Antonio Curti La Politica Italiana Del Risorgimento
Antonio Curti La Politica Italiana Del Risorgimento
La politica italiana
del Risorgimento
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3
Indice generale
LA PREPARAZIONE....................................................7
Novara............................................................................7
Bonaparte e l’Italia.........................................................8
Cavour..........................................................................10
GUERRA D’ORIENTE
Spedizione di Crimea....................................................11
Il Congresso di Parigi...................................................12
Schermaglia politica.....................................................15
CARLO PISACANE....................................................16
ATTENTATO ORSINI.................................................17
Convegno di Plombières...............................................18
L’ALLEANZA..............................................................20
Clotilde di Savoia.........................................................22
VERSO LA GUERRA..................................................23
Cavour e l’Austria........................................................24
Cavour a Parigi.............................................................26
L’ultimatum austriaco...................................................27
LA GUERRA................................................................29
L’Italia centrale.............................................................30
VILLAFRANCA..........................................................31
Dimissioni di Cavour....................................................33
Politica del Piemonte....................................................33
Pace di Zurigo...............................................................35
Il non intervento............................................................35
Ritorno di Cavour al Ministero.....................................37
4
VERSO L’UNITÀ DELLA NAZIONE
Cessione di Nizza e Savoja...........................................38
I Mille...........................................................................40
Garibaldi sul continente................................................41
Vittorio Emanuele nelle Marche...................................43
CASTELFIDARDO E VOLTURNO...........................44
Gaeta.............................................................................45
VITTORIO EMANUELE RE D’ITALIA....................47
INDICE.........................................................................48
5
ANTONIO CURTI
La politica italiana
del Risorgimento
6
LA PREPARAZIONE
Novara
7
(alla di cui memoria assai lentamente, ma sicuramente,
va rendendo giustizia la nazione); le piaghe finanziarie
aperte nel bilancio sardo dalle guerre del ’48 e ’49;
gl’inevitabili turbamenti derivati dall’uso della
pericolosa arma della costituzione; e, sovratutto, l’essere
salito al trono un giovine principe, della cui
preparazione politica nulla era noto, erano siffatti
argomenti da pienamente giustificare una lunga – assai
lunga – lacuna nella politica della Stato sardo. Ma a
questa vigilava il giovine re, già provato ai campi di
battaglia, e preparato, da naturale attitudine, alle
schermaglie della politica.
L’Austria aveva accarezzato il progetto di
comprendere nella sfera politica della Confederazione
germanica i suoi Stati del Lombardo-Veneto, nonchè gli
altri Stati della penisola a lei stretti per ragioni di
parentela fra sovrani: Parma, Toscana, Modena e Lucca,
e quelli a lei aderenti per identità nei sistemi di governo:
lo Stato Romano e le Due Sicilie.
Bonaparte e l’Italia
8
Bonaparte – in quei giorni (1851) ancora presidente
della Repubblica francese.
Egli insorse, appoggiato da Russia, Inghilterra e
Piemonte, minacciando armi se l’Austria avesse insistito
nel suo disegno.
Pio IX – passati i fumi liberaleschi – si dichiarò
esplicitamente per l’egemonia austriaca in Italia.
Ferdinando II delle Due Sicilie, pur movendo in
furore pel costituzionalismo del cugino Vittorio
Emanuele, non aderisce alla proposta austriaca, e
«Cesare» deve ringollarsi il progetto. Ma preso tosto
argomento dalla generosa ospitalità che il Piemonte
accordava ai fuorusciti degli Stati d’Italia, ed in ispecie
della Francia, provoca richiami al Governo sardo da
parte di Napoleone e dell’Inghilterra – mentre minaccia
di invadere la rocca del liberalismo italiano.
L’esortazione delle due potenze all’amico Piemonte
fa cadere nel vuoto la minacciata invasione austriaca.
Ma l’Austria non sa darsi pace, nè concederla al
piccolo e indomabile Piemonte –; e, smontato
l’argomento «fuorusciti», monta quello della «eccessiva
libertà di stampa» prendendo ragione da satire e
caricature su «Cesare» pubblicate a Torino.
Il Governo sardo, che già aveva espulso i più
turbolenti tra i fuorusciti, mostrò moderazione e spirito
conciliativo; e fece approvare dalla Camera una legge
severissima sui reati di ingiuria e di diffamazione contro
i sovrani esteri a mezzo della stampa.
9
Cavour
10
eventuale alleanza del regno di Sardegna con le potenze
dell’Europa occidentale.
GUERRA D’ORIENTE
Spedizione di Crimea
11
Alla neutralità austriaca si associava la Prussia.
Fu l’Inghilterra ad esortare il Piemonte a partecipare
alla spedizione di Crimea; e Cavour aderiva al
lusinghiero invito, con animo deciso a cavarne il miglior
frutto, obbligandosi a partecipare alla guerra di Russia
con un corpo di 15 mila uomini ed assumendo di
colmare man mano i vuoti che vi producesse il piombo
nemico.
Aumentava, così, la considerazione dell’Europa per la
politica illuminata del piccolo Stato sardo, con grave
scorno dell’Austria.
Campagna lunga, difficile, estenuante quella di
Crimea, ed avvelenata dalla epidemia colerica.
Sebastopoli, cadeva, dopo 11 mesi d’assedio, l’8
settembre 1855, e i soldati piemontesi ritornavano in
patria, coronati della gloria della «Cernaia».
Il Congresso di Parigi
12
vennero poste le basi di una alleanza franco-sarda,
intesa ad espellere l’Austria dall’Italia.
Mentre quella si era ridotta – con la Prussia – a
guardare la più rigida neutralità, durante la guerra
d’Oriente, sorse a farsi mediatrice allorquando si trattò
della pace; mediatrice ai danni della Russia, che pure
l’aveva validamente ajutata a trarsi, col minor danno,
dalla rivoluzione ungherese del ’49.
Nè lo czar era in grado di ribellarsi; e dovette ingoiare
tutto l’amaro – compreso il richiamo della sua armata,
già in marcia su Costantinopoli.
Più della Francia, più dell’Inghilterra, fu l’Austria che
guadagnò; e guadagnò in Italia, in Germania e sul
Danubio. Essa, non sbollito l’odio pel governo
piemontese, imponeva che nella trattazione della pace
questo non avesse parte, riguardando il Piemonte quale
potenza di secondo ordine. Ma il re di Sardegna non si
acconciò alla prepotenza austriaca; volle il suo posto al
Congresso di Parigi e l’ottenne, anche pei buoni uffici di
Napoleone III. A rappresentare il Piemonte al Congresso
venne designato, per consiglio dello stesso d’Azeglio, il
conte di Cavour, coadiuvato dal Villamarina, ministro
del re di Sardegna alla Corte di Napoleone; Walewsky
vi rappresentava la Francia; Lord Clarendon
l’Inghilterra; Alì Pascià la Turchia; il conte De
Manteuffel la Prussia; il conte Buol e il barone Hubner
l’Austria.
Scopo del conte di Cavour era di provocare una
discussione sul’assetto dell’Italia. E con ammirevole
13
sottigliezza combattè ogni proposta austriaca,
appoggiando quelle avanzate dagli altri ministri.
Il Congresso volgeva a fine, senza, peraltro, avere
accennato alla questione italiana.
Cavour, forte delle buone disposizioni manifestate da
Napoleone, e della ammirazione che aveva destato nella
maggior parte dei congressisti, ottenne che si parlasse
della questione italiana almeno nella seduta di chiusura.
Walewski e Clarendon – questo con maggiore energia
di quello – sorsero a far voti perchè cessasse
l’intervento straniero in taluni Stati d’Italia, e
segnatamente nello Stato romano; ed entrambi
deplorarono aspramente i metodi di governo del re delle
Due Sicilie.
Cavour difese la causa nazionale dell’Italia,
mostrando tutti i danni ed i pericoli della preponderanza
austriaca.
Risposero, con manifesta acredine, i rappresentanti
dell’Austria. Cavour replicò energicamente; e lord
Clarendon incalzò, giungendo alle minaccie, ove
l’Austria non la smettesse di offendere, ogni giorno, il
regime costituzionale, orgoglio della stessa Inghilterra.
Con una violenta risposta del conte Buol si chiuse la
tempestosa seduta dell’8 aprile 1856 – l’ultima dello
storico Congresso di Parigi.
Cavour l’aveva spuntata. Dal Congresso di Parigi
nasceva l’opera meravigliosa della indipendenza
italiana.
14
Schermaglia politica
15
preoccupato. Ma il meraviglioso tessuto a cui attendeva
da parecchi anni il grande ministro sardo fu minacciato
di completa distruzione da due gravissimi fatti.
CARLO PISACANE
16
Cagliari, scaricando sulle spalle del traculento Borbone
l’antipatia e il disprezzo dell’Europa per l’attentato al
diritto comune.
Ma mentre Cavour traeva le migliori speranze dal
Congresso di Parigi e dalle ripetute dimostrazioni di
simpatia, per la causa italiana, da parte di Napoleone III,
un altro gravissimo fatto metteva a duri cimenti così
invidiabile risultato; intendo dire dell’attentato Orsini.
ATTENTATO ORSINI
17
Piemonte, naturalmente, fu più severo, e pretese
restrizioni siffatte alla libertà personale ed a quella di
stampa da vulnerare la dignità del Governo sardo.
Cavour raccomandava all’ambasciatore di Sardegna a
Parigi moderazione, ma pur anche fermezza nel
respingere qualsiasi proposta che potesse umiliare il Re
e la nazione.
Questo era contegno di un grande ministro e di un
forte popolo.
Fu lo stesso Orsini, prima di salire il patibolo, a
riconoscere non solo il suo errore, ma a raccomandare
agli italiani la fede nel napoleonide, la compattezza
intorno al Governo sardo, ed anche ad astenersi da quel
gravissimo delitto, in cui pure egli era caduto: il
regicidio; che tutto peggiora nei suoi violenti effetti di
rivoluzione e di reazione.
La pubblicazione sarda della storica lettera
dell’Orsini e del testamento di questi, compiè il
miracolo di riallacciare non solo i rapporti ufficiali con
la Corte francese, ma altresì di riprendere a lavorare al
tessuto, dall’attentato Orsini posto al più pericoloso
cimento.
18
Convegno di Plombières
19
viaggio in Svizzera e in Germania per riparare la sua
salute. Si trattenne alquanto a Ginevra presso i parenti di
sua madre; poscia improvvisamente, mosse di qui a
Plombières il 20 luglio.
Data eminentemente storica, codesta; data
memorabile, a cui il cuore degli onesti italiani, pervaso,
traviato dalle teorie di nauseante ingratitudine verso il
più infelice dei Sovrani del secolo XIX, dovrebbe
tornare, con battiti nuovi, come all’altare da cui si
dipartì la crociata benedetta.
Ma non è così! Tutto il brutto della vita trova, nella
moderna società, la sua culla; ed ecco che la più
doverosa riconoscenza si cambia, per l’ininterrotto
lavorìo degli odi politici, in perfida ingratitudine.
L’ALLEANZA
20
meravigliosa opera.
La commozione, specialmente fra i popoli d’Italia, fu
intensa.
La Russia vedeva volontieri umiliata l’Austria per la
sua egoistica neutralità durante il periodo della guerra di
Crimea, ed appoggiava, pur rimanendo neutrale, Francia
e Piemonte.
Dall’Inghilterra, per le troppo note disposizioni della
regina – avversa ad una grande Italia – poco v’era a
sperare, ma non danni alle opere che si andavano
iniziando.
La Prussia, che la convenzione di Olmütz aveva
staccato dall’Austria, riteneva, tuttavia, le provincie del
Lombardo-Veneto non solo regioni dell’Austria, ma,
con strano ragionamento, provincie della gran madre
Germania. D’onde la necessità di aver gli occhi sulla
Prussia e sulla Confederazione germanica.
La prudente, oculata politica del Governo sardo, dopo
lunghi dieci perigliosi anni stava per conseguire
l’invocato premio.
L’anno 1858 volgeva alla fine, proprio come la
pazienza degli italiani, e – perchè non dirlo? – come la
pazienza del Governo austriaco. Il quale, prevedendo
non lontana la tempesta, sconvolgeva il piano
dell’arciduca Massimiliano, inteso a smussare ogni
angolosità, aumentando ogni giorno il numero delle sue
truppe nella contestata regione.
Tarda misura, quella del buono e leale Massimiliano.
Che, forse, avrebbe prolungato la permanenza
21
dell’austriaco, fra noi, di molti anni, ove il saggio
governo del fratello di «Cesare» fosse stato iniziato
all’indomani della funesta giornata di Novara.
Clotilde di Savoia
22
penoso al cuore del Re il sacrificio della diletta sua
figlia, la lettera di Cavour – 24 luglio – da Plombières
riduceva le paterne ostilità alla ragione di Stato ed al
supremo interesse d’Italia.
Annunziato a Torino il matrimonio il 12 gennaio
1859 – e cioè undici giorni dopo le aspre parole rivolte
da Napoleone all’Hubner, ambasciatore d’Austria a
Parigi – esso si effettuava il 30 dello stesso mese,
presente a Torino il principe Napoleone.
Ben diversamente era accolto il matrimonio in
Francia; in quella nazione tutt’altro che ben disposta –
come vedremo – a favorire la redenzione italiana.
La sposa del Napoleonide vi venne accolta con
diffidenza; perchè, si affermava, «il nous apporte la
guerre». Ed era vero.
VERSO LA GUERRA
23
Parole storiche; squillo di guerra che il più ostinato
odio di sètta non potrà, non che distruggere, vulnerare
nella sua espressione risolutiva.
La politica europea, per quanto occupata e
preoccupata dalla non più misteriosa inclinazione di
Napoleone alla politica cavouriana, ne risentì una scossa
profonda. Poichè quelle parole erano la guerra. La
guerra tanto desiderata dal Piemonte.
Il re di Sardegna, inaugurando il 10 gennaio la
Sessione legislativa, fra l’ansietà di tutti i patriotti
italiani, pronunciò, lungo il discorso, la frase ormai
famosa del «grido di dolore» intorno alla quale
risorsero, or non ha guari, polemiche assai nervose, ed
in cui si appalesarono gli ultimi resti dello spirito
settario, che inquina l’opera di taluni dei nostri storici.
Poichè è luminosamente provato che la frase «non
siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti
d’Italia....» devesi a Napoleone III.
Il 18 gennaio veniva stipulato l’invocato trattato
d’alleanza – che doveva restare segreto – fra il re di
Sardegna e l’imperatore dei francesi. L’intervento
armato della Francia doveva effettuarsi solo, però, nel
caso di un’aggressione al Piemonte da parte
dell’Austria. La condizione imposta – per sue ragioni
politiche – da Napoleone non rappresentava un ostacolo
insormontabile, dato l’atteggiamento dell’Austria, e
quello astutamente provocatore del Governo sardo.
24
Cavour e l’Austria
25
La Prussia meditava la rivendicazione di Jena, e si
manteneva neutrale, pure accordandosi con l’Inghilterra
e la Russia per imporre un Congresso delle potenze, a
fine di evitare la guerra.
Napoleone III per impedire una proposta di
mediazione vantaggiosa alla Prussia – moralmente –
accedette alla proposta di un Congresso, avente lo scopo
di por termine all’intervento austriaco e francese nello
Stato Pontificio, e dar corpo alla non nuova proposta di
una federazione degli Stati italiani.
Il Piemonte, per quanto vedesse tramontare ogni
speranza, con l’effettuazione del Congresso, era in
siffatte condizioni da dover fingere un’adesione senza
riserve. Altro non pretendeva che di parteciparvi.
A siffatta condizione si opponevano Prussia,
Inghilterra e Russia – questa rimorchiata da quelle.
Cavour a Parigi
26
L’Austria, che si sentiva sostenuta dalla Prussia e
dall’Inghilterra, insisteva sul disarmo del Piemonte.
Cavour rispondeva proponendo che tanto le truppe
austriache, quanto le piemontesi, si ritirassero a 40
chilometri dai confini.
Alla metà d’aprile Cavour acconsentiva –
apparentemente senza riserve – al disarmo che
Inghilterra e Prussia richiedevano dal Piemonte, a patto
che il Governo sardo avesse un rappresentante al
Congresso.
Inghilterra e Prussia erano disposte a modificare la
loro prima richiesta. Ma Cavour, pur mostrandosi
pieghevole all’idea di una pace stabile, si studiava di
mandar rotti tutti gli accordi che potessero evitare il
conflitto d’armi.
Napoleone interveniva, poi, con la proposta – strana,
a dir vero – che al Congresso partecipassero tutti gli
Stati italiani.
L’Austria, capito il giuoco, aveva deciso di assalire il
Piemonte, prima che potessero accorrere in suo aiuto le
schiere francesi.
Non c’era più posto per trattative.
L’Austria parlava di ultimatum al Piemonte; e
Francia, Inghilterra e Prussia informavano il ministro
piemontese di questa risoluzione del governo austriaco.
27
L’ultimatum austriaco
28
periodo di azione, mercè il prezioso aiuto del terzo
Napoleone.
LA GUERRA
29
La reggente di Parma seguiva l’esempio di
Francesco; ed il piccolo Stato alla guisa di Modena e
Toscana, si metteva sotto la protezione di Vittorio
Emanuele; larvata annessione.
L’Italia centrale
30
ostile ad ogni voce di libertà.
Il Governo sardo, pel mezzo del ministro conte di
Groppello, tentò di farsi del giovine re un alleato: la
migliore sorte che la fortuna ancora accordasse al
Borbone; ma ogni esortazione fu inutile.
Sottili, impercettibili screzi eransi formati fra
l’imperatore e Cavour, a cagione delle due tendenze:
quella esplicita di questi all’unione in un solo Stato dei
varî che componevano l’Italia; quella di Napoleone che
implicitamente si sarebbe arrestato alla formazione di
tre Stati, oltre, s’intende, lo Stato pontificio. Lo si
accusò di aver pensato anche ai Murat per le Due
Sicilie, e la smentita fu debole.
VILLAFRANCA
31
episodio, che mutava le acclamazioni dei popoli d’Italia
all’imperatore in violentissime proteste.
È nella politica della Prussia che si trova la
giustificazione dell’atto compiuto dal terzo Napoleone.
La Prussia – pure osservando la neutralità – seguiva con
occhio vigile la politica dell’Austria e della Francia.
Gelosa della prima, a cui tendeva a sostituirsi nel
predominio in Germania; gelosa di una maggiore
influenza in Europa che dalla guerra potesse venire alla
Francia. Da Montebello, a Magenta, a Solferino, la
Prussia segnava la progressione delle vittorie italo-
francesi con aumenti di provvidenze militari, all’intento,
assicurava, di una mediazione armata. Russia e
Inghilterra aderivano alle viste politiche della Prussia; e
questa, lentamente, ma tenacemente, ingrossava sul
Reno. I partiti, in Francia, erano incondizionatamente
ostili ad una grande nazione italiana; e temevano, non
senza ragione, un’aggressione da parte della Prussia.
Aggiungasi che l’imperatore, come già accennammo,
era non poco impensierito della piega che andava
prendendo la rivoluzione in Italia.
Nella casa Guadini Morelli – a Villafranca – l’11
luglio svolgevasi il colloquio fra i due imperatori. Il 12
venivano firmati i preliminari di pace. L’imperatore
d’Austria cedeva all’imperatore dei francesi la
Lombardia, meno Mantova e Peschiera; e questi le
rimetteva al re di Sardegna. Veniva stabilita una larvata
confederazione italiana, della quale partecipava, come
regione d’Italia, e non più come provincia austriaca la
32
Venezia.
Vittorio Emanuele dovette subire quei preliminari,
che firmò con la riserva – generosa riserva –: per
quanto mi riguardano.
Dimissioni di Cavour
33
Politica del Piemonte
34
e imposto da Napoleone.
Le provincie, poi, dell’Italia centrale, a meglio
sostenere i voti dei Comizi si erano unite in lega
militare, impegnandosi a formare un piccolo esercito di
25 mila uomini a comune difesa.
Pace di Zurigo
35
Piemonte assumeva, davanti all’Europa la difesa
dell’Italia Centrale.
Il non intervento
36
quindi avversa ai casi politici dell’Italia Centrale, pur
rimanendo ostilissima all’Austria.
Dibattevasi, l’imperatore dei francesi, fra le gelosie,
ben studiate, delle altre potenze, il desiderio di non
abbandonare all’Austria gl’italiani e l’acquisto di Nizza
e della Savoia.
L’Inghilterra, ora, approvava il progetto di reggenza
delle provincie centrali da parte del principe di
Carignano. Ma anche a questo progetto si oppose
vivacemente Napoleone.
37
aspirazioni della nuova Italia; conferma delle buone
disposizioni di Napoleone.
L’Austria era stata sconfitta due volte. All’infuori
della Venezia ogni sua influenza erasi infranta sull’aspra
scogliera del «non intervento».
38
minacciosa nel quadrilatero.
Nè l’Europa si acconciava di buon grado
all’ingrandimento della Francia. L’Inghilterra, per bocca
del Russel, non esitò a dichiarare che ogni rapporto
amichevole colla Francia era rotto.
La Prussia, che da troppo tempo andava spiando i
retroscena della diplomazia francese, si riaccese d’odio
per la vicina d’oltre Reno.
La Russia – pur di fare cosa sgradita all’Austria – si
acconcia al fatto compiuto e riconosce che il Piemonte
ha il diritto di cedere alla Francia le due provincie. I
plebisciti dell’11 marzo di Toscana ed Emilia
precedevano di qualche giorno la dichiarazione, alle
Potenze, della loro unione definitiva al Piemonte; così
che verso la fine di aprile Vittorio Emanuele poteva
recarsi, da Milano, a visitare le patriottiche provincie.
Il Piemonte vedeva aumentata a 12 milioni di
cittadini la sua popolazione. Roma e Napoli
continuavano, tuttavia, ad essere focolai della più feroce
reazione; e l’Austria, restìa ad ogni più onesta ragione,
ne eccitava le folli rappresaglie.
Invano le potenze, e specialmente Francia e
Inghilterra, avevano esortato i governi di Roma e di
Napoli a riforme consone ai tempi. I due Governi erano
incorreggibili, e non avevano orecchi che per l’Austria.
Anzi, essi assoldavano truppe mercenarie ed ufficiali,
onde costituire un esercito da opporre alla invadenza del
Piemonte.
Napoleone stesso, ottenuto Nizza e Savoja, e
39
oppresso dal partito anti-italiano, ancora potente in
Francia, tendeva a fermare il Cavour sulla sua strada; e
pur di sciogliersi dalla protezione del papa, avrebbe
incoraggiato una occupazione militare napoletana delle
Marche.
I Mille
40
e la provvede di quanto gli è possibile. Da Marsala a
Calatafimi, a Palermo Garibaldi, co’ suoi, entra nella
storia, entra nella leggenda.
Ma la marcia trionfale del glorioso capitano del
popolo aveva scatenato sul Governo piemontese una
tempesta di recriminazioni e di minaccie.
Napoleone protestò presso il Re affermando che la
spedizione di Sicilia suonava offesa al diritto delle genti.
L’Austria eccitò le potenze con note ufficiali e
segrete, a ritenere responsabile il Piemonte di quanto
accadeva in Sicilia. Russia e Prussia intendevano
accordarsi con l’Austria per un’azione concorde contro
il Piemonte. All’accusa di non aver ostacolato la
partenza dei volontari, Cavour rispondeva
dignitosamente additando l’Austria che permetteva a’
suoi sudditi di ingrossare gli eserciti napoletani e
pontifici. Che, infine, una maggiore rigidezza avrebbe
eccitato repubblicani ed anarchici a promuovere in
Italia, la guerra civile.
Solo l’Inghilterra, intesa a’ suoi interessi, nauseata dai
metodi di Governo del Borbone, mostravasi benigna
verso l’audace manipolo.
41
Garibaldi sul continente
42
giuocava l’ultima carta; ma vigilava Cavour da Torino;
e per suo conto vigilava Persano con la flotta. Francesco
II lasciava la capitale del suo regno il 5 di settembre per
non più ritornarvi. Liborio Romano sollecitava
Garibaldi a restaurare il regime della legge a Napoli. Il
glorioso condottiero vi entrava, fra acclamazioni
deliranti, il 7 settembre e si proclamava dittatore, in
nome di Vittorio Emanuele.
43
nell’animo di Napoleone. Ma è giusto riconoscere che
se la rivoluzione italiana giudicava col suo patriottico
egoismo, ben altre e ben maggiori erano le difficoltà
della politica francese.
Cavour e Vittorio Emanuele avevano deciso, e deciso
di tutto fare così rapidamente che la protesta delle
potenze giungesse a colpo fatto. Bisognava trovare il
pretesto all’intervento piemontese. Ed ecco che Cavour
minaccia di passare i confini se il Governo pontificio
non scioglie le bande di mercenarii. Frattanto nelle
Marche si vanno notando moti insurrezionali.
Ecco il pretesto all’intervento. Così il prode
Lamoricière, come il Governo papale, si adagiavano
sull’assicurato intervento di truppe francesi. Ma al
momento opportuno la diplomazia francese si rifugia fra
le pieghe di una errata interpretazione del trattato.
CASTELFIDARDO E VOLTURNO
44
truppe italiane in Ancona, chiudendo così la campagna
contro l’esercito pontificio.
Mentre Garibaldi il 1° ottobre strappava, al Volturno,
la vittoria contro l’esercito napoletano, deciso alla più
tenace resistenza, Vittorio Emanuele si avviava
all’esercito e giungeva ad Ancona il 4 ottobre; e tosto
riprendeva il movimento alla volta del regno di Napoli;
ove il 27 si univa a Garibaldi, venuto ad incontrarlo co’
suoi prodi.
La fusione dei due eserciti fu immediata e si effettuò
fra acclamazioni commoventi.
Vittorio Emanuele assumeva in quello storico
momento il comando in capo del nuovo esercito, mentre
già erano iniziate le opere di espugnazione di Capua e
Gaeta.
Gaeta
45
legittimo. Fine dignitosa di un cumulo enorme di errori
e di colpe.
La flotta francese, lasciata da Napoleone a protezione
dei Reali delle Due Sicilie nelle acque di Gaeta, dopo un
armistizio – proposto dall’Imperatore e durato 7 giorni –
veniva ritirata, e quella piemontese del Persano entrava
in azione.
Il 14 febbraio Francesco II aveva finito di regnare, e
su legno francese andava in esilio, sbarcando a
Civitavecchia per condursi a Roma. Il 15 i difensori di
Gaeta uscivano dalla fortezza con tutti gli onori dovuti
ai prodi. L’ultimo formidabile baluardo del dominio
borbonico era caduto.
Per quanto rapida fosse stata la conclusione, non è a
dire che la diplomazia europea si tenesse in
atteggiamento di attesa. Non impunemente si dava di
frego ad un antico trono; non impunemente si
incorporavano al Piemonte intere regioni. La Russia
tanto se ne dolse, da richiamare il suo ambasciatore da
Torino.
La Prussia disapprovava il modo di procedere del
Piemonte. La Spagna, come la Russia, richiamò il suo
ambasciatore. Di Napoleone abbiamo detto.
L’Inghilterra, per contrario, mostravasi assai benevola
verso il Piemonte.
A Torino non erano rimasti che l’Ambasciatore
d’Inghilterra e il ministro di Svezia.
L’Austria, è ovvio aggiungere, istigava Russia e
Prussia ad agire con essa per mezzo delle armi; ed infine
46
proponeva un Congresso delle grandi potenze a
Varsavia.
Cavour teneva testa a siffatte minaccie con indomito
coraggio. E le minaccie presto dileguarono. La
conferenza di Varsavia risultò un grave scacco per
l’Austria, poichè Napoleone vi confermò il principio del
non intervento.
47
indipendenza italiana mercè il genio di un ministro,
l’audacia di un soldato e la fermezza di un re.
L’11 marzo 1861 il conte di Cavour presentava al
nuovo Parlamento, eletto alla fine di gennaio col
concorso di tutte le regioni liberate dallo straniero e
dalla reazione papale-borbonica, il progetto di legge, per
il quale Vittorio Emanuele assumeva, per sè e i suoi
successori, il titolo di Re d’Italia. La legge veniva
approvata alla unanimità dal Senato e dalla Camera il 14
marzo, e promulgata il 17 dello stesso mese.
I destini d’Italia si andavano rapidamente compiendo.
INDICE
La Preparazione
Novara
Bonaparte e l’Italia
Cavour
Guerra d’Oriente: Spedizione di Crimea
Il Congresso di Parigi
Schermaglia politica
Carlo Pisacane
Attentato Orsini
Convegno di Plombières
L’alleanza
48
Clotilde di Savoja
Verso la guerra
Cavour e l’Austria
Cavour a Parigi
L’ultimatum austriaco
La guerra
L’Italia centrale
Villafranca
Dimissioni di Cavour
Politica del Piemonte
Pace di Zurigo
Il non intervento
Ritorno di Cavour al Ministero
Verso l’unità della Nazione – Cessione di Nizza e Savoja
I Mille
Garibaldi sul continente
Vittorio Emanuele nelle Marche
Castelfidardo e Volturno
Gaeta
Vittorio Emanuele Re d’Italia
49