SUCCESSIONI DI LEGGI PENALI (PARAGRAFO 2 LIBRO PG.
24-25-26)
L’articolo 2 del Codice Penale contempla al suo interno la successione di norme penali nel
tempo, e si possono distinguere 3 differenti ipotesi:
- Al comma 1 prevede la nuova incriminazione, che ricorre quando una legge posteriore
introduca una nuova fattispecie di reato o estenda la portata incriminatrice della
precedente, determinando la punibilità di casi che prima erano leciti. Per questa ipotesi
vale il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, in conformità dell’art.
25 Cost., e l’art. 2 co. 1 c.p., il quale dispone: “nessuno può essere punito per un fatto
che, secondo la legge nel tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”.
- Al comma 2 è previsto l’abolitio criminis, si ha quando una legge posteriore abroga una
precedente ipotesi di reato, rendendo irrilevanti le condotte penalmente vietate dalla
precedente. Per questa ipotesi vale il principio di retroattività della legge penale
favorevole, disponendo l’art.2 co.2 c.p., che: “nessuno può essere punito per un fatto
che, secondo una legge posteriore non costituisce reato; e, se vi è stata condanna ne
cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. Ciò sta a significare che la nuova legge troverà
applicazione anche se il fatto è stato commesso prima della sua entrata in vigore, e anche
quando il fatto è stato commesso sotto la vigenza della legge precedente; in questo caso
infatti chi ha commesso il fatto sotto la vigenza della legge precedente in virtù
dell’abolitio criminis non potrà essergli assoggettata una pena, in quanto quel fatto non è
più considerato reato; nell’ipotesi in cui la sentenza di condanna sia diventata
irrevocabile, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali e in questo caso l’abolitio criminis
produce delle conseguenze processuali differenti, sia nel caso in cui ci sia il procedimento
in itinere; sia quando la sentenza di condanna sia diventata irrevocabile. Nella prima
ipotesi il giudice pronuncia la sentenza di assoluzione “perché il fatto non è più previsto
dalla legge come reato” stante all’art. 530 co. 1 C.p.p.. Nel secondo caso invece,
bisognerà fare ricorso all’istituto dell’incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 673 c.p.p.,
con il quale si chiederà al giudice di far cessare l’esecuzione della pena inflitta con la
sentenza definitiva.
-Al comma 4 invece prevede l’abrogatio sine abolitione, o successione di leggi in senso
stretto, che si ha quando un fatto continua ad essere reato ma ne viene modificata la
sanzione, e stabilisce che: “ se la legge del tempo in cui commesso il reato e le posteriori
sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia
stata pronunciata sentenza irrevocabile”, quindi questo comma costituisce un corollario
applicativo dei commi precedenti e anche qui si hanno due ipotesi di mutatio legis: se la
modificazione è sfavorevole, in base al principio di irretroattività sancito dall’art. 2 co. 1
c.p., troverà applicazione la norma vigente al momento del fatto; se invece la modifica è
favorevole, vale invece il principio di retroattività sancito dall’art 2 co. 2 c.p., dovendosi
applicare la norma successiva ma con il limite del giudicato. In caso di successione, la
legge successiva più favorevole non potrà avere effetto retroattivo una volta concluso il
procedimento penale, con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, avente
oggetto il reato previsto dalla legge precedente.
In virtù della mutatio legis, si deve applicare la norma più favorevole al reo, e per capire
quale sia, bisogna fare un concreto giudizio comparativo per accoglierne i parametri,
dove bisogna tener conto della durata, della specie della pena, delle pene accessorie,
delle circostanze aggravanti e attenuanti, e di tutti quei benefici che possano essere
concessi.