Au Milieu Des Sollicitudes (16 de Fevereiro de 1892) - LEÃO XIII
Au Milieu Des Sollicitudes (16 de Fevereiro de 1892) - LEÃO XIII
Por outro lado, é grande a nossa consolação ao ver que estes mesmos
franceses duplicam o seu amor e dedicação para com a Santa Sé, cada vez que
a vêem mais negligenciada ou, melhor dizendo, mais combatida na terra. Em
diversas ocasiões, movidos por um profundo sentimento religioso e por um
verdadeiro amor à pátria, representantes de todas as classes sociais afluíram da
França até nós, felizes em ajudar as necessidades incessantes da Igreja,
ansiosos por nos pedir esclarecimentos e conselhos para ter o certeza, em meio
às tribulações atuais, de não nos desviarmos em nada dos ensinamentos do
Líder dos crentes. Respondemos-lhes, tanto por escrito como verbalmente,
deixando claro aos Nossos filhos o que eles poderiam esperar do seu Pai. Por
isso, longe de favorecer o seu desânimo, exortámo-los calorosamente a
redobrar o seu amor e o seu esforço na defesa da fé católica e, ao mesmo
Ancora una volta oggi riteniamo opportuno, anzi necessario, alzare la voce per
esortare insistentemente non solo i cattolici, ma tutti i francesi onesti e di buon
senso, perché respingano lontano tutti i germi del dissenso politico e indirizzino
tutte le loro forze a pacificare la loro patria. Tutti riconoscono l’importanza di
questa pace e sempre più la invocano. E Noi, che l’auspichiamo più di ogni altro,
perché rappresentiamo sulla terra il Dio della pace [1], chiamiamo a raccolta,
con questa Lettera, tutte le anime rette, tutti i cuori generosi, perché Ci aiutino a
renderla stabile e ricca di frutti.
Prendiamo anzitutto come punto di partenza una verità ben nota, accettata da
ogni persona sensata e solennemente proclamata dalla storia di tutti i popoli: la
religione, e solamente essa, è capace di creare il vincolo sociale; solo la religione
può tenere ancorata la pace di una nazione a solide fondamenta. Quando
diverse famiglie, senza rinunciare ai diritti e ai doveri della società domestica, e
seguendo l’ispirazione della natura, si uniscono per diventare parte di una famiglia
più vasta chiamata società civile, non si ripromettono solo di trovarvi i mezzi per
provvedere al proprio benessere materiale, ma di trarne in primo luogo un
beneficio per il loro perfezionamento morale. In caso contrario la società
sopravanzerebbe di poco l’aggregazione di esseri senza ragione, la vita dei quali
è tutta rivolta alla soddisfazione degli istinti sensuali. Ma c’è di più. Senza questo
perfezionamento morale, sarebbe difficile dimostrare che la società civile, lungi
dal costituire un vantaggio, non tornerebbe a danno dell’uomo in quanto tale.
La morale, infatti, per il fatto stesso che deve creare nell’uomo una armonia fra
diritti e doveri diversi, poiché partecipa ad ogni atto umano postula
necessariamente Dio e, con Dio, la religione, questo sacro vincolo che ha il
privilegio di unire a Dio, prima di dar vita a qualsivoglia altro legame. Infatti, il
concetto di moralità comporta anzitutto un rapporto di dipendenza dal vero, che
è luce dello spirito, e dal bene, che indirizza la volontà. In assenza del vero e del
bene non esiste una morale degna di questo nome. Ma qual è la verità prima ed
essenziale da cui ogni altra deriva? È Dio. Qual è ancora la bontà suprema dalla
quale procede ogni altro bene? È Dio. Chi è infine colui che crea e conserva la
nostra intelligenza, la nostra volontà, l’intero nostro essere ed è, nello stesso
tempo, il fine della nostra vita? È sempre Dio. Poiché dunque la religione è
l’espressione, interiore ed esteriore, di questa dipendenza che dobbiamo a Dio a
titolo di giustizia, ne deriva un impegno tassativo. Tutti i cittadini sono tenuti ad
unirsi per conservare nella nazione il vero senso religioso e anche per difenderlo,
qualora una scuola atea, in contrasto con le attestazioni della natura e della
storia, si proponesse di estromettere Dio dalla società, ben sapendo di poter
annientare, in questo modo, lo stesso senso della morale nel più profondo della
coscienza. Su questo punto, fra gli uomini che non hanno perso il concetto
dell’onestà, non può esserci alcun dissenso.
Ora è la storia di un popolo che rivela, in modo inequivocabile, ciò che genera e
mantiene inalterata la sua grandezza morale. Se dunque viene meno questo
fondamento, non sarà l’abbondanza delle ricchezze né la potenza delle armi a
salvarlo dalla decadenza morale e, forse, dalla dissoluzione. Chi non comprende
oggi che, per tutti i Francesi che professano la Religione cattolica, il maggiore
impegno deve essere quello di assicurarle la sopravvivenza con la massima
dedizione, dal momento che operano al loro interno delle sètte che fanno del
Cristianesimo l’oggetto degli attacchi più virulenti? In questa situazione essi non
possono permettersi né di operare con indolenza, né di dividersi in fazioni. Nel
primo caso si renderebbero colpevoli di una viltà indegna del cristiano e, nel
secondo, sarebbero causa di una debolezza disastrosa.
con la sua predicazione e recava sollievo alle pene corporali e spirituali degli
sventurati con i tesori della sua bontà divina. “Abbiamo trovato quest’uomo che
sobillava il nostro popolo, impediva di dare i tributi a Cesare e affermava di
essere il Cristo re … Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque, infatti, si
fa re, si mette contro Cesare … Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”[2] .
Con questa audace diffamazione del Cristianesimo, i suoi nemici erano ben
consapevoli di quanto facevano. Il loro piano si proponeva di suscitare un
formidabile avversario alla sua propagazione: l’Impero Romano. La calunnia sortì
il suo effetto, e i pagani, vittime della propria credulità, chiamavano a gara i primi
cristiani “esseri inutili, cittadini pericolosi e faziosi, nemici dell’Impero e degli
Imperatori” [4]. A nulla valse che gli Apologisti del Cristianesimo con i loro scritti,
e i cristiani con il loro retto comportamento, s’impegnassero a dimostrare
l’assurdo e malvagio contenuto di queste affermazioni: non si degnavano
nemmeno di ascoltarli. Il solo nome procurava loro una dichiarazione di guerra, e
i cristiani, per il solo fatto di essere tali e per nessun altro motivo, venivano posti
con violenza di fronte a questo dilemma: l’apostasia o il martirio. Le stesse
accuse e lo stesso rigore si rinnovarono, pressoché simili, nei secoli successivi,
ogni qualvolta si incontrarono governi esageratamente gelosi del loro potere e
animati da propositi malevoli contro la Chiesa. Riuscirono sempre a rendere
plausibile, presso il pubblico, una presunta interferenza della Chiesa nello Stato, al
fine di procurare allo Stato una parvenza di diritto per le sue usurpazioni e le sue
prevaricazioni ai danni della Religione cattolica.
In Francia, nel corso di questo secolo, si sono succeduti Governi politici di tipo
diverso, ciascuno con la sua specifica forma: Imperi, Monarchie, Repubbliche.
Affidandoci a disquisizioni di pura teoria, sarebbe possibile arrivare a definire la
migliore di queste forme, considerate in se stesse, e si potrebbe anche
riconoscere, senz’ombra di dubbio, che ognuna di esse è buona, sempreché
sappia procedere dritto al suo scopo, che è il bene comune, per il quale l’Autorità
sociale è stata istituita. È tuttavia opportuno precisare che, da un punto di vista
relativo, una forma di governo può essere preferibile rispetto ad un’altra, perché
meglio si adatta alle caratteristiche e ai costumi di un certo tipo di nazione. In
teoria quindi, i cattolici, come ogni altro cittadino, sono pienamente liberi di
preferire una forma di governo piuttosto che un’altra, per il semplice fatto che
nessuna compagine sociale si oppone, per se stessa, né ai dettami della retta
ragione, né ai precetti della dottrina cristiana. Queste argomentazioni sono più
che sufficienti per farsi una ragione della sapienza della Chiesa quando, nelle sue
relazioni con i poteri politici, non tiene conto delle forme che li differenziano e
tratta con essi dei grandi interessi religiosi dei popoli, ben sapendo di dover
anteporre la loro tutela ad ogni altro interesse. Le Nostre precedenti Encicliche
hanno già esposto questi princìpi, ma ritenevamo necessario richiamarli per
sviluppare il tema che Ci interessa in questo momento.
Se si scende dai concetti astratti e si entra nel contesto della realtà, occorre ben
guardarsi dal rinnegare i princìpi appena definiti: questi restano inoppugnabili. Solo
incarnandosi nella realtà assumono un aspetto contingente, in forza delle
circostanze che li rendono operativi. In altre parole, se ogni forma politica è
buona in se stessa e può essere applicata per governare i popoli, nella realtà il
potere politico non si presenta nella stessa forma presso tutti i popoli, ma
ciascuno ne possiede una specifica. Questa forma è originata dall’insieme delle
circostanze storiche o nazionali, ma sempre umane, che, in una nazione, danno
vita alle sue leggi tradizionali e anche fondamentali. Sono queste leggi che
determinano una certa specifica forma di governo e un particolare modo di
trasmettere i supremi poteri.
È superfluo ricordare che tutti gli individui sono tenuti ad accettare questi governi
e a non prendere iniziative per rovesciarli o per mutarne la forma. È per questo
che la Chiesa, custode del più vero e più alto concetto della sovranità politica,
perché la fa discendere da Dio, ha sempre riprovato le teorie e ha sempre
condannato gli uomini ribelli all’autorità legittima. E questo anche quando i
depositari del potere lo usavano indebitamente contro di lei, privandosi così del
più valido sostegno accordato alla loro autorità e del mezzo più efficace per
ottenere dal popolo l’ossequio alle loro leggi. A questo proposito, non si potranno
mai meditare a sufficienza le celebri raccomandazioni che il Principe degli Apostoli,
proprio durante le persecuzioni, rivolgeva ai primi cristiani: “Rispettate tutti,
amate i fratelli, temete Dio e rendete onore al re”[6]; come pure quelle di San
Paolo: “Vi scongiuro anzitutto di adoperarvi perché si facciano suppliche,
preghiere, istanze e azioni di grazia per tutti gli uomini: per i re e per tutti coloro
che sono costituiti in dignità, perché possiamo condurre una vita tranquilla in tutta
pietà e rettitudine: questo infatti è buono e gradito a Dio nostro Salvatore”[7] .
Occorre anche evidenziare ancora una volta con ogni cura che, qualunque sia la
forma dei poteri civili di una nazione, non è possibile considerarla a tal punto
definitiva da non essere soggetta a mutamenti, anche se questo era il proposito
di chi, in origine, le ha dato vita. La sola Chiesa di Gesù Cristo ha potuto
conservare, e la conserverà sicuramente fino alla fine dei tempi, la sua forma di
governo. Fondata da Colui che era, che è e che sarà nei secoli, ha ricevuto da
Lui, fin dall’inizio, tutto ciò che le è necessario per adempiere la sua missione
divina in mezzo al mutevole oceano delle vicende umane. E come non ha
bisogno di trasformare l’essenza della sua costituzione, sa anche di non avere il
potere di rinunciare alle condizioni di piena libertà e di sovrana indipendenza, che
ha ricevuto in dote dalla Provvidenza nell’interesse generale delle anime. Ma
parlando delle società esclusivamente umane, come emerge infinite volte nella
storia, è il tempo, grande trasformatore della realtà terrena, che opera grandi
mutamenti all’interno delle loro situazioni politiche. Qualche volta esso si limita ad
apportare lievi modifiche alle forme di governo costituito; altre volte arriva a
sostituire le forme primitive con altre totalmente differenti, intaccando addirittura
la stessa trasmissione del potere sovrano.
A questo punto si rivela da sola la sapienza della Chiesa, dal momento che ha
mantenuto le relazioni con i numerosi governi che, in meno di un secolo, si sono
succeduti in Francia non senza aver causato violenti e profondi sconvolgimenti.
Quest’atteggiamento costituisce la più sicura e la più utile linea di condotta per
tutti i Francesi nei rapporti civili con la Repubblica, che è l’attuale governo della
loro Nazione. Debbono perciò eliminare le divergenze politiche che li dividono, e
unire tutti gli sforzi per conservare o per far crescere la grandezza morale della
loro patria.
Il fatto che in Francia, da parecchi anni a questa parte, molte decisioni importanti
della legislazione siano state formulate con intenti ostili alla Religione, e quindi
contrari agli interessi della Nazione, è ammesso da tutti ed è sfortunatamente
provato dall’evidenza dei fatti. Noi stessi, obbedendo ad un sacro dovere,
rivolgemmo le più vive lagnanze a chi era allora a capo della Repubblica, ma
questa linea di condotta non è venuta meno e il male si è aggravato. Non può
certo destare meraviglia che i membri dell’Episcopato francese, posti dallo Spirito
Santo a reggere le numerose ed illustri Chiese, abbiano sentito, anche in tempi
recenti, come un preciso dovere manifestare pubblicamente il loro dolore,
parlando della situazione creata in Francia ai danni della Religione cattolica. Povera
Francia! Solo Dio può misurare l’abisso dei mali, dove finirebbe per precipitare, se
questa legislazione, invece di migliorare, si ostinasse in quel perverso indirizzo che
porterebbe allo sradicamento dall’anima e dal cuore dei Francesi della Religione,
che li ha resi così grandi.
Ecco delineato l’ambito dove, accantonato ogni dissenso politico, le persone rette
debbono ritrovarsi unite come un sol uomo, per combattere, con tutti gli
strumenti legali e onesti, gli abusi legislativi sempre più pesanti. Il rispetto dovuto
ai poteri costituiti non ha ragioni per impedirlo, né l’ossequio, né ancor meno
l’obbedienza incondizionata a qualsivoglia misura legislativa, emanata da questi
stessi poteri, possono essere vincolanti. Non si deve mai dimenticare che la
legge è una disposizione formulata nel rispetto della ragione, e promulgata per il
bene della società da parte di chi ha ricevuto in affidamento il potere di attuarlo.
Ne deriva dunque, che non si potranno mai approvare interventi legislativi avversi
alla Religione e a Dio, e che anzi è un dovere disapprovarli. È quanto il grande
Vescovo di Ippona Sant’Agostino ha saputo illustrare con chiarezza in un
ragionamento pieno di eloquenza: “Qualche volta le potenze terrene sono buone
e temono Dio, altre volte non lo temono. Giuliano era un Imperatore che aveva
rinnegato Dio, un apostata, un perverso e un idolatra. I soldati cristiani servirono
questo Imperatore senza fede. Ma quando si trattava della causa di Gesù
Cristo, non riconoscevano che Colui che è nei cieli. Giuliano ingiungeva loro di
rendere culto agli idoli e di incensarli; essi mettevano Dio al di sopra del principe.
Se invece intimava loro di mettersi in assetto di guerra per marciare contro una
nazione nemica, erano pronti all’obbedienza. Sapevano dunque fare una scelta
fra il Signore eterno e quello temporale, e per riguardo al Signore eterno, si
sottomettevano anche all’indegno signore temporale” [8]. Noi sappiamo che
l’ateo, per un deplorevole uso della ragione, e ancor più della volontà, nega
questi princìpi. Ma l’ateismo è in definitiva un errore a tal punto mostruoso da
non potere in alcun modo cancellare (e ciò sia detto a vanto dell’umanità) la
coscienza dei diritti di Dio per sostituirvi l’idolatria dello Stato.
Essendo stati così definiti i princìpi che debbono regolare la nostra condotta nei
confronti di Dio e dei governi umani, nessun uomo imparziale potrà accusare i
cattolici francesi se, accollandosi fatiche e sacrifici, lavorano per conservare alla
loro patria ciò che rappresenta un elemento basilare di salvezza, ciò che
riassume una lunga teoria di gloriose tradizioni, registrate dalla storia, e che tutti i
Francesi hanno l’obbligo di non dimenticare.
Non useremo lo stesso linguaggio sul secondo punto, relativo al principio della
separazione dello Stato dalla Chiesa, che altro non significa se non separare la
legislazione umana da quella cristiana e divina. Non intendiamo soffermarCi, in
questa sede, per dimostrare quanto di assurdo racchiuda la teoria di tale
separazione. Ognuno potrà rendersene conto personalmente. Da quando lo
Stato rifiuta di dare a Dio ciò che è di Dio, è necessariamente costretto a non
dare ai cittadini ciò a cui hanno diritto come uomini, perché lo si voglia o no, i veri
diritti dell’uomo nascono proprio dai suoi doveri verso Dio. Ne consegue che lo
Stato, venendo meno in questo campo al primo scopo della sua istituzione,
finisce col rinnegare se stesso e con lo smentire la ragione della sua esistenza.
Queste supreme verità sono proclamate con tanta chiarezza dalla stessa voce
della ragione naturale, da imporsi ad ogni uomo che non sia accecato dalla
violenza della passione. I cattolici, quindi, si guardino con somma cura dal
sostenere questa separazione. Volere che lo Stato si separi dalla Chiesa, altro
non sarebbe, per logica conseguenza, che costringere la Chiesa ad accettare
una libertà di vita regolata secondo il diritto comune a tutti i cittadini. Questo
stato di cose, occorre riconoscerlo, è un dato di fatto in certi paesi. Un’esistenza
Ma in Francia, nazione cattolica per le sue tradizioni e per la fede presente nella
grande maggioranza dei suoi figli, la Chiesa non può essere messa nella
condizione precaria che ha dovuto accettare presso altri popoli. I cattolici sono
tenuti ancor più a disapprovare la separazione, dal momento che conoscono a
fondo le intenzioni dei nemici che la desiderano. Per quest’ultimi (lo affermano
con sufficiente chiarezza), questa separazione consiste nella piena indipendenza
della legislazione politica da quella religiosa. C’è di più. Si ripromettono l’assoluta
indifferenza del Potere verso gli interessi della società cristiana, cioè della Chiesa,
e la negazione stessa della sua esistenza. Avanzano inoltre un diritto di rivalsa,
che può essere espresso in questo modo: quando la Chiesa, avvalendosi delle
opportunità che il diritto comune concede anche ai Francesi del ceto più basso,
sarà riuscita, raddoppiando gli sforzi della sua innata operosità, a far prosperare
la sua opera, subito l’intervento dello Stato potrà, e dovrà,estromettere i cattolici
francesi dallo stesso diritto comune. In una parola, l’ideale di questi uomini
sarebbe il ritorno al paganesimo, dove lo Stato non riconosce la Chiesa se non
quando trova conveniente perseguitarla.
Que consolação para o Nosso coração encorajá-los neste caminho e ver todos
vocês responderem mansamente ao Nosso apelo! Vós, Veneráveis I rmãos,
com a vossa autoridade e com a evidente dedicação à Igreja e à Pátria que vos
distingue, dareis uma grande contribuição a esta obra de pacificação. Estamos
também animados pela esperança de que aqueles que estão no poder apreciem
as nossas palavras, que visam a prosperidade e o bem-estar da França.