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Bologna e Monteveglio - I Rapporti Tra Comune e Milites All'ombra Di Sant'Apollinare (Secoli XII-XIII)

I rapporti tra il Comune di Bologna e i milites provenienti da Monteveglio alla luce di alcuni atti di compravendita di immobili.

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Bologna e Monteveglio - I Rapporti Tra Comune e Milites All'ombra Di Sant'Apollinare (Secoli XII-XIII)

I rapporti tra il Comune di Bologna e i milites provenienti da Monteveglio alla luce di alcuni atti di compravendita di immobili.

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Bologna e Monteveglio: i rapporti tra Comune e milites all'ombra di Sant'Apollinare

(secoli XII-XIII)

A cavallo tra XII e XIII secolo, Bologna, come molte altre città e territori del centro-nord
Italia, subisce notevoli cambiamenti nel contesto politico e sociale, scaturiti dalle evoluzioni
dei rapporti della militia con i suoi appartenenti e con le strutture dirigenziali della società
comunale.
Una classe sociale, quella dei milites, che esprimeva il proprio potere sul piano
economico e politico, ma al contempo una realtà isolata dal restante contesto sociale da una
sorta di retaggio sacrale e che sembra affrontare alcune difficoltà agli inizi del XIII secolo,
quando i comuni adottano un nuovo sistema di governo basato sulla nomina di un podestà
straniero che inficia l'autorità della militia e le disuguaglianze economiche fra i milites si
acuiscono divenendo motivo di conflitti.
Emergono, insomma, gli elementi degenerativi che vengono considerati l'inizio della
decadenza di classe; non ultimo il tentativo forzoso dei milites di conciliare l'economia di
classe, basata sui proventi della guerra in senso ampio, con la nuova economia mercantile e
imprenditoriale delle città1.
Il Comune di Bologna non fa eccezione e questo ci consente di studiare i rapporti sociali
legati a grandi eventi civici, anche con l'osservazione di comunità più ristrette o situate nel
contado e dei loro uomini di potere.
Ci riferiamo due modelli di milites sviluppatisi in fasi diverse lungo la via Emilia dopo la
metà del XII secolo. In una fase iniziale, alcuni capitanei di origine matildica occuparono,
immediatamente dopo il loro trasferimento in città, le cariche civiche più alte e si posero al
di sopra dei discorsi sociali della città. In una seconda fase, attorno al 1200, numerose
giurisdizioni signorili vennero acquisite da famiglie della militia cittadina e molte famiglie
signorili del contado si integrarono in città. Possiamo osservare meglio questa sorta di
osmosi sociale in relazione ai rapporti che legarono il Comune di Bologna con la comunità
montana di Monteveglio.

Il bacino documentarile a cui più conviene attingere per studiare i rapporti economici tra
un Comune e altri soggetti è quello dei libri iurium, i cartulari ufficiali delle magistrature
comunali; nello specifico il Registro grosso e il Registro nuovo, inseriti nella serie
archivistica dei diritti e oneri del comune di Bologna. Per loro stessa natura, contengono per
lo più materiale documentario relativo a scambi di diritti e beni immobiliari in forma di

1 Maire Viguer 2004, pp. 15-20.

1
donazioni, compravendite ed enfiteusi. Questo offre il vantaggio di poter utilizzare un
corpus di documenti di ridotta entità, ma sufficientemente ampio da poter effettuare al suo
interno ricerche e confronti incrociati di nomi, toponimi e altri termini, e sufficientemente
omogeneo da consentirci la delimitazione di “un’area privilegiata” all’interno della più
ampia storia sociale delle due comunità interessate.

All'interno dei libri iurium bolognesi è stato possibile rintracciare 30 documenti legati in
qualche modo al termine geografico "Monteveglio"2. Tra quelli che hanno dato
maggiormente l'idea di essere stati considerati importanti dalle magistrature comunali, in
quanto trascritti in entrambi i Registri, due in particolare si distinguono per possibili spunti
di ricerca e in quanto scritti consecutivamente nei due registri (le cc. 88r e 89v-89r del
Registro grosso e le cc. 211r e 212r del Registro nuovo), caratterizzati dall'importanza data
alla chiesa di Sant'Apollinare, protagonista di contratti enfiteotecari nei confronti del
comune di Bologna; nel primo caso come possessore del bene, nel secondo caso come bene
in se stesso (trattasi del suolo dove era costruita l'omonima chiesa vecchia).
L'incongruenza di una chiesa che nel 1200 opera, in quanto proprietaria di una tubata3,
ma già inattiva in quanto definita ueteris destructe nella definizione dei confini, già
incuriosisce di per sé; è indubbio inoltre che volendo parlare dei milites di Monteveglio, la
presenza nei documenti di un cessore che deve la sua autorità di arciprete all'abbazia di
Santa Maria di Monteveglio, ci fa supporre che l'ampliamento delle nostre conoscenze su
Sant'Apollinare possa esserci d'aiuto nel dirimerci tra i vari filoni interpretativi degli atti
montevegliesi. È attraverso questa chiesa infatti che il detto arciprete opera e “commercia”
direttamente col comune e che quindi la comunità montevegliese originale, che ancora
risiede a Monteveglio entra in relazione con Bologna attraverso una comunità
montevegliese all'interno delle mura.

I documenti che riguardano il toponimo “Sant'Apollinare”, sempre nei libri iurium, sono
nove4 in totale, di cui tre sono copie di documenti del Registro grosso trascritti nel Registro

2 AsBo, Comune-Governo, Registro grosso, I, cc.18r-28r, 24v, 38r, 66v-68v, 75v, 70r, 71v, 72r, 11v, 69v,73v, 74r, 75r,
76r, 77r, 88r, 89r-89v, 106v, 106v, 113v, 109v, 109v, 111r, 112r, 112v, 113r, 189r-189v, 215v. AsBo, Comune-
Governo, Registro nuovo, cc. 180r-181v, 211r, 212r.
3 Ego quidem dominus Manfredus archipresbiter ecclesie Montis Bellii [...] consentiente et presente Ugone de Benno
patrono ecclesie Sancti / Apollenaris hoc emphyteosim instrumento, presenti die do et concedo uobis domino
Guidoni de Lambertino et domino Egidio / Pritonis procuratorio nomine pro communi Bononie recipientibus
tubatam I ecclesie Sancti Apolenaris supposite dicte plebi de Mon/tebellio sitam in ciuitate Bononia in Porta
Noua...
4 AsBo, Comune-Governo, Registro grosso, I, cc. 87v, 87v-88r, 88r, 89r-89v, 92v-93r. AsBo, Comune-Governo,
Registro nuovo, cc. RN 211r, 212r, 217r, 245v.

2
nuovo5. Stiamo parlando quindi di sei atti, tutti incentrati sulla cessione di immobili o di
diritti su questi ultimi.
Ben cinque di essi portano come anno di rogito il 1200; quattro sono accomunati dal fatto
che i beni ceduti si trovano in Porta Nova e quindi interessati dalle azioni edilizie comunali
legate all'apertura della piazza Maggiore, realizzata proprio in quell'anno.
Questi documenti possono senz'altro aiutarci a ottenere un quadro più nitido dei rapporti
esistenti tra il comune di Bologna e la comunità di Monteveglio, a patto di trovare un
elemento che consenta di accertare la presenza dei milites di Monteveglio nell'area
delimitata. Il documento più adatto allo scopo è sicuramente la c. 38r del Registro grosso: il
comune dona delle case in Porta Nova, che, limitandoci alla conoscenza data dalla
documentazione comunale, nella generazione successiva non cambiano proprietari, per cui
nel 1200 sono ancora in mani montevegliesi.
La c. 38r sarebbe così l'unico documento in cui i milites vengono nominati
esplicitamente, ma i documenti selezionati possono essere considerati il risultato di
un'azione dialogica, dalla quale, ricostruendone le tappe, la logica, la formulazione, il
registro e il contesto, è possibile risalire alla presenza nascosta dei milites montevegliesi
all'interno dei documenti e quindi valutare indirettamente i loro rapporti con il comune di
Bologna.

Considerando che i libri iurium rappresentano la voce di parte bolognese, bisogna


osservare come da un così ristretto numero di testimonianze connesse tra loro, emerga il
ruolo di primo piano svolto dalla chiesa di Sant'Apollinare: a volte compare in veste di
concessore diretto del bene, altre volte come enfiteoticario dei cessori, altre volte ancora la
sua importanza sottiene più al posizionamento planimetrico del bene che non al suo atto di
cessione.
È quindi meglio chiedersi subito se le deduzioni che potranno scaturire dall'analisi degli
interventi di Sant'Apollinare e Monteveglio nella storia documentarile e urbanistica del
comune di Bologna possano esserci utili una ricerca sui milites. Si può in effetti supporre
che parlando di una comunità che agisce in una città di inizio XIII secolo, ci si riferisca
all'azione dei suoi milites, soprattutto se si tratta di una comunità montana, esterna, ma
impiantata nel tessuto urbano bolognese. La città aveva probabilmente accolto le persone di
Monteveglio che avevano possibilità di giovarle economicamente e politicamente, quindi in
prima battuta milites e solo secondariamente appartenenti al ceto artigianale e commerciale.
In quest'ottica, la nostra chiesa di Sant’Apollinare potrebbe rappresentare quello che fu un
5 Per comodità quindi si farà sempre riferimento a documenti e carte del Registro grosso salvo dove diversamente
indicato.

3
centro di aggregazione della comunità integrata a Bologna.

Tornando ai documenti, bisogna specificare che la c. 38r non menziona affatto


Sant'Apollinare, ma è indispensabile per comprendere di quali beni trattino i documenti che
seguono e quale sia la situazione dei possedimenti montevegliesi nell'area della futura
platea maior, una generazione prima delle compravendite attuate dal comune di Bologna per
l'edificazione della stessa.
Il comune dona a quattro uomini alcune case situate nei pressi o di pertinenza della Porta
Nova. Fra loro troviamo Guidocto de Tigrimuço e Guido de Armannetto, i cui nomi possono
essere facilmente associati a quelli di Tigrimuço e Armannetto filius Ricardi, due dei cattani
di Monteveglio che firmarono l'atto di sottomissione di Monteveglio a Bologna nel 1157 6;
uomini, quindi, che all'interno della società montevegliese dovevano ricoprire un ruolo di un
certo rilievo, probabilmente cattani anch'essi. Di sicuro persone che il comune di Bologna
era interessato a tenere vicine a sé e a trattare con tutti i riguardi. Le due unità immobiliari
cedute erano poste in una posizione di sicura importanza commerciale (via di Porta Nova
era l'alternativa di transizione alla via del Mercato di Mezzo 7): trattandosi di una donazione
purtroppo non possiamo sapere il valore monetario del bene, ma trattandosi di una domus
plane e di una tubata, possiamo immaginare che non fosse basso.
I vantaggi a favore dei montevegliesi arrivano al punto che le sanzioni riguardano solo il
comune: lo stesso podestà Pinamonte afferma infatti che si ego vel mei successoribus in
communis regimine predicta omnia firmiter semper observare noluerimus pene nomine
duplum, senza fare alcuna menzione successiva dei futuri possessori.
Questo va interpretato come un atto di estrema riconoscenza verso un servigio passato o
come la volontà di convincere con lusinghe i montevegliesi a dimorare in Bologna?
La Bocchi inserisce questo atto all'interno delle pratiche di sottomissione attuate dal
comune che “impose loro [i cattani di Monteveglio] di porre la propria residenza, almeno
per una parte dell'anno, in città, tanto che nel 1177 furono perfino loro donate delle belle
case a Porta Nova, in pieno centro della città per tenerli ben bene sotto il controllo delle
autorità comunali”8.
Seguendo Hessel noi siamo più propensi a credere che si sia trattato di una ricompensa
per quei cattani che, successivamente alla battaglia di Legnano, anziché ostinarsi nella
ribellione a Bologna per seguire la parte imperiale, siano rientrati nei ranghi dei sostenitori
della Lega.

6 AsBo, Comune-Governo, Registro grosso, I, c.18r.


7 Fanti, Savelli 1966, p. 249.
8 Bocchi 1999, pp. 90-92.

4
In questo caso non crediamo sia azzardato proporre una mediazione tra le due teorie: il
comune può certamente aver ricompensato chi gli era stato fedele, ma d'altro canto, per far
sì che altri cattani fossero incentivati a seguire i loro concittadini alleati e anche per
permettere che questi ultimi potessero mantenere sulla comunità di Monteveglio una certa
influenza, doveva fornire loro un patrimonio, dei possedimenti, se non addirittura una
posizione sicura, inattaccabile dai ribelli. Le case citate nella c. 38r sembrano soddisfare
tutte queste richieste. Risulta inoltre evidente come il comune volesse tutelarsi: le case erano
facilmente requisibili in caso di nuova defezione e il fatto che fossero all'interno delle mura
consentiva di unire la loro sorte e quella dei loro proprietari a quella della città stessa.
L'importanza data ai cattani di Monteveglio al principio dell'arco cronologico preso in
esame è comunque sintomatica del fatto che nel periodo di drastica transizione racchiusa tra
la battaglia di Legnano e la pace di Costanza, il peso politico dell'appoggio di una parte
della nobiltà montevegliese era evidentemente appetibile per il comune di Bologna.
Un ulteriore dubbio che resta da sciogliere riguardo la c. 38r è perché venga nominato
Gregorio Corbellaro, il vecchio proprietario degli immobili donati. Perché il comune
dispone liberamente delle case che gli appartenevano? Morì senza eredi? O furono
sequestrate?
Riguardo la seconda eventualità, ci informa Giuliano Milani che nel 1175 “il comune
colpì tramite il sequestro dei beni alcuni nobili del contado, i capitani del Frignano, che in
precedenza avevano giurato patti di cittadinanza divenendo cives bolognesi e che in seguito,
per ragioni che in parte ci sfuggono – forse per essersi schierati con l'impero, forse per avere
preferito la cittadinanza modenese a quella di Bologna, forse infine, per entrambe le ragioni
– erano stati giudicati nemici”9.
Passando a visionare più nello specifico i documenti che riguardano Sant'Apollinare,
bisogna notare che le date riferite alle cc. 87r, 87v-88r e 88r, sono molto prossime (28 e 29
aprile del 1200). Se non si vuole accettare il fatto che quei documenti siano un caso o il
risultato di trattative avvenute frettolosamente in quei giorni, possono essere visti come gli
atti finali di processi commerciali cominciati non sappiamo quando, che le parti hanno
deciso di ufficializzare in quel momento probabilmente per praticità e disponibilità notarile.
Nello stesso discorso può inserirsi sicuramente anche il documento delle cc. 89r-89v, di
poco successivo (3 giugno).
Considerando che si tratta di beni acquistati in Porta Nova, di certo non dovevano
situarsi lontano dagli edifici menzionati nella cc. 38r, anzi, si potrebbe supporre che il
comune donasse ai cattani di Monteveglio delle abitazioni prossime, se non adiacenti, a

9 Milani 2003, p.53.

5
possedimenti di loro concittadini. In quest'ottica, Sant'Apollinare potrebbe aver
rappresentato il centro liturgico di aggregazione della comunità montevegliese residente nel
cuore di Bologna. Se così fosse, potrebbe essere interessante anche considerare
“l'orientamento politico” di Sant'Apollinare nella questione imperiale.
Il primo documento che ci si propone riguardo Sant'Apollinare è contenuto nella c. 87R:
una semplice compera da parte del comune di un'enfiteusi di una casa di proprietà della
nostra chiesa. Viene da chiedersi perché a distanza di 23 anni dalla donazione del 1177, il
comune voglia riacquistare le case nella stessa zona. Le risposte tengono naturalmente conto
del clima di grande fermento dell'elite comunale successivo alla pace di Costanza e, di
conseguenza, la necessità di trovare nuovi spazi civici pubblici 10. In linea di massima,
quindi, queste compravendite possono essere motivate direttamente dai grandi piani edilizi
per l'edificazione della curia et palatio communis.
L'effetto che però turba la nostra analisi è che in tal modo si andava a minare la stabilità
di una ben localizzata comunità montevegliese che il comune stesso aveva voluto rafforzare,
se non addirittura creare, neanche una generazione addietro.
Cosa era cambiato da allora nei loro rapporti? Sicuramente l'interesse da parte di
Bologna: dopo la distruzione del castello nel 1179, Monteveglio sembra perdere molta della
sua importanza come territorio conteso con l'impero; tanto è vero che nel testo della pace di
Costanza non viene neanche citata, cosa che invece era accaduta nel caso della pace di
Venezia di sei anni prima11. Anche quando Enrico VI acconsente a riedificare una nuova
rocca, Bologna sembra non curarsene, limitandosi ad attendere la consegna spontanea dei
montevegliesi a due anni dalla ricostruzione.
L'altro cambio di aspettative potrebbe essere letto da parte montevegliese: chi era passato
dalla parte di Bologna nel 1177, ormai faceva parte a pieno titolo della popolazione
cittadina: i cattani si erano mischiati ai milites bolognesi, occupavano cariche civiche e
amministrative. Quello che purtroppo è impossibile sapere è se si considerassero bolognesi
al punto da permettere un'iniziativa comunale che richiedesse loro dei sacrifici al
mantenimento della loro identità di inseriti dal contado.
Il costo del bene non è molto elevato, anzi, rispetto alle altre compravendite è
decisamente basso, appena 18 lire. Questo probabilmente deriva dall'ampiezza o dalla
qualità della casa ceduta, seppur comprendente anche il suolo oltre che l'alzato. È però
molto interessante l'oggetto dell'acquisto, dato che non si tratta del bene in sé, quanto di una
enfiteusi che il defunto proprietario aveva dalla chiesa di Sant'Apollinare. Pagando 18 lire il
comune diventa quindi enfiteoticario di una chiesa di pertinenza della pieve di Monteveglio.
10 Pini 1996, pp. 101-103.
11 Hessel 1910, p. 68.

6
Trattandosi di un bene ecclesiastico, quindi non passibile di vendita, questa evoluzione
contrattuale è forse scontata, ma comunque induce a pensare che nel tempo vi sia stato un
tipo di rapporto se non altro di rispetto del comune di Bologna nei confronti della pieve
succitata.
Dalla c. 87r possiamo fare alcune considerazioni valide per la maggior parte degli atti
esaminati; poco più che curiosità aneddotiche, ma utili per valutare correttamente
l'inserimento dei montevegliesi nel tessuto della militia bolognese.
Uno dei procuratori del comune è Guido Lambertini, che ritroviamo in un atto datato 8
novembre 1212 in cui “i procuratori del Comune affittano a 4 persone, lo spazio sotto le
volte dell'angolo settentrionale della torre [dell'Arengo] verso nord fino la casa di dominus
Rodolfi Pedis Ferri e le volte che formano il passaggio fra la casa di dominus Guido
Lambertini e la chiesa di S. Apollinare”12.
Non conosciamo gli altri nomi citati, ma il solo fatto che il nostro abiti in una casa
contigua, anche strutturalmente, con Sant'Apollinare lo pone nell'area di pertinenza
montevegliese. Era un cattaneo di Monteveglio “naturalizzato” bolognese? Fungeva da
procuratore del comune in quanto legato alla parte montevegliese? Di lui sappiamo solo che
doveva essere un personaggio di un certo rilievo visto che nel 1209 tenne un discorso con
cui informava il rappresentante di Ottone IV della volontà del comune di cedere Argelato e
Medicina, territori matildici sotto il controllo di Bologna. Sempre come rappresentante
comunale si recò anche a Milano, vent'anni dopo, per seguire le trattative inerenti la seconda
Lega Lombarda13.
Se però spostiamo l'attenzione avanti di qualche decennio troviamo un tale Lambertino di
Guido Lambertini, che, assieme a Michele degli Orsi e a Lamberto Bruttigari, avrebbe
catturato re Enzo durante la battaglia di Fossalta14.
Stiamo parlando del figlio del nostro Guido, che, nell'elenco dei nobili di Monteveglio di
quegli anni15 figura fra coloro che avevano possedimenti terrieri in loco, assieme a
Caccianemico di Portonario e al fratello Tommaso16.
Possiamo quindi pensare che, se Lambertino era di origine montevegliese, non di meno
lo fosse il padre.

Il secondo atto considerato rientra più nel range economico delle compravendite per la

12 Foschi 2001, p. 71.


13 Greci 2007, p. 533.
14 Passeri 1978, p. 124.
15 AsBo, Estimo della città e contado. 1249. Nobilium et exemptorum: Oliveto e Monteveglio.
16 Passeri 1978, p. 126.

7
platea maior. L'oggetto delle cc. 87v-88r, infatti, è una casa acquistata per 90 lire.
L'attribuzione del bene a proprietari montevegliesi è ipotetica; e neanche Sant'Apollinare ci
viene in aiuto in questo, poiché nel dispositivo viene nominata solo in relazione al confine
nord. Ci sono però altri due elementi che ci mettono su quella strada: l'atto è rogitato nel
chiostro di Sant'Apollinare e fra i testi risultano Guido de Munçum e Iacobinus de Ubertis,
dichiarati parrocchiani della stessa chiesa nella c. 88r.
Riguardo il primo elemento bisogna valutare il fatto che il primo atto, per quanto
stipulato il medesimo giorno, viene rogitato in ciuitatis Bononie sotto il portico del notaio
Iacopo. Possiamo quindi pensare che in questo caso la chiesa montevegliese abbia in
qualche modo un'influenza maggiore o comunque genericamente un ruolo come mediatore
fra le rappresentanze di Monteveglio e Bologna: difficile stabilire in che misura.

Del giorno successivo e del 3 giugno sono i due atti che propongono direttamente
Sant'Apollinare come attore principale della compravendita, in funzione di concessore di
enfiteusi, nel primo caso di una tubata, nel secondo caso di un casamentum. Pur trattandosi
di due atti distinti, a noi interessano alcuni elementi comuni: in entrambi vediamo
scomodarsi come cessore dominus Manfredus, l'arciprete della chiesa di Monteveglio, e
alcuni suoi canonici; parliamo quindi di un'enfiteusi diretta, di beni precedentemente
utilizzati e fruiti dalla chiesa di Sant'Apollinare. I beni in questione appartenevano a una
chiesa di Sant'Apollinare veteris e destructe già al momento di firmare i contratti, stipulati
nel chiostro di un'omonima chiesa di Sant'Apollinare, che potremmo definire nova con tutte
le riserve del caso. L'utilizzo di termini identici ci pone nella difficoltà di capire di quali
luoghi e realtà si stia esattamente parlando, ma anche cosa queste cessioni enfiteutiche
rappresentino. Con esse il nucleo montevegliese accentrato su Sant'Apollinare va
chiaramente a sfaldarsi: perché allora l'arciprete acconsente a questa apparente perdita di
coesione e quindi di potere? Ammesso e non concesso che la suddetta chiesa non abbia
potuto negare il proprio consenso, i documenti introducono un'ulteriore difficoltà per la
nostra analisi: una pensione di un denaro corrisposto ogni anno dal comune di Bologna.
Potrebbe trattarsi di una quota minima per salvare il diritto e camuffare una vendita;
secondo Passeri la corresponsione avveniva in ragione di un risarcimento dovuto proprio per
l'abbattimento della chiesa “vecchia”17.
L'ipotesi è affascinante, ma non bisogna sottintendere, con questo “rimborso”, che il
comune si fosse in qualche modo preso delle libertà che non gli fossero concesse.
L'abbattimento, insomma, difficilmente può essere visto come un atto di prepotenza dettato

17 Passeri 1978, p. 112.

8
da spregiudicatezza nei confronti di Monteveglio. Se di rimborso si tratta è più probabile
che sia servito per riappacificare dei contenziosi lasciati in sospeso, alla luce della
sottomissione del 1199.
Il fatto che i beni citati in entrambi i documenti si trovino a ridosso delle case di
Salinguerra Torelli, ci aiuta a ricollocare i beni montevegliesi in una zona di Bologna, che,
se non rappresenta ancora un centro civico, deve di sicuro avere il suo interesse sociale.
Valutando il possibile ruolo di Monteveglio nei rapporti tra Bologna e Ferrara, inoltre, si
potrebbe pensare a una sorta di “accerchiamento” del comune nell'acquistare tutti i
possedimenti adiacenti a quelli di Salinguerra, futuro dominatore di Ferrara fino alla
cacciata da parte di Azzo VII d'Este 18. La storia generale ci spinge a essere accorti: le
relazioni con Ferrara dovevano, infatti, essere sicuramente tese, dati gli stretti rapporti che
questa intratteneva con Modena e di conseguenza l'alta probabilità di un'alleanza anti
bolognese19, però già nel 1193 si era giunti a un accordo politico economico fra le due città 20
e, nell'anno che ci interessa, il 1200, già erano in embrione i movimenti amministrativi che
nel 1203 avrebbero portato all'alleanza con cui Ferrara prometteva neutralità nella lotta
contro i modenesi21. Qualche anno più tardi a Bologna cominciano a palesarsi due distinti
orientamenti riguardo la lotta che si stava svolgendo a Ferrara, tra i Torelli e gli Estensi,
circa il controllo del territorio. Verso il 1210 vi era già stata a Bologna una serie di podestà
filoimperiali, che aveva creato una situazione sociale potenzialmente favorevole ai Torelli,
ma quando il papa, che appoggiava invece gli Estensi, minacciò di trasferire lo Studio, la
città rinunciò a sostenere l'impero22.
Va in ogni caso ridimensionata l'idea di una fazione montevegliese in Bologna del tutto
succube o alle dipendenze dei movimenti politici comunali; è comunque da notare che nel
1200, Bologna si trova in una particolare fase di stallo successiva alla morte di Enrico VI, in
cui le relazioni con l'impero e con i suoi sostenitori passano in secondo piano rispetto ai
problemi immediati con le città vicine23.
Una nota più puntuale sulle cc. 89r-89v riguarda il possidente del confine sud del
casamentum ceduto, tale Albertum Catanium. I Cattani erano un'importante famiglia
nobiliare di Monteveglio; ricordiamo che il beneficio di Enrico VI del 1196 riguardava, oltre
al console Sinibaldo e agli altri cattani di Monteveglio nominati genericamente, nello

18 Vasina 1987, p. 469.


19 Hessel 1910, p. 82.
20 AsBo, Comune-Governo, Registro grosso, I, c. 59r.
21 AsBo, Comune-Governo, Registro grosso, I, c. 107v.
22 Greci 2007, p. 541.
23 Hessel 1910, p. 81.

9
specifico Pietro Botto dei Cattani24.

L'ultimo documento che prenderemo in esame risalente all'anno 1200 è nelle cc. 92v-93r:
si tratta della cessione di un'enfiteusi di Sant'Apollinare da parte di un privato. I nomi citati
ci sono del tutto estranei, salvo i procuratori del comune. A distanza di cinque-sei mesi dagli
altri atti sono cambiati i testi e anche il notaio, sappiamo però che la casa in oggetto è sita
nella guaita di San Dalmazio, presumibilmente prossima alla chiesa di san Dalmasio (attuale
via Pescherie), quindi vicini l'area sud-est della piazza Maggiore, ma sufficientemente
lontani da Porta Nova se è vero, come afferma Pini, che finirono sotto l'influenza diretta di
Porta Ravennate25. Non è molto, ma continua a confermare il fatto che la piazza che si
appresta a diventare un nuovo simbolo civico del potere del comune, con i suoi dintorni,
sembra essere, in una parte null'affatto trascurabile, di proprietà di un ente ecclesiastico di
competenza di un'altra comunità e solamente concessa al comune stesso.

In qualche modo la nostra analisi va a concludersi, sia per cronologia dei documenti che
per argomento, con la c. 245v del Registro nuovo. Stipulato nel 1244 si tratta di una vera e
propria compera, non più enfiteusi, da parte del comune di Bologna di una striscia di terreno
sita dietro il palazzo del Comune, appartenente alla chiesa di Sant'Apollinare. Questo
risponde, almeno in parte, ai dubbi suscitati dalla lettura delle cc. 92v-93r: il comune ormai
acquista ed è pieno proprietario della piazza e dei beni di cui dispone.
Può permettersi questo modo di agire perché ormai disinteressato ad avere buoni rapporti
con Monteveglio? È facile dubitare di questa ipotesi dato che accetta di pagare il terreno la
considerevole cifra di 684 lire. Sembra più che altro che il comune sia fortemente
interessato a controllare completamente un'area che sempre più con i decenni è diventata
redditizia per gli affari e i commerci e nella quale il possesso di immobili è simbolo sicuro
di prestigio. Prestigio che, quindi, nei 44 anni trascorsi dall'ultimo documento analizzato e
dalla formazione della piazza Maggiore, è rimasto nelle mani di Sant'Apollinare e di
Monteveglio.

Finora abbiamo delineato un insieme di proprietà fra cui si percepisce un legame, ma a


cui si fa fatica a dare forma, dimensione e direzione. Una serie di unità urbanistiche isolate
nella grande spianata della piazza Maggiore. Per ricostruirne la posizione, una possibilità è
colmare il vuoto tra l'una e l'altra. Al tempo delle compravendite la piazza in effetti ancora

24 Passeri 1978, p. 106.


25 Pini 1977, pp.15-16.

10
non esisteva e ognuna della case citate aveva delle altre proprietà con cui confinava, citate
nei documenti per identificare il bene stesso.
Per trovare corrispondenza e coincidenza fra i vari vicini confinanti è fondamentale che i
documenti esaminati abbiano una stretta omogeneità cronologica e territoriale. Per questa
ragione lasceremo da parte le cc. 38r e 245v, che si situano rispettivamente 23 anni prima e
44 anni dopo il corpus maggiore dei documenti, risalenti al 1200, e anche le cc. 92v-93r, che
trattano di beni situati nella guaita sancti Dalmatii.
Avendo già appurato che per Porta Nova intendiamo la porzione sud-occidentale
dell'attuale piazza Maggiore, rimangono ancora da comprendere bene le indicazioni di
orientamento che vengono date nei documenti. Quando vengono dati come orientamenti a
mane e a sero, è noto che si vuole indicare rispettivamente l'est e l'ovest, dove si trova il
sole la mattina e la sera. Più complicato è invece la decifrazione dei termini a superiori e ab
inferiori. Seguiremo la tesi secondo cui con questi termini si vuole indicare una maggiore o
minore altezza del terreno, quindi a superiori vorrebbe dire “in direzione dei colli”,
approssimativamente verso sud, e ab inferiori “in direzione della pianura”, quindi a nord,
verso la via Emilia26. Questa tesi ci viene confermata dalla c. 86v, in cui Iacobus notarii
vende la propria casa al comune di Bologna, che indica nel seguente modo uno dei confini
latitudinali: ab aquilone est domus quam vobis similiter Guido de Ganaçedo vendidit. Con
ab aquilone si intende chiaramente il nord, direzione da cui soffia l'omonimo vento di
tramontana; quello che ci interessa, però, è constatare come il confine diametralmente
opposto, quello sud quindi, viene così indicato: a superiori possidere ego Iacobus venditor.
Fatte queste premesse, partiamo dalla c. 88r, dove vengono nominati due confini che
attirano molto la nostra attenzione: un murum qui fuit ecclesie Sancti Apolenaris veteris
destructe e un casamento domini Salinguerre Ferrariae27. Ancora non sappiamo in quale
direzione collocare il murum, veniamo informati soltanto che si trova in direzione opposta
rispetto alla casa filiorum Guindatii. Rispetto alla tubata oggetto della cessione dell'arciprete
di Monteveglio al comune di Bologna, invece, sappiamo che le case di Salinguerra sono
nella direzione opposta rispetta alla via publica, che si trova ab aquilone illius tubate.
Sappiamo quindi che Salinguerra si trovava a sud e di conseguenza che il muro di
Sant'Apollinare vecchia si trovava sull'asse est-ovest. Identificando il nostro Salinguerra di
Ferrara con Salinguerra Torelli, sappiamo che i suoi possedimenti erano abbastanza vasti da
confinare, oltre che con Sant'Apollinare vecchia, con le case delle famiglie Atticonti,
Lambertazzi e Rusticani e con le chiese di Santa Giustina, San Silvestro, Santa Croce e
26 Elena Aldini, Scrivere e descrivere lo spazio urbano: la città di Bologna nella carte notarili dei secc. X-XII, tesi di
laurea, relatore Tizian Lazzari, facoltà di conservazione dei beni culturali, anno accademico 2004-2005.
27 Cfr. Tavola 6.

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Santa Maria dei Rusticani28. Rintracciando quest'ultimo edificio ecclesiastico nella mappa
del Falletti possiamo già localizzare genericamente questi beni nel quadrante sud-est
dell'attuale piazza Maggiore.
L'importanza di questo posizionamento sommario è per noi enorme considerando che le
cc. 87v-88r ripropongono, questa volta come bene in vendita, uno dei confini citati nella c.
88r: la domus di Bonusbolonius et Thomas et Laurentius filii oliim Guindatii. La casa in
questione è circondata da vie su ogni lato a esclusione di quello occidentale, a sero, infatti,
est tubata quam emistis similiter pro communi ab ecclesia Sancti Apollenaris 29. Accettando
l'ipotesi30 che si tratti della tubata vista nel documento precedente, otteniamo di poter
localizzare il muro della vecchia Sant'Apollinare sul lato ovest della tubata stessa e,
adiacente a esso, i resti della chiese monteegliese veteris destructe o il terreno su cui
sorgeva.
Non ci stupisce affatto trovare, nelle cc. 89r-89v, nuovamente l'arciprete Manfredo
intento a cedere proprio il solum in quo fuit ecclesia vetus Beati Apollenaris. Non esiste la
certezza che tale estensione di terreno fosse situata a ovest del muro succitato, in continuità
con i beni dei documenti già analizzati, ma l'altro bene ceduto nelle stesse carte, il
casamentum in Porta Nova, si trova iuxta Vivianum et Rodulfum Malgermum et Albertum
Catanium a ovest e iuxta dominum Salinguerram a est31. Si riscontra una certa difficoltà
nell'attribuire con esattezza il confine sud; citando infatti consecutivamente a mane et a
superiori et a sero non sappiamo se il termine centrale sia riferito alle case nominate prima
o a quelle nominate dopo.
Nonostante questo, prendendo come punto d'appoggio le case di Salinguerra può essere
plausibile collocare il casamentum in posizione sud-ovest rispetto alla tubata della c. 88r.
Il confine nord, indicato come curia et via Sancti Apollenaris, ci permette non solo di
considerare plausibile una contiguità fra i due beni delle cc. 89r-89v, ma anche azzardare un
ideale e non verificabile identificazione fra questa via e quella citata come confine sud della
domus delle cc. 87v-88r.
Attorno al corpo piuttosto esteso dei domini di Salinguerra Torelli possiamo collocare
ben tre dei beni citati nei nostri documenti: un agglomerato della società montevegliese nel
cuore civico di Bologna tutt'altro che indifferente. Grazie a queste considerazioni possiamo
inoltre collocare Sant'Apollinare vecchia in una posizione ben distante dal punto in cui il
Liber Terminorum posiziona la chiesa di Sant'Apollinare nuova, abbattuta nel 1250, appena
28 Bocchi 2007, pp. 235-236.
29 Cfr. Tavola 5.
30 I libri iurium raccolgono degli atti copriati molto successiva alla loro stipula originale, non è quindi impossibile una
simile imprecisione nell'ordine di documenti che riportano la medesima data.
31 Cfr. Tavola 7.

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a nord-ovest dell'attuale palazzo del Podestà. In questo modo si risolve anche l'apparente
incongruenza per cui nei documenti si parla contemporaneamente di una chiesa di
Sant'Apollinare distrutta e di una curia di Sant'Apollinare, evidentemente integra, dove
vengono rogitati gli atti.
La casa che i commissari Benencase defuncti cedono inella c. 87r, il bene più “povero”
fra quelli citati (appena 18 lire), ci fornisce la chiave per proseguire la localizzazione
lontano dal termine meridionale dato da Salinguerra e dal limitare della piazza.
I confini est e ovest sono rappresentati rispettivamente da una androna e da una via
publica, mentre i confini nord e sud sono case i cui proprietari non conosciamo 32, ma che
possiamo rintracciare esaminando i documenti con cui il Comune prendeva possesso delle
case dei vicini di Benincasa, poi dei vicini dei vicini e così via. Proseguendo da nord verso
sud nell'acquistare case fra loro contigue, dopo la c. 87v, il Registro grosso riporta le
compravendite della casa dei figli di Guindazzo e la tubata di proprietà della chiesa di
Monteveglio. Può trattarsi di una semplice disattenzione nella riproduzione, oppure di una
preferenza nello scrivere e riunire insieme gli atti riguardanti la medesima zona, uno spazio
civico identificato dalla coscienza notarile del compilatore come omogeneo, quindi
composto di unità urbanistiche prossime tra loro.
Procedendo verso nord si ritrovano elementi noti e identificabilinelle case di Iacobus
notarii, di Guido de Ganaçedo e di Lisignolus33, per poi giungere a un termine rappresentato
da una via publica. Verso sud, dopo la casa di Berta de Rufuli e quella di Ardicione Bocatius
et Brancaleone34, ci imbattiamo nuovamente nei domini di Salinguerra.
Ritrovato il nostro termine sud, possiamo ipotizzare con un po' di audacia una
localizzazione di questa fila ordinata di case, in posizione adiacente al blocco
precedentemente identificato. In questo caso potremmo considerare la via publica o la
androna citate come ideali prosecuzioni della Platea Lambertaciorum; identificare la via
publica a ovest della casa di Benincasa con la via publica a est della casa dei figli di
Guindazzo e la via publica a nord della casa di Guido de Ganaçedo e de Lisignolus con la
via publica sita a nord della tubata della carta 88r e della domus delle carte 87v-88r e
considerare la stessa come proseguimento della via ad d. Principum, ritrovabile nella mappa
del Falletti (Tav 11. e ss.).

Tirando le somme, emerge una sorprendente influenza della compagine montevegliese


inserita nel tessuto civico di Bologna, che si manifesta in una presenza diffusa nel territorio
32 Cfr. Tavola 4.
33 In ordine: AsBo, Comune-Governo, Registro grosso, I, cc. 86v-87r, 86r, 86r-86v.
34 In ordine: AsBo, Comune-Governo, Registro grosso, I, cc. 87v, 88v.

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specifico dove verrà aperta la piazza Maggiore e nel possesso dei milites e della chiesa di
Monteveglio di una buona porzione dell'area di Porta Nova.
Viene a questo punto da chiedersi chi fossero veramente questi uomini del contado che,
apparentemente senza colpo ferire, occupano a fine XII secolo una porzione del cuore civico
di Bologna e che poi, a inizio secolo successivo, troviamo perfettamente inseriti ai veritici
del comune bolognese stesso.
Per tentare una risposta sarebbe utile seguire gli spostamenti nel tempo dei singoli
milites; capire dopo l'abbandono della zona di Porta Nova quale altra zona ha accolto i
montevegliesi, se hanno continuato a essere una comunità integrata ma separata o se i
milites sono confluiti totalmente nella militia bolognese; capire il ruolo della chiesa nuova di
Sant'Apollinare fino al momento della sua distruzione per far spazio al nuovo palazzo del
comune.

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16
Tavola 1 – Mappa del Falletti del 1906

17
Tavola 2 – Registro grosso 38r.a Tavola 3 – Registro grosso 38r.b
Fines domus plane sunt huiusmodi: a mane Confines tubata sunt huiusmodi: a mane Ram.
possident filii quondam Attulini de Malafaba, a Cenapriator, a sero et meridi currunt vie
sero et aquilone currunt vie publice, a meridie publice, ab aquilone Richelda et si qui alii
Rolandinus Specie pro filio Voçareni. affines sunt.

Tavola 4 – Registro grosso 87r Tavola 5 – Registro grosso 87v-88r


[…] domum unam cum solo et edifitio […] domum una positam in Porta Nova: a
positam in Porta Nova […] habet fines: a mane sero cuius est tubata quam emistis similiter pro
est androna, a sero via, a superiori Berta de communi ab ecclesia Sancti Apollenaris ab
Rufuli, ab inferiori est domus quam emistis a omnibus alii latibus est via […].
Jacobo [...].

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Tavola 6 – Registro grosso 88r Tavola 7 – Registro grosso 89r-89v
[…] tubatam I […] sitam in civitate Bononia […] casamentum unum in Porta Nova iuxta
in Porta Nova, a domo filiorum Guindatii usque dominum Salinguerram a mane et a superiori et
ad murum qui fuit ecclesie Sancti Apolenaris a sero iuxta Vivianum et Rodulfum Malgermum
veteris destructe et a casamento domini et Albertum Catanium et ab inferiori Curia et
Salinguerre Ferrarense usque ad viam publicam via Sancti Apollenaris et do etiam eodem iure
que est ab aquilone illius tubate […]. solum in quo fuit ecclesia vetus Beati
Apollenaris […].

Tavola 8 – Registro grosso 92v-93r Tavola 9 – Registro nuovo 245v


[…] domus est sita in guaita Sancti Dlmatii […] tredecim clusos et tres pedes terreni cum
que tales habet fines: a mane possidet Albertus omni edifitio et omni eo quod est supra eum
Giulionisii, a sero et a superiori sunt vie quod habet iuxta pallatium comunis ita quod a
publice, ad inferiori possidet Bernerius muro pallati usque ad domos eiusdem ecclesie
spatium viginti pedum comunis […]

19
Tavola 10 – La zona di Porta Nova

20
Tavola 11 – Dai documenti alla piazza attuale

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