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CLGM 1 ANNO - Dispensa Costituzionale

Diritto Costituzionale Italiano Ed Europeo (Università Commerciale Luigi Bocconi)

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DISPENSA DI
Costituzionale
EDIZIONE A.A. 2021 - 2022
A cura di Alessandro D’Avino

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Capitolo 1: Lo Stato
In questo primo capitolo ci si soffermerà sul potere sociale, dal quale si procederà analizzando gli
ordinamenti giuridici, tra cui vi è lo Stato.

Potere sociale
Oggetto del diritto costituzionale, consiste nella capacità di influenzare il comportamento di altri individui.
Tramite il mezzo distinguiamo 3 tipi di potere sociale:
Potere economico: si avvale del possesso di certi beni, necessari o percepiti come tali in una situazione
di scarsità, per indurre coloro che non li posseggono a seguire una determinata condotta.
Potere ideologico: si avvale del possesso di certe forme di sapere, di conoscenza, di dottrine filosofiche
o religiose per esercitare un’azione di influenza sui membri.
Potere politico: per imporre la propria volontà tramite, come ultima risorsa, la forza, la coercizione fisica.
Tale potere col tempo viene concentrato in un’istanza unitaria, togliendolo ai privati => lo Stato. In
questo caso si parla di forza legittima, ovvero che tale uso di forza è giustificato. Max Weber (sociologo
tedesco) ha individuato tre differenti tipi di potere legittimo:
1. Il potere tradizionale: legittima coloro che attuano le credenze nel carattere sacro delle tradizioni
valide da sempre;
2. Il potere carismatico poggia sulla dedizione straordinaria al valore esemplare o alla forza eroica o
al carattere sacro di una persona e degli ordinamenti che questa ha creato.
3. Il potere legale-razionale: credenza nel diritto di comando di coloro che ottengono la titolarità del
potere con procedure legali ed esercitano il potere medesimo con l’osservanza dei limiti stabiliti
dal diritto.

Gli ordinamenti giuridici


v Definizione: Gruppi sociali tenuti insieme dal vincolo di associazione organizzativo per cui esse
cooperano al fine di perseguire diversi obiettivi per soddisfare i bisogni degli individui. Lo fanno sulla
base di alcuni principi ordinatori = regole comuni che sovrintendono al funzionamento della collettività.
Al vertice deve essere posta un’autorità, figura giuridica che deve applicare i principi ordinatori: deve
farli rispettare (garantire effettività) e usarle per risolvere le controversie.
v L’ordinamento disciplina:
§ rapporti tra i vari soggetti: sia nei rapporti tra i cittadini e coloro che governano (asse verticale),
sia nei rapporti tra i vari soggetti (asse orizzontale, diritto privato)
§ chi detiene l’autorità nell’ambito del gruppo organizzato
§ come questa autorità esercita il suo potere per applicare le regole, come irroga la sanzione
v Dottrina pura del diritto: elaborata da Kelsen. Per lui la struttura del diritto si basava su una legittimazione
dall’alto, ossia dalla costituzione che legittimava in termini di validità formale e sostanziale tutte le altre
norme. Questa teoria non considera la dimensione sociale o organizzativa del diritto: l’ordinamento non
è solo un insieme astratto di norme, ma è una istituzione umana, struttura sociale in cui operano in
concreto una serie di norme.
v Teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici: Lo Stato non è l’unico ordinamento, che si classificano
in base a:
ü Il rapporto con gli altri ordinamenti:
Originari o indipendenti che traggono la loro legittimazione da sé stessi (non hanno bisogno
di riconoscimento/legittimazione esterna).
Derivati quando necessita di un altro ordinamento detto originario (esempio l’ordinamento
regionale è un ordinamento derivato legittimato dall’ordinamento giuridico che è lo Stato).
ü della loro natura:
Necessari: non sono opzionali: la loro partecipazione dipende dall’acquisizione di uno status.
Non si diventa cittadini con una scelta consapevole, ma per effetto della nascita.
Volontari: subordinano all’adesione un atto di decisione consapevole. Esempio le
associazioni, i sindacati.
ü il profilo della localizzazione:

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A carattere territoriale: insiste su una porzione di territorio ben limitata.


A carattere non territoriale: incidenza trasversale o universale. Esempio sono le confessioni
religiose. Questo è diventato vero con la separazione tra il potere spirituale e quello
temporale.
ü I rapporti interni:
fluidi (diffusi o paritari): pari ordinazione degli individui, senza gerarchia. Esempio quello
sportivo.
concentrati o autoritario: c’è squilibrio di potere tra i governanti e i governati. Esempio la
Chiesa.
ü La natura dei fini:
Ordinamenti a fini generali (politici): pluralità di scopi (politici, economici, tutela della salute).
Ordinamenti a fini particolari: ad es. confessioni religiose
Lo Stato
Definizione: forma storica di organizzazione del potere politico che esercita il monopolio della forza
legittima in un determinato territorio e si avvale di un apparato amministrativo.
Nome: deriva da “status” che indicava la condizione di un soggetto, il suo modo di essere. Cambia
significato tramite “Il Principe” di Macchiavelli.
Stato come ordinamento giuridico: è originario, necessario, territoriale e a fini generali.
Nascita: Lo Stato:
v Un tempo poteva nascere in via originaria, ovvero ci si stanziava su un territorio. Oggi giorno è
difficile.
v Ora può nascere in maniera derivata
1. con trasformazione di uno stato già esistente:
a) Per Secessione: distaccamento di un pezzo dello Stato (esempio la Secessione in cui il
Montenegro si è distaccato dalla Serbia).
b) Per disgregamento di uno Stato esistente, esempio i Balcani che un tempo univano più
Stati. Ovviamente il disgregamento provoca problemi a livello internazionale.
2. Estinzione di uno Stato:
a) Estinzione per frazionamento: frazionamento di Stati che in precedenza erano costituiti
da una pluralità di altri ordinamenti. Diversamente dalla disgregazione, il frazionamento
comprende stati diversi che si sono formati da uno che non esiste più e il vincolo tra lo
stato originario e i nuovi è più labile. Esempio Unione Sovietica.
b) Estinzione per incorporazione: esempio risorgimento del regno sabaudo che incorpora
il regno delle sue Sicilie
c) Estinzione per aggregazione: repubblica federale di Germania ad ovest e Repubblica
popolare di Germania ad est, negli anni 90 si riuniscono e creano aggregandosi uno
Stato nuovo.
3. sulla base di uno stato che già esisteva (transizione o continuità costituzionale).
a) Potere costituito: è stato disegnato il perimetro e quindi c’è una regolarità formale nel
passaggio da uno Stato ad un altro.
b) Potere costituente: (non è legittimato come il costituito) Rompe l’ordine
dell’organizzazione sociale per creare un nuovo stato. Questo può accadere per
esempio in seguito a un colpo di Stato, quindi all’interno, o attacchi dall’esterno (questi
due sono momenti costituenti).
Stato come apparato: Lo Stato si differenzia da altre organizzazioni politiche che pure hanno realizzato
il monopolio della forza legittima in un determinato territorio per la presenza di un apparato
organizzativo servito da una burocrazia professionale.
A) Stato assoluto: l’apparato statale civile era alle dipendenze della corona.
B) Stato liberale: le funzioni pubbliche divise tra più organi. La persona giuridica è la figura soggettiva
cui l’ordinamento attribuisce la capacità di agire in modo giuridicamente rilevante e di costituire
centri di imputazione di effetti giuridici. Tipi di Stato:
- Stato persona: apparato dello Stato, l’organizzazione del potere pubblico
- Stato comunità: l’intera organizzazione sociale, la società civile pluralistica

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- Stato ordinamento: l’insieme dei due fenomeni, la somma dello Stato persona e Stato
comunità.
Ufficio e Organi: unità strutturale elementare dell’organizzazione. Per adempiere ai suoi compiti lo Sato
deve poter instaurare rapporti giuridici con altri soggetti. Per farlo vi è una piccola categoria di uffici: gli
organi => uffici particolarmente qualificati da una norma come idonei ad esprimere la volontà della
persona giuridica e ad imputarle l’atto e i relativi effetti. Classificazioni:
v Organi rappresentativi (i cui titolari sono eletti direttamente dal corpo elettorale o collegati a organi
elettivi) e organi burocratici (preposte persone che professionalmente prestano la loro attività in
modo pressoché esclusivo a favore dello Stato)
v Organi attivi (decidono per l’apparato di cui sono parte, compito deliberativo), consultivi (danno
dei consigli, pareri, ai primi) e di controllo (devono verificare la conformità delle norme). I pareri
espressi dagli organi consultivi si distinguono in:
ü Parere facoltativo: facoltà degli organi deliberativo di richiederlo
ü Parere obbligatorio: qualora essi debbano essere obbligatoriamente richiesti
ü Parere vincolante: che devono essere obbligatoriamente seguiti
v Organi costituzionali
Elementi costitutivi: La dottrina pubblicista e di diritto internazionale identifica 3 elementi costitutivi
dello Stato:
1. La sovranità;
2. Il territorio;
3. Il popolo;
4. Alcuni ritengono anche il riconoscimento internazionale come quarto elemento costitutivo.
Tuttavia, questa inclusione è molto controversa.

La sovranità
Costituisce l’esercizio del potere dello stato.
ð Tipi:
§ Esterna: originarietà e indipendenza, indipendenza giuridica rispetto agli altri ordinamenti
giuridici statali rispetto al contesto internazionale.
§ Interna: riconoscimento dell’autorità e titolarità della sovranità allo stato nei confronti di tutti gli
altri soggetti che operano al suo interno à superiorem non reconoscens = non riconosce nessun
altro ordinamento giuridico al suo interno, i quali sono sottoposti alla sovranità statale.
ð Può essere esercitata secondo tre teorie:
Teoria della sovranità della persona giuridica Stato: configurato da un vero e proprio soggetto
di diritto, titolare della sovranità, un ente astratto slegato dalle persone fisiche che lo co-
governano.
Teoria della sovranità della nazione => tipico della società francese: identificazione della nazione
con la classe sociale borghese che rivendica i suoi interessi, che si differenzia da nobiltà e clero.
È sorta con due funzioni:
o Diretta contro la sovranità del re
o Svolgere il ruolo di collettività omogenea che metteva fine all’antica divisione del Paese
in ordini e ceti sociali.
Teoria della sovranità del popolo =(Rousseau) la sovranità appartiene alla comunità politica di
riferimento, ossia coloro che hanno la cittadinanza di quello stato che però deve essere
esercitata nelle forme (ossia tramite i meccanismi della democrazia rappresentativa) e limiti
imposti dalla costituzione => tipico del caso italiano.
ð La sovranità non è universale, come accadeva in passato, ma esistono alcuni limiti imposti. Questi
limiti sono sorti per 3 circostanze:
1) La sovranità popolare non si esercita direttamente, ma tramite un sistema rappresentativo
basato sul suffragio universale.
2) Diffusione di Costituzioni rigide che possono essere modificate solamente attraverso procedure
complesse

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3) L’affermazione di organizzazioni internazionali. In questo caso si limita la autorità per la pace e


tutelare i diritti. Il processo è stato avviato con il trattato istitutivo dell’Organizzazione delle
Nazione Unite: ONU. La limitazione della sovranità diventa molto più evidente con la creazione
di organizzazioni sovranazionali.
Il territorio
Area delineata da confini su cui lo stato esercita la propria autorità sovrana. Sfera di applicabilità oggettiva.
Il territorio: non si intende che appartiene allo Stato a livello privatistico. Comprende:
§ Terraferma: tutte le terre emerse (i confini sono sempre convenzionali ed è di concetto relazionale tra
più territori. Solitamente è più facile in caso di confine naturale. Ci sono anche confini segnati con il
righello come nella zona africana).
§ Mare territoriale: prima con i cannoni, ora sono 20 miglia (il libro dice 12). Tuttavia, è controverso, per
esempio il conflitto del mare cinese dove vi sono degli arcipelaghi che si trovano a est posti tra
Vietnam/Cina da un lato e Filippine dall’altro. Sono rivendicate dalla Cina perché espanderebbe il
proprio controllo del mare. Diritto di Hot pursuit => le autorità di uno Stato hanno il diritto di inseguire
chi ha commesso un illecito nelle acque dello stato anche nel mare aperto.
§ Piattaforma continentale: parte del fondale del mare non particolarmente profonda (di solito 200 m di
profondità) prossima ai confini, che può essere sfruttato dagli stati costieri per la estrazione di petrolio
o altro. Si estende anche oltre il mare territoriale, ma su questo mare aperto a livello di imbarcazioni non
si può intervenire.
§ Inoltre, le navi e aerei (aria e acqua) sono registrati presso uno stato = quando sono in volo o
navigazione al di fuori dei confini territoriali, quelle imbarcazioni o aerei equivalgono a territorio di quello
stato e perciò si applica quella giurisdizione
Minacce al controllo che lo Stato ha sul Territorio:
a. globalizzazione, ovvero la creazione di un mercato mondiale in cui i fattori produttivi si spostano con
estrema facilità da un Paese all’altro. I fattori che hanno portato alla globalizzazione:
v Il progresso tecnologico nel campo dei trasporti e delle comunicazioni
v La smaterializzazione delle ricchezze tradizionali
v L’importanza strategica ed economica di altri beni immateriali
v Sviluppo informatico e la creazione di reti telematiche
v Lo sviluppo di sistemi produttivi flessibili
b. Trattato di Lisbona: ha istituito un’area di libertà sicurezza e giustizia. Riduzione della rilevanza delle
frontiere interne. Non solo le merci ma anche le persone possono circolare liberamente da uno Stato
membro all’altro. “Zona Schengen”.

Il popolo
Insieme di soggetti coloro a cui è riconosciuta la cittadinanza in seguito alla nascita (o anche
successivamente in casi particolari). Ci sono una serie di doveri come quello di lealtà, partecipazione alle
tasse. Non si sovrappone con il concetto di popolo quello di:
a) popolazione, che invece è l’insieme sia dei cittadini che i non cittadini stazionati sul territorio.
b) Corpo elettorale: non tutti i cittadini sono elettori o sono eleggibili (solo quelli che hanno superato una
certa soglia di età e che non hanno avuto sentenza che li estromettevano dalla politica)
c) Nazione: un popolo può essere caratterizzato da più nazioni. Esempio è la Iugoslavia alla fine del
ventesimo secolo.
v La disciplina della cittadinanza: è sempre disciplinata dai singoli Stati. Può essere acquisita:
per nascita:
§ si acquisisce quella dei genitori. (ius sanguinis) tipica degli stati di emigrazione (come gli stati
europei che avevano molti cittadini che emigravano in America o sud America. Previsto in
Italia.
§ Ius soli: nascita sul territorio dello Stato: tipico degli Stati tipici di immigrazione. Viene
concessa anche con genitori ignoti o apolidi in Italia.
alcuni fatti successivi alla nascita (iuris communicatio): nel caso di provvedimenti giurisdizionali
che riconoscano rapporti di parentela, oppure adozione straniero da cittadini italiani o matrimonio
tra cittadino straniero e italiano. Non è automatica: viene concessa per istanza individuale.

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naturalizzazione (volontaria). Iuris electio: dipende da istanza (scelta) individuale del soggetto che
può essere concessa dagli organi dello stato, ministero degli interni o decreto presidenziale.
Concessione cittadinanza a soggetti nati in Italia da genitori stranieri => fino a 18 anni sono
cittadini stranieri, al compimento del 18esimo anno può richiedere la cittadinanza. Straniero
residente in modo permanente in Italia => può richiedere la cittadinanza dopo 10 anni. Si può
rinunciare alla cittadinanza e si può anche decadere dalla cittadinanza (provvedimento
significatamene grave).
v Cittadinanza europea: introdotta con il trattato di Maastricht. Ogni cittadino degli Stati membri
acquisisce anche la cittadinanza dell’unione europea. All’estero, inoltre, su può richiedere l’assistenza
consolare degli Stati membri. Per esempio, in uno Stato Asiatico in cui non vi è il consolato italiano, un
cittadino italiano può rivolgersi al consolato francese. La cittadinanza europea fornisce inoltre il diritto
di circolare liberamente (tranne limitazioni). I cittadini dell’Unione che intendono partecipare alle
elezioni per il rinnovo degli organi comunali e circoscrizionali, devono chiedere l’iscrizione in
un’apposita lista elettorale. L’iscrizione permette, oltre al diritto di voto, l’eleggibilità (tranne che di
sindaco e vicesindaco).

Capitolo 2: Forme di Stato


Ø Definizione:
Descrive il rapporto che intercorre tra autorità (organi che esercitano potere di comando
coercitivo) e società civile (cittadini o sudditi a seconda del rapporto tra sovranità e individui, ossia
coloro governati dagli organi che esercitano autorità). La forma di stato ci serve per capire e
differenziare il modo in cui lo Stato opera.
Descrive scopi a cui si orientano le autorità => insieme di principi e valori cui lo stato ispira la sua
azione.
Ø Forme di governo: si distinguono dalle forme di stato, poiché sono i modi in cui il potere è distribuito tra
gli organi principali di uno Stato-apparato e l’insieme dei rapporti che intercorrono tra essi. Tra forme di
governo e forme di stato intercorre un rapporto di strumentalità.
Ø Utilità: analizzando la forma dello stato, è possibile capire come uno stato gestisce:
ü repressione delle condotte antigiuridiche => come si irroga una sanzione
ü allocazione di beni e servizi ai cittadini
ü istituzione e assegnazione dei poteri pubblici a determinati soggetti e organi
ü in che modo chi esercita sovranità (potere di imperio) si rapporta con chi è destinatario della sua
autorità (sudditi o cittadini)
Ø Prima dello Stato:
v Periodo: Medioevo (dal 476, deposizione di Romolo Augusto alla scoperta dell’America, 1492) =>
in questo periodo il modo in cui è esercitato il potere politico è frammentato.
v Caratteristiche:
1. c’è una confusione tra rapporti di natura pubblicistica e rapporti di natura privatista => ci sono
dei soggetti che hanno rapporti di preminenza su un determinato territorio (feudatari): Assetto
feudale: rapporto fiduciario tra i proprietari della terra (feudatari).
2. Ogni anello della catena è legato solo al suo superiore: La gerarchia in questo caso vede
sopra il re, poi i vassalli, i valvassori e i valvassini.
3. L’ordinamento feudale è caratterizzato da una serie di accordi a natura pattizia in cui vi è uno
scambio tra un lavoro/parte del raccolto di chi sta alla fine della catena, nei confronti di quelli
sopra di loro, per protezione nei confronti di altri.
4. L’economia è una economia chiusa che si basa sulle corti => il signore che ha il suo castello
e il contado che gli gira intorno.
v Crisi: Questo modello in Italia va in crisi quando:
§ iniziano a comparire i Comuni.
§ 1517 si diffondono le tesi di Wittenberg di Martin Lutero che provocano tumulto fra religioni.
Tali tensioni riesplodono nella Guerra dei trent’anni.
§ 1648: Pace di Westfalia che in realtà sono due trattati: pone fine alla guerra dei Trent’anni e
permette a ciascuno stato di intervenire a livello internazionale come pari agli altri, e far stabilire

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autonomamente i propri rapporti. Questa pace ridisegna la carta geopolitica dell’Europa. Qui
finisce il vero e proprio ordine medievale e fa nascere la visione di Stato. Punto fondativo dello
stato moderno perché riconoscono una capacità* di diritto internazionale a ciascuno stato.
*capacità = sovranità esterna
§ Già nel Cinquecento, di fatto, Francia e Spagna erano stati assoluti ma convenzionalmente si
prende come data il 1648 perché in quel momento termina l’ordine giuridico medievale e si
afferma stato moderno.
Ø Distinzione: Distinguiamo le forme di Stato anche sulla base dei fini che perseguono. I fini sono
molteplici, e variano da epoca a epoca. Queste diverse specie di forme di stato (e anche, come
vedremo, le forme di governo) sono degli idealtipi, cioè dei modelli, ovvero concetti riassuntivi di tratti
ricorrenti in una pluralità di sistemi costituzionali concreti. Distinguiamo le forme di Stato in base a:
1. La rappresentatività del Capo dello Stato;
2. La loro evoluzione storica (classificazione diacronica);
3. In che modo il potere politico viene esercitato sul potere dello Stato (classificazione sincronica).

Distinzione sulla rappresentatività del Capo dello Stato


(risale all’incipit dell’opera “Il Principe di Machiavelli). Distinguiamo due diversi tipi:
1) Monarchie (che sono tali se la trasmissione del Capo di Stato avviene per discendenza, ossia per stirpe
in via ereditaria)
2) Repubbliche: capo dello stato è eletto dal corpo elettorale.

Distinzione sull’evoluzione storica


(come si è evoluto nel tempo dalla nascita convenzionale dello Stato assoluto fino allo stato democratico
moderno, ovvero negli ultimi 3 secoli). Distinguiamo in:
1. Stato assoluto;
2. Stato liberale;
3. Stato autoritario;
4. Stato totalitario;
5. Stato di democrazia pluralista.

Stato assoluto
Tempo: Nasce intorno alla metà del 600 (Francia, Spagna) e verso la fine del 700 adotta la forma di
stato di polizia (Prussia e Austria).
Definizione: Il fine dell’azione pubblica coincide con il “fine” del Sovrano. Il re è parametro della legalità.
Poteri del re: È unica fonte di produzione del diritto ed è svincolato dalla legge, a legibus solutus, a
eccezione delle regole della successione (questo perché si riteneva fosse un potere di origine divina).
Il Sovrano dispone della forza coercitiva pubblica (polizia) e amministra la giustizia (indiretta,
nominando giudici).
Corona e Re: sono diverse i quanto il re è una persona fisica, mentre la corona è un organo dello Stato.
Caratteristiche: Le guerre costano molto in termini monetari e di risorse, perché bisogna costruire le
macchine da guerra, fabbricare le armi, pagare gli operai => nell’ambito dello Stato assoluto nasce un
sistema di fiscalità che permette l’inizio di una burocrazia che non esisteva nel regime feudale.
Esempi:
a. Francia: non vennero convocati gli stati generali per la maggior parte del Seicento fino al termine
del Settecento, mentre la nobiltà feudale venne sottomessa allo Stato, accettando come
compensazione la prospettiva di entrare a fare parte della corte del Re a Versailles.
b. Inghilterra: l’assolutismo si affermò solo parzialmente nel Cinquecento con la dinastia dei Tudor,
mentre nel secolo successivo fallì il tentativo degli Stuart, a causa di tipo sociale (alleanza
borghesia e aristocrazia) tipo giuridico.
c. Prussia e Austria (Mariateresa e Giuseppe II): Stato di polizia. Deriva dal termine politeia, ovvero
cittadinanza. Infatti, lo Stato di polizia inizia a porsi delle domande sui fini da perseguire e sul
benessere dei propri cittadini, poiché la forza di uno Stato viene misurata non più solo secondo
l’ambito militare, ma anche per quello economico. Lo Stato di polizia (detto anche dispotismo

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illuminato) è l’ultima fase prima della trasformazione in Stato liberale. In esso la scelta dei mezzi
rimane al re => se l’azione dello stato è indirizzata al popolo; tuttavia, questo non partecipa al modo
in cui si decide come l’azione statale viene eseguita (ad es. nasce ufficio del catasto)

Stato liberale
Tempo: del XIX secolo. Si ha a partire dalle rivoluzioni a fine 700 fino alla Prima guerra mondiale.
Classi sociali: Lo Stato assoluto era stato caratterizzato da classi sociali privilegiate, come la nobiltà e il
clero. Nello Stato liberale inizia a emergere la Borghesia, che inizia a rivendicare a fine 700:
§ Libertà per le sue attività economiche
§ Partecipazione a scelte politiche e decisioni sulla tassazione. Vuole una propria rappresentazione
per gli interessi di questo gruppo sociale sempre più rilevante.
Nascita: la nascita degli Stati liberali è avvenuta in seguito a tre diverse tappe storiche:
1. Inglese: non ha mai avuto una situazione assoluta, causata da una serie di conflitti. Da secoli
esistevano assemblee territoriali che rappresentavano gli interessi di determinati soggetti
imponendo ai sovrani delle prerogative di rispetto delle libertà individuali (era stato fatto già a
partire da Magna Charta Libertatis del 1215). La monarchia Stuart fa violenza a questo
meccanismo rifiutandosi di chiamare il Parlamento per molti anni. Prima c’è la caduta di Carlo I
(poiché il Parlamento negava che il re potesse imporre nuovi tributi senza il suo consenso, si sfociò
in una guerra civile che portò all’esecuzione del re nel 1649) e l’istaurazione della repubblica di
Oliver Cromwell, poi torna la monarchia con Carlo II. Fu il suo successore, Giacomo I, a cercare di
realizzare un importante mutamento polico-costituzionale. I Whig e i Tory si coalizzarono contro il
re, che scappa e si considera come abdicazione. Infine, la corona inglese viene offerta a Guglielmo
d’Orange a patto che stipuli nel 1689 la Bill of Rights che vincola e limita il potere del sovrano.
2. Americana: essendo gli stati uniti delle colonie dell’Inghilterra, nel corso dell’800 crescono con
imposte, Dazzi da pagare alla madre patria, rendendo i cittadini americani sempre più insofferenti.
Inoltre, molti dei cittadini erano emigrati da luoghi con regimi oppressivi. Gli americani risposero
invocando il principio inglese secondo cui era da considerarsi illegittima qualsiasi tassazione che
non fosse approvata dai loro rappresentanti eletti. Dopo il Boston tea party del 1773 iniziarono
varie rivolte che portarono alla richiesta di indipendenza, poi la guerra dell’indipendenza (di durata
settennale), che sfocia nel 1787 alla costituzione americana, approvata nella Convenzione di
Filadelfia di 13 colonie. Questa costituzione è breve, non ha all’inizio un catalogo dei diritti dei
cittadini => non volevano limitare il potere delle varie colonie. Alla fine, un catalogo dei diritti viene
approvato 4 giorni dopo.
3. Francese: Nel 1789, dopo che gli stati generali non erano più stati convocati per molti anni,
vengono riconvocati su pressione della borghesia dopo una crisi economica significativa e
accade che la Borghesia si ribella al meccanismo di voti per ceti (stesso peso voto nobiltà, clero e
borghesia, anche se la borghesia rappresentava la quasi totalità della popolazione). Il primo
ministro del Re, Nicker, aderì alla richiesta, ma gli stati generali una volta riuniti si autoproclamarono
assemblea nazionale con scopo di dare una nuova costituzione. Ci fu una vera e propria reazione
ad ancieme regime e ribaltamento dell’ordinamento per cui è approvata la Dichiarazione diritti
dell’uomo e del cittadino (1789) => art. 16: società che non ha tutela dei diritti o separazione dei
poteri non ha una costituzione. Gli eventi rivoluzionari falliscono nell’arco di un ventennio:
vengono approvate 6 costituzioni diverse prima del bonapartismo, quindi, non venne data
stabilità alle conquiste ottenute; tuttavia, c’è stato un meccanismo di reazione alla concentrazione
dei poteri nelle mani della corona. Dopo congresso di Vienna (1815) con la Restaurazione ci
saranno i moti e le costituzioni concesse da sovrani (es. statuto albertino), per cui il potere non è
più unicamente nelle mani del sovrano. Si assiste ad una trasformazione da stato assoluto in stato
liberale.
Caratteristiche:
ü Stato monoclasse, poiché rappresenta gli interessi unicamente della classe borghese.
Ø Finalità garantistica: lo Stato deve assicurare al cittadino di esercitare libertà civili senza
intromettersi => metafora del cerchio magico = cerchio in cui è racchiuso ogni individuo e in
cui lo stato non può intervenire. In particolare, garantiva il diritto di proprietà. Sotto questo

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profilo viene scritto il principale manifesto dello stato liberale: “Due Trattati sul governo” di
Locke.
Ø Segue l’idea di stato minimo: stato che deve garantire libertà, ma non interviene del tutto nelle
dinamiche dei rapporti sociali e si disinteressa sfera economica lasciata al libero mercato (le
forze sociali devono ristabilire eventuali storture del mercato). Questo implica un basso livello
di tassazione e il pareggio di bilancio.
Ø Principio di libertà individuale: libertà nella quale lo Stato non può interferire (libertà di
domicilio, libertà di circolazione etc).
ü Separazione dei poteri. Le costituzioni sono rigide: non è sufficiente per modificare la costituzione
approvare una legge, ma chiede dei passi in più. L’organizzazione del potere:
o Potere legislativo => assemblea elettiva, parlamento. Viene eletto ma il suffragio è limitato alla
classe borghese ed è su base censitaria = solo coloro con un determinato reddito possono
partecipare al voto: il principio rappresentativo è tale ma solo in parte perché rappresenta gli
interessi di un determinato gruppo sociale.
o Potere esecutivo => capo stato (tendenzialmente monarca). Deve dare assenso alle leggi
approvate al parlamento
o Potere giudiziario => giudici nominati da re che iniziano ad emanciparsi
ü Principio di legalità: eguaglianza in senso formale, imperio della legge riconoscimento diritti
individuali. Con questo principio si supera il principio del particolarismo giuridico.
ü Codificazioni: Di due tipi:
v Codificazioni costituzionali: volto a consacrare in un unico documento i principi sulla titolarità
e sull’esercizio del potere politico. Sono flessibili, possono essere modificate dal legislatore
ordinario con legge ordinaria. Le costituzioni moderne sono rigide.
v Codificazioni civili e penali: tendenza a racchiudere in un codice civile le regole sui rapporti
privati, in modo che formassero un corpo sistematico e coerente di regole dotate dei requisiti
di generalità, astrattezza e certezza. Modello era il codice napoleonico.
ü Principio rappresentativo: rappresentazione dell’intera nazione, l’intero popolo.
ü Legame con economia di mercato: l’economia di mercato è connessa a un modo di produzione
capitalistico, basato sulla distinzione tra i soggetti proprietari dei mezzi di produzione ed i soggetti
che vendono ai primi la loro forza lavoro. Si basa sul libero incontro tra domanda ed offerta di un
determinato bene.
§ Il modello assoluto ostacolava una nuova economia a causa dell’assenza di unitarietà e di
coerenza delle leggi, dell’incertezza dei rapporti economici tra i soggetti, dovute al
particolarismo giuridico.
§ L’economia di mercato condusse alla formazione di una società civile distinta e separata
dallo Stato.

Stato Autoritario
Nel primo dopoguerra, alcune esperienze statali (come in Italia e in Germania) attraversano una fase come
stato autoritario, all’interno del quale gli scontri tra borghesia e operai vengono risolti reprimendo le libertà
e schiacciando il movimento operaio.

Stato Totalitario
C’è una completa fusione tra corpi intermedi e stato e culto della figura del Fuhrer (assunto dalla
Germania). In alcune esperienze si ha lo stato socialista o comunista (ad es. Unione sovietica) in cui si ha
una forma di stato simile a quello autoritario, ma che si forma su collettivizzazione mezzi di produzione e
pianificazione centralizzata delle attività economiche (esso non è del tutto scomparso, ad es. Cuba, Cina).

Stato Di Democrazia Pluralista


Tempo: dopo la Seconda guerra mondiale. Aumentano dinamiche con seconda rivoluzione industriale
da fine Ottocento e con comparsa del proletariato (quarto stato).

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Definizione: stato in cui si allarga il suffragio e la partecipazione politica a classi sociali che erano
prevalentemente escluse, con un sottotipo che è quello dello Stato sociale, che è uno stato che
persegue i fini dei cittadini come la fornitura di assistenza sociale (pensioni), sanità, istruzione. Il
passaggio dal precedente tipo di Stato a questo è stato favorito dalla seconda rivoluzione industriale.
Fattori determinanti: 3 trasformazioni hanno permesso l’avvento dello Stato democratico pluralista:
1. La configurazione degli organi elettivi come luogo di confronto e di scontro di interessi eterogenei
2. Il riconoscimento, insieme ai diritti di libertà garantite dallo Stato liberale, di diritti sociali come
strumenti di integrazione nello Stato dei gruppi sociali più svantaggiati.
3. L’affermazione dei partiti politici di massa.
v I partiti politici erano presenti anche nello Stato liberale, ma avevano caratteri profondamente
diversi (erano ristretti gruppi di persone, legati da grande omogeneità economica e culturale,
eletti da poche centinaia di persone, che spesso conoscevano il candidato). Negli stati
democratici pluralisti si sono affermati dei partiti caratterizzati da una solida struttura
organizzativa, che ha consentito loro di essere radicati nella società e di diventare strumenti
di mobilitazione popolare e di integrazione delle masse nelle istituzioni politiche.
v Fenomeni che ne hanno permesso l’introduzione:
o Affermazione del suffragio universale
o Conflitto sociale => i gruppi sociali deboli, come la classe operaia, hanno gradualmente
trovato, nell’aggregamento di strutture collettive, il potere basato sul controllo dei mezzi
di produzione. Si basano sull’ideologia socialista. In Italia vi erano il Partito socialista
italiano e il Partito popolare italiano.
v Effetti: sono due:
§ Da un lato, come si è detto, alla comune accettazione dei valori della democrazia
pluralista in molti paesi
§ Dall’altro, alla formazione di altri tipi di stati, come gli stati totalitari. Questo è il caso:
A. Tedesco: (Stato nazionalsocialista) costituzione di Weimar => prima costituzione a
riconoscere e garantire diritti sociali. Dopo i primi anni la “coalizione di Weimar”
formata dai partiti più forti perse progressivamente consenso, aumentando la forza
dei partiti che contestavano apertamente il sistema. Non si riuscivano a formare
governi, e si optò per i Governi-presidente (governi che si basavano
esclusivamente sull’appoggio del presidente). In questo contesto caratterizzato da
una mancanza di attaccamento agli istituti democratici ha potuto avere fortuna il
partito nazionalsocialista di Hitler. Nella confusione Hitler si fece nominare
cancelliere => leggi per avere pieno potere e far sciogliere tutti gli altri partiti.
B. Italiano: (Stato fascista) In Italia vi erano principalmente 3 tipi di correnti politiche:
liberale, socialista e cattolica. Il Re affidò la guida a Giolitti, che non riuscì a risolvere
i conflitti tra i partiti. Nasce il partito nazionale fascista di Benito Mussolini. Episodio
della marcia su Roma: il Re nomina Mussolini presidente del consiglio. Il passaggio
a stato totalitario avvenne lentamente: legge Acerbo (2/3 dei seggi alla lista con il
più alto consenso), l’Aventino, l’omicidio Matteotti, lo scioglimento di tutti i partiti
tranne quello fascista. Ora, invece, è presente un principio pluralista nella
costituzione Italiana, che riconosce il pluralismo dei partiti (49) sindacale (39) delle
confessioni etc.
C. URSS: (Stato socialista): dittatura del proletariato con la quale si sarebbe dovuto
emarginare la classe antagonista, cioè la borghesia, per arrivare a una società
senza classi. Si reggeva sull’abolizione della proprietà privata e sull’attribuzione allo
Stato del dominio di tutti i mezzi di produzione. Economia collettivista. La forza
statale trovava giustificazione negli stati esterni che minacciavano il mantenimento
dell’ordinamento rivoluzionario.
Caratteristiche:
1) Statuto pluriclasse: fa la sua comparsa il quarto stato, ovvero i lavoratori salariati che chiede una
rappresentanza dei propri interessi. Tali tipi di Stato hanno affrontato il problema della coesione

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sociale, attuando compromessi politici (riconosce l’economia di mercato e i diritti su cui si fonda, e
al contempo la limita)
2) Pluralismo di formazioni sociali (operano per la realizzazione degli interessi comuni ai loro
componenti) e di formazioni politiche (finalità il controllo del potere politico e degli enti politici sub
statali).
3) Garanzie libertà fondamentali di interessi diversi (si perde l’idea di un interesse generale). Strumenti
di garanzia come i tribunali o le corti costituzionali che non esistevano nello stato liberale. La
mancanza di un interesse generale ha permesso di assicurare la più ampia garanzia costituzionale
alla libertà di manifestazione del pensiero ed al pluralismo dei mezzi di comunicazione.
4) Processi di modifica delle costituzioni aggravati ed è vietata la modifica di disposizioni che
disciplinano i diritti fondamentali.
5) Separazione dei poteri: teoria dei cicli funzionali, per i quali non c’è più la separazione di prima. Il
governo esercita dei poteri normativi, pur con il controllo del parlamento. Il capo di Stato ha poteri
che incidono su tutti i poteri. La separazione limita il potere dello Stato e crea canali di
partecipazione dei cittadini.
o Modello liberale: (Montesquieu) potere legislativo per porre le leggi, potere esecutivo per
applicarle e potere giudiziario per risolvere le liti applicando la legge. C’è l’attribuzione ad ogni
potere in senso soggettivo di una funzione pubblica ben individuata, ed essi dovrebbero
potersi anche condizionare reciprocamente.
o Democrazie pluraliste: Rimane operante il principio di divisione dei poteri in senso soggettivo
1. La funzione legislativa non si caratterizza più per la produzione di norme giuridiche
generali e astratte, ma si parla di legge provvedimento
2. funzione giurisdizionale: i giudici hanno tutelato nuovi diritti e hanno operato con
interpretazioni discrezionali.
3. La forma esecutiva (amministrativa) è affidata a tante funzioni attribuite a tante
amministrazioni pubbliche diverse.
4. si afferma una quarta funzione, ovvero la funzione di indirizzo politico (determinazione
delle linee fondamentali di sviluppo dell’ordinamento).
5. Una quinta nuova funzione: garanzia giurisdizionale della Costituzione: Presidente della
Repubblica
6) Principio di legalità: si evolve nel senso che non è più solo una legalità formale, ma sostanziale, nel
senso che la pubblica amministrazione può agire nei modi previsti dalla legge. C’è sempre una
maggiore circoscrizione di quello che lo Stato può fare. Esempio: Se lo stato espropria un terreno
deve farlo nei limiti della legge.
7) Principio rappresentativo: maggiore ampliamento della base elettorale: prima si basava sul censo;
poi sull’età, genere, leva militare, etc.; nella seconda metà del 900 si apre a tutti i cittadini maggiori
di età uomini e, infine, anche alle donne (suffragio universale). Per allargamento del suffragio si
deve adottare sistemi elettorali proporzionali, ossia che permettono una maggiore rappresentanza
rispetto a quelli maggioritari (più selettivi).
8) Segretezza e libertà del voto. Principio di tolleranza => il dissenso non va represso, ma garantito
Differenze: Gli stati di democrazia pluralista della seconda metà del 900 (Gran Bretagna, Australia,
Canada, Giappone e altri) si caratterizzano secondo 3 principali differenze:
1. Ruolo e caratteri dei partiti politici. In Europa giocano un ruolo fondamentale, mentre in America
svolgono solo il ruolo di macchine elettorali al servizio di un candidato, privi di una precisa identità
ideologica.
2. L’omogeneità o l’eterogeneità della cultura politica. In alcuni paesi come UK e USA c’è stata
un’evoluzione storica che ha portato tutti a condividere i principali fondamenti della democrazia,
mentre in altri (come Belgio Olanda e per lungo tempo anche l’Italia) la società è rimasta divisa in
settori sociali.
3. Modalità di intervento dello Stato. In alcuni paesi è moderato, con una “dominanza privatistica”, in
altri “dominanza pubblicistica”.
Rappresentanza politica: può avere due significati: agire per conto di (esprimendo un rapporto tra
rappresentante e rappresentato), tipica del medioevo, e far vivere in un determinato ambito qualcosa

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che non c’è (rappresentazione teatrale), presente dalla Rivoluzione francese in poi. Infatti, con la
rivoluzione era stata tolta la sovranità al re, che era stata data a un’entità astratta: la Nazione. Da questa
costruzione derivano 3 importanti implicazioni:
v se i parlamentari erano scelti per decidere in nome e per conto della Nazione, questa doveva
assicurarsi che le modalità di elezione fossero tali da garantire che gli elettori fossero in grado di
scegliere i soggetti più idonei: elettorato come funzione pubblica e non come diritto.
v i parlamentari dovevano curare l’interesse nazionale e non quelli del loro elettorato.
v divieto di mandato imperativo.
Per assicurare la capacità del sistema di decidere senza che venga meno la legittimazione democratica
dello Stato, si è cercato di far convivere le due diverse concezioni di rappresentanza. Il modo in cui
questo equilibrio è raggiunto varia da sistema a sistema:
1. lo stato dei partiti: dove vi è autonomia del rappresentante rispetto al rappresentato. In Italia l’art.
97 della costituzione recita che “ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita
le sue funzioni senza vincolo di mandato” implicando un divieto del mandato imperativo. Questo
però venne interpretato da alcuni come una partitocrazia. La risposta consiste nell’interpretazione
del 67 in modo sistematico => è solo un articolo di garanzia. Inoltre, è contestato il carattere
democratico dei partiti => si ritiene che siano strutture oligarchiche dominate da capi irremovibili.
Ora vi è una crisi dei partiti, che fanno fatica nei rapporti con la società, non riuscendo più ad
assicurare la completa rappresentanza della società. Questa crisi ha fatto anche sorgere
movimenti populisti: il populismo è un fenomeno politico che comporta la contrapposizione
irriducibile tra il popolo, inteso come un’entità unitaria e indifferenziata, e le élite politiche ed
economiche, cui può affiancarsi la contrapposizione ad una terza entità che, secondo i populisti,
è stata sostenuta dalle élite e accusata di aver causato problemi e sofferenze (esempio di
populismo, il movimento 5 stelle di Peppe Grillo).
2. il rafforzamento del Governo e l’investitura popolare diretta dal suo capo: si assiste alla
scomposizione dei due aspetti della rappresentanza che finiscono per fare capo a organi
costituzionali distinti: Parlamento sede della rappresentanza-rapporto mentre il Governo diventa
l’organo deputato a trascendere il particolarismo degli interessi. Il tipo di democrazia
rappresentativa di differenza da quella plebiscitaria, ovvero un sistema basato sul potere
personale di un capo, il quale trae la sua legittimazione del rapporto diretto con il popolo, che ha
fede nelle sue doti straordinarie, secondo il modello della legittimazione di tipo carismatico.
3. gli assetti neocorporativi: si sostenne che le strutture di rappresentanza delle categorie
economiche, dei mestieri e delle professioni avrebbero dovuto sedere in un’assemblea che
avrebbe preso il luogo del tradizionale Parlamento.
4. la rappresentanza territoriale: istituzione di una seconda Camera a base territoriale, in cui cioè
sono rappresentati direttamente gli enti territoriali.
5. la sottrazione della decisione al circuito rappresentativo: esclusione della regolamentazione e dal
controllo di certi settori della decisione proveniente dal circuito rappresentativo
6. il passaggio da una democrazia priva di mediazioni e di corpi intermedi in cui la volontà del
cittadino si manifesta direttamente grazie alle nuove tecnologie informatiche e all’affermazione di
Internet
Questo tipo di democrazia, detta democrazia rappresentativa, si differenzia dalla democrazia diretta, in
cui si affida al popolo l’esercizio di alcune funzioni consentendogli di assumere delle decisioni
immediatamente efficaci. Era un tipo di democrazia tipica dei tempi passati, dove i cittadini si
radunavano in piazza e si decideva sulla guerra e sulla pace. Ai giorni nostri i principali strumenti di
democrazia diretta sono:
ð l’iniziativa legislativa popolare: di almeno 50 000 cittadini secondo l’art. 71 della Cost
ð la petizione: determinata richiesta che i cittadini possono rivolgere agli organi parlamentari o di
Governo per sollecitare determinate attività.
ð il referendum: consultazione dell’intero corpo elettorale produttiva di effetti giuridici. Ci sono varie
classificazioni dei referendum:
v in base all’oggetto: costituzionali, legislativi (obbligatorio o facoltativo), politici e
amministrativi

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v in base a sé il voto popolare interviene prima o dopo l’entrata in vigore dell’atto: preventivo
e successivo
v in base alla costituzione italiana: approvativo, abrogativo di una legge, consultivo,
abrogativo o consultivo su leggi o provvedimenti regionali.
Negli ultimi anni, con la crisi dei partiti, è aumentato il numero di referendum.
Ma il referendum può far vedere di cattivo occhio le istituzioni politiche
rappresentative e la formulazione del quesito può essere effettuato in modo
da influenzare.
Regola di maggioranza: caratterizza il funzionamento sia dello Stato liberale che di quello democratico
pluralista. Assume significati e funzioni diverse:
1. Principio funzionale: tecnica attraverso cui il collegio può decidere. La regola opposta è
l’unanimità. L’affermazione di questa regola presuppone l’eguaglianza di tutti i membri del
collegio. Per evitare una “tirannia della maggioranza” le Costituzioni predispongono vari strumenti
di tutela delle minoranze, come (nell’ordinamento italiano) la rigidità della Costituzione, Corte
costituzionale che giudica sulla legittimità costituzionale, in determinati ambiti serve la
maggioranza assoluta o qualificata e il decentramento politico (Comuni).
2. Principio di rappresentanza: mezzo attraverso cui si eleggono i rappresentanti. Riguarda le
modalità con cui si forma il Parlamento.
3. Principio di organizzazione politica: criterio attraverso cui si svolgono i rapporti tra i partiti politici
nel parlamento.
Distinzione in base alle dinamiche di funzionamento di diversi ordinamenti democratici in:
• Democrazie maggioritarie: regola di maggioranza diventa principio di organizzazione dei
rapporti tra i soggetti politici. Sono basate sulla contrapposizione tra due partiti o due coalizioni
di partiti a loro alternative. La distinzione continua anche dopo le elezioni: funzione di
opposizione.
• Democrazie consociative: tendono a incentivare l’accordo tra i principali partiti al fine di
condividere il controllo del potere politico. Sono tipiche di società divise da fatture profonde di
tipo ideologico.
Stato e società multiculturale:
ü Religione: vi è una neutralità dello Stato rispetto alla questione della verità religiosa. Il
riconoscimento della laicità dello Stato è stato il fine di un processo di secolarizzazione nato in
seguito alla Lotta delle investiture (1057-1122) che comportò la separazione dei poteri. Nel XIX
sec. Venne meno il processo di secolarizzazione, portando all’identificazione di due diversi
regimi:
ð Regime confessionale: etica pubblica si deve conformare alla morale della Chiesa.
ð Regime della separazione tra Stato e Chiesa dove, per evitare conflitti, si stipula un trattato,
un concordato, con cui Stato e Chiesa possono regolare i loro rapporti.
§ Caso Italiano:
- Patti Lateranensi 1929 (che possono essere mutati solo con l’accordo di
entrambe le parti => principio concordatario).
- È riconosciuta libertà alle altre confessioni, le quali vanno regolate per legge sulla
base di intese con le relative rappresentanze. Tuttavia, solo alcune confessioni
hanno ottenuto le intese, altre no. Le intese sono fonte di grandi privilegi,
soprattutto sotto il profilo del finanziamento. Viene lasciato all’esecutivo la
valutazione dei requisiti per avere un’intesa.
- Lo Stato è laico, e secondo la Corte questo implica che esso deva garantire e
salvaguardare la libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e
culturale. Sulla base di “criterio numerico” la Chiesa cattolica aveva determinate
agevolazioni, ma più di recente sono state abbandonate. Aspetto della laicità:
Libertà di coscienza => insegnamento della religione cattolica facoltativo.
- Prima, come prevedeva il codice di procedura penale, in un processo i testimoni
giuravano davanti a Dio, ora si impregnano solo a dire la verità.

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- Simboli religiosi: il crocifisso esposto nelle scuole pubbliche. C’è chi lo voleva
levare, ma si è risposto che non è più solo un simbolo cattolico, ma di valori, di
libertà ed eguaglianza, tolleranza religiosa, finendo per rappresentare la laicità
dello Stato. Diverso è quando è esposto da un singolo individuo in un contesto
pubblico (esempio il velo).
§ Caso Francese: per quest’ultimo punto, i simboli religiosi come il velo, una legge del
2004 proibisce agli studenti delle elementari e superiori di indossare simboli o abiti
attraverso cui emerga la propria affiliazione religiosa.
ü Minoranze storiche: la loro tutela è generalmente presente nella costituzione di Stati di
democrazia pluralista, ed esempio sono le minoranze linguistiche.
ü Nuove minoranze: come gli immigrati. Vi è il problema di come assicurare la coesione di società
non omogenee. Si richiede una tutela dell’identità. Sono stati creati vari strumenti, come un
diritto derogatorio che si applica solamente ai membri di determinate comunità. Abbiamo visto
vari conflitti etici come nel caso Welby e nel caso Englaro.
Lo Stato sociale (ultimo stadio dello stato di democrazia pluralista). Detto anche Stato di benessere o
Welfare State.
a. Esempi:
o l’Inghilterra del dopoguerra, con il governo laburista, che comincia un programma di riforme
redatto da economisti, che mira ad istituire una serie di servizi pubblici per cittadini (pensioni,
servizio sanitario pubblico) e prevede una massiccia partecipazione dello Stato ai rapporti
economici sia per assicurare servizi ai cittadini sia per gestire investimenti o infrastrutture
strategiche.
o Italia moderna, anche se non è previsto il termine stato sociale. La costituzione italiana infatti
garantisce e riconosce la proprietà privata e la successione legittima e testamentaria, e
l’eguaglianza formale di tutti i cittadini.
b. Caratteristiche:
o Massima estensione della partecipazione politica,
o Interventismo in campo economico e sociale: si chiede allo Stato di intervenire. Questo
permette la distinzione tra i diritti di prima generazione e diritti di seconda generazione
(distinzione vera solo a livello generale). Nasce così un sistema ad economia mista. Governo
del ciclo economico: Lo stato sviluppa politiche di tipo Keynesiano (dal nome
dell’economista Keynes) diretta a constatare le fasi di crisi economica attraverso la crescita
della spesa pubblica con l’intento di mantenere alta la domanda interna e di garantire uno
sbocco ai prodotti di imprese.
o Principio di eguaglianza sostanziale: prima il principio di eguaglianza era formale (stessa
legge applicata a tutti), ora invece per garantire a tutti la stessa eguaglianza fin dal principio.
Bisogna che tutti siano messi nelle stesse condizioni da cui partire per realizzare la propria
persona. Questo però non significa eguaglianza delle situazioni sociali, ma eguaglianza di
mobilità sociale. Per ottenere ciò lo stato segue politiche di tipo regolativo.
o Sviluppo della pubblica amministrazione: fornire servizi ulteriori rispetto a stato liberale
implica sempre maggiore espansione della sfera della PA.
c. Trasformazioni: Lo stato di democrazia pluralista ha subito importanti trasformazioni a partire dagli
anni 80. Infatti:
v All’inizio vi era una società divisa in classi, ora vi è stata una crescita della complessità sociale
introdotta da vari fenomeni come lo sviluppo tecnologico. Ora non è più possibile tracciare
una linea di distinzione tra classi, rendendo più difficile per i partiti l’identificazione delle
persone in essi.
v All’inizio l’ideologia era molto importante per i partiti, ora è in crisi => senza mediazione dei
partiti i singoli gruppi sociali si sono rivolti agli organi costituzionali => crisi fiscale dello Stato.
v La globalizzazione ha minato alla competitività del sistema economico nazionale =>
riduzione delle risorse per finanziare lo Stato sociale. Infatti, per evitare che i capitali e imprese
si spostino altrove lo stato deve limitare la pressione fiscale, inoltre deve evitare disavanzi di
bilancio eccessivi, e infine le imprese chiedono sempre più flessibilità. Per finanziare le sue

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attività lo Stato ha sempre ricorso all’indebitamento. Così per adeguarsi alla competitività
internazionale vi è stato un passaggio da Stato sociale a Stato sociale competitivo. Stato
promotore al fine di reggere la competizione con la Cina. Questa tendenza al recupero dello
stato ha subito un’accelerazione difronte alla pandemia globale di covid-19 (in cui è
diminuito il PIL, cresciuta la disoccupazione).
d. Razionalizzazione: per diminuire le spese statali dovute agli avvenimenti sopra elencati, ci sono
possibili strade:
1. Si può tendere a superare il carattere universalistico di alcuni servizi (sanità gratuita solo per
i meno abbienti)
2. Si può fare leva sul principio di responsabilità individuale, con cui l’individuo mette da parte
per la vecchiaia
3. Ricorso al principio di sussidiarietà che si sviluppa o trasferendo la gestione a enti locali
(sussidiarietà verticale) o ad alcune formazioni sociali che non hanno scopo di lucro
(sussidiarietà orizzontale).
4. Si può attrarre ad un livello sovranazionale alcuni dei compiti dello Stato.

Forme dello Stato in senso sincrono


Da questo punto di vista vi sono:
1. Stato unitario (o politicamente accentrato) nelle quali è soltanto il livello centrale di governo che
esercita l’autonomia politica. I fini dell’ordinamento e le fonti normative sono approvati solo da
determinati organi che appartengono al livello centrale di governo. Sono generalmente unitari lo Stato
assoluto e alcuni Stati liberali, con qualche eccezione. A mano a mano che si va verso forma pluralista
si ha tendenza a decentramento.
2. Stato composto (o politicamente decentrato)

Stato composto
In questo tipo di Stato esistono degli enti in una posizione gerarchica inferiore a quella del governo centrale
e che possono seguire dei fini anche diversi da quelli che persegue il governo centrale. Esistono per
esempio degli organi regionali che hanno potestà legislativa. La differenza con lo Stato unitario non è
l’esistenza di organi decentrati (presenti anche nel primo), ma risiede nei poteri che essi hanno (quello
unitario ha un decentramento di natura amministrativa, si dà attuazione a contenuti normativi determinati
dal governo centrale, mentre quello composto presenta enti che possono concorrere all’individuazione di
determinati fini). Legittimazione degli enti locali è diretta e possono adottare atti di natura normativa,
soprattutto legislativi.
Lo Stato composto può assumere due diverse nature:
v Stato regionale: si caratterizza per l’esistenza di enti territoriali privi di potere sovrano, dotati di
autonomia politica e di significative competenze, anche legislative, costituzionalmente garantite,
ma che non godono di sovranità esterna (stipulare accordi con altri enti sovrani). Non
necessariamente le competenze delle regioni sono uguali.
e. Gli organi della regione sono eletti a suffragio universale
f. Essi possono avere livelli di autonomia differenziata e possono coprire solo in parte il territorio
nazionale.
g. Caso italiano: ci sono
o 15 regioni a statuto ordinario, che esercitano competenze nelle stesse materie, indicate
all’art. 117 Cost; inoltre, esse possono chiedere forme di autonomia ulteriori in alcuni
settori (art. 116, 3 comma, Cost.).
o 5 regioni a statuto speciale, che possono operare in maniera diversa tra loro e rispetto
all’articolo 117
h. Caso Spagnolo: le regioni autonome si formano spontaneamente su richiesta di almeno 2
province territorialmente contigue che possono scegliere competenze da esercitare dalla lista
prefissata dalla costituzione. ordinamenti decentrati non sono necessari ma spontanei, volontari.
v Stato federale: esempio sono gli USA

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1) Processo costituente: 13 colonie che reagiscono alla oppressione della madrepatria =>
guerra di indipendenza => costituzione federale formata da un tipo di aggregazione delle
colonie diverso e meno solido. Nel 1777 erano adottati articles of the confederation =
confederazione tra le colonie che mettevano in comune la protezione rispetto ai pericoli
esterni, ma non si aveva un vero e proprio stato perché le colonie erano separate; nel 1878 la
costituzione degli USA mira a formare un’Unione più perfetta (to form a more perfect union).
La costituzione degli Stati Uniti era breve e mancava qualcosa: una società in cui non esiste
tutela di diritti e divisione dei poteri non può essere considerata costituzione => quella del
1777 trattava solo dell’ambito istituzionale e della sola divisione dei poteri, ma non della tutela
di diritti perché le 13 colonie nel passaggio da una forma confederale (dove ognuna aveva
propria sovranità) a federale piena (stato) stavano cedendo una porzione di sovranità, in
quanto sono sottoposti ad autorità centrale (anche se ha competenze limitate ma comunque
esercita sovranità su esse). Molte colonie avevano carte di diritti: consentire alla costituzione
federale di disciplinare tutela di diritti avrebbe significato dare maggiore potere allo stato
centrale nell’autonomia delle colonie => il problema viene risolto: per tutto il primo secolo di
esistenza dello stato USA, il Bill of Rights si applica solo alle funzioni esercitate dal governo
federale e non a quelle esercitate da altri enti: se il Bill of Rights privato della proprietà senza
un due process, posso invocare in giudizio un’espropriazione solo se fatta da un’autorità
federale, mentre se lo fa il governo di uno degli stati federali, non posso agire in giudizio.
2) FEDERALISMO COMPETITIVO = il livello centrale di governo e il livello decentrato non
comunicano e si antagonizzano
3) Lo Stato federale si caratterizza per:
§ Ordinamento costituzionale unitario: anche se permane una sfera di sovranità in capo
agli enti sub-statali => ci sono meccanismi che consentono al governo centrale di
attuare forma di supremazia per cui se ci sono controversie sulla spettanza di una
determinata competenza esiste organo centrale che risolve la controversia
§ Riconoscimento e tutela costituzionale degli stati membri: in America nel consiglio
siedono due senatori per ogni Stato
§ Subordinazione degli Stati membri alla Costituzione federale: Negli USA esiste
maggioranza elevata nel congresso per modificare costituzione, in più affinché
modifica entri in vigore almeno ¾ degli stati deve votare a favore => difficile modificare
la costituzione; mentre gli stati regionali non hanno tale potere.
§ Partecipazione degli Stati membri a organi e funzioni dello Stato federale. A differenza
dello Stato regionale, nello Stato federale gli enti decentrati sono coinvolti nello Stato.
§ Esiste negli stati federali un organo che risolve i conflitti tra gli enti decentrati e quelli
centrali (esempio negli USA la corte suprema federale) Questa caratteristica è presente
anche in alcuni stati regionali.
Caratteristiche comuni:
Ø Esistenza di diversi livelli di governo (dotati di autonomia politica)
Ø Garanzia costituzionale delle competenze di ciascun livello: quali spettano allo Stato centrale e
quali agli enti decentrati, su vari profili come la potestà legislativa, la potestà regolamentale, sotto
il profilo finanziario.
Ø Distribuzione delle competenze legislative
Differenze:
o Il procedimento storico di formazione dell’ordinamento federale:
§ stato regionale si forma con dinamica top-down = esiste stato unitario che nel corso del
tempo con trasformazioni attua decentramento politico per cui nascono enti decentrati con
potere autonomo (ad es. Italia)
§ stati federali si formano con dinamica bottom-up = dagli enti decentrati dello stato federale
che inizialmente sono stati sovrani autonomi (ad es. 13 colonie), si uniscono, rinunciando alla
sovranità e consentono ad uno stato superiore, che prima non esisteva, di esercitare i poteri
sovrani.

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Eccezioni: Belgio è uno stato federale che si è formato con dinamica top down (ossia da uno stato
unitario)
o Il verso della clausola enumerativa delle competenze: costituzione disciplina materie in cui può
intervenire lo stato o il livello di governo inferiore. Il modo con cui la costituzione fa ciò è diverso
=> infatti qualsiasi testo costituzionale non può coprire tutte le materie, per cui è necessaria una
clausola residuale delle competenze: nelle costituzioni si scrive che un livello di governo ha
determinate conseguenze e tutte le competenze che non sono menzionate in un livello di
governo passano all’altro livello di governo (residuale).
v stato regionale => la costituzione scrive una lista di materie conferite alle regioni e per le
materie per cui non si dispone la competenza è dello stato (verso della clausola dei
confronti del livello di governo centrale, il quale rifiuta alcune competenze)
v stato federale => clausola residuale rivolta nel verso opposto, verso gli stati federati: lo stato
centrale può agire in una serie di materie e tutte le materie non esplicitamente menzionate
rimangono di competenza degli stati federati.
Eccezione: nel caso italiano nel 2001, anche se Italia è stato regionale, è stato cambiato verso
clausola residuale: prima del 2001 art. 117 diceva che tutte le materie residuali erano di
competenza dello stato, oggi dice che sono di competenza delle regioni
o La potestà degli stati federali di dotarsi autonomamente della Costituzione
v stati federati => prima di entrare nella federazione sono stati sovrani, possono avere prima
o introdurre dopo una costituzione che disciplina funzionamento della forma di governo
del singolo stato federato (come è composta legislatura, quali poteri ha governatore) e una
carta dei diritti
v stato regionale => se esistono fonti regionali di natura istituzionale (ad es. statuti che
disciplinano la forma di governo), di solito non ci sono cataloghi di diritti negli stati regionali,
mentre negli stati federati esistono
o La partecipazione al procedimento di revisione costituzionale: negli stati federali vi è, nei regionali
no.
o La cd. Seconda camera: la natura della seconda camera con parlamento bicamerale è diversa
ð stato regionale => può esserci senato che rappresenta autonomie (ad es. in Italia la
costituzione dice che il parlamento è eletto su base regionale, ma di fatto non espone
interessi della regione perché ciascun singolo parlamentare esercita il mandato negli
interessi della nazione)
ð Negli stati federali: oltre ad una camera (o assemblea politica) esiste un’altra assemblea con
funzioni analoghe o simili a quelle dell’assemblea politica ma che a differenza di essa
rappresenta gli interessi di ciascun singolo stato (e non quelli nazionali nel loro complesso)
che manda la propria delegazione all’interno della camera (spesso detta Senato): può farlo
nominando dei rappresentanti (ad es. in Germania) o i senatori possono essere eletti a
suffragio universale (ad es. negli USA).
o L’esercizio da parte di organi degli Stati federati, della funzione giurisdizionale: negli stati
decentrati con autonomia politica si ha decentramento del potere legislativo (oltre al parlamento
centrale esistono consigli regionali o legislatura dei singoli stati federati) ed esecutivo (esistono
Consiglio dei ministri e governo centrale ma anche giunta regionale); l’esercizio del potere
giurisdizionale è distribuito anche ad enti decentrati
§ stati regionali => esiste un “plesso giurisdizionale” che è quello statale; amministrazione di
giustizia è divisa su tutto il territorio (cassazione è solo a Roma, ma poi nelle regioni si hanno
corti d’appello e tribunali), ma coincide sempre con un tribunale dello stato competente di
ciò che accade in una determinata regione => potere giurisdizionale è sempre quello statale,
anche se esercitato in sedi decentrate
§ stato federale => anche enti decentrati possono esercitare funzioni giurisdizionali: esistono
corti dei singoli stati o province che sono concorrenti rispetto a quelle statali (infatti hanno
autonomia e possono determinare le proprie leggi quindi ci deve essere un tribunale che
deve applicarle). Modo con cui potere giurisdizionale è distribuito negli stati federali non è
sempre uguale => ad es. negli USA esistono due circuiti:

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• circuito di giustizia federale, che si occupa delle controversie tra più stati o eventi che escono dai
confini dello stato federale. In esso ci sono diversi gradi:
ð corte distrettuale (Carolina del Nord)
ð corte d’appello (9 su tutto il territorio degli USA)
ð Corte suprema federale
• Circuito di giustizia statale (separato da quello federale)
ð Corte distrettale (San Francisco)
ð Corte d’appello (California)
ð Corte suprema (California)
l meccanismi sono gli stesso ma si occupano di cose diverse.

Capitolo 3: La Costituzione
Ora tratteremo tutto il processo storico che ha portato dallo Stato albertino fino alla nostra Costituzione.

Statuto albertino
Il modello di stato assoluto va in crisi a fine 700 poiché c’è un tentativo del gruppo borghese di ottenere
una rappresentanza: in Europa si ha la Rivoluzione francese, che tuttavia viene repressa e condotta ad unità
con la Restaurazione. Il fatto che ci sia una restaurazione fa sì che in questo periodo ci siano vari tumulti
(moti del 48) che porta alla formazione di varie costituzioni, che non sono volontarie o spontanee, ma sono
ottriate, ovvero concesse dal monarca. Ci sono 3 esempi significativi di costituzioni liberali:
La costituzione francese 1848 che si sbarazzava della monarchia istaurando una repubblica
presidenziale (però dura poco)
La costituzione di Francoforte in Germania nel 1849, che era una costituzione molto moderna per i
diritti umani. L’unico problema è che non entrò mai in vigore perché di fatto non si consolidò.
In Italia lo statuto albertino, concesso da re Carlo Alberto, che lo fa valere al regno di Piemonte e
Sardegna. È una costituzione liberale perché è concessa dal sovrano, ed è flessibile perché non gode
di strumenti di tutela tali per cui è necessario qualche provvedimento particolare per cambiare le leggi.
Viene prestata particolare attenzione alla successione dinastica. Ci sono più fasi, più periodi, dopo
l’unificazione, in cui comandano rispettivamente:
§ prima destra storica: interesse latifondisti e che ha una certa attenzione a uno sviluppo
dell’economia in senso agricolo, apertura doganale con liberalismo che conquista
l’unificazione. Annessione degli altri regni che esistono in Italia nel regno di Piemonte e
Sardegna.
§ poi la sinistra storica: cambiamento di guida del paese da destra storica a sinistra storica (che
tra loro non sono molto differenti: siamo in uno Stato che rappresenta solo il ceto borghese
in quanto il suffragio è limitato). Qui sono tutelati gli interessi industriali del nord del paese.
Quello che si cerca di fare è un trasformismo: cercano contatti con la destra storica. La sinistra
cerca l’allargamento del suffragio per dare rappresentanza a un maggior numero di interessi.
Con la seconda rivoluzione industriale il quarto stato si fa strada e lo Stato liberale inizia ad
andare in crisi, portando molti Stati ad adottare un approccio più stringente.

Dal 1848 al 1918: estensione del diritto di voto


La Camera dei deputati coadiuvava nel governare il paese il re e il senato (di nomina regia). La Camera dei
deputati presenta una evoluzione del diritto di voto: prima 1848 sopra i 25 anni in base al reddito (1,57%)
poi 1882 sopra i 21 anni in grado di leggere e scrivere (6%), poi 1912 anche analfabeti sopra i 30 anni (25%)
fino ad arrivare nel 1918 al suffragio maschile sopra i 21 anni.

Epoca giolittiana (1903-1914)


v Giovanni Giolitti = politico piemontese di estrazione liberale. Dà nome ad epoca in cui conflitto sociale
è forte ma sono adottate misure atte a soddisfare esigenze della popolazione e centralizzare attività
economiche (nazionalizzazione ferrovie, istituzioni pensioni obbligatorie). Lo stesso Giolitti cerca di
includere nel governo anche forze di ispirazione socialista o di sinistra, unendo anche i cattolici, che

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si erano astenuti dal voto in forza della bolla non expedit: dall’inizio del 900 partecipano nuovamente
alla vita politica e Giolitti ne approfitta per rafforzare il lato liberale tramite ad es. Patto Gentiloni del
1913 (con cui alcuni cattolici vengono eletti nelle liste del governo)
v Fine età giolittiana => Italia entra in guerra nel 1915, sostenuta dalla monarchia e dal settore bellico.
Dopo la prima guerra mondiale viene cambiato il sistema elettorale => si cerca di allargare la
partecipazione a tutte le sfere della popolazione, ma questo porta a frammentazione della
rappresentanza che riflette tensione sociale perché gli anni che vanno dal 1919 al 1922 sono
denominati “biennio rosso e nero” => anni di violenza da un lato di ispirazione marxista (con eco
rivoluzione bolscevica) con violenza forze proletarie e dall’atro con violenza forze nazionaliste e di
destra con il partito fascista
v Il modo con cui il fascismo sale al potere non vede una rottura costituzionale: Mussolini guida la
marcia su Roma e mette pressione al governo in carica: il re nomina prima ministro Mussolini e la
Camera dei deputati vota il partito.
v Viene cambiata la legge elettorale per elezione Camera dei deputati => rimane proporzionale ma
prevede forte premio di maggioranza: il partito che arriva primo purché il voto sia superiore al 25%
prende i 2/3 dei seggi della camera (legge Acerbo)
v In costanza delle elezioni avviene l’omicidio Matteotti (1924) la cui responsabilità non viene assunta
dal partito fascista fino all’inizio del 1925: dall’assunzione di responsabilità comincia la trasformazione
dello stato con le leggi fascistissime (1925-1926): approvata legge che svincola il governo dal dovere
avere la fiducia, ossia il voto favorevole del parlamento e mette in una posizione privilegiata il capo
del governo; infine svuota di potere legislativo il parlamento stesso conferendo al governo possibilità
di adottare decreti che abbiano forza di legge, oltre a decidere l’ordine del giorno del parlamento =>
tutti i poteri vengono concentrati sull’organo esecutivo

Il fascismo
Elezioni del 1929 e del 1934. Non c’è alcuna forma di realizzazione dell’individuo. È un tipo autoritario, una
concezione organicistica dello Stato; avversione all’individualismo “tutto nello Stato” nell’intenzione, ma
non nei risultati, nell’eliminazione delle opposizioni e nell’eliminazione della possibilità di unirsi alle
corporazioni. Vi è tuttavia una opposizione clandestina, o fuggendo fuori dall’Italia come in Francia, o
rimanendo in Italia, rischiando.
v Il capo dello Stato rimane il re, che comanda formalmente le forze armate, e questo gli consentirà
di convincere il capo di governo a dare le sue dimissioni, per nominarne un altro.
v Con la chiesa ci sono stati i patti lateranensi 1929 da un lato, dall’altro la presenza organicistica
per cui i cittadini dovevano riconoscersi solo negli organi statali portò a un po’ di astio
v Il Gran consiglio del fascismo consentì la caduta del fascismo e di mussolini stesso, perché nel
43 è iniziata la campagna degli alleati d’Italia. Dopo lo sbarco degli alleati il re convince Mussolini
a rassegnare le dimissioni davanti il Gran consiglio del fascismo. Di fatto Mussolini non è più
capo del governo, il re concede il potere a Badoglio, e si dispone che sia sciolta la camera dei
fasci e delle corporazioni per riformare la Camera dei deputati. => tentativo della monarchia di
rivalsa, che non va a buon fine.

La Costituzione del 48
La monarchia non era riuscita a mantenere il suo prestigio. I partiti della resistenza, radunati nel CLN
(comitato di liberazione nazionale, placano le proprie tensioni con la monarchia tramite il patto di Salerno
(nuovo governo e ritiro del re).
1. Prima costituzione provvisoria 1944: al termine della guerra una Assemblea costituente avrebbe scelto
la forma dello Stato: monarchia o repubblica? Il potere legislativo al Governo. Viene dopo istituita la
consulta nazionale quale organo consultivo caratterizzato da 430 membri antifascisti. Alla fine, si
sceglie di lasciar decidere il popolo con un referendum per monarchia o repubblica. Prima del
referendum il re abdica (da un po’ si era già ritirato) a favore del figlio Umberto. Non servì a nulla.
2. Seconda costituzione provvisoria: in seguito al referendum istituzionale del 2 giugno, dove il 54% dei
voti ha preferito la repubblica, una seconda costituzione provvisoria istituisce la responsabilità del
governo nei confronti dell’Assemblea costituente che deve scrivere una nuova costituzione, ma funge

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da organo di controllo dell’attività di governo. Il re dopo alcune contestazioni accetta il risultato e


scappa in Portogallo.
§ L’Assemblea costituente: composta da 556 membri, elegge De Nicola capo provvisorio dello
Stato. Lui non è il primo presidente poiché non esisteva tale carica, anche se il lavoro che svolge
è affine. Per semplificare i lavori viene costituita una commissione dei 75 che si occupa di
scrivere la proposta di costituzione sempre restando in capo alla Assemblea costituente nella
sua interezza. Questa commissione presieduta da Ruini viene a sua volta suddivisa in 3
sottocommissioni:
1. La prima sui diritti e doveri
2. La seconda sull’organizzazione dello stato: ulteriormente separata in due parti:
§ Prima sezione=potere giudiziario
§ Seconda sezione= potere esecutivo
3. La terza sui lineamenti economici e sociali
4. Alla tripartizione viene di solito aggiunto il comitato di redazione o dei 18 che mette
insieme le varie bozze e cerca di uniformarle in un testo unitario. Esso sarà anche quello
che rappresenterà la commissione dei 75 in aula durante la discussione della
costituzione. Il 22 dicembre del 1947 la costituzione riceve il voto favorevole
dell’Assemblea costituente e viene promulgata con la firma del capo provvisorio dello
stato ed entra in vigore il 1° gennaio del 1948 e ad aprile si terranno le elezioni per il primo
parlamento della repubblica italiana: elezioni sia per la Camera dei deputati sia per il
senato della repubblica.
3. Costituzione finale:
a. Suddivisione: in due parti:
v La prima parte della Costituzione è dedicata ai diritti e i doveri dei cittadini. Si struttura secondo uno
schema a piramide rovesciata, ispirato al criterio della socialità progressiva. Questa metafora serve a
spiegare il meccanismo per cui:
Titolo I: i primi articoli della costituzione (esclusi i primi 12) disciplinano le situazioni
giuridiche dell’individuo partendo da quelle personali, più intime, come la libertà di
circolazioni. Esempio libertà personale, domiciliare etc.
Titolo II: A mano a mano questa socialità si espande per cui ci sono diritti civili della
sfera pubblica
Titolo III: si espande fuori dalla rete dei rapporti etico sociali ed economici.
Titolo IV: fino ad arrivare a forma più alta e ampia di partecipazione alla vita sociale che
è la sfera dei diritti politici, cioè il diritto di voto.
v La seconda parte è dedicata a organizzazione dello stato: di fatto la forma di governo
b. Quattro principi fondamentali: Fra i vari articoli sanciti ce ne sono 4, tra cui:
1. Art. 1: il principio democratico: il diritto del popolo di partecipare. È considerato un diritto
inalienabile.
2. Art. 2: principio personalista: lo Stato è in funzione dell’uomo, e non viceversa. I diritti del
cittadino preesistono allo stato.
3. Art. 1 e Art. 4: principio lavorista: valore del cittadino desunto dalle sue capacità.
4. Art. 2 e Art. 5: principio pluralista; lo stato riconosce e garantisce i diritti inviolabili sia come
singolo sia nelle formazioni sociali.
c. Costituzione come compromesso: Confluenza fra solidarismo marxista e solidarismo cristiano,
contributo liberale isolato, ma non di rado mediazione tra posizione cattolica e marxista, larga
intesa tra forze politiche fondamentali che rimane invariata dalla definizione del progetto fino
all’approvazione definitiva del testo, difesa dell’unità nazionale avverso divisioni legate alla guerra
e fattura del referendum istituzionale, rispetto delle tradizioni risorgimentali e per strutture dello
Stato liberale.
d. Lineamenti generali: capisaldi su cui si orienta il contenuto della costituzione italiana:
1. Forma dello stato repubblicana a carattere democratico: riconoscimento del lavoro
2. Il popolo è sovrano: ma esercita la propria sovranità nelle forme e nei limiti della
costituzione che è modificabile entro certi limiti e con determinate forme.

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3. Principio e personalità: per cui la tutela delle sfere della cittadinanza sia come singolo
individualmente sia nelle formazioni sociali.

Capitolo 4: Le forme di governo


Ø Definizione: La forma di governo è un concetto che serve a descrivere i rapporti che si istaurano sulla
base di un determinato dettato costituzionale tra gli organi o le istituzioni dello stato su un piano
orizzontale.
Ø Rapporto con le forme di stato: Le forme di governo si ritrovano all’interno di una stessa forma di stato.
All’interno di una stessa forma di stato (come la forma di stato di democrazia pluralista) è possibile avere
una pluralità di forme di governo differenti.
Ø Oggetto di studio: A differenza della forma di stato (che descrive come si rapporta l’autorità statale con
i sudditi), con la forma di governo si studia: come i vari organi hanno autorità all’interno dello stato: come
interagiscono tra loro, se ci sono interferenze, come uno influenza l’altro. Si hanno 3 organi
fondamentali:
A) PARLAMENTO: potere legislativo
B) GOVERNO: potere esecutivo
C) CAPO DELLO STATO: figura che partecipa al potere esecutivo, ma non solo.
Ø Distinzione: la distinzione di varie forme di governo si basa su 3 criteri principali:
1. Legittimazione del capo dello stato: che tipo di legittimazione ha il capo dello stato? Per
successione? Il capo dello stato (presidente della repubblica), è eletto direttamente dal popolo o
da un altro organo (es: parlamento). Esistono anche monarchie elettive come nel Vaticano o Arabia
Saudita
2. Esistenza del rapporto di fiducia (rapporti tra potere legislativo ed esecutivo): Esiste o no un
rapporto di fiducia che lega l’assemblea legislativa, o una camera di questa, al governo? Il governo
per stare in carica deve avere la maggioranza degli eletti nell’assemblea legislativa?
Fiducia in uscita: possibilità di revocare la fiducia al governo in carica, può esserci una “mozione di
sfiducia”, atto di indirizzo parlamentare, che può portare il governo a dimettersi.
ü La fiducia si modella diversamente: può essere rivolta verso tutto il governo (Italia), solo al
capo del governo (regno unito); ci sono sistemi in cui la fiducia è presunta: non è sancito
espressamente da un voto della camera elettiva all’inizio del mandato, è sufficiente la nomina
da parte del capo dello Stato per farlo entrare in carica. In Italia serve il voto esplicito del
Parlamento per conferire la fiducia in entrata.
ü Può essere il governo a richiedere la “questione di fiducia” al parlamento su un
provvedimento ritenuto centrale per il programma politico del governo: se il parlamento vota
a sfavore, e non concede la fiducia, il governo è obbligato alle dimissioni.
3. Potere di scioglimento del capo dello stato: il capo dello stato ha il potere di sciogliere
anticipatamente rispetto alla scadenza naturale l’assemblea elettiva, cioè il parlamento, e di
convocare nuove elezioni?
Il capo dello stato ha poteri di interferenza importanti? Scioglimento delle camere: potere che
permette al capo dello Stato di incidere sulla durata in carica dell’assemblea elettiva. In alcuni
sistemi il governo può chiedere uno scioglimento anticipato per andare a elezioni in modo da
consolidare la propria maggioranza, perché ritiene, per esempio, sulla base dei sondaggi, di avere
un maggior supporto popolare, il che non sempre poi si risolve bene (esempio nel regno unito del
2019 con Theresa May).
Ø Classificazione: abbiamo due macrocategorie in cui si possono dividere le forme di governo. Queste
sono le forme di governo storiche e le forme di governo contemporanee.

Forme di Governo Storiche


Le forme di governo storico sono 3 diversi tipi di monarchia, la monarchia assoluta, quella costituzionale e
quella parlamentare.

Monarchia Assoluta
Forma di governo tipica dello Stato assoluto. La corona accentra in sé tutti i poteri: fa le leggi e nomina (o
revoca) i giudici e i funzionari, i quali erano inamovibili, salvo comportamenti contrari alla legge o

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negligenza. Il sovrano si circonda, avvale di collaboratori, tra cui i ministri. I ministri però non formano un
governo, ma costituiscono solo un organo ausiliario.

Monarchia Costituzionale
Subentra con il passaggio alla forma di stato liberale. Si afferma il principio di separazione dei poteri: Il re
detiene il potere esecutivo e nomina/revoca i Ministri, i quali però in questa fase iniziano a formare un
organo più stabile, ovvero King’s cabinet. Dall’altro lato si aggiunge un nuovo organo, caratterizzato dai
membri della classe borghese, un’assemblea elettiva (anche se con suffragio ridotto), ovvero il parlamento,
che ha potere legislativo, ma il re deve dare una sanzione, un consenso, che all’inizio è più sostanziale, poi
è più formale. È una forma parlamentare dualista perché di fatto ci sono due centri del potere che possono
incidere sull’indirizzo politico e cioè sui fini perseguiti dallo stato: il re e il parlamento.

Monarchia Parlamentare
Monista (a differenza della precedente che era dualista), in cui la determinazione dell’indirizzo politico è
posta al Parlamento.
a. Il rapporto che lega governo e monarca è traslato nel rapporto tra governo e parlamento => Il governo
può rimanere in carica se ha la maggioranza degli eletti in parlamento. Rapporto di fiducia: fiducia
iniziale e possibile sfiducia. Esempio la crisi del ministero Balbo in Italia perché il Parlamento vota la
sfiducia al governo.
b. Questo passaggio di forma mostra che il parlamento è il centro di governo, e il capo dello stato diviene
una figura arbitrale.
c. Differenza tra monarchia parlamentare e monarchia costituzionale: nella seconda il governo risponde
prevalentemente al re, ossia era un organo consultivo e risponde alle sue direttive, mentre nel primo il
governo risponde alla sollecitazione del parlamento tanto che arriva a dimettersi in caso di voti
sfavorevoli su determinati provvedimenti o se percepisce di non avere la fiducia del parlamento.

Forme di governo contemporanee


Le forme di governo contemporanee sono quattro, quella parlamentare, quella presidenziale, quella
semipresidenziale e, infine, quella direttoriale.

Parlamentare
Si passa dalla monarchia parlamentare a repubblica parlamentare con l’abolizione del principio ereditario
per trasmissione del titolo di capo di stato, ma quello che accade è che il capo dello stato verrà eletto dal
parlamento.
A) Capisaldi della forma di governo parlamentare
1. rapporto di fiducia (concessa all’inizio e può essere revocata in qualsiasi momento) tra parlamento
(organo legislativo) e governo (organo esecutivo)
2. elezione indiretta dal capo dello stato, eletto dal parlamento (no elezione popolare)
3. capo dello stato ha il potere di sciogliere le camere anche prima della scadenza delle stesse:
interferenza nel mandato parlamentare del capo dello stato prima che si debba tornare a votare.
B) Instabilità: Se il parlamento può sfiduciare il governo in qualsiasi momento (e quindi il governo può
vedersi revocata la fiducia in qualsiasi momento), il rischio è che ci sia instabilità governativa e
incapacità dal punto di vista amministrativo di perseguire un’azione uniforme nel tempo (se si ha un
governo che sta in carica poco tempo e poi gli viene revocata la fiducia per cui viene nominato un altro
governo a cui poi viene tolta la sfiducia, etc., allora il perseguimento dei fini dello stato diventa
difficoltoso). Uno dei rischi della forma di governo parlamentare è la degenerazione in
ASSEMBLERISMO = schiacciamento della forma di governo eccessivo sull’organo parlamentare, ossia
un’eccessiva concentrazione di poteri in capo del parlamento con indebolimento da parte del
governo.
C) Strumenti di razionalizzazione: una serie di strumenti volti a tamponare il rischio di instabilità. Questi
strumenti possono essere:
1. Deboli: In Italia imponendo obblighi procedurali per votare la mozione di sfiducia (ossia revocare
la sfiducia), come

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§ il fatto che la mozione non si possa mettere in votazione prima di 3 giorni da quando è
depositata, per evitare che l’opposizione sfruttasse l’assenza dei deputati di maggioranza in
maniera strategica.
§ Serva una minoranza qualificata per proporre una mozione di sfiducia
2. Forti: sono vari come:
§ Sfiducia costrittiva (tipica della Germania e Spagna): secondo cui non si possa togliere la
fiducia ad un governo in carica senza che contestualmente o entro un termine breve si dia
sfiducia ad un nuovo governo) à ciò mette a riparo da possibili crisi al buio. Il governo in carica
perde la fiducia del parlamento ma non si ha un altro governo pronto ad entrare in carica, che
determina un periodo di incertezza.
D) Tipi: tra di loro le forme di governo parlamentare si distinguono secondo più fattori:
- Ciascuna forma di governo parlamentare può avere evoluzione più simile a prevalenza del
parlamento (Italia nella seconda parte del 900) o del governo (dove ci sono sistemi elettorali più
selettivi).
- Ci sono altre forme di governo come Italia dove ci sono più partiti, allora il ruolo del governo è
influenzato dalla propria maggioranza (forme parlamentari promissorie o consociative).
- i poteri del capo del governo sono diversi a seconda delle diverse forme di governo parlamentare

Presidenziale
v Definizione: forma di governo dualista:
1. potere legislativo al congresso. Tuttavia, la separazione non è assoluta: il congresso vota il bilancio
federale, approva le nomine presidenziali e controlla l’attività del governo e del presidente
attraverso le audizioni (hearing) delle commissioni parlamentari.
2. potere esecutivo è concentrato unicamente nelle mani del presidente. Tuttavia, ha il potere di veto
sulle leggi, ha informale iniziativa legislativa e adotta executive agreements (forme di accordo
internazionale semplificate).
v Differenza con quello parlamentare: sia per legittimazione del capo (in questo caso diretta) sia per il
rapporto di fiducia e potere di scioglimento: non esiste un rapporto di fiducia tra congresso e governo,
e il congresso non può dare una sfiducia al presidente, poiché entrambi sono stati eletti dal popolo. In
questa forma di governo il mandato del presidente non può essere influenzato dal Congresso e
viceversa: il presidente non può sciogliere le camere. Se il presidente in carica decade per qualsiasi
motivo (morte o altro) non ci sono elezioni per rimpiazzarlo, ma subentra il vicepresidente fino alla fine
del mandato. Se viene meno un membro del congresso, il rinnovo coprirà solo per la fine del mandato.
Esempio tipico sono gli USA.
v Caso degli stati uniti:
§ Il presidente
ü Requisiti: deve essere cittadino per nascita (polemiche all’epoca su Obama perché nato alle
Hawaii non aveva vissuto in America i primi anni di vita), deve avere almeno 35 anni di età (in
Italia 50) e deve aver avuto la residenza nel paese per almeno 14 anni.
ü Elezione: l’elezione si articola in più step:
1. Designazione dei candidati (primarie): generalmente ci sono due candidati
provenienti dai due partiti (alcune volte ce ne sono anche 3 candidati forti). Le elezioni
si tengono sempre il secondo martedì di novembre. I candidati si possono
aggiudicare un certo numero di delegati alla convention del partito. Vince chi ha
ottenuto più delegati nei vari stati. Esiste anche il meccanismo del COCUS, il quale,
diverso dalle primarie, è costituito da delle riunioni politiche in cui si comincia a
discutere e alla fine della riunione ci si riconta e si valuta la consistenza numerica di
ciascun candidato.
2. Elezione dei Grandi elettori (che si ottengono con la somma dei senatori e i deputati
eletti di ogni stato).
3. Elezione del ticket presidenziale: finiscono le operazioni di voto. si verifica chi ha preso
la maggioranza dei voti tra i candidati nell’intero territorio dello stato. Non c’è
conteggio proporzionale dei voti ma esiste meccanismo fortemente maggioritario per
cui in tutti gli Stati della Federazione con due piccole eccezioni, nel Nebraska e nel

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Maine, chi arriva primo, cioè chi prende più voti, prende tutti i delegati di quello Stato
(=tutti i grandi elettori di quello Stato).
ü Poteri: il presidente
v È titolare del potere esecutivo
v Nomina e revoca i segretari, che non costituiscono un organo collegiale
v Nomina funzionari federali.
v Ha il comando delle forze armate
§ Il congresso: è formato da due camere:
ü Camera dei rappresentanti: 435 membri, mandato biennale, eletta con metodo maggioritario in
collegi uninominali.
o Promuove l’impeachment, ovvero la messa in stato di accusa dei funzionali federali
in generale (non solo presidente, ma eventualmente anche dei giudici) su cui poi
giudica il senato, che deve poi provare gli articles of impeachment a maggioranza
qualificata di 2/3: lo fa presieduto dal presidente della corte suprema. È stato a lungo
molto raro, ma è stato usato recentemente su un presidente dopo la carica (dibattito
sul se fosse possibile o meno).
o Ha iniziativa in materia di tributi
ü Senato: 2 membri per Stato, mandato di sei anni (rinnovo parziale). Si vota su tutto il territorio
dello stato. È sempre a composizione piena, ma viene rinnovato 1/3 del senato ogni due anni
mano a mano, per cui ogni stato avrà un senior senator e un junior senator. Se una persona
dovesse venire meno, ci sarebbero nuove elezioni solo per il periodo che manca per concludere
i 6 anni. Ci sono regole procedurali più stringenti che permettono alla opposizione di esercitare
un certo ostruzionismo: bloccare la messa in votazione di un provvedimento.
o Approva le nomine presidenziali: è successo che al termine del mandato di Barack
Obama la nomina di Garland non fu voluta dal senato, che la calendarizzò,
aspettando l’elezione di un nuovo presidente.
o Approva i trattati internazionali

Semipresidenziale
È una via di mezzo tra quella parlamentare e quella presidenziale (esempio la quinta repubblica francese).
Ciò che avvicina le due forme di governo è che:
- Come quella presidenziale: il presidente della repubblica è eletto direttamente dal popolo.
- Come quella parlamentare: Il presidente della repubblica può sciogliere le camere ed esiste un
organo separato di governo. In Francia c’è il presidente della repubblica e un organo collegiale di
ministri => esiste un rapporto di fiducia tra governo e assemblea nazionale, come nella forma di
governo parlamentare.
Se il presidente della repubblica è di uno schieramento diverso da quello che ha l’assemblea vi è
cohabitation => ci saranno due centri di potere (forma bicefala) per cui il presidente avrà una figura di
rappresentanza anche verso l’esterno, mentre il primo ministro politica interna. È una forma prettamente
teorica.
ð Ci sono state nella storia delle coabitazioni, come è successo in Francia dove c’era uno sfalsamento tra
il mandato del presidente e quello dell’assemblea nazionale: il presidente durava in carica 7 anni e
assemblea in 5, dunque poteva verificarsi un disallineamento. Nei primi anni 2000 è stata introdotta
costituzione per cui mandato del presidente della repubblica in Francia dura come il mandato
dell’assemblea nazionale (5 anni) e le elezioni si susseguono a breve distanza: ciò ha spesso un effetto
di traino per cui il presidente che prende la maggioranza dei voti e spesso ha una maggioranza che lo
sostiene nell’assemblea nazionale (caso di Macron nel 2017 che ha potuto governare senza il rischio
della coabitazione).

DIRETTORIALE
Il parlamento nomina ma non può revocare i membri del Direttorio, organo che detiene il potere esecutivo.

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Unione Europea
Ora sull’Unione Europea ci soffermeremo su vari aspetti principali:
1. L’origine e l’evoluzione
2. Le sue istituzioni
3. Le fonti del diritto
4. Le fonti Ue
5. Il rapporto con le leggi nazionali

Origine ed evoluzione dell’Unione Europea


La storia dell’unione europea inizia nel 1946-1949, in cui inizia il processo di organizzazione della
cooperazione tra gli Stati europei, e continua fino ai giorni nostri. Ora seguirà un breve elenco dei maggiori
avvenimenti.

Nel 1948
Viene istituita l’Organizzazione Europea di Cooperazione Economica, che ha il compito di gestire questi
aiuti ingenti che arrivano.

Nel 1949
Il Consiglio d’Europa (diverso dal consiglio europeo, dall’unione europea) ha come obbiettivo la tutela dei
diritti dell’uomo. Si basa sulla CEDU e ha una corte che deve verificare se gli stati la rispettano.

Nel 1950: Dichiarazione di SCHUMAN


È una dichiarazione di Schuman, ministro francese. Ci serve creare condizioni di pace, soprattutto nel
periodo in cui era stata emanata tale dichiarazione, poiché essendo del 50 usciva da entrambi i conflitti, la
prima e la Seconda guerra mondiale. La pace serve per garantire benessere, stabilità economica. Allora si
decide di iniziare una collaborazione economica, che inizialmente si presuppone di mettere in comune due
materie prime: il carbone e l’acciaio. Questi elementi sono quelli che servono per la ricostruzione degli
edifici, dei ponti, delle autostrade => garantire una vita economica positiva.
Missione: mettere a profitto la possibilità di cooperare, rendendo possibile la libera circolazione di
risorse strategiche (merci) e anche delle persone, di capitali e di servizi.
Obbiettivi:
• Obbiettivo economico: mettere in comune la produzione franco-tedesca del carbone e
dell’acciaio.
• Obbiettivo politico: nel breve periodo eliminare la rivalità tra Francia e Germania, e nel lungo
periodo creare un’unione europea a carattere federale (ispirato a dinamiche federalistiche nel
quale si potesse riconoscere un’entità sovranazionale). La Brexit è stato qualcosa di non previsto
e inimmaginato.

Nel 1951: La CECA


Primo momento di integrazione. A Bruxelles viene segnato il trattato istitutivo con i 6 padri fondatori
(Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo. Ha vari organi come l’Alta autorità, un consiglio di
Ministri, un’assemblea parlamentare e una corte di giustizia. Durata 50 anni.

Nel 1957: TRATTATI DI ROMA


Si estende l’integrazione in altri ambiti. Hanno firmato gli stati della CECA, e questi sono a tempo illimitato.
Estensione:
• si estende all’energia atomica (EURATOM)
• si estende all’economia, la CEE (comunità economica europea).
Organi: Sono 4:
1. Corte di giustizia (condiviso con la CECA). pronuncia una sentenza storica “Sentenza Van Gend
en Loos” secondo cui gli Stati membri hanno rinunciato in settori limitati ai loro poteri sovrani ed
al quale sono soggetti non soltanto gli stati membri, ma pure i loro cittadini. Non è una vera e

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propria denuncia definitiva, è una delega temporanea (altrimenti la Brexit non sarebbe stata
possibile)
2. assemblea parlamentare (condiviso con la CECA)
3. il consiglio
4. la commissione.
Novità: Nei trattati di Roma si pongono le fondamenta di quella che diventerà l’Unione europea, e si
inizia a mettere in comune di più oltre la messa in comune di carbone e acciaio: le libertà economiche
dell’unione. Sono 3 le libertà previste:
a. La libertà di circolazione delle merci: abolizione dei dazi doganali (oneri collegati al trasferimento
di merci), tariffa doganale comune (sono analoghe ed equiparabili), divieto di restrizioni
quantitative e misure di effetto equivalente.
Principio del mutuo riconoscimento: vuole che i Paesi riconoscano una serie di standard e, per
esempio, in alcune circostanze, che se un bene può essere oggetto di commercializzazione in
uno Stato, si riconosca a quell’ordinamento la possibilità di autorizzarne la circolazione anche al
di fuori. Dopodiché, si mantiene il diritto di alcuni Stati di porre alcune limitazioni, che però non
sono funzionali al fatto che un bene viene dall’estero, bensì al fatto che, per esempio, uno Stato
non vuole il commercio di alcolici.
b. La libertà di circolazione delle persone: implica che i lavoratori possono circolare liberamente, la
libertà di stabilimento (un’impresa può decidere di stabilirsi ovunque nell’Unione europea), la
libera prestazione di servizi. Viene introdotto in questo modo anche il divieto di discriminare in
base alla nazionalità.
c. La libertà circolazione dei capitali: liberalizzazione dei trasferimenti di capitale a corrispettivo di
scambi di merci o servizi.

Razionalizzazioni
Sono necessarie razionalizzazioni in seguito all’esistenza di 3 diversi trattati europei. Così:
ü Trattato di Bruxelles: => fusione degli esecutivi,
ü Trattato di Lussemburgo: ha portato al passaggio dai contributi finanziari dei singoli Stati a un
sistema di risorse economiche.
ü Vertice di Parigi: istituzionalizza il Consiglio Europeo e decide l’elezione diretta del Parlamento
Europeo a suffragio universale.

Nel 1986: Atto Unico Europeo


Momento con il quale la CEE reagisce all’allargamento significativo (erano nel mentre entrate Regno Unito,
Irlanda, Danimarca, Grecia, Spagna e Portogallo.

Nel 1990: Convenzione Di Schengen


Rafforzamento della libera circolazione delle persone all’interno dell’area che viene denominata, con
ulteriore affievolimento dei controlli delle frontiere.

Nel 1992: Trattato Maastricht


È la prima volta che sentiamo parlare di Unione Europea (e non più comunità). Questo trattato:
Introduce una struttura a 3 pilastri, i quali seguono due diversi metodi di lavoro (il metodo comunitario
il primo e il metodo integrativo gli altri due):
1. Primo pilastro, la CE, comunità europea, comprende la CEE, EURATOM e CECA; quindi, raduna i
risultati prodotti dal processo di integrazione europea sotto un unico pilastro, che è
inevitabilmente il più importante.
o Metodo comunitario: metodo più tradizionale, seguito anche in passato e che si fonda su
alcuni elementi:
ü Conferimento di un’iniziativa legislativa esclusivamente alla Commissione. (diritto di
avviare un processo legislativo). È l’organo legislativo che però può formulare proposte.

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ü Le decisioni sono adottate a maggioranza qualificata dal Consiglio, organo che


condivide con il Parlamento il potere legislativo, secondo una procedura che prende il
nome di co-decisione, che evidenzia il ruolo di questi due soggetti e che è la procedura
standard seguita nel metodo comunitario. Il Consiglio delibera a maggioranza
qualificata (maggioranza più ampia di quella assoluta, calcolata sulla base di logiche di
ponderazione, legata anche alla popolazione degli Stati, perché evidentemente ci sono
pesi diversi specifici che possono essere riconosciuti nelle diverse assemblee
deliberative agli Stati).
2. PESC: cooperazione in materia politica estera e sicurezza comune
3. GAI: cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
o Metodo intergovernativo:
ü Prevede una maggiore condivisione della proposta tra Commissione e Stati membri.
Non è più soltanto la Commissione a poter avviare un processo legislativo con la
proposta, ma questo potere è condiviso con gli Stati membri. Il potere d’iniziativa è
condiviso tra Stati e Commissione, non c’è un’esclusiva della Commissione come nel
metodo comunitario.
ü ruolo centrale per il Consiglio, mentre il Parlamento è sostanzialmente relegato ad un
ruolo consultivo.
ü Parliamo di metodo intergovernativo perché attribuisce un ruolo ancora molto
significativo al governo dei vari Stati membri in quanto tali e diminuisce, o comunque
tempera il ruolo delle istituzioni europee come istituzioni amministrative.
È caratterizzato da varie innovazioni:
v Rafforza il ruolo del Parlamento europeo: cambiamenti nel processo decisionali, per cui il
parlamento è sempre più equiparato al consiglio.
v Enunciazioni di principio: inizia ad essere sviluppato un riconoscimento dei diritti fondamentali.
Con precisione si sviluppa la categoria dei principi generali del diritto dell’unione che comprende
i diritti fondamentali tutelati dalla CEDU e le tradizioni costituzionali comuni agli stati membri.
o principio di sussidiarietà: comporta che il livello di governo più elevato entri in gioco
essenzialmente quando si ritenga che su una determinata materia i livelli di governo inferiori
non sarebbero altrettanto efficaci nella loro azione.
o principio di attribuzione: vuole che l’Unione Europea intervenga solo nelle materie per le
quali i trattati gli conferiscono competenza di agire.
v Estende le competenze comunitarie: istruzione, cultura, sanità, tutela dei consumatori etc
v Instaura l’unione economica e monetaria fino ad una politica monetaria solo comunitaria
v Istituisce la cittadinanza europea: costituisce lo status che l’unione europea riconosce a tutti i
cittadini degli stati membri, si somma a quello di cittadino nazionale. Conferisce il diritto di
circolazione e di soggiorno ai cittadini, il diritto di elettorato attivo e passivo tramite elezioni
comunali ed elezioni per il parlamento europeo, protezione diplomatica nel territorio dei Paesi
terzi.

Nel 1997: Trattato Di Amsterdam


Stabilisce modifiche istituzionali, ci sono molte materie che rientrano nel terzo pilastro (immigrazione) che
vengono attratti nel pilastro comunitario. L’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli stati
membri + sanzioni in caso di violazione grave e persistente da parte di uno stato membro.

Nel 2000: CARTA DI NIZZA


(detta anche carta dei diritti fondamentali UE). Inizialmente è un documento privo di effetti giuridici
vincolanti, le cui violazioni non possono causare conseguenze specifiche in quanto tali, perché i tempi non
erano ancora maturi affinché si imponesse agli stati membri un documento che tutelasse i diritti.

TRATTATO DI LISBONA

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Dopo il fallimento della Costituzione UE: si segue la via di riformare profondamente i trattati con nuovo
compromesso. Si riconosce lo status giuridico della carta come equiparato dai trattati. Novità:
ü Valori e obbiettivi dell’Unione europea => diritti umani e sviluppo sostenibile
ü Principi democratici dell’Unione
ü Abolizione della distinzione dei 3 pilastri
ü Rinvio alla carta dei diritti
ü Precisazione delle comunità europee

La Brexit
Evento storico “catastrofico” è un sintomo di una unità politica ancora troppo acerba.

Le istituzioni dell’Unione Europea


Tra le varie istituzioni dell’Unione Europea distinguiamo principalmente 2 diversi tipi di istituzioni: le
istituzioni politiche e le istituzioni di controllo. A queste poi vengono anche affiancati degli organi minori di
controllo.

Istituzioni politiche
§ Parlamento europeo (potere legislativo): è l’organo rappresentativo dei cittadini dell’UE, è un organo
collegiale. È eletto a suffragio universale e diretto (e i sistemi elettorali sono quelli statali). La
distribuzione dei seggi è effettuata sulla base di una ponderazione correlata sulla consistenza statale
in proporzione della popolazione. Approva i bilanci dell’UE e approva la commissione europea.
§ Commissione europea (potere esecutivo in primis e partecipa anche al potere legislativo). È un organo
collegiale ma non rappresentativo. È un organo di persone, non di stati. Vi sono 27 membri (un
presidente e 26 commissari). Mandato quinquennale. Iter formativo: prima si designa presidente
(approvato dal parlamento) poi designazione dei commissari sottoposti ad un processo di audizione.
Approvazione finale della composizione complessiva della commissione da parte del parlamento, con
un consenso formale del presidente.
§ Consiglio: è formato dai rappresentanti dei governi che sono di norma dei ministri. Il sistema di voto è
elaborato, talvolta a maggioranza (calcolato con ponderazione) talvolta ad unanimità. Ha un indirizzo
politico = definire l’agenda politica dell’UE, ossia gli obbiettivi verso cui si indirizza azione dell’UE. La
presidenza è turnaria (semestrale).
§ Consiglio europeo (formato dai rappresentanti politici dei vari stati che possono essere o i capi di stato
o il capo di governo degli stati, ha sia potere esecutivo che legislativo, anche se è tendenzialmente
legislativo). Possiede presidente del consiglio europeo + presidente della commissione. Non può
adottare atti legislativi, ma semplicemente ha funzione di definizione degli indirizzi (spetta alla
commissione, al consiglio e al parlamento tenere conto degli indirizzi espressi dal consiglio

Istituzioni di controllo
§ Corte di giustizia (potere giudiziario, in quanto verifica la legittimità degli atti dell’UE e può anche
effettuare un controllo sulla corretta e uniforme applicazione del diritto dell’UE). È un organo
giurisdizionale competente a garantire la corretta interpretazione e applicazione del diritto comunitario.
Ha due diversi tipi di competenze:
o Competenza contenziosa: legittimità degli atti e comportamenti delle Istituzioni e degli Stati, di
fronte al diritto europeo.
o Competenza pregiudiziale: su richiesta dei giudici nazionali, per la corretta interpretazione del
diritto europeo. Questo perché gli stati membri non sono passivi, ma devono garantire
l’attuazione del diritto europeo. Ma se l’attuazione che gli danno è stata causa da una diversa
interpretazione? Per valutare se la interpretazione è corretta o meno andava istituito un giudice
appartenente all’ordinamento europeo. Non si intromettono in faccende nazionali.
§ Corte dei conti:
§ Banca centrale europea

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Organi minori con funzioni consultive e sociale


§ Comitato economico e sociale
§ Comitato delle Regioni

Fonti del diritto dell’Unione europea


Le fonti di diritto internazionale (che derivano da ordinamenti diversi da quello nazionale) si dividono in due
macrocategorie per le fonti di produzione dei trattati: le fonti di diritto consuetudinario e le fonti di diritto
pattizio.

Fonti di diritto consuetudinario


Vengono generalmente individuate come diritto internazionale generale. Troviamo la consuetudine come
fonte del diritto. La consuetudine è dovuta all’unione di un elemento di fatto, la ripetizione nel tempo di un
comportamento, diuturnitas e un elemento soggettivo (opinio juris).

Fonti di diritto pattizio


Si ha qui il diritto internazionale particolare. Il trattato pattizio ha un’efficacia inter-partes (non erga omnes
come il precedente).
v Ratifica: Il nostro ordinamento si rapporta con le fonti di diritto pattizio tramite un meccanismo che
consente di attribuire efficacia ai trattati internazionali: ratifica. Ciascuno stato ha una modalità di ratifica
propria.
§ Nell’ordinamento francese e olandese era stabilito un referendum che è fallito
§ Nel nostro ordinamento è affidata al presidente della repubblica, previa autorizzazione delle
camere. Quindi la parte sostanziale è l’autorizzazione alla ratifica e quella formale è il presidente.
Il nostro ordinamento aderisce ad un modello dualista (contrario del modello monista):
continua a riconoscere come fonti di un ordinamento esterno i trattati che vengono introdotti
e ratificati, quella fonte continua a restare una fonte di un ordinamento diverso: quello dell’UE
o dell’ordinamento di diritto internazionale, visto che l’UE non è l’unico ordinamento
sovranazionale al quale l’Italia aderisce (il Consiglio d’Europa) => non prevede dunque
un’incorporazione del diritto pattizio all’interno dell’ordinamento, il che significa, come
conseguenza, che le fonti internazionali continuano a restare meri fatti, fatti giuridici. Se
fossero atti normativi scritti nella nostra Costituzione troveremmo tutto indicato: il processo
di formazione, qual è l’organo competente, qual è il nomen iuris che quell’atto normativo
possiede e con il quale lo riconosciamo all’interno dell’ordinamento giuridico, ma, in quanto
fatto normativo, è qualcosa che accade esternamente alla categoria degli atti normativi, a cui
però l’ordinamento giuridico riconosce efficacia all’interno.
v Adattamento: (sia per diritto pattizio che per consuetudinario) L’autorizzazione alla ratifica è ciò che
consente di conferire e riconoscere efficacia, riconoscere anche da un punto di vista di validità il trattato
che è stato stipulato e di cui il nostro Stato è uno dei contraenti, ma la modalità con la quale
l’ordinamento costituzionale riconosce ad una fonte o ad un sistema di fonti di diritto internazionale
una validità nell’ordinamento giuridico è il sistema dell’adattamento.
ü Ratio: capire come il contenuto delle fonti di quell’ordinamento spiega la sua efficacia all’interno
del nostro ordinamento, come fonti come quelle dell’UE possano avere efficacia. Questi
ordinamenti e trattati non è sufficiente che siano ratificati, perché i trattati come quelli dell’UE
prevedono anche un sistema di fonti, prevedono che l’UE come sistema giuridico possa produrre
delle fonti. Qual è il rapporto che si intrattiene con quelle fonti? Serve uno strumento che possa
dare di fatto esecuzione nell’ordinamento a queste fonti.
ü Tecniche di adattamento: sono diverse:
1. tecniche di adattamento generale, che fanno riferimento al c.d. rinvio ad una fonte di
produzione del diritto internazionale.

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o Si tratta di un rinvio in bianco, dove si consente alla fonte di diritto internazionale di avere
efficacia generalizzata => “tutte le fonti prodotte dal diritto dell’UE sono efficaci nel
nostro ordinamento”.
o Se noi richiamiamo una fonte di produzione, consentiamo di fare ingresso nel nostro
ordinamento a tutto il materiale che quell’ordinamento-fonte produce.
o Si adotta un modello di riferimento generale con l’UE
2. tecniche di adattamento speciale, che fanno riferimento non già ad una fonte di produzione
del diritto internazionale, ma ad una norma che caso per caso vuole fare della norma
internazionale una norma interna
o Si tratta di un rinvio fisso.
o Nel caso del rinvio particolare rimane il modello dualista.
o se la norma viene meno o cambia, il rinvio che si è fatto in modo speciale diventa
inefficace, ne andrà fatto uno nuovo, perché la norma non c’è più o è cambiata.
o Se invece si fa riferimento ad una fonte e vi è una modifica del trattato (il che presuppone
che vi sia stato un processo di modifica dei trattati al quale lo Stato ha aderito, perché i
trattati si modificano ovviamente solo previe procedure previste, e successivamente la
ratifica della modifica), ciò non impedisce di tenerlo efficace.
v Ingresso: Ci siamo molte volte interrogati, nel corso del tempo, su quale fosse la norma costituzionale
che potesse consentire di dare ingresso. Dov’è quella previsione, lo strumento mediante il quale noi
facciamo l’adattamento, cioè prevediamo che le fonti dell’UE possano avere la loro efficacia all’interno
dell’ordinamento italiano? Gli articoli citati a proposito sono:
1. Art.10, Cost. (“trasformatore permanente”): stabilisce che l’Italia acconsente alle norme di diritto
internazionale generalmente riconosciute, ma in realtà questa norma fu pensata per la Società
delle Nazioni, che poi è diventata l’ONU, per qualcosa di profondamente diverso; quindi, c’è un
problema di fondo nel considerare questa norma.
2. Art.11 Cost. per quanto riguarda il diritto pattizio, perché esso consente limitazioni di sovranità in
condizioni di reciprocità, ma nulla di tutto questo nella Costituzione menziona l’UE, perché non
era stata pensata per l’UE. Basti pensare al fatto che la Costituzione l’hanno scritta nel ’47 ed è
entrata in vigore nel ’48, quando l’UE non esisteva ancora
3. Art.117, c.1, Cost., (che esiste dal 2001) che stabilisce che il nostro ordinamento si conforma ai
vincoli derivanti dall’ordinamento internazionale ed europeo. Questo articolo è stato aggiunto
perché:
a. Prima: il legislatore, quando vi è la ratifica di un trattato, adottava una legge con la quale
attribuiva esecuzione, il che è stato fatto, per esempio, in occasione del concordato e dei
trattati conclusi tra Santa Sede e Italia.
b. Con la norma: si stabilisce che la potestà legislativa si esercita nel rispetto dei vincoli derivanti
dall’ordinamento europeo, il che è un modo per far entrare nella Costituzione quegli obblighi.
Prima, quindi, vi era una legge, ora un articolo costituzionale.

Fonti dell’UE
(qui segue la spiegazione del professore. La parte del libro la si trova sotto la voce Capitolo 11).
Le fonti europee si dividono in due categorie:
1. Fonti primarie (originarie): i trattati
2. Fonti derivate (diritto secondario): quelle previste dai trattati. Queste si dividono a loro volte in fonti
derivate a carattere vincolante e fonti derivate a carattere non vincolante.

A carattere vincolante
ð Regolamenti
1) Hanno portata/efficacia generale, nel senso che regolano una materia in maniera esaustiva;
2) Sono obbligatori in tutti i loro elementi, nel senso che sono vincolanti per gli Stati membri
3) Hanno come destinatario tutti i soggetti giuridici dell’Unione
4) Hanno una caratteristica: la diretta applicabilità (fonte applicabile in quanto tale), che è una
caratteristica della tipologia di atto giuridico, il che significa che la categoria di fonte che

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individuiamo come regolamento non ha bisogno di alcuna implementazione, di alcuna norma o


insieme di norme dell’ordinamento italiano che vi diano recepimento
o Esempio: oggi, soprattutto per via del covid, dobbiamo spesso dare consensi per finalità di
privacy e di protezione dei dati. Questa materia è regolata da un regolamento europeo,
chiamato dpr, e quell’ordinamento si applica, è la fonte di riferimento
o Diretta applicabilità vs effetto diretto: Vi possono essere fonti direttamente applicabili ma
senza effetto diretto, e fonti non direttamente applicabili ma con effetto diretto. Bisogna tener
conto della differenza tra DISPOSIZIONI (enunciato testuale) e NORME (individuano i vari
significati che una disposizione contiene). Il regolamento prevede:
ü Disposizioni direttamente applicabili, per la diretta applicabilità di quell’atto
ü Norme che possono essere
§ Con effetto diretto à contenuto formale
§ Senza effetto diretto à contenuto sostanziale --> perché la possibilità di trovare
esecuzione di quella norma dipende dalla realizzazione di una serie di condizioni
che l’ordinamento interno dovrà prevedere. (ciò non significa che è necessario
un procedimento di recepimento). Non è detto che una norma direttamente
applicabile abbia effetto diretto.
ð Direttive: Il legislatore italiano è tenuto ad un’attività di recepimento. Perché quelle direttive siano
efficaci nell’ordinamento italiano, occorre che il legislatore italiano adotti delle norme interne. A quel
punto, la fonte applicabile, che disciplina una determinata materia (per esempio, la tutela del diritto
d’autore) non sarà più una direttiva europea, ma sarà la legge domestica.
- A differenza dei regolamenti, non sono dotate di diretta applicabilità.
- A differenza dei regolamenti non hanno una portata generale e non sono obbligatorie in tutti i loro
elementi costituenti una regolamentazione compiuta, ma costituiscono dei vincoli o obblighi per
gli stati membri ad adottare misure secondo la loro discrezionalità.
- Diretta applicabilità vs effetto diretto: la direttiva prevede:
o Disposizioni non direttamente applicabili, perché la direttiva non possiede tale caratteristica
o Norme possono essere
ü Con effetto direttoà Nei casi in cui la norma di una direttiva costituisce degli obblighi
in capo agli stati sufficientemente chiari e decisi:
- quando ha carattere incondizionato: non necessita di condizioni particolari
- quando crea diritti chiaramene individuabili a favore dei singoli
- quando il termine per l’adempimento fissato dalla direttiva sia scaduto
(importante perché altrimenti lo stato non recepirebbe o ritarderebbe tale
attività per eludere gli obblighi che ne derivano)
ü Senza effetto diretto
ð Decisioni: sono direttamente applicabili ma solo a soggetti particolari espressamente designati o
identificabili sulla base di una serie di criteri che stabiliscono (a differenza dei regolamenti).

A carattere non vincolante


ð Raccomandazioni
ð Pareri

Il Rapporto Con Le Fonti Nazionali


A un certo punto si pone il problema dell’effettività delle fonti europee. Vediamo un caso tramite il quale si
interroga sia la Corte costituzionale che la corte di giustizia.
Ø Caso: legge 6 dicembre 1962, n 1643= nazionalizzazione dell’energia elettrica e istituzione dell’ENEL.
Flaminio Costa, azionista della principale società cui ENEL era succeduta, rifiuta di pagare le bollette
perché la legge sarebbe incostituzionale per violazione dell’art 11 perché la nazionalizzazione è in
contrasto con i principi stabiliti da diverse norme del trattato istitutivo della comunità europea => si
verifica un contrasto tra la legge della nazionalizzazione dell’energia (1962) e la legge di ratifica del
trattato di Roma, trattato istitutivo della comunità europea (1957)
Ø Le norme che si possono derivare dalle disposizioni delle varie fonti possono determinare vari conflitti
quando possono esprimere significati contrastanti che si risolvono applicando vari criteri a seconda
della situazione:

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1.criterio cronologico: fondato sulla successione di leggi nel tempoà la legge più recente comporta
l’abrogazione di una legge o una parte di essa precedente (avviene quando le norme vengono
aggiornate: la norma più recente si sostituisce alla prima)
2. criterio gerarchico: la costituzione si colloca a livello gerarchico superiore rispetto alle altre fonti:
può succedere che il conflitto si determini tra norme di livello gerarchico inferiore e superiore: le
prime vengono annullateà la costituzione viene preservata
3. criterio di specialità: riguarda l’ambito della norma: può accadere che una norma regoli un ambito
più particolare di una precedente già esistente che regoli un ambito generale
4. altro criterio?
Ø Prima fase:
o La Corte costituzionale risponde: usa il criterio cronologico. ‘’L'art. 11 considerato nel senso [...] di
norma permissiva, non attribuisce un particolare valore, nei confronti delle altre leggi, a quella
esecutiva del trattato ‘’. àquesto risultato però è inaccettabile per il processo di integrazione
europea: significa che il legislatore è libero di abrogare il contenuto dei trattati semplicemente
approvando una legge successiva di contenuto differente.
o La corte di giustizia manda un messaggio chiaro: «il diritto nato dal Trattato non potrebbe, in
ragione appunto della sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno
senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento
giuridico della stessa Comunità» àl’Italia deve essere consapevole di aver voluto creare un
ordinamento che si deve integrare a quello interno: non è possibile sottrarsi ai vincoli che derivano
dall’ordinamento europeo approvando una legge successiva perché gli obblighi sono stati
assunti con trattati = non si può pretendere che un provvedimento interno depotenzi il valore del
trattato. Quindi la corte di giustizia stabilisce la prevalenza e il primato del diritto comunitario.
Ø Seconda fase: Con la sentenza ICIC: «di fronte alla situazione determinata dalla emanazione di norme
legislative italiane, le quali abbiano recepito e trasformato in legge interna regolamenti comunitari
direttamente applicabili, il giudice è tenuto a sollevare la questione della loro legittimità costituzionale”
la Corte costituzionale riconosce un principio del primato di cui prima ignorava l’esistenza: deve
tenerne conto e non può più condizionare l’adempimento degli obblighi comunitari àdeve cercare
qualcosa di diverso dal criterio cronologico per risolvere i conflitti => a Corte costituzionale afferma che
bisogna usare il criterio gerarchico. Riconosce la prevalenza dei Regolamenti CE, ma con approccio
dualistico:
1. se c’è legge italiana precedente alla entrata in vigore di un regolamento europeo allora la legge è
abrogata dal regolamento CE perché esso va a disciplinare quella materia e quindi fa tabula rasa
delle norme interne preesistenti
2. se la legge italiana è successiva va verificata la costituzionalità di quella legge: il giudice che si
imbatte in essa è tenuto a sollevare una questione di costituzionalità
Viene applicato nei due casi un criterio diverso, ovvero il criterio cronologico nel primo caso e il criterio
gerarchico nel secondo: questo crea confusione nel rapporto tra le fontià non si risolve del tutto il
problema
Ø Terza fase: Con la sentenza SIMMENTHAL la corte di giustizia: «qualsiasi giudice nazionale […] ha
l'obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai
singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore sia
successiva alla norma comunitaria» (la Corte costituzionale non ha ragione di intervenire).
Questo non fa definitivamente cessare l’efficacia delle norme italiane che potrebbero continuare ad
applicarsi per delle situazioni interne perché ci sono campi nei quali il diritto europeo non si applica à
allora anziché cambiare la fonte, quella fonte sarà disapplicata laddove si applichi il diritto europeo; se
ci sono situazioni in cui il diritto europeo non si applica, la norma interna oggetto di disapplicazione
potrà continuare ad applicarsi =ecco perché non si cancella.
Ø Quarta fase: la Corte costituzionale accetta il primato del diritto comunitario. Dall’analisi della sentenza
Granital del 1984 la corte costituzionale definisce il rapporto tra l’ordinamento comunitario e interno =
essi sono distinti e separati; ciascuno ha un proprio sistema di fonti; perciò i due non si rapportano con
principio gerarchico, cronologico o di specialità ma secondo con un CRITERIO DI COMPETENZA:
quando una determinata materia ricade nella competenza del diritto comunitario, si applicano le sue
fonti e si disapplicano quelle interne (contrastanti), le quali continuano ad avere applicazione nelle
situazioni che non sono ricomprese nell’ambito di applicazione del diritto europeo. Il criterio di
competenza fa applicare la norma prodotta dalla fonte competente, ossia quella a cui è attribuita la

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competenza. Se il legislatore europeo è competente a porre la norma, allora essa dovrà essere
applicata a discapito di quella interna.
v Però si può accettare che il diritto comunitario si sovrascriva alla costituzione? La Corte costituzionale
riporta la teoria dei contro limiti = anche la costituzione può sottostare agli effetti del diritto dell’UE, ma
c’è un nucleo essenziale della costituzione (principi fondamentali) che non può in nessun caso essere
subordinata al diritto dell’UE. In questo caso occorre garantire dei controlimiti all’avanzata dei diritti
dell’UE. Se un giudice ha di fronte a sé una norma che contrasta con uno dei principi fondamentali della
costituzione, è tenuto a sollevare una questione di legittimità costituzionale. Se il contrasto sopravviene
tra fonti secondarie (regolamento e fonte dell’UE) si applica il criterio gerarchico perché il termine di
raffronto sarà la legge di esecuzione dei trattati, che è una fonte primale e dunque prevale su quella
secondaria. Si ha una sorta di triplicazione delle norme costituzionali, dove le fonti che godono di più
forte efficacia sono i principi supremi e i diritti inviolabili sanciti dalla costituzione, le altre norme
costituzionale, ma anche il diritto dell’unione direttamente applicabile.

I diritti politici
Vi è un passaggio da una democrazia diretta a una democrazia rappresentativa. Questo passaggio c’è stato
per vari fattori, come il fattore demografico, quello della schiavitù (in passato vi era la democrazia diretta,
come nelle poleis, perché vi erano gli schiavi: coloro che erano cittadini avevano gli schiavi per lavorare e
loro si potevano preoccupare della politica) e quello della coincidenza fra i destini di comunità e cittadino,
uniti nel loro benessere/malessere dalla guerra.
Ø Strumenti: Distinguiamo nelle democrazie rappresentative sia strumenti di tipo rappresentativo che
della democrazia diretta:
a. l’elettorato attivo e passivo (chi elegge e chi viene eletto).
b. I 3 istituti del:
1) Referendum: di natura abrogativa, di natura costituzionale confermativa o di indirizzo,
2) Petizione: indirizzare al Parlamento eventuali tematiche, chiedendo un provvedimento per
risolverle
3) Iniziativa legislativa: meno significativa, si ha quando almeno cinquantamila cittadini
propongono una legge che però il Parlamento non è obbligato a votare né tantomeno a
prendere in considerazione.
Ø I diritti di elettorato in Italia: distinguiamo in elettorato:
o Attivo: chi può votare. Ci devono essere dei requisiti, che possono essere:
ð Positivi (art 48):
1. cittadinanza italiana (eccezione per elezioni locali dove possono votare anche cittadini
europei residenti),
2. maggiore età.
ð Negativi (indicati dalla costituzione):
1. incapacità civile: data da interdizione legale o giudiziale, minore età, inabilitazione,
amministratore di sostegno.
2. sentenza penale: pena accessoria ad una sentenza primaria o sottoposto a una misura
di sicurezza, è l’unica delle 3 che vede applicazione concreta.
3. indegnità morale: ricollegata al fallimento del piccolo/medio imprenditore. È lasciata
dalla disciplina lettera morta.
A partire dalla legge I del 2000 il diritto di voto è stato esteso agli italiani risedenti all’estero,
che possono votare per corrispondenza. Incertezze: Non si è sicuri però uno che arrivi, due
che sia effettivamente il cittadino a votare. Per assicurare la segretezza bisogna avere una
regolarità di voto presidiata, se invece lo si svolge a casa viene meno la segretezza. Il
referendum Renzi del 2016 garantiva a chi si trovasse temporaneamente all’estero la
possibilità di votare per corrispondenza recandosi all’ambasciata più vicina.
o Passivo: chi può essere votato. Per godere dell’elettorato passivo ci sono determinati requisiti:
§ Di età: 25 anni, per il Senato 40.
§ si deve già godere dell’elettorato attivo.
§ Di assenza di impedimenti: tali impedimenti possono essere:

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- Ineleggibilità: Possibilità di candidarsi, impossibilità di essere eletto. Se sono ineleggibile e mi


candido, posso essere votato ma il mio responso sarà nullo. Se invece l’ineleggibilità
subentra dopo l’elezione, si trasforma in incompatibilità. Se viene rimossa in tempo (ovvero
sanare la propria ineleggibilità almeno 180 giorni prima dei comizi rimuovendone la causa) il
soggetto è regolarmente elegibile.
- Incompatibilità: serve ad evitare il conflitto di interessi tra le decisioni che l’eletto deve
prendere. Le cause di incompatibilità sono o previste dalla costituzione (che prevede che è
incompatibile la carica di senatore con quella di deputato, il presidente della repubblica con
qualsiasi altra carica, un membro di un consiglio regionale con un membro del Parlamento)
o previste dalla legge ordinaria. Questo la differenzia dalla ineleggibilità, che invece è
disciplinata solo dalla legge ordinaria. A differenza con le altre due consiste nel fatto che per
incompatibilità una persona può candidarsi ed essere eletta, ma poi entro un determinato
limite si deve scegliere quale delle due cariche mantenere. Se non lo si fa => decadenza.
- Incandidabilità: non ci si può candidare. Può essere sopravvenuta o discende come
sanzione accessoria per reati corruttivi contro la PA o associativi di stampo mafioso. È di solito
temporanea, da 3 a 6 giorni. C’è incandidabilità quando vengono controllati tutti i requisiti
forali e mancano (per esempio il requisito delle firme).
Le determinazioni sull’incandidabilità (e anche per incompatibilità) vengono prese
dall’organo di appartenenza => la camera stessa in cui è eletto vota sulla permanenza in
carica o in decadenza.
§ Esempio: in Italia Berlusconi venne condannato nel 2013 dalla corte di cassazione
per evasione fiscale, che era uno dei reati previsti dalla legge Severino: prevede delle
sanzioni diverse a seconda della carica elettiva ricoperta. Tale legge prevede:
ü Nel caso degli amministratori degli enti locali, già dalla condanna discende,
anche in primo grado, la sanzione della decadenza.
ü Per i parlamentari solo per la condanna definitiva.
Questi 3 impedimenti (incompatibilità, ineleggibilità e incandidabilità) vanno interpretati in
senso limitativo/restrittivo, non c’è possibilità di interpretazione analogica.
Ø Influenza sul consenso: ci sono individui che ricoprono certi incarichi che possono esercitare
un’influenza non desiderabile sulla formazione del consenso, per esempio minacciando determinate
ritorsioni. Non si parla in questo caso di influencer sui social media, ma di individui che possono
esercitare poteri coercitivi o sanzionatori, come chi ricopre incarichi di governo in enti locali, funzionari
governativi, concessionari di servizi pubblici statali e magistrati.
Ø Il diritto di voto: il voto è, ai sensi dell’articolo 48 della costituzione:
o Personale: ciascun soggetto lo esercita senza l’intermediazione di altri soggetti. Non esiste il
voto per procura. Se sono affetto a determinati problemi, come la cecità, posso essere
accompagnato (ma ogni accompagnatore ha un massimo di persone per evitare che se ne
approfitti).
o Eguale: ci sono due possibili sfumature. Il voto può essere uguale in entrata, oppure in uscita.
- In entrata: il voto pesa in maniera uguale, concorre con tutti gli altri per l’elezione.
- In uscita: capacità del singolo voto di incidere effettivamente su chi viene eletto. Questi non
sono eguali. Esempio: elezione del sindaco: chi ha votato per il candidato che vince ha un
voto che “vale di più” rispetto al voto per quelli che hanno perso.
o Libero: ciascuno deve esprimere la propria volontà di voto, senza essere influenzato da
determinati soggetti o favori;
o Segreto: terzi non possono conoscere il votante a cui corrisponde un determinato voto. In Italia
avviene tramite le cabine elettorali, in cui è vietato portare strumenti che possono fotografare
la scheda, chi lo fa commette reato.
Il diritto di voto è un dovere civico: è un dovere ma non è prevista una sanzione per il mancato
esercizio. Alla maggiore età tutti sono iscritti nelle liste elettorali, e vi rimangono fino alla morte.

I sistemi elettorali

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Nei sistemi elettorali distinguiamo due diversi tipi di legislazione: la legislazione in senso stretto e quella in
senso ampio. Dopo questa prima classificazione verranno fatti due diversi focus, uno sul rapporto tra sistemi
elettorali e forme di governo, e l’altro sull’evoluzione del sistema elettorale italiano.

Legislazione in senso stretto


In questo caso ci si occupa come da una data distribuzione di voti si va ad assegnare le cariche e i seggi in
palio. La legislazione in senso stretto è caratterizzata dalla formula elettorale e dai collegi.

Formula elettorale
È una formula matematica sulla base dei voti dei vari candidati, per determinare corrispondenza tra voti e
seggi. Possono essere proporzionali, maggioritarie o miste.

Proporzionali
Servono a rispondere alla domanda “da chi vuoi essere rappresentato” e avvicinano quanto più possibile
le preferenze dell’elettore al risultato effettivo nella carica elettiva (parlamento). Vengono principalmente
usati nei collegi plurinominali. I seggi in palio non vengono attribuiti alla lista con più voti, ma sono distribuiti
a tutte le liste che ottengono una quantità di voti minima chiamata “quoziente elettorale”.
Effetti proiettivi: rifletterà la distribuzione dei voti sul territorio. Non sono però necessariamente proiettive. Ci
sono casi in cui può essere un pochino più selettiva, come in un collegio plurinominale ma piccolo, con
pochi seggi in palio. Per determinare quali candidati di ciascuna lista sono stati eletti, ci possono essere due
diversi possibili metodi:
1. L’elettore esprime oltre al voto per la lista una o più preferenze per i singoli candidati
2. I seggi sono attribuiti seguendo l’ordine dei candidati della lista (così detta lista bloccata).
All’interno dei sistemi proporzionali si può avere:
A) Sistema a quoziente: può capitare di non assegnare tutti i seggi contemporaneamente, si fa una
divisione e si tiene in considerazione solo il quoziente intero, lasciando dei resti, i quali creno problemi.
1) Per risolvere tali problemi il legislatore può:
ü Rettificare il quoziente: ai seggi si aggiunge una unità, e di conseguenza si abbassa il
quoziente e il prezzo di ciascun seggio.
ü Rettificare ulteriormente il quoziente imperiale
2) In questo tipo di formule proporzionali (anche nelle altre ma specialmente in questa) per
temperare l’effetto proiettivo e la frammentazione del quadro politico, si possono usare:
• Clausole o soglie di sbarramento: soglie percentuali di voti che una lista deve ottenere
per accedere al riparto dei seggi. C’è una soglia di sbarramento del 3%: se i voti non
arrivano alla soglia si eliminano.
• Premio di maggioranza o governabilità: meccanismo correttivo rispetto al proporzionale
che spesso trasforma i sistemi proporzionali in misti: per fare in modo che un partito o una
coalizione di partiti abbia almeno la maggioranza assoluta dei seggi per poter sostenere
un governo e quindi governare il potere si può prevedere che al l’esito del riparto che
sarebbe ordinario con il metodo del quoziente ma anche con quello dei divisori
successivi, se non arriva da solo alla maggioranza, artificialmente gli vengono dati dei
seggi in più che vengono sottratti alla minoranza di modo che arrivi a quella soglia.
Caratteristiche:
- Il premio di maggioranza può essere attribuito a chi arriva per primo senza che ci
sia alcuna previsione di una soglia minima
- Può essere fisso (non bisogna avere necessariamente la maggioranza) o
variabile
B) Sistema a divisori successivi: sistema in cui non rimangono resti. La scelta della formula da applicare
può essere fatta:
• Sistema d’Hondt: più selettivo, somiglia al quoziente rettificato: il numero di voti che ha preso
ciascuna lista diviso tutti i numeri interi da 1 al numero di seggi in palio.

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• Metodo Sainte-Lague: è più proiettivo, assomiglia più al risultato che si avrebbe dal quoziente
naturale del metodo dei più alti resti: se si saltano i divisori pari si prendono in considerazione solo
i divisori dispari.
Maggioritarie
Servono a rispondere alla domanda “da chi vuoi essere governato”. Tendono a schiacciare la
rappresentanza per garantire la formazione di maggioranza che poi sostenga un governo. Effetti selettivi:
accade che nell’organo sia sovra-rappresentato il partito che ha preso più voti anche se non erano la
maggioranza assoluta dei voti. Il sistema maggioritario può essere di due tipi diversi:
1) Sistema maggioritario di tipo plurality: (uninominale a turno unico/secco) chi arriva primo prende
il seggio in palio. Di solito si applica per elezioni delle cariche monocratiche o quelle di un solo
membro di parlamento => basta la maggioranza relativa dei voti per vincere.
- Esempio Regno Unito: per eleggere la camera dei comuni il territorio è diviso in 650
porzioni territoriali pari al numero dei seggi della camera dei comuni. Per determinare chi
siede nella camera si guarda chi ha preso un voto in più degli avversari dentro ciascuna
delle 650 divisioni. Questo sistema privilegia i grandi partiti con aree di influenza
particolare e favorisce i partiti a forte radicamento regionale.
2) Sistema maggioritario di tipo majority; (uninominale a doppio turno): al primo turno serve la
maggioranza assoluta, ma se essa non è raggiunta in questo tipo di sistema ci sono due diverse
opzioni:
a. Modello majority plurality: funziona come una plurality semplice, ma al secondo turno si ha un
ballottaggio aperto a più candidati. Esso taglia fuori gli estremisti perché anche se al primo
turno arrivasse prima una formazione con un orientamento ideologico di estrema
destra/sinistra, quello che accade è che al secondo turno questa formazione va sotto.
b. Modello majority run off: testa a testa unicamente tra due candidati, tra i quali emerge una
maggioranza assoluta.
Costituiscono un esempio di forma maggioritaria gli USA: Gerrymandering: forma di
manipolazione della rappresentanza e dei confini dei collegi elettorali tipico delle formule
maggioritarie uninominale e in particolare molto diffuso negli USA. Si possono avere effetti
distortivi della maggioranza. Esempio di manipolazione sono:
§ il cacking, ossia lo spezzamento degli elettori dell’atro partito dividendoli in una serie di
collegi tali per cui in nessuno di questi collegi gli elettori dell’altro partito siano sufficienti per
poter eleggere un rappresentante.
§ Il packing: meccanismo opposto.
Miste
Combinano elementi delle maggioritarie e proporzionali: di solito hanno un impianto a base proporzionale
su cui viene innestato un meccanismo maggioritario (=premio).

Collegi
È l’ambito territoriale al quale si applica integralmente la formula elettorale. Da essi dipende il
funzionamento delle varie formule elettorali. Può essere:
1. Collegio uninominale: si elegge una sola persona (usato per elezioni di cariche monocratiche,
esempio il sindaco.
2. collegio plurinominale: si eleggono più persone, esempio assemblea elettiva, di solito ma non
necessariamente. Si distingue dalla precedente in base al numero di cariche in palio in quel collegio.
Insieme questi due formano la legislazione elettorale (primarie, preferenze, sistema di finanziamento) è
sistema politico.

Legislazione in senso ampio


Qua ci si occupa di tutto ciò che riguarda il procedimento elettorale ma che esorbita dalla formula e dai
collegi => es. la selezione delle candidature, il modo con cui l’elettore in concreto decide per il candidato
oppure per un altro di una stessa lista. Il sistema elettorale in senso ampio riguarda quindi la LEGISLAZIONE
ELETTORALE di contorno che riguarda:
1. Primarie: come si scelgono i candidati alle elezioni;

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2. Preferenze: come l’elettore può esprimere la propria preferenza per uno o un altro candidato per
una determinata elezione;
3. Sistema di finanziamento: se esistono regole che disciplinano i finanziamenti alla politica.

I sistemi elettorali e forme di governo


Quando si valutano i vari sistemi elettorali e l’impatto che essi hanno sulle forme di governo bisogna
considerare:
Ø EFFETTI MECCANICI del sistema elettorale: come la formula scelta e il sistema dei collegi a cui
ricorriamo si riflette sulla rappresentanza e sulla composizione del parlamento e sulle dinamiche che ci
sono tra la maggioranza e l’opposizione. Alcuni di questi effetti sono insiti già nel funzionamento del
sistema, ma possono essere anche indotti o artificiali. Esempio di effetto meccanico è il premio di
maggioranza.
Ø EFFETTI SISTEMATICI dei sistemi elettorali sulla forma di governo: i partiti e il modo in cui i partiti si
propongono agli elettori dipende in parte anche dalla legislazione elettorale in vigore:
• Se si ha un sistema proporzionale particolarmente proiettivo con una soglia di sbarramento bassa
o inesistente o comunque con una formula proporzionale che si applica a livello nazionale allora
molto probabilmente si avranno tanti partiti frammentati e quindi anche il funzionamento della
forma di governo si baserà su un parlamentarismo
• se stiamo parlando di una forma di governo parlamentare di tipo compromissorio consociativo, i
partiti si presentano da soli alle elezioni e poi le alleanze di governo si fanno dopo sulla base di
accordi di governo più o meno stabili
• se si ha un sistema particolarmente selettivo di tipo maggioritario è più probabile che ci sia o un
bipolarismo che consiste nella creazione di coalizioni che competono l'una con l'altra dall'inizio o
addirittura bipartitismo e quindi di fatto le alleanze e i governi non si creano in Parlamento dopo le
consultazioni elettorali ma si creano nel momento in cui c'è l'investitura elettorale (è molto più
diretta).
Essi incidono quindi:
• sulle dinamiche di polarizzazione dei partiti= offerta del sistema politico
• sulle scelte dei singoli elettori= logiche di voto utile e approccio diverso alla soglia elettorale
ð l’elettore se si trova in un sistema proporzionale cerca di votare per il partito che più
rappresenta il suo spettro ideologico
ð invece in un sistema maggioritario l’elettore sceglierà chi ha più probabilità di vincere, facendo
un compromesso in base alle sue preferenze

I Sistemi Elettorali Italiani


Ø Elezione del 48: la costituente per queste elezioni approva due leggi per permettere che si affermi in
Italia per i primi 50 anni della repubblica (circa) un parlamentarismo compromissorio o consociativo,
anziché competitivo o maggioritario. Non essendoci investitura diretta delle coalizioni e partiti al
Governo, si rende necessario formare i Governi dopo le elezioni, in Parlamento.
o Effetti:
1. Alla Camera dei deputati: la legge è dichiaratamente proporzionale: il territorio è diviso in
32 circoscrizioni elettorali ampie. Si contano i voti e si fa un primo riparto dei seggi con il
metodo del quoziente rettificato secondo la formula imperiali (totale voti espressi in quella
circoscrizione elettorale, n° seggi in palio in quella circoscrizione elettorale +2 = quoziente
con cui viene diviso il numero dei voti). Con il quoziente naturale si assegnano solo seggi
interi, i resti vengono dati al collegio unico nazionale dei resti, con il metodo d’Hondt
(metodo dei divisori successivi). Esiste una soglia di sbarramento duplice e alternativa:
possono partecipare a questo collegio unico nazionale dei resti soltanto i partiti che
abbiano preso almeno un seggio nelle 32 circoscrizioni elettorali nel primo livello di
reparto, oppure che abbiamo preso almeno 300 mila voti a livello nazionale. Questo serve
a dare un diritto di tribuna/rappresentanza anche ai partiti più piccoli che non riuscivano a
prendere seggi nelle circoscrizioni elettorali.

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2. Al senato: è eletto su base generale. Esiste a riguardo un finto sistema maggioritario (finto
perché di fatto ha effetti proporzionali). Viene diviso il territorio della repubblica in tanti
collegi uninominali maggioritari quanti i seggi del senato (dove è necessaria una
maggioranza del 65%, con candidati associati a liste diverse, cioè si applica una formula
maggioritaria di tipo majority). Nella maggioranza dei casi nessuno arriva alla maggioranza
richiesta. I seggi che avanzano vengono assegnati e messi insieme a livello regionale, e si
fa il riparto a ciascuna delle liste che hanno presentato dei candidati sommando i voti che
ciascun candidato ha preso nei collegi uninominali (metodo d’Hondt).
o Effetto concreto: affermazione abbastanza netta della democrazia cristiana. Il numero dei seggi
delle prime legislature era variabile, commisurato alla popolazione (per cui cresce). I primi governi
in Italia si chiamano “centristi” e mettono insieme democrazia cristiana con partito liberale,
socialdemocratico e repubblicano (escludendo partito comunista e socialista). Alcide De Gasperi
presiede tutti e tre i governi della prima legislatura, anche se c’è un’alternanza, non un governo
unico.
§ Tempistiche di senato e camera: inizialmente la Camera dei deputati prevedeva
mandati di 5 anni, e il senato 6 (a metà fra quello della camera e del presidente della
repubblica). Poi nel 62 viene parificata la loro durata.
o Effetti negativi: governi litigiosi, occasionale incapacità di formare il governo stesso, una scarsa
efficacia delle razionalizzazioni, (nessun governo è durato per tutti e 5 gli anni), e frequente crisi:
§ Parlamentari: conseguenti ad approvazione di mozione di sfiducia. (Es. caduta
governo Prodi nel 2008)
§ Extraparlamentari: conseguenti a spontanee dimissioni del Governo (date da crisi
interne alla maggioranza che impediscono l’efficace proseguimento dell’attività
politica). Il Governo che si dimette si presenta in Aula per provocare un dibattito sulle
ragioni della crisi, ed eventualmente giungere ad una questione di sfiducia o fiducia.
Ø Poco prima delle elezioni del 53: la democrazia cristiana approva una legge, la legge Scelba (detta
legge truffa): legge proporzionale con forte premio di maggioranza => prevede una sovra
rappresentazione della maggioranza. Poi ci saranno le leggi proporzionali per la Camera e
maggioritario a effetti proporzionali per il senato.
Ø Anni 60: cambiamento di rotta => c’è una fissazione del numero dei deputati e dei senatori, una
parificazione della durata delle camere e un maggiore coinvolgimento di una parte delle forze di sinistra
nelle azioni di governo. Epoca dei governi centro-sinistra (democrazia cristiana e partito socialista
popolare). Periodo dominato da Aldo Moro.
Ø Dopo il 69: dopo l’attentato in piazza fontana iniziano gli anni di piombo con un terrorismo politico. Vi
fu un compromesso storico tra Moro della democrazia cristiana e Berlinguer del partito comunista, ma
Moro viene rapito e giustiziato dalle brigate rosse.
Ø Anni 80: periodo di centrismo, con il pentapartito. Al potere socialisti, liberali, repubblicani,
socialdemocratici e democrazia cristiana. Al governo non vi sono esponenti della democrazia cristiana,
ovvero Spadolini (repubblicano) e Craxi (socialista).
Ø Stagione dei referendum elettorali:
ð 91: primo referendum sulla preferenza unica alla Camera dei deputati. Questo referendum
abrogativo riduce le preferenze da 3 a 1, perché ritenevano che più preferenze ci fossero, più
era facile seguire indicazioni altrui.
ð 93: referendum sulla legge elettorale del senato. Cambiavano il metodo per il senato, da quello
majority a plurality. Questa legge del senato modificata dal referendum non si applica, ma è
uno sprone per il Parlamento di intervenire.
Ø Nel 92: anno in cui vi è la crisi, con Tangentopoli: finanziamento illecito ai partiti e fenomeni corruttivi.
Ø Nel 93: leggi Mattarella, che cambiano il sistema di elezione della camera e del senato in modo simile
e introducono una forma di tipo misto. Il 75% dei seggi viene distribuito in collegi uninominali e il 25%
con metodo proporzionale, con un riparto a livello nazionale per il parlamento e regionale per il senato.
C’è un meccanismo Scorporo; serve a scontare dai voti di una determinata lista per ripartire
proporzionalmente i voti che sono serviti ad eleggere il candidato nel collegio uninominale.

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Ø 2005: legge Calderoli (detto porcellum) legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza e
liste bloccate. Problemi:
1. Non esiste voto di preferenza dell’elettore: può solo esprimere la preferenza per un partito
2. La legge prevedeva pluricandidature: ci si poteva candidare in più circoscrizioni territoriali e si
valutava quale rinunciare
3. Indicazione di un capo della coalizione come se fosse una investitura del presidente dei ministri o
capo del governo
4. Forma proporzionale con premio di maggioranza => funziona in modo strano con una percentuale
bassa (metà voti +1).
5. Al senato funziona in modo diverso perché è eletto su base regionale
Ø Nel 2013 inaspettatamente il movimento 5 stelle prende un quarto dei voti, e c’è un parlamento diviso
in 3 e non in grado di eleggere un presidente della repubblica in scadenza. A questo punto data la forza
cattiva della legge Calderoli in questo anno la Corte costituzionale con la sentenza 1/2014 dichiara
costituzionalmente illegittima la legge Calderoli in modo parziale. Il meccanismo del premio di
maggioranza viene caducato e la legge diventa totalmente proporzionale senza premio di
maggioranza, pone una limitazione delle pluricandidature e una introduzione della possibilità di
esprimere il voto di preferenza. Questa è la prima volta in cui la Corte costituzionale si esprime sulle
leggi elettorali. Rimane per continuità il Parlamento eletto nel 2013 fino al 2018.
Ø Nel 2015 la legge numero 52, detto “italicum”. Caratteristiche:
Il voto avviene ancora su listini bloccati ma su cui si possono esprimere le preferenze: 1 o 2
Le porzioni di territorio in cui ciascuna lista presenta i propri candidati sono più piccole
Rimangono le pluricandidature con più limiti rispetto alla legge calderoli
Rimane una legge proporzionale con un riparto a livello nazionale: c’è collegio unico
nazionale in cui si contano i voti e si attribuiscono i seggi ai partiti e alle liste
Non ci sono coalizioni, solo singole liste non coalizzate
Soglia di sbarramento abbastanza bassa: 3%. Ci sono due diversi possibili scenari:
1) La lista vince con formula proporzionale e raggiunge da sola alla camera 340 seggi
2) Se la lista prima non arriva da sola a 340 seggi:
ð La lista ha raggiunto almeno il 40% dei voti: prende premio di maggioranza
ð La lista non arriva alla soglia dei voti validamente espressi e c’è un secondo turno di
ballottaggio tra primo e secondo.
Ø Nel 2017 viene pronunciata la sentenza numero 35 della Corte costituzionale che colpisce l’italicum.
Afferma che il ballottaggio non va bene come è strutturato perché c’è un rischio di sproporzionata
divaricazione tra composizione della camera e la volontà dei cittadini => non c’è una soglia minima per
accedere: accede chi arriva primo e chi secondo. Le pluricandidature non vengono eliminate ma
permesse solo per i capo-lista.
Ø Sempre nel 2017 viene emanata la legge n. 165, detta lege rosato, con cui si è votato alle elezioni del
2018 e si voterà a quelle del 2023. Assomiglia al mattarellum ma è più proporzionale:
o Il 37% sono assegnati in collegio uninominale con metodo plurality
o Il restante 61% del totale viene assegnato con metodo proporzionale con delle liste bloccate che
si applicano in collegi plurinominali.
o Il 2% sono votati dai cittadini italiani all’estero con metodo proporzionale
Differenza con il mattarellum:
1. Nel mattarellum ¾ maggioritario e ¼ proporzionale => qua è inverso.
2. Nel mattarellum c’era il meccanismo dello scorporo, qui c’è divieto di voto disgiunto: nella scheda
sono indicati tutti i nomi e cognomi di tutti i candidati nel collegio uninominale in cui si vota; quindi,
chi tra questi prende più voti viene eletto poi sotto ci sono numerati dei simboli di partito che
riguardano i partiti che appoggiano il candidato ma anche i candidati nel collegio plurinominale,
per la parte proporzionale. La logica dietro il divieto del voto disgiunto è quello di avere un effetto
di traino dalla parte maggioritaria su quella proporzionale. Il funzionamento non è stato ottimale.

Capitolo 5: l’organizzazione costituzionale italiana

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Forma di governo italiano: Prima dell’insediamento dell’Assemblea costituente la commissione Forti svolge
una serie di studi sulle forme di governo del panorama comparato e sulla base dell’esperienza italiana e
della realtà partitica e ideologica piuttosto frammentata. Scarta per l’Italia la forma di governo presidenziale
a favore di una parlamentare, pur suggerendo:
1. l’adozione di meccanismi di correzione: contropoteri rispetto al potere legislativo del parlamento
per cui le possibilità del presidente della repubblica di interferire in un certo modo nell’esercizio
delle prerogative del parlamento (si pensi alla possibilità del presidente della repubblica di
esercitare il potere di rinvio sulle leggi approvate dal parlamento o ancora al fatto che la corte
costituzionale giudichi della legittimità costituzionale delle leggi approvate dal parlamento rispetto
al testo della costituzione o la possibilità del popolo di abrogare tramite referendum abrogativo
determinate disposizioni di legge emanate dal parlamento) => strumenti di controllo per evitare
una eccessiva concentrazione di potere in capo all’organo legislativo.
2. Una razionalizzazione: La commissione Forti e l’Assemblea costituente sono consapevoli dei rischi
evocati parlando della forma di governo parlamentare:
o La degenerazione in assemblearismo (come nella terza repubblica francese): si cerca di
evitere schiacciamento delle dinamiche di potere al parlamento e governo incapace di
perseguire indirizzo politico continuo nel tempo. In realtà questa impostazione non è stata
seguita del tutto tanto che la classificazione che viene data alla forma di governo italiano
è quella di una forma di governo parlamentare a razionalizzazione debole: prevalenza del
parlamento e una prevalenza degli strumenti di correzione della forma di governo rispetto
a quelli di razionalizzazione.
o Il rischio dell’instabilità governativa. Rapporto di fiducia:
ð Fiducia in entrata: l’art. 94 dice che il momento del giuramento davanti al presidente è
il momento in cui il governo entra effettivamente in carica, ma poi entro il termine di 10
giorni deve presentarsi davanti a ciascuna delle camere per ottenere la fiducia
(bicameralismo perfetto, per cui sia davanti alla camera che al senato; per prassi si
presenta prima davanti alla camera che al governo precedente ha votato la fiducia per
seconda). La mozione di fiducia iniziale non viene nominata dai banchi di palazzo
Madama o Montecitorio ma ciascun deputato o senatore deve, una volta che è
chiamato, passare davanti al banco della presidenza ed esprimere il suo favore o
contrarietà alla mozione di fiducia a favore del governo oppure può astenersi. Votando
per appello nominale e a voto palese, ci si assume anche la responsabilità davanti agli
elettori.
ð Revoca della fiducia: Può avvenire con:
• Mozione di sfiducia: sulla base di determinati requisiti, che deve essere
1. motivata (rispecchia il fatto che anche la mozione iniziale debba essere
motivata),
2. firmata da una minoranza qualificata (almeno 1/10 dei membri della
camera o del senato
3. votata per appello nominale a voto palese
4. non può essere messa in votazione prima di 3 giorni (per evitare che si
sfruttino in modo strategico delle assenze dei membri della maggioranza)
Tanto la mozione di fiducia iniziale che quella di sfiducia prevedono la
maggioranza SEMPLICE (non assoluta).
• Questione di fiducia: (non prevista della costituzione ma introdotta dai
regolamenti di camera e senato) possibilità del governo di apporre la questione
di fiducia su una determinata proposta normativa o legislativa => il consiglio dei
ministri, nella sua composizione collegiale (ossia il presidente del consiglio e gli
altri ministri) vota a favore dell’apposizione di una questione fiducia e il ministro
dei rapporti con il parlamento lo comunica al presidente della camera di
appartenenza: la questione di fiducia mette la camera davanti alla quale la
questione di fiducia viene presentata (non è necessaria presentarla di fronte ad
entrambe le camere) di fronte ad un’alternativa:

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o votare a favore del provvedimento nel suo stato attuale


o o votare contro
Una delle forme di razionalizzazione debole è che non è sufficiente un
qualunque voto contrario del parlamento su una proposta del governo per
obbligare questo alle dimissioni: se il governo proporne un disegno di legge o
adotta un decreto-legge ma poi il parlamento vota a sfavore dell’adozione di
quell’atto, quello non necessariamente implica una sfiducia.

Ora vedremo prima il Parlamento, poi il Governo e infine il Presidente della Repubblica.

Il Parlamento
Ø Definizione: camera elettiva o rappresentativa
Ø Struttura: può essere o
o Monocamerale: una sola camera, tipico di paesi come la Finlandia, Danimarca, Svezia e
Portogallo.
o Bicamerale, che può essere perfetto (comunanza di poteri tra le due camere) o imperfetto
(asimmetria delle funzioni). Sono molto diffuse negli stati federali, dove è imperfetto. In Italia vi
è un cameralismo paritario: stessi poteri. Entrambe sono egualmente coinvolte nel processo
legislativo. Ha senso avere il bicameralismo perché:
§ Per ponderare le scelte delle camere elettive principali. Infatti, normalmente è caratterizzato
dalla rappresentanza della classe borghese nella camera bassa mentre la camera alta funge
da raffreddamento e rappresenta gli interessi delle classi aristocrazia e nobiltà (caso inglese).
§ Rappresentare gli enti locali o autonomie territoriali
Ø Bicameralismo in Germania e Regno Unito: vi è bicameralismo perfetto, ma per il rapporto di fiducia no
(previsto solo per la camera bassa).
Ø Bicameralismo italiano: perfetto (anche per la fiducia).
o Camere:
1. Camera dei deputati. Presenta un presidente, e ha varie funzioni elettorali:
2. Senato della repubblica: eletto su base regionale, che vuole realizzare un collegamento tra
gli enti territoriali, ma è un obbiettivo molto flebile e nei fatti assai limitato.
o Similitudini delle camere:
ü Hanno le medesime funzioni (fiducia)
ü Hanno eguali poteri, ma gli esercitano separatamente tranne che in alcuni casi. Infatti, vi
può essere una seduta comune delle camere (quindi dell’intero Parlamento) solo per dei
casi previsti dalla costituzione, non per volontà delle camere. I casi previsti sono 3:
Elezione del presidente della repubblica (in questo caso il Parlamento è integrato
con i delegati regionali, serve il voto di 2/3 dei componenti nei primi 3 scrutini e
la maggioranza assoluta al quarto)
Elezione dei giudici costituzionali (1/3 di coloro che siedono alla Corte
costituzionale)
Elezione dei componenti laici del CSM (consiglio superiore di magistratura,
organo che esiste per garantire indipendenza e autonomia della magistratura ed
è composto per 2/3 da membri della magistratura eletti dalla magistratura stessa
e 1/3 da componenti laici eletti dal parlamento)
Messa stato d’accusa del presidente
Il parlamento in seduta comune è un organo per natura imperfetto in quanto non può
decidere il suo ordine del giorno.
ü Hanno un principio rappresentativo affine: il Senato è una camera che obbedisce al
principio rappresentativo come la Camera dei deputati
ü Hanno stessa durata.
o Differenze delle camere:
ü Hanno una composizione differente: infatti si parla di bicameralismo paritario più che
perfetto

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ü Hanno sistemi autonomi


ü Il solo Senato è eletto su base regionale (art. 57 cost). L’Assemblea costituente prevedeva
che un terzo erano eletti dai consigli regionali, e due terzi dal suffragio: l’obbiettivo era
rendere sussistente un collegamento, anche se minimo, con le regioni. Questo progetto
però poi non venne approvato: rimase però il vincolo effimero “su base regionale”
Composizione delle camere:
§ Prima del 63: il numero non era definito, poiché si considerava un rappresentante ogni 80 000
persone. Ma c’è stato il boom demografico, quindi si è dovuto intervenire.
§ Dal 1963 al 2023: 630 membri nella Camera dei deputati e 315 nel Senato
§ Dal 2023: la costituzione è stata modificata con un taglio dei parlamentari: 400 nella Camera
dei deputati e 200 nel senato. I risparmi in termini di spesa pubblica sono risparmi poco
significativi. Questa riforma cambia solo il numero, non il funzionamento delle camere (come
invece aveva tentato di fare la riforma Renzi-Boschi del 2016, che voleva eliminare l’esistenza
del rapporto di fiducia con il senato, fare del senato effettivamente una camera rappresentativa
delle regioni, spostare le procedure sfociando in un monocameralismo).
Il diritto del Parlamento:
Le norme che disciplinano la struttura e il funzionamento di ciascuno camera sono poste:
1. Dal regolamento parlamentare: che si occupa del funzionamento delle camere (ogni
provvedimento di diverso tipo che ambisse a disciplinare questa materia non sarebbe la fonte
competente a ciò).
ü Non può inventarsi funzioni: la potestà normativa deve essere esercitata nei limiti della
costituzione (es. un regolamento non può prevedere che la camera abbia 700 anziché
630).
ü Deliberato da ciascuna camera: ciascuna camera adotta il proprio regolamento e questi
possono differire tra loro.
ü A maggioranza assoluta (maggioranza regolamentare non è maggioranza legislativa:
natura materialmente costituzionale delle norme parlamentari).
2. Dalla Costituzione: per esempio l’articolo 69 che riconosce un’autonomia nell’organizzazione
e nel funzionamento delle camere: quindi vi è una riserva di competenza. Si stabilisce che a
governare sull’organizzazione e sul funzionamento sia una fonte competente.
3. Ci sono altre fonti di diritto parlamentare, come la consuetudine (ovvero la prassi applicativa)
e la giurisprudenza del Presidente d’Assemblea (camera o senato). Egli può prendere varie
decisioni come quella di ammettere al dibattito.
Organizzazione delle Camere:
o Gruppi parlamentari: soggetto che detiene un ruolo chiave nel parlamento. I gruppi
parlamentari sono titolari di una serie di attribuzioni e una serie di poteri che spesso sono riflessi
sui presidenti dei gruppi parlamentari.
§ Il gruppo parlamentare rappresenta il termine di connessioni dei partiti che di solito
stanno fuori dalle aule parlamentari: non c’è riconoscimento dei partiti ma di gruppi
parlamentari ai quali entro 2 o 3 giorni i deputati e i senatori devono dichiarare di
appartenere.
§ I gruppi parlamentari esistono per evitare che il parlamentare sia sede in cui i singoli
parlamentari agiscono liberalmente e individualmente.
o Giunte: hanno il compito di verificare l’applicazione di una serie di meccanismi (es. convalidare
la nomina per elezioni dopo vari accertamenti ex post sull’accesso alle camere).
o Commissioni: entità nelle quali sono rappresentati i parlamentari sia della maggioranza che
dell’opposizione. Possono avere ruolo consultivo, di controllo, informativo o di indirizzo, e
possono essere:
ü permanenti (monocamerali, competenti per materia)
ü temporanee (mono o bicamerali).
Presidenza delle Camere: il diritto parlamentare è influenzato dalle decisioni adottate dai presidenti
delle camere. Essi dovrebbero incarnare una neutralità. Hanno vari compiti:
1. Interpretare e giudicare le regole parlamentari (assistito dalla Giunta)

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2. Garanzia dell’autonomia parlamentare


3. Coordinamento e programmazione
I presidenti delle camere talvolta sono sentiti dal presidente della repubblica per risolvere eventuali
crisi di governo. Sono affiancati da 4 vicepresidenti, 8 segretari (compito di sovraintendere ad
aspetti burocratici) e 3 questori (compiti amministrativi).
Metodo di programmazione: come sono organizzate le camere secondo un’organizzazione su 3
livelli:
1. Programma: indicazione sulle materie, anche non specifiche, sulle quali cadranno le
deliberazioni che verranno prodotte. La programmazione può riguardare un periodo almeno
bimestrale, fino a un trimestre.
2. Calendario: reca le date, i giorni, in cui saranno discusse le materie del programma. Il
calendario ha una portata più ristretta, può riguardare tre settimane, fino a un mese.
3. Ordine del giorno: corrisponde all’organizzazione dei lavori dell’aula in una sola sessione.
Difficilmente l’aula in un giorno si occupa di una sola materia, di una sola proposta di legge.
È stabilito dal presidente, mentre i primi due vengono definiti dalla conferenza dei presidenti
di gruppo con maggioranza qualificata (consenso di un numero di presidenti = ¾). Se non si
raggiunge la maggioranza decide il presidente. Gli intenti di coloro che hanno redatto era
favorire una ampia convergenza dei gruppi parlamentari: si ispirava a un indirizzo
efficacemente consensuale e consociativo.
Tipi di maggioranza: per assumere deliberazione nel parlamento ci può essere una maggioranza:
1. Qualificata (2/3) o assoluta
2. Semplice (favorevole > contrari) o relativa
Gli astenuti prima erano tutelati in modo diverso dalle due camere, ora sono computati nella verifica
del numero legale in entrambe.
Modalità di voto: il voto può essere espresso in modo:
§ Palese: è divenuto la regola generale dal 1988 in cui comparirono vari partiti:
• Radicali: portatori di battaglie dense di implicazioni ideologiche
• Partiti minori: in termini numerici minori, hanno agevolato i fenomeni
ostruzionistici. Ciò aveva fatto pensare che talvolta i fenomeni ostruzionistici
fossero facilitati anche da esponenti dei gruppi più rappresentativi, che al loro
interno sono caratterizzati da varie correnti (correntismo) che per far pesare la
propria logica potevano fare uno “sgambetto” al nucleo. Quindi il voto palese
avrebbe evitato questi “giochi di palazzo”.
In questo caso il voto si esprime per appello nominale, per alzata di mano o per voto
elettronico.
§ Segreto: ci sono ipotesi di voto segreto limitante:
• Voto su persone: voto sulla decadenza di un parlamentare, caso dell’elezione del
presidente della repubblica
• Diritti di libertà (a richiesta)
In questo caso il voto si esprime elettronico, per divisione (sistema desueto) e su
scheda.
Ostruzionismo parlamentare: ricorso sistematico agli strumenti previsti da regolamento per
impedire alla maggioranza di decidere (attuato da opposizioni). Consiste in atteggiamenti
perfettamente consentiti come:
v Prendere la parola a lungo (sottraendo tempo alla discussione)
v Dichiarazioni formalmente in contrasto con il proprio gruppo
v Verifica del numero legale
v Presentazione degli emendamenti
Status dei parlamentari: ciascun parlamentare:
ü Rappresenta la Nazione
ü Esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato
Sono inammissibili:
ü Limiti formali alla sua libera determinazione

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ü Meccanismi di revoca (art. 66 cost prevede il divieto di mandato imperativo)


La ratio è quella secondo cui i rappresentanti che siedono in parlamento non sono dei mandatari,
dei delegati. In caso di dimissione di parlamentare non esiste una dimissione in bianco, con moduli:
le dimissioni vanno discusse e accettate dal parlamento => strumento di tutela. È possibile per un
parlamentare cambiare gruppo parlamentare. Il parlamentare può votare come il suo partito, ma
può anche sottrarvisi.
Focus sulle prerogative: Situazioni che vogliono garantire a deputati e senatori autonomia e
indipendenza rispetto ad altri poteri (come la magistratura e il potere giudiziario). Esse sono:
1. Indennità: titolo retributivo
2. Immunità: comprende:
v Insindacabilità per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle funzioni (impossibilità di
responsabilità civile, penale e amministrativa). Affinché l’insindacabilità operi è necessario
un nesso funzionale, ossia se quell’esternazione sia effettivamente riconducibile
all’esercizio delle funzioni parlamentari.
v Immunità penale: corrisponde a una impossibilità di sottoporre un parlamentare a ogni
limitazione e in particolare di libertà di persona, domiciliare o di corrispondenza in assenza
di una autorizzazione della camera di appartenenza. A differenza dell’insindacabilità
questa perdura solo mentre il parlamentare sia in carica.
La giunta per le autorizzazioni procede a svolgere verifiche nei confronti di un parlamentare, e
l’aula verifica se la richiesta può essere accolta. Ci sono due casi che costituiscono un’eccezione:
§ Esecuzione di una sentenza di condanna irrevocabile
§ Arresto per i reati commessi in flagranza per cui è previsto l’arresto obbligatorio
Autonomia del parlamento
ü Autonomia regolamentare
ü Autonomia contabile: può decidere autonomamente il proprio bilancio
ü Autonomia di sede: il palazzo occupato dal parlamento è costituzionalmente attribuito ad
esso
ü Autodichia: giurisdizione esclusiva del parlamento per i corsi legati ai rapporti di lavoro con
il personale dipendente del parlamento.
Funzioni del Parlamento:
1. Funzione legislativa
2. Funzione di indirizzo: si rivolge al governo. Vi è la Mozione, cioè la delibera in merito ad una
questione che incide sull’attività del governo = il parlamento delibera su una questione per
dare un indirizzo al governo su questioni che lo impegnano. Presuppone una richiesta da parte
di 10 deputati e 8 senatori.
3. Funzione di controllo
4. Funzione ispettiva

Governo
Ø Definizione: titolare dell’indirizzo politico e della funzione esecutiva che garantisce l’attuazione
dell’indirizzo politico
Ø Composizione: Secondo la costituzione nel governo si distinguono varie figure, organi distinti, di cui
parla l’articolo 92 della costituzione, e le cui funzioni sono descritte nel 95:
1. Il presidente del consiglio: organo di governo, dirige la politica generale del governo e ne è
responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando
l’attività dei ministri.
2. Ministri: organo di governo a sé rispetto al presidente. Sono responsabili collegialmente degli atti
del consiglio dei ministri e individualmente dei loro dicasteri (parliamo di responsabilità politica,
non giuridica).
3. Consiglio dei ministri: presidente e ministri (compresi i ministri senza portafoglio).
Ø Fattori che hanno inciso sulla fisionomia:

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1. Decentramento politico: regioni che partecipano all’attività legislativa e vi è un rafforzamento del


loro ruolo nella funzione esecutiva.
2. Rinuncia dello stato a un intervento nella vita economica con una progressiva liberalizzazione di
settori di mercati precedentemente occupati da imprese pubbliche.
3. Integrazione europea: direttrice opposta al decentramento: conferire potestà e delegare l’esercizio
di poteri all’unione europea. Prima invece il governo era titolare di un ruolo assolutamente centrale.
Ø Flessibilità: è prevista dalla legge 400 del 1998, che disciplina una serie di materie:
Struttura amministrativa a supporto dell’attività del presidente del Consiglio dei ministri
Poteri normativi del governo
Attribuzione del Consiglio dei ministri e quelle del presidente
Organi non necessari del governo. Essi sono:
o Vicepresidente/i del CdM: talvolta hanno funzioni di supplenza (es. Mattarella quando
eran ministro della difesa), talvolta vengono usati per dare rilievo politico ad alcune figure
(es. Salvini e Di Maio con Conte). È un titolo più formale che sostanziale.
o Ministri senza portafoglio: ministri ai quali non è affidato una struttura amministrativa
attribuita direttamente dall’ordinamento. Restano nell’alveo della presidenza del consiglio
e non hanno propria sede; infatti, di solito si trovano a Palazzo Chigi. Sono ministri non
necessari, che possono essere nominati anche senza essere titolari di un vero e proprio
dicastero (struttura ministeriale) ma sono legate a temi specifici sui quali si vuole che il
governo possa operare. Esempi sono per i rapporti con il parlamento, per l’innovazione
tecnologica e la transizione digitale, per la pubblica amministrazione e altro.
o Sottosegretari: iter di nomina particolarmente complesso. Il loro compito è quello di
coadiuvare il ministro al quale sono affiancati. Esercitano i compiti loro delegati dal
ministro con decreto. Sono nominati con decreto del presidente della Repubblica su
proposta del Presidente del consiglio, con consenso del Ministro che dovranno
coadiuvare. Li dividiamo in:
ü Quelli che fanno riferimento ai ministri
ü Quelli che fanno riferimento alla presidenza del consiglio (la maggior parte).
o I viceministri: sottosegretari di numero non superiore a 10 ai quali è attribuito un potere più
ampio di quello conferito ai sottosegretari. Hanno deleghe corrispondenti all’intera area
dicasteriale o a dipartimento di direzioni generali. Possono anche essere invitati alle
sedute del Consiglio dei Ministri, a differenza dei sottosegretari ma senza avere diritto di
voto.
o Commissari straordinari: generalmente quando ci sono emergenze che richiedono la
destinazione di risorse (rifiuti, sanitaria), la Presidenza del Consiglio dei ministri può
prevedere l’istituzione di un commissario straordinario che raggiunga determinati obiettivi
o Comitati interministeriali: istituiti allo scopo di promuovere il coordinamento di più ministeri
le cui competenze si intrecciano su determinate materie
o Consiglio di gabinetto: organo di cui il presidente si può avvalere con una serie di ministri
designati
Ø Iter di formazione: possiamo distinguere una serie di fasi per l’ingresso di un nuovo governo dopo le
dimissioni presso il Pdr di quello vecchio prima e dei suoi sottosegretari dopo. I punti sono:
ð consultazione (non previsto dalla costituzione). Quello delle costituzioni è un momento
preliminare fondamentale non trattato nella costituzione. Fondamentale per il Presidente della
Repubblica che deve nominare il Presidente del Consiglio e necessita di conoscere gli indirizzi
e le volontà degli esponenti politici che siedono in parlamento. Alle consultazioni partecipano:
o i presidenti delle camere,
o gli ex presidenti della Repubblica (per ragioni di galateo istituzionale)
o presidenti dei gruppi parlamentari o i rappresentanti di questi con le delegazioni, questo
perché le consultazioni possono aver luogo anche prima che il Parlamento inizia a
lavorare.
o i segretari dei partiti politi, anche se il loro ruolo è più da politici che da parlamentari
o tutte le personalità che possono essere adeguate

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Se dalle elezioni sono uscite nitidamente le maggioranze e le minoranze, le consultazioni sono


un momento formale perché i rappresentanti della maggioranza chiederanno al Presidente
della Repubblica un governo guidato dalla maggioranza stessa. Nel caso del contesto
compromissorio in cui non c’è un vincitore delle elezioni, le consultazioni acquistano una
posizione centrale ed espandono il loro potere nuovamente.
ð conferimento dell’incarico, da parte del Presidente della Repubblica (non previsto dalla
costituzione). Per ragioni di Galateo avviene oralmente. Di norma l’incaricato accetta con
riserva (l’incaricato deve comprendere se è in grado), e poi con:
1. preincarico: conferimento con grande cautela per favorire con una legittimazione il
soggetto che in futuro potrebbe essere incaricato
2. mandato esplorativo: incarico che viene conferito a figure di garanzia (come il presidente
delle camere).
Caso con Conte 1: Conte sciolse la riserva e dimise l’incarico dopo che Mattarella fece notare
l’incarico al ministero dell’economia di Savona che aveva manifestato delle idee preoccupanti
sull’uscita dell’Italia dall’euro.
ð nomina del presidente del consiglio e dei ministri: 92 c.2 dice che tale potere spetta al
Presidente della Repubblica che nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e su proposta
di questo, i ministri. Il presidente Mattarella manifestò dissenso per ragioni di tutela di alcuni
interessi costituzionali sulla nomina di alcuni ministri (Savona), e si è a lungo discusso se
potesse farlo. La controfirma del presidente del consiglio alla nomina dei ministri serve a
spossessare il pdr di qualsiasi responsabilità politica di atti da lui compiuti, che possono avere
contenuto politico o meno ampio. Problema secondo cui è il presidente del consiglio entrante
che controfirma, ma egli nel momento in cui controfirma non ha i poteri.
ð giuramento: 93: il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri prima di assumere le loro
funzioni devono prestare giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.
ð Fiducia: 94 c.3: entro 10 giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle camere per
ottenere la fiducia. Espone il proprio programma e lo sottopone all’approvazione dell’aula.
Distinguiamo la:
- Mozione di fiducia: il parlamento la accorda e approva un atto di indirizzo.
- Mozione di sfiducia: è proposta da 1/10 dell’aula (63 deputati e 32 senatori). È votata dopo
almeno 3 giorni. Avviene per appello nominale e con maggioranza semplice.
- Questione di fiducia
Ø Principio collegiale e principio monocratico: responsabilità individuale e collegiale.
1. Il principio collegiale: riguarda la deliberazione della politica generale del governo: gli atti nei quali
si esprime questo principio sono per esempio le decisioni.
2. Il principio monocratico riguarda una serie di atti del presidente:
ü I poteri funzionali
ü I poteri di coordinamento
ü L’attività di rappresentanza esterna
Ø Poteri:
funzione di indirizzo politico: riguarda gli obiettivi che si vogliono raggiungere e le priorità legate
all’esigenza del paese. Le attività del governo di indirizzo politico sono libere nel fine (il governo
può infatti fare tutto ciò che ritiene utile a questo scopo), ma si deve sempre tenere conto dei
limiti previsti dalla costituzione. La funzione di indirizzo politico è poi un’attività che prevede
inevitabilmente un rapporto con il parlamento, infatti: il governo deve avere il contributo del
parlamento affinché gli consenta di tradurre in atto gli indirizzi generali, quindi è essenziale il
rapporto di fiducia con esso; il parlamento, inoltre, conserva una serie di elementi con i quali può
esercitare, a sua volta, la funzione di indirizzo; bisogna poi considerare anche la rilevanza della
possibilità che sia il governo stesso ad esercitare l’iniziativa legislativa (il governo è titolare del
potere di iniziativa).
funzioni normative: il governo può adottare atti normativi sulla base di previsioni costituzionali
che conferiscono al governo il potere di adottare sia atti con forza di legge (che si trovano quindi
sullo stesso rango della legge approvata dal parlamento, ossia della legge ordinaria) sia atti di

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rango secondario, come i regolamenti. Il parlamento, comunque, non perde il potere di


controllo, che potrà esercitare o successivamente, nel caso di decreti-legge, o attraverso un
momento preventivo (la delega) nel caso dei decreti legislativi.
funzioni di alta amministrazione

Presidente della repubblica


Ø Introduzione storica: la forma di governo parlamentare deriva dalla progressiva erosione del ruolo della
Corona; peraltro, spesso le costituzioni ottriate ottocentesche nascono proprio per concessione
(talvolta forzata) della Corona stessa. Con la scelta del nostro popolo, nel ’46, di rimuovere il Re, di fatto
si pose il problema di chi mettere al suo posto, e in che circostanze e con quali poteri. Le scelte della
Costituente tendevano ad una unificazione nazionale attraverso una comune partecipazione dei partiti
alla vita delle istituzioni democratiche, ma puntavano anche ad un’unità nazionale di valori definita
proprio dalla Costituzione. La figura del Presidente della Repubblica raccoglie in parte queste due
influenze.
Ø Descrizione dell’esponente della Commissione dei 75 Meuccio Ruini: «Mentre il Primo Ministro è il
capo della maggioranza e dell’esecutivo, il Presidente della Repubblica ha funzioni diverse, che si
prestano meno ad una definizione giuridica di poteri. Egli rappresenta ed impersona l'unità e la
continuità nazionale (…) è il grande consigliere, il magistrato di persuasione, la forza permanente dello
Stato». La funzione del PdR, secondo Ruini, è ben più alta di un semplice mandato politico.
Ø Fisionomia: La Costituzione delinea una particolare fisionomia per il capo dello Stato, dei contorni duttili
e malleabili:
1. Il PDR è eletto dal Parlamento in Seduta comune più i delegati regionali
2. Il PDR presta giuramento
3. Gli sono conferiti alcuni poteri prerogativi, come il conferimento dell’incarico
4. Il PDR è sottratto da ogni responsabilità politica, perché tutti i suoi atti sono controfirmati dal
ministro di competenza proponente e dal presidente del consiglio. Ci sono solo alcuni casi in cui
è responsabile.
Ø Poli: si è molto dibattuto, non solo in Italia, sulla possibilità che questo soggetto si muova
essenzialmente tra due poli:
Polo dell’organo di garanzia costituzionale -> del soggetto super partes, estraneo il più possibile
ad ogni contrapposizione, ad ogni dialettica politica
Polo dell’organo governante, il quale, visto che abbiamo detto che non ha nessun potere di
interferenza nell’indirizzo politico, si definisce così per enfatizzare la possibilità che, in situazioni
di crisi, svolga un ruolo molto più accentuato rispetto a quello che gli è proprio nei contesti
fisiologici, di funzionamento e stabilità della forma di governo. Nella nostra dottrina si parla di
poteri a fisarmonica del pdr, per evidenziare che il suo ruolo si presterebbe ad espandersi e a
comprimersi a seconda degli scenari politici; Esempio: il presidente Napolitano è stato criticato
da alcuni commentatori nella sua interpretazione del ruolo di capo dello stato come un
presidente interventista, estremamente incisivo, con il culmine di questo interventismo molto
marcato che si sarebbe raggiunto con la vicenda che ha condotto alla fine dell’ultimo governo
Berlusconi e la nomina a senatore a vita, pochi giorni prima, del senatore/presidente Monti, e la
successiva scelta di caldeggiare un governo tecnico (2021), che in un momento di grande
difficoltà dal punto di vista finanziario potesse risollevare le sorti dell’Italia, in un momento in cui
eravamo seriamente a rischio di default. L’idea che vi sia una figura tecnica che viene nominata
senatore a vita per i meriti elevatissimi nel campo scientifico con cui ha onorato la repubblica e
che poi si immagini e si proceda a conferire un incarico ad una figura di estrazione tecnica per
la costituzione di un governo tecnico, in cui figure politiche erano praticamente assenti, questa
scelta fu giudicata da alcuni come un atto di grande interventismo. La tempistica dell’operazione
era abbastanza sospetta, perché fu ravvicinata (qualche giorno/settimana).
Ø Connotati del pdr: tendenzialmente è un ruolo/potere
ü neutro, il che peraltro è evidente dall’enfatizzazione della sua autonomia; il pdr sta
completamente al di fuori dall’alone politico, il che è garantito dalla sua irresponsabilità
dal punto di vista politico, che è garantita dalla controfirma. Esposito, un grande maestro
del diritto costituzionale, dice che questa tesi del capo dello stato come organo
imparziale e super partes apparterrebbe al mondo delle ricostruzioni mistiche, in
qualche modo evidenziando che è impossibile sottrarre, per il ruolo che il pdr ha, la sua

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figura alla mischia politica. È un mito, sembrerebbe una ricostruzione, infatti, in realtà, ci
sarebbe davvero una capacità di influenza, che si accentua nei momenti di crisi.
ü intermedio: <<non entra nel circuito della ripartizione e della lotta per l’acquisizione
delle risorse e del potere, ma favorisce e permette che queste decisioni si compiano
orientandole ad alcuni valori ritenuti come inoppugnabili>> àBALDASSARRE, grande
costituzionalista. Esempio la vicenda Savona: dire io “io non voglio interferire con la
nomina di ministro ma ti segnalo che quella persona porta con sé dei problemi, mette a
repentaglio una serie di interessi costituzionali”. Ha poteri di impulso, persuasione e
moderazione à può essere connotato come potere intermedio.
Ø Regole per l’elezione
Art. 84: Il presidente della repubblica deve:
• essere cittadino italiano
• avere il godimento di diritti civili e politici
• avere 50 anni di età compiuti
Art. 83: Il presidente della repubblica è eletto dal parlamento in seduta comune con integrazione
dei delegati regionali, convocata 30 giorni prima della scadenza del mandato precedente, 15
giorni nel caso in cui la cessazione non sia naturale e non coincida con la scadenza del mandato.
Se le camere sono sciolte o mancano 3 mesi al loro scioglimento si convoca entro 15 giorni dalla
prima riunione delle nuove camereà il Presidente della Repubblica rimane in carica in un regime
di prorogatio. Alle elezioni partecipano 3 delegati per ogni regione eletti dal Consiglio regionale
in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La valle d’Aosta ha un solo
delegato. Le elezioni si svolgono a voto segreto, a maggioranza di 2/3 dell’assembleaà dopo il
terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Non ci sono formali candidatura. E non c’è
un dibattito, non c’è un candidato che deve presentare la lista per farsi eleggere, le forze politiche
si orientano. Guardare al numero di scrutini è una miopiaà non è una votazione come le altre ma
è momento delicato: il dato relativo a quanti scrutini sono necessari per eleggere il presidente
della repubblica è dato che si presta a lettura relativa
Ø La Cessazione Della Carica: Per lungo tempo si è ritenuta invalsa una regola non scritta ma vincolante
in base a cui la possibilità di replicare il mandato avrebbe trascinato la repubblica molto più vicina alla
monarchia: lo stesso Mattarella ha tentato di stigmatizzare in più occasioni questo. Cause di cessazione
della carica:
1. scadenza naturale del mandato: 7 anni. (Napolitano aveva anticipato che non si sarebbe
trattato un mandato pieno ma che avrebbe rimesse l’incarico a una sola parte di esso;
Mattarella sembra invece aver interpretato nella sua pienezza la rielezioneà il precedente di
Napolitano afferma che essa è una prassi che può ricorrere)
2. morte
3. decadenza: quando vengono a meno i requisiti della costituzione
4. dimissioni
5. destituzione: se viene istruito nei confronti del Presidente della repubblica un procedimento
per le uniche ipotesi in cui si può far valere la sua responsabilità
6. impedimento permanente: colpisce segni nel 94 dopo accesa lite con moro
=>in queste ipotesi, prima del rinnovo supplice il presidente del senato, così come nel caso di
impedimento temporaneo
Ø La Irresponsabilità’ Del Presidente Della Repubblica: art 90. Ci sono diversi tipi:
una responsabilità funzionale collegata all’esercizio delle funzioni del presidente, che è
fondamentalmente una irresponsabilità sotto il profilo giuridico e politico, infatti:
o sotto il profilo politico esiste la controfirma. Serve a spossessare il presidente da
responsabilità tranne che per gli atti personalissimi che non possono essere controfirmati
(come le dimissioni). La controfirma, però, può avere una funzione mutevole: essa
assume un diverso valore a seconda del tipo di atto di cui rappresenta il completamento
o, più esattamente, un requisito di validità. Alla controfirma va, infatti, attribuito carattere
sostanziale quando l’atto sottoposto alla firma del capo dello stato sia di tipo governativo,
e quindi espressione delle potestà proprie dell’esecutivo, mentre ad essa deve essere
riconosciuto valore soltanto formale quando sia espressione di poteri propri del
presidente della repubblica (qui la controfirma ha un significato più tenue). Questo
accade perché nel secondo caso non c’è un contenuto di tipo politico, o è comunque

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molto più limitato; quindi, la controfirma serve solo per certificare il rispetto della
costituzione nei suoi requisiti formali.
o l’irresponsabilità giuridica ha un’area in cui la costituzione definisce due ipotesi previste
dall’art. 90 per cui la costituzione prevede che il presidente sia messo in stato di accusa
dal parlamento in seduta comune (esso delibera a maggioranza assoluta con un giudizio
da parte della Corte costituzionale). Le due ipotesi sono:
§ alto tradimento: Qualcuno ha ipotizzato che qualora le camere dovessero
approvare una legge e il presidente della repubblica formulasse dei rilievi
rilevandone la contrarietà alla costituzione, la rinviasse ma le camere la
approvassero lo stesso, il presidente potrebbe solo dimettersi per evitare
un’ipotesi di alto tradimento
§ attentato alla costituzione. è una nozione molto ampia che ha fatto molto
discutere. Se il presidente della repubblica promulgasse una legge che ha
ritenuto possa presentare dei vizi di costituzionalità che ha fatto presente alle
camere, la promulgazione, secondo alcuni, potrebbe trattarsi di attentato alla
costituzione. Tuttavia, non c’è una disciplina specifica. Alcuni volevano
promuovere lo stato di accusa nel caso Savona.
Una responsabilità comune fuori dall’esercizio delle funzioni. Qualora dovesse essere avanzata
un’azione penale nei suoi confronti, questa sarebbe improcedibile per il corso della carica in
quanto si integrerebbe un’indebita interferenza di un potere (magistratura) con un altro potere
dello stato: rispetto alla perseguibilità delle condotte poste in essere al di fuori dell’esercizio delle
sue funzioni, ogni tentativo di promuovere un’azione nei suoi confronti si scontrerebbe con
un’improcedibilità correlata al mandato
Ø Il potere di intercettazione: Su questo tema c’è un’importante sentenza, la numero 1 del 2013 della
Corte costituzionale. La sentenza riguarda la possibilità per la procura di Palermo di procedere
all’utilizzo di intercettazioni telefoniche che non erano state effettuate sull’utenza del presidente della
repubblica, ma che costituivano le cosiddette intercettazioni indirette: infatti, nel corso di una serie di
indagini che la procura di Palermo stava conducendo, in occasione delle intercettazioni disposte a
carico dell’utenza di una figura che aveva intrattenuto delle carice istituzionali, era stata
incidentalmente intercettata una conversazione con il presidente Napolitano. In questo caso il
presidente riteneva che quel contenuto non potesse in alcun modo essere utilizzabile e che dovesse
estendersi alle intercettazioni indirette, intrattenute con altri, lo stesso meccanismo di divieto di
intercettazioni del presidente della repubblica. La procura di Palermo, invece, sosteneva
un’interpretazione diversa. La Corte costituzionale replica con una sentenza molto lunga, richiamando
l’articolo 90 => non si può estendere alle intercettazioni indirette un trattamento diverso rispetto a
quelle dirette, ma il divieto deve essere ribadito.
Ø Atti del presidente della repubblica: Esistono due categorie, a seconda della presenza o meno di un
carattere politico:
1. Atti formalmente e sostanzialmente presidenziali: qui la controfirma è apposta per ragioni di
forma e di controllo, agendo come una sorta di rubber stamp in cui il Premier o il Ministro
attestano l’avvenuta collaborazione e la coerenza con la forma dell’ordinamento)
ü Nomina dei senatori a vita (sono 5) e dei giudici della Corte costituzionale
ü Messaggi alle camere => Aneddoto di Cossiga picconatore, che mandava messaggi
molto taglienti detti picconate alle camere.
ü Rinvio delle leggi, con un messaggio alle camere, il PDR rispedisce la legge alle Camere
denotando aspetti di criticità. Nell’epoca pre-maggioritaria si trattava di aspetti formali,
ma con il maggioritario le leggi vengono approvate con strette maggioranze in
Parlamento e si introduce un controllo c.d. di ragionevolezza e di costituzionalità. lo
strumento adottato da Ciampi per superare l’impasse era quello di una motivazione
contraria, con la quale il presidente essenzialmente dava una serie di giudizi
interpretativi, cercando di precisare come dovessero essere interpretate le disposizioni
a suo avviso più discutibili dai futuri applicatori.
ü Concessione della grazia
ü Convocazione straordinaria delle camere
2. Atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente governativi (il contenuto non è definito dal
PDR stesso, che si limita ad approvarlo); La controfirma ha un significato particolare in questo
caso, per la finalità di esonerare sempre il presidente dalla responsabilità politica dei suoi atti,
scaricandola sui controfirmanti

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o Promulgazione delle leggi


o Autorizzazione DDL governativi
o Emanazione degli atti governativi aventi forma di legge e dei regolamenti del
governo
o Indizione elezioni delle camere e referendum popolari
o DPR di nomina dei funzionari statali, scioglimento dei Consigli comunali, ricorsi
straordinari al PDR
o Ratifica dei trattati internazionali
o Accredito dei diplomatici
o Dichiarazione dello stato di guerra
o Scioglimento sanzionatorio dei consigli regionali
3. Atti complessi (quando le linee sono sfumate, c’è comune partecipazione in proporzioni ben
poco definite o costanti; la controfirma sancisce l’avvenuta collaborazione fra le parti e il PDR):
ü Nomina del PCDM: specialmente variabile a seconda del detentore della carica e del
tipo di parlamento e legislatura.
ü Scioglimento anticipato delle Camere: l’esistenza del semestre bianco attesta il potere
del PDR in questo campo, che la Costituzione intendeva circoscrivere e limitare
Ø Il potere di grazia: È stato oggetto di una contesta risolta dalla corte cost. con una sentenza del caso
Bompressi. Nell’ipotesi che aveva dato origine a questo conflitto di attribuzioni, il ministro della giustizia,
che all’epoca era l’onorevole Roberto Castelli (politico, tutt’ora senatore della lega nord), si volle
opporre a quella che era l’idea di concedere la grazia, in particolare a Bompressi, che versava in
condizioni di salute precarie. Si discuteva della concessione della grazia con Adriano Sofri, il quale però
rifiutò di formularne richiesta. Il pdr era intenzionato a conferire l’esercizio del potere di grazia, ma fu
avanzato un conflitto di attribuzioni proprio per chiarire se il ministro della giustizia dovesse o meno
considerarsi titolare di un potere di veto. La corte cost. ha precisato che, in considerazione anche delle
finalità essenzialmente umanitarie del potere di grazia, si deve ritenere che la potestà decisionale sia
affidata al capo dello stato, organo super partes, rappresentante dell’unità nazionale, estraneo al
circuito dell’indirizzo politico-governativo.

La Pubblica Amministrazione
Ø Definizione: è la cura degli interessi pubblici.
Ø Distinzione con gli altri poteri:
1. Dal punto di vista dell’esercizio del potere, la PA si distingue dall’attività legislativa/normativa
perché manca dell’astrattezza propria delle leggi: l’attività amministrativa è infatti generale ma
concreta, perché dispone con riferimento a fattispecie concrete.
2. Rispetto alla Magistratura, l’attività amministrativa si distingue sul lato dell’impulso ad agire, dato
che la PA è “spontanea”, non necessitando di attivazione pubblica (PM) o privata (causa civile)
come invece avviene per l’attività giurisdizionale, che si verifica su impulso esterno. Concretezza
e spontaneità si uniscono ad un’altra caratteristica, l’immediatezza della produzione di effetti
giuridici in capo ai suoi soggetti; mentre l’inadempimento deve essere mediato da un giudizio in
tribunale per essere soddisfatto, la PA non necessita di passare per la magistratura perché i suoi
provvedimenti sono autonomamente esecutorii.
Ø La PA è costituzionalmente una figura servente del Governo, il cui piano politico viene realizzato
proprio per mezzo suo.
Ø La differenza tra PA in senso oggettivo e soggettivo: in senso oggettivo è un’attività, mentre in senso
oggettivo è un apparato. Ma in entrambi i casi lo scopo è quello di coadiuvare le istituzioni pubbliche
nelle loro funzioni di governo.
Ø Principi costituzionali:
1. Diritto alla difesa: È significativo distinguere la posizione giuridica soggettiva perché l’art.24 Cost.
dice che tutti hanno diritto ad agire per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. Questa
distinzione non è banale, perché determinare se una posizione giuridica soggettiva è un diritto o
un interesse legittimo incide sulla giurisdizione (ordinaria, tributaria, contabile, militare,
amministrativa). Se la posizione giuridica soggettiva di cui si fa questione, su cui si dibatte è:
- Diritto soggettivo: diritto reale, che posso rivendicare nei confronti di tutti i soggetti, che
non può essere leso.

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- Interesse legittimo: posizione giuridica un po’ più complessa, perché consiste in un


interesse esercitato in modo legittimo, cioè conforme alla legge, da un’autorità pubblica.
2. Principio Di Legalità: Non espressamente contemplato dalla Costituzione. Il principio di legalità
inizia a vincolare il potere pubblico a partire dallo Stato liberale. Oggi il principio di legalità si
articola in 3 significati:
1) Preferenza della legge o principio di non contraddizione àl’attività amministrativa non può
svolgersi in modo che contraddica le disposizioni di legge o normative di rango primario.
2) Principio di legalità in senso formale à la Pubblica amministrazione non può fare tutto ciò
che non è vietato dalla legge ma può fare soltanto ciò che la legge ad essa conferisce: può
esercitare soltanto i poteri che gli sono attribuiti da fonti normative.
3) Legalità in senso sostanziale à nel perseguire i fini previsti dalla legge, la PA deve
conformarsi alle modalità esecutive previste dalla legge stessa: regole sul procedimento
amministrativo o sul contenuto dei singoli provvedimenti che la pubblica amministrazione
può adottare. La dottrina pubblicistica tende a distinguere:
a. la discrezionalità amministrativa à fra tutti i mezzi e gli strumenti a disposizione della
pubblica amministrazione, lo strumento che questa ha ritenuto di utilizzare per la
realizzazione di quel fine, SCELTA SINDACABILE IN GIUDIZIO.
b. il merito amministrativo à pertiene alla scelta in sé à (la pubblica amministrazione
decide oppure no di costruire una determinata infrastruttura), NON è una scelta
sindacabile dal giudice amministrativa.
3. Riserva di legge: significa che quella determinata materia, l’organizzazione dei pubblici uffici, è
riservata in via prioritaria alle fonti di rango primario (legge, decreto-legge e legislativo). Esiste
una riserva di legge in materia di organizzazione relativa e rinforzata per contenuto e che l’attività
amministrativa deve svolgersi secondo criteri di:
- Imparzialità: indipendente rispetto gli interessi in gioco, non deve sussistere conflitto di
interesse con quella attività amministrativa in concreto che l’autorità sta esercitando. In
realtà la PA è sempre un po’ parziale perché deve seguire i fini determinati dalla
legge. Significa essere terzi rispetto agli interessi in gioco pur però nel perseguimento in
concreto dei fini amministrativi identificati dalla legge
- buon andamento: formula generale che è stata sciolta in 3 criteri:
A) Economicità = riguarda il profilo della sostenibilità anche da un punto di vista finanziario
dell’attività della PA (tutta l’attività amministrativa costa e incide sul bilancio dello Stato,
dunque le modalità con cui le attività sono esercitate devono ispirarsi a criteri di
contenimento di costi di esecuzione dell’attività).
B) Efficacia = l’efficacia è la capacità di realizzare i fini a cui l’attività è preposta. Descrive la
capacità di esercitare gli scopi programmati.
C) Efficienza = significa a parità di risorse usate, riuscite ad avere un risultato maggiore o
più apprezzabile; oppure riuscire a raggiungere lo stesso risultato con un consumo di
risorse inferiore.
4. Sotto il profilo dell’inquadramento e regime giuridico dei dipendenti pubblici, la loro situazione
giuridica è regolata da un inquadramento di natura privatistica: anche i dipendenti pubblico
sono legati allo Stato con un contratto di diritto privato. Ciò non vale per alcune categorie di
dipendenti pubblici: magistrati, coloro impegnati nelle forze dell’ordine, professori universitari di
ruolo => non hanno un contratto di diritto privato con l’ente che li impiega ma hanno un
contratto di diritto pubblico che funziona in modo diverso, ad es. prevede la presa di servizio
all’inizio del rapporto di lavoro. Per tutti gli altri soggetti valgono le regole di natura privatistica
con riferimento al rapporto di lavoro.
- Sotto il profilo dell’accesso all’amministrazione, la costituzione prescrive l’obbligo del
concorso pubblico, perché si ritiene che esso sia il metodo che valorizza maggiormente
la capacità e il merito dei cittadini nell’accesso alle pubbliche cariche, con alcune
deroghe che riguardano i giudici onorari.
- Principio della responsabilità dei funzionari: Nell’esercizio delle proprie attività, il singolo
funzionario dell’amministrazione pubblica risponde:
a. con responsabilità civile per i danni cagionati sotto il profilo civile ai terzi;
b. con responsabilità penale per le condotte penalmente rilevanti;
c. con responsabilità amministrativa;

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d. per i danni erariali, ossia per quei danni provocati alle casse dello stato dall’attività
negligente o dolosa dello stesso funzionario.
Ø Organi ausiliari Del Governo: Gli organi ausiliari del governo sono alcuni particolari organi che
coadiuvano l’azione del governo e delle altre amministrazioni pubbliche. Oltre a ciò, però, possono
svolgere anche altre funzioni. Essi sono:
Consiglio di stato: svolge anche funzioni giurisdizionali, infatti è il giudice d’appello della
giurisdizione amministrativa. Il consiglio di stato, inoltre, redige una serie di pareri nei confronti
degli schemi di regolamento del governo (il passaggio davanti al consiglio di stato, in molti casi, è
obbligatorio, ma da ciò non deriva la necessità di doversi conformare al parere da esso espresso).
Corte dei conti: svolge anche funzioni giurisdizionali, infatti è l’organo di chiusura della
magistratura contabile, che, per esempio, decide sui casi che riguardano il danno erariale. Svolge,
inoltre, una funzione di controllo dell’attività del governo, specie con riferimento alla legittimità
degli atti stessi e verifica il bilancio consultivo dello stato rispetto al bilancio di previsione, quindi
esprime un giudizio sulle finanze.
Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL): nasce come organo rappresentativo delle
categorie sociali e del lavoro e produttive, che mantiene potere di iniziativa legislativa, ma che, di
fatto in concreto, ha un ruolo piuttosto trascurabile nella dinamica del funzionamento della forma
di governo.

Capitolo 6: regioni e governo locale


In questo capitolo si tratteranno gli Enti, divisi in Enti locali (comuni, province, etc) ed Enti regionali, ossia le
Regioni.

Enti locali
v Definizione: enti territoriali riguardanti un’area meno estesa delle Regioni, che trovano tutela nella
stessa Costituzione: art. 5 Cost. “La Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali”.
v Tipi: Gli Enti locali in Italia sono:
1. Comune: ente rappresentativo della comunità. È caratterizzato da autonomia statuaria, normativa,
organizzativa e amministrativa, impositiva e finanziaria. I suoi organi (sindaco e consiglio) sono
eletti direttamente dai cittadini;
2. Provincia: ente intermedio tra Comune e Regione. I suoi organi (presidente e consiglio) sono eletti
dai sindaci e i consiglieri dei comuni ricompresi. Un terzo organo, l’assemblea, riunisce tutti i
sindaci. Ha poteri di coordinamento e di gestione (come per esempio l’edilizia scolastica). La
Provincia è nata per mettere “sotto controllo” i comuni. Parlando di tagli alla spesa pubblica si è
parlato anche di eliminare enti inutili come la Provincia, e infatti si è cercato di limitarla, ma la Corte
costituzionale lo ha dichiarato incostituzionale; quindi, il Governo ha presentato proposta di
riforma della Costituzione per permettere ciò.
3. Città Metropolitana: tipo di ente istituito nel 2014 per alcune città (Torino, Milano, Venezia,
Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria e Roma). Si sostituisce alla Provincia ed è
governata dal sindaco metropolitano (che di regola è il sindaco del capoluogo), da un consiglio
eletto dai sindaci e dai consiglieri dei vari comuni, e da una conferenza metropolitana che riunisce
i vari sindaci.
4. Unione di Comuni: costituiti da due o più comuni per l’esercizio associato di funzioni o servizi di
competenza.
v Autonomia: L’autonomia degli enti locali ha subito notevoli cambiamenti lungo il corso della storia:
ü Inizialmente era riconosciuta autonomia dalla Costituzione del 48 nelle leggi generali.
ü Ciò cambio nel 1993, con una riforma che, per evitare che le Regioni assumessero una posizione
predominante, stabilì l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia.
ü Nel 2014 c’è stato un ultimo cambiamento, con la legge Delrio, che fece diventare la Provincia un
ente di secondo grado, i cui organi sono eletti dagli organi dei comuni che ne fanno parte, e non
più a elezione diretta come aveva previsto la riforma del 1993.
Lo Stato conserva la potestà legislativa esclusiva per quanto riguarda la legislazione elettorale, organi
di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Provincie e Città metropolitane.

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v Raccordi con la regione: Data l’importanza della presenza di collegamenti tra enti locali e Regioni, è
stato istituito un “Consiglio delle autonomie locali”, in cui siedono i rappresentanti degli enti locali. È un
organo dotato di funzioni prettamente consultive.
v Organi comunali: sono 3:
a. Sindaco: organo monocratico posto a capo del governo locale
b. Consiglio: organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo. Il numero dei suoi membri varia
in base alla popolazione.
c. Giunta: composta dal Sindaco e da un numero di assessori stabilito dagli statuti. Compie tutti gli
atti amministrativi che non siano attribuiti da legge al Consiglio.
v Forma di governo comunale: Per i consigli comunali vi è un sistema diverso in base a due casi,
accomunati dalla clausola di sbarramento (3%), che sono:
1) Nei comuni fino a 15 000 abitanti, ogni candidato a Sindaco deve essere collegato ad una lista di
candidati a consigliere comunale. L’elettore esprime un voto per il candidato e per la lista ad esso
collegata. Vince a maggioranza relativa e in caso di parità, si va al ballottaggio. La lista del
candidato ottiene 2/3 dei seggi, mentre gli altri seggi sono dati con un sistema proporzionale.
2) Nei comuni oltre i 15 000 abitanti, il candidato a Sindaco deve essere collegato ad una o più liste
di candidati a consigliere comunale. L’elettore vota contemporaneamente per un candidato a
Sindaco e per una delle liste. In questo caso può esprimere il suo voto anche per una lista diversa
da quelle collegate al candidato (voto disgiunto). Vince a maggioranza assoluta e, nel caso in cui
essa non venisse raggiunta, si va al ballottaggio tra i due che hanno avuto più voti. I seggi vengono
distribuiti con il metodo proporzionale, ma c’è il premio di maggioranza.
v Potere sostitutivo (vedere potere sostitutivo nelle Regioni)

Regioni
In Italia la Costituzione del 48 aveva previsto uno Stato Regionale, ossia basato sulla presenza sul territorio
dello Stato delle Regioni.
v Tipi: In Italia esistono due tipi di regioni.
1) Regioni ordinarie (15 regioni): istituite concretamente nel 1970
2) Regioni speciali (Sicilia, Sardegna, Friuli, Trentino e Valle d’Aosta), dotate di ampie autonomie.
v Autonomia: l’autonomia delle Regioni si traduce in autonomia statuaria, il che comporta un’equa
ordinazione, ossia una parità di rango tra Stato e Regioni. Le regioni speciali hanno ampie autonomie,
mentre quelle ordinarie godono di:
- Autonomia politica (art. 114 Cost.): capacità di darsi un proprio indirizzo politico;
- Autonomia legislativa (art. 117 Cost.): lo Stato perde la potestà legislativa generale: ora può
legiferare solo nelle materie individuate dalla Costituzione.
- Autonomia amministrativa (art. 118 Cost.): la “riforma Bassanini” del 1997 prevedeva che alle
Regioni e agli enti locali dovevano essere attribuite tutte le funzioni e i compiti amministrativi
relativi alla cura ed alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, localizzabili nei
rispettivi, con la sola eccezione di quelli riservati espressamente allo Stato. Questa decisione si è
basata su principi di sussidiarietà (interviene il rango superiore quando quello più vicino ai cittadini
non è in grado), differenziazione e adeguatezza.
- Autonomia finanziaria (art. 119 Cost.): si parla di federalismo fiscale per indicare un sistema di
finanza pubblica che riconosce tanto l’autonomia degli enti territoriali, quanto l’esistenza di
interventi finanziari centrali. Infatti:
ü Alle Regioni (e agli enti locali) è garantita autonomia finanziaria sia sulle entrate (hanno
entrate proprie) che sulle spese (possono stabilire liberamente come spendere le risorse di
cui dispongono). Le Regioni dispongono di diverse risorse finanziarie a seconda della risorsa
economica del rispettivo territorio. Per evitare grandi differenze, è stato previsto un fondo
perequativo a favore dei territori con minore capacità fiscale per abitante, e delle risorse
statali aggiuntive, o la possibilità di interventi speciali in favore di determinati enti da parte
dello Stato.
ü Lo Stato si occupa del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, e ha
potestà legislativa esclusiva per l’armonizzazione dei bilanci pubblici e per la perequazione
delle risorse finanziarie.

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v Statuto: stando all’art. 123 Cost. “Ciascuna Regione ha uno statuto”.


Questo deve presentare:
a. Un contenuto necessario: ossia lo statuto deve presentare:
ð La forma di governo regionale
ð Il Consiglio delle autonomie locali
ð I principi di organizzazione e di funzionamento dell’Ente
ð Il referendum regionale
ð L’iniziativa legislativa popolare
b. Un contenuto eventuale: eventuali aggiunte conformi alla legge e alla Costituzione.
Procedimento di formazione:
Ø Prima della legge costituzionale 1/1999: vi era un procedimento bipolare, basato sulla
delibera del Consiglio regionale e sull’approvazione da parte del Parlamento.
Ø Dopo la legge costituzionale 1/1999: vi è un procedimento endoregionale, ossia basato sulla
Delibera del Consiglio regionale e da un’impugnazione successiva.
v Raccordi: strumenti di collegamento e di coordinamento tra diversi livelli territoriali di governo. Negli
Stati federali è presente la Camera delle regioni, nello Stato regionale italiano ci sono due raccordi
principali:
1. La commissione bicamerale integrata: organo parlamentare, previsto dalla Costituzione del 48,
per svolgere compiti consultivi limitati essenzialmente all’ipotesi di scioglimento anticipato dei
Consigli regionali. La legge 3 del 2001 ha previsto anche che:
o I regolamenti parlamentari possono prevedere le partecipazioni di rappresentanti delle
Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione bicamerale
o Quando un progetto di legge riguardante le materie di competenza legislativa concorrente,
o contenga disposizioni sulle quali la commissione abbia espresso parere contrario o
favorevole condizionato a modifiche, queste parti del progetto di legge possono essere
approvate solo se l’Assemblea delibera a maggioranza assoluta.
2. Il sistema di conferenze: è il principale strumento con cui si svolge la collaborazione tra Stato,
Regioni e autonomie locali. Vige un principio della “leale collaborazione” (un tempo vi era
l’interesse nazionale che poneva lo Stato in una posizione gerarchica superiore rispetto alle
Regioni). Le conferenze sono:
o Conferenza unificata: comprende due diverse conferenze presiedute dal Presidente del
Consiglio o da un Ministro da lui delegato. Queste conferenze esprimono un parere su atti
del Governo, che non è giuridicamente vincolante, ma politicamente è dotato di molta forza.
§ Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e Bolzano
§ Conferenza Stato, Città e autonomie locali
o Conferenza dei Presidenti delle Regioni e il suo Presidente (eletto all’interno) svolge il ruolo
di interlocutore politico del Governo.
v Potere estero: Lo Stato conserva la potestà legislativa esclusiva in ordine di politica estera, diritto d’asilo
e condizione giuridica dei cittadini non appartenenti all’Unione europea. Tuttavia, nelle materie di sua
competenza, la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni, ma solo
nei casi e nella forma prevista delle leggi dello Stato. Inoltre, le Regioni e le Province autonome di Trento
e Bolzano partecipano alla formazione e all’attuazione degli atti normativi dell’UE.
v Potere sostitutivo: Il Governo può surrogarsi agli enti territoriali direttamente o attraverso un
commissario ad acta l’atto necessario, in caso di mancato rispetto delle norme e trattati internazionali,
o di pericolo grave per la sicurezza pubblica.
v Forma di governo:
ð Inizialmente le Regioni avevano una forma di governo di tipo parlamentare, a predominanza
assembleare, con sistema elettorale di tipo proporzionale.
ð Nel 1995: ci fu una riforma del sistema elettorale delle Regioni ordinarie che, sempre di tipo
proporzionale, prevedeva un premio di maggioranza, una clausola di sbarramento, riduzione del
numero delle preferenze a una. (ancora in vigore). A questa disposizione sono state aggiunte degli
accorgimenti per le Regioni “a statuto speciale”:

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o Sono candidati alla presidenza della Regioni i capilista delle liste regionali
o Il Presidente della Regione fa parte dei Consiglio regionale
o Entro 10 giorni dall’elezione il Presidente nomina i membri della giunta
ð Nel 1999: una legge costituzionale ha previsto che ciascuna Regione ha il potere di scegliere la
propria forma di governo, e ha anche previsto una forma di governo transitoria, caratterizzata
dall’elezione popolare diretta del Presidente della Regione. Questa forma di governo transitoria è
caratterizzata da due strutture egualmente legittimate dal corpo elettorale:
1. Consiglio regionale: titolare della funzione legislativa, eletto dagli elettori regionali. È
caratterizzato dall’insindacabilità dei suoi membri. Può esprimere la sfiducia nei confronti del
Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei
suoi componenti ed approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei
componenti. Bisogna aspettare 3 giorni prima della sua presentazione. Questo comporta lo
scioglimento sia della Giunta che del Consiglio stesso. Su questo esiste un principio “Simul
stabunt, simul cadent” secondo il quale il Presidente e il Consiglio sono eletti
contestualmente e che il venir meno di uno dei due organi determina la scadenza dell’altro.
Quindi il Consiglio con la Mozione di sfiducia comporta anche il proprio scioglimento.
§ Caso Calabria: si è cercato di trovare soluzioni al decadimento del Consiglio se esso dà
la sfiducia al Presidente. La regione Calabria nel suo statuto aveva previsto anche
l’elezione diretta del vicepresidente, che in caso di sfiducia sarebbe succeduto al
presidente => ma questa disposizione venne dichiarata illegittima dalla Corte
costituzionale.
2. Presidente della Regione con la Giunta: il presidente è eletto a suffragio universale ed
elezione diretta dell’intero corpo elettorale regionale. Egli promulga le leggi ed emana i
regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione. La
Giunta è l’organo esecutivo, diretta dal Presidente, che ne nomina i componenti (nomine che
può revocare).
v Iter legis: l’iter legis regionale è così distribuito:
ð L’iniziativa spetta a Giunta, Consiglieri e altri soggetti disciplinati dallo Statuto.
ð L’esame, la discussione e l’approvazione si tengono nel Consiglio regionale,
ð la promulgazione avviene da parte del Presidente della Regione,
ð è possibile un eventuale impugnazione da parte del Governo statale, entro 60 giorni di fronte alla
Corte costituzionale.

Capitolo 7: L’Amministrazione della giustizia


Il potere giudiziale è il terzo potere dello Stato, insieme a quello legislativo ed esecutivo. Lo scopo della
funzione giurisdizionale è quello di rilevare e garantire l’applicazione del diritto. Ora seguirà un focus sulla
giurisdizione, uno sull’accesso alla magistratura, uno sul Consiglio superiore di magistratura (CSM) e infine
sul ministro della giustizia.

Giurisdizione
Nel sistema giuridico italiano vi sono più giurisdizioni, stabilite o sulla materia o sulla posizione giuridica.
Tipi: i vari tipi di giurisdizione sono:
1. Giudici ordinari: amministrano la giustizia civile e penale attraverso gli organi giudicanti (il cui
compito è quello di verificare se la pretesa punitiva vada accolta) e organi requirenti. Infatti,
abbiamo:

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ü Organi giudicanti civili: a loro volta si dividono in:


1) Organi di primo grado (giudice di pace e tribunale)
2) Organi di secondo grado (Corte d’appello)
ü Organi giudicanti penali: anche essi si dividono in:
1) Organi di primo grado (giudice di pace, tribunale e Corte d’Assise)
2) Organi di secondo grado (Corte d’appello, Corte d’Assise d’appello e tribunale della
libertà)
ü Organi requirenti: sono i Pubblici ministeri che esercitano l’azione penale e agiscono nel
processo a cura di interessi pubblici (quindi accertamento di reati di eventuali reati e la
condanna dei loro autori). Non vi sono organi requirenti nell’ambito civilistico, ma una lite che
riguarda due parti private.
o In ambito civile il ruolo dei Pubblici ministeri è rimesso alla legge
o In ambito penale vige l’obbligatorietà dell’azione penale => deve sempre iniziarla in casi
di notitia criminis dotata di fondamento. Per questo la Costituzione garantisce
l’indipendenza del pubblico ministero.
Il passaggio di carriera tra magistrato di organo requirente a giudicante avviene senza difficoltà.
Esiste una corrente di pensiero per cui ciò rende i magistrati giudicanti “troppo sensibili alle
richieste dei requirenti” poiché appartengono alla medesima categoria. Per evitare ciò sono state
introdotte varie leggi, tra cui la legge Mastella del 2006, che permette il passaggio di carriera per
un massimo di 4 volte e ogni 5 anni.
2. Giudici speciali: giurisdizione diversa da quella ordinaria. Esse sono:
a. Giudici amministrativi: Sono 2:
• I tribunali amministrativi regionali, istituiti uno in ciascuna Regione ed articolati in sezioni.
Si occupano della tutela giurisdizionale degli interessi legittimi (situazione di vantaggio
che si possiede di fronte al potere dell’amministrazione e che si sostanzia nella garanzia
della legittimità dell’atto amministrativo), a differenza di quello ordinario che si occupa dei
diritti soggettivi (ossia quando è garantito un bene, come una somma di denaro o un
servizio). A questo criterio ci sono eccezioni (es. le sanzioni amministrative pecuniarie
sono affidate al giudice civile).
• Il Consiglio di Stato: è il giudice d’appello dei tribunali amministrativi regionali, e ha anche
poteri consultivi che possono essere attivati dal Governo.
b. Giudici contabili: la Corte dei conti opera attraverso sezioni regionali (primo grado) e sezioni
centrali (secondo grado). Si occupa della responsabilità dei pubblici amministratori qualora
abbiano recato un danno economico ai soggetti pubblici dai quali dipendono.
c. Giudici tributari: esercitano la giurisdizione nelle controversie tra i cittadini e l’amministrazione
finanziaria dello Stato.
d. Giudici militari: in tempo di guerra esercitano la giurisdizione secondo quanto stabilito dalla
legge; in tempo di pace esercitano la giurisdizione solo sui reati commessi dagli appartenenti
alle forze armate.
Principi costituzionali: La Costituzione pone alcuni principi fondamentali in tema di giurisdizione:
1. Principio della precostituzione del giudice (25 Cost): nessuno può essere distolto dal giudice
naturale precostituito per legge. Vige il divieto di istituire giudici speciali (ma non ricadono tutti
nel divieto). Ci sono disposizioni costituzionali che vogliono che la giustizia sia amministrata in
nome del popolo, che immaginano una partecipazione popolare alla stessa giurisdizione, che
impongono al giudice la sola soggezione alla legge stabilendo che la disciplina
dell’ordinamento sia rimessa alla competenza della legge. A ciò si aggiunge che i provvedimenti
giurisdizionali devono essere motivati e che contro le decisioni dei giudici ordinari è ammesso
ricorso alla Corte di Cassazione.
2. Diritto alla difesa (24 Cost): consiste nel diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi, e afferma che la difesa è un diritto inviolabile. È azionabile nei confronti di
soggetti privati e dello Stato. Insieme al principio precedente fonda la necessità che il processo
di caratterizzi:

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ü Per il contraddittorio fra le parti, il quale esige che vi sia un confronto dialettico paritario tra le
parti processuali
ü Per l’imparzialità e la terzietà del giudice
3. Diritto al giusto processo (111 Cost): riassume quanto detto in precedenza. Prevede che la
giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge e che ogni processo si
svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e
imparziale. L’articolo stabilisce anche che la legge deve assicurare la ragionevole durata del
processo.

Accesso alla magistratura


Art. 106 Cost: la nomina a magistrato deve avvenire per concorso. A ciò ci sono poche eccezioni, come i
ruoli di consiglieri di cassazione (che possono essere insigni professori o avvocati da almeno 15 anni) e del
giudice di pace (che deve presentare alcuni requisiti).
Candidati: Al concorso per esami sono ammessi:
1) I magistrati amministrativi e contabili
2) I procuratori dello Stato
3) I dirigenti della P.A. con almeno 5 anni di anzianità e diploma di laurea in giurisprudenza
4) Docenti di materie giuridiche con diploma in giurisprudenza
5) Avvocati che hanno fatto il magistrato onorario per almeno 6 anni
6) Laureati in giurisprudenza con dottorato
Commissione giudicante: (grazie alla legge Matella) è presieduta da un magistrato che abbia
conseguito la sesta valutazione di professionalità e formata da 20 magistrati che abbiano conseguito
almeno la terza valutazione di professionalità, da 5 professori universitari di materie oggetto d’esame,
3 avvocati iscritti all’albo speciale dei patrocinanti.
Vincitori: vinto il concorso si è nominati uditori giudiziari e inizia un tirocinio.

Indipendenza, autonomia e inamovibilità della magistratura ordinaria


Ø Art. 104 Cost: la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
o Autonomo: fa sì che ciascun magistrato possa determinarsi autonomamente senza ricevere alcun
condizionamento da altri magistrati.
o Indipendente: si riferisce all’esercizio concreto della funzione giurisdizionale, in quanto tutela di
ogni singolo magistrato da tutti quei condizionamenti che possono provenire da ordinamenti
diverso dal potere giudiziario
Ø Art. 107 Cost: i magistrati sono inamovibili: senza il loro consenso non possono essere trasferiti ad una
sede diversa da quella che occupano. Sono in casi di incompatibilità previsti dall’ordinamento
giudiziario ciò è possibile, ad opera del Consiglio superiore di magistratura.

Consiglio superiore della magistratura


Ø Introduzione: A garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza, è stato istituito un organo sganciato dal
Governo, il CSM. Esso è competente in ordine dell’adozione di tutti i provvedimenti che riguardano la
carriera e lo status dei magistrati ordinari (ossia le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni…). Tutti i
suoi provvedimenti assumono veste del Presidente della Repubblica. Sono sottoposti al sindacato del
giudice amministrativo ove vengano impugnati con apposito ricorso giurisdizionale. Il Giudice
competente è il Tar Lazio e, in appello, il Consiglio di Stato.
Ø Composizione:
1. 3 membri di diritto, ossia il Presidente della Repubblica, che lo presiede (anche se puramente
formalmente, infatti tutti i compiti sono svolti da un vicepresidente), il presidente della Cassazione
e il Procuratore generale della Corte di Cassazione.
2. Membri togati: eletti dai magistrati ordinari che devono rappresentare i 2/3 del collegio. Il sistema
di elezione di questi membri è cambiato in seguito a 6 diverse leggi dal 1958. Nel 2002 una riforma
ha portato il numero dei membri togati da 20 a 16 (e di conseguenza da 10 a 8 per i laici). Questa
riforma ha stabilito i vari metodi di elezione: ci sono 3 collegi unici nazionali, partecipano tutti i

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magistrati a eccezione degli uditori, ogni elettore riceve 3 schede (una per ogni collegio) e può
esprimere solo un voto.
3. Membri laici: costituiscono 1/3 e sono eletti dal Parlamento in seduta comune tra i Professori
ordinari di Università giuridiche e avvocati che esercitano la professione da almeno 15 anni. Il
motivo della presenza di questi membri fu quello di evitare che l’ambito giudiziario si trasformasse
in una specie di Casta con privilegi.
Ø Responsabilità: I magistrati ordinari sono sottoposti a 3 tipi di responsabilità:
1. Responsabilità penale: in caso di reati commessi nell’esercizio della funzione
2. Responsabilità civile: riguarda i danni subiti dal cittadino conseguenti a diniego di giustizia ovvero
ad atti e comportamenti assunti con dolo o con colpa grave. Il danneggiato può chiedere il
risarcimento allo Stato che si rivale sul magistrato responsabile del danno, per una somma che non
può superare la metà dell’annualità dello stipendio percepito al momento dell’apertura del
processo.
3. Responsabilità disciplinare: opera in caso di violazione dei doveri connessi al corretto esercizio
della funzione giurisdizionale. Per evitare che la magistratura diventasse una “casta” il potere dei
provvedimenti disciplinari compete sia al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione sia
al ministro della giustizia. Dopo che il procedimento è stato così avviato, la decisione spetta alla
sezione disciplinare istituita in seno al CSM.
Ø Per garantire anche l’indipendenza dei giudici speciali sulla base del CSM sono stati istituiti il Consiglio
di presidenza della giurisdizione amministrativa/ della Corte dei conti/ della magistratura tributaria e
Consiglio della magistratura militare.

Ministro della giustizia


Esso si limita a:
a. Curare l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia
b. Promuovere l’azione disciplinare davanti all’apposita sezione disciplinare del CSM
c. Partecipare al procedimento di conferimento degli uffici direttivi (maggior rilievo)
d. Esercitare poteri di sorveglianza ed eventuali attività ispettive nei confronti degli ufficiali giudiziari

Capitolo 8: Fonti nozioni generali


La fonte del diritto è l’atto o il fatto abilitato dall’ordinamento giuridico a produrre norme giuridiche, cioè a
innovare all’ordinamento giuridico stesso. Ci sono tre tipi principali di fonti, ossia le fonti di cognizione, le
fonti sulla produzione e le fonti di produzione. Quando le fonti entrano tra loro in conflitto ci sono le
Antinomie.

Fonti di cognizione
Le fonti di cognizione sono gli strumenti attraverso i quali si viene a conoscere le fonti di produzione. In Italia
vi sono fonti di cognizione:
o Ufficiali: come la Gazzetta ufficiale (pubblicata tutti i giorni non festivi, con serie speciali, con le sentenze
della Corte costituzionale, Unione europea, e concorsi pubblici) e i bollettini ufficiali delle regioni. Quelle
ufficiali sono importanti perché il testo in esse pubblicato è lo stesso che entra in vigore. Ciò avviene
soltanto dopo la vocazione legis, un periodo di regola di 15 giorni. Dopo vige la presunzione di
conoscenza della legge.
o Non ufficiali: possono essere fornite da soggetti pubblici o privati. Le notizie che si pubblicano non
hanno valore legale.

Fonti sulla produzione


Le fonti sulla produzione sono particolari fonti di produzione che individuano i soggetti cui è attribuita la
potestà normativa e che fissano le particolari procedure di formazione degli atti normativi da essi prodotti.

Fonti di produzione
Sono atti che possono produrre il diritto.

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Condizioni storiche: hanno visto il passaggio, l’evoluzione dalle fonti-fatto alle fonti-atto.
o Per gli ordinamenti primitivi vi era un diritto consuetudinario, un diritto basato sulla volontà di un
determinato soggetto, organo a cui la comunità ha riconosciuto poteri normativi.
o Gli ordinamenti moderni hanno la costituzione, la quale indica le fonti (non tutte perché in un
ordinamento a struttura gerarchica basta che la costituzione indichi quelle immediatamente
inferiori, dette perciò fonti primarie, perché saranno poi questa regolare le fonti ancora inferiori,
fonti secondarie).
Tipi: Le fonti di produzione si dividono in 2 categorie:
a. Le fonti-atto: sono parte degli atti giuridici che potremmo definire come i comportamenti
consapevoli e volontari che danno luogo a effetti giuridici. Sono adottati da organi competenti
conformemente alle prescrizioni di una norma superiore (norma di riconoscimento).
§ Caratteristiche: La fonte-atto è:
ð Esistente: se emanata nell’esercizio di un potere proprio del suo autore
ð Valida: se conforme alla norma di riconoscimento e alle norme a essa
gerarchicamente sovraordinate
ð Efficace: se capace di produrre effetti giuridici
§ Tipicità: Ogni tipo di fonte ha una forma essenziale, che i singoli atti devono rispettare
per essere riconoscibili come appartenenti a quella fonte. La forma tipica dell’atto è data
da una serie di elementi quali l'intestazione all'autorità emanante, il nome proprio
dell’atto, il procedimento di formazione.
b. Le fonti-fatto: sono una categoria residuale, cioè tutte le altre fonti che l'ordinamento riconosce
di cui ordina o consente l'applicazione per il semplice fatto di esistere => appartengono alla
categoria dei fatti giuridici (eventi sociali o naturali che producono conseguenze).
• Consuetudine: Un tempo si poteva dire che la fonte fatto per eccellenza fosse la
consuetudine. Importante ruolo lo gioca negli ordinamenti di common law, in cui vi è un
corpo di regole giurisprudenziale formatosi attraverso il consolidamento e l'evoluzione
dei precedenti giudiziari, ossia delle autorevoli pronunce dei giudici e che gli altri giudici
sono tenuti a rispettare. Oggi però la consuetudine è quasi scomparsa dagli ordinamenti
moderni, i quali si ispirano al sistema della codificazione. Rimangono tuttavia alcune
tracce:
A. La prima traccia si trova nelle disposizioni preliminari al codice civile, ossia preleggi.
v Art. 1: disegnando la gerarchia delle fonti del diritto italiano dopo la legge, i
regolamenti e le norme corporative vengono citati anche gli usi.
v Art. 8: precisa che nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi
hanno efficacia solo in quanto sono da essi chiamati. Possono dunque operare
consuetudini praeter legem (in mancanza di legge) e secundum legem. Non
può esistere invece la consuetudine contra legem.
B. La seconda traccia si trova nel Codice civile, in cui sono esplicitamente richiamati gli
usi a cui il codice rinvia la disciplina del rapporto. Ciò vale soprattutto in materia
contrattuale: gli usi locali e quelli invalsi nelle singole categorie di operatori
costituiscono in elementi integrativi del contratto. In certi casi agli usi è consentito
anche di disporre in modo diverso dalla regola generale fissata dal codice di
derogandola. La conoscenza degli usi e facilitata dalle raccolte provinciali tenute
dalle camere di commercio.
C. La terza traccia, invece, è presente nella dottrina, che spesso fa riferimento alle
consuetudini. Tuttavia, si tratta di un equivoco il più delle volte: spesso si fa
riferimento alle consuetudini interpretative: non sono comportamenti sociali a cui la
stessa comunità attribuisce forza vincolante, ma la costante interpretazione di una
disposizione di legge da parte degli interpreti. Esempio di confusione sono le
convenzioni costituzionali, spesso confuse con le consuetudini costituzionali.
D. L’ultima traccia la troviamo nella costituzione. Art. 10: l'ordinamento italiano si
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Si fa
riferimento alle consuetudini internazionali, cioè a delle norme che non hanno

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origine nei trattati ma in regole non scritte né poste da un soggetto determinato e


tuttavia considerate obbligatorie della generalità degli stati.
• Le norme prodotte dall'Unione Europea: sono delle fonti-atto, ma non appartengo al
nostro ordinamento, e di conseguenza in esso sono considerate come meri fatti
normativi.
• Le norme di diritto internazionale privato: regolano l'applicazione della legge quando i
soggetti o i beni coinvolti nel caso sottoposto al giudice sono collegati a ordinamenti
giuridici. Il giudice italiano in certi casi si può trovare ad applicare le leggi di un altro paese.
Anche queste costituiscono delle fonti-atto nel rispettivo ordinamento, ma fonti fatto per
il nostro.
Il principio jura novit curia: il giudice ha il potere e il dovere di individuare e interpretare le fonti normative
da applicare al giudizio dei propri mezzi, senza cioè gravare sulle parti o dipendere dal loro rapporto.
Questo principio comporta:
v che il potere-dovere del giudice di interpretarne le disposizioni al fine di individuare la norma da
applicare al caso.
1. Ciò è ovvio per le fonti atto
2. Per le fonti-fatto dipende:
a. Per le consuetudini il problema non si pone
b. Nel diritto internazionale privato a legge straniera è applicata secondo i propri criteri di
interpretazione e di applicazione nel tempo: Il nostro giudice dovrebbe quindi
comportarsi come se fosse un giudice dell’altro ordinamento.
c. Per l'interpretazione del diritto Europeo vige una riserva di interpretazione a favore del
giudice comunitario, cioè della Corte di Giustizia dell’UE, che riguarda tanto le
disposizioni del Trattato istitutivo dell’UE che le fonti derivate.
v Che il giudice deve valutare non solo che una certa norma esista, ma anche che sia valida. Una
norma è valida quando è posta in conformità alle norme di rango superiore (norma di
riconoscimento).
a) La consuetudine si sviluppa praeter legem o secundum Legem. Se il comportamento e
contra legem non avremo una fonte del diritto.
b) Nel diritto internazionale privato il giudice italiano può valutare se la legge straniera sia ancora
in vigore, ma non ha gli strumenti per rilevarne gli eventuali vizi, cioè il contrasto con le fonti
superiori dell'ordinamento cui essa appartiene.
c) Nel diritto comunitario se rileva un vizio della fonte comunitaria, il giudice deve sospendere il
proprio giudizio e investire della questione la Corte di giustizia.

Tecniche di rinvio ad altri ordinamenti


Il principio di esclusività, che è espressione della sovranità dello Stato, attribuisce a questo il potere
esclusivo di riconoscere le proprie fonti, cioè indicare i fatti gli atti che possono produrre norme
nell'ordinamento. Le norme degli altri ordinamenti possono valere all'interno dell'ordinamento dello Stato
soltanto se le disposizioni di questo lo consentono. Per consentire alle norme prodotte da fonti di altri
ordinamenti di operare all'interno dell'ordinamento statale si opera attraverso la tecnica del rinvio. Si
disegnano di solito due tecniche di rinvio, il rinvio fisso e il rinvio mobile
ð Rinvio fisso: è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale richiama un
determinato atto in vigore in altri ordinamenti, atto che di solito viene allegato. Si dice fisso perché
recepisce uno specifico e singolo atto, ordinando ai soggetti dell'applicazione del diritto di applicare le
norme ricavabili da questo atto come norme interne.
ð Rinvio mobile: è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale richiama non uno
specifico atto di un altro ordinamento, ma una fonte di questo. Con il rinvio mobile l'ordinamento statale
si adegua automaticamente a tutte le modifiche che nell'altro ordinamento si producono nella
normativa posta dalla fonte richiamata. Esempio sono le disposizioni del diritto internazionale privato.
Tra le 2 tecniche di rinvio vi è una notevole differenza: mentre il rinvio fisso pone ai soggetti
dell’applicazione solo il compito di interpretare il testo normativo richiamato come se fosse un atto interno,

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il rinvio mobile pone loro anche il compito di ricercare le disposizioni in vigore, nell’ordinamento straniero,
dovendo tenere conto di tutti i mutamenti che in esso si sono prodotti.

Antinomie
Le antinomie sono i contrasti tra norme, quando le disposizioni esprimono significati ti tra loro incompatibili.
Talvolta ciò è possibile con gli strumenti dell’interpretazione, ossia attribuendo alle disposizioni in gioco un
significato che le renda reciprocamente compatibili, ma altre volte no. Esistono quattro criteri di risoluzione
delle antinomie, che sono:
1. criterio cronologico,
2. criterio gerarchico,
3. criterio di specialità,
4. criterio di competenza.

Criterio cronologico
Se si applica il criterio cronologico, in caso di contrasto tra 2 norme si deve preferire quella più recente a
quella più antica. La prevalenza della norma nuova sulla vecchia si esprime attraverso l’abrogazione.
Definizione di abrogazione: consiste nella cessazione dell'efficacia (cioè una figura per costituire,
modificare o estinguere situazioni giuridiche).
Irretroattività dell’abrogazione: essa dispone solo del futuro, senza effetti per il passato. L'abrogazione
opera, dunque, per ex nunc (da ora).
Tipi di abrogazione: L'art. 15 delle Preleggi elenca tre ipotesi di abrogazione:
a) Per dichiarazione espressa del legislatore, abrogazione espressa. È il contenuto di una
disposizione: di solito si tratta degli articoli finali della legge, in cui si scrive “sono abrogate le
seguenti disposizioni” e segue tutto l'elenco degli atti, articoli, commi e talvolta singole porzioni
degli enunciati.
b) Per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti, abrogazione tacita. In questo caso è il
giudice a dover fare pulizia, perché si trova di fronte un'antinomia: egli deve ritenere che prevalga
la successiva. Gli effetti temporali della tacita sono identici a quelle esplicita (ex nunc), mentre gli
effetti spaziali della esplicita sono verso erga omnes, quelle del giudice sono inter-partes.
c) Perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore, abrogazione
implicita. Essa è molto simile all'abrogazione tacita. Non c'è una disposizione che dichiari
l'abrogazione della legge precedente, ma è l’interprete che trae dal fatto che il legislatore abbia
riformato la materia, un argomento per sostenere che la vecchia legge debba ritenersi abrogata.
Opera sul piano dell'interpretazione, non su quello della legislazione. La differenza con quella tacita
sono le strategie argomentative eseguite dall'interprete.
Abrogazione, deroga e sospensione: Diversa dall'abrogazione è la deroga, che nasce da un contrasto
tra norme di tipo diverso, nel senso che la norma derogata è una norma generale, mentre la norma
derogante è una norma particolare. La norma Abrogata perde efficacia per il futuro, mentre quella
derogata non perde, ma viene limitato il suo campo di applicazione. Simile alla deroga è la
sospensione, limitata ad un certo periodo e a singole categorie o zone.

Criterio gerarchico
Per il criterio gerarchico, in caso di contrasto tra 2 norme si deve preferire quella che nella gerarchia delle
fonti occupa il posto più elevato. La prevalenza della norma superiore su quello inferiore si esprime
attraverso l'annullamento.
Definizione annullamento: è l'effetto di una dichiarazione di illegittimità. Perdono così validità
(conformità di un atto alle norme che lo disciplinano).
Effetti dell’annullamento: Al contrario dell'abrogazione, l'annullamento non opera solo in futuro, ma
anche per il passato (ex tunc). Gli effetti dell'annullamento si avvertono solo per quei rapporti giuridici
che l'interessato possa sottoporre a un giudice, che siano cioè ancora azionabili. Questi si dicono
rapporti pendenti, in contrapposizione ai rapporti esauriti, i quali non possono più essere dedotti
davanti a un giudice. I rapporti di solito si chiudono per prescrizione, per volontà dell'interessato

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(acquiescenza) o perché il rapporto è stato definito con una sentenza ormai non più impugnabile
(giudicato).
Criterio gerarchico Vs criterio cronologico:
ð Se una norma posteriore di grado inferiore contraddice una norma precedente di grado superiore,
il criterio gerarchico prevale.
ð Nel caso inverso, dipende dal fatto che le 2 norme siano omogenee o meno. Due norme sono
omogenee se sono entrambi di principio o entrambi il dettaglio. L'omogeneità o la disomogeneità
di 2 norme non può essere stabilita in modo oggettivo univoco, ma dipende dalle valutazioni
dell'interprete.
- Se sono omogenei si ritiene che prevalga il criterio cronologico,
- Se sono disomogenee la situazione più complessa: c’è abrogazione nell'ipotesi in cui la
norma successiva superiore sia di dettaglio. Nel caso in cui quella successiva superiore sia
di principio, non si ha abrogazione, ma dovrà intervenire il giudice dichiarando l'illegittimità
della norma precedente, inferiore e di dettaglio.

Criterio di specialità
Il criterio di specialità prevede che, in caso di contrasto tra 2 norme, si deve preferire la norma speciale a
quella generale, anche se queste successiva. Opera inter-partes.
Ø Codificazione: Questo criterio non è ben codificato, ma si trova un accenno nell'art. 15 del Codice
penale; tuttavia, questo articolo si riferisce specificatamente alle leggi penali. Perché questa difficoltà
di codificazione? Per tre ragioni: Prima di tutto, perché cosa sia genere o specie è questione di opinioni,
in secondo luogo perché non sono chiarissimi gli effetti dell'applicazione del criterio e infine perché è
complesso il rapporto tra i criteri di specialità gli altri criteri.
Ø Effetti: La preferenza per la norma speciale non si esprime né con riferimento all'efficacia della norma
(come nell’abrogazione), né con riferimento alla sua validità (come per l'annullamento). L'interprete
opera solamente una scelta circa quale norma deve essere applicata: l'altra norma specialmente non
è applicata. La deroga però solo uno dei possibili esiti di un conflitto tra norma generale norma speciale.
Ø Rapporti con gli altri criteri:
- Se la norma generale è successiva, e la norma generale e la norma particolare hanno parità
gerarchica: è preferita la norma speciale (deroga).
- Se la norma generale è successiva, e la norma generale è superiore alla norma speciale: è preferita
la norma generale superiore (illegittimità della norma speciale).
- Se la norma generale è successiva, e la norma generale è inferiore alla norma speciale: è preferita
la norma speciale superiore (illegittimità della norma generale).
- Se la norma speciale è successiva, e la norma generale e la norma particolare hanno parità
gerarchica: è preferita la norma speciale (deroga).
- Se la norma speciale è successiva, e la norma generale è superiore alla norma speciale: è preferita
la norma generale superiore (illegittimità della norma speciale).
- Se la norma speciale è successiva, e la norma generale è inferiore alla norma speciale: è preferita
la norma speciale superiore (abrogazione o deroga della norma generale).

Criterio della competenza


Il criterio della competenza non ha una definizione stringente in forma di regola per l'interprete. Questo
perché non è un criterio prescrittivo, ma esplicativo: serve a spiegare com'è organizzato attualmente il
sistema delle fonti, e non a indicare all'interprete come risolvere le antinomie. Il criterio di competenza ci
spiega che la gerarchia delle fonti non basta più a darci un quadro esatto del sistema, perché all'interno
dello stesso grado gerarchico, cioè tra atti che hanno la stessa posizione gerarchica, la stessa forza, vi sono
suddivisioni non spiegabili in termini di forza, ma di competenza.
Ø Effetti: Se dovessimo utilizzare il criterio di competenza, non come schema esplicativo, ma come regola
con cui risolvere i conflitti tra norme, dovremmo dire che esso prescrive di dare preferenza alla norma
competente. Questo criterio è assunto dalla Corte costituzionale come criterio che deve guidare i

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giudici in alcune situazioni, come nei rapporti tra atti normativi statali e atti normativi regionali o quando
si trovino di fronte al contrasto tra una norma dell'ordinamento italiano e una dell'ordinamento
dell'unione europea.

Riserva di legge
Ø Definizione: È lo strumento con cui la Costituzione regola il concorso delle fonti nella disciplina di una
determinata materia. La riserva di legge acquista un significato preciso soltanto dove vi sia una
costituzione rigida, perché solo in questo caso i limiti posti dalla Costituzione alla funzione legislativa
possono imporsi al legislatore.
Ø Riserva di legge e principio di legalità: Diverso significato ha il principio di legalità, per cui si afferma
un'esperienza istituzionale che preesiste alle moderne costituzioni rigide. Esso prescrive che l'esercizio
di qualsiasi potere pubblico si fondi su una previa norma attributiva della competenza: la sua ratio è di
assicurare un uso regolato, non arbitrario, del potere. L'introduzione della costituzione rigida ha
comportato l'estensione del principio di legalità anche a quelle attività in cui più direttamente si esprime
la sovranità e che in precedenza erano considerate libere, politiche.
Ø Tipologie: Il meccanismo della riserva opera in modi diversi. Bisogna infatti distinguere tra:
1. riserva di legge e riserve ad altri atti diversi dalla legge;
2. all'interno delle riserve di legge, tra riserva di legge formale ordinaria e le riserve alle fonti primarie;
3. tra riserve alle fonti primarie si possono distinguere le diverse tipologie di riserve (assolute, relative,
rinforzate..)

Riserve a favore di atti diversi dalla legge


La riserva a favore di atti diversi dalla legge è rara, e si tratta di riserve a favore della legge costituzionale,
riserve a favore dei regolamenti parlamentari e riserve a favore dei decreti di attuazione degli Statuti speciali.
Riserva di legge formale
La riserva di legge formale ordinare impone che sulla materia intervenga il solo atto legislativo prodotto
attraverso il procedimento parlamentare, con esclusione quindi degli altri atti equiparati alla legge formale
stessa. La ratio di questa riserva è semplice: sono riservate alla approvazione parlamentare tutte quelle leggi
che rappresentano strumenti attraverso i quali il Parlamento controlla l'operato del Governo.
- È il Governo a stipulare i trattati internazionali e a chiedere al Parlamento di autorizzare la ratifica da
parte del Presidente della Repubblica.
- È il Governo a predisporre i bilanci e a chiederne l'approvazione al Parlamento.
- È il Governo a emanare provvedimenti urgenti che si sostituiscono alla legge, e a chiedere al
Parlamento di approvarli e trasformarlo in legge.
- È il Parlamento a decidere se e quali poteri legislativi delegare al Governo e quali poteri conferirgli
in caso di guerra.

Riserve di leggi semplici


Le semplici riserve di leggi prescrivono che la materia da esse considerata sia disciplinata dalla legge
ordinaria, escludendo o limitando l'intervento di atti di livello gerarchico inferiore alla legge, cioè dei
regolamenti amministrativi. La ratio della riserva di legge è di assicurare che la disciplina di materie
particolarmente delicate venga decisa con la garanzia tipica, insita nel procedimento parlamentare. A
seconda dei rapporti tra legge e regolamento si distinguono due tipi diversi:
1. La riserva assoluta esclude qualsiasi intervento di fonti sub-legislative dalla disciplina della materia, che
dovrà essere integralmente regolata dalla legge formale ordinaria, o da atti ad esse equiparati. La ratio
prevede che le libertà fondamentali sono rivendicate contro il potere, contro lo Stato e il suo potere
coercitivo, che è detenuto dal Governo e dalle strutture dei pubblici poteri che dipendono da esso.
Siccome la legge, per quanto possa essere analitica, lascia comunque un certo margine di
discrezionalità a chi deve applicarla, per vincolare ulteriormente l'attività dei poteri pubblici, molte
disposizioni costituzionali alla riserva assoluta della legge aggiungono la riserva di giurisdizione
(autorizzazione concreta dal giudice).
2. La riserva relativa non esclude che la disciplina della materia concorra anche il regolamento
amministrativo, ma richiede che la legge disciplini preventivamente almeno i principi a cui il

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regolamento deve attenersi. Sta alla legge decidere quanto strette debbano essere le maglie della sua
disciplina, ma la legge deve esserci e non può limitarsi a conferire al Governo un potere normativo in
bianco. Ponendo la riserva relativa di legge, la Costituzione pone quindi contemporaneamente un
vincolo al legislatore e al potere esecutivo.

Riserve rinforzate
Le riserve rinforzate sono un meccanismo con cui la Costituzione non si limita a riservare la disciplina di una
materia alla legge, ma pone ulteriori vincoli al legislatore. Si possono distinguere:
a) Le riserve rinforzate per contenuto: si hanno in quei casi in cui la Costituzione prevede che una
determinata regolazione possa essere fatta dalla legge ordinaria soltanto con contenuti particolari.
Alcuni esempi: regole speciali meno rigide per le ispezioni domiciliari, ma soltanto per motivi di sanità
e incolumità pubblica.
b) Le riserve rinforzate per procedimento prevedono invece che la disciplina di una determinata materia
debba seguire un procedimento aggravato (o rinforzato) rispetto al normale procedimento legislativo.
Alcuni esempi sono i rapporti tra Stato e chiesa cattolica, le intese che il governo può raggiungere con
i culti acattolici, e tanto altro.

Capitolo 9: Le Fonti dell’ordinamento italiano


Le fonti nell’ordinamento italiano sono prettamente di due tipi:
1. fonti primarie od ordinarie: esse sono, a loro volta:
a. gli atti con forza di legge
b. la legge formale
c. il referendum abrogativo
d. i regolamenti parlamentari.
2. fonti secondarie: sono costituite dai regolamenti amministrativi.

Gli atti con forza di legge


Gli atti con forza di legge sono atti normativi che non hanno la forma della legge, ma sono equiparati alla
legge formale ordinaria: occupano la sua stessa posizione nella scala gerarchica, e perciò possono
validamente abrogarla. Sono un’eccezione all’art. 70 della Cost. per cui la funzione legislativa è esercitata
collettivamente dalle due Camere. Esistono vari tipi di atti con forza di legge:
1) Decreto-legge
2) Decreto legislativo
3) Decreti emanati dal Governo in caso di guerra
4) Decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali

Decreto-legge
Definizione: Il decreto-legge è un atto con forza di legge che il Governo può adottare in casi straordinari,
di necessità e d’urgenza. Ma chi giudica se sussistono questi presupposti? Sia il Presidente della
Repubblica, in via preventiva cioè nell’emanazione del decreto-legge, che la Corte costituzionale, in via
successiva nell'eventuale giudizio di legittimità. Entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione
in Gazzetta Ufficiale, ma gli effetti prodotti sono provvisori; infatti, perde efficacia fin dall'inizio se il
Parlamento non le converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione.
Limiti:
ü Secondo l'art. 77 Cost. il decreto-legge non può essere emanato nelle materie coperte da riserva
di assemblea e non può conferire deleghe legislative.
ü Per la legge 212/2000 sullo statuto del contribuente si esclude che con il decreto-legge si
possano introdurre nuovi tributi o prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di
soggetti.
Procedimento di emanazione: il decreto-legge deve:
o essere deliberato dal Consiglio dei ministri,
o emanato dal Presidente della Repubblica
o pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

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- Il giorno stesso della pubblicazione il decreto-legge deve essere presentato alle camere che,
se sciolte, vengono convocate e si riuniscono entro 5 giorni, per la conversione (che rientra tra
i poteri delle camere in regime prorogatio).
- A riguardo l’art. 15 della legge 400 del 1988 prescrive che va pubblicato con la denominazione
di decreto-legge e con l'indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di
necessità e di urgenza che ne giustificano l'adozione, nonché dell’avvenuta deliberazione del
Consiglio dei ministri. Inoltre, il decreto-legge deve contenere la clausola di presentazione al
Parlamento per la conversione in legge.
o È lo stesso decreto-legge che stabilisce il momento della sua entrata in vigore: di solito
il momento è il giorno stesso della pubblicazione, o il giorno successivo. Il
procedimento legislativo deve concludersi, promulgazione compresa, entro il termine
tassativo di 60 giorni.
Procedimento di conversione: presenta, rispetto a quella legislativo ordinario, alcune variazioni, dettate
dall'efficienza di assicurare tempi certi e brevi e di consentire alle Camere di svolgere un controllo
attento sulla sussistenza dei presupposti della necessità e urgenza. Sono i regolamenti delle camere a
disciplinare il procedimento di conversione. Alla camera è stato tolto il parere preventivo della
Commissione affari costituzionali, sostituendolo con un filtro più complesso:
1. Nella relazione del Governo, che accompagni il disegno di legge di conversione, deve essere dato
conto dei presupposti di necessità e urgenza per l'adozione del decreto-legge. Inoltre, vengono
descritti gli effetti attesi dalla sua attuazione e le conseguenze delle norme da esso recate
sull'ordinamento.
2. La commissione referente può chiedere al Governo di integrare gli elementi forniti nella relazione,
anche con riferimento a singole disposizioni del decreto-legge.
3. Il disegno di legge è sottoposto, oltre che alla commissione referente competente, al Comitato per
la legislazione che, nel termine di 5 giorni, esprime parere alle Commissioni competenti, anche
proponendo la soppressione delle disposizioni del decreto-legge che contrastino con le regole
sulla specificità e omogeneità e sui limiti di contenuto di decreti-legge, è previste dalla vigente
legislazione. La legge 400/1988 dispone che il decreto debba contenere misure di immediata
applicazione e il loro contenuto debba essere specifico, omogeneo e corrispondere al titolo. Al
comitato è quindi affidato il compito di rendere effettiva questa disposizione.
Decadenza: La perdita di efficacia del decreto-legge è chiamata decadenza, e travolge tutti gli effetti
prodotti dal decreto-legge, probabilmente anche lo stesso giudicato: tutto ciò che si è compiuto in
forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale, arbitrariamente. È evidente che
talvolta non è possibile ripristinare la situazione precedente. L'art. 77 appresta due strumenti attraverso
i quali è possibile trovare una soluzione:
A. La legge sanatoria: riservata alle camere con cui si possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla
base dei decreti non convertiti. Vanno considerati 2 aspetti:
• innanzitutto, il Parlamento, quando decida di non convertire il decreto-legge, non è affatto
tenuta ad approvare la legge di sanatoria. Si tratta di una decisione politica, libera e non
affatto indipendente dalla scelta di coprire o meno la responsabilità del Governo.
• Non è una soluzione tecnicamente praticabile sempre e comunque. Può solo regolare i
rapporti giuridici sorti, ma nel rispetto dei principi costituzionali e, in particolare, del principio
di eguaglianza.
B. Il Governo adotta, sotto sua responsabilità, provvedimenti provvisori (art. 77). La responsabilità
non è solo quella politica, ma anche giuridica:
§ Responsabilità penale: i ministri (quelli che hanno partecipato alla riunione in cui è stato
approvato, senza mettere a verbale il proprio dissenso) risponderanno singolarmente degli
eventuali reati commessi con l'emanazione del decreto-legge. È fatta valere alla giurisdizione
ordinaria, previa autorizzazione parlamentare.
§ Responsabilità civile: i ministri rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti ai terzi.
Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che
ha commesso il fatto a risarcire il danno (art. 2043 c.c.).

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§ Responsabilità amministrativo contabile: i ministri che hanno espresso voto favorevole al


decreto-legge rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti allo stato (danno
erariale). Se lo Stato ha dovuto risarcire il danno subito dal terzo per la responsabilità civile
solidale di cui appena detto, si deve rivalere sui ministri. In questi casi sarà la procura della
Corte dei conti a promuovere l'azione di responsabilità.
Questi strumenti sono efficaci sotto il profilo della garanzia degli interessi patrimoniali, ma molto meno
su interessi non patrimoniali dell'interesse pubblico.
Uso e abuso: I decreti-legge però non sono emanati solo per le situazioni di calamità e necessità
straordinarie, di fronte alle quali non è pensabile provvedere con i tempi del procedimento legislativo.
Gli stessi costituenti lo immaginavano, e avevano in mente i decreti-catenaccio, cioè dei provvedimenti
concernenti le imposte e i prezzi amministrativi dello Stato per evitare fenomeni di accaparramento.
Con il continuo esercizio dei decreti-legge si è innescato un circolo vizioso inarrestabile:
ü Il decreto-legge, mosso dall'esigenza di anticipare gli effetti del provvedimento senza attendere il
tempo del procedimento per la mentale, ha fatto ulteriormente allungare i tempi medi dell'iter
parlamentare. La legge di conversione, per le stesse norme dei regolamenti parlamentari, ha
precedenza nell'ordine dei lavori delle Camere.
ü Se il decreto-legge è stato adottato per varare una disciplina complessa, è assai improbabile che
60 giorni bastino all'esame parlamentare. Così è invalsa la prassi della reiterazione del decreto-
legge: alla scadenza dei 60 giorni il Governo emana un nuovo decreto-legge che produce senza
o con minime variazioni quello precedente, ormai scaduto, e ne sana gli effetti, attraverso
meccanismi diversi, il più comune dei quali è la retroazione degli effetti del decreto-legge reiterate.
Ma se la precarietà si prolunga per anni, la probabilità che il decreto-legge generi effetti irreversibili
aumenta. Più decreti si emanano, più sono i decreti che rischiano di decadere, perché meno
tempo ha il Parlamento per discuterli e approvarli.
Per fermare questo circolo vizioso è intervenuta la Corte costituzionale con una sentenza 360/1996.
Che ha messo un argine definitivo alla prassi della reiterazione. Essa prevede che il decreto-legge
iterato o reiterato, per il fatto di riprodurre il contenuto di un decreto-legge non convertito senza
introdurre sostanziali variazioni, lede la previsione costituzionale sotto più profili: perché altera la natura
provvisoria, perché toglie valore al carattere straordinario dei requisiti della necessità e dell'urgenza e
perché attenua la sanzione della perdita relativa di efficacia del decreto non convertito. La reiterazione
è ammissibile soltanto quando il nuovo decreto risulti fondato su autonomi motivi di necessità ed
urgenza.
La legge di conversione gli effetti degli emendamenti: Negli anni antecedenti alla sentenza 360/1996,
più di 3/4 dei decreti convertiti hanno subito emendamenti in fase di conversione. A ciò è intervenuta
la legge 400/1988 che ha previsto che le modifiche eventualmente apportate in sede di conversione
hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo
che quest'ultima disponga diversamente. Il quadro riassuntivo delle ipotesi:
1. Una disposizione del decreto-legge è convertita senza emendamenti: in questo caso si ha
novazione della fonte, ossia sostituzione dei decreti-legge con la legge di conversione, i cui effetti
quindi retroagiscono al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge.
2. Una disposizione del decreto-legge è soppressa dalla legge di conversione: l’effetto degli
emendamenti soppressivi equivale alla parziale mancata conversione del decreto-legge, con la
conseguenza che la disposizione non convertita decade ex tunc. Lo stesso accade nel caso in
cui la disposizione originale sia sostituita in toto dalla disposizione della legge di conversione,
emendamenti sostitutivi. Questa è la posizione della cassazione, ma la dottrina è in parte di avviso
contrario, nel senso che la conversione sarebbe sempre conversione di tutto il decreto, e che gli
emendamenti agirebbero sulle disposizioni del decreto secondo le normali regole della
successione delle norme nel tempo.
3. Una disposizione nuova viene aggiunta in sede di conversione al testo originale: L'emendamento
aggiuntivo opererà secondo le regole normali, solo pro-futuro, ossia nel modo in cui opera di solito
il principio di irretroattività.
4. Una disposizione del decreto-legge viene parzialmente modificata, (emendamento modificativo),
e la legge di conversione non dice nulla circa gli effetti temporali dell'emendamento.

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Esiste un limite all’emendabilità della legge di conversione: non sono ammessi emendamenti estranei
all'oggetto del decreto-legge.

Decreto legislativo
(decreto delegato) è l’atto con forza di legge emanato dal Governo in esercizio della delega conferitagli alla
legge. È usato per affrontare argomenti tecnicamente molto complessi e tecnici.
ü Legge delega: è la legge con cui le Camere possono attribuire al Governo l’esercizio del decreto
legislativo.
o Limiti: L'articolo 76 della costituzione delimita il potere di delega, fissando alcuni vincoli precisi
dalla legge di delegazione, vincoli il cui mancato rispetto costituisce un vizio di illegittimità
costituzionale:
1. La delega può essere conferita esclusivamente con legge formale: si tratta cioè di una delle
materie coperte da riserva di legge formale. Deve essere approvata dal procedimento
ordinario
2. La delega può essere conferita soltanto al Governo inteso nella sua collegialità e non ai
singoli organi.
3. La legge delega deve contenere delle indicazioni minime (contenuti necessari):
a. deve restringere l'ambito tematico della funzione delegata, indicando un oggetto
definito. Spetta al Parlamento decidere se l'oggetto sia più o meno esteso: può trattarsi
di un argomento molto specifico, assai vasto, che riguarda settori assai ampi.
b. deve restringere l'ambito temporale della funzione delegata il regolamento indicando
un tempo limitato entro il quale il decreto deve essere emanato. Non può essere
permanente, ma solo a termine. Non vi sono però criteri precisi per determinare la durata
massima, ma è stato stabilito che se il termine previsto per l’esercizio della delega
eccede di 2 anni, il Governo è tenuto a sottoporre lo schema di decreto delegato al
parere delle commissioni permanenti delle Camere
c. deve restringere l'ambito della discrezionalità del Governo, indicando i principi e i criteri
direttivi che servono da guida nell'esercizio del potere delegato. La determinazione
degli interessi da soddisfare e degli scopi da perseguire resta competenza del
Parlamento. La Corte costituzionale ha più volte ripetuto che la legge di delega che
mancasse di definire i principi e criteri direttivi sarebbe illegittima, ma ha anche sempre
lasciato alle valutazioni del Parlamento la scelta del grado di precisione e di analiticità di
queste indicazioni. Si conclude che difficilmente una legge di delega possa essere
dichiarata illegittima perché troppo scarse inutili sono le indicazioni dei principi e dei
criteri direttivi che essa offre.
o Deleghe accessorie
ð Definizione: Spesso la delega legislativa non costituisce il principale contenuto della legge
approvata dal Parlamento, ma un suo completamento. Capita cioè che, nelle norme finali
della legge di riforma, il Parlamento deleghi il Governo ad emanare norme di attuazione, di
coordinamento o transitorie.
ð Particolarità: in queste deleghe manca un'espressa indicazione dei principi e criteri direttivi:
ciò significa che il potere normativo delegato al Governo risulterà assai ridotto, non potendo
portare innovazioni che tocchino i principi stabiliti dalla legge precedenti.
ð Esempio di delega accessoria: è quella che autorizza il Governo a coordinare le leggi esistenti
in una certa materia, raccogliendole in un testo unico. Questi si distinguono 2 tipi:
v T.U. innovativi: sono vere e proprie fonti del diritto. Sono decreti delegati.
v T.U. di compilazione: sono delle raccolte della normativa vigente compilata per
comodità degli uffici amministrativi. Costituiscono fonti Cognizione
ü Procedimento: La formazione dei decreti legislativi segue questo procedimento:
a. Proposta del ministro (o dei ministri) competenti
b. Delibera del Consiglio dei ministri,
c. Eventuali adempimenti ulteriori se prescritti dalla legge di delega,
d. Eventuale deliberazione definitiva del Consiglio dei ministri a seguito dei pareri espressi,

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e. Emanazione da parte del Presidente della Repubblica.


ü Legge 400/1988 (art. 14). Con essa:
ð vengono introdotte novità sul “nomine Juris” dei decreti delegati: essi vengono pubblicati sulla
Gazzetta Ufficiale con la denominazione di decreto legislativo e con la stessa numerazione
progressiva delle leggi. È un’innovazione importante perché in precedenza essi venivano emanati
nella forma di decreto del Presidente della Repubblica.
ð viene chiarito che se per evitare la scadenza della delega bastasse che entro il termine prefissato
fosse deliberato il decreto dal Consiglio dei ministri, o se invece fosse necessaria la formazione da
parte del Presidente della Repubblica Viene indicata la seconda ipotesi, prescrivendo che il
decreto fosse presentato alla firma del capo di stato almeno 20 giorni prima della scadenza.
ü Caratteristiche dei decreti legislativi:
Obbligatorietà: Le deleghe non attuate sono tutt'altro che infrequenti. Il carattere obbligatorio
dell'esercizio della delega è frutto di un equivoco.
Istantaneità: Il problema è se il potere delegato al Governo si estingua con l'emanazione del
decreto delegato o se il Governo, sino alla scadenza fissata dalla legge di delega, possa emanare
ulteriori decreti che integrino o modifichino quello già emanato. La dottrina ha espresso opinioni
diverse. La prassi è diventata quella di prevedere esplicitamente nella stessa legge una doppia
delega con scadenze differenziate.

Decreti emanati dal Governo in caso di guerra


L'art. 78 Cost. dispone che se le Camere deliberano lo stato di guerra, esse conferiscono al Governo i poteri
necessari. È previsto, inoltre, che i comandanti militari possano emanare provvedimenti con forza di legge
(bandi militari) che hanno efficacia anche per i rapporti civili, il che sembra in netto contrasto con l'articolo
78. La dottrina ritiene che tra i poteri conferiti all'esecutivo ci possa essere anche una sorta di delega
anomala al Governo, cui deve essere concesso il potere di emanare norme con forza di legge. Questi atti
potrebbero essere autorizzati anche a sospendere determinate libertà costituzionali. Si tratta dunque di atti
extra ordinem, dietro ai quali si profila nuovamente la necessità come super fonte del diritto. Non vi sono
state finora applicazioni concrete dell'articolo 78.

Decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali


Decreto legislativo emanato dal Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri,
su proposta di una apposita commissione paritetica formata da membri designati in parti uguali dal
Governo e dalla assemblea regionale. Sono una competenza specifica e riservata: i la loro emanazione
avviene senza una delega legislativa del Parlamento.

La Legge formale
La legge formale è un atto normativo prodotto dalla deliberazione delle Camere e promulgato dal
Presidente della repubblica.
Tipi: comprende sia le leggi costituzionali, sia le leggi formale ordinaria.
Procedimento di formazione (procedimento legislativo): è una serie coordinata di atti rivolti a formare
la legge formale. Gli atti di cui si compone sono:
1) iniziativa legislativa: consiste nella presentazione di un progetto di legge ad una Camera. I progetti
di legge si chiamano nella Camera dei deputati disegni di legge (se poi vengono proposti al
Governo), altrimenti si chiamano proposte di legge. Per il senato sono tutti disegni di legge. Il
progetto di legge consta di 2 parti: il testo dell'articolato che il proponente sottopone all’esame
della Camera, e la relazione che accompagna l’articolo illustrando gli scopi e le caratteristiche. Le
iniziative legislative sono riservate ad alcuni soggetti tassativamente indicati dalla costituzione:
a. Iniziativa governativa: il Governo è l'unico soggetto che ha potere di iniziativa su tutte le
materie, che, solo per il Governo, è doverosa o vincolata. La formazione del disegno di legge
è organizzata in un procedimento: dell'iniziativa di uno più ministri, la deliberazione del
Consiglio dei ministri e l'autorizzazione del presidente della repubblica; il procedimento
culmina con la presentazione alla Camera. A quale camera presentare il disegno di legge è
una scelta che spetta al Governo: la prassi prevede un anno davanti ad una camera, il
successivo davanti all'altra;

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b. Iniziativa parlamentare: ogni deputato e ogni senatore può presentare progetti di legge alla
camera a cui appartiene, salvo ovviamente per le materie la cui iniziativa è riservata al
governo. Nella prassi è frequente che le proposte siano collettive, cioè sottoscritte da più
parlamentari;
c. Iniziativa popolare: (Art. 71), servono 50 000 elettori. Limite nelle materie riservate al Governo;
d. Iniziativa regionale: (Art. 121) i consigli regionali hanno il potere di presentare progetti alle
Camere. Lo statuto regionale pone come limite l'interesse regionale, ma è talmente elastico
che non è un vero e proprio limite;
e. Iniziativa del CNEL: (Art. 99) iniziativa legislativa senza limiti imposti dalla costituzione, ma
fissati con grande abbondanza della legge istitutiva, che è stata modificata.
Il peso delle iniziative è molto diverso. Del tutto marginale è l'iniziativa popolare e delle regioni,
mentre la stragrande parte dei progetti sono di iniziativa governativa e parlamentare. L’iniziativa
legislativa non è a mai un obbligo per la camera: la sua discussione è inserita nei programmi di
lavoro della camera in base alla valutazione politica della conferenza dei capigruppo, cui spetta il
potere di selezionare gli argomenti da trattare (pratica dell’insabbiamento per il disinteresse che i
gruppi parlamentari dimostrano nei confronti della proposta).
2) Deliberazione legislativa delle camere: L’articolo 72 vieta che un progetto di legge sia discusso
direttamente dalla Camera: prima deve essere esaminato dalla commissione permanente
componente. Ma le funzioni che la commissione è chiamata a svolgere sono diverse a seconda
della sede in cui è chiamata ad esaminare un progetto. Diverse sono anche le funzioni
dell’Assemblea (aula). In relazione alle diverse funzioni della commissione dell'anno vediamo 3
procedimenti:
a. Procedimento ordinario (per commissione referente): spetta al presidente della camera
individuare la commissione competente, salvo, ma solo nella Camera dei deputati, la
possibilità che un presidente di gruppo o dieci deputati propongono un’assegnazione
diversa, provocando un voto dell'aula.
o Il presidente della commissione, o un relatore da lui incaricato, espone le linee generali
della proposta di legge, provocando una discussione generale su di essa.
o Si passa poi alla discussione articolo per articolo e alla votazione degli eventuali
emendamenti. In questa fase si può procedere alla nomina di un comitato ristretto per
una migliore formulazione dell'articolo o per elaborare un testo che superi i contrasti tra
le diverse correnti politiche. Alla fine, il testo viene approvato assieme a una relazione
finale.
o È nominato un relatore che ha l'incarico di riferire all’aula.
o In aula la discussione procede con 3 letture,
A. la prima lettura è introdotta dai relatori e consiste nella discussione generale, e può
chiudersi con il voto di un ordine del giorno di non passaggio degli articoli, che
decreterebbe la conclusione negativa del procedimento.
B. Altrimenti, senza che ci sia una votazione, si passa alla seconda lettura che prevede
la distruzione dei singoli articoli, degli eventuali emendamenti e la votazione del
testo definitivo di ogni articolo. È la fase più lunga.
C. Terza lettura: consiste nell'approvazione finale dell'intero testo della legge, così
com'essa risulta a seguito dell'esame articolo per articolo. Per le violazioni valgono
le regole generali: si procede di regola per voto palese mediante procedimento
elettronico. La maggioranza richiesta è quella semplice o relativa.
o Nel 1997 è stato istituito un nuovo organo, il comitato per la legislazione. Esso esprime
pareri sulla qualità dei testi legislativi o riguardo la loro omogeneità, alla semplicità,
chiarezza e proprietà della loro formulazione. Composto da 10 membri, egualmente
ripartiti tra maggioranza e opposizione.
b. Procedimento per commissione deliberante o legislativa. L’articolo 72 della costituzione
consente alla commissione di assorbire tutte le fasi del procedimento di approvazione
sostituendo l’aula: la commissione favorisce tutte e 3 le letture senza che il progetto di legge
debba essere discusso e votato dall'assemblea.

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§ Alcune materie sono escluse dal procedimento per commissione deliberante, come
quelle delle leggi costituzionali, che possono avere solo il procedimento ordinario. Per
questa e anche altre leggi vi è una riserva di assemblea.
§ La composizione della commissione deliberante l'articolo 72 dispone che sia seguito il
criterio della rappresentanza proporzionale dei gruppi parlamentari. Regolamenti
parlamentari hanno assegnato dalle funzioni alle normali commissioni permanenti.
§ Quanto all’assegnazione della proposta della commissione, nel senato la decisione
spetta al presidente e non è opponibile. Non è così alla camera, in cui il regolamento
prevede che il presidente abbia un potere di proposta che si considera accettata se
nessun deputato chiede di sottoporre al voto dell'assemblea.
c. Procedimento per commissione redigente: questo procedimento detto anche misto è una
via di mezzo tra i 2 precedenti. Non è previsto dalla costituzione ma dai regolamenti
parlamentari e serve a sgravare l'assemblea della discussione e approvazione degli
emendamenti, decentrandoli in commissione e riservando all'aula l'approvazione finale.
Oltre ai 3 procedimenti descritti, i regolamenti delle camere prevedono delle procedure
abbreviate per l'esame di progetti di legge dichiarate urgenti. Non si tratta di procedimenti diversi
ma solo di meccanismi di riduzione dei tempi
3) Promulgazione: La promulgazione avviene da parte del Presidente della Repubblica. Questa fase
è detta parte integrativa dell'efficacia. È il governo che deve trasmettere la legge al presidente, il
quale ha il potere di rinviare la legge alle camere con un messaggio motivato. I motivi per cui può
disporre il rinvio, possono essere motivi di illegittimità costituzionale, e non possono essere per
motivi di merito politico della legge. Tra questi 2 tipi di motivi c’è un’ampia categoria residuale non
ben definita a cui di solito si dà il nome di merito costituzionale. È però da considerare che:
o Sia l'atto di promulgazioni che l'eventuale messaggio di rinvio devono essere
controfirmati dal governo.
o il rinvio può essere compiuto una sola volta. Infatti, se le camere approvano
nuovamente la legge questa deve essere promulgata. Il potere di rinvio, dunque, non è
un potere di veto, ma solo una forma di controllo. Nel caso limite in cui la promulgazione
della legge potrebbe innescare la responsabilità penale del presidente della repubblica
si ritiene che questo possa insistere a rifiutare la promulgazione. Ma il Presidente della
Repubblica che rifiuta nuovamente potrebbe essere incriminato dal parlamento per
attentato alla costituzione. Invece, come detto, se non si opponesse correrebbe il rischio
di essere incriminato per concorso in esso.
Procedimento per leggi formali ordinarie: prevede una sola deliberazione, a maggioranza relativa, di
ciascuna camera sullo stesso testo, seguita dalla promulgazione da parte del presidente della
repubblica. Le leggi formali sono un atto normativo prodotto dal procedimento appena elencato.
Procedimento per le leggi costituzionali: (art. 138 Cost.) La Costituzione italiana è rigida, e il suo
mutamento è chiamato revisione costituzionale.
ü Procedimento: prevede 2 deliberazioni successivi da parte di ciascuna camera:
1) La prima deliberazione è a maggioranza relativa. Siccome in questa fase le camere possono
apportare al progetto di legge costituzionale qualsiasi emendamento, il progetto è destinato a
viaggiare tra camera e Senato (Navette) tante volte quante sono necessarie ad ottenere il voto
favorevole di entrambe sul medesimo testo.
2) La seconda votazione si effettua dopo tre mesi dalla prima. È vietato che siano portati
emendamenti, e qui si aprono 2 strade alternative:
§ Se il consenso sulla riforma è così ampio che nella votazione di ciascuna camera si
esprime a favore la maggioranza qualificata dei 2/3 dei membri di essa, la legge è fatta
e viene promulgata dal presidente della repubblica.
§ Se ciò non avviene, basta che la legge sia approvata con la maggioranza assoluta. Non
si tratta di una approvazione definitiva: il testo, approvato dal parlamento, è pubblicato
sulla gazzetta ufficiale ed entro 3 mesi dalla pubblicazione può essere chiesto un
referendum costituzionale per l'approvazione popolare (con 500 000 firme o 5 consigli
regionali o 1/5 dei membri di una camera). Per questo referendum non è chiesto un

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quorum minimo di votanti a differenza che per quella abrogativo. Se i si superano i no la


legge viene promulgata. Per non rendere troppo difficile il meccanismo e per non
regalare a minoranze parlamentari relativamente piccole il potere di veto, si è prevista
anche la possibilità che la modificazione della costituzione sia voluta e decisa dalla sola
maggioranza di governo, salvo le possibilità per le posizioni di ricorrere al corpo
elettorale.
ü Procedimenti di deroga dell’art. 138: Si è a lungo discusso se il sottoporre un testo così complesso
all'approvazione popolare fosse giusto: per ovviare a questi inconvenienti per ben 2 volte negli
ultimi anni si sono varate leggi costituzionali di deroga alle procedure stabilite dall'articolo 138, in
vista di un ambizioso progetto di revisione dell'intera parte 2 della costituzione. In entrambi i casi il
tentativo è fallito, sia nel 2005 che nel 2016.
ü Limiti della revisione costituzionale: Alla revisione della costituzione vi sono limiti espliciti:
§ Art. 139: la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale, poiché la
scelta a favore della repubblica è stata compiuta dal popolo prima che l’Assemblea
costituente si fosse insediata. Inoltre, la forma repubblicana è considerata inscindibile dal
carattere democratico della repubblica e dalla partenza della sovranità popolare => questo
allarga il limite esplicito a quei principi (come il carattere elettivo e rappresentativo delle
istituzioni, nella libertà e uguaglianza del voto, la libertà di associazione, di espressione, di
riunione) essenziali per rendere un ordinamento democratico.
§ Art. 2 della costituzione, che dichiara inviolabili diritti dell’uomo,
§ Art. 5 dichiara la repubblica una e indivisibile, escludendo ogni ipotesi di secessione o
divisione del paese.
ü Principi supremi della costituzione: Nel 1971 la corte aveva affermato che le norme di altri
ordinamenti che vengono immesse nel nostro ordinamento, attraverso i rinvii, non possono
violare i principi supremi dell'ordinamento costituzionale. Esempio il caso del matrimonio non
consumato, in conflitto con il diritto canonico: per quest’ultimo, infatti, la mancata consumazione
è giusta causa di scioglimento del rapporto matrimoniale, ma non prevede diritto alla difesa per il
coniuge. Con la decisione della corte ci sono due conseguenze:
1. la prevalenza dei principi supremi sulle norme dell'unione europea deve comportare la non
applicabilità in Italia delle norme europee con essi contrastanti
2. se solo i principi supremi resistono alle immissioni di norme dell'unione europea, ciò significa
che, nell'ambito delle norme costituzionali, si può tracciare una gerarchia materiale: infatti le
norme costituzionali di dettaglio sono diverse dai principi in quanto sono derogabile,
cedevoli nei confronti delle norme europee contrastanti.

Regolamenti parlamentari
Il regolamento parlamentare è l'atto cui l'art. 64 Cost. riserva la disciplina dell'organizzazione e del
funzionamento di ciascuna Camera. È approvato a maggioranza assoluta dalla Camera e pubblicato in
Gazzetta Ufficiale. Nonostante il nome “regolamento” essi sono fonti primarie, inferiori soltanto alla
costituzione. Attraverso essi si manifesta l'autonomia che caratterizza le camere e la loro indipendenza. I
regolamenti parlamentari nel sistema delle fonti non hanno relazioni con le altre fonti primarie, se non quella
di reciproca esclusione: la Corte costituzionale a proposito della sindacabilità dei regolamenti parlamentari,
ha negato di poter intaccare la loro legittimità perché non rientrano tra le leggi e atti con forza di legge della
cui legittimità si deve occupare la Corte ai sensi dell’art. 134. La posizione della Corte costituzionale è
complessa e va intesa nella sua complessità:
ü La Corte costituzionale ha dichiarato di non poter giudicare della legittimità di regolamenti investita di
una questione che riguarda la così detta autodichia. Ha però confermato la non sindacabilità dei
regolamenti in sede di giudizio di legittimità, con qualche attenuazione.
ü La Corte costituzionale ha dichiarato nel 1959 di poter giudicare della legittimità delle leggi anche per
ciò che riguarda il procedimento seguito per la loro formazione, con riferimento al rispetto delle norme
della costituzione da parte dei regolamenti parlamentari.
ü La corte ha ammesso che il regolamento possa essere oggetto di conflitto di attribuzioni tra Stato e
Regione

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ü La corte ha riconosciuto nel 2017 che il regolamento parlamentare possa essere oggetto di conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Altri Regolamenti:
1. I regolamenti del Governo non godono della stessa autonomia riconosciuta alle Camere, poiché l'articolo 95
pone una riserva di legge per l'ordinamento della presidenza del consiglio e per l'organizzazione dei ministeri.
Il regolamento interno non può essere considerato una fonte primaria: il suo fondamento è costituito dalla
legge ordinaria, non dalla Costituzione.
2. Anche il Presidente della Repubblica adotta dei regolamenti, su proposta del Segretario generale della
presidenza, ma in questo caso non si tratta di fonti dell'ordinamento generale, ma di semplici strumenti di
gestione amministrativa degli Uffici e dei servizi di un organo cui deve essere garantita l'indipendenza dagli
altri poteri. Non vi è alcuna previsione costituzionale regolamentare del presidente della repubblica, ma la
Corte costituzionale ne ha riconosciuto il fondamento costituzionale nell'esigenza di garantire l'indipendenza
della presidenza dagli altri poteri.
3. I regolamenti della Corte costituzionale: in questo caso non c'è un’esplicita previsione nella costituzione, che
anzi pone una riserva di legge costituzionale per la disciplina della proposizione dei giudizi di legittimità
costituzionale e delle garanzie di indipendenza della corte, ed una riserva di legge ordinaria per la
costituzione e il funzionamento di essa. È proprio la legge ordinaria a prevedere che la Corte possa
disciplinare l'esercizio delle funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e che il regolamento possa stabilire norme integrative di procedura , alle
quali non può essere consentito di disporre contro la legge né impedire alla legge di sostituirle: la parte che
si trovasse danneggiata da una norma integrativa non compatibile con la legge dovrebbe chiedere alla corte
di disapplicarla, ma non può impugnarla di fronte alla Corte stessa.

Referendum abrogativo
Il referendum in generale è la richiesta fatta al corpo elettorale di esprimersi direttamente su una
determinata questione. Esso è dunque uno strumento di democrazia diretta. In origine l'istituto del
referendum era nato come limitazione del meccanismo della rappresentanza, ma l’introduzione del divieto
di mandato imperativo ne segna la rottura. Nel nostro sistema il referendum appare come una deroga, che
genera una situazione di concorrenza e di conflitto con il sistema rappresentativo. Il primo referendum
abrogativo effettuato in Italia ha avuto ad oggetto la legge sul divorzio. La costituzione prevede 3 tipi di
referendum:
1. Referendum propositivo: per proporre una nuova legge.
2. Referendum costituzionale: se riguarda la Costituzione.
3. Referendum abrogativo:
ð Definizione: è lo strumento con cui il corpo elettorale concedere direttamente sull'ordinamento
giuridico attraverso la abrogazione di leggi o atti con forza di legge dello Stato, oppure di singole
disposizioni in essi contenute. È una forma di legislazione negativa nel senso che serve solo a
togliere, abrogare, le disposizioni di legge, non anche ad aggiungerne di nuove. Ciò non significa
affatto che non si possono introdurre nuove norme come effetto della manipolazione del testo
normativo.
ð Procedimento: il referendum abrogativo richiede un procedimento lungo e difficile disciplinato
dalla legge 352/1970.
1) La prima fase può avvenire in due modi diversi:
a. richiesta popolare: l'iniziativa parte dai promotori, un gruppo di almeno 10 cittadini iscritti
nelle liste elettorali, i quali depositano presso la cancelleria della Corte di cassazione il
quesito che intendono sottoporre a referendum. Ne viene data notizia in Gazzetta Ufficiale
ed entro 3 mesi devono essere raccolte 500 000 firme.
b. richiesta regionale: i consigli di almeno 5 regioni devono approvare la richiesta a
maggioranza assoluta. La richiesta viene depositata presso la cancelleria della cassazione,
tra il 1° gennaio e il 30 settembre di ciascun anno, a eccezione dell'anno precedente alla
scadenza della legislatura.

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2) presso la Cassazione si costituisce l'Ufficio centrale per il referendum che esamina le richieste
per giudicarne la conformità alla legge. Entro il 31 ottobre può rilevare le eventuali irregolarità,
che possono essere sanate.
3) I quesiti dichiarati legittimi vengono trasmessi alla Corte costituzionale per il giudizio di
ammissibilità. Il parametro di giudizio della Corte costituzionale non è la legge ordinaria, come
per l'Ufficio centrale, ma la Costituzione. La decisione della corte deve essere pubblicata entro
il 10 febbraio dell’anno successivo.
4) Se la corte dichiara ammissibile referendum, il Presidente della Repubblica deve fissare il
giorno della votazione tra il 15 aprile e il 15 giugno
5) L'Ufficio centrale accerta che alla votazione abbia preso parte la maggioranza degli aventi
diritto al voto e proclamerà il risultato del referendum. Se vincono i no, l’abrogazione non può
essere riproposta prima che siano trascorsi 5 anni. Per molti anni il referendum abrogativi sono
falliti per mancanza del quorum.
6) Se il risultato è favorevole all'abrogazione, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto,
dichiara l'avvenuta abrogazione della legge, dell'atto o della disposizione. Questo decreto
viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e l'abrogazione ha effetto dal giorno successivo. Il
Presidente, su proposta del Governo, può ritardare l'entrata in vigore dell'abrogazione per un
termine non superiore a 60 giorni.
In due casi le procedure descritte si interrompono:
o In caso di scioglimento anticipato delle Camere: il procedimento automaticamente
sospeso e riprende un anno dopo l'elezione
o In caso in cui, prima dello svolgimento del referendum, la legge venga abrogata: l'Ufficio
centrale dichiara che le operazioni non hanno più corso.
ð Particolarità: Il legislatore può ripristinare la norma programmata? la corte aveva dichiarato
illegittimo nel 2012. Inoltre, se il Parlamento varasse una legge che cambia solo marginalmente la
legge, questa sarebbe uno stratagemma per aggirare il referendum. La Corte costituzionale ha
perciò deciso con una sentenza del 1978 di consentire ai promotori del referendum di sollevare
conflitto di attribuzione contro l'Ufficio centrale della cassazione quando questo blocchi il
procedimento seguito dell'emanazione di una legge che non modifica né i principi ispiratori della
complessiva disciplina precedente né i contenuti normativi e funzionali dei singoli progetti. Non
bisogna bloccare il referendum, ma trasferirlo d'ufficio sulla nuova legge.

Regolamenti amministrativi (fonti secondarie)


I regolamenti amministrativi sono atti sostanzialmente legislativi ma formalmente amministrativi. Come già
detto costituiscono le fonti secondarie. I regolamenti amministrativi sono tre:
1. Regolamenti regionali;
2. Regolamenti degli enti locali;
3. Regolamenti dell’esecutivo.

Regolamento dell’esecutivo
§ Tipi: sono divisi in regolamenti governativi e regolamenti ministeriali.
§ Fondamento normativo: La costituzione non disciplina i regolamenti dell'esecutivo: essa si limita a
disciplinare la formazione della legge formale degli atti ad essa equiparati. La riforma costituzionale del
Titolo V ha stabilito il principio di parallelismo tra funzioni legislative e funzioni regolamentari, limitando
la potestà del Governo di emanare regolamenti alle sole materie sulle quali lo Stato ha potestà
legislativa esclusiva e riservando alle Regioni il potere regolamentare in tutte le altre materie. Oggi,
perciò, i regolamenti del Governo sono fonti a competenza limitata della Costituzione. È nella legge
ordinaria che va ricercato il fondamento di regolamenti, ossia le condizioni per la loro validità. Da qui
derivano 3 importanti conseguenze:
1) Mentre per le fonti primarie il sistema è chiuso, in quanto la tipologia degli atti è compiutamente e
tassativamente elencata dalla Costituzione, lo stesso non vale per le fonti secondarie, che sono
modellabili dalla legislazione ordinaria.

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2) Mentre esiste uno spazio costituzionalmente garantito per le leggi e gli atti equiparati o concorrenti,
non vi è invece uno spazio garantito per i regolamenti dell'esecutivo: anzi, le numerose riserve di
legge contenute nella costituzione servono principalmente a limitare lo spazio che la legge può
concedere ai regolamenti amministrativi, imponendo il ricorso alla fonte primaria per la disciplina
della materia.
3) Mentre le leggi possono disporre, sia pure eccezionalmente, retroattivamente, questo non è
possibile per i regolamenti.
§ La disciplina generale del potere regolamentare dell'esecutivo è contenuta:
o nelle preleggi: le preleggi dedicano ai regolamenti due articoli, che, con qualche adattamento,
possono considerarsi ancora in vigore.
ü Art. 3: dispone che il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere
costituzionale, mentre il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle
rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari.
ü Art. 4: prevede che i regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni
delle leggi, mentre i regolamenti delle altre autorità non possono nemmeno dettare norme
contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo.
o nell'art. 17 della legge 400/1988:
• si sostituisce la precedente disciplina ripetendo la distinzione tra i regolamenti del Governo
e di altre autorità dell'esecutivo, cioè i ministri e le autorità sotto ordinate al ministro:
per i regolamenti governativi il fondamento del potere normativo è costituito dallo stesso
articolo 17, che assolve la funzione di norma attributiva in generale del potere stesso
per i regolamenti ministeriali occorre che il potere di emanare l'atto sia espressamente
conferito dalle singole leggi ordinarie.
• Ripete la graduazione gerarchica interne ai regolamenti dell'esecutivo: i regolamenti
ministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal
Governo.
§ Procedimento: il procedimento di emanazione dei regolamenti governativi è diverso da quello per
l'emanazione di regolamenti ministeriali: entrambi sono disciplinati dall'articolo 17 della legge 400 del
1988.
o I primi vengono deliberati su proposta di uno più ministri, dal Consiglio dei ministri, previo parere
del Consiglio di Stato. Parere obbligatorio ma non vincolante. Il regolamento viene poi emanato
dal Presidente della Repubblica con proprio decreto. Deve passare il controllo di legittimità della
Corte dei conti e infine viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
o I regolamenti ministeriali sono invece emanati dal ministro (decreto ministeriale). Con lo stesso
procedimento, ma con decreto interministeriale solo emanati i regolamenti che riguardano
materie di competenza di più ministri. Prima dell'emanazione devono essere comunicate al
presidente del Consiglio dei ministri che puoi verificare la facoltà prevista dalla legge 400/1988.
Sono soggetti anch'essi al controllo della Corte dei conti e sono pubblicati nella gazzetta
ufficiale. La legge 400 prescrive infine che tutti i regolamenti rechino nel titolo la denominazione
di regolamento: questa innovazione è importante perché concorre a tipizzare la fonte
regolamentare, distinguendoli dai numerosi decreti presidenziali ministeriali.
§ Tipologia: L'art. 17 della 400/1988 distingue diverse tipologie di regolamento governativo:
a. Regolamenti di esecuzione: sono regolamenti che il Governo adotta anche senza una specifica
autorizzazione legislativa quando avverta la necessità di emanare norme che assicurino
l'operatività della legge e dei decreti con forza di legge. Possono avere una funzione interpretativa,
applicativa della legge oppure di disciplinare le modalità procedurali per l'applicazione di essa.
Ovviamente incontrano un limite costituzionale laddove sia prevista una riserva assoluta di legge.
Si ritiene che i regolamenti di stretta esecuzione possano essere emanati anche in materia coperta
da riserva assoluta: a condizione però che essi non integrino la fattispecie legislativa.
b. Regolamenti d’attuazione: sono emanati per l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti
legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza
regionale. Il potere regolamentare si fonderà su una specifica previsione della legge attuale.

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c. Regolamenti indipendenti: sono emanati nelle materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi
o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge. Lo
spazio di operatività è estremamente limitato. La disposizione della legge rappresenta il
fondamento di un potere normativo residuale che potrebbe essere esercitato dal Governo, nel
rispetto di tutti i principi ricavabili dalla legislazione vigente.
d. Regolamenti di organizzazione: sono residua storico risalente all'epoca repubblicana, quando
l'esecutivo aveva una riserva di competenza sull'organizzazione dei pubblici uffici. Oggi la materia
è coperta da riserva relativa di legge, per cui regolamenti di organizzazione e non sono diversi dai
regolamenti di esecuzione o di attuazione.
§ Per i regolamenti ministeriali non c'è un problema di classificazione: essi possono essere emanati
esclusivamente se una legge conferisce tale potere. È vero però che nella prassi accade talvolta che
non sia la legge, ma un regolamento governativo a prevederli. La riserva di legge serve escludere o
limitare il ricorso al regolamento amministrativo, imponendo al legislatore di provvedere direttamente
a disciplinare la materia, almeno per le linee generali.
§ Delegificazione: I regolamenti delegati (o autorizzati): sono regolamenti che provocano un apparente
effetto abrogativo delle leggi precedenti. La loro funzione è di produrre la delegificazione, cioè la
sostituzione della precedente disciplina di livello legislativo con una nuova disciplina di livello
regolamentare. Muove dunque ad un abbassamento del livello della disciplina normativa che regola
una materia nella convinzione che, sostituendo la legge con il regolamento, si possa velocizzare
l’adeguamento delle regole alla realtà. Il regolamento amministrativo non può produrre l'abrogazione
delle leggi, perché violerebbe la gerarchia delle fonti; né può essere autorizzato a farlo da una legge
ordinaria, perché questa violerebbe il principio di tipicità e tassatività delle fonti primarie. Perciò la
dottrina aveva elaborato una spiegazione del fenomeno: è la legge ordinaria a disporre l’abrogazione
precedente, facendo però decorrere l’effetto abrogativo dalla data di entrata in vigore del regolamento,
la cui emanazione essa autorizza. Si tratta di un regolamento governativo di attuazione.

Altri tipi di fonti


Oltre alle fonti primarie e alle fonti secondarie, esistono anche altri due tipi di fonti: Le leggi rinforzate e le
fonti atipiche.

Le leggi rinforzate
Sono delle leggi che si discostano per certi connotati formali-procedimentali, disciplinati dalla costituzione
con procedimenti particolari. Su questo tema ci sono alcune considerazioni da fare:
1) Le leggi rinforzate sono tali non perché sia rafforzato il procedimento parlamentare prescritto per la loro
formazione, ma perché è reso più complesso dell’ordinario il procedimento di formazione del progetto
di legge. Di regola è il governo che svolge una fase di acquisizione del consenso degli interessi, prima
formalizzare il disegno di legge, tramite intese, accordi, consultazioni, che, nella fase dell'approvazione
della legge, dovranno essere rispettati. Ciò significa che il parlamento non potrà procedere
unilateralmente ad emendare il testo proposto dal governo, perché questo è a sua volta il frutto di un
procedimento costituzionalmente vincolato: potrà invitare il governo a rinegoziare le norme che si
vogliano emendare e solo in seguito procedere all'approvazione dell'emendamento.
2) Le riforme costituzionali degli ultimi anni manifestano la tendenza ad introdurre ulteriori poteri di leggi
rinforzate nel procedimento di formazione della legge. Il primo esempio è dato dal procedimento
particolare che è stato introdotto per la amnistia e l'indulto. La riforma del titolo quinto introduce altre
due ipotesi di rafforzamento: prevede che si possano riconoscere determinate regioni forme e
condizioni particolari di autonomia con una legge che debba essere poi approvata da ciascuna
camera a maggioranza assoluta e poi ha previsto che qualora si istituisse la commissione bicamerale
integrata dai rappresentanti delle regioni ed alle autonomie, tutte le leggi che si discostassero dal
parere espresso dalla commissione dovranno essere approvate anch'esse a maggioranza assoluta
dalle camere. La disciplina del bilancio a maggioranza assoluta.
3) I procedimenti rinforzati sono procedimenti specializzati eseguiti per produrre leggi anche esse
specializzate. Sono atti che hanno competenza riservata e limitata: rappresentano uno di quei
fenomeni che si è cercato di spiegare attraverso l'introduzione del criterio della competenza. Anche

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sotto il profilo della loro posizione nel sistema delle fonti si distinguono dalle leggi comuni sia per forza
attiva (possono abrogare sono le leggi che hanno quello specifico contenuto) che per forza passiva
(possono essere abrogate soltanto dalle leggi formate con quello specifico procedimento). Il che
significa che le leggi rinforzate sono anche al loro mondo eventi di fonti atipiche.

Fonti atipiche
Sono quegli atti che non rientrano interamente nel tipo della legge ordinaria perché, pur avendo la stessa
forma della legge, hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti per quanto riguarda la loro forza.
Ci sono 2 tipologie principali:
o Sono atipiche perché dotate di forza passiva potenziata le leggi che l'articolo 75 esclude dal
referendum abrogativo. Rafforzamento solo del lato passivo, per l’esclusione di una possibile forma di
aborgazione.
o Sono atipiche anche le leggi meramente formali, ossia gli atti che hanno necessariamente la forma
della legge, ma non hanno il contenuto normativo tipico delle leggi, cioè non introducono
nell'ordinamento norme nuove, capaci di produrre effetti giuridici generali. Esempi classici sono:
Le leggi di approvazione del bilancio e il rendiconto consuntivo:
ü La legge di approvazione del rendiconto è un atto con cui il parlamento esercita il controllo su un
documento contabile presentato al Governo in cui sono riepilogati i dati relativi all'esercizio
finanziario trascorso.
ü Riguardo la legge di approvazione del bilancio di previsione, è stato molto dibattuto se fosse
meramente formale. Oggi il problema e largamente superato perché la costituzione rigida pone
dei limiti che la legge di bilancio non può in alcun modo aggirare. Una riforma introdotta nel 2012
vietava che con la legge di bilancio venissero stabiliti nuovi tributi e nuove spese. In questa
autorizzazione sta il significato giuridico della legge di bilancio: ma la tipologia delle entrate e il
quantum delle prestazioni, nonché le voci di spesa e il limite di spesa per ogni voce, devono
essere già decisi dalle leggi sostanziali, perché se fosse possibile al Governo di introdurre novità
nelle pieghe del bilancio, il controllo del parlamento diverrebbe praticamente impossibile.
L’atipicità del bilancio di previsione consisteva proprio in ciò, che la legge che la prova non può
modificare la legislazione sostanziale vigente; la sua forza attiva è azzerata. Dopo la riforma
costituzionale del 2014 il vincolo non è più posto. La legge 2012 definisce i contenuti della legge
di bilancio riconoscendo ad essa anche una funzione innovativa. Ma la legge di bilancio è atipica
anche per la sua forza passiva cioè per le modalità che riguardano la sua abrogazione. Nel corso
dell'anno possono essere approvate le modifiche necessarie, variazioni, previste da apposite leggi
e quelle occorrenti per l'applicazione di leggi successive. Ma la legge di bilancio non è probabile
in toto da una legge successiva. Se si aggiunge che essa non è abrogabile per referendum, risulta
un certo potenziamento rispetto al tipo della forza passiva di questa legge.
La ratifica di trattati internazionali: che sono di natura politica o prevedono arbitrati o regolamenti
Giudiziari o importano variazioni dal territorio o d'oneri delle finanze o modificazioni di leggi. Gli
altri trattati possono essere ratificati senza previa autorizzazione legislativa. Il Parlamento partecipa
alla formazione dei trattati attraverso la legge di autorizzazione della ratifica:
A. fonte atipica perché non ha forza attiva, non innova le leggi ordinarie.
B. Fonte atipica sul lato passivo: può essere abrogata la norma che serve ad autorizzare il
compimento di un atto, quando l'atto stesso ormai è già compiuto?
Va aggiunto che nella maggior parte dei casi la formula di autorizzazione è seguita dall’ordine di
esecuzione, cioè da quella formula che serve a produrre effetti giuridici nel nostro ordinamento.
Una certa assimilazione dell'ordine di esecuzione al regime della norma di autorizzazioni si è
compiuta attraverso la giurisprudenza:
1) La Corte costituzionale ha esteso all’ordine di esecuzione due regole:
o la riserva di assemblea, per estendere le garanzie che circondano la legge di
autorizzazione anche alle leggi che ordinano l'esecuzione di trattati stipulati in via
semplificata.

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o la esclusione dal referendum abrogativo per estendere alle leggi che danno esecuzione
ad un trattato l'esclusione che ben poco senso avrebbe se riferita alla sola norma di
autorizzazione.
2) Le camere anestesia l'ordine di esecuzione la regola della non emendabile ita: questa regola
senso per la norma di autorizzazione proprio per la sua natura di disposizioni di legge
meramente formale; ma non ha senso invece per l'ordine di esecuzione che andrebbe visto
come una disposizione di legge sostanziale.

Capitolo 10: Le fonti delle autonomie


Per quel che concerne le fonti delle autonomie, dividiamo le fonti dell’ordinamento regionale e le fonti degli
enti locali.

Fonti dell’ordinamento regionale


Sono tre le fonti dell'ordinamento regionale: lo statuto, la legge regionale e il regolamento regionale.

Statuti regionali
Ø Tipi: esistono due diversi tipi di statuti:
v Statuti delle regioni speciali: servono a disciplinare i poteri delle regioni e la loro organizzazione.
Infatti, mentre le regioni ordinarie sono sottoposte a una disciplina comune dettata dal Titolo V della
costituzione, le 5 regioni speciali hanno ciascuno una propria disciplina, derogatoria rispetto a
quella comune. Gli Statuti delle regioni speciali sono adottati con legge costituzionale. Un’unica
legge costituzionale ha modificato ogni singolo statuto speciale, prevedendo che la regione possa
dotarsi di una propria legge statuaria, e che ridisegna la forma di governo e il sistema elettorale.
v Statuti delle regioni ordinarie: per esse la forma e condizioni di autonomia sono già definite dalla
Costituzione. Mentre in precedenza al 1999 era la Costituzione a disciplinare i tratti fondamentali
della forma di governo delle regioni, lasciando agli statuti uno spazio normativo assai ridotto, ora è
demandato agli statuti di definire integralmente la forma di governo della regione
Ø Procedimento di formazione
1. lo statuto delle regioni speciali è una legge costituzionale, dopo la riforma, un po’ particolare per
due ragioni:
ü parte delle sue disposizioni sono derogabili attraverso una legge regionale “rafforzata”: lo
Statuto subisce quindi un depotenziamento di alcune sue parti, nel senso che la disciplina che
in esse è dettata può essere modificata con legge regionale, subendo un processo di
decostituzionalizzazione, ossia il declassamento dal livello della Costituzione a quello della
legislazione ordinaria.
ü Il procedimento di revisione degli Statuti è semplificato: la legge prevede che le future
modifiche degli Statuti speciali non siano sottoposte a referendum costituzionale.
2. Lo Statuto delle regioni ordinarie ha subito una radicale riforma anche per ciò che riguarda la
procedura di formazione.
3. Prima della riforma lo Statuto regionale era approvato con legge ordinaria rinforzata: la proposta
nasceva in Regione e doveva essere approvata dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta. Poi
veniva trasmessa al Governo, che la trasformava in iniziativa legislativa. Le Camere procedevano
con l’approvazione e infine veniva promulgata dal Presidente della Repubblica e pubblicata in
Gazzetta Ufficiale.
4. Ora è previsto che sia approvato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza
assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore
di due mesi. Il Governo ha la possibilità di impugnarlo direttamente dinanzi alla Corte costituzionale
entro trenta giorni dalla sua pubblicazione. Entro 3 mesi dalla pubblicazione 1/50 degli elettori della
Regione o 1/5 dei componenti del Consiglo regionale può proporre un referendum (approvativo).
Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei
voti validi.

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Leggi regionali
Definizione: La legge regionale è una legge ordinaria formale. La forma della legge le è data dal
procedimento che rispecchia il procedimento di formazione delle leggi statali. Alle leggi regionali sono
equiparate le leggi provinciali emanate dalle province di Trento e Bolzano.
Procedimento: Il procedimento di formazione della legge regionale è disciplinato in minima parte dalla
costituzione, in parte dallo statuto e per il resto dal regolamento interno del Consiglio regionale. Il
procedimento si svolge in alcune fasi essenziali:
v Iniziativa: oltre alla Giunta e ai consiglieri regionali, l'iniziativa spetta agli altri soggetti individuati
dagli Statuti, come il corpo elettorale.
v Approvazione in Consiglio regionale: è generalmente previsto il ruolo delle Commissioni consiliari
in sede referente, ma alcuni statuti prevedono anche la Commissione redigente. Sono in genere
previste le classiche tre letture in assemblea. La legge è approvata a maggioranza relativa. Ad essi
spetta anche il compito di definire le modalità con cui al procedimento legislativo può partecipare
il Consiglio delle autonomie.
v Promulgazione da parte del Presidente la Repubblica pubblicazione sul B.U.R. (bollettino ufficiale
regionale).
Riforma del titolo V: ha completamente mutato l'autonomia legislativa delle regioni. Prima della riforma,
nell'esercizio della loro potestà legislativa, le regioni incontravano limiti di vario tipo, come i limiti di
legittimità (fatti valere dal Governo davanti alla Corte costituzionale) e i limiti di merito (fatti valere
difronte alle camere). Ma la situazione cambia grazie alla riforma, che stabilisce:
ü un elenco di materie su cui c’è potestà legislativa esclusiva dello Stato come affari esteri,
immigrazione, ordine pubblico.
ü un elenco di materie su cui le regioni hanno potestà legislativa concorrente, come la tutela della
sicurezza del lavoro, della salute. Ciò implica che la legislazione dello Stato determina i principi
fondamentali della materia, mentre il resto della disciplina compete alle regioni che devono
rispettare i principi fissati dallo stato.
ü una clausola residuale per cui in tutte le materie non comprese nei due elenchi precedenti, spetta
alle Regioni la potestà legislativa. Si parla di potestà legislativa residuale delle Regioni.
La riforma del titolo quinto non risolve il problema, ma si limita a introdurre la così detta “clausola di
maggior favore” per cui fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge
costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento
e Bolzano per le parti che prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Casi specifici della riforma:
a. Gli obblighi internazionali: mentre in precedenza era solo la legislazione regionale ad essere
tenuta al rispetto degli obblighi internazionali contratti dallo stato, ora è parificata la posizione
del legislatore regionale e quella del legislatore statale vincolando entrambi al rispetto, oltre
che degli obblighi derivanti dall'unione europea, anche degli obblighi internazionali. Alle
regioni è consentito stipulare accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato.
b. Le interferenze statali nelle materie regionali: tra le competenze esclusive dello Stato ve ne
sono diverse in cui ambito non è circoscrivibile, perché rappresentano piuttosto degli obiettivi
e dei valori, spesso di rango costituzionale. Esse tagliano le materie di competenza regionale,
infatti vengono chiamate materie trasversali, nel senso che le leggi statali che perseguono tali
obiettivi possono incidere anche in materie riservate alle Regioni. Anche tra le materie di
legislazione concorrente, ve ne sono diverse per la loro natura trasversali.
c. La sussidiarietà: viene usata come criterio di distribuzione delle fonti amministrative. Può
comportare che alcune funzioni amministrative vengano attratte verso l'alto perché non
possono essere convenientemente esercitate in basso o perché richiedono un
coordinamento centrale. Il caso si è posto, per esempio, on il programma delle grandi
infrastrutture.
d. La successione delle leggi nel tempo. Resta dubbio come lo Stato possa imporre alle Regioni
il rispetto delle proprie leggi, specie delle nuove leggi, che fissano i principi fondamentali nelle
materie di competenza concorrente, leggi cornice, in presenza di precedenti leggi regionali
contrastanti.

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e. La potestà legislativa delle regioni speciali. I vecchi Statuti speciali restano formalmente in
vigore. Essi contengono diversi elenchi di materie di competenza regionale, divisi secondo il
livello di potestà regionale:
ð La potestà esclusiva: è la più ampia e caratteristica, in quanto le regioni ordinarie ne sono
prive. Può essere piena o primaria ed è caratterizzata da un legame con la legislazione
statale rappresentate da due limiti specifici: il limite dei principi generali dell'ordinamento
giuridico e il limite delle norme fondamentali delle riforme economiche e sociali.
ð Potestà concorrente: non prevista dallo statuto della Valle d'Aosta, incontra gli stessi llimiti
della omologa competenza delle regioni ordinarie.
ð La potestà integrativa, o attuativa: consente alla Regione speciale di emanare norme, in
alcune specifiche materie, per adeguare la legislazione dello Stato alle particolari
esigenze regionali.

Regolamenti regionali
Le riforme costituzionali hanno profondamente inciso sulla funzione regolamentare delle Regioni, sia per
ciò che riguarda la competenza degli organi, sia per l'estensione del potere.
ð La Costituzione dettava, prima della riforma, una norma per quanto riguarda i regolamenti regionali: il
potere regolamentare era attribuito al consiglio regionale, ciò all'organo legislativo, anziché alla Giunta,
cioè all'organo esecutivo. Questo vale per le regioni ad ordinamento comune, perché nelle Regioni
speciali è lo statuto a disciplinare l'argomento. Spetta agli Statuti regionali disciplinare la titolarità i modi
di esercizio della potestà regolamentare. I regolamenti sono di competenza dell'esecutivo.
ð La riforma così verde nel titolo V ha introdotto il principio di parallelismo tra funzioni legislative e funzioni
regolamentari, limitando la potenza del Governo di emanare i regolamenti alle sole materie sulle quali
lo Stato ha potestà legislativa esclusiva e riservando alle Regioni il potere regolamentare in tutte le altre
materie. Lo Stato può delegare alle Regioni. A prima letture dell’articolo 117 sembrerebbe che possa
delegare la funzione regolamentare, ma è probabile che, come era previsto nel vecchio testo, si debba
intendere che lo Stato può delegare le funzioni amministrative.
ð È ovvio che nella gerarchia delle fonti dell'ordinamento regionale, i regolamenti siano sottoposti alle
leggi. Ma queste sono sottoposte allo statuto. Spetta quindi allo statuto stabilire se, quando e chi possa
emanare i regolamenti amministrativi oppure se vi sono oggetti, che sono di competenza riservata ai
regolamenti oppure ancora file esecutivo possa dare la trazione direttamente con regolamento o alle
norme UE.

Fonti degli enti locali


La riforma del titolo V ha modificato anche la posizione costituzionale degli enti locali e delle loro fonti
normative. Viene attribuita rilevanza costituzionale gli statuti degli enti locali e viene riconosciuta la potestà
regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Se dunque è nella costituzione che gli enti locali ritrovano il fondamento della loro autonomia, è però la
legge a determinare le competenze e le modalità di esercizio.
Statuti:
ð una legge (assorbita nel testo unico delle leggi sull'ordinamento gli enti locali) prevede che i
Comuni si dotino di uno statuto approvato dal Consiglio, con maggioranza particolari, che deve
dettare le norme fondamentali sull'organizzazione dell'ente. Il testo unico è precedente alla riforma
costituzionale, per cui è da verificare se tutte le sue disposizioni siano ancora inderogabili da parte
degli statuti, o se, ora che l’autonomia statuaria ha ottenuto un riconoscimento in Costituzione, si sia
aperto qualche spazio nuovo d'autonomia.
ð Quanto alle province e alle città metropolitane, i loro statuti sono regolati dalla legge Delrio.
Regolamenti: nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano
regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il
funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi
degli uffici e per l'esercizio delle funzioni. Benché sia una fonte secondaria, esso è fortemente percepito
dai cittadini, perché regola aspetti assai importanti della loro attività.

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Capitolo 11: Le fonti europee


Vi è un’importante distinzione tra:
1) diritto convenzionale: consiste nei trattati con cui l'unione europea è stata istituita e, successivamente,
modificata e sviluppata.
2) diritto derivato

Diritto derivato
Definizione: insieme degli atti normativi con cui si esprimono gli organi dell’UE e i loro poteri. I trattati
sono una fonte gerarchicamente sovraordinata al diritto derivato, ed un apposito organo di tipo
giurisdizionale, la Corte di Giustizia dell'UE, è istituito dai trattati per garantire questa prevalenza
gerarchica. La corte di Giustizia ha giurisdizione esclusiva per ciò che riguarda l'interpretazione del
trattato e del diritto derivato, nonché il giudizio di legittimità sul diritto derivato.
Tipi: Le fonti del diritto derivato si distinguono in:
ü atti non vincolanti: sono atti che hanno una funzione di guida per l'interprete, senza esprimere
norme in senso tradizionale, vincolanti e sanzionabili. Sono:
- le raccomandazioni UE, inviti rivolti agli Stati a conformarsi ad un certo comportamento
- i pareri, che esprimo il punto di vista di un organo su un determinato oggetto.
ü atti vincolanti: sono pienamente atti normativi e si distinguono in vari sottotipi, i quali non hanno una
vera e propria gerarchia.
- Regolamenti UE: hanno le caratteristiche che sono tipiche, all'interno del nostro ordinamento,
della legge. Hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono
direttamente applicabili in ciascuno degli stati membri.
ð Differenza tra diretta applicabilità ed effetto diretto.
o Diretta applicabilità: qualità di determinati atti europei che producono immediatamente
i loro effetti giuridici nell'ordinamento nazionale. Una caratteristica tipologica dei
regolamenti UE, che li differenzia dalle direttive UE.
o Effetto diretto: non riguarda gli atti, ma le norme: è una nozione non definita dal
legislatore, ma dall'interprete, dalla Corte di Giustizia dell'UE. È la capacità di una norma
europea di creare direttamente i diritti in capo ai singoli, anche senza l'intermediazione
dell'atto normativo statale. L’effetto diretto è stato introdotto per garantire la prevalenza
del diritto europeo sul diritto interno. Nell'effetto diretto vi è una componente
sanzionatoria nei confronti dello Stato negligente che ritardi l'attuazione degli impegni
posti dalle fonti europee o li attui in modo incompleto o scorretto.
o Se incrociamo la diretta applicabilità con all'efficacia diretta possiamo avere quattro
possibilità:
1. Norme direttamente efficaci (self executing) espresse da atti direttamente
applicabili: sono le norme che di regola caratterizzano i regolamenti UE. Con
l'entrata in vigore del regolamento, negli ordinamenti giuridici degli stati membri si
producono gli effetti giuridici da esso previste senza alcuna interposizione del
legislatore nazionale.
2. Norme non direttamente efficaci espresse da atti direttamente applicabili: vi sono
alcuni regolamenti UE che definiscono un quadro normativo che deve essere
attuato o da altri regolamenti UE oppure da norme nazionali.
3. Norme direttamente efficaci espresse da atti non direttamente applicabili: le ipotesi
più frequenti sono i divieti posti da direttive o dagli stessi Trattati così come
interpretati dalla corte di Giustizia.
4. Norme non direttamente efficaci espresse da atti non direttamente applicabili: sono
le norme che di regola derivano dalle dottrine UE. Esse non sono in grado di far
sorgere posizioni soggettive azionabili senza un preventivo intervento attivo del
legislatore nazionale. Però lo stato inadempiente può essere chiamato a risarcire il
danno prodotto dalla sua inerzia.
- Direttive UE: sono atti normativi che hanno come destinatario gli Stati membri, e li vincola per
quanto riguarda il risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi

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nazionali in merito alla forma e i mezzi. Lo stato ha quindi un obbligo di risultato, che deve
raggiungere entro il termine fissato dalla direttiva. Ha invece discrezionalità per ciò che
riguarda la scelta delle forme e dei mezzi. Nella prassi capita spesso che la direttiva UE non si
limiti a fissare obiettivi, ma detti discipline assai particolareggiate (direttive dettagliate) in modo
da limitare la discrezionalità degli stati ed ottenere un'attuazione uniforme nei vari ordinamenti.
- Decisioni UE: hanno caratteristiche che sono tipiche, nel nostro ordinamento, del
provvedimento amministrativo. Sono obbligatorie in tutti i loro elementi e sono direttamente
applicabili, come regolamenti dell'UE. Ma, a differenza di questi, hanno portata particolare, si
rivolgono cioè a soggetti specifici, che possono essere uno Stato membro o una determinata
persona giuridica. Le decisioni UE non rientrano nel nostro concetto di fonte del diritto.
Conflitto tra una norma interna ed europea: La Corte costituzionale nel tempo ha dato diversi criteri di
risoluzione delle antinomie:
1) In un primo tempo, era previsto il criterio cronologico, ma non era affatto gradito alla corte di
Giustizia dell'Unione europea, impegnata a garantire sempre e comunque la prevalenza del
diritto europeo.
2) Poi la è stato considerato il criterio gerarchico, per cui le leggi italiane che contrastassero con un
precedente regolamento dell'Unione europea dovevano essere impugnate davanti alla Corte
costituzionale stessa per violazione indiretta dell'art. 11 Cost. Anche questa soluzione
presentava inconvenienti. La vicenda Granital (caso su una complicata vertenza con la dogana
italiana in merito all'imposta da pagare per l'importazione di orto canadese) fu un caso
emblematico con cui la Corte cambiò ulteriormente la sua giurisprudenza.
3) Il caso Granital (su cui la Corte si è espressa 12 anni dopo) offre l'occasione di modificare il
criterio di risoluzione delle antinomie nuovamente. La sentenza 170/1984 sviluppa il suo
ragionamento attraverso i seguenti punti:
- L'ordinamento europeo e l'ordinamento italiano sono due ordinamenti giuridici autonomi e
separati, ognuno dotato di un proprio sistema di fonti (teoria dualistica).
- La normativa europea non entra a far parte del diritto interno, né viene per alcun verso
soggetta al regime disposto per le leggi, e gli altri con forza di legge, dello Stato. Non esiste
neppure un vero e proprio conflitto tra le fonti interne e quelle europee, perché ognuno è
valida ed efficace nel proprio ordinamento secondo le condizioni poste dall'ordinamento
stesso.
- Con la ratifica e l'ordine di esecuzione del Trattato, il legislatore italiano ha riconosciuto la
competenza delle istituzioni europee a emanare norme giuridiche in determinate materie e
che queste norme si impongano direttamente nell'ordinamento italiano, non perché abbiano
forza di legge, ma per la forza che adesso conferisce il Trattato. Quindi è il trattato che segna
la ripartizione di competenza.
- I conflitti tra norme che eventualmente sorgano vanno risolti dal giudice italiano applicando
il criterio della competenza.
4) Quadro attuale:
v Contrasto tra legge ordinaria e norme UE self-executing: si applica quanto stabilito dalla
sentenza 170/1984. Va applicata la norma europea e la legge italiana non va applicata. Ma
questa regola:
a) vale solo e per tutte le norme europee munite di effetto diretto
b) è rivolta a tutti i soggetti dell'applicazione del diritto.
v Contrasto tra legge ordinaria e norme UE non self-executing: se la norma europea non può
avere effetto diretto, significa che non possiede quelle caratteristiche che la rendono
immediatamente operativa nell'ordinamento, cioè applicabile, in sostituzione di quelle
interne, come regola dal caso. Ma il principio di prevalenza del diritto europeo impedisce al
giudice di continuare ad applicare una norma interna contrastante con esso. Per cui se al
giudice pare che la legge italiana contrasti con le norme europee a non self-executing,
dovrà sollevare la questione di legittimità costituzionale della legge davanti alla Corte
costituzionale.

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v Contrasto tra norme sub-legislative e norme UE: in questo caso non siamo più nell'ambito
del criterio di competenza e della non applicazione. Il contrasto è risolto con l'applicazione
del criterio gerarchico. La relazione gerarchica si pone tra il regolamento amministrativo e
l'ordine di esecuzione, violato perché regolamento amministrativo non rispetta il suo ordine
di dare completa e fedele esecuzione alle norme europee.
v Il contrasto tra norme costituzionali e norme europee: la Corte costituzionale ha ammesso
che le norme europee possono comportare deroghe alle norme costituzionali di dettaglio,
ma non ai principi fondamentali della Costituzione (teoria dei contro limiti). Se una norma
europea lede un principio costituzionale, la sola via possibile è d'impugnare l'unica
disposizione con forza di legge del nostro ordinamento, in forza della quale tutte le norme
europee devono essere applicate in Italia: cioè l'ordine di esecuzione del Trattato.
Comportamento dei giudici dinanzi a un conflitto norma interna e norma europea: L'aspetto più
paradossale della concezione dualistica è che abbiamo due ordinamenti autonomi e distinti per
quanto riguarda la legislazione, ma uniti per quanto riguarda l'applicazione del diritto. Ora si prova a
seguire il comportamento di un giudice dinanzi a una situazione di conflitto:
1) Innanzitutto, deve decidere se la materia è di competenza dello Stato o dell'UE. Ma se
l'Unione ha emanato la norma, vuol dire che suppone di averne il potere: se il giudice ritiene
invece il contrario, può impugnare l’atto europeo di fronte alla Corte di Giustizia dell'UE (rinvio
pregiudiziale di validità). Sebbene per il nostro ordinamento le fonti europee siano fonti-fatto,
il giudice italiano non si comporta nei loro confronti come con i classici fatti normativi: può
porsi il problema della loro validità e provocare su questo il giudizio della corte di Giustizia.
2) Deve poi stabilire se la norma europea abbia o meno effetto diretto. È una questione di
interpretazione di fonti europee, per cui, in caso di dubbio può sospendere il giudizio e
sollevare una questione pregiudizievole di interpretazioni di fronte alla corte di Giustizia.
3) Soprattutto, quando la norma europea non sia self executing, ma esprime un principio, il
giudice può essere in dubbio sulla compatibilità della legge italiana con essa. Il dubbio deve
risolverlo sollevando una questione pregiudiziale di interpretazione di fronte alla corte di
Giustizia.
4) Se il giudice accerta che la norma europea non è self-executing, impugna la legge italiana
contrastante davanti alla Corte costituzionale.
5) Se il giudice dubita della compatibilità della norma europea con i principi supremi della
Costituzione, impugna davanti alla Corte costituzionale l'ordine di esecuzione del Trattato.
Dopo il Trattato di Maastricht il giudice potrebbe preferire di impugnare direttamente la
norma europea davanti alla Corte di giustizia.
Comportamento della Corte costituzionale dinanzi a un conflitto norma interna ed europea: Vediamo
due casi:
ü Se il giudice nazionale impugna una legge italiana davanti alla Corte per violazione di norme
europee, senza aver preliminarmente accertato se la norma europea violata abbia o meno effetti
self-executing, la Corte costituzionale dichiarerà la questione inammissibile. Il giudice ordinario
deve infatti motivare la rilevanza della questione nel “suo” giudizio e, per farlo correttamente, deve
preliminarmente accertare la diretta applicabilità della norma europea.
ü La corte ritiene invece di poter sindacare la compatibilità delle leggi italiane con tutte le norme
europee, anche se self executing.
L'attuazione delle norme europee: L’Italia ha detenuto per anni il record negativo dell'attuazione delle
norme europee. Per ovviare a questa situazione nel 1989 fu varata la legge la Pergola. Il Parlamento
approva ogni anno, su iniziativa del Governo, la legge di delegazione europea, che contiene una
delega al Governo per il recepimento delle direttive e di altri atti dell'UE: il disegno di legge dev’essere
presentato entro il 28 febbraio di ogni anno. Ogni anno viene approvata anche la legge europea che
serve ad adeguare le norme italiane e a quelle europee, allo scopo principalmente di interrompere le
procedure di infrazione promosse dalla commissione contro l’Italia per mancato rispetto di obblighi di
adeguamento.

Capitolo 12: Giustizia costituzionale

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La giustizia costituzionale è un sistema di controllo giurisdizionale del rispetto della costituzione. È la


principale garanzia della rigidità della costituzione. Consente di reagire a determinate infrazioni della
costituzione rivolgendosi in determinati modi ad un determinato giudice. Ora ci soffermiamo su due diverse
trattazioni, una più in generale, una invece basata sul modello italiano.

Modello generale
Caso americano: In America la giurisdizione esclusiva dei conflitti tra il Stati o tra loro e lo Stato federale,
sono affidati alla Corte suprema. Particolare qui il caso della nomina del giudice Marbury, la quale non
venne trasmessa al segretario di stato uscente, e il nuovo repubblicano Madison rifiutò di farlo, poiché
Marbury era un federale. Quando ci si rivolge alla Ccorte suprema, composta in maggioranza da federalisti,
essa non sapeva come comportarsi, poiché la situazione era diventato un “trabocchetto politico”. Optò per
dare ragione a Marbury, aggiungendo che la legge non attribuiva alla Corte suprema la competenza di
decidere in quel caso.
Ø Modelli di sindacato: i modelli di controllo giurisdizionale delle leggi si dividono in grandi famiglie: La
prima distinzione è tra sindacato preventivo e sindacato successivo, distinti rispetto all'entrata in vigore
della legge.
ü Preventivo: ha come esempio quello francese in cui è stato introdotto un organo, il conseil
costitutionnel, per garantire la divisione di competenze tra due organi del Parlamento e del
Governo.
ü Successivo: Nel 2008 è stata approvata una riforma costituzionale che aggiunge alle funzioni del
conseil un controllo di costituzionalità concreto e a posteriori della conformità della legge già in
vigore alla costituzione, facendolo diventare anche successivo. L'ambito dei sistemi a sindacato
successivo, si divide a sua volta in:
Sindacato diffuso: in questo caso il controllo di legittimità è diffuso nel senso che ogni giudice
può esaminare la compatibilità della legge con la Costituzione, traendone una propria
conclusione. In questo caso l’effetto è inter-partes, con una disapplicazione della legge nel
caso singolo. Questo sistema funziona nei sistemi di Common Law.
Sindacato accentrato: il nome deriva dall’esistenza di un unico organo, la Corte
costituzionale, che può compiere quel giudizio e dichiarare l'illegittimità delle leggi. Questo
modello è tipico dei sistemi di Civil Law. In questo ambito individuiamo 2 ulteriori modelli di
giudizio, a seconda della via d'accesso ad esso, non alternativi tra loro (possono coesistere),
ossia il giudizio:
ð in via diretta (o principale): nasce da un ricorso che il cittadino, o determinati organi,
può presentare direttamente alla Corte costituzionale. È uno strumento che serve a
garantire i diritti e le prerogative costituzionali. È di regola messo come strumento
sussidiario e residuale, esperibile soltanto quando non siano praticabili altre strade
giurisdizionali di difesa del diritto leso. Vi sono due strumenti più noti come il ricorso
costituzionale tedesco e quello spagnolo.
ð In via indiretta (o incidentale): si presenta per lo più come un incidente nel corso di un
normale giudizio: il giudice, sospettando che la legge che sta per applicare sia
illegittima, non potendo disapplicare la legge né violare la Costituzione, sospende il
giudizio e presenta la questione alla Corte costituzionale.
Ø L’estensione del principio di legalità ai conflitti politici: il giudizio di legittimità costituzionale è uno
strumento attraverso il quale viene estesa l'applicazione del principio di legalità anche alla funzione
legislativa. Ma quasi sempre le Costituzioni moderne estendono ulteriormente l'ambito di applicazione
del principio di legalità.
o nei sistemi federali è affidato alla giustizia costituzionale il compito di dirimere i conflitti che
insorgono tra gli Stati federati e tra questi e lo Stato federale.
o Alla giustizia costituzionale è spesso attribuito il compito di risolvere i conflitti che insorgono tra gli
organi costituzionali. Si tratta di evitare che attraverso gli accordi tra le forze politiche e le prassi
istituzionale la forma di governo venga a subire trasformazioni che l’allontanino dall'assetto
tracciato dalla Costituzione.

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o Agli organi della giustizia costituzionale è demandato il compito di giudicare i reati commessi dal
Capo dello Stato o dai membri del Governo. Si tratta di una giustizia penale molto particolare
perché reati che sono imputabili ai titolari di questi organi sono di solito legati al compimento delle
loro funzioni politiche istituzionali. Inoltre, il principio della divisione dei poteri non tollera che un
giudice ordinario appartenente al potere giurisdizionale possa paralizzare con impeachment e
causare addirittura la destituzione del titolare di un altro potere costituzionale. Per quel che
riguarda l’Italia la corte è competente a giudicare:
a. Sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti con forza di
legge, dello Stato e delle Regioni. Per stabilire le condizioni, le forme, in termini di proponibilità
dei giudici di legittimità costituzionale;
b. Sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato;
c. I conflitti attribuzione tra lo Stato le Regioni e tra le Regioni;
d. Sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, ossia alto tradimento e attentato
alla Costituzione
e. Giudizio di ammissibilità del referendum

Modello italiano
Il modello italiano è orientato verso un giudizio successivo, accentrato, ad accesso indiretto. Ciò però non
è esclusivo:
v Esiste ancora una forma di sindacato preventivo:
ð Su atti legislativi: prima della riforma del Titolo V era quello che si svolgeva sulle leggi regionali,
impegnate dal Governo a seguito di riapprovazione della legge precedentemente rinviata. Oggi
è rimasto solo il sindacato preventivo, ancora su impugnazione del Governo, degli Statuti
regionali e della legge statuaria delle Regioni speciali.
ð Per i regolamenti amministrativi governativi o ministeriali.
v Il sindacato diffuso sulle leggi è presente nel nostro ordinamento solo come strumento sussidiario,
che può attivarsi in caso di non funzionamento della Corte costituzionale. La struttura del giudizio
incidentale fa sì che i giudici di merito svolgano, in modo diffuso, una funzione di prima valutazione
della legittimità costituzionale, filtrando solo quelle questioni che appaiono più serie. Una forma di
controllo diffuso i giudici italiani sembrerebbero svolgerla in relazione alla compatibilità delle leggi
con le norme europee e con effetti diretti. Ma, come ha affermato la Corte, in questo caso il giudice
non svolge un sindacato di legittimità sulla legge, ma semplicemente applica il criterio della
competenza per scegliere la norma da applicare.
v Il giudizio in via diretta è previsto dalla nostra Costituzione, ma come strumento riservato solo allo
Stato, quando impugna la legge costituzionale, e alla Regione, quando impugna la legge dello Stato
o di un'altra Regione. Il Trentino-Alto Adige costituisce un caso isolato, in quanto il suo Statuto
speciale prevede che nel consiglio regionale e in quello provinciale la maggioranza dei consiglieri
appartenente ad uno dei 3 gruppi linguistici possa chiedere che una determinata legge venga votata
per gruppi linguistici. Se la richiesta è respinta o se la legge è approvata nonostante il voto contrario
di 2/3 del gruppo linguistico che l’ha presentata, la maggioranza del gruppo stesso può impugnare
direttamente la legge davanti alla Corte costituzionale.

La Corte costituzionale
Composizione: La Corte costituzionale italiana non ha una struttura rappresentativa, per poter
porre certi valori a certe istituzioni fuori dal gioco politico. Questa neutralità viene raggiunta in
diversi modi:
1) rispetto alla politica: ai giudici sono richiesti requisiti tecnici elevati, perché essi hanno da
interpretare ed applicare la Costituzione come testo normativo. In Italia è la stessa
Costituzione a preoccuparsi di indicare i requisiti professionali dei componenti la Corte
costituzionale, i quali devono essere scelti fra i magistrati anche a riposo dalle giurisdizioni

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superiori ordinanza e amministrativa, i professori ordinari di università in materie giuridiche ed


avvocati dopo 20 anni di esercizio.
2) rispetto alle parti: in Italia la composizione della Corte riflette la natura pattizia della
Costituzione italiana, il delicato equilibrio tra maggioranza e minoranza; perciò, sono i poteri
dello Stato a ripartirsi la nomina di quindici giudici costituzionali:
a. Cinque sono eletti dal Parlamento in seduta comune, con scrutinio segreto e con la
maggioranza di due terzi dei componenti. Al terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza
di tre quinti.
b. Cinque sono nominati dal Presidente della repubblica senza alcuna proposta
governativa, ma con la controfirma posta dal Presidente del Consiglio dei ministri.
c. Cinque sono nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa: più
precisamente tre sono eletti dai magistrati di Cassazione, ed uno ciascuno dei magistrati
del consiglio di Stato dalla Corte dei conti
3) rispetto agli interessi politici e privati: questa è ovviamente la più difficile neutralità da
garantire. Negli U.S.A. è stata garantita rendendo la carica di giudice della corte suprema
vitalizia, in modo che essi siano inamovibili e non interessati a garantirsi un personale futuro
politico e professionale. In Italia i giudici durano in carica nove anni e il loro mandato non è
rinnovabile.
Status del giudice costituzionale:
a) Immunità e improcedibilità: i giudici della Corte costituzionale non sono sindacabili né
possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Finché durano in carica godono della stessa immunità personale dei parlamentari.
b) Inamovibilità: i giudici della Corte costituzionale non possono essere rimossi, né sospesi se
non a seguito di una deliberazione della stessa Corte, presa a maggioranza di due terzi dei
presenti, e solo per sopravvenuta incapacità fisica o civile o per gravi mancanze nell'esercizio
delle loro funzioni. Il giudice decade dalla carica se non esercita per 6 mesi le sue funzioni.
c) Convalida delle nomine: spetta alla stessa Corte, che delibera a maggioranza assoluta, la
convalida della nomina dei suoi membri
d) Trattamento economico: i giudici della Corte hanno un trattamento economico che non può
essere inferiore a quello del magistrato ordinario, investito delle più alte funzioni alla scadenza
del mandato. Ad essi è poi garantito il reinserimento delle precedenti attività professionali
e) Autonomia finanziaria e normativa. La corte amministra un proprio bilancio, il cui ammontare
è fissato dal bilancio dello Stato. Ha un proprio regolamento contabile che si affianca gli
strumenti normativi di cui la Corte si può dotare per regolare il proprio funzionamento.
f) Autodichia: così com'è per le camere, anche la corte non gode di competenza esclusiva per
giudicare i ricorsi in materia di impiego dei propri dipendenti.
Funzionamento: I giudici della Corte non scadono tutti insieme, ma una alla volta. Il periodo del
mandato ha inizio dal giorno del giuramento: alla scadenza il giudice cessa dalla carica
dall'esercizio delle funzioni => non si applica il regime della prorogatio, per cui, anche se scaduti,
continuano a svolgere le proprie funzioni fino a quando non siano sostituiti. La Corte può
funzionare anche se non sono presenti tutti i suoi membri: è richiesto un quorum di 11 giudici, che
può scendere al 9 per le deliberazioni non giurisdizionali. Per i soli giudici d'accusa è previsto il
regime di prorogatio: i giudici ordinari e aggregati che costituiscono il collegio giudicante
continuano a farne parte fino all'esaurimento del giudizio, anche se sia sopravvenuta la scadenza
del mandato. Per cui, se vi sono in corso procedimenti penali, vi saranno giudici prorogati che si
occupano solo di questi giudizi, giudici ancora in carica che si occuperanno sia dei giudizi penali
che degli altri, e giudici nominati in sostituzione di quelli scaduti che si occuperanno solo dei nuovi
giudizi.
Presidente: Il presidente è un giudice della Corte, eletto dalla Corte stessa a scrutinio segreto e a
maggioranza assoluta. Al terzo scrutinio si procede al ballottaggio tra i 2 giudici più votati. Il suo
mandato è triennale ed è rinnovabile. A parte le consuete funzioni di rappresentanza esterna e la
direzione amministrativa degli uffici della Corte, spettano al presidente le funzioni tipiche di chi
presiede un organo collegiale. In particolare, il presidente:

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o fissa il ruolo delle udienze e delle adunanze in Camera di consiglio e convoca la Corte.
o Designa il giudice incaricato dell'istruzione della causa e di introdurla come relatore di fronte
alla Corte.
o Presiede il collegio giudicante e ne dirige i lavori; regola la discussione e può determinare i
punti più importanti sui quali deve rivolgersi.
o Vota per ultimo ed esprime il voto decisivo in caso di parità di voti.
Procedure: le procedure sono diverse a seconda del tipo di giudizio. Tuttavia, ci sono alcuni tratti
comuni:
1. La Corte ha poteri istruttori: essi consistano nell'accertamento di dati e fatti anche attraverso
l'audizione di testimoni.
2. La Corte, con ordinanza, può disporre i mezzi di prova che ritiene necessari e fissa i termini per
la loro esecuzione, avvertendo la parti dieci giorni prima di quello fissato per l'assunzione delle
prove orali.
3. Importante è anche l'intervento dell'amicus curiae, un soggetto che, pur non avendo titolo per
intervenire nel giudizio, può presentare un'opinione scritta che è accettata se offre elementi
utili.
4. La Corte si riunisce in udienza pubblica o in camera di consiglio: la scelta spetta al presidente
ma la regola è che la corte si riunisce in camera di consiglio, e quindi a porte chiuse, quando
le parti non siano costituite oppure quando il presidente, sentito il giudice istruttore, ipotizza
una decisione di manifesta infondatezza o inammissibilità.
5. Il giudice relatore espone le questioni della causa e poi i difensori delle parti sono invitati ad
intervenire. Il relatore vota per primo, mentre il presidente per un ultimo. La decisione è
assunta a maggioranza assoluta dei votanti. Quello che la camera di consiglio vota è solo il
dispositivo della decisione: infatti poi il presidente incarica un giudice di redigere una bozza
di motivazione che verrà approvato collegialmente in una seduta successiva della camera di
consiglio. La decisione è firmata dal Presidente e dal giudice redattore e viene quindi
depositato in cancelleria o pubblicata sull'apposito supplemento della Gazzetta Ufficiale.
Le decisioni della Corte: Le decisioni che la Corte costituzionale emana sono di 2 tipi: sentenze e
ordinanze. La Corte giudica in via definitiva con sentenza. Tutti gli altri provvedimenti di sua
competenza sono adottati con ordinanza. La sentenza definisce il giudizio, ossia è l'atto con cui il
giudice chiude il processo, mentre l’ordinanza è uno strumento interlocutorio che non esaurisce
il rapporto processuale, ma serve per risolvere le questioni che sorgono nel corso del processo,
con ordinanza, per esempio, si assumono provvedimenti cautelari, si ordinano attività istruttorie.
L'ordinanza che respinge le eccezioni di illegittimità costituzionale per manifesta irrilevanza o
infondatezza deve essere adeguatamente motivata. Adesso fanno seguito le norme integrative
che prescrivono che in Gazzetta Ufficiale sia data notizia sommaria delle sentenze e delle
ordinanze che respingono le istanze relative a questioni di legittimità costituzionale. Entrambi i
testi normativi danno, perciò, per implicito che la Corte possa, in certi casi, chiudere il giudizio
rigettando con ordinanza la domanda sottopostale. Le sentenze devono essere esaurientemente
motivate, sia in fatto che in diritto, mentre per le ordinanze è sufficiente che siano succintamente
motivate. Le decisioni della Corte non possono essere mai impugnate.
Ø Il controllo di costituzionalità delle leggi: La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla
legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle regioni. Questa
disposizione, apparentemente chiara nel suo significato, ha posto alcuni delicati problemi interpretativi:
1) È da chiarire cosa si intenda per legge: sono solo gli atti che hanno la forma di legge e il grado
gerarchico delle fonti primarie, e sono comprese anche le leggi costituzionali: dunque neppure le
leggi di revisione costituzionale si sottraggono perciò al giudizio di legittimità costituzionale, che
potrà estendersi non soltanto ai vizi formali, derivanti dalle violazione delle regole procedurali, ma
anche ai vizi materiali, derivanti dalla violazione dei limiti espliciti o ricavabili in via di interpretazione,
posti dalla costituzione. L'unica legge costituzionale che la Corte ha dichiarato illegittima è finora
la legge di approvazione dello statuto speciale della regione Sicilia.
2) Un problema storico ormai superato è se le leggi impugnabili davanti alla Corte costituzionale sono
solo quelle successive all'entrata in vigore della costituzione, approvate dunque con le procedure

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da essa prescritte, o anche quelle precedenti. Il problema sorge dal fatto che l'entrata in vigore della
costituzione del 1948 non ha segnato una rottura dall'ordinamento giuridico: sono infatti rimaste
in vigore tutte le norme precedenti, con eccezione di quelle espressamente abrogate dalla
legislazione del periodo transitorio, e di quelle che si possono considerare il tacitamente abrogate
dalla stessa Costituzione. Le leggi anteriori alla Costituzione possono essere impugnate solo per
vizi materiali, e non anche per vizi formali. Il che significa che non possono essere considerati
incostituzionali atti legislativi approvati con procedure che, regolari per l'ordinamento del tempo,
risultano diverse da quelle previste dalla Costituzione attuale. La corte non può sindacare gli atti
legislativi anteriori alla costituzione.
3) L'indicazione, accanto alle leggi, degli atti con forza di legge sta a significare che sono escluse dal
sindacato di legittimità costituzionale le fonti fatto
4) Che gli atti sindacabili debbano avere la forza di legge significa che la tipologia degli atti di cui la
corte può giudicare la legittimità è chiusa, così come è chiusa la categoria degli atti con forza di
legge. Comprende decreti-legge e i decreti legislativi. Sono invece esclusi i regolamenti
dell'esecutivo e gli altri regolamenti amministrativi. Se il decreto-legge non viene convertito in
tempo, la decadenza ha effetto su tutti i rapporti sorti sulla sua base: viene quindi meno l'oggetto
dell’impugnazione e la Corte dichiarerebbe la questione di legittimità costituzionale
“inammissibile”.
Se invece il decreto-legge venisse convertito in legge, vi sarebbe novazione della fonte,
sostituendosi la legge di conversione del decreto-legge stesso. Le ipotesi in cui il decreto-legge
potrebbe essere giudicato dalla Corte costituzionale restano di conseguenza solo due:
- Che il decreto venga impugnato e giudicato dalla Corte nei 60 giorni di vigenza provvisoria:
ma i tempi processuali sono talmente ristretti che l’ipotesi è assai difficile che si possa
verificare.
- Che il decreto-legge venga reiterato contro quanto stabilito dalla stessa Corte costituzionale.
Per il referendum abrogativo è difficile immaginare un giudizio di legittimità costituzionale a
posteriori, dato che la Corte costituzionale ha esteso il giudizio preventivo di ammissibilità, anche
ai profili di compatibilità con l’intero testo costituzionale. È invece ipotizzabile che venga
impugnata la normativa di risulta, ossia le norme così come si prospettano a seguito
dell'abrogazione di quelle sottoposte a referendum.
5) Le leggi regionali sono ovviamente equiparate alle leggi dello Stato: non esistono invece atti con
forza di legge regionali. La corte ha negato di poter sindacare i regolamenti interni dei Consigli
regionali, ritenendo gli estranei alle fonti dell'ordinamento generale.
Ø I vizi della legge: Si distinguono diversi tipi di vizi:
A. Vizi formali: riguardano il procedimento di formazione dell'atto legislativo: colpiscono gli atti che
hanno seguito un procedimento difforme rispetto a quello prescritto dalla costituzione. In linea di
principio i vizi formali inficiano l'intero atto. Ma in certi casi è possibile che colpiscono singole
disposizioni.
B. Vizi materiali: riguardano i contenuti normativi dell'atto legislativo. Essi colpiscono non nell’atto,
ma le sue singole disposizioni, che risulteranno viziate, perché il loro contenuto normativo risulta
in contrasto con le norme ricavabili dalle disposizioni costituzionali.
La distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali ha una funzione essenzialmente descrittiva e non è
affatto precisa.
Ø Parametro di giudizio: Per parametro di giudizio s'intende il termine di confronto impiegato nel
giudicare la legittimità degli atti legislativi. Il parametro è dato in primo luogo dalle disposizioni
costituzionali e delle leggi costituzionali. Tuttavia, la stessa costituzione prevede in diversi casi che
leggi o atti con forza di legge siano vincolati al rispetto di norme poste non da fonte costituzionale, ma
da fonti sub-costituzionali. Si parla in questi casi di parametro interposto: un'espressione che disegna
quelle norme che non hanno un rango costituzionale, ma la cui violazione da parte delle leggi
comporta un’indiretta violazione di norme costituzionali. Il decreto delegato che viola i principi e criteri
direttivi fissati dalla legge di delega viola, indirettamente, l'art. 76 Cost. La riforma del 2001 implica che
ogni trattato internazionale o norma UE possa fungere da parametro interposto nel giudizio di
legittimità delle leggi con essi inconciliabili.

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Giudizi della Corte


Esistono due diversi tipi di giudizio: quello incidentale e quello in via principale.

Giudizio incidentale:
Definizione: L'articolo 137 della costituzione rimanda ad una legge costituzionale la
determinazione delle condizioni, delle forme, dei termini di proponibilità dei giudizi di legittimità
costituzionale e ad una legge ordinaria la disciplina della costituzione del funzionamento della
Corte. È detto giudizio incidentale in quanto la questione di legittimità costituzionale sorge nel
corso di un procedimento giudiziario, come incidente processuale, che comporta la sospensione
del giudizio la remissione della questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale. È
un giudizio successivo e concreto, perché la legge viene in rilievo al momento della sua
applicazione. È indisponibile in quanto il giudice, se sussistono i presupposti, è tenuto a sollevare
la questione dinanzi alla Corte costituzionale.
Giudice e giudizio: La legge costituzionale 1/1984 e la legge 86/1953 prevedono che la questione
di legittimità costituzionale debba essere sollevata nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità
giurisdizionale. Occorre quindi stabilire il significato da attribuire ai concetti di giudice e di giudizio
ai fini dell'instaurazione del processo costituzionale. La giurisprudenza della Corte ha interpretato
estensivamente le sopraddette formule ritenendo prevalente interesse pubblico alla
costituzionalità delle leggi rispetto agli interessi fatti valere davanti al giudice a quo. I requisiti
ritenuti necessari dalla giurisprudenza costituzionale perché un organo possa considerarsi
legittimato a sollevare la questione di costituzionalità sono:
ð Requisito oggettivo: l’essere investito di funzioni giudicanti, cioè di applicazione obiettiva. In ciò sta la
profonda differenza tra un giudice, che è interessato solo all'applicazione obiettiva della legge, e un
organo della pubblica amministrazione, che è preposto al perseguimento di un determinato interesse
pubblico. Inoltre, deve trattarsi all'applicazione di una norma in via potenzialmente definitiva: infatti
l'orientamento della Corte è di negare carattere giurisdizionale all'attività di quegli organi giudiziari
ordinari che non pongono in essere provvedimenti di carattere definitivo.
ð Requisito soggettivo: la posizione di terzietà, di indipendenza e di imparzialità dell'organo, l'esistenza di
un procedimento fondato sul contraddittorio. Nell'eventualità in cui la legge attribuisse ad un organo
funzioni oggettivamente giudicanti, senza garantirne l’elemento soggettivo della indipendenza e della
imparzialità, la Corte la dichiarerebbe illegittima.
La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata da una delle parti o d'ufficio, cioè
dal giudice stesso dinanzi al quale prende il giudizio principale. Le parti non possono adire
direttamente la Corte, ma devono presentare un'istanza al giudice della causa principale, che
dovrà valutare se ricorrono i presupposti necessari per l'attivazione del giudizio di costituzionalità.
L’atto introduttivo del giudizio incidentale fa quindi necessariamente capo al giudice a quo che,
per tale ragione, viene anche denominato introduttore necessario. Il giudice deve verificare la
sussistenza di due requisiti:
a) Che la questione sia rilevante per la risoluzione del giudizio in corso. La rilevanza consiste in
un legame di strumentalità, di pregiudizialità, tra la questione di legittimità costituzionale e il
giudizio a quo. Il giudizio principale non può proseguire senza che venga risolta la questione
di legittimità costituzionale. Nel valutare la rilevanza il giudice deve tener conto di due aspetti
fondamentali: uno è riconducibile all'applicabilità della legge sospettata di incostituzionalità,
l'altro è legato all'influenza che la pronuncia costituzionale è in grado di esercitare sul giudizio
in corso.
b) Che non sia manifestamente infondata. La non manifesta infondatezza mira a verificare che
la questione di legittimità abbia un fondamento giuridico sufficientemente motivato. Il
giudice non deve infatti pronunciarsi sulla fondatezza o meno della questione e la doppia
negazione sta proprio ad in dicare che, per poter rimettere la questione alla Corte, è
sufficiente avere un dubbio sulla costituzionalità della legge o dell'atto avente forza di legge
da applicare al giudizio in corso e che questo dubbio sia motivato adeguatamente. Qualora
il giudice ritenga invece che la questione sia rilevante e non manifestamente infondata

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emette una ordinanza di rinvio, necessariamente motivata. Tale ordinanza, detta anche
ordinanza di remissione, deve contenere gli elementi necessari ad individuare la questione
di legittimità costituzionale.
1) L’indicazione dell’oggetto e del parametro del giudizio, vale a dire le disposizioni della
legge di cui si denuncia l'incostituzionalità.
2) La motivazione della rilevanza e i motivi che hanno portato a dichiarare il la non
manifesta infondatezza.
3) I profili della questione di legittimità in base quali si è verificata la violazione con la
descrizione della fattispecie concreta oggetto della controversia.
Dall'ordinanza deve quindi emergere con chiarezza il petitum, il thema decidendum, che
costituisce anche il limite entro il quale la decisione della Corte può intervenire in ossequio
al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. La Corte quando accoglie
un'istanza dichiara, nei limiti delle impugnazioni, quali sono disposizioni legislative
illegittime. La legge 87/1953 prevede che l’ordinanza di rimessione venga notificata, a cura
della cancelleria del giudice a quo, alle parti in causa e al pubblico ministero, al Presidente
del Consiglio dei ministri. Lo scopo di tale notifica è quello di consentire ai soggetti abilitati
a costituirsi o ad intervenire nel giudizio costituzionale. L'ordinanza di rinvio, una volta giunta
alla Corte costituzionale, viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Le parti: Entro 20 giorni dall'avvenuta notificazione dell'ordinanza le parti del giudizio a quo
possono costituirsi mediante deposito in cancelleria delle deduzioni e della procura speciale al
difensore abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione. La loro partecipazione è
puramente facoltativa e si tratta di un giudizio a parti eventuali, nel senso che queste potrebbero
anche non costituirsi. La legge 87/1953 prevede che il Governo, anche quando intervenga nella
persona del Presidente del Consiglio dei ministri, venga rappresentato dell'avvocatura dello Stato.
Il Governo non è istituzionalmente obbligato a partecipare al processo costituzionale e tanto
meno a difendere a priori la legge: si può piuttosto affermare che, nel caso in cui decida di
partecipare, esso rappresenti il punto di vista delle situazioni così come le parti private
rappresentano le proprie posizioni giuridiche soggettive fatte valere nel giudizio a quo.

Il giudizio in via Principale


v Definizione: Il giudizio in via principale può essere proposto con ricorso da parte lo Stato contro
leggi regionali o da parte della Regione contro leggi statali o di altre regioni.
v Caratteristiche: Questo tipo di procedimento
1) È denominato in via principale in quanto la questione di legittimità viene proposta
direttamente con una procedura ad hoc e non nell'ambito e nel corso di un giudizio.
2) È astratto in quanto le leggi impugnate vengono in rilievo autonomamente dalla loro
concreta applicazione.
3) È disponibile, dato che i soggetti legittimati non sono tenuti ad instaurarlo.
Dopo la riforma del Titolo V le differenze tra ricorso statale e ricorso regionale si sono attenuate di
molto. È sparita la natura preventiva del ricorso del Governo, che ora può agire solo
successivamente, contro leggi regionali già in vigore. Invece, benché ridotta, resta una certa
asimmetria per ciò che riguarda i motivi del ricorso. Lo Stato non deve dimostrare l'interesse a
ricorrere, mentre al contrario il ricorso alla regione nei confronti della legge statale può fondarsi
solo sulla invasione della sfera di competenza attribuita dalla costituzione
v Il ricorso: L'atto introduttivo del giudizio in via principale è il ricorso. Esso deve essere deliberato dal
Consiglio dei ministri, se agisce lo Stato, o dalla Giunta regionale per la regione, nel termine di 60
giorni dalla pubblicazione della legge che si intende impugnare. Il ricorso deve poi essere
depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro i 10 giorni successivi alla notifica a cura
del ricorrente. Quanto al giudizio la legge 131/2003 introduce 2 importanti novità:
a. in considerazione della particolare urgenza del giudizio, la Corte costituzionale fissa l'udienza
di discussione del ricorso entro 90 giorni dal deposito dello stesso. Il che significa che per i
giudizi in via principale è predisposto un diritto di precedenza rispetto ai giudizi in via
incidentale.

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b. È prevista per la prima volta nell'ordinamento la possibilità che la Corte, qualora ritenga che
l'esecuzione dell'atto impugnato o di parti di esso possa comportare il rischio di un
irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico, sospenda l'esecuzione dell'atto impugnato.
v Tipologia delle decisioni della corte: Le decisioni della Corte costituzionale nei giudizi di legittimità,
siano essi promossi in via Incidentale o in via diretta, possono essere suddivise in tre grandi
famiglie:
1. Decisioni di inammissibilità: La Corte pronuncia l'inammissibilità della questione quando
manchino i presupposti per procedere ad un giudizio di merito. Ciò può accadere:
a) Quando manchino i requisiti soggettivi e oggettivi per la legittimazione a sollevare la
questione di legittimità costituzionale, ossia quando la questione sia stata sollevata da un
organo non qualificabile come giudice o al di fuori di un procedimento qualificabile come
giudizio.
b) Quando sia carente l'oggetto del giudizio, ossia quando l'atto impugnato non rientri tra
quelli indicati dall'articolo 134. Cost. La manifesta inammissibilità sarà decisa in camera di
consiglio, nel caso in cui questo difetto sia macroscopico. In altri casi la carenza della forza
di legge può essere la conclusione di una valutazione difficile e costituire l'oggetto
attorno a cui verte la stessa udienza pubblica.
c) Quando manchi il requisito di rilevanza. Anche in questo caso le ipotesi possono essere
diverse. Se vi è una semplice carenza di motivazione, la Corte, con ordinanza, ordinerà la
restituzione degli atti al giudice a quo, perché gli riconsideri la rilevanza. Altrettanto
accadrà se si è di fronte ad un’ipotesi di jus superveniens: quando la disposizione
impugnata è stata abrogata dal legislatore dopo che il giudice ha sollevato la questione,
la Corte restituisce gli atti al giudice a quo cui spetta di valutare se al suo giudizio si debba
applicare la norma nuova o quella vecchia.
d) Quando l'ordinanza di remissione manchi di indicazioni sufficienti ed univoche per
definire il thema decidendum: per esempio, non sono indicate chiaramente le norme
impugnate.
e) Quando siano stati compiuti errori meramente procedurali, per esempio se è mancata la
notificazione dell'ordinanza alle parti del processo principale.
f) Quando la questione sottoposta alla Corte comporti una valutazione di natura politica o
un sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento.
2. Decisioni di rigetto: Con la sentenza di rigetto la Corte dichiara non fondata la questione
prospettata dall’ordinanza di rimessione. È importante notare che la Corte non dichiara che la
legge impugnata è legittima, ma si limita a respingere la questione sollevata dal giudice a quo.
La formula di rito del dispositivo è la seguente: la corte dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'articolo… sollevata in riferimento agli articoli… della costituzione
da…. Rigettando la questione la Corte nulla dice circa la legittimità della legge in astratto, ma si
pronuncia sulla fondatezza della costruzione prospettica del giudice. Per questa ragione la
sentenza di rigetto non ha effetto erga omnes.
ü Sentenze interpretative di rigetto: Sono le decisioni con cui la Corte dichiara infondata la
questione di legittimità costituzionale, non perché il dubbio di legittimità sollevata dal
giudice non sia giustificato, ma perché esso si basa su una cattiva interpretazione della
disposizione impugnata. Nel caso in cui la stessa disposizione possa essere interpretata
in modi diversi, l'interprete deve scegliere l'interpretazione conforme a costituzione. È una
variante del criterio dell'interpretazione sistematica, per il quale alla disposizione
dev'essere attribuito il significato che meglio faccia sistema con le altre norme
dell'ordinamento. Il limite di queste sentenze è che esse sono pur sempre delle sentenze
di rigetto: i loro effetti si esauriscono inter-partes. L’interpretazione deve conformarsi al
diritto vivente, secondo cui bisogna giudicare la disposizione il significato normativo che
a essa viene attribuito dalla giurisprudenza ordinaria. La dottrina del diritto vivente induce
la corte a non contrapporsi al giudice ordinario nell'interpretazione della legge, ma la
Corte tramite le sentenze correttive può far valere l’interpretazione prevalente. La Corte
impiega sentenze interpretative di rigetto anche per forzare in senso conforme a

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Costituzione l’interpretazione di leggi nuove, su cui il diritto vivente non si è ancora


formato (queste decisioni sono chiamate anche sentenze adeguartici).
3. Decisioni di accoglimento: Nella sentenza di accoglimento la Corte dichiara l'illegittimità
costituzionale della disposizione impugnata. La sentenza di accoglimento è assimilabile alla
pronuncia di annullamento perché nasce dall'accertamento di un vizio della legge, di un
contrasto con le norme costituzionali, gerarchicamente superiori, che causa l'invalidità della
legge in questione. La sentenza ha valore costitutivo. Si dice comunemente che gli effetti della
sentenza di accoglimento operino ex tunc, ossia siano retroattivi. La dichiarazione d'illegittimità
si traduce in un ordine rivolto ai soggetti dell'applicazione di non applicare più la norma
illegittima. Ciò significa che gli effetti della sentenza di accoglimento non riguardano solo i
rapporti che sorgono in futuro, ma anche quelli che sono sorti in passato, purché non si tratti
di rapporti giuridici ormai chiusi, esauriti. Ciò può avvenire attraverso meccanismi della
prescrizione, della decadenza e della rinuncia. Un’eccezione alla regola per cui la sentenza di
accoglimento non travolge il giudicato è prevista dall'articolo 30 della legge 87/1953: quando
in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza
irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali.
ü Sentenze manipolative di accoglimento: Le sentenze di accoglimento sono dette
manipolative, interpretative o anche normative quando il loro dispositivo non si limita alla
semplice dichiarazione di illegittimità della legge o delle singole sue disposizioni, ma la
illegittimità è dichiarata nella parte in cui la disposizione significa o non significa qualcosa,
ossia per la norma che esprime. È un genus che comprende species diverse. Le principali:
A. Sentenze di accoglimento parziale: con esse la Corte dichiara illegittima la
disposizione per una parte solo del suo testo. In un primo tempo l'illegittimità venne
dichiarata nella parte in cui si prevedeva la sanzione a carico di chi prendesse la
parola senza sapere del mancato preavviso. In un secondo tempo l’illegittimità
venne estesa nella parte in cui l'incriminazione era prevista per coloro che prendono
la parola essendo a conoscenza dell’omissione del prescritto preavviso. Infondo, è il
modo in cui è scritta la disposizione legislativa a spingere la Corte a pronunciare
sentenze di accoglimento parziale: se ogni norma fosse oggetto di una specifica
disposizione, lo stesso risultato sarebbe raggiunto con una sentenza di
accoglimento secco della disposizione incriminata. Se invece la scrittura della legge
è sintatticamente più complessa, alla corte non resta che procedere per
dichiarazione d'illegittimità parziali, lasciano in piedi le parti della disposizione che
non risultano illegittime: è un’applicazione del generale principio di economicità.
B. Sentenze additive: sono decisioni con cui la Corte dichiara legittima la disposizione
nella parte in cui non prevede ciò che invece sarebbe costituzionalmente
necessario prevedere. L’addizione è dunque una norma omessa dal legislatore.
C. Sentenze costitutive: sono le decisioni con cui la Corte dichiara l'illegittimità di una
disposizione legislativa nella parte in cui prevede x anziché y. La giustificazione
muove lungo due direttrici: da un lato, la corte opera per rime obbligate: significa che
la corte usa sempre materiali normativi posti dal legislatore e non automaticamente
inventati, sostituendo le rime sbagliate, perché non coerenti con la Costituzione, con
altre rime più coerenti, suggerite dall'atto introduttivo. Dall'altro lato vale ancora il
principio di economicità: significa che la Corte opera queste sostituzioni non per
usurpare il potere del legislatore, ma per ridurre al minimo necessario l’effetto
ablativo conseguente alla pronuncia di incostituzionalità.
4. Il problema degli effetti dell'accoglimento e i tentativi di regolarli: Le decisioni di rigetto e di
accoglimento non bastano: infatti se la corte non potesse emanare sentenze interpretative di
rigetto, sarebbe costretta a dichiarare l’illegittimità della disposizione ogni volta che il giudice
a quo ne proponesse un'interpretazione cervellotica o sbagliata. Se non potesse emanare
sentenze manipolative, la disposizione dovrebbe essere annullata per qualsiasi difetto
rimediabile. Le sentenze della corte rimangono quanto agli effetti sempre di 2 tipi, di rigetto e
di accoglimento, né la Corte ha la possibilità di modificare gli effetti tipici delle sue pronunce,

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che sono fissati dalla Costituzione e dalle leggi. Questa condizione ineliminabile porta la Corte,
quanto si trovi di fronte a leggi che non sono compatibili con la costituzione, a cercare di
limitare l'impatto delle sue pronunce. Ciò l’ha spinta ad elaborare ulteriori tipologie di sentenze:
A) Sentenze monitore o esortative: sono sentenze di rigetto o interpretative di rigetto, nella
cui motivazione però la Corte rivolge un invito al legislatore ad intervenire per rendere
la disciplina vigente adeguata alla Costituzione. Talvolta l'invito è costituito da una
blanda esortazione; talvolta l’esortazione è accompagnata da precise indicazioni circa
l'integrazione legislativa necessaria. Talvolta ancora si tratta di un vero e proprio monito
al legislatore a provvedere, minacciando altrimenti di procedere alla dichiarazione di
illegittimità costituzionale. I motivi per cui la Corte non sanziona con la dichiarazione di
illegittimità una situazione che pure denuncia come incompatibile con la costituzione
possono essere legati a due considerazioni: in certi casi la complessità della materia
impedisce di procedere a modificare la disciplina vigente a colpi di sentenza. In altri casi
la Corte non può individuare il verso con riferimento al quale procedere ad una
pronuncia additiva: ciò vale in particolare nei casi in cui la questione verta
sull’insufficiente attuazione dei diritti di prestazione.
B) Sentenze di legittimità provvisoria: possono essere così chiamate quelle sentenze di
rigetto in cui il monito è particolarmente forte e legato alla dichiarazione, ma contenuta
solo nella motivazione, della sicura incompatibilità della disciplina vigente con la
Costituzione. La legge impugnata viene però fatta salva in considerazione del fatto che
essa è transitoria ed è destinata ad essere superata da un'imminente riforma legislativa
della materia.
C) Sentenze di accoglimento che limitano la retroattività dei propri effetti: si tratta di
sentenze della fine degli anni Ottanta in cui la corte ha provato a limitare la retroattività
degli effetti della dichiarazione di illegittimità di una legge. In alcuni casi si è indicato un
evento del passato recente che ha provocato, ma solo da quella data, l'illegittimità della
legge in questione. In altri casi, si è semplicemente affermato che la dichiarazione di
illegittimità non travolge gli atti compiuti in passato in base alla legge annullata, ma che
operano solo pro-futuro, in considerazione della necessaria gradualità, dell'attuazione
dei progetti Costituzionali.
D) Sentenza additive di principio: sono sentenze di accoglimento in cui la dichiarazione di
illegittimità è accompagnata dall'indicazione dell’esigenza che il legislatore introduca
meccanismi legislativi necessari alla piena operatività della sentenza stessa.

I conflitti di attribuzioni tra i poteri dello stato


I conflitti di attribuzioni tra i poteri dello Stato sono lo strumento con cui un potere dello stato può agire
davanti alla Corte per difendere le proprie attribuzioni costituzionali compromesse dal comportamento di
un altro potere dello Stato. Se la Costituzione rigida è un modo per porre dei limiti alle decisioni che la
maggioranza politica può liberamente assumere, questi limiti non riguardano solo i diritti e le libertà
fondamentali e il riparto di competenze tra Stato e Regioni, ma anche le regole che presiedono ai rapporti
tra gli organi costituzionali, cioè la forma di governo e, come ha affermato la corte, tra gli organi costituzionali
e il corpo elettorale, cioè la forma di stato. Il conflitto di attribuzioni è lo strumento predisposto dalla
Costituzione per affrontare la violazione di queste regole, e per trasformare in giuridici quei conflitti che in
precedenza erano trattati esclusivamente in termini politici. L’assetto della nostra forma di governo è
complesso. In essa i poteri non sono i soli 3 tradizionali, ma se ne aggiungono altri come quello del
presidente della repubblica, quello della corte costituzionale e consiglio superiori magistratura, la corte dei
conti e tanto altro.
ð È capitato che un ministro sollevasse un conflitto contro il suo Governo
ð È capitato che il conflitto di attribuzione vedesse in campo una commissione parlamentare d'inchiesta
o addirittura un singolo parlamentare.
ð La Corte ha ammesso che possono ricorrere per un conflitto i promotori del referendum abrogativo per
reagire contro le decisioni dell'ufficio centrale della cassazione.

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Tutto ciò porta a una definizione di potere che è assai vicina a quella di attribuzione. Potere sono
potenzialmente tutti i soggetti che hanno un ruolo, cioè una attribuzione, assegnato dal testo costituzionale
(anche non espressamente indicate, ma che attengono a procedimenti decisionali previsti solo
gerarchicamente dalla Costituzione e disciplinati invece analiticamente dalla legge ordinaria o altra fonte).
Non è sempre facile distinguere i conflitti di attribuzione dai conflitti di competenza: al contrario dei primi, i
secondi sorgono tra organi che appartengono allo stesso potere, e devono essere risolti non dalla Corte
costituzionale ma da organi predisposti dal potere stesso.
è Oggetto del conflitto: il conflitto può sorgere
1. da un atto di usurpazione di potere, con cui un organo svolge un'attribuzione spettante
all'organo di un altro potere. È un caso piuttosto raro, e il conflitto consiste in una vindicatio
potestatis, ossia entrambi soggetti rivendicano per sé l’attribuzione nell'emanare l’atto.
2. dal comportamento di un organo che intralci il corretto esercizio delle competenze altrui. Qui
non c'è rivendicazione di potere usurpato, ma semplicemente contestazione del modo in cui
un soggetto esercitata attribuzioni che sono incontestabilmente sue, perché da ciò deriva un
impedimento dell'esercizio delle attribuzioni spettanti alla ricorrente. Il conflitto non sorge
necessariamente da un atto: anche da un semplice comportamento, perfino un
comportamento omissivo.
è Legittimazione processuale: vi sono poteri strutturalmente costituiti da un unico organo come il
Presidente della repubblica, la Corte costituzionale e la Corte dei conti. Per essi non si pone un
problema di individuare il soggetto che ha la legittimazione processuale. Lo stesso vale per quelle
sezioni di organo che costituiscono in certe circostanze autonomi poteri, quali le Commissioni o
gruppi parlamentari. Ma vi sono invece poteri costituiti da più organi: è il caso, per esempio, del
potere giudiziario o del potere esecutivo. Per essi si pone il problema di chi sia legittimato a stare in
Giudizio. Il problema è risolto dall'articolo 37 della legge 87/1953, per il quale il conflitto sorge tra
organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà dei poteri qui appartengono. Quale sia
l'organo che dichiara definitivamente la volontà del potere pare dipendere dalla struttura del
potere completo di organi. Si contrappongono 2 modelli diversi: il potere esecutivo è un potere
strutturato in modo gerarchico, una piramide. Al contrario per il potere giudiziario: qui non ci sono
vertici né gerarchia (è un potere diffuso).
è Aspetti processuali: Il giudizio viene introdotto dal ricorso presentato dalla parte che si ritiene lesa
direttamente alla Corte costituzionale, senza notificazione alla controparte. Il ricorso deve
contenere l'esposizione sommaria delle ragioni del conflitto e l'indicazione delle norme
costituzionali che regolano la materia. Esso è depositato in cancelleria e pubblicato, come tutti gli
atti introduttivi dei giudici della Corte, in Gazzetta Ufficiale. La particolarità di questo giudizio è che
esso inizia con una decisione della Corte circa l'ammissibilità del conflitto. La Corte decide con
ordinanza se il conflitto ha i presupposti soggettivi e oggettivi per essere giudicato nel merito dalla
Corte. Si tratta di una semplice deliberazione, cioè di un giudizio sommario che non fissa un punto
irrevocabile, ma si pronuncia sulla non manifesta inammissibilità. L'ordinanza della Corte può
chiedere la inammissibilità del conflitto, oppure la sua ammissibilità. In questo secondo caso
individua anche gli organi che sono controinteressati e dispone che ad essi il ricorso venga
notificato entro un determinato termine. I controinteressati possono costituirsi entro 20 giorni
dall'ultima notificazione. Se il ricorrente rinuncia al ricorso la corte dichiara il finto il processo.
è Contenuti della decisione: La sentenza che chiude il giudizio stabilisce a chi spetta la competenza.
Essendo un giudizio tra parti, è ragionevole ritenere che esso non abbia efficacia erga Omnes. In
teoria un altro organo, rimasto estraneo al giudizio, potrebbe risollevare il conflitto rivendicando
per sé l'attribuzione. C'è però da aggiungere che l'accertamento della spettanza dell'attribuzione
per accompagnarsi all'annullamento degli eventuali atti che siano stati mandati dall'organo che
risulta incompetente. Trattandosi di annullamento esso opera erga omnes. La Corte pronuncia
spesso dispositivi complessi in cui non si limita a dichiarare la spettanza del potere, ma aggiunge
anche regole su come il potere vada esercitato per non interferire nell'esercizio delle attribuzioni
altrui.

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I conflitti di attribuzioni tra Stato e regioni


I conflitti di attribuzioni tra Stato e regioni sono lo strumento con cui vengono rivolte le controversie che
sorgono tra Stato e regione e tra regioni. Quindi conflitti intersoggettivi e conflitti interorganici. Gli atti idonei
a provocare il conflitto possono essere gli atti amministrativi, i singoli atti interni al procedimento di
formazione delle leggi e gli atti giurisdizionali.
§ Oggetto del conflitto: È difficile dire se l'oggetto del conflitto sia l'atto, che si presume invasivo, o la
competenza, che si afferma invasa. Il conflitto nasce di solito dall'impugnazione di un atto, anche
perché la Corte richiede che la lesione della competenza sia concreta e attuale. Ma il motivo
dell'impugnazione è sempre e necessariamente la menomazione della competenza. La violazione
della competenza può derivare solo dall'invasione della sfera di attribuzioni, sia dalla
menomazione o interferenza, ossia dall’aver provocato un impedimento dell'esercizio delle
attribuzioni dell'ente. Le attribuzioni oggetto di controversia non sono solo le competenze ripartite
dalla costituzione e dagli statuti speciali: la definizione del riparto delle competenze, infatti, è
affidata in larga parte alla legge e ai decreti legislativi, che trasferiscono le funzioni, nonché gli atti
legislativi che integrano le previsioni costituzionali. Ciò rende spesso difficile distinguere tra i vizi
dell'atto che sono deducibili in sede di conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale e
comuni vizi di legittimità che vanno invece fatti valere davanti al giudice amministrativo. In entrambi
i casi l’atto è viziato per contrasto con la legge su cui si fonda, ma in alcuni casi questo vizio
costituisce anche una lesione delle attribuzioni regionali.
§ Aspetti processuali: Il conflitto è introdotto da un ricorso. Condizione di ammissibilità del ricorso è
l'interesse a ricorrere: il ricorrente deve dimostrare di aver subito una lesione attuale e concreta
nella sua competenza. Tale requisito è richiesto sia alla Regione che allo Stato, diversamente dai
giudizi di legittimità in via principale. Nel caso in cui l'interesse ricorso venga meno, la corte dichiara
la cessata materia del contendere. Il giudizio deve essere proposto dal Presidente della giunta
regionale, previa delibera della Giunta, per la regione; dal presidente del Consiglio dei ministri per
lo stato. Esso deve essere proposto entro sessanta giorni dalla pubblicazione della notificazione o
dalla sua conoscenza.
§ Contenuto della decisione: La sentenza che decide il conflitto dichiara a chi spetta la competenza,
con conseguente eventuale annullamento dell'atto che ha generato il conflitto. Spesso, quando il
conflitto sia generato dal modo in cui il potere è stato usato, la formula del dispositivo non si limita
a dichiarare a chi spetta la competenza, ma fissa una vera e propria regola di esercizio di essa. La
sentenza non dovrebbe avere effetti che per le parti in giudizio. Ciò non vale per l'annullamento
dell'atto. Se la corte in un conflitto tra regioni e stato stabilisce che la competenza spetta alla
regione, le altre regioni che non sono state parti del conflitto subiscono gli effetti della sentenza se
la decisione è favorevole alle Regioni, altrimenti no.

Il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo.


Il giudizio di ammissibilità è introdotto con ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum, che dichiara la
legittimità della richiesta di referendum. Il Presidente della corte fissa la camera di consiglio non oltre il 20
gennaio e nomina il giudice relatore. Viene data comunicazione ai delegati dei consigli regionali o i
presentatori delle cinquecentomila firme, nonché al Presidente del Consiglio dei ministri. La corte decide
sempre con sentenza che deve essere pubblicata entro il dieci febbraio successivo e si limita a dichiarare
ammissibile o inammissibile la richiesta.
o Cause di inammissibilità del referendum: La costituzione non aveva mai previsto un controllo
sull'ammissibilità del referendum, finché non fu introdotta la legge costituzionale 1/1953, la quale
si rifà all’elenco di materie contenuto nell'articolo 75 della costituzione. Di conseguenza il
referendum non è ammesso:
- Per le leggi tributarie,
- Per le leggi di bilancio,
- Per legge di amnistia e indulto,
- perle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
La Corte ha progressivamente allargato il giudizio in varie direzioni. Gli ulteriori motivi di
inammissibilità elaborati dalla giurisprudenza della corte sono:

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1) La costituzione e le leggi costituzionali, anche le leggi dotate di forza passiva peculiare, cioè
le leggi rinforzate. Anche le leggi dal contenuto costituzionalmente vincolato e pure quelle
che disciplinano il funzionamento di organi essenziali.
2) I limiti posti dall'articolo 75 vanno interpretati estensivamente. Perciò non sono ammissibili le
sole leggi di approvazione del bilancio, ma anche le altre leggi che attengono alla manovra
finanziaria.
3) Sono inammissibili i referendum il cui quesito non abbia una matrice razionalmente unitaria,
cioè non sia omogeneo. L'occasione nacque dalla richiesta di sottoporre ad un unico
referendum ben 97 articoli del Codice penale. La corte ha ritenuto che questi plurimi e
disomogenei ponendo l'alternativa netta tra un si e un no non differenziabili da caso a caso
tradiscano i requisiti essenziali del referendum, forza della volontà dell’elettore.

La giustizia politica
Espressione che fa riferimento alle funzioni che la Corte costituzionale esercita quando giudica le accuse
promosse contro il Presidente della repubblica, ossia alto tradimento e attentato alla costituzione (così
come previsto dall'art. 90). Il Presidente è messo in stato d'accusa dal Parlamento in seduta comune a
maggioranza assoluta, ed ha giudicato dalla corte costituzionale in composizione integrata da 16 membri,
tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore. I giudici aggregati godono
dello stesso status di membri togati della corte.
è Procedura: La procedura del giudizio d’accusa si presenta articolata, anche a causa delle molteplici
fonti che si sono stratificate nel tempo. Il procedimento si compone di due fasi:
1. La prima fase si svolge dinanzi al Parlamento in seduta comune, competente a deliberare la
messa d'accusa nei confronti il presidente. La deliberazione è preceduta da un'attività di
indagine svolta da un comitato costituito dai membri delle giunte per l'immunità del senato
della camera, che dispone di un termine di 5 mesi per acquistare e valutare il materiale
probatorio. Il comitato può: ritenere palesemente infondate le accuse e procedere contro
l'ordinanza all'archiviazione, presentare una relazione sulla messa in stato di accusa o, infine,
dichiarare la propria incompetenza nel caso in cui il reato di cui si tratta non rientri tra quelli
previsti. Se il comitato è favorevole all’accusa, la messa in stato d'accusa deve essere
approvata a maggioranza assoluta. In attesa del giudizio il presidente della repubblica può
essere sospeso dalla carica in via cautelare, con ordinanza della Corte costituzionale.
2. La seconda fase si svolge di fronte alla Corte costituzionale, nella sua composizione integrata.
Il processo si conclude con sentenza.
è Reati ministeriali: Prima della modifica della legge costituzionale 1/1989 anche i reati ministeriali
rientravano nella Giustizia politica. La messa in stato d’accusa da parte del Parlamento in seduta
comune, del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri per reati commessi nell’esercizio
delle loro funzioni. A seguito di un referendum popolare ciò venne cambiato, investendo la
magistratura ordinaria della competenza a giudicare questi reati. Aggiunge che è necessaria una
previa autorizzazione da parte della camera di appartenenza. L'autorizzazione può essere negata
solo a maggioranza assoluta e se l'inquisito abbia agito per tutela dell'interesse dello stato.

Capitolo 13: Diritti e libertà


I principali diritti sono tutelati direttamente dalla Costituzione. Nella costituzione italiana troviamo le
coordinate di riferimento della forma di stato: Sono i principi fondamentali.
§ Diritti inviolabili: diritti irrinunciabili e imprescrittibili.
a. Aspetto cronologico: sono riconosciuti perché preesistono alla costituzione, i costituenti
sanno della loro esistenza e li mettono nella costituzione (interpretazione cattolica). Questa
interpretazione è stata integrata con l’interpretazione che ancora con l’antecedenza logica,
non potrebbe sussistere l’ordinamento della repubblica senza quei diritti, e come se il patto
debba poggiare su quel riconoscimento dei diritti perché i cittadini non consentirebbero di
appartenere uno stato senza quei diritti fondamentali. Quei diritti involabili sono anche sottratti
alla revisione costituzionale almeno nella loro essenza principale.

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b. Quali sono? Il metodo più diretto per sapere quali sono i diritti inviolabili è prendere la
costituzione è cercare quali sono essi menzionati come tali: art. 2, 13, 14, 15 e 24. Ma sono
pochi, dunque oltre a quelli sanciti dalla costituzione si devono vedere i diritti riconosciti nelle
disposizioni successive della costituzione
c. In quanto inviolabili, stando anche all’art. 3, essi non si riferiscono ai soli cittadini, ma agli esseri
umani in generale.
La parte prima della costituzione è strutturata, con l’idea che la tutela della persona comincia con la sua
sfera più intima per spandersi alle realtà associative (famiglia, scuola), con il seguente ordine:
1) rapporti civili
2) rapporti etico-sociali
3) rapporti economici
4) rapporti politici (come il diritto di voto)

Articolo 1 della Costituzione


è Enunciato: L’Italia è una repubblica democratica (forma di stato repubblicana), la sovranità
appartiene al popolo che l’esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.
è Significato: descrive il rapporto tra popolo e sovranità, però con limitazione. Infatti, le forme di
democrazia rappresentative (elezione membri del parlamento o altre assemblee) trovano un limite
nella costituzione, limiti espliciti (art. 139) e impliciti.
Articolo 2 della Costituzione
è Introduzione: Questo articolo introduce il tema dei diritti e diritti inviolabili, in generale riferiti all’uomo e
non solo al cittadino, per cui anche per loro che risiedono nello stato ma non sono cittadini.
è Enunciato: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.
è Spiegazione: L’articolo 2 è risultato della mediazione della sensibilità cattolica, ispirata a teorie
giusnaturalisti con la preesistenza di diritti dell’uomo; Si ha una ispirazione socialista -> il risultato di
questa mediazione si muove fra due poli, il singolo e la formazione sociale, perché lo stato sociale è
stato di democrazia pluralista si distinguono dallo stato liberale perché riconoscono una funzione nello
sviluppo della personalità e dell’individuo con anche dei corpi intermedi.
è Principio personalista: menziona anche le formazioni sociali in cui in certi casi incoraggia il legislatore
di dare determinati benefici a queste formazioni sociali. Come, ad esempio, nel caso del matrimonio.
La costituzione alcune volte rinvia a momenti successivi al legislatore la disciplina di queste formazioni
sociale, molto spesso il legislatore non esercita questo potere delegato.
è L’articolo 2 è un canone interpretativo che consente un adattamento alla costituzione dei nuovi valori
sociali, ma per il riconoscimento di questi nuovi diritti è necessaria una traccia di questi diritti in altre
diposizioni costituzionale, ad esempio combinando più disposizioni già esistenti (nuovo diritto =
disposizione 1 riconosciuta + disposizione 2 riconosciuta) -> si ricava dal punto di vista interpretativo
da diritti già riconosciuti dalla costituzione, ciò lo fa la corte costituzionale.

Articolo 3 della Costituzione


è Introduzione: Questo articolo parla del principio di eguaglianza, limite diretto più forte imposto al
legislatore. È una disposizione significativa sia sugli effetti in tutta la Costituzione, sia nel caso dei poteri
e scrutini nella Corte costituzionale e giudizio di legittimità costituzionale.
è Enunciato: dividiamo due comi:
1. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
2. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.

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è Nucleo forte: vieta distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e
sociali -> si vieta la discriminazione arbitrarie. Questo elenco è semplificativo e non tassativo, vale anche
per piano non rientranti in questa lista, ma la lista c’è perché se la diversità di trattamento si basa su uno
di questi elementi sarà sottoposta a uno scrutinio più penetrante. Se c’è una diversità di trattamento
non rientrante nell’elenco si dovrà dimostrare che la diversità di trattamento è irragionevole e c’è l’onore
della prova. Se invece la diversità colpisce uno degli elementi elencanti l’onere probatorio è invertito.
è Il legislatore non può esercitare il suo potere in maniera assolutamente discrezionale, deve utilizzare
criteri di locazione delle risorse in maniera irragionevole, il legislatore può trattare classi di soggetti in
modi diverso ma per farlo deve avere una ragione politica o sostanziale tale per cui la diversità di
trattamento sia giustificabile per concreto o astratto. Ciò perché l’articolo 3 è invocabile nel giudizio di
legittimità sulle leggi, in quanto parametro. Ma perché è difficile l’articolo 3 in astratto come parametro
violato da una disposizione di legge? La corte sulla base di una sola disposizione non può decidere se
la scelta del legislatore sia ragionevole oppure no, perché ci si sostituisce al potere del parlamento alla
Corte costituzionale, ciò inciderebbe alla struttura di governo (negativamente), perché la decisione in
astratto rispetto le scelte del legislatore spetta al parlamento non alla corte costituzione; quindi, non si
rispetterebbe la separazione dei poteri.
è L’eguaglianza presuppone un termine di paragone, così che la Corte costituzionale non è sia arbitro
sia legislatore così da non determinare in astratto le scelte del legislatore, diminuendo l’arbitrarietà della
corte, ciò è possibile con l’inserimento del termine di paragone -> parliamo del giudizio di
ragionevolezza composto dal parametro cioè il principio costituzionale, la disposizione di rango
primario che si ritiene costituzionale e il termine di paragone, il tertium comparationis.
è Principi che si evincono: Sono due:
a. Principio di eguaglianza formale: prescrive che si debbano trattare in modo eguale situazioni eguali
e in modo diverso situazioni diverse -> si dice formale perché è enunciato come una formula
astratta. Democrazia pluralista -> si vede nel secondo comma. Non basta applicare la stessa legge
a tutti i cittadini, perché certi soggetti partono svantaggiati, così per far si che l’eguaglianza sia
anche nei fatti si devono applicare regole giuridiche diverse a situazioni diverse.
b. Principio di eguaglianza sostanziale: punta a rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico
che impediscono l’eguale godimento dei diritti e delle libertà. -> si deroga il principio di
eguaglianza formale, così da avere leggi che provvedano alle singole situazioni di svantaggio. Tutti
gli enti stati devono tenere in conto le condizioni di partenza dei soggetti così che ci sia
un’eguaglianza di possibilità -> lo stato garantisce a tutti i cittadini l’istituzione di mezzi di
sovvenzione, perché l’istruzione è un prerequisito di partecipazione sociale nell’ambito politico in
modo più consapevole, così da determinare l’indirizzo politico dello Stato, inoltre, è un
meccanismo che alimenta la mobilità sociale. Per fare ciò, lo Stato deve riconoscere una serie di
benefici e agevolazioni a chi parte più indietro, sia dal punto di vista economico, ma anche rispetto
alle quote, le “affermative actions” utilizzare uno dei piani nominati nell’elenco del primo comma in
modalità positiva, riservando a loro delle quote predeterminate. Questa diversità di trattamento
però non si devono trasformare in discriminazione al rovescio, non si devono comprimere le
possibilità dei soggetti appartenenti alla maggioranza.
Contrasto apparente tra i due principi riprende l’inconciliabile contrasto tra stato liberale (basato
sull’eguaglianza formale) e stato sociale (eguaglianza sostanziale) -> ma i due principi non sono
inconciliabili ma interdipendenti. I due principi di limitano e si completano a vicenda, dove il punto di
equilibrio è stabilito dal giudizio di ragionevolezza.

Diritti Della Sfera Individuale (artt. 13-16)


Art. 13, 14, 15 = contengono diritti espressamente qualificati come inviolabili.

Libertà personale art. 13


La libertà personale nasce come libertà dagli arresti arbitrari (habeas corpus) = libertà fisica o del corpo
della persona. Nasce già con la magna charta, che riconosce una serie di diritti, e anche con habeas corpus,

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che dice che un soggetto non può essere sottoposto ad arresti arbitrario => dopo un tot di tempo il soggetto
deve presentarsi dinanzi un’autorità, la quale le indica le sue accuse.
L’articolo 13 non protegge il cittadino solo dall’abuso del potere delle autorità, ma va inteso anche su un
altro piano, cioè orizzontalmente fra i singoli consociati, esiste un’efficacia orizzontale dei diritti essenziali.
L’efficacia orizzontatale non diretta, verso altri soggetti privati, significa che le disposizioni del legislatore
devono essere interpretatati rispetto anche i diritti nella costituzione, tutelando anche la sfera privata, per
cui il legislatore si conforma anche con la legge penale.
è Libera disponibilità del proprio corpo:
§ Interferenze dei privati: legge penale
§ Interferenze dello Stato: libertà personale
L’articolo 13 è stato anche utilizzato anche per espandere il novero dei diritti, per cui anche tutela della
propria identità, il proprio nome.
è L’articolo 13 comma 2 si riferisce alla detenzione, all’ispezione e alla perquisizione personale, ma poi
chiude con una locuzione aperta “qualsiasi altra restrizione della libertà personale” -> ne restano
escluse però le incapaci di ledere alla dignità personale = metro quantitativo.
è Tutela della libertà personale:
a) Divieto generale di: ogni forma di restrizione della libertà personale -> non solo sottoposizione a
limitazione della libertà di muoversi (arresti domiciliari) ma anche divieto di altri mezzi, ad esempio,
nella ricerca della prova come nelle perquisizioni, tutti gli atti di indagine sono in via generale
vietate salvo certe limitazioni.
b) Divieto assoluto di: violenza fisica o morale su persone sottoposte a restrizioni della libertà -> per
coloro che stanno scontando una pena -> detenuti non picchiati, ma nemmeno umiliati. Ciò è
vietato anche perché l’articolo 27 della costituzione ci dice che le pene devono mirare alla
rieducazione del detenuto -> ottica di recupero alla società civile, non sia ha percezione della
retribuzione del male inflitto ma di rieducarlo.
c) Limiti alla carcerazione preventiva = la carcerazione deve conseguire alla pronuncia di una
sentenza di condanna definitiva, che diventa tale quando si sia consolidato il suo effetto quando
la sentenza non viene impugnata oppure non sono più possibili più gradi di impugnazione.
Tuttavia, la legge permette di restringere la libertà personale prima che ci sia una condanna, ma
ciò richiede la sussistenza di motivi particolarmente seri: Presunzione dell’inadeguatezza della
custodia cautelare in carcere anziché arresti domiciliari, ad esempio. Si necessita una misura più
afflittiva. Le misure cautelari ci sono si presentano:
1. Gravi indizi di colpevolezza
2. Dimostrare almeno una delle 3 seguenti esigenze cautelari:
3. Pericolo di fuga
4. Pericolo di inquinamento delle prove -> incide sull’accertamento della condotta del reato
5. Pericolo della reiterazione del reato -> che commetta un altro reato del medesimo grado o il
medesimo reato (sottoposto a referendum abrogativo)
6. Misure di prevenzione -> provvedimenti adottati in base a indizi o sospetti che certi reati
possano essere commessi in futuro.
A) Misure cautelari = arresti domiciliari, carcerazione preventiva -> provvedimenti assunti
dall’autorità giudiziaria nel corso delle indagini o del processo, in conseguenza di un
reato già commesso.
B) Misure di sicurezza = riformatorio, ricovero in ospedale psichiatrico, libertà vigilata ->
seguono alla condanna, in considerazione della pericolosità del reo.
è Il superamento del divieto di restrizioni è subordinato al rispetto di un’apposita procedura con funzione
di garanzia. La doppia riserva, con riserva assoluta di legge e riserva di giurisdizione (in generale ex ante
-> deve essere prevista dalla legge e deve esserci prima una decisone del giudice prima che la misura
venga applicata). Ciò avviene in casi eccezionali, tassativamente previsti, ex post: è derogabile in casi
previsti dalla legge. La pronuncia del giudice che accerta la regolarità della procedura e la sua
pronuncia segue la limitazione stessa. I casi eccezionali sono:
1. Di necessità
2. Di urgenza

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Essi sono:
- arresto obbligatorio in flagranza -> l’autorità devono obbligatoriamente se si trovano in
circostanze di flagranza all’arresto -> possibile a limitazione della libertà anche dal singolo
cittadino, senza la necessita di aspettare la pubblica sicurezza ma con l’obbligo di
consegnarlo successivamente alla pubblica sicurezza.
- arresto facoltativo in flagranza + provvedimento di arresto
Dopo ciò si procede con un provvedimento dell’autorità di Pubblica Sicurezza entro 24 ore deve
comunicare il provvedimento al pubblico ministero altrimenti deve liberarlo, poi quando il pubblico
ministero viene informato di ciò, entro 48 dalla comunicazione deve poi comunicare poi alla autorità
giurisdizionale giudicante rispetto quel provvedimento (il fermo con l’arresto del soggetto). Intanto può
interrogarlo.
Tutti i provvedimenti della limitazione alla libertà personale sono ricorribili a cassazione e dunque
impugnabili sino la cassazione.

Libertà di domicilio (art. 14)


Domicilio -> È tutelato con gli istituti previsti per la libertà personale. È da intendersi in senso ampio (ogni
luogo di cui la persona fisica o giuridica abbia legittimamente la disponibilità per lo svolgimento di attività
connesse alla vita privata o di relazione e dal quale intenda escludere i terzi).
L’articolo 614 ha una nozione più amplia = tutti i luoghi di usuale dimora, l’art. 14 espande la nozione penale
-> qualsiasi luogo in cui un soggetto può escludere i terzi “ius excluendi” -> per cui casa, camera da albergo,
bagagliaio dell’automobile. Si escludono i terzi, dunque anche l’esclusione di pubblici poteri, i quali ad
esempio non possono registrare, ma è coperto quello che fai a casa solo se da fuori non si può vedere, cioè
se sei fuori nel balcone e ti si vede e c’è anche l’autorità non si applica l’articolo 14, ma se sei dietro le tende
l’autorità deve rispettare l’articolo 14
a. Nozione civilistica: Sede principale dei propri affari e interessi
b. Nozione penalistica: privata dimora
c. Nozione ampia = ius excluendi
Diritto inviolabile:
1. Riserva di legge assoluta
2. Riserva di giurisdizione
Riguardanti gli atti di ispezione (servono ad accertare le tracce e gli effetti materiali del reato), perquisizione
(per cercare il corpo del reato o mezzi del reato) e sequestro, mezzi di ricerca della prova penale. Ha le
stesse eccezioni (flagranza, evasioni e altri motivi di urgenza) con la seguente convalida e la regola delle
48 ore. Con la differenza che l’interferenza del domicilio e atti di ricerca della prova sono convalidati dal
pubblico ministero e non dal giudice giudicante, a meno che non si voglia cercare/perseguire un bene, lì si
con giudice.
Eccezione: Per fini di sanità, incolumità pubblica o economici e fiscali -> Riserva di legge assoluta rinforzata
per contenuto (solo per questi fini) ma non di giurisdizione -> senza che ci sia una pronuncia del giudice,
qui non viene posticipato l’intervento dal giudice ma non c’è è basta.
La libertà domiciliare è anche un diritto delle persone giuridiche -> sede di un’associazione riconosciuta, i
locali di un’impresa.

Libertà e segretezza della corrispondenza (art. 15)


Libertà e segretezza di ogni mezzo di comunicazione -> si parte con la corrispondenza.
Si tutela la corrispondenza che siano rivolte a uno o più destinatari definiti, così distinguendosi dall’articolo
21 con la libertà di manifestazione di pensiero con un pubblico indeterminato.
Per avere tale diritto il soggetto stesso deve celare la segretezza della corrispondenza, ad esempio dico un
segreto ma lo urlo, qui non si applica l’art. 15. Ma se invio una lettera chiusa e con destinatario determinato
appena lui apre la lettera il 15 ancora sussiste.
Corrispondenza = epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni
altra forma di comunicazione a distanza e si punisce chiunque prende cognizione del contenuto della
corrispondenza chiusa a lui non diretta, ma anche chi sottrae la corrispondenza, anche se aperta, al fine di
violarne la segretezza.

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è Caratteri:
A) Libertà= libertà di mezzi di corrispondenza e vietando alle autorità che interferiscano attraverso ai
mezzi di corrispondenza.
B) Segretezza = escludere i terzi dal contenuto della comunicazione -> dove la comunicazione sia
veicolata attraverso parole, o altri segni sia scritti che orali, trasmessa per posta, telefono o via
telematica.
è Differenza con gli articolo 13 e 14: 13 e 14 -> possono essere anche dal singolo, mentre il 15 -> almeno
due soggetti = sempre un emittente e un destinatario. Per tale motivo la tutela del 15 è più garantistica
rispetto agli art. 13 e 14. Qui si ha una riserva di legge assoluta + riserva di giurisdizione assoluta = in
questo caso non si può mai esperire mezzi di ricerca della prova delle intercettazioni telefoniche senza
che siano autorizzati dall’autorità giurisdizionale, non si possono intercettare le utenze telefoniche
prima che il giudice lo approvi -> sennò prove nulle. L’intercettazione deve essere assolutamente
necessaria, oltre che ci devono essere gravi presupposti e sospetti di colpevolezza, per la persecuzione
delle indagini riguardanti delitti di una certa gravità, e il provvedimento del giudice dura solo 15 giorni
che può essere rinnovato ma il pubblico ministero lo deve richiedere.
è Oggi sono molto di più la comunicazione in via elettronica -> in caso di comunicazione via WhatsApp?
Esistono degli strumenti a disposizione delle autorità investigative che consentono di inoculare dei
virus spia nei telefoni, computer controllando i messaggi, ma anche controllando lo strumento,
accendendo ad esempio la fotocamera, ecc. Inoltre, l’interferenza è anche più pervasiva, entrando
anche all’archivio della comunicazione.

Libertà di circolazione e soggiorno art.16


La libertà di circolazione è una specificazione della libertà personale, con la differenza che la libertà
personale incide soprattutto nel profilo morale; invece, la libertà di circolazione incide sul piano fisico della
persona, dove incide anche l’ambito in cui si vieta l’uscire del proprio stato in caso di un’emergenza
sanitaria.
§ Species di libertà personale
§ Per i cittadini, all’interno della Repubblica
§ Libertà di circolazione comprende sia la libertà di espatrio che la libertà di scelta del luogo di
esercizio delle proprie attività economiche, comprende anche la libertà di emigrazione. La libertà
può essere limitata solo:
§ Con legge in via generale = non può colpire dei soggetti determinati neanche in quanto
gruppo, deve applicarsi a una collettività senza specificare cultura, etnia, orientamento
politico, ma solo una porzione territoriale.
§ Per motivi di sanità o sicurezza, in ogni caso diversi da ragioni politiche precisazione
perché nel tempo fascista c’era il confino. Interpretando sicurezza come ordine pubblico
in senso materiale e anche nell’ordinato vivere civile, con l’ordine pubblico in senso ideale.
Libertà di circolazione = riconosciuta a tutti i cittadini ma che può essere aggravata da oneri per stranieri
come, ad esempio, ottenere il permesso di soggiorno.
Le prestazioni personali imposte
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non che in base alla legge.
Prestazione personale: pulire il vialetto di casa quando ha nevicato, sono più marginali
Prestazione patrimoniale: obblighi tributari, riserva di legge relativa perché provvedimento dato da fonte
primaria ma regolato in maniera più specifica da fonti secondarie.
ð Genere: prestazioni personali imposte -> riserva di legge (relativa) ex art. 23
ð Specie: limitazioni della libertà personale, cioè la sostantiva limitazione della disponibilità del proprio
corpo (anche con riguardo alla dignità morale), con le garanzie artt. 13-16.

I diritti della sfera pubblica -> art. 17-21


Appartengono ai diritti di prima generazione, si riferiscono anche a corpi intermedi e formazioni sociali, per
questo ci si riferisce sia allo stato liberale e anche stato di democrazia pluralista.

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Si ha una tutela di questi diritti così da garantire la sfera di interessi sociali dei cittadini ma anche di garantire
il buon funzionamento del dibattito democratico. Le norme a garanzia di queste libertà sono limitate dal
buon costume, l’incolumità e la sicurezza pubblica (ordine pubblico).

Art. 17 Libertà di riunione


è Tutti cittadini sono liberi di riunirsi:
- Pacificamente = non fini violenti, perseguire fini più vari a patto che ciò non generei un pericolo
pubblico.
- E Senz’armi = senza utilizzo sia di armi proprie (armi da fuoco e taglio) sia una serie di oggetti che
siano atti a ledere l’integrità fisica di altri soggetti. La capacità di tali determinati oggetti va valutata
in concreto e non in astratto, va valutata la circostanza di fatto e di luogo per determinare che un
oggetto sia o meno pericoloso. Il fatto che un partecipante sia armato non implica lo scioglimento
della riunione ma l’allontanamento del soggetto.
è Riunirsi = elemento che lo distingue è l’elemento organizzativo, compresenza di una pluralità d soggetti
volontaria e finalizzata a uno scopo determinato. Ma non solo organizzata con anticipo, è anche
riunione la riunione spontanea, quando una serie di persone si incontrano in un luogo per il medesimo
fine ma senza avere un’organizzazione che fissa giorno e ora, è una manifestazione.
è Secondo e terzo coma: Per le riunioni si devono suddividere i luoghi fisici in 3 categorie:
1. Luogo di privata dimora = non ha bisogno di nessun preavviso. Perché essi sono coperti
dall’articolo 14.
2. Luoghi aperti al pubblico = luoghi privati dal punto di vista di proprietà a che realizzano un servizio
(bar, ristornati, cinema) qui non serve nessun preavviso.
3. Luoghi pubblici = luoghi ove ognuno può circolare liberamente (piazze e strade) l’onere per i
promotori di dare preavviso, ma non tutte le riunioni necessitano preavviso, solo con un certo
numero di partecipanti in un certo luogo, solo quelle danno una certa preoccupazione devono
essere segnalata alle autorità.
è Il preavviso è una comunicazione dei promotori almeno 3 giorni prima al questore, essa contiene
l’orario, luogo e anche generalità di coloro che prenderanno la parola. Se i promotori non danno
preavviso la riunione si può tenere, è legittima lo stesso, quello che accade però saranno sottoposti alle
sanzioni penali previste dalla legge per l’omissione del preavviso. La ratio del preavviso è di mettere le
autorità in grado di adottare le mire necessarie a tutelare la sicurezza e l’incolumità pubblica. Si può
vietare la riunione solo per comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica.
è La libertà di riunione può confliggere con la libertà di circolazione, quando la manifestazione si traduca
in un blocco stradale si punisce con sanzione penale.

Art. 18 libertà di associazione


Si intendono le formazioni sociali che hanno base volontaria ed un nucleo di organizzazione
tendenzialmente stabilita
Il carattere della associazione è il vincolo organizzativo, a differenza della riunione che è puntuale e
momentanea, l’associazione è condivisone di un legame associativo per il perseguimento di un fine per un
tempo più o meno lungo: non è puntuale.
a) Libertà di associazione positiva = tutti i cittadini possono dare vita a un’associazione senza
autorizzazione.
b) Libertà negativa = libertà di non essere costretti ad associarsi, ciò è una discendenza del fascismo
con le corporazioni, l’unico corpo intermedio, le corporazioni dei mestieri la cui adesione era
necessaria, ciò era una limitazione della libertà dei cittadini; quindi, si premura anche di includere
la libertà negativa. Ma tale libertà è comprimibile, ad esempio, come nel caso dei lavori e gli albi e
ordini (medici, giornalisti, avvocati), sia un bilanciamento dell’interesse ulteriore così per garantire
che quel professionista svolga quella professione a regola d’arte, inoltre si ha la tutela dei
consumatori e i consorzi obbligatori. Altre associazioni obbligatorie sono quelle delle federazioni
sportive in caso di attività agonistica.
è L’associazione può essere istituita senza autorizzazione -> non intervento delle autorità pubbliche.

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è Riserva di legge rinforzata: Le associazioni possono perseguire tutti i fini che non siano vietate ai singoli
dalla legge penale = il legislatore non inventa dei divieti che colpiscano delle condotte soltanto perché
sono eseguite in forma associata, alla associazione è vietata tutti i comportamenti che sono vietati ai
singoli cittadini.
è Si vieta anche altri tipi di associazione:
a. Le associazioni segrete = Con la legge P2 il legislatore da un significato al tale divieto, specificando
che sono vietate le associazioni segrete in sé ma nel caso in cui la segretezza sia strumentalizzata
al sovvertimento dei pubblici poteri, diventa vietato se la segretezza è lo strumento per cui si
persegue interruzione e interferenza degli organi costituzionali.
b. Paramilitare= che perseguono finalità politiche, con utilizzo di divise e gerarchia tra i membri ->
associazioni che perseguono anche indirettamente scopi politici mediante l’organizzazione di
carattere militare.
c. Caratteristiche cumulative, ci devono essere entrambi perché sia vietata l’associazione -> si fa
riferimento alle camicie nere e anche l’esperienza tedesca.

Art. 19 Libertà religiosa e di coscienza


Si svolge in una sfera intima del singolo ma ciò che importa è la manifestazione pubblica dell’adesione
religiosa e le conseguenze fra i rapporti tra i cittadini.
§ Divieto di discriminazione (art. 3) per la religione -> riferimento all’art. 3
§ Eguaglianza confessioni religione (art. 8) -> il contenuto dei patti lateranensi è stato modificato
negli anni 80.Il rapporto fra lo Stato e la chiesa cattolica è regolato da ciò, invece con altre religioni
regolato con le intese. Ma con la costituzione del 48 c’è un’apertura anche per le altre confessioni
religiose, per cui ci sono le intese. La chiesa cattolica ha una struttura gerarchica con il potere
concertata su un’autorità ben individuata. Però per gli altri culti religiosi essi sono rappresentati da
una pluralità di soggetti che hanno anche esigenze diverse nel rapportarsi con lo stato = necessità
di tante intese. Anche per l’edificazione di luoghi di culto è sancito una tendenziale uguaglianza
per tutte le religioni.
§ Libertà di culto (art. 19)
- Positiva = possibilità di aderire a qualsiasi culto
- Negativa = nessuno può essere obbligato ad aderire a un culto religioso o a dichiarare ciò.
L’unico limite delle manifestazioni religiose è il buon costume, il sentimento della morale generale della
popolazione

Art. 21 libertà di manifestazione del pensiero


6 commi soprattutto riguardanti la disciplina della stampa, che al tempo era l’esclusivo mezzo di
comunicazione di massa. Il primo comma è molto generale per tutte le manifestazioni di pensiero fino ad
arrivare a quella digitale.
Libertà di esprimere le proprie idee a un pubblico indeterminato, per mezzo della parola, scritto e ogni altro
mezzo di diffusione, con riferimento al pluralismo dei mezzi di comunicazione.
A. Limite esplicito = buon costume = pudore in ambito sessuale e morale determinata epoca, anni
50/60 più conservatore -> + riferimento alla moralità comune. Però il buon costume non applicabile
alle manifestazioni scientifiche ed artistiche per non costringerla a non essere provocatoria come
sua natura.
B. Limite impliciti o introdotti in una via di esecuzione da parte del legislatore, così bilanciare il diritto
della libera manifestazione del pensiero con altri diritti della persona -> parliamo dei reati di
opinione = la diffamazione, l’istigazione al reato, ingiuria, apologia di delitti (propaganda o giudizio
positivo dato in pubblico rispetto a un comportamento che la legge punisce cime delitto), notizie
false o tendenziose (capaci di turbare l’ordine pubblico)-> condotte che consistono in una
manifestazione del pensiero ma che incidono a causa del loro contenuto sulla sfera giuridica altrui
-> si unisce in concreto una condotta di esprimere un punto di vista perché le conseguenze che
viene detto si riversa sulla sfera giuridica altrui.
C. Divieto della ricostruzione dell’apologia del fascismo: La disciplina italiana prevedeva la pena
detentiva per alcuni reati di opinione soprattutto per alcuni mezzi di stampa. La Corte

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costituzionale nel 2021 si è pronunciata vietando costituzionalmente nel caso di pena detentiva in
modalità automatica rispetto al divieto di opinione di mezzo di stampa.

Espressione del pensiero e mezzi di comunicazione


Mezzi di comunicazione = con parola, scritto o ogni latro mezzo di diffusione -> la libertà di manifestazione
del pensiero s’intreccia rispetto ai mezzi di comunicazione con la libertà di iniziativa economica -> tutela
contro la formazione di oligopoli privati così da proteggere la concorrenza tra le imprese nel mercato e il
pluralismo dell’informazione. La libertà della manifestazione del pensiero comprende la libertà di
informazione.
La libera manifestazione del pensiero si declina pure nella libertà di informazione. Ciò ha un:
§ Profilo passivo = libertà di essere informati -> nasce la legislazione anti-trust -> controllo dei
trasferimenti di proprietà delle imprese giornalistiche e radiotelevisive per renderli trasparenti ed
evitare che si formino posizioni dominanti.
§ Pluralismo delle fonti di informazione -> Disciplina del sistema radiotelevisivo. Social
network = piattaforme private, in cui si ha un gran numero di informazione, dove i contenuti
che si osservano sono personalizzati, sulla base dell’interazione di contenuti di altri utenti,
così da trovare più informazione e stare sulla piattaforma il più tempo possibile. Con
l’interazione si costruiscono dei profili degli utenti che poi vengono venduti agli operatori
politici a seconda delle preferenze, così poi arrivando propaganda politica personalizzata
-> algoritmi che conoscendo gusti e preferenze fanno si che i social e pagine sul web
mostrino informazioni specifiche secondo il profilo creato. Chi è che decide quali pensieri
e contenuti condivisi, pubblicizzati sono vietati, è la piattaforma stessa a decidere qual è il
contenuto concreto.
§ Mezzi informatici: produzione dell’informazione è decentrata, prezzi bassi per usare i
device elettronici, flusso di comunicazione ha carattere aperto e globale.
§ Profilo attivo = libertà di informare

Stampa
-> reato di pubblicazioni oscene fuori dai limiti del pudore sessuale.
Divetto assoluto di censura preventiva, i controlli ed eventuali sequestri devono sempre essere successivi,
e possono venire in caso di fattispecie previste dalla legge. Oltre che alla legge penale, si ha un possibile
sequestro a causa della mancanza iscrizione del soggetto all’ordine dei giornalisti. Si necessità sempre una
pronuncia del giudice. Ma tutto ciò ha una possibile deroga, sequestro preventivo ma entro 24 ore deve
essere comunicato all’autorità giudiziaria che però entro altre 24 ore deve convalidare il sequestro sennò
illegittima.
è Possibilità di controlli successivi -> sequestro -> Riserva di legge assoluta:
§ Delitti -> in riferimento alla legge penale
§ Mancata indicazione delle responsabilità della pubblicazione -> la stampa non può essere anonima
-> dunque indicazione del direttore responsabile che deve essere iscritto nell’albo dei giornalisti.
è Divieto assoluto di controlli preventivi -> “Autorizzazioni o censure”
§ Riserva giurisdizionale -> il sequestro deve essere disposto dal giudice ma in caso di assoluta
urgenza e che non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria può prevedere la
polizia con obbligo di comunicazione entro 24 ore (vedi sopra).
§ Ammesso il sequestro: provvedimento di ritiro della stampa successivo alla sua pubblicazione.

I diritti sociali
I diritti sociali sono una sottospecie e un rialzamento dell’articolo 2, dove grava su tutti i cittadini, lo stato e
le regioni, dove ciascuna regione può avere una propria regolamentazione. Sono una categoria di diritti
finalizzati alla tutela della dignità umana e alla promozione dell’eguaglianza, in senso sostanziale -> riserva
di determinate prestazioni a persone meno abbienti.
Inoltre, necessità di un intervento attivo da parte della Repubblica: dove gli strumenti di tutela sono i
riferimenti alla legge, alla repubblica o allo stato che stanno a significare che i compiti che la costituzione
attribuisce gravano sugli apparati pubblici. Così i diritti vengono organizzati in prestazioni e servizi.

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1. Stato
2. Regioni ed enti locali
3. Doveri per gli altri cittadini

Rispetto alla materia finanziaria


Ogni anno il Parlamento deve approvare una legge di bilancio in cui istanza le risorse per l’anno successivo.
La legge di bilancio alloca le risorse dello stato sulla base delle entrate (tributi riscossi) e uscite (spesa
pubblica), ed è stata oggetto di revisione nel 2012 per introdurre il principio dell’equilibrio di bilancio di
copertura finanziaria: per ogni spesa si deve specificare da dove proviene il finanziamento, così da evitare
il debito. C’è anche l’obbligo tributario = tutti i cittadini devo contribuire a seconda delle sue condizioni
patrimoniali e reddituali: l’importo di imposta è diverso per i soggetti.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività = cioè che il sistema tributario nel complesso deve
tenere conto di una serie di altri elementi come figli a carico, ecc. che sono incisive rispetto alla finanza
pubblica-> principio di contribuzione delle spese pubbliche a seconda delle proprie possibilità.
Secondo la Corte costituzionale si deve avere un bilanciamento tra tutela dei diritti sociali ed esigenze di
finanza pubblica. Se la Corte costituzionale dichiara illegittima una imposta, ciò ha un effetto retroattivo.

Diritto alla salute


Questo è l’unico diritto che la costituzione definisce come fondamentale. Con diverse connotazioni come
diritto alla vita, il diritto a un ambiente salubre e il diritto di rifiutare i trattamenti sanitari.
è Natura negativa -> di libertà di diritto civile -> articolo 32 ci dice che è un diritto indisponibile, in cui è
necessario consenso del soggetto per le cure che lo riguardano, anche per le cure salva vita -> non
obbligo di sottoporre alle cure.
è Per i minorenni -> scelgono i genitori ma se loro si rifiutano? Esempio figlio che necessità una
trasfusione di sangue. In casi di urgenza la scelta sulla sottoposizione del trattamento medico è rimessa
alla decisione del giudice tutelare, in questi casi il maggior interesse del minore comprime il diritto e
potere di colui che ha la potestà genitoriale.
è Però esiste la possibilità dei trattamenti sanitari obbligatori, per i casi previsti dalla legge con riserva
assoluta (non fonte regolamentare) e non c’è riserva di giurisdizione-> ciò riguarda i casi di sanità
pubblica e la prevenzione di danni alla collettività -> ad esempio il caso di trattamenti per non diffondere
una epidemia + in caso di stati mentali psichiatrici necessari. Ma non si deve mai ledere la dignità del
soggetto
è L’obbligo per la Repubblica è di garantire la salute dei cittadini; il che non significa obbligo di:
1) Creare strutture sanitarie pubbliche -> dunque anche strutture private con sovvenzioni -> Non è né
obbligatorio né sufficiente
2) Garantire a tutti cure gratuite ma solo specifico obbligo di garantire cure gratuite agli indigenti. Tutti
paghiamo una tariffa e in parte paga lo stato, questo perché il diritto alla salute necessità un impego
di risorse. Solo per indigenti è totalmente gratuito. Poi i controlli non essenziali e fondamentali sono
carico del soggetto.

Diritto all’istruzione
Declinato da 2 punti di vista:
è Diritto negativo o di libertà = la ricerca scientifica e la produzione artistica sono libere. Lo stato non deve
guidare il progresso scientifico o l’indirizzo artistico, essi si possono muovere liberamente. È libero:
§ L’insegnamento dell’arte e della scienza = possibilità dio ciascun soggetto di poter
intraprendere un’attività di docenza o didattica -> divieto di discriminazione ai soggetti
all’insegnamento ma non divieto di una serie di requisiti (laurea).
§ Libertà nell’insegnamento = libertà nelle modalità in cui la docenza viene effettuata ciò è
tutelato dalla costituzione, certo rispettando anche però i diritti degli allievi
§ Libertà di istituire scuole concorrenti a quelle dell’ambito pubblico, che devono rispettare
determinati requisiti -> esempio università private che per rilasciare il titolo di studio nei corsi di
studio devono rispettare dei programmi ministeriali.

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è Diritto positivo/sociale = il diritto all’istruzione si declina nell’ottica di quel programma e promessa


dell’articolo 3 dell’eguaglianza sostanziale, in cui si investe una parte importante del capitale nel
meccanismo di mobilità sociale attraverso:
§ L’obbligo per la Repubblica di istituire scuole di ogni ordine e grado
§ Il libero accesso alla scuola = Non limitazioni di redito anche se pur si deve pagare una ridotta
tassa di iscrizione e dei libri, si hanno dei necessari costi che però possono essere coperti da
provvidenze per i capaci e meritevoli, privi di mezzi -> così da accedere anche alle università e
dottorati -> le provvidenze si ottengono per concorso, sulla base di una graduatoria di merito
in base di una serie di indicatori.

Diritti economici
Compresi nella “costituzione economica” (esprime il complesso delle disposizioni costituzionali che hanno
come oggetto i rapporti economici) dal titolo III della parte I della Costituzione. Non soltanto norme sul
lavoro e diritto del lavoro ma anche si trovano i principi dello stato liberale e dell’economia di mercato:
riconoscimento della proprietà privata e la libertà dell’iniziativa economica privata -> ma essi non sono
riconosciuti come diritti inviolabili.
- Lavoro, organizzazione sindacale, sciopero (artt. 35-40, 46)
- Impresa e proprietà (artt. 41-44)
La costituzione economica tratta prima i diritti dei singoli lavorati dipendenti, gli imprenditori e i sindacati,
organizzazione sindacale e diritto allo sciopero. Le altre disposizioni riguardano l’iniziativa economica
privata, l’articolo 41 è stato modificato con l’articolo 9, per tenere conto della rilevanza dell’importanza della
tutale all’ambiente, con anche le dinamiche di privatizzazione e trasformazione di soggetto pubblico che
danno dei servizi.

Il lavoro e i suoi diritti


Il diritto al lavoro si concreta:
- Retribuzione proporzionata a qualità e quantità del lavoro
- Diritto alle ferie (irrinunciabile)
- Diritto assistenza sociale per inabili
- Diritto di sciopero – libertà sindacali
Particolarizzazione del diritto al lavoro:
- Lavoro minorile
- Lavoro femminile

Libertà di organizzazione sindacale = art. 39


Specie del genere associazioni, composta da lavoratori che appartengono alla stessa categoria, non si
basa sull’articolo 18 perché la costituzione, ricordando le corporazioni, diche che è sindacato, a condizione
di avere un ordinamento interno di tipo democratico, viene registrato, acquista personalità giuridica e
soprattutto può entrare in rappresentanze unitarie che sviluppino contratti collettivi di lavoro con efficacia
normativa, vincolando tutti gli appartenenti alla categoria. Ma i sindacati hanno rifiutato di attuare questa
norme -> gli attuati sindacati sono semplici associazioni di diritti privato e i contratti che stipulano hanno
valore vincolante solo per i soggetti che l’hanno stipulato e per i loro iscritti.

Diritto allo sciopero


È la sospensione collettiva temporanea delle prestazioni di lavoro rivolta alla tutela di un interesse dei
lavoratori = chi sciopera non può subire conseguenze negative sul piano penale, civile o disciplinare ->
diritto tutelato dall’articolo 40 = però solo per i lavoratori dipendenti che lo attuano per interessi, anche non
economici, di categoria, non anche quello politico o quello attuato dai datori di lavoro o dai liberi
professionisti.
L’art. 40 non è mai stata attuata perché non si è mai approvata una disciplina generale del diritto di sciopero:
esiste solo la disciplina del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali (l. 146/1990) = sanità, giustizia,
trasporti pubblici.

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La libertà di iniziativa economica -> art. 41


Pone un principio di bilanciamento tra l’iniziativa economica privata e l’interesse collettivo: l’iniziativa
economica non può svolgersi in contrato con l’utilità sociale in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana (art. 41, c. 2) -> l’articolo è stato interpretato come una riserva di legge implicita
(spetta al legislatore porre i limiti richiesti -> non vi è una funzionalizzazione che opera direttamente come
limite della libertà. Ma l’espansione UE con l’affermazione di principi come la libera circolazione di capitali e
merci, le regole di concorrenza, ecc. = ha fatto si che la scelta europea e l’ordinamento italiano si siano
adeguati a una regolamentazione esterna del mercato per garantirvi la concorrenza ed evitare che si
costruiscano posizioni dominanti -> per cui si ebbe anche la costituzione dell’antitrust.
Riserva di legge (art. 41, c. 3) -> Limiti alla iniziativa economica per garantire ordine concorrenziale del
mercato
Secondo l’art. 43 = si può espropriare un’impresa o tutte le imprese di un settore. Quando esse si riferiscano
a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di
preminente interesse generale -> nazionalizzazione della produzione di energia con Enel.

Proprietà privata (art. 42)


In cui si trova la coesistenza di due ideologie opposte la proprietà privata come asse portante della libertà
e quella che l’ammette solo se in quanto compatibile con la funzione sociale.
Si disciplinano i modi di acquisto e di godimento della proprietà che devono essere pacifiche -> si ha un
rinvio alla legge per godimento, modi di acquisto e limiti bilanciandola con gli interessi generali.
Il comma 3 tratta dell’espropriazione: la proprietà da diritto soggettivo a interesse legittimo? La proprietà
può essere espropriata, salvo indennizzo, per motivi di interesse generale = manifestazione della
prevalenza dell’interesse generale su quello privato.

Diritti nella sfera politica


Diritto dei cittadini di partecipare nella vita politica e alla formazione delle decisioni pubbliche -> attraverso
essi si realizza il principio della sovranità popolare.
Diritti politici:
- Elettorato passivo
- Elettorato attivo
- Referendum
- La libertà di organizzazione dei partiti
- Diritto di petizione
- Diritto di accedere agli uffici pubblici
I diritti politici si possono perdere a conseguenza della perdita della capacità d’agire per infermità mentale
o di una condanna per gravi reati. Per le penne più gravi: si ha l’interdizione dai pubblici uffici + perdita
dell’elettorato passivo e arrivo.

Con il contributo di Carlotta Caromani, Maria Lanza, Federica Curcio, Federica Loschi, Emma
Mercuri, Sabrin Sasso, Martina Paolucci, Iacopo Brini, Gabriele Colella.

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