiodeo ed Ecateo confermano.
Ne abbiamo due controprove. Un terminus post quem è rappresenta
to dalle date di fondazione delle colonie achee d'Occidente, date che si
snodano tra gli ultimi decenni dell'VIII (Sibari, Crotone, Caulonia) e gli
ultimi decenni del VII (Metaponto, Poseidonia), senza coinvolgere nelle
loro tradizioni di fondazione nessuna delle località del settore occidenta
le. Entrano in gioco unicamente : Helike per l'ecista di Sibari e il culto di
Poseidon della stessa Helike per Poseidonia; Rhypes per l'ecista di Crotone;
Aigion per quello di Caulonia; Boura per il nome del fiume Sybaris7\
Aigai per quello del Krathis72; Artemis di Lousoi, nel retroterra di Boura
ed Aigai, per Metapontd3. Un terminus ante quem è rappresentato da un
frammento di Eschilo, 745 Mette . Eschilo, come è noto, è morto nel 456.
67 Strabo VIII 3,7, 345 .
611 Scbol. i n Pind. 01. I 37a Drachmann.
69 Bacchyl. fr. 44 PMG.
70 Paus. VI 20, 1 5 .
71 Strabo VI I I 7 , 5 , 386.
72 Hdt. I 145.
7 3 Bacchyl. Ep. XI 113 ss.
Gli Achei dall 'Aigia/eia america alla dodecapoli arcaica 19
D'altra parte nel frammento un ruolo di rilievo viene dato a Keryneia e
questa località venne alla ribalta solo dopo il 468/7, quando si rafforzò
accogliendo i superstiti di Micene74 . Questo frammento esibisce una de
scrizione unitaria dell'Achaia, che va da Dyme ad Aigeira passando per
Olenos, Rhypes, Aigion, Helike, Boura . Il settore occidentale è dunque
compreso75.
6. Il definirsi dell'Achaia orientale
Cinque delle località che andranno a far parte dell'Achaia sono già
note ad Omero, quattro in particolare compaiono nel Catalogo delle navi,
nel regno di Agamennone. Tale regno comprende una serie di località
argive, Micene, Corinto, Cleonai, Orneai, Araithyreai, Gonoessa, ed una
seconda area che possiamo col senno del poi definire achea, con Hypere
sie, Pellene, Aigion, l'ampia Helike, e l'Aigialòs tutto76• Il quadro si com
pleta con una quinta località Aigai, citata in un passo dalla così detta
KoÀ.oç J.HIXTJ, in cui Hera, protettrice degli Achei, in quel momento per
volere di Zeus in difficoltà, chiede a Poseidon di intervenire a favore dei
Danaoi, che da Helike e da Aigai gli portano molti e graditi doni77•
Per completezza va aggiunto che Hyperesie veniva senza particolari
problemi identificata con Aigeira, persino stabilendo che la metonomasia
si era verificata nel periodo dell'occupazione jonica dell'Achaia, in segui
to a uno scontro vittorioso contro Sicione78; Araithyreai veniva identifica
ta con Fliunte79 e Gonoessa era invece una località della Sicionia80•
Ben cinque, quindi, delle località comprese nella futura Achaia orien
tale sono presenti e con esse anche l'importante culto di Poseidon ad
Helike. Ma c'è anche dell'altro. Nel passare a citare Aigion ed Helike il
poeta del Catalogo tiene a sottolineare che intorno a queste località, ed
in particolare intorno, ÒJ.upi, alla già di per sé ampia Helike si dava un
abitato diffuso, ÒJ..L<j>EVÉJ..Lovto, v. 574, e questo si realizzava anche lungo
tutto l'Aigialòs, At:ytaMv t' àvà m:lvta, v. 575.
Aigialòs indicava, dunque, tutto il tratto costiero81 • Secondo Strabone
e Pausania , che ragionano unicamente avendo dinanzi agli occhi l'Achaia
74 Paus. VI 25, 5-6.
75 Per questo vd. supra n. 59.
76 //. II 569-576.
TI Il. VIII 201 -207.
78 Paus. VII 26,2-3. Cfr. Paus. IV 1 5 , 1 ; Steph. Byz. s.v. Aiyetpa.
79 A.R. I 1 1 5-1 17; Strabo VIII 6,25, 382; Paus. II 1 2 ,4-6.
"" Paus. II 4,4; V 18,7.
81 Paus. VII l, l.
20 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
classica, si trattava della costa tutta dell'Achaia , fino a Dyme e all'Elide82•
Ma non poteva essere così in Omero che non conosce l'Achaia , fa arriva
re il regno di Agamennone fino ad Aigion, colloca, come sappiamo,
Olenos, Pherai e Dyme nell'Elide epea. L'ambito effettivamente coperto
da questo toponimo è evidentemente più ristretto ed è facile verificarlo.
Come già osservava Stefano Bizantino (s. v. A'iyEtpa), tanto Aigion,
quanto Aigeira, l'eroe Aigialeus ed il toponimo Aigialòs posseggono lo
stesso radicale ed esprimono quindi realtà affini. Possiamo aggiungere
che, se questo è vero, vale però anche per Aigai. Pausania e Stefano
Bizantino ricordano ancora che era re di Aigialeis Selinounte, padre di
Helike, poi divenuta sposa di Jone ed eponima della città83.
Ma c'è di più . Sicione si era chiamata Aigiale84, Aigialòi85 o Aigialeia86
ed Aigialeis comparve come tribù a Sicione , quando vennero abbando
nate le denominazioni imposte da Clistene87. Tutto ciò in omaggio al
fatto che rifondatore di Sicione era stato Aigialeus88, figlio di Adrasto, re
di Sicione89• E infatti Pausania diceva che l'Aigialòs cominciava da Sicione90•
Ma c'era anche Argo a pretendere di appartenervi. La tradizione ha
una duplice forma . L'Aigialeia era Argiva91 , così denominata da Aigialeus
figlio di Inaco e fratello di Phoroneo92 oppure figlio dello stesso93. Aigialeia
o Aigiale era però anche la figlia di Adrasto94 o di Aigialeus95, sposa
fedifraga di Diomede96, re di Argo.
L'Aigialòs, dunque era una realtà unitaria che da Argo giungeva fino
ad Aigion. Le località poi achee che vi erano incluse non possedevano al
suo interno nessuna autonomia. Autonomia che avevano conquistato
quando l'Achaia nacque. Abbiamo già visto che per quanto attiene all'A
chaia dodecapolica questa, includendo l'Achaia occidentale, non nacque
prima del VI secolo. Resta il problema del settore orientale. Il tramonto
82 Strabo VIII 6,25, 382; 7 , 1 , 383; Paus. V 1 , 1 ; VII 1 , 1 .
83 Paus. VII 1 , 3-4; Steph. Byz. s.v. 'EÀh:11.
84 Paus. II 6,5.
8 5 Strabo VIII 6,25, 382.
86 Paus. II 5,6-8; VII l, l.
8 7 Hdt. V 68.
88 Hdt. V 68; Strabo VIII 6,25, 382; Paus. II 5 ,6-8.
89 Pind. P. VIII 52-55; Eur. Suppl. 1 2 16; Apd. I 9 , 1 3 ; III 7,2-3; Hyg. Fab. 7 1 ; Paus. IX
5 , 1 3 ; Eustath. In Horn. Il. II 566; lV 407.
90 Paus. VII 1 , 1 .
91 Apd. II l , l ; Tz. In Lyc. Al . 1 77 ; Steph. Byz. s. v. "Apyoç.
92 Apd. II 1 , 1 ; Scbo/. in Eur. Or. 932; Steph. Byz. s.v. AiytaÀilç (lstro).
93 Scbo/. in Eur. Or. 1 248.
94 Il. V 4 1 2 ; Apd. I 8,6; 9 , 1 3 ; Ep. VI 9; Stat. Si/v. III 548.
95 Apd. I 8,6.
96 Il. V 412 e note precedenti.
Gli Achei dall'Aigialeia omerica alla dodecapoli arcaica 21
del mondo miceneo, il declino di Micene, l'ascesa nella rinnovata Argolide
dorica delle varie, autonome e concorrenti realtà poleiche, a partire da
Argo, per passare a Fliunte, Corinto e Sicione sono le condizioni prime
della conquista dell'autonomia per le città della futura Achaia . La frattura
è evidenziata dalla conquista dorica di Argo, con Temeno97, di Corinto,
con Alete98, di Sicione, con Falce, figlio di Temeno99 e di Fliunte, con
Rhegnidas, figlio dello stesso Falce100. Quanto all'Achaia sono di nuovo gli
Heraclidi, che scacciando gli Achei dalla Laconia, come sappiamo, provo
cano l'allontanamento dei Pelasgi Aigialeis, appunto, dalle loro sedi e de
terminano l'insediamento degli Achei nel vecchio Aigialòs. La rottura, in
somma, viene presentata come frattura tra una Argolide dorizzata e una
Achaia (eolica di Tisameno) senza Aigialeis (jonici con capitale Helike)101 .
Il processo ha raggiunto il suo culmine nell'VIII secolo. Argo ha com
piuto la sua possente ascesa102. È egemone nel Peloponneso secondo un
famoso oracolo delfico103; prova a controllare Corinto104; prende parte
alla prima messenica, appoggiando i Messeni insieme ad Argo, gli Arcadi
e i Sicionii10\ contende a Sparta la Tyreatide106; conquista Asine rea di
filolaconismo107• Nel VII il suo protagonismo continua con la vittoria su
gli Spartani ad Hysiae108 e la rinnovata partecipazione alla guerra messeni
ca109. Araithyrea, divenuta ormai Fliunte, invia intorno alla metà del VII
una colonia a Samo110. Corinto è sotto il dominio dei Bacchiadi1 1 1 , inter
viene nella prima messenica 112, fonda colonie a Corcira 113 e a Siracusa 11\
9 7 Diod. VII 1 3 ; Paus. II 38, 2 .
98 Paus. II 4,4.
99 Paus. II 6,7.
100 Paus. II 1 3 , 1-2. Su queste conquiste e il modello che le informa vd. in particolare
Musti 1 985 , specialmente 45-46.
101 Vd. § 4.
102 Helly 1 997, 57 ss. ; ].N. Coldstream, Geometrie Greece, London 1977, 145 ss. ; R.A.
To mlinson, A rgos and tbe A rgo/id, from tbe End of tbe Bronze Age to tbe Roman
Occupation, London 1972, 70 ss.
10-' Sud. s.v. Y�iç, cÌ> Meyapeiç. Vi torneremo a proposito di Aigion.
104 Plut. Mor. 772d-e. Cfr. Nic. Dam. , FGrHist 90 F 35.
105 Paus. IV 1 1 , 1 ; 1 2,3.
1 06 Plut. Apopb. Lac. 23 1 e; Paus. III 7 , 5 ; Solin. VII 9.
107 Strabo VIII 6, 1 1 , 373; Paus. II 36,4-5 ; III 7,4; 14,3.
1 08 Paus. II 24,7. Cfr. Musti, Torelli 1 986, 293 s., commento al passo.
1 09 Apd . , FGrHist 244 F 334 = Strabo VIII 4 , 1 0 , 362.
110 D . L. VIII l; Paus. II 13,2.
1 1 1 La cronologia apollodorea dei Bacchiadi (244 FF 61, 333) viene sostenuta dalla
cronologia alta dei Cipselidi, su cui vd. infra, n. 1 1 7.
11 2 Paus. IV 8,3, 1 2 .
"-' Tim . , FGrHist 566 F 80; Strabo V I 2 , 4 , 269.
11 4 Thuc. VI 3 , 5 .
22 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
allontanando dalla città elementi scomodi, come il Bacchiade Chersicrate,
che aveva perso i diritti politicin; e l'altro Bacchiade, Archias, reo di
omicidio116. Segue la tirannide dei Cipselidi e la ripresa della colonizza
zione1 17. Sicione interviene assieme ad Argo nella prima messenica 1 18;
dopo un conflitto con Pellene, subisce col beneplacito di Delfi, la tiran
nide prima di Ortagora1 19, poi di Clistene120, contrastato da Delfi nello
scontro con Argo121 , ma poi leader degli Anfizioni nella prima guerra
sacra122.
La risposta delle città dell'area achea è simmetrica. Da Rhypes parte
intorno al 730/20 l'ecista di Crotone123• Sempre nell'VIII secolo, mentre
Argo è città egemone , Aigion afferma la sua presenza nelle acque del
golfo di Corinto, combattendo vittoriosamente per mare contro gli Etoli,
e pretende anche essa da Delfi, che gliela nega, il riconoscimento di una
posizione egemonica nel Peloponneso124. Di Aigion era l'ecista di Caulo
nia125. Nella seconda metà del VII Aigeira, che ancora nel 685 era Hypere
sia126, prende il suo nuovo nome, dopo essere sfuggita ad un attacco da
parte di Sicione127• Sempre negli ultimi decenni dell'VIII da Helike pro
viene l'ecista di SibarP28• Nello stesso contesto sibarita da Boura partono
i coloni che portano in Italia il nome del fiume Sybaris, da Aigai invece
11' Scbol. i n A .R. I 1216.
116 Plut. Mor. 772d-e.
117 La cronologia alta per i Cipselidi trova un valido riscontro nella lista degli arconti
ateniesi nella quale all'anno 597/596 compare il filaide Milziade figlio di Cipselo (nr. 6, fr.
A Meiggs-Lewis), certamente un nipote del tiranno di Corinto, col quale i Filaidi erano
imparentati (Hdt. VI 1 27,4; 1 28,2. Cfr. Marcell . V. Tbuc. 3 Pherec. , FGrHist 3 F 2). Sulle
=
loro fondazioni: Nic. Dam . , FGrHist 90 F 57 (Leucade ed Ambracia); 59 (Potidea).
118 Paus. IV 1 1 , 1-2; 12,3.
119 Diod. VIII 24; Plut. Mor. 553a-b.
1 20 Arist. Poi. 1 3 16b 29-3 1 ; Nic. Dam . , FGrHist 90 F 6 1 ; Plut. Mor. 553a-b.
1 21 Hdt. V 67,2.
m Paus. X 37,6-7; Scbol. i n Pi nd. Hypoth. 01.; Polyaen. III 5 ; Frontin. Strat. III 7,6.
1n Hippys, FGrHist 554 F l .
124 Sud. s.v. YJ,Uòìç, <Ò Me:yapEìç, ricorda accanto alla versione anti-megarese dell'ora
colo, certamente più tarda, la versione più antica relativa ad Aigion, che egli attribuisce a
un certo Jone, autore ignoto di un Encomio per Skythiadas (Zenobio 48), e a Mnaseas di
Patara (FHG III, 1 57, fr. 50), autore nel III secolo di una raccolta di oracoli. Questo
oracolo è arcaico, dal momento che: considera Sparta notevole in quanto città delle belle
donne; indica Calcide come città della fonte Aretusa, senza porsi il problema della possi
bile confusione con Siracusa, sede di una fonte omonima; consegna il primato militare
nel Peloponneso ad Argo.
125 Paus. VI 3 , 1 2 .
1 26 Paus. IV 1 5 , 1 .
1 27 Paus. VII 26,2-3.
128 Strabo VI 1 , 13, 263 .
Gli Achei dall'Aigia/eia america alla dodecapoli arcaica 23
quelli che vi portano il nome del Krathis129. In parallelo con Aigeira,
Pellene combatte contro Ortagora e contro Clistene130. Tutte le fondazio
ni coloniali di VIII secolo vengono qualificate come achee131 ed agli Achei
Sibari chiede i coloni per fondare intorno al 630 Metaponto132•
Se ne può concludere che il processo di autonoma crescita delle città
prima parte dell'Aigialòs si è realizzato durante i secoli bui e si è piena
mente compiuto nell'VIII secolo. I singoli centri compaiono, ma la coloniz
zazione di VIII e VII secolo si presenta nella tradizione unicamente con
notata come comune degli Achei. Tenuto altresì presente che l'Achaia
più antica si presenta come basilica, mentre di basileis non c'è alcuna
traccia nelle colonie achee di VIII e di VII, se ne deve dedurre che le
premesse di questo primo nucleo acheo risalgono almeno al IX secolo133•
La formazione dell'area achea orientale ha dunque preceduto di più di
qualche secolo l'aggregazione, nel VI, dell'area achea occidentale ed è
stato manifestamente il motore dell'unificazione dodecapolica.
7. I caratteri della società achea altoarcaica
Tirando le somme da quanto finora detto il punto di partenza per la
formazione dell'Achaia è nella tradizione costituito dal ricordo della di
nastia achea e quindi etnica di Tisameno. Risiedeva ad Helike, donde
proveniva Agorios, il penthilide figlio del re acheo Damasias, chiamato
da Oxylos nell'Elide e donde vennero, poi, recuperate le ossa di Tisame
no134 . Limitata, come si è visto a cinque (o al massimo sei) archegeti, essa
veniva concepita come una collegiale basilike dynasteia135, sul tipo di
quella dei PenthilidaP36, cui era, come sappiamo, strettamente connessa
dalla tradizione . Significativa in questo senso sia la notizia di Pausania,
che attribuiva il kratos al gruppo dei discendenti di Oreste più il soprag
giunto Preugenes, sia la notizia dell'acheo Polibio, che la dinastia perdette
il potere per le colpe dei figli di Ogygo, che ne avevano raccolto l'eredità137•
1 29 Hdt. I 145; Strabo VIII 7 , 5 , 386.
13° Cfr. supra, n. 1 2 1 .
131 Hdt. VIII 47; Antioch. , FGrHist 555 FF 10, 1 2 ; Ps. Scyl. 328, 340.
132 Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 ; Strabo VI 1 , 1 5 , 265.
133 Cfr. Carlier 1984, 509, che però ne prolunga l'esistenza fmo alla metà del VII secolo,
vd. Tab/eau 498. Non condivido la cronologia proposta da Schilardi (1998, 291) sulla base
di una combinazione, a mio avviso, troppo semplicistica di dati mitici e archeologici.
134 Paus. V 4,3; VII 1 ,8.
135 Paus. VII 6,2. Cfr. Polyb. II 4 1 , 5 .
136 Arist. Poi. 1 3 1 1 b 25-30.
137 Polyb. II 4 1 , 5 .
24 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
I Penthilidai, come, si rileva dall'analisi di P. Carlier138, evolvono la
loro comune monarchia in un collegio presieduto da un prytanis, come
nella Corinto dei Bacchiadi, espresso dal loro seno, ed operano come
basileis nell'ambito di una boule-prytaneion, nella Mitilene di Pittaco139,
come più tardi facevano i basileis di Methymna ed Ereso. L'istituzione
trova un pendant a Crotone dove, alla fine del VI, dopo il ritorno di
Democede in patria e la vittoria su Sibari viene attestato come sommo
magistrato appunto il prytaniS40• Magistratura che sempre nello stesso
ambito tornava anche nella colonia crotoniate di Terina 141 .
Centro religioso comune secondo la tradizione che faceva di nuovo
capo agli Atridi, Agamennone padre di Oreste e nonno di Tisameno142
era oggetto di culto nell' al50sdi Zeus Homarios143, affiancato da un'Athena
Homaria ed Afrodite144 . Un centro, come osserva Pausania, che svolgeva
come la Demetra di Antela e l'Apollo di Delfi, funzioni anfizioniche .
Nella Lesbo dei Penthilidai non andava diversamente: il centro religioso
comune era offerto dagli altari di un grande santuario di ascendenza di
nuovo Atride e dedicato ancora ad una triade, qui però formata da Zeus,
Hera e Dioniso145• Zeus era insostituibile: da lui derivava il potere degli
AtridP46. Poseidon era, invece , la divinità tipica degli ]oni, padre di Neleo,
il capostipite dei NeleidP47, e titolare del culto del Panionion, connesso a
sua volta al Neleo ecista della Jonia148• Nella tradizione achea Poseidon
era padre di Selinounte, suocero di Jone, che ne aveva sposato la figlia
Helike, nipote, dunque, di Poseidon149• Così l'opposizione Aigialeis jonici
Achei eolici si traduceva, nelle tradizioni dodecapoliche di VI secolo, in
1311 Carlier 1984, 458 s. Basileis e prytaneion sono attestati a Methymna e ad Ereso.
1 39 Stob. IV 2,20 Hense ( = Theophrasto).
140 Athen. XII 522c. Cfr. la discussione in Giangiulio 1989, 10 ss.
141 Nr. 21 Arangio Ruiz-Olivieri.
w Liv. XXXVII I 30,2; Strabo VIII 7,3, 385 ; Paus. VII 24, 2 . Seguo il Walbank (Walbank
2000, 26 ss.), nell'intendere l'affermazione di Pausania (VII 7,2) nel senso che le riunioni
achee continuavano a svolgersi ad Aigion, divenuta dopo la fine di Helike il principale
centro acheo.
143 Strabo VIII 7,3, 385 .
1 '4 Paus. VII 24,2; IG V 2,344.
'" Sapph. fr. 17 L. -P. ; Alc. fr. 1 29 L.-P.
1 46 Zeus era il padre di Tantalo: Paus. II 22,3; Tantalo lo era di Pelope: Horn. Il. II 104
ss. ; e Pelope di Atreo: Horn. Il. II 1 o6 . Lo scettro di Agamennone era passato da Zeus,
tramite Hermes, a Pelope , e da lui ai suoi successori: Horn. Il. II 1 00-108.
"7 Od. XI 235 ss. ; Hes. frr. 30-32 M.-W.
1 48 Hdt. I 148; Strabo VIII 7 , 2 , 384-385; XIV 1 ,3; 14,20 . Culto fondato da Neleo secondo
lo Scbol. BVT in Horn. Il. XX 404 . A Neleo risaliva anche l'altare eretto al Poseidion:
Strabo XIV 1 ,3, 633.
1 49 Paus. VII 1 , 3-4; Steph. Byz. s.v. 'Eì..iKTJ.
Gli Achei dall 'Aigia/eia america alla dodecapoli arcaica 25
opposizione Poseidon-Zeus Homarios. Non meraviglia allora che nel fram
mento eschileo, prima testimonianza di un'Achaia unitaria, nessun rilie
vo religioso riceve Helike : theios è Olenos, e hiera è Boura 150 ed Olenos
in particolare poteva divenire theios, se le si assegnavano le tradizioni
sull'allevamento di Zeus ad opera di una Amaltheia divenuta capra
Olenia m, mentre in relazione alla tragedia che distrusse Helike si sottoli
nea che questi consideravano culto cittadino e non comune il culto di
Poseidon e non riconoscevano le pretese joniche sul relativo temenos di
Poseidon 1 5 2.
Un secondo gruppo di notizie ci riporta grosso modo all'VIII secolo.
Appare allora un'Achaia abitata per damoi, retta da una aristocrazia, militar
mente attiva a livello di singoli centri, ma collegialmente operante a livel
lo di fondazioni coloniali. Sinecismi di Patrai, Aigion e Dyme, nati dall'unio
ne di più damoi, da sette a otto nei centri citati, come ricordava Strabone,
avevano interrotto in Achaia la secolare tradizione tutta peloponnesiaca
dei c:ruanu.1ata oiu.1rovm. L'epoca di tali sinecismi, per altro solo limitati ad
alcuni centri, è discussa154, ma è, per noi, significativo che Erodoto nel
descrivere la dodecapoli achea dei suoi tempi, pur muovendosi nell'otti
ca di una derivazione della stessa dagli Joni, non la descrive come distin
ta per poleis, ma come distinta per merea155• Una tradizione che persiste
anche nelle fonti più tarde, Strabone156 e Pausania157, che pure tendono
ad assumere rispetto all'Achaia un'ottica poleica . Strabone continua, in
fatti, a parlare di mere o di merides, poleis costituite da più demoi o
villaggi. Pausania definisce polis centri come Aroe, Antheia e Mesatis,
che sono i villaggi a spese dei quali nasce poi Patrai.
Per l'età arcaica non sussistono dubbi. Per Dyme è significativa l'iscri
zione che celebrava Oibotas, l'olimpionica del 756 a . C . , connettendolo a
Paleia, località legata alla preistoria di Dyme, agli Joni che abitavano la
terra achea distribuiti per komat158• Per Pellene , nel settore orientale,
1 50 Aeschyl. fr. 745 Mette = 284 TGrF Radt.
1 5 1 Arat. Phaen. 1 64 (= Strabo VIII 7 , 5 , 387) e Schol. ad loc.
15 2 Diod. XV 49,2.
153 Strabo VIII 3,2, 336-337. Si veda, in particolare, M. Moggi, 'Sinecismi arcaici del
Peloponneso', in La transizione dal Miceneo all 'alto arcaismo: dalpalazzo alla città, Atti
del Convegno Internazionale (Roma, 14-19 marzo 1988), C.N.R., a cura di D. Musti, Roma
199 1 , 1 55-165, 1 5 5 ss.
1 54 La documentazione relativa ai tre centri in questione è sistemata nel lavoro di Morgan
e Hall (1996): Aigion, 1 76-179; Patrai, 181-186; Dyme, 1 86-189, con le relative note.
155 Hdt. I 145; 1 46, 1 .
156 Strabo VIII 7,4, 385-386.
1 57 Paus. VII 6 , 1 ; 18,4 etc.
l 51i Paus. VII 17,6-7. Cfr. Strabo VIII 7,4, 385.
26 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
illuminante è l'oracolo che i suoi cittadini ricevono, quando, a conclusio
ne della guerra contro Clistene di Sicione, che l'ha distrutta, chiedono ad
Apollo se devono o meno ricostruire la città precedente: èhcpav Àa�,
•occupa la cima•, Kaì �crov tl;etç, •e avrai il centro·159. Deve trattarsi
dunque di una acropoli, la quale dovrà rappresentare il meson, il centro
come il luogo del pubblico e del comune160: non città, dunque, ma punto
di riferimento per una periecia e le sue decisioni di carattere politico.
Tale era stata prima dell'attacco di Clistene e tale doveva restare nella
prevista ricostruzione .
Ma non è l'unico indizio. A quei sistemi di demi che caratterizzavano
il Peloponneso settentrionale e occidentale corrispondevano magistrati
detti damiorgoP61 . Essi sono attestati in Achaia da una iscrizione di IV-III
secolo162, ma anche da iscrizioni pertinenti all'area crotoniate ed achea
d'Occidente, datate tra la fine del VI e gli inizi del V secolo163. Si tratta,
dunque, di un retaggio arcaico e metropolitano. Questi dati sono ancora
confermati dalla documentazione archeologica 164.
Un tale tipo di insediamento corrisponde al livello di sviluppo testi
moniato dalle tradizioni coloniali. Tanto per Sibari, quanto per Crotone,
Caulonia e Metaponto vengono tramandati i nomi degli ecisti: Is per
Sibari, Myskellos per Crotone, Typhon per Caulonia, Leukippos per Meta
ponte. Quanto alle provenienze: abbiamo Helike per ls16S, Rhypes per
Myskellos166, Aigion per Typhon167• Ma nessuno di questi centri viene
considerata una vera e propria metropoli: tutti sono colonie degli Achei,
1 w Nr. 25 Parke-Wormell Il. La fonte è delfica: Anaxandridas di Delphi, nell'opera
dedicata al furto sacrilego delle offerte, 404 F l , e dunque collegata all'autopsia delle
offerte. La versione alternativa, che connette l'oracolo a Egina e lo banalizza, spiegandolo
nel senso che gli Egineti dovevano abitare a metà di un'altura, non tiene conto del fatto
che !..a � è un imperativo ed el;nç un futuro e dunque non integra l'operazione del
l..a [3eìv, ma individua il risultato che ne deriverà.
1 60 M. Detienne, I maestri di verità in Grecia arcaica, Roma-Bari 1977 [tr. it. di Les
maftres de vérité dans la Grèce archafque, Paris 1%71, 59 ss.
1 6 1 Per questo aspetto del problema rimando alla relazione di L. Gallo, 'Le istituzioni
politiche delle città achee d'Occidente' , in G/i Achei (Atti Convegno), 133- 1 4 1 .
1 62 SEG XIV 375,2-3.
1 63 Jeffery 1961 [ 1 990), 261 , nn. 20, 28, 29, tav. 50; M. Guarducci, Epigrafia greca, III,
Roma 1974, 2%. Di un'ulteriore attestazione trovata di recente nell'area dell'Heraion di
Crotone dà notizia M.L. Lazzarini, 'L'eponimia a Crotone. A proposito di una nuova
laminetta bronzea iscritta' , in Epigraphica. Atti delle giornate di studio di Roma e di Atene
in memoria di Margherita Guarducci (1902-1999), Roma 2003, 81 -90.
1 64 Oltre ai dati di Morgan, Hall 19%, 169 ss. , vd. ancora Schilardi 1998, 225 e 309 n. 5 .
1 65 Strabo VI 1 , 1 3 , 263 .
166
Hippys, FGrHist 554 F l; Diod. VIII 17; Strabo VIII 7 , 5 , 387.
1 67 Paus. VI 3 , 1 2 .
Gli Achei da/l'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 27
Sibari'68, Crotone169, Caulonia170, Metaponto171 , che, per quanto attiene al
suo ecista Leukippos, non forniva alcuna precisazione al di fuori di quel
la che egli guidava coloni achei172.
Agli Achei, dunque, come insieme e non come comunità singolar
mente considerate, risalgono tutte le operazioni che stanno a monte di
una impresa coloniale arcaica: scelta obbligata dell'ecista, scelta obbliga
ta dei coloni, scelta preventiva dei luoghi, organizzazione militare e na
vale della spedizione. Sono esattamente i problemi che emergono dalla
tradizione: scelta dell'ecista, che per Crotone appartiene al dio, ed è
frutto di una discriminazione, perché Myskellos è privo di prole173 ed è
gobbo174; invio della colonia, che sempre per Crotone è ineludibile da
parte degli Achei perché imposta dal dio175• Scelta discriminata dei luo
ghi, perché è il dio che indica la Crotoniatide (secondo oracolo per Myskel
los) e riserva (terzo oracolo) la vicina e più appetibile Sibaritide ad altri
Achei'76• Richiesta di coloni alla madrepatria da parte di Sibari e invio di
una colonia col relativo ecista per una precisa destinazione a Metaponto177•
Prevedibile la reazione degli indigeni, in diversi modi allusa . Crotone
ospitale e Lacinio ladrone178; Choni ospitali179, ma Ausoni Pelleni e barba
ri della Sibaritide ostili180; Metapontos ospitale, Siris, figlia di Morgete181 , e
Theanò troiana ostili'82• E l'archeologia conferma per la Sibaritide con la
distruzione , contestuale alla colonia, degli abitati indigeni'83 e per il Meta
pontino e la Siritide con la distruzione preventiva degli insediamenti di
Policoro e dell'Incoronata184• Tutto ciò viene ottenuto, come si è visto,
col concorso di Rhypes, patria dell'ecista, per Crotone; di Aigion, patria
1 68 Arist. Poi. 1 303a 24-32; Strabo VI 1 , 13, 263.
169 Antioch. , FGrHist 555 F 10; Strabo VI 1 , 1 2 , 262.
170 Strabo VI 1 , 10, 261 .
171 Bacchyl. Ep. XI 1 14, 1 26.
172 Strabo VI 1 , 1 5 , 265. Cfr. Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 .
173 Diod. VIII 17; Jam. VP 5 2 .
174 Antioch. , FGrHist 555 F 10; Diod. VIII 17; Strabo V I 1 , 1 2 , 262; Orib. 7,26, 9.
175 Hippys, FGrHist 554 F l; Antioch. , FGrHist 555 F 10.
176 Hippys, FGrHist 554 F l ; Antioch. , FGrHist F lO; Diod. VIII 17.
m Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 ; Strabo VI 1 , 1 5, 264-265.
178 Diod. IV 24; Jam. V.P 50.
1 79 Strabo VI 1 , 2, 254
= Apd . , FGrHist 244 F 167. Cfr. Antioch. , FGrHist 555 F 3.
1 80 Lyc. Alex. 922; Ps. Arist. Mir. 107.
1 8 1 Scho/. in D.P. 461 . Cfr. Steph. Byz. s. v . I:iptç.
182 Hyg. Fab. 186. Per tutta la tradizione vd. A. Mele, 'Culti e miti nella storia di
Metaponto' , in questo volume.
183 P. G . Guzzo, 'Sibari. Materiali per u n bilancio archeologico' , i n Sibari ( A CT 1 992),
5 1 -82, 52 ss.
184 Abbondante documentazione in Siritide e Metapontino (Atti dell'Incontro di Studio).
28 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
dell'ecista, per Caulonia; di Helike, patria dell'ecista, Boura ed Aigai, luoghi
di provenienza per gli idronimi Sybaris e Krathis per Sibari. Gli Achei di VIII
secolo riconoscono quindi problemi comuni, cioè politici, ed hanno una
classe dirigente che conosce modi e forme di decisione a loro riguardo.
Che si tratti di una aristocrazia militare, che pretende ascendenze eroi
che appare dalle figure degli ecisti, dai loro antroponimi e dalle loro
caratteristiche. Per Myskellos e il nome allusivo alla sua gibbosità185 un
parallelo a livello aristocratico ed arcaico è offerto dal nome parlante
Labda della Bacchiade zoppa madre di Cipselo186 o, per venire agli ecisti,
dai nomi altrettanto parlanti di Phalanthos, il calvo, ecista di Taranto187
Lamis, il gozzo, ecista dei Megaresi di Sicilia188, Battos, il balbuziente,
ecista di Cirene189, Simos, il camuso, ecista di Himera190•
Più pertinenti al nostro assunto sono però i nomi Is, Typhon e Leukippos.
Is, cioè ftç, ..forza·, si riconnette ad un arcaicissimo e perciò formulare uso
epico ed omerico di indicare con una antica desinenza strumentale, Ìcj>t da 'iç,
la forza con cui in guerra si combatte, Ìcj>t �axemOat, si è vinti, Ìcj>t &x�ftvat, si
esercita il comando, Ìcj>t àvooCJEtv; e conseguentemente richiama un numero
so gruppo di nomi eroici composti con Ìcj>t 191 . Ma, in quanto antroponimo, ls
in maniera particolare traduce in nome proprio una formula epica ben nota,
grazie a cui l'eroe si identifica con la sua forza ed opera, quindi, come 'iç
'08oolìoç192, 'iç TTJI..E�axow193 o, come in Esiodo, 'iç 'HpaKì..fpç194.
La fortuna di quest'uso si riconferma a Poseidonia, colonia di Sibari.
Qui fuç torna su monete di VI secolo19S, ma in particolare torna come
nome di un fiume impetuoso e possente196. L'operazione sottesa è la
1 85 Hesych. s.vv. mcellov, KellOv, J.nimcÀ<n: cfr. M. Giangiulio, 'Deformità eroiche e
tradizioni di fondazione. Batto, Miscello e l'oracolo delfico' , ASNP 1 1 , 1 98 1 , 1 -24.
1 86 Hdt. V 92.
1 "7 Hesych. s.vv. (jKiÀ<lv9ov, (jKiÀOç, Cl>aÀ.aKpov.
188 Thuc. V1 1 , 2 . Cfr. ancora Hesych. s.vv. A<iJ.Wç e A<iJ.lta.
1 89 Pind. P. IV 6 3 ; Hdt. IV 155, 1 ; 4. Acesand. , FGrHist469 F 6. Cfr. Hesych. s. ilv. JXiuoA.oyia,
j3attaptcna"ìç.
1 90 Thuc. V1 5 , 1 .
1 9 1 Iphidamos, Iphiklees, Iphiklos, Iphikrates, Iphinoos, Iphios e altri, tutti nomi com
posti a partire dallo strumentale lc!lt.
1 92 Il. XXIII 720.
1 93 L'uso è formulare per Telemaco: Od. II 409; XVI 476; XVIII 60, 405; XXI 1 0 1 , 1 30;
XXII 354.
1 94 1beog. 332, 95 1 . La formula è esclusivamente usata per Eracle.
1 95 M. Taliercio Mensitieri, 'Aspetti e problemi della monetazione di Poseidonia' , in
Poseidonia-Paestum, Atti del XXVII Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto 1987),
Taranto [Napoli] 1 988, 1 33-183 , 1 38.
1 96 Lyc. Alex . 724; Herod. P. mon. lex. 1 19,9; 2,2 p. l 25 ( Parthax, FGrHist 825 Fa l);
=
Eustath. In Hom. Od. XI 392 , 1 69 1 , 558.
Gli Achei dall'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 29
stessa che per il nome dell'ecista: partendo dalla formula iç 1tOTaJ.1o'io197,
si è pervenuti ad Is come nome stesso del fiume. Tutto ciò avveniva a
Poseidonia nel momento dell'occupazione del territorio della colonia
fondata alla fine del VII secolo: l'atmosfera in cui vive e si afferma la
tradizione di Is ecista è dunque almeno di VII secolo e può legittima
mente ritenersi originariamente sibarita ed achea.
Discorso analogo vale per Typhon. Anche questo è un nome di ascen
denza mitica ed eroica e coerentemente il dotto Ucofrone198 lo riprende per
indicare un eroe caro agli Achei d'Italia come era Achille. Analoga ancora la
situazione di Leukippos: si tratta di un nome di ampia risonanza eroica, per
di più rapportato ad una città, che Bacchilide qualifica l.mto'tpOcj>oç 1tOÀ.tç199.
Che tutto ciò rispecchi un dato originario il caso di Is prima analizzato
conferma, ma lo confermano ancora gli esiti cui approdano nel VI secolo
gli Achei d'Occidente. Oligarchie di cavalieri appaiono a SibarF00 e si
intravedono a Crotone, impegnata nel 510 al Traente in hippomachie
con Sibari201 , e si manifestano a Metaponto, città dedita all'allevamento
del cavallo, secondo Bacchilide202• Oligarchie di cavalieri e assenza di
opliti, sul piano politico come su quello militare, caratterizzano ancora
alla fine del III sec. la comunità achea in cui si imbatte Philopemene203,
segno manifesto di una società e di una economia legata al passato.
Le comunità achee d'Occidente, quelle che meglio conosciamo, sono
ancora nel VI secolo, comunità fedeli a una arcaica ed eroica società
dell'onore. Atleti, strateghi e sacerdotF04, protagonisti di esperienze me
ravigliose ed eccezionali: esser feriti dai DioscurF05 o dal fantasma di
Aiace206, essere guariti compiendo meravigliosi viaggi a Sparta e a Cirené07
197 Il. XXI 356.
198 Lyc. Alex. 177 e Scbol. ad loc. Cfr. Typhoeus, Typhos, Thyphaon, Typhon.
199 Bacchyl. Ep. XI 1 1 4. Eroi di questo nome sono assai numerosi. Il più prossimo al
modo acheo-eolico è I'Eolida Leukippos, figlio di Periere figlio di Aiolos, padre delle
Leucippidi rappresentate nella metopa nr. 33 deii'Heraion di Poseidonia (Masseria, Torelli
1999, 237). Ma il nome compare ancora nelle tradizioni elee (Paus. VIII 20,2; Parth. Erot.
1 5) e in quelle sicionie (Pind. 01. VI 46 ss: , Paus. II 5,5).
200 Tim . , FGrHist 566 F 5 0 ; Athen. XII 5 1 9c.
201 Arist. fr. 583
= 600 Gigon.
202 Bacchyl. Ep. XI 1 14 .
203 Polyb. X 22 ,8-9; Plut. Pbilop. 7,18; Paus. VIII 49,7.
204 Milone sacerdote di Hera : Philostr. V Ap. 4,28. Cfr. Paus. VI 4,5. Stratego al Traente:
Diod. XII 9,6.
20' Lo stratega Formione nella battaglia della Sagra: Theop. , FGrHist 1 1 5 F 392; Paus.
III 16, 1 ; Scbol. i n A ristopb. Pac. 347; Hesych. s. v. cl>opJlicov.
206 È il caso del pugile (Tert. de an. XLVI 9) e poi stratego Leonimo nello stesso
scontro: Conon, FGrHist 26 F l , 18; Paus. 111 19,9 ss. ; Herrn. i n Pbaedr. 243a, 75 Couvreur.
207 È il caso del citato Formione.
30 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
o nell'isola dei BeatF08, vincere battaglie impersonando Herakles209• Un
trattato di alleanza, quello con i SerdaioF10, omericamente concepito come
harmonie ed eterna philotas, garantite da dei ed uomini contemporane
amente. Sibari dedita ad una ossessiva pratica della habrosyne, del lus
so211 , Crotone votata a d una ossessiva pratica dell'atletica212• Due aspetti
di una stessa realtà, perché Crotone a sua volta non rifiuta il lusso213,
mentre Sibari non disdegna l'atletica214 e così neanche la sua colonia
Metaponto215. Da un lato virtutis exercitatio ed armorum cura, primato
nei polemia e nell' athlesiS-16, dall'altro abitudini al lusso considerate digni
tatis ornamentd17, che danno il senso ultimo di tutta questa realtà: una
realtà di uomini valorosi, di atleti, di capi, privilegiati e amati dagli dei,
che omericamente, alla maniera di Achille ed Agamennone al momento
della lite, non distinguono ruolo e grado di dignità dalla time e dal geras,
dalle manifestazioni concrete ed esteriori di ruolo e dignità218•
Questa società achea è, dunque, figlia diretta di quella aristocrazia
che nell'VIII secolo i poemi omerici descrivono219: che non conosce la
città distinta dal villaggio220; non conosce l' ethnos distinto dal seguito
� È il caso del già citato Leonimo. Su questi personaggi diffusamente: M. Giangiulio,
'Locri, Sparta, Crotone e le tradizioni leggendarie intorno alla battaglia della Sagra', MEFRA
xcv ( 1 983), 473-52 1 , 473 ss.
209 Milone al Traente: Diod. XII 9,6.
210 Nr. 10 Meiggs-Lewis. Cfr. M. Bugno, Da Sibari a Turi. La .fine di un impero, Études
III, Centre ] . Bérard, Naples 1 999, 17 ss. , 24 ss.
211 Le testimonianze molteplici, che partono dalla equivalenza cru13<zpisEtv = 'tpl$iv
(primo teste Aristoph. Pax 344) e dalle testimonianze sulla XÀ.toit-'tp'*" in Hdt. VI 1 27, 1
e più diffusamente in Tim . , FGrHist 566 FF 9, 47-50. Per un inquadramento generale vd.
A. Mele, 'I Pitagorici e Archita' , ora in questo volume.
212 Tim . , FGrHist 566 F 45; Strabo VI 1 , 1 2 , 262-263. Cfr. A. Mele, 'Crotone e la sua
storia dalle origini all'età romana', in questo volume.
21 3 Cfr. in particolare Trog.-Justin. XX 4,5- 1 2 . Cfr. A. Mele, 'Crotone e la sua storia dalle
origini all'età romana' , in questo volume.
21 4 Philytas, pugilatore vincitore nel 616 a.C. : nr. 71 Moretti; Kleom(b)rotos olimpionica:
L. Moretti, 'Nuovo supplemento al catalogo degli Olympionikai', MGR XII ( 1 987), 67-9 1 ,
81 s . ; thesauros a Olimpia: Paus. VI 19,9; olimpiadi sibarite: Heracl . Pont. fr. 4 9 Wehrli; Ps.
Scymn. 351-356.
21 5 Bacchyl. Ep. XI, per il lottatore Alexidamos; Paus. VI 1 9, 1 1 , per il suo thesauros a
Olimpia .
21 6 Trog.-Justin. XX 4 , 1 ; Strabo VI 1 , 1 2 , 262 .
21 7 Trog.-Justin. XX 4, 1 1 . Cfr. A. Mele, 'Crotone e la sua storia dalle origini all'età
romana' , in questo volume.
2 1 8 M.] . Finley, Il mondo di Odisseo, a cura di R. Di Donato, Alessandria 1 996, 83 ss. [tr.
it. di 7be World of Odysseus, London 1 9641 ; Carlier 1 996, 271 -273 .
21 9 Carlier 1 996, 291 -293.
220 Mele 1978, 40 ss. ; Carlier 1 996, 263 s . ; C. Ampolo, 'Il sistema della polis', in I Greci
1 996, 297-342, 324 ss.
Gli Achei dall'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 31
personale dei suoi capi221; che è capace di imprese comuni, e la coloniz
zazione lo era, ma non ancora ha raggiunto quella dimensione politico
statale, che vincola la comunità a comportamenti sempre comuni e soli
dali. Achille potrà defezionare, se lo vuole. Atene, nell'Attica presinecistica
tutta formata di poleis, così simile alla comunità america tanto nella sua
indistinzione tra poleis e demi, quanto nella sua capacità di assumersi
imprese militari comuni, Eleusi ad Atene potranno combattersi222• Nell'A
chaia che opera solidalmente nel colonizzare tutta un'area dell'Italia sul
lo Jonio, Aigion, Aigeira e Pellene potranno collaborare nell'impresa co
loniale, ma sempre nello stesso periodo potranno essere anche protago
niste di individuali azioni militari: Aigion contro gli Etoli; Aigeira e anco
ra Pellene contro Sicione.
Di Aigion, sappiamo, infatti, che combatté contro gli Etoli, catturò un
pentecontoro, la nave da guerra degli eroi, offrì una decima del bottino a
Delfi e chiese al dio di essere riconosciuta tra le potenze greche allora esi
stenti: per il Peloponneso si citava Lacedemone famosa per le donne e al di
sopra di tutti Argo dalle corazze di lino. Il dio non riconosce le pretese di
Aigion, ma l'oracolo è certo arcaico223, e prova attività militari di una certa
importanza condotte da Aigion, che, nella misura in cui coinvolgono gli
Etoli, chiamano in gioco il controllo della navigazione nel golfo di Corinto.
Di Pellene sappiamo che fu prima a lungo in guerra con Sicione al
l'epoca della giovinezza di Ortagora, dunque intorno alla metà del VII224,
e poi venne attaccata e distrutta da Clistene, e dunque sul finire del VII ,
quando si rivolse al dio di Delfi per chiedergli dove riedificare la città225•
Di Aigeira sappiamo: che si era chiamata Hyperesia almeno fino al
688, quando di Hyperesia si era ancora definito un suo olimpionica226;
che si chiamava Aigeira quando compariva nella dodecapoli jonico
achea227, quindi nel VI secolo; ma il nuovo nome l'aveva assunto dopo
essere riuscita con uno stratagemma a evitare l'attacco in forze dei Sicio
nii228. In questo arco di tempo vi sono gli scontri di Pellene con Sicione
prima citati: il periodo deve essere perciò all'incirca lo stesso.
221 Etbnos dei Licii (11. XII 330) si accompagna ad etbnos degli betairoi (11. II 32 XI =
584 = XIII 566, 596, 648 = XIV 408 XV 817 ecc.) e dei laoi (XIII 495), così come etbnos
=
degli Achei equivale a molti etbnea distribuiti per navi e tende (II 91 464), appartenenti
=
all'esercito di Agamennone.
222 Thuc. II 1 5 , 1 -3 . Nel V secolo l' etbnos acheo ancora si comporta così: Thuc. II 9, 1 .
223 Nr. 1 Parke-Wormell II.
224 FGrHist 1 06 F 2 .
225 Nr. 25 Parke-Wormell II.
226 Nr. 28 Moretti.
227 Paus. VII 26,2-3. Cfr. Aeschyl. fr. 745 Mette (= 284 7FrG Radt); Hdt. I 145.
228 Paus. VII 26,2-3.
32 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Tre operazioni militari, dunque, che si svolgono nell'epoca stessa del
la colonizzazione, ai confini dell'area allora achea, ma che vengono so
stenute solo dalle città direttamente interessate.
8. L 'identità achea e le sue forme
Come si è visto la colonizzazione achea e la difesa dello spazio acheo
arcaico si sviluppa nell'epoca stessa in cui fenomeni analoghi di coloniz
zazione e conflitti reciproci interessano le vicine città di Argo, Corinto e
Sicione. Si può constatare che tutti questi centri hanno in quel momento
tradizioni da far valere a giustificazione del loro reciproco agire.
Argo valorizza le sue origini eraclidi attraverso Temeno e rivendica la
sua egemonia sull'Argolide attraverso il richiamo al lotto di Temeno229•
Esprime le sue rivendicazioni su Sicione attraverso Adrasto e suo figlio
Aigialeus230, sostenuto in ciò dagli agoni omerici nei quali vengono reci
tati canti della Tebaide e degli Epigonf-31 •
Corinto valorizza con Eumelo Bacchiade la sua autonomia col richia
mo ai figli di Helios, alla spedizione degli Argonauti, all'Eolida Sisifo e ai
re eolici che ne discendono232, i quali condivideranno il potere con Alete,
eraclide sì, ma non discendente dell'argivo Temeno233• In una stessa otti
ca da un compagno di Alete pretendono di discendere i CipselidF34.
Sicione a sua volta pone accanto all'eraclide Falce, figlio di Temeno, un
altro autonomo eraclide, Lacestades, discendente dell'eraclide Phaistos235• E
giustificherà la scelta antiargiva di Clistene col rifiuto di Adrasto e il richia
mo al suo avversario Melanippo236. Parallelamente darà un precedente mitico
al rapporto positivo di Clistene con Atene237, introducendo una ateniese
Phenò, figlia di Klytios, come sposa del re Lamedonte238; facendo alleato
dello stesso un eponimo Sicione ateniese, figlio di Eretteo, secondo il Cata
logo esiodeo239, o di Metion figlio di Eretteo, secondo Asio e Pausania240;
229 Ephor. , FGrHist 70 F 1 1 5 Strabo VIII 3,33, 358.
=
230 Hdt. V 68,2.
23 1 Hdt. V 67, 1 .
23 2 Eumelus frr. 3, 4, 5, 6, 7, 8 Bernabé.
233 Paus. II 4,4.
234 Paus. II 4,4.
235 Paus. II 6,6-7.
2·16 Hdt. V 67,2-4.
237 Hdt. VI 1 26; 1 30- 1 3 1 .
2·18
Paus. II 6 , 5 .
2·l9 Hes. fr. 224 M.-W.
240 Asius fr. 1 1 Bernabé; Paus. /. c.
Gli Achei dall'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 33
riproponendo un discendente di Klytios, Janiscos, come re di Sicione
dopo Adrasto e prima dell'eraclide Phaistos241 .
A sottolineare ancor più il senso dell'invenzione si aggiunge il fatto
che Sicione ateniese collabora con Lamedonte, mentre questi è impegna
to a combattere gli Achei, guidati da Archandro ed Architeles figli di
Achaios242, antenati degli Achei di Tisameno: una altrettanto manifesta
proiezione nel passato mitico e genealogico delle lotte sostenute dal
filoateniese Clistene, collaboratore all'epoca della prima guerra sacra di
Alcmeone e Salone, e suocero subito dopo dell'Alcmeonide Megacle.
Tradizioni epiche e mitiche, culti eroici, genealogie costituiscono il
terreno di scontro tra le varie pretese di egemonia ed autonomia. E sono
arcaiche nella misura in cui si collegano a Bacchiadi, Cipselidi, Ortagoridi,
e passano attraverso Omero e i poeti del Ciclo, Esiodo e i poemi della
scuola esiodea, le tradizioni sul Ritorno degli Heraclidi e le loro relazioni
con le dinastie locali dei vari centri argolici, Asio di Samo.
Questo mondo, però, è lo stesso in cui operano gli Achei di VIII e VII
secolo, che dalla argolica Trezene ricevono coloni per Sibari243; nella
Corinto dei Bacchiadi incontrano l'opera di Eumelo, trovano le coppe
del tipo di Thapsos244 e ricevono aiuto per fondare Crotone245; nella Sicione
degli Ortagoridi vedono celebrarsi agoni omericF46, trovandovi la più
antica immagine del Peloponneso e dei suoi abitanti: il Poseidon, che
essi venerano ad Helike e ad Aigai, protettore accanto ad Hera degli
AcheF47; gli Atridi e Pelope248 da cui pretendono di discendere i loro re249;
che nella Tebaidfl-50, cara agli Argivi e ai Sicionii, e nella Phoroneidfl-51 ,
esaltatrice delle glorie argive, trovano Aigialeus, eponimo dell'Aigialòs,
come figlio o fratello di Phoroneo252•
24 1 Paus. II 6,6.
24 2 Paus. II, 6,5.
243 Arist. Poi. 1 303a 27-32.
244 Sulla loro diffusione in Achaia, vd. Petropoulos 2002 e A. Gadolou , 'The Pottery
Fabrics and Workshops from Ano Mazaraki. The 1979 Excavation Season' , in Gli Achei
(Atti Convegno), 165-205.
24' Strabo VI 1 , 1 2 , 262. Sviluppo successivo, la tradizione dell'oracolo consultato in
comune: Strabo VI 2,4, 269; Paus. V 7,3; Sud. s.v. 'Apxiaç; nr. 229 Parke-Wormell II, 94.
246 Hdt. V 67, 1 .
24" Il. VIII 201 -207, da confrontare con IV 52-53.
248 Il. II 104-105.
249 Paus. V 25,8-10.
"" 1bebais: 20-28 Bernabé; Epigoni: 29-32 ibid.
m Phoronis: 1 18-1 2 1 Bernabé.
" 2 Schol. in Eur. Or. 932 (fratello); 1 248 (figlio di Phoroneo).
34 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
9. La costrnzione dell'identità achea
Nell'ambito di questo contesto gli Achei costruiscono e precocemente
la loro identità. Provengono dalla Laconia predorica253, donde scacciati dai
Dori sono passati in Achaia guidati da Tisameno figlio di Oreste. Oreste re
di Sparta è esplicitamente attestato da Stesichoro (fr. 126 Page) e da Simonide
(fr. 44 Page). Il diritto degli Heraclidi al Peloponneso è giustificato da un
passo dell'Iliade, XIX 95 ss. , e la loro discesa è data come un fatto sconta
to, cui basterà solo alludere, da Tyrteo (fr. 2 W.). La tradizione è dunque
almeno alla metà del VII secolo già perfettamente formata.
Lo spostamento, rispettivamente verso l'Achaia e l'Eolide, di Tisameno
e di Penthilos, figli di Oreste, avviene in parallelo. Kometes figlio di
Tisameno partirà per l'Eolide254, Damasias, figlio di Penthilos resterà in
Achaia, assieme ai figli di Tisameno255. I figli di Oreste e Penthilos orga
nizzarono e condussero la migrazione degli Eoli all'epoca del ritorno
degli Heraclidi256• Gli eredi di Tisameno realizzano in Achaia una basilike
dynasteia che non si riconnette, come già dicemmo, alla esistenza di una
dodecapoW57• Tisameno e Penthilos come figli di Oreste appaiono già
affiancati in Cinetone spartano258, e i Penthilidai di Lesbo appaiono già
indiscutibilmente come Atridi in Saffo ed Alced59• Anche quest'aspetto
della tradizione è dunque perfettamente noto già nel VII secolo.
Gli Achei venuti dalla Laconia possono essere i protagonisti di en
trambe le migrazioni in Achaia e in Eolide, perché, in quanto non Dori,
essi sono Eoli di origine tessalico-ftiota. Pelope, il capostipite degli Atridi
ed eponimo del Peloponneso, fu a capo di Achei Ftioti e da essi discen
devano gli abitanti della Argolide e della Laconia, fino all'arrivo degli
Heraclidi260. Perciò Oreste, partendo da Amide per l'Asia , conduceva,
come dice Pindaro261 , un esercito di Eoli.
Questi Achei sono messi in rapporto con la Tessaglia eolica in vari
modi: in primo luogo attraverso l'eponimo Achaios. In proposito corro
no diversi racconti. Uno è quello già valorizzato nel VI secolo dal Cata
logo esiodeo: Achaios figlio maggiore di Xouthos, figlio di Helleno, fra-
253 Hdt. VIII 73; Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 ; Ephor. , FGrHist 70 FF 1 17-1 18; Polyb. II
4 1 ,4; Strabo VIII 5,4, 365; 7, 1 , 383-384; Paus. II 18,8; VII 1 ,6,7.
254 Demon, FGrHist 327 F 17; Paus. VII 6,2; Phot. s.v. eoxa1:oç Muarov.
255 Paus. V 1 ,3; VII 6,2.
256 Strabo IX 2,3, 401 ; XIII 1 ,3, 582.
257 Paus. VII 6 , 1 -2 . Vd. supra § 2.
258 Fr. 4 Bemabé
259 Sapph. fr. 17,3 L.-P. ; Aie. frr. 70, 6; 75, 10; 309.
260 Strabo VIII 5 , 5 , 365 (= Ephor. , FGrHist 70 F 1 1 8); VIII 7, 1 , 383.
26 1 Nem. XI 43-47.
Gli Achei da/I'Aigialeia ornerica alla dodecapoli arcaica 35
tello di Doro ed Aiolos262, passato dall'Attica in Achaia263• Helleno passa
per figlio di Deucalione264, che fu signore dell'area attorno a Ftia, tra il
fiume Peneio e l'Asopo maliaco265, poi divenuto capostipite di tutte le
stirpi elleniche; passa per figlio di Zeus, e padre di Aiolos, dal quale,
come dice Euripide266, dipendeva l'Aiolls, che è ancora una volta tutta la
terra tra il Peneio e l'Asopo. Da Ftia-Aiolfs proviene, dunque, Xouthos.
Variante di questa tradizione è il racconto di Euripide nello jone. Achaios,
signore della terra intorno a Rhion in Achaia ed eponimo dei suoi abitan
ti, è figlio di Xouthos, figlio di Aiolos e non di Helleno267. È la versione
più antica , quella che , nell'VIII secolo, attraverso la colonizzazione
calcidese, passa in Sicilia a Leontini, dove Xouthos dà nome a Xouthia268,
ed è appunto figlio di Aiolos269•
Insomma la connessione tra Achei ed Eoli risale almeno all'VIII secolo
e, attraverso il rapporto diretto con Aiolos, signore di quell'area tra Peneo
ed Asopo che nella tradizione vale come Aiolfs o Ftiotide270, chiama in
primo luogo in gioco gli Achei della Ftiotide. Nell'VIII secolo, Xouthos,
figlio di Aiolos e padre di Achaios, è ormai passato dalla Tessaglia all'Eubea,
vi ha assunto una posizione di tutto rispetto, di conquistatore dell'isola,
padre di Kothos ed Aiklos, fondatori di Calcide ed Eretria, e testimone del
passato eolico dell'isola271 • In quel contesto egli acquisisce il rapporto con
gli joni e il nuovo figlio jone272, fondatore di Jonia in Eubea273, che assume
il ruolo di secondogenito rispetto ad Achaios e diviene padre dell'Ellopia
Eubea, o meglio dell'Ellopia euboica274, e diventa su un piano di parità
fratello di Kothos ed Aiklos, gli ecisti delle due maggiori città dell'isola.
Nel Peloponneso Achaios arriva anche senza mediazione ateniese,
direttamente275, o attraverso la connessione di Xouthos sposo di Kreiousa,
262 Frr. 9 e lO a,22-24. V d. supra § 2 .
263 Strabo VIII 7, 1 , 383 .
264 Hes. frr. 2, 3, 4 M.-W.
265 Strabo VIII 7 , 1 , 383.
266 Fr. 665 Mette = fr. l Jouan-Van Looy = fr. 481 Kannicht.
267 fon 1 591-1 594; 63-64; 292; 1 297.
268 Phil . V 8,2; P. Oxy. XX, 2257, 1 , 10; Diod. V 8,2 (= Tim. , FGrHist 566 F 1 64).
269 Diod. V 8,2; Schol. in Horn. Od. X 6; Eustath. In Horn . Od. X 5, 1645, 27. Cfr.
Càssola 1 993, 17 ss.
270 Vd. le testimonianze citate supra, a nn. 261 e 262.
27 1 Plut. l. c.
272 Achaios appare sempre come il primogenito, salvo che nello jone euripideo e
nello scolio AD ad Il. I 2. Cfr. Càssola 1 993, 32.
273 Schol. TAB in Eur. Phoen. 208; Schol. M ad loc.
274 Ellopia non è l'Eubea, in questo caso, ma, secondo Strabo X 1 ,3, 445, solo l'Istiaiotide,
come in Hdt. VIII 23 e nelle fonti più antiche, cui Apollodoro, fonte di Strabone, si rifà .
275 Apd. I 7,50; Paus. VII 1 ,3.
36 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
figlia del re di Corinto Kreonte276• Quando vi arriva con Jone, questi si
radica totalmente in Achaia, vi nasce277, sposa Helike, figlia del re Selinoun
te278, dà origine a una dinastia che resta in loco fino all'arrivo degli Hera
clidi279, viene ad Atene in un secondo tempo, perché chiamato in aiuto al
momento della guerra con Eleusi280•
Tutte queste sono, dunque, tradizioni anteriori e condizionanti le tra
dizioni ateniesi riflesse nel Catalogo pseudoesiodeo, per il quale Xouthos
genera Achaios e jone dalla figlia del re attico Eretteo: e allora, se il
Catalogo si colloca, come sappiamo, nel VI secolo, queste altre tradizioni
appartengono almeno al VIF81 .
Il rapporto Achei del Peloponneso Achaios appare però ancora in
altra forma, più attenta a conservare il rapporto originario dell'eroe con
l'Achaia Ftiotide. A trasmettere l'etnico nel Peloponneso sono Archandro
e Architeles, divenuti generi di Danao, e potenti ad Argo e Lacedemone,
secondo Pausania figli di Achaios282, secondo Erodoto nipoti283• Interes
sante al riguardo la vicenda riferita da Pausania . I due eroi achei vennero
in guerra con il re dell'Aigialeia (Paus. II 6,2), Lamedonte, sposo della
ateniese Phenò, figlia di Klytios, il quale prese come alleato per combat
terli l'ateniese Sicione, dandogli in moglie l'unica figlia Zeuxippe, sicchè
quando Sicione gli successe la città abbandonò il vecchio nome di Aigiale
e passò a chiamarsi Sicione284• In tale versione Sicione era un Eretteide,
figlio di Eretteo, secondo il Catalogo pseudoesiodeo285 o nipote, secondo
Pausania ed Asio di Samo286, in quanto figlio di Metion figlio di Eretteo.
Era un'innovazione, perché Sicione in una tradizione di marca corinzia e
bacchiade passava per figlio di Maratone figlio del re corinzio Epopeol87,
in un'altra di marca argiva, ricordata da Ibico, passava per figlio di Pelope288:
276 Kleidemos, FGrHist 323 F 19; Scbol. in P/. Tim. 22a (diviene padre di Telodike,
moglie di Phoroneo). Vd. supra § 3 .
2'7
Apd. I 7,50.
n Paus. VII 1 , 3-4; Steph. Byz. s.v. 'EAiKTJ; Eustath. In Horn . Il. 299, 1 1 26- 1 1 27.
r9 Paus. VII 1 , 5 .
2l!O Arist. AP 3 , 2 ; 4 1 ,2; Philoch. , FGrHist 328 F 1 3 .
281 V d. supra § 3.
282 Paus. VII 1 ,6-7. Cfr. Paus. II 6,5.
283 Hdt. II 98, 2 .
284 Paus. I I 6,5.
285 Fr. 224 M.-W.
286 Fr. 1 1 Bernabé.
287 Eumelus fr. 4 Bernabé. La sequenza Marathon-Epopeo, rifiutata da Pausania, torna
invece nella lista dei re in Eusebio, Cbron. I 175-176 Schoene. Su queste due liste con
fronta le sintetiche osservazioni di Musti e Torelli 1986, 236 s.
288 Ibyc. fr. 27 Page .
Gli Achei dall'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 37
le tradizioni erano entrambe note alla lista dei re sicionii in Pausania.
Tale lista risale, dunque, a fonti arcaiche tra loro in polemica.
Ma si può dire di più . In primo luogo, come si è detto, si può indivi
duare in tale lista un livello bacchiade, che si riflette nella lista di Castore
Eusebio, nella sequenza Marathonio, Marathon, Epopeo289. Si può, quin
di, individuare una duplice presa di distanza da questa tradizione in
Pausania, laddove di Marathon non v'è traccia ed Epopeo viene fatto
venire dalla Tessaglia290• Sicione viene così sottratta all'egemonia di Corinto.
Si può sempre in Pausania individuare, inoltre, un'intrusione tebana,
nella sequenza Epopeo-Lamedon. Epopeo è colui che rapisce e sposa
Antiope, l'eroina tebana figlia di Nykteo e non, come in Omero ed Asio291 ,
di Asopo; e subisce l'attacco dei Tebani guidati da Nykteo, rimanendo al
pari del suo avversario ferito. Dopo di che Nykteo tornato a Tebe muore e
lascia al fratello Lyco il compito di riprendere la guerra. Ma morto, nel
frattempo, anche Epopeo, il suo successore Lamedon restituisce Antiope,
che lungo il tragitto per Tebe ad Eleuthere partorisce i due gemelli Amphione
e Zeto, in tal modo figli non più di Zeus, come Omero voleva292, ma al
massimo, come Asio sosteneva, figli di Zeus ed Epopeo. In tal modo un re
di Sicione giocava un suo ruolo nella storia di Tebe, fondata in seguito dai
due gemelli e Tebe entrava a pieno titolo nella storia di Sicione.
Il contesto, in Pausania (Il 6,3-5), si integra col matrimonio di Lamedon
con una eroina attica, la guerra da lui iniziata contro gli Achei, l'invito
all'Eretteide Sikyon, eroe noto sia al Catalogo pseudoesiodeo che ad
Asid93, le nozze con Zeuxippe figlia di Lamedon, la successione di Sikyon
a Lamedon e la metonomasia della città da Aigiale a Sicione. Atene entra
così nella storia di Sicione dandole il suo nome moderno e stabilendo
legami di sangue con i re di Sicione .
Ma non è ancora tutto. Da un lato la lista di Pausania (Paus. II 6,7),
inserendo, dopo Zeuxippo, la sequenza Ippolito-Lacestade, dà conto prima
della subordinazione ad Agamennone, cui si sottomette Ippolito, poi
della dorizzazione della città, attuatasi in un rapporto di parità tra il re
Lacestade, discendente dall'eraclide Phaistos, e l'eraclide Phalces, figlio
di Temeno, re di Argo. Città eraclide e dorica, quindi, ma non totalmente
all'interno del lotto di Temeno.
La lista di Eusebio, invece, prima abbassa il livello di Zeuxippo, inse
rendo subito prima tre nominativi di re, assenti del tutto in Pausania, e
289 Euseb. Cbron. I, 1 74 Schoene.
290 Asius fr. l Bernabé; Paus. Il 6, l .
29 1 Od. XI 2 ; Asius fr. l Bernabé.
292 Od. XI 260-26 5 .
293 Hes. fr. 224 M . -W. ; Asius fr. 1 1 Bernabé.
38 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
poi, raggiunto il livello della dorizzazione, la fa gestire da sette sacerdoti
di Apollo Karneios, restati al potere 39 anni, il primo dei quali col nome
assai significativo di Archelaos294• Apollo Karneios rappresentava il culto
istituito dagli Eraclidi dopo l'ingiusta uccisione dell'indovino Karnos295.
Archelaos, poi, richiama direttamente, come ben aveva notato Edward
Will, gli Archelaoi clistenicF96. Grazie al collegamento con Apollo e con
Karnos, questi sacerdoti, d'altro canto, si identificavano come Karneataf-97,
e la tribù da loro rappresentata si allineava senza traumi con le altre tribù
clisteniche, pure esse connesse ad animali: Hyatai, da bys, maiale o cin
ghiale, Oneatai, da onos, asino, Choireatai, da cboiros, il maialino298•
È evidente che le due liste colle loro varianti coprono fasi diverse
della storia di Sicione tra VIII e VI secolo. Infatti al rapporto con fonti,
che si collocano esattamente in questo periodo, quali Eumelo, Esiodo,
Asio, Ibico, rapporto evidente nel racconto di Pausania, si accompagna
no: in Pausania il rinnegamento totale del rapporto con la Corinto dei
Bacchiadi; l'instaurarsi di rapporti profondi con Tebe, ed Atene, tali da
legittimare le scelte clisteniche, da un lato, contro Adrasto ed Aigialeus
argivi e a favore di Melanippo tebano, dall'altro, in favore dell'ateniese
Megacle, prescelto come marito di Agariste invece del fùocypselide Hippo
clide; in Eusebio, il rifiuto del rapporto con i Temenidi argivi, e la paral
lela legittimazione tanto dei clistenici Archelaoi, quanto del rifiuto delle
tribù doriche comuni ad Argo. Sono tradizioni di tendenza fùotirannica;
che trovano riscontro, per quanto attiene all'acquisizione di parentele
tebane ed ateniesi, in fonti della prima metà del VI, come l'opera di Asio
e la sezione attica del Catalogo pseudoesiodeo: non possono, dunque,
essere disgiunte dalla valorizzazione dell'opera degli Ortagoridi e dalla
loro epoca.
Tradizioni di VII secolo, dunque, quelle tra le quali si inserisce la
legittimazione delle lotte di Ortagora e Clistene contro Pellene ed Aigeira,
in Pausania presenti come lotte di Lamedonte, fùoateniese, contro Arcandro
e Architele, figli di Achaios. In altri termini l'opposizione di jone ad Achaios
ripresentata in età clistenica come opposizione di Egialei-Archelaoi, con
connessioni eolico-beotiche (Antiope e Melanippo) e joniche (Phenò, Sicio
ne, metafora del rapporto con l'Ateniese Megacle) contro Achei-Argivi299•
294 Euseb. Cbron. I, 175 Schoene.
295 Paus. III 14,6.
296 Doriens et /oniens. Essa i sur la valeur du critère etbnique appliqué à l'étude de
l'bistoire et de la civilisation grecques, Strasbourg 1956, 39 ss.
297 Hesych. s. v. KapvEcitat.
298 Hdt. V 68. Sulla questione vd. le osservazioni di G . Nenci, in Erodoto. Le Storie,
libro V, a cura di G . Nenci, Milano 1994, 259-260.
299 Cfr. Hdt. V 68,2.
Gli Achei dall'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 39
L'identità achea affidata ad Achaios e ai suoi discendenti è, dunque,
realtà pienamente operante tra VIII e VII secolo, sotto due aspetti: la
connessione degli Achaioi con le popolazioni predoriche del Peloponneso
e la connessione con il mondo dell'Aiolis tessala, dove si trovavano gli
Achei della Ftiotide. Due aspetti la cui interconnessione era strutturale,
giacchè tanto in Omero, quanto in Esiodo, quanto in Eumelo le origini
predoriche del Peloponneso acheo vengono interpretate in questo modo:
Sisifo, figlio di Aiolos, re di Corinto300 ; Tideo, padre di Diomede, re di
Argo, figlio di Oineo, discendente perciò da Perimede, figlia di Aiolos30\
un altro Aiolides, Salmoneo, re dell'Elide302; Periere, figlio di Aiolos, re
della Messenia303; Neleo, re di Pilo, figlio di Tyrò, figlia di Salmoneo figlio
di Aiolos, moglie di Kretheo, un altro Aiolides, ed amata dal tessalico
Poseidon Enipeo304•
1 0 . Colonie achee ed identità achea
Culti e miti delle colonie achee condividono a pieno titolo questo modo
di ricostruzione del loro passato305. Se Hera nella tradizione passava come
la dea protettrice di Argo, Sparta e Micene306, ossia degli Achei dell'Argolide
e della Laconia, le colonie achee si adeguano con tutta una serie di impor
tanti Heraia: a Sibari307, a Crotone308, a Metaponto309, a Poseidonia310•
300 Il. VII 152-155; Hes. fr. 43 a,b M.-W. ; Eumelus frr. 6, 7 Bemabé.
301 Hes. frr. 1 1-14; 25; 280,10 M.-W.
lOz
•
Hes. fr. 30 M.-W.
303 Hes. fr. 10,3; 49 M.-W.
304 Od. XI 235 ss. ; Hes. frr. 30-36 M.-W.
305 Per tutto questo problema faccio riferimento a quanto da me già scritto: 'Tradizioni
eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee' e 'Culti e miti nella storia di Metaponto',
in questo volume. A questi lavori si potrà attingere per ulteriori e più dettagliati particolari.
306 Il. IV 52-53.
307 Tim., FGrHist 566 F 50; Heracl. Pont. fr. 49 W. ; Phylarch. , FGrHist81 F 45 (nell'agorà) .
308 Lyc. Alex. 857 s . ; Liv. XXIV 3; Serv. ad Aen. III 552. La numerosa serie di rimandi al
culto del Lacinio si trova nella voce 'Crotone' , a cura di M. Giangiulio e C. Sabbione, del
BTCGI, V, Pisa-Roma 1987, 472-521, 479 s. Per l'insieme della documentazione archeologica
relativa ai culti di Hera a Crotone, basterà il rimando a R. Spadea, 'Santuari di Hera a
Crotone' , in Héra, Images E.spaces Cultes, 235-259.
309 Sul tempio delle Tavole Palatine e sul tempio urbano di Metaponto, vd. per tutti E.
Greco, Archeologia della Magna Grecia, Bari 1992, 152 ss.
31 0 Heraion della foce del Sele e tempio urbano (c.d. Basilica): Strabo VI 1 , 1 , 252; Plin.
N.H III 9, 10. La documentazione archeologica si può trovare nei lavori di ]. de La Genière
('Premiers résultats des nouvelles fouilles de l'Héraion de Foce del Sele' , 173-179), R.
Donnaru mma ('Lettura della sequenza stratigrafica al tempio maggiore dell'Heraion del
Sele', 181-184), M. Dewailly ('L'Héraion de Foce del Sele: quelques aspects du culte d'Hé-
40 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Se Poseidon era il secondo protettore degli Achei311, Poseidonia gli
riseva il massimo onore e tra l'Heraion alla foce del Sele e il Poseideion
di Agropoli312 avviluppa il suo territorio, mentre Metaponto annette alla
città il mito di Poseidon e Melanippe figlia di Aiolos313.
Alla valorizzazione delle origini eolico-tessale, provvedono tutte le
colonie, come vedremo, ma in maniera particolare le due subcolonie di
Sibari, Metaponto e Poseidonia. L'Aiolide Sisifo è padre di Metabos,
eponimo della città314. Neleo, secondo Eumelo (fr. 6 Bernabé), si trova a
Corinto associato nel culto a Sisifo; a Metaponto a Sisifo si trova associato
il culto dei Neleidi, portatovi da reduci da Troia e quindi riferito ai dodici
figli di Neleo uccisi da Eracle315.
Nel tesoro dei Metapontini ad Olimpia era deposta l'immagine eburnea di
Endymione316, figlio di Kalyke, figlia di Aiolos o di Aethlios, figlio di Aiolos317.
Figlio di Endymione era Epeio318, considerato fondatore di Metaponto319.
A Metaponto, lo abbiamo già detto, era ambientato lo sviluppo della
leggenda di Melanippe, da Euripide ripresa nella Melanippe prigioniera.
Era costei figlia di Aiolos320, divenuta ad opera del dio Poseidon madre di
due gemelli, Aiolos e Boiotos; esposti dal nonno Aiolos e portati al re
Metaponto, furono adottati da lui e dalla moglie Siris; venuti, poi, in odio
a lei, che aveva nel frattempo generati figli propri, e fatti oggetto di
insidie ad opera dei suoi fratelli, furono salvati da Poseidon e tornarono
in patria, dopo aver eliminato Siris, e lasciata la madre Melanippe presso
Metaponto. Del racconto esisteva anche una variante con Arne, figlia di
Aiolos, invece che con Melanippe, ma sempre con i gemelli Aiolos e
Boiotos a Metaponto321 . Moglie di Metapontos è alternativamente Siris o
ra à l'époque hellénistique d'après !es terres cuites', 20 1-210), M. Cipriani ('Il ruolo di
Hera nel santuario meridionale di Poseidonia', 2 1 1 -225), nel citato volume Héra, Images
Espaces Cultes.
3 1 1 Il. VIII 201-207.
3 1 2 Tz. e Scbol. in Lyc. Al. 722.
3 1 3 Strabo VI 1 , 1 5, 265, con riferimento alla Melanippe Sopbe e alla Desmotis di Euripide (frr.
657, 663, 655, 664 Mette = frr. 12, 21, 25, 20 ]ouan-Van I..ooy = frr. 489, 491 , 496, 495 Kannicht).
3 1 4 Steph. Byz. s.v. Meta1tovnov.
3 1 5 Cfr. Strabo VI 1 , 1 5 , 264, con Horn. Il. V 392-397. Si vedano inoltre: Horn. Il. XI 690;
Hes. frr. 33 a, 13-17; 23-33; 33 b; 35 , 1 -6, 7-9 M.-W. ; Apd. I 9,9; II 7,3.
3 16 Paus. VI 9, 1 1 .
3 1 7 Hes. fr. 1 0 a,60; Paus. V 1 ,3; 8,2.
3 18 Paus. V 1 ,4.
3 1 9 Trog.-Justin. XX 2,3; Veli. Pat. I l .
320 Eurip. fr. 665 Mette = fr. l Jouan-Van Looy = fr. 481 Kannicht; A .P. III 16; Hyg. Fab.
186. Cfr. supra, n. 308.
32 1 Diod. IV 67,3; Scbol. in D.P. 461 ; Asclep. , FGrHist 697 F 26; Eustath. In Horn. Od.
x 1644,50.
Gli Achei dall 'A igialeia america alla dodecapoli arcaica 41
Theanò, omonima della troiana sacerdotessa di Athena Iliaca, culto pre
sente a Siris, o, nella versione legata ad Arne, Autolyte. Il mito, serve,
perciò, a spiegare lo scontro con Siris e la sua distruzione nel 570322 •
Particolarmente interessante in questo caso è il fatto che la fondazione di
Metaponto viene spiegata da Antioco, F 12, come conseguenza dell'osti
lità che gli Achei, cacciati dalla Laconia dai Dori, nutrono contro i Dori di
Taranto, e che la distruzione di Siris, a partire da Metaponto, viene inter
pretata come un operazione di pulizia etnica messa in atto dalle città
achee contro gli Joni di Siris, analoga, quindi, a quella che Tisameno
aveva provocato in Achaia323. Siamo rispettivamente intorno al 630 per la
fondazione di Metaponto e intorno al 570 per la distruzione di Siris.
Nell'allinearsi fedelmente alle tradizioni achee di madrepatria non è
da meno Poseidonia, fondata intorno al 600 e dunque a pieno titolo
inserita all'interno del percorso che dalla fondazione di Metaponto, mena
alla guerra contro Siris. Già si è detto come, nella delimitazione dello
spazio cittadino, risponda appieno alle tradizioni achee il contempora
neo richiamo poseidoniate ai due dèi arogoi degli Achei, Poseidon ed
Hera. Bisognerà ora approfondire. I principali culti di Poseidonia ruotano
intorno a due poli, gli Aiolidai e gli Argonauti. Il culto di Hera alla foce
del Sele, il cui tempio era stato edificato intorno al 575-550, gli anni della
guerra contro Siris, veniva indicato come fondazione di Giasone324•
Le osservazioni da fare sono allora diverse. Nell'ambito della valorizza
zione delle ascendenze predoriche del Peloponneso, il richiamo agli Argo
nauti era d'obbligo. Lo faceva Eumelo, che a Corinto/Ephyra riconnetteva
Helios e Medea325• Lo facevano, in Achaia, Hyperesie-Aigeira e Pellene, Aigeira
e Pellene pretendendo di aver avuto come loro rappresentanti tra gli Argonauti,
Asteria ed Amfione, figli di Hyperasio, Pellene pretendendo anche di aver
ospitato gli Argonauti nel suo porto, denominato appunto Aristonautai326 .
Giasone, da un lato aveva capitanato una ciurma di Ftioti327, dall'altro
era un Aiolide. Era figlio di Aison, i cui genitori erano Tyrò, figlia di
Salmoneo, figlio di Aiolos, e Kretheus, figlio anche lui di Aiolos. Sempre
agli Argonauti erano dedicate due delle lastre dell'Heraion328.
Il tempio di Poseidon di Agropoli era dedicato a Poseidon Enipeus,
colui che unitosi alla predetta Tyrò aveva generato la coppia Pelia-Neleo,
a cui l'unione di Tyrò con Kretheus aveva aggiunto Aison, il citato padre
322 Cfr. A. Mele, 'Culti e miti nella storia di Metaponto' , ora in questo volume.
323 Trog.-Justin. XX 2,3.
324 Strabo VI 1 , 1 , 252; Plin. N.H III 9,70.
3 25 Eumelus frr. 3 e 5 Bernabé.
3 26 A.R. I 176; Hyg. Fab. 14; Paus. VII 26, 14; Orph. Ar.g. 216 s.
327 Strabo XI 2,12, 495 .
328 Lastre nrr. 2 6 e 3 2 : Masseria, Torelli 1999 , 228-229.
42 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
di Giasone. Dunque un Poseidon tessalico, padre di una prole eolica,
alla quale facevano capo i due protagonisti della saga ftiotica degli Argo
nauti, Aison e il suo avversario Pelia329.
Ma non basta. Accanto a Poseidon non solo ci sono a ricordarne la
natura originariamente fluviale i due fiumi Is e Laris, ma c'è anche Leukosia,
la sirena lì pervenuta cadavere dopo il salto dal promontorio sorrentino
delle Seirenoussai, e divenuta eponima di un'isola di fronte al tempio,
Leukosia (Licosa)330.
Le Sirene localizzate sul promontorio sorrentino erano tre, Parthenope,
Leukosia e Ligeia. L'insieme è frutto di una serie di innovazioni. Le sirene
americhe sono due e anonime. Quelle esiodee sono anch'esse due, han
no nomi, ma non sono quelli sorrentini331 .
I l nome d i Ligeia, l a sirena finita a Terina, viene foggiato a partire
dall'aggettivo ligys che qualifica in Omero la voce delle Muse e dell'aral
do, il suono della cetra, il sibilo del vento332, e dalla forma parallela di
esso, ligyre, che qualifica il canto stesso delle Sirene333.
Il nome di Parthenope è adattato ad una sirena, ma non è nome
originario di Sirena. Viene portato da una eroina samia ed una arcadica,
che tutto sono fuorché Sirene334. Uno dei Sette eroi che mossero contro
Tebe, Parthenopaios, in quanto àvop6natç àvftp335, esibiva la versione
maschile del nome. Parthenope stessa a Neapolis è compagna di Perse
fone336 e, inserita in un contesto demetriaco, veniva onorata con covoni
di spighe337 e corse di fiaccole338.
Leukosia evidenzia analoghe manipolazioni. Il nome equivale a Leuko
thea339 a Samotracia, e la cosa è più che normale perché il secondo
elemento del nome è sios, forma dorica di tbeosWJ. L'associazione di
Leukothea a Poseidon è di per sé legittima, perché Leukothea a Corinto,
329 Od. XI 235-259; Hes. Tbeog. 992; frr. 38-40 M.-W. ; Pind. P. IV 105- 1 1 2: Diod. IV
68,3; Apd. I 9,8; 1 1 ; 16; 27.
330 Lyc. Alex. 722-725; Strabo VI 1 , 1 , 252. Cfr. Ps. Arist. Mir. 103; Strabo V 4,8, 247; Plin.
N.H. II 204; III, 85.
331 Rimando per una discussione dettagliata a Breglia Pulci Doria 1987, 86 ss.
332 Il. XXIV 62 (Muse); Od. VIII 261 (araldo); Od. IV 254; VIII 537; XXII 332; XXIII 1 33
(phorminx); Od. III 176, 289; IV 357, 567.
333 Od. XII 44, 183.
334 Asius fr. 7 Bernabé; Apd. II 7,8.
335 Aeschyl. Sept. 533.
336 Eur. Hel. 175 ss. ; A.R. IV 895-898; Ov. Met. V 550; Eustath. In D.P. 358.
337 Stat. Silv. V 3, 1 1 2 ss. ; D.P. 357-359.
338 Tim., FGrHist 566 F 98; Lyc. Alex. 732 ss. ; Stat. l.c.
339 Arist. fr. 579 Rose - 596, 597 Gigon.
340 Hesych. s. v.
Gli Achei dal/'Aigia/eia omerica alla dodecapoli arcaica 43
ad opera dell'Eolide Sisifo riceve culto accanto a Poseidon341 . La dea si
identifica con Ino, sposa di Athamante e matrigna di Frisso ed Elle, che,
avendo convinto Athamante a sacrificarli, ne provoca la fuga sull'ariete
dal vello d'oro342. Il contesto mitico-cultuale del Poseideion di Agropoli si
contraddistingue, quindi, come tessalico, eolico ed insieme argonautico
e ftiotico, Poseidon essendo padre dell'usurpatore Pelia, l'antagonista di
Aison e di Giasone, e Leukothea la causa della partenza dell'ariete, il cui
vello Giasone dovrà conquistare.
In conclusione, entro un arco cronologico, che si dipana tra la fonda
zione di Metaponto, 630 circa, e la guerra contro Siris, 570-60 circa, ed è
quello in cui si manifesta l'egemonia politica e culturale di Sibari, si ritrova
no manifestamente esibite le origini tessaliche, eoliche e ftiotiche dell' ethnos.
Ma il dato si rivela come originario. Il richiamo al culto di Hera, come
divinità protettrice degli Achei è dato diffuso e quindi coevo al primo
impianto delle colonie: basti pensare al ruolo liminare di santuari di confi
ne, rivestito dagli Heraia di Crotone e di Metaponto, prima che di Poseidonia.
Il restante patrimonio mitico-cultuale obbedisce alle stesse logiche.
Crotone e Sibari condividono, per cominciare, il culto di Filottete.
Esso è localizzato nella Sibaritide, dove l'eroe è morto combattendo con
tro i barbari, e uno spostamento dell'arco dell'eroe in una sede diversa
da quella del tempio dell'Alaios è un abuso di Crotone343. L'eroe è morto
aiutando i Rodii, fondatori di Sibari sul Traente, la città in cui finirono i
superstiti Sibariti, quando venne fondata Turi344 • Turi stessa rivendicò
insieme all'arco dell'eroe una fondazione ad opera di Filottete345•
Crotone fa altrettanto, rivendicando alla Crotoniatide l'eroe. Tra Crimisa
e l'Esaro egli ha operato346. Vi ha fondato Chone, Crimisa347 e Petelia348. È
morto combattendo assieme ai Rodii, ma contro gli Ausoni Pelleni, nel
l'area del Neto349. Il suo culto e la sua tomba sono indiscutibilmente a
Makalla nella Crotoniatide350 • Del suo arco la città poteva disporre come
voleva: a parlare di abuso erano solo i Sibariti dopo il 5 1 0351 .
341 Pind. fr. 6, 5 Snell-Maehler; Paus. II 1 ,3; II 2, 1 . Cfr. Paus. I 42,7; 44,7-8.
342 Paus. I 44,7.
343 Ps. Arist. Mir. 107.
344 Ps. Arist. Mir. 107; Strabo VI 1 , 14, 264; XIV 2,10, 654; Diod. XII 22, 1 .
345 Trog.-Justin. XX 1 , 16.
346 Lyc. Alex. 91 1 -9 1 5 .
347 Nella Crotoniatide: vd. l'oracolo i n Diod. VIII 1 7 .
348Apd. FGrHist 244 F 167; Strabo VI 1 ,3, 254.
349 Lyc. Alex. 919-929. La localizzazione si ricava dal confronto tra Strabo VI 1 , 1 2 , 262;
Apd. Ep. 6 , 1 5c con Strabo VII fr. 25; Polyaen. VII 47; Steph. Byz. s.v. l:KtcOVTJ.
350 Lyc. Alex. 927-929. Cfr. Ps. Arist. Mir. 107, 1 .
351 Ps. Arist. Mir. 107, 1 .
44 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Queste notizie risentono evidentemente delle polemiche sui reali confi
ni di Sibaritide e Crotoniatide, sviluppatesi a partire dalla vittoria di Crotone
nel 5 1 1/10 e protrattesi fmo all'epoca della fondazione di Sibari sul Traente,
nel 445, e di Turi, nel 444 . Ciò che noi abbiamo, quindi, sono i resti di quel
che era in origine un patrimonio unitario, le cui linee portanti si intravedo
no molto bene. Filottete è eroe tessalo, capo di Ftioti, che nella Ftiotide sul
monte Oeta ha ricevuto da Herakes il famoso arco352• Nello stesso senso si
muove la tradizione su Tiepolemo. Guidava Rodii, che in realtà erano Eoli
o BeotP53. Secondo la tradizione rodia, sua madre era Astydameia e prove
niva da Ormenion, ossia dall'area ftiotica intorno al golfo di Pagase354•
Analogo valore avevano le tradizioni intorno ad Achille, presenti tra i
miti e i culti che confluivano intorno all'Heraion del capo Lacinio, ma
che, riverberandosi anche nella Sibaritide, nel Metapontino e a Poseidonia,
dimostrano anch'esse di far parte di un patrimonio comune . Il promon
torio, il bosco e il giardino ivi esistente erano doni di Theti ad Hera e le
donne di Crotone in vesti luttuose proprio al Lacinio compivano un rito
di compianto per la morte di Achille355.
Sempre a Crotone lo stratego Leonimo ferito nella battaglia della Sa
gra era stato guarito nell'Isola Bianca, dove tra i Beati soggiornavano
Achille ed Elena, diventata ora sua compagna356 ed Elena, come Achille,
aveva un posto di rilievo nell'Heraion357.
Achille era ancora celebrato nella Sibaritide, tornando il ricordo della
sua morte nel mantello della così detta dama di Sibari358, una statua arcai
ca di culto proveniente dal santuario della Motta di Francavilla e datata
tra il 650 e il 625. A Poseidonia, alla metà del VI egli ancora tornava in
due lastre dall'Heraion, nr. 18 e nr. 25359. In un'altra lastra compariva
anche il suo maestro Chirone, che sempre a Poseidonia riceveva nella
seconda metà del VI un culto360. Ora Achille era per eccellenza l'eroe di
Pthia361 , simbolo di un'aristocrazia votata alla guerra e alle leggi dell'onore.
352 Il. II 716-719; XIII 693-699 (i suoi compagni guidati da Podarkes sono Ftii); Bacchyl.
Dith. fr. 7 Snell-Maehler.
353 Strabo XIV 2,3, 653, che si rifà a Il. II 657-667.
354 Hes. fr. 232 M.-W. ; Pind. 0/. VII 42; Simonides fr. 554 Page. Cfr. per Ormenion: Il.
II 734; Apd. II 7,8 (166); Scho/. in Pind. 01. VII 42.
·155 Lyc. Alex. 856-865. Il dono dell'orchatos ricordava il ruolo kourotrophico della
dea, stante il fatto che Achille viene regolarmente paragonato da Theti ad un phyton
allevato in una vigna: Horn. Il. XVIII 57, 438.
356 Paus. III 19, 1-3; Conon, FGrHist 26 F l, 18; Hermias in P/at. Phaedr. 243a 75.
357 Cic. De invent. II 1 , 1 ; D.H. De vet. cens. I .
3 58 F. Croissant, 'Sybaris: l a production artistique', in Sibari (AGT I992), 539-559, 540-546.
359 Masseria, Torelli 1 999, 209, 222-224.
360 Jeffery 1961 [1990), 259, 2 (550-500 ?), p/. 50,2.
36 1 Il. I 155; II 681 -685 ; IX 363.
Gli Achei daii'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 45
Insomma le colonie achee di VIII e di VII secolo mostrano di posse
dere lo stesso patrimonio genetico posseduto a partire dal VII secolo dai
loro consanguinei del Peloponneso, abitanti in quel gruppo di località
arcaiche che costituirà più tardi, nella dodecapoli di VI secolo, l'Achaia
orientale.
La conclusione ultima deve essere, dunque, che queste tradizioni
costituivano un patrimonio comune già nell'VIII secolo. Perciò all'unità
di intenti che in questo gruppo di località achee presiede alla fondazione
delle colonie in Occidente, è presupposta altresì una cultura, che si iden
tifica nella coscienza comune di essere Achei ed originari della Tessaglia
eolica e ftiotica.
A tutto ciò necessariamente si accompagna un'unità etnica, i cui modelli
andranno cercati nelle symmachiai di tipo omerico, negli arcaici koina,
presenti nell'Eolide o nella Jonia, o nelle anfizionie, a cui pensava Pausania,
quando tentava di spiegare l'antica organizzazione degli Achei. In que
st'unico senso la ristretta Achaia di VIII-VII secolo può essere definita un
ethnos e le colonie che ne promanano essere definite etniche.
1 1 . Osservazioni conclusive e questioni di metodo
Quanto è stato detto finora merita qualche ulteriore precisazione alla
luce di quanto è stato poi pubblicato negli atti del convegno su Gli Achei
e l'identità etnica degli Achei d'Occidente%2• Tre mi sembrano i punti
meritevoli di qualche precisazione puntuale e di metodo: il rapporto tra
colonie achee e madrepatria nella valutazione delle premesse politiche
della colonizzazione; le tradizioni sugli ecisti e il loro valore; il problema
dei culti coloniali e il loro rapporto colla madrepatria.
Quando ci avviciniamo all'Achaia arcaica, di VIII, di VII secolo, dob
biamo ricordare che se da un lato esiste una tradizione più tarda e strati
ficata da analizzare, dall'altro esiste una tradizione mitica ed esistono
realtà e modelli cui questa tradizione si ispira . Il mito è un linguaggio ed
è il linguaggio attraverso il quale le società arcaiche parlano. È il modo
con cui le società arcaiche affermano le proprie origini, evidenziano i
loro problemi e le soluzioni che ne danno.
Omero ed Esiodo costituivano l' ..enciclopedia tribale" dei Greci, il de
posito di quanto la loro memoria collettiva aveva selezionato ed elabora
to come degno di essere sottolineato . Suo il compito di indicare modelli,
di insegnare proponendo racconti nei quali si identificava l'origine stessa
degli Elleni, dei loro culti, delle loro istituzioni.
362 Qui citato come Gli Achei (Atti Convegno).
46 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Emergono così dei modelli: etbnos, polis, demosM3. Che cos'è l' etbnos
a questo livello? È il seguito personale dei suoi capi364. Che cos'è la polis
a questo livello? Non è certamente la polis classica . La polis si affianca al
demos e all' asty. La polis ha una valenza militare, polis si connette a
polemos, l' asty ha una valenza insediativa . La polis è fortificata e sta su
un'altura e l' asty è ampia e sta in pianura . Non esistono villaggi, non
esistono komai: prima che Esiodo menzioni Ascra, non è attestato nean
che il termine. Non esiste demos, come villaggio: demos è, accanto alla
polis, uno degli aspetti con cui si esprime la comunità. Le varie realtà
insediative sono tutte quante sullo stesso piano e quindi la polis, quando
c'è, è il centro politico-religioso e militare di una popolazione che non si
identifica nominalmente in essa: segno manifesto di un rapporto tra polis
e comunità che è l'inverso di quello proposto dallo stato cittadino, che
dal polionimo deriva il choronimo e l'etnico (Crotone , Crotoniatide,
Crotoniati). Manca un sinecismo e coerentemente manca una gerarchia
degli insediamenti, come invece compare nella polis classica . Il quadro è
insomma quello dell'Attica presinecistica descritto da Tucidide .
Esiste uno spazio del pubblico, uno spazio del politico a questo livel
lo? Nell'ottica occidentale, il politico è lo spazio dello stato. Se accettassi
mo questa ottica, non capiremmo la realtà della polis omerica . La comu
nità politica a questo livello non ha nomoi fatti dall'uomo, ma ha tbemistes
fatte dagli dei. Dunque il mondo religioso, l'importanza del religioso per
individuare le forma del politico. A questo livello esiste un capo, esiste
un consiglio, esiste un'assemblea. Non c'è nessuna realtà greca arcaica
che non possegga una boule, un basileus, un' agora. Esiste un'assemblea,
perché bisogna comunicare, in certi momenti essenziali, con l'insieme
degli abitanti.
La sfera del privato non è tutelata. Quindi autotutela, armi, società
aristocratico-militari e gruppi di parentela , senza i quali non si sopravvi
ve. I diritti privati esistono, però bisogna imporli per poterli realizzare . È
il caso famoso di Odisseo, vittima di tante e riconosciute ingiustizie, che
però per potersi liberare dei Proci, non avendo altri parenti, deve prov
vedere da sé colle sue forze, con l'unico figlio e gli schiavi fedeli che gli
restavano. Non c'era né per lui né per Telemaco altro modo di risolvere
la questione . Era vittima di un'ingiustizia, la comunità condannava, ma
non interveniva . E anche quando Odisseo esercitò giusta vendetta, gli
toccò ancora difendersi dalla reazione dei parenti degli uccisi, né più né
meno di come quando, accecato il Polifemo per potersi salvare, dovette
poi comunque affrontare l'ira del padre di quello, il dio Poseidon.
363 Vd. supra.
364 Cfr. n. 219.
Gli Achei daii'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 47
L'ambito in cui si realizza l'esperienza politica è quello dell'azione
militare decisa in comune nell'assemblea. Non si vota, non esiste una
logica di minoranza e maggioranza . Un'azione si compie o quando c'è
generale accordo o quando un gruppo abbastanza forte è in grado di
procedere per conto suo. Perciò, restando ai modelli omerici, una colo
nia si fonda o quando i Feaci in massa sono, sotto la guida del proprio re
Nausitoo, costretti ad emigrare-365, o quando un eroe Eraclide come Tlepo
lemo è costretto perché reo di omicidio a partire e può quale eroe farlo,
raccogliendo gente e organizzando una flotta366 • E saranno questi capi ad
assumere la necessaria funzione degli ecisti.
Questi i modelli politici e coloniali che l' ·enciclopedia tribale· - con
servo per comodità la formula di Havelock - conosceva e proponeva
nelle comunità di VIII e di VII secolo. Le colonie che allora si fondavano
non potevano realizzarsi diversamente e il livello di sviluppo delle co
munità di partenza non poteva essere diverso.
Porsi il problema in altro modo significa precludersi ogni possibilità
di comprensione. Le colonie si organizzano sotto una guida, tanto più se,
come in Magna Grecia accadde, c'erano indigeni da scacciare o elimina
re: si pensi alla Sibaritide per cominciare, ma un discorso analogo vale
per Crotone come per Metaponto. V'erano terre da assegnare e sedi da
scegliere: si pensi ai problemi sottesi dalla tradizione sulla fondazione di
Crotone, chi doveva partire e perché andare in un luogo, Crotone, piut
tosto che in un altro, Sibari. E la ricerca archeologica ci mostra quel che
effettivamente è accaduto nella Sibaritide come nel Metapontino. I coloni
che arrivano dall'Achaia sono una massa d'urto la quale sfrutta la sua
capacità centrale di organizzazione, il suo potenziale militare per supera
re gli ostacoli in loco. Le comunità indigene, benché più numerose, sono
travolte proprio perché queste capacità politiche non posseggono367.
Le fondazioni coloniali achee sono la testimonianza rispetto al mondo
indigeno di uno scarto qualitativo, che interessa lo spazio politico e mi
litare. C'è a monte un'evoluzione e uno sviluppo che si coglie all'inizio
stesso del fenomeno coloniale.
Ma possiamo ancora allargare il quadro. Quando ad Archias, il quale
ha , come Tlepolemo, commesso un omicidio involontario, viene conces
so di sottrarsi alla punizione, e viene allontanato per fondare una colo
nia, noi cogliamo il segno dell'intervento dello stato. La tradizione evidenzia
che esiste una comunità, la quale interviene in una questione, la punizio
ne del colpevole di omicidio, che era in origine affidata ai rapporti tra
365 Od. VI 4 ss.
366 Il. II 653 ss.
367 Vd. supra.
48 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
privati368. La realtà poi conferma che non fu per un caso che venne prescelta
la sede di Siracusa, così come parallelamente e non per caso un altro
Bacchiade, che era stato privato dei diritti civili in patria, veniva inviato a
Corcira369• Il racconto della colpa di Archias e della sua partenza ci viene
conservato nella forma di un rituale di transizione, il rapimento del
giovinetto da parte dell'adulto, la morte di Archias avviene per una sorta
di contrappasso ad opera del suo giovane amasio, ma Archiloco confer
ma che Archias ecista e le vicende della fondazione di Siracusa sono già
universalmente note nell'epoca sua, ossia nella prima metà del VII secolo370.
Quando veniamo alla fondazione di Locri, la fondazione di Locri è
un'espulsione di adultere, di notboi371, quindi è il prodotto di una comu
nità la quale stabilisce chi ha legittimamente diritto di far parte della
comunità e chi no. Presupposto della fondazione di Locri è la costituzio
ne nella madrepatria locrese di una comunità per via di esclusione.
La fondazione di Taranto è l'esempio più classico di questo fenome
no. Chi sono infatti i coloni? I Parthenii. Ma chi sono i Parthenii? Quelli
che hanno una nascita non regolare perché hanno dei padri diventati
iloti e quindi dei padri non liberi che non hanno da trasmettere diritti ai
propri figli perché chi ne è stato privato non li ha più : è la versione di
Antioco372• La tradizione di Eforo373, invece, dice che i Parthenii non sono
nati da un matrimonio regolare: per poter restare a Sparta come cittadini
di pieno diritto bisognava avere non solo una madre spartana e un padre
spartano che avesse tutti i diritti, ma essere anche il frutto di un regolare
matrimonio. Questi procedimenti hanno d'altra parte un riscontro nella
grande Rhetra, che ha più o meno la stessa cronologia, l'epoca di Polidoro
e Teopompo, l'epoca della prima messenica . Nella Rhetra infatti si stabi
lisce che sono cittadini Spartani coloro a cui sono stati conferiti pieni
diritti in quanto riconosciuti come membri a tutti gli effetti e delle phylai,
prova della loro origine dorica , e delle obai, prova della loro origine
spartana374• Sono momenti essenziali dello sviluppo della polis, che si
riflettono nelle fondazioni coloniali, le quali rappresentano perciò in pri
mo luogo il livello di maturazione politica della comunità di partenza. In
una colonia non si va volontariamente, non solo perché Omero ci dice il
contrario, ma perché siamo in un mondo arcaico, il mondo di Odisseo,
dove non ci si allontana volentieri dalla propria patria, dai proprii affetti,
.li>B Plut. Mor. 772d-e .
369 Scbo/. in A .R. I 1216.
370 Athen. IV 167d.
37 1 Polyb. XII 5,4-12; 1 1 ,7; D.P. 364-367; Schol. in D.P. 366; Eustath. In D.P. 364.
5-2 FGrHist 555 F 13.
r3 FGrHist 70 F 216.
·'74 Plut. Lyc. VI 2.
Gli Achei dall'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 49
dalla terra in cui sono le tombe dei propri avi. Lo si fa se si è costretti a
farlo. Se non c'è una forza che spinge, se non c'è una necessità che lo
impone, non è possibile pensare che questo avvenga. I coloni che cerca
no di tornare a casa dopo essere stati inviati a fondare una colonia ven
gono a Eretria375 e Tera376 colla violenza impediti di sbarcare. Secondo la
tradizione terea377 come per quella crotoniate378 o per quella regina379, la
madrepatria era scusata per il suo comportamento verso coloni che pure
erano suoi figli, perché un dio aveva imposto la colonia.
E non ci sono solo ragioni di scarsità di risorse. La terra non è suffi
ciente e quindi si deve emigrare. C'è una distribuzione diseguale della
terra che entra in gioco. C'è chi ha molta terra, chi è polykleros e chi è
akleros. Da questo nasce la colonia che va a cercare terre da coltivare.
Nasce, secondo Omero, la colonizzazione della fertile e ben dotata isola
delle capre380, così come, per restare in ambito acheo, nasce per i coloni
achei l'occupazione della fertile pianura di Sibari381 , l'occupazione di Cro
tone, ·bella fra le terre da arare»382, l'occupazione di Metaponto, la città
dalle ricche messi383•
La condizione in cui si trovano le comunità di partenza va valutata ri
spetto a queste realtà, che sono la premessa dell'allontanamento dei coloni
e lo sbocco della loro sistemazione in terra d'altri, restituendo in tal modo la
pienezza del contesto solo parzialmente documentato dalla cultura materia
le specifica della metropoli, quando e nella misura in cui si può documen
tarla. A caratterizzare le comunità di VIII e VII secolo, dunque, non c'è
soltanto la cultura materiale. C'è Omero, c'è Esiodo, c'è un ambiente e ci
sono dei modelli ai quali ci si rapporta384. E il livello di sviluppo di tale
ambiente che rende possibile le fondazioni coloniali ne è testimonianza.
E adesso qualche parola ancora in relazione agli ecisti e ai dubbi avanzati
sull'antichità e valore delle tradizioni relative385. Che ecisti-guide vi debbano
essere la tradizione omerica già lo ricorda: Nausit�, Tlepolemo387. Che
375 Plut. Mor. 293b.
376 Hdt. IV 1 56,3.
377 Pind. P. IV 3; Hdt. IV 1 50,2-4; 1 55,3; SEG IX 3= 5,24 Meiggs-Lewis.
378 Diod. VIII 17; Ov. Met. XV 1 9-57.
379 Diod. VIII 23,2; Strabo VI 1 ,5 , 257.
380 Od. IX 1 16 ss.
311 1 Eur. Troad. 224-229; Tim . , FGrHist 566 F 50; Diod. XII 9,2; Varro R.R. I 44.
3112 Diod. VIII 17.
3113 Strabo VI 1 , 14, 264.
3114 Vd. supra.
385 Morgan 2002, 1 02-103.
386 Od. VI 4-10.
387 Il. II 653-670.
so Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
ecisti vi siano stati le tradizioni coloniali ricordano e gli Achei d'Italia non
fanno eccezione: i sopra citati fis, Myskellos, Typhon, Leukippos. Qual è
allora lo stato della nostra documentazione sugli ecisti? I loro nomi erano noti
e ricordati: lo conferma precocemente Archiloco a proposito di Archias388 , e
lo spiega il culto che ad essi era riservato nelle colonie. Così fu già nel VII
secolo per Battos389 e Milziade-390• A Nasso, Tapso, Camarina, Gela, Heraclea
Minoa, Leontini, Megara, Eubea, Erice, in nessuna di queste città, ricorda
Callimaco391 , «Chi un tempo ne edificò le mura viene a banchetto rituale senza
nome- e il fatto che a Zancle gli ecisti, pur noti, non venivano invocati per
nome faceva problema. Puntualmente Tucidide-392 ne cita i nomi e per ciascu
na città, seguendo probabilmente Antioco, fornisce la data di fondazione.
Che gli ecisti delle colonie achee siano antichi lo conferma, come si è
visto, la caratterizzazione eroico-militare che essi, al pari delle comunità
che fondano, posseggono. In particolare che fis sia antico lo dimostra
tanto il notato rapporto393 tra il fis di Sibari e quello ripreso nel VI secolo
dalle monete di Poseidonia, e al momento della fondazione dall'idronimo
presso il tempio di Poseidon394, quanto il fatto stesso che esso rappresen
ta una comunità perita nel 5 1 1/5 1 0 . Che la sua provenienza da Helike
non sia un posterius Io dimostra sia il già rilevato ruolo di Poseidon a
Helike395 e nelle due colonie sibarite di Metaponto e Poseidonia396 sia
l'evidente omologia tra la centralità di Sibari nel sistema coloniale acheo
d'Occidente (è la prima ad essere fondata, si prende le terre migliori,
suscita le mire di Myskellos, costruisce un impero) e quella di Helike
nell'Aigialeia397, primo nucleo, come si è visto della futura Achaia.
Per Myskellos il discorso, come già si è accennato, non muta. La de
formità eroica che lo contraddistingue, lo apparenta ad altre ben note
figure arcaiche: Labda, la zoppa, madre di Cipselo398; Simos, dal naso
camuso, fondatore di Himera399; Phalantos, il calvo, fondatore di Taran
to400; Lamis il gozzuto, fondatore di Megara401 ; Battos, il balbuziente, fon-
388 Athen. IV 1 67d.
389 Hdt. VI 38, l .
390 Pind. P V 93-95.
391 A it. II, fr. 43 Pfeiffer.
392 Thuc. VI 3-5.
393 Vd. supra, 18, 26 ss. , 28 s., dove si discute anche degli altri ecisti achei.
394 Lyc. Alex. 722-724.
395 Vd. supra, 1 8 s . , 24 s., 33.
396 Vd. supra, 18.
397 Paus. VII 1 , 3
.
398 Hdt. V 92.
399 Thuc. VI 5 , 1 .
400 Antioch. , FGrHist 5 5 5 F 1 3 .
40 1 Thuc. VI 1 , 2 .
Gli Achei da//'Aigialeia america alla dodecapoli arcaica 51
datore di Cirene402. Il precoce rapporto di Crotone con Delfi è spiegato
da un lato dal precoce rapporto di Aigion403 e Pellene404 con Delfi, dall'al
tro dal tipo del tripode sulle monete di Crotone a partire dagli anni trenta
del VI secolo e dall'esistenza di un tempio di Apollo Pizio405 a Crotone
all'epoca di Pitagora. Il motivo della colonia imprevista richiama le tradi
zioni su Battos e sui rapporti Tera-Cirene, che sostanziano la storia della
colonia nel VI e V secolo406. Gli oracoli a Myskellos attribuiti richiamano
realtà di VI e V secolo: le vittorie atletiche, la scuola medica, la contrappo
sizione a Siracusa407; il conflitto con Sibari, le polemiche sul possesso di
Crimisa408; la definzione del rapporto con la madrepatria e con la Siba
ritide409. Quanto poi all'apparire del motivo dell'Herakles oikistas'10 esso
non può essere letto come negazione di Myskellos. Pitagora valorizzava
sia l'uno che l'altro motivo41 1 , e non meraviglia, perché l'ecista mitico
Herakles prepara, in quanto precoloniale, ma non esclude l'ecista stori
co. Quanto alla provenienza di Myskellos da Rhypes, tenuto conto del
fatto che si tratta di un centro privo per quel che ne sappiamo di un
qualunque pedigree mitico od eroico, di un centro per il quale le notizie
più antiche non vanno oltre il V secolo, testimoni Eschilo ed Erodoto412,
chi volesse mettere in dubbio il valore della notizia dovrebbe spiegare
perché si è fatto ricorso proprio a questo centro per fornire una città
importante come Crotone di un qualche titolo di nobiltà413.
Su Typhon la tradizione è meno ricca, ma il contesto non muta . Il
nome è eroico414, la presenza di un ecista venuto dalla madrepatria an
che nel caso di una subcolonia415 non fa problema: Metaponto era stata
subcolonia di Sibari ma aveva ricevuto un ecista dall'Achaia416. Quanto
402 Pind. P IV 63; Hdt. IV 155, 1 ; Acesand. , FGrHist 469 F 6; Paus. X 1 5,7.
403 ]on, FGrHist 392 F 17; Mnaseas, FHG III, 1 57, fr. 50.
404 Anaxim. Delph. , FGrHist 404 F l .
40' Jam. VP. 50; 261 .
406 Giangiulio 1989, 1 36 ss.
407 Strabo VI 2,4, 269; 1 ,2, 262 (problema della salubrità di Crotone).
408 Diod. VIII 17. Cfr. Ps. Arist. Mir. 107,1-2 (il dono della cerealicola Crotoniatide da
non rifiutare).
409 Diod. VIII 17 (colonia imprevista e territorio da limitare tra il Lacinio, l'Esaro e
Crimisa).
4 10 C.M. Kraay, A rchaic and Classica/ Greek Coins, London 1976, 181 .
4 1 1 Jam. VP. 40; 50; 52.
4 12 Aeschyl. fr. 745 Mette 284 TGrF Radt ; Hdt. I 145.
=
4 1 3 Nuove prospettive per la valutazione di questo centro si aprirebbero se fosse
definitivamente accertata l'identificazione con l'insediamento di Trapeza: vd. infra, n. 417.
4 1 4 Vd. 00.
m Ps. Scymn. 218; Sol . II 10; Steph. Byz. s.v. Ai:/A.còv.
4 1 6 Cfr. Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 con Strabo VI 1 , 1 5 , 265 .
52 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
alla sua provenienza da Aigion, quello che ora sappiamo su Ano Maza
raki417 ci ha messo di fronte alle realtà sulle quali bisogna allora riflettere:
l'importanza del tempio, per evidenziare il rapporto con Aigion, e con le
aree vicine, quale punto di raccordo tra le varie aree che ne costituiscono
la perioikia. Nello stesso tempo va ricordata l'importanza della tradizione
su una pretesa egemonia rivendicata da Aigion, vittoriosa sugli Etoli, e
rifiutatale da Delfi, che riconfermò invece il primato di Argo418.
Su Leukippos neppure abbiamo molto, ma resta il fatto che è proprio
questo ecista a gestire da un lato il rapporto Achaia-Sibari, dall'altro il
rapporto Metaponto-Taranto, e quindi a pieno titolo coinvolto nelle vi
cende della colonia tra VI e V secolo, come confermano tanto il F 1 2 di
Antioco quanto le monete con il suo tipo coniate da Metaponto nella
seconda metà del IV secolo.
Qualche parola ancora sui culti419. Si suole affrontare questo proble
ma comparando i culti dell'Achaia, ricordati da Pausania per la dodecapoli
achea, con quelli testimoniati nelle colonie achee d'Occidente, mettendo
così in parentesi l'enorme distanza tra documenti che nel loro primo
impianto risalgono al VII o al VI secolo e testimonianze sull'Achaia di
piena età imperiale romana. Si nota l'importanza dei culti di Hera e Po
seidon e si dimentica da un lato il rapporto speciale degli Achei dell' epos
con Hera e il Poseidon di Helike ed Aigai, dall'altro la derivazione delle
colonie dal più antico Aigialòs, che tra Helike ed Argo appunto si snoda
va. Si documentano i rapporti con realtà cultuali arcadiche nord-orienta
li, fliasie, sicionie, corinzie, argoliche, per affermare un dubbio rapporto
delle realtà cultuali delle colonie con la loro metropoli, e si dimentica
che questa è esattamente l'Aigialeia, ambito nella quale da un lato si
collocano le poleis achee citate dal Catalogo e dall'altro le attestate me
tropoli dei coloni occidentali420. Ancora una volta, insomma, è al baga
glio culturale e ideologico che i coloni partiti da queste sedi portarono
con sé, che bisogna far riferimento.
-1 P Petropoulos 2002. La connessione di questo tempio con Rhypes dovrebbe esser
presa in considerazione se Rhypes fosse effettivamente da identificare con l'insediamen
to di Trapeza: cfr. A.G. Vordos, 'Rhypes: à la recherche de la métropole achéenne' , in Gli
Achei (Atti Convegno), 217-234 .
418 Cfr. supra n. 1 2 .
4 1 9 Cfr. M. Osanna, 'Da Aigialos a d Achaia: sui culti più antichi della madrepatria delle
colonie achee di occidente', in Gli Achei (Atti Convegno), 271 -28 1 ; M. Giangiulio, 'I culti
delle colonie achee d'Occidente. Strutture religiose e matrici metropolitane', ibid. , 283-313.
420
Vd. supra, 26 ss. , 28 s.
CAPITOLO II
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca:
le colonie achee*
l . Tutta quanta una corrente di studi, che in Italia ha fatto soprattutto
capo a Giovanni Pugliese Carratelli, ha inteso vedere nei miti precoloniali
un riflesso della presenza micenea in Occidente1 • Questa interpretazione
si fonda - implicitamente o esplicitamente - su due presupposti:
l) la convinzione che la presenza micenea in occidente abbia avuto
una tale forza e capacità da imporre culti e miti alle comunità indigene;
II) che le tradizioni mitiche sviluppatesi in Grecia durante i Secoli Bui,
proprio in ragione della forza di questa presenza micenea in occidente
durante l'Età del Bronzo, abbiano conservato un ricordo di tali frequen
tazioni.
Questa tesi, che ha avuto un suo peso e il grande merito di avere
stimolato ed incrementato gli studi e le ricerche archeologiche sulla pre
senza micenea in Occidente, urta, a mio avviso, e soprattutto oggi, in
alcune gravi difficoltà.
La prima difficoltà riguarda il significato e il valore che noi possiamo
dare ad una tradizione orale: Moses Finley2 ci ha ricordato, fra gli altri,
che una tradizione orale non è assolutamente comparabile con una tradi
zione storica affidata alla scrittura, poiché la tradizione orale non conser-
• Questo studio, nella precedente stesura, è stato pubblicato con analoga intitolazione
in L 'incidenza dell 'antico. Studi in memoria di Ettore Lepore, I, Atti del Convegno Inter
nazionale (Anacapri, 24-28 marzo 1991), a cura di A. Storchi Marino, Luciano Editore,
Napoli 1995, 427-450.
1 La formulazione più completa di questa tesi è nel contributo 'Storia civile', in Megale
Hellas, 3-102, 8 ss.
2 Uso ed abuso della storia. Il significato, lo studio e la comprensione del passato,
Torino 1981 , 6 ss. , 24 ss. [tr. i t. di 7be Use an d Abuse of History, New York 19751 .
54 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
va eventi storici determinati in quanto avvenuti in un certo momento, ma
organizza elementi e ricordi funzionali alla vita di una comunità e serve
piuttosto a legittimare, a fornire patenti, per esigenze sociali e collettive3.
Se noi vogliamo, perciò, ammettere che comunità greche metropolita
ne, attraverso la tradizione orale, nei Secoli Bui durante i quali le relazio
ni con l'Occidente si sono interrotte e per molto tempo non hanno avuto
alcuna regolarità e continuità, possano avere conservato il ricordo di tali
frequentazioni, dobbiamo trovare una risposta alla domanda su quale
funzione poteva avere per comunità, che avevano perduto un rapporto
regolare e continuo con l'Occidente, il ricordare queste frequentazioni.
La risposta a questo tipo di domanda mi pare che a tutt'oggi manchi.
Naturalmente il problema si riproporrebbe negli stessi termini ove
qualcuno pensasse di affidare alle comunità indigene in Italia e ad una
loro eventuale tradizione orale una qualche forma di memoria di queste
frequentazioni.
Né va dimenticato, infine, che al sorgere e perpetuarsi di una tradizio
ne orale connessa alle frequentazioni micenee dell'Occidente fanno an
cora d'ostacolo il fatto che esse realizzano un fenomeno diluito nel tem
po e non connesso ad alcun evento storico determinato che, come l'im
presa di Troia per l'Asia Minore, fungesse da catalizzatore4•
Questa è dunque la prima difficoltà, difficoltà che non si supera certo
ammettendo che i santuari extramurani esistenti in talune delle colonie
d'Italia e Sicilia debbano la loro collocazione ad una volontà dei coloni
di riconoscere e valorizzare luoghi di culto preesistenti e risalenti all'età
micenea5. Tutti gli argomenti che militano contro questa tesi sono stati di
recente ripresi in una lucida sintesi di D. Asheri6 e poco vi è da aggiun
gere a quanto da lui detto.
La documentazione archeologica dimostra che tutti questi tempii sono
posteriori o al più coevi alla colonia. La fondazione di santuari extramurani
è fenomeno generalizzato a tutto il mondo greco e non può essere im
mediatamente spiegata in relazione alle realtà in cui vengono a calarsi le
3 Kirk 1980, 25 ss. , 56 ss. , 306 ss. ; W. Burkert, Mito e rituale in Grecia . Stntttura e
storia, Milano 1 992, 38 ss. [tr. it. di Structure and History in Greek Mythology and Ritual,
Berkeley, University of California Press, 1974] .
4 D. Musti, 'I Greci e l'Italia', in Storia di Roma. l (Roma in Italia), Torino 1988, 39-5 1 ,
4 2 ss.
s G . Pugliese Carratelli, 'Santuari extra murani in Magna Grecia', in Tra Cadmo e Orfeo,
Bologna 1990, 1 37 ss. Cfr. G. Maddoli, 'Per lo studio dei culti greci nell'Italia meridionale',
in Storia del Mezzogiorno, I , l , Napoli 1 99 1 , 397-4 19, 405 ss.
6 D . Asheri, 'A propos des sanctuaires extra-urbains en Sicile et Grande Grèce. Théories
et témoignages' , in Mélanges Pierre Léveque. I: Réligion, éd. par M.-M. Mactoux et E.
Geny, Paris 1 988, 1 - 1 5 .
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 55
varie colonie. Grandi santuari extramurani di Hera esistono, per esem
pio, a Perachora, ad Argo e a Samo, oltre che a Crotone o a Poseidonia:
la loro ragion d'essere andrà, quindi, cercata in tradizioni che trascendo
no la colonizzazione in quanto tale. Il fatto che tali santuari in quanto
coloniali insistono su località costiere, promontori e foci di fiumi, non
serve a provarne un rapporto necessario con le rotte e gli approdi fre
quentati dai navigatori micenei, dal momento che queste rotte e questi
approdi erano anche quelli dei coloni. Immaginare, d'altra parte, che tali
luoghi di culto abbiano origini micenee crea anche altre difficoltà. Oc
corre integrare il pantheon miceneo finora noto con divinità quali Apollo
ed Afrodite, di cui mancano esplicite attestazioni per l'età micenea. Oc
corre dimenticare che le tradizioni mitiche che a tali santuari si connetto
no non sono, nella forma in cui ci sono pervenute, concepibili se non
dopo la definizione dei grandi cicli mitici (argonautico, troiano, di Hera
kles), ai quali appaiono originariamente estraneF.
Difficoltà ancor più gravi nascono, ove si tengano presenti modi e
forme della presenza micenea in Occidente, così come dalla documenta
zione archeologica si evidenziano. Il commercio miceneo in Occidente si
è sviluppato indipendentemente dai grandi centri del potere8. Gli ele
menti micenei che frequentarono le comunità indigene dell'occidente o
vi si stanziarono non lasciano alcuna autonoma traccia di sé in abitati o
tombe e quindi appaiono del tutto integrati nelle comunità che li accol
gono9: pensare in queste condizioni che essi abbiano potuto imporre
culti e determinare tradizioni mitiche appare del tutto fuor di luogo.
Allo stato attuale, quindi, sembra assai più probabile considerare le
tradizioni precoloniali come prodotte dagli stessi coloni al fine di giusti
ficare modi e forme della presenza greca nei luoghi, dotandola di illustri
precedenti10• Una conferma decisiva in questo senso ci pare possa venire
dall'analisi delle tradizioni precoloniali connesse alle colonie achee di
Magna Grecia.
7 D. Musti, 'Lo sviluppo del mito di Filottete, da Crotone a Sibari. Tradizioni achee e
troiane in Magna Grecia' , in Épéios (Actes Colloque), 2 1-35, 24. Cfr. Mele 1 99 1 , 237 s.
8 L. Godart , 'Minoici e Micenei : precolonizzatori e precolonizzati', in Momenti
precoloniali (Atti Convegno), 43-55, 54; Id. , L 'invenzione della scrittura, Torino 1 992, 224
s. Cfr. Bietti Sestieri 1988, 29 s.
9 D . Musti, 'La tradizione storica e l'espansione micenea in Occidente: questioni pre
liminari', in Momentiprecoloniali (Atti Convegno), 2 1 -36, 24 ss. , 33 s . ; Bietti Sestieri 1988,
34 ss. ; M. Marazzi, 'La più antica marineria micenea in Occidente. Dossier sulle rotte
commerciali nel basso Tirreno fino al golfo di Napoli nei secoli XVI-XV a . C . ' , DArch VI ,
l , 1988, 5-22; L. Vagnetti, 'L'encadrement chronologique et !es formes de la présence
égéenne en ltalie', in Épéios (Actes Colloque), 9-20, 14 ss.
10
Mele 1 99 1 , 238 ss.
56 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
2. Le colonie achee si presentano come un caso particolarmente inte
ressante. Esse, come con forza sottolineava Santo Mazzarino1\ sono un
esempio indiscusso di colonizzazione etnica: rappresentano, da Metaponto
a Poseidonia, da un lato, da Metaponto a Sibari, a Crotone e a Caulonia,
e, infine, da Caulonia a Terina, dall'altro, un'area omogenea, progressiva
mente occupata e controllata, la quale appunto perciò consente un'ana
lisi complessiva. Le relative tradizioni precoloniali possono essere perciò
trattate come un sistema, di cui è possibile valutare logica e funzionalità.
I miti precoloniali relativi alle colonie achee, una volta analizzati ed
evidenziati i loro caratteri essenziali, si possono distinguere in due grossi
blocchi: da una parte c'è il blocco che fa capo agli Aiolidai, ad Aiolos ed
ai discendenti di Aiolos, dall'altro c'è il blocco relativo ai Nostoi, cioè agli
eroi coinvolti nella guerra di Troia e protagonisti di un viaggio di ritorno
in patria, che per qualche motivo li vede dirottati. Tra l'uno e l'altro
blocco esistono elementi di continuità. L'area da cui entrambi i blocchi
promanano è, infatti, la stessa ed è l'area eolico-tessala; al passaggio di
Herakles, d'altra parte, fanno riferimento Crotone, Metaponto e Poseidonia,
località i cui miti precoloniali si distribuiscono tra i due diversi blocchi.
Una indiscutibile discontinuità, tuttavia, esiste, in quanto vi è un'area,
che è quella di Metaponto e Poseidonia, che sembra piuttosto legata al
momento eolide, mentre vi è un'altra area, che è quella di Crotone e di
Sibari, che sembra invece piuttosto legata al momento dei Nostoi. Esiste
cioè una differenza di accento tra i miti legati alle due aree, che eviden
temente deve avere una sua spiegazione.
Partiamo dall'analisi del primo blocco, il blocco eolide. Questo bloc
co, in primo luogo, comprende Aiolos, il capostipite, le sue figlie, Mela
nippe o Arne, i suoi nipoti, Beoto e il gemello di questi, anche lui deno
minato Aiolos12: la località achea interessata è Metaponto. Aiolos è pre
sente in questi miti in quanto signore della Tessaglia, nella parte compre
sa tra il fiume Peneios13 o un suo affluente di destra, l'Enipeus1\ a nord,
e l'Asopo maliaco a sud: dunque per le aree a ridosso del golfo Pagaseo
e quello Maliaco.
Entrano in gioco, subito dopo, i miti che si collegano ai figli di Aiolos:
accanto alle citate Melanippe ed Arne di Metaponto, vi è Sisyphos, Aiolides
11 Mazzarino PSC l, 1 1 5 ss.
1 2 Per Melanippe figlia di Aiolos, madre dei due gemelli Aiolos e Boiotos, cfr. in
generale Bernabò Brea 1985, 223 ss. In particolare per Arne, figlia di Aiolos, madre di un
secondo Aiolos e di Boiotos, cfr. Asclepiad. , FGrHist 697 F 26; Diod. IV 67, 5 ; Scbol. in
D.P. 461 . Per Aiolos e Boiotos figli di Melanippe, cfr. in particolare Asio, fr. 5 Bernabé;
Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 ; Diod. XIX 53, 5-6; Strabo VI 1 , 1 5 , 265.
1 3 Eurip. fr. 665 Mette = fr. l ]ouan-Van Looy = fr. 481 , 1 ss . Kannicht; Strabo VIII 7, 1 , 383.
14 Conon, FGrHist 26 F 1 , 27. Per Aiolis = Tessaglia: Diod. IV 67,2; Apd. I 7,3.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 57
di Corinto, egualmente a Metaponto quale padre dell'eroe eponimo15, e
vi sono Kretheus ed Athamas, entrambi collegati a Poseidonia.
Kretheus, l'Aiolides fondatore di Jolkos16, è padre di Aison17, eponimo di
una località tessalica sul golfo di Pagase, nei pressi della stessa Jolkos18•
Spodestato da Pelias, Aison viene vendicato da Giasone, suo figlio, a seguito
della spedizione degli ArgonautP9• Secondo la tradizione poseidoniate il
tempio di Hera alle foci del Sele fu fondato appunto da Giasone e alla
protezione della dea accordata alla sua nave, Argo, si riferisce evidentemen
te l'epiclesi locale della dea, Argonia in Strabone, Argiva in Plinio e Solino20.
Lo stesso discorso vale anche per l'altro figlio di Aiolos, che è Athamas21 ,
signore di Halos e quindi della Ftiotide22, ma egualmente connesso alla
regione del lago Copaide in Beozia23• Egli è prima, da Nephele, padre di
Phrixos ed Helle24, poi sposa Ino, il cui odio verso i figliastri provoca la
fuga di quelli sul famoso ariete dal vello d'oro e pone così le premesse
della spedizione degli Argonauti alla ricerca di questo vello25. Il collega
mento di questo eroe con Poseidonia appare per più versi. Athamas è il
nome di uno dei Pitagorici della città26• Ino, moglie di Athamas, per
sfuggire al marito, che aveva scoperto le sue trame contro Phrixos ed
Helle, si getta in mare presso l'istmo di Corinto, divenendo una divinità
marittima, Leukothea, mentre suo figlio Melikertes, precipitato in mare
con lei ed annegato, diviene, col nome di Palaimon, l'eroe onorato nei
1' Steph. Byz. s. v. Me'tam)vnov; Eustath. In D .P 365 .
16 Cfr. in generale Bernabò Brea 1985, 209, 2 1 3 . Tutta la parte quarta del volume di L.
Bernabò Brea analizza la tradizione su Aiolos e la sua stirpe e in quella sede per ognuno
degli Aiolidai di cui qui si discute possono rinvenirsi vicende, fonti e bibliografia. La
prospettiva ultima in cui le relative leggende e la loro collocazione in Occidente sono
valutate dal Bernabò Brea è, com'è evidente dal titolo stesso del lavoro, del tutto difforme
da quella qui seguita.
17 Od. XI 258; Apd. I 8,2; 1 1 ; 9,16.
18 Bernabò Brea 1985, 2 1 3 .
19 Kretheus era re d i Jolkos e quindi il trono spettava a suo figlio Aison: Pelia dunque
l'aveva usurpato. Per questa vicenda in generale: Apd. I 9,8 ss. e cfr. Bernabò Brea 1985, 213.
20 Strabo V 1 , 1 , 252; Plin. III 5,70; Solin. II 1 2 . Tra i Pitagorici di Poseidonia si trova
ancora un'eco delle tradizioni argonautiche della città, per la presenza di un Thestore
(Jam. VP. 239), omonimo di colui che per taluni era stato il vate per altri il timoniere degli
Argonauti: Schol. in A .R. I 1 39,44a. Riflessi del mito argonautico si volevano presenti
anche nella stessa Acaia, ad Aigeira e Pellene: Schol. in A .R. I 176; Paus. VII 26, 14.
21 Cfr. Bernabò Brea 1985, 2 1 1 ss.
22 Hdt. VII 197; Palaiphat. 3; Apostol. 1 1 ,58. Cfr. Hyg. Fab. 4.
23 Paus. IX 24, 1 -3; 34, 5-6.
24 Cfr. Bernabò Brea 1985, 2 1 1 ss.
2 ' Cfr. K. Keybner, 'Phrixos', RE XX, 1 , 194 1 , 763.
26 Jam. VP. 267, p. 145,9 Deubner. Cfr. inoltre supra n. 20 per un altro significativo
richiamo a questi contesti mitici.
58 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
giochi lsthmici in onore di Poseidon lsthmios, istituiti da Sisyphos, figlio
di Aiolos, e, quindi, fratello di Athamas, o dallo stesso Poseidon27. Ora
Leukothea/Leukosia noi la ritroviamo appunto a Poseidonia, in un con
testo che la lega a Poseidon Enipeus, il Poseidon tessalico che aveva
assunto le forme dell'omonimo fiume28 e che, in forza della sua unione
con Tyrò, come vedremo tra poco, molto ha a che fare con tutti questi
miti valorizzati nelle colonie achee d'Italia.
Sempre in questo contesto, infine, va ricordata ancora la figlia di Aiolos,
Kalyke, madre dell'eroe eleo Endymion, una statua eburnea del quale
era conservata in Olimpia nel thesauros di Metapontol9• Questo stesso
eroe era inoltre padre di Epeio, che figura egualmente a Metaponto,
quale mitico fondatore della città30, ma anche come pilio, in quanto com
pagno di un Nestore, il cui regno è localizzato in Elide nella valle dell'Alfeo
e non in Messenia, giacché in questa stessa veste di eroe pilio Epeo
compare anche in connessione colla fondazione di Pisa in Italia31. L'Epeo
di Lagaria, eroe focidese e costruttore del famoso cavallo grazie a cui
Troia fu presa, che nel tempio di Athena Eilenia consacra gli strumenti
del suo lavoro32, è, infatti, fuori posto quale fondatore di Metaponto, se è
vero che per rendere possibile l'identificazione bisognava , come vedre
mo, alterare la tradizione, spostare i suoi anathemata da Lagaria a Meta
ponto e farne un compagno di Nestore anziché un focidese33.
Per avere però il quadro completo della situazione, bisogna rivolgere
ora l'attenzione al personaggio di Tyrò, figlia di Salmoneus, figlio di
Aiolos, passato in Elide, dove trovandosi un secondo fiume Enipeus,
affluente in questo caso dell'Alpheus, la vicenda di Tyrò pure era collo
cata34: non così tuttavia in Omero e nelle Eoie, dove l'eroina, in coerenza
colle sue origini eolidi, è localizzata in Tessaglia35 . Ella è al centro di un
duplice legame. Unitasi, infatti, a Poseidon Enipeus, il Poseidon venera
to, come già sappiamo, a Poseidonia, genera da lui Pelias e Neleo36. Di
27 Cfr. Bernabò Brea 1985 , 214. Per la connessione cultuale stabilita dall'Eolide Sisyphos
tra Poseidon ed Ino-Leukothea: Pind. fr. 6,5 Snell - Maehler; Paus. I 47-48; II 1 ,3 .
ZB Lyc. Alex. 722-725. L'equivalenza tra cnoç e 9Eoç assicura anche l'equivalenza
Leukosia/Leukothea: cfr. per ulteriore discussione Breglia Pulci Doria 1987, 88, 93-95.
29 Per Kalyke, cfr. Bernabò Brea 1985, 218. Per Endymion e Metaponto, cfr. Paus. VI 19, 1 1 .
30 Paus. V 1 ,3; 1 ,4; 8 . Epeio, fondatore d i Metaponto: Trog.-Justin. XX 2 , 1 ; Veli. Pat. I l .
3 1 Strabo V 2 , 5 , 222; Plin. III 5 , 50; Serv. Ad Aen. X 179; Serv. Auct. ad loc.
3 2 Lyc. Alex. 930, 946-950; Ps. Arist. Mir. 1 08; Strabo VI 1 , 14, 263; Et. M. 298, 25.
3 3 Vd. § 5 .
34 Bernabò Brea 1985, 2 1 3 , 2 1 6 .
3' Hom. Od. XI 2 3 5 ss. ; Hes. fr. 30,24 s s . M.-W.
36 Soph. fr. 657 Radt; Apd. I 9,8- 1 0 . Per le testimonianze più antiche, vd. la nota
precedente.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 59
quest'ultimo e dei suoi discendenti esisteva un culto a Metaponto37• La
stessa Tyrò, unitasi poi al mortale Kretheus38, figlio di Aiolos anche lui e
quindi suo zio paterno, generò da una tale unione Aison, che, in quanto
spodestato dal fratellastro Pelias e padre di Giasone è personaggio essen
ziale della saga degli Argonauti, il complesso mitico che abbiamo visto
valorizzato a Poseidonia, complesso nel quale, come avversario di Aison,
rientra anche l'altro già citato figlio di Tyrò, che è Pelias, fratello di Neleo.
In conclusione, tutte le tradizioni mitiche relative in particolare a Posei
donia e a Metaponto si lasciano spiegare entro la discendenza di Aiolos,
maschile per quanto attiene a Sisyphos, Kretheus, Athamas, Salmoneus,
femminile per quanto attiene a Melanippe, Arne, e soprattutto Tyrò.
Si tratta di un blocco di miti che rispetto alla guerra di Troia si presen
ta come più antico. Neleo, figlio di Tyrò, figlia di Salmoneo, figlio di
Aiolos, rappresenta la terza generazione dopo Aiolos (Aiolos, Salmoneus,
Tyrò, Neleus) , ma a sua volta, in quanto padre di Nestore, rispetto alla
generazione coinvolta nella guerra di Troia si trova nella quarta genera
zione prima della guerra : dopo Neleo, vi sono i suoi undici figli adulti
periti nello scontro con Herakles, c'è Nestore divenuto adulto, e ancora
Nestore ormai vecchio che nella terza generazione dopo la sua prende
parte all'impresa di Troia39. I Neleidi, venerati a Metaponto, dove il culto
risale ai Pilii reduci da Troia, dato il contesto, altri non possono essere,
quindi, che i figli stessi di Neleo, periti quando Nestore era ancora trop
po giovane, nel corso di una vera e propria theomachia contro Herakles
ed Athena, avvenuta a Pilo di Trifilia40 o, secondo un'altra versione, a Pilo
dell'Elide41 , in cui al loro fianco avevano combattuto H era, Hades, Ares,
Poseidon, Apollo42 e in cui s'era in particolare distinto il Neleide Periklyme
nos43. Il livello genealogico era ancora quello di Nestore non ancora adul-
37 Strabo VI 1 , 1 5, 264. Per una caratterizzazione del seguito dei Neleidi come costitui
to da Achei Ftioti ed Eoli, cfr. Diod. IV 68,3.
38 Oltre ai testi citati alla n. 25, cfr. Apd. I 9, 1 1 ; Paus. IX 36,8.
39 Per la genealogia di Neleo, padre di Nestore cfr. K.D. Fabian, 'Tyro', Kleine Pauly 5,
1975, e H. von Geisau, 'Neleus' , Kleine Pauly 4, 1972. Per Nestore e la sua posizione
rispetto agli eroi di Troia, cfr. Il. I 252; Od. II 245.
40 Strabo VIII 3, 14-5, 344. Cfr. Ballabriga 1986, 31 ss. La Pilo cui fa riferimento la
poesia omerica è la Pilo di Trifilia nei pressi dell'Aifeo: Il. II 591-592; Hymn. Ap. 424;
Hymn. Herm. 398. Questa è anche la Pilo presupposta dalla Nestoris come dalla Telemachia:
cfr. E. Meyer, 'Pylos' , RE XXXI I I, 2, 1959, 2 1 1 3-2 1 4 1 .
4 1 Paus. VI 25,2-3. Cfr. Ballabriga 1986, l . c.
4 2 Hera: Il. V 392-394; Panyassi fr. 24 Bernabé. Hades: Il. V 395-397; Apd. II 7,3; Paus.
/. c. Ares: Hes. Scut. 360. Poseidon e Apollo: Pind. 01. IX 28-4 1 . In generale cfr. Il. XI 690-
693 e Schol. D in v. 690.
4-1 Od. XI 286; Hes. fr. 33 a , 1 2 ss. ; 33 b; 35 M.-W. ; Ov. Met. XII 556 ss . ; Apd. I 9,9; II
7,3.
60 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
to: quindi la terza generazione prima di Troia. Sempre rispetto alla guerra
di Troia, un livello genealogico più prossimo esprimeva la spedizione de
gli Argonauti, a cui parteciparono, per !imitarci ai nomi più noti, eroi come
Peleo, Telamone, Laerte, i cui figli combatterono invece a Troia: siamo,
dunque, nella generazione che immediatamente precede la guerra44•
Questo blocco di miti non è, dunque, immediatamente comparabile
con quello degli eroi dei Nostoi ed è, in ogni caso, concepito per una
grecità che non intende ancora prendere atto del ruolo dei Dori45.
3. Abbiamo, dunque, un gruppo di eroi che appartengono alla Tessa
glia, in particolare alla Ftiotide, alla Beozia, all'Istmo di Corinto e all'Elide,
in quanto terre di Eoli, e in quanto terre ancora non toccate dai Dori:
quale significato e che valore possiamo dare, alla presenza nelle colonie
achee d'Occidente di questi miti relativi agli Aiolidai? La spiegazione
credo si possa dare tenendo conto di una serie di circostanze che il
rapporto con le tradizioni dell'Acaia peloponnesiaca permette alla fine di
chiarire.
Un primo dato da tener presente è che la fondazione di Metaponto, la
fondazione di Poseidonia e la guerra contro Siris sono eventi cronologica
mente e politicamente connessi. La fondazione di Metaponto cade intor
no al 630 a.C.46; Poseidonia nasce in una data assai vicina agli inizi del VI
secolo47, quindi nella generazione subito successiva; la distruzione della
jonica Siris tutto lascia credere che spetti ad un'epoca non lontana dagli
anni intorno al 570/56048, che di nuovo significa generazione immediata
mente successiva . I tre eventi sono dunque in progressione, parte evi
dente di un unico disegno e questo nella tradizione emerge.
Secondo l'autorevole testimonianza del siracusano Antioco, la fondazio
ne di Metaponto si dovette ad Achei fatti venire dai Sibariti che ne guidaro
no le mosse facendo appello ad una solidarietà etnica di segno antidorico49•
Secondo Pompeo Trogo, che attinge, tramite Timeo probabilmente50, ad
44 Achille, Aiace ed Odisseo combattono a Troia, Peleo, Telamone e Laerte si imbarca
no con Giasone: Apd. I 9, 16. In Iliade VII 467-469 coerentemente compare Euneo figlio
di Giasone quale signore di Lemno.
4 5 È questo il senso di tradizioni che Aiolos e i suoi collocano in Tessaglia, nella
Grecia centrale e nel Peloponneso dove appaiono attivi unicamente i discendenti di
Aiolos e degli Aiolidai. Per la bibliografia cfr. supra n. 1 2 .
46 Greco 1992, 4 4 ss.
47 Greco 1992, 69 ss.
4A De La Genière 1 99 1 , 63 (con precedente bibliografia).
49 Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 .
� Trog.-Justin. XX 2 , 3 . Quanto alla fonte i n favore d i Timeo, piuttosto che d i Teopompo,
parla sopra tutto la visione continuista con cui si guarda al rapporto tra fondazioni eroi-
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 61
una tradizione filolocrese e filopitagorica51, la distruzione di Siris fu conse
guenza di una coalizione achea tesa all'eliminazione di ogni altra presenza
greca etnicamente diversa. Del resto, anche Antioco a proposito di
Metaponto aveva aggiunto che dalla sua fondazione, etnicamente motiva
ta come si è visto, discendeva il diritto ad occupare anche la Siritide. E
Pompeo Trogo ragionava allo stesso modo ponendo in diretto rapporto la
fondazione di Metaponto e la crociata achea contro Siris. La tradizione su
Poseidonia non è purtroppo molto dettagliata per poter sperare di ricavar
ne qualcosa in proposito, ma resta pur sempre il fatto che la sua fondazio
ne cade intermedia tra la fondazione di Metaponto e la distruzione di Siris,
e si colloca per forza di cose nella stessa temperie politica52•
A proposito di questa temperie qualche ulteriore considerazione è
possibile53. La tradizione su Melanippe o Arne figlia di Aiolos, sul suo
rapporto con Poseidon, cui segue la nascita dei due gemelli Aiolos e
Boiotos, prevede il trasferimento dei due piccoli a Metaponto e l'inizio di
una vicenda di cui è vittima la moglie di Metapontos, l'eroe eponimo
della colonia achea54• Ciò che è significativo in queste tradizioni è che
questa moglie è o immediatamente Siris55 o una sua controfigura. Tale è
certamente Theanò, che per essere il nome della sacerdotessa di Athena
a Troia immediatamente rimanda al culto di Athena Ilias, che tanta im
portanza ebbe nella storia di Siris, in particolare al momento della sua
distruzione56. Non diverso il caso di Autolyte, letteralmente «colei che è
legata allo stesso guinzaglio•, un nome che immediatamente richiama il
legame che fin dall'inizio ha unito Siris a Metaponto57• La vicenda viene
tra l'altro raccontata secondo due ottiche diverse, una antisirita che è
che e fondazioni storiche. Cfr. per questo aspetto caratteristico della visione timaica :
Musti 1988, 58 s. Per una bibliografia generale su questo luogo di Giustino vd. G. De
Sensi Sestito, 'La storia italiota in Diodoro: considerazioni sulle fonti per i libri VII-XII', in
Mito, storia, tradizione: Diodoro Siculo e la storiografia classica, Atti del convegno inter
nazionale (Catania-Agira, 7-8 dicembre 1984), a cura di E. Galvagno e C. Ventura Molè,
Catania 1 99 1 , 1 25-152, 135 n. 5 1 .
5 ' Mele 1 986, 1 1 ss.
52 Al contesto acheo in cui si inseriscono le tradizioni di Poseidonia un primo somma
rio cenno ho già fatto in 'Da Poseidonia a Paestum', in Paestum, 25-33, 27 s.
s 3 Cfr. supra n. 1 2 per la bibliografia.
54 Eurip. fr. 496 Nauck = 665 Mette 25 Jouan-Van Looy 496 Kannicht (apud Athen.
= =
XII 523d); Tim. FGrHist 566 F 52; Athen. XII 523d; Schol. in D.P. 461 .
55 Schol. in D.P. 461 .
56 Hyg. Fab. 186. Per Theanò moglie di Antenore e sacerdotessa di Athena Iliaca:
Horn. Il. V 70; VI 298, 302 ; XI 224.
57 Diod. IV 67,3-7. Cfr. in particolare: Antioch. , FGrHist 555 F 12 (sorte di Siris inscindibile
da quella di Metaponto); Scho/. in D.P. 461 (Siris prima moglie di Metaponto; Eustath. In
D.P. 368 (Siris primo nome di Metaponto).
62 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
quella di Melanippe, l'altra filosirita , quella che introduce Arne, per cui
non pare esser dubbio il fatto che il mito nelle sue due versioni intervie
ne a giustificare o invece condannare la fine di Siris, collegandosi per ciò
alle polemiche relative al sacrilegio dagli Achei commesso nel distrugge
re Siris58. Ciò che allora va sottolineato in queste tradizioni è che a provo
care la fine di Siris è il legame stabilito da Metaponto con la figlia di
Aiolos ed i nipoti di quest'ultimo, Aiolos e Boiotos. In altri termini la
versione mitica dello scontro tra la coalizione achea e Siris identifica
come Aiolidai di provenienza tessalica e beotica gli avversari della città
distrutta .
Tutto ciò diviene perfettamente chiaro se si rivolge l'attenzione all'A
chaia ed alle sue tradizioni. La posizione dell'Achaia del Peloponneso
rispetto a questi complessi mitici può essere restituita utilizzando una
serie di dati, che furono a suo tempo e in maniera egregia studiati da
Filippo Càssola : le genealogie degli eponimi delle varie stirpi greche e in
particolare quella dell'eponimo degli Achei, Achaios, che, rappresentan
do l'identità della stirpe degli Achaioi, ne rappresenta anche, colle diver
se vicende genealogiche che incarna , la storia59.
Una genealogia di Achaios si rinviene nei frr. 9, 10, 1 0a delle Eoie.
L'ultimo di questi frammenti, pubblicato nel 1981 , non era ancora noto,
quando il Càssola completava il suo studio, ma esso serve a completare
la testimonianza del già noto fr. 10, dandoci precisa attestazione della
discendenza di Xouthos e di Aiolos: il quadro che ne esce è esattamente
quello che, almeno per via di ipotesi, era già ascrivibile alle Eoie. Si tratta
della genealogia che fa Xouthos, sposo di Kreiousa, figlia di Erechtheus,
e padre di Achaios ed ]one Cfr. 1 0a, 20-24) e fa Doros, Xouthos ed Aiolos
i figli di Hellen Cfr. 9 M.-W.). Questa genealogia di Achaios, studiata dal
West nel suo commento alle Eoie, è stata da lui datata al VI secolo6o. A
dargli ragione sono gli elementi attici e jonici valorizzati in questa
genealogia , elementi che hanno precisi agganci con l'età e gli interessi
dei Pisistratidi. Il collegamento di Xouthos colla Tetrapoli di Maratona61
58 Il carattere antisirita della tradizione di Melanippe è evidente in Euripide (fr. 495
Nauck = 664 Mette = 20 Jouan-Van Looy = 495 Kannicht) ed in Hyg. Fab. 1 86, dove è il
fallito tentativo di eliminare a tradimento Aiolos e Boiotos a provocare la giusta punizio
ne della donna che rappresenta Siris. Al contrario, nel caso di Arne, in Diodoro IV 67,4-
5 come in Schol. in D.P 461 , sono i gemelli istigati dalla loro madre a tentare la presa
violenta del potere e ad uccidere Siris, e il loro allontanamento da parte di Metaponto è
la giusta punizione di una comune colpa.
19 Càssola 1953, 279 ss.
60 M. L. West, Tbe Hesiodic Catalogue of Women . Its Nature, Structure, and Origins,
Oxford 1 985, 143, 1 64, 1 68 s.
61
Conon, FGrHist 26 F 1 , 27; Strabo VIII 7 , 1 , 383. Cfr. IG I 1 90.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 63
ad esempio e il collegamento di Jone a quella parte dell'Attica che è
rivolta verso l'Eubea62, il richiamo stesso a Jone e quindi alla Jonia, ri
mandano ad un'epoca di stretto collegamento tra l'Eubea e l'Attica set
tentrionale e alla rivendicazione di un primato rispetto alla Jonia che ben
si attagliano all'epoca dei Pisistratidi, legati a Maratona63 e all'Eubea64 da
un lato, e alla parentela con i Neleidi, leaders della migrazione ionica
dall'altro65. Per questi motivi la datazione bassa di questa genealogia
appare convincente. Proprio questa presente nelle Eoie, e sulla quale avre
mo modo di tornare, non è, però, la genealogia più antica. Prima di
questa genealogia si può documentare una sequenza più antica in cui
Aiolos era il capostipite delle stirpi greche e nella quale i Dori, i quali,
nella genealogia pseudoesiodea di VI sec . , entrano in gioco attraverso il
rapporto Hellen-Doros, non entrano ancora . Questa genealogia faceva di
Zeus il padre di Aiolos e di Xouthos un figlio di Aiolos66, ed era una
genealogia non attica e più antica perché portata in occidente dai coloni
calcidesi, che conoscevano Xouthos come figlio di Aiolos ed eponimo di
Xouthia, nel territorio di Leontini67. In questa genealogia Achaios compa
riva non solo come figlio di Xouthos e quindi come nipote ed erede
diretto di Aiolos, ma anche come figlio primogenito di Xouthos: Jone
non si sa neanche con certezza se fosse presente in questa genealogia .
In tale più antico contesto, che appare già vitale sul finire del VIII
secolo, quando i Calcidesi si insediavano in Sicilia, Achaios evidenzia
una caratterizzazione fortemente eolico-tessala ed euboica, con Aiolos
padre tessalico dell'euboico Xouthos, padre a sua volta di Achaios; carat
terizzazione tanto più forte in quanto in tale genealogia non veniva valo
rizzato l'elemento dorico e si realizzava una prevalenza dell'elemento
acheo sull'elemento ionico .
62 Alla connessione di Xouthos con Thorikos, Kreiousa moglie di Xouthos e madre di
Kephalos di Thorikos (Hyg. Fab. 1 60), Xouthos nonno di Kephalos (Apd. I 9,4), corri
spondono gli ]onidai a Thorikos (Schol. in Piat. Apol . 23), onori divini ad ]one, sepolto a
Potamioi, presso Thorikos (Paus. I 3 1 ,3). Jone passava inoltre per figlio di Gargettos,
Paus. VII 27,7.
63 Hdt. I 62, 1 ; VI 102: attestano un rapporto privilegiato con l'area di Maratona.
64 Hdt. I 6 1 , 2-3; Arist. AP 1 5,2, attestano un rapporto privilegiato con Eretria. Simpatie
fllotiranniche c'erano anche a Calcide, cfr. Hdt. V 74 e 77, in quanto avversa agli Alcmeonidi
e a Clistene.
6s
Hdt. v 65, 3; D.L. I 53.
66 È la genealogia valorizzata nello jone di Euripide, 63, 392, 1 099, 1 296-1 298 (Aiolos
figlio di Zeus e padre di Xouthos); 1 589-1 594 (Doro e Achaios figli naturali di Xouthos,
]one figlio di Apollo adottato da Xouthos).
67
Diod. V 8; Schol. HQ in Horn . Il . I 2; Schol. in Horn . Od . X 6; Eustath. In Od . X 5,
1 645,27.
64 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Questa tradizione avevano dunque alle spalle i coloni achei che fon
davano Metaponto e Poseidonia e si accingevano ad eliminare Siris, ed i
punti di contatto con la forte caratterizzazione eolico-tessala che allora
essi si davano sono evidenti. Ma c'è dell'altro. Anche per gli Achei del
Peloponneso è attestata la tradizione che essi fossero di stirpe eolica e
discendenti degli Achei della Tessaglia . Questa tradizione, che riceveva
conforto dall'omonimia esistente tra la capitale religiosa degli Achei in
età arcaica, Helike68, e una città della Ftiotide ricordata nello Scudo pseudo
esiodeo69, è ampliamente ed autorevolmente attestata almeno a partire
dal V secolo: se ne fanno garanti Erodoto, Eforo, lo storico locale Autocrate,
Strabone, Pausania70•
Erodoto in particolare attesta anche l'originaria collocazione degli Achei
peloponnesiaci in Laconia71 , la stessa cui fa riferimento il suo contempo
raneo Antioco72, rivelando così e la portata complessiva della tradizione
riferita da Antioco solo per la parte che a proposito della fondazione di
Metaponto e di Siris gli interessava, e la concordia che su tutta codesta
questione nel V secolo esisteva tra le fonti metropolitane, da cui egli
attingeva, e quelle occidentali, da cui attingeva lo storico siracusano.
Non va dimenticata, infine, un'altra circostanza. L'Acaia peloponnesiaca
pretendeva una parentela con gli Eoli d'Asia, giacché uno dei figli di
Tisameno, figlio di Oreste e signore degli Achei della Laconia scacciati
dai Dori, Kometes portò gli Achei nell'Eolide, mentre uno dei figli di
Penthilos, il capostipite dei Penthilidi di Mitilene nell'Eolide, si unì ai figli
di Tisamenos nell'occupazione dell'Achaia73. La circostanza torna nel mito
68 Aeschyl. fr. 745 Mette = 284 TGrF Radt; Hdt. I 145; Polyb. Il 4 1 ,7; Strabo VIII 7, 1-2,
384-385; 7,4, 385; Paus. VIII 24-25,4.
69 Hes. Scut. 381 .
70 Hdt. 11 98; Ephor. , FGrHist 70 F 1 1 8 = Strabo VIII 5 , 5 , 365 ; Autocr. , FGrHist 297 F 2 ;
Strabo VIII 1 ,2, 333; 7, 1 , 383-384; Paus. VII 1 ,6.
7 1 Hdt. VIII 73. La tradizione erodotea, che fa degli Achei una popolazione originaria
dello stesso Peloponneso, trova una perfetta corrispondenza con l'offerta che gli Achei
fanno a Zeus Olimpio: i campioni achei che aspettano il sorteggio per poter affrontare
Ettore sono accompagnati da un epigramma in cui gli Achei offerenti si definiscono
discendenti di Pelope. L' anatbema, che in quanto opera di Onatas di Egina cade verisimil
mente tra 475 e 450 a . C . , esprime, infatti, da un lato l'equivalenza Achei di Acaia-Achei
omerici, dall'altro rivendica agli Achei stessi una presenza nel Peloponneso risalente
tramite Pelope alle origini stesse del territorio da questo eroe denominato. Quando la
stessa tradizione viene ripresa da Eforo, F 1 18, si trova espressa in questi termini: Achei
Ftioti vennero in Laconia, che allora divenne Argo Achea.
72 Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 . La tradizione è quella prevalente anche dopo: Ephor. ,
FGrHist FF 1 17-1 18; Polyb. II 4 1 ,4; Strabo VIII 5,4, 365; 7 , 1 , 383-384; Paus. VII 1 ,6-7.
73 Kometes in Eolide: Demon, FGrHist 327 F 17 = Scbol. Eur. Rhes. 251 Schwartz;
Paus. VII 6,2. Cfr. Phot . , Sud. s. v. ecrxa'toç Moooov. Damasias figlio di Penthilos signoreggia
gli Achei assieme ai cugini figli di Tisameno: Paus. V 1 ,3; VII 6,2.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 65
metapontino di Aiolos, che dopo la conclusione della vicenda di Melanippe
e la sua unione con Metaponto, parte per la Propontide74, mentre il ge
mello Beoto, non ancora essendo passati i Beoti nella Beozia, torna in
Tessaglia a raccogliere l'eredità del nonno Aiolos .
La conclusione sembra obbligata : noi abbiamo , attraverso questa
genealogia e questi dati la prova che il blocco delle tradizioni eoliche
presenti a Metaponto e Poseidonia è coevo alle fondazioni coloniali ed
esprime quel particolare momento storico che vede il mondo acheo di
Magna Grecia da un lato compattato al suo interno, dall'altro in stretto
contatto colla madrepatria e la sua storia mitica.
4. E veniamo ora al secondo blocco di tradizioni, il blocco cioè dei
Nostoi. La situazione si presenta nei termini che seguono. Per quanto
riguarda Poseidonia, l'unica connessione che noi abbiamo è costituita da
Leukosìa, che diventa a un certo momento una delle tre Sirene onorate
sul promontorio sorrentino, connesse, come è ben noto, all'ambientazione
occidentale del nostos di Odisseo75.
Ancora ai Nostoi si collegano, e questa volta a Siris e in una tradizione
filoachea ed antionica, i Troiani di Siris, vittime dell'empietà degli jonF6.
A Metaponto, infine, troviamo il culto dei Neleidi introdotto dai compa
gni di Nestore, primi fondatori della città77 e la tradizione di una fonda
zione ad opera di Epeo, diventato perciò compagno di Nestore, di un
Nestore eleo se è vero che condivide con lui, come già di sopra accenna
to, anche la fondazione di Pisa in Italia, che alla Pisa in Elide deve il suo
nome78. Sempre a Metaponto il culto di Artemis veniva fatto risalire ad
Achei reduci da Troia79.
Questi sono gli unici riferimenti al mito troiano testimoniati in uno
spazio caratterizzato, invece , da un solido ed ampio riferimento alle tra
dizioni eolidi . Ma non c'è solo questo: c'è inoltre da registrare, in que
st'area, una evidente recenziorità e debolezza dei riferimenti al mito troiano.
Per cominciare un'evidente innovazione è la sirena Leukosfa . Leukosfa
come nome di una delle tre Sirene attive sul promontorio sorrentino
"< Hyg. Fab. 186. Per gli Achei come Eoli: Strabo VIII 1 , 2, 333.
7' Lyc. Alex. 722-725 e Schol. ad loc.; Strabo II 5,9, 1 23; VI 1 , 1 , 252; Plin. N.H. II 66;
Eustath. In D.P. 358.
76 Strabo VI 1 , 1 4, 264 : gli Joni che avevano conquistato la città togliendola ai Choni
furono i responsabili del sacrilegio contro Athena Iliaca . Invece negli Scholl. in Lyc. 984,
987, 989, 990 Scheer, i Crotoniati appaiono solidali coi Troiani contro gli ]oni invasori, ma
restano ancora gli autori del sacrilegio.
� Strabo VI 1 , 1 5 , 264 .
7" Cfr. supra, nn. 3 1 , 32.
7 9 Bacchyl. X 1 1 4, 1 26.
66 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
altera il dato omerico, poiché la tradizione america prevede due Sirene
anonime, ed altera anche il dato esiodeo, perché il dato esiodeo prevede
ancora, come pare, due Sirene, ed in ogni caso tra i nomi delle Sirene
alla tradizione esiodea riconducibili mai compare il nome di Leukosia80•
Ora se da un lato il complesso sorrentino delle Sirene innova e rispet
to alla tradizione america e a quella esiodea , altera anche la funzione
stessa di una Leukosia/Leukothea nel contesto argonautico poseidoniate,
nel quale essa trova il suo posto naturale sul versante antitetico rispetto a
quello rappresentato da Hera e da Giasone. È Ino, come s'è visto, la
responsabile della partenza dell'ariete dal vello d'oro verso la Colchide
ed è Poseidon Enipeus il responsabile della nascita di Pelias, l'antagoni
sta dello stesso Giasone, oltreché la divinità marina che accoglie Ino/
Leukothea ed il figlio Melikertes nel suo spazio sacro all'Istmo di Corintd1 .
Anche per quanto riguarda i Troiani di Siris, noi possiamo rilevare la
contaminazione. La Siris a cui si contrappongono figlia e nipoti di Aiolos
si colloca genealogicamente ad un livello assai anteriore alla distruzione
di Troia; quando perciò l'antagonista rispetto a costoro divenne Theanò
e si allude così al culto di Athena Ilias è chiaro che si è operata una
contaminazione tra un blocco più antico e un blocco più recente. D'altra
parte la versione più antica , convalidata dal ricorso all'Apollo di Delfi e
da offerte di Metapontini e Crotoniati al dio, essendo quella che faceva
gli Joni loro avversari, attribuiva l'empietà commessa contro la dea non
agli Joni, ma proprio agli Achei82•
L'episodio è comunque significativo giacché dimostra che è nel clima
della crisi della compagine acheo-sibarita , dalla tradizione assegnata al
l'epoca posteriore alla distruzione di Siris83, che la tradizione eolica si
indebolisce e cominciano ad affiorare riferimenti alle vicende troiane . E
la cosa non meraviglia, se è esatta l'interpretazione proposta per le tradi
zioni eolidi.
Considerazioni analoghe consentono anche l'analisi della tradizione
relativa al culto dei Neleidi a Metaponto in quanto riferito ad una fonda
zione della città ad opera di Pilii, compagni di Nestore, sbarcati nella
zona84 . Anche in questo caso i segni della recenziorità e dell'innovazione
sono individuabili. Per cominciare la fondazione pilia di Metaponto è
parallela, come si è detto, a quella di Pisa ad opera dei compagni di
Nestore o di Epeo trasformato in compagno di Nestore egli stesso: come
HO Per tutto questo problema, cfr. Breglia Pulci Doria 1 987, 87-88, 93-95 .
81 Cfr. n. 28.
82
Cfr. n. 27.
83 Trog.-Justin. XX 2,4. Cfr. Lyc. Alex. 985 ss.
84 Trog.-)ustin. XX 2,5 ss.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 67
dunque la notizia su Pisa nasce dall'accostamento tra il toponimo italico
e quello eleoBS, così la notizia su Metaponto nasce dall'accostamento tra
il toponimo magno-greco ed i Metapioi dell'Elide86• In secondo luogo il
collegamento tra questa pretesa fondazione ed il culto funebre dei Neleidi
è addotto, nella fonte da Strabone seguita, appunto come prova di que
sta fondazione87• Non era dunque la fondazione pilia che serviva a con
validare il culto, ma era vero proprio il contrario: le due tradizioni erano
cioè in connessione nell'ottica della fonte, ma non in origine . Un culto
dei Neleidi a Metaponto introdotto dai compagni di Nestore, trova infatti
una sufficiente giustificazione nel contesto mitico e culturale eolide ed in
particolare nel collegamento di Sisyphos con Metaponto88, dal momento
che tra quest'ultimo e Neleo esisteva un legame antichissimo, attestato
da Eumelos, secondo il quale Neleo era morto a Corinto e Sisyphos lo
aveva seppellito presso l'Istmo, riservando solo a sé la conoscenza del
luogo della sepoltura89• Una tomba di Neleo ed una di Sisyphos erano, a
detta di Pausania'}(\ malgrado ciò, dai Corinzi indicate nell'area sacra di
Poseidon all'Istmo. Inutile ricordare , a questo punto, che Neleo era figlio
di Tyrò e di Poseidon Enipeus.
Su Epeo compagno di Nestore e fondatore di Metaponto si è già fatta
qualche anticipazione: è ora il momento di riprenderle e completarle.
Epeo, eponimo dell'antica popolazione dell'Elide che sono gli Epei91 ,
rientra molto bene nel blocco eolico, in quanto figlio di Endymione, ed
Endymione appunto veniva onorato nel thesauros dei Metapontini ad
Olimpia92. Epeo, in quanto eroe focidese e costruttore del famoso caval
lo, era connesso a Lagaria , una località presso Siris per Licofrone, presso
Metaponto secondo il pseudo Aristotele, tra Turi ed Eraclea secondo
Strabone93. Qui l'eroe era stato costretto a fermarsi e nel locale tempio di
85 Cfr. supra e n. 3 1 .
86 Dialectornm Graecarnm exempla epigraphica potiora, ed. E . Schwyzer, Hildesheim
1 960 [Leipzig 1 923), 4 1 4 . I Metapioi ivi citati sono indizio di una Metapa presso Olimpia,
sull'Alfeo.
87 Strabo VI 1 , 1 5 , 264 .
88 Steph. Byz. s.v. Metan6vttov .
89 Eumelos, fr. 6 Bemabé.
90 Paus. II 2,2.
91 Epeios figlio di Endymion, Paus. V 1 ,4; V 1 ,8- 1 1 ; re di Elide, Ibyc. fr. 284 Page;
nonno di Amarynkeus, capostipite dei re degli Epei, cfr. Horn. Il. II 622, IV 5 1 7 , XXIII 630;
Hes. fr. 12 M.-W.
92 Endymion figlio di Aethlios e di Kalyke, figlia di Aiolos: Hes. fr. 10a,57 ss. M.-W. ;
Aethlios stesso passava per altri per figlio di Aiolos: Paus. V 8, 1-2. Statua di Endymion
nel thesauros dei Metapontini a Olimpia : Paus. VI 9, 1 1 .
93 L'Epeios omerico è figlio del focidese Panopeo (//. XXIII 665; Asio fr. 5 , Bemabé;
Lyc. Alex. 932 ss.) e di Lagaria (Scho/. in Horn. Il . /.c.) e come tale fonda in Italia una La-
68 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Athena aveva depositato gli strumenti della sua arte. Con la tradizione
che ne fa il fondatore di Metaponto e trasferisce nella città anche gli
strumenti originariamente depositati a Lagaria94, siamo dunque di fronte
a uno sradicamento dell'eroe dal suo contesto sirita a favore di Metaponto,
parallelo alla collocazione di Lagaria, prima nello spazio di Siris con
Licofrone poi in quello di Metaponto col pseudo Aristotele, e da riferire
evidentemente all'epoca successiva alla distruzione di Siris95. L'integra
zione dell'eroe nel patrimonio mitico preesistente a Metaponto rese però
necessarie alcune modifiche. La tradizione eolide aveva avuto un suo
rappresentante a Troia nel Neleide Nestore; ed aveva già un Epeo, quale
figlio di Endymione: l'eroe arrivato da Lagaria dovette tenerne conto
rinunciando alle sue origini focidesi e divenendo in quanto pilio disponi
bile per la fondazione di Metaponto. L'eroe pilio è perciò manifesto frut
to di contaminazione ed innovazione e di nuovo la distruzione di Siris
appare come terminus post quem per tali operazioni.
Quanto, infine , al culto di Artemis metapontina, la tradizione attestata
per noi da Bacchilide, appare regolarmente contraddetta dalla tradizione
eolico-mitica sulla distruzione di Siris, che connette alla festa di Artemis
metapontina il tentativo di Theanò di far eliminare Aiolos e Boiotos96.
5. Le tradizioni connesse al mito troiano hanno invece una netta pre
valenza nel territorio di Crotone e di Sibari, dove troviamo le due figure
di Filottete e di Tlepolemo, insediate nell'area di confine tra le due città,
la figura di Achille in connessione col tempio di Hera Lacinia97•
Noi sappiamo che vi è un culto di Achille all'Heraion di Crotone così
come ve ne è uno per la di lui madre Teti98. Tanto il culto della dea
Hoplosmìa e quindi armata , quanto il rituale legato ad Achille presenta
no repliche in Elide : e dunque ritornano caratteristiche già notate nei
complessi mitico-cultuali di Metaponto99.
Sappiamo anche che a questo culto era legato l'episodio di Leonimo,
pugile crotoniate e stratego, ferito nel corso della battaglia della Sagra ,
inviato dalla Pizia nell'isola di Achille nel Ponto per esservi guarito, se-
garìa e qui, nel tempio di Athena Eilenia, lascia i propri strumenti di lavoro (Lyc. /. c. ; Ps.
Arist. Mir. 1 08; Strabo VI 1 , 14, 263) .
9' Trog.-Justin. , XX 2, 1 : Epeio, fondatore di Metaponto, dove, nel tempio di Athena, si
trovano ora i suoi strumenti di lavoro.
9' De La Genière 1 99 1 , 57.
96 Hyg. Fab. 186.
9 " Lyc. Alex. 857 ss. ; Scbol. in Verg. Aen . III 552; cfr. infra.
9" Lyc. Alex. 858 e Tz. ad loc. Cfr. Giangiulio 1 989, 55 s. Il volume del Giangiulio va
tenuto presente per tutta l'analisi sui culti e i miti di Crotone arcaica .
99 Paus. VI 23,3. Cfr. Giangiulio 1989, 1 23 ss.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 69
condo un rituale che ripeteva quello adottato da Achille per guarire la
ferita da lui inferta a Telephos100•
Tutto questo complesso mitico-cultuale appare perfettamente vitale
nel VI secolo . Le lamentazioni delle donne di Crotone per Achille al
Lacinio trovano un parallelo nell'analogo rito compiuto nell'antico gin
nasio di Olimpia alla vigilia delle gare101 . La presenza di questo stesso rito
a Crotone è perfettamente comprensibile . Crotone aveva un particolare
interesse per gli agoni olimpici, che si concretò in una partecipazione
continua e regolare dei suoi atleti, in tutta una serie di vittorie che inte
ressano gli anni dal 588 al 488 a.C. 102 e alla fine, dopo il 510, anche nella
creazione di olimpiadi a Crotone stessa103• L'interesse per i culti di Olimpia
si confermò, d'altra parte, a Crotone, nel momento dello scontro con
Sibari, con l'ospitalità concessa allo jamide Callia, membro di una fami
glia di vati operante ad Olimpia, e con la concessione dopo la vittoria di
particolari onori, confermati poi anche ai suoi discendenti. Non vanno
infine dimenticate altre due circostanze, che cioè a rivolgersi ad Achille
per la guarigione era un pugile, e che il IV Idillio teocriteo connette
atletica, partecipazione ai giochi olimpici e culto di Hera Lacinia104• Mito
e culto di Achille, quindi, hanno una presenza nel VI secolo sicura e
vitale, che tanto il rapporto con le vittorie degli atleti crotoniati ad Olimpia
quanto le vicende del dopo Sagra ancorano già nella prima metà del
secolo. Non va inoltre dimenticato che la battaglia della Sagra nella tradi
zione figura come la conseguenza della distruzione di Siris105 . Pure in
questo caso ritorna perciò il legame tra la valorizzazione di eroi troiani e
il dopo Siris .
Anche il culto di Filottete appare vitale nel corso del VI secolo. Lo
vediamo, infatti, affiorare in relazione alla crisi dei rapporti tra Crotone e
Sibari ed alla definizione dei confini tra le rispettive chorai. Questo pro
blema, che diviene attuale dopo la vittoria su Sibari, appare centrale
nell'oracolo che limita la Crotoniatide all'altezza della sacra Crimisa106, un
oracolo, che per la tensione che lo anima appare inconcepibile all'epoca
della collaborazione etnica tra gli Achei e dell'egemonia di Sibari, mentre
1 00 Paus. III 19, 1 1 - 1 3 ; Conon, FGrHist 26 F l, 18; Paus. III 19,9 ss. ; Herm. in Phaedr.
243a, 75 Couvreur. Leonimo era un pugile: Tert. An. 46,9. Cfr. Giangiulio 1989, 245 ss.
101 Cfr. da ultimo Giangiulio 1989, 102 ss.
102 Cfr. Mele 1986, 44 ss.
103 Heracl. Pont. fr. 49 W. ; Ps. Scymn. 348-356; Athen. XII 522c; D . P. 372-374 e Scholl.;
Eustath. In D .P 373.
1 04 Hdt. V 45,2; Theocr. IV 6,20-22, 29, 34 s.
1 05 Trog.-Justin. XX 2 , 1 0 .
106 Diod. VIII 17. Cfr. per l'ampliamento dei confini: Ps. Arist. Mir. 1 07; Trog.-Justin.
XX 1 , 16; Jam. VP. 255.
70 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
si trova a perfetto agio nel clima delle polemiche successive alla vittoria
su Sibari. Si ricordi che il confine settentrionale di Crotone risultò modi
ficato dopo la vittoria che comportò l'acquisizione di una parte del terri
torio sibarita 107 •
A tali modifiche indubbiamente si collega lo spostamento delle frecce
di Filottete, dal tempio di Apollo Alaios presso Crimisa, a quello di Apollo
a Sibari, sicché più tardi Turi si trovava in possesso e della tomba e delle
saette di Filottete e ne faceva il proprio fondatore108• Il carattere antisibarita
dell'operazione attuata da Crotone emerge con chiarezza dalla testimo
nianza del pseudo Aristotele109, che facendo parlare i superstiti di Sibari
fa da loro sottolineare che le frecce appartenevano al tempio dell'Alaios
e che solo in forza del dominio crotoniate sull'area il trasferimento poté
aver luogo. Poiché, come appare dalla testimonianza di Pompeo Trogo110,
Turi si vantava invece del possesso delle saette, la tradizione raccolta dal
pseudo Aristotele va posta tra la fine del VI secolo e la prima metà del V
secolo. Il culto ed il mito di Filottete era dunque una realtà ben salda e
alla fine del VI secolo, prima della rottura tra Sibari e Crotone, ed in
particolare colle sue offerte nel tempio di Apollo Alaios garantiva l'asset
to delle rispettive sfere di influenza .
Accanto a Filottete, sempre nell'area di cui stiamo discorrendo troviamo
i Rodii, già compagni di Tlepolemo a Troia: ce ne parlano Licofrone1 1 1 , il
già citato luogo del pseudo Aristotele, che specifica il rapporto dei Rodii
con Tlepolemo, e Strabone, che connette i Rodii prima a Sibari sul Traente
e Siris112 poi a Sibari nella Chonia1 13. Il passo del pseudo Aristotele, che fa
entrare in gioco i Sibariti nel sostenere in un contesto anticrotoniate la
presenza dei Rodii accanto a Filottete, si può, in ragione della connessione
con le dispute di confme tra Crotone e Sibari, datare, come si è detto, al
più tardi nella prima metà del V secolo. Analoga sembra la situazione
quando, sempre nell'area tra Neto e Crati si localizza il mito acheo-troiano
delle Naupretidi114• La conclusione da trarre sembra, dunque, che le vicen-
107 C. Talamo, 'Pitagora e la tp\J4lt1' , RFIC CXV, 1987, 385-404, 389 s . , 393.
1 08 Trog.-Justin. XX 1 , 16. Cfr. Musti 199 1 , 25 ss.
1 09 Ps. Arist. Mir. 107.
1 10 Trog.-Justin. XX 1 , 16.
1 1 1 Lyc. Alex. 922 ss. Cfr. Ps. Arist. Mir. 107.
1 1 2 Strabo VI 1 , 14, 264.
1 1 3 Strabo XIV 2, 10, 654.
1 1 4 L'episodio dell'incendio delle navi achee ad opera delle prigioniere troiane viene
localizzato nell'area tra il Neto (Apd. Ep. V1 1 5c; Strabo V1 1 , 1 2, 262; Plin. NH. III 97) ed
il Crati (Lyc. Alex. 1075- 1080). La leggenda, peraltro assai diffusa Q. Bérard, La Magna
Grecia. Storia delle colonie greche dell1talia meridionale, Torino 1 963, 356, 374 n. 1 57 [tr.
it. di La colonisation grecque de l 'Italie méridionale et de la Sicilie dans l 'antiquité, Paris
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 71
de storiche tra VII e VI secolo legate alla fondazione di Metaponto e
Poseidonia ed alla successiva guerra contro Siris attingono di regola al
mito eolico e solo in un momento successivo utilizzano il mito troiano,
mentre le vicende di Crotone dalla metà del VI secolo in poi, connesse alla
battaglia della Sagra prima ed al conflitto con i Sibariti dopo, si esprimono
a livello mitico ricorrendo in prima istanza agli eroi del mito troiano.
6. Riflettendo su questa realtà, qualche altra considerazione si rivela
possibile . Nell' Odissea, il nostos di Filottete si conclude felicemente in
patria e ulteriori avventure non se ne intravedono115• Abbiamo, inoltre, la
notizia dell'esistenza di una tomba di Filottete in Grecia, conservata dal
Peplo attribuito ad Aristotele1 16: la tradizione metropolitana, dunque, esclu
deva la morte di Filottete in Occidente.
D'altra parte quando appare in Occidente, Filottete appare in posses
so dell'arco di Herakles. Una ricerca di dottorato, condotta da M.L. Napoli
tano117, ha potuto rilevare che la connessione con l'arco di Herakles non
è originaria per l'eroe magnesio. Tale connessione non appare nei poemi
omerici e nelle testimonianze relative ai poemi del Ciclo troiano. Attestata
per la prima volta in Bacchilide1 18, essa si è affermata in un momento
successivo, in relazione all'affermarsi del culto di Herakles eteo, documen
tabile a partire dalla fine del VII secolo1 19, e ad una conseguente disloca
zione dell'eroe dall'area magnesia all'area dell'Eta . L'arrivo di Filottete in
Occidente e la caratterizzazione eraclide che egli qui evidenzia
rispecchiano perciò i livelli recenti del relativo mito.
1957']) sia nella sua variante crotoniate che rispetto alle tradizioni relative alla fondazione
storica di Crotone riflesse da Antioco, F 10, si rivela posteriore elaborazione, di carattere
etiologico e pseudoetimologico, a partire dalla ellenizzazione dell'idronimo Neto (inter
pretato come nauaithos e quindi rapportato da un lato a naus-nave, dall'altro ad aitho
incendio) e di toponimi locali dell'area accostati ad antroponimi femminili. Decisivo
appare sul piano della formalizzazione di tale tradizione acheo-troiana il ruolo di Timeo.
Cfr. per tutto ciò Musti 1988, 58 s.
115
Od. III 1 90.
1 16
Ps. Arist. Pepl. 24.
1 17
M.L. Napolitano, Philoktetes e l'arco. Dalla Tessaglia a// 'Oeta, Memorie dell'Acca
demia Nazionale dei Lincei, s. IX, vol . XV,2, Roma 2002, 97 ss.
1 1"
Bacchyl. fr. 7 Snell-Maehler. Nell'Iliade da un lato Filottete è, come tutto il suo
popolo, un valente arciere (Il. II 7 1 6 ss.), dall'altro non si parla di frecce di Herakles,
quando si ricorda la distruzione di Ilio dall'eroe compiuta e manca perciò persino la
premessa che rendeva necessarie le frecce dell'eroe per conquistare di nuovo la città. (Il.
V 627-654); in Pindaro (P. I 1 04) Filottete è semplicemente l'arciere figlio di Poiante; nel
riassunto del Filottete di Eschilo, fornito da Dione Chrysostomo (LII 4-10) si parla ancora
esclusivamente di arco di Filottete.
1 1 9 Kirk
1980, 184 ss.
72 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Considerazioni analoghe si possono fare a proposito dei Rodii e di
Tlepolemo. La connessione di costoro con Filottete neppure è originaria.
Nei poemi omerici non si intravede nessun contatto tra i Rodii di Tlepolemo
e i Magneti compagni di Filottete . A spiegare la tradizione occidentale, in
cui il contatto è invece ammesso, può servire il comune legame con
Herakles, Tlepolemo essendo figlio di Herakles e Filottete essendo venu
to, sia pure in prosieguo di tempo, come s'è detto, in possesso dell'arco
dell'eroe. Un altro legame può essere immaginato a partire dalle sedi di
provenienza dei due eroi.
In Omero Tlepolemo proviene da Ephyra in Tesprozia120. Alla Tesprozia,
terra di Ephyra come di Dodona121, è strettamente connessa l'area ftiotica
in cui si colloca il Filottete dell'Eta: basta ricordare la preghiera del ftiota
Achille a Zeus Dodoneo122 e la dislocazione nell'area di Dodona ma
anche in quella ftiotica di Deucalione123 e degli Hellenes124.
Ma non è tutto. Nella tradizione rodia raccolta da Pindaro, ma già nota
alle Eoié25, Tlepolemo è figlio di Astydameia e proviene da Ormenion,
località sul golfo di Pagase126• L'eroina, infatti, è, secondo le Eoie e Simoni
de127, figlia di Ormenos nipote di Aiolos128, oppure figlia di Amyntor
figlio di Ormenos129, eponimo della località citata, e la donna da lui ama
ta si chiamava Phthia130. In questa accezione che, lo ripetiamo, è quella
corrente a Rodi, l'eroe viene, dunque, collocato nell'area stessa di azione
del Filottete eteo. Tlepolemo viene, infatti, spostato nello spazio dell'Hellas
ftiotica, cui appartiene Amyntor, padre del Fenice poi divenuto maestro
di Achille e suo compagno a Troia 131, o in quella subito a settentrione di
essa , in cui si colloca Ormenion132, mentre i suoi compagni Rodii, come
già Strabone osservava133, ricevono un'estrazione eolico-beotica.
1 20
Il. II 658.
121
Thuc. I 1 7 , 5 ; Strabo VII 7,5, 324; Paus. I 17,5. Per Dodona: Hdt. II 56; Strabo VII
7, 1 1 , 328.
122
Il. XVI 233 s.
1 23
Arist. Metapb. 352a-b; Akestodoros, FHG II 464; Plut. Pyrrb . I l .
1 24
Arist. l. c.; Hesych. s.v. '.EÀ.À.Oi .
m Hes. fr. 232 M.-W. ; Pind. Ol. VII 7,24.
1 26
Il. II 734; Apd. II 7,7; 7,8. Scbol. in Pind. O! . VII 42.
1 27
Hes. fr. 232 M.-W. ; Simonid. fr. 49 Page.
128
Simonid. l. c.; Apd. II 7,8; Diod. IV 37,4; Strabo IX 5, 18, 438, dove si cita in partico-
lare Demetrio di Scepsi, fr. 68 Gaede, che Ormenion collocava sul golfo di Pagase.
1 29
Pind. 01. VII 22; Diod. l. c.
1 30
Apd. III 1 3,8; Scbol. in Plat. Leg . XI 931b; Tz. in Lyc. Al. 42 1 .
131
Il. IX 448; X 266.
132
Cfr. supra n. 1 26 .
133
Strabo XI V 2 , 6 , 653.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 73
Un'ultima osservazione ancora è possibile . In quanto fondatori di
un'altra Sibari, Sibari sul Teutrante o meglio sul Traente13\ nell'area in cui
il toponimo è in ogni caso inconcepibile senza l'intervento dei coloni
achei che ve lo trasferiscono dall'Achaia135, i Rodii, sia pure in maniera
mediata, non possono che veicolare un duplicato mitico della Sibari di
età storica e rappresentare, quindi, una realtà seriore.
Quanto ad Achille , nella vicenda di Leonimo prima ricordata, la figura
dell'eroe appare mediata dalla tradizione milesia . È solo a partire dall'Etio
pide attribuita ad Aretino di Mileto, che ad Achille viene conferita l'im
mortalità ed assegnata come sede l'Isola Bianca136; ed è sulla scia delle
frequentazioni milesie dell'area, che Alceo prima e Pindaro dopo collo
cano esplicitamente la sede dell'eroe immortalizzato sulle coste scitiche
del Ponto137. La mediazione imerese ed il rapporto con la Palinodia di
Stesicoro, che la tradizione su Leonimo evidenzia, infine, confermano il
primo ancoraggio di tutta questa tradizione alla prima metà del VI seco
lo, epoca, come già sappiamo, della battaglia della Sagra, da cui tutta la
storia muove . A questo punto una conclusione è possibile . I riferimenti
al mito troiano appaiono nell'area achea di più recente utilizzazione;
divengono perfettamente funzionali nel corso del VI secolo, a partire,
per quanto è dato vedere, dal dopo Siris e dal dopo Sagra . Tali riferimen
ti, inoltre, mostrano una continuità col passato in quanto è pur sempre
dall'area eolica e tessala che gli eroi valorizzati di regola provengono:
Filottete, Tlepolemo, Achille. Ma le differenze non mancano. Intanto questi
eroi non esprimono tanto l'unità del mondo acheo coloniale, quanto
invece i conflitti. Filottete e i Rodii di Tlepolemo sono coinvolti nella
storia tormentata dei rapporti tra Crotone e Sibari; Achille lo è allo stesso
modo, presentandosi Milone, lo stratega crotoniate vincitore di Sibari
non solo come un nuovo Herakles, ma anche come un nuovo Achille138.
L'area di provenienza di questi eroi sembra orientata verso la Ftiotide
achea: di qui proviene Achille; all'area del monte Eta fa capo ora Filottete;
eolici appaiono i compagni di Tlepolemo. Si evidenziano, infine, apertu
re verso ambiti esterni rispetto al mondo acheo-eolico: dorico per i Rodii,
jonico in generale per i miti troiani cari agli aedi della Jonia; milesio in
particolare per Achille .
134 Strabo VI 1 , 14, 264; XIV 2 , 1 0 , 654. Cfr. Musti 1 99 1 , 32; M.L. Napolitano, 'Sybaris sul
Traeis o Sybaris sul Teuthras? Un bilancio e una conclusione' , in Hesperìa, IV Studi sulla
grecità di Occidente, a cura di L. Braccesi, Roma 1 994, 53-73, 53 ss.
135 Strabo VIII 7,4, 386.
136 Procl. Aithiopis, Arg. 69, 19-22 Bernabé.
137 Aie. fr. 354 L . -P.
= Liberman; Pind. Nem. V 49 s. Cfr. D. Hommel, DerGottAchilleus,
SHAW, l , Heidelberg 1 980.
13" Gal. 6,751 K. Identificazione col solo Herakles: Diod. XII 9,6.
74 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
7. Ci si può ora chiedere se l'evoluzione che il patrimonio mitico
delle colonie achee evidenzia possa essere in qualche modo rispecchiata
dalla parallela evoluzione che la figura dell'eponimo Achaios mostra,
proprio nel VI secolo, avere subìto.
Il discorso deve allora tornare alle Eoie. Nella genealogia di Achaios
nelle Eoie, che sempre il Càssola a suo tempo aveva bene illuminato nei
suoi elementi costitutivP39, la posizione di Aiolos è decisamente diversa
da quella analizzata di sopra. Nella nuova genealogia si tiene conto di
tutta quanta la Grecia . Il capostipite non è più Aiolos, ma Helleno e nella
sua discendenza appaiono i Dori, rappresentati dall'eponimo Doros, che
è anzi il primogenito, secondogenito è Xouthos ed ultimo è Aiolos. Achaios
e Jone sono invece figli di Xouthos140•
Questa genealogia registra, per cominciare, un ridimensionamento del
mondo eolico. La situazione non è più quella di un mondo tutto eolico, in
cui Aiolos è il capostipite e le varie parti della Grecia sono rappresentate
dai suoi discendenti; al contrario Aiolos è ora ai margini, ultimo figlio di
Helleno, essendo preceduto e da Doros e da Xouthos. La figura centrale è
ora Helleno, che da eponimo della Hellas ftiotica è diventato capostipite di
tutte le stirpi greche e tutto ciò per rendere possibile l'inserimento di Doros.
Seconda caratteristica della genealogia pseudoesiodea è che il rapporto
di Achaios con Aiolos è profondamente mutato: Aiolos non è più il nonno di
Achaios, come nella sequenza Aiolos/Xouthos/Achaios, ma è lo zio. Rimane
un rapporto di parentela, ma ora Achaios non è più l'erede diretto di Aiolos:
i due ethne appaiono paralleli e non più in un rapporto diretto e immediato.
Ma v'è un'altra considerazione ancora . Questa genealogia vede Doros
collocato nella stessa posizione di Aiolos, ossia nella condizione di zio di
Achaios. In tal modo Doros ed Aiolos non sono diretti antenati di Achaios,
ma affiancano e condizionano colla loro anzianità e parentela la discen
denza di Xouthos .
In questa genealogia, infine, si afferma con forza il rapporto con l'Attica.
Achaios è figlio di Kreiousa, figlia di Erechtheus re dell'Attica141, ed ha
come fratello Jone. Senza dubbio, dunque, abbiamo ora un'Eubea ed
un'Attica ionizzate e, contemporaneamente, un Achaios fortemente atticiz
zato, ma posto in una posizione di superiorità rispetto al fratello minore
che è Jone. E la cosa era ben percepita dalla posteriore tradizione attica,
se essa sentiva il bisogno, come fa Euripide142, di invertire il rapporto,
facendo di Jone il primogenito.
1 39 Cfr. supra n . 24.
1 40 Hes. frr. 9; 10 a,20-24 M.-W.
14 1 Hes. fr. 10 a, 20-24 M.-W.
1 42 Eurip. fon 1 296-1 298; 1 589- 1 594; Scbo/. AD in Hom. Il . I 2.
Gli Achei dall 'A igia/eia america alla dodecapoli arcaica 75
L'intervento della tradizione attica è particolarmente visibile attraver
so il ruolo riservato a Kreiousa, in quanto figlia di Erechtheus. Esisteva,
infatti, anche una diversa tradizione, che la faceva figlia del re di Corinto,
Kreion, tradizione, che, come ha osservato il Càssola, per essere conser
vata dall'attidografo Kleidemos proprio per ciò non può essere ritenuta
tarda variante143: un autore ateniese non l'avrebbe in tal caso valorizzata .
Ciò che è evidente allora è che l'Achaios di cui qui si parla è figura
largamente ridimensionata. A questo Achaios , subordinato all'Hellas
ftiotica, stretto tra Dori, Eoli e Joni, possono rifarsi gli Achei nella loro
ristretta specificità. Non più dunque gli Eoli nella loro più vasta accezio
ne potevano richiamarsi a questo Achaios, ma gli Achei di quelle aree
precise e ristrette, che continuavano a dirsi achee, vale a dire gli Achei
della Ftiotide e del Peloponneso centro-settentrionale.
Non è, infatti, difficile collegare a questo Achaios la tradizione presen
te nel Peloponneso dorico del VI secolo, di Achei che sotto la guida di
Tisameno, figlio di Oreste, scacciati dai Dori dalla Laconia sono passati
in un'Achaia originariamente jonica, ereditandone l'organizzazione del
l' etbnos in dodici partP44• È la tradizione che consentiva agli Spartani di
rivendicare, dopo le ossa di Oreste , anche quelle di Tisameno14S, ma è
anche la tradizione che, mostrandoci gli Achei del Peloponneso soccom
benti dinanzi ai Dori, ma pronti a cedere loro le reliquie del proprio re,
vincitori sugli Joni, ma pronti ad ereditarne le istituzioni, bene restituisce
l'atmosfera da cui la genealogia pseudoesiodea è pervasa.
Non diversa atmosfera si respira nelle colonie achee d'occidente, quan
do al richiamo alla Ftiotide achea si accompagna , sul piano mitico, il
richiamo alla tradizione epica jonica e ai Dori di Rodi, mentre sul piano
concreto al conflitto con gli Joni di Siris e coi Dori di Locri, segue il
rapporto stretto di Sibari con Mileto146 o di Crotone con Pitagora .
8. Per completare l'analisi delle tradizioni mitiche presenti nelle colo
nie achee converrà ora fare qualche considerazione a proposito di Herakles.
Herakles è presente a Poseidonia e a Metaponto, le due colonie salda
mente collegate ai miti eolici, ma con una presenza che, almeno dal
143 Clidem. , FGrHist 323 F 19.
144 Tisameno, figlio di Oreste ed Hermione (Soph. apud Eustath. In Horn. Od . IV l,
141, 29 Stallbaum e Schol. in Horn. Od. IV 4, 170, 20 DindorO, scacciato dai Dori guidò i
suoi alla conquista dell'Achaia, allora in mano agli joni: Paus. II 18,6-9; VII 1 , 1-8. Si tratta
della tradizione circa l'origine laconica degli Achei: Hdt. VIII 73; Ephor. , FGrHist 70 FF 18
b; 1 17-1 18; Polyb. II 4 1 ,4-5; Strabo VIII 1 ,3, 333; 5,5, 365; 7, 1 , 383; 7,2, 384-385; Paus. II
18,6-9; VII 1 ,7-8.
'" Paus. VII 1 ,8.
1 46 Hdt. VI 2 1 , 1 ; Tim . , FGrHist 566 F 50 = Athen. XII 519b; Diod. VIII 20.
76 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
punto di vista della tradizione scritta, appare assai sfocata. Per quanto
riguarda Poseidonia, l'eroe ha attraversato il territorio di Poseidonia: tut
to ciò che sappiamo è che aveva avuto a che fare col fiume ls147 e che
aveva sostato presso una roccia sacra ad Artemide148. Troppo poco per
azzardare una qualche valutazione.
Quale fosse, tuttavia, il clima entro cui si calava il suo culto a Poseidonia
possono farlo capire le numerose lastre, della metà del VI secolo circa,
provenienti dall'Heraion della foce del Sele . Herakles è il protagonista di
ben 17 lastre, ma alle fatiche, ossia alle imprese direttamente collegate al
mito dorico di Herakles, solo due lastre sono legate, quelle che fanno
riferimento alla cattura del cinghiale di Erymanthos e all'uccisione del
leone nemeo. Nelle altre sono imprese mitiche connesse alla Grecia cen
tro-settentrionale, con particolare riguardo alle lotte contro i Centauri,
originari della Tessaglia e solo per contaminazione trasferiti anche nel
Peloponneso, contro i Giganti, contro i SilenP49. Quest'ultima lotta vede
l'eroe portare aiuto ad Hera, motivo che contraddice in pieno la leggen
da dorica, nella quale l'eroe viene costantemente avversato da Hera150.
Per quanto riguarda Metaponto c'è ben poco: Metabos sarebbe figlio
di Herakles e il suo nome si spiegherebbe come quello di colui che è
nato quando l'eroe, andando alla ricerca dei buoi, si era fermato a Meta
ponto151 . La notizia si condanna da sé, per aver voluto dare interpretazio
ne greca ad un nome che è invece indigeno152; per essere legata ad una
inaccettabile etimologia e alla inversione del motivo usualmente connes
so a queste localizzazioni occidentali di Herakles, il passaggio dell'eroe
colle vacche durante il viaggio di ritorno153. Interessante è anche notare
che in tale contesto la paternità eolica di Metabos, quale figlio di Sisyphos,
cade.
Quanto a Crotone, infine, Herakles vi appare nelle vesti di precursore
della colonia, che egli vuole fondata in onore dell'eroe Kroton da lui
involontariamente ucciso154, e quale fondatore del tempio di Hera Lacinia155.
Ancora idealmente presente egli è attraverso l'arco e le frecce di Filottete
1 47Parthax, FGrHist 825 F l .
1 48Diod. IV 22,3.
1 49 Le lastre si possono trovare splendidamente riprodotte e discusse in P. Orlandini,
'Le arti figurative' , in Mega/e Hel/as, 329-554, 356 ss. , figg. 334-354.
'so //. XIV 249 ss. ; XV 24-30; XIX 95 ss. Per la tradizione dorica ed il suo significato:
Musti 1985 , 38 ss.
151 Et. M. 579,29.
1 52 De Simone 1974, 260.
' 53 Così già Giannelli 1 963, 63 s.
1 54 Diod. IV 24,7; Ov. Met. XV 12 ss. ; Jam. VP 50.
'55 Scbol. in Ver.g. Aen . III 55.
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 77
e attraverso i Rodii di Tlepolemo. Anche qui Herakles ha caratteri tessalici,
punto di incontro tra queste realtà mitiche essendo il culto dell'Herakles
eteo. Di nuovo all'area ftiotica rimandano i culti pure, come sappiamo,
presenti nel tempio di Hera, attribuiti ad Achille e a Teti. n dato più
significativo, che apparenta questo Herakles di Crotone all'Herakles di
Poseidonia, è però quello per cui, smentendo la tradizione dorica del
l'inimicizia tra lui ed Hera , egli viene, come s'è detto, considerato il fon
datore del culto della dea . Dunque ancora una volta il complesso mitico
a cui si fa riferimento è quello dell'Herakles tessalico. Si ricordi, inoltre
che l'eroe interviene di nuovo in favore di Hera nel mito anch'esso lega
to alla Tessaglia dell'appoggio dell'eroe alla dea durante la guerra contro
i GigantP56.
n culto di Herakles, quindi, conferma l'ispirazione generale dei miti e
culti achei, ma serve, per quelle concordanze tra il culto crotoniate e
quello poseidoniate, come conferma del fatto che il richiamo al più anti
co patrimonio dei miti eolici non era assente nell'area dove invece gli
eroi tessalici attivi a Troia sembrano farla da padroni. La diversità di
accento tra l'area di Metaponto e di Poseidonia e quella di Crotone e di
Sibari si spiega, dunque, nel senso che il patrimonio mitico troiano è
venuto in entrambe le aree a integrare un originario sostrato eolico. La
generale recenziorità dei motivi troiani appare chiara . Essa emerge, infat
ti, e da ragioni strutturali, connesse all'evoluzione dei vari miti, e dalla
implicazione stretta da un lato tra valorizzazione del patrimonio eolico e
fondazione delle colonie, dall'altro tra conflitti tra le poleis achee e valoriz
zazione del mito troiano . Ma c'è un'ultima considerazione da fare . Esiste
una coerenza fatta di comuni origini tessaliche nei miti delle colonie
achee, cui si accompagna una riduzione di orizzonti, quello più antico
richiamandosi all'AioHs nel suo complesso, quello troiano, invece , ad
un'area tessalico-meridionale più ristretta, com'era quella acheo-ftiotica
in età storica 157.
Una vicenda analoga sembra ravvisabile nella evoluzione , che in area
metropolitana e in ragione della mutata importanza delle stirpi achee
subisce la genealogia dell'eponimo Achaios , passando, come si è visto,
da una forte caratterizzazione eolica ad una collocazione , che lo vede
sganciato da un legame diretto con l'Aiolis ed incastrato tra altri ethne
concorrenti, Dori in particolare ma anche Joni dell'Eubea e dell'Attica.
A questo punto la conclusione pare ovvia . Tardivo sviluppo di motivi
attinti al mito troiano, collegamento stretto di questi sviluppi con le tradì-
I i6
Apd. I 6,2.
"" Cfr. E. Bernert, 'Phthia' , RE XX, l , 194 1 , 957 s . ; E. Meyer, 'Phthia' , Kleine Pauly 4,
Mi.inchen 1972, 832 .
78 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
zioni e la storia degli Achei della Grecia , confermano quanto all'inizio si
diceva a proposito di una origine esclusivamente coloniale dei miti così
detti precoloniali. Veramente precoloniali tali miti non sono: sono invece
un portato della colonizzazione, nel senso che, avvenuta la colonizzazione
in età arcaica, e quindi in un'epoca in cui i quadri mentali e culturali dei
coloni sono quelli del mito, in termini di statuti mitici ai coloni familiari
sono state connotate ed interpretate le varie realtà ed esigenze che nelle
colonie si son dovute affrontare.
CAPITOLO III
Culti e miti nella storia di Metaponto*
l . La tradizione su Alybas
Caratteristica della tradizione eroica e mitica sulla nascita di Metaponto
è il fatto che esista per questa colonia achea tutta una serie di tradizioni
diverse, e in contrasto tra loro, riguardanti: Alybas, Metabos, Metapontos,
Aiolidai, Neleidi, Epeios, Daulios, Leukippos.
Ma se noi ci avviciniamo a questo complesso cercando di mettere un
qualche ordine, sembra possibile identificare tre poli di aggregazione. Il
primo è costituito dalle tradizioni relative a Metabos e Leukippos, che
tendono a mettere in rilievo il peso della componente indigena . Il secon
do comprende le tradizioni relative a Metaponto e Melanippe, Sisyphos e
Neleo, che mirano a sottolineare un diritto acheo all'intera area tra Siris e
Metaponto. Il terzo abbraccia il gruppo di tradizioni concernenti da un
lato Metapontos ed Arne, dall'altro Daulios di Crisa : sono le più tarde e
in esse si assiste a quella che, con una parola forte, ma a mio avviso
pienamente giustificata , si può definire la progressiva disintegrazione
dell'immagine achea di Metaponto.
A questi tre poli si lasciano ricondurre tutte le varie tradizioni sulla
colonia achea, tranne una, quella relativa ad Alybas, che è però la meno
significativa e valida e rendersene conto non è difficile. Esiste una serie
• Questo studio, ora rivisto e ampliato, è stato pubblicato con analoga intitolazione in
Hesperia, 7. Studi su/la grecità d 'Occidente, a cura di Lorenzo Braccesi, Roma 1996, 9-32;
quindi in Siritide e Metapontino. Storie di due territori coloniali (Atti dell'Incontro di
Studio, Policoro, 31 ottobre-2 novembre 1991), Cahiers du Centre ]. Bérard, 20, Naples
Paestum 1 998, 67-89.
80 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
di notizie erudite1 che identifica Metaponto, città d'Italia, con l'Alybas da
cui, in un menzognero discorso rivolto al padre Laerte prima di rivelargli
la propria vera identità, Odisseo dichiarava di provenire ( Od. XXIV 304) .
Le stesse fonti, tuttavia, che conservano questa notizia, non si mostrano
affatto sicure dell'identificazione di Alybas con Metaponto, ma continua
mente ricordano che Alybas va identificata con la località omerica altrove
(Il. II 857), detta Alybe.
In questo senso più elementi orientano. Per cominciare v'è l'affinità
tra i due nomi, Alybas ed Alybe. Un secondo elemento di raccordo è
costituito dall'evidente affinità dei contesti in cui dei due toponimi è
parola. Alybe è caratterizzata dalla presenza nel suo territorio delle radici
dell'argento: è dunque un paese ricco per eccellenza . Dello straniero
proveniente da Alybas il testo omerico vuole in ogni modo sottolineare
l'enorme ricchezza . Suo padre si chiama Aphéidas, ossia colui che non
risparmia, e suo nonno Polypémon, ossia colui che molto possiede . La
casa di costoro è una casa in cui di molto si dispone ( Od. XXIV 272)2. I
doni che sono stati offerti ad Odisseo, quando vi è stato ospitato ( Od.
XXIV 274-279) , sono innumerevoli ( Od. XXIV 283) e trovano confronto
in famose donazioni di personaggi di grande rilievo: i doni che Agamen
none offre ad Achille (Il. IX 1 28-1 30 270-272); i doni offerti dal re di
=
Orcomeno (Il. XVI 190) o da Ettore (Il. XXIII 472) per ottenere la sua sposa;
i doni di Priamo ad Achille per ottenere il corpo del figlio (Il. XXIV 230 s.);
i doni che Marone sacerdote di Apollo fa ad Odisseo ( Od. IX 202 s.).
L'introduzione in questo contesto di un toponimo che richiama Alybe
possiede perciò di per sé tutta una forza di evocazione, una forza che
tanto più emerge quanto meno si è costretti a pensare ad una località
diversa o lontana dalla stessa Alybe. L'identificazione di Alybas con
Metaponto, però, non solo è tutt'altro che univoca, ma appare a Metaponto
1 Scho/. in Hom. Od . XXIV 304; Apoll. Lex. s. v. 'AAuj3aV'toç; Hesych. e Steph. Byz. s. v.
'AAuj3aç; Tz. Chi!. 14404; Eustath. In Hom . Od . XXIV 304. La bibliografia e le testimonian
ze su Metaponto si trovano diligentemente raccolte nella voce 'Metaponto' , a cura di S.
Sueli Milanezi, A. Siciliano, D. Adamesteanu, in BTCGI, X, Pisa-Roma 1992, 65-1 1 2 . Per
un bilancio complessivo, fondamentale anche se per talune conclusioni ed impostazioni
ormai datato, resta il volume degli Atti del XIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia
(Taranto, 14-19 ottobre 1973; Taranto [Napoli) 1974) , dedicato a Metaponto, qui citato
come Metaponto (ACT 1973), volume in cui i temi di seguito discussi trovano in partico
lare riscontro nelle relazioni di G. Pugliese Carratelli, 'Problemi della storia di Metaponto
arcaica' , 49-66, e di E. Lepore, 'Problemi di storia metapontina' , 307-426.
2 Cfr. il commento al passo di A. Heubeck, in Omero, Odissea . Libri XXI-XXIV, intro
duzione e commento a cura di ) . Russo (XXI-XXII) e di A. Heubeck con aggiornamenti di
M. Cantilena (XXIII-XXIV), testo critico a cura di M. Fernàndez-Galiano (XXI-XXII) e A.
Heubeck (XXIII-XXIV), traduzione di G. Aurelio Privitera, Milano 2004" [1986), 308.
Culti e miti nella storia di Metaponto 81
del tutto improduttiva sul piano mtttco. Unico ruolo che si riesce ad
attribuire ad Alybas è quello di far da padre a Metabos, che egli avrebbe
così denominato perché nato al momento del passaggio di Herakles,
diretto alla ricerca dei buoi di Gerione: Metabos perciò sarebbe da inten
dere come J u::tà j3ouç (Et. M. 579, 29) . Si tratta di una notizia di nessun
..
valore, fondata com'è su un presupposto erroneo, che Metabos non sia,
come tra poco vedremo, un nome barbaro ma greco e da spiegare perciò
in chiave ellenica, e su un dato assolutamente inedito, che Herakles sia
passato per l'Italia già nel viaggio di andata e non, come in tutte le altre
tradizioni italiche all'eroe connesse, nel solo viaggio di ritorno, il viaggio
di andata avendo seguito tutt'altro itinerario3•
In conclusione la tradizione su Alybas a Metaponto ha tutta l'aria di
una costruzione erudita, favorita , si è pensato, dal fatto che l'eroe prove
niente da Alybas era diretto alla terra dei Sikanoi, Sikanie, e quindi muo
veva verso Occidente, e verso un Occidente nel quale ricorrevano toponimi
simili nella terminazione, come Taras e Akragas4• Sono indizi del tutto
insufficienti, giacché chi muoveva verso la Sicilia non necessariamente
doveva partire dall'Italia e d'altro canto non mancavano toponimi simili
per esempio in Anatolia, dove già Omero ricorda il promontorio Mimas,
presso Chio ( Od. III 1 72) . Né va dimenticato che da spiegare in questo
caso non è solo una eventuale collocazione occidentale di Alybas, ma la
sua identificazione proprio con Metaponto. Identificazione che può in
vece trovarsi abbastanza agevolmente se si riflette ad un'altra circostan
za: gli abitanti da Omero attribuiti ad Alybe per tutta una parte della
tradizione erano gli Aliz6noi, il cui nome veniva etimologicamente rap
portato ad aN;, mare, e a çrovvuj.u, cingere5; il nome di Metaponto e
quello dei suoi abitanti, Metap6ntioi, si poteva altrettanto bene intendere
come da J.l.E'tO, in mezzo, e 1tOV'toç, mare6. Partendo da questi dati una
tradizione erudita poteva legittimamente sorgere e dare un suo contribu
to al dibattito antico, circa l'identificazione della misteriosa Alybe e dei
suoi abitantf.
Una discussione su Metaponto che valorizzi questo aspetto della sua
tradizione mitica, prescindendo dal contesto in cui è calato, non pare
quindi assai produttiva.
3Così già Giannelli 1 963.
4Cfr. supra n. 2.
5 Scholl. in Horn. Il . II 856 e Il. V 39. Cfr. Strab o XII 3 , 1 9, 549; 20, 550; 22, 550; 24, 552;
XIV 5,22, 677; Arr. Byth . 22 apud Eu stath. In Horn. Il. II 856.
6 Hesych. s.v. !J.f:'taTtovnoç . Cfr. De Simone 1974, part. 257.
7 Strabo XII 3,20-27, 549-554; XIV 5,28, 680.
82 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
2 . La tradizione tarentina
Si diceva, dunque, di un primo gruppo di notizie tese a sottolineare la
forza della presenza indigena sul posto: si tratta sopra tutto delle tradi
zioni relative a Metabos e Leukippos. Metabos, nella tradizione, è il pri
mo nome di Metaponto, dal quale per metonomasia è derivato il succes
sivo nome della città . In quest'ottica Metabos sarebbe, perciò, la premes
sa logica e cronologica della posteriore Metaponto.
Questa tradizione su Metabos trovava, come pare, una prima attestazio
ne in una testimonianza di Ecateo, l F 84 Jacoby, nella quale, a giustificazio
ne della metonomasia da Aulonia a Kaulonia, si ricordano altre vicende
analoghe, tra cui in primo luogo quella che dal nome dell'eroe Metabos vide
nascere Metaponto. C'è poi il ben noto frammento di Antioco, 555 F 1 2
Jacoby, che ricorda inoltre come nella città achea esistesse u n heroon di
Metabos, cosa che obbligava a rifiutare l'ambientazione a Metaponto della
leggenda di Melanippe, in quanto incentrata su un eroe Metapontos e, quin
di, già condizionata dall'evoluzione del toponimo da Metabos a Metapontd.
La tradizione su Metabos appare perciò come una tradizione di VI
secolo, ormai più che affermata nel corso del V secolo, sulla cui valorizza
zione concordano sia tradizioni achee e metapontine che tradizioni di
ispirazione tarentina.
È ben noto, infatti, come le informazioni da Ecateo fornite sull'area
italica ed enotria siano fortemente indiziate come di provenienza achea,
dati i forti rapporti nel corso del VI secolo stabiliti tra la sua patria Mileto
e l'achea Sibari9. La conferma viene del resto dalla stessa Metaponto, che
non solo, come Antioco ricorda, esibiva un heroon di Metabos, ma anco
ra alla metà del IV secolo coniava monete colla legenda METAB0 10 .
Quanto a Taranto, occorre tener presente che, se questa tradizione su
Metabos è accettata e valorizzata da Antioco, in un contesto filotarantino,
questo modo di impostare la storia di Metaponto doveva da Taranto
essere condivisa . Che la polemica di Antioco contro la Melanippe di
Euripide e quindi contro le tradizioni metapontine valorizzate da Atene,
sia filotarentina è stato già sottolineato da Domenico MustP 1 ed è cosa
" Musti 1 988, 1 33 ss.
9 E. Lepore, 'La Magna Grecia tra geografia e storia', in Geografia e storiografia nel
mondo classico, CISA, 14, Milano 1 988, 1 27-1 44 .
10
Stazio 1 974, 88 s. M. Taliercio, 'La documentazione numismatica', in Alessandro il
Molosso e i "condottieri " in Magna Grecia, Atti del XUII Convegno di Studi sulla Magna
Grecia (Taranto-Cosenza, 26-30 settembre 2003), Taranto [Napoli) 2004, 401-436, 416 ss. ,
a sua volta osserva che tali monete, datate dalla Johnston (Noe, Johnston 1 984), i n data
anteriore al 344, sono da inquadrare nell'età del Molosso.
11
Musti 1 988, 1 37 s.
Culti e miti nella storia di Metaponto 83
più che evidente se si riflette a tutta l'impostazione del problema . Quan
do Antioco dice che al momento della fondazione achea di Metaponto
c'era il vuoto nella Siritide e nel Metapontino, e polemizza con chi loca
lizzava a Metaponto la leggenda di Melanippe, tutta incentrata, come tra
poco vedremo, sul rapporto tra Metaponto e Siris e su una preistoria
eolico-achea dell'area, egli nega in sostanza ogni rapporto privilegiato di
quest'area con i coloni achei che in età storica l'avevano occupata . Fino
al momento dell'occupazione achea dell'area i titoli di Taranto e degli
Acheo-Sibariti che muovevano alla conquista dell'area erano perfetta
mente equivalenti, tanto è vero che, se gli Achei avessero occupato la
sola Siritide, il Metapontino sarebbe naturalmente toccato ai Tarantini.
L'occupazione achea dell'area era oggetto di contesa, proprio negli
anni in cui egli scriveva, tra Taranto, Metaponto (nel 4 1 3 secondo Thuc.
VII 33,5 alleata di Atene in forza di una precedente alleanza) e Turi, la
colonia inviata da Pericle a raccogliere l'eredità dell'achea Sibari: per
Antioco tale occupazione è un dato di fatto, non legittimato da alcuna
preesistenza, e quindi le pretese di Taranto su quest'area sono tanto
giustificate quanto quelle degli Achei, nessun ostacolo venendo frapposto
ad esse dall' arcbaiologbia dei luoghi. L'impostazione è chiaramente filo
tarantina, e la cosa è perfettamente normale in uno storico convinto del
valore epocale della pace di Gela (Diod. XII 7 1 , 2) e quindi legato alla
Siracusa di Ermocrate, che nella colonia spartana in Occidente, come
ricorda Tucidide, VI 34,4, aveva fin dall'inizio visto un'alleata .
Forte e diffusa è dunque la tradizione che vede in Metabos l'antece
dente di Metaponto. Ora, che Metabos rappresenti una realtà indigena, è
un dato altrettanto forte e diffuso. In primo luogo perché noi conoscia
mo, accanto al Metabos di Metaponto, un Metabus, eroe volsco di Priverno
ricordato da Catone nelle Origines, fr. 56 Peter, e poi ripreso da Virgilio,
che ne fa il padre di Camilla (Aen. VII 803 ss. ; XI 535 ss.). Abbiamo poi
notizia del fatto che Metabos era il nome barbaro di Metaponto (Steph.
Byz. s. v. Me'tan6vnov) . D'altra parte, come ben mise in rilievo a suo
tempo Carlo de Simone12, a Metabos corrisponde un etnico citato da
Esichio, che è Memj36À.Ot: al toponimo italico, dunque, si riferiva anche
uno specifico etnico. Né, osservava sempre lo studioso, è possibile, come
pure s'era in passato creduto, fare di Metabos, nome barbaro di Metaponto,
una forma retrograda rispetto al greco Metapontos e questo sia per l'esi
stenza dell'etnico accanto al toponimo, sia perché non era linguistica
mente possibile un'evoluzione da Metapontos a Metabos, mentre era
perfettamente normale ed esplicitamente attestato il passaggio inverso,
da Metabos a Metapontos.
12
De Simone 1 974, 260.
84 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Metabos, dunque, ci pone di fronte ad una tradizione antica e consoli
data, che lascia intravedere l'importanza della componente indigena a
Metaponto, sotto forma di una premessa indigena alla Metaponto storica.
La conclusione sarebbe ancora più interessante se potessimo accostare a
ME'taj3oM>t, Me'tan6vnot napà 'l'taÀ.Otç, il sostantivo greco f.J.E'taj3oM>t equi
valente a npayJ.la'tEU'tat, ·commercianti•, ma il testo di Esichio, che tiene
distinte le due accezioni del termine, non sembra consentire un tale
accostamento. Veniamo ora a Leukippos. Strabone, VI 1 , 1 5 , 265 , dice di
una tradizione secondo cui Leukippos era stato inviato dagli Achei per
fondare la colonia e che, avendo avuto in concessione dai Tarantini per
un giorno ed una notte il luogo, non l'avrebbe più riconsegnato, riman
dando la consegna alla notte successiva se la restituzione gli veniva chie
sta di giorno e al giorno successivo se essa gli veniva chiesta di notte, e in
tal modo utilizzando a proprio vantaggio il valore letterale dell'espressione.
In questa tradizione straboniana ci sembrano da sottolineare alcune
cose. Innanzitutto la fondazione non viene considerata un epoikein, come
nel frammento 12 di Antioco o una generica ktisis, come in pseudo Scimno,
326-329: si usa invece il termine synoikismos. Quello, quindi, che fon
dando la nuova città, Leukippos deve fare, è aggregare componenti di
verse e questo concorda col fatto, opportunamente sottolineato da Strabo
ne, ma anche da Antioco e dallo pseudo Scimno, che si tratta di una
colonia degli Achei, emanazione di un ethnos e non di una singola città .
Ancora più interessante per noi è però il dato relativo alla permanenza
consentita per un giorno ed una notte. Non ci sono molti confronti in
proposito. A parte la vicenda connessa al Leukippos di Kallipolis (D.H.
XIX 3), che si presenta però come vedremo tra poco come una mera
duplicazione di quella del Leukippos metapontino, gli unici confronti
possibili si rinvengono nelle synthekai relative alle fondazioni e ai com
merci dei Fenici ed in ambito egiziano. Fozio e la Suda ricordano un
analogo stratagemma messo in atto dai Fenici fondatori di Cartagine ai
danni dei locali indigeni, stratagemma divenuto proverbiale come cPotvh:rov
cruveiìKat (s. v.). Ma clausole analoghe di permanenze limitate, appaiono
nel primo e nel secondo trattato tra Roma e i Cartaginesi: permanenza in
territori direttamente controllati da Cartagine per non oltre cinque giorni,
con possibilità di acquisti limitati allo stretto necessario per l'alimentazio
ne e i sacrifici (Polyb. III 22,7; 23, 1-4; 24,8-1 1); permanenza per un giorno
ma non per la notte successiva per i Cartaginesi in territorio laziale (Polyb.
III 22, 1 3) . Lo scopo è quello di impedire che in territori ritenuti di propria
pertinenza si facciano prede (Polyb. III 24,2-4) , si creino posti fortificati
(Polyb. III 22, 1 3), si progettino fondazioni (è anche il caso prima citato di
Cartagine fondata in violazione della norma) o si faccia commercio (Polyb.
III 24, 1 1), trattandosi di aree che si vogliono per le loro intrinseche qualità
economiche e politiche del tutto interdette allo straniero (Polyb. III , 23,1).
Culti e miti nella storia di Metaponto 85
Regole analoghe appaiono in Egitto. Erodoto, II 1 1 5 , nel fornire una
versione razionalizzata del racconto stesicoreo sulla permanenza di Ele
na in Egitto durante la guerra di Troia, attribuisce al re Proteo il divieto,
diretto a Paride e ai Troiani, stranieri sbattuti da una tempesta nel suo
paese e a lui comunque sgraditi, di restare sul posto per più di tre giorni:
chi così racconta è lo stesso Erodoto che aveva, a II 1 79, fatto menzione
dei rigidi regolamenti sullo sbarco e sul commercio vigenti in Egitto.
Ancora una volta quindi limitazioni alla permanenza di stranieri in un
sito appaiono in relazione alla difesa di interessi economici e politici in
ambiti ed aree che si vogliono e sono strettamente controllati.
Non vi è dubbio sull'origine della tradizione sul Leucippo metapontino,
così come in Strabone viene fornita: considerando il territorio di Metaponto
come un'area originariamente controllata da Taranto, e a Taranto sottrat
ta coll'inganno, il racconto straboniano stabilisce, per il possesso del
l'area, un diritto di precedenza a favore della città laconica . Si tratta,
dunque, in maniera inequivocabile di una tradizione di origine tarentina
da riconnettere al sorgere ed affermarsi delle pretese laconiche su quel
settore dell'area magnogreca occupata dagli Achei, le stesse che ritrovia
mo nel racconto antiocheo sulle origini di Metaponto e vediamo nel 433/
432 realizzate nella fondazione di Herakleia.
Ciò che, alla luce dei riscontri or ora richiamati, viene sottolineato in
questo contesto è però non solo che l'area, prima dell'occupazione achea,
era sotto il controllo di Taranto, ma che essa era per Taranto un territorio
di rilevante valore politico ed economico, le cui risorse andavano sottrat
te ad iniziative coloniali e commerciali estranee. Ancor più nettamente
questa conclusione viene confermata dalla tradizione sul Leukippos lacede
mone, fondatore di Kallipolis (D . H . XIX 3) . Lo stratagemma messo in
opera è lo stesso: richiesta sempre ai Tarantini di una permanenza di un
giorno e di una notte che, una volta accordata, viene interpretata alla
lettera e trasformata in un accordo per una permanenza notte e giorno e
quindi continuativa. In questo caso però si precisa che il sito era un
epineion, un approdo, uno scalo, dei Tarantini. Ma in effetti Kallipolis,
poi divenuta Anxa (Plin. N.H..J.Jl l lO) , costituiva lo sbocco al mare per le
comunità messapiche dell'interno ed in particolare per Alezio13.
Se, dunque, questa tradizione, egualmente tarantina nei suoi presup
posti, è un evidente duplicato di quella su Metaponto, essa attribuisce
alla Metaponto preachea uno statuto simile a quello della Kallipolis
prespartana, lo statuto cioè di uno scalo utilizzato dai Tarantini e dagli
indigeni del retroterra per i loro commerci.
'3 E . De Juliis, Gli japigi. Storia e civiltà della Puglia preromana, Archeologia, 8,
Milano 1 988, 1 19.
86 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
In conclusione, la tradizione tarantina sulla Metaponto preachea, da
un lato, accettando la tradizione su Metabos, ammetteva una presenza
indigena nell'area, dall'altro, attraverso la tradizione su Leukippos, attri
buiva al sito lo statuto di uno scalo greco proiettato verso il mondo
indigeno e come tale collocato in un'area economicamente e politica
mente rilevante. La domanda che dobbiamo porci ora è quella della
precisa cronologia di questa tradizione su Leukippos . Qualcosa si è già
avuto modo di dire, connettendo la tradizione in oggetto alla rivalità tra
Taranto e il mondo acheo nella seconda metà del V secolo, ma occorre
ora fare un'analisi più approfondita. Per Strabone, evidentemente, si trat
ta di una tradizione autorevole: per quanto, infatti, egli la citi in maniera
anonima, Oè nç Kaì oÙ'toç Myoç, egli sente il bisogno di ricordarla dopo
di aver accennato alle tradizioni sulla ktisis di Metaponto rispettivamente
conservate da Timeo, se come pare14 a lui risale la notizia sulla fondazio
ne pilia, da Antioco e da Eforo: per lui, dunque, essa è sullo stesso piano
delle tradizioni che erano state raccolte dai maggiori storici sull'occiden
te greco. E infatti da Fozio e dalla Suda si ricava che la fonte era uno
storico ed erudito ateniese di IV secolo: Demone (327 F 1 3) , autore di
un'opera sui proverbi in cui la notizia tornava. Jacoby pensava che essa
derivasse da Aristotele: di certo può dirsi che apparendo in un'opera di
compilazione alla fine del IV secolo, essa è di certo più antica.
D'altra parte sappiamo che questa tradizione è stata ripresa da talune
emissioni monetali, in argento ed in oro, della zecca di Metaponto, che
esibiscono come tipo la testa di Leukippos15• La cronologia accertata è
l'età dei condottieri, in particolare di Archidamo, Alessandro il Molosso
ed Agatocle: tra il 340 ed il 280 a.C. È da supporre che la tradizione non
sia nata proprio in quel momento, diversamente, non avrebbe avuto il
valore propagandistico che le si voleva certamente dare. Deve trattarsi
dunque, di una tradizione più antica del 340. Nella forma in cui la tradi
zione ci è pervenuta, una forma che legittima l'intervento tarantino nel
l'area, una cronologia che ci porti, alla fine del V e agli inizi del IV, può
essere avvalorata dalle considerazioni prima avanzate circa l'indubbio
rapporto di questa tradizione con le lotte che per un decennio, dal 444/
433 al 433/432 (Diod. XII 23,2; 36,4), videro Taranto rimettere in discus
sione l'assetto acheo dell'area tra il Metapontino, la Siritide e la Sibaritide,
allora controllata da Turi.
Abbiamo già notato, del resto, come Antioco, che stando al F 1 1 Jacoby,
è il primo storico che da contemporaneo registri la fondazione di Herakleia,
è anche colui che, nel ricordare la fondazione di Metaponto si sforza di
14 Musti 1988, 1 17 ss.
15 Stazio 1974, 89 s.; Noe, Johnston 1 984, 105.
Culti e miti nella storia di Metaponto 87
eliminare ogni diritto di precedenza in favore degli Achei non solo dal
l'area sirite, ma anche da quella metapontina. Il passo successivo è in
pseudo Scilace, 14, che, nel momento stesso in cui registra l'esistenza di
Herakleia, annette alla Japygia, cioè all'area che, da Antioco in poi, viene
considerata come pertinente a Taranto, Herakleia come Metaponto. Tra
l'una e l'altra testimonianza si colloca la fondazione della lega italiota
egemonizzata da Taranto e da Archita (Suda s.v.), che avrà la sua sede
federale proprio ad Herakleia (Strabo VI 3,4, 280) . La tradizione su
Leukippos che fonda Metaponto sottraendone coll'inganno a Taranto il
territorio non può che riflettere questa situazione ed è più che ovvio che
essa venga ripresa nel momento in cui i condottieri chiamati da Taranto
difendono Herakleia e Metaponto dai Lucani e in particolare Alessandro
il Molosso riconquista ai Lucani Herakleia e forse la stessa Metaponto, se,
come ancora di recente si è sostenuto16, Metaponto e non Siponto va
letto in Livio, VIII 24,4.
Nella forma in cui essa ci è arrivata, la tradizione è, dunque, certa
mente filo-tarantina di V-IV sec. Tuttavia non manca qualche indizio che
possa trattarsi di una tradizione precedente poi riutilizzata in senso filo
tarantino. Il nome dell'ecista viene conservato per altre fondazioni achee,
come Sibari, Crotone e Caulonia: non si può quindi escludere che il
nome di un ecista venisse attribuito anche a Metaponto, e per essa l'uni
co nome di fondatore acheo ricordato è appunto questo di Leukippos. Si
tratta peraltro di un nome che in area eolica e nell'ambito della discen
denza da Aiolos, realtà, come vedremo, entrambe assai care agli Achei,
possiede illustri precedenti: Leukippos, padre delle Leucippidi, figlio di
Perieres, figlio di Aiolos (Stesich. fr. 227 Page); Leukippos, fondatore di
Magnesia sul Meandro (Parthen. Erot. 5 ; Schol. in A .R. I 583-4) che di
scende da Bellerofonte e quindi dall'Eolìde Sisyphos (Il. IV 1 54); Leukippos,
figlio di Makareus (Diod. V 81 ,8), signore di Lesbo e figlio anche lui di
Aiolos (Il. XXIV 544; Hymn. Ap. 37). D'altra parte un ecista, Leukippos,
caratterizzato quindi come possessore di cavalli bianchi, bene si attaglia
ad un centro caratterizzato come hippotrophos in un epinicio composto
da Bacchilide per un atleta metapontino (Ep. XI 1 14).
Anche lo stratagemma attribuito a Leukippos ha un sapore arcaico. I
Fenici lo utilizzano ai danni degli indigeni della Libia al momento della
fondazione di Cartagine . L'alternativa, che esso pone, tra un valore tradi
zionale attribuito alla formula ·un giorno e una notte", da intendere come
concessione di un determinato giorno e della successiva notte o vicever
sa, e il valore, che invece vi attribuisce Leukippos, di concessione giorno
e notte e quindi di durata indeterminata, è indizio di uno scarto culturale
16
Musti 1988, 43.
88 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
tra chi concede, e non prevede una lettura della formula in senso stretta
mente letterale, e chi riceve ed è attento unicamente alla lettera. Lo scar
to è, dunque, quello tra una cultura tradizionale, che non distingue for
ma da contenuto, e invece una cultura più scaltrita, il cui punto di riferi
mento è solo quel che la lettera esplicitamente suggerisce: la cultura, in
altri termini, della norma scritta e della sua retta interpretazione.
Ciò che entra in gioco in questo caso è, dunque, un dislivello cultura
le tra mondo dell'oralità e mondo della scrittura, che da un lato bene si
attaglia alla crisi del mondo arcaico, dall'altro comunemente si rinviene
nel rapporto tra colonizzatori ellenici e meno evolute popolazioni indi
gene. Basterà ricordare l'inganno teso dai Locresi ai Siculi17 o, su un altro
versante, l'inserzione di una richiesta di amicizia fidata e priva di dolo
nel famoso trattato di Sibari e dei suoi alleati con i Serdaioi (nr. 10 Meiggs
Lewis) . Proprio per questi motivi, se l'inganno di Leukippos si vuole
ritenere pertinente ad una tradizione achea più antica, bisognerà pensare
che vittime, piuttosto che i Tarantini, ne furono gli indigeni del posto. In
ogni caso quel che, alla conclusione di questa analisi delle tradizioni
tarantine su Metaponto, pare accertato è che per Taranto la Metaponto
preachea era una comunità indigena da confrontare ad uno scalo greco
aperto verso l'interno.
3. Le tradizioni achee
Naturalmente la tradizione achea non può porsi di fronte a questi feno
meni con la stessa ottica con cui si pongono i Tarantini e infatti noi abbia
mo le prove che questo avviene. A Metaponto esisteva un beroon di Metabos
e quindi l'eroe aveva un suo posto, ma in forme ovviamente diverse da
quelle presupposte dal filotarantino Antioco. Metabos, infatti, è dato come
figlio di Sisifo (Steph. Byz. s. v. ME'tanovnov; Eustath. In D.P. 365), dunque
come un nipote di Aiolos, padre come si è già detto di Sisyphos (Il. VI
1 54) : egli viene, dunque, privato delle sue connotazioni tipicamente indi
gene e rivendicato a quel mondo eolico ed eolide cui il più delle tradizioni
mitiche di Metaponto e degli Achei in genere si rifà.
D'altra parte, dalla polemica che Antioco conduce contro Euripide,
quale autore della Melanippe Desmotis, si apprende che questi, ambien
tando a Metaponto la leggenda di Melanippe, Aiolos e Boiotos, aveva
messo in rapporto questa leggenda con l'eponimo della città, ellenizzando
ne però il nome in Metapontos, sicché Antioco aveva buon gioco nel
rifiutare la tradizione facendo rilevare che l'eponimo in realtà era stato
17 Polyb. XII 6,2-5; Polyaen. VI 22.
Culti e miti nella storia di Metaponto 89
Metabos (Strabo VI 1 , 1 5 , 265). In un contesto filoattico e filometapontino,
come era quello euripideo dunque di nuovo Metabos perdeva i suoi
connotati strettamente indigeni.
Ancora la preoccupazione di legittimare la presenza achea, valorizzando
precedenti eroici per la stessa si intravede nella tradizione, nell'interesse di
un atleta metapontino raccolta da Bacchilide, su Achei reduci da Troia ftniti
a Metaponto dove hanno importato il culto di Artemis, derivandolo da
quello dell'arcadica Lousoi (Bacchyl. Ep. Xl). L'origine coloniale della tradi
zione è più che evidente. Il culto di Artemis a Metaponto, lo ha dimostrato
C. Montepaone18, riveste un valore particolare nella colonia collegandosi
strettamente ai problemi delle classi di età e ai loro riti: è dunque un'istitu
zione fondamentale della polis arcaica rnilitarmente organizzata per classi di
età. Un antico luogo di culto per Arternis è segnalato anche a Poseidonia
(Diod. IV 22,3), colonia sibarita con culti e miti, come si vedrà tra poco,
strettamente connessi a quelli di Metaponto. Culti di Arternis sono partico
larmente diffusi e rilevanti in Achaia: tempii di Arternis sono, infatti, presen
ti a Patrai (Plut. Arat. 32; Paus. VII 27,3-4), ad Aigion (Paus. VII 24, 1), ad
Aigeira (Paus. VII 26,2-5), a Phélloe (Paus. VII 26, 1 1), a Pellene (Paus. VII
27,3-4). Il culto di Artemis a Lousoi si connette a questi, giacché Lousoi è in
Arcadia, ma in una zona dell'Arcadia nell'immediato retroterra dell'Achaia,
all'Achaia strettamente congiunta sul piano cultuale e più in generale cultu
rale19. Riferirsi a quest'area significava riferirsi precisamente a quegli Achei
ai quali risaliva la fondazione in età storica delle colonie achee d'Occidente.
A proposito di questo culto metapontino va, tuttavia, osservato che il
diritto di precedenza acheo nell'area non era unicamente espresso nei
termini in cui, nella prima metà del V secolo, lo esprime Bacchilide,
facendo cioè risalire il culto stesso ai nostoi degli Achei da Troia, giacché
nella leggenda eolica, di Melanippe, Aiolos e Boiotos, la festa della dea
cacciatrice giocava un suo ruolo connesso alle iniziazioni giovanili, e,
come ora si vedrà, è proprio questa leggenda che meglio esprime i valori
mitici e cultuali prevalenti nella fase più antica della storia della colonia.
4. Le tradizioni eoliche e la colonizzazione achea
La tradizione di Metaponto, Eolo, Beoto, Melanippe, figlia di Eolo può
essere ricostruita nei particolari attraverso una serie di fonti che sono
nell'ordine: i frammenti della Melanippe Desmotis di Euripide, in partico-
18 C. Montepaone, 'L'apologia di Alexidamos: ·l'avventura del cavaliere•', Métis 1 ,2,
1986, 219-235, 219 ss.
1 9 ]effery 1961 [1990] , 222 s., mette in rilievo la forte integrazione dell'area di Lousoi e
del locale tempio di Artemis con la vicina Achaia.
90 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
lare i frammenti 657, 663 , 664, 665 Mette (= 1 2 , 2 1 , 20, 1 Jouan-Van Looy
= 489, 491 , 495 , 481 Kannicht)20; il frammento 1 2 di Antioco, che con
Euripide polemizza; una favola di Igino, la 186, che, anche se non del
tutto fedelmente, richiama la tragedia euripidea; la testimonianza di Stra
bone, VI 1 , 1 5 , 256, che ricorda la citata polemica di Antioco con Euripide;
una notizia di Ateneo, 253d, che attesta la presenza dell'eroina Siris nella
tragedia euripidea; un epigramma dell'Antologia Patatina, III 16, che
ricorda la liberazione di Melanippe ad opera dei gemelli Aiolos e Boiotos
e la loro successiva partenza per le terre che da essi prendono il nome.
Secondo questa tradizione Aiolos e Boiotos, figli di Melanippe e di Posei
don, esposti per ordine del nonno Aiolos, sono accolti come figli da
Metaponto e da sua moglie, fmo a quel momento privi di discendenti,
mentre la loro madre viene punita ed imprigionata dal padre.
Moglie di Metaponto, per una parte della tradizione (Schol. in D.P.
46 1) è esplicitamente Siris, l'eponima della colonia jonica, distrutta come
sappiamo dagli Achei, ed è questa Siris appunto che ha dovuto confron
tarsi con i gemelli Aiolos e Boiotos.
Nella favola di Igino a vivere la vicenda del rapporto dei gemelli c'è
invece, quale moglie di Metaponto, Theanò, un'eroina che di nuovo ci ripor
ta a Siris. Theanò infatti è il nome della troiana sacerdotessa di Athena in Ilio
(Il. VI 298; 302): come tale essa è inscindibile da Siris, città simile a Troia
(Lyc. Alex. 985 ss.) o immediatamente fondazione troiana (Ps. Arist. Mir. 106;
Schol. ad Lyc. Al. 984, 987), con un culto poliade21 appunto di Athena Ilias
(Strabo VI 1 , 14, 264), curato da una sacerdotessa (Lyc. Alex. 991), che, come
la Theanò di Igino, perderà nella sconfitta anche la sua prole.
L'atteggiamento di Siris-Theanò verso Aiolos e Boiotos, dapprima favo
revole, sfocia, una volta che anche lei ha dei figli propri, in uno scontro
con i due gemelli, di cui organizza l'eliminazione in occasione della festa di
Artemis. E qui si evidenzia il già citato contrasto con la versione di Bacchilide:
il culto che per Bacchilide era stato importato dagli Achei reduci da Troia,
in questo caso invece appare già attivo nel corso della vicenda di Metaponto
e Melanippe, entro un orizzonte che, dal punto di vista genealogico, è assai
più antico di quello degli eroi troiani: Melanippe è, infatti, figlia di Aiolos,
e quindi allo stesso livello di Salmoneo, padre di Tyr6, e perciò nonno di
Neleo ( Od. XI 235 ss. ; Hes. fr. 30 M.-W. , 24 ss.), capostipite dei Neleidi, il
più giovane dei quali, Nestore, partecipa alla guerra di Troia, essendo però
di due generazioni più anziano degli altri eroi achei (Il. I 252; Od. III 245).
20
Per questa tragedia e la relativa bibliografia vd. , da ultimo, L. Moscati Castelnuovo,
Siris. Tradizione storiografica e momenti della storia di una città della Magna Grecia,
Coli. Latomus 207, Bruxelles 1989, 49 ss.
21
Steph. Byz . , Et. M. s.v. :rìptç .
Culti e miti nella storia di Metaponto 91
Questo serve a dimostrare che le due tradizioni, quella dell'epoca dei nostoi
e quella eolica, sono in polemica tra loro.
La festa di Artemis prevede una caccia in cui i giovani devono eviden
temente dare prova della loro valentìa: il culto di Artemis metapontina
rivela così di nuovo quel rapporto colle classi di età ed riti di transizione
giovanile che traspaiono nel carme bacchilideo, tanto più poi che alla
caccia partecipano, secondo Euripide, fr. 664 Mette (= 20 Jouan-Van Looy
= 495 Kannicht), gli zii materni dei due giovani. Secondo Euripide sono
questi zii che dovrebbero eliminare Aiolos e Boiotos; secondo Igino, che
conferma anche per questo di non essere un fedele testimone della tra
gedia euripidea, sono i due figli nel frattempo nati a Theanò che dovreb
bero occuparsi della cosa. Il tentativo, grazie all'intervento di Poseidon,
non riesce, i mancati uccisori vengono eliminati e Siris-Theanò si uccide.
Poseidon rivela ai due gemelli la loro storia ed essi, liberata la madre, la
portano da Metaponto, al quale rivelano la perfidia della moglie defunta.
Dopo di che i due ripartono, l'uno per recarsi in Anatolia nella AioHs,
l'altro in Beozia, per succedere nell'Eolide, terra di provenienza dei BeotF2,
al nonno Aiolos: Melanippe, invece, sposa Metaponto.
Il significato di questo mito è trasparente ed evidente, per il ruolo che
vi giocano Siris-Theanò e i suoi figli, che il mito si riferisce alla guerra ed
alla distruzione di Siris. Altrettanto chiaro è che esso legittima la distruzio
ne di Siris, in quanto Theanò ed i suoi figli periscono a causa della loro
colpa: la loro opposizione a Metaponto e ai due gemelli, condotta con
mezzi sleali, provoca la loro fme. Se ciò è vero questo vuoi dire, spostan
doci sull'altro fronte, che la coalizione di città achee che, subito dopo la
fondazione di Metaponto (Trog.-Justin. XX 2,3), ha distrutto Siris equivale
ad Eolo, Beato e Melanippe: vale a dire, equivale a degli eroi provenienti
dalla Tessaglia eolica, l'AioHs, in quanto terra di Aiolos, estendentesi tra il
Peneio, l'Enipeo (Conon, 26 F l Jacoby) e l'Asopo maliaco (Eurip. fr. 665
Mette = l Jouan-Van Looy = 481 Kannicht; Strabo VIII 7, 1 , 383). In altre
parole, dunque, la fondazione di Metaponto come la connessa guerra
contro Siris viene in termini mitici connotata come una coalizione di segno
eolico-tessalo. Acquisito questo punto, cerchiamo ora di chiarirne tutti gli
aspetti. Che la coalizione che ha distrutto Siris fosse una coalizione di tipo
etnico, la tradizione lo ha detto: essa era stata, al dire di Trogo, espressione
di una opposizione radicale tra Greci di stirpe achea e Greci di stirpe non
achea (Trog.-Justin. XX 2,3), ossia gli Joni della restante tradizione23.
22
Thuc. I 12,3; Ephor. , FGrHist 70 F 1 19; Archem. , FGrHist 424 F l; Paus. X 8,4;
Polyaen. I 12; VII 43; VIII 44.
23 Cfr. Arist. fr. 584 Rose= 60 1 Gigon; Tim . , FGrHist 566 F 5 1 ; Lyc. Alex. 978-992 e
Schol. ad Lyc. Al. 984 e 989; Ps. Arist. Mir. 106; Strabo VI 1 , 14, 264.
92 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Ma c'è di più . Egualmente connotata in senso etnico è nella tradizione
la fondazione stessa di Metaponto. Secondo Antioco, F 1 2 Jacoby, la
fondazione della colonia si spiega col fatto che gli Achei, i quali erano
stati cacciati dalla Laconia dai Dori, adottano come metro di giudizio e di
valutazione del rapporto con la laconica Taranto, l'odio ancestrale per i
Dori che questa vicenda aveva in loro provocato.
In conclusione, dunque, può dirsi che la fondazione di Metaponto e
la guerra contro Siris caratterizzano gli Achei con precise motivazioni di
tipo etnico: ostili verso i Dori nel momento che fondano Metaponto;
ostili agli Joni nella guerra contro Siris; di origine eolico-tessala nella
trasposizione mitica del conflitto con Siris. Né Dori, né Joni, dunque, ma
Eoli. Ma possiamo fare anche qualche altro passo avanti. Il recupero di
miti eroici dall'Eolide tessala non è a Metaponto limitata alla vicenda di
Melanippe. A Metaponto noi troviamo ancora attraverso i Neleidi, il culto
di Neleo (Strabo VI 1 , 1 5 , 364), e Neleo rientra esattamente nello stesso
contesto, giacché Neleo è il figlio di Poseidon Enipeo, cioè del fiume
tessalico che scorreva nel cuore dell'Eolide, e di Tyr6, figlia di Salmoneo,
a sua volta figlio di Aiolos ( Od. XI 235 ss. ; Hes. fr. 39, 24 ss. M.-W.). Neleo
e i suoi figli rappresentano, quindi, lo stesso mondo di Melanippe e dei
suoi figli.
Sempre sullo stesso versante si colloca l'ellenizzazione di Metabos: egli
diviene, come si è già visto, figlio dell'Eolide Sisyphos. Di nuovo si torna
ad Aiolos, quindi. Ma c'è di più. L'Eolide Sisyphos, nel frammento ben
noto di Eumelo, fr. 6 Bernabé, è colui che ha seppellito Neleo all'istmo, e
che, pur conoscendo il luogo di sepoltura dell'eroe, ne riserba a sé e a
pochi altri la conoscenza. A Sisyphos, dunque, in maniera privilegiata si
connette il culto funebre di Neleo. E a Metaponto accanto a Sisyphos
troviamo il culto funebre dei figli di Neleo (Strabo VI 4 , 1 5 , 264).
Sempre a Metaponto il rapporto con questo mondo eolico si realizza
anche in altre forme. Il mito di Ame, su cui torneremo più tardi, ci ripropone
il rapporto di Metaponto con Aiolos, Boiotos e Poseidon tessalico anche
nella variante che vede Ame, figlia di Aiolos, prendere il posto di Melanippe.
In un contesto analogo si pone anche Epeios, fondatore di Metaponto
secondo Trogo-Justino, XX 2 , 1 e probabilmente in Velleio Patercolo I l ,
dove, per il confronto con Servio, adAen. X 179, con buone ragioni il nome
dell'eroe viene integrato. Ma qui occorre qualche ulteriore precisazione.
La presenza dell'eroe a Metaponto è la conseguenza di un probabile
trasferimento dal più piccolo e meno famoso sito di Lagaria, considerato
da Licofrone (930 ss .); Strabone (VI 1 , 14, 263); Stefano Bizantino (s. v.
Aayapia), fondazione appunto di Epeio, e sede di un tempio di Athena
Eilenia, dove l'eroe avrebbe originariamente consacrato gli strumenti della
sua arte, come sostengono nell'ordine Licofrone (Alex. 948); pseudo Aristo
tele (Mir. 108) ; l'Etymologicum Magnum (298,25).
Culti e miti nella storia di Metaponto 93
Poiché il sito cadeva tra Turi (Strabone) e Metaponto (pseudo Aristote
le), nella Siritide (Licofrone), è verisimile che esso sia caduto in mani
metapontine agli inizi del VI secolo in seguito alla distruzione di Siris .
Così gli anathemata e le tradizioni attribuiti all'eroe naturalmente passa
rono a Metaponto. Ma a patto di una notevole e per noi assai significativa
innovazione. L'eroe di Lagaria era il costruttore del cavallo di Troia: figlio
di Panopeo, eponimo di una nota località della Focide (Il. XXIII 665), e
di Lagaria (Schol. ad loc.), e quindi focidese. L'eroe fondatore di Metaponto,
e di Pisa in Etruria (Servio ad Aen. X 1 79), è invece considerato compa
gno di Nestore e quindi separato dall'eroe focidese.
Come si sia pervenuti a questo risultato non è difficile intendere. Entra
no in gioco due cose: l'esistenza di un altro Epeios, eponimo degli Epei,
omerici abitanti dell'Elide, e l'inserimento nel regno di Nestore della valle
dell'Alfeo. Il regno di Nestore, infatti, viene, nel Catalogo delle navi (Il. II
591 ss .), in Iliade V 545 e nella così detta Nestoris (Il. XI 670 ss. , ma special
mente 712, 726, 728), localizzato nella Trifùia ed esteso alla valle dell'Alfeo,
ossia alla Pisatide e ad Olimpia: e dell'Alfeo era affluente un Enipeo (Strabo
VIII 3,32, 356), omonimo del fiume tessalico, cui la nascita di Neleo abbia
mo visto connessa. Coerentemente si indicava come la vera Pilo di Nestore
ora una Pilo in Trifùia (Strabo VIII 3, 14- 1 5 , 344-345), ora invece una Pilo
nell'Elide, situata tra Elis ed Olimpia (Paus. VI 22, 5-6; 25,2-40).
Partendo da questi dati si è elaborata la tradizione dei Pilii fondatori di
Pisa, località omonima di quella elea (Strabo V 2,5, 222; Serv. adAen. X 179),
e fondatori di Metaponto (Strabo /.c. e VI 1 , 1 5 , 264), a sua volta riconducibile
ad un'altra località dell'area trifùio-elea abitata dai Metapioi, popolazione a
noi nota attraverso un'iscrizione da Olimpia redatta in dialetto eleo e quindi
da riferire all'area in questione (Jeffety 1961 [1990], 220, n. 12).
D'altro canto la presenza degli Epei nell'Elide america (Il. II 619; XI
688 ss . ; XIII 686 ss . etc.) ed esiodea (fr. 1 2 M.-W.) , a stretto contatto,
quindi, con i Pilii (Il. XI 688 ss. ; XXIII 630 ss.), aveva determinato l'esi
genza di assegnare loro un capostipite Epeios (Arist. fr. 639 Rose), al
quale era stato poi attribuito come padre Endymion (Paus. V 1 ,4), figlio
di Aethlios e di Kalyke (Hes. fr. 1 0a, 57-63 M.-W.), nipote di Aiolos, in
quanto Kalyke era figlia di costui, e responsabile per eccellenza della
venuta degli Eoli dalla Tessaglia all'Elide (Apd. I 7 , 5) . L'eroe era ben noto
ai Metapontini che ad Olimpia nel loro thesauros avevano deposto una
statua eburnea di Endymion (Paus. VI 9 , 1 1 ) .
Tutto ciò perché Endymion non solo rappresentava l e origini eoliche e
tessaliche dell'Elide, ma rappresentava altresì una delle tradizioni circa l'ori
gine locale dei giochi olimpici: egli era, infatti, figlio di Aethlios, l'eroe degli
aethla ossia dei giochi, ed i giochi aveva fondato, nel momento in cui
attraverso una gara aveva deciso l'assegnazione del regno al figlio Epeios
(Paus. V 1 ,3): la gara doveva essere stata quella prestigiosissima dello sta-
94 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
dio, giacché, ad Olimpia, la tomba di Endymion era significativamente col
locata proprio nel luogo da cui partivano gli stadiodromi (Paus. VI 20,9).
Alla fine di tutto questo percorso un eroe Epeios, insieme eponimo
degli Epei e primo stadionica, risultava attivo in Elide ed a Olimpia ed era
quindi disponibile da un lato all'incontro coi Pilii dall'altro alla confusione
con l'Epeios presente a Troia. L'incontro, tuttavia, si poteva fare solo se si
fosse stati disposti a superare il notevole scarto genealogico tra un eroe
che, in quanto nipote di Kalyke, apparteneva alla terza generazione dopo
Aiolos, la stessa quindi di Neleo, padre di quel Nestore che, come si è
detto, rappresentava la terza generazione anteriore a quella che combatte
va a Troia: se, dunque, si fosse trattato dello stesso eroe questi avrebbe
dovuto essere tanto anziano quanto Nestore, cosa che l'Epeios iliadico
non era se, a differenza di Nestore (Il. XXIII 615 ss.), prendeva parte attiva
ai giochi per la morte di Patroclo, vincendo nel pugilato (XXIII 664 ss.), ma
venendo battuto nel lancio del disco (ibid. 838 ss.). La tradizione che fa di
Epeios costruttore del cavallo, non più focidese ma pilio e compagno di
Nestore, che ha alle spalle tutto questo elaborato e difficoltoso lavorio, è
certo tarda, ma egualmente significativa del fatto che Metaponto poteva
assorbire un eroe Epeios solo utilizzando tradizioni eoliche.
Ma non è solo Metaponto ad essere fortemente condizionata da tradi
zioni eolico-tessale, giacché analogo è il caso di Poseidonia, immersa
con i suoi principali culti poliadi in questo stesso clima. Questa volta
entra in gioco il mito degli Argonauti, per ambientazione e protagonisti
pur esso legato all'area eolico-tessala .
Per cominciare, a Poseidonia noi troviamo, infatti, il tempio e il culto
di Poseidon Enipeo (Lyc. Alex. 722-725 e Schol. ad loc.), il Poseidon,
come già sappiamo, che da Tyr6, figlia dell'Eolide Salmoneo, ha genera
to Neleo e Pelia; e Pelia è colui che spodesta il fratellastro Aison, padre
di Giasone, ed invia lo stesso Giasone alla conquista del famoso vello
(Apd. I, 9 , 1 6 e 27) .
Accanto a Poseidon Enipeo, c'è Leukosia, sirena originariamente col
locata sul promontorio sorrentino, ma poi precipitatasi in mare e trasci
nata dopo la sua morte (Lyc. Alex. 722-725) su di un'isoletta che chiude
va a sud il golfo di Poseidonia (Strabo VI 1 , 1 , 252). In realtà, però, l'iden
tità del nome Leukosia con quello di Leukothea, dove sios, secondo Esichio,
equivale a theos; l'essere stata Leukothea egualmente protagonista di un
katapontismos, che l'aveva però posta in connessione tramite l'Eolide
Sisyphos con Poseidon (Schol. Isthm. , intr.); la natura assolutamente com
posita ed innovativa del gruppo delle tre Sirene onorate sul promontorio
delle Seirenoussai24, confermano che Leukosia doveva essere in origine
24 Breglia Pulci Doria 1 987.
Culti e miti nella storia di Metaponto 95
la divinità marina Leukothea, fin da Omero identificata con Ino ( Od. V
333 s.), seconda moglie di Athamas, figlio di Eolo, la quale, con la sua
ostilità ai figli della prima moglie di Athamas, Nephele, cioè a Frisso ed
Elle, ne provocò l'allontanamento sul famoso ariete dal vello d'oro25 • In
altre parole, sul versante meridionale del golfo di Poseidonia, noi rinve
niamo quelli che in termini di mito sono gli antagonisti di Giasone,
Poseidon Enipeo e Ino-Leucothea : coloro che, l'uno colla sua discenden
za , l'altra colla sua azione, determinano la spedizione degli Argonauti.
Giasone ed i suoi aiutanti sono sull'altro versante del golfo dove tro
viamo un altro culto, quello di Hera Argonia (Strabo VI 1 , 1 , 252), o più
banalmente Argiva (Plin. N.H. III 5,70; Solin. 1 1 , 1 2) .
Fondatore del tempio è Giasone, i l figlio d i Aison, e quindi nipote di
Kretheus e di Tyr6, eroina il cui sposo divino fu invece il più volte citato
Poseidon Enipeo. Kretheus è figlio di Aiolos; Tyr6, già lo sappiamo, è
figlia dell'Eolide Salmoneo. Hera è la divinità che proteggeva il tessalo Gia
sone, e perciò era un'Hera Pelasghis (Apd. I 1 4) , proteggeva la sua nave
Argo, e perciò si definiva ·Argonia· o ·Argiva·.
A conferma del peso che queste tradizioni hanno nell'aristocrazia lo
cale non è inutile ricordare che tra i Pitagorici di Poseidonia (Jam. VP
267) si ritrovano un Athamas, omonimo dell'Aiolides marito di Ino e
padre di Phrisso ed Helle; nonché un Thestor, omonimo invece di un
argonauta (Scbol. in A .R. I 1 39- 1 44a), anche lui Eolide in quanto discen
dente di Melampo e quindi di Amithaone, e quindi di Kretheus e Tyr6.
Nell'ambito dell'onomastica poseidoniate si ritrova così al più alto livello
attestata la dialettica antagonisti-aiutanti di Giasone prima rilevata.
Poseidonia, dunque, si trova immersa nello stesso clima in cui si vide
già immersa Metaponto: fondazione achea, e vicina nel tempo alla fon
dazione di Metaponto, essa esibisce di nuovo un patrimonio mitico-cultuale
di ascendenza eolico-tessala. La prima osservazione da fare in proposito
è che in questo modo sia Metaponto che Poseidonia si ricollegano al
patrimonio mitico dell'Acaia peloponnesiaca, terra da cui i loro abitanti
provengono. Gli Achei del Peloponneso, Strabone (VIII 1 ,2 , 333) lo ri
corda, sono di origine eolica, un dato che le componenti eoliche del loro
dialetto confermano26, il che sempre secondo Strabone voleva dire che
gli Achei erano una proiezione sul Peloponneso delle popolazioni di
stirpe eolica assolutamente prevalenti a nord dell'Istmo.
25Leukothea = Leukosia: cfr. Breglia Pulci Doria 1987, specialmente 93-95.
26Strabo VIII 1 ,2, 333-334: Arcadi ed Elei parlavano un dialetto eolico, mentre nel
resto del Peloponneso si parlavano dialetti che in diversa misura mescolavano eolico e
dorico. Fonte del Geografo è un non precisato né precisabile, ma ben informato, gram
matico alessandrino: Strabon, Géograpbie, tome V, livre VIII, texte établi et traduit par R.
Baladié, Paris 1 978, 53 n. 5 e 216 n. l .
96 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
A loro imparentate si volevano le popolazioni dell'Aiolfs anatolica.
Makareus, l'Aiolides di Lesbo, proveniva secondo Esiodo, fr. 184 M.-W. ,
da O leno in Achaia. Tisameno, il fondatore dell'Achaia, era figlio di Oreste
e fratello di Penthilos, i due responsabili della colonizzazione eolica in
Asia Minore ed in particolare a Lesbo. Parallelamente, all'occupazione
dell'Achaia aveva preso parte Damasias, uno dei figli di Penthilos (Paus.
VII 6,2), mentre Kometes, il primogenito di Tisameno, era a sua volta
passato con gli Eoli in Anatolia (Demon, 327 F 1 7 Jacoby; Paus. l. c.) .
Quanto alla provenienza ultima degli Achei del Peloponneso, Strabone,
seguendo Eforo (70 F 1 1 8 Jacoby), afferma il loro legame originario con
la Phthiotide. Si tratta di una tradizione già nel V secolo ormai vulgata.
L'accetta Erodoto, II 98, e con lui concordano, oltre al già citato Eforo, lo
storico locale Autocrate (297 F 2 Jacoby), e ancora Strabone (VIII 7 , 1 ,
383-384) e Pausania (VII 1 ,6) .
La tradizione si esprime in questi termini: Achaios, eponimo della
Achaia Ftiotide, è passato dalla Ftiotide nel Peloponneso e ha dato origi
ne agli Achaioi, prima dislocati nell'Argolide e nella Laconia poi, sotto la
spinta degli Heraclidi passati nell'Achaia classica .
Egli è nipote di Aiolos, secondo Esiodo, frr. 9 e l Oa, 20-24 M.-W. ,
perché Aiolos è fratello di Xouthos e questi è padre di Achaios e di Jone:
ma questa è versione ormai tarda, giacché esprime già il primato di Hellen,
in quanto padre di Xouthos, Aiolos e Doros e quindi la natura di Hellenes
che Dori, Eoli e Joni ormai posseggono. Ma nella tradizione più antica,
che, come a suo tempo dimostrò F. Càssola27, è quella euboico-calcidese
attestata in Sicilia nell'VIII secolo (Diod. V 8) e ripresa in seguito da
Euripide (fon 1 296-8; 1 589-94), Achaios è ancora figlio di Xouthos, ma
questi è figlio di Aiolos, per cui Achaios è discendente diretto di Aiolos,
il re come già sappiamo dell'Aiolfs.
In questo modo, dunque, l'origine degli Achei veniva riconnessa all'Aio
Hs e l'adozione delle tradizioni ad essa relative giustificata . Ma non basta .
Secondo le stesse tradizioni è dalla tessalica ed eolica Ftiotide che gli
Achaioi sono in particolare legati. Ed è facile capirne il perché se nella
Ftiotide erano egualmente presenti degli Achei e c'era, accanto alla Achaia
del Peloponneso, un'Achaia Ftiotide abitata dagli 'Axawì oi Cl>8u08at
(Hdt. VII 1 32).
Una tradizione che è già america conosce gli Phthiioi (Il. XIII 686-699)
come compagni di Filottete, signore dei Magnesii, guidati in sua assenza
da Medonte (Il. II 7 1 6-720), e come compagni una volta di Protesilao, ed
ora di Podarkes (Il. II 695 ss .). La loro terra, Phthie, è per eccellenza la
terra di Peleo, su cui insistono Mirmidoni, Hellenes, Achaioi (Il. II 684) e
27 Càssola 1953, 279 ss.
Culti e miti nella storia di Metaponto 97
Dolopi (Il. IX 484) . Si tratta di un'area quindi che si estende dalla Magne
sia alla valle dello Spercheio, dal Peneio all'Asopo maliaco (Strabo VIII
7, 1 , 383), in cui rientra il già più volte citato Enipeo, un affluente del
Peneio (Strabo IX 5,6, 432) .
È la così detta grande Ftiotide, nota anche da Esiodo (fr. 2 1 5 M.-W.) la
quale altro non è che l'Aiolfs, anch'essa, come ricorda Euripide nella
Melanippe Sophe, estendentesi per tutta l'area dal Peneio all'Asopo maliaco
Cfr. 661 Mette = 16 Jouan-Van Looy = 493 Kannicht) . In questo senso
tradizioni eoliche e tradizioni ftiotiche si equivalgono.
Ma c'è di più . In Phthia vivevano; come si è visto, Achaioi, compagni
di Achille: conseguentemente donne Achaiides abitano Hellas e Phthie
(Il. IX 395) , terre di Achille, ed in Il. XI 770, Achaiis dalle belle donne,
invece della solita Phthie, è la sede di Peleo. Sono i primi indizi di un'evo
luzione del rapporto che vede nelle denominazioni topografiche ed etni
che dell'area Phthie e Phthioi in origine prevalenti: poi la situazione
cambia . Se infatti passiamo a verificare l'ulteriore fortuna degli etnici
connessi alla Phthie omerica troviamo in Esiodo tra gli eponimi delle
stirpi elleniche Hellen, divenuto ormai il capostipite supremo, ed Achaios,
frr. 9 e 10a, 20-24 M.-W. , mentre dobbiamo attendere Erodoto per trovare
Phthios, ma assai significativamente, come figlio di Achaios (II 98,2).
Parallelamente a proposito degli ethne partecipi dell'Amfizionia pilaico
delfica , già costituitasi alla fine del VII, quando in suo nome ci si accinge
a combattere la prima guerra sacra , Achaioi (Paus. X 8,2), oppure 'Axawì
o'ì <1>8tro8at, appaiono tra i membri originari della stessa (Theop . 1 1 5 F 63
Jacoby; Aeschin. II 1 1 6; cfr. Diod. XVI 29) . Gli Achei del Peloponneso,
dunque, erano pienamente legittimati, in quanto Eoli d'origine e in quanto
Achei, a valorizzare tradizioni della Tessaglia e sotto forma di tradizioni
aiolidai e sotto forma di tradizioni ftiotiche .
Delle tradizioni ftiotiche e del modo con cui erano riprese in Acaia s'è
già detto: basterà solo aggiungere che la loro capitale religiosa Helike era
omonima di una città della Ftiotide , ricordata nello Scutum pseudoesio
deo, v. 381 , e che per il citato Aristocrate, autore ellenistico di Achaika,
Phthia era una parthenos dell'achea Aigion amata da Zeus che s'era a
questo scopo tramutato in un colombo, un mito che anche monete citta
dine di II a.C. celebrano (K. Ziegler, RE, XX, 1 , 1 941 , 959) . Tradizioni
argonautiche erano invece presenti a Pellene e ad Hyperesie-Aigeira (A.R.
I 1 76; Hyg. Fab. 14; Paus. VII 26, 14; Orph. Arg. 2 1 6 s.).
Le colonie achee d'Occidente non fanno altro che allinearsi: proprio
perciò esse non si limitano a riprendere le tradizioni relative ad Aiolos e
agli Aiolidai, riportandosi così alla Aiolfs tessala come a quella anatolica ,
ma valorizzano anche tradizioni specificamente ftiotiche .
Crotone e Sibari , infatti, nel riprendere tradizioni connesse al mondo
dei nostoi, presentano eroi della Ftiotide : Filottete è un eroe della Magne-
98 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
sia , ma a proposito di Podarkes, che ne raccoglie l'eredità, si precisa che
era a capo degli Ftii (//. XIII 693-699), e lo stesso Filottete nel prosieguo
della sua storia , in area ftiotica, sul monte Oeta riceve il famoso arco poi
dedicato nel tempio di Apollo Alaios28•
Tiepolemo, l'altro eroe, i cui compagni sono legati all'azione di Filottete
nella Crotoniatide settentrionale e nella Sibaritide29, è connesso al mondo
tessalo-beota : figlio dell'eroe, egli è infatti finito a Rodi dopo avere ucci
so un fratello di Alcmena, Licymnios (//. II 663) ed è perciò, come rileva
Strabone, capo di Aioleis e di Boiotoi (XIV 2,6, 653) .
Nella tradizione esiodea (Hes. fr. 232 M.-W.) e rodia (Pind. 0/. VII 24)
egli viene inoltre connesso attraverso la madre Astydameia , figlia di
Amyntore figlio di Ormenos (Il. IX 448; X 266 s.), da un lato ad Aiolos,
Ormenos essendo nipote di Aiolos (Strabo IX 5, 18, 439), dall'altro alla
tessalica città di Ormenion-Orminion, con la quale ci troviamo di nuovo
riportati nell'area ftiotica di Pagase (Strabo IX 5 , 1 8, 438) .
Questo stesso legame ritorna a Crotone nei culti attestati nell'Heraion,
dove troviamo Achille e Teti30: Achille, già lo sappiamo, viene da Ftia ed
il Thetideion, tempio di Teti, cadeva nella Ftiotide presso Pharsalos (Strabo
IX 5 , 5 , 431). Dunque c'è una solidarietà tra le colonie e la loro madrepatria,
nel valorizzare sia tradizioni eolidi che tradizioni ftiotiche e c'è, per i
notati legami tra Aiolis e Phthie-Phthiotis, perfetta coerenza di comporta
menti nella valorizzazione sia delle une che delle altre.
Tornando dunque a Metaponto il mito di Melanippe, Aiolos, Boiotos
e Metaponto, che eguaglia tradizioni eolico-tessale e acheo-ftiote, si inse
risce nel contesto testé esaminato, e utilizza direttamente tradizioni eolico
tessale a testimonianza di un diritto acheo all'occupazione del Metapontino.
Perciò questo mito non piace ad Antioco, il quale, nell'ottica filotarantina
che assume, lo contesta.
Ma c'è anche un altra conclusione da trarre. La tradizione achea, in
questo richiamo ad eredità eolo-tessaliche, opera su due livelli: il livello
acheo-ftiota, che è prevalente nelle tradizioni mutuate dal mito troiano e
nell'area di Crotone (Achille, Teti, Filottete) e di Sibari (Filottete, Tiepole
mo), e il livello eolide (Aiolos e discendenti di Aiolos), che è valorizzato a
Metaponto e Poseidonia e all'epoca della guerra contro Siris. Due modi di
rapportarsi al passato eolico-tessalo, cui corrispondono due aree diverse,
ma anche momenti cronologicamente diversi: il momento ftiotico-troiano,
28 Il. II 716 ss. Per il motivo dell'arco di Herakles, ampiamente testimoniato dall'omo
nima tragedia sofoclea, primo teste è Bacchyl. fr. 7 Sneii-Maehler.
29 Lyc. Alex. 91 1 ss. ; Ps. Arist. Mir. 107. Su tutti i problemi posti dalla presenza di
Filottete e di Tlepolemo in Italia, cfr. Épéios (Actes Colloque).
30 Lyc. Alex. 856 ss. e Scbo/. ad v. 857. Cfr. Giangiulio 1989, 68 ss.
Culti e miti nella storia di Metaponto 99
infatti, appare collegato da un lato allo scontro con Sibari, nell'area a ridosso
della quale, secondo opposte ottiche, ora crotoniatPI , ora sibarite32, ricado
no le localizzazioni di Filottete e dei compagni di Tiepolemo, dall'altro alla
battaglia della Sagra, le cui tradizioni valorizzano il ruolo di Achille33. Il
momento più immediatamente eolico appare piuttosto connesso alla guer
ra contro Siris e alle due fondazioni di Metaponto e di Poseidonia che tale
guerra precedono. L'arco cronologico è dunque il VI-V secolo e l'epoca
della crisi del mondo acheo per i miti troiani, il VII-VI e l'epoca dell'ege
monia di Sibari per i miti eolici. Tutto ciò ancor più ci autorizza a utilizzare
tali tradizioni per meglio intendere il senso degli avvenimenti cui si colle
gano, rispetto ai quali, come abbiamo visto per il mito di Melanippe, si
propongono come veri e propri modelli interpretativi. Se le cose stanno
così, qualche ulteriore riflessione si rende possibile. Il primo dato su cui
riflettere è il connettersi di tre realtà, Metaponto, Siris, Poseidonia, a miti
eolici. Queste tradizioni si sono imposte nel momento in cui Sibari ha
fondato le sue subcolonie. Al momento in cui Sibari ha condotto la lotta
contro Siris, la motivazione della lotta era etnica ed era eolica: questa è la
motivazione ideologica che Sibari dava alla sua egemonia. Secondo dato
su cui riflettere è che il collegamento tra Poseidonia e Metaponto viene
assicurato dal fatto che a Poseidonia si valorizzano i miti argonautici.
Bisognerà , dunque, chiedersi che cosa significavano tali miti. Il mito
argonautico rispetto, per esempio, al mito odissaico, pur largamente pre
sente nella grecità occidentale, e al mito argonautico, per tanti aspetti
connesso all' Odissea34, si presenta in certo senso come affine ma anche
come diversamente orientato. Il viaggiare di Odisseo prevede unicamen
te l'incontro sulla costa : Odisseo sbarca e sperimenta il grado di ospitalità
degli abitanti delle terre da lui toccate, di volta in volta o punisce i riottosi
o al contrario gode dell'ospitalità e dei doni degli uomini rispettosi degli
dei e del giusto: significativi in tal senso sono un gruppo di versi formu
lari più volte ripresi35. Il suo viaggiare, quindi pone unicamente questo
problema, del contatto e della sua possibilità .
Il viaggio argonautico, invece , va oltre proponendo un modello più
articolato ed esteso. Gli Argonauti non seguono rotte unicamente mari
ne; essi percorrono i fiumi e superano gli istmi, trasportando la nave
3' Apd . , FGrHist 244 F 167; Strabo VI 1 ,3, 254; Apd. Ep. VI l Sd.
32 Ps. Arist. Mir. 1 07.
3 3 Cfr. la leggenda dello stratego crotoniate Leonimo ferito nella battaglia della Sagra
e miracolosamente guarito da Achille nell'Isola Bianca : Conon, FGrHist 26 F l Jacoby;
Paus. III 19,9; Tert. An. 46,9; Herm. 243 a, 75 Couvreur. Per tutta questa tradizione, vd.
Giangiulio 1 989, 239 s. (ivi bibliografia) .
.� Modello argonautico: Hes. fr. 241 M.-W. ; Pind. P. IV 20 ss. ; Antim. Lyde fr. 65 Wyss.
·35 Od. VI 1 20- 1 2 1 ; IX 175-176; XIII 201 -202 . Cfr. anche VIII 575-576.
1 00 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
sulle loro spalle : collegano mari diversi attraversando fiumi e seguendo
percorsi terrestri. Qui è una sensibile differenza tra il modello odissaico e
il modello argonautico: nel modello odissaico solo itinerari marittimi sono
presenti, in quello argonautico itinerari marittimi, fluviali e terrestri sono
tutti compresenti.
Vi è poi un secondo aspetto su cui occorre riflettere . Al diverso ap
proccio odissaico alle terre toccate nel corso del viaggio corrisponde
simmetricamente una diversa motivazione della partenza : Odisseo era
partito per partecipare ad una guerra e rappresentava piuttosto la vicen
da di un guerriero o all'occasione di un pirata36• Diverso il caso degli
Argonauti che erano partiti alla conquista di un vello d'oro e pertanto
apparivano piuttosto il simbolo delle navigazioni e dei viaggi alla ricerca
dei metalli. Niente meglio lo conferma delle tappe, che, una volta ulte
riormente occidentalizzato ed arricchito di avventure tirreniche, al viag
gio degli Argonauti si attribuiscono: le bocche del Rodano (A.R. N 649),
Aithalie/Elba, ma in particolare il porto di Argo/Portoferraio (A.R. N 654-
658) e Telamone (Tim. 566 F 85 ]acoby) disegnano infatti la rotta da
Massalia all'Etruria mineraria , la rotta per intenderei percorsa nei due
sensi da Focesi ed Etruschi alla ricerca di ferro e di stagno37.
Quando dunque, e in particolare nel Tirreno, si è attribuito ad una
località uno statuto argonautico, facendone una tappa del loro viaggio, è
a tutto ciò che in qualche modo si è fatto riferimento . Nel caso di
Poseidonia , Giasone viene connesso all'Heraion alla foce del Sele . Il
collegamento ad Hera riprende il motivo della protezione dalla dea con
cessa all'eroe, tanto più che proprio all'intervento di Hera e alla profezia
della nave Argo si fa risalire l'inizio della vicenda fluviale che porta la
nave nel Tirreno (A.R. IV 580 ss . , 640 ss .). Alla foce del Sele corrisponde
va un portus A/burnus (Lucil . fr. 125 Marx) . Il corso del fiume Sele costi
tuisce nell'antichità un'importante via di collegamento con la costa jonica,
sia attraverso la val d'Agri che attraverso l'Ofanto, il Bradano ed il Basento:
una via attraverso cui tra l'altro si diffondevano nell'area i prodotti della
metallurgia etrusca38. Lo statuto argonautico concesso a Poseidonia ed
alla foce del Sele non è dunque casuale né lo è il fatto che le tradizioni
eolidi di Poseidonia trovano un riscontro nelle tradizioni eolidi di
Metaponto . Le due cose fanno, dunque, sistema .
_;�, Od. I 398; III 730 = IX 254 = Hymn. Ap. 454; IX 39 ss . ; XIV 230 ss . ; XVli 424 ss . ; XXIII
356 s . Cfr. Thuc . I 5.
r Cfr. G. Colonna, 'Presenza greca ed etrusco-meridionale nell'Etruria mineraria', in
L 'Etruria mineraria, Ani del XII Convegno di Studi Etruschi e Italici, Firenze 198 1 , 443-462.
38 Cfr. Mele 1 990.
Culti e miti nella storia di Metaponto 101
5. La destrutturazione della Metaponto achea
Veniamo ora all'ultimo problema: la decomposizione dell'immagine achea
di Metaponto. La prima significativa attestazione di questo fenomeno si
rinviene nel mito di Arne, Eolo e Beato, rielaborazione del già esaminato
mito di Melanippe. Le fonti sono: Diod. IV 67,3-7 e uno scolio a Dionigi
Periegeta, 461 . In questa rielaborazione resta il rapporto con la guerra per
Siris, perché la moglie di Metaponto è ancora Siris, come è nello scolio, o
una sua controfigura. Se infatti in Diodoro Siculo troviamo come prima
moglie di Metaponto Autolyte, è facile osservare che essa gioca lo stesso
ruolo di antagonista e di vittima dei due gemelli che rivestono e Theanò
nella vicenda parallela di Melanippe e Siris nel racconto dello scolio. D'al
tro canto il nome di Autolyte, femminile di autolytos che vale ..legato allo
stesso guinzaglio", perfettamente si addice a Siris, la cui storia fu sempre
strettamente legata a quella di Metaponto. Siris viene, infatti, introdotta
nello scolio come prima moglie di Metaponto poi spostatasi a Siris; Siris
Polieion viene presentata come fondazione di un eroe metapontino Polis39;
Siris sarebbe stato il primo nome di Metaponto40; Metapontino e Siritide
fanno tutt'uno nell'ottica acheo-sibarita di Antioco, 555 F 1 2 Jacoby; coe
rentemente la nascita di Metaponto comporta l'eliminazione di Siris nel
racconto di Trogo-Justino (XX 2,3). Anche questo mito dunque allude al
conflitto che portò alla distruzione di Siris e ne attribuisce la responsabilità
ad Aiolos e Boiotos , eroi che, come sappiamo, rappresentano gli Achei
vincitori. Questo punto resta fermo, ma non così avviene per tutto il resto.
È scomparsa Melanippe e non c'è più il matrimonio della madre dei
gemelli con Metaponto. I gemelli svolgono un ruolo negativo: autori di
una stasis si impadroniscono del potere colla violenza ; venuta Arne in
urto con Autolyte uccidono quest'ultima o come dice Diodoro uccidono
Siris per volere della loro madre; provocano perciò l'ira di Metaponto e
sono costretti a partire assieme alla loro genitrice; passano Aiolos nelle
Eolie e Boiotos invece nell'Eolide, secondo lo scolio, o nella Beozia,
secondo Diodoro. E qui si coglie un'altra differenza perché nella versio
ne con Melanippe, Aiolos passava invece nell'Eolide d'Asia .
Dunque , in questa elaborazione mitica resta sì sullo sfondo l'equiva
lenza tra gli Achei e gli Eoli di Aiolos e Boiotos, ma questo momento
acheo diventa un'intrusione , un fatto negativo, una parentesi che è stata
superata , perché alla fine si è consumata una giusta rottura tra questi eroi
39 Et. M. s. v. lloA.ietov; Tz. in Lyc. Al. 856. Cfr. M. Lombardo, 'Polieion e il Basento.
Tradizioni etimologiche e scoperte archeologiche', in Studi in onore di Dinu Adamesteanu,
Galatina 1983, 59-75.
40 Eustath. In D. P. 368; Steph. Byz. s.v. Me-ranovnov .
102 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
eolici e Metaponto. Dunque, la Metaponto che questo mito rappresenta
è una Metaponto la quale sconfessa il suo passato con tutto quello che
esso significava in rapporto a Siris : ora per Metaponto la distruzione di
Siris non ha più ragion d'essere, è un passato da sconfessare.
È una tradizione, certamente recente: essa rimuove ogni ostacolo per
la rinascita di Siris e proprio perciò deve essere posteriore alla sua rico
struzione nel 433. Ma si può anche essere più precisi. La tradizione non
pare nota ad Antioco, che, pur polemico con la storia di Melanippe e al
corrente della rifondazione della città, tuttavia non se ne serve .
Tutto ciò trova conferma nei caratteri fortemente innovativi che la
tradizione evidenzia . Il passaggio da Melanippe ad Arne comporta un
restringimento dell'ottica, perché Arne era città beotica che riproponeva
in Beozia il nome di un centro che era stato dei Beoti quando essi erano
ancora in Tessaglia41 • Parallelamente Aiolos non passa più da Metaponto
nell'Eolide, ma va nelle occidentali isole Eolie. Da un'ottica eolica nel
senso più ampio del termine si passa perciò ad un'ottica tutta tagliata
sull'Occidente da un lato e sui Beoti dall'altro.
Conseguenza di ciò è un generale riaggiustamento cronologico
genealogico. Per portare l'Aiolos metapontino al livello di Odisseo e dei
nostoi e collegarlo alle Eolie, salvando contemporaneamente gli altri livel
li genealogici in cui Aiolos era attivo, l'eroe viene triplicato: l'Aiolos figlio
di Hellen diviene il bisnonno di un secondo Aiolos figlio di Melanippe e
di Hippotes, e questi poi diviene nonno di un terzo Aiolos, figlio di Arne
e di Poseidon. Così il terzo Aiolos si trova al livello giusto per potersi
recare nelle Eolie e ospitare Odisseo, ma a prezzo di una serie di innova
zioni: l'Aiolos delle Eolie non è più come in Omero figlio di Hippotes
C Od. X 2 e 36), ma di Poseidon e di Arne; figlio di Hippotes e di Melanippe
è il secondo Aiolos il padre di Arne, col risultato che Melanippe non è più
figlia di Aiolos. L'artificiosità del tutto è così più che evidente.
Perfettamente coerente è allora il fatto che la prima attestazione di
questa genealogia diodorea si rinviene in Asclepiade di Tragilo e nelle
fonti da lui derivate42: siamo così ad un livello non anteriore alla metà del
N secolo, Asclepiade essendo stato un allievo di lsocrate.
La conclusione cui per questo verso si perviene è dunque che nel corso del
quarto secolo alla necessità per Metaponto di riconoscere l'autonomia della
Siritide corrisponde una perdita della sua identità achea. E non ve ne è da
meravigliarsi se si pensa che la fondazione e la crescita di Herakleia fa tutt'uno
con la crescita di Taranto e della nuova lega italiota, che in Herakleia ha
4 1 Arne tessalica originaria sede dei Beoti: Thuc. I 1 2,3; Ephor. , FGrHist 70 F 1 19, etc.
Arne beotica: Il. II 507, VII 9; Hes. fr. 218 M.-W. ; Hellan. , FGrHist 4 F 81 etc.
4 2 Schol. in Horn. Od . X 2; Eustath. ad loc.
Culti e miti nella storia di Metaponto 103
appunto il suo fulcro43• Coerentemente la Metaponto posteriore al 433, anno
della fondazione eli Herakleia, viene considerata nel pseudo Scylace, 15, parte
della Japygia e non più, come ancora in Antioco, F 3 Jacoby, parte dell'Italia.
Sempre di IV secolo sono le già citate monete con il tipo del Leukippos,
che sembrano da un lato riconnettersi all'età del Molosso, dall'altro all'età di
Agatocle44• Questa tradizione è sicuramente posteriore alla ormai realizzata
egemonia di Taranto sulla Siritide, ma, come già si è a suo tempo notato,
citata da Demone (327 F 13 Jacoby), essa è tanto autorevole da meritare una
citazione dopo di quelle di Antioco stesso e di Eforo: nata non prima della
fme del V e dell'inizio del IV, essa non può, quindi, appartenere ad un'epoca
e ad uno storico cronologicamente molto lontano dall'epoca in cui si svolse
l'attività di quest'ultimo, attività che cade all'incirca tra il 360 e il 330 a.C.45.
D'altra parte nella forma favorevole ad una egemonia tarantina in cui la
tradizione d viene trasmessa46, essa non è concepibile dopo la fine del IV secolo,
epoca eli Demone. La ripresa eli questa tradizione a Metaponto nella seconda
metà del IV secolo, quando tale tradizione certamente era già corrente e mentre
operavano nell'area i condottieri chiamati da Taranto, non è allora spiegabile, se
non in funzione illotarantina ed in un momento di obiettivo indebolimento
dell'autonomia e quindi dell'originaria fisionomia achea della città.
Analogo il senso ultimo della tradizione attestata da Eforo, 70 F 1 4 1
Jacoby, secondo cui Metaponto era stata fondazione d i Daulio tiranno di
Crisa presso Delfi. L'epoca in cui tale tradizione viene affermata è quella
prima accennata, tra 360 e 330.
Che la sua tesi sia tarda ed interessata rielaborazione è facile mostrare .
Per cominciare essa contrasta con tutta la tradizione che fa di Metaponto
una colonia achea. E già questo è più che significativo nel senso già
prima intravisto: uno storico famoso, attivo nei decenni successivi alla
metà del IV secolo può permettersi di affermare un'origine non achea di
Metaponto. È difficile non connettere questa affermazione a tutti gli indi
zi finora esaminati che lasciano intravedere un indebolirsi dell'identità
achea di Metaponto e delle sue specifiche tradizioni.
Ma non basta. Daulio •tiranno· di Crisa conferma a pieno il carattere
tardivo e negativo della tradizione eforea. La tradizione più antica parla
va di due eroi eponimi, Krfsos e Panopeus, figli di Ph6kos, eponimo
della Focide47; la originaria coppia di eponimi aveva lasciato poi il posto
ad una nuova coppia, Daulios e Krfsos, figli di Tyrannos, che qui è nome
43 Mele 1 992, 235 ss.
44 Stazio 1974.
" G.L. Barber, 1be Historian Ephorns, Cambridge 1935, 10 ss.
46 Vd. supra § 2.
47 Hes. fr. 58, 7 ss. M.-W. ; Asio fr. 5 Bernabé; Hec . , FGrHist l F 1 1 5 b; Tz. in Lyc. Al.
930, 939.
104 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorisrno
proprio e non indica qualifica48; successivamente ancora si passa a Daulios
e Krisos non più figli di Tyrannos, ma tiranni nel vero senso del termine,
l'uno di Daulis, l'altro di Crisa49.
In Eforo, opportunamente scomparso l'altro eponimo, Daulio stesso
diventa tiranno di Crisa . La versione eforea è, dunque, l'ultimo stadio di
un progressivo e artificioso processo di aggiustamento e semplificazione .
L'innovazione eforea non è tuttavia senza conseguenze per Metaponto,
giacché essa non solo come sappiamo elimina gli Achei, ma perché si rivela
assolutamente sfavorevole a Metaponto. Dire, infatti, nel N secolo, quando
ormai il termine tyrannos aveva pienamente assunto le sue caratteristiche ne
gative, che Daulio era stato tyrannos di Crisa presso Delfi, significava connota
re negativamente il personaggio in questione, tanto più poi quando tale potere
si diceva esercitato a Crisa e su Delfi, vale a dire sul santuario e nella città che
era stata maledetta e distrutta proprio per i suoi abusi contro il dio di Delfi50•
Ma c'è di più . Daulio era pur sempre l'eponimo di Daulis e a Daulis,
secondo Demofilo, figlio di Eforo, che nel XXX libro delle Storie, eviden
temente sulla base degli appunti lasciati dal padre, aveva completato il
racconto paterno della guerra sacra (F 93 Jacoby) , si erano rifugiati i
Flegii saccheggiatori del tempio di Delfi.
Dato il contesto questo vuol dire che i Daulii venivano sentiti da Eforo
come gli antesignani dei Focesi saccheggiatori della stesso tempio. Il
fatto allora che proprio Daulio venga rappresentato come colui che attra
verso Crisa esercitò un potere tirannico, e dunque violento ed illegale, su
Delfi non poteva essere perciò nell'ottica di Eforo per nulla onorevole.
Ma Eforo non si era limitato a fare di Daulio il tiranno di Delfi, ma
proprio di costui aveva fatto il fondatore di Metaponto. Per lui dunque
che valutava Daulio nell'ottica della terza guerra sacra, fare di costui il
fondatore di Metaponto voleva dire attribuire a Metaponto uno statuto di
città sacrilega, non rispettosa dei beni del dio di Delfi.
In Eforo così si ritrova non solo l'annullamento della tradizione achea
sulla fondazione, ma anche il ribaltamento della tradizione che faceva di
Metaponto la città particolarmente rispettosa del dio di Delfi (Strabo VI
1 ,4, 264; Trog.-Justin. XX 2,3-9) . Che cosa motivasse questa ostilità non è
difficile da capire solo che si prendano in esame le testimonianze che
coinvolgono Taranto e Metaponto nelle vicende successive alla guerra
sacra, vicende nelle quali si realizza la punizione divina dei sacrileghi.
Faleco, successore di Onomarco, responsabile dell'appropriazione di molte
48 Scbol. in Horn. Il. II 520.
49 Eustath. In Horn. Il. II 520.
;o Per la prima guerra sacra in generale cfr. W.G . Forrest, 'The First Sacred War', BCH
80, 1 , 1956, 33-52.
Culti e miti nella storia di Metaponto 105
delle ricchezze sacre (Diod. XVI 56,3 ss . ; 61 ,3), prima che i suoi uomini lo
costringessero a tornare, s'era messo in mare pensando di poter essere ingag
giato da Taranto assieme ai mercenari che lo accompagnavano (Diod. XVI 61 ,4;
62). Evidentemente riteneva che la condanna dei suoi come sacrileghi da arre
stare dovunque capitasse (Diod. XVI 61 ,1) non fosse condivisa dai Tarantini.
E non aveva torto. Taranto, infatti, utilizzò subito dopo Archidamo e i
suoi mercenari, che si trovavano nella stessa situazione. Archidamo era
stato alleato dei Facesi; si diceva di lui come dei suoi mercenari che
avessero avuto parte delle ricchezze sacre, il che fece sì che la sua scon
fitta, la sua morte, e quella dei suoi mercenari, il fatto stesso che non
avesse avuto sepoltura venissero considerati come una giusta punizione
divina (Theop. , 1 1 5 FF 232 e 3 1 2 Jacoby). Taranto e i suoi alleati di tutto
ciò non avevano evidentemente tenuto conto. Teopompo, lo storico
contemporaneo che raccontava secondo quest'ottica tali fatti, non se ne
meravigliava: egli teneva infatti a far notare che la venuta di Archidamo a
Taranto era il naturale sbocco di una esistenza di mollezza ed intemperanza,
di cui i Tarantini erano il massimo esempio (FF 232-233 Jacoby).
L'atteggiamento di Metaponto non doveva essere stato diverso. Se a
spiegare il comportamento di Taranto c'era il fatto che Sparta, a cui Ta
ranto, in quanto sua colonia, si rivolgeva (Diod. XVI 62,4) , aveva appog
giato i Facesi (Diod. XVI 57, 1 ; 64, 1) qualcosa del genere valeva anche
per Metaponto, giacché gli Achei del Peloponneso s'erano anch'essi schie
rati a favore dei Facesi responsabili del sacrilegio (Diod. XVI 30,4; 37,3) .
M a c'è dell'altro. Diodoro (XVI 66, 5-6) ricorda che, nel 344, Timoleonte,
partito con settecento mercenari fece regolarmente tappa a Metaponto;
Plutarco precisa che tali mercenari erano di quelli che con Filamelo focese
e Onomarco avevano preso parte al sacrilegio ai danni di Delfi, e, odiati
da tutti e maledetti, ebbero in Sicilia la loro giusta punizione ad opera dei
Cartaginesi, che li vinsero ed uccisero: Tim. 30,6-9.
Ancor più specificamente Teopompo, F 248 Jacoby, ricorda un episo
dio accaduto a Metaponto che aveva attinenza coi fatti della guerra e col
solito sacrilegio costituito dalla sottrazione e dall'uso delle ricchezze sa
cre da parte degli strateghi dei Facesi. La prima osservazione da fare sarà
allora che il termine tyrannos compare in questo luogo di Teopompo per
Phayllos a sottolineare la reale posizione dello stratega dei Facesi, reo di
essersi appropriato di non poche delle offerte al dio (Diod. XVI 37, 1 ; 56,5).
Assai significativi sono poi i particolari della vicenda . Una danzatrice ,
Pharsalia da Philomelo, aveva ricevuto in dono una corona d'alloro au
rea, ex-voto dei Lampsaceni. Costei, venuta a Metaponto, non appena
comparsa nell' agora, era stata uccisa dai manteis di Apollo resi folli da
una voce partita dal lauro bronzeo che era stato eretto a ricordo della
venuta in città di Aristea: F 248 Jacoby.
L'episodio si inquadra tra quelli relativi ad amasii ed amanti dei capi
1o6 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
focesi che scontarono la colpa di aver accettato doni provenienti dal teso
ro del dio: episodii che in molti narrarono tra cui anche Demofilo figlio di
Eforo CF 96 Jacoby), che aveva completato l'opera patema raccontando la
così detta guerra sacra a partire dalla presa del tempio sotto Filomelo
(Diod. XVI 14,3). Dunque una delle donne partecipi del sacrilegio era
andata a Metaponto sicura di trovarvi accoglienza, e perché fosse punita il
dio era dovuto intervenire direttamente attraverso i suoi vati.
Il trattamento da Eforo riservato a Metaponto è così perfettamente chiaro:
la città che non si era dissociata nei suoi comportamenti dagli Achei di
madrepatria, per associarsi, invece, agli Achei Ftioti schieratisi a favore del
tempio (Diod. XVI 29, 1), non degli Achei era colonia, ma dei Focesi guidati
da un tyrannos di Crisa presso Delfi, originario di una città, che era stata sede
dei Flegii primi ad aver compiuto il sacco del tempio, e poi, come le altre città
focesi colpevoli di sacrilegio, era stata distrutta dagli AmflZioni (Paus. X 3, 1).
Non Achei, dunque, i Metapontini, ma Flegii e Focesi della peggiore specie.
Altri segni di questa progressiva destrutturazione della Metaponto tra
dizionale sono, infine , le emissioni monetali metapontine della metà del
IV secolo. Due emissioni tra loro scollegate ma vicine nel tempo eviden
ziano, infatti, la legenda METAB05I , legenda che, mettendo da parte il
nome ellenico della colonia, riprende il precedente nome indigeno, quello
a cui si rifaceva Antioco per negare antichità e valore alla leggenda di
Melanippe e Metaponto, leggenda, come sappiamo, connessa alle origini
eolico-achee della colonia52: tutto ciò in connessione con una NIKA, quindi
con una vittoria, ed in un'epoca in cui, combattendo contro i Lucani,
operano nell'area i condottieri chiamati da Taranto e Metaponto, che
d'altra parte, come mostrano i corredi funerari con armi53 e iscrizioni
come quella famosa dell'elmo Poldi Pezzoli5\ utilizzava probabilmente
mercenari italici. In un tal contesto esibire tradizioni indigene aveva un
senso e rispetto a Taranto che, come la leggenda di Leukippos ci ha
ricordato, vantava diritti sulla Metaponto indigena e rispetto a questi
mercenari, ai quali ricordava la sua discendenza da un eroe italico.
51 Stazio1974, 89 s.
sz
Vd. supra, § 3.
53 A. Bottini, 'I Lucani' , i n Magna Grecia, 2 . Lo sviluppo politico, sociale ed economico,
a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano 1987, 259-280, 303-304.
54 Po. 1 5 1 =Lu 37 Rix. Contro la lettura che del testo di questa iscrizione danno A.L.
Prosdocimi ('Le iscrizioni italiche. Acquisizioni, temi e problemi' , in Le iscrizioni pre
latine in Italia, Atti del Colloquio [Roma, 14- 1 5 marzo 1977), Convegni dell'Accademia
Nazionale dei Lincei, Roma 1 979, 125 ss.) e A. Marinetti, A.L. Prosdocimi ('Lingue e
scritture dei popoli indigeni [Lucani, Brettii, Enotril' , in Magna Grecia, 3. Vita religiosa e
cultura letteraria, filosofica e scientifica, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano 1 988, 29-
54, 345, part. 51), vd. La Regina 1 989, 310.
PARTE II
Colonie achee e Pitagorismo
CAPITOLO I
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana*
l. Le premesse
La fondazione di Crotone risale agli ultimi decenni dell'VIII secolo: a
questo periodo infatti riportano tanto i dati archeologici quanto le notizie
delle fonti antiche, che pongono la fondazione della città da un lato
accanto a quella di Siracusa e di Sibari, dall'altro poco prima di quella di
LocrP .
La tradizione ricorda, però, anche per Crotone presenze 'greche' pre
cedenti, appartenenti tutte al tempo del mito: fondazione del tempio di
Hera Lacinia, tre generazioni prima della guerra di Troia , ad opera di
Herakles2; arrivo dopo la fine di tale guerra di Achei e prigioniere troiane
nell'area del fiume Neto, Achei e Troiane restati sul posto a causa dell'in
cendio delle navi ad opera delle sorelle del re Priamo e divenuti punto
• Questo studio è stato precedentemente pubblicato con analoga intitolazione nel
volume miscellaneo Omaggio a Crotone, Napoli 1992, 19-58.
1 La bibliografia su Crotone si trova raccolta sotto la voce 'Crotone' , a cura di M.
Giangiulio e C . Sabbione, della BTCGI, V, Pisa-Roma 1987, 472-52 1 , nonché sotto le voci:
'Capo Colonna' , ugualmente a cura di M . Giangiulio e C . Sabbione, IV, Pisa-Roma 1 985,
409-4 19; 'Cone', a cura di M. Giangiulio, V, 388-390; 'Crimisa', a cura di M. Giangiulio, V,
460-462. Fondamentali sono gli Atti del XXI Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Megale
Hellas: nome e immagine [Taranto, 2-5 ottobre 1981], Taranto [Napoli] 1982, qui indicato
come ACT 198 1 ) e del XXIII ( Crotone [Taranto, 7- 1 0 ottobre 1983] , Taranto 1984 [Napoli
1 986] , qui indicato come ACT 1983) . Si devono poi aggiungere la monografia di M.
Giangiulio su Crotone arcaica (Giangiulio 1989) e due volumi miscellanei: gli Atti del
Convegno di Lille del 1987, edito nel 1991 (Épéios, Actes Colloque) e Crotone e la sua
storia, edito nel 1992 .
1 Cfr. la voce 'Capo Colonna' cit. supra a n. l .
1 10 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
obbligato di riferimento per successivi arrivi, conclusisi poi colla fonda
zione della città achea3; -stanziamento, anch'esso successivo alla fine del
la guerra di Troia , del tessalo Filottete e dei suoi compagni nell'area tra il
promontorio di Krimisa (Punta Alice) e la foce dell'Esaro4 • Si tratta di
tradizioni mitiche da valutare come tali, in cui sarebbe in linea di metodo
assai rischioso vedere l'effettivo riflesso di precedenti esperienze stori
che, da collegare per esempio a frequentazioni micenee dei siti in ogget
to. Intanto regolari e significative frequentazioni rnicenee della Crotoniatide
sono, almeno fino ad ora , archeologicamente non confermate: il materia
le miceneo da Capo Piccolo, a sud-ovest di Capo Colonna, tra XVI e XV
sec. , evidenzia solo un piccolo scalo intermedio; e, in ogni caso, le
frequentazioni micenee delle coste italiane si sono interrotte alcuni seco
li prima della fondazione delle colonie greche.
L'episodio dell'incendio delle navi si riconnette ad una interpretazione
greca del nome del Neto come Nauaithos o Neaithos ossia fiume dell'in
cendio delle navi, che proprio perciò non può assolutamente essere origi
naria: la leggenda è, dunque, una tradizione seriore. Gli oracoli relativi alla
fondazione di Crotone5, elaborati in funzione del conflitto con Sibari e
delle polemiche interne a Crotone sulla destinazione del territorio della
città sconfitta, e quindi risalenti al periodo tra la fme del VI secolo e la
prima metà del V, considerano la Crotoniatide del tutto sconosciuta ai
futuri coloni e priva di preesistenze, con l'unica eccezione dell'area sacra
al culto di Apollo Alaios sul promontorio di Krirnisa, che viene considerato
precedente alla fondazione della colonia, dal momento che Krimisa viene
definita sacra in uno degli oracoli di fondazione. Anche in quest'ultimo
caso per altro non vanno sottovalutate altre circostanze che inducono a
credere che si tratti di interessato riferimento a tradizioni in ogni caso nate
dopo la fondazione della colonia. L'arrivo di Filottete e dei suoi compagni
presuppone la notorietà delle sue imprese a Troia, i poemi omerici e il
connesso ciclo troiano: non può dunque essere ritenuto ad essi anteriore,
tanto più poi se per la Telemachia odissaica Filottete era un eroe felice
mente tornato a casa6. D'altra parte l'indicazione della sacra Krimisa come
polo settentrionale della Crotoniatide, nel contesto degli oracoli concepiti
in funzione della defmizione del rapporto della Crotoniatide con la Sibaritide
divenuto critico dopo la vittoria di Crotone su Sibari nel 510, è perfetta-
3 Lyc. Alex. 1075- 1080; Apd. Epit. VI 1 5c; Strabo VI 1 , 12, 262 .
4 Cfr. la voce 'Crimisa' cit. supra a n. l .
s Diod. VIII 17. Cfr. Mele 1 984 (ACT 1983), 33-80, 42 ss. Sul problema torna anche
Giangiulio 1989, 1 34 ss. , che tende però a sottovalutare il fatto che nel rapporto tra
Apollo e Myskellos entra in gioco non una individuale biografia dell'ecista, ma il rappor
to tra Apollo e i coloni, di cui l'ecista è il simbolo.
6 Musti 1 991 , 22 s.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 111
mente coerente. Ricordare, infatti, il carattere sacro dell'area, ossia il tem
pio di Apollo Alaios reso famoso da Filottete che vi aveva depositato come
offerta le saette grazie a cui Troia era stata presa, metteva in gioco il rap
porto di Crotone con l'area interessata dall'attività di Filottete: area inter
media tra Crotone e Sibari sulla quale si scaricarono le tensioni interne alla
Crotone vittoriosa, favorevoli o contrarie all'annessione di territori sibariti.
Tanto più poi se queste tensioni interessarono direttamente il prestigio
stesso del tempio, giacché proprio in omaggio ad una logica di espansio
ne, dopo la vittoria su Sibari, la veneranda sacertà del luogo venne com
promessa in quanto le frecce di Filottete, la più prestigiosa offerta presente
nel tempio di Apollo Alaios, furono dai Crotoniati trasferite a Sibari dove
rimasero poi a testimoniare gli effetti dell'egemonia crotoniate7.
Sotto ogni rispetto, quindi, la storia della presenza greca nella Croto
niatide inizia colla fondazione della colonia e queste tradizioni mitiche
vanno spiegate, come è stato fattoB, in relazione con l'interesse della
colonia a definire in senso politico, rispetto alla vicina Sibaritide, ed in
senso e politico e culturale, rispetto agli abitanti indigeni del luogo, i
confini del proprio territorio. Non va infatti dimenticato che l'area di
Krimisa sul versante settentrionale così come quella del Lacinio sul ver
sante meridionale erano aree religiose di confine e non va dimenticato
che nei relativi miti entra in gioco il rapporto con realtà indigene : il re
locale Lakinios, eponimo del promontorio Lacinio ed avversario di
Herakles; i Choni amici di Filottete ed altre popolazioni locali avverse,
considerate responsabili della morte dello stesso eroe.
La tradizione riflessa negli oracoli di fondazione tenta di accreditare
l'idea di una colonia imposta ad una comunità e ad un ecista , Myskellos
di Rhypes, città dell'Achaia peloponnesiaca, non voluta dai concittadini
di Myskellos, anzi addirittura vietata dalle locali leggi9• La cosa non è
credibile, dal momento che la colonia fa parte di un insieme di fondazio
ni, Sibari, Crotone, Caulonia, Metaponto, tutte partite dall'Achaia pelopon
nesiaca, e tutte insediatesi in aree ben dotate dal punto di vista agricolo.
Bisogna dunque pensare ad un programma ben definito, che mirava ad
assicurare uno sbocco esterno a quella parte della popolazione achea
priva della possibilità di sopravvivere in una terra come l'Achaia che non
era particolarmente ricca di risorse. Le tradizioni di fondazione nell'attri
buire ad Apollo e/o ad Herakles la responsabilità della colonia e della
sua localizzazione risentono, perciò, di più tarde preoccupazioni: tendo
no, in altri termini, da un lato ad assolvere la patria achea dalla respon-
7 Vd. n . prec.
8 Mele 1984 (AGT 1983), 39 ss.
9 Diod. VIII 17; Ovid. Met. XV 19 ss.
112 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
sabilità di aver allontanato i coloni dalla loro terra d'origine, dall'altro a
frenare spinte espansionistiche verso la Sibaritide, quali in effetti a parti
re dalla fine del VI secolo a Crotone, tra aspri contrasti, si manifestarono.
Sempre negli oracoli di fondazione possiamo leggere l'interpretazio
ne che i coloni davano del proprio territorio e delle sue caratteristiche .
Se ne definiscono in effetti i confini politico-culturali in riferimento a tre
poli, il promontorio di Krimisa, il fiume cittadino, l'Esaro, il promontorio
Lacinio; e si sottolineano la ricchezza agricola del territorio e la sua salu
brità . A conforto di ciò le fonti antiche ricordano l'ottima disposizione
fisica degli abitanti, ampiamente confermata dalla molteplice e prolunga
ta serie delle vittorie nei giochi olimpici, il fiorire degli allevamenti, le
risorse boschive . Polibio aggiunge un altro dato, che l'allusione nella
tradizione oracolare all'Esaro sottintende , il fatto cioè che Crotone era
l'unico centro che nell'arco jonico, dopo Taranto, poteva offrire approdi,
che pur essendo limitati al periodo della buona stagione erano stati pur
sempre all'origine della prosperità di Crotone10.
Lo sfruttamento di queste risorse, che la documentazione archeologica
documenta a partire dal VII secolo, aveva dato luogo al formarsi di una
aristocrazia, la cui presenza è ben ravvisabile fin dagli inizi del VI secolo.
Nel 588 a.C. inizia la serie dei vincitori olimpici di Crotone, conclusasi
con le vittorie di Astylos nel 488, 484 e 480 : 21 vittorie su 28 olimpiadi ad
opera di atleti che spesso si permisero di vincere in più specialità e nel
corso della stessa olimpiade e ottennero, come il famoso lottatore Milone,
vittorie in più olimpiadi. Tutto ciò solo una larga e continua pratica del
l'atletica rendeva possibile . Ma la pratica atletica, poi confluente nelle
grandi competizioni panelleniche di Olimpia , ma anche di Delfi, del
l'Istmo di Corinto e di Nemea, competizioni queste ultime pure frequen
tate dagli atleti di Crotone, era qualcosa che solo l'appartenenza ad una
grande famiglia aristocratica consentiva . Così vediamo il pugile Leonimo
stratego nella battaglia della Sagra contro i Locresi e poi a colloquio
nell'isola dei Beati con gli eroi della guerra di Troia ; il lottatore Milone
investito del sacerdozio di Hera Lacinia e stratego dei Crotoniati nella
battaglia del Traente contro i Sibariti ; l'olimpionico Philippos prima
fidanzato colla figlia del tiranno sibarita Telys, poi a capo di una trireme
armata a sue spese accanto a Dorieo, infine, dopo la morte, onorato
come un eroe dai Segestani; Phayllos, atleta vincitore dei giochi pitici,
presente a Salamina a capo di una trireme armata a sue spese. Il connubio
tra l'atletica e l'aristocrazia detentrice del potere economico, politico,
militare e religioso diviene in forza di questi esempi del tutto evidente1 1 .
10
Polyb. X l .
11
Mele 1984 (ACT l 983) , 20 ss.
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 113
Un'altra circostanza appare allora chiara e d è il carattere tradizionale e
conservatore della comunità : carattere che proprio nel VI secolo un poe
ta come Senofane sottolineava , quando poneva in contraddizione la sa
pienza necessaria al benessere della città con il prestigio che in essa
godevano i vincitori di Olimpia12• In questo modo Senofane prendeva le
distanze da un tipo di comunità in cui i valori della saggezza e dell'intel
ligenza, così come le sedi decisionali in cui tali valori si affermavano,
cedevano il passo ai valori della forza atletica e a quanto, sul piano
familiare, economico e politico, dietro di essi si nascondeva .
Non fa allora meraviglia il fatto che la costituzione vigente a Crotone
nel VI secolo e fino alla rivoluzione democratica di metà V secolo fosse
di tipo oligarchico . La comunità era rigidamente organizzata per classi di
età e gli anziani vi avevano un ruolo di primo piano: giurisdizione crimi
nale, tutela della costituzione, potere decisionale in materia di culti e di
costumi, rapporti con lo straniero, erano nelle mani di un consiglio magi
stratuale di anziani, i così detti Mille, nelle mani dei quali risiedeva il
potere di convocare l'assemblea generale, a cui erano sottratte l'elezione
dei magistrati e il controllo del loro operato. Il magistrato supremo era
uno solo, il prytanis, mentre sul territorio organizzato come in Achaia
per damoi o villaggi avevano potere i damiorgot13.
La prevalenza che nella comunità crotoniate avevano i più ricchi ap
pare dalle notizie che abbiamo sul ruolo dell'oro, come strumento di
tesaurizzazione e di scambio, ed è reso evidente dalle sue più antiche
emissioni monetarie, costituite in assoluta prevalenza da stateri, destinati
a misura del valore e subordinatamente a forme di tesaurizzazione e di
scambio non certo di basso livello14• Le attività meno nobili e remunerative
erano quindi nelle mani di personale dipendente, libero e non, per il
quale lo scambio in natura ed eventualmente il baratto o il prestito erano
la forma economica obbligata .
2. Crotone e Sibari: convergenze e divergenze
Sugli orientamenti e stili di vita di questa società crotoniate nel VI
secolo siamo informati in relazione ad alcuni eventi che, succedutisi l'uno
all'altro nel corso di questo secolo, risultarono di capitale importanza per
la sua evoluzione : la partecipazione alla guerra condotta da Sibari contro
12Xenoph. fr. 2 Gentili, Prato.
1 3 Mele
1 984 (ACT 1 983), 49 s . ; Giangiulio 1 989, 3 ss. (non convince, però, perché
non confermata dalle fonti, la distinzione quivi posta tra i Mille e il consesso degli anziani).
1 4 Mele 1982 (ACT 1981), 66 ss. ; Parise 1987, 305 ss.
114 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
la jonica Siris intorno al 57015; la sconfitta patita alla Sagra ad opera dei
Locresi all'incirca un decennio dopo16; l'arrivo di Pitagora nel 530 a.CY;
lo scontro e la vittoria su Sibari nel 5 1 018•
Potenza dominante in area achea in questo periodo era Sibari, che
Erodoto infatti dichiara alla sua akme all'inizio del secolo19, epoca in cui
questa città appare anche alla guida della coalizione achea, cui oltre a
Sibari partecipavano Crotone e Metaponto2°. In questo momento Sibari
risulta impegnata in una politica di compattamento acheo. Già si è detto
della coalizione achea da essa promossa contro Siris e che ebbe come
sbocco la distruzione della colonia ionica, ma non c'è solo questo. La
fondazione di Poseidonia che Sibari aveva realizzato intorno al 600 circa
segna manifestamente un ritorno alle tradizioni di Helike, la metropoli
achea di Sibari, dove Poseidon era titolare di un famoso culto, ricordato
già nell'Iliade, culto che ne faceva il protettore degli Achei accanto ad
Hera, che sempre a Poseidonia era infatti la divinità più importante dopo
Poseidon. Questo Poseidon acheo riceveva a Poseidonia la qualifica di
Enipeus e veniva quindi riconnesso alla Tessaglia achea da cui gli Achei
del Peloponneso si dicevano provenienti. D'altro canto è proprio a que
sto Poseidon Enipeus che si ricollegava da un lato la saga degli Argonauti,
valorizzata a Poseidonia, dall'altro la saga dei Neleidi, valorizzata invece
a Metaponto. Ora Metaponto fondata da Sibari intorno al 630, ossia po
chi decenni prima di Poseidonia , oltre ad essere interessata dalla leggen
da eolico-tessala di Poseidon, Melanippe ed Aiolos, e da quella prima
citata dei Neleidi, aveva visto l'intervento nella fondazione di coloni pro
venienti dall'Achaia e, sempre secondo Antioco, 555 F 1 2 Jacoby, era
stata fondata nello spirito delle tradizioni achee antidoriche, nelle quali,
come il suo contemporaneo Erodoto conferma, compariva il richiamo
alle origini acheo-tessaliche degli Achei che avevano nel Peloponneso
occupato una terra dalla quale avevano scacciato gli JonF1. Dunque la
politica di Sibari tra il 630 ed il 570 almeno si svolgeva in accordo colla
madrepatria achea, dalla quale non solo riceveva rincalzi, tradizioni, orien
tamenti politici, ma anche l'esempio di una unità di tipo etnico di cui la
coalizione achea contro Siris appare come la traduzione in Occidente. La
presenza di Crotone in questa coalizione ed in questo contesto significa,
dunque, che Crotone si sentiva allora parte di una compagine achea che
15 Per la cronologia cfr. da ultimo Giangiulio 1 989, 248 ss.
16 Giangiulio 1989, 246 ss.
1 7 Accame 1980, 20 ss. ; Mele 198 1 , 269.
18
Diod. XI 90,3.
1 9 Hdt. IV 1 27, 1 .
20 Trog.-Justin. XX 2,3-4.
21
Hdt. VIII 73. Cfr. Ephor. , FGrHist 70 FF 1 1 7-1 18; Polyb. II 4 1 , 1 .
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 115
era nata sotto l'influenza di Sibari, colonia di quella Helike che dell' ethnos
acheo era il centro politico e religioso più antico. Ma di ciò si possono
avere anche altre conferme, solo che ulteriormente si rifletta su che cosa
rappresentava allora Sibari e su certi comportamenti crotoniati che nel
richiamo al modello sibarita trovano la loro ovvia spiegazione.
Vi sono nel corso del VI secolo prove di rapporti stretti tra l'aristocra
zia di Crotone e quella di Sibari. Alcistene sibarita, poco prima del 510,
offriva ad Hera Lacinia un prezioso mantello di stile orientalizzante; ari
stocratici sibariti avevano ascoltato Pitagora e ne erano divenuti discepoli
al pari dei loro colleghi crotoniati; il tiranno sibarita Telys aveva promes
so in sposa la figlia all'olimpionico crotoniate Philippos; i cinquecento
sibariti tra i più ricchi, esiliati da Telys, trovarono perfettamente naturale
il rifugiarsi a Crotone mentre il tiranno trovò altrettanto naturale la possi
bilità che i Crotoniati li riconsegnassero a luF2• Tra le aristocrazie delle
due città esistevano, dunque, svariati legami.
Che cosa caratterizzasse Sibari in quest'epoca tutta una serie di notizie
permettono di verificare . Sibari era una oligarchia alla cui testa v'era una
forza di cinquemila cavalierF3: dunque una oligarchia di grandi proprie
tari, gli unici, come dice Aristotele, che in presenza di aree pianeggianti
erano in grado di possedere cavalli e di affidare alla cavalleria la difesa
del territorio24• A questa aristocrazia faceva capo uno stile di vita lussuo
so che costituisce il segno distintivo della città in tutta la tradizione anti
ca . Grandi ricchezze, dunque, ed un regime di alti consumi cui teneva
dietro uno spiccato individualismo e il venir meno dei tradizionali vincoli
comunitari: si largheggiava nella concessione di cittadinanza a stranieri;
si disprezzava il lavoro e quindi chi vi era per qualche motivo costretto;
si subordinava tutto al proprio utile ed interesse e quindi non si accorda
va nessun rispetto al supplice o agli ambasciatorF5. Erano destinati così
ad entrare in crisi tanto la solidarietà complessiva della polis quanto quel
la delle sue specifiche componenti. Ed infatti noi sentiamo parlare per
Sibari sia di discordie civili e di uccisioni di membri della sua aristocrazia
favorevole a Pitagora26, sia di un tiranno appoggiato dal popolo che
aveva espulso cinquecento tra i più ricchi cittadinF7: segni tutti di frattura
tra aristocrazia e popolo da un lato, di dissensi nel seno stesso dell'aristo
crazia dall'altro.
22 Mele 1984 (AGT 1 983), 26 ss.
23 Tim . , FGrHist 566 F 50. Cfr. Aristot. fr. 583 Rose = 600 Gigon.
24 Aristot. Poi. 1321a5 ss.
25 Mele 198 1 , 276 ss.
26 Jam. VP. 1 33; 177; 267 .
27 Diod. XII 9,2-5; Jam. VP 177.
1 16 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Analoghi comportamenti sono, in quest'epoca, documentati anche per
Crotone. Al momento della conquista di Siris, ossia proprio nel momento
in cui Crotone era alleata di Sibari per un'impresa che, essendo posta
Siris tra Sibari e Metaponto, era soprattutto nell'interesse di queste due
città , i Crotoniati si resero colpevoli di sacrilegio a danno di supplici.
Subito dopo Crotone placò con ritardo l'ira divina per aver voluto ap
prontare una splendida espiazione . Quando volle punire i Locresi per il
loro appoggio ai Siriti, Crotone e i suoi strateghi si comportarono colla
stessa tracotanza caratteristica dei Sibariti e gli dei li punirono donando
la vittoria ai loro più deboli avversari e costringendo i loro strateghi
all'espiazione della loro empietà28. Negli anni dopo la sconfitta della Sa
gra l'amore del lusso aveva conquistato a Crotone la maggioranza del
popolo, le esercitazioni militari erano trascurate e le donne indossavano
preziose vesti dorate. Quando Pitagora arrivò a Crotone, oltre a combat
tere questo costume femminile, dovette fronteggiare il lusso dei sacrifici,
delle sepolture e dei funerali29. Dopo la vittoria su Sibari queste stesse
pratiche subirono un incremento, investendo i magistrati e addirittura
portando alla assunzione della tradizione sibarita delle olimpiadi in loccJO.
Insomma la Crotone di VI secolo non solo era alleata di Sibari, ma ne fu
anche emula sia prima della rottura con la potente vicina sia , ed è fatto
particolarmente significativo, dopo la rottura stessa . Dovevano quindi
essere in atto anche a Crotone quei processi che esprimevano la crisi
della comunità tradizionale e le sue forme di solidarietà che per Sibari è
stato possibile verificare .
A dare tuttavia un primo colpo a questi orientamenti di Crotone nel
corso del secolo fu la sconfitta della Sagra . Dopo la vittoria su Siris la
coalizione achea si interruppe e la politica di ampliamento dello spazio
acheo, prima portata avanti dagli Achei coalizzati, venne assunta in pro
prio da Crotone che, qualche tempo dopo la fine di Siris, con grande
spiegamento di forze mosse contro Locri, accusata di essere stata a suo
tempo solidale con la stessa Siris31 •
La tradizione, che motiva l'attacco a Locri in termini di continuità
rispetto alla distruzione di Siris e quindi agli orientamenti che l'avevano
determinata , accusando Crotone di empietà ed esaltando l'appoggio di
vino alle ragioni di Locri, sposa in tutto il punto di vista di Locri perché
possa subito essere accettata, ma non mancano indizi per comprovarne
la sua sostanziale veridicità . Tutto il racconto della battaglia si rivela con-
28 Mele 1984 (ACT 1983), 26 ss.
29 Mele 1984 (ACT 1 983) , 28.
30 Tim . , FGrHist 566 FF 44-45.
3 1 Trog.-Justin. XX 2,3.
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 1 17
cepito secondo una logica arcaica che trova precisi riscontri in vicende
attribuite al VI o ai primi decenni del V per cui non è difficile credere che
anche il racconto locrese sia in realtà arcaico32: il fatto allora che esso sia
l'unico che fin dal V secolo gli antichi mostrano di conoscere costituisce
un notevole indizio di sostanziale veridicità. La portata della vittoria locrese,
imprevedibile a causa della sproporzione delle forze tutta a favore di
Crotone, aveva avuto, infatti, tanta risonanza da dare origine ad un pro
verbio, più vero della vittoria della Sagra, universalmente diffuso nell'an
tichità e noto ad Atene e a Siracusa già nella seconda metà del V secolo33;
il fatto poi, che Regio, come sembra, intervenne con cinquemila uomini,
pari ad un terzo delle forze messe in campo da Locri34, conferma che a
giudicare grave il pericolo che allora correva Locri fu anche Regio, la
quale dovette sentirsi anch'essa minacciata, se intervenne con tante for
ze . Anche la tradizione dell'empietà dei Crotoniati nella persona del loro
stratego Formione era nota nel V secolo al pubblico ateniese35, mentre
quella relativa all'empietà dell'altro stratega Leonimo era ammessa da
Imeresi e Crotoniati, all'epoca della loro alleanza degli inizi del V seco
lo36. La tradizione sulle motivazioni della guerra contro Locri e i suoi
sviluppi ha perciò tutta l'aria di essere antica ed autorevole e lascia inten
dere che Crotone in questo momento ancora, siamo come si è già accen
nato intorno al 560, si muoveva nell'ambito della politica che la coalizio
ne achea aveva inaugurato.
Vi è poi un altro dato su cui va richiamata l'attenzione . Tra Crotone e
Locri era stata dagli Achei fondata Caulonia e l'achea Aigion le aveva
fornito l'ecista37• Nella guerra contro Locri Caulonia non appare per quanto
lo scontro svoltosi sulle rive del fiume Sagra fosse avvenuto in un'area
che cadeva a sud della stessa Caulonia . Bisogna pertanto credere che la
città, che, data la sua posizione intermedia, per forza di cose vedeva
messi in gioco i propri interessi, fosse allora controllata da Crotone. E in
effetti, senza un tale controllo, non si spiega il fatto che, intorno alla
fondazione di Caulonia, abbiamo notizia e di una fondazione crotoniate38
32 M. Giangiulio, 'Locri, Sparta, Crotone e le tradizioni leggendarie intorno alla batta
glia della Sagra' , MEFRA XCV, 1983, 473-52 1 .
33 Cratin. fr. 442 Kock; Sophron. fr. 169 Kaibel.
34 La differenza tra i 1 5 . 000 Locresi di Trog.-Justin. XX 2 , 1 0 ed i 10.000 Locresi di
Strabo V1 1 , 1 2 , 261 corrisponde verisimilmente alla forza del contingente regino, dal
momento che Strabone dando la cifra più bassa ricorda la presenza in aggiunta anche di
un contingente regino.
3> Cratin. fr. 223 Kock.
36 Paus. III 19, 1 1 s.
37 Paus. V1 3 , 1 2 .
38 P s . Scymn. 318 ss.
1 18 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
e di una precedente conquista del luogo ai danni di una regina Klete,
discendente da una omonima Klete, che, prima nutrice e schiava della
amazzone Pentesilea, era, dopo la morte di costei, passata a Caulonia39.
Anche per questo verso, dunque, la politica di espansione condotta da
Crotone in quest'area a sud viene confermata . D'altra parte, proprio a
proposito di questa ginecocrazia di Klete che Crotone avrebbe distrutto,
non si sfugge al sospetto di una allusione alla vicina Locri e al ruolo che
in essa avevano le donne nel determinare i titoli di nobiltà, tra i coloni e
nel campo religioso40. Se ciò è esatto, l'orientamento della politica di
Crotone in quest'area riceve una nuova conferma.
Questa politica, tuttavia, non ebbe successo. Crotone fu, contro ogni
aspettativa, sconfitta, patì gravi perdite, andando incontro così ad una
grave crisi. La tradizione insiste sulla gravità delle perdite subite e sul
prolungarsi dei loro effetti; sulle lunghe sofferenze cui andarono incon
tro gli strateghi feriti nel combattimento prima di poter ottenere una
miracolosa guarigione; sulla crisi morale dalla città attraversata negli anni
successivi e fino all'arrivo di Pitagora (intorno al 530, come sappiamo) .
I presupposti della politica che aveva portato all'insuccesso dovettero
perciò essere messi in discussione e se una parte della comunità conti
nuò a restare legata al passato, come la lotta che Pitagora dovette fare al
lusso crotoniate dimostra, la vicenda dei due strateghi, che recuperano la
loro salute coll'aiuto di Delfi, dei Dioscuri, venerati a Sparta , di Achille e
di Elena , onorati invece nell'Heraion del Lacinio; il tipo del tripode
prescelto per la monetazione della città, chiara allusione alle origini delfiche
della colonia ma anche, quale che fosse l'originaria formulazione della
tradizione oracolare, al rapporto privilegiato con la Crotoniatide; l'acco
glienza riservata a Pitagora, avversario dichiarato del lusso, presuppon
gono l'affiorare di forze che tendevano a porre l'accento su ciò che ora
caratterizzava Crotone più che sui suoi antichi legami con Sibari e con il
modello di vita che essa rappresentava.
E in effetti c'era qualcosa che differenziava Crotone da Sibari. La sua
oligarchia non era rappresentata dai cavalieri ma dagli atleti e la propen
sione verso la vita di comodità e di mollezze che caratterizzava il lusso
sibarita vi riscuoteva perciò minori favori; l'atteggiamento verso il mondo
del lavoro non era a Crotone così sprezzante come a Sibari41 ; il mondo
degli artigiani non era così separato e lontano, se eminenti pitagorici, come
Hippaso, lo frequentavano42; se il mondo del commercio e le attività por-
39 Lyc. Alex. 993 ss. e Scholl. ad 996 e 1002.
40 Aristot. fr. 547 Rose
= 554 Gigon; Polyb. XII 5.
41 Athen. XII 5 1 8d.
4 2 Mele 1984 (AGT 1983), 75.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 19
tuali erano, come sappiamo da Polibio, all'origine della prosperità di Crotone,
questo comportava un'altra differenza da Sibari, per la quale erano soprat
tutto le risorse del territorio ad essere valorizzate quando si faceva riferi
mento alle fonti della sua prosperità43• Né va trascurato, infme, che di
alterazione della primitiva compagine etnico-genetica della comunità a
Crotone non c'è traccia, mancando ogni accenno a elargizioni massicce
della cittadinanza. Insomma la solidarietà interna, il rispetto delle tradizio
ni, l'integrazione della cittadinanza dovevano, anche in forza della minore
estensione e ricchezza, essere più forti a Crotone che a Sibari. Di qui le
possibilità che si offrirono a Pitagora e lo scontro di fme secolo con Sibari.
3 . La venuta di Pitagora e le sue conseguenze
Intorno al 530, si ebbe l'arrivo di Pitagora a Crotone dove il filosofo
restò per ben venti anni44. Era ormai un uomo maturo e ricco di esperien
ze, che gli venivano dalla patria Samo, dalla Jonia, dai viaggi compiuti in
Grecia, in Oriente ed in Egitto45, esperienze che nella sua patria Samo
erano state anche politiche46.
Le fonti più antiche lo descrivono come in possesso di una saggezza,
crocj>iTJ, alla cui base era una vasta erudizione, 7tOÀ.UilaeiTJ, accompagnata
da una grande capacità di seduzione o, come diceva il suo avversario
Eraclito, di inganno, 1WJCO'tEXVtTJ47• Tanto il filosofo di Efeso, ora citato,
quanto Erodoto, al quale pure risale una definizione di Pitagora come
crocj>tcr'ti]ç, chiariscono bene quale fosse il carattere peculiare di questa
saggezza : una saggezza di tipo tradizionale, in cui rientravano antiche
concezioni mitiche e religiose, sicché Pitagora poteva essere in certo
modo avvicinato ad Esiodo, e nello stesso tempo un'apertura verso il
razionalismo della filosofia e della logografia ionica, il che rendeva pos
sibile l'accostamento del samio filosofo a Senofane e ad Ecateo48•
Al primo aspetto di questa saggezza più decisamente (le distinzioni
trattandosi sempre della stessa personalità non possono essere molto
nette) si ricollegano i tratti iniziatici, miracolosi e divini della sua figura:
pratiche rituali, profezie, rivelazioni, dominio sulle forze della natura,
possesso del dono dell'ubiquità, identificazione con Apollo Pizio o Hyper-
43 Tim . , FGrHist 566 F 50; Diod. XII 19, 1-2.
44 Cfr. supra, n . 17.
45 Mele 198 1 , 269 s s . Cfr. Accame 1980, 9 s s .
46 Hdt. IV 95. Cfr. Porph. V:P. 1 5 .
47 Heraclit. fr. 4 0 0.-K.
.a Hdt. IV 95; V 8 1 .
1 20 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
borea, rapporti con le divinità e il mondo dell'aldilà , metempsicosi e
capacità di recuperare memorie di passate esistenze . Si tratta indubbia
mente di idee e di fatti intorno a cui una vera e propria leggenda ha
preso corpo, ma da non svalutare : a queste realtà fa riferimento una
fonte antica ed autorevole, come Aristotele49, mentre, d'altro canto, nel
l'opera stessa di Empedocle, filosofo e medico ritenuto per giunta egli
stesso un pitagorico, non solo si rinviene un esplicito accenno alle capa
cità di concentrazione e di memoria di precedenti generazioni posseduta
da Pitagora50, ma ci si trova di fronte ad una sapienza riservata agli inizia
ti, a responsi definiti profezie, ad onori divini riservati al sapiente, a
pretese di dominio sulle forze della natura e sulla stessa morte51 .
Ma, come s i diceva, v'è u n secondo aspetto razionale e razionalistico
della sua saggezza. A questo aspetto più nettamente si collega l'impegno
e la predicazione politica del filosofo. Il manifesto di questa predicazione
sono i discorsi da lui rivolti ai Crotoniati, discorsi che hanno anch'essi
alle spalle una tradizione abbastanza antica ed autorevole, risalente an
che in questo caso al V e al IV secolo: Antistene, Dicearco, Timeo52.
Il messaggio contenuto nei discorsi era di duplice tipo. Vi era innan
zitutto una valorizzazione delle tradizioni mitiche e culturali della città :
Herakles, fondatore dei giochi olimpici, che dopo l'uccisione involonta
ria dell'ospite Kroton promette la fondazione della città omonima e ne
diviene l'ideale fondatore; Hera in quanto divinità cui si rivolge il culto
delle matrone; Apollo Pizio in quanto divinità dei ragazzi e propiziatore
della fondazione della città53.
Il secondo motivo portante era l'esaltazione della saggezza e della
educazione che ne è il presupposto. Questo comportava una presa di
distanza rispetto agli eccessi, un invito alla moderazione dei consumi e
dei bisogni che portava la comunità ad accostarsi a un modo di vivere di
tipo dorico ed in particolare spartano. Il fine perseguito era di indurre
l'aristocrazia ad accettare una scelta di limitazione dei consumi e di rifiu
to del lusso, una scelta che da un lato, attenuando la ricerca della ric
chezza, tendeva almeno ad attenuare forme di esoso sfruttamento dei
ceti economicamente dipendenti, dall'altro, imponendo ai più ricchi un
49 Aristot. frr. 191- 192 Rose = 1 56, 1 7 1 , 173, 174 Gigon.
so Emped. fr. 1 29 Gallavotti.
5 1 Emped. frr. 98, 1 00 Gallavotti.
s z Arltistene fr. 51 Decleva-Caizzi; Dicaearch. fr. 33 W. La tradizione relativa si trova
ancora in: Diod. X 3,2-3; Val. Max. VIII 1 5 ext. l ; Trog.-Justin. XX 4,6- 1 2 ; ]am. VP. 37-57,
il quale ultimo dipende da Apollonia di Tiana, I d . C . , e proprio perciò, come tutte queste
ultime fonti citate, risale in ultima analisi a Timeo. Sul valore di Apollonia si veda ora
Giangiulio 199 1 , 50 ss.
53 A. Geli . Noct. Att. I 1 ,40; Porph. VP. 34 s . ; Jam. VP. 40, 50, 52, 133, 1 5 5 .
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 121
più basso tenore di vita, creava le condizioni per l'affermarsi di un regi
me di vita in cui si trovassero insieme presenti ceti medi e classi più
ricche. Tutto ciò aveva una serie di importanti ripercussioni.
Sul piano militare si realizzavano alla lunga le condizioni per il
superamento della pratica agonale ed eroica della guerra, cui i grandi
atleti, e lo vedremo tra poco con Milone, erano strutturalmente inclini, e
per l'affermazione , come nel modo dorico, dell'oplitismo, il combatti
mento a ranghi serrrati di armati alla pesante, che anche le classi medie
erano in grado di fornire: non è perciò un caso che proprio in ambito
pitagorico noi troviamo ripresa in occidente l'etica oplitica del soldato
che per nessun motivo abbandona il proprio posto54. Sul piano più stret
tamente politico si realizzavano le basi per un consolidamento della co
munità e cemento comune diventava con la lotta al lusso e agli eccessi,
l'opposizione a Sibari e al suo modo di essere .
In tal modo i discorsi crotoniati tenuti, secondo la tradizione, subito
dopo l'arrivo in città, col consenso delle autorità cittadine e coronati dal
generale successo, servirono a dare forma e contenuto concreto all'in
soddisfazione, dopo la sconfitta della Sagra maturata nella città e nel suo
ceto dirigente verso la politica di ispirazione sibarita fino ad allora perse
guita. Il loro successo, in altri termini, serve nella tradizione a dare conto
delle premesse politiche e sociali dello scontro con Sibari, che maturò
qualche decennio dopo.
4. La vittoria su Sibari e l 'egemonia di Crotone
All'urto diretto con Sibari si giunse per effetto di un rivolgimento in
terno alla città vicina : dopo uno scontro, che fece anche vittime tra i
locali partigiani di Pitagora, un tiranno, Telys, prese il potere, con l'ap
poggio del popolo, guadagnandosi così nella tradizione la definizione di
demagogo, tanto più che conseguentemente egli esiliò cinquecento tra i
più ricchi sibariti. Questi ultimi si rifugiarono a Crotone come supplici.
Un'ambasceria del tiranno venne a chiederne la consegna, che pur tra
molte esitazioni i Crotoniati, appellandosi, su esortazione dello stesso
Pitagora al rispetto del diritto dei supplici, rifiutarono55. Un'ambasceria
crotoniate si recò poi a Sibari per tentare di evitare la guerra, ma gli
ambasciatori vennero trucidati e i corpi ne vennero lasciati insepolti56. Si
venne così alla guerra , nella quale dalla parte di Crotone si schierarono
" ]am. VP. 85. Cfr. Diod. XII 16, 1 ; Stob. IV 24, p. 1 53,5 ss. W.-H.
" Diod. XII 9 , 1 -4.
S6 Phylarch . , FGrHist 81 F 45.
122 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
via via: il santuario di Delfi, di cui vengono ricordati oracoli che condan
nando l'empietà di Sibari ne preannunciano e giustificano la fine57; Callia
di Elide, membro della famiglia degli Jamidai, che svolgevano ad Olimpia
funzione di indovini, il quale abbandonò Sibari dove operava e passò a
Crotone58; lo spartano Dorieo con i suoi compagni59. Ciò sta a significare
che anche l'opinione internazionale, per così dire, riconobbe il torto di
Sibari ed appoggiò Crotone, che si trovò quindi ad incarnare agli occhi
dei Greci gli ideali della giustizia e della pietà: la versione dei fatti avan
zata da Crotone venne, dunque, riconosciuta sostanzialmente esatta.
La sproporzione delle forze era notevole, secondo le fonti trecentomila
Sibariti contro centomila Crotoniati, ma la compagine sibarita era indebolita
dalle recenti discordie e defezioni e dall'isolamento. La cavalleria, che era
l'arma vincente dei Sibariti, era fornita proprio da quel ceto di ricchi aristo
cratici che aveva vissuto l'esperienza delle discordie, delle uccisioni e degli
esili: e, infatti, l'oracolo delfico •prevedeva·, cioè conosceva, la sconfitta di
Sibari come conseguenza della discordia intestina6o. L'esercito era eteroge
neo: di quei trecentomila solo un terzo erano i cittadini veri e propri di
Sibari61 , gli altri dovevano essere alleati, come i Serdaioi citati in un trattato il
cui testo è stato rinvenuto ad Olimpia62, o contingenti forniti da quei popoli
vicini su cui Sibari ebbe potere e da quelle città soggette ricordate da Straboné3.
Ci fu poi anche qualcos'altro. La cavalleria sibarita manteneva i ranghi se
guendo un ritmo eseguito dal flauto: ritmo che un flautista disertore cono
sceva e che utilizzò per gettare lo scompiglio tra i cavalieri, provocando
l'impennarsi dei cavalli ed il disarcionamento dei cavalieri64. La fanteria
crotoniate ebbe così buon gioco nel volgere in fuga un nemico disordinato
e frastornato, facendone strage. Nella battaglia si distinse particolarmente il
lottatore Milone, stratego dei Crotoniati, che, secondo la leggenda, si era
presentato sul campo nelle vesti di Herakles, pelle di leone e clava, e con in
capo le corone che ricordavano i suoi molteplici trionfi olimpici65. In città il
tiranno venne abbattuto e i suoi partigiani vennero, benché supplici, truci
dati sugli altari, ma ciò non fermò i vincitori che distrussero il centro66.
'7 Tim. , FGrHist 566 F 50; Aelian. VH. 3, 43; Steph . Byz. s. v. �uiJaptç.
SII Hdt. v 44-45.
59 Hdt. /.c.
60 Tim., FGrHist 566 F 50; Athen. XII 520a-b.
61
Ps. Scymn. 340 attribuisce 1 00.000 cittadini a Sibari; 300.000 sono invece le forze
mobilitate, Diod. X 23; XII 9,2, 5; Strabo VI 3 , 1 3 , 263; Jam. VP 260.
62
N r. 10 Meiggs-Lewis. Cfr. E. Greco, 'Serdaioi' , AION(archeol) XII, 1 990, 39-57.
63
Strabo VI 3 , 1 3 , 263.
64 Aristot. fr. 583 Rose= 600 Gigon.
65 Diod. XII 9, 5-6.
66 Heracl. Pont. fr. 49 W.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 23
Dopo il successo vennero i problemi. Crotone utilizzò la vittoria per
ampliare il suo spazio di azione. Verso sud e lungo la via del Crati,
Pandosia, una località subito a nord di Cosenza, passò sotto il suo con
trollo e per essa furono coniati stateri che recano sul dritto la legenda di
Crotone ed il tipo del tripode, mentre sul rovescio presentano il tipo già
sibarita del toro, con la legenda, però, di Pandosia67.
Sul Tirreno da un lato andò in crisi l'influenza achea sull'area a sud di
Elea e i Serdaioi prima alleati passarono a coniare moneta propria, dal
l'altro però passarono a Crotone Temesa, nell'area della foce del Savuto,
per la quale si ebbero analoghe emissioni monetali a doppia legenda e
doppio tipo, tripode per Crotone ed elmo corinzio per Temesa68; e Lameti
noi, località connessa invece al fiume Lamato e al golfo di Lamezia69,
entrambe in precedenza inserite nello spazio sibarita.
L'area a nord del Neto controllata da Crotone si estese fino al Crati, il
fiume positivamente esaltato dai Pitagorici, presso il letto prosciugato
del quale venne eretto dal vincitore Dorieo il tempio di Athena Krathia70.
Per Sibari vennero invece coniate monete a doppia legenda e tipo, tri
pode per Crotone e toro retrospiciente per Sibari, cui se ne affiancarono
altre con legenda Sibari e tripode, legenda Laos e toro, le quali lasciano
capire che anche Laos, odierna Marcellina sul Tirreno, sede di Sibariti ivi
rifugiatisi dopo la sconfitta , era almeno all'inizio entrata nell'orbita di
Crotone71 •
Queste monete attestano l'egemonia d i Crotone sulle località i n og
getto in una forma che sarà stata quella dell'alleanza tra diseguali, che
riservava a Crotone il diritto di emettere la loro moneta apponendovi il
sigillo della propria presenza. Si trattava di un'esperienza che, associan
do il tipo del toro con le legende di altre località alla periferia del suo
impero, in qualche modo Sibari aveva preparato72: un'esperienza che
Sibari aveva limitato a località non comprese nell'area della sua hyparchia
o totalmente private della loro autonomia , alle quali non potevano esse
re immediatamente riservate le emissioni monetarie della città , che con
tinuavano per la loro strada .
In questa sistemazione del territorio non è difficile ritrovare l'impron
ta pitagorica . Nella tradizione pitagorica il rapporto con Sibari vinta è
sempre concepito in termini di liberazione e non di conquista e Sibari
conserva sempre una sua autonoma fisionomia, che l'esistenza di una
67 Parise 1987, 310 s.
68 Parise 1987, 3 1 1 s.
69 Steph. Byz. s.v. AaJlTJTIVOt.
70 Hdt. V 45, 1 .
7 1 Parise 1987, 3 1 1 .
7 2 Parise 1 987, 307 ss.
1 24 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
eteria pitagorica locale di non proprio esigua consistenza conferma73: la
moneta d'alleanza, di cui si è detto, bene si addice a questa situazione.
D'altra parte la tradizione successiva come attesta che la prima formula
zione del concetto di Megale Hellas ebbe caratteristiche di prosperità e di
potenza che meglio si attagliano all'egemonia di Sibari, così ne attesta
una riformulazione sovracittadina intorno a Pitagora ed alla sua diretta
predicazione che bene si colloca all'interno della rete di alleanze che ora
circonda Crotone74• Ma questa sistemazione non fu duratura .
La parte meridionale del territorio sibarita era stata considerata territo
rio di conquista, oopiKTil'tOç, e quindi incamerata. I Pitagorici volevano
lasciarla, secondo il dettato pitagorico della comunanza dei beni, indivi
sa, attribuendone quindi i frutti allo stato. Su questo punto nacque però
una forte opposizione, la quale rimise in discussione tutto l'assetto finora
delineato: sistema di alleanze incentrato su Crotone e terre conquistate
attribuite allo stato. L'opposizione venne da Pitagorici dissenzienti, come
Cilone, prontamente ripudiato dai suoi compagni, e dal popolo, che ad
una dipendenza dallo stato per l'utilizzazione dei frutti del territorio con
quistato, preferiva invece un'acquisizione privata attraverso divisione in
lotti ed attribuzioni individuali degli stessF5.
Il fronte degli oppositori risultò vincente . Pitagora, dopo venti anni di
permanenza nella città, dunque in un'epoca subito successiva al 5 1 0 dal
momento che egli era arrivato intorno al 530, fu costretto ad allontanarsi
e passò a Metaponto. Le terre evidentemente furono distribuite. Le mo
nete di alleanza, a parte quelle di Temesa, non si protrassero molto oltre
il 5 1 0 e quindi le località interessate perdettero la loro residua autono
mia. In questo contesto Cilone, il capo degli oppositori a Pitagora, diven
ne governatore di SibarF6, mentre, agli inizi del V secolo al più tardi un
tiranno, Clinia, prese il potere, tolse la libertà alle città, raccolse gli esuli,
liberò gli schiavi e i più illustri dei Crotoniati parte trucidò, parte esiliò77•
Timeo, a sua volta ricorda che, dopo la vittoria su Sibari, si verificarono
a Crotone fenomeni di tipo sibarita, come l'attribuzione al prytanis di un
abbigliamento di tipo persiano e l'istituzione di giochi in concorrenza
con quelli di Olimpia, come già Sibari aveva fatto78.
73 Mele 1984 (ACT 1983),56 s.
74 Jam. VP 20. Cfr. Mele
1982 (ACT 1 981), 37 ss. : una attenta analisi del ruolo che tale
concezione della Megale Hellas ha nelle polemiche interne al movimento pitagorico,
consente, a mio avviso, di superare le perplessità di Musti 1988, 88 ss.
75 Jam. VP 255.
76 Jam. VP 7 4 .
77 D.H. XX 7.
78 Tim. , FGrHist 566 F F 44-45.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 25
Il dopo guerra, dunque, riportò alla luce tendenze della società croto
niate, che si erano riconosciute nella guerra contro Sibari, ma non nelle
motivazioni che Pitagora e i suoi ne davano: quelle tendenze imperialisti
che, che gli oracoli di fondazione, provenendo da quello stesso Apollo
delfico con cui Pitagora veniva identificato, si preoccupavano, come già
sappiamo , di esorcizzare , radicando Crotone esclusivamente alla
Crotoniatide.
5 . La ripresa dei Pitagorici e la nuova Megale Hellas
Le conseguenze di tutti questi sommovimenti non si fecero attendere .
Sul Tirreno agli inizi del V secolo Hipponio, Medma e Locri vantarono in
una iscrizione rinvenuta ad Olimpia una vittoria su Crotone79. Gelone
tiranno di Siracusa si affacciò sul Tirreno creando un suo punto d'appog
gio a Hipponio80• L'olimpionica crotoniate Astylos fece dichiarare le sue
vittorie del 484 e 480 come siracusane provocando la netta ripulsa della
sua città, che ne trasformò la casa in prigione e ne abbatté la statua eretta
nel tempio di Hera Lacinia81 . Hierone, fratello e successore di Gelone,
intervenne in Italia prima a favore di Locri contro il regino Anaxilao nel
47782 e poi contro Crotone e a favore dei Sibariti ribelli nel 47683• Nel 480,
secondo Erodoto, Temistocle riteneva possibile un insediamento in mas
sa degli Ateniesi nella Siritide, vale a dire in un territorio che essendo
appartenuto a Sibari era ora sotto il controllo di Crotone84. Al 480 appar
tiene anche l'ultima vittoria olimpica di un crotoniate, quella del prima
citato Astylos . Gli anni iniziali del V secolo denunciano in altri termini
una serie di difficoltà ed ingerenze nella Crotoniatide e nei territori circo
stanti che solo un indebolimento del ruolo di Crotone può spiegare.
L'episodio più grave avvenne nel 476, quando prese corpo un tentati
vo dei Sibariti superstiti di rifondare una città completamente autonoma
ed indipendente. Nello stesso periodo Poseidonia adottando il piede acheo
per la sua moneta dimostrò di volersi proiettare verso questa Sibaritide
autonoma, per giunta coniando stateri in cui al tipo del Poseidon, tradi
zionale della città, si affiancava sul rovescio il toro, di ascendenza sibarita ,
79 SEG X1 1 2 1 1 . Cfr. Giangiulio 1989, 256 s.
80 Duride apud Athen. Xli 542a.
81
Paus. VI 1 3, 1 .
82
Scholl. in Pind. P. II 36 e 38; Trog.-Justin . XXI 3,2. Cfr. D. Musti, 'Problemi della
storia di Locri Epizefirii', in Locri Epizefirii, Atti del XVI Convegno di Studi sulla Magna
Grecia (Taranto, 3-8 ottobre 1976), Taranto [Napoli] 1977, 23-146, 87.
83 Diod. Xl 48,4.
84 Hdt. VIII 62.
1 26 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
mentre Laos, rifugio di Sibariti dopo la sconfitta del 510, prese ad esibire
nelle sue emissioni il simbolo della ghianda, comune alla nuova Sibari85•
A sostegno di questi Sibariti ribelli si ebbe l'intervento di Hierone di cui si
è detto. Nel 473 , infine, Taranto, in lotta con gli Japigi, poté giovarsi
dell'aiuto dei Regini, ma non di quello dei più vicini Crotoniati86.
In questo contesto di evidente crisi ripresero quota i Pitagorici. Il fatto
che la tradizione pitagorica mostri avversione per Hierone87 lascia pensa
re che la politica antisiracusana manifestatasi negli anni successivi al 480,
quando i Crotoniati punirono l'olimpionico Astylos per la sua amicizia
con Hierone, fratello e poi successore di Gelone, era da essi ispirata88.
Questa avversione può essere almeno di qualche anno anticipata, se si
riflette al fatto che le vittorie che Astylos aveva fatto attribuire a Siracusa,
provocando la reazione dei Crotoniati, sono quelle del 484 e 480, ottenu
te quando al potere era ancora Gelone. Intorno al 480, dunque, la poli
tica dei Pitagorici sembra già coincidere con quella della loro città. Ma
c'è dell'altro.
Negli anni tra il 483 al più tardi e la metà del V secolo, quando i
Pitagorici perdettero il potere a Crotone si sviluppa una politica moneta
ria assai significativa. Si tratta di una serie di emissioni di moneta
divisionaria, emioboli, oboli, dioboli, trioboli, a doppia tipologia: sul dritto
appare il tripode cittadino, sul rovescio invece appaiono i tipi di città
della Sicilia, dell'Italia e della Grecia89. L'esemplare più antico esibisce il
gallo, tipo di Himera fino al 483 , ossia fino a quando Terone, tiranno di
Agrigento, non sottrae a Terillo la città. V'è poi il granchio di Agrigento
che dovrà risalire a una data dopo il 472, se negli anni precedenti vige
l'opposizione di Crotone ai tiranni di Siracusa, di cui Agrigento era allea
ta . Vi è la seppia di Siracusa che non può essere anteriore al 460. V'è la
lepre, che rimanda a Messana e a Regio negli anni dal 480 al 461 . A
Corinto rimanda il pegaso. Ad Atene, infine, rimanda la civetta . Si tratta,
quindi di un'esperienza che parte dalla Himera di Terillo, avversario di
Terone e di Gelone, ed arriva alla monetazione di Siracusa dopo la cadu
ta della tirannide, ricoprendo tutto il periodo del rinnovato governo dei
Pitagorici.
Si può, dunque, partendo da questa constatazione parlare di una scel
ta , la cui responsabilità risale appunto ai Pitagorici. I tipi prescelti lascia
no intravedere una volontà politica di dialogare con le città cui i tipi
85 Parise 1987, 3 1 5 .
86 Hdt. VII 1 70,3; Diod. Xl 52,3-4.
87 Jam. V.P. 266.
88 Cfr. n . 81 .
89 Parise 1987, 3 1 2 ss.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 27
rimandano. D'altra parte è facile notare90 che queste frazioni permettono
l'aggancio dello statere crotoniate con i tetradrammi di peso euboico
attico correnti in tutti i centri interessati, a parte Himera, e con gli stateri
di Corinto. Quel che si voleva dunque era consentire a Crotone di scam
biare agevolmente la propria moneta con merci dimensionate in base a
valute diverse dalla propria e viceversa, facendo della sua moneta centro
di un vero e proprio sistema di circolazione e di scambi.
La circostanza si accorda da una parte col ruolo del porto di Crotone
come fonte della grande prosperità della città, dall'altra con le tradizioni
che sottolineano l'importanza del commercio internazionale nelle origini,
nella formazione, nel trasferimento di Pitagora in Occidente e nella succes
siva legislazione su pesi e misure91 . Coerente con tutto ciò è la sottolineatura
del peso che sotto il governo dei Pitagorici il debito aveva assunto in
Crotone92: era questa la forma attraverso cui il commercio internazionale si
sviluppava. La stessa setta pitagorica, infine, dovendo amministrare l'oro
che gli adepti depositavano nella cassa comune, aveva degli amministrato
ri ai quali era demandato il compito di utilizzare al meglio questi depositi93.
Anche per questo verso, dunque, il raccordo tra questa politica di sviluppo
degli scambi e l'interesse dei Pitagorici appare provato. Ma non è tutto.
A Crotone centro di relazioni tra città diverse corrisponde sul piano
politico un sistema di poleis collegate tra loro dalla presenza di sinedrì o
eterie pitagoriche, dalla introduzione di costituzioni affini ispirate a quelle
di Caronda di Catania e di Zaleuco di Locri94: è quella realtà che le fonti
collegano alla Megale Hellas messa in essere dei discepoli di Pitagora, cara t
terizzata dalle varie manifestazioni della sapienza pitagorica, dalle legisla
zioni comuni, dalla liberazione delle città italiote e siceliote dalle tirannidi95 .
A questa fase appartengono inoltre la ripresa del controllo della
Sibaritide e l'articolarsi della presenza crotoniate sul Tirreno, colla fonda
zione di Terina , che prende il posto dell'antica Lametinoi, inizia a partire
dal 460 a coniare la sua moneta e riduce via via il peso di Temesa96•
Prima di chiudere su questo punto occorre ricordare il profondo mu
tamento che comincia ad avvertirsi in questo momento nel seno delle
90 N.F. Parise, 'Moneta e società in Magna Grecia' , in Crise et transformation des
sociétés archai'ques de l'Italie antique au V siéc/e av. ]. -C. , Actes de la Table de ronde
organisée par l' École Française de Rome et l'Unité de Recherches étrusco-italiques associés
au CNRS (Rome, 19-21 novembre 1987), Rome-Paris 1990, 299-306.
9 1 Mele 1 984 (AGT 1 983), 61 ss.
92 ]am. VP 262 .
93 Mele 1982 (AGT 1981), 66 ss.
94 Mele 1982 (AGT 1981), 45 ss.
95 Jam. VP 1 66 .
96 Parise 1 987, 314 s .
1 28 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
comunità indigene gravitanti sull'area achea. Le tradizioni più antiche
nominavano Enotri, Choni, Ausoni, Japigi, ma a partire dalla metà del V
secolo cominciano ad apparire i Lucani. Dicearco ricorda aristocrazie
indigene accostatesi al pitagorismo, provenienti dai territori confinanti
colla Crotoniatide97• Tradizioni parallele dicono che si trattava di Lucani,
i quali sono ricordati quali discepoli di Pitagora; sostengono i Pitagorici
in lotta con i loro avversari cittadini; forniscono un capo alla setta dopo
la catastrofe di metà V secolo98; vengono nominativamente ricordati nel
catalogo dei Pitagorici con nomi greci e nomi tratti dal mito troiano e dal
mito acheo99; e vengono accreditati di leggi di tipo attico e calcidese ben
diverse da quelle di tipo dorico nel quarto secolo, secondo un'ottica
tarantina, attribuite ai SannitP00• Coerentemente, quando Turi venne ad
occupare lo spazio che era stato di Sibari, dovette affrontare Lucani che
vi si erano insediati101 • Sono le conseguenze del crollo del sistema che
fino al 5 1 0 aveva ruotato intorno a Sibari e ne aveva tratto legittimità e
forza per contrapporsi alle più arretrate popolazioni del loro retroterra .
6. La catastrofe dei Pitagorici
Questo secondo periodo di governo pitagorico si concluse con una
generale rivolta contro i governi pitagorici, l'incendio dei sinedr1, l'ucci
sione dei capi del movimento, un lungo periodo di lotte civili dal quale
l'egemonia e prosperità di Crotone uscì distrutta102•
Molteplici furono le cause del fallimento, ma tutte ben rintracciabili
nelle fonti antiche. I Pitagorici appartenevano al ceto aristocratico e, in
quanto esaltavano il ruolo dirigente del saggio, sostenevano regimi
oligarchici, all'interno dei quali, al riparo dalla contestazione della massa,
la loro elitaria saggezza trovava terreno adatto per imporsi. Pitagora, non lo
dimentichiamo, era stato accolto dai custodi dell'oligarchia, i così detti Mil
le, reclutava i suoi adepti nella classe dirigente, e alla direzione dello stato
questi adepti si dedicavano, come tutte le vicende finora esaminate hanno
confermato. Il ristretto numero degli adepti, trecento o seicento a Crotone103,
duemila per tutta la Megale HellaS- 04 , è a questo riguardo indicativo.
97 Dicearch. fr. 33 W.
98 Plut. Mor. 583a, 1 3 .
99 Aristox. fr. 1 7 W. ; ]am. VP 267. Cfr. Mele 1989, 1 26 s . ; I d . 1 99 1 , 274.
1 00 Mele 1989, 1 38 s.
101 Polyaen. II 10,2 e 10,4.
102 Dicaearch. fr. 36 W. ; Aristox. fr. 18 W. ; Polyb. Il 39; Plut. Mor. 583a; Jam. VP 257 ss.
103 Trog.-Justin. XX 4 , 1 4 ; D.L. VIII 3; Jam. VP 254, 260 (300). Jam. VP. 29 (600). Cfr.
Mele 1 982 (AGT 1 981), 36 ss.
1 04 Porph. VP. 20 = Jam. VP 30.
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 1 29
Per questo loro essere un gruppo limitato, selezionato in base ad un
lungo ed impegnativo tirocinio, i Pitagorici erano esposti a più di una
contestazione : da quella parte del ceto dirigente escluso o comunque
estraneo al gruppo; da parte dei democratici, che mal tolleravano il regi
me oligarchico. Di qui la loro debolezza ove mai, come già era accaduto
all'epoca dell'allontanamento dello stesso Pitagora, le due forze avversa
rie si fossero, per convergere di interessi, coalizzate. E fu proprio quel
che accadde alla metà del V secolo.
Ai così detti ciloniani, il raggruppamento formato dagli espulsi dalla
setta e dai loro seguaci10S, si unirono molti dei familiari stessi degli adepti,
colpiti nei loro interessi dalla solidarietà che i Pitagorici sentivano per i
propri compagni a scapito dei loro stessi consanguineP06. I democratici,
guidati da un tal Ninone, fecero blocco con loro, chiedendo l'allarga
mento dell'assemblea e dei suoi poteri e la fine di un regime strettamente
oligarchico nel quale, un gruppo potente e coeso come quello pitagorico
riusciva a porre in essere un vero e proprio potere tirannico107.
A complicare le cose provvidero anche alcuni degli stessi pitagorici,
come Hippaso, membri del sinedrio dei Mille, i quali non ritenendo più
sostenibile un regime troppo chiuso, auspicavano un ampliamento delle
basi del potere, che proprio la politica portata avanti con lo sviluppo ac
cordato alle attività portuali e commerciali, rafforzando e sviluppando for
ze economiche e sociali nuove, rendeva opportuno oltreché necessario108•
Si innescò così un processo, che portò prima all'allargamento dell'as
semblea, dei suoi poteri elettorali attivi e passivi, del suo potere di con
trollo sull'operato dei magistrati, poi, al fine di impedire la riscossa dei
Pitagorici più intransigenti, all'incendio del loro sinedrio e alla guerra
civile, e quindi al totale abbattimento della vecchia istituzione109• Un arbi
trato di Cauloniati, Metapontini e Tarantini riversò sui Pitagorici, cioè sui
loro propositi di rivincita violenta di cui il pitagorico Democede si era in
effetti reso responsabile, la colpa di tutto. Conseguentemente i Pitagorici
ed i loro familiari finirono in esilio, mentre la democrazia adottava prov
vedimenti radicali come l'abolizione dei debiti e la distribuzione delle
terre. Ne seguiva una lunga guerra civile1 10•
Nel contempo franava l'egemonia di Crotone. Nel 453 e fino al 448
riprese corpo il tentativo di rifondare Sibari e di nuovo accanto ai ribelli
10
5 Mele 1 984 (AGT 1 983), 56 n. 24.
1 06 Mele 1 984 (AGT 1 983), 58.
107 Jam. VP 259. Cfr. Mele 1984 (AGT 1983), 50.
1 08 Mele 1984 (AGT 1 983), 77 s .
1 09 Jam. VP 262.
1 1 0 Jam. VP. 263.
1 30 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
si schierarono Poseidonia e Laosm . Nel 446/5 i Sibariti si rivolgono per
aiuto a Sparta ed Atene, ricevono il sostegno di Pericle e prende corpo
una colonia panellenica, da cui, dopo la rottura dell'accordo tra i nuovi
coloni e i Sibariti, scaturisce da un lato Turi, dall'altro Sibari sul Traen
te112. Crotone accetta la nuova realtà, riconosce Turi e consente l'insedia
mento dei Sibariti superstiti tra Turi e Crotone : in altri termini riconosce
la perdita del controllo sulla Sibaritide e si attesta di nuovo su un confine
a sud del Trionto, il Traente degli antichi, su un fiume Hylias che si dovrà
probabilmente identificare coll'attuale Flumenica1 13.
Nella valle del Crati Pandosia riprende, nella seconda metà del V
secolo, la sua autonomia coniando per suo conto moneta . Sul Tirreno
invece, in anni a cavallo della metà dello stesso secolo, veniva meno il
controllo crotoniate su Temesa : la sua moneta prima eliminò la leggenda
di Crotone, poi scomparve114 e si intuisce una più o meno duratura entra
ta della località nell'orbita di Locri115.
Contemporaneamente entrava in crisi l'economia di Crotone . Le emis
sioni monetali adottano la tecnica del doppio rilievo, ma si impoveri
scono116.
7. Lafondazione della lega achea d 1talia e il ritorno dei Pitagorici
L'insieme degli avvenimenti che segnano la crisi dell'egemonia
crotoniate coincide con tutto il periodo dal 453, terza fondazione di Sibari,
al 444/3, fondazione di Turi, che segna la fine del processo. Nel corso
degli eventi si inserirono gli Achei del Peloponneso, che da un lato par
teciparono alla colonia di Turi, dall'altra ottennero la pacificazione delle
parti in contrasto anche nella stessa Crotone, propiziando così il ritorno
dei Pitagorici1 17•
Sempre alla luce di questo rinnovato rapporto colla madrepatria si
ebbe inoltre la fondazione di una lega achea d'Italia, di cui parla l'acheo
Polibio1 18, il quale precisa che vi presero parte Crotone, Sibari e Caulonia
111Diod. XI 90,3-4; XII 10,2; Cfr. Parise 1 987, 3 1 5 .
1 12
Diod. XII 10,3-7; I l ; 22, 1 .
1 13
Thuc. VI I 35,2.
1 14
Parise 1987, 3 1 4 .
m A. Mele, 'L'eroe di Temesa tra Ausoni e Greci', i n Forme di contatto e processi di
trasformazione nelle società antiche, Atti del Convegno di Cortona (24-30 maggio 1 981),
Scuola Normale Superiore - É cole Française de Rome, Pisa-Roma 1 983, 848-888, 848 ss.
1 16 Cfr. n. 1 3 .
1 1 7 Polyb. II 39,4; Diod. XII 1 1 ,2; Jam. V.P. 263 s. Per una dettagliata discussione vd.
Mele 1 992, 235 ss.
1 1 8 Polyb. II 39,5-6.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 131
e che centro politico e religioso della stessa fu il tempio di Zeus Homarios,
culto che aveva lo stesso ruolo anche nell'Achaia peloponnesiaca . Turi
non ne faceva parte, mentre sappiamo che i Pitagorici, tornati a Crotone
ad opera degli Achei, alla cui influenza la lega si rifaceva, morirono com
battendo contro un'invasione dei TurinP 19. La lega, dunque, sembra colle
gata ad una rottura con Turi, successiva all'intesa iniziale con Crotone.
Una serie di considerazioni inducono a collocare tale lega intorno al 430120•
Si tratta in realtà di una conclusione obbligata anche per varie conside
razioni. Nello stesso contesto della rottura di Turi con Crotone si collocano
evidentemente e la guerra di Turi contro Terina, colonia di Crotone121 e gli
scontri con i LucanP22, alleati dei Pitagorici nel corso delle vicende che
caratterizzano la storia contrastata dei loro rapporti con Crotone nella se
conda metà del quinto secolo123. Ma a guidare i Turini in queste ultime
imprese è sempre lo spartano Cleandrida, che fino al 433/2 era stato impe
gnato sul fronte antitarantino124 e che d'altra parte non può essere restato
attivo per parecchi altri anni dopo questa data giacché lo troviamo già
adulto e a capo degli Spartani quando tra il 479 ed il 464 combatte in
Arcadia contro Tegea125 : se aveva perciò allora una trentina d'anni ne avrà
avuti almeno una sessantina nel 433/2 . Collocare la rottura di Turi con le
città achee a sud del suo territorio e l'alleanza difensiva delle stesse intorno
al 430 e non molto oltre anche per questi motivi diventa, quindi, necessario.
In un tale contesto, dunque, la Sibari interessata sarà la Sibari sul
Traente, che i superstiti Sibariti, dopo la rottura con i nuovi coloni re
sponsabili della fondazione di Turi, fondarono126 nello spazio intermedio
tra Turi e Crotone, cosa che non avrebbero certo potuto fare se non
avessero avuto l'appoggio delle due città confinanti. L'insediamento bene
si inquadra nel clima della pace del 444/3 . Turi, che avendo fatto strage
dei Sibariti, era ormai padrona della situazione, forte del riconoscimento
di Crotone e di rinnovati afflussi di coloni, non aveva allora alcun inte
resse ad infierire ulteriormente; Crotone, che dei fautori aveva sempre
avuti tra i Sibariti stessi non poteva sentirsi minacciata in alcunché dal
nuovo insediamento che in quanto pur sempre acheo le conveniva anzi
proteggere. Ora che i rapporti con Turi si erano deteriorati l'alleanza era
più che obbligata .
1 1 9 Jam. VP 264.
1 20 Diod. XII 1 1 ,3. Cfr. per un'analoga cronologia: De Sensi Sestito 1 987, 275.
121 Polyaen. II 1 0, 1 .
122 Polyaen. II 10,2 e 4.
123 Aristox. fr. 1 7 Wehrli; Plut. Mor. 583a-b; Jam. VP 266-267.
124 Antioch. , FGrHist 555 F 12 Jacoby.
1 2s Polyaen. II 10,3. La cronologia si deduce da Hdt. IX 35.
126 Diod. XII 22, l .
132 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Ulteriore conferma di questa cronologia attribuita al deterioramento
dei rapporti con Turi ed alla connessa fondazione della lega achea pos
sono del resto offrire i tipi che le emissioni monetali di questo periodo
evidenziano. Al richiamo alla tradizione apollinea da un lato e a quella
olimpica dall'altro proprio delle emissioni con l'aquila ed il tripode, nel
l'ultimo quarto del quinto secolo si accompagna il tipo dell'Herakles
ecista cui viene connesso o il tripode o lo stesso Apollo delfico nell'atto
fondante di uccidere Python127• Ciò che si intende fortemente sottolinea
re è il diritto di Crotone al suo territorio, territorio che Herakles prima,
all'epoca del suo passaggio al Lacinio128, ed Apollo dopo, con i suoi
ripetuti responsP29 le avevano assegnato: questo territorio è quindi di
nuovo in discussione e Crotone rivendica con forza i propri diritti.
La lega achea d'Italia secondo Polibio e Strabone130, che del resto ne
dipende, imitava perfettamente il modello quanto ai suoi caratteri. Que
sto modello era di tipo 'democratico' , nel senso che le città achee che ne
facevano parte non erano sottoposte ad una qualche monarchia 131 né
all'egemonia di qualcuna delle città aderenti132. Un analogo rapporto si
deve quindi presumere tra le città achee d'Italia almeno sul piano forma
le, giacché su quello sostanziale le cose dovevano andare altrimenti.
Sibari sul Traente era stata fondata dai Sibariti sopravvissuti alla strage
che ne avevano fatto i Turini: Sibariti che fin dal primo momento non
erano stati numerosi133. Caulonia era colonia essa stessa di Crotone134 e la
sua inferiorità rispetto a Crotone può essere ancora misurata dal fatto che
mentre Crotone era presente nel catalogo dei Pitagorici con ben ventinove
personalità, Caulonia invece era presente solo con cinque nomi135; due
dati questi che la dicono lunga circa i reali rapporti di forza tra i due centri
nel corso del quinto e della prima metà del quarto secolo a.C.
L'unione si presentava come una comunità sovracittadina, un koinon,
che come tale comportava la definizione di uno spazio cultuale dedicato
a Zeus Homarios e di un connesso spazio destinato alle assemblee e alle
decisioni comunP36• In Achaia a queste stesse funzioni servivano il culto
127 Stazio 1 984 (AGT 1 983), specialmente 393. Ulteriori osseiVazioni sempre di A.
Stazio si ritrovano nel contributo ' La monetazione argentea di Crotone nel IV-III sec. a.C.',
in Crotone e la sua storia (Atti Seminario), 1 03- 1 09.
1 28 Diod. IV 24,7; Ov. Met. XV 12 ss. ; Jam. V.P. 50.
1 29 Hippys, FGrHist 554 F 1 ; Antioch. , FGrHist 555 F 10; Diod. VIII 17; Strabo VI 2,4, 269.
1 30 Cfr. Polyb. II 39,6; Strabo VIII 1 ,7, 384.
1 3 1 Polyb. II 4 1 , 5 ; IV 1 ,5.
1 32 Polyb. II 37,9.
1 33 Diod. XII 10; Strabo VI 1 , 1 3 , 263.
1
34 Ps. Scymn. 318; Steph. Byz. s.v. Au'Mhv; Solin. II 10.
1 35 Jam. V.P. 267.
1 36 Polyb. II 39,6.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 133
di Zeus Homarios ed il relativo bosco sacro, alsos, culto e spazio diretta
mente gestiti dal koinon, che si contrapponevano alle singole città137•
Poiché le colonie achee ambivano a riproporre in Italia il modello della
madrepatria si dovrà supporre che anche nel loro caso i due spazi, reli
gioso e politico, fossero contigui.
Ulteriori caratteristiche della lega achea d'Italia si possono ancora de
durre dalla considerazione del modello prescelto. Prima della decisiva
evoluzione subita nel corso della sua seconda fase di vita, nel III sec.
a.C. , l' ethnos acheo era, a detta di Polibio138, una comunità militare, symma
chiche, il cui scopo preminente era quindi la cooperazione in guerra, ma
anche philike, ossia fondata su un vincolo di amicizia, che le faceva
superare le mere finalità puramente militari e le attribuiva un carattere
non semplicemente occasionate .
Il koinoboulion, ossia l'organo in cui si discutevano gli affari comuni
e attraverso il dibattito si assumevano le decisioni comuni, i diaboulia,
erano le synodoi139• Il primo dato che se ne può ricavare è che il koinon
acheo-italiota adottava, in forza della stretta contiguità territoriale e di
sangue tra i contraenti e del ruolo primario accordato alle synodoi140 e
quindi a un synedrion, non il principio della partecipazione diretta e
collettiva dei cittadini alle decisioni comuni, ma piuttosto quello rappresen
tativo. In questo senso il koinon poteva di nuovo dirsi ispirato ad un model
lo democratico141 • L'adozione tuttavia di un tale modello era possibile solo
se si pensava di limitare le competenze demandate alle decisioni del koinon
solo ai problemi più importanti, un synedrion non potendo essere convo
cato e restare attivo se non in periodi determinati e per un tempo non
eccessivo. Queste competenze non potevano perciò andare molto oltre gli
affari religiosi e la politica estera come e l'esempio acheo prima citato e la
symmachia del 393/2, che Polibio considera sviluppo di questa primitiva
alleanza delle colonie achee, abbondantemente confermano.
In conclusione il koinon acheo d'Italia deve essere stato concepito
come un'alleanza di tipo permanente, a base strettamente etnica, ad ispi-
137 Diod. XV 49,2; Strabo VIII 7,5, 387.
138 Polyb. II 37, 1 0 .
139 Polyb. I I 39,6; Strabo VIII 7,3, 381 ; 7 , 5 , 387. L'esistenza d i una baule non può dedursi
immediatamente dall'uso in Polibio del termine diabou/ia. Quando questo termine ritorna in
Polibio esso indica non un consiglio operante in quanto regolare istituzione, ma una discus
sione (III 20, 1 ; IV 24,2; V 58,2, 102,2; XI 10,7) su una scelta da fare (II 26,3), e la deliberazione
che ne consegue (V 49,6; VI 5 1 ,6). Che una boule fosse l'esito delle synodoi sembra possibile
e perfmo necessario ammettere; altra cosa è invece un consiglio permanente.
1 40 Polyb. II 39,6. Per la partecipazione alle synodoi cfr. Polyb. II 50,7, 54,3, 13 e 2 1 .
Per l'equivalenza synodos-synedrion: Polyb. XXI I 7,3.
141 Polyb. II 4 1 , 5-6; IV 1 ,5 ; Strabo VIII 7 , 1 , 384.
1 34 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
razione democratica, con finalità prevalentemente politico-militari e so
stanzialmente dominata da Crotone. Il modello tradizionale etnico a cui
esso si ispira, il particolare rilievo che Polibio dà unicamente alle synodoi,
lasciando in ombra eventuali magistrature regolari, consentono la possi
bilità di concepirlo, come è stato fatto, come uno stato federale, solo se
si dà a questa espressione un significato assai relativo142• E così deve
essere se Polibio può considerarlo la naturale premessa della lega italiota,
che stato federale non è, ma certamente alleanza di stati.
Qualche considerazione a questo punto può farsi anche a proposito
del culto di Zeus Homarios e della sua localizzazione. In Achaia esso, in
quanto comune e non sottoposto alle autorità cittadine, doveva essere
localizzato nel territorio; territorio che era quello della città più antica ed
autorevole del koinon, la quale prima del maremoto del 373 a.C. era
Helike143 • Dopo che il terremoto distrusse Helike, il territorio di questa e
l'annesso tempio passarono ad Aigion144 , mentre il tempio cittadino di
Poseidon restò sommerso dal mare145.
Come si è già visto, il luogo di riunione delle synodoi era l' alsos del
dio; il culto in quanto comune era sotto la diretta giurisdizione del koinon
ma territorialmente ricadeva nella chora del centro più antico ed impor
tante, prima Helike, poi Aigion. Trasferendo questo modello alla Magna
Grecia come le nostre fonti ci dicono di dover fare le conclusioni sono
ovvie: il tempio deve essere extracittadino ed attribuito alla città più
antica ed autorevole del koinon che nel nostro caso è indiscutibilmente
Crotone; al culto non debbono essere attribuite strutture complesse, e
perché l'essenziale del culto ai fini del koinon era il bosco sacro al dio e
perché questo culto dovette necessariamente perdere il suo ruolo una
volta che il koinon divenne da acheo italiota. Che lo spazio cultuale in
questione sia da ricercare nell'area del santuario di Hera Lacinia è stato
di recente sostenuto146: ma l'ipotesi, pur non in contraddizione con le
osservazioni finora proposte, urta contro la realtà del modello che pone
accanto a Zeus Homarios una Athena Homaria, eventualmente una
Demetra Panachaiia, ma mai Hera147•
Hz
De Sensi Sestito 1982, 21 s.
1 43
Diod. XV 48,3; Strabo VIII 7,2, 384-385; 7,5, 387; Paus. VII 7,2.
1 44 Ai testi citati aggiungi: Liv. XXXVI II 30,2.
1 4 5 Strabo VIII 7,3, 385 .
146 De Sensi Sestito 1982, 27 ss. Diversamente invece Giangiulio 1 989, 1 77 n. 52;
Osanna 1989, 59.
�<7 Athena Homaria: /G V 2, 344, 1.8; Demetra Panachaia associata a Zeus Homagyrios:
Paus. VII 24,3. Questo santuario è idealmente connesso a quello dello Homarios, trattan
dosi pur sempre di uno Zeus assembleare, ma distinto dallo Zeus propriamente Homarios
e per la diversità dell'epiclesi, cosa di importanza non secondaria in ambito religioso né
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 35
Ancor meno convincente poi è l'ipotesi che il tempio di Zeus Homarios
sia da identificare a Caulonia con i resti di un monumentale tempio
ubicato entro la città, dell'inizio dell'ultimo quarto del V secolo148• L'ipo
tesi non suffragata da nessuna chiara evidenza archeologica contraddice
in maniera per così dire plateale il modello acheo che è alla base di tutta
l'operazione: certamente non è connesso alla città più antica ed impor
tante. In queste condizioni il problema della esatta localizzazione del
culto comune deve restare aperto e, data la breve durata del suo ruolo,
limitato alla sola fase achea dell'alleanza, e la natura come si è detto
molto semplice delle sue strutture, è molto probabile che tale resterà
anche per il futuro della ricerca archeologica.
8. Crotone nella lega italiota
Sui riflessi interni di questi avvenimenti possediamo vari indizi. Il cli
ma entro cui si realizza il ritorno dei Pitagorici è quello del ripudio dei
'tempi di Ninone' ossia della democrazia radicale, che a questi aveva
fatto capo149. D'altro canto la lega achea allora costituita da Crotone s'era
ispirata al modello democratico. Dovette dunque prendere corpo una
democrazia moderata. I valori della moderazione nel vitto caratterizzano,
del resto, in maniera esplicita i Pitagorici tornatP50, così come caratteriz
zano ancora la Crotone degli inizi del IV secolo151.
In questo clima si collocano anche i comportamenti seguiti di fronte
al conflitto tra Atene ed il mondo dorico di Sparta e Siracusa. Antioco di
Siracusa, componendo in questi anni la sua opera sull'Italia, ricordava
Crotone come una fondazione cui aveva posto mano Archias, il futuro
fondatore di Siracusa152• Sempre nello stesso periodo di tempo Crotone
stessa valorizzando, come sappiamo, Herakles quale ecista della città,
faceva proprio l'eroe dorico per eccellenza.
Coerentemente nel 4 1 5 alla flotta ateniese, che muoveva contro Siracu
sa, venne concesso solo il mercato153, mentre nel 4 1 3 , quando Metaponto
e Turi aiutavano gli Ateniesi, Caulonia forniva legname, Regio consentiva
facilmente spiegabile data la persistente fama dello Zeus Homarios quale divinità onorata
nel culto federale; e per l'appartenenza ad Aigion, sede non originaria delle assemblee
achee. Contra: Osanna 1989, 56.
148 Osanna 1 989, 60.
149 Jam. V.P. 264. Cfr. Mele 1984 (AGT 1983), 79 ss.
150 Jam. V.P. 264.
m Trog.-Justin. XX 5,3.
152 Antioch. , FGrHist 555 F 10.
153 Diod. XIII 3,4.
1 36 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
l'approdo, Crotone vietò il passaggio attraverso il suo territorio alle forze
ateniesi, che erano a TurPS4. Quando, però, sconfitta Atene da Siracusa,
lo scontro si spostò nell'Egeo, Crotone si disinteressò della cosa. Altri
problemi sorgevano e ad essi rispose la costituzione della lega italiota.
Nel 393/2, secondo Diodoro155, gli Elleni d'Italia formarono un'allean
za, symmacbia, ed istituirono un synedrion col duplice scopo di respin
gere l'attacco di Dionisio e di combattere contro i Lucani che erano allora
in guerra contro di loro.
Diodoro non precisa quali fossero questi Elleni, ma il racconto che
segue permette di individuare tali Greci d'Italia nei TurinP56, nei Crotonia
ti157, nei CauloniatP58, nei ReginP59 e negli HipponiatP6o. Una testimonian
za di Polieno permette di aggiungere alla lista anche i VelinP61 . L'elenco
così ottenuto è perfettamente coerente e non solo perché sono queste le
città che in effetti si trovano alle prese con gli attacchi di Dionisio e dei
Lucani, ma perché sono esattamente queste le città greche all'interno
della così detta Grande Lucania, così come il pseudo Scylace ce la descri
ve: estesa cioè da Poseidonia fino al territorio di TurP62, come doveva
essere la Lucania prima che la rivolta dei Brettii, nel 356, le sottraesse
l'area a sud di Laos e di Turi.
Le assenze che si riscontrano rispetto all'elenco delle città di origine
greca in quel testo annoverate non sono inspiegabili, ma anzi richieste
dalla situazione storica di quegli anni. Poseidonia era, infatti, caduta sul
finire del quinto secolo nelle mani dei LucanP63 e nelle mani dei Lucani
in questi stessi anni risulta caduta anche Laos164• Locri e Medma sono in
questo stesso periodo controllate da Dionisio165. Terina, colonia crotoniate
sul Tirreno da localizzare, come tutto lascia supporre, nell'area dell'attua
le Lamezia 166, non gioca alcun ruolo negli avvenimenti della prima metà
1 54Thuc. VII 35, 2 .
1 55Diod. XIV 9 1 ,1; 1 0 1 , 1 .
1 56Diod. XIV 1 0 1 - 1 02,3.
1 57Diod. XIV 1 00,3-5.
1 58 Diod. XIV 103,3-6; 104; 105; 1 06,3.
1 59 Diod. XIV 100; 102-103; 1 06 , 1 -2; 107; 1 08; 1 1 1 - 1 1 2 .
1 60 Diod. XIV 107,2.
161 Polyaen. VI 1 1 .
162 Ps. Scyl. 1 2 e 14.
163 Strabo VI 1 , 3, 264 . L'esatta cronologia si deduce da una serie di documenti
archeologici e numismatici per i quali vd. ora G. Tocco, 'Città e territorio. Trasformazioni
dalla fondazione della colonia greca alla deduzione della colonia latina', in Paestum, 35-
6 1 , 51 ss.
1 64 Diod. XIV 1 0 1 , 3 .
165 Diod. XIV 44,6-7; 78,5 ; 100,2; 1 06,3; 107,2-3. Per Medma cfr. Diod. XIV 78, 5 .
1 66 Spadea 1979.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 37
del quarto secolo, mentre nel periodo immediatamente precedente, ben
ché anch'essa, come la sua metropoli Crotone, fosse stata attaccata da
Turi, non entrò nella lega delle città achee del Bruttio organizzata dalla
stessa Crotone167•
È invece probabile che Pandosia, città che il citato pseudo Scylace
considera fondazione degli Achei e che Strabone colloca poco più a
nord di Cosenza168, facesse parte dell'alleanza, malgrado il silenzio in
proposito delle nostre fonti. Pandosia, infatti, fin dalla fine del sesto se
colo inserita nella sfera degli interessi achei di Sibari come di Crotone,
riconferma intorno alla metà del quinto secolo la sua connessione con
questi stessi centri achei coniando monete con l'immagine del fiume
Crati, ma, cosa in sé assai significativa, proprio agli inizi del quarto seco
lo emette, al pari di Crotone e di Turi monete con il tipo dell'Hera Lacinia169:
un tipo che richiama il tempio e il culto di una divinità che tutto lascia
credere avere svolto un ruolo di primo piano nell'ambito dell'alleanza
delle città italiote di cui stiamo parlando170• Sul rovescio di questa stessa
moneta appare il dio Pan ossia la divinità pastorale che nella tradizione
achea passava per figlia del Crati171 •
Altre adesioni all'alleanza non sono testimoniate né sono verosimili
dato il contesto assolutamente lucano e antidionigiano in cui l'alleanza,
come si è visto, si colloca. Il pericolo lucano per Herakleia, Metaponto e
Taranto emerge nelle fonti solo a partire dal 346/5172; nessuna di queste
città appare mai in guerra con Dionisio; al contrario proprio nel corso
della prima guerra italica nel 388 Taranto sembra interessata a buoni
rapporti con Dionisio173 e i circoli pitagorici di Metaponto si orientano in
senso filodionigiano proprio mentre Regio è alle prese con il tiranno174.
Infine tutta la politica dionigiana nell'Adriatico, immediatamente succes
siva alla conclusione della guerra, non può concepirsi senza la tolleranza
o la collaborazione di Taranto che alla navigazione e ai commerci in
quelle acque era direttamente interessata175•
1 67 Polyb. II 39,6.
1 68 Strabo VI 1 , 5, 256.
1 69 Head 191 P, 105 s.
1 70 De Sensi Sestito 1987, 279 e n. 93 .
1 7 1 Aelian. N.A. VI 42.
1 72 Diod. XVI 6 1 ,4.
1 73 Diod. XIV 109,4 s.
1 74 Polyaen. V 2,22.
1 75 Per questo punto vd. De Sensi Sestito 1987, 227 ss. Cfr. inoltre Sabattini 1987-1988,
32 n. 5 .
1 38 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
9. Caratteri della lega italiota
Questa symmacbia, in cui Crotone, come si è visto, appare piena
mente integrata, pone non pochi problemi a partire in primo luogo dalla
sua stessa struttura. Che si tratti di un'alleanza difensiva appare chiaro
dalla testimonianza di Diodoro che la dice formata in previsione dell'at
tacco siracusano e della guerra che i Lucani hanno mosso ai Greci. Se
questo è vero ne deriva che l'alleanza è nata per essere permanente. Non
si poteva, infatti, sperare in una più o meno prossima caduta della tiran
nide a Siracusa, nel momento in cui Dionisio stava felicemente conclu
dendo la guerra con Cartagine e perfino Canone cercava nell'interesse di
Atene di farselo amico176• Ancor meno agevole era sperare in una elimi
nazione della minaccia dei Lucani. Proprio in quegli anni cominciava
infatti ad apparire chiaro ai Greci d'Italia che i Lucani erano in grado di
mettere in campo forze tali che nessuna città era in grado di affrontare da
sola: una clausola del trattato di alleanza prevedeva perciò l'intervento
immediato di tutte le forze alleate in aiuto della città che fosse stata
attaccata e comminava la pena di morte per gli strateghi che non fossero
subito accorsi colle loro truppe177•
V'era inoltre un'altra realtà che ai Greci d'Occidente in quegli stessi
anni andava facendosi chiara: i Lucani non erano se non l'avanguardia
dei Sanniti; conseguentemente lo storico siracusano Filisto, raccontando
le campagne italiche di Dionisio, parlava immediatamente di Sanniti e
non di Lucani quali abitanti dell'area magno-greca in cui il tiranno aveva
operato178• Un eventuale successo sui Lucani aveva quindi, agli occhi dei
Greci dell'epoca, poche possibilità di essere decisivo.
D'altra parte Polibio, che a questa alleanza allude179, mostra di credere
che essa era appunto destinata ad essere permanente e la cosa non
meraviglia se si tiene conto del fatto che è caratteristica delle alleanze
relative alle città greche d'Occidente, almeno di quelle il cui testo è a noi
noto, la volontà di renderle permanentP80.
L'alleanza riuniva città di diversa origine . Achee erano, infatti, Crotone
e Caulonia; locrese era Hipponio (Vibo Valenza) ; calcidese era Regio;
panellenica era Turi, mentre ionica era Elea (Velia) . Gli avversari previsti,
d'altro canto, erano uno greco, Dionisio, l'altro barbaro, i Lucani. L'alleanza,
1 76 Lys. XIX 19-20.
177 Diod. XIV 1 0 1 , 1 .
178 Philist. , FGrHist 556 FF 4 1 -42; cfr. Strabo VI 1 ,2, 254.
179 Polyb. II 39,6 s.
1 80 Nrr. 10, 11.4-5; 63, 1 . 1 2; 64, 11. 22-23 Meiggs-Lewis. Cfr. per questo aspetto delle
alleanze occidentali: S. Cataldi, Prospettive occidentali allo scoppio della guerra del Pelopon
neso, Studi e testi di storia antica l, Pisa 1 990, 30 s.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 39
dunque, non aveva carattere strettamente etnico ma genericamente
ellenico; non era tanto destinata a difendere l'ellenicità delle città contra
enti quanto a tutelarne l'indipendenza ed autonomia contro ogni genere
di avversario.
Un'altra caratteristica di questa alleanza era che essa raggruppava città
tra loro non sempre confinanti: Elea era, infatti, immersa entro un conte
sto lucano, mentre Regio era circondata da territori locresi. Le relazioni
reciproche non potevano, quindi, che essere marittime e le decisioni
comuni non potevano che essere demandate ad un organo rappresenta
tivo. La tradizione parla, infatti, esplicitamente di un synedrion, ossia di
un consesso di delegati.
L'alleanza, infine, si presentava rispetto ai governi delle città contraenti
come un'organizzazione dotata di poteri coercitivi. La norma prima citata
relativa all'obbligo di mobilitazione immediata in caso di attacco lucano
e alla pena di morte automaticamente inflitta agli strateghi cittadini che
non avessero ottemperato a tale obbligo è un manifesto esempio di tale
potere .
Per tutti questi aspetti l'alleanza si presenta, dunque, come un'orga
nizzazione politico-militare permanente e sovracittadina , a carattere di
fensivo, dipendente da un consiglio di tipo rappresentativo.
Quanto ai modi di funzionamento, gli avvenimenti successivi illumi
nano a sufficienza . La presenza dell'organo decisionale comune si intra
vede quando, al momento dell'attacco di Dionisio contro Regio, gli ltaloi
decidono l'aiuto da inviare181 e ancora successivamente quando ci viene
da Diodoro precisato che gli Hellenes d'Italia, alla notizia dell'attacco di
Dionisio contro Caulonia, conferiscono il comando supremo a Crotone e
decidono la mobilitazione182. Che però tale organo di governo comune
non sedesse in permanenza lo si deduce dalla già citata norma sulla
mobilitazione automatica in caso di attacco lucano e lo si constata diret
tamente in occasione dell'attacco lucano a Turi nel 390: in questa circo
stanza Turi non fa che avvertire le altre città dell'attacco assumendo con
temporaneamente in proprio il comando supremo183•
Come non vi è un organo di governo permanente così non vi è una
strategia permanente: lo stratego si elegge se necessario e ad eleggerlo è
la città cui tocca l'egemonia184• Né vi è una città cui l'egemonia tocchi in
maniera continuativa: se nel 389 l'egemonia è concessa a Crotone18S, nel
181 Diod. XIV 103,3.
182 Diod. /. c.
183 Diod. XIV 1 0 1 , 2-3.
1 84 Diod. XIV 103,3.
185 Diod. XIV 103,4-5.
1 40 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
caso dell'attacco a Regio è Regio che assume l'egemonia186 e in quello
dell'attacco a Turi è quest'ultima che automaticamente assume il coman
do delle operazioni187•
L'alleanza dunque altro non è che una lega permanente di stati, che ha
il suo limite nel carattere esclusivamente difensivo della coalizione, ma
che all'interno di questo limite realizza nei suoi organi di governo, quan
do operanti, un duplice principio: democratico, in quanto non riserva ad
alcuno dei suoi membri una egemonia duratura; oligarchico, in quanto
assume le decisioni comuni all'interno di un organo rappresentativo.
Tornando ora colla mente alla circostanza che un'altra lega, quella
achea, ha preceduto la lega italiota, è lecito, chiedersi quale rapporto ci
fu tra le due. Secondo Polibio una linea continua correva dall'unione
achea alla posteriore lega italiota e tale legame di continuità solo la vitto
ria di Dionisio e la supremazia dei barbari della zona spezzarono188• Que
sto è però verso solo fino ad un certo punto. Indubbiamente, come
abbiamo visto, la lega italiota si ispirava a un principio democratico quando
non attribuiva ad una determinata città in via permanente l'egemonia
sulla lega e quindi poneva su un piano di parità le città aderenti, e per
questo verso essa poteva essere considerata un prolungamento della vita
della vecchia unione achea. Ma le differenze erano notevoli in quanto
l'alleanza del 393/2 , come sappiamo, non comprendeva unicamente città
achee e per giunta tra loro confinanti, ma includeva città di origine diver
sa e non tutte a diretto contatto tra di loro. D'altro canto la nuova lega
italiota faceva anch'essa, come Diodoro ci ha detto, capo alle synodoi di
un consesso ristretto e quindi di natura rappresentativa come il syne
drion189. La vecchia unione achea aveva quindi dovuto sottoporsi ad una
profonda trasformazione per poter divenire italiota .
1 0 . Le vicende della lega italiotafino a/ 388/7
Stando al racconto di Diodoro e alla cronologia degli avvenimenti che
egli dà , le vicende di questi anni si svilupperebbero in questi termini:
390/89, attacco di Dionisio I a Regio che si conclude con l'inverno di
quell'anno e con l'alleanza di Dionisio con i Lucani da cui scaturisce la
sconfitta degli Italioti nella battaglia di Laos190; nel 389/8 Dionisio attacca
186
Diod. XIV 1 00,3-5.
187
Diod. XIV 1 0 1 , 2-3.
188
Polyb. II 39,5-7.
1 89 Diod. XIV 91 , 1 .
1 90 Diod. XIV 1 00-102.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 141
Caulonia e si verifica la sconfitta degli Italioti nella battaglia dell'Elleporo,
cui seguono una spedizione contro Regio conclusa con una tregua e
subito dopo la distruzione di Caulonia , il trasferimento degli abitanti e la
concessione del territorio della città ai LocresP91 ; nel 388/7 questa stessa
sorte tocca ad Hipponio e subito dopo vi è il lungo assedio di Regio
conclusosi con la cattura della città e la sua distruzione192•
Punto fermo ai fini cronologici è il rapporto che Diodoro esplicita
mente pone nel corso di un racconto che per questa parte dipende da
Timeo193, tra l'assedio di Regio e lo svolgimento delle olimpiadi nel lu
glio-agosto del 388 a.C. 194 . Questo vuol dire che l'assedio, durato undici
mesi, si concluse nel 387 e che quindi questi avvenimenti sono da Diodoro
correttamente datati sotto l'anno 388/7 . Che questa cronologia sia esatta
è confermato anche dal fatto che Polibio dichiara l'assedio di Regio con
temporaneo alla pace di Antalcida e alla catastrofe gallica e colloca tutti
questi eventi nel 387/6, cosa che fa anche Diodoro195 • Pompeo Trogo,
che dipende per questa parte da Timeo e attraverso di lui da Filisto,
storico di Dionisio I e quindi coevo ai fatti in questione, ritiene contem
poranee la pace di Antalcida, la catastrofe gallica e l'alleanza, durante
quella prima guerra italica che coll'assedio di Regio si concluse, di Dionisio
I con i Galli reduci dall'incendio di Roma196: ne esce in tal modo confer
mata la coerenza di questa tradizione e la sua bontà in quanto in ultima
analisi risalente a fonti vicine ai fatti.
Tenendo fermo questo punto la battaglia dell'Elleporo, che il racconto
di Diodoro colloca nella buona stagione, deve appartenere all'anno pre
cedente, ossia al 389, anno nel quale vanno quindi posti anche gli avve
nimenti successivi come la tregua con Regio e lo sgombero di Caulonia197.
La battaglia di Laos, quindi, non può che appartenere all'anno 390 ed
essere anch'essa collocata nella buona stagione di quell'anno, se è vero
che l'esercito italiota può affrontare una marcia su terreni montagnosi e
difficili mentre la flotta siracusana può affrontare il viaggio verso Laos198.
191 Diod. XIV 1 03-106,3.
192 Diod. XIV 1 07,2; 107,5- 1 09; 1 1 1- 1 1 2; D.H. XX 7,3.
193 Sul problema delle fonti di Diodoro per questa parte del suo racconto fondamen
tale resta Sordi 1 978, 5 ss. Decisivo per quanto riguarda l'assedio di Regio è il fatto che in
Diod. XV 7, dove la fonte è certo Filisto, di tale assedio si tace: il racconto dettagliato e
decisamente orientato in senso antidionigiano che si trova nel precedente libro di Diodoro
non può quindi che risalire a Timeo.
1 94 Diod. XIV 1 08,6- 1 09 .
1 95 Diod. XIV 1 1 3 ss.
1 96 Polyb. 16,2; Diod. XIV 1 1 3,1; Trog.-Justin. VI 6,5; XX 5,4 s.
197 Diod. XIV 1 05 , 1 .
1 98 Diod. XIV 1 0 1 .
142 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Il precedente attacco di Dionisio I a Regio, che di nuovo avviene con
l'aiuto della flotta199 e vede perciò gli Italioti delle città settentrionali in
viare una flotta in aiuto di Regio200 deve anch'esso appartenere alla buo
na stagione ed essere collocato non nel 390 come Diodoro fa, ma nel
l'anno precedente, concludendosi come Diodoro precisa con l'inizio del
l'inverno di quell'anno201 • Questa cronologia è confermata dal collega
mento che in tutte le fonti si ritrova tra l'inizio della prima guerra italica
di Dionisio e la conclusione subito precedente della guerra con Cartagine,
che cade nel 392/1 202.
In tutti questi avvenimenti Crotone è coinvolta, in quanto appartenen
te alla lega. Nel 391 , in occasione del citato attacco a Regio, gli Italioti
inviano proprio a partire da Crotone sessanta navi ai ReginF03. Si doveva
trattare di navi di Turi, che durante la guerra del Peloponneso, come
abbiamo visto, inviava triremi in aiuto degli Spartani, e naturalmente di
navi di Crotone, che, in quanto città portuale non doveva esserne pri
va204. Il racconto diodoreo suscita qualche perplessità in quanto dice che
le navi dovevano essere semplicemente consegnate ai Regini e in quanto
descrive il comportamento di queste navi in maniera non perfettamente
convincente: le navi che sono sessanta quando vengono affrontate da
cinquanta navi di Dionisio, fuggono verso terra, gli equipaggi abbando
nano gli scafi e questi vengono esposti alla cattura da parte di Dionisio,
mentre solo l'intervento via terra dei Regini salva le navi e una tempesta
che colpisce la flotta di Dionisio costringe il tiranno alla ritirata205. Sembra
molto strano che la flotta italiota la quale muoveva alla volta di Regio
attaccata per mare e per terra da Dionisio, fosse così sprovveduta e asso
lutamente non in grado di combattere. Si ha l'impressione che il racconto
voglia soprattutto esaltare il ruolo dei Regini ed attenuare invece il catti
vo comportamento della flotta italiota, sì da dare l'impressione di un
sostanziale complessivo successo italiota contro il tiranno che aveva at
taccato Regio con centoventi triremFo6. Ciò sembra tanto più vero se ad
un pieno successo iniziale degli Italioti, ma in particolare di Crotone,
alludeva Pompeo Trogo, parlando di una Crotone vittoriosa su Dionisio
I grazie al suo valore, al suo rifiuto del lusso e malgrado la sua inferiorità
numerica e tutto ciò in un periodo anteriore a quel 387/6 in cui Pompeo
1 99 Diod. XIV 100,2.
200 Diod. XIV 100,3.
20 1 Diod. XIV 100,5.
202 Diod. XIV 100,1; D.H. XX 7,2; Trog.-Justin. XX 1 , 1 .
203 Diod. XIV 1 00,3.
204 Polyb. X l .
M Diod. XIV 1 00,3-5.
206
Diod. XIV 1 00,2.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 143
Trogo registrava l'alleanza di Dionisio I con i Galli che gli doveva con
sentire la ripresa fortunata della guerra contro tutti i suoi avversari207•
Nel 390 in occasione della battaglia di Laos, il racconto di Diodoro
sottolinea il ruolo dei Turini208, ma fa rilevare che la sconfitta fu degli
Italioti e/o degli Elleni di Italia , particolare confermato anche da
Strabone209. Tutto ciò fa capire che non solo i Turini furono coinvolti ed
in effetti Diodoro dice che i Turini avvertirono le altre città dell'attacco
lucano chiedendo aiuti salvo poi a muoversi prima che il grosso di
questi aiuti fosse arrivatd10. Questo lascia intuire che si mossero insie
me ai Turini i contingenti arrivati per primi in quanto partiti da zone più
vicine e Crotone era appunto la città italiota più vicina : si deve quindi
supporre che tra i 14.000 uomini presenti a Laos, di cui 1 0 . 000 perirono
e l 000 finiti in mano lucana furono poi riscattati, ci fossero anche dei
Crotoniati21 1 •
Tutto ciò risulta ancor più credibile se si fa qualche ulteriore conside
razione . Il racconto diodoreo da un lato accredita l'idea che nella marcia
verso Laos vi furono errori di valutazione, improvvisazione e fretta ec
cessiva, ma dall'altro conserva elementi che consentono una valutazione
un po' diversa dei fatti. Quando le truppe italiote arrivano in vista del
mare di Laos si attendono di vedere arrivare le triremi della alleata Regio,
mentre le triremi effettivamente in arrivo sono quelle del tiranno di Siracusa,
alleato dei loro avversari Lucani. È effettivamente un po' strano che es
sendo l'attacco a Laos inizialmente non previsto al momento dello scon
tro da un lato ci si aspetta l'arrivo proprio in quel punto delle navi reggi
ne mentre dall'altro si verifica l'arrivo delle navi siracusane . V'è qualche
motivo, quindi per sospettare che il racconto diodoreo, manifestamente
interessato a sottolineare le responsabilità dei soli Turini se l'impresa è
fallita per la mancata presenza di una consistente parte degli alleati, in
realtà da un lato tende a negare l'esistenza di un ambizioso piano per
inferire un colpo decisivo alla espansione lucana occupando Laos, dal
l'altro tende a coprire le responsabilità regine nel fallimento dell'attacco,
che doveva essere congiunto e da terra e dal mare, e ad ignorare i meriti
della flotta siracusana per aver impedito o prevenuto l'arrivo dei Regini.
Va da sé in tal caso che il contributo di Crotone dovette essere non
20., Trog.-Justin. VI 6,5; XX 5 ,3-4.
20R Diod. XIV 1 0 1 , 1-3.
209 Italioti: Diod. XIV 102, 1-3. Hellenes di Italia: Diod. XIV 101 ,4; 102,1; Strabo VI 1 , 1 , 253.
210 Diod. XIV 1 0 1 , 2 . Non accettabile l'interpretazione di Sabattini 1987-1 988, 1 1 e n.
1 2 : se la fonte avesse voluto dire che i Turini non attesero per nulla gli alleati non
avrebbe usato l'espressione ·massa degli alleati•, ma avrebbe detto ·alleati· e basta.
211 Diod. XIV 102, 1 .
1 44 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
modesto, ma commisurato all'importanza di un'impresa i cui risultati avreb
bero potuto essere per gli Italioti risolutivi212•
Direttamente coinvolta Crotone fu di nuovo nella sconfitta dell'Elleporo.
Il comando supremo in quel caso fu dato ai Crotoniati che scelsero come
stratego l'esule siracusano Eloride e raccolsero le forze degli Elleni di
Italia . La concessione del comando fu dovuta, come dice esplicitamente
Diodoro, al fatto che allora Crotone era una città assai popolosa e racco
glieva il massimo numero di esuli siracusanF13• D'altra parte Dionisio
stava assediando Caulonia, città posta ai confini meridionali del territorio
di Crotone, e quindi Crotone era la città più direttamente interessata a
contrastare l'avanzata del tiranno. Ne deriva che tra i 2 5 . 000 fanti e 2 . 000
cavalieri mobilitati, il grosso doveva essere fornito proprio da Crotone,
sicché quando i superstiti furono soltanto 10.00021\ dobbiamo supporre
che il danno maggiore fu proprio quello subito da Crotone.
In conclusione, al momento della prima guerra italica Crotone si pre
sentava come una città demograficamente forte e quindi militarmente po
tente, e non fa meraviglia che in questo momento si collocano varie emis
sioni monetali con i tipi dell'Hera Lacinia, dell'Herakles che sacrifica, dell'A
pollo e dell'Herakles che strozza i serpenti vale a dire Dionisio I e i Lucani215•
Alla fme della guerra però, la città uscì invece fortemente indebolita sia sul
piano demografico per le perdite subite, sia sul piano economico per le
spese affrontate, sia sul piano territoriale, giacché come vedremo più oltre,
fu proprio alla fme di questa guerra che Dionisio I sottrasse a Crotone il
territorio di Scillezio per assegnarlo a Locri e consegnare così ad una città
alleata il controllo totale della via dell'Istmo la quale correva appunto da
Scillezio ad Hipponid16. Ma non fu questa l'unica conseguenza della scon
fitta. L'alleanza tra le città italiote venne sciolta, poiché con la pace del 389/
8, Dionisio sancì l'autonomia delle città e quindi pose fine ad ogni intesa di
tipo sovracittadino217• Questo è confermato, del resto da Polibio che a
Dionisio e ai barbari fa risalire la fme dell'alleanza tra le città italiote218• La
2 1 2 Sostanzialmente fraintesa la tendenza del racconto diodoreo da Sabattini 1 987-
1 988, 7 ss. : sottolineare le responsabilità turine voleva dire soprattutto assolvere gli as
senti; l'egemonia turina non fu un arbitrio, ma trova, come si è visto, la sua giustificazione
nell'egemonia regina, quando Regio è minacciata, ed in quella crotoniate, quando in
gioco è Caulonia.
2 1 3 Diod. XIV 1 03,4.
2 1 4 Diod. XIV 1 03,6; 105,3.
2 1 5 Stazio 1984 (AGT 1983), 393.
2 16 Strabo VI 1 , 10, 261 . Vd. infra § 1 1 .
2 1 7 Diod. XIV 1 05,4. Per tale interpretazione della pace seguita alla sconfitta dell'Elleporo,
vd. Sordi 1 978, 14; Sabattini 1 987-1 988, 36 ss.
2 1 8 Polyb. II 38,7.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 145
disfatta si completava inoltre con la eliminazione di Caulonia, di Hipponio
ed infine della stessa Regio. Alla fine della guerra, dunque, sopravviveva
no autonome ma indebolite soltanto Crotone e Turi e fu contro di queste
che Dionisio mosse nella successiva guerra italica .
1 1 . Crotone e la seconda guerra italica di Dionisio I
Dionigi di Alicarnasso nel richiamare le vicende passate delle città
italiote alla vigilia della guerra tarentina219, ricordava il primo passaggio
di Dionisio in Italia, la sua alleanza con Locri nemica di Regio, la grande
sconfitta degli Italioti (evidentemente quella dell'Elleporo) e la conquista
successiva di due città italiote . Quindi raccontava di un secondo passag
gio che portò prima allo sgombero di Hipponio e alla conquista di Crotone
e Regio e poi alla loro occupazione da parte del tiranno per dodici anni.
Il periodo successivo fu un periodo di instabilità durante il quale gli
Italioti ora si schierarono con Dionisio contro i barbari, ora fecero l'esatto
contrario.
A questa stessa conquista dionigiana di Crotone allude brevemente
anche Livio220, il quale ricorda la conquista dell'acropoli avvenuta con
uno stratagemma . Questo fa supporre un evento traumatico, giacché
l'acropoli si trovava al centro della città e la conquista non poteva avve
nire se non si era occupata la città stessa e unico baluardo fosse rimasto
l'acropoli.
Livio non dà indizi per datare esattamente questa conquista , ma il
racconto di Dionigi una cronologia la suggerisce: se, infatti, la caduta di
Hipponio è del 388 e quella di Regio del 387, la conquista di Crotone
dovrebbe appartenere all'anno 388/7 e c'è in effetti chi in questo modo
ha datato l'evento in questione221 •
Una tale conclusione suscita però non poche perplessità . I l racconto
della prima guerra italica per gli anni dal 390 al 387 in Diodoro, che
segue di volta in volta Eforo o Timeo222, è abbastanza preciso e dettaglia
to e un evento così importante come la conquista di Crotone non vi trova
assolutamente posto, anche se, come le notizie di Livio e Dionisio confer
mano, l'evento aveva lasciato traccia nella tradizione. D'altra parte la con
quista di Crotone nel 388/7 appare contraddetta da una serie di conside
razioni. Nel racconto della prima guerra italica Trogo, seguendo come
219
D.H. XX 7,2-3.
220
Liv. XXIV 3,8.
221
Sordi 1 978, 1 2 s s .
222
Diod. XIV 1 00-102.
146 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
pare Timeo, considera Crotone attiva e vincente fmo alla successiva alleanza
di Dionisio con i Galli, alleanza che sola gli consente la ripresa vittoriosa
delle ostilità: ma l'alleanza come si è visto appartiene al 387/6223•
Nel 386/5 Diodoro, che in questo caso segue probabilmente Filisto attra
verso Eforo22\ raccontando gli eventi succedutisi tra il 388 ed il 386, riferisce
che Turi e gli Italioti accolsero con grande simpatia Filisto e Leptine esiliati
da Dionisio e conclude il racconto con la fme dell'esilio di questi due perso
naggi: ne deriva quindi, che Turi e Crotone, beneficate da Leptine dopo la
sconfitta di I.aos e quindi grate a lui, esistevano ancora autonome ed indi
pendenti fmo al 386/5 e potevano perciò in tale data permettersi di esprime
re la loro gratitudine ai due siracusani ora in disgrazia presso Dionisio.
Nel 383/2 , quando inizia la seconda guerra italica, Diodoro, che an
che in questo caso segue Eforo e quindi Filisto, ricorda l'alleanza dei
Cartaginesi con gli ItaliotF25 e perciò presuppone ancora l'esistenza e
l'autonomia sia di Turi che di Crotone. È invece solo dopo la fine della
terza guerra con Cartagine, nel 374226, che Dionisio I appare in possesso
del mantello di Alcistene, sottratto al tesoro di Hera Lacinia227: la cosa
presuppone la conquista di Crotone che quindi risulta documentata a
partire dal 374. La conclusione più ovvia è che tale conquista appartenga
alla seconda guerra italica (383/374).
Il racconto diodoreo della seconda guerra italica non ricorda questo
evento: nasce così un problema , ma come ora vedremo non insolubile .
In effetti il racconto della seconda guerra italica così come ci è dato da
Diodoro appare estremamente conciso. La povertà di eventi, che lo ca
ratterizza, può essere spiegata tenendo presente che la fonte è in questa
parte del racconto sempre Eforo, il quale risaliva a Filisto favorevole a
Dionisio I e filoitaliota, pertanto non troppo interessato a sottolineare i
comportamenti del tiranno avversi proprio alle città italiote228• La possibi-
223 Trog.-]ustin. XX 5 , 1 -4. È evidente dal racconto di Giustino la posteriorità dell'alleanza
con i Galli rispetto all'attacco a Crotone. Diversamente, ma in maniera non giustificata dal
succedersi delle due notizie nel testo di Giustino, la Sabattini, 1 987-1 988, 46 s.
224 Diod. XV 7,4. Il racconto, tutto teso da un lato ad assolvere da eventuali colpe
Leptine e Filisto, dall'altro ad eliminare ogni motivazione politica nella decisione di Dionisio
I, deve per forza di cose provenire da una fonte vicina ai due esuli.
225 Diod. XV 1 5,2-3. Cfr. in particolare l'accusa di avere omesso quel che non faceva
onore al tiranno: Paus. I 13,9. Sull'atteggiamento in generale di Filisto verso Dionisio I ,
cfr. inoltre FGrHist 5 5 6 T 13; 16; 2 3 .
226 La cronologia citata è quella difesa d a K.J . Beloch, Grlecbiscbe Gescbicbte, I I I 2,
Berlin-Leipzig 1923, 376 s. Essa risulta dal confronto di Diod. XV 46,2 con 47,7 e Xen.
Hell. VI 2,36; 6.
m Ps. Arist. Mir. 96; Athen. XII 54 1b.
228
Diod. XV 1 5 , 2-3 .
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 147
lità di articolare e precisare il racconto diodoreo tuttavia esiste ed anzi
addirittura si impone . Diodoro dice che si ebbero molti scontri e conti
nue scaramucce, ma dichiara che nella guerra furono impegnate forze
notevoli. Tutto ciò appare in un certo senso contraddittorio. D'altra parte
questo modo di vedere le cose viene smentito dal racconto di Timeo in
Pompeo Trogo-Giustind29, nel quale la ripresa della offensiva italica dopo
il 387/6 segnò un deciso rinvigorimento dell'azione di Dionisio, che ca
povolse allora lo svantaggio iniziale.
Certamente alla seconda guerra italica deve appartenere l'attacco via
mare a Turi di cui ricorda Eliand30; si tratta di un attacco che non trova
posto né nel racconto né nello sviluppo degli eventi della prima guerra
italica ma che per la sua effettuazione presuppone il controllo della Croto
niatide. Nel momento stesso in cui tale evento viene assegnato alla se
conda guerra italica, a questa stessa guerra sembra da assegnare anche la
conquista dionigiana della Crotoniatide.
Sempre alla seconda guerra italica deve, in qualche modo riconnettersi
il tentativo dionigiano di sbarrare l'istmo tra Scillezio ed Hipponio per
interrompere le relazioni, koinonia, tra gli Elleni collocati sui due versan
ti, tentativo fallito per la reazione degli Elleni abitanti a nord dell'Istmd31 .
Questo evento, infatti, presuppone il possesso del territorio di Hipponio,
che il tiranno controllava dal 388 dopo l'annessione dello stesso alla
Locride232, ma presuppone anche la sottrazione di Scillezio a Crotone e
quindi una sconfitta della stessa Crotone, ma non una sconfitta definitiva
come quella cui, come appunto a Crotone nella seconda guerra italica
capitò, seguirono conquista ed occupazione . Se questa sconfitta, infatti,
fosse stata definitiva non si spiegherebbe il fatto che di Scillezio si dice
che venne sottratto a Crotone ed annesso alla Locride né il fatto che gli
Italioti a nord dell'Istmo erano ancora tanto forti da reagire ed impedire
lo sbarramento né il fatto che era proprio l'esistenza di Italioti autonomi
a nord dell'Istmo che spingeva Dionisio nel suo tentativo. Ma c'è di più .
Se Crotone fosse stata già nelle mani del tiranno una reazione vincente
degli Italioti ridotti alla sola Turi sarebbe poco verisimile non solo per la
evidente sproporzione delle forze ma soprattutto perché, in tal caso, la
via per scendere verso l'Istmo sarebbe stata nelle mani di Dionisio. Vi è
poi ancora un'altra considerazione da fare: il tentativo di sbarramento
229
Trog.-Justin. XX 5 .
230
Aelian. V H. XII 61 .
231
Strabo VI 1 , 10, 261 ; Plin. N.H. III 95. Che la reazione provenne dagli Hellenes e
non dai barbari emerge con chiarezza dal dettato straboniano ed è infatti l'opinione
prevalente. Cfr. Sabattini 1986, 45 n. 38.
232
Diod. XIV 107,2.
148 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
ebbe luogo prendendo a pretesto una guerra contro i Lucani che di
nuovo non trova posto durante la prima guerra italica .
Si può allora concludere in questi termini: la perdita di Scillezio da
parte di Crotone fu una delle conseguenze della sconfitta dell'Elleporo
nel 389 e nel racconto filodionigiano di Filisto secondo Eforo, seguito da
Diodoro nel descrivere le condizioni della pace , venne taciuta233; il tenta
to sbarramento dell'Istmo non è posteriore alla totale disfatta di Crotone,
che ebbe luogo durante la seconda guerra italica di Dionisio, conclusasi
nel 374 . Per questo verso, dunque, il tentato sbarramento con quel che
ne segue sembra da collocare tra il 389 e il 374 al più tardi, quando
Crotone ormai occupata non era più in grado di opporsi in alcun modo.
Ma si può ancora precisare . Strabone dice che lo sbarramento venne
tentato prendendo a pretesto una guerra contro i Lucani: dunque almeno
all'inizio una guerra in atto con gli Italioti non c'era . Vanno per ciò tenuti
fuori dal conto tutti gli anni e della prima e della seconda guerra italica.
Gli anni possibili sono dunque quelli che cadono nell'intervallo tra prima
e seconda guerra italica , 387-383. Il periodo posteriore alla conclusione
della seconda guerra, 374-367, anno quest'ultimo della morte di Dionisio,
va escluso per il fatto che in quel momento, come sappiamo e vedremo
meglio tra poco, Crotone era in mano ai Siracusani e un pericolo italiota
sul versante nord del dominio dionigiano né esisteva né poteva concre
tamente esprimersi nell'area dell'Istmo, vale a dire a sud del territorio di
Crotone . Il periodo in cui il tentativo dionigiano può aver avuto luogo si
restringe così agli anni tra il 387 ed il 383.
Questo arco di tempo si può però ancora limitare . Come sappiamo il
tentativo fallì per la pronta reazione degli Italioti a nord dell'Istmo: a
partire da questo momento dunque è la guerra aperta tra questi Italioti e
il tiranno. Come tutto lascia credere siamo intorno al 38Y34.
Ed ora un'ultima osservazione. Nel 379/8 i Cartaginesi allora alleati
degli Italioti rifondarono Hipponiom . Questo vuol dire che in quel mo
mento a Dionisio venne definitivamente sottratto il controllo della via
dell'istmo e cioè che Dionisio era in quel momento sconfitto da parte dei
Cartaginesi e degli Italioti. Ma se il tentativo di sbarramento che presup
pone Hipponio in mano del tiranno è avvenuto poco prima dell'inizio
della seconda guerra italica nel 383 e nel 379/8 Hipponio è saldamente
233 Vd . supra n. 7.
234 In questa ricostruzione dei fatti concordano De Sensi Sestito 1987, 1 16 ss. ; M.
Lombardo, ' La Magna Grecia dalla fine del V secolo a.C. alla conquista romana' , in Ma
gna Grecia. Lo sviluppo politico, sociale ed economico, 2, a cura di G. Pugliese Carratelli,
Milano 1987, 55-88, 65.
235 Diod. XV 24, l .
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 1 49
in mano agli Italioti, la conclusione più logica, a questo punto sarà che il
tentato sbarramento dell'Istmo e la reazione italiota che ne seguì costitu
irono l'inizio della seconda guerra italica e che la prima fase di questa
guerra almeno fino al 379/8, data della riconquista cartaginese-italiota di
Hipponio, fu favorevole agli Italioti. L'offensiva riuscita contro Crotone
ma fallita nel caso di Turi fu evidentemente la mossa con cui il tiranno
ristabilì in qualche modo le sorti della guerra in Italia. Poi venne, con
l'offensiva cartaginese in Sicilia, la partenza del tiranno dall'Italia236.
A questo punto possiamo tornare a Crotone. Noi sappiamo ora che gli
Italioti a settentrione dell'istmo tra Scillezio ed Hipponio, ossia Crotone e
Turi, erano ancora indipendenti ed in grado di reagire al tiranno di Siracusa
tra il 383 ed il 379/8: la caduta di Crotone è dunque posteriore al 379/8.
Stabilito in tal modo che il 379/8 è il terminus post quem per datare la
caduta di Crotone si può ora provare a stabilire anche il termine ante
quem. Dionisio, come concordemente dicono tanto Dionigi quanto Livio,
fu il diretto responsabile della conquista : ma Dionisio nel 375 era impe
gnato in Sicilia contro i Cartaginesi prima vincitore a Kabala e poi scon
fitto a Kronion e nel 374 concludeva la pace237. Era stato quindi disponi
bile per azioni in Italia solo fino al 376 al più tardi: la caduta della città
avvenne dunque tra il 379/8 e il 376. Coerentemente quando nel 374
paga il suo tributo ai Cartaginesi vincitore38, Dionisio dispone dei beni
che ha potuto asportare dal tempio di Hera Lacinia239•
Una tale conclusione obbliga al rifiuto della testimonianza di Dionigi
di Alicarnasso, che tale caduta poneva nel corso della prima guerra italica,
ma la cosa non pone eccessivi problemi. Il breve excursus dionigiano
non brilla certo per eccesso di precisione . Egli attribuisce al primo pas
saggio del tiranno in Italia la battaglia dell'Elleporo e la conquista di due
città , al secondo passaggio la distruzione di Hipponio e la conquista di
Crotone e Regio, e subito dopo pone un periodo di instabilità dominato
da Dionisio e dai barbari. Ma proprio questa successione di eventi è
rimessa in discussione dal racconto di Diodoro ossia da Eforo e Timeo.
La battaglia dell'Elleporo, la distruzione di Caulonia e di Hipponio, l'as
sedio e la presa di Regio appartengono al secondo passaggio e agli avve
nimenti tra il 389 e il 387240; ad un'altra serie di avvenimenti appartengo
no invece le lotte di Dionisio contro i Lucani e di nuovo contro gli Italioti,
vale a dire alla seconda guerra italica, che fin dall'inizio, come ci sembra
236 Trog.-Justin. XX 5 , 10.
m Vd. supra n. 8.
238 Plato Ep. VII 333a.
239 Ps. Arist. Mir. 96; Athen. XII 541b. Per una cronologia più precisa vd. infra § 12.
240 Diod. XIV 103,3-4; 105 , 1 ; 106,3; 107,2-5 ; 108, 1 -3; 109; l l l .
1 50 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
di aver dimostrato, si intreccia alle vicende di una guerra di Dionisio
appunto con i Lucani.
1 2 . L 'occupazione siracusana
Il citato passo di Dionigi parla a proposito di Crotone e di conquista
violenta e di un periodo di occupazione di dodici anni come per Hipponio
e Regio. Proprio questa assimilazione della sorte di Crotone a quella di
queste altre due città consente qualche considerazione.
Nel caso di Caulonia come in quello di Hipponio la conquista dionigiana
significò distruzione della città, e trasferimento della popolazione. Nel
caso di Regio accadde la medesima cosa e Regio fu rifondata solo più
tardi da Dionisio 11241 • Quanto alla popolazione superstite quelli che non
poterono riscattarsi una volta portati a Siracusa, furono venduti come
schiavF42.
Che Crotone abbia subito una sorte analoga nessuna fonte esplicita
mente dice, ma che abbia come impianto cittadino e pubblici edifici subito
gravi danni può essere dedotto dalla ricordata notizia relativa alle offerte
depositate nel tempio di Hera Lacinia passate nelle mani del tiranno e da
ciò che la ricerca archeologica sul sito ci dice243. Il tessuto urbano di Crotone
rivela segni di turbamento per tutto il secondo quarto del quarto secolo,
375-350; intorno alla metà del secolo, la città venne radicalmente riordina
ta e ristrutturata; il riordino avvenne utilizzando materiali provenienti da
edifici pubblici evidentemente smantellati e dismessi durante il periodo in
questione. Distruzioni, dunque, vi furono ed anche piuttosto estese e per
un periodo non certo breve la città ne risentì: segni manifesti e di conqui
sta e di occupazione. Assai significativo è inoltre il fatto che importanti
monumenti ed edifici pubblici hanno in questo periodo subìto gravi ed
irreversibili lesioni: monumenti ed edifici pubblici vogliono dire istituzioni
pubbliche e attività magistratuali che evidentemente in questo periodo
hanno visto gravemente menomata o impedita la loro attività.
L'indagine numismatica, d'altra parte, non contraddice tale conclusio
ne, giacché essa dimostra che la monetazione di Crotone evidenzia un
vacuum dopo gli inizi del IV secolo, vacuum che sembra cessare di
nuovo intorno alla metà dello stesso secolo244; nell'intervallo ha avuto
241 Strabo VI 1 ,7, 258.
24 2 Ps. Arist. Oeconom. II 2,20g, 1 349b17; Diod. XIV 1 1 1 ,4.
243 Vd. R. Spadea, 'Crotone tra IV e III secolo a . C . : precisazioni topografiche', in
Crotone e la sua storia (Atti Seminario), 19-34.
244 Vd. Taliercio Mensitieri 1993.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 151
invece libero corso i l bronzo dionigiano, che solo a partire dalla metà del
secolo viene riconiato e sostituito dalle emissioni cittadine in bronzo. Se
tutto ciò ha un senso significa che Crotone ha perduto la sua indipen
denza politica, la possibilità di batter moneta essendo manifestazione
prima della libertà di una città antica.
Infine la presenza di una guarnigione a Crotone dopo la conquista
deve essere ammessa per un doppio motivo. Continuava ad esistere nel
le vicinanze una città come Turi, che era, come già sappiamo, sfuggita
alla conquista245• Inoltre nei pressi correva il confine del territorio con
trollato dai Lucani, che in quel tempo detenevano tutta l'area della cosid
detta Grande Lucania a partire da Turi e fino allo Stretto, nelle aree
ovviamente non rimaste nelle mani dei Greci e dei Siracusani246. Polibio
e Dionigi di Alicarnasso ci descrivono infatti questa zona come divisa tra
Dionisio I e i barbarF47; Dionisio II, per contro, una volta preso il potere
dovette anche lui condurre una guerra contro i Lucani in difesa dei suoi
alleati nell'area italica248•
Quanto alla esatta durata di questa occupazione le fonti numismatiche
ed archeologiche, come si è visto, sembrano indicare un periodo non
proprio breve. Secondo Dionigi di Alicarnasso l'occupazione da parte di
Dionisio I durò dodici anni, ma la notizia che egli dà, benché in sé non
improbabile, pone qualche problema . Avendo egli allineato la distruzio
ne di Hipponio e la conquista di Crotone e Regio nello stesso periodo e
parlando in generale di un'occupazione di dodici anni ci troviamo di
fronte a due possibili interpretazioni. Come già sappiamo Hipponio e
Regio sono cadute nelle mani del tiranno nel corso della prima guerra
italica, mentre Crotone è invece stata conquistata durante la seconda. I
dodici anni di occupazione potrebbero perciò riferirsi o a tutte queste
città indistintamente o alle sole Hipponio e Regio, cadute nelle mani del
tiranno nel corso della prima guerra, o infine alla sola Crotone, caduta
invece nella seconda guerra . La scelta tra queste alternative richiede dun
que qualche ulteriore considerazione.
Hipponio è stata, come già sappiamo, distrutta nel 388 e Regio è
caduta nel 387 : se riferiti a questi due centri i dodici anni portano più o
meno a datare la fine dell'occupazione negli anni tra il 376 o 375 . In tal
caso la fine dell'occupazione, come si è detto sopra, grosso modo coin-
24' Aelian. VH. XII 6 1 .
246 Ps. Scyl. 1 2 e 14.
247 Polyb. II 38,6 s . ; D.H. XX 7,3. Una penetrazione lucana nell'area tra Turi e Crotone
prima del 356 è presupposta da Strabone VI 1 ,2, 254.
248 Diod. XVI 5 , 1 2 e cfr. Plato Ep. VII 338a-b; III 3 17a. Nuovi scontri attesta Trog.
Justin. XXIII 1 , 10 (prima del 356); XXI 3,3 ss. (dopo il 356).
152 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
ciderebbe con la fine della seconda guerra italica e la cosa potrebbe
trovare un qualche appoggio nel fatto che Hipponio tornò proprio nel
corso di tale guerra indipendente, ma nel 379/8; nel fatto che i Cartaginesi
erano stati durante la seconda guerra italica alleati degli Italioti e che la
guerra era terminata in Sicilia colla vittoria dei Cartaginesi, vittoria di cui
anche gli Italioti possono perciò aver beneficiato.
Una tale conclusione tuttavia urta almeno per Regio e per Caulonia
contro la constatazione che le due città appaiono, come vedremo tra
poco, ancora nelle mani di Dionisio II rispettivamente nel 351 e nel 356,
coerentemente colla circostanza che egli conserva dopo il 367 i domini
paterni in Italia . L'unica città ad aver ripreso la sua indipendenza nel
corso della seconda guerra italica, allo stato dei fatti, non resterebbe che
Hipponio.
Quanto alla conquista di Crotone, essa, come si è visto, appartiene
alla seconda guerra italica e al periodo tra il 379/8 ed il 376; perciò i
dodici anni, se riferiti a Crotone, non potrebbero che essere gli ultimi
dodici anni della dynasteia di Dionisio I vale a dire il periodo dal 367,
anno della morte del tiranno, alla data della conquista di Crotone, da
porre pertanto nel 378249•
Quale che sia la soluzione prescelta su questo punto, tutto lascia in
ogni caso credere che occupazione vi è stata e piena fino al 367, e poco
accettabile risulta anche la possibilità che l'egemonia siracusana sia ces
sata dopo la morte di Dionisio I. Una perdurante occupazione da parte
siracusana si può dimostrare per Regio dove una guarnigione di Dionisio
II aveva stanza anche dopo la parziale rifondazione250; per Caulonia che
appare ancora nel 356 controllata da Dionisio II251 e va in generale am
messa per i domini siracusani in Italia se si dice esplicitamente in una
fonte autorevole come la VII Epistola platonica che Dionisio II aveva
ereditato la signoria dell'Italia oltre che della Sicilia e a parlare così è
addirittura Dione, allora collaboratore di Dionisio II252•
Della posizione di Crotone in questo preciso momento nessuna fonte
esplicitamente parla ma si può osservare come proprio la tradizione sui
viaggi di Platone in Occidente alla ricerca tra l'altro delle fonti del pitago
rismo, prevede solo due tappe: Taranto e Locri253. Nello stesso periodo è
attestato di nuovo un koinon degli Italioti con centro Taranto; Archita ne
249 Il 379/8 è la data preferita dai più proprio per il motivo ora citato; cfr. Sabattini
1986, 42 n. 34.
250 Diod. XVI 1 1 ,3 .
25 1 Diod. XVI 1 1 ,3.
252 Plato Ep. VII 335c-d.
253 Jam. VP. 266.
Crotone e la sua storia dalle origini alt 'età romana 1 53
fu lo stratego254. Italioti ne sono definiti i membri, ma si precisa che si
tratta di un'alleanza tra i Tarantini e gli Elleni circostanti o, come dice
Strabone in riferimento ad Eraclea, degli Elleni del posto. Conseguente
mente alla base del nuovo koinon c'è un organo rappresentativo come
nella più antica unione achea, un synedrion-synodos55• Quanto ne sap
piamo non consente di allargare eccessivamente la cerchia degli aderen
ti. Certo ne facevano parte Taranto ed Eraclea; probabilmente ne faceva
parte Metaponto, in questo periodo strettamente connessa a Taranto256;
forse, se la liberazione di Turi dal dominio lucano ad opera di Taranto va
riferita all'epoca di Archita, ne faceva parte anche Turi, benché notizia
esplicita di una sua partecipazione prima dell'epoca di Alessandro il
Molosso non se ne abbia257.
Che ne facesse parte anche Crotone non viene detto né ci sono elemen
ti per dirlo. Resta in ogni caso fuori discussione il fatto che l'antica culla del
pitagorismo appare in questa età di Archita e di Dionisio II decisamente in
ombra: la ristrutturazione che avviene in questo momento a spese del
passato monumentale della città non è quindi altro che l'altra faccia di
questa perdurante eclissi politica, economica e culturale della città.
Resta il fatto che la nuova lega italiota è egemonizzata da Taranto.
Essa prevede uno stratego con pieni poteri eletto congiuntamente da
Tarantini ed ltalioti: esalta dunque il ruolo di Taranto contrapponendolo
a quello degli altri Italioti insieme considerati ed esalta nel contempo e i
poteri dello stratego comune , che è esplicitamente autokrator, dotato
cioè di pieni poteri, e la sua personalità, giacché deve essere scelto con
giuntamente da Tarantini ed Italioti e deve quindi riscuotere la stima di
entrambi. Non solo dunque l'esperienza delle vecchie leghe achea ed
italiota viene abbandonata ma il superamento appare ora orientato piut
tosto su modelli siracusani e di tipo 'tirannico' che su modelli repubblica
ni. Archita lo stratego della lega viene infatti significativamente ricordato
come l'uomo delle ripetute strategie anche a dispetto delle norme che le
vietano258. Coerentemente Polibio nel tracciare la storia della lega achea
d'Italia la vede continuata nella posteriore lega distrutta da Dionisio e dai
Lucani, ma non ne vede traccia più oltre259•
m Suid. s.v. 'Apxu'taç.
255 Strabo VI 3,4, 280; Suid. /.c.
256 Val . Max. IV l ext. l; Jam. V.P 189-194 Neanthes, FGrHist 84 F 3 1 .
=
257 Strabo VI 3,4, 280. Ad una liberazione d i Turi da i Lucani a d opera dei Tarantini che
potrebbe riferirsi al venir meno del predominio lucano conseguito alla vittoria di Dionisio
I sugli Italioti (Polyb. II 39,6-7; D.H. XX 7,3), fa riferimento Strabone (VI 1 , 13, 263). Cfr.
De Sensi Sestito 1987, 1 16.
2ss D.L. VIII 70.
zw Polyb. II 39,7.
1 54 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
In altri termini l'egemonia politica e culturale di Siracusa e di Taranto
ad essa alleata è inversamente proporzionale all'eclissi di Crotone e degli
altri centri che contro la Siracusa dei tiranni si erano battuti.
1 3 . La spedizione di Diane e la rivolta dei Brettii
Certamente Crotone se non era divenuta pienamente padrona di sé
nel 367, lo divenne quando nel 356 cadde la dynasteia di Dionisio II.
Tutte le fonti infatti dicono che la spedizione di Dione mise in quell'anno
fine al suo potere260. Dionisio II passò esule a Locri dove rimase fino al
346 in una posizione non certamente di forza. Da un lato, infatti, preme
vano i Lucani, che avevano dovuto scontare la rivolta dei Brettii di cui
Locri e il suo territorio aveva fatto certamente le spese261• Dall'altro lato
poi il tiranno continua a tenere l'occhio rivolto alla Sicilia, per tornare a
Siracusa non appena la situazione glielo avesse consentito: si sa infatti
che egli continuò a prender parte agli scontri politici e militari che si
verificavano nell'isola262 e nel 346 tornò effettivamente a Siracusa263•
Il problema più spinoso che la piena indipendenza di Crotone nel 356
poneva era la ripresa del controllo del suo antico territorio. La soluzione
del problema richiedeva ora un regolamento dei rapporti con la nuova
realtà dei Brettii, che aveva messo in crisi la Grande Lucania ed aveva
ricacciato i Lucani nelle loro sedi storiche. Un periodo di crisi si era così
aperto. I Brettii definirono i confini con i Lucani con le armi e poi con una
pace a condizioni di parità264. Il controllo della via del Crati passava ai
Brettii e Pandosia era nell'età del Molosso al confine tra territorio lucano e
territorio brettio265. Nell'area tra il Neto e il Crati, Sibari sul Traente veniva
conquistata e lo stesso territorio di Turi era interessato dall'avanzata dei
BrettiF66. Crotone non poté non risentire di tutti questi avvenimenti.
Per intendere a pieno la natura dei problemi che ora si pongono occor
re riflettere al fatto che l'economia dei Brettii era in primo luogo un'econo
mia pastorale267• La pastorizia tuttavia, sulle alture della Sila o dell'Aspromonte
260 Diod. XVI 9 , 1 -2; Plut. Timo/. 3,3; 13,9. Per la coeva caduta dell'impero creato da
Dionisio l: Diod. XVI 5,4; 8, 1-2; 70,2; Plut. Dio 7,6.
261
Clearchos fr. 47 W. ; Diod. XVI 18, 1 ; Strabo VI 1 ,7, 259; Aelian. V.H. IX 8; XII 47;
Trog.-Justin. XXI 2,9 ss. ; 3,3 ss.
262 Plut. Dio 48,7; 49, 1 ; Timo/. 1 1 ,6; Comp. Timo/. - Pau/. Aemil. 2,2-6.
263 Plut. Timo/. 1 ,3 .
264 Trog.-Justin. XXI I I 1 , 5-6 e 1 3 .
26' Liv. VIII 24, 5 .
266 Diod. XVI 1 5 , 2 . Cfr. Diod. XII 22.
267 Strabo VI 1 ,4, 255; Trog.-Justin. XXIII 1 ,8 e 1 2 .
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 155
non poteva essere praticata se non nella buona stagione. Durante l'inver
no le greggi e le mandrie dovevano passare in zone pianeggianti dal clima
e dalla vegetazione più accessibili268. Le zone pianeggianti verso cui que
sto movimento di bestiame e pastori si realizzava erano due. Da un lato le
zone piane tra Esaro, Neto, Crati e Sybaris, quelle che il IV e V Idillio di
Teocrito descrivono come interessate da movimenti di pastori e che Filottete
in quanto eroe cacciatore e pastore aveva prediletto. In quest'area la pene
trazione lucana prima che brettia è attestata da un frammento di Filisto,
che nella prima metà del IV secolo vi mostra insediati dei Sanniti, e da un
passo di Strabone che indica in Petelia un'antica metropoli dei Lucani269.
Dall'altro un'altra area verso cui il bestiame poteva dirigersi d'inverno era
l'area intorno al Lacinio, nella parte meridionale del Marchesato. L'area era
connotata in senso pastorale dal culto stesso di Hera Lacinia270 e il tipo di
occupazione che a partire dal IV secolo le ricerche del Carter ipotizzano271 ,
lasciano bene intravedere la possibilità della integrazione dell'economia di
quest'area con una economia di tipo pastorale. Infine ulteriore sbocco per
la pastorizia montana del Bruzio era la piana di Lamezia, che Licofrone
considera essere stata lucana prima che brettia272•
Che i Brettii si siano mossi secondo direttive di questo tipo appare
evidente dalla tradizione. La rivolta trova un primo sbocco sul Tirreno
nella piana di Lamezia con la conquista di Terina ed Hipponio273• Nel
l'area tra il Neto ed il Crati, Petelia (Strongoli) diventa brettia274, Sibari sul
Traente viene conquistata275 e Turi stessa viene attaccata276• Nell'area me
ridionale jonica una precoce penetrazione sannitica è attestata per l'epo
ca di Dionisio I da Filisto, tra Scillezio e Crotone, a Mystia e subito dopo
è il territorio di Locri a subire la pressione brettia e a dover affrontare
dure lotte contro questi eredi dei Lucani277•
Crotone viene a trovarsi al centro di tutto questo sovvertimento, ma
non pare sia stata direttamente coinvolta . Ci si può chiedere se questo
268
A.]. Toynbee, L 'eredità di Annibale. Le conseguenze della guerra annibalica nella vita
romana, 2 ('Roma e il Mediterraneo dopo Annibale'), Torino 1983 [tr. it.], 330 n. 16; 710.
269
Strabo VI 1 , 2 , 254.
270
Liv. XXXIV 3,4-6. Per il Marchesato cfr. n. 9.
271
Vd. ] . C . Carter, C. D'Annibale, 'Ricognizioni topografiche 1983-1986', in Crotone e
la sua storia (Atti Seminario), 93-99.
272 Lyc. Alex. 1086.
273 Diod. XVI 1 5 , 2 .
274
Polyb. VII 1 ,3; Liv. XXI I I 20, 5-8; 30, 1-4; Appian. Hannib. VII 29.
27' Diod. XII 22.
276 Diod. XV1 1 5 , 2 .
277 Philist . , FGrHist 5 5 6 F 4 1 ; s u Mystia a sud d i Scillezio cfr. Mela Il 95; a nord d i
Caulonia l a colloca invece Plin. N.H. I I I 95. Per l a pressione sulla Locride: Trog.-Justin.
XXIII l , 10; XXI 3,3 s.
1 56 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
voglia dire che non fu effettivamente coinvolta. L'area a nord della città
tra il Neto e il Crati era da tempo come si è visto sfuggita al controllo di
Crotone e passata nelle mani degli ltalici. L'area del Lacinio era un'area a
vocazione boschivo-pastorale nel cui statuto mitico l'indigeno poteva
ricevere buona accoglienza se si fosse dimostrato rispettoso della altrui
proprietà privata: Lakinios, suocero di Croton che aveva tentato di ruba
re la mandria di Herakles era stato giustamente ucciso, ma suo genero
Croton che invece non aveva approvato il comportamento del suocero,
aveva avuto da Herakles sepoltura e promessa di futuri onori, una volta
fondata la colonia278• D'altra parte il tempio era stato, come dice Livio,
sanctum omnibus circa populis e durante la guerra annibalica gli Italici
che non volevano seguire Annibale vi si erano rifugiati in cerca di asi
lo279. Vi sono dunque elementi per ammettere che la mancata menzione
di Crotone tra gli avversari dei Brettii possa essere il portato di un'inte
grazione tra la loro economia pastorale e il territorio di e intorno a Crotone,
già in atto durante il periodo lucano. L'integrazione tra l'economia brettia
e quella crotoniate è una realtà, del resto, che la documentazione lettera
ria, epigrafica, archeologica e numismatica per il periodo successivo am
piamente, come più avanti meglio vedremo, conferma : per ora basterà
ricordare che se a partire dalla metà circa del quarto secolo la monetazione
in bronzo prima di Poseidonia e più tardi delle città brettie si articolerà
intorno ad un valore massimo di gr. 1 3- 1 5 , il nominale corrispondente
viene emesso da Crotone proprio in questo periodo280.
14. Dall'età di Timoleonte a quella di Alessandro il Molosso
La situazione che si viene a determinare nel mondo lucano dopo il
356 registra, come si è visto, la scissione tra l'area brettia, a sud di Laos e
di Turi, centrata su Cosenza, e l'area da Laos a Poseidonia da un lato, a
Turi e Metaponto dall'altro, centrata sul potentino, che costituisce la Pic
cola Lucania281 • L'interesse preminente dei Lucani sembra ora rivolto ver
so oriente e, infatti, dal 346 in poi le fonti segnalano scontri continui dei
Tarantini con i Lucani e i Messapi282. Contro costoro tra il 340 e il 338
opera lo spartano Archidamo283•
278 Diod. IV 24,7; Jam. V.P. 50; Scbol. in 1beocr. IV 33; Tz. ad Lyc. Al. 1 106.
279 Liv. XXIV 3,3; XXX 20,6.
21!0 Vd. Taliercio Mensitieri 1993, 1 1 1 ss.
28 1 Strabo V1 1 , 5 , 256; 1 , 1 , 252-253.
282 Diod. XVI 61 ,4; Strabo V1 3,4, 280.
283 Diod. XVI 62,4; 63, 1-2.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 57
Le città che gravitano invece nell'orbita brettia sembrano piuttosto
orientarsi verso Siracusa . Locri nel 344 rifiuta l'invito tarantino in favore
dei familiari di Dionisio II, rompendo con Taranto e schierandosi con gli
avversari siracusani del tiranno284• Nel 346 Timoleonte, che viene in Sici
lia a combattere contro Dionisio II, trova l'appoggio determinante di
Regio285, mentre nel 344 Turi accetta la protezione delle truppe corinzie
che attendono la buona stagione per poter passare in Sicilia presso Timo
leonte286. Parallelamente l'italico Mamerco, avversario in Sicilia di Timoleon
te ed erede della tradizione laconizzante ostile al lusso ed ai CorinzF87,
pensa ad un'alleanza antitimoleontea con i Lucani .
Quale sia stato l'atteggiamento di Crotone in questo periodo le fonti
scritte non dicono, ma qualcosa si può comunque intuire. Due sono gli
elementi significativi. Da un lato le scelte di Crotone nel periodo postimo
leonteo sono, come vedremo tra poco, antitarantine e filosiracusane;
dall'altro lato le emissioni monetarie di Crotone in epoca post-timoleontea
si avvalgono degli apporti di stateri corinzi o di tipo corinzio che arriva
no in buon numero nella città288• Tutto ciò significa che Crotone si è
inserita nel flusso del commercio in valuta corinzia proveniente dalla
Sicilia e dall'Ellade. Questo significa una Crotone in buoni rapporti di
interessi con Siracusa : la città è in grado ora di sfruttare in rapporto a
questo flusso commerciale sia le risorse del territorio che quelle del por
to, ineliminabile punto di approdo, come Polibio sottolinea289, per chi
muovesse dalla Sicilia verso la Grecia e per chi seguisse la rotta opposta .
Negli anni tra il 334 e il 331 ha luogo la spedizione di Alessandro il
Molosso, re dell'Epiro e zio di Alessandro Magno. In questo contesto si
realizza la frattura tra Turi e Taranto290• Alessandro il Molosso, infatti,
viene in urto con Taranto e per reazione trasferisce la sede delle riunioni
del koinon italiota finora dominato da Taranto, da Eraclea nel territorio
di Turi. Parallelamente la sua azione che in origine era stata diretta con
tro i nemici naturali di Taranto, ossia contro gli Apuli, i Messapi e i
284 Strabo VI 1 ,8, 254.
285
Diod. XVI 66,6; 68,5-7; Plut. Timo/. 10; 17,2.
286 Plut. Timo/. 16,4; 19,2.
28 7 Plut. Timo/. 31. Su questo personaggio vd. Mele 1991 , 289; P. Poccetti, 'Le popola
zioni anelleniche d'Italia tra Sicilia e Magna Grecia nel IV secolo a. C . : forme di contatto
linguistico e di interazione culturale', in Tra Sicilia e Magna Grecia, 97- 1 35 , particolar
mente 1 1 7 ss.
2llR Sul carattere pitagorizzante delle prese di posizione di Mamerco cfr. A. Mele, 'Il
Pitagorismo e le popolazioni panelleniche d'Italia', ora in questo volume; su quello laconiz
zante cfr. in particolare Plut. Timo/. 32,2-4; Mor. 190e-f; 191b; 2 1 5d-e; 2 1 8d; 221f; 229d.
289 Polyb. X l .
290 Strabo VI 3,3, 280.
1 58 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Lucani, si rivolge ora anche contro i Brettii e nel prosieguo delle opera
zioni prima conquista Pandosia, Cosenza e Terina, quindi, pervenuto sul
Tirreno, passa via mare a Paestum e nei suoi pressi batte sia i Lucani che
i SannitF91 • La sua avventura si conclude poi nel 331 quando nei pressi di
Pandosia, ossia poco a nord di Cosenza, egli viene ucciso da un esule
lucano che aveva accolto nelle sue file e il suo esercito viene distrutto da
Lucani e BrettW92•
L'atteggiamento delle altre città del Bruzio in questo contesto può
essere in vario modo ricostruito. Le emissioni monetali dichiarano l'ap
poggio di Locri al sovrano epirota293; la dedica che Lyko di Regio fa della
sua opera allo stesso sovrano denuncia l'ampiezza dei legami che egli
dovette stabilire anche con la città dello Stretto294. Quanto a Crotone ci
sono anche per essa prove di attivo coinvolgimento. Una vecchia scoper
ta archeologica, purtroppo oggi non più verificabile, attesterebbe che la
città è stata la zecca del Molosso per quanto attiene le emissioni moneta
rie in bronzo295. La reazione dei Brettii dopo il fallimento dell'impresa del
Molosso dà ulteriore conferma di questo atteggiamento: abbiamo infatti
notizia per la prima volta di un assedio dei Brettii a Crotone proprio negli
anni successivi al 331296. Anche l'atteggiamento di Alessandro Magno,
nipote come sappiamo del Molosso, il quale dopo la vittoria sui Persiani
invia proprio a Crotone una parte del bottino in omaggio all'antico
coinvolgimento di Crotone nella guerra contro Serse297, conferma questo
legame di Crotone con il Molosso e fa da contraltare ai timori che invece
muovono i Lucani e i Brettii ad offrire un omaggio ad Alessandro Magno
nel 323 onde prevenire un attacco dello stesso sovrano alle loro terre298.
Un regime oligarchico appare nell'età dell'assedio brettio a Crotone al
potere nella città: questo infatti si deve dedurre dal fatto che a salvare la
città interviene l'oligarchia allora al potere a Siracusa299• Già si è detto del
coinvolgimento di Crotone nelle relazioni di commercio che tra l'età
timoleontea e quella di Agatocle si intrecciano tra l'Ellade e la Sicilia, di
cui l'arrivo di monete corinzie e di tipo corinzio nell'area e successiva
mente le emissioni di pegasi da parte di città della Brettia, e greche e
29 1
Liv. VIII 17,9; 24,4 ss. ; Trog.-Justin. XII 2 .
292
Liv. VIII 24, 16; Strabo V I 1 , 5, 256; Trog.-Justin. XII 2.
293 C.M. Kraay, Archaic and Classica/ Greek Coins, London 1 976, 197.
294 Lyc . , FGrHist 570 FF la e 2 (con Komm. ad /oc.). Cfr. G. Arnioni, 'Lico di Reggio e
l'Alessandra di Licofrone', Athenaeum LX, 1982, 452-460, particolarmente 452 n. 3.
295 Vd. Taliercio Mensitieri 1 993, 1 1 1 ss.
296 Diod. XIX 3, 3.
297 Plut. Alex. 34,2 .
298 Arrian. Anab. VII 1 5,4.
299 Diod . XIX 4, 1-2; 10,2-4.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 59
brettie, sono espressione. Crotone è interessata dall'arrivo di queste mo
nete: ne derivano alcune conseguenze . Si deve innanzitutto pensare ad
una ripresa degli introiti e delle attività legati allo sfruttamento del porto.
Ma l'arrivo di moneta corinzia nel territorio di Crotone, in particolare poi
in un periodo tra il 330 e il 326 che vede il resto del mondo greco
metropolitano afflitto da una grave carestia300 , lascia supporre che anche
le risorse cerealicole dell'Italia achea sono state sollecitate dal commer
cio metropolitano. In tale contesto una ripresa dell'oligarchia non stupi
sce, mentre appare evidente il perché della rottura con Taranto, dove in
questi anni un regime democratico radicale sembra prevalere301 .
1 5 . Crotone ed Agatocle
In occasione dell'assedio brettio Crotone come sappiamo si era rivolta
agli oligarchici siracusani egemonizzati da Eraclide e Sosistrato e respon
sabile di questa scelta dovevano essere stati gli oligarchici di Crotone
evidentemente in quel momento al potere. Proprio in occasione di que
sta spedizione siracusana in aiuto di Crotone si ebbe il primo rapporto di
Agatocle con Crotone , perché il siracusano partecipò alla liberazione di
Crotone ed anzi, nelle funzioni di chiliarca, si comportò in quell'occasio
ne assai valorosamente . Per il momento però non vi fu altro. Quando
però, venuto Agatocle in urto con l'oligarchia, il futuro tiranno di Siracusa
finì esiliato, egli tornò ad operare in Magna Grecia, ma per suo conto e
tentò anzi di occupare, senza riuscirvi, la stessa Crotone302• Evidentemen
te a Crotone, il regime oligarchico continuava a sussistere ed Agatocle
non era persona gradita.
Nel 3 1 7 l'oligarchia siracusana venne definitivamente abbattuta e con
tale evento la stessa oligarchia di Crotone si trovò privata del suo punto
di appoggio. Non meraviglia allora che in quella circostanza gli oligarchici
di Crotone vennero espulsi, mentre il potere nella città fu preso da Parone
e Menedemo, strateghi della sopravvenuta democrazia . In questo conte
sto abbiamo notizia di una pace con i Brettii, mentre nella moneta bronzea
di Crotone riappare il simbolo del granchio, che aveva proprio in quegli
anni assunta una caratterizzazione brettia303. Evidentemente il regime
democratico come era favorevole al democratico Agatocle così era favo
revole ai Brettii. Contemporaneamente i Brettii non appaiono attivi nella
300 Garraffo 1 984, 1 57.
30 1 Garraffo 1 984, 1 58. Cfr. Strabo VI 3,4, 280.
302 Diod. XIX 3,3 s . ; 4, 1 .
303 Diod. XIX 10,3-4. Per la moneta enea di Crotone vd. Taliercio Mensitieri 1993, 1 1 1 ss.
1 60 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
coalizione che tra il 326 e il 324 si intravede, nel corso della seconda
guerra sannitica, tra Sanniti, Lucani e Tarantini: la scelta filobrettia e filoaga
toclea di Crotone ha quindi ancora l'aria di essere anche antitarantina. A
spiegare questo insieme di rapporti di nuovo bisogna richiamare quei
legami economici e politici tra la Siracusa di Agatocle e il Bruzio, testimo
niata tra 3 1 2 e il 300 dalla coniazione di pegasi di Locri, Medma, Hipponio,
Terina e Regio, dall'allineamento ponderale e dai richiami nei tipi e nei
simboli monetali304, fenomeno assai vistoso a Crotone dove, nell'intento
programmatico di una piena integrazione, tale allineamento perviene
anche all'abbandono della tradizionale suddivisione achea dello statere
per tre e non per due, come invece ora si verifica305• L'ostilità di Taranto
a tutto questo è esplicitamente sottolineata dall'indirizzo antiagatocleo
che hanno le due spedizioni da Taranto volute o appoggiate di Acrotato
nel 3 1 5306 e Cleonimo nel 303307• Ma questa situazione di ostilità tra Agatocle
e Taranto, stando alla testimonianza di Strabone, venne però meno pro
prio dopo la spedizione di Cleonimo, conclusasi con la rottura tra Taran
to e lo Spartano308• Tenuto conto del fatto che il tiranno siracusano morì
nel 289, questa alleanza va posta tra il 302, conclusione dell'impresa di
Cleonimo, e il 290. La testimonianza straboniana è stata però anche di
recente revocata in dubbio e l'alleanza tra Taranto e Agatocle è stata
prima identificata con un precedente arruolamento dell'esule Agatocle da
parte della città e poi collocata nell'intervallo tra le spedizioni del Molosso
e di Cleonimo309• Prima dunque di accettare la lettera della testimonianza
straboniana occorre spendere qualche altra parola sull'argomento.
In verità non sembra del tutto ovvio identificare l'Agatocle esule, che
con pochi compagni si rifugia a Taranto, viene arruolato tra i mercenari
e, caduto per le sue molteplici iniziative in sospetto presso il governo
locale, viene licenziato, coll'Agatocle chiamato da Taranto contro Messapi
304Taliercio Mensitieri 1989, 43.
305
Taliercio Mensitieri 1989, 4 1 ss. Vd. inoltre quanto detto da A. Stazio, 'La monetazione
argentea di Crotone nel IV-III sec. a.C.', in Crotone e la sua storia (Atti Seminario), 1 03-
1 09, e dalla stessa Taliercio Mensitieri 1 993, 1 1 1 ss.
306 Diod. XIX 70,4 ss. ; 7 1 ,6.
307 Diod. XX 1 04,4-105, 1 .
301! Strabo VI 3,3, 280.
309 Diod. XIX 3. In questo senso, muovendo appunto dal passo diodoreo ora citato, si
è orientato R. Vattuone, 'Linee della politica di Agatocle in Magna Grecia' , RSA XVII
XVIII, 1 987-1988, 55-72, ma in particolare 70 n. 6 1 . A questo lavoro si può far riferimento
per l'insieme della bibliografia sulla politica di Agatocle in Italia. Una sintesi lucida ed
aggiornata si rinviene inoltre presso S.N. Consolo Langher, 'La Sicilia dalla scomparsa di
Timoleonte alla morte di Agatocle. La introduzione della basi/eia ', in La Sicilia antica,
11,2, 291 -342, 3 1 6 ss.
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 161
e Lucani e messo alla pari con sovrani e strateghi comandanti di appositi
corpi di spedizione della levatura e del peso di Alessandro il Molosso, di
Archidamo e di Cleonimo ed infine di Pirro.
D'altra parte la situazione tra il 302 ed il 290 giustifica bene l'avvicina
mento di Taranto ad Agatocle . Vari indizi dicono che il prestigio di Taran
to era in quel momento assai debole . I Sanniti erano stati sconfitti e
Roma , che già nel 303 sosteneva i Lucani310 e i Peuceti contro Cleonimo31 1 ,
aiutava nel 302 i Sallentini contro lo stesso Cleonimo, ora in rotta con
Taranto312. Non meraviglia in queste circostanze il fatto che Strabone
ricordi Agatocle tra i condottieri chiamati da Taranto contro Messapi e
Lucani. Né mancano conferme dei risultati ottenuti grazie all'intervento
di Agatocle . Nel 296 Diodoro, come vedremo meglio tra poco, segnala
l'alleanza di Agatocle con i barbari confinanti con Crotone oltre che con
Peuceti e Japigi313: orbene nel 296 e nel 290 i Lucani si ribellano all'alleanza
con Roma , di nuovo ora in rotta con i Sanniti31\ mentre nel 297 e poi nel
294 gli Apuli appaiono accanto ai Sanniti contro i Romani315•
Non si può, infine, pensare che la politica adriatica del siracusano,
che lo vide a partire dal 300 circa intervenire a Corcira, ossia proprio
nell'isola la cui conquista da parte di Cleonimo aveva determinato la
rottura tra quest'ultimo e Taranto, possa essere stata dal tiranno attuata
senza il consenso di Taranto: l'alleanza con Taranto deve dunque appar
tenere a questo periodo. Del resto il tiranno conservò il possesso diretto
di Corcira fino al 295 , quando grazie al matrimonio della figlia Lanassa
con Pirro l'isola passò in dote alla figlia e quindi finì sotto il controllo del
sovrano dell'Epiro316• Ma il possesso di Corcira da parte di Pirro era cosa
gradita a Taranto, la quale aiutò nel 291 Pirro a riconquistarla, prima che
il sovrano venisse poi in Italia ad aiutare Taranto stessa317.
A tutto ciò non può ragionevolmente opporsi il sostegno dato da
Agatocle alla pirateria di Peuceti e Japigi negli anni della conquista di
Crotone e della concessione di Corcira a Pirro318: tale appoggio concesso
nel momento in cui il tiranno ha interessi in quest'isola che traeva la sua
prosperità dai traffici tra Taranto e la Grecia evidentemente non può
essere interpretato come dettato dalla volontà di danneggiare ogni gene-
3 10 Diod. XIX 1 04, 1 .
31 1 Ps. Arist. Mir. 78.
3 12 Liv. X 2, 1-3.
313 Diod. XXI 4; Ps. Arist. Mir. 1 10.
3 14 Liv. X 18,8; Auct. De vir. ili. 33,4.
315 Liv. X 1 5, 1 5 ; 35-37 , 1 5 .
3 16 Diod. XXI 4; Plut. Pyrrh . 9; Appian. Samn. 1 1 .
317 Paus. I 1 2 , 1 .
318 Diod. XXI 4.
162 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
re di traffico nell'area ma come una precisa scelta politica ai danni dei
suoi avversari, mentre manca ogni prova che secondo gli intenti del
tiranno ad essere danneggiata doveva essere Taranto.
In realtà la politica di quegli anni ebbe risvolti negativi ma non è in
relazione a Taranto che essi si evidenziano. Come si è visto l'alleanza dei
Brettii e di Crotone con Agatocle si era sviluppata nell'ambito della co
mune ostilità a Taranto: ora che l'ostilità per quanto riguardava Agatocle
veniva meno e le relazioni tra l'area crotoniate e brettia con l'Adriatico e
con la Grecia erano sottoposte al preventivo filtro di Agatocle e dei suoi
nuovi alleati, si ebbero reazioni sul versante brettio e crotoniate. Quando
Agatocle si era impegnato verso Corcira aveva sentito il bisogno di la
sciare una guarnigione nella Brettia sotto il comando del figlio; durante
la sua assenza vi erano state difficoltà nei pagamenti e disordini tra le
truppe tirreniche e liguri, per cui quando Agatocle tornò fece uccidere
tutti i ribelli. Queste punizioni provocarono la reazione dei Brettii; il
tiranno assalì la città di Ethai, ma i Brettii lo attaccarono di notte con
notevoli forze e lo costrinsero a tornare a Siracusa, dopo aver perduto
ben quattromila uomini: siamo intorno al 299/8319•
Subito dopo, intorno al 295 la moneta agatoclea abbandonò lo standard
corinzio che era stato fatto proprio anche dalle città brettie, come Hipponio
e Terina320 e che aveva cementato come sappiamo il rapporto con Crotone:
nello stesso periodo e in rapida successione si ebbero la rottura con
Crotone e quella definitiva con i Brettii.
La prima mossa , intorno al 296 ed alla vigilia delle nozze della figlia
Lanassa con Pirro, fu contro Crotone. Agatocle avanzò con una grande
flotta da Siracusa; Menedemo, il vecchio stratego democratico di Crotone
ora diventato tiranno della città e fino a questo momento amico dello
stesso Agatocle, ne fu immediatamente allarmato; Agatocle si premurò di
rassicurarlo, dichiarando che la flotta accompagnava la figlia Lanassa per
il matrimonio con Pirro, ma quando la flotta arrivò a Crotone, egli pose
l'assedio alla città, la prese con la forza , mise a morte gli uomini e sac
cheggiò la città, !asciandovi al momento di ritirarsi una guarnigione321 •
L'opera venne completata da un'alleanza con i barbari confinanti, che a
questo punto non possono che essere i Lucani322, e inoltre con i P eu ceti
e gli Japigi ai quali fornì navi perché esercitassero per suo conto la pirateria,
evidentemente ai danni dei suoi avversari e nelle acque di loro pertinen
za, vale a dire nell'Adriatico e nello Jonio.
319
Diod. XXI 3 .
320
Vd. Taliercio Mensitieri 1993, 1 1 1 ss.
321
Diod. XXI 4.
322
Diod. XXII 4. Cfr. Mazzarino PSC 2, 267.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 163
Subito dopo nel 294 circa vi fu una grande spedizione contro i Brettii
sugli sviluppi della quale abbiamo solo un estratto dal XXI libro della
Biblioteca Storica di Diodoro e il sunto assai ridotto che del racconto di
Pompeo Trogo danno rispettivamente il prologo del libro XXIII delle sue
Storie Filippiche e l'Epitome di Giustino323• Facendosi forte di richieste di
aiuto provenienti dai suoi alleati italici, Agatocle preparò una flotta ed un
esercito; fingendo di voler trattare, accolse gli ambasciatori brettii subito
accorsi per cercare di evitare l'attacco, ma contemporaneamente fece
passare le sue truppe in Italia evitando ogni opposizione. Successiva
mente attaccò e prese Hipponio, principale punto di appoggio dei Brettii
per il controllo della piana lametina . I Brettii sorpresi e battuti chiesero la
pace, che venne concessa a patto che Hipponio restasse ai Siracusani e
fossero consegnati ostaggi. Il tiranno aveva intenzione di fare di Hipponio
una sua base nel Tirreno e, come ci dice questa volta Strabone324, vi
costruì anche un porto. Dopo qualche anno però il tiranno malato si
ritirò in patria lasciando sul posto una guarnigione e gli ostaggi ricevuti325.
I riflessi di questi interventi di Agatocle nell'area sono abbastanza
rilevanti e sono i già ricordati comportamenti antiromani degli Apuli nel
297 e nel 294 : Apuli sono nell'ottica romana i Dauni ed i Peuceti, alleati
questi ultimi, come sappiamo, di Agatocle. Nello stesso ordine di idee si
collocano i già citati tentativi dei Lucani per sottrarsi, nel 296 e poi nel
290, all'alleanza con Roma. Il risultato ultimo è che quando Agatocle nel
289 muore, la tradizione sottolinea che egli aveva in quel momento il
controllo di gran parte della Sicilia e molta parte dell'Italia (ossia della
Magna Grecia)326 e che egli aveva totalmente assoggettato i Brettii327•
A questo punto i motivi della conquista di Crotone appaiono chiari.
Crotone perdette la sua indipendenza nel momento in cui l'alleanza con
Taranto divenne la condizione primaria della politica che il tiranno svilup
pò nell'Adriatico assumendo come interlocutori l'Epiro, l'Egitto tolemaico328
323 Diod. XXI 8; Trog. Pro/. XXIII; Trog.-Justin. XXIII 2 , 1 -3.
32' Strabo VI 1 , 5, 256.
325 Diod. XXI 8; Trog.-Justin. XXIII 2,3-4. La conquista di Hipponio da parte dei Brettii,
oltre che esplicitamente attestata da Diod. XVI 1 5 , 2 viene, contro quanto sostenuto da M.
Lombardo, 'Fonti letterarie e problemi della storia di Ipponio' , ASNP XIX,2, 1989, 419-
462, particolarmente 439 ss. , confermata per l'età agatoclea: da Vetter 187, iscrizione osca
per Giove Versore; dalle emissioni monetali dell'epoca, data la presenza del granchio,
simbolo dei Brettii, e le strette interconnessioni monetali colla brettia Terina, per cui cfr.
Taliercio Mensitieri 1993, 1 1 1 ss. ; dai dati sulle necropoli pubblicati nello stesso volume
degli ASNP alle pagine 787 ss.
326 Diod. XXI 17,3; Trog. -Justin. XXIII 1 , 2 e 17.
327 Trog. Pro!. XXIII.
328 Cfr. le nozze di Agatocle con Theoxena, figlia o figliastra di Tolemeo l : Trog-Justin.
XXIII 2,6 ss.
164 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
e la Macedonia : una politica, per odio verso Taranto, non condivisa da
Brettii e Crotoniati, la quale rese perciò necessario l'intervento contro
Crotone come premessa e complemento della sottomissione dei Brettii,
ottenuta dal tiranno alla fine della sua vita329. In maniera più generale
questo vuol dire che contro Crotone giocò la volontà di Agatocle di
fronteggiare in maniera adeguata Cartagine ed i monarchi ellenistici a
lui contemporanei. Agatocle infatti, tra il 298 ed il 290 , costituisce quel
la arche sulla Sicilia e sull'Italia che il suo storico Duride gli fa prean
nunciare nel 308330 e che la fonte filosiceliota di Diodoro XXI 2, proba
bilmente Timeo , al momento della conquista di Corcira nel 298, inter
preta come volontà dei Sicelioti di unire alla superiorità sui Cartaginesi
e sui barbari d'Italia quella sugli stessi Macedoni padroni dell'Asia e
dell'Europa .
In altri termini, mai come in questa occasione si può meglio misurare
la crisi delle poleis d'Occidente , che , costrette a porre la loro salvezza
nelle mani di tiranni e monarchi stranieri, si trovano alla fine ridotte a
pedine della loro politica, pedine che si possono tranquillamente sacrifi
care , quando questo torni comodo.
Con la scomparsa di Agatocle, portato a morte dal male i cui primi
sintomi lo avevano già costretto a lasciare l'Italia nel 290, tutta questa
costruzione andò distrutta. I Brettii si ripresero Hipponio e liberarono gli
ostaggP31 • Roma riprese il controllo della Apulia e della Lucania e gli
Italici ebbero di nuovo mano libera in Magna Grecia . Crotone si trovò
restituita alla sua indipendenza dopo un periodo di occupazione e con
tutti i danni da Agatocle arrecati alle sue risorse umane ed economiche.
In questa situazione si inserisce il posteriore intervento di Pirro e Crotone
si appresta a patire nuove, e questa volta irreparabili, distruzioni.
1 6 . La guerra tarentina
Nel 285 e poi nel 282 Lucani, Sanniti e Brettii attaccano Turi, dove
prevalgono aristocratici di tendenze filoromane e quindi tendenzialmen
te antitarentini. A Taranto, infatti, prevalgono in questo momento demo
cratici, demagoghi, plebe, proletari e possessori di piccoli redditi: questo
almeno secondo le fonti filoromane e antitarentine che descrivono la
329 Trog. Pro/. XXIII.
330 Diod. XX 40,7. La fonte sarebbe Timeo secondo K. Meister, Sizilische Geschichte
bei Diodor, Munchen 1967, 1 1 1 s . ; ma vd. invece G. De Sanctis, Ricerche di storiog rafia
siceliota, I, Palermo 1957, 99 ss.
33 1 Diod. XXI 8.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 165
situazione politica esistente a Taranto alla vigilia della guerra contro Roma
e dell'alleanza con Pirro332.
Roma, in quello stesso momento si presenta alle aristocrazie magno
greche come nemica di Sanniti e Lucani che ha ripetutamente battuto nel
corso della seconda e della terza guerra sannitica (327-290 a.C.). Prima
Aristotele, poi Teopompo, poi Eraclide Pontico si erano già interessati a
Roma in quanto vittima della occupazione gallica333. Ambienti romani lega
ti alla Magna Grecia si erano interessati al Pitagorismo334• Nel 306 s'erano
iniziati i rapporti di Roma con RodP35. Demetrio Poliorcete si era quindi
rivolto a Roma per protestare contro la pirateria anziate336. Roma aveva già
cominciato ad interferire nell'area, se è vero che alla vigilia della guerra
tarentina c'era un vecchio trattato che consentiva ai Romani interventi fmo
all'altezza del promontorio Lacinio337. Il fatto quindi che l'aristocrazia turina
incapace di fronteggiare con le sue sole forze l'attacco italico si sia rivolta
a Roma non giunge però inatteso338. Roma liberò Turi e accolse la richiesta
della città di insediare una guarnigione a sua permanente protezione. Nel
lo stesso contesto anche Locri che si sentiva egualmente minacciata chiese
ed ottenne un presidio romano e analogo comportamento tenne Regio339•
Che Crotone si sia negli stessi anni anch'essa rivolta ai Romani non
viene esplicitamente tramandato ma quando scoppierà la guerra tarentina
apprendiamo che la città passò a Pirro defezionando da Roma340. Se ne
deve quindi dedurre che anch'essa , in una data precedente al 280, si era
alleata con Roma . Va tuttavia notato che l'offensiva italica si era però
rivolta direttamente contro Turi e non aveva scelto come suo primo obiet
tivo Crotone. Va altresì notato che anche ad alleanza avvenuta con i
Romani non risulta che Crotone abbia chiesto ed ottenuto una guarnigio
ne, come invece appare il caso di Regio, Locri e Turi alla vigilia della
guerra contro Taranto. Ci si può domandare allora se questa situazione
non abbia una qualche valida motivazione: e la mente va all'ininterrotta
alleanza con i Brettii che Crotone aveva avuto a partire dal 317, alleanza
che l'aveva vista poi soccombere ad Agatocle una volta che questi aveva
rotto con i Brettii, e va alla utilizzazione di una guarnigione lucana al
33' Cfr. S. Brauer, Taras, New York 1986, 1 2 1 ss.
m Aristot. frr. 609 e 610 Rose = 592, 593 Gigon; Theophr. , FGrHist840 F 24; Theopomp. ,
FGrHist 1 1 5 F 317; Heraclid. Pont. fr. 102 Wehrli.
3-}4 A. Mele, 'Il Pitagorismo e le popolazioni panelleniche d'Italia', ora in questo volume.
335 Polyb. XXX 5,6 .
.w; Strabo V 3,5, 232.
337 Appian. Samn. 7. Cfr. Liv. VIII 17,9 s.; Trog.-Justin. XII 2 , 1 2 .
331! Liv. Per. XI; Plin. N.H. XXXIV 32.
339 D.H. XX 4,2; Trog.-Justin. XVIII 1 ,9.
-340 Zon. VIII 6.
166 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
momento dell'attacco romano. La cosa è tanto più verosimile se si tien
conto del fatto che anche dopo il passaggio di Crotone nel fronte epirota
insieme questa volta ai suoi vicini barbari, Lucani e Brettii, di nuovo
mancherà un presidio almeno fino al 277, quando la città è direttamente
minacciata dall'esercito consolare romano341 •
L'intervento romano a Turi e gli awenimenti che ne seguirono nel Bruttio,
furono sentiti owiamente da Taranto come atti ostili, tanto più che Turi era
senz'altro a nord di quel promontorio Lacinio che era il limite massimo
concesso all'intervento romano secondo il vecchio trattato. Taranto inter
venne a Turi, espulse il presidio romano ed occupò la città con l'aiuto dei
suoi partigiani fùodemocratici342. Alla reazione romana Taranto rispose in
vocando l'aiuto di Pirro e realizzando una coalizione antiromana nella qua
le accanto a Taranto e ai Messapi comparivano Lucani, Sanniti e Brettii oltre
che talune comunità apule343. Scendeva così in campo contro Roma tutto il
potenziale umano ed economico di quanto della vecchia Magna Grecia e
del suo retroterra barbaro restava indipendente. La cifra unificante era il
comune legame con la civiltà greca: l'intervento tarentino contro Turi viene
infatti esplicitamente motivato nelle fonti dal tradimento della sua ellenicità
attuato nel momento in cui s'era rivolta ai Romani344. I Tarentini a loro volta
nel rifiutare le richieste accomodanti dei Romani di una riparazione pacifica
dei danni patiti avevano sottolineato il cattivo possesso della lingua greca
da parte degli ambasciatori romani, a futura memoria della loro inciviltà345.
Livio infme trovava nel richiamo alla comune origine ellenica la ragione
della coalizione antiromana della Maior Graecitf46. Le popolazioni indige
ne dell'Italia meridionale d'altra parte si presentavano oramai come popola
zioni ellenizzate ed esplicitamente Taranto viene ricordata da Strabone come
la città che conferiva patenti di ellenicità alle popolazioni sannitiche347• Pom
peo Trogo che seguiva in ciò una fonte di età agatoclea, riconosceva istituti
spartani tra i Brettii e costumi ellenici presenti nel loro modo di vita348•
Quanto ai Lucani la loro ellenizzazione risaliva ai tempi della loro ricono
sciuta adesione al movimento pitagorico349.
34 t Zon. VIII 6; Frontin. 3,6,4.
34 2 Appian. Samn. 7, 1 .
343 Liv. XXXI 7, 1 1 ; Plut. Pyrrh . 1 3 , 1 2; 17,9; Fior. I 1 3 , 1 -2; Appian. Samn. X 3 ; Trog. -
Justin. XVI I I 1 , 1 ; Zon. VIII 3 e 5 .
344 Appian. Samn. 7, 1 .
34' D.H. XIX 5 , 1 .
346 Liv. XXXI 7, 1 1 .
347 Strabo V 4, 1 1 , 250.
348 Trog.-Justin. XX 1 , 14; XXIII 1 ,7-9. Cfr. Mele 199 1 , 280 ss.
349 Mele 1989, 1 26-7 e 137 ss. ; Id. 1 99 1 , 273 ss. ; Id. , 'Il Pitagorismo e le popolazioni
panelleniche d'Italia' , in questo volume.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 1 67
Tra le città greche si schierarono con Taranto Herakleia, ovviamente
in quanto colonia di Taranto, Locri, dopo aver defezionato dai Romani, e
Crotone, secondo un analogo copione350.
1 7 . Crotone nella guerra tarentina
La guerra tarentina fu per Crotone un'esperienza devastante: da que
sta guerra Crotone venne fuori con un'aristocrazia decimata, una popola
zione ridotta a 2.000 abitanti, uno spazio cittadino abitato per meno della
metà351 .
Alla base di tutto ciò sono evidentemente gli eventi bellici d i questa
guerra che per quanto riguarda in particolare Crotone andranno dunque
indagati colla massima attenzione per poter ritrovare in essi le ragioni di
una così grave rovina.
Come già si è detto noi sappiamo che Crotone nel 277 era con Pirro
perché aveva in precedenza defezionato352. La defezione deve essere
avvenuta in quell'anno 280, anno della battaglia di Herakleia che indusse
anche altre città italiote alla defezione da Roma e questo trova conferma
nelle emissioni monetali della città una volta alleata con Pirro le quali
conservano espliciti riferimenti all'impresa vittoriosa dell'epirota353. Zonara,
che riassumendo Dione Cassio conserva questa notizia ci dice ancora
che nel 277 il console romano Publio Cornelio Rufino contava sull'ap
poggio all'interno della città di propri personali sostenitori: ciò permette
di collegare con questa gens non solo il partito filoromano operante in
città , ma anche, come si vedrà meglio in seguito, lo stesso racconto della
presa di Crotone da parte romana.
Al momento dell'attacco Crotone era sprovvista di una guarnigione e
perciò gli avversari dei Romani ne fanno richiesta a Milone che da Taran
to, dove si trovava per incarico di Pirro, invia una guarnigione sotto il
comando di Nicomacho. Questo almeno dice Zonara354; Frontino invece
dice che la guarnigione non era epirota ma lucana e che di essa respon
sabili erano i Crotoniati stessi355 . Quando dunque Rufino si avvicina alla
città viene perciò respinto. Il console ricorre allora ad uno stratagemma:
350 Cic. Pro Balb. XXII 50; Trog.-Justin. XVIII l , 9; Zon. VIII 6.
3' 1 Liv. XXIII 30,6; XXIV 3 , 1 -2.
35 2 Vd. supra § 16.
m M. Taliercio, 'La riduzione ponderale in Magna Grecia e in particolare gli stateri
ridotti di Heraclea, di Thurii e di Crotone' , DArcb III, 7, 1 989, 2, 3 1 -52, 39 ss. Cfr. inoltre
Taliercio Mensitieri 1993, 1 1 1 ss.
354 Zon. VIII 6.
355 Frontin. III 6,4.
168 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
attraverso finti fuggiaschi fa credere ai Crotoniati di essere in procinto di
allontanarsi alla volta di Locri, città che stava per consegnarsi a lui e
completa la manovra dando effettivamente l'impressione di partire.
Nicomacho cade nella trappola e, abbandonata la città, muove in soc
corso di Locri. Rufina invece torna e colla sorpresa e grazie ad una fitta
nebbia riesce a prendere la città . Quando poi Nichomacho rientra, trova
ormai la città presa, viene a sua volta sorpreso e sconfitto e abbandona
definitivamente la partita tornandosene a Taranto. A questo punto anche
Locri è perduta dagli Epiroti.
Frontino limita il suo racconto esclusivamente a Crotone: non fa quin
di parola di Locri e coerente colla sua impostazione iniziale attribuisce ai
soli Crotoniati la responsabilità e dell'assunzione della guarnigione e del
suo licenziamento per effetto dell'inganno del console. Abbiamo così
due versioni dello stesso episodio coerenti nella sostanza ultima ma dif
ferenziate non solo per ampiezza di racconto, assai più breve e stringato
quello di Frontino, ma anche per ispirazione: il racconto di Zonara po
nendo l'accento sull'operato di Nicomacho e quindi degli Epiroti, quello
di Frontino rilevando unicamente le responsabilità dei Crotoniati. Altra
notevole differenza è costituita dalle notizie su Locri presenti in Zonara e
totalmente assenti in Frontino, come era da attendersi tenendo presente
che esse erano funzionali per spiegare i movimenti di un capitano epirota
interessato alle sorti generali degli Epiroti in Italia e quindi a Locri come
a Crotone, mentre non lo erano per spiegare il comportamento di Crotone,
unicamente interessata alla propria sorte e alla propria difesa, come
Frontino ce la presenta. Così stando le cose , un'analisi piuttosto partico
lareggiata dell'insieme di queste notizie, specialmente nei punti di mag
gior contrasto, si rende necessaria ed è quanto ora ci accingiamo a fare.
18. La presunta defezione di Locri nel 2 77
Alla vigilia della guerra tarentina Locri aveva nel 282 richiesto e rice
vuto un presidio romano, che aveva però tradito nel 280, dopo la vittoria
di Pirro ad Herakleia356. Zonara alludendo a questo stesso episodio pre
cisa che il presidio romano era stato massacrato dai LocresP57. Nel 278 a
Locri Pirro aveva installato Alessandro, figlio suo e di Lanassa e quindi
nipote di Agatocle, che egli si preparava ad utilizzare in Sicilia per guada
gnare credito tra i vecchi partigiani del tiranno358. Passato poi Alessandro in
356 Trog.-Justin XVIII 1 ,9.
357 Zon. VIII 6.
3SR Trog.-Justin. VIII 2 , 1 2 .
Crotone e la sua storia dalle origini al/ 'età romana 169
Sicilia la città avrebbe attraversato un periodo agitato: sarebbero sorti scre
zi con la guarnigione epirota359, il partito filoromano avrebbe ripreso fia
to360, fino a provocare, come sostiene Zonara, una defezione361 . Nel 276 al
ritorno di Pirro dalla Sicilia Locri venne da lui ripresa: i più colpevoli
vennero puniti362 e i beni del tempio di Persefone vennero requisiti363.
L'insieme di questo racconto suscita non poche perplessità. La defe
zione di Locri, ammessa da Zonara, manca nel racconto di Dione Cassio
che Zonara riassume364. Il racconto di Zonara appare inoltre internamen
te contraddittorio: c'è stata una defezione di Locri, ma Pirro punisce solo
taluni a lui ostili e non lo fa immediatamente dopo il ritorno, ma solo
dopo aver fatto una spedizione, per altro priva di successo, contro Regio365•
Una defezione di Locri, d'altra parte, per giunta accompagnata dal
massacro della guarnigione epirota, viene smentita da tutta una serie di
altre fonti: Diodoro, il quale si rifà a fonti epirote, parla di un ritorno
senza problemi di Pirro dalla Sicilia a Locri366. Livio, che pure riferisce un
discorso dei Locresi al senato romano, semplicemente dice che ritirando
si dalla Sicilia Pirro toccò con la flotta Locri e che ne derivarono danni
per i Locresi a causa della loro fedeltà a Roma : di una defezione per
giunta con massacro della guarnigione gli ambasciatori non fanno alcuna
menzione eppure, dato il contesto, avrebbero avuto tutto l'interesse a
spiegare un po' meglio che cosa aveva significato per Locri la fedeltà a
Roma367. Dione Cassio ci presenta Locri come alleata di Pirro al momento
della requisizione dei beni del tempio di Persefone368. Infine l'anonimo
autore del De viris illustribus racconta l'episodio del tempio come avve
nuto dopo un normale ritorno di Pirro dalla Sicilia in Italia369.
La stessa requisizione dei beni del tempio considerata come punizio
ne della defezione viene smentita sia da Diodoro, che la motiva con
difficoltà economiche, sia da Dionigi di Alicarnasso che la motiva con
cause di forza maggiore, sia da Dione Cassio che la valuta alla stessa
maniera: è questa era la versione della tradizione epirota, che avrebbe
avuto ogni ragione per motivare quest'atto come una punizione per le
3W Appian. Samn. 1 2 , l.
360 Zon. VIII 6 . Cfr. Liv. XXIX 18,3 ss.
361 Appian. Samn. 1 2 , 1 ; Zon. VIII 6.
362 Appian. , Zon. 1/.cc.
363 Liv. XXIX 18,3-6; Appian. Samn. 1 2 , 1 .
·164 Cass. Dio X 48.
36' Zon. /. c.
366 Diod. XXVII 4,3.
36" Liv. XXIX 18,4.
3611 Cass. Dio X 48.
369 Auct. De vir. il/. 22, l .
170 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
malefatte dei Locresi, se questa fosse stata la realtà. La tradizione epirota
invece, presenta l'episodio come un errore commesso da Pirro sotto la
spinta di cattivi consiglieri, errore subito riparato una volta che la dea
ebbe provocato il naufragio della flotta carica dei beni della divinità370.
La realtà dei fatti sembra essere quindi stata ben diversa. Si può accet
tare la notizia di screzi più o meno gravi con la guarnigione locrese371,
trattandosi di fatti abbastanza usuali in circostanze analoghe . Si può ac
cettare la notizia sull'esistenza di un partito filoromano che da tali screzi
può aver tratto forza372. Si può anche accettare la notizia di repressioni di
Pirro ai danni di suoi possibili o reali avversari373. Certamente si è avuta la
requisizione dei beni templari, poiché era ammessa dallo stesso Pirro e
dal suo storico Prosseno374• Ma una volta giunti a questo punto si dovrà
ammettere che la tradizione filoromana ha drammatizzato ed estremizzati
questi avvenimenti per arrivare a parlare di una vera e propria defezione,
che però solo Appiano e Zonara esplicitamente ammettono, mentre l'am
basceria locrese non osa, parlando davanti al senato, arrivare fino a tanto.
Così stando le cose non meraviglia che a questa defezione i più degli
studiosi non hanno creduto375, mentre solo il Garoufalias, tra gli studiosi
più recenti, la ammette, curiosamente fondandosi proprio sul passo di
Livio e sul discorso degli ambasciatori locresi che è l'unico testo in cui
non se ne parla esplicitamente376•
19. La conquista di Crotone da parte di Cornelio Rufino
Dubbi sulla stessa conquista di Crotone da parte del console Cornelio
Rufino sono stati avanzati e con vari argomenti. Come si è già visto la
connessa defezione di Locri sembra un'invenzione. Ma c'è dell'altro. La
versione di Zonara relativa alla conquista da parte del console Cornelio
Rufino non viene riconosciuta nei Fasti Trionfali dove si attribuisce un
trionfo al suo collega Giunio Bruto Bubulco per successi ottenuti ai dan
ni di Sanniti, Lucani e Bruttii, vale a dire proprio nell'area in cui ricadeva
Crotone e in cui avrebbe dovuto operare secondo Zonara il collega Rufmo.
D'altra parte i Fasti Trionfali non solo ignorano i successi di Cornelio
Rufino e la sua attività nel Bruttio ma non fanno parola neanche della
370 Diod. XXVII 4,3; D.H. XX 9; Cass. Dio X 48.
_m Appian. Samn. 1 2 , 1 .
372 Zon. VIII 6 .
373 Liv. XXIX 18,3,4; Appian. Samn. 1 2 , 1 ; Zon. VI I 6 .
374 Cfr. supra n. 1 5 .
3" Lévèque 1957, 5 1 2 ; Garoufalias 1979, 413 n. 218 (ivi precedente bibliografia).
376 Garoufalias 1979, 1 17 e 413 n. 2 1 .
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 171
conquista di Locri e di Crotone . C'è poi un altro argomento ancora che
viene addotto a smentita della conquista di Crotone: non pare probabile
che Crotone sia rimasta fino al 277 e al momento dell'attacco romano
priva di una guarnigione. Ultimo argomento infine è la poca fiducia che
ispira una tradizione in cui il comandante epirotico Nicomacho, o gli
stessi Crotoniati come dice Frontino, fanno la figura degli stolti, che si
lasciano puerilmente ingannare dai trucchi del generale romano377•
Questo complesso di argomentazioni non sembra in verità del tutto
accettabile. Rispetto alla tradizione della defezione di Locri vi sono note
voli differenze . In primo luogo la defezione di Locri, ricordata dal solo
Zonara, non viene attribuita all'azione diretta di Cornelio Rufina ed attri
buita invece a cause per così dire endogene . D'altra parte il racconto
sulla caduta di Crotone appare tanto articolato e dettagliato quanto privo
di particolari e dettagli è invece il passaggio di Locri ai Romani. Nel caso
di Crotone noi apprendiamo che mancava in origine un presidio, che
esisteva all'interno della città un gruppo di clienti del console attaccante,
che il presidio era comandato da un certo Nicomacho ed era formato di
Lucani, che il console riuscì a prendere la città mediante uno stratagem
ma e fu favorito nella conquista dalla sorpresa e dalla presenza della
nebbia, che Nicomacho tornò e si allontanò subito dopo essere stato
sconfitto. Insomma non v'è confronto quanto a dettagli e particolari tra i
due racconti: non sembra quindi giusto valutarli allo stesso modo, riflet
tendo sul racconto relativo a Crotone il discredito relativo al racconto sul
ritorno di Locri a Roma.
Né basta. Come già si è accennato, il racconto della conquista di Crotone
viene dato in due diverse versioni: la prima, quella di Frontino, dichiaran
do lucana la guarnigione e assunta dai Crotoniati, ai quali si fa, così, risalire
tutta la conduzione della vicenda, si dimostra filoepirota ed anticrotoniate.
Essa infatti, così facendo, fa ricadere ogni colpa per la conquista sugli
stessi Crotoniati ed elimina ogni responsabilità degli Epiroti. L'altra versio
ne, quella di Zonara, insiste invece sull'abilità del console romano e si
rivela non solo filoromana ma specificamente filocorneliana, in specie
quando la tradizione ufficiale rappresentata dai Fasti negava il successo di
Cornelio Rufmo. Questa tradizione inoltre tendeva a sottolineare l'esisten
za di una clientela filocorneliana in Crotone e si risolveva in una critica a
fondo del comportamento degli Epiroti, i quali si dimostravano del tutto
incapaci a fronteggiare la strategia del console romano. Se le cose stanno
così, e noi quindi abbiamo due contrapposte versioni dello stesso fatto,
sembra difficile credere che la polemica tra tradizioni epirote e tradizioni
romane si sia sviluppata intorno ad un evento mai avvenuto.
377 Lévèque 1957, 510 ss. Cfr. Garoufalias 1979, 4 1 2 n. 19.
172 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Resta da spiegare ora il comportamento della tradizione ufficiale ro
mana , che invece privilegia i successi di Giunio Bruto Bubulco. Occorre
partire da una situazione di fatto, già da altri notata378, che nel periodo
dal 298 al 259, nel Senato e nel formarsi di una tradizione ufficiale, vede
una continua prevalenza del partito dei Fabii, che per il periodo in que
stione hanno avuto così a disposizione e la testimonianza dei Fasti e il
racconto di Fabio Pittore. Questa situazione ha danneggiato i membri
delle famiglie avverse e in particolare i Cornelii, come Lucio Cornelio
Scipione Barbato e Publio Cornelio Dolabella . Ora anche Rufino era un
Cornelio. Anzi un Cornelio fieramente avversato dal partito e dalla tradi
zione fabiana . Vincitore nel 290 insieme a Manio Curio Dentato nella
seconda sannitica e onorato col trionfo la sua figura è messa in ombra
nella tradizione dal collega Curio Dentato, personaggio vicino al gruppo
fabiano, e dei suoi successi resta soltanto il misero ricordo di Plinio e di
Eutropio379. Anche della dittatura di Publio Cornelio Rufino resta soltanto
il ricordo in Dionigi di Alicarnasso, Valeria Massimo e Gellio e nulla si sa
delle circostanze in cui si svolse380• Quando nel 277 egli rivestì per la
seconda volta il consolato, e si tratta proprio dell'anno cui la tradizione
colloca la caduta di Crotone, si ricorda che la sua elezione fu favorita
dall'avversario Fabrizio Luscino, un fabiano anche lui, il quale motivò il
suo voto con l'apprezzamento delle qualità militari dell'uomo, qualità
che gli facevano dimenticare le sue tare morali giacché si trattava di un
uomo avido e rapace381• Nello stesso anno 277, si ricorda che insieme a
Giunio Bubulco Bruto patì una sconfitta ad opera dei Sanniti ai Monti
Craniti, sconfitta di cui i due consoli si accusarono a vicenda382. Nel 276 il
trionfo concesso a Giunio Bubulco riguardò anche i Sanniti, segno evi
dente che quelle polemiche erano state sciolte dando ragione al Bubulco,
persona, a differenza del suo collega , non in cattivi rapporti con il grup
po fabiano: nel 3 1 1 infatti console non tenne conto della lectio senatus
con cui Appio Claudio aveva ammesso gli humiles nel senato383, mentre
nel 307 realizzando il tempio della Salus votato nel 3 1 1 ne affidò le
pitture a quel Fabio da cui un ramo della gens derivò appunto il cognomen
di Pittore384• La carriera di Publio Cornelio Rufino si concluse nel 275 ,
quando ad opera dei fabiani Fabrizio Luscino ed Aemilio Papo l'ex-con
sole fu espulso dal senato dai due censori perché in possesso di vasella-
378 Mazzarino PSC 2, 288 ss.
379 Eutrop. II 9,3. Per il trionfo: Plin. NH. XVIII 39; XXXI I I 142.
3M Val . Max. II 9,4; Geli. IV 8,7; XVII 21 ,39 .
.lRI Cic. De or. II 268; Quintil . XII 1 ,43; Geli. IV 8; Cass. Dio 31 ,33; 40, 1-2.
382 Zon. VIII 6 .
.lil3 Liv. IX 30, 1-2 e 46, 10; Diod. XX 36,6.
3114 Liv. IX 43,25; Plin. N.H. XXV 9.
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 173
me prezioso ritenuto segno di corruzione morale385 . Ve ne è dunque a
sufficienza per ca p ire perché la tradizione ufficiale e una parte
dell'annalistica ignori i successi di Rufino e invece esalti il ruolo dei suoi
colleghi ed avversari.
Va infine ricordato che se noi accettiamo la tradizione relativa al suc
cesso di Rufino nel Bruzio durante il suo secondo consolato, non solo
seguiamo la tradizione corneliana ma diamo concretezza a quel ricono
scimento di indiscusso valore militare386, che anche la tradizione avversa
riconosceva, nel momento in cui ricordava la sua seconda elezione al
consolato. In altri termini proprio le parole messe sulla bocca di Fabrizio
nel 277, sono la conferma indiretta dei successi dal console ottenuti in
forza di quella elezione.
Quanto ai dubbi elevati contro la notizia di un'assenza di una guarni
gione a Crotone fino al 277, si può osservare che Crotone non aveva
avuto una guarnigione neanche dai Romani, mentre invece l'avevano
avuta nel 282 Turi, Locri e Regio. D'altro canto l'assenza di una guarni
gione a Crotone si può spiegare tenendo presente che Turi era in mano
tarentina e che la città era in buoni rapporti con i suoi vicini italici, tanto
è vero che quando poi ebbe una guarnigione epirota era a Locri fin dal
primo momento e continuò ad esserci in seguito, ma in questo caso
occorre tener presente il ruolo essenziale di Locri per il sovrano epirota
durante la campagna in Sicilia : Locri era il punto di approdo obbligato
per chi veniva da Siracusa e non ci si poteva assolutamente permettere di
farle correre nessun rischio.
Resta ora da dire qualcosa sulla ingenuità di Nicomacho. A questo
proposito si potrà osservare che null 'altro sapendo dell'attività di
Nicomacho nulla possiamo dire dell'intelligenza di questo personaggio e
che un suo interesse preminente per Locri era più che giustificato date le
considerazioni fatte prima. Inoltre la notizia della riuscita dello strata
gemma è elemento integrante della versione di Zonara, filocorneliana ed
antiepirota, per cui non sembra possibile metterla in discussione. Né va
dimenticata un'altra considerazione: un comandante epirota che viene
giocato mentre, seguendo le mosse del console, mostra di preoccuparsi
non della sola Crotone ma dell'insieme degli alleati di Pirro nel Bruttio, è
assai più credibile di una città greca che, avendo acquisito una guarni
gione per fronteggiare un esercito romano penetrato nel Bruttio, la licen
zia non appena tale esercito si allontana, si badi, non per ritirarsi verso
nord ma per spostarsi più a sud e restare pur sempre nel Bruttio.
385 Varro apud Non. 465,2 1 ; D.H. XX 13; Liv. Per. XIII etc. Per la motivazione politica
dell'episodio cfr. Càssola 1 962, 169 s.
386 Veli . Paterc. II 17,2; Val . Max. II 9,4. Per la tradizione avversa vd. supra n. 381 .
174 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
In conclusione una conquista di Crotone da parte di Publio Cornelio
Rufino nel 277 sembra da ammettere . E si trattò di una conquista certa
mente violenta, perché attuata con la sorpresa e con l'aiuto della nebbia .
Non sembrano quindi da seguire quegli studiosi moderni che la negano
e sembrano da preferire studiosi come il Càssola e lo stesso Garoufalias
che invece questa conquista ammettono387•
20. La conquista campana e i suoi effetti
Sempre Zonara, in riferimento alla guerra tarentina e alle sue conse
guenze, ricorda una conquista e distruzione di Crotone ad opera dei
Campani di stanza a Regio, che fece da premessa alla loro punizione da
parte dei Romani nel 270, giacché anche Romani presenti nella città
erano stati in quella occasione eliminati388 • Questa notizia pone di nuovo
dei problemi che bisognerà ora affrontare.
Un'azione dei Campani di Regio al di fuori della città da essi occupata
non fa in sé problema . Già fin dal 282 i Campani si erano alleati con i
loro connazionali Mamertini di Messana389 e ancora nel 270 quando i
Romani mossero contro i Campani di Regio dovettero premunirsi allean
dosi a loro volta con i Mamertini390. In coerenza con tale intesa durante la
campagna di Pirro in Sicilia, i Mamertini si erano mossi fidando in questo
appoggio dei CampanP91 . Nessuna meraviglia quindi se poi Pirro al mo
mento del suo ritorno nel 276 muove contro Regio392, e i Mamertini effet
tuano a loro volta uno sbarco massiccio in Italia per tendere fruttuose
insidie contro il sovrano epirota, che riuscì a scampare, ma ferito e con
gravi perdite393• Parallele sono le operazioni militari romane nel Sannio,
nella Lucania e nel Bruttio del 277, ad opera di Cornelio Rufino e di
Giunio Bubulco, e del 276 di Quinto Fabio Gurgite, operazioni che ridu
cono a mal partito i Sanniti costringendoli a richiamare Pirro394•
La tradizione greca sottolineando i danni arrecati dai Romani alle città
elleniche, parlava non solo di distruzioni degli Epiroti, ma appunto an
che dei Romani e portava come esempio la distruzione di Caulonia ad
opera dei Campani, che durante la guerra tarentina avevano dato un
387 Càssola 1962, 170; Garoufalias 1979, /. c.
388 Zon. VIII 6.
389 Diod. XXIII 1 ,2-3; D.H. XX 4,8-1 1 .
390 Polyb. I 7,8; Cass. Dio 40,9; Zon. VIII 6.
39 1 Plut. Py17"b. 23, 1 ; Trog. Prol. XXIII.
392 Appian. Samn. 1 2 , 1 ; Zon. VIII 6.
393 Plut. Py17"b. 24,6; Zon. /.c.
394 Plut. Py17"b. 23,6; 25, 1 ; Zon. /. c.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 175
contributo notevole alla guerra dei RomanP95. Ora la distruzione di
Caulonia può essere datata al 277 o 276, poiché Strabone ci dice che i
suoi abitanti si insediarono in Sicilia396, cosa che deve essere accaduta
durante lo svolgimento della campagna siciliana di Pirro, condizione
necessaria perché gli abitanti di una città in quanto alleata di Pirro di
strutta, potessero tranquillamente insediarsi in Sicilia397. La distruzione di
Caulonia, quindi, sarà avvenuta in connessione alle operazioni militari
dei Romani nel Bruzio di cui si ha notizia , come si è visto, proprio in
questi due anni. Tali operazioni dunque coinvolsero i Campani. È facile
allora notare come la conquista seguita dalla distruzione di Crotone da
parte dei Campani è evento esattamente corrispondente al modo di esse
re dei Campani in quanto alleati di Roma tra il 277 e il 276 e che Crotone
viene a trovarsi immediatamente a nord di Caulonia . La distruzione di
Crotone è peraltro un dato acquisito, come sappiamo, e che Livio ha
appunto considerato come una conseguenza della guerra tarentina398•
Una conquista campana seguita dalla distruzione della città durante la
guerra tarentina deve essere, quindi, ammessa e vista la prossimità tra
Crotone e Caulonia ci si deve almeno chiedere se non vi sia un rapporto
tra i due eventi.
Entrando nello specifico del racconto di Zonara si possono fare alcu
ne ulteriori osservazioni. La conquista sarebbe avvenuta per tradimento
e avrebbe comportato il massacro anche dei Romani presenti in città . La
conquista dunque, deve appartenere a un momento in cui Crotone era
passata a Roma e appunto in queste condizioni la conquista campana
può aver avuto luogo grazie ad un tradimento. D'altra parte il massacro
dei Romani e la distruzione della città alleata avrebbero motivato la puni
zione dei Campani, già alleati dei Romani, da parte di Roma .
Che questa tradizione sia tendenziosa appare per più versi evidente.
Attribuendo ai Campani l'uccisione dei cittadini romani al momento del
la presa della città alleata, si persegue un doppio fine. Da un lato si
intendono presentare i Greci di Crotone come vittime dei Campani ribelli
e non dei Romani stessi; dall'altro ricordando che i Campani si erano resi
responsabili di reati gravissimi contro gli stessi Romani, si intendeva con
ferire un'ulteriore giustificazione della loro punizione, superando in blocco
le obiezioni che a questa punizione si erano mosse, anche ad opera di
taluni ambienti romani, come ad esempio ad opera del tribuna della
plebe Fulvio Fiacco, che aveva protestato perché ai Campani in quanto
395 Paus. VI 3 , 1 2 .
3% Strabo VI 1 , 10, 261 .
397 La Bua 197 1 , 107 n . l .
398 Liv. XXIII 30,6-7; XXIV 3, 1-2.
176 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
cittadini romani si voleva infliggere una punizione negando loro il diritto
di appello al popolo contro la condanna capitale399. Tuttavia questo rac
conto proprio perché così fortemente orientato ha suscitato dubbi molte
plici. Intanto l'episodio di Crotone quale motivazione della punizione,
urta contro il complesso della restante tradizione che invece motiva la
punizione in relazione alla strage che i Campani insediati a protezione
dei Regini avevano fatto degli abitanti della città greca che a Roma si era
affidata400. Ma c'è dell'altro. Il racconto trova la sua smentita proprio nel
comportamento del tribuna Fulvio Fiacco, che non avrebbe neppur po
tuto sollevare la sua eccezione in favore dei Campani se questi ultimi
non di colpe verso gli alleati greci si erano macchiati, ma addirittura di
colpe gravissime verso gli stessi Romani401 • Infine in un discorso di Scipione
in Livio402, si dice esplicitamente che i Campani non si erano resi colpe
voli né verso gli alleati né verso i Romani e la fonte ultima dell'episodio
in cui il discorso di Scipione si colloca è autorevolissima, trattandosi di
uno storico della levatura di Polibio403•
Una conclusione si rende così possibile . Il massacro dei Romani a
Crotone non è storico ma invenzione tendenziosa. L'ipotesi del tradi
mento ai danni di una città alleata, che è l'altra faccia del massacro dei
Romani, è anch'essa non storica e del resto corrisponde, per quanto
riguarda i Campani, alla ripresa di quello che è un vero e proprio luogo
comune quando se ne descrivono i comportamenti404• Tuttavia la tradi
zione pur così tendenziosa, non poteva prendere corpo se non erano
storici almeno due fatti: la distruzione di Crotone durante la guerra
tarentina, ammessa come sappiamo da Livio; la partecipazione dei Campani
all'operazione e il coinvolgimento comunque dei Romani nell'operazione.
Per tentare ora una ricostruzione plausibile dell'intera vicenda di que
ste conquiste di Crotone durante la guerra tarentina , si possono allora
fissare alcuni punti. Reale fu la conquista di Rufino nel 277 che fu, come
si è visto, una conquista violenta . Una conquista di Crotone da parte dei
Campani seguita da una distruzione non può dunque essere precedente
al 277, quando la città è ancora in piedi e in grado di difendersi e solo
con la sorpresa e l'aiuto della nebbia essa può cadere. I Campani sono
responsabili della presa e distruzione di Caulonia, evento accaduto tra il
399
Val . Max. II 7 , 1 5 .
400
Polyb. I 7 , 1 2 ; Liv. XXI 3 1 ,6-7; Cass. Dio 40, 1 2 .
.Wl Càssola 1 962, 174, 177.
402 Liv. XXVIII 28,3 e 6.
403 Polyb. XI 25-30.
404 Capua: Liv. IV 37,2; X 38,6. Entella: Diod. XIV 9,9. Messina: Polyb. I 7 , 1 2 ; Diod.
XXIII 1 ,4; D.H. XX 4,7-8; Cass. Dio 40, 10. Regio: Polyb. I 7,8; Diod. XXII 1 ,2-3; D.H. XX
4,2; Appian. Samn. IX l .
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 177
277 e/o 27640', vale a dire negli anni stessi in cui matura la conquista di
Cornelio Rufino. Il parallelismo tra la sorte di Caulonia e quella di Crotone,
la prossimità tra le due città, la cronologia , sono tutti indizi che portano
allora ad identificare la conquista campana con la conquista stessa di
Cornelio Rufino nel 277 .
La soluzione alternativa potrebbe essere quella , da qualcuno del resto
ammessa406, che la città fu conquistata dai Campani dopo essere stata
riconquistata da Pirro o dagli Epiroti tra il 276 e il 275 . Ma la tradizione
relativa ai movimenti di Pirro, nel passaggio da Locri a Taranto, non
segnala alcun incidente o impresa ulteriore del condottiero407. Né per il
275 sono citate particolari imprese di quelle forze che Pirro aveva inviato
nella zona , a copertura della sua avanzata verso Benevento dove avven
ne la celebre battaglia con cui doveva concludersi l'impresa dell'epirota408.
Al contrario, che la tradizione della conquista del 277, in quanto
filocorneliana e tesa a sottolineare la presenza in Crotone di persone
legate allo stesso Cornelio Rufino, potesse avere interesse a non sottoli
neare l'intervento dei Campani e gli effetti devastanti che questo inter
vento ebbe, è più che comprensibile data l'ispirazione filoitaliota della
tradizione in questione . La conclusione più plausibile resta, quindi, quel
la che vede i Campani di Regio corresponsabili accanto a Rufino della
presa e della distruzione della città greca in quanto alleata di Pirro.
21 . Crotone tra la guerra tarentina e la guerra annibalica
Dopo la conclusione della guerra tarentina con le rovinose conse
guenze che sappiamo, Crotone tornò in alleanza con Roma e ne acquisì
conseguentemente gli obblighi. Questi obblighi avrebbero dovuto dive
nire operanti di lì a poco quando nel 264 scoppiò la prima guerra punica .
Durante questa guerra gli abitanti delle città greche appaiono accanto a
Roma nella qualità di socii navales, in quanto cioè obbligati a fornire un
aiuto di navi e di ciurme ai Romani. Quest'obbligo vediamo effettiva
mente assolto nel 264 da Taranto, Locri, Velia, Napoli409, ma di Crotone
non si fa mai parola . Probabilmente la cosa non è casuale, se teniamo
4"' Vd. supra nn. 396 s.
406 Ad una riconquista epirota dopo il 277 pensa ancora La Bua 197 1 , 1 1 3 ss.
407 Plut. Pyrrh. 24, 7; Zon. VIII 6 .
"'" Per il 275 s i s a d i un trionfo s u Sanniti e Lucani d i L. Cornelio Lentulo (F Triumph .;
Plut. Pyrrh. 2 5 , 1 -2) e di truppe inviate da Pirro in Lucania per un'azione diversiva (Plut.
Pyrrh. 25,2).
4 09 Polyb. I 20, 14; Liv. XXVI 39.
178 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
presente quello che Livio dice ancora della Crotone del 216, vale a dire
di cinquanta anni dopo: la città, in conseguenza dei danni patiti durante
la guerra tarentina , era abitata per meno della metà e la popolazione era
ridotta a circa duemila persone410•
Questo non vuol dire che la prima guerra punica non possa aver fatto
sentire i suoi effetti anche su Crotone. Le coste dell'Italia meridionale
durante il corso della prima guerra punica furono più volte interessate
dalle incursioni della flotta cartaginese, che vengono ricordate nel 262/
1411 e successivamente nel 248/7412• In particolare nel 262 ci vien detto
esplicitamente che l'azione della flotta cartaginese si estese fino a Turi e
Taranto, mentre nel 247 colpì la Locride e la terra dei Brettii: in queste
condizioni non si può escludere che la stessa Crotone, e/o il suo territo
rio, non sia stata interessata da queste devastazioni. Strabone, quando in
un famoso capitolo della sua Geografia sottolinea i vari fattori che hanno
determinato il tramonto della Magna Grecia, dopo aver ricordato l'opera
dei tiranni di Siracusa , ricorda appunto l'azione dei Cartaginesi non solo
nella seconda guerra punica ma anche nella prima413.
Tutto, dunque, lascia immaginare che questo secolo fu per Crotone
un secolo di decadenza , che andrà tanto più sottolineata quanto più ,
invece, che, come vedremo più avanti, in questo periodo cresce e si
sviluppa la ricchezza dei Brettii, che proprio in questi anni tra la guerra
tarentina e gli inizi della prima guerra punica debbono aver portato a
termine la ricostruzione del tempio di Apollo Alaios con annessi edifici
per l'ospitalità e il banchetto dei frequentanti414•
22. La fine della città greca
Livio, che nella guerra annibalica dà il racconto più dettagliato, ricor
da in due importanti passi, rispettivamente del libro XXIII e del libro
XXIV, la conquista di Crotone ad opera dei Brettii415. La prima volta sotto
l'anno 216, Livio descrivendo le mosse dei Cartaginesi nel Bruttio, l'attac
co prima a Petelia e poi a Cosenza, passa a parlare della sorte di Crotone,
Locri e Regio; la seconda volta sotto l'anno 2 1 5 , Livio torna sulla sorte
4 1 0 Vd. supra § 17.
4 1 1 Oros. IV 7,7; Zon. VIII 10. Cfr. per il 261 : Polyb. I 20,7.
m Oros. IV 10,4; Zon. VIII 16. Per il 247: Polyb. I 56,2 e 10.
4 1 3 Strabo VI 1 ,2, 253.
4 1 4 Vd. D . Mertens, 'Per l'architettura nel primo ellenismo. Il tempio ed il santuario di
Apollo Aleo a Cirò', in Crotone e la sua storia (Atti Seminario), 61-80.
4 1 5 Liv. XXIII 30, 1 -9; XXIV 2-3.
Crotone e la sua storia dalle origini alt 'età romana 179
delle città greche di Regio, Locri e Crotone, diffusamente soffermandosi
sulle vicende della defezione di queste ultime città. È evidente che ci
troviamo di fronte ad una reduplicazione del racconto degli stessi eventi
sotto due diverse date. Ma la diversità tra i due racconti non è solamente
di cronologia . Il primo racconto si presenta come una sintesi globale
degli avvenimenti, poco precisa nella successione degli eventi ed
apologetica del comportamento e di Crotone e di Locri: di Crotone si
dice che cedette per la sua debolezza demografica , di Locri invece per
ché la moltitudine fu tradita dai suoi capi416.
Il secondo racconto è invece assai preciso ed informato. Conosce il
punto di vista dei Cartaginesi, le motivazioni della loro politica tesa a
salvare le città greche; sottolinea le motivazioni diverse della politica dei
Brettii, che invece sarebbe fortemente anti-ellenica; conosce assai bene
la situazione interna di Locri, e ne dà un quadro che è l'opposto di quello
dato nel libro precedente. La defezione viene motivata dalla necessità di
sottrarre la città alla devastazione ad opera dei Brettii e dalla particolare
situazione di difficoltà in cui si vennero a trovare i capi della città, una
volta che l'intervento a sorpresa dei Cartaginesi aveva tagliato fuori dalla
città e trasformato in ostaggi in mano dei nemici la massa dei cittadini,
dispersa nel territorio, mentre era intenta a salvare tutto il possibile in
vista di un attacco da parte degli avversari.
Altrettanto dettagliata è la narrazione della vicenda di Crotone: descri
zione del declino dell'insediamento, conoscenza dei contrasti politico
sociali interni al corpo cittadino, con la plebe filobrettia e filocartaginese
e l'aristocrazia tendenzialmente filoromana, nome del capo della plebe,
tradimento dei plebei, vicende dell'aristocrazia assediata nell'acropoli,
intervento dei Locresi con il consenso preventivo dei Cartaginesi417•
Si tratta evidentemente di racconti provenienti da due fonti diverse e
diversamente orientate. Il secondo soprattutto si qualifica come una fonte
filolocrese e locale, la quale non può non essere ricondotta alla stessa Locri
e a quegli ambienti che erano rimasti in città durante il periodo dell'alleanza
con il cartaginese e quindi erano informati sugli stessi movimenti ed inten
zioni dei nemici di Roma. Che questa fonte possa essere in ultima analisi
Polibio è ipotesi che si presenta come la più plausibile, tenuto conto del
fatto che Polibio non solo aveva raccontato questi avvenimenti ma era stato
per sua esplicita ammissione particolarmente legato a Locri e alla sua aristo
crazia, essendo stato anche ospite della città della quale si era reso beneme
rito per interventi a suo favore presso i suoi amici romani418• L'altra fonte
416
Liv. XXIII 30.
•�" Liv. XXIV 1 -3.
418
Polyb. XII 5 , 1 -3; XXXI I 13,14.
180 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
invece sembra piuttosto riflettere le idee di quella parte dell'aristocrazia
locrese che esule dalla città , era rimasta sempre accanto ai Romani e
quindi tendeva a salvare la multitudo dei Locresi, facendo ricadere ogni
responsabilità sui principes rimasti in città .
In ogni caso essendo l'uno e l'altro racconto provenienti da fonti loca
li e vicine a Crotone , l'aristocrazia crotoniate era passata essa stessa a
Locri dopo la caduta della città in mano dei Brettii, le informazioni che
nel complesso da Livio provengono risultano della massima importanza
ed autorevolezza, anche se occorre tener presente che sia l'uno che l'al
tro racconto, provenendo da fonti in ultima analisi greche, ha sempre
alla fine un carattere apologetico.
Per ciò che attiene a Crotone comune ad entrambi i racconti è l'accen
tuazione della debolezza della città in conseguenza della guerra tarentina:
questo dato quindi sembra indiscutibile . La città è spopolata , l'aristocra
zia decimata, il corpo civico diviso da opposte preoccupazioni. Il regime
vigente nella città doveva essere di tipo oligarchico. Infatti se la maggio
ranza della plebe era favorevole all'intesa con i Cartaginesi e con i Brettii,
essa non fu in grado di imporre la sua scelta se non con il tradimento. Si
può altresì osservare che la sottolineatura dell'estrema debolezza della
città , e proprio perché faceva gioco ai fini di una giustificazione della
defezione della città , è stata probabilmente sottolineata più del necessa
rio. In effetti quando si viene a spiegare il comportamento dei Brettii
desiderosi di impadronirsi della città, si attribuisce ai Brettii l'opinione
che la città fosse appetibile per il suo porto, per le sue mura e perché pur
sempre nobilis et opulentd19•
Ed è proprio a proposito dei Brettii che Livio consente qualche osser
vazione più approfondita . La plebe di Crotone non rifiuta la convivenza
con i Brettii4 20 e d'altra parte i Brettii sono interessati alla città in quanto
città marittima e portuale . Tutto ciò da un lato richiama una serie di
circostanze in cui Crotone appare collegata ai Brettii. Nel 3 1 7 , come
sappiamo, i democratici crotoniati hanno scelto la via dell'accordo con i
Brettii e l'intesa per le considerazioni che sono già state fatte deve essere
durata fino al momento in cui Agatocle è intervenuto a sconvolgere la
situazione4 21 . Si è già visto anche un segno di questi rapporti non conflit
tuali nella perdurante assenza di un presidio a Crotone salvo che nel 277
quando un attacco romano lo richiese. Questo insieme di fatti e l'interes
se alle risorse portuali mostrata dai Brettii richiama alla mente alcune
fondamentali osservazioni di Polibio, il quale dando una spiegazione
419 Liv. XXIV 2,7.
420
Liv. XXIV 2 , 1 0, 1 1 ; 3, 9-1 1 .
421
Vd. supra.
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 181
della prosperità di Crotone, della sua eudairnonia o per dirla con i Brettii
della sua opulentia, la spiega ponendola in relazione alla funzione di
mediazione commerciale verso il retroterra indigeno che Crotone, come
Taranto su scala però più vasta, aveva422• Lo sviluppo della monetazione
brettia in argento e in bronzo, degli ultimi decenni del quarto secolo,
dall'area tirrenica meridionale, su cui insistono Hipponio, Terina e Nuceria,
alla capitale Cosentia e alle ioniche Mystia-Hyporon423; la complessa ed
articolata monetazione del koinon in età annibalica424 rivelano una pro
fonda integrazione da un lato con la Sicilia dall'altro appunto con Crotone,
da cui manifestamente provengono sistemi ponderali, tipi e simboli425 .
Ad un'intensa ellenizzazione rimanda anche tra quarto e terzo secolo
l'area brettia settentrionale a nord di Crotone, tra il Neto ed il Crati, l'area
per intenderei di Petelia e del tempio di Apollo Alaios426. Tutto dunque
lascia pensare che la crescita politica ed economica della società brettia
tra l'età di Agatocle e quella annibalica molto debba ad uno stretto rap
porto colla città di Crotone e col suo porto.
A questa conclusione sembrerebbe ostare lo sprezzante giudizio che
gli ottimati di Crotone danno dei Brettii, quando i Cartaginesi propongo
no di ripopolare la città accettando una colonia appunto di Brettii. La
proposta non può essere accettata, dicono gli ottimati, perché i Brettii
posseggono riti, costumi leggi e lingua assolutamente incompatibili con
quelli greci427• Ma a questo giudizio è difficile concedere pieno credito.
Esso proviene da un ambiente, quello dei principes locresi e crotoniati
che intendono giustificare la defezione ai Cartaginesi come male minore
rispetto ad una conquista brettia che avrebbe avuto effetti devastanti per
la sopravvivenza stessa della comunità greca . Ed in effetti giudizi così
drastici sulla realtà dei Brettii si ritrovano puntualmente in Livio ogni
qualvolta le fonti locresi di età annibalica fanno sentire il loro intervento428.
Il giudizio così negativo viene in realtà smentito dal comportamento dei
Cartaginesi, pure interessati all'alleanza con le città greche. Innanzi tutto
nel racconto del XXIII libro di Livio la distinzione tra defezione ad Anniba
le e defezione ai Brettii, essenziale nel racconto del libro XXIV, non appa
re: passare ad Annibale è nello stesso momento passare ai Brettii429• Ma ciò
4 22 Polyb. X l .
4 23 Taliercio Mensitieri 1 993, 1 1 1 ss.
424 N.F. Parise, 'La monetazione dei Bretti', in Crotone e la sua storia (Atti Seminario),
187-196. Così ora anche Arslan 1 990.
4 25 Taliercio Mensitieri 1 993.
426 De La Genière 1 993, 81 ss.
4 27 Liv. XXIV 3 , 1 2 .
428 Liv. XXI V 1 , 1 ; 1 ,6; 2,7; 2, 1 1 ; XXIX 6,2.
429 Liv. XXIII 30,7-8.
182 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
che più conta è che i Cartaginesi per attirare a sé le città greche si servo
no in effetti come guide e come mediatori proprio dei Brettii: i rapporti
con i capi locresi vengono affidati alla coorte dei Brettii che militava
nell'esercito cartaginese430• Nello stesso libro XXIV si mette in realtà in
rilievo che dietro l'azione dei Brettii c'è Cartagine431 • Infine, fatto in sé
assai rilevante, quando i Cartaginesi devono assegnare una guarnigione
ad una città il cui possesso era assai rilevante per loro, vale a dire per
Taranto, la guarnigione prescelta era formata di Brettii sotto gli ordini di
un comandante brettio, segno evidente che i Cartaginesi non giudicava
no affatto impossibile la convivenza tra Brettii e Greci432• D'altra parte la
proposta ai Crotoniati di accettare una colonia all'interno della città viene
attribuita a quegli stessi Cartaginesi ai quali, come si è detto, si vuole
attribuire una politica tesa al salvataggio dei Greci433.
Va ancora osservato che il giudizio attribuito agli ottimati di Crotone
non solo appare circoscritto agli ottimati stessi, perché non condiviso
dalla plebe da tempo collegata ai Brettii da relazioni non ostili, ma viene
contraddetto in maniera plateale dal comportamento dei Brettii verso il
culto di Apollo Alaios: come abbiamo già detto sono i Brettii che si sono
accollati il compito di ricostruire e valorizzare il culto agli inizi del III
secolo; possiamo ora aggiungere che la venerazione dei Brettii per que
sta divinità ha lasciato tracce nelle offerte e soprattutto ha lasciato traccia
in una iscrizione bilingue nella quale, come è stato giustamente da altri
rilevato434, appare notizia di un sacerdozio brezio con funzione eponima
proprio nel santuario di origine greca .
Per chiudere su questo punto, converrà ancora ricordare che la cultu
ra materiale dei Brettii era ellenica435; influenzato dall'alfabeto greco è
l'alfabeto brettio436; bilingui sono i Brettii e le iscrizioni greche si alterna
no con quelle osche nella loro area linguistica e territoriale437. Di tipo
greco nel III secolo è anche la stratificazione sociale in atto: potentati,
massa di armati, schiavi438• Istituzioni politiche greche, di quelle religiose
si è già detto a proposito del culto di Apollo Alaios, sono passate ai
Brettii: la moneta con i suoi tipi e le sue legende elleniche439; il ginnasio
430 Liv. XXIV 1 , 5.
431 Liv. XXI V 1 ,7; 3, 1 1 .
432 Liv. XXVI I 1 5 , 10; Plut. Fab. Max. 2 1 .
433 Liv. XXI V 3,1 1 .
434 Poccetti 1988, 1 1 2 s.
4 3 ' Guzzo 1 989, 88 ss.
436 Poccetti 1988, 141 ss.
437 Poccetti 1 988, 55 ss.
4.\8 Appian. Hannib. IX 57.
139 Una rapida sintesi si trova in Guzzo 1989, 1 1 2 s. Per più ampi dettagli cfr. Arslan 1990.
Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana 183
con i suoi magistrati, come appare a Petelia440• Anche le alleanze seguite
a partire dagli inizi del III secolo sono quelle stesse dei Greci: Pirro e poi
Annibale. Perfino i Lucani, una volta trasferiti nell'area brettia da Anniba
le, emetteranno moneta, adottando la forma greca del loro etnico, LYKIA
NON da lykos, lupo, invece che LOUKANON441 • Il giudizio degli ottimati
di Crotone in Livio è quindi tendenzioso. Accettandolo, come pure di
recente si è fatto, si finisce per negare a Crotone uno dei meriti che ha
ancora avuto negli ultimi secoli della sua storia, il merito cioè di aver
contribuito, continuando a svolgere il suo ruolo portuale, alla ellenizzazio
ne dei vicini Brettii; e si finisce per rendere inspiegabile quello che è il
risultato ultimo della vicenda della Crotoniatide dopo la fine della guerra
annibalica. Se infatti Crotone scompare come città greca lasciando il po
sto nel 194 alla colonia romana442, a nord di Crotone Petelia (Strongoli,
come sappiamo), riprende la sua esistenza e si esprime con documenti
in greco relativi ai suoi magistrati e ai suoi ginnasiarchi443, mentre nella
lista dei theorodokoi di Delfi la grecità del Bruttio sarà espressa agli inizi
del secondo secolo da un lato da Regio e Taisia , dall'altro da Locri e
appunto Petelia. In altri termini la grecità della Crotoniatide sopravvive
alla guerra annibalica, ma in mano brettia e in quell'area tra Neto e il
Crati il cui sviluppo è stato, in ricerche e studi ancora in corso, messo
bene in rilievo e nella quale più precoce era stato l'incontro prima tra
Lucani e Greci, poi tra Brettii e Crotoniati dando luogo ad una crescita
che la ricerca archeologica nell'area pur tra tante difficoltà e ritardi sem
pre meglio documenta444•
23. Crotone alla fine della sua storia
Su quel che Crotone divenne dopo il 194 alcune testimonianze illumi
nano, tutte concordi nel denunciare l'estrema decadenza della città . La
prosperità della città appartiene decisamente ad un'epoca ormai tramon
tata, di cui solo la memoria del passato può dare conto. Su questo punto
concordano tutta una serie di testimonianze a partire dal II sec. a.C. con
HO
IG XlV 637.
«I Liv. XXVII 5 1 , 12-13. Cfr. E.S.G. Robinson, 'Carthaginian and Other South Italian
Coinages of the Second Punic War' , NC l%4, 37-64, 62 s . ; F. Scheu, 'The Earliest Coins of
the Bruttians', NC 1955, 101 ss. ; Id. , 'Bronze Coins of the Bruttians', NC 1 96 1 , 51 ss. , 65 ss. ;
P. Marchetti, Histoire économique et monétaire de la deuxième guerre punique, Bruxelles
1978, 459 ss.
441 Liv. XXXIV 45,4 s . ; Veli. Paterc. I 15,3.
443 Vd. supra n. 440.
'44 De La Genière 1993.
184 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Polibio e lo pseudo Scimno, per passare nel secolo successivo a Cicero
ne, a Livio, e quindi a Strabone, a Petronio, a Dione Chrysostomo, con il
quale ultimo scendiamo al II d.C.445. Particolarmente significativa è anche
la storia del tempio di Hera Lacinia. Il pretore Q. Fulvio Fiacco nel 174
a.C. non si fece scrupolo di spogliarlo delle sue tegole marmoree, il
senato per scrupoli religiosi in seguito le restituì al tempio, ma a Crotone
non si trovò più un artigiano in grado di rimontarle446• I pirati, contro cui
mosse Pompeo nel 67 a.C. , avevano nel corso delle loro scorrerie depre
dato il tempio447, le cui ricchezze erano, infatti, per Livio e per Strabone
solo un ricordo.
Che cosa fosse divenuta la città romana si deduce da un capitolo, il
1 1 6, del Satyricon di Petronio. La città , accentrata intorno all'acropoli,
non è più meta di mercanti; gli studi, l'eloquenza, la frugalità e i buoni
costumi di un tempo non vi hanno più spazio; l'unica occupazione degli
abitanti è procurarsi un'eredità . Crotone si è, dunque, economicamente
chiusa in sé stessa; unica risorsa sono le rendite e unico modo per procu
rarsele le relazioni di parentela .
44 5 Polyb. VII 1 , 1 ; X 1 ,6; Ps . Scymn. 323 ss . ; Cic. De inv. 2, 1 , 1 ; Liv. XXIV 3,3-7; Strabo
VI 1 , 2, 253; 1 , 10, 26 1 ; Petron. 1 16; D.Chrys. 33, 25.
446 Liv. XLII 3 ; cfr. Val. Max. I 1 ,20.
447 Plut. Pomp. 24,3.
CAPITOLO II
Megale Hellas e Pitagorismo*
l . Premessa
Il dibattito sulla Megale Hellas ha ricevuto ampia trattazione in tempi
abbastanza recenti, soprattutto a partire dal ventunesimo convegno ta
rantino sulla Magna Grecia, e dalle relazioni del Maddoli e mia 1 •
Negli anni successivi il problema è stato ancora ripreso dal MaddolF, e poi
in maniera diffusa ridiscusso dal MustP. Recentemente un volume di M.
Ameruoso ha tentato di fare un punto su tutta la questione: il volume resta
utile per la ricca bibliografia citata, ma, prolisso e farraginoso, nel testo e ancor
più nelle note, almeno per come mi pare, non arreca alcuna vera novità, anzi,
su qualche punto pur rilevante, come l'eventuale rivendicazione del nome di
Megale Hellas anche da parte della Sicilia, costituisce un vero e proprio passo
indietro, tanto inatteso quanto non motivato né accompagnato, come corretta
mente si sarebbe dovuto fare, da alcuna discussione degli argomenti che sia il
sottoscritto che Domenico Musti avevamo in proposito addotto4•
Così stando le cose, dopo aver tracciato un bilancio generale, che dia
conto della mia attuale visione sul complesso dei problemi connessi alla
• Questo studio è stato pubblicato con analoga intitolazione nel volume Tra Orfeo e
Pitagora, alle pagine 297-333.
1 Maddoli 1 982 (AGT 1981); Mele 1 982 (AGT 1981).
2 Maddoli 1 985.
3 D . Musti, 'Città di Magna Grecia. Il. L'idea di METAAH EAAAL' , RFIC CXIV, 1986,
286-3 19, poi ripubblicato in Musti 1988, 6 1 -94.
4 Ameruoso 1 996; il problema cui alludo è discusso a 98 ss. Per la dimostrazione in
contrario si veda Mele 1982 (AGT 1981), 61 n. 1 1 0; Musti 1988, 68 sgg. Cfr. anche S.
Calderone, 'Intervento' , in Megale Hellas: nome e immagine (AGT 1 981), 83-85 .
1 86 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Megale Hellas, ciò che vorrei fare, è soffermarmi di nuovo sulla valorizza
zione di questo concetto da parte della tradizione pitagorica, non senza
aver preliminarmente ricordato a taluni dei miei critici che un'origine
esclusivamente pitagorica della Megale Hellas non ho mai sostenuto, fin
dalla relazione tarantina avendo esplicitamente chiarito che di appropria
zione pitagorica si doveva parlare, poiché tanto la tradizione di una Megale
Hellas in cui Pitagora arrivava e i Pitagorici operarono, quanto il rapporto
pure nella tradizione instaurato tra Megale Hellas ed eudaimonia faceva
pensare a un ruolo di Sibari nell'elaborazione del concetto5 .
2 . Hellas ed Hellenes tra madrepatria e colonie
Hellas ed Hellenes in riferimento a tutta la penisola greca e ai suoi
abitanti è un uso che si connette alla presenza dorica. Nella Grecia senza
Dori descritta da Omero, che ai Dori consente unicamente una presenza
a Creta e a Rodi6, esiste solo una terra Axaitç abitata da Achei, Danai e
Argeioi, mentre Hellas ed Hellenes sono unicamente un territorio e un
popolo tessalico7• E ben lo sapeva anche Tucidide che fu il primo a
notare questa anomalia8.
La nuova realtà può essere ben documentata a partire dal VI secolo.
Agli inizi del secolo, il fatto che la riorganizzazione dell' emporion di
Naukratis da parte del faraone Amasis avvenga attorno a un santuario
detto Hellenion, comune a Joni, Dori, Eoli, dimostra in maniera lampante
come il nome Hellenes, agli occhi dei Greci d'Asia, sia ora comprensivo
di tutte le principali stirpi greche9.
Parallelamente , in un passo atticizzante delle Eoie, Hellen compare
come padre di Doro ed Aiolos e come nonno di Achaios e Jone. La
cronologia è sempre il VI secolo, in quanto all'età di Pisistrato, attraverso
s Che da me sia stata sostenuta l'origine pitagorica della Megale Hellas, un lettore
frettoloso poteva dedurre dalle osservazioni di Musti 1988, 87 ss. e specialmente 89;
Musti 1991a, 28 ss. e spec. 33; esplicitamente, e mi sia consentito un garbato rimprovero,
questa tesi mi è stata attribuita da M. Humm, 'Les origines du pythagorisme romain:
problèmes historiques et philosophiques. 2. L'origine tarentine du pythagorisme romain',
LEC 65, 1 , 1 997, 25-42, 30 n. 23. Per non incorrere nell'equivoco, bastava leggere quanto
scritto in Mele 1982 (ACT 1 981), 64 s . , riprendendo Mele 198 1 , 278.
6 Dori a Rodi: Horn. Il. II 668-670 e cfr. Tbe Iliad: a Commentary, I (Books 1 -4), ed. by
G.S. Kirk, Cambridge 1985 , 225 ss. ; a Creta: Horn. Od. XIX 177 su cui cfr. Omero, Odissea,
V, a cura di I. Russo, Milano 1 99P, 233 s.
7 Cfr. Horn. Il. II 683; IX 395, 447, 478; XVI 595; Od. XI 496.
8 Cfr. I 3,3.
9 Cfr. Hdt. II 1 78.
Megale Hellas e Pitagorismo 1 87
il legame con la Tetrapoli di Maratona, manifestamente riporta la tradi
zione che fa di Xouthos lo sposo di Kreiousa , figlia del re ateniese Eretteo,
e il padre di Achaios e jone10. Nella seconda metà del VI Senofane descri
ve il suo vagabondare dall'Anatolia greca all'Occidente come svoltosi
attraverso l'Hellas (fr. 8 West) .
Il processo di diffusione dell'etnico è dunque ormai compiuto agli
inizi del VI secolo. Le premesse possono essere rintracciate nel VII seco
lo. Ancora in Esiodo ( Op. 653), l'Hellas delle belle donne, JcaÀ.Àtyuva'ixa,
sia perché interessata dal reclutamento acheo a partire da Aulide in Beozia,
sia perché ripete una formula relativa alla piccola He/las tessalica, è forse
ancora l'Ellade america . Una situazione già più evoluta è in Alcmane (fr.
77 Page) , dove Paride è definito un malanno per l'Ellade nutrice di uomi
ni, l3omave'ipa: Paride si rivelò un malanno per gli Achei tutti; l'epiteto
appartiene all'Ellade tessalica in Iliade I 1 5 5 , ma anche alla terra in gene
re nell'arcaico Inno a Venere (v. 265) e nel più recente Inno adApollo (v.
363) . Quanto all'insieme dei Greci, nella tradizione esiodea ( op. 528 e fr.
1 30 M.-W.) , Panhellenes sono gli uomini illuminati dal sole, così come
Panhellenes venuti d'ogni parte sono i pretendenti venuti in Argolide a
chiedere le nozze con una delle Pretidi. Ancora in Archiloco (fr. 102
West) , Panhellenes di svariate provenienze devono essere quanti, secon
do il poeta, sono purtroppo confluiti a Taso.
Nel corso del VII secolo, dunque, gli Hellenes si moltiplicano e il nome
Hellas si va slargando alla Grecia tutta, ma non è ancora pienamente rea
lizzato il processo che porta Hellas ed Hellenes ad assumere un significato
generale e unitario. Agli inizi del VI secolo il processo è però ormai com
piuto: lo si può ben documentare per l'etnico, ma è chiaro che, andando il
processo in parallelo, il compiersi dell'evoluzione dell'etnico deve avere
contemporaneamente interessato anche il valore del relativo toponimo.
Quando dunque, agli inizi del V secolo, all'epoca della guerra contro i
Persiani, Erodoto (VIII 1 44) attesta Hellas in relazione ad un Hellenikon,
fatto di comunanza di sangue e di lingua, di santuari e riti comuni e costu
mi simili, il quale interessa tutti i Greci, tutto ciò non giunge inaspettato.
3. Hellas e colonie
Nello stesso contesto Erodoto conferma la generale estensione di Hellas,
con tutto ciò che essa presuppone, anche alle colonie greche 1 1 . Quanto
1 ° Cfr. Hes. frr. 9-10 M.-W. e West 1985, 57 s . , 1 64 .
1 1 Isole egee: Hdt. I 27,2; Ionia: Hdt. I 92, 1 ; m 39,3; V 49,2-3; VI 86,3-4; Eolide d'Asia: Hdt. I
152,1-3; Cizico: Hdt. IV 76,2-5; colonie tracie: Hdt. VII 108, 1 ; Cirene, Rodi e Samo: Hdt. II 182 , 1 .
1 88 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
all'Occidente, in particolare alla Sicilia , l'inclusione dei suoi abitanti nello
Hellenikon comporta l'introduzione del concetto di Ellade tutta , nacra
'E�J aç, della quale la Sicilia di Gelone, cui nel 481 si rivolgono gli amba
..
sciatori greci , è parte integrante , anzi parte non piccolissima : J.!Otpa oÙK
Èì..axicr't11 1 2•
La contestualità del racconto erodoteo è comprovata e da riscontri
metropolitani e dai riscontri occidentali. In Simonide , nell'Epigramma
XX Page, risalente all'epoca delle guerre persiane, si legge che quanti
allora combatterono per terra e per mare impedirono che l' 'Eì..ì.à . ç nacra
vedesse il i_.iorno della schiavitù . Sul versante occidentale , Pindaro, che
nella Pitica,_ celebra la vittoria nella corsa delle quadrighe conseguita da
lerone a Delfi nel 470, nei versi 72-SOa, richiama le sconfitte dei Tirreni a
Cuma nel 474 e dei Fenici a Imera nel 480, ponendole sullo stesso piano
delle vittorie di Salamina e Platea e considerandole come un contributo
alla liberazione dell'Hellas dal pericolo di una gravosa servitù . Il motivo
è lo stesso degli epigrammi ateniesi che celebrano le vittorie sui Persia
ni13 e trova puntualmente eco nell'epigramma per la vittoria di Imera ,
attribuito a Simonide (XXXIV Page) , in cui i figli di Dinomene, Gelone e
lerone , assieme agli altri fratelli, Polizelo e Trasibulo, sono presentati, in
quanto vincitori di barbari, come coloro che hanno offerto agli Elleni,
per la loro libertà, 1tOÀÀÌ'JV O"ÙJ.!JlaXOV Xetpa, una grande forza alleata .
L'idea , dunque, di un'Ellade tutta che integra l'Occidente greco, Italia
e Sicilia assieme , è coeva agli avvenimenti da Erodoto raccontati. Questo
vale ovviamente a garantire la perfetta coerenza del racconto ai fatti
narrati anche quando, a proposito di Dario e Democede , Erodoto pre
senta come integrate nell'Hellas, Crotone e Taranto14.
L'allargarsi dell'orizzonte sotteso a Hellas ed Hellenes comporta allora
un concetto di Ellade e di Elleni che ingloba il mondo coloniale, secondo
una concezione che Senofonte teorizzerà in un passo dell'Anabasi (V 6,
1 5-16) su cui ha richiamato l'attenzione il MoggP5: la città che Senofonte
medita di fondare sulle coste del Ponto, utilizzando le truppe allora pre
senti in loco, avrebbe acquistato all'Hellas nuovo territorio e potenza .
Dove si fonda una colonia dunque, ivi l'He/las si fa più grande .
Nell'ambito di questa visione allargata della grecità si determina inevi
tabilmente una dialettica tra centro o madrepatria ellenica e periferia
coloniale. L'esempio più macroscopico di un tale modo di ragionare è
1 2 Cfr. Hdt. VII 145,2; 1 57-162, in particolare 1 57 , 1 -2 e 167,2.
13 Simon. XVII, XVIII, XX a Page; cfr. Aesch. Pers. 234 .
14 Hdt. III 1 3 5 , 2 ; 1 36 , 1 -2; 1 37,4; 1 38,2 .
" M. Moggi, 'Straniero due volte', i n L o straniero, a cura d i M. Bettini, Roma-Bari
1 992, 5 1 -76, 75, n. 79.
Megale Hellas e Pitagorismo 189
stato rintracciato dal Musti in un passo dello pseudo Scimno (vv. 302-
303) e quindi verosimilmente risalente ad Eforo di Cuma , fonte privile
-
giata per questo autore16 - in cui l'Italia , a causa delle colonie ivi impian
tate, viene considerata la parte occidentale di un'Ellade allargata , una
J.l.CYOÀll 7tpòç ÉmtÉpav 'EJ..J..a ç.
Altre tracce se ne rinvengono in un passo dei Menaechmi di Plauto, al
verso 236, in cui la grecità italiota viene definita, in implicito confronto
con la Grecia , Graecia exotica, ossia Ellade esterna . La commedia risale
ovviamente a un modello greco, che in questo caso viene identificato in
Posidippo di Cassandreia e spetta quindi al III secolo a.C. 17•
Nello stesso ordine di idee si pone Livio, che a VII 26, 1 5 contrappone
alla grecità siceliota la Grecia vera e propria definita Graecia ulterior.
Anche Apuleio, in Apol. 3 1 , ragiona in modo simile, quando, ripren
dendo la tradizione in Nicomaco (Porph. VP. 21 Jam. VP. 30) , attribu
=
isce a Pitagora non la creazione in Italia della Magna Grecia , ma di una
Grecia aggiuntiva, una Grecia subseciva.
In tutti questi casi ci si confronta con un'idea allargata dell'Ellade, con
una grande Ellade, una megale Hellas, di cui l'Occidente greco è una
componente e una componente di rilievo: nozione che vale soprattutto
per la Sicilia, parte non piccolissima della m1cra 'EJ..J..a ç, l'Ellade tutta, di
Erodoto, che tradotta nel linguaggio del siceliota e nazionalista Timeo
(FGrHist 566 F 94) , diventa Jl.EYOÀOJ.l.EpEcr'tÉpa, la parte più grande ,
dell'Ellade, in quanto 'EUàç <n>J.1.7tacra.
Ci si confronta , quindi, con una Hellas distinta in parti, moirai o mere,
parti anch'esse a pieno diritto Hellas, ciascuna delle quali, in sé conside
rata o al confronto con le altre, può naturalmente essere definita piccolis
sima , elachiste, o invece grande, megale. In questo contesto potevano
essere dette megale Hellas e l'Italia greca e la Sicilia .
4. Megale Hellas con valore esclusivo
Secondo questa concezione, tuttavia, l'Occidente greco, in quanto
Hellas coloniale, rientra a buon diritto nella Grecia allargata o Megale
Hellas e la Megale Hellas vale quanto altre realtà consimili, quali Megale
Asia o Megale Armenia e simili; in quanto parte di essa può essere defi
nito ..grande», come accade per la Sicilia . Ma tutto ciò non rende conto
16
Musti 1988, 83.
1-
Cfr. P. Grimal, 'Echos plautiniens d'histoire sicilienne', Koka/os XIV-XV, 1968- 1969,
228-237, 236 s . ; E. Manni, 'MeyaÀ.TJ 'EUaç' , Klearcbos XI, 1969, 5-13, 7 n.4; Id. , 'Megale
Hella5 , Magna Graecia XVII, 1-2, 1982, 1 1 .
1 90 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
del valore che il termine Megale Hellas riferito all'Occidente greco acqui
sisce . L'Occidente greco, nelle fonti che ne parlano, non è Megale Hellas
in quanto inserito in una Hellas megale che lo trascende, né megale
Hellas in quanto non piccola parte tra quelle che costituiscono l'Ellade
nella sua interezza , ma è esso stesso la Megale Hellas, e cioè la Megale
Hellas per antonomasia: è Megale Hellas, in quanto illa Magna Graecia.
Essa è di regola la grecità italiota nel senso originariamente ristretto
del termine e quindi le colonie greche di Campania non ne fanno parte ,
se non in tarde attestazioni, come Servio, adAen. I 659. In pseudo Scimno
(vv. 300 ss.), nella sua versione più ampia, essa coincide con una Italia
greca che va da Terina fino a Taranto ed è l'Italia dei decenni finali del V
secolo, in cui è presente Turi, fondata nel 444/3, ma manca ancora Eraclea,
fondata nel 433/2. Un'Italia che trova la sua conferma cronologica nel
turio Erodoto, per il quale, esattamente come nello pseudo Scimno, Elea
è nella terra enotria (I 167), e nell'Italia, come è presente Siris (cfr. VI 1 27;
VIII 62) , così Eraclea è assente e Taranto è in Italia (cfr. I 24,7; III 1 36, 1 e
1 38,2) . In perfetta coerenza , invece, la situazione si modifica con Antioco
(FGrHist 555 F 3 a), con una Italia a lui contemporanea (F 2) che, se sul
Tirreno poco si discosta dallo pseudo Scimno, facendo risalire il confine
a Laos, sullo Jonio, una volta che prende atto della fondazione di Eraclea
ai danni dell'antica Siris (F 1 1) , sente Taranto come estranea all'Italia (FF
3 a e 1 2) e pertinente alla ]a pigia , così come farà pseudo Scilace 14, nel
momento in cui, di nuovo prendendo atto di Herakleia, considera Hera
kleia , Metaponto e Taranto nella Iapigia .
Questa nozione di Megale Hellas, anche se non più coincidente con
l'Italia, che nel corso del IV secolo si estende ormai fino alla Campania e
alla Daunia18, è ancora quella vitale nei secoli IV e agli inizi del III .
Dionisio I assale la Magna Grecia secondo Trogo-Giustino (XX 1-2,2) e
Strabone (VI 1 , 2 , 253): l'area interessata dall'offensiva del tiranno è quel
la che, a partire da Reggio, delimitano Ipponio sul Tirreno e Turi sullo
Jonio. Sull'altro versante, Platone, nel 338, viene, secondo Gerolamo, in
Magna Grecia e incontra Archita a Taranto19. Nel III secolo, ancora , la
guerra tarantina scoppia per una incursione della flotta romana nelle
acque della Magna Grecia di fronte a Taranto, secondo Appiano, Sam.
7, l. Le città della costa jonica, in concreto quelle comprese tra Locri e
1 8 Campania : Theophr. apud Athen. Il 43b (Baia in Italia) . Il Circeo e la terra dei Latini
ne sono invece fuori: cfr. Theophr. H.P. V 8, 1 ; IX 1 5 , 1 . La Messapia è già alla fine del V
secolo Italia per il poeta comico Demetrio (fr. l Kassei-Austin). La Daunia è data come
inclusa nei frammenti 53 e 56 di Timeo.
1 9 Platone trova i Pitagorici in Italia : Gorg. 493a; Epist. III 3 1 7b; VII 339d. Anche per
Cicerone, Platone incontra i Pitagorici di Locri e di Taranto in Italia : cfr. De rep. I 10,6;
Tusc. disp. I 17,39. Per la fonte, cfr. Defin. V 29,86-87 e Tusc. disp. IV 19,43.
Megale Hellas e Pitagorismo 191
Taranto, formano, secondo Livio XXXI 7, 1 1 , la Ma ior Graecia passata a
Pirro. Ma nel III secolo, sempre secondo il sopra citato Strabone, le guer
re puniche, in particolare la seconda combattutasi in Italia , danno il col
po di grazia a questa Megale Hellas, cosicché Polibio (Il 39), alla fine del
II secolo, ne parla come di una realtà non più vitale . Analogamente, nel
secolo successivo, ma in un dialogo ambientato nel 1 29 a.C., il ciceroniano
Lelio dichiara (De arnie. 1 3) all'epoca ormai completamente distrutta la
Magna Grecia.
Ma questa Megale Hellas, solo a partire dalla fondazione di Turi coin
cidente con l'Italia della seconda metà del V secolo, non solo non coin
cide con l'Italia di IV secolo, estesasi ormai alla Campania e alla Daunia,
ma neanche coincide con la precedente Oinotria-Italia, cui le testimo
nianze di Ferecide, Sofocle, Antioco, Strabone assegnano tutta l'area tra il
Sele e il golfo di Taranto20.
Il livello più antico delle nostre attestazioni sulla Megale Hellas risale
almeno al VI secolo e, dopo quanto abbiamo detto sulla affermazione di
Hellas ed Hellenes nel loro valore più ampio, questo non meraviglia .
Una qualche idea dell'estensione di Megale Hellas in quest'epoca la
fornisce una tanto discussa e ingiustamente bistrattata testimonianza di
Strabone (VI 1 , 2 , 253) relativa alla Megale Hellasll . In questo contesto, la
Megale Hellas viene ancorata all'area che, prima dell'arrivo dei Leukanoi,
era in mano a Coni ed Enotri, e connessa in maniera privilegiata al con
trollo che i Greci d'Italia a un certo punto ·avevano acquisito» (à(I11J PTJV'tO),
ai danni di queste popolazioni indigene, anche di molta parte della meso
gaia, ed erano giunti così a un tale punto di crescita (È1tÌ 'tocromov TJU/;TJV'tO)
che megale Hellas fu chiamata (è l'interpretazione che tra poco giustifi
cheremo) e quest'area e la Sicilia . Lasciando per il momento da parte il
problema della Sicilia, come Megale Hellas anch'essa, e restando ancorati
all'orizzonte italico, elementi che caratterizzano questa Megale Hellas di
ambito lucano, sono il dominio su Coni ed Enotri e la prosperità raggiun
ta per effetto della crescita territoriale a partire dal saldo possesso delle
due pa ralia i. Queste circostanze rimandano in maniera privilegiata al VI
secolo e a Sibari.
20 Oinotria come Italia che si estende dal Sele al golfo di Taranto: Pherec. , FGrHist 3
F 1 56; Enotro insediato lungo le coste del mare Ausonio: D.H. I 1 1 ,4; Oinotria che arriva
fino al TupOTJvucòç KOÀ.1toç, ossia a Poseidonia, la località più meridionale in tale kolpos,
su cui cfr. Aristox. fr. 1 24 Wehrli; Soph. fr. 598 Radt; Antioch. , FGrHist 555 FF 6 e 1 2 ;
Strabo VI 1 , 1 , 209; VI 1 , 1 5 , 265; VI 3 , 1 , 277.
21 La migliore disamina resta quella di Musti 1988, 66 ss. Ritengo di dovermene disco
stare su un unico punto: la corruzione di un originario t.u1ì..urta in �ta; non mi pare
paleograficamente convincente, meglio è conservare il �ta dei codici, intendendolo
come ·insieme•.
192 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Di possesso della paratia tirrenica si poteva parlare nella seconda
metà del VI secolo, dopo che, fondata da Sibari alla fine del VII secolo
Poseidonia22, fondata, intorno al 535 a . C , col consenso di Poseidonia
Elea da parte dei FocesF3, tutta l'area a sud di Elea si popolò, e una serie
di esperienze monetali su piede acheo - a parte il caso delle monete con
legenda W e con il tipo di Sibari, a parte il caso di Palinuro-Molpa24 - si
diffusero fino all'area del golfo di Policastro. Più a sud, nella valle del
Noce, i Serdaioi stringevano un trattato con Sibari, arbitra Poseidonia25.
Più a sud ancora, Laos ospita l' beroon di Drakon, compagno di Odis
seo26, e riceve gli esuli da Sibari dopo il 5 1 027; Lametinoi, lungo il fiume
Lametos, e Temesa, dove sorge l' beroon di Polites, altro compagno di
Odisseo, vengono fino al 5 1 0 controllate da Sibari28.
Quanto alla paratia ionica, essa è saldamente in mano achea, da
Caulonia a Metaponto, e Sibari, in particolare, ne controlla una buona
parte, specialmente dopo la distruzione di Siris, avendo attuato, tra il 575
e il 571 a.C. , un'alleanza con Crotone e Metaponto29•
Resta la mesogaia strappata a Coni ed Enotri. La penetrazione in tale
area, controllando le due paratiai e gli sbocchi delle più importanti vie
d'acqua, a partire dallo Jonio e dal Tirreno - Bradano, Basento, Sinni,
Agri, Sele e corsi minori -, non poneva problemi agli Achei. Che in
questa operazione l'iniziativa di Sibari fosse avvantaggiata è, dopo quan
to detto, naturale : non meraviglia, dunque, la notizia (in Strabo VI l , 1 3 ,
263) d i u n dominio della città s u quattro popoli indigeni e venticinque
città , che greche non potevano essere.
Alla fme del VI secolo, Ecateo, esponente dell'aristocrazia di Mileto, città
fortemente legata a Sibari30, stila un catalogo di città della mesogaia degli
Oinotroi, con i nomi di almeno quindici località31 . L'implicito riferimento a
una paratia enotria si intende alla luce delle successive testimonianze sugli
Enotri. Queste, quando si riferiscono al passato degli Enotri, assegnano loro
22 Strabo V 4 , 1 2 , 2 5 1 . Per la cronologia cfr. Greco 1992, 63 ss. ; E. De Juliis, Magna
Grecia, Bari 1 996, 140 ss.
23 Hdt. I 167,4.
24 Si veda in proposito il contributo di M. Taliercio, 'La monetazione degli Enotri' , in
Il
mondo enotrio tra VI e V secolo a . C. (Atti dei seminari napoletani 1996-98), a cura di M .
Bugno, C . Masseria, Quaderni d i Ostraka 1 , 1 , Napoli 200 1 , 1 17-137.
" Nr. l O Meiggs-Lewis. Per la collocazione cfr. Greco 1992, 95 s.
26 Strabo VI 1 , 1 , 253
2" Hdt. VI 2 1 .
ZH Paus. VI 6 , 1 0 .
29 Trog.-Justin. XX 2,3-8. Per l a data si veda l a scheda d i Ameruoso 1996, 1 27, n. 286 .
30 Hdt. VI 2 1 , 1 ; Tim . , FGrHist 566 F 50; Diod. VIII 20.
3 1 FGrHist l FF 64-71 frr. 72-80 Nenci, cui è da aggiungere Steph. Byz. s. vv. BpucrtaKia,
=
�p uç, Ilan.ncoç, ITUI;tç, :Ucrnov, :Et�piVfl.
Megale Hellas e Pitagorismo 193
senza problemi la paratia tirrenica: così Ferecide di Atene (FGrHist 3 F 1 56)
e Sofocle Cfr. 598 Radt). Analogamente, quando si tratta poi della situazione
realizzatasi dopo l'arrivo dei Greci, Erodoto prima (l 167,4) e Eforo, nello
pseudo Scimno (vv. 247 ss.), dopo, assegnano sempre agli Enotri questa
stessa paratia. Anche Antioco, tutto sommato, pur occupandosi ancora di
archaiotogia degli Enotri, concorda. Gli Enotri si estendono a partire da una
prima Italia, che si ferma all'istmo tra i due golfi di Lamezia (Napetino) e di
Scillezio (Squillace), per poi dilungarsi lungo il Tirreno prima fmo al I..aos
(FGrHist 555 FF 3 e 5) e poi fmo al golfo di Poseidonia (F 6), mentre sullo
Jonio e fmo alla Iapigia, si estendeva la Chonia, enotria secondo lui per
origine, ma esterna alla storia del mondo enotrio e delle sue interne partizioni
- che sono solo di Italietes, Morgetes e Sikeloi (F 2) - e comunque successi
vamente inglobata nella paratia achea da Crotone a Metaponto (F 1 2).
A parte questa prima determinazione se ne può aggiungere un'altra .
L'interno di un paese è descritto da Ecateo secondo le vie di penetrazione
a partire dalla costa , lungo la quale si muovono i navigatori greci cui la
sua opera è destinata32. Si veda per esempio il caso della Campania dove
l'interno pure viene considerato: sono citate Capua e Nola33, due località
che si raggiungono dalla costa seguendo la via del Volturno per Capua3\
quella del Sarno per Nola35. Il catalogo di Ecateo, dunque, procedendo
da ovest verso est e da nord verso sud, doveva partire dalle vie di pene
trazione dal Tirreno, che egli ben conosceva quando citava il Lametos,
alla foce del quale ricordava la comunità dei Lametinoi (FGrHist l F 80) .
Purtroppo, le sopra ricordate quindici località enotrie citate da Ecateo
e riprese da Stefano Bizantino, sono, a parte due centri di cui ora diremo,
prive di ogni riscontro in tutto il resto della toponomastica antica relativa
all'Italia meridionale. Le identificazioni moderne sono perciò in questi
casi fondate sull'ipotesi che località della moderna Calabria con nomi
che abbiano una qualche possibile somiglianza a quelli citati da Ecateo e
da Stefano, possano essere considerate l'esito moderno di questi anti
chissimi toponimi enotri. Un discorso che abbia un qualche meno labile
fondamento, in queste circostanze, può farsi solo sui due toponimi che
sembrano sfuggiti al totale oblio che colpisce tutti gli altri.
Ecateo cita una località Kossa (F 68) che può essere identificata in una
Cosa, luogo della morte di Annio Milone, ricordata da Cesare ( Civ. III 22)
32 Cfr. P. Tozzi, 'Studi su Ecateo di Mileto. III. Lingua e stile di Ecateo', Atbenaeum XLI ,
1964, 1 0 1 - 1 1 2 , 1 1 1 ss. ; Id. , 'Studi su Ecateo di Mileto. IV. La IIWPIH di Ecateo', Atbenaeum
XLIV, 1966, 4 1 -76, 41 ss.
33 FGrHist l FF 62 e 64 = frr. 70, 72 Nenci.
34 Liv. IV 37, l ; Serv. auct. Aen. X 145 ( Volturnum primo nome di Capua).
3 ' Cfr. Strabo V 4,8, 247 .
194 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
- erroneamente collocata nei manoscritti in agro 1burino - e, corretta
mente, da Velleio Patercolo (II 68, 3) e Plinio (N.H. II 1 47) , con il nome
parallelo di Compsa posta tra gli Irpini: una località di notevole rilievo
per chi, muovendo dalla via del Sele, si volgeva verso l'Apulia o verso il
golfo di Taranto, imboccando la via dell'Ofanto. Una seconda località ,
Artemision (F 65), era già da Stefano Bizantino (s. v. 'Ap'tEJltcnov) identi
ficata con una Artemition citata da Filisto (FGrHist 556 F 63) . Se ciò è
avvenuto, come pare più che probabile, nell'ambito del racconto delle
guerre italiche di Dionisio I, la località doveva trovarsi nell'attuale Calabria:
in area di parlata achea, se il tucidideo Filisto correggeva nel dorico
'Ap'tEJltnov lo ionico 'Ap'tEJltcnov di Ecateo; nel comprensorio tra Ipponio,
Caulonia e Turi, teatro delle lotte tra Dionisio I e gli Italioti, dove un culto
ad Artemis sembra testimoniato da una moneta di Cosenza coniata ap
punto nel IV secolo36. Siamo lungo la via del Crati, zona di originaria
influenza sibarita37, raggiungibile dal Tirreno via Lametos o via Savuto,
come ben sapeva Strabone, che passava a parlare (VI 1 , 5, 256) di Cosenza
e di Pandosia , anch'essa sibarita prima del 5 1 038, partendo da Terina ,
cioè dall'area del Lametos, dove Terina sorgeva39•
Abbiamo così: una mesogaia degli Oinotroi che grosso modo si esten
de dal retroterra di Poseidonia ed Elea al retroterra di Crotone , Sibari e
Metaponto, a nord della quale gli Oinotroi di Ecateo incontravano i Peuceti
(FGrHist l F 43); la realtà prelucana di VI-V secolo, descritta dallo pseudo
Scimno (ai versi 247 ss.), che colloca Poseidonia ed Elea tra gli Oinotroi;
la realtà già descritta da Erodoto, che fa fondare Elea nella terra enotria (l
167,4); e riconsiderata da Strabone, per il quale, mentre la paratia tirrenica
e jonica era sempre in mano greca , i Lucani avanzanti dal Sannio espel
levano Coni ed Enotri (VI 1 , 2 , 253).
In conclusione, la mesogaia in mano greca allora doveva essere quel
la parte del territorio originariamente enotrio che , a partire dagli insedia
menti della costa , era stato inglobato nella chorai delle colonie greche,
in primis Metaponto, Sibari, Crotone; la mesogaia degli Enotri, invece,
quella che era rimasta ancora nelle loro mani, quella cioè che i Lucani
occuparono prima divenirsi a scontrare con i Greci .
36 Sul problema vd. L. Ronconi, 'Ecateo e le poleis degli Enotri', in Hesperia 3. Studi
sulla grecità di Occidente, a cura di L. Braccesi, Roma 1993, 45-5 1 .
r I l controllo sibarita della valle del Crati è riconosciuto da Crotone quando, dopo il
510, conia monete in cui, accanto al tipo e alla legenda di Crotone, appaiono il tipo di
Sibari e la legenda di Pandosia: cfr. Parise 1987, 3 1 0 ss.
31< Il controllo di Pandosia implica il controllo di Cosenza e della valle del Crati: Strabo
VI 1 , 5, 256.
39 Cfr. Spadea 1 979.
Me gale Hellas e Pitagorismo 195
A chiarire , ulteriormente, quale parte della mesogaia si considerava
sottratta dai Greci ai barbari locali, vale il confronto con un altro passo di
Strabone (VI 2,4, 270), dove, seguendo una impostazione analoga, si
descrive l'entità della presenza greca e indigena in Sicilia . I Greci di
Sicilia non permisero alle popolazioni barbare di toccare la paralia, ma
non riuscirono del tutto a tenerle lontane dalla mesogaia. Continuarono,
infatti, ad occupare l'isola Siculi, Sicani e Morgeti: è evidente allora che la
mesogaia conquistata era quella inglobata nelle colonie . Tale è, infatti, il
modulo applicato subito prima a Siracusa , che , accresciutasi per l' eudai
monia della sua cbora e la bontà dei suoi porti, sotto i tiranni era riuscita
ad asservire gli altri e, liberata da essi, era riuscita a liberare quelli che
erano ancora dominati dai barbari. Dopodiché il discorso passa ai barba
ri di Sicilia, seguendo il modulo che si è detto: da un lato paralia e parte
della mesogaia greche, dall'altro, a riprova del mancato controllo di tutta
la mesogaia, Siculi, Sicani e Morgeti che continuano, in quanto tali, a
controllare parte dell'isola. Così come Coni ed Enotri continuavano a
farlo, in quanto protagonisti, nelle testimonianze di V secolo, dell' ar
cbaiologhia dell'Italia e ancora, tra VI e V secolo, presenti e attivi nell'Italla
dell'epoca .
Dunque una Megale He/las che, attraverso la sottrazione della mesogaia
ai barbari locali, sviluppatasi nell'area della futura Lucania ad opera delle
colonie greche , coincideva con le loro cborai, cborai di Greci e perciò
Hellas, e coincideva con l'area delle colonie achee : Sibari, in primo luo
go, e poi Metaponto e Crotone.
Una conclusione analoga si trae anche dall'analisi di un passo di Ateneo:
XII 523e. Esso si apre con le citazioni di Aristotele (fr. 584 Rose = 60 1
Gigon) e di Timeo (FGrHist 566 F 5 1 ) a proposito delle origini di Siris,
per ricordare che il lusso della città non fu inferiore a quello di Sibari e
per descrivere le manifestazioni del lusso sirita e le connesse reazioni
negative dei vicini. Nel prosieguo, si citano poi Archiloco, testimone
della prosperità dell'area intorno al fiume che diede nome alla città , e, di
nuovo, Timeo (F 52), che dava una diversa spiegazione del nome della
città, per concludere che fu il fiume l'origine della prosperità di quel
l'area e della crescita della popolazione . A questo punto il discorso si
allarga per affermare che per questo appunto, cioè per la prosperità
agricola e la popolosità , quasi tutto l'insediamento ellenico in Italia fu
chiamato Megale Hellas.
Gli elementi notevoli sono due. In primo luogo, il nome della Megale
Hellas ancorato a quasi tutti gli insediamenti greci in Italia: dunque una
visione allargata della Megale Hellas, che si richiama a quella di Eforo nello
pseudo Scimno (vv. 300 ss.). La cosa non meraviglia in un contesto in cui
si citano Aristotele e Timeo, entrambi posteriori a Eforo, e rispettivamente
attivi tra la metà del IV secolo, Aristotele, e, la prima metà del III, Timeo.
196 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
In secondo luogo, la natura retrospettiva del passo: Siris era stata di
strutta da una coalizione di Sibari con Crotone e Metaponto agli inizi del
VI secolo, Sibari, invece, da Crotone nel 510. La prosperità e il lusso di cui
si parla appartengono al VI secolo. Sibari rappresentò l'incarnazione stes
sa del lusso, così che vivere una vita nel lusso, tp'U<j>av, si poteva anche
dire cruj3apiçEtv, comportarsi da sibarita», Sibari passò per una città assai
..
popolosa: trecentomila soldati o abitanti, di cui centomila residenti nella
città stessa, astof0. Famosa per l' eudaimonia era stata anche Crotone, che
all'epoca dell'arrivo di Pitagora , nel 530 a .C. , era totalmente immersa nel
lusso (Trog.-Just. XX 4 , 1 - 1 2) e nel precedente scontro con Locri aveva
messo in campo tra i centotrentamila (Strabo VI 1 , 10, 261) e i centoventimila
uomini (Trog.-Just. XX 3,4) , come ancora centomila ne schierò poi contro
Sibari al Traente (Diod. XII 9,5). Se prosperità e popolosità fecero la
Megale Hellas, e Siris e Sibari sono alla base dell'argomentazione, è allora
il VI secolo l'epoca in cui si affermarono i valori che stanno alla base di
questa Megale Hellas, che perciò è la stessa in cui si imbatte nella sua
predicazione Pitagora : potentissime e grandissime città della Magna
Graecia, secondo Cicerone ( Tusc. disp. N 1 , 2) ; moltissime e opulentissime
città della Maior Graecia, secondo Valeria Massimo (VIII 7, ext. 2). Le
città dell'area restano così di nuovo al centro dell'attenzione .
Un passo avanti possiamo ancora fare analizzando il rapporto tra pita
gorismo e Megale Hellas. È un dato comune nella tradizione che Pitagora
e i Pitagorici operarono in quella parte dell'Italia antica che portava il
nome di Megale Hellas/Magna Graecia. In ciò concordano il lessico di
Fozio (s.v. Kotvà tà trov <!>D..rov, p. 349 Naber) . e Schol. in Plat. Phaed.
279c, che, citando Timeo (FGrHist 566 F 1 3), spiegano l'origine del detto
Kot và tà trov <!>D..rov in relazione a Pitagora e alla sua predicazione nella
Megale Hellas. La relazione continua ad essere in generale affermata poi
da Polibio (Il 39) , Cicerone41 , Valeria Massimo (VII 7 ext. 2), Nicomaco
(apud Porph. VP 20 Jam. VP 30) , Giamblico C VP 166) .
=
Si può, dunque, seguendo le mosse di Pitagora, cominciare a precisare.
Pitagora fu attivo a Crotone per venti anni (Trog.-Just. XX 4, 17). Fu
anche a Sibari, e vi ebbe discepoli, nell'interesse dei quali appoggiò la
guerra che portò alla vittoria crotoniate su Sibari42. Dopo la crisi che
seguì la vittoria e il contrasto sulla destinazione della terra conquistata
con la guerra (Jam. VP 255), si spostò a Metaponto . Secondo Dicearco
(frr. 34 e 35 Wehrli) , vi restò solo una quarantina di giorni, per poi morire
'0 Diod. X 23; XII 9,5; Strabo VI 1 , 1 3 , 263; Jam. VP. 260. Di centomila astoi si parla in
Ps. Scymn. 340.
41 De or. II 1 54; III 1 39; Tusc. disp. I 38; IV 1 ,2 ; V 4 , 1 0 ; De arnie. 1 3 .
'2 Cfr. Jam. VP. 3 3 ; 3 6 ; 1 3 3 ; 1 4 2 ; 1 77; 2 5 5 ; 267 .
Megale Hellas e Pitagorismo 197
di fame nel tempio delle Muse. Giamblico, invece, lo fa restare nella città
per diciannove dei trenta anni passati in Italia alla testa della setta ( VP
265) . La testimonianza di Dicearco non è delle più affidabili: benché
Porfirio ne lodi l'accuratezza, Dicearco, proprio nel fr. 34 Wehrli, si rende
responsabile di una grande confusione, la stessa che si ritrova in Plutarco
(De gen . Socr. 583a) , tra la crisi di fine VI secolo, che interessò diretta
mente Pitagora, e quella di metà V secolo, che interessò l'insieme del
movimento disintegrandone l'egemonia . Dicearco riverbera perciò sui
movimenti di Pitagora dopo la partenza da Crotone, la luce sinistra della
posteriore grande crisi di rigetto.
Ma alla fine del VI secolo l'atteggiamento verso il filosofo non sembra
aver assunto quest'aspetto a Metaponto. Sappiamo di pitagorici metaponti
ni che furono vicini a Senofane (D .L. IX 20) . Sappiamo che il crotoniate
Alcmeone, vicino a Pitagora ormai vecchio43, aveva come interlocutori
due metapontini44• A Metaponto si conservava una casa di Pitagora tra
sformata in tempio di Demetra (Cic. De fin . V 2,4; Trog.-Just. XX 4,1 8;
D.L. VIII 1 5 ; Jam. VP 1 70) , fonte ultima Timeo45 .
In conclusione, se Pitagora operò in Magna Grecia, questa corrispon
deva in primo luogo a Crotone e poi a Metaponto e, finché esistette, a
Sibari. Come vedremo meglio in seguito, Nicomaco (apud Porph. VP 20
= Jam. VP 30) faceva proprio di Crotone il centro della Megale Hellas e
la diceva creata da ammiratori di Pitagora , che, subito dopo il primo
incontro pubblico degli ltalioti con il filosofo, avvenuto appunto a Crotone,
decisero di non tornare più nelle loro antiche residenze . Una fama di
Pitagora che, nelle stesse circostanze , investì Crotone e l'Italia intorno ad
essa , sottolinea Giamblico ( VP 57) , dopo aver ricordato il successo dei
suoi discorsi a Crotone . Per il periodo anteriore alla crisi ciloniana di fine
VI secolo, Aristosseno (fr. 18 Wehrli) parlava di città italiche rette da
Pitagorici su cui si abbatterono poi ingiuste calunnie (Jam. VP 1 29; 149) .
Subito dopo Clinia si fece tiranno di Crotone e tolse la libertà alle città
(D . H . XX 7) . Qui entra in gioco la situazione posteriore al 5 1 0, quando a
Crotone fa capo un sistema di poleis - Laas , Sibari, Pandosia, Temesa -
che coniano moneta con, sul rovescio, tipi e leggende proprie, sul dritto
invece , il tipo e il nome di Crotone46: poleis formalmente autonome, ma
di fatto soggette a Crotone .
'3 Cfr. Arist.Metapb. 986a22; D.L. VIII 83; Scbol. in Plat. Aie. I 1 2 1 e Jam. VP. 2 67 .
44 D.L. VIII 83; Jam. VP. 267.
4' FGrHist 566 F 1 3 1 . In tutte le fonti (Cic. Defin. V 2,4; Trog.-Justin. XX 4, 18; D.L. VIII
1 5 ; Jam. VP. 170) si legge di Metaponto come sede della casa di Pitagora trasformata poi
in tempio di Demetra; solo in Porph. VP. 4 Tim . , FGrHist 566 F 1 3 1 si legge di Crotone,
=
probabilmente per una svista .
46 Cfr. Parise 1 987, 3 1 0 ss.
198 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Sempre nella Megale He/las operarono, fino alla grande crisi di metà V
secolo, i Pitagorici. Si può allora di nuovo cercare di precisare . Tutta la
Magna Grecia in Italia si riempì di Pitagorici (Cic . De or. II 1 54) e tra loro,
secondo Giamblico, c'erano i legislatori, e c'erano Parmenide di Elea,
Epicarmo ed Empedocle di Agrigento ( VP. 166) . Il luogo di Giamblico si
connette ad un altro di Nicomaco (apud Porph. VP. 2 1 Jam. VP. 33) =
secondo il quale, indipendentemente dal rapporto con la Megale Hellas,
Pitagora e i suoi discepoli operarono in Italia e Sicilia, amministrando le
città che egli, trasferitosi in Occidente, aveva liberato: le achee Crotone e
Sibari, le calcidesi Reggio e Imera e, inoltre, Agrigento e Tauromenio,
ossia, in un'ottica di V secolo, Nasso. Avremmo, dunque, una Megale
Hellas di prima metà del V secolo in cui rientrerebbero Elea , in quanto
patria di Parmenide, e Reggio, in quanto liberata e quindi interessata
dall'attività legislativa di Caronda.
Occorre, tuttavia, riflettere sul fatto che in questi passi l'orizzonte non
è rigorosamente ristretto all'Italia in quanto Megale Hellas. Giamblico,
infatti, dopo aver connesso la Megale Hellas all'Italia tutta, passa a ricor
dare pitagorici sicelioti, Epicarmo ed Empedocle . È difficile allora poter
dire, restando entro un orizzonte di prima metà del V secolo, se Elea e
Parmenide sono citati in quanto parte dell'Italia identificata con la Megale
Hellas, o se invece Elea è citata in quanto patria di un pitagorico, così
come accade in Sicilia per Agrigento, patria di Empedocle . E ciò è tanto
più vero se Elea manca anche nella Italia-Megale Hellas dello pseudo
Scimno (vv. 300 ss.) e compare per la prima volta come città dell'Italia in
Dicearco (fr. 39 Wehrli) .
È altrettanto difficile dire se Reggio entra in gioco in quanto parte
della Italia-Megale Hellas, se, nel passo di Nicomaco poco prima citato, il
suo nome compare entro un contesto calcidese-siceliota di città dello
Stretto, lo stesso in cui Caronda di Catania aveva operato. E ciò è tanto
più dubbio se consideriamo le testimonianze concretamente legate alla
storia della generazione attiva intorno alla metà del V secolo, divenuta
adulta dopo aver ascoltato Pitagora ormai vecchio Oam. VP. 104) Que .
sta generazione, nella quale, accanto a Empedocle, sono inseriti Caronda
e Zaleuco, presunti legislatori pitagorici delle città di Italia e Sicilia affida
te ai discepoli di Pitagora, sembra, infatti, aver operato in un ambiente
assai più ristretto e caratterizzato.
La grande crisi del pitagorismo e le stragi perpetrate intorno alla metà
del V secolo47, vengono da Polibio ambientate nella Megale He/las di
47 La crisi finale si sviluppa tra il 453 (perdita della Sibaritide per effetto della terza
rifondazione della città) e il 446/5 a.C. (rinuncia definitiva di Crotone al controllo del
l'area): per i dettagli vd. supra, 'Crotone e la sua storia dalle origini all'età romana', in
Megale Hellas e Pitagorismo 1 99
allora. Polibio parla di synedria, politeiai e poleis sconvolte e insanguina
te dalle stragi; Dicearco (fr. 34 Wehrli) parla di grandi discordie ovunque;
Plutarco (De gen. Socr. 583a) parla di stragi compiute in varie città elle
niche, di synedria e politeiai sconvolti; Nicomaco (apud Porph. VP. 55)
di ltaliotai come lapidatori dei Pitagorici.
Vi sono, però, circostanze che servono a delimitare lo spazio territo
riale della crisi. Aristosseno Cfr. 18 Wehrli) limita tutto alla Crotoniatide,
questo volume. La fondazione della terza Sibari, nel 453 a . C . , è già segno di debolezza e
di crisi per l'egemonia di Crotone. Si tratta, a mio avviso, di sostanziale dismissione del
controllo di un'area, tanto più perché contemporaneamente Terina, colonia di Crotone,
ma autonoma, assume il controllo dell'area tirrenica, eliminando Temesa, che pure si era
proprio allora resa autonoma da Crotone (cfr. Parise 1987, 3 1 4 s.). Non sarà neppure un
caso che nell'elenco dei Pitagorici conservato da Giamblico, Terina è comunque assente.
Il vuoto di potere si crea di nuovo dopo la distruzione della terza Sibari nel 448 a . C . : il
dispiegarsi senza ostacoli dell'iniziativa dei Sibariti a Sparta e Atene, dimostra che la
vittoria di Crotone fu effimera. La fondazione del 446, avvenuta senza colpo ferire, dimo
stra l'assoluta debolezza di Crotone, costretta ad assistere e ad accettare il nuovo stato di
cose, che la priva totalmente delle conquiste fatte dopo il 5 1 0. Il processo di pacificazione
attuatosi con le ambascerie elleniche in Magna Grecia e la mediazione achea, ricordate
da Polyb. II 39, sono necessariamente l'altra faccia della colonia panellenica di Turi e
della presenza in essa di una tribù Acbaiis. La guerra civile a Crotone viene collocata,
concordemente, dice Jam. V.P. 265, in un passo di ispirazione timaica (è da confrontare
Jam. V.P. 2 66 con Tim . , FGrHist 566 F 1 6), sotto Boulagoras, il quale, succedendo al figlio
di Pitagora, si colloca intorno alla metà del V secolo, rappresentando la seconda genera
zione dopo Pitagora, che lascia la direzione della scuola intorno al 492 a . C . , trentotto
anni dopo il suo arrivo a Crotone nel 530, al suo coetaneo e ormai più che anziano
Aristaios. Nella generazione successiva a quella di Boulagoras, il polemos è ormai conclu
so: Gartydas, arrivato a Crotone dopo la conclusione della guerra, muore subito dopo per
il dolore; Aresas, lucano, suo successore, sopravvive alle stragi grazie ad alcuni suoi
ospiti; Filolao, nella stessa occasione fuggito tra i Lucani, connazionali di Aresas, è tra i
protagonisti del ritorno dei Pitagorici: cfr. Jam. V.P. 265-266 . Tutto lascia credere che il
conflitto civile si sia svolto nell'ambito della generazione di Boulagoras, quindi intorno
alla metà del secolo. Dopo qualche tempo, il lucano Aresas diventa il nuovo capo della
setta e Filolao torna a Crotone. I Lucani, connazionali di Aresas e sostenitori dei Pitagorici,
entrano in ballo nelle lotte che il turino Cleandrida, liberatosi, a partire dal 433/2 a . C . , dal
conflitto con Taranto (Antioch. , FGrHist 555 F 1 2 ; Diod. XII 36,4) conduce sul versante
occidentale della cbora turina contro Terina, colonia di Crotone, e appunto i Lucani
(Polyaen. Strat. II 1 0 , 1 -4). Il pitagorismo torna trionfalmente a Metaponto con l'apparizio
ne di Aristea e le monete a doppio rilievo (quindi posteriori al 440 a.C.) che celebrano
Apollo e che si collocano, in forza della loro sequenza, tra il 435 e il 430. A Crotone
invece, i Pitagorici che erano stati esiliati- anche per decisione dei Metapontini- insieme
ai loro paides, tornano ora, presbyteroi e più giovani, e il gruppo muore in uno scontro
appunto con i Turini invasori: cfr. Jam. V.P. 264. Subito dopo, Aresas, nel pieno delle sue
funzioni, riceve Gorgia, che nel 427 a.C. torna dall'Ellade (Plut. De gen. Socr. 538b);
Filolao parte per incontrare Liside. Di tutta questa questione ho discusso dettagliatamente
in Mele 1 993, 239 ss.: a quanto scritto allora resto ancora oggi fedele.
200 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
lamentando il disinteresse delle città intorno, un'affermazione questa che
potrebbe essere interessata e tendenziosa . Ma lo stesso Dicearco, nel fr.
34 Wehrli, in cui, a dispetto della acribia riconosciutagli da Porfirio C VP.
23), si fanno confluire in un gran calderone la prima crisi del pitagorismo
crotoniate, della fine del VI secolo, quella - per intenderei - che porta
all'allontanamento di Pitagora , e la seconda e definitiva della metà del V,
delimita lo spazio esterno alla crisi nello stesso modo: Pitagora cerca
scampo prima verso occidente, a Caulonia e Locri, poi verso oriente, a
Taranto e Metaponto. L'epicentro è dunque all'interno rispetto a queste
località: nella Crotoniatide, nella Sibaritide , nella Siritide, l'area dove per
effetto della crisi si fonderanno prima Turi e poi Eraclea . E anche Trogo
Giustino (XX 4 , 1 4- 1 6), che risale probabilmente a Timeo, considerata la
grande crisi del pitagorismo tutta interna a Crotone.
Apollonia (apud Jam. VP. 262), che pure risale a Timeo48, ricordando
l'arbitrato cui furono chiamate Caulonia, Metaponto e Taranto, ci lascia
intendere che queste città erano estranee agli avvenimenti trascorsi e
coerentemente ritenute neutrali, proprio come viene sottolineato nel te
sto quando si dice che la strage e le lotte contro Democede e i suoi
seguaci, con gli sconvolgimenti che ne erano seguiti, riguardavano la
città e il suo territorio49.
La lega tra Caulonia , Crotone e Sibari sul Traente , la nemica di Turi ed
unica a conservare il nome della antica città achea dopo il 444/3, la
quale , secondo Polibio (II 39,6), seguì il riuscito intervento pacificatore
degli Achei, conferma che l'area interessata dagli avvenimenti tra la gran
de crisi del pitagorismo e la composizione delle lotte ad opera degli
Achei già presenti nell'area fin dalla fondazione di Turi, dove era nata
una tribù Achaiis50, dovette limitarsi all'area della Crotoniatide, della Siba
ritide, poi passata a Turi, della Siritide, poi divenuta oggetto di contesa
tra Turi e Taranto51 : l'area , per intenderei, controllata da Crotone dopo la
vittoria su Sibari nel 5 1 0 a.C.
Insomma, l'epicentro di tutti questi avvenimenti restò nella Crotoniatide
e nelle aree annesse : che è sempre quella delle poleis (Laos, Sibari, Pan
dosia, Temesa) interessate dalle emissioni di monete 'di impero' da parte
di Crotone dopo la vittoria52; l'area interessata dal primo conflitto, a pro-
48 Si veda da ultimo Giangiulio 199 1 , 427 s. (nota a ]am. VP. 254; cfr. anche, in gene
rale, le considerazioni di K. von Fritz, Pytbagorean Politics in Soutbern ltaly, New York
1940, 24 ss.
49 Cfr. Jam. VP. 261-262.
'0 Diod. XII 1 1 ,3.
" Antioch . , FGrHist 555 F 1 2 ; Diod. XII 36,4.
" Parise 1987, 310 ss.
Megale Hellas e Pitagorismo 201
posito della Sibaritide in quanto yf) ooptK'tTJ'tOç, con Cilone, e xarchos dei
Sibariti53, il conflitto da cui scaturì l'allontanamento di Pitagora da Crotone;
l'area delle poleis cui il tiranno Clinia aveva tolto la libertà (D .H. XX 7,2);
l'area delle poleis amministrate dai Pitagorici54 in cui i sinedr1 e le locali
costituzioni pitagoriche crollarono in contemporanea con la crisi di
Crotone55.
In conclusione, non pare esservi dubbio che la Megale He llas, la parte
della allora Ital ia teatro a tutti gli effetti dell'attività di Pitagora e dei
Pitagorici, fu quella connessa a Crotone e alla sua egemonia : nei centri,
achei e non, posti più a ovest e più ad est se ne ebbero riverberi ma
nessuna diretta partecipazione .
Nello stesso ordine di idee pare si ponga anche un passo di Plinio,
che, citando esplicitamente Varrone e risalendo probabilmente a lui, iden
tifica la Magna Grecia con la fro ns Italiae estendentesi da Locri al Lacinio:
dunque dalla Crotoniatide alla Locride56.
Subito dopo, tra il 444/3 e il 433/2, anno della fondazione di Eraclea ,
si sviluppa la Italla-Megale He llas attestata dallo pseudo Scimno (vv. 300
ss.). Del rapporto con il pitagorismo non v'è più traccia e i valori presenti
sono di nuovo l'ellenizzazione e l'estensione territoriale, le tante colonie
presenti nell'area , la prosperità , la popolosità, il passato lusso di Sibari, la
passata grandezza di Crotone e, di contro, l'attuale grandezza di Taranto.
E Cicerone, che pure tanto aveva insistito sul rapporto tra pitagorismo e
Magna Grecia , quando ricorderà i rapporti tra Platone e i Pitagorici di
Taranto e di Locri, parlerà solo di viaggio in Italia e non più di Magna
Grecia57• Il rapporto pitagorismo-Megale He llas è definitivamente archiviato.
Su ciò torneremo. Ma per ciò che attiene alla storia del concetto di
Megale He llas, la conclusione è evidente: Megale He llas si trova sistema
ticamente in relazione alla grecità occidentale e in particolare a quella
italica . Coerentemente, nelle nostre fonti il nome viene spiegato secondo
logiche locali: la crescita economica , demografica e militare delle colonie
italiote di VI secolo; lo sviluppo culturale e politico introdottovi dal pitagori
smo. Anche nella tradizione dello pseudo Scimno, dove pure, partendo
da un'ottica metropolitana, si cerca di attenuare questa specifica nozione
di grandezza , facendo della Megale He llas la provincia occidentale di una
Grecia allargata , resta pur sempre il fatto che a monopolizzare la deno-
'3 Jam. V.P. 74.
" Aristox. fr. 18 Werhli e Jam. V.P. 1 29.
ss
Polyb. II 39; Plut. De gen. Socr. 583a.
S6 Plin . NH III 95. Cfr. F. Prontera, 'L'immagine della Magna Grecia', in Magna Grecia,
a cura di G. Pugliese Carratelli, l, Milano 1985, 9-34, 30 ss. ; Arneruoso 1996, 133, n. 296.
' 7 I passi ciceroniani sono indicati supra, n. 19.
202 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
minazione di Megale Hellas sono le colonie dell'antica Italia. Nessuna
meraviglia , quindi, se le fonti romane finiscono poi per tradurre Megale
Hellas con Maior Graecia, rendendo in latino con un comparativo di
maggioranza l'aggettivo greco di grado positivo58.
Ciò che egualmente si intravede, è una evoluzione del valore del
termine: connesso esclusivamente a una nozione, congenitamente sibariti
ca, di eudaimonia, lusso, numero di abitanti ed epikrateia nella fase
iniziale; connesso poi a tecbnai e nomotbesia nella fase crotoniate-pitago
rica (ci torneremo fra un momento); limitato in origine all'area stretta
mente achea, egemonizzata e controllata prima da Sibari e poi da Crotone,
ed estesosi quindi all'antica Italia degli ultimi decenni del V secolo, nel
l'epoca successiva alla crisi dell'egemonia crotoniate59, correlata alla fon
dazione di Turi e già testimone dell'ascesa di Taranto6o.
5. La Sicilia come Megale Hellas
Nel testo di Strabone prima esaminato- VI 1 ,2 , 253- si allude, come
abbiamo visto, al fatto che oltre all'Italia anche la Sicilia greca riceveva la
definizione di Megale Hellas. Sull'interpretazione di questo passo, che
costituisce , accanto a un passo di Eustazio (In D.P 362) che da Strabone
manifestamente dipende, l'unica menzione di un riferimento alla Sicilia
di tale denominazione, vi è stata discussione. Si è tentato di eliminare il
problema espungendo tutto il periodo che si conclude con le parole 1caì
nìv :EtKeÀ.iav, osservando in particolare che nella Crestomazia della Geo
grafia di Strabone presente nel codex Heidelbergensis (X secolo), le pa
role in questione mancavano61 . Soluzione estrema e troppo radicale, però,
l'espunzione di tutto un paragrafo del testo straboniano, che non si fa
invece fatica a giustificare e intendere62. Soluzione egualmente inaccetta
bile, l'emendamento del testo straboniano sulla base del confronto con
un non sempre fedele sommario63.
Più sottile è invece la proposta del Maddoli di staccare l'espressione
Kaì nìv :EtKeÀ.iav da eJ.eyov ed intenderla come oggetto di àqnjpTJVto 64. Le
ss Cfr. Liv. XXXI 7, 1 1 ; Trog.-Justin. XX 2,2; Ovid. IV Fast. 64; Val . Max. III 7 ext. 2; Fest.
s. v. Maior Graecia, p. 1 20 Lindsay. Si tratta di un'innovazione di cui solo le fonti romane
sono testimoni, non prima dell'età augustea.
5 9 Ps. Scymn. 324.
60 Cfr. Ps. Scymn. 330-332.
6 1 Cfr. E. Greco, 'In margine a Strabone VI 1 ,2', Pdp:XXV 1 970, 4 16-420.
62
Cfr. Musti 1 988, 61 ss.
63 Ameruoso 1 996, 98 ss.
64 Cfr. G. Maddoli, 'Strabone VI 1 ,2 : Magna Grecia senza Sicilia', PPXXVI 1 97 1 , 342-
Megale Hellas e Pitagorismo 203
ragioni che militano contro tale interpretazione furono già esposte da me
e dal Musti, ma, poiché non hanno convinto tutti, bisognerà con un po'
di pazienza, almeno a beneficio dei più giovani, brevemente riprenderle.
Al centro dell'analisi straboniana vi sono unicamente i Greci d'Italia e
sono essi che , dopo aver occupato la costa tirrenica e ionica , avevano
sottratto, à<j>t]pTJV'tO, anche molta parte dell'interno alle popolazioni loca
li, ed erano in tal modo cresciuti, T]ìJçT]V'tO: la Sicilia, quindi, non può
essere l'oggetto di à<j>t]pTJV'to, perché non furono i Greci di Italia a colo
nizzare la Sicilia .
Staccare, inoltre, 1mì rilv I:tKEÀiav dal subito precedente EÀ.Eyov, pare
del tutto forzato e innaturale : Kaì rilv I:tKEÀiav è al suo posto naturale
quale secondo oggetto di EÀEyov, come non solo intendeva Eustazio65 ,
ma come hanno inteso intere generazioni di studiosi, prima e dopo la
proposta interpretativa del Maddoli66. I vari esempi addotti per dimostra
re che da Strabone ci si sarebbe atteso un Kai anche prima di 'tO'IJ'tT]V e il
verbo reggente, EÀ.Eyov, anteposto a 'tOU'tTJV, non sono affatto pertinenti,
perché appartengono a contesti diversi e propongono costrutti diversi:
due complementi oggetti retti da un unico verbo (Strabo V 4,8, 247); un
unico complemento oggetto accompagnato da due specificazioni (Strabo
VI 1 ,6, 258); due complementi oggetti che hanno un attributo comune
(Strabo VI 3,9, 284). Nulla a che vedere con il nostro caso, che, in perfet
ta armonia con il contesto, presenta: prima un complemento predicativo
dell'oggetto in posizione enfatica, rilv MeyàÀTJV 'EUàòa; poi il primo
complemento oggetto, anch'esso in posizione enfatica perché diretta
mente connesso alla materia di cui si sta discutendo, l'area greco-lucana
un tempo Magna Grecia; quindi il verbo reggente, EÀEyov; poi, in ag
giunta, Kai e il secondo complemento oggetto, rilv I:tKEÀiav, all'ultimo
posto, trattandosi di un'intrusione esterna, suggerita per associazione di
idee, dalla menzione della Megale Hellas.
Il passaggio a questa seconda fase della penetrazione greca nell'Italia
meridionale, in cui però sta per essere immesso un elemento nuovo, la
Sicilia, è perfettamente congruente all'abbandono dell'uso del piuccheper
fetto à<j>t]pTJV'tO e TJU!;TJV'tO, che avevano nella proposizione principale
-
come soggetto unico i Greci di Italia- e al passaggio ad una consecutiva
con verbo alla terza persona plurale dell'imperfetto, EÀ.Eyov. In queste
condizioni, l'orizzonte si allargava e non era più in gioco un unico sog-
347; Id. 1 982 (ACT1981); Id. 1 985. Con minore lucidità, tenta di accreditarne le conclu
sioni Ameruoso 1 996, 93 ss.
6' Eustath. In D.P. 362; cfr. N. Nuraghi, '.E/KHAIA e METAAH EAAA.E da Strabone ad
Eustazio', RFICCXJ.X 1 99 1 , 193-197.
66 Si veda, per le varie interpretazioni, Ameruoso 1 996, 37 ss.
204 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
getto, i Greci di Italia , ma l'opinione pubblica greca, che, partendo dall'os
servazione della stessa realtà , una Hellas coloniale la quale cresceva gra
zie al fatto che, partendo dalla costa , conquistava pure l'interno, riferiva
anche alla Sicilia quella definizione di Megale Hellas di cui si doveva
parlare per l'Italia .
Il testo straboniano e la sua interpretazione non pongono, dunque, né
sul piano sintattico né su quello dei contenuti, ambiguità. Strabone, in altri
termini, era a conoscenza del fatto che l'Italia, salita al rango di Megale
Hellas, si era affiancata in ciò alla Sicilia . Ovviamente una tale affermazio
ne non poteva che essergli suggerita se non da una fonte siceliota . Essa
resta, allo stato delle nostre odierne testimonianze sulla Megale Hellas,
sostanzialmente isolata, perché, come si è detto, Eustazio, che si dice a
conoscenza della comune denominazione della Lucania e della Sicilia come
Megale Hellas, si rifà, in questo come in altri casi, a Strabone, per lui il
Geografo per antonomasia, e quindi ci permette di affermare non l'esisten
za di una tradizione indipendente, ma unicamente che egli, nel XII secolo
d.C., leggeva un testo straboniano identico a quello che leggiamo noi oggi.
Questo isolamento, tuttavia , non può essere enfatizzato più di tanto.
Intanto perché la biblioteca di Strabone, nel I secolo a . C . , era di certo più
ricca della nostra e subito dopo perché, se Strabone nel tracciare una
storia della colonizzazione greca in Italia poteva trovare utile accennare
per incidens anche alla parallela esperienza della Sicilia greca, non si
capisce perché le altre fonti, che accennano alla Magna Grecia sempre in
riferimento ad avvenimenti relativi alla storia dell'antica Italia greca, do
vessero sentirsi in obbligo di fare altrettanto: perché insomma chi parla
va della Megale Hellas a proposito della prosperità di Siris e di Sibari
(come Athen. XII 523e) o a proposito dell'attività di Pitagora e dei Pitago
rici67 o delle guerre italiche di Dionisio I (come Trog.-Just. XX 1-2 , 2) o
delle defezioni patite da Roma durante la guerra di Pirro (come Liv. XXXI
7,11) avrebbe dovuto dire che però Megale Hellas era anche la Sicilia?
Questo isolamento può dire invece qualcosa su tutt'un altro piano. Se
tutte queste fonti costantemente e senza tema di confusione utilizzano la
definizione di Megale Hellas per l'Italia , evidentemente la tradizione rela
tiva alla Sicilia aveva una vita del tutto indipendente: la Sicilia come
Megale Hellas non si collocava , in altri termini, sullo stesso piano, giac
ché fu piuttosto l'Italia a monopolizzare la denominazione e a essere
considerata la Megale Hellas per antonomasia .
La Sicilia come Megale Hellas rappresenta dunque una tradizione
siceliota e circoscritta. Analizzando il testo straboniano si può tentare di
67 Polyb. II 39; Cic. Tusc. disp. I 38; IV 2; V 10; De or. II 1 54; III 1 39; De arnie. 13; Val.
Max. VIII 7 ext. 2 ; Porph. VP. 20 Jam. VP. 166.
=
Megale Hellas e Pitagorismo 205
defmirla meglio. Strabone VI 1 ,2, 253, il passo in cui si cita la Megale Hellas,
rivela abbastanza chiaramente le sue origini. Giocato intorno alle lotte tra
Coni ed Enotri da un lato, Sanniti e Lucani dall'altro, esso non può risalire ad
Antioco, che alle popolazioni sannitiche come protagoniste della storia italica
non dava alcun rilievo68. Per lo stesso motivo, il concetto di al>l;T]mç applica
to e ai Sanniti e alla colonizzazione greca, è ormai totalmente laicizzato e
quindi un'ascendenza antiochea del passo neanche in questo caso è
individuabile69• Neppure la visione continuista, di una penetrazione greca
che comincia dal dopo Troia, è antiochea, ma più caratteristicamente timaica70.
Timaico è ancora il giudizio negativo sull'azione dei tiranni di Siracusa in
Italia, i due Dionisii e Agatocle71 • A Polibio, altro autore caro a Strabone,
risaliranno invece gli accenni alle guerre puniche e ai loro rovinosi effetti
sull'Italia meridionale. La fmale romanizzazione delle popolazioni sannitiche
dell'area risalirà infme a Posidonio e allo stesso Strabone.
In conclusione allora, per la parte che ci riguarda, il solo Timeo entra
in gioco e, in quanto filosiceliota e fortemente indiziato di Lokalpatrio
tismus72, si presenta come la fonte più acccreditata .
Ma si può, in merito, dire qualcosa di più . Il passo straboniano è
costruito attorno all'idea di una presenza greca che arriva a essere defini
ta grande perché capace di estendersi dal possesso delle coste al posses
so di molta parte del retroterra, l'interno: capace, cioè, di costruire chorai
ampie ed estese, produttrici di prosperità e potenza . Questo è accaduto
in Italia e questo deve essere accaduto in Sicilia, alla cui esperienza ci si
richiama appunto in questo contesto.
E infatti, in perfetta coerenza , questo stesso modulo interpretativo si
ritrova in Strabone VI 2,4, 270 applicato appunto alla Sicilia greca . Siracusa
crebbe , TJÙI;ftST], grazie alla prosperità del suo territorio e ai suoi natural
mente ben dotati porti. I suoi abitanti furono atti a comandare e capitò
che Siracusa, quando fu retta da tiranni, fu signora degli altri; quando
invece venne liberata , liberò quelli che erano sotto il barbaro. C'erano,
infatti, barbari in Sicilia , taluni indigeni, altri venuti dall'Italia, ma gli Elleni
a nessuno permisero di toccare la costa, 'tftç 1tapaÀiaç 01t'tEcr9at, mentre
non riuscirono del tutto ad allontanarli dal loro retroterra, 'tftç llEcroyaiaç
Ò7tEipynv; ma popolazioni barbare restarono presenti : Siculi, Sicani,
Morgeti ed anche altri, tra cui, secondo Eforo (FGrHist 70 F 1 36), Iberi, i
più antichi abitanti dell'isola .
6R Musti 1988, 259 ss.
69 Musti 1988, 53 s.
- o Musti 1988, 58.
"1 Cfr. FGrHist 566 FF 29 e 105 e, per Agatocle, i frammenti 1 23 e 1 24.
"2 Cfr. FGrHist 566 F 94.
206 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorlsmo
Dunque, i Greci di Sicilia tennero saldamente nelle loro mani la paratia,
così come per lungo tempo anche i Greci di Italia. Non riuscirono a sot
trarre agli indigeni tutta la mesogaia, ossia ne sottrassero parte, proprio
come i Greci d'Italia, che ne presero molta parte ma non la totalità. In
questo contesto Siracusa si inserì col possesso dei suoi porti e di un terri
torio prospero che le permise di crescere e di ottenere l'egemonia. Il modo
di valutare la presenza coloniale greca in Sicilia, è ottenuto con il ricorso
alle stesse categorie concettuali utilizzate per la colonizzazione italica e la
Megale Hellas. Se dunque riusciamo a definire cronologia e fonti di questo
passo, avremo fatto un passo in avanti anche per spiegare l'associazione
della Sicilia alla Megale Hellas, fondata sulle stesse motivazioni.
Come si è visto, a proposito dei barbari di Sicilia viene citato Eforo: il
contesto dimostra , però, che si tratta di una delle fonti, non quella su cui
tutto il racconto si basa . Eforo si contrapponeva a tutto il resto della
tradizione sul popolamento indigeno della Sicilia, facendo degli Iberi i
primi abitanti dell'isola e distinguendo costoro dai Sicani, la popolazione
- ben nota ad Eforo (FGrHist 70 F 1 36) - da cui l'isola, secondo la
tradizione vulgata , aveva tratto il nome di Sikania. Questo corollario
della tradizione eforea emerge con chiarezza sia dal parallelo passo che
lo pseudo Scimno deriva da Eforo (FGrHist 70 F 1 37b) - agli Iberi primi
abitanti della Sicilia risaliva il nome di Trinakria -, sia dallo stesso fram
mento 1 36, citato da Strabone, in cui i Sicani sono citati accanto, ma non
al posto degli Iberi o viceversa . Per il resto della tradizione, ossia Tucidide
(VI 2 , 1 -2) e Filisto (FGrHist 556 F 45) , gli Iberi, quando entrano in gioco
per la Sicilia, sono proprio i Sicani e, quindi, Trinakria, primo nome
dell'isola , in Tucidide, deve, per esclusione, fare corpo con Ciclopi e
Lestrigoni. La citazione di Eforo è, dunque, citazione di una variante ,
assolutamente soggettiva, rispetto ad una tradizione complessiva da cui
Strabone partiva .
Che la fonte base sia Timeo, si evince con chiarezza dal resto del
passo . Per cominciare Timeo era un po' la summa di quanto sulla grecità
occidentale si era scritto: egli teneva conto dei suoi predecessori e ogni
volta che poteva , polemicamente se ne discostava. Così faceva anche
con Eforo73: la citazione di Eforo può, quindi, in questo passo almeno,
essere indiretta . Ma a Timeo più direttamente riporta la distinzione degli
abitanti della Sicilia in indigeni - enoikoi- ed immigrati dal continente .
Ora, quando si parlava nella Sicilia di popolazioni autoctone, l'unico
esempio citato erano i Sicani, autoctoni a loro dire secondo Tucidide (VI
2 , 2), ma per lui come per il tucidideo Filisto, invece Iberi: solo Timeo, al
contrario, in polemica con i suoi predecessori e con dovizia di argomen-
'; Cfr. FGrHist 566 TI 17, 19, 23.
Megale Hellas e Pitagorismo 207
ti, faceva propria la tesi dell'autoctonia dei Sicani (FGrHist 566 FF 38;
1 64,2). Strabone dunque, ammettendo un popolamento indigeno della
Sicilia, riprendeva la tesi difesa da Timeo.
Ma c'è un secondo e ancora più importante punto di contatto tra il
passo straboniano e Timeo: la dichiarazione che i Siracusani furono in
maniera particolare av8pEç llYEJ.lOVUCOi. Vi è un passo della polemica
contro Timeo, XII 26b, in cui Polibio attribuisce a Timeo la tesi che i
Siracusani sono, tra gli av8pEç 1tpayJlanKoi, quelli llYEJlOVtKOtatot. Il pa
rallelismo è assai stringente e decisivo, a mio avviso, per determinare la
fonte ultima del passo straboniano.
Timaica è dunque l'argomentazione e del paragrafo sui Greci di Italia,
i Coni, gli Enotri e la Megale Hellas, e del passo sulla Sicilia greca, i
barbari locali e Siracusa; siceliota e localpatriottico, come era Timeo, è il
richiamo pleonastico alla Sicilia nel contesto della Megale Hellas italica : si
può anche per questo richiamo pensare a influsso di Timeo su Strabone?
La risposta , dopo quanto finora notato e come ora cercheremo ancor
meglio di dimostrare, deve essere affermativa. La definizione dei Siracusani
come av8pEç llYEJlOVtKoi era occasionata , come da Polibio si evince, dal
racconto delle trattative tra gli Elleni, che a Corinto si preparano a respin
gere il persiano, e gli ambasciatori di Gelone . Per cominciare, quindi,
Timeo, differenziandosi in senso filosiceliota da Erodotd\ sosteneva che
non erano stati gli ambasciatori dei Greci a recarsi a Siracusa per ottenere
l'aiuto del tiranno, ma era stato il tiranno ad offrire il suo aiuto e quindi
a fornire un bell'esempio di altruismo. E sposava, come appare da Polibio,
la pretesa del tiranno di poter partecipare alla guerra solo se avesse
avuto il comando supremo per terra o per mare. Tutto ciò perché la
Sicilia rispetto alla Grecia tutta costituiva la parte più grande: JlEYOÀOJlEpE
crtÉpa tfìç CiUJl1ta<JT]ç 'EUa8oç. Tradotto in soldoni questo era come dire :
all'epoca di Gelone, grande tiranno, w pavvoç J.1Éyaç75, possessore di una
grande potenza - 8uvaJ.Ltç JlEYOÀTJ76 - e della signoria - arche - della
Sicilia77, stratego ed hegemon di un numeroso esercito e di una ancor più
numerosa flotta78, agli Elleni poteva offrire ventimila fanti e duecento
navi da guerra79 e quindi la Sicilia sottomessa a Siracusa, Hellas in quanto
parte, JlÉpoç, dell' Hellas nel suo insieme di madrepatria e colonie, era, a
buon diritto, una megale Hellas.
-. Cfr. VII 145,2 e 1 57- 163.
7' Hdt. VII 1 56,3.
"6 Hdt. VII 1 57,2.
-,. Hdt. VII 1 57 , 5 .
" H Hdt. VII 160,2.
"9 Polyb. XII 26b l
, = Tim., FGrHist 566 F 94 .
208 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
La cosa era tanto più ovvia per Timeo, se è vero che come dice Polibio
(XII 26b,4-5), egli inquadrava questo confronto tra la Sicilia e gli Elleni in
termini di assoluta preminenza della Sicilia, non solo in ragione del
l'estensione della Hellas siceliota, ma perché le gesta in essa compiute
erano le più splendide e belle tra quelle compiute in tutto il mondo
abitato, gli abitanti erano per sophia i più saggi di tutti, i Siracusani poi i
più meravigliosi e atti a comandare questa Sicilia .
Né nel fare ciò egli doveva troppo forzare le stesse tradizioni siceliote .
Già Erodoto (VII 1 57,2), nel ricordare lo stesso episodio, aveva ricono
sciuto nella Sicilia greca controllata da Gelone una Hellas parte non pic
colissima della Grecia tutta , ed aveva descritto la potenza di Gelone in
termini non diversi, in modo tale che noi possiamo chiarire e integrare il
racconto di Timeo in Polibio con i dati di Erodoto. Secondo Erodoto
anzi, questa potenza era anche più grande di quella descritta poi da
Timeo: il tiranno aveva offerto duemila triremi, ventimila opliti, duemila
cavalieri, e altrettanti arcieri, frombolieri e cavalleggeri, nonché frumento
per tutto l'esercito, per tutta la durata della guerra80• Si tratta certo di
esagerazioni interessate : se tali erano le possibilità del tiranno, ancor più
ne scapitava Gelone per non aver dato alcun aiuto e per avere, malgrado
il pericolo che tutta la Grecia correva, ridotto il tutto a una bega su chi
dovesse avere il comando supremo. Resta però la circostanza che tali
affermazioni circa il potere di Gelone e della Siracusa dell'epoca si pote
vano fare già una cinquantina di anni dopo i fatti e che Timeo su questo
punto, smentendo le critiche di Polibio, era certamente più moderato.
In realtà, il motivo della supremazia della Sicilia dei Dinomenidi era
più antico e risaliva all'età stessa dei tiranni in questione. I Dinomenidi
stessi, nell'iscrizione apposta ai tripodi dedicati a Delfi, si vantavano di
aver offerto 7tOÀÀ:f1v O"UJ.l.J.l.OXOV xe'ipa, un grande esercito alleato, alla li
bertà dell'Ellade81 : Erodoto diceva che se Gelone avesse dato il suo aiuto,
si sarebbe raccolta XEÌP J.!EYOÀll a difesa della Grecia. Pindaro, nel ricor
dare le vittorie, per mare e per terra, dei Dinomenidi, pari a quelle dei
Greci a Salamina e Platea82, aveva definito Siracusa megalopolis, santua
rio di Ares, immerso nella guerra , nutrice divina di uomini e cavalli che
godono del ferro83; sempre Pindaro (P. II 58 ss.) aveva parlato di Ierone
come signore di eserciti e di città murate , tra i primi per ricchezze ed
onore . Timeo proprio a proposito dei menzionati versi iniziali della se
conda Pitica, era citato dallo scolio a riconferma di quanto Pindaro can-
"" Hdt. VII 1 58,4.
RI
Simon. XXXIV Page.
"' Cfr. P. I 71 ss.
H; P. II 1 -3.
Megale Hellas e Pitagorismo 209
tava CScho/. in Pind. P. II 2 Tim. 566 F 20 Jacoby). Un nesso inscindibile,
=
dunque, in Timeo legava l'esaltazione della grandezza dell'Re/las siceliota
ai Dinomenidi e in particolare a Gelone . Se di Sicilia come Megale Hellas
si doveva parlare , la Sicilia dei Dinomenidi era la migliore occasione in
cui lo si poteva fare e in cui, probabilmente, lo si sarà fatto.
Un'ultima osservazione è ancora possibile. A costruire il primato della
Sicilia , secondo Timeo, in Polibio, serviva altresì la preminenza nella
sophia. Sappiamo che egli apprezzava Epicarmo, che secondo lui carat
terizzava, accanto a Senofane e Ierone, un preciso momento della storia
dell'occidente grecoH4. Apprezzava , e parecchio, anche Empedocle, di
cui più volte e positivamente faceva menzione, dichiarandolo tra l'altro
discepolo di Pitagora8'i. Ancora particolarmente fiero era di ricordare i
successi retorici ottenuti in Grecia dal calcidese Gorgia86• Saranno stati
quindi questi personaggi in primis a fare per lui grande per sophia la
Sicilia. Ora, in Giamblico C VP. 1 66), alla Megale Hellas italiota , divenuta
famosa grazie ai Pitagorici, vengono ricondotti per la Sicilia quelli che
introdussero in Grecia le arti retoriche e i discorsi epidittici, i pensieri che
Epicarmo mutuava dai Pitagorici C VP. 266), il poema fisico di Empedocle.
La Sicilia in quanto Megale Hellas, che si intravede in Timeo attraverso le
parole di Polibio, assommava dunque in sé le due immagini che la Megale
Hellas italiota aveva lasciato di sé : la eudaimonia, incarnata in Sicilia da
Siracusa, in Italia da Sibari87, e la sophia, in entrambi i casi indebitata al
pitagorismo88• Era perciò degna di essere ricordata accanto all'altra.
6. La Megale Hellas e il pitagorismo
La connessione tra Magna Grecia e pitagorismo permea di sé tutte le
testimonianze che noi abbiamo della Megale Hellas dall'arrivo di Pitagora
alla grande crisi del pitagorismo di metà V secolo. Le abbiamo tutte già
citate: Timeo, Polibio, Cicerone, Valeria Massimo, Nicomaco, Giamblico.
In queste testimonianze la Megale Hellas è in generale il teatro dell'at
tività di Pitagora e dei Pitagorici. Ma si può ancora precisare. La Megale
Hellas, in quanto sede di molte città ricche e potenti CCic . Tusc. disp. IV
1 , 2 ; Val. Max. VIII 7, ext. 2) , in quanto fiorente CPorph. VP. 2; Jam. VP.
88) e famosa , offre a Pitagora e ai suoi scolari un ambiente adatto al loro
""' FGrHist 566 F 133.
"' Cfr. FGrHist 566 FF 2; 6; 14; 26; 30; 1 34.
H6 FGrHist 566 F 1 37; Diod. XII 53.
"' Così Timeo apud Athen. XII 523a-e.
'"' Cfr. Tim . , FGrHist 566 FF 13a e 1 4 .
210 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
insegnamento (Jam. VP 28). A questa Megale He/las Pitagora e i Pitagorici
conferiscono, a loro volta, ornamento e fama (Cic. Tusc. disp. V 1 0), utilità
e vantaggi (Jam. VP 1 33) .
L'insegnamento pitagorico si è esplicato soprattutto sul piano politico.
Disciplina, artes, praecepta, ma in particolare instituta pubblici e privati,
che costituivano una vera e propria sapientia regendae civitatis, secondo
le parole di Cicerone (De or. II 1 54).
Questo vuole dire che il momento dell'egemonia politica è compo
nente inscindibile della Magna Grecia pitagorica . Dunque prima il perio
do finale del VI secolo in cui Pitagorici politikoi e archikoi ressero, ac
canto a Pitagora , le città89, poi quello della prima metà del V in cui i suoi
discepoli, politikoi, oikonomikoi e nomothetikoi, introdussero leggi e
gestirono politeiat90. È l'epoca dei legislatori di Locri91 e di Reggio92, che
ripresero e rinnovarono le antiche leggi di Zaleuco e Caronda, adattan
dole alle esigenze del pitagorismo93. Così i Pitagorici poterono far diven
tare Zaleuco e Caronda giovani allievi di Pitagora vecchio94, e quindi
maturi ed attivi nella prima metà del V secolo, quando, dopo la caduta
delle tirannidi siceliote e regine dei loro alleati, si realizzò la liberazione
delle città e si rese necessaria una revisione aggiornata e corretta della
patriospoliteia e delle antiche legislazioni: noÀ.t'tEtaç cruyKEXUjlÉvaç ùta't(h
'tEtv95. Il nesso è ben evidente nella tradizione filopitagorica, ma l'altro
versante della tradizione, quello antipitagorico, lo conferma: il democra
tico Ninone, il grande avversario dei Pitagorici alla metà del V secolo, nel
racconto di Timeo in Apollonio96, accusa i Pitagorici di essere pronti a
elogiare le leggi degli altri, ÈnaivEtv 'tà 'tiDV O.Urov VOJltJ.ta, per poi atte
nersi in realtà solo alle proprie decisioni97: in altri termini, attribuisce loro
una prassi che riconduceva gli altrui nomima, le leggi di Zaleuco e Ca
ronda, a 'totç ixl>' a\mov ÈyvoxrjlÉvotç, a decisioni dei Pitagorici .
Successivamente l a connessione viene meno. Nella già citata Italia
dello pseudo Scimno (vv. 300 ss.), l'Italia ha un confine settentrionale
che corre da Terina, proverbialmente connessa alla Megale Hellas, ma
89
Porph. V:P. 1 29.
Aristox. fr. 1 8 Wehrli; Porph. V:P. 2 1 e 54; Jam. V:P. 33; 1 29; 2 1 4 .
90
9 1 J a m . V:P. 1 30 ; 1 7 2 ; 267. Sono ricordati come autori delle due legislazioni, l a
ginnasiarchica e quella d i Theokles: Theokles appunto, Phytios, Elicaone, Aristocrate,
Theaitetos.
92 Jam. V:P. 1 30; 1 72: il legislatore è Timares o Timaratos.
93 Cfr. Jam. V:P. 260.
94 Jam. V:P. 1 04.
9 ' Jam. V:P. 214.
96 Si veda, per indicazioni bibliografiche in proposito, la nota 48.
97 Jam. V:P. 260.
Megale Hellas e Pitagorismo 211
non a l pitagorismo, fino a Taranto; l'Italia comprende Turi, considerata
città achea, ma non Eraclea e coincide con la Megale Hellas, rompendo il
rapporto con Crotone , la cui prosperità è ormai svanita, e tornando a un
passato in cui i valori discriminanti sono quelli della eudaimonia Cvv.
324, 330, 332 e 337-360) e della popolosità Cvv. 324 e 34 1). Dionisio I
aggredisce la Maior Graecia che è tutta l'Italia in qualche modo elleniz
zata98. Platone viene a incontrare gli ultimi Pitagorici a Taranto e a Locri,
in una realtà che, a parte una fonte assai tarda e isolata come Gerolamo99,
non è Magna Grecia né per la tradizione platonica 100, né per quella peri
patetica, rappresentata da Teofrasto101 •
L'identificazione tra pitagorismo e Megale Hellas è, dunque, limitata al
pitagorismo di VI-V secolo. Il pitagorismo architeo e quello degli ultimi
pitagorici ne è fuori.
Questo significa una tradizione sul rapporto tra la storia del movimen
to pitagorico e la Megale Hellas consolidata e perfettamente localizzata
nel tempo e nello spazio. Di questa tradizione sono espressione le due
testimonianze che più da vicino stringono questo rapporto, quella di
Nicomaco e quella anonima di Giamblico VP. 1 66. Il primo dato che in
esse emerge, è quello ad entrambe comune della esclusione del pita
gorismo di IV secolo e di ambientazione tarantina: la Megale Hellas di
Nicomaco nasce, infatti, in diretto rapporto con la prima predicazione di
Pitagora a Crotone, l'altra , invece, ha come suoi esponenti tutte persona
lità occidentali e attive nel V secolo.
La testimonianza di Nicomaco si recupera attraverso la coincidenza
del racconto di Porfirio C VP. 20) e di Giamblico C VP. 30) relativo alle
conseguenze del primo contatto di Pitagora con l'Italia CPorph. VP 20) e
con Crotone (Jam. VP. 29) , evento celebrato, ma senza riferimento alla
Megale Hellas, anche da Dicearco Cfr. 33 Wehrli) . Obbligata , dunque,
l'esclusione di Dicearco, ma pur sempre difficile è precisare la fonte
ultima di Nicomaco; difficile è anche presupporre che si tratti della stessa
o delle stesse fonti individuabili per il successivo brano, pure di Nicomaco,
relativo all'opera di Pitagora e dei pitagorici in Italia e Sicilia .
Al passo sulla Megale Hellas segue infatti in Nicomaco Capud Porph.
VP. 21) un passo corrispondente a Giamblico, VP. 33, su ciò che di meri
tevole Pitagora e i Pitagorici hanno fatto in Italia e in Sicilia. La successione
dei due passi, immediata in Porfirio, ma non in Giamblico, sembra comun
que di matrice aristossenica: la citazione di Tauromenio invece che di
98 Trog.-Justin. XX 2 , 2 .
99 Adv. Rufin. I I I 40.
100
I passi sono indicati supra, alla nota 19.
101
Per i passi si vedano le note 18 e 19.
212 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Nasso, è anacronistica per il VI-V secolo, ma giustificata in una fonte che
scrive dopo il 348 a.C. 102; costituzioni delle città sono affidate ai discepoli
di Pitagora (Aristox. fr. 18 Wehrli); Zaleuco e Caronda sono allievi di Pitagora
(Aristox. fr. 43 Wehrli); ci sono discepoli italici di Pitagora (Aristox. fr. 17
Wehrli). Che però tutto il racconto dipenda con certezza da Aristosseno
non può dirsi: la menzione dei discepoli italici viene inserita con esplicita
citazione di Aristosseno dal solo Porfirio, e sembra riportata da un contesto
diverso103. Il ricordo delle politeiai affidate ai Pitagorici torna nel fr. 18
Wehrli d i Aristosseno, ma in u n contesto tutto crotoniate e italico, senza
riferimento a Zaleuco e Caronda, mentre nel fr. 43 Wehrli i due sono citati,
ma la loro opera è sganciata da ogni precisa localizzazione.
In ogni caso, la connessione dei due brani non è, come si notava, imme
diata. Il secondo passo segue immediatamente al primo solo in Porflrio, ma
non in Giamblico; e la Megale Hellas ha un'ambientazione tutta crotoniate e
italica, mentre nel passo successivo l'orizzonte spazia dall'Italia alla Sicilia,
che attrae la maggior parte dell'attenzione della fonte, perfmo sottolineando,
per un lettore non siceliota, che Tauromenio ha preso il posto di Nasso.
Converrà , dunque, lasciare da parte il problema delle fonti, tenendo
però ben presente che, dato il loro carattere e contenuto, la tradizione
presente nel secondo passo è pitagorica , ma certamente siceliota , mentre
la tradizione sulla Megale He/las lo vedremo ancora meglio tra poco
- -
è pure di provenienza pitagorica, ma specificamente italica .
La nostra fonte, infatti, descrive senza ombra di dubbio il sorgere del
movimento pitagorico. Arrivo di Pitagora in Italia e precisamente a Crotone.
Impatto col pubblico. Influenza avuta sugli ascoltatori, uomini e donne,
locali e non, che decidono di riunirsi a vita comune , per ascoltare il
maestro e seguire le regole da lui fissate . Fin qui concordava anche Di
cearco . Ma Nicomaco andava oltre, definendo più precisamente quanto
allora accaduto. Si trattava evidentemente della fondazione della etaireia,
con un numero determinato di adepti, duemila, e del relativo synedrion,
tipiche forme di aggregazione pitagorica104, ma il tutto seguendo un
1 02 Tauromenio fu fondata dai Nassii superstiti nel 348 a.C., sotto la guida di Andromaco,
padre di Timeo; nella tradizione pitagorica, tuttavia, è sempre Tauromenio a essere citata:
Porph. V:P. 21 e 27; Jam. V:P. 33; 1 1 2; 1 34; 1 36; 195. Evidentemente, la tradizione nasce dopo
il 348 e intende sottolineare le componenti nassie che hanno presieduto alla rifondazione.
Timeo non è il responsabile dell'operazione, perché negava l'esistenza di Zaleuco (FGrHist
566 F 1 30a) che è invece affiancato a Caronda da Porph. V:P. 21 Jam. V:P 33.
=
1 0-' Aristox. fr. 17 Wehrli non è riportato da Jam. V:P. 33 e, come altre e anonime
citazioni dimostrano, possiede una sua vita indipendente: D.L. VIII 14; )am. V:P 24 1 .
!().l Synedria: Dicaear. fr. 34 Wehrli; Polyb . II 39; Aristox. fr. 1 8 Wehrli; Plut. De gen.
Socr. 583a; D . L . VIII 39. Eterie: Dicaear. fr. 34 Wehrli; Aristox. fr. 18 Wehrli; Plut. De gen.
Socr. 583a; Porph. V:P 55; )am. V:P 177; 254; 259.
Megale Hellas e Pitagorismo 213
modello proprio della fondazione di una città : J.lE'tOtKtO"flOç, determina
zione di uno spazio comune, cruvotKtO"J.loç. I discepoli e i loro familiari
abbandonarono i precedenti luoghi di residenza: o"ÙKÉn o'iKaòe à1tÉO"'!TlO"av.
Costruirono un centro comune, un grande uditorio, e procedettero a un
comune noUçetv. Sono tutti gli atti costitutivi di una nuova città , di un
centro politico nuovo.
Quale fosse la funzione di tale centro e in che rapporto si poneva con
la città di Crotone, viene chiarito dal fatto che il nome attribuito fu quello
di Megale Hellas. Come dunque i discepoli di stretta osservanza erano,
per effetto del J.lE'tOtKtO"flOç, duemila, e non trecento10S, o seicento, come
a Crotone106, così l'oggetto del noUçn v , connesso a un cruvotKtO"J.lOç, non
era un polionimo, ma un coronimo. Sia Hellas, sia, e più ancora, Megale
Hellas, erano, infatti, dei coronimi, denominavano territori: Megale Hellas
corrispondeva per Polibio (II 39,1) esplicitamente ai -ronot Ka-rà 'tilv '1-raÀiav
sede dei sinedri pitagorici; Magna Grecia era, per Cicerone e Valeria
Massimo, la parte dell'Italia sede dell'attività di Pitagora e dei Pitagorici;
per nessuna fonte antica essa è una singola città con la sua specifica
chora. Dunque noÀicrat, noÀicrav-reç, qui usati, non possono essere tra
dotti ..fondare.. , .. fondando.. . La cosa, come ha già sottolineato il Casevitz,
è, infatti, normale quando l'oggetto è il nome di una città . Quando, al
contrario, l'oggetto del verbo è un territorio, come nel nostro caso, il
valore assunto è .. munire di una città, di un centro.. una regione che
prima ne era sprovvista107. Secondo la nostra fonte dunque, quel che i
discepoli di Pitagora fecero, fu di dotare di un centro 'politico' un territo
rio, la Megale Hellas, il quale ne era in precedenza privo. Megale Hellas,
in altri termini, fu lo spazio proprio della eteria pitagorica facente capo a
Pitagora e a Crotone: lo spazio dell'egemonia crotoniate, tradotta in ter
mini di pitagorismo, corrispondente ai -ronot Ka-rà 'tilv '1-raÀiav in cui,
secondo Polibio (Il 39, 1), avevano sede i sinedr1; secondo Plutarco (De
gen. Socr. 5 8 3a), ai Ka-rà noÀEtç É'tatpe"iat, coinvolte , perché collegate e
dipendenti da esso, nella crisi originatasi nel sinedrio di Crotone. L'eteria
dei duemila di Crotone, per effetto del JlE'tOtKtO"J.lOç e del cruvotKtO"J.lOç
attuato dai primi discepoli di Pitagora , era divenuta , dunque, la capitale
pitagorica di una regione pitagorizzata , concepibile come polis in questo
senso, ma anche, e non secondariamente , per il peso politico che le
varie eterie locali e quella centrale ebbero . Come , infatti, i membri della
eteria di Crotone CÌJKOVOJ.lOuv &p t ma -rà noÀtnKa, OOcr-te oxeoov àptmoKpanav
105 Trog.-justin. XX 4, 14; Jam. V.P. 254.
106 Cfr. Jam. V.P. 29.
1 07 M. Casevitz, Le vocabulaire de la colonisation en grec ancien . Etude lexicologique,
Paris 1985, 2 5 1 s. Cfr. anche LS] s. v. 7toA.içetv.
214 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
elvat 't'tÌV 1tOÀ.t'tetav108, così capitava che negli affari relativi alle politeiai,
le varie po/eis venissero amministrate, oÌKOVOJ..LEtcr6at, dalla KaÀ.oKayael.a
dei Pitagorici109.
In conclusione, la tradizione raccolta da Nicomaco si raccorda all'ege
monia di Crotone, alla descrizione che noi abbiamo del movimento
pitagorico e della sua distribuzione entro i confini di quella parte di Italia
che allora si diceva Megale Hellas, non negando, come nella traduzione
usuale del passo1 10, ma invece, come di regola, presupponendo l'esisten
za della denominazione . Non sarà fuor di luogo osservare che l'uso di
1toì..i çetv in questa accezione non è affatto comune: una volta in Erodoto,
al passivo (V 1 3) ; una volta in Senofonte (An. IV 6,4) ; una volta in Eforo
(FGrHist 70 F 1 1 7 apud Strabo VIII 5,4, 364) ; un'ultima volta in Plutarco
(Rom. 9,4) . Anche questo, dunque, conferma che la fonte ha scelto con
molta accuratezza il suo lessico.
Una seconda fonte affronta , in maniera specifica, il rapporto tra
pitagorismo e Megale Hellas ed è un passo di Giamblico: VP. 1 66. Grazie
al pitagorismo l'Italia tutta si riempì di filosofi: ne derivò come conse
guenza che mentre prima era ignota, assunse poi, in forza di ciò, il nome
di Megale Hellas. Vi furono moltissimi filosofi, poeti, legislatori. Arti reto
riche, discorsi epidittici, leggi scritte furono da costoro introdotte in Gre
cia . E tutti presero a citare per la fisica Empedocle e Parmenide, per
l'etica le massime di Epicarmo.
Ciascuna di queste affermazioni ha un preciso riscontro. La retorica,
secondo Aristotele (frr. 65 e 1 37 Rose= 39 e 1 2 5 Gigon) era stata scoper
ta da Empedocle, che fu maestro di Gorgia , colui che, secondo Timeo
(FGrHist 566 F 1 38) , la fece poi conoscere in Grecia . Essa, sempre secon
do Aristotele Cfr. 1 37 Rose = 1 25 Gigon) , prese corpo in Sicilia dopo la
caduta dei tiranni, ossia nel tempo in cui, secondo la tradizione pitagorica,
i discepoli di Pitagora dispiegarono la loro azione di liberazione e restau
razione 1 1 1 . Toccò poi a Gorgia, secondo Timeo, introdurla in Grecia.
L'invenzione delle leggi scritte era da Eforo (FGrHist 70 F 1 39) attribuita
a Zaleuco e questi, sempre nella tradizione pitagorica , passava per uno
dei discepoli giovani di Pitagora vecchio112, insieme a Caronda, divenuto
attivo collaboratore di Zaleuco nelle città siceliote liberate113.
IDA
D.L. VIII 3; cfr. anche Jam. V.P. 254.
1 09 Aristox. fr. 18 Wehrli.
110
La traduzione usuale è: ·fondarono la universalmente celebrata Magna Grecia·
(Montoneri); ·fondarono quella che da tutti è chiamata Magna Grecia· (Giangiulio) .
111
Cfr. Jam. V.P. 1 30 ; 172.
112
Jam. V.P. 104.
113
Così Nicomaco apud Porph. V.P. 21 = Jam. V.P. 34; 1 39.
Megale Hellas e Pitagorismo 215
Empedocle, l a cui akme e ra posta nel 464/0 a.C., passava per discepolo
di Pitagora che, come Platone, si era appropriato della sua operam. Allo
stesso modo, pitagorico era ritenuto anche Parmenide, il legislatore di Elea116•
L'inserimento che sembra suggerito di Elea nell'Italia, è per la prima
volta attestato da Dicearco (fr. 39 Wehrli) e coerente con l'inserimento,
egualmente attestato a partire dal IV secolo, della Campania117, del Lazio
meridionale118 e poi della stessa Roma1 19 nell'Italia .
Epicarmo era pure ritenuto pitagorico (Jam. VP. 266 e 267) e le sue
gnomai godettero di particolare fortuna in Grecia presso Senofonte120,
Platone121 , Aristotele122, che, proprio come vuole il passo di Giamblico, le
citavano.
Insomma , i materiali assemblati per questo bilancio dell'apporto pita
gorico alla civiltà dell'occidente greco e della stessa Grecia sono quelli
correnti nel IV secolo, l'età di Archita e del pitagorismo tarantino. Un
pitagorismo politico certo, ma anche, in quanto sulla scia della distinzio
ne tra matematici e acusmatici, creativo e aperto a interessi culturali più
vasti123. Ma proprio di questo pitagorismo nessun conto viene fatto nel
nostro passo: Archita, il pitagorismo di Metaponto, Eraclea e Taranto, che
in Archita si riassumeva, è totalmente assente124. L'orizzonte prescelto è
rigorosamente ancorato al V secolo e alle manifestazioni del pitagorismo
nell'area da Elea alla Sicilia .
L'attività dei nomoteti pitagorici si era realizzata, in Italia e Sicilia,
dopo la caduta delle tirannidi ad Agrigento (472 a.C.), Siracusa (466/5),
Reggio (461/0)125• Empedocle di Agrigento aveva avuto la sua akme nel
114
Sudas.v. 'EJ,L7teOOKÀ.�ç.
11'
FGrHist 566 F 14.
116
Strabo VI 1 , 1 , 252; Procl. In Parm. I 6 1 9,4; Jam. V.P. 267; Anon. apud Phot. Bibl.
VII codex 249, 439a .
11c
Per le fonti, si veda la nota 18.
118
Formia è Italia per Tim. , FGrHist 566 F 85 . Il Circeo è tale per Ps. Arist. Mir. 78.
119
A Roma spetta l'Italia secondo il trattato di Filino: Polyb. III 26,2-3.
120
Mem. II 1 , 20.
121
Plat. Tbeaet. 1 52d-e; Gorg. 506; cfr. anche Alcim. , FGrHist 560 F 6 .
122
Arist. Rhet. 1 394b1 3 ; 1 4 1 0b5; Metaph. 1 086a 16; 1 0 1 0a5; Eth. Nic. 1 067b; De gen.
anim. 724b.
123
La distinzione tra matematici (Jam. V.P. 87; De comm. math. se. 25) e acusmatici o
tradizionalisti (Jam. V.P. 81 ; De an. apud Stob. I 49,32, p. 364,8 Wachsmuth; In Nic. p. 10,
20 ss. Pistelli; Syrian. Comm. in Aristot. Metaph. 1080b 16, p. 1 23,7 Kroll) si deve a Ippaso,
contro il quale si appuntarono le critiche dei tradizionalisti.
124
Jam. V.P. 266.
m La tirannide ebbe fine ad Agrigento e Imera nel 472 (cfr. Diod. XI 76,3; per Imera,
Pind. 0/. XII l; Diod. XI 76,3); a Siracusa nel 466/5 (Diod. XI 67-68); a Naxos (Tauromenio),
Catania e Reggio nel 461 /0 a.C. (Diod. XI 76,3-5) .
216 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
464-460. Parmenide era stato legislatore di Elea e ormai sessantacinquenne
giungeva famoso e rispettato ad Atene, incontrandovi Socrate giovane,
intorno agli anni in cui Pericle rivolgeva i suoi interessi alla Sibaritide126.
Epicarmo era attivo nella Siracusa di lerone , tra il 477 e il 467 a.C. 1 2' .
Ma il V secolo cui si fa riferimento non è quello della Megale Hellas di
Nicomaco, una Megale Hellas acheo-crotoniate, chiusa nell'ambito dell'e
teria, tutta acusmatica e politica, la Megale He/las che era andata incontro
alla crisi della metà di V secolo. Il pitagorismo crotoniate è assente tanto
quanto quello tarantino. Il pitagorismo politico dei nomoteti è citato, ma
resta del tutto anonimo e delocalizzato. Altri aspetti , e non precisamente
politici, entrano in gioco: arti retoriche e discorsi epidittici, fisica , etica .
Personalità esterne al sodalizio, come fu Epicarmo128, entrano in gioco.
L'orizzonte non è più rigidamente acheo, ma italico, siceliota, ellenico,
cronologicamente e spazialmente ben delimitato: segno di una tradizio
ne forte e ben datata e non di tarde fermentazioni.
La crisi di metà V secolo viene dunque metabolizzata . Il pitagorismo
non va più valutato secondo un'ottica esclusivamente politica e achea :
seguendo questa via , lo sbocco obbligato era la conclusione di Dicearco
Cfr. 34 Wehrli) : Pitagora e i Pitagorici protagonisti di un'esperienza falli
mentare . Altro doveva essere l'ambito considerato se una valutazione
positiva del pitagorismo si voleva proporre: italico, siceliota , ellenico.
Altro doveva essere l'ambito italico valorizzato se non si voleva , come
nella tradizione raccolta dallo pseudo Scimno (vv. 300 ss.), accettare
l'ottica turina e tarantina della eudaimonia: l'Italia aperta a Elea e l'Italia
tutta che, prima misconosciuta , i Pitagorici resero partecipe del nome di
Megale Hellas, una denominazione un tempo appannaggio dell'area achea
e di una parte soltanto dell'antica ltalla, di cui il pitagorismo, in forza del
suo passato, si riteneva unico legittimo erede .
In conclusione, il pitagorismo non solo dispiegò la sua attività nella
Megale Hellas e si giovò della sua prosperità , ma se ne fece anche
valorizzatore e diffusore .
126
Cfr. Plat. Parm. 1 27a; 7beaet. 183e; Soph. 2 1 7 . Socrate, nato nel 470/69 a.C. , poteva
essere detto molto giovane tra il 450 e il 445 , gli anni in cui Pericle cominciava a guardare
all'Occidente e quindi a preoccupare Elea. Il suo presunto rapporto con il pitagorismo e
la legislazione (D.L. IX 23; Strabo V1 1 , 1 , 252; Plut. Adv. Colot. 1 1 26a) doveva porsi in
epoca anteriore.
127
Tim . , FGrHist 566 F 1 3 3 ; Jam. VP. 266.
Ili< Cfr. Jam. VP. 266.
CAPITOLO III
Da Poseidonia a Paestum
L'attuale Paestum assunse questo nome solo a partire dal III secolo
a . C . La colonia greca che la precedette si chiamava invece Poseidonia o
meglio, Poseidania, dal momento che i coloni parlavano il dialetto dorico
e non quello attico . La colonia si trovava al centro di un golfo, il golfo
poseidoniate o pestano, i cui limiti erano rappresentati dal promontorio
di Sorrento da un lato e dal promontorio di Agropoli dall'altro. Il pro
montorio di Sorrento prendeva nome di Athenaion dal tempio di Athena
situato sulla Punta della Campanella, ma si era anche chiamato promon
torio delle Seirenoussai, per il fatto che vi avevano trovato sede il culto e
il tempio delle Sirene1• Il promontorio di Agropoli era invece la sede di
un importante tempio di Poseidon ed era fronteggiato dall'isola sulla
quale la tradizione voleva che fosse stata portata dalla corrente la sirena
Leucosia, dopo il suicidio delle Sirene, motivato dal fatto che non erano
riuscite ad impedire il passaggio di Ulisse2.
In quest'area del golfo pestano erano già arrivati dei Greci durante
l'età del bronzo. Frammenti micenei sono stati infatti trovati sia a Paestum
che ad Eboli, mentre bronzi micenei sono documentati a Pertosa e Polla .
L'episodio più rilevante è quello di Montedoro di Eboli, dove la ceramica
micenea è solo in minima parte importata, mentre il più è frutto di imita
zioni locali. Negli altri luoghi citati, i documenti micenei sono meno
rilevanti o, come nel caso delle due località più interne, Pertosa e Polla ,
frutto di scambi interni allo stesso mondo indigeno. Questi scambi erano
resi possibili dalla presenza di comunità organizzate capaci di attirare i
1 Strabo VI 1 , 1 , 252.
2 Lyc. Alex. 722-725.
218 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
mercanti micenei e queste condizioni esistevano in particolare nell'inse
diamento di Montedoro. Il fatto però che le importazioni siano molto
ridotte, mentre appaiono imitazioni della ceramica micenea , lascia capire
che oltre agli scambi dovette esserci un qualche rapporto con artigiani
micenei. Tuttavia la comunità restò totalmente indigena; le importazioni
sembrano limitate ad oggetti di prestigio, mentre il commercio miceneo
in generale nell'Occidente non ha quei caratteri di organizzazione posse
duti dai rapporti dello stesso mondo miceneo con i più evoluti stati del
Mediterraneo orientale. Questi rapporti con l'area del golfo pestano e del
suo retroterra non ebbero poi una grande durata, limitati come sono ai
secoli XII e XI a.C. La possibilità quindi che all'interno di questi rapporti
si sia operata una qualche trasmissione di ideologie, culti, riti, miti micenei
alle popolazioni locali sembra dunque assai remota.
D'altra parte i miti greci presenti nell'area appaiono in generale tardi
sviluppi di motivi preesistenti ma indipendenti da quest'area. La presenza
degli Argonauti nel Tirreno e quindi il loro arrivo alla foce del Sele per
fondarvi il tempio di Hera non è concepibile se non dopo che i viaggi degli
Argonauti siano stati sganciati dall'Oriente e dal Ponto, dove erano origina
riamente ambientati. Analoga è la situazione per quanto riguarda il mito
delle Sirene connesso ai viaggi di Ulisse, che non può essere stato localizza
to in Occidente, prima che ivi venissero localizzati la sede di Circe e quindi
l'Averno omerico. La localizzazione dell'isola di Circe nel Tirreno, si trova,
però, per la prima volta nella parte fmale e più recente della Teogonia di
Esiodo3 ed è proprio a partire da questa localizzazione che l'Averno prima
e le Sirene poi vengono localizzate sulle coste della Campania. Non diversa
è la situazione se guardiamo al mito di Herakles che sarebbe passato con la
mandria sottratta a Gerione prima in Campania e poi nella zona di Paestum4•
Anche questo mito è sviluppo recente a partire da un'originaria mitica loca
lizzazione delle vacche di Gerione in un'isola di là dall'Oceano, ai confmi
stessi del mondo, almeno secondo la visione degli antichi5.
I rapporti di quest'area con il mondo greco ripresero più tardi a parti
re dalla metà dell'VIII secolo, aprendo un capitolo del tutto nuovo e
trovando degli interlocutori nelle comunità etruschizzate di Pontecagnano
e dell'Arenosola. Queste comunità avevano cominciato a svilupparsi già
nel IX secolo, ma è a partire dalla metà dell'VIII che comincia il periodo
del loro maggiore sviluppo. Questo sviluppo appare dovuto ad una
molteplicità di fattori: entrano in gioco i rapporti con la cultura villanoviana
dell'Etruria e del Lazio settentrionale, i rapporti con la Daunia, ossia con
3 Hes. Theog. 1 0 1 1 ss.
• Diod. IV 22,3
s Hes. Theog. 287 ss. ; 979 ss.
Da Poseidonia a Paestum 219
la Puglia settentrionale, e infine soprattutto i rapporti con i Greci che nel
frattempo si erano insediati ad Ischia, l'antica Pitecussa . Si tratta di rap
porti che da un lato avvengono via mare, dall'altro via terra, seguendo il
corso prima del Sele e poi dell'Ofanto. Il risultato di questo sviluppo sono
le tombe principesche di Pontecagnano, del secondo quarto del VII secolo
e una accentuata differenziazione sociale, indotta dal sommarsi delle rela
zioni di commercio con lo sviluppo dell'agricoltura. Se questa era la realtà
sulla destra del Sele, non molto diversa era la situazione sulla sinistra dello
stesso fiume, ossia nell'area della futura colonia. Anche qui nuclei di indi
geni sono testimoniati in particolare in due località, il colle Rovine di Pal
ma e le colline di Tempalta . La cultura prevalente risente dell'influenza di
Pontecagnano e dell'Arenosola, ma non vi si adegua del tutto per la pre
senza di una serie di elementi derivati dalla precedente tradizione locale.
Tutto ciò è assai interessante perché permette di individuare già in que
st'epoca una funzione discriminatoria svolta dal corso del Sele.
Il corso di questo fiume ha avuto costantemente nell'antichità il ruolo
di confine tra l'agro picentino a nord, la zona di Pontecagnano per inten
derei, e l'area a sud, prima definita come Oinotria poi come Italid', poi
ancora come Leukania7, mentre nell'area a nord prima citata venivano
localizzate altre popolazioni: Ausoni prima8, poi Aminei Pelasgi9, quindi
esplicitamente Etruschi 10.
La colonia sorse alla fine del VII secolo a.C. come l'insieme della
documentazione archeologica conferma . Fondatori ne furono secondo
Strabone11 e pseudo Scimno12, i Sibariti. Pseudo Scimno risale in genere a
fonti di IV secolo, Eforo e in seconda istanza Timeo. Strabone utilizza la
documentazione storica e geografica a lui preesistente e in questo caso
appare evidente che questa informazione risale a fonti greche locali. Si
ricordano infatti dei particolari, come quello della doppia fondazione,
che solo una fonte locale poteva conoscere.
Un'altra tradizione che risale ad un autore molto più tardo, Solino13,
dice che la colonia fu fondata dai Dori e quindi non dagli Achei di Sibari
che Dori non si consideravano. Il fatto che Aristotele14 ricordi Trezeni
presenti a Sibari fin dalla fondazione ha fatto pensare che i Dori in que-
6 Strabo VI 1 , 1 , 209.
7 Ps. Scyl. 1 2 , 1 4 .
8 Steph. Byz. s. v. MaJ.t<ipKtva.
9 Arist. fr. 495 Rose = 505 Gigon.
1 0 Plin. N.H. III 70.
1 1 Strabo VI 1 , 1 , 252.
12
Ps. Scymn. 246.
1 3 Sol. II 10.
1 4 Arist. Poi. V 2,10.
220 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
stione siano appunto i Trezeni, che Aristotele dice essere stati in un
secondo momento scacciati dagli Achei di Sibari, A questa notizia se ne
sono collegate altre che parlano di una Trezene nell'Italia Massaliotica,
ossia nell'area in cui sorge Velia, la colonia focea subito a sud di Poseidonia.
Si aggiunga infine il fatto che Trezene venerava in maniera particolare
Poseidon e anzi si era chiamata in origine anch'essa Poseidonia. Di qui la
conclusione che la fondazione di Poseidonia fosse stata in realtà opera dei
TrezenL La conclusione può anche accettarsi, ma senza negare che l'inizia
tiva prima e decisiva fu, come pseudo Scimno e Strabone sottolineano
esplicitamente, degli Achei di Sibari, ai quali si richiama l'insieme dei culti
della colonia. Hera è divinità assai importante nelle colonie achee, Sibari,
Crotone, Metaponto, mentre Poseidon è la divinità altrettanto importante
dell'Acaia del Peloponneso, terra di provenienza dei coloni, Achea perché
presente anche a Crotone è la collocazione di due importanti templi extra
murani proprio ai limiti settentrionale e meridionale del territorio. Va ricor
dato inoltre, che sotto la protezione proprio di Hera Argiva da un lato e di
Poseidon dall'altro già nell' Iliadè s, venivano posti gli Achei del Peloponneso,
di cui gli Achei dell'Achaia si ritenevano unici e legittimi eredi, Né va
dimenticato infine il fatto che se l'Hera del Sele è connessa a Giasone e agli
Argonauti, Poseidon Enipeus del promontorio di Agropoli è il padre dei
tessali Pelia e Neleo, fratelli di Aison, padre di Giasone, ed è proprio Pelia
il responsabile della spedizione di Giasone alla ricerca del vello d'oro.
In altri termini l'impianto cultuale di Poseidonia è acheo e achee ne
sono le tradizioni, se e vero che è proprio degli Achei del Peloponneso
come dell'Italia richiamarsi al mondo beotico e tessalo. A Metaponto si
localizzava la leggenda di Aiolos e Boiotos e il culto dei Neleidi, discen
denti di Poseidon Enipeus16. Sibari e Crotone si dividevano il culto di
Filottete, eroe della tessalica Magnesia e della Achaia Ftiotide17. Nel tem
pio di Hera Lacinia a Crotone si celebravano Achille, eroe dell'Achaia
Ftiotide, e sua madre TetP8. Achaios, l'acheo per eccellenza, era l'eponimo
e dell'Achaia peloponnesiaca e dell'Achaia Ftiotide19.
Il primo impianto fu costituito, come dice Strabone, da una fortificazione
sul mare, cui poi seguì il vero e proprio insediamento coloniale un po'
più all'interno. Questa fondazione in due tempi non è una cosa nuova
nell'esperienza coloniale dei Greci: qualcosa di simile avviene per esem
pio per Cuma e per Zancle-Messina . In questo caso va notato il fatto che
" Horn. Il. VIII 203 .
1 6 Strabo VI 1 , 1 5 , 264-265 .
1 - Strabo VI 1 , 2 , 254; Ps. Arist. Mir. 107.
18
Lyc. Alex. 859 ss.
1 9 Hdt. II 98; Paus. VII 1 ,5-6.
Da Poseidonia a Paestum 221
il primo insediamento sul mare ha una collocazione per così dire margi
nale rispetto al territorio, a stretto contatto con le navi che rappresentano
il legame diretto con la madre patria . Il secondo insediamento invece è
caratterizzato dal mutamento della sede e dall'insediamento definitivo
dei coloni . Il primo insediamento, quindi, deve essere visto come una
premessa di carattere più precario e limitato rispetto alla colonia , con i
suoi abitanti regolari, il suo territorio, la sua piena indipendenza politica.
Molto si è discusso circa la localizzazione della originaria fortificazione:
alla foce del Sele, nei pressi della città, nella zona di Agropoli. Difficile è
la scelta, mancando conferme archeologiche e non essendo molto perspi
cuo il testo di Strabone. È chiaro in ogni caso che diversa è la funzione
attribuita a questo primo insediamento, se lo si colloca alla foce del Sele :
in questo caso lo si potrebbe anche concepire come uno scalo orientato
al rapporto con le ricche comunità della destra del fiume . Se invece la
fortificazione viene collocata più a sud, nell'area della città o verso Agropoli,
si deve pensare piuttosto ad una prima fase di familiarizzazione con l'area
della futura colonia , qualcosa di simile alla ispezione dei luoghi che prima
della fondazione di Crotone achea l'ecista Miscello compie.
È nel corso del VI secolo che la colonia si struttura. Nascono i grandi
santuari: il tempio di Hera alla foce del Sele nasce già alla fine del VII
secolo a.C. , ma la 'Basilica' di Hera e il tempio di Athena (c.d. di Cerere)
nascono nella città nel corso del VI secolo. Alla fine del VI viene costru
ito, probabilmente presso l'agora, il sacello ipogeico, che tutto lascia
supporre celebri l'ignoto ecista della città . Alla fine del V sorge il terzo
grande tempio cittadino dedicato anch'esso ad Hera (c.d. tempio di Nettu
no) . Nel territorio sorgono altre sedi di culto: a Fonte di Roccadaspide un
luogo di culto dedicato ad Hera comincia ad esistere dall'inizio del VI
secolo; un secondo luogo di culto alla metà del VI appare in località
Getsemani, mentre un altro luogo di culto appare alla metà del secolo in
località Acqua che Bolle . Agli inizi del V si manifesta il culto di Demetra
ad Albanella . Sempre nel VI si documenta l'esistenza di un tempio nella
zona di Agropoli, probabilmente il tempio di Poseidon, ricordato dalla
tradizione come situato sul promontorio in prossimità di un fiume Is, al
quale anche monete cittadine di fine VI secolo alludono. In questo modo
è possibile definire il territorio della città come estendentesi dal Sele ad
Agropoli e all'interno delimitato dal corso del Calore e dai monti Cilentani.
Questo territorio è attraversato da strade le quali menano da un lato
verso il nord fino a raggiungere il corso del Sele , dall'altro verso il sud,
verso Agropoli. A nord del Sele si poteva raggiungere la località di Marcina,
che permetteva, come dice Strabone20, il passaggio a Nocera e di qui
20 Strabo VI 4 , 1 3 , 25 1 .
222 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
nella valle del Sarno e a Pompei. Seguendo il corso del Sele e quello del
Calore si poteva pervenire nel Vallo di Diano. A sud invece , la via verso
Agropoli permetteva anche di raggiungere Velia . La città era anche prov
vista di porti, uno alla foce del Sele, il così detto portus A/burnus, citato
da Lucilio21 , l'altro in prossimità della porta Marina e quindi porto cittadi
no, il terzo ovviamente ad Agropoli.
È intorno a queste strade e a questi porti che si articola la storia della
città . La tradizione più antica ha caratteri mitici e ruota, come si è detto,
intorno agli Argonauti, alle Sirene e ad Herakles . Tutto ciò ha un preciso
significato. Fondazione di Giasone e degli Argonauti era detto il tempio
di Hera alla foce del Sele. Ora la tradizione argonautica ha come suo
carattere distintivo di essere legata da un lato alla navigazione, dall'altro
ai percorsi fluviali e terrestri. La presenza degli Argonauti alla foce del
Sele, vuole, dunque, nell'ottica arcaica, alludere alle molteplici funzioni
che l'area possedeva . Il porto ivi esistente si collegava all'insieme delle
navigazioni nel Tirreno. La via d'acqua costituiva, come si è già accenna
to, un'importante via di comunicazione, da un lato verso l'Ofanto e la
Puglia settentrionale, l'antica Daunia, dall'altro verso il Vallo di Diano e il
comprensorio costituito dalla valle dell'Agri. D'altra parte proprio dal
Sele doveva partire quel percorso che Strabone ricorda verso il promon
torio sorrentino e la Campania .
Il ruolo svolto in età arcaica dall'area di Agropoli è sottolineato dalla
presenza in loco del culto della sirena Leucosia. Questa sirena aveva
avuto la sua sede da viva sulle coste della penisola sorrentina e aveva poi
culto insieme alle sue due compagne, Partenope e Ligeia , sul versante
settentrionale dello stesso promontorio. Questo culto, dunque, indicava
il collegamento, che si voleva antichissimo, del promontorio di Agropoli
e relativo porto con il golfo di Napoli, allora però ancora denominato
golfo di Cuma . Né basta, perché al fiume ls, collocato da Licofrone nei
pressi del tempio di Poseidon e dell'isola della Sirena , si riconnetteva il
passaggio di Herakles con le sue vacche attraverso il territorio di Poseido
nia : evidentemente la tradizione arcaica voleva sottolineare il ruolo della
strada che da Agropoli portava verso il sud.
Secondo queste premesse si sviluppa la storia di Poseidonia nel VI
secolo a . C . , così come è possibile ricostruirla. Poseidonia ha un ruolo di
primo piano nella fondazione della colonia di Velia, nell'area a sud della
stessa Poseidonia . È un uomo di Poseidonia, come dice Erodoto, che
indirizza i Focei, reduci dalla sconfitta ad opera degli Etruschi e dei Carta
ginesi nelle acque del mare di Sardegna , nella terra degli Enotri, dove
essi prenderanno possesso del sito della colonia . A questa prima testimo-
21
Fr. 1 2 5 Marx.
Da Poseidonia a Paestum 223
nianza sul collegamento tra Poseidonia e Velia si unisce quella offerta
dalla monetazione incusa di Poseidonia, a partire dal 530 a.C. La moneta
di Poseidonia infatti viene coniata sullo stesso piede di quella di Velia,
mostrando così una volontà cosciente di collegamento. Velia giocava nel
Tirreno un ruolo di primo piano, collegandosi da un lato a Reggio, primo
rifugio dei Focei sconfitti nella battaglia del mare Sardo, dall'altro alla
Campania, all'Etruria, alla lontana Massalia, l'odierna Marsiglia, anch'essa
colonia dei Focei e coinvolta nelle vicende dello scontro con Etruschi e
Cartaginesi. Come si vede, l'arco di interessi coperti attraverso il collega
mento con Velia è sostanzialmente identico a quello coperto dalle tradi
zioni mitiche prima ricordate . Gli Argonauti avevano nel Tirreno fatto
tappa , prima che a Poseidonia, alle foci del Rodano, ossia nell'area di
Massalia, in Etruria e nel Lazio meridionale, presso Circe. La sirena Leucosia
aveva avuto come compagne non solo la sirena eponima di Partenope,
la futura Neapolis , ma anche Ligeia, la sirena di Terina , colonia crotoniate
nell'area dell'odierna Lamezia.
Sempre a quest'epoca deve riferirsi il testo di un trattato tra Sibari e la
popolazione non meglio nota dei Serdaioi. Nel trattato, il cui testo ci è
pervenuto grazie ad una fortunata scoperta in Olimpia22, Poseidonia ap
pare quale garante dell'amicizia e dell'alleanza tra Sibari, i suoi alleati e i
citati Serdaioi. Si è molto discusso sulla identità e localizzazione di questi
Serdaioi . Si è pensato ad una popolazione della Sardegna, ma è più
corretto propendere per una popolazione intermedia tra Poseidonia e la
stessa Sibari.
In ogni caso il trattato fa capire perfettamente il ruolo di Poseidonia
rispetto a Sibari. Città indubbiamente indipendente, ma garante delle
relazioni che Sibari e i suoi alleati instaurano: dunque un elemento por
tante della politica di Sibari sul Tirreno. Si intravede una vera e propria
distribuzione dei ruoli tra le due città . Sibari si riservava l'area tirrenica
meridionale da Laos (l'odierna Marcellina) al golfo di Policastro, nel qua
le si collocano le esperienze monetali di tipo sibarita connesse a Siris
Pixunte (Bussento) e a Palinuro-Molpa ; Poseidonia , invece, controllava
l'area centro settentrionale, attraverso il rapporto con Velia a sud e con
l'agro picentino e la Campania a nord.
Nell'area a settentrione del Sele l'influenza e il ruolo di Poseidonia
possono essere variamente verificati. Alla metà del VI secolo si colloca la
tomba di Fravita, sulla via verso la confluenza tra Sele e Calore, con
corredo e sepolcro di tipo poseidoniate. Sempre nello stesso periodo
all'intesa tra Poseidonia e Velia va ricondotta la diffusione in area campa
na di anfore vinarie greche, greco-coloniali e jonico-marsigliesi.
22
Nr. 10 Meiggs-Lewis.
224 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Alla seconda metà del VI secolo risalgono le iscrizioni in alfabeto
acheo sia da Fratte che da Pontecagnano. A questa influenza di Poseidonia
vanno evidentemente riconnesse le tradizioni relative alla presenza di
Aminei pelasgi provenienti dalla Tessaglia nell'agro picentino: Pelasgi
tessali sono di regola gli Etruschi nelle tradizioni che li vogliono connessi
ai Greci. Tradizioni pelasgiche d'altra parte riaffiorano nella Valle del
Sarno, il rapporto con Poseidonia risulta ancora più evidente per il fatto
che l'area di provenienza sembrerebbe l'Argolide e in particolare Trezene ,
alla quale, come sappiamo, i Poseidoniati possono in qualche modo es
sere riconnessi.
Se ci fosse anche ingerenza diretta di Sibari in quest'area non è certo.
Non è difatti credibile, anzi è probabilmente da escludere, che le monete
con legenda AMI siano da collegare con gli Aminei dell'agro Picentino.
La situazione in cui Poseidonia veniva ad inserirsi mutò radicalmente
negli ultimi anni del VI secolo. Gli Etruschi entrati in conflitto con Cuma
furono sconfitti per terra nel 525 e per mare nel 474 a.C. nei pressi della
città . Sibari entrò in guerra con Crotone e venne vinta e distrutta nel 5 1 0 .
Nella Jonia l e colonie greche ribellatesi alla Persia erano state sconfitte e
sottomesse nel 494. In Sicilia Gelone di Siracusa sconfiggeva i Cartaginesi
ad Himera nel 480, mentre in Grecia toccava alla Persia d'essere sconfit
ta , prima a Salamina nel 480 e poi a Platea nel 479 a.C. Tutto un sistema
di relazioni e di scambi, nell'ambito del quale si era affermata la cosid
detta cultura orientalizzante, ebbe così fine. Poseidonia che a questi traf
fici si era collegata attraverso Velia e attraverso Sibari, ne risentì immedia
tamente . La monetazione incusa cessò per riprendere poco dopo ma con
diversa tecnica e diverso peso. La nuova realtà vedeva altri protagonisti
sulla scena del Tirreno e dell'Italia achea : Siracusa, Atene, il pitagorismo
crotoniate .
Poseidonia riafferma la sua identità : è proprio alla fine del VI secolo
come si è detto che essa costruisce il sacello per il suo ignoto ecista . In
passato si è sostenuto che l'eroe in esso celebrato fosse Is, l'ecista stesso
di Sibari ricordato da Strabone23; che le monete di Poseidonia con la
legenda fili. si richiamassero allo stesso personaggio e che quindi il
sacello stesso fosse la prova dell'arrivo di fuggiaschi sibariti nella colonia
e coincidesse con la fondazione sibarita della colonia che non era , quin
di, anteriore al 5 1 0 a.C. Oggi questa tesi non è più sostenibile. Come si è
visto, di segno acheo è l'impianto stesso della colonia . A ciò si aggiunga
che le monete con fili. sono di alcuni decenni più antiche della distru
zione di Sibari e che Is nella tradizione poseidoniate è presente come
nome di fiume presso il tempio di Poseidon di Agropoli, e connesso al
2·' Strabo VI 1 , 13, 264 .
Da Poseidonia a Paestum 225
passaggio di Herakles nella zona . Se rapporto, dunque, tra l'ecista di
Sibari e lo II: o fili: di Poseidonia c'è, esso non è né recente né imme
diato, ma da tempo e con diversa valenza inserito nelle tradizioni della
colonia .
Poseidonia riscopre le sue radici achee . La città che si era in un primo
momento avvicinata al pitagorismo sibarita e metapontino, si orienta ora
in senso anti-crotoniate. A partire dal 475 circa essa riprende le sue conia
zioni, che ora sono a doppio rilievo e su piede non più velino ma acheo.
Né basta, che il tipo del rovescio diviene ora il toro con testa di profilo,
presente già sulle monete di Laos, rifugio dei Sibariti dopo il 5 1 0 , e
ripreso sulle monete della terza Sibari, quella rifondata nel 453 a . C . dai
reduci sibariti in opposizione a Crotone . Parallelamente matura la rottura
politica oltre che economica con Velia: Strabone ricorda che Velia dovet
te affrontare in guerra i Poseidoniati e i Lucani riuscendo vincitrice grazie
alle buone leggi ricevute dai pitagorici Parmenide e Zenone. Il fatto che
compaiano in questa tradizione affiancati Poseidoniati e Lucani non pare
casuale. La politica di intervento nell'area achea portata avanti da Poseido
nia nella seconda metà del V secolo a.C. la portava inevitabilmente ad
incontrare i Lucani presenti nell'area fin dal momento della fondazione,
sul territorio di Sibari, della nuova colonia panellenica di Turi. Agli inizi
del IV secolo, poi, i Lucani, sempre nella stessa area, appaiono ormai
padroni di Laos .
Non fa meraviglia , quindi, che la città sia caduta in mano dei Lucani.
La data non è conservata dalla tradizione ma risulta abbastanza chiara
dalla documentazione numismatica e archeologica . La moneta entra in
rapporto con le emissioni della campana Hyria e presenta motivi tipica
mente lucani e sanniti come la stele e l'olia. L'ideologia funeraria rompe,
a partire dalla fine del V secolo, con le tradizioni greche: i corredi si
fanno ricchi, appaiono le armi e le pitture funerarie si ricollegano stretta
mente a tradizioni italiche . Appare il motivo del ritorno vittorioso del
guerriero che la donna accoglie con il vaso per libagioni; appaiono le
classi di età connotate in senso militare; si evidenzia il formarsi di una
oligarchia e l'evoluzione verso una comunità che riduce via via il peso
delle armi esplicitamente esibite a favore dei simboli della saggezza e del
potere magistratuale. Anche nel territorio, a partire almeno dal secondo
quarto del IV secolo, appaiono notevoli modifiche: il territorio si popola
e le colture sembrano ora più precisamente caratterizzarsi in rapporto
alla arboricoltura e alla viticoltura. Appaiono divinità italiche come Giove
e nomi italici di dedicanti come Statios o di incisori come Dossennos, se
non si tratta, come altri pensa, di un magistrato.
Tuttavia segni di continuità non mancano. I luoghi di culto nella città
e nel territorio continuano la loro vita . Le emissioni monetali continuano
secondo tecniche , tipi, legende greche . L'artigianato segue tradizioni gre-
226 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
che e le firme sono greche. Fatto ancora più significativo, tra i Pitagorici
di Poseidonia sono compresi personaggi come Testare e Simo attivi nella
prima metà del IV secolo e in connessione con l'ambiente tarantino del
pitagorico Archita. Significativamente Aristosseno tarantino, che scrive
tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a . C . , teme la barbarizzazione di
Poseidonia ma ad opera non dei Lucani bensì dei Romani o degli Etruschi24•
Nella seconda metà del IV secolo, Poseidonia è coinvolta nelle opera
zioni militari da Alessandro il Molosso condotte, tra il 334 e il 331 a.C. ,
contro Brettii, Lucani e Sanniti. In particolare Livio ricorda uno sbarco
del sovrano epirota a Paestum e uno scontro successivo e vittorioso con
Lucani e Sanniti. Se vi sia stata occupazione da parte del Molosso non si
sa, ma se vi fu, si trattò di un episodio effimero. Subito dopo, Poseidonia
si trova coinvolta nelle vicende della seconda e della terza guerra sannitica,
guerre durante le quali l'atteggiamento dei Lucani comincia a non essere
più filosannita quanto invece filoromano. Sopravviene poi la guerra ta
rantina: i Lucani sono accanto a Pirro e ai Tarantini contro Roma. La
vittoria romana vede i Lucani puniti con la perdita di Poseidonia25• Così,
nel 273 a.C. , Poseidonia diventa colonia latina e la barbarizzazione temu
ta da Aristosseno si realizza. Il nome della città si muta in quello, manife
stamente mutuato dagli ambienti indigeni, di Paestum. Nel territorio le
vecchie tradizioni cultuali cessano e si realizza di nuovo il prevalere della
città sulla campagna. L'assetto urbano si modifica e gli antichi culti scom
paiono o si trasformano. Athena diviene Minerva e si affianca a Giove.
Particolarmente significativi per inquadrare la realtà della colonia ap
paiono la statua del Marsia e il culto della Mens Bona. La statua del
Marsia, datata negli studi più recenti all'inizio stesso della colonia, impli
ca una serie di realtà che se da un lato caratterizzano Paestum come una
colonia, dall'altro rimandano alla condizione di libertà ottenuta dalla ple
be grazie alla deduzione coloniale. La statua del Marsia rappresentava a
Roma le aspirazioni della plebe libera dal debito e dalla prigionia conse
guente il mancato pagamento dello stesso e si riconnetteva a quella parte
dell'aristocrazia romana riunita intorno ai Fabii e ai loro sostenitori. La
sua presenza a Paestum, in una data così alta, è indizio di collegamento
proprio con questa parte politica. Il culto della Mens Bona fu introdotto
a Roma nel 2 1 7 ad opera di Tito Otacilio Crasso, che si muoveva allora
nell'orbita di Fabio Massimo. A Paestum, al culto della Mens Bona appa
re legata la famiglia dei Coccei, che, ancora alla metà del I secolo a.C. ,
compare in relazione con la famiglia degli Otacilii, la stessa cioè a cui si
doveva l'introduzione del culto a Roma. Le due realtà, del Marsia da un
24 Aristox. fr. 1 23 Wehrli.
25 Liv. Ep. XIV; Veli. Pat. I 14,7.
Da Poseidonia a Paestum 227
lato, e della Mens Bona dall'altro, si rivelano perciò collegate alle origini
della colonia e parlano nello stesso senso nell'indicare gli ambiti di pro
venienza dell'operazione.
La colonia svolge un ruolo di primo piano durante le guerre puniche.
Nel 2 1 6 legati paestani offrono a Roma coppe auree per sostenerne lo
sforzo26; nel 210 i Paestani forniscono navi per la flotta27• Nel 209 Paestum28
si trova tra le colonie latine che continuano, pur in una situazione econo
micamente e militarmente difficile, a sostenere lo sforzo di Roma contro
i Cartaginesi.
Dopo la guerra sociale, la colonia diventa municipio; durante la guer
ra servile il suo territorio è teatro di scontro con gli schiavi ribelli. A
partire dal I secolo a.C. e fino almeno al II d.C. , Paestum si segnala per la
coltivazione delle rose, che venivano vendute anche sul mercato roma
no. Nel 71 d.C. , sotto Vespasiano, si verifica una deduzione a Paestum di
veterani della flotta. La vita della città continua durante tutta l'età impe
riale senza eventi particolarmente significativi. Il Cristianesimo vi fa la
sua comparsa a partire almeno dal IV secolo d.C. La città scompare poi
tra il X e il XII secolo d.C. e gli abitanti si trasferiscono a Capaccio, dove
il culto della Madonna del Granato appare erede naturale dell'antico
culto di Hera, cui la melagrana era, quale simbolo della fertilità, sacra.
26
Liv. XXII 36,9.
27 Liv. XXVI 39, 5 .
28 Liv. XXVII 10.
PARTE III
Sulla storia del Pitagorismo
CAPITOLO I
I Pitagorici e Archita*
L'arrivo di Pitagora da Samo in Italia è da collocarsi negli ultimi de
cenni del VI secolo in una data comunque non troppo vicina a quella
della distruzione di Sibari. Il prestigio che in quel momento (5 1 1 -510
a.C.) possiede Pitagora a Crotone obbliga infatti a credere che il filosofo
avesse già avuto modo di acquistare un largo seguito nella città. Per
motivi analoghi occorre pensare che egli non fosse troppo giovane quando
giunse nella penisola. Per tutto ciò la tradizione, la quale risale ad Aristos
seno (fr. 16 Wehrli), che egli arrivò in Italia all'età di quaranta anni,
essendosi allontanato da Samo a causa della tirannide di Policrate (538-
522 a.C.), riposa su basi sufficientemente sicure .
Questo vuol dire, tra l'altro, che Pitagora giunse nella penisola con un
suo già formato bagaglio di esperienza. La tradizione insiste in proposito
sui molti viaggi che egli avrebbe compiuto. È difficile però credere che
avesse viaggiato tanto quanto gli antichi vorrebbero: Ionia, Fenicia, Siria,
Egitto, Babilonia, Delo, Creta, Sparta sarebbero state visitate dal filosofo
secondo il suo tardo biografo Giamblico (III-IV d.C.), il quale lo fa viag
giare per ben trentotto anni. La notizia si condanna da sé, ed è del resto
esplicitamente contraddetta dalle fonti più antiche. Pompeo Trogo (I d.C.),
il quale si atteneva a tradizioni di origine pitagorica e crotoniate1 , lo
faceva andare unicamente in Egitto, a Babilonia e nelle doriche Creta e
Sparta. In effetti vi erano connessioni tra credenze pitagoriche ed egiziane,
che già Erodoto (V a.C.) sottolineava (Il 81), e buone relazioni tra la
• Questo studio è stato pubblicato con analoga intitolazione in Storia della società
italiana, alle pagine 262-298.
1
Trog.-Just. XX 4.
232 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Samo di Policrate e il faraone Amasis, proprio nell'età di Pitagora. Certe
pratiche cultuali, come il rispetto del gallo bianco e l'uso da parte di
Pitagora di vesti bianche, corona aurea, brache alla persiana2, rimandano
al mondo babilonese e iranico. Allo stesso modo vi sono forti analogie
tra le istituzioni doriche di Creta e Sparta, e il modo con cui Pitagora
organizzò la sua setta . Quei viaggi, quindi, citati da Pompeo Trogo, han
no una loro interna logica, anche se non si può escludere che sia stata
proprio l'osservazione di queste analogie a generare la tradizione dei
viaggi.
In ogni caso è fuor di dubbio che la fama di Pitagora aveva, sul finire
del V secolo a.C. , raggiunto Eraclito di Efeso (frr. 40 e 1 2 9 0 . -K.) in Asia
Minore, a breve distanza dalla sua morte; benché egli non avesse scritto
nulla e i suoi discepoli fossero in Italia, il filosofo samio questa fama
doveva essersela guadagnata già prima dell'arrivo nella penisola.
In Italia Pitagora restò per trentanove anni, fino alla morte, di cui venti
passati a Crotone3. E fu proprio in questa città che egli diede il meglio
della sua attività non solo filosofica, ma anche politica . Sarebbe tuttavia
storicamente errato non tener conto anche di un altro aspetto della sua
azione, su cui tutto un filone della tradizione antica insisté con particola
re forza : l'aspetto religioso, magico, sciamanico, iniziatico. Si tratta di un
aspetto che già nel V secolo a.C. richiamava Erodoto, il quale attraverso
l'allievo Zalmoxis, tracio, faceva risalire a Pitagora, suo maestro, poteri
sovrannaturali, rapporti col mondo ultraterreno, forme di segregazione e
iniziazione, dottrine sull'immortalità dell'anima e la vita eterna (IV 95) ;
ed esplicitamente altrove (Il 81) ai Pitagorici attribuiva certi tabù religiosi
relativi alla sepoltura e alla entrata nei templi. Ancora prima Eraclito Cfr.
40 0 . -K.) lo aveva collocato a metà strada tra Esiodo da un lato, Senofane
ed Ecateo dall'altro: tra chi, come Esiodo, aveva posto attraverso il mito
certi problemi 'filosofici' , e chi, come Senofane ed Ecateo, aveva assunto
un atteggiamento critico verso il mito stesso. Empedocle di Agrigento (V
a.C.), vicino non solo territorialmente agli ambienti in cui il pitagorismo
si era sviluppato - come si ricava da Timeo (566 F 1 4 Jacoby) - ricordava
Pitagora come un uomo eccezionale, capace col suo potere di concen
trazione di spaziare per dieci e venti generazioni di uomini Cfr. 1 08 Galla
votti) : evidente allusione a tecniche e abitudini di tipo sciamanico.
Questo aspetto dell'attività del filosofo è connesso ad altre personalità
che si collocano nel momento cruciale del passaggio tra le antiche comu
nità di tipo tradizionale, legate alla così detta civiltà della vergogna, e le
nuove comunità politiche, legate all'avvento della civiltà del peccato.
2 Arist. fr. 195 Rose = 1 57 Gigon; Aelian. VH. XII 32.
3 Jam. VP. 265; Trog. -Just. XX 4,17.
I Pitagorici e Archita 233
Caratteristica precipua di quest'ultimo tipo di civiltà è l'individualismo e
la distinzione tra anima e corpo, interiorità ed esteriorità, soggetto e og
getto; una distinzione che attraverso queste pratiche di tipo sciamanico si
esalta . D'altro canto, la sapienza arcaica, in quanto riservata ai pochi
individui in grado di formarsela e di trasmetterla, assume immediatamen
te caratteri iniziatici da un lato e di sovrumana eccezionalità dall'altro.
Proprio Empedocle, uomo politico e medico, vicino, come si è visto, al
pitagorismo, ce ne dà conferma evidente. Egli assegna caratteri iniziatici
alla trasmissione del suo sapere; definisce profezie i propri responsi;
ricorda gli onori divini riservati alla sua persona Cfr. 100 Gallavotti); estende
il suo potere al controllo degli elementi naturali, vento, pioggia o siccità,
e presenta le sue capacità di cura come capacità di trarre dall'Ade il
vigore di chi era già morto Cfr. 98 Gallavotti) . Qui si ritrovano molti
elementi costitutivi della leggenda di Pitagora, che già Aristotele, del
resto, conosceva : Pitagora considerato dio dai Crotoniati; Pitagora che ha
il dono dell'ubiquità e il dominio sulla natura, il dono della profezia, la
possibilità di trasferirsi non visto da un luogo all'altro (frr. 1 9 1 , 192 Rose
= 171-174, 1 56 Gigon) .
La leggenda di Pitagora, dunque, non è solo posteriore amplificazio
ne o creazione, ma coglie uno degli elementi costitutivi del suo sapere e
della sua collocazione nell'ambito della comunità : tra mito e ragione, tra
società tradizionali e società politiche . E di ciò la sua vicenda crotoniate
dà ampia conferma. La Crotone con cui Pitagora si scontrò abbracciava
un territorio non particolarmente ampio e dotato sul piano agricolo, limi
tato a sud da Caulonia, alle spalle dalla Sila, a oriente da Sibari. Gli
oracoli relativi alla fondazione di Crotone la definiscono grande tra i bei
campi arati, ma sottolineano altresì l'inferiorità di queste terre rispetto a
quelle in possesso di Sibari e la minore ricchezza di Crotone rispetto a
Siracusa4• Polibio, indicando le ragioni della prosperità di Crotone, le
cerca nelle sue pur limitate risorse portuali (X 1 ,6) : tutto ciò in un conte
sto che sembra piuttosto alludere alle rendite di posizione che dal pos
sesso di tali porti derivavano. Il territorio agricolo interessato, d'altra par
te, si presenta ricco di boschi, adatto all'allevamento\ alla viticoltura.
Quanto al tipo di organizzazione politica e sociale esistente, illumi
nanti sono le tradizioni relative al gran numero di atleti olimpionici che
Crotone vantava6; un dato che le notizie sugli olimpionici a noi pervenu
te confermano per tutto il periodo dagli inizi del VI secolo a . C . a quelli
4 Diod. VIII 17; Strabo VI l, 1 2 , 262 ( Antioch. , FGrHist 555 F lO) e VI 2,4, 269.
=
5 D . H . XX1 5 , 1-2; Liv. XXIV 3 ss . , 4-7; Theophr. apud P!in. N.H. XXXI 9,13; Theocr. IV
17 ss . ; Ps. Arist. Mir. 169; Strabo V 1 , 13, 263; Aelian. N.A . XII 36.
6 Strabo VI 1 , 1 2 , 262-263.
234 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
del V: periodo durante il quale vincitori crotoniati si susseguono con
regolare continuità e sono talora anche più d'uno nella stessa olimpiade.
Tutto ciò rende l'idea di una tradizione ben radicata cui corrispondono
famiglie agiate, capaci di assicurare ai loro rampolli la tranquillità neces
saria per dedicarsi agli allenamenti e partecipare alle gare. Il peso di
queste tradizioni si sente ancora nelle notizie sulla particolare salubrità
della Crotoniatide, alle quali va rapportata l'esistenza proprio nella città
di una famosa scuola medica (Democede, Alcmeone, Filolao, Hippon),
attenta tra l'altro ai problemi della dieta, quella degli atleti in particolare7•
Il rapporto stretto tra questi atleti e la classe dirigente si coglie in più
di una occasione. V'è il caso emblematico di Milone più volte olimpionico
nella lotta, sacerdote di Hera Lacinia, condottiero in veste di Herakles
delle truppe crotoniati nella guerra contro Sibari8. Ma vi è anche il caso di
Philippos, già fidanzato della figlia del tiranno di Sibari, il quale con nave
propria si unisce alla spedizione di Dorieo; e quello di Phaillos, vincitore
nel pentatblon e nello stadio dei giochi pitici, che prende parte alla
battaglia di Salamina con una nave armata ed equipaggiata a sue spese9•
In tutti questi casi v'è la prova evidente di una concreta interscambiabilità
tra prestazioni atletiche, funzioni sacerdotali, comandi militari, possesso
di ricchezza. In altri termini v'è la prova dell'esistenza di un'aristocrazia
crotoniate che si fonda sulla pratica dell' arete o virtus e del ponos0; quel
tipo di aristocrazia che Pindaro amava celebrare nei suoi epinici.
A questo tipo di aristocrazia con i suoi sostanziosi privilegi corrispon
de simmetricamente l'organizzazione politica di Crotone, così come pro
prio attraverso la tradizione su Pitagora si riesce a intravedere. La società
è divisa per classi d'età (ragazzi, giovani, adulti, anziani) : Pitagora, infatti,
inizierà il suo magistero crotoniate con discorsi separati rivolti a queste
varie classi di età 1 1 • La comunità appariva dunque organizzata secondo
precise esigenze di tipo politico-militare. La costituzione era di tipo oligar
chico. Magistrato supremo era un prytanis; il potere di controllo delle
leggi, la giurisdizione criminale erano nelle mani di un senato di mille
membri; la partecipazione all'assemblea, il diritto elettorale passivo, il
diritto di sottoporre l'operato di un magistrato a rendiconto apparteneva
no a una minoranza12• Questa era la costituzione patria vigente. L'aristo-
7 )am. V.P. 264; Heracl. Pont. fr. 40 Wehrli; Favorino apud D.L. VIII 1 2 ; Porph. V.P. 1 5 .
8 Diod. XI I 9 , 2 ss. ; Philostr. V. Ap. Tian . IV 28.
9 Hdt. V 47 e VIII 47; Plut. Alex. 34,2; Paus. X 9,2.
10 Trog.-Just. XX 4; Tim. , FGrHist 566 F 60.
11 Antisten. Socr. apud Scbol. in Hom . Od. I l, p. 10,6 ss. Dindorf; Dicaearc. fr. 33
Wehrli; Jam. V.P. 37 ss.
12 Athen. XII 522 a-c; Dicaearc. fr. 33 Wehrli; Val. Max. VIII 1 5 , 1 2;Jam. V.P. 45, 50, 1 26, 257.
I Pitagorici e A rcbita 235
crazia degli olimpionici rappresentava la controparte di tutto ciò: a Crotone,
dunque, doveva realizzarsi una concentrazione della ricchezza e del po
tere politico in poche mani e intorno a poche famiglie. La maggioranza
della popolazione - le fonti attribuiscono a Crotone circa centomila abi
tantP3 -, esclusa dall'assemblea e dalle magistrature, doveva trovare una
sua collocazione intorno a questa cerchia ristretta di famiglie, distribuen
dosi in quelle attività agricole e cittadine che rendevano possibile la vita
a olimpionici come Milone o a medici come Democede.
Quando Pitagora arrivò a Cr�tone questa comunità, secondo le fonti,
si trovava in crisi e il male che l'affliggeva era la spinta verso una vita di
lusso e di mollezza, che minacciava gli stessi valori aristocratici su cui si
era tradizionalmente retta14. Per cominciare, quei valori individuali e ago
nistici non permettevano lo sviluppo di una comunità politica omogenea
e compatta. Per ottenere questo scopo a Sparta, il poeta Tirteo (fr. 9
Diehl) doveva combattere questi ideali agonistici; gli faceva eco Senofane,
che all'atleta olimpionico e al prestigio di cui lo vedeva circondato oppo
neva la sapienza che genera buone leggi e riempie i granai della città (fr.
2 Diehl). Una città militarmente efficiente, ben governata e prospera,
non era possibile laddove prevalevano queste grandi individualità e l'or
ganizzazione economico-sociale che esse presupponevano: l'illimitata con
centrazione di potere e ricchezza in poche mani; la mancanza di alterna
tive e di dialettica rispetto ai valori di una eccellenza atletica che imme
diatamente si faceva eccellenza militare, religiosa, politica.
In queste condizioni l'intensificarsi delle relazioni di scambio, in specie
con le più evolute realtà dell'Oriente, faceva sì che l'aristocrazia si aprisse
a una vita di lusso e mollezza (babrosyne o trypbe secondo la terminologia
antica), lasciandosi in qualche modo contaminare da tendenze economici
stiche, col duplice risultato di accrescere la pressione sui ceti sociali meno
privilegiati, e di introdurre differenziazioni nel seno stesso dell'aristocrazia.
La perdita della coesione interna, l'indebolimento dello spirito comunitario
e della stessa efficienza militare ne erano le pericolose conseguenze. A
tutto ciò si sforzarono di porre rimedio legislatori e tiranni, combattendo la
spinta alla mollezza e al lusso, e sforzandosi di recuperare nell'ambito
dello stato cittadino e delle sue leggi quanto di solidarietà e omogeneità
era connesso alla comunità tradizionale a base agricola (il demo come
unità inscindibile tra territorio e popolazione). I processi che menavano
alla concentrazione ulteriore della proprietà e delle ricchezze e portavano
all'espulsione dalla terra dei ceti più deboli, attraverso il sistema dei debiti
e l'accaparramento delle terre comuni, furono in qualche modo bloccati.
'3 Diod. XII 9,5; Strabo VI 1 , 10, 26 1 ; Trog.-Just. XX 3,4.
1 4 Trog.-Just. XX 4 .
236 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Le attività sostitutive dell'agricoltura cerealicola (coltivazioni specializzate,
artigianato, commercio), catturate in una logica che mirava all'autonomia
politica ed economica della comunità, vennero conservate in funzione
integrativa e non sostitutiva delle tradizionali forme di sussistenza.
In questo contesto si colloca e si spiega l'azione stessa di Pitagora a
Crotone.
In una serie di discorsi, rivolti alle varie componenti della comunità
crotoniate, Pitagora svolse un duplice tipo di azione. Riprese la polemica
senofanea contro l'atletica: sette Crotoniati si erano assicurati i primi po
sti nella corsa dello stadion in un unico anno, ma solo sette saggi vi
erano stati fino ad allora 1 5• Anche per lui, dunque, occorreva far posto a
esigenze e attività che non si lasciavano immediatamente dedurre dal
primato negli agoni e dall'organizzazione familiare e sociale che gli stava
dietro. Parallelamente, però, e con notevole vigore, egli riprese la pole
mica (jonica) contro il lusso e la mollezza . Invitava alla frugalità e sempli
cità nel vitto, nei sacrifici e nei funerali, nell'uso di vesti e ornamenti;
denunciava le relazioni extraconiugali16. In altri termini condannava spe
se e attività di puro consumo e, quindi, i loro presupposti e le loro
conseguenze: la corsa al guadagno e le differenziazioni economico-so
ciali che inevitabilmente ne derivavano. Ciò che cercava di ottenere era
di conservare alla comunità una sua omogeneità di costumi e di vita,
ancorandola a una fascia 'moderata' di ricchezza, bisogni e consumi.
In questo modo creava una base concreta di incontro tra aristocrazia
e una condizione economica 'media' e articolava in qualche modo la vita
economica e sociale della comunità, consentendo lo sviluppo dell'opli
tismo e insieme di quella fascia di attività artigianali e commerciali essen
ziali per assicurare l'autarchia economica. L'oplitismo non voleva più
l'eroe guerriero capace di grandi gesta individuali (per questo bastava
l'aristocrazia degli olimpionici) , ma una massa di soldati in grado di for
nirsi dell'armatura e di combattere in schieramento serrato: per questo
occorreva una comunità politica omogenea e sufficientemente numero
sa. Non sarà allora un caso se all'affermarsi del verbo di Pitagora corri
sponde in Crotone il rilancio militare della città, dopo la sconfitta patita
alla Sagra contro la vicina e assai meno potente LocrP7. Né sarà un caso
se la vittoria sulla cavalleria di Sibari verrà assicurata dal pitagorico Milone,
che in vesti di appiedato Herakles guiderà i Crotoniati alla vittoria 1 8 •
15 Jam. V.P. 44.
16 Trog. -Just. XX 4,6-7 (vd. anche Aristox. fr. 35 Wehrli, 1 1 , 1 2 ; Jam. V.P. 203, 54, 1 22-
1 23, 56, 55, 57, 132; Diod. X 9,6 1 ; Jeronim. fr. 42 Wehrli.
17 Trog.-Just. XX 4 .
18 Diod. XII 9,2.
I Pitagorici e A rcbita 237
Questa operazione si rendeva tuttavia possibile attraverso il recupero
dei legami di solidarietà connessi alla comunità di tipo tradizionale, lega
mi religiosi e abitudini di vita comune vissuti nello spirito della così detta
civiltà della vergogna; in un tessuto di rapporti sociali, dove il limite era
tracciato dal timore della punizione divina e dalla condanna dell'opinio
ne pubblica. Questo aspetto dell'azione di Pitagora a Crotone è ben
evidente nella tradizione. Intanto egli poté esercitare il suo magistero col
consenso del Consiglio dei Mille, che era il custode delle tradizioni avite,
della patrios politeid 9 . D'altra parte, il suo insegnamento si espresse in
termini religiosi e nella valorizzazione di culti crotoniati. Alle monete di
Crotone di fine VI secolo a.C. con l'immagine del tripode delfico, corri
spondono la definizione di Pitagora come Apollo Iperboreo; l'accettazio
ne di questa definizione da parte dei Crotoniati; il discorso ai giovani
della città nel tempio di Apollo Pizio; il presentarsi del filosofo come
Apollo Pizio tanto ai discepoli, quanto agli ambasciatori della nemica
Sibari nel momento stesso in cui Apollo Pizio appoggia da Delfi la lotta
contro SibarF0• Un altro culto crotoniate, quello di Hera Lacinia, si con
nette al discorso delle donne e all'azione di Pitagora contro il lusso fem
minile; motivazioni religiose, infine, vengono adottate a giustificazione
della lotta contro la dispendiosità dei sacrifici, dei funerali, e il lusso nelle
vesti e negli ornamenti21 •
Parallelo era il richiamo alla forza coercitiva della pubblica opinione,
attraverso la valorizzazione di pene a carattere morale, atte a provocare
la vergogna in chi ne fosse colpito. V'è tutta una parte della legislazione
attribuita al pitagorico Zaleuco, che insiste su questo tipo di punizioni, la
quale trova riscontro in un luogo di Giamblico ispirato da Aristosseno e
richiama lo scontro di Crotone con Sibari nella condanna delle vesti
milesie, tanto care ai Sibariti22.
In questo contesto si colloca la guerra di Crotone contro Sibari, una
guerra che la tradizione considera come evento di capitale importanza
per la Crotone ispirata da Pitagora . Egli ebbe una funzione di primo
piano nella decisione della guerra; previde la vittoria di Crotone e utiliz
zò il suo ascendente su amici e discepoli perché rifiutassero le richieste
di Telys, tiranno di Sibari, e si disponessero così allo scontro: e il legame
è ancora confermato dal rapporto esistente tra la partenza di Pitagora da
1 9 Dicaearc. fr. 33 Wehrli; Val. Max. VIII, 12 ext. l ; Jam. VP 45, 255.
20 Jam. VP 140, 50, 105, 161, 1 33, 177; Arist. fr. 1 9 1 Rose = 1 7 1 , 1 e 3 Gigon; Aelian.
VH. II 26, III 43; D.L. VIII 1 1 ; Tim . , FGrHist 566 F 50; Athen. XII 250a-b.
2 1 Trog.-Just. XX 4 , 1 1 - 1 2 ; Jam. VP. 50, 56, 54, 1 22-1 23; Diod. X 9,6.
zz
Diod. XII 2 1 , 1-2; Stob. IV 2, 19; Jam. VP. 187; Tim., FGrHist 566 F 50 apud Athen.
XII 5 1 9b-c.
238 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Crotone provocata dal moto ciloniano e i problemi aperti dalla conquista
del territorio di Sibari23.
Sibari agli inizi del VI secolo a.C. aveva raggiunto l'apice della sua
prosperità, dotata, com'era, di un territorio ampio e ferace, sotto il profilo
cerealicolo in particolare, ma anche adatto alla viticoltura, all'allevamen
to e provvisto di risorse d'argento24. Vi aveva prevalso un'oligarchia di
cavalieri, più di cinquemila secondo la tradizione, che fornivano il me
glio delle sue forze militari e determinarono perciò colla loro sconfitta la
distruzione della città25. Cavalleria vuoi dire allevamento, addestramento
di cavalli e quindi possesso di notevoli sostanze. Su questo territorio
dovevano dunque insistere fenomeni di concentrazione della proprietà
terriera, con tutto ciò che essa implicava in fatto di forme di dipendenza,
schiavi, clienti, salariati, ma in misura molto più ampia che non per la
meno ricca e prospera Crotone, per la quale la vittoria sulla cavalleria
sibarita emblematicamente esalta la figura di Milone, lottatore e guida, in
vesti di Herakles, dei propri concittadini. E infatti la tradizione ampia
mente sottolinea la presenza di tutta una serie di forme di dominio e di
assoggettamento che rendono possibile la vita di questa oligarchia di
cavalieri grandi proprietari. Intanto sul loro territorio erano, come si è
detto, particolarmente curate colture specializzate, come la vite, con tut
to ciò che questa coltura implica in fatto di investimenti, redditizi solo a
distanza di anni; di manutenzione da parte di personale stabile e specia
lizzato; di lavori stagionali e quindi di salariati; di trasporto del vino verso
la costa, donde veniva introdotto in città o esportato. L'allevamento, fe
nomeno altrettanto connesso a investimenti, mantenimento di personale
specializzato, utilizzazione di prodotti, in specie lana, in relazione alla
quale venivano sviluppate attività di tintoria26 e organizzati, come ad
Amendolara27, centri di lavoro con personale indigeno dipendente. Pro
blemi analoghi si intravedono, alla luce di quanto sappiamo sulla forza
lavoro impegnata in lavori del genere nell'antichità, per lo sfruttamento
dei giacimenti argentiferi, l'esecuzione di lavori pubblici, come strade,
ponti, canali, l'equipaggiamento di navi28•
23 Andron Eph. fr. 6 FHG II, 347 s . ; Diod. XII 9 e X 1 1 , 1 ; Jam. V.P. 133, 1 77, 74, 255;
Arist. fr. 75 Rose = 2 1 , 1 Gigon; Aristox. fr. 18 Wehrli.
2• Hdt. VI 1 27, 1 ; Eur. Tr. 223 ss. ; Tim . , FGrHist 566 F 50 apudAthen. XII 5 1 9d; Theophr.
fr. 162 Wimmer; Theocr. V; Ps. Arist. Mir. 1 69; P. Zancani Montuoro, 'Un peso di bronzo
e l'argento di Sibari', AIIN XII-XIV, 1965- 1967, 2 1 -30, 25 ss.
2 5 Tim . , FGrHist 566 F 50 apud Athen. XII 5 1 9c; Arist. fr. 583 Rose = 600 Gigon.
26 Aristoph. Ran . 542 e Scbo/. ad /oc.; Athen. XII 521d.
27 ] . de la Genière, 'C'è un modello Amendolara?', ASJ\P VIII, 2 , 1978, 335-354 .
28 Tim . , FGrHist 566 F 50 apud Athen. XII 5 1 9c; Diod. VIII 1 9, 1 .
I Pitagorici e A rcbita 239
A tutto ciò corrispondono nella tradizione antica la sottolineatura espli
cita di discriminazioni che colpiscono quanti sono addetti nei campi a
lavoro manuale o in città a un lavoro artigianale; e la menzione reiterata
di personale, economicamente legato alla casa e al relativo patrimonio29•
Un termine ambiguo, che, nella notazione della dipendenza da una fami
glia, precapitalisticamente associa in sé i valori di schiavo e di dipenden
te in genere, designa questo personale: oiKétat .
Ancora discriminazioni si intravedono dietro le notizie che da un lato
attribuiscono a Sibari misure massicce di concessione di cittadinanza a
stranieri, ma dall'altro attestano il disprezzo per quanti sono costretti ad
allontanarsi dalla patria. Realtà dello stesso tipo sono da ipotizzare in
riferimento a commercio e commercianti. Intanto v'è, come si è detto, il
disprezzo per lo straniero, ma vi è sopra tutto la coesistenza di un pro
gramma economico di autosufficienza e in particolare di autoconsumo,
con misure politiche tese a incrementare esportazioni e importazioni:
lavori pubblici atti a facilitare il trasporto verso la costa del vino locale
per favorire lo smercio30; utilizzazione di argento, monetato e non, per
alimentare gli scambi; brevetti tesi a incentivare certe innovazioni; esen
zioni fiscali per incrementare talune importazioni, come quella della por
pora, o alcune attività, come la pesca delle anguille31 , sono tutte misure
tese a incrementare gli scambi, ma che, inquadrate in una cornice di
tendenziale autosufficienza e autoconsumo, non contraddicono il modo
di produzione tipico della città-stato greca, comunità di proprietari terrieri
e di consumatori, dove attività artigianali e commerciali assumono carat
tere prevalentemente integrativo. Queste tendenze all'autosufficienza e
all'autoconsumo sono così profondamente connaturate al modo di pro
duzione politico di Sibari che portano perfino al tentativo di affermare
l'autonomia della città dalla tradizione dei giochi di Olimpia . Sibari prese
a organizzare olimpiadi in proprio e in concorrenza con quelle della
penisola greca32• Si propose quindi come nuova Olimpia di una nuova
Ellade, che non era più la madrepatria, ma quella Megale Hellas o Magna
Grecia in cui Sibari insisteva. Al fondo c'era la prosperità della città e la sua
posizione egemonica di signora di quattro popoli e di venticinque città33,
29 Tim . , FGrHist 566 F 48 e 50 apud Athen. XII 5 1 &-d e 520b; Diod. VIII 19,1; Athen.
VI 273b-c.
30 Diod. XII 9,2 (per la concessione della cittadinanza); Tim . , FGrHist 566 F 50 apud
Athen. XII 5 19d-f.
3 1 Phylarc., FGrHist 81 F 45 apud Athen. XII 521c-d; P !in. N.H. XXXI 94.
32 Heracl. Pont. fr. 49 Wehrli apud Athen. XII 522a; Tim . , FGrHist 566 F 45 apud
Athen. XII 522c; Ps. Scyrnn . 356.
33 Strabo VI 1 , 1 2 , 263.
240 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
che nel trattato con i Serdaioi parla a nome suo e dei suoi alleati, e alla
colonia Poseidonia (Paestum) assegna le funzioni di garante34•
Quando Pitagora giunse a Crotone, Sibari, quindi, si presentava come
centro di un sistema politico che interessava in vario modo il mondo
circostante (coloni, alleati, soggetti); organizzava la propria comunità in
funzione di una aristocrazia di cavalieri e dei suoi interessi; si poneva
rispetto alla madrepatria greca come centro autonomo di aggregazione e
di dominio. Tutto ciò doveva naturalmente suscitare preoccupazioni e
timori nella più debole e meno ricca Crotone, spingendola a perseguire
una politica di coesione e di rafforzamento cittadino e a contrastare nello
stesso tempo la spinta disintegrativa della tryphe.
Questo spiega il successo della predicazione pitagorica a Crotone,
l'appoggio che le viene concesso dalle autorità. Ma c'è di più. Nella
misura in cui le riforme si realizzavano in uno spirito di continuità rispet
to al passato, nella lotta alla tryphe e insieme nel recupero delle tradizio
ni avite, l'urto con Sibari faceva tutt'uno con la difesa della autonomia
politica spirituale della città. Sibari non era soltanto una minaccia sul
piano politico: era veramente un'altra cosa rispetto alla Crotone di Pitagora.
La ricerca del lusso e delle comodità aveva conquistato in misura molto
più larga l'aristocrazia dei cavalieri sibariti. Ai legami con la Persia, con la
lonia e l'Etruria3S, corrispondeva una accentuata cura nel vestire: indumenti
di porpora e ornamenti d'oro; mantelli milesii; sopravvesti color di croco;
abiti femminili per le grandi occasioni. Si organizzavano dispendiosi ban
chetti, che duravano tutta la notte; si ricercavano e premiavano piatti sem
pre nuovi; i banchettanti si portavano dietro i vasi da notte e si facevano
seguire da una moltitudine di servi e cucinieri; premi venivano riservati al
miglior organizzatore di conviti. I viaggi erano compiuti con ogni comodità
o noleggiando una nave tutta per sé. Ricerca di fresco e di ombra nell'esta
te ottenuta con la costruzione di strade coperte; buffoni, nani e cagnolini
maltesi; vasche da bagno con appositi bagnini completano il quadro36•
Le conseguenze non si facevano attendere. Le tradizioni che legavano
la città-stato al suo passato religioso, patriarcale e gentilizio venivano
negate. La concessione frequente di cittadinanza a stranieri dava un ca
rattere territoriale alla comunità; le donne venivano invitate ai banchetti
pubblici37• Il diritto del supplice era costantemente ignorato: non valeva
34 Nr. lO Meiggs-Lewis.
35 Ps. Arist. Mir. 96; Tim. , FGrHist 566 F 50 apud Athen. XII 5 1 9b-c; Diod. VIII 1 8, 1 ; 20.
36 Athen. VI 273b-c; XII 51& ed e, 5 1 9e, 5 2 1 a ; Tim. , FGrHist 566 FF 49 e 50 apud
Athen. XII, rispettivamente 54 le, 5 1 8e-f e 5 1 9 b-f; Phylarc . , FGrHist 81 F 45 apud Athen.
XII 52lc; Diod. VIII 19, 1 -2 ; Aelian. V.H. XII 24.
37 Diod. XII 9,2; Phylarc . , FGrHist 81 F 45 apud Athen. XII 521c.
I Pitagorici e A rcbita 241
né per uno schiavo, né per un citaredo, né per gli esuli rifugiati a Crotone,
né per lo sconfitto Telys: nessun rispetto per gli ambasciatori, né per i
Trezeni, che con gli Achei avevano fondato la città38• Una ricerca ossessiva
del primato e uno spirito agonistico spinto all'eccesso improntavano i
comportamenti pubblici e privati dei SibaritP9, onde Eraclide Pontico
poteva affermare che loro rovina era stata la puntigliosa attenzione e
rivalità anche nelle cose più minute (fr. 57 Wehrli, in Ateneo XII S26a) .
Queste tradizioni indubbiamente danno una immagine di Sibari forte
mente tendenziosa, cui devono aver dato mano sia il pitagorismo croto
niate, sia gli ambienti delfici - a questo pitagorismo del resto connessi -,
sia , infine, gli ambienti elei40, urtati dalla sleale concorrenza nell'organiz
zazione delle olimpiadi in Italia. È difficile negare tuttavia che un qual
che fondamento queste tradizioni sul lusso sibarita debbono aver avuto,
sia perché antiche (già Erodoto sa della prosperità e del lusso di Sibari e
lo sa da fonti attiche che si richiamano ad avvenimenti degli inizi del VI
secolo), sia perché non prive di riscontri oggettivi. Uno dei più significa
tivi è l'esistenza di una oligarchia di cavalieri e il legame con Mileto,
fortissimo al momento della caduta della città41 • Legame che , da un lato,
è interesse per la lana milesia e relativi manufatti, ma dall'altro è rapporto
con un'aristocrazia, che, coinvolta come ploutis e aeinautai (ricchi sem
pre naviganti) nelle lotte civili della Mileto del VI secolo42, determina la
polemica di Focilide contro l'eccesso di ricchezza (fr. 1 2 Diehl), di lusso
(fr. 1 1 Diehl) e contro la ricchezza non ricercata nelle risorse dei campi
(fr. 6 Diehl) . Un'ulteriore conferma viene, inoltre, da un altro dato di
fatto: l'avvento della tirannide del demagogo Telys a Sibari e la contem
poranea espulsione di cinquecento tra i più ricchi e potenti cittadini di
Sibari con la confisca dei loro beni43 . Una tirannide che si riconnette al
demo (al popolo) e colpisce i più ricchi tra i cittadini è proprio quanto ci
si aspetterebbe in una situazione politica , economica e sociale, sul tipo
di quella che le fonti antiche rivelano.
Sibari nei confronti di Crotone rappresentava, quindi, col suo 'impero'
una minaccia all'indipendenza politica della città; con i modelli orientaliz
zanti di comportamento assunti dalla sua aristocrazia una minaccia alla
38 Tim . , FGrHist 566 F 50 apud Athen. XII 520a-b; Steph. Byz. s. v. :I:ujXlptç; Aelian.
VH. III 4 3 1 ; Diod. XII 9; Jam. VP. 177; Heracl. Pont. fr. 49 Wehrli apud Athen. XII 521e
f; Phylarc . , FGrHist 8 1 F 45 apud Athen. XII 5 2 1 d-e; Arist. Poi. 1 303a30.
w Tim . , FGrHist 566 F 50 apud Athen. XII 5 1 9d, 520a-c; Diod. VIII 19,2.
'Ì{) Hdt. VI 44, 2 .
4 1 Hdt. V I 2 1 , 1 ; Tim . , FGrHist 566 F 5 0 apud Athen. XII 5 1 9b.
42 Heracl . Pont. fr. 50 Wehrli apud Athen. XII 523f; Plut. Quaest. Gr. 32.
4 3 Hdt. V 44, 47; Heracl. Pont. fr. 49 Wehrli; Diod. XI I 9,2-3.
242 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
integrità e omogeneità del suo ceto dirigente; e ora, con l'avvento della
tirannide democratica, una minaccia anche al potere della sua aristocra
zia e alla relativa patrios politeia.
Le premesse non mancavano: Alcistene sibarita offriva a Hera Lacinia
un lussuoso mantello istoriato, con rappresentazioni di animali orientali,
di divinità, di Sibari e di lui stesso; Democede importava costumi persia
ni; l'olimpionico Philippos si fidanzava colla figlia del tiranno Telys; cin
quecento sibariti tra i più ricchi espulsi da Telys si rifugiavano a Crotone44 •
La decisione dei Crotoniati, incitati come si vide da Pitagora, di non
consegnare questi esuli e di affrontare la guerra, risulta perciò perfetta
mente comprensibile, sia dal punto di vista dell'aristocrazia crotoniate
che di quello di Pitagora .
La vittoria e la conquista della Sibaritide pongono subito a Crotone e
ai Pitagorici il problema della gestione dell'eredità di Sibari. Crotone do
vette riempire il vuoto creato dal crollo del sistema della rivale e cercò di
essere all'altezza della situazione, sia sul piano economico che su quello
politico. Intanto una parte almeno del territorio di Sibari passò diretta
mente nelle mani dei vincitori: con certezza ai conquistatori andarono il
territorio di Crimisa e il tempio di Apollo, mentre si dilatò la presenza
crotoniate sul Tirreno, mediante la fondazione di Terina4'. Parallelamen
te si estese la zona di influenza crotoniate: Caulonia ha una sua eteria
pitagorica; sul Tirreno a partire dal golfo di S. Eufemia si susseguono
Lametinoi e Terina, colonie di Crotone, mentre Temesa esibisce monete
con il tripode crotoniate46. Nel restante territorio sibarita, che la tradizione
pitagorica considera ·liberato• e non conquistato, tornano monete col tri
pode, col toro sibarita e le iniziali della città distrutta; e viene segnalata la
presenza di una eteria pitagorica47• Una situazione analoga si intravede per
il mondo indigeno. Pitagora aveva ricordato ai Crotoniati che la distinzione
tra greco e barbaro era solo un fatto di educazione e cultura; e la tradizione
ricorda re e dinasti barbari divenuti pitagorici o amici degli stessi48•
Parallelamente si organizza una sfera di scambi economici. Ne sono
testimoni le così dette monete di alleanza , non solo per le località di cui
s'è detto (Laos, Sibari, Pandosia, Temesa); non solo stateri, come in que
sti casi, ma anche monetine (Reggio, Siracusa, Agrigento, Atene, Co
rinto) : coniazioni queste ultime la cui funzione pare quella di colmare la
44
Ps. Arist. Mir. 96; Athen. XII 522b; Hdt. V 47; Diod. XII 9, 2-4.
4' Jam. V.P. 255; Ps. Arist. Mir. 105; Ps. Scymn. 306 ss. ; vd. anche Diod. VIII 17.
46 Arist. fr. 1 9 1 Rose = 171 , 1 e 3 Gigon; Jam . V.P 267; Steph. Byz. s.v.
47 Aristox. fr. 18 Wehrli (vd. anche Diod. XII 9,2) ; Jam. V.P 267.
""' Jam. V.P 44, 143, 267; Dicaearc. fr. 33 Wehrli apud Porph. V.P. 19; Aristox. fr. 1 7
Wehrli; Plut. Mor. 583a.
I Pitagorici e A rcbita 243
differenza di peso tra lo statere crotoniate e quello corinzio49• A questo
sistema di coniazioni, attento alle diversità di peso fra le varie monete,
corrisponde la notizia che Pitagora diede pesi e misure agli Elleni50, ossia
alla Magna Grecia . È un aspetto della circolazione monetaria che anche
Sibari aveva curato e che quindi sembra logico attribuire alla Crotone di
Pitagora dopo la vittoria sulla stessa Sibari. Crotone, dunque, si pone al
centro di un'area di scambi di argento coniato contro merce, proponen
dosi al mondo greco nel suo complesso come una seconda Corinto, che
coll'argento aveva pagato le importazioni di grano dalla Magna Grecia e
dalla Sicilia . Due le implicazioni: la vittoria aveva evidentemente portato
all'affermazione di ceti e attività privi di un'autosufficienza agricola che
occorreva sostenere; ma aveva altresì fatto riaffiorare lo spirito di autono
mia e di centralità che era stato proprio di Sibari. Non meraviglia allora
che torni per Crotone la notizia di olimpiadi organizzate in concorrenza
con quelle dell'Ellade; e quella di aver assegnato un costume orientale al
proprio prytanis, mentre la tradizione pitagorica sottolinea il rapporto
stretto tra pitagorismo e Magna Grecia , attribuendo proprio all'azione di
Pitagora questa denominazione51 : Crotone, dunque, centro di scambi per
l'Italia, Sicilia, Corinto, Atene e, nello stesso tempo, centro di un movi
mento pitagorico che tocca città italiote e siceliote, sedi di etaireiai pitago
riche, le quali tendevano a tradurre in politeiai (costituzioni) e leggi l'in
segnamento politico del maestro52•
Ma proprio la gestione di questa eredità di Sibari aprì gravi contraddi
zioni in seno alla comunità dei vincitori . Già le motivazioni dello scontro
non erano state del tutto univoche: la lotta alla tryphe era una polemica
contro i comportamenti dell'aristocrazia sibarita; la guerra si era fatta in
difesa dei più ricchi tra i Sibariti espulsi dal demagogo Telys. Le riforme,
suggerite da Pitagora a Crotone, avevano dato alla città la vittoria , ma
non la democrazia : Pitagora aveva agito d'accordo con i Mille, tutori
della costituzione avita e questa non era , come si è detto, democratica. Il
modello pitagorico erano stati gli ordinamenti di Sparta e di Creta53: ordi
namenti funzionali a una ristretta aristocrazia militare, che, mentre si
sottoponeva a un rigido sistema di vita comune, non si dava però pena
di definire un limite alla concentrazione delle ricchezze. La volontà di
49 C.M. Kraay, 'À propos des monnaies divisionaires de Crotone', Scbweizer Miinzblatter
VIII, 1958, 89 ss. ; cfr. N.F. Parise, 'Moneta e società in Magna Grecia', iri Crise et transforma
tion des sociétés arcbafques de 1 1ta/ie antique au V siècle av. ]. C ' , Roma 1 990, 304-305 .
so Aristox. fr. 2 4 Wehrli.
5 1 Tim . , FGrHist 566 FF 44 e 45 (apud Athen. XII 522a e 522c); Porph. V.P. 20; Jam.
V.P. 30.
" Porph. V.P. 2 1-22; Jam. V.P. 33, 267, 1 29, 249; cfr. Polyb. II 39.
53 Trog.-Just. XX 4,4.
244 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
gestire la vittoria con il concorso della sola aristocrazia acuiva il proble
ma: la grande mobilitazione che era stata richiesta postulava l'eliminazio
ne dei privilegi di una minoranza; né gli interessi dell'aristocrazia stessa
di Crotone accettavano di muoversi nell'alveo fissato dai circoli pitagorici54•
Il motivo primo della discordia fu la gestione del territorio di Sibari. I
Pitagorici tendevano a conservare una qualche continuità tra il passato e
il presente, lasciando sussistere una comunità sibarita, alla quale eviden
temente facevano capo gli esuli a suo tempo accolti in Crotone, gli amici
e seguaci di Pitagora di cui è ricordo nella tradizione, le monete di 'alleanza'
prima ricordate. Vi era però un'altra tendenza che mirava a considerare
la Sibaritide come terra conquistata da distribuire al demo e da affidare a
un governatore militare 55•
Governatore della Sibaritide era stato nominato Cilone, un pitagorico
ribelle, espulso dalla scuola per ·indegnità·56. La cosa è molto significati
va . A Cilone infatti fece capo un'eteria aristocratica che assunse come
suo compito la lotta a Pitagora e ai Pitagorici, nel momento in cui questi
si chiudevano nei rigidi rituali iniziatici della setta57: ossia nel momento
in cui riconoscevano l'impossibilità di un rapporto globale con la comu
nità crotoniate, quale si era avuto al tempo della prima predicazione (i
discorsi alle varie componenti della comunità, con la sola distinzione per
classi di età e sesso) . In altri termini, la formazione della setta pitagorica,
con la distinzione tra aderenti e non, tra aspiranti accettati e non, realiz
zava una discriminazione nel seno stesso dell'aristocrazia , nel momento
in cui veniva meno il consenso generale intorno alla politica pitagorica58•
La prima conseguenza dello scontro fu la partenza dello stesso Pitagora
da Crotone per Metaponto59. Nello stesso periodo dovette cadere la tiran
nide di Clinia a Crotone60, che tolse la libertà alla città, raccolse esuli,
liberò schiavi; uccise o esiliò i più illustri cittadini. Negli stessi anni (dopo
il 488 a.C.) si interrompe la serie degli olimpionici crotoniati; iniziano
(476 a.C.) i tentativi di ricostruire una Sibari indipendente e comincia la
riscossa di Locri61 • Non è estranea a tutto ciò l'azione di Siracusa, che
viene esplicitamente connessa ai tentativi anticrotoniati dei Sibariti e vede
54 )am. VP 255, 260.
55 Jam. VP 255, 74.
56 Aristox. fr. 1 8 Wehrli; Diod. X 1 1 , 1 ; Jam. VP. 74.
57 Arist. fr. 75 Rose = 2 1 , 1 Gigon; Jam. VP 248-249.
58 Jam. VP. 7 1 , 73, 74, 252, 254, 255, 257; Trog.-Just. XX 4 , 1 4 .
59 Aristox. fr. 18 Wehrli; Dicaearc. fr. 35 Wehrli; Andron Eph. fr. 6 FHG I I , 347 s . ;
Heracl. Lemb. fr. 6 FHG, Trog.-)ust. XX 4 , 1 7 .
60 D.H. XX 7.
61
Tim . , FGrHist 566 F 9 3 ; Scbol. i n Pind. 0 1 . I I 1 5 ; Diod. XI 48; Strabo VI 1 , 5 , 255;
Paus. VI 6,7.
I Pitagorici e Arcbita 245
l'olimpionico Astylos, che ha reso omaggio a Gelone di Siracusa nel 484
e 480 a . C . , condannato perciò dai Crotoniati: una condanna particolar
mente significativa perché avviene negli anni in cui Gelone è intento a
fronteggiare le conseguenze dell'intesa di Cartagine con Terillo di Himera
e Anassilao di Reggio62• Subito dopo Ierone, successore di Gelone, so
stiene Locri contro Anassilao e i Sibariti contro Crotone; coerentemente
la tradizione pitagorica lo presenta come proprio nemico63. Interventi
siracusani, riscossa locrese e sibarita, partenza di Pitagora , crisi del
pitagorismo crotoniate, tirannide, dovettero quindi nei decenni iniziali
del V secolo far tutt'uno a Crotone.
I Pitagorici riescono tuttavia a riprendere il sopravvento64. La caduta
delle tirannidi siciliane, ostili ai Pitagorici, a Himera (470 a.C. ca.), Siracusa
(466-465 a.C.), Agrigento, Zancle e Reggio (46 1-460 a.C.); il collegamen
to tra la diffusione del pitagorismo in Sicilia e la fine di queste tirannidi65;
il collegamento tra le monetine di 'alleanza' a doppio rilievo e questi
stessi avvenimenti, danno conferma della ripresa. Proprio l'appartenenza
del più delle monetine a questo periodo dà il senso ultimo di questa
ripresa : il rilievo riconosciuto a ceti e attività non connessi all'agricoltura,
ma allo sviluppo degli scambi e delle importazioni di merci contro ar
gento monetato. L'egemonia crotoniate, lo sforzo per imporla e difender
la avevano cioè portato all'irrobustimento di attività e ceti alternativi ri
spetto all'aristocrazia degli olimpionici, così come la vittoria dei ciloniani,
la tirannide di Clinia e la rinnovata sconfitta dei Sibariti dovevano aver
rafforzato le tendenze a utilizzare il territorio di Sibari come territorio di
conquista da distribuire al demo. Non fa meraviglia, quindi, che quando
la crisi si ripresenta , alla vecchia opposizione di tipo ciloniano, ostile alla
setta e al suo tentativo di porsi come una oligarchia nell'oligarchia, si
trova alleata e affiancata una opposizione democratica facente capo a un
tal Ninone66.
Il lungo e dettagliato racconto, che di tale crisi possediamo in Giamblico,
proviene da Apollonio di Tiana (l d.C.) e non è esente da confusioni, ma
ha il pregio di risalire in ultima istanza allo storico occidentale Timeo di
Tauromenio (IV-III a.C.), il quale aveva avuto modo di utilizzare anche
documenti ufficiali della stessa Crotone67. Secondo questo racconto è lo
stesso Consiglio dei Mille a farsi portavoce di istanze popolari antipitago-
62
Paus. VI 1 3, 1 ; Hdt. VII 165.
63 Pind. P. Il 14 ss. e Scbol. a d loc. ; Scbol. in Pind. P. I 98; Jam. V.P. 266.
64 Aristox. fr. 18 Wehrli (apud ]am. V.P. 249); Jam. V.P. 1 29.
6' Jam. V.P. 33, 1 33 , 214.
66 Aristox. fr. 1 8 Wehrli; ]am. V.P. 257-262.
67 ]am. V.P. 262.
246 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
riche , aprendo l'assemblea al popolo e accettando lo smantellamento
della costituzione avita ; riforma che si perfeziona nella successiva assem
blea popolare aperta, dominata dai ciloniani e dai democratici. I Pitagorici,
che nel Consiglio dei Mille si erano opposti alle innovazioni, vengono
battuti e assaliti mentre sono riuniti nel loro sinedrio, e la casa sede dello
stesso viene incendiata . Il medico Democede tenta una estrema resisten
za utilizzando i giovani aderenti alla setta, ma viene vinto e ucciso. La
rivolta assume carattere generale coinvolgendo sinedri ed eterie delle
varie località controllate dai Pitagorici68• Per quanto riguarda Crotone la
lotta, dopo un arbitrato di Caulonia , Metaponto e Taranto, si conclude
coll:esilio di tutti i Pitagorici e la confisca dei loro beni.
Negli stessi anni a partire dal 453 a.C. si attua la rifondazione di una
Sibari autonoma, coll'intervento di Posidonia e di Lao, colonie di Sibari e
zone di rifugio dei superstiti della città distrutta . Il tentativo dura cinque
anni per venire subito dopo ripreso coll'aiuto di Atene e concludersi,
dopo la rottura tra nuovi e vecchi coloni, con la fondazione di Turi e
quella di Sibari sul Traenté9.
Il senso della disfatta finale è più che evidente . Il tentativo di gestire
l'egemonia crotoniate in chiave aristocratica, senza intaccare la costitu
zione avita , era fallito: il sistema delle eterie non era stato all'altezza del
problema . Il conservatorismo dello stesso Pitagora e la sua incapacità di
ancorare la lotta alla tryphe ad un ampliamento della comunità politica
erano all'origine dell'insuccesso.
La vicenda del pitagorismo non si conclude tuttavia così. Nuovo pun
to di riferimento fu Reggio; quivi i Pitagorici lasciarono traccia di sé in
una serie di legislazioni, alle quali evidentemente si rapporta la tradizio
ne di Caronda legislatore pitagoricd0• D'altro canto Reggio e le città
calcidesi sono con la seconda metà del V secolo collegate ad Atene e
quindi coinvolte in quella politica ateniese verso l'Occidente, in cui si
inserisce la stessa fondazione di Turi: nessuna meraviglia, perciò, se que
sto filone del pitagorismo porta a un incontro tra la tradizione calcidese,
rappresentata da Caronda, e quella ateniese, rappresentata da Solone. Il
codice di Caronda, infatti, nella sua versione pitagorica , quale Diodoro
(XII 1 1 ,3-19) e Stobeo (Fior. N 2, 24) tramandano, evidenzia tratti soloniani
nello stesso momento in cui viene esplicitamente connesso a Turi, colo
nia panellenica voluta da Pericle : tenuto conto del fatto che questa in
fluenza ateniese cessa dopo il fallimento della grande spedizione contro
Siracusa (4 1 5-4 1 3 a.C.), e che le città calcidesi, cui Caronda si richiama ,
6R Dicaearc. fr. 36 Wehrli; Polyb. II 39; Plut. Mor. 583a.
69 Diod . XI 90.3-4; XII 10,2-4; XII 1 1 ; XX 22, 1 ; Strabo VI 1 , 13, 263.
-o Jam. VP. 250, 130, 172, 267, 33; Diod. XII 1 1 ,3 ss. ; D.L. VII 16; Porph. VP. 2.
I Pitagorici e Arcbita 247
subiscono prima le conseguenze della sconfitta di Atene e poi la violen
za distruttrice di Dionisio I, la conservazione di tratti calcidesi e ateniesi
in questo codice pitagorico di Caronda serve a datarne le norme tra la
seconda metà del V secolo e gli inizi del IV, e consente l'utilizzazione
delle stesse per intendere gli sviluppi del pitagorismo politico in questo
medesimo periodo.
La continuità col passato è rappresentata dal richiamo al fondamento
religioso della legge, alla lotta contro il lusso e la brama di ricchezze, al
superamento di una comunità di tipo aristocratico-militare. Queste ten
denze tradizionali si traducono però in una più precisa determinazione
del corpo civico, della reciproca solidarietà, del controllo su magistrati e
applicazione della giustizia . Precise norme regolano la successione eredi
taria, tutelano orfani, ereditiere, prole legittima: sono norme che si richia
mano al vecchio fondo calcidese della legislazione di Caronda, ma che
ora, nell'incontro con le analoghe norme soloniane, si definiscono e raf
forzano, affidando a leggi e magistrati tanto il compito di conservate intat
ta la forza della comunità, l'insieme delle famiglie che la costituiscono,
quanto quello di impedire, attraverso il gioco delle successioni e dei ma
trimoni, la concentrazione dei beni in poche mani. Un'esigenza ad appro
fondire e ampliare la sfera del pubblico si coglie nella preoccupazione di
tradurre norme e comportamenti in leggi scritte; di favorire la conoscenza
della scrittura; di concedere a tutti il diritto di denuncia e accusa. Sono
tutte disposizioni che colpiscono antichi privilegi, legati alla conservazio
ne di tradizioni orali e alla capacità di autodifesa del singolo e della sua
famiglia. Nello stesso senso vanno, sul piano economico, le misure ten
denti a incoraggiare forme di finanziamento dei ceti economicamente più
deboli, ma legati ad attività produttive: misure che servono a rafforzare i
legami comunitari, ad allentare lo scontro tra ricchi e poveri e, nello stes
so tempo, a coinvolgere l'aristocrazia in attività economiche che non sia
no di puro consumo o, al contrario, di accentuata tesaurizzazione.
In tutto ciò si sente il peso della fallita esperienza crotoniate e lo
sforzo di apertura verso ceti diversi: ed è il terreno in cui si realizza il
ritorno dei Pitagorici a Crotone. Questo è favorito dall'intervento pacificato
re degli Achei di madrepatria e del santuario delfico, dal nuovo clima
creato dalla fondazione della lega achea d'Italia su basi democratiche e
successivamente dallo scontro con Turi, che , prima democratica e alleata
di Crotone, si era poi orientata in senso oligarchico e filotarantino, con
sentendo nel 433/2 l'insediamento di Taranto nella Siritide achea71 . I
Pitagorici restituiti alla loro patria espulsero dal loro consesso Perillo di
- 1 Jam. V.P 234; Polyb. II 39,4; Strabo VIII 7 , 1 , 284; Diod. XII 1 1 ,3 e XII 36,3; Antioch. ,
FGrHist 5 5 5 F 1 1 .
248 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Turi e morirono combattendo contro questa città72• Le basi politiche del
l'incontro furono l'accostarsi delle città achee alla democrazia della lega
achea del Peloponneso e il ripudio della democrazia radicale di Ninone73:
conferma evidente dell'evoluzione politica che si era realizzata nel frat
tempo nel seno del pitagorismo.
Segni di evoluzione si colgono anche nel pitagorismo metapontino e poi
tarantino. Al momento della crisi di metà V secolo si erano già manifestate
nel seno stesso del pitagorismo crotoniate correnti favorevoli a un'apertura
in senso democratico della costituzione avita. Tra coloro che nel Consiglio
dei Mille favoriscono il rivolgimento politico appare infatti Hippaso74. Il nome
è tutt'altro che comune: perciò ritrovarlo tra i Pitagorici di Sibari, Crotone e
Metaponto sembra non casuale75• D'altro canto, casi analoghi di Pitagorici
presenti in varie località possono spiegarsi con le vicende tormentate delle
eterie pitagoriche nel corso del V e IV secolo: tipico è quello dei più imme
diati discepoli e congiunti di Pitagora (Brotino, Theanò) definiti ora Crotoniati,
ora Metapontini, con evidente riferimento alla vicenda del passaggio del
fùosofo da Crotone a Metaponto. La citazione per Hippaso di Sibari, Crotone,
Metaponto lascia perciò pensare a una datazione alta dell'attività del perso
naggio, dal momento che è implicito il richiamo alla distruzione di Sibari e al
ruolo svolto da Metaponto, quale rifugio dei Pitagorici esuli da Crotone.
L'Hippaso presente tra i Mille e favorevole alla riforma democratica della
costituzione crotoniate è stato, quindi, assai probabilmente pitagorico.
L'ipotesi trova conferma nel fatto che questo pitagorico, come fu per
sonaggio di primo piano, così fu assai discusso. Aveva mostrato la pro
pria autonomia abbandonando il dualismo in favore di un principio uni
co, il fuoco, e di un universo unico, concepito mutevole e determinato
(18,7 D.-K.), denominando medietà armonica quel rapporto numerico
musicale che Pitagora aveva chiamato medietà subcontraria (18,5 D . -K.).
Ancor più significativamente aveva preso a divulgare segreti matematici
incorrendo nell'ira dei compagni e, si diceva, in quella degli dei che lo
avevano fatto perire naufrago; e aveva scritto un Discorso mistico, il qua
le era considerato un attacco calunnioso contro Pitagora76• A lui inoltre si
faceva risalire la scissione del movimento pitagorico in acusmatici,
tradizionalisti e conservatori, legati unicamente alla parola di Pitagora, e
matematici, scienziati e innovatori77.
72 Jam. VP 74, 264.
73 Strabo VIII 7 , 1 , 384; Jam. VP. 264.
"• Jam. VP. 257.
'� Jam. VP. 267.
'6 Jam. VP 88-89, 246-247; Clem. Alex. Strom. V 58; D.L. VIII 7.
"'� Jam. VP 87, 81; De commun. mathem. s e . 26; In Nicom. arithmet. introd. IO, 20;
De anima apud Stob. I 49,32; Syrian. Comm. in A rist. Metaph. 1 23,7 ss. ; 142,21 ss.
I Pitagorici e A rchita 249
Si tratta di una serie di innovazioni cui non è difficile attribuire un
significato 'democratico' . Affidare alla scrittura il Discorso mistico signifi
cava a un tempo far uscire il movimento da una tradizione di assoluta
oralità della comunicazione e far proprie le esigenze della legge scritta .
Non limitarsi agli acusmata, ma dare inizio alla tradizione dei matbemata
voleva dire accettare una bipartizione del movimento tra una élite di
ricercatori e scienziati e una massa comunque interessata alla realizzazio
ne del modo di vita pitagorico . I matematici infatti accettavano la
coesistenza con gli acusmatici. Parallela è la tradizione che Pitagora stes
so fin dall'origine avrebbe distinto i suoi discepoli in due cerchie, l'una
corrispondente ai matematici, l'altra agli acusmatici: la ragione sarebbe
stata il fatto che mentre ai giovani poteva essere impartita una educazio
ne scientifica, agli anziani, occupati nell'attività politica, si poteva solo
spiegare cosa dovessero fare. Secondo un'altra versione la distinzione
originaria dipese dal riconoscimento di diverse attitudini naturali nei di
scepoli: a ulteriore chiarimento si introdusse la distinzione tra politici
acusmatici e politici-filosofi o legislatori che erano i matematicF8.
Tutto ciò non è che lo sviluppo della coesistenza matematici-acusmatici,
le due categorie di discepoli che promanavano da Hippaso. Si tratta di
una evidente innovazione contraddetta nei suoi fondamenti ultimi da
Timeo, che i discepoli di Pitagora distingueva unicamente in iniziati e
iniziandi (F 1 3 FGrHist) e negava la qualifica di vero pitagorico a chi,
come Diodoro d'Aspendo, era piuttosto un pytbagoristas che pytbagoreios.
In questa versione originaria i politici non erano altro che gli iniziati
senza ulteriore discriminazione79• L'innovazione portava ad applicare nel
l'ambito del movimento una distinzione di gradi di partecipazione sia
alla pratica della disciplina sia all'attività politica, con l'ovvio risultato di
allargamento delle basi della setta e di modificazione dell'originario ca
rattere elitario della stessa . A tale scopo mirava anche l'interesse privile
giato rivolto da Hippaso alla medietà armonica, anche qui, come si è
visto, innovando. Essa doveva giocare un ruolo importante nella sua
visione dei rapporti sociali, se richiamava quel concetto di armonia che
era essenziale per i Pitagorici, abituati a concepire il cosmo sociale e
naturale in termini musicali. Ora la medietà armonica aveva la caratteri
stica di esprimere un rapporto tra grandezze numerico-musicali dove era
privilegiato il concetto della proporzionalità o dignità (47 B2 0.-K.). Non
a caso nella speculazione politico-matematico-musicale dei Pitagorici essa
era chiamata a esprimere l'ottimo governo cioè la via intermedia tra la
democrazia radicale egualitaria, corrispondente alla medietà geometrica,
'8 Porph. V:P. 36; Jam. V.P. 87-88, 80-8 1 , 1 50, 88, 107-198.
79 Varr. apudAug. De ord. II 20; Trog.-Just. XX 4, 14; D.L. Vlll l3; Jam. V.P. 72, 97, 129, 254.
250 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
e l'oligarchia e la tirannide, corrispondenti alla medietà aritmetica80, alla
quale ultima era andata la preferenza di Pitagora, che la medietà armoni
ca aveva considerato solo come il contrario della medietà aritmetica.
Questa medietà armonica realizzava la legge di natura e incontrava così
la distinzione tra pythagoreioi e pythagoristai come un modo di venire
incontro alle disposizioni naturali dei discenti81 •
In conclusione, i vari aspetti della tradizione facenti capo a Hippaso si
lasciano agevolmente ricondurre a un'unica figura di pitagorico innovatore,
mentre le innovazioni si lasciano a loro volta ricondurre a un superamento
della originaria conformazione elitaria e conservatrice della setta. Il supera
mento appare diretto a valorizzare attorno alla élite dei matematici e
filosofi o nomothetai o pythagoreioi una cerchia più vasta di adepti, acu
smatici, pythagoristai o politici e a gettare in questo modo le basi di una
democrazia moderata, dove la differenziazione di diritti e doveri si iscri
veva in un contesto solidale e omogeneo; la comunità politica unitaria e
articolata al pari della comunità pitagorica, che ne costituiva il modello.
Su linee del tutto opposte si orientò nel frattempo il pitagorismo locrese.
Legata a una costituzione oligarchica e conservatrice, ma fortemente osti
le a Crotone fin dai tempi dello scontro alla Sagra (VI secolo a.C.), Locri
non aveva simpatizzato per Pitagora neanche al momento della crisi,
mentre Pitagora a Crotone aveva scelto proprio l'eroe caro ai vincitori
della battaglia della Sagra come esempio classico di intemperanza82• Una
modificazione di questo atteggiamento è testimoniata nel IV secolo, quan
do Platone, a partire dal primo viaggio in Occidente (388 a.C.) incontra
autorevoli esponenti del pitagorismo locrese83. Sono gli anni dell'incon
tro di una parte almeno del pitagorismo italiota con Dionisio I e Siracusa:
quelli in cui l'adesione di elementi locresi al pitagorismo poteva conci
liarsi con la tradizionale amicizia con Siracusa, che nel 398 a.C. aveva
portato alle nozze di Dionisio I con la locrese Doride84• In questi anni si
creano i presupposti dell'incontro del pitagorismo con Zaleuco, il legisla
tore di Locri, la cui citazione in Giamblico significativamente si associa a
quella di un pitagorico Timares o Timaratos85: evidentemente responsa
bile della reinterpretazione pitagorica dell'antico codice locrese .
La risposta alla crisi del pitagorismo è qui, conformemente alle carat
teristiche della società e dell'economia locrese, rigidamente conservatri-
HO Stob. IV 1 , 137.
" 1 Stob. IV 1 , 1 36; Jam. VP 80-8 1 .
" 2 Dicaearc. fr. 3 4 Wehrli; Jam . V P 42.
"3 Cic. De fin. V 29,87; Resp. I 10,16.
"' Polyaen. Stra!. V 2,28; Diod. XIV 44,6-7; Plut. Dio 3,34.
"' Jam. VP 130. 267, 172.
I Pitagorici e A rcbita 251
ce e oligarchica. Il codice di Zaleuco, così come viene conservato dalle
fonti pitagoriche86, si segnala, da un lato, per la ripresa della tradizione
pitagorica in fatto di recupero di tradizioni religiose, che equiparano
delitto e peccato, e di tradizioni proprie della civiltà della vergogna, con
un'accentuata insistenza a favore di pene non pecuniarie; dall'altro, per
la condanna del lusso e la preoccupazione della concordia sociale e
della stabilità delle leggi. A questo si accompagna il rifiuto dell'innova
zione e dell'interpretazione della legge: un formalismo esasperato che
serve da deterrente contro le rivoluzioni, per così dire, striscianti . Ancor
più significativo, perché rappresenta lo sbocco più apertamente contrad
dittorio rispetto agli sviluppi architei e tarantini, è la prevalenza accorda
ta alle pene morali e, coerentemente, il rifiuto dell'economia monetaria e
quello di un articolato sviluppo dell'istituto del contratto. Il risultato era
perfettamente conservatore e orientato verso una società agraria aristo
cratica e autarchica, dove il sistema degli scambi in natura, l'asservimento
dei piccoli proprietari, il debito e insomma un'economia di tipo cliente
lare e signorile dovevano essere la regola . La lezione di Hippaso era
rifiutata e il codice di Zaleuco veniva eretto a difesa di una società chiu
sa, dove all'inalienabilità della terra si accompagna il rifiuto della moneta
e di ogni qualsivoglia intermediario per gli scambi; e il ruolo privilegiato
della donna, quale trasmettitrice di diritti ereditari e di terre attraverso il
gioco dei matrimoni e delle successioni87•
A Hippaso si ricollegava invece Archita, in particolare in proposito
della medietà armonica (18, 1 5 D .-K. ; 47 B2 0 . -K.); e da ambienti taranti
ni, che in polemica con il ricorso ai condottieri stranieri esaltavano
l'autarchia politico-militare dell'età di Archita, proviene l'interpretazione
politica delle medietà prima citata88• A ulteriore conferma dell'orienta
mento politico di Archita vi è infine la tradizione che collega l'egemonia
tarantina da un lato alla democrazia , dall'altro al governo di Archita,
mentre a età successiva riporta lo sviluppo della democrazia radicaleH9.
La democrazia tarantina aveva salde fondamenta . Iniziata intorno al
473 a . C . , essa aveva le sue basi politico-militari in una numerosa fanteria ,
che giunse a contare trentamila opliti, e in una flotta che era la più
potente tra quelle di Occidente90• A tutto ciò corrispondeva sul piano
economico un porto di primaria importanza , che faceva la prosperità di
Taranto, e un demo di pescatori assai numeroso: provvisti di barche e
H6 Diod. XII 20-2 1 ; Stob. IV 2 , 1 9 .
s- Arist. Poi. 1 266b18; Polyb. XII 5-8.
88 Stob. IV 1 , 1 37.
!\9 Strabo VI 3,4, 280.
<JO Arist. Poi. 1 303a; Diod. XI 63; Strabo VI 3,4, 280.
252 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
strumenti da pesca propri, essi potevano all'occasione trasformarsi in
marinai e praticare il piccolo commercio, ma dovevano soprattutto forni
re gli equipaggi della succitata flotta91 . In questo modo essi venivano ad
avere un peso economico e politico, che era vieppiù accresciuto dalla
solidarietà che le operazioni di pesca in comune creava e che portava
anche alla creazione di tbiasoi o associazioni di mestiere tenute assieme
da vincoli di mutua assistenza92.
Notevole doveva essere inoltre il ruolo dell'artigianato tarantino, spe
cie quello connesso alla lavorazione della lana e all'allevamento ovino.
Alle notizie sull'allevamento ovino93, che lasciano ricostruire una invete
rata tradizione di allevamento e selezione, corrispondono, in età greca ,
tanto notizie su termini tecnici inerenti la tessitura, i luoghi di lavorazio
ne, il mercato per la vendita dei tessuti, particolari tipi di vesti (daima,
erganeion, estalopia, spb inkter) e soprattutto un tipo di veste detto
tarantinidion o tarantinon assai rinomato e ricercato, quanto testimo
nianze, già nel VI secolo a.C. , di vere e proprie gare di cardatura e
tessitura con relativi premi94. Alcuni epigrammi del tarantino Leoni da (III
a.C.) chiariscono che questa attività aveva carattere domestico; era tipica
mente femminile; comportava il possesso degli strumenti di lavoro, ma
guadagni non grandi e da conquistare con intenso e prolungato lavoro
(A .P VI 286, 288, 289; VII 726) : una circostanza questa che, confrontata
colla tradizione di alto valore e ricercatezza dei tessuti tarantini, fa pensa
re a un lavoro salariato su materia prima fornita da altri.
A realtà sociali analoghe fa pensare la diffusione nel territorio taranti
no di colture specializzate, vite e olivo, ma specialmente orticoltura e
giardinaggio: vi era tra l'altro un termine specifico per ortolani, rbadanoroi.
Si tratta di colture della zappa più che dell'aratro, le quali richiedevano
salariati in occasione dei lavori stagionali (a Taranto v'era un termine
specifico, gaioi, per i salariati della terra), ma davano anche origine a
fenomeni di piccola proprietà contadina95, connessa per forza di cose
alla commercializzazione dei prodotti. Ne veniva fuori un demo di pos
sessori di poco o di nulla come lo vediamo agire al momento della
guerra contro Roma96: artigiani, pescatori, marinai, piccoli commercianti,
piccoli contadini, viticoltori e giardinieri, legati al mercato e al porto e
alle forze più economicamente dotate che vi ruotavano intorno.
9 1 Polyb. X l ; Arist. Poi. 1 291b14; Leonid. A.P VI 4,13; VII 503, 652, 654; IX 1 07; X l .
92 Leonid. A . P VII 503, 504, 506.
93 Varro R.R. II 2 , 1 8-20; Colum. R.R. VII 2,4-5; 4, 1-6; VIII 3,4, l .
94 A .). Milne, 'A Prize for Wool-working', AfA XLIX, 1945, 528-533.
9' Leonid. A.P. IX 318, 329, 563; XVI 236, 656.
96 Zonar. VIII 2 , 369c.
I Pitagorici e Arcbita 253
A controbilanciare queste forze e interessi c'era la proprietà terriera,
cui si riportavano in vario modo gli opliti, milizia cittadina che doveva
mantenersi a sue spese, e soprattutto i cavalieri per i quali il censo dove
va essere ancor più elevato data la necessità di mantenere anche un
cavallo: forze, secondo Aristotele (Poi. 1 3 2 1 a5), interessate piuttosto a
regimi moderati od oligarchici . La cavalleria tarantina , che stando a
Strabone (VI 3,4, 280), raggiungeva i quattromila uomini, superava nel
rapporto coi fanti (uno a sette-otto) il rapporto normale di uno a dieci; e
costituiva , come mostrano i donari tarantini a Delfi97, l'arma decisiva nel
le lotte contro le popolazioni messapiche del retroterra. Essa aveva un
peso politico rilevante testimoniato dalle monete tarantine col tipo del
cavaliere e dalla tradizione di cavalieri specializzati detti tarantinot98, poi
diffusasi anche fuori di Taranto. Parallelamente la democrazia tarantina si
presentava al giudizio del moderato Aristotele (Poi. 1 320b1 0) come un
modello di equilibrio, con cariche sorteggiate e aperte al popolo e cari
che elettive riservate ai migliori, cioè a quanti per nascita, tradizione e
censo, potevano permettersele .
In questo contesto operò Archita, il discepolo di Hippaso. Egli gover
nò Taranto per lungo tempo; fu più volte , ed eccezionalmente, stratego
dei Tarantini; e stratego con pieni poteri di Tarantini e Italioti99. I rapporti
con Platone all'epoca del secondo e del terzo viaggio del filosofo in
Occidente (366; 361 a.C.); l'alleanza stabilita con Dionisio 11100 ; le lotte
civili a Siracusa negli anni che seguono il 356 a.C. e vedono definitivamente
compromesse le ragioni e il clima dell'alleanza con Dionisio Il e Siracusa,
inducono a collocare questo lungo tempo in cui Archita resse Taranto
nel periodo immediatamente precedente il 356 a.C. Quanto agli inizi,
che Archita fosse già al potere nel 366 risulta evidente dal fatto che è
allora che si stabilisce il legame tra lui e Dionisio Il. Occorre pensare
però che la sua ascesa politica sia anteriore a questa data e collegarla allo
sviluppo della politica italiota e adriatica di Dionisio I: politica che coin
volge pitagorici italioti connessi da un lato alla filosiracusana Locri e
incontrati nel 388 da Platone, e dall'altro a Metaponto e a Paro, la quale
collabora con Dionisio I nel 385/4101 •
Gli anni sul finire del V secolo e gli inizi del IV, che immediatamente
precedono l'arrivo al potere di Archita , non erano stati anni felici né per
9' Paus. X 10,6; 1 3 , 1 0 .
98 Arrian. Tact. 4, 5 ; Aelian. Strat. 3 ; Asclepiod. Tact. 1 ,3 ; Hesych. , Sud. s.v. 'Apxutaç.
99 Strabo VI 3,4, 280; Aristox. fr. 48 Wehrli; Aelian. V.H. VII 14; D.L. VIII 79; Sud. s.v.
'Apxmaç.
100
P lato Ep. VII 338c, 339d, 350a-b.
101
Cic. De fin. V 87; Polyaen. V 2,28; Diod. XV 13,4.
254 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Taranto né per la Magna Grecia in genere . L'intervento di Atene e il
fallimento della grande spedizione in Sicilia (4 1 5-4 1 3 a.C.); il ritorno del
la tirannide a Siracusa (406-405 a.C.) e la ripresa della guerra con Cartagine
in Sicilia; le lotte degli Italioti contro Dionisio I e contro i Lucani, che tra
il finire del V e gli inizi del IV secolo passano sul piano militare dalle
sconfitte patite a opera dei Turini alla conquista di Posidonia e alla vitto
ria di Laas e sul piano politico dalla monarchia militare alla federazione;
la persistente ostilità delle popolazioni japigie, avevano sconvolto la si
tuazione in cui la prosperità di Taranto si costruiva: le buone relazioni
colla madrepatria, coll'Adriatico, la Magna Grecia e il retroterra indigeno,
la Sicilia e il Tirreno102• Uno dei segni più evidenti della crisi è il rarefarsi
delle coniazioni monetali, fenomeno che interessa sia la Magna Grecia
che la Sicilia per il periodo in questione103• Il rarefarsi delle coniazioni ha
conseguenze di notevole rilievo. La moneta antica ha due importanti
funzioni: da un lato essa è equivalente generale delle merci e serve quin
di direttamente o indirettamente agli scambi , siano essi interni che
intercittadinP04 ; dall'altro essa è strumento e incentivo di tesaurizzazione,
in quanto permette la capitalizzazione di eventuali surplus e offre un'an
cora di salvezza in situazioni di crisi. Il rarefarsi delle coniazioni cittadine
privatizza le risorse metalliche, favorisce chi è più forte economicamen
te , mentre riduce le possibilità di tesaurizzazione del piccolo produttore
risparmiatore, obbligandolo a consumare l'eventuale surplus e a entrare,
in caso di bisogno, nel circuito perverso del debito e della restituzione in
natura con relativo pericolo di indebitamento cronico.
Non fa meraviglia, quindi, di vedere sottolineato nella tradizione, sia
diretta che indiretta, uno stato di crisi quale motivazione ultima delle
decisioni di Archita . Aristotele (Poi. 1 320b9) ricorda una misura illumina
ta della democrazia tarantina (che per essere recente e ispirata a modelli
spartani, non si ha difficoltà ad attribuire ad Archita) come mirante a
sanare una situazione di squilibrio economico-sociale. Un noto fram
mento di Archita (47 B3 D . -K.) delinea le soluzioni per superare una
situazione di squilibrio economico-sociale, con fenomeni di concentra
zione della ricchezza e tesaurizzazione nocivi alla salute della comunità .
Da questa situazione Archita si propone di uscire con misure che
riaprono la circolazione della ricchezza . La misura cui allude Aristotele è
1 02 Polyaen. II 10,2, 4; Strabo VI 1 ,3 , 254; Diod. XIV 1 0 1 - 1 02 e XVI 1 5 ; Trog.-Just. XXIII
l; Thuc. VII 33,3; Jam. V.P. 197; Polyb. X l .
103 A.M. Burnett, 'Naples and South Italy: Coinage and Prosperity, ca. 300 B.C.', in La
monetazione di Neapolis nella Campania antica, Atti del VII Convegno del Centro Inter
nazionale di Studi Numismatici (Napoli, 20-24 aprile 1 980), a cura di A. Stazio, M. Taliercio
Mensitieri, Napoli 1 981 , 23-43.
1 04 Arist. Poi. 1 257a30; Et. Nic. 1 1 32b- 1 1 33a.
I Pitagorici e A rcbita 255
quella di rendere comuni i beni privati nel loro uso, come mezzo per
acquistare il favore popolare. Non si trattava di abolire la proprietà priva
ta, ma di imporre forme di aiuto reciproco, come avveniva a Sparta (madre
patria di Taranto) in determinate circostanze ed era prassi comune tra i
Pitagorici105• Più preciso è Archita : rimedio contro la concentrazione del
le ricchezze, la discordia , l'ingiustizia, è il calcolo delle equivalenze, de
finite mediante contratti e tali da assicurare il giusto al ricco come al
povero (47 B3 D.-K.). L'accenno ai contrattP06 e una lunga nota di Aristotele,
a commento della concezione pitagorica della giustizia come eguaglian
za proporzionata (Eth. Nic. 1 1 32b2 1 ss .) chiariscono ulteriormente il pro
gramma di Archita . Si trattava di rimettere in circolazione la ricchezza , su
precise basi contrattuali con un equo calcolo delle spettanze reciproche
per cui essenziale era il ricorso alla moneta: e infatti l'età di Archita si
segnala per l'abbondanza dei tipi monetali e il numero delle frazioni co
niate, inequivocabilmente destinate al piccolo commercio e ai ceti più
deboli. Parallelamente il filosofo mirava alla ripresa delle attività commer
ciali e artigianali. Stefano Bizantino assicura che a Taranto il pitagorismo
praticò una politica di concessioni di cittadinanza che interessò molti affa
risti e trafficanti (chrematizontes) e lascia capire che di una misura del
genere s'era giovato anche un amico di Archita come Spintaro, padre di
Aristosseno, il biografo di Archita stesso. D'altra parte una notizia riferita
da Plutarco (Mare. 14,56; Mor. 718e-D attesta una polemica di Platone
contro Archita: aveva adottato procedimenti meccanici intuitivi nel risolve
re i problemi geometrici e s'era così accostato agli artigiani e tecnici
( banausot) . Artigiani e tecnici che Platone escludeva dalla geometria così
come dai diritti politici: ai suoi occhi, quindi, Archita appare come colui
che apre le porte della politica a queste categorie di cittadini. La cosa trova
una conferma nel citato opuscolo sulle leggi e la giustizia attribuito ad
Archita: qui è appunto la medietà geometrica a esprimere la democrazia
radicale107• Ciò conferma la funzione della geometria nel sistema architeo e
rende anche conto del forte divario esistente su questo punto rispetto a
Platone. Questi infatti, che criticava la versione architea in proposito, pote
va proprio perciò appellarsi alla geometria per definire il suo ideale di
giustizia politica ( Gorg. 508a), mentre invece Archita non poteva e ricorre
va, come si disse, al concetto di armonia per esprimere lo stesso ideale.
In conclusione, nell'opera di Archita la tradizione pitagorica di lotta al
lusso e alla mollezza 108 diveniva funzionale alla concordia tra aristocrazia
105
Arist. Poi. 1 263a27 .
106
Vd. Aristox. apud Athen. XII 546b.
107
Strabo VI 1 , 1 37 .
IOR
Archyt. 47 A 9 D.-K. ; Aristox. fr. 50 Wehrli.
256 Colon ie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
e demo, traducendosi in misure monetarie e legislative atte a incoraggia
re lo sviluppo del commercio e dell'artigianato.
A questa azione interna corrisponde la politica estera . Con Archita
Taranto diventa la guida della lega italiota . Significativamente Reggio e
Crotone vengono sgomberate dai Siracusani all'atto dell'alleanza con
Archita109 ed è probabile, stando al trattato del capo Lacinio (303 a.C.),
che Crotone entri a far parte della nuova lega. Certo Turi ed Eraclea ne
fecero parte110 e naturalmente Metaponto. Così Taranto assumeva in pro
prio la difesa degli Italioti e, nello stesso tempo, ristabiliva un legame
con l'area magno-greca . C'era, però, un'altra novità rispetto al passato: lo
stratego con pieni poteri della lega veniva eletto non più dalla città egemo
ne autonomamente1 1 1 , ma insieme da alleati e Tarantini e, quindi, l'ele
zione tarantina veniva condizionata dal gradimento degli alleati e, in
ultima analisi, dal prestigio che il candidato godeva presso di essi.
Completava il sistema di alleanze il già citato legame stabilito con la
Siracusa di Dionisio II, tramite Platone. Esso serviva ad ampliare lo spa
zio di azione tarantino in Sicilia, nel Tirreno, nell'Adriatico, ma era anco
ra una volta, come dimostra il rapporto con Platone, condizionato all'ap
prezzamento delle qualità di Archita , le sue capacità militari, il suo presti
gio personale, la sua filosofia .
Altra componente del sistema creato da Archita erano le 'amicizie'
pitagoriche, tra cui particolarmente significative quelle segnalate nel mondo
indigeno. Già il pitagorismo crotoniate s'era distinto in questo senso fino
al punto che, presa Crotone da Dionisio I , la guida della setta viene
assunta da un lucano112• Tracce di un pitagorismo antisiracusano e quindi
di ispirazione crotoniate si riscontrano tra i Romani, tra i 'pirati' etruschi
e tra i Cartaginesi1 13. In senso tradizionalista, in quanto rigidamente lega
to ai tabù alimentari che il pitagorismo razionalistico della Taranto di
Archita rifiutava11\ è orientato anche il pitagorismo in area daunia115. Su
questa linea di incontro col mondo indigeno 'pitagorizzato' si muove
anche Archita . La tradizione pitagorica richiama il rapporto di Archita
con l'ambiente che era stato del pitagorico lucano Ocello (48 D . -K.); e
sottolinea soprattutto il rapporto con i SannitP 16, al quale non a caso,
1 09 D . H . XX 7,3.
1 10 Strabo VI 3,4, 280.
111
Diod. XIV 103.
112
)am. V.P. 266.
1 1 3 Plin. NH. XXXIV 26; Jam. V.P. 1 27, 1 28.
1 1 4 Aristox. fr. 29 Wehrli.
1 1 5 Porph. V.P. 23; Jam. V.P. 60.
1 16 Archyt. 47 A9 D .-K.
I Pitagorici e Arcbita 257
all'epoca delle guerre sannitiche, i Romani contrapposero, come accen
na Plinio (N.H. XXXIV 26) , la tradizione pitagorica di segno filoateniese e
antisiracusano. Si trattava invece per Taranto di un pitagorismo antiateniese
e filosiracusano, orientato ad accentuare i legami del movimento con le
istituzioni politiche e sociali del mondo dorico117. Ne discende tutto un
filone di tradizioni sul versante sabellico teso a sottolineare modelli di
vita spartani tra i Lucani, i Sanniti e i Sabini; e, sul versante etrusco, teso
a sottolineare la discendenza di Pitagora da quei ..Tirreni.. che gli Ateniesi
avevano scacciato dalle loro sedP 1H. Va sottolineato anche in questo caso
il ruolo personale di Archita , dal momento che questi legami avvengono
colla mediazione del pitagorismo di cui il Nostro è esponente .
In conclusione attraverso Archita, Taranto assume una posizione di
egemonia , che riapre la strada del commercio tarantino verso l'Adriatico,
la Magna Grecia , l'Italia indigena , la Sicilia , ma che nei suoi tre livelli,
lega italiota , alleanze , amicizie, passa esclusivamente attraverso la figura
di Archita stratego con pieni poteri e pitagorico. Così nella vicenda poli
tica del pitagorismo faceva la sua comparsa il potere monarchico, la
dynasteia1 19, sul quale sarà chiamata in seguito a esercitarsi la letteratura
pitagorica o pitagorizzante sul tema della regalità . Ma Archita non fu
tiranno, rimase nel solco delle tradizioni cittadine e, in questo senso,
riprendendo la tradizione pitagorica e riproponendo il modello spartano
e dorico, cercò di orientare anche l'evoluzione del mondo indigeno:
significativa in proposito è la polemica con l'edonismo individualistico di
Poliarco120. La democrazia continuò a vivere anzi si sviluppò ulterior
mente in senso radicale: dopo Archita cresce l'intervento della città in
favore dei ceti meno abbienti; crescono le coniazioni e compare nelle
frazioni anche il bronzo; il risultato finale lo si coglie all'atto della deci
sione della guerra contro Roma , imposta all'aristocrazia filoromana da
un'assemblea cui partecipano "possessori di poco o di nulla .. , e negli
epigrammi di Leonida , dove appunto queste categorie sociali giocano un
ruolo di protagoniste .
Parallelamente si rompe il legame con le milizie cittadine di opliti e
cavalieri; si fa ricorso ai condottieri stranieri , ultimo e più famoso tra tutti
Pirro, e la cavalleria tarantina , che ancora nelle monete dell'età di Archita
fa sentire la sua presenza , diventa forza mercenaria al soldo dei monar
chi ellenistici. La tradizione pitagorica a questo punto o si rifugia con
w Stob. IV 1 , 1 5H.
"" Trog.-Just. XX 1 ,7 e 1 4 ; XXIII l; Strabo V 4 , 1 2 , 250; Geli. fr. l O Peter; D . H . II 49;
Aristox. fr. 11 Wehrli.
1 1 ''
Vd . Aristot. Poi. 1 307b l R , 1 30Ra l H.
1 20
Archyt. 47 AC) D.-K . ; Aristox. fr. 50 Wehrli .
258 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Aristosseno nella nostalgica rievocazione del passato o si volge alla esal
tazione della regalità, registrando, nell'uno come nell'altro caso simme
tricamente, il ritrarsi di un ceto dirigente aristocratico e colto di fronte a
una realtà che negli sbocchi attuali non si riesce più a controllare. In
questo clima toccherà proprio alla rievocazione di Archita il compito,
secondo il filoromano Nearco121 , di condannare l'estremo tentativo della
Taranto di età annibalica di sottrarsi all'egemonia di Roma.
121
Cic. Cato M. 14,39.
CAPITOLO II
U Pitagorismo e le popolazioni anelleniche d'Italia*
l . Nel discorso di Pitagora ai neaniskoi di Crotone si legge una difesa
di principio della paideia, in relazione alla quale si pone il problema del
rapporto col barbaro1• L'educazione è il frutto di una scelta individuale; è
la condizione dell'attività politica ed è l'unico fondamento della distin
zione tra uomo e fiera, Elleni e barbari, liberi e setvi, filosofi e gente comu
ne. La sua acquisizione è così importante che, mentre nella corsa in un'unica
olimpiade sette corridori di una stessa città ottennero i primi sette posti,
nel campo della sophia solo sette fino all'età di Pitagora avevano ottenu
to la fama di saggi, mentre nell'età dello stesso Pitagora uno solo eccelle
su tutti per philosophia.
Questo discorso ai giovani di Crotone ha alle spalle una tradizione
abbastanza solida : prima che in Giamblico, il discorso in questione è
infatti ricordato da Antistene2 e da Dicearco3. Il tema della paideia come
condizione perché i neaniskoi possano poi accostarsi npòç 'tàç 't'iìç na'tpiòoç
1tpai;Et<; è già nelle I1u6ayopucat cl1tO<j>clO'Et<; di Aristosseno4 , dal momen
to che questi sottolinea come sia proprio dei neaniskoi esercitarsi 'totç
't'iìç noÀ.Eroç €6Ec:ri 'tE 1cal. VOfJ.Ot<; per poi, come andres, badare 'tatç npai;Ec:ri
'tE 1cat ÒTJfJ.Oc:riatç À.Et'toupyiatç. L'idea di una contrapposizione tra filoso
fo e gente comune , tra filosofo e atleta , tra sophia e philosophia torna
• Questo studio è stato precedentemente pubblicato con analoga intitolazione in
AION(arcbeol) III, 198 1 , alle pagine 61-96.
' Jam. VP. 44.
2 Scbol. in Horn . Od . I l , p. 10,6 Dindorf.
' Fr. 33 Wehrli.
• Fr. 35 Wehrli.
260 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
come propria di Pitagora in Eraclide Pontico" . D'altro canto a sottrarre il
discorso al sospetto di una generica riproposizione dell'importanza della
paideia e della philosophia, sta il carattere eminentemente politico e
crotoniate che queste realtà evidenziano.
La setta pitagorica, infatti, si organizzò a Crotone a partire dal comuni
smo dei beni6, nel quale si esalta la funzione dei politikof; impose alla
comunità il proprio modo di governd e venne travolta dalla strage degli
fryEJ.lOVtlCIDta'tOt avOpE<;9 e in un generale sovvertimento 1tEpÌ 'tÒ<; 1tOÀt'tEtaç10.
Parallelamente l'opposizione tra sophia ed atletica si concreta nel nostro
discorso nel richiamo esplicito alle tradizioni olimpiche di Crotone e al
famoso exploit dei sette Crotoniati che in una stessa olimpiade guada
gnarono i primi sette posti nella corsa dello stadio 1 1 •
La testimonianza che ci interessa , dunque, si colloca all'interno di una
tradizione che risale con Antistene socratico almeno alla fine del V sec. e
che riprende , comunque, tratti tipici del pitagorismo crotoniate . Ve ne è,
quindi, a sufficienza per riferire a quest'ultimo l'inizio di un'apertura
verso il mondo delle popolazioni anelleniche dell'Italia .
2. A questa conclusione aderiva probabilmente già Dicearco. A lui
esplicitamente risale Porfirio ( VP 18), quando accenna all'arrivo di Pitagora
a Crotone e all'impressione suscitata dal filosofo sull'insieme della citta
dinanza1 2. Nel prosieguo del racconto ( VP 19) Porfirio accenna ai molti
discepoli conquistati dal filosofo a Crotone, tra cui ci furono anche don
ne, come la famosa Theanò, e quindi ai noUoùç ànò 'fiìç mJVEYYU<; J3ap!Xlpou
xropaç �a<nÀEt<; 'tE KaÌ ouvacr'taç. Segue l'accenno al contenuto del suo
insegnamento esoterico e alla difficoltà di ricostruirlo con completezza e
precisione: immortalità dell'anima , metempsicosi, ritorno ciclico del pas
sato, universale parentela tra gli esseri animati . Il segno evidente di pas
saggio ad un'altra fonte si ha solo con VP 20, quando, citato esplicita
mente Nicomaco, si torna a parlare dell'arrivo di Pitagora in Italia , dell'ef
fetto della sua parola, dei discepoli conquistati e della creazione della
Megale Hellas.
L'incertezza sul reale contenuto dell'insegnamento esoterico del Mae
stro è indizio di fonte piuttosto antica, e, d'altro canto, tutto l'insieme
delle notizie , che seguono la menzione dei discorsi agli uomini e alle
' Frr. 87-88 Wehrl i .
" Ti m . ,FGrHist 566 F 13.
- J a m . V.P 72. Cfr. Varro apud Aug. D e ord. II 20.
" Trog . -Justi n . XX 4,14; D.L. VIII 3; Jam. V.P 254, 2'i5.
" Aristox . fr. 1 8 Wehrl i .
"' Polyh. II 39. 2 .
1 1 Straho VI 1 . 1 2 , 262.
Il Pita[?orismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 261
donne di Crotone, relative agli allievi ed allieve conquistate e al contenu
to dell'insegnamento, sembrano logica e coerente illustrazione della no
tizia sui discorsi. Non ingiustificata , quindi, la conclusione di quanti, dif
ferenziandosi dal Wehrli, estendono la citazione di Dicearco a tutto il
complesso di Porfirio, VP 18-201:1.
Così stando le cose la tradizione sui molti re e dinasti del vicino paese
barbaro, divenuti allievi di Pitagora , si rivela tradizione della massima
importanza e per vari aspetti. Essa si collega , per cominciare , a un filone
di notizie, che , in quanto teso a sottolineare in Pitagora l'incarnazione
del Pioç npaKttKoç e, quindi, l'attività politica , ma , nello stesso tempo,
non totalmente favorevole al filosofo né troppo vincolato all'immagine
canonica , che Speusippo, Senocrate, Eraclide, Aristosseno ne davano14,
per ciò appunto si rivela per noi del massimo valore.
La testimonianza di Dicearco conferma inoltre la tradizione confluita
in Giamblico nel discorso ai giovani di Crotone, dal momento che , se in
quel caso l'annuncio di un'apertura al mondo barbarico ricorre in uno
dei discorsi crotoniati, in Dicearco la constatazione di tale apertura torna
in un contesto che serve ad illuminare gli effetti di quei discorsi crotoniati.
Ma soprattutto la tradizione raccolta da Dicearco è della massima impor
tanza per chiarire circostanze e forme di tale apertura pitagorica verso il
mondo indigeno. Tre sono a questo proposito gli elementi di rilievo.
Innanzi tutto la cronologia del fenomeno, che per Dicearco, come per
Giamblico, immediatamente si connette all'attività di Pitagora in Crotone:
un fenomeno, quindi, da collocare, quanto agli inizi, tra gli ultimi decen
ni del VI o, al più tardi, agli inizi del V secolo . In secondo luogo l'area
interessata dal fenomeno, che per Dicearco è il vicino paese barbarico .
Come vedremo meglio in seguito, la tradizione pitagorica sottolinea con
tatti con una serie di popolazioni italiche, che sono Tirreni, Sanniti, Lucani,
Dauni, Peuceti, Messapi; tra queste popolazioni una posizione privilegia
ta rispetto al territorio di Crotone posseggono i Lucani : se ne deve dedur
re che a questa popolazione in primo luogo pensasse Dicearco nel passo
in questione . Ci sono, infine , i dati relativi alla qualità e profondità del
rapporto. Esso interessa le comunità indigene nelle figure dei loro Pomì.c'ìç
e òuvacr'tat, cioè nelle loro aristocrazie . In altri termini il rapporto col
mondo indigeno è perfettamente simmetrico al rapporto che Pitagora
istaura colle comunità greche: anche in questo caso, infatti, ad essere reclu
tati sono elementi ÈK 'trov Èv 'totç àçu:O,.Lam. Kaì 'tatç oùcrlmç npOEXOV'trov15.
12 Dicaearch. fr. 33 Wehrli Porph. VP 18.
=
1 3 Burkert 1972, 122 s. (e specialmente, per lo stato della questione, 1 22 n. 7).
1 4 Cfr. Burkert 1972, 106.
1 5 Jam. VP. 254.
262 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Sul versante ellenico questo fenomeno, unendosi all'altro del recluta
mento individuale, fa sì che gli adepti costituiscano solo un J..L l.lc pòv J!Époç
rijç 7toÀ.Eroç, che per suo conto vive o'ÙIC Èv to'iç aùto'iç teeow oùò'
È1tttTJÒEUJ..La<nv16: onde un distacco di abitudini e costumi di vita tra la
comunità nel suo insieme e gli aderenti alla setta . Una situazione analoga
occorre ipotizzare anche sul versante italico del fenomeno, una volta che
le basi del reclutamento si sono dimostrate identiche . In altri termini la
presenza pitagorica in ambito indigeno va concepita, per il momento,
come fenomeno individuale ed elitario, la cui sussistenza non può im
mediatamente essere dedotta dalla generalità degli ethea ed epitedeumata
documentati nelle comunità di appartenenza; e questo anche nel caso in
cui si tratti di abitudini abbondantemente ellenizzate .
3. La conclusione prima raggiunta, di una precoce e durevole penetra
zione del messaggio pitagorico in area lucana, trova conferma in tutta
una serie di notizie . Esiste una vera e propria situazione di privilegio, a
questo riguardo, per i Lucani. Messapi e Peuceti si rapportano a Pitagora
in quanto ethne da cui provengono discepoli17; i Dauni vengono indiret
tamente evocati nell'episodio dell'orsa daunia ammansita da Pitagora18; i
Sanniti sono rappresentati unicamente da Gaio Ponzio, amico di Archita19;
i Romani, quando non sono anonimi discepoli di Pitagora20, entrano in
rapporto con lui attraverso Numa; i Tirreni, infine, quando non sono
indirettamente evocati dalla tradizione sul Pitagora Tirreno21 o da quella
sul serpente eliminato dal filosofo in Tirrenia22, si riducono al solo Nausi
thoo23, un etrusco dal nome totalmente greco.
Per i Lucani la situazione è ben diversa. Vi sono discepoli lucani di
Pitagora24; vi sono Lucani in rapporto con Filolad5; vi sono personalità
lucane, uomini e donne, citate per nome e con nomi particolarF6. Tra i
Pitagorici elencati nel catalogo di Giamblico appaiono Okkelos ed Okkilos,
16 Jam. /.c.
1 7 Aristox. fr. 1 7 Wehrli.
1 8 Porph. VP 23 = Jam. VP. 60 (da Nicomaco) .
1 9 Cic. Cato M. 4 1 .
20 Aristox. fr. 17 Wehrli.
2 1 Theopomp. , FGrHist 1 1 5 F 72; Aristox. fr. 1 1 a Wehrli; Neanth . , FGrHist 8 4 F 29;
Plut. Q. Conv. 727b-c. Cfr. infra, n. 224.
22 Aristot. fr. 191 Rose = 1 7 1 , 1 e 3 Gigon apud Apoll. H.M. 6. Cfr. Jam. VP. 142.
23 Jam. VP 1 27 (da Aristosseno: cfr. Aristox. fr. 58 D7 Wehrli = 33 D 7 Timpanaro
Cardini); jam. VP 267 (p. 146, 14 Deubner) .
24 Aristox. fr. 17 Wehrli.
2' Plut. Mor. 583a.
26 A. von Blumenthal, 'Messapisches' , Glotta 17, 1929, 1 53 s.
Il Pitagorismo e le popolazioni anelleniche d 1talia 263
che in altre fonti è Ekkelos27 oppure Ekellos28; e poi Oresandros e Keram
bos29. Altre fonti ci parlano di Aresas30, che è probabilmente da identifi
care con l'Oresandros di Giamblico31 . C'erano poi, nel catalogo delle
donne pitagoriche in Giamblico32, una o due Pitagoriche lucane impa
rentate con i succitati Okkelos ed Ekkelos33. Si tratta, come si vede a
prima vista, di nomi non tutti propriamente greci e che proprio perciò
non vengono recepiti in maniera univoca nella stessa tradizione antica .
Il livello arcaico di questo rapporto appare chiaro anche attraverso i
nomi ellenizzati portati dai Lucani pitagorici: accanto ad Aresa, che pare
il più recente acquisto, compaiono Ocello, Oresandros e Kerambos, nomi
che sono portatori di precise ideologie . Ocello è nella tradizione greca
un troiano compagno di Antenore (Asclepiade di Mirlea, 697 F 7 Jacoby) :
uno di quei Troiani che dopo la caduta della mitica Troia in Anatolia
sono passati in Occidente, per portarsi in Adriatico. Con questo nome
dunque noi abbiamo evidentemente a che fare con una tradizione che
vuole i Lucani connessi ai Troiani emigrati in Occidente. La tradizione è
nota anche altrimenti. In una presunta lettera di Platone ad Archita rela
tiva ad Ocello si parla di origini licie a proposito dei suoi antenati, che
sarebbero partiti dalla Troade all'epoca del re Laomedonte (D .L. VIII 80) .
Leggende troiane erano localizzate nella Siritide achea come nella Crotonia
tide e servivano a sottolineare la natura ellenizzata , ma non propriamen
te greca, delle popolazioni indigene interessate.
Quel che conta notare è che con queste origini i Lucani vengono
considerati in sé e per sé, non rapportati ai Sanniti, ma avvicinati alle
27 Stob. Ecl. III 9 , 5 1 H . ; cfr. Jam. V.P. 267 (p. 1 46, 20 Deubner).
28 Syrian. Comm. in Arist. Metaph. 175,7 Kroll .
29 )am. V.P 267 ( p . 145, 1 1 s. Deubner) .
30 Plut. Mor. 583a-b; Jam. V.P 266.
31 Cfr. la correzione di 'OpÉcravopoç in 'ApÉcravopoç del Nauck, accettata anche dal
Deubner (p. 145, 1 1).
3 2 Jam. V.P 267 (p. 146, 19-20 Deubner).
33 Il passo è corrotto. Opinione generale è che vi si parlasse di due sorelle, Okkelo ed
Ekkelo, lucane imparentate con Okkelos e Okkilos: in questo modo tornerebbe anche il
conto delle donne pitagoriche che dovrebbero essere 17. La Timpanaro Cardini preferi
sce invece correggere il BuvMKou àO€À.$i] dei codici in BuvoaKCÒ àO€À.$Tt '0KK€À.CÒ Kaì
'EKK€ACÒ, facendone così la sorella (unica) di Okkelos ed Ekkelos. Si avrebbe il vantaggio
di regolarizzare il testo: il quale, di regola, fa seguire al nome della Pitagorica un'unica
qualificazione (il nome del padre o marito o fratello o semplicemente l'etnico di prove
nienza) e non due, come avverrebbe mantenendo la lezione BuvoaKou; e che, quando
cita un parente delle stesse, lo qualifica sempre attraverso un etnico, cosa che nel caso di
BuvOaKou non avverrebbe. In questo modo, tuttavia, le Pitagoriche non sarebbero più 17
ma 16. Vd. per tutto ciò l'apparato critico del Deubner ad loc. e il commento della
Timpanaro Cardini ( 1 958-64, II, 386 ss. e III, 44 s.).
264 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
precedenti popolazioni dell'area enotria. A questo corrisponde da un
lato la presenza di Lucani a contatto col mondo acheo almeno dalla
prima metà del V sec. a.C., dall'altro una collocazione dei Lucani in Campa
nia nel retroterra accanto a Sanniti e Campani, in una fonte , come la
Periegesi dello pseudo Scimno (vv. 244-247) , che per questa parte risale
al periodo, terzo quarto del V sec. a.C. , che è lo stesso del pitagorico
lucano Aresa . Abbiamo cioè un livello di tradizione periegetico per cui i
Lucani ancora nella seconda metà del V sec. a . C . sono in Campania , una
tradizione pitagorica per cui nella prima metà del V sono già in Lucania ,
ma entro un contesto enotrio . Si tratta in questo ultimo caso di un livello
di tradizione lucano-enotrio analogo a quello degli Opici-Ausoni della
Campania . Coerente è l'arcaica immagine dei Lucani che anche Oresandros
e Kerambos sottolineano . Il primo è l'uomo dei monti; il secondo porta il
nome di un pastore della Achaia Ftiotide, famoso per i suoi canti, ma
rimasto vittima del suo attaccamento ai monti e del rifiuto della transuman
za in pianura durante l'inverno (Ant. Lib . XXII) . Uomini dei monti e
pastori, dunque, i Lucani legati agli Achei, anche essi provenienti dall'A
chaia Ftiotide . In questa fase i Lucani appaiono in veste subordinata
rispetto ai Greci, come dinasti e principi del vicino paese barbaro sedotti
dalla parole del filosofo Pitagora , in un orizzonte di tipo iniziatico e
quindi elitario e individualistico. La situazione si evolve insieme con l'evo
luzione del movimento pitagorico. Maturano le condizioni che portano
Aresa alla guida del movimento: la crisi della fine del VI sec. a . C . e
l'allontanamento di Pitagora da Crotone; la crisi finale di metà V sec. a . C .
e l'espulsione dei Pitagorici d a Crotone; l a riconciliazione con l'interven
to acheo e la fondazione della lega achea.
Nel mondo lucano la tradizione ricorda una legge dei Lucani che
punisce l'ozio e la dissolutezza : una legge che mira a combattere gli
effetti dell'eccesso di ricchezza per produrre omogeneità nella comunità
politica , evitando consumi voluttuari e favorendo invece l'uso del sur
plus per fini sociali, di sostentamento dei ceti meno dotati e delle loro
attività non strettamente agricole.
Ma c'è di più . Ad alcuni di questi nomi si collega una storia ed una
storia che assegna loro un ruolo di primo piano nel movimento pitagorico.
È il caso di Ocello, intorno al cui nome e prestigio si sviluppa tutta una
letteratura apocrifa, che tende a farne l'ispiratore di Archita , di Platone e
dello stesso Aristotele, su temi essenziali come la regalità , la giustizia , la
legge, la pietà , l'eternità del mondo e il quinto elemento34 . Si tratta , come
si è detto, di apocrifi che da un lato presuppongono la fama di Ocello,
·1' Vd. le testimonianze raccolte s. v. 'Occelus' in 48 0 . -K. = 22 Timpanaro Cardini
0958-64, II, 386 ss. ) .
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 265
senza la quale tutta la costruzione non avrebbe avuto fondamento, e
dall 'altro presuppongono una tradizione autonoma rispetto a quella con
fluita in Giamblico, se è vero che nessun accenno vi si ritrova a fratelli o
sorelle dello stesso Ocello35. Coerente col ruolo che si intende assegnare
a Ocello in questa letteratura è la cronologia che gli viene attribuita , in
particolare nella lettera apocrifa di Archita a Platone36, dove Archita è
presentato come colui che, penetrato nel cuore montuoso della Lucania ,
ha ottenuto dagli ekgonoi di Ocello gli scritti di lui. Ocello, cioè, viene
posto alcune generazioni prima di Archita ed, in particolare, accostato a
quei superstiti dell'eccidio pitagorico, che, dispersi ed isolati, lasciarono
ai discendenti i propri hypomnematd7: in altri termini viene considerato
tra i Pitagorici attivi negli anni intorno alla metà del V see, a . C .
A questo stesso livello cronologico s i collocano quei Lucani che ac
colgono Filolao, secondo questa tradizione scampato insieme a Liside
all'incendio del sinedrio38.
Ma a questo livello, sopra tutto, si colloca una personalità lucana di
grande rilievo, come dovette essere Aresa . Questi fu il quinto successore
di Pitagora nella direzione della scuola, dopo Aristaios, Mnemarco, Boula
gora , Gartyda , e la vicenda che lo portò a succedere a costoro fu la
rivoluzione (democratica) a Crotone . Salvato ad opera di alcuni ospiti
stranieri, egli divenne maestro di Diodoro di Aspendo39 e ricevette, final
mente, notizie di Liside, il pitagorico tarantino scampato all'incendio del
sinedrio e passato a Tebe40, dall'incontro con Gorgia da Leontini, reduce
dall'Ellade41• Delle due tradizioni, la prima su Aresa diadochos risale da
un lato a Timeo e al suo interesse per Diodoro di Aspendo42, dall'altro ad
ambienti accademici interessati a ripercorrere a ritroso le serie dei diado
choi partendo da Platone43; la seconda, invece, in quanto interessata a
collegare Filolao a Liside risale ad ambienti metapontino-tarantini44, pre
occupati di difendere l'autenticità della tradizione che appunto a Filolao
faceva capo. È allora molto significativo il fatto che tanto l'una quanto
l'altra tradizione concordano nel valorizzare l'opera di Aresa lucano e nel
datarla agli anni a partire dalla metà del V secolo.
3' Timpanaro Cardini 1958-64, II, 386.
36 D . L. VIII 80.
37 Porph. VP 57 s. = Jam. VP 252 s. (da Nicomaco).
·"" Plut. Mor. 583a-b.
39 Jam. VP 266.
40 Aristox. fr. 18 Wehrli. Cfr. Prontera 1977, 277 ss. nn. 1-2,
4 1 Plut. Mor. 583a-b .
4 2 Tim . , FGrHist 566 F16.
43 Jam. VP. 265-266. Cfr. Prontera 1977, 285 s.
"'4 Jam. VP. 266.
266 Colon ie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
In conclusione, dato comune a tutte queste tradizioni sui Lucani è la
connessione colla crisi di metà V secolo, dalla quale i Lucani escono con
una posizione di particolare prestigio: una posizione inspiegabile se non si
ammette un legame tra Lucani e pitagorismo crotoniate, che aveva rag
giunto a metà V una profondità e normalità tale da permettere una succes
sione di Aresa a Pitagora. Quanto, dunque, si deduceva dalla tradizione
confluita in Dicearco, trova piena conferma nelle tradizioni esplicitamente
connesse ai rapporti tra i Lucani e il pitagorismo: tradizioni, come ora si
disse, accademiche e timaiche, ma, sopra tutto, aristosseniche, se è nel fr.
17 di Aristosseno che i Lucani appaiono discepoli di Pitagora accanto ad
altre popolazioni italiche; e se al musico tarentino risale in ultima istanza
quel catalogo dei Pitagorici45, che tanto ci dice sulla consistenza e genuini
tà di questa presenza lucana, confermata, tra l'altro, anche dall'ateniese
Filocoro, se a lui, come pare, risaliva il catalogo delle donne pitagoriche46•
I rapporti tra Lucani e Pitagorici dovettero, comunque, continuare
anche nel IV secolo: diversamente non riusciremmo a spiegare tutta l'in
sistenza con cui la tradizione su Ocello sottolinea il rapporto Ocello
Archita47, né la stessa insistenza con cui le fonti di IV e III secolo a.C.
richiamavano le vicende del pitagorismo lucano. Proprio perciò non sem
bra fuor di luogo rilevare certi elementi che lasciano nelle nostre fonti
intravedere un'evoluzione del rapporto dei Lucani col pitagorismo.
Il punto di partenza è evidentemente quello cui allude Dicearco: un
rapporto limitato a j3amì..El.ç e ouvacr'tat, il quale li contrappone agli ethe
e agli epitedeumata delle rispettive comunità . A questa divaricazione il
pitagorismo post-ciloniano aveva cercato di porre riparo attraverso
l'appropriazione delle legislazioni locali preesistenti (Caronda, Zaleuco)48,
l'apertura sui 'tà 'tcOV aUrov VOJltJla49, la pluralità delle politeiai50 e dei
nomoteti che si caratterizzarono in quanto OtiJvtyKav È1tt'tTJOEUJlacrt 'tE
Kaì €8Emv, olç Kaì Èv ÈKEivotç 'totç 't01tatç n6ì..E tç Ka't' ÈKEtvouç 'toùç
xpovouç txpitcrav'to51 . Un'esperienza questa nel cui solco si posero, in
particolare, i legislatori regini, approdando a quella rielaborazione della
legislazione di Caronda , su cui poggia la tradizione del Caronda pitago
rico52, ma anche, dati i collegamenti Regio-Atene53, l'introduzione di ele-
45 Timpanaro Cardini 1958-64, III, 38 ss. ; Burkert 1972, 105, n. 40.
46 FGrHist 328 T l ; cfr. Burkert 1 972, loc. cit.
47 Luc. Pro lapsu int. salut. 5; Censorin. De die nat. 4,3; D.L. VIII 80-8 1 .
48 Aristox. frr. 17 e 43 Wehrli; cfr. Jam. V.P 130, 172.
49 Jam. V.P 260.
<;O Aristox. fr. 1 8 Wehrli; cfr. Jam. V.P. 1 30, 172.
" Jam. V.P 1 30.
sz Delatte 1922, 183 s .
53 Nr. 63 Meiggs-Lewis; cfr. Maddoli 1980, 69.
Il Pitagorismo e le popolazioni anelleniche d 'Italia 267
menti soloniani nei testi attribuiti al Caronda pitagorico54 e, parallelamen
te, di norme risalenti a Caronda nella legislazione di Turi55. L'influenza di
questi avvenimenti si sente nella tradizione su Aresa, nel momento in cui
questi viene connesso a Gorgia da Leontini reduce dall'Ellade, cioè a
colui che, nei rapporti tra Calcidesi di Leontini e Grecia, rappresenta il
legame con Atene56; e trova la sua conferma nelle notizie sui nomoi dei
Lucani. Questa tradizione, che ha un sicuro punto di riferimento nelle
OoÀ.t'tEtat aristoteliche57, ricorda una dike dei Lucani aventi per oggetto
l'àcrmia e l'àpyia, la quale tende ad impedire la concessione di prestiti a
chi si macchi di queste colpe, ozio e sregolatezza . La norma ha immedia
to riflesso in una legge attribuita al Caronda pitagorico che vieta di È1tapKdv
un povero che sia àpyoç e àKpaTI)ç58 e si colloca nel solco delle leggi
attiche relative all'àpyia59•
Questa evoluzione del pitagorismo, che portava via via a colmare il
distacco tra 'aristocrazia' pitagorica e comunità, era in ultima analisi con
seguenza della crescita interna delle stesse comunità . Non sarà allora un
caso se il rilievo che le comunità lucane assumono nella seconda metà
del V secolo nelle lotte contro Turi e Cleandrida, si inserisce nell'ambito
della tormentata vicenda dei rapporti di Turi da un lato con Taranto61 ,
dall'altro con Terina, colonia d i Crotone62, e con l a stessa Crotone , ora
alla guida della nuova lega achea63 e ridiventata pitagorica64. Pur nella
lacunosità della nostra documentazione in proposito, colpisce, infatti,
l'analogia tra la storia di Turi, prima alleata di Crotoné5 e aperta verso il
mondo pitagorico-calcidese rappresentato allora da Caronda, poi in lotta
con Terina e Crotone 'pitagorica', e la vicenda dei Lucani, pitagorici gra
zie ad Aresa e aperti verso il mondo ateniese e calcidese rappresentato
da Caronda , ma anche, accanto a Terina, in lotta con Turi.
Ma nella vicenda di Aresa c'è ancora qualche altro indizio dell'evolu
zione di cui si diceva e dei suoi sbocchi ultimi. Suo discepolo fu Diodoro
,. Cfr. Stob. Ecl. IV 2,24, p. 1 5 1 , 1-2, p. 1 5 2 , 15 ss. H. con Arist. AP 9, 1 ; Plut. Sol. 18,6.
Inversamente leggi di Caronda si trovano assegnate a Solone: D.L. I 56-57 .
11
Diod. XII 1 1 , 3.
56 Thuc. III 86; Diod. XII 53.
,7 Heracl. Lemb. Pol. 48; Ael . VH. IV l. Si ricordino ancora nei NoJ.LtJla j3apj3apuca le
citazioni di usanze romane (fr. 604 R. 3) ed etrusche (fr. 607, 608 R. 3) .
58 Stob. Ecl. 4,2, 2 4 , p. 1 52 , 9- 1 4 H .
19
D . L . I 5 5 ; Cantabr. 665 , 1 2 ; Pollux VIII 42.
60 Polyaen. II 10,2; 10,4-5.
61
N r. 57 Meiggs-Lewis; Antioch. , FGrHist 555 F 1 1 ; Diod. XII 23,2; 36,3.
62
Polyaen. II 1 0, 1 .
63 Polyb. I I 39,6; Strab. VIII 7, 1 , p . 384.
64 Jam. VP. 264.
6, Diod. XII 1 1 ,3.
268 Colonie achee. Magna Grecia e Pitagorismo
di Aspendo66, una personalità attiva in Grecia nella prima metà del IV
secold7• Il suo rapporto con Aresa deve , dunque, appartenere a quegli
ultimi decenni del V secolo nei quali Aresa , sopravvissuto alla crisi di
metà V secolo non in quanto neotatos, come Liside e Archippo, ma come
futuro diadocbos di Pitagora , dovette al più tardi concludere la sua
predicazione .
Ora Diodoro di Aspendo rappresentò una vera e propria svolta nel
l'interpretazione del rrueayopucòç j3ioç, che attraverso di lui s'accostò al
modo di vita dei Cinici e decisamente prese a privilegiare l'a1mipKtta e
'tà 'tWV oEi1tvrov EÙ'tEÀft69. Tale svolta , tuttavia , in quanto attuata da un
tardo discepolo di Aresa, in qualche modo dovette coinvolgere l'estrema
predicazione del maestro . Si delinea così, negli ultimi anni di Aresa, in
uno coll'affermarsi, tra Metaponto ed Eraclea , del pitagorismo taranti
no70, un incontro del pitagorismo lucano con i valori della duritia e della
parsimonia, secondo una tradizione che li contraddistingue quali inter
preti del modo di vivere spartano71 e li presenta come coloni spartani72,
avvicinandoli così (come meglio si vedrà in seguito) all'interpretazione
tarantina della tradizionale frugalità dorica rivalutata da Pitagora73 e natu
ralmente sentita a Taranto come eredità dei padri . Un'evoluzione questa
che ben s'accorda da un lato al clima politico di fine V secolo, dopo le
successive sconfitte di Turi da parte di Taranto e di Atene da parte di
Siracusa; dall'altro all'ulteriore crescita delle comunità lucane , che come
vedono allinearsi le aristocrazie pitagoriche agli etbe ed epitedeumata
comuni, così si apprestano alla conquista di Poseidonia e alla vittoria di
Laas.
4. La vicenda dei Lucani, discepoli di Pitagora , strettamente si con
giunge alle vicende dei Sanniti e dei Sabini in quanto interessati dalla
diffusione del pitagorismo.
66 Jam. VP 266.
6- Burkert 1972, 202 s.
6" Aristox. fr. 1 8 Wehrli.
6 9 Athen. IV 64a. Per l'incontro tra KWtKÒç 'tpémoç e 7ttJ8ayoptKòç 'tp67toç vd. già Gi-
gante 1 97 1 , 45 ss. , 52, 67.
"0 Jam. VP. 266.
_, Trog. -Justin. XXIII 1 ,7-9.
" 2 Cfr. Trog.-Justin. XX 1 ,7 con le tradizioni sui Sabini (Cato fr. 51 Peter; Geli. fr. 1 0
Peter; D . H . II 49,4-5; Hyg. fr. 9 Peter) e sui Sanniti discendenti d a coloni spartani (Strabo
V 4 , 1 2 , 250); vd. anche infra.
" 3 Trog. -Justin. XX 4,4 ss. : Pitagora ispirato da Licurgo e Minos, maestro di jrngalitas.
Cfr. la e'Ù'tÉÀ.Eta degli Spartani contrapposta alla 'tp'lJ<!lti sibarita (Diod. VIII 18,2; Athen. XII
5 1 8e, da Timeo).
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 269
Nel caso dei Sanniti la tradizione ricorda un loro rapporto con la
pitagorica Taranto nell'età di Archita , Platone e Dionisio Il. L'unico testo
che ce ne parli in maniera esplicita è un racconto che , secondo Cicero
ne74 , Catone Maggiore avrebbe da giovane ascoltato da un tal Nearchos
tarantino, ospite suo e filoromano, nel 209 a.C. , all'indomani cioè della
sfortunata conclusione dell'ultimo tentativo compiuto da Taranto per ren
dersi, alleandosi con Annibale, indipendente da Roma . Nearchos riferiva
la vetus oratio che Archita aveva tenuto nel corso di un colloquio con
Gaio Ponzio Sannita , padre del vincitore di Caudio, dichiarando di averla
appresa a maioribus natu e che a quel dialogo aveva presenziato anche
Platone : cosa che aveva permesso a Catone di collocare (erroneamente)
l'evento all'epoca della venuta del filosofo a Taranto, cioè sotto il conso
lato di Lucio Camillo e Appio Claudio, nel 349 a.C. ( = 345) .
Questa vetus oratio consisteva nella denuncia di mali pubblici e priva
ti prodotti dalla ricerca del piacere corporeo e, subito dopo, nella con
danna del piacere in quanto inconciliabile con temperanza, virtù , possi
bilità di pensare, ragionare, intendere, e nemico acerrimo di quella entità
divina che è la mente .
La testimonianza ciceroniana è stata sempre oggetto di discussioni e
polemiche tendenti a negarle valore storico. Gli argomenti adoperati per
svalutarla sono diversi e di diverso valore7;. Si comincia con lo svalutare
l'autorità di Cicerone, osservando che egli è l'unica fonte a parlare di que
sto colloquio tra Catone e Nearchos, dal momento che Plutarco, il quale
pure ne fa cennd6, dipende unicamente da lui. Si passa poi a negare la
possibilità di un tale colloquio, osservando che una presenza di Catone a
Taranto nel 209 a.C. agli ordini di Fabio Massimo non è molto probabile;
che Catone non conosceva da giovane il greco e che una tradizione
pitagorica a Taranto alla fine del III secolo non esisteva più . D'altro canto
Nearchos non poteva aver appreso dai maiores natu un episodio avvenu
to almeno 1 50 anni prima ed estesamente riferito nella Vita di Archita di
Aristosseno77• La vera fonte della vetus oratio è Aristosseno, che però non
citava né Platone né Gaio Ponzio, ed è proprio perché tutte le circostanze
sono inventate che la datazione attribuita al colloquio è completamente
impossibile: il 349 a.C. è l'anno che precede la morte di Platone e nessuna
possibilità vi è di mettere a contatto Platone ed Archita in quel momento.
Non poche obiezioni, tuttavia , si possono muovere a questo riguardo.
Cominciamo dal racconto di Plutarco. Plutarco riprende , come si è osser-
-; Calo M. 1 2 . 39-4 1 .
- , Vedine l a diligente ripresa i n Garharino 1 973, p . 326 ss.
-, Calo M. 2,3 s.
- - Fr. 50 Wehrli apud Athen. XI I 5 4 5 a = 546c .
270 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
vato, l'episodio dell'incontro del giovane Catone con il suo ospite Nearchos
a Taranto, dopo la presa della città ad opera di Fabio Massimo. Egli dice
innanzi tutto che si trattava di un pitagorico, cosa che Cicerone non
diceva , ma che poteva facilmente dedursi dal contenuto della sua rievo
cazione. Poi dà un riassunto dei suoi logoi con Catone, precisando che si
trattava di argomentazioni analoghe a quelle cui faceva ricorso Platone e
richiamando così il rapporto Archita-Platone, stabilito dalla tradizione
ciceroniana . Nearchos, dunque, aveva definito il piacere massima esca
dei mali, il corpo prima sventura dell'anima , i ragionamenti, attraverso
cui l'anima si allontana e distacca dalle passioni corporee, strumento di
liberazione e purificazione e Catone ne aveva tratto ulteriore incitamento
verso 'tÒ À.t'tÒV 1caì 'tiJv èyKpa'tEtav. La sostanza del ragionamento è la
stessa che è in Cicerone, solo che: all'opposizione tra piacere corporeo e
intelletto si sostituisca quella del corpo all'anima ; all'opposizione tra vir
tù e piacere si sostituisca da un lato l'opposizione tra una filosofia intenta
alla valorizzazione dell'anima sul corpo e un'altra legata a posizioni
edonistiche, dall'altro l'incitamento a una vita semplice e temperata che
una scelta filosofica del primo tipo pone necessariamente in essere . Si
potrebbe, dunque, pensare a un rapporto diretto Cicerone-Plutarco, in
terpretato da quest'ultimo con una certa libertà , se non ci fossero altre
circostanze da tener presenti. Se si considera , infatti, l'insieme della tradi
zione pitagorica , ma poi anche accademica e peripatetica , su questo tipo
di polemica contro l'edonismo, tradizione entro cui si colloca, come ben
dimostrato a suo tempo dal Bignone78, questa vetus oratio di Archita
riferita da Nearchos, alcuni fatti divengono subito significativi.
Plutarco cita immediatamente una frase del Timeo platonico79, 'tiJv
ilòoVÌlv . . . �ytcr'tov KaKou OÉ.À.Eap : essa rende bene il concetto espresso
da Cicerone, di un piacere fonte di mali molteplici, ma non è citata da
Cicerone in questo luogo, bensì ripresa e tradotta più tardi, in un contesto
del tutto diverso, relativo alla necessità di non rifiutare totalmente i piace
ri, ma di moderarli80• La citazione platonica , invece, tornava in un luogo
del perduto Horlensius ciceroniand1 , collo stesso valore assegnatole da
Plutarco; e in un contesto in cui vengono ripresi gli stessi concetti della
vetus oratio architea: il piacere fonte di mali e quanto più intenso, tanto
più nemico di ogni agire razionale . Plutarco, dunque, nel citare il Timeo,
non interpretava liberamente il discorso di Nearchos così come Cicerone
lo riferiva , ma si rifaceva ad un momento diverso della stessa tradizione .
-" Bignone 1 936, 364 ss.
-9 Tim. 69d.
HO Cato M. 1 3 . 44.
" 1 Cic. apud Aug. C. jul. Pelag. 4 , 1 4 (= fr. 81 Mi.iller).
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 271
Analoga è la situazione per la successiva 'innovazione' plutarchea , la
sostituzione del contrasto anima-corpo al contrasto mente-piacere cor
poreo, come è invece in Cicerone-Nearchos. Infatti sempre nella tradi
zione che fa capo da un lato all'Aristotele platonizzante del Protreptico e
dall'altro all'Hortensius ciceroniano che ne dipende82 troviamo espresso
questo concetto di un corpo la cui unione coll'anima è come una puni
zione per la stessa . Ancora una volta , dunque, Plutarco non interpreta,
ma si rifa a un momento diverso di quella tradizione che riferisce . In altri
termini Plutarco non attinge immediatamente dal Cato Maior ciceroniano,
ma risale ad una fonte comune e precedente, che delle argomentazioni
usate da Nearchos conosceva una versione più ampia e variata di quella
riassunta da Cicerone nell'opera citata .
La conclusione ora raggiunta tuttavia non è ancora sufficiente a dimostrare
l'indipendenza da Cicerone della tradizione plutarchea sull'incontro tra Cato
ne e Nearchos. Questa visione più ampia e dettagliata delle argomentazioni
di Nearchos di cui si è intuita l'esistenza potrebbe essere null'altro che una
versione più ampia e dettagliata del discorso di Archita in Aristosseno; manca
a noi la prova che essa fosse contenuta nel discorso di Nearchos a Catone o
nella tradizione dei maiores natu cui Nearchos si riferiva.
Altre considerazioni sono quindi necessarie . La possibilità che Catone
fosse presente a Taranto nel 209 con Fabio Massimo non ha in sé nulla di
impossibileH3: unico elemento di debolezza di questa tradizione è il suo
isolamento. Cornelio Nepote, ad esempio, non la ricorda . Questo è però
un tipico argumentum ex silentio e come tale non decisivo. Del tutto
irrilevante, al fine di stabilire la storicità del colloquio, è invece il proble
ma della conoscenza del greco da parte di Catone giovane. A parte il
fatto che le testimonianze antiche in proposito possono essere, come
osservato già dal De Sanctis84, intese nel senso che Catone giovane non
ignorasse il greco ma la letteratura greca , la conoscenza del greco da
parte di Catone non era l'unica condizione che permettesse il dialogo
con il suo interlocutore greco, suo ospite, filoromano da sempre , coeta
neo di Ennio e proveniente dagli stessi ambienti politici e geografici.
Decisive tuttavia per ammettere la storicità della figura di Nearchos
sono però altre circostanze . La pubblicazione di una defixio greca da
Metapontd', datata alla metà del III secolo dall'editore, restituisce il nome
"' Arist. fr. 60 Rose (= 73, 823 Gigon ) = Jam. Protrept. VIII, p. 47, 21 ss. Pistelli; Cic.
apud Aug. C. jul. Pelag. 4 , 1 5 (= fr. 95 MO!ler) .
"-1 Garbarino 1973, 326 e n . 2 .
... De Sanctis 1 909, 2 1 5 .
" ' F.G . Lo Porto, 'Medici pitagorici i n una defixio greca d a Metaponto' , PP XXXV,
1980. 282-288.
272 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorisrno
di Nearchos in un contesto onomastico, che ha riscontro nel catalogo dei
Pitagorici attribuiti all'area metapontina-tarentina, e in un contesto pro
fessionale, l'esercizio dell'arte medica , che ha , nell'area in oggetto, meta
pontino-tarantina , precisi riferimenti nella tradizione pitagorica: si pensi,
da un lato, ad Ikkos, medico tarantino86 e pitagoricd7, e a Lykon pitagorico
tarantino88 interessato alla medicina dietetica89, dall'altro, all'attività di
Philolao ad Eraclea90 e alla sua influenza sulla letteratura medica e su
quella di tradizione ippocratica in particolare91 • Tutto ciò, se a stretto
rigor di logica non permette di considerare senz'altro pitagorico il medi
co citato nella defi:xio né tanto meno di identificarlo col Nearchos pitagorico
tarantino di fine III secolo, costituisce tuttavia un forte indizio a favore
della storicità di un personaggio di tal nome nel III secolo e nell'aristo
crazia filoromana di una città che al pitagorismo tarantino e ad Archita
collegava la passata grandezza della città . Assai significativa in questo
senso è la testimonianza di Strabone92, che avendo come punto di appro
do la prosperità della Taranto romana, ricostruisce la storia della città e
della sua passata grandezza ponendone l' akme nella Taranto democrati
ca e pitagorica di Archita .
Altre circostanze che parlano in favore della storicità di Nearchos in
età annibalica sono la documentata esistenza di un partito filoromano a
Taranto93 e la vitalità di tradizioni pitagoriche in una personalità come
Ennio94 , che appartiene appunto a questa stessa epoca e proviene da
questa stessa area. D'altro canto ambienti tarentini che rivivono il pro
prio passato secondo un'ottica architea sono testimoniati sia dal passo
straboniano prima citato, sia sopra tutto dal pseudoarchiteo llEpÌ VO!J.OU
1caì OtKatomJVTiç. Il passo straboniano, come si è detto, segue la storia di
Taranto fino all'età post-annibalica, ponendo sotto il segno negativo del
la tryphe e della degenerazione politica tutta la vicenda di Taranto da
Alessandro il Molosso alla defezione ad Annibale, ma associando demo-
Hl•
Steph. Byz. s.v. Tapaç; Eustath. In Horn . IL III 79, p. 610,28 van der Valk; In D.P. 37, 6.
"" Jam. VP. 267.
"" D .L. V 69; jam. VP. 267.
"'' Scbol. in Nic. Ther. 585; Athen. II 69e. L'attribuzione al Lykon pitagorico è probabi
le, malgrado Burkert 1972, 204 n. 66, tenuto conto delle tradizioni dietetiche della medi
cina pitagorica (Jam. VP. 163, 244 da Aristosseno) e di quella tarantina , a problemi di
natura dietetica essendo legato l'insegnamento di Ikko ( Plat. Leg. VIII 839-840; Ael . VH.
VI l; XI , 3; Eustath. In Horn . Il. III 79, p. 610,28 van der Valk; In D.P. 37,6).
"" jam. VP. 266 .
'" Burkert 1972. 262 ss . , 294 n. 84 .
92 VI, 3,4, 2RO C .
" ' Polyb . VIII 3 1 ,3; XXV 10,6; Liv. XXVII 35 ,3-4.
9' Garharino 1973. 259 ss.
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 273
crazia, pitagorismo e Archita nell'unica dimensione dell'egemonia nava
le, militare e culturale della città .
Secondo un'ottica analoga, ma ad un livello cronologico più alto, è
concepito il trattatello prima citato, di cui si conservano estratti in Stobeo95 ,
La datazione risulta evidente dalla polemica sull'autarchia militare della
città e il conseguente rifiuto dell'aiuto straniero%, così come dalla convin
zione, che attraversa tutta la parte conservata dell'opuscolo, che Taranto
conservi tutta intatta la capacità di decidere il suo destino politico-milita
re : realtà tutte che da un lato ci pongono di fronte all'esperienza dei
condottieri, dall'altro non consentono di scendere oltre la sfortunata con
clusione della guerra tarantina97• Abbiamo qui di nuovo una linea interpre
tativa della storia tarantina, che la grandezza delle città fa coincidere con
la sua piena autonomia politico-militare e col rifiuto del mercenariato,
visti entrambi come conseguenza della ricerca dell'autarchia individuale
e del rifiuto del lusso98. La linea interpretativa è la stessa che in Strabone,
la tryphe come causa della debolezza militare e del ricorso ai condottieri,
e l'idealizzazione della Taranto di Archita; solo che gli ambienti respon
sabili di questa interpretazione sono più marcatamente architei e, pur
vivendo l'esperienza negativa del presente, sono ancora fiduciosi in una
ripresa autonoma della città . Sono in ultima analisi quegli stessi ambienti
che con Aristosseno, biografo di Archita e figlio di un amico di costui,
valorizzano la doppia esperienza di Archita , filosofo insigne e stratego
invitto della città e della lega italiota99•
Più cose risultano allora evidenti, I ricordi di Nearchos, le memorie
pitagoriche ed architee dei maiores natu cui egli attinge non sono feno
meno isolato ed inspiegabile, ma si inquadrano in questo persistente
ritorno polemico ad Archita proprio di ambienti che disapprovavano gli
sviluppi della politica tarantina tra l'età del Molosso e quella di Annibale .
Il che è tanto più vero se anche nel discorso attribuito a Nearchos si
rinviene un'analoga tendenza a riprendere Archita in chiara polemica col
presente della città .
V'è un luogo del discorso di Nearchos in Cicerone in cui si enunciano
i mali provocati dalla ricerca del piacere: tradimenti della patria, distru-
9' Ed IV 1 , 1 32, 135- 1 38; IV 5,61 H = H, Thesleff, 1be Pytbagorean Texts oftbe Hellenistic
Period, Abo 1 965, 33-36.
96 Stob. Ed IV 1 , 1 38, p. 86, 1 8 ss.
9- Una datazione alta di questo scritto propongono: Delatte 1922, 1 07 s.; E,L Minar,
Early Pytbagorean Politics, Baltimore 1 942 (repr, New York 1979), 1 1 1 ; H, Thesleff, An
Introduction to tbe Pytbagorean Writings of tbe Hellenistic Period, Abo 1 96 1 , 65 ss. Le
considerazioni richiamate nel testo ci paiono decisive per accedere a questa opinione .
9" Stob. Ed IV 1 , 1 38, p. 86, 18-87, 14 H ,
99 Aristox. fr. 4 8 Wehrli. Cfr. AeL VH VII 14. Sud. s.u. 'Apx\rmç Tapevnvoç.
274 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
zioni di stati, colloqui clandestini col nemico, ogni genere di scelleratez
ze e misfatti, stupri, adulteri, e ogni malefatta dello stesso tipo100. Punto
di partenza è al solito la polemica contro i Cirenaici: Diogene Laerzio101
ricorda un'affermazione di Teodoro cirenaica secondo cui la patria è il
mondo e rubare, commettere adulterio o sacrilegio non è cosa natural
mente turpe . Ma l'insistenza particolareggiata sugli effetti della ricerca
del piacere sulla vita della città appartiene unicamente ad Archita secon
do Nearchos e si tratta con palmare evidenza di un'allusione alle forme e
alle conseguenze della defezione tarantina ad Annibale . La proditio di
Taranto ad Annibale era stata propiziata e preceduta da notturni colloqui
coi nemici102 e aveva avuto come conseguenza l'eversione della respublica
nelle stragi e nei saccheggi che avevano accompagnato la conquista ro
mana del 209103, all'indomani della quale Nearchos tiene i suoi colloqui
con Catone . L'Archita di Nearchos è, dunque, perfettamente datato e la
vetus oratio è rielaborata in funzione di quelle circostanze in cui viene
rievocata: Nearchos è perciò concreto rappresentante di quella tendenza
che appare nel llepì VOflOU e in Strabone: cioè di quegli ambienti abituati
a connettere i mali di Taranto al trionfo di quella ricerca della tryphe e
del piacere , che il grande Archita aveva, con felici risultati per la città,
combattuto e rimosso.
Se Nearchos guadagna in questo modo una sua concreta storicità ,
l'analisi ulteriore del testo ciceroniano è in grado di dar conto anche del
perché ai maiores natu, e non ad Aristosseno, Nearchos, ossia gli am
bienti di cui è espressione, abbia fatto ricorso. Già si è visto come questi
maiores natu simboleggiano una tradizione di ritorno polemico ad Archita
di cui si trovano tracce a partire dalla seconda metà del IV secolo e della
quale si sostanzia l'opposizione ai condottieri prima che l'opposizione
ad Annibale o, in altri termini, l'opposizione a quelle forze democratiche
che premevano in senso opposto. Si potrà ora osservare qualcosa di più
preciso a proposito della stessa vetus oratio e delle circostanze in cui
venne , secondo questi maiores natu, tenuta .
Indubbiamente la vetus oratio colle sue argomentazioni rappresenta
anche il rovesciamento delle tesi sostenute secondo Aristosseno104 da
Polyarchos il gaudente, ambasciatore di Dionisio II presso Archita : la
risposta ad ambienti siracusani presso cui tendenze edonistiche prende-
1 00 Cic. Cato M. 1 2 , 40.
101 D.L. II 99.
102 Polyb. VIII 24-25; Liv . XXIV 1 3, 1 ; XXV 8 , 1 0 ; XXVII 16,3; Appian. Hannib. 32;
Frontin. Stratag. 3,3, 6 .
103
Liv . XXVII 16; Plut. Fab. Max. 22.
1 04 Fr. 50 Wehrli apud Athen. XII 545a - S46c.
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d'Italia 275
vano corpo sia nel contatto con Aristippo cirenaica, connesso dalla tradi
zione ora all'uno ora all'altro Dionisio10S, sia nel contatto con posizioni
proprie ad una certa sofistica, la cui difesa era stata da Platone affidata al
Callide del Gorgia, modello manifesto di Polyarchos106• Tuttavia, rispetto
alla versione del colloquio così come veniva data da Aristosseno, non
mancano nella versione di Nearchos differenze, che riguardano tanto gli
interlocutori del dialogo, quanto certi aspetti del ragionamento di Archita .
In Aristosseno il dialogo avviene tra Polyarchos e quelli che accompa
gnano Archita nei consueti colloqui pomeridiani nei sacri recinti della
città107• Secondo Nearchos, e i maiores natu che lo informano, il collo
quio si tenne con Gaio Ponzio Sannita , padre del vincitore di Caudio, e
colla partecipazione di Platone . L'interlocutore siracusano è scomparso e
l'attenzione è tutta rivolta , da un lato, ai legami di Archita, ossia di Taran
to, con Platone, dall'altro, a quelli con Gaio Ponzio e quindi col mondo
sannita, nel pieno del suo vigore, che egli rappresenta . Parallelamente si
ha un significativo spostamento di accenti. Polyarchos aveva opposto
piacere a �iKT), Uoqlpo<ri>VT) ed 'EyKpa'tEta108; nella tradizione parallela
Callicle109, modello dello stesso Polyarchos, come si vide, aveva affianca
to OtKato<ri>VT) e arocj>po<ri>VT) quali ostacoli che i migliori e più forti, realiz
zando a pieno i propri desideri, dovevano rimuovere per primi, mentre
Aristotele, sempre come appare dal Protreptico, aveva richiamato la giu
stizia come la prima delle virtù contrarie al piacere1 10• Nel discorso di
Nearchos in Cicerone1 1 1 il piacere abolisce la temperanza e la virtù , men
tre in Plutarco il senso ultimo del discorso è un orientamento al 'tÒ A.t'tÒV
KaÌ ritv ÈyKpO'tEtav112• Tutto ciò non pare casuale, solo che si rifletta alla
personalità del padre di Gaio Ponzio e a quel che essa è chiamata, nella
tradizione sui Sanniti, a rappresentare .
Noi incontriamo di nuovo questo personaggio in Livio e proprio nel
racconto dell'episodio delle Forche Caudine. Qui il capo sannita è uomo
longe prudentissimus113 , il quale si era dedicato, finché le forze glielo
avevano consentito, non militaribus solum sed civilibus muneribus, e,
105 Per Dionigi il Vecchio si pronuncia Hegesandros apud Athen. XII 544c; per Dionigi
il Giovane, Plut. Dio 19. Il rapporto con Dionigi Il sembra però meglio adattarsi all'insie
me delle testimonianze. Cfr. G. Giannantoni, I Cirenaici, Firenze 1 958, 40 s.
1 06 Bignone 1 936, 364 ss.
107 Fr. 50 Wehrli = Athen . XII 545a-b. Cfr. Jam. VP 96.
1 08 Fr. 50 Wehrli = Athen. 546b-c.
1 09 Plato Gorg. 491e-942c.
1 1 ° Fr. 86 Rose = 6 Gigon. Per l'attribuzione al Protreptico vd. Bignone 1936, 372 ss.
1 1 1 Cato M. 1 2 ,4 1 .
1 1 2 Cato M. 2,4.
1 1 3 Liv. IX 1 ,2 .
276 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
pur vecchio, conservava intatta la sua vis animi consiliiquè1\ dando
responsi come ex ancipiti oraculo1 15• Tutti questi elementi suggeriscono
in primo luogo l'immagine di un sophos alla maniera arcaica con tratti
anche pitagorici, evidenti, soprattutto, nel suo dar responsi concisi ed
ambigui: un tratto che richiama Pitagora, la sua identificazione con Apollo
e in particolare il suo parlare per crUJ..L �OÀ.a116. D'altro canto il pieno impe
gno nei munera civili e militari in gioventù , la natura eminentemente
politica e militare della saggezza che ancora lo accompagna nell'estrema
vecchiaia ne fanno il prototipo perfetto di quell'ideale di Sanniti piena
mente impegnati nelle attività politiche e militari e totalmente alieni dal
ricercare il piacere, quale ci appare, all'epoca della guerra tarantina , nel
le parole di C. Fabricio1 17 o di M. Curio e Ti . Coruncanio1 11'. Questo vuoi
dire che quando Gaio Ponzio padre viene in certo modo sostituito a
Polyarchos come interlocutore di Archita, Gaio Ponzio non è chiamato a
riferire le ragioni dell'edonismo siracusano, ma semmai quelle della loro
negazione . Ci si potrà allora chiedere se quello spostamento di accento
dalla giustizia alla temperanza , che non è un omaggio a Platone, dal
momento che altra è la sua posizione nel Gorgia, non sia invece un
omaggio proprio a Gaio Ponzio, rappresentante dell'impegno politico e
militare dei Sanniti e del loro rifiuto di una vita di piaceri . La risposta non
può che essere affermativa , soprattutto se si tiene conto dell'esistenza di
tutta una tradizione che nelle popolazioni sannitiche esalta , per dirla con
Trogo, il quale segue una fonte di IV secolo attenta alla situazione italica
al momento dell'intervento di Dionisio 11 19, la presenza di Graecus mos
tra Bruttii, Sabini, Samnites, coloni dei Lacedemoni al pari di Taranto120,
e a Lucani e Brettii nel 356 attribuisce leges di tipo spartano, che educa
vano attraverso una pratica di duritia e parsimonia, ai labores bellid21 •
1 14
Liv. IX 3 , 5 .
111
Liv. I X 3,8.
1 16
Jam. VP. 1 6 1 : cfr. 82, 86.
u- Plut. Pyrrh. 20,6 s.
1 1"
Cic. Cato M. 13, 43. Cfr. Val . Max. IV 3,6.
1 19
Che si tratti di una fonte di IV secolo ostile a Dionisio e filoitaliota non c'è dubbio;
ancora si discute peraltro se trattasi di Timeo (L. Moretti, 'Le Origines di Catone, Timeo ed
Eratostene · , RFIC 30, 1952, 289-302 , particolarmente 290 s. e n. l) o di Teopompo
(Calderone 1976, 37 s . ) .
1 20
Trog.-Justin . XX 6 , 1 4 . Che Bruttii, Sahini e Sanniti vengano considerati coloni dei
Lacedemoni par chiaro solo che si tenga presente che: i vestigia Graeci moris presenti tra
le popolazioni italiche sono visti come conseguenza di colonizzazione greca; che essi
vengono citati subito prima dei Tarentini; che leges di tipo spartano Trogo effettivamente
vedeva in uso tra i Lucani e i Bruttii nell'età di Dionisio II, cfr. Trog.-Just. XXIII 1 ,7. Per
tutto ciò si veda infra, 79 ss.
121
Trog. -Justin. XXIII 1 ,8-9. Altri particolari in questo senso provengono, come vedre-
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 277
Tradizioni analoghe relative a 'tÒ q>tÀ.07tOÀ.EJlOV l<:at 'tÒ À.t'tOÒtat'tOV l<:at
napà m:iv'ta 'tà Èpya 'tOU �iou mcÀ.T]pov tornano per i Sabini, in quanto
eredità , anche presso di loro, di un rapporto originario con Sparta122 e
confermano questa immagine che , a partire dalla fratellanza con Taranto,
colonia di Sparta per eccellenza , si voleva dare dell'insieme delle popo
lazioni sannitiche in rapporto al mondo greco . Su ciò dovremo tornare,
ma anche da quanto abbiamo finora sottolineato risulta chiaro che il
ricorso ai maiores natu come tramite tra l'età di Archita e Nearchos non
è casuale; corrisponde invece a una versione della predicazione di Archita
tagliata sul rapporto Taranto-Sanniti e non su quello Taranto-Siracusa,
come era in Aristosseno: il quale , per giunta , non citava, a quel che ne
sappiamo, i Sanniti tra i discepoli di Pitagora , insistendo piuttosto sui
LucanP23. Ne risulta una tarantinità e una tarantinità non aristossenica
come caratteristica di fondo del discorso di Nearchos , il che suona defi
nitiva conferma della storicità non solo di Nearchos , ma anche di quei
maiores natu cui dichiarava di attingere .
Si aggiunga , per chiudere su questo punto, che in una semplice ripre
sa ciceroniana e, quindi, romana del colloquio di Archita con Polyarchos
in Aristosseno, nessuna funzione poteva avere la menzione di Gaio Ponzio,
padre del vincitore di Caudio, come interlocutore di Archita . La sua pre
senza , quindi, doveva essere già altrimenti attestata e doveva risalire ad
ambienti ed epoca per i quali decisivo era il rapporto Taranto-Sanniti; ad
un'epoca cioè in cui queste due realtà sembravano assommare in sé la
storia e i destini dell'Italia centro-meridionale: non posteriore, quindi,
alla guerra tarantina e neppure alle guerre sannitiche, in specie la secon
da e la terza . Tutto, dunque, porta a credere che la tradizione riferita a
Nearchos abbia una sua indiscutibile tarantinità, autenticità e coerenza .
In conclusione il discorso di Nearchos non è una rielaborazione lette
raria ciceroniana della replica di Archita a Polyarchos in Aristosseno, con
relativa invenzione di un Nearchos e di un colloquio tra lui e Catone
giovane a Taranto nel 209 agli ordini di Fabio Massimo, ma è genuina
tradizione tarantina di IV secolo raccolta e utilizzata a Taranto sul finire
del III secolo in funzione filoromana e antidemocratica .
5. Il livello cui questa tradizione intende riportarsi è la prima metà del
IV secolo, l'epoca di Archita . Aristosseno come sappiamo riferiva la pole-
mo più oltre, dalla tradizione sui Sabini; quanto ai Lucani va ricordato quel che si è detto
in proposito della conversione, auspice Aresa, di Diodoro d'Aspendo a un modo di vita
fondato su aùtapKeta ed eùt€A.eta.
122
Geli. fr. 10 Peter; D . H . II 49,4-5; Hyg. fr. 9 Peter.
1 23
Fr. 17 Wehrli.
278 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
mica antiedonistica di Archita all'epoca di Dionisio II. I maiores natu
associavano a questa polemica anche Platone restringendo ulteriormente
l'arco cronologico, che viene così limitato al periodo tra il 366 e il 36 1 .
Cicerone, per bocca di Catone, fissava la data del dialogo al 349 ( 345)12\ =
data manifestamente errata poiché cade alla vigilia della morte dell'ormai
ottantenne Platone; epoca in cui un nuovo viaggio di Platone in Occi
dente, oltre che altrimenti non testimoniato, risulta anche per queste
ragioni incredibile. Responsabile dell'errore è un cronografo consultato
da Cicerone per datare l'avvenimento. Una cronologia analogamente er
rata dei contatti tra Platone e Dionisio II si trova, infatti, in Gellio, in un
passo di manifesta derivazione cronografica 125, ed è esplicito in Cicerone
che la data in questione è stata stabilita mediante una ricerca personale
di Catone ossia di Cicerone . Una data come il 366 (secondo viaggio di
Platone) o 361 (terzo viaggio) s'accorda anche con la presenza di Gaio
Ponzio, se è vero, come vedemmo, che nel 3 2 1 a.C. il padre del vincitore
di Caudio viene presentato come gravis annis, lontano ormai da attività
civili e militari, provvisto di una saggezza , che sopravvive in corpore
adfectd26, e costretto nei suoi spostamenti a servirsi di un carro127•
La possibilità di risalire a questi anni per un rapporto dei Caudini con
Taranto esiste. In questo periodo Taranto conserva buoni rapporti con
Siracusa. Lo svilupparsi a partire almeno dal 388 a.C. della politica adriatica
di Dionisio P28 presuppone un'intesa con Taranto ed infatti Taranto appare
in buone relazioni con lui nel 388 appunto, al momento del naufragio della
spedizione siracusana che tornava da Olimpia 129• Un comportamento ana
logo si riscontra per altro anche in Metaponto, in questo periodo stretta
mente unita a Taranto130. I Parii, infatti, che sono nel 385/4 alleati di Dionisio
I nella colonizzazione di Pharos131 , in data anteriore alla caduta di Regio
(387 a.C.) nelle mani di Dionisio I appaiono, in quanto pitagorici, attivi a
Metaponto, prima avversari e poi sostenitori dell'alleanza con Dionisio P32•
I legami divengono più profondi ancora sotto il suo successore, quan
do, auspice Platone , si stabilisce un legame vero e proprio di allean-
1 24Cato M. 1 2 ,4 1 .
1 25N.A . XVI I 2 1 , 28.
1 26Liv. IX 3,5 e 8.
1 27Liv. IX 3,9 e 13.
1 28Diod. XV 13,4 (alcuni anni prima del 385/4 comincia la colonizzazione nell'Adria
tico) . Per tutto questo aspetto della politica dei due Dionisii cfr. Braccesi 1977, 185 ss.
1 29 Diod. XIV 109.
1 30 Val . Max. IV 1 , 1 ; Porph. V:P 61; Jam. V.P. 189 ss. Cfr. E . Lepore, 'Problemi di storia
metapontina' , in Metaponto (AGT 1973), 307-324, particolarmente 318.
1 3 1 Diod. XV 13,4. Cfr. Braccesi 1977, 232 s.
1 32 Polyaen. V 2,22. Per l'epoca di questi contatti con gli Italioti cfr. Diod. XIV 105,4.
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d'Italia 279
za133• Questo apre a Taranto la possibilità di rapporti con l'area campana
e con i Sanniti della zona. Dionisio I ha utilizzato mercenari campani
reclutati attraverso Neapolis - dove per altro si era realizzato un sinecismo
con i Sanniti - e lo stesso ha fatto anche Dionisio 11134•
Il risultato ultimo lo si coglie alla vigilia della seconda sannitica, quan
do Taranto dispone per le sue relazioni con Neapolis: da un lato di
illustri cittadini 1tp61;Evot òtà yÉvouç dei Neapolitani, esponenti di una
tradizione di legami ereditari il cui sviluppo deve essersi avuto via via
che declinava la contrapposta influenza di Atene a Neapolis e in Campania;
dall'altro di Nolani, filoelleni e filosanniti; e infme, di lliuwréòv oi òuvmo'Yta
'tot, con alle spalle tutta una tradizione di EÙEpyEcria nei confronti di
Neapolis e contemporaneamente ben disposti verso Taranto135• Parallela
mente tra i Caudini, i Sanniti più occidentali ed esposti all'influenza gre
ca, segni di penetrazione greca nel campo religioso, artistico, politico si
infittiscono136.
Decisiva in ogni caso per l'attribuzione appunto a quest'epoca del
rapporto tra Sanniti, Taranto e pitagorismo, è l'analisi di una serie di tradi
zioni, tendenti a collegare Taranto con l'insieme delle popolazioni sannitiche
dell'Italia centro-meridionale, dai Sabini ai Lucani e ai Bruttii. Ne abbiamo
già anticipato alcuni tratti a proposito dei Lucani e degli stessi Sanniti: si
tratterà ora di analizzare più compiutamente queste tradizioni.
Punto di partenza è il libro XX delle Storie Filippiche di Trogo nel
quale , come apprendiamo dal prologo e verifichiamo dall'epitome, nel
raccontare le res gestae Dionysii Siculi patris si richiamavano le origines
dei Greci che abitano l'Italia . Quivi con forte spirito antisiracusano, in
evidente polemica colle pretese dionigiane di presentarsi quale salvatore
e difensore del mondo ellenico contro i barbari, si dava un quadro dell'El
lenismo italico aggredito dal tiranno . La fonte, evidentemente, è uno
storico greco vicino ai fatti, Teopompo o Timeo137, il quale riprende tra
dizioni diffuse in ambienti italici ostili ai tiranni di Siracusa e, quindi,
della prima metà del IV secolo. La tendenza presente è quella di dilatare
al massimo i confini della grecità italica per costituirvi una Maior Graecia
in cui confluiscano sia le città greche d'Italia, sia città e popolazioni
indigene, le quali rivendichino una qualche origine greca . L'elenco così
133 Plat.
Ep. VII 338c; cfr. 339a-d.
134 Tim.FGrHist 566 F 32; Diod. XVI 18, 1 ; Plut. Dio 41 , 1 ss. Cfr. K.F. Stroheker, Dionysios
I. Gesta/t und Gescbicbte des Tyrannen von Syrakus, Wiesbaden 1 958, 230, n. 1 4 1 ; Lepore
1 968, 2 1 5 .
135 D . H . XV 5 , 2-3; 6,2-3.
1 36 Salmon 1 967, 45 s., 5 1 ; Lepore 1 968, 226; Id. 1 98 1 , 267 s .
137 Vd. supra, n. 1 19.
280 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
come ora lo si legge in Giustino138, comprende Bruttii, Sabinique e
Samnites, senza una esplicita indicazione dei loro Graeci auctores, ma
subito prima dei Tarantini, partiti da Lacedemone, il che lascia intuire
che appunto ad un'origine spartana anche per loro si pensa .
La conferma viene da un excursus dello stesso Trogo-Giustino dedi
cato alla storia dei Bruttii dalla conquistata autonomia dai Lucani fino
all'età di Agatocle139. Torna di nuovo il problema dei rapporti con i tiran
ni di Sicilia, con Agatocle e in particolare con Dionisio Il, il cui intervento
dà la spinta finale alla crescita politico-militare dei Bruttii140. Tornano di
nuovo i Bruttii, che nel capitolo prima esaminato rappresentavano, ac
canto a Sabini e Sanniti, tutto il mondo delle popolazioni osco-sabelliche
dell'Italia meridionale: in quel capitolo i Lucani non comparivano per
nulla e anche in questo caso compaiono in una posizione marginale141 .
In un simile contesto il Graecus mos interessante queste popolazioni
sannitiche si precisa : la confederazione dei Bruttii deve la sua origine a
giovani Lucani che venivano educati iisdem legibus quibus et SpartanP42•
Secondo Trogo, dunque, che di nuovo segue tradizioni di IV secolo (la
defezione dei Bruttii risale al 356 a.C.), queste popolazioni sannitiche
avevano origini spartane .
Il nostro passo sui Bruttii dice, però, anche qualche cosa in più . Tutto
il passo è scritto secondo un'ottica bruttia, la quale lo distingue netta
mente dal resto della tradizione sugli stessi eventi, rappresentata da
Diodoro143 e da Strabone144 • Per questi ultimi l'autonomia dei Bruttii è
vista in funzione della loro secessione dai Lucani; è negativamente con
notata dall'interpretazione lucana del nome, inteso come quello degli
schiavi fuggitivi; ed in Strabone è messa in rapporto non coll'azione di
Dionisio II, ma con quella di Diane . Ben diversa è la posizione assunta
da Pompeo Trogo: il nome dei Bruttii non è interpretato alla maniera
lucana , ma è connesso alla vittoria sui mercenari africani di Dionisio145 .
Dei Bruttii si esaltano potenza e opulenza , vittorie su Lucani e su città
greche, su Dionisio e Alessandro d'Epiro146, mentre a proposito di Agatocle
si sottolinea la serie di disgrazie personali, politiche e familiari, che se
guirono la jraus da lui attuata contro i Bruttii, che gli avevano chiesto
l :\!<Trog.-Justin. XX 1-2,2.
"9 Trog.-Justin. XXIII 1-2.
1 4 0 Trog.-Justin. XXIII 1 , 1 1 .
1 4 1 Trog. -Justin. XXIII 1 ,5, 7 e 13.
1 42 Trog.-justin. XXIII 1 ,7.
1 43 Diod. XVI 1 5 .
1 44 Strabo VI 1 ,4, 255.
1 4' Trog. -Justin. XXIII 1 , 1 2.
1 46 Trog. -Justin. XXI I I 1 , 1 1 e 15.
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 281
alleanza e amicizia 147. Si insiste sulla loro feritas animornm148, sulle abitu
dini bellicose e predatorie ai danni dei vicini149, ma si giustifica tutto
questo alla luce di quelle leges con cui anche gli Spartani educavano la
propria gioventù alla guerra . Ve ne è a sufficienza per qualificare la fonte
di Trogo come fortemente filobruttia e per intuire che il richiamo di
quelle tradizioni spartane non doveva dispiacere agli stessi Bruttii, in
omaggio ai quali il racconto della loro storia in Trogo deve ritenersi
composto. Di una tradizione analoga si trova traccia presso i Sabini,
strettamente associati in Trogo proprio ai Bruttii. Secondo l'annalista Cn.
Gellio, che scrive dopo il 1 46 a.C. 150, i Sabini discendevano da Sabo
lacedemone; lo segue nell'età augustea Hygino, che li fa discendere dai
Lacedemoni attraverso Sa bo venuto a Sparta dalla Persidem . Dionigi di
Alicarnasso a sua volta dichiara di aver letto Èv tcr'topiatc; f:ntxropiotc; un
logos secondo cui Lacedemoni dell'età di Licurgo vennero in Italia e
taluni si stabilirono tra i Sabini152• Anche Plutarco, nelle Vite di Romolo e
di Numa, ricorda che i Sabini sostengono di essere coloni dei Lacede
monim. La tradizione seguita da Trogo è, dunque, anche in questo caso
ben confermata sia sotto il profilo della sua diffusione , che sotto quello
della sua accettazione da parte degli stessi Sabini.
Analoga è la situazione dei Sanniti . Strabone ricorda che secondo
alcuni ci furono anche synoikoi laconi presso di loro e che perciò diven
nero filelleni e taluni anche portavano il nome di Pitanati. La tradizione si
esprime in termini analoghi a quella sui Sabini, che parla di Lacedemoni
synoikoi degli stessi, ma con maggiore precisione dichiara l'origine pitanate
di una parte dei synoikoi. Si trattava di una kome spartana tra le più
antiche e autorevoli alla quale si collegavano Menelao154 e la famiglia
reale degli AgiadP55• Anche in questo caso la tradizione pare accettata
dagli stessi interessati, se è vero, come si legge, che taluni di essi si
dicevano Pitanati. La riprova è fornita dalle note monete asco-campane
con legenda OITANATAN OEPIOOAON156. Esse richiamano la tradizio-
1 4- Trog.-Justin. XXIII 2 , 1 ss.
HA Trog.-Justin. XXIII 1 ,6 e 16.
1 49 Trog.-Justin. XXIII 1 ,3-4, 1 0 , 1 4 , 17.
1 00 Geli. fr. l O Peter. Cfr. Mazzarino PSC l, 87 ss.
'" Hyg. fr. 9 Peter. Evidente è l'allusione a Hdt. VI 54.
1 52 D . H . II 49,4-5 .
1 53 Plut. Rom . 16, 1 ; Num. 1 ,4.
' 5 4 Hesych. s. v. llt'tavantç cr'tpa'toç.
1 55 Paus. III 14,2.
1 56 Stazio 1 960, 225ss . ; Wuilleumier 1 968, 81. Cfr. anche: R. Cantilena, 'Problemi di
emissione e circolazione monetale', in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a . C., Atti
del Convegno (Campobasso, 1 0- 1 1 novembre 1 980), Campobasso 1984, 85-97.
282 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
ne finora esaminata sotto un duplice aspetto: tornano i Pitanati e le pre
tese origini spartane; tornano leges spartane relative ai giovani per le
note connessioni esistenti tra nepbtoÀ.ot, servizio di guardia ai confini e
servizio militare degli efebi157. Il contesto entro cui si calano queste mo
nete è costituito, da un lato, dalle evidenti connessioni con gli oboli
coniati nel IV secolo da zecche osco-campane e con gli oboli neapolitani,
in particolare quelli che presentano sul verso lo stesso motivo di Eracle in
lotta col leone nemeo158; è costituito, dall'altro, dall'insieme delle monete
eracleote e tarantine, dove di nuovo torna questo motivo, in particolare
dai dioboli dell'età di Archita in cui questo motivo è presente159. Se,
quindi, la composizione del ripostiglio di Cales suggerisce una cronolo
gia per queste monete che è almeno l'ultimo trentennio del IV secolo, i
legami tra Neapolis, i Sanniti e Taranto evidenziati dagli oboli col motivo
dell'Eracle in lotta col leone, obbligano a datare queste emissioni senz'altro
in epoca anteriore allo scoppio della seconda sannitica e alla defezione
di Neapolis . D'altra parte le notate connessioni con l'età di Archita , la
necessità di immaginare un certo sfondo politico e culturale dietro le
monete dei Pitanati, obbligano a porre gli inizi della relativa tradizione in
anni non lontani da quelli di Archita e, comunque, non posteriori alla
metà dello stesso secolo .
Si tratta di un insieme di tradizioni coerenti colla tesi sostenuta da
Trogo e che di fatto affratellano le popolazioni sannitiche alla 'spartana'
Taranto. Questo è immediatamente evidente ed è confermato dalle os
servazioni prima fatte a proposito delle monete dei Pitanati. Ma c'è an
che Strabone, che in questo caso segue probabilmente Timeo160, a ricor
darlo in maniera esplicita . Secondo lui, infatti, la tradizione su una colo
nia spartana tra i Sanniti con tutto quel che ne consegue era invenzione
di Taranto, tesa ad ingraziarsi dei potenti vicini, quali erano i Sanniti. Col
che il livello cronologico di queste notizie risulta di nuovo più che evi
dente . Da un lato infatti esse confermano e completano il racconto di
Trogo, il quale si rifa , come si vide, ad ambienti italici di prima metà IV
secolo; dall'altro esse si rivelano il riflesso di una situazione dell'Italia
centro-meridionale dominata dai rapporti tra le popolazioni sannitiche e
Taranto, una situazione che si evidenzierà nella seconda metà del IV
secolo colle guerre sannitiche . Se questo è vero, un'altra conseguenza ne
deriva : per il mondo sannita di prima metà IV secolo parte da Taranto un
"" P. Vidal-Naquet, 'Il cacciatore nero e le origini dell'efebia ateniese' , in // mito.
Guida storica e critica, a cura di M. Detienne, Bari 1 975, 53-72, 54 s.
1 58 Presenti nel ripostiglio di Cales: cfr. Stazio 1 960, 226.
1w Wuilleumier 1%8, 378, 523 s. Cfr. Giannelli 1963 , 43 s . , 48.
1 60 Strabo V 4 , 1 2 , 249. Cfr. Lasserre 1 967, 2 1 8 (con riferimento a n. 2, 1 18) .
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 283
messaggio, la concessione di un'origine spartana, e questo in un mo
mento in cui a Taranto si impone il pitagorismo architeo. Tutto ciò da un
lato fornisce alla tradizione su Gaio Ponzio un più ampio sostegno, dal
l'altro obbliga ad ammettere tra le due immagini dei Sanniti, legati ad
Archita ma anche a Sparta, qualche rapporto.
A queste tradizioni spartane sui Sanniti nel loro complesso si accom
pagna l'insistenza sul fatto che sono presenti presso di loro costumi e
istituzioni laconiche, che collegano un determinato regime di vita all'atti
vità militare . Per i Lucani e i Bruttii le leges spartane adottate sono quelle
che attraverso una pratica di duritia e parsimonia abituano ai labores
bellid61 . I Sabini devono alla loro connessione con Sparta la severità e la
durezza del loro regime di vita162: ossia quanto di <j>tÀ.01tOÀ.Ef..I.O V, crKÀ.llPOV,
À.t'tOOtat'tOV v'è nei loro costumP63 e il loro essere polemikoi e abituati a
vivere in komai prive di mura164• Presupposti analoghi sono alla base
della citata notizia straboniana sui Sanniti . I Sanniti sono grazie alle loro
origini, in parte laconiche, filoelleni e filoelleni a questo punto non può
che voler dire innanzi tutto filolaconici. Il richiamo ai Pitanati è ancora
più preciso. llt'tava'tll c; cr'tpmoc; era l'esercito ellenico o quello spartano
in quanto facente capo a Menelao165. Il llt'tava'tllç Mxoç, secondo Erodoto,
si era ricoperto di gloria a Platea ed aveva avuto come lochago Amonfareto,
che fu anche uno degli Ì.pÉveç morti nella battaglia e sepolti separatamente
dagli altri SpartanP66. Si trattava di giovani oltre il diciannovesimo anno di
età, ai quali spettava evidentemente la partecipazione al combattimento,
ma ai quali, come toccavano compiti di guida ed educazione dei ragazzi,
così non toccava ancora l'onore di essere da morti sepolti insieme agli
altri Spartani adulti . È questo un tratto che, unitamente al ricordo che
Pitane, assieme alle altre komai più antiche, aveva nell'educazione mili
tare dei giovani e nel connesso culto di Artemis167, come serve a capire la
1 61
Trog. -Justin. XXIII 1 ,8-9.
1 62
Geli. fr. 10 e Hyg. fr. 9 Peter.
1 63
D . H . II 49, 5 .
1
64 Plut. Rom. 16, 1 .
1 65
Hesych. s.v. llttava'n'\ç cn:patoç.
1 66 Hdt. IX 53,2-3; 7 1 , 2-3; 72; 85 , 1 -2.
167
Sulla posizione e ruolo degli Ì.pÉve:ç, cfr. Scbol. Hdt. IX 85 e Plut. Lyc. 17,3 ss. (su
cui vd. il commento di M. Manfredini, L. Piccirilli, Plutarco, Vita di Licurgo e Numa,
Milano 1 980). Sul ruolo di Artemide, cfr. Paus. III 16,9 e le osservazioni di A. Brelich,
Paides e partbenoi, Roma 1 969, 135 ss. Sul Mxoç pitanate, negato da Tucidide (I 20,3 e
cfr. Hesych. s. v. llttava'tllç), vd. in particolare le osservazioni di K.M.T. Chrimes, Ancient
Sparta, Manchester 1 949, 318, che vanno nella stessa direzione da noi indicata e servono
ad illuminare e giustificare la notizia erodotea, eliminando anche gli ultimi dubbi di U .
Cozzoli, Proprietà fondiaria ed esercito nello stato spartano dell'età classica, Roma 1979,
1 07 s . , il quale, peraltro, si chiede anch'egli se qui Erodoto non abbia usato impropria-
284 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
natura di questo Mxoç comandato dall'ìpT,v Amonfareto, così spiega il
collegamento a Pitane di Sanniti definiti 1tEpinoÀOt, al pari degli efebi.
Laconizzante, infine, è lo spirito della legge sui matrimoni sanniti cita
ti dallo stesso passo di Strabone, fondata com'è su di una nozione di
àpEn1 maschile e femminile sottoposta al pubblico giudizio e su un crite
rio del tutto impersonale di formazione della coppia .
Questo aspetto del Àt'toOtat'tov connesso all'imitazione del modello
spartano e all'educazione militare torna anche in seno al pitagorismo .
Pitagora , ispirato dalle leggi di Minasse e di Licurgo161\ risolve la sua
predicazione a Crotone, nella valorizzazione, diversificata per classi di
età e sesso, della frngalitas e della virtus e nella lotta alla luxuria, la
quale serve ad impedire la crisi di una tradizione di vita che fino ad allora
si era fondata sulla virtutis exercitatio, e sulla armornm curd69. Questo
aspetto della tradizione, che è quello più antico perché più attento alle
attività politiche che a quelle filosofiche e religiose più tardi prevalenti,
trova un'eco anche in Erodoto, se è vero che nella storia di Zalmoxis,
discepolo di Pitagora , egualmente compare l'associazione tra una predica
zione di tipo pitagorico, la formazione di un àvOpE<Òv, la caratteristica di
àvOpt1t<ha'tot posseduta dai credenti in Zalmoxis170• Modi di vita dorici,
fatti di sissizi, attività ginniche, classi d'età , educazione comune, misura
nel bere e nel mangiare171 , si sposano nel modo di vivere pitagorico a
un'etica di tipo aristocratico-oplitico172. Paralellamente la Sparta dei <j>tòina,
dell'àvOpEia e della EÙ'tÉÀ.Eta viene polemicamente contrapposta alla tryphe
dei Sibariti173, combattuta da Crotone e da Pitagora .
Un fenomeno analogo si verifica per il pitagorismo tarantino, dove
pure risulta la tendenza a sposare tendenze e misure politiche ispirate al
pitagorismo con richiami ai modelli dorici e spartani . Aristotele citando
misure democratiche tendenti ad assicurare il riequilibrio delle sperequa
zioni economiche e sociali tra i cittadini fa riferimento esplicito a Cartagine
mente il termine M>xoç. A W. den Boer (Laconian Studies, Amsterdam 1954, 299 s.) va
obiettato che la lezione ì.pévEç-ì.pévaç è già implicitamente attestata in Scbol. in Hdt. IX 85.
l lill Trog.-Justin. XX 4,4; Val . Max. VIII 7,2; Jam. V.P 25.
1 69 Trog. -Justin. XX 4 , 1 - 1 3 .
1 70
Hdt. IV 93-96.
1-1
Jam. V.P. 97- 1 00 , da Aristosseno: cfr. Timpanaro Cardini 1 958-64, III, 280 ss.
172
Jam. V.P. 85, 232. Sulla necessità di tener distinti oplitismo e democrazia cfr. D .
Musti, L 'economia i n Grecia, Bari 1 98 1 , 6 2 s s . e i n particolare l a bibliografia citata a 66,
n . 1 5 ; il carattere non democratico dell'oplitismo crotoniate al momento della vittoria su
Sibari, appare chiaro solo che si pensi da un lato alle gesta di Milone, dall'altro al tipo di
costituzione oligarchica che a metà V secolo Crotone ancora possiede: cfr. specialmente
jam. V.P. 257.
1 73 Diod. Vlll 18,2; Athen. XII 5 18.
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d'Italia 285
e Taranto174. Le misure messe in atto dai Cartaginesi sono introdotte da
un perfetto indicativo: appartengono quindi a un passato le cui conse
guenze durano ancora all'epoca sua. Quanto ai Tarantini si citano due
misure , l'una, quella che a noi interessa, introdotta da un presente indi
cativo, l'altra , quella relativa al doppio tipo di elezione delle magistratu
re , introdotta da un aoristo indicativo . Per Aristotele, dunque, attento
indagatore delle politeiai e della loro storia , quest'ultima misura risaliva
al remoto passato della democrazia tarentina . La precedente , quella che
a noi interessa , era recente e in vigore all'epoca sua: il che vuol dire che
apparteneva senz'altro alla democrazia tarantina dell 'età di Archita o
subito successiva . A precisare ancor meglio origine e cronologia della
misura in questione vale l'analisi del suo contenuto e dei relativi modelli
ispiratori . Ciò che i Tarantini s'erano proposti era di sanare gli squilibri
economici col rendere KOt va agli indigenti gli KTIU..ta'ta relativamente
alla loro XPfì<nc;. Aristotele non precisa le forme di tale redistribuzione ; il
passo è apparso sempre di difficile interpretazione e lo si è perfino
assoggettato ad integrazionP75, ma tutta una serie di luoghi paralleli, in
cui torna quest'idea dell'uso comune di beni privati, permette bene di
individuarne la logica e i modelli. Secondo Aristotele le K'titcrnc; non
vanno rese immediatamente comuni, ma bisogna che divengano tali
nell'uso, il che si ottiene attraverso un uso <j>tÀtKroç; delle stesse e attra
verso il costume, la filosofia, le leggi : i modelli essendo all'uopo costituiti
dalla pratica (pitagorica) che rende KOtvà 'tà <j>iì..wv176, dalle leggi spartane
e cretesi relative ai sissizi, e dalle altre che a Sparta rendono '!fl xpticrEt
KOtvac; le KTit<:rEtç; di schiavi, cavalli, cani, scorte di viveri177• La misura,
dunque, presa dai Tarantini e lodata da Aristotele, non solo appartiene
ad età vicina a quella di Archita , ma si rivela, nell'ottica del filosofo, un
incontro fra una certa interpretazione del 'comunismo' pitagorico , che
rapporta KOtvwvia a <j>tÀia, e una tradizione legislativa di tipo dorico e in
particolare spartano . Non occorrerà allora altro per attribuire questa mi
sura agli ambienti architei e per attribuire , nel contempo, ad essi un uso
del modello spartano in funzione di riforme politiche ispirate al pitago
rismo , secondo la prassi già ricordata a proposito dell'azione di Pitagora
a Crotone.
,-. Arist. Poi. 1320a30-b 1 2 . Cfr. R. Vattuone, 'Scambio di beni tra ricchi e poveri nel IV
secolo a . C. Note su Archita di Taranto', RSA VI-VII, 1 976- 1 977, 285-300.
,-, L. Moretti, 'Problemi di storia tarantina' , in Taranto nella civiltà della Magna Gre
cia, Atti del X Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto, 4- 1 1 ottobre 1 970), Taran
to [Napoli} 197 1 , 2 1 -66, 49 s.
,-" Arist. Poi. 1 263a 27 ss. ; 1329b 40 ss.
, -� Arist. Poi. 1 263a 35 ss. ; cfr. Xenoph. Lac. Resp. 6,3-4 .
286 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Un analogo intreccio di tradizioni pitagoriche, interessi politici imme
diati, richiamo al modello spartano torna, sempre in riferimento a Taran
to e ad ambienti architei, nel già citato llEpÌ OtJCatOcrUVllç JCaÌ VO!!OU. Qui
il richiamo alle tradizioni sulle popolazioni sannitiche si fa ancor più
puntuale perché il rimando a Sparta, come modello assunto a giustifica
zione di determinate misure caldeggiate dai Pitagorici178, si accompagna
all'esaltazione dell'autarchia politico-militare, prodotto di un'autarchia indi
viduale, la quale, attraverso il rifiuto del tpucj>àv e del cruj3api.çEtv, e la
limitazione dei bisogni a poche e semplici cose, consegue il vigore fisico
e la tolleranza dei disagi climatici ed ambientali179•
Ma c'è di più . Un analogo intreccio tra influenze pitagoriche e tenden
ze laconizzanti si registra nel mondo sannita, in particolare tra i Sabini.
Accanto a Numa Pompilio, discepolo sabino di Pitagora180, viene colloca
to un Pitagora spartano, cui si devono i tratti laconici rinvenibili nella
politeia dei RomanP81 . Si tratta di un evidente tentativo di recupero, entro
un contesto cronologico adeguato, della vecchia tradizione sul rapporto
Pitagora di Samo-Numa . Su ciò non vi è dubbio, ma ciò che è alla base
del recupero è, da un lato, l'omonimia tra i due personaggi, dall'altro,
l'attribuzione all'influenza del filosofo samio su Numa , della realizzazio
ne in Roma di istituti politico-militari di tipo laconico. Si tratta di un'idea
la quale rimanda a un'immagine di Numa diversa dall'usuale, di legislato
re religioso, e da considerare, proprio per la sua eccentricità, con parti
colare attenzione : tanto più poi se la tradizione su Numa nel suo com
plesso rivela un processo di semplificazione tendente a ridurre e oblite
rare gli aspetti più tipicamente politici e non strettamente religiosi del
l'opera del sovrano182. A questo primo indizio di antichità della nostra
tradizione se ne aggiunge un altro, decisivo e sicuramente databile al IV
secolo: il rapporto di Numa con Mamerco e con Pitagora . Si tratta di un
rapporto che, attraverso Mamerco suo figlio183, da un lato lega Numa a
Mamers, ossia a Marte nella versione sabina 184; dall'altro a Pitagora, cui si
attribuiva un figlio dello stesso nome185 . Si intravede così una tradizione
1 78 Stob. Bel. IV 1 , 1 38, pp. 85, 1 3-86, 10 H .
1 79 Stob. Bel. IV 1 , 1 38, p p . 8 6 , 1 8-87, 14 H .
1 80 Il rapporto di Pitagora con Numa in quanto sabino è esplicitamente sottolineato da
D . H . II 59, 1 ; Liv. I 18, 1-2; Ov. Met. XV l ss.
1 8 1 Plut. Numa 1 ,4-5; cfr. D . H . II 59, 5 .
1 82 Storchi Marino 1 97 1 - 1 972, 27 ss.
1 83 Plut. Numa 8,18; 2 1 ,2-3; Aem. Pau/. 2,2; Fest. p . 22 L.
1 84 Varro L. l. 5,73. Per tutta la questione delle varie denominazioni del Marte italico vd.
ora la puntuale messa a punto di De Simone 1 980, 85 ss. , il quale insiste sul carattere
osco-sabellico di Miimereko e sulla sua derivazione da Miimartikos > Miimarko.
1 85 Plut. Numa 8,18; Aem. Pau/. 2,2; Fest. p. 22 L.
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d'Italia 287
romano-sabina che, collegando Numa a Mamerte, è parallela a quella
che, attraverso Pitagora, lo connetteva a Sparta . Essenziale per questa
tradizione è il ruolo degli Aemilii Mamercini, che da questo Mamerco si
volevano discendentP86, rapportando la propria gente così a Numa come
a Pitagora . Il fatto che sono proprio questi Aemilii ad essere interessati
alla penetrazione romana in Campania, in collegamento tanto a Q. Publilio
Philone, quanto ad Appio Claudio187, costituisce sicuro indizio per rap
portare la loro discendenza da Pitagora a tutto l'insieme delle testimo
nianze che collegano il pitagorismo romano appunto all'affermazione di
interessi romani in Campania : l'erezione di una statua a Pitagora a Roma
bello Samniti188; la pretesa concessione della cittadinanza romana a
Pitagora189, da porre in rapporto alla massiccia concessione della cittadi
nanza romana in Campania e ad un uso non ancora discriminatorio di
questo istituto190; il carme pitagorico composto da Appio Claudio191 . Tut
to ciò data almeno alla metà del IV secolo la tradizione romano-sabina
sugli aspetti militari e laconizzanti dell'opera di Numa; la pone in diretto
rapporto colla diffusione del pitagorismo in Campania e l'incontro-scon
tro che ivi ha luogo con l'influenza e l'attività di Taranto.
Ciò che non è finora esplicitamente attestato è il richiamo alle origini
spartane di Taranto quale giustificazione per l'adozione in Taranto di
misure politico-militari di tipo pitagorico. Ma non è difficile immaginare
una simile integrazione dei motivi finora esaminati. A Taranto il richiamo
alle origini spartane era un modo del tutto naturale e specifico di inter
pretare l'esigenza pitagorica della fedeltà 'tOtç nmpi.otç e6Eoi 'tE JCaÌ v6-
I!Otç192 o, per dirla colle parole del ilEpÌ OtKatom':>VT\ç, della necessità di
calare Èv 'totç fl6Em Kaì 'totç È1tt'taOEUI!am 'tOOV 1tOÀ.t'tOV la legge che deve
renderli autarchicP93: un'idea, questa dell'autarchia ottenuta col concorso
della legge, per la quale ancora una volta il modello è Sparta194 . Ma c'è
anche conferma più pertinente di questo richiamo alle origini per giusti-
1 86 Cfr. n. 183.
1 87 F. Mtinzer, R6mische Adelsparteien und Adels familien, Stuttgart 1 920, 34 ss. ; E .
Stuart Staveley, 'The Politica! Aims o f Appius Claudius Caecus' , Historla VIII,4, 1959, 410-
133, 426 s . ; E.]. Phillips, 'Roman Politics during the Second Samnite War', Atbenaeum 50,
1972, 337-356, 339 s.
1 88 Plin. N.H. XXXIV 6,26; cfr. Plut. Numa 8,20.
1 89 [Epicharm.] fr. 295 Kaibel, CGF I, l = Plut. Numa 8,17.
1 90 Calderone 1976, 49 e n . 47. Lo scritto si data al IV secolo anche perché a quell'epo-
ca risalgono altri falsi epicarmei (cfr. Aristox. fr. 45 Wehrli) .
1 9 1 Cic. Tusc. IV 2,4.
1 92 Aristox. frr. 33 e 34 Wehrli.
1 93 Stob. Ecl. IV 1 , 1 38, p. 86, 14-16 H.
1 94 Ollier Le mirage I, 201 .
288 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
ficare l'accettazione di ideali pitagorici e laconizzanti. Basti pensare al
l'uso che di questo motivo fanno gli ambienti accademici e Platone, ami
co di Archita , in relazione a Siracusa e a Taranto. Nell'Epistola VII , Dione,
opponendosi al l:tKEÀ.tKÒç �ioç dei suoi nemici, attua 'tilv Tiìc; 'tpoqrfìç
cro)q>pova òim'tav che è un L1roptcr'tÌ çftv Ka'tà 'tà 1t<hpta19\ nelle Leggi,
all'ubbriachezza generale dei Tarantini, coloni di Sparta, viene polemica
mente contrapposto il nomos spartano relativo a Tjòovai e crUJl7tOma196:
nell'uno come nell'altro caso, il richiamo alle origini doriche serve a
rafforzare polemicamente gli ideali cari all'azione di Platone e di Archita ,
a Siracusa come a Taranto .
In conclusione la tradizione che, attraverso Gaio Ponzio Sannita, padre
del vincitore di Caudio, interlocutore di Archita sui temi della temperantia,
del À.t"COV e dell'ÈyKp chew, prudentissimo capo sannita che ha trascorso la
sua esistenza nell'esercizio dei suoi obblighi civili e militari, tradizione che
individua nella Taranto pitagorica della prima metà del IV secolo il terreno
di incontro tra le popolazioni sannitiche della Campania e Taranto, risulta
confermata e completata dall'altra, diffusasi nella prima metà del IV seco
lo, che ai Sanniti dell'età di Dionisio I assegna un'origine e un costume di
vita spartano, cui s'era da sempre richiamato il pitagorismo magno-greco.
Ma vi è ancora un'altra parallela conferma della penetrazione del pita
gorismo tarantino in area tirrenica e campana in funzione antiateniese;
tratto, quest'ultimo, che ne dimostra ancora una volta la precocità . Si
tratta della conferma che è possibile ricavare dall'analisi del comporta
mento romano in Campania. Ricevuto da Apollo Pitico l'invito bello Samniti
a dedicare una statua al più valente e più saggio dei Greci, i Romani
eressero nel comizio, dove ancora restavano all'età di Silla, una statua ad
Alcibiade ed una a Pitagora19i. Ciò che in questa notizia colpisce è il
richiamo ad Alcibiade come al più valoroso dei Greci. Si tratta di una
realtà di V secolo che aveva avuto i suoi riflessi in Occidente in una con
la preparazione e realizzazione della spedizione in Sicilia . Una realtà,
quindi, fortemente datata , che non può scendere molto nel tempo né
tanto meno collocarsi dopo la prima guerra sannitica , solo che si pensi al
fatto che nel frattempo fortissimus Graiae gentis per Romani ed Italici
diviene indistintamente Alessandro Magno198•
Non è del tutto fuor di luogo pensare ad una ripresa di tradizioni
etrusche, filoateniesi e antisiracusane, le quali si erano espresse nell'ap-
19' Plato Ep. VII 336d.
196 Plato Leg. 637a-b.
19- Plin. N.H. XXXIV 6,26; cfr. Plut. Numa 8,20.
19" Salmon 1967, 200. Per i rapporti di Romani e Italici con Alessandro, cfr. Braccesi
1977, 250 ss.
Il Pitagorismo e le popolazioni anelleniche d'Italia 289
poggio che talune poleis etrusche , Tarquinia in testa, avevano dato alla
spedizione ateniese in Sicilia 199; ripresa che ben si addice al clima in cui
matura la prima sannitica. Un clima che vede Roma ristabilire i suoi
rapporti con le città etrusche di Tarquinia e di Caere200 e quelli con Cartagi
ne201 ; riprendere la lotta con i Galli202 e i Latini203 e, quindi, schierarsi con
i nemici di Siracusa, che proprio in quegli anni per bocca di Alcimo la
vede quale città etrusca204 e mette a morte come pirata tirreno un Postumio
dal nome tipicamente romano20s.
Ma queste tradizioni vengono riprese in Campania e durante la guerra
con i Sanniti: bisogna allora pensare anche a qualche altra più specifica
motivazione . Ad Alcibiade viene associata la saggezza di Pitagora : di un
Pitagora, quindi, visto in chiave filoateniese e antisiracusana . L'accoppia
mento riflette il clima di V secolo, che vede l'intervento ateniese in Occi
dente, in particolare a Neapolis, dispiegarsi con l'appoggio della calcidese
Regio, divenuta dopo la crisi crotoniate di metà secolo, nuovo centro di
esperienze pitagoriche206; e delle stesse città achee, una volta riconciliate
con gli esuli pitagorici grazie all'intervento dei filoateniesi Achei del
Peloponneso20", presenti anche nella neofondata TurF08. È il risultato di
un processo che s'era iniziato con la partecipazione ateniese al rilancio
della Megale Hellas pitagorica , successivo alla caduta delle tirannidi sici
liane209, e s'era concluso con la formazione di un blocco di interessi
ateniesi, punici ed etruschi, in cui giocavano un essenziale ruolo di me
diazione tanto la presenza ateniese in Magna Grecia , quanto l'alleanza
colle città calcidesi di Sicilia e sul Tirreno210, che la caduta delle tirannidi
siceliote e la rinascita pitagorica di Caronda , a Regio e nelle città calcidesi
l'i'> Teste autorevole è l'elogio degli Spurinna (fr. l) pubblicato da M. Torelli, Elogia
Tarquiniensia, Firenze 1975, con il commento a 36 ss. La notizia è confermata da Tucidide
che parla di città etrusche interessate alla spedizione ateniese (VI 88,6; 103,2; VII 53, 1 -2 ;
5 4 ; 57. 1 1 ) .
2"' Liv. VII 22,6. Cfr. Sordi 1960, 1 2 5 ss.
01
2 Polyh. III 24; Diod. XVI 69, 1 ; Liv. VII 27, 2 . Cfr. Sordi 1 960, 1 00 ss . ; A. AlfOldi, Ear(y
Rome and the Latins, Ann Arhor 1965, 346.
2"2 Liv. VII 23,2; 25,4-5 (350 a . C . ) .
20; Liv. VII 2 5 , 5 (349 a.C. ) .
2"' FGrHist 560 F 4 .
"" Diod. XVI 82,3.
2 l lò Aristox. fr. 18 Wehrli; jam. VP. 33; 1 30; 172; 267.
2"- Polyh. II 39,4-6; Strabo VIII 7. 1 , 384; Jam. VP. 263-264. Cfr. il commento del Walbank
( Po(ybius I, 224 ) al passo di Polihio prima citato.
00
2 Diod. XII 10.7.
M Cfr. jam. VP. 166 con jam. VP. 33 s. ( = Aristox. fr. 17 Wehrli), 1 29-30, 133. Su tutto
ciò diffusamente: Mele 1982 (ACT 198 1 ) , 33 ss.
2 w Maddoli 1980. 70 ss.
290 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
di Sicilia, avevano rivitalizzato21 1 • Si tratta di un blocco di interessi i cui
effetti nel Tirreno si fanno ancora sentire all'epoca della spedizione di
Atene in Sicilia, voluta da Alcibiade, se in quella occasione , come s'è
detto, città etrusche appoggiano Atene212; Regio si differenzia da Locri e
Taranto nel concedere nel 4 1 5 , nel 414 e 4 1 3 , approdo (e mercato) agli
Ateniesi213, mentre le città calcidesi di Sicilia sono alleate di Atene nella
guerra contro Siracusa214• Non diverso è l'atteggiamento delle città achee .
A differenza delle già citate Locri e Taranto, Crotone consente approdo e
mercato alla flotta ateniese nel 4 1 5215; Metaponto rinnova la precedente
alleanza nel 4 1 Y16; Caulonia , nello stesso anno, si prepara alla fornitura
di materiali strategici alla flotta ateniese217• Né dopo il tracollo di Atene in
Sicilia queste città si uniscono ai vincitori : solo Turi lo farà ed avrà accan
to in questa scelta le solite Locri e Taranto218•
In un atteggiamento antisiracusano si colloca la lega italiota intorno a
Crotone219• Parallelamente numerosi sono gli episodi che testimoniano
una ostilità pitagorica ai tiranni di Sicilia, in ambito magno-greco220, ed
una presenza pitagorica tra Cartaginesi e TirrenF21 , nemici di Siracusa :
una realtà che vede il pitagorismo come ultimo erede del blocco di inte
ressi antisiracusani che Atene aveva a suo tempo cementato.
In questo atteggiamento, tuttavia, non si ritrovò tutto il movimento
pitagorico. Vi furono conversioni metapontine222; vi fu un pitagorismo
tarantino, che pervenne con Platone ed Archita all'alleanza esplicita col
tiranno di Siracusa . Coerentemente compare in Aristosseno la tradizione
di Pitagora tirreno e, dunque, proiettato verso l'Etruria; ma discendente
di quei Tirreni che gli Ateniesi avevano scacciato dalle loro sedi223 e,
21 1 Jam. VP 33 s. (= Aristox. fr. 17 Wehrli); 1 29 s . ; 172; 267. Cfr. supra n. 209.
2 12 Diod. XIII 44, 2 .
21 3
Thuc. V I 4 4 , 3 ; VII 1 , 1 ; 3 5 , 2 ; Diod. XI I I 3 , 5 .
21 4 Maddoli 1 980, 75 ss.
2 15 Diod. XIII 1 3 ,4 . Cfr. Thuc. VI 44, 2 .
2 16 Thuc. VII 33,5 ; 57, 1 1 .
217 Thuc. VII 25,2.
ZIA Thuc. VII 35 , 1 ; 6 1 , 2 ; Xen . Hell. I 5 , 1 9 .
219
Diod. XIV 9 1 , 1 . Per le campagne di Dionisio I contro gli Italioti cfr. Berve 1967, 642.
2 20 Aristox. fr. 3 1 Wehrli; Neanthes, FGrHist 84 F 3 1 ; Polyaen. V 2,22. Cfr. Berve 1 967 .
654 . Per tutto ciò non sembra giustificata la sopravvalutazione del rifiuto di Crotone a
lasciar passare l'esercito ateniese attraverso il proprio territorio nel 4 1 3 a.C. (Thuc. VII
35,2); rifiuto che sembra piuttosto dovuto a desiderio di non spingere troppo oltre un
appoggio ad Atene, che proprio allora Caulonia si preparava a concedere in maniera
molto sostanziosa (Thuc. VII 25,2).
221 Jam. V.P 1 27-1 28; 267.
2 22 Polyaen. V 2,22.
223 Aristox. fr. 1 1 a Wehrli; Porph. V.P 2.
Il Pitagorismo e le popolazion i anellenicbe d 'Italia 291
dunque, naturalmente antiateniese. La tradizione, che non è del solo
Aristosseno224, ma che da lui tarantino riceve questa particolare connota
zione, testimonia l'interesse del pitagorismo tarantino verso l'Etruria , ma,
nello stesso tempo, testimonia una temperie in cui la penetrazione taran
tina nel Tirreno incontra ancora un ostacolo negli interessi di Atene .
Questo dimostra che la tradizione riferita da Aristosseno è più antica
dell'epoca sua, e polemicamente si ricollega ad un clima filoateniese e
antisiracusano, le cui tracce , evidentemente, ancora si risentivano nel
l'età del primo Dionisio . L'unione di Pitagora ad Alcibiade che i Romani
al momento della prima sannitica ripropongono null'altro è , quindi, che
l'altra faccia di questa realtà : la faccia antitarantina, in quanto filoateniese
e antisiracusana, che Roma contrappone alla faccia filotarantina, antiatenie
se e filosiracusana , di cui i Sanniti evidentemente erano sentiti sostenito
ri. In tal contesto risulta chiara la scelta romana e la sua motivazione,
mentre risulta confermata la presenza , attiva tra i Sanniti di Campania, di
un pitagorismo di marca tarantina nella prima metà del IV secolo: che è
appunto l'epoca cui rimandavano le notizie sui rapporti di Archita con
Gaio Ponzio, padre del vincitore di Caudio.
Che d'altra parte la penetrazione romana in Campania nel corso del
IV sec. incontrasse tradizioni pitagoriche di derivazione tarantina può
essere anche per altra via provato . Nella tradizione sabino-romana del
Numa pitagorico si rinvengono elementi di chiara provenienza tarantina .
Già si è visto come uno degli elementi di questa costruzione sia il perso
naggio di Mamerco, figlio di Pitagora e insieme di Numa . Tutto ciò nella
tradizione legata alle origini degli Aemilii Mamercini . Nella restante tradi
zione sui figli di Pitagora questo nome manca e l'unico possibile aggan
cio è fornito da Giamblico che conosce un Mnemarchos figlio di Pitagora
e omonimo del lui padre225 . La stessa tradizione , tuttavia , fornisce suffi
cienti elementi per intendere come si sia passati da Mnemarchos a Mamer
kos . Il padre di Pitagora , in generale e a partire dalle fonti più antiche ,
Eraclito226 ed Erodoto227, è Mnesarchos e Mnesarchos è ancora il figlio di
Pitagora per il più delle fonti228• Ma Giamblico costantemente chiama
Mnemarchos non solo il figlio, ma anche il padre di Pitagora229: questa
22' Theopomp. , FGrHist 1 1 5 F 72; Aristotele ( o Aristarco) i n Clem. Alex. Strom. I 62,2;
Porph. VP. 1-2. Su Aristarco e non Aristotele come fonte della notizia , vd. A. Fraschetti,
'Aristarco e le origini tirreniche di Pitagora' , Helikon XV-XVI , 1 975-76, 424-437 .
m jam. VP. 265 .
226
Heracl. fr. 1 29 D.-K.
227
Hdt. IV 95.
z ZR
Anon. apud Pbot. 438b 29; Scbol. in Plat. Resp . 600b; Sud. s. v. Tiu9ay6paç; Euseb.
Praep. Ev. 1 0 , 1 4 , 14; Arsen. Viol. p . 3 1 0 .
229 jam. VP. 4; 5; 9; 25: 1 46.
292 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
variante del nome doveva, dunque, sembrargli così autorevole e fondata ,
da resistere tanto all'impatto con la tradizione biografica sulla nascita di
Pitagora, quanto a quello colla tradizione orfica del Discorso sacro, quanto,
infine, a quello colla tradizione sulle òwooxai. Essa non modificava il
valore del nome, ma una volta pronunciata alla maniera dorica come
Mva11apxoç creava le premesse per un'ulteriore evoluzione di esso, sgan
ciata dalla sua matrice originaria . La tradizione fliasia , riferita da Diogene
Laerzio230, su MapllaKoç padre di Pitagora , presenta , infatti, il nome in
questione in una forma assai vicina a quella rappresentata da Mva11apxoç
e, tuttavia , già evoluta nel senso dell'aggancio ad un radicale del tipo
mar/marmar. In altri termini MapllaKoç rivela uno sforzo di collegamen
to di Pitagora al dio italico della guerra, già evidenziato dalla tradizione
su Mamercus!Mamerkos. Ma la tradizione in cui MapllaKoç compare,
rispecchia evidentemente gli interessi del gruppo di Pitagorici attivi a
Fliunte nella prima metà del IV secolo231 ; un gruppo per altro strettamen
te unito alla Taranto di Archita . Questo non solo perché esso è contem
poraneo di Archita , ma perché si rifà alle stesse matrici e tendenze del
pitagorismo architeo. I Pitagorici di Fliunte, infatti, passano, al pari di
Archita , per discepoli di Filolao ed Eurito 'tarantini'232; Senofilo, apparte
nente allo stesso gruppo, passa per maestro di Aristosseno tarantind33;
nella citata genealogia fliasia , infine, al nonno di Pitagora si attribuisce il
nome di Hippaso, un nome raro che, come tale, rimanda all 'Hippaso
pitagorico, ispiratore dei matematici e dello stesso Archita23• . L'interpre
tazione laconizzante e militarista dell'operato di Pitagora , presupposta
dal legame con Mamerco, trovava , quindi, il suo corrispondente negli
ambienti pitagorici legati alla Taranto di Archita . E non andrà trascurata
neanche la circostanza che , a stabilire un ponte più diretto tra Mamerkos,
Marmakos e Mnamarchos sono tradizioni onomastiche e toponomastiche
di derivazione osca , quali quelle evidenziate dal prenome etrusco ma di
origine osca Mamarce'3"', dal neapolitano Ma11apKoç236, e, un po' più a
sud, dal toponimo MallapKtva23�. Di nuovo, cioè , la necessaria mediazio
ne fra tradizioni pitagoriche tarantine e romane di IV secolo rimanda
all'area campana e alle componenti osche in essa presenti .
2.111
D . L . VIII l .
211
Aristox. fr. 18 W. ; Diod. XV 76 , 4 .
212
Aristox. fr. 19 Wehrli.
215
Sud. s. v.
2·1 '
Archytas 47 A, 1 5 D.-K. = 21 A, 1 5 Timpanaro Cardini 0 958-64 . I I , 304-309).
2·" Cfr. De Simone 1 980, 86 ( testimonianze fino a tutto il V secolo).
2Y'
Cfr. nrr. 5, 1 4 1 , 1 46 , 1 6 5 Miranda .
2r
Steph . Byz. s . t '.
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d'Italia 293
Un'ulteriore conferma di rapporti tra pitagorismo romano e pitagorismo
architeo viene offerta dalla tradizione sulla ÙtaVO!l'Ìl lca-rà -rÉxvaç del p/ethos
attribuita a Numa23H. Qui Numa appare , da un lato, come il creatore , al di
là delle originarie differenze etniche , di una polis politicamente unitaria ,
e, dall'altro, come valorizzatore delle attività artigianali, secondo un mo
dulo politico democratico di cui la Taranto di Archita offriva un qualche
modello239. Si tratta di una realtà la cui vitalità non può essere troppo
allontanata dall'età dello stesso Archita (prima metà IV secolo), e che
ben si addice, nei suoi motivi ispiratori, a quei gruppi politici che intorno
a Publilio Philone , agli Aemilii e ad Appio Claudio portavano avanti
tanto un progetto di penetrazione in Campania , quanto la difesa di ceti e
clientele interessate al collegamento con l'aristocrazia ellenizzata della
zona e colle sue tradizionali attività di commercid40• Sono gli stessi uo
mini, del resto, che le lunghe carriere e i ripetuti comandi militari, in una
con le riforme della tattica di combattimento imposte dalla guerra contro
i Sanniti , facevano protagonisti della generale evoluzione verso il
professionalismo, subìta dai vertici militari di Roma nel IV secold41: evo
luzione lungo la quale diveniva perfettamente naturale e spontaneo
l'accostamento a modelli di vita di ispirazione marziale e laconizzante .
A questo punto una conclusione si rende possibile. La presenza di tradizio
ni pitagoriche e tarantine tra le popolazioni sannitiche dell'Italia centro-meri
dionale e della Campania in particolare dalla prima metà del IV secolo alme
no, è un dato che emerge con chiarezza sia attraverso la tradizione su Gaio
Ponzio, padre del vincitore di Caudio, sia anche, e diffusamente, attraverso le
tradizioni su origini e costumanze spartane di Sabini, Sanniti, Lucani, Bruttii .
Ma è un dato che emerge altrettanto chiaramente nelle tradizioni, strettamente
connesse a questi precedenti, relative ai modi e alle forme ideologiche assunte
dalla penetrazione romana in Campania durante le guerre sannitiche, con
l'ovvia avvertenza che se tradizioni pitagoriche ftloateniesi corrispondono al
momento della rottura col mondo sannita ftlotarantino, tradizioni pitagoriche
ftlotarantine corrispondono invece ai momenti di accordo con Sanniti e Taran
to, quali pure vi furono in occasione del trattato del 354 a.C.242 e della secessione
dei Latini e Campani243, o su un altro versante, in occasione delle 7taÀ.Cxtaì
O"UvelìKat con Taranto, violate da Roma all'inizio della guerra tarantina244.
238 Plut. Numa 17, 1 -4 .
239 Cfr. Storchi Marino 1 97 1 - 1 972, l ss.
240 Lepore 1 968, 224 ss.
24 1 M . Frederiksen, 'Le ·gentes· romane e la conquista dell 'Italia', in Storia della società
italiana, 333-376, particolarmente 352, 363.
242 Liv. VII 19,4.
243 Liv. VIII 6; 10; 1 1 . D.H.Exc. XV 4.
244 Appian. Samn. 7 . Cfr. Lepore 1 968, 224.
294 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
6. Forti del risultato dell'analisi finora condotta sulle tradizioni relati
ve alla presenza del pitagorismo tra le varie popolazioni sannitiche del
l'Italia centro-meridionale, possiamo tentare ora di darne un quadro rias
suntivo e, insieme, di mettere in rilievo quanto in esse è riflesso di un'ef
fettiva evoluzione delle comunità indigene e quanto, a sua volta , è rifles
so di un interesse greco a configurare e a vedere le comunità indigene in
una certa determinata maniera .
I segni di una evoluzione delle comunità sannitiche sembrano evi
denti attraverso il diverso approccio pitagorico nei loro riguardi. Le testi
monianze che recuperano i livelli più antichi, il rapporto con i Lucani
abitanti il paese barbarico prossimo alla chora di Crotone, insistono sul
fatto che furono �amÀ.Etç e òuvacnat ad essere, assieme ai Crotoniati,
conquistati dalla prima predicazione pitagorica. Il rapporto, cioè , si con
figura come rapporto con aristocrazie politiche, �amÀii ç , e sociali, òuva
<J'tat, con connessioni di tipo familiare e genetico, evidenti, in maniera
macroscopica, nel modo con cui la tradizione concepisce il gruppo che
fa capo ad Ocello. Un rapporto tra capi, dunque; un'ellenizzazione di
tipo genetico e verticistico, quale ben si attaglia ai fenomeni di tipo princi
pesco evidenti ancora nel IV secolo in area lucana e bruttia , ma enotrii
prima che specificamente lucanF45. È il modello della prima Megale He/las
pitagorica, quella preciloniana di Nicomaco, permeata ancora di eredità
plutocratiche, sibaritiche ed orientalizzanti246.
24' Lepore 198 1 , 263 ss. I caratteri diversi della più antica penetrazione sannita nella
Lucania interna apparirebbero ancor più influenzati da modelli enotrio-principeschi, se si
Atti della XX
dovesse accettare la tesi di G . Tocco, 'La Basilicata nell 'età del ferro' , in
riunione scientifica in Basilicata ( 1 6-20 ottobre 1 976). Istituto Italiano di Preistoria e
Protostoria, Firenze 1 978, 87- 1 22, accettata da P. G . Guzzo, 'Archeologia, storia e fantasmi.
A proposito di alcuni studi recenti' , ASCI XLVI I , 1 980, 1 3-35, 2 1 , di una massiccia
penetrazione sannita in quest'area nel VII secolo . In realtà scindere i mutamenti delle
culture locali alla metà del VII secolo dall'impianto di Metaponto e Siris non pare allo
stato dei fatti giustificato, tenuto conto: della funzione particolare che la Siritide più
antica ha sviluppato; del fatto che è proprio alla metà del VII secolo che si hanno nella
zona impianti coloniali veri e propri e si apre sia la tensione tra i diversi tipi di insedia
mento facenti capo agli Achei , da un lato, e a Siris colofonia , dall'altro, sia anche la
tensione con Oinotroi e Tarantini (cfr. Lepore 1968, 252). Quanto all'accenno ad una
distruzione sannita di Metaponto (Strabo VI 1 , 5, 264), a parte le difficoltà di farla risalire
ad Antioco, che non sembra conoscere se non i Brettii (FGrHist 555 F 3), resta pur
sempre l'impossibilità di concepire a un livello così alto una penetrazione sannita con i
caratteri politici e sociali e la compattezza posseduti dai conquistatori di Poseidonia
(Strabo VI 1 ,3 , 254) o dai vincitori di Laos (Diod. XIV 1 0 1 -102; Strabo VI 1 , 1 , 253) .
2'6 Nicomac. apud Porph. V:P. 20 = jam. V:P. 29 s. Per questa definizione , e la sua
interpretazione, rimando a quanto diffusamente detto nella citata relazione sul nome e
l'origine del termine Megale Hellas tenuta nel corso del XXI Convegno di Studi sulla
Magna Grecia (Mele 1 982 [A GT 1 981]), 33 ss.
Il Pitagorismo e le popolazioni anelleniche d 'Italia 295
L'avvento nel V secolo della seconda Megale Hellas, connessa all'azio
ne dei nomoteti locali e, socialmente e politicamente , più articolata247,
coinvolge direttamente il lucano Aresa e mostra i suoi effetti nella suc
cessiva storia di questo personaggio. Appare chiaro, attraverso la sua
vicenda, l'accostamento lucano a questa nuova esperienza fondata sul
recupero delle tradizioni locali mediante i nomoi e le politeiai di ispira
zione pitagorica. Sul versante greco questa politica significò la ripresa in
termini di pitagorica aùtapKEta ed drrÉÀ.Eta di precedenti legislazioni
locali, quali quelle di Caronda o di Zaleuco. Sul versante lucano appaio
no nomoi di tipo attico-calcidese, tendenti a legare i ceti più poveri a
quelli più ricchi attraverso forme di aiuto controllate e favorite dalla co
munità , mentre, subito dopo, attraverso l'opera e l'azione di Diodoro di
Aspendo, fa la sua comparsa l'incontro del pitagorismo lucano con il
lCUVtJCÒç -rp67toç e la AaJCEOatflOVtrov o\.at-ra248• Si tratta di un fùone pitagorico
i cui omologhi si incontrano, da un lato, nei Tapav-rìvot, portati sulla
scena dalla Commedia Nuova249 e, più tardi, nel democratico e filoepirota
poeta tarantino Leonida2'j(); dall'altro, nella tradizione su Gaio Ponzio Sanni
ta e sulle origini e costumi spartani di Sabini, Sanniti, Lucani, Bruttii;
filone questo che appartiene ad un'epoca , la prima metà del IV secolo,
che è la stessa in cui cade l'opera e la predicazione in Grecia di Diodoro
di Aspendo. In parallelo si colloca, ora , la citazione di leggi dei Sanniti di
tipo laconizzante . È il caso della legge sui matrimoni, un VOf.lOç JCaÀ.Oç e
7tpo-rpe7tnJCòç 7tpòç ape'tijv che comporta l'anfl\.a come pena per chi, in
base a pubblico giudizio giudicato a suo tempo aptcr-roç, in base allo
stesso criterio venga poi ritenuto 1tOV11p6ç251 • La legge, che ci perviene
associata alla tradizione sull'origine spartana dei Sanniti, proviene proba
bilmente dalla stessa fonte2'2 e, attraverso il giudizio pubblico di àptcr-rda
prima e di 7tOVllpia dopo, rivela un tipo di comportamento proprio delle
così dette civiltà della vergogna , quale pure si trova ripreso nella legisla
zione pitagorica di Zaleuco253 e nel solito Tiepì OtJCatOc:ri>Vllç254•
247 Jam. VP. 1 66 . Cfr. supra n. 209.
248 Burkert 1972, 1 98 ss. Cfr. per l'incontro tra cinismo e filolaconismo: Ollier Le
mirage
II, 3 ss . ; E.N. Tigerstedt, 1be Legend of Sparta in Classica! A ntiqui�y, II, Stockholm 1974,
313 ss.
M Cratin. fr. 7, II, p. 291 K.; Alexis fr. 220, II, p . 378 K.
50
2 Per questa interpretazione rimando a Gigante 197 1 , specialmente 38 ss . , 55 ss.
m Nic. Dam . , FGrHist 90 F 103 b-e; Stra bo V 4 , 1 2 , 249.
m E. Lepore, 'Timeo in Strabone V,4,3, C 242-243 e le origini campane' , in L '/talie
préromaine et la Rome républicaine. Mélanges offerts à .f. Heurgon, Paris 1 976, 573-585,
584 n . 3 1 .
m Diod. XI I 2 1 , 1-2; Stob . Ecl. IV, 2 , 19, p. 1 24 H .
25' Stob. Ecl. I V 1 , 1 38, p . 86, 10-18 H .
296 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Alcuni fatti risultano allora evidenti : un processo di strutturazione
politico-militare delle comunità sannitiche, dalla fine del V secolo alme
no, che porta �acnÀ.Etç e òuvacrtat ad immergersi nella pratica dell' atl'tap
KEta, sottomettendosi, attraverso nomoi, agli eSrj ed Èm:tTJOEU!la'ta locali
fondati sull'aù'tapKEta e il valore militare; processo dal quale riemergeran
no, per dirla col llEpÌ ÒtJCatOmJVTJç Kaì VO!lOU2'j' quali �amÀ.Etç VOiltllOt ed
apxov'tEç invece che come semplici potentati . È il clima per intenderei in
cui si collocano: la conquista di Poseidonia ; la vittoria di Laas, città EÙòai
!lOOV che faceva gola ai TurinF'i6; la diffusione della moneta tra le città
campane dell'interno; i munera civili e militari di Gaio Ponzio; la costitu
zione di una KOtvT, 7tOÀ.t'ttta da parte dei Brettioi con un organismo
centrale ristretto a 50 membri257; l'à pxft di Noumelos5H; i magistratus e
senatus dei Lucani nel 326 a.C.2'w. Ed è il clima entro cui si dispiegano
l'azione e il modello politico tarantino-laconico, tendente all'omogeneizza
zione di queste comunità con Taranto, attraverso una precisa azione
politica , quale si accompagna alla proposizione del modello laconico, da
un lato, e alla polemica contro l'edonismo, dall'altro.
La polemica contro l'edonismo, a giudicare dall'insieme delle testimo
nianze, cui rimandano il discorso di Nearchos in Cicerone e Catone e il
discorso di Polyarchos in Aristosseno, diligentemente richiamate dal Bigno
ne26o, ha un duplice e datato bersaglio: le posizioni rappresentate da
Polyarchos ambasciatore di Dionisio II, e quelle rappresentate da Aristippo,
attivo a Siracusa particolarmente sotto lo stesso Dionisio Il. L'edonismo
di Polyarchos era l'edonismo di un membro di rilievo dell' establishment
che faceva capo alla tirannide; la ricerca del piacere è del tutto naturale,
come dimostra il fatto che gli uomini accettano valori come giustizia ,
saggezza , temperanza , solo se non hanno la possibilità di farne a meno,
mentre �acnÀ.Etç e 't'Ùpavvot eccellono nella ricerca di ogni genere di
piacere261• In altri termini fine della vita è il piacere e condizione concreta
m Stob. Ecl. IV 1 , 1 3 5 , p. 82, 19-83, 5 H .
256 Diod. XI V 1 0 1 , 3 .
257 Diod. XVI 1 5, 2 ; Trog . -Justin . XXI I I 1 , 1 0- 1 2 .
258 M. Lejeune, 'Notes de linguistique italique', REL XXII-XXIV, 1967, 194-231 , 2 1 3 , nn.
50, 5 1 ; E. Lepore, 'La tradizione antica sui Lucani e le origini dell'entità regionale', in
Antiche civiltà lucane, Atti del Convegno di Studi di archeologia, storia dell'arte e del
folklore (Oppido Lucano, 5-8 aprile 1970), a cura di P. Borraro, Galatina 1975, 43-58, 53 s.
2w Liv. VIII 27,6-9. Per questo aspetto della storia dei Lucani vd. anche E . Lepore,
'Geografia del modo di produzione schiavistico e modi residui in Italia meridionale' , in
Società romana e produzione schiavistica, I. L 'Italia: insediamenti e forme economiche,
a cura di A. Giardina e A. Schiavone, Bari 1 98 1 , 79-86, 84 s . , che riprende e sviluppa il
contributo citato nella nota precedente, 43 ss.
260
Vd. supra n. 18.
261
Aristox. fr. 50 Wehrli = Athen. XII 545a - 546c.
Il Pitagorismo e le popolazioni anelleniche d 'Italia 297
per goderne a pieno è il potere . Se la conquista incondizionata del pote
re non è, quindi, come per il Callide platonico, secondo natura , esso è
però condizione per realizzare ciò che natura vuole . Per questo appunto
l'edonismo di Polyarchos è l'edonismo della tirannide e dei suoi collabo
ratori, Coerente con esso è, secondo Polyarchos , il superamento della
logica della polis, che combatte con le leggi la tpu<jn1 e la 1tÀ.EovE1;ia,
valorizza l'eguaglianza , la giustizia , la saggezza , la temperanza , creando
un sistema che non sul legame personale si fonda , ma sui contratti262.
Un aspetto diverso, in quanto espressione di altre forze che facevano
corona alla tirannide , si esprimeva nell'edonismo di Aristippo . La
valorizzazione della 1tOÀ.U1:ÉÀ.Eta come strumento di acquisizione dei pia
ceri della tavola263, dei festinF64, dei profumi265 , dell'amore266, si ritrova in
lui come in Polyarchos267. Ma la condizione che permette di acquisirli
non è più l'esercizio del potere e l'appartenenza al ceto dirigente locale ,
bensì la percezione di un lltcr96ç268 e lo sganciamento da una patria de
terminata269; cioè il legame mercenario con un datore di lavoro-mecenate
dovunque si trovi , In questo senso egli esprime le motivazioni e la prati
ca della lltcr9o<jlopia agli ordini di un tiranno, di soldati e lavoratori270, ma
anche di tecnici271 .
La polemica contro l'edonismo, siracusano e cireneaico, è pertanto
polemica verso una duplice forma di fuoriuscita dalla polis. La formazio
ne all'interno di essa di òuvacr't:Etat che ne rompono la tradizione di
Ò!laÀO'tTJç che anche Archita aveva ricercato e con cui manifestamente
polemizza Polyarchos; il fenomeno del mercenariato e del I;EvtKÒç �ioç
fatto proprio da soldati, lavoranti e tecnici. Il fine ultimo della politica
tarantina diviene allora evidente . Attraverso la proposizione del modello
laconico di Ò!lOAO'tTJç politico-militare, sanzionato dalla legge e connesso
alla realtà di vita delle popolazioni sannitiche , e la parallela polemica
contro l'edonismo, in quanto spinta alla formazione di òuvacrtEtat, al
l'emigrazione e alla parallela formazione di clientele personali, si mira a
consolidare tra i Sanniti equilibri politico-sociali e forze che riconoscono
262
Aristox. /.c. = Athen. XII 546a-b .
263
D . L. II 66.
264 D.L. II 68; 69; 75; 76.
26'
D.L. II 76.
2 66
D.L. II 67; 69; 74; 75; 76; 8 1 .
267 Aristox. fr. 5 0 Wehrli Athen. XI I 545e-f.
=
2'"' D . L. II 6 5 ; 72; 74; 77 s . ; 80; 8 1 ; 82.
269
Xen . Mem. II 1 ,8, 1 1 - 1 3 . Cfr. Arist. Poi. 1 3 24a 13 ss. ; Cic. De O.ff. I 34 , 1 25, per le
conseguenze di una tale scelta .
270
Diod. XIII 93 , 2 ; 95, 1 ; XlV 43,4; 44,2; 62, 1 . Cfr. Plat. Ep. VII 348a .
27 1 Diod. XlV 18,6; 4 1 , 3-4; 42 , 1 .
298 Colon ie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
in Taranto e nella democrazia tarantina il loro naturale interlocutore,
assicurandone e realizzandone di fatto l'egemonia, Non è allora fuor di
luogo ricordare come una delle manifestazioni di tale fenomeno siano gli
oboli sanniti dei Pitanati; una moneta e, quindi, una forma di manifesta
zione dell'autonomo essere politico ed economico delle comunità
sannitiche, ma di piccolo taglio e legata, quindi, a ceti economico-sociali
di livello inferiore a quello espresso da dramme o didramme, e ben
connesso all'attività di quei ceti di ÒÀ.iya iì J.LllOÈv exov-rEç, che dominano
l'assemblea nell'età della guerra tarantina272; e di quei piccoli commerci,
con piccola barca , di cui è testimone, sempre per questa epoca , il taran
tino Leonida273 , Si tratta dell'approdo ultimo di quei fenomeni di rifinan
ziamento delle attività dei 1tÉV11'tEç che il richiamo architeo ai cruvaÀ.À.<iyJ.La-ra
e all'icr6-raç, come forma di rapporto tra nÀ.oumot e 1tÉV11 'tEç, deve avere
favorito274,
Ma non è altresì fuor di luogo ricordare un altro sbocco di queste
tendenze, l'immagine dei Bruttii in Trogo, costituitisi in entità politica ,
autonoma civitaS-75 o JCOtvil noÀ.t'tEta276, e divenuti forlissimi et opulentis
simi277 con attività di guerra e di razzia , che hanno alla loro base la
pratica delle medesime leggi con cui gli Spartani, attraverso un esercizio
di duritia e parsimonia educano i loro giovani ai labo res bellici.
Sono in fondo due facce della stessa realtà : la crescita politica delle
popolazioni sannitiche, condotta nel segno dell'adesione alle loro origini
laconiche e, quindi, in ultima analisi, della loro fratellanza e solidarietà
con Taranto, necessario centro di una Italia sannitica così atteggiata . Cen
tro che i Tarantini rappresentarono in maniera indiscussa e privilegiata
nell'età in cui, per dirla con Strabone278, assai potenti militarmente e retti
a democrazia, accolsero il pitagorismo, in special modo con Archita, che
la città resse per molto tempo: questa era l'età in cui effettivamente l'ideale
pitagorico dell a\mi p KEta individuale si era accompagnata all'au-rapJCEta
'
politico-militare, o in altri termini, alla indiscussa virtù del filosofo Archita
si era accompagnata la serie delle sue invitte strategie.
2"2 Zonar. VIII 2, 369c.
n A .P. VII 652; 654; XI 1 07; cfr. A.P. X l .
274 Archytas 47 B 3 D . -K. = 2 1 B 3 Timpanaro Cardini 0 958-64, II, 373-376) . Polemica-
mente vi fa riferimento anche Polyarchos apud Athen . XII 546b.
n Trog. -Justin. XXIII 1 , 1 2 .
r6
Diod. XVI 1 5 , 2 .
2� Trog. -Justin. XXI I I 1 , 3 e 1 4 .
rH Strabo VI 3,4, 280 .
CAPITOLO III
Archita e Gaio Ponzio Sannita*
l . Cicerone, Catone e Nearco
L'incontro di Archita con Gaio Ponzio è ricordato da Cicerone ( Cato
M. 1 2 , 39) : Archita avrebbe parlato con Gaio Ponzio Sannita e al collo
quio avrebbe partecipato Platone . È l'unica fonte a stabilire un rapporto
tra Archita - e quindi il pitagorismo - e i Sanniti ed è anche l'unica ,
accanto a Cicerone De o.ff. II 2 1 ,75, a chiamare Gaio il padre del vincitore
di Caudio: nella tradizione liviana (IX 1 , 2 e 3,4) il personaggio si chiama
Herennius e così ancora si chiama secondo Appiano (Samn. 4,3) e Valerio
Massimo (VII 2, ext. 17). Occorre, dunque, analizzare bene questa fonte
e cercarne di spiegare le specificità che la contraddistinguono.
Cicerone dichiara di riferire un racconto che Catone, dopo la conqui
sta di Taranto del 209 a . C . , ha raccolto da un tarantino, Nearco, che era
rimasto estraneo alla defezione di Taranto ai Cartaginesi nel 2 1 3 ed era
inoltre ospite suo. Questo rapporto di Catone con Nearco viene confer
mato anche da Plutarco ( Cat. Ma . 2,3), che accenna a un'influenza su
Catone della predicazione pitagorica di questo Nearco.
Nearco a sua volta dichiarava a Catone di riferire una vetus oratio di
Archita raccolta dalla voce dei maiores natu: si rifaceva, dunque, a una
tradizione orale corrente a Taranto.
Il primo problema è decidere se Cicerone ha, in tutto e per tutto,
utilizzato o meno una fonte preesistente . Il modo con cui procede il suo
racconto sembra imporre la seconda alternativa . Infatti, dopo aver riferi-
• Questo studio è stato pubblicato con analoga intitolazione nel volume Tra Orfeo e
Pitagora, alle pagine 433-444.
300 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
to della presenza di Platone , egli dichiara di aver proceduto a una ricerca
e di aver verificato per suo conto la data di tale viaggio : dunque egli
utilizzava una fonte priva di tale datazione .
La data accertata , il 349 a . C . , è manifestamente errata: i viaggi di Plato
ne in Occidente avvengono rispettivamente nel 388, presso Dionisio I ,
nel 366 e nel 36 1 , presso Dionisio II, e particolarmente significativi per il
rapporto con Archita e Siracusa sono stati gli ultimi due . La data accertata
da Cicerone, corrispondendo in effetti al 345 a.C. , evidentemente attribuisce
al viaggio di Platone una cronologia impossibile: l'epoca in cui Dionisio
Il, dopo dieci anni di permanenza a Locri, riconquista la tirannide a Siracusa
e induce i Siracusani a richiedere l'intervento di Corinto, che grazie a
Timoleonte porrà fine alla sua ultima avventura . L'errore è di Cicerone e/
o della sua fonte cronografica e la data è assolutamente inutilizzabile.
Tutto ciò implica anche un'altra conclusione : la datazione non può, come
pure si è di recente fatto1, essere conservata , ritenendo al contrario errata
la menzione di Platone in questo contesto; per quel che da Cicerone si
evince, fuori contesto è la data e non la presenza di Platone. Una datazione
egualmente errata della presenza di Platone presso Dionisio II si ritrova,
del resto, presso un erudito come Aula Gellio (XVII 2 1 , 28), che l'avven
tura platonica presso il secondo Dionisio colloca in una data coerente
con quella ciceroniana : paucis annis post 356, data di nascita di Alessan
dro, e alquanto prima del 338, data della battaglia di Cheronea .
Il livello del 209 a . C . del racconto catoniano emerge, d'altra parte ,
dalla tendenza che lo permea. Nearco piega il riferimento alla polemica
architea contro l'edonismo a una condanna dei tradimenti della patria ,
delle rivoluzioni, dei colloqui clandestini col nemico, dei delitti e di ogni
genere di scelleratezze2• Precisa è l'allusione alle vicende che caratteriz
zarono la defezione di Taranto nel 2 1 3 : tradimenti, colloqui notturni,
rivoluzioni, delitti, saccheggi, corruzione, uccisionP.
Nelle posizioni assunte dall'edonismo cirenaica, apprezzate alla corte
dei due Dionisii e avversate da Archita , le premesse di questo ragiona
mento non mancavano, una volta teorizzato lo sganciamento della pro
pria patria, in particolare in Teodoro cirenaica (A 25 e 26 Giannantoni) ;
ma la precisa corrispondenza con i fatti della defezione tarantina , è par
ticolarmente stringente nel richiamo ai tradimenti e ai colloqui notturni,
1 È di G. Urso (G. Urso, Taranto e gli xenikoì strategof, Roma 1 998, 8 ss.) il tentativo
di utilizzare, per l'interpretazione del passo, la data del 349 = 345 a . C . , data che, per le
ragioni che ho scritto, è fondata su un presupposto errato.
2 Cic. Cato M. 1 2 ,40.
3 Polyb. VIII 24 s.; Liv. XXV 1 3 , 1 ; 8,4 e 1 0 ; XVII 16,3; Appian. Hannib. 32; Frontin.
Strat. III 3,6.
Archita e Gaio Ponzio Sannita 301
particolare che appartiene unicamente al discorso di Nearco, secondo
Cicerone-Catone . Non vi è accenno a tutto ciò in Plutarco ( Cat. Ma. 2,3) ,
che a Nearco attribuisce un discorso generico d i tipo platonico; n é tantome
no è questo il terreno prescelto da Polyarchos il gaudente nel difendere ,
in opposizione ad Archita , le ragioni dell'edonismo imperante alla corte
di Dionisio II nel frammento SO Wehrli di Aristosseno: un apprezzamento
del piacere in quanto strettamente connesso all'esercizio del potere politico.
In conclusione , il discorso attribuito ad Archita da Nearco è del tutto
specifico e schiacciato sugli avvenimenti contemporanei a lui: non mera
viglia che questo accada se tra Archita e Catone viene interposta la figura
di Nearco e con questa fa corpo la vicenda di Taranto durante la guerra
annibalica . Tarantini filoromani, durante la guerra annibalica , sono del
resto attestati anche da Livio (XXVII 3S,4) .
2 . Nearco e i maiores natu
Nearco dichiarava di rifarsi a una tradizione orale corrente a Taranto
presso i maiores natu. E tarantina è, indubbiamente, la tradizione riferi
ta , se essa esalta il molo di Taranto, luogo di incontro tra Platone e il
mondo sannita , e se è vero che nella vetus oratio di Archita si deve
riconoscere la necessaria risposta alla difesa delle ragioni dell'edonismo
esposte nel frammento SO Wehrli di Aristosseno di Taranto. La vetus oratio
architea riferita da Nearco contiene , infatti , la replica ai ragionamenti di
Polyarchos esposti da Aristosseno, in puntuale contrapposizione a tali
ragionamenti, sostenendo il primato della ragione sulla natura e, quindi,
sul piacere cui l'uomo naturalmente sembra inclinare. L'argomentazione
prescelta è la stessa presente nel noto aneddoto architeo risalente attra
verso Aristosseno ai ricordi del padre Spintharos Cfr. 30 Wehrli) , nel quale
si sostiene la necessità per l'uomo di decidere i propri comportamenti a
mente fredda e non quando si è sotto il dominio delle passioni, in quel
caso l'ira : Cicerone , che lo riprende in De rep. I 60, lo intende appunto
come esempio della predominanza da accordare a ratio e consilium. Ma
il riscontro più preciso è in un passo dell Etica Nicomachea, 1 1 S2b 1 S-18,
'
in cui Aristotele riferisce di una polemica contro il piacere fondata sul
primato da accordare alla ragione e al controllo di sé, che il piacere
annulla . È un'argomentazione da lui ampiamente sviluppata nel perduto
Protrepticon'\ attraverso Socrate ripresa anche da Platone , in Phil. l a-b,
la quale ben rispecchia le polemiche nel IV secolo correnti a smentita
delle argomentazioni di Aristippo e dei Cirenaici .
< Frr. 5 5 . 6 1 , 86 Rose = 73.6 Gigon.
302 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Ma la tradizione ripresa da Nearco non vuole confondersi con quella
di Aristosseno. La replica di Archita a Polyarchos in Aristosseno non
poteva essere diversa da quella prospettata nella vetus oratio riferita da
Nearco: primato di mens, temperantia, ratio, virtus, ossia di crcoocj> pocruvT],
cj>p6vT]mç, v6oç, su cj>umç, i)oovi), voluptas. Ma il contesto è mutato: tradi
zione orale direttamente attinta dai maiores natu, eliminazione della dia
lettica Siracusa di Dionisio II - Taranto di Archita, sostituirsi dei Sanniti a
Siracusa come interlocutori della Taranto dell'epoca . Svanito è il clima
evocato dalla Epistola VII platonica (338c; 339a; 350a), la xenia che Pla
tone ha messo in essere tra Siracusa e Taranto. Platone è solo un'ombra
che assiste al dialogo tra Archita e il rappresentante dei Sanniti Caudini' .
Centrale è divenuto il rapporto della Taranto del pitagorico Archita con i
Sanniti, futuri vincitori dei Romani. Aristosseno che aveva valorizzato il
rapporto Siracusa-Taranto, è messo totalmente da parte, a maggior ragio
ne poi perché, pur avendo insistito sul rapporto tra predicazione pitagorica
e mondo italico, come attesta il fr. 17 Wehrli, non aveva però inserito tra
gli Italici entrati in contatto con questa dottrina proprio i Sanniti.
Neanche il richiamo ai maiores natu è, dunque, casuale, ma al contra
rio perfettamente funzionale a un diverso contesto che si voleva evocare .
3 . Taranto e i San n iti
I rapporti di Taranto con i Sanniti sono ben documentati nella secon
da guerra sannitica . Quando, nel 327 a . C . , si tratta di salvare l'alleanza di
Neapolis con i Sanniti, sono presenti nella città prosseni tarantini che
spingono i Neapolitani a resistere ai Romani promettendo aiuti e navi6•
Nel 320 i Tarantini intervengono di nuovo a favore dei SannitF. Nel 307
il console romano L. Volumnio interviene contro i Sallentini nell'Apulia
legata a Taranto8. Nel 303 , ancora , Cleonimo combatte per Taranto con
tro Lucani e Romani9. Insomma , durante tutto l'arco della seconda guerra
sannitica , la tradizione romana vede i Tarantini come avversari dei Ro
mani e spiega il conflitto alla luce di un'alleanza tra Taranto e i Sanniti.
In quegli stessi anni, tra il 320 e il 300 a.C . , i Sanniti coniano monete con
legenda PITANATAN PERITIOLON, una legenda che alludeva alle loro
pretese origini spartane e serviva a giustificare l'alleanza di Taranto con
essi. La legenda monetale era in dialetto dorico e i tipi prescelti erano di
' Appian. Samn. 4,3 e 5 .
6 D . H . XV 5 , 2 ; Liv. vlll 25,8; 27 , 1 -2.
- Liv. IX 1 4 , 1 -4 .
" Liv. IX 42,4.
9 Diod. XX 1 04 , 1-3.
Arcbita e Gaio Ponzio Sannita 303
origine eracleota e tarantina10• Parallelamente apparivano monete con legenda
egualmente dorica, Saunitan, e con un tipo, punta di lancia e corona di
alloro, che alludeva all'etimologia greca dell'etnico: Sanniti da saunion11 •
Sempre nel corso della seconda guerra sannitica, nel 320 a.C., la tradizione
annalistica ricordava come i Tarantini fossero rimasti accanto ai Sanniti, oppo
nendosi alla ripresa delle ostilità da parte di Roma dopo la sconfitta di Caudio12.
L'alleanza in questo periodo era , però, contro i Romani e non è que
sto certamente lo spirito con cui il filoromano Nearco, nel clima della
guerra annibalica , richiama la tradizione architea dei maiores natu: per
la tradizione tarantina filoarchitea e filoromana cui attinge anche Strabone
(VI 3 , 3 , 280 C) , tutto l'arco della politica tarantina post-architea , da
Archidamo alla guerra annibalica appunto, si poneva sotto il segno nega
tivo della democrazia radicale e del tradimento della politica architea . Il
richiamo ad Archita e al padre del vincitore di Caudio serve evidente
mente a sottolineare un'atmosfera diversa e più confacente agli interessi
filoromani di Nearco e degli ambienti che egli esprime .
4 . La tradizione su Gaio Ponzio padre
Cicerone , in De o.ff. II 2 1 ,75, ricorda un commento di Gaio Ponzio, il
quale si rammaricava di non esser vissuto nell'epoca in cui i Romani
avevano cominciato ad accettare doni, perché in tal caso non avrebbe
tollerato che essi continuassero a comandare . Cicerone si compiace di
ciò, tenendo conto del valore di quell'uomo, e lamenta il fatto che qual
che secolo dopo la pratica si diffuse , giacché fu nel 1 49 a . C . , che L.
Pisone sentì il bisogno di presentare la prima proposta de pecuniis
repetundis. Il problema era, secondo la tradizione romana , venuto all'or
dine del giorno durante le guerre sannitiche , quando, nel 290 a . C . , a
conclusione della terza guerra sannitica , M. Curio Dentato aveva rifiutato
i doni proprio dei Sanniti, e ben lo sapeva Cicerone, che, accanto ad altre
numerose fontP3, aveva citato l'episodio nel Gato Maior (16, 55). Le due
1° Cfr. Strabo V 4 , 1 2 , 250; Stazio 1 960; R. Cantilena , T. Giove , P. Rubino, 'Didrammi e
frazioni d'argento ' , in La monetazione di Neapolis nella Campan ia antica, Napoli 1 986,
1 2 1 - 1 25 .
1 1 Head 191 1 2, 27; La Regina 1989, 304 ss . ; M. Taliercio, 'I Lucani', in Storia della Basilicata,
l. L 'antichità, a cura di D. Adamesteanu, Roma-Bari 1 999, 360-380, particolarmente 375 .
1 2 Liv. IX 14, 1 e 6-7.
1 3 Enn. fr. 373 Vahlen ; Cic. De rep. III 28,40; Plin. NH. XIX 87 ; Fior. Epit. I 1 3 , 22; Plut.
Cat. Ma. 2 ; Athen. X 4 1 9a . Tutte queste fonti alludono alla conclusione della terza guerra
sannitica , parlando di episodio seguìto alla vittoria sui Sanniti; il solo Ateneo parla di
Sabini, ossia l'altro popolo su cui Curio Dentato trionfò nel 290 a . C .
304 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
tradizioni devono essere quindi lette in parallelo, tanto più se il conunento
di M. Curio associa imperium e rifiuto dei dona, dichiarando ai legati sanniti
che egli preferiva all'oro il dominio su quelli che l'oro possedevano. Cicero
ne non dice esplicitamente che a parlare fosse Gaio Ponzio padre, ma la
tendenza dell'aneddoto è più che evidente e orienta piuttosto verso costuP4.
La tradizione cui Cicerone attinge, considera infatti questo Gaio Ponzio
non un avversario per principio dei Romani, ma colui che il dominio
romano giustificava alla luce di valori che M. Curio Dentato incarnava : il
rifiuto dell' avaritia con l'accettazione della sola rernm copia, quae sit ad
vitam necessaria. Egli dunque esprimeva un mondo di Sanniti in cui
prevalevano ideali di À.t -rov ed ÈyKa-rna, che secondo la tradizione
plutarchea, il pitagorico Nearco trasmetteva a Catone15. Per concludere ,
dunque, appare evidente che al nome di Gaio Ponzio la tradizione
ciceroniana associa tendenze favorevoli all'accettazione del dominio ro
mano, in nome di una pratica di vita vicina a quella apprezzata dai
Pitagorici e comune sia ai Sanniti che ai Romani. La vicinanza spirituale
di questo Ponzio all'omonimo uditore di Archita è così evidente e l'ana
lisi della restante tradizione su Ponzio padre lo conferma .
Questa caratterizzazione di Gaio Ponzio è, infatti, quella prevalente
nelle fonti che più diffusamente parlano del padre del vincitore di Caudio:
Livio (IX 3,4- 1 3) e Appiano (Samn. 4 , 3-5) . Egli è longe prndentissimus
(Liv. IX 1 , 2) e conserva , in corpore adfecto dagli anni (Liv. IX 3 , 5) , vis
animi consiliique, mentre per Valerio Massimo (VII 2 , ext. 1 7) , egli è
auctoritate et prndentia ceteros praestans. Degno partner, dunque, di un
Archita che apprezza il primato di mens, ratio, cogitatio, animi lumen:
un primato grazie al quale nel Nearco ciceroniano e poi plutarcheo,
pitagoricamente convivevano e il rifiuto dell'edonismo e del lusso e la
spinta verso il À.t-rov e l'ÈyKpO'tEta.
D'altra parte, egli è filoromano, favorevole a una perpetua pax et ami
citia con Roma 16. E la cosa è perfettamente coerente con la sua cronolo
gia . Egli era assai anziano nel 3 2 1 a . C . , quando, alla vigilia della decisio
ne finale sulla sorte delle legioni romane bloccate a Caudio, il figlio lo fa
portare al campo su di un carro17. Ha ormai completato tutto l'arco del
suo cu rsus honornm, fatto prima , fino a sessant'anni circa , di militaria
munera, e poi, fino al massimo agli ottanta , di civilia munera. Nato,
dunque, sul finire del V secolo, egli appartiene di diritto alla generazione
al potere negli anni in cui la prospettiva di una coesistenza col potere
1 ' F. Mi.inzer, ' Pontius' [4) , .RE XXIJ , 1 , 1953, 3 1 -33, s pecialmente 32.
1'
Cfr. Plut. Cat. Ma . 2,3.
11'
Liv . IX 3 , 1 9; App ian. Sanm . 4.3.
1 - Liv. IX 3 . S-9; App ian. Samn. 4,3.
Archita e Gaio Ponzio Sannita 305
romano si era affermata con successo: il trattato di eterna amicizia 18 sti
pulato nel 354 a . C . 19, la (jltì..i a rinnovata nel 34 1 20, sperimentata durante la
rivolta latina e campana21 , e durata fino allo scoppio della seconda guer
ra sannitica nel 32722 • Una (jltÀta che , secondo Appiano, Ponzio aveva
sostenuto in forza della comune parentela con i Sabini .
Un Gaio Ponzio così connotato, spregiatore dei dona e quindi dedito
a un ideale di vita semplice e moderata , prudente e assennato e perciò
sostenitore di una perpetua amicizia con Roma , poteva , quindi, senza
difficoltà essere avvicinato al pitagorico Archita e valorizzato dal filoromano
e pitagorico Nearco, che per suo conto realizzava la stessa sintesi di
valori presenti in Gaio Ponzio padre . Quella sintesi che è alla base del
l'interpretazione della storia tarantina presente in Strabone (VI 3 , 3 , 280
C) , dove il tradimento degli ideali architei trova la sua conclusione nella
politica di ostilità a Roma, in alleanza con Pirro, e nella finale e rovinosa
defezione ad Annibale.
L'origine prettamente tarantina della tradizione emerge ancora una
volta dal confronto con la tradizione annalistica romana per la quale
Gaio Ponzio non è pitagorico e sceglie Roma in base alla parentela con
i Romani . La tradizione ciceroniana è dunque sempre targata Taranto,
mediata da fonti tarantine .
5 . Cronologia della tradizione
La tradizione su Gaio Ponzio padre vive, come abbiamo visto, in rela
zione dialettica con due momenti della storia dei Sanniti. Il primo e più
sviluppato è l'episodio di Caudio, laddove, in contrapposizione al figlio,
principalmente bellator e dux, in quanto pater longe prndentissimus egli è
chiamato a difendere la tradizione politica di amicizia con Roma e a
propiziare soluzioni moderate che non la compromettessero definitivamente.
In questo contesto egli è un duplicato in positivo della figura del figlid3 e
la tradizione che lo rappresenta ha come terminus post quem il 321 a.C.
Il secondo è l'episodio dei dona e dell'oro offerto dai legati sanniti a M.
Curio Dentato, vicenda nella quale la comunità sannita sperimenta il rifiuto
dei dona, che faceva accettare a Gaio Ponzio il dominio di Roma. Sotto
questo rispetto la tradizione relativa ha come terminus post quem il 290 a.C.
1" App ian. Samn. 4 , 5 .
19 Liv. VII 19,4.
20
Liv . VIII 1 ; D . H . XV 7,2-3.
21
Liv . VIII 6; 10; 1 1 .
22
Liv . VIII 22,7; D . H . XV 7,2 ss . ; 8, 2-5; 9, 1-2.
2; De Sanctis 1 909, 216.
306 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Se poi si considera che dopo il 272 a.C. e la fme della guerra tarantina la
comunità sannita viene smembrata, con i Pentri divisi dagli Irpini, i Caudini
frazionati per città, si comprende anche che una tradizione che attribuisce
un ruolo ancora centrale ai Sanniti, facendone un interlocutore degno di
memoria accanto a Platone e in luogo di Siracusa e che considera i Caudini
parte integrante della civitas sannita, rispecchia una realtà evidentemente
anteriore che, quindi, ha nel 272 il suo necessario terminus ante quem.
Capire allora da quali ambienti abbia avuto origine non è difficile. La svolta
antiromana e fù.osannita che noi constatiamo a Neapolis alla vigilia della se
conda guerra sannitica, non dovette essere senza contrasti. Quando i legati
tarantini tentano nel 320 a.C. di far accettare ai Romani, che attaccavano Luceria
in mano sannita, il mantenimento della pace, la pax caudina dunque, il con
sole romano - L. Papirio Cursore - rifiuta le loro pretese di arbitrato e rinfaccia
ai Tarantini domesticae seditiones e discordiae rispetto a quella politica24.
Alla vigilia della venuta di Pirro, nel 282 a . C . , è attivo a Taranto un
partito filoromano25 . Interessante è il modo in cui esso viene qualificato .
Si tratta degli anziani (Plutarco) , degli abbienti (Zon. VIII 2 , 368b) , di
quanti hanno vooç: in altri termini di maiores natu provvisti di ratio,
mens e cogitatio, ossia connotati allo stesso modo dei garanti della tradi
zione ciceroniana su Gaio Ponzio e dotati proprio di quella virtù cui
Archita in quello stesso contesto assegna il primato nel decidere le scelte
dell'uomo. Se questa resta allo stato dei fatti un'attraente suggestione,
particolarmente pertinenti appiano però altre consonanze .
Le simpatie architee presenti in questa opposizione filoromana oltre
che in Nearco, sono il presupposto della già prima ricordata tradizione
straboniana, VI 3 , 3 , 289, in cui partendo dal grande prestigio della Taran
to democratica di Archita si tratteggia per il dopo un processo di deterio
ramento politico, provocato dall'avvento di uno stile di vita fondato sul
lusso, nell'ambito del quale interviene la chiamata di strateghi stranieri e
alla fine del quale la stessa libertà si perde per i comportamenti assunti
durante la guerra annibalica . L'impostazione , come si è detto, è la stessa
di Nearco, ma alle radici dell'interpretazione vi sono testimonianze sul
lusso tarantino presenti in Teopompo (FGrHist 1 1 5 FF 1 00, 233); il rilievo
dato da Strabone al motivo dell'incapacità tarantina di conservare buoni
rapporti con questi condottieri, sottolineata per lui particolarmente dalla
vicenda dei rapporti con Alessandro il Molosso (334-33 1 a . C . ) ; la connes
sione che , riprendendo questo stesso motivo del successivo guastarsi dei
rapporti, Polibio stabilisce col caso di Pirro, un re epirota come il Molosso.
Questa interpretazione negativa della democrazia radicale tarantina , pre-
24 Liv. IX 1 4 , 5 .
2' Plut. Pyrrh. 1 3 ,4; DChr. I X 3 9 , 1 0 ; Zon. VI I I 2, 36Rd-369c.
Arcbita e Gaio Ponzio Sannita 307
sente in Strabone, risale per le sue origini a tradizioni greche maturate tra
gli ultimi decenni del IV e i primi del III secolo, probabilmente anche
con l'intervento degli storici collegati agli ambienti macedoni ed epirotici,
naturalmente confluite in Timeo, storico di Pirro e assai critico verso il
lusso e le sue conseguenze sul piano politicd6.
Che sempre in questo contesto di IV-III secolo si esaltasse in chiave
evidentemente polemica Archita, si può intuire anche attraverso Aristosse
no di Taranto, che proprio in quel torno di tempo, tra l'esilio di Dionisio
II a Corinto e la guerra tarantina, sembra essere stato attivo27 • Egli scrive
va infatti una biografia di Archita esaltando il ruolo di Archita in quanto
pitagorico, stratego invitto, comandante di truppe cittadine e italiote e
tarantino: così egli richiamava quella che in Strabone era esplicita contrap
posizione tra la potente Taranto di Archita e la Taranto decaduta del
lusso e dei condottieri; così, invece della parentela dei Sanniti con i
Pitanati spartani, quale giustificazione dell'alleanza allora in atto28, egli
riproponeva il legame pitagorico fondato sul discepolato29.
Parallelamente, membri dell'aristocrazia romana attiva nel grande scon
tro contro i Sanniti e Taranto tra il 327 e il 272 a . C . , giustificano in nome
del rapporto con Pitagora la loro penetrazione nell'Italia meridionale
ellenizzata30, con accenti architei come quelli presenti: nella figura di
Numa legislatore3\ in una delle Sententiae di Appio Claudio - autore tra
l'altro anche di un carme pitagorico32 - che alla maniera architea preten
de la supremazia della ratid3; nel richiamarsi degli Aemilii Mamercini
alla figura di Mamerco, figlio di Pitagora34•
26 A Timeo come mediatore rispetto a Strabone pensa il Lasserre 1 967, 235, note 4
l (riferita a 1 79); ancora a Timeo come fonte di Polibio pensa il Walbank
(riferita a 1 78) e
(Polybius II, 29 s . , nota a VII 1 , 2 , e 1 0 1 , nota a VIII 24, 1 ) .
2 7 L'attività d i Aristosseno grosso modo si colloca tra gli anni p osteriori al 344 a . C . ,
quando incontra Dionisio II esule a Corinto (cfr. Aristox. fr. 3 1 Wehrli), e gli anni intorno
al 272, quando constata la scom parsa della grecità di Poseidonia ad opera di Tirreni o
Romani (fr. 1 24 Wehrli): ebbe la sua akme tra il 336 e il 332 a . C . e nel 321 as p irò a
succedere ad Aristotele (Sud. s.v. 'Aptcr't61;evoç, A 3927 Adler) .
28 Strabo VI 4 , 1 1 , 250.
29 Aristox. frr. 30, 48 Wehrli. Per i disce poli italici di Pitagora cfr. invece il fr. 1 7 Wehrli:
Lucani, Messa p i, Peuceti e Romani, in un contesto che per la sua composizione , tarantina
p iù che crotoniate, si adatta meglio alla Taranto architea che a Pitagora .
30 A. Mele, 'Il Pitagorismo e le p o p olazioni p anelleniche d'Italia' , in questo volume;
cfr. anche Humm 1 996, 34 1 ss.
31 Humm 1 996, 344 s.
32 Cic. Tusc. disp. II 2,4.
33 Fest. s.v. stuprum, p . 4 1 8 Lindsay; si veda in proposito M . Humm, 'Una sententia
p itagorica di App io Claudio Cieco?', in Tra Orfeo e Pitagora, 444-462.
34 A. Mele, 'Il Pitagorismo e le po polazioni panelleniche d'Italia', in questo volume;
Humm 1996, 342 s.
308 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
E ancora Cicerone , in De arnie. 88, nel 1 29 a . C . , data attribuita a que
sto dialogo sull'amicizia , pone sulla bocca di Lelio il ricordo di un'affer
mazione architea che fa risalire a memorie che il sessantenne Lelio ha
ricevuto dai senes a loro volta informati dai senes con cui avevano avuto
contatto. In Cato M. 1 3,43, intorno al 1 49 a . C . , un ricordo di Catone che
risale prima ai maiores natu e poi ai senes di costoro, riporta un episodio
relativo a M. Curio Dentato e al 279 a . C . , un episodio accaduto dunque
1 30 anni prima . Sempre nel De senectute Nearco, nel 209 a . C . , attribuisce
ai maiores il ricordo di un dialogo svoltosi molto probabilmente nel 361 ,
dunque 1 5 2 anni prima . Usando lo stesso metro, le memorie romane di
Lelio su Archita risalgono a partire dal 1 29 fino agli anni della guerra
tarantina o poco dopo: questa era dunque per Cicerone l'epoca in cui tali
memorie architee correvano sulle bocche dei senes di Roma .
6. A rch ita e i San n iti
Tra gli ultimi decenni del IV e i primi del III secolo, dunque, erano nate
e circolate queste tradizioni. A queste tradizioni aveva attinto Nearco per
attribuire illustri natali al suo filoromanismo. Per coinvolgere in esso an
che Archita, egli aveva dovuto fare ricorso ai Sanniti della generazione
precedente lo scoppio della seconda guerra sannitica e al rapporto di
Archita con tali Sanniti. Un rapporto piuttosto tortuoso, che porta a esclu
dere che nella tradizione tarantina fosse presente il ricordo di relazioni
precise tra Archita e i Romani: i rapporti dei Romani con Pitagora citati da
Aristosseno nel frammento 17 Wehrli, erano quindi tanto generici quanto
lo erano quelli con i Lucani, i Messapi, i Peuceti citati accanto a loro. Al
contrario, un rapporto indiretto con i Romani si poteva stabilire giocando
sull'incontro con i Sanniti dell'epoca anteriore a Caudio, rapporti comun
que ignorati da Aristosseno. Nearco doveva dunque, nel prospettarli ai
Tarantini, avere buoni argomenti per ammetterli. E ne abbiamo anche noi
se ricordiamo che i prosseni tarantini dei Neapolitani, presenti a Neapolis
nel 327 a.C. , avevano ereditato la prossenia dalle generazioni attive prima
di quegli anni e appartenenti quindi all'età architea3': esse avevano stabi
lito, dunque, dei rapporti con una città campana alleata dei Sanniti, nella
cui classe dirigente, dalla fine del V secolo, erano stati immessi dei Sanniti36,
e che a Dionisio II, alleato di Archita , nel 356 a . C . forniva truppe e uno
stratego, Nipsio, un neapolitano dal tipico nome sannita37 .
.l> D . H . XV 5 . 2-3; 6 , 2-3.
·16 Strabo V 4,7, 246.
r Diod. XVI 1 8, 1 ; Plut. Dio 4 1 . 1 ss.
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Achaia: 9, 10, 1 1 , 12, 13, 14, 1 5 , 16, 17, Agamennone: 19, 20, 24, 30, 3 1 , 37, 80.
18, 19, 20, 2 1 , 23, 25, 26, 33, 34, 35, Agariste: 38.
36, 4 1 , 45, 47, 50, 52, 57, 62, 64, 73, Agatocle: 86, 103, 1 58, 159-1 64, 165,
75, 89, 95, 96, 97, 1 1 1 , 1 1 3, 1 1 4, 1 3 1 , 168, 180, 181 , 205, 280.
132, 1 34, 220, 264. Agiadi: 281 .
Achaia Ftiotide: 35, 36, 39, 44, 57, 60, Agorios: 1 5 , 23.
64, 73, 75, 96, 97, 98, 220, 264. Agri: 100, 192, 222.
Achaifdes: 97. Agrigento: 81, 1 26, 198, 215, 232, 242 ,
Achaiis (tribù): 199, 200. 245 .
Achaioi: 9, 10, 1 1 , 1 2 , 14, 1 5 , 16, 17, Agropoli: 40, 4 2 , 4 3 , 2 1 7 , 220, 22 1 , 222,
19, 2 1 , 23, 24, 26, 27, 28, 29, 31, 33, 224.
34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 43, 45, Aiace: 14, 29, 60.
49, 50, 52, 60, 62, 64, 65, 66, 69, 73, Aigai: 17, 18, 19, 20, 22, 28, 33, 52.
75, 78, 83, 84, 87, 88, 89, 90, 92, 95, Aigeira: 16, 17, 19, 20, 22, 23, 31, 38,
96, 97, 1 0 1 , 104, 105, 106, 1 09, 1 14, 4 1 , 57, 89, 97.
1 16, 1 17, 1 30, 1 3 1 , 137, 186, 187, 192, Aigiale, Aigialeia, Aigialeis, Aigialòi,
200, 219, 220, 24 1 , 247, 264, 289, 294. Aigialòs: 9, 10, 13, 14, 16, 19, 20, 2 1 ,
Achaios: 10, 1 2 , 13, 33, 34, 35, 36, 38, 23, 24, 33, 36, 37, 50, 52.
39, 62, 63, 74, 75, 77, 96, 97, 186, Aigialeus: 20, 32, 33, 38.
187, 220. Aigion: 16, 17, 18, 19, 20, 2 1 , 22, 24,
Achei Ftioti : 34, 35, 39, 59, 64, 75, 96, 25, 26, 27, 3 1 , 5 1 , 52, 89, 97, 1 1 7,
106. 134, 135.
Achille: 29, 30, 3 1 , 44, 45, 60, 68, 69, Aiklos: 1 1 , 35.
72, 73, 77, 80, 97, 98, 99, 1 18, 220. Aioleis: 10, 34, 44, 59, 60, 64, 65, 75,
Acrotato: 1 60. 92, 93, 96, 97, 98, 101, 186.
Adrasto: 20, 32, 33, 38. Aiolidai: 41, 56, 57, 60, 62, 79, 96, 97.
Aemilii Mamercini: 287, 291 , 307 . Aiolfs: 34, 35, 39, 43, 45, 56, 58, 64, 77,
Aemilio Papo: 172. 87, 9 1 , 92, 96, 97, 98, 101 , 102, 187.
Aethlios: 40, 67, 93 . Aiolos: 10, 29, 35, 39, 40, 4 1 , 56, 57,
Afrodite: 24, 55. 58, 59, 6 1 , 62, 63, 65, 66, 67, 72, 74,
318 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, Appio Claudio: 172, 269, 287, 293, 307.
97, 98, 101 , 103, 1 14, 186, 220. Apuli: 1 57, 161 , 163, 166.
Aison: 4 1 , 42, 43, 57, 59, 94, 95, 220. Apulia: 164, 194, 302 .
Aithalie/Elba: 1 00. Araithyrea/Araithyreai: 19, 2 1 .
Alcibiade: 288, 289, 290, 291 . Arcadi: 2 1 , 95.
Alcistene: 1 1 5 , 146, 242 . Arcadia : 89, 1 3 1 .
Alcmeone: 33. Archandro: 33, 36, 38.
Alcmeone di Crotone: 197, 234. Archelaos, Archelaoi: 38.
Alcmeonidi: 63. Archias: 22, 47, 48, 50, 1 35.
Alessandro (figlio di Pirro): 168, 280. Archidamo: 86, 105, 1 56, 161 , 303.
Alessandro Magno: 1 57, 1 58, 288, 300. Archippo: 268.
Alessandro il Molosso: 82, 86, 87, 103, Archita: 30, 87, 1 52, 1 53, 190, 2 1 5 , 226,
1 53, 1 54, 1 55, 1 56, 1 57, 161 , 226, 272, 23 1, 251, 253-258, 262, 263, 264,
273, 306. 265, 266, 269, 270, 271 , 272, 273, 274,
Alete: 2 1 , 32. 275, 276, 277, 278, 282, 283, 285, 288,
Alexidamos: 30, 89. 290, 291 , 292, 293, 297, 298, 299-308.
Alezio: 85. Architeles: 33, 36, 38.
Alfeo: 17, 18, 58, 59, 67, 93. Arenosola: 218, 219.
Aliz6noi: 81 . Ares: 59, 208.
Alybas: 79, 80, 81 . Aresas: 199, 263, 264, 265, 266, 267,
Alybe: 80, 81 . 268, 277, 295 ; vd. anche Oresandros.
Amaltheia: 25. Aretusa: 22.
Amarynkeus: 67. Argeioi: 10, 33, 38, 186.
Amasis: 186, 232 . Argo: 14, 20, 2 1 , 22, 31, 32, 37, 38, 39,
Amendolara: 238. 52, 55, 57 (Nave), 64, 1 00 (Nave).
Amfione: 37 (tebano), 41 (argonauta). Argo/Portoferraio: 100.
Amide: 34. Argolide: 2 1 , 32, 34, 36, 37, 39, 96, 187,
Aminei Pelasgi: 219, 224. 224.
Amithaone: 95. Argonauti: 32, 4 1 , 42, 55, 57, 59, 60,
Amonfareto: 283, 284. 66, 94, 95, 99, 100, 1 14, 218, 220, 222,
Amyntor: 72, 98. 223.
Anassilao: 1 25 , 245. Aristaios: 199, 265.
Anatolia: 81 , 9 1 , 96, 187, 263. Aristea: 105, 199.
Annibale: 15 5 , 1 56, 1 8 1 , 183, 269, 272 , Aristippo: 275, 296, 297, 30 1 .
273, 274, 305 . Aristocrate: 210.
Annio Milone: 193. Aristosseno: 1 97, 1 99, 2 1 2 , 226, 23 1 ,
Ano Mazaraki: 33, 52. 237, 255, 258, 259, 261 , 262, 266, 269,
Antalcida (pace di): 1 4 1 . 271 , 272, 273, 274, 275, 277, 284, 290,
Antenore: 61 (marito d i Theanò); 263 291 , 292, 296, 301 , 302, 307, 308.
(a lui si accompagna Ocello) . Arne: 40, 4 1 , 56, 59, 6 1 , 62, 79, 92, 101 ,
Antheia: 16, 25. 102.
Antiope: 37, 38. Aroe: 16, 25.
Aphéidas: 80. Artemide: 18, 65, 68, 76, 89, 90, 91,
Apollo: 55, 59, 63, 80, 144, 199; Alaios: 194, 283.
43, 70, 98, 1 10, 1 1 1 , 178, 181 , 182, Artemision: 194.
242; Hyperboreo: 1 19-1 20, 237; Kar Ascra: 46.
neios: 38; Pizio: 24, 26, 3 1 , 5 1 , 66, 105, Asine: 2 1 .
1 1 1 , 1 20, 125, 132, 237, 276, 288. Asopo: 35, 37, 56, 9 1 , 97.
Indice dei nomi 319
Aspromonte: 1 54. Calcidesi: 63, 1 38, 198, 246, 247, 267,
Asteria: 41 . 289, 290.
Astydameia: 44, 72, 98. Cales: 282.
Astylos: 1 1 2 , 1 25, 1 26, 245 . Callia: 69, 1 22 .
Atene: 9, 1 2 , 13, 26, 3 1 , 32, 36, 37, 38, Callide: 275, 297.
82, 83, 1 17, 1 26, 1 30, 1 36, 1 38, 193, Calore: 2 2 1 , 222, 223.
199, 216, 224, 242, 243, 246, 247, 254, Camarina: 50.
266, 267, 268, 279, 290, 291 . Camilla: 83.
Ateniesi: 13 , 1 24, 135, 257, 290. Campani: 1 74-1 77, 264, 279, 293.
Athamante: 43, 57, 58, 59, 95. Campania: 1 90, 191 , 193, 2 1 5 , 2 18, 222,
Athena: 59, 217, 22 1 , 226; Eilenia: 58, 223, 254, 264, 279, 287, 288, 289, 291 ,
68, 92; Homaria: 24, 134; Krathia: 1 23; 293, 303.
Ilias: 41, 59, 61, 65, 66, 90. Capaccio: 227.
Athenaion: 217, 22 1 . Capua: 1 76, 193.
Atreo: 24. Caronda: 1 27, 1 98, 210, 2 1 1 , 212, 214,
Atridi: 1 5 , 24, 33, 34. 246, 247, 266, 267, 289, 295.
Attica: 13, 3 1 , 35, 46, 63, 74, 76. Cartagine: 84, 86, 1 38, 142, 146, 164,
Aulide: 187. 182, 245, 254, 284, 289.
Ausoni: 1 28, 1 30, 219, 264 (Opici-Au- Cartaginesi: 84, 105, 146, 148, 149, 1 52,
soni). 164, 178, 179, 180, 181, 182, 222, 223,
Ausoni Pelleni: 27, 43. 224, 227, 256, 285, 290, 299.
Ausonio (mare): 191 . Catania: 1 27, 1 98, 2 1 5 .
Autolyte: 4 1 , 6 1 , 1 0 1 . Catone Maggiore: 269-271 , 274, 277,
Babilonia: 231 . 278, 296, 299, 301, 304, 308.
Bacchiadi: 2 1 , 22, 24, 28, 32, 33, 36, Cauconi: 18.
37, 38, 48. Caudini: 278, 279, 302, 306.
Basento: 100, 101 , 192. Caudio: 269, 275, 277, 278, 288, 291 ,
Battos: 28, 50, 5 1 . 293, 299, 303, 305, 308.
Bellerofonte: 87. Caulonia: 18, 22, 26, 27, 28, 56, 82, 87,
Benevento: 177. 1 1 1 , 1 17, 1 18, 130, 132, 135, 1 38, 1 39,
Beozia: 57, 60, 65, 91, 101 , 102, 187. 1 4 1 , 144, 145, 149, 1 50, 1 52, 155, 174,
Boiotoi: 44, 65, 91, 98, 102. 175, 176, 177, 192, 194, 200, 233, 242,
Boiotos: 40, 41, 56, 61 , 62, 68, 88, 89, 246, 290.
90, 9 1 , 92, 98, 101 , 220. Cauloniati: 1 29, 1 36.
Boulagora: 199, 265 . Centauri: 76.
Boura: 16, 17, 18, 19, 22, 25, 28. Chersicrate: 22.
Bradano: 1 00, 192. Chio: 81 .
Brauron: 1 1 . Chirone: 44.
Brettii: 106, 136, 154-156, 1 58, 1 59, 162, Choireatai: 38.
163, 164, 165, 166, 178, 179, 180, 181, Chone: 43, 109.
182, 183, 226, 276, 294, 296. Choni: 27, 65, 1 1 1 , 1 28, 191 , 1 94, 195,
Brettia: 1 58. 205, 207.
Bruttii: 170, 183, 276, 279, 280, 281 , Chonia: 70, 193.
283, 293, 295 , 298. Ciclopi: 206.
Bruttio: 1 37, 15 5 , 1 58, 1 60, 1 66, 170, Cilone: 1 24, 20 1 , 244.
173, 174, 175, 178, 183. Cipselo, Cipselidi: 2 1 , 22, 28, 32, 33,
Caere: 289. 50.
Calcide: 1 1 , 1 2 , 22, 35, 63. Circe: 218, 223.
320 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Circeo: 190, 2 1 5 . 182, 183, 189, 200, 201 , 233, 234, 236,
Cirenaici: 274, 275, 300, 301 . 237, 242, 244, 245, 260, 263, 294.
Cirene: 28, 29, 5 1 , 187. Cuma: 188, 189, 220, 222, 224.
Cleandrida: 1 3 1 , 199, 267. (M.) Curio Dentato: 172, 276, 303, 304,
Cleonai: 19. 305 , 308.
Cleonimo: 1 60, 161 , 302 . Damasias: 1 5 , 23, 34, 64, 96.
Clinia : 1 24, 197, 20 1 , 244, 245. Danao: 36.
Clistene: 12, 63 (di Atene); 20, 22, 23, Danaoi: 10, 19, 186.
26, 3 1 , 32, 33, 38 (di Sicione). Dario: 188.
Coccei: 226. Daulii: 104.
Canone: 138. Daulios: 79, 103, 104.
Corcira: 21, 48, 161 , 162, 164. Daulis: 104.
Corinto: 13, 19, 2 1 , 22, 24, 3 1 , 32, 33, Dauni: 163, 261 , 262 .
36, 37, 38, 39, 40, 4 1 , 43, 57, 60, 66, Daunia: 190, 191 , 218, 222, 256.
67, 75, 1 1 2, 1 26, 1 27, 207, 242, 243, Deion: 10.
300, 307. Delfi: 17, 22, 24, 26, 31, 5 1 , 52, 66, 103,
Corinzi: 67, 1 57. 104, 105, 106, 1 1 2, 1 18, 122, 183, 188,
Cornelii: 172. 208, 237, 253.
(P.) Cornelio Dolabella: 172. Delo: 23 1 .
(L.) Cornelio Lentulo: 177. Demetra: 197; 22 1 ; D i Antela: 24; Pana
(P.) Cornelio Rufina: 167, 168, 1 70-1 74, chaiia: 1 34.
176, 177. Demetrio Poliorcete: 165.
(P.) Cornelio Scipione Africano: 176. Democede: 24, 1 29, 1 88, 200, 234, 235,
(L.) Cornelio Scipione Barbato: 172. 242, 246.
Cosentia/Cosenza: 1 23, 1 56, 1 58, 178, Deucalione: 35, 72.
181 , 194. Dexamenos: 1 1 , 18.
Craniti (Monti): 172. Diakrioi: 1 1 .
Crati: 18, 23, 28, 70, 1 23, 1 30, 1 37, 1 54, Dinomenidi: 188, 208, 209.
155, 1 56, 181 , 183, 194. Diodoro d'Aspendo: 249, 265, 267-268,
Creta: 186, 23 1 , 232, 243 . 277, 295.
Cretesi: 17. Diomeda: 10.
Crimisa: 43, 51, 69, 70, 109, 1 10, 1 1 1 , Diomede: 20, 39.
1 1 2, 242. Diane: 1 52, 154, 280, 288.
Crisa: 79, 103, 104, 1 06. Dionisio I: 1 36, 1 37, 1 38, 1 39, 140, 141 ,
Crotone: 18, 22, 24, 26, 27, 29, 30, 33, 142, 143, 144, 145, 145-150, 151-152,
39, 43, 44, 46, 47, 49, 5 1 , 55, 56, 68, 69, 1 54, 1 55, 190, 194, 247, 250, 253, 254,
70, 7 1 , 73, 75, 76, 77 , 87, 97, 98, 109- 256, 275, 276, 278, 279, 288, 290, 291 ,
18� 188, 192, 193, 194, 195, 196, 197, 300.
198, 199, 200, 201 , 202, 2 1 1 , 212, 213, Dionisio II: 1 50, 1 5 1 , 152, 1 53, 1 54, 1 57,
214, 220, 221 , 224, 225, 231 , 232, 234, 253, 256, 269, 274, 275, 276, 278, 279,
235, 236, 237, 238, 240, 241 , 242, 243, 280, 296, 300, 30 1 , 302, 307, 308.
244, 245, 246, 248, 250, 256, 259, 260, Dioniso: 24.
261 , 264, 265, 267, 284, 285, 290, 294. Dioscuri: 29, 1 18.
Crotoniati, Crotoniatide: 27, 43, 44, 46, Dodona: 72.
5 1 , 65, 66, 68, 69, 98, 1 1 0, 1 1 1, 1 12, Dolopi: 97.
1 15, 1 1 6, 1 1 7, 1 18, 120, 121, 122, Dori: 10, 14, 15, 34, 41, 60, 62, 63, 64,
124, 125, 126, 128, 136, 143, 144, 74, 75, 77, 92, 96, 186, 219.
14 7, 1 64, 167, 1 68, 1 71, 180, 181, Doride: 250.
Indice dei nomi 321
Dorieo: 1 1 2, 1 22, 1 23, 234. Esaro: 43, 5 1 , 1 10, 1 1 2, 1 5 5 .
Doros: 10, 35, 62, 63, 74, 96, 186. Eta : 44, 7 1 , 7 2 , 7 3 , 98.
Dossennos: 225. Ethai : 162.
Drakon: 192. Etoli: 22, 31, 52.
Dyme: 1 2 , 15, 16, 17, 18, 19, 20, 25. Ettore: 64, 80.
Helios: 32, 4 1 . Eubea: 1 1 , 35, 50 (città), 63, 74, 77.
Eboli (Montedoro d i E.): 2 17, 218. Eurito: 292 .
Egisto: 14. Eurysakes: 14.
Egitto: 85, 1 19, 1 63, 23 1 . Fabii: 172, 226.
EleaNelia: 1 23, 1 38, 139, 177, 190, 192, (Q.) Fabio Gurgite: 174.
194, 198, 2 1 5 , 216, 220, 222, 223, 224, (Q.) Fabio Massimo: 226, 269, 270, 271 ,
225. 277.
Elei: 95. Fabio Pittore: 172.
Elena : 44, 85, 1 18. Fabrizio Luscino: 172, 173.
Eleusi: 13, 31, 36. Faleco: 104.
Eleuthere: 37. Fenice : 72.
Elicaone: 210. Fenici: 84, 87, 1 88.
Elide: 1 1 , 1 2 , 16, 17, 18, 20, 23, 39, 58, Fenicia : 23 1 .
59, 60, 65, 67, 68, 93, 94, 122. Filisto: 146.
Elle (Helle): 43, 57, 95. Filolao: 199, 234, 262, 265, 272, 292 .
Elleporo: 141 , 144, 145, 148, 149. Filamelo: 105, 106.
Eloride: 144. Filottete: 43, 44, 55 , 68, 69, 70, 71, 72, 73,
Empedocle: 1 20, 198, 209, 214, 2 1 5 , 76, 96, 97, 98, 99, 1 10, 1 1 1 , 1 55, 220.
232, 233. Fliunte: 19, 2 1 , 292.
Endymione: 40, 58, 67, 68, 93, 94. Flegii: 104, 1 06.
Enipeus/Enipeo (Fiume): 56, 58, 9 1 , 92, Focei: 222, 223.
93, 97 . Facesi: 100, 104, 105, 106, 192.
Entella: 176. Focide: 93, 103.
Eolie: 101 , 102. Formione: 29, 1 17.
Epakria: 1 1 . Francavilla Marittima (santuario della
Epei: 1 1 , 1 2 , 17, 18, 67, 93, 94. Motta): 44.
Epeios: 16, 40, 55, 58, 65, 66, 67, 68, Fratte: 224.
79, 92, 93, 94, 98, 109. Fulvio Fiacco: 175, 176 (tribuna), 184
Ephyra: 41 (Corinto), 72 (di Tesprozia). (pretore).
Epicarmo: 198, 209, 214, 2 1 5 , 216, 287. Galli: 141 , 143, 146, 165, 289.
Epiro: 1 57, 161 , 163, 280. Gargettos: 1 1 , 63.
Epiroti: 168, 169, 171 , 174, 177. Gartydas: 199, 265 .
Epopea: 36, 37. Gela: 50, 83 .
Erechtheus: 10, 13, 32, 36, 62, 74, 75, Gelone: 1 25, 1 26, 188, 207, 208, 209,
187. 224, 245 .
Eraclea: 67, 85 , 86, 87, 102, 1 03, 1 37, Gerione: 8 1 , 2 1 8 .
1 53, 1 57, 167, 168, 190, 200, 201 , 2 1 1 , Giasone: 4 1 , 4 2 , 4 3 , 5 7 , 59, 60, 66, 94,
2 1 5 , 256, 268, 272 . 95, 1 00, 220, 222.
Eraclide: 1 59. Giganti: 76, 77.
Ereso: 24. Giove: 225, 226; Versare: 163.
Eretria: 1 1 , 12, 35, 49, 63. Giunio Bubulco Bruto: 170, 172, 174.
Erice: 50. Gonoessa: 19.
Ermocrate: 83. Gorgia: 199, 209, 214, 265, 267, 275, 276.
322 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Hades: 59. 148, 149, 1 50, 1 5 1 , 152, 155, 160, 162,
Halos: 57. 1 63, 164, 181 , 1 90, 194.
Helike (eroina): 10, 13, 14, 20, 24, 36. Hippotes: 102.
Helike (toponimo): 14, 1 5 , 16, 17, 18, Hyatai : 38.
19, 2 1 , 22, 23, 24, 25, 26, 28, 33, 50, Hylias (fiume): 1 30.
52, 64, 97, 1 14, 1 1 5 , 1 34. Hyllos: 1 5 .
Hellas: 72, 74, 75, 97, 1 57, 1 58, 1 86, Hyperakria, Hyperakrioi: 1 1 .
187, 188, 189, 190, 191, 199, 204, 207, Hyperesie: 19, 22, 3 1 , 4 1 , 97.
208, 209, 2 1 3 , 243, 265 , 267; Megale Hyperasio: 41 .
Hellas. 53, 76, 109, 1 24, 125, 12 7, Hyria: 225.
1 29, 1 85-191, 195-198, 201 -214, Hysiae: 2 1 .
216, 239, 260, 289, 294, 295 . Iapigia: 87, 103, 190, 193 .
Hellen: 10, 35, 62, 63, 74, 96, 97, 102, Iberi: 205, 206.
186. Ikkos: 272.
Hellenes: 10, 46, 72, 96, 1 36, 1 39, 143, Imera, Imeresi: 28, 50, 1 17, 1 26, 1 27,
144, 147, 1 53, 186, 187, 188, 1 9 1 , 205, 1 88, 198, 2 1 5 , 224, 245.
207, 243, 259. Inaco: 20.
Hellopia/Hellops: 1 1 , 35. Incoronata: 27.
Hera: 19, 24, 29, 33, 39, 4 1 , 43, 44, 52, Ino: 66, 95 .
55, 59, 66, 76, 77, 1 14, 1 20, 1 34, 220, Ippolito: 37.
22 1 , 227; Argonia/Argiva: 95, 2 18, Irpini: 194, 306.
220; Lacinia: 68, 69, 76, 109, 1 1 2, 1 1 5, Is/FIII:: 26, 28, 29, 42, 50, 76, 22 1 , 222,
125, 1 34, 1 37, 144, 146, 149, 1 50, 1 55, 224, 225.
184, 220, 234, 237, 242; Pelasghis: 95. Ischia l Pitecussa : 219.
Heraion: 26, 39, 43, 44, 68, 69, 98, 1 18 Isocrate: 102.
(di Crotone); 29, 39, 40, 4 1 , 43, 44, Isola Bianca/Isola dei Beati: 10, 30, 44,
57, 76, 1 00, 218, 221 , 222 (di Posei 68, 73, 99, 1 1 2.
donia): 39 (di Sibari); 39, 43 (di Meta Istiaiotide: 35 .
ponto). Jamidai: 69, 122.
Heraclea Minoa : 50. Janiscos: 33.
Heraclidi: 15, 2 1 , 32, 33, 34, 36, 37, 38, Japigi: 85, 1 26, 1 28, 161 , 162, 254.
47, 96. Jolkos: 57.
Herakles: 28, 30, 40, 44, 5 1 , 55, 56, 59, Jone: 10, 1 1 , 12, 13, 16, 20, 24, 35, 36,
7 1 , 72, 73, 75, 76, 77, 8 1 , 98, 1 09, 38, 62, 63, 74, 96, 186, 187.
1 1 1 , 1 20, 1 2 1 , 1 22, 132, 135, 144, 1 56, Joni, Jonia : 1 1 , 1 2 , 13, 14, 1 5 , 24, 25,
2 18, 222, 225, 234, 236, 238, 282 . 35, 41, 45, 63, 65, 66, 73, 75, 77, 9 1 ,
Herennius: 299. 92, 96, 1 14, 1 1 9, 187, 224, 23 1 , 240.
Herigone: 14. Jonidai: 1 1 , 63, 65.
Hermes: 24. Jonio: 31, 162, 190, 192, 193.
Hermione: 14, 75. Kabala: 149.
Hierone: 1 25 , 1 26, 188, 208, 209, 216, Kalyke: 40, 58, 67, 93, 94.
245. Kallipolis: 84, 85.
Hippaso: 1 18, 1 29, 2 1 5 , 248, 249, 250, Karneatai: 38.
25 1 , 253, 292 . Karnos: 38.
Hippoclide : 38. Kephalos: 10, 1 1 , 63.
Hippon: 234. Kerambos: 263, 264.
Hipponiati: 1 36. Kerauneia: 16.
Hipponio: 1 25, 1 38, 141, 144, 145, 147, Keryneia: 19.
Indice dei nomi 323
Kleombrotos: 30. 164, 165, 1 66, 1 68, 1 7 1 , 174, 177, 183,
Klete: 1 18. 191 , 1 94, 199 , 204, 205, 225, 226, 254,
Klytios: 32, 33, 36, . 257, 261 , 262, 263, 264, 266, 267, 268,
Kometes: 1 5 , 34, 64, 96. 276, 277, 279, 280, 283, 293, 294, 295,
Kossa/Cosa/Compsa: 193, 194. 296, 302, 303, 307, 308.
Kothos: 1 1 , 35. Leukippos: 26, 27, 28, 2 9 , 50, 52, 79,
Kreion/Kreonte: 13 , 36, 75. 84, 85, 86, 87, 88, 103, 1 06.
Kreousa: 10, 1 1 , 13, 35, 62, 63, 74, 187. Leukosìa/Leukothea: 42, 43, 57, 58, 65,
Kretheus: 39, 41, 42, 57, 59, 95. 66, 94, 95, 2 17, 222, 225.
Kreonte: 13, 36. Licurgo: 268, 281 , 283, 284.
Krfsos: 103, 1 04. Licymnios: 98.
Kronion: 149. Ligeia: 42, 222, 223.
Kroton (eponimo): 27, 76, 1 20, 1 56. Liside: 199, 265 , 268.
Labda: 28, 50. Locresi: 88, 1 12, 1 14, 1 16, 1 17, 141, 168,
Lacestades: 32, 37 . 1 69, 1 70, 179, 180, 181 , 182.
Laconia: 14, 2 1 , 34, 39, 41 , 64, 75, 92, 96. Locri: 30, 48, 75, 109, 1 1 6, 1 17, 1 18,
Laerte: 60, 80. 125, 1 27, 1 30, 1 36, 144, 145, 1 52, 1 54,
Lagaria: 58, 67, 68, 92, 93. 155, 1 57, 1 58, 160, 165, 167, 168-169,
Lakinios: 39, 44, 5 1 , 69, 1 1 1 , 1 1 2, 1 18, 171 , 173, 177, 179, 180, 183, 190, 196,
132, 155, 1 56, 165, 166, 201 , 256 (pro 200, 201 , 210, 2 1 1 , 236, 244, 245, 250,
montorio); 27, 1 1 1 , 1 56 (eroe). 253, 290, 200.
Lamato (fiume): 1 23 . Locride : 147, 1 55, 178, 20 1 .
Lamedonte: 32, 3 3 , 36, 37 , 38. Lousoi: 18, 89.
Lametinoi: 1 23, 1 27, 192, 193, 242 . Luceria: 306.
Lametos (fiume): 1 9 2 , 193. Lyco: 37.
Lamezia: 1 23, 1 36, 1 55, 193, 223. Lyko di Reggio: 1 58.
Lamis: 28, 5 1 . Lykon Pitagorico: 272 .
Lanassa: 161 , 1 62, 168. Macedoni: 1 64.
Laomedonte: 263 . Macedonia: 164.
Laos: 1 23, 1 26, 1 30, 136, 140, 141 , 143, Magna Grecia : 28, 39, 47, 54, 55, 65,
146, 1 56, 190, 192, 193, 197, 200, 223, 70, 80, 82, 90, 106, 109, 1 25, 1 27, 1 34,
225, 242, 1 54, 268, 294, 296 . 148, 1 57, 1 59, 160, 163, 164, 165, 166,
Laris: 42. 167, 178, 185, 189, 190-191, 196-
Latini: 190, 289, 293. 199, 201 -204, 209-21 1, 213-214,
Lazio: 2 1 5 , 218, 223. 239, 243, 254, 257, 285, 289, 294; vd.
Lelio: 191 , 308. anche Hellas.
Leonimo: 29, 30, 44, 68, 69, 73, 99, 1 1 2, Ma.'tnesia (tessalica): 71 , 97, 219.
1 17. Magnesii: 96.
Leontini: 35, 50, 63, 265 , 267. Magnesia sul Meandro: 87.
Leptine: 146. Magneti: 72.
Lesbo: 14, 24, 34, 87, 96. Makalla: 44.
Lestrigoni: 206. Makareus: 87, 96.
Leucippidi: 29, 87. Maliaco (golfo): 56.
Lucania: 1 36, 1 5 1 , 1 54, 164, 1 77, 195, (M.) Curio Dentato: 172, 303, 304, 305 ,
204, 219, 264, 265, 294. 308.
Lucani: 87, 106, 1 28, 1 3 1 , 136, 1 38, 140, Mamarkina: 292.
143, 144, 148. 149, 1 50, 1 5 1 , 1 53, 154, Mamerco/Mamerkos : 1 57 (tiranno) ,
1 55, 1 56, 1 57, 1 58, 160, 1 6 1 , 162, 163, 286, 287, 291 , 292 , 307.
324 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Mamers/Mamerte: 286, 287. Methymna: 24.
Mamertini: 174. Metion: 32, 36.
Marathon/Maratone: 36, 37. Micene: 19, 2 1 , 39.
Marathonio: 37. Micenei: 54.
Maratona: 1 1 , 62, 63, 187. Mileto: 75, 82, 192, 1 93, 241 .
Marcina : 221 . Mille (consiglio dei): 1 13, 1 28, 1 29, 234,
Marmakos: 292 . 237, 243, 245 , 246, 248.
Marone: 80. Milone: 29, 30, 73, 1 1 2, 1 2 1 , 1 22, 167,
Marsia: 226-227. 234, 235, 236, 238, 284.
Massalia: 100, 223. Milziade: 22, 50.
Medma: 1 25, 1 36, 1 60. Minerva : 226.
Medonte: 96. Minos/Minosse: 268, 284.
Megacle: 33, 38. Mirmidoni : 96.
Megara: 50, 5 1 . Miscello: 18, 26, 27, 28, 50, 5 1 , 1 1 0,
Megaresi: 28. 1 1 1 , 22 1 .
Melampo: 95. Mitilene: 24, 64.
Melanippe: 40, 56, 59, 6 1 , 62, 65, 79, Mnemarchos, Mnamarkos (padre e fi-
82, 83, 88, 89, 90, 9 1 , 92, 97, 98, 99, glio di Pitagora): 265 , 291-292 .
1 0 1 , 102, 106, 1 1 4. Mnesarkos: 291 .
Melanippo: 32, 38. Molpa: 192, 223.
Melikertes: 57, 66. Morgete: 27 .
Menedemo: 1 59, 162. Morgetes: 193, 195, 205 .
Menelao: 14, 281 , 283 . Mystia: 1 5 5 , 181 .
Mens Bona: 226, 227. Nasso: 50, 198, 2 1 2 , 2 1 5 .
Mesatis: 16, 25. Naukratis: 186.
Messana: 1 26, 1 74, 176, 220. Naupretidi: 70.
Messapi, Messapia : 85, 1 56, 1 57, 1 60, Nausitoo: 47, 50.
1 6 1 , 166, 190, 253, 261 , 262, 307, 308. Nausithoo (etrusco): 262 .
Messeni, Messenia: 17, 2 1 , 39, 58. Neapolis: 42, 223, 254, 279, 282, 289,
Metabos: 40, 76, 79, 80, 81 , 82, 83, 84, 292, 302, 304, 306.
86, 88, 89, 92. Neapolitani: 279, 302, 308.
Metabus: 83. Nearchos: 258, 269, 270, 27 1 , 272, 273,
Metapa: 67. 274, 275, 277, 296, 299-306, 308.
Metapioi: 67, 93 . Neleo: 24, 39, 40, 42, 58, 59, 67, 68, 79,
Metapontini: 40, 66, 67, 93, 1 06, 1 29, 90, 92, 93, 94, 220.
197, 199, 248. Neleidi: 24, 40, 59, 63, 65, 66, 67, 79,
Metapontino (territorio): 27, 44, 47, 79, 90, 92, 1 1 4.
83, 86, 98, 1 01. Nemea: 1 1 2 .
Metaponto: 18, 23, 26, 27, 29, 30, 39, Nephele : 5 7 , 95.
40, 41, 43, 47, 49, 50, 51, 52, 56, 57, Nestore : 58, 59, 65, 66, 67, 68, 90, 93, 94.
58, 59, 60, 6 1 , 64, 65, 66, 67, 68, 7 1 , Neto/Nauaithos/Neaithos: 43, 70, 7 1 ,
75, 76, 77, 79-1 06, 1 1 1 , 1 14, 1 16, 124, 109, 1 10, 123, 1 54, 1 55, 1 56, 181 , 183.
135, 1 37, 1 53, 1 56, 190, 192, 193, 194, Nicomacho: 167, 168, 1 7 1 , 173.
195, 196, 197, 199, 200, 2 15, 220, 244, Ninone: 1 29, 135, 210, 245, 248.
246, 248, 253, 256, 268, 27 1 , 278, 290, Nipsio: 308.
294. Noce: 192.
Metapontos (eponimo): 27, 4 1 , 6 1 , 62, Nocera/Nuceria: 181, 22 1 .
65, 82, 83, 88, 90, 91, 92, 1 01, 1 02. Nola: 193.
Indice dei nomi 325
Nolani: 279. Paride: 85, 187.
Numa Pompilio: 262, 281 , 283, 286, 287, Parii: 278.
288, 291 , 293, 307. Parmenide: 198, 214, 2 1 5 , 2 1 6, 225.
Nykteo: 37. Paro: 253.
Ocello: 256, 263, 264, 265 , 266, 294. Parone: 1 59.
Odisseo: 14, 30, 46, 49, 60, 65, 80, 99, Parthenii: 48.
100, 102, 192, 217, 218. Parthenopaios: 42.
Ofanto: 100, 194, 219, 222. Parthenope: 42, 222.
Ogygo: 14, 23. Pataikos: 1 2 .
Oibotas: 1 2 , 25. Patrai: 1 5 , 1 6 , 1 7 , 2 5 , 89.
Oineo: 1 1 , 39. Patreus: 1 5 .
Oinotria/Enotria: 82, 190, 191 , 194, 219. Patroclo: 94.
Oinotroi/Enotri: 106, 128, 191, 192, 193, Peiros: 1 1 , 17.
194, 195, 205, 107, 222, 294. Pelasgi : A igialeis. 10, 14, 21; A m inei:
Enotro: 191 . 2 1 9, 224.
Okkelos/Okkilos, Ekkelos/Ekellos, Peleo: 60, 96, 97.
Okkelo/Ekkelo: 262-263 . Pelias: 42, 57, 58, 59, 66, 94, 220.
Olenios: 18. Pellene: 17, 19, 22, 23, 25, 3 1 , 38, 4 1 ,
Olenos, Olenia: 1 1 , 12, 15, 16, 17, 18, 5 1 , 57, 89, 97.
19, 20, 25, 96. Pelope: 18, 24, 33, 34, 36, 64.
Olimpia: 30, 40, 58, 67, 69, 93, 94, 1 1 2, Peloponneso: 10, 12, 13, 14, 1 5 , 17, 2 1 ,
1 1 3, 1 22, 1 24, 1 25 , 223, 239, 278. 2 2 , 2 5 , 26, 3 1 , 33, 34, 3 5 , 36, 39, 4 1 ,
Onatas: 12, 64. 45, 60, 62, 64, 7 5 , 76, 95, 96, 97, 105,
Oneatai: 38. 1 14, 130, 1 38, 142, 144, 220, 248, 289.
Onomarco: 1 04, 105. Peneios: 35, 56, 9 1 , 97.d.
Orcomeno: 80. Penthilidai: 14, 15, 23, 24, 34, 64.
Oresandros: 263, 264. Penthilos: 14, 15, 34, 64, 96.
Oreste: 14, 1 5 , 16, 23, 24, 34, 64, 75, Pentri: 281 , 306.
96. Perachora: 55.
Ormenion: 44, 72, 98. Pericle: 83, 1 30, 2 1 6, 246.
Ormenos: 72, 98. Perieres: 29, 39, 87.
Orneai: 19. Perillo di Turi: 247-248.
Ortagora, Ortagoridi: 22, 23, 31, 33, 38. Persefone: 42, 169.
(T.) Otacilio Crasso, Otacilii: 226. Persia, Persiani: 1 58, 187, 188, 207, 224,
Oxylos: 15, 23. 240.
Paestum, Paestani : 28, 6 1 , 1 36, 1 58, Pertosa: 217.
21 7, 218, 226-22 7, 240. Peryklimenos: 59.
Pagase: 44, 56, 57, 72, 98. Petelia : 43, 1 55 , 1 78, 1 8 1 , 183; vd.
Pagaseo (golfo): 56, 72 . Strongoli.
Paleia: 12 , 16, 25. Peuceti: 161 , 162, 163, 194, 261 , 262,
Palaimon: 57. 307, 308.
Palinuro: 192, 223. Phaillos/Phayllos: 105, 1 1 2, 234.
Pallene: 12. Phaistos: 32, 33, 37.
Pan: 137. Phalantos: 28, 50.
Pandosia: 1 23, 1 30, 1 37, 1 54, 1 58, 194, Phalces: 2 1 , 32, 37.
197, 200, 242. Phareis: 17.
Panopeus: 67, 93, 103. Pharos: 278.
(L.) Papirio Cursore: 306. Pharsalia (danzatrice): 105.
326 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Phàrsalos: 98. Podarkes: 44, 96, 98.
Phélloe: 89. Poiante: 71 .
Phenò: 32, 36, 38. Policastro (golfo): 192, 223.
Pherài: 17, 18. Policrate: 23 1 , 232 .
Philaidai/Filaidi: 1 1 , 22. Policoro: 27, 79.
Philippos: 1 1 2, 1 1 5, 234, 242 . Polidoro: 48.
Philopemene: 29. Polieion/Polis: 101 .
Philytas: 30. Polifemo: 47.
Phytios. 210. Polites: 192.
Ph6kos: 103. Polizelo: 188.
Phoroneo: 13, 20, 33, 36. Polla: 2 17 .
Phrixos: 43, 57, 95. Polyarchos: 257, 274, 275, 276, 277, 296,
Phthia/Phthie/Ftia: 35, 72, 77, %, 97, 98. 297, 298, 30 1 , 302 .
Phthii/Ftioti: 4 1 , 44, 96, 97, 98. Polypémon: 80.
Phthlos: 97. Pompei: 222.
Phthiòtis/Ftiotide: 35, 39, 44, 57, 60, 64, Pontecagnano: 218, 219, 224.
73, 75, 96, 97, 98. Ponto: 68, 73, 188, 2 18.
Pilii: 59, 66, 93, 94. (G.) Ponzio Sannita (padre e figlio):
Pilo: 39, 93 (di Messenia); 59 , 93 (di 262, 275, 276, 277, 278, 283, 288, 291 ,
Trifilia); 59 (di Elide). 293, 295, 296, 299, 303-306.
Pirro: 1 6 1 , 162, 164-1 66, 167- 170, 173, Poseideion/Poseidion: 24, 40, 43, 1 34.
174, 175, 177, 183, 1 9 1 , 204, 226, 257, Poseidon: 19, 24, 25, 28, 33, 39, 40, 4 1 ,
305, 306, 307. 4 2 , 43, 47, 50, 5 2 , 58, 59, 6 1 , 90, 94,
Pisa : 58, 65, 66, 67, 93 . 102, 1 14, 125, 134, 217, 220, 22 1 , 222,
Pisatide: 93. 224; Enipeus: 39, 40, 58, 67, 92, 94,
Pisistrato, Pisistratidi: 1 1 , 12, 62, 63, 186. 95, 1 14, 220; Isthmios: 58, 67.
(L.) Pisone: 303. Poseidonia, Poseidoniati: 18, 29, 39, 40,
Pitagora: 5 1 , 70, 75, 1 1 4, 1 1 5, 1 1 6, 1 17, 4 1 , 43, 44, 50, 55, 56, 57, 58, 59, 60,
1 18, 1 19-121, 121, 124, 125-130, 185, 6 1 , 64, 65, 7 1 , 75, 77, 89, 9 1 , 94, 95,
186, 189, 196-201, 204, 209, 209-216, 98, 99, 100, 1 1 4, 1 25, 1 30, 1 36, 1 56,
23 1 -258, 259-268, 2 76, 2 77, 284, 191 , 192, 193, 194, 21 7, 220, 222-
285, 286, 28 7, 288, 289, 290, 291 - 226, 240, 268, 294, 296, 307. Vd. an
292, 299, 307, 308. che Paestum.
Pitagorici: 30, 57, 95, 1 18, 123, 124, 125- Potamoi: 1 1 .
132, 135, 1 37, 1 86, 190, 196-199, Prassitele di Mantinea: 1 2 .
201, 204, 209, 210-21 6, 225, 226, Pretidi: 187.
23 1 -232, 242, 244-249, 253, 255, Preugenes: 15, 23.
262-267, 2 71 - 2 73, 2 78, 286, 289, Priamo: 80, 109.
292, 304. Proci: 46.
Pitanati: 281-283, 298, 307. Proteo: 85.
Pitane: 283, 284. Propontide: 65.
Pittaco: 24. Prosseno: 170.
Pixunte/Bussento: 223. Protesilao: 96.
Pizia: 68. (Q .) Publilio Filone: 287, 293 .
Platea: 1 88, 208, 224, 283. Punta della Campanella: 217.
Platone: 152, 190, 199, 2 1 1 , 250, 253, 255, Reggio: 1 1 7, 1 26, 135, 1 37, 1 38, 1 39,
256, 263, 264, 265, 269, 270, 275, 276, 140, 1 4 1 , 142, 143, 144, 145, 149, 1 50,
278, 288, 290, 299, 300, 301 , 302, 306. 1 5 1 , 1 52, 1 57, 1 58, 160, 165, 169, 173,
Indice dei nomi 327
174, 176, 177, 178, 179, 183, 190, 198, Serdaioi: 30, 88, 1 22, 1 23, 192, 223, 240.
210, 215, 223, 242, 245, 246, 256, 266, Serse: 1 58.
278, 289, 290. Sibari: 18, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 29, 30,
Reggini: 1 26, 1 36, 142, 143, 176, 266. 33, 39, 40, 43, 44 ('dama di Sibari'),
Rhegnidas: 2 1 . 49, 50, 5 1 , 52, 55, 56, 60, 68, 69, 70,
Rhion: 1 5 , 35. 73, 75, 77, 82, 83, 87, 88, 97, 98, 99,
Rhypes: 16, 17, 18, 19, 22, 26, 27, 5 1 , 109, 1 10, 1 1 1 , 1 1 3, 1 14, 1 1 5, 1 16, 1 18,
52, 1 1 1 . 1 19, 1 2 1 , 1 22, 1 23, 1 24, 1 25, 1 26, 1 28,
Rodano: 100, 223. 1 29, 130, 1 37, 186, 191 , 192, 194, 195,
Rodi, Rodii: 43, 44, 70, 72, 73, 75, 77, 196, 197, 198, 201 , 202, 204, 209, 220,
98, 165, 186, 187. 223, 224, 225, 231 , 233, 234, 236, 237,
Roma: 54, 84, 141 , 1 54, 161 , 163, 164, 238, 239, 240, 241 , 242, 243, 244, 245,
165, 166, 167, 169, 171, 175, 176, 177, 246, 248, 284.
179, 204, 2 1 5 , 226, 227, 252, 257, 258, Sibariti, Sibaritide: 27, 43, 44, 46, 47,
269, 286, 287, 289, 291 , 293, 303, 304, 5 1 , 60, 70, 7 1 , 83, 86, 98, 1 1 0, 1 1 1 ,
305, 308. 1 1 2, 1 16, 1 22, 1 24, 125, 1 26, 1 27, 130,
Romani: 1 6 1 , 165, 1 66, 1 67, 1 7 1 , 173, 1 3 1 , 132, 194, 198-199, 200, 201 , 216,
174, 175, 176, 177, 179, 180, 226, 256, 220, 223, 225, 237, 238, 240, 241 , 242,
257, 262, 286, 287, 288, 291 , 302, 303, 243, 244, 245, 284.
304, 305, 306, 307, 308. Sibari sul Traente: 43, 44, 70, 73, 1 30,
Sabini: 257, 268, 276, 277, 279, 280, 281 , 1 3 1 , 132, 1 54, 1 55, 196, 200, 246.
283, 286, 293 , 295, 303, 305 . Sicilia : 28, 35, 54, 63, 81 , 96, 105, 1 26,
Sabo: 281 . 149, 152, 1 54, 1 57, 1 58, 160, 163, 164,
Sagra: 29, 30, 44, 68, 69, 7 1 , 73, 99, 168, 169, 173, 174, 175, 181 , 185, 188,
1 1 2, 1 14, 1 16, 1 17, 1 2 1 , 236, 250. 189, 191 , 195, 198, 202-209, 2 1 1 , 212,
Salamina: 1 1 2, 188, 208, 224, 234. 214, 2 1 5 , 224, 243, 245, 254, 256, 257,
Salmoneus: 39, 4 1 , 58, 59, 90, 92, 94, 280, 288, 289, 290.
95. Sicione, Sicionia, Sicionii: 19, 20, 2 1 ,
Samo: 2 1 , 33, 36, 55, 1 19, 187, 23 1 , 232, 2 2 , 26, 3 1 , 32, 33, 36, 37, 38.
286. Siculi/Sikeloi: 88, 193, 195, 205 .
Samotracia: 42 . SikanoVSicani: 8 1 , 1 9 5 , 205, 206, 207.
Sannio: 174, 194, 281 . Sikania/Sikanie: 81 , 206.
Sanniti: 1 28, 1 38, 1 5 5 , 1 58, 160, 1 6 1 , Sikyon (eroe): 37.
164, 165, 166, 170, 172, 174, 177, 205 , Sila: 1 54, 233.
225, 226, 256, 257, 261 , 262, 263, 264, Sileni: 76.
268, 275, 276, 277, 279, 280, 281 , 282, Simo (pitagorico): 226.
283, 284, 288, 289, 291 , 293, 294, 295, Simos (ecista) : 28, 50.
296, 297, 298, 299, 301 , 302, 303, 304, Sinni: 192.
305, 306, 307, 308. Siponto: 87.
Sarno: 193, 222, 224. Siracusa: 2 1 , 22, 48, 5 1 , 83, 109, 1 17,
Savuto: 1 23, 194. 1 25, 126, 135, 136, 138, 143, 149, 150-
Scillezio: 144, 147, 148, 149, 1 5 5 , 193. 154, 157-163, 173, 178, 195, 205, 2o6,
Segestani: 1 1 2. 207, 208, 209, 2 1 5 , 216, 224, 233, 242,
Seirenoussai: 42, 94, 217. 244, 245, 246, 250, 253, 254, 268, 277,
Sele: 39, 40, 41 , 57, 76, 1 00, 1 9 1 , 192, 278, 279, 288, 289, 290, 296, 300, 302,
194, 218, 2 19, 220, 221, 222, 223. 306.
Selinounte: 10, 13, 20, 24, 36. Siracusani: 143, 144, 146, 148, 151, 207,
Senofilo: 292 . 208, 245 , 256, 300.
328 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Sirene (vd. anche Leukosia, Ligea, Par Tarquinia : 289.
tenope): 42, 65, 66, 94, 217, 218, 222, Taso: 187.
223. Tauromenio: 198, 2 1 1 , 2 1 2 , 2 1 5 , 245 .
Siria: 23 1 . Tebani: 37.
Siris, Siriti: 41 , 43, 60, 6 1 , 62, 64, 65, Tebe: 37, 38, 42, 265.
66, 67, 68, 69, 70, 71, 73, 75, 90, 9 1 , Tegea: 1 3 1 .
92, 93, 98, 99, 1 0 1 , 102, 1 14, 1 16, 190, Telamone: 60 (eroe), 100 (località).
192, 195, 196, 204, 223, 294. Telemaco: 14, 17, 28, 46.
Siris (eponima): 27, 41 , 6 1 , 62, 66, 68, Telephos: 69.
79, 90, 9 1 , 101 . Telodike: 1 3 , 36.
Siritide: 27, 61 , 79, 83, 86, 93, 1 0 1 , 102, Telys: 1 1 2, 1 1 5 , 1 2 1 , 237, 241 , 242, 243.
103, 1 25, 200, 247, 263, 294. Temeno: 1 5 , 2 1 , 32, 37.
Sisifo: 32, 39, 40, 43, 56, 58, 59, 67, 76, Temesa: 1 23, 1 24, 1 27, 1 30, 192, 197,
79, 87, 88, 92, 94. 199, 200, 242 .
Socrate: 216, 301 . Teodoro Cirenaica: 274, 300.
Salone: 33, 246, 267. Teopompo: 48.
Sosistrato: 1 59. Tera: 49, 5 1 .
Sparta/Lacedemone: 14, 15, 21, 22, 29, Terillo: 1 26, 245.
30, 3 1 , 34, 36, 39, 48, 1 18, 1 30, 135, Terina: 24, 42, 56, 1 27, 1 3 1 , 1 36, 1 5 5 ,
199, 23 1 , 232, 235, 243, 255, 277, 280, 1 58, 160, 162, 163, 181 , 190, 194, 199,
281 , 283, 284, 286, 287, 288, 295 . 2 10, 223, 242, 267.
Spartani/Lacedemoni/Laconi: 2 1 , 48, Terone: 1 26.
75, 105, 1 17, 1 3 1 , 142, 268, 276, 280, Teutrante: 73.
281 , 283, 284, 285, 298, 307. Tessaglia: 12, 34, 35, 37, 45, 56, 58, 60,
Spercheio: 97. 64, 65, 70, 76, 77, 91 , 93, 97, 102,
Spintaro: 255, 30 1 . 1 1 4, 224.
Statios: 225. Testare: 57, 95 (pitagorico-argonauta),
Strongoli: 1 55 , 183; vd. Petelia. 226 (pitagorico).
Sybaris/Sybari (fiume): 18, 22, 28, 1 5 5 . Teti: 44, 68, 77, 98, 220.
Taisia : 183. Theanò: 27, 4 1 , 61 , 66, 68, 90, 9 1 , 101 ,
Tantalo: 24. 248, 260.
Tapso: 50. Theaitetos: 210.
Taranto/Taras: 28, 41 , 48, 52, 80, 8 1 , Theokles: 210.
8 2 , 83 , 85 , 86, 87, 88, 9 2 , 102, 103, Thetideion: 98.
104, 105, 106, 109, 1 1 2, 125, 1 26, 137, Thorikos: 1 1 , 63.
1 52, 1 53, 1 54, 1 57, 1 59, 160, 1 6 1 , 162, Tideo: 39.
163, 164, 165, 166, 167, 1 68, 177, 178, Timares/Timaratos: 210, 250.
181, 182, 188, 190, 1 9 1 , 192, 199, 200, Timoleonte: 105, 156-158, 160, 300.
201 , 202, 2 1 1 , 2 1 5 , 246, 247, 25 1 , 252, Tirreni: 100, 188, 218, 219, 222, 223,
253, 254, 255, 256, 257, 258, 267, 268, 224, 226, 256, 257, 261 , 262, 288, 289,
269, 270, 271 , 272, 273, 274, 275, 276, 290, 292, 307.
277, 278, 279, 282, 283, 285, 286, 287, Tirrenia : 93, 100, 218, 223, 240, 262,
288, 290, 292, 293, 296, 298, 299, 300, 290, 291 .
30 1 , 302, 305 , 306, 307. Tisamenos: 1 1 , 1 3 , 14, 1 5 , 16, 2 1 , 24,
Tarantini: 83, 84, 85, 88, 105, 1 28, 1 53, 33, 34, 4 1 , 64, 75, 96.
1 56, 160, 166, 226, 253, 256, 176, 280, Tlepolemo: 44, 47, 50, 68, 70, 72, 73,
285, 288, 292, 294, 298, 301 , 302, 303, 77, 98, 99.
306, 308. Traente/Trionto: 29, 30, 43, 44, 70, 73,
Indice dei nomi 329
1 1 2, 130, 1 3 1 , 132, 1 54, 155, 196, 200, Tyreatide: 2 1 .
246. Tyr6: 39, 4 1 , 42, 58, 59, 67, 90, 92, 94,
Trasibulo: 188. 95.
Trezene: 33, 220, 224. Vallo di Diano: 222.
Trezeni: 219, 220, 241 . Velia: vd. Elea.
Trinakria: 206. Velini: 1 36.
Triphylia/Trifilia : 18, 59, 93. Volturno: 193.
Tritaia: 17. (L.) Volumnio: 302 .
Troia, Troade: 10, 40, 54, 56, 58, 59, 60, Xouthos: 10, 1 1 , 1 2 , 13, 16, 35, 36, 62,
6 1 , 65, 66, 68, 70, 72, 77, 85, 89, 90, 63, 74, 96, 187.
93, 94, 109, 1 10, 1 1 1 , 1 1 2, 205, 263. Zaleuco: 1 27, 197, 210, 2 1 2 , 214, 237,
Troiani, Troiane: 65, 66, 69, 85, 90, 109, 250, 25 1 , 266, 295.
263 . Zalmoxis: 232, 284.
Turi, Turini: 30, 43, 44, 67, 70, 83, 86, Zancle: 50, 220, 245.
93, 1 28, 1 30, 1 3 1 , 132, 135, 1 36, 1 37, Zenone : 225.
1 38, 1 39, 140, 142, 143, 144, 145, 146, Zeto: 37.
147, 149, 1 5 1 , 1 53, 1 54, 155, 1 56, 157, Zeus: 19, 24, 25, 35, 37, 63, 97; Dodo
164, 165, 166, 167, 173, 178, 190, 191 , neo: 72; Homagyrios: 1 34, 135; Ho
194, 199, 200, 202, 2 1 1 , 225, 246, 247, marios: 24, 25, 1 3 1 , 132, 133, 1 34;
248, 254, 256, 267, 268, 289, 290, 296. Olimpio: 64.
Typhon: 26, 28, 29, 50, 5 1 . Zeuxippe: 36, 37.
Tyrannos: 103, 104. Zeuxippo: 37.
Indice
Premessa 5
Parte I
Le tradizioni achee
Capitolo I
Gli Achei dall 'A igialeia omerica alla dodecapoli arcaica 9
Capitolo II
Tradizioni eroiche e colonizzazione greca: le colonie achee 53
Capitolo III
Culti e miti nella storia di Metaponto 79
Parte II
Colonie achee e Pitagorismo
Capitolo I
Crotone e la sua storia dalle origini all 'età romana 109
Capitolo II
Megale Hellas e Pitagorismo 185
Capitolo III
Da Poseidon ia a Paestum 217
Parte III
Sulla storia del Pitagorismo
Capitolo I
I Pitagorici e A rchita 231
332 Colonie achee, Magna Grecia e Pitagorismo
Capitolo II
Il Pitagorismo e le popolazioni anellenicbe d 'Italia 259
Capitolo III
A rcbita e Gaio Ponzio Sa nnita 299
Abbreviazion i bibliografiche 309
Indice dei nomi 317