La Civiltà Umanistico-Rinascimentale Filosofia
La Civiltà Umanistico-Rinascimentale Filosofia
La nascita e lo sviluppo della civiltà umanistico/ rinascimentale è datata tra il 400 e il 500 ed è
accompagnata da una serie di avvenimenti storici di primo piano (Scoperte geografiche, formazione di Stati
nazionali, invenzione della stampa e della polvere da sparo, la riforma protestante). Questi avvenimenti dal
punto di vista politico possono essere sintetizzati nella formazione degli stati moderni, dal punto di vista
economico dall’ascesa della borghesia mercantile. Se parliamo di stati moderni basti pensare alla Francia,
alla Spagna e all’Inghilterra, periodo in cui avviene il rafforzamento di stati moderni. Se in Europa si
affermano gli stati moderni, in Italia questo è il periodo degli Stati regionali (Napoli, Milano, stato della
chiesa) conseguenza: questa frammentazione territoriale causò all’Italia un indebolimento politico e l’Italia
divenne terra di conquista di Francia e Spagna. Dal punto di vista economico si afferma la civiltà urbana e si
assiste al passaggio dall’economia chiusa dell’impero, all’economia aperta (scambi commerciali) di tipo
mercantile e monetaria. Economia aperta e incentrata su una borghesia attiva e intraprendente,
inizialmente l’Italia, anche se arretrata politicamente, arrivò ad essere il centro economico dell’Europa
grazie alla sua posizione strategica nel mediterraneo. Con la caduta di Costantinopoli e le scoperte
geografiche, il baricentro dell’economia europea si spostò dal mediterraneo all’Atlantico con conseguenze
negative per l’Italia perché si trovò esclusa dai principali traffici commerciali.
Umanesimo e rinascimento:
Per molto tempo sono stati considerati come due sinonimi indicanti quel movimento culturale nato in Italia
nel 400 e diffusosi in Europa nel 500, caratterizzato da un rinnovamento della letteratura, dell’arte, scienza
e filosofia.
L’umanesimo rappresenta il momento filologico letterario incentrato sugli studi umanistici e classici perché
esso studia le Humanae Litterae, il rinascimento rappresenta il momento filosofico scientifico incentrato su
una nuova concezione dell’uomo, della natura e di dio. Secondo questa interpretazione l’umanesimo è una
delle cause del rinascimento
2 interpretazione:
Parla di continuità tra umanesimo e rinascimento, esso afferma che l’umanesimo è la prima parte del
rinascimento e rappresenta uno degli effetti del rinascimento.
Medioevo e rinascimento
Per parlare del Rinascimento bisogna parlare del Medioevo, alcuni parlano di continuità tra Medioevo e
rinascimento, altri affermano che il rinascimento ha preso avvio durante l’età comunale. Queste
interpretazioni sono errate perché sono interpretazioni che annullano la specificità, l’originalità della
cultura umanistico- rinascimentale, perché ci troviamo di fronte ad una cultura nuova che afferma una
nuova concezione dell’uomo e inoltre un diverso atteggiamento dell’uomo nei confronti della vita e nel
mondo. Il rinascimento non bisogna considerarlo come l’inizio dell’età moderna ma costituisce una età di
transizione tra Medioevo ed età moderna perché guarda al passato ma anche al futuro.
Il termine Rinascimento nasce con un significato religioso perché sta ad indicare una seconda nascita, un
rinnovamento spirituale. Si parla di rinascita intesa come rinnovamento globale dell’uomo nel rapporto con
se stesso, con gli altri, con il mondo e con Dio. Rinascita diventa sinonimo di ritorno al principio, che assume
significato religioso, storico e naturalistico.
Dal punto di vista religioso, “ritorno al principio” vuol dire ritorno al cristianesimo originario (lo vediamo nel
neoplatonismo rinascimentale e anche in Lutero, Plotino). Dal punto di vista storico, vuol dire ritorno ad
una determinata epoca storica del passato, che è l’età classica, e quindi vediamo che riprende il lavoro che
è stato interrotto con l’avvento del Medioevo. Dal punto di vista naturalistico, viene inteso come una forza
che anima e produce ogni cosa e quindi si parla dell’arte rinascimentale e anche la filosofia naturalistica del
rinascimento che ha come maggiori esponenti Telesio, Campanella e Giordano Bruno.
Le dottrine filosofiche principali della cultura umanistica rinascimentale riguardano l’uomo, e sono la storia
e la natura. Non c’è più Dio e c’è una concezione dell’uomo riassumibile in una frase latina “homo faber
ipsius fortunae”: ciò vuol dire che la caratteristica principale dell’uomo è quella di essere artefice del
proprio destino. A tal proposito bisogna ricordare una orazione di Pico della Mirandola “de hominis
dignitate”. Questa orazione rappresenta il manifesto dell’antropologia rinascimentale, l’uomo viene inteso
come un essere libero e sovrano, artefice di se stesso, dotato di una natura plastica e indeterminata, quindi
l’uomo ha la capacità e la possibilità di autodeterminarsi, di progettarsi quindi a differenza del Medioevo in
cui l’uomo aveva un posto prestabilito nel mondo da Dio. Vediamo che nel rinascimento l’uomo deve
trovare e conquistare il proprio posto nel mondo. Una caratteristica importante dell’uomo è la libertà, il suo
essere libero; libertà però condizionata da forze reali, naturali e soprannaturali. L’uomo è inteso come
microcosmo, uomo inteso come copula dell’universo, sintesi vivente del tutto e come centro del mondo,
centralità evidente da una formula “divinitas- humanitas- ferinitas”. Sta all’uomo decidere cosa essere e
cosa diventare. La superiorità dei moderni si basa sui modelli antichi. Francesco Bacone, filosofo inglese,
parla dei nani sulle spalle dei giganti (i nani sono i moderni, i giganti gli antichi). Questi stanno sulle spalle
dei giganti e hanno la possibilità di vederci da lontano. Gli antichi non sono criticati, in quanto giganti, ma i
moderni sono superiori per forza, per capacità e per esperienza.
Rinascimento e naturalismo
L’uomo non è un ospite provvisorio della natura, ma è un essere naturale ed ha il compito, l’interesse e la
capacità di studiare la natura. Altra caratteristica: la natura non è considerata una copia del mondo ideale
ma è considerata come una realtà caratterizzata da un insieme di forze vitali, tra cui l’uomo, ed in cui è
presente Dio. Questo interesse per la natura si concretizzerà da una parte nella magia, d’altra nella filosofia
naturale. Come protagonisti, abbiamo Bruno, Telesio e Campanella.
In ambito filosofico, la civiltà umanistico rinascimentale è caratterizzata dal ritiro e dalla riscoperta di
Aristotele e Platone. Si parla quindi di platonismo e aristotelismo rinascimentale.
Il platonismo rinascimentale desiderava una rinascita religiosa, quindi Platone rappresenta la condizione
per questa rinascita. L'aristotelismo rinascimentale desiderava invece una rinascita della ricerca razionale e
in particolar modo, una rinascita della filosofia naturale. Anche in questa caso, il ritorno ad Aristotele era
una condizione per questa rinascita.
Si ha una distinzione anche geografica perchè il platonismo ha come sede Firenze, l’accademia fiorentina,
mentre l’aristotelismo ha come centro Padova e il mondo delle università. I principali esponenti del
Platonismo Rinascimentale sono Nicolò Cusano, Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, mentre
dell’aristotelismo Pietro Pomponazzi.
Platone rappresenta il più affascinante e il più artista fra i filosofi dell'antichità. Inoltre, Platone rappresenta
il rivale di Aristotele e della filosofia scolastica, con il suo filosofare aperto, che si oppone al sistema chiuso
di Aristotele. Il motivo principale è che Platone è il filosofo che più si avvicina allo spirito religioso del
cristianesimo. Perché non è spuntato nel medioevo? Perché nel medioevo c'è un contesto storico e
culturale differente: non c’erano scambi commerciali e culturali.
La riscoperta di Platone fu favorita da due circostante storiche: la prima, è il concilio di Firenze (1439),
ovvero l'ultimo tentativo di riconciliazione tra cristiani cattolici e cristiani ortodossi; l'altro avvenimento è la
caduta di Costantinopoli (1453), il crollo dell'impero romano d'oriente comportò la diffusione di molte
opere dell'antichità in Occidente, fra cui i dialoghi platonici.
Il ritorno a Platone è di fatto un ritorno ad un neoplatonismo rivisitato in chiave cristiana. Questo perché?
Perché fino al 19esimo secolo, non vi fu una netta distinzione tra Platone e Plotino. Plotino aveva infatti
reinterpretato il platonismo.
Aristotelismo rinascimentale
Ruota attorno a due pilastri: uno indirizza la ricerca filosofica sul problema della natura, il secondo difende i
diritti della ragione. La ragione come strumento di indagine filosofica e come strumento di osservazione
scientifica dei fatti. Qual è il limite dell'aristotelismo rinascimentale? Da una parte si appella alla ragione, a
questa osservazione scientifica dei fatti, ma dall'altra ricorre all'autorità indiscussa di Aristotele, al famoso
"ipse dixit", "lui ha detto". È quindi ritenuto più veritiero ciò che ha detto Aristotele anche rispetto alla
ragione e all'osservazione diretta dei fenomeni. In caso di contrasto, il riferimento sarà Aristotele.
Aristotele diceva che i nervi hanno origine dal cuore. Oggi sappiamo che non è così. Galilei a tal proposito
scrisse un’opera in cui narra questo episodio:
Ci troviamo a Venezia ed un gruppo di persone sta assistendo alla dissezione di un corpo umano. Attraverso
l'esperienza, i presenti si rendono conto che il sistema nervoso si origina dal cervello, non dal cuore. Gli
Aristotelici presenti ribadiscono che, nonostante l’evidenza degli occhi, bisogna assolutamente credere ad
Aristotele. Il principio di autorità di Aristotele è quindi superiore rispetto ad ogni altra cosa, rispetto alla
ragione, all’esperienza, all’osservazione diretta dei fatti.
Leggere p 36, 37
Appartiene al platonismo rinascimentale, ma non fa parte dell'Accademia fiorentina, centro del platonismo.
È chiamato Cusano perché nato a Cusa, in Germania, ed è stato vescovo e cardinale di Bressanone. Morì a
Todi. La sua opera principale è intitolata la "dotta ignoranza", 1440, opera in cui affronta sia tematiche
gnoseologiche (conoscitive), sia tematiche cosmologiche.
La conoscenza, secondo Cusano, è proporzione tra ciò che si conosce e ciò che si vuole conoscere.
Proporzione vuol dire omogeneità, vicinanza concettuale. Proporzione tra il noto e l'ignoto. Es. In
matematica, le proposizioni che derivano direttamente dai principi primi sono le più note e semplici,
mentre le proposizioni distanti da questi principi sono le più difficili. Laddove non c'è proporzione tra noto e
ignoto, l'uomo deve ammettere la propria ignoranza, definita "dotta", perché consapevole (riferimento a
Socrate "so di non sapere", il prerequisito per dare inizio alla ricerca della verità).
Se parliamo di Dio, il riferimento è alla dotta ignoranza. Dio rientra all'interno della dotta ignoranza, perché
non c'è proporzione tra uomo e Dio, tra finito e infinito. Dio è infinito, la mente umana è finita. Quindi
l'uomo può avvicinarsi a Dio, ma la sua conoscenza non coinciderà mai con Dio. Quindi una conoscenza
umana é valida se fondata sulla dotta ignoranza, ovvero sulla consapevolezza dei limiti umani.
Cusano parla di un poligono inscritto all'interno della circonferenza. Il poligono è l'uomo, la circonferenza è
Dio. Se andiamo a moltiplicare all’infinito i lati di questo poligono, non coincideranno mai totalmente con la
circonferenza. L'uomo può avvicinarsi a Dio moltiplicando i lati, ma non ci sarà mai coincidenza. La
conoscenza per Cusano è possibile solo se c'è proporzione.
Dio è definito da Cusano come coincidenza degli opposti, perché in lui si conciliano tutte le determinazioni
opposte. Es. massimo e minimo, unità e molteplicità.
Concezione cosmologica
Cusano introduce una concezione del mondo rivoluzionaria, che anticipa sotto molti aspetti quella di
Copernico, di Keplero, di Galilei. Cusano critica la fisica di Aristotele, perché per lui il mondo celeste non è
perfetto, non è ingenerabile e neanche incorruttibile. La perfezione assoluta è soltanto Dio. Secondo
Cusano, inoltre, non c'è una differenza qualitativa tra mondo celeste e mondo terrestre. Aristotele invece
sosteneva che il mondo terrestre è costituito dai quattro elementi (acqua, terra, aria, fuoco), il mondo
celeste ha un quinto elemento chiamato "etere".
Il mondo, secondo Cusano, non ha un centro nè una circonferenza, perché il centro della circonferenza è
solo Dio. Quindi non è un vero e proprio rinascimentale. L'Universo o il mondo non ha confini, ma non è
infinito perché infinito è soltanto Dio.
Se Dio è il centro del mondo, la Terra non potrà essere al centro (critica alla concezione geocentrica). La
terra quindi ha un movimento circolare. La terra è una stella, come lo è anche il sole. Ha una circolarità
imperfetta. Cusano è convinto che oltre la Terra, anche molte altre stelle siano abitate.
Altro concetto importante è quello dell'amore. L'amore è inteso come una forza che garantisce l'armonia di
tutte le parti del mondo. Che vuol dire? Grazie all'amore, l'Universo tende verso Dio, ovvero verso l'ordine,
la perfezione assoluta. Sempre grazie all'amore, Dio si prende cura del mondo, lo ordina e lo produce.
Anche lui, appartiene all'Accademia fiorentina. Aveva un desiderio: quello di realizzare una sintesi
universale del sapere. In Pico della Mirandola, troviamo riferimenti alla sapienza orientale, alla filosofia
greca (Platone e Aristotele), al pensiero medioevale (rivaluta il medioevo e la sua cultura), alla magia e
cabala (misticismo ebraico). Per realizzare questo suo desiderio, Pico della Mirandola decise di organizzare
una discussione tra intellettuali su novecento tesi, considerate dal filosofo come i pilastri della sapienza
universale. Questa discussione non prese mai avvio, perché alcune di queste tesi furono dichiarate eretiche.
L'orazione che avrebbe dovuto introdurre queste tesi prende il nome di "De hominis dignitate", "sulla
dignità dell'uomo". (Brano sul libro a pag 38-39)
Qual è la dignità, ovvero la caratteristica peculiare dell'uomo? È la domanda attorno cui ruota il brano.
Questa è una qualità che ha come conseguenza la superiorità dell'uomo rispetto alle creature viventi.
La grandezza dell'uomo è stata definita in tanti modi nel corso del tempo e da tanti filosofi. Però Pico della
Mirandola non ritiene queste definizioni totalmente adeguate. Esiste infatti secondo Pico della Mirandola
una qualità ancora più adeguata delle altre, tali da rendere l'uomo "questo grande miracolo e questa
meraviglia tra i viventi". La centralità dell'uomo è espressa, come anche la sua superiorità. L'uomo è l'essere
più meraviglioso e miracoloso.
Dio, in quanto creatore, ha generato tutti gli esseri viventi e ad ogni essere vivente ha attribuito una natura
determinata, una determinata qualità. Alla fine di questo processo di creazione, decide come ultimo essere
vivente di creare l'uomo, con l'obiettivo di ammirare la bellezza e l'immensità del suo creato.
Nel momento di creare l'uomo, Dio si trovò senza alcun modello di essere vivente. Non restava alcun
modello, alcun tesoro, alcuna qualità, alcun posto. In quanto ultimo arrivato, l'uomo possiede tutte le
qualità che appartengono ai vari esseri viventi. In questo consiste la dignità dell'uomo. L'uomo ha una
natura indefinita ed indeterminata, non ha alcuna determinazione o qualità specifica, ma possiede tutte le
qualità. L'uomo non ha né un posto determinato, né un aspetto determinato e neanche una prerogativa,
quindi una caratteristica determinata. L'uomo ha il libero arbitrio e in base a questa libertà, può scegliere il
posto in cui stare, quale aspetto assumere e quale prerogativa far prevalere (perché ha tutte le qualità). La
dignità umana consiste nell'avere una natura indeterminata, e quindi nel possedere tutte le qualità. L'uomo
ha quindi la possibilità di autodeterminarsi e progettare se stesso. Può vivere come un animale, se vuole,
ma anche come una natura angelica. L'uomo è al centro del mondo, non è né angelo nè bestia, nè mortale
nè immortale, ha una natura plastica, perché capace di plasmarsi. L'uomo, grazie a questa natura
indeterminata, può decidere o di degenerare nelle cose inferiori (essere simile agli animali) o avvicinarsi alle
cose superiori (essere simile agli angeli).
Si parla adesso di semi (riferimento stoicismo). L'uomo possiede tutti i semi, intesi come metafore di
qualità, e sta all'uomo scegliere quali semi trasformare in frutto. In base al seme coltivato, l'uomo diventerà
un essere di quella tipologia. Se l'uomo decide di non far prevalere alcun seme, come soluzione finale
l'uomo ha la possibilità di unirsi a Dio.
Tutto ruota attorno alla natura indeterminata dell'uomo e alla sua libertà.
Pomponazzi crede nei miracoli, cioè fatti eccezionali, ma non perché sono degli eventi contronatura, ma
perché accadono raramente. I miracoli sono quindi dei fatti naturali, che derivano dall'influsso dei corpi
celesti. Dio non agisce direttamente sulla natura, ma agisce in modo indiretto servendosi dei corpi celesti.
Secondo il filosofo, anima e corpo sono inseparabili. L'anima, senza il corpo, non può esistere e non può
neanche agire. Se anima e corpo sono inseparabili, Pomponazzi mette in discussione l'immortalità
dell'anima, che diventa quindi indimostrabile.
Rinascimento e natura
Il ritorno al principio era inteso come ritorno alla natura. La natura era intesa come una forza vitale, che
produce ogni cosa. L'uomo è un essere naturale, la natura è una realtà costituita da forze vitali. L’uomo ha
l’interesse ma anche la capacità di studiare la natura.
Qual è la biforcazione che si viene a creare? Si parla di magia e di filosofia della natura.
Rinascimento vuol dire una rinascita dell'uomo nel mondo, perché l'uomo fa parte del mondo, anzi, grazie
alla sua natura mediana, occupa una posizione privilegiata, tale da considerare il mondo come il proprio
regno (esaltazione della vita attiva e del mondo terreno). Come conseguenza, l'uomo studia la natura, che
diventa strumento indispensabile per la realizzazione dei fini umani. Lo studio della natura si concretizza in
due aspetti: da una parte la magia, dall'altra la filosofia della natura.
La magia considera la natura come una totalità animata, caratterizzata da tante forze vitali. Compito
dell'uomo (inteso come mago) è quello di scoprire i suoi segreti più reconditi attraverso l'uso di formule
magiche, incantesimi e miracoli.
Anche la filosofia della natura considera la natura come una totalità vivente che si basa su propri principi. Il
compito dell'uomo è quello di scoprire tali principi. Si tratta allora di interpretare la natura con la natura,
senza ricorrere a formule magiche.
Per entrambe, la natura è una totalità vivente: il mago ha la possibilità di interpretarla, di conoscerla e
indagarla utilizzando miracoli e incantesimi; il filosofo naturalistico non usa formule e incantesimi.
La filosofia della natura rappresenta il presupposto della scienza moderna, perché favorì l'affermazione
della rivoluzione astronomica e della rivoluzione scientifica.
Giordano Bruno è stato un grande intellettuale, geniale, uno scrittore brillante, un filosofo rivoluzionario e
controcorrente, un uomo dotato di una eccezionale memoria, teologo panteista ed un eretico impenitente
(della sua dottrina). Un filosofo che muore in nome della libertà di pensiero, in difesa delle sue idee. Il
naturalismo di Giordano Bruno assume le sembianze di una religione della natura, una natura infinita che al
suo interno presenta elementi magici e metafisici.
È un filosofo campano, nato nel 1548 a Nola. A 15 anni entra a far parte dell'ordine dei domenicani, non
tanto per ragioni religiose, ma per ragioni culturali, quindi per approfondire gli studi di filosofia. Dopo poco
tempo, entrò in contrasto con l'ordine, perché Giordano Bruno mise in dubbio alcune verità del
cristianesimo. Quindi nasce cristiano ma poi rinnegherà ogni tipo di religione. Abbandonato l'ordine, inizia
una fase di viaggi e spostamenti tra Inghilterra, Francia e Germania. Intorno al 1590, fece ritorno in Italia,
più precisamente a Venezia, dietro l'invito di un nobile veneziano, Giovanni Mocenigo, che desiderava
essere istruito all'arte magica. Bruno, tra le altre cose, era anche un mago. Bruno pensava di aver trovato a
Venezia la condizione ideale per i suoi studi, ma nel 1592 fu proprio Mocenigo a denunciarlo al Tribunale
dell'Inquisizione di Venezia (siamo negli anni della controriforma), fu denunciato e arrestato per sospetto di
eresia. Inizialmente si difese in nome della teoria della doppia verità: ciò che è vero in filosofia, potrebbe
non essere vero in religione. L'anno seguente fu trasferito a Roma, sotto il controllo dell'Inquisizione
romana, e rimase in carcere per sette anni. Bruno inviò un memoriale al Papa Clemente VIII, che peggiorò la
sua situazione, in quanto il filosofo non voleva rinnegare le proprie idee, ma voleva convincere il papa della
bontà delle sue tesi. La conseguenza inevitabile: 17 febbraio 1600, in campo dei Fiori a Roma (cuore della
controriforma), Giordano Bruno fu arso vivo.
Il pensiero
Il suo pensiero ha come fondamento un amore appassionato per la vita. Critica la vita monastica,
paragonata ad una prigione angusta e nera, e anche la cultura libresca, che ha come fondamento lo studio
diretto dei libri, a cui contrappone una cultura fondata sull'osservazione della natura. Oltre a questo amore
per la vita, vi è uno spiccato interesse per la natura (Bruno era un filosofo naturalista, studia la natura e la
intende sempre come una totalità, tutta viva e tutta animata). Si parla a tal proposito di Panpsichismo: nella
natura è presenta un'unica forza animatrice di carattere spirituale (tutto è anima, tutto è animato).
Predilezione per la magia: Bruno è anche un mago. Altra caratteristica, Bruno disprezza ogni religione
perché le intende come dei sistemi di credenze assurde che servono soltanto ad istituire i popoli rozzi che
devono essere governati. Quindi la religione è uno strumento di dominio sul popolo, ha funzione
strumentale. Le religioni sono anche un insieme di superstizioni contrarie alla natura e contrarie alla
ragione, perché esaltano l'ignoranza e non la verità della ragione, considerano la filosofia e la magia come
pazzie. Parlano di discordia, opposizione, tra giustizia divina e giustizia naturale. Mentre secondo Giordano
Bruno, Dio e la natura hanno lo stesso fine. Tra tutte le religioni, critica soprattutto il cristianesimo, ed in
particolar modo il cristianesimo protestante, perché nega il libero arbitrio, le opere buone. Queste religioni,
poiché contrarie alla ragione e alla natura, sono definite "santa asinità" e a queste religioni lui contrappone
l'unica vera religione, la religione dei teologi o dotti, fondata sulla ricerca razionale di Dio. Questa religione
dei dotti coincide con la filosofia. Anche Bruno, come Pico della Mirandola, crede in un'antica sapienza
originaria tramandata a partire da Mosè che si è diffusa e ampliata nel corso dei secoli grazie a numerosi
filosofi, teologi, maghi del mondo orientale, classico e cristiano. Tra tutti i filosofi, Giordano Bruno esalta
soprattutto i filosofi naturalisti, perché in loro era presente un immediato e sincero interesse per la natura.
1) Dio come "mens super omnia" (mente al di sopra di tutto). È un dio trascendente, inconoscibile e
ineffabile, come quello di Plotino, perché è al di sopra del mondo e di una possibile conoscenza razionale.
Quindi Dio è soltanto oggetto di fede e riguarda la rivelazione (se non posso conoscerlo, posso soltanto
credere in lui).
2) Dio come "mens insita omnibus" (mente all'interno di ogni cosa). Dio è un principio immanente
(presente all'interno di ogni cosa), si parla dunque di panteismo, ovvero di identità fra Dio e la natura,
perché Dio è presente nella natura. Un principio immanente è anche un principio conoscibile, in quanto
accessibile alla ragione umana. In questa definizione, Dio diventa allora oggetto della filosofia. In quanto
principio immanente, Dio è anima del mondo e va inteso come causa (energia produttrice della realtà) e
come principio (elemento costitutivo di ogni cosa) di ogni cosa. In quanto anima del mondo, Dio
rappresenta la forma (il principio attivo) che, attraverso l'intelletto universale, ovvero l'insieme delle idee,
opera e plasma la materia. Dio si serve delle idee per ordinare la materia. Per Plotino, la materia era un
principio passivo In Bruno, la materia è un sostrato, ma non del tutto passivo.
Cusano parlava di Dio come coincidenza degli opposti. Anche Bruno ne parlava come conciliazione di tutte
le caratteristiche antitetiche. Dio è causa di ogni cosa e produce l'Universo. L'Universo ha come
caratteristica principale e rivoluzionaria il fatto di essere infinito. Esistono infiniti mondi e infinite forme di
vita, però Bruno è rivoluzionario perché utilizza la ragione e non gli strumenti scientifici (intuizione
filosofica). L'Universo è unico e omogeneo, senza centro e senza circonferenza, senza alto nè basso.
Per concludere, Giordano Bruno con la sua filosofia contribuisce a quella che sarà la rivoluzione
astronomica, che porterò al passaggio dal geocentrismo all’eliocentrismo. Bruno è stato condannato a
morte perché sosteneva la teoria eliocentrica, andando contro le Sacre Scritture che parlavano di
geocentrismo. Poi, altra ragione, per il suo panteismo, Bruno parla di un Dio panteista, presente nel mondo.
Se analizziamo le tre religioni monoteiste, esse parlano di un Dio trascendente, non immanente. Ultimo
aspetto, Bruno critica ogni religione, che bisogna sostituire con la filosofia, la quale porta ad una ricerca
razionale di Dio.
La rivoluzione scientifica
Se parliamo di rivoluzione scientifica, dobbiamo riferirci ad un preciso periodo cronologico, che va dal 1543
(anno di pubblicazione di un'opera "Le rivoluzioni dei corpi celesti" di Copernico) al 1687 (quando Newton
pubblicò i "principi matematici di filosofia naturale"). Si affermano due nuove concezioni della natura e
della scienza. La natura è intesa come un ordine oggettivo e causalmente strutturato di relazioni governate
da leggi. La natura è intesa come ordine oggettivo, vuol dire che è intesa come un oggetto privo di qualità,
di attributi umani. La natura possiede quindi caratteristiche opposte, diverse, alla dimensione spirituale
dell'uomo. La natura era animata, possedeva un'anima e uno spirito, ma la natura della rivoluzione
scientifica non ha un'anima, quindi non si parla di ilozoismo né di panpsichismo.
La natura è intesa come ordine causale, perché nulla avviene per caso, ma tutto è il prodotto di cause ben
precise. Causalità vuol dire rapporto costante tra due o più fenomeni. Esempio, il rapporto causa-effetto.
I fenomeni naturali sono legati da un rapporto costante di causa-effetto. Allo scienziato interessa soltanto la
causa efficiente, non la causa finale. La causa efficiente vuol dire principio di un movimento. Allo scienziato
interessa come si origina un fatto naturale, non interessa la causa finale, il suo scopo, ovvero perché esiste
quel fatto naturale. Ad esempio, lo scienziato si interroga sulle maree e si pone la domanda "come si
originano le maree?". La scienza si pone la domanda del come, non del perché. La scienza si interroga su
come nasce l'Universo.
La natura è intesa come un insieme di relazioni. Non un insieme di sostanze. È chiara la critica ad Aristotele,
secondo il quale la sostanza era uguale alla forma, l’essenza propria di una cosa. La natura è un insieme di
relazioni perché i fatti naturali sono collegati fra di loro da relazioni causali. Ad esempio, lo scienziato non si
interroga sulla sostanza del fulmine, ma sulla sua relazione con altri fatti, come le scariche elettriche o il
tuono.
I fatti naturali sono governati da leggi, perché essendo posti in relazione tra loro, obbediscono a delle
regole. Quindi studio della natura vuol dire conoscenza delle sue leggi.
La scienza è un sapere sperimentale, si basa quindi sull'osservazione dei fatti e sull'esperienza come
strumento di giustificazione delle ipotesi. L'esperienza non è intesa come registrazione dei fatti, ma è una
costruzione molto complessa di tipo matematico, fondata sull'esperimento. L'esperimento è una procedura
per la verifica delle ipotesi. L'esperienza della scienza moderna coincide con l'esperimento. L'esperienza
non è il solo uso dei sensi.
È un sapere matematico. Si fonda sul calcolo e sulla misura. Galilei dirà che si possono conoscere soltanto
gli aspetti quantitativi della realtà, ma non quelli qualitativi. La natura ha una struttura geometrica, è scritta
in termini geometrici e la si può esprimere soltanto mediante il linguaggio matematico (Pitagora, Platone).
Qual è il fine della scienza? È la conoscenza del mondo e della natura, finalizzata al suo dominio. Conoscere
la natura per controllarla e dirigerla. Bacone dice "Sapere è potere".
Le premesse storiche, sociali e culturali che hanno consentito l'avvio della rivoluzione scientifica
In questa fase storica, si affermano gli Stati nazionali (500/600), si afferma anche una civiltà urbano-
borghese che crea un sistema di vita più complesso e dinamico, avente nuove esigenze e nuovi bisogni
sociali. Ad esempio, le esigenze sono ampliare le nuove cittadine, creare navi robuste e veloci (fase dei
viaggi di esplorazione e commerciali), potenziare gli eserciti. Queste nuove esigenze sociali determinarono
una stretta collaborazione tra tecnica e scienza. In questa fase, tecnica e scienza sono distinte ma si parla di
alleanza fra sapere pratico e sapere teorico. Es. Un’esigenza potrebbe essere quella di creare nuove
infrastrutture, come un canale. L'architetto, in quanto tecnico, chiede quindi al fisico informazioni sulla
dinamica dei fluidi.
Se parliamo di premesse culturali della rivoluzione scientifica, dobbiamo fare riferimento al Rinascimento,
per 5 ragioni:
1) con il Rinascimento si afferma la laicizzazione del sapere. Si parla di autonomia del sapere, quindi di
libertà della ricerca intellettuale. Sapere laico libero e autonomo.
2) ritorno all'antico. Vuol dire riscoperta dei testi classici, scientifici e filosofici. Ad esempio, l'atomismo di
Democrito. Democrito è il primo a parlare di infinità dell'Universo. O ancora le ipotesi eliocentriche, di cui
parlavano i pitagorici. E ancora gli studi di Archimede. Questi testi sono fondamentali per la ricerca
scientifica. Ricordiamo anche le ricerche ellenistiche.
3) l'interesse per la natura. Il Rinascimento nutre grande interesse per la natura, visibile con l'aristotelismo
e con la magia, perché la magia trasforma l'uomo in padrone della natura. La scienza è un sapere aperto a
tutti, mentre la magia è un sapere occulto e nascosto.
5) anche idee extrascientifiche tratte dalla metafisica o dalla religione contribuirono alla nascita della
rivoluzione scientifica. Es. Newton è conosciuto per la legge di gravità. Non è importante che questa legge
sia derivata dalla caduta di una mela o da un sogno, ma è importante che la legge abbia una sua oggettività.
1) la cultura ufficiale quindi tradizionale, perché vide messe in discussione tutte le teorie metafisiche,
cosmologiche e fisiche che erano ritenute certe;
2) la Chiesa. La scienza moderna mise infatti in discussione la sua visione dell'universo, l'autorità di
Aristotele (che era stato rielaborato in chiave cristiana con San Tommaso) e l’autorità stessa della Bibbia. La
chiesa criticò il metodo scientifico, in quanto fondato sulla libera ricerca, che venne considerato eretico.
3) le scienze occulte: magia e astrologia. La magia si oppone alla scienza moderna perché è una scienza
elitaria ed occulta, che si oppone all'universalità della scienza moderna.
La rivoluzione astronomica rappresenta la prima tappa della rivoluzione scientifica. Ha come protagonisti
Copernico, con il quale prese avvio il processo; Keplero e Galilei e anche Giordano Bruno. Giordano Bruno è
indicato come il vero filosofo della nuova concezione dell'Universo. È realmente con Bruno che si assiste al
passaggio dal mondo chiuso all'universo infinito (Copernico parla ancora di mondo chiuso). La rivoluzione
astronomica è un fatto scientifico ma anche un avvenimento filosofico.
Chiamato così perché racchiude sia la concezione espressa da Aristotele nelle sue opere (Fisica e
Metafisica) sia quella dello scienziato Tolomeo, vissuto nel II secolo d.C. ad Alessandria d’Egitto, capitale
della scienza.
L'Universo è unico (uno solo), è chiuso (perché concepito come una sfera limitata dal cielo delle stelle
fisse). Per Aristotele, tutto ciò che esiste, esiste all'interno dell'Universo. Ad esempio, non esiste il vuoto. È
un Universo finito, perché nell'antichità finito voleva dire perfetto. Per Aristotele, l'infinito era soltanto
un’idea.
L'Universo è fatto di sfere concentriche, su cui sono incastonati i vari pianeti e le stelle. Qual è il movimento
dei pianeti? È un movimento circolare. Caratteristica più nota, geocentrico. La terra è immobile e al centro
dell'Universo, tutti i pianeti ruotano attorno alla Terra.
Ultima caratteristica, l'universo è diviso in due parti, due mondi qualitativamente distinti: mondo
sopralunare o mondo celeste, costituito dall'Etere e quindi perfetto; e il mondo sublunare, imperfetto e
costituito da quattro elementi. Il movimento dell'Etere è un movimento eterno e circolare. Il movimento
dei quattro elementi è invece un movimento rettilineo, dall'alto verso il basso o viceversa. L'aria e il fuoco
sono caratterizzati da un movimento dal basso verso l'alto, in quanto elementi leggeri; la terra e l'acqua da
un movimento dall'alto verso il basso, in quanto elementi pesanti.
Egli è stato un importante astronomo, fisico e matematico polacco. Con Copernico si assiste al primo
passaggio dal geocentrismo all’eliocentrismo. La sua opera principale che di fatto da inizio alla rivoluzione
astronomica e scientifica, è intitolata “Le rivoluzioni dei corpi celesti” (1543).
Copernico critica la teoria geocentrica (tolemaico aristotelica) e la ritiene antieconomica, cioè troppo
complessa. È per questo che Copernico effettua un ritorno all’antico attraverso lo studio dei testi classici.
Infatti si imbatte nell’idea eliocentrica che era stata introdotta dai pitagorici. Ritiene quest’ultima idea più
semplice, perché semplifica il movimento dei corpi celesti. Secondo la teoria copernicana al centro
dell’universo c’è il sole che ha la funzione di illuminare l’universo: questa funzione può svolgerla con più
semplicità in modo migliore stando al centro dell’universo. Tutti i pianeti compresa la terra, ruotano attorno
al sole, seguendo un movimento circolare. La terra compie due movimenti: evoluzione e rotazione. La
teoria copernicana è rivoluzionaria ma mantiene alcuni aspetti conservatori:
•l’universo sferico, poiché costituito da tante sfere concentriche; l’universo unico, chiuso e quindi oltre il
sole e oltre i pianeti ci sono le stelle fisse.
È rivoluzionaria la teoria copernicana? Si e no. È rivoluzionaria perchè pone al centro il sole, ma di fatto si
rifà al passato.
Secondo alcuni studiosi, la teoria copernicana anziché semplificare, complica la struttura dell’universo.
Sono stati individuati tre quesiti anticopernicani, da parte degli aristotelici, che saranno risolti da Galilei:
•il movimento della terra dovrebbe determinare lo spostamento degli oggetti lontano dalla superficie
terrestre.
•il movimento della terra dovrebbe scuotere ogni cosa e ogni persona.
•se la terra si muove da ovest ad est, un sasso lanciato da una torre dovrebbe cadere ad ovest rispetto al
lancio; e invece cade in modo perpendicolare.
TYCHO BRAHE
È un astronomo danese ed è il primo a parlare di orbite celesti. Ha elaborato il sistema ticonico, che
rappresenta un tentativo di conciliazione tra la teoria tolemaica e quella copernicana. Brahe afferma che
tutti i pianeti ruotano intorno al sole e il sole ruota intorno alla terra che rimane ferma e immobile al centro
dell’universo.
GIOVANNI KEPLERO
Fu un astronomo tedesco. Lottò tutta la sua vita in difesa delle sue idee, contro i protestanti e i cattolici.
Salvò dal rogo la madre che era stata accusata di stregoneria. Keplero afferma che l’universo è stato creato
a immagine della trinità divina in armonia, proporzione e divinità. L’universo di Keplero è caratterizzato
dall’armonia e dalla proporzione matematica. Esistono sei pianeti che ruotano attorno al sole e occupano
una posizione ben precisa in base a leggi di armonia geometrica. Keplero ha elaborato le tre leggi del
movimento dei pianeti.
La prima legge afferma che le orbite descritte dai pianeti intorno al sole sono ellissi e il sole occupa uno dei
due fuochi dell’ellisse. Egli sarà il primo a parlare di orbite ellittiche e non circolari.
DA COPERNICO A BRUNO: dal mondo “chiuso” all’universo “aperto”
In Giordano Bruno vi è una sintesi tra immaginazione, filosofia e astronomia perché egli completa la
rivoluzione astronomica. È con lui che si assiste al passaggio dall’universo chiuso o finito all’universo aperto
o infinito. Essendo un filosofo, la sua teoria cosmologica non è il risultato di osservazioni astronomiche, ma
è il frutto di una intuizione filosofica.
Giordano Bruno parte da questa premessa: -se la terra insieme ad altri pianeti ruota intorno al sole, le stelle
che vediamo in cielo potrebbero essere altrettanti soli immobili?
-se dio in quanto infinito è causa dell’universo, questo deve risultare infinito. In quanto effetto deve avere
le stesse caratteristiche della sua causa.
•abbattimento delle mura esterne dell’universo: l’uomo vivendo all’interno di città circondate da mura, si è
convinti che è anche l’universo possa avere delle mura. Per Giordano Bruno invece l’universo è aperto in
tutte le direzioni. Di universo infinito già ne parlavano Democrito, Lucrezio e Cusano (universo senza
confini).
•pluralità e abitabilità dei mondi: esistono infiniti mondi, cioè infiniti sistemi solari, e ognuno di questi
mondi è abitato da esseri viventi, razionali e senzienti (che provano sensazioni).
•identità di struttura tra cielo e terra: non c’è differenza qualitativa tra mondo celeste e mondo terrestre.
Di conseguenza non c’è nessuna discriminazione gerarchica.
•geometrizzazione dello spazio cosmico. La sede dell'Universo è il vuoto, lo spazio cosmico è unico,
omogeneo, infinito e acentrico (non ha un centro nè una circonferenza, perché tutto varia rispetto al punto
di osservazione). Ogni punto di riferimento è relativo al punto di osservazione.
Queste tesi cosmologiche di Giordano Bruno trovarono la netta opposizione dell'autorità religiosa e di
quella culturale, e trovarono anche l'opposizione dei più importanti astronomi del tempo: Keplero, Brahe,
Galilei. Lo criticavano perché parlavano di tesi di una mente esaltata, tesi troppo rivoluzionarie, che non
avevano un fondamento metodologico.
Bruno era riuscito a comprendere correttamente, senza l’uso di mezzi scientifici ma solo con la ragione, la
geometrizzazione dello spazio, l'identità tra cielo e terra, la pluralità dei mondi e l'Universo aperto. Alcuni
dubbi riguardano l’esistenza di altri esseri viventi e l'infinità dell'universo.
È uno dei padri della scienza moderna. Filosofo toscano nato a Pisa nel 1564 da una famiglia borghese. Una
volta trasferitosi a Firenze, compì i suoi primi studi di logica e letteratura. Per volere del padre, si iscrisse
alla facoltà di medicina, studi che non portò a termine a causa dello scarso interesse mostrato verso gli
studi medici. Si dedicò allora agli studi di matematica e fisica. Negli anni 80, scoprì l'isocronismo delle
oscillazioni pendolari, scoprì che due pendoli semplici di eguale lunghezza hanno oscillazioni isocrone (di
durata costante), indipendentemente dalla loro massa e dall'ampiezza delle oscillazioni. Progettò anche una
bilancetta per misurare il peso specifico dei corpi. Nel 1589, divenne docente universitario di matematica a
Firenze e scoprì la legge di caduta dei gravi. Dopo tre anni, sempre come docente di matematica, si trasferì
a Padova e vi rimase per diciotto anni. Sono questi gli anni più felici e fecondi. Dopo la costruzione del
cannocchiale, nel 1609 (Galilei non è l'inventore del cannocchiale, ma lo perfeziona e lo rivolge verso il
cielo), Galilei fece numerose scoperte astronomiche, comunicateci in un'opera chiamata Sidereus Nuncius
del 1610, che vuol dire "ragguaglio astronomico", un resoconto delle sue scoperte. Opera che ottenne il
favore di Keplero e del granduca di Toscana, Cosimo II, che lo nominò matematico primario dell'Università
di Pisa e anche filosofo di corte.
Nel 1616, a causa delle sue scoperte astronomiche e a causa delle sue idee copernicane, Galilei entrò in
conflitto con gli Aristotelici e soprattutto con la Chiesa. In particolar modo, fu accusato dai domenicani
(massima autorità religiosa). Uno dei domenicani lo citò al tribunale del Santo Uffizio, l'Inquisizione,
denunciandolo per la sua concezione del rapporto scienza/fede e per le sue idee copernicane. Nel 1616
(anno importante), la teoria copernicana è dichiarata dalla Chiesa come eretica, più precisamente il Santo
Uffizio dichiarò come falsa e assurda in filosofia e come eretica l'ipotesi eliocentrica, e inoltre dichiarò come
falsa e assurda in filosofia ed errata nella fede la mobilità della terra. Il cardinale Bellarmino ammonì Galileo
a non professare, difendere o insegnare la teoria copernicana. Ammonizione che al momento non implicò
alcuna punizione o abiura (rinnegare, ritrattare). Nel 1623, pubblicò il Saggiatore, che racchiude una lunga
polemica con il gesuita Orazio Grassi riguardo la natura delle comete.
Nel 1632, Galilei pubblica la sua opera principale: "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, il
tolemaico e il copernicano". Galilei approfitta dell'elezione di un nuovo papa, Urbano VIII, ritenuto più
conciliante verso la nuova scienza, per pubblicare questo scritto, in cui mette a confronto in modo
"obiettivo" i due maggiori sistemi dell'Universo. Obiettivo tra virgolette perché in quest'opera Galilei si
schiera dalla parte delle teorie copernicane (è un'opera scritta in volgare, non in latino, perché la scienza è
un sapere universale e quindi rivolto a tutti). La Chiesa ordina a Galilei, ormai avanti con l'età, di trasferirsi a
Roma per divenire prigioniero del Santo Uffizio. Una volta a Roma, Galilei fu accusato di non aver rispettato
il precetto del 1616 (non bisogna professare le teorie copernicane) e per questa ragione fu processato.
Durante il processo, inizialmente Galilei si difende affermando che la sua opera rappresenta non una difesa,
ma una critica del copernicanesimo. Ma alla fine, Galilei si trova costretto ad ammettere di essere andato
contro l'ammonizione e di aver difeso il copernicanesimo. La sentenza: Galilei fu obbligato ad abiurare
(ritrattare) le sue tesi. Con l'abiura, la condanna a morte fu tramutata nel confino (una sorta di arresti
domiciliari fino alla morte, dapprima presso il palazzo arcivescovile di Siena e successivamente presso la sua
villa di Arcetri. Nel gennaio 1642, Galilei, ormai ceco, morì.
Nel 1981, trecentoquarant'anni dopo, papa Giovanni Paolo II ha instituito una commissione pontificia per
riaprire il caso Galilei e mettere in luce gli eventuali errori commessi. Il papa ha evidenziato le analogie tra
le posizioni galileiane e quelle cattoliche:
1) per Galilei e per la chiesa cattolica c'è complementarietà tra ragione e fede, non può esserci contrasto tra
verità razionale e verità religiosa;
2) per Galilei la grazia divina è uno strumento di illuminazione della ricerca scientifica
3) Galilei difende la verità delle Sacre Scritture che però bisogna reinterpretare, ovvero andare oltre il
significato letterale.
I lavori della commissione pontificia si concluse nel 1992 con il papa che pose fine a questo "doloroso
malinteso", ammettendo le colpe commesse dalla chiesa. Una chiesa che era rimasta ancorata al passato e
non allo sviluppo scientifico.
La battaglia per l'autonomia della scienza: la polemica contro la Chiesa e i teologi
Galilei per tutta la sua vita ha combattuto una lotta per l'autonomia e la libertà della scienza da ogni
ingerenza esterna, in quanto ha ritenuto tale battaglia un dovere per il futuro dell'umanità. Questa
battaglia, si è articolata su due fronti: da una parte, la lotta contro l'autorità religiosa, rappresentata dalla
Chiesa; dall'altra la lotta contro l'autorità culturale, rappresentata dagli aristotelici.
La prima battaglia, scontro con la Chiesa. Siamo in epoca di controriforma. La controriforma aveva stabilito
che ogni sapere doveva adeguarsi all'interpretazione delle Sacre Scritture, fornita dalla Chiesa. La diatriba
tra Galilei e la Chiesa prende avvio da questa domanda: "il credente deve accettare e ritenere come vero
soltanto il messaggio morale e cristiano della Bibbia, o deve accettare qualsiasi messaggio in essa
contenuto, quindi anche quelli di carattere scientifico?". La Chiesa ritiene che ogni affermazione contenuta
nella Bibbia sia vera, in quanto scritte sotto dettatura dello Spirito Santo. Galilei si oppone a tale
interpretazione, perché questa interpretazione mette in discussione sia la libertà della scienza, sia la
credibilità della religione, perché la religione rimane ancorata a tesi false. Galilei espone la sua concezione
del rapporto tra scienza e fede nelle lettere copernicane. La concezione: Dio ci parla attraverso due libri, di
cui è autore, cioè la Bibbia, ovvero un libro scritto in lingua popolare, e la natura, libro scritto in lingua
matematica. Poiché derivano entrambi da Dio, tra la natura e la Bibbia non può esserci contraddizione.
Eventuali contrasti sono soltanto apparenti e vanno risolti reinterpretando la Bibbia.
La Bibbia dev’essere reinterpretata perché si è dovuta adeguare ai popoli, la natura invece segue un corso
immutabile e non è condizionata dalle esigenze umane. La Bibbia è finalizzata alla salvezza dell’uomo, non
contiene principi riguardanti le leggi di natura, contiene invece verità che riguardano il destino ultimo
dell’uomo. La Bibbia ci spiega come si va in cielo e non come va in cielo (ci spiega come l’uomo può salvarsi)
se la Bibbia è finalizzata alla salvezza, la natura è finalizzata alla conoscenza. La Bibbia arbitra in campo etico
e religioso, la natura in campo scientifico. Quindi in campo naturale non è la scienza che deve adeguarsi alla
Bibbia, ma la Bibbia deve adeguarsi alla scienza. Concezione di ragione eretica, Galilei fu ammonito a causa
di essa.
Galilei vuole rendere la scienza indipendente sia dall’autorità religiosa che dell’autorità culturale
rappresentata dagli Aristotelici. Galilei nutre una stima nei confronti di Aristotele in quanto amante della
verità e della ricerca ma disprezza i suoi discepoli(aristotelici) che anziché osservare la natura si limitano a
studiare i testi del maestro. Gli aristotelici preferiscono vivere in un mondo di carta anziché nel mondo
reale. Secondo gli aristotelici “il mondo sta come scrisse Aristotele e non come vuole la natura” se
Aristotele tornasse in vita sarebbe il primo degli errori commessi, gli stupidi sono gli aristotelici che sono
limitati al dogmatismo.
Le scoperte fisiche
Galilei è il fondatore della dinamica scientifica moderna, in particolare i suoi studi riguardano il moto dei
corpi. Galilei ha intuito il principio di inerzia ovvero il primo principio della dinamica che successivamente
verrà intuito da Newton e lo ha intuito attraverso un esperimento mentale. Per Aristotele lo stato naturale
dei corpi è la quiete, il moto invece rappresenta uno stato temporaneo collegato all’azione di una forza;
secondo Aristotele il moto può essere naturale o violento. Naturale se il movimento porta il corpo a
dirigersi verso il suo luogo naturale, il moto invece è violento se il corpo compie un movimento opposto al
suo moto naturale.
Primo principio della dinamica: Ogni corpo tende a conservare la sua condizione di quiete o di moto
rettilineo uniforme fin quando non interviene una forza esterna a modificare tale stato. Galilei rispetto ad
Aristotele ci dice che non è soltanto la quiete ma anche il corpo a rappresentare una condizione naturale
del corpo. Galilei ha scoperto la legge sulla caduta dei gravi, Aristotele ci dice che la velocità di una caduta
del corpo è proporzionale dal peso e dipende da esso. Galilei invece ci dice che tutti i corpi
indipendentemente dal loro peso cadono alla stessa velocità. Esperimento mentale: non avviene in
laboratorio; se prendiamo due corpi che hanno lo stesso peso e li facciamo cadere in contemporanea e
durante la caduta i due corpi si uniscono, la loro velocità non sarà raddoppiata. Sale sulla torre di Pisa e
porta con se due sfere di diverso peso (una di 100 libre e l’altra di una libra) Galilei le lascia cadere notando
che la sfera di 100 libre ha raggiunto tempo con un leggerissimo anticipo mentre secondo Aristotele la palla
di 100 libre doveva raggiungere la terra molto prima rispetto a quella di una libra. Legato a questa legge
galilei ha “introdotto” il concetto di accelerazione.
SCOPERTE ASTRONOMICHE
Le scoperte astronomiche di Galileo sono legate al cannocchiale, simbolo dell’alleanza fra scienza e tecnica,
perché costituisce uno strumento tecnico utilizzato da loro scienziati per le loro scoperte e per
l’affermazione di una nuova teoria cosmologica.
Le lenti erano utilizzate per gioco, per avere un’immagine deformante della realtà; il cannocchiale però
dagli oppositori (chiesa) era stato considerato uno strumento diabolico. Il merito di Galilei è quello di aver
perfezionato il cannocchiale, di averlo usato scientificamente, puntandolo verso il cielo e trasformandolo in
un telescopio. Le scoperte astronomiche di Galilei distruggono la teoria aristotelico-tolemaica. Queste
scoperte furono :
•le macchie lunari; la luna in quanto corpo celeste non è perfetto, non ha una superficie liscia, anzi rugosa.
Con le macchie lunari Galilei dimostra l’imperfettibilità (non perfezione) dei corpi celesti.
•i satelliti di Giove; Aristotele era convinto che intorno ad un corpo in movimento non potessero ruotare
altri corpi. Galilei ci dimostra invece che Giove con i suoi satelliti ruota intorno al sole e, allora, la stessa
cosa potrebbe fare la terra con la luna. (CRITICA AL GEOCENTRISMO)
•macchie solari; il sole è caratterizzato da macchie che appaiono e scompaiono; ciò indica che i corpi celesti
sono soggetti al mutamento.
•le fasi di venere; Prima di Galilei si pensava che soltanto la terra fosse un pianeta opaco illuminato dal
sole. Le fasi Venere mostrano che anche gli altri pianeti sono tenebrosi e ricevono la luce esclusivamente
dal sole.
•le stelle; puntando il cannocchiale verso il cielo Galilei si accorse dell’esistenza di miliardi di stelle. Di
conseguenza l’universo diventa molto più grande.
4) quarta ed ultima giornata, Galilei espone la dottrina delle maree: Galilei pensa che le maree siano
determinate dal moto di rivoluzione e di rotazione della Terra.
È il metodo che ha accompagnato i maggiori progressi scientifici dell'umanità. Galilei, anziché teorizzare il
metodo, si è limitato ad applicarlo. Il metodo galileiano è costituito da due momenti:
2) il secondo è il momento sintetico o compositivo. In cosa consiste? Nella verifica e nell'esperimento che
Galilei chiama "cimento". L'esperimento serve a verificare la correttezza dell'ipotesi. Se l'ipotesi si dimostra
falsa, è necessario formularne un'altra. Se invece l'ipotesi viene verificata, allora si passa alla formulazione
della legge.
La scienza, per Galilei, si fonda su "sensate esperienze" e "necessarie dimostrazioni". Per sensate
esperienze si intende l'esperienza collegata ai sensi, ovvero il momento osservativo-induttivo e il momento
sperimentale, che parte da un'osservazione di un fenomeno particolare e giunge alla formulazione di una
legge generale. L'induzione è il ragionamento che va dal particolare al generale. Questo momento è quello
più utilizzato dalla scienza, quello che Galilei ha usato ad esempio per le scoperte astronomiche.
La deduzione è quel ragionamento che va dal generale al particolare. Galilei è induttivista o deduttivista? È
entrambe le cose. Induzione e deduzione sono tra loro strettamente collegate e si presuppongono a
vicenda. Quindi, le sensate esperienze presuppongono le necessarie dimostrazioni, perché ogni
osservazione empirica viene elaborata in un contesto matematico-razionale e inoltre ogni osservazione
empirica nasce carica di teoria (parte da una teoria). A sua volta, le necessarie dimostrazioni
presuppongono le sensate esperienze, perché l'esperienza è alla base di ogni ipotesi, perché le intuizioni
nascono dall'osservazione empirica ed infine perché ipotesi ed intuizioni acquistano validità grazie alla
conferma sperimentale.
Per esperienza, non si intende quella quotidiana, perché i sensi possono ingannare. Per esperienza, Galilei
intende una elaborazione teorico-matematica dei dati, che si conclude con la verifica. L'esperienza è
l'esperimento, essa acquista valore scientifico solo grazie all'esperimento. Per verifica, invece, si intende
una costruzione molto complessa che mira a ricreare le condizioni necessarie affinché possa prodursi un
determinato fenomeno. In che modo avviene la verifica? Attraverso l'uso del laboratorio. Per la verifica, lo
scienziato si serve del laboratorio, che può essere reale ma anche ideale, e Galilei ha elaborato molti
esperimenti mentali. Es: la legge sulla caduta dei gravi.
Galilei rifiuta il finalismo e l'essenzialismo. Le opere della natura non possono essere giudicate con un
metro di giudizio umano, perché l'uomo non può conoscere ogni cosa. Quindi, il compito dello scienziato
non è quello di ricercare le cause finali, ma deve ricercare le cause efficienti. Per Aristotele, avevamo la
scienza del "perché", in Galilei diventa la scienza del ''come".
Perché critica l'essenzialismo? Perché la scienza non deve ricercare le essenze delle cose, ma deve ricercare
le leggi che regolano i fenomeni.
Galilei è prima di tutto uno scienziato e poi un filosofo. Il pensiero di Galilei contiene diverse idee filosofiche
attinte dalla tradizione o dalle dottrine a lui contemporanee. Si tratta di idee che Galilei ha rielaborato in
modo originale. Queste 4 idee sono:
1) struttura matematica del cosmo. È un’idea che Galilei riprende da Platone e Pitagora. L'Universo ha una
struttura matematica e per decifrarla bisogna conoscere il linguaggio matematico, conosciuto soltanto dallo
scienziato. Quindi solo lo scienziato può conoscere realmente la natura.
2) Galilei distingue le proprietà dei corpi in oggettive e soggettive. È una distinzione che riprende da
Democrito. John Locke parlerà di qualità primarie e secondarie. Le proprietà oggettive sono quelle
proprietà proprie di un corpo, che appartengono a quell'oggetto. Es: il peso, la grandezza, la figura, il
movimento o la quiete, tempo e luogo. Le proprietà soggettive dipendono dal soggetto che percepisce
quell'oggetto. Es: i sapori, odori, suoni, colori.
3) uniformità della natura. La natura segue un corso sempre identico, immutabile e necessario, perché la
natura è regolata da leggi, relazioni causali tra i fenomeni
4) Galilei afferma che tra conoscenza umana e conoscenza divina vi è un similare grado di certezza. Cambia
il metodo d'apprendimento, perché Dio conosce in modo intuitivo (immediato), mentre l'uomo conosce in
modo progressivo (attraverso la ragione). Cambia anche la quantità delle conoscenze possedute, perché
Dio possiede tutte le verità, l'uomo soltanto alcune.
Tommaso Moro fu un filosofo inglese, più precisamente londinese. Letterato, amico di Erasmo da
Rotterdam, critico nei confronti della politica di Enrico VIII. Si oppose alla decisione del Parlamento di
annullare le nozze del sovrano con Caterina d'Aragona per sposare Anna Bolena. E si oppose anche all'Atto
di Supremazia (1534), che stabiliva il sovrano come capo supremo della Chiesa inglese. Quali furono le
conseguenze? Fu arrestato, imprigionato nella torre di Londra, condannato a morte e decapitato nel 1535.
La sua opera principale è del 1516 e ha come titolo "Utopia". Letteralmente, utopia dal greco utopos, quindi
un "non luogo", un luogo che non esiste e non esisterà mai, un luogo ideale. In quest'opera, Moro propone
un modello di Stato ideale, conforme alla ragione. La ragione quindi diventa strumento di critica alla società
presente, e anche strumento di programmazione di una futura società perfetta. Nella prima parte
dell'opera, Moro analizza criticamente la società inglese del suo tempo, una società in cui l'allevamento ha
preso il sopravvento sull'agricoltura (in questa fase, in Inghilterra il commercio è legato soprattutto
all’allevamento). Moro afferma in modo critico che i montoni mangiano gli uomini. I montoni servono alla
produzione della lana, la merce più esportata. Quindi molte terre coltivate vengono abbandonate per
lasciar spazio ai pascoli, perché la lana è più redditizia dei cereali ad esempio. Come conseguenza, molti
contadini hanno perduto le loro terre e si è verificato un incremento della povertà, della criminalità e del
vagabondaggio. Moro critica quindi i nobili, in quanto parassiti e oziosi, non fanno nulla e approfittano delle
fatiche altrui. Critica anche i più ricchi che pensano al proprio interesse e la maggior parte della popolazione
è condannata ad una vita gravosa, miserabile, peggiore di quella degli animali.
Nella seconda parte dell'opera, Moro propone una riforma dello Stato, il suo modello di stato ideale.
Le caratteristiche di Utopia
Tutte le cariche pubbliche sono elettive, anche la carica del principe, capo di Utopia ed eletto a vita tra una
rosa di quattro candidati. Il governo dello Stato è affidato ad un'aristocrazia di sapienti (sacerdoti e
letterati). Moro è infatti religioso. Altra caratteristica, abolizione della proprietà privata, perché causa di
disuguaglianza. La terra deve essere coltivata da tutti a turno. Ogni cittadino deve occuparsi in egual misura
del lavoro nelle campagne e nella città, come anche del lavoro manuale ed intellettuale. Le ore di lavoro
giornaliero obbligatorie sono sei, il resto della giornata va dedicato al divertimento e/o agli studi.
La moneta esiste ma ha poco valore, e questo per evitare la tesaurizzazione di ricchezza, causa di
disuguaglianza. Esiste soltanto per gli scambi più semplici.
La cultura è rivolta all'utilità comune: l'uomo deve studiare per la comunità. Tutti i cittadini devono studiare
filosofia, scienze e religione, perché da sola la ragione non basta per raggiungere la felicità.
Altra caratteristica, la solidarietà è fondata sul principio di piacere che rappresenta la guida del
comportamento umano.
Rifiuto della pena di morte, perché contraria al diritto divino (Dio dice di non uccidere), da sostituire con
l'ergastolo. È contrario anche alla guerra perché tipica degli animali. La guerra è lecita soltanto per
difendersi o per appoggiare un popolo oppresso dalla tirannia.
Moro è favorevole all'eutanasia, perché di fronte ad una malattia inguaribile, non ha senso prolungare la
sofferenza.
La tolleranza religiosa. All'interno di Utopia, esistono tante religioni tutte accettate. Tutti i cittadini credono
in un dio, creatore ed ordinatore, ma ognuno lo concepisce e lo venera come crede.
Ultimo aspetto, l'intolleranza è punita con l'esilio o con la schiavitù. L'ateismo comporta l'esclusione dalle
cariche pubbliche.
È uno dei tre filosofi naturalisti. È un filosofo calabrese. È nato a Stilo. Il suo naturalismo costituisce il
fondamento di una teologia politica. Da giovane, come Bruno, entrò a far parte dell'ordine dei domenicani.
Però, a causa delle sue idee, ritenute eretiche, subì una serie di processi e condanne. Fu il promotore di una
congiura antispagnola. Il suo obiettivo era quello di creare una repubblica teocratica con lui a capo e anche
come legislatore. La congiura fu scoperta e Campanella, per sfuggire alla condanna a morte, si finse pazzo e
rimase in carcere per 27 anni, anni in cui compose le sue opere principali, suddivise in scritti politici e scritti
filosofici. La sua opera principale è la Città del Sole del 1602. Una volta tornato libero, si trasferì dapprima a
Roma, e in seguito in Francia presso la corte di Luigi XIII, sovrano all'epoca del cardinale Richelieu e
Mazzarino. Morì nel 1639.
La città del sole è un dialogo tra un nobile e un navigatore genovese e quest'ultimo racconta di aver
scoperto su un'isola equatoriale una città con caratteristiche opposte alle città europee. Il governo è
affidato ad un principe-sacerdote chiamato Sole o Metafisico. Questo principe è coadiuvato da tre principi:
Pon (potestà, si occupa della guerra e della pace), Sin (sapienza, si occupa delle scienze), Mor (amore, si
occupa dell'alimentazione e della riproduzione umana). Anche qui, vi è l'abolizione della proprietà privata,
causa di disuguaglianze e differenze fra ricchi e poveri. Anche qui c'è un lavoro obbligatorio giornaliero di
quattro ore. Poi, abbiamo la comunanza dei beni e delle donne: ogni individuo dispone dei beni di cui si
merita, c'è quindi una divisione dei beni in base al merito. La famiglia è abolita: lo Stato gestisce la
procreazione e si occupa anche dell'educazione e della crescita dei figli. Altra pilastro della città del sole è la
religione naturale, ovvero una religione innata, sempre vera, che costituisce il fondamento di tutte le
religioni positive o acquisite. Tra le religioni acquisite, Campanella evidenzia l'importanza del cattolicesimo,
perché è la religione che più si avvicina a quella naturale, anche se va riformata. Non c'è tolleranza religiosa,
perché la religione naturale è costituita da pochi principi, il più importante dei quali è l'esistenza di un Dio
unico. Infine, l'educazione si basa più sull'esperienza che sui libri. L'apprendimento avviene attraverso il
gioco, Campanella parla di imparare giocando. L'educazione è finalizzata alla formazione di adulti in grado
di svolgere le principali professioni. I migliori, come diceva anche Platone, diventeranno filosofi-sacerdoti,
destinati al governo della città.